Memories

di Ms Mary Santiago
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Renford/Katherine ***
Capitolo 2: *** Alphard/Adhara ***
Capitolo 3: *** Devon/Laura ***
Capitolo 4: *** Fleamont/Kara ***
Capitolo 5: *** Stephen/Drusilla ***
Capitolo 6: *** Abraxas/Alexandra ***
Capitolo 7: *** Tobias/Sophie ***



Capitolo 1
*** Renford/Katherine ***



Renford Lestrange & Katherine Nott in Lestrange

 

 

 

 

 

 

1950

 

 

 

 

 

 

Sdraiata sulla spiaggia dalla candida sabbia della Costa Azzurra, Katherine volse lo sguardo verso quello che una settimana prima era diventato suo marito.

Renford fissava l’oceano con lo sguardo perso, la mente lontana chilometri da quel posto.

- Se fossi un pizzico più egocentrica mi risentirei perché sono piuttosto certa che tu non stia pensando a me. –

Lo vide incrociare il suo sguardo, increspando appena le labbra sottili in un accenno di sorriso.

- Menomale che non sei poi così egocentrica. –

Risero insieme.

Poi, con un gesto rapido e repentino, Katherine raccolse una manciata di sabbia e gliela lanciò contro.

Colpito in pieno, Renford si alzò dallo scoglio e la raggiunse, sollevandola come se non pesasse nulla per poi farla rotolare sulla sabbia umida del bagnasciuga.

- Questa è guerra – sentenziò la ragazza, osservando le ciocche castane irrimediabilmente impiastricciate.

- Coraggio, signora Lestrange, fatti sotto. –

Ribaltò le posizioni, finendo a cavalcioni su di lui, e allungò le mani per afferrargli i polsi.

Fissandolo dritto in quelle pozze color cobalto, Katherine si ritrovò a constatare per l’ennesima volta quanto fosse bello suo marito.

Razionalmente aveva sempre saputo della sua avvenenza, ma da quando si erano sposati il suo corpo ne aveva preso coscienza a tutto un altro livello.

Supponeva che dipendesse dal fatto di passare tutto quel tempo in modo molto più ravvicinato di quanto qualsiasi amico avrebbe mai fatto.

- Allora? Hai deciso di arrenderti? –

Si riscosse dalle sue considerazioni appena in tempo per realizzare che le mani di Renford si erano chiuse sui suoi fianchi morbidi e la stavano solleticando.

Si divincolò in preda al solletico, facendo entrare in contatto parti che tra loro erano state ampiamente lontane fino a quel momento.

Vide le iridi cobalto di Renford incupirsi, lasciando trapelare la lussuria, e non aveva certo bisogno di uno specchio per sapere che nel suo sguardo doveva esserci la stessa espressione.

Si chinò su di lui, lasciando che la pelle scoperta dal bikini aderisse al petto asciutto e muscoloso.

Alzò appena il capo, baciandolo sulle labbra sottili.

Renford rispose approfondendo il contatto, le mani che vagavano su ogni centimetro del corpo della ragazza stesa su di lui.

Potevano dirsi molte cose del loro matrimonio; forse non si amavano, ma di sicuro l’attrazione tra loro non mancava.

Era più di quanto molte coppie di Purosangue potessero anche solo sperare di avere.

 

 

 

 

 

 

 

 

1951

 

 

 

 

 

 

- Katherine come sta? –

Allontanò la maschera, scoprendo il volto, mentre rientravano nel cortile del quartier generale che altro non era che la villa dei Malfoy.

- La conosci. Borbotta, impreca e batte i piedi, dicendo che non vede l’ora che arrivi la data del parto. –

Abraxas annuì sorridendo.

Effettivamente la pazienza non era una virtù della loro ex compagna di Casa.

- Avete già deciso il nome? –

Annuì. – Rodolphus. Dovrebbe nascere un paio di mesi prima della figlia di Cygnus e Druella. –

- Sento odore di contratto matrimoniale? –

Renford si strinse nelle spalle.

Generazioni di Lestrange avevano intrecciato il loro destino a generazioni di giovani Purosangue di altre famiglie, ma lui era la dimostrazione vivente che fare troppi piani per il futuro amoroso dei propri figli non fosse una mossa brillante.

- Non credo. A Cygnus ovviamente piacerebbe; Druella è andata a trovare Katherine due volte questa settimana malgrado il pancione, credo che stia cercando di portarla dalla loro parte. –

- Beh, buona fortuna. Quei due non sanno in cosa si sono cacciati. –

Scoppiarono a ridere, sedendo nel salotto dei Malfoy, interrompendosi solo quando il resto del gruppo fece la propria comparsa.

Rookwood, Avery e Mulciber si lasciarono cadere sul lungo divano bianco, sospirando.

- Questa storia sta diventando davvero stressante. Ci sono Auror da tutte le parti da quando abbiamo avvicinato il responsabile delle relazioni con il Primo ministro Babbano. –

Avvicinato era un bell’eufemismo per indicare l’avere fatto penzolare un uomo fuori dalla finestra del decimo piano.

- Povera stella, perché non lo fai presente a Tom? Sono certo che sarebbe felice di sentire le tue lamentele. –

Avery perse un po’ del già misero colorito sul volto scavato.

- Credo che mi terrò le lamentele per me. –

- Bene, allora comincia a chiudere la bocca da subito. La tua voce mi fa venire il mal di testa. –

Capendo che non era aria, il trio lasciò in fretta il salone di villa Malfoy per poi Smaterializzarsi.

- Non li sopporti proprio, eh? –

- Per nulla. Sono tre idioti, specialmente Avery. –

Abraxas fece per replicare, ma proprio in quel momento tra le fiamme ardenti del caminetto lampeggiò il volto della matrona di casa Lestrange.

Poco dietro di lei si intravedevano le sagome di suo marito e dei suoi suoceri.

- Renford, torna immediatamente a casa, ci siamo – annunciò.

Con un rapido colpo di reni si ritrovò in piedi, afferrando il mantello da viaggio e puntando verso la porta.

- Io e Alexandra passeremo a trovarvi domani – gli gridò dietro Abraxas, ricevendo in risposta uno sventolio di mano in cenno d’assenso.

 

 

 

 

 

1955

 

 

 

 

 

 

Renford aprì l’anta dell’armadio in cui teneva i completi, trovandosi davanti Rodolphus che se ne stava seduto a terra tra i pantaloni a mezz’asta.

Sorrise intenerito dall’espressione da cucciolo bastonato del figlio.

- Come mai ti nascondi qui, ometto? –

- Ho fatto arrabbiare la mamma -, ammise, - e mi sono nascosto qui così non riuscirà a prendermi. –

Lo aiutò a uscire di lì, tenendolo per la mano.

- Cosa hai combinato? –

- Ho rotto la teiera di porcellana del servizio che ci ha regalato la zia Hesper – mormorò, trascinando nervosamente i piedi sul marmo.

Conosceva bene la tazza di quel servizio ed era decisamente la cosa più brutta che avesse mai visto in vita sua.

Tuttavia Hesper era la zia preferita di Katherine, perciò si era rassegnato all’idea di vederla fare capolino ogni volta che veniva servito il thè.

- Ti proteggo io, ometto, visto che hai reso un grande servigio a questa famiglia. Quella teiera era davvero orrenda. –

Gli occhioni azzurri fecero capolino da sotto le ciocche corvine, fissandolo come se fosse il suo eroe.

Adorava quando suo figlio lo guardava in quel modo, lo faceva sentire importante e indispensabile, qualcuno su cui poter fare affidamento a occhi chiusi.

- La mamma non se la prenderà anche con te? –

- Non ho paura della mamma. –

- Lo so, ma io non sono così coraggioso. –

Rise, scompigliandogli i capelli.

- Sei un Lestrange, puoi affrontare tutto e tutti. Adesso coraggio, dobbiamo scendere, la festa per la nascita di Narcissa comincerà tra poco e se arriviamo tardi dovremo sorbirci anche la ramanzina di Druella. –

Rodolphus annuì con vigore, saltellando mentre scendeva le scale tenendo per mano il padre.

 

 

 

 

 

 

 

1958

 

 

 

 

 

Rodolphus lanciò un’occhiata incuriosita alla bambina che dormiva beatamente nella culla.

- Anche io ero così piccolo quando sono nato? –

- Non proprio così piccolo -, precisò Katherine, - pesavi un chilo più di lei. Ma sì, non c’era molta differenza. –

- Siete sicuri? – insistè, dubbioso.

Non sembrava riuscire a concepire l’idea che una cosa così piccola potesse diventare un’adulta un giorno o l’altro.

- Certo. Tra qualche anno Raelena sarà abbastanza grande da poter giocare con te e Lucius. –

Rodolphus corrugò la fronte, indignato.

- Ma io non voglio giocare con lei … è una femmina. Perché con lei non giocano Bella, Meda e Cissy? –

Katherine e Renford si scambiarono un’occhiata divertita.

Se solo avessero potuto registrare quella conversazione e fargliela sentire a distanza di sei o sette anni. Allora sì che ci sarebbe stato di che divertirsi.

- D’accordo allora, non sarai obbligato a giocare con lei -, replicò Ren, - ma è la tua sorellina perciò dovrai vegliare su di lei. Ti senti pronto a proteggerla, ometto? –

Annuì risoluto, sfiorando con la mano le dita cicciotte della sorella.

- Questo posso farlo – confermò, sorridendo a sua volta nel vedere la piccola che gli rivolgeva un sorriso sdentato e agitava manine e piedini verso di lui.

 

 

 

 

 

 

1963

 

 

 

 

 

 

Raelena e Rabastan corsero verso casa a perdifiato, rischiando di scontrarsi contro le gambe della madre.

Katherine fermò la loro folle corsa, afferrando ognuno dei due per il colletto della maglia.

- Si può sapere dove state correndo voi due piccole pesti? –

- Scappiamo da Rod – replicò Raelena, le iridi verde azzurre che scintillavano furbe al di sotto della frangetta.

Era l’unica dei suoi figli ad aver ereditato le sue pagliuzze verdi che impreziosivano le iridi blu ereditate dal padre.

- E come mai? –

- Perché Rae ha rubato una delle lettere che si è scritto con Lucius, quella in cui diceva che gli piaceva Bella – confessò Rabastan.

Raelena rifilò un pugno sul braccio del fratello.

- Spia. –

- Ahia -, gemette, - mamma, Rae mi ha fatto male. –

- Rae chiedi scusa a tuo fratello e tu cosa hai imparato Rab? –

- La spia non si fa – ammise il piccolo, fissando il pavimento con aria mortificata.

- Molto bene, adesso tocca a te, Rae. –

La piccola arricciò le labbra come se avesse assaporato qualcosa di aspro e disgustoso, ma sotto lo sguardo esigente della madre non potè fare a meno di chinare il capo e bofonchiare con poca convinzione: - Scusami, Rab. –

Soddisfatta, Katherine lasciò andare entrambi i piccoli teppisti.

- Cercate di non combinare altri guai. –

Annuirono, riprendendo poi a correre lungo le scale che conducevano alla zona notte.

Li sentì chiudere la porta a chiave dietro di loro pochi istanti prima che Rodolphus facesse il suo ingresso.

- Giuro che li ammazzo. –

- Tu non ammazzi proprio nessuno, signorino –, replicò Kat, - tantomeno se si tratta dei tuoi fratelli. –

- Ma mamma … hanno preso una cosa. –

- La lettera in cui confessi di avere una piccola cotta per Bella? –

Lo vide avvampare, distogliendo lo sguardo imbarazzato.

- Mamma, per favore, non mettertici anche tu! –

- Guarda che non c’è nulla di male se lei ti piace; è una ragazzina molto carina. –

- Mamma -, gemette, - di queste cose non ne voglio parlare con te. –

Ridendo, Katherine annuì e lo accontentò, lasciandolo andare senza insistere oltre sul discorso.

Uomini.

Non importava quanti anni avessero, la loro capacità d’esternare i sentimenti era sempre effimera.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1969

 

 

 

 

 

 

 

 

- Rae, non correre – ripetè Kat per l’ennesima volta, ma sembrava che la figlia non avesse la minima intenzione di starla a sentire.

Da quando si era svegliata era stata a dir poco su di giri.

Tuttavia qualcosa doveva aver attirato la sua attenzione perché la vide fermarsi di botto.

La raggiunse, seguendo il suo sguardo fino a incontrare un ragazzo con al collo la sciarpa dei Grifondoro che doveva avere all’incirca sedici anni.

Aveva capelli biondi e occhi azzurri come il cielo e c’era qualcosa in lui che le ricordava i tempi della scuola.

- Per l’amor di Salazar, non anche tu – sbuffò Rodolphus, accortosi a sua volta di ciò che aveva attirato l’attenzione della sorellina, - Metà scuola è innamorata persa di James Brooks, quell’idiota di un Cercatore del sesto anno. –

- Dici che è un idiota solo perché durante l’ultima partita ha conquistato lui il Boccino e voi avete perso la coppa. –

- Sta’ zitto, Rab. –

Rabastan ricambiò lo sguardo del maggiore, inarcando un sopracciglio scuro con fare sicuro di sé.

- Altrimenti? –

Katherine d’altro canto era troppo presa nel metabolizzare il cognome per zittirli; ecco perché le era familiare: quel ragazzo doveva essere l’ultimo dei tre figli di Tobias e Sophia Brooks.

Renford assistè allo scambio con la fronte corrucciata, chinandosi a guardare dritta negli occhi la figlia.

- Lascia perdere i ragazzi, non servono a nulla. –

- Ma anche tu sei un ragazzo – obiettò.

- Sì, ma io sono tuo padre, io sono importante … così come Rod e Rab, il resto è inutile. Capito, principessa? –

Annuì, titubante.

- D’accordo. Via i ragazzi. –

Annuendo soddisfatto, Renford le depositò un bacio sulla fronte.

- Bravissima e cerca di ricordartelo per tutti gli anni a venire. –

 

 

 

 

 

 

Rodolphus Lestrange – Nato nel 1951, Serpeverde

 

Raelena Lestrange – Nata nel 1957, Serpeverde

 

 

Rabastan Lestrange – Nato nel 1958, Serpeverde

 

 

 

 

 

1971

 

 

 

 

 

 

 

Renford percorse l’atrio del castello a passo spedito.

Erano anni che non metteva piede lì dentro, non essendosi mai interessato più di tanto agli affari del comitato scolastico dei genitori; era Abraxas quello che presiedeva con assiduità ogni riunione e lo informava dei nuovi sviluppi, lui aveva di meglio da fare che partecipare a riunioni con corpo docenti e genitori isterici.

Eppure in quel caso non aveva avuto scelta.

Quando la vice preside della scuola ti convoca non per uno ma per ben due figli allora non puoi esimerti dal presentarti.

Bussò piano alla porta dell’ufficio.

- Avanti. –

Aprì la porta, trovandosi davanti due iridi verdi tremendamente familiari.

Il ricordo di quei mesi passati insieme poco meno di trent’anni fa erano una fitta al cuore.

E a giudicare dall’espressione sul suo volto lei doveva star pensando la stessa cosa.

- Minerva. –

- Renford. Prego, accomodati. –

Prese posto sulla sedia di fronte alla scrivania, adagiando la schiena contro lo schienale alto e rigido.

- Cosa hanno combinato questa volta? –

Aveva perso il conto delle lettere di richiamo che aveva ricevuto dalla scuola nel corso di quei tre anni.

Raelena e Rabastan erano molto diversi dal posato Rodolphus e l’avevano messo in chiaro fin dall’inizio.

- Sono ragazzi molto più vivaci di Rodolphus, ma certe volte si avvicinano fin troppo al limite massimo. È un peccato perché sono molto intelligenti e quando si applicano hanno ottimi voti. Horace non fa altro che proteggerli, ma … -

Tipico di Lumacorno prendere sotto la sua ala protettiva i figli dei suoi studenti prediletti.

- Cosa hanno distrutto? –

- Hanno allagato metà delle serre. Pomona è furiosa. –

- Pensavo peggio -, sospirò, - tipo aver dato fuoco a qualche studente. –

Vide le labbra di Minerva tendersi in un sorriso appena accennato.

- Hanno ricevuto una punizione e hanno perso venti punti a testa. –

- Più che ragionevole -, convenne, - ma mi assicurerò che capiscano che il loro comportamento a scuola avrà delle conseguenze anche in famiglia. Quando è la prima uscita a Hogsmeade per gli studenti del terzo anno? –

- Venerdì. –

- Allora considera Raelena e Rabastan esclusi dall'uscita, dovrebbe servire a dare loro una calmata. –

- Spero che basti. –

- Se non c’è altro … -

- Nient’altro -, assicurò, - spero di darti notizie migliori in futuro. –

Annuì, dirigendosi verso la porta.

Era con la mano sul pomello quando Minerva lo richiamò.

- Ren … -

- Sì? –

- Sono contenta di averti rivisto. –

- Anche io, Minnie … anche io. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Come vi avevo anticipato ho deciso di inserire una raccolta di OS collegate all’interattiva “Hogwarts 1944 – First Act”. Compariranno tutte le coppie presenti nella storia e i loro pargoletti e sarà una sorta di prequel rispetto alla prossima interattiva che li vedrà come protagonisti (“Hogwarts 1973 – First Order of Phoenix”) e il cui Prologo dovrebbe uscire sabato mattina. Ho deciso di cominciare da Renford e Katherine, ma per il prossimo capitolo vi lascio libertà di scelta; di chi volete leggere?

- Adhara/Alphard;

- Kara/Fleamont;

- Abraxas/Alexandra;

- Laura/Devon;

- Sophie/Tobias;

- Drusilla/Stephen.

 

A domani con l’Epilogo di “Hogwarts 1944”.

Al prossimo aggiornamento.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

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Capitolo 2
*** Alphard/Adhara ***


Alphard Black & Adhara Rosier in Black

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1956

 

 

 

 

 

 

Le vacanze di Natale si stavano avvicinando rapidamente e con esse il momento dell’anno che Adhara sopportava meno: il ricongiungimento con l’immensa famiglia Black.

Ci sarebbero stati Cygnus e Druella, con le tre figlie a seguito, ed Orion e Walburga che continuavano a provare a generare un figlio ma senza molto successo.

La mancata gravidanza rendeva Walburga ancora più isterica di quanto non fosse abitualmente, sebbene Adhara avesse a lungo stentato nel crederlo possibile.

Ai Black serviva un erede, ma dalla parte di Cygnus erano nate una bambina dopo l’altra quasi come se il destino si facesse beffe di loro.

Bellissime, educate alla perfezione e tutte molto intelligenti, certo, ma incapaci di portare avanti la linea di sangue dei Black.

La preferita di Adhara era l’ultima nata, la piccola Narcissa, che sembrava più che mai una bambola con quei suoi boccoli biondi e i grandi occhi azzurri; era l’incarnazione dei geni Rosier, che solo nel suo caso avevano prevalso visto che Bellatrix e Andromeda gridavano Black da ogni poro, e faceva presagire la bellezza che sarebbe diventata crescendo.

Era il primo Natale con Narcissa tra loro e le aveva comprato una bambola che le assomigliava incredibilmente; l’aveva scelta proprio per quel motivo ed era abbastanza sicura che alla piccola sarebbe piaciuta.

Quanto ad Andromeda aveva scelto un libro data la sua passione per le favole, che si faceva leggere in continuazione dall’elfa domestica, ma Bellatrix restava un mistero.

Era la preferita di Cygnus e persino Walburga mostrava una netta simpatia nei confronti della nipote maggiore; eppure Bella era una ragazzina strana.

Determinata, caparbia, non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno ed era più che mai decisa a dimostrare di valere quanto un maschio.

A dirla tutta non era poi così dissimile da lei quando aveva la sua età.

Eppure c’era qualcosa in lei che la faceva rabbrividire.

Scacciò quella sensazione, dandosi della ridicola.

Stava parlando di una bambina di cinque anni, cosa poteva mai avere di strano?

Alphard fece capolino nella stanza, rivolgendole un’occhiata interrogativa.

- Bella incantata? –

Si riscosse dalle sue considerazioni, sorridendo.

- Stavo solo pensando a Bellatrix. La festa è questa sera e non le abbiamo ancora fatto un regalo. –

Le mostrò un pacchetto infiocchettato con cura.

- Ci ho pensato io. A quanto dice Cygnus alla piccola piace il Quidditch, vuole diventare una Battitrice una volta arrivata a Hogwarts. Così le ho preso “Storia del Quidditch”. –

Gli si avvicinò, cingendogli il collo con le braccia e alzandosi in punta di piedi per sfiorare le labbra con le sue.

- Ma che fidanzato intelligente che ho. –

- Bello e intelligente -, precisò, - credo proprio che tu abbia fatto l’affare della vita. –

- Credo che tu abbia ragione. –

Interdetto, Alphard sgranò le iridi blu.

- Ma come, mi dai ragione senza controbattere? –

- Non posso certo negare l’evidenza – replicò, facendogli l’occhiolino mentre giocherellava con la cravatta.

- Non cominciare cose che non hai intenzione di finire – mormorò, chinandosi a mordicchiarle il lobo dell’orecchio.

- E chi ha detto che non ho intenzione di finirle? –

Camminò all’indietro verso il gigantesco letto a baldacchino, attirandolo a sé.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1957

 

 

 

 

 

 

Alphard camminava avanti e indietro per il corridoio della villa, il bel volto contratto per la tensione dell’attesa.

Orion e Cygnus erano a pochi passi da lui, il primo fumava un sigaro e l’altro sembrava indeciso sul raggiungere o meno il fratello.

Le donne erano tutte nella stanza in cui Adhara si accingeva a partorire.

- Stai tranquillo, andrà tutto bene, abbiamo i migliori Medimaghi e le migliori levatrici a disposizione – lo rincuorò Cygnus.

Annuì distrattamente.

La verità era che da quando aveva sentito il primo urlo di dolore di Adhara non era riuscito a pensare a nulla che non fosse entrare lì dentro e prendere su di sé tutto il dolore che la sua giovane moglie stava provando.

- Non sapete se è maschio o femmina? – chiese Orion.

Scosse il capo.

Se fosse dipeso da lui l’avrebbe voluto sapere, ma Adhara preferiva che fosse una sorpresa.

Se fosse stato maschio avrebbe avuto su di sé un sacco di aspettative ancora prima di venire al mondo e se fosse stata una bambina sarebbe stata considerata fin da subito un eccessivo spreco d’attenzioni da chi sperava tanto in un erede.

Sembrava che il tanto atteso maschio fosse destinato finalmente ad arrivare, ma Walburga aveva avuto un aborto spontaneo quando era solo al secondo mese; era una cosa che capitava nei primi mesi di gravidanza, così le avevano detto i medici, ma sua sorella sembrava essersi accanita ancora di più nel volere un maschietto.

Se proprio non fosse stato figlio suo si sarebbe accontentata anche solo di un nipote.

Ecco perché l’intera famiglia era radunata lì.

Era il momento della verità: Adhara avrebbe dato alla luce una bambina o un bambino?

- A che nomi avete pensato? –

- Se è un bambino Gemini, se è una femminuccia Hydra. –

Orion parve approvare i nomi perché non li commentò in alcun modo.

A dire il vero gli sarebbe piaciuto molto anche Sirius, ma sapeva bene che sua sorella era decisa a chiamare in quel modo un eventuale figlio.

Per amore suo non l’avrebbe privata del suo nome preferito.

La porta della camera venne aperta e una delle levatrici fece capolino, sorridendo al suo indirizzo.

- Signor Black, congratulazioni, la bambina è nata e sua moglie è in ottima salute. –

Sentiva chiaramente su di sé gli sguardi di Cygnus e Orion.

Ancora una volta una bambina.

E pensare che i Malfoy provavano da un paio d’anni ad avere una femminuccia ma senza alcun risultato.

L’ironia del fato.

A lui comunque una bambina stava più che bene, anzi a dirla tutta era l’opzione che preferiva sebbene non l’avesse mai detto a nessuno in famiglia per evitare il linciaggio, perché l’idea di avere una sua piccola principessa da viziare lo deliziava.

Entrò nella stanza, avvicinandosi al letto sul quale giaceva Adhara; aveva l’aria stremata, ma sorrideva come se quello fosse il momento più bello della sua intera esistenza mentre cullava la loro bambina.

- Hydra, guarda chi c’è, è papà – sussurrò, porgendogli quel frugoletto avvolto nella copertina.

La prese con esitazione, temendo di farle accidentalmente del male tanto era piccola e fragile tra le sue braccia forti.

La carnagione era alabastrina, una zazzera di corti capelli castani e due grandi occhi azzurri come il cielo che lo fissavano con espressione allegra.

La loro bambina. 

 

 

 

 

 

 

 

 

1964

 

 

 

 

 

- Una proposta di contratto matrimoniale? – ripetè Adhara, con un tono di voce che denotava chiaramente cosa pensava dell’idea.

- Noi Black dobbiamo garantire la dinastia, mia cara – provò a farla ragionare Irma.

- Hydra ha solo sette anni. Mi rifiuto di acconsentire a venderla al migliore offerente come se fosse bestiame. Tu forse sarai stata d’accordo quando si trattava di Walburga, ma io no. –

- I Carrow sono un’ottima famiglia, appartengono persino alle Sacre Ventotto, è un affare vantaggioso. –

- Mia figlia non è un affare. Alphard, tu la pensi come tua madre? –

Sentì gli sguardi delle due donne su di lui.

Perfetto, si trovava proprio tra due fuochi.

Si sarebbe carbonizzato, poco ma sicuro.

- Io credo che sia davvero troppo presto per prendere anche solo in considerazione l’idea, mamma. Quando Hydra sarà più grande ne parleremo con lei e prenderemo una decisione che le vada bene. Dopotutto se è una Black a sette anni non smetterà certo di esserlo quando ne avrà compiuti diciassette – concluse, ironico.

Irma alzò gli occhi al cielo, sbuffando decisamente contrariata, ma sapeva bene di non poter fare nulla contro la decisione presa dal figlio e dalla nuora.

- Fate come credete, ma davvero non capisco questa indignazione. Bellatrix e Rodolphus Lestrange sono già promessi e manca molto poco per ufficializzare anche le cose tra Narcissa e Lucius Malfoy. –

Adhara alzò gli occhi al cielo a sua volta, nell’evidente tentativo di ingoiare una rispostaccia.

- Mamma, ne riparleremo in futuro, ora grazie per la visita ma io e mia moglie vorremo stare un po’ da soli – concluse, ammiccando leggermente.

Con una risatina, la vecchia strega recuperò la sua borsetta e seguì l’elfa verso l’uscita della villa.

- Tua madre è veramente una strega e non nel senso Purosangue del termine. –

- Lo so bene, ma apprezzo che tu non l’abbia Schiantata. –

- C’è mancato davvero poco. Promettimi che non venderemo mai Hydra come se fosse un oggetto. –

Annuì, prendendole le mani tra le sue.

- Te lo giuro. Hydra non sarà mai costretta a sposare una persona che non ama. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1967

 

 

 

 

 

 

Hydra correva nel giardino della villa giocando ad acchiapparsi con Sirius e Regulus. Non aveva mai legato particolarmente con le cugine, ma con i cugini era tutta un’altra storia.

Adorava sia Sirius che Regulus e passava tutto il tempo che poteva in loro compagnia.

In tono nemmeno così scherzoso, Orion aveva sollevato un paio di volte la questione su un eventuale fidanzamento tra lei e Sirius in modo tale da mantenere in auge il nome dei Black.

L’occhiata assassina di Adhara era stata sufficiente a farlo desistere dall’affrontare nuovamente l’argomento.

Ripensando a quella scena ad Alphard venne da sorridere; sua moglie sapeva intimorire praticamente chiunque quando voleva.

I bambini erano al terzo giro del giardino quando Hydra inciampò, cadendo a terra e battendo le ginocchia sul mattonato.

Non emise il minimo lamento, ma prima che lui potesse pensare di uscire a soccorrerla vide che i suoi cugini erano già lì.

Hydra tese una mano verso il più grande.

- Sir, dammi una mano! –

Sirius obbedì, aiutandola a rimettersi in piedi, e si chinò poi ad esaminarle il ginocchio.

- Non mi sembra che sia nulla di grave – asserì, con una serietà nelle iridi grigie che lo fece sembrare molto più grande dei suoi sette anni.

- Se vuoi posso andare a prenderti dell’acqua per togliere il sangue – aggiunse Regulus, nell’evidente tentativo di rendersi utile a sua volta.

- Grazie, Reg. –

Lo vide scattare verso casa, entrando nella cucina in una manciata di secondi.

- Ciao, zio Alphard – esordì sorridendo allegro.

- Ciao, Regulus. Cosa succede alla mia principessa? –

- Hydra è inciampata mentre giocavamo, ma Sirius dice che non è nulla di grave e lei non ha nemmeno pianto. –

Pronunciò la seconda parte della frase con un tono quasi religioso come se il semplice fatto che suo fratello dicesse una cosa la rendesse automaticamente incontestabile e che una ragazza non piangesse fosse un fatto del tutto inaspettato.

- E tu cosa fai? –

- Io prendo un panno umido per pulire i graffi – annunciò tutto fiero del suo compito.

- Allora ti lascio al tuo lavoro. Siete molto bravi, ragazzi, so che con voi Hydra è in buone mani. –

Regulus gli rivolse un sorriso enorme, afferrò il panno umido e corse nuovamente fuori.

Ricordava cosa si provava a essere il più piccolo in famiglia ed era contento che Regulus avesse trovato qualcuno che lo supportava costantemente.

 

 

 

 

 

Hydra Black – Nata nel 1957, Corvonero

 

 

 

1971

 

 

 

 

Sul binario nove e tre quarti, attendevano che il treno emettesse il consueto fischio che annunciava la partenza per Hogwarts quando Sirius si avvicinò a loro con espressione a metà tra il disgustato e l’indignato sul volto.

- Cosa succede, campione? –

- Ho visto Hydra e un ragazzo che si baciavano – disse, arricciando il naso.

- Cosa? È impossibile, chi è quello lì? – domandò Regulus, dando voce alle medesime domande che affollavano la mente di Alphard.

Orion scoppiò a ridere davanti a quella gelosia ben manifesta di entrambi i figli.

- L’avevo detto che un fidanzamento poteva essere una buona idea. –

- Non ricominciare, Orion -, lo rimbeccò Adhara, - quanto al ragazzo che avete visto deve trattarsi di Nicholas. –

- Nicholas King, il figlio di Stephen e Drusilla? –

Conosceva il ragazzo per via dell’amicizia che legava sua moglie alla madre, ma non gli piaceva particolarmente; lo riteneva fin troppo simile al padre e non si poteva certo dire che i primi anni di scuola di Stephen non fossero stati a dir poco turbolenti.

- Esattamente. –

- Non mi piace. –

- Ma non mi dire, non l’avrei mai detto – rise Adhara.

- Non dirmi che tu e Drusilla sapevate della loro storia e avete tramato alle mie spalle. –

- Tramato, che parolone, ma sì sapevamo che c’era del tenero da loro. È dalla festa di Halloween dello scorso anno che si frequentano – annunciò.

- Dovrò farci un bel discorsetto con quel signorino … -

- Alph, hanno solo quattordici e quindici anni. Cosa vuoi che succeda? –

Lo scambio di sguardi tra Alphard e Orion fu eloquente.

Di tutto.

Poteva succedere di tutto e loro lo sapevano bene visto che prima di fidanzarsi non erano certo stati dei santi.

- Fatto sta che lo tengo d’occhio. –

- Oh sì, sono certa che adesso Nick non dormirà più sonni tranquilli avendo questa consapevolezza. Coraggio, signor gelosone, stanno partendo. –

Alzarono la mano in cenno di saluto quando Hydra si affacciò dallo scompartimento che condivideva con i tre fratelli Bones e Nicholas e Rebekah King.

- La cosa continua a non piacermi – annunciò mentre uscivano dalla stazione.

- Ne prendo atto e vado avanti a vivere lo stesso. –

 

 

 

 

 

 

 

 

1972

 

 

 

 

 

La spilla era giunta quella mattina, annunciandole che finalmente anche lei avrebbe rivestito un ruolo importante all’interno della scuola.

Come regalo i suoi genitori le avevano fatto dono di un cucciolo di gatto del bengala che aveva chiamato Salem.

Adesso era intenta a guardarlo giocare con un gomitolo di lana che gli aveva lanciato.

Venne interrotta da Sirius, che fece capolino nella sua stanza.

- Ehy, Sir. Ti serve qualcosa? –

- Ecco … io volevo solo parlare prima di riprendere il treno e tornare a scuola. –

Battè sul pavimento accanto a lei, invitandolo a sedersi.

- Certo, dimmi pure. –

- Non è facile -, annunciò tormentandosi le mani con nervosismo, - non so come la prenderai. –

- Lo sai che puoi dirmi tutto, no? –

Sirius prese un respiro profondo, guardandola dritta negli occhi con una serietà assoluta.

- Io sono innamorato di te, Dra. –

Interdetta, le ci volle qualche secondo prima di trovare le parole più adatte.

- Sir, lo sai che non si può … -

- Perché siamo cugini? Anche i miei genitori lo sono -, l’anticipò, - oppure è per l’età? Lo so che sono più piccolo di te di tre anni, ma sono molto maturo per la mia età. Lo dicono tutti. –

Scosse il capo, allontanando le ciocche castane dal volto.

- Non è per questo, Sir. Lo sai che sei il mio cugino preferito, ma il bene che ti voglio è paragonabile a quello che si può volere a un fratello. Ti voglio bene, un bene infinito, ma non ti amo – replicò gentilmente.

- Perché ami Nicholas King – concluse amaramente.

Improvvisamente l’astio del cugino nei confronti del suo fidanzato assumeva tutto un altro significato.

- È per questo che non lo sopporti? –

Annuì. – Io sarei molto meglio per te. –

Allungò una mano, affondandola nelle scomposte ciocche corvine del cugino per poi spingerle all’indietro.

- La ragazza che starà con te sarà molto fortunata, Sir, ma non sarò io. –

Sconfitto, Sirius avanzò l’ultima richiesta.

- Posso avere un bacio? Uno solo, voglio che il mio primo bacio sia con te indipendentemente da come sono andate le cose. –

Hydra annuì in silenzio, avvicinandosi al cugino.

Appoggiò le labbra sulle sue in un contatto casto e lieve che durò qualche secondo prima che lei si ritraesse.

Dal corridoio, dove tutta la conversazione era stata ascoltata per filo e per segno da Alphard e Adhara, giunse il commento lieve dell’uomo.

- Sono sconvolto, sembra proprio che una volta tanto Orion avesse ragione su qualcosa. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

A tempo di record eccoci qui con la nuova OS, questa volta dedicata agli Alphara.

Vi anticipo che per una questione di parità di voti, il prossimo capitolo sarà dedicato ai Devara e, per rispondere a chi me l’ha chiesto tramite mp, ovviamente alla votazione possono partecipare anche coloro che hanno letto Hogwarts 1944 senza partecipare.

Come sempre spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi invito a esprimere la vostra preferenza per la prossima coppia protagonista.

Al prossimo aggiornamento.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

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Capitolo 3
*** Devon/Laura ***


 

Devon Bones & Laura Neuberg in Bones

 

 

 

 

 

1952

 

 

 

 

 

 

 

Alya risistemò per l’ennesima volta il velo dell’amica, stando attenta che il piccolo diadema che lo sorreggeva non s’impigliasse nelle ciocche fresche di acconciatura.

Era certa che in caso contrario Drusilla avrebbe dato di matto visto che aveva impiegato ben venti minuti per riuscire ad assicurarsi che l’elaborata treccia si attorcigliasse sul capo in modo perfetto.

- Ecco fatto, adesso sei perfetta. –

Lanciando un’occhiata alla figura che lo specchio le rimandava, Laura sentì un enorme sorriso farsi largo sul suo volto.

Non avrebbe potuto essere più felice di quel momento.

- Non osare piangere -, l’ammonì Drusilla, - oppure il trucco colerà sul volto e ti trasformerai in una sposa pagliaccio. –

Risero all’unisono sotto gli occhi della madre, in attesa di accompagnare la figlia all’altare.

- Tuo padre sarebbe stato fiero della tua decisione, Laura. Devon è un bravo ragazzo, gli sarebbe piaciuto – asserì, abbracciandola un’ultima volta prima di prenderla sottobraccio e condurla fuori dalla stanza.

Percorsero le gradinata che conduceva all’immenso giardino allestito per la cerimonia a passo lento, per impedirle di cadere a causa dei tacchi alti.

Fosse stato per lei ne avrebbe scelti un paio più bassi e pratici, ma Drusilla aveva insistito giudicandoli a dir poco perfetti sotto quell’abito e alla fine si era lasciata convincere dalla sua damigella d’onore.

Alya, in qualità di testimone, camminava accanto a Drusilla a pochi passi di distanza da lei e sua madre.

- Non vedo Devon – sussurrò, quando riuscì finalmente a intravedere l’altare.

In effetti Stephen era lì, in piedi nell’angolo riservato al testimone dello sposo, ma del suo futuro marito non c’era alcuna traccia.

Perplessa, rivolse un’occhiata all’amico che scrollò le spalle come a dire che era una storia lunga.

Sua madre le accarezzò l’avambraccio scoperto con fare rassicurante.

- Vedrai che arriverà tra poco. –

E infatti, come a voler confermare le sue parole, non appena giunse all’altare venne attirata dal rumore di qualcuno che correva verso di loro.

Devon giunse sull’altare con il fiato corto, la cravatta annodata alla meno peggio.

- Cominciavo a credere che te la fossi svignata finchè eri ancora in tempo – sussurrò Laura, alzandosi in punta di piedi per sistemare il nodo.

- Mai nella vita. È colpa di Moody, sembrava che oggi non volesse saperne di farci finire l’addestramento. Ci crederesti se ti dicessi che fino a un’ora fa ero immerso in una sudicia palude a farmi bersagliare d’incantesimi? –

Accarezzò una ciocca di capelli ancora umidi.

- Ecco perché sembra che qualcuno ti abbia strappato via dalla doccia. –

- Già, ma questa sera potremmo sempre tornarci insieme – replicò, ammiccando con una malizia che la fece arrossire.

- Signor Bones, le sembra il momento? Mantenga un po’ di pudore. –

- Ai suoi ordini, signorina. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1955

 

 

 

 

 

 

 

Laura entrò al San Mungo seguita a ruota da Drusilla, Stephen ed Alya.

Aveva ricevuto la notizia solo pochi minuti prima e allora aveva immediatamente preteso di essere accompagnata lì.

Era già passata per un episodio simile molto tempo prima, con la morte di suo padre, e l’idea di perdere anche Devon era semplicemente insopportabile.

- Sono Laura Bones, mio marito è stato ricoverato mezz’ora fa … è un Auror, Devon Bones. –

L’infermiera all’accettazione annuì, scorrendo la lista dei degenti passati da poco all’accettazione dell’ospedale.

- Ala C, terzo piano, stanza 125 … il capo reparto è il Medimago Davies, lui saprà fornirle ogni informazione sulla salute di suo marito. –

La ringraziò, dirigendosi spedita verso la scala che l’avrebbe condotta alla stanza di Devon.

Arrivata davanti alla porta della stanza, chiusa a causa della visita ancora in corso, accarezzò distrattamente la pancia leggermente arrotondata che tradiva il quarto mese di gravidanza.

Sarebbe andato tutto bene.

Devon si sarebbe ripreso e sarebbe tornato a casa con lei.

E tra cinque mesi il loro bambino sarebbe finalmente nato e loro sarebbero diventati la famiglia che avevano sempre sognato.

Doveva essere così.

- Andrà tutto bene – sussurrò Alya, abbracciandola, - Devon è un tipo forte o non sarebbe riuscito a passare l’addestramento di Moody. –

Annuì, continuando a fissare la porta finchè non si aprì a mostrare il Medimago.

- La signora Bones? –

- Sì. –

- Suo marito è stato colpito da cinque Schiantesimi in pieno petto, ma ha ripreso conoscenza e chiede di lei. È impressionante la sua capacità di ripresa, immagino che abbia una disperata voglia di rimanere aggrappato alla vita. –

Annuì per l’ennesima volta, oltrepassandolo e precipitandosi nella stanza.

Devon teneva la schiena appoggiata contro il cuscino e appariva vigile e presente mentre rivolgeva la parola all’altro Auror presente nella stanza.

- Te l’avevo detto che mia moglie era bellissima, Burke. –

- Già, l’avevi detto – convenne l’uomo seduto sulla sedia di fronte al letto, che portava una fasciatura intorno alla spalla, alzandosi per porgerle la mano libera dall’imbracatura che sorreggeva la frattura.

- Jonathan Burke, sono uno dei compagni di squadra di suo marito. –

Ricambiò la stretta.

- È lui che mi ha riportato indietro – aggiunse Devon.

- Grazie per essersi preso cura di mio marito, per averlo riportato da me. –

Jonathan abbozzò un sorrisetto imbarazzato.

- Dovere, signora Bones. Se volete scusarmi vado a vedere come se la cava Jones, dovrebbe essere uscita dalla sala operatoria dieci minuti fa. –

Rimasti soli, Laura sedette sul bordo del letto osservandolo dalla testa ai piedi come a volersi sincerare che stesse davvero bene e non rischiasse una ricaduta da un momento all’altro.

- Se mi fai prendere di nuovo uno spavento come questo giuro che ti ammazzo. –

Le afferrò la mano, portandola alle labbra e scoccandovi un bacio.

- Non ti libererai così presto di me. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1964

 

 

 

 

 

 

- Mamma, mamma … Edgar e papà sono usciti di nuovo a caccia senza avvertirmi – sbuffò Amelia, incrociando le braccia al petto.

Alzando lo sguardo dalla pentola nella quale stava cuocendo lo stufato, Laura si voltò verso la bambina di sette anni dalle lunghe trecce e l’espressione imbronciata.

- Sono usciti molto presto, era appena sorta l’alba, e tu e Benji dormivate come dei ghiri. –

- Io non dormo come un ghiro – protestò.

Si chinò a solleticarle la pancia, facendola ridacchiare.

- Certo che lo fai. Sei il piccolo ghiro di casa. –

- Mamma? –

- Sì, tesoro? –

- La zia Alya e lo zio Jonathan verranno a trovarci questa sera insieme a zia Drusilla e zio Stephen? –

Sorrise ripensando all’affetto che la loro figlia di mezzo provava nei confronti di Jonathan Burke, tanto da averlo nominato a tutti gli effetti come zio acquisito.

- Certo. Sei contenta di rivedere Nick e Beks? –

Annuì, saltellando da una parte all’altra della cucina, per poi fermarsi di botto e lanciarle un’occhiata a metà tra il curioso e il malandrino.

- Mamma … perché la zia Alya e lo zio Jonathan non cominciano a uscire insieme? –

Tossicchiò, ignorando la saliva con la quale si era strozzata all’innocente domanda della figlia.

- E tu cosa ne sai delle relazioni tra gli adulti? –

Amelia fece un sorrisetto furbo.

- Ho sentito lo zio Jonathan dire a papà che la zia Alya è una sventola. Che significa sventola? –

Laura rise.

- Credo che tu sappia cosa significa, non è vero? –

- Forse. Ed dice che significa che una ragazza è davvero molto bella. –

- Edgar ha ragione. –

- E allora perché non escono insieme? Forse alla zia Alya lui non piace? Eppure anche lo zio Jon è uno sventolo. –

Scoppiò nuovamente a ridere.

Questa storia degli “sventoli” doveva proprio raccontarla a Dru e Alya.

- Non lo so, tesoro, ma ti prometto che lo scopriremo. –

 

 

 

 

 

 


Edgar Bones – Nato nel 1956, Tassorosso

 

Amelia Bones – Nata nel 1957, Tassorosso

 

Benjamin Bones – Nato nel 1958, Tassorosso

 

 

 

 

 

 

 

1969

 

 

 

 

 

 

Devon si chinò verso Benjamin, che sembrava incollato sul pavimento della banchina del binario 9 e ¾ come se gli avessero apposto un incantesimo adesivo.

- Che succede, Ben? –

- È solo che … ho paura – ammise.

- Paura? E di cosa? –

- Se non vengo Smistato in nessuna Casa? Edgar è coraggioso e leale mentre Amelia è intelligente e buona perciò il Cappello ha trovato loro un posto a Hogwarts. Io invece non ho nessuna qualità particolare. Se nessuna Casa andasse bene per me? –

Lo guardò dritto negli occhi, sorridendogli in modo tale che suo figlio percepisse l’affetto e l’orgoglio che provava per lui.

- Ben, sei una persona umile e generosa, ti fai sempre in quattro per le persone che ami. Per quanto mi riguarda questa è una delle migliori qualità che si possano avere. Qualsiasi Casa sarà ben felice di averti. –

- Dici sul serio? –

Devon annuì.

- Voglio che tu sia sempre consapevole di quanto io e tua madre amiamo te e i tuoi fratelli; non vi scambieremmo per nulla al mondo –, sfilò la medaglia che portava al collo e gliela mise, - Tienila con te e ricorda che anche tu hai coraggio. –

- Ma questa è la tua medaglia al valore – mormorò, osservando il riconoscimento guadagnato durante la missione che aveva visto coinvolto suo padre due anni prima.

- Me la restituirai al tuo ritorno per le vacanze. È un modo come un altro per averci vicini. –

Benjamin lo abbracciò d’impeto, sollevando i grandi occhi nocciola a incontrare le sue iridi verdi.

- Grazie, papà. –

Poi corse via, raggiungendo Edgar che lo aspettava vicino alla scaletta del treno in compagnia di Nicholas.

Quei due si sarebbero presi cura di Benjamin, nulla di male sarebbe successo al loro insicuro pulcino.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Eccoci qui con la terza OS, che come vi avevo anticipato è dedicata ai Devara e ai loro pargoli.

Per chi fosse curioso, qui sotto vi lascio il prestavolto di Jonathan Burke. Che dite, tra lui e Alya sboccerà l’amore? Credo proprio che vi toccherà scoprirlo quando arriverà l’OS dedicata a Stephen e Drusilla.

Come sempre vi invito a esprimere la vostra preferenza per la prossima OS che dovrebbe arrivare Lunedì in mattinata.

Al prossimo aggiornamento.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

 

 

 

 

 

Jonathan Burke – Nato nel 1924, ex Grifondoro

 

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Capitolo 4
*** Fleamont/Kara ***


Fleamont Potter & Kara Dawson in Potter

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1957

 

 

 

 

 

La partita era appena finita, sancendo la vittoria della nazionale inglese, quando Kara vide Fleamont distaccarsi dal resto della squadra e planare verso la tribuna d’onore dove le alte cariche e le compagne dei membri della squadra avevano assistito alla partita.

Frenò proprio di fronte a lei, sorridendo orgoglioso, le iridi castane che luccicavano dando dimostrazione di tutta l’emozione che stava provando.

Si allungò sulla scopa, estraendo una scatoletta dalla tasca interna della divisa.

Attorno a lei Kara riuscì a sentire chiaramente i sospiri trattenuti dalle donne che la circondavano.

- Kara Victoria Dawson, non posso aspettare un giorno di più senza chiedertelo … vuoi diventare mia moglie? –

Sgranò gli occhi, portando una mano sulla bocca, incredula.

Quel pazzo scatenato le aveva fatto una proposta di matrimonio nel bel mezzo della premiazione dei mondiali di Quidditch.

Sentiva gli sguardi su di sé; erano tutti in attesa di scoprire cosa avrebbe risposto, persino i giocatori e i tifosi della nazionale bulgara.

- Sì, Fleamont Potter, voglio sposarti. –

I tifosi inglesi fecero rombare la loro approvazione con grida e fischi, che aumentarono paurosamente di volume quando Fleamont si sporse ulteriormente sulla scopa e la baciò con trasporto.

 

 

 

 

 

 

 

James Potter – Nato nel 1960, Grifondoro

 

 

 

1963

 

 

 

 

 

 

- James Potter, torna immediatamente qui – esclamò, rincorrendo quel piccolo teppista che rispondeva al nome di suo figlio.

Aveva solo tre anni eppure aveva la capacità di combinarne di tutti i colori, come la volta in cui aveva quasi rotto un vaso in testa alla zia Gemima oppure quando aveva colorato di rosa tutta la coda del cane di casa.

Ebbene, in quella particolare occasione era montato in sella alla scopa giocattolo che Fleamont gli aveva regalato per Natale e si era messo a volare in giro per casa, avventurandosi quanto più in alto la scopa gli concedesse, e girando attorno all’albero di Natale vorticosamente finendo con il farlo schiantare al suolo.

- Oh oh – mormorò il piccolo, dirigendo la scopa verso la porta finestra.

Stava quasi per riuscire a farla franca quando sentì la scopa rallentare bruscamente e si ritrovò a fronteggiare sua madre che teneva saldamente tra le mani la coda in paglia.

- Non provarci nemmeno, James. È il momento di tagliare i capelli e fare il bagno. –

- Ma io non voglio. –

Lo tirò giù dalla scopa senza troppi complimenti, tenendolo stretto tra le braccia mentre si dirigeva verso il bagno.

- Papà, papà -, gridò il piccolo, - aiutami. Salvami dal drago sputafuoco, salvami! –

La risata di Fleamont provenne dallo studio nel quale si era chiuso a rispondere alle lettere che gli erano state indirizzate dai vari team che gli chiedevano di giocare per loro.

James aveva preso a chiamare drago sputafuoco sua madre ogni volta che Kara perdeva la pazienza e decideva d’imporsi.

Sarebbe stato ancora più divertente se non fosse stato consapevole che sua moglie sapeva benissimo che quella storia del drago era partita da lui e che prima o poi avrebbe trovato il modo di fargliela pagare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1971

 

 

 

 

 

 

- Mamma, chi è quel bambino? –

Kara seguì la direzione in cui puntava lo sguardo del figlio, individuando Walburga e Orion Black accanto a un bambino coetaneo di James dalle lunghe e scomposte ciocche corvine che incorniciavano due iridi grigie.

Adhara le aveva parlato a lungo del primogenito di Walburga; il piccolo Sirius era fin troppo adorabile per essere il frutto dell’unione di quei due, a suo giudizio, ed era il nipote preferito di Alphard.

- Sirius Black, è il cugino di Hydra. –

Annuì, osservandolo come se volesse farsi un’idea di lui a prima vista.

- Credi che mi troverà simpatico? –

- Penso di sì, Jamie. –

- Bene, allora vado subito a parlarci. –

Fleamont lo trattenne per la spalla, attirando la sua attenzione.

- Non così in fretta. Non vuoi salutarci prima della partenza? Puoi sempre cercare Sirius sul treno. –

L’undicenne arricciò il naso in una buffa espressione, come se fosse tormentato dalle due possibilità.

- D’accordo, ma davvero ragazzi dovreste aver fatto l’abitudine alla mia crescita repentina. Non sono più un bambino; anche se so che vi mancherò tremendamente, ci vedremo per le feste di Natale. Quindi niente lacrime – concluse, con un sorriso ironico sulle labbra sottili.

Kara gli raddrizzò gli occhiali sul naso, scuotendo la testa con un sorriso a metà tra il divertito e l’esasperato.

- Fai poco lo spiritoso e cerca di non far perdere la calma a Minerva, non vorrei doverti inviare una Strillettera già la prima settimana di scuola. –

- Non garantisco nulla. –

- James … -

- Scherzo -, aggiunse in fretta davanti al tono minaccioso della madre, - o forse no – concluse, correndo verso il treno.

Kara e Fleamont si scambiarono un’occhiata.

- Quanto pensi che ci metterà a prendere una punizione? –

- Due o tre … -

- Giorni? Sei ottimista. –

- No, veramente intendevo ore. –

 

 

 

 

 

 

I Malandrini

 

 

 

1972

 

 

 

 

 

Kara sentì chiaramente le urla provenienti dal piano superiore, ma cercò di fare finta di nulla.

Era l’estate del loro primo anno e James le aveva chiesto praticamente in ginocchio di fare venire a casa sua i suoi amici per quel pomeriggio.

Così alla fine aveva ceduto, scoprendo che se Peter Minus era impacciato e Remus Lupin era gentile e fin troppo educato … beh, Sirius Black era l’esatta controparte di James. Scatenati, sempre con uno scherzo in procinto di essere portato a termine, erano due veri e propri terremoti che sembravano essersi trovati ed essere destinati a essere legati da quel tipo d’amicizia che durava tutta la vita.

Non invidiava per nulla Minerva che avrebbe dovuto avere a che fare con loro per altri sei anni.

Afferrò il vassoio con entrambe le mani, carico di tramezzini e una grossa caraffa di succo di zucca, e raggiunse la porta della camera di James.

- Ragazzi, vi ho portato qualcosa da mangiare. –

Ad aprirle la porta fu Remus, che si affrettò a toglierle il vassoio dalle mani ringraziandola per averlo portato fin lì e affermando che avrebbero potuto essere loro a scendere senza farla scomodare ulteriormente visto che era stata già molto gentile nel preparare loro la merenda.

Gli rivolse un sorriso.

Quel ragazzino era di una dolcezza squisita e sembrava al settimo cielo all’idea di essere completamente accettato in un gruppo di amici.

Non riusciva a capire quale fosse il motivo, visto che era a dir poco squisito, eppure aveva negli occhi una scintilla che lasciava intendere che ne avesse viste molte più di quanto qualsiasi altro ragazzino di dodici anni facesse abitualmente.

- Come mai ridevate così tanto, è successo qualcosa di speciale? –

James annuì, smettendo finalmente di ridere, tenendosi la pancia.

- Sirius ha … -

- Sta’ zitto, James. Nulla di particolare, signora Potter – replicò in fretta Sirius, fulminando l’amico con un’occhiataccia come a volerlo sfidare a continuare la frase.

- Sì, nulla d’importante, mamma. –

Certo, come se lei fosse nata ieri.

- D’accordo, allora vi lascio alle vostre cose, portate giù il vassoio quando avete finito. –

Uscì dalla stanza, richiudendosi la porta alle spalle.

Tempo due minuti e i quattro avevano ricominciato a chiacchierare e ridere tra le proteste e i commenti piccati di Sirius.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1976

 

 

 

 

 

Era l’ultima domenica di Agosto e mancava meno di una settimana all’inizio del sesto anno di James quando la loro vita assunse uno sviluppo decisamente nuovo e inatteso.

Seduti al tavolo, erano intenti a fare colazione quando bussarono alla porta di casa.

- Vado io – annunciò Fleamont, mettendo via la tazza di caffè bollente che stava sorseggiando.

Fermo sulla soglia della porta, Kara lo vide sgranare gli occhi.

- Cosa succede? –

- C’è Sirius – annunciò, facendosi da parte per far entrare in casa il ragazzo con tanto di effetti personali a seguito.

- Signori Potter, lo so che è domenica mattina e mi sono presentato senza preavviso, ma potrei restare da voi fino all’inizio della scuola? Sono andato via di casa … non li sopportavo più – mormorò, le iridi grigie prive della solita scintilla malandrina.

Kara afferrò un piatto e un bicchiere puliti, depositandoli sulla tavola.

- Vieni a sederti, Sirius. Puoi stare qui tutto il tempo che vuoi. –

Sirius sedette accanto a James, divorando il bacon croccante e le uova strapazzate sotto lo sguardo attento di Kara.

Da come mangiava sembrava che avesse passato ore senza cibo nello stomaco.

- Quando sei andato via di casa? –

- Ieri sera. Non volevo disturbarvi in piena notte. –

Kara lo abbracciò di slancio, stringendolo a sé come a volergli trasmettere ciò che stava pensando.

Solo una madre senza cuore avrebbe lasciato andare via in quel modo suo figlio.

- Puoi stare qui tutto il tempo che vuoi. Casa nostra è anche casa tua. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Un po’ in ritardo rispetto a quanto avevo pianificato, ma alla fine eccoci qui.

Ho inserito anche i Malandrini e sono andata un po’ più avanti del ciclo narrativo compreso dalla ff perché non potevo non scrivere di quel momento a casa Potter.

Spero che l’OS vi sia piaciuta e vi chiedo di votare per la prossima tra:

- Drusilla/Stephen;

- Sophie/Tobias;

- Alexandra/Abraxas.

Al prossimo aggiornamento.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

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Capitolo 5
*** Stephen/Drusilla ***


Stephen King & Drusilla Selwyn in King

 

 

 

 

 

1955

 

 

 

 

Controllò per l’ennesima volta l’esito degli esami, incredula.

Era una Medimaga quindi sapeva bene che quel tipo di test non sbagliava mai.

Eppure non riusciva a capacitarsene.

Erano stati attenti, molto attenti, perché la loro carriera non era ancora abbastanza avviata per pensare a fare un figlio.

E invece eccolo lì.

Era incinta.

Si passò una mano sul volto, sospirando.

Non restava altro che dirlo a Stephen ed escogitare insieme un modo per riuscire a far quadrare i conti.

Recuperò le sue cose, salutando le colleghe del turno pomeridiano, e uscì di corsa dal San Mungo.

Dieci minuti, e una piccola Smaterializzazione, dopo era nel cortile di casa loro.

Entrando in casa si accorse che Stephen era già lì.

Era sdraiato sul divano con gli occhi chiusi, ma a giudicare dal modo in cui respirava non era ancora addormentato.

Gli si avvicinò, posandogli una mano sul braccio muscoloso, e lo scosse leggermente.

Le iridi color ghiaccio si spalancarono e un sorriso sghembo si dipinse sul volto di quello che sei mesi prima era diventato suo marito.

Fece per cingerle i fianchi e attirarla sul divano insieme a lui, ma Drusilla oppose resistenza.

Se si fosse lasciata andare avrebbero finito con il distogliersi fin troppo dal discorso che voleva affrontare.

Percependo che c’era qualcosa che la preoccupava, Stephen si mise a sedere con un rapido e agile colpo di reni.

- Che succede? –

- Oggi ho scoperto una cosa … una cosa che è importante che tu sappia. –

- C’entra il lavoro? Ti ho già detto che non devi fare tutti quei turni se ti stressa troppo, non peserà poi così tanto sul bilancio mensile. –

Scosse il capo.

- Tu stai bene? –

- Sì o almeno credo … -

- Dru -, insistè preoccupato, - vuoi dirmi di cosa si tratta prima che cominci a farmi venire in mente una serie di risposte una più preoccupante dell’altra? –

Prese un respiro profondo, afferrandogli una mano e intrecciando le dita alle sue.

- Aspetto. –

- Aspetti? – le fece eco, perplesso.

- Sì, Stephen, aspetto. –

- Cosa aspetti? –

- Aspetto un bambino. –

Con la fronte corrucciata, sembrava proprio che Stephen non capisse.

- Aspetti un bambino? Che bambino … viene Alex con il piccolo Lucius? –

Si battè la mano sulla fronte, esasperata.

Non sapeva se ridere o mettersi a urlare.

Era impossibile che Stephen non afferrasse il senso del discorso.

- No, Stephen, non aspettiamo tua sorella e nostro nipote. Sono io che aspetto un bambino … il nostro bambino – chiarì.

Vide la consapevolezza farsi lentamente largo sul suo volto.

- Sei incinta? –

- Già. –

Stephen l’afferrò per i fianchi, attirandola a sé e baciandola con trasporto.

- Ma è fantastico! –

- Sì, lo è … ma come faremo ad arrivare a fine mese? –

Scrollò le spalle. – E chi se ne frega … speriamo solo che sia un maschio, dovrò insegnargli a giocare a Quidditch e a tirare un pugno e … -

Drusilla alzò gli occhi al cielo.

Sembrava di averlo già un bambino euforico in giro per casa.

- Perché non aspetti altri sette mesi prima di lasciarti prendere la mano? –

Rise, baciandole la fronte, - Anche questa potrebbe essere una buona idea. –

 

 

 

 

 

 

Nicholas King – Nato nel 1956, Grifondoro

 

Rebekah King – Nata nel 1957, Corvonero

 

 

 

 

1960

 

 

 

 

Drusilla vide Amelia e Rebekah correre dentro casa a perdifiato, ridacchiando tra di loro, stringendo tra le mani la scopa di Nicholas.

- Cosa state combinando, signorine? –

Amelia arrossì leggermente, cercando di nascondere il manico della scopa con il suo corpo, mentre Rebekah si limitò a rivolgerle il suo solito sorriso da diavoletto travestito d’angelo.

- La facciamo pagare a Nick. Si è preso tutti i biscotti al cioccolato e li ha nascosti. –

Annuì, sorseggiando il suo the caldo.

La questione era decisamente seria, per il cioccolato tutto era concesso.

- D’accordo, allora io non vi ho viste … nascondetela nello stanzino al secondo piano, lo sapete che Nick lì non entra. –

Ricompensandola con due sorrisoni, le bambine sgattaiolarono al piano superiore e fecero quelle che aveva loro consegnato.

Erano appena scomparse dalla sua vista quando Nick entrò in casa a passo di carica.

- Le scarpe, mi sporchi il tappeto – lo bloccò all’istante.

Calciando via gli stivali sporchi di fango con stizza, Nicholas fece vagare lo sguardo attorno a sé.

- Dove sono? –

- Dove sono chi? –

- Beks e Lia. Hanno preso la mia scopa … appena le trovo le uccido. –

- Non di certo dentro casa mia, signorino. Gli elfi hanno appena finito di pulire il pavimento e mi seccherebbe fargli pulire di nuovo il marmo. –

Sbuffando e borbottando contro le ingiustizie che era costretto a sopportare in quella casa a opera delle femmine, Nicholas continuò la sua ricerca finchè non trovò un foglio di pergamena sulla sua scrivania.

Era scritta in modo incerto e con qualche errore grammaticale qui e lì, ma il senso era chiaro.

- Cosa significa che se rivoglio la mia scopa dovrò darvi un chilo di biscotti al cioccolato? Io non ce l’ho nemmeno un chilo di biscotti – esclamò.

La voce di Rebekah giunse da dietro la porta della sua stanza, dove si erano barricate.

- E allora valli a comprare invece di lamentarti! –

Volse le iridi nocciola verso la madre, fissandola supplichevole. – Mamma … -

- Te li faccio comprare da tuo padre -, lo rassicurò, - così magari ne prende un po’ anche a me. –

Alzando gli occhi al cielo, Nicholas marciò nuovamente fuori per tornare da Benjamin che aveva assistito alla scena con un sorriso divertito sul volto.

Maledette femmine.

 

 

 

 

 

1964

 

 

 

 

 

- C’è Jon, c’è Jon! –

Rebekah prese a saltellare da una parte all’altra del salone, per poi soffermarsi davanti allo specchio e sistemare le lunghe onde bionde.

Rassettò il vestitino rosa, voltandosi verso il fratello e i suoi amici con un sorrisone.

- Come sto, sono carina? –

- Sì, più o meno quanto un rospo – replicò Nick, vedendosi affibbiare per tutta risposta un pestone sul piede.

- Cafone. Ed, Benji … voi che dite? –

- Stai bene – la rassicurò Edgar.

- Già, sei molto carina – rincarò la dose Benjamin, arrossendo.

- Alcuni trovano anche i rospi carini … -

- Nick, vuoi che te ne dia un altro? –

- Provaci e ti raso i capelli a zero mentre dormi – la minacciò di rimando, sorridendo soddisfatto quando la vide sbiancare.

Il loro scambio di battute venne interrotto dalla porta che si apriva a mostrare Stephen, Devon e Jonathan di ritorno dal loro turno come Auror.

Rebekah sbattè le ciglia sulle iridi verde giada, sorridendo vezzosamente mentre cinguettava: - Ciao, Jon. –

L’uomo le sorrise di rimando, accarezzandole una guancia rosea.

- Ciao piccola. Hai un vestito nuovo? Ti sta molto bene. –

Annuì, ringraziandolo sottovoce mentre il volto arrossiva furiosamente.

Nick le fece il verso, guadagnandosi un’occhiata che preannunciava una morte lenta e dolorosa.

Con una risata, Jonathan si fece strada nel salone accomodandosi accanto ad Alya.

Fece passare il braccio attorno alle spalle della donna, sorridendole accattivante.

- Allora, bruna bellezza, come vanno le cose? –

Alya sorrise di rimando.

- Non c’è male, le cose al dipartimento Auror? –

- Una faticaccia come al solito, ma è il lavoro più bello che ci sia. –

Drusilla e Laura si scambiarono un’occhiata d’intesa.

Erano passati solo due giorni da quando Laura aveva raccontato quella storia della “sventola” e dello “sventolo” che Amelia le aveva confidato nella sua giovane innocenza e da allora lei e Drusilla erano impegnate più che mai nel tentativo di sistemare l’amica con l’avvenente Auror.

- Noi andiamo a finire di preparare la cena. Bambini, a lavarvi le mani – annunciò Drusilla, mentre Laura la seguiva.

- Vengo anche io a darvi una mano … -

- Non serve, rimanete pure a chiacchierare – la fermò prima ancora che Alya avesse modo di alzarsi dal divano.

Jonathan dovette capire il loro gioco perché sorrise con l’aria di chi la sapeva lunga e riprese la conversazione.

- Già, rimani a farmi compagnia … anche perché volevo parlarti di una questione su cui forse puoi darmi la tua opinione. –

Perplessa, non le rimase che rimanere seduta sul divano e ascoltare ciò che Jonathan aveva da dirle.

In cucina Drusilla e Laura cercavano di origliare la conversazione con scarso successo.

Erano con le orecchie poggiate contro il muro quando Stephen e Devon fecero il loro ingresso.

Dalle loro facce era chiaro che si stessero domandando cosa ci fosse che non andava nelle loro mogli.

- Ho quasi paura di chiedere cosa state combinando. –

- Non siamo matte, Stephen. Vogliamo solo sentire cosa si dicono Alya e Jonathan. –

- Sul fatto che non siate matte ho i miei seri dubbi … quanto al resto abbiamo appena sentito Jonathan chiedere ad Alya di uscire a cena domani sera. –

- E lei ha accettato – concluse Devon.

Drusilla e Laura si scambiarono un cinque vittorioso.

E anche quella era andata.

 

 

 

 

1971

 

 

 

 

 

Erano tutti seduti a tavola per la cena dell’ultimo dell’anno.

C’erano Laura e Devon, con Edgar, Amelia e Benjamin; la zia Mayra con il suo fidanzato e lo zio Edward, ancora scapolo, e i nonni sia paterni che materni.

Il tacchino era stato tagliato, le patate dolci e le verdure stufate già disposte al centro del tavolo e il dolce che finiva di cuocersi nel forno.

Tutto era assolutamente perfetto … o almeno così pensava Nicholas.

Ma si sa, c’è sempre la quiete prima della tempesta.

E lui stava per impararlo molto presto.

A casa King era tradizione leggere un buon proposito da perseguire per l’anno successivo prima che venisse servita la cena.

E quello era il momento che più di ogni altro lo imbarazzava.

- Tocca a te, Nick – lo invitò gentilmente sua madre.

- Devo proprio? –

- Andiamo, non è poi una cosa imbarazzante. –

- Non lo è se il proposito è puro e casto -, intervenne Rebekah sorridendo come doveva aver sorriso il serpente dopo che Eva aveva afferrato il frutto proibito, - ma questo non è il caso del proposito di Nick secondo me. –

Gli uomini ridacchiarono mentre le donne lo guardavano con tanto d’occhi.

Aveva quindici anni, insomma, era del tutto naturale che avesse certi desideri un po’ … fisici.

Non aiutava di certo il fatto che Edgar stesse ridendo come una iena, confermando implicitamente l’affermazione di Rebekah.

- Allora, ho ragione quando dico che il tuo proposito comporta te e Hydra in atteggiamenti non proprio casti? – rimarcò la sorella.

- Rebekah! – esclamò Drusilla.

- Mamma, non sono mica io quella che si vuole rotolare sotto le lenzuola con qualcuno … è di Nick che dovresti essere indignata. –

- Lo spero bene – bofonchiò Stephen.

Nicholas avrebbe voluto scomparire dalla faccia della terra e non essere ritrovato neppure da cadavere.

Quella era ufficialmente la cena dell’ultimo dell’anno più imbarazzante della storia dell’umanità.

- Ho appena cambiato il mio proposito per l’anno nuovo -, la informò, - adesso è ucciderti. –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Eccoci qui con l’OS dedicata alla Druphen. Come sempre invito chi non l’ha già fatto a esprimere la propria preferenza per la prossima coppia tra:

- Abraxas/Alexandra;

- Toby/Sophie.

Prima di lasciarvi, informo chi fosse interessato che al seguente link potrete trovare una mia nuova storia: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3703278&i=1

Al prossimo aggiornamento.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

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Capitolo 6
*** Abraxas/Alexandra ***


Abraxas Malfoy & Alexandra King in Malfoy

 

 

 

 

1954

 

 

 

 

- Abraxas! –

Il rampollo di casa Malfoy alzò gli occhi dalle carte che stava consultando, nel suo studio, sbuffando.

Era l’ennesima volta quella mattina che Alexandra lo chiamava, ogni volta con una richiesta più strana e assurda della precedente, e cominciava ad avere la netta sensazione che si stesse divertendo moltissimo nel metterlo in difficoltà.

Tuttavia mise via gli incartamenti e raggiunse la moglie.

- Sì? Cosa ti serve questa volta? –

Sdraiata sul divano in pelle di drago, Alexandra gli rivolse un sorriso solare.

- Ho voglia di … -

Ecco le tre parole della catastrofe.

Le voglie delle donne incinte erano micidiali, gli aveva detto Renford, ma non ci aveva creduto finchè non aveva visto con i suoi occhi quello che potevano causare.

- Pinoli del Bangladesh – concluse.

- Pinoli del Bangladesh? – ripetè incredulo.

- Esattamente. –

- E io, di grazia, dove li dovrei trovare dei pinoli del Bangladesh? –

Adhara, seduta sulla poltrona di fronte a quella di Alexandra, ridacchiò davanti alla scena che le si prospettava.

I suoi due migliori amici in preda a quelle discussioni erano lo spettacolo migliore che si potesse desiderare.

- Se lo sapessi me li sarei presa da me … Dai, valli a cercare, mi vanno davvero tantissimo. –

Rassegnato, recuperò il suo mantello da viaggio e si diresse verso il camino.

E dire che lui odiava i viaggi in Metropolvere, dai quali si usciva sempre pieni di cenere e puzzolenti come degli spazzacamini.

Dovette girare per tre quarti di Diagon Alley prima di riuscire a trovare un negozio di cibi e spezie orientali che li vendesse.

Erano le cinque quando arrivò al Manor, stremato ma stringendo tra le mani una bustina di quel minuscolo cibo del diavolo.

Adhara se ne era andata e Alexandra si era appisolata sul divano.

La scosse gentilmente, mostrandole la bustina.

- Pinoli del Bangladesh. –

- Adesso non mi vanno, Abraxas … lasciami dormire. –

- Forse non ci siamo capiti. Tu adesso mangi i maledetti pinoli, fossi costretto a farteli ingoiare uno a uno! –

L’occhiataccia che gli rivolse sua moglie lo fece impallidire.

- Oppure, gioia della mia vita, li mangio io e tu torni a dormire – si corresse infine.

- Ecco bravo, ho sentito dire che fanno benissimo alla salute, mangiali tu. –

 

 

 

 

 

 

 

Lucius Malfoy – Nato nel 1954, Serpeverde

 

 

 

 

1959

 

 

 

 

 

- Quei due sono dei veri e propri terremoti – considerò Lucinda, osservando il nipote e Rodolphus Lestrange che correvano in giro per l’immenso giardino del Manor, - Abraxas alla sua età era altrettanto vivace, ricordo che quando venivano i Lestrange, i Nott e i Rosier non c’era mai un attimo di pace e tranquillità in questa casa.

Alexandra annuì, sorseggiando il suo thè.

- E non avete pensato a un altro figlio? – aggiunse Druella Rosier, che quel giorno aveva a lungo insistito per essere presente con le sue tre figlie.

Personalmente Alexandra avrebbe di gran lunga preferito la presenza di Alphard e Adhara, ma la piccola Hydra si era presa una lieve influenza e avevano preferito tenerla a casa per evitarle ricadute.

- In realtà no. Lucius ci impegna abbastanza già da solo, inoltre lui stesso ha espresso il desiderio di rimanere figlio unico. Credo che non sopporterebbe l’idea di un bambino piccolo che piange, urla e fa i capricci in continuazione. –

Cosa che il suo primogenito aveva fatto abbondantemente, tra le altre cose.

Lucius era la primadonna della famiglia e in questo si ritrovava moltissimo di Abraxas, ma la testardaggine e l’ostinazione l’aveva decisamente ripresa da lei.

Erano qualità che combinate insieme potevano generare l’incubo di tutti i genitori.

E in effetti Lucius era un tipo da prendere con le pinze, ma fortunatamente era sufficientemente terrorizzato da sua madre e dalle sue occhiate micidiali perciò ridimensionava il suo atteggiamento quando Alexandra era prossima a perdere la calma.

- Capisco -, convenne la bionda matrona dei Malfoy, - è identico ad Abraxas, non c’è che dire. E per un contratto matrimoniale avete già valutato delle possibili candidate? –

S’irrigidì.

Quel discorso non le piaceva affatto, ma fortunatamente Abraxas l’aveva messa in guardia perciò sapeva bene cosa controbattere.

- Stiamo tenendo gli occhi aperti alla ricerca di una candidata adatta. Dopotutto l’erede dei Malfoy deve accompagnarsi a una giovane all’altezza e non ha senso affrettare la ricerca rischiando di commettere errori – snocciolò, ripetendo a memoria le parole che il marito le aveva suggerito.

E Abraxas ci aveva decisamente visto giusto perché Lucinda Gamp in Malfoy annuì con vigore.

- Eccellente, mia cara, è esattamente ciò che penso anche io. –

Alexandra tirò un sospiro di sollievo.

E almeno per il momento il pericolo era stato scongiurato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1973

 

 

 

 

 

 

Alexandra osservò Druella sorridere compiaciuta davanti alla figlia che indossava un abito da sposa dopo l’altro.

Doveva ammettere che Narcissa Black era una giovane assolutamente deliziosa: riservata, garbata, rispettosa e incredibilmente bella.

Le leggeva nelle iridi chiarissime l’amore che provava nei confronti di Lucius, bastava osservarla quando lo guardava.

E suo figlio l’amava esattamente nello stesso modo.

Un po’ come lei e Abraxas anni prima, si erano scoperti innamorati durante gli anni della scuola ed era stato solo questo a convincerla ad accettare con benvolere un contratto matrimoniale tra loro due.

E adesso, appena diplomatasi, Narcissa era in procinto di sposare Lucius ed entrare ufficialmente nella loro famiglia.

- Lady Malfoy, voi cosa ne pensate? –

Impiegò un paio di secondi a registrare il fatto che Narcissa si fosse rivolta a lei con quell’appellativo.

Lucinda era morta tre mesi prima e da allora il titolo di “Lady” era passato a lei, in qualità di matrona della famiglia, e ancora doveva fare l’abitudine alla cosa.

- Credo che quest’abito ti stia benissimo; sei bellissima, Narcissa. –

La vide abbassare lo sguardo, le gote color dell’alabastro tinte di un delicato rosa.

Sembrava che non ci fosse nulla che quella ragazza non fosse in grado di fare senza risultare incredibilmente aggraziata.

Le ricordava così tanto una bambola che le era stata regalata quando aveva cinque anni.

- La ringrazio, Lady Malfoy. –

- E tu, Bellatrix, cosa ne pensi? –

La maggiore delle sorelle Black volse le iridi grigie verso di lei, un lieve sorriso indolente sulle labbra.

- Cissy è una bella bambolina, sarà incantevole con qualsiasi cosa indossi quindi perché tutte queste prove? –

Druella fece per rimproverare la figlia, ma Alexandra scosse appena il capo.

- No, credo che Bellatrix abbia ragione, ora è solo Narcissa che deve decidere il suo abito per le nozze. –

Vedendola titubante, Alexandra le sorrise lievemente.

- Ti lasciamo sola a prendere la tua decisione, ci trovi nel salone principale. –

Dopodichè, una alla volta, uscirono dalla stanza e richiusero la porta dietro di loro.

Narcissa doveva mostrare quel lato del suo carattere determinato e sicuro di sé che aveva attirato per prima cosa Lucius, solo allora avrebbe compreso che portare un cognome era sì una responsabilità ma non presupponeva l’annullarsi completamente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

E così abbiamo anche l’OS dell’Alexas, perciò la prossima e ultima sarà dedicata a Toby e Sophie.

Qui sotto vi lascio il prestavolto di Narcissa.

Alla prossima.

Stay tuned.

XO XO,

Mary

 

 

 

 

Narcissa Black in Malfoy – Nata nel 1955, Serpeverde

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Capitolo 7
*** Tobias/Sophie ***


Tobias Brooks & Sophie Welch in Brooks

 

 

 

 

 

 

 

 

1947

 

 

 

 

 

- Ricordati di respirare, Toby – gli sussurrò Ethan mentre gli risistemava il nodo della cravatta.

Il suo migliore amico era infatti insolitamente pallido e dalle mani tremanti.

Non credeva di averlo mai visto tanto nervoso in vita sua.

- È solo un matrimonio -, insistè, - e poi è con Sophie. Lo sapete da sempre che voi due siete praticamente perfetti gli uni per gli altri. –

Annuì, sorridendo nervoso.

Era vero, Ethan aveva perfettamente ragione, ma l’idea di prendere finalmente in moglie l’unica donna che avrebbe mai potuto essere totalmente perfetta per lui lo destabilizzava non poco.

- Sophie sta aspettando all’altare, diamoci una mossa o comincerà a pensare che te la sei data a gambe – aggiunse Fleamont, accorso in quel momento per vedere perché lo sposo ci metteva così tanto.

Tobias prese l’ultimo respiro profondo prima di annuire fissando con decisione il riflesso che gli restituiva lo specchio.

Era giunto il momento.

- Sono pronto, andiamo. –

 

 

 

 

 

 

 

1948

 

 

 

 

Mayra le sorrise al di sopra del bicchiere di vino elfico che stava sorseggiando.

Era passata una settimana da quando Sophie e Tobias erano tornati dalla loro luna di miele e lei era assolutamente curiosa di sapere come erano andate le cose per i novelli sposi.

- Allora? –

- Allora cosa? –

- Non fare la finta tonta. Voglio sapere ogni cosa, com’era l’America? –

- Interessante -, replicò cauta mentre giocherellava con l’orlo del bicchiere, - e devo dire che hanno una cultura molto simile alla nostra ma tremendamente diversa sotto altri punti di vista. Mi piacerebbe tornarci, magari quando le condizioni lo permetteranno. –

C’era una scintilla particolare negli occhi di Sophie, appariva raggiante come se non fosse mai stata così felice in tutta la sua vita.

E il suo bicchiere di vino non era stato minimamente toccato.

Un sospetto le passò per la mente, spingendola a indagare per togliersi il dubbio.

- Sophie … non dirmi che sei incinta. –

La bionda annuì timidamente, arrossendo furiosamente quando l’amica si lasciò andare a un’esclamazione particolarmente colorita.

- Certo che tu e Toby non avete proprio perso tempo, eh? Siete partiti in due e tornate in tre. –

- E non abbiamo certo intenzione di fermarci a uno. –

Sgranando le iridi verdi, Mayra battè le mani allegra.

- Se nasce femmina esigo di essere io la sua madrina. –

Con una risata, Sophie annuì. – Pensa che Ethan ha preteso lo stesso se il primogenito fosse maschio. –

- Mi sembra giusto. I migliori amici sono padrino e madrina per diritto. –

 

 

 

 

 

 

 

 

1964

 

 

 

 

 

 

 

Andrew Perseus Brooks – 1948, Grifondoro

 

Louise Lacey Brooks – 1950, Corvonero

 

James Francis Brooks – 1952, Grifondoro

 

 

 

 

Tobias percorse a passi svelti il corridoio che conduceva allo studio di Minerva, con Sophie che gli camminava a fianco e indossava sul bel volto un cipiglio duro e severo.

Andrew e Louise, rispettivamente al sesto e al quarto anno, non gli avevano mai procurato una convocazione nell’ufficio della vice preside ma sembrava proprio che James fosse deciso a recuperare abbondantemente per entrambi i suoi fratelli maggiori.

Bussò alla porta dello studio, ricevendo il permesso a entrare immediatamente.

All’interno dello studio trovarono ad attenderli Minerva, seduta dietro la scrivania, e a fronteggiarla Renford Lestrange in compagnia di quello che doveva essere il suo primogenito.

James sedeva invece poco distante, intento a scambiarsi occhiatacce con il giovane Lestrange.

- Tobias, Sophie … è bello rivedervi. –

- Lo è anche per noi, Minerva … ma ovviamente avremmo preferito circostanze diverse – replicò Sophie, lanciando un’occhiataccia al figlio. - Cosa ha combinato James? –

- Mamma, io … -

- James, hai già fatto abbastanza, lascia parlare noi – lo interruppe gentilmente suo padre.

Annuì, abbassando lo sguardo, mortificato.

- James e Rodolphus hanno avuto un piccolo alterco che si è risolto in un duello nel bel mezzo del corridoio del terzo piano -, spiegò Minerva, - ovviamente entrambe le Case hanno subito una decurtazione di punti, ma visto che entrambi i ragazzi sono finiti in infermeria ho ritenuto più che giusto convocare entrambe le famiglie. –

- Ovviamente Rodolphus è più che pronto a scusarsi immediatamente con James. –

A Tobias non sembrava proprio che il figlio fosse d’accordo con le parole di Renford, ma lo sguardo penetrante dell’ex Serpeverde sembrava intimargli silenziosamente di ubbidire e permettergli di uscire di lì il prima possibile.

- Ovviamente – bofonchiò tra i denti Rodolphus.

- E sono certa che lo stesso vale per James, vero? –

- Sì, certo – mormorò contrariato a sua volta.

- Allora non vedo dove sia il problema. Sono tutti interi, è più che giusto che venga assegnata loro una punizione, e confido che siano abbastanza maturi da evitare di ripetere l’errore – asserì Renford, assestando una lieve pacca sulla spalla del figlio, - Mi piacerebbe rimanere a rivangare i vecchi ricordi dei tempi della scuola, ma temo di essere atteso dal Ministro tra meno di un’ora. –

Volse uno sguardo appena accennato verso Tobias e Sophie, chinando il capo, per poi accennare un sorriso all’indirizzo di Minerva e uscire dallo studio seguito a ruota dal figlio.

Rimasti ormai soli, Sophie si voltò verso l’ex compagna di scuola.

- Sono mortificata, Minerva, non accadrà più. –

- Sono solo ragazzi, sono certa che hanno capito la lezione. –

- Lo spero per lui. –

James incrociò lo sguardo del padre, che si strinse nelle spalle come a dire che il problema era tutto suo e non sarebbe di certo intervenuto per salvarlo dall’ira di sua madre.

Era fregato, tremendamente e irrecuperabilmente fregato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio autrice:

Salve!

Dopo un’attesa a dir poco indegna, per la quale chiedo scusa a cody che ha creato sia Tobias che Sophie, giungo con l’ultima OS di questa raccolta. Vi anticipo però che nel giro di un paio d’ore dovrebbe uscire un’OS a sé stante che verterà su Minerva e vedrà comparire anche Renford in alcuni punti.

Ne approfitto ancora una volta per ringraziare tutte coloro che hanno partecipato a Hogwarts 1944 e che ho ritrovato anche qui nella raccolta.

Avete creato degli OC fantastici e che sicuramente avrò modo di far comparire nel corso di Hogwarts 1973, visto che non sono ancora pronta a dare l’addio a tutti loro.

A presto.

XO XO,

Mary

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