IL SEGRETO DEI CINQUE MONDI di HinataMadd (/viewuser.php?uid=526198)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una spiacevole sorpresa ***
Capitolo 2: *** Un pericolo in agguato ***
Capitolo 3: *** Vittoria o quasi ***
Capitolo 4: *** Un futuro incerto ***
Capitolo 5: *** Speranza nel presente... e nel passato! ***
Capitolo 6: *** Una promessa da mantenere... a tutti i costi! ***
Capitolo 7: *** Non si torna più indietro! ***
Capitolo 8: *** Qualcosa finisce e qualcosa inizia! ***
Capitolo 9: *** Ricordi che fanno male ***
Capitolo 10: *** In viaggio verso l'arrivo ***
Capitolo 11: *** Qualcosa si risveglia ***
Capitolo 12: *** Rex (prima parte) ***
Capitolo 13: *** Rex (seconda parte) ***
Capitolo 14: *** Rex (terza parte) ***
Capitolo 15: *** Rex (parte finale) ***
Capitolo 16: *** Rivelazioni e Decisioni ***
Capitolo 17: *** AVVISO (spero felice) ***
Capitolo 18: *** Si ricomincia... ***
Capitolo 19: *** AVVISO ***
Capitolo 1 *** Una spiacevole sorpresa ***
Capitolo 1 : UNA SPIACEVOLE SORPRESA
(dopo la morte di Astral)
-Yuma! Alzati o farai tardi a scuola! Sbrigati!- urlò Kari dal soggiorno di casa Tsukumo. Poiché non ricevette nessuna risposta, cominciò a salire le scale diretta verso la stanza del ragazzo –Yuma sono già le otto e venti muoviti! Insomma Yuma se non ti alzi farai tardi e…- si fermò di botto. L’amaca sulla quale di solito dormiva Yuma era vuota e la finestra era aperta. Del ragazzo nessuna traccia.
Yuma camminava da almeno mezz’ora in giro per la città, senza sapere precisamente dove andare. Quella mattina si era alzato presto proprio per poter stare un po’ da solo con i suoi pensieri. Non poteva sopportare di vedere lo sguardo preoccupato di sua sorella, o le occhiate indagatrici che gli lanciava sua nonna di tanto in tanto. Per loro era tutto normale, in fondo il suo umore non cambiava di tanto la loro vita. Una volta uscito di casa, la nonna sarebbe andata per la città a fare i suoi giri mentre Kari avrebbe lavorato ai suoi articoli come giornalista. Per loro la vita era bella e priva di preoccupazioni e dolore. –Ma non per me- pensò con amarezza Yuma. Da quando Astral era morto, non aveva fatto altro che pensare a lui e a come lo aveva guardato prima di scomparire… con uno sguardo rassegnato e nel quale Yuma aveva visto riflessa la più totale fiducia verso lui e verso la missione che di certo sarebbe riuscito a portare a termine: sconfiggere i bariani e trovare il Numeron Code. Lì sul momento Yuma non aveva prestato molta attenzione al significato di quelle parole: Astral stava morendo. Ma ora che ci pensava, oltre alla tristezza lo stava invadendo un altro sentimento molto più potente: la rabbia. Sì, perché ora Yuma si sentiva davvero arrabbiato con Astral, si sentiva tradito. –Come hai potuto abbandonarmi Astral?- pensò Yuma con la rabbia e la disperazione che mana mano stavano crescendo nel suo animo-Come hai potuto? Sei stato tu ad insegnarmi a duellare veramente, sei stato tu che mi hai aiutato a realizzare il mio sogno di diventare un campione di Duel Monsters, tu che eri diventato quasi come un fratello per me… come hai potuto? Sei morto per salvarmi, ma ora mi hai condannato ad un destino quasi peggiore della morte: essere sconfitto dai bariani. Nel nostro ultimo duello contro Vector, siamo riusciti a vincere solo grazie alla nuova evoluzione di Zexal e lo stesso è avvenuto nel duello contro Numero 96… senza di te, senza Zexal come farò a vincere e a portare a termine la missione che mi hai affidato? Non ci riuscirò mai!-. Yuma non si era mai sentito così abbattuto, ma in quel momento non vedeva alcuna speranza nel progetto che aveva Astral per lui. Alla fine, i bariani lo avrebbero cercato per prendere i Numeri che lui e Astral avevano raccolto fino a quel punto e lo avrebbero sfidato a duello. Lui non avrebbe potuto rifiutarsi… e allora? Cosa sarebbe accaduto? Come se non bastasse, erano passate le otto e mezza e questo voleva dire che era come al solito in ritardo. Così, abbandonando le sue riflessioni sul suo futuro senza Astral, si avviò senza entusiasmo verso scuola. Entrò che le lezioni erano già iniziate e appena varcò la soglia della classe, tutti i compagni e il professore si girarono. –Bene, bene Yuma… oggi ti sei superato eh?- scherzò il professore- Ben un quarto d’ora di ritardo! Non erano cinque minuti una volta?-. Tutti i suoi compagni scoppiarono a ridere, ma Yuma rimase impassibile e si limitò a dire- Mi scusi professore. La prossima volta arriverò in orario-. Tutti ammutolirono, persino il sorriso del professore svanì pian piano. Li aveva sorpresi e lo sapeva. Di solito la mattina, quando arrivava in ritardo, cercava di giustificarsi in tutti i modi, a volte dando vita a scene davvero buffe. Però quello avveniva quando c’era ancora Astral che sorrideva insieme a tutti gli altri e che alla fine delle lezioni lo prendeva amichevolmente in giro. Avveniva prima della sua morte. Avveniva quando Yuma vedeva solo speranza e futuro davanti a sé. Ora invece non vedeva niente. Solo una voragine nera. Un’oscura e senza fondo voragine nera. Per cui non si stupì quando tutti rimasero scioccati dalla sua reazione. –Yuma stai bene? Ti vedo molto… come dire…angosciato. Ci sono problemi?- chiese il professore. –Niente professore. Sto bene. – rispose Yuma. Il professore però lo guardava ancora con preoccupazione-Sei sicuro? Perché se vuoi posso…- . –No davvero professore. Sto benissimo non deve preoccuparsi.- Il tono formale e senza intonazione con cui l’aveva detto lasciava intendere tutto il contrario, ma nonostante questo il professore decise di non insistere ulteriormente. Yuma si diresse al suo posto e la lezione riprese da dove era stata interrotta. Chi non conosceva Yuma non notò nulla di strano, ma chi lo conosceva sapeva che qualcosa non andava e che Yuma non stava bene. E in effetti era vero. Yuma non stava bene. Non stava bene per niente.
Finite le lezioni, Yuma si diresse veloce verso la porta della classe senza salutare nessuno. Non voleva incrociare Tori oppure Bronk o, peggio, Shark. Non avrebbe avuto il coraggio di guardarli in faccia senza provare una profonda tristezza. Inoltre, non sarebbe riuscito a nascondere il suo stato d’animo ai suoi amici. Non era mai stato bravo a mentire o a fingere. Corse attraverso il cortile della scuola senza prestare attenzione ai saluti che riceveva dai suoi coetanei e stava per uscire dal cancello quando sentì una voce che lo chiamava. –Yuma!-. Era Shark. –O no! E adesso cosa faccio?- pensò Yuma. Stava pensando di fingere di non aver sentito, ma Shark lo raggiunse –Yuma! Perché sei corso via in questo modo? Dobbiamo iniziare a cercare l’ultimo Numero!- .-Il Numero! Me ne ero dimenticato!- pensò Yuma. Qualche giorno prima che Astral sparisse, la navicella all’interno della Chiave dell’Imperatore aveva rilevato un nuovo luogo in cui, secondo Astral, doveva esserci un nuovo Numero. Tutti erano rimasti sconvolti: insomma, secondo le loro precedenti esperienze i Numeri leggendari erano sette, sette come i Sette Imperatori Bariani. Ma ora il computer mostrava che c’era un altro Numero leggendario che non avevano ancora raccolto e di cui probabilmente i bariani non sapevano l’esistenza. Avevano provato ad avventurarsi nel luogo indicato dal computer, ma appena si avvicinavano, anche solo minimamente, al luogo indicato la navicella sfuggiva al loro controllo ed erano costretti a ritirarsi. Con Astral, Yuma stava progettando un modo per accedere a quel luogo misterioso quando erano stati coinvolti nel duello contro Numero 96. Poi era accaduta la tragedia e Yuma non aveva più pensato al Numero. Ma ora Shark gli stava facendo notare, inconsapevolmente, che doveva andare avanti e fare come se niente fosse accaduto. –Ma io non ci riesco- pensò Yuma ricacciando indietro le lacrime. –Ora che Astral non c’è più, non avrò una sola possibilità contro i bariani e non posso continuare questa avventura sapendo che alla fine perderò e che tutto il lavoro che abbiamo fatto io e Astral andrà in fumo!- . Così si volse verso Shark e cercò di mettere in mostra il sorriso più sincero che aveva –Ciao Shark non ti avevo sentito scusami! Allora come sta Rio?- . –Rio? Lei è ancora in ospedale, ma i medici dicono che tra un paio di giorni potrà tornare a scuola. Ora per quanto riguarda il Numero…-. – Davvero? Ma che bella notizia! Allora dobbiamo darle un caloroso benvenuto e…-. – Non cambiare discorso Yuma! Astral manca a tutti, non sei il solo che sente la sua mancanza! Devi superare le sua morte e andare avanti come hai sempre fatto! Ormai sei troppo dentro a questa storia per ignorarla! Allora per il Numero?-. Yuma rimase come pietrificato sentendo quelle parole. Superare la morte di Astral? No, non avrebbe mai potuto. Non ci riusciva. Il vuoto che la morte di Astral aveva lasciato dentro di lui era troppo grande per poter essere ignorato. Provava troppo dolore. –Io… ecco… per il Numero ci sentiremo. Ci… ci vediamo Shark. Salutami Rio.- e detto questo Yuma corse in strada. –Yuma!- gridò Shark, ma il ragazzo era già troppo lontano per sentirlo.
Tori aveva percepito qualcosa di strano appena Yuma era entrato in classe. Era…come dire…spento. Privo di energia. E questo non era proprio da lui, lo sapevano tutti. Nel tempo in cui era stata accanto al ragazzo durante le ore di lezione, Yuma non aveva aperto bocca e in classe era stato più distratto del solito. Era così immerso nei suoi pensieri che non si era nemmeno addormentato durante l’ora di matematica, come era solito fare. E poi, appena la campanella aveva suonato la fine delle lezioni, Yuma era corso fuori senza salutare nessuno e non degnando di uno sguardo né lei né gli altri suoi amici. Non aveva fatto nemmeno in tempo a gridare il suo nome che il ragazzo era già fuori dalla classe. Aveva messo a posto la sua cartella e poi, insieme a Bronk e agli altri era uscita nel cortile per cercarlo, ma di Yuma neppure l’ombra. Stava scrutando con lo sguardo il cortile in cerca del ragazzo quando aveva visto vicino al cancello della scuola uno Shark molto contrariato. –Probabilmente avrà visto Yuma- pensò Tori. –Ragazzi aspettatemi qui, vado a chiedere a Shark se ha per caso visto Yuma- e senza aspettare una risposta, si diresse verso Shark. –Shark! Shark!- lo chiamò Tori. –Shark buongiorno, senti hai per caso visto…-. – Chi Yuma? Sì… e non mi sembrava molto in forma. Non riesce a superare la morte di Astral-. –Immagino… Shark senti dobbiamo aiutarlo. In fondo è il tuo più caro amico no? Se lo sfidi a duello può darsi che…- cercò di dire Tori, in qualche modo speranzosa nella risposta di Shark. Ma con sua grande sorpresa e delusione, Shark aveva un’intenzione del tutto diversa. Infatti replicò con un tono rassegnato- Abbiamo cercato di aiutarlo in tutti i modi. Ti ricordi? L’ho sfidato a duello ben tre volte: ha perso tutte e tre le volte e nel secondo duello ha perso 4000 a 0. Se non trova lui un nuovo obbiettivo da seguire, non riuscirà mai a tornare come prima. Ora tocca a lui. Deve imparare ad andare avanti anche da solo. Noi non possiamo fare niente che non sia sostenerlo e incoraggiarlo. Questo è un duello che deve vincere da solo-. Tori rimase senza parole. Perché in fondo, sapeva che Shark aveva ragione. Yuma doveva trovare un nuovo obbiettivo. E doveva farlo da solo. Le vennero le lacrime agli occhi. Desiderava con tutto il cuore poter aiutare Yuma, ma in quel momento si sentiva del tutto impotente. –Grazie Shark… senti questo pomeriggio porto dei fiori a Rio e le faccio compagnia. Spero non ti dispiaccia- disse Tori, giusto per cambiare argomento. –No va bene. A Rio farà piacere avere un po’ di compagnia-. Tori sospirò. –Grazie comunque Shark… ci vediamo-, ma non fece in tempo a finire la frase che Shark si era già voltato e si avviava verso il cancello della scuola. Ancora sospirando, Tori si avviò verso Bronk e gli altri, con la preoccupazione negli occhi.
Yuma corse finché non si ritrovò senza fiato. Per lo sforzo dovette perfino appoggiarsi al palo davanti al ponte per non cadere sfinito sul marciapiede. Ancora con il fiatone, si sentiva del tutto estraneo a quello che era appena accaduto con Shark. Le sue parole lo avevano scosso e non riusciva a dimenticarle. Come poteva, in fondo? Aveva appena perso la cosa a cui teneva di più al mondo! In un istante, in un solo e maledetto istante, aveva perso tutto: il suo migliore amico, la Chiave dell’Imperatore, il potere Zexal, la possibilità di vittoria contro i bariani e, infine, la speranza di poter ritrovare suo padre. Perché ora che Astral non c’era più, Yuma non avrebbe più potuto nemmeno pensare di andare nel mondo astrale per cercarlo. Ora era solo un umano. Uno stupido e inutile ragazzino umano con un numero minimo di 70 Numeri da proteggere. Non si era mai sentito così solo e allo stesso tempo così arrabbiato e deluso. Per di più, le parole di Shark ancora non lo abbandonavano… - Come faccio ad andare avanti da solo? Astral mi ha abbandonato e… -. Si fermò un attimo. -Però Shark ha ragione: non posso far finta di nulla ormai. I bariani mi verrebbero a cercare per prendermi le carte Numero, e a quel punto lo scontro sarebbe inevitabile. Tutto il lavoro mio e di Astral… No - pensò Yuma – non posso ignorare la richiesta che mi ha fatto Astral prima di morire, come non posso non ricambiare la fiducia che lui nutriva in me. I miei amici hanno cercato di farmelo capire e io non ho voluto ascoltarli! Che stupido sono stato! Vado a posare la cartella e poi corro a dire che non ho più dubbi su di me e sul mio destino! Sconfiggerò Vector senza alcun dubbio! Lo devo ad Astral!-. Ancora con questi pensieri per la testa, Yuma si accorse che si stava facendo tardi e corse a casa per la cena. Appena arrivato, però, notò che c’era qualcosa di strano. La casa era fin troppo silenziosa e le luci erano spente, mentre nella via aleggiava un’atmosfera surreale a dir poco agghiacciante. Yuma cominciò a sentire freddo e si diresse verso casa con un brutto presentimento. –Non sarà per caso… No- pensò Yuma, con la paura che cresceva man mano che si avvicinava alla casa – No, non può essere…-. Corse verso l’ingresso. La porta era piegata e aperta, come se qualcuno, dopo aver cercato di aprirla, si fosse stancato e l’avesse spaccata a metà. Yuma non resistette più. –Kari! Nonna!- urlò. –Rispondete!- . Non sentì altro che dei leggeri lamenti. Ma se Yuma pensava che quel fatto fosse terribile e spaventoso, lo spettacolo che lo aspettava dentro casa era ancora più terrificante: i mobili erano tutti rovesciati, i cassetti della cucina aperti e il loro contenuto era riverso sul pavimento. La televisione era piena di crepe e le schegge dei piatti appesi ai muri erano sparse sul tappeto del soggiorno. Il caos regnava sovrano. Yuma era pietrificato. Chi aveva potuto compiere un simile disastro? E dove erano Kari e la nonna? Una voce però lo distolse dai suoi pensieri. –Bene bene… Ciao Yuma. E’ da molto tempo che non ci vediamo. Mi stavo giusto domandando dove fossi finito-. Yuma si girò di scatto. Di fronte a lui, seduto comodamente sulla poltrona che prima si trovava in soggiorno, c’era l’ultima persona che avrebbe voluto incontrare in quel momento. –Vector!-.
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Capitolo 2 *** Un pericolo in agguato ***
Tori non era tranquilla. Non sentiva Yuma da tutto il giorno ed erano ormai le sette di sera. All’inizio non aveva voluto chiamarlo per non urtare i suoi sentimenti riguardo la morte di Astral, ma verso le cinque non aveva più resistito, e l’aveva chiamato sul suo Duel-Gazer. Aveva atteso ben cinque minuti in linea, ma alla fine Yuma non aveva risposto. Aveva continuato a chiamarlo fino alle sei, ma ancora niente. Probabilmente non aveva voglia di parlare. Decise di smetterla di preoccuparsi. – E’ solo un po’ scosso… oppure si sarà dimenticato di disattivare la modalità silenziosa dal suo Duel-Gazer-. Così, a malincuore, si diresse verso l’ospedale e trovò Rio e Shark che stavano parlando. Entrando, si sentì subito in imbarazzo. – Rio! Ti ho porta… Ah c’è Shark. Scusate allora ripasso dopo-. –No, no Tori. Resta pure, è da tanto tempo che non ci vediamo!- replicò Rio. –Io e Ryouga stavamo parlando di Yuma. Non sta bene e dobbiamo aiutarlo-. Shark si alzò di scatto –Ma come te lo devo dire che non possiamo aiutarlo? Tanto più che si rifiuta di rispondere a tutte le nostre chiamate…-. Torì ebbe un tuffo al cuore. – L’hai chiamato anche tu? Allora non sono l’unica a cui non risponde!-. Shark annuì. –Conosco Yuma da molto tempo e non è da lui non rispondere. Non può non vedere le chiamate. Tiene sempre il Duel-Gazer o in tasca oppure attaccato alla cintura che porta al fianco. E lo stesso vale per il suo Deck-. Rio disse – Dobbiamo assolutamente scoprire se…- ma si interruppe all’improvviso. La temperatura nella stanza diminuì vertiginosamente. Rio venne circondata da un fumo nero e quando parlò, la sua voce era cambiata. Era diventata più profonda, rimbombante e gli occhi mandavano bagliori verdi. – Yuma… pericolo… Yuma… il suo destino… oscuro… destino oscuro… non lo vedo… NON LO VEDO!-. Si piegò sul letto in preda ad un dolore lancinante. –Rio!- urlò Shark e fece per avvicinarsi, ma il fumo lo respinse indietro. Tori rimase pietrificata. In quel momento provava vero terrore. –Rio!-. Ad un certo punto, quasi rispondesse ad un ordine sconosciuto, il fumo si dissolse e la temperatura nella stanza tornò ai suoi gradi originali. Gli occhi di Rio tornarono normali e lei si accasciò sul letto. Shark le corse vicino, seguito a ruota da Tori. –Rio!-. Fu in quel momento che la ragazza aprì gli occhi. –Rio!-. –Sto bene… sto bene-. Tori sentì dei brividi lungo la schiena. –Ma cosa…?- cercò di dire. –Da quando Rio è stata rimessa dall’ospedale la prima volta- spiegò Shark a bassa voce- ha avuto degli attacchi del genere molto spesso. Ha smesso di averli due settimane fa. Speravamo che non sarebbero più avvenuti, ma invece…-. Sospirò. Tori disse –Comunque dobbiamo aiutare Yuma! Da quello che ha detto Rio, è in pericolo!-. Ora sentiva l’ansia che cresceva di secondo in secondo. E nemmeno Shark era molto tranquillo. –Tori ha ragione. Andate a salvare Yuma. Chiamate anche Kite. Io starò bene- disse Rio. Tori e Shark stavano per uscire, quando Tori venne colta da un brutto presentimento. –E se fosse…?-pensò. E infatti, appena si girò verso Shark, capì che anche lui stava pensando la stessa cosa. –I bariani!-.
Yuma non riusciva a crederci. Vector!? A casa sua!? Ma un altro pensiero, molto più urgente, lo costrinse a chiedere –Dove sono Kari e mia nonna? Cosa gli hai fatto?-. Vector scoppiò a ridere e questo non fece altro che far innervosire ancora di più Yuma. Odiava quando Vector rideva di lui, come se fosse ridicolo. – Intendi… loro?- . Dalla sua mano partirono dei raggi rossi che andarono a formare un cerchio perfetto e nel quale cominciò a formarsi un’immagine: due persone, una più bassa e l’altra più alta, dormivano in un locale abbandonato, una accanto all’altra. Yuma le riconobbe all’istante. –Kari, nonna!-. –Perché si trovano in quel posto? Cosa gli hai fatto?-. –Io?-replicò Vector- proprio niente. Vedi è stata, per così dire, colpa del mio atterraggio qui. E non stanno dormendo mio caro Yuma. Sono svenute a causa dell’impatto. Io volevo colpire te, ma non eri in casa… in fondo avrei dovuto prevederlo. Sentimentale come sei, non saresti riuscito a superare la morte di Astral e ti saresti rintanato in un profondo isolamento. Ti manca tanto Astral, vero Yuma?-. Scoppiò a ridere in un modo a dir poco estasiato, mandando Yuma su tutte le furie. –Bastardo che non sei altro!-urlò-tu non sei nemmeno degno di pronunciare il suo nome!-. Il sorriso sul volto di Vector si allargò ancora di più. –Oh oh… ti stai arrabbiando Yuma? Continua, in questo modo mi divertirò di più a vederti perdere!-. Yuma era accecato dalla rabbia e dal disgusto, ma non poté non pensare -Vedermi? Quindi questo significa che…?- . Ad un certo punto, il Duel-Gazer che aveva in tasca cominciò a vibrare. Yuma lo prese, ma prima che potesse anche solo notare lo schermo, Vector agitò la mano e il Duel –Gazer volò dalle mani di Yuma alle sue. –Guarda un po’! I tuoi amici sono molto preoccupati! Sono almeno cinque le persone che ti hanno chiamato oggi e ognuna come minimo due volte… Bè, mi dispiace per loro, ma temo che non potrai rispondere-. E detto questo, la modalità Chiamate e Risposte del Duel-Gazer andò letteralmente in fumo. –Fermati!- tentò di gridare Yuma, ma ormai non avrebbe potuto né chiamare né rispondere. Vector agitò nuovamente la mano e il Duel-Gazer tornò nelle mani di Yuma. –Ora che questa faccenda è risolta-disse Vector sempre sorridendo - ti dò l’occasione di fare le tre cose che ami di più: rivedere un vecchio amico, duellare e avere “l’energia al massimo”! Anche se l’unico “massimo” che vedrai, sarà la tua sconfitta! Vieni amico mio non farti pregare! Yuma è qui!-. Yuma fece appena in tempo a coprirsi gli occhi prima che una violenta luce rossa lo abbagliasse. Dopo qualche secondo, la luce si dissolse e davanti a lui si stagliò la forma di un ragazzo davvero molto familiare. –Alit!- esclamò Yuma- Cosa ci fai qui?-. –Io? Sono qui per vendicarmi ovviamente. Nessuno può sconfiggermi e pensare di passarla liscia, men che mai tu, Yuma! Rimpiangerai amaramente di avermi sconfitto con la tua amica Droite!-. Vector si alzò dalla poltrona. –Ehi Alit, amico mio, calmo. Avrai tutto il tempo di sconfiggere Yuma a tuo piacimento una volta che saremo a casa-. Yuma rimase come pietrificato. –A casa?-pensò- in che senso a casa?-, ma invece disse –Alit, ho dovuto sconfiggerti per salvare il mio amico Gauche! Che ti è successo? Sei cambiato dalla volta in cui abbiamo duellato nella Barian Sphere Field! Cosa ti hanno fatto?-. Vector scoppiò di nuovo a ridere, tanto che Yuma questa volta non riuscì a trattenersi. –Vuoi smetterla di ridere per ogni cosa che dico? Non c’è niente di divertente in tutto questo!-. Ma Vector non dava segno di voler smettere. –Oh Yuma… tu ancora credi che ci sia speranza vero? Che bisogni entrare a contatto con i propri avversari, vero? Non mi stancherò mai di vedere la tua espressione così fiduciosa nel futuro… così come non mi stancherò mai di fartela sparire dalla faccia!-. Il suo sorriso si trasformò in un ghigno e gli occhi cominciarono a brillargli di una luce violacea. Folle. Yuma involontariamente rabbrividì. Aveva già visto quell’espressione. L’aveva vista quando aveva scoperto che in realtà il suo amico Shingetsu non era altri che Vector nella sua forma umana. Ripensando a quel momento gli sembrò che la temperatura nel salone fosse diminuita. –Bene. Duellate allora. Voglio vedere la vendetta di Alit compiersi! E voglio anche vedere come duellerai tu Yuma! Voglio vedere come farai ad avere “l’energia al massimo” anche senza Astral!-. Detto questo, ridendo si avviò verso la poltrona che aveva occupato fino a dieci minuti prima e, con un tocco della mano, quest’ultima si animò, andando a posarsi precisamente tra Alit e Yuma. –Cominciate!-. –Non mi posso rifiutare di duellare contro Alit-pensò Yuma- Anche se riuscissi a scappare, Vector è il solo a sapere dove sono Kari e la nonna. Se mi rifiutassi potrebbe far loro del male. E come se non bastasse, non posso chiamare né Shark né Kaite per avvertirli. Sono completamente isolato e con le spalle al muro! Se ci fosse qui Astral con me non avrei così tanta paura…-, ma ricacciò indietro quest’ultimo pensiero. –Basta Yuma!-pensò- E’ anche per lui che lo stai facendo! Devo andare avanti e non arrendermi mai!-. –Allora Yuma?- lo chiamò Vector- vuoi ritirarti? Andiamo, fammi vedere come te la cavi da solo! Non sei tu quello che non si arrende mai?-. Yuma lo guardò dritto negli occhi. –Accetto di duellare con Alit, ma ad una sola condizione: che tu ora mi dica dove si trovano mia nonna e Kari-. –Ah davvero?- esclamò ironico Vector- E come faccio a sapere che manterrai ciò che hai detto quando lo scoprirai? -. Yuma replicò –Perché io sono di parola, al contrario di te-. Vector lo squadrò, con quello sguardo e quel ghigno che mettevano sempre Yuma a disagio. Per un terribile istante, Yuma pensò che non volesse accettare, ma con suo grande sollievo, Vector disse – Come vuoi. In fondo mio caro Yuma, tua sorella e tua nonna non sono le uniche persone con cui potrei ricattarti… e inoltre, anche se lo sapessi e non volessi duellare, saresti costretto ad accettare, visto che potrei far loro del male in qualsiasi istante. Sono in un locale abbandonato dietro la stazione-. Yuma tirò un sospiro di sollievo. –Almeno sono vicine e sono vive- pensò. Fu allora che Alit parlò. –Avanti Yuma, duelliamo! Voglio vederti per terra sconfitto!-. –Ti farò tornare come prima Alit! Te lo prometto! Duel- Disk ATTIVAZIONE! Duel-Gazer ATTIVAZIONE!-. E mentre la pioggia cominciava a cadere, si sentì un unico grido lacerare il cielo di Heartland. –Combattiamo! -.
DUELLO ALIT vs YUMA
-Se permetti comincio io- disse Alit. –E’ il mio turno: pesco! Evoco subito Pugile Guanti Neri di livello 3! Dopodiché, attivo la carta magia Sorpresa del Pugile! Con questa carta, posso pescare una carta dal deck e se questa è un mostro Pugile, posso evocarlo sul terreno! Quindi pesco! E… guarda un po’! Ho pescato Pugile del Ring di livello 4 e lo evoco immediatamente!-. –Almeno-pensò Yuma-non sono dello stesso livello e quindi non può…- ma i suoi pensieri vennero interrotti dalla voce di Alit che diceva –Non cantare vittoria Yuma! Tu credi che avendo due mostri di livello diverso sul terreno io non possa sovrapporli! Bè, lascia che ti dica che ti stai sbagliando di grosso! Attivo il potere speciale di Pugile Guanti Neri! Se sul mio terreno c’è un mostro di livello 4, questo mostro diventa dello stesso livello!-. Immediatamente, il livello del mostro di Alit cambiò e da 3 passò a 4. –Maledizione!- pensò Yuma – So già quello che farà ora!-. Ma Alit, con la sorpresa di Yuma, disse –Prima di sovrapporre questi due mostri, attivo dalla mia mano una carta trappola: Mano del Pugile!-. –Una trappola!?- esclamò Yuma –Ma le trappole non pos…-. Ma Alit non aveva ancora finito. –Attivo subito gli effetti della mia carta trappola! Se la attivo nel mio primo turno, questa carta diventa automaticamente una carta magia e posso attivarla come tale! Inoltre, per quanti mostri dello stesso livello che ho sul mio terreno, tu subisci un danno di 500 life points! In questo momento ci sono due mostri di livello 4 sul mio terreno: questo vuol dire che tu subisci un danno di 1000 life points, Yuma!-. Appena ebbe finito di parlare, dalla carta magia, partì un raggio rosso che colpì violentemente Yuma, mandandolo a sbattere conto il muro del soggiorno. –Ahhhhh!-. Yuma si rialzò a fatica, giusto in tempo per vedere il ghigno soddisfatto che si stava disegnando sul volto di Vector. Alit disse – Questo era solo un assaggio! Il tuo vero incubo comincia ora! Sovrappongo Pugile Guanti Neri e Pugile del Ring entrambi di livello 4! Con questi due mostri costruisco la rete di sovrapposizioni. Evocazione Xyz! Appari Numero 105 Pugile Indomito Star Cestus! -. Davanti a Yuma, cominciò a prendere forma il mostro di Alit: un pugile con una corazza blu e gialla, con due occhi rossi e una potenza di ben 2500 punti d’attacco. Nonostante sapesse di essere nei guai, Yuma non poté evitare di provare una sorta di affetto verso quel mostro, con il quale aveva avuto un duello a dir poco entusiasmante. –Posiziono due carte coperte e termino il turno!-. Yuma fece un respiro profondo: doveva capovolgere la situazione a suo vantaggio, altrimenti non sarebbe sopravvissuto al prossimo turno di Alit. –E’ il mio turno: pesco! Evoco subito Mago Gagaga di livello 4! Poiché controllo un mostro Gagaga di livello 4, posso evocare direttamente dalla mia mano Bambino Gagaga di livello 2! Dopodiché, attivo il potere speciale di Bambino Gagaga: una volta per turno, posso far diventare il livello di Bambino Gagaga uguale a quello di un altro mostro Gagaga sul mio terreno! Quindi Bambino Gagaga diventa di livello 4! A questo punto posso sovrapporre Mago Gagaga e Bambino Gagaga ! Con questi due mostri costruisco la rete di sovrapposizioni. Evocazione Xyz! Aiutami amico mio: Numero 39 Utopia!-. Utopia si materializzò davanti a loro, l’armatura bianca e dorata più brillante che mai. Ma Yuma non gioì a lungo. Infatti Alit esclamò –Bravo Yuma! Speravo tanto che evocassi Utopia! In questo modo posso attivare la mia carta trappola continua Catene della Luce Contorta! -. Yuma rimase senza parole. Una carta trappola appositamente per Utopia!? Come era possibile?. –Te ne spiego subito gli effetti- disse Alit, con lo stupore di Yuma. –Quando sul terreno del mio avversario si trova un mostro Xyz di attributo luce, quel mostro non può né attaccare né cambiare posizione da attacco a difesa o viceversa, e i suoi attacco e difesa diventano 100!-. Subito delle catene partirono dalla carta magia e legarono Utopia, mentre i suoi attacco e difesa scendevano vertiginosamente a 100. Yuma gridò per lo stupore. –Ma non è possibile! Non ci credo!-. –E invece credici Yuma, perché è tutto vero! –replicò Alit- Con una sola e semplice mossa, ho reso la tua carta più potente inutile quanto un mostro di livello 1!-. Yuma si prese la testa tra le mani. –Cosa faccio ora? Senza Utopia non ho nessuna speranza di vincere! Devo distruggere quella carta altrimenti…-. Ma Alit disse - Non credere che sia finita Yuma! Perché per ogni turno in cui questa carta rimane equipaggiata al tuo Utopia, tu subisci un danno di 500 life points!-. Subito Yuma venne sollevato in aria da un tornado che lo mandò a sbattere questa volta contro le scale, facendo cadere un piatto che si infranse in mille pezzi. Uno particolarmente grande gli procurò un grande taglio sulla guancia, facendolo sanguinare parecchio. Provò a rialzarsi, ma zoppicava sulla gamba sinistra. Cadendo, tutto il peso del suo corpo si era riversato sulla sua caviglia e ora non riusciva e muovere un passo senza provare dolore. Dalla sua poltrona, Vector scoppiò a ridere. –Bravo, bravissimo Alit! Non avrei saputo fare di meglio! Allora Yuma cosa… ma dai su alzati! Non sei tu quello che non si arrende mai? Ahahahahahahaha!-. Yuma non riusciva a camminare, solo per muovere qualche passo doveva trattenersi per non urlare, ma la rabbia e l’odio verso Vector superarono il dolore e, stringendo i denti, tornò al suo posto di fronte ad Alit. Vector sembrava soddisfatto. –Ecco così bravo! Fammi vedere come ti rialzi!-. –Sta zitto bastardo!- urlò in preda all’indignazione Yuma- Non sto duellando per sentire i tuoi insulti! Sta zitto!-. Vector sembrò ancora più divertito. –Sta tranquillo Yuma-disse –Non ho la minima intenzione di prenderti ancora a lungo in giro… lo farò quando ti vedrò a terra sconfitto e ti prenderò i Numeri che tu e il tuo amico Astral avete raccolto! Voglio vedere proprio se riuscirai a rimontare a questo punto! E’ la tua unica speranza! -. Anche se la rabbia che provava verso Vector superava qualsiasi cosa in quel momento, Yuma non poté fare a meno di pensare ad Astral. –Astral… amico mio… -. Sospirò. Odiava Vector, con tutta l’anima, ma in quel momento aveva ragione, in qualche modo. Doveva rimontare, altrimenti avrebbe perso nel giro di due turni. I suoi life points erano 2500, mentre quelli di Alit erano rimasti invariati dall’inizio del duello. Per ora non poteva fare nient’altro, soltanto rafforzare la difesa, visto che in quanto di attacco aveva le mani legate. Disse –Il duello non è ancora finito! Non credere di avere vinto, io non mi arrenderò mai! Posiziono due carte coperte e termino il turno!-. Alit esclamò –Bene! E’ il mio turno: pesco! -. Lanciò uno sguardo alla carta che aveva pescato ed esclamò, con il sorriso che si allargava sul suo volto –Per te è finita Yuma! Preparati, perché stai per vedere l’inferno! -. Yuma guardò Alit negli occhi e quello che vide lo lasciò atterrito. C’era qualcosa di brutto in quello sguardo, qualcosa di sbagliato. Era il tipico sguardo di un folle. Guardò per l’ennesima volta le sue carte trappola sul suo Duel-Disk. E mai, come in quel momento, ebbe più paura che forse non sarebbero bastate a salvarlo.
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Capitolo 3 *** Vittoria o quasi ***
-Come facciamo a sapere dove si trova Yuma? Potrebbe essere in qualsiasi posto!- gridò Tori per superare il rumore del motore della moto di Shark.
Erano usciti dall’ospedale dopo la visione di Rio e avevano subito chiamato Kaite. –Kaite!- .
–Si sei Tori?-.
–Si sono io. Senti sappiamo che Yuma è in pericolo, devi aiutarci a cercarlo! Sospettiamo sia a causa dei bariani e non sappiamo dove cercare! Devi venire subito, Yuma potrebbe trovarsi in guai seri in questo momento!-. Dall’altra parte silenzio.
Tori aveva per un istante creduto che Kaite rifiutasse, ma dopo qualche secondo aveva risposto – Va bene. Ci vediamo alla piazza di Heartland tra cinque minuti- e aveva attaccato.
Tori aveva sospirato di sollievo. –Alla piazza di Heartland, Shark! Andiamo!-. Dopo cinque minuti erano tutti davanti alla fontana della piazza che decidevano il da farsi. –Sono arrivato il prima possibile- disse Kaite. – Come sta Yuma? Che sta succedendo?-.
Tori stava per spiegargli la situazione, ma non fece in tempo ad aprire la bocca che Shark rispose, piuttosto aggressivo
–Quello che ti ha detto Tori al telefono: Yuma è in pericolo e noi crediamo che c’entrino i bariani! Se non l’avessi notato, ti abbiamo chiamato non so quante volte in questa settimana per chiederti se potevi chiedere a tuo padre di esaminare Yuma. C’eri anche tu quando ha sostenuto il duello contro Numero 96 e, oltre essere distrutto mentalmente a causa della morte di Astral, era anche distrutto fisicamente! Quel duello l’ha stremato! Tuo padre, oltre a essere uno scienziato, è anche un medico, l’unico a conoscere la storia del Mondo Bariano e di quello Astrale e quindi l’unico in grado di curare Yuma! Se in questo momento sta duellando contro un bariano, si troverebbe in serio svantaggio e forse non riuscirebbe a resistere! Ora che Astral non c’è più, le sue possibilità di vittoria contro un bariano sono molto poche, visto che non può più usare il potere Zexal, ma ora che anche il suo fisico è allo stremo sono praticamente nulle! Se Yuma perde, è anche colpa tua e l’unica cosa che dici appena ci vedi è – Come sta Yuma?- !? Come vuoi che stia? Probabilmente non ti interessa nemmeno saperlo, l’avrai domandato solamente perché ti sembrava d’obbligo chiederlo!-.
Tori era rimasta immobile per tutto il tempo in cui Shark aveva parlato, anzi urlato. Non poteva crederci. L’aiuto di Kaite era essenziale. Soltanto lui infatti, possedeva le tecnologie giuste per rintracciare Yuma. Con questa mossa, Shark stava rischiando tantissimo: Kaite poteva arrabbiarsi, o peggio offendersi, e rifiutarsi di aiutarli a cercare Yuma! Considerando che aveva un carattere incostante, era capacissimo di farlo! Però, nonostante Tori non approvasse l’approccio aggressivo e diretto di Shark, non poteva dargli tutti i torti. In effetti, quello che diceva era vero: se non fosse stato per Kaite, forse Yuma in quel momento sarebbe stato meglio. Avrebbe potuto correre senza zoppicare quando esagerava, saltare i suoi soliti venti blocchi durante la lezione di ginnastica senza stringersi convulsivamente il braccio dove si era tagliato… Forse, se fosse stato meglio fisicamente, lo sarebbe stato anche mentalmente e avrebbe superato con meno dolore la morte di Astral. E poi, c’era da aggiungere anche il fatto che da quando Astral era morto, Kaite era come sparito. Non rispondeva alle chiamate e non aveva mai provato a chiamare Yuma per aiutarlo o sostenerlo. Semplicemente non si era più fatto sentire. E ora chiedeva come stava Yuma.
–Perché non glielo hai chiesto tu di persona allora?- pensò Tori con astio. Kaite per tutto quel tempo non aveva proferito parola. Shark e Tori lo guardavano con ansia e, in qualche modo, con indignazione. Per almeno tre minuti il silenzio regnò sovrano tra i ragazzi, fino a che Kaite non disse, con la voce stranamente incrinata
–Non è vero che non mi interessa di come sta Yuma. Ti sbagli su questo Shark. Anche se non sembra, voglio bene a Yuma. A mio modo, ma gli voglio bene. A volte lo trovo irritante e stupido, ma altre lo invidio per la forza che dimostra sempre, quella forza che non lo fa mai mollare. Quella forza che lo aiuta a sopportare il dolore. Ed è proprio in rispetto di questo dolore che io non l’ho contattato né ho risposto alle vostre chiamate-.
Tori si sentiva una stupida. Come aveva fatto a dubitare di Kaite? Era logico che volesse bene a Yuma dopo tutte le avventure che avevano vissuto insieme, solo che non tendeva a dimostrarlo. Stava già per scusarsi con Kaite della sua mancanza di tatto, quando Shark disse –E allora? Questo non spiega il fatto del perché tu non abbia almeno pensato a far visitare Yuma da tuo padre! Qual è il problema? Non vuoi che la tua appena conquistata pace familiare venga sconvolta e che la sensibilità di tuo padre venga distrutta a causa di elementi che rimandano al Mondo Bariano? Che razza di sensibilità può avere un uomo che pur di ottenere il potere sacrifica i suoi figli e distrugge un intero mondo!?-.
Tori vide con chiarezza lo sguardo di Kaite indurirsi notevolmente. –Oh no!- pensò –Qui finisce male!-.
Kaite si avvicinò di più a Shark. –Non nego che mio padre abbia sbagliato, ma ora sta cercando di rimediare ai suoi errori. E visto che ci tieni tanto, ti spiego anche i motivi a causa dei quali non ho potuto far visitare Yuma: il primo è che mio padre non sta bene e non può aiutare nessuno nelle condizioni in cui si trova ora. Secondo: io, mio padre e Christopher stiamo aiutando Yuma molto più di quanto tu non possa pensare. Stiamo cercando di aprire un portale verso il Mondo Astrale perché sospettiamo che Astral si trovi lì. E terzo: se avessi fatto visitare Yuma, probabilmente non avrei fatto altro che ricordargli le fasi del duello contro Numero 96 in cui si è ferito e, se permetti, questo non mi sembrava il modo migliore per aiutarlo!-.
Ci fu silenzio. In quel momento si sentivano soltanto i tuoni che lambivano il cielo, facendo tremare i vetri delle case. Dopo interminabili minuti, con lo stupore di tutti, Shark abbassò lo sguardo. Ci fu un’altra pausa, interrotta da Tori che, avendo visto che la situazione si era sistemata, stava facendo notare la cosa più urgente in quel momento. –Scusate, ma Yuma potrebbe essere in pericolo!-
Quell’affermazione sembrò risvegliare i due ragazzi, che annuirono. –Se mi ricordo bene, in ogni deck c’è un dispositivo che permette di localizzarlo anche a grandi distanze in tutta la città- disse Kaite. –Potremmo benissimo usarlo per rintracciare il deck di Yuma e quindi trovare lui-.
–Ci abbiamo già provato- disse Shark- ma quando azioniamo la ricerca, il computer ci dice NON LOCALIZABILE-.
–Probabilmente non avete a disposizione una tecnologia molto avanzata. Per cercare un deck e rilevarne la precisa posizione, è necessario un sistema di rilevamento di segnali molto potente-. –Orbital!- esclamò Kaite. Il robottino rispose subito alla chiamata. –Si capo!-. –Ho bisogno di sapere dove si trova il deck di Yuma. La località precisa. Un’altra cosa: sfrutta il segnale radio per metterti in contatto con lui anche senza un Duel-Gazer. Devi aprire due finestre virtuali: una da noi e una da Yuma!-. Orbital si mise subito al lavoro e nell’attesa dei risultati, Tori cominciò a pensare alle varie possibilità secondo le quali sia lei, che Shark e Kaite si stessero categoricamente sbagliando su Yuma. Forse non era in pericolo. Semplicemente non voleva parlare con nessuno e si era chiuso nel suo dolore. Ma allora come spiegare la strana visione (se così si poteva chiamare quello strano fenomeno) che aveva avuto Rio in ospedale? Si stava ancora ponendo queste domande quando Orbital segnalò di avere finito con le ricerche.
–Allora, secondo questo segnale, il deck di Yuma si trova in una località vicino alla stazione di Heartland- cominciò a spiegare il robot. –Precisamente si trova in una via abitata che corrisponde a questo indirizzo: Via del Corso 75-.
Tori esclamò, colma di stupore –Ma è dove abita Yuma! E’ il suo indirizzo!-.
Shark sembrava confuso. –Quindi non c’è nulla che non va. Se si trova a casa…-. –Ma non è tutto- continuò Orbital –Il segnale trasmette un’attività di realtà aumentata in funzione. Il deck è in uso e quindi…-.
Ma Kaite lo interruppe –E quindi c’è un duello in corso. Era come sospettavamo: Yuma sta duellando. Con chi non è un mistero…-.
Il robottino aggiunse -Inoltre, non posso aprire le finestre virtuali. Il segnale è fortemente disturbato-.
Tori era molto agitata. –Ma allora dobbiamo andare subito da lui! Se sta duellando con un bariano, avrà bisogno di aiuto! Muoviamoci!-.
Shark corse alla moto, seguito da Tori. Mentre avviava il motore, gridò a Kaite –Ci vediamo a casa di Yuma!-.
E mentre un altro lampo squarciava il cielo, Tori sperò con tutto il cuore che per Yuma non fosse già troppo tardi.
-Ahhhhhh!-. Yuma andò di nuovo a sbattere contro le scale e la caviglia sinistra gli procurò una fitta tremenda tanto che Yuma non riuscì a trattenere un gemito nel rialzarsi. Sperò che Vector non lo avesse sentito, ma come al solito si sbagliava.
–Ah! Yuma, non mi dire che ti sei già fatto male!? Non ti davo così fragile!- esclamò Vector scoppiando a ridere. Yuma strinse i denti: in parte per non urlare dal dolore, e in parte per non riempire Vector di insulti, cosa che, lo sapeva, non avrebbe fatto altro che renderlo più ridicolo ai suoi occhi, oltre che a divertirlo. In genere sopportava meglio il dolore, ma non durante quel duello, visto che il suo corpo era già provato. Durante il duello contro Numero 96, era stato vittima dei più atroci e crudeli attacchi da parte di quest’ultimo e il suo corpo ne aveva brutalmente risentito. Non si sarebbe lamentato tanto per una storta alla caviglia, ma aveva già sbattuto in quel punto nel precedente duello e la nuova caduta non aveva fatto altro che peggiorare la situazione. Per di più il taglio sulla sua guancia bruciava e il sangue gli si era solidificato sul viso, diventando una linea rosso scura che gli tirava la pelle ogni volta che parlava. I suoi life points scesero a 2000. Non aveva più tempo. Doveva escogitare un piano per uscire da quella situazione, altrimenti avrebbe perso. In quel momento però era il turno di Alit, e non poteva fare niente che non fosse resistere ai suoi attacchi.
–Bene!- disse Alit –Cominciamo! Mi dispiace per te Yuma, ma non resisterai al prossimo turno!-.
Il suo corpo cominciò a cambiare, trasformandosi in quella che era la sua vera forma di Bariano.
- Attivo dalla mia mano la carta magia Alzo-Rango-Magico Forza di Barian! Con questa carta posso scegliere un mostro Xyz sul mio terreno e farlo aumentare di un Rango tramite un’evoluzione Chaos! Io scelgo Pugile Indomito Star Cestus! Sei finito Yuma! Evoluzione Chaos Xyz! Appari, Numero Chaos 105 Pugile Indomito Comet Cestus!-
Davanti allo sguardo preoccupato di Yuma, Numero 105 si trasformò: diventò più grande, l’armatura cambiò di colori e ai precedenti si aggiunse il viola. Nella mano destra del mostro era comparso anche un bastone, molto lungo e che terminava con tre sporgenze appuntite. E, ad un certo punto, comparve ai piedi del mostro la cosa che Yuma temeva di più: la sua Unità di Sovrapposizione.
–Attivo subito il suo potere speciale! Utilizzando un’Unità di Sovrapposizione, posso distruggere un mostro dell’avversario e infliggergli un danno pari ai punti di attacco del mostro distrutto! Purtroppo, a causa della trappola continua Catene della Luce Contorta, non posso distruggerti subito. Ma distruggendo Utopia con il potere speciale del mio mostro, dopo posso attaccarti direttamente e per te sarà finita Yuma! Inoltre, ma credo tu già lo sappia, utilizzando un’Unità di Sovrapposizione del mio mostro, posso assorbire tutte quelle del mostro dell’avversario e per ognuna di esse il mio mostro guadagna 300 punti di attacco! Quindi anche se speravi di difenderti dai miei attacchi, senza il potere speciale di Utopia, sei spacciato! Vai Pugile Indomito! Impatto Stellare!-.
Delle linee dorate partirono dal mostro, che si preparava a distruggere Utopia. Ma Yuma era pronto a questa evenienza.
–Attivo la carta trappola Barriera Impenetrabile! Quando un mostro dell’avversario sta per distruggere un mostro sul mio terreno, posso scegliere uno dei seguenti effetti: posso evitare la distruzione del mio mostro oppure posso non subire danni. Io scelgo il primo effetto, quindi il mio Utopia non viene distrutto!-.
E infatti le linee dorate si infransero invano su Utopia.
–Non riuscirai a battermi Alit!- gridò Yuma per darsi coraggio.
–Ah! Sei riuscito ad anticipare il potere speciale di Pugile Indomito, ma ti farò passare la voglia di contraddirmi! Attivo la carta trappola Pegno del Pugile! Quando durante il mio turno l’avversario attiva una carta trappola, con questa carta subisce 500 punti di danno!-.
Yuma non fece nemmeno in tempo a gioire per aver evitato la distruzione di Utopia. Venne colpito da una frusta rossa che lo fece cadere contro una sedia. La caviglia questa volta cominciò a pulsare e una fitta più dolorosa delle altre lo raggiunse, tanto che Yuma non riuscì a trattenersi dal gemere di dolore. Mentre i suoi life points scendevano a 1500, Vector lo guardava con l’aria di divertirsi un mondo a vederlo gemere dal dolore. –Non puoi sapere quanto mi rallegri vederti in questo stato! Finalmente avrò le tue carte Numero e alla fine ti…- ma venne interrotto da una voce che gridò –Yuma!-.
Yuma si girò di scatto. Davanti alla porta spaccata di casa sua c’erano Tori, Shark e Kaite.
–Ragazzi! Non potete immaginare quanto sia felice di vedervi! Come avete fatto a trovarmi?-.
Shark disse- E’ una storia lunga, te la racconto dopo!-.
Poi si rivolse a Vector e Alit. –Schifosi vigliacchi che non siete altro! Siete venuti in due per essere certi che Yuma fosse sconfitto! Ma non riuscirete a batterlo!-.
Vector sbuffò infastidito. –Siete una gran bella scocciatura devo dirvelo… sempre nei momenti meno opportuni! Ma ormai siete arrivati troppo tardi, il vostro amico è segnato! Guardate!-.
Alit riprese in mano la situazione. –Vai Pugile Indomito Comet Cestus! Sferra un attacco contro Utopia! Impatto Stellare!-.
–I miei amici sono qui. Loro mi daranno la forza di andare avanti!- pensò Yuma. –Attivo la carta trappola Bolla Scudo! In questo modo Utopia non viene distrutto e il danno che subisco è dimezzato!-.
Utopia rimase sul terreno, ma Yuma cadde a terra sbalzato via dalla forza dell’impatto. –Ahhhhh!-. I suoi life points scesero a 1200, ma Yuma era soddisfatto: era riuscito a resistere a ben due attacchi consecutivi da parte del mostro Chaos di Alit!. Era il momento di ribaltare la situazione. E lui sapeva come fare. Doveva pescare la carta perfetta. L’ultimo regalo di Astral.
–Energia al massimo! E’ il mio turno: pesco!-. Subì altri 500 punti di danno, scendendo a 700 life points, ma non gli importò molto. Gettò uno sguardo alla carta appena pescata.
–Sì… non è quella che volevo ma ho sempre una possibilità, anzi due!- pensò. –Attivo la carta magia Tesoro Xyz! Con questa carta posso pescare tante carte dal deck quante sono i mostri Xyz sul terreno mio e dell’avversario. In questo momento ci sono due mostri Xyz sul terreno: quindi posso pescare due carte dal deck! Pesco!-.
–Ti prego! Ho bisogno di pescare quelle due carte! Soprattutto quella carta! Se non la pesco…- pensò Yuma. Facendosi coraggio, guardò le carte appena pescate.
–Si,si! Eccola!- pensò con gioia. Tanta era la sua contentezza che non riuscì a contenersi.
–Siiiii!! Evvai! Ce l’ho fatta!- urlò. –Attivo subito la carta magia Forza dei Numeri! Con questa carta posso selezionare un mostro Xyz sul mio terreno e farlo aumentare di un Rango tramite un’evoluzione Chaos Xyz! E io scelgo Utopia! Vai amico mio!-.
Tori vide benissimo l’espressione di Vector alla vista della carta magia: era di un pallore sconvolgente e stava trattenendo a stento la rabbia che provava in quel momento.
–Evoluzione Chaos Xyz! Appari, Numero Chaos 39 Raggio Utopia Victory!-. Utopia ora era sparito. Al suo posto c’era una sua copia, solo più grande, con l’armatura azzurra, dorata e rossa e con una lancia nella mano sinistra. Shark disse –Hm! Bravo Yuma…-.
Yuma vide con soddisfazione la faccia di Alit contrarsi in una smorfia di paura mista a sorpresa.
–E quello che mostro sarebbe!? Comunque non ha importanza, perché il tuo mostro Xyz è sempre un mostro di attributo luce e quindi subisce ancora gli effetti della trappola Catene della Luce Contorta! La tua carta magia non è servita a nulla! -.
Yuma però continuava a sorridere. Reggendosi a fatica in piedi a causa della caviglia slogata, disse –Andrebbe come dici tu… Se io non avessi questa carta! Attivo la carta magia Tifone Spaziale Mistico! Con questa carta posso scegliere una carta magia e distruggerla! E come avrai immaginato, io scelgo Catene della Luce Contorta! Mi dispiace per te Alit, ma la mia carta magia è servita eccome!-.
Un raggio dorato partì dalla carta magia di Yuma e distrusse quella di Alit. Immediatamente le catene che legavano Raggio Utopia Victory scomparvero e i suoi punti di attacco e difesa tornarono al loro stato originale. Ora Raggio Utopia Victory aveva 2800 punti d’attacco!
Shark esclamò-Ma quella è la carta magia che gli ho dato io dopo averlo sfidato a duello! Due giorni dopo la morte di Astral!-.
–Davvero?- domandò Kaite.
–Sì- rispose Shark. –Sapevo che gli sarebbe stata utile in qualche modo, per i suoi futuri duelli. Come sai, Yuma non tiene molto conto delle carte magia e trappola… tende a concentrarsi molto di più suoi mostri e sui loro poteri speciali. Ora vedo che quella carta gli è servita e che ne ha fatto davvero un buon uso!-.
–Bravo Yuma, continua così!- gridò Tori.
Yuma sorrise come non faceva dalla morte di Astral. Si girò verso Vector. Il bariano lo stava guardando con un’espressione di odio puro. Però in quell’espressione c’era qualcosa di strano. Nascondeva qualcosa… qualcosa che voleva tenersi per il finale. Non c’era vera rabbia in quello sguardo. No, c’era solo una grande delusione. Nello sguardo di Vector si potevano vedere riflesse le sue future intenzioni… e lasciare che Yuma battesse Alit non era tra queste. Ma Yuma era troppo contento di essere uscito dalla situazione terribile in cui era prima per notarlo. Così, si voltò verso Alit e gridò –Alit! Ti farò tornare il duellante che eri! Non ti lascerò in questo stato! Attivo subito dalla mia mano la carta magia Unità Xzy! Questa carta diventa un’Unità di Sovrapposizione per Raggio Utopia Victory!-. Questa volta Alit non nascose la paura.
–Che cosa!? Non può essere!-.
Immediatamente la carta magia di Yuma si trasformò e diventò un’Unità di Sovrapposizione per Raggio Utopia Victory. –A questo punto uso tutte e due le Unità di Raggio Utopia Victory per attivare il suo potere speciale: una volta per turno posso sommare i punti d’attacco del mio mostro con quelli del mostro dell’avversario. Ho usato tutte e due le Unità di Utopia, quindi il mio mostro guadagna 5000 punti d’attacco!-.
Raggio Utopia Victory cominciò a brillare e i suoi punti d’attacco arrivarono ad essere 7800. Yuma si girò verso Vector e disse –Non avresti dovuto sfidarmi Vector! Anche se Astral non c’è più, lui mi ha affidato la sua missione e mi ha trasmesso i suoi sentimenti! Astral è dentro di me e io combatterò sempre! Combatterò con tutto quello che Astral mi ha lasciato, con tutti i mezzi possibili! I miei amici saranno sempre con me, Astral sarà sempre con me e quando ti sconfiggerò lo avrò fatto anche per lui! E ora… ENERGIA AL MASSIMO! Raggio Utopia Victory! Attacca Pugile Indomito Comet Cestus! Fendente Spada della Vittoria!-.
Fu un attimo.
Prima che Raggio Utopia Victory potesse colpire il mostro di Alit, Vector si alzò in piedi gridando –NO! Non vincerai anche questa volta Yuma! Preparati, perché farò in modo che questa sia la tua ultima vittoria! Ahhhhhh!-.
Il corpo di Vector brillò all’improvviso di una luce rossa dalle sfumature nere di una potenza abbagliante. Tori, Shark e Kaite vennero sbalzati via contro il muro, mentre Yuma cadeva sul pavimento in preda al dolore. –Ahhhhhh!-
Si sentiva come se stesse andando a fuoco. Il viso gli bruciava a causa delle ferite che aveva riportato durante il duello e la caviglia pulsava in una maniera insopportabile, mentre la testa gli sembrava che fosse divisa in due dal dolore. I rumori si fecero lontani e gli si cominciò ad appannare la vista. Stava perdendo i sensi. Vide Vector che si avvicinava e che lo osservava con evidente soddisfazione, anche se il suo volto era provato. –Come sospettavo…- lo sentì dire sottovoce.
Il suo corpo ancora brillava e forse era quella la causa della sua spossatezza. All’improvviso il suo corpo smise di brillare e dietro di lui si aprì una specie di cerchio che continuava a girare su se stesso. Yuma, anche se in preda al dolore e alla stanchezza, lo riconobbe all’istante. Quello era un portale.
Vector gli disse, con il ghigno che si allargava sul suo volto –Stai tranquillo Yuma, il dolore passerà. Ma ora tu e i tuoi Numeri dovete venire con me-.
Yuma riuscì per un momento ad ignorare il dolore e a pensare lucidamente: i Numeri!.
–Se Vector prende i miei Numeri, tutto il lavoro mio e di Astral sarà stato inutile, e così pure la sua morte! Devo impedirlo!- pensò Yuma.
Vide con la coda nell’occhio che i suoi amici si stavano riprendendo e capì che c’era una sola soluzione. Si sentì sollevare e alzò con fatica lo sguardo. –Alit…ma cosa…?-.
Vector disse –Sbrigati si stanno riprendendo!-.
Dopodiché entrò nel portale. Prima che anche Alit vi entrasse, Yuma gettò un ultimo sguardo ai suoi amici e vide che si stavano alzando a fatica. La caduta doveva averli molto storditi. Così, accertatosi che stessero bene e senza farsi notare da Alit, si slacciò piano il deck e l’extra deck dalla cintura proprio nel momento in cui entrava nel portale. L’ultima cosa che sentì prima di perdere conoscenza, fu il grido disperato di Tori –Yumaaa!-.
Poi tutto si fece buio e Yuma non sentì più nulla.
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Capitolo 4 *** Un futuro incerto ***
Tori sospirò. Non riusciva ancora a crederci. Yuma, l'unico ragazzo che riusciva a farti sorridere in qualsiasi momento, non c'era più. Cosa gli avrebbero fatto i bariani ora? Vector voleva i suoi numeri, questo era certo. Probabilmente aveva cercato Yuma per questo. Ma perché rapirlo? Perché non rubargli semplicemente le carte? Si ripeteva quelle domande nella mente da tre giorni, ovvero da quando Yuma era scomparso, e non riusciva a trovare una risposta. Ripensando a quel giorno le salivano ancora le lacrime agli occhi. Subito dopo il rapimento di Yuma, Tori,Shark e Kaite lo avevano cercato e chiamato in tutti i modi, ma il ragazzo sembrava essersi dissolto nel nulla. Le reazioni a questa conclusione erano state diverse per tutti e tre i ragazzi e solo ora Tori se ne rendeva veramente conto. La sua di reazione era stata veramente isterica e si vergognava un po' per come si era comportata. Aveva gridato il nome di Yuma tra le macerie della casa senza sosta, piangendo disperata. Pure Shark e Kaite ne erano rimasti sconvolti, a loro modo. Shark aveva anche lui gridato il nome di Yuma e aveva cominciato a inveire contro Vector e i bariani. Kaite invece non aveva detto né urlato nulla. Semplicemente aveva tenuto lo sguardo fisso nel punto in cui Yuma era sparito, negli occhi un'espressione sconvolta. I ragazzi erano rimasti sorpresi e disgustati dalla mossa vigliacca di Vector, ma più che altro Tori,Shark e Kaite erano arrabbiati. Arrabbiati con loro stessi. Si erano riuniti, avevano utilizzato tra le migliori tecnologie per rintracciare Yuma, erano corsi da lui... e tutto per vederlo sparire in un portale mezzo svenuto tra le braccia di un bariano. Invece di aiutarlo, erano stati solo inutili e d'impaccio. E ora il risultato era che Yuma era stato rapito e loro non sapevano quando o se lo avrebbero rivisto, Vector aveva tutte le carte Numero di Yuma e loro tre si sentivano tremendamente in colpa. Quello stesso giorno inoltre, era successa un'altra cosa molto spiacevole. Mentre cercavano Yuma, i ragazzi avevano sentito delle voci che si facevano sempre più nitide: erano Kari e Haru, la nonna di Yuma! -Oh no! Ora cosa gli diciamo?- pensò Tori in preda all'angoscia -Come posso guadarle in faccia e dire loro che Yuma è stato rapito da degli esseri soprannaturali che probabilmente gli faranno del male? Non mi crederanno mai!-. Kari stava correndo, mentre la nonna di Yuma camminava più veloce che poteva. Kari aveva un graffio sul braccio piuttosto profondo, ma per il resto stava bene. Appena li aveva visti, aveva urlato -Ehy! State tutti bene? Mentre venivo qui ho sentito delle persone parlare di un terremoto. Stavamo venendo quando una scossa più forte delle altre ci ha fatto svenire. Per fortuna eravamo vicine casa, così in questo modo avrei potuto avvertire Yuma e... Aspettate un momento... Dov'è Yuma? Ho provato a chiamarlo ma non risponde anzi, sembra che non possa ricevere le mie chiamate. Voi sapete dov'è? Sono un po' preoccupata...-. Sentendo quelle parole, Tori non aveva saputo resistere ed era scoppiata a piangere sotto lo sguardo sorpreso di tutti, perfino di Kaite. Kari l'aveva guardata con uno sguardo indecifrabile. -Tori... Dov'è Yuma? Ti prego calmati e dimmelo-. Tori però non riusciva a smettere di pensare al ragazzo e le lacrime non si fermavano. Così aveva preso in mano la situazione Shark, che intanto si era ripreso dallo shock. -Yuma è partito- aveva detto con il suo abituale tono profondo. -Ci ha detto che voleva stare per un po' di tempo da solo, che gli ultimi duelli lo avevano fatto riflettere. È andato nella foresta a nord di Heartland in un posto che solo lui conosce. Ce l'ha detto prima di partire. Inoltre, ci ha detto di dirvi che non dovete preoccuparvi e che starà via per qualche giorno. Abbiamo cercato di fermarlo, ma come sai Yuma è piuttosto testardo-. Tori aveva alzato lo sguardo, visibilmente sorpresa. La soluzione di Shark era stata eccezionale! Lei non aveva minimamente preso in considerazione l'idea di mentire a Kari e dall'espressione sorpresa di Kaite, nemmeno lui ci aveva pensato. -Shark... Sei un grande!- aveva pensato Tori. Kari però non l'aveva presa bene. -Quando ti ha detto questo? E perché non ci ha avvertite? Ora chiamo la polizia e lo vado subito a cercare! Quello stupido! Sempre a imitare papà!-. Tori era stata sul punto di aprire bocca per dire che forse non sarebbe stata una buona idea, ma Haru era stata più veloce - Cara- aveva detto rivolta a Kari -Lascia che Yuma trovi la sua strada da solo. Ognuno ha bisogno dei propri tempi e dei propri spazi per trovarla. Inoltre, Yuma non è un ragazzo stupido. È un ragazzo molto intelligente e sono sicura che farà la sua scelta. Abbi fiducia in lui-. Tutti si erano girati verso Kari, con il fiato sospeso. -Ti prego...- aveva pensato Tori. -Ti prego...-. Alla fine, Kari aveva detto, incerta -Suppongo... Suppongo che tu abbia ragione. Ma lo aspetterò solo una settimana, e se poi non lo vedo tornare chiamo la polizia, intesi?-. La nonna di Yuma aveva annuito sorridendo, mentre Tori,Shark e Kaite avevano tirato un sospiro di sollievo. -E inoltre- aveva continuato Kari -Non voglio che veda casa nostra ridotta in questo stato-. Tutti si erano girati verso la casa di fronte a loro. Lo spettacolo non era stato dei più allegri. La porta era piegata e aperta e lo stesso valeva per il tetto. I muri erano tutti anneriti, i vetri delle finestre rotti. L'interno della casa era, se possibile, ancora peggio dell'esterno. La cucina e le scale erano intatte, ma era il soggiorno ad essere veramente distrutto. Il divano era rovesciato, la televisione era per terra e piena di crepe, spenta. Il tappeto era disseminato di schegge di ogni tipo, mentre la poltrona sulla quale si era seduto Vector quel giorno era completamente annerita... Il seguito poi di quella orribile giornata Tori non lo ricordava tanto bene. Nella sua mente vi erano solo immagini sfocate: i servizi sociali, Kari e la nonna di Yuma che venivano scortate in albergo, la polizia davanti all'ingresso dell'edificio... -Basta!- pensò con rabbia Tori. -Non riesco a sopportare tutto questo da sola, basta!-. Si alzò dal letto e uscì fuori. Non riusciva a non pensare a Yuma. Chissà dove era, come stava... Di tutta quella situazione, Tori non riusciva a capire molte cose, ma una in particolare. Yuma non era stupido, sapeva che Vector voleva i suoi Numeri... possibile che non si fosse preparato all'idea che potessero prendergli le carte con la forza? Tori non ci credeva. E poi c'era anche un'altra cosa da risolvere: Yuma di sicuro doveva aver lasciato qualche indizio sul luogo in cui sospettava lo avessero portato. Ma che indizio era? E Yuma aveva avuto il tempo di lasciarlo? C'era una sola cosa da fare per poter rispondere a quegli interrogativi e a Tori non piaceva per niente. Stava per chiamare Shark quando si rese conto di quello che stava facendo. -Stupida!- si disse Tori. -Ti rendi conto di quello che stai facendo? Shark sarà già preoccupato e io non dovrei mettergli in testa idee che mi sono venute così sul momento! Per di più Rio è stata rimessa dall'ospedale e non le ho nemmeno fatto visita! No, farò quello che devo fare da sola e se scoprirò qualcosa lo dirò subito a Shark. È la soluzione migliore-. Così, dopo aver rimesso il Duel-Gazer nella tasca del vestito, si avviò verso la casa di Yuma. L'edificio non aveva subito alcuna modifica da quando l'aveva vista l'ultima volta. Era ancora mezza distrutta. Per fortuna la polizia non c'era. Era domenica, in fondo. Dopo essersi assicurata che nessuno nei paraggi la stesse guardando, Tori fece un respiro profondo ed entrò. All'inizio non notò nulla di strano; era piuttosto buio, la poca luce filtrava solo dalle finestre ormai quasi tutte rotte. Mente stava ricordando la casa prima dell'irruzione dei bariani, con una grande commozione e nostalgia, Tori sentì dei rumori provenienti dalla cucina. Subito il suo pensiero andò ai bariani. -Saranno tornati anche loro per cercare qualcosa? Ma allora vuol dire che avevo ragione!-. Senza troppi indugi prese un pezzo di legno caduto dal tetto, si avvicinò alla cucina, si sporse... E per poco non le venne un colpo! -Shark, Kaite!-. Sentendo la sua voce, i due ragazzi si girarono di scatto. -Tori!- esclamò Shark -Che stai facendo?- e Kaite aggiunse -Non dovresti essere qui-. Tori replicò -Potrei fare le stesse domande a voi-. I ragazzi si guardarono negli occhi, mentre nella stanza calava un silenzio imbarazzato. Dopo qualche minuto, Shark disse -Io ero venuto qui per un motivo preciso. Secondo me Yuma ci ha lasciato qualcosa. Lo conosco da più di un anno ormai e, anche se a volte lo sembra, non è stupido. E so per certo che non avrebbe permesso in alcun modo a Vector di prendersi le carte Numero che aveva raccolto con Astral. Lui meglio di tutti noi sa quanto sono importanti. Sono sicuro che avrà fatto in modo che Vector non le avesse-. Tori esclamò -Ma anche io sono venuta per questo motivo! Yuma deve averci sicuramente lasciato qualche indizio!-. Shark annuì e riprese a parlare. -Ero venuto qui per cercare qualche cosa che mi aiutasse a rintracciare Yuma, quando ho incontrato lui- e indicò Kaite con un cenno del capo. -Anche lui era venuto qui per lo stesso motivo. Ci eravamo appena messi a cercare quando sei arrivata tu-. Tori disse - Bene! Ora siamo in tre e riusciremo a trovare quello che ci ha lasciato Yuma! Io consiglierei di cominciare a cercare in salotto, visto che è lì che ha avuto luogo il duello-. Shark e Kaite annuirono e i ragazzi si diressero verso il soggiorno. La ricerca durò più del previsto. Poiché distrutto, il soggiorno era davvero difficile da esaminare, ma Tori e i due ragazzi non si diedero per vinti e cercarono per tutto il pomeriggio. Quando si decisero a sospendere le ricerche, il sole stava calando e il cielo si era tinto di rosso. Tori si accasciò senza forze sull'uscio della casa. -Non abbiamo trovato niente! È da tutto il pomeriggio che cerchiamo e non abbiamo trovato un solo misero indizio!- si lamentò, nella voce un grande sconforto. Dall'interno la raggiunsero Shark e Kaite. -Forse ci siamo sbagliati- disse il primo. -Forse Yuma non ha avuto il tempo di lasciarci qualcosa...-. Kaite aggiunse -Da quel che ho visto quel giorno era molto preso dal duello contro Alit. È probabile che non gli sia nemmeno venuto in mente che lo potessero rapire, cosa che in effetti ha sorpreso tutti. Perfino Alit aveva la faccia sorpresa, anche se è stato bravo a nasconderla. In tutto questo è molto probabile che Yuma non si fosse preparato all'evenienza e che non abbia avuto tempo-. Tori allora pensò -Ma allora è finita! Se tutto questo è vero, non c'è più speranza di ritrovare Yuma! E se Vector ha i Numeri, non c'è speranza nemmeno per la salvezza del mondo Astrale! Tutto quello per cui Yuma e Astral avevano combattuto...- ma all'improvviso le vennero in mente tutti i duelli di Yuma a cui aveva assistito: il primo e il più importante, quello contro Shark durante il quale era apparso Astral. Poi il loro primo duello contro Kaite, quando per la prima volta da quando era arrivato, Astral aveva avuto paura. Quelli contro Three, contro Tron, il dott. Faker... E poi quelli più recenti, ovvero i duelli contro Vector, Alit, Numero 96... In tutti questi duelli, c'era sempre Yuma pronto ad andare avanti, a non arrendersi mai, ad avere "l'energia al massimo"... Tori ora ne era sicura: Yuma non si sarebbe mai fatto piegare, mai, e di sicuro aveva lasciato loro qualcosa. Una cosa infatti era certa: lo Yuma che conosceva non avrebbe mai dato a Vector la soddisfazione di avere i suoi Numeri. Tori si alzò decisa -Non possiamo arrenderci ora. Se Yuma fosse qui ora ci direbbe di andare avanti e di non arrenderci mai! Dobbiamo continuare a cercare, di sicuro troveremo qualcosa! Ne sono certa! Non dobbiamo darci per vinto!-. Shark e Kaite la guardarono a lungo, entrambi con uno sguardo indecifrabile, tanto che Tori cominciò a sentirsi in imbarazzo. Alla fine Shark disse -Non avrei pensato che lo avrei mai detto, ma in questo momento Yuma ci direbbe le stesse identiche cose. E non posso negare che secondo me hai perfettamente ragione-. Detto questo, si diresse con passo lento dentro casa. Tori si voltò verso Kaite. Quest'ultimo fece un cenno del capo e si incamminò verso il soggiorno. Continuarono per un'ora senza trovare nulla. Per rompere il silenzio di delusione che si era creato, Shark disse -Stupido Vector! Razza di vigliacco... Non ho mai visto una cosa così...- ma si interruppe. Sommerso dalle travi cadute dal tetto, nell'angolo sinistro del soggiorno, vicino alla televisione, notò un bagliore rossastro che si andava delineando sulle scale. -Non sarà... No. No, non può essere!- pensò. Con passo svelto si avvicinò al bagliore e cominciò a togliere i pezzi di tetto e le schegge di vetro che lo nascondevano alla vista. Pian piano cominciò a comparire l'oggetto misterioso, fino a che Shark non lo tirò fuori dalle macerie. -Ragazzi!! Venite presto!- urlò, mentre nella sua testa cominciava a formarsi un'idea a dir poco folle. Tori e Kaite lo raggiunsero e appena videro l'oggetto, rimasero pietrificati. -Ma quello... Ma quello è il deck di Yuma, lo riconoscerei tra mille!- esclamò Tori in preda allo sgomento. Shark annuì e disse -Ho trovato questo non poco distante dal deck- e mostrò una piccola scatola anch'essa rossa. Kaite disse -E quello è il suo extra-deck. Cosa ci fanno qui? Senza deck Yuma non può duellare e difendersi dai bariani....-. Quelle parole li colpirono come macigni. -Ma non può essere! Yuma non si separa mai dal deck! Almeno che... -disse Tori. -A meno che non l'abbia lasciato qui di proposito- completò Shark. -È quello a cui stavo pensando quando ho intravisto il deck sotto le macerie. Per impedire che Vector prendesse i Numeri, Yuma deve aver sganciato il suo deck e extra-deck dalla sua cintura prima di entrare nel portale-. I tre ragazzi si guardarono negli occhi, consapevoli della gravità della situazione. Kaite ruppe quel silenzio dicendo, con il suo abituale tono indifferente -E quello cosa vorrebbe dire?-. Shark e Tori si girarono verso la cosa indicata da Kaite e rimasero senza parole. Su una tegola del tetto caduta durante l'impatto di Vector con la casa, la polvere era stata rimossa fino a formare un'unica e misteriosa parola: CASA. Il silenzio calò nuovamente nel soggiorno, questa volta carico di vero e proprio sgomento. Tori disse, quasi sussurrando -CASA... Che significato può mai avere la parola casa!? E chi l'ha scritta? È impossibile che fosse già sul tetto!-. Shark rispose -Secondo me l'ha scritta Yuma. Non c'è altra soluzione. Ci ha lasciato il suo deck e un indizio su dove i bariani lo hanno portato. Ne sono assolutamente certo!-. Kaite annuì -Anche io sono dello stesso parere-. Tori li guardò entrambi, ancora confusa. -Va bene, supponiamo che l'abbia scritta veramente Yuma. E con questo? Cosa significa? Siamo già a casa sua!-. Shark non seppe rispondere. Intanto era scesa la sera e i lampioni delle strade cominciavano ad accendersi. Si vedevano dalle finestre le persone che correvano per fare la spesa dell'ultimo minuto, oppure gente che usciva dalle proprie case per passeggiare e godersi il crepuscolo... Quella pace apparente venne interrotta dalla voce di Kaite. Tori e Shark si accorsero subito di una cosa: la voce di Kaite era diversa. Era più profonda e grave del solito, come se quello che stava per dire lo avesse profondamente sconvolto. C'era un velo di paura, in quella voce. -Non è la casa di Yuma quella su cui dobbiamo concentrarci, ma quella dei nostri nemici. Yuma ci ha detto una cosa fondamentale: non ci ha solo fornito un indizio sul luogo dove lo hanno portato, ma ci ha detto il luogo preciso. La casa del suo nemico, ovvero Vector. Vector è un bariano e quindi questo vuol dire che...- ma venne interrotto da Shark che, con orrore di Tori, concluse -Yuma è nel luogo che i bariani chiamano casa...-. Kaite annuì grave e disse -Il Mondo Bariano. Yuma si trova nel Mondo Bariano senza deck e senza alcuna protezione-. Tori si coprì la bocca con le mani, inorridita. -E ora cosa gli faranno?- disse con la voce che tremava. -Non lo so, Tori- rispose Shark con un groppo in gola. -Non lo so. Ma dobbiamo salvarlo e in fretta pure. Altrimenti, ho la sensazione che non lo rivedremo più-.
La prima cosa che Yuma sentì fu il freddo. Una pugnalata di freddo così violenta da fargli aprire gli occhi di scatto. All'inizio non vide niente. Tutto era sfocato, una massa indistinta di rosso che lo confondeva notevolmente. Pian piano però, cominciò a prendere forma davanti a lui una massa di rocce rosse, lucide e notevolmente appuntite. -Ma dove...?- ma non terminò la frase che i ricordi cominciarono a tornargli nella mente. Era stato rapito dai bariani. Era senza deck e senza Numeri. Si trovava nel Mondo Bariano e non sapeva come ci fosse arrivato né come andarsene. Provò ad alzarsi, ma la caviglia non resse il peso e Yuma cadde sulle ginocchia in preda ad un dolore indicibile. Aveva il respiro pesante e continuava ad avere freddo, tanto che non riusciva a scaldarsi nemmeno circondandosi con le braccia. Si guardò intorno, preda del più totale smarrimento. Era in una specie di stanza circolare. Non c'era il soffitto, ed era circondato da delle lastre di roccia rossa, che terminavano tutte con una punta acuminata. Di fronte a lui, verso l'interno della stanza, c'erano delle scale che portavano su un ripiano occupato da un trono gigantesco, anch'esso decorato con roccia rossa. -Ma cos'è questo posto?-pensò , quasi incantato -Non avrei mai pensato che potesse esistere un luogo simile... Comunque sono sempre nel Mondo Bariano e me ne devo andare al più presto!-. Così, si avvicinò strisciando verso un pilastro di roccia e, appoggiandosi ad uno spuntone, cominciò ad alzarsi. Era appena riuscito a mettersi in piedi, quando l'intera stanza venne inondata da una luce rossa abbagliante, tanto che Yuma dovette chiudere gli occhi per non rimanerne accecato. Quando li riaprì, davanti a lui c'erano i padroni di quel mondo, che lo guardavano con occhi indecifrabili. -Maledizione!-pensò Yuma in preda al panico. -Proprio ora dovevano farsi vivi?-. I suoi pensieri vennero interrotti da una voce che Yuma conosceva fin troppo bene. -Bene bene Yuma... Era ora che riprendessi conoscenza! Cominciavo a preoccuparmi...-. Vector. -Tu!- esclamò Yuma. Cercò di infondere tutto il suo disprezzo in quella parola, ma Vector non sembrò accorgersene. -Perchè mi hai portato qui? Che cosa vuoi?- chiese Yuma. Vector sorrise, con quel ghigno che Yuma odiava con tutto se stesso. -Mi stupisco che tu mi faccia queste domande. La prima devo ammettere però che è un po' difficile, per cui ti spiego subito la seconda. Quello che voglio sono i tuoi Numeri. Mi stupisce il fatto che tu non l'abbia capito! Un ragazzo intelligente come te...-. Yuma si trattenne a stento dal riempirlo d'insulti e si costrinse a chiedergli la cosa che più gli premeva sapere. -Perché mi hai portato qui?-. Vector rispose ridendo. -A questa domanda risponderò più avanti. Per ora occupiamoci della cosa più importante: i Numeri. Gilag, se puoi...-. Appena terminata la frase, Gilag si mosse e, con una velocità sorprendente, strappò Yuma dal suo appiglio e dal pilastro e gli bloccò le braccia, stringendogliele sul corpo in una morsa tanto stretta da mozzargli il fiato. Le conseguenze furono disastrose. Yuma si tagliò il braccio e la caviglia smise completamente di sorreggere, anche se minimamente, il corpo. Yuma dovette quindi appoggiarsi su una gamba sola, mentre era invaso dal dolore e il sangue del taglio sul braccio gli imbrattava la divisa di scuola, ormai in buona parte strappata. -Ma cosa...?-esclamò. Cercò di liberarsi, muovendosi e scalciando in tutti i modi. Ma più si dimenava, più la morsa di Gilag si stringeva, tanto che Yuma alla fine non aveva nemmeno la forza necessaria per muovere le braccia, le quali erano immobilizzate. Vector lo guardò con evidente soddisfazione. -Bene!- disse. -Visto che ora ci siamo messi comodi, perché non mi dici dove sono i Numeri Yuma? Se me li dai sarà tutto più semplice-. Yuma lo guardò con odio. -Non ti darò ma i miei Numeri Vector! Mettitelo in testa!-. Vector sospirò, falsamente rassegnato. -Va bene Yuma... lo hai voluto tu, anche se io non volevo arrivare a tanto-. Si girò verso una figura più bassa delle altre ma non per questo meno inquietante. Appena la figura venne alla luce, Yuma lo riconobbe all'istante. -Durbe!-. Senza degnarlo di uno sguardo, Durbe gli volse il palmo della mano. Subito quest'ultimo si illuminò di una luce rossa che si riunì in piccoli cerchi, circondando Yuma. All'improvviso, i cerchi cominciarono a brillare e Yuma si sentì attraversato da ripetute scosse di dolore così forti che per non urlare dovette mordersi il labbro, con il risultato di farlo sanguinare copiosamente. Ciò nonostante, non poté impedirsi di gemere ogni volta che una scossa lo colpiva. Dopo qualche minuto, anche se a Yuma sembrarono ore, Durbe chiuse la mano e i cerchi scomparvero, così come la luce. Yuma si accasciò, stremato dal dolore. Riuscì però ad avere la dignità e la forza necessarie per ricomporsi e alzare la testa, guardando Vector con rabbia e indignazione. Durbe disse, con una voce stranamente profonda -Non sento alcuna aura provenire dal suo corpo. Non ha i Numeri-. Yuma pensò, in preda al panico -Oh no! Ora scopriranno che li ho lasciati a Tori, Shark e Kaite! Per loro non mi preoccupo, ma Tori... È completamente indifesa! Come faccio a...?- ma subito gli balenò in mente un'idea. -Se faccio finta di averli persi, loro non scopriranno mai che sono a casa mia, visto che Vector mi ha "immobilizzato" mentre il duello contro Alit era ancora in corso! Devo far finta di accorgermene solo ora e forse in questo modo riuscirò a guadagnare un po' di tempo!-. Subito mise in mostra la faccia più sorpresa che riuscì a imbastire in quel momento. -Che cosa!? Non ho i Numeri? Ma non è possibile!- esclamò Yuma, fingendo di cercarli disperatamente e dimenandosi dalla stretta micidiale di Gilag. Ora il sorriso di Vector si era trasformato in una smorfia di rabbia mista a delusione e incredulità. -Come non ha i Numeri?- quasi ringhiò rivolto a Durbe. -Lui ha sempre con sé i Numeri che ha raccolto con Astral!-. Durbe non si fece impressionare e rispose -Come ho detto prima non sento nessuna aura provenire da lui. Non ha le carte Numero-. Vector ora era visibilmente infuriato. Si girò verso Yuma e gli chiese, con gli occhi che mandavano lampi violacei -Dove li hai messi? Dimmelo!-. Yuma rispose, sempre dimenandosi -Non lo so! Credevo anche io di averli! E comunque anche se lo sapessi non te lo direi per nulla al mondo!-. Si guardarono negli occhi, Vector cercando la verità negli occhi di Yuma, e Yuma cercando di nasconderla a quelli di Vector. -Ti prego- pensò Yuma -Ti prego... Non riuscirò a nascondere i fatti realmente accaduti ancora per molto! Distogli lo sguardo... Distoglilo!-. Quasi rispondendo alla sua preghiera, Vector distolse lo sguardo. -Bastardo...- . Poi si rivolse ai bariani e disse loro - Cercate il suo extra-deck. Deve per forza essere qui intorno. Guardate anche nel portale, ripercorrete tutto il tragitto mio e di Alit. Sicuramente lo troverete-. Si rivolse poi a Gilag -Porta Yuma nella cella che abbiamo preparato per lui. E fai in modo che non possa scappare-. Guardando Yuma disse -Stai tranquillo. Passerò dopo a farti visita. Allora, potremo parlare della sec...- ma si interruppe di colpo. Tutti i bariani si girarono verso di lui e seguirono il suo sguardo, anche Yuma. E appena vide il motivo della reazione di Vector, per poco non smise di respirare. -No... Ti prego no!- pensò terrorizzato. -Ha visto il gancio aperto della mia cintura!-. Vector si avvicinò piano verso di lui e Yuma cercò disperatamente di liberarsi, ma intervenne anche Alit che gli bloccò le gambe, o almeno l’unica gamba che ancora lo sorreggeva. Ora Yuma era completamente immobilizzato. Vector si chinò, per osservargli bene la cintura. -Ma guarda un po'... Il gancio è aperto, quasi come se qualcuno lo avesse fatto di proposito... E qui di solito c'è il tuo deck...-. Lo guardò dritto negli occhi e Yuma non seppe resistere. Tutto lo stress, la stanchezza e il dolore delle ultime ore ebbero il sopravvento e, Yuma ne ebbe la certezza, Vector vide la verità nei suoi occhi. -Oh oh...- disse piano Vector. Ora gli occhi di tutti i bariani presenti nella sala erano puntati su loro due. Perfino Mizael, che da quando Yuma lo aveva visto non si era nemmeno girato, li stava guardando di sbieco. Sul volto di Vector prese forma il suo abituale ghigno provocatore. -Signore i signori, il sincero e altruista Tsukumo Yuma è quasi riuscito ad ingannare cinque dei sette Imperatori Bariani con una misera e ingannevole bugia! Yuma, dovrei complimentarmi con te! Finalmente hai detto la tua prima menzogna! Ma in fondo non mi sarei dovuto far convincere dalla tua espressione falsamente sorpresa...-. Si avvicinò così tanto che lui e Yuma si trovarono faccia a faccia. -In fondo, mi sarei dovuto ricordare che per te, i Numeri sono l'unico ricordo tangibile che hai di Astral visto che con lui è sparita anche la tua Chiave dell'Imperatore-. Sentendo il nome di Astral, Yuma non riuscì ad andare oltre e abbassò lo sguardo. Vector gli disse, sorridendo -Lo so che ti manca... Ma vedi, è anche colpa sua se ora sei qui-. Yuma alzò lo sguardo, confuso, arrabbiato e interessato allo stesso tempo. Vector continuò -Quello che dico è vero. Se Astral non fosse venuto da te, durante quel tuo primo duello contro Kamishiro Ryouga, ora tu non saresti qui. Saresti con i tuoi amici, un ragazzo normale con una vita normale. Invece a causa sua, ora sei qui. Stanco, affamato, dolorante. Solo. Ti ha rovinato la vita e poi ti ha abbandonato al tuo destino, affidandoti la sua missione. Non ti è mai venuto in mente che forse tu puoi cambiare tutto questo? Che puoi uscire da questo incubo? Tu puoi Yuma. Devi solo dirmi dove sono i tuoi Numeri-. Yuma cercò con tutto se stesso di ignorare le parole di Vector, ma ormai le aveva ascoltate e il dubbio si era insinuato nella sua mente e nel suo animo. Una vita normale. Essere un ragazzo normale. Non dover rischiare ogni giorno la vita, avere la possibilità di perdere un dello, invece che vincere sempre. Poter andare a farsi una passeggiata senza incontrare una persona assoggettata dai bariani... In fondo quel che diceva Vector era vero. Astral lo aveva coinvolto in quella vita, che lo volesse o no. Yuma aveva rischiato tanto per Astral. Non lo aveva mai abbandonato, aveva intrapreso duelli quasi impossibili da vincere per lui, era finito pure prigioniero dei bariani per proteggere i Numeri che gli aveva affidato e lui lo aveva abbandonato. Certo, lo aveva salvato da Numero 96, ma senza Zexal come poteva pretendere che lui battesse tutti i bariani? Basta. Non voleva più sentire niente di tutto questo. -Voglio una vita normale, senza bariani da sconfiggere e Numeri da proteggere. Basta!-. Stava per dire tutto a Vector quando qualcosa lo fermò. Un sentimento strano, che aveva provato rare volte: la vergogna. -Ma cosa sto facendo? Astral è stato come un fratello per me. È stato lui la mia famiglia per tutto questo tempo. Se sono un bravo duellante lo devo solo a lui! Non lo tradirò. Ho scelto io di seguirlo e di aiutarlo, lui non c'entra nulla! È perfino morto per salvarmi!-. Disse, fingendosi confuso -Io... Io...-. Vector lo guardò, avvicinandosi e disse -Tu?-. Yuma alzò lo sguardo, lo guardò dritto negli occhi e disse, con la sorpresa di tutti -Io spero che tu abbia un piano di riserva Vector, perché questo non funziona. Non ti dirò mai dove sono i miei Numeri ed non osare mai più dire che Astral mi ha rovinato la vita, perché per me è tutto il contrario!-. Calò il silenzio. Tutti i bariani lo stavano guardando, ma a Yuma non importava. In quel momento esistevano solo lui e Vector, due sguardi incatenati l'uno all'altro, in attesa della reazione che sarebbe scattata. Perché Yuma lo sapeva. Con quelle parole, con il suo rifiuto, aveva appena firmato la sua condanna. Vector non avrebbe rinunciato. Mai. Avrebbe usato tutti i mezzi possibili e immaginabili per ottenere quell'informazione e Yuma non poteva difendersi in alcun modo. Poteva solo resistere. Rimasero così, immobili, fino a che Vector non ruppe il silenzio. -Sei più forte di quanto mi aspettassi. Ma questo non è un problema, troverò altri mezzi per piegarti. Per ora mi limiterò a non darti né cibo né acqua e a vedere quanto resisti. Gilag, porta Yuma dove sai. Ora passerò io per il resto. Legalo-. Alit, Durbe e Mizael sparirono, mentre Yuma veniva trascinato via da Gilag. Dopo qualche minuto, Yuma si trovò in un'altra sala. Sempre rotonda ma più piccola, molto più piccola. Al centro c'era un pilastro della ormai abituale roccia rossa. Gilag lo spinse brutalmente contro il pilastro, facendolo cadere. Appena il corpo di Yuma venne a contatto con la dura roccia, dal pilastro partirono delle catene che cominciarono a legarlo. Una catena lo legò al pilastro, mentre un'altra gli girò le braccia dietro la schiena e gliele immobilizzò. Altre due invece gli legarono le gambe, unendo le caviglie e provocando a Yuma una fitta di dolore così forte da farlo urlare. -Ma cosa...?- cercò di dire Yuma, ma prima che potesse finire la frase, accanto a Gilag comparve Vector. Si rivolse a Gilag -Grazie amico mio. Ora puoi andare-. Gilag fece un cenno del capo e sparì. Yuma cominciò a preoccuparsi. Non era mai stato solo con Vector fino a quel momento e mai ferito e legato ad un pilastro di roccia. In quel momento non aveva difese. Era completamente alla mercé di Vector. Quest'ultimo si avvicinò piano. Si inginocchiò, in modo da poter guardare Yuma dritto negli occhi e disse -Sai, aspetto da tanto questo momento. Il grande Tsukumo Yuma incatenato ad una roccia con Vector, il Bariano che aveva sconfitto, che lo deride. Da quando mi hai sconfitto nella battaglia di Sargasso, ho sempre desiderato vendicarmi... Così tanto che per ottenere il potere in grado di distruggerti ho dovuto offrire la mia stessa vita! Ora ho un potere immenso! Ma anche se la mia vita ora non mi appartiene più, ne è valsa la pena. Tu sei qui incatenato e solo. Nessuno conosce il luogo in cui ti abbiamo portato, e anche se i tuoi amici lo scoprissero, non potrebbero fare niente per te! Sei completamente isolato e impotente!-. Dopo aver detto questo scoppiò a ridere, con la sua solita risata crudele. Yuma per sovrastare la sua risarà urlò -Bastardo che non sei altro! Avevi paura di perdere e per questo mi hai prima reso inoffensivo e poi portato qui! Ma io non sono solo come credi! I miei amici hanno visto che mi facevi entrare in un portale e sono sicuro che si sono già resi conto che mi hai portato nel Mondo Bariano! Riuscirò ad andarmene via da qui!-. Vector intanto aveva interrotto la sua risata e, dopo aver ascoltato Yuma, disse - E con questo? Non sanno come arrivarci e anche se lo sapessero, troverebbero cinque bariani pronti a sconfiggerli! Comunque non è di questo che volevo parlarti. Devo rispondere alla tua prima domanda ricordi? Bene. Non ti ho portato qui solo per i Numeri e per vendicarmi. Ho notato che su di te i sigilli di noi bariani non funzionano, ovvero non riusciamo ad assoggettarti al nostro volere, come invece sono riuscito da fare con Astral nella battaglia di Sargasso-. Yuma chiese, incredulo -Ma come fai a sapere che su di me non funzionano? Nessuno ci ha mai provato!-. Vector rispose, infastidito -Ci ho provato io quasi tutte le notti dalla morte di Astral. Ogni sera appena ti addormentavi, entravo nella tua stanza e provavo ad importi il sigillo Bariano, senza successo purtroppo. Appena provavo ad importelo, il sigillo si rompeva automaticamente-. All'improvviso la sua voce cambiò e l'espressione dei suoi occhi si fece gelida e distante. Quando parlò, era sempre lui, ma come se alla sua voce iniziale se ne fosse aggiunta un'altra più profonda e antica. A Yuma vennero i brividi. -E questo non è a causa del freddo- pensò in preda allo sgomento. Vector parlò e disse -I sigilli su di te non funzionano. E io voglio scoprire perché -. Poi la sua voce tornò normale e così l'espressione dei suoi occhi, che da gelida e distante, tornò a quella beffarda e provocatoria di sempre. Quasi come se non fosse successo nulla, Vector continuò -Voglio sottoporti ad una serie di esperimenti e vedere se c'è un modo per assoggettarti-. L'incredulità per l'accaduto di poco prima e per la sconcertante notizia scomparvero e Yuma rispose con rabbia e indignazione -Quindi mi stai dicendo che dovrei essere una specie di cavia da laboratorio? Ma è assurdo!-. Vector sorrise, mettendo in mostra il ghigno che Yuma non riusciva a sopportare. Vedendo che il Bariano non aggiungeva niente, Yuma continuò. -Non crederai mica che rimarrò con le mani in mano mentre aspetto che tu mi sottoponga a chissà quale esperimento!-. Proprio come se aspettasse quella frase, Vector esclamò -Ma certo che no! Lo so che tu non ti arrendi mai Yuma! Per questo ho portato con me questa!-. Subito nella sua mano sinistra comparve una piccola bottiglia, non più grande della sua mano. -In questa bottiglia c'è un sonnifero molto potente. Troppo di questo sonnifero può farti dormire per sempre, ma qui dentro c'è la dose giusta per farti dormire due interi giorni e per indebolirti per tutto il giorno seguente al tuo risveglio! Tra tre giorni, sarà già tanto se riuscirai a stare in ginocchio! Non aver paura, ho studiato personalmente le dosi-. Yuma ribatté -E questo dovrebbe farmi sentire meglio!?-. Vector scoppiò a ridere. -Vedo che non ti manca il senso dell'umorismo! Ahahahaha.... Ora l'unico problema è come farti bere il sonnifero. Vediamo....- e, senza preavviso, diede un calcio alla caviglia di Yuma. In men che non si dica, il dolore si fece sentire, questa volta con una forza tale da strappare al ragazzo un grido. -Ahhhhhhhh!-. Con una velocità sorprendente, Vector gli fece bere il contenuto della bottiglietta approfittando del fatto che Yuma aveva aperto la bocca per gridare. Yuma tentò di sputare il liquido, ma Vector fu più veloce e con la mano gli tappò la bocca. Legato com'era, Yuma non poté far altro che muovere la testa cercando di liberarsi dalla morsa di Vector, inutilmente. -Non temere- disse piano Vector -il suo effetto è quasi istantaneo. Cadrai addormentato in meno di un minuto-. Yuma cercò di resistere, ma alla fine il bisogno di respirare ebbe la meglio e per non morire soffocato, inghiottì il liquido. Vector tolse la mano e Yuma tossì, in preda agli spasmi. Appena smise di tossire, si sentì subito le palpebre pesanti. Si appoggiò al pilastro e l'ultima cosa che vide fu il ghigno provocatore e soddisfatto di Vector mentre diceva - Sogni d'oro Yuma!-. Il suo ultimo pensiero andò a Tori, Shark e Kaite. Sperò che avessero letto il suo messaggio, trovato i Numeri e che stessero bene. Pensò anche ad Astral. Poi tutto si fece buio e Yuma cadde in un sonno senza sogni.
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Capitolo 5 *** Speranza nel presente... e nel passato! ***
Era da molto passata la mezzanotte e Tori si trovava in un laboratorio fuori città. Aveva mentito a sua madre per la prima volta in vita sua. Si vergognava un po', ma era stato necessario. Aveva detto che sarebbe andata a dormire da una sua amica fuori città e si era inventata un nome. Poi aveva preso l'autobus e si era diretta verso il luogo stabilito. Appena arrivata, aveva seguito il sentiero che portava in cima alla montagna e lì, nascosto tra gli alberi, aveva visto il laboratorio. Aveva detto la parola d'ordine (MAI MOLLARE) e era entrata. Ad attenderla all'interno, c'erano tutti. Shark e Rio, rimessa dall'ospedale, Kite e suo padre il Dott. Faker, poi Bronk e gli altri, Three, Four e Five con il loro padre Tron.
Appena varcò la soglia della sala, Rio esclamò -Tori! Finalmente, cominciavamo a preoccuparci!-.
Tutti si girarono verso di lei e Tori arrossì violentemente. -Scusate il ritardo- disse più imbarazzata che mai.
-Convincere mia madre a farmi uscire a quest'ora non è stato facile. Ho dovuto inventarmi una scusa credibile e complicata-.
Bronk disse -Pure per noi non è stato facile uscire e inventare scuse credibili-.
Flip, Chaty e Caswell annuirono.
Five ruppe gli indugi. -Allora? Come mai ci avete chiamati tutti qui?- chiese.
-E perché Yuma non c'è?- aggiunse Three.
Tori fece un respiro profondo. Doveva dirglielo. Era suo dovere. -Ma nessuno mi impone di essere forte! Se Yuma fosse qui...- pensò e, sotto lo sguardo triste di Shark e Kite e quello sorpreso di tutti gli altri, scoppiò a piangere.
Tutti rimasero come pietrificati.
Shark disse, con la voce incrinata -È per questo che vi abbiamo chiamati tutti qui. Era giusto che sapeste. Yuma... È stato rapito dai bariani-.
Ci fu un grande silenzio, rotto dalla voce di Four che chiese -Ma come è potuto succedere? Non eravate con lui?-.
Sorprendendo nuovamente tutti, Tori disse, con la voce rotta dal pianto - No. Io credevo... Noi credevamo che Yuma avesse bisogno del tempo per superare la morte di Astral e che dovesse farlo da solo. Però per lasciare che facesse le sue scelte, l'abbiamo completamente abbandonato! E Vector ne ha subito approfittato con lo scopo di prendergli i Numeri e ha fatto in modo che Yuma duellasse contro Alit. Noi siamo arrivati quando il duello era già iniziato e Yuma era in una situazione davvero terribile. Poi non so cosa sia successo, fatto sta che Yuma aveva ritrovato la sua energia e stava rimontando. È riuscito a evocare Raggio Utopia Victory e stava per sconfiggere Alit, ma... ma...-.
Venne scossa dai singhiozzi e non riuscì più a continuare.
Venne in suo aiuto Kite, che disse -Ma Vector ha interrotto l'attacco di Yuma e, non sappiamo come o perché ad un gesto di Vector Yuma è caduto per terra dolorante. Poi c'è stata un'esplosione che ci ha scaraventati lontano da lui e dai due bariani. Mentre ci riprendevamo, abbiamo giusto avuto il tempo di vedere Alit che portava Yuma dentro ad un portale. Vector era già entrato. C'è stata una grande luce e il portale è sparito-.
Nessuno osava fiatare.
Alla fine i bariani avevano fatto la loro mossa.
Per molto tempo si erano chiesti se si sarebbero mossi loro per primi e come avrebbero agito. Ecco la risposta. Nessuno si guardava negli occhi per paura di leggere in quest'ultimi il proprio senso di colpa per non essere stato vicino a Yuma.
Shark disse -La situazione però non è così drammatica-.
Tutti si girarono verso di lui.
-È vero che Yuma è stato rapito, ma ci ha lasciato qualcosa: il suo deck e i suoi Numeri e un messaggio con su scritto CASA-.
Four disse, con tono ironico -La situazione non è così drammatica dici!? È ancora peggiore! Yuma è senza deck! Non può duellare e questo vuol dire che non può difendersi in nessun modo!-.
Shark replicò -È vero, ma facendo questo ha fatto in modo che Vector non avesse i Numeri e ci ha fatto guadagnare un po' di tempo, ti sembra poco? Si è sacrificato per darci il tempo di ribaltare la situazione a nostro vantaggio!-.
Four lo guardò poco convinto.
-E il messaggio che ci ha lasciato? Cosa vuol dire la parola CASA?- chiese Three, che per tutto il tempo in cui Tori e Kaite avevano descritto il rapimento di Yuma non aveva aperto bocca.
-È questo il punto. Nemmeno noi sappiamo con precisione cosa voglia dire, ma secondo Kaite la parola CASA sta ad indicare il luogo che i bariani considerano casa, ovvero il Mondo Bariano-.
Rio prese parola –Bè in effetti la cosa ha senso. Se è vero che eravate a casa di Yuma, perché dovervi scrivere la parola CASA se eravate già lì? No, non ha senso. Kite ha ragione; Yuma deve trovarsi per forza nel Mondo Bariano-.
Bronk disse, incerto –Ma se è vero che Yuma si trova nel Mondo Bariano, come facciamo a salvarlo? Non sappiamo come andare nel Mondo Bariano, solo i bariani sanno come arrivarci!-.
–I bariani non sono gli unici a poter andare nel Mondo Bariano- disse una voce che fino ad allora non aveva parlato. Tutti si girarono verso il possessore della voce. Tron.
Vedendo che era riuscito ad attirare su di sé l’attenzione generale, Tron disse –Io sono entrato in un portale. Quella volta in cui il Dott. Faker sacrificò me e Kazuma Tsukumo per accedere all’altra dimensione-.
Ci fu un silenzio imbarazzato.
Nessuno aveva dimenticato la guerra che poi era iniziata tra Tron e il Dott. Faker e che aveva coinvolto quasi tutti in quella sala. La faccia di Tron era impassibile, mentre il Dott. Faker non aveva alzato gli occhi da terra. Tron continuò come se nulla fosse successo.
Si era rappacificato da poco con Faker e si sforzava di non ricordare il passato, “per non sollevare questioni ormai risolte” diceva.
–Il portale che attraversai non portava direttamente nel Mondo Bariano, ma in una specie di terra di transizione. Una linea di separazione tra il Mondo Bariano e quello umano da cui provenivo. Mentre ero lì, non pensavo ad altro che a come uscirne… però ho avuto il tempo di osservare il paesaggio che mi circondava e mi sono accorto che alla mia sinistra c’era un portale rosso continuamente aperto. Il portale per il Mondo Bariano-.
Ora tutti lo stavano fissando con morboso interesse, anche il Dott. Faker. Quella poteva essere la soluzione per salvare Yuma.
Tron continuò. –Quando Faker ci sacrificò, io e Kazuma cademmo in un portale e arrivammo nel luogo che io vi ho appena descritto. Faker aveva fatto aprire quel portale per aprirne un altro, che portava nel cuore del Mondo Bariano. Lì ha incontrato un suo abitante e poi sappiamo come andò. Ora il punto è: è meglio andare nel portale secondario o in quello che arriva nel cuore del Mondo Bariano?-.
Tori disse –In quello che porta nel cuore, ovviamente! Se il Dott. Faker ha incontrato lì Vector, questo vuol dire che i bariani sono lì e quindi deve esserci anche Yuma!-.
Kite replicò, acido –E’ proprio questo l’errore. Loro non si aspettano di vederci arrivare nel loro mondo, ma sospettano che cercheremo di liberare Yuma quindi lo staranno sorvegliando bene. Il nostro unico vantaggio è la sorpresa. E’ vero, il Mondo Bariano ci è completamente sconosciuto, ma se siamo attenti potremmo benissimo arrivare lì dove sono i bariani e salvare Yuma-.
Tori arrossì violentemente. Non ci aveva minimamente pensato, al fattore sorpresa.
–Stupida che non sei altro!- pensò con amarezza. –Ti sei messa in ridicolo davanti a tutti!-.
Tron annuì.
–E’ proprio quello che stavo per dire-.
Three disse –Bene. E questa questione è risolta. Ma come facciamo a aprire il portale che ci serve?-.
Il Dott. Faker parlò per la prima volta dall’inizio della riunione –A quello ci pensiamo io e Byron. Prima che accadesse tutto il disastro che poi è accaduto, io e Byron eravamo scienziati professionisti e ci interessavamo proprio di collegamenti tra le varie “parti” della materia, dell’universo. Ovvero di portali tra mondi. Per questo ho detto a Kite di suggerirvi questo posto per incontrarci. Questo era il nostro vecchio laboratorio. Qui si sono aperti e chiusi molti portali, sono sicuro che riusciremo ad aprire quello che ho aperto sette anni fa. E’ vero, va un po’ risistemato, ma grazie al Torneo Mondiale di Duelli sono diventato piuttosto ricco e sono contento di utilizzare i miei soldi per aiutarvi. In una settimana saranno finiti i lavori e credo che in un’altra il portale riuscirà ad essere aperto-.
Tron, ovvero Byron, annuì.
–Ottima idea Faker. Sarà bello ricominciare a fare il nostro lavoro insieme, come un tempo-.
Faker abbassò gli occhi, imbarazzato.
–Mio figlio Chris può aiutarci negli studi. Ci aiutava in passato e ci aiuterà anche ora-.
Five, ovvero Christopher, annuì impassibile.
-E noi cosa facciamo intanto? Ci giriamo i pollici dalla noia?- chiese Four.
Rio disse - Noi vogliamo e dobbiamo fare qualcosa. Yuma è nostro amico-.
Faker disse –Potete venire qui ogni pomeriggio all’ora che preferite e mentre io, Christopher e Byron supervisioniamo la ristrutturazione del laboratorio, voi potete cominciare a pulire e a documentarvi-.
Shark disse –Va bene allora. Cominceremo a venire da domani. Ma posso chiedervi prima una cosa? Perché state facendo tutto questo per Yuma?-.
Né Tron né Faker risposero subito.
Tutti si fecero attenti, anche Tori, che si chiese –Già… perché sono disposti a fare così tanto per salvare Yuma?-. Entrambi gli scienziati avevano un’espressione in qualche modo confusa, come se anche loro si stessero chiedendo la stessa cosa e cercassero una risposta.
Il primo a parlare fu Tron.
–Prima di duellare con Yuma, o anche solo di incontrarlo, ero accecato dal pensiero di vendetta che provavo contro il Dott. Faker. Non pensavo ad altro, non riuscivo a dormire la notte tanto ne ero ossessionato. Ma non mi stavo accorgendo che così facendo stavo rovinando la mia vita e quella dei miei figli, oltre a quella di molte altre persone. Quando l’ho visto per la prima volta, nel duello con Kite contro Michael e Thomas, mi ha subito impressionato. Non solo per le sue capacità di duellante, ma principalmente per la sua energia, quella sua voglia di non arrendersi mai. E alla fine, quando ho duellato con lui, mi ha fatto capire quanto avessi sbagliato fino ad allora. Nel suo sguardo ho visto riflessi tutti i miei sbagli, tutte le scelte sbagliate che avevo preso. E ho capito che dovevo lasciare andare il rancore e andare avanti. Yuma mi ha aiutato in un momento davvero importante della mia vita e credo che senza il suo intervento, sarei ancora ossessionato dal mio desiderio di vendetta. Lui ha aiutato me. Ora io aiuterò lui-.
Detto questo, lo scienziato chinò la testa in un cenno di saluto e uscì dal laboratorio, seguito da Five.
Ma tutti stavano guardando il Dott. Faker, che ancora non aveva parlato.
–Io… Io… Ho molti motivi per aiutare Yuma- disse, con la voce leggermente incrinata.
– Ma non sono sicuro di nessuno di essi. Forse lo faccio per rimediare al danno che ho fatto sette anni fa. Forse lo faccio perché altrimenti senza di lui voi tutti e i miei figli si sentirebbero come privati di qualcosa. Forse lo faccio perché mi ricorda il mio amico Kazuma che non ho aiutato anche se ne avevo l’occasione. Io l’aiuterò. In questo modo riuscirò a redimermi per il danno che ho commesso-.
Il suo sguardo si soffermò su tutti i presenti.
–Domani venite tutti alle cinque qui. Provvederò io ad informare Byron e poi ci organizzeremo per salvare Yuma-.
Si voltò e uscì. Kite si diresse verso l’uscita e, anche lui senza salutare, uscì dal laboratorio. Pian piano uscirono tutti, fino a che nel laboratorio non rimasero solo Tori, Shark, Rio e Three.
I ragazzi si guardarono negli occhi, fino a che Rio non disse –Bè allora è cominciata davvero la missione di salvataggio! Yuma si è sempre sacrificato per salvarci e ora saremo noi a salvare lui!-.
Shark alzò gli occhi al cielo, esasperato dal comportamento della sorella, anche se era evidente che anche lui era sollevato all’idea di salvare Yuma.
–Andiamo…-.
Si girò e uscì dal laboratorio, seguito a ruota da Rio. Anche Three si avviò verso l’uscita e, mentre lo seguiva, Tori pensò a Yuma e una grande tristezza la invase. Però allo stesso tempo si sentiva anche speranzosa.
–Yuma, tu hai sempre una grande speranza dentro di te e sei riuscito ad infonderla a tutti noi! Non ti arrendere, riusciremo a salvarti! Questa è una promessa!-.
Yuma si svegliò a causa di una fitta lancinante della caviglia. Dapprima non aveva sentito niente, solo una leggera sensazione di fastidio, come se gli si fosse infilata una spina nel piede. Poi, silenzioso e improvviso, era arrivato il dolore. Per Yuma era stata come una secchiata d’acqua gelida. Aveva irrigidito la gamba e si era morso il labbro per non urlare, con il risultato di farlo sanguinare di nuovo. Poi, silenzioso come era arrivato, il dolore era sparito, lasciando Yuma solo e dolorante. Quando il dolore se ne fu andato, Yuma aprì piano gli occhi. I ricordi cominciarono a tornargli nella mente e realizzò dove si trovava.
–Maledizione…- pensò.
Vector aveva detto il giusto purtroppo. Si sentiva debole e indolenzito. Non riusciva a muoversi tanto era stanco. Inoltre, gli facevano male le braccia a causa delle catene che ormai lo legavano da tre giorni. Nei punti in cui le catene lo stringevano c’erano delle strisce violacee, segno inequivocabile del sangue che non riusciva a scorrere. Le gambe invece erano completamente addormentate e la caviglia non faceva altro che pulsare, tanto che il ragazzo cominciava a credere che si fosse rotta. Yuma cercò di muoversi senza fare rumore e cercando di non sfiorare la caviglia, ma non riuscì a spostarsi di un centimetro. Senza forze, si accasciò sul pilastro.
–Vector ha detto che questo sonnifero mi avrebbe fatto dormire per due giorni e indebolito per tutto il terzo. Ecco perché appena mi provo a muovere mi sento così stanco! Sono ancora sotto l’effetto del sonnifero!- pensò Yuma.
Faticava ancora a crederci. Quello che era successo nei giorni precedenti lo aveva davvero sconvolto: i bariani, il loro mondo, la sua casa distrutta… e poi Astral che non c’era… Involontariamente gli salirono le lacrime agli occhi e dovette sforzarsi molto per non piangere.
–Riuscirò a ritrovare Astral!- pensò.
–In fondo è sempre una creatura di un altro mondo no? Da quello che mi ha detto lui una volta, Mondo Bariano e Mondo Astrale sono collegati. Se riesco a scoprire da qui un passaggio che mi porti nel Mondo Astr…- ma non finì la frase che si sentì attraversato come da una scossa.
Provò a dire –Ma cosa…?- ma dalla bocca non gli uscì alcun suono.
Fu inondato da una luce bianchissima, accecante…
C’era il sole. Un sole di quelli estivi, luminoso, caldo. Uno di quei soli che fanno venir voglia di uscire e di correre, senza mai voltarsi indietro. Ast aspettava quella giornata da settimane. Finalmente i suoi turni a palazzo erano finiti e lui avrebbe potuto andare a giocare con Kiari e gli altri. Ma cosa più bella, avrebbe potuto rivedere suo fratello. Corse come non aveva mai fatto prima, come se il sole potesse sparire da un momento all’altro. Sgattaiolò nelle cucine e, mentre nessuno lo guardava, rubò una pagnotta e qualche fetta di prosciutto. Appena ebbe nascosto il tutto sotto la sua maglietta di lino, corse fuori nel cortile delle cucine e da lì imboccò la strada che portava in città. Appena fuori, non riuscì a trattenersi dal gridare di gioia. Quella giornata era una di quelle giornate davvero speciali, in cui può succedere di tutto. Una di quelle giornate in cui poteva cambiare il suo destino. All’entrata della città, smise di correre e si avvicinò pian piano ad una piccola crepa alla destra della grande porta. Contò dieci passi a destra e tre avanti e si ritrovò davanti un piccolo buco nelle mura che proteggevano la città. Era un buco piccolo, ma per Ast non era un problema. Essendo uno schiavo, il suo problema non era certo il peso, anzi. Era piuttosto magro e mingherlino per la sua età, ma Ast era nato schiavo e si era fin da subito abituato a mangiare poco. Come suo fratello, del resto. Solo che per Ral era diverso. Lui era grande e quindi doveva svolgere i lavori più impegnativi. Gli serviva più cibo e per questo Ast rubava sempre qualcosa dalle cucine. Una volta lo avevano anche frustato, ma lui non aveva detto niente a suo fratello. Gli voleva troppo bene e Ral aveva già abbastanza problemi. Si guardò intorno. La fila lunghissima di persone che volevano entrare in città si trovava sul lato sinistro del portone, e così le guardie. Sospirando di sollievo, non perse tempo e entrò nel buco. Appena fu dall’altra parte, non poté trattenere un sorriso. La città brulicava di vita. La via dove era sbucato, era quella che portava direttamente al centro della città, nella piazza centrale. Dove abitavano lui e suo fratello. Sul lato destro della via c’erano delle bancarelle di frutta e verdura, mentre sul lato sinistro c’erano le bancarelle che vendevano cose per la casa e armi. Per armi si intendevano pugnali e archi, visto che le armi più pericolose come la spada e l’ascia non erano ammesse all’interno della città. Ast aveva sempre desiderato un pugnale, ma non aveva mai provato a chiederne uno a Ral. Non avevano soldi e agli schiavi non era permesso possedere o peggio usare delle armi. E poi, anche se ne avesse avuto uno, gli sarebbe servito un insegnante e Ast non conosceva nessuno che potesse insegnarli come usare un pugnale. Si limitava a fermarsi sempre alla bancarella dove Boserman, un signore vecchio e con una lunga cicatrice sul viso, gli spiegava la storia di ogni singolo pugnale. Ast rimaneva incantato da quelle storie e ogni volta sognava anche lui di combattere contro una banda di briganti e di salvare principesse. Ast si sarebbe fermato volentieri per salutare Boserman, ma quel giorno non aveva proprio tempo. Corse per tutta la via e rischiò anche di essere investito da un cavallo. Dopo qualche minuto, arrivò nella piazza centrale. Si avviò senza indugio verso il lato destro della piazza ed entrò in un locale. Salutò il banchiere ed entrò in una specie di capanna di legno che si trovava nel giardino interno del locale. Aprì piano la porta, entrò e la richiuse. Una figura che si trovava dal lato opposto della capanna si voltò.
–Ast! Ti aspettavo tra un’ora! Come mai così presto oggi?-.
Ast rispose –Ho corso molto velocemente. Volevo vederti e poi volevo andare a giocare con Kiari e gli altri. Tieni ti ho portato questo- e mostrò la pagnotta, ormai un po’ schiacciata e le tre fette di prosciutto, un po’ impolverate.
Ral esclamò, contrariato –Hai rubato di nuovo dalle cucine reali? Si può sapere che ti prende? E’ la terza volta questa settimana! Ho trovato un lavoro proprio per farci vivere meglio e infatti un minimo di soldi lo abbiamo! Devi smetterla di comportarti così, non ho bisogno di cibo in più!-.
Ast abbassò gli occhi. Non si aspettava questa reazione.
Quasi come se gli avesse letto nel pensiero, lo sguardo di Ral si addolcì.
–Vieni qui-.
Tese le braccia e immediatamente Ast corse verso di lui.
Mentre si abbracciavano, Ral disse –Non devi preoccuparti per me, fratellino. Io sto bene. Con questo nuovo lavoro che ho trovato staremo meglio. Racimolerò un po’ di denaro, ci compreremo la nostra libertà e ce ne andremo via da qui. Non ti abbandonerò mai, Ast. Abbi sempre speranza e vedrai che saremo liberi. E insieme-.
Ast si strinse ancora più forte al fratello.
Rimasero così, abbracciati.
–E comunque- disse Ral, staccandosi dall’abbraccio –Visto che ormai hai preso quel che hai preso, che ne dici se ci mangiamo metà panino ciascuno? Questa volta va bene, ma non rubare più-.
Prese panino e prosciutto dalle mani di Ast e cominciò a preparare il pasto, mentre Ast prendeva due sgabelli. Dopo qualche minuto, erano seduti ciascuno su uno sgabello e mangiavano con gusto.
Dopo aver finito di magiare, Ral disse –Io devo andare a lavoro. Se faccio anche questo turno mi daranno qualche soldo in più. Tu vai a giocare, ci ritroviamo qui stasera-.
Ast annuì e uscì dalla capanna, diretto verso la piazza centrale. Il sole continuava a brillare nel cielo, splendente. Ast correva felice, senza pensieri tranne quello di sentire il vento tra i capelli.
Libertà.
Per lui e per suo fratello.
Essere libero… libero…
La luce bianca scomparve e Yuma tornò alla realtà in meno di un secondo.
Per un momento respirò a fatica e non vide nulla.
Poi pian piano la vista gli si schiarì e la sua mente tornò lucida.
E sconvolta
. –Ma cosa è successo? Cos’era quella luce e perché c’eravamo io e Astral in questa visione?- pensò in preda al panico.
Perché in quella visione, Ast era lui. Cioè, lui quando aveva sette anni. Mentre Ral… Ral somigliava spaventosamente ad Astral, solo che era umano e sembrava essere un ragazzo di dodici anni.
Per di più, erano fratelli!
Possibile che lui e Astral fossero…
-No- pensò Yuma –No, è impossibile. Astral non può essere mio fratello. Non ha senso! Prima di tutto lui non è umano. Ne ha solo le forme, ma viene dal Mondo Astrale. Poi come mai mio padre non me ne ha mai parlato e come lui mia madre? E poi perché non me lo ricordo? No, è del tutto impossibile. Però la visione… cosa c'entro io in tutto questo?-.
Si sentiva terribilmente confuso e spaventato.
All’improvviso, la stanza si illuminò di una luce rossa e davanti a lui comparvero Alit e Gilag.
Alit disse, ironico –Vedo che finalmente ti sei svegliato! Vieni, Vector vuole parlarti-.
Yuma non disse nulla, anche se avrebbe voluto dire molte cose.
–Dopo la piega che hanno preso gli eventi, meglio fermarsi e analizzare la situazione. Oh Astral…-.
Lo invase la nostalgia mentre ripensava a quando era lo spirito a dirglielo.
Alit schioccò le dita e le catene che legavano Yuma scomparvero.
Yuma non poté evitare di emettere un sospiro di sollievo.
Provò ad alzarsi, ma la caviglia e le gambe addormentate non ressero il suo peso e cadde a terra.
Alit fece un sorriso ironico. –Cosa c’è Yuma, non riesci ad alzarti? Gilag pensaci tu-.
Il bariano si fece avanti, ma Yuma disse –Faccio da solo. Non andrò da Vector in braccio a Gilag, se è questo che speri. Ho ancora un po’ di dignità-.
Provò a rialzarsi, questa volta appoggiandosi al pilastro di roccia e riuscì a stare in piedi, anche se a fatica. Poi, prima incerto e dopo con più sicurezza, cominciò a zoppicare verso l’uscita, reggendosi al muro.
I bariani lo seguirono.
Gilag scomparve circondato dalla solita luce rossa e Yuma rimase solo con Alit.
Passarono alcuni minuti prima che Yuma si decidesse a parlare.
–Alit perché fai questo? Tu sei migliore di Vector, perché insisti nell’aiutarlo?-.
Alit scoppiò a ridere.
–Faccio questo per molti motivi, ma il principale è che io sono un bariano e tu sei un pericolo per il mio mondo. E inoltre, voglio vendicarmi di quando mi hai sconfitto nella Sphere Field! Ti pentirai amaramente di aver vinto quel duello! Mettersi contro noi bariani è stato un errore. Hai potuto notare quello che è successo ad Astral…-.
–Astral…-.
Sentendo il nome dello spirito, Yuma si ricordò di come lo avesse protetto dall’attacco di Numero 96 e di come fosse morto per salvarlo.
Il ragazzo si fermò e, giratosi verso Alit, gli disse –L’errore non è stato mettersi contro di voi. Siete stati voi che avete dato inizio a tutto questo. Siete stati voi che, controllando Tron e il dott. Faker, avete creato sofferenza e dato inizio a questa guerra. Io non avevo la minima intenzione di distruggere il vostro mondo, ma da quando voi volete distruggere il mio e quello Astrale, io non ho fatto altro che impedirlo! Siete voi che volete distruggere tutto e gli unici che devi incolpare della tua sconfitta sei te stesso e gli altri bariani!-.
Si udì delle mani battere in un applauso solitario.
Yuma si girò, sorpreso.
Ora erano in un’altra stanza. Quella del trono dove lo avevano portato i bariani la prima volta e, seduto sul trono, c’era Vector che batteva le mani, negli occhi un divertimento che non tentava di nascondere.
Ai piedi della scalinata che portava al trono, c’erano Durbe, Mizael e Gilag.
Yuma tentò di rilevare qualcosa dai loro sguardi, un segno, un cenno che gli facesse capire quanto non fossero d’accordo con l’agire di Vector.
Invano.
–Bravo, bravissimo Yuma! Complimenti un discorso davvero esemplare, degno di te! Mi colpirebbe davvero molto se non sapessi che è tutta una bugia!- esclamò Vector, battendo sempre le mani.
L’applauso rimbombò nella stanza, dando vita ad un rumore davvero assordante.
Yuma sentì la rabbia crescere dentro di lui.
Per Vector lui era solo un gioco, un intrattenimento.
Un giocattolo.
Yuma si sentiva del tutto impotente; non aveva armi contro i bariani tranne la speranza. E per quanto ci credesse, non poteva evitare di pensare che la speranza non l’avrebbe salvato questa volta.
E Vector lo sapeva.
Quando il rumore dell’applauso cominciò a fargli male alle orecchie, Yuma gridò –La vuoi smettere di applaudire? Quello che ho detto è la verità e tu lo sai benissimo, è inutile che tenti di nasconderlo!-.
Vector smise di battere le mani.
La sua espressione provocatrice scomparve e così la sua voce a tratti stridula.
–Invece è tutta una menzogna. Forse non te l’ha mai detto nessuno, ma sei tu la causa del nostro agire e della morte di Astral-.
Yuma rimase pietrificato, ma subito si riprese. –Ma cosa stai dicendo? Io non ho fatto nulla per meritarmi questa falsa accusa!-.
Vector rispose –E invece è tutto il contrario. Vedi, se tu non avessi infilato la tua Chiave dell’Imperatore nel cancello che sai, Astral non sarebbe mai sceso sulla terra e non avrebbe mai tentato di distruggere il nostro mondo. Di conseguenza, noi non ci saremmo mossi da qui e tutto questo non sarebbe successo-.
Yuma non credeva a quello che stava sentendo.
Come poteva essere colpa sua? Era impossibile prevedere quello che sarebbe successo!
–Vector sta cercando di confondermi! Devo impedirglielo! Ma… come fa a sapere in che modo ho aperto il cancello dei miei sogni e conosciuto Astral? Possibile che mi stesse guardando in quel momento?- pensò Yuma, tremando solo all’idea.
Disse –In ogni modo, non avrei mai potuto prevedere quello che poi sarebbe successo! E non so di che cancello parli. Io so solo che durante il duello contro Shark c’è stata una forte luce seguita da una scossa nell’aria. E poi è comparso Astral. Non c’era nessun cancello!-.
Vector parve per un attimo confuso, ma durò solo un secondo, perché replicò –Non mentire-.
Si alzò dal trono e in un attimo scomparve, per poi ritrovarsi davanti a Yuma che, per evenienza, si appoggiò ancora di più al muro di pietra.
–Tu non sai mentire, Yuma. Nei tuoi occhi si vede la verità, non puoi nasconderla!- e, con una velocità sorprendente, gli fece lo sgambetto.
Come Yuma temeva, la caviglia non resse il peso e il ragazzo cadde in ginocchio, gemendo dal dolore.
Vector disse, abbassandosi –Quando ti ho dato la carta magia Forza Bariana, ti ho trasferito anche parte dei miei sentimenti, come dici tu. A causa di questo, nella battaglia di Sargasso, Astral è stato posseduto dall’Evil, l’energia del Mondo Bariano, e in quel frangente sono riuscito a scorgere nella sua mente il suo ricordo di quando è arrivato sulla terra. Ho visto il modo in cui hai aperto il cancello e ho sentito la confusione che ha provato Astral quando ha perso la memoria. Se non fosse stato per te, ora tutto questo non sarebbe successo. Per cui, riguardo al tuo discorso di prima, scusaci se ti consideriamo la minaccia maggiore per il nostro mondo-.
Detto questo, lo prese per un braccio e scomparve insieme a lui per poi ritrovarsi sul piano davanti al trono, che poi scendeva attraverso le scale. –Ma come…?- chiese Yuma.
Vector, sempre tendendolo per il braccio, disse –Come avrai capito, noi bariani riusciamo a teletrasportarci. Nel mondo umano dobbiamo usare i portali, ma qui ci basta poco-.
Schioccò le dita e davanti al trono, poco distante da dove si trovavano loro, cominciò a formarsi una lastra di pietra rossa che, dopo qualche secondo si solidificò e si fermò orizzontalmente a mezz’aria, all’altezza del petto del bariano.
Con uno strattone, Vector lo costrinse ad alzarsi e lo spinse verso la lastra. Appena il corpo di Yuma toccò la dura pietra, dalla lastra partirono delle strisce di fumo rosso che gli legarono le caviglie, inchiodandole alla lastra. Yuma non riuscì nemmeno ad esserne sorpreso, perché Vector gli piegò le braccia, facendo in modo che le dita di Yuma puntassero verso la punta della lastra. Subito spuntarono altre strisce di fumo che gli legarono i polsi. In tutto questo, Vector non aveva mai smesso di sorridere, mentre gli altri bariani erano rimasti impassibili, quasi sapessero quello che avrebbe fatto Vector di lì a poco.
Yuma si dimenò, cercò in tutti i modi di liberarsi, ma le strisce di fumo si erano solidificate e ora caviglie e polsi erano legati alla lastra da pura roccia rossa.
Girò la testa verso Vector, mentre il suo odio verso il bariano cresceva a dismisura.
–Bastardo che non sei altro, liberami subito!- disse in preda all’indignazione.
Vector scoppiò a ridere. –Non ci penso nemmeno, Yuma! Tu mi servi, o hai già dimenticato il motivo per cui ti ho portato nel mio mondo?- disse, mentre il ghigno sul suo volto si allargava.
–Gli esperimenti!- pensò Yuma con orrore.
–Vuole sottopormi a degli esperimenti per vedere se riesce ad assoggettarmi!-.
Quasi come se gli avesse letto nel pensiero, Vector disse, con il suo solito sorriso canzonario –Vedo che ti sei ricordato. Bene, in questo modo andremo più veloci!-. Yuma gli lanciò il suo sguardo, o almeno così sperava di aver fatto, più carico d'odio che riuscì ad imbastire in quel momento e cercò ancora di liberarsi, dimenandosi con tutta la forza che gli era rimasta.
Dopo qualche secondo smise di lottare e si abbandonò sulla lastra, senza forze.
-Dannazione!- pensò -Maledetto sonnifero!-.
Quel liquido lo aveva lasciato stremato e la visione non aveva di certo migliorato la situazione.
Vector si rivolse agli altri bariani.
-Da qui in avanti faccio io. Potete andare-.
In pochi secondi i quattro bariani scomparvero, circondati dal solito alone di luce rossa.
Vector cominciò a illuminarsi e nella sua mano comparve una carta.
-Ma quella è la carta magia Forza Bariana!- esclamò Yuma.
Vector disse -Esatto. E ora...-.
L'appoggiò piano contro la fronte di Yuma e nello stesso momento si illuminò come aveva fatto nel duello tra Yuma e Alit.
Yuma si irrigidì.
Per un istante, un freddo e terribile istante, non vide niente.
Non sentiva più nulla, i sensi addormentati.
Era circondato da un denso fumo nero che pian piano cominciava a soffocarlo.
Yuma cominciò ad avere paura.
Il fumo lo rincorreva e lui non riusciva a muoversi.
Stava arrivando, era vicino, molto vicino.
Lo sentiva, era lì per lui.
E lo avrebbe preso, lo avrebbe preso!
Qualcosa si avviluppò intorno alla sua gamba.
Yuma si girò terrorizzato.
Aveva paura, una paura terribile...
Yuma sentì caldo. Una vampata di caldo così improvvisa da farlo sobbalzare, cosa che gli procurò non poco dolore a causa della posizione a dir poco scomoda e innaturale delle braccia.
Il ragazzo aprì di scatto gli occhi, mentre il suo respiro si faceva via via sempre più regolare. Lentamente cominciò a distinguere le figure intorno a lui, fino a riprendere del tutto conoscenza.
Vector era davanti a lui.
Lo sguardo provocatore di sempre era sparito e aveva lasciato il posto ad un'espressione seria e frustrata, per non dire rabbiosa.
-Perché ancora non funziona?- disse, quasi parlando con se stesso.
-Eppure sei nel mio mondo e ho anche attivato la mia aura Bariana... Avrebbe dovuto funzionare. Perché non riesco a sottometterti?-.
Yuma era ancora stordito e l'unica cosa che riuscì a fare fu strizzare gli occhi a fatica, per mettere a fuoco la figura del Bariano, che ai suoi occhi appariva ancora sfocata.
Sorrise.
Nonostante la difficile e pericolosa situazione in cui si trovava, non riusciva a non provare una sorta di felicità nel vedere Vector in quello stato, confuso e spiazzato. Vector si girò verso di lui e riuscì a vedere l'ombra del sorriso che pochi attimi prima aveva illuminato il volto del ragazzo.
Quasi ringhiando, disse -Non cantare vittoria! Riuscirò a sottometterti Yuma, fosse l'ultima cosa che faccio!-.
Il ragazzo chiese, cercando ancora inutilmente di liberarsi -Ma perché ci tieni tanto ad assoggettarmi? Potremmo semplicemente duellare, come Shark e Durbe e come Kaite e Mizael. Perché invece tu vuoi rendermi tuo schiavo? Perché mi odi in questo modo?-.
Vector non rispose subito.
Era confuso, lo si vedeva dal suo sguardo, come se non capisse completamente quello che stava facendo.
Un dubbio si insinuò nella mente di Yuma, ma il ragazzo non riuscì a dargli importanza, perché il Bariano disse –Tu sei mio nemico e per il bene del mio mondo, io ti devo sconfiggere! Riguardo al perché io ti voglia assoggettare, ti basti sapere che non uscirai da qui nello stato mentale in cui sei arrivato!-.
Delle ore che avevano seguito quell’affermazione, Yuma aveva dei ricordi sfocati.
Vector provò ad assoggettarlo innumerevoli volte e al ragazzo quelle ore sembrarono un’eternità, anche perché finiva sempre nello stesso luogo, circondato dal solito fumo nero e animato dalla stessa sensazione di paura.
Alla fine, Vector disse, più frustrato che mai –Per oggi può bastare. Ma non preoccuparti, abbiamo molto tempo davanti a noi!-.
Disse quest’ultima frase con una sorta di gioia selvaggia, quasi come se dirlo potesse in qualche modo alleggerire il peso del suo insuccesso. Yuma volse appena la testa nella sua direzione.
Era stremato.
Vector venne scosso dalla normale risata provocatoria e, in meno di due secondi, brillava già della solita luce rossa.
Quando Yuma aprì gli occhi, riconobbe la stanza circolare con il pilastro dove era stato incosciente per tre giorni. Vector lo spinse contro il pilastro, lo legò con le solite catene e tirò fuori la boccetta con il solito sonnifero.
Stanco com’era, Yuma non oppose nemmeno resistenza.
Dopo essersi assicurato che Yuma avesse ingerito completamente il liquido, senza dire niente se non mettere in mostra il solito ghigno, Vector sparì.
Yuma appoggiò la testa contro il pilastro.
Si aspettava di peggio, ma il trattamento al quale lo aveva sottoposto Vector lo aveva stremato. In quelle condizioni, non poteva nemmeno pensare ad un modo per scappare e per di più le immagini della visione che aveva avuto non lo abbandonavano.
Possibile che lui e Astral fossero fratelli?
Ripensando all’amico scomparso, Yuma si sentì come svuotato, privo di speranza.
–Astral…- pensò in preda alla nostalgia –Dove sei?-.
Poi il sonnifero fece effetto e Yuma si addormentò.
Cari lettori e lettrici,
Non vi ho mai scritto. Questo perché ho avuto dei problemi con il codice html, ora risolti. Parlando della storia, vi devo dire alcune cose. Primo: se questa storia vi sembra noiosa, abbiate pazienza. Io scrivo in modo “lento”, ovvero c’è bisogno di tempo perché la storia si sviluppi veramente. Se avrete pazienza, vedrete che il bello arriverà. Secondo: se non capite qualcosa o credete che io stia sbagliando delle informazioni, contattatemi. Sono qui anche per questo. Terzo: recensite. Le recensioni mi servono per capire cosa va bene del mio modo di scrivere o cosa devo migliorare. Questo è un paese libero, per cui potete dire quello che credete più giusto. Quarto: Spero che questo capitolo (o almeno la seconda parte!) vi sia piaciuto, visto che è uno dei miei capitoli preferiti! E, infine, quinto: nel prossimo capitolo (che pubblicherò la prossima settimana), entra in gioco Astral. Se qualcuno di voi credeva che la mia storia fosse tutta su Yuma, bè vi stavate sbagliando di grosso!
Alla prossima e grazie che leggete!
Ps: Un ringraziamento speciale per Lady White Withc e Stellaskia, che mi hanno aiutata con fantastici consigli! E un saluto enorme a SerpeOrtica, la mia ufficiale e prima follower! (Nonché mia grande amica! ^.^)
BennyloveAstral
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Capitolo 6 *** Una promessa da mantenere... a tutti i costi! ***
Astral aprì gli occhi. Intorno a lui era tutto bianco. Tutto. Non c’era niente. Non un alito di vento, non un albero, non una persona. Nessuno. Provò a guardarsi intorno, per vedere se per caso gli fosse sfuggito un particolare che potesse aiutarlo a capire dove si trovasse. Niente. Bianco. Si sentiva strano, percepiva di essere cambiato in qualche modo. Si guardò le mani, confuso. Erano normali, le sue abituali mani, tranne per un particolare: erano mani in carne ed ossa. Astral sobbalzò, sorpreso più che mai. Cos’era successo? Si guardò i piedi. La stessa cosa. Allora si toccò il viso. Identico.
–Non ci credo- pensò allibito. –Sono umano!-.
Sorrise estasiato. Si era sempre chiesto cosa provassero gli umani ad avere il corpo così solido, come si sentisse Yuma…
YUMA.
In un istante Astral si dimenticò di tutto, non si accorse nemmeno che il bianco che lo circondava stava svanendo, sostituito da un blu quasi nero.
YUMA.
–Cosa è successo? Dov’è Yuma e dove sono io? Cosa gli sarà successo?-.
Quelle domande cominciarono ad assillargli la mente, mentre Astral cercava inutilmente di trovare una risposta.
–Ma… non ricordo nulla!- esclamò Astral. –Non ricordo! Dov’è Yuma?-.
ASTRAL.
Lo spirito astrale si voltò di scatto. Davanti a lui c’era un cancello, ma non un cancello qualunque. Quel cancello era quello dei sogni di Yuma.
–Che cosa vuoi da me?- chiese lo spirito.
La voce rispose –Ricorda la tua missione Astral. Ricorda-.
Astral si concentrò, ma non ricordava nulla.
Solo un nome.
YUMA.
–E io devo trovarlo- pensò dentro di sé Astral.
Così, si rivolse al cancello –In questo momento non ricordo nulla di me, so solo che non trovo più Yuma e che non ho idea di quello che gli sia successo. Apriti e portami da lui!-.
Dopodiché, giudato da un istinto a lui sconosciuto, poggiò il palmo della mano sulla serratura del cancello. Ci fu una grande luce e una scossa così potente da sbalzare via Astral, facendolo cadere a terra. Per evitare di essere accecato dalla luce, lo spirito chiuse gli occhi. Quando li riaprì, per poco non si credette pazzo. Si trovava in un luogo davvero strano, ma allo stesso tempo familiare. Tante costruzioni, simili a dei grattaceli, che andavano dall’azzurro chiaro al blu notte. Erano circondate da innumerevoli scale che, o almeno così aveva capito Astral, servivano a collegare i piani più alti con quelli più bassi. Guardando più in là invece, Astral riuscì a scorgere una grande distesa d’acqua che circondava le tante abitazioni. Il mare.
–Ma dove sono? Questa non è la terra…- pensò pieno di sgomento.
Si guardò intorno e la sua attenzione venne catturata dagli spuntoni che si trovavano sopra la presunta città. Erano lunghi e tremendamente appuntiti, disposti a cerchio e orizzontalmente, in modo da formare un cerchio perfetto. Astral stava ancora ammirando quello spettacolo inquietante, quando una voce lo riscosse dai suoi pensieri. –Ben tornato Astral. Ti stavamo aspettando-.
Lo spirito si voltò. Davanti a lui, presero forma due persone: una ragazza e un uomo. Erano entrambi trasparenti e avevano i suoi medesimi tatuaggi sul corpo. La ragazza era alta pressappoco come lui. I capelli le scendevano lunghi sulle spalle, fino ad arrivare al fondo schiena, mentre il viso era coperto a metà da una lunga e sottile frangia. Gli occhi erano, come i suoi, di un colore diverso. Un occhio era verde, mentre l’altro era bianco come il suo. Astral rimase incantato a guardarla, quasi incatenato da quello sguardo. L’uomo, invece, era di costituzione piuttosto robusta. Era molto alto e i muscoli svettavano sulla pelle trasparente, mettendo in risalto i tatuaggi. I capelli erano molto corti e tagliati in modo squadrato e coprivano solamente la nuca e le orecchie. Gli occhi mettevano paura e incutevano rispetto, ma allo stesso tempo erano profondi e sinceri.
Gli occhi di un re.
Uno di questi era blu, mentre l’altro era di un marroncino chiaro. Vedendoli, Astral si riscosse e si accorse che anche lui era tornato trasparente, come prima. Anche se visibilmente sollevato, Astral non riuscì a nascondere dentro di sé la delusione per non essere più umano. Gli era piaciuta la sensazione del suo inaspettato corpo. Era stato nuovo, bello.
Diverso.
La voce di prima si fece risentire e Astral capì che era stato l’uomo a parlare.
–Astral, finalmente sei tornato. Ti aspettavamo con grande ansia-.
Astral rispose, più confuso che mai –Aspettare me? Ma… io non..-.
In quel momento la ragazza disse, rivolta all’uomo –Non ricorda Gheeb. Bisogna attivare il suo Occhio-.
L’uomo chiamato Gheeb annuì e si avvicinò ad Astral.
Lo spirito cercò di scostarsi, agitato. –Io veramente non..- ma Gheeb fu più veloce e con il dito gli toccò il tatuaggio a forma di cerchio, che si trovava proprio in mezzo alla fronte.
Astral venne come attraversato da una scossa e delle immagini cominciarono ad invadergli la mente: lui e Yuma che duellavano contro Shark, poi quel duello contro Kaite, contro Tron. Successivamente si ricordò i duelli contro i bariani: quello contro Alit, contro Mizael e il terribile duello contro Vector. E infine ricordò il duello contro Numero 96. Il dolore, la vittoria e infine la sconfitta, insieme al suo sacrificio. A queste immagini se ne aggiunsero altre, questa volta del tutto nuove per il Numero Originale. Lui davanti ad un trono di cristallo blu, mentre lo spirito di nome Gheeb gli parlava. La ragazza che aveva appena visto che gli urlava contro e gli voltava le spalle, lui che rispondeva ad una chiamata e attraversava il cancello…
Astral cadde a terra, sfinito.
–Ma cosa…?- pensò.
L’uomo e la ragazza lo stavano ancora guardando, questa volta con evidente sorpresa.
Astral si affrettò ad alzarsi.
–Cosa è successo, cosa mi hai fatto?- chiese, con un tono più duro di quanto avesse voluto.
Gheeb rispose –Ti ho semplicemente attivato l’Occhio che hai in fronte, per far riaffiorare i ricordi nella tua mente. Tutti gli abitanti del Mondo Astrale ne hanno uno, visto che la memoria era ed è il nostro punto debole. E porta rispetto, Astral-.
Ora lo sguardo dell’uomo si era fatto tagliente.
–Sono sempre il tuo re-.
Astral sussultò. Si ricordò dove fosse, chi erano quelle persone, chi era lui.
In fretta si inginocchiò.
–Mio re, mia principessa. Scusatemi, non ricordavo chi foste-.
Lo sguardo del re si addolcì lievemente, mentre quello della ragazza non vacillò e rimase glaciale.
–Lo sappiamo Astral. Per questo ti abbiamo chiamato. E’ tempo-.
Astral chiese –Tempo per cosa?-.
–Per distruggere il Mondo Bariano, naturalmente- rispose scettico il sovrano.
Astral si fece improvvisamente attento. Quella poteva essere l’occasione per scoprire quale fosse davvero la sua missione. Gheeb stava per dire qualcosa, ma la ragazza lo precedette e, quasi come se gli avesse letto nel pensiero disse, con una voce se possibile ancor più glaciale dell’espressione che aveva negli occhi –Immagino ti starai chiedendo quale sia la tua vera missione. Allora te lo dirò. La tua missione è trovare il Numeron Code e usarlo per distruggere il Mondo Bariano. Altrimenti saremo noi ad essere distrutti-.
Astral non si scompose.
Lo sapeva, ma fino a quel punto aveva sempre avuto qualche dubbio. Ora invece ne aveva la certezza.
La ragazza continuò –Ti abbiamo chiamato qui perché potessi ricordare. Stavi vacillando e, in quanto messaggero del Mondo Astrale, questo non poteva succedere-. All’improvviso, Astral si ricordò di una cosa molto importante. A causa di tutte le novità che lo avevano invaso nelle ultime ore, si era completamente scordato del motivo per cui era finito in quel posto.
YUMA.
–Mio re, mia principessa- disse Astral, scegliendo le parole con molta cura –Essere il messaggero del mio mondo e allo stesso tempo il vostro salvatore è per me fonte di grande orgoglio. Non avrei potuto desiderare di meglio, ma…- si interruppe, per scegliere le parole adatte a quella situazione.
–Ma?- chiese il re, impaziente.
–Ma non posso restare- continuò Astral.
–Devo trovare una persona molto importante per me e che in questo momento potrebbe aver bisogno del mio aiuto-.
Il re chiese –Ti riferisci a Yuma Tsukumo, il figlio di Kazuma?-.
Una tenue speranza si illuminò dentro Astral, che disse –Si esattamente. Per caso sapete dove si trova o se sta bene? Sono passato attraverso il cancello chiedendo di essere portato da Yuma! Si trova qui?-.
La ragazza disse, con un tono più brusco del normale –No. Non sappiamo e non vogliamo sapere dove si trova quell'umano-.
La speranza si spense dentro Astral.
–Ma se Yuma non è qui- disse, quasi parlando con se stesso –perché il cancello mi ci ha portato?-.
Ci fu un attimo di silenzio, interrotto dalla voce del re che disse –Il cancello non ha sbagliato. E’ vero, Yuma Tsukumo non si trova qui, ma noi sappiamo come farti arrivare da lui-.
Astral per poco non esultò, ma riuscì a trattenersi e mantenne la sua abituale espressione pensierosa, solamente un sorriso a illuminargli il volto.
La ragazza invece lanciò uno sguardo assassino al padre, che la ignorò volutamente.
Astral però non si accorse dello scambio silenzioso che era avvenuto tra padre e figlia e disse –Mio re ve ne prego, allora! Portatemi da lui!-.
Ma subito si rese conto di una cosa. Una cosa che non aveva preso in considerazione.
Gheeb dovette capire i suoi pensieri, perché chiese –Cosa c’è Astral? Cosa ti turba?-.
Titubante, il Numero Originale disse –Io… ecco… grazie a voi ho recuperato la memoria che avevo perso. E insieme alle altre cose, mi sono ricordato anche del duello contro Numero 96 e… ecco… io non dovrei essere…- ma non riuscì a finire la frase che la ragazza, il cui nome Astral si era ricordato era Gheia, lo interruppe e completò dicendo –Morto?-.
Astral annuì in silenzio.
Gheeb sospirò e rispose, con un tono di voce tra il rassegnato e il sorpreso –Nemmeno noi sapevamo il motivo del perché tu fossi ancora vivo. Devo dire che credevamo fossi morto, trafitto da Numero 96. Ma poi ci siamo ricordati di una cosa: per noi abitanti del Mondo Astrale, la memoria e ricordi sono la nostra debolezza, si, ma sono anche il nostro punto di forza. Quella cosa che ci permette di esistere ancora, che ci permette di vivere, è proprio la memoria che chiunque può nutrire in noi. Per quanto riguarda te, ci deve essere qualcuno che non ti vuole abbandonare, che pensa sempre a te, che conserva i tuoi ricordi. Qualcuno che non vuole accettare la tua morte e che quindi non smetterà mai di ricordarti. Qualcuno che ti ama davvero-.
Astral rimase in silenzio.
–Yuma- pensò, in preda alla malinconia.
Subito nella sua mente comparve l’immagine del ragazzo che lo aveva sempre aiutato, con i suoi capelli strani e quegli occhi che brillavano. Quel ragazzo che non si demoralizzava mai dopo una sconfitta, sempre pronto a tutto per aiutare gli amici…
Quel ragazzo che lo aveva aiutato e amato come un fratello.
YUMA.
Gheia e Gheeb rimasero in silenzio, rispettando le riflessioni di Astral.
Alla fine, lo spirito astrale alzò lo sguardo, più deciso che mai.
–Come vi ho detto prima, non posso restare. Devo andare da Yuma e aiutarlo. I bariani gli daranno sicuramente la caccia per sottrargli le carte Numero. Senza di me, si troverà in pericolo!-.
Gheia disse, gli occhi ridotti a due fessure –Tu lo hai già messo in pericolo quando sei atterrato sulla terra e lo hai coinvolto in tutto questo! Se tu non lo avessi scelto, ora lui sarebbe un ragazzo normale con una vita normale! Se è in pericolo è solamente colpa tua, non certo dei bariani!-.
Astral ribatté –Ma non avete detto che voi mi avevate mandato sulla terra con una missione?-.
–Certo- rispose Gheia –Ma sei tu che hai scelto Tsukumo Yuma. Per una strana ragione, hai scelto lui. E di questo devi incolpare solo te stesso-.
Astral sbarrò gli occhi, spaventato da quella rivelazione.
–Possibile che quello che dice Gheia sia vero?- pensò con orrore.
–Che sia tutta colpa mia se Yuma è stato tormentato dai bariani e se non è un ragazzo normale? Gli ho davvero rovinato la vita?-.
Nonostante tutto però, Astral non riusciva a pentirsi. Sapeva che in parte quella rivelazione era la verità, ma non riusciva a sentirsi in colpa. Non del tutto almeno. La verità era che si era affezionato a Yuma, molto più di quanto non desse a vedere.
Forse anche più di quanto pensasse.
Ed era disposto a fare qualsiasi cosa per poterlo ancora vedere e sentirlo urlare “Energia al massimo!”.
– Disposto anche a rovinargli la vita?- gli disse una voce nella mente.
A riscuoterlo dai suoi pensieri fu Gheeb, che disse –Astral , quello che dice mia figlia Gheia in parte è vero. Sei stato tu a scegliere Tsukumo Yuma ed a coinvolgerlo in quest’altro aspetto della sua vita. Ma vedi, se lui davvero non ti avesse voluto, se avesse davvero voluto uscire dalla piega che aveva preso la sua vita, non ti avrebbe accolto, non avrebbe accettato i tuoi consigli, non avrebbe cercato di proteggerti in tutti i modi. Tu sei importante per lui. Come lui lo è per te. Se sei ancora vivo, lo devi solo a lui. Non ti ha abbandonato, continua ancora a sperare che tu sia vivo. E, da quel che vedo, lo spera con tutto il suo cuore, perché non solo sei vivo, ma sei consapevole di quello che lui ha fatto per te. Per quanto tu lo possa aver coinvolto in tutto questo, credimi: non credo che lui rimpianga poi così tanto la vita che viveva prima di incontrarti!-.
Astral era rimasto in silenzio per tutto il tempo in cui Gheeb aveva parlato, senza pensare a niente che non fossero quelle parole.
Una lacrima gli scese lungo la guancia, scorrendo lenta fino a cadere sulla neve bianca che animava il paesaggio.
Yuma.
Gheia non disse nulla, gli occhi sempre freddi e distanti, mentre guardava la scena con una sorta di evidente disgusto.
Gheeb disse, piano –Astral. Vuoi davvero tornare da lui? Noi possiamo farti sapere dove si trova, ma la risposta potrebbe non piacerti-.
Astral alzò lo sguardo, fiero e deciso.
–Mio re, sono pronto a tutto pur di ritrovare il mio amico Yuma-.
Poi si girò verso Gheia.
– Andrò contro alla missione se necessario. Ma ora per me l’obbiettivo primario è trovare Yuma e tornare da lui-.
La principessa strinse i pugni, ma vedendo che anche il padre era d’accordo con Astral, si girò e senza proferire parola, svanì in un fascio di luce bianca.
Gheeb sospirò e improvvisamente parve più vecchio, quasi come se per tutto quel tempo avesse cercato di nascondere la propria vera età ma alla fine questa fosse venuta fuori.
Accortosi che Astral lo stava guardando, il sovrano si ricompose e disse con il suo abituale tono fermo –Allora seguimi-.
Il re si alzò in volo e si diresse verso il palazzo più alto, seguito a ruota da un Astral, confuso e deciso allo stesso tempo. Arrivati nel palazzo (che, Astral aveva notato, era coperto di rampicanti come tutti gli altri), il re si diresse verso una porta blu. Con un cenno della mano, il portone si aprì e Astral si trovò davanti un’enorme stanza circolare, con enormi finestre di vetro azzurro e un lampadario con mille o forse di più diamanti bianchi. Al centro della stanza, c’era una grande ciotola contenete dell’acqua blu e sostenuta da un’impalcatura anch’essa di diamanti. Il tutto prillava di una tenue luce argentea. Astral rimase senza parole.
Gheeb spiegò – Questa è la stanza delle Immagini. Qui puoi vedere delle immagini di quello che vuoi sapere. Puoi usarlo solo una volta nella tua vita, ma credo che per te sia questa la volta-.
Astral annuì, ancora incantato dalla bellezza della sala. Gheeb e il Numero Originale si diressero verso la ciotola.
–Ora Astral concentrati- disse il re. –Devi visualizzare bene l’immagine di Tsukumo Yuma nella tua mente. L’acqua delle Immagini potrebbe vedere qualcosa di diverso e tu avrai perso la tua unica occasione per sapere dove si trova il tuo amico-.
Dopodiché, si spostò per lasciare spazio ad Astral. Lo spirito guardò nel liquido blu e immaginò Yuma, i soliti vestiti, la Chiave dell’Imperatore appesa al collo, la sua energia, i suoi occhi rossi come il tramonto… subito l’acqua si illuminò e Astral venne risucchiato all’interno, mentre il suo corpo si trasformava in un fumo bianco. Quando aprì gli occhi, il suo corpo era tornato normale e si trovava in un luogo molto strano, ma allo stesso tempo familiare. Rocce rosse animavano il paesaggio, anche se lui era finito in una stanza circolare. Al centro della stanza c’era un pilastro di roccia rossa particolarmente più alto e appuntito. Astral si accorse che al pilastro era legato qualcosa. O qualcuno. Con un brutto presentimento si avvicinò e la scena che vide lo riempì di orrore.
Legato al pilastro c’era Yuma. La divisa di scuola era strappata, il braccio sinistro era completamente imbrattato di sangue rappreso e così una parte del viso. Le catene che lo legavano lo avevano completamente immobilizzato e Astral riuscì a scorgere la posizione innaturale della caviglia sinistra, che probabilmente era rotta. Sia braccia che caviglie erano contraddistinte da segni violacei a causa delle catene e legate al pilastro. Ma cosa più sconcertante, Yuma aveva gli occhi chiusi ed era completamente accasciato contro la pietra.
–Yuma!- gridò Astral.
Si avvicinò al corpo del ragazzo, animato da un’angoscia mai provata prima. Il petto di Yuma si alzava e si abbassava.
Astral sospirò di sollievo. Almeno era vivo.
All’improvviso, ci fu una luce abbagliante e Astral chiuse gli occhi per non rimanerne accecato. Quando li riaprì, davanti a lui c’era Vector nella sua forma bariana. Astral si preparò allo scontro, irrigidendo i muscoli, ma con sua grande sorpresa, Vector gli passò davanti senza degnarlo di uno sguardo.
–Non può vedermi!- esultò Astral.
–E’ vero, io non sono veramente qui! E’ stata l’acqua delle Immagini ad avermici portato! Queste sono solo le immagini di quello che sta succedendo ora!-.
Seguì piano il bariano e vedendo quello che aveva intenzione di fare, venne assalito dall’indignazione e dal disgusto.
Vector si piegò sulle ginocchia e nella sua mano comparve un piccolo ago di roccia rossa molto sottile. Poi fece comparire anche una piccola bottiglietta delle dimensioni di una mela e la poggiò a terra. Si avvicinò a Yuma, ancora addormentato, e gli infilò l’ago nel braccio.
Astral trattenne il fiato, aspettandosi la reazione di Yuma, ma il ragazzo si mosse solo lievemente e poi si riaddormentò. Lo spirito sentì la piccola risata di Vector e dentro di lui crebbe la rabbia verso quell’individuo.
Astral si concentrò sull’ago e notò che pian piano stava cambiando colore. Dal rosso stava passando al nero. Con orrore, si rese conto che quel liquido scuro all’interno dell’ago non era altro che il sangue di Yuma.
Vector gli stava prelevando del sangue! Ma perché? E poi perché Yuma si trovava, ormai Astral ne aveva la certezza, nel Mondo Bariano? E dov’erano il suo deck e i suoi Numeri, visto che non sentiva alcuna aura provenire da lui? Si stava ponendo ancora tutte quelle domande quando sentì un’altra voce rimbombare nella stanza. Una voce crudele, antica ed estremamente familiare.
–Vector-.
Il bariano si fece subito attento.
–Si, mio signore-.
–Stai attento. Il ragazzo è umano e ci serve vivo. Non voglio che muoia prima di non aver svolto il suo compito. Il ragazzo è essenziale per la riuscita del piano. Hai fatto come ti avevo detto?-.
Vector rispose –Si mio signore. Gli ho fatto credere di volere i suoi Numeri e lui li ha lasciati ai suoi amici, per evitare che cadessero nelle mie mani. Non c’è nemmeno Utopia a proteggerlo, adesso-.
Astral pensò, più indignato che mai –Vector! Brutto bastardo doppiogiochista!-.
La voce proruppe in una breve risata, che ad Astral mise i brividi.
–Ottimo. In questo modo, lui capirà più in fretta che il ragazzo è in pericolo e non tarderà ad arrivare. E in fondo, non sarà difficile per lui rintracciarlo. La sua energia si sente ovun…- ma all’improvviso la voce si interruppe.
Astral si guardò intorno, preoccupato.
-Lui è qui…- disse piano la voce.
–Come qui? Non è possibile… ne siete sicuro?- chiese Vector, alzandosi in piedi.
–Zitto!-.
La voce cambiò tono, come se fosse stata un’altra persona a parlare. Ora era più seria, ma allo stesso tempo comprensiva e rassegnata. La voce di prima era totalmente sparita.
- Ohh… Astral-.
Astral si guardò nuovamente intorno ma non vide nessuno.
–Chi sei? Cosa vuoi da me?- chiese lo spirito.
La voce rispose –Come, non ricordi? Ahh, ma giusto. Visto che il ragazzo non ricorda, non puoi farlo nemmeno tu. Non aver paura Astra, fidati di me-.
Astral chiese, confuso –Cosa c’entra Yuma in tutto questo? E come posso fidarmi di te?-.
La voce rispose, con il suo tono profondo –Il ragazzo è la chiave di tutto. E tu lo vuoi salvare vero, Astral? Ebbene, anche io voglio salvare Tsukumo Yuma. Io ti aspetto. Puoi fidarti di me perché in questo stesso momento sto facendo in modo che la nostra conversazione rimanga privata. Per evitare che in loro nascano dei sospetti, mi devo fingere loro amico, ma in realtà li odio con tutto me stesso. Non sono tuo nemico. I bariani lo sono. E io posso aiutarti. Vieni qui, nel Mondo Bariano. E ti aiuterò a salvare il tuo amico. Ma affrettati: man mano che il tempo passa, il ragazzo si indebolirà. Il tempo e lo spazio scorrono diversi nel Mondo Bariano e il tuo amico proviene dalla terra. Più tempo passerà, più Yuma rischierà di morire. Io ti aspetto qui, per aiutarti. Ricordalo Astral. Noi siamo stati vecchi amici una volta. A presto-.
La voce scomparve e Astral venne risucchiato fuori dal Mondo Bariano. Tutto scomparve e l’ultima cosa che vide fu il corpo inerte di Yuma, accasciato contro il pilastro di roccia.
-Mio signore? Cosa gli avete detto, al Numero Originale? Non ho sentito nulla del vostro dialogo-.
–Non è necessario per te saperlo. Ma preparati. Tra poco verrà da noi. Ahahaha… Astral… Ti sei affezionato a quell’umano e questa sarà la tua fine! Dormi bene Yuma Tsukumo… E portami alla mia vendetta!-.
Astral si ritrovò nella stanza delle Immagini. Si alzò, sotto lo sguardo preoccupato e indagatore di Gheeb.
–Hai visto ciò che volevi vedere?- chiese il re.
Astral disse, con la voce che tremava –Si. E quello che ho visto non mi è piaciuto. Era come temevo-.
Prese un respiro profondo, ma la voce non smise di tremare.
–Yuma è stato catturato dai bariani e ora si trova nel loro mondo-.
Tori arrivò al laboratorio con un’ora di anticipo. Per tutto il giorno non aveva pensato ad altro se non a quello che sarebbe successo di lì a poche ore. Finalmente, dopo quattro giorni, sarebbe cominciata la missione di salvataggio per riportare Yuma sulla terra… e Tori era davvero preoccupata.
Certo, non vedeva l’ora di riabbracciare Yuma, però allo stesso tempo aveva paura di incontrarlo.
E se il Mondo Bariano avesse avuto una cattiva influenza su di lui? Senza Astral a proteggerlo, sarebbe riuscito a resistere in mezzo ai bariani? E se, una volta averlo salvato, Tori si fosse accorta che lo Yuma che conosceva non esisteva più?
–Ma che stupidaggini!- pensò Tori, dandosi della stupida.
–Yuma non si lascerebbe mai influenzare dai bariani, non dopo quello che è successo ad Astral per causa loro!-.
Si avviò verso la salita che portava al laboratorio, ma la sensazione riguardo l’incontrare Yuma non accennava a svanire. Davanti all’ingresso del laboratorio, si accorse di non avere le chiavi. Nella fretta e nell’eccitazione di salvare Yuma, non si era ricordata che le aveva prese il Shark, che era stato l’ultimo a uscire il giorno della loro riunione.
–Stupida, stupida e ancora stupida!- si disse Tori con rabbia.
–Ora devi aspettare che arrivino gli altri! E ti vedranno impalata davanti alla porta come una scema!-.
Fu allora che si accorse di una cosa: l’ingresso esterno del laboratorio era totalmente ricoperto di polvere e rampicanti, che impedivano l’aprirsi della porta. Quando si erano riuniti non l’aveva visto perché era entrata dalla porta sul retro.
–Forse non posso entrare- pensò Tori –Ma forse posso aiutare in qualche modo-.
Prese il secchio e la scopa che si era portata da casa e scese al fiume lì vicino. Riempì il secchio d’acqua e poi, dopo averla riportato davanti all’ingresso del laboratorio, cominciò a spazzare alternando con spruzzi d’acqua. Quando gli altri sarebbero arrivati, avrebbero trovato quell’ingresso splendente.
Quando Shark, Kite e gli altri arrivarono, Tori era poggiata contro un albero e ammirava il suo operato, soddisfatta. Tutti si fermarono ad osservare l’ingresso completamente libero dalle erbacce e senza la minima traccia di sporcizia.
La prima a riprendersi dallo shock fu Rio, che esclamò –Tori! Sei stata grandiosa! Come ti è venuto in mente?-.
Tori spiegò, arrossendo –Bè ecco… avevo pensato che, poiché l’entrata sul retro è un po’ difficile da raggiungere, sarebbe stato molto più comodo e veloce avere l’entrata principale libera. In fondo, dobbiamo sbrigarci a salvare Yuma e ogni istante è prezioso-.
Tutti la guardavano con un interesse nuovo adesso, quasi come se non si aspettassero una mossa tanto ingegnosa da parte sua. Da una parte Tori era lusingata da tanta attenzione, ma dall’altra era anche indignata.
–Perché, io non posso avere delle belle idee ogni tanto?- pensò con astio.
–Anche io ho un cervello, sapete!-.
Però, nascose i suoi sentimenti e aspettò la reazione degli altri.
Three disse, sorridendo –Ottimo lavoro Kotori!-, mentre il dott. Faker disse –Brava ragazza. In fondo l’ordine è essenziale per il lavoro che dobbiamo svolgere. A questo punto non ci resta che entrare-.
Tutti annuirono e seguirono lo scienziato che, fattosi dare le chiavi da Shark, aveva aperto la porta ed era entrato. Davanti a loro si presentò la normale stanza in cui si era incontrati la prima volta. Faker avanzò ancora, diretto verso una porta sul lato opposto della sala e tutti lo seguirono. In silenzio, mise la chiave nella serratura e, Tori ne fu certa, lanciò uno sguardo furtivo a Tron che a sua volta sorrise.
–Ecco a voi il nostro laboratorio!- disse lo scienziato aprendo la porta.
Tutti rimasero senza parole, perfino Kite. Lo spettacolo davanti ai loro occhi era sconvolgente. La stanza in cui erano entrati era enorme.
–Il doppio di casa mia praticamente- pensò con incredulità Tori.
Al centro c’era una struttura di metallo, formata da due bracci che andavano a formare un cerchio. Probabilmente lo spazio per aprire il portale. Tutto intorno c’erano tavoli su tavoli da lavoro e ognuno di essi era sommerso da chiavi inglesi, cacciaviti, chiodi e fili di tutti i tipi: rossi, blu, verdi, neri, sottili, grandi, rotti, corti, lunghi… Una vera “fabbrica” di fili. Appoggiati alle pareti c’erano dei robot arrugginiti, probabilmente gli aiutanti dei due scienziati. Il soffitto era a forma di cupola e completamente trasparente. Infine, in fondo alla sala, c’era un enorme apparecchiatura tecnologica. C’erano almeno tre computer con rispettive stampanti, due tabelloni ricoperti di fogli (tutti sparpagliati sul tavolo) e anche una specie di congegno che, spiegò più avanti Tron, serviva per controllare che non fosse pericoloso aprire determinati portali e che avvertiva tra quanto si fossero chiusi e quando sarebbe stato possibile riaprirli.
Il silenzio surreale che si era formato venne interrotto dalla voce di Four che disse, con il suo solito tono ironico –E voi vorreste lavorare in questo posto? Ma li avete gli occhi!? Qui è tutto pieno di rampicanti, erbacce e polvere. E’ già tanto che sia ancora in piedi! Da quanto tempo non venite qui, trent’anni?-.
Tron rispose, con un tono tra l’offeso e il divertito –Thomas. E’ vero che io e Faker non veniamo più qui da tanto tempo, ma tu sei forse un esperto di vecchi laboratori? Io non credo e non dovresti lamentarti, per di più. Ricorda che stiamo facendo questo per Yuma. E’ merito suo se ora la nostra famiglia è tornata come era un tempo -.
Four non disse niente, ma volse lo sguardo altrove.
Faker disse –Questo laboratorio è la nostra unica possibilità per salvare Yuma e riportarlo sulla terra. Io e Tron abbiamo già chiamato le persone che si occuperanno della ricostruzione del laboratorio e mentre loro penseranno a quello, noi cominceremo a lavorare sull’apertura del portale, cercando di riprodurre quello che successe sette anni fa. Voi potete cominciare a pulire… e a decidere chi dovrà andare nel Mondo Bariano-.
L’ultima affermazione scatenò il caos tra i ragazzi, nonché una serie di occhiate indagatrici da parte dei due scienziati e da Five.
Yuma era amico di tutti, lì dentro. Ed era anche chiaro il fatto che tutti volevano aiutarlo.
Tutti. Nessuno escluso.
Quindi sarebbe stato difficile scegliere chi sarebbe andato a salvarlo, visto che tutti (tranne Tron, il dott. Faker e Five) si sarebbero offerti volontari.
Il vociare che si era creato non accennava a diminuire e così Tori disse, con un tono serio –Basta adesso!-.
Tutti si girarono a guardarla, ma questa volta Tori non si sentì in imbarazzo. Era decisa ad andare avanti.
E nulla l’avrebbe fermata, ora.
–Quello che stiamo facendo è davvero stupido! Litigare per decidere chi dovrà andare a salvare Yuma, ma andiamo! Non importa chi ci andrà, l’obbiettivo è riportare Yuma qui da noi. Quando arriverà il momento di scegliere chi dovrà partire per il Mondo Bariano faremo ad estrazione, è la scelta migliore! E poi stiamo correndo troppo. Prima dobbiamo aprire il portale e attrecciarci per andare in un mondo che non conosciamo. Dobbiamo affrontare un problema alla volta e credo che aprire il portale sarà già abbastanza complicato!-.
Rio si allontanò da Shark e la affiancò, dicendo –Tori ha ragione! Se Yuma fosse qui ci direbbe le stesse cose! Dobbiamo restare uniti, perché solo uniti vinceremo questo duello!-.
Tutti annuirono, mentre Shark disse, piano –Energia al massimo…-.
Tori sorrise.
Nelle ore che seguirono, tutti si diedero da fare. Arrivarono gli uomini per ricostruire il laboratorio e cominciarono ad analizzare la situazione, mentre Tori, Shark, Rio, Bronk e gli altri e Haruto (che, dopo aver pregato il fratello per due giorni interi, era riuscito ad ottenere il permesso di aiutarli!) cominciarono a pulire i tavoli da lavoro per avere più spazio (tra il borbottare di Shark e il chiacchierare di Haruto!).
Three e Four si diressero verso il più grande magazzino di elettronica della città per acquistare delle apparecchiature richieste dai due scienziati, mentre Kite e Five cercavano di riavviare il computer centrale con la speranza che fosse ancora in funzione.
E infine, mentre il dott. Faker spiegava agli operai di che cosa avesse bisogno il laboratorio, Tron cercò i vecchi documenti che contenevano i dati dell’apertura del loro portale.
Anche Orbital 7 decise di dare una mano, cercando di riavviare i robot arrugginiti che “decoravano” la parete destra del laboratorio.
Alla fine, verso le sette di sera, gli operai se ne andarono e tutti si riunirono nella stanza della prima riunione, stanchi morti. C’era chi era seduto sul pavimento, chi si reggeva al muro e chi, come Shark e Kite, se ne stava a braccia incrociate in attesa che il dott. Faker finisse di stringere l’accordo con gli operai. Lo scienziato non tardò ad arrivare e quando entrò nella sala, tutti si fecero attenti.
–Per quanto riguarda i lavori di ristrutturazione del laboratorio, vi informo che cominceranno domani e che in capo a cinque giorni saranno finiti. I danni erano meno gravi del previsto-.
Tutti sorrisero sentendo quella notizia, specialmente Tori, che non vedeva l’ora di riabbracciare il suo amico disperso.
–La situazione riguardo il resto?- chiese il dott. Faker.
–Byron?-.
Lo scienziato rispose, prontamente –Sono riuscito a ritrovare tutti i documenti della nostra ultima apertura del portale. A quanto pare Kazuma ci suggerì bene quella volta di metterli tutti in un unico posto-.
Tutti ammutolirono sentendo il nome del padre di Yuma, tranne Haruto che disse, con la sua voce squillante –Chi è Kazuma?-.
Tutti si guardarono negli occhi, indecisi su chi dovesse rispondere.
Tori si avvicinò al bambino e, chinandosi per guardarlo negli occhi, disse –Kazuma Tsukumo. Il padre di Yuma. E’ disperso da sette anni, ormai. Ti ricordi quando hai incontrato Yuma l’ultima volta?-.
Haruto annuì.
Yuma gli era sembrato particolarmente giù quel giorno, spento, malinconico e più volte se ne era chiesto il motivo.
Tori continuò, piano.
–Quel giorno, erano passati esattamente sette anni da quando Kazuma Tsukumo era scomparso. Quando tornerà, cerca di non parlarne in sua presenza. Quest’argomento è sempre delicato per lui-.
Haruto annuì piano, dicendo –Va bene, Kotori-.
Tori sorrise e il dott. Faker riprese a parlare.
–Quindi la parte dei documenti è risolta. Il computer centrale?-.
Five disse –Il computer è ancora in ottime condizioni, ma abbiamo rivelato una serie di virus che si erano infiltrati nei download riguardanti il portale. Io e Kite riusciremo ad eliminarli entro due giorni-.
Kite annuì brevemente.
Four disse, sorprendendo tutti –Prima che tu ce lo chieda, Faker, io e Three abbiamo trovato le apparecchiature che ci hai chiesto, ma arriveranno al magazzino domani alle tre del pomeriggio-.
Three aggiunse –Le andiamo a ritirare noi, non preoccupatevi-.
Faker annuì e disse, sorridendo –Allora l’ultima cosa da fare è congratularmi con chi ha pulito. Il laboratorio non è mai stato così splendente-.
Tori, Rio, Haruto e gli altri sorrisero, mentre Shark alzò gli occhi al cielo, quasi esasperato.
–Ci ritroviamo qui alle cinque domani-.
E si diresse verso l’uscita, ma prima che potesse aprire la porta, Caswell chiese –Tra quanto sarete pronti ad aprire il portale? E’ importante saperlo-.
Tron disse –Bè…-.
Tutti si girarono verso di lui, la tensione alle stelle.
–Bè… considerando i lavori finiti e le apparecchiature che ci servono, senza dimenticare i virus nel computer centrale, riusciremo ad aprire il portale… tra sei giorni a partire da oggi-.
Tutti si lanciarono sguardi eccitati. Mancava meno di una settimana all’apertura del portale!
Faker però riportò l’ordine, dicendo –Per oggi può bastare. Sono le otto, è ora per voi di tornare a casa. A domani- e uscì, seguito a ruota dai due figli.
Uscirono anche Tron, Five, Four e Three, seguiti da Bronk e gli altri.
Tori fu l’ultima ad uscire.
Chiuse le finestre e diede un’ultima ripulita. Quando venne il momento anche per lei di tornare a casa, chiuse a chiave le porte e le finestre del laboratorio e si diresse verso la strada che portava in città.
E guardando il cielo stellato, non poté fare a meno di pensare a quanto sarebbe stato bello se in quel momento ci fosse stato anche Yuma con lei, a guardare quella miriade di puntini luminosi.
Lettori e lettrici,
prima di tutto scusate il ritardo. Avevo promesso che avrei pubblicato il capitolo sabato, ma fare il quarto ginnasio non è facile e purtroppo i compiti erano tanti. Comunque, sono riuscita a pubblicarlo. Spero vi piaccia e che possa appassionarvi ancora di più alla storia! Vedrete che si faranno scoperte interessanti! Recensite per favore! Un saluto a tutti voi
BennyloveAstral
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Capitolo 7 *** Non si torna più indietro! ***
Yuma si svegliò come sempre di soprassalto.
Ormai si era abituato.
Da quando si trovava nel Mondo Bariano, non aveva fatto altro che avere incubi.
Incubi ogni notte.
Una volta si era svegliato urlando, mentre sentiva ancora l’eco della terribile voce che animava i suoi sogni. Quella voce lo terrorizzava. Era una voce del tutto diversa da quelle delle persone normali, era più antica, remota. E crudele. Lo tormentava, ricordandogli tutte le volte in cui aveva fallito o in cui aveva avuto paura. Quella notte però, era stata particolarmente clemente, quasi come se fosse stata contento di come Yuma si stesse comportando, come se avesse raggiunto un obbiettivo grazie a lui.
Yuma si strinse contro la roccia, battendo i denti dal freddo. La sua divisa era in molti punti strappata e il freddo lo colpiva quindi direttamente sulla pelle, facendogli venire i brividi.
Cercò ancora di liberarsi, ma, come sempre, dopo qualche secondo si accasciò sul pilastro, senza forze.
Non mangiava da quattro giorni e lo stesso valeva per il bere. Ancora un altro giorno senza cibo né acqua e Yuma, ne era certo, sarebbe crollato.
–Chissà- pensò il ragazzo con amarezza –Potrei cadere sotto lo sguardo di Vector. In questo modo avrebbe un altro pretesto per rendermi ridicolo-.
Sospirò, rassegnato.
Cominciava a credere che i suoi amici non sarebbero venuti a salvarlo. Era sicuro che avessero trovato le sue carte e recepito il suo messaggio… ma come sarebbero riusciti ad arrivare nel Mondo Bariano? E se anche ci fossero arrivati, come avrebbero fatto a sconfiggere tutti e cinque i bariani in una volta? No, era impossibile.
–Però io devo crederci!- pensò Yuma, quasi con disperazione.
–Io devo sperare ancora, la speranza è tutto quello che mi resta! Devo sperare e credere nei miei amici! Come vorrei tanto essere certo della salvezza di Astral… questo mi darebbe la forza di andare avanti. Ma ora come ora, non mi resta che continuare a sperare. Ad avere speranza-.
Aveva appena terminato di formulare quei pensieri nella sua mente, che la stanza si illuminò di una luce rossa e nella stanza comparvero come al solito Alit e Gilag.
Non ci fu nemmeno bisogno di parole.
Alit lo slegò dalle catene e Yuma provò a mettersi in piedi. La caviglia ormai pulsava e basta e Yuma riusciva almeno a zoppicare. Ma l’assenza di energia a causa del suo digiuno si fece sentire e Yuma cadde, esausto, sulla nuda pietra rossa.
Si preparò a ricevere le solite risatine e prese in giro umilianti da parte di Alit, ma, con sua sorpresa, Alit non disse niente.
Per un attimo, un solo e sfuggente attimo, Yuma vide la follia sparire dagli occhi del bariano, quasi come se cercasse di combattere se stesso, di liberarsi.
Per un istante, Yuma rivide gli occhi del ragazzo contro cui aveva duellato nella Sphere Field. Gli stessi occhi verdi, la stessa espressione determinata e la stessa energia. Lo stesso duellante che gli aveva fatto vivere uno dei duelli più emozionanti della sua vita, lo stesso duellante che era diventato suo amico.
–Alit…- pensò Yuma, sorpreso e nostalgico al tempo stesso.
Fu solo un attimo però.
Passato quell’attimo, gli occhi del bariano tornarono al solito colore verde scuro, mentre l’espressione di prima veniva sostituita dalla normale espressione aggressiva e provocatoria.
–Non l’hai detto tu stesso di non voler andare da Vector in braccio a Gilag? Però se non riesci ad alzarti sarai costretto a farlo!- disse Alit, mentre un sorriso ironico gli compariva sul volto.
Yuma strinse i denti.
Era debole, stanco e ferito, ma non per questo avrebbe dato una soddisfazione del genere a Vector. Piano, cominciò ad alzarsi e subito si sentì mancare. Si aggrappò al pilastro con tutte le forze che gli erano rimaste e cercò di camminare, passo dopo passo, senza svenire dalla stanchezza o dalla fame.
Ci misero molto per arrivare nella sala dove di solito Vector lo usava come cavia e per tutto il tragitto, Yuma non fece altro che stringere continuamente i denti fino a farsi male, sforzandosi di non cedere alle vertigini o alle fitte che gli procurava la caviglia.
Quando lo costrinsero, o meglio lo fecero sdraiare sulla lastra di pietra (visto che Yuma non era riuscito ad opporre la minima resistenza, debole com’era!), Yuma non poté fare a meno di sospirare di sollievo, rilassando finalmente i muscoli.
Mentre Gilag gli legava come al solito le caviglie e i polsi, Yuma si accorse che Vector non era nella sala.
Cominciò di guardarsi intorno, cercando il bariano con lo sguardo, ma di Vector nessuna traccia.
–Come mai non è qui?- pensò Yuma, mentre l’ansia cresceva.
–Possibile che sia andato da Shark, Kite e Tori per prendere i miei Numeri?-.
Si guardò di nuovo intorno, per lo meno per quanto gli permetteva la scomoda posizione in cui era.
Chiese a voce alta –Dov’è Vector?-.
Da quando si trovava nel Mondo Bariano, Yuma sentì Gilag parlare, visto che fu proprio il bariano a rispondergli.
–Lui arriverà tra poco. Nel frattempo stai fermo-.
Yuma avrebbe tanto voluto rispondergli in modo diverso, ma era in minoranza e per di più legato in modo da impedirgli ogni singolo movimento.
Per cui voltò la testa e chiuse gli occhi, esausto.
–Hai esagerato. A noi il cibo non serve, ma il ragazzo è umano, per lui è essenziale!-.
Una voce.
Yuma aprì piano gli occhi, riconoscendone il possessore.
Durbe.
–Cosa c’è ora, Durbe? Ti preoccupi per uno stupido ragazzino? Non gli succederà nulla, anzi. Starà perfino meglio dopo-.
Vector.
Yuma aprì definitivamente gli occhi.
Gilag lo aveva legato davvero stretto e quando cercò di liberarsi non riuscì nemmeno ad alzare un poco i polsi.
Quel suo piccolo tentativo di muoversi però, non passò inosservato. Vector si girò e Yuma si trovò davanti il suo solito ghigno canzonatorio.
–Bene Yuma, ti sei finalmente svegliato! Stavo giusto dicendo ai miei amici che razza di dormiglione fossi!- disse, scoppiando a ridere.
Yuma lo guardò, al massimo dell’indignazione.
Cercò ancora di liberarsi, ma visto che praticamente non riusciva a muoversi, si limitò a dire –Non sarei in questo stato se tu mi avessi come minimo dato un po’ d’acqua! Ma non sarà in questo modo che mi piegherai! Preferisco morire che accontentarti!-.
Vector lo guardò ancora più divertito e disse, tra una risata e l’altra –Ohoh… che coraggioso e intrepido ragazzo è il nostro Yuma! Vedi, se tu mi avessi detto subito dove sono i tuoi Numeri, non saresti così affamato. Ma tranquillo, non lo resterai a lungo!-.
Yuma sentì dei brividi corrergli lungo la schiena e non riuscì ad interpretare bene quell’ultima frase.
Vector intendeva che non sarebbe stato più affamato perché gli avrebbe dato da mangiare (cosa di cui Yuma dubitava fortemente!), oppure perché non avrebbe più avuto bisogno del cibo?
Yuma deglutì e si preparò al peggio.
Di certo, visto che erano presenti tutti e cinque i bariani, non stava per succedere una cosa molto bella.
Vector si predispose dietro Yuma, in modo che il ragazzo non potesse vederlo. Gli altri bariani si disposero a cerchio intorno alla lastra di roccia alla quale era legato Yuma.
Vector disse, con la voce più alta ed eccitata del solito –Attiviamo le nostre aure bariane nello stesso identico momento e visualizzate l’immagine di Yuma nella vostra mente!-.
Gli imperatori bariani chiusero gli occhi.
Chi immediatamente, chi controvoglia o sospettoso, ma alla fine tutti i bariani chiusero gli occhi.
Subito i loro corpi brillarono della ormai familiare per Yuma luce rossa, anche se con sfumature differenti.
Quella di Alit aveva riflessi rossi e arancioni, quella di Gilag invece li aveva verdi.
Durbe aveva dei riflessi azzurrini e grigi e Mizael ne aveva di marroni.
Per sapere di che colore fossero i riflessi di Vector, Yuma non dovette nemmeno sforzarsi di guardare.
Viola.
Il colore della follia.
Ad un certo punto, il corpo di Yuma cominciò a brillare e il ragazzo si sentì attraversato da una strana sensazione di benessere.
–Ma cosa sta succedendo?- pensò Yuma, più sorpreso che mai.
In un istante, la fame e la stanchezza scomparvero e perfino la caviglia smise di pulsare.
La temperatura sembrava essere aumentata e Yuma si sentiva come se avesse mangiato almeno cinque palline di riso e avesse appena bevuto una grande bottiglia d’acqua.
Chiuse gli occhi estasiato.
Cercò di godersi quel momento il più a lungo possibile, anche perché sapeva che non sarebbe durato a lungo. E infatti, dopo qualche secondo la luce che animava il suo corpo si spense. La temperatura tornò ad essere bassa e le aure intorno ai bariani scomparvero.
Yuma si preparò al ritorno della stanchezza e della fame, ma, con sua grande sorpresa, questo non avvenne.
La sensazione di benessere non era svanita e il ragazzo non ne capiva il motivo.
Vector occupò la sua visuale.
–Come ti senti Yuma?- chiese, quasi con un tono morboso.
–Ti senti stanco oppure…?-.
Yuma non rispose subito, sospettoso.
Perché ora tutto ad un tratto Vector si interessava alla sua salute, se fino a qualche giorno prima avrebbe volentieri voluto vederlo morto?
–Allora?- insistette Vector, questa volta con la sua solita espressione omicida.
Tutti i bariani lo stavano guardando e Yuma si sentì davvero in soggezione, anche perché era completamente legato alla lastra di pietra.
–Io… ecco… mi sento bene. Credo. Cosa mi avete fatto?-.
Vector lo guardò in modo strano, mentre il suo volto si deformava in una smorfia di quella che doveva essere gioia.
–Io e i miei compagni bariani abbiamo solamente attivato la nostra aura. Non ti sei mai chiesto come facciamo noi bariani a, come dite voi umani, “dormire”?-.
Yuma lo guardò con diffidenza.
–Certo che te lo sei chiesto- continuò Vector, senza prestare alcuna attenzione allo sguardo lanciatogli da Yuma.
–Quando voi umani dormite, recuperate le energie. Noi invece attiviamo le nostre aure e gli abitanti del Mondo Astrale hanno solo bisogno di qualche minuto di tranquillità. Ora, potrai benissimo capire dove voglio arrivare-.
Yuma voltò la testa dall’altra parte.
Ne aveva una vaga idea, ma non voleva, non poteva ascoltare.
–No? Bene, te lo dico io. Il fatto che il tuo corpo e la tua mente abbiano reagito all’attivazione delle nostre aure, significa una cosa sola: tu, in qualche modo, fai parte del nostro mondo. E questo è il motivo per cui su di te i sigilli bariani non funzionano e come mai non riesco ad assoggettarti-.
Yuma, che intanto aveva rigirato la testa per ascoltare meglio, non riuscì a trattenere la propria gioia. Purtroppo però, durò poco.
–Ovviamente- continuò Vector, con il suo tono ironico –Visto che sei in qualche modo legato al nostro mondo e che sei riuscito a resistere a ben cinque aure bariane, posso assoggettarti nella maniera più veloce. E dolorosa. Un trattamento riservato solo agli abitanti del Mondo Bariano-.
Yuma rabbrividì.
Cosa intendeva Vector con la maniera più veloce? Ma la sua sorpresa arrivò al massimo quando vide Durbe avvicinarsi e, con un gesto della mano, liberarlo dalle catene.
Yuma si alzò a sedere e contrasse i muscoli, preparandosi a quello che sarebbe successo di lì a poco.
Ma non successe nulla.
I bariani lo guardavano e Yuma guardava loro.
Tutti erano in attesa, anche se forse non della stessa cosa.
Poi all’improvviso, Vector alzò la mano e un raggio di luce rossa colpì il braccio destro di Yuma, lasciando un segno poco più sopra del polso.
Yuma non aveva avuto neanche il tempo di spostarsi.
La luce era stata troppo rapida.
–Credo che lì possa andare- disse Vector sorridendo.
–Ma che mi…?- provò a chiedergli Yuma, ma non finì la frase che Gilag lo spinse giù dal pilastro e lo costrinse a poggiarci sopra il braccio, bloccandolo con la sua stretta micidiale.
–Cosa significa?- chiese Yuma, cercando di liberare il braccio dalla stretta di Gilag, che ovviamente non si lasciò impressionare e gli strinse ancora di più il polso.
Vector disse, tra le sue solite risate – Giusto non ti ho detto qual è la maniera più veloce. Visto che in qualche modo fai parte del nostro mondo, il processo al quale ti sottoporrò non ti ucciderà. Ah giusto, non ti ho detto il processo che sbadato!-.
Yuma strinse i denti.
Vector lo stava davvero facendo impazzire e Gilag continuava a stringergli in maniera insopportabile il polso, tanto che Yuma dovette dirgli –Puoi allentare la presa? Se continui così non ce lo avrò più un polso!-.
Gilag allentò un poco la sua stretta micidiale e Yuma poté finalmente pensare lucidamente e prestare attenzione alle parole di Vector.
–Analizzando il tuo sangue sono riuscito a…- ma Yuma lo interruppe, sconvolto.
–Il mio sangue hai detto? E come hai fatto ad avere il mio sangue?-.
Il bariano rispose –Mentre dormivi, ti infilavo un ago nel braccio e ti prelevavo del sangue. A cosa credevi che servisse il sonnifero che ti somministravo ogni giorno? Per farti dormire meglio?-.
Yuma cercò ancora di liberarsi, inutilmente.
Il bariano continuò.
–Come stavo dicendo, analizzando il tuo sangue ho scoperto che i tuoi globuli rossi erano particolarmente sensibili alla mia aura di bariano. Cambiavano colore e passavano dal normale rosso ad un rosso più scuro, quasi nero-.
Vector si avvicinò piano alla lastra e, sorprendendo Yuma, anche lui come Gilag gli strinse il polso.
–Voglio vedere cosa succede se metto a contatto il tuo sangue con il mio. Il tuo sangue è particolare, non è come quello degli altri umani. Voglio vedere se, facendo in modo che tu abbia un po’ del mio sangue, riuscirò ad assoggettarti. A fare in modo che tu sia sotto il mio diretto controllo-.
Dalla mano libera di Vector partirono dei raggi rossi che si trasformarono in una corda, legando il polso di Yuma alla lastra di pietra.
Alit si avvicinò e gli bloccò le gambe, mentre Gilag, non dovendogli bloccare più il polso, gli immobilizzò l’altro braccio.
Vector schioccò le dita della sua mano libera e davanti agli occhi sbalorditi di Yuma comparve un coltello che si sosteneva a mezz’aria.
Era un coltello piuttosto lungo, almeno 17 cm ed era formato da un’impugnatura nera come la lama e una punta davvero molto affilata.
Yuma si tirò più indietro possibile alla vista dell’arma, tendendo lo sguardo fisso sulla sua punta acuminata.
Vector avvicinò la lama al proprio braccio e con un gesto netto si tagliò.
Il taglio sul braccio del bariano cominciò a sanguinare e il sangue che cadeva si andò a posare sulla lama nera.
Le gocce di sangue cadevano piano, ritmicamente.
Vector si girò verso Yuma e disse –Ora farò una cosa simile sul tuo di braccio, mescolando il tuo sangue con il mio. Devo avvertirti però: normalmente una persona morirebbe, ma tu sei diverso. Ciò nonostante, sei sempre umano e anche se non morirai soffrirai un po’. Diciamo che sarà già un miracolo se riuscirai a rimanere in piedi!-. Scoppiò a ridere, mentre il coltello nella sua mano brillava di una tenue luce nerastra. Yuma cercò ancora di liberarsi, ma il coltello si avvicinava inesorabilmente. Vector ora era così vicino che i loro volti si sfioravano.
–Puoi ancora tornare indietro Yuma. Puoi abbandonare ogni speranza e smettere di lottare. Non soffriresti più, Yuma. Il tuo incubo finirebbe-.
Yuma chiuse gli occhi.
Pensò a Tori, Shark e Kite.
A suo padre.
Ad Astral.
–Non posso più tornare indietro. Ormai, come ha detto Shark, sono troppo dentro a questa storia per ignorarla!- pensò.
Disse, guardando Vector negli occhi –Mai. Non mi arrenderò mai-.
Il bariano alzò il coltello.
Appena la lama venne a contatto con la sua pelle, Yuma si sentì come trafitto da una freccia.
Un dolore mai sentito prima.
Un sentimento mai provato.
Voglia di morire.
Nero, rosso, nero.
E all’improvviso, tra le rocce silenziose ormai da millenni, rimbombarono le urla disperate del ragazzo che, piangendo e urlando, cercava disperatamente di rimanere ancorato alla vita.
Con tutto se stesso.
-Quindi dovrei arrivare ai confini del Mondo Astrale e cercare un portale che si aprirà solo se ne sono degno?-.
–Arriverai ai confini del nostro mondo e troverai un portale molto speciale, che ti dovrebbe portare vicino all’ingresso del Mondo Bariano. Come hai detto tu, puoi entrare nel portale solo se ne sei degno o se lo scopo è davvero importante-.
Astral seguì Gheeb, cercando di non sembrare troppo sconvolto.
Quello che aveva visto nella sala delle Immagini lo aveva scosso nel profondo.
Cosa ci faceva Yuma nel Mondo Bariano? Perché Vector durante la notte gli prelevava del sangue?
E poi, quella voce.
Solo a ripensarci, ad Astral vennero i brividi.
La prima impressione che aveva avuto della voce era stato vero terrore. Ma, cosa ancora più strana, un terrore ancestrale, come se già conoscesse il possessore della voce e ne avesse paura.
Poi, quando la voce si era resa conto che anche lui era nella sala, aveva cambiato completamente intonazione.
E in quel frangente, gli era sembrata sincera e davvero preoccupata per la sorte di Yuma.
YUMA.
Astral si riscosse, facendo in modo che la sua mente fosse nuovamente concentrata sul suo scopo.
Salvare Yuma.
Che avesse mentito o meno, la voce aveva detto che più tempo Yuma avrebbe passato nel Mondo Bariano, più avrebbe rischiato di morire. Rabbrividendo, Astral si affiancò a Gheeb, più determinato che mai.
Si guardò intorno.
Erano arrivati in un edificio che si trovava leggermente più in alto degli altri, tranne ovviamente del palazzo reale.
Era formato da un piano solo, privo di scale ed era completamente vuoto all’interno, se si escludevano i rampicanti d’edera che ormai si erano raggruppati in vere e proprie gabbie verdi, quasi a voler intrappolare i visitatori indesiderati.
Astral stava per avanzare, quando vide sorpreso il re chinare la testa e dire, quasi in un sussurro –O grande Giorno, permettici di passare. Il Blu chiede la tua clemenza-. Astral si guardò intorno e rimase senza parole quando vide che l’edera, pian piano, si stava spostando, aprendo davanti ai due astrali un valico. Si voltò verso Gheeb, in cerca di spiegazioni, ma il sovrano non lo degnò di uno sguardo e avanzò con passo lento nel sentiero aperto dall’edera.
Astral lo seguì, sgomento.
Quando arrivarono dall’altra parte della stanza, l’edera cominciò a richiudersi e il passaggio si chiuse così come si era aperto.
Gheeb si alzò in volo e, volando lentamente per fare in modo che Astral non lo perdesse di vista, si diresse verso la Torre.
Astral vedendola, venne assalito da dei ricordi.
Vide se stesso camminare al fianco di un Gheeb giovane e chiedergli qualcosa, mentre il re gli rispondeva con la sua solita voce pacata.
Il ricordo svanì e Astral si affiancò al re, che nel frattempo si trovava sulla parte più alta della Torre.
–Questa è chiamata la Torre di Igris- disse Gheeb, prima che Astral potesse solo aprire bocca.
–Igris era il re che mi ha preceduto ed era considerato da tutti degno del titolo che ricopriva. Era saggio e accorto, bello, elegante, intelligente… Aveva a cuore le sorti del suo popolo. Per anni, il popolo astrale visse nella pace più totale e gli antichi dissapori con il Mondo Bariano svanirono.
O almeno così credevamo.
Io ero molto giovane allora, avevo l’età del tuo amico Yuma e non percepivo il pericolo che stava per scatenarsi e come me tutti i più alti consiglieri del Sacro Consiglio Astrale, che poi chiederò a Gheia di spiegarti.
Tutti noi avevamo dimenticato quanto fossero vendicativi gli abitanti del Mondo Bariano e il fatto che non si erano mai ripresi dalla sconfitta che avevano subito nella Guerra Lucente.
La pace ci aveva resi cechi.
Ma il nostro saggio re Igris non lo era. Egli credeva che il popolo bariano non avrebbe mai rinunciato alla vendetta e per questo organizzò una spedizione, alla quale partecipò lui stesso, per andare nel Mondo Bariano e verificare che fosse tutto normale.
Igris… amico mio…-.
Gheeb sospirò, affranto. Astral non chiese nulla, rispettando il suo silenzio, anche se ormai la curiosità si era impossessata di lui.
–Di coloro che parteciparono a quella spedizione- continuò il re –non tornò più nessuno. Nessuno seppe niente, fino a che un esercito di guerrieri bariani non si presentò davanti alle nostre mura e i loro Imperatori ci intimarono di arrenderci.
Ci dissero che il nostro re si era ucciso quando si era reso conto di essere caduto nella loro trappola, lasciando la città indifesa.
Ma vedi, quello che i bariani non sapevano, è che esisteva, ed esiste anche ora, una particolare legge del nostro mondo che prevede che chi dia la propria vita per qualcun altro, possa fare in modo che quel qualcuno sia protetto.
Non dalla morte, ma protetto.
Igris si era suicidato è vero, ma non per il motivo che credevano i bariani. No, lui si era ucciso per fare in modo che ci potessimo salvare.
Così, quando l’esercito bariano tentò di attaccarci, vennero sbalzati via da un’immensa barriera argentata che aveva circondato tutta la città, proteggendola.
Fu in quel momento che noi capimmo la ragione del suicidio di Igris.
I bariani se ne andarono sconfitti, anche perché l’essenza del nostro Mondo era ed è pericolosa per loro, come lo è per noi quella del loro mondo.
Io fui eletto re e il mio primo ordine fu quello di far costruire una gigantesca torre in onore di Igris, per ringraziarlo e fargli capire, ovunque fosse, che il suo sacrificio non era risultato vano-.
Astral rimase in silenzio.
La storia che aveva appena sentito aveva in sé qualcosa di affascinante, ma allo stesso tempo era anche terribile.
Quindi la guerra tra Mondo Astrale e Mondo Bariano era ancora più antica di quanto pensasse, perfino più antica di lui.
Da quel che aveva capito, Gheeb non lo aveva citato e il “noi” con cui si ostinava a chiamare se stesso e il suo popolo, Astral cominciava a credere che non lo comprendesse.
E poi… cos’era la Guerra Lucente? E perché lui non ne sapeva nulla?
I suoi pensieri vennero interrotti dalla voce del sovrano, che gli disse –Vieni Astral. Una volta dentro la Torre, ti spiegherò meglio come salvare Yuma Tsukumo-.
YUMA.
Il cuore di Astral fece un balzo e seguì Gheeb lungo la lunga scala a chiocciola che portava al centro dell’immensa costruzione. Finita la scala, Astral si ritrovò in una stanza molto piccola. Era circolare e, a differenza delle stanze che aveva visitato in precedenza, questa non era blu.
Anzi, era di un verde smeraldo molto acceso, quasi come una foresta.
E al centro della sala, c’era una grande bolla di luce verde.
–No. Non è una bolla- pensò Astral, guardando più attentamente.
–Quello che vedi davanti a te- spiegò Gheeb –è il Seme. Noi astrali lo chiamiamo anche il Giorno, perché è l’essenza stessa della natura. Ti ricordi dell’edera che abbiamo incontrato prima?-.
Astral annuì, perplesso.
–Quell’edera è cresciuta grazie a questo seme. In qualche modo è la nostra protezione, la nostra fonte di potere. E’ il Seme che rende l’essenza del nostro mondo pericolosa e nociva per i bariani.
Ci protegge e il liquido al suo interno ha grandi proprietà curative.
Si trova nel Mondo Astrale da tempo immemorabile, nessuno di noi sa da dove proviene o perché sia cresciuto proprio qui.
Noi astrali lo consideriamo una specie di divinità. E’ per questo che mi sono inchinato, prima.
E alla fine ho fatto bene, come avrai potuto notare: l’edera si è spostata perché il Seme lo voleva.
Lui è vivo in un certo senso-.
Astral osservò il gigantesco seme.
Era veramente grande e, cosa che sorprese non poco lo spirito astrale, pulsava.
Pulsava in modo ritmico, come se fosse vivo, come se respirasse.
Astral sentì dei brividi corrergli lungo la schiena e volse lo sguardo altrove.
E per poco non gridò dalla sorpresa.
Di fronte a lui, immobile come una statua di vetro, c’era Gheia, gli occhi gelidi puntati sul suo viso.
Anche Gheeb si accorse della presenza della figlia, ma non fece domande.
Astral preferì imitarlo.
Non sapeva che aspettarsi dall’incostante principessa.
–Perché lo hai portato qui?- chiese lei, trattenendo a stento la rabbia.
Gheeb rispose –Vuole salvare Tsukumo Yuma e il Seme potrebbe aiutarlo. Gli può indicare la strada.
Sai bene quanto me che né tu né io sappiamo con certezza la posizione precisa del portale che porta nel Mondo Bariano.
E Astral non può perdere tempo.
Il ragazzo potrebbe morire se rimane ancora nel mondo dei Guerrieri Rossi-.
Gheia li guardò a lungo, quasi soppesando la risposta.
Ad Astral sembrarono ore, ma alla fine Gheia disse –Va bene. In questo modo potrà adempiere meglio alla sua missione-.
Astral si rilassò un poco, mentre Gheeb annuiva piano.
Il sovrano si voltò verso l’immenso seme e disse, con voce tonante –O grande Seme, tu che sei il Giorno, che ci illumini e ci mostri la via per andare avanti, ti prego: illumina la via al nostro messaggero e aiutalo!-.
Poi si fece da parte, spronando con un gesto Astral ad avvicinarsi.
Lo spirito lo fece e guardò con interesse mista a soggezione il grande seme verde.
Non sapendo cosa fare, si guardò intorno, in cerca di un aiuto.
Ma sia Gheeb che Gheia lo guardavano, carichi di aspettativa.
O almeno questo per quanto riguardava Gheeb, visto che la principessa continuava a guardarlo nel suo solito modo distaccato.
Astral deglutì.
E all’improvviso il seme cominciò a pulsare in maniera più veloce, mentre la sua luce verde cambiava di tonalità.
Astral indietreggiò, spaventato, ma non fece in tempo a fare un passo che venne sbalzato via da una forte scossa.
Cadde a terra.
E sentì una voce…
-Luce Passata. Ero in dubbio sul tuo arrivo, ma alla fine eccoti-.
Astral, ancora a terra, per un secondo smise di respirare.
Poi, prendendo coraggio disse –Si. Sono arrivato. Tu sei il Seme, vero?-.
–Si. Sono io. Molti mi chiamano anche il Giorno, ma il mio vero nome si è perso nel tempo. So perché sei qui Astral. E posso aiutarti-.
–Davvero?- chiese Astral, mentre sentiva l’eccitazione del momento invadergli il corpo.
–Puoi portarmi da Yuma nel Mondo Bariano?-.
Per qualche minuto il Seme non rispose, tanto che Astral cominciò ad agitarsi ancora di più.
Poi, la voce antica si fece risentire.
–Non posso portartici direttamente. Una cosa del genere andrebbe contro le Antiche Leggi e nemmeno io posso infrangerle. Però, posso indicarti la via-.
Astral rispose, mentre sul suo viso si allargava un sorriso –Si! Ti prego, indicami la via per arrivare da Yuma!-.
-–Così farò-.
Una luce verde scuro investì Astral e subito nella sua mente comparvero delle immagini.
Un deserto azzurro, un viale blu con delle rocce bianche e infine un portale rosso, sormontato da un’impalcatura nera.
Astral ci mise qualche secondo per riacquistare lucidità.
Una volta cosciente, disse –Ti ringrazio dell’aiuto che mi hai dato-.
Sentì la voce rispondere chiaramente – Il portale che ti ho mostrato si aprirà con questa chiave. La tua è una nobile missione, Luce Passata. Però, ogni gesto va ripagato, in qualche modo. Mi devi promettere una cosa-.
Il sorriso di Astral scomparve.
–Mi devi promettere che quando la Luce sarà per essere divorata dall’Ombra, tu agirai con il cuore, oltre che con la mente. E che quando saprai, accetterai il tuo compito e non ti tirerai indietro-.
Astral sbatté le palpebre, confuso.
–Cosa vuol dire? Non so di cosa parli!-.
–Capirai…-.
Astral sentì la voce diventare sempre più debole.
–No, aspetta!- cercò di urlare, ma il Seme non lo ascoltò e, con un fascio di luce verde, si chiuse in se stesso, lasciandolo più confuso di prima.
I rumori cominciarono ad entrargli nuovamente nelle orecchie, mentre pian piano riprendeva coscienza di sé.
Si alzò, titubante.
Vide Gheeb e Gheia venirgli incontro, il primo in qualche modo preoccupato, la seconda solamente curiosa.
–Astral… cosa ti ha detto il Giorno? Ti ha mostrato quello che volevi?-.
Lo spirito astrale rispose, ancora leggermente tramortito –Si… Mi ha mostrato la strada per arrivare al portale che conduce nel cuore Mondo Bariano-.
Si vide rivolgere degli sguardi confusi dai due astrali.
–Quale portale Astral? Non ci sono portali del genere nel nostro mondo. C’è solamente quello che porta nella Terra di Transizione. Noi credevamo che il Seme ti avrebbe teletrasportato direttamente lì!- disse Gheeb, confuso.
–Io non…- ma subito Astral si interruppe.
Si voltò verso il Seme e Gheeb e Gheia fecero lo stesso.
Una piccola sfera di luce dorata era uscita dall’enorme pianta e ora si stava avvicinando verso di loro.
Si fermò di fronte ad Astral.
Quest’ultimo, lo prese tra le mani.
Immediatamente si ricordò le parole del Seme: -Il portale che ti ho mostrato si aprirà con questa chiave-.
La piccola sfera dorata scomparve e si trasformò in un anello, un semplice cerchio dorato.
Astral lo prese e se lo infilò al dito medio.
Il dorato dell’anello era nettamente in contrasto e fuori luogo con l’azzurro quasi trasparente della sua pelle.
Gheeb e Gheia lo guardarono, più incuriositi che mai.
–Che cos’è?- chiese scandendo piano le parole Gheia, abbandonando per un attimo la sua espressione distaccata.
–Credo che sia la chiave che aprirà il portale. Probabilmente, quando arriverò nel luogo indicatomi dal Seme, il portale comparirà automaticamente sentendo la presenza della chiave. O almeno così ha lasciato intendere lui- rispose Astral.
Gheeb scrutò ancora per un po’ l’anello, gli occhi che cercavano di catturarne ogni minimo particolare.
Alla fine, concluse –Bene. Allora direi che sei pronto Astral. Vai e salva Tsukumo Yuma, se è davvero questo che desideri. Però prima che tu vada, ti voglio dare questa-. Il re tese la mano destra e quest’ultima si illuminò di una luce bluastra, fino a costringere Astral a coprirsi gli occhi.
Quando li riaprì, Astral rimase senza parole.
Gheeb stringeva una spada.
Ma non era una spada qualunque.
La lama era pressoché lunga 60 cm, mentre l’impugnatura era blu e contornata da rampicanti di pietra argentati. Infine, alla fine dell’impugnatura vi era incastonata una pietra blu, che da quando Astral vi aveva posato gli occhi sopra, non aveva mai smesso di brillare.
Gheeb sorrise di fronte all’espressione sorpresa di Astral.
–Questa spada, o meglio spada corta, è stata tramandata da re ad erede fin dai tempi più antichi.
Il materiale con cui è costruita non esiste più nel nostro mondo. Si tratta di Pietra della Mente o, come la chiamano gli umani, “zaffiro”.
Il suo uso è sempre stato quello di salvare o proteggere qualcuno.
Il suo nome cambia rispetto al suo possessore. Io ad esempio l’ho chiamata Ixterii, “La guida”, perché speravo di esserlo per il mio popolo. Di solito, questa spada diventa un’eredità alla morte del sovrano, ma io ho deciso di darla a te.
La spada ha due forme: quella che vedi e in sfera di luce.
Basta che tu la immagini come una piccola sfera di luce e lei si trasformerà in tale. A quel punto scompare, ma la puoi chiamare ogni volta che vuoi.
Ora è legata a te-.
Gli porse la spada.
Astral la prese, la luce blu a illuminargli il viso.
Appena chiuse la mano intorno all’elsa della spada, quest’ultima brillò più intensamente, scaldandogli il palmo.
Saggiò la presa.
Era perfetta, come se non avesse aspettato altro che essere brandita dalle sue di mani.
–Io… Perché?- chiese esterrefatto Astral, guardando Gheeb negli occhi.
Gheia intanto li guardava, gli occhi e l’espressione indecifrabili.
Il sovrano sospirò.
–L’oscurità si avvicina, Astral. Non so come spiegartelo, ma lo sento. So che è così. Una grande ombra ci sta per sommergere. E ci deve essere qualcuno che la deve fermare.
E quelli siete tu e il tuo partner, Yuma Tsukumo.
Il vostro legame è tra i più forti che io abbia mai visto.
Così forte, che ha permesso a te di rimanere in vita e a lui di non arrendersi.
E’ giusto che tu abbia quest’arma. E inoltre… Tsukumo Kazuma ci ha aiutati una volta, prima di scomparire e noi non abbiamo avuto il tempo di ripagarlo. Ora che suo figlio è in pericolo, aiutarlo mi sembra il minimo che possiamo fare-.
Sospirò un’altra volta.
Astral si limitò a dire –Grazie Gheeb. Farò un buon uso dell’aiuto che mi hai dato-.
Gheeb sorrise.
Un sorriso triste, rassegnato, ma allo stesso tempo fiducioso.
–Vai Astral. Salva il tuo migliore amico. Noi ti sosterremo da qui-.
Astral sorrise riconoscente. Pensò all’altra forma della spada e subito quest’ultima si trasformò in sfera di luce e scomparve. Si voltò per andarsene, quando una voce lo bloccò.
–Vorrai dire che tu lo sosterrai da qui, padre-.
Astral si girò.
Gheia si avvicinò.
–Cosa significa?- chiese Astral, anche se già sospettava la risposta.
Gheia gli rivolse uno sguardo di sfida.
–Mi pare ovvio. Io vengo con te-.
Rieccoci qui! Allora, vi avverto subito: da questo capitolo in poi, comincia la vera e propria storia. Entrerà in gioco un nuovo personaggio( non nel prossimo capitolo, ma in quello dopo ancora!), si faranno delle scoperte terribili e, per la gioia di alcuni e la voglia di strapparsi i capelli di altri, tornerà uno dei personaggi più misteriosi dell'anime. Quindi, continuate a seguire la storia, perchè le cose si faranno moooolto interessanti! Come sempre contattatemi se secondo voi sbaglio qualcosa oppure per farmi domande e recensite please! Grazie a tutte le persone che leggono
BennyloveAstral
Ps=Questo non c'entra nulla con la storia: ieri domenica 29 settembre doveva uscire in rete l'episodio di yu gi oh zexal second 50, ma non è uscito... per caso qualcuno di voi sa il motivo? Oppure (e in quel caso quel qualcuno lo adorerò! *--*) qualcuno mi potrebbe dirmi dove posso vederlo? Grazie in anticipo!!
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Capitolo 8 *** Qualcosa finisce e qualcosa inizia! ***
-Spingi!-.
–Lo sto facendo, ma non è colpa mia se questo affare è pesante sai!-.
Tori e Rio stavano cercando da almeno dieci minuti di spostare l’ultimo robot sulla parete destra del laboratorio. In tutto i robot erano otto, ma cinque di questi si erano rivelati fuori uso. Quindi, tra il dispiacere di Orbital, avevano dovuto buttarli, o almeno spostarli in un luogo dove non dessero fastidio.
Kite, Shark e Four avevano già spostato quattro robot e ora si stavano riposando. Ne rimaneva solo uno e Tori e Rio avevano pensato di far loro un favore, spostandolo. Ma quella che era nata come un’operazione piuttosto semplice, si era rivelata essere una tra le cose più faticose che Tori avesse mai fatto.
Sia lei che Rio si accasciarono a terra, contro il muro.
–Non immaginavo che sarebbe risultato così faticoso spostare un robot!- si lamentò Tori.
Rio annuì e aggiunse –E per di più così inutile! Sono passati quindici minuti e quell’ammasso di ferraglia non si muove!-.
Fu in quel momento che videro qualcuno avvicinarsi.
Three.
–Qualcosa non va ragazze?- chiese, con gli occhi verdi che brillavano.
–Perché, due ragazze che si riposano devono per forza avere qualcosa che non va?- replicò acida Rio.
Vedendo Three perplesso, Tori cercò di rimediare e disse –In effetti vorremmo spostare questo robot, ma è piuttosto pesante…-.
Three riacquistò il suo normale sorriso.
–E allora facciamolo insieme!-.
Così, tra lo sbuffare di Rio e le occhiatacce lanciatole da Tori, riuscirono a spostare il robot nella stanza adibita alle cose da buttare o inutili.
Una volta finito, Tori, Rio e Three si sedettero sui gradini della porta d’ingresso del laboratorio, ognuno con un bicchiere d’acqua in mano. Si erano appena seduti quando entrarono Shark e Kite.
Il primo a notare l’assenza del robot fu proprio Shark, che disse, lanciando un’occhiata beffarda alla sorella –Avete spostato il robot… Invece di farti aiutare da Three potevi semplicemente chiedere a me…-.
Rio si alzò di scatto.
–Quando ho promesso che avrei dato una mano anch’io, non intendevo a scapito tuo! Vincerò io, fratello, e rimpiangerai di avermi sfidata!-.
Dopodiché, si lisciò la gonna e uscì impettita dalla stanza.
Sia Tori che Three avevano gli occhi sbarrati.
Notandoli, Kite spiegò –Shark e Rio hanno scommesso: se Rio riesce a non lamentarsi e a non farsi aiutare da nessuno, Shark smetterà di considerarla una ragazzina-. Vedendo i due ancora confusi, aggiunse, in tono sbrigativo –Ieri Rio si è lamentata molto, e Shark si è scusato per il suo comportamento con Tron e mio padre, chiamandola “ragazzina”. Da lì poi è nata la scommessa-.
–Che non vincerà…- aggiunse Shark, sorridendo beffardo.
–Comunque- aggiunse –Tron e il Dott Faker ci hanno dato appuntamento nella stanza 4b. Ci devono mettere al corrente di alcuni progressi sembra-.
Tori si alzò e seguì Shark e Kite, insieme a Three.
Si diressero verso la stanza indicatogli da Shark. Quando entrarono, trovarono già tutti lì.
Faker e Tron stavano parlando con ciascuno una tazza di caffè in mano e sembravano essere tornati vecchi amici come un tempo.
Vedendoli, Tori sorrise.
Girando lo sguardo, si potevano osservare anche gli altri.
Haruto stava parlando con Bronk, Caty, Caswell e Flip e proprio in quel momento scoppiò a ridere, facendo sobbalzare e poi arrabbiare Kite.
Five stava parlando con Four, il quale però non lo ascoltava, lo sguardo tutto rivolto ad una persona che, nell’angolo più appartato della stanza, guardava fuori dalla finestra.
Rio.
Quando entrarono, tutti li salutarono e Faker, smettendo di ridere per una qualche battuta detta da Tron, disse. –Bene, visto che ora ci siamo tutti, vi dico subito il motivo per cui siamo qui-.
Kite si sedette accanto a Five, mentre Tori, seguita da Shark e Three, si affiancò a Rio.
Quest’ultima lanciò al fratello un sorriso glaciale, a cui Shark rispose con un sonoro sbuffo. Tori si fece attenta, mentre Faker iniziava a parlare.
–Sono contento di informarvi che, come alcuni di voi avranno già potuto notare, il laboratorio è pronto! Sono passati cinque giorni e i lavori sono finiti. Con Byron abbiamo ritrovato i file del vecchio portale ed entro qualche ora potremmo riuscire ad aprire il portale per il Mondo Bariano-.
Tutti si guardarono, mentre l’eccitazione saliva alla stelle.
Tori cominciò a sentire caldo e per calmarsi fece dei bei respiri profondi.
Tutti erano in silenzio e guardavano Faker e Tron, in attesa. Rimasero per qualche minuto così, in silenzio, finché la voce di Tron non li riscosse.
–Io, Faker e Five andiamo a preparare il necessario per l’apertura del portale. Voi intanto decidete chi andrà a salvare Yuma-.
Faker e Five uscirono.
Prima di chiudere la porta, Tron aggiunse –Ah, un’altra cosa. Il portale ha una portata limitata, ovvero non può trasportare più di sei persone. E considerando che, se le cose andranno come speriamo che vadano al ritorno ci sarà anche Yuma, potete andare solo in cinque. Buona riunione-.
Sorrise, ambiguo e chiuse la porta.
Per qualche minuto nessuno parlò, gli occhi di tutti rivolti verso il pavimento. Poi, una voce ruppe quel silenzio irreale.
–Bè? Qualcuno deve andare no? Vogliamo stare in silenzio tutto il giorno?-.
Four.
Rio rispose, facendolo arrossire –Come non lo sapevi? Noi adoriamo rimanere in silenzio nell’attesa di decidere che deve andare in un mondo sconosciuto per salvare un amico che forse, e dico forse sia chiaro, potrebbe essere in serio pericolo. Questa non è una cosa impegnativa e nuova per noi, no è solo quello che facciamo ogni domenica pomeriggio!-.
Tori abbassò lo sguardo, imbarazzata e nervosa al tempo stesso.
Voleva, anzi doveva fare qualcosa per Yuma, si sentiva in dovere di farlo. E andare nel Mondo Bariano sembrava essere l’unica cosa che potesse fare per aiutarlo. Ma aveva paura, una paura che si vergognava di provare.
La prima volta che aveva visto un bariano nella sua vera forma, era rimasta paralizzata dalla paura.
Non era riuscita a muovere le gambe, gli occhi che non si staccavano da quella figura mostruosa. Poi, la paura e il terrore erano aumentati quando Mizael l’aveva colpita con una palla di energia bariana.
Si era sentita come se le avessero infilato piccoli aghi in tutto il corpo, mentre veniva sbalzata via a causa della forza dell’impatto della palla di energia con il suo corpo. Una volta ripresa, aveva visto per la prima volta Yuma non riuscire ad alzarsi ed era stata assalita ancora dalla paura.
Poi nella battaglia di Sargasso, quando aveva visto il Dark Zexal, questa era tornata.
E ancora paura, paura, paura…
-Io voglio aiutare Yuma, ma se andassi nel Mondo Bariano sarei solo d’intralcio! Ho sempre paura e poi non so duellare…-.
Tori si bloccò.
Eccolo.
Era quello il problema.
Lei non sapeva duellare.
Tutte le volte in cui si era sentita inutile mentre Yuma rischiava la vita, tutte le volte in cui avrebbe tanto voluto duellare come lui per aiutarlo…
-Devo imparare a duellare- pensò Tori, mentre l’idea si impossessava man mano di lei.
–Sono stufa di essere sempre l’elemento debole del gruppo, l’unica che ha sempre bisogno degli altri e che non li può mai aiutare! Basta!-.
Alzò lo sguardo. Tutti erano ancora in silenzio, la tensione che non era ancora svanita.
–Sentite- disse, mentre tutti voltavano lo sguardo verso di lei, -dobbiamo sbrigarci. Il portale si aprirà tra massimo un’ora e in tutto questo, dobbiamo pure attrecciarci. Nel Mondo Bariano dovranno andarci quelle persone che hanno già avuto esperienza contro i bariani. Persone che hanno il sangue freddo e che, cosa più importante…-. Respirò.
La frase che stava per dire non le piaceva per niente, ma doveva essere oggettiva.
–Le persone che andranno nel Mondo Bariano dovranno essere degli ottimi duellanti-.
Tutti si guardarono.
Four disse, inarcando un sopracciglio –Quindi vorresti dire che qui dentro c’è chi è un ottimo duellante e chi no?-.
Tori si accorse del proprio errore e cercò di rimediare dicendo –No no figurati!! Non fraintendetemi ora! Non intendevo dire che ci sono alcuni incapaci mentre altri sono più bravi! Semplicemente intendevo dire che nel Mondo Bariano ci dovrebbero andare delle persone che hanno già avuto a che fare con i bariani e che sono anche degli ottimi duellanti ecco-.
Tutti si guardarono nuovamente e Tori pregò che questa volta avessero capito e non frainteso quello che voleva dire.
Sospirò di sollievo quando si rese conto che avevano capito.
–Quindi… chi dovrebbe andare?- chiese Three.
Tori stava per rispondere quando una voce la fermò.
–Kite, Ryouga, tu Three, Four e Tori-.
Rio.
–Io? Ma io sarei inutile nel Mondo Bariano, metterei in pericolo tutti!- esclamò affranta Tori.
Rio replicò –E’ molto alta la probabilità che Yuma possa duellare. C’è bisogno di qualcuno che gli ridia il suo deck. E che lo incoraggi, dandogli un nuovo obbiettivo-.
Tori stava stava per ribattere quando si fermò, sentendo l’ultima frase di Rio.
–In che senso un nuovo obbiettivo scusa?- chiese, confusa.
Rio rispose –Astral è morto. Oppure scomparso, tornato nel suo mondo. E ha lasciato Yuma da solo. Scommetto tutto quello che vuoi che non si è ancora arreso solo perché ha paura che ci possa succedere qualcosa.
Che ti possa succedere qualcosa.
Come hai detto tu stessa, sei l’unica qui che non sa duellare e quindi la più indifesa. Yuma secondo me ha paura che i bariani ti possano fare del male. Se tu vai nel Mondo Bariano con Ryouga e gli altri, potrai trovare Yuma e quindi lui potrà ritrovare la sua energia, con lo scopo di proteggerti-.
Tori arrossì violentemente, mentre tutti si lanciavano occhiate divertite.
–E poi- aggiunse Rio, mentre sul volto le compariva un lieve sorriso –è risaputo che Yuma ci tiene particolarmente a te-.
A quest’ultima affermazione Tori voltò la testa, mentre il colore sulle sue guance non accennava a svanire.
Rio, continuando a sorridere, disse, questa volta rivolta al resto dei ragazzi –Siete tutti d’accordo su chi andrà nel Mondo Bariano a salvare Yuma?-.
Nessuno protestò, quindi Rio lo prese per un sì. Si alzò e si avviò verso la porta, seguita dagli altri.
–Andiamo allora-.
Quando arrivarono nel laboratorio, trovarono Faker e Tron che parlavano tra loro, mentre Five adoperava con il computer centrale.
Di nuovo in funzione, il laboratorio aveva tutto un altro aspetto.
Le finestre erano per la maggior parte abbassate, la poca luce che filtrava dalle due o tre uniche finestre aperte. L’impalcatura ovale nella quale si sarebbe aperto il portale mandava dei riflessi neri, tanto da far venire i brividi a Tori. I pochi robot che si erano, per così dire, “salvati” giravano per il laboratorio blaterando con le loro voci elettroniche codici per la maggior parte incomprensibili, mentre anche loro lavoravano sugli altri computer.
Ma la cosa più sorprendente di tutte per Tori fu vedere il gigantesco tabellone su cui vi erano scritti tutti i dati per l’apertura del portale.
Numeri e formule ovunque, mentre sotto di esso vi erano delle immagini.
Man mano che si avvicinavano comparivano più particolari, fino a che, arrivati quasi sotto al tabellone, Tori capì.
Il Mondo Bariano.
Quelle immagini raffiguravano il Mondo Bariano.
–Ma…- pensò Tori, mentre intorno a lei tutti i ragazzi avevano la stessa espressione sconcertata.
Vi erano rocce appuntite ovunque, i riflessi rossi che davano al paesaggio un’aria ancora più lugubre di quello che non fosse già. Non vi erano tracciate strade e la maggior parte dei blocchi di pietra rossa terminavano con uno strapiombo.
Ombre nere sembravano percorrere quegli anfratti, mentre il cielo era completamente viola, attraversato ogni tanto da quelle che secondo Tori avrebbero potuto essere stelle cadenti.
–Ma quale creatura potrebbe mai sacrificare tutto quello che ha per salvare questo?- pensò Tori, scettica e confusa al tempo stesso.
I suoi pensieri e probabilmente anche quelli degli altri ragazzi vennero interrotti dalla voce di Tron.
–Impressionante vero?- disse.
Tutti annuirono, ancora sconvolti.
Tron fece un cenno del capo, per poi chiedere –Allora… avete scelto chi di voi andrà nel Mondo Bariano?-.
Kite disse –Io, Ryouga, Three, Four e Tori-.
Sentendo il nome della ragazza Tron rimase sorpreso, ma non disse niente.
Si avviò verso la postazione dove si trovava il computer centrale e si rivolse a Five.
–A che punto siamo con il varco interdimensionale Chris?-.
–Ci sono quasi, padre. Mi mancano circa cinque minuti e dovrei aver finito-.
Tron annuì e in quel momento venne raggiunto da Faker, che disse –I dati ci sono. Ho ricontrollato tutto e sono riuscito a riprodurre una situazione analoga a quella di sette anni fa. In poche parole siamo pronti-.
Tori sentì le proprie mani cominciare a sudare e prese a strofinarle sulla gonna. Mentre cercava di calmarsi, si rese conto che non era l’unica ad essere agitata.
Kite aveva come sempre lo sguardo indecifrabile, poggiato al muro nella sua solita posizione a braccia incrociate. A prima vista non si sarebbe potuto dire che fosse agitato, ma il suo sguardo si andava a fermare sempre sull’impalcatura nera nel quale sarebbe comparso il portale. Three si guardava i piedi, mentre Four sbuffava e lanciava occhiate furtive a Rio.
Quest’ultima sembrava essere del tutto a proprio agio, come se fosse stata abituata a vedere il proprio fratello partire per una missione in un mondo quasi del tutto sconosciuto. Un minuto prima si guardava le unghie, l’attimo dopo la vedevi lisciarsi i capelli, ignara delle occhiate di Four.
Il ragazzo sembrava incantato.
Infine, lo sguardo di Tori cadde sulla figura magra di Shark, che camminava piano avanti e indietro con le mani nelle tasche e la sua solita espressione seria.
–Ho finito padre-.
L’esclamazione di Five riportò Tori alla realtà e la ragazza si voltò verso Faker e Tron.
–Allora- cominciò il primo –appena apriremo il portale, dovrete essere pronti. E’ vero, il portale resterà aperto per tutto il tempo in cui voi sarete nel Mondo Bariano, ma prima vi entrerete e più velocemente vi porterà alla vostra meta. Molte persone sono rimaste nei portali per anni perché alla partenza hanno aspettato troppo-.
Tori avanzò involontariamente di un passo.
–Siete pronti?- chiese Tron.
Tutti annuirono, mentre la tensione era palpabile.
–Vai Christoper- disse Tron.
Five annuì e cliccò qualcosa.
Le due o tre finestre aperte si chiusero di colpo, e l’impalcatura nera cominciò a vibrare.
Tron gridò, rivolto a Five –Ora Chris!-.
Quest’ultimo annuì e cliccò un tasto rosso sulla tastiera.
Al centro dell’impalcatura cominciò a formarsi un ovale di polvere rossa, che man mano che passavano i secondi si ingrandiva sempre di più.
Faker gridò –State pronti!-.
Tori, Shark, Kite, Four e Three si avvicinarono correndo al portale.
–Ora!- gridò Five.
Tori si preparò a saltare nel vortice rosso, quando all’improvviso l’impalcatura cominciò a staccarsi dal pavimento, mentre il portale si stava vorticosamente allargando. Tori si sentì sempre più trascinata verso di esso.
Sentì Tron urlare –Chiudi Chris, chiudi! La sta per risucchiare!-.
Tori provò a correre via, ma il vento generato dal portale era troppo forte. Non ebbe nemmeno il tempo di urlare. Si sentì prendere per le braccia e un attimo dopo era a terra, mentre il corpo di Three la sovrastava. Faker si affiancò a Five e insieme al ragazzo riuscì a chiudere il portale. Il vortice rosso scomparve e l’impalcatura smise di tremare. Faker azionò un programma sul computer e immediatamente tutte le finestre si alzarono, inondando la stanza e le facce sconvolte dei presenti.
Tori aprì gli occhi.
Li aveva tenuti chiusi da quando Three l’aveva spinta via dal portale.
Tremava.
Dopo qualche secondo però, recuperò il controllo e si accorse che Three era sopra di lei, lo sguardo che indagava ancora sull’impalcatura nera.
–Ehm…Three? Scusa ma dovrei… ecco…- cercò di dire Tori, imbarazzata.
Il ragazzo si voltò verso di lei. I loro visi erano così vicini da sfiorarsi. Poi improvvisamente si accorse della situazione e si alzò di scatto, aiutandola poi ad alzarsi.
–Scusa Tori- disse, le guance rosse per l’imbarazzo.
Tori rispose, non meno imbarazzata – Figurati. Comunque… grazie Three. Mi hai salvata-.
–Di niente Tori. Non avrei mai permesso che ti succedesse qualcosa-.
Disse l’ultima frase guardandosi i piedi, mentre Tori voltava il viso da un’altra parte.
Vennero interrotti dalla voce sorpresa e allo stesso tempo gelida di Shark.
–Cosa è successo? Perché è andato fuori controllo?-.
Faker rispose, non meno sorpreso di lui –Sinceramente non lo so, Ryouga. I dati erano a posto, la situazione favorevole…-.
Si voltò verso Tron e Five, turbato.
–Siete sicuri di aver fatto tutto bene? Il più piccolo errore può rovinare tutto, lo sapete-.
Tron annuì, dicendo –I dati che ho trovato erano quelli che avevamo usato sette anni fa. Non c’era niente di sbagliato, ho ricontrollato io stesso. E ho supervisionato Chris nei lavori sul computer centrale. Parlando con sincerità, non riesco a vedere il motivo di questo mal funzionamento-.
Gli sguardi di tutti si soffermarono sull’impalcatura nera, mentre Tori percepiva nell’aria una grande delusione.
Erano stati così vicini…
Faker sospirò e disse –Va bene. Allora, uscite e andate a rilassarvi un momento. Ho la sensazione che sia stata per tutti noi molto stressante come esperienza. Intanto io, Tron e Christopher cercheremo di risolvere il problema. Prima che andiate però…Kite, Haruto, potreste venire qui un momento?-.
Il ragazzo annuì e, dopo aver preso per mano il fratellino, si diresse verso il padre.
Tori vide Rio avviarsi verso l’uscita, seguita da Four che cercava inutilmente di attirare la sua attenzione. Shark era già uscito e così Bronk, Caswell e Chaty, che erano rimasti sconvolti appena si erano resi conto che il portale la stava per risucchiare al suo interno.
Erano rimasti solo lei e Three nella sala.
Dopo un piccolo momento di imbarazzo, il ragazzo disse –Scendendo in città c’è un piccolo bar… Ti posso offrire qualcosa? Mi sembri molto scossa-.
Tori avrebbe voluto solo riposare, ma aveva voglia di fare qualcosa di normale che non comprendesse perdersi in un portale.
Per cui, annuì e disse –Sì, perché no. Mi farebbe piacere, grazie!-.
Three sorrise e si diresse verso la porta. Prima di seguirlo, Tori si voltò un’ultima volta verso l’impalcatura nera. Una linea di fumo saliva verso il soffitto, dove la piccola esplosione che era avvenuta aveva lasciato un segno nero.
Lo sguardo di Tori indugiò sulla finestra che si trovava dietro l’impalcatura e… vide un’ombra.
Per un attimo, vide un’ombra dalle fattezze umane, gli occhi di un azzurro spettrale.
Tori non ebbe modo di emettere nemmeno un misero suono. Un attimo dopo, l’ombra era scomparsa.
–Ma che…?- pensò Tori, ma venne interrotta dalla voce di Three.
–Tori, vieni?-.
Scacciando l’immagine dell’ombra dalla propria mente, Tori seguì Three oltre la porta, lasciandosi dietro l’impalcatura nera e l’ombra inquietante.
-Corri!- gridò Ast.
Il sole continuava a splendere ed erano almeno due ore che lui e Kumaru giocavano insieme a Kiari.
Non era permesso agli schiavi di correre per le strade, per cui i bambini, sotto la supervisione di alcuni schiavi adulti, si erano trovati un posto per poter giocare liberamente. Era un piccolo cortile in un locale abbandonato.
Per arrivarci bisognava arrivare dall’altro lato delle mura orientali ed era essenziale che non si venisse scoperti.
Le guardie non erano molto tolleranti con gli schiavi.
La bambina di nome Kiari scartò di lato e Kumaru e Ast le andarono dietro, con il fiatone. Era molto veloce i due bambini faticavano a starle dietro, mentre qualche altro schiavo li guardava ridendo e facendo il tifo per la bambina.
All’improvviso, quest’ultima si fermò e il bambino di nome Kumaru non riuscì a frenare. Kiari si spostò e il bambino finì a terra.
–Non vale! Avevi detto che non avresti fatto le finte, Kiari!- si lamentò, massaggiandosi la gamba dove aveva sbattuto.
Kiari rispose, con aria divertita –Ho detto che non avrei fatto le finte riguardo allo scartare di lato. Non che non mi sarei fermata-.
Poi si voltò verso Ast, che intanto si era fermato e aveva guardato tutta la scena.
–Alla fine rimaniamo io e te Ast. Tanto non riesci mai a prendermi!- disse provocatoria Kiari.
Ast rispose, lo sguardo deciso –Vedremo Kiari. Questa volta ti batto di sicuro!-.
Erano arrivati altri schiavi, tra cui anche qualche bambino.
–Via!- gridarono all’unisono Kiari e Ast, mentre partiva l’inseguimento.
La bambina saettava veloce tra le travi di legno sparse sul pavimento di terra battuta, mentre Ast cercava di raggiungerla. Il pubblico si divertiva ogni volta che c’erano lui e Kiari in finale.
Ogni settimana c’era quella che i bambini della città chiamavano “La grande battuta”, ovvero una piccola gara il cui scopo era quello di rincorrersi e di non cadere. Vi partecipavano tutti i bambini della città e alla fine rimanevano solo in due: uno che scappava e l’altro che doveva prenderlo, cercando ovviamente di non cadere.
L’ultima volta era stato il contrario: Ast scappava e Kiari lo rincorreva.
Quella volta era riuscito a vincere grazie ad un colpo di fortuna e Kiari non gliel’aveva ancora perdonata. La bambina scartò di lato all’improvviso e Ast riuscì a non cadere per un pelo.
Grazie alla curva, riuscì a prendere velocità e quasi si affiancò a Kiari.
Tese la mano.
–Ast! Il sole sta calando!-.
Ast perse la concentrazione e Kiari ne approfittò subito.
Scartò di lato e il bambino perse l’equilibrio, cadendo a terra.
Kiari continuò a correre, gridando –Si, ce l’ho fatta! Ho battuto Ast!-.
Il pubblico della gara applaudì, mentre gli amici di Ast sospirarono, rassegnati al fatto che il loro amico si fosse fatto battere così facilmente.
Ma ad Ast tutto questo non importava. Si alzò in piedi di scatto e corse verso Kumaru, che intanto si era alzato e stava applaudendo insieme agli altri.
–Cosa hai detto?- chiese, mentre l’ansia cominciava a invadergli la mente.
–Ho detto che il sole sta calando… stava per finire il tempo previsto dalla gara- rispose il bambino confuso.
Ast si prese la testa fra le mani.
–Oddio! Devo andare!- urlò.
Si fece strada tra la folla, ma qualcuno lo trattenne per un braccio, facendolo girare.
Kiari.
–Allora? Ho vinto, mi devi stringere la mano, consegnare il premio e poi dobbiamo fare un giro del cortile insieme, come vuole il gioco!- disse la bambina.
Ast disse –Non posso Kiari, ho il mio turno a palazzo!-.
Subito lo sguardo della bambina si fece comprensivo e lo lasciò andare.
–Allora a domani!- lo salutò.
–A domani!- rispose Ast, che già correva per la strada diretto verso il castello.
Il palazzo reale si trovava un poco più in su rispetto alla città, per cui Ast dovette correre velocissimo anche in salita, con il solo risultato di scivolare come minimo cinque volte. Quando arrivò davanti al cancello più esterno del palazzo, non c’era nessuno schiavo in giro. Nemmeno il solito cane grigio. Ast riprese a correre, questa volta con serio rischio di farsi male.
Non poteva ritardare.
Lo avrebbero frustato a morte e poi avrebbero fatto del male pure a Ral.
Entrò nel palazzo e imboccò il corridoio che portava nelle stanze rivolte a nord del palazzo. Dopo innumerevoli incroci, il bambino si fermò davanti ad una porta più grande delle alte e rossa, con la maniglia tutta dorata.
Bussò tre volte e chiese –E’ permesso, mio principe?-.
Una voce scocciata e impaziente rispose dall’altro lato della porta –Chi è?-.
–Ehm… sono il suo schiavo personale. Mi è stato detto di venire qui-.
Si sentirono dei rumori provenire dall’interno della stanza e dopo qualche secondo la porta si aprì.
Davanti ad Ast comparve un bambino pallido, di massimo un anno più grande di lui, i capelli arancioni disposti verticalmente verso l’alto, due scuri occhi viola e un sorriso impertinente.
–Chi saresti tu?- chiese nuovamente, questa volta più curioso che scocciato.
–Io sono il suo schiav…-.
Il bambino lo interruppe, esasperato –Il nome, stupido!-.
Ast si bloccò.
Stupido? Come si permetteva quello lì? Non lo conosceva neppure!
Stava per ribattere, ma subito si ricordò di quello che gli aveva detto suo fratello Ral quella mattina:
“Mi raccomando Ast. I reali sono una famiglia molto ricca, sono dei nobili. Sono coraggiosi, determinati, furbi… e viziati. Ricorda Ast: se il re ti ha scelto per essere lo schiavo di suo figlio, vuol dire che pretende obbedienza. Non devi mai rispondere alle loro provocazioni. Quando sei a palazzo, tu sei lo schiavo e loro sono i padroni. Se non li soddisfi, potrebbero farti del male. E io non potrei sopportare il dolore di perderti”.
Fece un bel respiro profondo, chiuse le mani a pugno e rispose, cercando di non far trapelare l’indignazione dalla propria voce –Ast. Il mio nome è Ast-.
–Mio principe- aggiunse il bambino.
Ast strinse ancora di più le mani.
–Mio principe-.
Il bambino mise in mostra un sorriso soddisfatto, ma lo sguardo gli cadde sulle mani chiuse a pugno di Ast. Quest’ultimo, accortosi del suo sguardo, cercò di nasconderle, ma ormai il bambino le aveva viste.
Rimase a fissarlo, gli occhi viola che lo squadravano dall’alto in basso.
Ast trattenne il respiro.
Si sarebbe arrabbiato? Lo avrebbe fatto frustare? Ral avrebbe passato dei guai?
Rimasero così a fissarsi per almeno una decina di minuti, fino a che il bambino dagli occhi viola non disse –A quanto pare non sei molto incline all’ubbidienza-.
Ast non disse niente.
Il bambino si voltò.
–Seguimi- disse, entrando nella camera.
Ast lo seguì, curioso di vedere come fosse fatta la camera di un principe.
Dove dormivano i reali? Nella paglia come loro oppure su delle travi di legno per evitare che la terra potesse sporcarli? Purtroppo, dovette ricredersi, perché entrambe le ipotesi erano completamente sbagliate.
Quel bambino antipatico dormiva su un letto.
Un vero letto.
Le coperte gialle che lo rivestivano davano l’impressione che fosse fatto d’oro e questo anche grazie alla luce che filtrava dalle finestre. Il principe si accorse dello sguardo esterrefatto di Ast e spiegò, con tono ironico –Quello che vedi è un letto a baldacchino. Non credo che tu ne abbia mai visto uno. Dovrai farci l’abitudine temo, visto che me lo dovrai rifare due volte al giorno-.
Ast non disse niente, gli occhi che non si staccavano dal mobile. Si limitò ad annuire, incapace di proferire parola.
Dopo qualche secondo, il bambino con i capelli arancioni disse, scocciato –Allora? Fai qualcosa invece di startene lì impalato!-.
Ast ritornò in sé e si guardò intorno. Nella stanza non c’era niente in disordine o da pulire. Era tutto perfettamente lucido.
Accortosi della stessa cosa, il bambino sbuffò, annoiato.
Fu in quel momento che un ragno scese piano dalla parte superiore della finestra e si posò sul pavimento. Ast riuscì ad intercettare il piede del principe appena in tempo, anche se per farlo urtò contro una sedia, con il risultato di far cadere un candelabro.
–Ma cosa fai?- chiese sorpreso il bambino.
Senza levare le mani da sopra il ragno, Ast rispose indignato –Evito che venga ucciso! Perché lo devi uccidere, non ti ha fatto niente!-.
Il bambino rispose contrariato –Lo faccio perché mi va! Io sono un principe!-.
Questa volta Ast rispose guardandolo negli occhi –Solo perché ti va di fare una cosa, non vuol dire che puoi farla sai! Ci sono cose che si devono fare anche se non ti va! Io ad esempio vorrei andarmene da qui, ma non posso perché altrimenti io e mio fratello passeremmo dei guai! Tu non puoi andartene in giro ad uccidere tutti i ragni che vedi solo perché ti va! E se tu fossi un ragno? Immagino non ti piacerebbe essere schiacciato!-.
Il bambino aveva sgranato gli occhi, probabilmente perché nessuno gli aveva mai parlato così.
Ast si alzò in piedi, lasciando che il ragno scappasse in un’asse del pavimento.
Si morse il labbro, dandosi dello stupido.
–Razza di cretino!- si disse.
–Ral ti aveva detto di non parlare mai in questo modo con un reale! Ora mi uccideranno e faranno frustare mio fratello! Oh ma che mi è saltato in mente? Stupido, stupido e ancora stupido!-.
Gli occhi viola del principe non si erano ancora staccati da quelli di Ast, che aspettava con impazienza la sua reazione.
Alla fine, il bambino rispose, con la voce stranamente gelida –No. Probabilmente no. Per ora farò finta di niente, ma la prossima volta che ti rivolgerai a me in questo modo, chiamerò mio padre e darò l’ordine di farti impiccare-.
Ast deglutì, sollevato e preoccupato allo stesso tempo.
–Pulisci questo disastro- disse il principe indicando con la piccola mano pallida il candelabro ridotto in pezzi.
Poi si diresse verso la porta.
Prima che uscisse dalla stanza però, Ast non riuscì a trattenersi.
–Come ti chiami?-.
Il bambino si voltò piano.
–Mio principe?- aggiunse allora Ast.
Per qualche minuto il bambino non disse niente, quasi fosse indeciso se dirglielo oppure condannarlo a morte per una domanda del genere.
Alla fine però, disse, con un tono stranamente neutro –Il mio nome è Vector-.
Un battito.
Un solo e unico battito.
Fu questa la prima cosa che Yuma sentì. Sentiva il proprio corpo distante, quasi come se non fosse più il suo. In un primo momento non ricordò nulla, abbandonandosi completamente a quella strana, ma allo stesso tempo piacevole sensazione di oblio. Volente o meno però, i ricordi cominciarono a riaffiorare, fino a tornare del tutto.
Dolore.
Yuma strinse gli occhi, mentre una lacrima gli scendeva lungo la guancia.
Dolore, tanto dolore.
Non ricordava di aver mai provato un dolore simile, nemmeno quando da piccolo aveva sentito dire da Kari che suo padre era disperso, oppure quando aveva partecipato al funerale di sua madre.
Però il dolore che aveva provato in quei momenti era un dolore sordo, un dolore ovattato, quasi irreale.
Mentre questo… questo era terribile, reale, gli scavava nelle ossa e lo rendeva vulnerabile, privo di difese.
Quando la lama nera del coltello si era posata sulla sua pelle, Yuma si era sentito attraversato da una scossa di dolore e aveva cercato subito di allontanarsi da quella lama oscena.
Ma i bariani non lo avevano lasciato e tutto il suo dimenarsi era risultato inutile. La lama era affondata nella sua carne e il sangue aveva cominciato ad uscire, prima un piccolo rivolo, poi sempre di più, fino a che non ne aveva avuto il braccio imbrattato.
Aveva visto la propria faccia riflessa nelle rocce, sconvolta e contratta in una smorfia di dolore, mentre urlava e cercava di muoversi.
Ma Vector era stato inesorabile e aveva continuato per quelle che a Yuma erano sembrate ore. Quando si era deciso ad estrarre il coltello, Yuma era letteralmente caduto, il braccio che lasciava una striscia di sangue dietro di sé.
Lo avevano posato sulla lastra di pietra e poi Vector aveva provato ad assoggettarlo, senza risultati. Yuma non aveva sentito nulla, a parte il dolore che occupava la sua mente non lasciandogli nient’altro a cui pensare.
Nei suoi pochi attimi di lucidità, il ragazzo aveva visto la faccia di Vector contrarsi in una smorfia di delusione, mentre si rendeva conto che non aveva avuto effetto.
Poi Yuma aveva ceduto alla stanchezza ed era svenuto in preda al dolore.
Ora che era di nuovo cosciente, voleva tornare nello stato in cui era prima, in un nulla totale.
Niente preoccupazioni, niente pensieri.
Niente dolore.
Provò a muoversi, ma ovviamente il dolore gli tolse il respiro, obbligandolo a rimanere fermo.
Aprì piano gli occhi e lo sguardo gli cadde sul taglio del suo braccio destro.
Distolse lo sguardo, disgustato.
Il braccio era completamente imbrattato di sangue, che in alcuni punti si era raggrumato, formando delle specie di croste nere lungo tutti i bordi del taglio. Quest’ultimo non era dritto, netto, preciso. Al contrario, i bordi erano irregolari e in alcuni punti si riusciva ancora ad intravedere la carne viva sotto la pelle.
Yuma non lo percepiva, come se glielo avessero tagliato.
Provò a muovere le dita della mano destra e notò con evidente sollievo che queste rispondevano ai comandi.
Smise di muoverle, in preda alla stanchezza.
Appena chiuse gli occhi però, gli tornarono nella mente le immagini della recente visione.
Di nuovo lo assalirono le domande.
Come poteva essere stato in un’altra vita?
Perché ormai era chiaro: quelle che Yuma si ostinava a chiamare “visioni” non erano altro che ricordi di una sua possibile vita passata.
E poi chi erano quei bambini, Kiari e Kumaru? Li avrebbe mai rincontrati, forse in questa vita?
Yuma fece un respiro profondo.
Riuscì a calmarsi, anche se per farlo dovette sopportare una fitta lancinante del petto.
Yuma si concentrò nuovamente sulla visione, cercando di ignorarla.
Ormai era chiaro che, nella sua precedente vita, lui e Astral erano fratelli.
–Io e Astral eravamo fratelli-.
Solo pensarlo faceva nascere in Yuma sentimenti contrastanti: felicità, incredulità, sollievo, paura.
Non poteva che essere sorpreso, felice e anche un po’ sollevato nel constatare che Astral era suo fratello. Per tutto questo tempo lo aveva amato come tale, e alla sua morte si era sentito più solo che mai. Ma allo stesso tempo, non poteva evitare di sentirsi anche un po’ impaurito.
Cosa sarebbe successo ora? Tutti i compiti di Astral sarebbero ricaduti sulle sue spalle? E Astral lo avrebbe mai rivisto?
–Chissà come reagirebbe se sapesse che in una vita passata eravamo fratelli… Possibile che questo abbia qualcosa a che fare con il nostro incontro?- pensò Yuma, mentre cercava di ignorare il mal di testa che cominciava a farsi sentire.
Si guardò intorno, o almeno cercò di farlo.
Era così stanco che riusciva malapena a tenere gli occhi aperti. Non era nella sua solita prigione e non era nemmeno legato al solito pilastro. Era ancora sdraiato sulla lastra dove era svenuto, nella sala che ormai il ragazzo chiamava "del trono". Non era legato, segno che i bariani lo consideravano talmente debole da non prendere neppure in considerazione l’idea che potesse scappare.
–E hanno ragione in fondo…- pensò con amarezza Yuma.
Quella poteva essere la sua unica possibilità per scappare e cercare un portale che lo portasse nel Mondo Astrale. Forse, una volta giunto lì, avrebbe potuto ritrovare Astral…
Cercò di alzarsi.
Si appoggiò sui gomiti, ma quello imbrattato di sangue scivolò, facendogli sbattere la schiena ancora dolorante contro la lastra.
Dolore.
Yuma si morse il labbro fino a farlo sanguinare, stringendo allo stesso tempo i denti per impedirsi di urlare.
Aspettò che il dolore passasse, chiudendo le mani a pugno. Quando il dolore passò, non aveva nemmeno più la forza per muovere il braccio. Così, si focalizzò sulla cosa che, della visione, lo aveva più sconvolto: Vector.
Cosa ci faceva Vector nella sua vita passata? E perché lui era un principe? In che terra avevano vissuto?
Anche in vita passata Vector non era cambiato.
Era sempre scostante e fastidioso, il sorriso impertinente, gli occhi che ti squadravano, il solito tono ironico.
E poi, c’era una cosa che Yuma proprio non riusciva a capire.
Perché in quei ricordi, lui era lo schiavo e Vector il padrone, o meglio il principe? Che fosse quello il suo futuro? Essere assoggettato da Vector, proprio come uno schiavo?
–No- pensò Yuma.
–No, io non sarò mai il suo schiavo. Non mi farò mai assoggettare, nemmeno se mi minaccias…-.
–Vieni-.
Yuma si irrigidì, bloccando i suoi pensieri.
Una voce?
–Vieni-.
–Vieni da me-.
Yuma pensò esterrefatto –Sto sognando!-.
–Non è un sogno-.
Yuma si bloccò.
–Tu… riesci a sentire i miei pensieri?-chiese nella propria mente.
–Si. Ma solo i tuoi-.
Yuma rabbrividì. Quella voce aveva qualcosa di strano, di antico, di misterioso. Quasi come se provenisse da un altro mondo.
–Chi sei?- domandò, sempre nella propria mente.
–Io sono quello che cerchi. Sono un pezzo del tuo passato, un pezzo del tuo presente, un pezzo del tuo futuro. Io sono la risposta alle tue domande, Luce. Vieni da me-. Yuma cominciò a battere i denti.
Più tardi si sarebbe chiesto se fosse stato a causa del freddo oppure di quella voce agghiacciante.
–Io… ecco… mi dispiace ma non capisco. Non so chi tu sia, né perché sto parlando con te. E poi, anche se accettassi di venire da te, non saprei come o dove trovarti!-. All’improvviso, sentì una forza sconosciuta cercare di penetrare nella sua mente.
Cercò di impedirglielo, ma quella presenza era troppo potente e delle immagini cominciarono a visualizzarglisi nella testa.
Il trono, uno spuntone da staccare, una scala che si apriva, due stanze. Quella a destra, altre scale, tre porte.
Yuma sentì la stanchezza invaderlo, mentre percepiva di star per perdere conoscenza.
La porta al centro.
Yuma chiuse gli occhi.
Prima di svenire, sentì di nuovo quella strana voce –Non posso indicarti oltre. La sua presenza qui è troppo forte e tu non sei nello stato per capire, Luce. Il resto della strada verrà da sé. Vieni da me, Luce. Vieni da me-.
Cari lettori e lettrici, rieccoci qui! Allora, ho voluto anticipare questo capitolo principalmente perchè lo avevao promesso ad una mia cara follower (sorpresa Yulin! *---*). Cosa vi posso dire? Ah sì. Avrete notato che Yuma pensa al dolore che aveva provato in precedenza e cita il funerale della madre. Questo perchè nella mia fanfiction la madre di Yuma, dopo aver scoperto che Kazuma era disperso in chissà quale mondo, era impazzita dal dolore, morendo due anni dopo. Scusatemi se sono così cattiva, ma mi serve per la storia più avanti. Sorry. Poi, passando ad altro, l'ombra che Tori vede vi informo che è il nuovo personaggio che cominceremo a conoscere nel prossimo capitolo! Come sempre, contattatemi se vi sembra che dica qualcosa di sbagliato e recensite please!
BennyloveAstral
Ps= Qualcuno sa dimri dove posso vedere l'episodio 124? Grazie in anticipo!
Pps= Mi scuso con una persona in particolare (di cui non dirò il nome!) per la descrizione del taglio di Yuma e del sangue. Scusami tanto, ma era necessario!
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Capitolo 9 *** Ricordi che fanno male ***
Scese dall’autobus e cominciò a precorrere la via, cercando di mettere più distanza possibile fra lei e quella specie di laboratorio fuori città.
Il cielo era plumbeo, mentre una leggera pioggia le solleticava la pelle del viso. Il rumore dei suoi tacchi attirava l’attenzione dei passanti, che subito distoglievano lo sguardo vedendo i suoi occhi.
Questo non le importava però.
Adorava essere temuta e riverita, sapere di avere il completo controllo su qualcosa, di non essere in pericolo.
Quasi tutte le persone che aveva conosciuto cercavano di evitare il suo sguardo, spaventate a morte da quell’azzurro eccessivo, quasi psichedelico.
Svoltò in una strada laterale.
Aveva seguito le sue tracce per almeno due mesi, senza nessuna notizia. Né sua, né di suo padre. L’avevano creduta morta, senza nemmeno provare a cercarla. Credevano che lei, quella specie di mostro dagli occhi spiritati, fosse sparito dalle loro vite. Ma si sbagliavano. Oh, si sbagliavano di grosso.
Bussò tre volte, rischiando quasi di spaccare la piccola porta verde davanti alla quale si era fermata.
Cosa ci facevano loro con quel gruppo di idioti in quel laboratorio? Con questa domanda nella testa, li aveva seguiti.
Lo aveva seguito.
Aveva seguito tutte le vicende di quei pazzi. Il lavoro, la fatica, l’indecisione, la paura e il coraggio.
Aveva ascoltato tutto quando quella ragazza dai capelli blu aveva proposto i nomi di chi avrebbe dovuto compiere l’impresa e, quando aveva sentito il suo nome, il suo cuore aveva fatto un balzo.
Più tardi si era punita per quel gesto d’affetto, che lei non avrebbe dovuto provare.
No, solo la sua vendetta.
Solo questo contava.
Doveva essere determinata e precisa.
Letale.
Poi, non era stata abbastanza veloce a scappare. Quella stupida ragazzina dai capelli verdi l’aveva vista e lei non aveva potuto nemmeno entrare di soppiatto per dare un’occhiata in giro.
Non appena avrebbe compiuto la propria vendetta, si sarebbe occupata pure di quella stupida impicciona.
Qualcuno chiese, dall’altro lato della porta –Se il coltello preciso lancerai…-.
–Vita lunga e ricca avrai- completò lei.
Si sentirono dei rumori di catene e chiavi dall’altra parte, finché la porta non si aprì.
Davanti a lei comparve un ragazzo un poco più piccolo di lei, i capelli castani unticci appiccicati al collo, l’espressione da cane braccato.
–Shira! Ti aspettavamo ore fa, dove eri finita?- chiese il ragazzino, quasi sussurrando.
–Ho dovuto fare dei giri. Fammi entrare Jona-.
–Non ti faccio entrare finché non mi dici dove sei stata. Tutti quelli che fanno parte del Branco devono rivelare le proprie azioni e condividere il bottino. E’ la legge-.
Ora la sua espressione si era fatta quasi morbosa, nella mente il pensiero di quale bottino avrebbe mai potuto avere.
Shira sorrise.
Piano si estrasse un coltello dalla maglietta, mentre vedeva l’espressione di Jona impaurirsi.
–Forse non ci siamo chiariti- disse piano.
Sorprendendolo, lo prese per il bavero della maglietta e lo bloccò al muro, il coltello che premeva sulla sua gola.
–Ti sembro una persona che segue le leggi?- chiese con tono innocente.
Il ragazzo scosse la testa, terrorizzato.
–Io non sono un membro normale del Branco. Sono una dei suoi consiglieri più fidati. Lui mi deve molto, mentre a te non deve niente. Io sono la sua spia, il suo braccio, il suo occhio. Tu cosa sei?- continuò, il sorriso che non accennava a svanire.
Il ragazzo non disse niente, troppo preoccupato a non guardarla negli occhi.
–Te lo dico io-.
Ora la sua voce era ridotta ad un sussurro.
–Tu non sei nulla. Sei uno zero assoluto, un qualcosa che nessuno vuole, nemmeno la tua famiglia. Ti hanno abbandonato, ma non perché sono cattivi. No, tu hai fatto loro schifo dal momento stesso in cui sei nato, in cui quei tuoi patetici occhi hanno incontrato la luce. Fai pena e lo farai sempre!-.
Il ragazzo aveva smesso di respirare. Shira lo lasciò cadere a terra, mentre lui singhiozzava, riverso sul lurido pavimento.
Lei lo superò, i rumori dei tacchi che coprivano i singhiozzi di quello stupido ragazzino.
Doveva imparare ad essere più spietato, a non fidarsi di nessuno. Nemmeno della propria famiglia e nessuno poteva saperlo meglio quanto lei.
Entrò in una piccola stanzetta, con un letto, un comodino con sopra una lampada e un libro, e un armadio. Si sedette sul letto, cominciando a spogliarsi.
Li avrebbe seguiti in quel portale e avrebbe organizzato completamente la propria vendetta.
Voleva vedere la disperazione nei loro occhi, nei suoi occhi.
Sorrise.
E nessuno l’avrebbe fermata.
Nessuno.
-Sei sicura, Gheia? Noi non abbiamo la minima idea di quanto siano potenti i bariani, visto che il nostro ultimo scontro diretto è avvenuto quasi mille anni fa! Questa non è la tua missione, ma quella di Astral!-.
Gheeb stava parlando con Gheia dall’altra parte del cortile esterno della Torre, mentre Astral si era allontanato, confuso ed impaziente.
Doveva sbrigarsi a trovare il portale ed a salvare Yuma, portandolo sulla terra.
Guardò il riflesso dorato dell’anello sulle rocce quasi bianche. Sembrava una luce in mezzo al nulla.
–Come Yuma- pensò con nostalgia Astral.
Una luce che illumina tutto. E tutti.
–Nessun astrale è mai andato direttamente nel Mondo Bariano e…-.
–Sono sicura di quello che faccio. Astral avrà bisogno di aiuto, lì dove sta andando ed io sono la persona giusta. Tu non puoi andartene padre, perché sei il re e devi proteggere il nostro popolo e il Mondo Astrale. Nel caso di un attacco bariano, io sarei di poca utilità. Fidati, padre. E’ la cosa giusta da fare-.
Le voci di Gheeb e Gheia si sentivano fin dall’altro lato di quel piccolo e sopraelevato cortile.
Astral vide Gheeb sospirare, mentre Gheia spariva in un fascio di luce bianca. Il sovrano gli si avvicinò e il Numero Originale vide con chiarezza la preoccupazione sul suo volto.
–Non c’è stato verso di farle cambiare idea. Vuole venire con te e per una ragione che non riesco a comprendere-.
Astral si soffermò sul punto in cui la principessa era sparita, quasi inghiottita dalle rocce.
Sentiva un certo legame con Gheia, quasi come se non fosse la prima volta che la incontrava. Era la stessa sensazione che aveva avuto quando l’aveva vista qualche ora prima, steso su quel pavimento di roccia blu.
Di fronte a lei, non sapeva come comportarsi.
Si sentiva agitato, ma allo stesso tempo tranquillo e rilassato. Voleva passare più tempo con lei per sapere più cose sul suo e il proprio passato, ma allo stesso tempo era intimorito da quello sguardo così profondo, dal modo intenso in cui lo guardava. Voleva farle molte domande sul Mondo Astrale, ma ogni volta che affrontava l’argomento sia lei che Gheeb evitavano il suo sguardo e cercavano di sviare la sua attenzione su altro.
In poche parole, non riusciva a parlare con Gheia.
E questa cosa lo stava incuriosendo sempre di più.
–Non so che dire Gheeb. Semplicemente credo che se vuole fare così è degna di farlo. Credo che prenda questa cosa molto sul serio-.
Il sovrano astrale sospirò, coprendosi il volto con le mani. Ad Astral pareva ogni minuto più vecchio.
Possibile che fosse dovuto al fatto che in quel preciso momento il Mondo Astrale era debole e privo di difese?
–E se fosse…- ma Astral non riuscì a finire il pensiero.
Gheeb si scoprì il volto e gli disse, già volando verso terra –Vado a vedere dove è andata Gheia. Tu intanto dirigiti verso l’entrata delle mura. Dirò a Gheia di andare lì per trovarti e poi partire. Forse non ci rivedremo più Astral, ma sappi che sono stato felice di rivederti un’ultima volta-.
Detto questo sparì anche lui in un fascio di luce bianca.
Astral sbatté un attimo le palpebre, sorpreso.
–Non gli piacciono molto gli addii…- pensò, mentre si avviava verso il luogo dal re indicatogli, l’animo più agitato che mai.
Una volta raggiunto il luogo stabilito e resosi conto che Gheia doveva ancora arrivare, Astral si concesse qualche minuto per contemplare di nuovo il paesaggio.
Il Mondo Astrale.
Per certi versi, Astral non voleva andare via da quel luogo.
Non voleva abbandonare quelle rocce blu, oppure quei bei rampicanti che circondavano i palazzi e ancor meno voleva lasciare quella pace. Si sentiva a casa lì, in un luogo per lui familiare, protetto. Non era come sulla terra insieme a Yuma, dove c’era sempre qualcosa a lui sconosciuto, o dove si sentiva in qualche modo escluso, in mezzo a tutti quegli umani.
Sentiva che quel mondo freddo, ma allo stesso tempo accogliente era la sua casa, il luogo in cui avrebbe potuto sentirsi finalmente normale e avere quella che gli umani chiamavano “vita sociale”.
Forse avrebbe potuto davvero tornare nel Mondo Astrale, una volta terminata la missione.
Però Yuma…
Un bagliore attirò la sua attenzione, mentre Astral si copriva gli occhi con la mano per evitare di venirne accecato. Un riflesso bluastro lo investì, costringendolo ad indietreggiare.
Davanti alle mura comparve Gheia, con una arco nelle mani e una faretra di frecce legata sulla schiena.
Astral dovette riconoscere la magnificenza di quell’arma.
La corda era bianca, molto sottile e da lontano sembrava un piccolo soffio di luce. La struttura dell’arco era invece blu, mentre vi erano dipinti sopra gli stessi rampicanti davanti ai quali Gheeb si era inchinato. Questi ultimi, risplendevano di un verde acceso, chiaro, quasi in completo contrasto con il blu scuro che fungeva da colore di sfondo. Alle estremità dell’arco, vi erano delle piccole foglie argentate, che fungevano da sostenitrici della corda tesa, i cui estremi erano abilmente legati alle due foglie, in modo che una volta tesa non si sciogliesse. Infine, Astral riuscì a scorgere dietro i capelli un insieme di almeno quindici frecce, anch’esse bianche, con la sola eccezione di avere una piccola foglia blu, probabilmente creata con le tante rocce che animavano il paesaggio, che fungeva da punta.
Un’arma degna di una principessa.
Quest’ultima gli si avvicinò, come sempre osservandolo attentamente e con il solito atteggiamento distaccato.
–Sei pronto?- gli chiese.
Astral annuì brevemente e la seguì oltre le mura della città silenziosa.
Ebbe appena il tempo di lanciarle un’occhiata veloce. Poi i cancelli delle mura si chiusero e Astral seguì in volo Gheia, lo sguardo rivolto davanti a sé. Volarono immersi nel più profondo silenzio per ore, Gheia che avanzava spedita senza voltarsi e Astral che cercava di starle dietro, immerso in mille pensieri.
All’improvviso, la principessa si fermò e Astral le volò subito accanto.
–Che succede?- chiese preoccupato.
Si sentiva male? Aveva avvertito un pericolo nella città blu?
Lei rispose, lievemente sollevata –Ci dobbiamo fermare. Siamo quasi a metà strada, ma qui la notte succedono strane cose e non voglio incapparci. In quell’ammasso di rocce c’è una rientranza, possiamo andare lì-.
Astral annuì, anche lui sollevato.
Si avviarono verso il luogo indicato da Gheia e subito si sedettero entrambi con la schiena appoggiata alla roccia.
O almeno Astral lo fece, visto che Gheia si abbassò solo un pochino, distendendo lievemente le gambe.
Lo guardò con disapprovazione.
–Stai diventando troppo umano. Questo tuo atteggiamento irriverente potrebbe compromettere l’esito della tua missione, spero tu lo sappia-.
Astral si voltò a guardarla e disse, scegliendo bene le parole –Ci sono cose più importanti della mia missione-.
Gheia sorrise, ironica.
–La tua missione è trovare il Numeron Code, la Carta che ha creato l’Universo. Se questa carta finisce nelle mani dei bariani, il nostro mondo verrà completamente distrutto. E secondo te c’è qualcosa di più importante. Cosa sarebbe?-.
–L’affetto per un amico-.
Gheia fece una smorfia di disappunto.
–Ah giusto. Quell’umano, Yuma Tsukumo. Come hai fatto ad affezionartici? Non è altro che uno stupido patetico abitante della terra, che durante la Guerra Lucente non ha fatto altro che danni, rischiando di farci uccidere tutti! Non meritava di rinascere, tanto più che è a causa sua se ora siamo costretti a vivere nascosti, noi del Mondo Astrale! Tu dovresti usarlo solo per il tuo scopo, non commettere lo stesso errore di amarlo!-.
Aveva alzato la voce, il cui eco ancora rimbombava tra le rocce.
Astral si era alzato e ora la guardava, negli occhi un pizzico di rabbia misto ad una grande confusione e incertezza.
–Di cosa stai parlando? Cos’è la Guerra Lucente e perché sia tu che Gheeb parlate di Yuma come di un traditore? Lui non farebbe mai una cosa del genere, più volte ha rischiato molto per salvarmi!-.
Anche lui aveva alzato la voce e solo ora se ne rendeva conto.
Quindi era questo che provava Yuma quando il viso gli diventava rosso, gli occhi gli brillavano e la voce gli tremava, fino ad uscire in un urlo.
Si era arrabbiato.
Gli era capitato più volte di esserlo, ma mai in questo modo così esagerato, così disperato.
Così umano.
Gheia ora lo osservava in modo diverso. Non era più distaccata, fredda, estranea, distante.
Ora lo guardava negli occhi, da pari a pari, l’atteggiamento regale scomparso. Rimasero così, sguardo dentro sguardo, cercando ognuno di prevedere le reazioni dell’altro.
Il numero originale si accorse che anche lei, come lui, preferiva studiare bene l’avversario, elaborare una strategia e poi colpire, letale e vincente. Una stratega fino in fondo.
Tutto il contrario dello Yuma che conosceva, sincero, diretto, che non accettava una vittoria se non se l’era giustamente guadagnata, che vedeva l’avversario come un amico di esperienze e non come un nemico.
Forte, brillante.
Puro.
Quando Gheia parlò, Astral percepì la rabbia, ma allo stesso tempo la tristezza nella sua voce. Rassegnazione, come se il destino le avesse riservato una brutta sorpresa.
La sua voce parve alle orecchie di Astral un sussurro, quando disse –Non eri così quando arrivasti-.
Astral smise per un istante di respirare.
–Cosa intendi? Tu… eri lì?- chiese, mentre sentiva il proprio respiro farsi sempre più agitato.
Vide Gheia abbandonare le braccia esili lungo il corpo, quasi come se fosse stanca.
Quando parlò però, l’espressone che aveva in volto era di pura sorpresa.
–Come tu non… non ricordi?-.
Astral scosse la testa.
–Quando sono arrivato sulla terra, ho perso la mia memoria. Ho scoperto che era racchiusa nelle carte Numero e così ho convinto Yuma ad aiutarmi. Ne ho raccolte molte e la mia memoria è quasi al completo. Mi mancano solo alcune cose… e la mia per così dire “nascita” è una di queste-.
La principessa continuò a guardarlo. Quando finalmente si decise a parlare, ad Astral sembravano essere passate delle ore.
–Devi sapere che noi astrali non viviamo come gli umani. Noi nasciamo bambini certo, ma non cresciamo nel tempo come quelli umani. Noi diventiamo adulti quando avviene un evento molto traumatizzante, che ci fa in qualche modo maturare, che ci fa capire quello che potremmo essere in futuro.
E’ in quell’occasione che noi astrali diventiamo adulti, crescendo sia mentalmente che fisicamente. Io ad esempio sono diventata adulta quando è morta mia sorella-. Disse l’ultima frase fra i denti, quasi se dirla potesse costarle uno sforzo immane.
Astral continuò a guardarla, gli occhi che osservavano quelli di lei.
–Non l’ho saputa proteggere, e lei è morta-.
Le tremò la voce.
–Da quel momento, sono cresciuta. Quando arrivasti tu, erano passati due di quelli che gli umani chiamano “anni”. All’inizio non eri proprio tu, ma una piccola bolla d’acqua azzurra, che dopo qualche secondo si è illuminata.
E poi… non lo so… sei comparso tu.
Ma quello che ci ha davvero spaventati è stato il fatto che tu sei nato già adulto. Non sei… non sei nato bambino, ecco-.
Astral abbassò lo sguardo sulle proprie mani, confuso. Come non era nato bambino? Se quello che aveva detto Gheia corrispondeva alla verità, allora da vero astrale sarebbe dovuto nascere come loro… La voce della principessa lo distolse da quei pensieri.
–Sei arrivato che sapevi già parlare e conoscevi tutti i segreti del nostro mondo. Sembravi un vero astrale insomma.
Mio padre ti ha accolto e per un po’ sei rimasto con noi. In quel periodo, hai cominciato ad entrare nella vita della nostra città e…-.
Si interruppe.
Astral la fissò, interrogativo.
L’ombra della grotta le copriva il volto, così il Numero Originale non riuscì a vedere la sua espressione.
–E…?- chiese, cercando di sembrare meno insistente possibile.
Gheia non rispose subito, ma quando lo fece, la sua voce tremava e Astral non riuscì a capire se di rabbia o di emozione.
Probabilmente di entrambe.
–E noi due diventammo amici. Grandi amici. Dalla quando mia sorella era morta, avevo interrotto i contatti con tutti i mei per così dire “amici”. Preferivo e preferisco tutt’ora stare da sola, senza nessuno intorno. Ero acida con chi cercava di consolarmi e rabbiosa verso chi cercava di dirmi che non era colpa mia. Mio padre era molto preoccupato.
Poi, sei arrivato tu e… non so come, ma appena ti vidi capii che potevo fidarmi di te. Che anche tu avevi sofferto in qualche modo, che potevi capirmi. E diventammo amici. Due astrali che si stavano molto simpatici. Incominciai a tornare quello che ero prima.
Tranquilla, riservata. E dolce. Ritornai a vivere. Avevo un vero amico, mio padre era finalmente sereno vedendomi felice e il mio popolo era in pace. Poi però tutto cambiò, quando i bariani cercarono nuovamente di penetrare nelle nostre difese-.
Astral percepì la rabbia nella voce di Gheia crescere sempre di più.
–Riuscimmo a respingerli solo per miracolo e morirono centinaia di astrali, compresi molti bambini. Fu allora che ci rivolgemmo al Seme. Lui ci disse che il momento era giunto e che era tempo per noi astrali di adempiere al nostro primordiale obbiettivo: trovare il Numeron Code e usarlo per distruggere il Mondo Bariano perché altrimenti quest’ultimo ci avrebbe annientati.
Ne avevo già parlato con mio padre ed ero pronta a partire, a morire anche, per salvare il mio popolo. Mio padre stava per comunicarlo alla città quando…-.
Si fermò.
Astral non disse niente, in attesa.
–Quando Lui ha scelto TE!-.
Urlò quelle parole e si alzò di scatto, o meglio alzò lo sguardo, mentre Astral la guardava sorpreso da tanta rabbia nei propri confronti.
–Una luce verde ti ha investito e Lui ha detto che eri tu il predestinato per trovare il Numeron Code. C’è stato un attimo di silenzio, poi tu hai annuito e sei stato teletrasportato sulla terra! In quel maledetto attimo, hai infranto tutti i miei sogni e le mie speranze!-.
Lo guardava rabbiosa, mentre le mani erano strette convulsivamente a pugno.
Astral rimase in silenzio.
Ora ricordava ogni cosa, come se il racconto di Gheia gli avesse acceso una lampadina nella testa.
–Gheia… io non… Non puoi incolparmi di quello che qualcun altro ha deciso per me. Non l’ho scelto io di diventare il Messaggero del Mondo Astrale né di avere una missione del genere! Non potevo rifiutare e…- ma la voce quasi isterica di Gheia lo interruppe.
–Si che potevi, non dire menzogne Astral! Secondo le regole del nostro mondo, chiunque può rifiutare un compito a lui assegnato, anche se affidatogli dal Seme! Tu avresti dovuto rifiutare, almeno per me!-.
–Ma come avrei fatto a…-.
–Tu lo sapevi! TU LO SAPEVI! Chiunque avesse trovato il Numeron Code, avrebbe potuto esprimere un desiderio, un desiderio qualsiasi! Il Numeron Code è la carta che ha creato l’Universo è così potente da regolare tutto, perfino i legami tra la morte e la vita, Astral!
Se fossi stata io ad andare sulla terra e avessi trovato il Numeron Code, poi avrei… avrei potuto…-.
Ora lo guardava quasi con disperazione, una tristezza infinita.
–Avrei potuto esprimere il desiderio che mia sorella tornasse! Non sarei più stata sola, Astral. E finalmente sarei riuscita a stare in pace con me stessa, senza sensi di colpa.
Ma tu no! Dovevi per forza andarci sul quel maledetto pianeta, ignorandomi completamente!
Io ti odio Astral e sai perché? Quando qualcuno parte alla ricerca del Numeron Code, nessun altro può farlo, o almeno del nostro mondo.
ti odio, perché tu eri l’unico a conoscenza del mio segreto, della mia speranza e l’ha buttata al vento senza pensarci nemmeno un attimo!-.
Astral abbassò lo sguardo, ma lo rialzò subito dopo, conscio di una cosa.
–Io… c’era una cosa importante che dovevo fare sulla terra-.
Questa volta Gheia non cercò nemmeno di nascondere le propria rabbia.
–Ah davvero? E dimmi allora, quale sarebbe questa cosa tanto importante che devi fare, così importante da sorvolare perfino la tua prima e probabilmente unica vera amica?-.
Astral rispose, sotto lo sguardo accusatorio della principessa –Ancora non lo so. So solo che quando il Seme mi disse che ero destinato ad andare, io accettai perché sapevo da sempre di esserlo. Non lo so, fu come se qualcosa si fosse acceso nella mia mente.
Dovevo trovare qualcuno.
Già da prima che succedesse quello che poi è successo ne ero ossessionato. La notte sentivo delle voci, sensazioni strane mi invadevano la mente e mi sentivo in trappola, quasi in gabbia, come se trovare quella persona fosse per me di un’importanza vitale.
Poi, quando il Seme mi ha parlato, ho avuto la fortissima sensazione che la persona che cercavo fosse sulla terra e… e non ho pensato a te e a quello che speravi. Ero animato solo da questo desiderio, oppure istinto non lo so, che poi mi ha fatto annuire a atterrare sulla terra.
Ti giuro che è stato più forte di me. Poi ho perso la memoria e…-.
Si interruppe.
Gheia si era girata, dandogli le spalle. Astral rimase a contemplarla: le spalle sottili, i fianchi piccoli, le gambe lunghe e affusolate.
–L’hai trovata?-.
Astral tornò in sé, mentre la voce di Gheia gli entrava nelle orecchie.
–Come scusa?-.
–Quella persona che tanto cercavi… l’hai trovata?-.
Astral sospirò, affranto.
–No. Quando sono entrato in contatto con Yuma ho sentito qualcosa, ma era una sensazione molto debole e diversa da quella che provavo qui. No… no, non l’ho ancora trovata-.
Gheia rimase in silenzio per qualche secondo, poi si diresse verso l’uscita della grotta.
Intuendo di essere seguita dallo sguardo sorpreso di Astral, disse –Esco a prendere un po’ d’aria. Domani ci rimetteremo in viaggio verso il portale. Riposa-.
Detto questo uscì.
Astral fu tentato di seguirla, ma subito abbandonò l’idea e si sedette sulla roccia blu. Era chiaro che Gheia lo odiava e che non aveva la minima voglia di parlare con lui. Mentre gli raccontava della morte della sorella, Astral aveva notato il suo imbarazzo, misto però ad un’evidente sensazione di liberazione.
Chissà da quanto tempo non ne parlava. Il suo sguardo cadde sull’anello dorato che portava al dito e il suo pensiero andò a Yuma.
–Yuma…-.
Chissà se stava bene, se non si era ancora arreso…
-Yuma…-.
Astral chiuse gli occhi.
–Ti troverò Yuma. E come te, nemmeno io mi arrenderò mai-.
Cari lettori e lettrici, eccoci con un nuovo capitolo! Allora, questo è un capitolo piuttosto importante, perchè da qui poi partiranno degli eventi nel futuro! Ehehe... comunque, nella prima parte del capitolo avete letto di Shira, il nostro nuovo personaggio... Secondo voi, chi sarà? Vi lascio il dubbio eheh! Nel prossimo capitolo, Tori e co. riusciranno finalmente ad attraversare il portale e Yuma comincerà a scoprire cose sempre più terribili sul proprio passato... chi è lui in realta? Ci vediamo al prossimo capitolo gente!
Bye bye BennyloveAstral
Ps= lo so che vi stresso, ma chi mi può dire dove vedere l'episodio 125? Grazieee ^.^
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Capitolo 10 *** In viaggio verso l'arrivo ***
-Sei pronta Tori?-.
–Pronta!-.
–DUELLIAMO!-.
Rio sorrise.
–E’ il mio turno! Pesco!
Evoco subito Falco del Ghiaccio in posizione di attacco. Poi attivo subito il suo potere speciale: una volta per turno, mandando una delle carte nella mia mano al cimitero, posso pescarne un’altra dal deck! Quindi… pesco ed attivo subito la carta magia Specchio Glaciale!
Con questa carta, posso raddoppiare l’attacco di un mio mostro fino alla fine del mio prossimo turno. Come potrai immaginare, io scelgo Falco del Ghiaccio, che da 1500 punti di attacco passa a 3000!-.
Il falco blu di Rio cominciò a illuminarsi, mentre i suoi punti di attacco aumentavano velocemente.
–Posiziono una carta coperta e termino il turno! A te la mano Tori. Vediamo cosa riesci a fare…-.
Tori sospirò, la mano incerta sul deck. Quella mattina si era svegliata molto presto ed era andata a cercare in soffitta il vecchio deck che usava sua madre quando era giovane. Aveva cercato per almeno mezzora senza risultati.
Alla fine però, mentre scendeva le scale per ritornare in camera, lo aveva visto: impolverato, le carte legate tra loro da un sottile filo di spago, nascosto sotto una trave del pavimento. Aveva trovato anche il duel-disk, sempre di sua madre e lo aveva pulito e lucidato. Il verde sbiadito con cui lo aveva trovato era scomparso, e ora Tori duellava con un duel-disk di un verde chiaro, quasi accecante.
Quando era arrivata l’ora, si era diretta verso il laboratorio. Dopo aver augurato il buongiorno a tutti, aveva preso Rio da parte e la ragazza era rimasta scioccata quando aveva sentito quella che aveva intenzione di fare.
–Vuoi che io ti insegni a duellare!?-.
Tori era rimasta molto sorpresa da quella reazione e non aveva potuto evitare di sentirsi anche un po’ delusa.
–Io… ecco… mi sarebbe piaciuto che fossi proprio tu a insegnarmi a duellare, visto che gli altri bè… ecco… non sono sicura che capirebbero. Ma se non vuoi non fa niente, ti capisco-.
Rio l’aveva guardata in un modo indecifrabile per almeno dieci minuti, per poi chiedere –Perché lo vuoi fare? Da quando ti conosco, non ti ho mai visto mostrare un grande entusiasmo verso i duelli…-.
Tori si era ritrovata nuovamente a sospirare.
–Sinceramente, non lo so nemmeno io. E’ vero quello che dici: i duelli non mi hanno mai attratta particolarmente. Però so una coa: sono stufa di essere sempre quella che deve essere protetta, che non riesce mai a difendersi da sola.
Ormai i bariani sono diventati dei nemici reali, reali e pericolosi, e voi non potete più permettervi di pensare a me. Il nostro mondo potrebbe venire distrutto e con lui il Mondo Astrale. Voglio imparare a difendermi da sola e imparare a duellare è il modo migliore per farlo-.
Rio aveva replicato, con un sorrisetto che si allargava sul piccolo volto –Sicura che non c’è un altro motivo? Spiegandomi meglio… non c’entra nulla Yuma?-.
Tori era arrossita e si era voltata dall’altra parte.
Rio era simpatica, ma certe volte le dava sui nervi.
Come aveva fatto a capirlo? Era così evidente? Perché in realtà Tori aveva deciso di imparare a duellare anche per un altro motivo, un motivo nascosto negli angoli più oscuri del suo cuore. Ora che Yuma aveva perso Astral, si sentiva più solo che mai, di questo Tori era certa.
Era noto a tutti l’affetto che il ragazzo provava per lo spirito astrale. Ora che Astral non c’era più, Yuma aveva bisogno di qualcuno che l’aiutasse, che gli stesse vicino, che lo facesse sorridere.
Forse avrebbe potuto esserlo lei, una specie di Astral 2.
In questo modo, forse Yuma si sarebbe accorto di quanto bene gli voleva e forse…
La voce di Rio l’aveva poi riportata alla realtà.
-…Ma credo che sia una buona idea-.
–Come scusa?-aveva chiesto Tori, la mente ancora rivolta all’immagine del ragazzo dagli occhi cremisi.
Rio l’aveva guardata, un po’ scocciata di dover ripete quanto appena detto.
–Ho detto che, anche se credo che per te non sarà facile, potrebbe essere una buona idea. Che ovviamente accetto, è ovvio. Ti insegnerò a duellare-.
Tori stava per ringraziarla, ma Rio l’aveva lasciata senza parole.
–Andiamo a duellare nel cortile sul retro. Non ci va mai nessuno lì-.
Per poco Tori non aveva vomitato la colazione.
–Ora!? Ma… ma io…-.
–Scusa, quando vorresti iniziare? Il portale lo apriremo tra oggi e domani, non mi sembra che tu abbia molto tempo-.
Come sempre, Rio aveva centrato il punto. Sospirando, Tori l’aveva seguita in cortile ed ora stavano duellando per almeno la quarta o quinta volta, ognuna delle quali con una vittoria di Rio.
–E’ il mio turno: pesco!-.
Tori guardò la carta appena pescata. La fortuna non era dalla sua parte quella mattina.
–Evoco Fata dei Boschi di livello 3 in posizione di attacco! Poi, attivo la carta magia Specchio della Fata! Con questa carta posso far aumentare di 300 punti l’attacco del mio mostro per ogni carta che ho sul mio terreno. In questo momento ne ho due, per cui il mio mostro acquista 600 punti d’attacco!-.
La fata evocata da Tori arrivò a 2300 punti di attacco.
-Almeno subirò un danno minore- pensò.
–Posiziono una carta coperta e termino il turno!-.
Rio la guardò con approvazione.
–Brava, hai usato la strategia che abbiamo studiato prima! Stai attenta ora e osserva cosa faccio. E’ il mio turno: pesco! Evoco Volpe Artica con 800 punti di attacco di livello 1 direttamente dalla mano e attivo il suo potere speciale: pagando 500 life points, in questo turno Volpe Artica può attaccarti direttamente e i suoi punti di attacco vengono raddoppiati! Vai Volpe Artica, sferra a Tori un attacco diretto! Morso d’Inverno!-.
La volpe evocata da Rio attaccò Tori, che cadde a terra, mentre i suoi life points scendevano a 2400. Si rialzò, la mano sul deck pronta a pescare, ma Rio non aveva ancora finito.
–A questo punto, posso attaccare la tua fata! Vai Falco del Ghiaccio, attacca Fata dei Boschi! Artiglio Glaciale!-.
Il falco di Rio si lanciò contro la fata di Tori, distruggendola. Quest’ultima venne sbalzata a terra dall’impatto, i life points che arrivavano a 1700.
–Il mio turno è finito e i punti d’attacco di Falco del Ghiaccio tornano normali. A te la mano Tori-.
Tori si rialzò, dolorante. Non voleva che Rio vincesse con i life points quasi immutati. Non di nuovo. Voleva almeno riuscire a farli diminuire.
–Pesco! Attivo subito la carta magia Pozione Fatata! Con questa carta posso evocare specialmente un mostro di tipo fata dal mio cimitero e io scelgo Fata dei Boschi! Poi, attivo la carta trappola Tranello della Fata. Il mio avversario deve pescare una carta e se questa è un mostro, posso attaccarlo direttamente! Pesca Rio!-. Quest’ultima la guardò in modo strano, per poi fare quanto Tori le aveva richiesto.
–Pesco! E… ho pescato Pinguino della Guardia di livello 4!-.
Tori esultò.
–Allora vai Fata dei Boschi, attaccala direttamente! Brezza del Salice!-.
La fata di Tori sferrò un colpo a Rio, che cadde a terra. I suoi life points erano ora a 1800.
–Evvai! Concludo il mio turno!-.
Rio si alzò.
–E’ il mio turno: pesco! Tori, sei stata molto brava, ma nemmeno io sono da meno! Attivo la carta trappola Somma di Tempeste! Con questa carta posso mandare due o più mostri sul mio terreno al cimitero e per ognuno di essi, posso pescare una carta!
Mando al cimitero Volpe Artica e Pinguino della Guardia e facendo così, posso pescare due carte dal deck!-.
I mostri di Rio scomparvero dal campo da gioco.
–Pesco! Attivo la carta magia Freccia del Gelo! Con questa carta, posso diminuire i miei life points e gli stessi punti di attacco perde il tuo mostro e ne guadagna il mio! Scelgo di perdere 1700 life points e in questo modo il tuo mostro arriva ad attacco 0 e il mio ad attacco 3200!-.
Tori indietreggiò, spaventata. 3200 punti d’attacco!? Il falco di Rio cominciò a brillare di una luce intensa, mentre da 1500 passava a 3200 punti di attacco. La sua fata perse tutti i suoi punti, arrivando a 0.
–Vai Falco del Ghiaccio, attacca Fata dei Boschi! Artiglio Glaciale!-.
La fata di Tori venne distrutta e la ragazza cadde a terra, mentre la realtà aumentata si spegneva.
Aveva perso. Di nuovo.
Si rialzò e vide Rio venire verso di lei con il sorriso sulle labbra.
–Brava Tori, devo dire che hai fatto molti progressi! E in poche ore poi! Mi raccomando però: prima di attaccare, cerca di neutralizzare almeno in buona parte la difesa dell’avversario bloccando le sue carte magia o trappola. Come hai potuto sperimentare, la difesa è essenziale in un duello ad alti livelli-.
Tori annuì, prendendo mentalmente appunti. Con Rio si diresse verso l’interno del laboratorio, stanca ma in qualche modo soddisfatta. Credeva di essere peggio, dopotutto. Probabilmente dopo tutti i duelli di Yuma che aveva visto, qualcosa dei duelli l’aveva involontariamente capita.
Appena entrarono però, Tori si accorse subito che c’era qualcosa di starno nell’aria. Una sorta di energia, diversa da quella che normalmente avvertiva nel laboratorio. Eccitazione, impazienza. Euforia.
Tori si girò verso Rio e dallo sguardo di quest’ultima capì che anche lei lo aveva percepito. Le due ragazze entrarono nella stanza del portale.
E quello che videro le fece rimanere senza parole.
Tutta la stanza era piena di piccole palline di polvere rossa, che si libravano lentamente a mezz’aria, come se non fossero soggette alla forza di gravità. Con le finestre abbassate, sembrava di essere nello spazio.
Fuori dal tempo.
La prima ad accorgersi che non erano sole fu Rio, che esclamò –Ryouga! Che ci fai qui?-.
Shark emerse dall’ombra e le disse, con un tono leggermente sbrigativo –Stavo per venirvi a chiamare, ovunque foste. Il portale è pronto, veramente stavolta. Tron e Faker hanno scoperto cosa ha causato il guasto l’ultima volta e hanno provveduto. Ora possiamo davvero andare a salvare Yuma-.
Dall’ombra emersero tutti, i volti illuminati dal tenue bagliore che mandavano le piccole palline di luce. Tori chiese, sussurrando per non rovinare l’atmosfera che si era creata –Ma come… come mai è tutto così… strano?-.
Fu Tron a risponderle, con un tono di voce ugualmente basso.
–Io e Faker abbiamo scoperto che nel sistema del computer centrale era entrato un virus invisibile agli antivirus che lo stava danneggiando. Quando abbiamo spento il computer, abbiamo disinnescato pure il virus. A quel punto, il portale sarebbe potuto essere riaperto, ma non volevamo correre dei rischi: non sapevamo quanti danni avesse provocato il virus o se avesse in qualche modo danneggiato le funzioni del portale.
Così, per verificarne l’efficienza, abbiamo aperto il portale e spedito nel Mondo Bariano un semplice foglio di carta, per vedere se il mondo stesso reagiva. Siamo stati solo troppo lenti a chiuderlo.
Il foglio è sicuramente arrivato a destinazione, perché queste piccole palline di luce sarebbero l’essenza del Mondo Bariano trasferito in piccoli agglomerati di particelle luminose. Il Mondo Bariano ha reagito all’arrivo del foglio e questo vuol dire che ora è sicuro poterlo attraversare-.
–Tra qualche minuto dovrebbero dissolversi a causa del trasferimento sul nostro mondo- aggiunse Five.
Rimasero poi in silenzio, mentre le piccole palline di luce rossa disegnavano dei disegni luminosi nell’aria.
All’improvviso, alcune palline di luce scomparvero, mentre altre si spegnevano lentamente. In pochi minuti, la stanza fu completamente al buio. Mentre Faker azionava il pulsante di riattivazione del sistema, Tori non poté fare a meno di sentirsi un po’ dispiaciuta.
Le era sembrato di dormire, osservando i movimenti di quelle piccole luci. La luce del sole tornò ad investire i presenti e Tori notò che, come lei, quasi tutti erano rimasti tramortiti da quello che era appena successo.
Il primo a prendere la parola fu Faker, che disse –Quello che vi ha detto Byron è vero. Il portale è pronto, potete andare nel Mondo Bariano a salvare Yuma. Preparatevi, tra dieci minuti il portale si aprirà-.
Tori si voltò verso Shark e gli altri che sarebbero dovuti venire con lei nel Mondo Bariano, ma riuscì comunque a sentire Faker sussurrare –Speriamo che non sia troppo tardi-.
La ragazza rabbrividì.
–Lo spero anche io-.
Si diresse da Shark, che intanto si era messo le mani in tasca, guardando tutti con la sua normale finta indifferenza.
Three la raggiunse.
–Tori, tutto bene? Sei un po’ pallida-.
Tori disse, cercando di nascondere l’ansia che provava –Tranquillo Three, sto bene. Sono solo un po’ nervosa ecco-.
Il ragazzo le posò una mano sulla guancia, facendola arrossire di colpo.
–Ecco, così va meglio!- rise Three.
Tori non poté evitare di sorridere.
Three sapeva sempre come farle dimenticare le preoccupazioni che la affliggevano. Era sempre sorridente, positivo, pacato. Riusciva sempre a farla sentire al sicuro, in qualunque situazione e quando sorrideva gli occhi gli brillavano di una luce chiara, luminosa anche se piccola. A Tori gli occhi di Three facevano pensare ad una grande foresta, con querce secolari e ruscelli limpidi, solo il vento come unico rumore.
Tutto il contrario di Yuma.
Quest’ultimo non si limitava a sorridere.
Rideva.
Era tutto il contrario di pacato, anzi era forse la persona più irruenta che Tori avesse mai conosciuto.
Coraggioso, ottimista, un po’ rumoroso, testardo fino all’inverosimile.
La prima impressione che aveva avuto Tori, quando a sette anni si erano dovuti presentare il primo giorno di scuola, era stata quella di avere davanti una pura e inesauribile fonte di luce. Anche ora che Yuma non era più un bambino, rimaneva comunque un persona che irradiava le persone che aveva intorno, dava loro speranza e fungeva da esempio per tutti. Identico al sole quando sorgeva, puro e lucente come non mai.
Ed ora quella luce rischiava di spegnersi per sempre.
–Siamo pronti, posizionatevi davanti all’impalcatura-.
La voce di Tron la riscosse, facendola tornare nella realtà.
Insieme a Shark, Kite, Three e Four si diresse verso l’impalcatura nera.
Vide Rio avvicinarsi.
–Tieni Tori, porta questi a Yuma. Gli serviranno-.
Le porse il deck e il duel-disk e duel-gazer di Yuma. Tori prese il tutto e li mise in una piccola borsa di tela che si era portata dietro. Senza farsi vedere da nessuno all’infuori della ragazza, mise nella borsa anche i suoi.
Non aveva detto a nessuno dei suoi duelli di allenamento con Rio e non voleva che gli altri le facessero domande.
–Pronti!- gridò Five dalla postazione del computer centrale.
Faker azionò un pulsante e l’impalcatura cominciò a vibrare, mentre al centro si cominciava a formare il già noto ovale di luce e polvere rossa.
–Mi raccomando, saltate nel preciso momento che vi diremo! Dovrete essere pronti!- gridò Tron.
Un forte vento cominciò a spingere i cinque ragazzi verso il portale e nello stesso momento Five gridò –Ora!-.
I ragazzi saltarono nel portale e Tori li seguì un secondo dopo.
Sentì la voce di Byron urlare –Mi ero dimenticato: state attenti a…- ma qualcosa lo zittì improvvisamente.
Tori non ebbe nemmeno il tempo di urlare. Sentì una forza esagerata trascinarla all’interno del portale e l’ultima cosa che vide fu quella maldetta polvere rossa.
E’ il momento. Saltò dalla finestra più alta del laboratorio, atterrando in piedi.
Corse verso quel disco di luce rossa, i tacchi che risuonavano nella corsa.
–Ci sono!-.
Prima di saltare, lo guardò. E vide la sua espressione sconvolta, la paura che risplendeva nei suoi occhi.
Voleva distruggerlo, voleva fare in modo che pensasse a lei prima di chiudere gli occhi la sera, e che tremasse.
–Ciao papà!- gridò.
E lo vide indietreggiare, atterrito. Il suo amico lo guardò, confuso.
Rise.
Un attimo dopo, saltò nel vortice rosso, ancora con l’eco della risata alle spalle.
Sangue.
Sangue ovunque.
Aiuto.
Aiuto, cosa faccio?
Astral dove sei, dove sei?
–Aiuto! Yuma ti prego aiutami!-.
Shark.
Sta affogando nel sangue, devo aiutarlo.
Corro, corro come non ho mai fatto prima, cerco disperatamente di raggiungerlo, ma continuo a scivolare e non mi muovo di un centimetro.
Sento un’altra voce, più adulta e altera, ma allo stesso tempo spaventata.
Kite.
–Yuma, aiutami ad uscire da qui!-.
Cerco di avvicinarmi, ma il sangue si solidifica intorno alla mia caviglia.
–Yuma, aiuto ti prego! Yuma! Yuma!-.
Mi girò, più angosciato che mai.
Qualcuno si dibatte nel sangue, cercando disperatamente di non affogare.
Tori.
–Tori!- grido, per farmi sentire.
Lei mi guarda, negli occhi il più profondo terrore.
–Aiuto ti prego!-.
Tendo la mano, ma non riesco ad arrivare alla sua. La vedo dibattersi inutilmente.
Poi la sento.
Una voce diversa, quella voce che tanto non voglio udire.
La sua voce.
–Yuma!-.
Astral.
Mi giro di scatto. Dei tentacoli neri lo avvolgono, lo stanno soffocando, lo stanno uccidendo. Non posso perderlo un’altra volta, semplicemente non posso.
–Astral no!- .
Il mio urlo si perde nelle grida di aiuto dei miei amici, mentre vedo Astral sempre più in difficoltà.
No, no lui no. Non di nuovo.
Cerco disperatamente di avvicinarmi a lui, ma la mia caviglia non si muove.
No, no! Non può finire di nuovo così, non può!
–Astral!-.
Tutto scompare, diventa tutto nero, i tentacoli ora mi legano le gambe, le braccia, mi tappano la bocca.
Cerco di liberarmi, ma non ci riesco.
Lui non c’è più, è sparito. Come prima, come l’ultima volta.
Tutta colpa mia, tutta colpa mia!
Chiudo gli occhi, mentre sento il mio viso bagnato dalle lacrime. I tentacoli mi lasciano improvvisamente, quasi spaventati da qualcosa.
E infatti qualcosa c’è. Una luce. Una luce nel buio più totale.
E una voce.
–Vieni da me Luce. Vieni da me-.
Poi non sento più il pavimento sotto di me e cado, cado in un pozzo senza fine…
-Ahhhhhhhh!-.
Yuma si svegliò di soprassalto, rompendo con il suo grido quel silenzio irreale.
Perse l’equilibrio e cadde dalla lastra, finendo a terra.
Strinse i denti per il dolore.
–Maledizione!- pensò, la mente stravolta e il corpo dolorante.
Da quando era nel Mondo Bariano non aveva fatto altro che avere incubi, ma questo era stato davvero orrendo.
E veritiero.
Qualunque cosa facesse o provasse, non riusciva mai a salvare tutti quelli che amava. C’era sempre qualcuno che finiva nei guari per colpa sua, perché non era stato abbastanza forte oppure attento.
La stessa cosa era successa con Astral.
Se non fosse caduto, durante quel maledetto duello, Astral non avrebbe preso il suo posto e forse Numero 96 non si sarebbe accanito così tanto su di lui. Era anche colpa sua se Astral era morto, e il sogno non aveva fatto altro che ricordarglielo.
-Astral...-.
Una lacrima gli scese lungo la guancia. Subito si riscosse e con la mano se la asciugò velocemente, quasi con rabbia. Non era quello il momento di pensare ad Astral. –Devo trovare un modo per andarmene da qui… Ma… dove sono?-.
Nella sala non vi era infatti nessuno, nemmeno Vector.
Yuma provò ad alzarsi, appoggiandosi alla lastra. Con un po’ di fatica riuscì a mettersi in piedi e lo sguardo gli cadde sul suo braccio destro. Lo spettacolo era rivoltante. Il taglio slabbrato si allungava per tutto l’avambraccio e, come la prima volta che l’aveva visto, aveva i bordi contornati da del sangue incrostato. L’unica differenza, che rendeva il taglio se possibile ancora più disgustoso, era il leggero strato di pus che contornava i due estremi del taglio, lì dove Vector aveva affondato il coltello e dove lo aveva estratto.
Yuma voltò lo sguardo dall’altra parte, incapace di continuare a vederlo.
–Almeno non fa più così tanto male- pensò Yuma, e quel piccolo pensiero lo fece stare meglio.
Infatti, il taglio pulsava solo leggermente e Yuma poteva anche provare ad ignorarlo.
–Che strano…- pensò il ragazzo.
–Dovrei essere ancora incosciente e incapace anche solo di muovermi, secondo quello che mi ha detto Vector. Eppure, sono in piedi, lucido e riesco a camminare, più o meno-.
Si guardò ancora intorno, guardingo. Nessuno. Fu allora che si ricordò.
La voce.
A chi apparteneva e perché si era rivolta a lui? Gli aveva mostrato delle immagini davvero strane, di passaggi, scale e porte che lui non aveva mai visto. In qualche modo però, Yuma le aveva memorizzate all’istante e ora non riusciva a levarsele dalla testa, quasi quella voce gliele avesse stampate sulla fronte.
–E poi… Luce. Perché Luce? Ho già sentito qualcuno chiamarmi così, ma… ma non riesco a ricordarmi chi! Ah, accidenti!-.
Yuma strinse i denti, mordendosi al contempo il labbro, in parte perché aveva appena avuto una fitta lancinante al braccio e in parte perché non poteva fare a meno di sentirsi frustrato. In pochi giorni, aveva scoperto delle cose davvero strane su di sé ed erano sorte innumerevoli domande, che ovviamente non avevano ancora una risposta. Provò a muovere un passo.
Un leggero dolore in tutto il corpo. Niente che non avesse già provato.
Si guardò intorno in cerca di una via di uscita. I bariani potevano arrivare in qualsiasi momento.
–Le scale!- pensò Yuma, mentre nella mente gli si accendeva la speranza di una via di fuga.
Si avviò verso le scale che portavano sullo spiazzo sotto il trono.
–Forse una volta lì, potrò guardare sotto e trovare un via per andarmene da questo posto!-.
Per scendere le scale impiegò un po’ anche perché ogni volta che poggiava le gambe sugli scalini, veniva attraversato da delle piccole scosse di dolore in tutto il corpo. Così, quando arrivò alla base delle scale si appoggiò ad un pilastro di roccia per riposarsi.
–Non immaginavo che sarebbe stato così diffic…- ma non fece in tempo a finire di formulare il pensiero che all’improvviso la superficie del pilastro scomparve e Yuma perse l’equilibrio, cadendoci dentro.
–Ahhhhhhhhhhhh!-.
Atterrò su un pavimento molto duro e l’impatto gli mozzò il fiato. Aveva la sensazione che la schiena gli si fosse spaccata in due.
–Ahi che botta…-.
Rimase così, sdraiato e fermo, per almeno dieci minuti, temendo che il dolore potesse di nuovo fargli visita. Quando fu sicuro di potersi alzare senza ricadere a terra in preda agli spasmi, Yuma si guardò intorno.
–Ma che posto è questo?- sussurrò, mentre sgranava gli occhi dalla sorpresa.
Davanti a lui si estendevano librerie su librerie, formate almeno da sette scaffali ciascuna e tutte piene di libri. Delle palline di luce volteggiavano tra gli scaffali, dando al luogo un’aria spettrale. Quando Yuma mosse un passo, il rumore provocato si diffuse in tutta la stanza, facendo vibrare i libri riposti sugli scaffali. Yuma camminò verso la libreria più vicina e, arrivato davanti allo scaffale più esterno, voltò lo sguardo.
Sia a destra che a sinistra, le librerie si susseguivano senza sosta. Erano così tante che il ragazzo non riusciva a vederne la fine e lo stesso valeva se guardava davanti a sé. Yuma rabbrividì, circondandosi il corpo con le braccia.
–Questo luogo non ha nulla di normale. Non è normale. Come faccio ad uscirne?-.
All’improvviso sentì un rumore. Spaventato si nascose dietro ad una libreria, cercando di appiattircisi contro il più possibile. Sentì delle voci rompere il silenzio irreale di quella strana specie di “biblioteca”.
–Lo hai sentito anche tu?-.
La voce di un maschio. Un uomo, a giudicare dalla sua profondità.
–Si… ho avvertito una forte energia entrare in questo luogo. Ma è un’energia strana. Non è bariana, eppure…-.
Una femmina, probabilmente una ragazza. Yuma sentì subito dopo un’altra voce, un po’ più acuta di quella dell’uomo, ma anche più profonda di quella di lei.
–Vado a controllare. Non può essere uno dei Sette. L’avremmo percepito e inoltre la loro aura di bariani è inconfondibile. Mi domando chi abbia avuto il coraggio di entrare qui-.
–Di certo non io, visto che ci sono caduto dentro- pensò Yuma, amareggiato ma divertito al tempo stesso.
Cercando di trattenere in qualche modo i battiti del cuore, sporse un minimo la testa fuori e quello che vide lo lasciò senza parole.
–Avevo ragione allora!- pensò elettrizzato.
Davanti a lui c’erano un uomo, una ragazza e un ragazzo un po’ più grande di lui che gli davano le spalle.
Per poco non urlò dalla sorpresa quando li vide.
–Sono identici ai sette bariani! Ma come fanno ad essercene altri!?-.
Ed era vero.
L’uomo era alto e muscoloso, la corporatura simile a quella di Gilag. I capelli erano corti e, da quello che poteva presupporre Yuma, neri. Dietro la schiena portava legata un’ascia bipenne dall’aria molto affilata. Anche se priva di decorazioni, aveva l’aria di essere un’arma piuttosto pericolosa. Yuma si appiattì ancora di più contro la libreria, cercando di sporgersi non più del necessario. Aveva la pelle nera, contornata da quella strana specie di “armatura- vestito” che caratterizzava il fisico dei bariani. Nel suo caso era di un marrone scuro, il colore della terra dove non arriva mai il sole.
Sembrava portare una maschera, ma Yuma non riuscì ad accertarsene perché l’uomo cambiò posizione e per il ragazzo fu impossibile osservarlo ancora. Spostò allora la sua attenzione sul ragazzo alla sua destra.
–Pure lui non è un tipo che viaggia leggero- pensò Yuma.
Portava due spade legate sulla schiena, che si incrociavano formando una grande e affilata X.
Ai fianchi teneva legato un pugnale, con cui non la smetteva mai di giocherellare, quasi sperando di poter infilarlo dritto nella gola di qualcuno. Forse la sua.
Yuma deglutì, tremando ancora di freddo.
La pelle del bariano era, al contrario di quello dell’uomo, di un grigio scuro, mentre la sua di “armatura” era di un azzurro acceso, un misto tra blu e bianco. I capelli erano invece piuttosto lunghi per un maschio. Gli scendevano un po’ più sotto rispetto alle orecchie, arrivandogli alle spalle. Anche lui sembrava portare un maschera, ma per metà del corpo si trovava in ombra e così Yuma non riuscì a vedere nemmeno il suo di viso.
Il suo sguardo cadde infine sulla ragazza.
Aveva all’incirca la sua età ed era poco più bassa di lui. I lunghi capelli arancioni le scendevano giù per tutta la schiena. Sembravano una cascata di fuoco. Aveva le gambe snelle, fianchi alti, spalle sottili. Sembrava una specie di apparizione, qualcuno di non vero, di non umano. Aveva anche lei aveva la pelle nera ma, a differenza che sugli altri due bariani, a lei stava in qualche modo bene.
La faceva brillare di una luce sinistra, una luce che Yuma non riusciva a smettere di guardare.
Lei poi, non portava maschere.
–Chissà come è il suo viso…- si ritrovò a pensare Yuma.
–Deve essere bellissimo…-.
Appena si rese conto di quello che aveva pensato, si diede dello stupido.
–Idiota devi pensare ad un modo per uscire da qui, non al viso di quella bariana! Devo concentrarmi!-.
L’uomo in quel momento parlò di nuovo.
–Di certo qualcuno che ha a che fare con il nostro mondo. Dobbiamo trovarlo-.
La ragazza annuì.
–Chiunque sia, non può essere andato lontano. Cerchiamolo. Kado tu vai da solo, contro di te non dovrebbe avere la meglio-.
L’uomo annuì e scomparve in un porale rosso. La ragazza si rivolse allora al ragazzo bariano.
-Iseth, seguimi. In due siamo più veloci-.
Entrambi sparirono un fascio di luce rossa e Yuma rimase lì, appiattito contro la libreria e con il cuore che batteva all’impazzata.
–Calmati, calmati!- si disse, ma il cuore non la smetteva di battere e le gambe non facevano altro che tremare.
Si ricordò allora di quello che gli aveva detto Astral qualche mese fa, quando gli aveva confessato il terrore che lo aveva attanagliato nel duello contro Vector.
”Non devi avere paura durante i duelli, Yuma. La paura non ti fa ragionare, ti inchioda lì dove sei e ti impedisce di vedere una via d’uscita e, quindi, di vincere. Se hai paura sei destinato a perdere. Devi andare avanti, come solo tu sai fare, senza paura e senza arrenderti mai. C’è sempre una via di uscita, per ogni cosa. Sempre”. Quelle parole ebbero, come per magia, un effetto calmante sul ragazzo.
Yuma sentì pian piano i battiti affievolirsi, mentre anche le gambe smettevano un po’ alla volta di tremare. Fece un bel respiro profondo e uscì dal suo nascondiglio. –Devo assolutamente andarmene via da qui! Vector si sarà sicuramente accorto della mia assenza e quei tre bariani mi stanno cercando. Se non trovo un modo per uscire, mi troveranno e per me sarà davvero impossibile scappare! Forse alla fine della stanza c’è una specie di porta e da lì potrò uscire!-.
Con questa speranza nella mente, Yuma si mise a correre, addentrandosi sempre di più nella gigantesca “biblioteca”.
Sotto il suo sguardo scorrevano innumerevoli scaffali pieni zeppi di volumi di tutte le forme ed colori. Yuma corse più veloce che poteva, sperando che i tre bariani non spuntassero all’improvviso a sbarrargli la strada.
Si sentiva come un cane braccato.
Arrivò in quella che gli sembrò un’altra ala della stanza e si fermò, per riprendere fiato. Nell’occasione si guardò intorno, più confuso di prima. La stanza ora era circolare. Anche lì le pareti erano coperte da altissime librerie, anch’esse piene di libri. Le palline di luce che lo avevano accompagnato per tutta la sua folle corsa ora avevano assunto una sfumatura violetta e brillavano ad intermittenza.
Yuma si guardò intorno, intimorito.
Improvvisamente, sentì una strana forza animarlo e, senza volerlo, si ritrovò a camminare verso uno scaffale.
–Ma cosa… che succede, perché sto camminando!?- pensò terrorizzato, mentre cercava con tutte le forse di fermarsi o almeno di resistere a quella forza spaventosa. A vuoto. Vide il suo braccio tendersi ed estrarre da un ripiano un libro molto particolare.
–Ma che razza di libro è?- pensò il ragazzo, sgomento. Il volume era ricoperto da un sottile strato di pelle nera, che al contatto con la pelle di Yuma cominciò a brillare di una tenue luce nerastra. Al centro della copertina, Yuma riuscì a notare un disegno molto particolare: un grande occhio rosso con al centro una pupilla nera molto sottile. Se avesse avuto il controllo del proprio corpo, probabilmente avrebbe buttato il libro lontano, inorridito.
Ma non poté fare altro che rimanere così, fermo, con la consapevolezza che i bariani avrebbero potuto trovarlo da un momento all’altro. Improvvisamente, la strana forza lo spinse verso il centro della sala e alla fine, il ragazzo si ritrovò proprio in mezzo ad uno strano disegno sul pavimento.
Era una specie di ovale e al centro vi era una crepa molto profonda, che scendeva fin sotto la pietra.
–Ma è identico al disegno sopra la copertina del libro!- pensò Yuma, rendendosi conto solo in quel momento che il disegno si stava illuminando e con lui la pittura a terra. Si sentì attraversato da una scossa e ad un certo punto si ritrovò in una stanza diversa da quella in cui era un attimo prima.
La stanza in questione era piccola, di forma quadrata e l’unico elemento nella stanza era un pilastro di roccia nero, che mandava dei riflessi rossi ad intermittenza. Yuma indietreggiò e notò in quel momento, e non senza un evidente sollievo, che aveva di nuovo il controllo del proprio corpo.
–Ma in che posto sono capitato ora?-.
Sentì una voce.
Una voce acuta e nervosa, per non dire quasi isterica.
–DOV’E? IO VOGLIO SAPERE COME FATE A NON TROVARE UNO STUPIDO RAGAZZINO NEL LUOGO CHE SORVEGLIATE DA CENTINAIA DI ANNI E CHE ORMAI DOVRESTE CONOSCERE A MENADITO! COME FATE A DIRMI CHE NON L’AVETE TROVATO?-.
Vector. Yuma cercò disperatamente un posto dove nascondersi, ma la stanza era priva di nascondigli o rientranze. Sentì i passi del bariano avvicinarsi sempre di più. Si guardò intorno, disperato. E alla fine optò per l’unico nascondiglio possibile. Un secondo prima che Vector comparisse nella stanza, Yuma si catapultò dietro al pilastro di roccia. Dapprima non sentì nulla, solo la presenza del bariano a qualche metro di distanza. Poi, sentì un’altra presenza.
–Ve l’ho già detto Imperatore Vector. Non siamo riusciti a trovarlo, probabilmente era già uscito-.
Yuma per poco non si tradì dalla sorpresa.
–Ma è la voce del ragazzo bariano che ho visto prima! Com’è che si chiamava… ah, Iseth!- pensò.
Sentì Vector rispondere in tono minaccioso, la voce che tradiva una rabbia a lungo repressa. E che presto sarebbe esplosa.
–Uscito!? Solo un bariano conosce l’uscita dalla Igret Infinita, lo sai benissimo! Non era uscito, era solo finito in un’altra ala della stanza e voi non siete riusciti a stanarlo! Vegliate su quel luogo da almeno quattrocento anni e, quando dopo anni e anni di lavoro inutile avete finalmente l’occasione di fare qualcosa di sensato, ve lo lasciate scappare così!?
SIETE DEGLI INETTI, TU E GLI ALTRI DUE! NON AVETE IDEA DI QUANTO SIA IMPORTANTE QUEL RAGAZZINO!
Era stanco, ferito e probabilmente non era nemmeno tanto lucido.
COME AVETE FATTO A FARVELO SCAPPARE? IN TRE!?-.
Yuma rabbrividì. Il barano chiamato Iseth non disse niente, probabilmente per non aizzare ancora la rabbia di Vector.
–Voglio che andiate subito a cercarlo- continuò quest’ultimo.
–E non tornate a mani vuote, non sono un tipo paziente! MUOVETEVI! LO VOGLIO QUI, INCATENATO E VIVO!-. –Sarà fatto- rispose Iseth. Poi scomparve in un fascio di luce rossa. Rimasto solo con il bariano, Yuma cercò di fare meno rumore possibile. Quando Vector si avvicinò al pilastro nero, il ragazzo si appiattì ancora di più contro di esso, sperando che il bariano non lo notasse. Il silenzio che si era creato nella stanza mise a Yuma i brividi.
Il ragazzo si costrinse a restare fermo, mentre li sentiva percorrergli tutta la schiena. Un solo movimento e per lui sarebbe stata la fine.
–Non può essere andato molto lontano…-.
Yuma sbarrò gli occhi.
Percepiva una presenza diversa da quella dei bariani. Era più potente, in qualche modo anche più antica. Aveva un timbro leggermente crudele, quasi come se per tutto quel tempo stesse cercando di modificare la propria voce. Yuma cercò di ricordare. Quella voce gli era in qualche modo familiare.
–Ecco, ci sono!- pensò. –E’ la stessa voce che animava i miei incubi nei primi giorni nel Mondo Bariano!-.
Ma non era ancora tutto. C’era un’altra cosa, un altro ricordo di quella voce. Niente.
–Maledizione, non ricordo!-.
I suoi pensieri vennero interrotti da Vector.
–Lo so. Come ha fatto ad avere la forza di scappare? Gli ho somministrato una grande quantità di sonnifero, il taglio avrebbe dovuto indebolirlo ed è da quasi quattro giorni che non tocca né cibo né acqua, o almeno che io e gli altri bariani non attiviamo le nostre aure. Che cosa ha di così tanto speciale da resistere ad ogni mio tentativo di schiacciarlo!?-.
Yuma sobbalzò. In effetti non ci aveva pensato.
–Quello che dice Vector è vero… non mangio e bevo da un’eternità, dovrei essere come minimo in uno stato di incoscienza, per non dire in coma. Ma… come mai non sento fame? E non ho nemmeno sete! E il braccio…-.
Gli gettò un’occhiata di traverso. Era sempre disgustoso a guardarsi, ma non gli faceva male. Non pulsava nemmeno più. Sentì di nuovo quella voce.
Rabbrividì.
–In lui scorre molto sangue… e come avrai di certo capito, non tutto di esso è umano. Stavo scoprendo delle cose interessanti su di lui. Mi domando quando ci mostrerà la localizzazione del Numero… Sta passando troppo tempo-.
Yuma cominciò a spaventarsi per davvero. Sangue non umano? Un Numero?
–Ma di che sta parlando?- pensò, più confuso che mai.
Vector rispose –Si, ci ero arrivato. Se fosse stato umano non mi sarei preso la briga di portarlo qui. L’avrei sconfitto quella volta a Sargasso. Quali cose? Questo interessa anche me… Vorrei tanto sapere quali segreti nasconde dell’imbecille!-.
Yuma si dovette mordere il labbro per non uscire e mollare un bel pugno in faccia a Vector.
–Idiota…- pensò, la rabbia che saliva man mano.
–Non è necessario per te saperlo adesso. Dopo che avremo concluso il piano, forse potrò fartene cenno. Concentrati su di lui. Sei caduto in basso, Vector. Una volta riuscivi a percepire le energie anche in un altro mondo… ora nemmeno a mezzo metro da te?-.
Yuma sbarrò gli occhi. Si lanciò verso la porta di pietra rossa, ma Vector fu più veloce. Gli si parò davanti, bloccandogli la strada e lo colpì con una palla di energia, mandandolo a sbattere contro la pietra che fungeva da muro. Yuma cercò di rialzarsi, a fatica.
–Hm. Yuma. Ti ho sempre creduto più stupido del normale, ma non immaginavo fossi a questo punto!-.
Scoppiò a ridere. Yuma digrignò i denti, mentre la caviglia gli lanciava di nuovo qualche leggera fitta di dolore.
–Ora che faccio?- pensò, indietreggiando. Andò a sbattere contro il muro.
–Sono in trappola!-.
Vector rimase ad osservarlo, come se fosse un giocattolo perso per molto tempo ma dopo ritrovato.
–Da quanto tempo stavi lì dietro?-.
Yuma non rispose. Non avrebbe detto nulla a Vector, non una parola. Nemmeno un suono.
–Rispondi-.
Nella mano destra del bariano comparve una specie di lancia, solo un po’ più corta del normale, nera e con delle punte agli estremi. Yuma capì troppo tardi quello che Vector aveva intenzione di fare. In meno di due secondi, si ritrovò la lancia posta orizzontalmente a due centimetri dal collo.
L’avrebbe strozzato se Yuma non avesse messo le mani sopra la lancia, facendo in modo che ci fosse lo spazio per respirare. Cercò di allontanarsi la lancia dal collo, ma non riuscì a spostarla di un millimetro. Si ritrovò il viso di Vector a due centimetri dal proprio.
–Non cercare di liberarti. Sai meglio di me che nella mia forma bariana sono più forte di te, anche fisicamente. Ora, te lo richiedo e questa volta voglio una risposta. Da quanto tempo stavi lì dietro ad ascoltare?-.
Yuma sentì il metallo freddo della lancia pressargli il collo.
–Non voglio dire nulla a Vector. Ma se continua così…-. Cominciò a mancargli l’aria. –Non ho scelta!-.
Disse, con la voce affaticata –Da… da prima che tu… che tu entrassi-. Vector allontanò un poco l’arma dal collo di Yuma, che fece un bel respiro profondo, cercando di immagazzinare più aria possibile. Vide benissimo l’espressione furiosa di Vector.
–E come ci sei arrivato qui? Solo io posso entrare, questo luogo è di mia proprietà! COME CI SEI ENTRATO?-.
Spinse di più la lancia contro il suo collo, mentre Yuma cominciava a vederci doppio, la vista appannata.
–Lo ha usato. Percepisco il tocco delle sue mani sul Krekt-.
Vector sobbalzò dalla sorpresa. Con un movimento fluido delle braccia, usò la lancia per scaraventare Yuma a terra. Quest’ultimo non tentò nemmeno di resistere, impegnato com’era a non morire soffocato. Quando, dopo qualche secondo, riuscì a pensare lucidamente, si sentì in trappola come mai gli era capitato prima.
–Ora c’è pure quella dannata voce!-.
Sentì Vector chiedere, agitato –Ne sei sicuro? Lui non avrebbe mai il potere di…-.
–Io non sbaglio. E a quanto pare, lui è in grado di usarlo. In effetti, avevo letto una cosa del genere nella mente di Kazuma…-.
Yuma si bloccò. Kazuma!?
–Cosa c’entra mio padre ora?-.
Un attimo dopo, si pentì amaramente.
–Cretino!- si disse. –Il tuo unico vantaggio era proprio il fatto che quella voce non sapeva che riuscivi a sentirla! Maledizione, ho perso la mia unica carta da giocare!-. Quell’ultimo pensiero gli fece venire una grande nostalgia. A causa di tutti gli eventi che si erano susseguiti, Yuma non ci aveva fatto caso, ma era da almeno una settimana che non duellava. Gli mancava l’adrenalina dei duelli, la soddisfazione della vittoria.
Ma anche l’amaro della sconfitta, perché era un motivo in più per andare avanti. Gli mancavano i suoi mostri, le sue carte magia e trappola che così tante volte l’avevano protetto, gli mancava Utopia. E gli mancavano anche i consigli di Astral. Gli mancava tutto.
–Chissà se lo rivedrò mai e se duelleremo di nuovo insieme- pensò Yuma.
Fu la freddezza della pietra a riportarlo alla realtà. La voce non aveva ancora detto nulla, ma quando finalmente si decise a parlare, Yuma percepì una lieve sfumatura di incredulità. E di paura.
–E così riesci a sentirmi. Da quanto tempo percepisci la mia presenza, Yuma Tsukumo?-.
In un primo momento, Yuma pensò di mentire. Ma poi, si rese conto che non sarebbe servito a nulla.
–Se Vector ha paura di lui e non gli nasconde niente, ci dovrà pur essere un motivo. Di certo, per ingannarlo c’è bisogno di una persona brava a mentire, perfino più di Vector. E io faccio pena con le bugie. Dirò solo una parte della verità, quella non può saperla tutta. E poi, sono anche curioso di saperne di più: a chi appartiene questa voce, perché ha nominato mio padre e perché mi suona così tanto familiare…-.
Disse, facendo ben attenzione a non alzarsi da terra, visto che aveva la punta della lancia di Vecto puntata alla gola –Non da molto. Anzi, ti percepisco chiaramente solo ora. Prima sentivo solo dei sussurri incomprensibili. Chi sei tu?-.
Yuma vide Vector aprire la bocca, forse per dire qualcosa, ma venne interrotto nuovamente dalla voce.
–Capisco. Non ti ricordi di me? Mi sorprendi. Credevo che ti ricordassi di chi ti ha rovinato la vita, Ast-.
AST.
Yuma smise di respirare sentendo quel nome.
Ast!?
–Ma tu… tu come fai a…?-.
La voce si mise leggermente a ridere. Ora la voce era cambiata. Era più crudele, profonda. La sua vera voce.
–Io so molte cose Yuma Tsukumo. So cosa è successo a tuo padre, so chi è stato a dare origine alla guerra millenaria tra astrali e bariani e so anche qualcosa su Astral-. Yuma per poco non sobbalzò dalla sorpresa. Suo padre? La guerra millenaria? E poi…
–Astral… Lui… lui è morto…-.
La voce questa volta scoppiò a ridere sonoramente, quasi avesse sentito una battuta divertente. Vector non rise insieme a lui.
–Morto!? No, non lo avrei mai permesso, sarebbe stato troppo facile! No Yuma Tsukumo, lui è vivo e lo rivedrai molto presto-.
Il cuore di Yuma si fermò.
VIVO!? Astral… era vivo? Quasi non ci credeva.
–Tu… tu menti. Lui…-.
–Io dico il vero. Astral è vivo e presto verrà da noi. Da te-.
Scoppiò di nuovo a ridere, questa volta con evidente gusto. Yuma non riusciva a crederci.
–Da me? Ma lui non…-. Fu allora che capì.
–Io… io sono l’esca-.
Rise, la voce e perfino Vector si concesse un sorriso ironico.
Yuma sentì la rabbia e l’indignazione aumentare nel suo animo. Non si ricordava di una volta in cui si era sentito così arrabbiato. Provò ad alzarsi, ma Vector spinse ancora di più la lancia sul suo collo, e non poté fa altro che urlar loro contro.
–Brutti bastardi che non siete altro, razza di vigliacchi! Sapevate che da soli non sareste mai riusciti a battere Astral e per questo mi avete portato qui e cercato di assoggettarmi! Razza di brutti figli di…-ma venne interrotto questa volta da Vector, che gli disse, tra una risata e l’altra –Yuma, contieniti! Ahahaha mi domandavo quando ci saresti arrivato e, se ci fossi arrivato, quale sarebbe stata la tua reazione. Bè devo dire che ora che lo so, non sono per niente deluso! Ahahahahaha!-.
Yuma strinse le mani a pugno, per evitare che Vector notasse che stavano tremando.
–Astral non verrà mai da voi, perché io glielo impedirò! Sono pronto a…-.
Lo era davvero?
–Sono pronto a morire, piuttosto che fare da esca per il vostro piano idiota!-.
La voce si fece risentire, questa volta con un tono quasi annoiato.
–Credi che non ci abbia pensato, al fatto che saresti stato pronto a sacrificarti piuttosto che vedere Astral soffrire? Tu potrai anche non ricordarti nulla, ma io so tutto di te, Yuma Tsukumo. Non c’è cosa che tu possa nascondermi. Tu non morirai, ma non avrai nemmeno la forza, la volontà per cercare di scappare. Insieme a Vector, ti ho sottovalutato. Ma non succederà più puoi starne certo-.
Yuma vide con chiarezza l’ombra di una gigantesca mano nera uscire, nascere quasi, dall’ombra di Vector e dirigersi verso di lui. Il ragazzo cercò di scappare, ma l’ombra fu più veloce e gli si strinse intorno al corpo, bloccandoglielo.
Rimase libera solo una parte di esso e, quando Yuma se ne rese conto, sentì la paura tornargli nell’animo. Era rimasto scoperto solo il suo avambraccio destro. Il ragazzo vide Vector avvicinarsi con il coltello in mano.
–No, no! Non riuscirò ancora a resistere ad un dolore del genere! L’ultima volta sono sopravvissuto per miracolo e i bariani mi avevano anche in qualche modo “curato”! Ma ora… no, non voglio provare ancora dolore, basta!- pensò, terrorizzato.
Cercò di liberarsi dalla stretta di quella gigantesca mano fatta d’ombra, ma l’unico risultato che ottenne fu quello di stancarsi ulteriormente. Vector si chinò su di lui e sorrise soddisfatto, vedendo la sua espressione disperata.
Forse fu quello a farlo scattare. Quel sorriso ironico che Yuma aveva visto così tante volte, quell’aria da vincitore indiscusso, da padrone, che in qualche modo fecero capire a Yuma quanto fosse umiliante il proprio comportamento.
–Non ho la minima intenzione di apparire impaurito davanti a Vector! Dopo tutto quello che mi ha fatto, non posso dargliela vinta proprio ora! Sarebbe come arrendersi e io non mi arrendo mai! Devo andare avanti, ora come nel futuro! E poi, Astral è vivo… è vivo!-.
Guardò Vector negli occhi e non distolse lo sguardo.
–Sei pronto ad affrontare l’inferno, Yuma?-.
Continuò a guardarlo.
–A soffrire il doppio, sapendo che questa volta rischi di morire per davvero?-.
Rosso dentro al viola.
Il bariano si avvicinò e gli sussurrò nell’orecchio –Lo sai che quello che patirai ora non servirà a nulla vero? Che alla fine perderai in mezzo alla polvere? E che il tuo potere, tu e la tua energia, sarete miei?-.
Vita dentro morte.
Yuma percepì il coltello penetrare nella sua carne.
Chiuse gli occhi.
ASTRAL.
Kattobingu-da ore!
Cari lettori e lettrici, alla fine eccomi qua! Scusate immensamente il ritardo, ma è piuttosto difficile scrivere e pubblicare nel periodo delle verifiche, per cui vi annuncio che da ora in poi pubblicherò il mio capitolo ogni due settimane e non ogni settimana. Va bene, ora passiamo alla storia. Che devo dirvi?? Ora che tori e Co. sono nel Mondo Bariano, la cosa si fa piuttosto seria... per di più nemmeno Shira scherza! Vi prego, recensite e spero che il capitolo vi piaccia!
Ps= Vi metto, o almeno ci provo, un disegno Gheia, spero vi piaccia!
PpS= Mi scuso di nuovo con una persona per la scena del braccio.
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Capitolo 11 *** Qualcosa si risveglia ***
Si alzò a fatica.
Si toccò il fianco dolorante.
Non si aspettava un atterraggio simile.
–Non sanno nemmeno aprire un portale bene, questi idioti- pensò, rabbiosa.
Dopo tutto il lavoro e lo sforzo che aveva visto, si aspettava come minimo di arrivare subito alla meta. Invece, avevano optato per l’entrata nel portale secondario e ora le toccava sbrigarsi per davvero.
Guardandosi intorno, si accorse di non avere più il pugnale. Imprecò sottovoce.
–Dove sarà?-.
Cominciò a cercare intorno a sé freneticamente, tastando con le mani quella specie di sabbia, ruvida e rossa. Alla fine lo trovò, sepolto vicino al corpo svenuto della ragazzina dai capelli verdi. Sospirando di sollievo, lo rimise al suo posto, facendo ben attenzione che il manico di pelle non uscisse fuori dallo stivale.
–Bene, tutto va secondo i piani. Mi basta usare il regalo che mi ha dato Lui, e andrà tutto bene. Però prima…-.
Cominciò a passeggiare tra i corpi svenuti dei ragazzi. Nessuno era riuscito a rimanere cosciente, nemmeno lei in fondo. Sentiva il cuore battere forte dentro di lei, quasi volesse uscirne fuori. Indagò con lo sguardo sui corpi apparentemente senza vita dei ragazzi. La ragazzina dai capelli verdi sembrava che dormisse, un sorriso accennato sul viso.
–Hm. Dormi principessina, il mondo dei sogni è l’unico posto in cui puoi veramente vivere-.
Si ripromise che, una volta passata alla fase due del piano, avrebbe reso la vita di quella ragazzina un inferno.
Continuò a camminare, scorrendo con lo sguardo sui corpi dei presenti, finché non lo vide. Gli occhi chiusi, i profili del viso ben pronunciati, sembrava una statua di marmo.
–Fratello…-.
Si avvicinò al suo viso e gli sussurrò, piano –Dormi fratello, ti servirà un po’ di riposo. Cerca di recuperare più energie possibili. Perché quando ti sveglierai… troverai l’inferno davanti a te e io riderò, ricordando di come mi hai definitivamente cancellata dalla tua vita-.
Si allontanò, arrivando in cima ad un’alta duna di sabbia rossa. Estrasse dalla borsa che si era portata dietro il suo mantello nero. Appena sentì la stoffa sulle spalle, si sentì subito meglio, ricordandosi di tutte le avventure che aveva vissuto indossandolo.
Come seconda cosa, prese i pochi trucchi che si ea portata dietro. Matita nera, ombretto grigio scuro, mascara e smalto nero. Cominciò, sentendo sotto il tocco delle proprie mani i segni sulla pelle dove si era truccata innumerevoli volte.
Il piano doveva procedere senza intoppi, doveva essere perfetto. In grande stile. E a modo suo.
Appena terminò, scagliò i trucchi lontano, nella sabbia.
–Voglio proprio vedere chi li troverà per primo di quei babbei mascherati- pensò, ironica.
Lui le aveva detto qualcosa su di loro, anzi le aveva raccontato tutte le loro storie, in modo che avrebbe potuto facilmente adempiere al piano. –Va bene. Passiamo alle cose serie-.
Tirò fuori dalla borsa l’ultima cosa che le serviva. Il Suo dono. Lo osservò, rigirandoselo tra le dita. Era un semplice anello di acciaio, uno di quelli che si vincono alle ferie quando si colpiscono tre birilli di seguito.
–E dovrei affidare la riuscita del piano a questo pezzo di metallo!?- pensò scettica.
Aveva avuto la stessa reazione anche la prima volta che lo aveva visto. La tentazione di buttarlo nella sabbia era forte, ma il ricordo delle Sue parole la fermò.
–Tieni Shira. Questo anello è per te. Ti sarà di grande aiuto, ti farà assumere l’aspetto che vorrai, nascondendo la tua identità ai nemici. Basta che focalizzi nella tua mente il viso che vuoi mostrare e a quello assomiglierai. Attenta però, devo metterti in guardia: più a lungo lo porterai e più consumerà la tua energia. Detto questo…Buona fortuna Shira. Sii crudele come solo tu sai essere e sii determinata nel perseguire il tuo obbiettivo-.
La ragazza fece un bel respiro profondo.
–Lo sarò-.
Si mise l’anello e nello stesso momento visualizzò nella propria mente il volto di una ragazza dai lunghi capelli neri e mossi, un naso piccolo e dritto, delle labbra morbide, con i tratti del viso asciutti ma allo stesso tempo delicati. Doveva apparire seducente anche nelle sue nuove vesti. Era essenziale. Mancava un’ultima cosa.
La più importante, per lei.
Gli occhi.
Si concentrò. Il loro caratteristico azzurro psichedelico venne sostituito da un verde acceso, come le foglie di una quercia illuminate dal sole. Sentì una piccola scossa in tutto il corpo.
Shira si toccò il viso.
Titubante, prese dalla borsa un piccolo specchietto che si era portata dietro. E quando vi guardò il proprio riflesso, non poté fare a meno di sorridere. Era identica a come si era immaginata e il trucco le dava un’aria ancora più se possibile demoniaca.
–Anche se il trucco nero sta davvero bene con l’azzurro dei miei occhi- commentò, continuando a rimirarsi nello specchietto.
Gettò un’ultima occhiata dietro di sé.
Ancora non avevano ripreso conoscenza. Sotterrò nella sabbia sia la borsa che lo specchietto, mentre agganciava alla cintura che portava al fianco il suo deck. Si diresse verso l’enorme disco rosso che doveva essere il portale per il Mondo Bariano.
Mentre si alzava il cappuccio sulla testa, si ritrovò a ridere. Un attimo dopo saltò nel portale, lasciando dietro di sé una lunga scia di polvere rossa.
Tori si svegliò con un grande mal di testa. Dapprima non sentì nulla e cadde in uno stato di dormiveglia.
–Hmm… tra un po’ mi devo alzare per andare nel laboratorio e aprire il portale…-.
Sbarrò gli occhi.
–Il portale, è vero!-.
Si alzò a sedere di scatto, guardandosi intorno. Erano capitati in una grande deserto rosso, formato da innumerevoli dune che a volte si abbassavano e a volte sembravano alte come un grattacielo.
Tori voltò la testa di lato e fu allora che lo vide. Rosso, luminoso, sembrava un fascio di luce nel buio. Il portale per il Mondo Bariano, quello che aveva indicato loro Tron.
Allungò la mano e toccò il braccio di Three.
–Three svegliati! Siamo arrivati, dai!-.
Il ragazzo emise un piccolo sospiro, mentre girava malvolentieri la testa.
–Tori… dove… dove siamo arrivati?- chiese, insonnolito.
Tori rispose, impaziente –Three il portale per il Mondo Bariano, la missione per salvare Yuma!-.
Sentendo il nome dell’amico, Three saltò in piedi come una molla.
–Oddio, è vero! Siamo quasi arrivati, allora! Sveglia Ryouga e Kite, io sveglio mio fratello-.
Tori annuì e scrollò i due ragazzi.
–Kite, Shark svegliatevi, dobbiamo attraversare il portale!-.
Il primo ebbe solo un piccolo momento di incertezza, ma si rese subito conto della situazione e si alzò in piedi, pulendosi via la sabbia dai pantaloni. Shark invece, aprì gli occhi di scatto e la guardò.
Tori si allontanò involontariamente di mezzo passo. Sembrava davvero lo sguardo di uno squalo.
–Mi devo ricordare di non svegliare più Shark quando dome- pensò, inquieta.
–Shark… siamo arrivati-.
In un attimo, l’espressione inquietante sparì dallo sguardo del ragazzo, che si alzò, stiracchiandosi.
Si era alzato anche Four, che guardava il paesaggio con evidente disapprovazione.
–Devo dire che me l’aspettavo più vivace come paesaggio. Una bella quercia di sabbia rossa ci sarebbe stata bene!-.
Tori vide benissimo Shark alzare gli occhi al cielo, esasperato.
–Andiamo- disse Kite, che nel frattempo aveva già localizzato il portale vero e proprio.
Tori e gli altri ragazzi lo seguirono, in silenzio. Il portale era lontano solamente pochi metri, ma a Tori sembrò di camminare per chilometri. Quando finalmente arrivarono davanti al portale si fermarono, incerti. Il disco di luce rossa emanava una luce anch’essa rossastra molto inquietante, i cui riflessi scuri si potevano notare sulle dune di sabbia.
Nessuno parlò per almeno dieci minuti, finché una voce non ruppe quella strana atmosfera.
–Bè? Andiamo, non possiamo mica rimanere qui tutto il giorno! Salto io e voi mi seguite, altrimenti non lo facciamo più!-. Four.
Tori lo guardò, scettica.
–Ma… non sai che cosa c’è dall’altra parte! Potrebbe esserci qualunque cosa: uno strapiombo, delle rocce appuntite, un mostro… potresti farti male sul serio!-.
Four ribatté –Yuma ha salvato mio padre, i miei fratelli e me compreso, in un certo senso. Non mi tirerò indietro proprio ora che ha bisogno di aiuto! E poi, io non sono mica un codardo!-.
–Fratello aspe…- cercò di dire Three, ma Four corse verso il portale e sparì al suo interno, lasciandoli a bocca aperta.
Shark sospirò.
–Che idiota…-.
Kite, che fino a quel momento non aveva mostrato il minimo disappunto per la brutta situazione in cui erano, mosse un passo avanti.
–Vado io. Controllo che non si sia sfracellato su una roccia-.
Detto questo saltò nel portale.
Shark rise piano.
–Tsk. Che umorismo…-.
Tori vide solo una massa indistinta viola dirigersi verso il portale e sparire al suo interno, in un nugolo di polvere rossa.
Erano rimasti solo lei e Three. Quest’ultimo si spostò, facendole posto.
–Vai Tori-.
La ragazza si voltò verso di lui, preoccupata.
–Ma Three… poi rimarrai da solo qui. Potrebbe essere pericoloso, non sappiamo cosa aspettarci da questo luogo-.
Three rimase un attimo perplesso, per poi dire, sorridendo –Bè, allora facciamolo insieme!-.
Le prese la mano, facendola arrossire. Per un attimo fu tentata di seguire il consiglio di Three a saltare prima lei nel portale, ma non voleva che poi lui rimanesse da solo in quella terra sconosciuta.
Così come non voleva rimanerci lei.
Strinse forte la mano del ragazzo.
–Al mio tre. Uno…-.
Tori sentì il cuore battere forte, le mani strette convulsivamente intorno alla borsa.
–Due…-.
Fece un bel respiro profondo.
–Tre!-.
Senza pensare a nient’altro che alla mano di Three stretta contro la sua, Tori saltò nel portale, sparendo insieme al ragazzo in quell’enorme disco rosso.
-La strada per il portale dovrebbe essere questa. Il Seme ti ha detto niente?-.
–Mi ha mostrato delle immagini… questo paesaggio lo ricordo, per cui dovremmo essere nel giusto-.
Astral sentì Gheia sospirare. Erano partiti qualche ora dopo la tremenda quanto misteriosa litigata che avevano avuto in quella grotta, senza dirsi nulla. Astral si sentiva confuso e anche imbarazzato.
Nello stesso momento in cui Gheia gli aveva raccontato, o meglio urlato, la morte della sorella e il suo viaggio sulla terra, Astral aveva avvertito una strana sensazione dentro di sé.
L’aveva sentita chiaramente invadergli con prepotenza l’animo, facendogli venire i brividi. Non aveva avuto poi il coraggio di guardare la principessa negli occhi, per paura che gli potessero mostrare altre verità sconvolgenti.
–Yuma me ne ha parlato in molte occasioni… una sensazione così forte e dolorosa da stringerti l’animo in una morsa gelida come il ghiaccio. Mi sento come se avessi compiuto una cosa di cui mi vergogno…-.
Sussultò, la risposta pronta nella mente. Senso di colpa.
–Mi… sento in colpa per quello che è successo a Gheia? Ma io come potevo… cioè io non ne avevo intenzione… non totalmente almeno!-. Niente.
La sensazione non spariva.
Astral sospirò affranto. Si concentrò allora sulle cose che più lo stavano preoccupando.
Che cos’era la Guerra Lucente? Perché, mentre risiedeva nella città blu, non aveva visto nemmeno un abitante del così misterioso popolo astrale? Come era morta la sorella di Gheia? Come ci era arrivato lui nel Mondo Astrale? Chi l’aveva mandato e poi perché nel suo viaggio sulla terra aveva involontariamente scelto Yuma?
–Non so che cosa sia la Guerra Lucente perché probabilmente non ero nemmeno per così dire “nato”. Però non ha senso: se la mia missione è quella di trovare il Numeron Code proprio perché la guerra tra Mondo Bariano e Mondo Astrale si sta prolungando per troppo tempo… io avrei dovuto in qualche modo assistere a questa guerra epica, o almeno averne dei ricordi. Invece…-.
Il Numero Originale accelerò per stare al passo con Gheia, che da quando erano ripartiti non lo aveva mai guardato in viso.
–Il popolo astrale… perché non ho visto nessuno in quella città? Le case erano tutte vuote, non si sentiva un rumore… non sembrava essere una città, piuttosto delle rovine. E quindi la mia missione sarebbe salvare un popolo… che non esiste?-.
Rimase così, fronte aggrottata e braccia incrociate, per altri cinque minuti, indeciso su cosa fare. Alla fine però, la curiosità lo vinse e Astral sentì la propria voce rompere il silenzio.
–Gheia-.
Lei continuò imperterrita a camminare, dandogli le spalle.
Astral non si arrese. Doveva risolvere quella situazione.
–Gheia fermati-.
–Un attimo Gheia!-.
La principessa si voltò. La vivacità che aveva animato i suoi occhi fino a poco tempo fa era scomparsa, sostituita dalla rabbia che ora era nel suo animo.
–Che cosa vuoi?- gli disse, con tono velenoso.
–Se sono scuse, quelle che vuoi dirmi, allora risparmia il fiato. Non riuscirò mai a perdonarti del tutto Astral. Non ci riuscirò mai. Mia sorella era tutto per me e tu non puoi immaginare il dolore straziante che ho provato quando l’ho vista morire, sapendo che io avrei potuto impedirlo! Quando hai accettato di andare sulla terra tu, Astral, non mi hai nemmeno guardata.
Non mi hai nemmeno guardata!-.
Aveva di nuovo le mani chiuse a pugno e lo sguardo infuocato. Come l’ultima volta, quando si erano fermati nella caverna.
–Ci mette davvero poco ad arrabbiarsi- pensò Astral, provando immediatamente un leggero senso di nostalgia. Anche Yuma si arrabbiava facilmente.
–Gheia… non puoi dirmi di non chiederti scusa, perché non smetterò mai di farlo. Mi dispiace moltissimo. Ma non sono del tutto responsabile di quello che è successo.
Prova ad immaginarlo: qualcosa che ti chiama, una voce al cui suono non riesci a resistere, che ti ammalia e ti rende del tutto impotente. Un’influenza troppo forte da combattere, che piano ti fa annuire e un attimo dopo non ti accorgi nemmeno di quello che sta succedendo, perché all’improvviso non ricordi più niente e ti ritrovi in un mondo che non conosci, circondato da esseri che non avevi mai visto prima e con solo il tuo nome come unico ricordo.
Che cosa faresti? Non sto dicendo che devi per forza perdonarmi, ma non incolparmi di tutto quello che è successo. Io ti chiedo scusa, ma tu abbandona per un po’ il tuo risentimento e aiutami a salvare Yuma. Avremo modo di chiarire questa cosa in futuro-.
Il silenzio che si era creato aveva un qualcosa di agghiacciante, di soprannaturale. Astral cominciò a temere il peggio.
–Forse ho esagerato ma… sono sicuro che quello che ho detto è giusto. Lo sento-.
Gheia rimase in silenzio, le mani ancora strette a pugno. Astral rimase in attesa, trattenendo il respiro.
–Gheia…-.
Quando quest’ultima si decise a parlare, sembravano passati secoli.
–Non so cosa farei. Non so che cosa si prova e devo dire che non ci avevo mai pensato prima d’ora-.
Disse quest’ultima frase a fatica, come se le costasse molto ammettere di averlo giudicato troppo presto.
–Ma… resta il fatto che avresti almeno potuto provare ad opporti, Astral. Almeno provare. In questo modo avrei capito che anche tu… che io e te…-.
Volse lo sguardo dall’altra parte, mentre Astral cominciava a sentirsi a disagio. Non gli era mai capitato di sentirsi così.
–Ciò nonostante non posso nemmeno incolparti del tutto, da quello che mi hai detto. Sempre che sia la verità…-.
Il Numero Originale si riscosse e annuì, dicendo –Ti assicuro che è la verità. Ovviamente sei libera di non credermi, ma sappi che ti ho detto il vero-.
Gheia annuì a sua volta.
–Non so ancora che cosa credere, Astral. So solo che sono stufa di avercela con il mondo intero. Iretz xce kilashche-.
–Come scusa?-chiese smarrito Astral, sentendo quella frase a lui sconosciuta.
Per la prima volta da quando erano partiti, Gheia accennò ad un sorriso.
–Prima ti ho detto che quando sei arrivato sapevi quasi tutto del nostro mondo. Bè, il dialetto tipico della nostra città è una delle poche cose che a quanto pare non sai. Ho appena detto Quando la fatica è troppa, chiudi gli occhi.
Credo sia un… come li chiamano gli umani?-.
Astral questa volta non si fece trovare impreparato, anche perché era in qualche modo felice e sollevato per il fatto che Ghieia avesse deciso, almeno per quel momento, di mettere da parte il rancore che provava verso di lui.
–Chissà che cosa le ha fatto cambiare idea così improvvisamente…-.
Rispose, sorridendo anche lui –Proverbi. Gli umani li chiamano proverbi-.
Gheia accennò ad un movimento del capo.
–Che parole strane che usano gli umani…-.
Continuarono a camminare, uno di fianco all’altra, nel silenzio più totale. La tensione era in qualche modo sparita e ora Astral percepiva una vera e propria pace dentro di sé. Una pace che non provava da molto tempo.
–O che forse non ho mai provato-.
Purtroppo, la pace non sarebbe durata molto e Astral lo sapeva.
–A questo punto, tanto vale spezzarla ora- pensò lo spirito astrale.
Chiese, cercando di non lasciar trapelare l’ansia che lo stava divorando -Posso farti qualche domanda?-.
Gheia rispose –Se è in mio potere risponderti, fai pure-.
Astral fece un bel respiro. Forse era giunto il momento della verità.
–Che cos’è la Guerra Lucente? Sia tu che Gheeb ne parlate quasi sempre, da quando sono arrivato-.
Vide perfettamente Gheia voltare lo sguardo verso di lui, negli occhi un’espressione indecifrabile.
–La Guerra Lucente è una cosa che tutti, dal più intelligente dei bariani al più stupido degli astrali, conoscono. Come avrai capito, è una guerra molto famosa ed importante combattuta centinaia di anni fa a cui hanno partecipato sia gli astrali che i bariani. A quel tempo la guerra tra astrali e bariani, che rispondevano rispettivamente al nome di Regno di Poseidon, dal nome del mostro protettore della città più importante e il regno di El-Kenez, dal nome del loro maggior centro abitato, era arrivata al culmine.Eravamo tutti umani all'epoca.
Vi erano come minimo tre attentati al giorno e negli animi degli abitanti degli entrambi i regni aleggiava il più completo terrore. Nash, il sovrano del Regno di Poseidon e Kado, il sovrano del regno di El-Kenez, non riuscivano ad arrivare ad una pace duratura ed entrambi gli eserciti erano ormai demotivati-.
Astral non disse niente, in attesa del resto della leggenda.
–Kado… -.
–La leggenda narra che a ribaltare la situazione e a portare alla vittoria il Regno di Poseidon e di Nash, furono due ragazzi, due fratelli per la precisione: Jamet e Legal, entrambi schiavi alla corte di El-Kenez.
Jamet era il minore dei due ed era il completo opposto di Legal, nel carattere come nell’aspetto. Era di carnagione abbronzata, aveva gli occhi scuri e lo stesso valeva per i capelli. Si racconta che era molto popolare tra gli schiavi per la sua particolare caratteristica di avere un’innata energia dirompente. Non si arrendeva mai ed era solito prendere in giro suo fratello. Legal era di cinque anni più grande di Jamet e, come ho già detto prima, il suo completo opposto.
Alto, pallido, occhi e capelli chiari, poco conosciuto dai suoi coetanei e molto riservato. Era famoso per le sue strategie, delle quali si serviva quasi sempre re Kado per mettere in difficoltà le truppe di Nash. Nonostante ciò, la leggenda narra che i due fratelli si volessero molto bene e che si sostenessero sempre a vicenda-.
Si interruppe.
–C’è qualcosa che non va?- chiese Astral, preoccupato.
Gheia scosse piano la testa.
–No niente è solo che… bè da questo punto in poi della storia le fonti sono molto confuse. Ecco… nessuno sa come o perché, ma all’improvviso Jamet litigò con il principe Vaxter, il figlio del re Kado e suo grande amico, e cercò di scappare dalla città con Legal. Le fonti dicono anche che all’improvviso il principe Vaxter, da sempre ritenuto una persona del tutto normale, senza manie di grandezza o la stessa crudeltà del padre, sia diventato estremamente aggressivo e diabolico. La leggenda narra che nello stesso momento in cui il principe cambiò, bè… molti dicono che Kado sparì, misteriosamente e senza lasciare traccia-.
Astral sbattè le palpebre, incredulo.
–Sparì… senza lasciare traccia hai detto?-.
Gheia annuì.
–Esattamente. Vaxter divenne il sovrano del Regno di El-Kenez e da quel momento in poi, le cose diventarono davvero critiche. Fu solo grazie a Jamet se il Regno di Poseidon riuscì a vincere.
Secondo le fonti che ci sono pervenute, Jamet riuscì a sventare i piani di Vaxter e ad avvertire in tempo re Nash, che riuscì a sconfiggere, grazie alle abilità di Legal, l'esercito del principe.
Ci fu la pace per un breve periodo, fino a che un abitante di El-Kenez non uccise a tradimento Nash. Fu allora che Jamet, preso dall’ira, maledisse entrambi i popoli.
Una grande cometa investì il popolo del Regno di Poseidon, facendolo scomparire in quella che è oggi la mia città astrale. Poi, nessuno sa come o perché, i fratelli sparirono-.
Astral si fermò.
–Sparirono? Anche loro?-.
–Sì, senza lasciare alcuna traccia. Le ipotesi riguardo questo avvenimento sono le più varie, una più strana e diversa dell’altra. Alcuni dicono che fossero abitanti di altri mondi venuti per riportare la pace, altri dicono che fossero dei guerrieri oppure dei maghi, altri ancora che fossero delle persone destinate ad estirpare il male dal mondo, o meglio dai mondi.
Ecco… io credo a quest’ultima cosa, che i due fratelli siano dei messaggeri del bene venuti per aiutarci. Secondo me, se è vero che devono estirpare il male dai mondi e che il male è sempre presente, in tutte le epoche e dimensioni, bè… devono per forza essersi reincarnati, tutti e due-.
Lo guardò di sbieco, ma Astral era troppo concentrayo sulle nuove notizie pervenutogli per notarlo.
–Reincarnati dici?-chiese Astral, confuso.
–Ma… se si fossero reincarnati, si sarebbe saputo ovunque!-.
Gheia scosse la testa.
–Da quello che tutti sanno, il processo di reincarnazione è un processo molto delicato e i ricordi della tua vita passata si perdono nello spazio e nel tempo. Nessuno lo saprebbe, perché nemmeno loro ricorderebbero di essere gli eroi che hanno salvato i Tre Mondi dalla distruzione-. Astral riprese a camminare lentamente, in silenzio. Jamet e Legal erano fratelli. Dalla descrizione di Gheia, Jamet sembrava essere la copia perfetta di Yuma e Legal… possibile che…?
–Questa cosa non ha senso!-.
Gheia lo guardò in modo strano.
–Come scusa?-. –No, niente tranquilla- rispose Astral, irritato con sé stesso per aver anche solo pensato una cosa così stupida.
Per non pensarci decise di cambiare argomento.
–Cosa mi dici del popolo astrale della tua città? Perché era completamente vuota? Non mi è sembrato di vedere nessuno…-.
Appena terminò la frase, si accorse di aver toccato un tasto dolente per la principessa, che infatti contrasse un poco la mascella e serrò le mani a pugno.
Astral aspettò con pazientemente che Gheia prendesse parola, ma passavano i minuti e la principessa non aveva ancora aperto bocca. Cercando di rimediare al silenzio imbarazzante che si era creato, Astral disse –Se non vuoi parlarne non fa niente… ti capisco, in fondo non ho nessun diritto di…- ma con sua grande sorpresa venne interrotto proprio da Gheia.
–Ne hai invece-.
–Come?- chiese Astral, sollevato dal fatto che finalmente Gheia si fosse decisa a parlare.
Quest’ultima si voltò verso di lui e lo guardò dritto negli occhi.
–Hai il diritto di chiederlo, perché ti riguarda direttamente-.
La sensazione di sollievo svanì dall’animo del Numero Originale. Come direttamente?
–In che senso? Io non avrei mai potuto… non ho…-.
Quasi intuendo i suoi pensieri, Gheia lo rassicurò dicendo –Tranquillo non hai fatto loro del male in alcun modo, ma…-.
Astral aspettò, l’ansia che premeva sul suo petto come una belva ferita.
–Ma è stato proprio quando sei arrivato tu che gli abitanti della mia città hanno cominciato a sparire. Non so se te l’ho mai detto, ma… quando sei arrivato, insieme alla bolla d’acqua e tutto il resto, bè… noi tutti abbiamo sentito una voce.
Era una voce che nessuno di noi aveva mai sentito prima. C’era chi disse poi di aver sentito la voce del proprio padre, chi della propria madre, chi dell’amante, chi dei fratelli...-.
Astral chiese, intuendo già la risposta –Tu hai sentito tua sorella vero?-.
Gheia annuì, piano. Riprese a parlare, questa volta con il tono di voce leggermente più contenuto.
–Comunque, quella voce estremamente melodiosa ci disse che il momento della verità stava per giungere e che ci mandava Colui che avrebbe Protetto-.
–Colui che avrebbe Protetto, hai detto?- sussurrò Astral.
Ma quante cose ancora non sapeva del proprio passato?
–Esatto, le parole sono queste, me le ricordo perfettamente. Ci disse anche che avrebbe pensato lui a mettere al sicuro il nostro popolo, che per far fronte alla minaccia dovevamo aspettare l’arrivo della Luce Presente e che da soli saremmo stati sconfitti. Poi, ecco… la bolla si è illuminata di una luce accecante e sei arrivato tu.
La voce è scomparsa e nessuno di noi l’ha più sentita. La vita ha continuato ad andare avanti, con una sola eccezione: pian piano, tutti gli abitanti della mia città sono scomparsi.
Prima uno alla volta, poi in gruppi sempre più numerosi, finché… non siamo rimasti in due: io e mio padre. Tu eri già sceso sulla terra, non hai visto quello che è scaturito dal tuo arrivo e dubito che avresti potuto fare qualcosa per impedirlo. Siamo rimasti soli per molto tempo e poi sei tornato.
Hai fatto bene a non chiederlo a mio padre, comunque. Crede che sia colpa sua se ora siamo soli, crede di non essere riusciti a proteggerli. Questo argomento è sempre molto delicato per lui-.
Astral si prese qualche secondo per riordinare le idee.
Quindi, Colui che avrebbe Protetto doveva per forza essere lui e la voce misteriosa…
-Possibile che sia…?-.
Astral chiuse gli occhi.
–Ma no, non avrebbe senso. Lui è scomparso millenni fa, proprio perché è scomparso che io sono andato sulla terra! No, no…-.
Si ritrovò anche lui a stringere le mani a pugno, frustrato come poche volte in vita sua.
–Non capisco più niente! La mia missione è trovare il Numeron Code, non proteggerlo!-.
Si accorse di aver alzato la voce, il cui suono ancora rimbombava in quella landa azzurra e desolata.
Sentì qualcosa di freddo e umido solcargli la guancia.
–Sto… piangendo?- pensò, irritato e sorpreso al tempo stesso.
–Ma in fondo che altro posso fare? Sono qui, in un mondo che fino a poco tempo fa credevo essere la mia casa e che ora scopro essere nient’altro che un luogo d’approdo, la mente piena di domande e di ricordi che non mi appartengono, alla ricerca del mio unico amico che sta per morire!-.
Sentì qualcosa toccargli dolcemente la spalla.
–Astral-.
Quest’ultimo si voltò, la lacrima che ancora gli rigava la guancia.
–Non so come ti senti ora. Non lo capisco e forse non lo capirò mai, ma… so quello che provi riguardo ad una parte dei tuoi sentimenti. Quella che riguarda la preoccupazione verso il tuo amico umano Tsukumo Yuma.
Prima che tu possa pensare qualsiasi cosa, voglio raccontarti questo: mia madre e mio padre, da giovani sia ben inteso, piantarono un roseto per celebrare il loro amore. Io e mia sorella eravamo solite andare a giocare nei suoi anfratti, visto che crescendo la pianta di rosa si era infittita, dando vita a dei piccoli giardini segreti.
Devi sapere che mia sorella aveva solo due anni in meno di me, quindi giocavamo insieme quasi tutto il giorno. Bè, uno di questi, per sbaglio mia sorella è caduta in mezzo ad un nugolo di rovi piuttosto aggrovigliato.
Era ricoperta di graffi e di sangue, eppure non piangeva. Io invece mi stavo disperando, piangevo e cercavo in tutti i modi di tirarla fuori da lì, ma più ci provavo più le procuravo graffi. Cercai allora aiuto, ma non c’era nessuno nelle vicinanze. Scoppiai a piangere disperata, mentre in un gesto quasi isterico mi tagliavo con le spine del roseto.
Ero arrabbiata con me stessa, capisci? Non volevo che lei l’unica a soffrire e per questo mi facevo male anche io. Fu lei a farmi smettere, con la sua voce.
Mi disse –Sorellona, smettila! Non voglio vederti in questo stato e per di più sei una principessa, questa vigliaccheria non ti fa onore! Alzati e piano solleva quella radice che si trova alla tua sinistra. Così avrò modo di uscire da questo groviglio di spine-.
Gheia sorrise, ricordando quel momento. Astral non ne fu certo, ma gli parve di sorgere il brilluccichio di una lacrima in fondo agli occhi della principessa.
–Io continuai ad avere paura, ma mi alzai lo stesso- continuò Gheia.
–Riuscii a sollevare la radice che ostruiva il passaggio d’entrata per così dire al roseto, ma non ero abbastanza forte e lo spazio che si creava era troppo piccolo perché mia sorella vi potesse passare attraverso.
Mi lasciai riprendere di nuovo dallo sconforto e ricominciai a piangere. E fu allora che lei mi disse queste esatte parole:
–Non piangere sorellona. Senti, finché saremo insieme niente e nessuno potrà mai separarci. Che sia un muro alto fino al cielo, una barriera di energia indistruttibile, anche un roseto pieno di spine, niente di tutto questo potrà mai impedirci di riabbracciarci.
Non temere di affrontare il presente buio che vedi davanti a te, perché solo se lo affronti potrai vivere un futuro radioso. Io e te, insieme. Sempre. Per cui basta piangere e aiutami, che queste spine fanno male!-.
Questa volta la lacrima scese per davvero, cadendo a terra in un muto rumore.
–Gheia…-.
Quest’ultima si rese conto di star piangendo e si asciugò la lacrima con il dorso della mano. Lo guardò negli occhi, l’espressione malinconica sparita dagli occhi e sostituita da una forza sorprendente.
–Quello che voglio dirti con questo racconto è questo: forse tu potrai anche permetterlo, ma Yuma Tsukumo non permetterà mai a qualcosa di separarvi, ne sono certa. Se è vero che sei vivo perché non ti ha mai dimenticato, allora non smetterà mai di credere in te.
Vi ritroverete, di questo sono certa e io ti aiuterò. Non sono riuscita a salvare mia sorella perché mi sono arresa e perché ero sola, ma farò in modo che questo non accada a te Astral.
Tornerete insieme, io lo so. E poi, riguardo il tuo passato confuso…-.
Sorrise, lasciando Astral esterrefatto.
–Tutto verrà a suo tempo, Astral. Tu devi solo aspettare e avere fiducia. E speranza-.
Anche Astral si ritrovò a sorridere.
–Sembra sentir parlare Yuma- pensò, sentendo un piccolo calore nel petto.
Prese le mani di Gheia, facendola sussultare.
–Grazie. Ti prometto che non mi arrenderò, anche per tua sorella. Grazie, Gheia-.
Lei annuì piano. Rimasero in quella posizione, i visi estremamente vicini.
–Ehm…Astral-.
Il suo tono si era fatto più dolce, in qualche modo comprensivo.
–Si?-.
Quegli occhi per metà bianchi e per metà verdi l’avevano stregato, rendendogli impossibile distogliervi lo sguardo.
–Siamo arrivati, credo-.
PORTALE.
YUMA.
–Cosa?-.
Astral si staccò immediatamente da quello sguardo incantatore, non senza dispiacere. Davanti a lui, vi era il portale più grande che avesse mai visto. Riluceva di un blu accecante, che lo costrinse a coprirsi gli occhi con l’avambraccio. Si muoveva in modo concentrico, formando degli ovali che andavano dalla periferia verso il centro.
Quest’ultimo era un vero e proprio punto di luce, che non smetteva mai di brillare. Astral e Gheia attraversarono un enorme viale di colonne blu, alla cui fine vi era il portale, e salirono un’enorme scalinata per arrivare al suo stesso piano.
–E così è questo il famoso portale che porta nel Mondo Bariano- sussurrò Gheia, senza parole di fronte alla maestosità del paesaggio. Astral non poté fare a meno di sentirsi a sua volta spiazzato. Non aveva mai visto una cosa del genere.
Fu un dolore senza pari a riportarlo alla realtà, facendolo gemere e accasciarsi a terra.
Vide benissimo Gheia chinarsi su di lui, preoccupata.
–Astral che ti succede?- chiese allarmata.
Astral non ebbe nemmeno l’energia per rispondere.
Si sentì la testa girare in una maniera terribile, eccessiva e si sentì mancare.
Cadde a terra in preda agli spasmi, cercando di rimanere lucido. Senza risultato.
–Ma cosa… che cos’è questo dolore? Possibile che sia… no… non può essere…-.
Sentì la voce di Gheia, ormai distante, chiamarlo, ansiosa.
–Astral, Astral rispondimi! Astral-.
Fu l’ultima cosa che lo spirito astrale sentì, prima di cadere preda del nulla più scuro.
Buio.
Solo buio, il buio più scuro e più profondo.
Infinito, impenetrabile, intangibile.
Nero.
Cercò di percepire una parte di sé che fosse ancora “viva”.
La mente era intatta, ma era il corpo ad essere mutilato.
Quell’idiota non aveva ancora capito che non sarebbe servito a niente utilizzare tutto, perfino la propria energia vitale, per ucciderlo. Finché esisteva, sarebbe esistito anche lui. E questo fino alla fine dei tempi, era una legge della creazione.
Laddove c’è il bene, c’è anche il male e lui era ancora l’unico a non averlo capito.
Scoppiò a ridere, o almeno cercò di farlo anche senza un qualcosa che assomigliasse ad una bocca.
–Master-.
Si mise in ascolto.
–E’ quasi arrivata vero? L’ora del nostro ritorno. Non è così, Master?-.
–Si, Ombra mia. Ahahah, stiamo per tornare. Lui ce l’ha predetto-.
Sentì un evidente compiacimento provenire da parte della sua Ombra.
Rese piatta la propria mente, per recuperare le forze.
Presto, molto presto sarebbe tornato.
–Chissà quale sarà la sua reazione-.
Rise.
Friends, eccomi! Scusate immensamente il ritardo, ma in uqesto periodo frequentare il ginnasio è peggio dell'inferno di Dante! -.- Allora, passiamo alla storia. Questo potrebbe apparirvi un capitolo un po' "noiosetto", ma vi assicuro che vi sarà ESSENZIALE se vorrete ancora seguire la mia storia. Vi faccio allora un piccolo SPOILER ehehe: TUTTI CONTRO TUTTI! (vi basti questo ehehe) XD. Spero che il capitolo vi sia piaciuto e recensite per favore! bye bye
Benny ^-^
Ps- Vi metto delle immagini del Mondo Bariano (quelle comparse nella mia storia nella schermata del laboratorio) giusto per farvi capire in che beò posticino sta il nostro caro yuma!
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Capitolo 12 *** Rex (prima parte) ***
Rosso.
Dolore.
-Cazzo però-.
Yuma aprì piano e a fatica gli occhi, vedendo come prima cosa la solita massa rossa e indistinta. Cominciava a stufarsi di essere “l’affila-coltelli” personale di Vector.
Il ragazzo emise un lungo gemito di dolore.
–Maledizione. Vector non si è risparmiato questa volta-.
Una rapida occhiata gli bastò per riconoscere la sala “della lastra”, come la chiamava lui. Era di nuovo disteso sulla lastra di pietra come l’ultima volta, tranne per un particolare: questa volta aveva i polsi e le caviglie legate da una spessa corda di roccia.
Vector se ne era occupato personalmente e Yuma aveva avuto giusto il tempo per sentire la propria pelle a contatto con la roccia prima di svenire.
–Perfetto. Ora cosa faccio?- pensò il ragazzo, senza nemmeno la forza necessaria per tenere ancora gli occhi aperti. Vector lo aveva annientato, letteralmente.
Aveva reso profondo ancora di più il taglio, già in condizioni disastrose, e ora ne aveva due invece di uno solo. Per un breve momento, aveva creduto che gli avesse toccato l'osso.
Non aveva poi avuto modo di verificare, visto che erano partite altre raffiche di dolore da farlo urlare senza ritegno.
Vector lo aveva tenuto in quella oscura camera per ore, mentre quella strana quanto agghiacciante voce continuava a deriderlo e a ripetergli sempre la stessa frase.
–Lui verrà per salvarti e tu lo vedrai morire davanti ai tuoi occhi. Non potrai fare nulla, Ast. Non lo potrai salvare questa volta-.
E di nuovo, di nuovo, di nuovo.
Sembrava non si stancasse mai di ripeterlo, quella dannata voce, e ogni volta che lo ribadiva giù di nuovo con altre scariche di dolore.
In poco tempo Yuma non aveva più avuto la forza nemmeno per urlare, eppure non era mai svenuto, così come non aveva mai avuto dei cedimenti. Sembrava che ci fosse qualcosa a dargli sempre energia, qualcosa che lo “rifornisse”. Il flusso di energia si era interrotto nello stesso momento in cui Vector aveva estratto il pugnale dal suo braccio.
In quel momento Yuma aveva percepito un dolore terribile, nemmeno paragonabile a quello vissuto nelle ore precedenti e un’immensa stanchezza l’aveva colto, facendolo svenire all’istante. Probabilmente Vector lo aveva portato sulla lastra e a quest’ultima lo aveva incatenato, per evitare che scappasse.
Tipico, purtroppo.
–Perfetto! E ora come faccio? Non posso restare qui mentre Astral…-.
Yuma sentì i numeri dei battiti del proprio cuore accelerare vertiginosamente.
Non voleva ammetterlo con sé stesso, ma sperava ancora che lo spirito astrale fosse vivo. Era per lui che aveva sopportato tutto quel dolore, immensamente più lacerante di quando Vector gli aveva tagliato il braccio per la prima volta. Probabilmente Astral era vivo, ma la voce poteva avergli anche mentito per torturarlo più crudelmente e quindi Astral poteva benissimo essere…
-Morto-.
Yuma riuscì a fermare in tempo le lacrime prima che queste cominciassero a solcargli la guancia.
–Devo piantarla di piangere tutte le volte che penso ad Astral! Lui è vivo, lo sento! Deve esserlo…-.
L’ultimo pensiero fece riemergere l’angoscia nel suo animo, così per non pensarci Yuma passò ad altri argomenti altrettanto urgenti.
–La voce che segue sempre Vector… appena l’ho sentita, ho subito percepito un senso di familiarità. Ma… lui non… io non posso conoscerlo. Insomma, è un bariano! E poi vuole fare del male ad Astral, come faccio a…-.
Sbarrò gli occhi.
–Astral…? Possibile che…- ma una voce interruppe i suoi pensieri, entrando prepotentemente nella sua testa.
–Luce… Luce, vieni. Non hai più molto tempo, lui comincerà presto a sospettare. Vieni!-.
Yuma si agitò, cominciando ad avere paura.
–Ancora tu??- pensò.
–Chi sei? E perché ti ostini a chiamarmi Luce? E chi è Lui? Rispondimi, ti prego!-.
–Luce, presto ricorda. Ricorda Luce, ricorda. Sbrigati. Sbrigati!-.
–Ma di cosa stai parlando?- urlò questa volta Yuma, preda della più totale confusione.
–Sbrigati…-.
La voce scomparve, lasciando Yuma esterrefatto.
–Cretino!- urlò Yuma, non sapendo con precisione se lo stesse urlando alla voce o a sé stesso. Si concesse qualche minuto di riposo, visto che anche solo alzare la voce gli comportava molta energia. Chiuse gli occhi, il respiro affannoso. –Quanto vorrei che la smettesse di piombare nella mia mente così all’improvviso- pensò con amarezza.
Da quando era scomparso Astral non aveva avuto un solo secondo di vita, per così dire, “normale”.
–Non mi ricordo più nemmeno che cosa vuol dire mangiarsi un gelato in santa pace-.
Sospirò.
–Chissà, forse se muovo il polso riesco a…-.
–Ast muoviti, mi farai fare tardi! Proprio oggi dovevi fermarti a pulire i vetri della mia camera? Non lo fai mai, perché proprio oggi?-.
–Vect non è colpa mia se tuo padre me l’ha ordinato! Che potevo fare, rifiutarmi? E comunque non siamo in ritardo, ci metti niente ad indossare l’armatura, quello lento qui sei tu. Io corro da una vita!-.
Yuma aprì improvvisamente gli occhi. Di nuovo!?
–Oddio, ora non capisco più nulla per davvero!- si disse esasperato.
Ormai aveva cominciato a farci l’abitudine, a quei momenti improvvisi di memorie, ma rimaneva comunque sempre un po’ tramortito. Ritornato presente a sé stesso, cercò di dimenticare quel momento inquietante e si concentrò sul problema principale: andarsene da quel maledetto mondo e trovare un modo qualsiasi per trovare Astral e avvertirlo della trappola in cui stava per cadere.
–Devo avvertirlo! Sono sicuro che è vivo, la voce sembrava molto sicura quando l’ha detto e poi non posso credere altrimenti. Vediamo un po’…-.
Si tirò su, ignorando il dolore che gli costava, e cercò di far passare la mano tra la catena di roccia che gli incatenava i polsi alla lastra di pietra. Niente. Sentì all’improvviso un rivolo caldo scendergli giù per tutto il braccio, arrivandogli sul collo. Sangue.
Imprecò a bassa voce.
–Ma come cazzo mi ha legato Vector? Stupida roccia, staccati!- disse tra i denti, mentre si sentiva il polso bruciare a forza di sfregarlo contro la roccia ruvida.
Alla fine si abbandonò esanime sulla lastra, il polso ridotto peggio di prima. Da quando si era svegliato aveva avuto la cura di non gettare nemmeno uno sguardo al suo braccio. Non aveva la minima voglia di vomitare.
Quando però lo poggiò sulla lastra di roccia, sentì un rumore strano, che gli fece sospettare si fosse formata una specie di crosta. Deglutì, reprimendo subito l’idea e andando oltre.
–Perfetto, se continuo così non me ne andrò mai da questo mondo del cavolo!- pensò frustrato Yuma, tentando invano di liberarsi.
–E ora? Non so che altro fare, marcirò qua dentro! A meno che…-.
Quella poteva essere la sua unica soluzione.
–Unica… non ne ho altre- pensò Yuma.
Fece un bel respiro profondo.
–Ehm… ehy tu, voce misteriosa…ehm… ci sei ancora?-.
Silenzio.
–Dai non mollare, devi provarci almeno!- pensò.
–Ehm… comunque, senti: forse sono stato un po’ maleducato e…-.
–Oddio, ma sentiti: sei ridicolo!- si disse.
Tuttavia non si fermò.
–E non ti ho trattato bene, ma… -.
–Oh, al diavolo!-.
–Ho bisogno di aiuto. Mi sento ogni giorno più debole, Vector non fa altro che torturarmi ogni volta che può, vengo assalito da ricordi che fino a poco tempo fa non sapevo nemmeno di avere e il mio migliore amico è in pericolo! Non so se mi stai ascoltando, ma ti prego aiutami.
Non so che altro fare o inventarmi! Ho perso la cognizione del tempo, non vedo il sole e il cielo da non so quanto! Se non mi aiuti, non so cosa potrebbe succedermi, o cosa potrebbe succedere ad Astral e ai miei amici!
Ti chiedo solo di provvedere alle catene, non di aiutarmi a fuggire, a quello ci penso io. Ti chiedo solo di darmi un piccolo aiuto-.
Non sentendo ancora nulla, Yuma sussurrò, al culmine della disperazione –Te lo chiede la Luce-.
Rimase in silenzio, in attesa di un segno che gli facesse capire di essere stato ascoltato.
Niente.
Gridò per la frustrazione.
–Idiota! Che ti aspettavi, che spuntassero delle specie di braccia colorate e luminose a scioglierti dalle catene!? Sono un completo…-.
–Ti aiuterò-.
Si bloccò, le parole che gli morivano in gola.
–Sto sognando? Non, non può essere!- pensò, spaventato.
Sentì all’improvviso qualcosa di incorporeo premere sulle catene di roccia, fino a spezzarle. Con il cuore che batteva all’impazzata, Yuma si alzò a sedere di scatto e si voltò. Riuscì a scorgere, prima che scomparissero tra le rocce, delle sottili strisce di fumo dorato.
–Ricorda, Luce. Sbrigati, ricorda…-.
Yuma non fece nemmeno in tempo ad aprire bocca, che la voce era scomparsa e con lei le misteriose “braccia” di fumo. Rimase così, seduto sulla lastra di pietra, per almeno dieci minuti, troppo sconvolto da quello che era appena successo per poter fare altro.
Fu una terribile fitta al braccio a riportarlo alla realtà. Scese piano dalla lastra di pietra, cercando di non cadere a terra. Traballò fino ad un pilastro di roccia e ci si appoggiò con tutte le proprie forze, cercando di non vomitare.
–Sto peggio… di quanto pensassi- pensò, stringendo i denti per rimanere lucido.
Non capiva. C’era sempre un qualcosa che gli dava una “carica”, come una batteria. Qualcosa che lo aiutava in ogni situazione, che non lo abbandonava mai e che non gli faceva provare né la sete né la fame.
–Che strano… mi sento come se potessi svenire da un momento all’altro, ma al tempo stesso potrei percorrere tre chilometri correndo. Possibile che questa mia strana sensazione abbia a che fare con la voce che sento da tempo?-.
Si mise in ascolto. Silenzio. Yuma sospirò, rassegnato.
–E’ chiaro che non ci capirò mai niente di tutto questo. L’unica cosa che posso fare è sfruttare questa occasione e andarmene da qui-.
Sempre appoggiandosi o ai pilastri, o ai muri di roccia, Yuma cominciò ad avanzare.
A volte camminando, a volte zoppicando su una gamba.
–Avanti muoviti! Ma perché ti ho tenuto con me? Sei praticamente inutile: sei lento come una lumaca e ogni volta che ti chiedo di allacciarmi l’armatura sbagli sempre bottone!-.
–Uffa Vect, piantala una buona volta! Non sono lento, ma devo fare io tutte le cose che ti riguardano e ti assicuro che non sono poche! E per quanto riguarda l’armatura non sbaglio bottone, sei tu che sei ancora troppo mingherlino per indossarla!-.
–Io mingherlino!? Ma ti sei visto? Sei peggio di una spiga rossa!-.
–Sì, ma io sono uno schiavo e tu un principe!-.
–Te l’ho già detto Ast. Tu per me non sei uno schiavo: sei il mio unico amico. E ora sbrigati a pulire quel vetro, che sono passate due ore da quando hai cominciato!-.
Yuma si aggrappò così tanto ad uno spuntone nella roccia da far diventare le nocche delle mani bianche, il respiro affannoso.
–Non può continuare così però! Non riuscirò mai ad avvertire Astral se ogni dieci minuti mi prende un attacco di memoria!- pensò, frustrato e confuso.
Si fermò e nell’occasione si guardò intorno. Era arrivato in un’altra stanza.
Sembrava che non finissero mai. Dopo essersi guardato nuovamente intorno, Yuma gridò di frustrazione.
–Ma quante stanze esistono su questo cazzo di mondo!?-.
–Ecco, ecco, dammi un minuto!-.
–No, finisci ora! Mio padre mi aspettava due minuti fa, muoviti!-.
–Arrivo, arrivo…-.
Yuma chiuse gli occhi.
–BASTA!-.
Stava per tirare un pugno contro la roccia che fungeva da muro quando sentì delle voci.
–Hai sentito? E’ la stessa voce che abbiamo sentito nella Igret Infinita-.
–Sì, deve essere lui di sicuro. Andiamo-.
Yuma si guardò intorno e corse a nascondersi in una rientranza della roccia, appiattendocisi contro il più possibile.
–Non possono essere loro… perché capitano tutte a me?- pensò, quasi isterico.
Li sentì entrare nella stanza, il rumore dei piedi che rimbombavano creando un rumore assordante, come se qualcuno si stesse divertendo a lanciare sassi contro il pavimento.
–Dov’è? Possibile che ci siamo sbagliati?-.
Yuma cercò di farsi ancora più piccolo.
–Sono loro! I bariani che mi cercavano nell’enorme biblioteca!-.
Facendosi coraggio e cercando di ignorare il mal di testa ormai tampinante, diede una veloce occhiata ai due bariani appena entrati. Erano loro, senza dubbio.
–No, no! Proprio ora dovevano passare da queste parti?- pensò Yuma, terrorizzato all’idea di essere scoperto.
–Non ci sono altre uscite, quindi non può scappare. Troviamolo e poi chiamiamo l’Imperatore Vector- disse il ragazzo.
Il cuore di Yuma smise per un attimo di battere.
–Se mi trovano chiamano Vector e se Vector mi ricattura Astral cadrà nella trappola! Come faccio ad uscire da questa situazione? Pensa, dannazione, PENSA!-.
Cominciò a sentire dei brividi lungo la schiena, mentre la testa sembrava gli si stesse spaccando in due dal dolore. –Calmati ora!- si disse, cercando di mantenersi lucido.
–Loro sono due, mentre io sono uno solo. Loro hanno dei poteri soprannaturali, mentre io sono solo un ragazzo. Loro sono fortissimi, mentre io sono ferito e con un mal di testa a causa del quale potrei vomitare anche ora. Analizzando la situazione… come cavolo faccio ad uscirne vivo?-.
–Facciamo a chi arriva prima in giardino, Vect?-.
–Ast, lo sai che ti batto sempre! Sono mille volte più veloce di te!-.
–Non stavolta Vect! E poi…-.
–VIA!-.
–Ehy aspetta non puoi fare così! Vect!-.
Yuma si sentì prendere bruscamente per le spalle e un attimo dopo era fuori dal nascondiglio, la vista ancora appannata a causa della visione appena avuta.
Venne scagliato con forza contro il pavimento, mentre delle braccia forti gli bloccavano ogni movimento.
–Ma che…?-.
Yuma tentò di liberarsi scalciando in ogni modo possibile, senza però riuscire ad allentare un minimo quella presa ferrea. –Merda! Proprio ora dovevano arrivarmi le memorie!? Probabilmente mi sono arrivati alle spalle. Se fossi stato cosciente avrei avuto una possibilità di fuga, ma ora… ah, ma dai!-.
Sentì il bariano più giovane dire –E quindi tu sei Yuma Tsukumo? Kado, lascialo. Lo stai soffocando. Tanto non può fuggire, liberalo-.
Il bariano chiamato Kado fece come gli era stato detto e Yuma poté finalmente tornare a respirare. Si girò e fece per alzarsi in piedi, ma appena voltò la testa si ritrovò a due centimetri di distanza da una lunga spada affilata, la cui punta gli solleticava pericolosamente il collo.
Il ragazzo bariano disse, piano –Se fossi in te, mi starei fermo. Anche perché non vedo come tu possa fuggire, se anche non ti minacciassi-.
Yuma deglutì.
Piano si voltò e rimase seduto, lo sguardo sempre puntato sulla spada del bariano.
–Allora… tu sei Yuma Tsukumo, vero? L’Imperatore Vector ci aveva avvertito che ti saresti potuto trovare da queste parti. Come sei arrivato nella Igret Infinita? Noi facciamo parte della Guardia, ne conosciamo ogni angolo e riusciamo sempre a percepire chi entra e chi esce. Ma non te. Come sei riuscito ad entrare?-.
Yuma sentì il sangue gelarsi nelle vene.
–Perfetto! E ora che gli dico? Non ci crederanno mai se gli dico che ci sono finito per caso, che poi alla fine è la verità. Pensa, Yuma… pensa!-.
Una voce più profonda perforò il silenzio creatosi nella stanza.
–Rispondi, non abbiamo tutto il giorno-.
Yuma sentì le proprie gambe tremare.
–Allora?-.
Sentì la lama premere di più sul suo collo, ma non disse nulla nemmeno allora. La sua mente era vuota, concentrata sull’unico pensiero di non provare altro dolore. Rimase con lo sguardo fissato in quello del ragazzo bariano, cercando di fargli capire che non aveva la minima intenzione di dire una parola, anche se terrorizzato.
–Kado- chiamò il ragazzo, senza staccare gli occhi da quelli di Yuma.
–Manda il segnale all’Imperatore Vector. Digli che l’abbiamo trovato-.
Yuma si sentì di nuovo invaso dal panico.
–No, Vector no! E’ proprio l’ultimo che deve sapere della mia fuga. Di nuovo, poi! Devo impedire a questi bariani di chiamarlo. Ma come faccio? Come? Pensa, Yuma, pensa! Cosa ti direbbe Astral ora?-.
“Mi raccomando Yuma. Quando sei di fronte ad un avversario all’apparenza più forte di te, devi utilizzare il cervello. Tu non sei stupido, quindi usalo. Crea nuove strategie con le tue carte, intrappola il tuo nemico quando meno se lo aspetta. Fai in modo che le tue carte lo facciano spaventare e, cosa importante, prima di tutto non usare la forza. Usa l’ingegno, la furbizia e vedrai che la vittoria sarà tua”.
Yuma fece un bel respiro profondo. La soluzione era lì, pronta davanti ai suoi occhi. Doveva solo metterla un atto.
–Fermo!-.
L’uomo si girò, squadrandolo dall’alto al basso.
–Come?-.
Yuma deglutì.
-Mi hai sentito benissimo. Non farlo, non chiamare Vector-.
–E perché non dovrebbe farlo? Non sei nella condizione di dettare niente, men che mai dare ordini- disse sprezzante il ragazzo.
Trattenendo la tentazione di saltargli addosso, Yuma disse –Non vi conviene farlo. Vi ho visti-.
–Visti?- chiese il ragazzo, questa volta un poco interessato.
–In che senso visti?-.
–Io ho delle specie di visioni, che mi mostrano dei destini particolari. E.. io ho visto voi. So come vi chiamate e so che se chiamerete Vector verrete colpiti da qualcosa di brutto. Vi ho visti bruciare e contorcervi circondati da un fuoco nero-.
I due bariani si guardarono, incerti se credergli o meno. Alla fine, fu il ragazzo a parlare.
–Se è vero quello che dici, come mi chiamo allora?-.
–Ecco- pensò Yuma. –E’ arrivato il momento. Vedremo se riuscirò ad uscirne illeso-.
Con voce falsamente sicura, disse –Tu ti chiami Iseth e sei un membro della Guardia Rossa, un insieme di bariani che da millenni protegge il sapere del popolo bariano. Sbaglio?-.
Finì la frase e si rese conto di averla pronunciata senza nemmeno pensarci.
–Ma come faccio a saperle tutte queste cose?- pensò, turbato.
–Di questo passo diventerò matto!-.
Il bariano era rimasto di sasso, gli occhi che lo scrutavano sospettosi e increduli, animati da una luce sinistra. Yuma vide il bariano di nome Kado avvicinarsi, la mano chiusa a pugno.
–Ma tu come…?-.
–Ve l’ho detto- lo interruppe Yuma, cercando di non far trapelare il tremitio della voce.
–Io ho delle visioni e vi ho visti portarmi nel vostro quartier generale. Vector non c’era nella visione-.
–Se abboccano, durante il tragitto avrò una possibilità per fuggire. Ma Vector non deve assolutamente sapere che sono riuscito a liberarmi di nuovo-.
Tremò all’idea del coltello di nuovo sulla pelle.
Sempre puntandogli la spada alla gola, il ragazzo disse piano –Iseth, sì. E’ questo il mio nome, Yuma Tsukumo. Devo dire che proprio non me l’aspettavo. Mi dispiace, ma non puoi farci nulla-.
–Di che stai parlando?- chiese Yuma.
–Vedi, noi bariani della Guardia Rossa siamo divisi in gruppi e ogni gruppo giura fedeltà per sempre ad uno dei Sette Imperatori.
Se non vogliono subire le ire dell’Imperatore a cui sono legati, questi bariani lo devono venerare e devono obbedire ai suoi ordini. Quindi…-.
–No-.
–Potrai immaginare a che Imperatore noi siamo legati. Se qualcosa ci minaccerà, l’Imperatore Vector provvederà a proteggerci, visto che è l’unico dovere che ha verso di noi. Kado-.
Il bariano alzò le braccia al cielo e disse –Kte oge-.
Un lampo di luce rossa illuminò la stanza e, mentre si proteggeva gli occhi per evitare di rimanerne accecato, Yuma sentì Iseth parlare con una voce piuttosto divertita.
–Pessima bugia, Yuma Tsukumo. Noi tutti seguaci di Vector riconosciamo le menzogne. Soprattutto quelle imbastite sul momento-.
Yuma gemette.
All’improvviso la luce scomparve e nel punto in cui un attimo prima si trovava Kado, comparve Vector. Era nella sua forma umana e aveva il coltello nero legato ad una cintura che portava intorno ai fianchi. Arrivò con la faccia piuttosto scocciata, gli occhi che mandavano riflessi violetti. Appena però si accorse di Yuma per terra con la spada puntata alla gola, sul suo viso si distese un ghigno ironico.
–Yuma!- esclamò, con un finto tono preoccupato.
–Ecco dove eri finito! Ma come ti salta in mente di scappare in questo modo, senza avvertirmi? Mi hai fatto preoccupare!-. La sua risata parve a Yuma come la dimostrazione della sua completa disfatta.
Ma quanto era stato stupido? Guardò Vector con astio, cercando contemporaneamente di allontanarsi dalla spada puntatagli alla gola.
Purtroppo però, si accorse che Iseth non si era lasciato impressionare dall’entrata di Vector, anzi.
Yuma non aveva avuto nemmeno la possibilità di muoversi di un centimetro che si era ritrovato una seconda spada puntata dietro la schiena.
Vector si avvicinò, accompagnato da Kado e si mise proprio davanti a Yuma ed a Iseth. Si rivolse a quest’ultimo.
–Quando e come lo avete trovato?-.
–Una decina di minuti fa- rispose il bariano.
–Probabilmente non l’avremmo trovato, si era nascosto bene capite, ma ad un certo punto lo abbiamo sentito lamentarsi e lo abbiamo scoperto.
Poi, mentre cercava di guadagnare tempo, ho comunicato telepaticamente a Kado di chiamarvi-.
Yuma si dovette trattenere per non saltare in piedi e darsi delle botte in testa.
–Potete parlare telepaticamente!?- chiese, sconcertato.
Iseth si voltò appena a guardarlo, quasi come se non ne valesse la pena.
–Siamo membri della Guardia Rossa, come hai detto tu. Davvero credevi che non avessimo altri, come dite voi umani, “assi nella manica”?-.
Vector rise, deliziato.
–Mille grazie Iseth, Kado. Ora potete andare, da qui in avanti me ne occupo io-.
Iseth ebbe un attimo di esitazione.
–Imperatore Vector, forse…-.
–Sparite-.
Fu Kado a rispondere –Subito-.
Lanciò un’occhiata significativa a Iseth, poi scomparve. Dopo aver lanciato un ultimo sguardo a Yuma, Iseth lo seguì. Appena i due bariani sparirono, Yuma si alzò e cercò di mettere più distanza possibile tra lui e Vector. Dal canto suo, il bariano non si era minimamente scomposto.
Lo guardò negli occhi e disse, sempre sorridendo –Ora che non ci sono più quelle inutili marionette, possiamo passare alla fase due, non trovi?-.
–Fase due?- pensò Yuma, non deducendone nulla di buono.
–Comincia a tremare Yuma Tsukumo-.
Yuma sobbalzò, guardandosi intorno.
–Ancora tu? Fatti vedere!- disse, cercando di dar l’idea di essere perfettamente padrone della situazione.
Si sentì una piccola e roca risata invadere la stanza.
–Agli ordini, Ast-.
–Ordini!?- pensò Yuma, preparandosi al peggio.
L’ombra di Vector cominciò a mutare forma, fino a che davanti agli occhi di Yuma non comparve una creatura mostruosa. –E’ solo un ombra, è solo un ombra, non può farmi del male!-.
Ma anche così Yuma non riuscì a sciogliere il nodo che gli si era formato nello stomaco.
L’ombra in questione era alta più di tre metri e sovrastava sia lui che Vector. Dalla schiena gli spuntavano un paio di enormi ali nere, mentre le mani avevano la forma di artigli. Il corpo muscoloso era coperto da un lungo vestito scuro, che impediva a Yuma di vedere i piedi, se mai ne avesse avuti. Ma quello che davvero impediva a Yuma di distogliere lo sguardo, erano i suoi occhi.
–Ha… ha tre occhi!- pensò inorridito il ragazzo.
Infatti quel mostro aveva due occhi nel viso, come un umano qualunque, ma il terzo occhio si trovava proprio al centro del suo ventre ed era enorme.
Rosso, inquietante e malvagio, aveva nel bel mezzo una sottilissima pupilla nera che seguiva ogni singolo movimento del ragazzo, incatenandolo lì dov’era.
–E’ lo stesso occhio che ho visto sulla copertina di quello strano libro!-.
Yuma fece un passo indietro, ma andò a sbattere contro Vector, che nel frattempo si era materializzato dietro di lui.
–Dove pensi di andare?- gli sussurrò piano il bariano.
–Vuoi andartene proprio ora che comincia la festa?-.
Yuma deglutì, sentendo le proprie ginocchia tremare.
–Smettila!- si disse, ma non riusciva a non provare paura. Che cosa gli avrebbero fatto? Sentì all’improvviso la testa scoppiargli di dolore, come se qualcosa stesse cercando di entrarvi.
–Yuma, non ha più senso resistere, lo sai bene. Arrenditi ora-.
Yuma urlò, cercando di non piangere dal dolore –Mai!-.
–Non ha importanza, sai. Alla fine cederai e non potrai fare niente per contrastare l’avvenire. Il sangue di Vector dentro di te non ti avrà assoggettato, ma ti ha in qualche modo legato a lui e quindi a me.
Alla fine, che tu lo voglia o no, lo chiamerai. Chiamerai Astral e sarai tu a condurlo alla morte! Poi, per quanto ti riguarda… si vedrà, non sei d’accordo anche tu?-.
Scoppiò a ridere, imitato subito da Vector.
Yuma cadde in ginocchio, stringendosi la testa tra le mani. Sentì la voce rimbombargli potente nella mente. –
Fallo. Fallo, Yuma. Chiamalo, te lo ordino. FALLO!-.
–Basta!- gridò Yuma, sentendosi il corpo e insieme ad esso il braccio andare a fuoco.
In un momento di lucidità, si ritrovò a pensare –Questa voce, io… io l’ho già sentita, me la ricordo! Ma dove, dove?-.
–Vect no!-.
–Tu mi hai abbandonato, Ast! Ti odio, credevo che fossi mio amico! Ti odio Ast, TI ODIO!-.
–Vect che ti succede? Vect, Vector!-.
–Ahhhhhhhhhhhh!-.
Ormai le lacrime scorrevano liberamente sul viso di Yuma, lasciando delle scie chiare lungo la pelle sudicia.
–FALLO!-.
E lo fece. Le barriere della sua mente andarono in frantumi, sentì il proprio corpo cadere a terra come privo di vita e il desiderio di rivederlo si impossessò di lui. La stanza era ora piombata in un silenzio irreale. Il tempo si era fermato, la luce scomparsa, sembrava che perfino le rocce fossero in ascolto. E in quel silenzio agghiacciante, un’unica parola perforò il silenzio come una folata di vento.
“ASTRAL”.
Tori si appoggiò ad una roccia, esausta.
Stavano camminando tra quelle dannatissime rocce da almeno due ore e il paesaggio continuava ad essere sempre lo stesso: rocce rosse appuntite, piccoli spazi piani percorribili, di cui la maggior parte terminava con un precipizio di cui non si riusciva a vedere il fondo.
In poche parole, una cosa deprimente.
Inoltre, la tensione che aleggiava tra i ragazzi non rendeva certo le cose facili.
Appena Tori aveva varcato il portale, mano nella mano con Three, aveva sentito un gelo incredibile invaderle le ossa, come se qualcuno l’avesse infilata in un congelatore. Per un breve momento non aveva visto né sentito nulla, fino a che non aveva sentito di nuovo la terra sotto i piedi.
E non era stata molto contenta di risentirla, in effetti.
L’atterraggio era stato davvero violento e Tori si era ritrovata a rotolare per terra e a sbattere la schiena contro quella maledetta roccia rossa e durissima, sempre con la mano intrecciata in quella di Three.
Quando finalmente si erano fermati, Tori era rimasta immobile stesa per terra, troppo sconvolta e dolorante per poter fare qualsiasi cosa. Era stato il tocco della mano di Three a riscuoterla.
–Tori! Cavolo che caduta, stai bene?- le aveva chiesto, preoccupato.
L’aveva aiutata ad alzarsi e Tori aveva rischiato di ricadere in preda a degli attacchi di nausea, quando aveva sentito qualcun altro afferrarla per le spalle.
Shark.
Anche lui aveva dei graffi sul viso e le maniche strappate, probabilmente a causa della caduta. Avevano trovato Kite e Four poco lontano e poi si erano messi in marcia, alla ricerca di Yuma.
Purtroppo però, la cosa si era rivelata più difficile del previsto ed ormai erano quasi tre ore che i ragazzi camminavano senza essersi mai fermati, cercando di orientarsi in quel meandro di rocce dai riflessi rossastri.
–Tori se sei stanca posso portare io la tua borsa-.
Come sempre, Three era sempre pronto ad aiutarla e per un momento Tori fu inizialmente tentata di accettare la proposta, ma si ricordò improvvisamente che nella borsa vi erano il suo deck e quello di Yuma. Cercò quindi di rifiutare la proposta nel modo più gentile possibile.
–Three sei molto gentile, ma non ce n’è bisogno, davvero! E poi, anche tu sei molto stanco, non ti devi affaticare troppo!-. Ed era vero.
Il petto di Three si alzava e abbassava velocemente, affannosamente. Il ragazzo stava per ribattere quando vennero raggiunti da Four.
–Michael, Kotori venite! Kite ha trovato qualcosa, presto!-.
Tori e Three non se lo fecero ripetere e, dopo essersi lanciati uno sguardo interrogativo, seguirono Four in un’enorme spaccatura nella roccia. Mentre vi passavano sotto, a Tori parve di passare sotto un’enorme porta e non poté fare a meno di provare un po’ di paura. Quando, dopo qualche minuto di cammino al buio, Four li avvertì che erano arrivati, Tori emise un gridolino di sorpresa.
Erano entrati in una stanza immensa, così grande che Tori non riusciva a vederne il soffitto. Era una stanza circolare e l’unica parete era completamente decorata. Vi erano raffigurate scene di tutti i tipi, di cui la maggior parte sconosciute per Tori: scene di guerra, di pace, di raccolta dei campi, di feste, di battute di caccia.
Vi erano raffigurate anche delle incoronazioni, anche se nessuno dei cinque ragazzi avrebbe saputo dire chi fossero i personaggi raffigurati. I graffiti erano contornati da pietre preziose, principalmente rubini, zaffiri e pietre d’oro, i cui riflessi si rispecchiavano sul pavimento, dando al luogo un’atmosfera magica e surreale.
Appena Tori, Three e Four entrarono, il rumore dei loro passi rimbombò nell’enorme sala.
–Ma che posto è?- sussurrò Tori, troppo emozionata perfino per staccare gli occhi dalla parete.
–Siete arrivati. E’ meglio che veniate a vedere-.
La voce di Kite ruppe quella magia, riportando Tori alla realtà. I due ragazzi si trovavano nella parte più interna della stanza. Quando Tori li raggiunse, notò con preoccupazione che i loro sguardi erano tutto fuorché rassicuranti. Sembravano spaventati.
–Ragazzi va tutto bene?- chiese infatti Three, vedendo le loro facce.
–Già cosa avete visto?- chiese a sua volta Tori, curiosa di sapere che cosa fosse successo per vedere un briciolo di paura negli occhi di Shark. Fu proprio quest’ultimo a rispondere. –E’ stato Kite a trovare questa stanza, mentre voi eravate avanti. Siamo entrati e abbiamo trovato tutto così, non sapendo che cosa significhino queste inscrizioni e pitture-.
Four chiese allora, con il suo normale tono sfacciato –E che cosa c’è di così tanto spaventoso in delle pitture?-.
Shark gli lanciò uno sguardo che Tori avrebbe giurato fosse omicida.
–Non sono le pitture ad averci messo in allarme, ma questo!-. Indicò con la mano un piccolo tavolo di pietra proprio al centro della stanza, dove i ragazzi senza pensarci vi si erano riuniti intorno. Non aveva nulla di strano nella struttura, ma sopra di esso vi era una piccola bottiglietta di colore verde contenente un liquido molto scuro.
–Che cos’è?- chiese Tori, stando ben attenta a non avvicinarcisi troppo.
–Non lo sappiamo- rispose Kite, gettando alla piccola bottiglia degli sguardi torvi.
–Potrebbe essere qualsiasi cosa. Veleno, sonnifero… oppure più semplicemente un geny-.
Four emise un rumore che sarebbe potuto benissimo assomigliare ad una risata.
–Un che!? Stai scherzando vero? Che cos’è un geny?-.
Ripeté l’ultima parola soffocando un sorriso.
Kite rispose, guardandolo con sufficienza mista ad esasperazione.
–Un geny è un veleno molto particolare. Si trova infatti solo nel Mondo Bariano e ha la particolarità di teletrasportare una persona da un posto all’altro, ma solo se la persona sa dove andare-.
–Ma i veleni non sono velenosi, appunto? E poi noi non sappiamo dove andare, visto che è da quattro ore che procediamo alla cieca!-fece notare Three.
Kite disse- Questo è un veleno particolare, diciamo che non ti avvelena, anche se ti stordisce un po’. E poi, se mi avessi lasciato finire, stavo per dirvi che un geny può portare anche da una persona specifica. Nel nostro caso…-.
Tori esclamò, eccitata –Potrebbe portarci direttamente da Yuma!-.
Kite annuì piano.
–E tu come le sai tutte queste cose?- chiese Four.
Tori vide benissimo l’espressione di Kite indurirsi, mentre gli occhi di Shark andavano dal cacciatore di numeri a Four. Per fortuna, Kite non rispose e Four non insistette oltre, anche se Tori percepiva un piccolo strato di astio tra i due ragazzi. –Chissà- pensò.
–Forse Four non ha ancora perdonato completamente Faker e quindi cerca di dar fastidio il più possibile a Kite…-.
A spezzare l’imbarazzante momento che si era creato fu Shark.
–Come facciamo a sapere se è un geny oppure un comunissimo veleno?-.
–Bè, un geny è molto raro da trovare, come sostanza. La maggior parte delle volte è protetto…-.
Ma venne interrotto da un improvviso rumore, mentre il tavolo di pietra cominciò a brillare di una luce verde scura.
–State indietro, umani!-.
Una voce cavernosa li fece arretrare velocemente. La luce brillò intensamente, tanto che i ragazzi dovettero chiudere gli occhi. Quando riacquistarono la vista, quello che avevano davanti li lasciò inorriditi. La creatura era per la metà superiore orso e per la metà inferiore uomo. Dell’orso aveva solo la testa, ma nonostante questo era comunque terrificante.
–State indietro, umani!- ripeté, cercando di allontanarli dalla bottiglietta verde.
–Da un guardiano- concluse Kite.
–Cosa!?- urlò Four, sconvolto.
–Un geny è sempre protetto da un guardiano. In questo caso è lui- disse Kite, indicando il mostro.
–Che cosa volete? Se siete venuti qui per il geny, vi dovrò uccidere!-.
Tori indietreggiò spaventata.
–Ma che razza di mostro è?- pensò, disgustata della bava che gli imbrattava il muso peloso.
Three disse –Bè noi ecco…- ma venne interrotto da Kite, che disse –Noi vogliamo il geny-.
–Ma sei pazzo?- lo aggredì Four.
–Sei sordo o cosa? Questa specie di uomo-orso ha appena detto che se ambiamo a quella bottiglietta, ci sbranerà vivi!-. Kite non gli prestò la minima attenzione e continuò, sempre rivolto al mostro –E tu lo vuoi proteggere… o devi?-.
Tori non poté fare a meno di ammirare la strategia di Kite. Il tono con cui aveva posto la domanda era stato davvero convincente e persuasivo.
–Bravo Kite…-.
Il mostro si mostrò prima incerto e sospettoso.
–Stupido umano, io sono qui da prima che questa stanza venisse creata, da prima che scoppiasse la Guerra Lucente! Come osi insinuare che questo per me sia un obbligo? Io sono un Elfk, uno Spirito dell’Ombra Rossa!-. Kite non si scompose, anche se Tori ebbe la certezza che non avesse capito le ultime frasi dette dal mostro, come lei del resto.
–Non ho detto questo. Ma, come hai affermato ora tu stesso, sei qui da molto tempo e probabilmente non ricevi viste molto spesso. Proteggere il geny è il tuo dovere. Poi, se la cosa ti piace, sei libero di ammazzarci. Ma non vorresti rendere la tua vita un po’ più… interessante?-.
Sia Tori che gli altri tre ragazzi, rimasero scioccati. Kite non aveva mai parlato in quel modo e men che mai con un tono di quel genere!
–Ma che sta facendo? Dove vuole arrivare?- si chiese Tori, ansiosa.
Il mostro di agitò, irrequieto.
–Interessante, dici? Cosa proponi umano?-.
–Sei un guerriero antico, un guerriero per metà animale. Duellare non mi sembra il caso non trovi? Proponici una prova di qualsiasi genere. Sarai tu il giudice e detterai tu le regole. Se vinceremo, ci darai il geny, se perderemo deciderai tu il tuo premio-.
Tori vide Shark stringere i pugni. Kite stava rischiando tantissimo. Il mostro emise un verso di goduria.
–Hmm… proposta interessante umano. L'ultima volta che qualcuno mi ha fatto una proposta del genere… Aspetta. E se tu fossi…?-.
Kite aggottò le sopracciglia, confuso.
–No… lui è morto secoli fa. Va bene, umano. Accetto la tua proposta. Vi proporrò un indovinello e solo uno di voi potrà pensare alla risposta e dirmela. Avrà una sola possibilità e non potrà in nessuno modo cambiarla, mentre per quanto riguarda il tempo, avrà solo un minuto. Tu, vieni qui-.
Kite, Three, Shark e Tori voltarono lo sguardo verso la persona indicata dal mostro.
Shark borbottò –Perfetto. Siamo già morti-.
Anche se a malincuore, Tori gli dovette dare ragione. Purtroppo, Four non era quel che si potesse definire “paziente” e già dal modo strafottente in cui guardava il mostro, si poteva presupporre che fosse pronto a gettarsi sulla prima risposta che gli fosse venuta in mente.
Four si avvicinò al mostro e si posizionò accanto a Kite.
–Ti proporrò un indovinello e avrai un solo minuto per pensare e una sola possibilità. Vinci e il geny è vostro. Fallisci e tutti voi mi darete i vostri ricordi-.
–Perché mai vorresti i nostri ricordi?- chiese Shark.
Il mostro si limitò a fissarlo intensamente, senza rispondergli.
–Sono pronto- disse Four.
–Cominciamo. Il momento in cui le ombra diventano bianche-.
Tacque.
–Bè?- domandò Four.
–Tutto qui?-.
Il mostro sorrise in modo inquietante.
–Hai un minuto, umano-.
Per il nervosismo, Four cominciò a camminare avanti e indietro ed a borbottare frasi sconnesse sotto lo sguardo divertito della creatura. Dal canto suo, Tori era molto ansiosa.
–Oddio Four, ti prego indovina, ti prego, ti prego!-.
Sentì Shark ripetere sotto voce l’indovinello, nel tentativo di risolverlo. Così ci provò anche lei.
–Il momento in cui le ombra diventano bianche. Allora, le ombre ci sono maggiormente la notte e nel giorno sono nere. Ma se anche nel giorno ci sono… aspetta, potrebbe essere…?-.
Il mostro rise.
–Hai finito il tempo umano. Prepara i tuoi ricor…-.
–Ecco!- urlò Four, girandosi verso il mostro.
–E’ l’alba vero? Durante la notte e il giorno le ombre sono nere, ma quando sorge il sole per un attimo, un piccolissimo attimo, diventano così chiare da sembrare quasi bianche! La risposta è l’alba!-.
Tori trattenne il respiro e così fecero Three e Shark. Kite volse lo sguardo verso il mostro. Per qualche minuto si sentì solo il respiro di Four, finché la voce roca del mostro non ruppe il silenzio.
–Giusto, umano. E’ esatto-.
Tori andò da Four e lo abbracciò stretto.
–Oh Four, grazie mille! Bravo!-.
Four rimase un attimo perplesso, per poi prenderle delicatamente le spalle e allontanarla da sé.
Three si complimentò con lui e perfino Shark gli lanciò uno sguardo compiaciuto. Kite si avvicinò a quel punto alla creatura. Quest’ultima ribolliva di rabbia e delusione, mentre un sottile rivolo di bava gli contornava il muso.
–Mantieni la tua promessa-.
Il mostro aprì le fauci.
–Umani! Nessuno aveva mai risolto un mio indovinello dalla notte dei tempi! Ho detto che vi avrei dato il geny. Ma posso darvelo anche da morti!-.
Kite indietreggiò, sorpreso da tale reazione. Il primo a capire che se non avessero fatto subito qualcosa sarebbero morti, fu Shark.
–Kite, Four!- urlò.
–Aiutatemi a tenerlo occupato! Three, copri le spalle a Tori mentre prende il geny, presto!-.
Tori sobbalzò sorpresa.
–IO? Ma io non…-.
–SBRIGATI!-.
Tori non se lo fece ripetere e scattò verso il tavolino di pietra, seguita a ruota da Three. Il mostro cercò di raggiungerla, ma Four gli sbarrò la strada, armato di un lungo bastone di pietra rossa molto appuntito. Tori non ebbe nemmeno il tempo o l’occasione di chiedersi dove l’avesse trovato.
Allungò la mano e prese la bottiglietta, mentre Three tirava pietre al mostro per rallentarlo.
–Cosa devo farci ora con questa?- urlò Tori.
Fu Kite a risponderle, mentre, armato di un bastone identico a quello di Four e anche di Shark, cercava di colpire quella specie di ibrido.
–Bevine un piccolo sorso e concentrati sull’immagine di Yuma! Bevine poco però, deve bastare per tutti!-.
Fece un segno a Shark e lanciarono insieme entrambi i bastoni contro il mostro, aprendogli una larga ferita sul fianco. Si misero a correre verso di lei, seguiti da Four. Il colpo aveva rallentato la creatura, ma Tori sapeva che non l’avrebbe reso inoffensivo per molto.
Stappò il piccolo tappo nero della bottiglia. Aveva un odore disgustoso.
–Toti sbrigati, non abbiamo più tempo!- le gridò Three.
Reprimendo un conato di vomito, Tori inghiottì un po’ del liquido. Lo passò a Three, la testa che cominciava a girarle. Vide Three bere, mentre passava la bottiglietta a Four, Shark e Kite.
–Mi raccomando- li avvertì quest’ultimo, dopo aver bevuto e aver buttato lontano la bottiglia, ormai vuota.
–Concentratevi, non possiamo sbagl…-.
Venne interrotto da un urlo disumano. L’uomo-orso correva verso di loro ad una velocità impressionante, negli occhi una luce omicida.
–Pensate intensamente a Yuma!- gridò Kite.
Tori chiuse gli occhi e fece come le era stato detto.
Occhi cremisi, capelli blu notte, frangia rossa, sorriso smagliante.
–Yuma-.
All’improvviso sentì un piccolo dolore all’altezza dell’ombelico e non sentì più nulla.
Quando finalmente Tori riuscì ad aprire gli occhi, la prima cosa che vide furono rocce rosse. Non sentendosi più tanto indolenzita, si alzò in piedi e si accorse di essersi svegliata un attimo dopo i ragazzi, che erano già in piedi e stavano osservando il luogo in cui erano capitati.
–Ma dove…?- provò a chiedere Tori, ma le parole le morirono in gola.
Davanti ad un’immensa scalinata, quattro figure si stagliavano minacciose di fronte a loro.
–No…-.
Durbe, Mizael, Alit e Gilag.
Shark li aggredì immediatamente.
–Razza di bastardi, dove avete messo…- ma si interruppe improvvisamente.
Kite, Four, Three e con loro Tori, alzarono leggermente lo sguardo. Una rampa di scale si allungava notevolmente formando un piano, sopra al quale si sosteneva a mezz’aria una sottile lastra di pietra.
Quando vide il motivo dell’interruzione di Shark, Tori emise un gemito strozzato. Sembrava quasi che dormisse, se non fosse stato per i due enormi tagli che gli attraversavano l’avambraccio. La divisa di scuola era strappata, mentre la parte di viso non in ombra era ricoperta di graffi.
Tori cadde in ginocchio, sotto gli sguardi sconvolti dei ragazzi.
–No…- disse, le lacrime che le cominciavano a rigare il volto.
Perché lì, in un lago di sangue e ferite, c’era Yuma.
-Astral, svegliati dannazione!-.
Il Numero Originale spalancò gli occhi.
Gheia era sopra di lui, gli occhi che mandavano dei lampi di avvertimento. Quando si alzò a sedere, la vide mettersi in piedi di scatto e rivolgergli un angoscioso –Stai bene?-.
Astral rimase interdetto e Gheia, accortasi solo in quel momento di quanto fosse stata affettuosa, si ricompose.
–Riesci ad alzarti almeno? Ti ricordo che stiamo perdendo del tempo prezioso per salvare Yuma Tsukumo-.
Astral sentendo il nome di Yuma, annuì e si alzò in piedi, ancora un po’ incerto.
–Quel dolore… lui non può essere ancora vivo. Dovrebbe… dovrebbe essere…-.
Rabbrividì. Se quello che aveva percepito prima non era stato un’allucinazione oppure un gioco scorretto della sua mente, doveva cominciare a temere il peggio.
Ma la vista di Gheia che lo guardava a metà tra l’angosciato e il distaccato, lo fece rinsavire.
–Non posso pensarci ora. Ora è Yuma la persona di cui devo preoccuparmi-.
Con Gheia, si avvicinò al portale blu. Nonostante tutto ciò che gli era successo nell’ultima ora, il portale sembrava essere rimasto immutato. Astral si avviò deciso verso di esso, quando sentì Gheia a pochi passi dietro di lui esclamare dalla sorpresa. Si girò verso il punto indicato dagli occhi di Gheia e quello che vide lo fece retrocedere di un passo.
Alla sinistra del portale, era comparsa una strana creatura, per metà lupo e per metà umano. Il corpo era quello di un uomo, mentre la testa e la zampa sinistra erano quelle di un lupo. Gli occhi erano di un giallo inquietante, così glaciali che Astral si sentì in soggezione non appena il mostro si rivolse a lui.
–Alla fine sei arrivato, Colui che Protegge-.
Astral cercò di rimanere lucido.
–Sì, sono arrivato. Tu sei il guardiano del portale?-.
–Sì, sono io-.
Fu Gheia a parlargli questa volta.
–Noi dobbiamo assolutamente attraversare quel portale. Sei venuto a fermarci, per caso?-.
Il tono che aveva adottato era molto formale, quello di un generale che dà gli ordini alle sue truppe.
Educato e rispettoso, ma allo stesso tempo duro e con una nota di avvertimento.
Il mostro scosse la testa.
–Il mio compito non è fermare chi entra, ma controllare chi entra. Chiunque voglia attraversare il portale deve avere un nobile motivo. Deve dimostrare che è disposto a molto pur di attraversare il portale e dovrà quindi pagare in qualche modo. E poi, cosa più importante, deve avere la chiave giusta-.
L’ultima affermazione mise agitazione ad Astral, che cominciò subito a temere di non avere la chiave, quando si ricordò delle parole di Gheeb.
–Per quanto riguarda un nobile motivo, noi ce l’abbiamo- dichiarò Gheia.
–Dobbiamo salvare un innocente da morte sicura. Siamo quindi disposti a fare qualsiasi cosa, purché sia ragionevole ovvio. Riguardo alla chiave…-.
Astral disse, sorprendendola –Abbiamo anche quella-.
Mostrò sia alla principessa che alla strana creatura l’anello dorato che portava al dito.
–Sì, è quella la Chiave Astrale. Mi domando come tu abbia fatto ad averla, Protettore-.
–Non è mia- ammise Astral –ma dell’amico che sto andando a salvare. E’ sua e ho tutte le intenzioni di ridargliela-.
–Allora l’ultima cosa che dovete fare per poter passare è questa: ognuno di voi due mi deve dare il permesso di scandagliare la vostra mente. Le vostre passioni, i vostri segreti, i ricordi nascosti sotto le coperte del tempo. Mi dovrete concedere una parte d voi stessi-.
Astral era pronto a fare questo ed altro per Yuma, anche se non si fidava di quella strana creatura.
Gheia però, non sembrava essere dello stesso parere.
–Dovrei darti il permesso di vedere dentro di me?- domandò, scettica e glaciale.
–Non so se riservi questo trattamento a tutte le persone che cercano di attraversare questo portale, ma tu di certo non sei nessuno per ricattarmi in questo modo. Non credo che saresti felice se ti ritrovassi nella nostra situazione, o forse lo saresti. Non sembri una creatura con un passato molto eccitante-.
La creatura rispose con un tono di voce calmo, anche se leggermente adirato.
–Per passare attraverso il portale è questo il pegno che devi pagare. Tutti devono aprirsi, perché solo liberando sé stessi si è più consapevoli e, quindi, più forti e preparati ad affrontare le difficoltà della vita. Un tempo anche tu eri così, Gheia figlia di Gheeb. Forse qualcosa è cambiato, in te?-.
Astral vide benissimo che l’ultima domanda aveva lasciato Gheia spiazzata, facendole abbassare lo sguardo, frustrata. Il mostro si rivolse allora ad Astral.
–Tu sei pronto, Protettore?-.
–Perché continui a chiamarmi Protettore?- chiese Astral.
La creatura scosse la testa.
–Non spetta a me dirtelo. Ora, se sei pronto, dammi la Chiave Astrale. Dopo che mi avrai aperto la tua mente e se anche la tua amica avrà fatto lo stesso, vi aprirò il portale e potrete attraversarlo-.
Astral fece un respiro profondo. Alla fine era arrivato. Avrebbe salvato e rivisto Yuma.
Diede l’anello alla creatura, mosse un passo verso il portale e… sentì una voce chiamarlo.
“ASTRAL”.
Si bloccò.
–Ma questa voce… Yuma!?-.
Vide Gheia aprire la bocca per dire qualcosa, ma non ebbe il tempo di sentirlo. Si sentì sollevare e in un attimo si ritrovò nel buio più completo, nella mente l’immagine della bocca di Gheia aperta per dire chissà cosa.
Quando Astral aprì gli occhi, temette di essere morto di nuovo.
Intorno a lui non vi erano altro che rocce rosse. Ve ne erano di tutti i tipi e una più appuntita dell’altra. Si ricordò all’improvviso di essere già stato in quel posto, quando aveva raggiunto Yuma nella stanza in cui lo tenevano legato e capì di trovarsi nel Mondo Bariano.
Si alzò, la mente che andava a mille.
Perché Yuma lo aveva chiamato? E da quando ne era capace?
Si guardò intorno. Anche se il paesaggio di base del Mondo Bariano era pressoché uguale, come nel il Mondo Astrale del resto, la stanza un cui si trovava era diversa da quella che aveva visto l’ultima volta.
La sala in questione era molto ampia e l’elemento principale era un’enorme e lunghissima scalinata che percorreva tutta una parete verticale. Astral venne distratto da delle voci mentre stava ancora rimirando la magnificenza della sala.
–Ma… Astral!?-.
Quest’ultimo si voltò.
–Astral!-.
Tori gli corse incontro e, se non avesse saputo che era incorporeo, Astral era sicuro che l’avrebbe abbracciato all’istante. –Tori!- esclamò, non meno sorpreso della ragazza.
Poi notò che insieme a lei c’erano anche Four, Three, Shark e Kite.
–Ma cosa ci fate voi qui?-.
Tori stava per rispondergli, quando venne interrotta da una stridula risata, che rimbombò nella sala.
–Che bello, la famigliola riunita tutta insieme! Che tenerezza!-.
Astral si voltò.
–Vector- disse, cercando di controllare la rabbia nella propria voce.
–Dove si trova Yuma e cosa gli avete fatto?-.
Vector lo guardò divertito.
–Dove si trova Yuma, dici?-.
Si spostò un poco e Astral capì che non sarebbe mai riuscito a dimenticare quell’immagine.
Yuma era a malapena riconoscibile. Le vesti strappate, la pelle sporca di lordume e sangue, sembrava reduce da una battaglia di chissà quale genere. Il viso era coperto anch’esso di sangue e graffi, mentre il braccio… il braccio era semplicemente orrendo. Due tagli slabbrati e ricoperti di pus e sangue gli attraversavano l’avambraccio, rendendolo più gonfio del normale.
Astral dovette rendere conto a tutto il proprio autocontrollo per non saltare immediatamente al collo di Vector.
–Che cosa gli avete fatto?- chiese, serrando le mani a pugno per contenere la rabbia che, lo sentiva, gli stava divorando l’animo.
Vector scoppiò a ridere sonoramente.
–Niente di che, puoi stare tranquillo!-.
–Niente di che?- chiese questa volta Shark, reprimendo a stento la rabbia.
Astral si accorse che tutti i cinque ragazzi erano estremamente infuriati, perfino Tori aveva uno sguardo rabbioso nei confronti di Vector.
–Proprio niente di che- ripeté Vector.
–Diciamo che non darà fastidio per un po’!-.
–Astral-.
Astral si guardò intorno, cercando con lo sguardo l’origine della voce.
Tori e gli altri ragazzi si agitarono, mentre i bariani si lanciavano occhiate sospette.
–Astral non sei contento di rivedermi?-.
Davanti allo spirito astrale prese forma una creatura mostruosa, tanto che Astral sentì Tori emettere un gridolino di paura. Non appena l’ombra assunse la sua vera forma, Astral si sentì morire.
Antichi ricordi gli tornarono in mente, mentre finalmente si rendeva conto di chi aveva davanti.
Morte, sangue, sofferenza.
–Don Thusand- sussurrò, preda del più profondo sgomento.
L’ombra accennò ad una risata, l’occhio rosso al centro del ventre che brillava di morte.
–Tanto tempo è passato, vero Astral? O forse dovrei dire… Ral?-.
Gente, eccomi qui di nuovo! Scusate lo stra-mega-super-extragalattico ritardo, ma ci sono stati un po’ di intoppi (che non starò qui a citare perché potrei finire domani -.-). Allora, vi starete chiedendo dove sia il TUTTI CONTRO TUTTI che vi avevo promesso. Mi spiace, ma ho dovuto rimandarlo al prossimo capitolo perché altrimenti il capitolo per intero l’avreste visto come minimo tra un mese! (vi prego, non mi puntate contro i bazooka, cerco di fare del mio meglio! *faccia da angioletto*). Che devo dirvi? Yuma se la rischia brutta, diciamocelo francamente. Come avrà fatto a resistere a tutte le cattiverie di Vector? Poi, Astral è finalmente arrivato (senza Gheia O.O) e ha trovato una brutta sorpresa ad attenderlo. E infine, Tori e Co. sono arrivati e pure quell’uomo orso non ha scherzato. Sempre che sia stato battuto… E poi, che cosa voleva dire quando ha indicato Kite? Vi lascio con questa domanda: non vi sembra che manchi qualcuno? *faccia furbettissima* A presto e recensite eh! Bye bye
Ps= Se a qualcuno interessa, ho pubblicato una nuova fanfiction su Percy Jackson che aggiornerò a breve. Si intitola “Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo –La figlia di Era-“.
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Capitolo 13 *** Rex (seconda parte) ***
Aprì piano gli
occhi.
Aveva la mente vuota, nessun pensiero
ad attraversarla.
Buio totale.
Non si ricordava nemmeno il proprio nome.
Quando
però sentì una piccola, ma lancinante fitta al
braccio, tutto gli tornò in
mente, gelido come una secchiata d’acqua in
pieno inverno.
Si agitò sulla lastra di
pietra, cercando di abituarsi all’accecante rosso delle rocce.
Percepiva che
qualcosa stava avvenendo, qualcosa di enorme e di antico. Molto antico.
Cercò
di liberarsi dalle catene, ma era talmente debole da non riuscire
nemmeno a
tenere gli occhi aperti per più di un minuto.
Sentì all’improvviso qualcosa
stringergli fortemente il braccio. Se avesse avuto anche un minimo di
energia,
probabilmente avrebbe urlato dal dolore, ma ridotto il quelle
condizioni non
riuscì ad emettere nemmeno un gemito strozzato.
–Stai fermo. Non ci servi, per
ora. Nell’attesa… torna
nell’oblio-.
E Yuma chiuse gli occhi.
Quel nome ebbe un effetto fulminante
su Astral, come se
qualcuno all’improvviso l’avesse scaraventato
contro ad un muro lasciandolo lì
agonizzante.
Ral!?
–Ral… Ral…-.
–Ral…-.
–Cosa c’è Ast?-.
–Ho paura. E… e se vengono a prendere pure noi?
Non voglio non
vederti più. Non posso e basta. Ti prego, non fare come
papà, o come mamma. Non
lasciarmi solo-.
–Ast… vieni qui. Allora, cosa ti ho detto mille
volte?-.
–Che…
che tu non mi… non mi lascerai mai. Che mi proteggerai
sempre e che non permetterai
mai a nessuno di farmi del male o di separarci-.
–Esattamente. Ti ho mai detto
bugie io?-.
–Mai-.
–E non te le dirò nemmeno ora, Ast. Io e te saremo
sempre
insieme. Sempre, perfino la morte non riuscirà mai a
separarci. Se continuerai
a credere in questo Ast, vedrai che non avrai più paura-.
–Promesso?-.
–Promesso, Ast. Promesso-.
Astral si premette una mano sul
petto, cercando
di calmare il ritmo del proprio respiro.
Che cos’erano quelle ALTRE memorie?
Come era possibile che ci fosse un’altra parte del proprio
passato che ancora
gli era sconosciuta?
Aveva riconosciuto se stesso in quella visione, un ragazzo
del suo stesso aspetto sdraiato su un pavimento di legno ,
probabilmente nel
tentativo di addormentarsi. Non era riuscito però a
riconoscere l’altra figura
presente nel ricordo. La voce era nitida, infantile e familiare, ma il
volto
era completamente sfocato e Astral non era riuscito a visualizzarlo.
–Che cosa
mi sta succedendo?-.
–Allora Ral…
finalmente dopo tanto tempo ci ritroviamo faccia a faccia. Non sei
contento di
poterti vendicare, dopo secoli e secoli di attesa?-.
La voce di
Don-Thousand lo riportò bruscamente alla realtà,
disorientandolo.
–Di cosa stai
parlando? Quale vendetta?-.
Una gelida risata parve abitare le rocce.
–Giusto, ora ricordo. Ast ancora non ha
completa coscienza di sé e quindi… non la hai
nemmeno tu. Che scherzo del
destino, non trovi Ral? Essere condannato sempre ad una vita a
metà tra il
presente e il passato, senza mai conoscersi fino in fondo. Quando tu
eri
rimasto così amareggiato dalla morte di Ast, così
deciso a vendicarlo…-.
Il
tono era passato dall’iniziale finto dispiaciuto ad un tono
canzonatorio, con
una leggera punta di crudele ironia. Astral strinse i pugni. In quel
momento,
si sentiva pervaso da diversi sentimenti contrastanti.
Da una parte, avrebbe
voluto farla finita immediatamente e sfidare Don-Thousand a duello, per
concludere quello che non era riuscito a portare a termine secoli fa.
Dall’altra parte invece, voleva prolungare il dialogo con lo
spirito bariano.
Voleva saperne di più, sul proprio passato e anche sul
quello di Don-Thousand.
Aveva la sensazione che ci fosse ancora un mistero da risolvere intorno
alla
figura demoniaca.
E poi, doveva guadagnare tempo. Dalle facce confuse che
avevano Tori e gli altri, era chiaro che non riuscivano a sentire
Don-Thousand
e che non avevano idea del dialogo che stava avvenendo in quel momento.
Per di
più, doveva trovare una soluzione al più
presto.
Yuma sembrava stare davvero
male e riusciva a vedere una specie di aura bariana intorno al suo
corpo, che a
volte compariva e a volte spariva, come ad intermittenza. E la cosa non
lo
tranquillizzava affatto.
-Ora che
finalmente sei qui, possiamo andare avanti nella nostra… ah,
piccola
incomprensione. Non trovi?-.
–Se voglio portare Yuma, Tori e gli altri
fuori da qui, devo procedere cautamente. Un solo passo falso e tutto
potrebbe
saltare in aria. Gioca le tue carte, Astral- pensò il Numero
Originale.
–Prima
però voglio sapere una cosa-.
Disse, con tono falsamente fermo –Se il tuo
obbiettivo sono sempre stato io, perché hai coinvolto Yuma?
Che senso portarlo
qui, e… renderlo inoffensivo?-.
Mentre poneva l’ultima domanda, gli si incrinò
la voce.
Yuma non era stato solo “reso inoffensivo”.
Da dove si trovava, Astral
non riusciva nemmeno ad accertarsi se stesse respirando o meno. Il viso
candido
e infantile era di un pallore mortale e la sporcizia che lo ricopriva
sembrava
sangue rappreso. Sempre che non lo fosse.
Probabilmente, Don-Thousand sembrò
percepire la sua ansia, e si concesse una piccola risata di scherno,
mentre
rispondeva marcando ogni parola.
–Ahh,
Ral… anche se sei uno stratega di modesta elevazione, te lo
concedo, non sei
mai andato oltre quello che ti premeva di più, mandando
all’aria tutti i piani
creati dalla tua mente geniale. Perché portare Tsukumo Yuma
qui, mi chiedi.
Lascia che ti risponda nel modo più diretto possibile. Lui
mi serve, mi serve e
mi servirà in una maniera che tu, Astral ,non puoi nemmeno
immaginare. Mi serve
per vari motivi, uno dei quali, bè… non
pretenderai mica che te lo dica io, non
trovi Astral?-.
Non ce ne era bisogno, purtroppo.
Già da prima che
Don-Thousand lo dicesse quasi apertamente, Astral aveva capito
perfettamente.
Nel momento in cui lo disse, lasciò che la rabbia
trasparisse dalla propria
voce e che si riversasse fuori, in modo da danneggiare,
metaforicamente, quella
maledetta ombra.
–Come esca. Hai catturato Yuma e lo hai torturato nelle
più
oscure profondità del tuo mondo solo per attirarmi qui.
Sapevi che il mio
ricordo sarebbe rimasto vivido nella mente di Yuma e lo hai sfruttato
per non
farmi morire e per farmi arrivare qui. Sei un…-.
–Ottimo Ral, ottimo. Devo darti
ragione per quanto riguarda la tua
prima deduzione. Ma per quanto riguarda la seconda,
bè… non ho marchiato a vita
Yuma Tsukumo per attirare te. L’ho fatto per altri motivi.
Vedi, ti sei mai
accorto del fatto che Tsukumo Yuma fosse un po’ speciale, per
essere un
umano?-.
Astral rabbrividì.
–Speciale? Cosa intendi con questo?-.
Quando
Don-Thousand si decise a parlare, il tono da lui utilizzato sembrava
leggermente deluso, come se si aspettasse una risposta e non altre
domande. E
Astral cominciava a stufarsi di essere preso in giro in quel modo.
–Hmm… non te sei mai
accorto? Non ti sei mai
posto domande del tipo "Ma da dove la prende tutta questa energia?"
oppure "Come fa a non essere soggetto al marchio bariano?-. Ma la
domanda più
importante è: -Come è possibile che, al mio
arrivo sulla terra, io non sia
riuscito ad impossessarmi del corpo e della mente di Tsukumo Yuma, come
tutti
gli altri Numeri?" In fondo, tu sei la loro incarnazione, il Numero
Originale. E
allora perché non ci sei riuscito?-.
Astral avrebbe tanto voluto saper
controbattere, ma in quel momento sembrava aver perso la
capacità di parlare.
Quelle domande rappresentavano per lui un punto interrogativo fisso,
come un
promemoria. Non riusciva a trovare delle risposte e questo lo faceva il
più
delle volte impazzire. L’unica possibile risposta
l’aveva trovata riguardo
all’inesauribile energia di Yuma.
Fino ad allora, avendo imparato a conoscere
bene il ragazzo, si era convinto che la sua energia fosse dovuta alla
sua
incredibile forza di carattere, nonché di animo, ma ora la
stessa domanda posta
da Don-Thousand lo aveva gettato in una confusione dalla quale sembrava
impossibile uscire.
Trattenendosi dal prendersi la testa tra le mani, rispose
–Sì, me le sono poste. E non mi interessa trovare
delle risposte, non ora
almeno. Quello che mi interessa ora è sapere cosa hai fatto
a Yuma e perché.
Poi ti distruggerò e porterò Yuma via da qui-.
Don-Thousand lo fissò, l’occhio
al centro del ventre che si muoveva a scatti, in un modo che Astral
vedeva come
maniacalmente inquietante.
–La tua
determinazione è sminuita Ral. Un tempo eri
più… combattivo. Ti risponderò,
visto che non uscirai vivo da questo mondo-.
Si abbandonò ad una leggera
risata. Astral strinse i pugni.
–Sarò
diretto con te, Ral. Yuma Tsukumo mi serve perché
sarà proprio lui ad indicarmi
la via per l’ottavo Numero!-.
Astral sobbalzò dalla sorpresa.
–Ottavo
Numero, hai detto?-.
–Esatto, Ral. Tu e
Tsukumo Yuma lo stavate cercando, prima del duello contro Numero 96. Il
giorno
voi lo cercavate e la notte, mentre tu pensavi all’interno
della Chiave,
mandavo Vector a prelevare del sangue dal corpo di Yuma. Credevo che
potesse
contenere qualche indizio in più, visto che si trovava a
così stretto contatto
con te. Invece, ho trovato qualcosa di meglio.
Ho trovato nel suo sangue tracce
di gliisa, la polvere millenaria
che
conferisce potere alle carte Numero. Anche se in quantità
davvero minima, era
nel sangue di Yuma Tsukumo. La gliisa è
una sostanza particolare, Ral. Vedi, la cosa più importante
che devi sapere è
che la gliisa è la
sostanza
principale del Numeron Code-. Astral sbarrò gli
occhi.
–Gliisa…-.
Purtroppo
sapeva cosa era. E anche cosa significava.
–Vuol dire che… Yuma può…-.
–Esatto- lo interruppe
Don-Thusand.
–Yuma Tsukumo non solo può portare alla
localizzazione dell’ottavo Numero, ma può indicare
dove è nascosto. Yuma
Tsukumo è la chiave per arrivare al Numeron Code!-.
-Che mondo di merda!-.
Shira si rialzò dopo l’ennesima
caduta.
Quelle maledette rocce erano tremendamente scivolose e i suoi stivali
con i tacchi alti non miglioravano la situazione.
Adorava quegli stivali di
pelle nera.
Erano perfetti per lei, le calzavano alla perfezione. Erano
aderenti e si fermavano poco prima del ginocchio. Davanti, erano
decorati con
dei lacci anch’essi neri, mentre il tacco era di poco
separato dalla suola e
alto come minimo 15 cm. Più volte si era fermata ad
osservare il proprio
riflesso nelle rocce e quello che aveva visto non le era piaciuto. Il
suo volto
era sì, bello, ma non era il suo.
E, per quanto le piacesse indossare delle
maschere e specialmente se farlo provocava la disperazione di qualcuno,
non
riusciva a non rimpiangere il proprio vero volto. Le uniche persone che
la
conoscevano di persona dicevano sempre che il suo volto sembrava quello
di un
assassino. Lui lo diceva sempre.
Arrivò su una roccia più in alto rispetto alle
altre e si fermò per fare il punto della situazione.
–Secondo quello che mi ha
detto lui, dovrei essere quasi arrivata. Allora… dovrei
essere a qualche minuto
dalla sala principale. Lui mi ha detto che se avrei attivato il potere
racchiuso nell’anello avrei potuto vedere per una sola volta
la strada.
Vediamo…-.
Strofinò piano l’anello contro il palmo della sua
mano. In men che
non si dica, si sentì attraversata da una leggera scossa e
davanti a lei
presero vita delle immagini un poco confuse.
Altre rocce.
Una lunga scala.
Uno
strapiombo.
Quando quella specie di visione terminò, Shira si
appoggiò alle
rocce, con un leggero accenno di fiatone.
–Cominciamo già, cazzo?-.
Strinse le
mani a pugno, sentendo il freddo del metallo contro la pelle. Lui
l’aveva avvertita,
ma non si aspettava comunque che l’effetto collaterale fosse
così rapido. A
quanto pare doveva stare più attenta del previsto.
Fece un respiro profondo e
riprese il controllo di sé.
–Avanti Shira- di disse. –Sei quasi arrivata. Ora
non ti resta altro che seguire la strada che hai visto e…-.
Si interruppe.
Qualcosa si stava avvicinando, facendo tremare la roccia sulla quale
Shira si
era fermata.
Senza pensarci un attimo, estrasse il pugnale dallo stivale e si
appiattì come un gatto. Un’ombra gigantesca la
sovrastò, impedendole la visuale
completa del paesaggio. Shira strinse i denti. Sentiva i battiti del
proprio
cuore aumentare vertiginosamente, creando un debolissimo rumore sordo.
–Per
fortuna che sono qui sopra- pensò la ragazza.
Senza fare rumore e sfruttando
l’addestramento ricevuto, si sporse un minimo e
gettò un’occhiata sotto di sé,
sul piccolo sentiero di roccia. E quello che vide per poco non la fece
esclamare dalla sorpresa. A meno di due metri dalla sua postazione
sopraelevata, una creatura davvero strana stava camminando lentamente
per il
sentiero.
–E questo che cosa sarebbe?- si chiese piano Shira.
La creatura era
per metà uomo e per metà orso, letteralmente. La
parte inferiore, gambe, bacino
e torace erano umani e così il suo braccio destro. La testa
e l’altro braccio
invece, erano quelli di un orso. Gli occhi erano di rosso acceso,
inquietante
quanto in qualche modo attraente. Mentre lo vedeva avanzare lento ma
deciso
lungo il sentiero e svoltare l’angolo, Shira tenne
costantemente la mano
stretta sul manico del suo pugnale.
Quando finalmente il mostro sparì dalla sua
visuale, Shira si alzò in piedi.
–Interessante… dove starà mai andando
quella
specie di ibrido?- si chiese, pensierosa.
Era chiaro che non frequentava tanto
quei luoghi. Il suo passo era incerto sulle rocce scivolose e sembrava
seguire
quella strada guidato più dall’istinto che da
altro. Possibile che qualcuno
l’avesse chiamato?
–Se fosse così, possono averlo chiamato solo i
bariani. Sono
gli unici ad avere almeno un minimo di potere in questo mondo. Ora
rimane
scoprire perché l’hanno chiamato. Di certo non
l’avranno fatto perché vogliono
compagnia, anche perché ci sarebbe da ridere parecchio-.
All’idea, non riuscì a
non sorridere.
–Quindi posso supporre che gli serva qualcuno, o meglio
qualcosa, che li aiuti a giostrarsi in inferiorità numerica.
Se la mia
supposizione è vera, allora…-.
Rimase per un attimo ad osservare i riflessi
rossi delle rocce.
Quell’immagine le fece ricordare quando lui l’aveva
trovata,
sola, coperta di sangue e con solo una camicia da notte come vestito.
Aveva
quattro anni allora e quando lui l’aveva presa con
sé, aveva giurato che mai
nessuno l’avrebbe più separata da lui.
La prima notte, dopo averla lavata e
dato dei vestiti puliti, l’aveva fatta sedere davanti ad un
camino con in mano
un vassoio pieno di cibo. Aveva mangiato come non faceva da mesi e si
era ingozzata
come un animale. Lui non aveva detto niente, limitandosi a
fissarla.
Quando
però aveva visto che era sazia, le aveva rivolto
un’unica e semplice domanda.
–Vuoi vendicarti di chi ti ha ridotto a vivere come una merda
a soli quattro
anni?-.
Lei si era fermata.
I suoi pensieri si erano arrestati, il suo corpo
aveva smesso di muoversi e il suo sguardo era corso a lui, ai suoi
occhi. Di un
castano inquietante, quasi neri. Bellissimi, sembravano due soli
durante
un’eclissi lunare.
E quando li aveva visti, aveva perso coscienza di sé.
Sì, lo
voleva con tutta se stessa, voleva fargliela pagare, perché
lei meritava di
meglio, lei era speciale. Un giorno, sarebbe stata lei a vederli
agonizzanti
nel fango e avrebbe riso.
Le sue labbra si erano aperte ed era uscita dalla sua
gola un’unica parola.
–Sì-.
Chiuse gli occhi. Rimise il pugnale nello stivale e
si calò il cappuccio del mantello sulla testa.
–Sto arrivando fratello-.
Saltò
giù dalla roccia e si mise all’inseguimento del
mostro.
–La festa sta per avere
inizio!-.
Yuma era immerso nel nero
più totale.
Gli sembrava di essere
sospeso nel vuoto.
Il corpo non rispondeva e la sua mente pareva persa in mille
pensieri, mentre invece di essi nemmeno uno la attraversava.
Si guardò intorno,
confuso.
–Quanto mi piacerebbe rimanere qui per sempre-
pensò, chiudendo gli
occhi.
Quel posto gli faceva pensare alla morte. Ma vista in quel modo, non
capiva perché tutti ne avessero paura.
Niente preoccupazioni, niente dolore,
niente angoscia.
Perfino niente scuola.
Eppure, c’era qualcosa nell’aria.
Qualcosa di dolce, ma allo stesso tempo di amaro. Un’ombra di
rimpianto.
Chi
non rimpiangeva la vita?
Nessuno e Yuma non faceva eccezione. In qualche modo,
sentì dentro di sé la nostalgia. Gli sarebbero
mancati il sole, il cielo, gli
alberi. Ma anche gli amici, i duelli, i rimproveri di sua sorella
quando faceva
tardi, Astral…
Già, Astral. Gli sarebbe
mancato Astral? E lui, Yuma, gli sarebbe mancato?
–Domande, domande e domande.
La mia vita ormai è abitata solo da domande senza risposta-.
Però, una risposta
ce l’aveva.
–Astral… tu mi mancherai sempre, ovunque io sia.
Mi hai insegnato
molto sui duelli e non solo. Mi hai insegnato molto sulla vita e
ora… voglio
rivederti. Te ne sei andato all’improvviso e hai sofferto
molto per salvarmi.
La morte arriverà anche per me, ma… voglio ancora
vivere e voglio farlo con te.
Voglio farlo per te!-.
Yuma sentì un boato intorno a sé.
A fatica, si costrinse
ad aprire gli occhi e a riprendere coscienza del proprio corpo. Una
sottile
striscia di fumo dorato gli si avvicinò e, sotto lo sguardo
sorpreso di Yuma,
cominciò ad assumere una strana forma. Quando la luce
diminuì, Yuma rimase
senza parole.
Davanti a lui vi era il volto di un uomo. Il fumo dorato si
interrompeva nella formazione delle spalle, che erano larghe e robuste.
I
tratti del viso erano netti e spigolosi, ma nel loro insieme armoniosi.
I
capelli erano lunghi, arrivavano fin sotto al collo ed erano coperti da
un
cappuccio che pareva…
-Pelle di lupo dorata!?- pensò esterrefatto Yuma.
Gli
occhi erano l’unica cosa minimamente normali. Erano scuri, di
un castano caldo,
il colore del tronco di una quercia in estate.
-Finalmente ti posso vedere, Luce-.
Yuma stava per chiedere –E tu
chi saresti?- ma, al suono della voce dell’uomo, tutti i
buoni propositi
sparirono, sostituiti dall’incredulità e
dall’astio.
–Ma tu sei la voce che non
mi dà tregua da settimane!- esclamò, con tono
accusatorio.
L’uomo si limitò ad
annuire, facendo indispettire Yuma ancora di più.
-Era necessario, Luce. Dovevi cominciare a
ricordare le tue origini e
l’unico modo era farti arrivare qui-.
Yuma disse, un poco esasperato –Non
sei stato tu a portarmi qui! E’ stato quell’idiota
di Vec…-.
Yuma sbarrò gli
occhi.
–Non mi dire che…-.
L’uomo annuì.
-Dovevi
ricordare, l’Ombra stava per risorgere e tu, Luce, servivi.
Il Numero Originale
ti aveva lasciato una benedizione, sacrificandosi per te. Saresti
rimasto sulla
Terra, protetto dal potere distruttivo dei Guerrieri Rossi, ma non
avresti mai
riscoperto le tue vere memorie. Così, sono entrato nella tua
mente e,
sfruttando la gliisa nel tuo sangue, ho annullato la tua protezione-.
Yuma
stava stringendo le mani così forte che le nocche gli erano
diventate bianche.
–Sei
stato tu che hai permesso a Vector di catturarmi? Praticamente, mi stai
dicendo
che, se non fosse stato per te, ora sarei ancora sulla
terra?-.
–Era necessario,
ma…esatto-.
Yuma si
sentì mancare.
Si osservò il braccio. A causa dei due tagli che lo
attraversavano, era irriconoscibile.
–Mi stai dicendo che… che…-.
Cercò di
mollargli un pugno, ma attraversò il volto
dell’uomo senza minimante turbarlo.
–MI STAI DICENDO CHE E’ COLPA TUA SE SONO STATO DUE
SETTIMANE PRIGIONIERO DI
VECTOR A FARMI TORTURARE!?- urlò, la mente occupata solo
dalla rabbia.
–Ma hai
idea di cosa ho passato!?- continuò, le mani che
tremavano.
–Mi sembrava di
impazzire ogni santo giorno, credevo che sarei morto lì
dentro, su quella
maledetta lastra! Ho patito le pene dell’inferno, sopportato
dolore e
umiliazioni senza pari, sono stato perfino posseduto da un libro e
tutto per
farmi ricordare che in una mia vita passata ero lo schiavo di Vector!?
Ma ti
sei bevuto il cervello?-.
L’uomo non disse niente. Si limitò ad osservarlo,
negli occhi la più sincera curiosità mista
a… nostalgia!?
–Non sei cambiato, Ast. Sei sempre
il solito ragazzo sincero e
testardo-.
Yuma si bloccò improvvisamente.
–Ma tu… tu come… noi… tu non
puoi conoscermi! Non ti… non ti ho mai visto in vita
mia!-.
L’uomo continuò ad
osservarlo, questa volta con un timido sorriso ad illuminargli
maggiormente il
volto.
–Io e te ci conosciamo, Ast. Tu ancora
non ricordi, ma il nostro è sempre stato un rapporto un
po’… conflittuale. Non
posso rivelarti io quello che lui ti deve dire, ma… sappi
solo che presto
arriverà per te il momento del ritorno a casa. Potrai
rivedere la tua gente,
Kiari, Kumaru e potrai finalmente riabbracciare la tua vera patria-.
Yuma
rimase con la bocca aperta, le mani ancora scosse dai tremiti.
–Aspetta, frena
un secondo- cercò di dire, ma l’uomo lo
precedette.
–Ora però non possiamo
parlare di questo, Ast. Sono venuto a svegliarti
e a ricordarti perché devi uscire da questa prigione di
rabbia e dolore-.
–In
cui mi hai imprigionato tu- borbottò Yuma, ma
l’uomo non sembrò aver sentito.
–Devi svegliarti e tornare alla vita. Io
posso aiutarti a farlo però, solo se accetti di fare un
cosa-.
Yuma rimase
in silenzio, il volto illuminato dai riflessi dorati
dell’uomo.
–Dovrai ricordare-.
Yuma rispose,
diffidente –Non so se lo hai mai notato, ma non posso
comandare i ricordi. Loro
vengono quando più ne hanno voglia e io non posso farci
nulla-.
–Ma sentiti-
pensò –Sei davvero poco credibile-.
L’uomo questa volta rise piano. La sua era
una risata genuina, limpida e per un istante a Yuma venne da sorridere.
Solo
per un istante però.
–Ast, io posso farti
ricordare. Sarò io a guidare i tuoi ricordi fino a farli
visualizzare nella tua
mente. Quello che devi fare, è solo accettare il peso e le
conseguenze che
queste memorie porteranno. La vita che hai fino ad ora conosciuto
cambierà per
sempre. Devi scegliere: puoi rimanere qui, senza preoccupazioni e in un
oblio
pari alla morte, oppure tornare alla vita e rischiare il tutto per
tutto-.
Yuma
avrebbe tanto voluto che il suo cuore scegliesse la prima opzione, come
la sua
mente del resto, ma sapeva benissimo che non sarebbe mai avvenuta una
cosa del
genere. In fondo, non era ancora pronto a lasciare le persone per lui
importanti. O forse, non lo sarebbe mai stato. Così, con il
cuore che batteva a
mille, si rivolse allo strano quanto affascinante uomo.
–E va bene- disse
sospirando.
–Tanto scommetto che lo sapevi già, conoscendomi.
O sbaglio?-.
Come
da lui previsto, l’uomo scosse la testa, sorridendo.
–Non sbagli, Ast. Dopo che avrai
recuperato le memorie, esse prenderanno
una forma-.
Yuma lo interruppe –Una forma!? I ricordi non
possono avere un
forma!-.
L’uomo sospirò e continuò come se il
ragazzo non avesse detto nulla.
-Dovrai seguirle e raggiungermi. Non potrò
aiutarti ulteriormente, però. La sua presenza sta diventando
troppo invadente
perfino per me. Buona fortuna, Ast. Che il Sole ti protegga-.
Yuma spalancò
la bocca.
–Che il Sole ti protegga!? Ma che saluto è?-.
Ma l’uomo si stava già
dissolvendo.
–Ti darò ancora un
po’ di
energia, poi spetterà a te. Arrivederci Ast-.
–Un po’ di energia?- ripeté
il ragazzo.
–Ma quindi eri tu a darmi tutta quell’energia
mentre ero semi
incosciente nel Mondo Bariano! Perché?-.
Il fumo dorato scomparve del tutto,
mentre rimbombava ancora l’eco del saluto dello strano uomo.
–Almeno dimmi come
ti chiami!- urlò Yuma.
Non ricevette risposta. Sospirò, esasperato.
–Memorie…
ricordare… come faccio a ricordare? Non posso di certo
ordinare loro di
mostrarsi!- pensò il giovane duellante.
Proprio non riusciva a capire. Il suo
dialogo con lo strano uomo con la pelliccia di lupo dorata
l’aveva parecchio
turbato. Prima di tutto, lui proprio non lo conosceva quel tizio. Non
sapeva
nemmeno il suo nome! Non aveva capito quasi nulla di quello che aveva
detto.
Tutto quel discorso sul fatto di rivedere la sua vera casa, Kumaru e
Kiari… e
poi come faceva a sapere delle sue memorie che li riguardavano? Che gli
avesse
rubato le visioni dalla mente?
–E poi gliisa… che accidenti è la
gliisa?-
borbottò Yuma confuso.
–Ora capisco quado Astral diceva sempre che non avere la
memoria è come camminare in un labirinto…-.
Strinse i pugni. Proprio ora che
riusciva a comprendere meglio cosa animava Astral, doveva ritornare da
lui.
Un lungo e stretto sentiero.
Delle strane
incisioni.
Una grande luce bianca.
–Le altre memorie!-.
Una luce accecante
ingoiò il buio.
E Yuma aprì gli occhi.
-Stai mentendo!- disse con tono
falsamente controllato
Astral.
–Yuma è solo un ragazzo con un’innata
energia e che insieme a me ti
rigetterà nelle tenebre da cui provieni!-.
–Ma
davvero?- chiese con tono ironico Don-Thousand.
–E come credi di poterlo liberare? Yuma è
circondato da un involucro di
energia bariana e quindi è per te inaccessibile! Sei senza
deck Astral. Non ne
hai uno tuo e quello di Yuma Tsukumo non è qui. Sei
completamente isol…-.
Una
freccia bianca gli sfiorò il viso, facendolo ammutolire. Un
boato attraversò il
cielo violetto del Mondo Bariano. Tutti, perfino i bariani e
Don-Thousand,
alzarono lo sguardo. Una lunghissima striscia argentea
attraversò gli
innumerevoli sentieri di roccia e atterrò proprio davanti ad
Astral. Quando la
luce si dissolse, lasciando intravedere la figura fino a pochi secondi
fa
illuminata, lo spirito astrale represse un’esclamazione di
gioiosa sorpresa.
Davanti a lui, l’arco puntato nuovamente contro Don-Thousand,
c’era Gheia. Gli
occhi ridotti ad una fessura, sembrava contemplare Don-Thousand come un
cane
contempla una lepre ferita.
–Quindi tu saresti Don-Thousand- osservò con
evidente disprezzo.
–Il bastardo protettore degli abitanti di Barian. Ti
conviene liberare immediatamente Yuma Tsukumo, se non vuoi assaggiare
la punta
della mia freccia-.
Don-Thousand era rimasto molto sorpreso dall’entrata,
Astral dovette ammetterlo, davvero teatrale di Gheia, ma non appena la
vide
avvicinarsi, sorrise. Era terrificante. –Bene,
bene… finalmente un vero
abitante del
Mondo Astrale. Ho sentito molto parlare di te, Gheia figlia di Gheeb.
Le tue
imprese ti precedono, così come il tuo carattere…
volubile. Devi aver
sopportato, e devi farlo tutt’ora, un grande dolore. Lo vedo
nel tuo animo, il
senso di colpa misto al rimpianto. Ma non preoccuparti: io ti capisco-.
Astral
si accorse subito del cambiamento di umore quasi immediato di Gheia,
che da
guardinga passò ad un atteggiamento rabbioso.
–Cosa ne può mai sapere un mostro
come te di cosa siano il senso di colpa e il rimpianto? Tu non sai
nemmeno cosa
voglia dire vivere! Sei un mostro, un essere nato dall’odio
degli uomini! Cosa
pretendi di sapere? Nessuno potrà mai capire quello che
provo ogni secondo
della mia vita, men che mai tu!-.
Lasciò che la freccia incoccata volasse verso
l’occhio nel ventre di Don-Thousand, ma questi la
deviò con un gesto quasi
impercettibile della mano fatta d’ombra.
–Ma
io posso capire, mia cara principessa. Io sono l’odio, la
rabbia e il rancore,
il rimpianto. Tu, insieme ai tuoi sentimenti contrastanti, sei come un
libro
aperto per me-.
Gheia contrasse la mascella, una nuova freccia incoccata
nell’arco. Astral capì che doveva agire al
più presto, prima che la situazione
degenerasse. Lanciò un rapido sguardo a Yuma. Respirava a
fatica.
–Yuma…-.
Si
costrinse a voltare di nuovo lo sguardo su Don-Thousand. Vector e gli
altri
bariani erano immobili, mentre Tori e gli altri quattro ragazzi si
guardavano
intorno confusi.
–Il conflitto nel quale siamo tutti coinvolti, volenti o
meno,
riguarda solo me e te- disse.
–Non vedo il motivo di..-.
–Tu non vedi l’evidenza,
Astral- lo interruppe Don-Thousand.
–Il conflitto di cui parli si fonda su una
cosa sola: trovare il Numeron Code. Sarei uno stupido se mi lasciassi
sfuggire
la chiave per trovarlo, dopo secoli di ricerche-.
Si voltò, avvicinandosi
al corpo quasi senza vita di Yuma. Protese una mano verso il suo volto,
i
lunghi artigli neri che sembravano lame.
–Non toccarlo!- intimò Astral, mentre
sentiva lo schiocco dell’arco di Gheia, segno che la
principessa aveva scoccato
una nuova freccia contro Don-Thousand.
Quest’ultimo si girò, un ghigno folle
stampato sul volto scuro.
–Altrimenti
cosa fai Ral? Scappi come hai fatto l’ultima volta, lasciando
Ast morire mentre
invocava inutilmente il tuo nome?-.
Quella risposta sarcastica fu come uno
schiaffo per Astral, che barcollò
all’indietro.
–Ral aiutami ti prego! Non ce la faccio!-.
–Ast, io non… io…-.
–Aspetta, dove vai? Non lasciarmi Ral! Ral! RAL!-.
Sotto lo sguardo
spaventato di Gheia e dei ragazzi, Astral cadde in ginocchio, oppresso
dalla
prepotente forza di quei ricordi. Cominciò a rabbrividire.
–Io… Ast…-.
Don-Thousand si concesse una piccola risata liberatoria.
–Ora lo ricordi, Ral? Il senso di
colpa, la paura della morte, la
viltà. Tutti sentimenti umani, ma a causa dei quali hai
perso tuo fratello!
Potevi aiutarlo, mai hai preferito salvarti la pelle. Sei solo un
vigliacco
Ral. Non sei mai stato in grado di badare a te stesso e il tuo caro
fratellino
è dovuto morire al posto tuo!-.
–Astral!- gridò allarmata Gheia.
–Io… è
colpa mia…-.
Gli sembrava di sprofondare nella roccia e in parte lo desiderava
ardentemente.
Era un mostro. Scappando, lo aveva abbandonato.
Anche se i
ricordi erano notevolmente confusi, le sensazioni che stava provando
erano
vivissime e gli bruciavano l’animo.
–Cosa ho fatto?- pensò inorridito.
–Ast…
fratello mio…-.
-Grazie
Astral. Ti
ringrazio profondamente. Ma ora dimmi: come stanno Utopia e Yuma? Il
ragazzino
non sembra più nemmeno vivo, per quanto è ridotto
male-.
Quella
voce familiare
riportò Astral bruscamente alla realtà, facendolo
alzare di slancio.
–Bentornato- disse piano
Don-Thousand.
Astral fece qualche passo indietro e Gheia gli si affiancò.
–E ora chi abbiamo
qui? Un’ abitate del Mondo Astrale… sono
ricomparso proprio al momento giusto
allora-.
Astral represse un moto rabbia.
Davanti a lui, Numero 96 lo guardava
con sguardo strafottente, le braccia incrociate e le gambe leggermente
piegate.
–Tu sei il Numero Irregolare, suppongo- notò
Gheia, l’arco puntato contro la
gola di 96.
Il Numero non possedeva più il potere di Chaos e quindi il
suo
aspetto fisico era tornato quello che era in origine, ovvero una forma
oscura
di Astral. Il Numero annuì, gli occhi di tutti puntati su di
lui. Astral si
voltò verso i ragazzi. Forse non si accorgevano della
presenza di Don-Thousand,
ma Astral era certo che riuscissero a vedere Numero 96.
Nei loro occhi vi era
puro sconvolgimento.
–Esatto occhi-verdi. Io sono Numero 96, Nebbia Oscura. E
tu sei Gheia, vero?-.
L’ultima domanda fece insospettire ancora di più
la
principessa, che chiese –E tu come fai a saperlo?-.
Numero 96 si mise a ridere,
sotto lo sguardo sorpreso di Gheia.
–Mia cara, io sono rinato giusto dieci
minuti fa grazie alla disperazione e alla rabbia di Astral. Questo mi
ha permesso
di accedere ad alcuni ricordi di Astral, inclusi quelli che ti
riguardano. La
vostra amicizia è stata davvero molto tragica!-.
Gheia esclamò
furiosa –Come osi…?-, mentre
anche Astral si ritrovò a guardarlo in cagnesco, animato da
una nuova rabbia
sorda.
Il Numero sorrise provocatore.
–Comunque, non sono qui per te-.
Si
rivolse ad Astral.
-Don-Thousand mi ha
promesso che se ti avessi sconfitto, avrei potuto ottenere un potere
perfino
più potente del potere Chaos. Chissà, magari una
nuova forma di Zexal…-. Lanciò
una veloce occhiata a Yuma.
–E poi, ovviamente, avrei la certezza della tua
definitiva scomparsa Astral. Sarai presto tu ad essere una mia pallida
imitazione!-.
Astral fece un ulteriore passo indietro.
–Devo portare Yuma via da qui
subito!-.
–Duella contro di me Astral! Se perderai, prometto di avere
pietà di
Yuma!-.
Astral stava per ribattere, ma Gheia lo anticipò.
–Le tue promesse
valgono meno di quelle di un bariano- disse, disgustata ma decisa.
–Se vuoi
duellare contro Astral, dovrai vedertela anche con me-.
Non aveva più l’arco
tra le mani, ma lo aveva rimesso sulle proprie spalle.
Era bellissima.
Numero
96 rimase in silenzio per qualche minuto, per poi sorridere e dire
–Benissimo.
Sarà un piacere ancora più grande sconfiggere te,
vedere la disperazione negli
occhi di Astral e poi annientarlo!-.
–Questo è da vedere- sibilò
Gheia.
Astral
si agitò nervoso.
–Come faccio a spiegare a Gheia che senza il deck di Yuma io
non posso duellare? Questo Numero 96 e Don-Thousand lo sanno
benissimo… mi
stanno incalzando. Ma se non cerco di contrastarli in qualche modo,
faranno del
male a Yuma. Sono incappato in una strada senza uscita!-.
Come da conferma,
Numero 96 si mise a sogghignare sommessamente.
–Lo sarà eccome, occhi-verdi.
Astral, potrai finalmente mostrare alla principessa le tue
abilità come
duellante. Cosa aspetti a tirare fuori il tuo deck? Ah, giusto. Tu non
ce l’hai
un deck!-.
Gheia lo osservò interrogativa, ma all’improvviso
Astral percepì lo
sconcerto di Don-Thousand.
–Ma… no, non
può essere! Questa energia… NON PUO’
ESSERE LUI!-.
Il corpo di Yuma si
illuminò di una luce abbagliante, seguita da un piccolo urlo
strozzato di Tori.
Astral sentì Vector esclamare –Tu?- prima di
vederlo fare un balzo indietro,
seguito dagli altri bariani.
–Ma cosa succede?- urlò Gheia, per farsi sentire
dal frastuono che si era creato.
Per tutta risposta Astral chiuse gli occhi.
Quando intorno a lui tutto tornò silenzioso, aprì
gli occhi.
Yuma era in piedi,
circondato da un alone di luce bianca. Sembrava stare bene, la solita
determinazione negli occhi, tranne per un insolito particolare, che
lasciò
tutti i presenti a bocca aperta. Ai piedi di Yuma, precisamente
all’altezza dei
suoi fianchi , vi era un maestoso lupo dorato.
Yuma si
era
divertito un mondo, doveva ammetterlo.
La faccia di Vector lo aveva ripagato di
tutte quelle settimane passate tra la vita e la morte.
Subito dopo aver avuto
quello strano e snervante dialogo con l’uomo-lupo, si era
risvegliato di colpo.
La vista gli era tornata e così la consapevolezza di essere
a meno di un metro
da Vector. Si era reso subito conto della presenza di Don-Thousand e
degli
altri bariani. E anche di qualcos’altro, qualcosa di
doppiamente familiare.
–Ricorda la tua scelta…-.
La voce di
quell’uomo l’aveva destato dai suoi lugubri
pensieri e Yuma si era detto –Ora o
mai più!-.
Aveva sentito il proprio corpo illuminarsi e un attimo dopo si era
alzato.
“I tuoi ricordi prenderanno una
forma”.
–Adesso sarebbe il momento opportuno…-.
Non aveva nemmeno finito di
formulare il pensiero, che un fumo dorato era partito dal suo corpo per
addensarsi, creando un lupo dagli occhi castani alto fino al suo
bacino. E
adesso che avrebbe dovuto fare?
–Perfetto! Ma perché ci sono sempre lupi? Questo
non può essere un caso!- borbottò, cercando di
non essere imbarazzato dalla
presenza dell’animale, che dal canto suo rimaneva immobile,
quasi come
aspettasse un suo ordine.
Yuma si girò verso Vector, conscio di doversi
sbrigare.
–Peccato che l’effetto sorpresa duri
così poco- pensò.
Stava per
scatenare il lupo contro il bariano, quando…
-YUMA!-.
Il ragazzo si girò
immediatamente, trovandosi i suoi occhi puntati contro.
Vivo. Era vivo.
Allora
Don-Thousand non aveva mentito, alla fine.
–Astral… tu sei…VIVO!-.
In quel
momento si dimenticò di tutto: dell’incontro con
l’uomo-lupo, della promessa
che gli aveva fatto, di Vector, Don-Thousand, perfino del lupo dorato
accanto a
lui. –ASTRAL SEI VIVO! ASTRAL!-
. Sentì delle lacrime calde solcargli il viso.
–Yuma!- urlò Astral.
Il giovane duellante ci mise qualche secondo per capire
che il grido di Astral non era un grido di gioia, ma di avvertimento.
Fece
appena in tempo a scostarsi prima di andare ugualmente a sbattere
contro una
palla nera di energia, che lo mandò a sbattere per
terra.
–Yuma!-.
La voce di
una ragazza.
–Questa…questa è… Tori!?-
pensò, ancora dolorante.
–Vector, cosa significa? Come ha
fatto il
ragazzo a risvegliarsi?-.
Don-Thousand sembrava più arrabbiato del
previsto. Alla risposta incerta e in qualche modo ridicola di Vector,
Yuma
sorrise.
–Ecco… forse il sonnifero non era abbastanza,
credo…-.
–Sei un incapace!-.
Yuma si rialzò a
fatica, pronto per correre da Astral e duellare con lui, ma appena
cercò di
avvicinarsi allo spirito astrale, il lupo dorato gli sbarrò
la strada,
mostrando i denti. “Ricorda la tua
scelta…”.
Yuma si maledisse.
–Ma perché prometto sempre cose impossibili
alle persone?-.
Doveva arrivare al trono. Da lì, avrebbe dovuto staccare il
secondo pilastro a sinistra. Avrebbe dovuto percorrere delle scale,
arrivare
davanti a due stanze…
-Mi devo sbrigare-.
Lanciò un ultimo sguardo disperato ad
Astral, cercando di infonderci tutta la propria impotenza.
–Astral perdonami se
non vengo ad aiutarti, ma purtroppo devo prima fare una cosa-.
Senza perdere
tempo, si lanciò con tutto il proprio corpo contro Vector.
Il bariano, preso
alla sprovvista, venne scaraventato per terra. Dopodiché,
ignorando gli sguardi
dei presenti, Yuma si diresse correndo verso il trono di pietra,
seguito a
ruota da quel lupo inquietante.
-Yuma, ma
cosa
fai?- urlò Shark, cercando di farsi sentire
dall’amico.
–Finirà per farsi
ammazzare se continua così!- esclamò Four.
–E non sarebbe una novità- commentò
invece Kite.
Tori si tappò le orecchie con le mani. Non ne poteva
più di
tutto…QUELLO.
Appena arrivati nell’enorme sala, Tori aveva subito avuto
l’impellente bisogno di scappare via. Si era sentita
oppressa, quasi soffocata
da quelle enormi rocce e da quei riflessi rossastri che parevano
sangue. Aveva
poi visto i bariani ed era certa che il suo cuore avesse perso un
battito. Alla
luce delle rocce, sembravano dei demoni usciti dall’inferno.
Un’esclamazione di
Three l’aveva poi fatta girare e l’immagine di uno
Yuma steso quasi morente su
quella lastra l’aveva sconvolta. Era scivolata sulla pietra,
inondando
quest’ultima di lacrime amare.
Perché? Perché lui? Che cosa aveva fatto di
male, si poteva sapere? Era un reato ora essere buoni, coraggiosi ed
altruisti?
Era rimasta a piangere in ginocchio, senza nemmeno il coraggio di
alzare lo
sguardo verso i suoi amici, conscia del fatto che anche loro stessero
lottando
contro l’impulso di saltare al collo dei bariani. Dopo quelle
che le erano
sembrate ore, il silenzio più totale rotto soltanto dai suoi
singhiozzi, aveva
sentito un forte boato provenire dal cielo. Aveva alzato gli occhi,
titubante e
un’immensa luce li aveva inondati.
Una scia azzurrina si era riversata sulla
pietra rossa, sotto lo sguardo sorpreso di tutti e in un attimo era
comparsa
l’ultima persona che Tori si sarebbe aspettata di vedere.
Vedendolo, non era
riuscita a trattenersi e gli era corsa incontro urlando tra le lacrime
il suo
nome.
–Astral!-.
Lui si era girato, ancora leggermente confuso, ma appena
l’aveva vista anche i suoi occhi si erano riempiti di
autentica gioia. Si erano
salutati ed erano pronti a salvare insieme Yuma, quando la temperatura
nella
sala era scesa improvvisamente e Astral era…
impallidito?
Tori non era sicura
del fatto che un essere astrale potesse impallidire ulteriormente, ma
era
sicura del fatto che in quel momento la luce emanata da Astral fosse
notevolmente diminuita, fin quasi a scomparire del tutto. I bariani
sembravano
essere come pietrificati, ma sia Tori che Shark e gli altri non erano
riusciti
a capirne il motivo. Da quel momento, la situazione si era in qualche
modo
stabilizzata. Nel senso che era rimasta immutata per più di
mezz’ora. I bariani
immobili, Astral in una posizione innaturale, lo sguardo fisso in un
punto e i
muscoli tesi, e un’opprimente sensazione di paura.
Quando Tori credeva di stare
per impazzire, aveva visto una luce blu illuminare il cielo rosso e
viola del
Mondo Bariano e un attimo dopo, l’atmosfera inquietante che
si era creata era
stata infranta. I bariani avevano emesso delle esclamazioni di
sorpresa, la
paura era scomparsa, almeno in parte, e Astral era tornato presente a
sé
stesso. In un attimo, la luce era scomparsa e…
bè… perfino Four per una volta
era rimasto senza una battuta sulle labbra.
La ragazza accanto ad Astral era
bellissima, a quanto pareva un’astrale come lui. Il piccolo
seno era coperto in
parte dai lunghi capelli mossi e portava un arco bellissimo a tracolla.
Gli
occhi erano simili a quelli di Astral, tranne per l’occhio
sinistro di un verde
cristallino. Si era avvicinata ad Astral e si era rivolta rabbiosamente
anche
lei verso un punto indistinto. Poi, improvvisamente, Tori aveva
percepito una
sensazione di malessere talmente forte che si era dovuta allontanare,
seguita
dai ragazzi, per arrivare fino ai confini della sala. Avevano sentito
la
ragazza astrale urlare e poi Astral era caduto in ginocchio, circondato
da un
fumo nero talmente denso da sembrare roccia. Si era sentita una risata
agghiacciante perforare l’aria e, giusto in una manciata di
secondi, era
comparso.
Identico ad Astral, aveva stampato sulla faccia quell’orrendo
ghigno
così simile a Vector ed emanava un’aura
terribilmente putrefatta. Numero 96,
Astral e Gheia avevano parlato per un po’, fino a che non era
successo
l’impensabile. Yuma si era risvegliato e sembrava stare bene,
sempre se si
eliminavano i due orrendi tagli che gli attraversavano il braccio.
Ovviamente,
nessuno si sarebbe mai aspettato che con lui ci fosse anche un lupo,
d’oro per
di più, e Tori non era riuscita a trattenere uno strillo. Si
era però subito
ripresa e il suo cuore si era rassicurato.
–Ora che Yuma è salvo, Astral può
combattere con lui e noi possiamo aiutarlo a sconfiggere i bariani e
Numero
96!-.
Aveva sentito accanto a sé Three rivolgersi agli altri
ragazzi.
–Andiamo
da Yuma presto!-.
Ma a quanto pare quella tremenda avventura non doveva ancora
finire, perché non avevano potuto fare nemmeno due passi
avanti che avevano
visto Yuma scagliarsi contro Vector, per poi voltarsi e salire sul
trono
seguito dal lupo dorato. Ora Tori non sapeva davvero cosa
pensare.
–Yuma! Cosa
fai? Per l’amor del cielo, torna qui!-.
–Maledizione Yuma, sei sempre il solito
impulsivo!- gridò Shark, mettendosi a correre in direzione
del ragazzo.
Tori e
gli altri fecero per seguirlo, ma improvvisamente Shark si
bloccò.
–Voi non
andrete proprio da nessuna parte- disse piano Durbe.
Lui e gli altri tre
bariani si posizionarono davanti ai ragazzi, bloccando loro ogni via di
fuga.
–Questo
è da vedere- ribatté il ragazzo.
Tori vide Kite fare un passo avanti, in
direzione di Mizael. Three e Four si posizionarono rispettivamente
davanti ad
Alit e Gilag.
Rimasta l’unica con la possibilità di salvare
definitivamente
Yuma, Tori non perse un attimo e, dopo essersi scambiata uno sguardo di
intesa
con Shark e Kite, si mise a correre veloce in direzione del trono di
roccia. Prima
però che potesse mettere anche un solo piede sul primo
scalino, sentì una
profonda voce familiare apostrofarla malamente.
–Sei tu la feccia umana che mi ha rubato il geny?-.
La ragazza si voltò.
Davanti a lei, imponente come un
grattacielo, vi era il mostro con la faccia da orso che avevano
affrontato poco
prima. Per un istante valutò la possibilità di
mettersi a correre, ma dovette
subito cancellarla. Anche se fosse riuscita ad evitare quelle zampe
mostruosamente grandi e letali, il mostro la batteva in
velocità e purtroppo
non poteva farci nulla. Ingannarlo? Tori non credeva che dopo
l’ultima bravata
di Kite il mostro avrebbe abbassato la guardia. Quindi
l’unica era…
-Devo
affrontare questo mostro! Non posso scappare in eterno e poi in questo
modo
metterei Yuma ulteriormente in pericolo. Dopo che lo avrò
sconfitto in un
duello, potrò andare a salvare Yuma-.
Una vocina nella testa le disse, subdola
–E se non riesci a batterlo? In fondo non sei una grande
duellante, hai
duellato solo per una mattinata. Perdendo tutti i duelli contro Rio,
per
giunta. Non hai speranze di battere un mostro simile-.
Tori si fermò.
–Oh, sta
zitta!-.
Si rivolse falsamente sicura al mostro.
–Sì, esatto sono io. Sei
venuto a prenderti la rivincita muso peloso?-.
Il mostro ringhiò selvaggemente
e Tori si chiese se non avesse esagerato.
–Sciocca,
ti pentirai delle tue offese!-.
Fece comparire sul proprio braccio sinistro
un duel-disck marrone scuro, la forma allungata che si restringeva
verso l’interno
dell’avambraccio. L’occhio sinistro gli
illuminò di rosso, in un luccichio
inquietante. Tori fece un bel respiro.
–Tocca a me ora-.
Prese il suo
duel-gazer e il suo normalissimo duel-disck grigio dalla borsa che
portava a
tracolla. Se li mise, le mani tremanti, e gridò insieme al
mostro –DUELLIAMO!-.
Il mostro sorrise malignamente.
–Comincio
io. Pesco! Evoco subito sul terreno Orso
d’Ascia di livello 3! Dopodiché, avendo
sul terreno un Orso d’Ascia posso
evocarne un altro direttamente dalla mia mano.
Vieni, secondo Orso d’Ascia! A
questo
punto, quando ho due o più mostri di livello 3 o inferiore
posso evocare grazie
al potere speciale dei miei mostri un altro mostro di livello 3 o
inferiore:
vieni, mio terzo Orso d’Ascia!-.
Tori
trattenne a stento un gemito di terrore. Quel mostro dalla faccia di
orso aveva
tirato fuori tre mostri nel suo primo turno!
–Dopo tutti i duelli di Yuma che
ho visto, credo di sapere cosa vuole fare…-.
–Sovrappongo i miei tre Orsi
d’Ascia di livello 3! Con questi tre mostri creo
una rete di
sovrapposizione: Evocazione Xyz! Appari Geshu
–Orso delle Ombre-!-.
Davanti a Tori prese forma un orso gigantesco.
Nero, con gli occhi rossi, sembrava un demone. Portava una pesante
armatura
d’acciaio con delle aperture per le quattro zampe possenti e
in quella sinistra
anteriore aveva una lancia molto lunga, nera con un rivestimento in
stoffa
viola.
–Ha 2600 punti di attacco!- pensò sgomenta Tori,
preparandosi al peggio.
–Anche se non è un Numero, è un mostro
potentissimo! Come faccio a
sconfiggerlo?-.
Si preparò a pescare, ma l’uomo-orso non aveva
finito.
–Attivo subito un suo effetto: se
questo
mostro viene evocato nel mio primo turno, il mio avversario subisce 500
punti
di danno! Questo è per il mio geny,
umana!-.
Un raggio rosso partì dalla lancia del mostro, colpendo Tori
e spedendola a
terra. Mentre la ragazza si rialzava faticosamente, i suoi life points
scesero
a 3500.
–Ora capisco cosa prova Yuma quando viene provocato dai suoi
avversari.
Mi fa una rabbia…-.
Si fermò, sorpresa di sé stessa. Quindi era
questa la
grinta che animava i duellanti durante i loro duelli? Guardò
l’uomo-orso dritto
negli occhi.
–Non cantare vittoria! Il duello non è finito! E
ora tocca a me:
pesco!-.
L’ultima cosa che vide e che per poco non la fece strozzare,
fu
l’ombra di Vector dirigersi verso uno Yuma in corsa.
-Ma
quanto sono
ripide queste scale?-.
Yuma si appoggiò piano ad un pilastro di roccia,
ansimando.
Da sotto non sembravano così faticose da scalare. Prima che
il lupo
lo trascinasse ringhiando di nuovo in quella corsa sfrenata,
gettò un rapido
sguardo sotto di sé. Astral si preparava a duellare contro
Numero 96 e sembrava
molto preoccupato. Era affiancato da una ragazza molto simile a lui,
anche lei
un’astrale. Yuma non sapeva cosa pensare. Chi era quella
ragazza e cosa
c’entrava con Astral? Si costrinse a voltare lo sguardo,
perché se fosse
rimasto ad osservare impotente Astral, non avrebbe saputo resistere e
sarebbe
corso ad aiutarlo. Quando però voltò lo sguardo,
il cuore gli rimase in gola.
–Shark!?-.
E Kite, Three, Four?
–Ma… da dove…?
Come…?-.
Quando si era
svegliato, non aveva proprio fatto caso a loro, preoccupato solo per
Astral e
oppresso dalla sua promessa all’uomo-lupo. E
ora…
-Ma cosa ci fanno loro qui? E
poi… Tori. Dov’è Tori?-.
La cercò, in quell’andirvieni di mostri e luci,
finché
non la trovò. Sporca di fango e polvere, stava duellando
contro un mostro per
metà uomo e per metà orso. Sembrava in svantaggio
e…
-ASPETTA. Tori duella!?-.
Senza
pensarci un solo istante, fece dietrofront e si mise a correre in
direzione
della ragazza.
–Tori, Tori!-.
Lei non sembrò sentirlo, ma prima che potesse
anche solo minimante farlo, Yuma dovette fermarsi improvvisamente. Il
lupo
dorato gli era davanti e ringhiava talmente forte che gli tremavano le
zampe.
-Ricorda la tua scelta… Hai
promesso, Ast.
La promessa di un re è Legge-.
–La promessa di un re… legge…
piantala di
entrare nella mia testa!- urlò Yuma, al limite della
esasperazione.
Il lupo lo
costrinse ad indietreggiare.
Yuma guardò i propri amici. Desiderava moltissimo aiutarli,
ma sentiva contemporaneamente un fortissimo desiderio di
andare oltre quel mistero che ormai, doveva ammetterlo, lo aveva
incuriosito
fino a un punto di non ritorno.
–Ragazzi, vi aiuterò promesso! Dopo che
avrò
risolto questo mistero, verrò di corsa da voi.
Resistete!-.
Si apprestò a
seguire nuovamente il lupo, quando una voce gli fece gelare il sangue
nelle
vene.
–La corsetta finisce qui, Yuma-.
Vector gli si parò dinanzi, bloccandogli
la via. Il lupo dorato ringhiò, ma il bariano non
sembrò curarsene.
–Abbiamo
giocato fin troppo, non ti pare? Smettiamola e facciamo un
po’ i seri-.
Assottigliò gli occhi fino a farli diventare due fessure, il
ghigno scomparve
dal suo viso, sostituito da un’espressione fredda e
calcolatrice. Yuma
indietreggiò, tendendosi tra le mani il braccio ferito. Non
appena era comparso
Vector, i tagli avevano cominciato nuovamente a dolergli, procurandogli
fitte
lancinanti. Deglutì, il terrore che gli serrava la gola in
una stretta mortale.
-Cosa faccio ora? Cosa faccio?-.
–Ragazzino, vuoi indietreggiare a vita? Le scale non sono
infinite-.
Yuma si
voltò di scatto.
Di fronte a lui stava la ragazza più strana che avesse mai
visto.
Avrà avuto all'incirca 16 anni ed era più alta di
lui, anche se forse senza quei tacchi sarebbe risultata più
bassa. I lunghi capelli neri mossi le arrivavano fin quasi alle
caviglie, come
una lunghissima cascata nera. Il volto aveva un che di affilato, ma
allo stesso
tempo sembrava uscire da una rivista di moda. Gli occhi contornati da
una
matita nera erano di un verde acceso, smeraldino ed erano perfettamente
abbinati con un paio di orecchini verdi. Indossava una canottiera nera
molto
aderente, che metteva in risalto il piccolo seno.
Non arrivava a coprire tutta
la pancia, lasciandole scoperto l’ombelico e i fianchi.
Indossava degli shorts
anch’essi neri e molto consumati, retti sul ventre piatto da
una sottile cinta
metallica. Infine, le scarpe erano degli stivali di pelle piuttosto
lunghii, i lacci neri
sporchi di polvere e terriccio, con dei grandi tacchi piuttosto alti.
Yuma
rimase a fissarla per un minuto buono, conscio del fatto che anche il
bariano
stesse facendo lo stesso.
–Allora, vuoi vivere? Spero di sì,
perché non ho
tutto il giorno-.
Yuma ci mise qualche secondo per capire che la misteriosa
ragazza si stava rivolgendo a lui.
–Io ehm… ecco… certo che voglio
vivere!-.
La
ragazza sorrise ironica.
–Allora ce l’hai un po’ di grinta, al
contrario
dell’aria da angioletto che ti ritrovi. Ora ci sono io e puoi
finire quello che
hai cominciato. Questo pagliaccio con le ali lo sistemo io-.
–Ma chi è questa
ragazza?- si domandò inquieto Yuma.
La sua attenzione venne catturata dal lupo
dorato, che indicava con il muso il trono di rocce.
“Ricorda la tua scelta”.
La ragazza si voltò verso Vector.
–Bene
bariano, mi dispiace interrompere la tua festicciola, ma ora dovrai
vedertela
con me-.
Vector dal canto suo la osservò, guardingo.
–E tu chi saresti,
un’altra amichetta del ragazzino?-.
La ragazza rise, una risata troppo gelida per
una ragazza così giovane.
–Amichetta? Puoi chiamarmi così se ti aiuta ad
accettare la sconfitta. Ora, vogliamo cominciare oppure vuoi rimanere
qui a
sfoggiare il tuo bel gonnellino?-.
Yuma vide nitidamente Vector contrarre la
mascella. Sembrò sul punto di dire qualcosa, ma
all’ultimo momento sembrò
ripensarci.
–Ti schiaccerò dopo, ragazzina. Ora mi devo
occupare di qualcun
altro-.
Fece per voltarsi verso Yuma, ma un laccio rosso intorno al suo polso
lo bloccò. Yuma esclamò sorpreso.
Un gancio dei duelli?
–Cosa significa?-
ringhiò Vector.
La ragazza inclinò la testa leggermente verso destra, negli
occhi il divertimento più puro.
–Tesoro carissimo, nessuno si può permettere di
voltarmi le spalle dopo che gli ho lanciato una sfida. Volente o meno,
duellerai contro di me e verrai sconfitto. A te la scelta del
modo-.
Vector
sibilò, frustrato.
–E va bene, vuol dire che ti schiaccerò ora.
Preparati,
stupida ragazzina!-.
Lei sorrise, per poi rivolgersi nuovamente a Yuma,
visibilmente sorpresa.
–Ragazzino, tu non dovresti essertene andato già
da un
po’? Da quel che ho capito, hai da fare perciò io
mi sbrigherei. Lo dico anche
per i tuoi amici-.
L’ultima frase fece fare a Yuma un salto. Senza nemmeno
rivolgere un saluto alla strana ragazza, si mise a correre verso il
trono,
guidato dal lupo dorato. Arrivato davanti al trono, staccò
il secondo spuntone
a sinistra. Improvvisamente, la roccia sotto i suoi piedi
cominciò a muoversi,
fino a creare una profonda spaccatura.
Yuma deglutì.
–Non posso più tirarmi
indietro ora. Ok, vado. Ora vado e…-.
–YUMA!-.
Il ragazzo si girò. Si vide
arrivare in faccia il suo “materiale da
duelli”.
Giusto un secondo per
riprendersi, ed ecco che un’altra voce lo fece saltare.
–Tsukumo Yuma,
prendi!-.
Qualcosa di duro e freddo lo colpì proprio sul naso,
mandandolo per
un attimo in confusione. Quando si fu ripreso, guardò a
terra. Vi erano il suo
duel-disck e duel-gazer, il suo deck ed extra-deck e anche…
-La mia Chiave
dell’Imperatore!-.
Quando Astral era morto, la chiave era scomparsa con lui e Yuma
aveva creduto di averla persa per sempre. Raccolse il ciondolo e se lo
mise al
collo, per poi passare a raccogliere le altre cose ed a posizionarle
nel loro
solito posto.
Quando si girò, non poté fare a meno di
sorridere. Tori gli
sorrideva a sua volta radiosa, con il pollice alzato in segno di
solidarietà.
Appena la vide, Yuma capì che era stata lei a lanciargli il
deck.
–Grazie Tori!
Prometto di tornare, tu intanto non ti arrendere!-.
Yuma non era sicuro che le
sue parole l’avessero raggiunta, ma lei sorrise e gli
gridò qualcosa del tipo
–Energia al massimo!-.
Poi si girò vero l’uomo-orso e un lampo di luce,
probabilmente di un altro duello, la oscurò alla vista del
ragazzo.
C’era
un’ultima cosa, però.
Yuma si voltò dall’altra parte e si
ritrovò l’unico
occhio verde della ragazza astrale puntato nei suoi. Quello sguardo
aveva un
che di intimidatorio e sembrava avvertirlo.
“Ti conviene fare al meglio quello
che devi, non vanificare gli sforzi miei e di
Astral”.
–Grazie- disse piano
Yuma, stringendo piano tra le mani la chiave dorata.
Quasi come se l’avesse
sentito, lei annuì, per poi concentrarsi sul duello
imminente contro Numero 96.
Prima di buttarsi nel vuoto però, Yuma doveva farlo. Lo
doveva a lui e a sé
stesso.
Spostò di poco lo sguardo e in un secondo un occhio color
topazio
estremamente familiare gli si parò davanti. Era sofferente,
Yuma lo percepiva.
Era confuso, un poco spaventato, ma più che altro era
duro.
Sembrava dire: “Ho
capito che c’è qualcosa che ti riguarda che non mi
hai detto. Tu stesso mi
dicesti una volta che da amici bisogna dirsi tutto, Yuma. Quando tutto
questo
sarà finito, mi dovrai spiegare ogni cosa”.
Il ragazzo rabbrividì. Non aveva
dubbi sul fatto che Astral fosse preoccupato per lui, eppure quello
sguardo lo
metteva comunque in soggezione.
–Astral non guardarmi così. Ti prometto
che…
che quando avrò risolto questo mistero, ti
spiegherò tutto! Per ora però… devo
scoprire chi sono veramente, se Ast o Yuma. E poi devo anche scoprire
chi sei
tu per me, se un amico oppure… oppure un fratello-.
Guardò Astral negli occhi,
cercando di fissarsi quello sguardo penetrante nella testa. Poi, senza
voltarsi
indietro, saltò nella spaccatura, l’immagine di
Astral ancora nitida.
-YUMA!-.
Astral
chiuse gli occhi.
Quando aveva visto Yuma svegliarsi, credeva che almeno una
parte dei loro guai fosse finita. Purtroppo aveva dovuto ricredersi.
Dopo un
primo momento di assoluta felicità, nel quale Yuma lo aveva
riconosciuto ed era
intenzionato ad aiutarlo, era arrivata
l’incredulità più totale. Yuma si era
voltato e insieme a quel dannato lupo dorato si era messo a correre
verso il
trono rosso.
All’inizio Astral non era riuscito ad accettarlo. Ma che
stava
facendo Yuma? Dopo tutto quello che lui aveva passato per salvarlo,
scappava
così senza nemmeno avvertirlo in qualche modo? Che gli
passava per la testa?
Era stato tentato di seguirlo, ma poi la ragione aveva avuto la meglio
sul suo
essere impulsivo e si era ricordato di Gheia e del loro duello con 96.
Ultima
cosa a sorprenderlo definitivamente, era stato vedere Gheia sfilarsi
dal dito
l’anello dorato che Astral credeva di aver perduto nel
portale del Mondo
Astrale e lanciarlo a Yuma. Come per il deck lanciato da Tori,
l’anello era
magicamente volato fino a Yuma e nel tragitto, con enorme sgomento del
Numero
Originale, si era trasformato nella Chiave dell’Imperatore.
Ed ecco spiegato
che cosa aveva voluto intendere il Seme quando parlava di una
chiave.
Ora era
lì, praticamente in trappola.
Non poteva più seguire Yuma ormai. Dopo che il
ragazzo, insieme al lupo, si era buttato nella crepa, Astral aveva
visto nitidamente
la roccia richiudersi sopra di loro. Ovunque fosse Yuma in quel
momento, era
fuori dalla sua portata. E inoltre, aveva visto il deck di Yuma
attaccato alla
cintura del ragazzo, quindi non poteva duellare.
Cosa avrebbe fatto ora? Ad
abbandonare il duello e lasciare Gheia sola, Astral proprio non ci
pensava. Ci
doveva per forza essere un’altra soluzione, anche se ora gli
era invisibile.
“Lo
potrai usare”.
Una voce. Una voce strana, calda, rassicurante. Era diversa da quella
del Seme, era… familiare?
–Chi sei e cosa potrò usare?- chiese Astral nella
propria mente.
Da tempo aveva capito che con voci del genere vi era un dialogo
mentale e forse era meglio così. Meglio che Don-Thousand non
ne sapesse nulla. La
risposta arrivò puntuale, nitida nella sua mente.
“Il mio nome, per ora a te ignoto,
presto saprai. E adesso, il deck,
Luce Passata. Potrai usare il deck della Luce Presente
perché il tuo legame con
lui è estremamente potente e questo ti ha permesso di
legarti ai suoi mostri.
Non potrai però utilizzare il Guerriero della
Luce”.
Luce Passata. Anche il
Seme lo aveva chiamato così. E poi Luce Presente…
si riferiva a Yuma, questo
era ovvio. Ma a che scopo chiamarlo così? Possibile che
anche Yuma facesse
parte del suo passato? E se il loro incontro non fosse stato casuale,
come
affermava Gheia? Scacciò quelle domande dalla propria
mente.
–Ora quello che
devo fare è concentrarmi su come uscire vivo da questo
duello. Alle risposte
penserò dopo-.
–Quindi posso usare il deck di Yuma, tu dici… ma
il Guerriero di
cui parli… è per caso Utopia?-.
Rabbrividì.
Senza Utopia, sarebbe
stato molto difficile per lui sopraffare Numero 96.
“Il Guerriero della Luce dalle ali
bianche appartiene alla Luce
Presente. A te verrà offerto un guerriero altrettanto
potente, Luce Passata.
Abbi fiducia in lui, Ral. Ast non si arrenderà e
tornerà da te, poiché questa è
la cosa che ambisce di più la sua anima”.
Con un sussulto, Astral si rese
conto che la voce aveva cambiato tono, radicalmente. Ora era dolce,
confidenziale, si rivolgeva a lui come un maestro ad un suo vecchio
allievo.
–Come
fai a sapere dei miei ricordi in proposito? E perché hai
chiamato Yuma, Ast?-.
Non ricevette risposta. La voce era scomparsa.
Se era vero quello che aveva
appena scoperto, allora nella visione che aveva avuto precedentemente,
Ast era…
Yuma!
–Ora trovare Yuma ha un doppio significato per me. Devo
sconfiggere
Numero 96 e poi andarlo a cercare! Ho la sensazione che Yuma stia
cercando
risposte alle mie stesse domande-.
Si voltò verso Gheia, che intanto lo
osservava con uno sguardo indagatore.
–Possiamo cominciare-.
Lei annuì e gli
lanciò una carta, che Astral prese al volo.
–Ma… ma dove l’hai presa?- le
chiese.
La principessa ignorò volutamente la domanda.
–Non so come mai, ma ho
la sensazione che tu in questo duello non potrai utilizzare Utopia. La carta che ti ho dato era il
mostro più potente del nostro primo re-. Chiedendosi come
facesse Gheia a
sapere di Utopia, Astral lesse il
nome della carta.
– Numero 99 “Iratzu Re delle volte cristalline”-.
–Esatto-
confermò lei.
–E’ una carta molto potente e sono sicura che
saprà ripagare le
tue esigenze da duellante-.
Astral annuì piano, mentre li raggiungeva da
lontano la voce di 96.
–Cosa aspetti, Astral? Vuoi ritardare di qualche minuto
la tua sconfitta?-.
Per tutta risposta, Astral fece comparire il suo
duel-gazer, seguito a ruota da Gheia. Quello della principessa era
davvero molto
particolare. Man mano che prendeva forma, Astral ne rimaneva sempre
più
meravigliato. Era una foglia. Una lunga foglia di un verde chiaro
brillante,
con le venature argentate e un piccolo manico che arrivava fin dentro
l’avambraccio e
che riluceva di una luce
bianca quasi accecante.
–DUELLIAMO!-.
–Prima le signore…- disse ironico 96
sogghignando.
Gheia rispose –Ti pentirai di questo atto di galanteria,
Irregolare. Pesco!-.
Astral si fece attento. Era sempre stato curioso di vedere
come duellasse Gheia.
–Attivo la carta magia terreno Foresta
di Salici! Con questa carta, è obbligatorio
posizionare
come minimo una carta coperta sul terreno prima di qualsiasi altra
mossa. Il
giocatore che non segue questa regola, paga 1000 punti di danno-.
–Ho capito la
sua strategia- pensò Astral, ammirato.
–In questo modo, ci garantisce una
difesa continua e duratura. In qualche modo ha capito che 96 non
è tipo da
difesa e sta cercando di sfruttare questa cosa-.
–A questo punto posiziono tre
carte coperte e termino il turno!-.
Le tre carte si posizionarono sulla
superficie del piccolo stagno appartenente alla magia terreno. Erano
circondati
da salici piangenti da ogni parte, adesso. Numero 96 sorrise.
–Tocca a me!
Pesco! Tre carte coperte, eh? Prima di tutto, posiziono una carta
coperta sul
terreno. Dopodiché evoco Vampiro
della
Notte di livello 2! A questo punto attivo il suo potere
speciale e posso
evocare un altro Vampiro della Notte.
Ora evoco Normalmente Bambino
Vampiro sempre di livello 2!-.
–So
cosa vuole fare…-.
Astral si preparò.
–Sovrappongo i miei tre mostri di livello
2 e costruisco una rete di sovrapposizione! Evocazione Xyz: Numero 96 “Nebbia Oscura”!-.
Il mostro,
ormai così familiare per il Numero Originale, prese
velocemente forma davanti a
loro insieme ai suoi 100 punti di attacco, oscurando la piacevole
atmosfera
della carta magia di Gheia.
–Questo non è il deck con cui hai duellato
l’ultima
volta!- esclamò Astral.
96 sorrise, soddisfatto.
–Ti piace? Un regalino di
Don-Thousand. Sai… per essere certi della tua sconfitta-.
L’ultima frase sembrò
renderlo molto felice, perché
il suo
sorriso si fece più ampio.
–Termino il mio turno-.
Astral strinse i pugni.
–Pesco!-.
Sentì gli occhi di Gheia su di sé,
indagatori.
–Posiziono una carta
coperta sul terreno. Dopodiché, evoco Cesare
Gagaga di livello 3! A questo punto, evoco sul terreno Impiegata Gagaga di livello 2. Attivando
il potere speciale di Cesare Gagaga,
posso mandare un mostro
dalla mia mano al cimitero e di conseguenza tutti i mostri sul mio
terreno
diventano del livello del mostro che ho mandato al cimitero! Mando
quindi al
cimitero Cavaliere Gambara di
livello
4 e sia Cesare Gagaga che Impiegata Gagaga diventano di livello 4.
Con questi mostri creo una rete di sovrapposizione, evocazione Xyz!
Vieni, Numero 99 “Iratzu Re delle
volte
cristalline”!-.
Dal vortice di sovrapposizione, emerse un mostro
luminosissimo.
Era un re, con tanto di corona e scettro ed entrambi gli
accessori erano di cristallo. Lo scettro in particolare era blu, con
dei
riflessi argentati e alla sommità vi era incastonato un
enorme rubino rosso, in
contrasto con l’armatura color diamante. La corta barba nera
di cristallo lo
rendeva ancora più umano, mentre gli occhi erano di un
colore felino, un giallo
quasi elettrico. Comparve in un fascio di luce blu, mentre compariva il
cartellino virtuale a segnare i 2800 punti di attacco.
Gheia sorrise
soddisfatta, ammirandolo. Il contrario della reazione di 96, che fece
un passo
indietro, ringhiando –E questo che razza di mostro
sarebbe?-.
Astral disse, in
qualche modo rassicurato –Termino il mio turno-.
Gheia disse –Tocca a me!
Pesco! Preparati Irregolare, stanno per cominciare le tue sfortune!
Posiziono
una carta coperta. Poi, attivo subito la carta trappola Radici
Contorte. Quando il mio avversario controlla un mostro Xzy,
posso fargli mandare al cimitero tante carte quante sono le sue
unità
sovrapposte, nel tuo caso 3!-.
–Che cosa?- sibilò 96.
–Non può essere… -.
Mandò
tre carte dalla sua mano al cimitero e…
-Con questo, non hai carte nella mano e
nel tuo prossimo turno se non peschi una carta da mettere coperta,
subirai 1000
punti di danno!-.
Astral era davvero sorpreso. La strategia di Gheia sembrava
infallibile.
–Dannata…- cominciò Numero 96, ma lei
lo interruppe.
-A questo
punto, uso Iratzu per attaccare Nebbia Oscura!-.
–Gheia non farlo!- urlò
Astral, ma ormai l’attacco era partito. Numero 96
ghignò, raggiante.
–Quello
che aspettavo! Attivo subito il potere speciale di Nebbia
Oscura: utilizzando un’unità
sovrapposta, posso dimezzare
l’attacco del mostro avversario e guadagnarlo aggiungendo i
punti di attacco
del mio mostro! Quindi il vostro mostro arriva a 1400 punti, mentre il
mio a
1500! In questo modo, voi subirete un danno e il mostro
verrà distrutto!-.
–Devo aiutare Gheia!- pensò Astral.
Dall’espressione che aveva, era chiaro che
la principessa non si aspettava un potere speciale tanto contorto.
–Attivo uno
dei poteri speciali di Iratzu: una
volta per turno, utilizzando un’unità sovrapposta,
può negare la battaglia in
corso!-.
Immediatamente, il re cristallino evitò i tentacoli del
mostro di 96 e
tornò davanti ad Astral. Gheia disse, la voce controllata
–Termino il turno-.
Numero 96 indugiò con la mano sul deck.
–Pesco! E… non ho carte da
posizionare-.
Da una ramo del salice più grande partì un raggio
verde, che
colpì in pieno 96, mandandolo a terra e facendo scendere i
suoi life points a
3000.
–Bene! Ora, attivo la carta trappola Tranello
della Quercia! Mentre non è il mio turno e il mio
avversario subisce un
danno, posso raddoppiare il danno che ha appena subito!-.
Una frusta verde
colpì nuovamente il Numero Irregolare, facendo arrivare i
suoi life points a 2000.
Astral dovette ammettere con sé stesso che Gheia aveva una
carta trappola per
ogni situazione. Dal fumo che si era creato emerse una risata,
interrompendo
quel breve momento di vittoria dei due astrali.
–Davvero credevi occhi-verdi,
che io sia diventato il Numero più forte per
nulla?-.
La figura di 96 apparve
nitida, l’occhio nero che brillava inquietante.
–Che io sia così facile da
sconfiggere? Spiacente di deluderti, ma il tuo amico Astral lo sa ed
infatti
non si è azzardato a passare inizialmente troppo in
attacco!-.
Gheia gli lanciò
uno sguardo interrogativo ed Astral rimase in silenzio, non sapendo
cosa dire. Gheia
era stata troppo veloce nella sua strategia e lui non aveva nemmeno
avuto il
tempo di visualizzarla totalmente nella propria testa.
–Attivo la carta
trappola Banchetto del Vampiro! Con
questa carta, se un mostro diverso dal mio si trova con un attacco
diverso
dall’originale, il mio avversario subisce come danno pari a
quell’attacco e il
suo mostro viene distrutto! Che te pare come mossa,
principessa?-.
Gheia
indietreggiò, sgomenta.
–Ma… no!-.
–Vai, mio avatar! Distruggi Iratzu!-.
Nebbia Oscura aprì i
suoi tentacoli verso il mostro blu e per un
attimo ci fu solo ombra davanti agli astrali. Ma fu solo un
attimo.
–Attivo la
carta trappola Bolla Scudo: con
questa carta, nego la distruzione del mio mostro e il danno che subirei
viene
dimezzato!-.
Una bolla dai riflessi colorati avvolse Iratzu,
proteggendolo dall’attacco del mostro di 96. Ciò
nonostante, sia Astral che Gheia vennero sbalzati sull’erba,
i life points a
2600. Sempre a terra, Gheia gli rivolse uno sguardo a metà
tra l’orgoglioso e
il riconoscente.
–Astral, tu mi hai…-.
–Tsk. Astral, tu e le tue maledette
trappole. Cominci a diventare irritante come Yuma!-.
Astral si rialzò a fatica,
seguito da Gheia.
–Ma se credete che sia tutto qui, vi sbagliate di grosso!
Astral, tu potrai ben immaginare quale carta ho pescato. Questo
è l’inizio
della vostra fine!-.
Il marchio bariano brillò fulgido sulla sua fronte.
–Gheia- disse piano Astral.
Lei si girò.
–Ha pescato la carta Forza Bariana.
Ci conviene stare
attenti, perché… perché il duello
sarà più impegnativo di come lo avevi
programmato-.
-Pesco!
Evoco Viandante
dell’Oscurità di livello 4. Poi, attivo
la carta magia Rivelazione
dell’Oscurità: con questa carta, posso
evocare un altro
mostro di attributo Oscurità di livello 4 o inferiore dal
mio deck. Evoco
quindi Ratto Oscuro sempre di
livello
4! A questo punto attivo il suo potere speciale: se questo mostro viene
utilizzato come un’evocazione Xzy, vale come due mostri!
Quindi creo una rete
di sovrapposizione, evocazione Xyz: Numero
104 “Masquerade”! Posiziono due carte e
termino il mio turno. Gioca
ragazzina e non finirai il tuo secondo turno!-.
Shira sorrise.
Doveva ammettere
che il mostro messo in gioco dal bariano non era niente male, anzi era
piuttosto potente. Ma lui l’aveva messa in guardia e le aveva
fornito tutte le
informazioni necessarie. Quella specie di mascherato senza bocca non
sapeva chi
aveva davanti.
–Bene gonnellino, tocca a me: pesco! Attivo la carta magia Avanzata degli Arcaici: con questa
carta, quando non ho mostri sul terreno e il mio avversario ne ha uno
Xyz,
posso evocare un mostro di livello 6 o superiore dalla mia mano! Evoco Gemello Arcaico di livello 7 e attivo il
suo potere speciale: quando questo mostro è sul terreno,
posso evocare un altro
Gemello Arcaico dal mio deck. A
questo punto mio caro bariano sovrappongo i miei due mostri di livello
7 e creo
una rete di sovrapposizione! Evocazione Xzy!-.
Si sentì attraversata da un
brivido di eccitazione e scoppiò follemente a
ridere.
–Preparati, perché stai
per vedere il flagello dell’universo, un mostro capace di
sovrastare la forza
del sole! Vieni a me, Numero 108
“Drago
Arcaico Occhi Galattici”!-.
Il mostro comparve sul campo da gioco e Shira
si godette gli sguardi sorpresi di tutte le persone nella sala. Si
girò e
osservò la sua espressione sgomenta.
–Ammiralo fratello, il VERO Occhi
Galattici- sussurrò.
Il drago era davvero immenso. Aveva il lungo corpo di un
serpente, visto che non aveva le zampe, ma aveva un paio di enormi ali.
Queste
ultime brillavano di una luce bianca talmente forte da rendere opaco
perfino il
colore rosso sangue delle rocce. Ma Shira amava il proprio drago per
gli occhi.
Erano di un azzurro elettrico, chiarissimo, ma allo stesso tempo
più scuro del
colore nero. Erano i suoi veri occhi, era la sua incarnazione. Lei e il
suo
drago erano una cosa sola.
Stava per tornare al duello e concluderlo con una
vittoria teatrale, ma qualcosa la fermò. Il bariano
più alto, quello con la
tunica marrone, la osservava. I suoi occhi, che per un attimo avevano
tremato
di paura mista a sorpresa, ora brillavano di cupidigia, di desiderio,
di
orgoglio e anche di rabbia. Sembrava in qualche modo oltraggiato dalla
comparsa
di un Occhi Galattici e Shira faticava a capirne il motivo. Quando
però il suo
sguardo cadde su un drago viola bello quasi quanto il suo, tutto le fu
chiaro.
–Ho capito- si disse, divertita.
–Quel bariano è Mizael, il Master degli Occhi
Galattici. E quel mostro dietro di lui deve essere il suo drago, Numero 107 “Drago Tachionico Occhi
Galattici” se non sbaglio-.
Ridacchiando tra sé e sé ed ignorando gli
sguardi di tutti, si voltò nuovamente verso il bariano
contro cui duellava, che
poi si era ricordata corrispondeva al nome di Vector.
–Allora, Vector tesoro,
vogliamo concludere questo duello, ti va?-.
Lui strinse i pugni. –Provaci
ragazzina. Vediamo di cosa sei capace, poi valuterò e
penserò al modo meno
indolore per ucciderti-.
Lei scoppiò a ridere. –Ha fegato, glielo concedo-.
In
fondo non era necessario batterlo, ma solo provarci e conquistarsi la
fiducia
di quei ragazzini. Il piano che aveva ideato con lui era questo. Ma ora
la
faccenda era diventata personale: sia il bariano con il gonnellino che
il
Master degli Occhi Galattici cominciavano ad incuriosirla.
E poi, cosa più
importante…
-Nessuno può rifiutare una mia sfida, gonnellino. Nessuno-.
Eccomi,
ci sono ragazzi sono viva!!! Scusate immensamentissimo il ritardo
catastrofico,
ma ho avuto dei problemi di salute e mi si è pure rotto il
pc … -.-“ sfiga
assurda. Cooomunque, ecco il capitolo!
COSA
IMPORTANTE: Per quanto riguarda i duelli,
il deck dell’uomo orso e di tori sono inventati e
così quelli di Gheia e Shira.
Per quelli di Vector, Numero 96 e in futuro di Mizael, sono spiacente
di dirvi
che ho dovuto un po’ inventarmeli perché i loro
deck compaiono nella seconda
serie e non ci sono in italiano. Se qualcuno ha trovato le traduzioni,
sarei
molto riconoscente se me le mandasse e provvederei immediatamente! ^-^
Ora,
parliamo del capitolo. Sorpresi di Shira? Secondo me io ero
l’unica che credeva
fosse ancora una sorpresa e così il “fratello
misterioso” è svelato! (anche se
ormai era molto evidente -.-“). Cosa ne pensate invece
dell’uomo- lupo dorato?
Che sono in fissa con i lupi lo so già, tranquilli U.U
ovviamente la reazione
di Mizael era prevedibile e il bariano assumerà via via un
ruolo sempre
maggiore… come Vector del resto, ma vabbè
tralasciamo. NON HO VOGLIA DI PARLARE
DI QUEL VISCIDO VERME SCHIFOSO ASSASSINO DI DURBE E MERAG E GILAG E
ALIT CHE
MANDEREI NEL GIRONE PIÙ PROFONDO DELL’INFERNO E
CHE FAREI FULMINARE DA ZEUS IN
PERSONA! Okkkeiiii mi devo calmare. Astral duella con Gheia ed
è tornato 96
(vabbè, direte voi, lui ci sta sempre).
PROSSIMO
CAPITOLO: I duelli si inaspriscono sempre di più. La banda
“Salviamo Yuma” è
sempre più in difficoltà e così Astral
e Gheia. Sotto terra invece, Yuma
incontra l’uomo- lupo dorato e scoprira cose su di
sé che non avrebbe mai
pensato di scoprire. Eeeee forse, se la mia testa e le mie dita mi
fanno la
grazia, il titolo dei tre capitoli sarà svelato.
Spero a
presto e…. BUON NATALE A TUTTI! *0*
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Capitolo 14 *** Rex (terza parte) ***
-Vai
Fata d’Inverno!
Attacca Geshu –Orso delle Ombre- con
Lama Gelata!-.
-Non pensarci nemmeno, umana! Attivo il potere speciale di Geshu! Usando
un’unità sovrapposta,
posso negare la distruzione del mio mostro e dimezzare il danno che
subirei.
Di’ addio al tuo patetico attacco!-.
Non appena il mostro dell’ibrido usò
la propria lancia per eliminare un’unità di
sovrapposizione, un’immensa bolla
nera lo circondò, rispedendo la fata indietro sul terreno di
Tori.
–Tu subisci
comunque un danno però- notò la ragazza,
speranzosa.
I life points dell’uomo-orso
scesero a 3900.
–Un misero danno del
genere non mi fermerà di certo!- commentò
quest’ultimo, ironico.
Tori strinse i denti. –Posiziono una carta
coperta e ti passo la mano-.
L’attacco della sua fata tornò a 1800, mentre la
carta magia che aveva da poco usato scomparve in un fascio di
luce.
Non appena
aveva visto nella propria mano quella carta magia, aveva sorriso.
Proprio
quella che le serviva! E invece, quella tanto agognata carta era
risultata
totalmente inutile.
–Riesco a malapena a scalfire i suoi life points e quel
maledetto mostro Xzy è potentissimo!- si lamentò
la ragazza, rivolta a nessuno
in particolare. In quel momento avrebbe tanto voluto trovarsi a casa
sua,
bevendo un bicchiere di cioccolata calda e pensando a Yuma.
Già, Yuma.
–Pesco! Attivo la carta magia “Armamento
Selvaggio”! Questa carta mi
permette di aumentare l’attacco del mio mostro di 500 per
tutte le carte mostro
nel mio cimitero, che al momento sono due. Quindi il mio mostro
guadagna ben
1000 punti di attacco!-.
Sentendo quell’ultima frase, Tori ebbe la
sensazione di stare per svenire. 1000 punti di attacco!? Dalla carta magia
partì un fascio di luce
viola, che avvolse totalmente il mostro e accecò per qualche
secondo la
ragazza. Quando finalmente Tori riuscì ad aprire gli occhi,
l’orso era
diventato doppiamente imponente. La sua prima armatura era ora
più grande, con
dei disegni astratti rossi e viola. Il mostro inoltre portava anche un
elmo
d’acciaio rosso, che gli copriva quasi interamente il muso,
tranne per gli
occhi e le orecchie. La finestrella virtuale comparì,
segnalando i suoi 3600
punti d’attacco.
Tori indietreggiò di qualche passo, spaventata.
–E ora come
esco da questa situazione? La mia fata è del tutto inerme
davanti a questa
potenza, accidenti!-.
L’orso corazzato fece un passo avanti.
–Ed ora, vai Geshu
–Signore delle Ombre-! Attacca Fata
d’Inverno con Colpo del
Dolore!-.
L’orso alzò la zampa in cui teneva la lancia e
lanciò l’arma
contro la fata di Tori, che non poté far altro che cercare
di proteggersi con
le mani, inutilmente. Immediatamente, Tori venne sbalzata a terra.
–Ahhhhhhhh!-.
Rimase così, la schiena contro la nuda roccia, i life points
a
1700.
–Termino il mio turno-.
Quando
provò ad alzarsi, Tori si costrinse a non urlare. Si sentiva
le gambe in
fiamme, le braccia pesanti e riusciva a percepire sul proprio viso
tutto il
sudiciume che lo ricopriva.
–Ahia…-.
Il duel-disk pesava sul suo avambraccio
sinistro, così tanto che cominciava a credere che le si
sarebbe staccato il
braccio. –Devo andare avanti…-. Fece per portare
la mano tremante sul deck, ma
la lasciò subito ricadere lungo il fianco.
–Che senso ha continuare?- pensò,
stanca e disperata.
–Sei stata una stupida!- si disse. –Credevi davvero
che
saresti riuscita a sconfiggere un mostro del genere? Illusa! Non sei
brava a
fare nulla, sei goffa e inutile. Ogni volta che cerchi di aiutare le
persone,
finisci sempre col peggiorare le cose! Sei pessima in tutto e nei
duelli fai
davvero pena!-.
Abbandonò le braccia.
–Non riuscirò mai a vincere questo
duello…-.
Da poco più lontano la raggiunse la voce dell’uomo
orso.
–Non avrai creduto anche per un
istante di
potermi battere vero, stupida umana? Davvero credevi che io, un Elfk, mi sarei lasciata battere da un
essere insulso come te? Dal primo momento che ti ho visto ho subito
capito che
sei un essere pavido, debole e privo di iniziativa. Per battermi
c’è bisogno di
molto altro e non di patetiche strategie che prevedono solo togliermi
life
points!-.
Tori barcollò all’indietro. Ogni parola
pronunciata dal mostro
l’aveva annientata.
–E’ vero. Sono inutile, patetica e debole. Ho
sempre paura
e non riesco mai ad aiutare nessuno. Yuma… Yuma,
scusami!-.
Cadde in ginocchio,
le braccia lungo i fianchi e il bel viso rigato di lacrime.
–Tori no! Non puoi
mollare alla prima difficoltà, reagisci su! Cosa penserebbe
Yuma vedendoti in
questo stato?-.
YUMA.
Tori voltò di scatto la testa, sotto lo sguardo scocciato
e sprezzante dell’uomo-orso. Three si trovava a meno di dieci
metri da lei,
anche lui ferito e provato dall’impegnativo duello contro
Alit. Con il braccio
privo di duel-disk, si teneva invece proprio quello che lo sosteneva,
cercando
di mascherarle il dolore che provava.
–Three… tu…- sussurrò Tori,
lo sguardo e
la voce spenti.
Il ragazzo la guardò, infervorato.
–Non dirmi che ti sei già
dimenticata di tutti i duelli combattuti da Yuma a cui hai assistito
vero? Non
puoi dimenticarti di tutto quello che hai visto, sentito, provato!
Sentila
anche tu l’energia, sentila dentro di te. Io so che ce la
puoi fare, Kotori!-.
Gli brillavano gli occhi mentre parlava e il verde di un prato in
estate si era
trasformato in quello delle foglie di una quercia secolare. Potente,
dolce e
deciso.
–In effetti Three ha ragione. Sono arrivata fino a qui, non
posso
mollare. Però…-.
Si sentiva ancora e comunque, bè… debole, sia
nella mente che
nel corpo. Le serviva un po’ di energia, le
serviva… le serviva lui. Il suo
viso, il suo sorriso, i suoi occhi. Sentì su di sé lo sguardo di Three e non
ebbe il coraggio di
guardarlo e permettergli di leggere nei suoi occhi la paura.
Improvvisamente,
Three sospirò.
–Tori, devo confessarti una cosa. Da quando Yuma mi
sconfisse,
quella volta che tentai involontariamente di distruggere il mondo, ho
capito
alcune cose. Ho capito cosa volevo veramente, sono riuscito a
comprendere i
miei sentimenti e…-.
Si interruppe.
–Una parte di essi riguarda te-.
Tori alzò
lo sguardo, asciugandosi l’ultima lacrima dalla guancia.
–Me?- chiese piano.
Le
parve per un istante che il ragazzo fosse leggermente arrossito. Il
tempo
pareva essersi fermato, quasi per fare in modo che quel momento fosse
solo per
loro due. Tori non riusciva a crederci.
–Ecco… bè… fin da subito ho
capito che
sei una persona piena di risorse. Da fuori sembri indifesa e anche tu a
quanto
pari ti consideri così, ma ti posso assicurare che quando
vuoi sai difenderti.
Da quando Yuma ha salvato me e la mia famiglia, ho voluto ricambiarlo
in tutti
i modi possibili e far in modo che potesse sempre vivere una vita
serena. Ma,
ecco… tu hai cominciato ad incuriosirmi e pian piano siamo
diventati amici. Da
quel momento, ho voluto rendere, oltre che Yuma, anche te felice e ora
non
sopposto vederti in questo stato-.
Tori rimase in silenzio, commossa.
–Three…-.
Quest’ultimo abbassò lo sguardo, per poi rialzarlo
più deciso e determinato di
prima.
–Io voglio che tu sia felice, Tori. Ma per essere felice,
devi prima
accettare te stessa, capire le tue capacità e sfruttarle al
massimo. Non puoi
essere felice se ti consideri codarda e inutile. Tira fuori la tua
grinta,
Tori! Dimostra chi sei, quanto vali! Solo così potrai
davvero definirti
FELICE-.
Tori si guardò le mani, rosse e sporche di terra.
–Felice… capacità…
sfruttarle al massimo…-.
Le guardò con rinnovato interesse.
–C’è davvero una
possibilità che io possa farcela?-.
–E poi...-.
La ragazza alzò lo sguardo.
Parte del viso di Three era nell’ombra di una roccia, per cui
quando lo sentì
parlare poté vedere solo una parte del suo viso.
–Ho notato che senza Yuma diventi
triste e perdi l’energia, per cui… fallo per lui
Tori. Noi lo stiamo tutti
facendo. Fallo per lui. Non è una delle persone a cui vuoi
più bene?-.
Il suo
tono era deciso e il suo sguardo limpido, ma Tori riuscì a
percepire una nota
di tristezza nella sua voce. Si guardò intorno, cominciando
a risentire i
rumori delle battaglie in corso. Four cercava di resistere il meglio
possibile
alle carte trappola di Arito e agli attacchi di Gilag, Shark duellava
accanitamente contro Durbe e aveva già messo in gioco Draghetto Squalo, mentre Kite aveva
evocato Drago Fotonico Occhi Galattici e
attaccava inesorabilmente il drago
tachionico di Mizael.
Tori si sentì all’improvviso
un’idiota.
–Ma cosa sto
facendo? Tutti stanno duellando con le loro sole forze per aiutare
Yuma, per salvarlo
e io mi sono messa a piangere come una bambina! Three ha ragione, non
posso
mollare proprio ora, non ora che c’è da fare
l’ultimo passo. Lui… Yuma non lo
farebbe. E’ per questo che lo sto facendo, come tutti. Lo
faccio per Yuma-.
Si
sentì improvvisamente arrossire per i propri pensieri, ma
decise di ignorarli,
almeno per il momento.
Si rialzò a fatica, sotto lo sguardo meravigliato e
orgoglioso di Three.
–Three, ti ringrazierò dopo- disse con tono
sicuro. –Ho un
duello da vincere-.
Il ragazzo le sorrise, per poi andare in aiuto al fratello
nel duello contro i due bariani. Tori si riposizionò davanti
all’uomo-orso.
Lui
la schermì immediatamente.
–E così ti
sei rialzata. Ma cosa speri, che questo tuo gesto di perseveranza mi
faccia
impietosire? Non avrò pietà verso di te, piccola
umana!-.
–Non voglio la
tua inutile pietà- rispose Tori. –E ti conviene
non sottovalutarmi. Tocca a me,
ora!-.
Posò la mano destra sul deck.
–Yuma, lo faccio per te sia chiaro!-
pensò, a metà tra l’arrabbiato e
l’eccitato.
–PESCO!-.
Non appena vide la carta
appena pescata, esultò di gioia.
–Ora è il momento della mia rivincita, orso!
Attivo la carta magia Rilascio della Fata!
Posso scegliere una fata dal mio deck di attributo Aria ed evocarla sul
terreno. Vieni, Fata dei Venti!-.
Sul
terreno di Tori comparve una fata quasi del tutto invisibile, il corpo
e i
lunghi capelli quasi fatti d’aria, gli occhi blu e ricoperta
da un sottile velo
bianco, con 1900 punti d’attacco e di livello 5.
– Quando non ho mostri, posso
evocarla senza tributo. Bene, a questo punto mando direttamente dalla
mia mano
al cimitero Kuri la Fata Bambina di
livello 2! Mandando Kuri al
cimitero,
posso riportare una fata dal mio cimitero e aumentare il suo livello di
1! Però
per fare questo devo subire 500 punti di danno-.
L’ultima frase lasciò scappare
un sorriso di scherno all’ibrido, mentre il life points di
Tori arrivavano a 1200.
Tori sorrise.
–Io non riderei se fossi in te. Evoco sul mio terreno Fata d’Inverno di livello 4 e,
grazie
all’effetto di Kuri, diventa
di
livello 5!-.
L’uomo orso non sorrideva più.
–Ecco ci siamo!- pensò Tori,
elettrizzata.
–A questo punto, sovrappongo le mie due fate e creo una rete
di
sovrapposizione. Evocazione Xzy! Aiutami “Elexa
-Fata Eletta del Cuore-”!-.
Davanti agli occhi sorpresi del mostro e a
quelli estasiati e non poco soddisfatti di Tori, comparve una fata
dalle
dimensioni enormi. Alta più di 2m, era rivestita da una
bellissima e brillante
armatura rossa, mentre dai fianchi in giù portava una mini
gonna bianca e verde
scuro, che le lasciava scoperte buona parte delle gambe. Le spalle pure
erano
scoperte, e intorno al collo sottile portava una piccola collana
marrone scuro
decorata con dei fili verdi. Il viso era in buona parte coperto da una
maschera
rossa e decorata con linee dello stesso colore che risaltavano, ma si
riuscivano a scorgere gli occhi grandi e neri, in completa sintonia con
i
capelli, lunghi fino a metà schiena e di un bruno chiaro.
Infine, nella mano
destra impugnava uno scettro nero con un grande cuore rosso
all’estremità
superiore.
Alla vista di quel mostro enorme, l’uomo-orso fece un passo
indietro.
Tori invece non riuscì a trattenersi.
–Sì ce l’ho fatta, ce l’ho
fatta! Sono riuscita ad evocare un mostro Xzy e che evocazione per
giunta!
Evvai ci sono riuscita, grazie mille Rio!-.
Continuava a saltare, del tutto
ignara del fatto che veniva squadrata da occhiate piuttosto taglienti.
A
riportarla alla realtà fu il ringhio frustrato
dell’uomo-orso, che lanciava
occhiate guardinghe all’enorme e bellissima fata.
–Attivo subito il potere
speciale di “Elexa –Fata
Eletta del
Cuore-“!- gridò Tori, piuttosto
eccitata.
–Usando un’unità sovrapposta,
posso pescare una carta. Se la carta in questione è un
mostro, tu subisci 1000
punto di danno. Se invece è una carta magia o trappola, il
tuo mostro viene
distrutto e tu non subisci nessun danno. Inoltre, nel secondo caso, se
viene attivato un effetto il possessore del mostro che possiede
quell'effetto subisce 500 punti di danno! Quindi…-.
Strinse forte i denti.
–Pesco!-.
In tutto questo il sorriso ghignante dell’uomo-orso era
svanito e ora
l’ibrido la osservava con i suoi occhi rossi, quasi come se
stesse cercando di
indovinare la carta che aveva pescato.
–In ogni caso perderebbe comunque- pensò
Tori.
–Se pesco un mostro subisce un danno e se pesco una carta
magia o
trappola il suo mostro viene distrutto. Inoltre se capitasse
quest’ultimo caso,
non potrebbe nemmeno usare l’effetto speciale di Geshu per evitarne la distruzione,
perché per farlo dovrebbe subire
anche un danno, cosa che, invece, non subirà!-.
Si sentì talmente euforica
della sua strategia, che non poté evitare di ridacchiare tra
sé e sé.
–Mostra la tua pescata, umana-
ringhiò
piano l’uomo orso.
Tori fece come le era stato detto e, alla vista dell’amata
carta di colore verde, si mise addirittura a saltellare.
–Ho pescato la carta
magia Raduno Fatato! Quindi, il tuo
mostro viene distrutto!-.
Subito dallo scettro della fata di Tori partì un
raggio verde che colpì in pieno il mostro,
distruggendolo.
L’ibrido ringhiò
pieno di rabbia.
–A questo punto posizio…-.
Tori si diede uno schiaffo sulla
fronte.
–Stupida, ti stavi dimenticando il punto d’arrivo
della tua strategia!-
si disse, imbarazzata.
–Vai “Elexa
–Fata
Eletta del Cuore-”! Attaccalo direttamente con Colpo Eletto!-.
La fata in armatura rossa, con i suoi 2400 punti di
attacco, diresse il proprio scettro nero verso l’uomo-orso e
quest’ultimo venne
sbalzato a terra, colpito da un potente fascio di luce verde. I suoi
life
points scesero a 1500.
–Tu…-.
Gracchiò,
mentre si rialzava faticosamente.
–Io posiziono una carta coperta e termino il
mio turno-. Sospirò. Si sentiva elettrizzata e non riusciva
a smettere di
sorridere.
–Yuma… questo è per te. Torna presto-.
Astral
vide Gheia indietreggiare.
–Attivo la carta
trappola Muro di Rovi! Con questa
carta, se un mostro dell’avversario dichiara un attacco,
posso far in modo che
non possa attaccare i mostri sul mio terreno fino al mio prossimo
turno!-.
Immediatamente, una sorta di bolla verde circondò Iratzu, impedendo che venisse colpito dal
mostro Chaos di Numero
96.
–Ottima mossa principessina, ma non basterà e tu
lo sai benissimo!- ghignò
quest’ultimo.
–Concludo il mio turno-.
Astral si costrinse ad analizzare la
situazione.
–Se andiamo avanti solo con carte trappola, non riusciremo
mai a
cambiare la brutta piega che hanno preso gli eventi. La carta magia di
Gheia si
può rivelare utile fino ad un certo punto, ma potrebbe
rappresentare un
pericolo anche per noi. Io ho solo due carte in mano e non ho trappole
o carte
magia posizionate coperte sul terreno. Lo stesso vale per Gheia. Non
siamo in
una bella situazione-.
La principessa indugiò con la mano sul deck.
–Pesco!-.
Astral la guardò, in attesa.
–Posiziono una carta coperta. Dopodiché evoco Druido della Foresta di livello 4!
Attivo subito il potere speciale del mio mostro: se nel mio cimitero vi
è un
mosto dello stesso livello di Druido
della Foresta, posso evocarlo normalmente sul terreno. Vieni,
Cavaliere Gambara!-.
Una finestra viola
si aprì sulla superficie dello stagno della carta magia
terreno, e in un attimo
il mostro saltò fuori, posizionandosi accanto al druido di
Gheia. Quest’ultima
si scostò un ciuffo di capelli dall’occhio verde,
concentrata.
–Ora sovrappongo
i miei due mostri di livello 4 e creo una rete di sovrapposizione!
Evocazione
Xzy! Vieni a me Numero 91 “Lefikas
–Elfo
dell’Arbor-“!-.
Dalle acque del lago, eruppe un elfo leggermente più
piccolo di Iratzu. La pelle era
bianca, gli occhi rossi come quelli di un albino. Indossava una lunga
veste
verde chiaro, che gli arrivava fin sotto al ginocchio. Portava un arco
a
tracolla ma, a differenza di quello di Gheia che era prezioso e
lavorato,
quello dell’elfo era un semplice arco di legno. La sacca
delle frecce gli
ricadeva di lato e nella mano sinistra brillava una piccola palla di
luce
verde. I capelli biondi svolazzavano come attraversati da un vento
invisibile e
dalle labbra superiori spuntavano due piccoli canini.
2900 punti di attacco.
Anche se l’entrata in scena di un mostro Xyz da parte di
Gheia era rincuorante,
Astral non poté fare a meno di preoccuparsi.
–Conoscendo il potere speciale di Tempesta
Oscura, più l’attacco dei
nostri mostri è maggiore e più è alto
per noi il rischio di subire danni. Dobbiamo
cercare di impedire che Numero 96 attivi il potere speciale del suo
mostro e al
tempo stesso distruggerlo. Ma come, come…-.
–Attivo subito il potere speciale
del mio elfo!- urlò Gheia.
-Usando un’unità sovrapposta, posso diminuire i
miei
life points di massimo 1000 ed infliggerlo come danno al mio
avversario.
Quindi, pago 1000 life points e ne subisci altrettanti di
danno!-.
Astral non
fece nemmeno in tempo a stupirsene. L’elfo di Gheia
indirizzò la propria palla
di luce verde contro Gheia, facendo arrivare i loro life points a 1600.
La
indirizzò poi contro Numero 96, che con un ringhio si
riparò il viso con le
braccia, i life points a 1000.
–Cosa speri, di aumentare le vostre possibilità di
vittoria?- chiese sempre ringhiando 96.
Sembrava sorpreso e fuori di sé. Era
chiaro che non si aspettava un potere speciale così strano.
Anche Astral era
notevolmente sorpreso e non nel modo più positivo.
–Perché Gheia non mi ha
avvertito prima? Non è stata saggia come
mossa…-.
Quella situazione gli ricordò
il duello che aveva portato avanti insieme a Yuma con Kite come
alleato, quella
volta che Five rapì Hart. Anche quella volta Kite
usò una carta magia a danno
anche di Yuma e anche quella volta Yuma riuscì a far breccia
nel cuore di Kite.
Come avrebbe potuto lui far breccia nel cuore di Gheia?
–Avendo utilizzato il
potere speciale del mio mostro, non posso attaccare. Concludo- disse
Gheia,
evitando lo sguardo di Astral.
Quest’ultimo fece un respiro profondo.
–Pesco!-.
Guardò la carta pescata e si sentì irritato e
deluso allo stesso tempo.
–Non
posiziono nessuna carta-.
Qualche secondo e sia lui che Gheia si ritrovarono a
terra, con 600 life points. Gheia gli lanciò uno sguardo
obliquo, risentita. Da
lontano li raggiunse la risata beffarda di Numero 96.
–La tua carta vi si è
ritorta contro, eh occhi-verdi? Non sei più così
tronfia ora!-.
Gheia chiuse le
mani a pugno, sollevando anche un po’ di terriccio.
Astral si rialzò,
dolorante.
Non poteva permettersi di perdere la concentrazione, non ora. Un
altro turno e il duello sarebbe finito per loro.
–Attivo la carta magia “Scambio
x Scambio”! Con questa carta,
posso eliminare una carta magia o trappola sul Terreno e aumentare di
conseguenza i miei life points di 500! Elimino la carta magia terreno Foresta di Salici e quindi guadagno 500
life points-.
Intorno a loro videro man mano i salici scomparire seguiti da
piccoli sbuffi di polvere verde. Dopo qualche secondo, vennero di nuovo
circondati dalle rocce del Mondo Bariano e li raggiunsero le urla e i
rumori
degli altri duelli in corso. Astral ebbe solo il tempo di notare un
enorme
drago bianco prima di tornare al duello contro 96.
Mentre i loro life points
arrivavano a 1100, Astral disse –E con questo, concludo il
mio turno-.
Gheia
non aveva mostrato un solo interesse per tutta la durata del suo turno
e
nemmeno quando lui si voltò a guardarla si degnò
di prestargli attenzione.
Improvvisamente turbato, Astral si accigliò.
Quello non era proprio il momento
per Gheia di offendersi.
–Perfetto!- esclamò 96.
–Pesco! E ora che quella
maledetta carta magia non mi costringe a posizionare carte coperte,
posso
attivare la carta magia Soluzione del
Vampiro! In questo modo, posso far aumentare
l’attacco di un mostro Xyz
posizionato sul mio terreno moltiplicando 500 per il numero di mostri
nel mio
cimitero! Guarda un po’ Astral, ho ben quattro mostri nel mio
cimitero. Sai
cosa dignifica?-.
Dai suoi occhi sprizzarono scintille, evidenziando agli occhi
dei due astrali le pupille spaventosamente allungate.
–Significa, che Tempesta Oscura
guadagna ben 2000 punti
di attacco!-.
Astral strinse gli occhi, preparandosi al peggio. Gheia
indietreggiò, stringendo ancora di più
l’unica carta che aveva in mano.
Il
mostro di 96 venne illuminato da una potente luce viola, mentre i suoi
punti di
attacco aumentavano fino ad arrivare a 3000.
–E non è tutto cari miei- disse
Numero 96. –Lo sapete, che attivando il secondo effetto Soluzione del Vampiro, posso mandarla al
cimitero e attaccare
direttamente uno di voi?-.
Scoppiò a ridere.
Astral si costrinse a pensare.
–Se
attacca Iratzu subiamo solo 200
punti
di danno, ma se attiva l’effetto della sua carta,
potrà attaccarmi direttamente
e…-.
–E perderemo il duello- finì Gheia.
Astral la guardò, sorpreso. Aveva un
leggero fiatone, i capelli le ricadevano spettinati sul viso e sembrava
aver
fatto il suo stesso ragionamento.
Numero 96 rise ancora più forte nel vederli
così disperati.
–Davvero Astral, la tua espressione è esaltante.
Mi dispiace,
ma per voi è la fine. Per TE è la
fine!-.
E un attimo dopo, ordinò a Tempesta
Oscura di attaccare.
-Attivo
la carta trappola Buco Nero! Con
questa carta, il mio mostro viene momentaneamente
eliminato dal gioco e ritornerà sul terreno alla fine del
tuo turno-.
Il drago
bianco di Shira, seppur vedendosi dissolvere davanti agli occhi il mago
di
Vector, non accennò a rallentare.
–Cosa credi di fare con questa mossa?- rise
Shira, divertita.
– Vai Drago Arcaico,
sferra uno dei tuoi famosi attacchi diretti! Fauci
Laceranti!-.
Il drago emise un ruggito fortissimo, per poi
dirottare le proprie zanne verso il bariano.
–Non credermi così stupido,
ragazzina! Attivando il secondo effetto della mia carta trappola,
quando ho
attivato il primo, non posso subire danni!-.
Il drago chiuse di scatto le
fauci, fermandosi a qualche metro di distanza dal bariano. Con un
potente colpo
d’ali, ritornò davanti a Shira. La ragazza dal
canto suo, non sembrava
minimamene sorpresa.
–Allora non sei poi così ridicolo, gonnellino. In
fondo in
fondo ce l’hai un minimo di strategia. Sono sorpresa, sai.
Credevo che l’unica
cosa che sapessi fare fosse marchiare ragazzini incatenati, da vero
guerriero
bariano!-.
Notò con soddisfazione che Vector sembrava volerla
strangolare lì su
due piedi. Non poté far a meno di sentirsi soddisfatta. Le
era sempre piaciuto
irritare la gente.
–Come sai quello che ho fatto a Yuma Tsukumo?-.
–Yuma
Tsukumo…-.
Shira finse di accarezzarsi il mento, come se stesse pensando
intensamente.
–Allora è così che si chiama il
ragazzino per cui vi penate
tanto! Mi chiedevo quando ti saresti deciso a nominarlo. Non sembra che
andiate
molto d’accordo, o mi sbaglio?-. Vector
assottigliò gli occhi.
–Sei brava quasi
quanto me a cambiare discorso. Come fai a sapere quello che succede nel
nostro
mondo?-.
Shira ridacchiò piano.
–Questo non ti riguarda, caro il mio bariano.
Questo è un segreto tra me e il mio drago, vero Drago Arcaico?-.
Quasi come se rispondesse alla sua domanda, il
drago argentato ruggì, facendo tremare le rocce.
–Bene… credo che ora io debba
concludere. Posiziono una carta coperta e ti passo la mano,
capelli-a-siluro!-.
Il bariano strinse i pugni, visibilmente infuriato.
–Bene bene gonnellino,
vedremo cosa farai ora. La carta che ho posizionato ti
metterà con le spalle al
muro senza nemmeno darti il tempo di accorgertene. Presto, ti pentirai
di
avermi trattata come una duellante di passaggio- pensò
Shira, pregustando già
una vittoria schiacciante.
–Pesco!-.
Vector osservò un attimo le carte che
aveva in mano, per poi esclamare –Attivo la carta magia Catene degli Oscuri! Con questa carta, il
mio mostro equipaggiato
non può attaccare o cambiare posizione e inoltre i suoi
attacco e difesa
diventano 100!-.
A Shira parve che un muro le crollasse addosso.
–Cosa!?-.
Delle catene nere uscirono fuori dalla carta e incatenarono il drago
della
ragazza, immobilizzandolo. Un secondo più tardi, i
bellissimi 2900 punti di
attacco di Drago Arcaico, divennero
solamente 100.
–Ed ora…-.
Shira notò con rabbia crescente che Vector sembrava
più estasiato che mai.
–Vai Masquerade attacca
Drago Arcaico! -.
Il mago del bariano
dirottò il proprio scettro verso il drago e in un attimo il
drago di Shira
venne distrutto, mentre la ragazza venne sbalzata a terra, i life
points a 1400.
Vector ghignò, soddisfatto. –Allora ragazzina? Non
ridi più?-.
Shira si alzò in
ginocchio, dolorante.
Come aveva osato? Come… come aveva osato quella
feccia?
–Tu…-.
Alzò lo sguardo e con gioia selvaggia vide che la paura si
andava
delineando sul viso senza labbra del bariano.
–Tu credi… credi che io stessi
facendo sul serio, circa due minuti fa?-.
Scoppiò a ridere, rialzandosi
barcollando. Sentiva la lama fredda del pugnale a contatto con la sua
pelle.
Quanto avrebbe voluto poter infilzare la sua lama nel collo di quel
bariano…
-Vector-.
Quest’ultimo si ritrasse sentendo il suo nome.
–Quello che hai appena
fatto… HA SEGNATO LA TUA CONDANNA!-.
Voleva fargliela pagare. Oh si, tanto.
Voleva graffiarlo, ferirlo, farlo urlare di dolore… voleva
ucciderlo.
–Nessuno
ha mai distrutto il mio drago e ora ne pagherai le conseguenze! Ti ho
sottovalutato, è vero. Ma puoi star certo, che il mio viso
sarà l’ultima cosa
che vedrai!-. Voleva farlo. Pazienza se avrebbe consumato una parte del
potere
dell’anello, si sarebbe fatta bastare quello
restante.
–Attivo la carta
trappola “Drago di Sangue”!
Con
questa carta, posso pagare un pegno di sangue e in cambio mi
è permesso
attivare un effetto di un mio mostro direttamente dal cimitero!-.
Nell’eco
della sua risata, le parve di sentire l’esclamazione
incredula e spaventata del
bariano.
–Una carta che esige un pegno di sangue!? Ma… una
carta del genere…-.
L’anello che aveva al dito si illuminò di una luce
nerastra e un attimo dopo un
taglio di almeno 5 cm le attraversava la spalla, imbrattandole la
canottiera
scura. Non appena la prima goccia di sangue toccò il suolo
bariano, sotto i
piedi di Shira si aprì la normale finestra del
cimitero.
–Sei spaventato,
Vector? Mi dispiace, ma per te è solo l’inizio!
Perché sai, attivando l’effetto
di Drago Arcaico Occhi Galattici…
il
mio drago ritorna sul campo da gioco e con 300 punti in più
d’attacco rispetto
a prima!-.
Dalla finestra viola uscì il drago bianco, più
potente e maestoso di
prima.
3200 punti di attacco. Shira scoppiò nuovamente a ridere.
–Ohh caro il
mio bariano! Come sei patetico! Davvero credevi che una misera carta
magia
sarebbe bastata per sconfiggere il mio drago? ILLUSO!-.
Vector indietreggiò,
sbattendo la schiena contro una roccia.
–Guardati… - disse piano Shira.
–Sei
spacciato, bariano. SEI MORTO! Vai Drago
Arcaico, attacca Masquerade
con Fauci
Laceranti!-.
–Qui l’illusa sei tu! Attivo il potere speciale del
mio
mostro: se il mostro del mio avversario attiva un effetto, posso usare
un’unità
sovrapposta e negare quell’effetto e infliggere 800 punti di
danno al mio
avversario! Quindi, mi spiace per te ragazzina, ma il tuo misero
attacco è
fallito!-.
–E io ti dico che sei tu l’illuso bariano!-
gridò Shira, eccitata.
–Attivo l’effetto di Gemello
Arcaico
direttamente dal cimitero: una volta per turno, posso fare in modo che
l’effetto di un mostro dell’avversario venga
annullato!-.
Dal cimitero partì un
raggio di luce scura che colpì in pieno il mago di Vector,
annullando il suo
effetto sotto lo sguardo sorpreso e scocciato del bariano.
–Tuttavia- continuò
Shira –per poter fare questo, se è in corso una
Battle Phase, quest’ultima deve
interrompersi immediatamente-.
Il drago bianco ruggì piano, per poi ritornare
al suo posto sul terreno di Shira.
La ragazza aveva il fiatone. Sentiva le
gambe tremare dall’eccitazione.
Non combatteva un duello così da… mai. Tutti
gli avversari da cui Lui la mandava erano duellanti mediocri e non
riuscivano ad
intrattenerla se non per più di cinque minuti. Ma
ora…
-Questo duello…- pensò.
–Questo duello… io lo aspetto da
sempre!-.
Si rivolse al bariano.
–Ohi,
bariano! Perché sei così accanito contro quel
ragazzino, Tsukumo? Ti ha offeso
per caso? Oppure sei affetto da antipatia innata? Se è
così, bè, ti capisco…-.
Non
ebbe il tempo di finire la frase che Vector la interruppe.
–Sei molto stupida
se credi che io ti risponda, ragazzina. Tu invece? Non sembri una che
fa parte
della combriccola di Yuma…-.
Shira rise sommessamente. Sì, le piaceva
decisamente quel bariano con il gonnellino.
–Bè…-.
Lo guardò negli occhi.
–Sei
molto stupido se credi che io ti risponda, gonnellino-.
Shira vide l’ombra di
un sorriso ironico sul volto del bariano.
–Comunque- continuò la ragazza,
sempre più impaziente –visto che non vuoi
rispondere alla mia domanda, vorrà
dire che mi troverò la risposta da sola. In un
modo… o nell’altro-.
Marcò bene
le ultime parole, per vedere se avrebbero sortito un effetto sul
bariano.
Ma
Vector la sorprese, dicendo piano –Ohoh. Chissà
che metodi userai… sono
curioso-.
Shira fece un passo avanti.
–Anche io bariano- pensò –Anche io-.
Dopo aver fatto oscillare i capelli con un
movimento fluido, disse –Bene. La pausa è finita.
Posiziono due carte coperte
e… a te la mano-.
Mentre le due carte comparivano sul terreno, Vector posò la
mano sul proprio deck.
–Visto che sei piena di sorprese, ragazzina…-.
–La
ragazzina ha un nome, capelli-a-siluro- lo interruppe Shira, sempre
più
divertita.
–Ricordati il mio nome, visto che è il nome della
persona che ti
spedirà all’inferno. Mi chiamo Shira-.
Per qualche secondo Vector rimase in
silenzio.
–Dai fai la tua mossa… non aspetto altro!-
pensò la ragazza.
–Bene, Shira, tocca a
me-.
In un attimo
l’espressione nei suoi occhi era cambiata. Da ironica e
provocatrice era
diventata glaciale, spietata. Quasi come quella di un
assassino.
–Non so chi tu
sia, ma abbiamo giocato abbastanza. Devo raggiungere Yuma Tsukumo e non
sarai certo tu a fermarmi! Sarai tu
quella ad andare all’inferno: Pescata
Bariana del Chaos!-.
Improvvisamente una forte luce rossa scaturì dal deck
del bariano, costringendo Shira a coprirsi gli occhi con le braccia.
–Pescata
Bariana del Chaos, ha detto?- pensò, leggermente
sconvolta.
–Che potere sarà
mai in corso…?-.
Quando la luce scomparve, nella mano del bariano vi era una
carta, circondata da una fitta aura rossastra.
–Ora ti farò vedere il mio
potere, ragazzina!- affermò Vector, nella voce un tono
provocatorio.
–Uffa con
questa ragazzina, gonnellino…- sbuffò
ironicamente Shira. –Ti ho detto il mio
nome, no?-.
Come previsto dalla duellante, il bariano si indispettì.
–Tsk…
attivo la carta magia Forza Bariana!
Con questa carta posso scegliere un mostro Xyz sul mio terreno e usarlo
per
effettuare un’evocazione Chaos Xyz, con l’aggiunta
di un livello al nuovo
mostro!-.
Shira strinse saldamente la carta che aveva in mano. –Vediamo
un
po’…-.
–Ora utilizzo Masquerade
e
creo una rete di sovrapposizione: evoluzione Chao Xyz! Appari numero
C104 : “Masquerade Orrore Umbral”!-.
Davanti a
Shira apparve un mostro spettacolare. Il
mago ora era molto più alto, indossava una lunga tunica
rossa che si apriva in
due ali contornate da delle protuberanze dello stesso colore. In mano
teneva un
lunghissimo scettro nero sulla cui punta vi era una pietra
anch’essa di colore
rossastro. Aveva
3000 punti di attacco.
–A questo punto attacco il tuo drago!- urlò il
bariano.
Shira sorrise,
raggiante.
–Grazie del favore, bariano! Attivo la carta trappola Doppio Tranello di Drago della Tempesta!
Questa trappola dal nome buffo mi permette non solo di annullare il tuo
attacco, ma anche di guadagnare life points pari alla metà
dell’attacco del tuo
mostro!-.
Il mago di Vector si allontanò e dal suo scettro
partì una scarica di
scintille rosse che si diresse verso Shira, facendo arrivare i suoi
life points
a 2900.
–Ma io non ho finito, caro gonnellino!-.
Vector la squadrò, furioso.
–Visto che ho attivato questa carta trappola, posso attivare
anche l’effetto di
un mio mostro dal deck “Giurato” a questa
carta!-.
–Cosa hai detto? “Giurato”!?-
esclamò Vector, con solo sorpresa nella voce.
Shira si fermò un attimo, questa
volta realmente confusa.
–Come, non conosci il sistema delle carte
“Giurate”
oppure anche detto “Combinazione del Giuramento”?
Che delusione…-.
Sorrise
ironica, piegando leggermente la testa verso destra, fingendosi una
bambina.
–Sei proprio un bariano scadente!-.
Questa volta Vector si indispettì ancora di
più.
–Fa' silenzio! Questo è un duello, non una
conversazione da salotto! Fai la
tua mossa o toccherà a me!-.
Shira sbuffò.
–Non c’è divertimento con te,
Vector. Ma, se proprio insisti… Attivo l’effetto
di Cavaliere Arcaico della Tempesta!
Quando attivo la sua carta
trappola “Giurata”, posso evocarlo momentaneamente
sul terreno!-.
Dal deck di
Shira partì un raggio bianco che, materializzandosi, diede
vita ad una figura
argentata in armatura su un cavallo altrettanto splendente.
–Ora, grazie al suo
effetto, posso farti pagare di danno 500 life points per tutti i mostri
sul
terreno che presentano la parola “Arcaico” nel
nome! Quindi, se sai fare i
conti, subisci 1000 punti di danno!-.
In un attimo, Vector venne scagliato a
terra da un forte vento, mentre i suoi life points arrivavano a 3000.
Subito
dopo sia la carta trappola che il guerriero di Shira sparirono.
–Bene- disse la
ragazza, mentre il bariano si rialzava, più rabbioso che
mai.
–E’ il tuo turno,
no?-.
Per un istante, Vector sembrò voler mollare il duel disck e
strozzarla
sul momento, ma dopo un secondo di riflessione disse, gli occhi ridotti
a due
fessure –Concludo il mio turno con una carta
coperta-.
Era pieno di rabbia,
Shira lo vedeva dai suoi muscoli tesi e dall’odio nel suo
sguardo.
–Ottimo,
ottimo…-.
Lui le aveva detto di sondare la potenza dei suoi nemici. Ed era
proprio quello che stava facendo.
–Continua così Vector- pensò.
–Sfogati in
questo duello, fammi vedere il tuo odio. Fammi vedere…
quanto ci tieni a
catturare Yuma Tsukumo-.
Quando
Yuma aprì gli occhi, la prima cosa che vide fu il
muso dorato di un lupo a pochi centimetri dal suo naso.
Non appena il lupo si
accorse di essere squadrato piuttosto malamente dal ragazzo, si
scostò,
permettendo a Yuma di alzarsi in piedi. Quest’ ultimo si
spolverò i vestiti,
guardandosi intorno.
Era capitato in una piccola grotta rocciosa, non molto più
grande della sua camera ad Heartland City. L’unica fonte di
luce era il lupo
dorato che gli stava di fronte. L’animale annusava
l’aria e sembrava star
cercando qualcosa.
–Ma dove sono?- si domandò il ragazzo.
–Che abbia fatto bene
a seguire questo lupo?-.
Guardò di nuovo l’animale, che dal canto suo
continuava ad annusare l’aria. Sentendosi circondato da quel
buio opprimente,
Yuma strinse la Chiave dell’ Imperatore.
–C’è nessuno?-
gridò.
Sentì la propria
voce rimbombare per tutta la stanza, creando un coro di mille voci.
All’improvviso
il lupo emise un verso strano, un basso ringhio e un attimo dopo Yuma
vide una
parte della pietra spostarsi, per lasciar intravedere un sottile
corridoio che
terminava con delle scale. Il ragazzo osservò sbalordito
prima il sentiero e
dopo il lupo, non riuscendo a capire bene quello che era appena
successo.
–Ma
tu… come…come hai fatto?- domandò
rivolto al lupo.
Quest’ultimo gli si
avvicinò, per poi prendergli un lembo della maglietta con i
denti e trascinarlo
nell’apertura.
–Un attimo, vengo!-.
Questo non servì minimamente a
tranquillizzare l’animale, che anzi strinse maggiormente la
presa dei denti sul
tessuto, costringendo Yuma a zoppicare più velocemente,
causandogli non poco
dolore. Visto che cercare di opporsi sarebbe stato inutile, Yuma
provò a
riordinare un po’ i propri pensieri. L’immagine di
tutti i suoi amici che
stavano rischiando la vita per lui lo fece star male.
–Ragazzi…-.
Per di più,
non riusciva a dimenticare una Tori provata e in difficoltà.
Stava duellando
ma, a meno che non glielo avesse nascosto, Tori non aveva mai accennato
al suo
desiderio di duellare. Possibile che l’avesse fatto per poter
andare nel Mondo
Bariano e salvarlo? Quel pensiero non gli dava pace. Se le fosse
successo
qualcosa non sarebbe mai riuscito a perdonarselo.
Per non parlare del fatto che
Astral sembrava essere in difficoltà nel duello contro 96.
Yuma non aveva
ancora capito come aveva fatto Numero 96 a
“rinascere”, ma restava il fatto che
era tornato e sembrava ancora più vendicativo nei confronti
di Astral. E più
pericoloso, visto che si era alleato, almeno per il momento, con
Vector.
–Maledizione!-.
Sarebbe dovuto andare da lui e da quella ragazza, per
aiutarli.
Già, la ragazza. Chi era e come mai era con Astral? Yuma era
sicuro che fosse
un’astrale, ma Astral più di una volta gli aveva
detto che molto probabilmente
il Mondo Astrale era disabitato. E allora come si spiegava la presenza
di
quella ragazza? Yuma non dubitava mai di nessuna persona che incontrava
per la
prima volta. Non ci era abituato o forse semplicemente non era nella
sua
natura. Eppure, quando per un breve istante aveva incrociato gli occhi
dell’astrale, gli erano sembrati occhi tristi, forse un
po’ aggressivi.
Tormentati. Per un breve istante, si era sentito attraversato da quegli
occhi
così penetranti e aveva distolto lo sguardo. Aveva avuto una
sensazione strana,
che non gli era piaciuta. Di certo, quella ragazza non era in pace.
–Chissà
qual è la sua storia…- si domandò Yuma.
Proprio mente formulava questi
pensieri, lo sguardo gli cadde sulle pareti del sentiero.
Erano dipinte.
Su di
esse vi erano rappresentate scene di tutti i tipi: contadini che
mietevano il
grano, soldati in marcia su un sentiero, cavalli che correvano, donne,
bambini
e vecchi seduti su delle strade. Chissà come mai, quelle
immagini fecero
sentire Yuma a proprio agio.
Erano belle immagini, in fondo. Erano sbiadite,
eppure Yuma non aveva avuto alcuna fatica ad interpretare le immagini
raffigurate.
–Sai- disse, rivolgendosi al lupo.
–Queste immagini sono state
dipinte in onore di un principe. Quando compì il suo
undicesimo compleanno, il
suo popolo decise di dargli il più bel regalo di sempre. O
almeno secondo loro.
Dipinsero un intero muro con le scene più belle della loro
vita quotidiana, per
far capire al principe che, anche se erano comunque gente povera e
semplice,
gli avrebbero sempre dato quella bellezza rude che c’era
nella loro vita di
campagna-.
Si voltò verso al lupo dorato, sorridendo –Bello,
no?-.
Il lupo
mosse leggermente la testa verso destra.
–Ma bravo Yuma, ora ti metti a parlare
anche con gli animali dicendo cose senza senso!-.
Il ragazzo si diede una
manata in testa.
Decisamente stava impazzendo se continuava a raccontare storie
di cui nemmeno lui ne sapeva l’esistenza. Il lupo
tirò maggiormente la maglietta,
incitandolo ad andare avanti. –Va bene va bene-
sospirò rassegnato Yuma.
–Portami dove devi, così poi posso andare ad
aiutare Astral-.
Si preparò a
seguire il lupo, quando avvertì una strana e familiare
sensazione in fondo allo
stomaco.
–Oh no!- esclamò, angosciato. –Non
ora!-.
Provò a rimanere con gli
occhi aperti, a rimanere nella realtà, ma fu
inutile…
-Ora Ast
ascoltami bene. Devi… Mi stai ascoltando!?-.
–Cosa?-.
–Smettila di fissare
quell'uccello e concentrati, tonto di uno schiavo!-.
–Chi hai chiamato
tonto!?-.
–Te scemo!-.
–Io non sono scemo, stupido di un principe!-.
–Ti rendi
conto che io ti stavo parlando da dieci minuti e tu non mi hai
ascoltato? Io
non ho la minima intenzione di parlare al vento!-.
–Va bene, scusa. Continua.
Certo però che sei proprio permaloso!-.
–Zitto! Ora, ricominciamo. Prendi quel
martelletto-.
–Quel cosa?-.
–Il martello stupido! Quello accanto alla porta-.
-Tieni e smettila di chiamarmi stupido!-.
–Va bene stupido-.
–Ehi!-.
–Dai
scherzavo… bene. Ora tieni ferma la parete-.
–Come scusa?-.
–Quello che ho
detto-.
–Ma come faccio a…-.
–Per fare in modo che non si possano udire i
rimbombi dei colpi del martello attraverso il muro, stupido!-.
–Ah…piantala di
chiamarmi stupido Vect, non sei divertente!-.
–Se tu la smetti di comportarti
da stupido, io non ti ci chiamo! Bene bravo. Aiutami con il pezzo di
ferro-.
–Così?-.
–Sì. E ora…-.
–AHI!-.
–Stai zitto idiota!-.
–Mi hai quasi tagliato di
netto il dito e dovrei stare zitto!?-.
–Si altrimenti di tappo la bocca con il
chiodo! Nessuno deve sapere che siamo qui, nemmeno mio padre chiaro?
Questo
è…-.
–Il nostro segreto lo so, lo so… ahia…-.
–Avanti, finiscila di lamentarti
e aiutami a spostare questo mattone-.
–Uffa quanto pesa…-.
–Bene. Ora che
abbiamo creato il nascondiglio per il nostro tesoro dobbiamo metterci
qualcosa
dentro-.
–No aspetta fammi capire. Vect, hai creato tutta questa
confusione e
mi hai quasi tagliato un dito solo per aprire una rientranza nel muro
nella
quale non sai cosa metterci? E poi sarei io lo
stupido…-.
–Taci! Dobbiamo
metterci qualcosa di bello, possibilmente di prezioso. Deve
simboleggiare la
nostra amicizia, capisci. Non accetterò qualcosa che non ne
sia all’altezza,
chiaro?-.
–Io non ho detto nulla Vect…-.
–Ast smettila di comportarti da idiota
e fai il serio. Davvero, cosa rappresenta la nostra amicizia?-.
–Hmm… io direi
che queste possono andare bene, tu che dici?-.
–Ast! Ma quelle… quelle sono…
sono Pietre di Sempreverde! Dove le hai trovate?-.
–Sai com’è mio principe,
essere un piccolo schiavo ha anche i suoi vantaggi…-.
–Parla!-.
–Ahahah va
bene. Diciamo che mentre portavo a termine una commissione per un
soldato mi
sono imbattuto in un Estrattore. Il suo carro era fermo in mezzo alla
strada e
lui stava bevendo. Erano troppo belle e poi volevo farti un regalo. Il
carro ne
era pieno e così… bè… prima
che si voltasse ne ho prese alcune e sono corso
via-.
–Ast questo è rubare! Sai benissimo che gli
Estrattori non sono molto
ricchi e che anche con gli aiuti finanziari del regno non sono mai del
tutto
fuori rischio. Avrebbe potuto ricavarci qualcosa e…-.
– Mi sono dimenticato di
dirti che l’Estrattore in questione era Rego-.
–Allora potevi prenderne anche
di più Ast!-.
–Ahahahah come principe sei scadente Vect, lasciatelo
dire!-.
–E
tu come schiavo sei troppo impertinente!-.
–Ma se stai ridendo!-.
–Ora basta!
Comunque credo che queste belle pietre possano andare. Tu quale
vuoi?-.
–Bè,
visto che è il nostro tesoro facciamo che io ti regalo
quella che secondo me ti
somiglia di più-.
–Mi stai paragonando ad una pietra!?-.
–Dai che hai capito!-.
–Hmpf…-.
–Allora… ne abbiamo una rossa, una verde, una blu,
una bianca e una…
viola. Io scelgo… sì! Scelgo di darti quella
viola Vect!-.
–Come facevi a
sapere che era proprio quella che volevo?-.
–Perché ti conosco-.
–Bene ora
tocca a me. Scelgo… scelgo… uffa Ast, per come
sei tu dovrei sceglierle
tutte!-.
–Vect non puoi sceglierle tutte. Come io ne ho scelta una
anche tu lo
farai-.
–Hmm… allora scelgo… quella rossa.
Sì, ti regalo quella rossa!-.
–Che
bello, proprio quella che volevo! Hai visto Vect? Abbiamo scelto le
pietre
migliori, siamo davvero migliori amici io e te!-.
–Questo lo sapevo già,
stupido. Dai mettiamo le pietre nel muro-.
–Aspetta!-.
–Cosa c’è? Non mi dire
che devi andare a salvare una donnola perché ne ho avuto
abbastanza!-.
–Ma cosa
dici, scemo? Io parlavo del giuramento. Ogni dono come questo
è seguito da un giuramento!-.
–Un giuramento? Non male come idea. Facciamo che queste
pietre ci indicheranno
se siamo vicini l’uno all’altro-.
–Questo non è un giuramento
però...-.
–Uffa stai
zitto Ast! Mettiamo queste pietre e basta…-.
–Va bene-.
–Ecco perfetto. Ora
aiutami a ricoprire il muro con la pietra che avevamo tolto prima e vai
a
prendere la sostanza grigia-.
–Quella che incolla tutto?-.
–Sì quella.
Sbrigati, che è più di un’ora che
stiamo qui dentro! Se mio padre lo scopre…-.
–Lo so. Tieni-.
–Dai aiutami… No, no a destra, spingi a sinistra.
A sinistra
scemo!-.
–Ho capito!-.
–E allora perché stai spingendo a destra!?-.
–UFFA! Ecco
fatto, contento?-.
–Adesso sì. Bene. Giuro di mantenere il segreto
del nostro
tesoro-.
–Ehmm… lo giuro anche io-.
–Bene. Ora andiamo, prima che le guardie
arrivino!-.
–Chi arriva per ultimo si dondola dall’albero del
cortile interno
come una scimmia!-.
–Ti ci vedo bene come una scimmia Ast!-.
–Tu pensa a
correre Vect che ti ho già superato!-.
–Ast! AST!-.
Yuma
si accasciò a terra con il fiatone.
Tremava.
Era da
tanto che non aveva visioni così lunghe.
–Perché proprio ora?-.
Si ritrovò a
pensare, battendo i denti. Lo sguardo gli cadde sulle pareti affescate
e con un
gemito di sorpresa di rese conto che erano proprio quelle della sua
visione. Ast
era stato lì.
–Io sono stato qui-.
Quelle parole lo inchiodarono a terra,
rendendolo incapace di alzarsi. Ogni volta che aveva quelle visioni
rimaneva
stordito, ma quella era stata la peggiore di tutte. Aveva avuto la
sensazione
di star ingoiando una palla di riso tutta in una volta e non era una
bella
sensazione, decisamente. Rimaneva sempre confuso ogni volta che vedeva
tracce
del proprio passato. Per prima cosa, non riusciva proprio a capire come
potesse
essere stato un così grande amico di Vector.
Che bello avere un amico che vuole
ucciderti!
Per di più, si aggiungeva il fatto che in tutte le sue
visioni lui
era lo schiavo e Vector il principe.
Perché?
–Come può Vector essere un
principe?- pensò Yuma orripilato all’idea.
–Sacrifica tutto e tutti solo per i
suoi scopi!-.
Eppure, nelle visioni Vector non sembrava malvagio. Anzi,
sembrava addirittura amichevole. Confrontando il bambino leggermente
viziato ma
in fondo buono delle visioni con il Vector attuale, Yuma non
poté fare a meno
di porsi qualche seria domanda.
C’era un'altra cosa poi che lo turbava
profondamente, rendendolo nervoso.
–Perché non riesco più a
vedere?-.
Era così.
Non riusciva più a vedere nitidamente le visioni, tranne per
qualche
particolare. Tutto gli appariva sfocato e l’unica cosa chiara
era il suono
delle voci. Yuma non sapeva se preoccuparsi o meno.
Da una parte era contento
di questa svolta, visto che forse voleva dire che le visioni sarebbero
presto
scomparse, lasciandolo finalmente in pace. Dall’altra
però, aveva come la
sensazione che ci fosse qualcosa di sbagliato in quella
novità, come se in
realtà non avrebbe dovuto verificarsi. Possibile che
dipendesse dal sangue di
Vector nelle sue vene? Quell’idea lo fece subito rabbrividire.
–Ho il sangue di
Vector… ho del sangue bariano dentro me-.
Non ebbe nemmeno il tempo di
disperarsi per quella agghiacciante rivelazione, che il lupo
ringhiò. Yuma si
rimise in piedi, conscio del fatto che doveva andare avanti, ma una
cosa lo
fermò.
–Aspetta- disse al lupo.
Gli tremavano le mani, ma doveva farlo. Doveva
avere una prova di tutto quello che gli stava capitando o sarebbe
impazzito.
–Fammi… fammi fare una cosa prima. Ti prego,
è importante-.
Il lupo non sembrò
ascoltarlo, ma smise di ringhiare e Yuma capì che per il
momento poteva agire.
Osservò attentamente la parete davanti a lui, avendo cura di
non lascarsi
scappare nemmeno un’immagine, finché non la
trovò.
–Eccola!-.
Si avvicinò ad
una raffigurazione di due bambini che giocavano su un prato. Sembravano
felici.
Con il cuore che batteva a mille, Yuma fece forza sulla mattonella
dipinta e un
attimo dopo quest’ultima cadde a terra, sollevando una nuvola
di polvere.
Dietro c’era, come Yuma si aspettava, una nicchia piena di
terriccio. Indagò
con lo sguardo, cercando di intravedere almeno un bagliore, ma
niente.
–Credevo
che fossero qui…- disse piano, leggermente
sorpreso.
Ora però era preoccupato
sul serio. Che fossero visioni false le sue? Stava per voltarsi, quando
una
cosa attirò la sua attenzione. In fondo alla nicchia,
ricoperto dalla terra, vi
era un piccolo bozzolo di polvere dalla forma non regolare. Resistendo
all’impulso di correre via, Yuma lo prese. Piano,
cominciò a togliere la
polvere e quello che vide lo lasciò senza parole.
–Non… non può…
come…-.
Nella
sua mano, giacevano due piccole pietre colorate: una rossa e una
viola.
Yuma
sentiva il proprio cuore battere come mai prima di allora. Allora era
vero, non
era una farsa.
–Io… io ho davvero avuto una vita passata con
Vector-.
Quell’affermazione così diretta e per di
più detta da lui, fece barcollare
Yuma, rendendogli difficile anche solo lo stare in piedi. Sentiva il
proprio
respiro farsi irregolare, animato dall’ansia.
–Non… non devo lasciarmi prendere
dal panico! Astral se fosse qui mi direbbe di stare calmo, ne sono
certo-.
Lentamente il suo respiro tornò a farsi regolare, anche se
l’angoscia per la
scoperta recente non lo abbandonava.
–E ora cosa ne faccio di queste pietre? Se
Vector riuscisse ad averle…-.
Una parte di lui gli urlava di buttarle e di
correre il più lontano possibile da quelle pietre maledette.
L’altra sua parte
di coscienza però, gli ordinava di fermare quelle sue gambe
che tremavano, di
fare un bel respiro e di mettersi quelle pietre in tasca: non era la
sua
preoccupazione più grande al momento.
Imprecando, Yuma si ritrovò d’accordo con
la seconda opzione. Si mise le pietre in tasca e si voltò
verso il lupo e per
poco non fece un salto indietro.
L’animale lo guardava con occhi quasi
assassini, i canini bianchi in mostra e i muscoli delle zampe
tesi.
–Cosa ti ho
fatto ora?- domandò Yuma, più indispettito che
spaventato.
–Mi hai trascinato
qui con una caviglia quasi slogata, dovrei essere io quello a
ringhiare!-.
Il
lupo dorato emise un basso ringhio poi prese di scatto un lembo della
maglietta di Yuma e tirò.
Yuma provò un attimo ad opporsi, ma il
ringhio del lupo lo frenò. Era ormai chiaro che
l’animale non avrebbe accettato
dei rifiuti da parte sua.
Sospirando, Yuma disse –Va bene, ho capito. Però
lasciami almeno…wooa!-.
Il lupo non lo fece finire e partì di corsa avanti,
dove si riusciva quasi a vedere la fine del tunnel. Faticando a seguire
il
passo del lupo, Yuma si ritrovò all’improvviso in
una stanza gigantesca.
Per la
prima volta in vita sua, non gli uscì dalla bocca nemmeno un
gemito di sorpresa.
Yuma non credeva che potessero esistere stanze così grandi,
ma a quanto pareva
si sbagliava.
L’intera sala presentava come colore base un dorato sbiadito,
quasi marroncino. Le pareti erano formate da mattoni assemblati tra
loro
perfettamente e decorati con immagini di draghi e cavalieri. La forma
della
stanza era circolare e tutto intorno al perimetro vi erano corridoi che
si
aprivano con degli archi, che sorreggevano probabilmente
l’intero soffitto.
Già, il soffitto. Yuma non aveva mai visto nulla di
così bello. Il soffitto era
completamente dorato.
O almeno lo era la base.
Infatti quest’ultima era
attraversata da venature dorate più scure, più
propriamente marroni, che davano
vita a scene bellissime quanto toccanti. Yuma riuscì ad
identificare una donna
che allattava un bambino, un drago che sorvolava in volo dei campi,
bambini che
giocavano tuffandosi da una piccola cascata sotto lo sguardo divertito
degli
anziani, uomini che discutevano tra loro all’ombra di un
grande albero.
Yuma si
costrinse ad abbassare lo sguardo, sapendo che se avesse continuato
molto
probabilmente non avrebbe più smesso di contemplare quella
meraviglia. C’era
però qualcosa che non lo faceva sentire del tutto a suo
agio. La sala era
bellissima, eppure era in qualche modo triste. Le pareti infatti erano
coperte
di polvere e ragnatele e il soffitto, un tempo forse bellissimo, ora
riluceva
di una luce opaca e spenta. I corridoi sotto gli archi apparivano bui e
desolati e perfino i mattoni sembravano essere stati mangiati dal
tempo.
-Questa sala è sporca, abbandonata e cade a pezzi,
eppure…-.
–E’ bellissima,
vero?-.
Yuma sobbalzò, voltandosi di scatto.
–Tu!-.
Davanti a lui, con quel suo
sorriso così inquietante, c’era l’uomo
lupo-dorato che aveva visitato Yuma
nella sua coscienza.
-Cosa… cosa ci fai tu qui?- lo aggredì il ragazzo.
–Che
cosa vuoi da me e chi sei? Questa volta voglio delle risposte!-.
L’uomo
lupo-dorato scosse piano la testa, sorridendo.
–Non posso rispondere a tutto
subito, Ast. Tu stesso una volta mi dicesti queste parole:
“Se le risposte sono
troppo facili, non c’è gusto a cercare le
domande”-.
–Non mi interessa niente di quello che ti ho
detto o del fatto che non puoi, io devo avere delle risposte! Non sono
venuto
fin qui seguendo un lupo psicopatico solo per sentire che devo ancora
andare
avanti senza sapere nulla!-.
Il lupo, che alla vista dell’uomo dorato di era
posizionato accanto a Yuma, ringhiò piano, quasi come se
avesse capito e non
fosse contento dell’epiteto assegnatogli dal
ragazzo.
–E smettila di chiamarmi
Ast- aggiunse Yuma –Io mi chiamo Yuma Tsukumo!-.
Probabilmente stava suonando
viziato e aggressivo, ma non gli importava. Mentre lui si ritrovava
bloccato
sotto terra a parlare con un fantasma dorato, i suoi amici compreso
Astral
stavano rischiando la vita per lui. Certo, era stata una sua scelta
quella di
andare lì sotto, lo aveva promesso. Ma non era stata
completamente una scelta
libera. Se non avesse promesso di seguire il lupo dorato,
l’uomo lupo-dorato
non gli avrebbe dato un altro po’ di energia e allora lui non
avrebbe potuto
aiutare Astral, alla fine. L’uomo- lupo lo aveva messo
all’angolo, durante il
loro primo incontro.
Aveva vinto il primo duello, ma Yuma non aveva la minima
intenzione di lasciargli vincere il secondo.
L’uomo rimase per un attimo in
silenzio, per poi dire –Capisco. Visto che vuoi negare il tuo
passato, Ast…-.
–Yuma- puntualizzò il ragazzo.
–Dovrò ricorrere a metodi leggermente
più
severi- continuò lo spirito.
Schioccò le dita e in un attimo il corridoio dal
quale Yuma era entrato scomparve.
–Ma cosa…?-.
Tutti i corridoi della sala
vennero riempiti da mattoni, fino a creare un nuovo muro. Yuma si
guardò
intorno. Era in trappola. Si voltò vero
l’uomo-lupo.
–Cosa significa?-.
–Rex mi
ha ordinato di ricorrere anche a metodi del genere pur di farti
rimanere, Ast.
E’ necessario che tu incominci a ripercorrere la tua
via-.
–Rex?- domandò Yuma.
–Farmi rimanere? Via? Ma cosa stai dicendo! Io sono venuto
qui solo perché
questo lupo…-.
–Perché tu hai promesso che saresti venuto, Ast. E
i re
mantengono sempre le loro promesse-.
Se non fosse stato per la gravità della
situazione, Yuma si sarebbe già messo a ridere.
–Re? Ma è uno scherzo?-.
L’uomo
lo ignorò.
–L’unica possibilità che hai per uscire
da qui e aiutare il
Messaggero Astrale è quella di battermi. Altrimenti rimarrai
qui e non potrai
aiutarli-.
Yuma in quel momento avrebbe tanto voluto strangolare
quell’uomo
fatto di fumo dorato. Purtroppo non aveva scelta. Doveva duellare con
l’uomo-lupo.
–Bene!- esclamò, fingendo una sicurezza che in
realtà cominciava a
scemare.
–Finirò in fretta il duello, così
potrò andare ad aiutare Astral!-.
L’uomo si rivolse al lupo.
–Tu vieni con me?-.
L’animale annusò l’aria, per poi
uggiolare e, con la sorpresa di Yuma, posizionarsi battagliero ai suoi
piedi.
L’uomo- lupo sorrise.
–Proprio non riesci ad abbandonarlo di nuovo, eh?-.
Si
rivolse quindi a Yuma.
–Cominciamo, Ast-.
–Sì- rispose il ragazzo.
Strinse con
forza la Chiave dell’Imperatore. –Astral, ragazzi
non preoccupatevi: sarò
presto da voi!-pensò.
–Iniziamo! Duel- disk, attivazione!-.
Il Duel-disk
dell’uomo-lupo era un semplice rettangolo di fumo dorato,
quasi come se fosse
un pezzo di legno.
–Duel-gazer, attivazione!-.
Yuma deglutì.
–Almeno dimmi come
ti chiami questa volta!-.
L’uomo-lupo sembrò pensarci un attimo.
Sorrise.
Yuma
fece un respiro profondo, con il lupo che ringhiava davanti a
lui.
–COMBATTIAMO!-.
E
così sono tornata. VI PREGO NON UCCIDETEMI!! Ho avuto dei
problemini e vabbè un sacco di altre cose, oltre al "blocco
dello scrittore" ma ora rieccomi!1 Se volete fucilarmi sono tutta
vostra, ma almeno lasciatemi spiegare un pochino il capitolo.
Alloooraaaa... partiamo dalla prima parte del chappy ^^:
1)
Qui vediamo una Tori come sempre incapace che non sa come fare per
sconfiggere l'uomo-orso (tranquilli, dal prossimo capitolo anche lui
avrà un nome!). Arriva poi il nostro dolce Michael alias
Three che salva miracolosamente la situazione dichiarandosi (a tutti
quellli che odiano la coppia Three/Tori: ragazzi, chiedo umilmente
perdono. Neanche io ne vado pazza, ma era necessario per la storia. O
almeno per un'altra storia... credo che ci sarà un sequel
*-*). Quindi Tori fa una delle solite rimonte spirituali
caratteristiche dell'anime e tadaa! Ecco a voi il mostro-fata
più scontato del mondo! (Però, mi spiace, anche
Tori è un tantino scontata -.-"). Quindi fa una romonta e
via dicendo. Il pezzo tra Three e Tori è troppo melenso?
Probabile. Qualcuno invece più romantico lo ha trovato
dolce? A voi la parola!
2)
Astral e Gheia. Ammetto di aver scritto poco per quanto riguarda il
nostro spirito astrale preferito, ma questo perchè nel
prossimo capitolo ci sarà una bella parte dedicata a lui e
al suo passato con la nostra princess. (Lo so che a molti di voi Gheia
sta sul cavolo, ma fidatevi di me se vi dico che cambierà!
Sempre che non decida di uccidermi e di diventare lei la scrittrice,
sia chiaro...). N 96 è sempre uno psicopatico e via dicendo.
Ora che ho citato 96 vi dico una cosa: nello scorso capitolo ho usato
l'aggettico "Irregolare" per descrivere 96. Bè, per chi non
lo sapesse, in realtà è stata un'invenzione di
stellaskia, ma la mia mente da pazza (abituata a morire ogni volta che
stellaskia pubblica un capitolo del suo crossover) ha dato per scontato
che numero 96 fosse "Irregolare" anche nell'anime. Mille scuse a
stellaskia e a voi T.T
3)
Muahahahaha, nel pezzo Vector/ Shira mi sono divertita, voi no? (ma che
domande faccio? -.-" vabbè). Tutto ciò sta a
coronare il fatto che Shira presenta un carattere perfino
più volubile di Gheia, che al suo confronto sembra un
angioletto! (no Gheia non picchiarmi T.T). Vector sembra a volte
spaventato, a volte incavolato nero, a volte divertito e un sacco di
altre cose. Scopre il sistema delle carte "Giurate" (che
avrò la premura di spiegarvi nei capitoli verso la
fine della fiction ^^) e di quelle che richiedono un "Pegno di Sangue
(idem). Il drago arcaico rimane il mio preferito e via dicendo.
4)
Ohhhhhh, la mia parte preferita. Il nostro caro Yuma. Il nostro povero
duellante si ritrova da solo, ferito e con un lupo di fumo dorato
affetto da sbalzi d'umore. L'animale che ogni persona vorrebbe dentro
casa insomma. Cammina e cammina, una visione investe Yuma e.... NON SO
VOI, MA IO LO ADORO QUEL PEZZO! Non so da dove mi sia uscito, ma ridevo
ad ogni riga scritta! (sono matta, i know -.-). Vect e Ast che cercano
di nascondere un piccolo tesoro e che bisticciano tra loro. Esilarante.
Dovete sapere che quando ho finito di scrivere, io mi rileggo tutto e
questa volta con gli occhi di un'altra persona. Personalmente il
dialogo tra i due bambini l'ho amato (e non perchè l'ho
scritto io *-*). Lascio a voi ulteriori commenti! Ora che pure Yuma sta
per duellare, vi avverto che se non nel prossimo, in quello dopo ancora
finirà la prima parte della long e ne comincerà
una seconda! Finirà il Ciclo del Presente e
inizierà il Ciclo del Passato. Ci sarà anche un
Ciclo del Futuro? Bho. Devo ancora pensarci XD.
La
prossima volta vi metterò quaòche immagine.
Grazie mille della vostra pazienza, a presto! ^-^
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Capitolo 15 *** Rex (parte finale) ***
-Comincio io. Pesco!-.
Yuma guardò le carte che aveva in mano, mentre si rendeva
conto di essere davvero nei guai. I tagli che aveva sul braccio avevano
ricominciato a bruciare e in qualche modo cominciava anche a risentirne
gli effetti. Vedeva la stanza sfocata e per rimanere in piedi doveva
restare concentrato in una maniera quasi ossessiva.
“Non
devo lasciarmi prendere dal panico” pensò. “Devo rimanere
concentrato sul duello imminente. Concentrati Yuma!”.
–Evoco Fielf di livello 2! Dopodiché, attivo il
suo potere speciale: una volta per turno, posso rivelare una carta
Mostro dalla mia mano e aggiungere al livello di Fiel il livello di
quella carta! Scelgo di rivelare Bambino Gagaga di livello 2 e quindi
Fielf diventa di livello 4!-.
L’elfo biondo si illuminò di una tenue luce
verdina, mentre il suo livello aumentava di 2.
–A questo punto evoco Goblindbergh di livello 4 e sovrappongo
i miei due mostri. Appari, Numero 39 Utopia!-.
Quasi immediatamente dopo quelle parole, il goblin e l’elfo
si tramutarono in fasci di luce, per poi fondersi e dare vita al mostro
Xzy. Non appena vide Utopia posizionarsi davanti a lui sul Terreno di
gioco, Yuma fu invaso da dei sentimenti contrastanti. Da un lato era
felice, euforico anzi, di aver potuto evocare Utopia senza problemi e
si sentiva molto più sicuro ora che il guerriero alato era
dalla sua parte. D’altro canto però, era anche
molto preoccupato.
“E se, visto che l’ho evocato io, Astral non
potesse evocare Utopia? Come farebbe a sconfiggere n 96?”.
Da quando
Astral era arrivato sulla Terra, vi erano stati momenti in cui avevano
duellato separatamente, ma mai in contemporanea. Possibile che
ciò comportasse dei problemi riguardanti le carte?
“E
se io non potessi usare le carte già utilizzate da Astral e
viceversa? Il mio deck non ha abbastanza carte!”.
Appena ebbe formulato quel pensiero però, Yuma
sentì il proprio cuore perdere un battito. Il deck!
“Il deck! Astral non ha un deck! Come farà a
duellare? E se Astral stesse cercando di guadagnare tempo senza
duellare e venisse torturato da 96?”.
Quel fugace
pensiero bastò a fargli tremare le gambe.
“NO! Non posso permettere che accada una cosa del
genere! Come faccio a tornare di sopra?”.
Un ringhio lo riportò alla realtà. Yuma
abbassò lo sguardo e vide il lupo dorato osservarlo con
sguardo feroce, i denti bianchi in mostra, le zampe munite di artigli
tese. Sembrava che lo stesse quasi rimproverando per tutte le domande
che si stava ponendo, quasi a volergli dire: “Stupido!
Piantala di piangerti addosso e finisci questo duello, così
puoi chiudere questa faccenda!”. Yuma deglutì,
dilaniato dal desiderio di continuare il duello e scoprire il suo
passato e dal forte impulso di correre ad aiutare Astral e i suoi
amici.
–Problemi di volontà, Ast?-.
Quella voce riscosse Yuma dal suo stato di torpore, riportandolo
nuovamente alla realtà. Il ragazzo alzò lo
sguardo. L’uomo-lupo lo guardava con in volto
l’accenno di un sorriso, quasi come se si aspettasse che
avrebbe avuto quel blocco. E Yuma per un momento si
dimenticò di tutto, eccetto che di quel pungente pizzico di
rabbia che lo aveva animato dal primo momento in cui aveva incontrato
l’uomo-lupo.
“Chi si crede di essere pretendendo di conoscermi
così bene da prevedere perfino i miei sentimenti?” pensò, leggermente stizzito. “Si può sapere
chi diavolo è?”. Una vocina dentro di lui gli rispose:
-Potrai avere delle risposte solo duellando, mio caro-.
Sospirando rumorosamente, Yuma si costrinse a calmarsi.
–No- rispose, rivolto al suo avversario. –Tutto a
posto. Posiziono una carta coperta e termino il turno-.
L’unico modo che aveva per salvare Astral era finire in
fretta il duello. Non aveva tempo per preoccuparsi di deck e carte,
tanto più che ormai aveva già evocato Utopia. Di
certo, non poteva restituirlo ad Astral, nel caso glielo avesse appena
sottratto. L’uomo- lupo si limitò nuovamente a
fissarlo. Yuma, in imbarazzo, aspettò che iniziasse a
giocare il proprio turno, ma quando vide che il suo avversario non ne
aveva la minima intenzione, si costrinse ad intervenire.
–Insomma, vuoi giocare oppure no? E’ il tuo
tur…-.
–Prima mi hai chiesto come mi chiamo, Ast- lo interruppe
l’uomo-lupo.
Yuma ci mise qualche istante per rendersi conto che non era una domanda.
–Sì…- rispose cauto. –Te
l’ho chiesto-.
Il suo avversario lo guardò, per poi rispondere con voce
profonda –Io mi chiamo Iago-.
Quel nome suscitò uno strano brivido lungo la schiena di
Yuma, che lo ripeté come ipnotizzato.
–Iago… Iago…-.
E, come si aspettava, nuove immagini presero ad invadergli la
mente….
“Che cosa ci fai tu
qui?”.
“Io? Nulla! Stavo solo andando a trovare un
amico”.
“Nel cortile del palazzo reale? Stupido piccolo schiavo, ti
ho detto mille volte di non cercare il principe a meno che tu non debba
lavorare per lui! Cosa pensavi di fare?”.
“Ehm… nulla Iago. Non fa nulla. Speravo solo
che…”.
“SPARISCI!”.
Giusto il tempo di calmare il proprio
respiro, e Yuma sentì una profonda antipatia verso
l’uomo a cui apparteneva quella voce dura e aspra. Con
sussulto però, si rese improvvisamente conto di averlo
davanti e cercò in tutti i modi di darsi un contegno.
“Ma
allora lo conosco davvero questo tizio di nome Iago!
Tsk…”.
Non sapeva come o perché, ma in qualche modo sentiva che se
avesse voluto incontrare qualcuno del proprio passato, Iago non sarebbe
stato uno della lista. Quasi come se gli avesse letto nel pensiero,
Iago sorrise mestamente, per poi replicare con voce quasi stanca
–Come ti dissi, io e te abbiamo avuto sempre un rapporto un
po’ conflittuale, Ast. In maggior modo quando sei cresciuto.
In quel periodo, avrei voluto davvero gettarti in un pozzo per quanto
eri irritante…-.
Yuma strizzò gli occhi più volte per assimilare
quanto aveva sentito. Iago avrebbe voluto buttar LUI in un pozzo!?
“Ma si può sapere con chi sto duellando?” si ritrovò a pensare, quasi al
limite dell’esasperazione.
Nonostante ciò, disse –Beh, per fortuna non
l’hai fatto Iago-.
Quest’ultimo si dimostrò un poco sorpreso di
sentire il proprio nome, per poi rivolgergli nuovamente la parola.
–Vorrei avere il tempo di parlare meglio Ast, ma Rex mi ha
ordinato di concludere in fretta questo duello e di farti riavere le
tue memorie al più presto, prima che Don-Thousand possa fare
la sua mossa. Quindi… pesco!-.
Yuma aspettò con ansia crescente che Iago svelasse le sue
carte. Si sentiva leggermente a disagio e sapeva che quella sensazione
sarebbe svanita solo duellando.
–Evoco immediatamente “Bujingi
Tartaruga”!-.
Davanti a Iago comparve una normalissima tartaruga, tranne per il fatto
che aveva il guscio d’argento finemente decorato e il corpo
dorato, con gli occhi che risplendevano di una luce dorata. Sentendo
quel nome, Yuma per poco non si mise a ridere. Leggendo la sua
espressione, Iago sorrise ironico.
–Non ti conviene sottovalutare il mio deck, Ast. Mi
è stato dato da Rex proprio per testare il tuo spirito! A
questo punto posso evocare anche “Bujingi Gru” e
attivo il suo potere speciale: quando questo mostro viene evocato nel
mio primo turno, posso usarlo per attaccare il mio avversario con un
colpo diretto!-.
–Che cosa!?- esclamò Yuma.
–Inoltre- aggiunse Iago –l’attacco non
può essere interrotto dagli effetti dei mostri e delle
carte. Quindi vai “Bujingi Gru”, attacca Ast
direttamente con Artiglio Rapace!-. Yuma vide un uccello dorato in
un’armatura di bronzo volare contro di lui e non
poté far altro che cercare di proteggersi il volto con le
braccia, mentre cadeva a terra con il petto ancora dolorante a causa
degli artigli della gru. Una fitta gli attraversò il braccio
ferito e riuscì e non urlare solo mordendosi il labbro.
Mentre si rialzava, sentì la voce di Iago raggiungerlo dal
fondo della sala.
–Visto che il mio mostro ha 1600 punti di attacco, i tuoi
life points arrivano a 2400. Ma, e mi dispiace per te Ast, questo non
è tutto-.
“Non
è tutto? Come, non è tutto?” pensò
Yuma, mentre sentiva dei rivoli di sudore scendergli lungo la
schiena.
Cos’altro doveva aspettarsi da Iago?
–Non è tutto, perché attivando il
potere speciale di “Bujingi Tartaruga” posso
infliggerti la metà del danno che hai appena subito, ovvero
800 punti di danno!-.
Con un urlo di dolore, Yuma venne scaraventato in fondo alla sala dalla
forza d’impatto dell’attacco della tartaruga e si
tenne il braccio ferito con l’altra mano, gemendo. Mentre si
metteva in ginocchio imprecò, con i life points a 1600.
“In un turno mi ha fatto perdere più della
metà dei miei life points! Ma dove ha imparato a duellare
così?”.
–Fa male?-.
La domanda di Iago arrivò inaspettata. Yuma alzò
lo sguardo e vide degli occhi castani fermi sui tagli che aveva sul
braccio. La rabbia salì spontanea.
“Ma mi prende in giro?” pensò. “Come vuole che mi senta
con un braccio martoriato?”.
Stava per rispondergli a tono, quando qualcosa lo distrasse.
Abbassò lo sguardo e sentì qualcosa di umido
passare sulle sue ferite. Con sgomento, si accorse che il lupo dorato
che fino ad allora era stato ai suoi piedi ora lo stava leccando,
cercando dli alleviargli il dolore. Il lupo era forse preoccupato per
lui? E Iago? Guardò di nuovo quegli occhi caldi, trovando
sincera preoccupazione.
“Sono
preoccupati per me?”
In un attimo sentì la rabbia svanire, sostituita da un lieve
imbarazzo. Rispose sinceramente.
–Un po’-.
–Un po’ quanto?-.
Yuma esitò. –Abbastanza- sorrise mesto.
Anche Iago sorrise, mandando Yuma in confusione.
–Sai, non sei mai riuscito a rimanere arrabbiato a lungo Ast.
Perfino quando ti frustavo alla fine trovavi sempre la forza e il
coraggio di sorridere-.
Yuma per poco non si strozzò. Si toccò
inconsciamente la schiena.
–Tu cosa!? Mi fru…-.
–Ero una guardia reale- lo interruppe Iago, alzando appena la
spalle in un gesto di noncuranza.
–La gente si aspettava che lo facessi-.
–La gente si aspettava che tu andassi in giro a frustare
ragazzini!? Ma che popolo eravate?-.
Il tono di Iago assunse la sfumatura di un rimprovero.
–Ti ricordo Ast che il popolo di cui parli in modo
così sprezzante è anche il tuo popolo. Anche tu ne
fai parte-.
Yuma sentì la rabbia crescere nuovamente, questa volta
più forte e dirompente di prima.
–No invece! Io non faccio parte di nessun popolo vissuto
chissà quando, non ti ho mai conosciuto e non mi chiamo Ast,
io sono Yuma Tsukumo figlio di Kazuma Tsukumo! Piantala di dire
scemenze! Questo duello non ha senso, ma per aiutare Astral devo
sconfiggerti quindi stai in guardia Iago, perché io non
sarò da meno di te!-.
Non appena chiuse la bocca, Yuma sentì l’energia
cambiare drasticamente. La sala gli sembrò più
buia e anche la temperatura scese di molto. Ai suoi piedi il lupo
cominciò a ringhiare, sfoderando gli artigli. Yuma fece un
passo indietro.
–Come fai a non capire?-.
La voce di Iago era ora carica di rabbia e frustrazione.
–Come fai ancora a negare? CON CHE CORAGGIO?-.
Iago lo guardò negli occhi e Yuma si sentì
trafitto da quello sguardo così intenso, dalle sensazioni
che quello sguardo suscitavano in lui. Perché Yuma quello
sguardo l’aveva già visto. Lo sguardo di Iago era
attraversato dalla sua stessa energia. Dalla stessa energia che animava
gli occhi di suo padre durante un’avventura.
“Possibile… possibile che mio padre…
che papà… possibile che papà
appartenga allo stesso popolo di Iago?”.
Quel pensiero fu così travolgente che Yuma dovette chiudere
gli occhi per scacciarlo dalla mente.
–Diamo una svolta a questo duello Ast!-.
Iago sembrava più agguerrito che mai, come se il rifiuto di
Yuma di credergli fosse uno stimolo per continuare il duello.
–A questo punto sovrappongo i miei due mostri di livello 4 e
faccio un’evocazione Xzy! Appari, protettore del nostro
Mondo: Numero 100 “Ryko –Cacciatore Fedele della
Luce-”!-.
Davanti a Yuma prese forma il mostro più bello e potente che
il ragazzo avesse mai visto, a parte forse Utopia. Era un enorme lupo
dalla pelliccia bianca e candida come la neve appena caduta, con una
coda folta che ricadeva lungo le zampe posteriori. La pelliccia
però era attraversata da delle sottili linee dorate, linee
che formavano dei disegni geometrici senza però separarsi
mai. Indossava un elmo d’acciaio decorato con motivi bianchi
e dorati, con dei buchi lì dove si trovavano le orecchie
appuntite. Gli artigli e i denti erano di un bianco accecante, dai
riflessi arcobaleno e gli occhi erano, come Yuma si aspettava, dorati e
sembravano gettare luce su ogni cosa che incontravano. Aveva 2800 punti
d’attacco e 1500 di difesa.
“Se anche il potere speciale non è
male… è un mostro potentissimo!” si ritrovò a pensare il ragazzo,
affascinato dalla bellezza del mostro messo in gioco da Iago.
Quest’ultimo lo guardò a lungo, soddisfatto della
sua reazione.
–Tu sei l’unico che ci può salvare, Ast-
disse Iago, riprendendo il discorso interrotto.
–Sei l’unico in grado di salvarci-.
Yuma, nonostante si sentisse in qualche modo sicuro per la presenza del
lupo bianco, sentì le proprie mani tremare, ma si costrinse
a guardare Iago negli occhi e a chiedere –Salvare…
CHI?-.
–Noi Lucenti- rispose una voce.
Yuma per poco non saltò dalla sorpresa. Un attimo dopo si
accorse che il lupo dorato beh… si stava inchinando. Aveva la zampe anteriori piegate in avanti
e la testa era inclinata vero il terreno, la coda ferma lungo il corpo.
Yuma allora si voltò verso Iago. Quest’ultimo non
si stava letteralmente inchinando, ma aveva inclinato anche lui la
testa verso il basso, in un gesto di rispetto. Guardava qualcuno alle
sue spalle. Yuma fece un respiro profondo.
“Chi altro devo incontrare per diventare completamente pazzo?
Non può andare peggio di così”.
Quando si voltò però, non poté evitare
di trattenere il fiato. Si era aspettato di tutto tranne
che… beh… quello.
Di fronte a lui si stagliava il tizio in assoluto più regale
e strano che avesse mai visto, e di tizi strani Yuma ne aveva
incontrati parecchi. Il tizio in questione era alto due metri come
minimo. Aveva dei lunghissimi capelli biondi, che sfioravano il dorato,
legati in una treccia che gli arrivava fino alle spalle. Indossava una
lunga tunica senza maniche, che metteva in risalto i pochi muscoli
asciutti delle braccia. Era una tunica finemente decorata con cuciture
dorate lungo i fianchi. Ai piedi indossava dei semplici sandali di
cuoio, ma la cosa che più colpì Yuma fu il
ciondolo che l’uomo portava al collo. Era un ciondolo dorato,
di un d’oro luminoso. Vi era raffigurato un sole e al centro
del sole c’era… -Utopia!- esclamò Yuma,
non potendo trattenersi.
Al centro del sole dorato infatti, vi era l’elmo di Utopia,
le parti bianche create con una sostanza simile alla madreperla ma che
Yuma non conosceva. Quando l’uomo sorrise, Yuma
riuscì a scorgere un orecchino sull’orecchio
destro.
–Ciao Ast-.
Yuma, che si era aspettato una voce dura e severa, si
ritrovò spiazzato ascoltando quella voce dolce e melodiosa,
ma allo stesso tempo forte e decisa. Tutto in quell’uomo
parlava di armonia. Perfino gli occhi, all’apparenza di un
comunissimo marrone, rilucevano di una luce calda.
–Ciao Ast- ripeté.
–Era da tempo che desideravo incontrarti-.
Con grande fatica, Yuma riuscì a ritrovare la voce. Gli
sembrava di essere tornato bambino.
–Incontrare… me?-.
L’uomo sorrise. Non era un sorriso ironico. Era uno di quei
sorrisi che scaldano, un sorriso divertito, come il sorriso di un
genitore quando vede il proprio figlio che cerca di essere
più grande di quello che è in realtà.
–Sì, proprio te. Anche se devo ammettere che
è stato parecchio difficile organizzare questo incontro-
aggiunse mestamente.
Sorrideva ancora. Yuma si sentì all’improvviso
imbarazzato. E anche un po’ nervoso.
“Ma chi è? Sembra… diverso”.
Infatti era così. Non sapeva come o perché, ma
aveva la strana sensazione che quell’uomo misterioso
c’entrasse con lui molto più di quanto non stesse
dando a vedere. Aveva la netta sensazione di averlo già
visto.
Anzi, no.
“ Rex! Reeeex!”.
“Hm? Ah, Ast. Ora sono occupato,
non posso parlare”.
“Ma…”.
”Niente –ma- , ho di meglio da fare”.
“Volevo solo sapere se avevi visto
Vect…”.
“Il principe Vector si trova nella Torre Nord a lezione di
Astronomia. Come ogni notte che c’è la luna piena,
del resto. Dovresti saperlo, sai”.
“Ah, è vero. Strano non me l’ha
detto… comunque, non vedo l’ora di ascoltare il
resoconto della tua vacanza nel Regno di Poseidon!”.
“Non è stata una vacanza, sono stato in una
missione diplomatica presso Nash sotto ordine di re Kado e…
cos’hai da ridere?”.
“Ahahahaha Rex me lo hai detto! Ieri dicevi in giro che era
un segreto e che non l’avresti detto a nessuno…
ahahahahahah ho vinto io!”.
“Tu piccolo… mi hai fatto un brutto scherzetto
eh… “.
“Già ahaha!”.
“Hmpf. Meglio se sparisci va, piccolo
schiavo…”.
“A stasera Rex!”.
“A dopo, Ast!”.
-Ma io.. io ti conosco!- quasi
urlò Yuma.
Appena finì di parlare, gli parve un’osservazione
piuttosto stupida, ma in quel momento aveva bisogno di conferme.
L’uomo annuì, deciso.
–In effetti è così. Ci conosciamo molto
bene Ast. Io ero l’ambasciatore del Regno di El-Kenez, al
tempo in cui scoppiò la Guerra Lucente-.
Yuma si sentì tremare le gambe. Stavano succedendo tante
cose strane in troppo poco tempo.
–Che cos’è la Guerra Lucente?-
chiese.
L’uomo sorrise, comprensivo.
–Ogni cosa a suo tempo. Prima di darti il mio dono, ti
spiegherò tutto. Ma ora io sono qui per un motivo
più preciso… e più importante. Sono
qui per farti riscoprire chi sei e da dove vieni. Sono qui per
riportarti a casa. O almeno spero-.
Yuma si mise subito sulla difensiva. Dopo la faccenda di Vector, ne
aveva abbastanza di rapimenti.
–Io non vado da nessuna parte!-.
Iago lo guardò scandalizzato.
–Ma Ast…!-.
L’uomo lo interruppe con un cenno della mano e Iago fece
silenzio.
–Sarebbe da sciocchi aspettarsi la sua collaborazione in
questo momento, non è ancora cosciente della sua natura-.
Ora Yuma cominciava a spaventarsi sul serio.
–La mia natura? Ma di cosa state parlando?-.
L’uomo lo guardò sorridendo.
–Prima di tutto permettimi di presentarmi. Io mi chiamo Rex e
sono un Messaggero-.
Yuma esitò e chiese –Un… messaggero
qualsiasi?-.
Una breve risata seguì le sue parole.
–No- rispose Rex, ancora ridendo.
–Io sono il tuo Messaggero. Sono il Messaggero del Mondo
Lucente-.
Tori
avrebbe tanto voluto tagliare di netto il muso di quell’orso
odioso e gettarlo dritto in un pozzo senza fine.
Era disgustoso.
Continuava a sbavare e ora la saliva gli si era raggrumata intorno al
muso formando una specie di barriera di schiuma giallastra. Anche se
era rivoltante però, Tori avrebbe voluto sbarazzarsene per
un altro motivo. Non appena infatti la sua fata aveva terminato
l’attacco, si era sentita euforica e davvero potente, come
non le era mai capitato. “Non
sono più inutile, non sono più un peso, anche io
posso aiutare Yuma!” aveva
pensato, al culmine della felicità.
Sentiva il proprio viso attraversato da un sorriso che, data la
situazione, non avrebbe dovuto esserci, eppure non faceva nulla per
sopprimerlo. Ma ora, stava osservando quella creatura con una tristezza
mista a pietà. L’ibrido infatti non riusciva ad
alzarsi. O meglio, ci aveva provato, ma era ricaduto a terra subito
dopo. Sembrava che avesse una ferita alla zampa o qualcosa del genere.
Non voleva vederlo in quello stato, per quanto poco le stesse simpatico.
Dopo qualche secondo di incertezza, chiese –Tutto…
tutto bene?-.
L’occhiata che ricevette fu come uno schiaffo in piena
faccia. Quegli occhi rossi rilucevano di una luce violenta, aggressiva,
dai riflessi nerastri. Sembravano essere abitati solo da odio.
“No, non da odio”.
Da vergogna. L’uomo-orso si stava vergognando di non riuscire
ad alzarsi. Con preoccupazione, Tori prese in seria considerazione
l’idea di andare ad aiutarlo, ma ricordandosi lo sguardo che
aveva ricevuto qualche istante prima, decise di non interferire. Con un
gemito, il suo avversario si rialzò, offrendo a Tori un
brutto spettacolo. Il petto peloso si alzava e abbassava velocemente,
mentre dei rantoli uscivano dalla bocca schiumosa. L’ibrido
era sporco, per non dire sudicio, e sembrava reggersi a malapena sulle
gambe. Tori non riusciva a credere di essere stata lei a ridurlo
così.
–Senti io…- cominciò, cercando di
scusarsi, ma venne interrotta da un ringhio di dolore e rabbia.
–Non parlare, stupida ragazzina. Tu non sai, non
comprendi…-.
Tori chiuse la bocca.
“Non comprendo cosa? Non ho detto
nulla…” si
domandò, confusa.
All’improvviso l’uomo-orso aprì la bocca
in un urlo angosciato.
–Noo!-.
Tori fece un salto per la sorpresa.
–Che… che ti succede?- domandò, la voce
che sfiorava il panico.
Il suo avversario cominciò a guardarsi intorno confuso,
annusando l’aria, girando su sé stesso. Anche da
quella distanza, Tori poteva sentire frammenti di quello che diceva. –Mio
re… El-Kenez… qualcuno è
qui… revoca il passato…-.
Con orrore di Tori, l’uomo-orso cominciò a
graffiarsi il muso, aprendosi dei tagli da cui dopo qualche secondo
uscirono sottili fiotti di sangue. Tori indietreggiò,
inorridita. “Ma
chi… che cos’è?” si
domandò, mentre sentiva le mani che tremavano.
Quasi come se le avesse letto nel pensiero la creatura urlò
ancora più forte, facendola sobbalzare di nuovo.
–REGO!-.
Si prese la testa tra le zampe, ululando di dolore. Un secondo dopo,
Tori temette di avere le allucinazioni.
“No. No, non è possibile! Ma che sta
succedendo!?”.
Davanti a lei, al posto dell’ibrido, vi era ora un uomo. Un
uomo quasi nudo, tranne se si contava la lunga pelliccia di orso che
gli partiva dalla vita e che gli copriva le gambe fino ai piedi. Era
basso e muscoloso. Aveva un viso spigoloso, non piacevole. Le labbra
erano carnose, le orecchie grandi rispetto agli occhi, piccoli e neri.
Con sgomento ancora maggiore, Tori si accorse che la figura davanti a
lei non era solida. Tremolava infatti come una fiamma di candela, come
se al primo soffio di vento potesse spegnersi. La ragazza si mise il
pugno in bocca per impedirsi di urlare. L’uomo si
guardò le mani, confuso ed esterrefatto.
–Come…dove… chi…?-.
Tori scosse piano la testa, impietrita. Un secondo dopo strinse gli
occhi.
“Avanti” pensò. “Smettila
di fare l’idiota Tori e concentrati! Non è la cosa
più strana che hai visto fino ad ora!”.
Fece un bel respiro profondo e chiese titubante –Ehm scusi,
ma… lei… chi è? Come si
chiama?-.
L’uomo sobbalzò al suono della sua voce. Si
voltò verso di lei e fu come se la guardasse per la prima
volta, osservandola con crescente curiosità e facendola
sentire in imbarazzo.
–Chi sono io… come mi chiamo…-
ripeté.
Tori attese, ben attenta a non guardarlo egli occhi. Dopo qualche
minuto, l’uomo le rispose con voce rotta
dall’emozione.
–Mi chiamo Rego e… e credo di essere un Estrattore
di El-Kenez-.
Tori trattenne il respiro. Estrattore!? El-Kenez!? Ma cosa stava
dicendo? Rego continuò, ormai a ruota libera.
–Mi ricordo poco a dire il vero, è tutto
così sfocato nella mia testa… Mi ricordo tante
luci, molte, e gente che urlava e correva ovunque, armi che cadevano,
sangue che schizzava fuori dalla ferite dei soldati e poi lui, lui con
quel suo ghigno da folle…-.
Un attimo si prese la testa tra le mani, come per cercare di placare in
mal di testa improvviso. Tori si sfregò le mani contro la
gonna, nervosa. Con uno scatto che le fece perdere un respiro, Rego
continuò a parlare, questa volta con voce diversa. Era
più contento ora, più soddisfatto, ma non per
questo meno agitato. Gettando un’occhiata fugace ai suoi
occhi, Tori emise un piccolo gemito di paura. Quelli che vedeva erano
occhi spiritati.
–Ma io e lui abbiamo un patto- continuò Rego, come
un folle.
–Io e lui abbiamo un patto. Io gli porterò il
fratello, sì quel ragazzino tutto pelle e ossa, pallido e
dagli occhi gialli, sì glielo porterò e lui in
cambio mi farà avere un’altra vita in un altro
mondo, un mondo migliore, il suo mondo!-.
Si voltò verso di lei ridendo piano, gli occhi sbarrati.
–Dopo che avrà risolto la sua faccenda personale,
oh sì, quella piccola faccenda, sì,
sì, quella cosa, quella cosa…-.
Tori deglutì, ma ormai la curiosità le si era
infilata come un ago nel cuore. E quell’ago le stava facendo
davvero male.
–Quale…quale cosa?- balbettò piano.
La reazione fu immediata.
–SI!- urlò Rego, facendola saltare dalla paura.
–SI QUELLA COSA!-.
Ora l’uomo si stava muovendo in circolo, disegnando un
cerchio con i piedi nudi e sporchi.
–Sì, proprio quella! Lui lo odia. Ohhhh se lo
odia! Quel ragazzino farà bene a stare in guardia, eccome se
lo farà! Perché lui lo vuole morto, eh
già, ma vuole prima catturarlo, poi uccidere quel suo
fratello che tanto ama davanti ai suoi occhi, vuole torturarlo fino
alla pazzia e solo quando invocherà la morte allora forse lo
ucciderà!-.
Ora Rego ridacchiava, con la saliva che cominciava a scendere dal
labbro inferiore. Con orrore di Tori, la figura tremula
dell’uomo si stava solidificando di nuovo, mentre
già le braccia erano diventate delle massicce zampe
d’orso.
“Si sta ritrasformando!” pensò
la ragazza ormai al limite dell’orrore.
–O FORSE NO!- intervenne Rego con la sua voce ora stridula,
che ancora non si era accorto della trasformazione oppure, come
pensò Tori, pazzo com’era non gliene importava
affatto.
–O FORSE NO! NO, NO, NO, NO! Secondo me… secondo
me non lo ucciderà nemmeno in quel caso, anzi
rimarrà lì a godersi la sua morte sorridendo come
solo lui sa fare! LUI, IL MIO RE! REEEE, MIO REEE!-.
Anche il petto ora era diventato quello di un orso e i peli ispidi
erano arrivati anche al collo. Prima che anche il volto si trasformasse
in un muso, Tori sussurrò –Chi vuole uccidere il
tuo re?-.
Un secondo prima che un muso pieno di schiuma bianca si sostituisse al
suo volto umano, l’uomo scoppiò a ridere godendo
dell’espressione atterrita di Tori.
–LUI! Quel ragazzino dagli occhi rossi con riflessi dorati,
quel ragazzino che l’ha tradito e offeso! Lui, lui:
AST!-.
Un lampo di luce rossastra scaturì da Rego e Tori venne
sbalzata via, atterrando dolorosamente contro la fredda roccia. Il
tempo di mettersi in ginocchio e Rego era tornato l’ibrido di
qualche minuto prima. Emise un verso simile al ruggito di un leone e la
guardò con i suoi occhi inquietanti. Tori fece un respiro
profondo.
“Ma che gli è successo? Perché si
è trasformato per poi ritornare orso?” pensò,
spaventatissima.
Quello che era successo l’aveva traumatizzata, ma il suo
terrore aveva raggiunto l’apice quando Rego aveva cominciato
a delirare come un folle. Per i primi secondi in cui era stato umano
non aveva avuto quell’espressione da pazzo. Le era
sembrato… umano, nel vero senso della parola. Sembrava solo
confuso. Poi invece, si era preso la testa tra le mani e in un attimo
era impazzito. Aveva cominciato a urlare ed a blaterare su patti e
sangue, per poi inveire contro un ragazzino…
“Ast”.
All’improvviso, Tori sentì una lieve sensazione di
dolore all’altezza del proprio ombelico. Una leggera fitta,
che la costrinse a stringersi la pancia con la mano. Si
sentì tremare in tutto il corpo e si costrinse a non svenire.
“Ma cosa… cosa mi succede!?”.
Sembrava che il corpo le stesse andando a fuoco e in effetti, quando si
toccò la fronte con l’altra mano tremante, dovette
riconoscere che scottava. Con fatica, trovò la forza di
alzarsi. Sapendo che se non si fosse distratta un minimo sarebbe
crollata, Tori diede un’occhiata intorno a
sé.
Il primo duello che le capitò sotto agli occhi fu quello di
Three e Four contro Alit e Gilag. I due fratelli non se la passavano
bene e Three in particolare era messo davvero male. Aveva i vestiti
quasi del tutto strappati, il viso era quasi nero a causa dello sporco
e a Tori parve di vederlo zoppicare sulla gamba sinistra.
Istintivamente pensò di chiamarlo, ma si rese conto che lo
avrebbe solo distratto, così andò oltre.
Vide Shark che duellava contro Durbe e le venne un tuffo al cuore. In
quel momento Shark era a terra, probabilmente reduce da un attacco e
aveva delle ferite su tutto il corpo. Quando la ragazza lo vide
rialzarsi però, non poté evitare di sorridere:
l’espressione che aveva Shark avrebbe fatto scappare anche il
più grosso squalo tigre dell’Oceano Pacifico
dritto tra le pinne della sua mamma-squalo.
Tra tutti i suoi amici però, Kite sembrava davvero quello
più in difficoltà. Era anche lui a terra ma, a
differenza di Shark, aveva più difficoltà ad
alzarsi. Il viso era dolorante e provato, mentre le braccia gli
tremavano per il dolore. Anche Mizael era a terra e anche lui sembrava
essere rimasto molto danneggiato dal duello contro Kite.
Quest’ultimo continuava però a distrarsi,
guardando per chissà quale motivo verso le scale
dell’enorme sala.
Lì stavano duellando la strana ragazza che aveva aiutato
Yuma a scappare e Vector e il loro sembrava essere un duello davvero
fuori dall’ordinario. Erano entrambi ansimanti e doloranti e
ricoprivano una così vasta gamma di tagli e ferite che a
Tori venne la nausea solo a guardarli. L’ultimo duello su cui
posò lo sguardo era però il più
interessante. “E
anche il più problematico” pensò
Tori.
Perché infatti Astral stava duellando insieme alla ragazza
astrale contro Numero 96 e stava decisamente perdendo il duello, lo si
poteva vedere pure da quella distanza. Sia lui che la ragazza
cominciavano a sbiadire, segno inequivocabile della loro pessima
situazione, per non parlare del fatto che 96 continuava a ridere e
quella, Tori lo sapeva per esperienza, non era MAI una buona cosa.
“Ti prego” pensò
con grande intensità a nessuno in particolare “Ti
prego, fai in modo che Astral vinca il duello e salvi Yuma. Ti
prego…”.
Chiuse gli occhi, concentrandosi.
–Ragazzina, se vuoi ritardare la tua morte dillo
chiaramente!-.
Con un sussultò, Tori aprì di scatto
gli occhi.
“Morte!? Non può mica uccidermi se perdo
il duello!”.
Si voltò verso il suo avversario. La sua espressione era, se
possibile, ancora più rabbiosa.
–Se ben ricordo, tocca a me. Pesco!-.
La carta che pescò si illuminò di una
luce violetta, non lasciando presagire a Tori nulla di buono. Il ghigno
sul muso dell’orso divenne più ampio.
–Attivo la carta magia “Alzo Rango Magico
Forza di Barian”! Con questa carta, posso alzare il rango di
un mostro Xzy sul mio terreno ed effettuare un’evocazione
Chaos Xzy. E potrai ben immaginare quale mostro sceglierò:
vai Geshu, trasformazione Chaos!-.
Dopo tutti i duelli dei bariani a cui aveva assistito, Tori
capì che con quella carta la sua vita si stava decisamente complicando.
“Ci mancava soltanto quella dannata
carta…” pensò,
amareggiata.
In un attimo, il mostro dell’ibrido scomparve e al suo posto
comparve la sua evoluzione.
“Ma…”.
Il mostro che Tori aveva davanti non era né enorme
né orrendo, anzi. Era un semplice e comunissimo orso bruno,
di quelli che si incontrano normalmente nelle foreste mentre sono a
caccia di miele. L’unico particolare che lasciava capire che
quello non era un comune orso erano gli occhi: piccoli, sottili e di un
colore scarlatto dai riflessi marrone scuro. Tori stava per sospirare
di sollievo, quando vide il suo avversario. Non smetteva di
ridacchiare, i denti aguzzi in bella mostra. “A
quanto pare non è finita…” pensò
la ragazza, con l’ansia che intanto aumentava
vertiginosamente.
–Ecco a te “Bearon”!- ghignò
Rego (ormai Tori non riusciva più a chiamarlo in un altro
modo, dopo aver visto la sua forma umana).
L’orso era di livello 5, aveva solo 1000 punti
d’attacco e 500 di difesa. Non sembrava pericoloso, ma
proprio per questo Tori si preparò al peggio. Con i bariani
non si poteva mai sapere.
–A questo punto, attacco “Elexa
–Fata Eletta del Cuore-“ con Bearon! Vai, con Artiglio
di Barian!-.
Tori si mise ancor più sulla difensiva.
–La mia fata ha ben 2400 punti di attacco, cosa pensi di fare
con i tuoi 1000?-.
Ma nel momento stesso in cui lo disse, Tori capì di essere
nei guai. Ovvio che Rego pensasse di poterci fare qualcosa, con quei
punti d’attacco.
“Di sicuro, se mi ha attaccato, avrà di certo un
potere speciale piuttosto potente, a danno del mio mostro!”.
Molte volte aveva assistito ai duelli di Yuma e Astral e
proprio quest’ultimo aveva insegnato a Yuma come premunirsi
contro mostri del genere. Di solito Yuma utilizzava il potere speciale
di Utopia, per negare la battaglia in corso, oppure utilizzava una
trappola per lo stesso scopo.
“Ma io non ho trappole o magie che mi permettono di
interrompere la battaglia o qualcosa di simile! Cosa posso
fare?” pensò,
disperata.
Ma ormai non aveva più tempo.
–A questo punto, attivo il potere speciale di Bearon!-.
Tori deglutì, cercando di non cadere preda del
panico, che ormai l’attanagliava in una morsa soffocante.
–Utilizando un’unità
sovrapposta, quando il mio mostro combatte, se ha meno punti
d’attacco del mostro avversario, io guadagno life points pari
alla differenza tra i punti di attacco dei due mostri mentre tu ne
subisci il doppio!-.
Tori sentì il nodo che aveva in gola aumentare, quasi
soffocandola.
–Che cosa!? Il doppio del danno?- ansimò, ormai
preda di un tremito incontrollabile.
“Ma che razza di potere speciale
è?”.
–Quindi- continuò
Rego, al culmine della soddisfazione –Io
guadagno 1400 life points, mentre tu umana subisci un danno di ben 2800
life points!-.
Tori si sentì quasi svenire di fronte
quell’affermazione, ma trovò comunque la forza di
protestare.
–Tuttavia, il tuo mostro viene distrutto…-.
–Ne sei davvero sicura?- domandò
piano Rego.
–Perché, attivando un altro effetto del
mio mostro, se tramite il suo potere speciale guadagno più
di 1000 life points, la battaglia in corso viene annullata!-.
Il mostro di Rego si illuminò per un istante, per
poi tornare davanti al suo padrone. Dietro a Rego si stava formando un
grande agglomerato di energia rossastra, molto probabilmente,
pensò Tori, da dirottare contro di lei. Le lacrime le
salirono agli occhi senza che potesse farci nulla. Quindi aveva perso.
Aveva perso. Alla fine, non era riuscita a fare nulla. Aveva solo
guadagnato tempo, ma per quello bastavano già gli altri. Era
inutile.
“Sono del tutto inutile” pensò
con sgomento.
Come avrebbe fatto a guardare in faccia Rio, per dirle che aveva perso
il duello dopo tutta l’energia spesa per insegnarle a
duellare? Come avrebbe potuto guardare negli occhi Yuma, sempre se
fossero riusciti a salvarlo, e a dirgli che non era stata capace di
aiutarlo? Si sentiva delusa, più che altro da sé
stessa. Quel duello era come una sfida, una sfida per vedere di che
stoffa era fatta. E a quanto pareva, era fatta di stoffa scadente. Tori
pestò un piede a terra dalla frustrazione.
–Delusa umana? Mi dispiace per te, sai- disse
Rego ironico.
Tori non lo guardò in faccia, trovandolo nonostante
ciò più odioso che mai.
–In fondo volevi solo… provarti. Ma hai fallito.
Hai perso umana. Non puoi fare più nulla ormai-.
Con un sospiro tremante, Tori si prese il viso tra le
mani.
E cadde in ginocchio.
Astral
non aveva mai pensato di poter essere sconfitto da Numero 96.
Non gli era mai passato per la testa che potesse anche perdere. Non che
fosse così orgoglioso e arrogante, no.
Solo che, a forza di stare accanto a Yuma, aveva cominciato a pensare
che se ci si impegnava, nelle proprie azioni come nei duelli, non si
poteva perdere. Forse in quel duello lui non si era impegnato
abbastanza, non aveva dato il meglio di sé. Eppure
cominciava a pensare che se non fosse stato per alcuni fattori, non si
sarebbe ritrovato in quella situazione. Prima le dolorose quanto
tentatrici parole di Don-Thousand, che avevano permesso a 96 di
rinascere dalla sua disperazione. Poi la voce misteriosa, che gli
impediva di utilizzare Utopia, affermando che ora il mostro apparteneva
alla Luce Presente. E infine Gheia, con i suoi comportamenti assurdi e
il suo carattere impossibile. La sua era una situazione per nulla
semplice.
“E pensare che tutto questo non sarebbe successo se
Yuma non si fosse gettato in quella spaccatura nel
pavimento…”.
–Attivo la carta trappola “Ultima
Verde-Resistenza”!-.
Fu la voce di Gheia a distrarlo dai suoi pensieri. Era una voce
squillante quella della principessa, una voce difficile da dimenticare.
Ma in quel momento, ad Astral parve una voce quasi sconosciuta. Non era
più regale, abitata da quella freddezza calcolatrice
caratteristica degli astrali. Ora era una voce provata dal dolore, ma
non per questo meno forte o decisa. Era una voce determinata e
all’apparenza anche coraggiosa, sebbene Astral percepisse dei
tremiti in essa. E forse fu quello a farlo reagire, a svegliarlo dal
suo torpore.
Non avrebbe perso quel duello, a costo di utilizzare tutte le carte del
deck di Yuma.
–Questa carta trappola- continuò Gheia
–può essere attivata dalla mano quando non vi sono
carte magia o trappola sul mio terreno e mi permette di eliminare una
carta magia o trappola sul terreno del mio avversario a patto
però di eliminare un mostro Xzy sul mio terreno!-.
Per un terribile istante, Astral pensò che Gheia volesse
distruggere Iratzu, ma per fortuna si stava sbagliando.
–Elimino dal gioco Leficas e distruggo “Soluzione
del Vampiro”!-.
In un attimo, l’elfo di Gheia scomparve e così la
carta trappola di 96, interrompendo l’attacco e facendo
tornare a 1000 i punti d’attacco di Tempesta Oscura. Astral
vide 96 mostrare i denti, frustrato. Eppure non sembrava
demoralizzato.
–Ottima mossa, principessina. Ma non credere di aver
vinto!-.
Gheia strinse le labbra, probabilmente per cercare di contenere il
dolore causato dalla durata eccessiva del duello. Anche Astral,
nonostante non ci avesse mai pensato, si sentiva stanco.
“Devo terminare in fretta il duello, io e Gheia non
possiamo sostenere un altro turno in questo stato!” pensò,
cercando di calmarsi e di ragionare in fretta.
Numero 96 aprì le braccia, spavaldo.
–Non potete sconfiggermi. I miei poteri, in questo Terreno,
sono quasi illimitati!-.
Astral si accigliò e sentì Gheia dare voce al
proprio pensiero.
–Terreno? Quale Terreno?-.
–Forse Numero 96 non è stato chiaro. Il mio caro
amico intendeva il Terreno di gioco sul quale state duellando: il
nostro Terreno Oscuro!-.
La voce di Don-Thpusand arrivò profonda e
derisoria nella mente dei due astrali. Astral in particolar modo
sobbalzò dalla sorpresa. Preso com’era stato dal
duello contro 96 non aveva pensato al fatto che Don-Thousand fosse
ancora lì, in attesa dell’occasione migliore per
sconfiggerli. Sentendo la presenza dello spirito bariano, Astral
sentì la rabbia nascere nuovamente dentro di sé e
non era la prima volta che la sentiva in quel viaggio. Di sicuro stava
sperimentando nuove sensazioni, anche se non tutte gli sembravano
utili. Ad esempio, la rabbia lo stava rendendo impulsivo, anche troppo
e quella non era una buona cosa. Con uno sguardo guardingo,
osservò il Terreno citato dal suo nemico e fu sorpreso dal
grido di terrore di Gheia. Si voltò a guardarla e vide che
guardava in alto, terrorizzata e con gli occhi spalancati. Anche lui
allora alzò lo sguardo e…
“Ma che cos’è questa cosa!?” .
Il suo primo pensiero fu quello di un’enorme gabbia dalle
sbarre nere, ma poi, osservandola attentamente dovette riconoscere che
non era una gabbia. Era una rete, un’immensa rete nera che li
circondava come il tetto di un edificio, impedendo loro di scappare e
facendo in modo che nessuno potesse attraversarla ed aiutarli. I vari
fili della rete erano neri, ma di un nero talmente scuro da gettare
un’ombra sul pavimento di roccia rossa scintillante del Mondo
Bariano e da oscurarlo completamente, facendo in modo che
l’effetto di prigionia risultasse doppio: sia sopra che
sotto. Inoltre, la rete partiva dal petto e dalle braccia di Numero 96,
che sembrava particolarmente compiaciuto della situazione di Astral e
Gheia. Quest’ultima, vedendo lo sguardo preoccupato di
Astral, si ricompose e si rivolse aggressiva contro 96.
–Tu, razza di ombra bastarda, da dove viene questa rete? Che
cosa sei?-.
Astral la guardò ancora più intensamente,
sconvolto.
“Ma che ha Gheia?” pensò,
agitato.
“Non l’avevo mai vista perdere così la
calma prima d’ora, né rivolgersi così a
qualcuno… e cosa intende dire con –che Cosa
sei-?”.
La seconda domanda di Gheia l’aveva turbato. Numero
96 era, come diceva lui stesso, l’unico Numero in grado di
possedere una coscienza propria e anche l’unico in grado di
prendere le sue sembianze.
Era la sua Ombra.
Però, Gheia si era già rivolta al Numero usando
la parola “ombra”, quindi era da escludere che non
conoscesse l’origine di 96. Ma allora perché
quella domanda? Che intendesse qualcos’altro? Comunque, Gheia
non era l’unica ad essere arrabbiata, ora.
Dall’altra parte del Terreno, Numero 96 non sembrava essere
molto contento di come l’aveva chiamato la principessa.
–Mi hai chiamato “ombra bastarda”!?
Modera i toni, principessina, che se non fosse stato per le tue mosse
avventate non vi ritrovereste in questa situazione! State perdendo e
non potete farci assolutamente nulla!- gridò Numero 96, con
un tono a metà tra l’arrabbiato e
l’euforico.
Astral ritrovò la voce.
–Su questo sei in errore. Noi non abbiamo la minima
intenzione di perdere-.
Numero 96 lo guardò come se fosse pazzo.
–Beh, mi dispiace per te caro il mio Astral, ma sono
costretto a contestarti. Il Terreno sul quale state duellando non
è un Terreno di gioco normale e credo che ve ne siate
accorti. Non vi siete chiesti come mai siete così provati, o
come mai non sembrate andare d’accordo? Non siete mai stati
molto uniti, anche quando eravate nel vostro mondo, ma ora siete
decisamente ridicoli!-.
Astral si costrinse a non parlare e a mantenere il silenzio, sapendo
che se avesse parlato avrebbe perso la concentrazione e allora si
sarebbe messa molto male per loro. Gheia invece sembrava non cercasse
nemmeno di trattenere la rabbia che, ormai era evidente, la trapassava
da parte a parte come una lama.
–Tu, razza di… come sei riuscito a creare un
Terreno del genere? Questo potere… da dove lo prendi? Odioso
mostro, rispondi!-.
Ora 96 sembrava al settimo cielo dalla soddisfazione, come se non
aspettasse altro che quelle parole.
–Ah! Tu parli di mostri, cara Gheia? Non venire a dire a me
cosa sono, perché sei tu la prima che deve considerarsi una
creatura odiosa. Allora, cosa mi racconti? Come sta Fryn?-.
Disse quest’ultimo nome con una sorta di gioia selvaggia, gli
occhi che brillavano di una luce sinistra. Astral non si ricordava
molto della sorella di Gheia. In realtà di certo sapeva solo
questo, da aggiungere alla notizia della sua morte. Nella mente aveva
solo l’immagine di un volto di un’astrale felice,
di una bambina con un occhio bianco e uno di un azzurro acceso, che gli
sorrideva radiosa. Tutto merito della descrizione che gli aveva fornito
Gheeb, visto che secondo il racconto di Gheia, lui era arrivato nel
Mondo Astrale dopo la morte della principessina.
Della morte di Fryn Gheia non parlava quasi mai e non lo aveva fatto
nemmeno in passato. In effetti, della sua precedente vita nel Mondo
Astrale, Astral aveva pochi ricordi essenziali. Più che
altro informazioni, sensazioni ed immagini. Della morte di Fryn
ricordava solo le parole di Gheeb e il volto rabbioso e pieno di
rancore di Gheia un attimo prima che lui partisse per la Terra.
Così, al nome della principessa astrale, Astral strinse
solamente di più le labbra, per contenere il disprezzo che
provava verso Numero 96. Gheia invece, barcollò
all’indietro, come se le parole di 96 fossero diventate una
frusta e avessero cominciato a colpirle la schiena.
Astral la vide deglutire a fatica, gli occhi attraversati da diverse
sensazioni in successione: rabbia, dolore, paura, vergogna. Con un
singhiozzo soffocato, Gheia cadde in ginocchio, per poi sussurrare
–Tu… tu come fai a sapere di Fryn?-.
96 ridacchiò, compiaciuto.
–Te l’ho già spiegato, mi sembra. Visto
che sono, come dici tu, “l’ombra
bastarda” di Astral, posso accedere ad alcuni dei suoi
ricordi più recenti, come ad esempio quelli che riguardano
la sua vita nel Mondo Astrale. Era molto dolce, vero? Quando hai saputo
della sua morte, hai giurato di vendicarla uccidendo il
colpevole… ma non l’hai ancora trovato, vero?-
aggiunse, fingendosi dispiaciuto.
Gheia singhiozzò ancora più forte, questa volta
però più dalla rabbia che dalla tristezza.
Sembrava distrutta e Astral non ne capiva precisamente il motivo. Fryn
era morta, ed era una notizia spiacevole, ma era così
distrutta dalla sua morte da cedere al solo nominarla? E poi, era
davvero un pessimo momento per cadere preda di un passato
doloroso.
“Siamo finiti se continuiamo
così…”.
Deciso, Astral si avvicinò a Gheia, ma si vide respinto da
uno sguardo di fuoco.
–Mi alzo da sola-.
Detto questo la principessa si alzò, tremante ma risoluta.
Si voltò verso Numero 96, ma di questo non vide altro che il
volto deformato dalle risate.
–Ti alzi da sola? Da sola!?- ripeté il Numero,
ridendo.
–Come se non sapessi che senza l’intervento del
Seme non ti saresti nemmeno alzata dalla tomba di tua sorella!-.
L’aria si fece improvvisamente fredda e Astral si
sentì oppresso da un’oscurità ancora
maggiore di quella già presente. Si voltò a
guardare Gheia. Non aveva dato segni di cedimento questa volta, ma se
possibile la sua reazione era ancora peggiore: aveva il volto di un
pallore esagerato, perfino per un astrale e il volto era una maschera
di ghiaccio.
Le mani le ricadevano inermi lungo i fianchi, apparentemente rilassate.
L’unico indizio che potesse far pensare alla rabbia che in
quel momento stava animando la principessa, erano gli occhi. Astral
ormai aveva imparato a riconoscere la paura, dopo averla provata per la
prima volta nel primo duello contro Kite e anche, doveva ammetterlo,
nell’ultimo duello contro Numero 96. Eppure la paura che lo
attanagliava ora era una paura più profonda, una di quelle
sensazioni che ti entrano nella pelle come lame di ghiaccio.
Aveva la netta sensazione di aver già visto
quell’espressione negli occhi di Gheia e che quella volta non
fosse finita bene. Gli occhi di Gheia brillavano, letteralmente.
Traboccavano di luce, una luce sottile come un raggio di sole. Ma non
era una luce benigna. L’occhio bianco dell’astrale
era diventato quasi grigio, mentre quello verde brillava talmente forte
da illuminarle tutta la parte sinistra del viso.
Eppure, Astral non si fece ingannare dall’apparente
luminosità dello sguardo della principessa. In quegli occhi
era racchiusa talmente tanta rabbia, talmente tanto odio, che Astral si
domandò se fosse stata davvero Gheia a duellare con lui fino
a quel punto. Era questa quindi la vera natura della principessa? Con
un movimento brusco della testa, il Numero Originale scacciò
quel pensiero.
“Non devo pensare questo. Se Gheia reagisce in questo modo
non appena si tocca l’argomento Fryn, di sicuro mi nasconde
qualcosa e forse… forse la nasconde anche a Gheeb.
Ciò nonostante, non è il momento adatto per
chiarire questo mistero. Yuma potrebbe essere in guai
seri…”.
Il pensiero del giovane duellante in difficoltà lo
rese più lucido. Si rivolse a 96.
–Come fai tu a sapere del Seme? E come fai a sapere che Gheia
si è inginocchiata per giorni davanti alla tomba di Fryn?-
chiese, guardingo.
Numero 96 rispose, ghignando –Beh, ovvio che io lo sappia,
visto che è un tuo ricordo!-.
Con esultanza, Astral rispose – E chi ti ha detto che me ne
ero ricordato?-.
Quella domanda lo lasciò perplesso. Si era subito reso conto
che il tono da lui usato, ironico e leggermente trionfante, non era
caratteristico di un astrale, eppure non poteva farci nulla. Non
riusciva a non provare soddisfazione, nel vedere
l’espressione prima incredula e poi rabbiosa di 96. Seguendo
il suo ragionamento, Astral si rivolse nuovamente al Numero.
–Allora, come fai a sapere tutte queste cose? Per quanto
riguarda il Seme, posso presupporre che sia stato Don-Thousand a darti
le informazioni che ora possiedi. Ma il ricordo di Gheia? Io non ne ho
traccia nella mente, e sono sicuro che non può avertelo
detto Don-Thousand perché ai bariani è
severamente vietato entrare in territorio astrale, è una
delle Antiche Leggi. Inoltre…- ma venne interrotto da 96 che
replicò, sdegnato –Proprio in merito alle Antiche
Leggi, voi due non potreste essere qui nel Mondo Bariano,
allora-.
In quel momento Gheia prese parola. Sembrava essersi momentaneamente
calmata, ma la voce era ancora roca e rabbiosa.
–Le Antiche Leggi si adattano ad ogni mondo, seguendone le
caratteristiche e la storia. Gli effetti sono diversi per ogni mondo.
Nel caso del Mondo Bariano, le conseguenze si sviluppano sul momento e
nel caso del Mondo Astrale, gli effetti si vedono a lungo termine.
Pagheremo le conseguenze del nostro gesto solo più in
là nel tempo-.
Astral la guardò di sottecchi. Ancora non si capacitava del
fatto che Gheia, a volte, ne sapesse di più in fatto di
mondi e Antiche Leggi di lui, il Messaggero Astrale. In teoria, LUI
avrebbe dovuto sapere tutte quelle cose e non Gheia.
“Questo mi fa capire che devo ancora imparare molto
sul nostro Universo e sui mondi che ne fanno parte. Forse Yuma
è andato a cercare delle risposte proprio in merito a
questo…”.
–Allora?- domandò a 96.
–Rispondi alla mia domanda, Numero 96-.
Quest’ultimo, dopo un attimo di sorpresa, aprì la
bocca, molto probabilmente per provocare nuovamente i due astrali,
quando una voce profonda e piuttosto arrabbiata lo fermò.
–Silenzio, 96- sibilò
adirato Don-Thousand.
Il Numero fu attraversato da delle scosse di energia bariana, che lo
obbligarono a tacere e a socchiudere gli occhi probabilmente dal
dolore. Quando le scosse terminarono, Astral vide che 96 lanciava degli
sguardo omicidi all’ombra intorno a loro.
–Ho capito, ho capito…- borbottò il
Numero, scocciato.
Con un tremito, Astral capì cosa quell’ultimo
avvertimento significasse.
“Se Don-Thousand ha bloccato 96 prima che potesse
rispondermi, significa che avevo torto e che in qualche modo lo spirito
bariano ha a che fare con il Mondo Astrale… ma se nemmeno io
ricordo quello che è successo, visto che ancora non ero
arrivato nel Mondo Astrale, come fa Don-Thousand a sapere qualcosa che
nemmeno io ricordo?”.
Quelle domande cominciavano a metterlo in agitazione, soprattutto
perché sapeva di non avere le risposte a quegli enigmi. E
Astral odiava non avere risposte. Si vide costretto ad interrompere il
silenzio carico di tensione che si era creato.
–Qualsiasi sia il motivo per cui conosci tutte queste cose,
lo scopriremo solo duellando. Gheia, è il tuo turno!-
. La principessa non lo guardò nemmeno.
–Lo so benissimo- rispose, con una voce rabbiosa che non le
si addiceva affatto.
Quando però posò la mano sul deck, pronta a
pescare, Astral vide che tremava. E allora capì che se
avesse permesso a Gheia di duellare, per loro sarebbe finita.
“Gheia è sempre stata
un’astrale diversa, più emotiva degli altri. La
rabbia che sente la sta rendendo avventata e troppo impulsiva. In
questo momento del duello c’è bisogno di una mossa
vincente, calcolata, c’è bisogno di una strategia
e scommetto che Gheia non ne ha in mente nemmeno una al
momento”.
Prima che Gheia potesse pescare, Astral disse
–Pescherò io!-.
Lo disse con chiarezza, in modo da farsi sentire anche da Numero 96,
che dall’altra parte del Terreno sorrideva, ambiguo.
–Pescherò io- ripeté. Gheia si
girò finalmente a guardarlo e gli occhi le brillarono
intensamente.
–E’ il mio turno, Astral. Tocca a me pescare e dare
a quel bastardo la fine che si merita- gli si rivolse, con il tono di
voce controllato.
Astral percepì la tensione, eppure andò avanti.
–No invece. Tocca a me. In questo momento, creeresti solo
danni-.
L’ultima affermazione sembrò scuoterla e quando
tornò a guardarlo, Astral percepì una rabbia e un
odio dirompenti.
–Io creare danni? IO!? Una principessa astrale? Non osare
darmi ordini Astral, tu che non fai nemmeno parte del nostro mondo e
che a causa del troppo contatto con gli umani non riesci più
a contenere le tue emozioni! Sei una vergogna per noi astrali, una
vergogna che mio padre è troppo cieco per vedere!-.
Astral si costrinse a trattenersi. Le parole di Gheia gli erano
sembrate come del ferro rovente sulla pelle, come il più
doloroso degli attacchi diretti. E così lui era solo una
vergogna per loro. Per lei. Una vergogna per il Mondo Astrale. Con un
respiro profondo però, si calmò.
“Numero 96 ha creato questo Terreno Oscuro per
metterci gli uni contro gli altri, forse conoscendo il carattere
volubile di Gheia. Le sue sono parole intrise di veleno e non devo
ascoltarle”.
Eppure, quando parlò, si sorprese di sentire la
propria voce distante.
–A me sembra che ora, sia tu quella che non riesce a
contenere le proprie emozioni. Hai il coraggio di negarlo?-.
Per un attimo gli sembrò che Gheia volesse ribattere, ma
dopo un attimo la rabbia nei suoi occhi svanì, sostituita da
una sottile vergogna. Lo guardò negli occhi e poi, con la
sorpresa di Astral, abbassò la mano pronta sul deck e
voltò lo sguardo da un’altra parte. Quando
parlò, la sua voce non era più rabbiosa o piena
d’odio. Era solo immensamente triste e, forse, delusa.
–No. No, non ne ho il coraggio-.
Vedendola così, Astral avrebbe voluto consolarla in qualche
modo, ma si costrinse a non dire nulla. La voce ironica di 96 li
raggiunse.
–Problemi di squadra Astral? Di certo era meglio duellare
insieme al ragazzino, ma Yuma ti ha abbandonato. Dev’essere
brutto essere tradito e deluso per ben due volte di seguito!-.
Astral chiuse gli occhi. Pensò a Gheia e alla sua immensa
tristezza. Pensò alla loro situazione e alla soluzione che
serviva per salvarli. Infine pensò a Yuma e ai suoi occhi
dal colore scarlatto, così luminosi, così
vivi.
–PESCO!-.
Era consapevole di aver appena effettuato una Pescata Lucente e lo
sguardo sorpreso e spaventato di 96 lo confermavano. Poteva anche
immaginarsi i pensieri di Don-Thousand, che molto probabilmente si
stava chiedendo come avesse potuto effettuare una pescata del genere
nonostante il Terreno di gioco.
Sorrise.
Don-Thousand non avrebbe mai potuto capire quello che si nascondeva
dietro la Pescata Lucente, i sentimenti che l’animavano. Solo
lui ne era in grado. Solo lui e Yuma. Con uno sguardo, notò
di aver appena pescato la carta magia Forza
Numeron. La carta brillava e lo stesso faceva Iratzu, quasi
smanioso di vedere applicata su di sé quella carta
così potente.
Con sicurezza, Astral portò la carta davanti al proprio
petto.
–Yuma non mi ha mai deluso, 96. Mai veramente-.
Ora
Shira si stava proprio divertendo.
Anche se non lo avrebbe mai ammesso, il bariano con il gonnellino le
stava regalando un duello memorabile, o almeno lo era dal suo punto di
vista. Il mostro Chaos che aveva messo in gioco sembrava più
potente di quello che dava a vedere, per non parlare di quanto
cominciava a piacerle provocare quello strano duellante dal carattere,
doveva ammetterlo, più crudele del suo. Ora era il suo
turno, ma Shira non sapeva proprio che strategia usare.
“Ha ancora due carte in mano e due carte coperte posizionate
sul Terreno. Se quelle carte coperte sono come le altre precedenti,
dovrò ricorrere a metodi estremi per riuscire a
neutralizzarle”.
Lei non aveva mai dovuto ricorrere a metodi estremi nei duelli, MAI.
Era sempre stato facilissimo sconfiggere gli avversari da cui Lui la
mandava. Erano bambocci, bulli insolenti che osavano non rispettare i
patti e che pretendevano di essere anche bravi a duellare. Lei
arrivava, li sfidava e in cinque, massimo dieci minuti, era tutto
finito. Ma in quel caso era diverso e Shira era a dir poco
elettrizzata. Non aveva la minima percezione del tempo e, per lei,
avrebbero potuto aver cominciato a duellare da dieci anni come da dieci
minuti.
E la cosa la esaltava.
Non poteva mostrare le sue emozioni quando Lui la chiamava, o quando la
mandava in missione. Lei doveva essere letale, precisa crudele. Una
vera assassina. Invece in quel duello cominciava a sentirsi viva, come
non lo era mai stata. Sentiva i propri muscoli allenati tendersi per la
tensione, percepiva i rivoletti di sudore freddo scenderle lungo la
schiena e non poteva evitarsi di deglutire ogni volta che Vector
attivava una carta o attaccava il suo drago. Stava duellando sul serio
e la cosa strana era che in realtà, per quanto Lui le avesse
sempre detto che era una duellante eccezionale, lei non lo aveva mai
fatto. Aveva sempre eseguito gli ordini e, le poche volte in cui si
sprecava ad evocare il suo drago durante i duelli, aveva comunque
contenuto le emozioni, lasciandosi andare giusto un poco.
Quel bariano con il gonnellino e i capelli strani le stava regalando
un’esperienza spettacolare e nemmeno se ne rendeva conto.
Eppure, per quanto avrebbe voluto poter continuare a duellare in quel
modo, doveva piantarla.
“Devo smetterla di lasciarmi prendere
dall’euforia del momento, altrimenti tutto quello che Lui ha
programmato per me andrà in fumo. Tutti i nostri piani, gli
allenamenti, le mosse da fare…”.
Quasi a sottolineare i suoi pensieri, in quel momento le tornarono alla
mente le parole con cui Lui l’aveva congedata dal loro ultimo
incontro.
“Vuoi vendicarti di chi ti ha abbandonata vero?”.
La ragazza fece un respiro profondo. Sì che voleva
vendicarsi. Con una scrollata di spalle, si preparò ad
affrontare il bariano.
–Tocca a me Vector. Pesco!-.
“Mi serve assolutamente una carta che mi aiuti a
finire i giochi una volta per tutte. Con le carte che ho attualmente in
mano, non riuscirei a fare molto. Dannato Vector! Come ho fatto a
ridurmi così!?”.
Forse fu per la rabbia e la frustrazione che sentiva in
corpo, oppure fu perché era deconcentrata. Fatto sta che,
quando Shira vide la carta che aveva pescato, le venne voglia di
infilarsela in bocca e di strapparla pezzo per pezzo.
“Livello 1. Ho pescato una carta di livello 1,
l’unica carta senza effetti del mio deck”.
Si morse il labbro, per evitare di urlare.
“Che cazzo ci faccio con questa carta!?”.
Probabilmente la sua frustrazione era evidente,
perché Vector non tardò a notarla.
–Ehy ragazzina, tutto bene?- ghignò, compiaciuto.
–Non mi sembri molto contenta della tua pescata,
sbaglio?-.
Shira digrignò i denti. Non le era mai capitato di trovare
qualcuno più irritante di lei, eppure doveva ammettere che
il bariano ce la stava mettendo tutta.
“Mi devo calmare” pensò,
respirando profondamente. “Se
gli faccio capire che sono nei guai, non farò altro che
renderlo più spavaldo e sicuro e questa è
l’ultima cosa di cui ho bisogno. Devo fargli vedere che ho il
controllo della situazione…”.
Con tono spavaldo, Shira rispose –Cosa
c’è, Vector, ti stai preoccupando per me? Quanto
sei dolce… davvero, mi commuovi!-.
Con esultanza, vide un’espressione
d’incredulità farsi strada negli occhi del bariano
e ne approfittò subito per distrarlo ancora.
–Di certo, tra noi due sei tu quello messo peggio! Da quel
che ho capito, Yuma Tsukumo non sarebbe dovuto fuggire… non
ti pare di averlo un po’ sottovalutato?-.
Non appena finì di parlare, si rese conto di aver appena
toccato un tasto dolente per il bariano. Vector infatti, sentendo il
nome del ragazzo, aveva irrigidito la schiena e l’espressione
era diventata notevolmente più aggressiva. Faceva quasi
impressione.
“Deve proprio odiarlo tanto, quel
ragazzino…” pensò
Shira, divertita ma esterrefatta.
Anche in quello, lei e il bariano erano molto simili.
All’improvviso, le venne una grande voglia di saperne di
più di Yuma Tsukumo, di quel ragazzo cui bastava il nome per
far drizzare ancora di più i capelli in testa a Vector.
Già il fatto che Vector lo odiasse, glielo rendeva
simpatico. Peccato che, alla fine, avrebbe dovuto annientarlo.
–Allora- cominciò la ragazza.
–Questo duellante, Yuma Tsukumo, lo odi proprio tanto
eh?-.
Shira, avendo duellano fino ad ora contro il bariano, si aspettava come
minimo delle imprecazioni da parte del suo avversario e fu molto
sorpresa quando invece Vector le rispose semplicemente –Ah
sì?- con tono lievemente ironico.
–Beh, certo- rispose Shira. –Basta il suo nome per
farti arricciare il gonnellino!-.
Il bariano la guardò come se fosse uno scarafaggio.
–Ma che diavolo stai dic…- cominciò, ma
la ragazza fu veloce ad interromperlo.
“Mi serve un po’ di tempo, giusto per
mettere a punto la mia strategia”.
–Insomma- disse, scrollando le spalle in un gesto
casuale.
–Lo catturi, lo porti nel tuo mondo, lo torturi, lo ricatturi
di nuovo, lo addormenti… non dirmi che tratti
così tutti quelli che conosci perché altrimenti
sarei nei guai anche io! Non ti sembra di aver esagerato un
pochino?-.
Vector la squadrò di nuovo, infastidito. E anche un poco
sorpreso.
–Come fai a sapere quello che ho fatto a Yuma?-.
Il suo tono era diventato pericolosamente attento.
–Come fai a sapere così tante cose sul Mondo
Bariano, su Yuma… e su di me? Chi diavolo sei?-.
Shira tentò di reprimere una risata.
–E ti aspetti che io te lo dica? Sei proprio un
illuso… cosa potevo aspettarmi da un bariano che si fa
battere da un ragazzino?-.
Se Vector avesse avuto i denti nella sua forma bariana, Shira era certa
che l’avrebbe fatta a pezzi. Nei suoi occhi viola non vi era
altro che odio puro.
–Yuma non mi ha mai battuto, mai sul serio, e non ci
riuscirà mai!-.
Il bariano pronunciò queste ultime parole con un tono molto
basso, quasi come se fossero veleno. Questo non fece altro che far
aumentare in Shira il desiderio di conoscere più a fondo
Yuma Tsukumo, visto che sembrava essere il nemico giurato di Vector, da
come quest’ultimo reagiva ogni volta che saltava fuori il suo
nome. Per fortuna, il suo piano era andato a buon fine.
“Sono riuscita a trovare una via d’uscita
che mi permetterà di resistere fino al prossimo turno,
almeno sperando di riuscire a pescare una carta decente”. Ricordando
la carta da poco pescata non poté reprimere un moto di
stizza, strizzando con forza gli occhi. L’ingiustizia recente
le bruciava ancora.
–Non si sa mai gonnellino. Magari il vostro prossimo duello
sarà la volta buona in cui finalmente Yuma Tsukumo
metterà la parola FINE alla tua misera vita. E adesso scusa,
ma devo finire un duello. Tocca a me!-.
In quel momento, doveva ammettere che le sue condizioni non erano delle
migliori. Sì, aveva la pelle lacerata in molti punti del
corpo e la vista leggermente sfocata, eppure era quasi certa di aver
appena visto Vector in preda ad un tic all’occhio sinistro.
Con il sorriso sulle labbra, si apprestò a fare le sua
mossa.
–Evoco “Jin- Jan della Tempesta”!-.
“Non è la mia carta migliore” pensò,
inumidendosi le labbra “eppure
è l’unica scappatoia che ho”.
In un attimo, un piccolo giullare bianco con dei vestiti fatti
d’aria le si materializzò davanti.
–Senza perdere tempo, attivo il suo potere speciale: una
volta per turno, posso selezionare un mostro nella mano con lo stesso
livello di Jin-Jan, che è di livello 2! Se ho un altro
mostro di livello due in mano posso evocarlo sul terreno e in questo
caso per questo turno sono protetta dagli attacchi e dagli effetti
delle carte. Se invece non ho nessun mostro di livello 2 i mano, devo
concludere il turno-.
All’inizio non era riuscita a trovare una strategia
abbastanza complicata da sostenere un potere speciale simile, ma per
fortuna la sua parlantina aveva svolto il suo compito egregiamente.
“Ora sì che mi diverto!”.
–Al momento, non ho mostri di livello 2 in mano…
ma ben presto ne avrò uno!-.
Con sconcerto, si scoprì delusa di non aver visto un
po’ di sorpresa sul volto di Vector, che anzi, per tutto il
suo turno non aveva fatto altro che starla a guardare, quasi come se si
aspettasse una mossa del genere.
“A quanto pare Mr Gonnellino ne sa di cose sui
duelli…”.
Cercando di non rimanerci troppo male, andò avanti con la
sua mossa.
–Attivo dalla mia mano la carta magia “Suono
di Bufera!” Con
questa carta dall’effetto un po’ banale, posso far
aumentare di uno il livello di un mostro nella mia mano e io scelgo di
far salire a livello 2 “Furetto
Tempestoso!”-.
Sul terreno da gioco comparve un furetto bianco e luminescente,
anch’esso circondato dal vento.
“Sono rimasta senza carte in mano e con solo una
carta coperta, ma almeno con questa mossa per questo turno sono
salva” pesò
la ragazza, soddisfatta.
–Quindi- concluse –Posso attivare con successo
l’effetto di Jin-jan e per questo turno sono immune dagli
attacchi e dagli effetti delle carte!-.
Una luce bianca partì dai due mostri sul terreno,
inglobandola e creando una specie di involucro protettivo intorno alla
ragazza. Quest'ultima sghignazzò, deridendo il bariano.
Vector assottigliò gli occhi, assumendo un aspetto quasi
felino.
-Fossi in te io non riderei, Shira-.
“Fossi in
te io non riderei, Shira”.
Shira si dovette poggiare a
terra per dare tempo alla sua tosse di placarsi.
“Cosa... cosa mi è
successo!?”.
Ancora scioccata, alzò lo sguardo.
Vector pescò una carta.
Una carta interamente nera.
-Mondo... Mondo Lucente?-
domandò Yuma, sconvolto.
In quel momento aveva l'impressione che la sua mente fosse diventata
piatta, come se all'improvviso tutti i suoi pensieri fossero stati
intrappolati in una bottiglia e buttati in mare, proprio come nei
film.
-Ma io credevo che i mondi nel nostro Universo fossero tre!-
replicò, con un tono quasi supplichevole che, lo sapeva, non
era affatto da lui.
Rex sorrise.
-In realtà i mondi di cui parli sarebbero cinque- ammise -ma
ritorneremo su questo argomento un'altra volta-.
Yuma ebbe l'impressione che il soffitto dell'enorme sala gli stesse
precipitando addosso. Cinque Mondi? Com'era possibile?
“Questo è un problema!” pensò, cercando di
non farsi prendere dal panico.
“Se esistono veramente cinque mondi,
tutto ciò che ho sempre creduto è sbagliato!
Chissà come reagirebbe Astral se lo sapesse...”.
Il pensiero
dell'astrale gli provocò una fitta all'altezza del petto,
bloccandogli per un istante il respiro. Doveva risolvere al
più presto quella faccenda, altrimenti aveva la brutta
sensazione che non lo avrebbe rivisto tanto presto.
“Mi devo concentrare” pensò, risoluto.
“Astral vorrebbe che lo facessi e anche
se il mio istinto mi dice di mollare tutto e di correre da lui e dai
miei amici, so benissimo di star scoprendo cose troppo importanti che
non posso ignorare. Andrò avanti, costi quel che costi, e
scoprirò e scoprirò anche che cosa successe nel
passato mio, di Astral e anche di Vector!”. Dopo aver respirato
profondamente e carico di pensieri positivi, Yuma cercò di
nascondere quanto in realtà fosse sconvolto.
-Prima, hai detto di provenire dal Mondo Lucente... che posto
è?- domandò, cercando di ignorare il leggero
dolore che gli stava attraversando il braccio.
Quella domanda non ebbe l'effetto sperato dal ragazzo. Invece di
rallegrare, sembrò intristire ancora di più i
presenti. Iago sospirò e scosse la testa e perfino il lupo
dorato abbassò le orecchie, ululando piano. Rex invece, si
limitò ad abbassare leggermente il capo,
sospirando.
-E' per questo che noi stiamo parlando, Ast- rispose il Messaggero con
tono malinconico.
-Il nostro mondo in questo momento è bloccato. Non esiste-.
-Come, non esiste?- domandò confuso Yuma.
-Intendo dire che da quando è terminata la Guerra Lucente,
il Mondo Lucente si è addormentato e mai svegliato. Gli
abitanti, i paesaggi, gli animali... tutto fermo, tutto dorme. Solo io,
Iago e questo lupo ci siamo svegliati. Con i nostri ricordi
è arrivato anche un messaggio: cercate il vostro re, solo
lui vi darà pace-.
Yuma si bloccò.
-Sapete almeno chi vi ha svegliati?- chiese, con un brutto
presentimento.
-Purtroppo no- rispose mestamente Rex. -E vorrei tanto
saperlo-.
Si concesse e Yuma non poté fare a meno di osservarlo
incuriosito. Sembrava molto più umano, adesso che lo
guardava meglio.
-Comunque- si intromise Iago -c'è un'altra cosa che devi
sapere Ast-.
Yuma si voltò verso l'uomo.
-Noi siamo venuti qui anche per un altro motivo-.
-Iago- lo ammonì Rex, ma il Lucente non lo
ascoltò.
Yuma li osservò, confuso più che mai.
-Cerchiamo il tuo aiuto, il vostro aiuto, per sconfiggere qualcosa, o
meglio qualcuno. Noi...-.
-Basta così Iago-.
La voce di Rex ora era calma, ma aveva un che di duro nel tono che Iago
si interruppe subito.
Yuma deglutì, nervoso.
“Cosa ci può essere di peggio dei
bariani?” si ritrovò a pensare.
Di certo, non desiderava conoscere la risposta, visto che solo al
nominare il nome di Vector il suo braccio iniziava a tremare.
Nonostante ciò, si costrinse a chiedere, rivolto a Rex -Di
che pericolo state parlando?-.
Per un istante, sembrò che Rex non avesse affatto udito la
domanda, perché non diede segni di averlo sentito. Subito
dopo però, sospirò e scosse la testa.
-Mi dispiace Ast, ma non posso ancora parlartene. Quando
arriverà il momento, stai certo che lo saprai-.
Yuma chiuse la bocca, da una parte sollevato di non dover sentire altri
problemi, dall'altra un po' scocciato. E ansioso.
“Io devo sapere” pensò, sempre
più nervoso. Devo
sapere di quale pericolo parla. Io devo aiutarli!”.
Subito dopo
averlo pensato, aggrottò la fronte.
“Aspetta una secondo” si disse turbato.
“Io nemmeno li conosco,
perché dovrei aiutarli così di punto in
bianco?”.
Scosse piano la testa,
sentendosi a disagio. In fondo non erano affari suoi e lui aveva
già i suoi problemi con i bariani. Eppure...
“Se mio padre mi vedesse ora” pensò, vergognandosi
un poco.
“Cosa direbbe? Di certo non di voltare
le spalle e chi chiede il mio aiuto...”.
Strinse i
pugni.
“Anche se non li conosco bene, non
posso abbandonarli così. Hanno chiesto aiuto a me per una
ragione e, che abbiano o meno a che fare con il passato mio e di
Astral, cercherò di aiutarli!”.
Alzò la testa e si ritrovò inchiodato a terra
dallo sguardo penetrante di Rex. Con un sussulto, Yuma si accorse che
sia il lupo che Iago lo stavano osservando.
“Ma perché sia Rex che Iago hanno
quell'espressione negli occhi?” si ritrovò a pensare.
Infatti i due uomini sorridevano, entrambi commossi per un qualche
motivo a Yuma sconosciuto.
-Ehm... state bene?- domandò il ragazzo, titubante.
Senza preavviso, Rex scoppiò a ridere, debolmente.
-Ora sì, Ast, ti posso assicurare che stiamo benissimo!-.
E Yuma seppe, guardando dentro gli occhi castani del Messaggero, che
sia lui che Iago sapevano con precisione tutto ciò che aveva
pensato pochi minuti prima. Intendevano i suoi sentimenti e ne erano
felici. Yuma non riuscì a non sorprendersi. In un attimo si
dimenticò del duello in corso, dei suoi amici e anche di
Astral.
-Come... come fate a saperlo?- chiese, quasi sorridendo.
Dall'espressione sui volti dei due uomini, a Yuma parve che non
aspettassero altro che quella domanda.
-Perché tu sei uno di noi, Ast- rispose Rex, visibilmente
sollevato.
-Tu fai parte della nostra storia, lo sei sempre stato. O almeno lo
crediamo-.
-In che senso “lo sono sempre stato”, scusa?-
domandò Yuma.
Quasi come se temesse quelle parole, l'umore di Rex
precipitò. Confuso, Yuma si accorse che più che
triste, Rex era preoccupato e anche molto. Iago abbassò gli
occhi e starnutì, mentre il lupo dorato ritornò a
pancia a terra.
-Già, in che senso...- mormorò Rex,
più a sé stesso che rivolto a Yuma.
Quest'ultimo pensò di riportarlo alla realtà,
scuotendolo oppure chiamandolo, ma per fortuna non ce ne fu bisogno.
Dopo quell'attimo di smarrimento, Rex si ricompose e una tenue luce
ricominciò a brillare in fondo ai suoi occhi.
-Già, la storia, Ast. Tutto parte da lì. Ti
ricordi della Guerra Lucente?-.
Diede molta enfasi alle ultime parole, tanto che Yuma iniziò
a sentirsi in imbarazzo, pur se interessato.
“Cosa intende con ricordare? Io non ricordo nulla, anzi non
so nulla di questa Guerra Lucente! Ma allora, perché ho la
strana sensazione di doverlo sapere?”. Non dovette neanche pensarci.
-Io c'ero vero?- domandò a Rex, sentendo un incombente peso
sopra al petto.
-Nella mia vita passata, io vivevo al tempo della Guerra Lucente. E
questo vale anche per Vector e Astral, giusto?-.
Rex annuì.
-Sono sollevato dal fatto che tu abbia la consapevolezza almeno di
questo. Ebbene sì. Sia tu che Astral e Vector siete vissuti
al tempo della Guerra Lucente, compresi me, Iago e molte altre persone
di tua conoscenza, del resto-.
Sentendo l'ultima frase, Yuma per poco non rischiò di
soffocare.
-Come scusa!?- quasi gridò, con la voce strozzata dalla
sorpresa.
Rex fece finta di non sentirlo.
-Parleremo anche di questo, ma ora è essenziale che tu
capisca quanto è più possibile sulla Guerra
Lucente-.
Yuma si ritrovò a sbuffare.
“MI sembra di essere tornato a scuola” pensò,
infastidito.
-Allora, partiamo dal principio- iniziò Rex, mentre Yuma
sospirava piano, preparandosi ad un lungo discorso.
-All'origine del nostro Universo, vi era la Carta
Leggendaria-.
-Il Numeron Code, giusto?- concluse Yuma, ottendendo in risposta un
cenno d'assenso.
“Sì” pensò il ragazzo, a
metà tra l'esasperato e il divertito.
“Sono decisamente a scuola”.
-Beh- continuò Rex -non sappiamo come o perché,
ma dal Numeron Code è nato poi un mondo, il così
detto “First World”. Quel mondo era il Mondo degli
Umani. Mi segui fin qui?-.
Yuma annuì, ansioso di saperne di più.
-Questo mondo ben presto ospitò un numero sempre maggiore di
umani -andò avanti il Messaggero -ma nella maggior parte dei
casi, si trattava solo di piccoli gruppi di uomini dediti solo alla
sopravvivenza. Solo in una zona precisa di quel mondo, un agglomerato
piuttosto numeroso di umani riuscì ad evolversi e a creare
una civiltà vera e propria. Si formarono due regni, due
popoli, due culture diverse e nacquero due città: El-Kenez,
la capitale del Regno di Ele-Kenez e Bantana, la capitale del Regno di
Poseidon. La nostra storia comincia nel Regno di El-Kenez, Ast,
così come quella di Vector e Astral-.
Yuma fece un cenno, sempre più curioso.
-I due regni vivevano in pace e in armonia e niente sembrava capace di
turbare quella situazione così stabile. I sovrani dei due
regni si rispettavano, fino ad un certo punto, e non vi erano troppe
rivalità tra di loro-.
-Certo che c'era la pace, Vector era ancora principe...-
borbottò Yuma, che ancora non capiva come mai dovesse essere
lui lo schiavo tra i due.
Non che volesse essere re, ma Vector principe era troppo inverosimile!
Senza aver dato segni di averlo sentito, Rex continuò la
narrazione.
-Tutto però cambiò quando al trono del Regno di
El-Kenez salì il figlio del precedente re Kado,
Vector-.
Yuma sbuffò, per poi esclamare -Era ovvio che con Vector
dovesse finire la pace, visto che non è mai contento se non
rovina la vita a qualcuno...-.
Di tutte le reazioni al proprio commento che Yuma si aspettava, quella
di Rex lo sbalordì più di tutte. L'uomo infatti
aveva assunto un'espressione grave e, quando parlò, la sua
voce era diventata molto severa.
-Lo credi davvero?-.
Yuma si sentì improvvisamente imbarazzato.
“Perché non dovrei?” pensò. “Vector
sembra non avere altro scopo che rovinarmi la vita!” ma si vergognò di
sé stesso nell'istante stesso in cui lo pensò.
“In fondo cosa so io di Vector?
Possibile che fosse una persona diversa, prima di diventare un bariano?
Nelle mie memorie sembra solo un po' viziato...”.
-Non lo so- rispose, sospirando.
-Ma è così difficile credere che possa essere
diverso! Lo so che nelle mie memorie sembrava una persona normale, ma
Vector non ha fatto altro che rendermi la vita impossibile!-.
Rex lo guardò ancora più intensamente.
-Giudicare senza sapere simboleggia arroganza, Ast. Ho pregato Iago di
risvegliare quei ricordi dentro di te per darti una
possibilità in più di capire, non
perché tu ignorassi il passato. Non puoi affermare di
conoscere una persona senza nemmeno conoscere la sua vita. E ora
rispondi di nuovo, questa volta con consapevolezza-.
Yuma aprì la bocca, per poi richiuderla subito dopo.
“Ne sono davvero sicuro?”.
Dopo un lungo
respiro, scosse piano la testa.
-Va bene, hai vinto Rex- ammise.
-Non ne sono sicuro e, sinceramente, credo più alle mia
memorie che ad un pregiudizio-.
“Fondato”, ma questo non lo disse al
Lucente.
Quest'ultimo sorrise.
-Ora sì che ti riconosco, Ast. Andiamo avanti con la storia.
Vector sale al trono, diventando inspiegabilmente aggressivo, folle e
dedito alla guerra, Kado scompare misteriosamente e in un attimo
scoppia la guerra tra i due regni. Mi segui fin qui?-.
Yuma rispose -In sintesi, Vector diventa re e la situazione precipita,
giusto?-.
Rex annuì, per quella che a Yuma parve la nona o decima
volta.
-Ora Ast, arriva la parte più importante. Entrando nello
specifico, questa storia ebbe tre, forse quattro protagonisti: sue
fratelli, di cui uno sei tu, Vector e il re del Regno di
Poseidon-.
Yuma rimase in attesa. Dopo qualche minuto però, non
resistette più.
-Ehm, Rex! Cosa successe dopo?-.
Il messaggero alzò le spalle.
-Non lo so Ast, questo è tutto ciò che so sulla
Guerra Lucente-.
Yuma non credette alle proprie orecchie.
-Tutto quello che sai, hai detto? Ma non ha senso! Cosa successe, chi
vinse la guerra e perché si chiama Guerra Lucente?-.
Rex sorrise.
-Per quanto riguarda le prime due domande, posso solo dirti che la
risposta è dentro di te. Posso invece rispondere alla terza.
Ebbene Ast, quell'epica guerra prese il nome di Guerra Lucente
perché la fine di quella battaglia fu segnata da un'immensa
luce, che partì dal luogo del combattimento e avvolse
entrambi i regni. Cosa molto importante Ast e che non devi
assolutamente dimenticare, è che si dice, anzi è
quasi certo, che da quella luce si siano poi venuti a formare quelli
che oggi sono conosciuti come i Cinque Mondi, compresi gli abitanti di
ciascun mondo, ovviamente-.
Yuma annuì, troppo sconvolto per poter aggiungere qualcosa.
Tutto quello che riusciva a pensare era “Oh
cavolo!”.
Era tutto troppo nuovo, troppo sconcertante e l'effetto era anche
più scioccante di quanto non gli fosse sembrato all'inizio.
Tutto quello che gli aveva detto Rex sembrava un sogno e se non fosse
stato sicuro di avere ancora quelle due pietre colorate in tasca, Yuma
non gli avrebbe creduto. Inoltre, c'erano ancora troppi punti
interrogativi nella sua testa di cui non conosceva la risposta. Per
esempio, cosa intendeva Rex dicendo che le risposte che cercava erano
dentro di lui?
“Se avessi già le risposte” pensò Yuma “non
mi servirebbe a nulla fargli tutte queste domande!”.
Frustrato, si
prese la testa tra le mani. Non gli era mai capitato di avere
così tanti pensieri in testa. Per di più, c'era
un che di inquietante in tutto quello che aveva detto Rex. “Cosa
voleva dire quando mi ha detto che la maggior parte delle persone che
conosco sono vissute al tempo della Guerra Lucente?” si chiese il giovane duellante. “Possibile
che anche Shark, Kite... Tori! Come fa Tori ad essere vissuta nel
passato? Dannazione, non ci capisco più nulla!”.
Esasperato, si sedette a terra, dimenticatosi completamente del duello
contro Iago. Il lupo dorato si alzò e, quasi con fare
scherzoso, cominciò a leccargli il viso. Dopo un attimo di
esitazione, alla fine anche Yuma si lasciò contagiare
dall'entusiasmo dell'animale e iniziò a grattarlo dietro un
orecchio, facendolo guaire di piacere. Percependo lo sguardo dei due
Lucenti su di sé, Yuma si sentì a disagio. Un po'
a malincuore, smise di accarezzare il lupo e si rivolse a Rex.
-Potrà sembrarti impossibile- disse, con una voce
stranamente stanca -ma non ho ancora capito cosa c'entro io in tutto
questo. Sono vissuto al tempo della Guerra Lucente e sono stato, come
dici tu, uno dei “protagonisti”. Siete venuti da me
perché avete seguito quel vostro consiglio di cercare il
vostro re. E con questo? Anche se volessi aiutarvi non saprei come
fare. Io non sono il vostro re e anche se sono vissuto al tempo della
Guerra Lucente, voi sapete meglio di me che non ero altro che uno
schiavo-. “Dovrebbe
essere Vector quindi il re” pensò senza
convinzione, non osando però dirlo ad alta voce.
Nonostante il suo ragionamento non facesse una piega, cosa che lo
sorprese parecchio visto che di solito era Astral quello che pensava
cose del genere, Rex e Iago non sembrarono affatto dissuasi, anzi. Il
Messaggero si scambiò uno sguardo di intesa con il compagno,
per poi rivolgersi a Yuma.
-Noi... non sappiamo come spiegarlo, ma abbiamo la sensazione che tu
possa essere la persona giusta per aiutarci. Non sappiamo se sei tu il
nostro re, almeno non ne abbiamo la certezza, ma sentiamo che sei e
sarai essenziale per il nostro mondo. Questa sensazione... non possiamo
ignorarla, capisci? E' il nostro unico indizio da mesi...-. Yuma non
rispose.
-Rex ha ragione, Ast- disse Iago, le braccia incrociate sul petto.
-Vieni con noi. Prova a risvegliare i Lucenti. Sono sicuro che
funzionerà. Fidati di noi, tu sei il nostro re, io lo
so!-.
Yuma voltò lo sguardo, indeciso se credergli o meno.
Notando la sua indecisione, Rex fece cenno a Iago di far silenzio e,
con un gesto improvviso, si avvicinò a Yuma e gli prese le
spalle tra le mani. Il ragazzo sobbalzò dalla sorpresa e si
voltò. La luce in fondo agli occhi del Messaggero sembrava
oro colato.
-Lo so che tutto questo non è facile per te, Ast. So che ora
tutto ti sembra confuso ed inverosimile, ma devi ascoltarmi quando ti
dico che solo andando avanti saprai trovare le risposte alle domande
che ti affliggono. Fino ad ora non ne avevo la certezza, ma ora ne sono
convinto: anche senza sangue reale, sei tu il re perfetto per noi! Lo
sento nel profondo, come una lama infilata nel petto.
Tu hai un cuore buono e sei generoso e forte, oltre che coraggioso. Sei
un Lucente nato, che tu lo voglia o meno. Sappiamo che per il momento
siamo come degli sconosciuti per te, ma ti imploro di aiutarci. Per
favore, Ast. Aiutaci e troverai una nuova casa, quella casa che forse
ora non ricordi-.
Rimasero per qualche minuto in quella posizione, con Yuma che respirava
affannosamente, stretto tra le mani di Rex, e con il Messaggero che lo
fissava dritto negli occhi, deciso ad ottenere una risposta.
Yuma si costrinse a riflettere.
“Cosa devo fare? Vorrei scoprire cosa
è successo nel passato mio e di Astral, ma non voglio
nemmeno rovinare tutto cercando di aiutare i Lucenti. Astral,
papà, cosa devo fare?”.
Aveva pensato a suo padre perchè si era ricordato di quando,
appena iniziato il duello, Iago gli si era rivolto con negli occhi
un'espressione così decisa ed energica da fargli fare un
passo indietro. L'espressione di Iago era la stessa di suo padre e
forse anche lui aveva avuto dei rapporti con loro, in qualche modo. Fu
quel pensiero a renderlo più lucido.
“Se mio padre fosse qui mi direbbe
sicuramente di aiutarli. Non posso tirarmi indietro quando qualcuno si
espone così tanto, non posso e basta. Devo andare avanti,
non mi posso arrendere! Mio padre mi direbbe questo, lo so. E se Astral
fosse qui con me sarebbe d'accordo con lui. Quindi è
deciso!”.
-Vi aiuterò Rex- disse Yuma, con tono deciso.
Rex sembrò per un istante sorpreso.
-Dici sul serio?-domandò, con tono speranzoso.
E leggendo quella speranza negli occhi e nella voce di Rex, oltre che
di Iago, Yuma ebbe la conferma di aver fatto la cosa giusta.
“Come ho fatto ad essere
così cieco?”.
-Certo- rispose.
Rex sospirò sollevato e, con grande gioia del giovane
duellante, tolse le mani dalle spalle del ragazzo, permettendogli
finalmente di alzarsi in piedi. Iago mosse qualche passo verso di
lui.
-Come mai hai deciso di aiutarci, così d'improvviso?- gli
chiese, sorridendo guardingo.
Anche Yuma sorrise, stanco. Massaggiandosi il braccio ferito rispose
-Perché ho capito una cosa. O meglio ho ricordato-.
Vedendo che sia Rex che Iago lo guardavano confusi, Yuma si
spiegò meglio.
-Ho capito che non posso fuggire, che devo essere coraggioso.
L'esperienza avuta con Vector e Don-Thousand mi aveva fatto nascere me
cuore una paura irrazionale, che mi ha impedito di ricordare quello che
sono in realtà e come agisco. E ora che lo sto dicendo, me
ne rendo conto. Io aiuto gli amici, l'ho sempre fatto e sempre lo
farò-. Sorrise, mettendosi le mani sui fianchi.
-E dopo tutto quello che mi avete detto e che avete fatto per me, ora
come nel passato, non posso non considerarvi come tali, no?-.
Rex e Iago erano immobili, l'unico rumore era prodotto dal lupo, che
guaiva piano. Poi, lentamente, dapprima piano poi sempre più
forte, si levò una risata che riempì l'intera
sala.
Yuma si guardò intorno, cercando invano di scoprire dove si
trovasse il possessore di quella voce tanto odiata.
-E quindi parte della famigliola è riunita. Che cosa dolce!-.
-Don-Thousand!-
esclamò Yuma, livido di rabbia.
Lo spirito si mise nuovamente a ridere.
-Non mi hai deluso, Yuma Tsukumo! Mi hai
consegnato le due cose che più desidero in questo momento:
l'Ottavo Numero e, ovviamente, te!-.
Dall'intera
stanza partirono delle lunghe mani nere, circondate da un'aura
violetta. Prima che potesse dire qualunque cosa, Yuma vide una delle
mani dirigersi veloce verso Iago, probabilmente con lo scopo di
strappargli il Numero.
-Iago!- gridò Yuma, voltandosi verso l'uomo.
E fu quello il suo errore.
Sentì qualcosa di viscido salirgli lungo il braccio destro
e, voltatosi, riuscì solo solo a gridare di sorpresa prima
che la mano lo strattonasse, trascinandolo verso una porta di fumo nera
che si era aperta da poco. Appena toccò terra, il braccio
ferito esplose di dolore, strappandogli un gemito agonizzante.
Cercò di opporre resistenza, ma un'altra mano gli prese il
braccio sinistro e lo trascinò ancora più forte.
Proprio quando Yuma credeva che sarebbe svenuto dal dolore,
sentì un ululato dietro di sé e l'unica cosa che
vide fu una saetta dorata che baluginava nel buio.
Un attimo dopo, sentì le mani staccarsi dalle sue braccia.
Alzando lo sguardo, fece solo in tempo a vedere il lupo che faceva a
pezzi una mano prima che una presa ferrea lo facesse alzare. Con la
vista appannata, vide Rex davanti a lui, con la mano destra tesa che
creava una barriera dorata con lo scopo di proteggerli dalle mani nere.
Tenendosi il braccio ferito con quello sano, Yuma si voltò
in cerca di Iago e, con enorme sollievo, lo vide all'interno della
barriera protettiva creata da Rex.
L'unico ad essere fuori dalla barriera era il lupo, ma per il momento
non sembrava in pericolo di vita.
-Stai bene?- gli domandò preoccupato il Messaggero.
Yuma annuì, mentre intorno a lui rimbombava la risata di
Don-Thousand. Iago disse, brusco -Rex, dobbiamo portarlo via di qui.
ORA!-.
Il Messaggero annuì e poi fece una cosa del tutto
sorprendente. Si slacciò il pendente con al centro Utopia e
lo mise al collo di un esterrefatto Yuma.
-Questa collana ti darà un potere che nessuno ha mai avuto
E' fatto di gliisa e risponderà a quella
presente nel tuo sangue-.
Yuma cercò di balbettare qualcosa, ma venne interrotto
questa volta da Iago.
-Tieni- gli disse porgendogli una carta. Yuma la prese e per poco non
gli venne un colpo.
-Ma questo è il tuo Numero!- esclamò,
turbato.
-Ti prego accettalo- insistette Iago. -Ti servirà-.
Yuma non riusciva a parlare.
-Io... io non ti ho battuto, non posso...- provò a dire, ma
Iago lo fermò, scoppiando a ridere.
-La tua fiducia e la tua amicizia sono state una prova sufficiente per
farmi capire che meriti quel Numero molto più di me, Ast. E
poi- aggiunse, strizzandogli l'occhio con fare scherzoso -non eri nelle
condizioni per potermi battere!-.
Yuma strizzò gli occhi. -Come?- ricevendo in risposta una
sonora risata.
Sorridendo, Rex gli disse -Posso farti uscire dal Mondo Bariano insieme
ai tuoi amici e ai due astrali usando tutto il mio potere, Ast. E'
quasi certo che non ci rivederemo tanto presto, ma se avrai bisogno di
aiuto prova a chiamarmi e cercherò di
raggiungerti-.
Yuma si sentì all'improvviso spaesato, confuso e molto
spaventato.
-Ma... come farete a scappare da qui anche voi?- chiese con la voce
carica di preoccupazione.
-Stai tranquillo- lo rassicurò Iago -il mio potere basta per
entrambi-.
-Ti lascio il lupo -aggiunse Rex. -Sembra che si sia affezionato a te e
poi ti proteggerà dove io non potrò-.
Yuma annuì, troppo riconoscente per poter aggiungere altro.
Dopo un attimo di silenzio, però una domanda sorse nella sua
mente e uscì dalle sue labbra prima che potesse
fermarla.
-Io e Astral... eravamo davvero fratelli?-.
Con sua sorpresa, vide già il potere di Rex fare effetto.
Tutto intorno a lui stava diventando sfocato. Tenne gli occhi fissi su
Rex che, dopo uno sguardo d'intesa con Iago, rispose con una sola e
semplice parola.
-Sì-.
Yuma chiuse gli occhi. Quando li riaprì, era circondato da
una densa nuvola di luce bianca, segno che Rex stava per riportarlo
sulla Terra. Sapendo che era questione di secondi, Yuma
esclamò, con il sorriso sulle labbra -Ci rivederemo presto
e... davvero, grazie!-.
Mentre Iago sorrideva, Rex replicò -Oh no, Ast. Grazie a
te!-.
L'ultima cosa che Yuma vide prima di essere inghiottito dal bianco, fu
il volto pacato di Rex che gli sorrideva.
Una
figura emerse dal buio.
Aveva calcolato tutto alla perfezione.
I Lucenti avevano fatto in modo che il moccioso ed i suoi amici
arrivassero sani e salvi sulla Terra.
E, per sua fortuna, c'erano riusciti.
Ora era l'occasione perfetta, era la sua occasione.
Con passo lento, si avvicinò alla fonte di luce.
Il Seme emanava un lieve riverbero verde sulle pareti della
stanza.
La figura si avvicinò, gli occhi rossi che brillavano.
Eccolo lì, il Seme.
La fonte di energia del Mondo Astrale.
Tese la mano, aperta.
-Che la Guerra Oscura... abbia inizio!-.
Chiuse la mano a pugno.
Un attimo dopo, il Seme esplose.
FINE PRIMA PARTE - CICLO PRESENTE
Salveee gente!!! Forse
l'avrò detto centinaia di volte, ma mi scuso davvero per il
ritardo. L'unica cosa che posso dire a mia discolpa è che a
volte l'ispirazione se ne va (per non parlare dei compiti per la
vacanze ecc. T-T). Allora, non credo di dover dire molto sul
capitolo. Lascio tutto il divertimento nel commentare a voi! *w* dopo
tutto questo tempo, spero rimmarrete soddisfatti. Con questo capitolo,
si conclude la prima parte della mia storia, il Ciclo del Presente, ed
inizia il Ciclo del Passato (come avevao già accennato
precedentemente). Qui sottovi allego delle immagini *finalmente, direte
voi* della mia fic ^^ con questo vi saluto, alla prossima
benny ^0^
ps. Le immagini raffigurano: Vector bambino (quindi si tratta
dell'immagine di Vector nei ricordi di Yuma), il lupo dorato (che
avrà un nome nel prossimo capitolo) *a proposito, nella
seconda immagine del lupo cercate di ignorare la coda... strana. Mi
piaceva solo il muso eheheh O.o* e infine, uno Iago giovane al tempo in
cui scoppiò la Guerra Lucente *il disegno non è
mio, ma di una mia amica, visto che io non so disegnare nemmeno uno
stecchiono -.-"*
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Capitolo 16 *** Rivelazioni e Decisioni ***
FF ZEXAL CAPITOLO 16 completo
Ed eccoci qui, alla fine. Cosa
posso dire dopo praticamente quattro mesi di ritardo? Solo buona
lettura (almeno spero!).
Buon Natale a tutti ^-^
ps. Nel capitolo troverete alcune
espressioni tipiche del parlato. Sappiate che le ho scritte con un
obbiettivo ben preciso, per poter rappresentare al meglio i caratteri
dei personaggi :) in fondo al capitolo vi allego anche un'immagine di
Arfon (l'ultima prometto), che sarà anche quella definitiva.
Spero vi piaccia!
-Ma
come sta, dottore?-.
-Calmati, ragazza. Sta bene, per quanto possa stare bene con il braccio
ridotto in quello stato, ma per il momento non è in pericolo
di vita-.
-Ne è davvero sicuro?-.
-Tori dai, il dottore ha detto che non c'è da
preoccuparsi...-.
-Bravo ragazzo. Ora sentite, appena si sveglia potete venirlo a
trovare, ma non subito. E' meglio non piombare nella stanza come delle
furie, ha sempre subito uno shock notevole-.
Yuma sospirò, piano e lentamente.
Shock notevole.
Forse non era la definizione più adeguata per descrivere
quello che gli era accaduto.
“Rapito e portato in un altro mondo, torturato,
assillato da voci invisibili, inseguito da un alieno pazzo, caduto in
un burrone e per finire, illuminato sull'origine dell'Universo e su una
mia possibile vita passata. Davvero uno bello shock”.
Rendendosi contro di essere ironico, Yuma sospirò di
nuovo.
Sì, aveva subito decisamente uno shock notevole.
Con respiro profondo, Yuma aprì gli occhi, per poi
richiuderli subito dopo. Bianco. Troppo bianco, troppa luce.
Digrignando un poco i denti, Yuma maledì Vector in tutti i
modi che conosceva, provando poi a riaprire le palpebre.
Prima di poter almeno socchiudere gli occhi dovette ripetere quel gesto
per almeno quattro volte. Si guardò intorno, non credendo a
quello che i suoi poveri occhi vedevano. Si trovava in una stanza quasi
del tutto bianca, se si escludevano la finestra enorme e trasparente,
lunga quanto una parete, e la porta, di un legno scuro e liscio. Era
sdraiato su un letto dal materasso rigido e duro, con la parte iniziale
leggermente alzata, che gli impediva di stendersi completamente. Accanto
a lui, precisamente alla destra del letto, vi era la tipica
apparecchiatura tipica di un ospedale.
Yuma sbatté più volte le palpebre, incredulo.
“Sono in un ospedale” si
disse, non riuscendo a crederci. “Sono
in un ospedale!”.
Probabilmente, qualche settimana prima avrebbe scrollato le
spalle sentendo quella parola, ma in quel momento l'edificio nel quale
si trovava corrispondeva per lui ad una specie di paradiso.
Anche se in realtà sapeva benissimo di aver passato solo due
settimane circa nel Mondo Bariano, gli erano sembrati anni. Quei giorni
in cui aveva passato la maggior parte del tempo svenuto, a
metà tra la vita e la morte, senza sapere come fare a
tornare a casa, senza sapere come stessero i suoi amici, come stesse
Astral...
Il ragazzo rabbrividì.
Sebbene avesse scoperto delle cose davvero importanti in quel mondo,
Yuma si augurò con tutto sé stesso di non doverci
tornare mai più.
Prima di svegliarsi, aveva dormito un sonno profondo e agitato, abitato
da voci e risate gutturali e mani nere che lo attacavano, trascinandolo
con loro nell'oscurità. Aveva rivisto in sogno Rex e Iago. I
due gli sorridevano, agitando le mani e ridendo di qualcosa a lui
sconosciuto. Aveva studiato i loro volti, i loro sorrisi, le loro
risate, le loro espressioni e mai come in quel sogno gli erano sembrati
più vivi. Poi la scena era cambiata e Yuma aveva sentito una
risata gelida e folle. La risata di Vector. Aveva visto i suoi occhi
violetti, la luce nera che li animava, la pazzia che li abitava. Aveva
pensato al bambino sorridente dei suoi ricordi e lo aveva sovrapposto a
quel mostro folle che ora era il bariano.
Aveva avuto paura.
E si era svegliato.
“Andiamo Yuma, è ora che tu torni nel
mondo, nel tuo mondo” si
disse il ragazzo.
Così, d'un tratto, aprì gli occhi seriamente e
gli sembrò di vedere tutto per la prima volta. La porta di
legno si aprì e Yuma vide il volto di un signore gentile,
dai capelli grigi e con gli occhiali un po' appannati.
-Oh sei sveglio- lo salutò l'uomo, sorridendogli
cordiale.
Yuma annuì, per poi rispondere con voce leggermente roca
-Buongiorno. Scusi, ma...-.
-Sospettavo che avessi delle domande da farmi... Yuma Tsukumo, giusto?-
gli chiese l'uomo guardandolo da sopra le lenti.
Yuma annuì.
-Beh, Yuma, piacere. Io sono il dottore Ichigo Takeshi, sono
responsabile del tuo caso-.
Yuma ci mise qualche minuto per rispondere.
-Il... il mio caso?-.
Il dottore annuì vigorosamente.
-Esatto, giovanotto. Hai subito un vero shock, potremmo dire. Sei stato
investito da un camion mentre tornavi a casa, così mi hanno
detto i tuoi amici. Meno male che ti sei messo a correre ragazzo e che
quel camion ti ha preso di striscio, altrimenti ora saresti nientemeno
che un cadavere da calare in una bara. Cielo, oggi voi giovani siete
così scriteriati. Ai miei tempi era davvero diverso, eh
già, già...-.
Se non fosse stato così debole e se avesse avuto la certezza
che il dottore non sarebbe morto di crepacuore, Yuma si sarebbe alzato
dal letto per andare a sbattere la testa contro il muro.
“Un camion!? Investito da un camion!?” pensò,
non sapendo se essere arrabbiato, divertito o semplicemente sconvolto.
Da un lato era sollevato che i suoi amici non avessero raccontato tutto
al dottore. Non avrebbero fatto altro che sembrare dei pazzi.
Dall'altro però, non riusciva a credere che tutto quello che
aveva passato potesse essere racchiuso in una storia inverosimile e
ridicola come quella di un incidente stradale.
“Nemmeno Vector sarebbe così idiota da non veder
arrivare un camion sulla strada!”.
Mentre rifletteva sul fatto che forse, sì, magari
il bariano era davvero così idiota da non riuscire a vedere
un mostro su sei ruote, il dottore lo richiamò alla
realtà.
-I danni che hai subito non sono poi così gravi, anche se
hai rischiato parecchio. Hai riportato un trauma cerebrale di livello
medio-basso, diverse escoriazioni sul corpo e... cielo, le ferite che
hai sul braccio non so neanche descriverle, ragazzo, e dire che ho
quarant'anni di carriera alla spalle!-.
Yuma si girò di scatto, con l'intenzione di guardare i
propri tagli, ma al posto delle ferite si trovò davanti agli
occhi una spessa benda bianca con vari strati di tessuto a proteggere
il braccio da possibili infezioni. Yuma sospirò sollevato.
Nonostante fosse tanta la voglia di rendersi conto in che stato fosse
il proprio braccio, Yuma si ritrovò a pensare che fosse
meglio non farlo. Non si sentiva ancora pronto a ripiombare in quella
realtà spaventosa.
-Comunque caro Yuma- iniziò il dottore -non mi preoccuperei
se fossi in te. Tra una settimana al massimo potrai tornare a casa e
ricominciare con la tua vita di sempre. E, a proposito di vita normale,
vorresti vedere i tuoi amici? Sono qui fuori da ore ormai...-.
Yuma sentì il proprio cuore perdere dei battiti. Quindi il
momento era arrivato, alla fine. Cercando di non far tremare la voce,
Yuma cercò di sembrare entusiasta.
-Sarebbe magnifico, grazie!-.
Il dottore sorrise, comprensivo.
-Vado a chiamarli. E' una fortuna che tu sia solo in questa stanza,
altrimenti non avrei potuto farli entrare tutti. Cielo, che folla nel
corridoio...-.
E mentre l'uomo si alzava e usciva, Yuma fu preso dal panico.
Cosa avrebbe dovuto dire ai suoi amici?
“Cosa mi invento? Non posso certo dire loro tutto
quello che mi è capitato... come faccio a spiegare che sono
vissuto al tempo della guerra che ha dato origine all'Universo, insieme
ad Astral e Vector? E come faccio a spiegare tutta la storia del Mondo
Lucente? E il fatto che io ed Astral siamo
fratelli?”.
Non ebbe però il tempo di prolungarsi molto in questi
pensieri, perché un secondo dopo, il viso del dottore
entrò di nuovo nel suo campo visivo.
-Eccoli. A questo punto vi lascio soli- e detto questo, scomparve
dietro un'altra porta, facendogli un occhiolino complice.
Un attimo dopo, nella sala si riversarono tutti.
-MIO DIO YUMA!-.
Tori gli si gettò letteralmente tra le braccia,
strappandogli un gemito a metà tra il doloroso e il
commosso. Guardando da sopra le spalle di Tori, Yuma si
sentì il ragazzo più fortunato del mondo.
Davanti a lui c'erano tutti, o almeno quasi.
Dietro Tori venivano Shark e Rio. L'amico cercava di fare
l'indifferente, ma muoveva i piedi in modo strano e gli lanciava
occhiate sia assassine che sollevate, mentre la sorella sorrideva
contenta e intanto rimproverava il fratello di tanta
maleducazione.
Subito dietro di loro, veniva il Club dei Numeri al completo. Bronk,
Flip, Cathy e Caswell gli sorridevano. Bronk sospirava, Flip saltellava
dalla gioia, Cathy piangeva sollevata, mentre Caswell se ne usciva con
il suo solito -Alla fine della fiera, se l'è cavata anche
questa volta!-.
Poi venivano Three e Four, anche loro felici di vederlo.
E infine, più vicina alla porta, vi era la ragazza
misteriosa che lo aveva salvato da Vector su quelle scale.
Yuma fu sorpreso di vederla e lei si limitò a fargli un
cenno ironico di saluto con la mano, prima di uscire senza essere
vista. Ancora sorpreso da quell'ultima comparsa, Yuma inizialmente non
prestò molta attenzione al fiume di parole che lo stavano
investendo.
-Yuma, dio mio, come stai? Finalmente quest'incubo è finito,
non riuscivo più a pensarti in quel mondo orrendo!-.
Tori nel frattempo aveva smesso di abbracciarlo e ora stava in piedi
davanti a lui, lisciandosi la gonna nervosamente e non smettendo di
osservarlo. Con sconcerto, Yuma vide delle occhiaie sotto i suoi occhi,
segno che ultimamente non aveva dormito molto. Cercando di far suonare
la sua voce squillante e rilassata, Yuma rise piano.
-E dai Tori, non mi sarei mai fatto sconfiggere dai bariani, lo
sai!-.
La ragazza lo guardò, sbuffando scocciata.
-Che io lo sappia o no, ci hai fatti preoccupare da morire. Non puoi
sapere quello che abbiamo dovuto passare per aprire quel dannato
portale, per non parlare di quanto hanno faticato Byron e il dott.
Faker...-.
Yuma spalancò gli occhi.
-Anche loro sono coinvolti?- domandò, allarmato.
-Stai tranquillo Yuma- lo rassicurò Three.
-Stanno entrambi bene. E inoltre, sono molto contenti di sapere che sei
salvo. Kite è appena andato da loro per aiutarli, insieme a
Chris, a sistemare il laboratorio. E' probabile che lo usino ancora, ma
dopo l'apertura del portale alcuni strumenti si sono
danneggiati-.
-A proposito, dov'è Kite? E' rimasto ferito?- chiese Yuma
preoccupato.
C'erano molte cose che i suoi amici dovevano spiegargli.
Shark sbuffò.
-Quell'idiota... è stato in sala d'attesa solo cinque
minuti, poi è uscito dicendo: “Tanto conoscendolo,
starà bene”. Come se tu potessi guarire solo
perché sei tu...-.
Yuma non si offese. Conosceva Kite e per il momento era sollevato che
stesse bene.
Rio guardò il fratello con disapprovazione.
-Ma insomma, Ryouga! Sai com'è fatto Kite. E poi, anche lui
era preoccupato mentre l'ambulanza portava Yuma in ospedale. Nel suo
insieme, è un ragazzo sensibile-. -Anche io sono molto
sensibile- si intromise a quel punto Four, senza un motivo
apparente.
Yuma però aveva altre urgenze per la testa.
-Ambulanza?- chiese.
Gli rispose Tori.
-Sì... dopo che sei sparito dentro quel crepaccio, abbiamo
continuato a duellare e dopo... beh... c'è stata una luce,
molto luminosa e dorata e una volta spenta ci siamo ritrovati nel
cortile davanti scuola, con te incosciente accanto a noi. Era notte e
non sapevamo se fossi vivo o no, i tuoi battiti erano così
deboli... Rio ha chiamato l'ambulanza e sei stato portato
qui-.
Yuma cercò di inghiottire, sentendo un nodo in fondo alla
gola e allo stomaco.
-Davvero?-.
-Sì- confermò l'amica.
Shark però riuscì a vedere l'esitazione nei suoi
occhi e assottigliò i propri.
-Tu sai da dove è nata quella luce, oppure
perché?-.
Yuma strinse il pugno della mano libera.
-Ecco... io...-.
Una mano si poggiò sulla sua spalla. Yuma alzò lo
sguardo e si ritrovò davanti gli occhi castani di Tori. Lei
gli sorrise.
-Sai che puoi sempre contare su di noi, Yuma. Non devi avere paura, ci
siamo. Siamo qui per te-.
Yuma dovette ricorrere a tutto il proprio autocontrollo rimasto per non
commuoversi fino alle lacrime.
“Ragazzi...”.
-Grazie. Comunque ecco... potreste... cioè, è una
storia un po' lunga...-.
Tutti lo fissarono per qualche secondo, poi, come di comune accordo,
iniziarono a mettersi comodi.
Tori si sedette al lato sinistro del letto, per non urtare il braccio
ferito, mentre Rio, Three e il Club dei Numeri si misero a terra. In
piedi alla fine rimase solo Shark poiché, dopo un attimo di
riflessione, anche Four si era seduto, precisamente dietro a Rio, che
dal canto suo aveva leggermente sbuffato.
Yuma rimase sorpreso.
-Wow...- commentò, un poco commosso.
Shark si appoggiò al muro e sbuffò. In quel
momento, somigliava davvero tanto a Rio.
-Limitati a raccontare e risparmiaci i convenevoli, Yuma-.
Quest'ultimo sorrise, prese un bel respiro e iniziò a
raccontare. Raccontò di come Vector lo avesse rapito, di
come si fosse ritrovato ferito e solo nel Mondo Bariano,
dell'obbiettivo di Vector di assoggettarlo. Raccontò della
voce di Iago nella sua testa, dell'energia che il Lucente gli mandava,
dei giorni sempre uguali tra rocce e coltelli. Raccontò
della sua fuga, della sua ipotesi sul popolo bariano, dell'enorme
“biblioteca” piena di strani libri incastonati
nella roccia, di quello strano libro. Li mise al corrente del piano di
Don-Thousand, che da subito aveva avuto l'intenzione di sfruttarlo per
appropriarsi dell'Ottavo Numero e per stanare Rex e Iago.
Parlò anche dei due Lucenti, della loro storia, del Mondo
Lucente e di quella strana guerra.
Quando finì, anche Four lo guardava senza parole. I suoi
amici rimasero in silenzio, sgomenti, mentre Yuma si concedeva un
istante per recuperare fiato.
“Anche se sono stati coraggiosi ad offrirmi il loro
aiuto, non posso metterli al corrente di tutto. Non devono sapere di
Vector, questo li metterebbe solo in pericolo, e nemmeno della proposta
che mi ha fatto Rex. Non so ancora cosa pensare...”.
Shark fu il primo a rompere quel silenzio carico di
rivelazioni.
-Quel bastardo di Vector... non credevo potesse arrivare a tanto. Hai
detto che ti hanno ferito, quanti sono i tagli?-.
-Sono du...- rispose Yuma, ma subito si interruppe.
Aveva un brutto presentimento.
Senza dar peso all'esclamazione allarmata di Tori, Yuma
iniziò a fatica a togliersi le bende che gli proteggevano il
braccio. Non appena la carne vide la luce, Yuma si sentì
capace di vomitare mezzo mondo. I tagli erano più slabbrati
di quanto ricordasse e anche se ora il pus era sparito e con esso il
sangue, la crosta rossastra non aveva comunque un bell'aspetto.
E come se tutto quello non bastasse, Yuma si sentì di nuovo
mancare, questa volta sul serio.
Aveva ragione.
I tagli non erano due.
Erano tre.
“Ma come...?” si
ritrovò a pensare, ma subito gli venne in mente una cosa.
“Quella volta, durante la mia seconda
fuga!” pensò,
di colpo memore dell'evento.
“Don-Thousand mi disse che il sangue di Vector mi
aveva legato ad entrambi ed è stato proprio grazie al sangue
che mi hanno obbligato a chiamare Astral. Possibile che in quel momento
ne abbiano approfittato per infliggermi un altro taglio? In fondo non
ero in me e Vector mi stava dietro... avrebbe potuto tirare fuori il
coltello in qualsiasi momento!”.
Terrorizzato da quella possibilissima ipotesi, Yuma dovette fare dei
respiri molto profondi per non cadere nel panico.
Nel frattempo, i suoi amici sembravano scioccati quasi quanto lui.
Rio si coprì la bocca con le mani, esclamando -Mio dio Yuma,
ma che cosa hai fatto al braccio?-.
Tori anche ebbe la stessa reazione, guardando i tagli con l'espressione
sconvolta.
Shark si staccò d'improvviso dal muro, digrignando i denti.
-Quel bastardo... giuro che la prossima volta che lo vedo lo faccio a
pezzi!- inveì, le mani chiuse a pugno fuori dalle
tasche.
Gli altri non dissero nulla, ma si vedeva che erano spaventati anche
loro. Yuma cercò di rassicurarli, anche se non poteva negare
di essere sconvolto lui stesso.
-Davvero ragazzi, non è nulla. Sono solo dei graffi...
stanno guarendo-.
Shark sembrava volerlo sbranare sul momento.
-Idiota, ma sei cieco? Quel bastardo di Vector ti ha ridotto il braccio
ad un pezzo di carne maciullata. Non capisci? Sarà
già tanto se riuscirai ad usarlo... quelle cicatrici ti
rimarranno finché vivrai!-.
Yuma strinse i denti.
-Lo so benissimo, ma tanto mi sono già incavolato e il
risultato è stato questo. Vector ha bisogno di aiuto, Shark,
e questa mia esperienza non ha fatto altro che confermarmelo!-.
“Insieme alle mie memorie” pensò,
ma non lo disse.
Era da quando ne aveva parlato con Rex che ci pensava. Insomma, una
persona non poteva nascere cattiva già di suo, no? Doveva
pur esserci un motivo per il quale Vector fosse diventato
così pazzo e violento e, nonostante tutto quello che gli
aveva causato l'Imperatore Bariano, Yuma sentiva dentro di
sé la voglia di scoprirlo.
Shark iniziò a camminare avanti e indietro nella sala,
attento a non urtare nessuno dei seduti.
-Yuma io non ti capisco- iniziò, guardandolo
arrabbiato.
-Avresti dovuto odiare Vector già da prima che ti rapisse.
Ti ha sottovalutato, combattuto e anche ingannato, oppure ti sei
già scordato la faccenda di Rei?-.
Yuma distolse lo sguardo. Pensare a Rei non lo avrebbe aiutato a
risollevargli l'umore.
-Ora ti ha fatto questo. E' un pazzo, Yuma, completamente, gode nel far
soffrire le persone e tu vorresti ancora perdonarlo? La cosa che mi
dà fastidio è che con te l'avrà sempre
vinta, vincerà sempre lui, perché tu non hai il
coraggio di odiarlo!-.
Yuma alzò di scatto lo sguardo.
-Odiare non vuol essere coraggiosi, Shark! Odiando le persone non si fa
altro che generare altro odio, senza giungere mai alla pace. Come puoi
giudicare Vector in modo così netto? E' vero, ha compiuto
gesti che non si dovrebbero fare e ha causato danni a molte persone, me
compreso, ma non hai il diritto di giudicarlo così. Tu non
hai visto com'era, al tempo della Guerra Lucente...-.
Shark mosse le mani in un gesto di stizza.
-Il passato non conta niente, Yuma, e non giustifica niente-.
-No, invece conta tutto Shark!- ribadì Yuma con
veemenza.
-E' il nostro passato a renderci chi siamo, è il nostro
passato che ci guida verso il futuro! Parlando con Rex e Iago, sono
riuscito ad interrompere l'incantesimo a cui mi aveva sottoposto, forse
involontariamente, Don-Thousand. Grazie a loro, grazie al mio passato,
sono riuscito a ritrovare il coraggio dentro di me, quel coraggio che
avevo perso e lo stesso vale per Vector. Se grazie al mio passato io
sono riuscito a trovare una via d'uscita nell'oscurità, per
Vector sarà lo stesso! Dobbiamo solo... dargli tempo. E
fiducia-. -Fiducia!?- ripeté scettico Shark.
-Sì, fiducia- rispose Yuma, risoluto.
-Quella che noi non riusciamo più a dare nel prossimo-.
Un silenzio attonito seguì le sue parole, mentre Yuma
fissava dritto negli occhi Shark, in attesa della sua reazione. Dopo
qualche minuto carico di tensione, l'amico abbassò le spalle
e lo guardò in modo strano.
-Si può sapere che cosa hai davvero fatto nel Mondo
Bariano?- gli domandò, leggermente ironico.
Yuma sobbalzò, colto alla sprovvista dalla domanda.
-In che senso scusa? Vi ho detto tutto quello che è
successo...- gli rispose, agitandosi sul letto, imbarazzato.
Tori si alzò dal letto, andando accanto a Shark. Anche lei
lo guardava curiosa, come del resto tutti nella sala.
-Dio mio Yuma, che discorso!- esclamò Rio, ridacchiando.
-E così serio, per di più!- aggiunse Bronk,
stupefatto.
Yuma non credeva alle proprie orecchie.
-Cosa ho fatto?- domandò spaesato.
-Hai fatto un discorso così serio, miao- disse Cathy, mentre
Flip annuiva e si metteva a saltellare esclamando -Mi hai ricordato un
re, come quelli che si vedono nei film, Yuma!-.
Quest'ultimo sorrise imbarazzato, mentre cercava un modo per cambiare
discorso.
Ridendo per smorzare l'attenzione, Yuma disse -Ah, davvero? Beh Flip,
mi spiace, ma io non sono un re! E comunque basta parlare di me, ditemi
voi. Come avete fatto ad arrivare nel Mondo Bariano?-.
Per fortuna i suoi amici si emozionarono, pronti a raccontare, anche se
Shark, Rio e Tori lo osservavano ancora in maniera sospetta. Fu proprio
la ragazza a spiegargli tutto, con qualche intervento da parte degli
altri. Yuma sentì una storia di portali, di creature
soprannaturali e di duelli mozzafiato. Quando Tori arrivò
alla parte della trasformazione dell'uomo-orso, Yuma sentì
dei brividi lungo la schiena.
-Ha detto di chiamarsi “Rego”?- chiese
preoccupato.
Tori annuì.
-Esatto. E nel momento in cui è diventato umano ha anche
iniziato a sparare parole a raffica, come
“estrattore” oppure “El-Kenez”
e in quel momento ho avuto una strana sensazione...-.
Se fuori Yuma cercava di apparire normale, dentro di lui stava nascendo
la più violenta delle tempeste.
“Non può essere lo stesso uomo della mia
visione... oppure sì? Cavolo, questo non farebbe altro che
confermare definitivamente tutto quello che mi ha detto Rex.
Perché la mia vita deve essere così
complicata?”.
Scosse piano la testa, sospirando.
“Perché sì, ho
promesso”.
-Ah, Yuma-.
Il ragazzo si voltò verso Tori, che nel frattempo aveva
racconto una borsa da terra.
-Ci sono le tue cose qui dentro- lo informò e Yuma si
emozionò al pensiero che là dentro ci fosse il
ciondolo di Rex.
Uno dopo l'altro, caddero sulle sue ginocchia il suo deck ed
extra-deck, la Chiave dell'Imperatore, che Yuma non tardò ad
indossare e la collana con Utopia. Yuma indossò anche
quella, ricordando le parole di Rex.
-Questa collana di darà un potere che nessuno ha
mai avuto-.
Yuma si stava chiedendo di quale potere si potesse trattare quando in
grembo gli caddero due piccole pietre colorate.
-Erano nei tuoi pantaloni- gli disse Tori, le guance che pian piano si
coloravano di rosso. Anche Yuma arrossì un poco, ma si
concentrò subito sulle pietre.
-Sono belle. Dove le hai trovate?- gli chiese Rio incuriosita.
Yuma prese le pietre, chiudendole nel suo pugno.
“Non devono sapere di Vector, né di
Astral”.
-Non mi ricordo molto bene- rispose, cercando di mantenersi sul vago.
-Credo di averle raccolte quando sono andato in quella specie di
biblioteca...-.
Shark però non si fece ingannare nemmeno questa
volta.
Sbuffando, replicò -Sì, come no Yuma. Sarai pure
bravo a fare discorsi e via dicendo, ma a mentire sei proprio una
frana. Da dove vengono quelle pie...-.
-Ragazzi, mi spiace interrompervi, ma l'orario delle visite sta per
terminare! Sono costretto a chiedervi di lasciarmi il
paziente...-.
Il dottore in quel momento entrò dalla porta, gli occhiali
un po' storti.
Piano, Yuma vide tutti i suoi amici alzarsi e raccogliere le loro cose,
pronti per uscire.
-Torneremo domani Yuma- lo rassicurò Rio,
sorridendo.
Shark lo guardò, lanciandogli occhiate indecifrabili, per
poi sbuffare e uscire dalla stanza con un -A domani, vedi di non morire
nel sonno...-.
Alla fine, tra saluti e battute, nella stanza rimase solo
Tori.
Si lisciava la gonna nel suo tipico gesto nervoso, guardandolo con
ansia. Yuma se ne accorse e si affrettò a rassicurarla.
-Tori davvero starò bene. Il dottor Takeshi sembra sapere
quello che fa!-.
La ragazza però era ancora titubante.
-Lo so, però...-.
Yuma vide che non spostava gli occhi dai tagli sul suo braccio e li
ricoprì subito con il lenzuolo.
-Tori davvero, non devi preoccuparti- le disse, sorridendo.
-Ricordi? Io ho sempre l'ener...-.
-L'energia al massimo. Lo so Yuma- lo interruppe lei, con un tenue
sorriso sul volto.
Lui le fece l'occhiolino.
-Ci vediamo domani!- la salutò, cercando di essere
positivo.
Tori lo salutò con la mano e poi uscì dalla
stanza.
Dopo una decina di minuti però, Yuma vide una Kari infuriata
entrare dalla porta, con dietro un dottore esasperato. -Le ho
già detto che non può più...-.
-YUMA TSUKUMO, COSA CAVOLO CREDEVI DI FARE!?-.
Kari lo fissava furiosa, le mani sui fianchi e con il casco della moto
ancora in testa.
Yuma impallidì.
-E... ecco io... beh...- cercò di balbettare, ma la sorella
sembrava un treno in corsa e Yuma capì la metà di
quello che gli urlò.
-TI RENDI CONTO CHE SEI STATO LONTANO DA CASA PER QUASI UN MESE!? TI
CREDEVAMO DISPERSO, LA NONNA PIANGEVA OGNI SERA ED IO INIZIAVO A
CREDERE IL PEGGIO! “MA SI, IO SONO COME PAPA', ANDIAMO NELLA
FORESTA A DEPRIMERCI PER UN DUELLO PERSO!” MA TI SEI BEVUTO
IL CERVELLO?-.
Questa volta Yuma non balbettò.
-Di quale foresta parli?-.
Kari stava per rispondere quando il dottore le mise una mano sulla
spalla.
-Vista la situazione, può rimanere ancora cinque minuti, ma
la prego di non urlare, ci sono altri pazienti che stanno
riposando-.
Arrossendo d'imbarazzo, Kari si scusò e un attimo dopo il
dottore uscì.
-Il tuo amico Kamishiro Ryouga mi ha detto tutto- gli disse sua
sorella, questa volta con un tono di voce normale.
-Sul serio, Yuma, sei stato davvero un idiota! Non ci sei solo tu nel
mondo, chiaro? Ci sono persone che si preoccupano per te e soffrono,
quindi non t'azzardare mai più a fare una cosa del
genere-.
Kari continuò per altri cinque minuti a fargli ramanzine su
ramanzine per poi finire il tutto con uno sgarbato -E poi ho la strana
sensazione che tu conosca questo cane... non fa altro che seguirmi,
guarda è arrivato anche in ospedale!-.
Yuma si mise a sedere di scatto e vide un bellissimo lupo dalla
pelliccia scura entrare e sedersi accanto al letto. Agli occhi di una
persona normale sarebbe sembrato un comunissimo lupo, ma Yuma aveva
visto la sua vera forma e non si scompose più di
tanto.
-Sì, lo conosco- mentì.
-Ho dato lui da mangiare nella foresta e l'ho curato, era ferito ad una
zampa. Credo che mi si sia affezionato...-.
Un attimo dopo, la porta si aprì e il dottore fece irruzione
nella stanza, per esclamare di sorpresa subito dopo.
-Come ha fatto ad entrare quel lupo qui!?-.
Yuma dovette spiegare pazientemente quello che aveva appena detto a sua
sorella, ma nonostante tutto il dottore ancora non era
convinto.
-Mi spiace, ma non posso assolutamente permettere che questo cane
rimanga qui. Potrebbe far del male ai pazienti, tu compreso
giovanotto!-.
-Ma è buono!- insistette Yuma, deciso a rimanere insieme al
lupo.
-Non ha pulci o zecche ed è tutto tranne che
aggressivo-.
Quasi a confermare le sue parole, il lupo si sdraiò sul
pavimento e iniziò a guaire, muovendo piano la coda. Dopo
minuti di indecisione, alla fine il dottore
assentì.
-Bene, il lupo può restare. Ma lei, mia cara signorina, deve
proprio lasciare suo fratello ora!- e indicò la porta a Kari.
Quest'ultima, dopo aver intimato a Yuma che la prossima volta che fosse
scomparso l'avrebbe chiuso a chiave in camera sua, salutò il
dottore e uscì, impettita.
Sorridendo e chiudendo dietro di sé la porta, anche il
dottore alla fine uscì, lasciando finalmente Yuma da solo.
Il ragazzo sospirò, chiudendo per un istante gli occhi.
Erano settimane che non poteva rilassarsi, sempre che essere svenuti
non lo significasse. Il lupo gli leccò la mano, facendolo
ridere piano.
Con mano esitante, Yuma iniziò ad accarezzargli la testa.
-Ciao bello- gli disse, quasi sussurrando.
-Allora, come sei arrivato qui? Hai seguito il mio odore?-.
“Diavolo, sto parlando con un lupo...”.
Eppure, per quanto l'idea gli sembrasse inverosimile, aveva
la sensazione che l'animale lo capisse. Gli occhi gialli erano luminosi
e intelligenti e Yuma riusciva a vedervi la propria faccia, pallida e
stanca. Il lupo gli mordicchiò la mano per gioco, emettendo
un suono a metà tra un guaito e un ululato.
-E dai, basta! Mi fai il solletico!- rise Yuma, mentre l'animale saliva
sul letto, sdraiandosi sulle sue gambe.
-Comunque, non posso continuare a chiamarti lupo, no?- gli
domandò, quasi aspettandosi una risposta. L'animale lo
fissò in modo curioso. Yuma si appoggiò al
cuscino, cercando nella sua testa dei nomi decenti.
-Hmmm... Lupo... Wolf ti va bene?-.
Il lupo starnutì, dal che Yuma dedusse che non fosse
d'accordo.
-Va bene allora vediamo... Gavin?-.
Gavin Whitestar gli era venuto in mente perché era un
cantante famoso, il preferito di Kari.
Ma a giudicare dallo sguardo annoiato del suo amico, nemmeno quel nome
andava bene. Sbuffando, Yuma si concentrò. Quando aveva
attraversato il lungo corridoio che poi lo aveva portato in
quell'immensa sala, aveva sentito il lupo emettere un suono simile a
quello di un cane. Non aveva ululato e nemmeno guaito. Aveva emesso un
suono simile ad un abbaio.
“Forse non è del tutto un lupo. Magari
è un cane lupo, metà lupo metà
cane”.
Con tristezza, si ritrovò a pensare alla sua situazione.
Anche lui non era del tutto umano. Anche lui era la metà di
qualcosa.
-Che ne dici di Arfon?-.
“Arf è il suono con il quale si segna
l'abbaiare di un cane nei fumetti. Forse gli
piacerà...”.
Il lupo, dopo quello che a Yuma sembrò un attimo
di riflessione, ululò piano e iniziò a muovere
velocemente la coda, contento.
Yuma rise. -Bene, piacere di conoscerti Arfon!-.
Arfon lo guardò felice e poi iniziò a leccarsi le
zampe, senza avere la minima intenzione di scendere dal letto. Ormai
sicuro, Yuma si decise a fare quello che desiderava di più
da quando aveva riacquistato conoscenza.
Piano, si tolse dal collo la Chiave dell'Imperatore e la strinse tra le
mani. Deglutendo, si fece coraggio.
-Astral- chiamò, sussurrando.
Per qualche minuto non accadde niente, tanto che Yuma iniziò
a preoccuparsi, ma in capo a cinque minuti, la Chiave si
illuminò e un attimo dopo Yuma si vide davanti Astral. Le
gambe erano leggermente piegate, le braccia incrociate sul petto e gli
occhi seri, nemmeno un sorriso ad illuminare il volto.
Yuma deglutì per la seconda volta.
“Avanti!”.
-Ehm... come stai?-.
-Bene-.
Yuma fece attenzione a non guardarlo negli occhi, temendo di leggervi
risentimento.
“Ma perché dovrebbe essere arrabbiato con
me? Fino a poco tempo fa non sapevo nemmeno che fosse vivo, cos'ha da
rimproverarmi?”.
Ciononostante, sentiva l'amico, o meglio fratello, distante e freddo
nei suoi confronti e questa consapevolezza lo faceva soffrire.
-Da dove viene questo animale?-.
Yuma giocherellò piano con la collana di Rex, sotto lo
sguardo imperscrutabile di Astral.
-Ecco... è una storia lunga-.
Lo spirito lo guardò ancora più intensamente.
-Sarebbe ora che tu cominciassi a raccontare, non trovi?-.
Yuma distolse lo sguardo imbarazzato.
E, guardando Arfon che si puliva le orecchie in fondo al letto,
ricominciò a raccontare. Non si fermò nemmeno un
istante, temendo che Astral potesse scomparire di colpo, lasciandolo di
nuovo solo. Raccontò della Guerra Lucente, di Vector e della
loro possibile, ma ormai certa, vita passata, omettendo solo il loro
legame fraterno.
“Non posso dirgli che in realtà siamo
fratelli” pensò,
triste ma risoluto.
“Già adesso ce l'ha con me, figuriamoci
come potrebbe reagire se scoprisse la
verità!”.
-E in quel momento Rex mi ha messo al collo questa collana dicendomi
che avrei ottenuto uno strano potere. Poi, sempre grazie a Rex, siamo
tornati tutti sulla Terra. Secondo quello che mi ha detto Tori, sono
rimasto incosciente fino ad oggi- concluse Yuma.
Per qualche istante, non si sentì altro che il rumore delle
macchine in lontananza. Alla fine, non resistendo più a quel
silenzio, Yuma alzò lo sguardo. Astral era di profilo, con
le braccia lungo i fianchi e gli occhi socchiusi. La luce del sole che
filtrava dalla finestra gli illuminava ancora di più il
volto, già di per sé luminoso. L'astrale sembrava
avere un'espressione molto concentrata. In quel momento, sembrava
davvero un ragazzo umano.
Yuma attese qualche altro secondo e poi non ce la fece più
. -Stai... stai bene?- domandò, guardando lo spirito con
preoccupazione.
Astral non rispose, rimanendo immobile.
Yuma riprovò. -Astral!-.
Non vedendo alcuna reazione provenire dall'astrale, Yuma si
accigliò. E alla fine esplose. Con preoccupazione mista a
rabbia, si alzò a sedere di scatto, senza curarsi del
lenzuolo che, scivolato sul letto, non copriva più gli
orrendi tagli sul suo avambraccio destro.
-Ma insomma, Astral! Rispondimi! Mi dici perché cavolo ora
mi tratti così? Ti ho detto tutto quello che c'era da dire,
ti ho spiegato perché sono dovuto saltare in quel crepaccio:
per poter raggiungere Iago, perché l'avevo promesso. Si
può sapere che ti prende?-.
Silenzio.
Ora Yuma era al limite dell'esasperazione. -ASTRAL, PER
FAVORE!-.
Fece per alzarsi, ma la voce dello spirito lo
fermò.
-Non alzarti, sei ancora molto debole-.
Yuma lo guardò, in attesa.
E, finalmente, Astral si voltò. Non sorrideva e gli occhi
mandavano bagliori scuri.
-Cosa c'è? Va tutto bene?- insisté Yuma, pronto
ad alzarsi in caso fosse stato necessario.
-Sì, va tutto bene-.
-E allora perché ti comporti così,
perché sei... distante?- gli chiese Yuma, temendo in parte
la risposta.
Astral ci mise qualche minuto a rispondere e quando lo fece, Yuma smise
di respirare.
-Sono successe molte cose da quando ci siamo lasciati, Yuma. Tante
cose, molte delle quali sono state delle vere e proprie
novità per me. Ho scoperto di aver vissuto una vita di cui
non ricordo praticamente nulla, di non appartenere del tutto a quello
che consideravo fino a non molto tempo fa il mio mondo e ho scoperto
anche che, oltre per la mia missione, sono venuto sulla Terra per
cercare una persona, senza successo. Ho conosciuto due persone molto
importanti per me, ma allo stesso tempo non so cosa aspettarmi da loro.
Ho visto cose talmente nuove, ho ricordato fatti così
strani, che quando ti ho visto saltare in quella spaccatura, mi sono
sentito perduto. Tu sei la mia certezza, Yuma. Sei un mio amico, il mio
amico. Non voglio perderti-.
Il ragazzo abbassò lo sguardo e lo rialzò subito
dopo. Piano e appoggiandosi con il braccio sano al letto, Yuma si mise
a sedere.
-Lo so come ti senti, Astral. Non avrei mai pensato di dirlo, ma
è così. Tutte quelle volte in cui mi hai detto
che non avere la memoria rende la tua vita un labirinto, in cui ti sei
sentito solo e senza un luogo o una persona di riferimento... ti
capisco. Ho provato le stesse sensazioni quando ti ho visto scomparire
davanti ai miei occhi dopo quel duello contro 96-.
Astral lo fissava, gli occhi gialli fermi sul suo volto.
-Forse non è facile il cammino che abbiamo scelto, ma
dobbiamo affrontarlo. Ormai siamo insieme in questo viaggio, Astral e
così come lo abbiamo iniziato, lo finiremo. Non smettere mai
di avere speranza, perché è questa che ci aiuta
ad andare avanti. E' la speranza che ci unisce, è la
speranza che brilla dentro di noi. Proprio come Rex e Iago, anche noi
dobbiamo sperare. Non ci dobbiamo arrendere, mai!-.
Astral iniziò a sorridere.
-Perché secondo me è questa la chiave di tutto-
continuò Yuma, ormai a ruota libera.
-E' questa la chiave per poter avere l'Energia al Massimo!-.
Quando guardò Astral, gli sorrise.
-Non ti lascerò, Astral così come tu non lascerai
me. Saremo sempre uniti, qualunque cosa accada-.
Per un istante, a Yuma sembrò che Astral stesse esitando, ma
subito dopo si convinse di esserselo solo immaginato, perché
l'astrale lo guardò con affetto e gli rispose
-Sì, Yuma. Uniti, qualunque cosa accada-.
Il ragazzo porse il braccio sinistro all'amico, invitandolo a
stringergli la mano e lo spirito, dopo un attimo di sorpresa, lo
fece.
-Energia al Massimo, Astral!-.
Yuma lo vide sorridere.
-Energia al Massimo, Yuma-.
Yuma si sdraiò e, per la prima volta da settimane, si
lasciò andare nel suo primo vero sorriso.
“Astral...”.
Ad interrompere quel bel momento di pace ci
pensò Arfon, che scelse proprio quell'istante per
attraversare il letto con un balzo e arrivare vicino al viso di Yuma,
iniziando a leccargli il naso. Il ragazzo rise e provò a
scrollarselo di dosso, ovviamente senza successo.
-Arfon, smettila dai!- esclamò, tra una risata e un'altra.
-Arfon?- chiese divertito Astral, che intanto osservava il lupo con
grande interesse.
Yuma, che dopo un'ardua lotta era riuscito a convincere l'animale e
sdraiarsi accanto a
lui e non sopradi
lui, annuì, contento.
-Nei fumetti l'abbaiare dei cani è scritto in quel modo. E
visto che una volta l'ho sentito emettere un suono strano, mi
è sembrato un buon nome-.
-Buono davvero- assentì Astral, ancora sorridendo.
Rimasero così, in silenzio, mentre nella stanza per diversi
minuti si sentì solo il rumore della ruvida lingua di Arfon
che passava sopra il proprio pelo fin troppo lucido.
-Sembra così strano pensare di aver vissuto una vita passata
insieme, vero?- domandò Yuma, voltandosi verso
l'amico.
Ora che tutto era finito, ora che aveva la certezza che Astral era
vivo, lì, davanti a lui, ora che riusciva a vedere quei
grandi occhi gialli che lo fissavano, Yuma sentiva di potersi liberare
del peso enorme che aveva sul petto.
-Secondo te è un caso che ci siamo incontrati, tu ed io?-
gli chiese, giocherellando intanto con la collana datagli da
Rex.
Lo spirito astrale rimase a fissarlo per un po' prima di
rispondere.
-Non lo so, Yuma. Non ho ancora le idee chiare riguardo ciò
che abbiamo scoperto e come ti ho già detto, devo ancora
pensare. L'unica cosa di cui sono sicuro, al momento, è che
tutto quello che ci è successo non è avvenuto per
caso. Qualcuno, o qualcosa, ha organizzato tutto e ti prometto che lo
scoprirò. Scoprirò chi c'è dietro a
tutto questo-.
Yuma lo guardò, in qualche modo rassicurato.
-E io ti aiuterò, come ho sempre fatto. Nessuno
riuscirà a fermarci, giusto?-.
Gli sorrise. Astral lo guardò con affetto.
-Nessuno, Yum...-.
“ASTRAL”.
Lo spirito interruppe la frase.
Yuma si alzò a sedere di colpo.
-Questa voce...!- esclamò.
Anche Astral dovette averla riconosciuta, perché
iniziò a guardarsi intorno con sguardo attento, in attesa.
-Gheia...- Yuma lo sentì mormorare.
“ASTRAL”.
Yuma si alzò in piedi, accostandosi all'amico.
-Astral, che succede? Perché la tua amica ci sta chiamando?-
gli domandò con urgenza, mentre vedeva la stanza intorno a
lui iniziare a comprimersi, come in uno di quegli specchi che aveva
visto tante volte alle fiere della città.
Astral scosse piano la testa, anche lui allarmato.
-Non lo so Yuma, davvero. Credo che...-.
“ASTRAL”.
Yuma si coprì gli occhi con il braccio sano, mentre la
stanza veniva illuminata da una bianca luce accecante.
-Astral!- gridò, ma non fece in tempo a voltarsi verso
l'amico che quest'ultimo stava già scomparendo.
-Astral!-.
Quest'ultimo lanciò un'esclamazione drammatica.
-Yuma, anche tu!-.
Il ragazzo si guardò, notando con orrore che anche lui stava
scomparendo, il corpo ormai un insieme di puntini luminosi.
–Astral!-.
Un attimo dopo, Yuma sentì un forte boato e non vide
più nulla, circondato dal bianco.
-Yuma...
Yuma, dai!-.
Il ragazzo strizzò un poco gli occhi, non abituato alla luce
accecante. Solo dopo qualche minuto riuscì ad aprire gli
occhi, anche se non completamente. La prima cosa che vide fu un'immensa
distesa di blu, proprio sopra ai suoi occhi. Dopo qualche secondo
però, si rese conto che quello che inizialmente gli era
sembrato il cielo era nientemeno che un soffitto.
Si mise a sedere, strizzando gli occhi per abituarsi alla luce bianca
intorno a lui.
-Yuma come ti senti?-.
Il ragazzo si voltò e vide lo sguardo preoccupato di
Astral.
-Sto bene... o almeno credo- gli disse, titubante.
-Dove siamo?-.
-Benvenuto nel Mondo Astrale, Tsukumo Yuma. Ti stavamo aspettando-.
Yuma si voltò, sussultando.
Davanti a lui comparve una giovane astrale, alta poco meno di Astral.
“Ma è la stessa ragazza che
mi ha lanciato la Chiave dell'Imperatore e che duellava con
Astral!”.
Sebbene avesse avuto modo di osservarla nel
Mondo Bariano, Yuma si rese conto di quanto in realtà
l'astrale fosse diversa dall'immagine che aveva avuto di lei in quei
pochi secondi in cui avevano incrociato lo sguardo.
I capelli davvero molto lunghi le scendevano lungo le spalle e la
schiena, come una bianca cascata. Gli occhi, uno bianco e uno verde
smeraldo, lo fissavano freddi, studiandolo. Aveva le braccia incrociate
sul petto, quasi a coprire il piccolo seno, in un gesto che a Yuma
sembrò in qualche modo intimidatorio.
Non sorrideva.
-Sono sollevata nel vedere che nonostante la tua permanenza nel Mondo
dei Guerrieri Rossi tu non abbia riportato ferite gravi. Astral era
molto preoccupato per la tua incolumità...-.
Percependo il suo disappunto, Yuma si affrettò ad alzarsi e
una volta in piedi cercò di spolverarsi i pantaloni,
inutilmente.
Con una leggera punta di fastidio, si rese conto che la ragazza lo
superava di almeno qualche centimetro. Certo, non toccava con i piedi
per terra, ma anche se non lo avesse fatto sarebbe risultata comunque
più alta di lui.
Sempre squadrandolo, l'astrale si presentò.
-Sono Gheia, la principessa di questo mondo. Forse Astral ha accennato
alla mia esistenza-.
Prima che Yuma potesse in qualche modo aprire bocca, una profonda voce
maschile riecheggiò nell'enorme sala.
-Gheia, figlia mia, abbandona quel tono formale e non intimidirlo.
Questo giovane duellante non ha fatto nulla per meritare la tua rabbia-.
Nel campo visivo di Yuma entrò un astrale alto e muscoloso.
I capelli corti gli incorniciavano il viso, dalla mascella pronunciata
e dalle labbra carnose, anche se trasparenti. I muscoli svettavano
definiti sulle braccia e il petto e gli occhi erano fieri, uno blu e
uno marrone, quasi ambrato.
L'astrale gli sorrise, intenerito dall'incertezza del ragazzo. Dal
canto suo, Astral sospirò di sollievo, quasi ringraziando
l'arrivo dell'uomo.
-Benvenuto nel Mondo Astrale Yuma Tsukumo. Mi dispiace che tu debba
vedere il nostro mondo ridotto quasi in rovina, ma il destino ha voluto
così e la mia volontà non può nulla
contro ciò. Forse Astral ti ha parlato di me: io sono Gheeb,
padre di Gheia e re del Mondo Astrale. E' un piacere conoscerti, figlio
di Kazuma-.
Yuma, sebbene fosse rimasto praticamente folgorato dall'apparizione del
re astrale, si riebbe al sentir nominare suo padre.
-Tu... conosci mio padre?- domandò.
Gheeb non rispose subito e Yuma, nonostante fremesse dall'impazienza di
avere una risposta, aspettò. A prima vista Gheeb non
sembrava una cattiva persona, anzi dava l'impressione di essere nato
per essere un sovrano, con quel suo tono pacato e quegli occhi saggi.
Eppure, Yuma non volle forzarlo. Qualcosa gli diceva che se l'avesse
fatto, l'astrale l'avrebbe cancellato dalla faccia dell'Universo con il
sorriso sulle labbra.
Alla fine, proprio quando Yuma stava per sedersi nuovamente a terra per
aspettare, almeno, più comodo, il sovrano astrale si decise
a parlare.
-Ho conosciuto tuo padre e potrei dirti molte cose su di lui, ma questo
non è né il momento né il luogo adatto
per parlarne. Sappi solo che, come te, nemmeno io sono a conoscenza
della sua attuale posizione-.
Yuma non cercò nemmeno di mascherare la delusione. Dopo
tutto quel tempo speso dietro ad Astral e ai Bariani, sperava di poter
scoprire qualcosa in più su suo padre, sapere almeno se ci
fosse un remoto indizio per poterlo trovare.
“Cerco da anni notizie su mio padre ed ora che trovo qualcuno
che lo conosce e che potrebbe dirmi cose essenziali su di lui, mi viene
negato anche questo!”.
Aprì la bocca per ribattere, quando sentì un
tocco leggero all'altezza del gomito.
Si girò e vide lo sguardo di Astral lanciargli un muto
avvertimento, intimandogli di contenersi.
Piccato, il ragazzo richiuse la bocca e si limitò a
borbottare qualcosa come -Sì, va bene, capisco-.
Gheeb, probabilmente intuendo la rabbia che attraversava in quel
momento Yuma, sorrise, severo.
-Comprendo la tua rabbia, giovane duellante, ma fidati di me quando ti
dico che argomenti del genere vanno discussi con calma e in circostanze
del tutto diverse da quelle in cui ci troviamo noi ora. Io e Gheia vi
abbiamo chiamato per una questione molto urgente-.
Dimenticando in un istante la rabbia, Yuma guardò la
principessa con evidente curiosità, mentre Astral si
accigliò, visibilmente turbato.
-Di cosa si tratta?- chiese a sua volta, indagando intanto con lo
sguardo sulla stanza blu attraversata da innumerevoli crepe.
Invece di rispondergli, Gheia lo guardò, in qualche modo
incredula.
-Come, tu non... non lo senti?- domandò, gettando uno
sguardo interrogativo verso il padre.
Quest'ultimo rimase un attimo in silenzio, per poi guidarli in una
stanza collegata con quella in cui si trovavano.
-Seguitemi-.
Yuma provò a muovere qualche passo, ma la testa gli
girò improvvisamente e fu costretto a fermarsi. Astral
accorse vicino a lui e, sebbene non potesse toccarlo completamente
poiché incorporeo, provò comunque a sostenerlo.
-Yuma, tutto bene?-.
Il ragazzo annuì e lanciò uno sguardo alla ferita
sul suo braccio. Il pus era scomparso e così anche il sangue
rappreso, ma tutti e tre i tagli erano ricoperti da una crosta scura e
ruvida, circondata da un alone rossastro. Si sentiva il braccio
indolenzito e lo sollevava a fatica. Sentendosi osservato, Yuma
alzò la testa e venne inchiodato dallo sguardo di
Gheia.
La principessa fissò le sue ferite, in silenzio.
-Padre!- chiamò.
Gheeb si voltò e tornò verso di loro.
-Cosa c'è figlia mia?-.
Ma non ebbe bisogno di una risposta.
Yuma vide i suoi occhi attenti cadere sulle ferite sul suo braccio.
Vide quegli occhi accigliarsi e scurirsi d'un tratto, come coperti da
un velo scuro. Senza fare rumore, Gheeb si avvicinò, con
l'intento di osservare meglio la ferita.
-Chi ti ha fatto questo e soprattutto come?-.
Balbettando di imbarazzo, Yuma spiegò in poche parole quello
che era successo nel Mondo Bariano, sentendosi a disagio sotto lo
sguardo serio e leggermente spaventato dei due astrali. Alla fine,
Gheeb lo guardò serio in volto.
-Questa ferita... questi tagli non sono tagli normali. Sono intrisi
d'odio, oltre che di sangue, e di dolore. Non è un bene per
te portare questi segni sulla pelle-.
Abbassando leggermente il capo, Yuma disse -Però non mi ero
mai sentito così debole. Anche nel Mondo Bariano, un minimo
di forza non mi era mai mancato...-.
Gheeb non sembrò sorpreso.
-Questo perché le tue sono ferite bariane. Come
già ti avrà detto Astral, le stesse essenze dei
due mondi si trovano in un perenne conflitto. Nulla che sia bariano
può entrare qui, senza le adeguate conseguenze. Quello che
ha fatto Gheia...- e nel dirlo lanciò uno sguardo gelido e
severo verso la figlia -non è stato per nulla saggio. Lo
stesso vale per i bariani, visto che nemmeno loro possono entrare nei
nostri territori, o avere contatti con qualcosa di astrale. A causa di
questo nostro legame, che ci protegge e danneggia insieme, essendo in
territorio astrale le tue ferite ti recano un danno maggiore di quanto
non facessero nel Mondo Bariano. E' normale che tu ti senta
così, anche se non è normale avere dei tagli come
i tuoi-.
Mentre Gheeb si allontanava, Yuma venne attraversato da un pensiero
improvviso.
“Ecco perché Astral ogni volta che duellavamo in
una campo di energia bariano si sentiva così
debole!”.
Non appena finì di
formulare quel pensiero si sentì un po' stupido per non
averci pensato prima, ma la parte più orgogliosa della sua
personalità iniziò ad elencare tutti i motivi
necessari a giustificare una simile mancanza, dai duelli impegnativi
fino alla minaccia bariana.
Immerso com'era nei proprio pensieri, Yuma non si accorse subito dello
sguardo di Astral.
Quando si voltò, vide l'astrale guardarlo in silenzio, gli
occhi luminosi che indugiavano sul braccio destro. Fece per chiedergli
se stava bene, quando la voce di Gheeb lo riscosse.
-Venite. Ora vi mostreremo il motivo per il quale vi abbiamo chiamato
qui-.
Il sovrano astrale riprese la strada verso una piccola porta in fondo
all'enorme sala in cui si trovavano. Gheia si diresse in quella
direzione, seguita da Astral e, dopo un attimo di incertezza, da uno
Yuma leggermente barcollante. Nel breve tragitto che lo separava dalla
porta, Yuma ebbe modo di osservare meglio la sala.
Il soffitto era alto, troppo, ed era attraversato da varie venature di
azzurro, dalle tonalità più chiare a quelle
più scure, facendolo somigliare al più bello dei
cieli. La struttura della sala era quella di una sfera e la linea
circolare che ne delimitava il perimetro era formato da un numero
incalcolabile di colonne, che si diramavano in tanti rami di pietra
all'altezza del capitello. Anche le pareti avevano le stesse
tonalità del soffitto, solo più chiare. Il
pavimento invece era bianco, “forse anche
più bianco del marmo...” pensò
Yuma. Vene chiare lo attraversavano, dandogli un effetto di lucentezza
notevole e ogni volta che Yuma faceva un passo, il rumore rimbombava,
centuplicato.
Se la situazione non fosse stata tanto grave, come sosteneva Gheeb, e
se non fosse stato così debole, Yuma sarebbe rimasto ore a
contemplare quell'immensa sala, a specchiarsi in quelle pareti
trasparenti e a voltare lo sguardo verso il soffitto, immaginandosi di
trovarsi sotto il cielo più bello del mondo.
“O dei mondi”.
Quell'ultimo pensiero gli gettò addosso un velo di
malinconia.
-Bella, vero?-.
Yuma sussultò.
Accanto a lui, Gheia volava rasente al suolo, anche lei con lo sguardo
perduto tra l'azzurro della pietra.
-Al tempo in cui il nostro popolo prosperava, questa era la sala del Leituas, quello
che voi umani chiamate mercato- continuò
la principessa.
-Nel Leituas però
non si vendevano merci. Da noi le cose con maggior valore sono due:
Saggezza e Magia. I più importanti e antichi saggi astrali,
venerabili eremiti che avevano consacrato la loro vita alla sapienza,
scendevano tra di noi e tenevano lezioni sugli elementi della natura
astrale: l' Arua, il Flakos, la Gern
e la Wayra.
Insieme a loro, camminavano in mezzo a noi anche quelli che nel mio
mondo sono conosciuti come Serniuusyn,I
Maghi dal Lungo Vedere-.
Yuma ascoltava in silenzio. Non aveva idea del perché Gheia
gli stesse raccontando quelle cose, ma era troppo curioso e, anche se
sentiva il bisogno di chiedere molte spiegazioni, non la interruppe.
-Questi ultimi erano giovani astrali, che dedicavano la loro vita allo
studio della Magia, l'essenza del nostro mondo. Erano capaci di piegare
gli elementi che ti ho elencato prima a loro vantaggio, potevano curare
le ferite e in alcuni casi anche le malattie della mente. Erano
chiamati dal Lungo Vedere perché alcuni di loro, quelli con
una spiccata propensione alla magia, potevano predire il futuro. Certo,
era pur sempre un'abilità difficile da controllare e non
sempre le visioni erano precise, ma in molte occasioni si sono rivelate
utili per salvare più di una vita. In occasione del Leiutas si
riunivano tutti quanti, all'incirca una ventina, e creavano una
incantesimo di enormi dimensioni, una benedizione per il popolo
astrale-.
Gheia sospirò, dando l'impressione di venire assalita dalla
nostalgia.
Inizialmente Yuma non disse nulla.
Non riusciva a togliersi dalla mente lo sguardo di Gheia nel Mondo
Bariano, quegli occhi tormentati e furenti, quell'espressione da
animale braccato, sofferente. Cosa era successo nella sua vita, qualche
evento l'aveva sconvolta? Alla fine però, la
curiosità e anche la sua impulsività ebbero il
sopravvento.
-Doveva essere molto bello- disse con cautela.
L'astrale annuì.
-Era bellissimo-.
Un altro passo.
“Chissà perché mi ha raccontato queste
cose...” pensò
Yuma, osservando Gheia volargli vicino.
Quasi come se gli avesse letto nel pensiero, la principessa disse-
Probabilmente ti starai chiedendo il perché di tutta questa
mia confidenza. Ebbene te lo dirò- e dicendo l'ultima frase
rallentò, fino a fermarsi.
Anche Yuma lo fece.
Gli occhi di lei mandavano lampi.
-Tu sei un elemento importante, Yuma Tsukumo-
iniziò.
-Non ho ancora ben chiaro il tuo scopo in questi eventi, ma ormai
è una certezza il fatto che non sei destinato ad essere un
semplice spettatore. Nulla in te mi convince: il tuo legame di sangue
con Kazuma Tsukumo, la Chiave che porti al collo, il tuo incontro con
Astral, la tua amicizia con lui e tutto ciò non dimenticando
il tuo rapimento da parte dei Guerrieri Rossi-.
Yuma avrebbe voluto ribattere, dirle che tutto quello che era successo
non era colpa sua, ma l'espressione di Gheia era delle più
affilate che avesse mai visto. La principessa sembrava volerlo
incenerire sul posto.
-I Bariani non si sarebbero mai scomodati per rapire un semplice umano,
nemmeno se quell'umano avesse posseduto tutti i Numeri esistenti in
questo Universo- continuò l'astrale. -In qualche modo, hai
attirato la loro attenzione ed ecco il risultato. Ma voglio essere
chiara- e qui i suoi occhi iniziarono a brillare.
-Sono venuta nel Mondo Bariano a salvarti, ma non l'ho fatto per te.
L'ho fatto per Astral, perché saperti preda degli Imperatori
lo faceva soffrire e perché senza di te la sua vita avrebbe
perso valore. Tutto ciò che ho fatto, aver infranto le leggi
del mio mondo, aver abbandonato mio padre, l'ho fatto per lui.
Inizialmente, Astral mi aveva parlato di te. Mi aveva descritto il
vostro rapporto ed io mi ero convinta che in qualche modo tu potessi
ricambiare il suo affetto, che ne potessi essere all'altezza-.
Si fermò un attimo, dando il tempo a Yuma di immagazzinare
le sue parole.
-Ma mi sbagliavo. Tu non gli sei affatto affezionato. I tuoi gesti, le
tue parole, i tuoi sguardi... tutte menzogne-.
Yuma sbatté le palpebre, sentendo la rabbia crescere poco a
poco nel suo petto.
-Cosa ne sai tu di quello che penso di Astral?- chiese, guardando
l'astrale con astio.
Per tutta risposta, lei lo guardò, gelida.
-Lo vedo. Non ho bisogno di saperlo, tutto ciò che mi serve
ce l'ho davanti agli occhi. Se ora io ti dicessi che lanciandoti nel
vuoto potresti venire a conoscenza della verità sul tuo
passato, oppure trovare tuo padre, non ti volteresti nemmeno a
guardarlo. O forse, lo faresti, ma salteresti nel vuoto
comunque-.
Yuma provò a ribattere, ma scoprì di non poterlo
fare. Ma dove cavolo voleva andare a parare Gheia?
-Quello che voglio dire Tsukumo Yuma è che sei un codardo-
lo accusò lei, il tono di voce più basso. -Un
codardo impulsivo. E' facile non pensare agli altri, fingere che la
vita ti appartenga e crogiolarsi in un'effimera libertà. Ma
la vera sfida consiste nell'accettare i sentimenti altrui e prendersi
le proprie responsabilità. Se tu saltassi nel vuoto, faresti
soffrire Astral, saresti capace di buttarti con la consapevolezza del
suo dolore. Sbaglio?-.
-Sì!-.
Ora Yuma sentiva nitidamente la rabbia dentro di
sé.
-Ti sbagli eccome! Come puoi essere così sicura di quello
che provo per Astral, cosa ne sai tu di quello che abbiamo passato? Io
per Astral farei qualsiasi cosa... insomma è mio
fr...-.
Chiuse le mani a pugno, ferendosi con le unghie.
“Zitto, o rovinerai
tutto!” si
intimò.
Quel gesto però non sfuggì all'astrale, che
assottigliò gli occhi.
-Chi sarebbe Astral?- gli domandò con tono
dubbioso.
Yuma si mosse a disagio da un piede all'altro.
-Nessuno. Comunque- disse, cercando di sviare il discorso -ripeto, cosa
ne sai tu? Io voglio bene ad Astral, è il mio migliore
amico-.
Gheia mise in mostra un sottile sorriso ironico.
-Mi domando se tu sia sordo oppure solamente sciocco fino
all'inverosimile-.
Yuma rimase sconvolto. Aveva sempre associato gli astrali ad Astral e
nella sua mente quel popolo misterioso era sempre stato formato da
saggi, a volte un po' strani, ma comunque brave persone. Parlando con
Gheia però, stava iniziando a cambiare idea.
“Dannazione, dopo Vector è la persona
più irritante che io conosca!”.
-Quello che ho detto fino ad ora va contro la tua
affermazione-.
E in quel momento Yuma le rispose in un modo che non avrebbe adottato
qualche mese prima, in un modo brusco e risentito, e tremò
leggermente sentendo la propria voce così carica di rabbia.
Che fosse stata la sua permanenza nel Mondo Bariano a renderlo tale,
oppure ancora peggio la stessa ferita?
-E illuminami, perché mi dovrebbe importare di quello che
pensi tu?-.
Se fosse rimasta colpita dal suo tono, l'astrale non lo diede a vedere.
Volse la testa di lato, nascondendosi un istante dietro una cascata di
capelli argentei.
-Perché anche io sono come te-.
Yuma la guardò. Il volto di Gheia era sofferente, la voce
d'un tratto attraversata da un tremito di tristezza.
-Anche io sono come te- ripeté la principessa, portandosi
una ciocca di capelli dietro l'orecchio sinistro, in modo da poter
guardare Yuma in viso.
-Anche io non penso prima di agire, anche io mi butto nelle situazioni
senza pensare a come uscirne. Questa mia caratteristica mi ha sempre
esclusa dai miei simili, visto che nessun astrale si lascia trasportare
dalle emozioni. Questo mio atteggiamento, questo mio modo di
comportarmi...-.
Si interruppe un attimo e quando si voltò definitivamente,
Yuma vide i suoi occhi lucidi.
-Il mio egoismo, la mia impulsività, mi hanno fatto perdere
la persona che amavo di più al mondo. Gli ultimi istanti
insieme e quella persona li ha passati a soffrire per causa mia.
Quindi... non cedere alle emozioni, Tsukumo Yuma. Viviamo in una guerra
ormai e ogni istante potrebbe essere l'ultimo, potremmo morire tutti in
questo preciso momento. Tu sei il centro, il fulcro di tutto
ciò che sta avvenendo e con te Astral. Ha scelto lui di
seguirti, di proteggerti, di vivere con te. Non sprecare il tempo che
passi con lui, non farlo soffrire, non dire “cosa
può cambiare un secondo in più o uno in
meno”. Non fare come me, non farlo. Perché non
passa secondo, minuto, giorno o anno che io non mi senta in colpa per
ciò che mi è accaduto, che non provi rimorso. Il
mio... è il più sincero dei consigli-.
Yuma rimase a fissarla, in silenzio. E, come succedeva spesso, si diede
dello stupido.
“Alla fine, giudico senza sapere... sono proprio un
idiota”.
Non conosceva Gheia da molto. Anzi,
non la conosceva affatto. Una persona normale avrebbe di sicuro
mostrato diffidenza verso un discorso così serio da parte di
una ragazza così... imprevedibile.
“Ma io non sono normale” pensò
Yuma, rassegnato, ma anche un poco amareggiato.
“Se lo fossi stato, ora non
mi ritroverei a parlare con un'astrale, men che mai di questioni
familiari. E pensare che Gheia non sa nemmeno che Astral è
mio fratello...”.
Probabilmente l'avrebbe rassicurata se la voce di Gheeb non li avesse
raggiunti.
-Siamo arrivati-.
Al suono della voce del padre, Gheia alzò lo sguardo.
Raddrizzò la schiena, incurvatasi durante il suo piccolo
discorso, rilassò i pugni e chiuse gli occhi. Quando li
riaprì, Yuma rimase sorpreso.
L'espressione di Gheia era esattamente quella che la principessa aveva
quando l'aveva accolto nel Mondo Astrale: fredda, sottile e anche un
poco apatica. Sembrava una statua di ghiaccio e quando si
avvicinò al padre e ad Astral non lo guardò
nemmeno, come se la loro conversazione non avesse mai avuto luogo.
Trattenendo lo sgomento, Yuma si concentrò sulla piccola
porticina davanti a loro. La porta in questione era, come aveva
sospettato, piuttosto piccola, di poco più alta di lui e
sembrava essere di un materiale simile al legno, senza però
averne le venature caratteristiche. Il pomo, forse l'unico elemento di
colore della sala, era di un marrone chiaro, ambrato e la serratura era
dello stesso colore.
-Prima di entrare vi devo avvertire, specialmente te Astral- li
ammonì il sovrano astrale e Yuma si fece attento.
Vedendo di aver ottenuto la loro attenzione, Gheeb disse -Dietro questa
porta c'è la fonte di potere di noi astrali, l'essenza del
nostro mondo, il padre della Magia: il Seme, oppure il Giorno, anche se
il suo vero nome è andato perduto-.
Astral dava l'impressione di sapere già tutto
così Yuma, dopo aver assimilato quell'informazione ed
essendosi in parte tranquillizzato per l'espressione sicura dell'amico,
domandò -Ma allora, se è la fonte del vostro
potere, cosa c'è da aver paura?-.
Lo sguardo di Gheeb si oscurò d'un tratto.
-Molto più di quanto immagini, Tsukumo Yuma-.
Yuma, come Astral del resto, rimase molto colpito dalla
gravità delle parole dell'astrale.
Accigliandosi, Astral chiese -Cosa c'è Gheeb? Qual
è il problema?-.
Invece di rispondere, il re gli poggiò la mano sulla fronte.
Il viso di Astral si illuminò e da quella luce nacque una
sottilissima barriera argentata, che circondò il corpo
dell'astrale. Un attimo dopo, era già scomparsa. In risposta
allo sguardo interrogativo del Messaggero Astrale, Gheeb
spiegò -Ho attivato il tuo Occhio, Astral. In questo modo,
ti ho munito di una protezione efficace per quello che vedrai dentro
questa stanza. Ho già fatto lo stesso per me e
Gheia-.
-E Yuma?- chiese a quel punto Astral, spostando lo sguardo sul
ragazzo.
Yuma vide Gheeb guardarlo dubbioso.
-Non lo so. Potrei applicare su di lui una magia simile, ma non sono
sicuro del risultato per la sua...-.
Yuma sentì il sapore amaro della saliva in bocca. Giusto,
ora era marchiato a vita. I tagli sul braccio iniziarono a
bruciargli.
-Non credo che la magia astrale possa funzionare, ma posso sempre fare
una tentativo- disse allora Gheeb, forse realizzando il conflitto
interiore di Yuma.
Il ragazzo porse il braccio, mentre il re astrale si avvicinava.
Forse fu l'ansia accumulata dopo i precedenti avvenimenti, lo sconcerto
dopo il discorso di Gheia, la sua impazienza ad agire, ma non appena
Yuma vide Gheeb stendere la mano e iniziare ad intonare una piccola
litania, sentì il proprio stomaco restringersi. Il suo
respiro accelerò e un attimo dopo il suo braccio tremava
incontrollabilmente. Provò a parlare, ma un attimo dopo era
già a terra, tossendo e con la vista sfocata. Le voci degli
astrali gli arrivavano alle orecchie come un eco lontano e l'unica cosa
che riusciva a fare era cercare di respirare. Proprio quando era in
procinto di cedere, sentì i polmoni liberarsi e la vista gli
si schiarì notevolmente, permettendogli di rimanere lucido.
Tossendo come non mai, Yuma riuscì a mettersi a sedere e
riuscì a sentire nitidamente il dialogo tra i tre astrali.
-Ma cosa è successo?- stava chiedendo Astral, con un tono
apprensivo che non gli si appropriava.
-Non ne sono sicuro, ma è possibile che in qualche modo il
suo sangue bariano reagisca alla Magia astrale-.
-Il suo sangue bariano?-.
-La ferita- intervenne allora Gheia, con tono pensieroso.
-E' possibile che la ferita abbia avuto come conseguenza il circolo in
lui di sangue bariano. Magari questa quantità di sangue non
è abbastanza elevata da rendergli impossibile il soggiorno
nel nostro mondo, ma lo rende comunque vulnerabile e intollerante alla
nostra Magia. E' l'unica spiegazione possibile-.
Ora Yuma riusciva a respirare quasi normalmente e si sentì
abbastanza in forze per alzare lo sguardo.
Gheeb aveva le braccia incrociate sul petto e lo fissava indecifrabile.
Gheia si trovava alla sua destra e il suo sguardo andava dal padre ad
Astral. Quest'ultimo lo guardava con uno sguardo a metà tra
il preoccupato e il curioso, il corpo era teso in avanti e la bocca era
semiaperta, quasi come se fosse stato sul punto di fare una delle sue
osservazioni. Eppure, Yuma riuscì a percepire,
più che a vedere, anche un velo di paura nel suo
comportamento. E come dargli torto?
Con fatica, Yuma si alzò, traballando leggermente una volta
in posizione eretta. In risposta agli sguardi preoccupati degli
astrali, si affrettò a dire -Sto bene, davvero. Ho avuto
solo... ecco... lo sapete- concluse con imbarazzo.
Neanche lui aveva capito cos'era successo, anche se la spiegazione di
Gheia era la più logica. La principessa lo guardò
con disapprovazione e si rivolse al padre.
-Come facciamo a portarcelo davanti se al minimo tocco con la Magia
astrale reagisce così? Morirà-.
Al suono della parola “morirà”, sia Yuma
che Astral reagirono, anche se in modo molto diverso.
Yuma bloccò il respiro, esalandolo alla fine con uno
sconcertato -Cheee!?-
Astral invece assunse uno sguardo duro e deciso.
-Non se ne parla. Non metterò a repentaglio la vita di Yuma
senza un motivo valido-.
Anche Gheia adottò uno sguardo simile.
-E per te quindi il Seme non rappresenta un valido motivo?-
sibilò, irritata.
Yuma, che si aspettava una giustificazione dal suo neo-fratello, rimase
colpito. Astral infatti non fece altro che assumere uno cipiglio
più deciso.
-Non sto dicendo questo, ma vorrei avere la certezza di ritrovare Yuma
ancora vivo alla fine, invece che mandarlo in quella stanza senza
saperne le conseguenze-.
Sentendosi leggermente in imbarazzo per essere l'argomento di
discussione dei due astrali, Yuma volse la sua attenzione verso Gheeb.
Il sovrano li guardò, in parte meditabondo, per poi dire
-Non credo che la Magia del Seme possa danneggiare Yuma al punto di
ucciderlo. Non nel suo attuale stato, almeno- aggiunse con
amarezza.
Senza soffermarsi sulle espressioni di sorpresa di Astral e Yuma,
spinse avanti la porta con un -Ecco, guardate-.
Yuma si rese conto, con la stessa consapevolezza con la quale sapeva
che la prossima volta che avrebbe rivisto Vector gli avrebbe rifilato
un bel pugno in faccia, che non si sarebbe mai dimenticato lo scenario
che aveva di fronte.
Per prima cosa, era tutto nero.
La sala, che un tempo doveva essere dello stesso blu scintillante di
quella accanto, ora era ricoperta da quello che sembrava un denso
liquido nero, che colava lento dalle pareti. Come se non fosse
abbastanza inquietante, Yuma in pochissimo tempo si rese conto che il
liquido nero sulle pareti era l'ultimo dei problemi. Proprio al centro
della sala, vi era qualcosa che pulsava. Sembrava una specie di
bozzolo, poco più lungo del tappeto in salotto che aveva a
Hertland City. Dei riflessi verdi si intravedevano attraverso lo spesso
strato di nero che lo ricopriva, proiettando strane luci sulle
pareti.
Yuma chiuse gli occhi, vietandosi di osservare un secondo di
più.
Un attimo dopo, sentì le proprie energie svanire
improvvisamente e le gambe iniziarono a tremargli, mentre dei leggeri
brividi gli salivano lungo la schiena. Per non cadere, si
appoggiò con il braccio ferito alla parete della sala e
rabbrividendo sentì il liquido scuro a contatto con la pelle.
“E' gelido”.
Gli venne la nausea.
Non era il solo ad essere sconvolto. Anche Astral, che si trovava
ancora davanti alla porta, aveva negli occhi un'espressione di puro
orrore.
-Cosa... cosa è successo qui?- chiese, con la voce
tremante.
Gheia lo guardò con rassegnazione.
-Ecco... non lo sappiamo. I miei ricordi si fermano al Mondo Bariano,
quando quell'immensa luce mi ha investita. Dopo non so quanto tempo, mi
sono risvegliata nel mio mondo e il primo ricordo che ho è
quello di mio padre che mi avvisa della distruzione quasi totale del
Seme. Dopo aver tentato di salvare il salvabile, vi abbiamo chiamati,
con la speranza che avreste potuto aiutarci-.
Yuma tossì, sforzandosi per rimanere sveglio. Si sentiva
stanco, spaventato e dolorante insieme.
-Gheia mi ha raccontato parte della tua avventura, Yuma-.
Il ragazzo si voltò, incontrando gli occhi seri del re
astrale.
-Vorrei sentirla però per intero se non ti
dispiace-.
Deglutendo, Yuma guardò Astral. Sebbene Gheeb e Gheia
sembrassero animati dalle migliori intenzioni, non si sentiva del tutto
sicuro all'idea di divulgare la sua esperienza con loro. Il discorso
rabbioso di Gheia, la cordialità quasi forzata di Gheeb e il
loro stesso mondo in rovina... sebbene non fosse sospettoso di natura,
Yuma ebbe un attimo di incertezza e in un attimo si rese conto di
essere con le spalle al muro.
“I loro sguardi
sembrano quasi famelici, non credo di poterli aiutare raccontando loro
cosa mi è capitato... d'altro canto, se mi rifiuto capiranno
che nascondo qualcosa e potrebbero sospettare che io c'entri in qualche
modo con la distruzione di questo loro Seme”.
Il ciondolo di Rex
pesò con insistenza contro la sua pelle e Yuma si
ritrovò ad essere sollevato del fatto che di trovasse sotto
i vestiti e quindi nascosto alla vista dei due astrali. Riportando la
propria attenzione su Astral, Yuma lo vide analizzare la sala con occhi
attenti, spostando lo sguardo dal Seme, o da quel che ne restava, ai
due astrali. Alla fine, gli rivolse un cenno affermativo e Yuma si
ritrovò a raccontare, per la terza volta, quello che gli era
successo nel Mondo Bariano, omettendo come sempre la sua parentela con
Astral e, seguendo l'istinto, anche l'accenno dei due lucenti sul
ciondolo e l'appellativo “Luce Presente”.
Quando terminò, si sentì la gola secca e
l'oscurità della sala gli parve più opprimente.
Gheeb osservava un punto indefinito alle sue spalle, immerso in
complessi ragionamenti, mentre Gheia lanciava sguardi furtivi e
indagatori verso Astral, quasi si aspettasse che diventasse di colpo
corporeo. Alla fine, la voce profonda di Gheeb perforò il
silenzio. -La mia teoria era giusta quindi...-.
Forzando la propria voce, Yuma chiese -Quale teoria?-.
Il re si voltò a fissarlo e Yuma vi lesse tutta la sua
determinazione.
-Le origini del Seme risalgono a prima delle Guerra Lucente, ma le
prime testimonianze della sua esistenza si hanno proprio in quel
periodo. Non appena ho visto il Seme in questo stato ho capito che...-
ma Yuma lo interruppe.
-Quale stato, scusa?-.
Fu Astral a rispondergli.
-Yuma, quelle che vedi non sono le vere dimensioni del Seme. Al momento
sembra quasi... diviso- concluse titubante.
Gheeb lo guardò.
-In effetti, anche io ci avevo pensato, ma poi mi sono reso conto
che...-.
Un boato li fece sussultare.
Lottando per restare in piedi, Yuma socchiuse gli occhi e un attimo
dopo una violenta luce verde lo accecò. Prima di cadere a
terra, gli parve di vedere la sagoma di Gheia davanti a ciò
che restava del Seme.
Quando Yuma riprese conoscenza,
la prima sensazione che provò fu un piccato senso di
fastidio.
“In questo periodo,
passo più tempo a terra svenuto che in piedi
sveglio...” pensò con amarezza.
Aprì gli occhi e si mise a sedere.
Era di nuovo nella sala azzurra e la porta che conduceva dal Seme era
davanti a lui.
Chiusa.
Con lo sguardo cercò Astral e lo vide poco lontano, che
parlava con Gheia e Gheeb. I tre astrali sembravano impegnati in una di
quelle discussioni che di solito si concludevano con un omicidio. Con
passo incerto, Yuma tentò di avvicinarsi per ascoltare
meglio, possibilmente senza essere visto.
-Ti dico che è vero, padre!- stava dicendo Gheia, il tono
della voce alterato.
-Mi ha parlato, te lo giuro!-.
-E cosa ti avrebbe rivelato?- le chiese suo padre gelido.
-Te l'ho già detto: mi ha spiegato cosa gli è
successo, mi ha messa al corrente del modo per aiutarlo e ha anche
accennato a dei viaggi, uno nel presente e uno nel passato. Padre, non
capisci? Il popolo astrale, mi ha dato un indizio su dove potrebbero
trovarsi gli abitanti del nostro mondo! Possiamo ritrovarli!-.
Yuma rimase colpito. Gheia sembrava euforica, gesticolava agitata e
sembrava pervasa da un'energia inestinguibile, quasi febbrile.
-Figlia mia, ragiona. Il Seme non parla ad un astrale da tempi
immemorabili e...-.
-Con me l'ha fatto, ricordi?- lo interruppe Astral, gli occhi luminosi
che passavano da Gheia a Gheeb ad intervalli regolari.
Yuma vide il sovrano agitare la mano in un segno di
impazienza.
-Mi sembra di aver già chiarito il fatto che tu Astral, sei
un caso particolare. Sei il nostro Messaggero e anche il Numero
Originale. Il Seme queste cose le percepisce, non dimenticarlo. Ma
quello che insinua Gheia... è del tutto inconcepibile-.
La principessa rispose con un gesto stizzito.
-Altro che inconcepibile, padre, è il nostro migliore
indizio da quando il nostro popolo è scomparso! E' un modo
per trovare delle risposte: perché, ad esempio, io e te non
siamo scomparsi come gli altri? Chi o cosa c'è dietro tutto
questo? E' un qualcosa di prestabilito o un evento casuale? Non
possiamo continuare a vivere con questi interrogativi e tu lo sai!
Fidati di me e credimi, perché il Seme non mente e sono
sicura di non essermelo inventato-.
Gheeb rimase in silenzio un attimo.
-Anche se questi interrogativi sono presenti, lo ammetto figlia mia,
non è inventando le risposte che troveremo la giusta
soluzione-.
Gheia lo fissò con astio sempre crescente.
-Ma sei sordo? Ti ho appena detto che non me lo sono
inventato!-.
Anche Gheeb assunse un atteggiamento tagliente.
-Modera i toni Gheia, sono sempre il tuo re e non ti permetto di
mancarmi di rispe...-.
Si interruppe e Yuma notò che il sovrano si era accorto
della sua presenza.
Gli rivolse un sorriso tirato e stanco, mentre anche Astral si
voltava.
-Yuma! Come stai?-.
Il suo tono era sollevato e Yuma era pronto a scommettere che parte di
quel sollievo fosse rivolto verso di lui, per aver interrotto quella
conversazione un po' movimentata. Gheia non lo guardò
nemmeno, occupata com'era a lanciare occhiate velenose verso il
padre.
-Io ehm, bene- rispose frettolosamente Yuma, avvicinandosi ad Astral
zoppicando un poco. Per un istante, nessuno dei quattro
parlò e il ragazzo sentì l'imbarazzo nascere
dentro di lui.
Alla fine, Gheeb gli chiese -Quanto hai sentito?-.
-Che cosa è successo?- domandò invece Yuma,
desideroso di avere delle risposte.
Dopo aver scambiato un paio di occhiate con il padre e Astral, fu
proprio Gheia a rispondergli.
-Se ben ricordi, eravamo nella sala del Seme. Io e mio padre credevamo
che in qualche modo voi avreste potuto aiutarci e... salvarlo, ecco.
Eravamo in quella sala e io... io ho sentito una voce che mi chiamava. Gheia, diceva. E io l'ho seguita.
Solo dopo avrei scoperto di aver generato un'immensa
quantità di energia, toccando il Seme-.
Con un leggero brivido, Yuma si accorse che la principessa aveva un
tono strano. Certo, la sua voce era sempre glaciale e controllata, ma
era attraversata da un sottile tremito che non le si addiceva.
“Non sembra più lei. Come fa a cambiare aspetti
della personalità in così poco tempo?”.
Probabilmente anche Astral stava pensando una cosa simile,
perché osservava Gheia con uno sguardo un po' curioso e un
po' sorpreso.
-E non appena l'ho toccato- continuò l'astrale, ora
gesticolando un poco, -ho sentito una coscienza diversa sfiorare la
mia, come un vento leggero. E poi mi ha parlato. Mi ha detto queste
esatte parole, le ricordo una per una: Una Forza mai vista sta per
abbattersi su l'Universo. Il Tempo e la Vita ci sono nemici, Figlia
mia, quindi ascoltami. E' il momento di svegliare il popolo dei Saggi.
Va' al terzo portale, cerca i tuoi antenati e trova le tue radici. Poi,
cerca i miei quattro frammenti scomparsi nel Mondo degli Umani,
perché senza di me il Mondo Astrale è perduto. E
infine, il terzo viaggio dovrà compiersi nel Passato e solo
chi è Presente potrà salvare me e l'Universo. Non
deludetemi-.
Per un istante,
regnò il silenzio più assoluto.
Yuma trattenne il respiro.
-Ti ha detto questo?-.
La voce di Astral ebbe lo stesso effetto di una crepa nel vetro. Yuma
buttò fuori l'aria che si era tenuto nei polmoni, Gheeb
sobbalzò leggermente e Gheia ritornò al suo tono
glaciale.
-Che domanda è? Credi che me lo sia inventato?-.
Astral scosse piano la testa, borbottando dei “No”
poco convincenti. Sembrava assorto e lasciava vagare lo sguardo per
tutta la sala, con le labbra semiaperte.
“Ci butto tutto il mio deck che sta pensando alle parole del
Seme” pensò divertito
Yuma.
Subito dopo quel piccolo momento di ilarità però, lo colse il disappunto. Da
quando era tornato a casa, non aveva avuto un attimo di tregua, sia
fisicamente che psicologicamente. Perfino in quello stesso momento i
tagli gli facevano male. Le parole del Seme l'avevano lasciato con
l'amaro in bocca, senza dubbio. Yuma era sicuro che quello dalla parte
opposta alla porta non era il vero aspetto del Seme e, come lui stesso
aveva detto, qualcuno lo aveva attaccato.
“Se è stato attaccato, allora è stato
diviso, come ha detto Gheia. Il Seme le ha detto che i suoi frammenti
sono nel Mondo degli Umani...”.
Sentì un groppo in gola.
“I miei amici!”.
Prima che uno degli astrali
potesse aprire bocca, domandò -Se parte del Seme si trovasse
sulla terra potrebbe essere pericoloso?-.
I tre astrali indugiarono un po' prima di rispondergli.
-Dipende- gli disse alla fine Gheeb.
-Se i frammenti del Seme giunti sulla terra sono rimasti integri nel
loro potere e nella loro energia, allora non dovrebbero esserci
ripercussioni. Tuttavia, se invece sono ricoperti da quel... liquido,
allora credo che dei pericoli potrebbero esserci. Non avevo mai
percepito una tale energia negativa-.
Yuma si ritrovò le unghie conficcate nel palmo della mano.
-E... questi frammenti potrebbero essere sparsi ovunque, sulla terra?-
chiese, con un filo di speranza.
-Ovviamente- gli rispose Gheia, incrociando le esili braccia.
-Tuttavia, è molto probabile che almeno un frammento si
trovi ad Heartland City. Voi provenite da lì e il Seme
reagisce alle tracce di energia. E voi ne avete abbastanza- aggiunse,
scrollando le spalle.
Yuma si sentì morire.
-Ma allora devo tornare dai miei amici!- esclamò,
incespicando nei suoi stessi piedi.
-Tori e gli altri sono...-.
-In pericolo- concluse per lui Astral.
Yuma si voltò verso di lui e gli si avvicinò.
-Astral aiutami, devo tornare sulla Terra, devo aiutarli!-.
Astral provò a calmarlo.
-Yuma ascoltami. Tori e gli altri non sono in pericolo immediato e
anche se lo fossero, dubito che potremmo fare qualcosa di diverso dal
metterli in agitazione. Tranquillizzati adesso-.
Con un grande sforzo, Yuma fece tre respiri profondi e in poco tempo
riuscì a parlare con la voce salda, anche se ancora
spaventata.
-E allora cosa facciamo?-.
Astral accennò ad un sorriso.
-Vediamo di capire cosa ci ha voluto dire il Seme, va bene?-.
Anche Yuma mise in mostra un sorriso stiracchiato e
annuì.
-Allora- iniziò Astral e a Yuma ricordò le
numerose sere in cui lui e l'astrale si mettevano a studiare le carte
del suo deck per creare nuove strategie.
-Secondo quello che ha detto Gheia, il Seme ha detto che si dovranno
effettuare tre viaggi: uno sulla terra, uno nel terzo portale e uno nel
Passato. Quello sulla terra mi sembra facile da interpretare. Qualcuno
o qualcosa ha attaccato il Seme, che molto probabilmente
avrà tentato di opporsi, finendo diviso in quattro frammenti
sparsi sulla terra. Dobbiamo trovarli e riunirli in qualche modo,
perché come lui stesso ha detto, senza lui il Mondo Astrale
sarà perduto, senza difese. Per quanto riguarda il secondo
viaggio...-.
Gheia venne in suo aiuto.
-Non so se te ne è giunto il ricordo, ma qui nel Mondo
Astrale ci sono tre portali: il Portale del Ghiaccio, del Vento e delle
Lacrime, dalla forma delle strutture che contengono l'apertura del
portale-.
Yuma spostò lo sguardo su Astral, che replicò
-Ecco spiegata la strana forma del portale che abbiamo attraversato per
andare nel Mondo Bariano-.
La principessa annuì.
-Quello era il portale del Ghiaccio. Quello del Vento porta nel Mondo
degli Umani, ma non lo si usa da secoli. Quello delle
Lacrime...-.
Esitò.
-Solo due astrali lo hanno attraversato e non sono mai tornati. Nessuno
lo ha più attraversato da allora-.
-Chi erano?- domandò Yuma.
Gli occhi di Gheia si posarono un attimo sul suo viso, per poi tornare
subito dopo su quello di Astral.
-Quindi dobbiamo attraversare il Portale delle Lacrime- concluse Astral
e Yuma lasciò perdere. Per quanto fosse curioso,
stava cominciando a pensare che la sua fosse stata una domanda un po'
inopportuna.
Gheia annuì, lentamente.
-Anche io sono di questo avviso-.
Astral incrociò le braccia, con lo sguardo fisso sulla
pietra.
-Rimane solo il viaggio nel Passato... sinceramente, non ho idea di
cosa voglia dire-.
Yuma rimase in attesa, sperando in un intervento risolutivo di Gheia,
ma quando vide che nemmeno la principessa sembrava avere una risposta
adeguata, si mise a pensare.
“Perché
mai dovremmo andare nel passato se la rottura del Seme è
avvenuta praticamente poco fa? Non ha senso! Per di più,
cosa intende con -andare nel Passato-? Il passato è uno
solo, mica ce ne sono tipi diversi...”.
Fu allora che il pensiero lo
attraversò e lo colpì, come un fulmine in pieno
petto. In un secondo, gli venne in mente tutta la sua conversazione con
Rex e si sentì talmente euforico per aver trovato la
soluzione che sentì il proprio respiro farsi
affannoso.
-La Guerra Lucente!-.
“Andare
nel Passato, al tempo in cui scoppiò la Guerra Lucente,
quando ancora non esistevano tutti e cinque i mondi! Perché
non ci ho pensato prima?”.
Era talmente soddisfatto di
sé che si accorse a malapena degli sguardi allibiti e
sorpresi dei tre astrali.
Gheia aggrottò le lunghe sopracciglia.
-E questo cosa c'entrerebbe?-.
-Tutto!- esclamò Yuma e quando vide che gli astrali lo
fissavano ancora confusi, iniziò a spiegare.
-Nel Mondo Bariano, quando ancora non avevo incontrato Rex, Iago era
solito darmi energia per mantenermi in salute e in più di
un'occasione mi ha chiamato Luce Presente-.
Gheia assunse un'espressione ancor più imbronciata.
-Ma Luce Presente...- ma Yuma la interruppe.
-Avete capito? Quando il Seme ha accennato che solo Il Presente
potrà andare nel Passato... credo si riferisse a me-.
Non appena lo disse, Yuma sentì una grande nausea salirgli
in gola. Fino a quel momento, aveva solamente accettato
psicologicamente il fatto di essere vissuto millenni prima e di poter
far parte di un popolo ritenuto scomparso, ma ora che aveva compreso le
parole del Seme aveva anche capito che sarebbe stato necessario, di
conseguenza, agire. Non aveva più il tempo per poter
pensare, rifiutarsi. Con la sua ultima affermazione, aveva firmato il
suo destino.
-In effetti- disse dopo qualche minuto Astral, che sembrava del tutto
ignaro del flusso di pensieri non proprio positivi che stava
attraversando in quel momento Yuma -anche a me è capitato di
sentire questo titolo. Prima di iniziare il duello contro 96, ho
sentito una voce che mi avvisava di non poter utilizzare Utopia durante
il duello, affermando che quel mostro apparteneva di diritto alla Luce
Presente-.
-Probabilmente sarà stato Iago, o al massimo Rex-
affermò Yuma, che intanto aspettava una reazione da parte di
Gheia e Gheeb.
La principessa sembrava al settimo cielo.
-Questo spiegherebbe tutto!- esclamò l'astrale.
-Tre viaggi: uno sulla Terra, uno attraverso il Portale delle Lacrime e
uno al tempo della Guerra Lucente. Quello sulla Terra serve per
ritrovare i frammenti del Seme, quello nel Portale delle Lacrime per
ritrovare il popolo astrale e quello al tempo della Guerra
Lucente...-.
Tutti si voltarono verso Gheeb.
Il sovrano era rimasto in silenzio per buona parte della conversazione:
i pugni chiusi lungo i fianchi, gli occhi socchiusi e la schiena
incurvata, sembrava combattuto. Dopo qualche istante di silenzio,
parlò con una voce straordinariamente roca.
-Voi sapete già che le prime manifestazioni di vita del Seme
sono state rinvenute al tempo della Guerra Lucente. Forse non sapete
però che una leggenda astrale narra che il Seme si trovasse
in un santuario, in una località pressoché
sconosciuta tra i confini del Regno di El-Kenez e Poseidon. Si racconta
che in quel santuario, residenza del Seme, vi fosse anche una sostanza
particolare, più antica della gliisa stessa, che aveva lo scopo di
guarire il Seme in caso di pericolo. Forse, mandandoci indietro fino
alla Guerra Lucente, il Seme spera che riusciamo a trovare quella
sostanza e a guarirlo una volta recuperati tutti i pezzi-.
Yuma iniziò a spostare il peso da una gamba all'altra,
nervoso.
-Ma se lo scopo del Seme è solo quello di spingerci a
cercare una cura per guarirlo e a ritrovare i suoi frammenti,
perché chiederci di attraversare il Portale delle Lacrime
alla ricerca del popolo astrale?- domandò Astral, che, “come al suo
solito” pensò Yuma, era
giunto al punto cruciale di tutto quel discorso.
-Io credo- rispose con cautela Gheeb -che qualunque cosa o persona
abbia attaccato il Seme... si rifarà viva presto. Il Seme
questo lo sa e teme per il nostro mondo, ritenendo necessario e
prudente richiamare il nostro popolo-.
Rimasero tutti in silenzio, ciascuno immerso nel proprio pensiero, fino
a che Yuma, con tono insieme impaziente e titubante, non chiese -Quindi
andiamo?-.
Gheia annuì.
-Secondo quello che ha detto il Seme però, questi viaggi
devono essere effettuati in contemporanea, altrimenti sarà
impossibile concluderli. Suggerirei quindi di dividerci: io e Astral
andremo alla ricerca del nostro popolo, Yuma andrà nel
Passato e mio padre avvertirà i suoi amici terrestri dei
frammenti del Seme-.
In un istante, il silenzio del Mondo Astrale venne attraversato da
un'unica parola, pronunciata però da voci diverse.
-No!-.
-Non lascerò di nuovo Yuma, io vado con lui-
affermò Astral, mentre Yuma esclamò -Non
metterò in pericolo Tori e gli altri, è
escluso!-.
Gheeb sorrise divertito, mentre Gheia incrociò le braccia,
contrariata.
-Avete qualche idea migliore?-.
-Io accompagno Yuma nel passato- iniziò Astral.
-Tu e Gheeb andate alla ricerca del vostro popolo e per quanto riguarda
i frammenti del Seme... possiamo avvertire le autorità di
Heartland City-.
Gheia sbuffò, irata.
-Certo, come no Astral. Ti sei già scordato le parole del
Seme? Solo chi è Presente può andare nel Passato
e abbiamo già chiarito il fatto che il Presente sia Yuma. Io
e mio padre? E chi sarà a guardia del nostro mondo e di
quello che resta del Seme? E infine, i frammenti sulla Terra. Se ho ben
capito, gli amici di Yuma hanno avuto molto a che fare con questa
realtà dei Tre Mondi. Chi meglio di loro potrebbe capire la
gravità della situazione? La paura di allontanarti da Yuma
ti sta facendo perdere di vista la realtà Astral. Non vuoi
vedere l'evidente e tutto per un umano!-.
Yuma sentì un grande rabbia.
-Ehy, l'umano di cui parli è davanti a te!- le
gridò, nello stesso momento in cui Astral gli mise un lungo
braccio trasparente davanti al petto, nel tentativo ti fermarlo.
-Ti ricordo Gheia che l'umano di cui parli è il mio migliore
amico. Insulti lui ed insulti anche me-.
Per un istante, Yuma credette che Gheia avrebbe iniziato a urlare, ma
in qualche modo venne deluso.
Gheia infatti non urlò, anzi. Respirò
profondamente, chiuse gli occhi e rilassò le mani.
Quando parlò, lo fece con un tono stranamente calmo.
-Non avevo intenzione di insultare né te né Yuma.
Solo, Astral, ragiona. Lo sai che quello che dico è la
soluzione migliore, come sai di non poter viaggiare con Yuma. Quella
che dico è solo la verità-.
Yuma deglutì.
Percepiva sensazioni contrastanti dentro di sé e non
riusciva a trovare un equilibrio. Si sentiva arrabbiato nei confronti
di Gheia, che sembrava decisa a separarlo irrimediabilmente da Astral
ed era anche leggermente indispettito nei confronti dello spirito
astrale. Perché non si opponeva a Gheia? Perché
sottostava alla sua inattaccabile logica?
Astral rimase in silenzio. E, con orrore di Yuma, alla fine
annuì.
-Va bene, verrò con te-.
Yuma non riuscì a fermarsi.
-NO!-.
Gli astrali si voltarono verso di lui. Yuma sentì la faccia
bruciargli.
-Io ecco... insomma... dopo tutto questo tempo... Astral,
io...-.
Rendendosi conto di essere ridicolo, Yuma abbassò lo sguardo.
Un attimo dopo, sentì un freddo innaturale salirgli fino
alle spalle. Con un leggero sussulto, alzò lo sguardo,
giusto per vedere delle lunghe dita bianche cingergli le spalle con
fare protettivo. Un secondo dopo, degli occhi gialli e profondi lo
fissavano in un'espressione seria e calda allo stesso tempo.
-Yuma, io non me ne andrò mai più- gli disse
Astral, la bocca all'altezza del suo orecchio.
-Sarò sempre con te. Ma prima dobbiamo fare tutto il
possibile per vincere questa guerra, lo capisci? Se ne usciamo
sconfitti, non potremo mai scoprire la verità riguardo noi-.
E Yuma si rese conto, con quell'ultima parola, che anche Astral sapeva
del loro passato. Che anche Astral sospettava qualcosa e che anche
Astral aveva la sensazione che loro due fossero qualcosa di
più e non solo amici.
“Astral sospetta qualcosa... lo sento” pensò il ragazzo,
mentre un leggero calore si faceva largo nel suo petto.
“E se glielo dicessi?”.
Aprì la bocca, sul punto di rivelargli la verità,
quando l'astrale lo anticipò.
-Ora andiamo, Yuma. Andiamo e combattiamo come solo noi sappiamo fare,
va bene?-.
Yuma richiuse la bocca.
Prima che la sua delusione potesse in qualche modo venir fuori, si
costrinse a sorridere.
-Certo, come sappiamo fare solo noi-.
Anche Astral gli sorrise, per poi avvicinarsi a Gheia.
La principessa si rivolse al padre.
-Qualche obiezione padre?-.
Il sovrano astrale si passò stancamente una mano sul volto,
replicando -No, figlia mia, anche perché non otterrei nulla
opponendomi. Tranquilli, contatterò io gli amici di Yuma
Tsukumo-.
Per un istante, Yuma fu tentato di ribattere, ma vedendo lo sguardo
risoluto di Astral sentì la paura scemare.
“In effetti, per quanto poco mi piaccia ammetterlo, Gheia ha
ragione. Se non posso fidarmi di Shark, Kite, Tori e gli altri non
posso fidarmi di nessuno”.
-Ed io come faccio ad andare
nel Passato?- chiese, non potendo evitare che una sottile vena di
panico gli attraversasse la voce.
Gheeb lo guardò rassicurante.
-Posso attingere all'energia del Mondo Astrale e mandarti nel Passato
senza problemi. Le tue ferite non dovrebbero reagire in meniera
repentina a contatto con l'energia del nostro mondo-.
Yuma deglutì.
-E lo facciamo... ora?-.
Gheia alzò un sopracciglio.
-E quando se no? Più passa il tempo e più il Seme
si indebolisce-.
Con passo titubante, Yuma si avviò verso una sottile lastra
di pietra azzurra, che Gheeb aveva fatto comparire per l'occasione,
proprio al centro della sala. Tastando la dura pietra con le mani, in
un piccolo salto vi fu sopra, con le gambe che penzolavano dalla lastra
sospesa in aria.
Guardò leggermente in imbarazzo i tre astrali.
-Beh... eccoci qui-.
Con Astral non ci fu bisogno di parole. L'amico si limitò a
guardarlo con gli occhi colmi di un malcelato orgoglio, sorridendogli
fiducioso. Yuma non ebbe la forza di sottrargli quel sorriso.
Con Gheeb fu più facile.
Il re gli strinse la mano, per quanto glielo permettessero le mani
trasparenti.
-Buona fortuna, Yuma Tsukumo e che la Magia ti segua-.
Sorridendo al ricordo di un altro saluto forse anche più
strano di quello appena sentito, Yuma si ritrovò davanti gli
occhi profondi e gelidi di Gheia. Lui e la principessa rimasero in
silenzio, fino a che Yuma non disse -Beh, almeno alla fine di tutto
questo potrò dimostrarti quanto io...-.
Ma Gheia lo interruppe con tono autoritario.
-Non parlare di ciò che deve ancora avvenire, Tsukumo Yuma,
perché il futuro è l'unica cosa che non ci
è concesso conoscere-.
Subito dopo gli rivolse in brusco sorriso.
-Buona fortuna-.
Si allontanò volando rasente il terreno, lasciando Yuma
allibito.
-Se per te va bene, Yuma, io inizierei- lo informò Gheeb,
che aveva già alzato le braccia muscolose.
Sospirando, Yuma si stese e strinse, quasi istintivamente, la mano sul
ciondolo di Rex sotto la maglietta.
Gheeb iniziò a cantare u litania simile a quella che aveva
cantato in precedenza e Yuma vide, proprio sopra di lui, formarsi una
specie di cupola d'argento, attraversata da sottili e luminose vene
azzurre.
Al crescere della voce di Gheeb, cresceva anche la
luminosità della cupola.
Prima che la luce lo accecasse, Yuma voltò la testa di
lato.
Astral gli sorrise e Yuma chiuse gli occhi.
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Capitolo 17 *** AVVISO (spero felice) ***
Care lettrici e lettori, prima di puntarmi i fucili contro, voglio
darvi un annuncio: è con immenso piacere che vi annuncio che
il mio blocco delllo scrittore è passato (più o
meno) e quindi manca poco all'aggiornamento della fic!
*lei lancia coriandoli, mentre i lettori la fucilano*
Chiedo davvero scusa per questa pausa lunghissima, ma davvero ero in
crisi con questa fic (per non dire con la mia vita. Forse sono troppo
drammatica così?).
Voglio comunque ringraziare tutti quelli che hanno continuato a
mandarmi messaggi chiedendomi di continuare e anche coloro che hanno
continuato a sperare!
Grazie mille e tranquilli, mancano poche settimane ad un aggiornamento
^-^
Con umiltà e speranza
HinataMadd
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Capitolo 18 *** Si ricomincia... ***
Eccoci qui, caro popolo di Efp.
Vi sono mancata? Neanche un po', vero? Lo sospettavo XD non
starò qui a riempirvi di scuse inutili, credo che tutti voi
sappiate cosa sia il blocco dello scrittore. Esatto gente: ha colpito
anche me, alla fine ._. è stato tremendo. Andando subito al
punto, spero vi possiate godere questo capitolo scritto con la tastiera
e con il sangue. Cercherò di aggiornare prima di Natale. Se
aggiornerò.
....... okay scherzo. OVVIAMENTE aggiornerò prima di Natale,
quindi vi prego di avere pietà di me. I miei più
cari saluti e ringraziamenti a tutti quelli che hanno continuato a
leggere e sperare in un mio aggiornamento. Siete mitici ^^
bacioni da Madd, previously named
Benny >.<
ps. alla fine, troverete delle
note riguardanti alcuni elementi del capitolo che preferisco chiarire.
Buona lettuna ^*^
Ast
si precipitò verso la città di El-Kenez,
scendendo di corsa dalla collina sulla cui sommità si era
appisolato e risvegliato solo pochi minuti prima.
“Per
tutte le sciabole di Kalyee, se non mi sbrigo arriverò in
ritardo, DI NUOVO! E questa volta sarò morto prima ancora di
arrivare da Vect, visto che Iago mi avrà già
spiaccicato con la sua mazza ferrata e spiaccicato di nuovo...Ahh, devo
muovermi!”.
Senza prestare
attenzione alle urla indignate di una povera vecchia travolta dal suo
arrivo, Ast si infilò nella ormai familiare per lui fessura
nelle mura della città e senza nemmeno guardarsi indietro,
si fece strada tra la marea di gente che gli impediva il passaggio e,
dopo aver salutato alcuni suoi amici, si diresse come una furia verso
la salita che portava al castello del suo principe.
Passò oltre il cancello e per poco con inciampò
nei suoi stessi piedi quando una lancia conficcata nel terreno a pochi
centimetri dalla sua faccia gli sbarrò il cammino.
Ast alzò immediatamente lo sguardo , solo per essere colpito
alle ginocchia e cadere di faccia sul terreno. Fece solo in tempo a
girarsi in modo da poter guardare il cielo che un piede sul petto lo
costrinse a digrignare i denti dal dolore.
C'era solo una persona capace di essere così antipatica con
un sole così bello.
-Ma guarda un po' chi abbiamo qui... dove sei stato invece di fare il
tuo lavoro, piccolo schiavo?-.
Iago.
-Da nessuna parte-.
Il piede spinse con più forza e Ast trattenne il fiato.
-Riprova-.
Cercando inutilmente di liberarsi, Ast gli rispose -Sono stato fuori
città, va bene? Ora levami questo piede dallo stomaco, mi
fai male!-.
Ancora più pressione.
-Va bene, va bene, per favore!-.
Il peso sul suo petto svanì un secondo dopo, e Ast si
concesse qualche istante per riprendere fiato, per poi alzarsi e
spolverarsi la polvere e il terriccio dalla sua misera divisa di lino.
-E comunque ho tredici anni, smettila di chiamarmi
“piccolo”...- borbottò, rifilando
occhiate risentite verso la guardia.
Fin dal loro primo incontro, lui e Iago non si erano mai sopportati. A
quel tempo, lui aveva sette anni ed era da poco diventato lo schiavo
personale di Vector. Uno dei suoi primi compiti era stato quello di
pulire la sua armatura e, in una specie di desiderio infantile, aveva
impugnato la piccola spada del principe, giusto per potersi sentire un
istante come quei cavalieri di cui gli parlava sempre Ral.
Ovviamente, la cosa aveva subito allarmato tutti i soldati nel palazzo,
che si erano messi in testa l'idea di un attentato alla vita del
principe e principalmente uno di questi soldati, Iago di El-kenez,
Capitano della terza ala dell'esercito el-keneziano, che in quel
momento si trovava in visita al re, si era subito convinto che Ast
stava cercando di uccidere Vector. Dopo lunghe discussioni, Ast era
riuscito comunque a mantenere il suo lavoro e a quel punto, come se la
sua vita non fosse già complicata dovendo badare ad un
principe antipatico e viziato, Iago aveva deciso che non lo avrebbe
perso di vista un istante. Aveva lasciato il suo posto come Capitano e,
dopo un solo anno, era diventato Comandante Supremo dell'Esercito Reale
di El-kenez, nonché Capo delle Guardie Reali.
Arrivato al castello, Iago aveva iniziato a considerare ogni occasione
buona per rendere la vita di Ast un inferno, proprio come in quel
momento.
Il ragazzo sbuffò, mettendosi le mani sui fianchi.
Capo delle guardie o meno, non aveva tempo da perdere. Era in ritardo
dopotutto.
-Senti Iago, con tutto il rispetto verso la tua uniforme –
bella gonna comunque! Hai anche dei mutandoni sotto?- devo davvero
andare. Vector mi sta aspettando e, nel caso non lo avessi notato, il
sole è quasi al Livello Zero-.
Va bene, forse non avrebbe dovuto citare i mutandoni, o la gonna, o
anche solo la sua uniforme, perché l'uomo
assottigliò gli occhi e alzò la lancia che aveva
in mano, mirando alla sua testa.
-Tu piccolo, ingrato...-.
A quel punto, Ast capì che era necessario sfoderare la sua
arma migliore: l'improvvisazione. Senza darsi tempo di pensare ad un
piano più elaborato, si mise subito in ginocchio, con la
fronte sulla terra.
-Mio Signore!-.
Alzando un attimo l'occhio, quasi gli venne da ridere.
Iago, credendo di star dando le spalle al suo sovrano, si
voltò di colpo e in quel momento Ast
scattò.
In un istante era al fianco di Iago, l'altro lo aveva superato e si
dirigeva a tutta velocità verso l'entrata del cortile
inferiore.
Non si voltò nemmeno quando sentì un -AST,
dannato!- dietro di lui, scoppiando invece a ridere alla sensazione del
vento tra i capelli e della terra sotto i piedi.
Attraversò porte, corridoi, evitò guardie e in
nemmeno cinque minuti si ritrovò nel cortile inferiore, dove
vide due cavalieri in groppa ai loro rispettivi cavalli girare in
tondo, circondati da ostacoli e fossati. Ast individuò
subito Vector, per la sua statura minuta rispetto al suo istruttore e
imprecando, si rese conto che la lezione era praticamente
finita.
Corse verso la stalla sul lato sinistro del cortile e si
posizionò subito all'entrata, cercando di spolverarsi alla
meglio i vestiti. Giusto qualche secondo dopo, sentì le voci
di Terik, l'insegnante di equitazione, e di Vector.
-... così può saltare meglio, sire. Inoltre, si
ricordi di tenere la schiena dritta quando salta l'ostacolo Numero 9 o
potrebbe andare incontro a seri problemi fisici. Si eserciti e ne
riparleremo alla prossima lezione-.
-Lo terrò a mente. Alla prossima lezione, Cavaliere Terik-.
-Arrivederci, sire-.
Nel suo campo visivo entrò subito un cavallo bianco, che si
fermò davanti a lui, oscurando per un istante il sole.
-Se in orario- osservò una voce dal cavallo, leggermente
ironica.
Ast sbuffò, prendendo le briglie dell'animale.
-Io sono sempre in orario, sei solo tu che ti sei fissato con l'idea
che devo sempre fare tardi, Vect. A proposito, dovreste davvero
smetterla con tutte quelle cavolate sai?-.
Si sentì un tonfo e un secondo dopo Ast si trovò
a fronteggiare un ragazzo di quindici anni, alto, leggermente
muscoloso, con dei capelli arancioni sparati verso l'alto e due occhi
violetti affilati.
Il ragazzo in questione incrociò le braccia sul petto,
sorridendo ironico.
-E di quali cavolate staresti parlando, sentiamo-.
Ast iniziò a portare il cavallo verso la sua stalla
personale, seguito subito dal principe.
-Andiamo, non fare finta di essere scemo! Sai benissimo cosa intendo:
tutti quei “sire” di qua,
“cavaliere”di là... come se entrambi non
vi conosceste da dieci anni. Fai il serio, Vect!-.
Quest'ultimo si limitò a scrollare le spalle, volgendo uno
sguardo annoiato verso un uccello appollaiato su una trave di legno del
soffitto.
-Sai bene che se potessi non lo farei, anzi, eliminerei tutti questi
titoli del cavolo. Vallo tu a dire a mio padre, però. Quello
lì sta bene solo se tutto si fa come dice lui...-.
Ast finì di pulire il cavallo, gli versò
dell'avena nel contenitore di legno adibito al cibo e, dopo avergli
accarezzato la fronte, chiuse la porta del suo box con un -A dopo
Umbral-.
Dopodiché si voltò verso il suo amico, con le
mani sui fianchi. Osservò meglio Vector e con rammarico vide
che era più pallido del solito, le spalle stanche e gli
occhi spenti. “Vect... ora ci penso
io!”.
-Sai-
iniziò, avvicinandosi piano al principe -giusto ieri giocavo
con Kiari e Kumaru e abbiamo incontrato un viaggiatore al mercato.
Questo viaggiatore ci ha raccontato che in gioventù era un
lottatore e ci ha mostrato alcune mosse...-.
Vecor lo fissò dubbioso, il sorriso che lentamente svaniva
dal viso pallido.
-Mosse?-.
Ast cercò di non ridere, mostrando invece un mezzo
sorriso.
-Sì... COME QUESTA!-.
Senza dare tempo a Vector di reagire, in un attimo Ast gli fu addosso
ed entrambi i ragazzi si ritrovarono a rotolare nella paglia e nel
fango, uno ridendo come un matto e uno troppo sconvolto per poter
emettere un fiato. Ciononostante, Vector ci mise poco ad avere la
meglio e nemmeno cinque minuti dopo Ast si ritrovò a terra,
con le mani sopra la testa e Vector sopra, che gli sorrideva con un
leggero fiatone.
-Che mossa strana... sicuro che fosse un pugile e non un contadino?-
ridacchiò il principe, non accennando a mollare la presa.
Ast rise, cercando di liberarsi.
-Ha funzionato, ora stai ridendo!-.
Con un piccolo -Tsk-, Vector si alzò, permettendo al ragazzo
sotto di lui di sedersi.
-Non sto ridendo idiota, si chiama sghignazzare-.
-Non è vero stavi ridendo!- ribatté Ast.-E poi
è la stessa cosa-.
Vector alzò un sopracciglio.
-Ah davvero? E lo puoi dimostrare?-.
Dopo averci pensato un secondo, Ast si accorse del tranello e
provò a mollare un pugno sul braccio dell'amico, che dal
canto suo si spostò solo di qualche centimetro, abbastanza
da fargli perdere l'equilibrio.
-Uffa, smettila Vect! Lo sai che non ci siamo ancora arrivati alla
lezione sulle dimostrazioni!-.
Il
principe riprese a ridacchiare, dandogli una mano a rialzarsi.
-Invece sì, sei tu che invece di porre attenzione stai
sempre con la testa per aria. Per di più, ci arrivi per
logica che non è la stessa cosa...-.
Ast rise di nuovo, per poi fermarsi un attimo.
“Ecco...
siamo nei guai”.
-Vect...
i tuoi vestiti-.
Vector abbassò lo sguardo e Ast poté vedere
l'evidente noia sul suo viso.
-La tua mossa ha ucciso i miei vestiti invece che me. Andiamo al fiume?
E' da tanto che non ci facciamo un bagno-.
Ast saltò in aria dalla gioia.
-Evvai!-.
Il cosiddetto “fiume” non era altro che un ruscello
che si trovava fuori dalle mura orientali e che le costeggiava per un
buon tratto di strada.
Lui e Vector lo avevano trovato un pomeriggio d'estate, qualche anno
prima, durante una delle loro avventure nella foresta e d'intorni. Il
ruscello, o almeno il tratto vicino alla città, era nascosto
da arbusti e cespugli e ad Ast piaceva pensare che quello fosse una
loro scoperta, un luogo solamente loro. Sapeva che il suo era un
pensiero sciocco, non era possibile che qualcun altro non avesse
scoperto a sua volta il fiume, eppure non aveva avuto motivo di
dubitarne fino ad ora: non avevano mai visto nessuno in quella
zona.
Vector scattò verso l'uscita della stalla, sollevando una
nuvola di polvere e terriccio dietro di sé.
-Chi arriva per ultimo al ritorno porta l'altro sulle
spalle!-.
Ast partì subito dopo, gridando -Aspetta non vale, sei
partito prima! Vect!-.
Il principe si limitò a ridere e a correre più
veloce, con un Ast euforico dietro di lui.
I due ragazzi superarono senza essere visti le guardie, passando da una
recinzione opposta all'entrata principale e si diressero verso la
città, ignorando gli sguardi curiosi di alcuni e sconcertati
di altri al loro passaggio. Dopo circa dieci minuti di
corsa, i due ragazzi videro il ruscello davanti a loro.
Ast non perse tempo e, approfittando del fatto che Vector si era
piegato per levarsi i sandali, lo placcò al volo, mandando
entrambi a finire nell'acqua e soffocando un acuto -Ahhhh!- del
più grande.
Ast emerse dall'acqua buttando fuori tutta l'aria nei polmoni con una
rumorosa risata, soffocata subito da un braccio intorno al collo, che
lo spinse di nuovo nel ruscello.
I due ragazzi rimasero in acqua per quelle che ad Ast parvero ore,
urlando, rincorrendosi e facendo la lotta, fino ad uscire dal fiume
zuppi e stanchi come non lo erano da settimane.
Sospirando, Ast si stese sull'erba, sorridendo e volgendo lo sguardo
verso il suo amico, anche lui seduto ansimante sull'erba.
-Erano secoli che non lo facevamo, vero Vect? Ahh, mi sento
così bene, potrei stare così per ore e
ore...-.
Il principe lo guardò un istante, per poi stirare le labbra
nel suo caratteristico sorriso sghembo e replicare -Puoi dirlo forte.
Mi mancava batterti nel corpo a corpo-.
Ast si tirò su di scatto, facendogli la linguaccia.
-Non vale però, tu hai maestri, lezioni e ti alleni ogni tre
giorni con ogni tipo di avversario! Io il massimo che posso fare
è lottare con Kumaru e sai benissimo che il combattimento
non è il suo forte...-.
Vector ridacchiò, dandogli un'amichevole schicchera sulla
fronte.
-Ciò non toglie il fatto che tu sia una schiappa, mio
piccolo schiavo dalla pelle scura-.
Ast a quelle parole si limitò a sbuffare, ributtandosi
sull'erba. Rimasero in silenzio per alcuni minuti, i capelli
accarezzati dal dolce cullare del vento. Ast stava per chiudere gli
occhi quando la voce del principe lo bloccò.
-Mio padre sta iniziando a parlare dell'incoronazione-.
Ast sbarrò gli occhi e si voltò verso Vector.
L'amico aveva lo sguardo fisso sul terreno.
-Ha già iniziato a far preparare gli inviti ed è
schifosamente cortese in mia presenza... Ipocrita, come se tutti quegli
anni passati ad ignorarmi non fossero mai esistiti-.
Anche Ast abbassò lo sguardo.
“Vect...”.
Le persone non potevano
immaginarlo, nessuna di loro abitava nel castello o faceva parte della
corte, ma Ast, essendo lo schiavo personale del principe, aveva accesso
al castello a tutte le ore del giorno e di conseguenza era ben
consapevole delle dinamiche interne della famiglia reale. Dinamiche
che, dalla morte della regina Saba, erano degenerate terribilmente. Ast
era stato assunto come schiavo di Vector proprio per poter rimediare a
quella mancanza, per tenere compagnia al principe e distrarlo
dall'assenza della madre. Una volta diventati amici, e perfino molto
tempo dopo averlo appurato, Vector gli aveva raccontato del dolore che
aveva provato alla consapevolezza della morte della madre e del
comportamento sempre più freddo del padre nei suoi
confronti.
Ormai, erano mesi che il re Kado non usciva tra la gente ed erano anni
che le uniche occasioni in cui Vector poteva vedere il padre e parlare
con quest'ultimo erano le riunioni con i generali dell'esercito o altri
eventi politici e burocratici che richiedevano la presenza indiscussa
del sovrano. Da un mese a quella parte però il re aveva
accennato all'idea di una nuova incoronazione, ovvero quella di Vector,
motivando la sua scelta con la sua età avanzata e altre
ragioni che Ast non aveva ben capito. La prima volta che il re aveva
parlato della successione in presenza di Vector, Ast aveva dovuto
vedersela con un principe pallido dalla rabbia e con un paio di mobili
distrutti, per poi doversi subire la ramanzina del Capo
Servitù, un vecchio pelato con nessuna ambizione nella vita
se non quella di rovinare quelle degli altri.
Da quella prima volta, il re non aveva mai abbandonato il progetto di
un Vector re e Ast poteva vedere quanto l'amico non sopportasse quella
situazione senza vie d'uscita. -Quando te ne ha parlato?- chiese il
ragazzo, avvicinandosi al principe.
-Oggi a pranzo. Dovevi vederlo, sembrava così soddisfatto...
da far venire il vomito-.
Ci fu un attimo di silenzio.
-Anche se diventerò re... non cambierà nulla tra
noi-.
Ancora silenzio.
-...vero?-.
Dopo un attimo di smarrimento, Ast cercò di trattenere una
risata, fallendo miseramente. Vector lo fissò con uno
sguardo a metà tra l'offeso e il ferito.
-Cosa ti ridi adesso?-.
Asciugandosi una lacrima da un occhio, Ast si ricompose e si
voltò verso il ragazzo accanto a lui.
-Ho riso perché la tua espressione è divertente,
Vect! Insomma, tu che fai sempre il serio, il principe senza dubbi e
senza paure... fai ridere!-.
Vector si sporse e gli mollò un pugno in testa, sputando un
-Fai il serio, cretino!-.
Ast scoppiò a ridere e, dopo aver cercato inutilmente di
restituire il favore, guardò il principe negli
occhi.
-Seriamente Vect, ho riso perché queste cose è
ridicolo anche solo a pensarle. Noi siamo amici e lo saremo sempre. Per
me puoi essere un re, un mendicante, un cane o una foglia, per quanto
me ne importa! Quello che siamo non cambia quello che proviamo e, ci
scommetto tutte le mie biglie di Pietre di Sole, non lo
cambierà mai. Non temere: ti posso assicurare che senza di
me non andrai da nessuna parte! Ti appoggerò sempre, in
qualunque luogo e situazione. Per me tu non sei il principe Vector III
di El-Kenez: sei solo Vect, il mio migliore amico e lo sei ora come lo
sarai tra cent'anni!-.
Terminato il suo discorso, si alzò in piedi e si mise
davanti all'amico con le mani sui fianchi, sovrastandolo con la sua
ombra e con un enorme sorriso.
-Sono stato abbastanza serio?-.
Per qualche minuto, Ast non sentì nient'altro che il rumore
del vento tra gli alberi e l'acqua scrosciante del ruscello.
Poi, dopo quelle che gli parvero ore, Vector si alzò in
piedi e, dopo aver sbuffato, senza preavviso, gli avvolse un braccio
pallido intorno al collo scuro, intrappolandolo, mentre con la mano
dell'altro iniziò a scompigliargli i capelli, strappandogli
delle urla sorprese.
-E così ti credi tanto intelligente eh? Sarai pure bravo a
fare discorsi senza senso, ma per me rimarrai sempre uno stupido
schiavo senza speranza!-.
Ast cercò di liberarsi ed entrambi si ritrovarono nuovamente
a terra a fare la lotta, invadendo il bosco con le loro risate. Dopo la
conclusiva vittoria del principe, si diressero correndo di nuovo verso
la città, rincorrendosi. Mentre cercava di stare al passo
con Vector, Ast si accorse della luce diversa nel cielo e con sorpresa
vide il sole sul punto di tramontare e di raggiungere quindi il Livello
Zero.
Con rinnovata energia, accelerò, superando come un fulmine
cespugli e arrivando quasi alla pari con il principe.
“Questa volta non mi
batti, Vect!”.
Superarono le mura e iniziarono a farsi strada tra i carri, le scatole,
le persone che ingombravano le strade, prendendosi intanto in giro.
Proprio quando Ast iniziava ad intravedere le torri del castello in
lontananza, sentì qualcuno chiamarlo a gran voce.
-Aaast! Fermati, Ast!-.
Il ragazzo si fermò di colpo, rischiando di cadere a terra e
lo avrebbe fatto se la mano pallida di Vector, anche lui fermatosi, non
lo avesse sorretto.
Un attimo dopo Ast vide venirgli incontro due ragazzi e gli occhi gli
si illuminarono.
-Kumaru, Kiari!-.
Il primo a raggiungerlo fu un ragazzo della sua stessa età,
più alto di lui, dalla pelle scura color terra e i capelli e
gli occhi color cioccolato. I capelli, corti, gli lasciavano scoperta
la fronte, dando così modo alle persone di poter osservare
la lunga cicatrice, ormai sbiadita dal tempo, che la attraversava. Le
braccia lunghe ma muscolose facevano leva sulle cosce, così
come le mani sporche e callose. Le folte sopracciglia erano leggermente
aggrottate, mentre gli occhi rilucevano di una luce soffusa, resa
evidente dalle pagliuzze dorate nell'iride. Indossava una casacca verde
di tela, il tipico completo da schiavo di un fabbro.
Subito dopo, entrò nella visuale dei due ragazzi una
ragazza, sempre della loro età all'incirca, alta e snella,
dalla pelle ambrata e i capelli dorati. Gli occhi, castani, osservavano
la scena con sguardo attento, andando da una parte all'altra della
strada. I capelli, che normalmente le arrivavano poco più
giù delle spalle, erano racchiusi in una coda bassa e
spettinata, con qualche ciuffo che le scendeva sul viso, mentre il
petto dritto e leggermente muscoloso si abbassava con frequenza.
Indossava un completo di tela bianco, che le lasciava scoperte le
braccia magre ma muscolose, segno evidente del suo lavoro alla
lavanderia.
Ast non seppe resistere e li abbracciò di slancio, alzandosi
sulle punte, perché purtroppo entrambi i suoi due amici lo
superavano in altezza.
-Kumaru, Kiari! Che sorpresa, non vi vedo da giorni! Come state?
Kumaru, sei riuscito finalmente a farti assumere da Luji! Beh era ora
che quel vecchio fabbro si decidesse... e tu Kiari? Come vanno le cose
giù in lavanderia? Saman ti costringe ancora a buttarti
nella vasca per pulire i panni?-.
I due ragazzi lo guardarono con affetto, per poi spostare lo sguardo su
Vector e guardarsi, indecisi su cosa fare.
“Ancora con questa storia...” pensò Ast
esasperato.
A quanto pare anche Vector la stava pensando così,
perché il principe sbuffò, incrociando le braccia
sul petto e fissando i due schiavi davanti a lui con evidente
irritazione. -Vi ho già detto che potete comportavi
normalmente in mia presenza. Sapete benissimo che non mi piace essere
considerato un principe fuori dal castello-.
Kiari e Kumaru si guardarono una seconda volta e fu proprio
quest'ultimo alla fine a rispondere, con voce incerta -Come vuoi,
Principe-.
Sia Ast che Vector alzarono un sopracciglio.
Quest'ultimo replicò -Come ti ho già detto tante
volte, chiamami Vector-.
-Come vuoi, Principe Vector-.
Ci fu un attimo di silenzio, rotto senza indugi da Kiari che, senza
esitare un secondo, colpì con un potente schiaffo la testa
del suo amico, alzando gli occhi al cielo.
-Sai, a volte mi chiedo cosa ci sia di sbagliato in te,
Kumaru...-.
-Cosa c'è di sbagliato in TE, Kiari! Fa male!- si
lamentò il ragazzo, massaggiandosi la testa.
Ast scoppiò a ridere e alla sua risata si unirono gli
sghignazzi di Vector e i leggeri sbuffi di Kiari, che intanto aveva
iniziato ad arruffare i capelli del ragazzo accanto a lei, con fare
quasi materno.
-Smettila di lamentarti, che Luji ti fa fare di peggio...-.
Kumaru le rifilò uno sguardo sospettoso, per poi incrociare
le braccia sul petto e mettere il broncio. Ast si ritrovò di
nuovo a ridere come un matto. Cavolo, come gli erano mancati!
-Comunque- cercò di parlare tra gli sprazzi di risata che
gli uscivano dalle labbra -come mai correvate così veloci?
C'è una speciale grande battuta a cui non sono stato
invitato?-.
Sentendo le sue parole, sia Kumaru che Kiari si guardarono, i sorrisi
scomparsi.
Anche Ast sentì il proprio sorriso spegnersi.
-Cosa c'è ragazzi? Non sarà...?-. Trattenne il
fiato.
Kumaru alzò lo sguardo, anche se non abbastanza da poterlo
guardare negli occhi.
-E' Ral... lui, ecco...-.
Kiari fu più diretta.
-Ral ha avuto un altro dei suoi attacchi e questa volta è
stato un po' più... acceso del previsto. L'ultima volta che
lo abbiamo visto era pallido e scottava. Ci ha mandati Hury, sai no, la
Guaritrice. Ha detto che devi sbrigarti-.
Ast sentì le proprie braccia diventare di pietra. Ral
soffriva di strani attacchi da quando erano piccoli e non c'era volta
che Ast non gli fosse stato accanto, cercando di alleviargli la
sofferenza. Crescendo, avevano imparato a conviverci, entrambi con
speranza e rassegnazione e per un bel periodo di tempo era andata bene.
Poi tutto era peggiorato due mesi prima, quando, durante uno dei suoi
tanti lavori, Ral era svenuto in preda a delle improvvise convulsioni.
Da allora, Ast aveva categoricamente vietato a suo fratello di prendere
parte a qualsiasi lavoro fisico e, con suo grande sollievo, Ral non
aveva protestato più di tanto. Da quando era avvenuto
l'incidente, Ral non aveva avuto attacchi e Ast si era quasi convinto
che fossero spariti.
A quanto pare, non era quello il caso.
Ast prese un profondo respiro tremante e, cercando di non far tremare
la voce, disse -Ho capito-.
Poi si voltò verso Vector. Il principe lo stava guardando
con uno sguardo pensieroso, gli occhi violetti carichi di
preoccupazione.
-Tranquillo, vai. Salutami tuo fratello-.
-Ma Vect... poi come torni al castello?-.
Questa volta l'amico gli rifilò uno sguardo
scocciato.
-Al contrario di te, io so difendermi. Smettila di scocciarmi, Ast. Ci
vediamo dopo-.
Ast aprì la bocca, ma la richiuse subito.
-Grazie, Vect- gli disse, con un sorriso riconoscente.
Vector fece un gesto con la mano, invitandolo ad andare via, per poi
incamminarsi verso il castello.
Dopo averlo visto voltare l'angolo di un edificio, Ast si rivolse ai
suoi due amici.
-Allora io vado. A dopo-.
-A dopo, Ast- gli rispose Kumaru, mentre Kiari si limitò a
dargli un piccolo abbraccio.
-Sbrigati-.
Lanciando loro un ultimo sguardo, Ast si gettò nella folla,
evitando animali e carri.
“Ral resisti, sto arrivando!”.
-Tori dai non fare
così, esci da quella stanza! Nessuno poteva immaginarselo,
non è colpa di nessuno... Tori!-.
La ragazza non rispose.
In quel momento non voleva parlare con nessuno, sentire nessuno e
vedere nessuno. Voleva solo rimanere sdraiata su quel letto e fingere
di avere una vita normale con amici normali.
“Non di certo avere una cotta per un ragazzo che ama duellare
contro alieni e salvare mondi come hobby!”.
Con un lamento,
affondò ancora di più la faccia nel cuscino. Un
giorno di questi sarebbe morta per cause involontarie e sarebbe finita
sui giornali, la foto di una ragazzina depressa ed esasperata sotto la
testata del giornale locale.
“Ma perché Yuma...”.
Esatto:
perché?
Ormai quella era l'unica domanda a cui Tori non aveva ancora trovato
una risposta soddisfacente. Qualsiasi cosa facessero, qualsiasi piano
ideassero, qualsiasi duello combattessero, Yuma riusciva sempre in
qualche modo a finire nei guai, a lasciarli indietro e ad avanzare da
solo. L'episodio di ieri era stata l'ultima goccia, almeno dal punto di
vista di Tori.
“Abbiamo attraversato un portale, abbiamo combattuto contro
esseri sovrannaturali, abbiamo rischiato di morire e lui cosa fa!?
Sparisce di nuovo!”.
Quando aveva ricevuto la chiamata di Rio che la informava di come Yuma
fosse misteriosamente sparito dal suo letto in ospedale, Tori aveva
ringraziato il cielo di essersi trovata seduta sul divano di casa sua,
altrimenti era certa che sarebbe svenuta sul pavimento.
In un istante, in quel dannatissimo istante, si era sentita
terribilmente impotente, impaurita e si, anche piuttosto
arrabbiata.
Impotente, perché, sebbene tutti loro si sforzassero al
massimo per stare al passo con gli eventi a catena che si erano
scatenati dal Carnevale di Duelli, sembrava che non fosse mai
abbastanza.
Impaurita, perché non aveva importanza quante volte li
avesse già visti in azione, i bariani erano sempre delle
creature estremamente pericolose e volubili.
E infine arrabbiata, perché non era possibile che, ogni
volta che credevano di avercela fatta, spuntava sempre qualcosa o
qualcuno che vanificava i loro sforzi, lasciandoli con meno di quanto
erano partiti.
Come in quel caso.
-Dai Tori... per favore, almeno rispondici!-.
Erano ormai ore che Bronk e gli altri membri del Club dei Numeri
cercavano di rincuorarla, fallendo miseramente.
Non che Tori ce l'avesse con loro, solamente non voleva vedere nessuno,
men che mai per poi incrociare lo sguardo con volti delusi tanto quanto
il suo. Proprio quando iniziava a credere che se ne fossero andati
sentì una voce familiare dall'altra parte della porta.
Oh no.
-Tori sei lì
dentro?-.
La ragazza maledì chiunque la stesse pensando in quel
momento. Perché, tra tutte le persone che conosceva, dietro
quella porta doveva esserci proprio Michael!?
-Tori apri... senti, capisco quello che stai provando in questo
momento, lo capiscono tutti. Non ti sto chiedendo di dimenticare il
dolore, solo di aprire la porta. Fidati, parlare aiuta, specialmente
nei momenti più duri-.
Tori trattenne il respiro.
“Cosa faccio, apro?
Però se ci sono anche gli altri...”.
Quasi come se le avesse letto
nel pensiero, Michael aggiunse -Inoltre non devi preoccuparti, ci sono
solo io. Anche tua madre è uscita-.
Con un enorme sospiro, Tori scalciò in un solo gesto le
coperte dal letto, alzandosi e andando ad aprire la porta all'amico.
Non appena il ragazzo entrò nel suo campo visivo, Tori si
vide davanti un Michael vestito in jeans e camicia rosa, con un triste
sorriso sul volto.
-Ciao Tori-.
-Ciao Michael- gli rispose, sorpresa di sentire la propria voce fievole
e roca.
Il ragazzo continuò a sorriderle, per poi chiederle con voce
calma -Posso entrare?-.
-Certo, entra pure. Puoi sederti sul letto, purtroppo l'unica sedia che
ho è occupata dai miei libri di scuola-.
Già, la scuola. Mancavano meno di tre settimane all'inizio
del primo trimestre e, se giusto un anno prima Tori si sarebbe
ritrovata a saltellare dall'eccitazione o a deprimersi dalla tristezza,
adesso quello era l'ultimo dei suoi pensieri.
“Non ho nemmeno finito i compiti...” pensò amaramente,
prima di concentrarsi sull'amico seduto in quel momento sul suo
letto.
Michael la guardò.
-Allora... come hai saputo la notizia?-.
Tori ringraziò Michael per essere andato così
gentilmente al punto. Non credeva che sarebbe riuscita a sopportare una
conversazione cuore-a-cuore in quel momento.
-Mi ha chiamata Rio- rispose, giocherellando con l'orlo della sua
gonna, gentile regalo di sua nonna per il suo quattordicesimo
compleanno.
-Ero appena uscita dalla doccia quando ho sentito il Duel-Gazer vibrare
e ho risposto subito. Non appena mi sono accorta che era Rio, ho subito
capito che c'era qualcosa che non andava e... beh... poi me l'ha detto.
Non c'è molto da dire-.
La ragazza sospirò, prendendosi il viso tra le mani e
chiudendo gli occhi, sentendosi terribilmente stanca. Sentì
del movimento accanto a sé e un secondo dopo le braccia di
Michael le avvolgevano le spalle. Tori era talmente sbalordita da non
provare nemmeno un po' di imbarazzo.
-Non abbatterti Tori- le disse Michael, stringendola forte.
-Io... lo so che non è facile, cavolo, non lo è
mai stato, o almeno non per noi. Prima di incontrare Yuma anche io
vivevo sempre in questo stato di ininterrotta angoscia, sentendomi del
tutto impotente: mio padre non era più Byron, era Thron ed
io e i miei fratelli ci sentivamo senza speranza, anche se credo che tu
questo l'abbia già capito da molto tempo -.
Tori annuì, troppo presa da quello che stava sentendo per
potersi preoccupare di altro.
-Mi ero abituato all'idea che, sebbene ci potesse essere un modo, mio
padre non sarebbe mai tornato com'era prima. Lo credevo io, lo credeva
Thomas e lo credeva Chris. Ho la sensazione che lo credesse anche mio
padre, nel profondo del suo animo. Diciamo solo che la nostra non era
proprio una famiglia speranzosa- aggiunse, con una piccola risata
amareggiata.
-Era così. Punto. Non credevo che qualcosa potesse cambiare
e invece è stato proprio così. Qualcosa
è capitato. Yuma è capitato-.
A quel punto Michael si allontanò di qualche centimetro per
poterla guardare negli occhi, lucidi per la luce del sole che entrava
dalla finestra.
-Yuma è entrato come un tornado nelle nostre vite e sarei un
ipocrita se ti dicessi che gli volli fin da subito bene. Non sapevo
cosa aspettarmi da lui e non avevo il coraggio di sperare in un
salvatore. E invece è proprio successo quello che tanto
speravo: Yuma ci ha salvati e ti posso assicurare che, dopo aver
ricevuto la notizia della vittoria di Yuma nel duello prima contro mio
padre e poi contro il Dottor Faker, è stato come se tutti
quegli anni passati nell'angoscia e nell'autocommiserazione non fossero
mai esistiti-.
Tori si staccò da Michael, che intanto si era posizionato
proprio davanti a lei, guardandola dritto in volto.
-Quello che voglio dirti è che per quanto la situazione
possa essere disperata, per quanto tu non voglia altro che chiudere gli
occhi e fingere che tutto questo non stia accadendo, c'è
sempre qualcosa pronto dietro l'angolo, qualcosa, qualcuno, pronto ad
aiutarti e a dirti: “fidati di me, adesso ci sono io e
andrà tutto bene”. Ed è proprio quello
che io voglio dirti, Tori: fidati di me quando ti dico che le cose si
risolveranno e che niente e nessuno potrà impedirci di
salvare Yuma. Io lo so e lo sa anche lui-.
Per qualche minuto la camera rimase nel più assoluto
silenzio, fino a quando Tori non sentì le proprie guance
umide di lacrime, che piano le scesero lungo il viso fino a raggiungere
la maglietta, bagnandogliela.
“Come ho fatto ad essere così stupida?” pensò, asciugandosi
le lacrime con il polso e ridendo tra i numerosi singhiozzi che le
uscivano dalle labbra.
Anche Michael si abbandonò ad una piccola risata liberatrice
e i due ragazzi rimasero lì, seduti su quel letto, a ridere
per interminabili minuti.
Quando finalmente smise di ridere e piangere allo stesso tempo, Tori
alzò lo sguardi per incrociare quello dell'amico.
-Grazie Michael. Davvero, sei un ragazzo fantastico e sono contenta di
avere un amico come te-.
Probabilmente in un altro contesto quelle parole non le sarebbero
uscite di bocca senza essere accompagnate da un enorme rossore sulle
guance, ma in quel momento era attraversata da fin troppe emozioni per
poterci fare davvero caso.
La ragazza vide come le sue parole avessero scatenato una vera lotta
interiore nell'amico, che dal canto suo era diventato leggermente rosso
intorno alle orecchie e aveva iniziato a giocare nervosamente con le
mani.
-Non devi ringraziarmi Tori, gli amici sono fatti principalmente per
questo- le rispose, con un timido sorriso.
Vedendo quel sorriso luminoso, Tori si sentì invadere da
così tanta felicità e speranza che, senza
pensarci, avvolse le proprie braccia intorno al collo del ragazzo,
stringendolo forte.
-Grazie, Michael-.
Dovette aspettare un secondo, prima che le braccia di quest'ultimo le
avvolgessero le spalle.
-Prego, Tori-.
La ragazza chiuse gli occhi, godendosi quell'attimo di
serenità. In quel momento, salvare Yuma sembrava una delle
cose più facili del mondo.
Tori sbarrò gli occhi.
”Yuma!”.
Sentendo una strana sensazione nel petto, vagamente simile al senso di
colpa, Tori si allontanò di scatto da Michael, che si
irrigidì e la guardò preoccupato.
-Tori... stai bene? Cosa è successo?-.
La ragazza si portò le mani al viso, sentendolo bollente.
“Ma cosa sto facendo?
Perché mi sento in colpa, non sto tradendo nessuno, Michael
è solo un amico, a Yuma non importerebbe nulla se anche lo
abbracciassi...”. Al pensiero del suo amico di
infanzia, il cuore di Tori fece un balzo. Sentendo lo sguardo di
Michael su di sé, Tori aprì la bocca
più volte, cercando di farsi venire in mente una scusa
decente per un comportamento tanto strano.
Per fortuna, qualcuno doveva aver pensato che per quel giorno ne aveva
passate abbastanza, perché in quel preciso istante, il
Duel-Gazer di Michael iniziò a vibrare, dando il segnale di
una chiamata in arrivo.
Tori sospirò di sollievo quando gli occhi dell'amico si
spostarono dal suo viso allo schermo del D-Gazer e quando il ragazzo
premette il tasto di attivazione della chiamata. -Pronto? Sì
dimmi pure Rio-.
Al nome dell'amica, Tori si irrigidì, l'imbarazzo di prima
quasi scomparso.
“Rio? E adesso cosa
sarà mai? Ti prego nessuna brutta notizia, ti prego nessuna
brutta notizia...”.
-[...]Dove sono? Sono a casa di
Tori.[...] Sì sta bene, anche io grazie. [...]Certo, dimmi
pure. [...]Un'interferenza nel segnale? Quando l'avete...? [...]Io
credo di sì, certo non ci sarebbero problemi. [...]Va bene,
ci vediamo lì. [...]Sì, arriviamo. [...]Anche a
te, a tra poco-.
Non appena Michael chiuse la chiamata, Tori gli si avvicinò.
-Cosa ha detto Rio?-.
-Intanto ti saluta- iniziò Michael, ma Tori vide che dietro
al caldo sorriso c'era una tensione che prima non esisteva.
-Cosa ti ha detto, Michael, ci sono problemi? Dove dobbiamo andare e
cosa c'entra un'interferenza nel segnale? Quale segnale?-.
Se Michael si sentì sopraffatto da tutte quelle domande, non
lo diede a vedere. Si passò una mano dietro il collo, il
sorriso scomparso.
-C'è stato un problema al laboratorio. Un'interferenza di
qualche genere, sembra che sia piuttosto importante o così
dice mio fratello. Rio mi ha chiesto se possiamo andare lì
il più velocemente possibile, ha già chiamato gli
altri-.
Tori cercò di non lasciarsi abbattere, non dopo tutto il
discorso di Michael.
“Guardiamo il lato
positivo: da tutta questa storia potrebbero nascere degli indizi su
dove sia adesso Yuma. E inoltre, dubito che possa andare peggio di
così”. Lasciando andare un gran
sospiro, Tori si diresse verso la sua scrivania, si mise le scarpe che
si trovavano sotto la sedia e prese i suoi Duel-Gazer e Disk,
mettendoli in una borsa marrone che poi si mise a tracolla. Concluso il
tutto, si voltò verso l'amico, che intanto si era rimesso il
Duel-Gazer in tasca.
-Vogliamo andare?- gli chiese.
Lui annuì, seguendola fuori dalla porta.
Dopo essere usciti, presero subito l'autobus che li avrebbe portati
fuori città, la cui stazione fortunatamente si trovava a
pochi minuti da casa di Tori. I trenta minuti che impiegarono per
arrivare al laboratorio furono tra i minuti più angoscianti
che Tori avesse mai vissuto, secondi forse solo a quelli che avevano
seguito il rapimento di Yuma da parte di Vector. Non appena scesero
dalla fermata, si misero a correre verso la loro destinazione, entrambi
con il cuore in gola. Arrivati al laboratorio, dissero la parola
d'ordine ed entrarono immediatamente nell'enorme sala centrale.
Tori li vide subito: tutti riuniti in un cerchio, chi seduto, chi in
piedi, sembravano pronti ad andare ad un funerale.
Shark era in piedi accanto a Kite, il suo sguardo più cupo
del solito, mentre l'ex cacciatore di numeri aveva il viso voltato
verso Christopher e sembrava impegnato in una seria conversazione con
l'altro ragazzo.
Byron e il Dottor Faker erano piegati sul computer centrale, sopra il
quale vi erano i monitor e anche loro parlavano in un tono di voce
basso ma continuato.
Rio era seduta accanto a Four e, da come Tori vide, era talmente
preoccupata da non essere scocciata nemmeno dalla presenza ravvicinata
del suo spasimante.
Davanti a Rio vi era il Club dei Numeri al completo, le facce rivolte
vero il pavimento su cui erano seduti.
Non appena Michael chiuse la porta, tutti si girarono verso di loro e
Tori poté sentire il cambio improvviso di energia, che da
incredibilmente tesa divenne leggermente speranzosa.
Bronk e Flip furono i primi ad alzarsi, seguiti subito da Rio.
-Tori! Stai bene?- le chiese il primo, preoccupato.
Tori gli sorrise.
-Grazie Bronk, sto bene. Ero solo un po' scossa, ecco tutto. Lo sai che
tengo ad esagerare quando Yuma è nei pasticci-.
Flip aggiunse -E quindi sempre-, suscitando risate, sorrisi e alzate di
occhi al cielo.
-Quell'idiota- commentò Shark, le mani in tasca e
l'espressione scocciata. -Mettersi nei guai sembra essere lo scopo
della sia vita, specie dopo la morte di Astral. Spero solo che questo
non abbia nulla a che fare con i bariani, perché
altrimenti...-.
Non ci fu bisogno che terminasse la frase e Tori si trovò
pienamente d'accordo con lui.
“Se anche questa
volta è opera dei bariani, in barba l'essere pacifisti,
daremo loro una lezione una volta per tutte!”.
Rio sembrò dare voce ai suoi pensieri, perché
sbuffò e incrociò le braccia sul petto,
replicando -Non c'è bisogno di queste minacce velate da
quattro soldi, fratello. Se dietro l'ultima scomparsa di Yuma ci sono
di nuovo i bariani, darò loro una lezione che non si
scorderanno tanto facilmente, iniziando con l'investirli con la tua
bellissima e letale moto da corsa che, tra parentesi, ha davvero un
colore orrendo-.
In risposta alle risatine dei presenti e all'espressione scocciata del
fratello, Rio alzò le spalle.
-Mi spiace, ma è da quando l'hai presa che volevo dirlo-.
Tori guardò con affetto i suoi amici nella sala.
“Ragazzi siete
incredibili, con voi mi sento in grado di poter ottenere qualsiasi
cosa!”.
Un colpo di tosse li riportò tutti alla realtà e
Tori alzò lo sguardo, per incontrare poi quello serio e
affilato di Chris.
-Allora- iniziò il ragazzo -credo sappiate tutti il motivo
del perché siete qui, ma per evitare equivoci lo
spiegherò meglio-.
Al tono distaccato e concentrato del fratello, Tori vide Thomas roteare
gli occhi.
-Datti una mossa Legolas in Real Life, non abbiamo tutto il
giorno!-.
Il commento suscitò molte risatine e Tori stessa si dovette
coprire la bocca per nascondere il sorriso.
Dopo aver sospirato profondamente, il maggiore si ricompose un attimo e
poi riprese il suo discorso.
-Dopo la recente scomparsa di Yuma, io, mio padre e il Dottor Faker,
insieme alla collaborazione di Kite, ci siamo messi all'opera per poter
riattivare il computer e captare qualche segnale proveniente o dal
Mondo Bariano o da quello Astrale, per vedere se ci fossero stati
cambiamenti di qualsiasi genere. Avevamo appena collegato il computer
al monitor quando su questo sono iniziati a comparire dei segnali
rossi-.
-In che senso dei segnali rossi?- domandò Chaty, che fino a
quel momento si era limitata ad ascoltare.
Con la sorpresa di tutti, fu Byron a risponderle.
-Io e Faker abbiamo progettato un'applicazione attivabile dal computer
centrale di questo laboratorio per poter captare delle possibili tracce
dei due mondi sulla Terra- disse lo scienziato, voltandosi verso il
monitor.
-Dopo tutto quello che era successo al Carnevale, avevamo deciso di
prepararci ad un possibile contatto con elementi di un altro mondo e
così abbiamo iniziato a lavorare su questa applicazione,
anzi, su questo programma per essere precisi. Secondo i nostri
progetti, non appena il satellite, ovviamente col raggio d'azione
amplificato, a cui il computer sarebbe dovuto essere collegato avrebbe
individuato sulla Terra elementi provenienti da altri mondi, sul
monitor sarebbero comparsi dei segnali rossi, ad indicare il luogo in
cui questi elementi sarebbero dovuti essere. Non l'avevamo mai usato
fino ad oggi, eppure ha funzionato. Ma...-.
Tori sentì un enorme groppo in gola come vide l'uomo
rabbuiarsi.
-Ma cosa?- chiese, con voce tremante.
-Ma non nel modo sperato, vero professore?-.
Tori si girò di scatto al suono di quella voce sconosciuta e
così tutti gli altri.
“Ma
dove...?” pensò Tori, non
vedendo nessuno in prossimità della porta.
Quasi come se le avesse letto nel pensiero, la voce
riecheggiò di nuovo nella sala.
-Qui sopra baldi giovani e baldi
non-più-tanto-giovani!-.
Tutti alzarono lo sguardo e non appena gli occhi le caddero sulla
figura seduta a cavalcioni su una delle lastre in metallo del soffitto,
Tori si lasciò scappare un gemito sorpreso. La ragazza
sembrava completamente a suo agio con le gambe che penzolavano a
venticinque metri di altezza. I lunghi capelli neri le scivolavano
sulle spalle, mentre il viso pallido e bellissimo era attraversato da
un sorriso impertinente. Gli occhi, verdi, sembravano due torce
nell'oscurità che l'avvolgeva e i vestiti, neri da quello
che Tori poteva intravedere, erano sottili e attillati. Ai piedi
portava degli stivali neri con dei tacchi talmente lunghi da sembrare
usciti da una rivista di manga.
La ragazza rise vedendo le loro espressioni sconvolte.
-State tranquilli, non sono una vostra nemica. Non per ora, almeno-
aggiunse con un tono divertito.
Tori cercò di trovare qualcosa di intelligente da dire, ma
la ragazza la precedette.
-Ah, ma non possiamo continuare a parlare così, no? Che
maleducata che sono...-.
E senza nessun preavviso, si lasciò cadere.
Tori lanciò uno strillo, mentre tutti intorno a lei
trattennero il fiato.
Poco prima di toccare il suolo, la ragazza scoppiò a ridere
per poi tirare fuori dalle tasche dei suoi shorts quelle che sembravano
essere pistole di metallo. Tori la vide premere i rispettivi grilletti
e un istante dopo due fili di metallo partirono dalle canne delle
pistole, ancorandosi al soffitto. Facendo leva sui fili, la ragazza
rallentò la sua caduta fino a fermarsi a due centimetri dal
suolo, per poi atterrare con la grazia di una pantera. Con una
scrollata di spalle fece rientrare i fili metallici nelle pistole,
rimettendo infine queste ultime in tasca.
Tori continuò a fissarla fino a che non si rese conto di
avere la bocca aperta.
“Ma chi diavolo è questa tizia? Sembra uscita da
un film d'azione!”.
La ragazza li
guardò, presentandosi con uno svolazzo della mano e
coronando il tutto con un bell'inchino.
-Per rispondere alle vostre domande, mi chiamo Shira, sono umana e non
ho mai recitato per un film d'azione in vita mia!-.
Tori sussultò sentendo l'ultima frase, ma nessuno
sembrò farci caso. Che sapesse leggere la mente? Ma non
aveva appena detto di essere umana?
Vedendo di non scaturire in loro nessun'altra reazione se non lo
sbalordimento, la ragazza, o meglio Shira, sbuffò,
incrociando le braccia sul petto.
Ora che Tori la vedeva più da vicino, dovette ammettere che
era davvero bella. Il fisico asciutto, il ventre piatto ma muscoloso,
la pelle pallida e gli occhi verdi, tutto in lei parlava di bellezza e
di consapevolezza nell'esserlo.
Il primo a riaversi dallo shock generale fu Shark, che
svegliò tutti dalla trance con un -Questo ci dice poco e
niente su di te, nel caso non te ne fossi accorta-.
Appoggiando il fratello, Rio aggiunse -E poi come cavolo facciamo a
sapere se quello che hai appena detto è vero?-.
Shira guardò i due fratelli con sguardo divertito.
-Non parlarmi di verità, dolcezza. Mi sembra ovvio come il
sole che non aspetti altro che saltare al collo di quel bocconcino
accanto a te. Cosa c'è, troppo orgogliosa per una nottata di
piacere?-.
Tori si voltò con orrore verso Rio, che dal canto suo era
arrossita terribilmente, negli occhi imbarazzo misto a rabbia.
Thomas sobbalzò, per poi arrossire e gridare -Ehy, ma chi
diavolo ti credi di essere? Chiedile subito scusa o altrim...- ma la
ragazza non lo fece finire.
-Altrimenti cosa? Mi metti in coma come hai fatto con la povera
fanciulla?- lo sbeffeggiò.
A quel punto scoppiò il chaos e non c'era nessuno che non
fosse in piedi.
Tori si sentì pervadere dall'indignazione e anche dalla
rabbia. Nessuno poteva trattare i suoi amici così, men che
mai Rio.
Da quando la conosceva, non aveva mai visto l'amica arrossire e non
credeva che esistesse qualcuno capace di scatenare una simile reazione
nella temuta Regina di Ghiaccio. “Ma chi è?
Cosa vuole da noi?”pensò al limite
dell'esasperazione.
Anche Michael fissava la sconosciuta con astio, mentre Shark le si era
pericolosamente avvicinato, negli occhi una rabbia cieca.
-Chiedi subito scusa a mia sorella, razza di bambola troppo cresciuta,
o giuro che rimpiangerai di non averlo fatto!-.
Per tutta risposta, Shira ridacchiò, occhieggiando Shark con
impertinenza.
-E così mi trovi carina? Cielo, che modo rude per fare un
complimento ad una ragazza...-.
Prima che la situazione potesse degenerare, Tori vide Kite frapporsi
tra i due.
“Grazie al
cielo!”.
-Adesso smettetela- disse il ragazzo. -Non è il momento di
intrattenerci in discussioni inutili. Reginald, la tua furia da uomo
delle caverne dovrà aspettare un po' prima di scatenarsi e
tu, smettila di provocare le persone. Nessuno ti ha chiamata qui e se
cerchi qualcosa che ha a che fare con il nostro incontro nel Mondo
Bariano, vai dritta al punto-.
Con stupore, Tori vide la ragazza osservare Kite con diffidenza e...
odio?
“Che occhi gelidi... com'è possibile provare tanto
odio per qualcuno?”.
Dovette esserlo immaginato
però, perché dopo solo un secondo, l'espressione
in quegli occhi verdi era tornata quella di prima: divertita e
strafottente.
Osservandola meglio, Tori venne colpita dall'ultima affermazione di
Kite e, senza neanche sforzarsi troppo, capì
immediatamente.
“E' la ragazza che ho
intravisto sulle scale nel Mondo Bariano! Quella che duellava contro
Vector... Quella di cui ho intravisto l'ombra all'ospedale!”. Immediatamente le
iniziò a girare la testa e, con un veloce sguardo nella
direzione di Shark, si rese conto che anche lui aveva capito.
Shira rimase in silenzio per un altro minuto, prima di alzare le mani
in un gesto di resa e replicare, con un sorrisetto -Okay ho capito.
Cavolo, che gente seria... Erano scherzi innocenti, in fondo-.
Indirizzò il proprio sguardo verso Rio e Thomas, ancora
troppo imbarazzati e furiosi per anche solo guardarsi, e
mandò loro un bacio con la mano, facendoli arrossire e
indignare ancora di più.
Chris si schiarì la gola e tutti, compresa Shira, gli
rivolsero attenzione.
-Chi sei e perché sei qui?- domandò il giovane,
scrutandola dall'alto della piattaforma del computer.
Shira sbuffò.
-Ve l'ho già detto chi sono, mi chiamo Shira e sono umana e
vi esorto a non chiedere altro perché otterrete solo questo.
E sono qui per unirmi alla vostra missione-.
Di colpo la sua voce divenne mortalmente seria. Tori sentì
dei brividi scenderle lungo la schiena.
-Missione?- chiese Shark, la voce che ancora tremava leggermente dalla
rabbia. -Quale missione, miss bambola mancata?-.
Shira gli fece la linguaccia.
-Quella che prevede il recupero dei vostri segnali rossi, mi pare
ovvio-.
La sua affermazione scatenò una serie di mormorii confusi in
tutta la sala e un -Ma stiamo scherzando?- da parte di Bronk, che
sembrava il più confuso di tutti.
Vedendo le loro reazioni, Shira alzò gli occhi al cielo.
-E voi dovreste essere quelli in grado di proteggere la Terra? Questo
pianeta non ha un bel futuro-.
Sospirò in modo teatrale, per poi riprendere il suo
discorso.
-Vi spiegherò io in poche parole semplici semplici cosa sta
succedendo e prima che lo chiediate, sì, professori, so
tutto del vostro programma
top-secret-altamente-pericoloso-e-imprevedibile. Allora-
iniziò e Tori si ritrovò, seppur malvolentieri,
presa dalla spiegazione.
-Tralasciando tutto il funzionamento del programma, che spero vi
abbiano già spiegato, arriviamo al punto: sono comparsi i
segnali rossi. Ciò vuol dire che, se da un lato quel
vecchissimo monitor è tornato finalmente in funzione,
dall'altro è stata confermata la presenza di elementi alieni
sul pianeta Terra. Finisce qui? Non direi. Perché i segnali
lampeggiano?-.
Si voltò verso i professori.
-Vuole spiegarcelo lei, professor Faker?- domandò, con una
punta di ironia.
Tori vide il padre di Kite esitare un secondo prima di accettare
l'invito.
-Non ci è mai capitato prima, ma il fatto che i segnali
lampeggino possono significare una sola cosa: l'elemento individuato
è animato-.
Di nuovo, la sala fu pervasa da mormorii soffusi e Tori era certa di
sapere quale fosse la domanda che aleggiava nella testa di tutti.
-E adesso?- chiese, sperando con tutto il cuore che qualcuno avesse la
risposta.
-Adesso, Occhioni Dolci, è qui che viene il bello-.
Shira avanzò di un passo, il rumore dei tacchi come un tuono
nella sala, gli occhi due fuochi ardenti.
E per quanto Tori non sopportasse quello stupido soprannome che le era
appena stato assegnato, avrebbe preferito mille volte quello al posto
delle parole che uscirono dalle labbra di Shira.
-Questa è una caccia, signori miei. E' il momento di
dimostrare chi siete: la preda o il cacciatore?-.
Noticine:
1. vi ricordo che i caratteri in
corsivo rappresentano i pensieri (ora che ci penso questa nota avrei
dovuto metterla all'inizio... ah beh, pazienza)
2. se qualcuno di voi ha notato
come Ast sia un po' OOC, sappiate che è voluto. Per quanto
Ast possa essere stato Yuma in una vita passata, è comunque
avvenuta un reicarnazione. Yuma, per quanto simile, NON è
Ast. Per intenderci, anche se la base è la stessa, alcuni
elementi della personalità sono diversi. Spero di non avervi
confuso ancora di più ahahaha^^
3. cosa ve ne pare di Shira?
Chiedo il vostro parere perché io con questo personaggio
faccio a botte XD a volte sembra che prenda vita dalla tastiera...
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Capitolo 19 *** AVVISO ***
Salve a tutti. Questo sarà un avviso molto veloce. Mi è giunta voce, e ho avuto modo di confermare, che qualcuno ha iniziato a scrivere un sequel della mia storia "il segreto dei cinque mondi" intitolato "Il segreto dei cinque mondi 2". Sappiate che questo sequel non è stato autorizzato e che io stessa non ne ero consapevole fino a pochi minuti fa. Inoltre, volevo chiarire una cosa: questa storia, per quanto sia difficile da credere, NON è abbandonata, ma solo in stand-by e ho tutte le intenzioni di finirla in futuro.
Grazie mille a tutti coloro che hanno avuto la cortesia di leggere questo messaggio.
HinataMadd
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