Memories di Ms Mary Santiago (/viewuser.php?uid=976451)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Renford/Katherine ***
Capitolo 2: *** Alphard/Adhara ***
Capitolo 3: *** Devon/Laura ***
Capitolo 4: *** Fleamont/Kara ***
Capitolo 5: *** Stephen/Drusilla ***
Capitolo 6: *** Abraxas/Alexandra ***
Capitolo 7: *** Tobias/Sophie ***
Capitolo 1 *** Renford/Katherine ***
Renford
Lestrange & Katherine Nott in Lestrange
1950
Sdraiata
sulla spiaggia dalla candida sabbia della Costa
Azzurra, Katherine volse lo sguardo verso quello che una settimana
prima era
diventato suo marito.
Renford
fissava l’oceano con lo sguardo perso, la mente
lontana chilometri da quel posto.
-
Se fossi un pizzico più egocentrica mi risentirei
perché sono
piuttosto certa che tu non stia pensando a me. –
Lo
vide incrociare il suo sguardo, increspando appena le
labbra sottili in un accenno di sorriso.
-
Menomale che non sei poi così
egocentrica. –
Risero
insieme.
Poi,
con un gesto rapido e repentino, Katherine raccolse una
manciata di sabbia e gliela lanciò contro.
Colpito
in pieno, Renford si alzò dallo scoglio e la
raggiunse, sollevandola come se non pesasse nulla per poi farla
rotolare sulla
sabbia umida del bagnasciuga.
-
Questa è guerra – sentenziò la ragazza,
osservando le
ciocche castane irrimediabilmente impiastricciate.
-
Coraggio, signora Lestrange, fatti sotto. –
Ribaltò
le posizioni, finendo a cavalcioni su di lui, e
allungò le mani per afferrargli i polsi.
Fissandolo
dritto in quelle pozze color cobalto, Katherine si
ritrovò a constatare per l’ennesima volta quanto
fosse bello suo marito.
Razionalmente
aveva sempre saputo della sua avvenenza, ma da
quando si erano sposati il suo corpo ne aveva preso coscienza a tutto
un altro
livello.
Supponeva
che dipendesse dal fatto di passare tutto quel tempo
in modo molto più ravvicinato di quanto qualsiasi amico
avrebbe mai fatto.
-
Allora? Hai deciso di arrenderti? –
Si
riscosse dalle sue considerazioni appena in tempo per
realizzare che le mani di Renford si erano chiuse sui suoi fianchi
morbidi e la
stavano solleticando.
Si
divincolò in preda al solletico, facendo entrare in
contatto parti che tra loro erano state ampiamente lontane fino a quel
momento.
Vide
le iridi cobalto di Renford incupirsi, lasciando
trapelare la lussuria, e non aveva certo bisogno di uno specchio per
sapere che
nel suo sguardo doveva esserci la stessa espressione.
Si
chinò su di lui, lasciando che la pelle scoperta dal bikini
aderisse al petto asciutto e muscoloso.
Alzò
appena il capo, baciandolo sulle labbra sottili.
Renford
rispose approfondendo il contatto, le mani che
vagavano su ogni centimetro del corpo della ragazza stesa su di lui.
Potevano
dirsi molte cose del loro matrimonio; forse non si
amavano, ma di sicuro l’attrazione tra loro non mancava.
Era
più di quanto molte coppie di Purosangue potessero anche
solo sperare di avere.
1951
-
Katherine come sta? –
Allontanò
la maschera, scoprendo il volto, mentre rientravano
nel cortile del quartier generale che altro non era che la villa dei
Malfoy.
-
La conosci. Borbotta, impreca e batte i piedi, dicendo che
non vede l’ora che arrivi la data del parto. –
Abraxas
annuì sorridendo.
Effettivamente
la pazienza non era una virtù della loro ex
compagna di Casa.
-
Avete già deciso il nome? –
Annuì.
– Rodolphus. Dovrebbe nascere un paio di mesi prima
della figlia di Cygnus e Druella. –
-
Sento odore di contratto matrimoniale? –
Renford
si strinse nelle spalle.
Generazioni
di Lestrange avevano intrecciato il loro destino a
generazioni di giovani Purosangue di altre famiglie, ma lui era la
dimostrazione vivente che fare troppi piani per il futuro amoroso dei
propri
figli non fosse una mossa brillante.
-
Non credo. A Cygnus ovviamente piacerebbe; Druella è andata
a trovare Katherine due volte questa settimana malgrado il pancione,
credo che
stia cercando di portarla dalla loro parte. –
-
Beh, buona fortuna. Quei due non sanno in cosa si sono
cacciati. –
Scoppiarono
a ridere, sedendo nel salotto dei Malfoy,
interrompendosi solo quando il resto del gruppo fece la propria
comparsa.
Rookwood,
Avery e Mulciber si lasciarono cadere sul lungo
divano bianco, sospirando.
-
Questa storia sta diventando davvero stressante. Ci sono
Auror da tutte le parti da quando abbiamo avvicinato il responsabile
delle
relazioni con il Primo ministro Babbano. –
Avvicinato
era un bell’eufemismo per indicare l’avere fatto
penzolare un uomo fuori dalla finestra del decimo piano.
-
Povera stella, perché non lo fai presente a Tom? Sono certo
che sarebbe felice di sentire le tue lamentele. –
Avery
perse un po’ del già misero colorito sul volto
scavato.
-
Credo che mi terrò le lamentele per me. –
-
Bene, allora comincia a chiudere la bocca da subito. La tua
voce mi fa venire il mal di testa. –
Capendo
che non era aria, il trio lasciò in fretta il salone
di villa Malfoy per poi Smaterializzarsi.
-
Non li sopporti proprio, eh? –
-
Per nulla. Sono tre idioti, specialmente Avery. –
Abraxas
fece per replicare, ma proprio in quel momento tra le
fiamme ardenti del caminetto lampeggiò il volto della
matrona di casa
Lestrange.
Poco
dietro di lei si intravedevano le sagome di suo marito e
dei suoi suoceri.
-
Renford, torna immediatamente a casa, ci siamo –
annunciò.
Con
un rapido colpo di reni si ritrovò in piedi, afferrando il
mantello da viaggio e puntando verso la porta.
-
Io e Alexandra passeremo a trovarvi domani – gli
gridò
dietro Abraxas, ricevendo in risposta uno sventolio di mano in cenno
d’assenso.
1955
Renford
aprì l’anta dell’armadio in cui teneva i
completi, trovandosi
davanti Rodolphus che se ne stava seduto a terra tra i pantaloni a
mezz’asta.
Sorrise
intenerito dall’espressione da cucciolo bastonato del
figlio.
-
Come mai ti nascondi qui, ometto? –
-
Ho fatto arrabbiare la mamma -, ammise, - e mi sono nascosto
qui così non riuscirà a prendermi. –
Lo
aiutò a uscire di lì, tenendolo per la mano.
-
Cosa hai combinato? –
-
Ho rotto la teiera di porcellana del servizio che ci ha
regalato la zia Hesper – mormorò, trascinando
nervosamente i piedi sul marmo.
Conosceva
bene la tazza di quel servizio ed era decisamente la
cosa più brutta che avesse mai visto in vita sua.
Tuttavia
Hesper era la zia preferita di Katherine, perciò si era
rassegnato all’idea di vederla fare capolino ogni volta che
veniva servito il
thè.
-
Ti proteggo io, ometto, visto che hai reso un grande
servigio a questa famiglia. Quella teiera era davvero orrenda.
–
Gli
occhioni azzurri fecero capolino da sotto le ciocche
corvine, fissandolo come se fosse il suo eroe.
Adorava
quando suo figlio lo guardava in quel modo, lo faceva
sentire importante e indispensabile, qualcuno su cui poter fare
affidamento a
occhi chiusi.
-
La mamma non se la prenderà anche con te? –
-
Non ho paura della mamma. –
-
Lo so, ma io non sono così coraggioso. –
Rise,
scompigliandogli i capelli.
-
Sei un Lestrange, puoi affrontare tutto e tutti. Adesso
coraggio, dobbiamo scendere, la festa per la nascita di Narcissa
comincerà tra
poco e se arriviamo tardi dovremo sorbirci anche la ramanzina di
Druella. –
Rodolphus
annuì con vigore, saltellando mentre scendeva le
scale tenendo per mano il padre.
1958
Rodolphus
lanciò un’occhiata incuriosita alla bambina che
dormiva beatamente nella culla.
-
Anche io ero così piccolo quando sono nato? –
-
Non proprio così piccolo -, precisò Katherine, -
pesavi un
chilo più di lei. Ma sì, non c’era
molta differenza. –
-
Siete sicuri? – insistè, dubbioso.
Non
sembrava riuscire a concepire l’idea che una cosa
così
piccola potesse diventare un’adulta un giorno o
l’altro.
-
Certo. Tra qualche anno Raelena sarà abbastanza grande da
poter giocare con te e Lucius. –
Rodolphus
corrugò la fronte, indignato.
-
Ma io non voglio giocare con lei … è una femmina. Perché con lei non
giocano
Bella, Meda e Cissy? –
Katherine
e Renford si scambiarono un’occhiata divertita.
Se
solo avessero potuto registrare quella conversazione e
fargliela sentire a distanza di sei o sette anni. Allora sì
che ci sarebbe
stato di che divertirsi.
-
D’accordo allora, non sarai obbligato a giocare con lei -,
replicò Ren, - ma è la tua sorellina
perciò dovrai vegliare su di lei. Ti senti
pronto a proteggerla, ometto? –
Annuì
risoluto, sfiorando con la mano le dita cicciotte della
sorella.
-
Questo posso farlo – confermò, sorridendo a sua
volta nel
vedere la piccola che gli rivolgeva un sorriso sdentato e agitava
manine e
piedini verso di lui.
1963
Raelena
e Rabastan corsero verso casa a perdifiato, rischiando
di scontrarsi contro le gambe della madre.
Katherine
fermò la loro folle corsa, afferrando ognuno dei due
per il colletto della maglia.
-
Si può sapere dove state correndo voi due piccole pesti?
–
-
Scappiamo da Rod – replicò Raelena, le iridi verde
azzurre
che scintillavano furbe al di sotto della frangetta.
Era
l’unica dei suoi figli ad aver ereditato le sue pagliuzze
verdi che impreziosivano le iridi blu ereditate dal padre.
-
E come mai? –
-
Perché Rae ha rubato una delle lettere che si è
scritto con
Lucius, quella in cui diceva che gli piaceva Bella –
confessò Rabastan.
Raelena
rifilò un pugno sul braccio del fratello.
-
Spia. –
-
Ahia -, gemette, - mamma,
Rae mi ha fatto male. –
-
Rae chiedi scusa a tuo fratello e tu cosa hai imparato Rab? –
-
La spia non si fa – ammise il piccolo, fissando il pavimento
con aria mortificata.
-
Molto bene, adesso tocca a te, Rae. –
La
piccola arricciò le labbra come se avesse assaporato
qualcosa di aspro e disgustoso, ma sotto lo sguardo esigente della
madre non
potè fare a meno di chinare il capo e bofonchiare con poca
convinzione: -
Scusami, Rab. –
Soddisfatta,
Katherine lasciò andare entrambi i piccoli
teppisti.
-
Cercate di non combinare altri guai. –
Annuirono,
riprendendo poi a correre lungo le scale che
conducevano alla zona notte.
Li
sentì chiudere la porta a chiave dietro di loro pochi
istanti prima che Rodolphus facesse il suo ingresso.
-
Giuro che li ammazzo. –
-
Tu non ammazzi proprio nessuno, signorino –,
replicò Kat, -
tantomeno se si tratta dei tuoi fratelli. –
-
Ma mamma … hanno
preso una cosa. –
-
La lettera in cui confessi di avere una piccola cotta per
Bella? –
Lo
vide avvampare, distogliendo lo sguardo imbarazzato.
-
Mamma, per favore, non mettertici anche tu! –
-
Guarda che non c’è nulla di male se lei ti piace;
è una
ragazzina molto carina. –
-
Mamma -, gemette, - di queste cose non ne voglio parlare con
te. –
Ridendo,
Katherine annuì e lo accontentò, lasciandolo
andare
senza insistere oltre sul discorso.
Uomini.
Non
importava quanti anni avessero, la loro capacità
d’esternare
i sentimenti era sempre effimera.
1969
-
Rae, non correre – ripetè Kat per
l’ennesima volta, ma
sembrava che la figlia non avesse la minima intenzione di starla a
sentire.
Da
quando si era svegliata era stata a dir poco su di giri.
Tuttavia
qualcosa doveva aver attirato la sua attenzione perché
la vide fermarsi di botto.
La
raggiunse, seguendo il suo sguardo fino a incontrare un
ragazzo con al collo la sciarpa dei Grifondoro che doveva avere
all’incirca
sedici anni.
Aveva
capelli biondi e occhi azzurri come il cielo e c’era
qualcosa in lui che le ricordava i tempi della scuola.
-
Per l’amor di Salazar, non anche tu –
sbuffò Rodolphus,
accortosi a sua volta di ciò che aveva attirato
l’attenzione della sorellina, -
Metà scuola è innamorata persa di James Brooks,
quell’idiota di un Cercatore
del sesto anno. –
-
Dici che è un idiota solo perché durante
l’ultima partita ha
conquistato lui il Boccino e voi avete perso la coppa. –
-
Sta’ zitto, Rab. –
Rabastan
ricambiò lo sguardo del maggiore, inarcando un
sopracciglio scuro con fare sicuro di sé.
-
Altrimenti? –
Katherine
d’altro canto era troppo presa nel metabolizzare il
cognome per zittirli; ecco perché le era familiare: quel
ragazzo doveva essere
l’ultimo dei tre figli di Tobias e Sophia Brooks.
Renford
assistè allo scambio con la fronte corrucciata,
chinandosi a guardare dritta negli occhi la figlia.
-
Lascia perdere i ragazzi, non servono a nulla. –
-
Ma anche tu sei un ragazzo – obiettò.
-
Sì, ma io sono tuo padre, io sono
importante … così come Rod e Rab, il resto
è inutile.
Capito, principessa? –
Annuì,
titubante.
-
D’accordo. Via i ragazzi. –
Annuendo
soddisfatto, Renford le depositò un bacio sulla
fronte.
-
Bravissima e cerca di ricordartelo per tutti gli anni a
venire. –
Rodolphus
Lestrange – Nato nel 1951, Serpeverde
Raelena
Lestrange – Nata nel 1957, Serpeverde
Rabastan
Lestrange – Nato nel 1958, Serpeverde
1971
Renford
percorse l’atrio del castello a passo spedito.
Erano
anni che non metteva piede lì dentro, non essendosi mai
interessato più di tanto agli affari del comitato scolastico
dei genitori; era
Abraxas quello che presiedeva con assiduità ogni riunione e
lo informava dei
nuovi sviluppi, lui aveva di meglio da fare che partecipare a riunioni
con
corpo docenti e genitori isterici.
Eppure
in quel caso non aveva avuto scelta.
Quando
la vice preside della scuola ti convoca non per uno ma
per ben due figli allora non puoi esimerti dal presentarti.
Bussò
piano alla porta dell’ufficio.
-
Avanti. –
Aprì
la porta, trovandosi davanti due iridi verdi
tremendamente familiari.
Il
ricordo di quei mesi passati insieme poco meno di trent’anni
fa erano una fitta al cuore.
E
a giudicare dall’espressione sul suo volto lei doveva star
pensando la stessa cosa.
-
Minerva. –
-
Renford. Prego, accomodati. –
Prese
posto sulla sedia di fronte alla scrivania, adagiando la
schiena contro lo schienale alto e rigido.
-
Cosa hanno combinato questa volta? –
Aveva
perso il conto delle lettere di richiamo che aveva
ricevuto dalla scuola nel corso di quei tre anni.
Raelena
e Rabastan erano molto diversi dal posato Rodolphus e
l’avevano messo in chiaro fin dall’inizio.
-
Sono ragazzi molto più vivaci di Rodolphus, ma certe volte
si avvicinano fin troppo al limite massimo. È un peccato
perché sono molto
intelligenti e quando si applicano hanno ottimi voti. Horace non fa
altro che
proteggerli, ma … -
Tipico
di Lumacorno prendere sotto la sua ala protettiva i
figli dei suoi studenti prediletti.
-
Cosa hanno distrutto? –
-
Hanno allagato metà delle serre. Pomona è
furiosa. –
-
Pensavo peggio -, sospirò, - tipo aver dato fuoco a qualche
studente. –
Vide
le labbra di Minerva tendersi in un sorriso appena
accennato.
-
Hanno ricevuto una punizione e hanno perso venti punti a
testa. –
-
Più che ragionevole -, convenne, - ma mi
assicurerò che
capiscano che il loro comportamento a scuola avrà delle
conseguenze anche in
famiglia. Quando è la prima uscita a Hogsmeade per gli
studenti del terzo anno?
–
-
Venerdì. –
-
Allora considera Raelena e Rabastan esclusi dall'uscita, dovrebbe
servire a dare loro una calmata. –
-
Spero che basti. –
-
Se non c’è altro … -
-
Nient’altro -, assicurò, - spero di darti notizie
migliori
in futuro. –
Annuì,
dirigendosi verso la porta.
Era
con la mano sul pomello quando Minerva lo richiamò.
-
Ren … -
-
Sì? –
-
Sono contenta di averti rivisto. –
-
Anche io, Minnie … anche io. –
Spazio
autrice:
Salve!
Come
vi
avevo anticipato ho deciso di inserire una raccolta di OS collegate
all’interattiva
“Hogwarts 1944 – First Act”. Compariranno
tutte le coppie presenti nella storia
e i loro pargoletti e sarà una sorta di prequel rispetto
alla prossima
interattiva che li vedrà come protagonisti
(“Hogwarts 1973 – First Order of
Phoenix”) e il cui Prologo dovrebbe uscire sabato mattina. Ho
deciso di
cominciare da Renford e Katherine, ma per il prossimo capitolo vi
lascio libertà
di scelta; di chi volete leggere?
- Adhara/Alphard;
- Kara/Fleamont;
- Abraxas/Alexandra;
-
Laura/Devon;
-
Sophie/Tobias;
-
Drusilla/Stephen.
A
domani
con l’Epilogo di “Hogwarts 1944”.
Al
prossimo aggiornamento.
Stay
tuned.
XO
XO,
Mary
|
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Capitolo 2 *** Alphard/Adhara ***
Alphard Black & Adhara Rosier in
Black
1956
Le
vacanze di Natale si stavano avvicinando rapidamente e con
esse il momento dell’anno che Adhara sopportava meno: il
ricongiungimento con
l’immensa famiglia Black.
Ci
sarebbero stati Cygnus e Druella, con le tre figlie a
seguito, ed Orion e Walburga che continuavano a provare a generare un
figlio ma
senza molto successo.
La
mancata gravidanza rendeva Walburga ancora più isterica di
quanto non fosse abitualmente, sebbene Adhara avesse a lungo stentato
nel
crederlo possibile.
Ai
Black serviva un erede, ma dalla parte di Cygnus erano nate
una bambina dopo l’altra quasi come se il destino si facesse
beffe di loro.
Bellissime,
educate alla perfezione e tutte molto intelligenti,
certo, ma incapaci di portare avanti la linea di sangue dei Black.
La
preferita di Adhara era l’ultima nata, la piccola Narcissa,
che sembrava più che mai una bambola con quei suoi boccoli
biondi e i grandi
occhi azzurri; era l’incarnazione dei geni Rosier, che solo
nel suo caso
avevano prevalso visto che Bellatrix e Andromeda gridavano Black da
ogni poro,
e faceva presagire la bellezza che sarebbe diventata crescendo.
Era
il primo Natale con Narcissa tra loro e le aveva comprato
una bambola che le assomigliava incredibilmente; l’aveva
scelta proprio per
quel motivo ed era abbastanza sicura che alla piccola sarebbe piaciuta.
Quanto
ad Andromeda aveva scelto un libro data la sua passione
per le favole, che si faceva leggere in continuazione
dall’elfa domestica, ma
Bellatrix restava un mistero.
Era
la preferita di Cygnus e persino Walburga mostrava una
netta simpatia nei confronti della nipote maggiore; eppure Bella era
una
ragazzina strana.
Determinata,
caparbia, non si faceva mettere i piedi in testa
da nessuno ed era più che mai decisa a dimostrare di valere
quanto un maschio.
A
dirla tutta non era poi così dissimile da lei quando aveva
la sua età.
Eppure
c’era qualcosa in lei che la faceva rabbrividire.
Scacciò
quella sensazione, dandosi della ridicola.
Stava
parlando di una bambina di cinque anni, cosa poteva mai
avere di strano?
Alphard
fece capolino nella stanza, rivolgendole un’occhiata
interrogativa.
-
Bella incantata? –
Si
riscosse dalle sue considerazioni, sorridendo.
-
Stavo solo pensando a Bellatrix. La festa è questa sera e
non le abbiamo ancora fatto un regalo. –
Le
mostrò un pacchetto infiocchettato con cura.
-
Ci ho pensato io. A quanto dice Cygnus alla piccola piace il
Quidditch, vuole diventare una Battitrice una volta arrivata a
Hogwarts. Così
le ho preso “Storia del Quidditch”. –
Gli
si avvicinò, cingendogli il collo con le braccia e
alzandosi in punta di piedi per sfiorare le labbra con le sue.
-
Ma che fidanzato intelligente che ho. –
-
Bello e intelligente -, precisò, - credo proprio che tu
abbia fatto l’affare della vita. –
-
Credo che tu abbia ragione. –
Interdetto,
Alphard sgranò le iridi blu.
-
Ma come, mi dai ragione senza controbattere? –
-
Non posso certo negare l’evidenza –
replicò, facendogli
l’occhiolino mentre giocherellava con la cravatta.
-
Non cominciare cose che non hai intenzione di finire –
mormorò, chinandosi a mordicchiarle il lobo
dell’orecchio.
-
E chi ha detto che non ho intenzione di finirle? –
Camminò
all’indietro verso il gigantesco letto a baldacchino,
attirandolo a sé.
1957
Alphard
camminava avanti e indietro per il corridoio della
villa, il bel volto contratto per la tensione dell’attesa.
Orion
e Cygnus erano a pochi passi da lui, il primo fumava un
sigaro e l’altro sembrava indeciso sul raggiungere o meno il
fratello.
Le
donne erano tutte nella stanza in cui Adhara si accingeva a
partorire.
-
Stai tranquillo, andrà tutto bene, abbiamo i migliori
Medimaghi e le migliori levatrici a disposizione – lo
rincuorò Cygnus.
Annuì
distrattamente.
La
verità era che da quando aveva sentito il primo urlo di
dolore di Adhara non era riuscito a pensare a nulla che non fosse
entrare lì
dentro e prendere su di sé tutto il dolore che la sua
giovane moglie stava
provando.
-
Non sapete se è maschio o femmina? – chiese Orion.
Scosse
il capo.
Se
fosse dipeso da lui l’avrebbe voluto sapere, ma Adhara
preferiva che fosse una sorpresa.
Se
fosse stato maschio avrebbe avuto su di sé un sacco di
aspettative ancora prima di venire al mondo e se fosse stata una
bambina
sarebbe stata considerata fin da subito un eccessivo spreco
d’attenzioni da chi
sperava tanto in un erede.
Sembrava
che il tanto atteso maschio fosse destinato
finalmente ad arrivare, ma Walburga aveva avuto un aborto spontaneo
quando era
solo al secondo mese; era una cosa che capitava nei primi mesi di
gravidanza,
così le avevano detto i medici, ma sua sorella sembrava
essersi accanita ancora
di più nel volere un maschietto.
Se
proprio non fosse stato figlio suo si sarebbe accontentata
anche solo di un nipote.
Ecco
perché l’intera famiglia era radunata
lì.
Era
il momento della verità: Adhara avrebbe dato alla luce una
bambina o un bambino?
-
A che nomi avete pensato? –
-
Se è un bambino Gemini, se è una femminuccia
Hydra. –
Orion
parve approvare i nomi perché non li commentò in
alcun
modo.
A
dire il vero gli sarebbe piaciuto molto anche Sirius, ma
sapeva bene che sua sorella era decisa a chiamare in quel modo un
eventuale
figlio.
Per
amore suo non l’avrebbe privata del suo nome preferito.
La
porta della camera venne aperta e una delle levatrici fece
capolino, sorridendo al suo indirizzo.
-
Signor Black, congratulazioni, la bambina è nata e sua
moglie è in ottima salute. –
Sentiva
chiaramente su di sé gli sguardi di Cygnus e Orion.
Ancora
una volta una bambina.
E
pensare che i Malfoy provavano da un paio d’anni ad avere
una femminuccia ma senza alcun risultato.
L’ironia
del fato.
A
lui comunque una bambina stava più che bene, anzi a dirla
tutta era l’opzione che preferiva sebbene non
l’avesse mai detto a nessuno in
famiglia per evitare il linciaggio, perché l’idea
di avere una sua piccola
principessa da viziare lo deliziava.
Entrò
nella stanza, avvicinandosi al letto sul quale giaceva
Adhara; aveva l’aria stremata, ma sorrideva come se quello
fosse il momento più
bello della sua intera esistenza mentre cullava la loro bambina.
-
Hydra, guarda chi c’è, è
papà – sussurrò, porgendogli quel
frugoletto avvolto nella copertina.
La
prese con esitazione, temendo di farle accidentalmente del
male tanto era piccola e fragile tra le sue braccia forti.
La
carnagione era alabastrina, una zazzera di corti capelli
castani e due grandi occhi azzurri come il cielo che lo fissavano con
espressione allegra.
La
loro bambina.
1964
-
Una proposta di contratto matrimoniale? – ripetè
Adhara, con
un tono di voce che denotava chiaramente cosa pensava
dell’idea.
-
Noi Black dobbiamo garantire la dinastia, mia cara –
provò a
farla ragionare Irma.
-
Hydra ha solo sette anni. Mi rifiuto di acconsentire a
venderla al migliore offerente come se fosse bestiame. Tu forse sarai
stata
d’accordo quando si trattava di Walburga, ma io no.
–
-
I Carrow sono un’ottima famiglia, appartengono persino alle
Sacre Ventotto, è un affare vantaggioso. –
-
Mia figlia non è un affare. Alphard, tu la pensi come tua
madre? –
Sentì
gli sguardi delle due donne su di lui.
Perfetto,
si trovava proprio tra due fuochi.
Si
sarebbe carbonizzato, poco ma sicuro.
-
Io credo che sia davvero troppo presto per prendere anche
solo in considerazione l’idea, mamma. Quando Hydra
sarà più grande ne parleremo
con lei e prenderemo una decisione che le vada bene. Dopotutto se
è una Black a
sette anni non smetterà certo di esserlo quando ne
avrà compiuti diciassette –
concluse, ironico.
Irma
alzò gli occhi al cielo, sbuffando decisamente
contrariata, ma sapeva bene di non poter fare nulla contro la decisione
presa
dal figlio e dalla nuora.
-
Fate come credete, ma davvero non capisco questa
indignazione. Bellatrix e Rodolphus Lestrange sono già
promessi e manca molto
poco per ufficializzare anche le cose tra Narcissa e Lucius Malfoy.
–
Adhara
alzò gli occhi al cielo a sua volta, nell’evidente
tentativo di ingoiare una rispostaccia.
-
Mamma, ne riparleremo in futuro, ora grazie per la visita ma
io e mia moglie vorremo stare un po’ da soli –
concluse, ammiccando
leggermente.
Con
una risatina, la vecchia strega recuperò la sua borsetta e
seguì l’elfa verso l’uscita della villa.
-
Tua madre è veramente una strega e
non nel senso Purosangue del termine. –
-
Lo so bene, ma apprezzo che tu non l’abbia Schiantata.
–
-
C’è mancato davvero poco. Promettimi che non
venderemo mai
Hydra come se fosse un oggetto. –
Annuì,
prendendole le mani tra le sue.
-
Te lo giuro. Hydra non sarà mai costretta a sposare una
persona che non ama. –
1967
Hydra
correva nel giardino della villa giocando ad
acchiapparsi con Sirius e Regulus. Non aveva mai legato particolarmente
con le
cugine, ma con i cugini era tutta un’altra storia.
Adorava
sia Sirius che Regulus e passava tutto il tempo che
poteva in loro compagnia.
In
tono nemmeno così scherzoso, Orion aveva sollevato un paio
di volte la questione su un eventuale fidanzamento tra lei e Sirius in
modo
tale da mantenere in auge il nome dei Black.
L’occhiata
assassina di Adhara era stata sufficiente a farlo
desistere dall’affrontare nuovamente l’argomento.
Ripensando
a quella scena ad Alphard venne da sorridere; sua
moglie sapeva intimorire praticamente chiunque quando voleva.
I
bambini erano al terzo giro del giardino quando Hydra
inciampò, cadendo a terra e battendo le ginocchia sul
mattonato.
Non
emise il minimo lamento, ma prima che lui potesse pensare
di uscire a soccorrerla vide che i suoi cugini erano già
lì.
Hydra
tese una mano verso il più grande.
-
Sir, dammi una mano! –
Sirius
obbedì, aiutandola a rimettersi in piedi, e si
chinò
poi ad esaminarle il ginocchio.
-
Non mi sembra che sia nulla di grave – asserì, con
una
serietà nelle iridi grigie che lo fece sembrare molto
più grande dei suoi sette
anni.
-
Se vuoi posso andare a prenderti dell’acqua per togliere il
sangue – aggiunse Regulus, nell’evidente tentativo
di rendersi utile a sua
volta.
-
Grazie, Reg. –
Lo
vide scattare verso casa, entrando nella cucina in una
manciata di secondi.
-
Ciao, zio Alphard – esordì sorridendo allegro.
-
Ciao, Regulus. Cosa succede alla mia principessa? –
-
Hydra è inciampata mentre giocavamo, ma Sirius dice che non
è nulla di grave e lei non ha nemmeno pianto. –
Pronunciò
la seconda parte della frase con un tono quasi
religioso come se il semplice fatto che suo fratello dicesse una cosa
la
rendesse automaticamente incontestabile e che una ragazza non piangesse
fosse
un fatto del tutto inaspettato.
-
E tu cosa fai? –
-
Io prendo un panno umido per pulire i graffi –
annunciò
tutto fiero del suo compito.
-
Allora ti lascio al tuo lavoro. Siete molto bravi, ragazzi,
so che con voi Hydra è in buone mani. –
Regulus
gli rivolse un sorriso enorme, afferrò il panno umido
e corse nuovamente fuori.
Ricordava
cosa si provava a essere il più piccolo in famiglia
ed era contento che Regulus avesse trovato qualcuno che lo supportava
costantemente.
Hydra
Black – Nata nel 1957, Corvonero
1971
Sul
binario nove e tre quarti,
attendevano che il treno emettesse il consueto fischio che annunciava
la
partenza per Hogwarts quando Sirius si avvicinò a loro con
espressione a metà
tra il disgustato e l’indignato sul volto.
-
Cosa succede, campione? –
-
Ho visto Hydra e un ragazzo che
si baciavano – disse, arricciando il naso.
-
Cosa? È impossibile, chi è
quello lì? – domandò Regulus, dando
voce alle medesime domande che affollavano
la mente di Alphard.
Orion
scoppiò a ridere davanti a
quella gelosia ben manifesta di entrambi i figli.
-
L’avevo detto che un
fidanzamento poteva essere una buona idea. –
-
Non ricominciare, Orion -, lo
rimbeccò Adhara, - quanto al ragazzo che avete visto deve
trattarsi di
Nicholas. –
-
Nicholas King, il figlio di
Stephen e Drusilla? –
Conosceva
il ragazzo per via
dell’amicizia che legava sua moglie alla madre, ma non gli
piaceva
particolarmente; lo riteneva fin troppo simile al padre e non si poteva
certo
dire che i primi anni di scuola di Stephen non fossero stati a dir poco
turbolenti.
-
Esattamente. –
-
Non mi piace. –
-
Ma non mi dire, non l’avrei mai
detto – rise Adhara.
-
Non dirmi che tu e Drusilla
sapevate della loro storia e avete tramato alle mie spalle. –
-
Tramato, che parolone, ma sì
sapevamo che c’era del tenero da loro. È dalla
festa di Halloween dello scorso
anno che si frequentano – annunciò.
-
Dovrò farci un bel discorsetto
con quel signorino … -
-
Alph, hanno solo quattordici e
quindici anni. Cosa vuoi che succeda? –
Lo
scambio di sguardi tra Alphard
e Orion fu eloquente.
Di
tutto.
Poteva
succedere di tutto e loro
lo sapevano bene visto che prima di fidanzarsi non erano certo stati
dei santi.
-
Fatto sta che lo tengo
d’occhio. –
-
Oh sì, sono certa che adesso
Nick non dormirà più sonni tranquilli avendo
questa consapevolezza. Coraggio,
signor gelosone, stanno partendo. –
Alzarono
la mano in cenno di
saluto quando Hydra si affacciò dallo scompartimento che
condivideva con i tre
fratelli Bones e Nicholas e Rebekah King.
-
La cosa continua a non piacermi
– annunciò mentre uscivano dalla stazione.
-
Ne prendo atto e vado avanti a
vivere lo stesso. –
1972
La
spilla era giunta quella mattina, annunciandole che
finalmente anche lei avrebbe rivestito un ruolo importante
all’interno della
scuola.
Come
regalo i suoi genitori le avevano fatto dono di un
cucciolo di gatto del bengala che aveva chiamato Salem.
Adesso
era intenta a guardarlo giocare con un gomitolo di lana
che gli aveva lanciato.
Venne
interrotta da Sirius, che fece capolino nella sua
stanza.
-
Ehy, Sir. Ti serve qualcosa? –
-
Ecco … io volevo solo parlare prima di riprendere il treno e
tornare a scuola. –
Battè
sul pavimento accanto a lei, invitandolo a sedersi.
-
Certo, dimmi pure. –
-
Non è facile -, annunciò tormentandosi le mani
con
nervosismo, - non so come la prenderai. –
-
Lo sai che puoi dirmi tutto, no? –
Sirius
prese un respiro profondo, guardandola dritta negli
occhi con una serietà assoluta.
-
Io sono innamorato di te, Dra. –
Interdetta,
le ci volle qualche secondo prima di trovare le
parole più adatte.
-
Sir, lo sai che non si può … -
-
Perché siamo cugini? Anche i miei genitori lo sono -,
l’anticipò, - oppure è per
l’età? Lo so che sono più piccolo di te
di tre anni,
ma sono molto maturo per la mia età. Lo dicono tutti.
–
Scosse
il capo, allontanando le ciocche castane dal volto.
-
Non è per questo, Sir. Lo sai che sei il mio cugino
preferito, ma il bene che ti voglio è paragonabile a quello
che si può volere a
un fratello. Ti voglio bene, un bene infinito, ma non ti amo
– replicò
gentilmente.
-
Perché ami Nicholas King – concluse amaramente.
Improvvisamente
l’astio del cugino nei confronti del suo
fidanzato assumeva tutto un altro significato.
-
È per questo che non lo sopporti? –
Annuì.
– Io sarei molto meglio per te. –
Allungò
una mano, affondandola nelle scomposte ciocche corvine
del cugino per poi spingerle all’indietro.
-
La ragazza che starà con te sarà molto fortunata,
Sir, ma
non sarò io. –
Sconfitto,
Sirius avanzò l’ultima richiesta.
-
Posso avere un bacio? Uno solo, voglio che il mio primo
bacio sia con te indipendentemente da come sono andate le cose.
–
Hydra
annuì in silenzio, avvicinandosi al cugino.
Appoggiò
le labbra sulle sue in un contatto casto e lieve che
durò qualche secondo prima che lei si ritraesse.
Dal
corridoio, dove tutta la conversazione era stata ascoltata
per filo e per segno da Alphard e Adhara, giunse il commento lieve
dell’uomo.
-
Sono sconvolto, sembra proprio che una volta tanto Orion
avesse ragione su qualcosa. –
Spazio
autrice:
Salve!
A
tempo
di record eccoci qui con la nuova OS, questa volta dedicata agli
Alphara.
Vi
anticipo che per una questione di parità di voti, il
prossimo capitolo sarà
dedicato ai Devara e, per rispondere a chi me l’ha chiesto
tramite mp,
ovviamente alla votazione possono partecipare anche coloro che hanno
letto
Hogwarts 1944 senza partecipare.
Come
sempre spero che il capitolo vi sia piaciuto e vi invito a esprimere la
vostra
preferenza per la prossima coppia protagonista.
Al
prossimo aggiornamento.
Stay
tuned.
XO
XO,
Mary
|
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Capitolo 3 *** Devon/Laura ***
Devon
Bones & Laura Neuberg in Bones
1952
Alya
risistemò per l’ennesima volta il velo
dell’amica, stando
attenta che il piccolo diadema che lo sorreggeva non
s’impigliasse nelle
ciocche fresche di acconciatura.
Era
certa che in caso contrario Drusilla avrebbe dato di matto
visto che aveva impiegato ben venti minuti per riuscire ad assicurarsi
che
l’elaborata treccia si attorcigliasse sul capo in modo
perfetto.
-
Ecco fatto, adesso sei perfetta. –
Lanciando
un’occhiata alla figura che lo specchio le
rimandava, Laura sentì un enorme sorriso farsi largo sul suo
volto.
Non
avrebbe potuto essere più felice di quel momento.
-
Non osare piangere -, l’ammonì Drusilla, - oppure
il trucco
colerà sul volto e ti trasformerai in una sposa pagliaccio.
–
Risero
all’unisono sotto gli occhi della madre, in attesa di
accompagnare la figlia all’altare.
-
Tuo padre sarebbe stato fiero della tua decisione, Laura.
Devon è un bravo ragazzo, gli sarebbe piaciuto –
asserì, abbracciandola
un’ultima volta prima di prenderla sottobraccio e condurla
fuori dalla stanza.
Percorsero
le gradinata che conduceva all’immenso giardino
allestito per la cerimonia a passo lento, per impedirle di cadere a
causa dei
tacchi alti.
Fosse
stato per lei ne avrebbe scelti un paio più bassi e
pratici, ma Drusilla aveva insistito giudicandoli a dir poco perfetti
sotto
quell’abito e alla fine si era lasciata convincere dalla sua
damigella d’onore.
Alya,
in qualità di testimone, camminava accanto a Drusilla a
pochi passi di distanza da lei e sua madre.
-
Non vedo Devon – sussurrò, quando
riuscì finalmente a
intravedere l’altare.
In
effetti Stephen era lì, in piedi nell’angolo
riservato al
testimone dello sposo, ma del suo futuro marito non c’era
alcuna traccia.
Perplessa,
rivolse un’occhiata all’amico che
scrollò le spalle
come a dire che era una storia lunga.
Sua
madre le accarezzò l’avambraccio scoperto con fare
rassicurante.
-
Vedrai che arriverà tra poco. –
E
infatti, come a voler confermare le sue parole, non appena
giunse all’altare venne attirata dal rumore di qualcuno che
correva verso di
loro.
Devon
giunse sull’altare con il fiato corto, la cravatta
annodata alla meno peggio.
-
Cominciavo a credere che te la fossi svignata finchè eri
ancora in tempo – sussurrò Laura, alzandosi in
punta di piedi per sistemare il
nodo.
-
Mai nella vita. È colpa di Moody, sembrava che oggi non
volesse saperne di farci finire l’addestramento. Ci
crederesti se ti dicessi
che fino a un’ora fa ero immerso in una sudicia palude a
farmi bersagliare
d’incantesimi? –
Accarezzò
una ciocca di capelli ancora umidi.
-
Ecco perché sembra che qualcuno ti abbia strappato via dalla
doccia. –
-
Già, ma questa sera potremmo sempre tornarci insieme
–
replicò, ammiccando con una malizia che la fece arrossire.
-
Signor Bones, le sembra il momento? Mantenga un po’ di
pudore. –
-
Ai suoi ordini, signorina. –
1955
Laura
entrò al San Mungo seguita a ruota da Drusilla, Stephen
ed Alya.
Aveva
ricevuto la notizia solo pochi minuti prima e allora
aveva immediatamente preteso di essere accompagnata lì.
Era
già passata per un episodio simile molto tempo prima, con
la morte di suo padre, e l’idea di perdere anche Devon era
semplicemente
insopportabile.
-
Sono Laura Bones, mio marito è stato ricoverato
mezz’ora fa
… è un Auror, Devon Bones. –
L’infermiera
all’accettazione annuì, scorrendo la lista dei
degenti passati da poco all’accettazione
dell’ospedale.
-
Ala C, terzo piano, stanza 125 … il capo reparto
è il
Medimago Davies, lui saprà fornirle ogni informazione sulla
salute di suo
marito. –
La
ringraziò, dirigendosi spedita verso la scala che
l’avrebbe
condotta alla stanza di Devon.
Arrivata
davanti alla porta della stanza, chiusa a causa della
visita ancora in corso, accarezzò distrattamente la pancia
leggermente
arrotondata che tradiva il quarto mese di gravidanza.
Sarebbe
andato tutto bene.
Devon
si sarebbe ripreso e sarebbe tornato a casa con lei.
E
tra cinque mesi il loro bambino sarebbe finalmente nato e
loro sarebbero diventati la famiglia che avevano sempre sognato.
Doveva
essere così.
-
Andrà tutto bene – sussurrò Alya,
abbracciandola, - Devon è
un tipo forte o non sarebbe riuscito a passare
l’addestramento di Moody. –
Annuì,
continuando a fissare la porta finchè non si aprì
a
mostrare il Medimago.
-
La signora Bones? –
-
Sì. –
-
Suo marito è stato colpito da cinque Schiantesimi in pieno
petto, ma ha ripreso conoscenza e chiede di lei. È
impressionante la sua
capacità di ripresa, immagino che abbia una disperata voglia
di rimanere
aggrappato alla vita. –
Annuì
per l’ennesima volta, oltrepassandolo e precipitandosi
nella stanza.
Devon
teneva la schiena appoggiata contro il cuscino e
appariva vigile e presente mentre rivolgeva la parola
all’altro Auror presente
nella stanza.
-
Te l’avevo detto che mia moglie era bellissima, Burke.
–
-
Già, l’avevi detto – convenne
l’uomo seduto sulla sedia di
fronte al letto, che portava una fasciatura intorno alla spalla,
alzandosi per
porgerle la mano libera dall’imbracatura che sorreggeva la
frattura.
-
Jonathan Burke, sono uno dei compagni di squadra di suo
marito. –
Ricambiò
la stretta.
-
È lui che mi ha riportato indietro – aggiunse
Devon.
-
Grazie per essersi preso cura di mio marito, per averlo
riportato da me. –
Jonathan
abbozzò un sorrisetto imbarazzato.
-
Dovere, signora Bones. Se volete scusarmi vado a vedere come
se la cava Jones, dovrebbe essere uscita dalla sala operatoria dieci
minuti fa.
–
Rimasti
soli, Laura sedette sul bordo del letto osservandolo
dalla testa ai piedi come a volersi sincerare che stesse davvero bene e
non
rischiasse una ricaduta da un momento all’altro.
-
Se mi fai prendere di nuovo uno spavento come questo giuro
che ti ammazzo. –
Le
afferrò la mano, portandola alle labbra e scoccandovi un
bacio.
-
Non ti libererai così presto di me. –
1964
-
Mamma, mamma … Edgar e papà sono usciti di nuovo
a caccia
senza avvertirmi – sbuffò Amelia, incrociando le
braccia al petto.
Alzando
lo sguardo dalla pentola nella quale stava cuocendo lo
stufato, Laura si voltò verso la bambina di sette anni dalle
lunghe trecce e
l’espressione imbronciata.
-
Sono usciti molto presto, era appena sorta l’alba, e tu e
Benji dormivate come dei ghiri. –
-
Io non dormo come un ghiro – protestò.
Si
chinò a solleticarle la pancia, facendola ridacchiare.
-
Certo che lo fai. Sei il piccolo ghiro di casa. –
-
Mamma? –
-
Sì, tesoro? –
-
La zia Alya e lo zio Jonathan verranno a trovarci questa
sera insieme a zia Drusilla e zio Stephen? –
Sorrise
ripensando all’affetto che la loro figlia di mezzo
provava nei confronti di Jonathan Burke, tanto da averlo nominato a
tutti gli
effetti come zio acquisito.
-
Certo. Sei contenta di rivedere Nick e Beks? –
Annuì,
saltellando da una parte all’altra della cucina, per
poi fermarsi di botto e lanciarle un’occhiata a
metà tra il curioso e il
malandrino.
-
Mamma … perché la zia Alya e lo zio Jonathan non
cominciano
a uscire insieme? –
Tossicchiò,
ignorando la saliva con la quale si era strozzata
all’innocente domanda della figlia.
-
E tu cosa ne sai delle relazioni tra gli adulti? –
Amelia
fece un sorrisetto furbo.
-
Ho sentito lo zio Jonathan dire a papà che la zia Alya
è una
sventola. Che significa sventola? –
Laura
rise.
-
Credo che tu sappia cosa significa, non è vero? –
-
Forse. Ed dice che significa che una ragazza è davvero molto
bella. –
-
Edgar ha ragione. –
-
E allora perché non escono insieme? Forse alla zia Alya lui
non piace? Eppure anche lo zio Jon è uno sventolo.
–
Scoppiò
nuovamente a ridere.
Questa
storia degli “sventoli” doveva proprio raccontarla
a
Dru e Alya.
-
Non lo so, tesoro, ma ti prometto che lo scopriremo. –
Edgar
Bones – Nato nel 1956, Tassorosso
Amelia
Bones – Nata nel 1957, Tassorosso
Benjamin
Bones – Nato nel 1958, Tassorosso
1969
Devon
si chinò verso Benjamin, che sembrava incollato sul
pavimento della banchina del binario 9 e ¾ come se gli
avessero apposto un
incantesimo adesivo.
-
Che succede, Ben? –
-
È solo che … ho paura – ammise.
-
Paura? E di cosa? –
-
Se non vengo Smistato in nessuna Casa? Edgar è coraggioso e
leale mentre Amelia è intelligente e buona perciò
il Cappello ha trovato loro
un posto a Hogwarts. Io invece non ho nessuna qualità
particolare. Se nessuna
Casa andasse bene per me? –
Lo
guardò dritto negli occhi, sorridendogli in modo tale che
suo figlio percepisse l’affetto e l’orgoglio che
provava per lui.
-
Ben, sei una persona umile e generosa, ti fai sempre in
quattro per le persone che ami. Per quanto mi riguarda questa
è una delle
migliori qualità che si possano avere. Qualsiasi Casa
sarà ben felice di
averti. –
-
Dici sul serio? –
Devon
annuì.
-
Voglio che tu sia sempre consapevole di quanto io e tua
madre amiamo te e i tuoi fratelli; non vi scambieremmo per nulla al
mondo –,
sfilò la medaglia che portava al collo e gliela mise, -
Tienila con te e
ricorda che anche tu hai coraggio. –
-
Ma questa è la tua medaglia al valore –
mormorò, osservando
il riconoscimento guadagnato durante la missione che aveva visto
coinvolto suo
padre due anni prima.
-
Me la restituirai al tuo ritorno per le vacanze. È un modo
come un altro per averci vicini. –
Benjamin
lo abbracciò d’impeto, sollevando i grandi occhi
nocciola a incontrare le sue iridi verdi.
-
Grazie, papà. –
Poi
corse via, raggiungendo Edgar che lo aspettava vicino alla
scaletta del treno in compagnia di Nicholas.
Quei
due si sarebbero presi cura di Benjamin, nulla di male
sarebbe successo al loro insicuro pulcino.
Spazio
autrice:
Eccoci
qui con la terza OS, che come vi avevo anticipato è dedicata
ai Devara e ai
loro pargoli.
Per
chi
fosse curioso, qui sotto vi lascio il prestavolto di Jonathan Burke.
Che dite,
tra lui e Alya sboccerà l’amore? Credo proprio che
vi toccherà scoprirlo quando
arriverà l’OS dedicata a Stephen e Drusilla.
Come
sempre vi invito a esprimere la vostra preferenza per la prossima OS
che
dovrebbe arrivare Lunedì in mattinata.
Al
prossimo aggiornamento.
Stay
tuned.
XO
XO,
Mary
Jonathan
Burke – Nato nel 1924, ex Grifondoro
|
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Capitolo 4 *** Fleamont/Kara ***
Fleamont
Potter & Kara Dawson in Potter
1957
La
partita era appena finita, sancendo la vittoria della
nazionale inglese, quando Kara vide Fleamont distaccarsi dal resto
della
squadra e planare verso la tribuna d’onore dove le alte
cariche e le compagne
dei membri della squadra avevano assistito alla partita.
Frenò
proprio di fronte a lei, sorridendo orgoglioso, le iridi
castane che luccicavano dando dimostrazione di tutta
l’emozione che stava
provando.
Si
allungò sulla scopa, estraendo una scatoletta dalla tasca
interna della divisa.
Attorno
a lei Kara riuscì a sentire chiaramente i sospiri
trattenuti dalle donne che la circondavano.
-
Kara Victoria Dawson, non posso aspettare un giorno di più
senza chiedertelo … vuoi diventare mia moglie? –
Sgranò
gli occhi, portando una mano sulla bocca, incredula.
Quel
pazzo scatenato le aveva fatto una proposta di matrimonio
nel bel mezzo della premiazione dei mondiali di Quidditch.
Sentiva
gli sguardi su di sé; erano tutti in attesa di
scoprire cosa avrebbe risposto, persino i giocatori e i tifosi della
nazionale
bulgara.
-
Sì, Fleamont Potter, voglio sposarti. –
I
tifosi inglesi fecero rombare la loro approvazione con grida
e fischi, che aumentarono paurosamente di volume quando Fleamont si
sporse
ulteriormente sulla scopa e la baciò con trasporto.
James
Potter – Nato nel 1960, Grifondoro
1963
-
James Potter, torna immediatamente qui – esclamò,
rincorrendo quel piccolo teppista che rispondeva al nome di suo figlio.
Aveva
solo tre anni eppure aveva la capacità di combinarne di
tutti i colori, come la volta in cui aveva quasi rotto un vaso in testa
alla
zia Gemima oppure quando aveva colorato di rosa tutta la coda del cane
di casa.
Ebbene,
in quella particolare occasione era montato in sella
alla scopa giocattolo che Fleamont gli aveva regalato per Natale e si
era messo
a volare in giro per casa, avventurandosi quanto più in alto
la scopa gli
concedesse, e girando attorno all’albero di Natale
vorticosamente finendo con
il farlo schiantare al suolo.
-
Oh oh – mormorò il piccolo, dirigendo la scopa
verso la
porta finestra.
Stava
quasi per riuscire a farla franca quando sentì la scopa
rallentare bruscamente e si ritrovò a fronteggiare sua madre
che teneva
saldamente tra le mani la coda in paglia.
-
Non provarci nemmeno, James. È il momento di tagliare i
capelli e fare il bagno. –
-
Ma io non voglio. –
Lo
tirò giù dalla scopa senza troppi complimenti,
tenendolo
stretto tra le braccia mentre si dirigeva verso il bagno.
-
Papà, papà -, gridò il piccolo, -
aiutami. Salvami dal drago
sputafuoco, salvami! –
La
risata di Fleamont provenne dallo studio nel quale si era
chiuso a rispondere alle lettere che gli erano state indirizzate dai
vari team
che gli chiedevano di giocare per loro.
James
aveva preso a chiamare drago sputafuoco sua madre ogni volta
che Kara perdeva la pazienza e decideva d’imporsi.
Sarebbe
stato ancora più divertente se non fosse stato
consapevole che sua moglie sapeva benissimo che quella storia del drago
era
partita da lui e che prima o poi avrebbe trovato il modo di fargliela
pagare.
1971
-
Mamma, chi è quel bambino? –
Kara
seguì la direzione in cui puntava lo sguardo del figlio,
individuando Walburga e Orion Black accanto a un bambino coetaneo di
James
dalle lunghe e scomposte ciocche corvine che incorniciavano due iridi
grigie.
Adhara
le aveva parlato a lungo del primogenito di Walburga;
il piccolo Sirius era fin troppo adorabile per essere il frutto
dell’unione di
quei due, a suo giudizio, ed era il nipote preferito di Alphard.
-
Sirius Black, è il cugino di Hydra. –
Annuì,
osservandolo come se volesse farsi un’idea di lui a
prima vista.
-
Credi che mi troverà simpatico? –
-
Penso di sì, Jamie. –
-
Bene, allora vado subito a parlarci. –
Fleamont
lo trattenne per la spalla, attirando la sua
attenzione.
-
Non così in fretta. Non vuoi salutarci prima della partenza?
Puoi sempre cercare Sirius sul treno. –
L’undicenne
arricciò il naso in una buffa espressione, come se
fosse tormentato dalle due possibilità.
-
D’accordo, ma davvero ragazzi dovreste aver fatto
l’abitudine
alla mia crescita repentina. Non sono più un bambino; anche
se so che vi
mancherò tremendamente, ci vedremo per le feste di Natale.
Quindi niente
lacrime – concluse, con un sorriso ironico sulle labbra
sottili.
Kara
gli raddrizzò gli occhiali sul naso, scuotendo la testa
con un sorriso a metà tra il divertito e
l’esasperato.
-
Fai poco lo spiritoso e cerca di non far perdere la calma a
Minerva, non vorrei doverti inviare una Strillettera già la
prima settimana di
scuola. –
-
Non garantisco nulla. –
-
James … -
-
Scherzo -, aggiunse in fretta davanti al tono minaccioso
della madre, - o forse no – concluse, correndo verso il treno.
Kara
e Fleamont si scambiarono un’occhiata.
-
Quanto pensi che ci metterà a prendere una punizione?
–
-
Due o tre … -
-
Giorni? Sei ottimista. –
-
No, veramente intendevo ore. –
I
Malandrini
1972
Kara
sentì chiaramente le urla provenienti dal piano
superiore, ma cercò di fare finta di nulla.
Era
l’estate del loro primo anno e James le aveva chiesto
praticamente in ginocchio di fare venire a casa sua i suoi amici per
quel
pomeriggio.
Così
alla fine aveva ceduto, scoprendo che se Peter Minus era
impacciato e Remus Lupin era gentile e fin troppo educato …
beh, Sirius Black
era l’esatta controparte di James. Scatenati, sempre con uno
scherzo in
procinto di essere portato a termine, erano due veri e propri terremoti
che
sembravano essersi trovati ed essere destinati a essere legati da quel
tipo d’amicizia
che durava tutta la vita.
Non
invidiava per nulla Minerva che avrebbe dovuto avere a che
fare con loro per altri sei anni.
Afferrò
il vassoio con entrambe le mani, carico di tramezzini
e una grossa caraffa di succo di zucca, e raggiunse la porta della
camera di
James.
-
Ragazzi, vi ho portato qualcosa da mangiare. –
Ad
aprirle la porta fu Remus, che si affrettò a toglierle il
vassoio dalle mani ringraziandola per averlo portato fin lì
e affermando che
avrebbero potuto essere loro a scendere senza farla scomodare
ulteriormente
visto che era stata già molto gentile nel preparare loro la
merenda.
Gli
rivolse un sorriso.
Quel
ragazzino era di una dolcezza squisita e sembrava al
settimo cielo all’idea di essere completamente accettato in
un gruppo di amici.
Non
riusciva a capire quale fosse il motivo, visto che era a
dir poco squisito, eppure aveva negli occhi una scintilla che lasciava
intendere che ne avesse viste molte più di quanto qualsiasi
altro ragazzino di
dodici anni facesse abitualmente.
-
Come mai ridevate così tanto, è successo qualcosa
di
speciale? –
James
annuì, smettendo finalmente di ridere, tenendosi la
pancia.
-
Sirius ha … -
-
Sta’ zitto, James. Nulla di particolare, signora Potter
–
replicò in fretta Sirius, fulminando l’amico con
un’occhiataccia come a volerlo
sfidare a continuare la frase.
-
Sì, nulla d’importante, mamma. –
Certo,
come se lei fosse nata ieri.
-
D’accordo, allora vi lascio alle vostre cose, portate
giù il
vassoio quando avete finito. –
Uscì
dalla stanza, richiudendosi la porta alle spalle.
Tempo
due minuti e i quattro avevano ricominciato a
chiacchierare e ridere tra le proteste e i commenti piccati di Sirius.
1976
Era
l’ultima domenica di Agosto e mancava meno di una
settimana all’inizio del sesto anno di James quando la loro
vita assunse uno
sviluppo decisamente nuovo e inatteso.
Seduti
al tavolo, erano intenti a fare colazione quando
bussarono alla porta di casa.
-
Vado io – annunciò Fleamont, mettendo via la tazza
di caffè
bollente che stava sorseggiando.
Fermo
sulla soglia della porta, Kara lo vide sgranare gli
occhi.
-
Cosa succede? –
-
C’è Sirius – annunciò,
facendosi da parte per far entrare in
casa il ragazzo con tanto di effetti personali a seguito.
-
Signori Potter, lo so che è domenica mattina e mi sono
presentato senza preavviso, ma potrei restare da voi fino
all’inizio della
scuola? Sono andato via di casa … non li sopportavo
più – mormorò, le iridi
grigie prive della solita scintilla malandrina.
Kara
afferrò un piatto e un bicchiere puliti, depositandoli
sulla tavola.
-
Vieni a sederti, Sirius. Puoi stare qui tutto il tempo che
vuoi. –
Sirius
sedette accanto a James, divorando il bacon croccante e
le uova strapazzate sotto lo sguardo attento di Kara.
Da
come mangiava sembrava che avesse passato ore senza cibo
nello stomaco.
-
Quando sei andato via di casa? –
-
Ieri sera. Non volevo disturbarvi in piena notte. –
Kara
lo abbracciò di slancio, stringendolo a sé come a
volergli trasmettere ciò che stava pensando.
Solo
una madre senza cuore avrebbe lasciato andare via in quel
modo suo figlio.
-
Puoi stare qui tutto il tempo che vuoi. Casa nostra è anche
casa tua. –
Spazio
autrice:
Salve!
Un
po’ in
ritardo rispetto a quanto avevo pianificato, ma alla fine eccoci qui.
Ho
inserito anche i Malandrini e sono andata un po’
più avanti del ciclo narrativo
compreso dalla ff perché non potevo non scrivere di quel
momento a casa Potter.
Spero
che
l’OS vi sia piaciuta e vi chiedo di votare per la prossima
tra:
-
Drusilla/Stephen;
-
Sophie/Tobias;
-
Alexandra/Abraxas.
Al
prossimo aggiornamento.
Stay
tuned.
XO
XO,
Mary
|
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Capitolo 5 *** Stephen/Drusilla ***
Stephen
King & Drusilla Selwyn in King
1955
Controllò
per l’ennesima volta l’esito degli esami,
incredula.
Era
una Medimaga quindi sapeva bene che quel tipo di test non
sbagliava mai.
Eppure
non riusciva a capacitarsene.
Erano
stati attenti, molto attenti, perché la loro carriera
non era ancora abbastanza avviata per pensare a fare un figlio.
E
invece eccolo lì.
Era
incinta.
Si
passò una mano sul volto, sospirando.
Non
restava altro che dirlo a Stephen ed escogitare insieme un
modo per riuscire a far quadrare i conti.
Recuperò
le sue cose, salutando le colleghe del turno
pomeridiano, e uscì di corsa dal San Mungo.
Dieci
minuti, e una piccola Smaterializzazione, dopo era nel
cortile di casa loro.
Entrando
in casa si accorse che Stephen era già lì.
Era
sdraiato sul divano con gli occhi chiusi, ma a giudicare
dal modo in cui respirava non era ancora addormentato.
Gli
si avvicinò, posandogli una mano sul braccio muscoloso, e
lo scosse leggermente.
Le
iridi color ghiaccio si spalancarono e un sorriso sghembo
si dipinse sul volto di quello che sei mesi prima era diventato suo
marito.
Fece
per cingerle i fianchi e attirarla sul divano insieme a
lui, ma Drusilla oppose resistenza.
Se
si fosse lasciata andare avrebbero finito con il
distogliersi fin troppo dal discorso che voleva affrontare.
Percependo
che c’era qualcosa che la preoccupava, Stephen si
mise a sedere con un rapido e agile colpo di reni.
-
Che succede? –
-
Oggi ho scoperto una cosa … una cosa che è
importante che tu
sappia. –
-
C’entra il lavoro? Ti ho già detto che non devi
fare tutti
quei turni se ti stressa troppo, non peserà poi
così tanto sul bilancio
mensile. –
Scosse
il capo.
-
Tu stai bene? –
-
Sì o almeno credo … -
-
Dru -, insistè preoccupato, - vuoi dirmi di cosa si tratta
prima che cominci a farmi venire in mente una serie di risposte una
più
preoccupante dell’altra? –
Prese
un respiro profondo, afferrandogli una mano e
intrecciando le dita alle sue.
-
Aspetto. –
-
Aspetti? – le fece eco, perplesso.
-
Sì, Stephen, aspetto. –
-
Cosa aspetti? –
-
Aspetto un bambino. –
Con
la fronte corrucciata, sembrava proprio che Stephen non
capisse.
-
Aspetti un bambino? Che bambino … viene Alex con il piccolo
Lucius? –
Si
battè la mano sulla fronte, esasperata.
Non
sapeva se ridere o mettersi a urlare.
Era
impossibile che Stephen non afferrasse il senso del
discorso.
-
No, Stephen, non aspettiamo tua sorella e nostro nipote.
Sono io che aspetto un bambino … il nostro
bambino – chiarì.
Vide
la consapevolezza farsi lentamente largo sul suo volto.
-
Sei incinta? –
-
Già. –
Stephen
l’afferrò per i fianchi, attirandola a
sé e baciandola
con trasporto.
-
Ma è fantastico! –
-
Sì, lo è … ma come faremo ad arrivare
a fine mese? –
Scrollò
le spalle. – E chi se ne frega … speriamo solo che
sia
un maschio, dovrò insegnargli a giocare a Quidditch e a
tirare un pugno e … -
Drusilla
alzò gli occhi al cielo.
Sembrava
di averlo già un bambino euforico in giro per casa.
-
Perché non aspetti altri sette mesi prima di lasciarti
prendere la mano? –
Rise,
baciandole la fronte, - Anche questa potrebbe essere una
buona idea. –
Nicholas
King – Nato nel 1956, Grifondoro
Rebekah
King – Nata nel 1957, Corvonero
1960
Drusilla
vide Amelia e Rebekah correre dentro casa a
perdifiato, ridacchiando tra di loro, stringendo tra le mani la scopa
di
Nicholas.
-
Cosa state combinando, signorine? –
Amelia
arrossì leggermente, cercando di nascondere il manico
della scopa con il suo corpo, mentre Rebekah si limitò a
rivolgerle il suo
solito sorriso da diavoletto travestito d’angelo.
-
La facciamo pagare a Nick. Si è preso tutti i biscotti al
cioccolato e li ha nascosti. –
Annuì,
sorseggiando il suo the caldo.
La
questione era decisamente seria, per il cioccolato tutto
era concesso.
-
D’accordo, allora io non vi ho viste …
nascondetela nello
stanzino al secondo piano, lo sapete che Nick lì non entra.
–
Ricompensandola
con due sorrisoni, le bambine sgattaiolarono
al piano superiore e fecero quelle che aveva loro consegnato.
Erano
appena scomparse dalla sua vista quando Nick entrò in
casa a passo di carica.
-
Le scarpe, mi sporchi il tappeto – lo bloccò
all’istante.
Calciando
via gli stivali sporchi di fango con stizza,
Nicholas fece vagare lo sguardo attorno a sé.
-
Dove sono? –
-
Dove sono chi? –
-
Beks e Lia. Hanno preso la mia scopa … appena le trovo le
uccido. –
-
Non di certo dentro casa mia, signorino. Gli elfi hanno
appena finito di pulire il pavimento e mi seccherebbe fargli pulire di
nuovo il
marmo. –
Sbuffando
e borbottando contro le ingiustizie che era
costretto a sopportare in quella casa a opera delle femmine,
Nicholas continuò la sua ricerca finchè non
trovò un
foglio di pergamena sulla sua scrivania.
Era
scritta in modo incerto e con qualche errore grammaticale
qui e lì, ma il senso era chiaro.
-
Cosa significa che se rivoglio la mia scopa dovrò darvi un
chilo di biscotti al cioccolato? Io non ce l’ho nemmeno un
chilo di biscotti –
esclamò.
La
voce di Rebekah giunse da dietro la porta della sua stanza,
dove si erano barricate.
-
E allora valli a comprare invece di lamentarti! –
Volse
le iridi nocciola verso la madre, fissandola
supplichevole. – Mamma … -
-
Te li faccio comprare da tuo padre -, lo rassicurò, -
così
magari ne prende un po’ anche a me. –
Alzando
gli occhi al cielo, Nicholas marciò nuovamente fuori
per tornare da Benjamin che aveva assistito alla scena con un sorriso
divertito
sul volto.
Maledette
femmine.
1964
-
C’è Jon, c’è Jon! –
Rebekah
prese a saltellare da una parte all’altra del salone,
per poi soffermarsi davanti allo specchio e sistemare le lunghe onde
bionde.
Rassettò
il vestitino rosa, voltandosi verso il fratello e i
suoi amici con un sorrisone.
-
Come sto, sono carina? –
-
Sì, più o meno quanto un rospo –
replicò Nick, vedendosi
affibbiare per tutta risposta un pestone sul piede.
-
Cafone. Ed, Benji … voi che dite? –
-
Stai bene – la rassicurò Edgar.
-
Già, sei molto carina – rincarò la dose
Benjamin,
arrossendo.
-
Alcuni trovano anche i rospi carini … -
-
Nick, vuoi che te ne dia un altro? –
-
Provaci e ti raso i capelli a zero mentre dormi – la
minacciò
di rimando, sorridendo soddisfatto quando la vide sbiancare.
Il
loro scambio di battute venne interrotto dalla porta che si
apriva a mostrare Stephen, Devon e Jonathan di ritorno dal loro turno
come
Auror.
Rebekah
sbattè le ciglia sulle iridi verde giada, sorridendo
vezzosamente mentre cinguettava: - Ciao, Jon. –
L’uomo
le sorrise di rimando, accarezzandole una guancia
rosea.
-
Ciao piccola. Hai un vestito nuovo? Ti sta molto bene. –
Annuì,
ringraziandolo sottovoce mentre il volto arrossiva
furiosamente.
Nick
le fece il verso, guadagnandosi un’occhiata che
preannunciava una morte lenta e dolorosa.
Con
una risata, Jonathan si fece strada nel salone
accomodandosi accanto ad Alya.
Fece
passare il braccio attorno alle spalle della donna,
sorridendole accattivante.
-
Allora, bruna bellezza, come vanno le cose? –
Alya
sorrise di rimando.
-
Non c’è male, le cose al dipartimento Auror?
–
-
Una faticaccia come al solito, ma è il lavoro più
bello che ci
sia. –
Drusilla
e Laura si scambiarono un’occhiata d’intesa.
Erano
passati solo due giorni da quando Laura aveva raccontato
quella storia della “sventola” e dello
“sventolo” che Amelia le aveva confidato
nella sua giovane innocenza e da allora lei e Drusilla erano impegnate
più che
mai nel tentativo di sistemare l’amica con
l’avvenente Auror.
-
Noi andiamo a finire di preparare la cena. Bambini, a
lavarvi le mani – annunciò Drusilla, mentre Laura
la seguiva.
-
Vengo anche io a darvi una mano … -
-
Non serve, rimanete pure a chiacchierare – la
fermò prima
ancora che Alya avesse modo di alzarsi dal divano.
Jonathan
dovette capire il loro gioco perché sorrise con
l’aria
di chi la sapeva lunga e riprese la conversazione.
-
Già, rimani a farmi compagnia … anche
perché volevo parlarti
di una questione su cui forse puoi darmi la tua opinione. –
Perplessa,
non le rimase che rimanere seduta sul divano e
ascoltare ciò che Jonathan aveva da dirle.
In
cucina Drusilla e Laura cercavano di origliare la
conversazione con scarso successo.
Erano
con le orecchie poggiate contro il muro quando Stephen e
Devon fecero il loro ingresso.
Dalle
loro facce era chiaro che si stessero domandando cosa ci
fosse che non andava nelle loro mogli.
-
Ho quasi paura di chiedere cosa state combinando. –
-
Non siamo matte, Stephen. Vogliamo solo sentire cosa si
dicono Alya e Jonathan. –
-
Sul fatto che non siate matte ho i miei seri dubbi … quanto
al resto abbiamo appena sentito Jonathan chiedere ad Alya di uscire a
cena
domani sera. –
-
E lei ha accettato – concluse Devon.
Drusilla
e Laura si scambiarono un cinque vittorioso.
E
anche quella era andata.
1971
Erano
tutti seduti a tavola per la cena dell’ultimo
dell’anno.
C’erano
Laura e Devon, con Edgar, Amelia e Benjamin; la zia
Mayra con il suo fidanzato e lo zio Edward, ancora scapolo, e i nonni
sia
paterni che materni.
Il
tacchino era stato tagliato, le patate dolci e le verdure
stufate già disposte al centro del tavolo e il dolce che
finiva di cuocersi nel
forno.
Tutto
era assolutamente perfetto … o almeno così
pensava
Nicholas.
Ma
si sa, c’è sempre la quiete prima della tempesta.
E
lui stava per impararlo molto presto.
A
casa King era tradizione leggere un buon proposito da
perseguire per l’anno successivo prima che venisse servita la
cena.
E
quello era il momento che più di ogni altro lo imbarazzava.
-
Tocca a te, Nick – lo invitò gentilmente sua madre.
-
Devo proprio? –
-
Andiamo, non è poi una cosa imbarazzante. –
-
Non lo è se il proposito è puro e casto -,
intervenne
Rebekah sorridendo come doveva aver sorriso il serpente dopo che Eva
aveva
afferrato il frutto proibito, - ma questo non è il caso del
proposito di Nick
secondo me. –
Gli
uomini ridacchiarono mentre le donne lo guardavano con
tanto d’occhi.
Aveva
quindici anni, insomma, era del tutto naturale che
avesse certi desideri un po’ … fisici.
Non
aiutava di certo il fatto che Edgar stesse ridendo come
una iena, confermando implicitamente l’affermazione di
Rebekah.
-
Allora, ho ragione quando dico che il tuo proposito comporta
te e Hydra in atteggiamenti non proprio casti? –
rimarcò la sorella.
-
Rebekah! – esclamò Drusilla.
-
Mamma, non sono mica io quella che si vuole rotolare sotto
le lenzuola con qualcuno … è di Nick che dovresti
essere indignata. –
-
Lo spero bene – bofonchiò Stephen.
Nicholas
avrebbe voluto scomparire dalla faccia della terra e
non essere ritrovato neppure da cadavere.
Quella
era ufficialmente la cena dell’ultimo dell’anno
più
imbarazzante della storia dell’umanità.
-
Ho appena cambiato il mio proposito per l’anno nuovo -, la
informò, - adesso è ucciderti. –
Spazio
autrice:
Salve!
Eccoci
qui con l’OS dedicata alla Druphen. Come sempre invito chi
non l’ha già fatto a
esprimere la propria preferenza per la prossima coppia tra:
-
Abraxas/Alexandra;
-
Toby/Sophie.
Prima
di
lasciarvi, informo chi fosse interessato che al seguente link potrete
trovare
una mia nuova storia: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3703278&i=1
Al
prossimo aggiornamento.
Stay
tuned.
XO
XO,
Mary
|
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Capitolo 6 *** Abraxas/Alexandra ***
Abraxas
Malfoy & Alexandra King in Malfoy
1954
-
Abraxas! –
Il
rampollo di casa Malfoy alzò gli occhi dalle carte che
stava consultando, nel suo studio, sbuffando.
Era
l’ennesima volta quella mattina che Alexandra lo chiamava,
ogni volta con una richiesta più strana e assurda della
precedente, e
cominciava ad avere la netta sensazione che si stesse divertendo
moltissimo nel
metterlo in difficoltà.
Tuttavia
mise via gli incartamenti e raggiunse la moglie.
-
Sì? Cosa ti serve questa volta? –
Sdraiata
sul divano in pelle di drago, Alexandra gli rivolse
un sorriso solare.
-
Ho voglia di … -
Ecco
le tre parole della catastrofe.
Le
voglie delle donne incinte erano micidiali, gli aveva detto
Renford, ma non ci aveva creduto finchè non aveva visto con
i suoi occhi quello
che potevano causare.
-
Pinoli del Bangladesh – concluse.
-
Pinoli del Bangladesh? – ripetè incredulo.
-
Esattamente. –
-
E io, di grazia, dove li dovrei trovare dei pinoli del
Bangladesh? –
Adhara,
seduta sulla poltrona di fronte a quella di Alexandra,
ridacchiò davanti alla scena che le si prospettava.
I
suoi due migliori amici in preda a quelle discussioni erano
lo spettacolo migliore che si potesse desiderare.
-
Se lo sapessi me li sarei presa da me … Dai, valli a
cercare, mi vanno davvero tantissimo. –
Rassegnato,
recuperò il suo mantello da viaggio e si diresse
verso il camino.
E
dire che lui odiava i viaggi in Metropolvere, dai quali si
usciva sempre pieni di cenere e puzzolenti come degli spazzacamini.
Dovette
girare per tre quarti di Diagon Alley prima di
riuscire a trovare un negozio di cibi e spezie orientali che li
vendesse.
Erano
le cinque quando arrivò al Manor, stremato ma stringendo
tra le mani una bustina di quel minuscolo cibo del diavolo.
Adhara
se ne era andata e Alexandra si era appisolata sul
divano.
La
scosse gentilmente, mostrandole la bustina.
-
Pinoli del Bangladesh. –
-
Adesso non mi vanno, Abraxas … lasciami dormire. –
-
Forse non ci siamo capiti. Tu adesso mangi i maledetti
pinoli, fossi costretto a farteli ingoiare uno a uno! –
L’occhiataccia
che gli rivolse sua moglie lo fece impallidire.
-
Oppure, gioia della mia vita, li mangio io e tu torni a dormire
– si corresse infine.
-
Ecco bravo, ho sentito dire che fanno benissimo alla salute,
mangiali tu. –
Lucius
Malfoy – Nato nel 1954, Serpeverde
1959
-
Quei due sono dei veri e propri terremoti –
considerò Lucinda,
osservando il nipote e Rodolphus Lestrange che correvano in giro per
l’immenso
giardino del Manor, - Abraxas alla sua età era altrettanto
vivace, ricordo che
quando venivano i Lestrange, i Nott e i Rosier non c’era mai
un attimo di pace
e tranquillità in questa casa.
Alexandra
annuì, sorseggiando il suo thè.
-
E non avete pensato a un altro figlio? – aggiunse Druella
Rosier, che quel giorno aveva a lungo insistito per essere presente con
le sue
tre figlie.
Personalmente
Alexandra avrebbe di gran lunga preferito la
presenza di Alphard e Adhara, ma la piccola Hydra si era presa una
lieve
influenza e avevano preferito tenerla a casa per evitarle ricadute.
-
In realtà no. Lucius ci impegna abbastanza già da
solo,
inoltre lui stesso ha espresso il desiderio di rimanere figlio unico.
Credo che
non sopporterebbe l’idea di un bambino piccolo che piange,
urla e fa i capricci
in continuazione. –
Cosa
che il suo primogenito aveva fatto abbondantemente, tra
le altre cose.
Lucius
era la primadonna della famiglia e in questo si
ritrovava moltissimo di Abraxas, ma la testardaggine e
l’ostinazione l’aveva
decisamente ripresa da lei.
Erano
qualità che combinate insieme potevano generare
l’incubo
di tutti i genitori.
E
in effetti Lucius era un tipo da prendere con le pinze, ma
fortunatamente era sufficientemente terrorizzato da sua madre e dalle
sue
occhiate micidiali perciò ridimensionava il suo
atteggiamento quando Alexandra
era prossima a perdere la calma.
-
Capisco -, convenne la bionda matrona dei Malfoy, - è
identico ad Abraxas, non c’è che dire. E per un
contratto matrimoniale avete
già valutato delle possibili candidate? –
S’irrigidì.
Quel
discorso non le piaceva affatto, ma fortunatamente
Abraxas l’aveva messa in guardia perciò sapeva
bene cosa controbattere.
-
Stiamo tenendo gli occhi aperti alla ricerca di una
candidata adatta. Dopotutto l’erede dei Malfoy deve
accompagnarsi a una giovane
all’altezza e non ha senso affrettare la ricerca rischiando
di commettere
errori – snocciolò, ripetendo a memoria le parole
che il marito le aveva
suggerito.
E
Abraxas ci aveva decisamente visto giusto perché Lucinda
Gamp
in Malfoy annuì con vigore.
-
Eccellente, mia cara, è esattamente ciò che penso
anche io. –
Alexandra
tirò un sospiro di sollievo.
E
almeno per il momento il pericolo era stato scongiurato.
1973
Alexandra
osservò Druella sorridere compiaciuta davanti alla
figlia che indossava un abito da sposa dopo l’altro.
Doveva
ammettere che Narcissa Black era una giovane
assolutamente deliziosa: riservata, garbata, rispettosa e
incredibilmente bella.
Le
leggeva nelle iridi chiarissime l’amore che provava nei
confronti di Lucius, bastava osservarla quando lo guardava.
E
suo figlio l’amava esattamente nello stesso modo.
Un
po’ come lei e Abraxas anni prima, si erano scoperti
innamorati durante gli anni della scuola ed era stato solo questo a
convincerla
ad accettare con benvolere un contratto matrimoniale tra loro due.
E
adesso, appena diplomatasi, Narcissa era in procinto di
sposare Lucius ed entrare ufficialmente nella loro famiglia.
-
Lady Malfoy, voi cosa ne pensate? –
Impiegò
un paio di secondi a registrare il fatto che Narcissa
si fosse rivolta a lei con quell’appellativo.
Lucinda
era morta tre mesi prima e da allora il titolo di
“Lady”
era passato a lei, in qualità di matrona della famiglia, e
ancora doveva fare l’abitudine
alla cosa.
-
Credo che quest’abito ti stia benissimo; sei bellissima,
Narcissa. –
La
vide abbassare lo sguardo, le gote color dell’alabastro
tinte di un delicato rosa.
Sembrava
che non ci fosse nulla che quella ragazza non fosse
in grado di fare senza risultare incredibilmente aggraziata.
Le
ricordava così tanto una bambola che le era stata regalata
quando aveva cinque anni.
-
La ringrazio, Lady Malfoy. –
-
E tu, Bellatrix, cosa ne pensi? –
La
maggiore delle sorelle Black volse le iridi grigie verso di
lei, un lieve sorriso indolente sulle labbra.
-
Cissy è una bella bambolina, sarà incantevole con
qualsiasi
cosa indossi quindi perché tutte queste prove? –
Druella
fece per rimproverare la figlia, ma Alexandra scosse
appena il capo.
-
No, credo che Bellatrix abbia ragione, ora è solo Narcissa
che deve decidere il suo abito per le nozze. –
Vedendola
titubante, Alexandra le sorrise lievemente.
-
Ti lasciamo sola a prendere la tua decisione, ci trovi nel
salone principale. –
Dopodichè,
una alla volta, uscirono dalla stanza e richiusero
la porta dietro di loro.
Narcissa
doveva mostrare quel lato del suo carattere
determinato e sicuro di sé che aveva attirato per prima cosa
Lucius, solo
allora avrebbe compreso che portare un cognome era sì una
responsabilità ma non
presupponeva l’annullarsi completamente.
Spazio
autrice:
Salve!
E
così
abbiamo anche l’OS dell’Alexas, perciò
la prossima e ultima sarà dedicata a
Toby e Sophie.
Qui
sotto
vi lascio il prestavolto di Narcissa.
Alla
prossima.
Stay
tuned.
XO
XO,
Mary
Narcissa
Black in Malfoy – Nata nel 1955, Serpeverde
|
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Capitolo 7 *** Tobias/Sophie ***
Tobias
Brooks & Sophie Welch in Brooks
1947
-
Ricordati di respirare, Toby – gli sussurrò Ethan
mentre gli
risistemava il nodo della cravatta.
Il
suo migliore amico era infatti insolitamente pallido e
dalle mani tremanti.
Non
credeva di averlo mai visto tanto nervoso in vita sua.
-
È solo un matrimonio -, insistè, - e poi
è con Sophie. Lo
sapete da sempre che voi due siete praticamente perfetti gli uni per
gli altri.
–
Annuì,
sorridendo nervoso.
Era
vero, Ethan aveva perfettamente ragione, ma l’idea di
prendere finalmente in moglie l’unica donna che avrebbe mai
potuto essere
totalmente perfetta per lui lo destabilizzava non poco.
-
Sophie sta aspettando all’altare, diamoci una mossa o
comincerà a pensare che te la sei data a gambe –
aggiunse Fleamont, accorso in
quel momento per vedere perché lo sposo ci metteva
così tanto.
Tobias
prese l’ultimo respiro profondo prima di annuire
fissando con decisione il riflesso che gli restituiva lo specchio.
Era
giunto il momento.
-
Sono pronto, andiamo. –
1948
Mayra
le sorrise al di sopra del bicchiere di vino elfico che
stava sorseggiando.
Era
passata una settimana da quando Sophie e Tobias erano
tornati dalla loro luna di miele e lei era assolutamente curiosa di
sapere come
erano andate le cose per i novelli sposi.
-
Allora? –
-
Allora cosa? –
-
Non fare la finta tonta. Voglio sapere ogni cosa, com’era
l’America?
–
-
Interessante -, replicò cauta mentre giocherellava con
l’orlo
del bicchiere, - e devo dire che hanno una cultura molto simile alla
nostra ma
tremendamente diversa sotto altri punti di vista. Mi piacerebbe
tornarci,
magari quando le condizioni lo permetteranno. –
C’era
una scintilla particolare negli occhi di Sophie,
appariva raggiante come se non fosse mai stata così felice
in tutta la sua
vita.
E
il suo bicchiere di vino non era stato minimamente toccato.
Un
sospetto le passò per la mente, spingendola a indagare per
togliersi il dubbio.
-
Sophie … non dirmi che sei incinta. –
La
bionda annuì timidamente, arrossendo furiosamente quando
l’amica
si lasciò andare a un’esclamazione particolarmente
colorita.
-
Certo che tu e Toby non avete proprio perso tempo, eh? Siete
partiti in due e tornate in tre. –
-
E non abbiamo certo intenzione di fermarci a uno. –
Sgranando
le iridi verdi, Mayra battè le mani allegra.
-
Se nasce femmina esigo di essere io la sua madrina. –
Con
una risata, Sophie annuì. – Pensa che Ethan ha
preteso lo
stesso se il primogenito fosse maschio. –
-
Mi sembra giusto. I migliori amici sono padrino e madrina
per diritto. –
1964
Andrew
Perseus Brooks – 1948, Grifondoro
Louise
Lacey Brooks – 1950, Corvonero
James
Francis Brooks – 1952, Grifondoro
Tobias
percorse a passi svelti il corridoio che conduceva allo
studio di Minerva, con Sophie che gli camminava a fianco e indossava
sul bel
volto un cipiglio duro e severo.
Andrew
e Louise, rispettivamente al sesto e al quarto anno,
non gli avevano mai procurato una convocazione nell’ufficio
della vice preside
ma sembrava proprio che James fosse deciso a recuperare abbondantemente
per
entrambi i suoi fratelli maggiori.
Bussò
alla porta dello studio, ricevendo il permesso a entrare
immediatamente.
All’interno
dello studio trovarono ad attenderli Minerva,
seduta dietro la scrivania, e a fronteggiarla Renford Lestrange in
compagnia di
quello che doveva essere il suo primogenito.
James
sedeva invece poco distante, intento a scambiarsi
occhiatacce con il giovane Lestrange.
-
Tobias, Sophie … è bello rivedervi. –
-
Lo è anche per noi, Minerva … ma ovviamente
avremmo
preferito circostanze diverse – replicò Sophie,
lanciando un’occhiataccia al figlio.
- Cosa ha combinato James? –
-
Mamma, io … -
-
James, hai già fatto abbastanza, lascia parlare noi
– lo interruppe
gentilmente suo padre.
Annuì,
abbassando lo sguardo, mortificato.
-
James e Rodolphus hanno avuto un piccolo alterco che si è
risolto in un duello nel bel mezzo del corridoio del terzo piano -,
spiegò
Minerva, - ovviamente entrambe le Case hanno subito una decurtazione di
punti,
ma visto che entrambi i ragazzi sono finiti in infermeria ho ritenuto
più che
giusto convocare entrambe le famiglie. –
-
Ovviamente Rodolphus è più che pronto a scusarsi
immediatamente con James. –
A
Tobias non sembrava proprio che il figlio fosse d’accordo
con le parole di Renford, ma lo sguardo penetrante dell’ex
Serpeverde sembrava
intimargli silenziosamente di ubbidire e permettergli di uscire di
lì il prima
possibile.
-
Ovviamente – bofonchiò tra i denti Rodolphus.
-
E sono certa che lo stesso vale per James, vero? –
-
Sì, certo – mormorò contrariato a sua
volta.
-
Allora non vedo dove sia il problema. Sono tutti interi, è
più che giusto che venga assegnata loro una punizione, e
confido che siano
abbastanza maturi da evitare di ripetere l’errore –
asserì Renford, assestando
una lieve pacca sulla spalla del figlio, - Mi piacerebbe rimanere a
rivangare i
vecchi ricordi dei tempi della scuola, ma temo di essere atteso dal
Ministro
tra meno di un’ora. –
Volse
uno sguardo appena accennato verso Tobias e Sophie,
chinando il capo, per poi accennare un sorriso all’indirizzo
di Minerva e
uscire dallo studio seguito a ruota dal figlio.
Rimasti
ormai soli, Sophie si voltò verso l’ex compagna di
scuola.
-
Sono mortificata, Minerva, non accadrà più.
–
-
Sono solo ragazzi, sono certa che hanno capito la lezione. –
-
Lo spero per lui. –
James
incrociò lo sguardo del padre, che si strinse nelle
spalle come a dire che il problema era tutto suo e non sarebbe di certo
intervenuto per salvarlo dall’ira di sua madre.
Era
fregato, tremendamente e irrecuperabilmente fregato.
Spazio
autrice:
Salve!
Dopo
un’attesa
a dir poco indegna, per la quale chiedo scusa a cody che ha creato sia
Tobias
che Sophie, giungo con l’ultima OS di questa raccolta. Vi
anticipo però che nel
giro di un paio d’ore dovrebbe uscire un’OS a
sé stante che verterà su Minerva
e vedrà comparire anche Renford in alcuni punti.
Ne
approfitto ancora una volta per ringraziare tutte coloro che hanno
partecipato
a Hogwarts 1944 e che ho ritrovato anche qui nella raccolta.
Avete
creato degli OC fantastici e che sicuramente avrò modo di
far comparire nel
corso di Hogwarts 1973, visto che non sono ancora pronta a dare
l’addio a tutti
loro.
A
presto.
XO
XO,
Mary
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