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Note dell’autore:Finalmente riesco
a pubblicare la prima one shot di questa mia nuova raccolta di storie, ho
intenzione di raggruppare qui tutte le storie che mi verranno in mente sui
CaptainSwan.
Inizio con
questa storia che mi è venuta in mente vedendo le foto spoiler dal set dove
vediamo la nuova identità di Killian, mano a mano che andavo avanti a scrivere
mi veniva in mente che poteva essere anche il prologo di una long, ma non so se
riuscirò mai a scriverla, devo prima finire quelle iniziate.
Spero vi
piaccia, aspetto le vostre recensioni.
Killer
Beta: (Paziente
con i miei numerosi errori) Paolettazza, Miaka per l’idea del titolo
Disclaimer:
OUAT e tutti i suoi personaggi non sono di mia proprietà
(altrimenti sarebbe stato un prodotto HBO), tutti i diritti sono dei legittimi
proprietari, il mio è solo un divertimento
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Every night
KillerQueen
Una sensazione di benessere lo pervase, il forte profumo
di cannella invase i suoi sensi, si sentiva felice, davvero felice e non
riusciva a capire dove si trovava, i contorni attorno a lui erano sfocati, ma
si sentiva come non si era mai sentito prima, si sentiva finalmente a
casa.Sentì una voce alle sue spalle e
non capì, si voltò in cerca della fonte, ma non c'era nessuno.
"Killian" ancora una volta la voce, una figura
si presentò davanti a lui, strizzò gli occhi nella speranza di riconoscere
chiunque gli si trovasse dinnanzi, ma niente, era tutto sfocato.
"Killian" ancora una volta chiamò con voce
tremante come se stesse piangendo, sentì una fitta al cuore e il disperato
bisogno di raggiungerla e abbracciarla.
All'improvviso la figura si avvicinò, non riusciva a
distinguere ancora i dettagli del viso, ma il suo cuore saltò un battito come
se riconoscesse la donna davanti a lui. Lunghi capelli biondi, un corpo
glorioso e atletico, ma, sopratutto i suoi occhi, verdi, un verde intenso pieni
di amore e determinazione, una strana aura magica sembrava circondarla. La vide
allungare la mano verso di lui, vide un anello con un diamante e una fede
nuziale.
Voleva parlare con lei, chiederle chi era e perché
continuava ad apparire nei suoi sogni, ma sentiva la gola secca e non riusciva
a dire una parola.
"Ti prego ... trovami" disse ancora con voce
disperata.
"Trovaci ... mi manchi" continuò.
Si svegliò di soprasalto, ancora una volta lo stesso
sogno, ancora una volta aveva sognato la stessa donna, erano mesi che faceva
sempre lo stesso sogno, e ogni mattina i dettagli sembravano sfuggire dai suoi
ricordi, ormai non ricordava più quando questa misteriosa donna aveva iniziato
a tormentarlo.
Si passò la mano sul viso e si alzò dal letto, era ancora
l'alba e aveva dormito solo poche ore, ma sapeva che non sarebbe riuscito a
dormire di più, passò accanto all'uniforme di polizia che la sera precedente aveva ordinatamente piegato, una nuova
giornata si profilava davanti a lui, l'ennesima giornata in solitaria, una
parte di sé non vedeva già l'ora di tornare nel letto e riabbracciare quella
sensazione di benessere, di rivedere quella donna misteriosa, voleva smettere
di sentirsi così solo, così vuoto, voleva smettere di essere un Lost Boy.
Una fitta di terrore la pervase, era felice, davvero
felice e ora sapeva che stava per concludersi tutto, i contorni attorno a lei
erano così imprecisi, ma un dettaglio la faceva sentire davvero bene, al
sicuro, un forte odore di salsedine e cuoio.
"Emma" sentì chiamarsi alle spalle, una voce
profonda calda con un forte accento straniero. Si voltò una figura era lì
davanti a lei, ma non riusciva a capire chi era e perché il suo corpo e
sopratutto il cuore reagiva così tanto a lui, come se lo conoscesse da sempre.
Voleva chiedergli chi era e perché la conosceva, ma non riusciva a parlare, era
come bloccata.
"Emma" La figura davanti a lei si mosse verso
lei, non riusciva ancora a vederlo con chiarezza, era alto dal fisico muscoloso
e asciutto, incredibili capelli neri disordinati che sembravano urlare a lei di
infilarci le dita, ma i suoi occhi, in quegli incredibili occhi azzurri poteva
annegarsi volentieri, erano così pieni di amore e devozione, desiderava quasi
di essere lei la destinataria di quei sentimenti.
"Ti troverò, Love, lo prometto" disse poi
fissandola direttamente negli occhi.
"Niente e nessuno mi ha mai fermato, sarò presto
accanto a voi" disse per poi scomparire.
Si svegliò di colpo, era da sola nel suo letto, nel suo
loft a Boston, nessun uomo era in cerca di lei, nessuno era in attesa di lei,
questa era la dura verità. Si voltò tra le lenzuola guardando l'orologio alla
sua destra sul comodino, erano solo le cinque del mattino, era sicura che stesse
albeggiando, voleva tornare a dormire, ma i suoi pensieri erano invasi
dall'uomo misterioso che ormai ogni notte le faceva visita, e ogni volta doveva
lottare contro la sensazione di speranza che albeggiava nel suo cuore. Era
sola, Emma Swan è sempre stata sola, nessuno poteva amare una come lei, una Lost
girl.
Era in ritardo a lavoro, lo detestava, in genere cercava
sempre di arrivare per primo, ma quella mattina erano successe un sacco di
cose, tra l'altro una ragazzina gli aveva versato del caffè addosso sulla
divisa nuova, giusto per completare la mattinata ... ed erano solo le 9 del
mattino.
Arrivato alla stazione, vedeva Henry aggirarsi piuttosto
nervoso e non ne capiva il motivo, di solito era un ragazzo tranquillo e sempre
allegro nonostante il suo passato, Il detective Robert borbottava di qualcosa,
in realtà per qualche strano motivo loro non andavano proprio d'accordo.
“Sergente?” sentì qualcuno chiamare alle sue spalle, ci
voleva ancora un’ora per l’ora di pranzo e aveva passato tutta la mattinata a
sistemare scartoffie. Alzò la testa per vedere uno dei suoi colleghi in divisa.
“Un garante di cauzione ci ha portato uno dei ricercati”
spiegò, sbuffò un po’ seccato, ma era un compito che spettava a lui, guardò
l’orologio agognando il suo pranzo.
“D’accordo, ci penso io” disse alzandosi, si avvicinò
all’entrata su una sedia c’era un uomo, con un vestito elegante, ammanettato e
ridotto piuttosto male.
“Devi averlo fatto davvero incavolare per ridurti così”
disse rivolto verso l’uomo seduto che lo guardò male con l’occhio buono che gli
era rimasto.
“Avrei un po’ …” la donna in piedi davanti al tizio, si
voltò verso di lui e rimase a bocca aperta, era sicuro di avere la stessa
identica espressione incredulo. La donna davanti a lui era splendida, lunghi
capelli biondi e un fisico atletico, ma a colpirlo maggiormente sono stati i
suoi occhi verdi, profondi che trasmettevano tanta determinazione, li avrebbe
riconosciuti dovunque, sapeva, non capiva come ma sapeva che la donna davanti a
lei era la stessa che tormentava i suoi sogni ogni notte.
Note dell’autore:Il finale della
sesta stagione mi ha ispirato parecchio, tanto da convincermi a scrivere questa
fan fiction e soprattutto a continuare a vedere la serie nonostante avevo detto
che mollavo.
E’ stata
una storia scritta di getto la mattina dopo la diretta e mentre ipotizzavo la
prossima stagione con Miaka, non sapevo ancora dove volevo arrivare, in realtà volevo solo scrivere
dei gemelli Jones che mi ossessionano anche nei sogni ormai.
Buona
lettura.
Beta:
Strinse la mano di Lucy in quella sua, si guardava
attorno mentre camminavano tra le strade di Arendelle. Elsa gli aveva
assicurato che le strade erano sicure, ma non riusciva smettere di guardarsi
attorno sperando di non essere seguito, di non essere riconosciuto, si assicurò
che il cappuccio di Lucy le coprisse il viso e tirò il suo
ancora più in basso, aveva fretta di arrivare a destinazione, Tiger Lily
era stata chiara con lui, erano davvero poche le persone di cui poteva fidarsi.
In base a quanto detto da Kristoff al porto poteva
trovare quello che cercava, il suo patrigno gli aveva assicurato questo
passaggio per mare.
"Papà sei sicuro che sia
sicuro tutto questo?" chiese con voce spaventata la piccola.
"Tranquilla piccola, anche se non ci vediamo da un po’,
è pur sempre la nostra famiglia" la rassicurò.
Capiva l'atteggiamento di Lucy, erano successe tante
cose, troppe, ma sapeva che nonostante tutto poteva fidarsi.
Controllò ancora alle sue spalle assicurandosi che non ci
fosse nessuno, tirò un sospiro di sollievo una volta che, voltando un angolo,
si trovò davanti il porto, e lì tra le navi di
Arendelle sorgevano gli alberi sempre maestosi della Jolly Roger; si
avvicinarono con calma, sembrava tutto tranquillo, venne investito dai ricordi
delle sue giornata passate sul ponte di quella nave, passando momenti
meravigliosi con il suo patrigno e la madre, immaginando una vita di avventura,
non che nella sua vita l'avventura mancasse, anzi in giorni come quello odierno
pensava che ne aveva avute pure troppe di avventure.
S’inginocchiò davanti Lucy assicurandole il cappuccio.
"Devi farmi una promessa, devi
rimanere nascosta finché non ti vengo a prendere io, ok?" disse con
dolcezza.
"Ma papà ..." tentò di
protestare, ma Henry la fermò.
"Niente ma, per una volta, ti prego, fa’ come ti
chiedo, ok?" chiese ancora, la bambina annuì titubante,
sapeva che nonostante tutto alla fine avrebbe ascoltato, o almeno ci sperava.
Aspettò che Lucy si nascondesse in uno dei vicoli che
dava al porto, dopo di che si voltò nuovamente verso la nave, sospirò e fece un
passo sul ponte, era tutto troppo tranquillo, ci doveva essere qualcuno, lo
sapeva, una delle cose che Killian gli aveva insegnato, era che non si lascia
mai una nave così incustodita.
Impugnò la spada, che una volta era di suo nonno e che si
era abituato a portare sempre con sé, scese sotto coperta arrivando agli
alloggi della ciurma, tutto troppo tranquillo, la luce del sole che penetrava
dalle fessure e boccaporti, riusciva a sentire il rollio dell'acqua sotto la
nave, stranamente nonostante la situazione si ritrovò a esserne confortato.
Davanti a sé si stagliò la porta degli alloggi del
capitano, sospirò e fece ancora qualche passo in avanti, si fermò nel sentire
un rumore alla sua destra, non ebbe il tempo di voltarsi che si trovò a sentire
i muscoli irrigidirsi e bloccare i suoi movimenti, odiava questa sensazione,
non era la prima volta che capitava, sentì la lama di una spada puntata alla
sua schiena, chiuse gli occhi e si maledisse per essersi fatto fregare così facilmente.
"Non sai che è pericoloso salire a bordo di una nave
pirata senza il consenso del capitano?" una voce che faticò a riconoscere
gli arrivò alle spalle.
"Ho il permesso del Capitano" disse lui con
fatica data l'irrigidita del suo corpo. Un rumore davanti a lui lo distrasse,
la porta degli alloggi del capitano si aprì, un ragazzo alto dai capelli biondi
disordinati e occhi azzurri fece la sua apparizione, sorrise nel vederlo.
"Henry, fratello" la dolce voce accentata di
Liam fu come balsamo per lui, sapeva che la situazione
sarebbe migliorata.
"Henry?" chiese la voce alle sue spalle
"Che diavolo fai, lascialo andare" disse duro
il ragazzo richiamando la ragazza. Henry sentì i muscoli rilassarsi, si tenne
con la parete alla sua sinistra sospirando.
"Stai diventando lento" disse la ragazza
incrociando le braccia al petto, si voltò a guardarla e faticò a riconoscerla,
i lunghi capelli corvini erano avvolti in una treccia disordinata, una
cicatrice le attraversava la guancia destra, ma a colpirlo furono i suoi occhi
verdi, vide in loro tanta durezza, più di quanto si aspettasse, un atteggiamento
che aveva già visto in precedenza, in entrambe le sue mamme e ogni tanto anche
in Hook.
"Non mi aspettavo un’accoglienza così calorosa"
disse ancora stordito per la donna che aveva preso il
posto della ragazzina che aveva conosciuto molto tempo fa.
"Lasciala stare sta diventando
paranoica" disse Liam al suo fianco.
"Non sono paranoica"
si imbronciò la ragazza guardando il fratello severamente.
"Se ti manda la mamma, non tornerò a casa fino a che
non avrò trovato papà, e non ho rubato, la nave, la presa solo in
prestito" disse la ragazza guardando Henry.
"No, non sono qui per questo" disse con calma.
"Ho bisogno del vostro aiuto, ne va della nostra
famiglia" disse senza nascondere la sua ansia.
"Certo fratello puoi contare su noi" disse Liam
senza neanche sapere di cosa si trattava, vedeva che Leia non sembrava così entusiasta
come il fratello, erano gemelli, erano cresciuti tutti e tre
insieme per un certo periodo, ma i due Jones erano così diversi tra loro
che lo stupiva di come riuscissero sempre ad andare così d'accordo, anche perché
entrambi erano testardi, come la maggior parte della loro famiglia.
"Aspetta non sappiamo di cosa si tratta" disse
Leia verso il fratello.
Un rumore che giunse dal ponte sopra di loro li
interruppe, Henry sospettava già chi poteva essere.
"C'è qualcuno sopra" disse Liam, ma prima che
Henry potesse spiegare, Leia si trasportò sopra lasciando i due da soli.
"Dannazione" disse per poi correre su seguito
da Liam.
Arrivato sul ponte, il suo sangue si agghiacciò, sollevata
in aria legata con le funi, c'era Lucy, Leia la teneva ferma da sotto.
"Dimmi chi sei" la minacciò ancora stringendo
le corde con la sua magia.
"Leia" urlò Liam accanto a lui.
"Lasciala andare, adesso" urlò invece Henry
avvicinandosi alla donna.
"Si è intrufolata sulla mia nave" disse
severamente senza staccare gli occhi da Lucy.
"Ha diritto di starci quanto noi" disse ancora
Henry.
"Leia lasciala andare è solo una bambina" tentò
di farla ragionare il fratello.
"Prima devi dirmi chi l’ha mandata qui" disse ancora.
Henry aveva paura non aveva mai visto questo sguardo
sulla sorellastra, non capiva che cosa le era successo tanto da indurirla così,
tanto da non avere pietà per una bambina.
"Leia, ti prego, è mia figlia" disse infine con
voce rotta.
"Lucy?" sentì Liam respirare, Leia guardò Henry
sconvolta per poi fare scendere la bambina e liberarla, Henry corse ad
abbracciare la piccola.
"Come ti senti tesoro?" chiese assicurando che
era tutto a posto, togliendole il cappuccio che le nascondeva il viso.
"Sto bene papà, tranquillo" lo tranquillizzò,
sorprendendosi di quanto forte fosse la sua bambina, la abbracciò forte
sospirando.
Sentì Liam avvicinarsi e si sciolse dall'abbraccio, il
ragazzo s’inginocchiò all'altezza di entrambi sorridendo alla ragazzina, in
momenti come questi gli ricordava Hook, rendendosi
conto di quanto gli mancasse.
"Ehi piccola lassie
stai bene vero?" disse dolcemente, Lucy annuì.
"Sono sicuro che non ti ricordi me" continuò sorridendole.
"Sei lo zio Liam, mi ricordo di te, Henry parla
sempre di voi e di nonno Killian" disse entusiasta di questo incontro.
"Oh ti prego tesoro, appena lo vedi chiamalo così,
sono sicuro che ne sarà entusiasta" scherzò il ragazzo scambiando uno
sguardo con Henry sapendo troppo bene quanto l'ego smisurato del padre ne
avrebbe risentito.
"Che ne dici di venire con me nella cabina del
Capitano così ci riposiamo un po’" le propose il ragazzo porgendole la
mano, Lucy guardò verso il padre aspettando il suo incoraggiamento.
"Ti raggiungo subito, tranquilla" la rassicurò,
la ragazzina sorrise e prese la mano dello zio.
"Mi farai vedere qualche trucco di magia,
vero?" chiese mentre i due si allontanarono. Henry si alzò e volse lo
sguardo verso la sorellastra che era rimasta ferma al suo posto guardandosi la
mano, il suo viso tormento non era sufficiente per calmare i nervi di Henry.
"Che diavolo pensavi di fare?" disse
avvicinandosi a lei, ma continuò a guardare la sua mano.
"Che diavolo ti è successo tanto da scagliarti
contro una bambina?" continuò lui nella speranza di avere una reazione da
lei.
"Mamma e papà sarebbero davvero delusi da te" a
quello Leia alzò lo sguardo su di lui mostrandogli i
suoi occhi velati di lacrime.
"Non osarmi dirmi cosa penserebbero loro di me,
Henry" disse con rabbia e dolore.
"Hai aggredito una bambina, cosa pensavi che sarebbe
successo?" continuò lui.
"Tu non puoi capire, tu sei andato via, tu avevi la
tua vita, non hai pensato a mio padre che fosse scomparso, del resto non è il
tuo vero?" disse con rabbia allontanandosi da lui.
"E' anche mio padre, lo sai, penso alla sua
scomparsa tutti giorni, penso a quanto mia madre tu e Liam non meritate tutto questo" disse, cacciando via l'immagine
di sua madre senza l'amore della sua vita al suo fianco.
"Ho visto morire Hook due volte non dimenticarlo, e
nessuna delle due volte è stato facile, quindi non
venirmi a dirmi che non so cosa si prova" continuò lasciando che quei
ricordi lo invadessero. Chiuse gli occhi e sospirò, si avvicinò nuovamente alla
sorellastra.
"Sono qui anche per lui, ho bisogno di tornare alla
Foresta Incantata, Lucy ha bisogno di essere protetta" disse con voce più
calma.
"Te lo chiedo per favore Leia, aiutaci, aiutaci a salvare la nostra famiglia, aiutami a riportare
indietro nostro padre" disse.
"Non so come tornare indietro”, disse con voce
rotta, mostrando finalmente la vera Leia che conosceva.
"Ti aiuteremo noi" disse stringendo le sue mani
tra le sue, la ragazza nascose il suo viso nel petto lasciandosi abbracciare,
cercando il suo conforto.
"Mi dispiace" disse piangendo.
"Mi manca così tanto, voi
tutti mi mancate tanto" continuò.
"Lo so, credimi, mancate anche a me" disse
sciogliendosi dall'abbraccio, asciugò le lacrime della sorella e sorrise.
"Che ne dici, andiamo a salvare la nostra
famiglia?" chiese con fiducia, la ragazza gli
sorrise e annuì
Henry la strinse e insieme camminarono verso la cabina
del capitano.
"Hai idea del dramma che farà papà una volta che
scopre che è nonno?" scherzò la ragazza.
"Non come quando ha scoperto che eri uscita di nascosto per andare a giocare con Gideon" disse
divertito al ricordo di quella sera.
Sapeva che qualunque cosa tormentasse la ragazza, la
ricerca del padre, aiutando lui e Lucy sarebbe riuscita a trovare la sua strada
e affrontare i suoi demoni, del resto era pur sempre la figlia di Killian
Jones, il temibile Capitano Uncino che per amore era riuscito a cambiare la sua
vita.
Note dell'autore:Era giorni che avevo in testa una storia sui CS
legata alla settima stagione, ma solo dopo aver visto la 7x01 mi è venuta in
mente questa, spero vi piaccia, e dopo le foto rilasciate la scorsa settimana
non potevo non postare questa storia, e sì amo l'idea dei gemelli Jones.
Beta:Paolettazza
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Si leccò le labbra e prese un respiro profondo, era
chiusa nel bagno padronale della sua casa, Killian era fuori o con Smee o con
David, ultimamente non ascoltava molto i suoi discorsi, in realtà ultimamente
le cose non andavano per niente bene. Guardò davanti cercando di concentrarsi,
chiuse le mani a pugno lungo i fianchi per riaprirli subito, si concentrò sulla
sua magia e l'energia che scorreva nelle vene proprio come aveva imparato a
fare con Regina, ma l'unica cosa che sentì fu il crepitio e lo scoppio delle
lampadine dei punti luce della stanza.
"Maledizione" disse appoggiando le mani sul
lavello; abbassò la testa per respirare, piccoli e lenti respiri cercando di
calmare il terrore di aver nuovamente perso il controllo dei suoi poteri, conosceva
la causa, lo sapeva da settimane, ma non ne aveva fatto parola con nessuno, non
era pronta ad affrontare tutto quello. Killian come sempre aveva capito che
qualcosa non andava, e dopo una discussione lui le aveva assicurato che sarebbe
stato sempre lì ad aspettare. Doveva parlare con lui, lo sapeva, lui meritava
di sapere, ma non sapeva come affrontare il discorso, soprattutto non era
pronta ad affrontarlo.
Alzò lo sguardo sullo specchio, stentò a riconoscersi,
occhi rossi lucidi dalle lacrime, occhiaie profonde, viso pallido e capelli più
indisciplinati che mai, aveva bisogno solo di una persona per adesso, aveva
bisogno di parlare con Henry, erano circa due settimane che non si sentivano, e
soprattutto aveva saltato il suo appuntamento per rientrare, non era la prima
volta, ma una sensazione le diceva che qualcosa era successo, il suo ragazzo
aveva bisogno di lei, ma non poteva aiutarlo se non riprendeva il controllo dei
suoi poteri.
Sentì la porta dell'ingresso aprirsi e chiudersi al piano
di sotto, si raddrizzò, sapendo che poteva essere solo una persona.
"Swan" Killian la chiamò a gran voce, scattò
subito, si bagno il viso con l'acqua fredda, doveva sistemare le lampadine del
bagno, ma non aveva tempo, Killian sicuramente sarebbe arrivato subito, uscì
dal bagno e chiuse la porta a chiave.
Raggiunse il suo pirata in cucina, gli diede un bacio
veloce sulla guancia, fingendosi tranquilla per nulla tormentata.
"Com'è andata la giornata?" chiese ingoiando il
senso di colpa per non dirgli la verità.
"Tutto bene, abbiamo portato il piccolo principe al
suo primo giro a cavallo" disse soddisfatto, iniziando a raccontarle delle
avventure di suo fratello con il piccolo pony, delle discussioni del padre e
del marito sul metodo migliore per insegnare. Cercava davvero di ascoltare
tutto, ma non riusciva a fermare un attimo il cervello e godersi per pochi
attimi di tranquillità, sapeva che poteva risolvere la cosa, ma doveva farsi
aiutare.
"Emma!" la voce di Killian la riportò al
presente.
"Stai bene?" chiese con tono preoccupato avvicinandosi
a lei.
"Sì, tranquillo, mi sono solo ricordata che devo prendere
delle cose in ufficio" disse di fretta allontanandosi per prendere la
giacca.
"Emma?" chiese con un tono che conosceva fin
troppo bene, aveva capito che gli aveva appena mentito.
"Tranquillo è tutto a posto" disse
sorridendogli un’ ultima volta per poi uscire da
casa.Si fermò un attimo sul portico
chiuse gli occhi e cercò di calmarsi sentendo la sua magia crescere senza
controllo.
Si mise sulla macchina e raggiunse i suoi, non si sentiva
pronta a usare la magia senza causare altri problemi.
Arrivò a destinazione, si asciugò le mani sudate contro i
pantaloni, non sapeva perché ma tutta quella situazione la rendeva nervosa, si
sentiva come la ragazzina persa che era tanto tempo fa, mandò un messaggio alla
madre chiedendole di vedersi da sole, dovette aspettare ancora un pò, ma dopo
Snow le rispose di entrare dalla porta sul retro.
Emma guardò la struttura davanti a lei, la luce della
camera di suo fratello si spense, per poi vedere quella del bagno principale
accendersi, sicuramente suo padre era lì. Entrò dalla porta sul retro che dava
sulla cucina sua madre, le fece trovare una tazza di cioccolata calda e una
fettina di torta sul tavolo, lei con la testa inclinata sui compiti dei suoi
alunni.
"Mamma" disse con voce roca e bassa, la donna
alzò lo sguardo verso la figlia e per Emma fu la fine, tutta la tensione
accumulata in quei giorni scoppio’ in quel momento,
Snow non perse tempo e andò ad abbracciare la figlia mormorando frasi di conforto,
la lasciò piangere senza chiedere nulla, Emma voleva aggrapparsi alla madre ma
aveva paura che con le sue mani potesse ferirla in qualche modo, le sue
emozioni erano troppo fuori controllo.
Pianse sulla spalla della madre per un bel pò non si rese
conto del tempo che passava, poi Snow la fece sedere davanti alla sua tazza di
cioccolato, parlarono tranquillamente, prima sua madre le disse quanto Neal si
era divertito nel pomeriggio, che aveva incontrato Belle con il piccolo Gideon,
poi parlarono di Henry.
"Sono giorni che non si fa sentire, ha mancato l'appuntamente
e non so che pensare" disse infine liberandosi di quel peso.
"Emma ..." tentò di intervenire
la madre.
"Il mio maledetto istinto mi dice che è successo
qualcosa, ma non so che fare, non riesco a controllare
neanche i miei poteri ormai" disse tutto d'un fiato senza permettere a sua
madre di fermarla, Snow le prese la mano costringendola a guardarla.
"Emma, tesoro, respira" le disse con il suo
dolce tono da mamma.
"Sei terrorizzata, lo so, ma credo che ci sia
qualcos'altro che non mi hai detto, e non hai detto
neanche a Killian" disse con calma.
"Tu sai perché la tua magia per adesso è fuori
controllo, lo sappiamo entrambe" continuò.
"Come ...?" chiese con
voce tremante.
"Ti prego riconosco tutti i segni, la tua magia è
solo un indizio finale" le rispose sorseggiando la sua cioccolata.
"Parla con Killian, tesoro è preoccupato per te e
non sa come aiutarti, ed è disperato di farlo, lo sai" disse ancora con
dolcezza, le sorrise per poi alzarsi.
"Resta qui se vuoi, la tua camera è sempre a
disposizione, sei sempre la benvenuta" disse dandole un bacio sulla
fronte.
"Ti prego avverti Killian o impazzirà nel capire
dove sei" disse infine con ironia per poi andare via.
Sorprendentemente parlare con sua madre aveva aiutato
davvero molto, sapeva che aveva ragione, doveva parlare con Killian, doveva
affrontare la cosa insieme a lui.
Guardò ancora una volta l'orologio sul caminetto, per poi
tornare a guardare il libro che aveva in mano, stava leggendo quella maledetta
pagina da almeno mezz'ora, ma non riusciva a concentrarsi, era preoccupato per
Emma, la sua Swan era tormentata da qualcosa lo aveva capito, ma lei si
ostinava a non parlare, si era chiusa nuovamente dietro la sua armatura, una
cosa che detestava, ma l'aveva rispettata, le aveva dato tutto il tempo che le
serviva per elaborare qualsiasi cosa che le passasse per testa, sapeva che una
di quelle cose era Henry.
Il ragazzo non si era fatto sentire e aveva mancato
l'appuntamento, era preoccupato per lui, gli aveva insegnato tutto quello che
poteva, ma la paura di perderlo era tremenda, per lui era sempre stato come il
figlio che non aveva mai avuto, ed era fin troppo consapevole che Emma viveva
male questa assenza di notizie, ma aveva notato che
c'era qualcosa che gli stava nascondendo.
Sentì la macchina di Emma fermarsi davanti casa, chiuse
il libro e si alzò subito, era stata via per quasi tre ore, era molto
preoccupato ma le avrebbe dato il suo tempo, come sempre.
La donna attraversò la porta d'ingresso e si voltò subito
verso di lui che era rimasto vicino al camino.
"Mi hai aspettato" disse con voce dolce ma
stanca.
"Ero preoccupato" rispose avvicinandosi a lei,
voleva accarezzarla, abbracciarla ma nelle ultime settimane era diventata
reticente al suo tocco, cosa che lo feriva molto.
"Scusa, avevo bisogno di parlare con mamma per
schiarirmi le idee" disse abbassando un attimo lo sguardo, una strana e
nuova paura lo attanagliò al cuore.
"Ti ha aiutato?" chiese
preoccupato, Emma alzò lo sguardo su di lui, ora che erano vicini poteva
vedere che aveva pianto e pure tanto, alzò la mano per accarezzarle il viso ma
si fermò a mezz'aria non volendo forzarla a qualcosa che non voleva.
"Dobbiamo parlare" disse con voce grave,
Killian ingoiò pensando agli scenari peggiori.
Si sedettero, lei sulla poltrona che aveva occupato
prima, e lui si mise sul poggia piedi che portò
davanti a lei. La vide prendere una respirò profondo e tormentarsi le mani.
"Mi dispiace Killian, avevamo promesso niente
segreti, niente più muri, ma ci sono ricascata" disse con voce tremante.
"Puoi dirmi qualsiasi cosa, Love, io sono qui per te"
disse con tutto l'amore che potesse trasmetterle, la vide sorridere
tristemente.
"Sono molto preoccupata per Henry, non si è fatto
sentire e qualcosa mi dice che è successo qualcosa" disse tutto d'un fiato
lasciando qualche lacrime cadere.
"Love, lo so, anche io sono preoccupato, ma il tuo ragazzo è
forte e intelligente, qualsiasi cosa sia accaduta sono sicuro che tornerà da
te" disse con calma.
"E se vuoi, possiamo pur sempre farci dare un
fagiolo da Anton e raggiungerlo, tutto quello che vuoi" continuò per
tranquillizzarla.
La vide annuire, tentò di prenderle le mani, ma lei le
ritirò subito, un gesto che lo ferì molto, ma cercò di non darlo a vedere.
"Mi dispiace" disse lei.
"Non devi Swan, ..."
"Non voglio farti male" disse interrompendolo,
una frase che senza dubbio non si aspettava, la guardò senza capire.
"Non ho più controllo sulla mia magia, proprio come
quando c'era Ingrid" disse guardandosi le mani.
"Come mai?" chiese preoccupato che potesse
esser qualcosa come la visione con Gideon.
Lo guardò intensamente e vide in lei molta paura, si
stava preoccupando sempre di più, non capiva che stava succedendo, la vide
prendere qualcosa dalla tasca interna della giacca, non riuscì a veder cos'era.
Emma lo stringeva gelosamente, prese un respiro profondo
e con mani tremanti gli passò l'oggetto, non capiva cos'era, sembrava un
bastoncino bianco, un cerchietto al centro con due linee, per Emma quest'oggetto
doveva significare qualcosa, ma a lui non diceva nulla, poi vide accanto al
cerchietto due scritte e delle linee
| not pregnant
|| pregnant
Il suo cuore perse un colpo, alzò lo sguardo su Emma che
lo guardava con timore.
"Emma ..." cercò le
parole ma non sapeva cosa chiedere, come chiedere, abbassò lo sguardo sul
bastoncino bianco ancora senza parole.
"L’ho scoperto una settimana fa, ho fatto anche un esame all'ospedale per essere
sicura"disse.
"Aspettiamo un bambino" disse realizzando la
grandezza della cosa, e capendo la sua paura, alzò lo sguardo verso Emma e le
sorrise, le accarezzò la guancia.
"Sei ... ne sei felice?" chiese lei
"Oh Emma, non potevi rendermi più felice di così"
disse appoggiando la fronte alla sua.
"Ho così tanta paura, non so come fare, non so come
controllare i miei poteri" disse piangendo, Killian l'abbracciò
con dolcezza.
"Lo capiremo insieme amore, tranquilla
non sei sola in questo" la tranquillizzò baciandole la fronte.
"Vorrei che Henry fosse qui" disse nascondendo
il viso nel suo collo.
"Lo so, amore, e faremo il possibile per riportarlo
da noi" continuò a tranquillizzarla.
Restarono abbracciati per un altro poco, per poi salire
in camera, Emma dopo molte notti agitate si addormentò tra le sue braccia.
Killian non riusciva a dormire, troppi pensieri per la testa, non avrebbe mai
pensato di diventare padre, per lui crescere Henry, fare parte della sua vita
era abbastanza, ma adesso doveva pensare a Emma e al figlio che sarebbe
arrivato di lì a poco, ma prima doveva assicurarsi che Henry fosse con loro
quando il nuovo membro della famiglia arrivasse. Si addormentò senza rendersene
davvero conto, sognò di due splendidi ragazzi, una ragazza dai capelli neri e
occhi verdi, e un ragazzo dai capelli biondi e occhi blu, due ragazzi forti,
coraggiosi e intelligenti.
Note dell’Autore:Non so bene da dove viene fuori questa storia, una sera
semplicemente, riguardando una delle loro scene qualcosa e scattata, ho dovuto
aspettare fino alla mattina successiva e più scrivevo più mi venivano in mente
scene nuove e dialoghi tra i due. Nasce come one-shot che alla fine si è
trasformata in qualcosa che non potevo rilegare a un solo capitolo, altrimenti
sarebbe venuta troppo lunga.
Volevo
pubblicarla prima, ma per impegni dovuti all’università ho potuto pubblicarla
solo oggi, spero comunque di pubblicare il secondo capitolo (già pronto e
mandato alla beta) presto, anche se prima voglio concludere la mia long.
Comunque
spero che la storia v’incuriosisca un pochettino, buona lettura e aspetto con
ansia le vostre recensioni.
Nota 06/2023:E’ passato più di un anno dal primo capitolo, ho trovato
una nuova beta e prima di pubblicare la seconda parte di questa storia, ho
pensato di ri-pubblicare il primo capitolo con la nuova revisione. Sono
comunque alla ricerca di una nuova beta per le mie storie, la ragazza che mi
sta aiutando non fa parte del fandom e mi piacerebbe
confrontarmi con qualcun altro sulla shipCaptain Swan
Beta: veronica85
Disclaimer:OUAT e tutti i
suoi personaggi non sono di mia proprietà (altrimenti sarebbe stato un prodotto
HBO), tutti i diritti sono dei legittimi proprietari, il mio è solo un
divertimento.
Everything will change
KillerQueen86
Capitolo 1
Sentì un gran trambusto, uomini che urlavano, la donna
che l'accompagnava la condusse immediatamente nella cabina del Capitano che la
ospitava in quel viaggio. Erano partiti solo da pochi giorni e con sorpresa si
rese conto che erano già sotto attacco di pirati: era stata avvertita che era
una cosa che poteva capitare, ma non immaginava che sarebbe stato così presto.
Raggiunto il loro temporaneo rifugio, la donna bloccò la
porta per evitare che chiunque altro potesse entrare, ma l’altra ragazza sapeva
molto bene che, se i pirati fossero voluti entrare, un modo lo avrebbero
trovato. Si avvicinò alla scrivania del capitano e iniziò a cercare qualcosa di
affilato.
“Mia signora cosa fa?” la voce tremante della donna più
grande la distolse per un momento dalla sua occupazione, spingendola a puntare
gli occhi verdi su di lei.
“Cerco un’arma da usare contro quei pirati!” sbottò
tornando ad ignorarla. La fortuna le sorrise poco dopo: tra le varie carte
sulla scrivania, fece capolino un tagliacarte in argento.
“Non riusciranno ad entrare ho bloccato la porta” esclamò
l’altra donna senza nascondere il suo fastidio.
“E’ sempre meglio essere preparati, non credi?” disse
alzandosi la gonna e legando il coltello con il nastro che usava per i capelli,
lasciando le sue lunghe ciocche bionde libere dalla treccia che la donna le
aveva fatto nella mattina.
“E’ disdicevole che una donna sposata tenga i capelli
sciolti” la sentì mormorare e roteò gli occhi mettendo giù la gonna.
“Sarebbe più disdicevole farsi uccidere o peggio
violentare da quei pirati” disse tra i denti, pronta a tutto pur di non farsi
toccare.
Non era colpa
della sua dama di compagnia lo sapeva, ma certi ragionamenti non funzionavano
con lei. La donna era molto più anziana ed era cresciuta in un piccolo
villaggio dove era stata per anni la dama di compagnia della moglie di un
signorotto, una dama molto legata all’idea di moglie devota e succube del
marito, piuttosto di una donna che non teneva molto all’etichetta come era
stata cresciuta lei.
Non era stata la sua prima scelta come dama, le era stata
imposta dal padre del suo sposo e lei aveva dovuto rassegnarsi e farsela andare
bene, così come, nell’ultimo anno, aveva dovuto fare per molte altre decisioni
che erano state prese al suo posto.
La battaglia sopra la loro testa era diventata più forte,
la ragazza aveva sentito i pirati salire a bordo e, preoccupata, si affacciò
dagli oblò nel tentativo di vedere la nave e capire con chi aveva a che fare.
Ma l’altra nave era fuori dalla sua vista, riusciva a sentire solo il rombo dei
cannoni.
“Signora si allontani, la possono vedere” la donna la
richiamò tirandola per un braccio, ma la ragazza si liberò dalla sua presa.
Avrebbe voluto ribattere, ma non ne ebbe il tempo perché qualcuno stava tentando
di buttare giù la porta.
“Sono arrivati a noi” tremò la donna accanto a lei.
“Prendi in mano qualcosa, quella porta non resisterà a
lungo” aggiunse la giovane, pronta a combattere.
“Non ho mai combattuto nella mia vita” piagnucolò la dama
di compagnia.
“C’è una prima volta per tutto, mia cara!” esclamò Emma
contenta di essere cresciuta con dei genitori che l’avevano sempre preparata a
tutto. Nonostante tutto avrebbe voluto accanto a sé il suo fidato amico, la sua
guardia personale, avrebbe affrontato la battaglia con un altro spirito.
La porta fu
abbattuta dopo qualche tentativo, all’interno della cabina entrarono tre
uomini, tre pirati, trascinandosi come prigioniero il capitano che le aveva
ospitate.
“Bene bene, cosa abbiamo qui?” ghignò il primo uomo,
avvicinandosi. Era enorme, aveva una cicatrice sulla guancia sinistra e lunghi
capelli biondi tenuti legati in una coda bassa. L’ultimo pirata spinse sulle
ginocchia il povero capitano che stava piagnucolando.
“Non osate
avvicinarvi alla mia signora, o dovrete subire l’ira del Signore Oscuro!”
intimò la sua dama ponendosi davanti a lei, Emma non avrebbe voluto che dicesse
una cosa del genere, preferiva mantenere l’anonimato.
“Bene, bene, il nostro capitano sarà contento di sapere
che era vero che su questa nave c’è la sposa del figlio dell’Oscuro” disse il
secondo pirata, più mingherlino, dalla pelle scura con lunghi capelli neri
raccolti in trecce particolari.
“Non vi avvicinate” intimò ancora la sua dama con una
voce troppo tremante perché potesse risultare una vera minaccia.
“Togliti di mezzo, donna!” il primo pirata la spinse via,
prendendo lei per un braccio tirandola accanto a lui.
“Occupatevi della cassaforte, porto la prigioniera al
Capitano” ordinò mentre latrascinava
via. Emma non riuscì a prendere il tagliacarte, ma almeno si sarebbe potuta
difendere da questo capitano dei pirati.
Arrivati sul ponte, si rese conto con sgomento che i
pirati avevano il pieno controllo della nave: alcuni marinai erano a terra
privi di vita, altri erano in ginocchio, con le mani legate dietro la schiena,
davanti a tutti un uomo che le dava le spalle. Era alto, con i capelli scuri,
un lungo capotto di pelle che gli arrivava ai piedi e il colletto alto.
“Capitano” urlò il pirata accanto a lei che le stringeva
il braccio. “Le informazioni erano corrette” continuò costringendola a restare
in ginocchio e tenere la testa bassa. Quella posizione le permise di vedere i
piedi dell’uomo voltarsi verso di lei e la bionda deglutì preparandosi a
lottare non appena qualcuno si fosse distratto. Senza alzare la testa guardò
verso il parapetto, rendendosi conto che non era molto distante, se fosse stata
abbastanza veloce avrebbe potuto correre e lanciarsi in mare, ma a quale scopo?
“Ottimo” la voce cadenzata del Capitano le fece salire i
brividi lungo la schiena: conosceva quella voce, ma non aveva mai sentito quel
tono freddo
Alzò di poco la
testa inquadrando l’uomo davanti a lei: pantaloni di pelle, la mano appoggiata
alla cintura, un gilet di velluto rosso acceso sotto il capotto anch’esso di
pelle, il petto lasciato in parte scoperto con una collana che aveva come
ciondoli una spada e un teschio. Deglutì quando vide il suo viso: era un po’
diverso, ma lo riconosceva, aveva sempre la barba, una cicatrice nuova sulla guancia
destra, i capelli neri corti lasciati liberi e i suoi occhi azzurro intenso che
l’avevano riconosciuta, ne era certa, nonostante il viso si mostrasse
impassibile.
Non riusciva a credere ai suoi occhi, era proprio lui
davanti a lei! Aveva pianto tutte le sue lacrime quando aveva saputo della sua
morte, due anni prima, e ora se lo ritrovava di fronte come un capitano dei
pirati?! Notò qualcosa di luccicante alla sua sinistra e le mancò un battito
quando vide che non aveva la sua mano, al suo posto c’era un uncino e tutto si
fece più chiaro: Killian Jones era davvero morto, davanti a lei c’era un uomo
diverso, un pirata. E non un pirata qualsiasi ma il famigerato Capitano Uncino
che negli ultimi due anni aveva seminato il terrore tra le onde dei mari. Stava
per dire qualcosa, quando lui distolse lo sguardo.
“Milah” chiamò guardando alle sue spalle. Emma seguì il
suo sguardo notando una donna dai capelli nero corvino lunghi e mossi e lo
sguardo deciso avvicinarsi a lui fino a fermarsi al suo fianco.
“Accompagna la nostra ospite nella mia cabina” disse con
decisione guardando la bruna, la donna si avvicinò a lei porgendole la mano.
Emma la guardò confusa: non capiva molto delle loro intenzioni. Conosceva bene
Killian Jones, il tenente, che non le avrebbe mai fatto del male, ma il pirata
davanti a lei? Non aveva idea se poteva fidarsi di nessuno. La donna la guardò
negli occhi sorridendole con dolcezza, ora che era vicina, notava che era più
grande di lei, e anche di lui, i suoi occhi verdi le fecero stringere il cuore,
aveva la stessa dolcezza di sua madre sebbene fossero di una sfumatura diversa.
Forse anche lei era madre? O stava per diventarlo? Accettò di buon grado la sua
mano e si fece aiutare ad alzarsi.
“Spero che i nostri pirati non l’abbiano spaventata
troppo, mia signora” disse con gentilezza. Emma cercò Killian alle sue spalle
ma non lo vide, si era allontanato.
“Venga con me, le assicuro che sarà trattata con i dovuti
riguardi” disse indicandole la passerella che collegava le due navi. Ad Emma mancò
il fiato quando si rese conto che la nave che stavano usando era Il Gioiello
del Reame.
“Cosa ne sarà degli uomini su questa nave?” chiese
cercando di sembrare più sicura di quanto si sentisse.
“Saranno lasciati liberi, non abbiamo interesse a uccidere
gli uomini che sono sopravvissuti” disse accompagnandola.
“In modo che possano tornare al porto e avvertire del mio
rapimento” disse alzandosi di poco la gonna per non inciampare mentre saliva
sulla passerella.
“Una Lady astuta non c’è che dire, degna figlia di
Biancaneve” aggiunse la mora sorridendole. I nomi di sua madre e suo padre
avevano sempre suscitato una certa ammirazione da parte degli amici, forse
anche lei lo era. Del resto aveva conosciuto Killian grazie all’alleanza tra
Camelot e il regno dei suoi, forse anche lei era di quel regno.
Perse più tempo del necessario nel tentativo di rimandare
il loro incontro, aveva lasciato Emma con Milah sapendo che non le sarebbe
successo nulla di male. Aveva notato la sua espressione nel vederlo: non voleva
affrontare la discussione che sicuramente ci sarebbe stata. Poteva già
immaginare le domande: perché era diventato un pirata? Cosa era successo a
Liam? Perché aveva attaccato la sua nave? Ma anche lui aveva bisogno di
risposte, non sapeva che era stata promessa a Bealfire: sicuramente era
innamorata di lui, la Emma Swan che conosceva non si sarebbe sposata solo per
interesse, ma allora perché non c’era Graham con lei? Perché viaggiava senza il
suo sposo?
Si fermò davanti alla porta della sua cabina, aveva
bisogno di rimettere insieme la sua maschera di pirata, aveva una missione da
portare a termine, la presenza di Emma non doveva influire, fece un lungo
respiro ed entrò.
Trovò Milah rilassata, seduta alla sua scrivania con un
vassoio davanti a lei e due bicchieri uno di vino che stava sorseggiando,
l’altro di acqua che non era stato toccato, accompagnato con un po’ di uva
fresca e formaggio. Naturalmente Emma non avrebbe accettato nulla da loro e
questo lo ferì un po’, nonostante avesse potuto immaginarlo perché era la prova
inconfutabile che non si fidava di loro. La bruna si avvicinò a lui con un
sorriso dolce in viso, neanche lei sapeva che si conoscevano e non era pronto
per parlarle del loro legame, di quanto il giovane Tenente era stato
affezionato alla principessa di Misthaven.
“Non ha toccato nulla né da bere né da mangiare” disse
sottovoce Milah guardando verso il vassoio.
“Tu accetteresti del cibo e dell’acqua da chi ha
assaltato la tua nave?” le fece notare. La donna sorrise e guardò verso la
bionda che se ne stava seduta su una sedia con le mani sul ventre e lo sguardo
basso: poteva sentire gli ingranaggi della sua mente anche solo guardandola,
forse si chiedeva cosa gli era successo.
“Non riesco a credere che abbia sposato Bealfire, non
sapevo neanche che era sposato” disse Milah con una traccia di delusione nella
sua voce.
“Cercherò di capirci qualcosa” disse spostando nuovamente
lo sguardo sulla loro ospite. “Ti occupi tu della ciurma?” continuò sperando
che capisse il suo bisogno di parlarle da solo. Milah gli sorrise stringendogli
il braccio destro con la mano e uscì dalla cabina.
Aspettò qualche secondo da quando Milah uscì dalla
cabina, doveva riordinare bene le idee, doveva capire che cosa la portava su
quella nave. Si avvicinò alla credenza, prese un bicchiere nuovo e lo posò
sulla scrivania davanti a lei, si versò il vino nel calice lasciato sul tavolo
e lasciò la bottiglia accanto al bicchiere vuoto che aveva preso per lei.
“Hai bisogno di mangiare e bere qualcosa Emma!” la
invitò, mettendosi seduto dietro la scrivania, la vide alzare lo sguardo su di
lui, riconosceva quello sguardo, lo aveva visto poche volte rivolte a lui.
“Abbiamo davanti a noi un lungo viaggio e non puoi
resistere senza mangiare” continuò lui.
“Ti posso assicurare che nessuno sotto il mio comando ti
farà del male” aggiunse guardandola fissa negli occhi sperando che potesse
fidarsi di lui.
“E la promessa di un pirata?” disse con un tono freddo.
“E’ la promessa di un vecchio amico” disse sottovoce
abbassando lo sguardo, sentendosi scomodo nei panni del pirata per la prima
volta in anni.
“Conoscevo Killian Jones il giovane tenente della marina
di Camelot per cui ho versato le mie lacrime due anni fa” disse con i pugni
stretti sul ventre e lo sguardo che non lasciava trasparire nulla.
“Non conosco il
pirata davanti a me, non posso fidarmi” continuò ancora.
“E se non le
dispiace, Capitano, per lei sono Lady Swan” disse digrignando i denti.
Non riuscì a nascondere il sorriso che gli causò,
nonostante le sue parole lo ferissero: era davvero orgoglioso di lei, davanti a
sé non aveva più una ragazzina ingenua, ma una vera sovrana, una guerriera.
“Come desideri, mia signora” disse un po’ languidamente.
“Giocheremo al suo gioco” disse cercando di nascondere il
senso di orgoglio che provava nei suoi riguardi per come stava gestendo la
situazione.
“Perché Capitano
Uncino è interessato alle navi mercantili che navigano sotto la bandiera
dell’Oscuro?” chiese con decisione.
“Tutte le navi sono interessanti per i pirati, mia
signora” mentì sperando che non avrebbe visto che nascondeva qualcosa.
“Voi piuttosto, come mai viaggiavate da sole, dov’è
Graham, la vostra guardia personale?” chiese curioso di sapere come mai non era
con lei sapendo quanto si sentiva responsabile della sua vita.
“E’ rimasto a palazzo con i miei” disse voltando lo
sguardo altrove, anche lei stava nascondendo qualcosa, gli aveva appena
mentito.
“Il vostro sposo?” chiese ancora volendo approfondire la
situazione, la vide muoversi a disagio e guardare oltre l’oblò e capì che in
realtà lei non aveva idea di dove si trovava.
“Non sapevo fossi sposata con il figlio dell’Oscuro”
ammise cambiando discorso.
“Non sapevo neanche che vi conoscevate” continuò
sorseggiando ancora un po’ di vino.
“Non ho avuto molta scelta” rispose lei guardandosi le
mani, e fu allora che Killian capì: solo pochi mesi dopo la morte di Liam il
regno di Emma era stato attaccato dalla Regina Cattiva, senza dubbio supportata
in segreto dall’Oscuro.
“Ho saputo cosa è successo, mi dispiace” si scusò, Emma
alzò gli occhi su di lui curiosa.
“Perché non sei tornato?” chiese, forse non si era resa
conto che aveva abbandonato le formalità e aveva iniziato a dargli del tu.
“Non potevo, dopo quello che era successo” ammise lui
senza scendere nei particolari
“Come siete riusciti a bloccare la Regina Cattiva?”
chiese cambiando discorso, ed Emma sembrò nuovamente a disagio, abbassò lo
sguardo nuovamente concentrandosi sulle sue mani.
“I nostri alleati e la magia delle fate” rispose, ma
sentiva che c’era qualcosa che gli stava nascondendo.Non ebbe il tempo di indagare maggiormente
perché il portello posto in alto della cabina fu aperto e Milah si affacciò.
“Scusami Capitano, ma abbiamo bisogno di muoverci, qual è
la nuova rotta?” chiese guardando tra i due.
“Arendelle” disse semplicemente guardando Emma che alzò
lo sguardo su di lui sorpresa.
“Ne sei proprio sicuro?” chiese a bassa voce la donna
bruna senza nascondere la sua preoccupazione. Non andava ad Arendelle da prima
della morte di Liam, non aveva avuto più motivo, tutti quelli che lo
conoscevano, sapevano che i fratelli Jones erano morti in battaglia e a lui era
comodo così, ma con Emma a bordo non poteva evitarlo.
“Scorterò io stesso la principessa alla corte della
Regina, dobbiamo assicurarci che l’Oscuro non la trovi” disse senza mai
distogliere lo sguardo dalla bionda che lo guardava intensamente, chiedendosi
forse il motivo della sua scelta.
“Ai tuoi ordini” disse Milah senza nascondere la sua
preoccupazione e il suo fastidio. Killian non se ne preoccupò: l'avrebbe
affrontata in un altro momento.
“Arendelle? Perché?” chiese confusa Emma alzandosi dalla
sua sedia, lui la seguì e si allontanò dalla scrivania.
“Una volta che l’Oscuro saprà che sei stata presa dai
pirati” disse per poi fermarsi un attimo chiudere gli occhi e ammettere la
realtà.
“Soprattutto quando saprà che sei stata presa da questo
pirata davanti a te, ti darà la caccia, non sarai più degna di stare con suo
figlio” spiegò cercando di tenere il suo odio per il folletto sotto controllo.
“Sapevi che sarebbe successo a chiunque avresti trovato
sulla nave” esclamò infastidita.
“Avrei dato la possibilità di salvare chiunque
fosse stato bloccato su quella nave” concluse con una voce un po’ più alta di
quanto avrebbe voluto.
“Giusto perché è quello che fanno i pirati: salvare
persone” continuò ad accusarlo.
“Non sono io il cattivo qui!” tentò nuovamente di
difendersi: lei non sapeva cosa era successo in questi ultimi due anni, non era
a conoscenza del dolore che aveva provato, la solitudine a cui era costretto.
“Cosa succederà, quindi?” chiese lei. Killian chiuse gli
occhi e fece dei respiri per controllare la rabbia e il dolore che erano
riaffiorati.
“Resterai nella mia vecchia cabina, accanto a questa e ti
porterò ad Arendelle, sono sicuro che Elsa ti aiuterà” disse infine, per poi
uscire quasi di fretta da quella cabina diventata troppo stretta per entrambi.
Capitolo 5 *** Everything will change (parte 2) ***
Note dell’Autore:E finalmente eccovi il secondo capitolo. Scrivendo
questo capitolo mi sono resa conto che avrei potuto benissimo allungare la
storia e scriverne una completa a più capitolo, ma al momento ho deciso di
lasciarla solo con due capitoli, forse più avanti quando avrò più tempo per
elaborare la storia ci penserò. Aspetto le vostre recensione, mi piacerebbe
sapere cosa ne pensate.
Beta:veronica85
Disclaimer:OUAT e tutti i suoi personaggi non sono di mia proprietà (altrimenti
sarebbe stato un prodotto HBO), tutti i diritti sono dei legittimi proprietari,
il mio è solo un divertimento.
Capitolo 2
Nei giorni successivi lei e Killian non si videro più,
Milah si occupò di lei, portandole un cambio di vestiti e dell’acqua per
potersi lavare, aiutandola a scrivere una lettera indirizzata a Elsa per
avvertirla del suo arrivo a Arendelle e accompagnandola a mangiare nella
cambusa quando gli altri pirati erano occupati a fare altro. Era raro che
incontrasse un pirata, Milah era stata brava a fare in modo che lei potesse
uscire dalla sua cabina quando non c’era in giro quasi nessuno. Era curiosa
riguardo questa donna: era chiaramente l’amante di Killian, lo aveva capito
dalla dolcezza con cui si guardavano, dal tono che lei usava quando lo
chiamava, ma non sapeva se era a conoscenza del loro legame, se Killian le
avesse mai parlato della sua amicizia con la principessa di Misthaven.
“Manca ancora molto?”chiese Emma, mentre le due donne
stavano mangiando nella cabina di quest’ultima, in religioso silenzio.
“Solo un paio di giorni” rispose l’altra sorridendole,
forse nel tentativo di tranquillizzarla, di calmarla.
Il nervosismo di Emma, però, non era tanto per la sua
“prigionia” ma per quello che sarebbe avvenuto una volta sbarcati: affrontare
un viaggio a piedi dal porto al castello da sola con Killian Jones sarebbe
stato più faticoso di questi giorni in mare, perché si sarebbero trovati soli
per la prima volta dall’inizio di quel viaggio e non si erano più rivolti una
parola, dopo il primo giorno.
“Come mai una donna è finita in una ciurma di pirati?”
chiese la bionda, cercando di distogliere i suoi pensieri dal Capitano.
“Ero una donna molto infelice:Killian mi ha donato quello
che agognavo di più” rispose con dolcezza confermando a Emma che i due erano
amanti.
“L’amore di un uomo?” chiese timidamente, confusa, perché
era certa che una donna bella come Milah potesse avere tutti gli uomini che
voleva ai suoi piedi.
“No, l’avventura” rispose lei con gli occhi che le
luccicavano.
“L’amore è arrivato dopo” ammise sorseggiando un po’ di
vino.
Invidiava Milah, era una donna felice, indipendente e
appagata dalla sua vita, Emma invece nell’ultimo anno e mezzo si era scoperta
una donna profondamente infelice, costretta in un matrimonio che non voleva con
un uomo che aveva imparato a disprezzare più che amare. La sua decisione di
accettare la proposta di matrimonio aveva spezzato il cuore dei suoi genitori
più di quanto avevano ammesso, avevano sempre desiderato per lei una vita piena
di amore, ma il destino aveva deciso diversamente.
Le mancavano i suoi genitori, le mancavano il castello
dove era cresciuta e gli amici. Biancaneve e il principe Azzurro l’avevano
circondata di amore, il loro consiglio di guerra era costituito per la maggior parte
dai loro amici più fidati: non dei nobili, ma gli uomini e le donne che li avevano
aiutati a sconfiggere la Regina Cattiva e Re Giorgio.
Fino a qualche anno prima aveva potuto annoverare tra
quegli amici anche Killian e suo fratello, ma poi tutto era cambiato:Camelot,
da sempre alleato dei suoi genitori, aveva messo i propri interessi davanti a
qualsiasi promessa di lealtà e presto l’aveva raggiunta la notizia della morte
dei suoi amici. Altra conseguenza del voltafaccia del re di Camelot era stata
la necessità dei suoi genitori di stipulare nuovi accordi, cosa che aveva
costretto lei ad accettare la proposta di matrimonio del figlio del Signore
Oscuro e ad allontanarsi da ciò che aveva di più caro: la sua casa e la sua
famiglia. Nell’accordo era previsto che lei chiudesse ogni rapporto con i suoi
genitori: secondo l’Oscuro era il modo migliore per essere protetta e
proteggere il suo segreto, ovvero che era in possesso della magia più pura e
potente, la magia nata dal vero amore dei suoi genitori. E questo implicava che
non potesse neanche inviare loro una stupida lettera per informarli che stava
bene, perché chiunque avrebbe potuto intercettarla e usarla per farle del male.
Dopo la cena, ogni notte, Milah si ritirava nella cabina
che divideva con il Capitano, quella accanto alla sua, ed Emma non poteva fare
a meno di restare sveglia fino a quando non sentiva Killian ritirarsi per la
notte, dopodiché, solitamente riusciva sempre ad addormentarsi. Quella notte,
stranamente, non fu così fortunata: si sentiva agitata e sentiva il suo potere
vibrare nelle sue vene, non sapeva se era perché era sempre più nervosa mano a
mano che si avvicinavano ad Arendelle, aveva solo voglia di salire sul ponte a
respirare senza che nessuno la seguisse.
Così in un attimo, si mise il vestito con cui era salita
a bordo e, cercando di fare più piano possibile, aprì solo di un pochettino la
porta della sua cabina per poter verificare se c’era qualche pirata in giro. I
suoi occhi, tuttavia, le mostrarono solo il buio del corridoio; in lontananza sentiva
le voci dei pirati chiusi nelle loro cabine, così si fece coraggio e uscì dalla
sua cabina, facendo molta attenzione a chiudere la porta dietro di sé. Aspettò
ancora un attimo cercando di captare qualche suono dalla cabina di Killian, ma
nulla: per fortuna tutto era in silenzio e decise quindi di proseguire e andare
avanti.
Salì le scale e già si sentiva meglio, una leggera brezza
le arrivava dal ponte: era elettrizzata all’idea di vedere il mare e il cielo
notturno, le era sempre piaciuto viaggiare per mare, e, nonostante la sua
situazione attuale, restava quello che la tranquillizzava.
Una volta messo un piede sul ponte, la prima cosa che
fece fu quella di alzare il naso verso le stelle, e proprio in quel momento
percepì la sua magia produrre come un guizzo, una sensazione che non aveva più
avvertito nell’ultimo anno e mezzo. Si avvicinò al parapetto per appoggiarsi e
guardare le onde che, dolcemente,cullavano il viaggio della nave e respirò a
fondo l’odore di salsedine: era libera, in quella frazione di secondo si
sentiva libera.
“Swan?” la sua voce la fece tremare ulteriormente, il suo
respiro di fermò e il battito del cuore saltò un pochettino, era così assorta
che non lo aveva sentito arrivare, non aveva prestato abbastanza attenzione, e
adesso l’aveva scoperta.
Aveva un tono sorpreso, l’utilizzo del sopranome che le
aveva donato molto tempo prima la colpì più di quanto potesse mai ammettere, le
era dannatamente mancato. Si voltò a guardarlo: era senza la sua giacca di
pelle, aveva solo la camicia nera lasciata libera e i pantaloni di pelle
definivano meglio la sua forma.
“Pensavo fossi nella tua cabina” disse sottovoce senza
rendersene conto. Killian cambiò espressione, il volto sorpreso del ragazzo che
una volta aveva conosciuto aveva lasciato il posto al Capitano dei Pirati che
l’aveva accolta qualche giorno prima.
“Perché, mia signora, volevi forse lanciarti in mezzo
alle acque gelide?” lo chiese con un tono sarcastico senza nascondere il suo
fastidio, Emma strinse i pugni infastidita di essere trattata così da lui, soprattutto
dopo che l’aveva ignorata per giorni.
“Avevo solo bisogno di un attimo di respiro, senza il
fiato della tua puttana sul collo” si pentì immediatamente di quelle parole e
del tono usato, non pensava davvero questo di Milah. Killian avanzò
minacciosamente verso di lei, non lo aveva mai visto con quell’oscurità nello
sguardo.
“Non osare mai più parlare così di lei, principessina” sbottò
con un tono freddo che le fece salire un brivido di paura lungo la schiena: era
un uomo così diverso, avvolto di un’oscurità che la spaventava e la attirava
senza capirne davvero il motivo.
“Non ha mai svenduto il suo corpo per un matrimonio di
convenienza” sputò con un tono velenoso, Emma ebbe uno scatto di rabbia, e gli
diede un pugno sulla mascella con tutta la rabbia che aveva dentro: non aveva alcun
diritto di giudicarla, non dopo quello che aveva passato, non dopo che lui
aveva finto di morire lasciandola indietro a soffrire dopo averle promesso che
sarebbe sempre tornato per lei.
Lo vide toccarsi il labro che stava sanguinando e ridere
nel notare una piccola punta di sangue sul suo dito, la guardò con un’espressione
che non le piaceva e quando lo vide scattare verso di lei alzò le mani per
protezione e lo fece sbattere contro la barriera protettiva insegnarle da Trilli.
Killian la guardò sconvolto e indietreggiò, nei suoi occhi nessun accenno di
paura, solo un’enorme sorpresa e questo sorprese assolutamente la giovane
principessa, abituata a leggere il terrore puro negli occhi di chiunque
scopriva per la prima volta di cosa era capace.
“Hai la magia” sospirò Killian, poi Emma lo vide
sorridere più rilassato e cambiare nuovamente umore: per caso aveva deciso di
farla impazzire?
“Sei una donna piena di sorprese, Swan”
“Non ne hai idea, Capitano” insinuò sottolineando con
fastidio il suo titolo, non gli avrebbe permesso di ferirla, in nessun modo,
era una donna forte ora, non più una ragazzina.
“Era questo il grande segreto quindi” riprese la parola
Killian rilassandosi e osservandola con attenzione. Emma corrugò la fronte non
capendo, abbassò le mani e la barriera scomparve.
“Di che stai parlando?” chiese confusa.
“Circolano delle voci sulla sposa di Bealfire: che sia
una donna bellissima con un segreto oscuro” spiegò facendole venire i brividi al
termine “oscuro”.
Gli diede le spalle appoggiando le mani al parapetto:
accettare la sua magia non era stata una cosa semplice, lo aveva scoperto quasi
per caso, dopo il tradimento di Camelot. Blu e le fate sostenevano che si
trattava di magia bianca, pura, ma dopo aver visto quello che la magia aveva
fatto a Regina e all’uomo che si celava dietro l’Oscuro, era terrorizzata, non
la voleva.
Aveva provato a non usarla, spaventata che qualcuno la
potesse sfruttare per fare del male, ma era una cosa istintiva e quando il
regno dei suoi genitori era stato attaccato era stata l’unica cosa che aveva
tenuto tutti al sicuro, poi era arrivato l’oscuro con la sua proposta.
“Non esiste nessun oscuro segreto” mormorò, sentendo il
disperato bisogno di parlare al suo vecchio amico.
“L’oscuro vuole solo sfruttare questo mio potere, vuole
ingabbiarlo in qualche modo” continuò senza staccare gli occhi dal mare scuro
sotto di lei.
“Sono stata costretta a sposare Bealfire, non ho avuto
altra scelta” disse lasciando che le lacrime scorressero sul suo viso.
“Se fossi andata via con loro, il regno dei miei genitori
sarebbe stato protetto dagli attacchi di Regina” spiegò, voltandosi verso di
lui senza nascondere le sue lacrime.
“Non mi sono svenduta come molti pensano!” precisò
irritata stringendo i pugni sul fianco. Killian, dal canto suo, aveva cambiato
espressione, lo sguardo si era ammorbidito, ma la sua faccia non lasciava
trasparire nulla, si limitava a guardarla intensamente, quasi nel tentativo di
leggerla.
“Ho dovuto lasciare i miei genitori, i miei amici, per
salvarli” ammise guardandolo dritto negli occhi, quasi a sfidarlo a criticarla,
a giudicarla per questo.
“E’ immagino che tu non possa più tornare da loro neanche
volendolo” rifletté lui sospirando e appoggiandosi al parapetto accanto a lei.
“Non vedo i miei genitori dalla notte in cui l’Oscuro è
arrivato a palazzo” ammise lei seguendo il suo esempio e appoggiandosi al
parapetto.
“Quella notte sono cambiate molte cose, ho perso così
tanto” continuò guardando dritta davanti a lei: non parlava così con nessuno da
tanto tempo, si era tenuta tutto dentro per più di un anno.
“Cosa è successo invece a voi?” chiese poi, dopo qualche
momento di silenzio guardandolo, consapevole che lui avrebbe capito a cosa si riferiva.
Lo vide irrigidirsi, muoversi con disagio. Non aveva mai saputo cosa era accaduto
ai due fratelli Jones, l’unica notizia arrivata a palazzo diceva che qualche
giorno dopo essere salpati da Arendelle per una missione segreta, erano stati
attaccati dai pirati ed erano morti per salvare il loro re. Il tradimento di
Camelot, i cui soldati avevano attaccato il palazzo reale di Misthaven su
ordine della Regina Cattiva appena poco tempo dopo, non aveva dato a nessuno di
loro il tempo necessario per elaborare la morte dei due Jones, né per capire
cosa era davvero successo.
“Arthur ha mostrato la sua vera faccia, ci ha mandato in
una missione che avrebbe disonorato ciò in cui credevamo, Liam è morto tra le
mie braccia non appena siamo arrivati nei pressi di Camelot” disse senza
spiegarsi ulteriormente.
“Perché non sei venuto a chiedere aiuto?” chiese lei
addolorata per la morte del suo amico.
“Non potevo, quando mi ripresi dalle ferite della
battaglia, era troppo tardi” le rispose senza guardarla.
“È come hai detto tu Swan: Killian Jones è morto quel
giorno, adesso esiste solo il pirata” ammise con un sorriso triste in volto, e
in quel momento Emma seppe di essersi sbagliata su di lui: il suo vecchio amico
era ancora vivo, lì davanti a lei, si era solo nascosto sotto strati interi di
pelle. Le salirono brividi lungo la schiena, rendendosi conto che entrambi,
anche se in modo del tutto diverso, stavano solo cercando di reagire ad un
dolore dentro la loro anima, si nascondevano dietro a delle maschere: lei quella
della moglie devota e risoluta; lui quella del pirata spietato.
“Credo invece che sia facile per entrambi illudersi che
quella parte di noi sia morta, ma in realtà è sempre lì, si è solo nascosta!”
ammise lei guardandolo. Killian alzò lo sguardo su di lei, fissandola negli
occhi per la prima volta da quando si erano ritrovati. Distolse lo sguardo poco
dopo e vergognandosi di quello che lei avrebbe potuto leggergli negli occhi, si
voltò verso il mare.
“Non sarò io ad accompagnarti a corte una volta arrivati”
le comunicò cambiando discorso, Emma lo guardò stranita, non capendo il perché di
quel cambio repentino.
“Ti affiderò a uno dei miei uomini fidati, ti proteggerà
fino al tuo arrivo al castello” aggiunse senza mai guardarla. Emma però non era
convinta: sapeva che se Elsa avesse visto chi si celava dietro il Capitano
Uncino lo avrebbe accolto a braccia aperte, quindi si rese conto che dietro a questa
decisione doveva esserci dell’altro.
“Neanche Elsa sa cosa è successo quella notte, vero?” chiese,
pur conoscendo bene la risposta.
“E’ molto più sicuro che tutti credano che Killian Jones
sia morto quella notte” aggiunse allontanandosi dal parapetto.
“Non puoi continuare a scappare, prima o poi dovrai
affrontare quello che è successo” cercò di farlo reagire.
“Non sto affatto scappando” le rispose voltandosi
nuovamente verso di lei con la rabbia che montava, era riuscita a farlo
reagire.
“Invece sì, ti nascondi dietro il sopranome di un pirata,
quelli che una volta ti chiamavano amico credono tu sia morto” fece un passo un
avanti verso di lui.
“Come credi la prenderà Elsa quando saprà che in realtà
non sei morto, che hai preferito andare via e consegnarmi a un estraneo,
piuttosto che affrontarla e dirle com’è morto il suo fidanzato?” lo accusò
sapendo bene di colpire un nervo scoperto.
“E come credi che si sentirà quando saprà che ho
disonorato la memoria del suo fidanzato diventando un pirata, macchiandomi le
mani di sangue?” era riuscita a fargli dire cosa lo spingeva a nascondersi
dietro la sua maschera di pirata.
“Killian” lo chiamò lei con dolcezza, come quando erano
dei semplici ragazzi che giravano per i giardini del palazzo.
“Non limitarti a portarmi ad Arendelle, portami da Elsa,
unisciti a noi per sconfiggere Regina” continuò allungando la mano nella
speranza che lui accogliesse il suo invito. Lo vide fissare la sua mano quasi
tentato di stringerla, poi si voltò e guardò verso il timone; forse stava
pensando a Milah alle conseguenze che poteva portare questo suo passo verso
l’alleanza con i suoi genitori.
“Una volta lo avrei fatto senza pensare” disse prendendo
la mano di Emma per stringerla.
“Avrei scalato le montagne più alte, e avrei solcato il
mare più impervio, solo perché tu me lo chiedevi” ammise a voce bassa facendo
tremare Emma, si avvicinò a lei tanto che poteva sentire il suo calore.
“L’ultima volta ti ho promesso che sarei sempre tornato
per te, che avrei fatto di tutto per renderti felice” aggiunse fissandola negli
occhi, mostrando la stessa devozione di sempre, osò quasi sperare che i suoi sentimenti
fossero ricambiati, che ancora per loro ci fosse una piccola speranza.
“Puoi ancora farlo, Killian, possiamo ancora avere quello
che abbiamo sempre voluto” lo incoraggiò nella speranza che lui capisse. Non
erano mai stati onesti l’uno con l’altra suoi loro sentimenti, avevano sempre
evitato il discorso, lei aveva sempre avuto una grande paura di perdere una
persona così importante per lei, ed era quello che la tormentava più di tutto:
non avergli mai detto quanto in realtà lo amava e desiderava stare con lui.
“Non sai che darei per tornare indietro ed essere più
coraggioso e prendermi quello che davvero volevo” disse accarezzandole il viso,
Emma deglutì e chiuse gli occhi, aveva sempre sognato di lui, di loro così
vicini e ora faceva male perché avevano sofferto più di quanto meritassero, e
quel dolce momento tra loro aveva un gusto amaro.
“Non potrà più essere così, Swan” continuò con quel tono
morbido che le fece ancora più male, le diede un piccolo bacio sulla fronte e
si allontanò da lei mettendo la giusta distanza tra loro.
“Diventerai una regina regnante Swan, e non puoi avere al
tuo fianco un uomo che si è macchiato di tradimento e che ora è un pirata”
continuò, spezzandole ancora di più il cuore, sentiva come se l’aria le fosse
uscita via dal petto all’improvviso.
“Dovresti far scegliere a me” gli rinfacciò.
“Hai bisogno di alleanze forti attorno al tuo regno, io
sarei solo d’intralcio” continuò lui rimanendo freddo.
“Comunicherò all’Oscuro che la principessa ha preferito
gettarsi in mare piuttosto che essere rovinata da un pirata come me” spiegò con
una freddezza che non pensava di avere a quel punto della loro discussione.
“Arriverai ad Arendelle sotto mentite spoglie, sono
sicuro che Elsa riuscirà a riportarti in salvo dai tuoi genitori” concluse il
suo piano e si voltò per andare verso il timone.
“Killian” tentò di chiamarlo un’ultima volta, con la voce
rotta dalle lacrime, si fermò sui suoi passi ma non si voltò mai verso di lei.
“Per me sei sempre Killian Jones, tutto quello che è
successo non ha cambiato come io ti vedo” continuò lei nella speranza che
cambiasse idea.
“Mi dispiace deluderti love, ma come hai detto tu, Killian Jones è morto” disse con quel
tono che lei aveva identificato come quello del capitano pirata che si era fatto
strada nell’ultimo anno e mezzo.
Lo vide scomparire dalla botola dietro il timone che
portava alla sua cabina, dovette fare dei respiri profondi nel tentativo di
riprendere a respirare e calmare le lacrime che scorrevano libere sulle sue
guance.
Due giorni dopo la nave attraccò al molo di Arendelle,
lei era nella sua cabina con Milah, l’aveva aiutata a cercare un abito che
riusciva a nasconderla, le aveva messo un mantello con un cappuccio ampio che
nascondeva i suoi capelli biondi, la mora si era preoccupata di raccogliere le
sue onde in una stretta treccia.
Non aveva né visto né parlato più con Killian, e non
parlava più di tanto neanche con Milah: si era semplicemente limitata ad accettare
una cosa che non poteva cambiare. Killian aveva fatto la sua scelta, non poteva
obbligarlo.
Non aveva idea se la donna davanti a lei sapeva quello
che era successo sul ponte, se Killian le aveva detto che lei si era esposta,
che aveva chiesto di tornare con lei, sinceramente non le importava, Killian
aveva fatto una scelta e lei doveva accettarla e andare avanti.
“Adesso possiamo andare” disse Milah osservando dagli
oblò, la nave sembrava ferma, Emma annuì e si mise il cappuccio in testa
attenta a nascondersi bene, per poi salire sul ponte seguendo la mora.
La ciurma era indaffarata quindi non diede molta
importanza al loro arrivo, tutti avevano un compito e lo dovevano eseguire per
garantire un approdo tranquillo e sicuro. Senza volerlo alzò lo sguardo verso
il timone e il suo cuore saltò un battito nel vederlo lì saldamente al suo
posto.
“Capitano, l’attracco è assicurato” urlò uno degli
uomini, Killian fece un segno di assenso e scese avvicinandosi a loro due,
mentre gli altri pirati sistemavano la passerella e completavano il tutto.
“Sarà Milah ad accompagnarla al palazzo in totale
sicurezza” disse con distacco non guardandola mai direttamente.
“Vi ringrazio Capitano” disse freddamente, seppellendo il
suo dolore nel profondo, alzò lo sguardo su di lui un’ultima volta, guardandolo
quasi con sfida.
“Spero che un giorno possiate pensare alla mia proposta
di alleanza e accoglierla” continuò con il tono che di solito usava al palazzo
del marito.
“I miei genitori saranno generosi verso gli uomini che
hanno salvato la loro erede” continuò.
“Siamo pirati, vostra altezza, preferiamo navigare senza
dipendere da nessuno” disse con un ghigno divertito, voltandosi verso la sua
ciurma.
Milah le indicò la passerella e la seguì in silenzio, Emma
guardò un’ultima volta verso il Capitano che la osservava con attenzione, per
poi voltarsi e sparire. Emma raccolse la gonna e seguì l’altra donna sapendo
che non avrebbe più rivisto Killian.
Un mese dopo
regno di Arendelle
Era passato del tempo da quando era arrivata ad
Arendelle, Elsa l’aveva accolta con un abbraccio e una tazza di squisita
cioccolata calda, era stata preoccupata nell’ultimo anno e mezzo sulle sue
sorti quindi era più che felice di saperla al sicuro.
Si era incuriosita nel vederla accompagnata da Milah, una
donna che non nascondeva il suo lato da pirata, e quando la regina aveva
chiesto chi era il suo capitano lei aveva risposto semplicemente Capitano
Uncino, Emma si morse la lingua perché voleva dire la verità, ma pensò bene di
non farlo davanti alla mora.
Una volta rimasta con la sua più vecchia e fidata amica,
Emma le aveva illustrato la situazione rivelandole chi si nascondeva dietro
Uncino, una verità che aveva sconvolto Elsa riportando alla luce il dolore per
l’amore perso così improvvisamente. Le due amiche, dopo averne discusso anche
con Ingrid, la zia di Elsa, avevano deciso di aspettare a muoversi: in gran
segreto avevano inviato un messaggio cifrato a Biancaneve sulle sorti di Emma,
che entro pochi giorni, con l’aiuto di una piccola magia che avrebbe nascosto
il suo aspetto, si sarebbe potuta muovere senza problemi verso il regno dei
suoi genitori. Elsa stava facendo preparare una piccola flotta di navi per
accompagnarla al sicuro dalla sua famiglia.
In cuor suo, però, Emma pensava ancora a Killian, non
riusciva ancora a toglierselo dalla testa nonostante lui fosse stato chiaro sulle
sue intenzioni. Dopo che Milah l’aveva lasciata al palazzo, la nave era salpata
la notte stessa, e da quel momento sul suo cuore si era posato un peso che non
l’aveva abbandonata più, passava ogni momento libero al davanzale della finestra
della camera che Elsa le aveva dato, riusciva a vedere il molo e le navi
attraccata, ma il suo sguardo correva sempre verso l’orizzonte.
Si trovava proprio lì in quel momento, osservando come il
mare lambiva la costa dondolando le navi attraccate. Era quasi ora di cena e sospirò
sapendo che quello era l’ultimo tramonto che avrebbe visto da lì: la mattina
dopo alle prime ore di luce la sua nave sarebbe partita per riportarla a casa.
Il suo cuore saltò un battito quasi prima ancora che la
sua mente potesse rendersi conto di cosa stava succedendo, all’orizzonte: con
il sole alle spalle una nave si stava facendo largo tra il mare per raggiungere
in fretta il porto, era lontano per definire la nave, ma lei sapeva bene di
quale si trattava, per anni l’aveva vista spuntare davanti al porto del regno
dei suoi genitori e ogni volta le portava sempre il sorriso della persona più
importante.
Osò sperare che fosse tornato per lei, quindi prese di
corsa il mantello verde abbandonato ai piedi del letto, e corse via scontrandosi
con Anna per la fretta, scusandosi e promettendole che avrebbe spiegato tutto
al suo ritorno.
Corse a perdifiato fino a raggiungere il porto, muovendosi
tra la folla dei mercanti che stavano caricando le navi pronte per nuovi viaggi.
E quando si convinse di essersi sbagliata vide Smee bloccare la passerella sul
molo, mentre altri due membri assicuravano le cime, si fermò incerta su cosa
fare, era corsa seguendo il suo cuore, ma in quel momento si ricordò che lui
aveva rifiutato la sua alleanza, che amava un'altra donna, più grande e bella
di lei. Lo vide scendere dalla nave con spavalderia, disse qualcosa a Smee e
gli consegnò qualcosa, forse qualche moneta, per poi voltarsi e camminare, era
proprio lui, davanti a lei, si fece coraggio e fece qualche altro passo.
“Killian” lo chiamò forte attirando così l’attenzione su
di sé, lo vide fermarsi su suoi passi, le sembrava indeciso cosa che la spinse
ad andare avanti.
“Sei tornato” disse quasi sottovoce una volta abbastanza
vicina a lui, il pirata abbassò lo sguardo senza guardarla e si grattò dietro
l’orecchio, un gesto che la fece sorridere.
“Una volta un povero marinaio fece una promessa a una
principessa molto testarda” disse con un po’ di sarcasmo per smorzare la
tensione.
“Credevo che quel marinaio non ci fosse più” continuò lei
mordendosi il labro nel tentativo di essere seria.
“Forse avevo solo bisogno di qualcuno che mi ricordasse
la mia strada” disse sottovoce.
“Porgo la mia nave e i miei servizi, Swan, per qualunque
alleanza tu desideri” aggiunse più serio porgendole la mano.
Avevano ancora così tanta strada da fare, dovevano
fermare l’avanzata di Regina, impedire all’Oscuro di distruggerli, era ancora
una donna sposata, lui aveva un’amante, era una futura regina e lui un pirata,
ma in quel momento non le importava davvero. Si lanciò contro il suo petto e fu
come tornare a casa, nonostante il forte odore speziato di rum e pelle, poteva
ancora sentire quel profumo di mare che le aveva sempre ricordato i loro
momenti più belli. Dopo un attimo d’indecisione sentì le sue braccia avvolgerla
e si tranquillizzò, sicura che insieme avrebbero potuto affrontare qualsiasi
cosa.
Note dell’autore: Con il rewatch mi è tornata la voglia di scrivere su
questi due e questo ha portato a questo piccola cosa (ne ho già altre in
lavorazione), è solo una piccola cosa che mi è venuta in mente e dovevo
scriverla perché mi tormentava.
Storia da
collocarsi dopo la puntata 2x09 Queen of Heart.
Sono
comunque alla ricerca di una nuova beta per le mie storie, mi piacerebbe
confrontarmi con qualcun altro sulla ship Captain Swan.
Spero vi
piaccia, aspetto le vostre recensioni.
Beta:veronica85
Disclaimer: OUAT e tutti i suoi personaggi non sono di mia proprietà (altrimenti
sarebbe stato un prodotto HBO), tutti i diritti sono dei legittimi proprietari,
il mio è solo un divertimento.
Avevano mangiato a sazietà, Granny aveva tirato fuori le
sue lasagne, si era davvero divertita, e l’era mancato tutto quello, l’era
mancato il suo ragazzino che dopo aver mangiato due porzioni di lasagne era
crollato tra le sue braccia, David era arrivato in suo soccorso e lo aveva
preso in braccio, decisero così di tornare a casa, MaryMargaret si era
accordata con Ruby e Granny per la sera dopo e festeggiare a dovere.
In realtà non le importava, aveva silenziosamente seguito
MaryMargaret accantoa David che teneva
in braccio Henry, poteva davvero abituarsi a tutto quello? Era rimasta a
Storybrooke solo per Henry, non gli importava di nessun altro, o almeno così
credeva, passare del tempo con sua madre (sì, ancora doveva abituarsi a tutto
quello) l’aveva aiutata ad affrontare il peso che aveva accompagnato la sua
intera vita: l’abbandono dei suoi genitori.
I quattro raggiunsero il loft, a quanto sembrava David si
era stabilito lì con Henry dopo la loro scomparsa, proprio l’uomo senza dire
nulla portò il ragazzino al piano di sopra, quella che era stata la camera di
Emma, forse ora doveva considerare la possibilità di trovarsi una casa tutta
sua. Henry aveva bisogno di uno spazio tutto suo, e David e MaryMargaret avevano
bisogno del loro spazio e il tempo di recuperare, ma di questo poteva occuparsi
dopo.
“Credo che crollerò non appena toccherò il mio comodo
letto” disse la bruna attirando la sua attenzione, le due si guardarono e si
sorrisero, decisamente anche a lei era mancato il suo letto e le comodità di
Storybrooke.
“Mi do una lavata veloce così ti lascio il bagno tutto
per te” disse scomparendo dove c’era il bagno, contemporaneamente David scese
le scale, le sorrise e si senti un po’ a disagio, non avevano passato molto
tempo insieme, o per lo meno da quando lui aveva riavuto i suoi ricordi e la
consapevolezza che lei era sua figlia.
“Allora, come te la sei cavata nel nostro vecchio mondo”
disse con calma appoggiandosi al bancone della cucina davanti a lei,
lasciandole lo spazio della penisola dove lei decide di sedersi, segretamente apprezzava
il fatto che David teneva una qualche forma di distanza.
“Terrificante” ammise con un piccolo sorriso, lo vide sorridere
divertito, lo guardo attentamente mentre le raccontava un po’ di cose del
vecchio mondo, si rese conto di quanto era diverso da David Nolan, James o
Charming come sua madre amava chiamarlo, era un uomo sicuro di sé, un leader a
tutti gli effetti.
Lo vide avvicinarsi e cercò di concentrarsi su di lui, mise
davanti a lei qualcosa sul bancone della cucina, era la sua stella da sceriffo.
“Questa è tua di diritto”disse David con un dolce
sorriso.
Emma prese in mano il distintivo e le torno in mente
Graham, la notte in cui è morto, il sorriso che le aveva rivolto dopo il bacio
che avevano condiviso, una stretta gli prese al cuore, le mancava e meritava di
meglio, il senso di colpa per non avergli creduto la stava divorando.
A distoglierla dai suoi pensieri ci fu l’arrivo di
MaryMargaret, che uscita dal bagno con uno dei suoi pigiami morbidi e supercomodi,
si avvicinò a loro due, gravitando verso David.
“Ho interrotto qualcosa?” disse con la voce bassa carica
di stanchezza.
“Ho solo restituito il distintivo a Emma” aggiunse David
circondandole le spalle con il suo braccio, sembravano molto naturali,
nonostante avessero passato molto tempo lontano l’uno dall’altro, era così
strano vederli interagire in modo così intimo, come se tutto quel tempo passato
lontano non ha influito per niente per la loro relazione.
“Tutto bene?” chiese la donna sapendo quanto la morte di
Graham aveva gravato su di lei, ma cacciò via quella malinconia, scosse la
testa e mise su uno dei suoi sorrisi forzati.
“Sì, e andrà meglio dopo aver fatto una doccia calda”
disse alzandosi dallo sgabello, con un ultimo sorriso salutò la coppia e andò verso
il bagno, una volta chiusa la porta si appoggiò con le spalle, fece un lungo
sospiro tentando di rimettere in ordine i suoi pensieri, da quando aveva
spezzato la maledizione non aveva avuto molto tempo per sé stessa. Con una
spinta si allontanò dalla porta, aprì l’acqua calda e si tolse i suoi vestiti
lasciandoli cadere a terra vicino il lavandino, avrebbe sistemato dopo. Entrò
nella doccia e lasciò che l’acqua scorresse sui suoi capelli e sulla sua pelle,
era passata da poco la mezzanotte quindi si concesse di rilassarsi sotto il getto
dell’acqua calda, una cosa che decisamente le era mancata nella Foresta
Incantata.
Lasciò che l’acqua svuotasse la sua mente trascinando giù
il suo senso di colpa verso Graham. Si accarezzò la pelle mandando via non solo
la sporcizia e il sudore del suo viaggio, ma anche le parole di Gold sul fatto
che avesse la magia, lavò dalla sua pelle gli scontri con Cora e la rabbia che
l’aveva investita nel vedere quello che Regina le aveva strappato. Voleva solo
pensare a tornare al suo lavoro di sceriffo, stare con Henry e trovare una
soluzione per convivere con Regina e con il fatto che aveva cresciuto il
ragazzino fino a qualche settimana fa.
Non si rese conto quanto tempo rimase sotto la doccia, ma
una volta che si sentì abbastanza rilassata e pulita decise di uscire e
avvolgere il suo corpo nell’accappatoio che MaryMargaret per il loro primo
Natale insieme le aveva voluto regalare, pettinò i capelli per poi avvolgerli
in una morbida tovaglia, li avrebbe lasciati asciugare all’aria. Raccolse i
suoi vestiti da terra, controllò di non avere nulla nelle tasche dei suoi jeans
rendendosi conto che qualcosa c’era nella tasca di sinistra, era qualcosa di
morbido, lo tirò fuori e per un attimo perse un battito: era la sciarpa nera di
Uncino, quella con cui lui le aveva avvolto attorno alla sua mano. Se n’era
completamente dimenticata, era come se si fosse abituata a tenerla in tasca.
Era molto fine, sicuramente con l’oro che rubava, poteva
permettersi il meglio della tessitura di quel regno, lo dimostravano anche la
sua camicia di seta che indossava il gilet lavorato.
Le tornò in mente la loro avventura su quella pianta di
fagioli, il terrore che l’aveva presa quando si rese conto che aveva visto chi
era realmente, cosa nascondeva nel suo passato senza il minimo bisogno di
saperlo, inizialmente si era convinta che era stata Cora che gli aveva detto
qualcosa su di lei, ma senza dubbio la strega non poteva essere a conoscenza di
essere cresciuta sola.
Si mise seduta sul bordo della vasca, non sapeva perché
ma non riusciva a staccare gli occhi da quel pezzo di stoffa, lo girava tra le
mani, lo avvicinò al suo naso, e oltre alla polvere poteva sentire un leggero
sentore di qualcosa di speziato e salato, qualcosa di cuoio ma non riusciva a
identificarlo, qualcosa di molto simile all’odore che l’aveva investita quando
si era avvicinata a lui per evitare la trappola del gigante.
Le dava sui nervi la maggior parte delle volte che
parlava, ma non poteva di certo negare che avevano lavorato davvero bene
insieme. Quello che aveva visto sul suo viso e nei suoi occhi alla menzione di
Milah le aveva fatto vibrare qualcosa in fondo a lei, qualcosa che l’aveva
spinta ad ammettere che era stata innamorata una volta … ed era stato proprio
il ricordo di Neal e del dolore che le aveva dato che si era convinta a
lasciarlo su quella pianta, nonostante poteva ancora sentire il dolore e la
confusione nella sua voce nel momento in cui lo aveva incatenato.
Aveva fatto di tutto per non ripensare a lui, ripensare
alla sincerità che aveva la sua voce quando ha ammesso che lui non l’avrebbe
tradita. Ripensare al fatto che al lago poteva batterla facilmente se non si
fosse preoccupato di salvare il cuore di Aurora.
La verità è che Uncino, quel pirata capace di trasformare
ogni frase in qualcosa di lascivo le era entrato sotto pelle e lei lo detestava
perché Emma Swan aveva i suoi muri che servivano a evitare che le persone
potessero farle del male.
Scosse la testa cacciando via il pirata dai suoi
pensieri, raccolse la sciarpa e la portò con sé l’avrebbe messa da qualche
parte nascosta nella sua scrivania alla stazione, non avrebbe più ripensato a
lui, non lo avrebbe più visto, nessuno avrebbe saputo che era tornato a farle
visita nei suoi sogni quella notte e nessuno avrebbe saputo che in quei sogni
avrebbe assecondato la sua attrazione per lui.
Note dell’autore: Questa storia l’ho scritta circa un anno fa, o almeno ho
scritto la maggior parte di essa, faceva parte di un progetto molto più ampio
che riguardava la riscrittura dalla seconda stagione.
Tutto parte
da una serie di interviste di Adam e Eddie, dove
dicevano che i loro piani per Uncino nella seconda stagione erano diversi da
quelli che abbiamo visto e che hanno cambiato per via dell’infortunio di Colin,
quindi questo ha scatenato la mia fantasia ma non sono riuscita a completare il
progetto, troppo impegnativo da fare da sola e non trovando un'altra pazza come
me ho accantonato tutto.
Comunque
eccovi questo piccolo esperimento, spero vi piaccia, aspetto le vostre
recensioni.
Beta:veronica85
Disclaimer: OUAT e tutti
i suoi personaggi non sono di mia proprietà (altrimenti sarebbe stato un
prodotto HBO), tutti i diritti sono dei legittimi proprietari, il mio è solo un
divertimento.
The Queen is Dead (AU)
KillerQueen86
Se ne stava appollaiata sulla scala antincendio, mentre
sotto di lei il rombo del traffico di New York scorreva come se nulla fosse e dentro
di lei infuriava una battaglia infinita. Il cuore era tornato a dolerle nel
momento in cui aveva incontrato gli occhi di Neal, e adesso era lì, in preda ai
suoi demoni, al suo passato, in preda all’amore per un uomo che per tanto tempo
aveva odiato per averla abbandonata dopo averle promesso di stare al suo
fianco.
L’aria nell’appartamento era diventata davvero pesante:
doveva respirare un attimo. Gold era gravemente ferito e si sarebbero presto
spostati verso Storybrooke, stavano solo aspettando la macchina che Neal aveva
procurato, era stato molto vago su questo punto.
Un brivido le percorse la schiena nel ricordare il
momento in cui Uncino aveva trafitto Gold: non aveva mai avuto tanta paura di
lui come in quel momento. Da quando lo aveva incontrato nella Foresta Incantata,
aveva avuto modo di scoprire le sue innumerevoli sfaccettature: non solo il suo
lato civettuolo e quello giocoso e apparentemente spensierato, che proteggevano
il cuore spezzato dietro sorrisi e battute sagaci ma anche quello freddo e
calcolatore, che aveva sempre ritenuto essere la parte più oscura del Capitano
della Jolly Roger. Dopo quel giorno, tuttavia, aveva capito di essersi sbagliata:
la rabbia e il dolore che lui aveva esternato ai confini della città erano
niente rispetto alle ultime cose che aveva visto
“Tic-Toc. Il
tempo è finito coccodrillo.”
Era come se una bestia assetata di sangue avesse preso il
suo posto; la sua voce non era fredda come quella volta nella caverna, no, era
carica di un odio che non aveva mai visto in nessuno, neanche in Regina.
“Vi siete
preso Milah, il mio amore, la mia felicità, e per questo, ora mi prenderò la
vostra vita.”
La cosa che le faceva più paura era il fatto che una
parte di sé iniziava a capire quella rabbia covata in anni e anni di dolore,
forgiata dalla perdita di qualcuno che aveva amato profondamente.
Nella sua vita, Emma aveva sperimentato a pieno la
perdita e il vuoto. La prima famiglia che aveva avuto e tutte quelle successive
le avevano causato un dolore sordo; Neal le aveva spezzato il cuore,
lasciandola in preda al dolore che nel tempo si era trasformato in rabbia. Quel
dolore e quella rabbia che erano stati alimentati dalla morte di Graham per
mano di Regina nonché dalla consapevolezza che sua madre e suo padre avrebbero
voluto tenerla, avevano fatto dei progetti per lei, ma avevano dovuto rinunciarci
e spedirla da sola in un altro mondo a causa dell’altrui egoismo. E poi c’era
stato il momento peggiore di tutti, ricordò mentre un brivido le attraversava
la schiena: quello in cui Henry si era trovato a dover lottare tra la vita e la
morte per colpa di Regina.
Capiva il dolore e la rabbia di Uncino e questo,(unito al
desiderio che sentiva di qualcuno che l'amasse in modo così feroce da cercare
vendetta a distanza di secoli, per un torto da lei subito) l’aveva spaventata.
Eppure, contemporaneamente, si era trovata colpita dalla determinazione e
dall’intensità dell’amore provato dal pirata che gli avevano dato la forza e il
coraggio di affrontare un mondo che non conosceva affatto.
Sapeva fin troppo bene che l’obiettivo di uccidere Gold era
per il capitano della Jolly Roger anche una missione suicida, lo aveva capito
al confine della città: non si aspettava di restare in vita dopo aver
affrontato il suo nemico. Ma non era detto che le cose andassero così: magari
si sarebbe concluso tutto in un nulla di fatto e sarebbero rimasti vivi
entrambi. Lei avrebbe fatto qualsiasi cosa perché quella possibilità si
realizzasse. E una volta che ci fosse riuscita? Come avrebbe potuto lasciare un
uomo del genere girare per il mondo? Un uomo che non conosceva il mondo che lo
circondava? Se lo avesse poi lasciato andare per la sua strada, come avrebbe
potuto impedirgli di porre fine alla sua vita non appena si fosse trovato
lontano da lei?
Emma strinse le mani a pugno, si sorprese a tremare, le
mani congelate e i suoi pensieri vorticosi, aveva preso una decisione, e
avrebbe dovuto affrontare diverse difficoltà, prima fra tutti l’ira di Gold se
sarebbero riusciti a salvarlo, ma di quello se ne sarebbe occupata dopo.
Rientrò dalla finestra, Neal accanto al padre sempre più
debole e Henry seduto su una poltrona, pallido in viso che fissava il padre e
il “nonno”. Si chiedeva se suo figlio sarebbe mai riuscito a superare quei
traumi che stava vivendo. Si avvicinò a lui con dolcezza appoggiandogli una
mano sulla spalla e fu felice nel vedere che non si distaccò dal suo tocco.
“Henry tesoro, vai a sdraiarti un po’ di là, riposati un
po’ , ti chiamo quando siamo pronti a partire” gli disse dolcemente; il suo
ragazzo era così stanco che annuì e fece come gli aveva chiesto. Emma aspettò
che Henry scomparisse dalla sua vista e poi fece segno a Neal di avvicinarsi
alla finestra da dove era entrata.
“Sei sicuro che puoi portarci con la nave di Uncino fino
a Storybrooke?” chiese sottovoce una volta che si fu avvicinato a lei. Dio,
quanto le faceva male stare accanto a lui! Ogni volta era come se la sua ferita
si allargasse sempre di più e la Salvatrice non riusciva a smettere di
chiedersi come avrebbe potuto conviverci.
“Certo Ems” le rispose con un
pizzico di fastidio.
“Dobbiamo portare con noi anche Uncino” disse senza mezzi
termini guardando Gold.
“Stai scherzando?” le rispose lui cercando di non alzare
la voce: era chiaro che tra i due c’era una storia che lei ignorava.
“Non possiamo lasciarlo qui, non abbiamo idea di quello
che può combinare” disse lei stringendo i pugni, convinta che fosse la cosa
giusta da fare.
“Non è un problema nostro” rinfacciò lui con un odio
negli occhi che non gli aveva mai visto, e si chiese ancora cosa era successo
tra loro.
“E’ una mia responsabilità, non ho intenzione di
lasciarlo qui” disse poi.
“Sarebbe molto più facile lasciarlo dietro, non credi?”
chiese lui a denti stretti.
“L’ultima volta che l’ho lasciato alle mie spalle me lo
sono ritrovato a Storybrooke a combinare un disastro dietro l’altro” gli
rispose.
“Hai idea di cosa succederebbe se si svegliasse mentre
siamo in mare?” chiese ancora lui cercando di farle cambiare idea.
“Conosce quella nave molto meglio di noi, riuscirebbe
adavvicinarsi a mio padre senza che noi
ce ne rendessimo conto” ragionò lui.
“Lo chiuderemo da qualche parte, è una nave pirata avrà
un posto dove tenevano i prigionieri no?” ribatté lei ancora con più forza,
sforzandosi di non alzare la voce per non fare sentire la discussione a Henry e
Gold.
“Hai visto di cosa è capace! È un mostro! Non puoi
pensare che se ne starà calmo e tranquillo con mio padre sulla sua nave!”
continuò lui non volendo sentire ragioni. Emma si infuriò:sì, aveva visto
l’oscurità in Uncino, ne aveva avuto paura, ma non aveva intenzione di
abbandonarlo una seconda volta, e questo era quanto, stabilì tra sé,
determinata ad imporre la sua decisione senza indagare o permettere ad alcuno
di sindacare sui motivi per cui l’aveva presa.
“Non ti sto chiedendo il permesso:Uncino è sotto la mia
responsabilità e non ho intenzione di lasciarlo qui!” sbottò, chiudendo la discussione.
Neal scosse la testa, contrariato:“C’è qualcosa che non
mi hai detto del tuo tempo con Uncino?” chiese per provocarla, cosa che la fece
infuriare.
“Non mi importa quello che pensi, puoi anche immaginare che
io sia ancora quella ragazzina che credeva a tutte le tue cazzate, ma mi sto
prendendo le mie responsabilità” disse chiudendo il discorso, allontanandosi da
lui e cercando di calmare la rabbia e il dolore che le sue parole le avevano
causato.
Con qualche difficoltà arrivarono al porto, e ancora più
difficile fu trovare il punto giusto in cui era attraccata la Jolly Roger.
Neal aprì la portiera del lato passeggero dietro il
guidatore e si tirò dietro Uncino, ancora privo di sensi, cosa che lo sorprese:
sperava che non stesse fingendo per poi attaccarli quando abbassavano la
guardia.
“Pensa a mio padre, porterò lui nella stiva” disse l’uomo
senza nascondere il suo fastidio.
Emma e Henry aiutarono Gold a scendere dalla macchina,
era febbricitante e quasi senza forze, farlo alzare in piedi fu più difficile
del previsto.
“Spero, Miss Swan che tu sappia cosa stai facendo
trascinandoti dietro quel peso morto” disse Gold con quel poco di forze che
aveva.
“Non si avvicinerà a te” assicurò lei.
“Ti preoccupi per me, ora?” la schernì.
“Non voglio che Henry perda suo nonno, anche se questo significa
proteggere uno come te” chiarì senza mezzi termini trascinandolo sulla nave.
Emma e Henry seguirono Neal che scomparve a mezz’aria. La
figlia di Biancaneve era piuttosto confusa e preoccupata: sperava davvero di
non cadere in acqua trascinando Henry con sé. Prudentemente, tastò con il piede
l’aria davanti a sé finché non toccò qualcosa di duro.
“Henry, metti i piedi dove li metto io” disse senza
voltarsi e cercando di tenere in equilibrio Gold. Dopo un paio di scalini sentì
di passare attraverso qualcosa, come una coperta e all’improvviso si trovò sul
ponte di una nave. Era sbalorditiva, non c’erano dubbi su quello, ed era ben
tenuta nonostante qualche segno del tempo passato.
“Wow” sentì Henry alle sue spalle, vide Neal scomparire
sotto coperte, e lei non era sicura di dove doveva dirigersi.
“Sotto ci saranno gli alloggi della ciurma” disse Henry
indicando il luogo in cui Neal era scomparso.
“D’accordo, portiamolo di sotto” rispose lei, sperando di
tenere i due abbastanza distanti.
Uscì dagli alloggi chiudendosi la porta alle spalle: avere
a che fare con Gold diventava sempre più complicato. Sospirò e rimise sotto
controllo i suoi pensieri, detestava quell’uomo, non voleva averci a che fare,
ma era il padre di Neal, il nonno di Henry, volente o nolente doveva accettare
questa cosa e soprattutto in quel momento con Cora e Regina a Storybrooke che
creavano il caos non avrebbe fatto male averlo dalla loro parte.
Si guardò attorno, voleva controllare che Uncino fosse
ancora sotto chiave e senza sensi, non voleva sorprese, di nuovo, si guardò
attorno e si rese conto che non aveva idea di dove Neal lo avesse portato,
aveva controllato i vari alloggi, ma di lui non c’era traccia, superò quello in
cui c’era Gold, e andò verso la fine del corridoio, dove c’era una porta, forse
la stiva, o la cambusa.
Aprì la porta e si sorprese nel trovarsi in un'altra
cabina, molto più grande di quella dove era Gold, sicuramente la cabina del capitano;
davanti a lei una scala in legno e una botola con le grate, riusciva a sentire
Henry e Neal e si rese conto che si trovava proprio sotto il timone. Sulla
scrivania un'altra mappa dove Uncino aveva segnato la rotta verso New York,
all’angolo c’erano dei numeri scritti a mano con una calligrafia ordinata, alla
sinistra della mappa un libro con copertina di cuoio, lo aprì per pura
curiosità ma trovò solo una serie di numeri, sicuramente le coordinate, lo
richiuse.
Diede ancora uno sguardo in giro, era tutto così pulito e
ordinato, quella stanza strideva nettamente con la figura del pirata che viveva
solo per la sua vendetta, Uncino amava quella nave, lo poteva vedere da come ne
aveva cura.
Poi sotto tutte quelle mappe e fogli notò l’angolo di un
foglio ingiallito, molto vecchio, sapeva che non avrebbe dovuto guardare, non
senza il permesso del pirata, (il che era alquanto sorprendente considerando
che stavano parlando di un pirata che non si sarebbe fatto scrupoli a scoprire
i segreti dei loro nemici - perché loro erano questo, nemici-) ma la sua
curiosità fu più forte e prese con delicatezza quel foglio. Era piegato a metà.
Emma lo aprì piano e si sorprese nel trovare il disegno di una donna: capelli
ricci lasciati sciolti sulle spalle e uno sguardo triste abbellivano il viso,
non aveva bisogno di chiedersi chi era, sapeva che poteva essere solo la donna
che Uncino aveva amato così intensamente e non era sorprendente, era una donna
bellissima dai lineamenti fini e eleganti.
“Emma” sentì Neal per poi vederlo scendere dalle scale, chiuse
il foglio e lo rimise sotto la mappa, in tempo per vederlo guardarsi attorno. Le
sembrò un po’ sopraffatto.
“Dannazione” mormorò il figlio dell’Oscuro accarezzando
il legno della scrivania, ricordando forse qualche cosa.
“È tutto come l’ultima volta che ci sono stato” disse
alzando lo sguardo su di lei: era emozionato, ma non solo. C’era qualcosa in
fondo ai suoi occhi, un sentimento diverso che la sorprese nostalgia.
Guardando le carte sulla scrivania un piccolo sorriso gli
spuntò sul viso. Forse stava ricordando qualcosa di piacevole, il che era sorprendente
visto come il suo umore tendeva a diventare decisamente più cupo ogni volta che
nominava Uncino.
Si destò dai suoi pensieri e aprì uno dei cassetti,
tirando fuori una pezza nera.
“Sarà meglio che questo lo tenga tu” disse porgendole la
stoffa, Emma corrugò la fronte non capendo, una volta avuto in mano notò che
era pesante, famigliare, scostò il tessuto e scoprì l’uncino.
“Non lo toccare potrebbe avere ancora del veleno” si raccomandò
lei.
“E’ meglio che non lo abbia” disse grattandosi dietro
alla nuca, Emma annuì sapendo che aveva ragione.
“Perché mi cercavi?” chiese cambiando discorso, mettendo
l’uncino in una delle tasche del suo capotto.
“Stiamo per arrivare a Storybrooke” le spiegò.
“Bene, dì a Henry di chiamare David: che si facciano
trovare al porto al nostro arrivo, ho bisogno della mia auto se devo spostare
Uncino” disse iniziando ad uscire dalla cabina, aveva curiosato abbastanza.
“Tu dove vai?” chiese lui seguendola.
“Voglio assicurarmi che sia ancora sotto chiave” spiegò
lei.
“Tranquilla, se fosse scappato noi saremo già morti” le
disse, il sentimento di nostalgia che Emma aveva visto in quella cabina era
scomparso totalmente.
“Dove lo hai rinchiuso?” chiese lei.
“E’ sotto, nella stiva” rispose mentre camminavano lungo
il corridoio, dalla parte in cui lei era arrivata.
“Devi scendere queste scale e andare infondo al
corridoio” indicò le scale accanto a quelle che portavano al ponte principale.
“Emma” la chiamò prendendole il braccio, gesto che la
infastidì.
“Qualsiasi cosa ti dica, non fidarti” l’avvertì, il che
la infastidì ancora di più, spingendola a staccarsi dal suo tocco.
“Ho smesso di fidarmi degli uomini molto tempo fa” disse
con acidità per poi iniziare a scendere.
“Come vuoi, saremo a Storybrooke tra poco” le rispose seccato
andando via.
Emma sospirò e scese gli ultimi scalini, era assurdo come
fosse lui quello infastidito da ciò che era successo tra loro.
Camminò lungo il corridoio, superò la stiva dove c’erano provviste
di cibo e barili, la seconda stanza invece era chiaramente l’armeria, prima
della terza stanza si fermò, era l’ultima quindi Uncino era proprio in quella,
diede un’occhiata, lo vide seduto a terra dietro le sbarre, la mascella
serrata, il braccio sano appoggiato al ginocchio, e l’altra gamba distesa.
“Finalmente la mia carceriera è venuta qui” disse senza
mai spostare lo sguardo su di lei, la sua voce non tradiva emozioni. Drizzò la
schiena e mise su la sua maschera da sceriffo, non poteva mostrarsi debole, non
gli avrebbe permesso di avvicinarsi a lei, non come era successo su quella maledetta
pianta.
“E’ davvero una cattiva forma tenere il capitano della
nave in cella” disse freddamente.
Entrò nella stanza con fare sicuro, si fermò proprio
davanti alla cella, incrociò le braccia al petto e lo guardò, ma lui non
ricambiò lo sguardo.
“Come ti senti?” chiese con tono distaccato.
“Ti preoccupi di me adesso?” ribatté lui rimettendosi in
piedi, ed Emma non poté non accorgersi che aveva qualche problema ad
appoggiarsi sulla gamba.
“Voglio assicurarmi di non averti causato una commozione cerebrale… Lascia perdere” concluse rendendosi conto, dallo
sguardo confuso che le aveva rivolto, che lui non aveva idea di cosa stesse
parlando.
“Dov’è il mio uncino?” chiese avvicinandosi alle sbarre,
aveva fatto un paio di passi, ma si vedeva che zoppicava ancora.
“Al sicuro, lo avrai una volta che ti sarai calmato”
rispose semplicemente la Salvatrice continuando a studiarlo. Era freddo con lei,
ed era la cosa che la rendeva nervosa, non sembrava volere mostrare emozioni,
ma si rendeva conto che sotto pelle era pieno di rabbia e risentimento.
“Chi sta guidando la mia nave?” chiese ancora.
“Ha importanza?” domandò lei volendo evitare la
spiegazione.
“Ne ha, se consideriamo che siamo sulla MIA nave,
e che non credo che il tuo ragazzo la sappia governare a dovere” disse
sottolineando il possesso di quella nave.
“Il figlio di Gold” disse senza esitazioni, e lì qualcosa
cambiò nettamente.
“Bae” sussurrò Killian.Volse lo
sguardo verso sinistra,volendo evitare di incrociare i suoi occhi ma Emma
riuscì a notare una certa morbidezza in quelli di lui, una cosa che la
sorpresa, perché Neal aveva dimostrato ben poco sentimento nei confronti di
questo pirata, mentre lui sembrava profondamente colpito dalla presenza
dell’altro, e si tornò a chiedere che cosa era successo tra i due.
Poi il suo sguardo cambiò ancora, qualcosa doveva essere
passato per la sua mente; tornò a guardarla ed ebbe un brivido lungo la
schiena, vedeva in luiqualcosa che le
faceva paura. Il blu dei suoi occhi sembrava essere scomparso lasciando spazio
al nero pece, rivide in un lampo l’uomo che aveva aggredito Gold, e ne ebbe
paura, ma sperò di saperla nascondere bene.
“Non avrai portato il maledetto coccodrillo sulla MIA
nave?!” esclamò con l’odio che impregnava ogni sua parola,il soprannome che
aveva affibbiato a Gold gli uscì di bocca impregnato da un disgusto tale che sembrava
stesse parlando di un verme o un essere ancora più ributtante.
“Non potevo…” iniziò a
spiegare.
“Non puoi essere seria” la interruppe bruscamente,
stringendo una mano sulla sbarra della nave, le nocche erano diventate bianche
dalla forza con cui stringeva.
“Quell’essere non doveva mettere piedi qui sopra, dovevi
lasciarlo morire nella sofferenza in quel posto maledetto!” continuò quasi
tremando dalla rabbia, fissandola negli occhi.
“Avrei potuto, come avrei potuto lasciare indietro anche
te, ma sono lo sceriffo e qualsiasi cosa combinate qui, io sono la
responsabile” disse lei a denti stretti con un coraggio che non pensava di
avere, avvicinandosi a lui.
“Attenta a con chi ti allei, non ha idea delle sofferenze
che ha portato sulla nostra terra” continuò.
“E tu Capitano, quanta sofferenza hai portato? Hai
dimenticato cosa hai fatto a Belle?” chiese lei con sfida non tirandosi
indietro.
“Sono consapevole delle mie azioni deplorevoli, ma avevo
le mie buone ragioni” continuò lui, mentre un silenzio carico di dubbi scendeva
nella stanza.
“Non potrai tenermi dietro queste sbarre per molto tempo”
la minacciò poco dopo il pirata: era la prima volta che succedeva da quando si
erano incontrati.
“Forse, ma una volta giunti a Storybrooke ti metterò
nelle celle che abbiamo” rispose, rendendosi conto che non aveva un piano
specifico per questa situazione.
“Da lì in poi penseremo a qualcosa, per il momento il mio
obiettivo e tenerti lontano da Gold” disse per poi iniziare ad andare via.
“Perché per te è così importante?” chiese fermandola
prima che lei uscisse dalla stanza.
“Se si rimetterà in forze, non ci sarà nulla che possa
fermarlo dall'ucciderti” disse lei senza voltarsi a guardarlo, poi andò via.
Non voleva vederlo morire, non capiva ancora bene il
motivo, forse era meglio se non approfondiva quel sentimento. Certo aveva
salvato Regina, per amore di Henry, ma nessuno si era alzato in difesa del
capitano, nessuno l’aveva pregata di salvarlo, di proteggerlo, anzi era
convinta che i suoi genitori non avrebbero versato una sola lacrima per lui, e
allora perché a lei importava tanto? Perché sentiva di doverlo proteggere da
Gold e da sé stesso?
Decisamente era meglio non approfondire quel sentimento,
non voleva scoprire perché si sentiva così legata a quest’uomo, a questo
cattivo.
Note dell’autore: La terza stagione ci ha regalato delle chicche sui primi
passi dei Captain Swan, questa piccoletta mi è venuta
in mente subito dopo aver finito la puntata, ho sempre pensato che tra i due in
quelle notti sull’isola possono esserci stati dei momenti di intimità emotiva, soprattutto
considerando che Uncino sapeva del passato tra Emma e Neal già nella 3x10.
Spero vi
piaccia, aspetto le vostre recensioni.
Beta:veronica85
Disclaimer: OUAT e tutti
i suoi personaggi non sono di mia proprietà (altrimenti sarebbe stato un
prodotto HBO), tutti i diritti sono dei legittimi proprietari, il mio è solo un
divertimento.
When Lost Girl meets Lost Boy
KillerQueen86
“Quando tutto
sarà finito, non ti sentirai più un’orfana, perché lo sarai davvero”
Cercò di cacciare via la voce di quel piccolo demone
dalla sua testa, cosa che non le stava riuscendo molto bene: detestava quell’isola,
detestava Pan e i suoi giochetti mentali e detestava l’idea che Henry fosse nelle
sue mani.
Si era voluta allontanare dal campo dopo aver mangiato,
aveva bisogno di rimanere sola, riordinarei suoi pensieri, ma la voce di Pan le
tornava sempre alla mente, non la lasciava mai. Dover affrontare la sua
infanzia solitaria era stata un prova davvero dura, e doverlo fare davanti a
MaryMargaret era stato peggio; in fondo al suo cuore sapeva che i suoi genitori
non avevano avuto altra scelta, ma sapeva anche che non li aveva ancora perdonati
per tutti gli anni che era stata costretta a trascorrere da sola ed era
terrorizzata all’idea che,forse,neanche Henry l’avesse perdonata. Decise di
tornare al campo: stare in mezzo alla giungla non aiutava e sicuramente non
avrebbe mai smesso di tormentarsi, doveva riposare, avevano davanti a loro
giorni intensi e stancanti.
Al limite del campo si fermò, i suoi genitori e Regina
stavano già dormendo, l’unico sveglio era Uncino, seduto appoggiato ad un
tronco davanti al fuoco, le dava le spalle quindi non l’aveva vista.
Aveva evitato di stare ancora sola con lui, stava
diventando sempre più difficile stargli vicino.
Ti
piacerebbe saperlo?
Forse si
Scosse la testa, ignorando i brividi che le erano saliti
lungo la schiena, la sua sincerità e serietà in quel momento l’avevano fatta
tremare, era corsa via solo perché stava diventando davvero troppo.
Sapeva come gestire la versione di Uncino piena di
rabbia, senza scrupoli ed egoista, ma quest’uomo davanti a lei? Questo era
diverso, lui era diverso: da quando era tornato indietro con il fagiolo,
qualcosa era cambiato in lui, sembrava troppo simile all’uomo che aveva
lasciato sulla pianta di fagioli.
Fece un respiro e decise di avvicinarsi: poteva ignorarlo
e fingere di andare a dormire, ma stavano per affrontare Dio solo sapeva cosa e
lui a quanto sembrava era il suo miglior alleato, l’unico che conosceva bene le
insidie di quella dannata giungla, quindi doveva cercare di imparare a gestirlo.
Ed era comunque un modo migliore di impiegare il suo tempo, visto che dormire
le risultava impossibile. Anzi, si stupiva di essere l’unica insonne: come
avevano potuto gli altri rilassarsi al punto da cedere al sonno? Lei non ci
riusciva proprio: i singhiozzi di tutti quei bambini in lontananza non le
stavano dando tregua.
Si mise seduta accanto a Killian, cercando di mantenere
una certa distanza. Il pirata aveva quella sua dannata fiaschetta in mano, il
braccio sinistro appoggiato sul suo ginocchio.
“Puoi riposare Swan, mi occuperò del primo turno di
guardia” disse senza guardarla, prendendo un sorso dalla fiaschetta. Emma alzò
le spalle.
“Va bene, non sono ancora così stanca” mentì, senza
alzare lo sguardo dal fuoco davanti a loro.
“Il loro pianto ti terrà compagnia per tutto il tempo in
cui saremo qui, meglio abituarsi” disse lui guardando a terra. Lo guardò sorpresa:
lo sentiva anche lui?Aveva chiesto a David e MaryMargaret, ma loro avevano solo
sentito i rumori degli animali e delle foglie, perché solo loro due riuscivano
a sentirli?
“Anche tu li senti?” chiese sorpresa, non rispose le
porse la fiaschetta, che lei prese con una smorfia, si stava lentamente
abituando al sapore del suo rum.
“Sul Jolly non si sentono, ma qui è tutta un'altra cosa”
spiegò.
“Perché gli altri non li sentono?” chiese guardando verso
David e MaryMargaret,riconsegnandogli la fiaschetta.
“Per quanto tragiche siano state le loro vite,commentò Uncino
indicando i suoi genitori
“Nessuno di loro è mai stato abbandonato” concluse
guardandola per la prima volta da quando si era seduta.
Emma sentì mancarle un battito. Si guardarono negli occhi
e finalmente lo vide: lo stesso sguardo di quel ragazzino che aveva affrontato,
lo sguardo di chi era stato lasciato indietro, sapientemente celato sotto tutta
quella pelle, le continue insinuazioni e la malizia, voleva chiedergli cosa fosse
successo alla sua famiglia, ma non pensava che le avrebbe risposto, e in quel
momento non era sicura di volerlo sapere.
Stava diventando davvero troppo reale: la spaventava a
morte l’idea che loro potessero essere così simili e in quel momento non poteva
proprio permettersi di pensare a se stessa: c’erano cose molto più importanti
di cui occuparsi ma una parte di lei sembrava graffiare e urlare al pensiero di
rinunciare a questa vicinanza, questo contatto tra loro: perché avrebbe dovuto
farne a meno? Perché per una volta non avrebbe potuto avere tutto?
La voce di Killian, più leggera di prima, la distolse da
quei pensieri: “Il rum aiuta” la informò sorridendole e mostrandole orgoglioso
la sua fiaschetta. Ad Emma scappò un piccolo sorriso.
Rimasero un po’ in silenzio sorseggiando il rum dalla fiaschetta,
in sottofondo solo il rumore delle foglie che si muovevano attorno a loro e lo
scoppiettio del fuoco. Era piacevole, doveva ammetterlo, stare seduta così con
lui accanto era un qualcosa di rilassante e confortante, forse questo viaggio le
avrebbe fatto trovare qualcun’ altro di cui fidarsi. Dopotutto Uncino era
tornato indietro e le aveva offerto la sua nave prima ancora di sapere dove
dovevano andare, il che le ricordò della sua espressione quando scoprì che la
loro destinazione sarebbe stata l’Isola che non c’è.
“Come sei arrivato all’Isola che non c’è?” chiese lei voltandosi
nella sua direzione. Lui ricambiò lo sguardo sorpreso di quella domanda. Emma vedeva
il conflitto nei suoi occhi, c’era qualcosa che non voleva condividere con lei,
lo vide voltarsi verso il fuoco e prendere un lungo sorso dalla sua fiaschetta.
“Io e Milah ci eravamo procurati un fagiolo magico” disse
con voce bassa senza alzare lo sguardo e il cuore di Emma si strinse nel vedere
il dolore ancora così presente nel suo sguardo alla menzione della donna.
“Volevamo prendere Bae e
portarlo con noi” continuò il suo racconto, decise di non interromperlo perché
sapeva quanto a lui sarebbe costato fermarsi.
“Il coccodrillo voleva quel fagiolo, abbiamo stretto un
patto: Il fagiolo in cambio della nostra vita” continuò e il suo sguardo cadde
sul suo uncino.
“Immagino che non sia andata bene” intervenne lei con il
tono basso, lui le fece un piccolo sorriso triste senza mai alzare lo sguardo.
“Avevo il fagiolo nella mia mano sinistra, ha ucciso
Milah e poi mi ha tagliato la mano portandola con sé” continuò ancora, Emma lo
guardò confusa, sapeva che Gold aveva lanciato la maledizione per raggiungere
suo figlio, quindi non aveva usato quel fagiolo.
“Aspetta un attimo, se ha preso il fagiolo perché ha
lanciato la maledizione?” chiese confusa, lo guardò notando che sul suo viso
aveva un piccolo sorriso triste e si rese conto che aveva ingannato il Signore
Oscuro.
“Ho usato quel fagiolo per raggiungere l’Isola che non
c’è, sapevo che qui avrei avuto tutto il tempo per scoprire come uccidere il
mio coccodrillo” continuò a spiegare senza mai rispondere alla sua domanda.
“Quindi sapevi già di questo posto, come?” chiese ancora,
lo vide scuotere la testa.
“Questa, Swan, è la storia per un'altra volta” le sorrise
sinceramente e sapeva che non avrebbe risposto a quella domanda, non quella sera,
capiva che sarebbe stata un'altra storia difficile da raccontare per lui.
“Dovresti riposare, Swan” disse semplicemente. La
Salvatrice lo guardò ancora cercando di capire chi era davvero l’uomo davanti a
lei: non vedeva il pirata egoista e assettato di sangue che aveva conosciuto a
New York, ma un uomo che aveva molte cicatrici, il cuore pesante e spezzato
chissà quante volte, ma poteva anche leggere una certa speranza che le faceva
davvero paura.
Decise di alzarsi e allontanarsi: non aveva sonno, ma
stare così con lui stava davvero diventando troppo facile, troppo familiare e
non poteva permetterselo, non ora con Henry in pericolo, non dopo tutto quel
casino con Neal.