Tom Riddle: la storia

di DANI1993
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fuga dall'orfanotrofio ***
Capitolo 2: *** Strani avvenimenti ***
Capitolo 3: *** Lo yoyo ***
Capitolo 4: *** Billy Stubbs ***
Capitolo 5: *** Il falso amico ***
Capitolo 6: *** Il funerale del coniglio ***
Capitolo 7: *** L'incidente a Amy Benson e Dennis Bishop ***
Capitolo 8: *** La decisione indesiderata ***
Capitolo 9: *** La lettera senza indirizzo ***
Capitolo 10: *** La rivelazione nascosta ***
Capitolo 11: *** L'ingresso nel mondo magico ***
Capitolo 12: *** La bacchetta di tasso ***
Capitolo 13: *** Il treno oltre la barriera ***
Capitolo 14: *** Il viaggio ***
Capitolo 15: *** Lo scompartimento C ***
Capitolo 16: *** Lo smistamento ***
Capitolo 17: *** La grande colpa di Bellatrix ***
Capitolo 18: *** Il litigio ***
Capitolo 19: *** La crisi di Tom Riddle ***
Capitolo 20: *** Il duello ***
Capitolo 21: *** Folli pensieri ***
Capitolo 22: *** La notizia inaspettata ***
Capitolo 23: *** La prima scoperta al castello ***
Capitolo 24: *** Halloween con Lumacorno ***
Capitolo 25: *** NOTE DELL'AUTORE ***
Capitolo 26: *** Il primo grimorio ***
Capitolo 27: *** Le prime due regole imprescidibili ***
Capitolo 28: *** La prima eletta ***
Capitolo 29: *** Da inizio anno mi sento diversa ***
Capitolo 30: *** Nella foresta ***
Capitolo 31: *** L'incidente ***
Capitolo 32: *** Gli esami ***
Capitolo 33: *** La soglia ***
Capitolo 34: *** RINGRAZIAMENTI ***



Capitolo 1
*** Fuga dall'orfanotrofio ***







Tutti i miseri giorni passavano uguali. Da dieci anni.
Da nessuna parte aveva notizie dei suoi genitori. Chi erano? Chi era lui? Se lo era domandato più volte.
Ogni volta che ci pensava, però, arrivava sempre a concludere che avesse abitato da sempre lì. In quell’orfanotrofio. Insieme ad altri bambini, che molte volte lo facevano arrabbiare. Li sentiva frignare ogni volta. Non passava giorno che almeno uno di loro non emettesse quel suono così odioso e fastidioso a lui, come a nessun altro.
Erano una ventina fissi. A volte di più, altre volte di meno. Dipendeva dagli anni. C’erano anni in cui l’orfanotrofio si svuotava perché alcune famiglie decidevano di accudire i bambini, altre volte ne arrivavano più di quelli che andavano via.
Quell’anno, dopo un periodo di nuovo sovraffollamento, per fortuna, si era nuovamente svuotato. Almeno così era fino a quel giorno.
“ Tom” chiamò la direttrice al di là della porta, la signora Cole. “ Tom. Hai visto? Abbiamo un nuovo amico”
Fece per entrare, con in braccio un bimbo che poteva avere massimo un anno. Ma subito il ragazzo pallido lì dentro, affascinante certo, ma con qualcosa di sinistro in lui, la squadrò senza alcun segno di sorpresa o felicità, per la notizia che gli aveva dato la signora Cole.  
“ Bene… mi fa piacere” rispose il ragazzo chiamato Tom. Dal suo tono di voce, chiunque avrebbe capito che in realtà in lui vi era la massima indifferenza . La notizia di certo non era delle migliori: un nuovo intruso lì dentro. Un altro a cui sicuramente non sarebbe mancata la voglia di piangere disperatamente lì dentro.
La signora Cole fece un sorriso incerto e disse solo: “ Mi auguro che farete amicizia, Tom” ma non sentendo risposta, la direttrice decise di richiudere la porta. Il bambino, almeno, ebbe la buon cura di tenerselo tutto per sé stessa.
Rimaneva ore e ore chiuso nella sua stanza a pensare come mai fosse finito lì dentro. Un ragazzo bello come lui. Poteva tranquillamente partecipare ad un qualunque concorso di bellezza maschile, ed era assolutamente certo che lo avrebbe vinto a mani basse. I suoi genitori dovevano proprio capirne poco di bellezza per aver deciso di lasciarlo lì. Peggio per loro, non se lo sarebbero goduto.
Ma in realtà non sapeva neanche se fossero vivi i suoi genitori. Potevano esserlo, come non esserlo. Di certo non li aveva mai visti, poiché in quei dieci anni non si erano mai presi la briga di andarlo a trovare.
Rimase lì coricato nel letto a leggere uno dei suoi libri scolastici. Era molto bravo a scuola: negli ultimi tre anni consecutivi era stato eletto, a fine anno, il migliore studente tra tutti nella scuola dell’orfanotrofio.
I suoi voti erano altissimi e quasi, si sarebbe potuto dire, ne sapeva più lui dei suoi stessi insegnanti.
I suoi maestri, spesso chiedevano a lui di insegnare qualcosa al resto dei bambini, ma molte volte Tom rifiutava, ammettendo con un sorriso di non essere poi così bravo. Solo curioso.
Questa sua modestia aveva conquistato gran parte del corpo docente e quasi tutti si aspettavano che una volta uscito da lì, il signor Tom Riddle avrebbe intrapreso la carica di primo ministro oppure una qualunque carica di alto profilo nella società inglese.
Ogni volta che se lo sentiva dire lui non faceva altro che sorridere appena, ma rimaneva quasi completamente in silenzio.
Tom Riddle era il classico ragazzo tutto studio e poco amante della conversazione. Alcuni definivano la sua mancanza, come dovuta a semplice insicurezza, o anche timidezza. Ma Tom Riddle era tutt’altro che timido.
Stava ormai calando la sera. E la sua stanza si stava mano a mano oscurando, ma lui si sentiva più sicuro al buio che non con la luce. Sebbene, anche quest’ultima, non gli desse fastidio.
“ Tom” lo chiamò un bambino aldilà della porta. Lui si alzò dal letto, sbuffando, e aprì.  
Un ragazzo della sua stessa età, il cui nome era Zacharias entrò nella stanza.  Era il suo “ migliore amico”. L’unico che il giovane Tom cercava ogni tanto per parlare. Zacharias era un ragazzino biondo, con un viso dall’aspetto gentile e occhi verdi smeraldo. Portava abiti un po’ troppo piccoli per lui, ma essendo di corporatura piuttosto robusta per la sua età, non era facile per gli accuditori trovare la taglia giusta.
“ Entra” disse Tom a Zacharias. Il ragazzo parve sollevato che Tom avesse accettato di ospitarlo nella sua camera. Erano davvero pochi coloro che potevano entrare lì dentro: nella camera dell’allievo più brillante.
“ Devo farti i complimenti Tom. La signora Western ha appena finito di correggere i nostri compiti. E mi ha dato l’ordine di consegnarveli. Nella verifica di matematica, sei stato il più bravo. Nessuno sa fare bene le divisioni a doppia cifra come li sai fare tu. La signora Western è rimasta piacevolmente colpita dal fatto che hai persino azzeccato il problema di logica. Nessuno di noi lo ha saputo risolvere” gli consegnò il foglio sorridendogli e lui lo afferrò. La sua reazione contenuta tuttavia stupì Zacharias. Era evidente che si aspettasse più entusiasmo.
Ma Tom in qualche modo già sapeva che sarebbe risultato il migliore. Era ormai la quotidianità.
“ Non sei contento, Tom?” gli domandò Zacharias sorpreso.  Tom Riddle puntò gli occhi sul ragazzino e dopo averlo osservato, quasi curiosamente, annuì.
“ Si… sono molto contento” disse infine, con un accenno di sorriso.
Zacharias sorrise anche lui, forse persino sollevato dal fatto che Tom ammettesse di essere felice del suo compito. Tom Riddle abbassò di nuovo lo sguardo.
“ Sai Zacharias…” disse ad un tratto, dopo una lunga pausa riflessiva: “ Io credo che noi due assieme potremo andare molto lontano, sai?”
Zacharias spalancò gli occhi e quasi estasiato e commosso da quel complimento disse, rivolgendosi al suo interlocutore: “ Lo credi davvero, Tom?”
Tom Riddle lo fissò e annuì, sorridendogli. Sempre in quel modo vacuo, quasi misterioso.   
“ Si… credo di sì”
Zacharias rimase senza fiato per la grande emozione provata. Essere apprezzato dallo studente modello dell’orfanotrofio, quando lui era uno dei peggiori, era per lui grande motivo di orgoglio.
“ Ma no Tom…” disse per mostrarsi modesto. “ Io non sono come te, non sono bravo come te. Tu sei il migliore qui dentro. Io invece uno dei peggiori”
Tom Riddle lo lasciò finire, sorrise di nuovo e disse, quasi divertito: “ Sciocco… non sto parlando di scuola. Sto parlando di visitare luoghi lontani da questo inferno. Andare lontano da qui. Fuggire da qui”
Zacharias non credette alle sue orecchie. Il grande Tom Riddle non sopportava la vita lì dentro? Eppure non gli era mai passato per la mente che in realtà Tom, odiasse quel posto. Se davvero stavano così le cose, oltre che studente modello, si era mostrato un abile attore. Capace di nascondere i suoi pensieri a chiunque lì dentro.
“ Davvero non ti piace la vita dell’orfanotrofio? Non lo avrei mai detto” ammise Zacharias.
Tom scosse la testa.
“ A te piace?” domandò sempre guardandolo fisso.
Zacharias ci pensò su. In effetti anche a lui non piaceva particolarmente, ma arrivare a fuggire addirittura da lì, senza alcun preavviso, la considerava un po’esagerata, oltre che  pericolosa  come cosa. Il mondo lì fuori non lo aveva mai conosciuto. Decise quindi di mentire, per impedire all’amico di proseguire con i suoi piani di fuga.
“ Si… mi piace molto” disse.
Ma dallo sguardo che Zacharias fece, dicendogli quelle parole, Tom intuì la bugia.
“ Non mentirmi” disse. Non era una considerazione o una richiesta. Era un ordine.
Per tutta risposta Zacharias, scoperto, arrossì. Un’altra delle caratteristiche di Tom era quella che riusciva sempre a capire chi gli stesse mentendo. Per lui era spontaneo capirlo, per gli altri no. A coloro che gli chiedevano come facesse, lui si limitava a rispondere che erano semplici intuizioni. Non vi era alcun segreto. Ma dentro di sé, si beava di quella capacità innata che non apparteneva a nessuno. E a nessuno doveva appartenere.
“ Come hai fatto a scoprirmi?” domandò Zacharias dopo che si fu ripreso
Tom si limitò a fissarlo.
“ Io posso cose che gli altri possono solo immaginare, Zacharias. Allora, te lo chiedo ancora una volta: vuoi venire con me? Ti sto offrendo la mia amicizia. Pochi sono coloro a cui la offro; e molti sono coloro a cui la tolgo. Pensaci bene”
Disse tutto questo con tono fortemente autoritario. Pieno di convinzione.
Zacharias ci pensò su. Da una parte era contento che quel giovane ragazzo così affascinante, quanto brillante gli stesse offrendo la sua amicizia, ma dall’altra temeva di ciò che sarebbe loro successo lì fuori. Avrebbero forse incontrato criminali, drogati, gente di ogni tipo. E come l’avrebbero presa all’orfanotrofio, la loro fuga? Si sarebbero preoccupati? Si sarebbero arrabbiati?
Tornò a fissare Tom che nel frattempo non aveva mai smesso di guardarlo a sua volta. In attesa della sua decisione. Alla fine, l’approvazione del grande Tom Riddle verso di lui, semplice studente, privo di ogni sorta di talento, prevalse.
“ Va bene” disse infine. “ Andiamo”
E gli occhi di Tom Riddle mandarono un lampo.
 

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Capitolo 2
*** Strani avvenimenti ***


Zacharias uscì dalla stanza del suo nuovo amico e finì di passare per le camere, consegnando il resto dei compiti. Si sentiva piacevolmente colpito dal fatto di essere per la prima volta riuscito a sostenere un intero dialogo con Tom Riddle. Tutti i ragazzini avevano una sorta di grande rispetto nei suoi confronti, alcuni addirittura una sorta di timore reverenziale. Ma quella sera Tom Riddle gli era sembrato in qualche modo, meno cupo del solito.
Di solito bastava anche solo che qualcuno gli mentisse, che lui andasse in escandescenza. E quando ci andava faceva davvero paura a tutti, poiché quella grande bellezza che madre natura gli aveva donato, quando lui si arrabbiava sul serio, spariva completamente. Quella sera, però, a parte un piccolo rimprovero, non era successo nulla di tutto questo.  
Ma quello che davvero gli era sembrato strano in un primo momento, era il fatto che per la prima volta da quando lo conosceva, era stato Tom Riddle a cercarlo in un certo senso e a offrirgli la propria amicizia. Di solito erano gli altri che dovevano prendersi la briga di andare da lui. Altrimenti lui non avrebbe certamente perso tempo a trovare loro.  
“ Signora Western… ho finito di consegnare tutti i compiti” disse dopo aver bussato nell’ufficio dell’insegnante.
La signora Western lo guardò, al di sopra degli occhiali squadrati, mentre compilava alcuni fogli. Era una donna di mezza età, magra e alta, dall’aspetto piuttosto severo a prima vista. Era tuttavia, la classica insegnante che era la prima a farsi avanti quando si trattava di giocare e divertirsi insieme agli altri ragazzini. Ma quando si doveva lavorare, non ammetteva il minimo chiacchiericcio. Oltre che ritardatari. E i compiti che lei assegnava, dovevano essere fatti, altrimenti era capace persino di arrivare a proibire la ricreazione a colui che non li avesse svolti.
“ Va bene, Zacharias, caro. Puoi andare. Ricordati però che al prossimo test dovrai prendere almeno la sufficienza, altrimenti non ti parlerò più. Va bene?”  
“ Va bene, signora maestra” disse Zacharias un po’ spaventato da quella dichiarazione.
“ Hai visto Tom, Zacharias?” domandò ad un tratto
“ Si è nella sua stanza, signora maestra”.
“ Mandamelo per favore. Ordinagli di venire qui. Devo chiedergli una cosa”
“ Va bene, signora maestra”
“ Buonanotte Zacharias. A domani per la lezione di scienze. Mi raccomando: aula B, secondo piano. Sii puntuale”.
“ Grazie, signora maestra. Vi mando allora Tom”
La signora Western fece un cenno e Zacharias uscì dall’ufficio. Si diresse a tutta velocità verso la camera di Tom sperando che anche questa volta lo facesse entrare. Ma quando arrivò alla porta e la vide chiusa, esitò dal bussare.
Un senso di paura invase il suo petto. Tom Riddle non sopportava i seccatori. E lui, bussando due volte nel giro di poco più di un’ora, aveva l’impressione di esserlo diventato. Rimase qualche minuto fuori combattuto tra la voglia di bussare per ascoltare il volere della signora Western e la paura che Tom lo insultasse per averlo di nuovo disturbato, e perché no? Addirittura punisse.  
Alla fine, dopo che vide anche altri insegnanti passare per il corridoio, chiedendogli cosa stesse combinando lì fuori, invece di essere nella sua stanza a letto, raccolse tutto il coraggio che aveva e bussò, seppure timidamente. Non poteva neanche inventarsi la scusa che passasse da lì per effettuare il piano di fuga concordato poco prima, poiché sapeva per certo che Tom lo avrebbe nuovamente scoperto. E questa volta, forse, si sarebbe arrabbiato sul serio.
Quando non ottenne risposta, bussò di nuovo con maggiore forza. Ancora una volta non ottenne risposta. Stava per andarsene, persino sollevato di non averla ottenuta, quando la porta alle sue spalle fu aperta. Tom Riddle era lì. In piedi all’ingresso. Lo guardava, sempre in modo piuttosto misterioso. Zacharias, raccolse tutto il coraggio che aveva e disse: “ Scusami del disturbo, Tom. Ti ho disturbato?” aggiunse, chiudendo gli occhi e aspettandosi l’esplosione.
Ma l’esplosione che si aspettava, non avvenne.
Li riaprì e vide, suo malgrado, Tom sorridergli.
“ No, figurati, Zacharias. Ormai siamo amici, poiché tu hai accettato di venire con me”
Zacharias che, dopo la rassicurazione di Tom,  era sollevato, si terrorizzò dopo che ebbe sentito la seconda parte.
“ Ecco… a questa cosa, temo che dovremo rinviare, Tom” disse Zacharias, chiudendo di nuovo gli occhi e raccogliendosi tutto come a proteggersi.
Gli occhi di Tom si socchiusero. Una smorfia di rabbia apparve, momentaneamente sul suo volto pallido, ma fu un attimo. Di nuovo  fu sostituita da quell’espressione indecifrabile che solo lui, sapeva fare.
“ Come mai?” domandò dopo un po’ perplesso. Si avvicinò a Zacharias che nel frattempo teneva gli occhi chiusi, e lo sfiorò appena sul braccio.
“ Apri gli occhi e guardami. Non temere. Sono un tuo amico, no? Gli amici si guardano negli occhi”
Di nuovo quel tono autoritario. Di nuovo gli ordinava qualcosa. Zacharias eseguì all’istante e aprì gli occhi.
Ma vedendolo terrorizzato e incapace di parlargli, Tom insistette.
“ Parla” ordinò, iniziando a perdere la pazienza.
Visibilmente tremante, Zacharias iniziò.
“ Ecco, la signora Western mi ha ordinato di mandarti da lei. Ti deve parlare. Devi andare, è un suo… ordine”
Un’ombra passò nel volto di Tom sentendo l’ultima parola.
“ Ordine?” ripetè lui.  Zacharias annuì, visibilmente spaventato.
Ma ancora una volta il volto di Tom, dopo l’impressione iniziale, si distese.
“ Va bene. Andrò da lei. Se è un suo…ordine”.
E si allontanò, senza rivolgergli neanche un saluto.
Nel tragitto che lo conduceva alla stanza della signora Western, Tom non potè fare a meno di sentirsi piuttosto seccato, oltre che persino arrabbiato, per quell’imprevisto. La signora Western era una delle poche persone che nonostante tutto non cadeva nei suoi modi affabili, come il resto del corpo docenti. Riconosceva apertamente la sua abilità e le sue conoscenze avanzate della materia che lei insegnava, ma al contrario degli altri, con lui non aveva buonissimi rapporti. Era una che credeva che Tom fosse uno studente come tutti gli altri. Più bravo, magari, ma pari agli altri, senza alcuna distinzione. E anche lui, veniva compreso tra gli studenti che dovevano fare gli stupidi compiti che lei assegnava, altrimenti avrebbe avuto la stessa identica punizione che anche gli altri, avrebbero avuto. In altre parole, lo trattava al pari degli altri.
Questo non poteva sopportarlo. Lui era Tom Riddle, e da solo valeva tutti quei morti di fame messi assieme.
Come osava quella donna, trattarlo in quel modo? E come osava, soprattutto, dargli degli ordini?
E poi c’era quello stupido ragazzino di nome Zacharias che pendeva dalle sue labbra. Era stato facile convincerlo a cadere nella sua trappola. Un vero ingenuo. Era come una farfalla caduta nella ragnatela di una tarantola. E lui era la tarantola.
Era stato anche ingenuo a cercare di mentirgli inizialmente. Quanto era stupido. Non lo sapeva che lui, Tom Riddle era in grado di comprendere coloro che gli mentivano? Davvero dopo dieci anni, c’era ancora qualche disadagiato lì dentro, a non averlo capito?
Zacharias era convinto che fosse entrato nelle sue grazie…
Si… stupido ragazzino. Convinciti pure di questa sciocchezza. E presto scoprirai chi è davvero Tom Orvoloson  Riddle.
Arrivò alla porta dell’ufficio della signora Western  e bussò. Una voce aldilà della porta disse: “ Avanti”
Tom aprì la porta. Ogni traccia di rabbia sul suo volto, avuta fino a quel momento, si era dileguata e di nuovo provava quella sorta di vivo interesse per ciò che la signora Western doveva chiedergli.
“ Ah, Tom” lo salutò la signora Western fissandolo, senza alcuna traccia di sorriso.
“ Signora Western…” salutò lui chinando lievemente il capo.
“ Maestra, Tom… hai dimenticato maestra” disse lei, guardandolo sempre al di sopra degli occhiali, preferendo mantenere le distanze.
Tom Riddle sorrise tra sé, mostrandosi fintamente dispiaciuto per la dimenticanza.
“ Cosa volete da me signora maestra? Ho sentito Zacharias dirmi che mi avete ordinato” e fece una smorfia impercettibile. “ Di venire da voi”. Aggiunse con un lieve inchino.
La signora Western sorrise lievemente, cogliendo il fastidio di Tom nel sentirsi ordinare qualcosa. Poi si alzò dalla scrivania e prese una sedia, sedendosi vicino al suo allievo.
“ Siediti vicino a me, Tom” ordinò, sempre sorridendogli.
Di nuovo, quella smorfia impercettibile a chiunque, ma non alla signora Western, passò per il volto di Tom Riddle. Prese la sedia accanto alla scrivania e si sedette.
“ Qui di fronte a me, Tom. Sei molto bravo a scuola con i compiti, ma sei meno abituato a eseguire semplici comandi vedo” commentò la signora Western, quasi divertita.
“ Immaginate male, signora maestra…” rispose lui, sorridendo a sua volta, convinto di non dargliela per vinta. Sapeva che lei lo voleva provocare, tuttavia lui era preparato anche per questo genere di cose.
Dopo che si fu seduto come lei voleva, la signora Western sempre piuttosto divertita si limitò a fissarlo. Poi, dopo che ebbe scelto con cura le parole, disse: “ Stasera voglio essere schietta con te, Tom. Ho notato,  che ultimamente ti stai mostrando piuttosto affabile con il corpo docente, anche con me. Me ne hanno parlato i vari professori e io ho confermato la cosa”.
Fece una piccola pausa come a far riecheggiare le parole, facendole penetrare nella mente del suo allievo, e poi proseguì: “ Ma sono piuttosto spiacente di dirti, Tom, che questa tecnica che tu stai prendendo l’abitudine di usare, con me non funziona”. Altra pausa. Era chiaro che ogni singolo concetto, voleva che entrasse in testa al suo allievo, come per convincerlo a dissuaderlo da quella decisione così tanto contestata da lei.
“ Quindi, ti sarei grata Tom, se non lo facessi più. Neanche la tua direttrice lo approva particolarmente e mi ha detto di riferirtelo. A nome mio e anche suo. Visto che entrambi abbiamo la stessa impressione su di te”
Una terza pausa un po’ più lunga. Respirò profondamente e poi, sempre sorridendogli affabilmente, aggiunse il pezzo forte del discorso: “ Perché tu sai, Tom, che io ti considererò sempre al pari degli altri. Potrai anche essere il migliore dell’orfanotrofio, ma rimani uno studente. E noi siamo tuoi superiori. E non accetteremo più che tu ci faccia questa sorta di corteggiamento per i tuoi scopi. Qualunque cosa devi sapertela guadagnare onestamente, Tom… onestamente” ripetè con forza l’ultima parola.
Per tutto il tempo del discorso Tom Riddle parve impassibile. Non accennò a nulla, ma rimase perfettamente immobile fino a quando la signora Western non accennò a chiudere il suo discorso.
Poi, quando lo finì, Tom abbassò ancora il capo, mostrando di aver compreso e disse solo: “ Sarà fatto, signora maestra. Mi scuso per ciò che è successo”
Lei lo guardò sospettosa, poi disse: “ Bene, mi auguro che tu l’abbia davvero compreso. Puoi andare”
Tom fece per alzarsi, ma subito si fermò. Puntò lo sguardo su un vecchio soprammobile che era poggiato lì a pochi metri da lui e dalla signora Western. Fu un attimo. Ebbe il forte desiderio di prenderlo e colpire duramente la sua insegnante che aveva solo osato rimproverarlo. Il soprammobile si mosse, sebbene lui non lo avesse afferrato.
Poi la voglia di colpirla passò e il soprammobile si fermò magicamente. Non capendo perfettamente ciò che era successo, si rivolse alla sua insegnante inchinandosi nuovamente e fece per uscire. Lei lo seguì con lo sguardo, forse si era accorta della sua intenzione di colpirla, e del soprammobile che si era mosso senza che lui lo toccasse, oppure no. Non fu dato saperlo.
Disse solo, senza più sorridere, quando Tom Riddle ebbe raggiunto la porta: “ Ti tengo d’occhio, Tom. Attento a come ti muovi e a quello che fai”.  
  




 

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Capitolo 3
*** Lo yoyo ***


Tom Riddle richiuse la porta dell’ufficio dell’insegnante. Era arrabbiato per come era stato umiliato da quella donna, ma anche sorpreso da ciò che era accaduto sul finire della conversazione.
Aveva puntato il suo sguardo verso quel soprammobile, desiderando che colpisse la sua insegnante e come d’incanto il soprammobile si era mosso. In un primo momento gli era sembrato una allucinazione, non poteva essere vera una cosa così, ma poi ripensandoci avrebbe potuto essere benissimo ciò che sembrava.
In fondo si era sempre sentito un po’ diverso dagli altri lì dentro. Era lo studente migliore che un qualsiasi insegnante avrebbe potuto desiderare, era bello, sapeva affascinare tutti li dentro, a parte la direttrice e la signora Western, appunto… perché non poteva essere diverso fino a quel punto? Aveva sempre immaginato un universo parallelo a quello normale?
Ed era la seconda volta che capitava un fatto anormale: l’estate precedente l’intero orfanotrofio era stato in vacanza in villeggiatura nell’aperta campagna inglese.
Mentre gli insegnanti preparavano le tende e cominciavano i preparativi per i pasti, lui aveva deciso di esplorare il posto.  
Fu lì, in mezzo alla campagna,che vide una biscia avvicinarsi verso di lui. Si era fermata proprio di fronte e aveva cominciato a sussurrare delle cose. A chiunque non avrebbero significato nulla, e avrebbero anzi sentito il classico verso dei serpenti… ma lui no. In quel verso ci aveva capito delle cose: cose che il serpente gli sussurrava.
Ad un tratto si era messo a parlare anche lui e il serpente lo ascoltava. Gli dava ordini e il serpente li eseguiva. Subito, quando scoprì questa cosa, ne rimase affascinato.
Chiunque si sarebbe certamente preoccupato di quella stranezza, ma lui no. Anzi si esaltò a saperlo. E quel giorno, fu il più bello della sua vita: la scoperta di saper fare delle cose che gli altri neanche potevano immaginare di saper fare.
In un primo momento poi gli era venuta d’istinto l’idea affascinante di aizzare il serpente sugli altri bambini che nel frattempo stavano finendo di montare le loro tende, ma poi si trattenne. Gli sarebbe costata la stima persa che si era guadagnato negli anni, da parte degli altri insegnanti. Ma presto sarebbe arrivato il momento in cui alcuni avrebbero conosciuto il vero Tom.
Purtroppo, la prima delle opportunità era svanita quella notte: la signora Western per un po’ di giorni lo avrebbe tenuto d’occhio, intuendo forse quali fossero le ultime sue intenzioni. Non aveva nessuna voglia di farsi scoprire, men che meno da lei. Occorreva quindi aspettare che i giorni passassero affinchè lei tornasse a non pedinarlo costantemente impedendogli di sfogarsi un po’ da quella noia che lo assaliva da dieci lunghi anni in quell’inferno. Zacharias per il momento, era salvo.
Arrivò davanti alla porta d’ingresso della sua stanza. Zacharias si era dileguato, forse credendo che non sarebbe tornato presto. Probabilmente era già nel suo lettino caldo, in attesa della nuova giornata.
Tom aprì e richiuse la porta della sua stanza, ma invece di andare a letto, rimase seduto davanti alla finestra a osservare lì fuori.
Chissà se da qualche parte, c’era qualcuno disposto ad accudirlo, dopo essere fuggito da lì. Gli occorreva qualcuno che fosse desideroso di lui, qualcuno che si facesse in quattro pur di offrirgli protezione. C’era nel mondo qualcuno che avrebbe potuto andare in giro affermando a tutti, orgogliosamente: “ Io sono il padre o la madre adottiva di Tom Riddle?”. Oppure: “ Io sono fiera di essere la sorella di Tom Riddle?”. Oppure ancora: “ Io sono fiera di essere la serva di Tom Riddle? Lui per me è tutto. Qualsiasi cosa lui mi dica, lo faccio con enorme piacere?”. Forse sì… o forse no…Ma lui ne aveva un disperato bisogno. E poi avrebbe chiesto ai suoi nuovi genitori di cambiargli quel nome, che stava iniziando a odiare con tutto se stesso. L’unica cosa che aveva del padre, che in tutto quel tempo non si era degnato di andare a trovare suo figlio, risiedeva nel nome: Tom Riddle.
L’orfanotrofio sorgeva a poche centinaia di metri dalla costa. Durante le sere d’estate, quando era loro concesso aprire le finestre, o uscire stando dentro il perimetro dell’edificio, si sentivano le onde infrangersi contro gli scogli. Ora era appena iniziata la primavera, e dal momento che faceva ancora piuttosto freddo soprattutto la notte e il mattino presto, ogni camera era scaldata da un fuoco a legna.
Non si era mai diretto lì in verità… ecco che forse era lì che sarebbe andato insieme a Zacharias. E poi, in piena notte, avrebbe simulato un tuffo in acqua. Lui sciocco com’era lo avrebbe certamente fatto sul serio e una volta lì dentro, senza la luce per potersi orientare si sarebbe certamente perso. Tom Riddle sarebbe tornato, noncurante, indietro e il giorno dopo avrebbe dato notizia della sua scomparsa, togliendosi da subito i sospetti che avrebbero potuto fare gli altri su di lui. Si… il piano avrebbe potuto funzionare. Avrebbe fatto così. Non voleva fare qualcosa per fargli del male, poiché poi sarebbe certamente stato più difficile proteggersi dalle accuse. Ma semplicemente liberarsi di lui, attraverso una via secondaria. Quella sì avrebbe dato l’impressione di un incidente.
L’obiettivo principale era che nessuno potesse sospettare di lui. Era fondamentale quel punto.
Ora rimaneva da scoprire come uscire da lì senza che nessuno se ne accorgesse. Ma  questo lo avrebbe progettato nei giorni seguenti. Era notte fonda, e sebbene lui amasse quel periodo del giorno astronomico, era comunque un essere umano, straordinario certo, ma umano. E aveva bisogno anche lui di riposo.
Il mattino dopo  Tom si alzò di buon’ora. Al mattino aveva lezione, ma dopo il colloquio con la signora Western era mezzo tentato di non presentarsi alla sua lezione di scienze nell’aula B.
Poi dopo averci riflettuto su e dopo aver fatto colazione insieme agli altri bambini nella mensa dell’orfanotrofio decise che rinunciare alla sua lezione sarebbe equivalsa ad una sua sottomissione. Invece lei non doveva assolutamente avere la meglio su di lui.
“ Ciao, Tom. Dormito bene?”
Zacharias lo aveva notato aldilà del tavolo della mensa e lo aveva raggiunto. Tom annuì senza dire nulla, poi si incamminò di nuovo verso la sua camera a prendere il materiale per la lezione di scienze. Zacharias, lo seguì come un’ombra.
“ Sai Tom? Ieri sera per un attimo ho creduto che tu volessi urlarmi contro… ho temuto davvero per me”
Ridacchiò nervosamente e Tom dal canto suo fece una smorfia maliziosa. Ora che era mattina, Zacharias era di nuovo a suo agio con Tom, non gli incuteva più alcun timore. Forse il fatto che non fossero solo loro due, ma ci fossero anche il resto dei ragazzini dell’orfanotrofio gli incuteva ancor più coraggio. Per lui in quel momento Tom Riddle era un ragazzo come tutti.
Così continuò ad annoiarlo per tutto il tragitto che conduceva dalla mensa alla camera da letto. Finchè Tom, esausto non ne potè più. Dopo aver aperto la porta, della propria stanza, disse solo: “ E’ tutto molto bello. Puoi scusarmi un attimo? Devo prendere della…” ma s’interruppe di colpo.
Aveva appena notato un ragazzino di nome Arnold che stava giocando con uno yoyo, appena uscito dalla sua camera di fronte a quella di Tom. Quanto piaceva a Tom Riddle appropriarsi delle cose degli altri. Era il suo passatempo preferito minacciare gli altri a consegnargli ciò che loro avevano.  E anche questa volta, ebbe di nuovo quel desiderio. Quel forte senso di sicurezza che aveva sempre quando voleva qualcosa, quando aveva un obiettivo da raggiungere. A Tom Riddle brillò una strana luce negli occhi. Lasciò, noncurante, Zacharias che nel frattempo stava continuando a tartassarlo e si avvicinò ad Arnold.
“ Dammi quello yoyo” ordinò subito Tom senza molti giri di parole.
“ E perché dovrei?” domandò l’altro in tono di sfida
“ Perché… perché io posso prendertelo in ogni momento. E se vuoi che non ti faccia del male, devi darmelo”
“ Che paura…” commentò Arnold in tono sarcastico. Tom Riddle rimase tuttavia impassibile.
“ Molto bene, Arnold… molto bene. L’hai voluto tu. Non dirmi che non ti avevo avvertito” disse tranquillamente.
 Appena Tom ebbe finito di parlare, accadde di nuovo qualcosa di strano. Qualcosa di inspiegabile, almeno apparentemente. Il fuoco  che ancora riscaldava le camere, in questo caso era la propria, all’improvviso parve prendere vita. Si alzò minaccioso alle spalle di Tom, intrecciò le fiamme, ruotò su sé stesso e poi come una palla di cannone si precipitò verso Arnold. Lui, vedendo ciò che stava succedendo, si mise a strillare di paura e ebbe appena il tempo di dare lo yoyo a Tom, prima che la fiamma lo bruciasse vivo.
Vedendo che aveva ottenuto ciò che voleva, con un semplice sguardo rivolto alla fiamma, quest’ultima scomparve per incanto e tornò a scaldare la legna nel caminetto.
Sorridendo affabilmente Tom disse solo: “ Grazie” e si voltò lasciando il povero Arnold in preda al terrore.  
Entrò seguito da Zacharias che non lo lasciava un attimo in pace, anche lui semplicemente senza parole per quello che aveva appena assistito.
“ Tu non sei normale Tom… davvero” disse con le lacrime agli occhi per l’ammirazione verso l’amico
“ Te l’ho detto ieri sera Zacharias. Io posso fare cose che gli altri neanche possono immaginare” rispose lui, senza guardarlo, mentre cercava il materiale per la lezione del mattino e dopo aver riposto lo yoyo insieme agli altri oggetti sequestrati ai suoi compagni, nel cassetto del suo armadio personale.
Appena ebbe preso tutto,  si voltò verso l’amico che continuava a fissarlo adorante, e anche un po’ terrorizzato,  per ciò che era successo poco prima.
Notando quell’atteggiamento Tom gli sorrise: “ Che c’è Zacharias? Non ti sarai innamorato di me, vero, che mi fissi così? Sono un tuo amico non… amante”  disse l’ultima parola come se fosse una cosa orribile. Il suo volto si contorse in un’espressione di disgusto.
Zacharias si riscosse, e scosse la testa come per negare tutto all’istante. Tom dopo averlo ancora osservato, un po’ disgustato si allontanò senza aggiungere altro se non un: “ Muoviti perché tra poco inizierà la lezione…”
Aveva deciso di agire anche davanti a Zacharias, perché sapeva che essendo particolarmente sciocco non avrebbe potuto intuire ciò che anche lui non aveva ancora intuito. Però quel nuovo metodo di terrore ai suoi compagni gli piaceva particolarmente. E voleva mostrare anche agli altri ciò di cui era capace. Far loro  vedere che lui era diverso. Ci sarebbero state altre occasioni per cui divertirsi…
Tutto era cominciato quando aveva iniziato a parlare con quel serpente, era certo che la cosa fosse collegata a quei strani fenomeni che avvenivano quando lui era arrabbiato.
Arnold si era presa una bella paura… Rise dentro di sé, immaginando la sua faccia appena vide la fiamma scattare verso di lui. Quel giorno non prese parte a nessuna lezione. Forse era ancora troppo terrorizzato per quello che stava per succedergli.
Tom dal canto suo, quel giorno fu più attivo che mai a lezione: fecero l’apparato respiratorio. Rispose a tutte le domande che la signora Western rivolgeva alla classe, con grande disappunto dell’insegnante, che fu costretta a ammettere che Tom era stato nuovamente,  il migliore tra tutti.
Tom rispose persino alla domanda iniziale della signora Western sul perché Arnold non si fosse presentato. Disse che quel mattino Arnold si era sentito improvvisamente male, e non si sarebbe più presentato per un po’ di giorni. Zacharias rimaneva zitto. Non poteva certamente testimoniare contro il suo nuovo amico; sia perché non gli sembrava corretto nei suoi riguardi, sia perché temeva che la furia di Tom si sarebbe scaraventata su di lui, con buona pace della loro amicizia. E l’amicizia di Tom Riddle per lui era cosa molto preziosa, e non andava assolutamente persa.
La signora Western dal canto suo non citò mai l’episodio tra Tom e lei, della sera prima, come se non fosse successo.
Finita la lezione di scienze, tornarono ciascuno nelle proprie stanze in attesa del pranzo. Al pomeriggio avrebbero avuto laboratorio d’arte con il maestro Cooper. Lui si che apparteneva a quella cerchia di insegnanti che amavano Tom Riddle.
Quando Tom, finalmente liberatosi di Zacharias, raggiunse la propria stanza si sorprese quasi a trovare ancora lì Arnold il quale lo aveva aspettato davanti alla sua camera tutta la mattina.
“ Cosa vuoi ancora?” domandò Tom brusco
“ Il mio yoyo. E’ mio e non puoi averlo tu” rispose Arnold a tono. Pareva essersi ripreso dallo spavento avuto al mattino.
“ Dunque non ti è bastata la lazione di prima, vedo…” commentò lui malizioso
“ Me la sono immaginata. Non è possibile che il fuoco prenda vita. E’ impossibile. Ero ancora addormentato” replicò Arnold più convinto di quanto non lo fosse realmente
Tom Riddle sorrise.
“ Convinciti pure di questa cosa. Comunque lo yoyo è mio e tu non sei autorizzato ad entrare qui dentro” indicò la propria camera. “ Altrimenti lo dirò agli insegnanti e prenderanno loro i provvedimenti, oppure assaggerai qualcosa di ancora peggiore…” e, pronunciate queste parole, ad Arnold parve che il fuoco alle sue spalle si muovesse appena.
Fu perciò costretto a rinunciare.
Tutti i ragazzini dell’orfanotrofio temevano Tom Riddle e quando lui parlava, erano costretti ad accettare le sue decisioni, anche se controvoglia. Da quel giorno Arnold, dopo essersi accorto che ciò che gli era accaduto quella mattina corrispondeva al vero, e non era frutto della sua immaginazione, non provò mai più a riprendersi indietro il suo yoyo. E soprattutto non ebbe più il coraggio di affrontare il tanto temuto Tom Riddle.


 

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Capitolo 4
*** Billy Stubbs ***


I giorni passarono, come al solito sempre uguali. Ma Tom aveva notato che, negli ultimi tempi, Zacharias passava molto più tempo con lui, che con il resto dei compagni. Questi aveva anche un altro grande amico di nome Billy Stubbs. Era un ragazzino piuttosto grassottello, con un po’ di lentiggini sul viso e capelli rossi. Faceva concorrenza a Tom per il ruolo di studente modello e tra loro non vi erano mai stati rapporti, per così dire, amichevoli.
Ma da quando Riddle  aveva consentito a Zacharias di entrare nelle sue grazie, quest’ultimo aveva, diciamo, abbandonato il povero Billy al suo destino, e passava molto più tempo con Tom piuttosto che con lui. Ed ecco che, da lì, i rapporti tra i due contendenti si fecero ancora peggiori.
Fortunatamente per Billy, questi frenava, almeno parzialmente, la solitudine con un grazioso coniglietto che gli apparteneva da qualche anno. Glielo aveva comprato la signora Cole, un giorno che erano andati in gita alla fiera del paese più vicino a dove si trovava l’orfanotrofio. Le gite in pratica erano sempre molto vicine alla struttura. Non erano mai troppo distanti, con grande disappunto di Tom Riddle: il quale avrebbe voluto allontanarsi il più possibile da lì.
Almeno, pochi giorni prima, era stato annunciato che quella estate avrebbero passato una giornata al mare. E sicuramente sarebbe stata la gita migliore tra tutte. A Tom il mare piaceva come alla maggior parte dei ragazzini della sua età. 
Riguardo a Billy, appunto, stava iniziando a diventare piuttosto geloso dei rapporti tra Tom Riddle e Zacharias. Ma ogni volta che incrociava lo sguardo di Riddle, faceva finta di nulla e tornava a giocarsene con il suo coniglio, giusto per non dare nell’occhio.
Un giorno però Billy non potè più sopportare la cosa. Zacharias stava ormai passando tutti i giorni, ad ogni ora del giorno, insieme a Riddle e ormai rifiutava ogni volta di giocare con lui: il suo vecchio miglior amico. Li vide insieme ancora una volta, sebbene Tom sembrasse un po’ annoiato in effetti, che giocavano a scacchi in una giornata primaverile, nel giardino.
Era un giorno festivo, per cui le lezioni erano sospese. Nelle calde giornate primaverili e estive era loro concesso  uscire nel giardino. Quel giorno anche la signora Cole, insieme agli altri insegnanti ne avevano approfittato per passare una giornata all’aperto a causa delle temperature anomale, per il periodo.
Billy vide Zacharias divertirsi con Tom a giocare a scacchi e si arrabbiò che nessuno di loro lo avesse invitato.
Si avviò furente verso i due e con le lacrime agli occhi per la rabbia urlò rivolto a Zacharias: “ Hai tradito la nostra amicizia, Zack. Vergognati!! E’ quasi un mese che non mi rivolgi neanche la parola, da quando hai stretto amicizia con questo qui…” indicò Tom con un gesto di disappunto.
“ Prego?” domandò lui interrogativo verso Billy. “ Chi sono io?”
Billy lo fissò con disgusto e poi con forza pronunciò il nome: “ Tom Riddle, intendevo…”
Tom annuì energico.
“ Bravo. Hai capito. Ora sparisci da qui. Non è colpa mia se non sai mantenerti gli amici, Stubbs. Ora Zacharias è mio, e tu tieniti il tuo… coniglio” fissò con disprezzo il coniglio di Billy appoggiato alla sua spalla.
“ Si chiama Tobi per tua informazione. Se vuoi che gli altri ti chiamino per nome, impara a fare altrettanto Un lieve rossore invase le guance pallide di Riddle.
“ Io sarei un coniglio? Io sarei come un coniglio? Io sono lo studente modello di questo posto. E posso rivolgermi a ciascuno di voi” e fece un gesto indicativo nei confronti di tutti “ Come se foste delle pedine nella mia scacchiera. Voi non siete autorizzati a fare altrettanto. Chiaro, Stubbs? Quindi non azzardarti mai più a rivolgerti a me, con quei termini. Altrimenti il tuo coniglio…” e qui s’interruppe fissando Tobi che nel frattempo si era addormentato.
Zacharias fissava entrambi senza riuscire a difendere né l’uno né l’altro. Da una parte vi era il suo vecchio miglior amico, che era vero, e per questo si sentiva in colpa, aveva un po’ abbandonato a se stesso. Dall’altra vi era quello nuovo, il grande Tom Riddle. Colui che era l’esempio da seguire per gran parte dei docenti.
Billy arrossì ben più di Tom, avendo comunque una carnagione più scura della sua.
“ Altrimenti il mio coniglio…? Cosa vuoi fargli? Se scopro che gli fai qualcosa…”
Tom si alzò in piedi. Era difficile dire chi dei due, fosse il più arrabbiato.
“ Finisci tu la frase, Stubbs. Cosa mi farai, se dovessi scoprirlo?” minacciò scaldandosi.
“ Questo!” esclamò Billy e gli diede un ceffone in faccia.
Tom si toccò la guancia scaldata dalla mano di Billy, stava per agire quando furono interrotti da qualcuno.
“ Ehi, Billy. Le mani non si usano, ragazzino!”
La signora Cole arrivò in gran carriera, afferrò il braccio di Billy e lo spedì in punizione all’interno della struttura. Per lui la giornata di svago si era interrotta così.
“ Tutto bene Tom?” disse lei premurosa
“ Si sto bene. Grazie. Non è niente…”
Ma Zacharias notò di nuovo i suoi occhi fiammeggiare vendicativi, e capì che non era nulla di buono.
“ Tranquillo, eh… Billy non ti disturberà più. Vuoi che ti accompagni ai bagni? Ti sciacqui la faccia e sarai di nuovo a posto”
Tom scosse la testa.
“ Faccio da solo, grazie”
E si allontanò, nuovamente seguito da Zacharias che ormai era il suo cagnolino.
“ Faccio da solo, Zacharias. Non ho bisogno di aiuto”  disse lui senza voltarsi. Per qualche strana ragione aveva intuito che Zacharias lo stesse seguendo. O forse semplicemente era ormai abituato a sapere che Zacharias lo seguiva ovunque.
Quest’ultimo allora si fermò e tornò nel giardino.
Ma Tom non si diresse ai bagni,  scese, invece, al sotterraneo dell’orfanotrofio.
E mentre scendeva era convinto che Billy l’avrebbe pagato caro quell’errore che aveva commesso. Arrivato lì, prese una corda piuttosto resistente, con un’apertura di quelle dove inserirci la testa, e dopo essere salito su una scala, la legò alla trave di legno che percorreva il soffitto del sotterraneo dell’orfanotrofio.
Ecco che Billy avrebbe pagato molto caro quello che aveva fatto. Occorreva soltanto averlo di nuovo di fronte, e poi avrebbe provveduto lui stesso alla fine che meritava.
Da un’altra parte, però, era sollevato dal fatto che fosse successa una cosa del genere. C’era anche la signora Western insieme agli altri insegnanti. E anche lei aveva visto con i suoi occhi, di come era stato aggredito da Billy. Questa volta era passato per vittima e non per carnefice. E questa sarebbe stata la chiave della sua liberazione. La signora Western vedendolo indifeso, avrebbe certamente terminato di tenerlo d’ occhio e avrebbe dato il via libera al piano preparato contro Zacharias. Quella sera stessa sarebbe stata l’occasione perfetta.
Ringraziò per una volta di essersi trattenuto dal voler reagire e anzi, ora era Billy ad essere tenuto sotto osservazione per un bel po’ di tempo. Almeno fino a quando la sua vendetta non lo avrebbe colpito. E poi si che per lui sarebbe stata la fine…
Dopo essersi assicurato che la corda fosse sufficientemente resistente, trionfante, si voltò e tornò in giardino, certo che nessuno avrebbe scoperto nulla, almeno fino a quando la sua vendetta non sarebbe stata resa pubblica a tutti. Ma poi sapeva lui come difendersi dalle accuse…
Billy e il suo coniglio non si videro per tutto il giorno, neanche a cena.
Al tramonto furono rispediti nelle proprie stanze. Tom decise di aspettare naturalmente che tutti dormissero prima di effettuare il piano. Tanto sapeva che Zacharias sarebbe passato dalla sua stanza per augurargli la buona notte.
Dopo che si furono lavati, i ragazzi, compreso Riddle, scesero a cena.
Quella sera fu loro servita una minestrina di riso, con pollo e patate bollite. A Tom la minestrina non piacque per nulla, e decise di non assaggiarla neanche. Invece si fece piacere il secondo. Il dolce quella sera non fu servito, poiché fu detto loro, dai cuochi della mensa, che i negozi di dolciumi quel giorno erano rimasti chiusi. Tom, con grande disappunto, aveva da tempo scoperto un nuovo motivo per cui odiava quel posto: la mensa gli faceva letteralmente schifo. Era convinto che se l’avesse gestita lui, le cose sarebbero andate decisamente meglio. Più volte si era offerto volontario per diventare capo cuoco, ma data la sua giovanissima età, poco più che bambino, gli fu rifiutato ogni volta. Non solo, gli risero persino in faccia quando sentirono la sua proposta. Come osavano, quegli incapaci, prendersi gioco di lui?
Finita la cena, risalirono alle camere. Il mattino dopo sarebbe stata, comunque, ancora giornata festiva.
Tom decise allora di aspettare il momento propizio. Di lì a qualche ora, Zacharias sarebbe passato a augurargli la buona notte, e lì avrebbe agito a modo suo.
Quando avvertì le voci nelle altre camerette cominciare ad affievolirsi, capì che si stavano man mano addormentando tutti.
Di lì a poco, Zacharias sarebbe passato…
Attraverso la luce del fuoco acceso vide l’orologio appeso alla parete: le undici e un quarto. Di solito Zacharias passava di lì alle undici.
Di lì a poco Zacharias sarebbe passato…
Le undici e mezza… le undici e tre quarti.
Perché non passava?
Si alzò dal letto e decise di andare a controllare di persona cosa diavolo stesse combinando.
Aprì la porta e, presa una candela per fare luce, si avviò verso la camera di Zacharias facendo bene attenzione a non svegliare nessuno.
Quando la raggiunse, bussò abbastanza forte da essere udito dalla persona all’interno, ma allo stesso tempo non troppo per non svegliare gli altri. Il suono delle sue nocche rimbombò nel silenzio più totale.
Nessuna risposta.
Battè appena più forte, e una voce disse dall’altro capo della porta. “ Chi è?”
“ Tu sai chi sono” disse Tom a sua volta. Aveva riconosciuto la voce di Zacharias. Si era stupito del fatto che quella sera non fosse uscito dalla stanza.
Proprio stanotte hai deciso di complicare tutto? Pensò Tom Riddle con rabbia. La porta si aprì e comparve Zacharias in pigiama.
“ Cosa vuoi?” domandò un po’ più freddo del solito.
“ Perché non sei venuto, stasera?” domandò Riddle
“ Avevo sonno…” disse lui sbrigativo, e fece per chiudergli la porta in faccia. Ma Tom la bloccò.
“ Sia che ti scopro, Zacharias. Non è questo il motivo, vero?” domandò accigliato
Zacharias lo guardò negli occhi, poi decise di aprirsi.
“ Ho riflettuto su ciò che hai detto oggi, in giardino. Hai detto che noi tutti siamo delle marionette nella tua scacchiera. E’ così non puoi negarlo. Davvero sei convinto di quello che hai detto? Siamo tutti delle marionette?”
Tom si sorprese che questa cosa non gli fosse sfuggita. E così, non era poi un totale disastro quel ragazzo in fondo..
“ E’ per questo che non sei venuto da me, stanotte?” domandò Riddle sospettoso.
Zacharias però quella sera non ebbe voglia di scherzare o dilungarsi.
“ Ti ho chiesto: è vero? Lo pensi davvero?” lo incalzò.
“ No. Non lo penso. Cioè, a dire il vero, per la maggior parte delle persone, sì. Ma tu per me fai eccezione. Ti considero l’unico vero ragazzo in grado di saperti guadagnare la mia amicizia, Zacharias. Tu per me sei diverso da loro. Sei intelligente, non parlo di scuola, ma in generale. E so che ci sono cose più importanti della riuscita scolastica. Tu per me hai un sacco di qualità: sei simpatico, sei accogliente, sei sincero, sei anche piuttosto carino a dire il vero… io sono fiero di essere amico tuo” e gli diede una piccola pacca sulla schiena.
Zacharias non poteva chiedere di meglio. Tom gli pareva sincero, anzi ne era certo. Subito allora decise di perdonarlo e chiedergli il motivo per cui fosse passato di lì, dato che di solito era lui a passare da Riddle.
“ I veri amici, sanno scambiarsi i favori…” disse Tom ammiccandolo.
“ Allora” disse Tom, prendendosi una piccola pausa. “ In realtà sono venuto a dirti che intendo fuggire stasera. Soprattutto mi sembra l’occasione migliore dopo che oggi ci hanno persino tolto il dolce. Di questo passo finiremo morti di fame. E tu, Zacharias, so quanto ti piace mangiare. Vuoi venire con me? Ti porterò in luoghi dove potrai assaggiare i cibi migliori del mondo, altro che la minestrina scaduta di questo postaccio, e potrai diventare magari governatore in qualche paese del mondo. Ti sto offrendo le migliori possibilità per fuggire da questo inferno. Rimanendo qui, resterai per sempre limitato, e i tuoi sogni di grandezza e potere rimarranno solo sogni. Venendo con me, invece, hai ottime possibilità di realizzarli e credo che presto diventeremo i capi del mondo e lo governeremo a modo nostro. Senti di queste guerre? Ormai i giornali parlano di una nuova guerra mondiale in procinto di esplodere, con noi tutto questo non avverrà. Perché saremo a favore della giustizia. Allora, che hai deciso?”
Zacharias rimase abbagliato da tutto ciò che Tom gli aveva proposto. Non ebbe quindi alcuna difficoltà ad accettare. Chiese solo se fosse sicuro che tutto questo si sarebbe realizzato.
Riddle disse solo: “ Se non proviamo, rimarremo sempre nel dubbio no? In ogni caso, ho dei buoni motivi per dire che abbiamo ottime possibilità che tutto quello che hai sentito, diventi reale”
“ Mi hai convinto Tom. Andiamo. Facciamo solo un po’ le valige, perché non possiamo andarcene così, giusto?”
Tom rimase un attimo interdetto. Ma poi si riprese subito.
“ Le valige non ci servono, Zacharias. Dormiremo in alberghi di lusso, e avranno loro gli indumenti necessari… e poi a che ti servono i camici, se ti ho promesso che diventeremo governatori del mondo? Andremo con gli indumenti della giornata senza portare nulla”
Zacharias sebbene non avesse pienamente capito il motivo per cui le valige sarebbero dovute restare lì, annuì. Non osava minimamente contraddire Tom Riddle.
Si diedero appuntamento davanti alla camera di Tom. E poi nel cuore della notte, sarebbero usciti all’aperto, pronti per la fuga.
Dopo che entrambi si furono vestiti, si ritrovarono nel luogo concordato.
Fecero particolare attenzione a scendere i le scale. Fortunatamente tutti dormivano profondamente con le porte chiuse, e questo permetteva comunque loro di fare un certo rumore, seppure non molto forte. Permetteva loro anche di bisbigliare senza essere uditi da nessuno. Passarono anche davanti allo studio della signora Western. Anche lei dormiva, ma Tom era convinto che se fosse passato nei giorni precedenti a quello, lei sarebbe rimasta comunque vigile. Ciò che era successo quel giorno in giardino, aveva cambiato le carte in tavola.
Poi quando raggiunsero l’ingresso Zacharias si accorse che la porta era chiusa.
 “ La chiave, Tom… ce l’ha la signora Cole. Come faremo?” si lamentò
Riddle si avvicinò alla porta, come se fosse la cosa più naturale al mondo. La studiò un attimo, poggiò un dito alla serratura della porta e quella si spalancò al suo tocco.
“ Straordinario!” esclamò Zacharias estasiato
Riddle non disse nulla, ma lo oltrepassò e uscì per primo nell’oscurità della notte. Faceva un po’ freddo.
“ Muoviti Zacharias, non vorrai essere scoperto” disse impaziente.

 
 

     
 

  

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Capitolo 5
*** Il falso amico ***


Non ci misero molto ad arrivare nel luogo che Tom aveva posto come sua destinazione. Il mare nero, nell’oscurità della notte, era lì davanti a lui. Respirò a lungo l’aria salmastra e si voltò ad aspettare Zacharias che avanzava con qualche difficoltà, dovuta alla mancanza totale di luce. Il paese si stendeva a qualche centinaio di metri, dietro di loro. I lampioni illuminavano le vie interne, fino all’orfanotrofio che era l’ultimo edificio prima della spiaggia, cosicchè questa,  era completamente buia.  Non si vedeva quasi nulla, e non si sentiva quasi nulla. Il mare era completamente piatto.  
“ Sei arrivato, finalmente” disse Tom, leggermente sprezzante, appena Zacharias lo raggiunse, fermandosi davanti a lui.
“ Perché mi hai portato qui, Tom? Non dovevamo prendere la strada opposta per Cardiff?” chiese dubbioso
“ Cardiff? Chi ha mai parlato di Cardiff? Nono Zacharias. La nostra destinazione sta aldilà del mare. Vedi laggiù? Ci sono delle luci? Ecco, quello è il porticciolo del paese. Prederemo una barca e attraverseremo il mare” disse Tom, indicandogli effettivamente le luci del porticciolo a qualche decina di metri sul mare.
“ A me questa cosa, non piace Tom. Non era preventivata come cosa. Io dico di tornare indietro… non me la sento” cominciò a lamentarsi Zacharias.
“ O sì che te la senti” lo contraddisse l’altro. “ Hai fatto un patto, Zacharias. Non puoi tornare indietro. Adesso io e te insieme raggiungeremo quel porto. E non tollererò ripensamenti da parte tua, d’accordo?”
“ Io torno indietro. Non era questo il nostro patto Tom. Tu mi hai preso in giro. Pensavo che saremmo andati per strada. Io non so nuotare” disse quasi sull’orlo della lacrime
“ Beh imparerai…” Tom lo prese per un braccio e lo scaraventò con tutti i vestiti dentro l’acqua.
Zacharias riemerse sulla riva bagnato fradicio, con i vestiti tutti inzuppati.
“A-A-AIUTO!!” strillò Zacharias tremando di freddo.
“ Aspetta che adesso arrivo io”
Come aveva progettato, Tom, nell’oscurità ebbe la possibilità di fingere di spogliarsi. Poi dopo un tempo ragionevole, durante la quale Zacharias muoveva le braccia a caso, cercando di restare a galla, si avvicinò a con un calcio fece sollevare degli spruzzi, che bagnarono Zacharias.
“ Ecco, sono qui” disse rassicurante
“ Dove?” domandò Zacharias sempre agitatissimo per paura di affogare
“ Qui a pochi metri da te. Adesso, voltiamoci e nuotiamo verso il porto. Vai avanti tu, così se hai difficoltà posso darti una mano”
La voce rassicurante di Tom, diede un po’ di coraggio a Zacharias che cominciò così a muoversi, sebbene con qualche difficoltà. Tom, dalla riva, lo vide man mano allontanarsi.
Ad un tratto, quando ormai era già abbastanza lontano, Zacharias notò un’ombra, in lontananza, dalla parte opposta del porto.
Fece per avvicinarsi, ma inavvertitamente, urtò contro qualcosa di estremamente duro e scivoloso. Uno scoglio.
“ AHI”
La botta era stata più forte di quanto avesse desiderato, ma era impossibile evitarla o prevederla, dal momento che l’oscurità era pressochè totale e non aveva il minimo senso dell’ orientamento.  Non sapeva neanche dove fossero diretti.  Ma la curiosità di vedere cosa nascondeva quella parte di mare, superava ogni sua paura al momento.
Era talmente curioso, che non si accorse neanche che Tom era rimasto sulla spiaggia, prendendosi così gioco di lui.
Ad uno scoglio, se ne aggiunse un secondo, poi un terzo. Zacharias notò che mano a mano che avanzava gli scogli si facevano sempre più frequenti. Fino a quando arrivò di fronte a un’entrata, in quella che pareva essere, non era sicuro, una caverna. La grande sagoma che aveva in precedenza visto in lontananza, pareva fosse una grande arcata, alta una ventina di metri. O forse anche più.
Si fermò.
“ Tom, credi che possiamo visitare qui dentro? Secondo te che cos’è? A me dalla forma, sembrerebbe una caverna…”
Ma non ottenne nessuna risposta.
“ Tom, perché non rispondi?”
Si mosse tutto intorno  a sé, tese le mani in avanti come per cercare qualcuno, ma nulla. Le sue mani, toccarono solo l’aria, peraltro assente, in quella notte straordinariamente tranquilla.
“ Tom?” cominciò ad agitarsi.
“ Tom, dove sei? TOM?”
Esattamente come quando era appena entrato, la paura tornò in lui. Cominciò ad agitarsi, non vedendo nulla davanti a sé. Il mare si estendeva alla sua sinistra, alla sua destra e dietro di lui. Si era perso. Aveva solo due opportunità: o entrare dentro la caverna e attendere così il mattino seguente, oppure cercare a naso il punto esatto in cui si trovava Tom Riddle.
Di entrare dentro la caverna, non avrebbe certamente avuto il coraggio, men che meno da solo. Chissà cosa avrebbe trovato lì dentro. Cominciò allora a muoversi a caso, cercando di ricordare la strada appena percorsa a nuoto. Ma ad un tratto urtò nuovamente contro uno scoglio. Fece per tornare indietro, ma un altro scoglio gli bloccò la strada. Anche alla sua sinistra e alla sua destra, dopo un po’, avvenne lo stesso.
Era in trappola.
“ TOM AIUTAMI!!” urlò disperato.
Ma ancora una volta non gli rispose nessuno. Né lo aiutò nessuno.
Sperò con tutto sé stesso che fosse un incubo. L’indomani si sarebbe risvegliato sotto le coperte del suo caldo lettino dentro l’orfanotrofio.  
Ma non fu come aveva voluto che fosse. L’incubo era vero. Si trovava in mezzo agli scogli, in un luogo in cui non sarebbe mai voluto andare, ma vi era stato costretto da Tom Riddle.
Un suo amico… ma, ripensandoci, forse, non lo era veramente.
Un vero amico, non lo avrebbe abbandonato quando lui avrebbe avuto bisogno di aiuto. Non lo avrebbe costretto a fare quello che voleva lui. Finalmente aprì gli occhi e si accorse di essere stato usato. Era stata tutta una bugia. Una bugia di Tom Riddle. La sua amicizia, la sua disponibilità, la sua sincerità…. Tutta un’enorme balla.
Ripensò anche al suo vecchio amico Billy, che forse aveva capito tutto, prima di lui. Quanto era stato stupido ad abbandonarlo, per compiacere quel delinquente di Riddle.
Rivide la sua faccia, proprio di quella mattina, in lacrime. Come le sue. Anche Zacharias pianse quando ripensò al suo migliore amico. Come lo aveva trattato male in quell’ultimo mese… Era stata colpa sua. Tutta colpa sua…
La voce di Billy risuonò nella sua mente: “Hai tradito la nostra amicizia, Zack. Vergognati!!”
“Scusami, amico mio…scusami tanto”
 pensò Zack tra le lacrime.
Si sentiva sempre più debole. Le forze lo stavano abbandonando. Forse erano ormai passate alcune ore da quando era entrato in acqua, o per meglio dire era stato scaraventato da Tom Riddle. I muscoli gli facevano male e sentiva sempre più freddo.
“ A-A-AIUTO!! Q-QUALCUNO MI A-AIUTI!”
Ma come aveva previsto, anche questa volta non rispose nessuno. Dal momento che non vedeva altre alternative, e cercare di tornare a riva alla cieca avrebbe potuto peggiorare la situazione, decise di tornare nella caverna. Almeno avrebbe aspettato la mattina successiva. Era ormai sicuro che Tom lo avesse preso in giro e l’indomani avrebbe raccontato a tutti quello che aveva dovuto subire quella notte. Non gli importava che Tom Riddle se la prendesse con lui, nel caso lo avesse fatto. Era giusto che gli altri, compresi gli insegnanti, venissero a conoscenza della sua vera natura, in modo tale da non rimanerne fregati, così come era rimasto lui.
Tornò di nuovo indietro e scoprì che lo scoglio, che in precedenza gli aveva bloccato la strada,  era  facilmente circumnavigabile alla sua sinistra. Pensò che quando era entrato in quella via della morte, fosse passato, senza accorgersene, proprio alla sinistra dello scoglio.  Con un sospiro di sollievo, dopo qualche minuto, finalmente raggiunse l’ingresso della caverna.
Si guardò indietro come a trovarsi di nuovo di fronte le due alternative che aveva, ma poi decise che avrebbe tentato quella della caverna, sebbene gli mettesse i brividi. Ma avrebbe dovuto resistere poche ore. Di lì a poco avrebbe cominciato ad albeggiare.
Sospirò a fondo, tremante di freddo e poi, con un brivido, entrò. Sperò che ci fosse un punto in cui sarebbe potuto uscire dall’acqua. Non avrebbe resistito un minuto di più.
Tom nel frattempo, non vedendo più quello scocciatore, sorridendo tra sé, decise di tornarsene indietro.
Quanto era stato stupido a cadere nella sua trappola. Era certo che non lo avrebbe più rivisto. Ormai si era definitivamente perso. Aveva già architettato tutta la sua parte, nella mente, qualora qualcuno avesse avuto dei sospetti su di lui. Sapeva benissimo come distoglierglieli.
Raggiunse nuovamente l’ingresso dell’orfanotrofio. La porta era rimasta socchiusa, senza che nessuno, lì dentro, se ne accorgesse. La spinse appena, dalla maniglia ed entrò, richiudendosela alle spalle.
Fu sorpreso di vedere, come prima cosa, una sagoma scura a terra, che lo fissava attraverso due enormi occhi marroni.
Riconobbe subito il coniglio di Billy.
Quell’altro ragazzino si fidava a mandare in giro il suo animaletto, indisturbato. Bene, avrebbe avuto anche lui la sua lezione. Avrebbe imparato ad avere più cura dei suoi animali; inoltre si sarebbe vendicato per ciò che gli aveva fatto quel mattino. Quella sarebbe stata la sua vendetta: la morte del suo amichetto.
Ti ho tolto di mezzo il tuo migliore amico, quello sciocco di Zacharias, Billy. Preparati a salutarne un altro”

 



 



 

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Capitolo 6
*** Il funerale del coniglio ***


“ Signora Cole, non trovo più Tobi. Il mio coniglio”
“ Suvvia Billy, sarà in giro per l’orfanotrofio. Vedrai che tornerà presto”
Tom si svegliò di buon mattino. Era da poco passata l’alba. Si stiracchiò nel letto, si alzò e scese a fare colazione, come se quello che stava accadendo fuori dalla sua camera, non lo riguardasse minimamente.
“ Ciao, Billy” salutò appena lo vide, intento a cercare il suo animale per il corridoio.
Ma Billy non fu affatto felice di trovarsi l’odiato Tom Riddle davanti a sé.
“ TU” urlò e fece per scaraventarsi addosso a lui. “ COSA HAI FATTO AL MIO CONIGLIO?”
Tom scartò di lato e per poco Billy non andò a sbattere contro la porta della camera di Riddle che, nel frattempo, era stata chiusa.
“ Billy, ti ho detto di stare tranquillo. Il tuo Tobi tornerà tra poco” disse rassicurante la signora Cole.
Billy, allora, spostò lo sguardo su di lei.
“ Io sono convinto, signora direttrice, che Riddle c’entri con questa cosa. Ieri abbiamo litigato, come ben sapete, e mi ha minacciato che Tobi avrebbe fatto una brutta fine”
Poi tornò a guardare Tom con odio
“ COSA HAI FATTO A TOBI?” strillò
Riddle si limitò a fissarlo con indifferenza
“ Niente. Non l’ho neanche visto” mentì
“ BUGIARDO!” e provò di nuovo a scaraventarsi su Riddle, ma questa volta venne trattenuto dalla signora Cole.
“ Adesso basta, Billy. Calmati. Ritroveremo Tobi. Adesso vai a fare colazione, e poi lo cercheremo. Vedrai che sta bene e che non gli sarà successo nulla”
Respirando affannosamente, Billy si liberò dalla presa della signora Cole, e gettando un ultimo sguardo colmo di disprezzo verso Riddle, girò sui tacchi e scese alla mensa.
Riddle fissò per un attimo il punto in cui Billy era sparito e poi gettò un’occhiata fugace alla signora Cole. Quest’ultima, fissando il ragazzo, domandò seriamente: “ Sicuro di non aver visto nulla, Tom? Sicuro, sicuro?”
Riddle la fissò e poi sorrise appena.
“ Sicuro, ho la coscienza a posto, signora direttrice. Non lo vedo da ieri pomeriggio, il coniglio”
“ Molto bene, allora” disse la signora Cole, annuendo. “ Puoi andare”
“ Grazie, signora” disse Tom con un piccolo inchino, e anche lui scese di sotto.
Quando raggiunse la mensa, si sorprese che ancora nessuno era lì. Quanto erano pelandroni i ragazzini dell’orfanotrofio. Lui era sveglio, come non mai, sebbene quella notte fosse andato a letto, ben più tardi di loro. Ma d’altronde tutti lì dentro, non erano straordinari quanto lui. Erano comuni mortali. Lui, invece, non si sentiva neanche simile a loro. Soprattutto da quando avvenivano quelle cose strane, che lui sebbene avesse continuato a fare, oltre che avere piacere nel farle, non aveva ancora compreso il reale motivo per cui avvenivano.
Billy stava finendo la sua brioche, insieme alla tazza di succo di mela. Insieme a lui, facevano colazione anche due ragazzini. Uno dei due, tirò fuori dalla tasca un’ armonica dal boccale arrugginito   e lo mostrò affascinato all’amico. Disse che gli era uscito dall’uovo pasquale che aveva assaporato la mattina stessa.
Era la mattina di Pasqua.
Vedendolo, Tom si avvicinò a passo deciso. Senza alcun preavviso, mentre il proprietario stava consegnando il regalo, all’amico affinchè lo vedesse e lo toccasse con mano, Tom glielo sfilò.
“ Questo è mio”
Il ragazzo, il cui nome era David, non osò minimamente reagire. La voce di quello di cui era capace, Riddle, qualora avesse perso la pazienza, aveva fatto il giro dell’orfanotrofio Wool. E chiunque ne era ormai al corrente. Tranne gli insegnanti, anche se già allora, stavano cominciando ad avere dei sospetti. Tra tutte, naturalmente, quella che aveva i sospetti maggiori era la signora Western.
Tom, si mise l’armonica in tasca e senza alcun segno di pentimento per l’azione maleducata che aveva appena commesso, andò a sedersi al suo solito posto, per la colazione.
Fu lì che entrò di corsa una delle insegnanti, una certa Martha, colei che di solito accompagnava i ragazzi nelle gite. Era una donna giovane, sempre allegra, ma quel giorno non lo era affatto. Anzi, era spaventata.
“ Billy” chiamò, correndo incontro al ragazzo. Quest’ultimo appena sentì il proprio nome, trasalì.
“ Billy… devo darti una notizia terribile. Abbiamo trovato il coniglio, appeso a una trave, nel sotterraneo. E’… morto”
Per Billy quello fu un colpo pesante da digerire. Impallidì a morte, e per sua fortuna che era già seduto, altrimenti, sicuramente, sarebbe caduto a terra, svenuto. Cominciò a sudare freddo e le sua labbra tremarono visibilmente.
Poi scoppiò in lacrime.
Riddle, sentendo ancora quell’orribile suono, fece che mettergli una mano davanti alla bocca, cercando di farlo smettere. Ma quello, per poco, non gliela morse.
Allora decise di andarsene il più lontano possibile, non prima però di aver sentito l’urlo disperato di Billy rivolto a lui: “ ME LA PAGHERAI!!”
Ci volle tutta la mattina, per calmare Billy. La signora Cole, insieme agli altri insegnanti furono impegnatissimi quella mattina, poiché poco dopo sopraggiunse, questa volta grazie a Tom Riddle, la notizia che Zacharias era scomparso, misteriosamente.
Billy, che fece un’enorme fatica a superare la morte del coniglio – che gli fu vietata di vedere, per paura di un possibile shock- alla notizia della scomparsa del suo migliore amico, tentò inutilmente di scaraventarsi su Tom, che nel frattempo, lo fissava quasi divertito.
“ E’ stato lui, signora Cole. Lo so per certo. E’ stato lui” urlò indicandolo, tremante di rabbia
La signora Cole, fissò per un attimo Riddle, poi domandò a Billy: “ Come fai a saperlo?”
“ Ve l’ho detto. Mi ha minacciato ieri, che avrebbe fatto qualcosa al mio coniglio. Non ti bastava, eh, Riddle? Hai voluto fare le cose in grande, togliendomi anche il mio migliore amico, eh? MALEDETTO!!”
e si coprì il volto, scoppiando in lacrime.
Riddle allora intervenne. Senza adirarsi, calmo, ma con uno sguardo lampeggiante.
“ Secondo te, Stubbs, se fossi stato io a far scomparire il tuo amico, lo avrei fatto sapere a tutti? Sarei uno sciocco, no?” disse, come se fosse naturale pensarla in quel modo.
“ Ah, ora non è neanche più tuo amico? Dici che è solo mio? Che bugiardo, che sei Riddle…”
“ In ogni caso” intervenne la signora Cole, sempre piegata su Billy, cercando di consolarlo e, comunque, trattenerlo dalla sua voglia di scagliarsi su Tom. “ Zacharias non può essersi volatilizzato da solo, è ovvio che qualcuno lo abbia accompagnato fuori, ieri notte. Così come è impossibile che il coniglio di Billy, si sia arrampicato da solo su quelle travi. Qualcuno deve averlo fatto salire” e il suo sguardo si posò sospettoso su Riddle. Ma lui sostenne tranquillamente l’esame indagatore, fino a che la signora Cole, non distolse il suo sguardo da quello di lui.
Billy respirava affannosamente, cercando di calmarsi, lo sguardo di fuoco verso Riddle; la signora Cole, a sua volta, cercava un modo per spiegare l’accaduto e ricostruire i fatti avvenuti; Riddle, dal canto suo, era quello, tra tutti, più tranquillo.
Venne stabilito che il funerale si sarebbe celebrato il pomeriggio stesso, nel giardino. Alla cerimonia funebre, partecipò l’intero orfanotrofio; poi finita la cerimonia sarebbero partite le ricerche a Zacharias.
Anche Riddle fu costretto a partecipare a quella pagliacciata, giusto per non destare ulteriori sospetti.
Il coniglio fu avvolto in una benda bianca, e portato in processione su un materassino, sostenuto da una lastra di legno, poggiata sulle spalle di due insegnanti. Una davanti e una dietro.
La signora Cole avrebbe svolto le funzioni celebrative. Billy, quando vide la sagoma di Tobi avvolta nella benda, scoppiò ancora in lacrime e corse a dargli l’ultimo saluto.
Dopo che ebbe scaricato tutta la tristezza, per l’orribile accaduto, fu fatto allontanare.
La signora Cole, quando vide la benda del coniglio, venire poggiata nel prato del giardino cominciò: “ Oggi siamo qui, non per giocare o divertirci, ma per salutare un grazioso amico che ci ha lasciato. Tobi era per tutti noi, un animaletto vivace, allegro…. Ci dava allegria. Ci e vi toglieva, un po’ di quella solitudine che avete, non avendo una famiglia. Tobi era, per tutti noi, un fratellino. Ma oggi, purtroppo, ci ha lasciato. Non sappiamo chi di noi sia stato, ma sappiate una cosa: il colpevole sarà catturato. E verrà messo in punizione. Questo mi sento in grado di garantirvelo. Ora, Billy, se vuoi dire qualcosa, puoi dirla…”
Billy, tra un singhiozzo e l’altro, comunicò a tutti: “ Io so, c-chi è st-stato. Lui!”
Il suo indice venne puntato su Tom Riddle, che sentendosi osservato da tutti, non ebbe neanche la minima reazione. Rimase in perfetto silenzio.
“ Billy” lo richiamò di nuovo la signora Cole. “ Non abbiamo le prove di quello che dici. Non puoi accusare nessuno senza prove”
“ Ma le h-ho, signora Cole. G-giuro” si lamentò lui
La signora Cole, scosse la testa, e dopo aver fissato Tom per un momento, si rivolse di nuovo a Billy.
“ Va bene. C’è qualcos’altro che vorresti dire al suo Tobi?”
“ Si” fece Billy annuendo. Prese un foglio di carta che si era portato con sé, aspettando il momento opportuno, e, dopo essersi accovacciato per terra, scrisse, con una calligrafia appena leggibile:
Addio amico mio. Sappi che ti vorrò sempre bene. Il suo assassino pagherà caro tutto quello che ti ha fatto”
Poi si alzò e trovata una roccia che sporgeva dal prato, con l’aiuto di una delle insegnanti, appiccicò il foglio alla roccia. Quella sarebbe stata la lapide del coniglio. Poi, presa una paletta, che utilizzava di solito per costruire i castelli di sabbia, in riva al mare, durante le vacanze, scavò, vicino alla roccia, una piccola buca, nella terra. Prese il corpo del coniglio, imbalsamato, e lo posò con estrema delicatezza nella buca, scavata apposta per contenerlo. Poi, dopo un bacio e un ultimo saluto, tra le lacrime di tutti, Tobi fu ricoperto di terra. E nessuno lo vide più.
Riddle fu l’unico a non commuoversi veramente, tuttavia riuscì a recitare talmente bene la sua parte, che gran parte dei sospetti su di lui, caddero. Ad esclusione, ovviamente, di quelli di Billy, che nei giorni a seguire ovviamente, non mancò mai di rinfacciarglielo.
Oltre al coniglio, le ricerche su Zacharias ebbero effetto negativo e, anche per lui, Billy diede la colpa a Riddle, senza tuttavia riuscire a dimostrarlo a nessuno.
Basava le sue accuse, su sospetti a cui credeva sempre meno gente. Alla fine solo la signora Western e la signora Cole avvallavano la sua tesi. Tutti gli altri, grazie anche alla straordinaria abilità di Riddle di affascinare tutti gli insegnanti, sebbene la signora Western glielo avesse proibito, questi man mano tornarono tutti a considerarlo studente modello, oltre che un grande punto di riferimento per tutti, loro compresi. Gli altri ragazzi, invece decisero di far cessare i loro sospetti, più che altro, per paura che Riddle potesse scaricare la loro rabbia su di loro. Come era successo con Billy, che aveva solo osato chiedergli in prestito Zacharias.
Sebbene loro, sotto sotto, fossero tutti d’accordo con Billy riguardo a ciò che era accaduto a Tobi e al suo migliore amico, questi non ebbero mai il coraggio di dargli ragione apertamente, soprattutto quando in mezzo a loro c’era Tom Riddle. Cosicchè Billy, fu costretto a tenersi tutti i sospetti per sé stesso.
 


 





 

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Capitolo 7
*** L'incidente a Amy Benson e Dennis Bishop ***


Nei successivi mesi, non accadde praticamente nulla di particolare. Tom aveva deciso di prendersi una pausa, in modo da lasciar calmare un po’ le acque. Troppi avvicendamenti brutti, avrebbero destato pericolosi sospetti. E lui, ovviamente, non aveva alcuna intenzione di essere scoperto.
Tornò, in quel periodo, ad essere il ragazzo curioso e avido di sapere che era stato nei primi anni, prima di scoprire in lui poteri soprannaturali, che non riusciva tuttavia a spiegare.
Billy continuava, imperterrito, ad accusarlo; ma poche erano le persone che gli credevano. Tom fu abilissimo a fingersi del tutto estraneo alla vicenda che aveva coinvolto il povero coniglio e la scomparsa del suo migliore amico.
E così, tra un insulto e l’altro, arrivò Luglio. E con esso il caldo estivo. Le lezioni erano terminate l’ultimo giorno di Giugno e ancora una volta Tom si classificò il migliore tra tutti nella pagella finale. Billy, forse per il dolore non ancora superato della morte del coniglio e della scomparsa di Zacharias, vide peggiorare i suoi voti. Cosicchè Tom ebbe anche il privilegio di vedere il suo più acerrimo rivale, dal punto di vista accademico, cadere.
Mesi prima si era deciso che quell’anno avrebbero trascorso una giornata al mare, che, visto la buona condotta registrata da Riddle negli ultimi tempi, divennero due.
La signora Martha, era colei che accompagnava i ragazzi dell’orfanotrofio in gita; insieme a lei, di solito, c’erano la signora Western e la direttrice, la signora Cole.
Anche quella volta, furono loro tre ad accompagnarli. La mattina si prepararono e in fila per due vennero accompagnati nella spiaggia più vicina che, mesi prima, aveva visto le presenze di Tom e Zacharias nel cuore della notte.
Tom fu l’unico che non si scelse un compagno per la fila. Si posizionò per primo. Com’era sua natura, voleva per primo arrivare alle destinazioni, e trovava bello, guidare i suoi simili.
La signora Cole lo invitò a trovarsi un compagno, ma lui aveva rifiutato di farlo.
Arrivati alla spiaggia, si sistemarono con gli ombrelloni e poi, dopo che gli insegnanti misero la crema ai loro allievi fu permesso loro di andare a farsi un bagno.
Tom invece di entrare, notò da subito qualcosa che era sfuggito al resto della classe. E che anche a lui era sfuggito a causa del buio mesi prima quando aveva accompagnato Zacharias in quel posto. Un po’ distante dalla riva sulla destra, vi erano delle scogliere via via più frequenti. L’ultima, la più grande, formava una specie di caverna scavata nella roccia.
Forse era lì dentro che era finito Zacharias. E da lì non aveva più fatto ritorno. Sorrise tra sé, pensando a come fare uno scherzo dei suoi.
Dopo due mesi, Tom Riddle si era di nuovo stufato. Voleva nuovamente divertirsi un po’.
Entrò in acqua e fece che nuotare, tanto per non attirare troppo l’attenzione. Ora doveva trovare gli allocchi che avrebbero abboccato. Poco distanti da lui, vide una bambina più piccola che era arrivata da pochi giorni nell’orfanotrofio, insieme a un altro ragazzino. Entrambi avevano perduto i genitori in un incidente d’auto, mentre venivano a prenderli a scuola. Le loro auto si erano, catastroficamente, incidentate a vicenda.
La ragazza si chiamava Amy Benson, mentre il ragazzo Dennis Bishop.
Ragazzi nella media, lui era più bravo a scuola…
Stavano giocando tra loro a schiacciasette, passandosi la palla a vicenda. Tom, allora decise di aggiungersi a loro due.
“ Posso giocare insieme a voi?” domandò col fare innocente.
I due ragazzi si guardarono per un attimo, poi convinti che non ci fosse nulla di male, ad accogliere un nuovo amico, decisero di accettare.
“ Sapete” disse Tom, quando vinse per la decima volta, lasciandoli praticamente a zero punti. “ Io mi sono annoiato. Ho visto che laggiù c’è una caverna. Che ne direste di farci un giretto insieme lì dentro? Sicuramente sarà divertente e bellissimo”
I due bambini entusiasti all’idea di visitare qualcosa di assolutamente bello e straordinario, decisero di accettare subito. Erano entrambi nuovi lì, e non avevano ancora conosciuto l’altra faccia di Tom Riddle.
Gettarono un’occhiata alla riva, dove gli insegnanti stavano prendendo il sole, sdraiati nell’asciugamano, e poi tutti e tre nuotarono verso la caverna. 
L’arrivo alla caverna, fu più difficile del previsto. Gli scogli mano a mano, costrinsero il gruppetto a deviare traiettoria. In un primo momento, per loro fu abbastanza semplice, poi cominciò a subentrare stanchezza e impazienza. A Tom li convinse a proseguire.
Quando raggiunsero l’ingresso della caverna, si sorpresero di quanto fosse buia all’interno. Un brivido attraversò i volti di Dennis e Amy. Tom invece parve più contento che mai.
Si voltò verso i due nuovi compagni e disse loro gentilmente: “ Avanti, prima voi”
Dennis e Amy, più pallidi che mai, cominciarono mano a mano a arretrare, davanti a quello spettacolo tenebroso. L’azione non sfuggì a Riddle, che prese per un braccio entrambi e li spinse dentro.
“  Cosa vedete?” domandò dall’esterno, a voce abbastanza alta da farsi udire.
“ Niente, è completamente buio laggiù” fu la risposta
Riddle decise di entrare lui stesso a verificare.
“ Fatevi da parte” ordinò, stavolta freddo.
Tom si addentrò fin quasi nel punto in cui l’oscurità lo sommerse completamente dalla vista di Amy e Dennis. A un tratto, loro due lo udirono in un punto imprecisato.
“ Qui c’è una parete, con una piccola cavità. Abbastanza grande da farci entrare, comunque. Tanto siamo tutti abbastanza piccoli, no?”  
Dennis e Amy si guardarono un po’ terrorizzati l’un l’altro, senza tuttavia vedersi chiaramente, tanto era buio.
“ Non vorrai entrare lì dentro, spero” fece Amy, cercando di tenere ferma la voce. In realtà tremava come una foglia al vento.
“ Beh?” fece Riddle a sua volta, nell’ombra. “ Non avrai paura, ragazza?”
Amy per farsi forza, scosse la testa.
“ La paura è un emozione che non mi appartiene” disse, cercando di essere più convincente di quanto non lo fosse realmente.
“ Bene, allora… prima le ragazze” fece Tom, e lo sentirono spostarsi nell’acqua per farla passare.
Amy, nell’oscurità si fece coraggio e andò nel punto indicato da Tom, non senza qualche difficoltà. L’oscurità era tale da non farla vedere a un palmo dalla mano. Tom la guidò, vero il punto esatto. Amy, per poco, non sbattè contro la roccia. La fessura nella parete era più alta del livello dell’acqua. Ciò voleva dire che aldilà della parete, sarebbero rimasti probabilmente all’asciutto.
Si arrampicò brevemente sulla roccia, aiutata da Dennis che nel frattempo era sopraggiunto e uscì dall’acqua.
La fessura era abbastanza grande da permetterle di passare con una certa facilità.
“ Allora ci vediamo dall’altra parte” disse a entrambi.
“ Va bene” dissero in coro gli altri due.
Amy, passò la fessura. Quando riemerse dall’altra parte, quasi getto un grido di terrore. L’ambiente che le si parò davanti era decisamente sinistro. Una luce verdastra, posta al centro esatto di un grande lago nero, di cui non si vedeva la fine, illuminava in modo tetro tutto l’ambiente circostante. Il soffitto era immerso nell’oscurità.
Dennis, quando sopraggiunse ebbe la stessa reazione dell’amica. A Tom invece parve di trovarsi in un paradiso.
La riva del lago, consentiva loro di girargli attorno, senza bagnarsi i piedi. La roccia, tuttavia era particolarmente instabile e se non si fossero tenuti alla parete, era molto probabile che sarebbero scivolati all’interno dell’enorme lago.
“ Guardate laggiù” disse Tom, all’improvviso.
Al centro esatto del lago, da dove proveniva la luce verdastra, stava una specie di isolotto solitario.
“ Amy! ATTENTA!”
La voce rimbombò nel silenzio assoluto.
Dennis stava quasi per gettarsi su di lei. Aveva messo il piede in un punto instabile e per poco sarebbe finita nel lago.  Con un enorme sollievo, lei riuscì a raggiungere il punto in cui stava Tom. Punto, fortunatamente più largo e maggiormente stabile.
Dennis fu l’ultimo.
“ Vedete quel punto laggiù?” disse Riddle ai due, indicando l’isolotto.
I due, in preda al panico per ciò che stava per succedere prima, annuirono.
“ Bene, lo raggiungeremo” disse, decidendo praticamente da solo senza aver chiesto pareri ai due.
“ A n-nuoto?” domandò Amy, ancora spaventata da ciò che le stava per succedere prima.
A un tratto udirono uno spruzzo d’acqua. Non fecero in tempo a osservare che tutto tornò tranquillo. Ma nel punto in cui probabilmente avevano sentito lo spruzzo, stava della schiuma. Come se qualcosa fosse emerso e di scatto, tornato nel fondo.
“ C-c-cosa è s-s-stato?” domandarono terrorizzati i due. Tom si rivolse a loro, come se nulla fosse successo.
“ Cosa? Io non ho sentito nulla” disse tranquillamente.
Quella calma che mostrava Riddle, li spaventò ancora di più.
“ T-tu hai m-mai v-v-visitato questo p-p-posto?” domandarono sospetti, increduli che lui non avesse avuto neanche il minimo accenno di terrore.
“ No. Non ho mai visto nulla di tutto questo. Perché dovrei aver paura di uno schizzo?”
I due cercarono di tranquillizzarsi, ma non fu per niente facile. Ogni secondo che passava, quel posto, diventava per loro sempre più spaventoso.
“ Oh, guardate… siete fortunati. Una barca. Hai visto, ragazza? Quando si dice… fortuna”
Si voltarono. Effettivamente, una barca abbastanza grande da contenere tutti e tre, e forse anche una quarta persona, stava lì, a una ventina di metri da loro, ancorata alla riva.
“ Beh, che sono quelle facce? Salite!” ordinò, quando l’ebbero raggiunta.
Con una certa difficoltà, salirono tutti e tre. Con qualche difficoltà, Tom riuscì a togliere l’ancora alla barca e prese tre dei quattro remi che essa aveva a bordo. Amy prese posto vicino a Dennis e Tom, di fronte a loro, preferì sedersi da solo. Poi iniziarono tutti e tre a remare, ma presto Tom si stancò e lasciò loro il compito di portarlo sull’isolotto al centro del lago.
E fu, mentre remavano, che Amy li vide. Una mano putrefatta galleggiava a pochi centimetri dalla superficie del lago. Appena la vide, quasi svenne dalla paura.
“ Amy, che è successo? Che hai visto?” domandò Dennis spaventato e preoccupato insieme.
“ C-c-cadaveri. Ci s-s-sono c-c-cadaveri qui sotto” disse, tremando e chiudendo gli occhi per non vedere
“ Cadaveri?” domandò Dennis, mettendosi una mano in bocca terrorizzato.
“ Torniamo indietro!” dissero in coro a Tom, ma lui scosse la testa.
“ Le decisioni qui le prendo io. Voi dovete fare quello che vi dico io. E io vi dico che voglio arrivare all’isolotto. Quando l’avremo raggiunto, torneremo indietro”  disse categorico.
I due non osarono contraddirlo, e sebbene controvoglia, furono costretti a fare ciò che lui voleva.
Arrivarono all’isolotto dopo una ventina di minuti di navigazione. Tom volle che la barca arenasse in un punto preciso, e non li fece scendere fino a che non arenò proprio in quel punto. Tom Riddle era un ragazzo precisino, e non sopportava le approssimazioni. Voleva le cose, fatte in maniera perfetta, come lui si riteneva perfetto.
Quando, finalmente, l’ebbero accontentato, scese per primo dall’imbarcazione e notò subito un bacile di pietra.
La luce verdastra, tuttavia, proveniva proprio dal bacile. Alzò lo sguardo verso l’alto e notò una piccola apertura nel soffitto della caverna, dove filtrava la luce solare. Talmente piccolo però, che invece di essere bianca, come di solito era, veniva filtrata solo quella verde. E il bacile lì, lo rifletteva un po’ dappertutto illuminando la caverna.
Si avvicinò da solo al punto in cui era posto, aspettandosi di vedere tesori lì dentro. Magari da prendere e tenere per sé, sarebbe stata la sua più grande ricompensa per aver raggiunto quel posto, così straordinario. Quasi quanto lo era lui.
Un moto di imprecazione si impossessò di lui, non appena vide che il bacile era completamente vuoto. Non c’era niente lì dentro. Che cosa inutile…
Ma poi gli venne in mente un’idea, bizzarra a dire il vero, o forse neanche così tanto…
Aveva trovato il giusto nascondiglio per i suoi di tesori. I tesori che aveva sequestrato agli altri bambini dell’orfanotrofio. Lo yoyo, l’armonica e altri oggetti preziosi che nessuno doveva sapere. Lì certamente nessuno sarebbe andato a trovarli, in un posto come quello. Men che meno, quegli stupidi  bambini.
Ma una voce dentro di lui, disse che per il momento sarebbe stato sciocco farlo. C’era mancato poco che scoprissero le sue malefatte, i suoi insegnanti.
La signora Western nutriva sempre sospetti su di lui, e ultimamente anche la signora Cole soprattutto dopo che il coniglio di Billy era stato impiccato da lui. E Billy stesso, continuava a cercare in lui un piccolo passo falso, in modo da incastrarlo.
No. Quell’anno non avrebbe potuto farlo. Forse l’anno successivo, chissà… avrebbe avuto l’opportunità per far sì che nessuno scoprisse quello che aveva sequestrato ai suoi compagni. Loro ovviamente non avevano parlato, o meglio, erano stati costretti a non farlo.
Insomma, quello sarebbe stato un nascondiglio perfetto e di tanto in tanto, sarebbe andato a controllare che tutto fosse apposto.
“ Beh, adesso possiamo andare?”
La voce di Dennis interruppe i suoi piani mentali. Si voltò quasi infastidito che li avesse interrotti.
“ Che ne dite, ora se ci facciamo un bagno qui nel lago?” propose
“ Sei pazzo?” domandarono i due, non credendo ai propri occhi. Tom sorrise.
“ E se io vi costringessi?” domandò mellifluo. Sarebbero così stati puniti per aver interrotto i suoi pensieri. Nessuno doveva permettersi di interromperlo mentre rifletteva.
“ Andiamo via, Dennis. Lasciamolo qui” propose Amy, guardando Tom come se fosse pericoloso.
Avevano appena commesso un grande errore. Senza alcuna apparente spiegazione, un taglio alla guancia si materializzò in quella di Amy, da cui cominciò a sgorgare sangue. Tom, non contento e infuriato, prese entrambi e li spinse fino al bordo del lago, quasi con la testa immersa.
“ Come osate? Chiedetemi scusa” minacciò
Il suo volto, così come abitualmente era affascinante, si tramutò all’improvviso in una maschera da far rabbrividire chiunque. I suoi lineamenti risultarono decisamente meno umani.
I due, vedendo le mani e i corpi putrefatti avvicinarsi alla riva dell’isolotto, come se fossero in qualche modo coscienti che due teste umane viventi fossero e pochi centimetri da loro, chiesero perdono, imploranti.
Dopo che lo ebbero ripetuto per ben tre volte, pregandolo di non buttarlo nel lago, lui li fece rialzare. Proprio in quel momento, un corpo cadaverico sbucò dall’acqua e in un attimo rientrò. Se fossero rimasti lì un secondo di più, sarebbero certamente stati trascinati all’interno.
Riddle li guardò entrambi, disgustato, e si allontanò.
“ Venite, ora. Volete tornare indietro no?” disse freddo
Salì sulla barca e per punizione, mentre loro remavano e faticavano, schiacciò un pisolino.
Di tanto in tanto, si svegliava e ordinava di remare più veloce. Ma Amy non riusciva a farlo, un po’ perché non aveva forza sufficiente e un po’ perché il bruciore alla guancia le impediva di pensare solo a remare.
Dennis di tanto in tanto, le asciugava le lacrime e le tamponava con le mani la ferita.
“ Ora quando saremo usciti e saremo tornati alla spiaggia, dovrai dire che quel taglio te lo sei provocato accidentalmente, d’accordo? Inventati una scusa. Loro non lo scopriranno. Se non farai come ti ho detto, subirai conseguenze peggiori” disse Tom. E dal modo in cui lo disse, entrambi capirono che non stesse scherzando affatto.
Ancorarono di nuovo la barca a riva e scesero. Tom ancora arrabbiato per ciò che avevano osato insinuare prima loro due, e i suoi compagni più tremanti di quando erano entrati. Più tremanti, forse, che in tutta la loro vita.
Fu Tom questa volta a varcare la cavità per primo, si rituffò in acqua e non aspettò neanche che gli altri due lo raggiungessero.
Si arrangiano… si disse tra sé.
In un batter d’occhio fu di nuovo all’aria aperta.

 
 

    
 

 


 

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Capitolo 8
*** La decisione indesiderata ***


Tom raggiunse la riva, mentre rifletteva su ciò che era capitato lì dentro.
Se lo sono meritati” si diceva tra sé. “ Non dovevano neanche immaginare l’idea di lasciarmi lì… come hanno osato anche solo pensarla una cosa del genere”.
Non sapeva se lo stessero seguendo, se fossero riusciti ad uscire dalla caverna, ma al momento non gliene importava nulla. L’unica cosa che doveva fare, ora era quella di raggiungere la riva perché, effettivamente, aveva passato troppo tempo in acqua. E gli altri avrebbero potuto preoccuparsi della sua assenza. O, peggio, insospettirsi.
Raggiunse la riva, tra i commenti degli insegnanti.
“ Finalmente, Tom. Cominciavamo davvero a preoccuparci. Forza, ritira il tuo ombrellone, che dobbiamo andare” disse la signora Cole
“ Mancano ancora i due nuovi arrivati: Amy e Dennis” notò Martha.
Poi li vide arrivare, nuotando.
“ Per la miseria, cosa è successo alla piccola Amy?” domandò Martha, affrettandosi a soccorrerla e notando il taglio sulla guancia
“ Presto, signora Cole, mi aiuti” esclamò in preda all’ansia.
“ Oh, santo Cielo!” esclamò a sua volta, la signora Cole, tirando fuori dall’acqua i due ragazzini.
“ Come si è fatta quella ferita?” domandò la signora Cole, guardando Dennis.
Quest’ultimo guardò di sottecchi Tom, e lo vide minaccioso… decise quindi di dire una verità parziale.
“ Siamo stati in una caverna, noi e Tom Riddle e… questo taglio, Amy, se lo è procurato perché ha… sbattuto contro uno scoglio. E si è tagliata”
La signora Cole, la signora Western e Martha si guardarono l’un l’altra a vicenda, con facce tipiche di chi non crede molto ad una versione simile.
“ E cosa ci facevate in una caverna, possiamo saperlo?” intervenne la signora Western
“ Stavamo esplorando” rispose Tom anticipando gli altri due.
“ Esplorando?” domandò la signora Western, voltandosi verso Riddle, sospettosa
“ Innanzitutto, Tom ,non ti era concesso allontanarti senza chiedere permesso, per di più per visitare una caverna. Secondo, dovevi prenderti maggior cura dei due bambini, perché sono più piccoli di te. Terzo: penso di poterti chiedere: cosa avesse di tanto speciale questa caverna, da dover per forza essere esplorata?” domandò la signora Western, con tono di rimprovero.
Tom Riddle esitò un attimo, e poi disse a mo’ di scusa: “ E’ una normalissima caverna, signora. Se vuole può visitarla lei stessa, se non mi crede”
La signora Western socchiuse gli occhi: “ Tom, ti ho già detto che questo tuo atteggiamento non mi piace per niente, occhio”
“ Adesso andiamo che così possiamo medicarla per bene, vieni con la signora Cole, Amy” disse questi prendendola sottobraccio.
Mentre passava davanti a Riddle, gli gettò uno sguardo terrorizzato, ma lui fece finta di nulla, come se non la conoscesse.
“ Coraggio” la esortò la signora Cole, incoraggiante.
Tornarono all’orfanotrofio e per colpa di ciò che era capitato quella mattina, fu annullata la seconda giornata in spiaggia. Dovevano prendersi cura della piccola Amy, e nel frattempo un altro bambino, il cui nome era Eric Whalley beccò la varicella. Dopo pochi giorni, anche Billy ne fu contagiato.
“ Ci mancava solo la varicella” imprecò la signora Cole, quel pomeriggio.
Tom, passò il pomeriggio, in camera sua. Un po’ coricato nel letto e un po’ a guardare i suoi tesori custoditi, gelosamente, nel suo armadietto.
Non era un nascondiglio perfetto per quegli oggetti, ma al momento era l’unico. Un giorno li avrebbe nascosti lì nel bacile di pietra in mezzo al lago nero. E lì non li avrebbe trovati nessuno.
Alla sera, sopraggiunse la signora Cole nella cameretta, senza bussare.
Era piuttosto arrabbiata.
“ Tom, com’è che hai tentato di colpire la signora Western, qualche tempo fa?”
Lui fece finta di non capire.
“ Non fingere, Tom. Mi ha raccontato del vostro colloquio nel suo ufficio. Ad un tratto ha visto muoversi sulla credenza, un suo vecchio soprammobile. Era chiaro che tu volevi colpirla. Tra l’altro non è possibile che si sia mosso da solo. Ma lei, ha giurato di vederlo muoversi, misteriosamente. Cosa ti succede Tom?”
Tom Riddle negò tutto: “ Niente, signora Cole. Forse la Western ha delle allucina…”
“ La signora Western non ha le allucinazioni” lo corresse la direttrice
Poi preso un sospiro profondo aggiunse: “ Riteniamo che tu sia anche l’autore della morte del coniglio di Billy, lui stesso ha ammesso che hai minacciato di uccidergli l’animaletto”
Tom, allora si alzò in piedi e fissò furente la signora Cole: “ Io non ho minacciato nessuno, mi creda. Non è colpa mia se quel bimbo mi ha preso in antipatia”
“ E cos’è successo a Zacharias, Tom? Eravate molto amici prima, come mai ora non c’è, non si trova da nessuna parte?”
“ Non so che fine abbia fatto” rispose lui, fingendo
“ Non mi sembri molto dispiaciuto per ciò che sta succedendo ultimamente qui dentro, Tom. Sono molto preoccupata”.
Tom si strinse nelle spalle.
“ Sei strano, in questi ultimi mesi Tom. Tutte le persone che hanno dei rapporti con te, o fanno una brutta fine, o spariscono. Non ultimo ciò che è successo stamattina a Amy. Cos’è successo davvero in quella caverna Tom?”
Riddle sospirò come a richiamare tutta la pazienza che aveva e ripetè: “ Gliel ho detto. Siamo andati in quella caverna ad esplorare un po’. Amy si è fatta male ad uno scoglio, mentre andavamo. Tutto qui”
La signora Cole, scosse la testa incredula.
“ Non ti credo Tom… sei cambiato in questi ultimi mesi…. Sei in qualche modo diverso.”
Tom Riddle, non seppe per quale motivo, ma quando sentì l’insinuazione della signora Cole, non ne fu per niente impressionato. Anzi, gli fece piacere quel commento. Lo considerò come un complimento.
“ Ecco perché, Tom, abbiamo deciso quest’oggi, con un colloquio tra noi insegnanti, che da ora in poi farai alcune visite con un dottore. Si… nei prossimi giorni fisseremo un appuntamento e lui verrà a farti visita. Potresti anche essere gravemente malato. Dobbiamo verificare.”
A Riddle gelò il sangue sentendo quella dichiarazione. Provò a protestare, ma non ci fu verso. La decisione era inequivocabile.
Ci mancava solo che lo prendessero per pazzo. Aspettò che la signora Cole uscisse dalla cameretta e chiudesse la porta dietro di sé, che fece una cosa mai provata, e mai fatta, in precedenza. Per la prima, e forse unica volta in vita sua, pianse.
Ma non fu un pianto di disperazione, fu invece un pianto di rabbia. Una folle rabbia invase il suo petto, una rabbia mai provata in precedenza. Per un attimo ebbe la folle idea di spaccare ogni cosa che avesse davanti a sé. Se in quel momento avesse avuto la signora Cole, davanti, forse, sarebbe arrivato persino a ucciderla.
“ Io non sono pazzo!” disse tra sé, a voce abbastanza alta da farsi udire da sé stesso.
In quel momento lui, che era in grado di architettare in maniera perfetta ogni cosa, ogni azione, era solo istinto. Tom Riddle in quel momento non fu in grado di prendere una decisione, avrebbe solo desiderato rompere tutto ciò che gli capitava a tiro.
Purtroppo per lui, non aveva oggetti  da rompere. La stanza era praticamente spoglia. Non avrebbe certamente avuto senso rompere il letto su cui dormiva, oppure smontare l’armadio. Che fine avrebbero fatto i suoi vestiti? Per non parlare dei tesori sequestrati dagli altri, sarebbero certamente stati scoperti.
In quel momento, chiunque avrebbe visto Tom Riddle all’apice della collera, non avrebbe certamente detto di lui che fosse bello. Anzi, sarebbe scappato via dalla paura. Perché faceva effettivamente paura.
Quando si calmò, appena, era ormai notte fonda.
Decise di dormire, senza pensarci. Ma gli fu impossibile. La notte gli fu costellata di incubi continui. Sognò la signora Cole, il dottore e tutti i suoi compagni dell’orfanotrofio, prendersi beffe di lui e prenderlo in giro perché era pazzo.
Fu quella notte, forse, che per la prima volta cominciò a odiare seriamente tutto ciò che fosse normale e ordinario. E quel suo odio crebbe in lui: giorno dopo giorno, anno dopo anno.
Desiderò che qualcosa volessero dire gli episodi capitati negli ultimi mesi, di cui non sapeva darsi ancora una spiegazione logica. Episodi che non erano, effettivamente, normali.
In ogni caso, loro mi odiano. Ormai è conclamato. Quindi odieranno anche quelli come me, i pazzi come me. E io odierò loro, la loro specie”.
Da ciò che recapitò il mattino dopo, la signora Cole, forse, avrebbe avuto la spiegazione del suo caso.

 

 
 

    
 

 


 

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Capitolo 9
*** La lettera senza indirizzo ***


Il mattino dopo la signora Cole, dovette alzarsi presto per cambiare le lenzuola piene di pus al povero Eric. Questi aveva passato tutta la notte a grattarsi, con il risultato che si era tutto coperto di pus e aveva infettato anche le lenzuola.
“ Eric, amore mio, non devi grattarti ogni volta altrimenti è peggio” fece paziente la signora Cole, cambiandogli le lenzuola.
“ Lo so, ma non riesco a resistere” rispose lui, innocente, tentando di resistere al prurito.
Quando, la signora Cole,  fece per andare a prendere il lenzuolo pulito, che era rimasto ad asciugare nel terrazzo della stanza di Eric, notò qualcosa che la stava osservando.
A dire la verità non era proprio qualcosa, ma qualcuno. Era un gufo, bianco come la neve.
“Un gufo in pieno giorno? “ si chiese, non convinta di ciò che aveva davanti agli occhi. Se li stropicciò pensando di essere ancora intontita dal sonno ma, quando smise, notò che il misterioso uccello la stava ancora fissando.
Ok, forse Eric mi ha contagiata… maledetto virus!”
Ma non aveva prurito in nessun punto del corpo, non si sentiva la febbre… insomma stava benissimo. O almeno com’era sempre stata. Non era poi una donna che si ammalava spesso, lei. Aveva una salute di ferro.
Si può sapere cosa ci fa un gufo in pieno giorno?” continuò a chiedersi sbalordita. Ma quello che pareva strano era che il gufo non fece neanche un movimento. Continuava a fissarla come se stesse cercando proprio lei.
Ma se ne andrà prima o poi… ora entro altrimenti prenderò freddo e mi ammalo veramente”
Rientrò nella camera di Eric, dopo aver preso il lenzuolo pulito, chiudendo l’antiporto del terrazzo. Poi lo sostituì a quello vecchio e quest’ultimo lo lavò. Quando finì di farlo, fece che rientrare nella camera di Eric per stenderlo all’aperto. Era una limpida giornata estiva. Tempo qualche ora e sarebbe stato asciutto.
Ma quando tornò nella terrazza, si sorprese che il gufo fosse ancora lì. Immobile.
Sinceramente, non ricordavo che i gufi hanno questo comportamento”  commentò tra sé. Non sapeva come mai, ma quell’uccello cominciava a stufarla. Prese una scopa e cominciò ad agitarla verso il gufo, ma quello ancora una volta si limitò a fissarla.
Poi, ad un certo punto, senza alcun preavviso, spalancò le ali ed entrò nella cameretta.
“ AIUTO!! E’ ENTRATO UN GUFO!! ” sentì urlare Eric dall’interno.
“ NON PREOCCUPARTI, ORA LO MANDO VIA IO!” urlò in risposta la signora Cole
Entrò portandosi la scopa con sé e cominciò ad agitarla in ogni direzione, stando attenta, però, a non rompere niente.
Dopo qualche minuto, tuttavia, il gufo parve capire che lì dentro non ci fosse nulla di particolarmente interessante e uscì dalla finestra della camera e questa volta volò davvero via, diretto chissà dove.
“ Hai visto, Eric caro?” fece la direttrice sorridendo, riponendo la scopa al posto. “ Non c’era nulla da temere. Magari si era solo perso”
Eric, sollevato, fece un sospiro di sollievo.
“ Grazie signora direttrice”
“ Figurati, Eric, caro” rispose lei, sorridendogli
Fece per uscire, ma inavvertitamente il suo sguardo cadde al pavimento dove qualcosa era stata lasciata lì.
“ Eric, meno male che ho visto altrimenti te l’avrei calpestata. Devi imparare a mettere le cose a posto, quando le prendi”
La prese in mano e fece che consegnarla al bambino, ma ad un tratto si bloccò.
La lettera aveva stampato l’indirizzo dell’orfanotrofio. In una calligrafia verde  smeraldo.
 
Direttrice Mary Cole. Orfanotrofio Wool, 43 Essex Country, Londra.


“ E’ indirizzata a me?”
La sorpresa per quella notizia, in lei, fu grande.
“ Aspetta, Eric. Questa è mia. Scusami se ti ho accusato, prima. Non era colpa tua”. Gli diede un bacio di scuse.
“ Cos’è?” fece Eric curioso.
“ Non lo so. Tu aspetta qui. Se è qualcosa che riguarda te, te lo dirò. Ora stai qui a letto e riposati. E mi raccomando, trattieni la tentazione di grattarti”
Eric annuì e poi tornò sotto le coperte.
La signora Cole uscì e si diresse al suo ufficio.
Era un luogo squallido, come in realtà lo era l’intero orfanotrofio. Aveva quasi un secolo di età quella struttura, ma lei lo gestiva solo da una ventina d’anni. I mobili dell’ufficio erano spaiati e vecchi. Una vecchia sedia traballante era al centro esatto dell’ufficio e la sua scrivania, come sempre era ingombra di roba di ogni genere.
Prese posto dietro essa e guardò nuovamente la lettera. Forse era stato proprio quel gufo a farla cadere, chissà…
Come aveva precedentemente notato, la lettera non aveva mittente. Solo una grossa H circondata da quattro esseri, che parevano essere un leone – lei aveva il terrore dei leoni- un corvo, un tasso e un serpente- anche di questi ultimi aveva  terrore-.
Mah… s'è mai vista una lettera senza indirizzo? Che cosa strana… provo ad aprirla forse c’è qualcosa di più chiaro”
La aprì e subito notò una calligrafia sottile e sinuosa.

Gentilissima direttrice,
prima di tutto mi presento, sono Albus Silente. Le scrivo per chiederLe un appuntamento di persona, per parlare del ragazzo Tom Orvoloson Riddle. Ritengo, e riteniamo, che abbia le qualità necessarie per far parte della nostra scuola. In ogni caso, se avrà dei dubbi, questi spero Le vengano risolti in occasione dell’incontro. Mi faccia solo sapere quando è disposta a ricevermi.
In fede
                                                                                                                        Albus P.W.B. Silente
  

Una scuola? Tom non ha mai fatto richieste per una scuola” pensò stupita la signora Cole. In ogni caso la lettera parlava chiaramente.
Prese una penna di quelle che utilizzava per compilare i documenti e scrisse, a sua volta, la risposta.

Facciamo mercoledì prossimo, va bene? La saluto cordialmente.
Direttrice Cole



Quando ebbe scritto la risposta, su un foglio di carta normale, non aveva di certo a disposizione della pergamena come quella su cui questo Silente aveva scritto la propria, fu assalita da un dubbio.
Non sarà mica una truffa? Chi lo conosce questo Silente? Potrebbe essere un maniaco…”
Per un attimo fu tentata di strappare la lettera che aveva appena scritto lei in risposta.
Poi però, qualcosa dalla calligrafia elegante, le suggerì che forse non era proprio così. Pareva la calligrafia di un uomo certamente importante e, perché no? Anche ricco… forse Tom era stato scelto per fare dei corsi privati come futuro politico?
Tom sicuramente ne sarebbe stato fiero. Tuttavia decise di non dirgli nulla, per il momento, poiché ancora non sapeva cosa avrebbe dedotto dall’incontro. E Tom, strano com’era in quelle ultime settimane, forse, non avrebbe preso una mezza verità, bene.
Decise quindi di spedire la lettera. Ma un nuovo dubbio l’assalì: questo Silente non aveva scritto l’indirizzo. Sperò che quell’H fosse sufficiente, ma non era certa.  Decise di rivolgersi al postino che al mattino portava le lettere nelle abitazioni vicine e di tanto in tanto anche all’orfanotrofio.
“ Nossignora” disse questi quando gli domandò se la lettera sarebbe arrivata a destinazione, con un francobollo uguale a quello appiccicato su quella ricevuta.
“ Ma non so qual è l’indirizzo. Non potreste fare alcune ricerche?”
“ Non esiste da nessuna parte una destinazione H con quattro animali. Né in Gran Bretagna e neanche, mi sento di dire, nel mondo. Buona giornata, signora”
E fece che prendere la sua bicicletta e andare via a consegnare altri pacchi.
E ora come faccio?” si domandò preoccupata. “ Quello, sicuramente, non apprezzerà tutta questa lunghissima attesa… anzi forse eterna”
Rientrò nella struttura e risalì al suo ufficio, decisa a pensare un modo per uscire da quella situazione.
Era un bel problema quello.
Rimase sicuramente qualche ora, chiusa a riflettere, quando udì ad un tratto un battito d’ali proprio fuori dalla finestra. Si alzò, titubante in un primo momento, e poi aprì.
Il gufo che aveva consegnato la lettera, entrò nuovamente dentro la struttura. Evidentemente si era accorto che doveva essersi dimenticato qualche pezzo.
“ Oh, meno male che sei arrivato” fece la signora Cole. Si sentì piuttosto strana a parlare con un gufo, ma aveva capito, che quelli, forse, non erano gufi normali.
Sembro una pazza a usare un gufo per consegnare una lettera, ma è l’unico modo. L’ho ricevuta con un gufo e la rimanderò con un gufo…”
“ Dove te la lego?” domandò la signora Cole all’animale.
Come se avesse una sorta di traduttore del linguaggio umano, incorporato, il gufo capì la domanda che la signora Cole gli aveva fatto e sollevò la zampa.
“ Vuoi che te la lego qui?” domandò incerta. “ Non ti darà fastidio?”
Il gufo parve negare, poiché rimase con la zampa alzata.
“ Ok… se proprio insisti…”
Legò il foglio, con il breve messaggio scritto in risposta, e dopodichè il gufo, planò nuovamente.
La signora Cole lo guardo allontanarsi, sperando che da qualche parte questo signor Silente fosse presente. Ma, forse, il gufo era di sua proprietà e, certamente, lo avrebbe ritrovato.




 

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Capitolo 10
*** La rivelazione nascosta ***


La signora Cole, dopo aver visto il gufo diventare un puntino indistinguibile nel cielo azzurro, scese di sotto a parlare con la segretaria: una ragazza trasandata con il grembiule.
“ Eveline, scusami, puoi passarmi la cornetta un attimo? Devo fare una telefonata”
“ Certamente, signora Cole” disse lei in risposta.
Le passò la cornetta e la direttrice compose un numero. Aspettò che qualcuno rispondesse.
“ Pronto, buongiorno. Dottor Harry? Oh,  scusi il disturbo… Chiamo dall’orfanotrofio Wool. Sono la direttrice. Vorrei fissare un appuntamento con lei, perché vede abbiamo un ragazzo che ultimamente si comporta in modo piuttosto strano. Direi quasi da pazzo, ma siamo certi che non sia veramente pazzo. Insomma, giudicherà lei… Quando è disponibile? Venerdì prossimo alle dieci? E’ un po’ in là con il tempo… si, capisco che ha altri pazienti. Va bene, allora… facciamo Venerdì. Scusi  ancora il disturbo. Salve… salve… arrivederci”.
“ Magari non sarà niente di che” disse la signora Cole, più a sé stessa che non alla segretaria, che la stava ascoltando. “ Ma vale la pena provare” .
“ E’ davvero così strano, Tom?” domandò lei.
“ Non l’hai notato? Ultimamente quando fa amicizia, succedono delle cose strane ai suoi amici. La morte del coniglio di Billy Stubbs, ad esempio, non può essere avvenuta per caso. E’ sempre stato un ragazzo piuttosto strano, comunque, anche da bambino. Ma ultimamente lo è ancora di più”.
“ Mah…magari sarà un periodo un po’ così. E’ molto umorale, Tom”.
“ Forse hai ragione, Evie. Tra l’altro stamattina ho proprio sfiorato la follia. Un gufo in pieno giorno mi ha consegnato una lettera. Scritta da un certo…. oh santo Cielo. Ho dimenticato il nome. Siliente, mi sembra… o Sapiente… insomma qualcosa del genere. Ci siamo dati appuntamento per mercoledì, quindi tra tre giorni. Se dovessi vederlo, avvisami”.
“ Oh e cosa diceva?” domandò Eveline senza riuscire a trattenere la curiosità
“ Ma niente di particolare. Diceva solo che Tom è stato scelto per far parte della loro scuola. Ma credo, abbiano commesso un errore. Tom non ha mai fatto richiesta per far parte di una scuola. Tra l’altro, questa scuola non risulta essere da nessuna parte, poiché non hanno neanche messo l’indirizzo. Un casino, stamattina per inviargli la risposta. Alla fine sono stata costretta a usare il gufo… un gufo, Eveline. Capisci? Sto diventando pazza anch’io…” disse mettendosi le mani tra i capelli.
“ Ma no, signora Cole… si tranquillizzi”
La signora Cole, mise una mano sulla spalla della segretaria e la guardò come se avesse davanti una figlia.
Ma non ci fu tempo per spiegare, poiché Martha chiamò la direttrice.
“ Signora Cole. Anche Billy si è contagiato la varicella. Io vado a comprare della tintura di iodio. Magari fa qualcosa”.
“ Ci mancava solo questa, Eveline. Di questo passo avremo l’epidemia. Vabbe. Vado di sopra. Se dovessi vedere il signor Sapiente fammi sapere.”
Quando ebbe ricevuto conferma, la signora Cole tornò nel suo ufficio.
Tom intanto si era svegliato anche lui, ma non era ancora dell’umore giusto per uscire dalla sua camera. In effetti, quella mattina uscì solo per pranzare. Per il resto rimase lì, in camera sua, a guardarsi le mani e il corpo, mentre rifletteva.
Le sue mani erano come quelle della maggior parte dei ragazzi della sua età. Ma le dita erano un po’ più lunghe rispetto alla media.
In complesso era molto orgoglioso del suo aspetto: era un bel ragazzo, magro, leggermente pallido, con folti capelli neri e occhi scuri e affascinanti… certo se avesse potuto chiamarsi in un altro modo…
La notte però era stata la più brutta che avesse mai passato. A lui piaceva molto quella parte della giornata in cui il sole tramontava e la luna era l’unica fonte di luce, nel cielo scuro come la pece. Ma quella notte, in particolare, fece eccezione: desiderò  che passasse il prima possibile. Tant’è che dopo le cinque del mattino non chiuse più occhio.
Tanti erano stati i pensieri e tanti gli incubi avuti, riguardanti la follia a cui aveva dovuto ascoltare la notte precedente, per bocca della signora Cole. Momenti di rabbia si erano alternati a momenti di delusione profonda e anche di disperazione. Voleva andarsene il prima possibile, di là. Ma purtroppo non vedeva via d’uscita.
Eppure quel giorno, a pranzo notò che la signora Cole, lo osservava sempre. Di solito chiacchierava sempre con i colleghi, ma quel giorno non lo fece. Tom aveva l’impressione che volesse dirgli qualcosa, ma che si trattenesse dal farlo.  
Lui fece comunque finta di nulla, e si comportò esattamente come si era comportato per i dieci lunghi anni che aveva trascorso lì dentro.
Al pomeriggio decise di farsi un giretto per i corridoi. Aveva sentito che Billy si era beccato la varicella e sorrise compiacendosi della punizione. Non era stato lui a fargliela venire, ovvio; però era contento come se lo fosse stato. Era quasi un segno del destino: il destino lo aveva punito, per aver sospettato di lui. Tuttavia, decise che sarebbe andato a fargli una visita.
“ Cosa vuoi?” domandò brusco Billy, quando lo vide entrato
“ Mah… passavo di qui… ho deciso di farti una visita, visto che siamo, come dire… amici?
“ Io non sono amico di un omicida” rispose con forza Billy, grattandosi la coscia.
Tom sorrise tra sé.
“ Guarda, Stubbs, che non ti crede nessuno. La tua ricostruzione, non ha alcuna prova. E’ ridicola”.
“ La signora Cole, ultimamente sta aprendo gli occhi, Riddle. Io ti consiglio di fare cautela” rispose lui a sua volta, sorridendo.
“ Nessuno può resistere al mio fascino, Stubbs. Sono troppo più grande di te e molto più abile, non sai quanto”.
“ Poco modesto, Riddle,  mi dicono…” commentò Billy sarcastico
“ Può darsi… ma le persone affascinanti e straordinarie come me, se lo possono permettere. Tu invece…” si trattenne e guardò Billy, come se fosse una creatura ripugnante: pieno di pus e di pustole, sudaticcio e grassottello. 
“ Ad ogni modo, Stubbs, ti auguro una pronta guarigione” disse, quando tornò alla porta d’ingresso della stanza.
Fece una breve pausa, sorridendo affabilmente e aggiunse, socchiudendo gli occhi: “ Ah.. dimenticavo: la pelle di coniglio, dicono che sia molto calda. Magari ti potrà aiutare a guarire un po’ più in fretta, e proteggerti dal freddo, durante l’inverno. E’ lì la pelle, nel giardino dell’orfanotrofio. L’hai seppellito tu…”.
Rise. Una risata fredda, acuta, senza gioia, che non gli si addiceva affatto e che fece drizzare i capelli in testa a Billy. Quest’ultimo si rese subito conto che Tom, con quella folle reazione, non si era minimamente rattristato per ciò che era capitato al suo coniglio. Quasi ne provasse piacere. Era come una rivelazione nascosta. E anche quella sua risata folle, si rese conto, che probabilmente rivelava qualcosa di lui. Qualcosa che teneva nascosto dentro il suo aspetto giovanile e affascinante.
Osservò Riddle gettargli addosso uno sguardo affabile e, nei suoi occhi scuri, ne colse anche un sinistro bagliore rossastro. Ma una parte di sé, riguardo ciò, fu certa di essersela  immaginata. Era, forse, una conseguenza della  febbre alta.
Ad ogni modo, non ebbe il tempo per verificare, poiché Riddle gli voltò le spalle e uscì definitivamente dalla stanza.
Quella fu la penultima volta che Tom Riddle vide Billy Stubbs in vita sua. Poiché il primo, da lì a tre giorni, avrebbe ricevuto una visita in grado di trasformargli completamente la vita e l’altro, Billy, lasciò l’orfanotrofio pochi mesi dopo. Una famiglia umile passò da lì, in una nevosa e fredda notte invernale,  decidendo di adottarlo.
L’ultima volta che lo vide fu di notte ,a casa di Billy, ormai adulto e sposato, parecchi anni dopo.


 

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Capitolo 11
*** L'ingresso nel mondo magico ***


E così era quella la risposta a ciò che era capitato negli ultimi mesi.
Quella era la sua natura. Era un mago.
In fondo aveva sempre supposto che era diverso dagli altri ragazzi, ma non certamente fino a quel punto. Era rimasto piacevolmente colpito quando quel vecchio aveva rivelato che aveva quella particolare natura, sebbene all’inizio non gli credesse fino in fondo: pensava fosse il dottore che era venuto a visitarlo. E invece no.
Solo una cosa non gli era affatto piaciuta, e avrebbe fatto volentieri a meno di fare: quell’uomo aveva, per pura casualità, scoperto i suoi tesori sequestrati agli altri, avendo incendiato l’armadio nella sua patetica dimostrazione magica. E questo lo seccava particolarmente. Quell’uomo gli aveva ordinato poi, di restituire tutti gli oggetti sequestrati. Lo aveva rimproverato. Lui che, di solito, non riceveva mai veri e propri rimproveri. A parte quelli della signora Western, ma quella era una donna particolare.
In tutto il colloquio avuto, aveva avuto l’impressione che quell’uomo non lo trovasse particolarmente simpatico. Ma la stessa cosa poteva dire lui di quell’altro. A Tom però, al momento, non importava granchè. Avrebbe avuto la propria occasione ed era certo che non l’avrebbe fallita…
Come aveva detto che si chiamava la scuola? Hogwarts? Non ricordava di averne mai sentito parlare. Ma pensò che fosse normale. In fondo non sapeva neanche dell’esistenza della magia o di essere un mago. Sapeva soltanto che era speciale, ed era in grado di fare cose che nessun altro sarebbe stato in grado di replicare.
Sono un ragazzo speciale. Nessuno è come me. Nessuno.
E quella cosa, accrebbe in lui la gioia. Non era pazzo come quella sciocca della direttrice aveva concluso tre notti precedenti. Era semplicemente diverso. L’aveva sempre sospettato e pensato, ora ne aveva la certezza.
Quell’uomo si era anche offerto di accompagnarlo a fare le compere. Ma lui aveva rifiutato. Era abituato a fare le cose da solo. L’aiuto degli altri, lo rendeva meno speciale di quanto lui volesse. Era solo d’intralcio. D’altronde solo le anime deboli chiedono aiuto a quelle più forti. E lui essendo la più forte di tutte, sarebbe stato costretto a chiedere aiuto ad anime più deboli della sua… ci avrebbe sicuramente perso.
No. Ci sarebbe andato da solo.
Tirò nuovamente fuori la busta la quale conteneva la lista delle compere da fare, oltre che il luogo dove farle e lo lesse in silenzio per conto suo, seduto sul letto.
Una bacchetta, un calderone, un animale –ma lui di gufi o altri animaletti da compagnia non sapeva che farsene-, un telescopio, una bilancia di ottone e tutta un’altra serie di oggetti a cui sinceramente, ancora, non ne capiva l’uso. E poi c’erano i libri di testo.
Quel giorno, passò così.
La signora Cole, non si fece vedere. Solo la sera si affacciò nella sua stanza chiedendogli, sommessamente: “ Tom, scendi. La cena è pronta”
Poi scappò via, come se avesse paura di restare sola con lui.
Forse sapeva… forse quel Silente aveva rivelato a lei chi era lui veramente.
Scese a cena, e quella sera era talmente euforico e di buon umore che persino l’odioso pasto gli sembrò, tuttavia, accettabile.
Sperò soltanto che almeno i pasti nella sua nuova scuola sarebbero stati migliori di quella vecchia.
Dopo che ebbe finito di cenare, risalì di sopra e cominciò a preparare il baule e la valigia. Di una cosa era certo: lì dentro fino all’estate successiva non ci avrebbe più rimesso piede. Poco importava dove avrebbe trascorso il mese restante. Quel che era certo, sicuramente non lì.
Dopo che lo ebbe preparato, si coricò prestissimo, erano appena le nove della sera, e si addormentò subito.
Il mattino dopo alle sette era già in piedi. Sgattaiolò fuori dalla camera, senza farsi udire da nessuno, mentre dormivano, trascinandosi il baule con sé e scese al pian terreno, verso l’uscita.
“ Tom”
La signora Cole, spuntò dal piano superiore dalla parte opposta a dove era uscito lui.
“ Vai già?” domandò scendendo le scale e avvicinandosi a lui
Tom accennò di sì.
“ Sono in ritardo altrimenti” rispose piuttosto freddo e distaccato
“ Non torni?” domandò ancora la signora Cole, dallo sguardo, leggermente contrariata
“ Non credo, no. Cercherò ospitalità” rispose lui
La direttrice fece una faccia poco convinta, ma dopo una lunga pausa, guardandolo dritto negli occhi gli disse: “ Allora all’anno prossimo, Tom. Passa un buon anno e mi raccomando comportati bene”
“ Certamente, signora” disse lui, chinandosi appena. Le strinse la mano, che lei gli porgeva, e poi uscì.
Raggiunse la stazione ferroviaria alle otto, dopo aver visto sul biglietto consegnatogli da Silente, e cercò il treno per Londra. Gli dissero che sarebbe partito di lì a dieci minuti, dal quarto binario.
Lo raggiunse e salì a bordo, portandosi con sé il baule. Il treno era quasi completamente vuoto. Fu un sollievo per lui trovarlo così, non gli andava di spiegare agli altri dove fosse diretto. Quello doveva essere un segreto.
Scelse lo scompartimento centrale e vi sedette. La locomotiva a vapore fischiò e le porte si chiusero. Il treno prese a muoversi.
Tom gettò un ultimo sguardo al posto, al paese di Colchester, e dall’altra parte intravide il tetto dell’orfanotrofio che svettava in lontananza, oltre i tetti delle abitazioni. Non l’avrebbe più rivisto fino all’estate successiva.
Per la prima volta in vita si sentì completamente libero. Erano anni che sognava  una fuga da quell’ inferno
e stavolta era riuscito a realizzarlo.
“ Scusa? Posso sedermi vicino a te?” domandò un ragazzo, dopo che il treno ripartì dalla stazione successiva. Era anche lui piuttosto carico di roba. Aveva, anche lui con sé, un baule.
I genitori raggiunsero il figlio poco dopo anche se presero posto senza chiedere a Tom, il suo parere.
“ Avanti, Avery. Siediti qui. Tanto non impiegheremo molto ad arrivare a Londra. Tra un’oretta saremo arrivati” disse la madre. Una donna alta di mezza età, con la classica puzza sotto il naso.
Avery gettò un’occhiata a Tom, come per chiedergli se fosse d’accordo, ma poiché lui non diede segno di aver qualcosa in contrario, anzi fissava fuori dal finestrino, sedette tra il padre e la madre.
“ Dovremo prendere il treno sotterraneo per arrivare a Diagon Alley, cara”
Diagon Alley? Quindi anche loro erano…
“ Scusate…” fece Riddle attirando la loro attenzione.
“ Siete anche voi maghi?”
“ Beh sì.. anche tu?” domandò Avery piuttosto timidamente
“ Si, e io che pensavo di essere…” si trattenne dal proseguire. Di nuovo provò quella sorta di fastidio che aveva già provato quando Silente gli aveva dimostrato che anche lui faceva parte del mondo magico. Lui, Tom, che sperava che, a parte lui e Silente, non ci fosse più nessuno con quella particolarità.
“ Come ti chiami?” domandò Avery curioso, mentre i genitori presero una sorta di giornaletto di gossip e cominciavano a sfogliarlo.
“ Tom Riddle” disse lui, preferendo non saperlo.
“ Nome interessante…” commentò Avery sorridendo appena
“ Davvero? E io che invece non l’ho mai ritenuto così interessante…” ribattè lui, arrossendo appena
“ Non ti piace?” fece Avery, ad un tratto serio e per certi versi preoccupato per essere risultato così sgarbato, prima.
“ Ci sono un mucchio di Tom in giro. Non è unico” spiegò lui, tornando a fissare fuori dal finestrino, mentre il treno sfrecciava.
“ Beh, potresti cambiarlo se vuoi. Puoi chiedere ai tuoi genitori di cambiarlo” suggerì
“ Non ho genitori, sono orfano. Sono cresciuto in un orfanotrofio” disse lui, guardando Avery, con un briciolo di rammarico nella voce.
“ Non li hai mai conosciuti?” intervenne la madre di Avery
“ No. Mai” rispose lui. Poi tornò in silenzio a fissare fuori dal finestrino. Si era già stufato di parlare. Quel ragazzo non lo trovava per nulla sveglio o brillante. Per certi versi gli ricordava gli altri odiosi ragazzini con cui aveva dovuto condividere tutto per dieci odiosi anni.
Il ragazzo dal canto suo, non era uno di quei curiosi che tartassano di domande di ogni genere, quindi a lui andò bene l’atteggiamento di Riddle nei suoi confronti.
Solo quando ebbero quasi raggiunto la stazione di King’s Cross fece un’altra domanda: “ Tu in che Casa vorresti finire a Hogwarts?”
“ Scusa?” domandò lui a sua volta, destandosi dall’abbacchio dovuto alla noia
“ In quale delle quattro Case vorresti finire?”
“ Non lo so” rispose lui, sinceramente
“ Io spero di finire come nel resto della mia famiglia: Serpeverde. E’ la Casa dei maghi puri”
“ Beh, mi fa piacere. A te piacciono i maghi puri?” domandò lui ad un tratto
Ma Avery, non fece in tempo per rispondere che il treno si fermò alla stazione centrale e furono costretti a scendere. Il treno, rispetto a quando l’aveva preso Tom, quella mattina, si era notevolmente riempito, per cui Avery e la sua famiglia si persero nella marea di gente che scendeva.
Tom, in un primo momento piuttosto spaesato, era la prima volta in vita sua che vedeva così tanta gente in una grande città, fu costretto, suo malgrado, a chiedere informazioni a un paio di poliziotti in divisa, per trovare l’uscita della stazione.
Quando glielo dissero si diresse verso il punto indicato.
A volte, mentre camminava, gli sembrò di intravedere qua e là, tra la folla, delle persone strane dagli indumenti quantomeno stravaganti. Cappelli a punta, mantelli, vecchi dall’aria nobile…
Prenderò la metropolitana” si disse tra sé, una volta intraviste le scale che scendevano in profondità. Era certamente la soluzione migliore. Guardò nella busta della lista delle cose da prendere e da fare, ed estrasse un foglio scritto in una calligrafia sottile ed elaborata. Lì c’erano tutte le istruzioni che quel Silente gli aveva dato per raggiungere quella benedetta Diagon Alley.
Vide che tra le opzioni c’era la metro da prendere alla stazione di King’s Cross perciò non perse tempo a scendere di sotto.
Il convoglio arrivò tra una sbandatura e l’altra. Salì a bordo, facendosi largo tra la folla e borbottando tra sé, che lo lasciassero entrare e quando raggiunse la fermata indicata dal foglietto, scese.
Tornato in superficie si guardò attorno e ad un tratto, dall’altra parte della via noto un piccolo pub dall’aria umidiccia e sporca, con gente vestita esattamente come l’aveva intravista appena sceso dal treno.
Le persone normali, tuttavia parvero non notare neanche la presenza del piccolo e trasandato locale, poiché ci passavano davanti senza neanche voltarsi per vedere chi ci fosse all’interno.
Raggiunse il posto e vide l’insegna sopra l’ingresso: “ Paiolo Magico”.
 Sono arrivato finalmente. Visto Silente, che ce l’ho fatta anche senza il suo aiuto?”
Trascinò il baule dentro il pub e chiese di Tom il barista, come gli aveva detto Silente il giorno prima.
“ Tom? C’è un ragazzo che chiede di te”
Si fece avanti un uomo sulla trentina. Indossava un mantello gessato e aveva una gran massa di capelli neri, poco curati.
“ Sono io Tom” disse come se si aspettasse qualche richiesta.
“ Lo sa che lei porta il mio stesso nome? Anche io mi chiamo Tom” fece Riddle gentilmente accennando una stretta di mano.
“ Scherzo del destino allora. Abbiamo genitori con gli stessi gusti” rispose lui sorridendogli e accettando la stretta
“ La verità, signore, è che io non ho famiglia, purtroppo. Sono orfano. Non ho una casa, non ho un posto dove andare. E’ parecchio tempo che non riesco a trovare un posto chiuso dove poter stare. Sono un poveraccio”
Tom, il barista, sembrò piuttosto dispiaciuto per la brutta sorte toccata al suo omonimo.
“ Se vuoi possiamo ospitarti qui, fino al giorno in cui andrai ad Hogwarts. Non ho nulla in contrario…”
“ Davvero non reco alcun disturbo?” domandò Riddle, scegliendo con cura le parole
“ Figurati. Ogni tanto ne ospitiamo alcuni qui. Non sei l’unico. Puoi portare il baule di sopra. Ti guido io”
Lo prese a carico e lo guidò al piano superiore. Il piano superiore aveva la stessa umidità che regnava di sotto all’ingresso, ma al contrario di quest’ultimo, lì era maggiormente illuminato.
Lo guidò verso una delle camere che c’erano, tirò fuori dalla tasca una chiave e aprì la porta.
“ Eccola qui. Puoi sistemarti e fare come se fossi a casa tua. La colazione è dalle otto alle nove, il pranzo alle tredici e la cena alle diciannove. Nel tempo in cui starai qui, potrai anche uscire e girare un po’ per Diagon Alley” spiegò il barista come se avesse scritto tutto il discorso e lo avesse imparato a memoria
“ A proposito… dovrei andare in questa Diagon Alley” disse Tom, dopo aver posato la propria roba, accennando al foglio che aveva in tasca
“ L’avevo capito” rispose Tom a sua volta sorridendo.
“ Vieni che ti indico dov’è l’ingresso per entrarci”
Scesero nuovamente e lo guidò a un’uscita secondaria dall’altra parte del piccolo pub
Uscirono poi in un cortile, dove non c’era sostanzialmente nulla a parte un grande recinto di mura in mattoni praticamente invalicabile.
“ Allora… vediamo un po’ se mi ricordò…” disse tra sé Tom il barista. Estrasse lo strano strumento che Riddle aveva già visto in mano, il mattino precedente, ad Albus Silente. Un bastoncino di legno, ma che a quanto pareva era molto speciale per tutti loro. Quasi quanto lui.
“ Tre orizzontali… due verticali” disse tra sé picchiando con la bacchetta sui mattoni
Come per magia ad un tratto i mattoni parvero muoversi, fino a creare una sorta di piccola apertura. Man mano che continuavano a muoversi l’apertura si fece più larga, fino a che fu grande abbastanza da lasciarlo entrare.
“ Beh” fece il barista sorridendogli ancora e indicandogli la via. “ Benvenuto a Diagon Alley”  

 



 




 

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Capitolo 12
*** La bacchetta di tasso ***


Tom stava dando un’occhiata alla vetrina di un certo Rosby. L’insegna, sopra la porta del negozio, recitava: “ Grave Rosby, indumenti di tutte le taglie per la Scuola di Hogwarts”.  
Ad un tratto una voce alle sue spalle, poco distante da lui, chiamò: “ Cissy, vieni. La mamma ha detto che non devi toccare nulla. Non ti devi allontanare da noi!”
Girò lo sguardo e vide una bambina bionda,  poteva avere massimo tre anni,  che usciva di corsa dalla porta del negozio del signor Rosby.
Una ragazza bruna, ben più grande, dalle palpebre pesanti e lo sguardo piuttosto altezzoso, la stava aspettando fuori. Fissava la più piccola con aria di rimprovero. La madre, dal canto suo, stava dando un’occhiata agli altri negozi.
“ Vengo, vengo” squittì la bambina, correndo verso la sorella.
La madre aveva lo stesso sguardo pesante della figlia maggiore, ma i capelli, biondi, erano come quelli della più piccola.
“ Scusate” chiamò Tom.
Le due bambine, sentendolo, si voltarono.
“ Devo chiedervi un’ informazione. Sapete dov’è un negozio di bacchette magiche?”
A Riddle parve che la ragazza bruna, la maggiore delle due, non riuscisse a staccargli gli occhi di dosso. Ma lui la ignorò.
“ Sei solo?” domandò la signora appena lo vide, guardandosi intorno, stupita.
“ Pare evidente” rispose Riddle con una smorfia. Domanda sciocca. La sorella maggiore continuava a fissarlo intensamente. Tom represse a fatica un: “ che hai da guardare?”
“ Di solito vengono tutti accompagnati dai genitori, qui. Il tuo caso, direi, è unico. Vuoi che prenda io le cose per te?” domandò la donna, premurosa.
“ Perché volete tutti aiutarmi? Anche quel vecchio… Io sono abituato a fare da solo. Faccio tutto da solo. Sono in grado di badare a me stesso. Non ho bisogno di…aiuto” i suoi occhi si puntarono, ancora, nell’ultima parola, sulla maggiore, che abbassò lo sguardo più rossa che mai.
La madre delle due sorelle fece per aprire la bocca, ma fu interrotta.
“ Signora Black… che piacere vederla”
Poco dietro a dove si trovavano loro, tra la folla si fece largo un uomo dai capelli crespi, grigi e occhi anch’essi grigi e gelidi. Insieme a lui, aveva anch’egli due figli, ma maschi. Il primo assomigliava in tutto e per tutto il padre, ed era il maggiore. Il secondo aveva capelli biondi e occhi azzurri.
“ Signor Lestrange… piacere mio. Come state? Anche voi qui per la spesa eh?”
Il ragazzo simile al padre, fece un cenno di saluto verso la ragazza bruna, ma ella pareva avere occhi solo per Riddle. Si sarebbe detto che non si fosse neanche accorta che un altro ragazzo l’avesse appena salutata.
“ Tutto bene, allora?” domandò l’uomo rivolgendo alla signora Black un sorriso. Riddle notò che la ragazza bruna, evitava accuratamente di guardare il ragazzo che l’aveva in precedenza salutata. Notò in lei un evidente imbarazzo.
“ Si tutto bene… siamo qui per fare le compere. Bellatrix, nostra figlia, inizia quest’anno gli studi ad Hogwarts. Riteniamo che finirà a Serpeverde, come il resto della nostra famiglia, d’altronde. La nostra reginella sta crescendo…” aggiunse pizzicando affettuosamente la guancia della bruna. La quale, sorrise compiaciuta.
“ Ah bene… si anche Rodolphus è qui per le compere del materiale, vero Rod?”
Si rivolse al figlio più grande, che annuì soddisfatto.
“ Rodolphus, in che Casa vorresti andare?” domandò la signora Black, guardandolo curiosa
“ Serpeverde, naturalmente” rispose lui, tutto fiero.
“ E bravo mio figlio!” esclamò il padre, tutto orgoglioso. “ D’altronde, in famiglia purosangue, non possono mancare i Serpeverde, vero?”
“ Ovvio, papà” disse lui sorridendo alla ragazza di nome Bellatrix.
“ E tu?” domandò il signor Lestrange rivolto a Tom. L’aveva appena notato. Era rimasto tutto il tempo  in silenzio, in attesa che qualcuno gli rispondesse.
“ Oh, mi scusi, signore. Stavo chiedendo un’informazione alla signora Black, giusto?” fece, incrociando lo sguardo della donna
“ Come ti chiami?” domandò il signor Lestrange.
Non lo avesse mai chiesto. Il volto di Riddle si contrasse in un espressione di puro fastidio.
“ E’ così importante che ve lo dica? Ci sono un sacco di Tom Riddle nel mondo. Io voglio essere unico, voglio essere speciale. Io sono speciale”
I suoi occhi parvero incrociare per la quarta volta quelli pesanti di Bellatrix, e lei rimase come ipnotizzata dal suo sguardo così affascinante.
“ D’accordo” commentò il signor Lestrange, ma Riddle intuì che non ci aveva capito praticamente nulla. Anzi, ebbe la vaga impressione, che l’uomo si burlasse di lui.
“ In ogni caso, volevo sapere dove posso trovare un negozio di bacchette” richiese per la seconda volta.
Il signor Lestrange strabuzzò gli occhi, insieme a quelli del figlio chiamato Rodolphus. Stupiva in loro, la sicurezza mostrata da quel giovane. Dimostrava di avere parecchi anni in più di quelli che aveva realmente. I suoi modi erano già pienamente adulti, si poteva dire.
Gli occhi di Bellatrix invece parvero infiammarsi ancora di più.
“ Il negozio di bacchette si trova in fondo alla via” disse lei con un filo di voce.
Riddle la guardò nuovamente, e quest’ultima trasalì appena i suoi occhi scuri la scrutarono con vivo interesse.
Poi, vedendo che Riddle non smetteva di guardarla, il ragazzo chiamato Rodolphus decise di intervenire a sua volta: “ Comunque, si trova laggiù. E’ giusto. Puoi pure andare. Adesso, Bellatrix, perché non andiamo a farci un giretto noi due assieme?”
“ Sisi… mi sembra una buona idea” dissero in coro i due genitori.
“ Così puoi anche conoscere meglio il tuo futuro marito, Bella” disse la madre e scoppiò in una risata complice con il signor Lestrange.
“ Nella nostra famiglia, vogliamo solo purosangue” proseguì la donna, come se fosse una legge stabilita e scritta da lei stessa.
Rodolphus arrossì sentendo quella dichiarazione di matrimonio combinato, e fece per prendere il braccio della ragazza. Ma lei si divincolò, rifiutandosi.
Riddle, tuttavia, parve ignorare tutta la scena. Invece provò maggior interesse nel chiedere: “ Scusi, cosa significa purosangue?”
La signora Black fissò Riddle come se fosse impazzito. Come faceva a non sapere?
“ I purosangue” disse, dopo che si fu ripresa: “ sono i maghi che sono figli di altri maghi, in parole semplici. Devono avere il sangue di mago nelle vene. I mezzosangue sono invece i maghi, o presunti tali, che hanno uno o entrambi i genitori Babbani, o se preferisci, non maghi.”
Riddle abbassò la testa.
“ Allora purtroppo non è il mio caso essere purosangue. Mio padre o mia madre non appartenevano al nostro mondo. Non so chi. Nessuno vuole dirmi la verità, sul mio passato” disse tutto come se fosse la cosa più vergognosa che avesse mai detto.
Bellatrix, sentendo quella rivelazione, fece un gesto di disappunto. Rodolphus trattenne, a fatica, l’euforiae i due genitori si guardarono l’un l’altro.
“ Beh… almeno sembri pentito” disse la signora Black, per consolarlo.
Riddle alzò lo sguardo.
“ Certo che lo sono. E’ una cosa orribile… orribile”
Bellatrix avvampò, poi con una voce quasi supplichevole domandò:” Cosa è orribile?”
Riddle la guardò.
“ Quello che ho appena detto”
Bellatrix, che forse si aspettava ben altra risposta, fece un sorriso forzato e disse, picchiandosi la testa con la mano: “ Ah giusto, giusto. Che…sciocca”.
“ Comunque…” disse Riddle alla fine, facendo un breve inchino. “ Mi ha fatto molto piacere conoscervi. E lei” e indicò la signora Black. “ Sia orgogliosa di sua figlia. Ha del talento. Anche evidente, direi”
Bellatrix, capendo che Riddle si riferiva a lei,  quasi svenne dall’emozione per il complimento. Rivolse uno sguardo da innamorata persa, verso Riddle, verso il suo essere così seduttivo e affascinante, verso  i suoi modi sopraffini e la sua straordinaria abilità nel sapersi guadagnare la fiducia delle persone che a malapena conosceva. Riddle, dal canto suo, ignorò completamente Rodolphus, il quale pareva aver appena preso un colpo in testa da quando Riddle stesso aveva rivolto il complimento alla sua amica, e la stessa cosa fece nei riguardi della sorella più piccola. Cissy… così doveva chiamarsi.
Io e te assieme faremo grandi cose, un giorno. Ho grandi progetti per te”  promise tra sé Tom, guardando Bellatrix.
Rivolse un ultimo cenno di saluto a tutti. Rodolphus, visibilmente offeso per essersi visto soffiare la scena da Riddle, fu l’unico che non salutò. Bellatrix fu quella che, invece, lo fece con più calore di tutti; e anche quando presero direzioni opposte,  continuò a girarsi indietro. Pareva avesse incontrato il suo principe azzurro.  
Poi si mise a litigare con Rodolphus riguardo a ciò che era successo.
“ Mi hai fatto fare una figuraccia, Rod. Che senso aveva chiedermi di fare un giro con te, con lui presente?” piagnucolava
“ Ma l’hai visto? Neanche ti ha calcolato. E tu che pendevi dalle sue labbra. Bella, te lo dico io, quello manco sa che esisti”
“ Mi ha fatto un complimento, Rod. Cosa che tu non mi hai mai fatto” rispose Bellatrix quasi in lacrime
“ Basta voi due. Bella, non ti sarai per caso invaghita di quel ragazzo, spero? E’ un mezzosangue. E noi abbiamo già deciso che tu devi seguire il resto della famiglia. Noi vogliamo solo gente di sangue puro, nella nostra. Lui non lo è”.
Bellatrix emise un gemito e fece un gesto di disapprovazione. Volse nuovamente lo sguardo verso Riddle ormai lontano. Desiderava con tutta se stessa che lui avesse udito tutta la conversazione.
Ma Riddle non si voltò, nè diede alcun segno di aver udito.
Raggiunse un locale in fondo alla via, come gli aveva detto Bellatrix, il cui proprietario era un certo Olivander. Bussò alla porta poi, vedendola socchiusa, senza aspettare risposta, la aprì ed entrò.
“ Buonasera” fece un uomo dai capelli scuri e gli occhi chiari, appena apparso dietro ad uno scaffale che conteneva innumerevoli scatolette.
“ Lei è il signor Olivander, vero?” domandò Tom, sicuro
“ Si” rispose l’uomo. “ Il suo nome, invece, è?”
Riddle chiuse gli occhi, respirò a fondo e costringendosi a dirlo di nuovo disse a denti stretti: “ Tom Orvoloson Riddle”
“ Non ricordo di averne mai sentito nessuno con questo nome, ma dev’essere normale. Sono qui da poco, sa?” fece Olivander sorridendo, con la vaga impressione di voler scherzare un po’. Ma Riddle non ne aveva alcuna intenzione.
“ Dov’è la mia bacchetta?” chiese impaziente.
“ Abbiamo fretta, vedo” fece Olivander sempre sorridendo. “ Bene, mi piacciono particolamente i clienti che sono impazienti di provare le bacchette magiche. E’ un arte molto antica sa, signor Riddle? Ogni mago, da quando la magia esiste, sceglie il proprio mezzo, per praticarla. Più di mille anni fa si scelse di utilizzare come mezzo le bacchette magiche. Ogni mago ne sceglie una… Mi perdoni, signor Riddle. Ho sbagliato. Ho detto che sceglie. In realtà è la bacchetta a scegliere il mago. Bacchette più potenti di altre esistono, signor Riddle. Una in particolare. Ma le sue tracce si sono perse da molto tempo ormai. Si reputa che attualmente un mago oscuro ne sia proprietario. Ma non si preoccupi… ne possiedo alcune anche io, che senz’altro le piaceranno”
Di tutto il discorso fatto da Olivander, Tom capì solo una cosa. Maghi oscuri? Allora c’erano maghi oscuri nel mondo della magia. Non erano tutti buoni e immacolati.
Rimase affascinato anche dal discorso della bacchetta più potente di tutte. Olivander non parve mentirgli quando gli disse che quella bacchetta non gli apparteneva. Apparteneva ora ad un altro. Chissà chi era questo tizio.
Ma ora voleva la sua. Vide Olivander cominciare a misurargli ogni angolo del suo corpo. Un’operazione piuttosto noiosa. Quando, finalmente, ebbe finito, prese una scatola al cui interno stava custodita una piccola bacchetta di legno.
“ Corda di cuore di drago, undici pollici. Bella, flessibile. La provi signor Riddle”
Non mi piace affatto come aspetto. Quella del vecchio, era più bella.
Questo pensò quando Olivander gli consegnò la bacchetta. Lui la tenne in mano e la osservò. Non accadde nulla.
“ Non la sente sua, vero?” fece Olivander con un sorriso incerto
“ No. Mi aspettavo qualcosa di meglio…”
“ Oh, si… questa era soltanto una prova. Da adesso cominciamo con le bacchette più belle” fece Olivander annuendo. Pareva pienamente convinto di ciò che stava dicendo.
Prese un’altra scatoletta un po’ più lunga della prima e la consegnò a Riddle.
“ Tredici pollici. Biancospino. Perfetta per la Trasfigurazione”
Questa è già meglio. Ma ancora non siamo a quella che voglio io.
E infatti fu così. Come avvenne prima, anche questa volta non accadde nulla. Olivander gliela prese di mano e la ripose nella scatola, da cui l’aveva in precedenza presa.
“ Tredici pollici e mezzo. Legno di tasso e piuma di fenice”
Questa a Riddle piacque subito. La osservò con una gioia selvaggia, che ancora una volta, come accaduto quando scoprì di essere un mago, trasformò il suo volto attraente in una maschera ben più terribile. Allungò la mano, la afferrò trionfante e la trasse verso di sé sfiorandola con dolcezza.
E’ fu lì che avvenne qualcosa di straordinario. Avvertì un calore improvviso al manico della bacchetta e dalla punta piovvero scintille rosse.
Alzò lo sguardo soddisfatto verso Olivander e questi gli sorrise: “ Ha visto che l’abbiamo trovata? Contento?”
Riddle annuì soddisfatto.
“ Bene. Allora sono dieci falci e tredici zellini. La impacchetto per bene e gliela consegno” disse Olivander. Ci fu poi una scenetta, nella quale Riddle ebbe un po’ di difficoltà a pagare, non conoscendo bene le monete che aveva in mano, e che il vecchio gli aveva consegnato. Olivander si offrì di aiutarlo, ma lui, come al solito, preferì risolvere la questione da sé. Dopo che ebbe capito, pagò e fece per uscire dal negozio.
Sulla soglia Olivander lo fermò un attimo e gli disse: “ Questa è la bacchetta più potente che ho all’interno del negozio. Faccia attenzione, signor Riddle. La usi con cautela”




 


 

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Capitolo 13
*** Il treno oltre la barriera ***


Il mese successivo venne trascorso da Riddle in maniera del tutto autonoma e indipendente. Imparò ben presto a girare per Diagon Alley senza aver bisogno di chiedere informazioni a nessuno. Al mattino si faceva il letto per conto suo, puliva la camera per conto suo, attirando enormi complimenti da parte di Tom il barista e tutto il Paiolo Magico in generale.
“ E’ un mio dovere, signore. Voi siete stato così gentile ad ospitarmi e questo è il minimo che posso fare per voi”
Così ben presto seppe guadagnarsi sin da subito la simpatia del barista, tant’è che ogni volta che doveva cenare o comunque mangiare lì dentro – il pranzo se lo comprava per conto suo nella via magica- a Riddle veniva assegnata la doppia porzione. Lui, molte volte, rifiutava, anche perché non gli sembrava affatto educato approfittarne troppo.
Riguardo alla sua nuova bacchetta ne fu ogni giorno sempre più affascinato. Aveva già cominciato ad eseguire i primi incantesimi, agitandola. Poca roba a dire la verità, ma era certo che era stato uno dei primi della sua giovane età, a capirne il funzionamento.
E il primo settembre avrebbe cominciato la sua nuova vita. Non vedeva l’ora. Prese il foglietto consegnatogli da Silente, dove gli aveva scritto come raggiungere la scuola e fu sorpreso nel vedere una cosa strana, com’erano tutte a prima vista in quel fantastico mondo.
La cosa strana riguardava il binario su cui avrebbe dovuto prendere un treno che lo avrebbe portato alla scuola di magia: Hogwarts.
Il binario non era affatto un normale binario. Non era come quelli normali segnati da un numero ben preciso. No. Quello era diverso. Era un binario che non aveva mai sentito nominare prima di allora: il binario nove e tre quarti.
Che strana cosa un binario frazionato. Aveva imparato le frazioni all’orfanotrofio. Sapeva non erano numeri a diretto contatto con tutti, erano numeri speciali come speciale doveva essere quel binario e quindi quel treno. Numero speciale, per binario speciale, per treno speciale, per scuola speciale, per ragazzo speciale.
Che bella combinazione di vita aveva avuto nelle ultime settimane. Aveva sempre sognato avere così tante opportunità per differenziarsi dagli altri. Poco gli importava, al momento,  di aver già conosciuto altre persone con i suoi stessi poteri, per ora gli bastava differenziarsi da quelli con cui aveva condiviso undici anni di vita. Per tutti gli altri suoi simili, avrebbe avuto poi tempo sufficiente per farlo anche da loro.
E poi lui in qualche modo, era già diverso dagli altri maghi. Lui parlava con i serpenti. Per quanto ne potesse dire e capire Silente, riguardo quel fatto insolito ma non unico nel suo genere, era certo che nessuno di quelle persone sapesse parlare ai serpenti, come lo faceva lui.
Quella sua capacità l’avrebbe sfruttata a suo favore una volta lì dentro, in quella scuola. Naturalmente nessuno lo avrebbe dovuto sapere, ma aveva già fatto una cosa del genere negli anni all’orfanotrofio. Nessun insegnante aveva mai saputo nulla per bocca dei bambini, lì dentro. E i sospetti della signora Cole e della signora Western  nell’ultimo mese, non avevano significato nulla senza l’ausilio di prove.
Avrebbe agito esattamente così, anche lì ad Hogwarts. Avrebbe usato il suo strabiliante, quanto affascinante potere seduttivo nei confronti degli insegnanti per poi rivelare la sua vera natura, mentre loro non erano presenti.  
E tutto questo, forse, avrebbe costretto gli altri a vedere in lui un idolo, una sorta di eroe, come lo era stato per quello sciocco di Zacharias. Ma anche per tutti gli altri, come era stato per Zacharias stesso, lui non avrebbe avuto il benchè minimo affetto. L’amicizia non era certo un obiettivo da raggiungere per lui. Non gliene sarebbe fregato nulla se avesse trascorso gli anni lì dentro senza neanche un amico. Gli amici sono per anime deboli, così aveva sempre pensato e così avrebbe continuato a pensarla.
E tra un complimento e l’altro, per il suo comportamento da ragazzo bene educato, da parte del barista, arrivò il giorno della sua partenza.
Tom, trascinando di nuovo il proprio baule, espresse il desiderio di essere accompagnato alla stazione di King’s Cross e subito il barista fece chiamare un taxi. Ma a differenza di quelli abituali, Riddle quando lo vide arrivare a folle velocità si sorprese che nessuno dei passanti lo avesse notato. Era il taxi più stravagante che avesse mai visto.
Aveva una sorta di motore da turbonave incorporato che gli avrebbe permesso di raggiungere una velocità tale da percorrere una metropoli come Londra nel giro di una ventina di minuti. Ma non solo, l’autista, un certo signor Mosby, gli rivelò che quell’auto aveva il potere di rendersi invisibile e addirittura di alzarsi in volo. E al posto del clacson aveva una sorta di bacchetta che spuntava dal cofano e che costringeva alle auto che la precedevano, di farsi da parte per lasciarla passare. Ovviamente senza che i loro autisti se ne accorgessero.
“ Allora caro ragazzo. Cosa vuoi fare? Arrivare in volo oppure provare la via terrena?” chiese il tassista con aria allegra.
“ Direi in volo, faremo prima” rispose Riddle
“ Allora allaccia le cinture che si parteee”
Riddle ebbe appena il tempo di farlo, che fu spinto all’indietro dalla forza dell’accelerazione.
“ Questi sono i primi prototipi di auto volanti. I babbani ancora sono alla benzina, ma noi diciamo siamo avanti di almeno un secolo rispetto a loro. Nel giro di qualche anno, il futuro delle auto magiche sarà tutto volante. Ovviamente poi esiste la Materializzazione libera o con Metropolvere e le annesse Passaporte che sono ancora più rapide. Ma se ad uno piace spostarsi in maniera, tra virgolette, più semplice e meno traumatica, questa insieme alle scope saranno il nostro futuro. E come mezzi pubblici notturni i Nottetempi si stanno sviluppando parallelamente. Anche quelli nel giro di un paio d’anni saranno liberi di circolare”.
Era talmente veloce il mezzo, che dopo circa dieci minuti erano già arrivati a destinazione.
“ Bene, la ringrazio” disse Riddle scendendo, con un leggero voltastomaco. Il viaggio, sebbene corto, gli era sembrato fin troppo estenuante. Il vento aveva creato non poche turbolenze in quota, e lo stesso autista alla fine aveva ammesso che forse la via terrena sarebbe stata preferibile.
“ Va bene, hai preso tutto? Bene ti auguro un felice anno, giovanotto. Si parteee”  e Riddle ebbe appena il tempo per alzare il manico del baule per poterlo trascinare a mo’ di trolley, che l’altro era già sparito.
Riddle entrò dentro la stazione di King’s Cross, da dove era uscito un mese prima, e cominciò a cercare il binario.
Stavolta non avrebbe avuto alcun senso chiedere informazioni sul binario nove e tre quarti. Era evidente che nessuno avrebbe saputo rispondergli. Sarebbe stato da sciocchi chiedere loro, qualcosa di cui ignoravano l’esistenza.
Guardò l’ora. Le dieci e mezza. Mancava ancora mezz’ora alla partenza.
Si avviò verso il binario nove e dieci. Doveva per forza essere da qualche parte lì vicino, ne era certo. Vide gente che passava di lì senza però accorgersi di nulla che potesse dargli quella impressione. Era come se loro non fossero per nulla impressionati dall’esistenza di un binario diverso, o semplicemente come aveva fin da subito pensato, ne ignoravano l’esistenza. Oppure ancor più semplicemente… Ma no. Non doveva neanche passargli per l‘anticamera del cervello quella conclusione. Aveva prove sufficienti per poter affermare che tutto quello che stava vivendo da un mese a quella parte, non fosse frutto della sua immaginazione. Semplicemente avrebbe dovuto cercare in ogni singolo lato di quella stazione.
Ad un tratto però intravide di nuovo la strana famiglia che lo aveva visto da solo quel giorno a fare compere a Diagon Alley.
“ Avanti. Il binario nove e tre quarti è di qua” disse la madre convinta, guidando le bambine lungo la passerella. Riddle fu costretto a seguirla, di nascosto senza farsi vedere. Non gli andava che lo vedessero nuovamente in difficoltà. Avrebbe poi dovuto sorbirsi domande scomode
“ Eccola qui” disse la signora Black fermandosi e osservando orgogliosa una barriera uguale a tutte le altre.
Come fa a sapere che è quella?” si chiese Riddle senza capire, fermandosi a debita distanza.
Non fece in tempo a pensare a cosa avesse di così diverso quella barriera da tutte le altre che la famiglia, madre e due figlie, scomparvero come per incanto come risucchiate da quella barriera.
Riddle allora fece una prova. Si diresse verso una barriera diversa da quella e tentò di far risucchiare il suo baule. Ma quando lo fece, vide che questo rimbalzò indietro dopo aver urtato il muro di mattoni.
Evidentemente la signora aveva ragione ad aver detto che era quella la barriera misteriosa.
Fece per dirigersi anche lui verso quella direzione, quella barriera e ci camminò incontro. Si fece vicina… sempre più vicina…
Finchè capì che era successo.
Si trovava su una nuova passerella. Centinaia di persone vestite come le aveva notate a Diagon Alley e nella stessa stazione, il giorno del suo arrivo a Londra, camminavano lungo essa.
Girò attorno alla barriera e lo vide.
Era un bel treno dalla locomotiva, scarlatta, a vapore. Un cartello sopra essa recitava: Espresso per Hogwarts, ore 11.
Si sentì soddisfatto. Ce l’aveva fatta e per giunta senza chiedere a nessuno. Credette che il suo fosse un caso unico, certamente nessuno sarebbe stato in grado di trovarlo da solo, come era stato in grado lui.
Le prime due carrozze erano gremite di bambini. Si diresse quindi alla terza e salì a bordo treno. Di lì a dieci minuti, sarebbe partito e avrebbe finalmente cambiato vita.  

   


 

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Capitolo 14
*** Il viaggio ***


Dieci minuti doveva aspettare, e dieci minuti aspettò prima che il treno cominciasse a muoversi lentamente lungo il binario. Non erano molti coloro che avrebbero deciso di trascorrere tutto il tempo del viaggio in completa solitudine, ma lui decise di farlo. Occorreva fin da subito mettere le cose in chiaro: che lui era fatto per stare da solo.
E solo doveva restare.
“ Cissy, non saluti tua sorella?” sentì dire dall’esterno.
Gettò un’occhiata fugace al finestrino e notò la piccola bimba accennare un saluto alla figura affacciata e sporgente dal finestrino. Anche lei, rispose al saluto della madre e quest’ultima le diede le ultime raccomandazioni. Poi il treno prese la curva e, madre e sorellina, insieme a centinaia di ingenui genitori, sparirono. Il rapporto tra genitore e figlio non lo capiva proprio, forse perché non lo aveva mai provato. Cosa diavolo avrebbe dovuto raccomandare quella donna alla figlia? Non sapeva badare a sé stessa da sola, come era stato in grado lui nell’ultimo mese?
Prese dal baule un paio di libri nuovi di zecca, comprati quel giorno a Diagon Alley, e cominciò a leggerli.
Difesa contro le Arti Oscure, Trasfigurazione, Pozioni, Incantesimi…. Erano tutti libri particolarmente affascinanti, anche se da subito il suo preferito, a prima vista, fu quello di Difesa. E forse, ne era abbastanza sicuro,  quella sarebbe stata la materia a cui avrebbe eccelso maggiormente.
Tirò fuori la sua nuova bacchetta di tasso e piuma di fenice e la osservò affascinato. Ogni giorno gli sembrava più maestosa e straordinaria.
Sfogliando il libro di Incantesimi notò da subito un incantesimo vero e proprio.
                                                                              
                                                                  Wingardium Leviosa


Decise di provare subito. Si sarebbe così portato avanti, badando davvero alle cose importanti, invece che sprecarsi in futili e sciocchi chiacchiericci come gli altri ragazzini. Chiuse la porta dello scompartimento, in modo da creare più silenzio e tranquillità possibile e si concentrò. Prese una delle piume, usate per scrivere, che aveva nel baule e la poggiò sul sedile accanto al suo. Poi gettò uno sguardo alla bacchetta e la puntò contro la piuma.
Guardò il libro, come per ricordarsi della formula e agitò la bacchetta, esattamente come veniva spiegato.
“ Wingardium Leviosa” disse sottovoce tra sé.
La piuma cominciò lentamente a levitare come se fosse stata afferrata da una mano invisibile. Si sorprese, quasi, che fosse riuscito al primo tentativo. Non era poi così difficile, come incantesimo. Ne esistevano sicuramente di altri…
La porta dello scompartimento si aprì di scatto ed entrò la ragazza bruna, Bellatrix, la quale ebbe la colpa di distrarlo, facendogli cadere la piuma.
“ Mi hai fatto perdere il controllo” ringhiò infuriato Riddle
“ Oh, scusa. Passavo di qui e…” rispose lei sulla difensiva, un po’ impaurita da quella reazione così rabbiosa
“ Cosa vuoi?” domandò, cercando di calmarsi e assumere un tono più gentile
“ Niente, ti vedevo tutto solo… Di là c’è un po’ di gente, se vuoi puoi venire” propose la ragazza
“ No, grazie. Voglio stare da solo. Mi stavo portando un po’ avanti riguardo ciò che dovremo fare” rispose Riddle, accennando ai libri di testo
“ Oh davvero?” chiese Bellatrix tutta incuriosita. Per un attimo dimenticò il motivo per cui era lì
“ Sai, non mi interessano quelle stupide chiacchiere di voi ragazzini, oserei dire: comuni mortali. Io sono diverso da voi tutti. Io sto andando in quella scuola per diventare un giorno, il numero uno. E vedrai che lo diventerò”
“ Come hai detto che ti chiami?” domandò Bellatrix senza aver dato idea di aver udito
Riddle la fissò senza alcuna intenzione di risponderle. Pronunciare quel nome per l’ennesima volta, non avrebbe potuto sopportarlo. Ce n’erano troppi con quel nome in giro. Persino il barista al Paiolo Magico si chiamava così.
Rimase in silenzio, finchè non ne ebbe davvero abbastanza.
“ Scusa, puoi uscire per favore? Voglio tornare a concentrarmi” disse seccato
“ Volevo ringraziarti per quel bel complimento che mi hai fatto quel giorno a Diagon Alley” ammise lei, abbassando lo sguardo.
Riddle se lo ricordava bene. Ma decise di divertirsi un po’ con lei. Così finse di non ricordarselo per umiliarla, per vedere come avrebbe reagito.
“ Mi dispiace, non ricordo nulla” mentì. Lui avrebbe potuto farlo, d’altronde lei non poteva certamente sapere cosa pensasse in quel momento. Non aveva quel dono innato che apparteneva a lui e a lui solo, fin dalla nascita.
Tuttavia lei, però non cadde nel tranello, con grande disappunto di Riddle. Restò al gioco, e annuì con la testa. Sempre con lo sguardo abbassato. Non ebbe la minima reazione disperata, che forse una parte di lui si sarebbe atteso. Evidentemente arrivata a casa, i suoi le avevano fatto il lavaggio del cervello. Poi, il disappunto si trasformò in soddisfazione. Lui era l’oggetto imprendibile per lei, e non  le avrebbe certamente concesso di arrivare a prenderlo.  E poi, quale sentimento poteva anche solo superare come stupidaggine l’amicizia o qualcosa di più intenso? Due folli sentimenti che solo le persone deboli potevano provare.
Bellatrix allora alzò lo sguardo, Riddle notò in lei un lieve ma visibile risentimento, e fece che uscire senza neanche salutarlo.
Che perditempo” pensò Riddle tra sé arrabbiato.
Aveva la netta sensazione che quella sciocchina l’avrebbe perseguitato con i suoi stupidi ricatti per quei  sette lunghi anni di scuola. Ma lui aveva tutta l’intenzione di proibirglielo.
Conosceva le persone come quella Bellatrix o come si chiamava. Erano autentiche perditempo e anche piuttosto seccatrici. Zacharias era della sua stessa specie e alla fine era caduto. Stessa sorte sarebbe toccata anche a lei se non si fosse ravveduta.
Per ora non voleva avere gente simile accanto. Ora il suo obiettivo era imparare il più possibile e in fretta, ovviamente da solo senza chiedere spiegazioni supplementari ai suoi futuri insegnanti e men che meno a quel branco di ragazzini insopportabili. Poi, magari, un giorno si sarebbe fatto qualche “amico”.
Ci sarebbe mancato solo che quella sciocca ragazza gli proponesse di sedersi con lui e aiutarlo a studiare insieme. Avrebbe ricevuto poi quello che meritava, se solo avesse osato proporglielo.
Si pentì amaramente anche di quel briciolo di umanità che aveva avuto quel giorno a Diagon Alley. Era stato un grave errore farle quel complimento. Forse, se non l’avesse incontrata o se non avesse chiesto informazioni, ognuno se ne sarebbe andato per la propria strada.
Tornò a concentrarsi sull’incantesimo. Ma non riuscì più a eseguirlo come la prima volta. Infuriato, chiuse il libro con un colpo secco e, dopo averli sistemati nuovamente nel baule, tornò a guardare il finestrino.
La porta dello scompartimento si aprì di nuovo e Riddle si voltò sbuffando d’impazienza. Quando però vide chi era entrato, questa volta, nascose il proprio disappunto e i suoi occhi mandarono un lampo. Un signore piuttosto giovane e robusto con lunghi baffi da tricheco era lì sulla soglia. Si guardò attorno e poi fissò Riddle incuriosito.
“ Chi è lei?” domandò Tom, ma una parte di lui già sapeva la risposta.
“ Io, ragazzo? Io sono un tuo futuro insegnante. Mi chiamo professor Lumacorno”
Tom allora si mise seduto comodamente e l’altro proseguì.
“ Cosa stavi facendo?” domandò poi con una punta di curiosità
“ Niente, mi stavo esercitando un po’ con le materie. Sono impaziente di cominciare subito” spiegò Riddle
Lumacorno sorrise.
“ Avrai tutta l’opportunità per farlo. Sette anni sono molto lunghi. Adesso perché non vieni un po’ con me? Sto facendo conoscenza con i miei futuri studenti. Il rapporto tra professori e studenti per me deve equivalere a quello tra genitori e figli. D’altronde per sette anni, noi saremo i vostri genitori e insegnanti, visto che di fatto vivremo sotto lo stesso tetto, tutti i giorni”.
Riddle ebbe un sospetto che non tardò ad esternare.
“ L’ha mandata la ragazza vero?” chiese sospettoso, socchiudendo gli occhi
“ Quale ragazza?” domandò Lumacorno spiazzato.
“ La ragazza bruna” fu la risposta
“ Ah lei?” Lumacorno fece una risatina. “ Beh, se anche fosse?”
Ecco, lo sapeva. Lo aveva sempre saputo, fin da quel giorno in cui la incontrò per caso in quella dannata via. Quella ragazza non si dava per vinta. Ma lui non avrebbe certamente perso la sfida. Decise quindi di accettarla e disse: “ Va bene, vi raggiungerò tra poco. Ma lo faccio solo per conoscervi meglio…”
Aveva deciso di approfittare subito dell’occasione per incominciare a estendere il suo raggio d’azione sui professori. Quel Lumacorno sarebbe stato il primo.
In quell’occasione avrebbe sfruttato l’insistenza di quella ragazza per i suoi scopi personali, per i suoi vantaggi personali. Quella sarebbe stata la sua mossa, in risposta a quella di lei. Non avrebbe fallito, ne era certo.
Lumacorno probabilmente lo stava aspettando lungo il vagone, quando decise di andare.
Si alzò, si stiracchiò, con tutta la calma possibile e, preso il baule, uscì dallo scompartimento.



 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 15
*** Lo scompartimento C ***


Lumacorno lo stava aspettando lungo il corridoio del vagone. Nel frattempo un signore di mezza età, biondo e dagli occhi azzurri stava passando con un carrello carico di roba da mangiare. Riddle prese la prima cosa che vide: Gelatine Tutti i Gusti + 1 e ne trovo una all’amarene. Chiese informazioni su cosa fossero al signore e lui gli spiegò tutta la storiella. Ma Riddle fu costretto a interrompergli l’esposizione, peraltro assai noiosa, poiché Lumacorno gli faceva ampi cenni di muoversi.
Non aveva intenzione di farlo insospettire.
Fu guidato fino ad uno scompartimento un po’ più grande degli altri, una scritta annunciava: “ scompartimento C”. Lumacorno entrò annunciando tutto allegro, il nuovo arrivato.
Riddle notò tre persone che già aveva conosciuto. Uno era il ragazzo che aveva visto sul treno per Londra il giorno del suo addio all’orfanotrofio: Avery. Sedeva con l’aria di chi fosse lì per puro caso. Dall’altra parte c’era l’altro che aveva conosciuto a Diagon Alley: Rodolphus Lestrange. Al contrario del primo, era sorridente e aveva l’aria del signor perfettino: colletto ben alto, ben pettinato e dritto, rigido, sul sedile; e la terza persona era l’unica donna presente: Bellatrix Black.
Poi c’erano altre tre persone che non conosceva e non aveva mai visto. Uno era grosso come un orso e aveva capelli color topo; il secondo era magro e alto con una faccia lunga e storta e il terzo era tarchiato con la mascella sporgente.
“ Bene” disse felice Lumacorno sedendosi di peso su uno dei sedili liberi dello scompartimento. Riddle noto uno dei bottoni della sua giacca, tirati fin quasi al limite. In effetti, non era proprio a suo agio con quella giacchetta, gli parve evidente.
“ Prima di tutto le presentazioni”
Si schiarì la gola e esordì: “ Io mi chiamo professor Horace Lumacorno. Sono il vostro nuovo insegnante di Pozioni. Dippet, il vostro preside, mi ha offerto la cattedra per insegnare alla scuola di Hogwarts. Immagino che saprete tutto di Hogwarts”
Non ci fu nessuno che accennò affermativo, per cui Lumacorno fu costretto a iniziare una lunga storia talmente noiosa che Riddle a metà già non ne poteva più.
Quando il professore finì il suo monologo, propose: “ Adesso facciamo un gioco. Ognuno di voi si presenterà con il proprio nome e mi racconterà un po’ di sé. Così giusto per fare una conversazione da vecchi amici. Va bene?”
Il suo sguardo fu intercettato da quello di Riddle e restò fisso per un istante più a lungo rispetto agli altri.
“ Bene…cominciamo. Vuoi iniziare tu?” domandò fissando sempre il ragazzo pallido seduto di fronte a lui.
Riddle chiuse gli occhi, controvoglia, respirò a fondo e cominciò: “ Mi chiamo Tom Orvoloson Riddle, sono orfano. Nel senso che non ho mai conosciuto i miei genitori. Sono morti o perlomeno non si sono mai fatti vedere in questi miei undici anni di vita. Sono stato allevato in un orfanotrofio, vicino Londra. Ma quello non era il posto adatto a me. C’erano persone che non mi comprendevano, che non mi volevano bene. Alla fine sono arrivati a considerarmi davvero malato, pazzo oserei dire. Avevano chiamato un dottore, per farmi visitare. Fino a quando…” e qui fece una pausa. Guardò tutti i quali sembrano interessatissimi alla sua storia, compreso il professor Lumacorno. Ma non ne capiva realmente il motivo. Era una vita noiosa, fin troppo noiosa, quella che aveva condotto in quegli undici anni.
Poi riprese: “ Fino a quando ho scoperto di essere un mago. A dire la verità, vi erano stati alcuni episodi in precedenza che mi avevano fatto sospettare qualcosa di diverso in me”.
“ Quali?” domandò Lumacorno, per tutti, sempre più interessato. Prese un biscotto, dalla scatola, ne offrì a tutti e poi cominciò a mangiarlo. Esattamente come se fosse seduto al cinema, guardando un film. Ma quel film era la vita precedente che Tom era arrivato a odiare. Non certo per colpa sua, ma per colpa di altri che non lo avevano compreso.
“ Oh” fece Riddle. Non aveva certamente intenzione di raccontare loro degli incidenti all’orfanotrofio. Ripensò all’unico vero litigio, in cui poteva esserne vittima,  con Billy Stubbs e decise di amplificarlo sproporzionalmente.
“ Beh… mi ricordo di un fatto in particolare” Riddle ci riflettè su.
“ Una volta, in spiaggia. Alcuni bambini hanno cominciato a picchiarmi e a tirarmi calci, senza un apparente motivo. Ma era sempre così. Gli altri bambini si comportavano da bulli con me. Facevano i sapientoni. Mi prendevano in giro perché ero più piccolo e più magro di loro. Una volta comunque, hanno esagerato. Proprio quel giorno in spiaggia. Hanno cominciato a picchiarmi con più violenza rispetto alle altre volte e poi, quando si erano avvicinati per darmi il colpo finale, il loro tentativo è andato a vuoto. Sono come sparito e riapparso dietro di loro. Non hanno saputo spiegarselo, ma sono rimasti sbalorditi. E si sono arrabbiati ancora di più. Hanno tentato e ritentato, più volte di colpirmi, ma non ce l’hanno fatta”
“ Interessante” ammise il professore annuendo.
“ Davvero, Tom. Sono rimasto molto colpito dalla tua storia. Molto triste, davvero. Ma vedrai che a Hogwarts non ti accadranno queste cose. Perché il preside Dippet non lo permetterà. Qui si rischia l’espulsione se uno si dovesse comportare male”
Poi si rivolse agli altri presenti con sguardo severo.
“ Avete capito voi tutti? Se comincerete a comportarvi male, con questo ragazzo, dovrete risponderne al corpo docenti. Quindi siete avvertiti”
Riddle fingendosi innocente gettò un’occhiata agli altri, i quali ricambiarono lo sguardo, comprensivi e molto dispiaciuti da ciò che il povero Tom Riddle aveva subito a causa di quelle persone malvagie.
“ Molto bene. Tom, comunque qualunque cosa succeda a Hogwarts sei assolutamente autorizzato a farne parola con noi. E prenderemo noi i provvedimenti verso il colpevole. Ti chiedo solo un favore: non agire di persona. Perché poi passeresti dalla parte del torto. D’accordo?”
Riddle annuì e fece un lieve sorriso.
“ Sarà fatto, signore”.
“ Ora, chi vuole essere il prossimo?”
Fu il turno di Rodolphus.
“ Io mi chiamo Rodolphus Lestrange signore” cominciò questi leggermente altezzoso
“ Sono nato da genitori maghi e la mia famiglia è originaria francese. Hanno frequentato insieme la scuola di Beauxbatons, mio padre e mia madre, ma poi hanno deciso di trasferirsi qui in Inghilterra. Io, insieme a mio fratello Rabastan, siamo nati in Inghilterra. Mio fratello non viene a Hogwarts quest’anno, è due anni più piccolo di me.  Però vi dico che già non vede l’ora” fece un sorriso e tutti, tranne Riddle, lo ricambiarono.
“ La mia famiglia, comunque, è sempre stata molto orgogliosa di me. Siamo gente molto nobile, molto ricca”
“ Come hai scoperto di essere un mago?” domandò Lumacorno, mentre mangiava un altro biscotto
“ A dire la verità, l’ho sempre saputo. I miei genitori hanno deciso di dirmelo già quando avevo sei anni e la stessa cosa hanno fatto con Rabastan. Si… lo so… sono molto ansiosi e amano anticipare i tempi. Ma voglio loro molto bene. Non so cosa farei se non li avessi”
Quell’atteggiamento stile ragazzino viziato, non piacque per nulla a Riddle. Ma non potè esprimere, ovviamente, il suo pensiero perché altrimenti avrebbe rischiato di compromettere tutto.
Evidentemente anche Bellatrix la pensava allo stesso modo.
Poi toccò alla strega presentarsi.
“ Anch’io sono di famiglia magica, signore”.
Riddle notò una punta di noia nella sua voce. Evidentemente anche lei si stava pentendo di aver accettato la proposta, aspettandosi inizialmente, forse, qualcosa di più divertente. Anzi, Tom lo intuì,  era stata lei a dare quella stupida idea al professore. Era tutta colpa sua…
“ Mi chiamo Bellatrix Black. Sono nata e vivo solo con mia madre. Mio padre è morto anni fa in un incidente durante uno dei suoi esperimenti con la magia. Era un mago molto potente e straordinariamente dotato. Ma non sapeva vivere senza i suoi esperimenti. Ho una sorella più piccola, ha quattro anni, di nome Narcissa e sono in attesa di un’altra che nascerà tra qualche mese, anche se ancora non abbiamo deciso il nome. Quasi ogni giorno, io e Narcissa, litighiamo perché non obbedisce a quello che le dico. A me piace molto dare ordini, all’interno della mia famiglia. Dopo mia madre, a casa nostra comando io e lei è molto contenta di questo. A volte, riesco persino a farmi obbedire da mia madre”
“ Una ragazza dal carattere forte, insomma … “ commentò Lumacorno sorridendo.
“ Beh, sì… hai proprio le caratteristiche per finire nella mia Casa. Serpeverde. In tal caso, saresti la benvenuta, Bellatrix”
Lei in risposta sorrise e gettò uno sguardo a Riddle, che però la ignorò.
“ E il tuo turno, adesso” disse Lumacorno rivolto ad Avery.
E così, mentre i restanti raccontavano un po’ di loro -i tre ragazzi sconosciuti dissero di chiamarsi uno Olive Hornby , l’altro Evan Rosier e l’ultimo, quello con la faccia storta, Antonin Dolohov- calò la sera. Il treno continuava sfrecciare anche se ormai, a causa dell’oscurità, non vedevano più il paesaggio attorno a loro.
Lumacorno guardò l’ora e disse: “ Tra poco arriveremo. Beh… dopo questo, direi che la prima riunione si può dire conclusa”
Riddle sorpreso, domandò: “ Prima riunione?”
Lumacorno sorrise: “ Si, Tom. Prima riunione. Ce ne saranno altre. Rimane solo da capire come possiamo chiamare i nostri incontri, o se preferite questo gruppetto di ragazzi che vi partecipano”
E così ciascuno si sbizzarrì con il nome da dare. Alcuni proposero “club degli studenti modello”, ma Lumacorno non fu d’accordo perché prima voleva provarli un po’… Bellatrix suggerì “ club di Pozioni” . Questo piacque parzialmente al capo, Lumacorno, ma disse che era un po’ troppo generico, finchè fu il turno di Riddle darne il nome.
“ Signore, io avrei questo: Lumaclub. Che ne dice?” disse, convinto già della risposta.
“ Sai, Tom? Era proprio quello a cui stavo pensando. Come hai fatto a scoprirlo?” domandò strabiliato.
Lui sorrise appena.
“ Intuizione” fu la risposta.
Lumacorno battè le mani e affermò: “ Allora, io proporrei di chiamarlo così. Tom ha vinto. Un applauso per Tom Riddle”
E tutti cominciarono a applaudirne l’idea. Bellatrix compresa.
Lui si sentì soddisfatto a essere al centro dell’attenzione. Quello significava farsi amici? Non era poi così malvagia come cosa, se lo avessero trattato come un leader. Ma al momento, comunque la sua priorità non doveva essere quella, avrebbe dovuto prima di tutto imparare molte cose. Poi, forse, ne avrebbe trovati. Quei ragazzi non sembravano così stolti e idioti come aveva inizialmente supposto. Pensò che tutti, compresa la ragazza, avrebbero in futuro potuto far parte del suo club. Non di quel vecchio tricheco da strapazzo.
Una voce d’altoparlante, interruppe i suoi pensieri e i suoi piani: “ Tra cinque minuti, arriveremo ad Hogwarts. Siete pregati di lasciare tutti i bauli sul treno. Verranno spediti direttamente nelle vostre stanze”
“ Coraggio, andate a cambiarvi” intimò il professore facendo cenno di uscire dallo scompartimento
E tutti uscirono. Riddle però indugiò un attimo prima di uscire.
“ Tom non vai, tu?” domandò Lumacorno, vedendolo ancora lì, fermo.
“ Stavo riflettendo su una cosa tra me, mentre pensavo al nome da dare al club signore. Lei sa che stavo cominciando a studiare le materie, già stamattina. Ecco… tra tutte le materie che ho visto, Pozioni è stata quella che mi è piaciuta maggiormente”
“ Davvero, Tom?” fece Lumacorno compiaciuto.
“ Naturalmente, signore” rispose Riddle con un breve inchino.
“ Sai, Tom… quando ti ho visto stamattina ho subito pensato: questo sarà uno studente modello. Hai quell’aria da giovane molto ambizioso e sono certo che non mi sbaglierò”
E gli fece cenno di uscire.


 



 




 

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Capitolo 16
*** Lo smistamento ***


Non ci fu molto da attendere, dopo che Tom si fu cambiato con i nuovi abiti. Gli stavano piuttosto bene, notò.
Il treno aveva cominciato a fermarsi lungo una  passerella di stazione decisamente più piccola di quella di King’s Cross. Ci fu un istante di silenzio, dopodichè quando il treno si fermò, tutti i ragazzi si accalcarono all’uscita. Facevano a gara a chi scendeva per primo, con il rischio di cadere e farsi male. Tom, prese tranquillamente le sue cose, e scese altrettanto tranquillamente.
La stazione era, come aveva da subito immaginato, piccola e buia. Un uomo con una lunga barba marrone chiara, tendente al rossiccio e capelli castano chiari li attendeva al binario, portando con sé una lanterna.
Riddle riconobbe colui che gli aveva rivelato la sua natura: Albus Silente era lì ad attenderli e probabilmente sarebbe stato lui a guidarli al castello.
“ Primo anno, da questa parte prego. Tutto bene, Horace? Tu vai con le carrozze insieme agli altri. Ti aspetto tra poco in Sala Grande” aggiunse rivolto a Lumacorno che nel frattempo era anch’egli sceso dal treno. Riddle lo vide allontanarsi nella direzione opposta.
Quando li ebbe radunati, gettò uno sguardo come a contarli, tirò fuori un foglio dove probabilmente qualcuno gli aveva scritto un elenco delle persone che avrebbe dovuto portare con sé e poi si avviò verso l’uscita della stazione.
Li guidò  lungo un sentiero ripido e stretto,  dove alcuni trovarono parecchie difficoltà a camminare e uno in particolare che soffriva di vertigini, fu accompagnato mano nella mano dall’insegnante che si era gentilmente offerto di aiutarlo.
“ Eccolo lì davanti a voi” disse ad un tratto Silente dopo aver imboccato una curva
A Riddle gli si spalancarono gli occhi per lo stupore. Davanti a lui si stagliò l’immagine di un grande lago nero e appollaiato in cima ad una montagna sullo sfondo si stagliava un grande castello, con molte torri e torrette.
Poi Silente li guidò a bordo del lago, in cui vi erano ancorate delle barchette abbastanza grandi da ospitare due ragazzini insieme. A Riddle per certi versi quell’immagine ricordò molto quella del lago pieno di cadaveri, anche se questo, ovviamente al contrario di quello, era un lago normale.
Prese la sua barca, incurante degli altri e ci salì sopra.
Appena capite le intenzioni, Silente lo chiamò. “ Tom, due persone. Prenditi un compagno e fallo salire assieme a te”
Riddle provò a protestare: “ Ma signore…”
“ Due persone” ripetè Silente calmo ma irremovibile.
Sbuffando e lanciando maledizioni tra sé, Riddle fece salire uno di quelli che era rimasto solo senza compagno. E con suo enorme dispiacere si trattava di quello che soffriva di vertigini.
“ Avanti sali. Non farmi perdere tempo” ordinò brusco
Quello, poveretto, ci stava provando. Ma era talmente rigido e impacciato nei movimenti che non riusciva a salire e inoltre il pensiero di affondare con tutta la barca, lo frenava. In più sopraggiunse anche il problema che appena mise un piede sul legno della barca, ormai senza ancora,  quella cominciò a ondeggiare, creandogli un senso di panico e mal di mare.
“ Avanti, muoviti!” intimò Riddle, mentre gli altri partivano senza di lui.
Quando vide che non ci fu verso, anzi che quello si lamentava dicendo che era stata una pessima idea arrivare fin lì, e che voleva tornarsene a casa, Riddle uscì dalla barca e gli diede una spinta così forte da farlo cadere letteralmente dentro. Ci mancò davvero poco che la barca non si rivoltasse, buttandolo in acqua.
Poi, tra una ammaccatura e l’altra, il ragazzino si tirò su a sedere, sull’orlo delle lacrime e cominciò a piangere.
Fece tutto il viaggio, trattenendo la voglia di buttarlo nel lago e lasciarlo lì, ma vi posso assicurare che la tentazione fu davvero grande. Per tutto il viaggio il ragazzo pianse, lamentandosi che si era fatto male cadendo dentro la barca, ma era talmente sotto shock che se qualcuno gli avesse detto, come ci fosse finito lì dentro, lui probabilmente avrebbe negato che a fargli fare quella caduta rovinosa era stato Riddle.
Raggiunse i compagni, navigando praticamente da solo, visto che l’altro era troppo impegnato a lamentarsi e scese dalla barca, felice che finalmente si sarebbe separato una volta per tutte da quel seccatore.
Silente li guidò verso l’interno del castello, dove una grande e pesante porta sbarrava l’ingresso. Bastò un tocco della sua mano e la porta magicamente si spalancò.
All’interno Riddle rimase meravigliato. Era ancora più bello di quello che si era immaginato. La sala d’ingresso era talmente grande che avrebbe potuto tranquillamente inglobare l’intera struttura dell’orfanotrofio, e probabilmente sarebbe avanzato ancora dello spazio libero.
Era illuminato da torce fiammeggianti e delle voci uscivano dalla porta lì vicino. Probabilmente quella era la sala dei banchetti, visto che era anche ora di cena.
Ma Silente, contrariamente a quello che aveva immaginato, non li guidò lì, ma in una saletta a parte dopo aver attraversato il salone.
Fece chiudere la porta dopo che furono entrati tutti e cominciò il suo discorso, parlando con grande calma, ma estrema sicurezza.
“ Benvenuti a Hogwarts” disse in quello che sembrava un discorso pronunciato più volte ogni anno.
“ Tra pochi istanti avrà inizio il banchetto per l’inaugurazione dell’anno scolastico. Ma prima di prendere posto nella Sala Grande, e quindi prima di mangiare, verrete smistati nelle vostre Case. Lo Smistamento è una cerimonia molto importante, perché per tutto il tempo che passerete qui, la vostra Casa, sarà la vostra famiglia” e qui gettò uno sguardo a Riddle che lo ricambiò impassibile. Silente allora, proseguì: “ Frequenterete le lezioni con i vostri compagni di Casa, dormirete nei dormitori della vostra Casa e passerete il tempo libero nella sala di ritrovo della vostra Casa. Esse sono Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e Serpeverde. Ciascuna la ha propria nobile storia e ciascuna ha sfornato maghi e streghe di prim’ordine.  Per il tempo che passerete qui, i trionfi delle regole faranno guadagnare punti alla vostra Casa, e ogni violazione” e guardò ancora Riddle: “ Gliele farà perdere. Alla fine dell’anno, alla Casa con più punti verrà assegnata la Coppa delle Case” Dopo un lungo sospiro, Silente distolse lo sguardo da Riddle e annunciò a tutti: “ La cerimonia dello Smistamento inizierà tra pochissimo. Aspettatemi qui, che devo dare avvertenza al preside Dippet”
Li oltrepassò e uscì dalla sala, chiudendosi la porta alle spalle. Si udì un bisbigliare concitato, ma Riddle non prestò attenzione a ciò che dicevano. Era impegnato a guardarsi attorno e ad assorbire dentro di sé, tutta quella meraviglia. Chissà se il resto del castello era così affascinante…
Silente rientrò nella saletta annunciando che erano tutti pronti per riceverli. Uscirono e Silente li guidò oltre il portone da dove Riddle, aveva inizialmente, sentito provenire le voci.
Appena la porta si aprì per lasciarli entrare, Riddle si rese conto che ogni sala di quel favoloso castello era più bella dell’altra.
Non aveva ancora assorbito la precedente maestosità e grandezza del salone d’ingresso che un’altra sala ancora più maestosa e più grande della prima, gli si parò davanti.
Dall’indicare verso l’alto di chi lo precedeva, capì che sopra le loro teste qualcosa di sorprendente stava avvenendo. Sollevò lo sguardo e, meraviglia delle meraviglie, vide centinaia di candele sospese a mezz’aria. Oltre le candele si stagliava il cielo nero, trapunto di stelle. Ma Riddle fu certo che si trattasse di magia. Lo percepiva. A terra quattro lunghi tavoli erano riccamente addobbati e stavano seduti studenti: alcuni decisamente più grandi, altri meno. Ma Silente non li fece sedere lì al tavolo, ma li guidò verso il tavolo degli insegnanti, in fondo alla sala, dove, Riddle notò, vi si era seduto anche Lumacorno.
Un vecchio cappello rattoppato e vecchio stava sopra uno sgabello, come se stesse aspettando di essere indossato.
E Riddle pensò bene, poiché Silente spiegò che per essere smistati avrebbero dovuto indossare quel vecchio cappello.
Che cosa stupida. Ci prendono in giro? Si fanno beffe di noi, di me?”  pensò infastidito.
Quando meno se lo aspettava, quello strano cappello, cominciò a cantare un motivetto tutto suo, ascoltato in silenzio da tutti, compresi i professori.


Forse pensate che non son bello,
ma non giudicate da quel che vedete,
io ve lo giuro che mi scappello
se uno più bello ne troverete.
Or son mille anni, o forse anche più
che l’ultimo punto cucito mi fu:
vivevamo allor quattro maghi di fama,
che ancora oggi celebri ognuno qui chiama.
Il fier Grifondoro, di cupa brughiera
e Corvonero, beltà di scogliera,
e poi Tassorosso, signor di vallata,
e ancor Serpeverde, di tana infossata.
E’ forse Grifondoro la nostra via
culla dei coraggiosi di cuore:
audacia, fegato, cavalleria
fan di quel luogo uno splendore
O forse è a Tassorosso la nostra vita,
dove chi albenga è giusto e leale:
qui la pazienza regna infinita
e il duro lavoro non è innaturale
Oppure Corvonero, il vecchio e il saggio
se siete svegli e pronti di mente
ragione e sapienza, qui trovan linguaggio,
che si confà a simile gente.
O forse a Serpeverde, ragazzi miei,
qui troverete gli amici migliori,
Gente audace e astuta e non babbei
che qui raggiungono scopi e onori.
E se il Grifondoro il coraggio cercava,
e il giovane mago più audace premiava
per Corvonero una mente brillante
fu tosto la cosa davvero importante.
Chi poi nell’impegno trovava diletto
del buon Tassorosso vinceva il rispetto,
e per Serpeverde la pura ambizione
contava assai di  più di ogni nobile azione.
I quattro, concordi, gli allievi diletti
sceglievan secondo criteri corretti.
Ma un giorno si dissero: “ chi li spartirà
quando ognuno di noi defunto sarà?”
Così Grifondoro un modo trovava
e me, dal suo capo, veloce sfilava.
Ma poi cosa accadde, che cosa andò storto
per rendere tale amicizia gran torto?
Io c’ero e ahimè qui vi posso narrare
com’è che il legame finì per errare
Fu che Serpeverde così proclamò:
“ di antico lignaggio, gli studenti vorrò”
e il fier Corvonero si disse sicuro:
“ io stimerò sol l’intelletto più puro”.
E poi Grifondoro: “ Darò un gran vantaggio
a chi compie imprese di vero coraggio”.
E ancor Tassorosso: “ Sarà l’uguaglianza
del mio insegnamento la sana sostanza”
Le Case che con profondissimo ardore
reggevano alto di Hogwarts l’onore
mutarono in fiere nemiche giurate,
e si fronteggiaron, d’orgoglio malate.
Sembrò che la scuola dovesse crollare
amico ed amico, volevan lottare
E infine quel tetro mattino si alzò
che Sal Serpeverde di qui se ne andò.
La disputa ardente tra gli altri cessava
ma le Case divise purtroppo lasciava,
né furon mai più solidali da che
i loro fondatori rimasero in tre.
Ma con me, sarete in mani sicure
perché non vi saranno guerre.
E se sulle orecchie mi avrete calato
voi state pur certi, non ho mai sbagliato:
nelle vostre teste un’occhiata darò
e alla Casa giusta vi assegnerò.


Il cappello finì di cantare e tutta la Sala scoppiò in un fragoroso applauso.
Silente, con le lacrime agli occhi per l’emozione prese il cappello e disse: “ Che dolce che è, vero?”
Se lo mise in testa, sorridente, e quello gridò: “ GRIFONDORO”
Riddle invece era sconfortato.  Non aveva mai udito niente del genere. La canzone l’aveva trovata noiosa e forse persino presuntuosa: addirittura non aveva mai sbagliato, quel vecchio cappello malandato?
Silente nel frattempo si era tolto il cappello e aveva annunciato a tutti il primo nome: “ Black Bellatrix”
Due file dietro Riddle, si fece largo la ragazza che Tom, sfortunatamente aveva concesso di conoscerlo e si sedette sullo sgabello.
Vi fu un istante di totale silenzio. Poi il Cappello gridò: “ SERPEVERDE”.
Bellatrix se lo tolse soddisfatta e andò a sedersi vicino ai compagni del tavolo Serpeverde.
Tom rimase ad attendere il proprio turno. Anche Avery e Rodolphus vennero smistati a Serpeverde. Chissà lui dove sarebbe capitato. Tuttavia notò come alcuni rimanevano più a lungo seduti sullo sgabello, con il cappello in testa, rispetto ad altri. Evidentemente il Cappello ci metteva un po’ più di tempo per decidere, con alcuni.
Finalmente fu il suo turno.
“ Riddle Orvoloson Tom”
Fu uno degli ultimi, visto che l’appello avveniva in ordine alfabetico
Si sedette sullo sgabello e per un attimo piombò nell’oscurità più totale.
“ Bene” udì una vocina all’orecchio. Fu certo che era quella del cappello.
“ Qui noto del talento, molto talento a dire il vero. Ambizione, coraggio e audacia. A dire il vero non ho mai avuto così tanta sicurezza ad assegnare Serpeverde a qualcuno. In te tutte le caratteristiche di Serpeverde , come ho detto nella canzone prima, sono lampanti. Davvero eccezionali. Ecco perché per me è più che mai: SERPEVERDE”
E Riddle togliendosi il cappello, soddisfatto di essere stato assegnato  in mezzo a quella cerchia di maghi puri di cuore, pieni di coraggio e talento, lo faceva sentire a casa. Ma nonostante ciò, preferì non ricevere troppi complimenti e si mise in disparte.
L’ultimo ad essere smistato fu un certo Rufus Scrimgeour che finì a Grifondoro.
Il chiacchiericcio che si era formato fu interrotto dal preside Dippet: un uomo dall’aspetto grinzoso e quasi completamente calvo, tranne per un ciuffo di capelli bianchi, il quale si alzò in piedi e disse, quando la Sala fu piombata nel silenzio: “ Benvenuti a Hogwarts, pronti per un nuovo anno. Prima di iniziare il banchetto inaugurale volevo darvi una piccola informazione riguardo il corpo insegnanti. Sono lieto di annunciare che dopo tante promesse, e tante suppliche anche, il professor Horace Lumacorno ha accettato di insegnare qui. Diamo insieme il benvenuto al professor Horace Lumacorno, che prenderà il posto della professoressa Aghata, che alla fine dell’anno scorso, ha deciso di andare in pensione”
Ci fu un applauso, mentre Lumacorno si alzava in piedi e faceva un piccolo inchino a tutti, sorridendo.
Quando si risiedette, Dippet battè le mani e di colpo tutti i tavoli si riempirono di ogni sorta di cibo. Mangiarono e bevvero, fino a che non furono completamente sazi, dopodichè fu ordinato loro, da Dippet di andarsene subito a letto, poiché il giorno dopo avrebbero cominciato subito a seguire le lezioni.
Vennero guidati da alcuni più grandi, che dissero di essere prefetti, almeno così pareva di aver sentito da Riddle e quello dei Serpeverde li condusse verso il sotterraneo del castello. Scesero una scala di pietra e si trovarono tutti immersi nell’oscurità. Le torce lì non c’erano.
Dopo aver sceso molti più piani di quanto Tom Riddle potesse immaginare, finalmente dopo aver svoltato lungo un corridoio completamente buio, si fermarono davanti ad un muro di pietra. Riddle era uno dei pochi, anzi forse l’unico, a trovarsi completamente a suo agio in quell’ambiente così oscuro e misterioso. Rifletteva benissimo il suo essere.
“ Purosangue” disse il prefetto, e il muro di pietra si rivelò essere una porta scorrevole che li lasciò entrare.
La sala comune dei Serpeverde era un sotterraneo lungo e basso, con le pareti e il soffitto di pietra e da esso pendevano delle lampade rotonde che riflettevano una debole luce verdastra.
Di fronte a loro, dentro un camino dalle sculture elaborate scoppiettava il fuoco. Il fuoco era l’unico elemento caldo in una stanza che emanava freddezza e oscurità.
“ Il dormitorio dei ragazzi è di sopra sulla sinistra, le ragazze dormiranno sulla destra. Arrivederci e buona notte” disse il prefetto con aria annoiata.
E uscì.
Tutti andarono verso i dormitori, tranne Riddle che si sedette su una poltrona, di fronte al fuoco e rimase in silenzio ad osservarlo, e a pensare. Gli sembrò per un attimo, che il fuoco prendesse vita e gli sussurrasse qualcosa, ma non fu certo che corrispondesse al vero. Forse si era concentrato fin troppo sull’elemento.
Bellatrix lo osservava da lontano, quasi timorosa di avvicinarglisi.
Poi, quando finì di pensare si alzò e si accorse che la ragazza era rimasta lì ad aspettarlo. Si avvicinò a lei, la guardò un attimo, poi la oltrepassò e cominciò a salire di sopra senza dirle neanche una parola.
Lei però interruppe la sua marcia verso il proprio letto.
“ Non sapevo che eri orfano e che sei cresciuto in un orfanotrofio” disse senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi.
Lui, scese un gradino verso di lei e con voce sibillina le disse: “ Ci sono molte cose che non sai di me”.
Fece una pausa e poi, con una smorfia, aggiunse: “ Bellatrix”
E stavolta Tom salì di sopra, per davvero, lasciandola lì da sola a riflettere su chi mai potesse essere davvero quel misterioso ragazzo che faceva nome: Tom Riddle.


 
 
 

 


 





 

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Capitolo 17
*** La grande colpa di Bellatrix ***


I giorni che seguirono per Riddle furono i più belli e movimentati della sua vita. Era abituato all’orfanotrofio a giornate tutte uguali, e per certi versi noiose. A Hogwarts invece si sentì subito a casa. Era come se quel luogo gli fosse appartenuto da sempre. Le lezioni erano interessantissime e sin da subito si mostrò uno studente particolarmente attratto alla magia praticata.
I professori stavano imparando a conoscerlo e stavano man mano dimostrandogli sempre più affetto. Lumacorno più di tutti. L’unico invece che non fu per nulla impressionato da lui era Albus Silente. Anzi con il passare dei giorni, ebbe sempre più la sensazione che l’insegnante di Trasfigurazione lo tenesse d’occhio.
Il suo talento  aumentava di giorno in giorno e ben resto risultò essere il migliore della classe.
Ma se la sua grande dedizione allo studio rasentava la perfezione, altrettanto non si poteva dire delle sue amicizie. Tom di natura continuava ad essere amante della solitudine. E quando c’erano persone che volevano parlare un po’ con lui, non riuscivano a fargli dire niente che potesse far capire loro che stessero conversando con una persona socievole. Il risultato fu che ben presto tutti si stufarono e decisero di lasciarlo al suo destino. Per le prime due, tre settimane Tom visse come se fosse in una sorta di mondo parallelo, isolato da tutti pur conducendo la vita di tutti.
Tuttavia nell’ultima settimana notò con sempre maggiore imbarazzo che i suoi compagni di Casa appena lo vedevano cominciavano a confabulare tra loro, scuotevano la testa e alcuni accennavano anche una risatina di scherno. Questo accadeva ogni mattina appena usciva dal dormitorio, alla sera quando rientrava in sala comune e persino durante le lezioni.
Ad un certo punto non potè più sopportarlo.
Alla sera del venerdì della quarta settimana dal suo arrivo al castello, decise di affrontare pari a pari la faccenda. Erano in sala comune, dopo la fine della lezione di Trasfigurazione con il professor Silente. Mentre tutti lo osservavano e cominciavano a prenderlo in giro da dietro le spalle, lui con fare minaccioso domandò: “ Beh, cosa avete da chiacchierare alle mie spalle? Vi do forse fastidio?”
Ma quelli continuavano a prenderlo in giro, cosicchè Riddle afferrò per il colletto uno dei ragazzi, il primo che gli capitava davanti, e gli domandò con il volto a pochi centimetri dal suo interlocutore: “ Cosa avete da ridere?”
“ E’ vero che sei orfano?” domandò quello afferrato dal colletto, tra le risate dei suoi compagni.
Riddle, con un misto di vergogna e rabbia chiese loro: “ Come l’avete saputo? Rispondetemi”  ordinò loro in tono brusco.
“ Le voci girano, mio caro” risposero gli altri in coro.
Riddle guardò attentamente gli occhi di colui che aveva davanti e in un attimo gli fu tutto chiaro. Una rabbia provata solo l’ultima sera all’orfanotrofio, la notte in cui lo presero per pazzo, si impadronì di lui.
Come aveva osato fare una cosa del genere?
Si voltò e vide il colpevole, che nel frattempo era entrato, tra le risate sempre più fragorose dei compagni.
Era Bellatrix Black.
Guardandola con rabbia accecata e notando la sorpresa nel suo volto, Riddle mollò il colletto del ragazzino e si avventò su Bellatrix, prendendola con forza per un braccio e trascinandola di sopra davanti al dormitorio in modo che nessuno udisse.
Lì, si fermò e le strinse il braccio talmente forte da fermarle la circolazione.
“ Cosa è successo? Lasciami” si lamentò lei e con uno strattone gli tolse il braccio dalla presa della mano.
“ Come- hai- osato-dire-e-raccontare-cose-sul-mio conto?” domandò Riddle a scatti, tremante di rabbia.
“ Io? Ma io…” disse lei sulla difensiva
“ Ti ho dato il permesso di raccontare i fatti miei a quegli altri idioti? Ti ho detto di dirlo agli altri? Ti ho chiesto di dirlo agli altri? Ti ho ordinato di dirlo agli altri?” Ad ogni domanda Riddle aumentò il tono di voce, mano a mano che la sua rabbia trattenuta, fuoriusciva incontrollabile.
“ Ma io l’ho detto solo…” disse lei, spaventata. Ma Riddle la interruppe.
Non ti azzardare mai più a prendere decisioni tue, a fare di testa tua, senza chiedermi il permesso. Soprattutto per cose che riguardano me. Sono stato chiaro, RAGAZZA?”
E le diede una spinta, facendola cadere a terra.
Bellatrix cadde sulle ginocchia e, sull’orlo delle lacrime, si massaggiò il punto dove si era fatta male cadendo a terra spinta dalla furia incontrollabile di Tom.
Quest’ultimo si avvicinò, guardandola dall’alto. Lei, implorante e sull’orlo di un pianto e lui con sguardo carico di rabbia e odio.
Passarono alcuni istanti di silenzio, dove Bellatrix ormai in lacrime, guardava Riddle spaventata e anche un po’ dispiaciuta per ciò che aveva fatto. Lui, dal canto suo, cercò di calmare la sua furia improvvisa.
“ Ringrazia che non ti è successo nulla Bellatrix” disse Riddle freddamente e incurante del pianto di lei.
“ Alcuni, prima di te, per molto meno hanno subito la mia terribile sete di vendetta. Non sarò così clemente con te, la prossima volta”
Si voltò per scendere di sotto, quando parve ricordarsi di un’ ultima cosa da dire alla malcapitata: “ E guardami in faccia quando ti parlo. Non sopporto le persone che abbassano lo sguardo quando parlo loro. Non lo trovo corretto”
Bellatrix per un attimo alzò lo sguardo pesante verso gli occhi marroni di Riddle, ma tuttavia non riuscì a sostenerne lo sguardo. Fece per rialzarsi in piedi, ma tremava così tanto che le fu quasi impossibile. Riddle,, tuttavia, ritenne saggio non aiutarla neanche, in quel suo tentativo. Era una punizione che meritava. Non avrebbe dovuto toccare quel tasto dolente di lui, del suo passato, della sua storia, che ancora non aveva superato. E che, forse, non avrebbe superato mai.



 

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Capitolo 18
*** Il litigio ***


Fu necessaria una settimana intera perché Bellatrix smaltisse tutto, o quasi, il terrore per ciò che le era capitato la sera in cui Riddle la scoprì colpevole. E l’occasione si presentò a lezione. Com’era per Riddle, anche lei era la studentessa più brillante del corso. A differenza di lui, però, Bellatrix, almeno, non badava solo a se stessa. Era disposta ad aiutare anche i compagni di Casa, quando le chiedevano spiegazioni riguardo qualcosa che non comprendevano.
L’unico suo difetto, in tutto questo, era però che Bellatrix faceva parte di quella cerchia di persone a cui non si doveva chiedere di ripetere le cose infinite volte. Altrimenti andava in escandescenza.
Punto largo a favore suo era, invece, il fatto che, a differenza di Riddle, lei almeno metteva a disposizione il suo sapere ad altre persone, invece che tenerselo per sé, come faceva quell’altro. Anche se, appunto bisognava saperlo sfruttare una volta sola: limite massimo con cui era disposta a spiegare le cose.
Fu alla lezione di Pozioni, quella mattina, in cui per la prima volta dopo ben sette giorni lei e Riddle vennero a contatto. Stavano preparando la Pozione Scacciabrufoli, con il professor Taylor:  un uomo abbastanza corpulento e sempre con la pipa in bocca. Indossava sempre gli stessi vestiti: una tunica arancione e un lungo mantello verde. Aveva un carattere fin troppo allegro e spensierato, tanto che chiunque non lo avrebbe mai ritratto come un professore.
Era stato scelto da Dippet come insegnante a Hogwarts, dal momento che i genitori di costui, ai tempi della scuola, erano i migliori amici del vecchio preside. Tuttavia non si può pensare che fosse finito lì solo per favoritismo o robe del genere, dal momento che il professor Taylor era, comunque, tra i migliori pozionisti che esistevano nel mondo.  Era molto bravo nelle spiegazioni, anche se ogni tanto condiva il tutto con alcune battute così sciocche che persino gli studenti pensavano, a volte, che avessero davanti più un clown che un professore.
Comunque quella mattina, per la prima volta Tom Riddle e Bellatrix si trovarono nelle condizioni per discutere.
Stavano finendo la pozione, quando Bellatrix si accorse che le mancavano gli aculei di biancospino i quali, chissà per quale motivo, stavano quasi tutti sul bancone di Tom.
“ Tom” sussurrò. Nessuna risposta. Riddle continuava a mescolare. Forse non l’aveva udita, o forse faceva finta di non udirla perché, semplicemente, non voleva parlare con lei.
“ Tom” lo chiamò Bella appena un po’ più forte.
Ancora niente.
Allora lasciò il bancone e si diresse verso di lui, convinta di farsi ascoltare. Anche se, prima di fare anche un solo passo verso di lui, fece un respiro profondo, come a raccogliere tutto il coraggio che aveva con sé. Aveva paura infatti che Riddle reagisse nuovamente male.   
“ Ti sto chiamando” disse lei, distraendolo dal calderone che gli ribolliva davanti.
“ Prego?” domandò lui, indifferente
“ Prego cosa? E’ una settimana che non mi parli più” protestò lei, forse più coraggiosamente di quanto non lo fosse davvero.
“ Domandati perché” rispose lui, senza guardarla. Bellatrix si trattenne dal tirargli uno schiaffo.  Aveva da una settimana capito che razza di persona era quel Tom Riddle. Un terribile ragazzino vendicativo, oltre che molto maleducato.
“ Avresti potuto almeno spiegarmi cosa ho fatto di male l’altra volta. Non mi sembra di aver fatto qualcosa di orribile, nei tuoi confronti. Perché hai avuto quella reazione?”
Riddle la guardò stupefatto e quasi incredulo che quella sciocca non avesse ancora compreso la lezione e capito quale era il gravissimo errore che aveva commesso.
“ Non hai capito?” domandò, trattenendo la furia. “ E io che pensavo che fossi una persona intelligente, Bellatrix… evidentemente mi sbagliavo”
“ E tu mi hai capito? Hai mai provato a pensare per quale ragione io abbia detto quelle cose? Pensavi che io volessi prenderti in giro, raccontandole?”
Riddle posò il mescolino con il quale stava mescolando la pozione, ormai completata, ovviamente in modo perfetto, e le disse testuali parole: “ A me non interessano le tue ragioni o sciocchezze del genere. A me interessano solo le mie. E le mie erano che non dovevi dirle quelle cose. Adesso se vuoi scusarmi, voglio far vedere al professor Taylor il mio capolavoro”.
Poi gettando un’occhiataccia al bancone di Bellatrix disse, con una smorfia: “ Perché invece di restare qui, non vai a completare la tua? Mancano solo cinque minuti alla fine della lezione. E non vorrei che la studentessa modello, ovviamente dopo di me, facesse cilecca con il professore”
Bellatrix, ormai rossa in viso dalla collera, rispose con un sorriso forzato che non donava affatto alla sua bellezza: “ Lo farei, piccolo Tommy, se mi facessi un piacere: perché non mi dai gli aculei che sono sul tuo bancone? Come pensi che io possa completare la pozione se mi manca parte degli ingredienti? Mi rispondi piccolo genietto incompreso?” disse tutto questo, con coraggio e con una fastidiosa, a sentirsi, parodia di una vocetta infantile.
Riddle represse la tentazione di strozzarla o di buttarle addosso la pozione che aveva nel calderone. Non poteva sopportare che quella ragazzina so tutto io si facesse beffe di lui. Lui, Tom Riddle, il futuro mago più bravo di tutti. Colui che una volta finiti gli studi lì, avrebbe stravolto e sconvolto tutte le leggi della magia. Ne avrebbe scoperte e inventate di nuove che, tutti gli sciocchi lì dentro, neanche potevano immaginarne la possibile esistenza. E in ogni parte di quel mondo, avrebbero parlato di lui. Chi poteva dare ascolto a quella ragazzina che ora aveva davanti? Chi sarebbe potuta mai diventare, una come lei? Nessuno. Ecco la risposta. Pur brava com’era, doveva, suo malgrado, ammetterlo… ma poco cambiava le sorti che ormai erano segnate. Le sorti che avrebbero portato lui a trionfare e lei a perdere. Già sognava quello che avrebbe fatto una volta uscito da lì. E lei, patetica ragazzina, che non aveva ancora compreso con chi aveva a che fare.
Tornò con la mente al presente, fissò Bellatrix che ancora gli sorrideva sarcastica e le rispose solo: “ Prendilo, è tuo”
Le parve di intuire una vaga sorpresa nei suoi occhi, forse si aspettava che lui reagisse alla sua provocazione.
Non sono così sciocco come credi. E poi perché dovrei farlo con tutti qui presenti? Non voglio finire in punizione. Posso farlo quando voglio, ma dobbiamo essere soli. Io e te. Nessun altro.
Bellatrix prese i suoi aculei di biancospino e senza dirgli neanche un: “grazie” si allontanò per finire la sua pozione. 
Quando la lezione finì, il professor Taylor passò accanto a quello di Tom e dopo averla provata su un brufolo della guancia, con vaga sorpresa, e forse un pizzico di delusione disse: “ Tom… Tom… mi aspettavo di meglio, da te, ragazzo. Questa pozione l’avrei considerata eccellente per un qualunque altro studente… ma tu… mi aspetto sempre moltissimo da te, Tom. Questa fatta da te, è appena accettabile. Puoi fare molto meglio. Stavolta non sei riuscito a sorprendermi”.
Scuotendo la testa e guardando nella sua direzione, lievemente deluso, passò a quello di Bellatrix. La pozione della ragazza, a differenza di quella di Tom, che era bianca come la neve, aveva un qualcosa che la rendeva argentea.
“ Eccellente” tuonò Taylor. “ Venite qui, ragazzi. La signorina Black ha preparato la migliore tra tutti i campioni di questa pozione, che io abbia mai visto. E’ perfetta, signorina. I miei complimenti. Trenta punti a Serpeverde, grazie alla signorina Black”
Tutti vennero ammirati a osservare e a congratularsi, verso il bancone di Bellatrix, che compiaciuta gettava occhiate vendicative e provocatorie verso Tom. Il quale fu l’unico tra tutti a non muoversi da lì e a riflettere,  rabbiosamente, di come era stato possibile che quella sciocca lo avesse superato.
Capì che i motivi per cui doveva vendicarsi, su di lei, da uno erano passati a due.

 



 

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Capitolo 19
*** La crisi di Tom Riddle ***


Se prima di quel giorno, Tom avesse chiesto ai professori quali dei due studenti fosse il migliore molto era assolutamente certo che essi avrebbero indicato lui. Ma da quel giorno, in cui Bellatrix Black si mostrò più brava di Riddle stesso, alla lezione di pozioni , non era più tanto sicuro della risposta.
i giorni che seguirono furono per Riddle certamente i più brutti che avesse passato al castello, fino a quel momento. Aveva la sensazione sgradevole che quel poco che era riuscito a guadagnare della fiducia dei professori, escluso Silente, gli stesse sfuggendo via di mano, incontrollabilmente, e tutto per colpa di Bellatrix. Ora era lei al centro della scena. Era lei che i professori andavano a lodare. E questo, per lui, era peggio che se l’avessero, d’un tratto, tenuto in completo digiuno per una settimana filata. Non poteva sopportare che quella gli facesse la guerra, e solo perché era risentita del suo comportamento egoista e vendicativo, e forse anche appena appena violento, davanti ai dormitori, quella sera.
Persino il professor Lumacorno pareva che in quel periodo preferisse Bellatrix Black a lui. Lei aveva quella grande bellezza che forse faceva presa suoi professori, anche perché con loro si mostrava gentile e disponibile, esattamente come faceva lui. A che gioco stesse giocando non lo sapeva, e non voleva saperlo. Ciò che era fondamentale era che doveva assolutamente smetterla di intralciarlo, altrimenti l’avrebbe pagata. E cara, questa volta.
Di nuovo, dallo scontro avvenuto nel sotterraneo del professor Taylor, durante la lezione, non le aveva rivolto più la parola. E questa volta, gli era parso che anche lei facesse altrettanto con vigore e decisione. Da un lato questo lo soddisfava enormemente: finalmente aveva smesso di seguirlo e di disturbarlo, dall’altra parte però non gli piaceva assolutamente il nuovo comportamento che stava avendo a distanza: decisa a fargli la guerra nell’ambito accademico.
Anche perché, suo malgrado, doveva ammetterlo: quella ragazza era brava quasi quanto lui. Ovviamente non glielo avrebbe mai rinfacciato, non era così stupido da farlo, ma dentro di sé la temeva. E non poco.
E poi eccelleva in tutto: dalla Trasfigurazione del professor Silente, alla Difesa dalle Arti Oscure; dall’ Erbologia agli Incantesimi. E non erano poche le volte in cui entrambi arrivavano a raggiungere la soglia della perfezione, tant’è che molte volte i professori facevano davvero molta fatica a decidere chi fosse il migliore tra i due. 
Rimaneva ancora un corso da iniziare, e che avrebbero iniziato il lunedì seguente, prima di Halloween: il volo.
Il campo da volo era adiacente al castello. Si riconosceva abbastanza bene dal momento che presentava tre anelli molto in alto che dovevano avere una qualche funzione. Tom ogni volta che li osservava, si domandava cosa diavolo servissero quegli anelli. Il lunedì seguente lo avrebbe, forse, scoperto.
E pensò che lì, magari avrebbe potuto provare a vendicarsi sull’odiosa compagna. L’avrebbe disarcionata dalla scopa, anche se, forse, avrebbe corso il rischio di essere scoperto. Tutto sarebbe dipeso da come sarebbero evolute le cose. L’avrebbe deciso sul momento, se effettuare la sua vendetta in quell’occasione o per altro modo. Di certo, però, non poteva lasciarla fare tutto ciò che voleva, prendersi le libertà che voleva, senza subirne le conseguenze. Quindi, in un modo o nell’altro, l’avrebbe pagata.
Quella mattina del lunedì, giorno della prima lezione di volo, dopo quasi due settimane da che non si rivolgevano la parola, di nuovo Bellatrix fu costretta a sedersi vicino a lui, dal momento che tutti i restanti posti, al tavolo dei Serpeverde, erano occupati.
“ Piccolo Tommy? Posso avere della marmellata, per favore?” gli domandò, sempre comportandosi come se avesse a che fare con un bambino di cinque anni.
Riddle chiuse gli occhi, invocando la pazienza, e dopo un po’ fu costretto a darle quello che chiedeva, dal momento che lei lo tartassava di continuo. Per un attimo ebbe la tentazione di rovesciargliela in testa, in modo da spegnerle dell’odioso sorrisetto altezzoso e da saputella, che gli rivolgeva. Poi comprese, che in quel momento, era protetta troppo bene sia dagli insegnanti, sia dai suoi piccoli amichetti e amichette che nel frattempo si era fatta. E se avesse reagito male, probabilmente l‘avrebbero scoperto subito. Tuttavia non potè ignorare quando lo ringraziò dicendo: “ Grazie, piccolo Tommy”
Si rivolse a lei, guardandola corrucciato e chiese a denti stretti: “ Mi faresti un favore, ragazzina? La smetti di chiamarmi piccolo Tommy? Non mi piace che mi chiami piccolo Tommy”
Bellatrix rise.
“ Allora ti chiamo Tommie. Ti va bene questo, piccoletto?”
Riddle scosse il capo infastidito.
“ Non mi piace il nome Tom. E tutto quello che ne deriva. Sono stato chiaro?  Quindi evita di chiamarmi così”
“ E sentiamo, come dovrei chiamarti, piccolo?” fece Bellatrix, fintamente curiosa
“ Grande e Potente ragazzo. Io per te sono questo. Perché io e te, non ci conosciamo. E quindi non sei autorizzata a chiamarmi per nome”.
“ Va bene, piccolo Grande e Potente ragazzo. D’altronde mi sto abituando a far finta di non conoscerti”
“ Brava, continua… ah un’altra cosa: evita la parola piccolo con me. Piccola sarai tu. Perché sono molto più grande di te, sia di mente che come abilità”.
Bellatrix fece una risata sarcastica.
“ Oh, davvero?” domandò: “ Mi sembra che ultimamente io ti abbia superato, in entrambe le cose, caro signor Grande e Potente. Mi sembra che anche i tuoi tentativi di far presa sui professori, siano venuti meno. Cosa c’è caro signor Grande e Potente? Ti senti forse minacciato da me?”
“ Tu sei pazza, ragazzina. Tornatene dai tuoi piccoli simili. D’altronde avrei dovuto saperlo, che siete tutti uguali, voi. Tutti un branco di ingenui e incapaci. E stai tranquilla Bella, che presto le gerarchie torneranno. Finora ho giochicchiato con voi. Ora farò sul serio e scoprirete chi sono davvero”.
“ Come mi hai chiamato?” fece lei, inviperita, senza più ridere
“ Ti ho chiamato Bella” rispose Riddle a tono.
“ Bella, mi chiamano gli amici. E tu, signor Grande e Potente, non hai diritto di usare quel nome. Mi devi chiamare signorina Black” rispose lei, diventando rossa di rabbia
“ Allo stesso modo, tu non devi chiamarmi piccolo Tommy. Io per te, sono  il signor Grande e Potente. D’ora in avanti ci chiameremo così… o forse sarebbe meglio non chiamarci affatto, poiché vorrebbe dire che finalmente mi sono liberato di te. Piccola indisponente e inutile perditempo, sciocca e stupida ragazza”.
Gli altri ragazzi cominciarono a guardarli.
Bellatrix prese il suo bicchiere pieno di succo di zucca e glielo versò addosso, sui capelli. Il succo di zucca, colò sui vestiti di Tom, bagnandoli tutti. Scoppiò un’ applauso al tavolo, tuttavia non abbastanza udibile dai professori, dato l’enorme chiasso che proveniva dagli altri tavoli. Era evidente che Riddle fino a quel momento non aveva raccolto grandi simpatie tra i compagni.
In pochi sembrava che si stessero accorgendo di ciò che stava capitando al tavolo dei Serpeverde. A parte ovviamente i compagni di Casa.
Riddle a quell’affronto non potè reagire come avrebbe voluto, per ovvi motivi, ma ormai Bellatrix aveva firmato la sua condanna. Si era spinta fin troppo in là. Aveva ormai varcato la linea invisibile della sua pazienza e alla prima occasione l’avrebbe pagata.
Guardandola con odio, ricambiato da lei a sua volta, si alzò da tavola e si diresse per la lezione di volo, che avrebbero iniziato quel mattino. Raggiunse il campo da volo, più volenteroso che mai di stare da solo senza quegli inutili ragazzini, di cui si era circondata quella che era ormai diventata, a tutti gli effetti, la sua peggiore nemica.
Quando arrivò, si accorse con sollievo di essere arrivato per primo. La professoressa Susan Poorbridge non era ancora arrivata.
Aveva però visto che vi erano una ventina di scope posate a terra sull’erba. E i tre anelli svettavano in alto sulla sua testa. Era una limpida mattinata autunnale e il colore bianco degli anelli, rifletteva la luce solare tutt’attorno. Si costrinse a non pensare a ciò che era successo a colazione poco prima. Ma non ci riuscì. D’un tratto non si sentiva più a casa. Se fino a qualche giorno prima, era nel posto più bello che potesse desiderare, da quel giorno durante la lezione di Pozioni,  aveva cominciato ad averne già abbastanza. E tutto solo perché Bellatrix l’aveva superato. Stava diventando paranoico forse… ma non era abituato ad essere battuto da qualcuno. E quel fallimento ad opera della ragazza gli impediva, la notte, di chiudere occhio. Per di più a batterlo era stata una stupida bimba viziata, che non era abituata a mostrare rispetto a coloro che erano più grandi e più importanti di lei.
Ma da lì a pochi istanti, se tutto fosse girato a meraviglia, l’avrebbe pagata.
Prese una scopa di quelle che era a terra e la cavalcò. Ma fu subito fermato dalla professoressa che arrivò insieme al resto della classe. Avrebbero seguito lezione con i Corvonero quel giorno.
“ Metti giù quella scopa ragazzo” ordinò piuttosto bruscamente la professoressa. Aveva un vago accento scozzese. Era una donna magra, dall’aspetto severo e piuttosto scontroso. In pratica, vedendola, Tom ebbe l’impressione che si trattava di una donna con cui era molto difficile scherzare.
“ Mettetevi alla sinistra delle vostre scope, coraggio muoversi!” ordinò la professoressa Poorbridge. “ Ragazzo, non per essere antipatica, ma non ho voglia che mi si incolpi per averti permesso di cavalcare una scopa senza avervi insegnato prima come fare. Anche perché poi a subirne le conseguenze saresti stato tu…”
Quando si furono sistemati come voleva la professoressa, fecero un breve giro di presentazioni e poi diede loro il benvenuto alla prima lezione di volo. Spiegò loro tutte le regole del volo, che fu detto, chiamarsi tecnicamente Quidditch, e il nome delle tre palle: Bolide, Boccino e Pluffa, la più grande delle tre. Venne loro accennato anche la storia di quello sport da maghi.
Disse loro che avrebbero dovuto sapere per la lezione successiva tutto ciò che aveva spiegato sul Quidditch quel giorno e che poco importava se in futuro non avessero fatto parte della squadra. Le regole teoriche era bene che le conoscessero da subito.
L’ultima mezzora delle due ore, fu riservata alla parte pratica.
“ Stendete la mano destra sulla scopa e dite: SU”
“ SU” dissero tutti.
Riddle fu il primo a prenderla. E con enorme soddisfazione, vide che Bellatrix non era ancora riuscita a fare altrettanto.
Quando furono tutti con la loro scopa in mano, fu permesso loro di cavalcarla e di darsi una spinta per sollevarsi fino ad un’altezza massima di un metro da terra. La professoressa ammonì coloro che avessero superato questa altezza, minacciando che avrebbe preso provvedimenti verso costoro.
Fu una sensazione piacevole, che permise a Riddle di riprendersi un po’ dalla depressione che aveva avuto in quei giorni. L’unica cosa negativa fu, però, che non riuscì ad avere l’occasione per vendicarsi su Bellatrix Black, la quale era tornata ad ignorarlo dopo lo scontro della mattina a colazione.
Avrebbe dovuto provare di nuovo, in un’altra occasione che gli si sarebbe presentata.
Al ritorno al castello, per la lezione di Incantesimi con il professor Vitious, Riddle si guardò intorno e la sua vista si fermò al lago nero. Poi pensò ad una cosa che Dippet aveva detto, al discorso inaugurale. Cosa aveva detto? I duelli di magia erano vietati?
Di colpo ebbe un’idea che era certo, non sarebbe fallita. Ecco come si sarebbe vendicato su quella sciocca. E il posto giusto per farlo sarebbe stato al lago, quella notte stessa. Lontano da sguardi indiscreti. In modo che non potesse essere udita da nessuno, qualora, come era certo, fosse stata in difficoltà nel duello contro di lui.
Presto, Bellatrix Black, avrebbe davvero compreso i terribili errori che stava combinando da alcuni giorni a quella parte.
Visto che sei dura di testa e non capisci con chi hai a che fare, lo capirai a modo mio. Con i miei metodi.


 



 

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Capitolo 20
*** Il duello ***


Il piano sarebbe stato semplice da eseguire. Avrebbe agito esattamente come aveva fatto a suo tempo con Zacharias, quando l’aveva costretto a perdersi in mezzo al mare in piena notte.
Avrebbe finto di essersi pentito per ciò che aveva combinato con Bellatrix e le avrebbe proposto di fare pace. Assolutamente certo che lei avrebbe accettato le sue scuse, le avrebbe poi proposto di farsi insieme una passeggiata nel parco del castello, loro due soli. Sebbene qualcosa dentro di sé, gli diceva che quella proposta l’avrebbe insospettita tuttavia era abbastanza convinto che, alla fine, tra una raccomandazione e l’altra, anche quella parte sarebbe andata a genio.
E poi lì, da soli, senza alcun insegnante nei paraggi, né nessuno di quegli stupidi ragazzini odiosi, avrebbe rivelato l’inganno. E lei sarebbe stata costretta a affrontarlo faccia a faccia, senza alcun aiuto. Lui, abituato ad agire da solo, senza alcun bisogno di aiuto da parte di terzi, se la sarebbe cavata. Di lei, si poteva dire altrettanto? Forse sì, forse no. Riddle ovviamente era convinto della seconda opzione.
D’altronde solo lui aveva già quasi imparato ad eseguire tutti gli incantesimi che avrebbero dovuto affrontare quell’anno. Era pur sempre Tom Riddle, il migliore lì dentro. Non c’era gente più brava e più preparata di lui, con buona pace di Bellatrix. E quel miglior voto in pozioni,  insieme a qualche altra sporadica situazione, non erano che combinazioni di pura fortuna e casualità. Neanche lei, in fondo, sapeva come aveva fatto a far meglio di lui quel giorno, e se ci avesse riprovato era certo che non sarebbe riuscita ad ottenere gli stessi risultati.
I suoi ottimi voti non erano, invece, un qualcosa di casuale come, era certo, fossero quelli di Bellatrix. Erano la norma. Perché lui era lui, gli altri non erano nessuno.
A questo pensava durante la lezione di Incantesimi, quella mattina. Non aveva neanche molto bisogno di ascoltare la lezione, poiché sapeva già eseguire la levitazione degli oggetti. L’aveva provato sul treno, mentre andava a Hogwarts, e gli era riuscito sin da subito. Ameno fino a quando quell’altra non lo aveva distratto, per futili motivi.
Così, sebbene non avesse ascoltato nulla della lezione, quando fu il suo turno nel provare a eseguire l’incanto per la levitazione: Wingardium Leviosa fu l’unico, sempre insieme a Bellatrix, a eseguirlo perfettamente al primo colpo. Ma lei, a differenza sua, aveva ascoltato e aveva preso una marea di appunti. Era certo che, se anche lui avesse fatto altrettanto, l’avrebbe umiliata. Ma non era quella la vendetta che doveva subire… no. Era troppo leggera. Avrebbe subito qualcosa di ben più pesante da digerire.
Così attese la sera nella propria sala comune, dopo la fine delle lezioni. I suoi compagni rientrarono anch’essi senza dar segno di vederlo. A lui non importava. Non era lì al castello per farsi amici, era lì per altri scopi.
Bellatrix fu l’ultima a rientrare. Stava parlando a bassa voce con Rodolphus Lestrange e Antonin Dolohov su un argomento che Riddle non poteva capire. Forse qualcosa che riguardava le lezioni o forse altro, che riguardava Riddle stesso.
Si ripassò mentalmente tutta la scena che avrebbe dovuto farle e poi si alzò. Decise di aspettare il momento opportuno affinchè lei non si insospettisse troppo. E soprattutto il momento esatto in cui fosse sola, senza gli altri due a parlarle. Non era bene che gli altri sapessero… avrebbero potuto avvertirla, dal momento che per quel poco che la conosceva, era certo che fosse andata a spiattellare tutto ciò che era accaduto, tra Riddle e lei, agli altri.
Finalmente eccola lì sola. Si era seduta su una poltrona vicino al fuoco, a pochi metri da lui. Aveva preso un libro e lo stava leggendo come se nulla fosse. Gli altri due erano usciti di nuovo, diretti chissà dove. Ma non gliene importava di loro. Era il momento di agire. Di farle vedere con chi si era messa contro. L’avrebbe ricordata per tutta la vita, quella notte. Si alzò, e piano piano le si avvicinò. Tirò fuori la sua maschera e la mise davanti al volto, mostrandosi dispiaciuto per quello che era successo.
“ Mi dispiace. Ho sbagliato con te” le disse, fissandola.
Bellatrix alzò lo sguardo.
“ Prego?” domandò come se non avesse udito bene ciò che Riddle le aveva appena detto.
“ Mi dispiace. Ho sbagliato. Ti chiedo scusa”
“ Era ora” disse Bellatrix come se aspettasse quel fatto da settimane. “ Ti sei deciso finalmente?”
A Riddle non piacque affatto il tono altezzoso che aveva nei suoi riguardi, ma non doveva reagire. Altrimenti avrebbe rovinato tutto.
“ Sono stato uno sciocco. Mi dispiace anche per averti trattato malamente l’altra sera. Non era colpa tua in fondo. Stupido io a non averti avvertito prima. Puoi perdonarmi?” disse l’ultima frase con un’imitazione impeccabile che avrebbe ingannato chiunque, anche le persone più sospettose. Chinò la testa, mostrandosi realmente pentito. Solo chi conoscesse i suoi reali pensieri avrebbe potuto trovare l’inganno. E nessuno lì dentro, era in grado di farlo.
Bellatrix lo osservò a lungo. Forse si domandava se stesse mentendo, ma non riuscì a scovare alcuna menzogna in lui, perciò credette davvero che avesse fatto ammenda delle sue colpe.
“ Va bene, ti perdono” fu la sua risposta.
“ Grazie” fece Riddle con una luce strana negli occhi, che tuttavia lei non colse.
Ecco la prima parte del piano era riuscita, grazie alla sua grande abilità. Non era stato difficile, anzi si aspettava che lo fosse di più. Ora mancava la seconda parte. Era imprudente chiederglielo da subito, ora che si era tranquillizzata. Avrebbe poi pensato ad un inganno. No. Non doveva essere troppo precipitoso. Doveva fare con calma. Tanto avrebbero avuto tutta la notte a disposizione. Le avrebbe concesso prima di aprirsi un po’ a lui, anche per conoscerlo meglio e poi le avrebbe fatto la richiesta.
Rimasero lì a discutere su vari argomenti. Dalle lezioni, alle cose più personali. Gli raccontò di sua sorella più piccola di nome Narcissa che era strega anche lei e che nonostante litigassero quasi sempre, le voleva bene.
Quando gli chiese qualcosa in più su di lui, però Riddle non glielo disse. Contrariamente a come aveva pensato in precedenza. Le disse solo che, un giorno, l’avrebbe saputo. Ma ora era presto, e non se la sentiva. Anche perché, le disse, il suo passato non lo conosceva a fondo. Non sapeva chi erano i suoi genitori veramente, se fossero vivi entrambi o solo uno di loro, oppure se fossero entrambi morti come era arrivato a pensare ai tempi dell’orfanotrofio. E non sapeva neanche se fossero andati a Hogwarts ai tempi.  Le era parso che lei mostrasse un velo di tristezza a quella dichiarazione. Ma non volle insistere oltre su di lui, sul suo passato,  perché non voleva litigare o farlo arrabbiare di nuovo.
Solo quando Riddle ebbe l’assoluta certezza che si fosse ammorbidita verso di lui, le domandò: “ Senti so che potrebbe essere imprudente, vista anche l’ora, ma che ne diresti di farci assieme una passeggiata nel parco del castello? Ora che siamo diventati amici, no? Così possiamo discutere anche fuori all’aria aperta. E’ più bello”
Bellatrix però tentennò un attimo.
“ Il professor Dippet non vuole che lasciamo i dormitori oltre l’orario. E neanche il professor Silente. Rischiamo di far perdere punti alla nostra Casa”
Riddle si rivolse a lei come se fosse troppo perfettina.
“ E tu credi che a me importino le parole di due vecchi? Non ci scopriranno, sta tranquilla. Ti fidi di me?” le offrì la mano, con un sorriso incoraggiante.
Lei rimase inizialmente stupefatta da quelle parole. Come era possibile? Il grande Tom Riddle, lo studente modello e il preferito tra i professori, infrangeva le regole della scuola, andandosene in giro per il castello a quell’ora?
Poi però non potè resistere al suo immenso fascino, che quella sera le sembrava addirittura più lampante del solito. Forse perché quando le cose si perdono, anche quelle con meno interesse, ci accorgiamo davvero della perdita avuta. E quando le ritroviamo, ci appaiono più belle e più interessanti di come le ricordavamo prima di perderle. Così fu per Bellatrix che, dopo averlo ignorato per quasi un mese,  fu completamente abbagliata e convinta, più che mai,  dall’immenso fascino di Tom Riddle.  
Uscirono dal buco del ritratto del sotterraneo e nel silenzio più totale uscirono e risalirono le scale che portavano al salone d’ingresso. Il castello era totalmente silenzioso, non si muoveva una mosca. Camminando velocemente, Tom precedette Bellatrix la quale si guardava intorno evidentemente preoccupata che qualcuno potesse intercettarli. Riddle, invece, camminava in maniera naturale, come se fosse diretto ad una lezione in notturna. Si sarebbe detto che fosse totalmente abituato a infrangere le regole, da come sembrava a suo agio.
In un batter d’occhio furono all’aperto.
“ Che bella la luna, vero Tom?” disse lei, osservandola incantata.
“ Si è molto bella” rispose lui, invece incurante della cosa.
“ Dove siamo diretti?” domandò quando lo vide andare in direzione del lago che circondava il castello.
“ Ci facciamo un giro, e poi torniamo…” fu la risposta.
Si fermarono davanti al lago nero. Bellatrix lo guardò e chiese: “ Ci facciamo un bagno?”
Riddle la fissò. Poi sorrise e un lampo gli illuminò entrambi gli occhi.
“ Vuoi fare un bagno, Bellatrix?”
“ Si, perché no? Noi due insieme”
Riddle sospirò, sempre sorridendo tra sé. Quanto era sciocca a pensare una cosa del genere. Ma l’avrebbe accontentata.
Ad una velocità sorprendente estrasse la bacchetta, mentre lei era di spalle con lo sguardo rivolto al lago, e sussurrò: “ Wingardium Leviosa”
Bellatrix fu sollevata in aria. All’inizio parve non comprendere cosa stesse succedendo. Poi accortosi che Riddle l’aveva ingannata cominciò a divincolarsi e a ordinargli di lasciarla andare.
“ Come desideri…”  e fu scaraventata da un’altezza di almeno cinque metri, nel lago.
“ Così impari a metterti contro di me, sciocca ragazza” la canzonò Riddle, mentre lei riemergeva dall’acqua, con i vestiti tutti bagnati.
E soddisfatto, convinto che l’avesse sistemata, se ne tornò indietro, diretto al castello. Lei sarebbe rimasta lì.
Accadde ciò che non avrebbe mai pensato, accadesse. Un lampo di luce rossa e di colpo fu scaraventato parecchi metri più avanti.
“ Questo è un incantesimo che sicuramente non conoscerai, caro Tommy. Me l’ha insegnato mia madre. Sai non tutti hanno la fortuna di avere dei genitori maghi”.
Bellatrix era in piedi, sulla riva, tremante di freddo a causa dei vestiti tutti inzuppati di acqua gelata, ma trionfante in volto. Osservò trattenendo le risate, il suo rivale alzarsi faticosamente in piedi e guardarla con odio.
“ INCENDIO” urlò Riddle. Una fiamma infuocata sbucò dalla bacchetta di tasso e si diresse verso l’altra, la quale però non fu colta assolutamente impreparata, come era accaduto in precedenza. Puntò la bacchetta contro l’acqua e ne sollevò in quantità sufficiente a spegnere la fiamma che era ormai a pochi metri da lei.
Il fumo che si levò, per un attimo oscurò i due rivali dalla vista di entrambi.
Riddle allora le lanciò addosso una dopo l’altra delle fatture, ma lei, con grande sorpresa di lui, seppe schivarle tutte. Lei dal canto suo, gli lanciò addosso ancora quell’incantesimo dalla luce rossa, ma stavolta non andò a segno. Anche Riddle aveva schivato il colpo.
Non vi era altra soluzione. Lui non avrebbe voluto farlo… ma a mali estremi…
“ SERPENSORTIA”
Un enorme serpente nero sbucò dalla bacchetta di Riddle e si piantò sul terreno sibilando verso Bellatrix. Poi accadde qualcosa che lei inizialmente non capì affatto. Le parve di sentire un sibilo, ma non fu in grado di dire se era stato Riddle a emetterlo o se era il serpente. Tuttavia, quando vide il serpente scattare di colpo verso di lei, ebbe un sospetto. Che fosse stata Riddle a ordinargli quello.
Tom guardava divertito la scena. Era stato semplice. Era una cosa di cui si era sempre vantato: parlare ai serpenti. L’aveva detto anche a Silente quel giorno che era venuto a rivelargli la sua vera natura, all’orfanotrofio. Stavolta la parola usata da lui fu semplice e diretta, quanto terribile allo stesso tempo.
Uccidila”
Lei questa volta non avrebbe conosciuto il contro incantesimo. Ne era certa. Nessuno aveva mai osato fino a quel punto, con lui. Nessuno aveva mai osato reagire in quel modo così violento, come avrebbe agito lui tra l’altro se fosse stato provocato.
Bellatrix, ormai certa che quella fosse la sua fine, si coprì gli occhi con le mani. La sua bacchetta a terra, impotente. Sapeva che non avrebbe dovuto cadere in quel tranello che quel ragazzo le aveva preparato. Stava cominciando a domandarsi quanto dolore avrebbe sentito addosso, quando udì nuovamente quella che, ormai era certa, era la voce di Riddle.
Fermati”
Doveva aver detto questo. Il serpente che stava per affondare le zanne nella carne di Bellatrix, con ovvie conseguenze mortali per lei, si stoppò all’ordine e si rivolse verso il suo creatore, tenendo fuori la lingua biforcuta.
Poi il serpente, di colpo, scomparve sebbene Riddle non avesse fatto nulla per farlo scomparire.
Bellatrix Black si alzò faticosamente in piedi, ancora visibilmente traumatizzata da quello che aveva visto, non dimenticandosi comunque del moto di pietà che Riddle aveva avuto su di lei.
“ Perché non hai infierito? Ero lì stesa. Ormai mi avevi sconfitto”.
Riddle non rispose subito. Si limitava a guardarla, senza battere ciglio.
Bellatrix lo incalzò: “ Perché mi hai salvata dal serpente?”
Riddle, sempre guardandola, piegò leggermente la testa di lato, o almeno così era parso a Bella e rispose: “ Perché è tardi. Dobbiamo tornare al castello. Altrimenti potrebbero scoprire che non stiamo al letto. Domani notte proseguiremo”.
E si avviò senza dire altro. Ma Bellatrix, anche se non poteva leggergli nel pensiero, fu assolutamente certa che quel ragazzo le avesse appena raccontato una grande menzogna.
 

 



 

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Capitolo 21
*** Folli pensieri ***





L’aveva fatto. Non sapeva neanche lui perché lo aveva fatto. Non sapeva darsi una spiegazione.
Sapeva soltanto che l’aveva fatto e basta. Aveva provato pietà. L’aveva vista indifesa e senza alcuna protezione e per questa volta capì di essere andato oltre. Voleva punirla, non ucciderla. Anche perché c’era un altro inconveniente a cui sarebbe andato incontro se non avesse impedito ciò che stava per succedere: avrebbero capito che mancava un’allieva al corso del primo anno. E molti avrebbero potuto fare il collegamento a lui, a cominciare da coloro che l’avevano visto litigare con lei, quella mattina a colazione.
E poi c’era Silente. Quel vecchio gli pareva che ogni giorno che passava, lo controllasse sempre di più. Stava diventando una vera seccatura tutto ciò. E non poteva assolutamente permettere che quel vecchio mago avesse motivo per metterlo in castigo. Anche perché temeva che avrebbe potuto rivelare i suoi crimini all’orfanotrofio anche agli altri professori. E questo non doveva accadere.
Ecco perché aveva avuto pietà di Bellatrix. Qualcuno avrebbe potuto pensare che ci fosse dell’altro. Nessuna cosa era più sbagliata di quella. Provava ribrezzo al solo pensiero. Lui non era quel genere di ragazzo sul quale folli e stupidi sentimenti si accavallavano nel petto e nel cervello. Lui era tutto razionalità, fredda razionalità e poco istinto, soprattutto legato a quel sentimento. Per di più era certo che non avrebbe mai provato quel sentimento disgustoso, nei confronti di nessuno. Figuriamoci nei confronti di una ragazzina viziata come lei.
La scusa che si era inventato era ovviamente falsa. Non poteva certamente dirle che Silente lo teneva d’occhio per via dei crimini commessi nell’altra vita da lui vissuta.
Era stato un grave errore raccontarle dell’orfanotrofio sul treno. E lei aveva rivelato tutto agli altri. Chi glielo assicurava che non avrebbe fatto lo stesso anche stavolta? Non si doveva fidare di nessuno. Doveva andare avanti per la sua strada, da solo. Come aveva sempre fatto.
Allo stesso tempo, però, non potè resistere dal pensare che quella ragazza che aveva affrontato poco prima, avesse davvero del talento. E in più l’aveva colpito il coraggio che aveva avuto nel reagire in quel modo così violento e istintivo, dopo che lui l’aveva buttata in acqua. L’aveva colto di sorpresa. Nessuno c‘era mai riuscito prima di allora.  E nessuno era stato in grado di metterlo così in difficoltà in un duello, sia a mano libera che con la magia. Anche se nel secondo caso, non aveva la controprova, dal momento che era appena il primo vero duello magico che avesse svolto.    
Ovvio, rimaneva pur sempre odiosa e spocchiosa, oltre che piuttosto provocante, ma aveva talento. E le persone che avevano talento, a lui piacevano. Perché erano simili a lui e lei lo era in tutto e per tutto. Sia come abilità, sia come istinto rabbioso e coraggio.
Rientrò al castello, con lei che lo seguiva a debita distanza, come se temesse che da un momento all’altro, lui potesse sorprenderla di nuovo.
Ma al momento quella era l’ultima cosa che voleva fare. Si sentiva stanco ed era certo che quei pensieri l’indomani, da sveglio e riposato, non l’avrebbero neanche sfiorato l’anticamera del cervello. Erano pensieri di deboli e lui non era debole. Era il futuro numero uno dei maghi. Lui era lì al castello, a Hogwarts, con quell’obiettivo: superare tutti e diventare il migliore.
Non era lì per avere amici e non gliene importava nulla neanche di quel sentimento che superava l’amicizia e di cui non provava altro che enorme disgusto. Non aveva neanche il coraggio di pronunciarne l’esatta terminologia, tanto che lo disgustava. Aveva da sempre creduto che la Morte fosse  superiore a ogni cosa, persino a quell’odioso sentimento che gli si contrapponeva. Non esisteva nulla di peggio della morte per una persona.  E la Morte era l’unica cosa di cui aveva davvero timore…
“ Tom” sentì chiamare una voce fastidiosamente famigliare.
Silente avanzava verso di lui, sembrava un po’ seccato dal fatto che Tom Riddle fosse ancora sveglio. Doveva pensarlo anche di Bellatrix, poiché quando ella raggiunse i due, anche a lei Silente riservò uno sguardo terribile.
“ Cosa ci fate qui a quest’ora?” domandò osservandoli entrambi.
Bellatrix aprì bocca, ma Riddle la precedette: “ Solo un giretto, signore. Avevamo voglia di farci un giretto” si giustificò, senza abbassare lo sguardo, ma guardando da pari a pari quello dell’insegnante. Vi era persino un briciolo di sfida in quello sguardo.
Con Silente era diverso. Aveva da subito compreso, fin dal primo giorno al castello,  che quell’atteggiamento così efficace nei confronti degli altri professori, e di Dippet stesso, con Silente non sarebbe stato sufficiente. Perciò con l’insegnante a lui più odioso, decise di mostrarsi subito per quello che era, senza la maschera.
Dallo sguardo che Silente rivolse a lui, Riddle capì subito che non gli credeva. Ma non gliene importava. Se Bellatrix avesse mantenuto la parola, questa volta, Silente non aveva alcuna prova per accusarlo. Era semplicemente in una botte di ferro.
Dopo un lungo colloquio fatto di sguardi così intensi che avrebbero di fatto costretto uno qualunque dei due, tranne loro per l’appunto, e interromperne il contatto ad un certo punto, Silente sospirò a fondo e sempre con un tono duro ordinò ai due di tornarsene a letto, immediatamente.
“ Va bene, signore” rispose lui a sua volta e si avviò verso il dormitorio seguito da Bellatrix, ormai convinta che Riddle non le avrebbe fatto nulla, almeno per quella sera.
Dentro la sala comune, ovviamente deserta e silenziosa, tutti erano ormai ai propri letti, tuttavia Riddle si rivolse a Bellatrix e con tono beffardo le disse : “ Vedi di raccontare ancora agli altri ciò che è successo stanotte tra noi, Bellatrix”
Lei parve non capire l’ironia poiché chiese: “ Perché dovrei raccontarlo?”
Riddle sbuffò.
“ Infatti non devi farlo, sciocca”
Bellatrix si costrinse a tenere la bocca chiusa, riguardo quel fatto. Ma non riuscì a resistere nel fare l’altra domanda che si portava dentro con sé, da quando avevano smesso di duellare circa mezzora prima.
“ Perché mi hai salvata dal serpente?”
Riddle si voltò a guardarla.
“ Perché io l’abbia fatto, a te non deve interessare. Ora se vuoi scusarmi voglio stare da solo”
Con sua grande sorpresa Bellatrix accettò la sua richiesta senza fiatare. Era la prima volta in assoluto che obbediva a ciò che Riddle le aveva chiesto, senza obiezioni.
Lui rimasto solo, come al solito prima di andare a letto, si era seduto nella poltrona accanto al fuoco. Si sedeva lì per riflettere ogni volta. Il fuoco nel camino lo aiutava nella concentrazione.
Era certo che quel fatto improvviso, quel moto di pietà avuto verso di lei, quella notte, con gli anni lo avrebbe pagato a caro prezzo, poiché era certo che lei, Bellatrix, non lo avrebbe dimenticato.  E forse, negli anni, quello fu uno dei tanti motivi, sicuramente quello scatenante, per cui Bellatrix Black, molto presto, sarebbe stata destinata a  diventare la sua strega più vicina. 

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Capitolo 22
*** La notizia inaspettata ***


Dopo la malattia che inizialmente aveva accompagnato il professor Lumacorno durante il primo mese di lezione, costringendo Dippet a scegliere il professor Taylor come suo sostituto per le lezioni di Pozioni, egli finalmente riuscì a guarire e tornare ad insegnare la sua adorata materia come aveva inizialmente fatto, prima di ammalarsi. Così il professor Taylor tornò a occuparsi di Erbologia, materia da lui insegnata.
Per Riddle il ritorno di Lumacorno fu un sollievo. Non gli era particolarmente simpatico come insegnante quel Taylor, soprattutto da quando aveva eletto Bellatrix migliore di lui, durante quel particolare compito.
Adesso con Lumacorno, sarebbe dovuto tornare a sentirsi tranquillo.
Almeno fino a quella mattina.
Alla lezione, prima di iniziare, Lumacorno disse che doveva fare un annuncio. Al che tutta la classe finì il solito baccano mattutino e calò il silenzio. Tom alzò lo sguardo dal suo libro di Pozioni, che stava nel frattempo leggendo, e mostrò anch’egli la propria attenzione all’insegnante.
Lumacorno si schiarì la gola e disse, tutto contento: “ Il preside Dippet desidera che io vi organizzi una specie di festicciola per Halloween. Cosa piuttosto carina a dire la verità. Mi piacerebbe, l’ho proposto al preside, che ognuno di voi maschi si inviti una damigella e si faccia un ballo in maschera nella Sala Grande. Ho pensato che possa essere una serata tranquilla. Naturalmente i membri del Lumaclub, il mio club, apriranno le danze. Che ve ne pare?”
Guardò tutti con evidente entusiasmo all’idea. Tutti furono d’accordo. Tutti, all’infuori di Riddle al quale sembrava che fosse crollato il mondo addosso. Ballare? Con una damigella? Che sciocchezza era mai quella?
Poco convinto di aver udito bene, chiese: “ Signore, cosa ha detto? Non ho sentito…”
Lumacorno si rivolse a lui, ancora tutto contento che l’idea avesse avuto così tanto successo.
“ Sto organizzando una festa di ballo in maschera per la sera di Halloween, Tom” gli ripetè pazientemente Lumacorno, guardandolo sorridente.
Riddle invece impallidì: “ Ballare?”
“ Si” rispose il professore ancora più entusiasta. “ Inviterete una vostra compagna e ballerete assieme. Non è meraviglioso?”
Riddle avrebbe tanto voluto dissuaderlo da quella folle idea che aveva avuto, ma decise di passare per una via secondaria senza insospettirlo.
“ Ma signore, l’indomani ci sarebbe lezione. Non possiamo stare svegli fino a tardi, lei non crede?”
“ Sciocchezze Tom. E’ giusto che vi divertiate un po’. Siete degli studenti, non dei carcerati. Per lo studio ci sarà tempo”
“ Ma signore, io devo esercitarmi con le pozioni, con la magia. Ho paura che ballando io possa perdere parte della mia qualità accademica. Non crede che sia un’idea piuttosto pericolosa?”
“ Quanto sei serio, Tom, sempre così attento allo studio… divertiti ogni tanto su. Siamo tutti amici in fondo… non preoccuparti. Non perdi la tua abilità e la tua testa, per qualche ora di ballo, ragazzo mio…Invitati una compagna che ti voglio in prima fila. Voglio vederti ballare, Tom”
Lumacorno fece una risata compiaciuta e poi cominciò con la lezione.
Non c’era stato niente da fare. Ci mancava solo il ballo per Halloween. Perché diamine gli insegnanti si perdevano in futili divertimenti? Non erano lì solo per insegnare? Le festicciole dovevano essere proibite in ogni forma e in ogni situazione. Solo studio, quello doveva essere il compito di quella scuola. E chiunque avesse osato divertirsi, l’avrebbero dovuto punire. Non si andava lì per divertimento e per ballare, no… si andare lì per imparare.
Lumacorno era il suo insegnante preferito, fin dal primo giorno. Ma non gli piaceva quella sua inclinazione al divertimento. No. Lui doveva insegnare e basta. Lavorare sodo, era a Hogwarts per quello, non per divertirsi.
Ma quel che era peggio era che Lumacorno preferiva che fossero a ballare con una loro compagna di corso. Idea aberrante che stentava a credere. Non l’avrebbe mai fatto. Era un affronto. Era uno scandalo.
Si concentrò un attimo su Lumacorno. Cosa mai avrebbe potuto distoglierlo da quella pazza idea di farlo partecipare a quella ignobile pagliacciata? Doveva trovare qualcosa per cui valeva la pena, distrarlo, intenerirlo anche.
Rimase lì a studiarlo con estrema attenzione per quasi tutto il tempo della lezione. Lui, ovviamente non si accorse di nulla di tutto ciò. Solo alla fine capì.
Aveva capito cosa poteva fare e probabilmente, in quel modo,  sarebbe riuscito a farlo impietosire e distrarlo da quella sciocca idea.  Invece l’idea che a lui era venuta lo rendeva, in qualche modo tranquillo, al contrario di quella dell’altro che gli sortiva l’effetto opposto: forse per questa volta l’avrebbe passata liscia. E non sarebbe stato costretto a fare una cosa che lui odiava con tutto sé stesso.
Poteva all’inizio sembrare un’idea di poco conto, ma era certo che avrebbe avuto l’effetto desiderato. In fondo non si trattava di un qualcosa di pericoloso nei confronti del professore. Lo avrebbe intenerito con qualcosa di suo gradimento. Una porzione di ananas. Quella sarebbe stata un’idea alquanto efficace, lui che, aveva scoperto durante la lezione di quel mattino, amava l’ananas.
Il problema era dove procurarselo. La colazione a volte era anche a base di ananas, ma Tom non sapeva da dove prendevano il cibo. Doveva esistere una mensa. Ma dove?
Rimase a riflettere anche durante il pranzo, su dove procurarsi quell’ingrediente. Dove si trovava la mensa.
Chiederlo ai professori non poteva essere una buona idea, altrimenti avrebbero potuto sospettare qualcosa. Ma doveva scoprirlo e per giunta in sole trentaquattro ore. Ore che mancavano alla festa infernale.
“ Tom, non mangi nulla?”
Bellatrix, da quella sera in cui l’aveva salvata dal serpente, sembrava in qualche modo diversa. Molto più apprensiva verso di lui. Non lo prendeva più in giro, ma si preoccupava se in Tom notava qualcosa che non andava.
“ Non vedi che sto riflettendo?” sbottò lui, senza guardarla. Poi però alzò lo sguardo. Gli era sembrato giusto: Bellatrix in quei giorni era più pallida del solito e la cosa strana era che lo era diventata da quella notte in cui avevano  duellato.
Una strana idea gli passò per la mente: forse lei avrebbe potuto essergli d’aiuto. Lui che però non amava essere aiutato. Ma il castello era troppo grande per essere studiato tutto in una notte. Non ce l’avrebbe fatta. Era l’unica soluzione, anche se non gli andava a genio.
“ Bella” sussurrò. Lei sentendosi chiamata sussultò. Ma contrariamente a come aveva reagito poche mattine prima di quella, stavolta non ebbe la minima reazione rabbiosa. Anzi, impallidì ancora di più. Sembrava in qualche modo a disagio.
“ Cosa c’è?” chiese, tornando a non fissarlo negli occhi com’era sua abitudine quando era di fronte a lui.
“ Ho bisogno di alcune informazioni. Dimmi la verità”
Lei lo guardò, stavolta negli occhi e di colpo arrossì non appena incrociarono il suo sguardo scuro. Annuì e Riddle così potè proseguire.
“ Sai dove sono le mense del castello?”
Bellatrix annuì.
“ Dove sono?” chiese impaziente il ragazzo
“ Nei sotterranei” rispose lei, guardandolo fisso. Riddle capì che stava dicendo la verità. Anche se gli sembrava strano.
“ Ma non ci sono le aule di Pozioni di sotto?”
“ Non lì, c’è una via che porta ad altri sotterranei, devi andare verso la Sala d’Ingresso. Ma perché vuoi scendere nelle mense, Tom? Non ti piace il cibo?” chiese lei, preoccupata.
“ Devo fare una cosa” rispose lui vago. Non era bene che Bellatrix conoscesse i suoi piani.
“ Riguarda il ballo?” domandò lei, stavolta curiosa.
Riddle non rispose. Tornò a mangiare.
“ Hai già scelto con chi andare al ballo di Lumacorno?” domandò Bellatrix ad un certo punto.
Riddle la guardò lievemente accigliato.
“ Io non ballo” rispose stizzito
“ Ma Lumacorno vuole che i membri del Lumaclub ballino”
“ E io ho un modo per evitare che lui mi costringa a farlo” rispose lui.
Bellatrix per la prima volta da qualche giorno, assunse un’espressione trionfante.
“ Ho capito, allora perché cerchi le mense… tu vuoi impietosirlo con ciò che a lui piace, non è così?”
“ Brava hai capito. Vuoi un applauso?” disse lui seccato
“ Perché ti scaldi tanto? Non ti ho detto che sia una cattiva idea” disse Bellatrix a sua volta.
“ Tu mi appoggi in questa cosa?” domandò Riddle sorpreso
“ Qualunque scelta tu faccia, Tom. Ti appoggerò sempre” rispose lei con fervore.
Riddle la guardò e per la prima volta le sorrise. Cominciava a conoscerla quella ragazza, e ogni giorno che passava ne scopriva piacevoli caratteristiche. Caratteristiche che mano a mano si stavano rivelando sempre più simili alle sue.
“ Brava Bellatrix. Vedo che non ho fatto male a risparmiarti la vita, l’altra notte”
E finito di pranzare si alzò, allontanandosi da lei, lasciandola senza parole e con un piccolo sorrisetto, ad incresparle le labbra sottili.  



 

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Capitolo 23
*** La prima scoperta al castello ***


Bella non gli aveva mentito. Glielo aveva letto nei suoi pensieri durante il pranzo, quando lei gli aveva rivelato dove erano le mense della scuola. Decise di fare un sopralluogo, senza però scendere di sotto, in modo da non trovarsi allo sbaraglio quella notte stessa in cui, mentre tutti dormivano, avrebbe  svolto il suo compito personale. Al quale, ovviamente, avrebbe provveduto da solo. Si diresse verso il Salone d’Ingresso, cercando di non destare alcun sospetto tra la miriade di ragazzini che si avviavano alla loro sala comune, in attesa delle lezioni pomeridiane. Era una cosa estremamente delicata. Un solo errore, quella notte, e lo avrebbero scoperto. Ma dentro di sé, credeva fermamente che solo lui avrebbe compiuto impresa del genere. E solo lui, era convinto di potercela fare.
Arrivato al Salone d’Ingresso vide una porta laterale varcata la quale vi era una scalinata in marmo. Dal profumo che proveniva, capì che quella sarebbe stata la porta che avrebbe dovuto varcare quella notte.
Bellatrix aveva ragione. Gli era stata molto utile in quella circostanza. Neanche lui l’avrebbe potuto lontanamente immaginare che quella ragazza avrebbe potuto un giorno aiutarlo. Ma era bene che non si aprisse troppo. Quella sarebbe stata l’unica e l’ultima volta al quale avrebbe fatto affidamento su qualcuno. Anche su di lei.
Era ora delle lezioni pomeridiane. Quel giorno avrebbero avuto Difesa contro le Arti Oscure, con la professoressa Gaiamens. Cominciò anche a concentrarsi con maggior attenzione al nome della materia. Perché difesa? E le Arti Oscure in cosa consistevano, realmente? Le avrebbero studiate al castello?  A questa domanda non aveva risposta. Le uniche persone che gli avrebbero potuto chiarire il dubbio erano i professori stessi.
Ma ora, non aveva tempo per rivolgere loro quella domanda. Magari un giorno, più in là se si fosse accorto che le misteriose Arti Oscure non fossero state nei programmi dei vari anni, avrebbe potuto chiederne il motivo.
La lezione si svolse normalmente nell’aula senza grandi avvenimenti particolari. Tranne il fatto che come al solito sia Tom, sia Bellatrix facevano a turno per rispondere alle domande dell’insegnante. Lasciando agli altri, appena il tempo di riflettere su ciò che l’insegnante chiedeva loro. La professoressa Gaiamens era una donna piuttosto anziana. Riddle pensò che presto sarebbe arrivato per lei il momento della pensione. Ma molto intransigente e severa. Spiegava molto bene, ma era molto rigida per quanto riguardava i compiti in classe. Solo con Riddle e Bellatrix non si arrabbiava mai. Anzi anche lei li trattava come se fossero figli suoi. Anche grazie alla loro straordinaria abilità e velocità nella comprensione di concetti anche molto elaborati.
Alla fine della lezione, Riddle espresse a Bellatrix il suo pensiero riguardo alla materia.
“ Secondo te perché si chiama Difesa dalle Arti Oscure?”
Bellatrix lo guardò con uno strano sguardo.
“ Perché è Difesa dalle Arti Oscure” rispose come se la cosa fosse ovvia.
Riddle si spazientì che lei, a volte, sebbene bravissima nel comprendere le cose, si perdeva in un bicchier d’acqua.
“ Ho capito che si chiama così.  Ma perché difesa dalle Arti Oscure?”
Bellatrix lo guardò, e comprese ciò che voleva dire.
“ Perché le Arti Oscure sono un qualcosa di oscuro, Tom. Non ci è permesso impararle. Anche se…”
“ Anche se?” domandò Riddle curioso. Forse lei, essendo nata da maghi, poteva sapere cose che lui, a causa della sua orribile infanzia in un orfanotrofio i cui membri neanche immaginavano l’esistenza di un posto come quello in cui ora stava, ignorava.
“Anche se, in fondo, mi piacerebbe anche a me scoprire cosa sono le Arti Oscure. E perché ci è impedito di impararle”
Riddle distolse lo sguardo da lei. Lei invece alzò il suo, sul suo volto.
“ Hai visto dov’è la mensa?” domandò
Riddle annuì
“ Hai intenzione di andare?” chiese Bellatrix
“ Ovvio. Stanotte stessa” rispose il ragazzo, guardandola deciso
“ Posso venire con te?” domandò Bellatrix guardandolo con uno strano sguardo supplichevole. A Riddle però non piacque quell’atteggiamento. La guardò duro.
“ No! Devo andare da solo. E’ una questione personale tra me e Lumacorno. Non voglio altre persone con me”
Gli sembrò che a Bellatrix non andasse a genio quella risposta, ma con un sospiro decise di accettare la sua decisione. E meno male per lei. Altrimenti Tom Riddle si sarebbe arrabbiato sul serio.
Si avviarono verso la propria sala comune. Quel giorno avevano solo una doppia ora Difesa come lezione pomeridiana, poi ognuno sarebbe stato libero anche di uscire nel parco del castello, vista anche l’estate che quell’anno si stava prolungando ben oltre il periodo consono.
Alla sera tutto era pronto. Decise che avrebbe aspettato la mezzanotte prima di sgattaiolare fuori dalla propria sala comune diretto alla mensa. In modo da essere certo che nessuno, neanche un professore fosse nei paraggi. L’unico che temeva che a quell’ora fosse sveglio, non era il preside Dippet, ma Silente.
Ma anche con lui, come accaduto la notte del duello avrebbe scovato un sistema per restare impunito. E poi il castello era enorme. Non poteva intralciargli sempre il cammino.
A mezzanotte, quando fu certo che tutti dormissero, si alzò dalla poltrona vicino al fuoco, e sulla quale stava leggendo il libro di Incantesimi in cerca di una formula adatta a far luce e una adatta ad aprire le porte chiuse a chiave: visto che con molta probabilità la mensa a quell’ora era chiusa e buia; e si avviò. 
Uscì dal sotterraneo dove vi era la sala comune dei Serpeverde, e si trovò nel Salone d’Ingresso. Non fu necessario far luce fino a quel momento, visto che l’oscurità c’era, ma non era abbastanza fitta da rendere il percorso un vero e proprio vicolo cieco. Era certo però che lì di sotto, sarebbe stato necessario.
Raggiunse la porta che aveva notato quella mattina, la aprì e la varcò. Scese la scala di marmo senza che potesse essere udito. Sembrava che scendesse senza toccare i gradini, tanto era silenzioso. Quando superò l’ultimo, contrariamente a quello che si era immaginato; si ritrovò in un lungo corridoio di pietra, illuminato da torce e percorso da quadri raffiguranti soprattutto cibo.
Arrivato quasi in fondo al corridoio, notò un quadro raffigurante una ciotola. Dal profumo più intenso in quel punto, intuì che quello doveva essere l’ingresso della mensa. Ma come aprirla? Come entrare? Non aveva all’apparenza bisogno di parole d’ordine. Tuttavia notò che la ciotola sembrava viva in qualche modo. Un po’ come tutte le cose lì al castello.
Allora tutto sarebbe stato più semplice. Bastava una sola richiesta. Con la forza del pensiero, senza proferire parola, altrimenti qualcuno avrebbe potuto origliare lì vicino. Chiuse gli occhi e pensò: “ Rivelami cosa vuoi”
E subito, dopo averli riaperti, intuì ciò che la ciotola gli chiedeva ovviamente il tutto senza parlare. Solo quello? Aveva perso minuti che potevano essere preziosi solo per quello? Per fargli un po’ di solletico?
Sentì montare dentro di sé la rabbia. Per un attimo ebbe la tentazione di non fare il solletico a quel ritratto, ma di estrarre la bacchetta e distruggerlo. Poi però la ragione prevalse in lui e dopo aver riottenuto la calma, fece ciò che il ritratto gli aveva chiesto. Quello cominciò a ridere. Riddle avrebbe voluto ordinargli di abbassare la voce, in modo da non svegliare tutto il castello. Poi ad un tratto la ciotola nel quadro scomparve e al suo posto ecco apparire una grossa maniglia verde.
La abbassò e il quadro rivelò una stanza interna.
Ma al suo interno a differenza di come aveva inizialmente pensato vi era luce. E per giunta delle voci. Sembravano voci non umane, ma stranamente acute. Si mise di soppiatto tra l’ingresso e l’uscita, in modo da non farsi vedere.
Con la coda dell’occhio vide delle creature che a prima vista gli sembrarono simili ai folletti che all’orfanotrofio gli descrivevano nelle fiabe. Ma al contrario di queste avevano occhi fin troppo grossi per essere quelli di un folletto, sembravano due palle da tennis, orecchie da pipistrello e non superavano il metro d’altezza.
“ Mettila qui, Krabior. Dobbiamo iniziare a preparare il cibo per domani. Ad Halloween dovremo preparare molta più roba di quella che facciamo normalmente. I padroni vogliono tutto perfetto” disse quello che sembrava il capo.
“ Va bene, va bene” rispose seccato Krabior.
“ Avanti…avanti… “ ordinò il capo, con tono autoritario.
Riddle nel caos generale, intravide in lontananza quello di cui aveva bisogno. L’ananas era dall’altra parte della cucina. Ma come prenderlo?
Avrebbe dovuto studiare anche l’incantesimo che richiamava gli oggetti. Purtroppo non ci aveva pensato. L’unico modo era creare un diversivo. Sfilò la bacchetta dalla tasca e la puntò contro la marea di cibo che quelle creature erano in procinto di preparare per l’indomani.
Ci fu uno scoppio improvviso. Quello che sembrava il capo, fu sommerso da una quantità industriale di pop corn che erano in procinto di essere serviti come antipasti. L’elfo venne totalmente seppellito. Non doveva essere molto simpatico agli altri, poiché nessuno si offrì di aiutarlo. Scoppiarono a ridere, in un sovrapporsi di suoni acuti e proseguirono con il lavoro. Tutti gli elfi si diressero allora, verso una stanza secondaria, che doveva essere l’altra parte della cucina. O almeno dove vi stavano i fornelli.
Quello era il momento adatto. L’elfo presto sarebbe riemerso e allora sarebbe accaduto un bel guaio. Avviandosi veloce verso la credenza su cui era poggiato l’ingrediente da lui cercato per Lumacorno, lo prese tutto e si avviò veloce verso l’uscita. Ma l’elfo, nel frattempo riemerso dalla montagna di pop corn, gli bloccò la strada. Si voltò verso Riddle, e rimase in silenzio come se fosse rimasto interdetto che qualcuno gli stesse rubando la roba. Poi prima che potesse gridare al ladro, Riddle estrasse ancora la bacchetta e disse, piano per non essere udito: “ Oblivion”.
Capì che l’incantesimo era andato a segno. Gli occhi dell’elfo si fecero vacui e inespressivi. Rimase a osservarlo privo di espressione e accennò perfino un inchino.
Riddle vide che nonostante tutto, la via era ancora libera da quelle sciocche creature che per poco gli avrebbero rovinato tutto. Uscì, silenziosamente, senza che venisse più intralciato, con l’ananas finalmente in suo possesso. 
 
 
 

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Capitolo 24
*** Halloween con Lumacorno ***


Sapeva che ce l’avrebbe fatta. Doveva soltanto fare da solo, senza aiuto. Bellatrix era certo, che avrebbe combinato solo guai se fosse venuta con lui. Sebbene ormai la conosceva abbastanza, non era saggio fidarsi troppo di lei. Avrebbe potuto combinare dei guai irrimediabili. O forse semplicemente sarebbero stati scoperti, invece il destino lo aveva premiato per aver scelto di agire da solo.
Mise l’ananas al sicuro, senza che nessuno lo avesse visto per i corridoi del castello, nel baule vuoto dove fino a due mesi prima teneva i libri di testo, prima di arrivare al castello.
Lumacorno, era certo, con quell’ananas non gli avrebbe più chiesto di fare quella sciocchezza in mezzo a tutti. Di rendersi ridicolo davanti a tutti.
Si corico nel letto e dormì uno dei sonni più tranquilli che avesse mai fatto.
L’indomani si alzò. Per un attimo dimenticò l’impresa del giorno precedente, poi dopo che osservò soddisfatto l’ananas dopo aver riaperto il baule se lo ricordò benissimo. Quella sarebbe stata la prima impresa di molte che avrebbe compiuto lì dentro. Era certo che negli anni a seguire avrebbe scoperto ogni singolo lato di quel castello, conosciuto i passaggi più nascosti, i luoghi meno comuni, gli angoli più remoti.
Un’ombra di inquietudine però lo assalì: come avrebbe risposto a Lumacorno se gli avesse chiesto come se lo era procurato? Sperò che non glielo chiedesse, anche perché non sapeva con chi aveva a che fare. Lumacorno sapeva leggere nel pensiero? Avrebbe potuto mentirgli, senza che venisse scoperto? Forse sì, forse no. Lo avrebbe saputo quella sera.
Ma nonostante non fosse certo della risposta, quel dubbio atroce lo rese un po’ ansioso durante le lezioni mattutine e pomeridiane. I professori che quel giorno aveva a lezione, fortunatamente, non sospettarono di nulla, del suo comportamento un po’ insolito.
Bellatrix non ebbe modo di sapere come era andata a finire la missione che lui aveva svolto la notte precedente. Non ebbe materialmente il tempo di chiederglielo. E lui ovviamente non andò da lei a riferirglielo.
Alla sera  la Sala Grande venne addobbata di ogni genere di decorazione propria della festa di Halloween. Cenarono normalmente e poi ciascuno andò a prepararsi, sotto invito caloroso di Lumacorno, che tutto contento, sembrava non vedesse l’ora che i festeggiamenti iniziassero.
Quando furono tutti usciti, Riddle che si era portato con sé l’ananas e a chi gli chiedeva il motivo, gli rispose che erano fatti personali, si avviò con decisione verso il tavolo degli insegnanti. Lumacorno era l’unico che era rimasto al tavolo. Anche gli altri insegnanti erano andati a cambiarsi.
“ Tom” fece Lumacorno lieto. “ Quale buon vento ti porta qui?”
“ Il mio desiderio di restare con lei signore” disse Riddle chinandosi appena
“ Oh suvvia Tom… mi fai arrossire così” rispose Lumacorno, ammiccando il ragazzo di fronte a lui.
Riddle sorrise.
“ Che cos’hai dietro la schiena, Tom?” chiese Lumacorno incuriosito
“ Una piccola sorpresa, signore. Spero che le piaccia”
E mostrò l’ananas. Lumacorno inizialmente fu colto completamente di sorpresa, poi un sorriso compiaciuto gli si aprì nel volto, sotto i baffi da tricheco.
“ E’ ananas, signore” fece Tom, porgendoglielo
“ Per me?” domandò Lumacorno, incredulo.
“ Certamente signore” rispose Riddle sorridendogli. “ E’ della miglior qualità”
“ L’ananas è il frutto che preferisco di gran lunga” disse Lumacorno commosso
“ Lo so, signore”
“ Lo sai?” domandò Lumacorno sempre più entusiasta e ammirato.
“ Non è difficile per me scoprire i segreti delle persone, signore. Soprattutto delle persone mie amiche”
Lumacorno lo guardò commosso.
“ Io sono amico tuo, Tom?”
Tom abbassò lo sguardo e prese a giochicchiare con un filo di lana che si era staccato dalla veste, mentre parlava con il professore.
“ Lei sa che è il mio insegnante preferito, signore. In questi mesi non ho stretto legame più solido di quello che ho stretto con lei, fin da quel giorno sul treno”
Lumacorno quasi pianse di commozione e contentezza nel sentire un complimento così esplicito dallo studente modello della scuola.
“ Basta Tom… altrimenti piango. E questa sera è una festa per noi. Dobbiamo essere felici”
Riddle pensò che fosse giunto il momento. Ora Lumacorno pendeva dalle sue labbra.
“ A tal proposito signore” cominciò sempre giochicchiando con il filo di lana, lo sguardo basso. “ Mi chiedevo una cosa”
Lumacorno annuì.
“ Chiedi, ragazzo mio. Chiedi pure”
Riddle soppesò bene le parole prima di dirle.
“ Ecco, mi chiedevo se, almeno per questa volta, io evitassi di ballare”
Lumacorno lo guardò. Un po’ del suo entusiasmo scomparve.
“ Ma perché, Tom?”
Riddle alzò lo sguardo: “ Ecco… le volevo chiedere anche questo: a lei piace ballare?”
Lumacorno sospirò a lungo.
“ No. Non mi piace. Ho un brutto ricordo dei balli”
Riddle colse al volo l’opportunità.
“ Perfetto allora. Lo vede quanto siamo simili io e lei? Di certo si sarebbe annoiato tutta la sera in disparte, mentre tutti ballano, ignari di lei. Pensi che cosa brutta sarebbe. Non crede invece che uno come me, possa farle un po’ di compagnia?”
Riddle tacque, alzò lo sguardo verso Lumacorno, godendosi l’effetto delle parole. Il professore, dal canto suo, fece capire che ad un’inconveniente del genere non ci aveva effettivamente pensato. Alla fine, dopo che ebbe deciso disse: “ Va bene, Tom. Non ballerai”
Riddle chinò il capo, evidentemente soddisfatto.
“ Grazie signore”
E si avviò.
Era andato tutto perfettamente bene. L’aveva talmente ammaliato da impedirgli di chiedergli quello che aveva temuto per tutta la mattinata.
Si sedette al tavolo dei Serpeverde, nel posto da lui occupato di solito e attese tranquillamente che gli altri arrivassero.  Lumacorno, nel frattempo, aveva cominciato a mangiare il suo ananas, evidentemente contento.
Riddle non dovette attendere molto. Nel giro di un quarto d’ora arrivarono tutti, compresi i professori.
Una musica in sottofondo, poco dopo, cominciò a vibrare l’aria e il ballo iniziò.
Riddle volse lo sguardo verso la porta d’ingresso e notò Bellatrix che era appena arrivata. All’inizio non la riconobbe, poiché sotto quella veste sembrava un’altra persona. Più adulta. Più carina anche. Indossava una veste nera, un unico uniforme che le si apriva in una gonna dai fianchi in giù. Le spalle erano scoperte, tranne che per alcuni fili di abito che connettevano il colletto, anch’esso nero, con il resto dell’uniforme.
I lunghi capelli neri le ricadevano fin sulle spalle. Le unghie anch’esse decorate di nero. Da come camminava sembrava un po’ a disagio e in effetti, Riddle le notò i tacchi. Suo malgrado, la osservò a lungo mentre si faceva faticosamente largo tra la folla di ragazzi. Lei, parve notarlo, perché accennò un saluto  nella sua direzione.
Appena lo salutò, Riddle distolse lo sguardo e cominciò a guardarsi attorno, tanto per non farle credere che stesse guardando lei. Ma la cosa, purtroppo per Riddle, non funzionò a lungo. Bellatrix lo raggiunse e gli si fermò di fronte
“ Ce l’hai fatta?” gli domandò forte da farsi udire da lui.
“ A far cosa?” chiese Riddle a sua volta, evitando di guardarla.
“ Quello che dovevi fare. L’ananas e il resto”
Riddle annuì. Sempre senza guardarla.
“ E Lumacorno?” domandò
“ Ha accettato. Non è stato difficile. E’ un tipo malleabile” rispose il ragazzo, guardando a terra.
Bellatrix sbuffò.
“ Invece io sono costretta a farlo…”
Riddle stavolta alzò lo sguardo su di lei.
“ Non piace neanche a te?”
Bellatrix scosse la testa, corrucciata. Riddle le sorrise appena.
“ Eppure tu sei una ragazza, Bella. Alle ragazze dovrebbe piacere il ballo. Ma credo ci sia dell’altro, non è così Bellatrix?”
Bellatrix lo guardò, ancora corrucciata.
“ Il fatto è che devo ballare con quell’odioso di Lestrange”.
Riddle la guardò, senza più sorriderle.
“Rodophus, mi sembra che si chiami, non è vero?  Il ragazzo di Diagon Alley?”  domandò cercandolo con lo sguardo
Bellatrix annuì
“ Sì. Lui. Era l’unico libero”
Riddle tornò a guardarla, quasi divertito.
“ Siete fatti per stare insieme, allora”
Bellatrix emise un gemito.
“ Non ti piace?” domandò Riddle osservandola attentamente
Lei lo guardò con rabbia.
“ No” disse decisa. “ Lo odio”
Sempre guardandola attentamente Riddle le domandò: “ E sentiamo, chi ti piace?”
Lei avvampò a quella domanda, lo guardò, ma non disse nulla. Riddle dal canto suo, preferì non andare oltre. Rivolse invece lo sguardo verso Lumacorno.
“ Quello sciocco è alla sua quarta porzione di ananas. Lo ha finito tutto. Quanto è ingenuo…”
Bellatrix sorrise e, guardando anche lei in quella direzione, commentò: “ Vuol dire che hai fatto un buon lavoro, Tom”
“ Ovvio. Io non sbaglio mai, Bella. Ricordalo. Ma devo dire che anche tu mi sei stata preziosa. Molto preziosa” rispose Riddle. Bellatrix sorrise compiaciuta.
“ In futuro, se vuoi potrai contare sempre su di me, Tom. Sappilo”
Riddle non se la sentì di negarle quella affermazione in una sera in cui lei, lo vedeva, era contenta, in fondo. Prevedeva che si sarebbe divertita quella sera. Lui invece era estremamente annoiato. Non vedeva l’ora che quella stupida festicciola finisse al più presto.
Annuì a Bellatrix che attendeva la sua risposta, e poi con un sorriso le disse: “ Adesso va. Il tuo principe ti aspetta. Divertiti”.
Lei gli rivolse un debole sorriso e si avviò verso Rodolphus che si guardava attorno, stupidamente, come se attendesse proprio lei.
Riddle in disparte, seduto al tavolo, la vide ballare con il suo compagno. Rodolphus sembrava evidentemente a disagio e lei, incurante di lui. Riddle, guardandola, non potè però resistere dal dirsi che quel vestito nero che portava addosso quella sera, insieme a quelle unghie nere e i capelli anch’essi neri, sembravano fatti apposta per lei. E le donavano enormemente. Forse un giorno, le avrebbe chiesto di mettersi di nuovo quell’abito nero, che quella sera, per la prima volta, lei aveva indossato.
 
 
 
 

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Capitolo 25
*** NOTE DELL'AUTORE ***


Salve a tutti.
Spero che la storia fino ad ora sia stata di vostro gradimento. Avete visto che in questa parte ho soprattutto narrato e, nella seconda parte inventato, le azioni di Tom Riddle all’orfanotrofio e nei primi mesi ad Hogwarts.
Tuttavia avete anche notato come abbia deciso di anticipare la nascita della sua futura strega più vicina: Bellatrix Black, conosciuta da tutti come Lestrange.
Da questo momento in avanti, questa storia diventerà più fiction in senso stretto, e sarà una sorta di anticipazione, o comunque sarà legata in un certo modo, alla storia scritta da Circe intitolata: “ Il Maestro delle Arti Oscure”. Che molti di voi avranno già letto. HO GIA’ CHIESTO IL PERMESSO A CIRCE DI POTERLA PUBBLICARE E LEI E’ STATA GENTILISSIMA A CONCEDERMELO.  Approfitto per ringraziarla anche qui. In questo modo dovrei evitare il ban per plagio.
Seppure avrà dei collegamenti con quella, la storia non perderà comunque la sua natura iniziale e continuerà a narrare le avventure di Tom Riddle a Hogwarts ( quelle che conosciamo dai libri). Naturalmente non posso rivelarvi nel dettaglio quali saranno gli spunti presi, ma se conoscerete quella storia non vi sarà complicato intuire quali saranno.
A tal proposito per chi non lo sapesse, vi consiglio di passare dalla pagina di Circe, e leggere le sue storie, perché almeno io le ho considerate davvero belle e interessanti.
Ho deciso di fare questo, anche per dare maggior senso alla presenza di Bellatrix nella storia, ai tempi di Tom Riddle. Magari qualcuno non avrà compreso questa mia scelta iniziale e potrebbe non averla condivisa. Almeno ora ho un buon motivo per averla inserita.
C’è però una differenza sostanziale tra la mia e la sua, al quale faccio riferimento. La sua ha Bellatrix e Voldemort NON coetanei, a differenza della mia. Come avrete letto qui. Quindi vi sarà una differenza di cronologia tra la mia e la sua. Ma i fatti che seguiranno, scritti da lei, dovrebbero coincidere con quelli anticipati da me in questa.
Dovrei aver detto tutte le cose importanti. Se non capirete qualcosa potrete comunque chiederlo nelle recensioni.
Spero che la storia vi sia piaciuta finora e che vi piaccia ancora di più da questo capitolo in poi.
Buona lettura!!


 

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Capitolo 26
*** Il primo grimorio ***


Nel mese di novembre non accadde nulla di diverso che le solite lezioni. Riddle dal canto suo decise di comportarsi come un qualsiasi altro studente e non dovette più ricorrere all’ananas per sedurre Lumacorno.
Arrivò così dicembre e per la prima volta fu chiesto loro di fare una ricerca, per Difesa contro le Arti Oscure, sui lupi mannari. La professoressa Gaiamens disse che l’avrebbero presentata dopo le vacanze natalizie. Lumacorno stesso, annunciò ai membri del Lumaclub, che vi avevano fatto parte sul treno, che dopo Natale avrebbero iniziato le loro riunioni private nel suo ufficio. Ora che li conosceva meglio, si era fatto un’idea più o meno completa di tutti gli studenti. Per quelli del primo anno erano essenzialmente sette gli studenti da lui scelti e tutti Serpeverde: Tom Riddle, Bellatrix Black, Rodolphus Lestrange, Antonin Dolohov, Avery, Amycus e Alecto. I primi due per meriti accademici, essendo le due colonne portanti della classe, gli altri cinque per simpatia personale del professore.
Così arrivò il periodo natalizio. Lumacorno, aveva proposto un’altra festicciola per festeggiare il Natale. Riddle però non se la sentì di ricorrere all’ananas per sfuggire alla festa, altrimenti la cosa sarebbe potuta diventare troppo sospetta. Decise invece di non presentarsi affatto. In mezzo a tutta quella confusione, era molto improbabile che Lumacorno si accorgesse della sua assenza.
Così passò il tempo, nella propria sala comune. Fortunatamente solo. Coricato nel suo letto, leggeva i suoi libri, sfogliandoli e cercando cose interessanti. Sfogliando il libro di Difesa contro le Arti Oscure si accorse  che per quell’anno almeno le Arti Oscure non sarebbero state loro insegnate, dal momento che non era presente l’argomento in nessuna parte del libro.
Aveva saputo che vi era una grande biblioteca all’interno del castello. Lui, fino a quel momento, non ci aveva messo ancora piede perché non gli era stato necessario. Forse era lì che all’inizio dell’anno venivano scelti i libri di testo. E se l’idea fosse stata corretta, lì avrebbe potuto consultare anche i libri degli anni successivi.
Quello era il momento adatto per poterlo fare. Se non l’avrebbe trovata in nessun altro libro, allora avrebbe cercato direttamente nel reparto proibito, il quale doveva contenere i libri della magia oscura.
Sapeva che forse era ancora troppo giovane per imbattersi in quel genere di magia, ma a dire la verità lo affascinava l’ignoto. E non lo temeva, sebbene potesse risultare pericoloso. Anzi, non solo non lo temeva. Lo esaltava.
Non aver mai paura di spingerti oltre i limiti della magia studiata qui a scuola. Scopri altro, spingiti oltre.
Questo si era ripetuto da quel giorno in cui si era domandato il perché della Difesa contro le Arti Oscure. Quel giorno in cui seppe da Bellatrix l’esatta ubicazione delle mense della scuola.
Questo d’ora in avanti sarebbe stato il suo personale scopo. E poco gli importava che era ancora troppo piccolo per studiare un genere di magia che forse non era adatta a studenti come loro.
Era sempre stato un ragazzo molto più adulto rispetto all’età avuta. Sin da bambino, non piangeva mai tant’è che più volte gli insegnanti e la direttrice dell’orfanotrofio, la signora Cole, si stupivano di tutto ciò, e pensavano che Riddle avesse un qualcosa di insolito. Ma loro non sapevano niente di lui…
Si avviò verso la biblioteca e, caso strano, la raggiunse con non molta difficoltà, sebbene fosse la prima volta che ci mettesse piede. Aveva un senso dell’orientamento da far paura ad un escursionista abituato a vagare nel bosco.
Da sotto sentiva il rumore della musica di quella stupida festa.
Ma arrivato lì, con un moto di disapprovazione, notò che non era solo. Stavolta anche Bellatrix aveva scelto di sfuggire alla festa. Il perché poteva immaginarlo. Ormai se non c’era lui a fare qualcosa, anche  lei evitava di farlo.
Ma, contrariamente a come si potesse immaginare, non stava lì a far nulla, annoiandosi a morte. No. Stava leggendo un libro con una copertina nera. Era talmente concentrata nella lettura appassionata, da non accorgersi neanche che Riddle era entrato. Di tanto in tanto ci appuntava qualcosa sopra.
Riddle decise di rimandare la ricerca. La questione delle Arti Oscure l’avrebbe affrontata da solo, su quello non c’erano dubbi. E Bellatrix non avrebbe dovuto saperne nulla. Un giorno, magari, se si fosse comportata bene in quei sette anni che avrebbero dovuto trascorrere assieme, gliele avrebbe insegnate. Ma ora doveva impararle prima lui, poi magari, se ne avesse avuto voglia, lei. Ma lo avrebbe fatto dopo aver finito la scuola.
Si avvicinò a lei e si sedette. Bellatrix alzò lo sguardo e gli sorrise debolmente, facendogli posto con la sedia.
“ Che cos’è?” domandò Riddle indicando il libro.
“ Questo?” domandò lei, sollevandolo per farglielo vedere meglio.
“ E’ un grimorio. Sono libri di magia. Qui ci trovi incantesimi, istruzioni per fare pozioni, le costellazioni e molto altro.  Ci appunti anche i tuoi incantesimi che scopri mano a mano e i procedimenti delle pozioni. Ne esistono anche altri tipi che vengono usati come diari personali. A casa ne ho uno. Ci scrivo le giornate che passo.”
Gli porse il grimorio e Riddle cominciò a sfogliarlo.
“ Dove lo hai preso?” chiese Riddle, mentre lo sfogliava
“ L’ha preso mia madre quel giorno che siamo andati a Diagon Alley. Siamo andati anche a Nocturn Alley. C’è un negozio che si chiama Magie Sinister. L’ho preso lì”
Riddle sollevò lo sguardo, con una smorfia.
“ L’hai preso tu o tua madre?”
“ Mia madre. E’ vietata ai minorenni la frequentazione di quel negozio, da soli. Anche se quando avrò diciassette anni ne prenderò uno più completo di questo, per conto mio. Sempre lì, da Magie Sinister”
disse fiera.
“ Più completo?” ripetè Riddle. “ Perché più completo?”
“ Perché questo raggruppa gli incantesimi e le pozioni che impareremo nei nostri primi tre anni di corso. Poi ce n’è un altro che raggruppa quelli dal quarto al sesto anno, e poi l’ultimo è quello che riguarda solo la parte del settimo. Quello da me desiderato, è il più bello perché raggruppa tutto. Ogni genere di magia e ogni genere di pozioni. E sarà quello che prenderò”
Riddle finì di sfogliare e riconsegnò il grimorio a Bellatrix.
“ Buon per te, Bella. Impara tutto, mi raccomando. Poi ti interrogo”
Lei sorrise.
“ E tu?” gli domandò, guardandolo
“ Io… mi annoiavo in sala comune e ho deciso di farmi un giretto per il castello”
Bellatrix non fu particolarmente convinta della risposta, ma non osò contraddirlo. Sebbene nelle ultime settimane, le era sembrato che Riddle le si fosse aperto un po’ di più, temeva che facendo domande troppo ingombranti, potesse perdere quel poco di fiducia che si era guadagnata da lui. 
“ Ho notato delle scritte li sopra, nelle pagine” le fece notare Riddle. “ Ci puoi scrivere sopra?”
“ Si, vengono usati anche come quadernetti personali, anche se la maggior parte sono più usati come libri di testo. Ma io li uso soprattutto come quaderni su cui appuntare della roba. Mi piace approfondire le cose”
“ Di certo ti piacerà di più delle stupide festicciole di Lumacorno, vero Bella?”
Bellatrix annuì con vigore.
“ Oh di quello, poco, ma sicuro”
“ E Rodolphus? Lo lasci solo?” domandò Riddle
“ Si arrangia…” rispose Bellatrix ridendo in modo sferzante. Riddle la guardò senza ridere. Serio.
Guardò fuori dalle finestre. Nevicava.
“ Dovremo fare la ricerca di Difesa per la professoressa Gaiamens durante le vacanze” disse Riddle. Bellatrix annuì.
“ Vuoi che la facciamo assieme?” domandò Bella, guardandolo di nuovo supplichevole, per la seconda volta dopo che si era offerta di scendere con lui alle mense.  Con suo grande orrore, scoprì di aver detto la cosa proibita, in sua presenza.
Riddle, ancora una volta la guardò duro.
“ E’ mai possibile che non capisci che le cose so farle da me, Bellatrix? A te non darebbe fastidio se uno ti tartassasse offrendoti costantemente il suo aiuto?”
Bella divenne rossa per la vergogna. Si autopunì per averlo fatto arrabbiare, ancora una volta. Ma in fondo era più forte di lei. Quella lezione, forse, non l’avrebbe mai imparata: quella di farsi gli affari suoi.
“ Rispondimi, Bellatrix” gli ordinò Riddle
Bellatrix dentro di sé, avrebbe risposto di no. Non le avrebbe dato fastidio, se fosse stato un suo amico o amica a offrirglielo. Ma pensò che rispondendo in quel modo, lo avrebbe fatto infuriare ancora di più. Sperò che non le scoprisse la bugia, ormai sapeva che lui aveva quel dono misterioso: quello di  leggere il pensiero degli altri, e annuì.
“ Si. Mi darebbe fastidio”
Per sua fortuna, Riddle non parve, questa volta, intuirne la menzogna. E lei fece un velato sospiro di sollievo.
Distolse lo sguardo duro da lei. Avrebbe voluto accennarle l’idea delle Arti Oscure, che aveva quasi deciso di studiare, per vedere di cosa si trattassero, almeno per averne un’idea. Ma quel suo modo irritante di offrirgli sempre aiuto in ogni singola cosa, gli fece passare la voglia di dirglielo. Lei, per quanto l’aveva conosciuta in quei mesi, era certo che avrebbe voluto impararle insieme a lui. Riddle non la pensava allo stesso modo. Prima le avrebbe imparate lui, da solo e poi forse, ma forse davvero, gliele avrebbe insegnate. Ma quell’errore che aveva combinato, non l’avrebbe certamente aiutata ad entrare nelle sue grazie, abbastanza a fondo per permetterle di imparare lei, qualcosa da lui. Un altro errore come quello, da lì ai  prossimi sette anni, e l’insegnamento sarebbe andato a monte.
Per quanto riguardava lui, pensò che in fondo c’era ancora molto tempo a disposizione per imparare le Arti Oscure per conto suo. Lo avrebbe fatto più avanti, quando fosse stato più completo. Ora doveva solo pensare a quello che erano i programmi della scuola, senza badare ad altro.
 
 

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Capitolo 27
*** Le prime due regole imprescidibili ***


Bellatrix, fortunatamente, seppe resistere nelle settimane che seguirono. Non gli propose più di offrigli aiuto in niente, come Riddle le aveva chiesto. Per non andare in tentazione, ogni volta che Riddle la metteva alla prova con cose che doveva fare o svolgere, anche per ciò che riguardava i compiti, lei tornava a leggersi quel suo grimorio come scusa per resistere alla tentazione di offrirgli il suo indesiderato aiuto. Ormai erano finite le vacanze natalizie. Riddle su richiesta dei professori, aveva comunicato la scelta di rimanere al castello anche per le vacanze. La stessa cosa fece Bella e anche gran parte degli studenti del loro anno, compresi quelli scelti da Lumacorno per il Lumaclub.
La ricerca sui lupi mannari fu un successo per Tom e per Bella, un disastro per gli altri. La professoressa Gaiamens per punizione, a coloro che avevano sbagliato tutto, disse di rifarla di nuovo daccapo. E che al posto delle due settimane di tempo, che avevano avuto in precedenza, ora gliene spettava loro soltanto una.  Riddle sentì più volte nei corridoi Antonin Dolohov e Rodolphus Lestrange lamentarsi di come la professoressa Gaiamens fosse crudele con loro.
Il sabato seguente, dopo la fine delle vacanze, a colazione Riddle ricevette il professor Lumacorno che lo avvertì dicendogli che quella sera stessa avrebbe iniziato le riunioni del Lumaclub, nel suo ufficio. Alle nove di quella sera, sarebbe iniziata la riunione. Gli chiese se avesse potuto portare di nuovo dell’ananas a lui, ma Riddle rifiutò dicendogli che non voleva risultare troppo invadente.
In realtà non vedeva alcun motivo per portargli nuovamente quel frutto, l’unica volta che glielo aveva portato era per ottenere le sue grazie. Ma ora che non aveva bisogno di ottenerle, non ne vedeva la necessità. Lumacorno come al solito, accettò di buon grado la sua ragione e con un sorriso paterno si allontanò, andando ad avvertire anche gli altri membri.
A Riddle le riunioni del Lumaclub, se fossero state uguali a quella sul treno, non gli sarebbe andata proprio a genio; ma pur di non partecipare ad altre festicciole dove bisognava ballare, era disposto ad accettare ogni altro invito, a patto che fosse diverso da quelle sceneggiate.
“ Entrate, entrate pure” disse Lumacorno ricevendoli quella sera.
Riddle e Bella entrarono per primi, seguiti dagli altri. Lumacorno aveva apparecchiato il tavolino presente nel suo ufficio. Avrebbero cenato, era evidente. Una bottiglia di brandy, una di burrobirra e l’altra di whisky incendiario erano state sistemate con cura sopra la tavola apparecchiata.
“ Signore, come mai tutto questo rito cerimoniale?” domandò Riddle
“ Beh, Tom… è evidente no? Siamo noi otto da soli. Una cenetta intima tra professore e studenti migliori. OPS.. no…no..”
Lumacorno mentre metteva i bicchieri accidentalmente aveva anche urtato alcuni ingredienti delle pozioni che erano stati messi sugli scaffali. Alcuni caddero a terra, divenendo così impuri, con la polvere del pavimento; e alcune fiale si ruppero, cadendo.
“ Lasci stare, signore. Faccio io” si offrì Riddle e insieme a Bellatrix raccolsero i cocci di vetro a terra e anche gli ingredienti caduti.
“ Sanguisughe… per la pozione polisucco, signore?” domandò Riddle riconoscendole all’istante e facendo il collegamento
“ Esatto, Tom… esatto. Come facevi a sapere cose che…”
“ Gliel’ ho detto signore. Non è difficile scoprire per me i segreti delle persone”
Rodolphus e gli altri, strabuzzarono gli occhi, increduli della preparazione spiccata di Riddle. Quel ragazzo a loro con il passare dei giorni sembrava sempre meno umano, in qualche modo. Non era possibile che fosse a conoscenza di cose che ancora non avevano nemmeno accennato a scuola.
Lumacorno lo guardò ammirato.
" Sai Tom? Credo di non avere mai conosciuto uno studente più brillante di te" ammise Lumacorno. 
" Me lo sento dire ogni volta, signore. Ma la mia è solo semplice curiosità" rispose Tom, anche se compiaciuto
Ma Lumacorno non sembrò molto d'accordo con quella dichiarazione.
" Sempre modesto eh Tom? Ma io credo che la tua sia un qualcosa in più che semplice curiosità Tu puoi e sai cose, che gli altri non possono o sanno. Non ho mai visto studenti del primo anno dotati quanto te"
Riddle e Bellatrix si raddrizzarono dopo aver finito di raccogliere i pezzi, e Riddle guardando Lumacorno con un mezzo sorriso disse: “ Signore, è curiosità la mia. Anche perché io credo fermamente che i maghi più abili e i più assetati di sapere, devono essere curiosi. Perché…” e fece una pausa. Poi proseguì: “ perchè devono spingersi al limite delle proprie conoscenze e capacità, oltre il proprio talento, per imparare tutti gli insegnamenti della magia. Non crede signore?”
Lumacorno annuì in silenzio.
“ Ragionamento che non fa una grinza Tom. Davvero geniale”
“ Ne vuole sentire un’altra?” fece Riddle dopo una piccola pausa.
“ Avanti spara”
Riddle sorrise tra sé.
“ Non bisogna mai avere paura di oltrepassare, anzi sbaragliare, i limiti alla magia. Solo chi osa, chi vuole spingersi oltre i limiti e chi vuole scoprire l’ignoto può essere considerato davvero un mago di prim’ordine”
Lumacorno ci riflettè su e alla fine, entusiasta, applaudì.
“ Davvero bravo, Tom… farai strada ragazzo. Sempre a scoprire cose nuove. Questo è ciò che un insegnante vorrebbe sentirsi dire da uno studente: mai accontentarsi di quello che si ha.  Bravo Tom, mi congratulo con te. Fossimo a lezione questi tuoi ragionamenti ti varrebbero ciascuno venti… ma che dico? Cinquanta punti. Cinquanta punti ciascuno… il mio studente preferito. Eh si…Anzi sapete che c’è? Cento punti a Serpeverde, anche se non stiamo a lezione. Ma è come se l’avessimo svolta. E il professore in questo caso è stato Tom Riddle. Io e voi siete stati i suoi allievi. Domattina ne farò parola con il preside, per ufficializzare il nuovo punteggio della Casa”
Tutti, tranne Bella che ormai lo conosceva a menadito, restarono ancora più stupefatti dai suoi modi di ragionare. Lei gli rivolse un sorriso, guardandolo ammirata.
Rodolphus e Dolohov domandarono esterrefatti: “ Ma come fai a fare questi ragionamenti così elaborati?”
Lumacorno rispose per lui, completamente ammaliato.
“ Eh, ragazzi… stiamo parlando di Tom Riddle. Uno degli studenti, forse il migliore, che abbia mai visto. Anzi sicuramente. E io ragazzi, alla vostra età ne ho visti di ragazzini come voi…Tom ne hai un’altra di massima da dirci?”
Nel frattempo si sedettero tutti a tavola, Lumacorno aveva preparato una serie di antipasti da gustare tutti insieme.
Riddle riflettè un attimo, tra sé. Poi alzò lo sguardo.
“ A dire la verità, no signore… solo queste. Mi dispiace.”
“ Ah” fece Lumacorno un pochino deluso. Ma poi tornò allegro come prima e aggiunse: “ Vabbe dai. Per stasera possono bastare questi due. Preparatene altre per le prossime serate, Tom”
Riddle sorrise.
“ Le preparerò signore. Non si preoccupi”
“  Spingersi al limite delle proprie conoscenze e capacità, oltre il proprio talento, per imparare tutti gli insegnamenti della magia.
Non bisogna mai avere paura di oltrepassare, anzi sbaragliare, i limiti alla magia
” ripetè il professore tra sé.
Poi aggiunse più forte, sempre rivolto a Riddle.
“ Dovrei insegnarlo anche agli altri miei studenti. Ti andrebbe Tom?”
Riddle annuì: “ Perché no? In fondo è un qualcosa che tutti dovremmo sapere no? Tutti dovremmo saper osare. Queste sono regole imprescindibili per ogni cosa, signore. Non bisogna mai disobbedire a queste due regole, che portano ad essere un grande mago.
Lumacorno annuì, fermamente convinto di quello che Riddle gli aveva appena detto.
“ Esatto Tom… esatto”
Finirono di mangiare e Lumacorno parve ricordarsi di una cosa.
“ Ah signorina Black… prima che mi dimentico. La relazione sulla pozione invecchiante che mi avevi consegnato la volta passata” tirò fuori dalla propria valigetta un rotolo di pergamena.
“ E’ perfetta” aggiunse con un sorriso consegnandola alla diretta proprietaria.
“ Lestrange, prendi appunti su come si fa una relazione, ragazzo…” aggiunse a mo’ di rimprovero, indicando la relazione che era stata consegnata a Bellatrix. Rodolphus arrossì.
“ Beh, ora che abbiamo finito di mangiare…”
“ Signore cos’è quella?” domandò Riddle indicando una piccola clessidra poggiata sullo scaffale dietro al tavolo.
“ Ah quella, Tom?” disse il professore. “ E’ una clessidra normale. Scorre in base al tipo di discussione. Se la discussione è stimolante scorre veloce, se non lo è scorre lentamente. Tutto qui”
“ Quindi è stimolante, per lei signore?” domandò
“ Beh Tom. Stiamo discutendo su vari argomenti. Grazie anche a te, che ci fai discutere”
“ E quella?” domandò notando la mensola su cui poggiava la clessidra. Un po’ di foto stavano sopra essa.
“ E’ la mensola per i Premi Speciali dei Servigi resi alla Scuola. Tutti quelli che hanno avuto grandi meriti accademici per la buona riuscita della scuola, sono finiti lì sopra. Ex studenti, intendo”
Riddle guardò Lumacorno
“ Lei crede che io ne abbia le qualità per finire su quella mensola, signore?”
Lumacorno sorrise.
“Credo che tu ne abbia tutte le possibilità. Ti sottovaluti troppo, ragazzo mio. Farai strada, io te lo dico”
Si alzarono da tavola, finirono di sistemare tutto e poi Lumacorno li fece uscire dall’ufficio. Era ormai notte inoltrata.
Bellatrix era ancora ammaliata dai ragionamenti fatti da Riddle in precedenza, al professor Lumacorno. Ci riflettè sopra, quasi tutta la notte. Non chiuse occhio. Ma non aveva modo di sapere che presto, da lì a qualche mese,  quegli insegnamenti, con l’aggiunta di uno,   sarebbero stati rivolti a lei. Dalla stessa persona che quella sera, li aveva enunciati. E per ben altri scopi.


 
 
 



 

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Capitolo 28
*** La prima eletta ***


 
Arrivò marzo e, al castello, il parco e la vicina foresta cominciarono a rifiorire, mano a mano che le belle giornate diventavano sempre più frequenti. Al castello invece la vita e le giornate passavano quasi sempre uguali, per lo meno durante le lezioni.
Bellatrix in particolare si rese conto di quanto fosse un po’ limitato il programma accademico di quell’anno. Non aveva ancora dimenticato ciò che Riddle aveva riferito a Lumacorno, la sera della cenetta nel suo ufficio. Era come se quelle parole avessero risvegliato qualcosa in lei, e scoprì di essere davvero affascinata dall’ignoto, come Riddle aveva detto che bisognava essere.
Devo spingermi al limite della mia capacità, per imparare tutti gli insegnamenti della magia. E non devo avere paura di farlo”.
Le ultime due ore di quel giorno, un venerdì, avevano una doppia ora di Difesa contro le Arti Oscure.
Stavano affrontando una lezione sugli Avvicini, creature per Bellatrix estremamente noiose e banali. Al termine della prima ora, dopo una lezione tutta basata su una sorta di dettatura delle caratteristiche degli Avvicini, Bellatrix non seppe più resistere e formulò la domanda che da parecchi mesi si poneva, anche grazie a Riddle.
“ Si, signorina Bellatrix?” disse la Gaiamens chiedendole la parola
“ Professoressa, mi domandavo come mai la sua materia si chiama Difesa contro le Arti Oscure”
Silenzio totale.
Tutti, compreso Riddle, alzarono lo sguardo dal foglio su cui stavano scrivendo e osservarono Bellatrix come se fosse pazza.
“ Come mai mi fai questa domanda, signorina?” chiese la Gaiamens un po’ preoccupata
“ Era una domanda che mi ponevo da mesi” rispose lei
La Gaiamens si irrigidì.
“ Signorina Bellatrix, come ti permetti di farmi una domanda così impertinente? Pensavo che fossi una ragazzina per bene. Finora ti sei comportata benissimo durante le lezioni. Cosa ti è successo oggi?”
Bellatrix si chiese dentro di sé, la stessa cosa. Ma contrariamente a come poteva essere qualche mese prima, non si pentì della domanda pericolosa che aveva appena formulato.
Cosa le stava succedendo?
“ E’ curiosità professoressa. Bisogna spingersi al limite delle nostre capacità, per conoscere tutti gli insegnamenti della magia e non bisogna avere paura di farlo”
Guardò in direzione di Riddle, e scoprì incredula, che era furioso con lei.
“ E’ giusto quello che stai dicendo signorina Bellatrix, ma questo deve riguardare la magia bianca, non la magia oscura”
“ C’è differenza?” domandò
Ma la Gaiamens alzò una mano
“ Basta così, signorina. Sei in punizione. Dieci punti in meno a Serpeverde. Sono incredula, signorina. Davvero non mi aspettavo una domanda del genere da te. Mi hai davvero delusa. Non ti permettere mai più a chiedermi in cosa si basa la Difesa contro le Arti Oscure. Questa sera, alle nove, nel mio ufficio, signorina”
Bellatrix si morse un labbro e tornò a guardare Riddle. Non si era sbagliata. Era furibondo.
Finirono le lezioni e tornarono nella sala comune. Solo nella sala, Bellatrix raggiunse Riddle.
“ Perché sei arrabbiato Tom? Ho semplicemente…”
Riddle la prese per un braccio.
“ Sciocca ragazzina, non vuoi proprio capire la lezione che ti ho dato? Devi tenere quella bocca chiusa”
Bellatrix non capì.
“ Ma l’hai detto tu che…”
Ma Riddle non la lasciò finire
“ Sciocca ragazzina, io l’ho detto in velate circostanze. Tu hai rivelato le mie intenzioni. Io a Lumacorno quella notte, dicendo quelle cose, non gli ho fatto capire la mia vera intenzione. Lui le ha prese come stupide massime mie. Non mi sono fatto scoprire. Ora per colpa tua, non potrò più decidere di affrontare quella branca di materia, che so essere il mio mondo”
Bellatrix lo guardò affascinata.
“ Quindi hai intenzione di affrontare quell’argomento?”
“ Si, ho intenzione di affrontarlo”
Bellatrix lo guardò supplichevole.
“ Lo posso affrontare con te? Ti prego”
“ No” rispose duro Riddle.
“ Me lo insegnerai almeno?” domandò la ragazza, sempre supplichevole
Al culmine della rabbia, dopo essersi reso conto che erano tutti e due lontani da sguardi indiscreti,  Riddle la afferrò per il colletto della divisa e la trasse verso di sé. Il suo volto a pochi centimetri dal suo. Si guardarono negli occhi, anche se quelli di Riddle avevano un’espressione ben diversa dalla sua.
“ E va bene, te lo insegnerò. Ma prima devo scoprirlo io il mio mondo. E sicuramente non te lo insegnerò qui, al castello. Non posso correre il rischio che tu vada a raccontare a tutti ciò che stai imparando da me.  Visto che non impari a tenere quella bocca chiusa, ragazzina”.
“ Il tuo mondo? Entrerò nel tuo mondo?”
Bellatrix era entusiasta.
“ Si, se ti dimostrerai all’altezza. Non accetto dei bambini nel mio mondo. E per questo, dovrò prima metterti alla prova, per vedere se sarai davvero in grado di poterci entrare. E questo, forse, lo vedremo già qui al castello. Non accetto bambini, nel mio mondo. Prima di entrarci dovrai passare dalla soglia. E se non ti dimostrerai all’altezza non potrò accettare di insegnartele”
Bellatrix guardò dentro quegli occhi scuri, ci vedeva riflesso il suo volto.
“ Ti avverto, Bellatrix. Sarò un maestro molto esigente. Tanto ora, quanto quei giorni. Non tollererò il minimo sbaglio. Il minimo errore. Sia ora, sia durante quei giorni. Sempre che tu ti dimostri all’altezza, di poterci entrare nel mio mondo. Quando sei pronta, me lo dirai. Ti ripeto, Bellatrix: il minimo errore.
E le lasciò il colletto, allontanandosi da lei. Bellatrix cominciò a chiedersi, per quale motivo, lui avesse accettato così facilmente di permetterle, almeno di provare, se fosse degna di quel mondo. 

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Capitolo 29
*** Da inizio anno mi sento diversa ***


Dal grimorio di Bellatrix:“Da inizio anno mi sento diversa”



 
Oggi è successa una cosa che non avrei mai pensato che succedesse: ho preso una punizione dalla professoressa Gaiames, e fatto strano non mi sono pentita di averla presa. Anzi, per la prima volta, ho fatto fatica a non urlarle contro. E’ un fatto nuovo, inaspettato. Neanche io me lo sarei mai aspettato da me stessa.
Mia madre è sempre stata una Serpeverde anche lei, ma contrariamente a quello che si dice comunemente su questa Casa, appartenente a persone ribelli, non si è mai permessa di contestare l’insegnamento dei professori qui a Hogwarts. Come invece ho fatto io. Ed ecco qui il motivo della punizione. Mia madre mi ha più volte raccomandato di comportarmi bene a scuola, perché altrimenti me l’avrebbe fatta pagare. Io che a casa non sono mai stata punita da nessuno, proprio perché tutti lì, mi adorano.
Non so cosa mi sia passato per la testa durante la lezione. Ma da inizio anno, mi sento un po’ diversa.
Ho conosciuto un ragazzo quest’anno. Il cui nome è Tom Riddle. E’ un ragazzo un po’ strano a dire la verità. Ma ha un qualcosa che mi incuriosisce, mi attrae. Ha uno sguardo magnetico e misterioso e ogni volta che mi fissa, sento qualcosa nel petto. Arrossisco e divento nervosa.
Oggi in particolare è stato ancora diverso.
Si è arrabbiato con me, come accade quasi ogni volta che ci parlo. Sono l’unica che lo fa, qui al castello e non sono minimamente pentita di farlo. Anzi, direi che in queste ultime settimane sta diventando quasi una dipendenza, parlarci.
Comunque si è arrabbiato con me, perché ho rivolto alla Gaiamens una domanda riguardo la sua materia: Difesa contro le Arti Oscure. Una domanda che, ricordo mesi fa, mi rivolse lo stesso Tom.
Quando gli ho chiesto il motivo, per cui era arrabbiato con me, ho scoperto una cosa: lui vuole estendere le proprie conoscenze oltre i limiti della magia imparata qui a scuola. E’ una sua convinzione che ha espresso anche l’altra sera alla cena di Lumacorno.
Lì è scattato qualcosa in me. Gli ho chiesto se anch’io avrei potuto impararle insieme a lui, ma lui, come fa sempre, me lo ha negato. Io non so come mai  voglia fare sempre ogni cosa tutto da solo, senza alcun aiuto. Ma nonostante questo, ormai penso di aver capito come trattarlo, perciò gli ho chiesto se me le avrebbe insegnate una volta che le abbia imparate lui.
Caso strano ho notato che Tom ha subito accettato la cosa, senza che io lo supplicassi più di tanto. Anzi mi ha afferrata per il colletto e mi ha portata a pochi centimetri dal suo volto, e sebbene nel suo sguardo ci fosse solo rimprovero, dentro di lui, in quegli occhi scuri: così belli, così attraenti, ho notato qualcosa. Anche se non vorrei sbagliarmi e non oserei mai chiedergli se anche lui provi qualcosa per me.
Non sono capace di leggergli la mente, come è in grado lui di farlo a me. Questo è un altro dono che mi attrae, di lui. Vorrei capire anch’io come faccia. Io non sono in grado di farlo. Ma Tom, sento, è più forte di me, più potente. Anche più adulto.
Adulto…adulto è la parola giusta. Lui ha detto che per entrare in quello che ha definito il suo mondo, bisogna essere adulti. E pensare che è la prima volta che qualcuno mi definisce una ragazzina. Lui quando è arrabbiato con me, mi chiama sempre così: ragazzina. Io non capisco perché. Penso di essere una ragazza più matura rispetto alla media, ma evidentemente lui non la pensa allo stesso modo.
Ma forse vuole intendere qualcosa di più che la normale versione adulta di me. Pretende qualcosa in più. Anche se ancora non so cosa.
Ha detto che comunque me lo insegnerà lui questa cosa, come mi insegnerà lui le Arti Oscure quando avremo finito di frequentare qui.
E io sono felicissima che Tom mi abbia dato questa possibilità. Farò di tutto per non tradirlo, anche se mi ha fatto intendere che sarà un maestro molto esigente e severo, che punirà al minimo errore.
Devo solo dirgli quando mi sento pronta per iniziare. Io in verità, lo sarei già ora, ma temo che lui non accetti una risposta da me, subito. Devo far trascorrere del tempo anche se non so quanto tempo potrei riuscire a far passare all’idea che sarà lui stesso: Tom Riddle, a farmi da insegnante. In poche parole, non vedo l’ora di poter iniziare e ogni giorno che passa senza che io gli dica la risposta, mi sembra un’eternità.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 30
*** Nella foresta ***


Riddle rientrò nel dormitorio. I suoi compagni si stavano tutti preparando per scendere a cena. Ma lui quella sera non aveva fame. Voleva riflettere. Decise che non avrebbe cenato.
Sentiva che aveva appena commesso un grosso errore. Non avrebbe dovuto cedere alle richieste di quella ragazzina, perché lui si era sempre promesso che avrebbe fatto tutto da sé. Si sarebbe tenuto le sue conoscenze tutte per sé. Perché avrebbe mai dovuto insegnarle a qualcun altro?
Era mezzo tentato di andare a riferirle che si era sbagliato, che non le avrebbe più insegnato nulla proprio perché aveva voglia di tenersi tutto per sé, senza che nessuno ne venisse a conoscenza. Peraltro proprio una ragazzina a cui piaceva raccontare tutto agli altri.
Ma quando ebbe quasi deciso di andare da lei, ad annullare tutto, si frenò. Come avrebbe reagito quella ragazza se glielo avesse detto? Si sarebbe arrabbiata? L’avrebbe attaccato come aveva fatto in precedenza, all’inizio dell’anno, quando ancora non si conoscevano bene?
In fondo era stata lei a riferirgli delle mense. Era stata lei a dargli, seppure indirettamente, l’idea di immergersi nello studio delle Arti Oscure; sebbene ancora non lo avesse iniziato.
E poi aveva quella sorta di talento, solo in parte veramente espresso, che gli faceva capire che quella ragazza, forse, aveva tutte le doti per potercela fare. Anche se le sarebbe costato molto impegno e sacrificio per poter raggiungere quello che voleva da lei. E poi ormai le aveva fatto una promessa. E sebbene fosse molto restio a mantenere una promessa fatta, quel genere di promesse a quel genere di persone, avrebbe dovuto cercare di mantenerle.
Così decise di non dirle nulla e lasciare che fosse lei a decidere cosa fare. Le avrebbe dato tutto il tempo necessario per farlo. Non aveva fretta. Quel che era comunque certo, e su questo era irremovibile, è che le avrebbe insegnato ciò che lui avrebbe, da lì a poco, imparato, fuori da quella sede. Loro due, soli. In una struttura isolata dal mondo esterno, in modo da non permettere a nessuno di ficcare il naso in affari che non riguardassero altri, che loro due.
Trascorse talmente tanto tempo in silenzio e in riflessione da non accorgersi che nel frattempo gli altri dopo la cena, erano rientrati nei dormitori, pronti per andare a letto. Non aveva cenato, e non sentiva fame quella sera.
Bellatrix forse stava già in punizione dalla professoressa Gaiamens.
Capì che aveva bisogno di un po’ d’aria fresca, all’aperto. Avrebbe, forse, schiarito un po’ le idee. Così decise di sgattaiolare fuori dal dormitorio, mentre gli altri dormivano, e farsi un giretto all’aperto.
Incontrò solo Lumacorno, che lo fermò.
“ Tom, dove vai?” domandò sorpreso.
“ Un giretto, signore. Devo schiarirmi un po’ le idee” rispose Riddle
Lumacorno lo guardò un po’ sospettoso e un po’ stupito.
“ Capisci Tom, che non posso permetterti di uscire a quest’ora. Anche se sei il mio studente migliore”
Riddle, per quanto possibile, cercò di intenerirlo con uno sguardo simile a quello che Bellatrix rivolgeva a lui quando voleva chiedergli un favore.
“ Signore… per favore”
Lumacorno lo guardò con aria di finto rimprovero e disse: “ E va bene, vai. Ma non allontanarti troppo. E tra un’ora voglio che tu sia nel tuo dormitorio. Capito, Tom?”
Riddle annuì e si allontanò. I portoni del castello, non erano sigillatI. Fu necessario soltanto spingerne una affinchè si aprissero entrambe.
Uscì all’aperto e respirò l’aria notturna. Quella notte era ventosa. Udì il fruscio delle foglie degli alberi, sbattuti dal vento. Si sentì a suo agio. Il vento era l’elemento naturale che preferiva di gran lunga. Pur avendo tra gli innumerevoli poteri quello di controllare il fuoco, il vento era l’elemento che lo affascinava maggiormente. Gli apparteneva. Era un mago di vento.
Mentre si incamminava, di nuovo ripensò alla promessa che aveva fatto a Bellatrix, ancora una volta si costrinse a dire che aveva fatto un grosso errore a fargliela, ma poi, ancora una volta, non riuscì a convincersi del tutto ad annullare la cosa. Questo lo turbò e non poco.
Intanto si stava dirigendo verso gli alberi della foresta che circondava il castello. Era la prima volta che ci metteva piede lì dentro. Non ebbe paura di farlo, anche se era notte. La paura era un sentimento che non provava in niente. Solo coraggio bisognava avere.
Così entrò, sempre riflettendo. Camminando calpestava i rametti degli alberi, caduti sul terreno scuro della notte.
Ad un tratto ebbe un’idea alquanto bizzarra, inizialmente, ma che dopo averci riflettuto su non la trovò poi così tanto. Aveva da mesi, anzi dal primo giorno lì dentro, deciso che sarebbe dovuto diventare un mago di prim’ordine. E lo era ancora di più, da quando aveva preso in considerazione di studiare un argomento, proibito all’interno della scuola. Bisogna spingersi oltre le proprie capacità, per primeggiare. Questo aveva imparato in quasi un anno di studi lì dentro.
Così decise di fare un piccolo esperimento. Decise di prendere un rametto, tra quelli caduti al suolo, e di utilizzarlo come bacchetta personale. Almeno per provare se fosse stato in grado di fare magia, anche con una semplice bacchetta di legno, priva di nucleo. L’esperimento sarebbe riuscito se alla fine, quel rametto avesse scatenato talmente tanta magia, da farlo esplodere.
Scelse un rametto di legno di faggio, lo prese, lo girò tra le lunghe dita della sua mano e infine lo agitò. Non accadde nulla.
Riprovò una seconda volta, con maggiore concentrazione. Niente.
Si infuriò. Guardò con odio il bastoncino di legno, che aveva una lunghezza circa della metà di quella della sua bacchetta, lo afferrò con entrambe le mani e lo spezzò in due, al culmine della collera. Poi ne gettò i resti lontano.
Decise di prenderne un’altra. Legno di noce. La agitò. Ancora non accadde nulla.
Imprecò tra sé, con ira sempre crescente. Che maestro sarebbe stato? Bellatrix forse si sarebbe presa beffe di lui. Non avrebbe potuto sopportare un’umiliazione del genere, da una ragazzina.
Spezzò in due anche quel rametto, ma invece di lanciarlo subito, come aveva fatto prima, decise di riprovare con una delle due metà spezzate.
Scelse la metà tenuta nella mano sinistra, e gettò via quella tenuta dall’altra. Guardò il bastoncino, anch’esso privo di nucleo, che aveva lunghezza circa un quarto di quella della propria bacchetta di tasso, e la agitò.
Ci fu un lampo di luce chiara, una folata di vento  caldo improvviso , un suono simile a quello della corrente elettrica e il bastoncino esplose nelle sue mani. Fu, anzi, abbastanza sveglio e pronto, da gettarlo prima che esplodesse, altrimenti avrebbe potuto avere delle conseguenze spiacevoli alla mano. La cenere di legno bruciato cadde a terra.
Forse ce l’aveva fatta. Decise di provare con un altro un po’ più lungo, sempre di noce. Agitò, ma in questo caso di nuovo non accadde nulla. Spezzò le due estremità e di nuovo agitò.
Essendo il bastoncino in questo caso più lungo di quello precedente, le due metà risultarono più lunghe di quelle di prima. Fu necessario spezzare la metà, in ulteriori due parti. Gettò via i due pezzi inutilizzati, metà inutilizzata insieme alla seconda metà anch’essa inutilizzata, e agitò. Di nuovo lo stesso lampo di luce e il piccolo bastoncino esplose di nuovo.
Aveva capito una cosa quella sera: le bacchette più erano lunghe, più difficile era sprigionare la magia da esse. E ovviamente, senza nucleo era doppiamente complicato sprigionarla. Ma di conseguenza anche la resistenza della bacchetta aumentava in relazione alla sua lunghezza. E chissà forse anche la sua potenza nel sprigionare incantesimi.
Soddisfatto tirò fuori la propria bacchetta di tasso, lunga tredici pollici e mezzo. La osservò con soddisfazione. E scopri anche perché Olivander quel giorno, prima di uscire, gli aveva detto che quella bacchetta era la più potente che possedeva all’interno di quel negozio.
 
 
 
 

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Capitolo 31
*** L'incidente ***


I giorni passavano e al castello si cominciava a ripassare il programma che si era svolto quell’anno, in preparazione agli esami finali. I professori avevano da tempo, spiegato che agli esami finali non ci sarebbe stata possibilità di copiare; poiché le piume sarebbero state incantate con incantesimi anti copiatura.
La notizia turbò molto alcuni compagni di Tom come Rodolphus e Avery; mentre sia lui, sia Bellatrix non lo furono affatto.
Ma presto un altro nemico con cui fare i conti fu il caldo. Infatti risultò sempre più difficile concentrarsi a causa delle varie distrazioni che potevano provocare le idee di uscire nel parco, a divertirsi, invece che stare seduti ore e ore in biblioteca, chini sui libri.
“ E’ stato un inferno quest’anno” si lamentò Rodolphus con Avery e Dolohov, la settimana prima della fine delle lezioni. “ E pensare che ho detto a mio fratello Rab, prima di partire, che mi sarei divertito quest’anno, al contrario suo…”
“ Eddai amico, l’anno prossimo toccherà anche lui con mano e vedrai che sarà più bello. Ci divertiremo tutti insieme” scherzò Dolohov, dando una pacca all’amico.
Rodolphus sollevò lo sguardo al soffitto.
“ Non lo conosci, allora. Lui è un tipo…”
“ Spero, Lestrange, che almeno tuo fratello sia più sveglio e più furbo di te”  disse una voce femminile alle sue spalle, in tono altezzoso.
Si voltarono tutti e tre e videro Bellatrix che prendeva posto nella biblioteca, con una pila di libri, compreso il grimorio, in mano.
“ La saputella ha parlato” cinguettò Rodolphus. Poi si rivolse agli altri due: “ Sapete che Black passa tutti i giorni, durante l’estate, a parlare con quello scemo di suo cugino Evan, più stupido di lei? Cos’è ti piace tuo cugino, Black?”
Bellatrix arrossì. Gli altri ridacchiarono.
“ Non mi sorprenderei se entro due o tre anni, ti faccia la proposta di matrimonio. Mi sorprenderei piuttosto se tu l’accettassi, visto quant’è brutto… cosa stai facendo?” perché Bellatrix stava appuntando qualcosa sul grimorio. Poi si alzò in piedi, sfilò la bacchetta.
“ Cosa intendi fare?” domandò Rodolphus, improvvisamente in panico.
Bellatrix gli rivolse un sorriso malvagio.
Levicorpus”
Ci fu un lampo di luce e Rodolphus venne rovesciato all’ingiù. La divisa gli cadde coprendogli la testa, rivelando un paio di mutande grigie, e le cosce si rivelarono essere eccessivamente pelose per l’età.
Dolohov e Avery, vedendolo in quello stato, scoppiarono a ridere a crepapelle. Bellatrix guardandolo vendicativa, e ridendo sotto i baffi, si risedette.
“ METTIMI… GIU’!” strillò Rodolphus divincolandosi e cercando di liberarsi dalla fune invisibile che lo teneva appeso.
Bellatrix lo ignorò, mentre gli altri due si rotolavano dalle risate.
Riddle osservava la scena, in disparte, ed era l’unico che non rideva. Una vaga curiosità, però, gli comparve nel volto.
Sentendo le urla, udirono il bibliotecario che si lamentava per il chiasso eccessivo che si era venuto a creare nella biblioteca. Rodolphus che continuava a urlare, divincolandosi, Dolohov e Avery che ridevano e Riddle che osservava la scena.
“ Allora, cosa sta succedendo?” sentirono dire dal bibliotecario, mentre si avvicinava da dietro gli scaffali colmi di libri.
Appena prima che sopraggiungesse, Bellatrix sfilò di nuovo la bacchetta e la agitò nuovamente. Ma così facendo, Rodolphus cadde da un’altezza di quasi due metri sul tavolo, che si ruppe sotto il suo peso.
“ COSA DIAVOLO E’ SUCCESSO?” strillò il bibliotecario vedendo la scena, e quasi svenendo dopo averla vista.
Avery e Dolohov tuttavia non riuscirono a spiegare la cosa, poiché erano ormai in crisi di ridarella continua.
Bellatrix ovviamente non potè rivelare nulla, così sopraggiunse Riddle a spiegare al bibliotecario cosa fosse successo. Nel frattempo l’altro si era avvicinato per osservare meglio ciò che era capitato al povero Rodolphus.
“ E’ stata una sciocca idea del ragazzo, signore. Noi non c’entriamo nulla”
Bellatrix sollevò lo sguardo. Tom Riddle la stava proteggendo.
“ Ha pensato di fare una sciocchezza, immaginando di saltare sopra il bancone. Era convinto di essere talmente tanto leggero, da non romperlo. Purtroppo per lui, l’esperimento non è riuscito…”
Non si seppe il motivo, se perché Dolohov e Avery immaginarono la scena descritta da Riddle nella mente, oppure perché Rodolphus aveva cominciato a lamentarsi per il gran dolore alla schiena, dove aveva battuto; fatto sta che entrambi caddero all’indietro, rotolandosi per terra dal ridere.
“ Uuh…uhia…ahi, ahi, ahi…” si lamentò Rodolphus, muovendosi appena.
Il bibliotecario si infuriò parecchio con Rodolphus e disse che avrebbe rivelato tutto ai propri insegnanti. Poi fu portato via, a fatica, in infermeria, per accertamenti. Lo sentirono lamentarsi in lontananza. Gli altri due continuavano a ridere.
Riddle, invece serio, si alzò e fece per uscire, portandosi la roba con sé. Aveva capito che quel giorno, non sarebbe riuscito a concentrarsi sullo studio.
Bellatrix lo raggiunse all’uscita.
“ Grazie, per avermi coperto Tom” gli disse.
Riddle la guardò.
“ Non accadrà un’altra volta, Bella… ma sei stata brava”. Bellatrix sorrise. Poi, sempre guardandola seriamente, le sussurrò: “ Ti stai decidendo su quella cosa?”
Lei annuì.
“ Io sarei pronta ad iniziare anche stasera, Tom” gli disse
Lui riflettè un attimo, abbassando lo sguardo. Poi lo rialzò e le rispose: “ Io, invece, non sono pronto”.
E dopo averla guardata per qualche istante, aggiunse: “ E forse neanche tu”
E si allontanò.
 
 
 

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Capitolo 32
*** Gli esami ***


I giorni giunsero alla fine e al castello arrivò il giorno tanto atteso da centinaia di studenti: il giorno dei temibili esami finali. Solo Riddle, si potrebbe dire, all’interno del castello non conobbe affatto la parola paura. Anzi, negli ultimi giorni, si sentì irrequieto.
Tra qualche settimana il castello, si sarebbe svuotato e lui avrebbe fatto ritorno a quella odiosa struttura per malati mentali, che aveva da molti anni cominciato ad odiare. Il motivo per cui odiava quel posto, faceva finta di non saperlo. Ma era qualcosa di orribile. Talmente orribile che dall’età di nove anni aveva cercato con tutto sé stesso di dimenticare.
Si era anche mezzo deciso riguardo ciò che aveva in mente per Bellatrix. Ma avrebbe aspettato la fine degli esami, per comunicargliela.
Lei intanto passava intere giornate nella biblioteca a ripassare gli incantesimi, le piante, le posizioni astronomiche della luna e dei pianeti, le pozioni. Tutta roba utile in fin dei conti. Ma lui per lei, aveva in mente ben altra roba. Roba che lì al castello non avrebbero studiato e non avrebbero potuto studiare.
Era importante la parte di magia imparata in quel luogo, ma cominciava davvero a considerarla troppo limitativa.
Cominciava a convincersi che la maggior parte degli studenti, una volta usciti da lì, non sapessero neanche una piccola percentuale della magia che avevano imparato. La magia era studiata per poter essere usata. A che serviva studiarla soltanto, senza metterla in pratica?
Negli anni, avrebbero potuto anche studiare le stesse Arti Oscure, ma a che sarebbe servito studiarle teoricamente, senza metterle in pratica? La teoria era importante, certo. Ma la pratica lo era ancora di più.
Ecco perché, quando la sera prima vide Bellatrix china sui libri, ebbe quasi il desiderio di andare lì, chiuderle il libro in faccia e costringerla a fare pratica magica.  
Arrivò il giorno atteso. Il primo esame sarebbe stato Pozioni, nell’aula corrispondente. Ogni esame era strutturato in questo modo: al mattino avrebbero affrontato la parte teorica della materia in questione e al pomeriggio la parte pratica. Faceva eccezione Astronomia nella parte pratica, poiché sarebbe stata affrontata a notte fonda. Gli esami avrebbero avuto durata quindici giorni.
Ad attenderli, quel mattino,  vi era Lumacorno.
Quel giorno era pettinato meglio del solito e anche i baffoni da tricheco erano leggermente più in ordine.
“ Buongiorno, ragazzi miei” disse aprendo le braccia come per accoglierli tutti, una volta che tutta la classe si fu riunita dietro i banconi. A differenza di com’era solitamente l’aula di Pozioni era sgombra da calderoni fumanti.
“ Benvenuti. Oggi inizieranno le prove per vedere e verificare ciò che avete imparato quest’anno. Allora” prese un foglio e cominciò a leggere: “ Il regolamento degli esami è uguale sostanzialmente agli esami G.U.F.O, che affronterete alla fine del quinto anno e dei M.A.G.O che affronterete alla fine del settimo. E’ naturalmente vietata la copiatura dal compagno, di qualunque genere. Non sono ammesse uscite dall’aula se non per gravissimi motivi, tipo: uno si sente male e sviene. Ma non è mai successo e credo che impossibile che possa avvenire. Non sono ammesse chiacchiere di qualunque genere tra compagni e tantomeno sono ammesse l’uso di bacchette per incantare i professori o compagni. Anche se siete solo al primo anno e non dovreste essere così abili per poterlo fare. Una volta finito e consegnato l’esame, siete pregati di uscire dall’aula. Bene direi che è tutto per quanto riguarda questa enorme noiosità regolamentare” fece una risata, che fu replicata da poche persone, e poi battè le mani e la pila di fogli che stava sopra la cattedra, alle sue spalle, si alzò in volo e si diresse verso i banconi.
Riddle ricevette il foglio. Chinò il capo e lesse. Erano una sorta di domande aperte sugli argomenti affrontati a lezione quell’anno. Dieci domande aperte, con un massimo di dieci righe per risposta.
Lumacorno guardò la clessidra sulla cattedra e la girò.
“ Avete due ore a partire da ora. Cominciate”
Alla fine Riddle pensò di aver risposto bene a tutte le domande. Fu il primo a finire, circa dieci minuti prima della fine del tempo massimo a disposizione. Cinque minuti più tardi finì Bellatrix. Gli altri continuavano.
Al pomeriggio si recarono nuovamente nell’aula per l’esame pratico e questa volta la trovarono com’erano abituati da un anno a trovarla: fumante.
Nell’esame pratico fu chiesto loro di preparare due pozioni a scelta tra: Pozione Antilupo, Pozione Invecchiante, Pozione contro i foruncoli, Pozione Obliviosa, Intruglio Confondente e per i più bravi un Antidoto contro i veleni.
Riddle decise di prendere la strada più complicata in assoluto: Antidoto e Pozione Antilupo.
Alla fine delle due ore, pensò di essersela cavata alla grande.
Il giorno dopo toccò a Difesa contro le Arti Oscure.
Al mattino la professoressa Gaimens chiese loro di scrivere due relazioni, ciascuna di un rotolo di pergamena,  a scelta tra i seguenti argomenti: Mollicci, Avvicini, Lupi Mannari, Margiotti, Draghi, Folletti della Cornovaglia, Fatture Varie. Per farlo avrebbero avuto quattro ore di tempo.
Al pomeriggio fu loro preparato un loro preparato una sorta di percorso ad ostacoli nella quale avrebbero dovuto affrontare un Kappa, un Molliccio e poi avrebbero dovuto rinchiudere nella gabbia una decina di Folletti.
Anche gli altri esami seguirono questa modalità. Era una modalità nuova, più pesante rispetto alle altre annate. Valse solo per quelli del primo anno.  Perchè solo in quel particolare anno vi erano due tra gli studenti in assoluto più brillanti della storia di Hogwarts.
Si era allora deciso, in accordo con il preside Dippet, di aumentare un po’ la difficoltà delle prove, convinti che sarebbero comunque risultati positivi alla fine.
Concluso il periodo esami, finite le due settimane, tutti erano stravolti. Erano stati più duri di quanto chiunque di loro potesse immaginare. Tom però era convinto di essersela cavata bene. Anche lui era stanco, ma si sentì in qualche modo soddisfatto di sé stesso.
Occorsero circa altre due settimane affinchè ricevessero i risultati; e sia Riddle sia Bellatrix furono gli unici del corso a superarli con pieni voti. Persino Silente era stato costretto a mettergli il voto migliore tra tutti nell’esame di Trasfigurazione. Comunque anche gli altri alla fine risultarono promossi.
Fecero festa e ora furono liberi. Cominciò il periodo più amato da tutti, da grandi e da piccini: lo svago. Fu permesso loro di svagarsi completamente, uscendo dal castello e giocando tra di loro, fino a notte fonda; con la raccomandazione, però, di non allontanarsi fuori dai confini del castello.
Quell’anno l’estate era partita in fretta, perciò non fu necessario per loro coprirsi eccessivamente durante le nottate all’aria aperta.
Ma qualcos’altro era successo in quei giorni. Tom Riddle finalmente si sentì pronto per comunicare a Bellatrix della sua scelta. E ora, dopo quel periodo di prova, di esami duri e pesanti, passati come lui alla grande, capì che era pronta. D’altronde era la studentessa più brillante della sua età, come lui lo era per i maschi. Imparava in fretta.
La sera della comunicazione dei voti, appena saputo e compreso che Bellatrix aveva superato ogni genere di prova, con il massimo dei voti esattamente come lui, si avvicinò a lei, mentre tutti festeggiavano, e nell’orecchio le sussurrò queste parole: “ L’ultima notte ti aspetto in sala comune. Alle nove. Fa’ in modo di non farti vedere, né tantomeno seguire, da nessuno” 

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Capitolo 33
*** La soglia ***


Dal grimorio di Bellatrix: “ La soglia”
                                                                        


 
 
Siamo alla fine. Oggi è l’ultima notte qui al castello. Poi inizieranno le vacanze estive, e ritornerò nella mia cameretta, a badare ai fatti miei, mentre lascerò a mia sorella Dromeda il compito della cura di Cissy.
E’ stato un anno pieno di sorprese, emozioni e anche qualche delusione. Ma nessuna di queste emozioni potrà mai superare quella che ho avuto stasera.
Due sere fa, Tom mi ha fatto capire che questa sera mi avrebbe aspettato nella sala comune, in attesa della mia decisione finale. Finalmente, ho pensato. Non vedevo l’ora: erano almeno tre mesi che attendevo questo momento.
Il resto degli studenti,  finiti gli esami, passavano le ultime serate nel parco fino a notte fonda, con la raccomandazione però di non allontanarsi fuori dai confini del castello. Tom, come al solito, è rimasto dentro, schivo ai divertimenti e restio a fare delle amicizie. Ma ormai lo conosco abbastanza, e mi ritengo fortunata per essere riuscita a stringere almeno un rapporto cordiale con lui.
Così mentre gli altri si divertivano nel parco, dopo il discorso di fine anno, sono sgattaiolata dentro al castello e mi sono diretta verso la sala comune di Serpeverde, domandandomi cosa avrei dovuto aspettarmi.
Quando sono entrata, sono rimasta senza fiato. La sala era più buia del solito. Le uniche fonti di illuminazione erano un paio di candele che emanavano una oscura luce rossastra e alcuni candelabri oscuri. Il tutto gettava ombre sinistre sulle pareti della sala. Candele e candelabri che di solito erano spenti, lasciando il posto alle lampade a olio. Mentre quella sera,  stava avvenendo il contrario.
Sebbene inizialmente quell’ambiente mi turbasse, non ci misi molto ad abituarmici. E anzi, dopo un po’ mi trovai a mio agio e mi piacque.
“ Benvenuta, ragazza.”
Lì per lì, non l’avevo notato: troppo occupata a guardarmi attorno. Guardai davanti a me. Un’ombra mi dava le spalle, rivolta verso il camino ormai spento, visto il clima pienamente estivo.
“ Ciao Tom” lo salutai, un po’ nervosa a dire il vero.
“ Ti sei decisa, Bellatrix?” mi domandò
“ Si, Tom. Sono decisa. Lo sarei già da un po’ a dire il vero”
Lui non battè ciglio, ma, sempre dandomi le spalle, mi disse: “ Da questo momento, se vuoi che ti insegni i requisiti per entrare nel mio mondo, non dovrai più chiamarmi Tom, almeno in questa sede, ma gran Maestro o semplicemente mio maestro o maestro. Intesi?”
“ Si, maestro” risposi.
Lui sempre dandomi le spalle, mi domandò: “ Sai perché sei qui?”
Io riflettei un attimo.
“ Si, maestro. Voglio un giorno poter imparare tutto da voi. Ogni singola cosa”
Lui fece un attimo di silenzio, poi mi chiese: “ Sei al corrente che di qualunque cosa si tratti, è roba vietata qui? Questo significa che qualunque cosa sia, deve per forza trattarsi di magia davvero oscura. Davvero molto avanzata e molto potente. E per poterla affrontare, devi cambiare personalità Bellatrix. Devi diventare malvagia, per poterla affrontare. Come lo sono io. Devi diventare potente. Come lo sono io. Ma non preoccuparti… io qui, ti aiuterò a farlo. Questa è la soglia del mio mondo.”
“ Come?” domandai con il cuore che batteva forte.
Ma lui alzò una mano, e io tacqui.
Finalmente si voltò verso di me. Mi guardò con quel suo sguardo magnetico e scuro. Come oscuro, quella notte, avevo capito, era lui. Si avvicinò a me, e cominciò a girarmi attorno, come un serpente che circonda la sua preda.
“ Ora ti darò un piccolo insegnamento Bellatrix, che dovrà valere ora, qui, e durante quei giorni in cui affronterai l’argomento delle Arti Oscure. In quei giorni, ovviamente sarà riadattato al tipo di magia che ti insegnerò. Ricordalo bene, perché te lo riproporrò solo in quella circostanza, nella sua versione modificata, quando inizierò a spiegarti i meccanismi della magia oscura. In realtà l’hai già sentito non è vero?”
Io, istantaneamente, risposi: “ Da Lumacorno?”
Lui mi sorrise, sempre in quel modo misterioso.
“ Esattamente. Hai visto che se ti impegni le cose le ricordi?”
Poi si fermò di fronte a me e mi guardò negli occhi.
“ Ci sono tre regole che devi sin da ora imparare. Regole che devono essere usate per perdurare in ogni cosa. La prima regola è che bisogna essere talentuosi. Io accetto come amiche le persone che si spingono oltre le proprie capacità, in modo da imparare tutti gli insegnamenti della magia.
La seconda, come sai, è non mai avere paura di superare, anzi sfrontare, i limiti alla magia. Qui studiamo solo magia difensiva. E questo è un limite. Alla fine, tu dovrai essere in grado di usare la magia, non per difenderti, ma soprattutto per attaccare. Questo punto, te lo posso spiegare, in questo caso, così: tu non devi aver paura di utilizzare la magia per divertimento. Finora lo hai fatto in determinate circostanze, se provocata. Ad esempio quel giorno, con il tuo amico/nemico Rodolphus Lestrange. Io vorrei che tu utilizzassi la tua magia per divertimento contro gli altri. Prima lo faremo con la magia bianca, o normale, poi fuori di qua applicheremo questo punto alla magia oscura”
Fece una pausa. Mi guardò e mi domandò: “ Ti è chiaro?”
“ Si mio maestro” risposi. Ma quel punto mi aveva un po’ spaventata. Non ero abituata a utilizzare la magia punitiva contro gli altri per divertimento.
“ Ma, maestro…” cominciai decisa a fargli notare ciò che dentro di me, stavo pensando. Ma lui mi fece nuovamente tacere.
“ Il terzo punto, invece rimarrà tale sia ora sia in quei giorni, quando apprenderai le Arti Oscure”. Mi guardò negli occhi per qualche istante. Non sapevo cosa stesse pensando, e cosa aspettarmi ancora, visto che quella sera da Lumacorno non aveva un terzo punto nella mente.
“ Non innamorarsi mai. Questa è la principale delle tre. La parola amore, con me, in mia presenza, non deve esistere”
Un senso di orribile vuoto mi si formò nel petto a quella dichiarazione. Lo guardai, e lui fece altrettanto, senza batter ciglio. Capii che era irremovibile. Avrei tanto voluto chiedergli se avessi rispettato solo i primi due punti, se fosse stato ugualmente soddisfatto, ma ebbi paura di farlo infuriare. Oltre che avevo paura che una sola domanda scomoda e sciocca, potesse cancellare tutti i progetti che lui aveva su di me.
Come se non bastasse, ebbi anche il terrore che mi avesse letto nel pensiero, poiché sorrise e mi domandò: “ C’è qualcosa che devi dirmi, Bella?”
“ No, maestro” risposi di getto, abbassando lo sguardo e distogliendolo da quello suo.
Lui si mostrò soddisfatto.
“ Bene. Molto bene” sussurrò.
Io, però, volevo saperne di più.
“ Ma maestro come farò ad imparare tutto questo?”
Lui mi guardò. Un po’ del suo sorriso si congelò.
“ Ti aiuterò io. Ti addestrerò personalmente.  E bada che è la prima volta che aiuto qualcuno. Considerati fortunata”.
Addestramento? Che addestramento? Pensai agitatissima.
“ Maestro che addestramento?”
Lui mi guardò.
“ Lo vuoi vedere Bellatrix?”
Io annuii.
“ Si mio maestro. Voglio vederlo”.
Lui parve rifletterci un attimo. Poi con un gesto fluido, sfilò la bacchetta a la agitò. Di colpo si fece buio completo. Era un’oscurità talmente fitta da non permettermi di guardare ad un palmo dal mio naso. Cominciai ad avere paura. Quell’oscurità totale mi dava un senso di panico, al contrario di quella precedente dove almeno potevo vedermi attorno.
“ Mio maestro… mio maestro, cosa sta succ..?” chiesi spaventata. Ma non feci in tempo a finire la frase, che vidi una luce da bacchetta e una fattura mi colpì alle spalle, facendomi cadere a terra. Le luci delle candele si riaccesero.
Il mio maestro era dietro di me, evidentemente arrabbiato. Mi osservava dall’alto.
“ Sciocca ragazza. Credevi davvero che fossi già pronta a sopportarlo? Lo farai quando sarai pronta e quando vorrò io. E non osare mai più sfidarmi”.
Mi rialzai in piedi e, senza capire, domandai: “ Cos’è successo, maestro?”
Lui mi guardò ancora accigliato.
“Hai visto in cosa tratterà l’addestramento. Almeno in una sua parte. Ti ho colpito alle spalle. Tu, quando sarai pronta, dovrai essere in grado di udire i miei movimenti nell’oscurità e colpirmi prima che lo faccia io. Ma non lo farai subito. Prima voglio misurarti su altre cose, che poi vedrai”
Ma io avevo stoppato di ascoltarlo dopo la prima metà.
“ Colpirvi? Non potrei mai colpirvi, maestro”
Lui mi guardò e sorrise: “ Hai paura di me, Bellatrix?”
Io scossi la testa, anche se in parte a dire la verità, lo temevo. Forse era proprio quella sua aura oscura che mi attraeva in lui.
“ No… solo che non potrei mai colpirvi”
Lui smise di sorridere e mi si avvicinò: “Dimentichi il secondo punto, Bellatrix. Non avere mai paura di superare, anzi sfrontare i limiti imposti alla magia. Voglio che alla fine di tutto questo , tu non ti faccia problemi a lanciare incantesimi contro chiunque, anche solo per divertimento. E se avrai il coraggio di lanciare fatture contro di me, il tuo maestro, non avrai problemi a farlo con tutti gli altri. Devi cambiare vita, Bellatrix. Devi diventare un’altra persona. Una persona ribelle e malvagia. Te l’ho detto. Altrimenti se non supererai questo punto, questa prima parte, non potrai andare avanti e scoprire cosa voglio davvero da te”
Io però non resistei più. Volevo una volta per tutte che lui fosse chiaro con ciò che mi attendeva davvero. Così, guardandolo decisa gli ho chiesto: “Cosa volete davvero da me, mio Maestro?”
Ma lui ha scosso la testa.
“ Non sei ancora pronta Bellatrix. Quando lo sarai, te lo dirò”
Ma io non accettai quel tentennamento. Lo guardai con ancor più decisione e gli ordinai, almeno provai a farlo: “  Maestro, voglio sapere quello che verrà dopo”
Lui allora mi ha guardato, e mi ha sorriso ancora. Non sembrava turbato che io gli avessi dato un ordine.
“ Lo vuoi vedere, Bella? Ne sei sicura?”
“ Si, lo voglio” risposi decisa. In realtà tremavo tutta: sapevo che non sarei stata in grado di affrontare ciò che lui mi stava preparando. Ma ero troppo curiosa di vedere, almeno in piccola parte, quello che un giorno avrei imparato da lui. Dopo che, a suo dire, sarei stata pronta.
Lui ha atteso un attimo, mi ha guardata e poi ha detto: “ Va bene, te lo mostrerò. Almeno in piccola parte”
Tirai fuori la bacchetta, pronta ad un nuovo attacco suo. Tremavo tutta di eccitazione, e anche un po’ di paura. Non sapevo proprio cosa aspettarmi.
Lui però non si mosse, né afferrò la bacchetta. Mi guardava. Io feci altrettanto interdetta. Cosa voleva fare? Lo sguardo suo raggiunse un’intensità inimmaginabile per me, come per chiunque, e ad un tratto sentii un dolore lancinante alla testa. Mi piegai in due dal dolore e, quando non fui più in grado di sopportarlo, sentii una voce dentro la mia testa. Capii che era la voce del mio maestro. Sebbene lui fosse lì, davanti a me che mi fissava, sempre intensamente.
“  Vedo i tuoi pensieri Bellatrix. E sono miei. Vedo le tue paure, i tuoi sogni. I tuoi…desideri. Mi stai facendo vedere tutto quello che c’è qui dentro, senza che tu abbia la minima resistenza”
“ Basta maestro. Non ce la faccio a sopportarlo. E’ troppo forte…” urlai piegata in due dal dolore. Il dolore cessò.
Mi raddrizzai tenendomi sempre la testa con le mani: avevo paura che quel dolore acutissimo tornasse nuovamente. Lui si era avvicinato di nuovo, e mi guardava, sempre serio e misterioso.
“Ora capisci perché è importante la prima parte dell’addestramento Bellatrix? Ti ho letto la mente. Questo è il mio mondo. Te l’ho mostrato. Almeno in piccola parte. Adesso sei sulla soglia. Se non riesci a scoprire da dove vengono gli attacchi esterni, se non imparerai a difenderti e attaccare manualmente, non imparerai mai a respingermi col pensiero. Questo dovrai affrontare dopo che sarai pronta, quando avrai superato questa prima parte, che ti insegnerò qui al castello. E solo allora potrai entrare nel mio mondo, Bellatrix. E solo quando sarai in grado di fare tutte queste cose, potrai ritenerti davvero mia amica. Questo che ti ho mostrato appena adesso, e che ti ha provocato dolore, è parte dell’obiettivo finale. Che affronterai, sempre che tu voglia proseguire, quando saremo entrambi fuori da qui. Quando sarai quella che voglio e desidero da te, questo dolore non lo proverai più, perché saprai resistermi. Ci saranno sicuramente tante altre cose, che dovrai fare, prima che tu possa diventare davvero ciò che voglio che tu diventi”.
Fece una pausa.
“ Aumenterò personalmente la potenza dei tuoi incantesimi e la velocità delle tue reazioni difensive e offensive. Ti farò diventare una strega temuta…una strega oscura… una strega potente. La più potente. La mia strega. Al quale poi aprirò le porte del mio mondo, quando sarai pronta per vederlo, nella sua completezza. Ripassati mentalmente le  prime due regole che ti ho dato, Bella. Quando sarai pronta, mi farai sapere e inizieremo”
E si allontanò da me. Come se fosse tutto controllato mentalmente da lui, appena uscì, i candelabri si spensero e si riaccesero le luci naturali. Un soffio d’aria mi scompigliò leggermente i capelli.
Io rimasi lì e ripensai a quello che avevo appena assistito. Di colpo mi prese un terribile senso di rimorso. Rimorso per avergli chiesto di insegnarmi quelle cose, e in generale di diventare sua amica. Non perché non lo desiderassi più: non potevo, anzi, avere onore più grande di quello che il mio maestro mi aveva offerto. Ma perché cominciai seriamente a pensare che non sarei mai riuscita a soddisfarlo: pretendeva troppo da me. Non ero degna della sua stima.
Mentre mi accovacciavo per terra, nella mia mente cominciai ad intravedere in lontananza un tunnel buio, lungo e pieno di insidie. Io, magari mi sbagliavo, ma ero certa che lui, il mio maestro, mi avrebbe aspettato aldilà dell’uscita, pronto ad accogliermi come più avrei desiderato da lui. Ma prima dovevo attraversare quel tunnel tutto da sola.
Il peso di tutto questo, unito al terrore di non farcela e, quindi, di deluderlo, fu talmente grande in me che in una delle rarissime volte nella mia vita, cominciai a piangere disperatamente.


 

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Capitolo 34
*** RINGRAZIAMENTI ***


Siamo giunti alla fine di questa prima parte di storia riguardante Tom Riddle e i suoi anni a Hogwarts. Come vi ho fatto notare comunque vi sono delle differenze tra questa e la versione dei libri, soprattutto riguardante la presenza di Bellatrix Black (poi Lestrange) nella storia.
Ci tengo a ringraziare tutti coloro che hanno letto e recensito: Circe (al quale la mia storia è ispirata alla sua del Maestro delle Arti Oscure, costituendone una sorta di anticipazione), EcateC (ringrazio anche lei e vi consiglio di passare dalla sua pagina efp perché contiene anche la sua storie davvero belle e interessanti) e Erica la Yaya.
Ringrazio anche coloro che hanno letto e sono arrivati fino a qui.
Spero che la mia storia vi sia piaciuta e che non vi abbia annoiato troppo.
Vi aspetto per la continuazione che vedrà l’ingresso di nuovi personaggi tra cui Mirtilla Malcontenta; il cugino di Bellatrix, Evan (citato nella “strega più potente” di Circe); Rabastan Lestrange (fratello di Rodolphus) , Amycus e Alecto Carrow. Anche se tutti questi personaggi avranno un ruolo più centrale nella terza parte che raggrupperà gli anni 5-6 e 7 di Tom Riddle. E in ogni caso Rabastan per il momento NON rientrerà nel gruppo dei futuri mangiamorte. Anche la seconda delle sorelle Black: Andromeda, farà il suo ingresso. Bellatrix crescerà e cambiare personalità, fino a diventare la strega che tutti abbiamo conosciuto. Comunque per chi è interessato, vi sarà tutto spiegato J
Vi ringrazio moltissimo per aver letto e spero di avervi fatto compagnia leggendo i capitoli.
A presto!!

 

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