The Rose of true love - Stagione II

di ValeDowney
(/viewuser.php?uid=192629)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Riunione di famiglia - Parte I ***
Capitolo 2: *** Riunione di famiglia - Parte II ***
Capitolo 3: *** Lacrima del Fiume - Parte I ***
Capitolo 4: *** Lacrima del Fiume - Parte II ***
Capitolo 5: *** Lacrima del Fiume - Parte III ***
Capitolo 6: *** Rudimenti di magia - Parte I ***
Capitolo 7: *** Rudimenti di magia - Parte II ***
Capitolo 8: *** Sensi di colpa - Parte I ***
Capitolo 9: *** Sensi di colpa - Parte II ***
Capitolo 10: *** La sconosciuta - Parte I ***
Capitolo 11: *** La sconosciuta - Parte II ***
Capitolo 12: *** Su due fronti - Parte I ***
Capitolo 13: *** Su due fronti - Parte II ***
Capitolo 14: *** Un mistero da risolvere - Parte I ***
Capitolo 15: *** Un mistero da risolvere - Parte II ***
Capitolo 16: *** Salvando Excalibur - Parte I ***
Capitolo 17: *** Salvando Excalibur - Parte II ***



Capitolo 1
*** Riunione di famiglia - Parte I ***






The Rose of true Love - Stagione II

 

Capitolo I: Riunione di famiglia- Prima Parte

 
Foresta Incantata
 
Belle guardava sorridendo la piccola Rose. La teneva tra le braccia, cullandola mentre si dondolava su una sedia a dondolo posta accanto alla finestra della stanza della bambina.
Quel tenero fagottino stava dormendo beata, coccolata dal tepore materno. Ma Belle sapeva che ben presto la piccola si sarebbe svegliata reclamando la sua dose giornaliera di latte e attenzioni da entrambi i genitori. Perché, se anche Tremotino si allontanava spesso dal castello, per fare accordi o terminarne di precedenti solamente messi in sospeso per godersi la figlia appena nata, lui sentiva quando Rose piangeva. Quindi ritornava immediatamente indietro, occupandosi del suo piccolo tesoro prezioso.
Tremotino non avrebbe mai voluto allontanarsi dalla sua dolce creatura. Ma i compiti da Signore Oscuro chiamavano: persone bisognose richiedevano costantemente la sua potente magia e, se non fosse andato, si sarebbero insospettite. Lui e Belle si erano ripromessi che nessuno avrebbe mai scoperto della loro rosa. Se anche la sua esistenza fosse arrivata alle orecchie di una loro temuta conoscenza, Rose sarebbe stata in pericolo.
Inoltre Tremotino sapeva che Belle era una madre fantastica. La ammirava mentre si occupava della piccola. Ammirava il modo in cui era sempre al suo fianco appena piangeva, aveva fame o semplicemente voleva stare tra le sue braccia. Belle era sempre stata dolce. Ma con Rose lo era ancora di più. Sembrava che avesse quasi paura a toccarla o anche solo sfiorarla. Forse perché era così piccola e non voleva farle del male. Ma come avrebbe mai potuto? Amava troppo Rose, come amava Tremotino. Ma erano due “amori” diversi:  romantico per il Signore Oscuro e materno per la figlia.
Cullava dolcemente Rose, quando sentì Tremotino gridare: “Lo sapete benissimo che non dovete toccare nulla! I miei preziosi antefatti devono rimanere al loro posto.”
Belle si alzò e, tenendo stretta a sé la figlia e sperando non si svegliasse con le urla del padre, camminò fino a raggiungere l’enorme salone dove trovò il Signore Oscuro di fronte a Grachen e Quasimodo. Excalibur se ne stava accanto al padrone, sbadigliando per la noia o più probabilmente perché incominciava a mancarle una bella e succulente bistecca fumante.
“Lo so benissimo, e io le ripeto che non l’ho toccato né spostato” disse Grachen.
“Di certo non si è spostata da sola” disse Tremotino. L’oggetto in questione era una freccia dorata, posta su un piedistallo quasi al centro della sala. Doveva essere molto pregiata.
“Non deve sgridarci per nulla. Ma lei si diverte così tanto a farlo” disse Grachen.
“Specialmente con te” disse ridendo Tremotino.
“Ma anche il gobbo era…” iniziò col dire la governante. Ma Tremotino la bloccò replicando: “Quasimodo non c’entra nulla. Tu sei in questo castello da molto più tempo di lui, quindi dovresti già sapere le regole. E sii fortunata che abbia avuto clemenza per te, quando invece ti potevo benissimo schiacciare e mettere così fine alla tua insulsa vita.”
“Tremotino” lo richiamò Belle. Il Signore Oscuro si voltò, accorgendosi solo ora della presenza di Belle con in braccio Rose che, stranamente, dormiva ancora. Tremotino rivoltò lo sguardo e, dopo essersi schiarito la voce, disse: “Grachen, per punizione, pulirai i sotterranei.”
“Ma ci sono un sacco di ragnatele” disse Grachen.
“Be', un motivo in più per pulirli. E ora sciò, prima che ti faccia pulire anche le armi sporche di sangue e qualsiasi altra cosa che abbia voglia di darti” disse Tremotino.
Grachen lo guardò malamente e poi se ne andò. Quasimodo stava per seguirla, quando Tremotino lo fermò: “Fermo lì, ragazzo. Dove pensi di andare?”
“A… ad aiutare Grachen a pulire i sotterranei, mio padrone” disse Quasimodo.
Tremotino alzò un indice e lo mosse avanti e indietro, dicendogli: “No, no, no. Ho un altro compito per te, mio caro. Andrai a mettere a posto le rose del giardino.”
Quasimodo rimase sorpreso. Poi disse: “Va… va bene, padrone” e se ne andò anche lui.
Tremotino si voltò e, guardando Belle che sorrideva e scuoteva negativamente la testa, le domandò: “Cosa c’è? Sono stato buono come un agnellino.”
“Non capisco perché devi sempre essere così crudele con Grachen. Ricordati che mi ha molto aiutata con la gravidanza e, se non fosse stato per lei, ora non avremmo Rose” rispose Belle e strofinò una guancia contro quella di Rose.
Tremotino si avvicinò a loro, per poi dire: “Lo sai benissimo perché, mia dolce Belle. Ma sei tu che dovresti più sfruttarla… anche se so che non lo farai mai.”
Belle sorrise e diede un bacio sulla fronte di Rose. Questi si mosse un po’ ma non si svegliò.
“È strano che non si sia svegliata con le tue urla” disse Belle.
“A lei piacciono. Adora tutto del suo adorato papà” disse sorridendo Tremotino e mise una mano sotto la testa della figlia. Anche Belle gli sorrise per poi chiedergli: “Come mai così tanta premura per quella freccia?”
“Quella freccia, mia cara,” e indicò l’oggetto menzionato “è speciale perché la sua punta è cosparsa di un potente incantesimo che può addormentare chiunque ferisca. Anche uno come me” spiegò Tremotino.
“Ora ho capito perché ti sei arrabbiato quando sia Grachen che Quasimodo l’hanno toccata: non volevi che cadessero in un sonno profondo” disse Belle.
Tremotino guardò da una parte e poi dall’altra. In verità non era proprio quello il motivo. Si era arrabbiato perché nessun suo oggetto doveva essere toccato – se non da lui o Belle – né spostato.
Cambiò velocemente discorso, mettendole un braccio intorno e continuando a tenere la mano sotto la testa della figlia: “Avrò pure tanti tesori, ma ne ho due molto più preziosi da proteggere.”
Belle sorrise e appoggiò la testa contro il suo petto, cercando di non schiacciare Rose in mezzo a loro. E, proprio in quel momento, la figlia si svegliò. I genitori la guardarono e Tremotino disse: “Guarda chi finalmente ha deciso di svegliarsi. Ciao, mio piccolo fiore.” E Rose, guardandolo, rise.
Belle guardò sorridendo la figlia. Ma poi propose: “Perché non andiamo in giardino? A Rose farebbe bene un po’ d’aria fresca. Dopotutto passa la maggior parte del tempo qua dentro.” E guardò Tremotino. Questi ci pensò un po’ su. Poi disse: “Un po’ d’aria fresca non dovrebbe farle male. Ma se le dovesse venire un raffreddore….”
E Belle terminò, mentre camminavano fianco a fianco verso il giardino: “…me ne occuperò io, senza disturbarti ma continuando a dirti che avevi ragione e che non avremmo mai dovuto portarla fuori.”
“In verità volevo dire che l’avrei affidata a Grachen, in modo che i germi di Rose – e quindi di conseguenza i miei – la contaminassero. Ma va bene anche quello che hai detto tu” disse Tremotino.
Belle gli diede una leggera pacca sulla spalla e poi uscirono. Excalibur si acciambellò nella sua cesta dorata. Senza la sua succulente bistecca era diventata troppo pigra.

 
Storybrooke

 
Rose e Belle continuavano a guardarsi in silenzio. Rose ancora non poteva credere che, davanti a lei, ci fosse la sua mamma. Una mamma che aveva creduto morta per tanti anni… no…. che avevano fatto credere a lei e a suo padre che fosse morta. Qualcuno che voleva la loro sofferenza. Una vita senza lieto fine. Ed ora eccoli lì tutti insieme, finalmente riuniti dopo anni.
Rose guardò Gold, domandandogli: “Papà, ma sei proprio sicuro che sia la mamma? Magari… ti stai sbagliando.”
“Piccola mia, come potrei mai dimenticare la donna della quale mi sono innamorato anni fa e che mi ha donato te?” rispose Gold guardandola. Poi guardando la ragazza, aggiunse: “Mia adorata Belle, non ti ho mai dimenticata.  Tu sei riuscita ad amare una bestia come me. Ad andare oltre ciò che ero. Ti ho cacciata ma sei ritornata, donandomi un tesoro molto prezioso.” E riguardò Rose, che guardava in silenzio il padre. Questi continuò: “Non sono mai riuscito a superare la vostra perdita quando Regina mi disse che eravate entrambe morte. Ebbi il cuore spezzato per il dolore ma anche per la rabbia di non essere riuscito a proteggervi. Promisi a me stesso che, una volta arrivato qua, l’avrei fatta pagare a quella donna. Ma, con la maledizione in corso e con dei falsi ricordi, non potevo fare nulla. Poi però, un angelo di nome Graham mi ha ricongiunto con il nostro piccolo fiore e da lì ho ricominciato a sperare che forse, un giorno, anche tu Belle saresti potuta ritornare da noi.” E guardando la ragazza finì col dire: “E quel giorno finalmente è arrivato.”
Belle non sapeva cosa dire e Rose era la prima volta che vedeva il padre così aperto. Allora quella era davvero la sua mamma? La donna che lui non aveva mai smesso di amare?
“Ma ora vorrei portarvi in un posto speciale. Venite con me” disse Gold e si avviò verso la porta.
Ma Belle lo fermò, dicendo: “Un momento.” E, appena Gold si voltò, continuò: “Io… mi dispiace, ma non ricordo di avere una figlia. Ricordo solamente di essere stata intrappolata in quella cella per molti anni. Forse non dovrei nemmeno essere qua.”
“Lo so che sei spaventata, ma ben presto tutto questo finirà e noi potremmo stare finalmente insieme. Devi solo fidarti di me” disse Gold e allungò una mano verso di lei.
Belle esitò. Rose ed Excalibur li guardavano in silenzio. Poi la ragazza gliela prese. Gold sorrise e, dopo aver aperto la porta, uscì insieme a lei. Rose ed Excalibur li seguirono, raggiungendoli alla macchina. Belle e la volpe salirono, ma Rose esitò. Quindi Gold, voltandosi, le chiese: “Piccola, qualcosa non va?”
“È che dovrei essere con Henry. Sta morendo e io potrei non rivederlo mai più” rispose Rose.
Gold si avvicinò a lei e, dopo averle messo una mano sulla spalla, disse: “Lo sai che al momento non possiamo fare nulla per lui. Solo la Signorina Swan potrà salvarlo. Deve cominciare a credere. Credere in ciò che la circonda. Credere in ciò che è e io sono sicuro che ce la farà. Dobbiamo avere fiducia in lei perché è la Salvatrice. È il suo destino.”  Alcune lacrime cominciarono a rigare il viso di Rose. Gold, quindi, l’abbracciò forte a sé, sussurrandole dolci parole: “Andrà tutto bene, mio piccolo fiore. Henry se la caverà e ben presto ritornerete insieme a cacciarvi nei guai.”
“Io… io non voglio che muoia. È stato il mio primo migliore amico. L’unico che mi sia sempre stato vicino. Che abbia parlato con me quando gli altri mi stavano a distanza. Non può morire. Non posso perderlo” disse Rose, continuando a piangere. Gold la strinse forte a sé, mentre Belle e Excalibur li guardavano dalla macchina. Belle avrebbe tanto voluto ricordare quell’uomo e quella bambina anni prima con lei, ma solo ciò che si ricordava era solitudine e buio.
Padre e figlia finirono di abbracciarsi. Poi Gold, mentre le asciugava le lacrime con un dito, disse: “E ora smettila di piangere. Per tua madre deve essere un momento felice. Dopo tanti anni lontana da noi, non deve vedere tristezza ma gioia.”
Rose lo guardò e fece un piccolo sorriso. Anche Gold sorrise e, dopo averle messo un braccio intorno, andarono verso la macchina. Vi salirono e partirono.
Durante il tragitto, Belle guardava fuori dal finestrino. Per lei quello era tutto un mondo nuovo, avendo sempre “vissuto” per molti anni in una lugubre e umida cella nei sotterranei dell’ospedale. Vedeva la gente andare avanti e indietro, svolgendo le proprie mansioni quotidiane. Per loro era una cosa normalissima e, forse, a tratti anche noiosa. Ma Belle provava tutto il contrario e, quando passarono accanto alla torre dell’orologio, le si illuminarono gli occhi. Non sapeva perché, ma era come se qualcosa l’attirasse lì.
Rose, che si trovava dietro con Excalibur, osservava la madre e osservava  la donna che guardava costantemente fuori dal finestrino. Il padre, di tanto in tanto, la guardava per poi riporre lo sguardo sulla strada. Era strano vederli uno accanto all’altra. La bambina abbassò lo sguardo sul medaglione che portava al collo: chissà se si era dimenticata anche di quello, suo ultimo regalo prima che si separassero.
Poco dopo arrivarono alla foresta e, dopo aver parcheggiato a bordo della strada, scesero, inoltrandosi nella fitta radura. Belle e Rose seguivano Gold ed Excalibur. I due sembravano esattamente dove stavano andando. Mentre camminavano fianco a fianco, Rose guardava Belle. Poi disse: “Sai… non ti ho mai ringraziata come si deve per quella volta che mi hai fatta scappare. Quindi… grazie.”
“Sei una bambina troppo dolce per poter rimanere in un posto come quello” disse Belle.
“Se è per questo, anche tu. Chi è che ti ha ritenuta cattiva?”  le domandò Rose.
“Tante persone. Ogni giorno mi davano qualcosa per farmi addormentare. Per loro non facevo la brava. È per questo che non sono mai scappata da lì. Ci provai le prime volte ma poi, sapendo che nessuno mi avrebbe aspettato una volta uscita, ci ho rinunciato” rispose Belle.
“E per quanto riguarda la tua famiglia? Quando ci siamo viste l’ultima volta, mi avevi detto che tua madre era morta mentre tuo padre non sapevi dove sia. E se tuo padre si trovasse ancora qua? Magari dopo potresti cercarlo” disse Rose e Belle la guardò sorridendo. D’altro canto, invece, Gold non ne fu molto contento. Lui sapeva benissimo chi era il padre di Belle e, quando la ragazza e la figlia avessero riacquistato la memoria, avrebbe fatto in modo di tenerle lontane da lui.
Arrivarono in un posto dove c’era un bellissimo pozzo. Rose se lo ricordava benissimo: era lo stesso posto dove lei e suo padre, grazie a Henry e Paige, avevano fatto pace tempo prima e proprio suo padre le aveva detto che, per lui, quel posto era sempre stato speciale. Ora, forse, avrebbe scoperto il perché.
Gold ed Excalibur si avvicinarono al pozzo. Li stavano per raggiungere anche Belle e Rose, quando una forte energia le avvolse. Le due si fermarono.
Gold si voltò e preoccupato chiese: “Tutto bene?” Lui sapeva esattamente cosa era appena accaduto.
Belle lo guardò e disse: “Tremotino. Sei proprio tu?”
Gold si avvicinò a lei e, con quasi le lacrime agli occhi, disse: “Sì, mia cara e dolce Belle.” E, appena furono vicini, si baciarono con passione. Rose e Excalibur li osservavano. Poi i due si staccarono e guardarono amorevolmente la figlia.
Belle disse: “Oh Rose, bambina mia.”
Rose si portò una mano sulla testa e fu lì che le vennero in mente dei ricordi, che la riportarono a quando lei era ancora neonata e si trovava nel castello oscuro insieme ai suoi genitori. Vedeva loro che le sorridevano amorevolmente, mentre si trovava nella culla accanto all’arcolaio e di come poi la madre la prendesse in braccio, cullandola e sussurrandole dolci parole. Vide poi il padre avvicinarsi  e prenderla tra le sue braccia e lei stessa che gli prendeva una ciocca di capelli. La neonata rideva, mentre il padre le faceva delle facce buffe. Poi il ricordo cambiò e si ritrovò nelle prigioni sotterranee di un qualche castello. Vide la madre davanti alla cella, nella quale c’era suo padre che teneva in braccio lei neonata. Le stava parlando per poi guardare Belle e mettere una mano su quella sua di lei. Li sentì parlare di Biancaneve e poi vide arrivare Dove ed Excalibur. Vide suo padre praticare un incantesimo su di lei per poi dirle: “Ti voglio tanto bene, mio piccolo fiore. Non farti consumare dall’oscurità. Sii come tua madre. Non commettere i miei stessi errori. Sii forte e presto ci ritroveremo. Saremo di nuovo tutti insieme. Non dimenticarti di noi e di chi sei.” Rose sorrise a quelle parole, ma poi ritornò al presente. I genitori la guardarono preoccupati.
“Rose, stai bene?” domandò Gold.
Rose sorrise e corse tra le loro braccia, per poi alzare lo sguardo e, sorridendo rispose: “Mai stata meglio.”
Gold e Belle sorrisero e l’abbracciarono forte. Excalibur corse intorno a loro un po’ di volte, per poi fermarsi , guardarli e scodinzolando.
Finito l’abbraccio, sia Gold che Belle misero una mano su una guancia della figlia. Nessuno era mai stato più felice. Finalmente, dopo anni, erano ritornati a essere una famiglia. Rose li guardò sorridendo per poi chiedere: “Che cosa è successo?”
“La maledizione è stata spezzata. Ognuno di noi ha riacquistato i propri ricordi e l'identità della Foresta Incantata. A quanto pare, la Signorina Swan è riuscita nel suo intento” rispose Gold.
“Questo vuol dire che… “  disse Rose e, non fece in tempo a finire la frase, che voltandosi, se ne corse via.
“Rose, dove stai andando?” domandò Gold. Rose si fermò e, voltandosi rispose: “Da Henry. Se Emma è riuscita a spezzare la maledizione, vuol dire che Henry è vivo!”
“Non vuoi rimanere qua con noi? Dopotutto ci siamo appena ritrovati” chiese Gold.
“Lasciala andare. Avremo tutto il tempo per stare insieme” disse Belle appoggiando la testa contro la spalla di Gold. Poi guardò Rose e aggiunse: “Va’ pure dal tuo amico. Noi ci rivediamo dopo” Rose sorrise. Poi abbassò lo sguardo e disse: “Vieni, Excalibur” e, insieme alla volpe, corse via.
“Se mi scappa così ora che è solo una bambina, quando sarà una ragazzina la dovrò legare al letto con le manette” disse Gold.
“Non mi dire che, per tutti questi anni, sei stato sempre così protettivo nei suoi confronti” disse Belle guardandolo. Gold sospirò per poi dire: “Non sai quanto.” Guardò Belle e, dopo averle preso le mani, continuò: “Belle, ci sono state volte che avrei tanto voluto che tu fossi al mio fianco. Per più volte ho rischiato di perdere la nostra bambina per causa mia. Troppi segreti le ho tenuto nascosto, non permettendole di scoprire di più sul suo passato e, così facendo, la stavo solo allontanando da me e dalle sue origini. Ho cercato di proteggerla da qualsiasi cosa. Da chiunque volesse portarla via da me o semplicemente farle del male, rendendola così prigioniera nella sua stessa casa. Ma lei è sempre stata uno spirito libero, proprio come te. E poi non potevo negarle di vedere i suoi migliori amici.”
Belle lo ascoltava in silenzio e con ammirazione. Gold, scuotendo negativamente la testa e sorridendo, continuò: “Dovevi vederla come cresceva così uguale a te. Così intenta ad andare fino in fondo in ogni cosa. Così buona e gentile con gli altri che io stesso mi chiedevo come potevo aver creato un tesoro così bello. Ma Rose è anche figlia tua. Avrei tanto voluto che fosse rimasta neonata fino a che non fossi ritornata ma, con l’arrivo di Henry, l’incantesimo che le avevo fatto ventotto anni fa si è spezzato, facendola crescere come una qualsiasi altra bambina. Mi dispiace molto che tu ti sia persa la sua prima parola. I suoi primi passi. Il suo primo giorno d’asilo e di scuola e anche quando ci siamo ricongiunti con Excalibur. Quel piccolo sacco di pulci si era preso cura di lei, finché Graham non l’ha trovata e riportata da me. Non doveva andare così. Dovevamo ritrovarci tutti insieme, invece ho rovinato tutto.” E abbassò lo sguardo.
Belle gli mise una mano sulla guancia e, dopo avergli alzato lo sguardo, disse: “Tutti commettono degli sbagli, ed è proprio da questi che si può solo imparare. Sei un padre eccezionale. Rose ti vuole bene e l’hai cresciuta benissimo. Sono fiera di te e ti amo tantissimo.”
“Oh, mia dolce Belle” disse Gold con gli occhi lucidi e, stringendola a sé, la baciò.



Note dell'autrice: Ed eccomi finalmente qua con la seconda stagione. Era un secolo che non scrivevo quindi perdonatemi e scusatemi per questa lunghissima assenza. Tante cose da fare. Tante idee da rimettere a posto ma eccomi qua.
Come ben vedete la magia per ancora non c'è ma c'è però la nostra cara Belle che, finalmente, ha riacquistato la memoria così come tutti gli altri abitanti (eccetto per Gold, Excalibur, Jefferson e Regina) Ma credete veramente che Gold rimanga senza magia ancora per molto? Io credo proprio di no ed è solo l'inizio. Tante altre cose devono ancora accadere
Ringrazio tutti coloro che sono arrivati fin qua. Che leggono, recensiscono o semplicemente passano di qua. Ringrazio le mie due carissime amiche Lucia e Laura che mi sopportano.
Con ciò vi aspetto con la prossima parte del capitolo, sperando di non sparire ancora per un secolo
Buona notte, dearies



 
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Riunione di famiglia - Parte II ***





The Rose of true Love - Stagione II
 


Capitolo I: Riunione di famiglia- Seconda Parte

 
Foresta Incantata
 
Excalibur stava dormendo accanto alla culla di Rose nell’enorme salone. Anche la neonata stava dormendo, dopo che i genitori l’avevano riempita, come di consueto, di coccole e attenzioni per poi ritirarsi, per un po’ di pace, nella loro stanza.
Sembrava tutto tranquillo, quando si sentirono dei rumori, seppur quasi impercettibili. Excalibur alzò la testa e la voltò dove aveva sentito i rumori. Poi si alzò e, quatta quatta, si diresse verso la fonte di ciò che aveva interrotto il suo pisolino. Aprì una porta e uscì lentamente solo con la testa. Nel corridoio non c’era nessuno. Regnava il silenzio totale. A Excalibur qualcosa non tornava. Eppure il suo infallibile udito non sbagliava mai: poteva sentire anche il più minimo rumore. Rientrò ma, appena si voltò, non era sola: un uomo, non si sa come, era riuscito a entrare. Aveva con sé un arco e stava guardando Rose dormire.
Il primo istinto fu quello di andare ad avvertire i padroni, ma poi pensò a possibili punizioni da parte di Tremotino per non essere stata una brava volpe di guardia e quindi, di conseguenza, niente più bistecche fumanti né dormite al caldo e in ceste dorate. Ma solamente avanzi del giorno prima e dormite fuori al freddo. Preferì quindi, al momento, non disturbare i padroni e agire di testa propria. Camminò lentamente cercando di non farsi né vedere né sentire, ma l’arciere voltò lo sguardo. La volpe si fermò e lo osservò. Nessuno dei due si mosse. Si guardarono in silenzio e l’arciere si portò un dito sulla bocca, facendole capire di fare la brava.
Excalibur non seppe che fare, ma quell’uomo era così dannatamente vicino alla piccola. Non poteva permettere che le accadesse qualcosa. Tremotino le avrebbe tolto la pelliccia e addio al lusso nel quale aveva avuto il privilegio di vivere fin da cucciolo. Doveva agire ed essendo una volpe… be'… doveva farlo da volpe. Quindi gli ringhiò contro. Non era molto, ma almeno sperava di spaventarlo. Ovviamente l’arciere ci badò poco e, dopo essersi allontanato dalla culla di Rose, si avvicinò alla freccia dorata. La prese in mano osservandola.
Lentamente Excalibur, continuando a ringhiare, si avvicinò. Sapeva che non stava riuscendo nell’intento, ma qualcosa doveva pur fare sperando che qualcuno arrivasse in suo soccorso. E il soccorso arrivò con Rose che, sentendo una presenza estranea, si svegliò e iniziò a piangere. L’arciere si voltò, ritornando accanto alla culla. Allungò una mano verso la neonata, ma una voce lo fermò: “Se fossi in te non lo farei e ti consiglio di allontanarti subito da lei.”
L’arciere si voltò e vide Tremotino. Lo sguardo del Signore Oscuro non era certo compiaciuto e ciò voleva dire solamente una cosa: andare via da lì il più lontano possibile.
L’arciere fece una sola cosa: puntò l’arco e la freccia dorata contro Tremotino. Questi, ridendo, domandò: “Che cosa pensi di fare?”.
“Uccidere un mostro come te” rispose l’arciere. Tremotino sbadigliò annoiato per poi dire: “In molti ci hanno provato e… be'… ecco il risultato. Sono ancora qua” e rise. Poi si fece serio e fece qualche passo. L’arciere continuò a puntargli l’arco, dicendogli: “Non ti avvicinare, mostro”.
“E tu allontanati dalla piccola!” replicò Tremotino.
“Questa bambina va salvata e portata via, lontana da te. Sicuramente l’avrai rapita dai suoi genitori” replicò l’arciere. Tremotino lo stava guardando in modo furente. Excalibur non lo aveva mai visto così arrabbiato. Forse era meglio sparire per un po’ e così fece. Si andò a nascondere dietro a una tenda, ma con la coda fuori da essa.
“Se anche fosse non sono affari tuoi!” replicò Tremotino e, nella mano, formò una palla di fuoco. L’arciere continuò a tenere l’arco puntato contro di lui. Poi, però, lo abbassò e si avvicinò alla culla, dove Rose stava piangendo. Quindi puntò la freccia dorata contro di lei.
“Una sola mossa e farò del male a questa bambina” disse.
“Coraggio, fallo, ma dubito tu abbia il coraggio” disse Tremotino sogghignando malignamente e non togliendo lo sguardo dall’arciere. Se anche avesse solo sfiorato la sua preziosa creatura, lo avrebbe incenerito. L’arciere esitò.
In quel momento, dietro a Tremotino arrivò di corsa Belle. La donna guardò l’arciere che la guardò a sua volta. Belle poi vide l’uomo accanto alla culla della figlia. Le venne a mancare un battito, come se il cuore le si fosse fermato. Cosa voleva fare quell’uomo? E perché era vicino a Rose? Poi spostò lo sguardo sulla palla di fuoco che aveva formato Tremotino. Sapeva, o almeno sperava, che il Signore Oscuro non l’avrebbe scagliata: avrebbe rischiato di fare del male alla figlia e lui Rose non voleva nemmeno sfiorarla.
Ma in quel momento, le tende dietro alla culla si mossero ed avvolsero l’arciere, cogliendolo alla sprovvista e facendogli mollare l’arco e la freccia dorata, che caddero entrambi a terra. L’uomo si divincolava cercando di liberarsi, ma non ci riuscì. Tremotino rise e, dopo aver fatto scomparire la palla di fuoco, si avvicinò a lui e, quando gli fu di fronte, l’uomo gli chiese: “Che cosa mi avete fatto?”.
“Io assolutamente nulla. Ma ora gradirei tanto sapere la tua vera intenzione per essere venuto qua” rispose Tremotino. Le tende lo strinsero ancora di più, ma l’uomo non parlò. Quindi Tremotino, sorridendo maliziosamente, aggiunse: “Bene. Allora vorrà dire che un piccolo soggiorno nelle prigioni sotterranee ti farà cambiare idea” e, ridendo, lui e l’arciere scomparvero in una nuvola viola.
Belle si avvicinò a Rose, sussurrandole dolci parole e cercando di farla calmare: “Non piangere, piccolina. È tutto passato. Quell’uomo non c’è più. C’è la mamma qua con te. Fa' la brava, dolce piccolo fiore.”
Rose smise di piangere e le tende ritornarono al loro posto. La magia della piccola era molto potente, ma anche molto pericolosa. Davvero avrebbe ucciso quell’uomo? Forse non ne era cosciente o forse sì. Solo Tremotino avrebbe potuto aiutarla, con il tempo, a controllare la magia.
Bella abbassò lo sguardo per poi dire: “Ora puoi anche uscire. Il pericolo è passato.” E da una delle tende uscì Excalibur. Teneva le orecchie abbassate e la coda tra le zampe. Sapeva di essere nei guai ma, dopo aver visto lo sguardo amorevole di Belle, ritornò di buon umore e, per quel momento, mise da parte ogni possibile punizione che il suo padrone le avrebbe inflitto. Belle di sicuro l’avrebbe difesa… almeno sperava.
Poco dopo, Belle era seduta al lungo tavolo nella sala grande, mentre cullava Rose tra le braccia. La guardava sorridendo e la bambina guardava la madre allo stesso modo. Era già da un po’ che Tremotino non si faceva vedere. Chissà che cosa stava combinando e, conoscendolo, una volta ritornato non le avrebbe mai raccontato del tutto la verità, ma solamente la sua versione dei fatti.
Grachen depositò una tazza di tè fumante davanti a Belle. Questa alzò lo sguardo e sorridendole la ringraziò. Successivamente entrarono Dove e Quasimodo. Entrambi tenevano tra le mani tanta legna appena presa nella foresta. Belle li guardò dicendo loro: “Quanta legna che avete trovato!”.
“Volevamo fare scorta per l’inverno” disse Quasimodo.
“Mettetela pure vicino al camino” disse Belle. Così fecero, e in quel momento entrò Tremotino con il grembiule tutto sporco di sangue. Belle lo guardò. Il signore oscuro guardò Grachen e, mentre si toglieva il grembiule depositandolo sulla tavola, disse: “Tieni e puliscilo. E stavolta vedi di fare un lavoro decente. L’ultima volta ho trovato ancora alcune chiazze di sangue.”
“Scusi tanto se il sangue è così duro da togliere e lei ci mette tanto impegno per sporcare il grembiule” replicò Grachen e, mentre prendeva con malavoglia il grembiule, Tremotino disse: “Oh, quante storie. Dopotutto è un lavoro intenso. Non sai quanto mi ci vuole e devi ritenerti fortunata che ti dia solo il grembiule da pulire, perché ci sarebbero anche gli stivali e le armi”
“Gli stivali e le armi li ho puliti l’altro giorno” disse Grachen.
“Oh be', poco importa, perché i miei indumenti e le armi fremono sempre nell’essere puliti da te. Hai le mani fatate” disse ridendo Tremotino. Grachen lo guardò malamente e, con il grembiule stropicciato e sporco tra le mani, uscì. Tremotino la seguì con lo sguardo per poi dire, guardando Belle: “Perché deve essere sempre così irritante? Se la prende per qualsiasi cosa” e Belle sorrise scuotendo negativamente la testa.
Tremotino poi guardò Quasimodo e Dove, dicendo: “Ehi, ma perché avete preso così tanta legna? Non c’era bisogno di disboscare la foresta. Mi dite poi dove si va a nascondere Excalibur quando la devo sgridare?”
Sentendosi nominare, Excalibur alzò lo sguardo dalla sua ciotola. Non era vero che si andava a nascondere nella foresta. A volte ci aveva pensato, ma preferiva i suoi nascondigli all’interno del castello o nella siepe nel giardino sul retro.
“Abbiamo… solo preso un po’ di legna per… per l’inverno, padrone” disse con paura Quasimodo guardandolo.
“Legna in più fa sempre bene, e quella che rimane usala per costruire quei tuoi giocattoli. A mia figlia piacciono” disse Tremotino sventolando una mano in aria e facendogli capire di andarsene. Quasimodo capì che voleva starsene da solo con Belle e la piccola. Così, dopo aver preso un po’ di legna, uscì. Tremotino guardò Belle sorridendole. Ma Belle guardò Rose.
“Che c’è? Guarda che puoi chiedermi qualsiasi cosa. Non che non mi dispiaccia che tu porga le attenzioni alla nostra piccola, ma almeno potresti anche un po’ interessarti a me” disse Tremotino. Belle lo guardò e disse: “E cosa dovrei chiederti? Se ti sei divertito a far del male a quel pover'uomo?”
“Intanto non ha parlato molto, ma parlerà. Gli ho già detto di trovarsi una posizione confortevole nella quale dormire senza disturbare i topi, visto che vivono nei sotterranei da molto tempo. A proposito…” disse Tremotino e, dopo aver abbassato lo sguardo e guardato la volpe, continuò: “… dovrei darti una punizione per non avermi avvisato. Sicuramente stavi pensando più alla tua pelliccia che alla vita di Rose.” Excalibur abbassò testa, le orecchie e mise la coda tra le zampe.
“Lo sai anche tu che non è vero. Excalibur ha fatto il possibile per proteggere Rose. Non dovresti prendertela così tanto con lei” disse Belle.
“Per questa volta chiuderò un occhio, ma non farci l’abitudine. Un giretto nei sotterranei, quando vorrai, ti schiarirà le idee. E niente bistecca per… diciamo tre giorni” disse Tremotino. Excalibur drizzò le orecchie ed emise dei versetti di disapprovazione. Tre giorni erano troppi per resistere a quelle bistecche così succulenti. Già le brontolava lo stomaco al solo pensarci.
“Comunque, se vuoi sapere il mio parere, sei stato crudele con quell’uomo. Sicuramente avrà avuto un motivo per venire qua” disse Belle.
“Certo, voleva rubare uno dei miei preziosi antefatti. Sicuramente era stato lui la prima volta a cercare di prendere la freccia dorata” disse Tremotino
“Eppure avevi dato la colpa a Grachen” disse Belle.
“Mi diverte così tanto farlo” disse Tremotino facendo una piccola risatina. Poi continuò: “La gente viene qua per chiedere i miei servigi. Ma lui è entrato senza neanche minimamente pensare a un patto da stipulare con il sottoscritto. E poi era evidente che voleva far del male a Rose” disse Tremotino mentre si voltava e faceva qualche passo.
“Non le avrebbe mai fatto del male. Glielo ho letto negli occhi. Era solo un uomo disperato” disse Belle. Tremotino si voltò e, puntandole un dito contro, disse: “Ti stai affezionando, vero?”
“Non mi sto affezionando. Ti voglio solo far capire di non giudicarlo troppo velocemente” disse Belle.
“Tu sei troppo buona, mia cara. Se fosse per te dovrei far entrare qua tutta la gente bisognosa che attraversa la foresta e ora stai pure prendendo le difese di un ladro. Dovresti stare dalla mia parte” disse Tremotino.
“Sto dalla parte di chi ha bisogno e quell’uomo non merita di stare nei sotterranei. Avresti prima dovuto ascoltarlo che imprigionarlo” disse Belle.
“Non ti consiglio di metterti contro di me e non provare ad aiutare quel ladro. Se lo farai, lo saprò” disse Tremotino. I due si guardarono in silenzio, ma Belle non gliela avrebbe data vinta. Così, nel pomeriggio, dopo aver lasciato Rose nella sua culla accanto all’arcolaio, si addentrò nei sotterranei, dopo essersi accertata che non vi fosse nessuno nelle vicinanze che potesse andare ad avvertire Tremotino.
Dopo aver percorso una scala a chiocciola, arrivò nei tetri e umidi sotterranei del castello oscuro. Molti topi si muovevano avanti e indietro squittendo. Belle, cercando di evitarli, arrivò davanti alla stanza dove c’era l’uomo. Stranamente era aperta. E se Tremotino fosse stato li? Di sicuro si sarebbe infuriato nel vederla. Le aveva detto che nessuno, eccetto lui, avrebbe dovuto avvicinarsi al prigioniero. Ma lei sarebbe andata fino in fondo perché era ciò che faceva sempre.
Lentamente sbirciò all’interno della cella: l’arciere era da solo. Allora perché lasciare la porta aperta? Belle entrò e notò che l’uomo era incatenato al muro ad entrambe le mani. L’arciere la guardò, domandole: “Che cosa ci fate qua? Potrebbe essere pericoloso.”
“Non vi preoccupate. Lui e nessun altro sanno che sono qua. Prima di venire qua mi sono accertata che nessuno mi seguisse” rispose Belle entrando e facendo qualche passo verso di lui. Ma davvero era così? Per Belle sì, ma una certa volpe, volendo adempiere alla sua punizione, aveva deciso di esplorare i sotterranei. Si fermava ogni qual volta vedeva un topolino. Detestava quelle creature fin da quando era un cucciolo. Scosse negativamente la testa e, in modo disgustato, proseguì. Stava camminando, quando ritornò indietro e vide Belle in compagnia dell’arciere. Si nascose dietro a una parete e stette ad osservare.
“Come mai la porta aperta?” chiese Belle.
“Per il signore oscuro non sono una minaccia né così tanto sveglio. Ha anche aggiunto che, lasciando aperta la porta, mi sarei rinfrescato le idee” rispose l’arciere. Excalibur spostò di lato la testa. Non aveva mai del tutto capito le strane battute e i giochi di parole del suo padrone.
Belle estrasse dai capelli quella che aveva tutta l’aria di essere una forcina – e che era – per poi avvicinarsi all’uomo e inserire l’oggetto dentro la serratura della prima manetta.
“Perché fate tutto questo per me? Neanche mi conoscete e sono entrato qua per rubare” domandò l’uomo, mentre la guardava.
“Scommetto che avevate un valido motivo se siete entrato nel castello del signore oscuro conoscendo le conseguenze del vostro folle gesto” rispose Belle. L’uomo abbassò lo sguardo, per poi dire: “Be'… sì… l’ho fatto per una ragione, ma so che non mi crederà mai. Sicuramente direte che vi sto mentendo. È così che mi ha detto il signore oscuro. Non ha creduto a nessuna parola che gli ho detto.”
Belle lo guardò dicendogli: “Io non sono lui.” L’arciere la guardò negli occhi. Sentiva che si poteva fidare di lei. Non solo perché, ovviamente, lo stava liberando, ma per la gentilezza che quella donna stava dimostrando nei suoi confronti. Forse anche lei era una prigioniera come lui.
“Mia moglie sta morendo e con lei anche il bambino che porta in grembo. Non voglio perderli entrambi. Ho sentito che il signore oscuro ha sempre qualcosa per aiutare chi è in difficoltà, ma a un patto. Ma non sono tipo da patti. Sono perlopiù tipo da rubare ai ricchi per donare ai più bisognosi” spiegò l’arciere.
Belle riuscì a liberarlo da una manetta e passò all’altra mentre l’arciere le chiedeva: “E voi come siete finita qua? Avete stipulato un patto e non ne siete più uscita?”.
“Una specie” rispose Belle.
“Da quanto siete qua?” domandò l’uomo.
“Da molto tempo” rispose lei.
“Avreste potuto fuggire. Perché non l’avete mai fatto?” chiese l’arciere.
“Forse perché non ho mai voluto io” rispose Belle e i due si guardarono. Poi si sentì un clic e l’arciere fu libero da entrambe le mani. Mentre si massaggiava i polsi, Belle tirò fuori dalla tasca del grembiule un oggetto. L’uomo la guardò: si trattava di una fialetta trasparente con all’interno della polvere dorata.
“Questa è polvere dorata che proviene dal muso di Excalibur, la volpe del signore oscuro. È una volpe magica in grado di trovare oggetti magici e persone con la magia. Questa polvere ha poteri curativi” spiegò Belle. Excalibur drizzò le orecchie. Non si ricordava di aver dato un po’ della sua polvere dorata a Tremotino. O forse lui l’aveva presa mentre lei dormiva.
“Non posso accettarlo. Avete già fatto troppo per me” disse l’arciere. Belle si avvicinò a lui e, dopo avergli messo la fialetta nella mano, disse: “Non siate sciocco e prendetela. Vi sarà molto utile.”
“Come dovrei usarla?” domandò l’uomo.
“Spargete un po’ di polvere sul ventre di vostra moglie. L’effetto dovrebbe essere quasi immediato” rispose Belle. L’arciere guardò la fialetta nella sua mano per poi stringerla a pugno e mettere l’oggetto nella tasca della giacca. Guardò Belle dicendole: “Non dovreste rischiare così tanto per me.”
“Il signore oscuro non si accorgerà della mancanza di una fialetta e un po’ di polvere dorata. Excalibur gliene può dare fin che vuole” disse Belle. L’arciere fece un piccolo sorriso per poi chiedere: “Come vi chiamate?”.
“Belle, e voi?” domandò Belle.
“Robin Hood” rispose l’uomo. Excalibur era sempre più in allerta. Aveva già sentito quel nome e non prometteva nulla di buono.
“Belle, sono in debito con voi. Se mai le nostre strade dovessero ancora incontrarsi, ma spero in circostanze diverse da queste, voi potrete chiedermi qualsiasi cosa. Vi devo la mia vita e quella di mia moglie e del mio futuro figlio” disse Robin Hood e, dopo essersi avvicinato a lei, le baciò il dorso della mano.
Belle sorrise. Poi l’arciere andò verso la porta. Ma si voltò non appena Belle lo fermò, dicendogli: “Prendete la porta sul retro. Lì proseguite nel giardino e arrivate al muro. Spostate alcuni arbusti e troverete un buco. È piccolo ma grande abbastanza per poterci passare, anche se con un po’ di fatica.”
“Come sapete di quel buco?” chiese Robin Hood.
“Ho visto la volpe entrarci e uscire da lì un po’ di volte” rispose Belle. Excalibur era rimasta sorpresa. Belle aveva scoperto il suo passaggio segreto. Ma era solo uno. Con gli altri sarebbe dovuta essere più cauta.
Robin Hood sorrise alla donna e, voltandosi, uscì velocemente dalla cella. Belle rimase lì. Sapeva che stava rischiando, ma aveva fatto una buona azione. Almeno secondo lei, perché Tremotino non ne sarebbe stato affatto contento. Ma glielo avrebbe tenuto nascosto il più possibile, dando così tempo a Robin Hood di ritornare dalla sua famiglia. Ma purtroppo non aveva fatto i conti con Excalibur. La volpe era andata lì per adempiere alla sua punizione di tre giorni. Il suo stomaco brontolava per la mancanza di una bella e succulenta bistecca fumante e, se avesse fatto capire al suo padrone che Belle aveva fatto scappare il ladro, forse quella bistecca sarebbe arrivata lo stesso giorno.
Si voltò e corse verso la scala a chiocciola. Ma si fermò. Non voleva tradire l’amicizia con Belle. Era sempre stata gentile con lei. Le faceva amare il bagno anche quando lei lo odiava. Le dava di nascosto, ogni tanto, il cibo sotto il tavolo, quando invece Tremotino non voleva. Le aveva ricamato una copertina dorata con su una spada, messa nella cesta. Non le dava mai punizioni. Insomma, era tutta il contrario di Tremotino. Non che lui non le volesse bene. Anzi, se fosse stato per lui, le avrebbe regalato persino la luna, ma Tremotino era più severo con le punizioni ed essendo la sua più fedele e fidata amica dalle doti magiche, voleva l’efficienza da lei. Cosa che ovviamente non era mai riuscito ad ottenere.
Se avesse tradito Belle, quest’ultima non avrebbe più voluto essere amica con lei. Qualcuno doveva darle un segno. Uno qualunque per farle prendere quella difficile decisione. Lo stomaco le brontolò e quello fu sufficiente per farle salire la scala a chiocciola ed andare ad avvertire il suo padrone.
Tremotino stava filando al suo arcolaio nella sala grande. Accanto a sé e nella culla, c’era Rose. Ogni tanto Tremotino la guardava e Rose rideva.
“Sai, mio piccolo fiore, quando sarai un po’ più grande, ti insegnerò a filare e trasformare la paglia in oro” disse Tremotino e, dopo aver nuovamente guardato Rose, che lo ascoltava con attenzione, proseguì: “Ma non ne avrai bisogno, perché sono sicuro che ti verrà naturale. Dopotutto sei la mia dolce piccolina” e Rose rise. Tremotino sorrise e allungò un dito. Rose glielo prese, mentre continuava a ridere.
In quel momento entrò Excalibur. Titubante, si avvicinò al padrone. Tremotino stava continuando a giocare con Rose, che non voleva mollargli il dito. “Chi è la bella del papà? Chi diventerà più potente di quella regina cattiva? Chi ruberà tanti cuori di ragazzi che il suo caro papà trasformerà in lumache che schiaccerà?” le diceva. Rose rideva. Excalibur, arrivando accanto a lui, emise dei versetti.
Tremotino abbassò lo sguardo verso di lei domandandole: “Mia fedele amica, cosa ti turba? Di solito scodinzoli allegramente e te ne gironzoli in giardino a sotterrare il tuo cibo. Dimmi di cosa dovrei preoccuparmi.”
Excalibur emise versetti veloci uno dopo l’altro. Quindi Tremotino la bloccò: “Con calma, mio piccolo sacco di pelo. Non riesco a seguirti. Ma forse ho la soluzione al nostro problema” e, in una mano, fece comparire un oggetto. Excalibur spostò di lato lo sguardo non riconoscendolo.
“Sai di cosa si tratta? È un acchiappasogni. Mi basta solo fare così” e, passandogli una mano sopra, lo fece illuminare “e, dopo averlo passato sopra di te, mi mostrerà cosa ti turba.” E riguardò sorridendo maliziosamente Excalibur. Questa abbassò le orecchie. Deglutì e fece qualche passo indietro. Ma Tremotino, dopo essersi abbassato, passò sopra di lei l’acchiappasogni. L’oggetto gli mostrò ciò che Excalibur aveva pensato: ovvero lei che si trovava di fronte a una grossa bistecca fumante. O sempre lei sulle ginocchia di Tremotino, mentre questi le accarezzava la schiena, sussurrandole dolci parole. Ma poi mostrò di lei mentre guardava Belle parlare con Robin Hood e, successivamente, liberarlo dalle manette. Lo sguardo di Tremotino divenne furente e lo divenne ancora di più quando Belle gli consegnò la fialetta con dentro la polvere dorata.
L’immagine nell’acchiappasogni svanì, proprio nel momento in cui Belle arrivò nella sala grande. Tremotino, con sguardo arrabbiato, la guardò e si rialzò.
“Cosa succede?” chiese Belle raggiungendolo.
“Mi hai tradito! Hai liberato quel ladro! E gli hai anche dato un oggetto magico!” replicò Tremotino ormai privo del tutto della sua già poca pazienza. Belle era rimasta senza parole. Come aveva fatto a scoprire tutto ciò? La risposta la ebbe non appena sentì mugugnare e, abbassando lo sguardo, vide Excalibur che la guardava a sua volta, come se fosse stata pentita del gesto che aveva compiuto. Rialzò lo sguardo quando Tremotino semplicemente le domandava: “Perché?”.
“Perché era la cosa giusta da fare” rispose lei.
“Non era la cosa giusta da fare! Dovevo decidere io cosa fare di lui! Invece hai pensato bene di passare dalla sua parte e aiutarlo a ritornare dalla sua famigliola. E hai pure rubato dalle mie scorte!” replicò Tremotino.
Rose abbassò il labbro inferiore. Non voleva che i genitori litigassero e odiava tutta quella tensione. Era come se percepisse tutta la magia oscura del padre.
“Excalibur potrà darti tutta la polvere dorata che vorrai” disse Belle.
“Non è questo il punto! Mi fidavo di te e mi hai voltato le spalle. Dovrei punirti per questo tuo oltraggio!” replicò Tremotino.
Rose iniziò a piangere. Entrambi i genitori la guardarono. Poi Tremotino disse, guardando Belle: “Prendi Rose. Andiamo a fare un giretto nella foresta” e, in una mano, fece comparire arco e una faretra piena di frecce. Belle lo guardò mentre Tremotino sorrideva maliziosamente. Un sorriso che non preannunciava nulla di buono

 
Storybrooke

 
Rose ed Excalibur arrivarono di corsa all’ospedale. Percorsero velocemente i corridoi e, quando giunsero alla stanza dove era stato ricoverato Henry, videro il loro amico sveglio, già in piedi e vestito. Lentamente Rose si avvicinò a Paige e Victor. I due la guardarono, ma la giovane Gold aveva occhi solo per il suo migliore amico. Henry stava sorridendo a Emma, che gli scompigliò i capelli. Ma poi il bambino voltò lo sguardo e vide Rose, che lo salutò con un cenno della mano. Henry le sorrise e Rose contraccambiò. Il suo amico era vivo e questo tutto grazie a Emma. La bambina guardò la donna, che la guardò a sua volta facendo un piccolo sorriso. Rose si limitò ad annuire positivamente con la testa.
Rose si voltò verso Paige e Victor, dicendo loro: “Scusatemi per prima se sono corsa via così, ma avevo bisogno di risposte.”
“Be', tuo padre sa tutto di tutti, no? Era così anche nella foresta incantata” disse Paige.
“È il proprietario di tutta la città. È normale che…” iniziò col dire Rose. Ma si fermò non appena si accorse di ciò che aveva detto l’amica. Quindi aggiunse: “Hai parlato della foresta incantata. Questo significa che ti è ritornata la memoria.”
“L’ultima cosa che ricordo è che una nube viola aveva avvolto tutto e poi mi sono ritrovata qua a Storybrooke” disse Paige.
“Non è sufficiente. Qual è il tuo vero nome? E chi è tuo padre?” chiese Rose.
“Mi chiamo Grace e mio padre si chiama Jefferson… aspetta… Jefferson… quel Jefferson dal quale abito proprio ora e dove mi aveva portato tuo padre. Tuo padre, Tremotino. Il signore Oscuro. Mio padre lo aiutava con gli accordi. Gli portava sempre un sacco di oggetti presi in terre lontane. Utilizzava…” spiegò Paige.
“…un cappello. Tuo padre era il cappellaio matto. Torna tutto” finì Rose. Poi guardò Victor e aggiunse: “E tu… ricordo vagamente chi sei. Veramente ho ricordi vaghi di un po’ di tutto.”
“I… i tuoi genitori mi… mi salvarono dal circo nel quale vivevo come prigioniero. Mi ospitarono al castello oscuro. Tua madre era molto gentile. Mentre tuo padre voleva cacciarmi. Poi… però qualcosa gli fece cambiare idea e così restai, soprattutto dopo che il mio vecchio padrone e gli altri che lavoravano al circo, ti volevano portare via. Mi ferirono con del potente veleno. Tuo padre si infuriò e li tramutò in asini, che poi fece vendere al villaggio vicino. Da quel momento in poi tuo padre mi trattò in modo diverso” spiegò Victor.
“Ma certo. Quasimodo. Ora mi ricordo di te. Mi facevi sempre divertire con i tuoi animaletti in legno” disse sorridendo Rose.
In quel momento Henry li raggiunse. Rose e Paige lo guardarono. Dapprima non accade nulla. Poi però i tre amici si abbracciarono.
“È bello riaverti con noi. Ci sei mancato” disse Rose.
“Sapete che non vi avrei mai lasciate” disse Henry. I tre si staccarono e Rose gli disse: “Ti serve molto per sbarazzarti di noi. Non è così facile” e Paige rise.
“Siete state fantastiche. Avete risolto tutto” disse Henry.
“Noi?! Vorrai dire Emma” lo corresse Rose.
“Lo sai che abbiamo contribuito tutti. Faceva parte delle Operazioni Cobra e Coccodrillo” disse Henry e Rose alzò un sopracciglio.
“Non vedo l’ora di rivedere mio padre. Mi è mancato molto in tutti questi anni” disse Paige.
“Volete sapere la novità? Mia mamma è viva e ora si trova nella foresta con mio padre” disse Rose. Gli altri tre la guardarono in modo stupito.
“Hai detto che tuo padre si trova nella foresta?” domandò Henry.
“E anche che c’è mia madre. Non sei stupito che mia madre sia viva dopo che tutti avevano detto che era morta? Invece pensi a mio padre nella foresta” rispose Rose, guardandolo in modo stupito.
“Ma certo, perché non ci ho pensato prima?” disse Henry e, dopo aver preso il suo zainetto, se ne corse per il corridoio. Rose e Paige si guardarono stupite, per poi seguirlo, insieme a Excalibur. Victor se ne rimase indietro, indeciso su cosa fare.
Henry continuava a correre, ma venne presto raggiungo dalle amiche ed Excalibur.
“Henry, che cosa ti è preso? Lo so che sei appena tornato dalla morte e che quindi sei super energetico, ma questo non toglie il fatto che non ci debba spiegare cosa hai in mente” disse Rose.
“Ti ricordi del pozzo? Be', non credo che tuo padre abbia portato te e tua madre nella foresta per caso. Ha in mente qualcosa e quel qualcosa cambierà Storybrooke per sempre” disse Henry.
“E di cosa si tratterebbe?” chiese Paige.
“Magia” rispose semplicemente Henry.
 
Foresta Incantata
 
Tremotino e Belle stavano camminando per la foresta. Belle teneva con una mano la cesta con dentro Rose. La bambina era sveglia e guardava la madre ridendo. Tremotino andava a passo veloce, tenendo in mano l'arco e, su una spalla, la faretra con le frecce. Era intenzionato a ritrovare quel ladro e mettere fine alla sua vita.
“Continuo a pensare che quello che stai per fare sia ingiusto” disse Belle.
“Allora pensa a qualcos’altro. Almeno così avrai le idee più chiare” disse Tremotino.
“Quell’uomo voleva solo aiutare sua moglie e suo figlio. Tu non avresti fatto lo stesso per me e Rose?” domandò Belle.
Tremotino si fermò e, guardandola, rispose: “Quel ladro avrebbe dovuto pensarci due volte prima di venire nel mio castello e cercare di rubare un prezioso oggetto magico. La magia è potere e lui non sa il rischio al quale sarebbe andato incontro. Così come te. Che hai avuto pietà per lui e lo hai liberato.”
“Ho fatto ciò che ritenevo più giusto” disse Belle. Tremotino la guardò furente. Sentirono dei rumori. Voltarono lo sguardo e Tremotino fece qualche passo fermandosi accanto a un albero. Più in là vide Robin Hood e, su un carro, distesa, c’era una donna. Mentre appoggiava la faretra a terra, Belle si avvicinò a lui, osservando la scena: Robin Hood stava parlando a sua moglie, mentre questa gli stava accarezzando una guancia.
Tremotino prese una freccia, mettendola nell’arco. Belle lo guardò e, dopo aver depositato la cesta con dentro Rose a terra, gli disse: “Ti prego, ripensaci. Possiamo ancora tornare indietro. Dagli una seconda possibilità.”
“Non c’è nessuna seconda possibilità per i ladri” replicò Tremotino.
Videro Robin Hood aprire una boccetta e versare la polvere dorata sul ventre della moglie. Tremotino si arrabbiò ancora di più. Nessuno doveva usare la sua magia. Specialmente se essa era la polvere dorata della sua preziosa volpe. Quel dono raro di Excalibur non doveva essere condiviso con nessuno al di fuori della cerchia familiare di Tremotino. Se quella polvere dorata fosse finita in mani sbagliate, molto probabilmente sarebbe stata usata per commettere chissà quali cose e Tremotino non lo avrebbe permesso.
Appena Robin Hood smise di spargere la polvere dorata sul ventre della donna, videro lei soffrire e lui agitarsi. Belle fece qualche passo avanti preoccupata. Aveva paura di aver commesso un grave errore. Vide però Tremotino impassibile. O non gliene importava nulla della salute della donna, oppure già sapeva cosa sarebbe accaduto. Infatti, la donna si calmò e sorrise al marito, mettendogli una mano sulla guancia.
Belle tirò un sospiro di sollievo e guardò Tremotino. Ora era molto, molto arrabbiato. Puntò arco e freccia contro i due. Belle gli prese subito un braccio, cercando di fermarlo: “Ti prego, non far loro del male. La polvere dorata di Excalibur ha funzionato. Staranno bene e non c’è più bisogno che quell’uomo ritorni al castello per cercare altri oggetti magici. È già felice.”
“Ma sono io quello non felice! Ha usato la polvere dorata della mia volpe! La stessa polvere dorata che gli hai dato tu” replicò Tremotino e, la scansò un po’ da sé. Belle cercò di ritornare da lui per fermarlo nel compiere quel folle gesto ma lui, alzando una mano, la intrappolò per metà nel terreno. Belle cercò di liberarsi. Da uscire da quel buco. Ma la terra la bloccava, come se la stesse avvolgendo con delle forti radici.
Tremotino riposizionò l’arco prendendo bene la mira. Non doveva fare altro che scoccare quella freccia e avrebbe messo per sempre fine alla vita di quell’uomo. Ma la piccola Rose incominciò a ridere ed emettere dei versetti. Tremotino cercava di rimanere concentrato, ma sembrava che la figlioletta avesse altri programmi. Di tanto in tanto puntava lo sguardo su di lei e si soffermò ad osservarla. Rose lo guardava a sua volta, ridendo e allungando le manine al di fuori della copertina che la proteggeva dal freddo, verso di lui. Qualcosa si mosse dentro Tremotino. Qualcosa che gli impediva di scoccare quella freccia.
Volse lo sguardo verso Belle. La donna stava cercando ancora di liberarsi dal terreno. Come era potuto arrivare a ciò? Era stato il suo lato oscuro a fargli compiere quell’atto. La sua sete di vendetta contro il ladro. Riguardò l’amata figlia che tendeva le mani verso di lui, in cerca del calore paterno. Ma poi ritornò in sé. Puntò l’arco verso il suo bersaglio e lasciò andare la freccia. Ma essa si andò a conficcare nella corteccia di un albero proprio accanto a Robin Hood. Questi e sua moglie voltarono gli sguardi  preoccupati, in cerca di chi avesse scoccato quella freccia. Non vedendo nessuno, se ne andarono via.
Mentre Tremotino abbassava l’arco, Belle, dopo essere riuscita a liberarsi, si avvicinò a lui, facendo un piccolo sorriso. Poi chiese: “Un giorno non mi avevi detto che quell’arco era infallibile e non sbagliava mai un colpo grazie alla sua potente magia?”
Tremotino guardò una delle frecce, toccandone il piumaggio e, non guardando la ragazza, rispose: “Qualcosa mi ha distratto.”
“Forse è meglio dire qualcuno” lo corresse Belle. Tremotino non aggiunse parola. Poi si avvicinò a lui e aggiunse: “Sapevo che in cuor tuo avresti dato una seconda possibilità a quell’uomo di poter vivere con la sua famiglia. Proprio come il destino l’ha data a te.”
“Il destino è sempre stato crudele con me” disse Tremotino chiudendo gli occhi. Ma li riaprì non appena sentì qualcuno toccarlo, e vide Belle, davanti a lui, che gli sorrideva e gli accarezzava una guancia. Prese la mano di lei nella sua. Poi però Belle lo abbracciò forte. Tremotino non era tipo da abbracci ma Belle, la madre della loro piccolina, lo aveva cambiato. Gli aveva insegnato di nuovo ad amare. Quell’amore che la sua ex moglie Milah non gli aveva mai donato e che non gli avevano nemmeno dato i suoi genitori. Ma Belle era diversa. Lo era sempre stata fin da quando l’aveva presa come prigioniera nel suo castello. Era la donna più coraggiosa che avesse mai conosciuto. Si era sempre battuta per ciò che credeva. Lui aveva cercato di mandarla via, ma lei era ritornata ed ora eccoli ancora lì insieme.
Belle si staccò dall’abbraccio e lo guardò sorridendo. Poi semplicemente gli disse: “Grazie”.
Tremotino si schiarì la voce. Si avvicinò alla cesta di Rose. Si abbassò e prese tra le braccia la figlia. Questa rideva contenta e con le manine cercava di prendergli una ciocca di capelli. Quindi disse: “L’ho fatto per ritornare a casa il prima possibile. Non voglio che Rose si ammali.”
Belle si avvicinò a loro e propose: “Sai, stavo pensando che invece potevamo fare una bella passeggiata per la foresta.”
Tremotino la guardò per poi dire: “Ho lasciato Excalibur da sola per troppo tempo al castello. Chissà cosa potrebbe combinare.”
“Ci sono Grachen, Dove e Quasimodo che badano a lei” disse Belle.
“Di due di loro mi fido. E quell’altra preferisco sparisca per sempre dalla mia vista. Potrei rimpicciolirla e schiacciarla” disse Tremotino, aggiustandosi meglio Rose tra le braccia. La bambina rideva contenta. Dopotutto odiava restare in quella cesta e voleva solamente stare tra le braccia paterne.
“Lo so che non la odi del tutto, se no l’avresti già cacciata tempo fa” disse Belle.
“Se non l’ho ancora fatto è perché ci serve qualcuno che si occupi degli strilli notturni di Rose, mentre noi ci concediamo del tempo in camera nostra” disse Tremotino, facendole l’occhiolino. Belle sorrise. Poi Tremotino aggiunse: “E direi che una bella passeggiata mi farà stare lontano per un po’ da quell’odiosa ex fata. Dopotutto, Rose non esce mai” e baciò la figlia sulla testa. Rose rise, mentre i genitori, uno accanto all’altra, presero a passeggiare per la foresta.

 
Storybrooke


“Non puoi farlo. Lo sai cosa potrebbe accadere?” disse Rose, mentre insieme a Henry e Paige fronteggiava suo padre. I bambini ed Excalibur erano arrivati poco prima nella foresta, raggiungendo Gold e Belle al pozzo.
“La magia è potere e mi aiuterà a ritrovare tuo fratello” rispose Gold.
“È stata proprio la magia ad allontanarti da Baelfire. Me lo hai raccontato tu quella sera al tuo cottage vicino al lago. Ripensaci, papà. Ci sarà sicuramente un altro modo per ritrovarlo” disse Rose.
“No, non c’è e lo sai anche tu! La magia è l’unico modo per uscire da Storybrooke e ritrovare Bae” replicò Gold.
Belle gli mise le mani su un braccio per poi dirgli: “Tremotino, Rose ha ragione: troveremo un altro modo per ritrovare Baelfire. Insieme ce la possiamo fare, perché siamo una famiglia che, dopo tanti anni, si è ritrovata. Noi abbiamo fiducia in te e anche tu devi averla in te stesso.”
Tremotino la guardò in silenzio. Poi spostò lo sguardo su Rose, Henry, Paige ed Excalibur. Quest’ultima spostò la testa di lato ed emise dei versetti. Tremotino fece un piccolo sorriso e, dopo aver preso una boccetta con dentro del liquido viola dalla tasca della giacca, disse: “Avete ragione… ma non ora” e prima che lo potessero fermare, gettò la boccetta dentro al pozzo.
Dapprima non accadde nulla. Poi però tanto fumo viola uscì dal pozzo, spargendosi per la foresta e fin su in cielo, raggiungendo il centro città. Tutti vennero avvolti da quel fumo. Tremotino chiuse gli occhi, mentre sentiva la magia tornare dentro di sé. Rose, invece, si sentiva strana. Si guardò le mani come se qualcosa di molto potente volesse uscire da lei. Ma, improvvisamente, sentì un forte dolore. Le girò la testa. Ansimava. Sentì caldo e freddo allo stesso tempo. Il fumo viola si dissolse e proprio in quel momento, Rose svenne a terra e tutto divenne nero.
“Rose!” gridò Belle e corse al suo fianco. Tremotino riaprì gli occhi e, non appena vide Belle e la figlia svenuta a terra, fu come se il tempo si fosse fermato.



Note dell'autrice:  Ed eccomi qua  finalmente con la fine del primo capitolo della seconda stagione. Scusatemi per l'assenza ma se siete riusciti ad arrivare fin qua in fondo senza annoiarvi, avrete visto la lunghezza del capitolo. Capitolo nel quale ho dovuto spiegare un pò di cose e...con un finale a suspense. Come molti di voi hanno indovinato (e si sospettava fortemente) Gold non è rimasto senza magia a lungo. Non ha nemmeno dato ascolto alla sua adorata Belle e alla figlioletta Rose. Ma gli è bastato un versetto di Excalibur (chissà cosa gli avrà detto?) per fargli gettare quella boccetta nel pozzo e far spargere così la magia. Excalibur che peste che sei.
Con ciò ringrazio tutti/ e coloro che sono arrivati fin qua. Che seguono la storia o l'hanno messo tra le preferite e recensita. Grazie
Ringrazio come sempre le mie dolcissime amiche Lucia e Laura per la loro santa pazienza
Vi aspetto al prossimo capitolo e fate sogni "gold" miei cari Oncers

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Lacrima del Fiume - Parte I ***




The Rose of true Love - Stagione II


 
Capitolo II: Lacrima del Fiume- Prima Parte

 
“Rose!” gridò Belle e fu subito al fianco della figlia appena svenuta. Gold riaprì gli occhi non appena sentì l’amata gridare e, dopo aver visto Rose a terra e priva di sensi, fu come se il tempo si fosse fermato. Come se gli avvenimenti si stessero ripetendo, e ciò lo portò a quando Moe French aveva aggredito la sua piccolina in casa. Lui non era presente. L’aveva lasciata da sola con Dove, mentre era impegnato a svolgere altro. Avrebbe dovuto fare il padre invece che pensare al negozio o agli altri abitanti della città che poi odiava.
A passo veloce, anche lui fu accanto alla figlia. La vedeva ansimare. Belle la guardava preoccupata, così come Paige, Henry ed Excalibur che non avevano mai lasciato il suo fianco. Poi Gold le mise una mano sulla fronte. Quindi disse: “Ha la febbre alta.”
“Dobbiamo portarla subito in ospedale” disse Belle.
“No. Il mio negozio andrà bene” disse Gold. Belle lo guardò in modo stupito. Quindi disse: “Il tuo negozio?! Nostra figlia sta male e tu pensi ad andare in negozio?!” Era arrabbiata, ma perlopiù era preoccupata per la salute di Rose. Si erano appena riunite e non voleva nuovamente perderla. Gold la guardò e disse: “Ti spiegherò tutto dopo. Ora dobbiamo andare, prima che Rose peggiori.”
“Rose potrebbe peggiorare?! Tremotino, mi spieghi cosa sta accadendo?” replicò Belle e Gold la guardò in silenzio. I loro sguardi si soffermarono l’uno su quello dell’altra e Belle vide in lui una sola cosa: paura.

 
Foresta Incantata

 
Sembrava una giornata tranquilla come le altre al castello oscuro, ma da un po’ c’era qualcosa che preoccupava Tremotino e Belle. Proprio quest’ultima si trovava nel salone e stava cercando di dar da mangiare a Rose tra le sue braccia. Ma la bambina non ne voleva sapere. Ogni volta che Belle avvicinava il biberon alla sua bocca, lei voltava lo sguardo. Belle non sapeva cosa fare e si stava molto preoccupando.
Tremotino, seguito dalla fedele Excalibur, entrò e, dopo averle raggiunte, domandò: “Ci sono novità?”
Belle sospirò. Per poi rispondere: “Rose continua a non mangiare e io non riesco a capire che cosa possa avere.” Guardò Tremotino e aggiunse: “E se ha qualcosa che non va? Non voglio che la mia piccolina stia male.”
Tremotino le mise una mano sulla spalla mentre Belle riguardava Rose. Quindi disse: “Dobbiamo avere pazienza. La nostra piccola è forte. Vedrai che riprenderà a mangiare e a stare bene.”
“Spero solo che tu abbia ragione” disse sospirando Belle, mettendo una mano su quella di Tremotino. Excalibur li guardava standosene accanto a loro con testa e orecchie abbassate.
Purtroppo anche nei giorni successivi la situazione non cambiò. Rose continuava a mangiare sempre meno e, oltre a esserle venuta la febbre alta, aveva anche sprazzi di magia inaspettata, alcune volte anche con conseguenze pericolose.
Per fare in modo che ciò avvenisse il meno possibile, a turno Tremotino e Belle si davano il cambio, soprattutto durante la notte, per sorvegliare l’adorata figlia e intervenire per qualsiasi cosa sarebbe successa.
Più volte Belle aveva insistito affinché chiamassero un dottore che visitasse Rose, ma Tremotino aveva altrettante volte declinato la proposta dicendo che nessun dottore si sarebbe mai avvicinato alla figlia e che solo lui avrebbe trovato la soluzione al problema…. quando ovviamente avesse scoperto di cosa si trattava.
Un giorno, Belle, con Grace che era passata come ogni tanto faceva per stare un po’ con Rose, stavano proprio guardando quest’ultima nella sua culla accanto all’arcolaio. Non stava dormendo e guardava le due persone.
“A me sembra tranquilla” disse Grace.
“Allora dovremmo preoccuparci e prepararci a chissà quale conseguenza” disse Belle, mentre aggiustava meglio la copertina dorata della figlia.
“Se è tranquilla, come mai dovremmo preoccuparci? Non sta piangendo e poco fa ha bevuto anche un po’ di latte. Non è molto, ma è meglio di niente” disse Grace.
“E’ vero, ma proprio quando è tranquilla che dobbiamo stare più in allerta. Tremotino dice che è il modo migliore in cui la magia si manifesta in modo del tutto inaspettato” spiegò Belle sorridendo all’amata figlia che contraccambiò il sorriso.
Anche Grace guardò la piccola per poi dire: “Vorrei poter fare di più, ma confido in Tremotino. Lui vuole molto bene a Rose e sono sicura che troverà una cura, e poi c’è anche il mio papà con lui: un aiuto in più fa sempre comodo.”
Belle le sorrise e, dopo averle messo una mano sulla guancia, disse: “Sei una bambina molto gentile e sono contenta che passi sempre a trovare Rose. A lei fa piacere, come fa piacere anche a noi.”
“Non credo che al Signore Oscuro faccia molto piacere” disse Grace.
“Cos’è che non mi dovrebbe fare piacere?” chiese Tremotino entrando nella sala grande, seguito da Jefferson ed Excalibur. Belle e Grace si voltarono verso di loro e Grace rispose: “La mia compagnia qua al castello.”
“Non dire sciocchezze. Sei libera di venire qua quando vuoi” iniziò col dire Tremotino. Grace sorrise, ma il sorriso scomparve quando il Signore Oscuro terminò: “A patto che te ne stia alla larga da qua insieme ad Excalibur e che tuo padre mi stia meno appiccicato.”
“Oh, andiamo. Lo so benissimo che adori la mia compagnia. Dopotutto recentemente ti ho procurato un sacco di oggetti preziosi” disse Jefferson.
“Sottolineerei “recentemente”: prima eri più pigro della mia volpe” disse Tremotino guardandolo. Jefferson roteò gli occhi ed Excalibur emise un versetto di disapprovazione.
Rose iniziò ad agitarsi. Belle cercò subito di calmarla e Tremotino andò al suo fianco. Jefferson ancora non riusciva a immaginarsi Tremotino come padre. Dallo stesso signore oscuro gli era stata raccontata la storia del figlio Baelfire e di come lo aveva perso. Ma era comunque strano vederlo accanto alla culla insieme a Belle a occuparsi dell’amata figlia. Gli era scappato più volte detto che Rose era una bambina viziata e Tremotino, minacciandolo con lo sguardo, aveva a sua volta replicato che non doveva immischiarsi nel suo modo di fare da genitore. Che lui solo sapeva come far contenta Rose anche se Jefferson, a parer suo, riteneva che la stesse viziando. Ma Tremotino non l’avrebbe mai vista in quella maniera.
Rose era sempre più agitata. “Non possiamo continuare così” disse Belle e, dopo aver guardato Tremotino, aggiunse: “Dobbiamo trovare subito una cura.”
Tremotino non disse nulla. Il suo sguardo era fermo sulla figlia. Quindi Belle disse: “Rose è in pericolo e noi siamo qua a non fare nulla. Sei lo stregone più potente di tutti i reami. Devi pur avere una soluzione. Ti prego.”
Tremotino allungò una mano e, mentre accarezzava la guancia di Rose, disse: “Non c’è cura.” Ma prima che Belle potesse controbattere, continuò: “Non in questo reame, almeno.” E guardò la donna. Belle subito non capì. Ma poi voltò lo sguardo verso Jefferson e disse: “Suppongo allora che Jefferson non sia qua per caso.” Anche Tremotino lo guardò e disse: “Ma certo che non è qua per caso. Lui mi aiuterà.”
Jefferson alzò lo sguardo e stupito domandò: “Io cosa?! No, scusa, ma pensavo di essere venuto qua solo per riprendermi Grace e riportarla a casa” e fece passo verso di loro.
“Ti credevo più sveglio. Lo sai che mi basta uno schiocco di dita per riportare a casa la tua preziosa figlia. E poi dovresti già immaginare perché mi servi” disse Tremotino.
“Detta così sembra che tu mi tratti come un oggetto. Mi sento alquanto offeso” disse Jefferson.
“Non fare il bambino e forse ti comprerò un lecca lecca” disse Tremotino facendo una risatina. Jefferson inarcò un sopracciglio. Poi Tremotino continuò: “Ciò che ci serve per curare Rose è un fiore che sfortunatamente non si trova qua. Ed ecco qua che entra in gioco il nostro cappellaio preferito.” E lo indicò sorridendo.
“Tanto so che tutti i meriti andranno solamente al mio cappello magico” disse Jefferson.
“Ti sei offeso?! Non pensavo te la prendessi per così poco. Non dopo tutto quello che abbiamo passato insieme. Dovresti ringraziarmi se quella catapecchia nella quale vivi ora può essere veramente definita una casa” disse Tremotino.
“Io e Grace ci abbiamo sempre vissuto bene ancor prima di conoscerti. Comunque, grazie per l’interessamento” disse Jefferson.
“Per così poco” disse Tremotino mettendosi una mano sul petto. Jefferson scosse negativamente la testa. Era chiaro che lo stava prendendo in giro.
“Quale fiore ci serve? Ho cercato in tutti i libri ma non ho trovato nulla” chiese Belle.
“Se avessi cercato bene, avresti trovato quello giusto” disse Tremotino guardandola e, in una nube viola e sulla tavola, comparve un enorme libro dalla copertina sbiadita dagli anni.
“Hai sempre avuto tu questo libro e non mi hai detto nulla?!” domandò stupita Belle, guardandolo.
“Be'm avresti potuto chiedermelo” disse sorridendo Tremotino.
Belle lo guardò malamente. Poi però, Tremotino aprì il libro e, con un cenno della mano, le pagine si sfogliarono da sole, fino a fermarsi sull’immagine di un fiore dai petali azzurri. Quindi Tremotino spiegò: “Si chiama 'Lacrima del fiume'. Si dice che nasca dalla tristezza più profonda del proprio cuore. Un dolore così forte da sprigionare un potere immenso, in grado di curare qualsiasi cosa.”
“A quanto pare, però, non cura il dolore” disse Jefferson.
“Strano come vadano le cose, vero? Ma la magia è sempre stata così ambigua. Troviamo questo fiore e cureremo Rose” disse Tremotino.
“Perfetto. Dimmi dove si trova e ci vado subito” disse Jefferson.
“Non così in fretta. Verrò anche io con te e, naturalmente, porteremo Excalibur” disse sorridendo Tremotino. Excalibur drizzò le orecchie e scosse negativamente la testa.
Tremotino la guardò e disse: “Lo sai perché devi venire con noi: il tuo fiuto magico ci aiuterà a trovare quel fiore. E poi, una volta ritornati a casa, non solo ti darò una bella bistecca, ma ti farò una cosetta speciale che ti proteggerà dovunque andrai.”
Excalibur sembrò pensarci su, ma aveva già comunque cambiato idea al solo sentir nominare la bistecca. Si leccò i baffi e fu subito al fianco di Tremotino e Jefferson.
Il signore oscuro guardò Belle, dicendole: “Ti affido il castello. Per qualunque cosa, Dove e Quasimodo vi proteggeranno.”
“E per quanto riguarda Grachen?” chiese Belle.
“Sai come la penso riguardo a lei. Meglio perderla e lasciarla alle faccende domestiche. Tu non ti affaticare e, insieme a Grace, occupatevi di Rose” rispose Tremotino.
Belle sorrise scuotendo negativamente la testa. Poi però Tremotino si fece serio e, mentre faceva qualche passo verso di loro, aggiunse: “Ma Belle, se le cose dovessero peggiorare con Rose mentre non ci sono,” dopo aver fatto comparire una boccetta, disse: “usa questa.”
“Di cosa si tratta?” domandò Belle.
“E’ un potente sonnifero. Diciamo come una camomilla, ma con effetti più duraturi. Usala con Rose, nel caso la sua magia dovesse diventare pericolosa” spiegò Tremotino. Belle esitava. Non voleva usare del sonnifero sulla sua bambina. Quindi chiese: “Non potrei semplicemente chiamarti?”
“Vorrei poter sentire la tua dolce voce anche negli altri reami, ma ciò purtroppo non è possibile” disse Tremotino e fece un piccolo sorriso.
Anche Belle sorrise. Il signore oscuro si avvicinò ancora di più a lei e, delicatamente, le mise la boccetta nella mano. Lui stesso poi allungò una mano mettendogliela sulla guancia. Belle disse: “Mi raccomando, state attenti. Rose ha ancora bisogno di suo padre.”
“Lo sai che ci vuole ben altro per sbarazzarsi di me. E non è ancora venuto il mio momento di lasciare questo mondo. Ho te e Rose da proteggere” disse Tremotino e si misero fronte contro fronte. Rose iniziò ad agitarsi. I genitori la guardarono. Tremotino si abbassò e, dopo averla presa in braccio, la guardò dicendole: “Dolce Rose. Mio piccolo fiore, il papà andrà via per un po’. Ma tu cerca di resistere. Tornerò presto con la cura.”
Rose era pronta a scoppiare a piangere. Quindi Tremotino la strinse forte a sé. Jefferson lo guardò per poi spostare lo sguardo su Grace. La bambina lo guardò a sua volta, mentre il padre si avvicinava a lei. Dopo essersi abbassato, si slegò la sciarpa che teneva al collo. La legò quindi al collo della figlia, dicendole: “ Te l’affido finché non sarò ritornato.”
“Ma è la tua sciarpa preferita” disse Grace.
“Quindi un motivo in più per ritornare presto, oltre che a rivederti” disse sorridendo Jefferson, spostandole una ciocca di capelli. Poi guardò Tremotino che stava continuando a stringere forte a sé Rose e Belle, accanto a loro, che li guardava con gli occhi lucidi. Quindi riguardò Grace ed aggiunse: “Mi raccomando, proteggi la piccola Rose, ma sta' molto attenta alla sua magia: non solo è potente, ma in momenti di paura può diventare molto imprevedibile.” Grace non disse nulla e lo abbracciò. Jefferson la strinse forte a sé come se non la volesse lasciare mai. Ma doveva e non sarebbe stato per molto…almeno sperava. Si staccarono dall’abbraccio. Poi Jefferson, rialzandosi, guardò Tremotino e, vedendo che stava ancora stringendo a sé la figlia, si schiarì la voce un paio di volte.
“Che c’è, papà? Hai la tosse?” domandò Grace guardandolo.
“No tesoro. È … che....” tossì “….odio dover interrompere questo dolce momento padre – figlia, ma faremmo meglio ad andare così da evitare tempo prezioso…. E ora ti prego, non infliggermi qualche tuo incantesimo che mi trasformi in una rana” rispose Jefferson e si mise un braccio davanti al viso.
Tremotino, invece, si staccò la piccola Rose dal petto e, guardandola, disse: “Odio quando hai ragione. Ma è meglio andare: ogni minuto è prezioso.” Dopo aver dato un bacio sulla fronte di Rose, delicatamente la consegnò tra le braccia di Belle. Si voltò e, mentre camminava verso Jefferson, fece un fischio a Excalibur che subito li raggiunse. Mentre passava accanto a Jefferson, disse: “E comunque, non saresti stato male come rana.”
“Devo prenderlo come un complimento?” chiese Jefferson guardandolo. Ma dopo che Tremotino inarcò un sopracciglio guardandolo a sua volta, non aggiunse altro e si limitò a tirare fuori il cappello magico. Fece qualche passo avanti, verso le porte, e, dopo aver appoggiato il cappello a terra, lo fece girare. Quest'ultimo girò più veloce, fino a diventare più grande, e aprì un portale. Tremotino guardò Rose e Belle. Quest’ultima le sorrise, mentre Rose allungava una manina verso di lui. Il signore oscuro non voleva abbandonarle. Ma poi rivoltò lo sguardo in avanti e, mentre una singola lacrima gli bagnava il viso, entrò dentro il portale, seguito da Excalibur. Jefferson esitò. Guardava Grace. La figlia annuì positivamente con la testa. Credeva in lui. Jefferson sorrise e, dopo che ebbe seguito Tremotino ed Excalibur, il portale si richiuse e il cappello ritornò normale.
Nella sala grande calò il silenzio. Grace guardò Belle. Quest’ultima la guardò a sua volta sorridendo.
“Andrà tutto bene. Papà, il signore oscuro ed Excalibur torneranno con la cura. Confido in loro” disse Grace.
“Sì, dobbiamo avere fiducia ed aspettare. Solo il tempo ce lo dirà” disse Belle. Rose starnutì e non solo le tende presero fuoco, ma anche il grosso lampadario in vetro si staccò dal soffitto. Velocemente, Belle mise un braccio intorno a Grace e, fecero appena in tempo a spostarsi che il lampadario cadde a terra, proprio dove prima si trovavano, rompendosi in mille pezzi.
Belle e Grace ansimavano. Poi Grace disse: “Se con un solo starnuto Rose ha provocato questo, non oso immaginare cosa accadrà quando peggiorerà.”
“Allora speriamo che Tremotino, tuo padre ed Excalibur si sbrighino a ritornare, prima di arrivare a quel punto” disse Belle.




Note dell'autrice: Buona sera Oncers, ed eccomi qua con la prima parte del nuovo capitolo. Un nuovo capitolo nel quale ho deciso di aggiungere un nuovo personaggio non presente nella serie (come se non ce ne fossero già troppi :) ) Questo nuovo personaggio farà il suo ingresso nella seconda parte del capitolo e vediamo se indovinate di chi si potrebbe trattare.
Non vorrei dilungarmi troppo e, quindi, passo ai ringraziamenti: ringrazio tutti coloro che recensiscono; mettono mi piace, seguono o semplicemente passano di qua sperando di non annoiarvi troppo. Ringrazio anche le mie due carissime amiche Lucia e Laura
Con ciò ci rivediamo con la seconda parte del capitolo (sperando di non metterci un'eternità)
Grazie ancora per tutto. Vi auguro una buonissima e spero anche calda serata

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Lacrima del Fiume - Parte II ***





The Rose of true Love - Stagione II


 
  Capitolo II: Lacrima del Fiume- Seconda Parte

 

Storybrooke
 
Dopo essere arrivati velocemente al negozio, misero Rose sul letto nel retrobottega. Belle era inginocchiata a fianco della figlia e, mentre teneva una mano tra le sue, disse: “Ti prego, bambina mia, apri gli occhi. La mamma e il papà sono qua accanto a te. Ti prego, Rose, non puoi mollarci proprio adesso.” E con una mano, le spostò una ciocca di capelli. La fronte scottava molto.
“Rose è sempre stata molto energica. Era lei a darci la forza e coraggio ad andare avanti. È stato così che siamo diventate amiche. Non riesco a vederla in questo stato” disse Paige. Poi, voltandosi verso Gold, aggiunse: “Dobbiamo fare subito qualcosa. Rose non può andarsene così. Non ora che abbiamo tutti riacquistato la memoria.” Gold le guardò. Poi il suo sguardo si soffermò su Belle e Rose. Infine disse: “La colpa è solo mia.”
“Ma come può essere sua se…” iniziò col dire Paige. Ma venne bloccata da Gold che replicò: “È mia! Lo so. La colpa è mia se Rose sta male. Quindi solo io devo rimediare.”
“Ma noi vorremmo aiutarla. Rose lo vorrebbe. La prego” disse Henry. Gold li guardò. Socchiuse gli occhi e sospirò. Agire da solo come aveva sempre fatto, oppure per stavolta farsi aiutare? Riaprì gli occhi e si voltò verso Belle quando questa disse: “Tremotino, Rose ha bisogno di tutto l’aiuto possibile. Ti prego.” Ci fu silenzio. Poi però Gold, guardando Henry e Paige, disse: “Ho dei libri qua in giro. Prendeteli e incominciate con le ricerche. Nel frattempo io… io devo andare a pensare.” E, voltandosi, uscì dal retrobottega. I bambini non dissero nulla, mentre Belle voleva invece vederci chiaro. Scoprire cosa le stava nascondendo. Quindi, dopo aver dato un’ultima occhiata alla figlia, si alzò e raggiunse Gold prima che potesse uscire dal negozio. Lo bloccò prendendolo per una mano e, dopo che si fu voltato verso di lei, domandò: “Perché stai continuando a scappare? Non è così che si affrontano i problemi. Che cosa mi stai nascondendo?”
Dapprima Gold non rispose. Voleva risolvere quella faccenda da solo. Ma non poteva mentire alla sua Belle. Non ora che si erano appena ritrovati. Sospirò per poi spiegarle: “Rose sta male per colpa mia. È a causa della magia. Era già successo, prima della maledizione. Si era ammalata, ma non ricordo con cosa l’avevamo curata. E ora si sta ripetendo. La sua magia è stata intrappolata per molti anni e, ora che è venuta fuori tutta in una volta, è fuori controllo, come se l’avesse mandata in tilt. Avrei dovuto prestarvi ascolto e Rose non starebbe male. È per questo motivo che devo rimediare da solo al danno fatto. Se Rose dovesse morire, io non me lo perdonerei mai.”
Belle prese anche l’altra mano di lui e, mentre le stringeva, disse: “Rose non morirà perché noi faremo tutto il possibile affinché ciò non accada. Troveremo la cura. Lo faremo insieme, come abbiamo sempre fatto. Rose ha bisogno di entrambi i genitori vicino a lei.” Gold avvicinò il viso a quello di lei e si baciarono. Excalibur spuntò dal retrobottega. Drizzò le orecchie e scodinzolò.
Si staccarono dal bacio, ma i loro visi rimasero l’uno vicino a quello dell’altra. Poi Gold sussurrò, mentre teneva una mano sulla guancia di lei: “Mi dispiace.” E, voltandosi, tolse la mano dalla guancia di Belle ed uscì. La ragazza se ne rimase ferma lì. Non c’era verso di far ragionare uno come Gold. Ma d’altronde era sempre stato così e lei amava ogni cosa di lui, compresa la testardaggine. Excalibur si sedette accanto a lei, emettendo dei versetti.
Belle sospirò per poi dire: “Hai ragione, Excalibur, meglio lasciarlo andare. Noi ora dobbiamo occuparci di Rose.” E, insieme alla volpe, ritornò nel retrobottega.
Gold stava passeggiando a passo spedito, ma contemporaneamente si guardava intorno. Vedeva gli abitanti confusi. Alcuni abbracciarsi tra di loro. Era come se nulla fosse mai accaduto. Eppure eccoli tutti lì, nella stessa cittadina. Ma non doveva pensare a loro. Non era, per il momento, un suo problema. Doveva salvare la sua Rose. Avrebbe potuto usare la magia. Per anni aveva desiderato riprendere possesso dei suoi poteri per poter proteggere al meglio l’adorata figlia e ora che ne aveva finalmente l’occasione non poteva farlo. Per il semplice motivo che la magia aveva sempre un prezzo. E il prezzo sarebbe stato alto, considerando che a pagarlo sarebbe stato il sangue del suo sangue e lui non voleva. Non voleva che Rose soffrisse a causa sua ed era per quel motivo che era diretto a casa. Doveva pensare e doveva farlo da solo.
Ma quando voltò l’angolo…
“Gold, vecchio mio” disse Jefferson. Gold lo guardò e cercò di passargli accanto. Ma Jefferson bloccò la strada. Quindi Gold semplicemente disse: “Spostati.”
“Che maniere. Perché tanta fretta?” chiese Jefferson.
“Affari miei, e ora spostati” disse Gold e cercò di passare. Ma Jefferson gli ostruì nuovamente il cammino per poi dirgli: “Ho delle cose eccezionali da dirti. La maledizione è stata finalmente spezzata. Sai cosa significa questo? Che io e…” Non fece in tempo a finire la frase che, con un solo cenno della mano, Gold lo fece sbattere contro un muro e, prima che si potesse rialzare, lo prese per la gola. Quindi replicò: “Non me ne frega nulla di tutto ciò! Ho una cosa più importante da fare, quindi ti consiglio di non ostacolarmi più, soprattutto ora che ho di nuovo la magia!”
“Lo sapevo che quella nube viola era opera tua. C’è sempre il tuo zampino di mezzo, piccolo folletto impertinente” disse Jefferson. Gold fece un piccolo sorriso per poi dire: “Pensavi veramente che me ne sarei stato in disparte? Ho fatto in modo che la signorina Swan fosse la mia pedina principale e, mentre lei salvava la situazione, io potevo così agire indisturbato portando avanti ciò che avevo sempre pianificato ancor prima che venisse scagliata la maledizione.”
“E tutto questo solo per proteggere te stesso. Avrei dovuto immaginarlo fin dal principio. Ma dopotutto hai sempre agito così anche nella Foresta Incantata. Prima degli altri, vieni sempre te” disse Jefferson.
“È qui che ti sbagli, mio caro cappellaio. Se ho fatto tutto ciò è solo per Belle e Rose. Degli altri non mi importa nulla. La mia priorità era che Rose e Belle stessero bene e che mantenessero i loro ricordi ma, a quanto pare, non hai rispettato fino in fondo il nostro accordo. Sai, avrei anche potuto non farti passare del tempo con tua figlia, ma ho voluto mantenere fede all’accordo. Dovrei rinchiuderti per sempre nella tua casa… ma non lo farò. Belle e Rose non lo vorrebbero, anche se io lo desidero così tanto” spiegò Gold.
“Che aspetti a farlo? Rose e Belle non sono qua per fermarti. Ti metteresti l’anima in pace rendendomi prigioniero nella mia stessa casa” disse Jefferson.
“E rendermi le cose così facili? No, caro mio. Mi dispiace dirlo, ma non sei tu il mio obiettivo. Te l’ho detto prima: ho una cosa importante da fare e tu sei l’ultimo dei miei problemi… al momento” disse Gold e lo lasciò andare. Jefferson cadde a terra e, mentre si teneva una mano sulla gola, alzò lo sguardo replicando: “Sei pazzo?! Avresti potuto uccidermi!”
“Non farla tanto drammatica. E poi ti è capitato di peggio” disse Gold, facendo un piccolo sorriso. Jefferson si rialzò per poi domandare: “Prima che ti rivengano altri istinti omicidi nei miei confronti, saresti così gentile da spiegare quale sarebbe questa cosa così importante che devi sbrigare?”
“Rose sta molto male e io devo trovare un modo per curarla. È già avvenuto in passato, prima della maledizione. Se solo ricordassi con che cosa l’avevo curata. È per questo che andavo di fretta. Solo che tu mi stai facendo perdere tempo inutilmente. Se vuoi riabbracciare la tua adorata figlia che ha riacquistato la memoria, si trova nel mio negozio, insieme a Henry, Excalibur, Belle e Rose. E ora, se non ti dispiace, avrei da fare” replicò Gold e si incamminò.
“Aspetta, hai detto che è già successo prima della maledizione? Ma certo… quella volta in cui io, te e quella volpe pestifera abbiamo usato il mio cappello per andare in quell’altro regno. Cercavi un fiore. Aspetta… com’è che si chiamava? Pianto del fiume… Occhi blu… No, no, no, non era così… era…” iniziò col dire Jefferson. Gold si fermò e, voltandosi, terminò col dire: “Lacrima del fiume.”
“Sì, esatto. Era proprio quello il fiore che ci serviva” disse Jefferson. Gold fece qualche passo verso di lui per poi chiedere: “E sai anche dove si trova?”
“Te l’ho detto: in un altro regno. Non far finta di nulla” rispose Jefferson.
“Devo trovare subito quel fiore. È l’unica cura per salvare la mia Rose” disse Gold. Jefferson rise. Quindi Gold, guardandolo, replicò: “Che hai da ridere?”
“Dobbiamo trovare un fiore che curi Rose… hai capito la coincidenza? Fiore…. Rose… tua figlia porta già il nome di un fiore” rispose Jefferson. Gold lo guardò malamente. Quindi Jefferson aggiunse: “ Non dirmi che sei l’unico che può fare certe battute. E poi di' la verità: questa era capitata proprio al momento giusto.”
“Basta con le stupidate! Mi hai già fatto perdere troppo tempo! Vorrà dire che me la caverò da solo. Come del resto ho sempre fatto” replicò Gold e, alzando una mano, stava per sparire in una nuvola viola, quando Jefferson disse: “Sai benissimo che non troverai mai qua quel fiore e che, di conseguenza, hai bisogno di qualcosa per andare in un altro regno. Qualcosa come il mio cappello magico.”
Gold abbassò la mano per poi replicare: “Ti consiglio di parlare in fretta, prima che mi ritornino quegli istinti omicidi di cui parlavi.”
“Sono disposto a fare un patto” disse Jefferson.
“Non mi sembra che tra noi due sia tu il tipo da patti. Ma… ti ascolto” disse Gold, facendo un piccolo sorriso.
“Io ti permetterò di usare il mio cappello per viaggiare nell’altro regno e recuperare così il fiore che ti serve per curare Rose. In cambio tu mi permetterai di vedere Grace. Che cosa ne dici?” propose Jefferson, mostrando una mano. Gold la guardò. Poi, guardando dritto negli occhi il cappellaio, domandò: “Che cosa ci guadagno?”
“Mi hai ascoltato o hai fatto solo finta? Avrai quel fiore occhi blu o come cavolo si chiama. E io potrò finalmente vedere mia figlia. Così tu curi la tua e io rivedo la mia. Semplice” rispose sorridendo Jefferson. Gold fece un piccolo sorriso. Quindi disse: “Va bene. Allora, dove si trova?”
“Nell’altro regno” disse Jefferson.
“Non mi riferisco a quel fiore. Ma al tuo cappello. Allora, dove si trova?” chiese Gold.
“Ecco… riguarda questo… non lo so” rispose titubante Jefferson.
“Mi stai prendendo in giro?” replicò Gold, incominciando a perdere la pazienza.
“Se sapessi dove si trova, non credi che a quest’ora, con la magia appena ritornata, me lo sarei preso con me e avrei portato via Grace?” disse Jefferson. Gold lo prese per la maglietta, replicando: “Sicuro che, per tutti questi anni, avevi la testa ben salda alle spalle? Non rispondermi, perché ora ci penso io a rimediare.” E, nell’altra mano, fece comparire un coltello. Jefferson sgranò gli occhi alla vista dell’arma. Incominciò a sudare per la paura. Quindi disse: “No, no, no, aspetta, aspetta. Forse ho un’altra soluzione.”
“Parla in fretta. È il mio ultimo consiglio da amico” replicò Gold.
“Potremmo usare quella tua peste di volpe. Se non ricordo male, nella Foresta Incantata, aveva il dono di poter trovare oggetti e persone con la magia. Se la portiamo a casa mia, ha possibilità di trovare il mio cappello” propose Jefferson. Ci fu silenzio. Jefferson sperava tanto che Gold accettasse quella proposta e quel silenzio di certo non lo aiutava. Anzi, lo metteva ancora di più in agitazione di quanto già non fosse. Ma, inaspettatamente, Gold lo lasciò andare.
“Andremo al mio negozio. Prenderemo Excalibur e ci dirigeremo subito a casa tua” disse Gold e, dopo essersi avvicinato a Jefferson ed avergli messo il coltello su una guancia, aggiunse: “Ma bada bene cappellaio: una sola mossa falsa alle mie spalle e potrai dire per sempre addio alla tua adorata figlia.” E spostò il coltello alla gola, dove era ben visibile una grossa cicatrice.
“Sei tu che comandi. Allora, capo, che si fa?” domandò Jefferson sorridendo.
“Non prendermi in giro! Andiamo subito al negozio. E non chiamarmi capo!” replicò Gold e scomparvero in una nube viola.

 
Foresta Incantata – un altro reame

 
Il cappello magico portò Tremotino, Jefferson ed Excalibur in un altro reame. Sembrava la foresta incantata ma non lo era.
“Ok, ricordati la regola del cappello: in tre siamo arrivati, in tre dobbiamo andarcene. Non uno di più, non uno di meno” disse Jefferson.
“So benissimo la regola del cappello. Io stesso te l’ho fatto creare” disse Tremotino.
“È sempre meglio farla ricordare. Specialmente con qualcuno” disse Jefferson e abbassò lo sguardo verso Excalibur, la quale annusò delle foglie a terra per poi starnutire.
“Non ti preoccupare per lei. Una volta preso quel fiore, ce ne andremo come se nulla fosse accaduto. E ora basta perdere troppo tempo. Ogni minuto passato qua è un minuto perso per salvare la mia piccola” disse Tremotino e si incamminò, seguito subito da Excalibur. Jefferson per un po’ esito, ma poi li seguì.
Mentre camminavano, Jefferson si guardò intorno per poi dire: “Ho come la sensazione che qualcuno ci stia osservando.”
“È solo una tua impressione. Sei troppo agitato. Dovresti invece rilassarti e goderti ciò che la natura ha da offrirci” disse Tremotino.
“Come mai sei così tanto premuroso nei confronti della natura? Magia oscura e bianca non vanno tanto d’accordo” chiese Jefferson.
“Ti sei forse dimenticato che ho accudito Excalibur fin da quando era un piccolo sacco di pelo? È grazie a lei e al suo infallibile fiuto se ho così tanti oggetti preziosi. Quindi, per amor mio verso la mia piccola volpe, risparmio la natura… per il momento” rispose Tremotino facendo una risatina.
Jefferson ci rimase male. Pensava che Tremotino desse il merito a lui per aver trovato tutti quegli oggetti magici. Ma era normale che tenesse di più alla sua adorata volpe.
Continuavano a camminare. Poi Jefferson domandò: “Chi ci dice che la tua pestifera amica a quattro zampe non ci stia portando a qualche bistecca fumante o altre cose con le quali può riempirsi la pancia?”
“Devi avere più fiducia in Excalibur. È vero che ultimamente tende a mangiare molto, ma vedrai che il suo fiuto magico ci porterà a quel fiore” rispose Tremotino. Excalibur si fermò. Scavò un po’ e poi si mangiò un lombrico. Successivamente riprese a zampettare davanti il suo padrone. Jefferson fece una faccia disgustata per poi dire: “Ultimamente? Direi spesso. La vizi troppo. Non credo che sia Belle a darle tutte quelle bistecche. Come vizi molto Rose.”
Tremotino si fermò e, voltandosi, replicò: “Non vizio Rose! Cerco di non farle mancare mai nulla e che stia sempre bene. Ecco perché dobbiamo trovare al più presto quel fiore. E smettila di dire che vizio la mia piccolina, perché non è così!” E riprese a camminare. Jefferson borbottò qualcosa tra sé. Poi lo seguì e, di tanto in tanto, continuava a mugugnare.
“Guarda che puoi anche smetterla di lamentarti. Se proprio non volevi venire, potevi anche startene a casa” disse Tremotino.
“Peccato che qualcuno, di cui non faccio il nome, mi abbia costretto a venire” disse Jefferson.
“Oh, ma chi sarà mai stato? Deve vergognarsi” disse Tremotino e sorrise. Jefferson alzò gli occhi al cielo. Si inoltrarono sempre più nella radura. Jefferson volse lo sguardo e, tra gli arbusti, vide sguardi che li fissavano. Si impaurì. Accelerò il passo, ma non si accorse che Tremotino si era fermato e, quindi, gli andò a sbattere contro. Tremotino lo guardò malamente per poi chiedere: “Hai la testa sulle spalle o l’hai persa di nuovo?!”
“È che… c’era qualcuno che ci osservava. Ho avuto paura e…” rispose con paura Jefferson.
“Non fare il bambino! E smettila con queste cose, se no giuro che ti trasformo in un minuscolo insetto” replicò Tremotino.
“E mi dici poi come ti sarò d’aiuto?” domandò Jefferson. Tremotino sorrise e rispose: “Magari come antipasto per Excalibur.” Jefferson guardò Excalibur, che lo guardò a sua volta spostando di lato lo sguardo. Tremotino poi aggiunse: “E ora smettila di fiatare: si riprende il cammino. Ma sta attento alla trappola” e si incamminò di nuovo.
“Quale trappola?” chiese Jefferson. Fece in tempo a fare un solo passo, che il piede destro gli finì dentro una corda, facendolo appendere a testa in giù ad un ramo. Tremotino ed Excalibur si fermarono e lo guardarono.
“Ehi, ma che scherzi sono questi? Avanti, amico mio, tirami giù da qui” disse Jefferson. Tremotino sorrise e, mentre si avvicinava a lui, disse: “E perché mai dovrei? Dicono che a stare a testa in giù arrivi più ossigeno al cervello e quindi, di conseguenza, vengano più idee. Sai, potrebbe farti bene.”
“Non scherzare e tirami giù da qui, prima che arrivi qualcuno che voglia conciarmi per le feste” disse Jefferson.
Excalibur si avvicinò a lui e gli leccò la faccia. Sentirono delle urla e il muoversi del fogliame. Excalibur drizzò le orecchie e voltò lo sguardo in direzione dei rumori. Tremotino fece un piccolo sorriso. Jefferson lo guardò e disse: “Ehi, ehi, togliti quel sorrisetto. Non mi piace per niente, piuttosto usa la tua magia per liberarmi da questa corda. Non mi interessa il prezzo che dovrò pagare. Intanto peggio  di così non mi potrà andare.”
Tremotino lo riguardò, dicendogli: “Non ti preoccupare. Vedrai che le cose si risolveranno. Ma al momento, lasciamo scorrere i fatti.” E, dopo aver preso in braccio Excalibur, entrambi scomparvero in una nube viola, lasciando il povero cappellaio a testa in giù.
“Maledetto folletto. Lo odio ancora di più quando si comporta così” disse Jefferson.
Tra gli arbusti comparvero delle persone. Erano gli indigeni del posto. Avevano la pelle più scura. Vestivano con pelli di animali e, sul viso, avevano pitturati dei segni. Ma ciò che intimorì più Jefferson erano le lame delle lance puntate tutte contro di lui. Deglutì. Poi propose: “Non so se capiate la mia lingua, ma potremmo arrivare a un accordo. Se mi lascerete libero, prometto che vi libererò da una perfida entità oscura che si aggira qua.”
Gli indiani si guardarono. Poi, uno di loro, con un coltello, tagliò la corda. Jefferson cadde a terra. Alzò lo sguardo e li guardò. Essi lo guardarono in silenzio. Poi, prima che potesse aprire bocca, lo presero per le braccia, facendolo rialzare e portandolo con loro.
Lo condussero nel loro villaggio. Jefferson si guardava intorno, mentre gli altri indiani parlavano tra di loro. Chi lo aveva catturato si fermò. Davanti a loro c'era il capo villaggio e, accanto a sé, stava un uomo anziano dai lunghi capelli grigi. Gli altri indiani continuavano a parlare tra di loro, ma si zittirono non appena il capo villaggio alzò una mano. Calò il silenzio.
“I visi pallidi continuano a invadere le nostre terre, distruggendo anche la natura che ci circonda. Dobbiamo fermare tutto ciò” disse il capo villaggio e gli altri esultarono.
“Forse io potrei aiutarvi” disse una voce e, in una nube viola, comparve Tremotino. Tutti lo guardarono e, mentre camminava verso di loro, Jefferson disse: “Finalmente sei arrivato. Dove ti eri cacciato? Questi qui vogliono mangiarmi.”
“Falla finita. Non sono mica dei cannibali. Sono un popolo pacifico” disse Tremotino, fermandosi accanto a lui.
“Prima o poi mi devi parecchie spiegazioni” disse Jefferson.
“Chi siete? E cosa siete venuti a fare qua?” domandò il capo villaggio.
“Che maleducato sono. Mi presento: sono Tremotino.” E fece un inchino. Poi aggiunse: “Mentre questo accanto a me è un mio compare di viaggio. Ma non vi preoccupate, perché toglieremo subito il disturbo. Siamo solo venuti qua per cercare qualcosa di molto importante.”
“Altri sono già venuti qua per rubare, ma noi non abbiamo tesori” disse il capo villaggio.
“Oh, ma noi non stiamo cercando affatto un tesoro. Avete mai sentito parlare della Lacrima del Fiume?” chiese Tremotino, facendo un piccolo sorriso. Si sentì bisbigliare. Il capo villaggio domandò: “Perché la cercate?”
“Si dice che nasca dal dolore più profondo del proprio cuore e che i suoi poteri curino qualsiasi cosa. Quindi, se voi ci direte dove possiamo trovarla, noi leveremo subito il disturbo e sarà come se non ci fossimo neanche visti. Allora, abbiamo un accordo?” rispose Tremotino ma, di tutta risposta, gli indiani puntarono le lance contro di loro.
“Questa è una cosa che non si vede tutti i giorni: il grande e potente signore oscuro, messo con le spalle al muro da delle semplici lance. Vedrai quando lo racconterò in giro. La tua reputazione andrà a finire nelle profondità del lago” disse Jefferson.
“Non cantare subito vittoria, mio caro. Ho ancora un asso nella manica” disse Tremotino. Si sentirono dei versetti e, zampettando, Excalibur li raggiunse. Gli indiani ritrassero subito le lance, per poi inginocchiarsi e chinare il capo.
“Bell’asso nella manica. Davvero niente male. Ma poteva arrivare anche prima. Dove diavolo era finita?” disse Jefferson. Il capo villaggio si rialzò, così come tutti gli altri. Poi disse: “È un segno se uno spirito della foresta è venuto nel nostro villaggio. Ma mi domando cosa ci faccia con voi. Gli spiriti della foresta sono solitari e difficilmente si fanno avvicinare dall’uomo.”
“Credeteci sulla parola: questo spirito della foresta si fa avvicinare eccome” disse Jefferson.
“Se ci lascerete campo libero, prometto che ce ne andremo nel più breve tempo possibile. Ripropongo il mio accordo di prima: lasciateci trovare la Lacrima del Fiume e sarà come se neanche ci fossimo visti. Se volete vi lascerò come cavia il mio compare” spiegò Tremotino. Jefferson sgranò gli occhi e replicò: “Cosa?! Sei impazzito?!”
“E così sia. Potrete andare alla ricerca di quella lacrima. Ma nessun altra cosa dovrà essere toccata. La natura va lasciata così com’è” disse il capo villaggio. Tremotino fece un piccolo inchino e, quando rialzò lo sguardo, sorrise malignamente. Poi guardò Excalibur e, insieme a lei, si inoltrò nella foresta.
“Maledetto. È già la seconda volta in meno di dieci minuti che mi lascia in balia di questi indigeni. Ma prima o poi gliela farò pagare” disse Jefferson, mentre lo guardava allontanarsi.
Tremotino ed Excalibur, che guidava il padrone, camminavano per la foresta. La volpe, ogni tanto, si fermava a fiutare il terreno, alla ricerca di una possibile traccia che li conducesse al prezioso fiore.
“Sapevo che avrei fatto bene a portarti con noi, mia fedele amica. Dopotutto non parto mai impreparato” disse Tremotino e fece una risatina. Excalibur lo guardò emettendo dei versetti.
Arrivarono a destinazione. O almeno quella che sembrava la loro destinazione, visto che…
“Dove si trova quel maledetto fiore?! Dove sta?!” replicò Tremotino, perdendo già la sua poca pazienza. Infatti, nessun fiore dai petali azzurri era presente. Il fiume c’era, ma del fiore nessuna traccia. Tremotino guardò furente Excalibur, replicando: “Con tutto quello che faccio per te, è così che mi ripaghi?! Portandomi ad un punto morto? Credevo che il tuo fiuto magico funzionasse, invece pensi solamente a mangiare. Odio quando il cappellaio ha ragione, ma ti ho viziata troppo. Quando ritorneremo a casa, mangerai solo avanzi.”
Excalibur emise dei versetti di disapprovazione, ma volse lo sguardo e drizzò le orecchie quando sentì dei rumori. Anche Tremotino guardò nella stessa direzione. Poi sorrise e disse: “Puoi anche venire fuori. Ci siamo solo noi qua. Nessuno del tuo popolo verrà a farci compagnia.”
Gli arbusti si mossero e da essi uscì una splendida ragazza dai lunghi capelli neri. Vestita anche lei con pelli animali e, al collo, portava una collana azzurra con uno strano simbolo. La ragazza lo guardò, per poi spostare lo sguardo su Excalibur, la quale spostò di lato lo sguardo, sedendosi accanto al padrone.
“Sei molto brava a nasconderti, ma non così tanto. Ci stai seguendo fin da quando siamo arrivati nel tuo reame” disse Tremotino.
“Chi siete?” chiese la ragazza.
“Il mio nome è Tremotino” rispose facendo un inchino. Vide la ragazza rabbrividire. Quindi disse: “Oh, già sapete chi sia.”
“Gli spiriti della foresta hanno parlato di una potente entità malefica proveniente da un altro regno. Un signore dai poteri oscuri” disse la ragazza.
“Questi spiriti parlano troppo o forse qualcuno ha fatto la spia” disse ridendo Tremotino e guardò Excalibur, che lo guardò a sua volta e scosse negativamente la testa. Quindi aggiunse: “Sai benissimo che stavo scherzando.” E riguardò la ragazza. Questa domandò: “Come fa ad esserci uno spirito della foresta con voi?”
“Una storia molto lunga che sarei lieto di raccontarvi… se non avessi una certa fretta. Vedi, mia cara, il tuo popolo, e a quanto pare anche tu, non ha gradito molto la mia presenza. Quindi, ritornerò volentieri a casa solo se troverò ciò per cui sono venuto qua” disse Tremotino.
“Che cosa state cercando?” chiese la ragazza.
“Si tratta di un fiore. Si chiama Lacrima del Fiume. La mia volpe mi ha condotto qua, ma come ben vedi il fiume c’è, ma manca il fiore. Visto che tu sembri amare passare molto tempo a contatto con la natura, magari sai anche dirmi dove posso trovare questo fiore. Prometto che lascerò ogni singolo essere vivente qua presente così com’è” rispose Tremotino.
“A cosa vi serve questo fiore?” domandò la ragazza.
“Affari personali. E ora gradirei tanto sapere dove posso trovarlo” rispose Tremotino. La ragazza abbassò lo sguardo e, con la mano, prese il ciondolo della collana, guardandolo. Tremotino fece un piccolo sorriso, per poi dire: “Sei alquanto indecisa. Cosa ti turba, mia cara?”
“Mio padre vorrebbe che io sposassi un forte guerriero. Lui trova che sia la via giusta per me. Che il mio futuro marito mi proteggerà da qualsiasi cosa. Vuole che me ne stia tranquilla… come il fiume” rispose la ragazza e guardò il suo riflesso nel fiume. Oltre al suo, successivamente, comparve anche quello di Tremotino. Il signore oscuro prese con una mano il ciondolo della collana, per poi dire: “Bella collana. Si addice proprio a una principessa come te. Forse dovresti ascoltare il volere di tuo padre.”
“E se io non volessi?” chiese la ragazza, continuando a guardare il proprio riflesso nel fiume.
“Allora direi che il tuo cuore appartiene a un altro” rispose Tremotino. A quel punto, i loro sguardi si soffermarono l’uno su quello dell’altra. Tremotino sorrise.
“Non so a cosa alludiate” disse la ragazza, spostando lo sguardo.
“Mia cara, è così evidente che tu non voglia seguire la strada che ha preparato tuo padre. E se vuoi un mio parere, ognuno di noi è libero di decidere il proprio destino. Anche tu” disse Tremotino. La ragazza lo guardò in silenzio. Quindi il signore oscuro aggiunse: “Ma forse potremmo arrivare a un accordo.”
“Che tipo di accordo?” domandò la ragazza. Tremotino sorrise e, mentre le camminava intorno, spiegò: “Oh, è molto semplice. Tu mi darai il fiore che sto cercando e io ti farò rimanere per sempre con il tuo amato.”
“Non è possibile. I nostri popoli non vogliono” disse la ragazza.
“Mia cara, nulla per me è impossibile. Basta solo che tu accetti e il gioco sarà fatto” disse Tremotino, facendo qualche passo lontano da lei. Per poi aggiungere: “Ma se non vuoi, non insisterò. Dopotutto il tuo destino è già scritto per mano di tuo padre, no?” E, guardandola, sorrise malignamente.
“Ma con questo patto cosa accadrà? Cioè… potrò rivedere lo stesso mio padre?” chiese incerta la ragazza.
“Come ti ho detto tu e il tuo amato rimarrete insieme per sempre. E non ti preoccupare per tuo padre: lui potrà vederti quando lo vorrà. Dopotutto l’amore non ha barriere. È un’arma molto potente. Tu e il tuo amato vivrete una vita senza che i vostri popoli si intromettano. È ciò che volete, no? Basta una firmetta e avrai il destino nelle tue mani” spiegò Tremotino e, nella mano, fece comparire una pergamena e una penna d’oca. La ragazza esitava. Guardò Excalibur, che la guardò a sua volta. Poi alzò lo sguardo verso Tremotino, che le sorrideva malignamente. Infine allungò una mano.
Era quasi arrivata a prendere la penna d’oca, quando una voce la fermò…




Note dell'autrice: Eccomi finalmente qua con la seconda parte del capitolo. Ma non l'ultima. Avendo scritto molto e non volendo annoiarvi, ho deciso di dividere questo lungo capitolo in ben tre parti, quindi la prossima e conclusiva parte arriverà qualche giorno dopo (nn tanto. E' già pronta e non voglio farvi aspettare dei secoli come per questa parte)
Eccovi finalmente il nuovo personaggio che ho messo nella serie (come avevo fatto per Quasimodo nei capitoli finali della prima stagione. Il nome della ragazza? Bè lo scoprirete subito all'inizio dell'ultima parte, anche se sicuramente avrete già scoperto di chi si tratta.
Senza dilungarmi troppo di quanto non abbia già fatto, volevo ringraziare tutti coloro che sono riusciti ad arrivare fin qua. Che recensiscono. Che hanno messo la storia tra le seguite o tra i mi piace. O semplicemente chi passa e legge. Inoltre grazie infinite, come sempre, alle mie amiche Lucia e Laura. Grazie per tutto.
Con ciò voglio augurare a tutti una buona fine 2017 e buon inizio 2018 sperando che sia un buon anno per tutti.
Grazie ancora per tutto. Buon week end ed alla prossima, miei cari Oncers

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Lacrima del Fiume - Parte III ***





The Rose of true Love - Stagione II

 
    Capitolo II: Lacrima del Fiume- Terza Parte

 
“Pocahontas!” Dagli arbusti, comparve un uomo biondo e dai vestiti più civili rispetto alla ragazza. L’uomo si bloccò accanto a lei non appena vide Tremotino. Quindi disse: “Lui che ci fa qua?” Guardò la ragazza, chiedendole: “Non ti ha fatto del male, vero?”
“Rilassati, mio caro. Non ti mettere ansia per niente. La ragazza, come vedi, sta bene e poi sono venuto qua per altro. Ma la vostra storia d’amore è capitata proprio nel momento giusto” rispose Tremotino.
“Lui ci aiuterà. Dice che riuscirà a farci stare insieme per sempre” disse Pocahontas, guardando l’uomo. Questi disse: “È il signore oscuro. I patti che fa hanno sempre e solo fatto guadagnare lui. Non dobbiamo fidarci.”
“Ma John, non voglio che il mio destino venga dettato da mio padre” disse Pocahontas e, dopo avergli messo una mano sulla guancia, continuò: “E io voglio passare la mia vita solo con te. I nostri popoli non approveranno mai, ma io ti amo e mi si spezzerebbe il cuore nel doverti lasciare.” John prese la mano di lei tra le sue, per poi dirle: “Preferisco venire catturato dalla tua gente e morire domani, che vivere cento anni senza conoscerti.” Pocahontas avvicinò il viso e si baciarono. Tremotino roteò gli occhi, mentre Excalibur guardava prima il padrone e poi i due.
“Odio dover interrompere questo bellissimo momento sentimentale, ma avrete tutto il tempo che vorrete per stare insieme. Con una semplice firma e il vostro amore sarà eterno” disse Tremotino. Pocahontas e John lo guardarono. Si guardarono tra di loro e poi, prima uno e poi l’altro, firmarono sulla pergamena. Tremotino sorrise e, dopo aver fatto sparire la pergamena e la piuma d’oca, i due vennero avvolti in una nube viola.
“Che cosa ci sta succedendo?!” disse John, mentre guardava la nube viola avvolgerlo ed avvolgere la sua amata.
“Quello per cui avete firmato il contratto. Ciò che ho detto è la pura verità: rimarrete insieme per sempre, senza che entrambi i popoli interferiscano nella vostra storia d’amore” spiegò ridendo Tremotino, mentre John piano, piano, si abbassava fino a diventare... un procione.
“No! John!” gridò Pocahontas, guardandolo. Poi guardò Tremotino e replicò: “Ci hai mentito! Non faceva parte dell’accordo!” e si fiondò su di lui, ma non riuscì a muovere i piedi. Era come se si stessero “fondendo” con il terreno.
“Io non vi ho affatto mentito, mia cara. I miei accordi sono sempre legali. Ma, come gli altri, anche voi avete commesso lo stesso sbaglio, ovvero non leggere le controindicazioni” spiegò Tremotino, e dopo aver fatto qualche passo ed essersi fermato di fronte a lei, aggiunse: “E perdi più, non ho mai specificato come avreste passato il resto della vostra vita. Ma dopotutto, almeno così nessuno vi disturberà, visto che non sanno nemmeno cosa vi è accaduto.”
“Siete un mostro!” replicò Pocahontas con gli occhi lucidi. Tremotino si mise una mano sul petto fingendosi come offeso. Poi sogghignò. Allungò una mano verso la collana della ragazza e disse: “Sai, è vero ciò che ho detto per il tuo amato padre: lui potrà rivederti quanto lo vorrà. Con la sola differenza che non saprà che sei tu.” E, dopo averle strappato dal collo la collana, fece qualche passo indietro mentre Pocahontas veniva del tutto avvolta dalla nube viola. Excalibur, per non guardare, si portò la grossa coda sul muso.
La nube viola scomparve e, al posto della ragazza, vi era un grosso salice piangente e, da una delle sue tante foglie, cadde una singola lacrima. Appena toccò il terreno emanò una forte luce bianca, facendo nascere da essa uno splendente fiore dai petali azzurri. Tremotino sorrise. Finalmente aveva trovato il fiore e, come descritto nel libro, era nato dal dolore più profondo del cuore. Il dolore che Pocahontas avrebbe provato in eterno per non poter più stare con il suo amato, ora divenuto un procione.
Tremotino si avvicinò e, dopo essersi inginocchiato, strappò il fiore dal terreno. Lo guardò, mentre un sorriso compiaciuto gli compariva in volto. Soddisfatto, si mise il fiore in tasca e, dopo essersi rialzato,  si voltò incamminandosi e chiamò a sé la volpe: “Vieni, Excalibur. È tempo di andare a riprendere il cappellaio e ritornare a casa.” Excalibur lo seguì, fermandosi però a fiutare dentro la borsa che prima apparteneva a John. Proprio questi, ora un procione, ringhiò.
Tremotino si fermò e, voltandosi, gli disse: “Non incolpare me: tu e la tua amata avreste dovuto leggere tutte le clausole del contratto. Invece avete firmato senza pensarci due volte. Volevate rimanere insieme per sempre. Ora potete e senza che i vostri popoli vi intralcino. Dopotutto, nessuno sa cosa siete diventati. Sai, John è più un nome da umano. Potresti chiamarti… Meeko. Sì, credo ti si addica meglio. E ora su, saltella qua in giro. Intanto la tua amata non va da nessuna parte.” E, facendo una risatina, si voltò incamminandosi e, mentre passava accanto ad Excalibur, che era letteralmente entrata per metà dentro la bisaccia, aggiunse: “Excalibur, muoviti e smettila di giocare!”
Excalibur uscì dalla bisaccia e raggiunse il padrone. Tremotino abbassò lo sguardo per vedere che l’amica fidata teneva qualcosa in bocca. Prese l’oggetto: si trattava di una bussola. La guardò e fece un piccolo sorriso. Abbassò una mano, accarezzando Excalibur sulla testa e, mentre i due si allontanavano, il procione si sedette su una delle radici dell’albero e, mentre abbassava testa e orecchie, il vento si alzò muovendo le fronde del salice, rendendo ancora più triste quel momento di solitudine dei due innamorati. Potevano stare insieme per sempre, ma il loro amore era spezzato. Spezzato da un incantesimo che solo il signore oscuro avrebbe potuto spezzare, ma che non avrebbe mai fatto.
Intanto, al villaggio, Jefferson non se la stava passando affatto bene. Infatti…
Jefferson sgranò gli occhi non appena vide gli indigeni accendere un fuoco e limare le punte delle lance. Quindi disse: “Ehi, ehi, ehi, un momento: quel piccolo folletto impertinente mi aveva assicurato che non eravate dei cannibali. Dai, ragazzi, non è divertente. E poi vi andrei solo di traverso. Sono molto duro da digerire.”
“Non ti mangeremo: purificheremo il tuo corpo” disse il capo villaggio.
“In che senso scusi? Un bagno e via?” domandò sorridendo Jefferson, guardandolo.
“Divideremo il corpo dall’anima, cosicché essa possa riunirsi con gli spiriti della foresta per venire purificata dalla magia malvagia che ti perseguita” spiegò il capo villaggio.
“No, no, no, ci deve essere un errore. Un grosso errore. Quello con la magia malvagia è il mio compare di viaggio. Quel piccolo folletto impertinente che ora sta girando chissà dove per la foresta con quel sacco di pulci della sua volpe. Sta solo cercando un fiore dai petali blu per poter curare sua figlia” spiegò Jefferson.
“Quell’orribile creatura ha una figlia?” chiese stupito il capo villaggio.
“Ho… ho detto figlia? Volevo dire… ciglia. Sì, proprio così. Appena trovato quel fiore, ce ne andremo in un battito di ciglia. Come se neanche fossimo venuti qua” rispose Jefferson, facendo un piccolo sorriso, cercando di depistare il capo villaggio. Questi, però, non sembrò tanto convinto. Disse qualcosa allo sciamano il quale, mentre teneva in mano uno strano oggetto, si avvicinò a Jefferson, girandogli intorno e pronunciando quelle che sembravano parole di un rituale.
Jefferson lo seguiva con lo sguardo, non del tutto convinto di quello che stava accadendo. Voleva solo ritornarsene al castello oscuro e riavere Grace tra le sue braccia. Sapeva che con Belle era al sicuro, ma con una Rose ammalata, non immaginava neanche cosa sarebbe accaduto con gli sprazzi improvvisi di magia della piccola e, con Grace accanto a lei, non era molto sicuro. Se solo Tremotino fosse ritornato in fretta. Chissà cosa lo aveva trattenuto.
Lo sciamano continuava a praticare il rituale, formulando quelle strane parole. Quindi Jefferson disse: “Sentite, è carino quello che state facendo per me, ma vi ripeto che non sono io il portatore di magia oscura. Quando il mio compare ritornerà, allora potrete fargli tutto ciò che volete e…” ma non fece in tempo a terminare la frase che qualcosa bloccò la sua bocca e una voce disse: “Chiunque è libero di farmi ciò che vuole. Intanto non è mai riuscito completamente nel proprio intento.” Tremotino ed Excalibur arrivarono tra loro. Jefferson lo guardò, cercando di parlare, ma ciò che uscì furono solo delle parole incomprensibili.
“Mi sono perso qualcosa? Spero solo che il mio amico non vi abbia molto annoiato. Tende a farlo con parecchie gente, sapete. Ma non c’è nessun problema, perché me lo riporto con me da dove veniamo” disse Tremotino. Jefferson lo guardò malamente.
“L’oscurità ha invaso il nostro mondo e gli spiriti protettori della foresta ci hanno avvertito della sua pericolosità. Per questo motivo dobbiamo liberarcene, prima che faccia del male alla nostra gente” spiegò il capo villaggio.
“Oh, non vi preoccupate per questo. A ciò ho già pensato io” disse sorridendo Tremotino e mostrò la collana azzurra. Il capo villaggio la riconobbe subito. Quindi domandò: “Dov’è Pocahontas?”
“Non temete, la vostra amata figlia sta bene. È con il suo amore e rimarranno insieme per sempre. Se vorrete vederla, non dovete fare altro che seguire il dolore del suo cuore. Le sue lacrime si confondono nel fiume accanto, mentre giace immobile e in silenzio con le sue fronde. Un procione le fa compagnia, condividendo con lei il cuore spezzato. Peccato che non potrete più vederla in carne ed ossa: era di una così rara bellezza. Ma ahimè, ha deciso di seguire il suo cuore, piuttosto che la strada creata dal padre” spiegò Tremotino.
“Giuro che se le avete fatto del male, io…” replicò il capo villaggio facendo qualche passo verso Tremotino, che spiegò: “Un patto è un patto, mio caro, e vostra figlia e il suo amato hanno firmato un contratto legale. Ma non hanno tenuto conto delle conseguenze. Volevano avere un amore eterno, senza essere intralciati dai loro popoli ed è ciò che ho dato loro. Ovviamente, però, non do mai nulla senza ricevere qualcosa in cambio.” E mostrò anche il fiore dai petali blu.
Il capo villaggio era molto arrabbiato. Quindi disse: “Avevate giurato di non toccare nulla della natura.”
“Infatti è proprio ciò che ho fatto. Non ho toccato nulla della natura. Anzi, grazie a vostra figlia, ora la foresta ha un albero in più. Oh, per non parlare di quel tenero procione dalle origini inglesi. Dovrà farci l’abitudine, ma credo che si ambienterà bene, soprattutto se teniamo in considerazione che starà sempre accanto alla sua amata” spiegò Tremotino.
I guerrieri puntarono le lance contro il signore oscuro, ma non appena Excalibur si mise tra loro e il padrone, le abbassarono. Tremotino fece un piccolo sorriso. Il capo villaggio, invece, disse: “Avete coraggio nell’usare uno spirito della foresta per proteggervi.”
“La mia volpe sa sempre che decisioni prendere e da che parte stare. Non le farei mai del male e, se qualcuno dovesse torcere anche un solo pelo della sua pelliccia, subirà delle tremende conseguenze. Lei non è un oggetto e non mi permetterei mai di usarla come tale” disse Tremotino ed Excalibur emise dei versetti.
“Andatevene e non tornate mai più. Avete già causato troppo dolore nel mio cuore. Un dolore che non verrà mai risanato” replicò il capo villaggio.
“Sua figlia mi ha detto che ascoltava la natura. Perché non provate a farlo anche voi? Magari potrete sentire i suoi lamenti tra il vento, così da non sentirvi più solo” disse Tremotino, sorridendo malignamente e, voltandosi, si incamminò, seguito da Excalibur e, successivamente, anche Jefferson.
Mentre camminavano per la foresta, Jefferson si affiancò a Tremotino, mugugnando. Il signore oscuro disse: “Ti ho già detto che non sopporto quando parli senza senso? Mi dai noia.” Jefferson lo guardò malamente e continuò a mugugnare.
Tremotino roteò gli occhi. Si fermò, così come il cappellaio ed Excalibur e, guardandolo gli disse: “ Ma, sfortunatamente, sei anche il padrino della mia Rose e Belle non me lo perdonerebbe mai se ti lasciassi muto per sempre. Quindi, ti libererò dall’incantesimo.” Lo sguardo di Jefferson si tramutò in gioia, ma cambiò nuovamente quando Tremotino aggiunse: “Ma mi devi promettere che la prima parola o frase che dirai non sarà qualcosa di stupido.” E schioccò le dita.
Jefferson si toccò la bocca. Poi l’aprì e la richiuse un paio di volte per vedere se effettivamente l’incantesimo era stato tolto. Tremotino alzò gli occhi al cielo, mentre Excalibur si grattava dietro a un orecchio. Infine Jefferson parlò: “Perché ci hai messo così tanto ad arrivare? Quelli là volevano uccidermi e tutto per colpa tua.”
“Sono ammirato dalla tua sincerità e, per la prima volta dopo tanto, non hai detto qualcosa di stupido” disse Tremotino.
“Davvero avresti permesso che mi uccidessero?” chiese Jefferson.
“Non essere sciocco. Sei il mio fidato compare di viaggio e portatore di preziosi oggetti. Se ti avessero ucciso, mi dici poi chi avrei potuto trovare per andare negli altri regni?” rispose Tremotino.
“È così che mi vedi? Solo come un portatore di preziosi oggetti?” domandò Jefferson, rimanendoci male.
“È un compito molto importante. Nessuno sarà mai bravo quanto te. Inoltre solo tu sai e puoi usare il cappello magico. È una delle regole che ho imposto. Se qualcuno dovesse aver bisogno di andare in un altro regno, deve chiamare te” spiegò Tremotino.
“È che pensavo… dopo tanto tempo passato insieme che…” disse titubante Jefferson. Ma Tremotino lo interruppe: “Ma cosa vai a pensare?! Il mio genere di amore è un altro e sarà sempre Belle.” Jefferson divenne rosso e replicò: “Ma mica alludevo a quello. Mi riferivo al tempo passato insieme come alleati.”
“Avevo già capito a cosa ti riferivi. Volevo solo vedere come avresti reagito. E comunque non ti chiamerei sempre al mio castello, se non ti volessi come amico, ed io e Belle non ti avremmo scelto come padrino di Rose. Ma per questo, non ti montare troppo la testa. Non voglio che sfrutti la nostra amicizia a tuo favore per tirarti fuori dai guai. Per quello, dovrai cavartela da solo” spiegò Tremotino.
“Non ti preoccupare. Me la sono sempre cavata. Ma so che, almeno, mi arriverà sempre un aiuto da parte tua anche indirettamente” disse Jefferson e Tremotino fece un piccolo sorriso. In quel momento, una lancia sfiorò Tremotino, conficcandosi nell’albero accanto. I due voltarono lo sguardo, per vedere gli indigeni correre verso di loro. Jefferson guardò Tremotino e, mentre incominciavano a correre, disse: “È tutta colpa tua. Se avessi lasciato stare la figlia del capo villaggio, ora ce ne staremo buoni a passeggiare per la foresta e parlare.”
“Era questa la tua idea? Passeggiare senza preoccupazioni per la foresta e conversare? Detta così, sembriamo una vecchia coppia sposata” disse Tremotino.
“Smettila di ritornare su quel discorso. Perché, piuttosto, non usi qualche tuo trucchetto per tirarci fuori da questo guaio? Saremmo già lontani da questi qui” disse Jefferson.
“Sprecherei solo magia inutilmente. La nostra unica destinazione è il portale” disse Tremotino.
Excalibur si fermò, voltandosi verso gli indigeni. Tremotino si fermò, così come Jefferson e gridò: “Excalibur! Torna subito qua!”
Ma la volpe se ne stette ferma, mettendosi dritta sulle zampe e gonfiando il petto. Voleva sentirsi come una figura autoritaria e importante, pensando molto probabilmente che, essendo uno spirito della foresta, gli indigeni si sarebbero fermati. Invece, per poco non venne colpita con le lance. La volpe si voltò e riprese a correre, con gli indigeni alle calcagna, cercando di raggiungere Tremotino e Jefferson. Ma non ce l’avrebbe mai fatta.
Tremotino si accorse che la sua volpe era in pericolo. Al diavolo il prezzo da pagare, pensò. La sua volpe era più importante. Schioccò le dita e gli indigeni vennero avvolti in una nube viola, che li trasformò in piccoli colibrì.
“Colibrì? Magnifico, così ci inseguiranno ancora più velocemente” disse Jefferson. Tremotino prese tra le braccia Excalibur e, dopo aver raggiunto Jefferson, i due ripresero a correre, finché finalmente davanti a loro non comparve il portale. Vi entrarono e il varco si chiuse poco prima che anche i colibrì potessero seguirli.
Ma, appena ritornarono al castello oscuro, una scena orribile si presentò ai loro occhi.

 

Storybrooke

 
Gold e Jefferson apparvero nel retro del negozio. Chi era presente volse lo sguardo verso di loro.
“Ci sono novità?” chiese Gold.
“No, nessuna. Rose continua a peggiorare” rispose Belle, sospirando mentre accarezzava la figlia sulla fronte. Vennero raggiunti anche da Paige e Henry. La bambina, nel vedere Jefferson, sgranò gli occhi. Poi però guardò Gold e disse: “Abbiamo cercato in ogni libro, ma non abbiamo trovato niente che possa curare Rose.”
“Ci dispiace non essere stati più utili. Ma dobbiamo continuare con le ricerche. Rose non può morire” disse Henry.
“Non vi preoccupate. Sappiamo già cosa dobbiamo trovare solo che, sfortunatamente, non è qua” disse Gold.
“Di cosa si tratta?” domandò Belle, guardandoli.
“È un fiore dai petali blu chiamato Lacrima del Fiume. Già in passato lo avevamo usato per curare la nostra piccolina. Ha poteri curativi ed è generato dal dolore più profondo del proprio cuore. Solo che non si trova qua, ma in un altro reame e per arrivarci abbiamo bisogno del cappello magico di Jefferson. Ma sfortunatamente non si ricorda dove lo ha messo” spiegò Gold e diede un’occhiataccia al cappellaio. Questi aggiunse: “Ma ora siamo qua perché qualcuno ci darà una mano a ritrovare il mio cappello. Qualcuno con il fiuto giusto per la magia.”
“Excalibur” dissero insieme Paige ed Henry.
“Dove si trova?” chiese Gold.
“Prima era qua in giro, ma non sappiamo dove sia” rispose Paige.
“L’avete persa di vista?!” replicò Gold.
“E quale sarà mai il problema? Ormai dovrebbe conoscere a memoria il tuo negozio, no? Passa la maggior parte del tempo qua dentro ad oziare” disse Jefferson.
“Il problema è la sua magia. Se ben ricordi, e come hai detto prima anche tu, ha il potere di trovare persone e oggetti magici, e il mio negozio ne è fornitissimo. E se ci aggiungiamo anche la sua ingordigia, non sappiamo cosa possa accadere” spiegò Gold, guardandolo.
“Non mi dire che qua dentro tieni anche roba da mangiare? C’è già la vecchietta dall’altra parte della strada che provvede a ciò” disse Jefferson, ma volsero gli sguardi quando sentirono dei rumori provenire dall'altra stanza. A passo veloce, Gold andò nell’altra parte del negozio e si fermò non appena vide la sua volpe davanti a un barattolo di biscotti, caduti a terra. Anche gli altri raggiunsero Gold che, però, si inginocchiò accanto ad Excalibur.
“Ok, pensavo peggio. Ha solo trovato un barattolo di biscotti. Che sarà mai” disse Jefferson.
“Questi non sono normali biscotti. In essi è presente un potente sonnifero” disse Gold.
“Ma sei pazzo?! Come ti viene in mente di tenere dei biscotti così pericolosi qua dentro? Pensa se li avesse trovati qualcun altro, invece che la tua pestifera volpe” replicò Jefferson.
“È per questo motivo che li avevo nascosti e, a quanto pare, il fiuto di Excalibur funziona meglio per cercare cibo che magia” disse Gold e guardò Excalibur. I suoi occhi si stavano già chiudendo.
“Ehi, ehi, che cosa le sta succedendo?” domandò Jefferson.
“A te cosa succede quando ti prendi una camomilla? L’effetto del sonnifero sta incominciando a dare i suoi frutti. Entro poco si addormenterà del tutto” rispose Gold, mettendo una mano sotto il mento di Excalibur, in modo che la volpe lo guardasse.
“È così potente quel sonnifero?” chiese Henry.
“Chi lo prende può dormire anche per settimane” rispose Gold.
“Sventolale davanti una bella bistecca fumante. Dobbiamo tenerla sveglia per ritrovare il mio cappello” disse Jefferson.
“Se tu avessi avuto un po’ più la testa sulle spalle e meno da qualche altra parte, a quest’ora non dovremmo risolvere questo pasticcio” disse Gold, guardandolo.
“E se tu avessi viziato meno quel sacco di pulci dalla pelliccia rossa e bianca, a quest’ora non dovremmo trovare un modo per tenerla sveglia” disse Jefferson. Gold lo guardò malamente, ma voltò lo sguardo quando Belle disse: “E se invece avessi tenuto un po’ da parte quel fiore? Dopotutto sei un tipo molto previdente.”
“Ma certo” disse Gold e, guardando Jefferson aggiunse: “E se ne avessi davvero preso di più? Dovrei avere qualche scorta qua.”
“Quella volta andavamo parecchio di fretta, visto che avevamo degli indigeni alle calcagna. O te lo sei forse dimenticato? Ma dopotutto non ho avuto io la brillante idea di fare un patto con la figlia del capo e trasformare lei in un salice, mentre il suo amato in un procione e sfortunatamente non sono stato abbastanza attento da guardare se avessi preso dei fiori in più” disse Jefferson.
Senza dire nulla, Gold si rialzò, ritornando nel retrobottega, sotto lo sguardo degli altri. Belle lo raggiunse. Lo vide accanto alla tavola, dandole di spalle. Per poi dire: “È davvero possibile che non sia stato abbastanza attento da prenderne di più? Come ho potuto essere così stupido!” E batté un pugno sulla tavola. Belle si avvicinò a lui e, dopo avergli messo le mani sulle spalle, dolcemente gli disse: “Non darti queste colpe. A tutti capita di sbagliare e di avere una piccola distrazione.”
“Non doveva esserci nessuna distrazione e, per colpa di essa, Rose rischia di morire” replicò Gold e guardò l’amata figlia. Anche Belle la guardò per poi dire: “Andrà tutto bene. Troveremo quel fiore e Rose si salverà.”
“Eravamo finalmente una famiglia dopo anni. Non doveva accadere tutto ciò. Rose non lo meritava. La nostra piccolina sta soffrendo per colpa mia. Ma avevo bisogno della magia e…” iniziò col dire Gold, ma Belle lo bloccò dicendo: “…avevi bisogno della magia per ritrovare Baelfire ed è ciò che continueremo a fare dopo che avremo salvato Rose. Lo hai fatto con le buone intenzioni.”
Gold si staccò da lei e, camminando verso la figlia, disse: “Buone intenzioni o no, Rose sta male a causa della magia e il prezzo lo sta pagando molto amaramente.” E, mentre le accarezzava la fronte, aggiunse: “E se non troviamo subito quel fiore…” Ma non ebbe il coraggio di terminare la frase.
Belle si avvicinò a lui, dicendo: “Non dirlo neanche. Rose è forte. Ce la farà e sono sicura che hai tenuto da parte quel fiore per qualsiasi emergenza.”
“Se solo ricordassi dove l’ho messo. Perché i miei ricordi devono ancora essere così annebbiati? Sarebbe tutto più semplice se avessi anche solo un piccolo indizio che mi indicasse dove si trova” disse Gold.
Sentirono dei versetti. Voltarono lo sguardo per vedere Excalibur camminare verso di loro e cercando di tenere gli occhi aperti. La videro fermarsi, per poi proseguire verso un baule. Riguardò i padroni emettendo altri versetti. Gold si affiancò a lei, e dopo essersi abbassato aprì il baule, estraendo da esso un sacco di vecchia roba piena di polvere. Tirò fuori anche una scatolina con sopra degli strani simboli, che appoggiò a terra. Belle la osservò per un po’, per poi guardare Gold quando questi prese tra le mani una scatola di colore blu. L’aprì e…

 
Foresta Incantata

 
Appena Tremotino, Jefferson ed Excalibur ritornarono al castello oscuro, rimasero scioccati da ciò che videro. Delle enormi radici, che avevano rotto le vetrate, si erano avvinghiate a Quasimodo, Grachen, Dove e Grace. Belle, con una spada presa probabilmente tra i tanti oggetti presenti nella sala, stava cercando di tagliare con fatica le altre radici, mentre Rose stava piangendo nella sua culla.
“Che cosa sta succedendo? Sembra in corso una guerra” disse Jefferson. Tremotino guardò l’amata e gridò: “Belle! Siamo qua e abbiamo il fiore.” Belle lo guardò, ma non fece in tempo ad aprire bocca che una radice la prese per una caviglia, facendole cadere la spada e trascinandola verso di sé.
Tremotino corse verso di lei e, dopo aver formato una palla di fuoco, la lanciò contro la radice, che si disintegrò. Si affiancò alla ragazza: “Belle, tesoro, sono qua. Ma cosa è successo?”
“Rose è peggiorata. La sua magia è diventata pericolosa” disse Belle, guardandolo.
“E il sonnifero che ti avevo dato? Dove si trova?” domandò Tremotino, ma la risposta la ebbe non appena Belle mostrò la fialetta tra le mani.
“Perché non lo hai usato? Ti avevo detto di farlo nel caso la situazione fosse peggiorata” chiese Tremotino.
“Non volevo far del male a Rose” rispose Belle guardandolo. Voltarono gli sguardi, vedendo Jefferson correre verso la figlia: “Grace, sto arrivando! Resisti!” Ma una radice lo prese per un piede, portandolo a testa in giù.
Tremotino aiutò Belle a rialzarsi e la ragazza disse: “Dobbiamo fare qualcosa prima che la magia di Rose distrugga tutto.” Tremotino guardò in silenzio quello che stava accadendo. Poi prese la fialetta dalle mani di Belle e, prima che la ragazza potesse fermarlo, corse verso Rose.
“No, Tremotino, non farlo!” replicò Belle.
“Devo, o le cose peggioreranno” disse Tremotino e guardò la figlia, che continuava a piangere. Stava per aprire la fialetta, quando Belle lo raggiunse e gli bloccò la mano, dicendo: “Non puoi fare del male a Rose!”
“Non le farò del male! Non mi permetterei mai nemmeno di sfiorarla! Voglio solo fermare tutto ciò” replicò Tremotino. Belle cercava nuovamente di riprendersi la fialetta. Quindi Tremotino replicò: “Guardati intorno: vuoi veramente che continui ad accadere tutto ciò?! Vuoi che il castello oscuro venga distrutto e noi con lui, oppure vuoi che Rose continui a soffrire?”
“Voglio solo che Rose stia bene, ma sono convinta che darle quel sonnifero non sia la soluzione” disse Belle. I due si guardarono in silenzio, per poi guardare la figlia che continuava a piangere. Improvvisamente, però, una radice li colpì, facendoli cadere a terra lontano da Rose. Nel cadere, la fialetta volò via dalle mani di Tremotino, il quale replicò: “Se cade, è un disastro!”
La fialetta era sempre più vicina al pavimento, ma… Excalibur riuscì a prenderla, in tempo, con la bocca.
“Bravissima, Excalibur!” disse Tremotino. Excalibur lo guardò, scodinzolando.
Il caos continuava a regnare sovrano. Tremotino stava per alzarsi, ma Belle lo bloccò per un braccio dicendogli: “No, aspetta. Con la magia non risolveremo nulla. Dobbiamo essere noi a calmare Rose. L’amore di un genitore può essere molto potente.” Tremotino la guardò in silenzio. Poi si rialzarono e, insieme, andarono dalla loro bambina. Misero entrambi una mano sulle sue guance, sussurrandole dolci parole. Lentamente, il pianto di Rose si affievolì in singhiozzi, fino a smettere del tutto e, con esso, anche le radici si ritirarono, liberando i poveri malcapitati che erano stati fatti prigionieri.
Rose rise, mentre guardava i genitori. Era contenta. Loro e gli altri un po’ meno. Il salone era quasi del tutto distrutto e c’erano vetri dappertutto.
“Vostra figlia è un piccolo terremoto. Dovreste insegnarle a tenere a freno la sua magia” disse Jefferson, mentre si affiancava a Grace.
“Non dovrebbe essere un problema per te, cappellaio. Tu hai già una figlia di cui occuparti. A Rose ci pensiamo io e Belle. Il tuo aiuto non è gradito” disse Tremotino, mentre continuava ad accarezzare Rose su una guancia, la quale gorgogliava allegra.
“Ah, è così? Dopo tutto quello che ho fatto per te? Ti voglio ricordare che nemmeno un’ora fa degli indigeni hanno cercato di farci fuori e tutto perché tu hai trasformato, tramite un patto, la figlia del capo” replicò Jefferson. Tremotino lo guardò dicendogli: “Eppure sei qua sano e salvo” e sorrise.
“Be', non di certo grazie a te. Chi ha un cappello magico che permette di viaggiare per altri regni?” disse sorridendo Jefferson.
“E chi è che ti ha permesso di costruirlo?” disse Tremotino sorridendo a sua volta, facendo sparire il sorriso a Jefferson.
“Basta litigare. Ora dobbiamo curare Rose” disse Belle. Tremotino la guardò in silenzio. Poco dopo, si trovavano nella torre, dove normalmente Tremotino creava le sue pozioni. Il signore oscuro estrasse il fiore dai petali blu, per poi dire: “Ciò che salverà Rose.”  Sbriciolò un po’ di petali dentro un’ampolla. Successivamente vi aggiunse un filo d’oro e il liquido assunse un colore viola, per poi versarlo dentro il biberon.
Belle teneva tra le braccia Rose. Tremotino, con il biberon in mano, si avvicinò a loro per poi consegnare l’oggetto a Belle. La ragazza diede la bevanda alla figlia, che la bevve tutta. Ora dovevano solo aspettare.
Nelle ore successive, la situazione sembrò essere ritornata normale. Mentre Grachen, Quasimodo e Dove rimettevano in ordine il salone, gli altri erano costantemente accanto alla piccola Rose, ora addormentata tranquilla nella culla della nursery.
Belle accarezzò la figlia sulla fronte, per poi dire: “La febbre si è abbassata.”
“Quindi Rose starà bene, vero?” domandò Grace. Belle la guardò e, sorridendole, rispose: “Certo, e grazie per tutto l’aiuto che ci avete dato.” Sorrise anche a Jefferson. Tremotino si schiarì la voce. Lo guardarono e Belle gli chiese: “Non dirmi che sei geloso?”
“Io, geloso? Perché mai pensi questo, mia cara? Il cappellaio ha fatto il suo lavoro, mentre sua figlia ti ha aiutata qua e devo dire che è stata più brava di Grachen, ma non che sia una novità” rispose Tremotino.
“L’ho sentita!” gridò Grachen. Tremotino la guardò, dicendole: “L’ho detto apposta a voce alta.” E sorrise, mentre l’ex fata lo guardava malamente, per poi riprendere a raccogliere i vetri a terra. Tremotino si rivoltò e, dopo aver camminato verso la tavola dove teneva tutti i suoi alambicchi, disse: “E comunque, l’importante è che ora Rose si riprenda. Ma, per qualsiasi precauzione, meglio tenersi qualcosa da parte.” E, passando una mano sopra la collana che aveva preso da Pocahontas, fece aprire l’amuleto attaccato a essa e, al suo interno, mise i petali blu rimasti dal fiore. Poi depositò la collana sopra al velluto all’interno di una scatola blu. Excalibur si avvicinò a lui, emettendo dei versetti e scodinzolando. Tremotino si abbassò, prendendo la fialetta del sonnifero dalla bocca della volpe per poi porre l’oggetto accanto alla collana. Infine richiuse la scatola, mettendola dentro a un baule.
Venne sera. Jefferson era seduto sulla balaustra del bancone, mentre faceva andare avanti e indietro un piede. Osservava la foresta, ma volse lo sguardo quando Tremotino lo raggiunse: “Se hai voglia di buttarti, posso sempre darti una spinta.”
“Sai, non capisco mai se dici sul serio o è solo un modo per stuzzicarmi” disse Jefferson.
“Direi più il secondo, ma sei un mio fedele alleato, quindi non potrei sbarazzarmi di te. Credi che non l’avrei già fatto tempo fa?” disse Tremotino, facendo un piccolo sorriso e fermandosi accanto a lui. Jefferson riguardò la foresta, per poi dire: “Sono contento che quel tuo piccolo terremoto si sia salvato. Se fosse morta, avresti distrutto tutta la Foresta Incantata.”
“Ho già perso un figlio in passato e Rose, insieme a Belle, è ciò che ho di più caro al mondo. A causa della magia ho quasi rischiato di perderla per sempre” disse Tremotino, guardando anche lui la foresta.
“Ma è proprio grazie alla magia se è nata. Frutto del vero amore, no?” disse Jefferson.
“Nessun signore oscuro prima di me aveva mai avuto eredi e ora capisco il perché. Rose soffre per causa mia e io non voglio che l’oscurità si impossessi di lei. Quando sarà diventata grande, le insegnerò a controllare la sua magia ma, fino a quel momento, dovrò trovare un modo per bloccargliela” spiegò Tremotino.
“E, già che ci sei, ti consiglio anche di dire a Belle della tua idea sulla maledizione. Penso che voglia essere informata” disse Jefferson, guardandolo. Tremotino lo guardò a sua volta, dicendogli: “Troverò il momento adatto e sono sicuro che Belle capirà. Dopotutto, sto perfezionando ogni cosa affinché lei e Rose mantengano i loro ricordi quando ci ritroveremo nel mondo senza magia. Voglio che tutto sia perfetto.”
I due si guardarono in silenzio, per poi riguardare la foresta, ma non accorgendosi che qualcuno aveva ascoltato la loro conversazione. Dove, Grachen e Quasimodo erano stati nascosti dietro la vetrata per tutto quel tempo, sentendo ogni singola parola, per poi guardarsi preoccupati.


 
Storybrooke

 
Gold aprì la scatola blu e al suo interno trovò la collana e, accanto a essa, una fialetta. Quindi disse: “Ricordo questa collana. Apparteneva a quella principessa che ho trasformato in un salice piangente.” Belle incrociò le braccia, ma lo osservò mentre si rialzava prendendo sia la collana che la fialetta.
Gold guardava gli oggetti. Andò verso la tavola, mettendoli sopra di essi. Belle si affiancò a lui, mentre Excalibur, a fatica, li guardava tenendo a malapena gli occhi aperti. Gold passò una mano sulla collana e il ciondolo si aprì, rivelando….
Gli occhi di Gold brillarono di gioia non appena li vide. Prese in mano quei petali blu e Belle disse: “Sapevo che non li avevi utilizzati tutti. Sei sempre un tipo molto previdente.” Gold la guardò, dicendole: “E tu hai sempre fiducia in me.” La baciò. Poi si staccarono e Belle gli disse: “E ora salva la nostra bambina.”
Poco dopo, Gold aveva preparato la pozione per Rose. Sotto lo sguardo degli altri, si avvicinò al letto. Mise una mano sotto la testa della bambina e, aprendole leggermente la bocca, le versò il liquido in essa. Le riappoggiò la testa sul cuscino, mentre Belle le sistemava meglio la coperta per poi accarezzarla sulla fronte.
“E ora aspettiamo” disse Gold.
Le ore passavano. Nessuno era mai uscito dal negozio e Belle e Gold non avevano mai lasciato il capezzale della figlia. Excalibur, invece, era caduta in un sonno profondo. Henry e Paige erano seduti su delle sedie a osservarla, mentre dormiva nella sua cesta.
“Credi che dormirà per sempre?” domandò Paige.
“Dipende da quanti biscotti si è fatta fuori” rispose Henry.
“Non vi preoccupate per lei. È una volpe magica o ve lo siete dimenticati? Domani mattina sarà sveglia e l’unico effetto che avrà sarà un forte mal di pancia. Così almeno impara a mangiare sempre così tanto” spiegò Gold, guardandoli.
“Non essere così severo con lei. Credo che il mal di pancia le basterà. Non ha anche bisogno di una tua sgridata” disse Belle, mentre dava due tazze di tè caldo a Henry e Paige.
“Se ben ricordo, dicevi che ero io quello che la difendeva sempre. Ora, invece, mi fai passare per il genitore cattivo” disse Gold. Belle lo guardò sorridendo mentre prendeva una terza tazza di tè caldo, per poi portarla a Jefferson, il quale si era addormentato, appoggiandosi con una spalla contro il muro. Si avvicinò a lui, toccandolo un paio di volte sull’altra spalla. Jefferson si svegliò di soprassalto, dicendo: “Sì, sono sveglio, vostra maestà. Farò subito un altro cappello.”
“Calmati e ritorna con la testa sulle spalle” disse Gold. Jefferson batté gli occhi più volte, svegliandosi. Guardò Belle, davanti a sé, che gli porgeva la tazza di tè: “Tieni, ti scalderà” gli disse. Jefferson la prese in mano, mentre la ragazza tornava accanto al letto della figlia, dove già stava Gold.
“Ancora nessun progresso?” chiese Jefferson.
“Bisogna pazientare. La magia ha effetti diversi su ognuno di noi” rispose Gold, mentre accarezzava la figlia sulla testa.
“Ma Rose è forte e ce la farà” disse sorridendo Belle. Poi guardando gli altri, aggiunse: “Perché non ve ne ritornate a casa? Avete già fatto tanto e sarete sicuramente stanchi. Vi avvertiremo non appena Rose si sveglierà, promesso.”
“Preferiamo rimanere ed aspettare” disse Paige.
“Rose è la nostra migliore amica e i migliori amici stanno uniti fino alla fine” aggiunse Henry. Belle sorrise a quelle parole. Rose aveva veramente due straordinari amici. Voltarono lo sguardo quando Jefferson disse: “In effetti io andrei anche, ma vorrei portare con me Paige, visto che ho il permesso da una certa persona.” E guardò Gold. Anche gli altri lo guardarono.
“Scusa, potresti ripetere?” disse Gold.
“Non far finta di nulla. Prima di venire qua abbiamo fatto un accordo, il quale prevedeva che se io ti aiutavo a recuperare quel fiore, tu mi permettevi di vedere mia figlia. Credo che ora quell’accordo sia finito e posso portare Paige con me” spiegò Jefferson. Poi si avvicinò a Paige e aggiunse: “Coraggio, Paige, ce ne andiamo.”
“Non così in fretta, mio caro cappellaio. Ho rispettato appieno il nostro accordo” disse Gold, voltandosi verso di lui.
“Io credo di no” disse Jefferson, guardandolo.
“È vero avevi detto che volevi vedere tua figlia e così te l’ho permesso. Ma vedere è diverso da tenere, non trovi?” disse Gold, facendo un piccolo sorriso. Jefferson rimase a bocca aperta. Quindi Gold aggiunse: “Avresti dovuto scegliere meglio le parole, mio caro.”
“Mi hai ingannato! Sei davvero un piccolo folletto impertinente! Sono tuo amico. Bel modo di trattarmi dopo tutto quello che ho fatto per te!” replicò Jefferson.
“Non hai fatto quel granché, considerando che non ti ricordi nemmeno dove hai messo il tuo cappello magico. Credo che il merito vada perlopiù a Excalibur” disse Gold.
“Ma certo, diamo sempre i meriti alla tua preziosa volpe magica. Intanto, se avessi una lista, sai chi metteresti in cima? Tu e quel sacco di pulci. Belle e Rose le metteresti dopo” replicò Jefferson.
Toccò un tasto dolente, perché lo sguardo di Gold divenne furente. Fece qualche passo, fermandosi di fronte a lui per poi replicare: “Ogni membro della mia famiglia è importante, ma Belle e Rose lo sono ancora di più. Non ti permettere mai più di nominarle.” Nella sua mano si stava formando una palla di fuoco, quando…
“Papà.” Una flebile voce lo chiamò. Gold si voltò e vide che Rose aveva aperto lentamente gli occhi. Fece scomparire la palla di fuoco e andò al fianco di Belle, dicendo: “Oh, mio piccolo fiore. Non sai che spavento ci hai fatto prendere.” Le mise una mano sulla fronte.
“Che cosa è successo?” domandò Rose, guardandolo i genitori.
“Davvero non te lo ricordi?” chiese Paige. Rose la guardò e, dopo aver scosso negativamente la testa, rispose: “Ricordo solo che una nube viola, uscita dal pozzo, mi ha avvolto. Mi sono sentita strana. Poi ho visto tutto nero e sono svenuta.”
“Ti è venuta la febbre alta e non miglioravi. Hai quasi rischiato di morire. Se il tuo papà e quello di Paige non avessero trovato la cura... oh, ed Excalibur ha mangiato dei biscotti con dentro un potente sonnifero e si è addormentata” spiegò Henry. Rose guardò Excalibur acciambellata nella sua cesta. Poi guardò Belle quando questa le disse sorridendo: “Ma ora non ti preoccupare, perché sei sana e salva. Cerca solo di non affaticarti troppo.”
“La mamma ha ragione. Non ti devi affaticare. E poi noi rimarremo qua accanto a te” disse Gold e la baciò sulla fronte.
“Se hai bisogno di qualcosa, non devi far altro che chiamarci” disse Belle. Stavano per andarsene quando Belle sentì qualcuno prenderle la mano. Voltò lo sguardo, così come Gold, e vide che era Rose. La bambina le disse: “Ti prego, non andartene… di nuovo. Io e papà siamo stati lontani da te per molti anni.”
Belle si abbassò e, stringendole la mano, disse: “Non me ne andrò, piccolina. Mai più. Niente e nessuno ci separerà. Staremo insieme per sempre.”
Rose sorrise e Gold mise una mano intorno a quella di Belle e della figlia, stringendole entrambe. Finalmente erano ritornati ad essere una famiglia.



Note dell'autrice: Ed eccomi qua alla fine di questo lunghissimo capitolo. Spero di non annoiarvi troppo e spero che vi sia piaciuto. Avevo questa folle idea (e ce ne sarà un'altra ancora più folle) della trasformazione di Pocahontas in salice (per via di nonna salice nel cartone) e john smith in procione (per via di Meeko) visto che pocahontas e meeko nel cartone sn molto amici.
Ma per non dilungarvi troppo (e dirvi che il prossimo capitolo è già a buon punto) volevo ringraziare tutto coloro che seguono la storia (e magari hanno seguito anche la prima stagione), che recensiscono, che l'hanno messa tra le preferite o seguite . O che semplicemente passano e leggono ed arrivano fin qua.
Ringrazio inoltre le mie carissime amiche Lucia e Laura. Grazie di cuore.
Con ciò, miei cari Oncers, vi auguro una buona serata e ancora un buon inizio di 2018.
Buona notte e sogni "gold"

 
 


 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Rudimenti di magia - Parte I ***





The Rose of true Love - Stagione II

 
      Capitolo III: Rudimenti di magia- Prima Parte

 
I giorni e le settimane passavano velocemente. Rose si riprese del tutto e ritornò ad essere la bambina energica di sempre che tutti conoscevano. Con una sola cosa che la differenziava da prima: la magia. Dopo ventotto anni bloccata, la magia di Rose era uscita tutta in una volta, provocandole quasi la morte. Una corsa contro il tempo per suo padre e Jefferson, cercando un prezioso fiore dai petali blu che l’avrebbe curata, ma che non le avrebbe permesso di tenere a freno la magia. Così, una mattina…
“Rose. Piccola mia. È ora di svegliarsi” le sussurrò Gold in un orecchio.
“Papà, altri cinque minuti, ti prego” disse Rose, voltando la testa dall’altra parte.
“Avrai tutto il tempo per dormire, ma ti perderai una bellissima alba” disse Gold. Sentendo la parola 'alba', Rose aprì immediatamente gli occhi. Rivoltò la testa, per vedere suo padre che, sorridendole, le disse: “Ben svegliata, bell’addormentata. Hai dormito bene, mio piccolo fiore?”
“Stavo dormendo bene finché tu non hai avuto la brillante idea di svegliarmi. Ma che ore sono?” disse Rose e, dopo aver guardato l’orologio sul comodino, sgranò gli occhi. Quindi riguardò il padre e alzando la testa, stupita, domandò: “Perché mi hai svegliata alle quattro del mattino?”
“Perché ho da mostrarti una bellissima sorpresa. Su, vatti a lavare. Cambiati e vestiti, ché ti aspetto di sotto. E non pensare di rimetterti sotto alle coperte o se no sarò costretto a usare le maniere forti” rispose Gold e, dopo averle spettinato i capelli, uscì. Rose rimise la testa sul cuscino e sbuffò.
Poco dopo, Gold e Rose stavano camminando per la foresta. La giovane Gold a stento riusciva a stare dietro al padre.
“Papà, era proprio necessario venire nella foresta a quest’ora? Non è sveglio nemmeno il gallo” disse Rose.
“Ti piaceva sempre venire qua. Come mai ora tutto questo odio?” chiese Gold.
“La odio solo quando qualcuno mi porta qua così presto. Scommetto che la sorpresa era tutta una scusa” rispose Rose.
“Da quando sei diventata così pessimista?” domandò Gold.
“Da quando una certa persona, di cui non faccio nome, ha avuto la brillante idea di svegliarmi ancora prima del sole e portarmi qua” rispose Rose.
Gold sorrise scuotendo negativamente la testa. Poi si fermarono. Gold fece qualche passo avanti, per poi voltarsi e dirle: “Da questa mattina, e per tutti i giorni successivi, ti insegnerò a controllare la tua magia.”
Rose lo guardò rimanendo senza parole. Poi però disse: “Eh no, aspetta un momento. E come farò con la scuola? Ho già quella a cui pensare.”
“Farai tutte e due. La scuola è di vitale importanza per la tua educazione. Mentre con i miei insegnamenti imparerai a controllare la magia e, con un semplice schiocco di dita, avrai tutto nelle tue mani” disse Gold e, schioccando le dita, tramutò un sasso in un fiore. A Rose brillarono gli occhi. E quello era niente per suo padre. Essendo il signore oscuro, poteva fare ogni cosa. Lo riguardò, chiedendogli: “Davvero me lo insegnerai?”
“Solo se tu lo vorrai ma, soprattutto, se ci metterai impegno” rispose Gold e, dopo aver fatto qualche passo verso di lei, continuò: “Perché vedi, piccola mia, ci vuole tempo per imparare a controllare la magia. Anche io ci sono passato.”
“Tu?! Non ci credo. Tu sei il migliore” disse stupita Rose guardandolo. Gold si fermò e, facendole un piccolo sorriso, disse: “Ho dovuto imparare tutto da solo. Lo dovevo fare per proteggere tuo fratello.” Sospirò. Rose stette in silenzio. Sapeva che parlare di suo fratello a suo padre faceva molto male. Sentiva sempre quell’enorme senso di colpa dentro di sé per averlo lasciato andare quella notte. Forse era proprio per questo motivo che con lei era sempre stato così protettivo e che le aveva dato tutte quelle regole da rispettare.
“Ma ora basta perdere tempo. Ho così tanto da insegnare e tu da imparare. Vedrai che, con i miei insegnamenti, avrai la magia sotto controllo” disse Gold.
“Perché non sono lo stesso tanto tranquilla?” disse Rose.
“Perché devi incominciare ad avere più fiducia in te stessa, come ce l’ho io. È una delle regole fondamentali per poter controllare la magia” disse Gold.
“Altre regole?! Pensavo di averne già abbastanza da rispettare” disse stupita Rose.
“Con il passare del tempo, ti renderai conto che ogni cosa ha una sua regola” disse Gold.
“Io credo di averne più di tutti gli altri” disse Rose.
Gold fece un piccolo sorriso. Vide però la figlia insicura. Quindi disse: “È normale essere insicuri la prima volta ma, come ti ho detto prima, devi avere più fiducia in te stessa. Hai tutte le capacità per diventare brava con la magia.”
“Io… io… non so, papà, ma ho come la strana sensazione che non andrà affatto bene” disse Rose, abbassando lo sguardo.
Gold si avvicinò a lei e, dopo averle messo le mani sulle spalle, disse: “Ecco, vedi che non hai fiducia in te stessa. Devi rilassarti e vedrai che ci riuscirai. Un passo alla volta e la magia verrà fuori da sé.”
Rose lo guardò  e fece un piccolo sorriso. Gold sorrise a sua volta. Poi le domandò: “Sei pronta?”
“Spero di sì” rispose Rose. Gold la baciò su una guancia e, dopo essersi allontanato di qualche passo, si fermò e, rivoltandosi, spiegò: “La prima cosa da fare è liberare la mente. Togli tutto ciò a cui stai pensando e, quando l’avrai fatto, allora sì che sarai pronta.”
“Liberare la mente. Liberare la mente” ripeté più volte Rose.
“Non è necessario dirlo ad alta voce. Devi solamente pensarlo” disse Gold.
“Scusa, papà, ma se devo pensare a qualcosa, allora come farò a liberare completamente la mente? Non ha senso” chiese Rose.
“La magia non ha mai avuto un senso, piccola mia. Se deve accadere, è perché così è stato deciso. Liberare la mente è solo il primo passo per iniziare. Su, riprovaci” rispose Gold.
Rose allora fece un lungo respiro. Chiuse gli occhi e cercò di non pensare a nulla, ma più lo faceva e più, purtroppo, mille pensieri le entravano in testa. Ma, per una frazione di minuto, vide qualcosa che non aveva mai visto prima. Vide lei che teneva in mano… un cuore pulsante. Non era possibile… o, forse, ora che aveva di nuovo la magia, poteva esserlo? Scosse negativamente la testa e riaprì gli occhi.
“Tutto bene, piccola?” domandò Gold, vedendo l’espressione quasi di paura della figlia. Rose annuì positivamente con la testa. Quindi Gold aggiunse: “Bene. Ora, se hai liberato del tutto la mente, concentrati su qualcosa. Per esempio… questo fiore.”  Indicò un fiore accanto a sé. Rose lo guardò. Il padre proseguì: “Immagina solo lui. Nient’altro, e poi pensa a cosa potresti farci. Puoi utilizzare la magia a tuo piacimento, ma attenta a non esagerare. Troppa potrebbe portare a terribili conseguenze.”
“Ancora non l’ho usata e già mi parli di terribili conseguenze?” chiese Rose.
“Non è una cosa che va presa alla leggera, e poi è sempre meglio essere pronti al peggio” rispose Gold.
Rose iniziava nuovamente ad essere insicura, ma cercò di non farlo notare al padre, anche se a Gold difficilmente sfuggiva qualcosa. Riguardò il fiore e, come aveva fatto prima il padre, schioccò le dita. Ma nulla accadde.
“Non ti scoraggiare. Nessuno ci riesce mai alla prima volta. Riprovaci. Perché non provi a pensare di trasformare questo fiore in una farfalla?” propose Gold.
Rose ci provò e riprovò, ma ancora nulla. Incominciava a perdere la pazienza, e la fredda aria del mattino le stava quasi congelando le mani, cosa che ovviamente non aiutava di certo. Quindi disse: “Non ci riesco.”
“Mollare al primo tentativo non è la soluzione migliore” disse Gold.
“Primo tentativo?! Sarò al quinto, come minimo” replicò Rose, guardandolo.
“Devi concentrarti e cercare di non perdere la pazienza. Cambi d’umore portano a una magia irregolare” spiegò Gold.
Rose lo guardò malamente. Il padre sembrava non voler cambiare la sua idea. Mise quindi una mano davanti a sé. Liberò la mente, o almeno ci provò e… una nube viola avvolse il fiore. Rose fece un piccolo sorriso, che però svanì subito non appena vide che il fiore non si era trasformato in una farfalla, ma in una rana che, dopo aver gracidato, se ne saltò via.
“Poteva andare peggio. La prima volta che ho praticato la magia, ho fatto sparire una persona” disse Gold.
“Dillo, che sono una frana” disse Rose.
“A quanto pare non hai messo in pratica del tutto la prima regola” disse Gold.
“L’ho liberata, la mente, se è quello che intendi” disse Rose.
“Se l’avessi liberata, quel fiore non sarebbe saltellato via. Ma non importa. È stata la tua prima volta e qualcosa hai fatto” disse Gold.
“In modo orribile” aggiunse Rose.
Gold si avvicinò a lei e, mentre la stringeva a sé, disse: “Ehi, va tutto bene. Sei stata brava. Come ho detto, era la tua prima volta e te la sei cavata bene. Poteva anche non accadere nulla. Invece sei riuscita a trasformare quel fiore in una rana. È un buon passo.”
Rose si staccò da lui e disse: “Invece è una catastrofe. Ho trasformato un fiore in una rana. Cosa farò dopo? Trasformerò una persona in una lumaca?”
“No! Quello assolutamente no! Non avverrà perché te lo impedirò e ti insegnerò a non farlo. Quando mai si usa la magia per trasformare le persone in lumache? È una cosa… disgustosa. Come ti è venuto in mente?” disse Gold.
“Papà, comunque non cambierà nulla: farò lo stesso schifo” disse Rose.
“Non puoi già dirlo alla prima lezione. Vedrai che le altre andranno meglio” disse Gold.
“Le altre?!” ripeté stupita Rose.
“La magia si impara un po’ alla volta. Credevi che fosse già finito? Non si può pretendere di sapere già tutto all’inizio. Anche le altre la pensavano come te” spiegò Gold.
“Hai avuto altre apprendiste? Chi erano?” domandò Rose.
Gold voltò lo sguardo, rispondendole: “Nessuna di importante. Solo alcune che avevano troppa sete di potere e poca voglia di imparare.”
Rose fece un piccolo sorriso e, mentre camminava intorno al padre, disse: “Sai, magari qualcuno potrebbe andare a rivelare a tu sai chi di questa cosa. Ma, se arriviamo a un accordo, forse quel qualcuno terrà la bocca chiusa.”
“Può anche darsi che quel qualcuno possa ricevere una bella punizione prima del previsto” disse Gold, guardandola.
“Non ne vedrei il motivo” disse Rose fermandosi e guardandolo a sua volta.
“Diciamo che gioca troppo con il fuoco e stuzzica il padre” disse Gold e fece un piccolo sorriso. Rose incrociò le braccia per poi dire: “Non voglio più lavorare nel tuo negozio doposcuola.”
“Quel lavoro ti spetta di diritto. È la punizione che ti meriti per tutte quelle volte che mi hai disubbidito e ne avrai un’altra se non terrai la bocca chiusa” disse Gold. Rose lo guardò malamente. Quindi Gold aggiunse: “Quattro giorni a settimana.”
“Due. Sono il minimo per compensare anche con lo studio” disse Rose.
“Tre. Ultima offerta o lavorerai tutti i giorni della settimana. Così starai meno a cacciarti nei guai con i tuoi amici e più insieme alla tua famiglia. È un affare che non mi farei scappare” disse Gold e allungò una mano. Rose ci pensò un po’ su, ma poi gliela strinse.
“Bene. Ora si ritorna agli esercizi” disse Gold per poi allontanarsi da lei. Rose sbuffò. Poi chiese: “Per quanto dovrà ancora andare avanti questa storia?”
“Potrebbero volerci settimane. Mesi o addirittura anni” rispose Gold.
“Anni?! Dovrei spendere la mia adolescenza venendo qua praticamente tutti i giorni per esercitarmi con la magia?! Tu sei pazzo!” replicò Rose.
“La magia non è un gioco e va trattata con cautela. Quindi, di conseguenza, ci vuole tempo per controllarla e noi impiegheremo tutto il tempo necessario per controllare la tua. Avrai pazienza, che tu lo voglia o no!” replicò Gold.
Ci fu silenzio. Rose guardò di lato. Gold sospirò per poi aggiungere: “Lo so che è e sarà difficile, ma io starò sempre al tuo fianco. Non sarai mai sola. Perché io so come ci si sente. Da anni lo so.”
Rose riguardò il padre. Questi continuò: “Ho voluto la magia per proteggere tuo fratello invece, con il passare degli anni, l’ho allontanato sempre di più da me, fino a quella notte, in cui quel portale lo inghiottì. Per paura, non lo seguii. Non volevo perdere tutto quel potere. Mi faceva sentire sicuro di me come non lo ero stato mai. Invece mi aveva trasformato in un mostro.” Si mise le mani sulla faccia e percepì l'abbraccio di qualcuno. Abbassò lo sguardo per vedere Rose che lo stava abbracciando. Quindi l’abbracciò a sua volta.
Padre e figlia poi si guardarono. Gold le sorrise, mettendole una mano su una guancia. Rose gli sorrise a sua volta. Poi una potente luce fece loro volgere lo sguardo. Il sole si stava alzando in cielo.
“Questa sì che è una magia” disse Rose. Gold le mise un braccio intorno, dicendo: “Hai ragione, piccola mia. La natura regala sempre bellissime magie.”
Per i giorni successivi, Gold condusse la figlia ancora nella foresta per insegnarle a controllare la magia, ma più le lezioni proseguivano e più Rose faticava a stare dietro a tutto ciò che le spiegava il padre. Inoltre continuava a fare pasticci con gli incantesimi. Il padre continuava a ripeterle di liberare la mente. Per lui era tutto così semplice, essendo il signore oscuro da moltissimi anni. Ma per lei si dimostrava essere molto complesso, ma non voleva dirlo al padre. Lui teneva così tanto al suo addestramento, e per questo non voleva causargli dispiacere. Ma, se da una parte c’era la buona volontà di poter controllare la propria magia, dall’altra c’era un enorme dispendio d’energia. Infatti, giorni dopo…
“Rose. Rose. Rose, per l’amor del cielo, svegliati” disse Paige, mentre le scuoteva il braccio. Per l’ennesima volta, infatti, Rose si era addormentata sul banco di scuola. La giovane Gold si svegliò di colpo e, prendendo il libro sul quale si era addormentata, disse: “Sì, papà, finisco subito i compiti.” Poi ritornò in sé e guardò Paige accanto, stropicciandosi gli occhi.
“È da giorni che sei così. È tuo padre, vero?” domandò Paige.
“Le sue lezioni mattutine mi sfiniscono e ogni giorno che passa diventano più dure” rispose Rose.
“Sono settimane che vai avanti. Devi darci un taglio” disse Paige.
“Prova a dirlo a mio padre e ti ritroverai a concimare la terra” disse Rose.
“Se gli farai gli occhioni dolci, magari capisce e sposta le lezioni a un orario più sensato. Dopotutto non era stato proprio lui a dirti che voleva che fossi un’alunna modello?” disse Henry, dopo essersi seduto dietro di loro.
“Henry, con mio padre gli occhioni dolci non funzionano. E poi, come ho appena detto con Paige, se taglio le lezioni di magia mi metterà a vita in punizione e renderà la mia adolescenza un inferno, rinchiudendomi per sempre in casa. Grazie tante, ma preferisco non rischiare” disse Rose voltandosi, come Paige, verso Henry. Questi disse: “Ma rischiando, potrebbe essere una bella sfida.”
“Ma anche una morte certa” aggiunse Rose, facendo un piccolo sorriso malizioso.
“Oh suvvia, Rose, conosco tuo padre da molto tempo e pur essendo il signore oscuro non è mai stato crudele fino in fondo. E poi vuole solo aiutarti. Pensa che, quando eri una neonata, con un solo starnuto incendiavi le tende del castello” disse Paige.
“Magnifico, persino da neonata ero più brava nella magia. Ora il massimo che so fare è trasformare un fiore in una rana” disse Rose.
“Ma quello non lo avevi fatto durante la prima lezione?” chiese Henry.
“Sì, quindi puoi già immaginare i miei progressi” disse Rose.
“Non ti abbattere e vedrai che riuscirai finalmente a compiere qualche magia. Tuo padre sarà contento e smetterà di portarti tutti i giorni nella foresta prima dell’alba” disse Paige.
“Figurati se mio padre smetterà di portarmi nella foresta per insegnarmi a controllare la magia. Per lui questa cosa è molto importante” disse Rose.
“E lo è anche per te?” domandò Henry. Rose stette in silenzio. Poi riguardò avanti e rispose: “In verità non lo so nemmeno io. Sembra che io e la magia non andiamo molto d’accordo. È qualcosa che mi fa molta paura. Papà mi ha detto che devo cercare di controllare le mie emozioni o ci potrebbero essere delle terribili conseguenze. E se dovesse capitarmi di fare del male ai miei genitori o a voi? Non potrei più starvi accanto.”
“Ora non ci pensare. Hai tuo padre che ti insegnerà tutto il possibile perché ciò non accada mai. Devi fidarti di lui e… di te stessa” disse Paige.
Rose la guardò e l’amica le sorrise, così come anche Henry. Suonò la campanella e Mary Margaret entrò. Tutti gli studenti spostarono subito l’attenzione su di lei.
“Buongiorno a tutti, bambini. Prima di iniziare con la lezione, ho una cosa importante da dirvi e che sono sicura vi renderà molto felici. Per celebrare il ritorno delle nostre identità della Foresta Incantata, la scuola ha pensato di fare una bellissima recita con voi come protagonisti” spiegò Mary Margaret.
I bambini esultarono. Si calmarono quando Mary Margaret proseguì: “Sapevo che vi avrebbe fatto felici. Abbiamo già assegnato le parti e troverete tutto spiegato in questo opuscolo che ora vi consegnerò.” Distribuì l’opuscolo agli alunni, che subito lo aprirono per leggerlo.
“Che bello: mi hanno assegnato la parte del cavaliere” disse entusiasta Henry.
“Io sono Alice. Non so se sia una cosa voluta o no?” disse Paige.
“Rose, invece a te che parte hanno assegnato?” chiese Henry. Rose continuava a sfogliare l’opuscolo, non trovando però il suo nome scritto da nessuna parte. Quindi rispose: “Nessuna.”
“Come sarebbe a dire nessuna? È impossibile” disse Henry.
“Invece è proprio così. Non ho nessuna parte” disse Rose. Paige ed Henry sfogliarono meglio l’opuscolo e infatti il nome della loro amica non era presente.
“Ci deve essere stato un errore. Forse si sono semplicemente dimenticati di inserirti” disse Paige.
“No, è per un altro motivo e io so anche qual è” disse Rose e guardò minacciosamente Mary Margaret.
Le lezioni proseguirono normalmente. Quando suonò l’ultima campanella, tutti gli alunni presero i loro zaini e uscirono. Henry, Paige e Rose uscirono insieme dalla classe, per poi camminare per il corridoio.
“Che ne dite se oggi ci incontriamo nel nuovo parco appena inaugurato nella foresta?” propose Henry.
“Lo stesso edificato sul terreno di proprietà del signor Gold? Per me va bene” disse Paige. Poi guardò Rose accanto a lei e aggiunse: “Tu cosa ne dici, Rose?”
Ma la giovane Gold stava guardando malamente Mary Margaret che stava parlando con un’altra insegnante, che poi congedò.
“Rose, allora va bene se oggi andiamo nel parco nella foresta?” domandò Paige. Rose guardò gli amici e rispose: “Sì... sì, va bene.”
“Cosa c’è che non va? Sembri pensare ad altro” chiese Paige.
“Va tutto bene, non ti preoccupare. È che, ultimamente, ho tante cose per la testa” rispose Rose, mentre uscirono da scuola.
“Come, per esempio, anche farla pagare in qualche modo a Mary Margaret” disse Henry.
“Perché pensi che voglia fargliela pagare? È ridicolo” domandò Rose.
“Per il semplice motivo che non ti ha inclusa nella recita” rispose Henry.
“Figurati se me la prendo per così poco. Non perdo la pazienza per nulla” disse Rose ed Henry e Paige si guardarono preoccupati.
Poco dopo, Rose ritornò a casa e, nel rientrare, sbatté la porta. Belle, che si trovava in salotto e sedeva su una poltrona a leggere un libro, si alzò e accolse la figlia: “Ciao, piccola, e ben tornata” le disse e, dopo averla abbracciata, chiese: “Come è andata a scuola?”
“Bene” rispose semplicemente Rose, mentre si sfilava la giacca, appendendola all’attaccapanni per poi imboccare le scale.
“Che ne dici se, quando ritorna papà, usciamo tutti e tre insieme?” propose Belle, seguendo con lo sguardo la figlia, la quale disse: “No, grazie, ma… ecco… ho un sacco di compiti da fare.”
“Be', non… non fa niente. Sarà un’altra volta. È che avrei tanto voluto passare un po’ di tempo insieme come famiglia” disse con tristezza Belle.
Rose si fermò. Guardò la madre e disse: “È che… dopo dovrei anche uscire con Henry e Paige. Mi hanno invitata ad andare al nuovo parco giochi nella foresta. Ma se vuoi, finisco i compiti e quando torna papà usciamo.”
“No, tesoro, è giusto che tu esca con i tuoi amici. Hai bisogno di vivere anche la tua adolescenza e non di stare sempre con me e papà. Vai pure fuori con loro e divertitevi” disse Belle, sorridendo.
Anche Rose sorrise. Poi riguardò avanti e, salendo gli ultimi gradini, andò in camera sua.
Belle sospirò. Se ne ritornò in salotto, soffermandosi a guardare le tante foto poste sopra al caminetto. Molte ritraevano Gold con Rose nel corso degli anni: da Rose neonata, poi bambina e fino al presente. Altre erano recenti e ritraevano loro tre insieme. Ne prese in mano una, osservandola e sorridendo. Era stata scattata qualche giorno dopo la loro riunione. Gold voleva che lei avesse fin da subito ricordi felici. Rose era in mezzo a loro e tutti e tre sorridevano. Belle non aveva mai visto Gold sorridere così. O, almeno, l’ultima volta era stata quando era con lei e Rose nella foresta incantata.
Volse lo sguardo quando sentì aprirsi la porta e la voce di Gold e i versetti di Excalibur. Rimise la foto sul caminetto e li raggiunse. Gold si voltò e, appena la vide, le sorrise per poi baciarla e cingerle la vita.
“Mi sei mancata tanto” disse Gold.
“Anche tu” disse sorridendo Belle, mentre teneva le braccia intorno al suo collo.
“Ho chiuso prima il negozio per poter ritornare a casa dalle mie due principesse. E poi, così, ho evitato gli scocciatori dell’ultimo minuto” disse Gold. Poi staccandosi da lei, aggiunse: “Dov’è Rose? Potremo uscire tutti e tre insieme a fare una passeggiata.”
“Appena è ritornata a casa è salita in camera sua. Le ho chiesto come è andata a scuola e mi ha risposto semplicemente bene. Mi ha abbracciata e si è messa a fare i compiti, dicendomi che poi è stata invitata dai suoi amici per visitare il nuovo parco giochi nella foresta” spiegò Belle.
Lo sguardo di Gold divenne furioso. Si affrettò verso le scale con tutta la velocità che gli permetteva la gamba ferita per poi replicare: “Adesso mi sente!”
“Tremotino, ti prego, non essere troppo duro con lei. Non ha fatto nulla di male” disse Belle, seguendolo e fermandosi ai piedi delle scale.
“Certo che lo ha fatto! Ti ha mancato di rispetto!” replicò Gold e, appena fu arrivato al piano superiore, senza neanche bussare aprì la porta della camera di Rose. Questa, seduta alla scrivania, non lo guardò neanche. Gold si avvicinò a lei e, quando le fu accanto, adocchiò ciò che stava facendo. Quindi disse: “Non pensavo che scarabocchiare facesse parte dei tanti compiti che dovevi fare.” Rose non replicò.
“Tua madre vorrebbe passare un po’ di tempo con te e tu che fai? Ti rinchiudi in camera tua a scarabocchiare! Credevo che avessi più rispetto per lei!” replicò Gold. Rose lo guardò, domandogli: “Ma che cosa stai dicendo?”
“Non fare finta di nulla! Tua madre ti ha proposto di uscire e tu rifiuti perché preferisci passare del tempo con i tuoi amici! Ricordati che siamo stati io e tua madre a metterti al mondo e per questo e molte altre cose devi portarci rispetto e non dare la priorità ai tuoi amici!” replicò, ormai furente, Gold.
Rose lo guardò malamente. Poi riguardò il quaderno e, continuando a scarabocchiarlo, disse: “Tu e la mamma non capireste.”
“Che cosa non capiremmo? Rose, è successo per caso qualcosa a scuola che non vuoi dirci?” chiese Gold. Rose non rispose, ma iniziò a singhiozzare. La vista le si annebbiò e alcune lacrime caddero sul quaderno. Gold si irrigidì. Tra tutte le cose che odiava, la prima era proprio quella far piangere la figlia. Mettendole una mano sulla spalla, disse: “Piccola, non… non volevo farti piangere. Mi dispiace essermi arrabbiato. Forse non avrei dovuto dirti quelle cose.”
“Non ti preoccupare, papà. Tu non c’entri” disse singhiozzando Rose e, dopo essersi asciugata le lacrime con una mano, guardò il padre ed aggiunse: “Hai ragione. Dopo tanti anni che siamo stati divisi e la mamma vuole passare del tempo insieme, la prima cosa che faccio è allontanarmi da voi e uscire con i miei amici. Siete i miei genitori. Ci siete sempre stati per me e io non dovrei mettervi in secondo piano. Voi siete più importanti dei miei amici.”
Gold sorrise, per poi metterle una mano sulla guancia e spiegare: “Sai che noi ti vogliamo molto bene e che per qualunque cosa non devi far altro che chiedere. Non avere paura per ciò e non rinchiuderti in camera tua. Isolarsi non è la soluzione e nemmeno scappare. Devi cercare di affrontare a testa alta i tuoi problemi e non ascoltare ciò che dicono gli altri. Solo tu sei responsabile delle tue decisioni. Niente e nessuno deve impedirti di costruirti la tua vita. Se ti ho dato tutte quelle regole era per non farti prendere decisioni sbagliate e non farti commettere i miei stessi errori. Io e tua madre ti vogliamo molto bene. Non dimenticartelo mai. Tutto ciò che abbiamo fatto, tutto ciò che faremo è per proteggerti.”
Rose lo guardò con occhi lucidi. Poi si alzò e lo abbracciò forte. Erano poche le volte, se non rare, che suo padre si apriva così con lei. Si staccarono e, guardandosi, Rose disse: “Grazie, papà, e scusami se mi sono comportata così con la mamma. Finisco una cosa e sono subito giù da voi.”
Gold sorrise e, dopo averla baciata sulla testa, uscì. Scese le scale, ma si ritrovò Belle e, dalla sua espressione, capì che qualcosa non andava. Quindi domandò: “Hai ascoltato quello che ci siamo detti, vero?”
“Le tue urla si sarebbero sentite fin fuori Storybrooke, ma almeno poi avete fatto pace. Sai, erano molto dolci le parole che le hai detto. Sei un bravo papà” rispose Belle.
“Se fossi un bravo papà, non urlerei così a mia figlia” disse Gold.
“È che per te Rose sarà sempre la tua bambina. Ma dobbiamo accettare che stia crescendo e che, prima o poi, dovremo lasciarla andare” disse Belle, mettendogli le mani sulle spalle.
“Ho già lasciato andare un figlio in passato. Non credo, questa volta, di averne il coraggio. Mi si spezzerà il cuore” disse Gold.
“Ma lì era diverso. Rose, invece, non lascerà Storybrooke. Almeno spero” disse Belle. Gold sospirò. Quindi Belle aggiunse: “Ma ora non pensiamoci e cerchiamo di farle vivere la sua infanzia. Lasciamola uscire con i suoi amici. Per noi avrà sempre tempo.”
“Come fai a essere sempre così positiva?” chiese Gold.
“Cerco di pensare che, per ogni cosa, ci possa essere sempre una soluzione positiva. Che tutto si possa risolvere non ricorrendo ad azioni brutte o alla magia” rispose Belle. Gold inarcò un sopracciglio, per poi replicare: “Credi veramente che, per risolvere le cose, usi sempre la magia?”
“Io non ho detto questo. Ho solo cercato di farti capire che la magia non è la soluzione a tutto” disse Belle.
“Questo vuol dire non aver fiducia in me. Questa cosa non me la sarei mai aspettata da te. Tu che, invece, hai sempre creduto in me. È una pugnalata alle spalle” replicò Gold, scostandosi da lei.
“Ho sempre fiducia in te. L’ho sempre avuta. Perché ora dici questo?” disse Belle. I due si guardarono in silenzio, finché Rose non li raggiunse, fermandosi accanto a loro. Guardò prima l’uno e poi l’altra. Infine domandò: “Non mi dite che stavate litigando?”
“No, tesoro. Stavamo solo discutendo” rispose Belle.
“Discutere è litigare” disse Rose.
“Discutere non è litigare!” la corresse Gold.
“Hai di nuovo perso la pazienza. Forse è meglio se rimandiamo la nostra passeggiata” disse Rose.
“Nessuna passeggiata verrà rimandata! Vatti a mettere la giacca, ché usciamo!” replicò Gold, guardandola. Quando suonò il campanello. Tutti volsero lo sguardo verso la porta. Persino Excalibur si destò dal suo pisolino dentro la cesta in salotto e raggiunse i padroni. Rose andò ad aprire, trovandosi di fronte Paige.
“Ciao, Paige. Quanto tempo! Vieni dentro, così ti offriamo qualcosa” disse sorridendo Belle.
“Grazie, signorina Belle, ma sono solo venuta a prendere Rose per andare a giocare nel nuovo parco giochi nella foresta. Sempre se può venire e non avevate altro da fare” disse Paige. Rose guardò i genitori. Belle guardò a sua volta Gold, che la guardò per poi volgere lo sguardo alle bambine e dire: “Potete andare, ma non cacciatevi nei guai e, soprattutto, tornate prima del tramonto.”
Rose sorrise e, dopo essere corsa ad abbracciarlo ed aver abbracciato la madre, si mise la giacca e uscì insieme a Paige. Gold abbassò lo sguardo e disse: “Excalibur, seguile e, se dovesse accadere qualcosa, vienimi subito ad avvertire.” La volpe emise dei versetti e uscì.
Gold andò sulla soglia della porta, osservando Rose, Paige ed Excalibur correre sul marciapiede. Belle si affiancò a lui, dicendo: “Sai, non è carino che le mandi sempre appresso qualcuno che la sorvegli.”
“Lo sai che lo faccio per il suo bene” disse Gold.
Dopo che Excalibur le ebbe raggiunte, Rose e Paige rallentarono il passo. Poi Rose chiese: “Noto solo ora che Henry manca. Dov’è?”
“Vedi, ho mentito prima ai tuoi. Non andremo al parco giochi nella foresta. C’è un altro problema” rispose Paige.
“Non mi dire che è Henry il problema?” domandò Rose, guardandola. Paige dapprima non rispose. Poi però disse: “Henry voleva venire con noi, ma sua madre lo tiene prigioniero in casa.”
“Regina non può tenerlo prigioniero nella sua stessa casa” disse Rose.
“Ora che ha la magia sì. Sembra che abbia paura che qualcuno possa fargli del male e arrivare a lei. Sai, ora che tutti abbiamo riacquistato le nostre memorie, Regina non è vista di buon occhio” spiegò Paige.
“È una cosa ingiusta. Nemmeno mio padre si permetterebbe di usare la magia per tenermi prigioniera in casa. Ok, mi ha imposto un sacco di regole che non rispetterò mai, ma la prigione in casa non è inclusa. Qua dobbiamo mettere in atto una missione di salvataggio” disse Rose e si incamminò. Paige ed Excalibur la seguirono e, in poco tempo, arrivarono davanti alla villa di Regina.
“Non per tirarmi indietro, ma non credo che questa sia una buona idea. Infrangeremo un sacco di regole” disse Paige, mentre si trovavano di fronte all’enorme cancello.
“Hai ragione: meglio non passare dalla via principale. Ci sarà sicuramente un’altra entrata” disse Rose e si incamminò intorno al perimetro della villa, con Excalibur che la guidava e Paige che la seguiva.
“Non mi riferivo a quello, ma all’invasione di proprietà privata e privacy” disse Paige, fermandosi insieme a Rose che, guardandola, disse: “Al diavolo tutte queste cose. Dobbiamo salvare Henry!” Volse lo sguardo verso Excalibur, la quale creò un piccolo varco nella siepe. Vi entrò. Anche Rose stava per entrarci, ma Paige la fermò: “Sei disposta anche a infrangere le regole di tuo padre? Questa non sei tu.”
“Forse è il mio lato oscuro che sta agendo. Sai, essendo la figlia del signore oscuro non si sa mai cosa possa fare. E poi mio padre capirà. Dopotutto, stiamo compiendo una buona azione. E poi non ti disperare più di tanto: c’è mia madre ora. Con lei, mio padre si calma sempre” spiegò Rose, guardandola per poi inginocchiarsi e passare attraverso il varco, seguendo Excalibur. Paige sbuffò, ma poi seguì l’amica.
Camminarono per il giardino, per poi fermarsi sotto la finestra di Henry.
“Henry, Henry” lo chiamò Rose, ma l’amico non la sentì. Quindi si abbassò e, dopo aver preso alcuni sassolini, li gettò contro il vetro. Passò poco prima che Henry aprisse la finestra: “Rose. Paige. Che cosa ci fate qua?” chiese.
“Ti salviamo. Su dai, vieni” rispose Rose.
“Ehm… non credo che possa venire. Sai, mia madre vuole che me ne stia in casa” disse Henry.
“Tua madre vuole anche un sacco di altre cose, ma così facendo non vivrai mai la tua vita. O vuoi rimanere per sempre rinchiuso sotto una campana di vetro?” disse Rose.
Henry sembrò pensarci su. Poi però, facendo molta attenzione, mise prima un piede e poi l’altro sopra il ramo dell’albero lì accanto. Stava per scendere, quando un altro ramo lo prese e dalla finestra comparve Regina. Questa, furente, disse: “Henry, te l’ho già detto che non puoi uscire. Potrebbe essere pericoloso.” Sentì dei versetti e abbassò lo sguardo. Divenne ancora più cupa in volto non appena vide Rose, Paige ed Excalibur.
“Te lo avevo detto che non sarebbe stata una buona idea” disse Paige.
Intanto, Belle e Gold stavano passando un momento di intimità in camera loro. Belle era distesa sul letto, mentre Gold la stava baciando.
“Era da tanto che non passavamo un momento così” disse sorridendo Belle.
“Senza figlia, volpe o altri guastafeste a rovinarcelo. Hai ragione: dovremmo mandarle fuori più spesso, così da avere momenti così per noi” disse Gold e riprese a baciarla. Erano così intenti a passare quel dolce momento che non sentirono il campanello. Più lo scocciatore non riceveva udienza, più il campanello risuonava, finché Gold, sbuffando, replicò: “Giuro che se è qualcuno che è venuto a chiedermi di abbassargli l’affitto, lo trasformo in un insetto.”
Mentre si alzava, rimettendosi un po’ a posto camicia e pantaloni, Belle gli disse: “Niente magia, Tremotino, promettimelo.” Lo sentì mugugnare qualcosa di incompressibile. Quindi aggiunse: “Promettimelo.”
“Va bene” sentì dal corridoio.
Gold scese le scale e, aprendo la porta, era già pronto a urlare qualsiasi cosa al malcapitato. Solo che non aprì bocca, trovandosi di fronte una Regina furente, con Rose, Paige ed Excalibur. La donna sorrise beffardamente non appena notò gli abiti stropicciati e i capelli in disordine di Gold. Quindi disse, fingendosi pentita: “Oh, mi dispiace tanto di aver interrotto un momento romantico con la tua dolce metà, ma prima che tu ritorni a procreare, avrei da riconsegnarti la tua primogenita, la vostra pulciosa volpe e l’amichetta. E gradirei tanto che insegnassi loro a non oltrepassare la proprietà altrui. Potrei anche denunciarle” e le lasciò andare verso Gold con noncuranza.
“Farò in modo che la prossima volta non calpesterà più il vostro regale prato e mi accerterò che ogni singolo filo d’erba rimanga al suo posto” disse Gold, facendo un piccolo sorriso.
“Scherza meno e cerca di mettere un guinzaglio alla tua mocciosa, perché se la dovessi sorprendere di nuovo a importunare il mio Henry, io…” replicò Regina, ma Gold la bloccò: “Lei non farà un bel niente, perché non alzerà un dito sulla mia Rose. Si ricordi che ora anche io ho di nuovo la magia e posso diventare molto pericoloso. Una sola magia su mia figlia o un qualsiasi altro membro della mia famiglia e le farò rimpiangere di essere nata.”
“Non ho paura delle tue minacce. Ripeto ciò che ho detto prima: metti il guinzaglio a tua figlia e cerca di tenerla lontana dalla mia casa, ma soprattutto da Henry. La prossima volta non sarò così tanto clemente” replicò Regina e, voltandosi, se ne andò.
Gold, le bambine ed Excalibur rientrarono in casa, dove furono raggiunti da Belle, che domandò: “Che cosa è successo? Ho sentito te e Regina discutere.”
“Niente di che. Lo sai che Regina ha un sacco di problemi. La sua giornata, molto probabilmente, deve essere partita male” rispose Gold guardandola e, dopo aver preso il cellulare dal tavolino, digitò un numero e se lo mise all’orecchio. Aspettò e, quando dall'altra parte sollevarono la cornetta, aggiunse: “Ho qua tua figlia. Vieni a riprendertela.” Chiuse chiamata e cellulare. Poi guardò le bambine e Rose disse: “Giuro, non abbiamo fatto nulla di male.”
“Voglio una spiegazione dettagliata. Non tralasciate nulla” disse Gold.
“Regina teneva prigioniero Henry in casa sua” iniziò Paige.
“Quindi abbiamo pensato bene di…” continuò Rose, ma si corresse quando Paige schiarì la voce: “Ho pensato bene di salvarlo.”
“Come siete riuscite a entrare nel suo giardino?” chiese Belle.
“Excalibur ha trovato un varco nella siepe. Ma vi giuro, le nostre intenzioni erano buone” rispose Rose. Excalibur, che fino a quel momento si stava grattando dietro a un orecchio, li guardò e annuì con la testa.
“Buone intenzioni o no, questo non tralascia il fatto che non hai rispettato un sacco di regole che ti avevo imposto, per non parlare che hai fatto diventare furente Regina. Ma quest’ultima cosa non mi dispiace più tanto” spiegò Gold.
“Regina ha detto che ci denuncerà” disse preoccupata Paige.
“A lei penserò io. In quanto a lei, signorina Grace, non essendo più il suo guardiano, non tocca a me decidere il suo fato” disse Gold. Paige deglutì. Poi Gold guardò Rose ed aggiunse: “Ma tu, che sei mia figlia, una bella punizione non te la toglie nessuno.”
“Che cosa mi tocca questa volta?” domandò Rose, guardandolo.
“Ancora non lo so, ma presto mi verrà in mente” rispose Gold, dandole un buffetto sulla guancia.
“E di conseguenza io starò in ansia per un bel po’” disse Rose.
Poco dopo, Jefferson arrivò e, insieme a Paige, ritornò a casa.
La cena passò tranquilla. Rose guardava i genitori scambiarsi battutine o sguardi romantici e, poco dopo, tutti e tre ed Excalibur si trovavano seduti sul divano a guardare la televisione. Belle e Gold ancora si meravigliavano di come quella scatola luminosa potesse mostrare così tante immagini, anche se Gold la riteneva nettamente inferiore alla sua magia.
Rose si addormentò. Gold la prese tra le braccia e, dopo che Belle ebbe spento la televisione, salirono al piano superiore. La svestirono e, dopo averle messo il pigiama, la distesero sul letto. Mentre Belle la copriva, Excalibur si acciambellò in fondo.
“Buona notte, piccola mia” disse Belle, baciando la figlia sulla testa. Lo stesso fece anche Gold, e i due uscirono, andando nella loro camera. Sembrava una nottata tranquilla, ma non per Rose. Infatti…
 
Rose riaprì gli occhi. Si trovava in un posto lugubre e spoglio. Sentiva freddo. Poteva vedere il fiato uscirle dalla bocca. Si guardò intorno chiamando i genitori: “Mamma. Papà. Dove siete?” Non vedendoli da nessuna parte, iniziò a preoccuparsi. Era in un luogo a lei sconosciuto, senza genitori e amici. Si voltò di scatto quando una voce la chiamò…
“Sono qui. Voltati.” Rose si voltò, ma non vide nulla. Quindi disse: “Vieni fuori, chiunque tu sia.”
Si sentì una risata e la stessa voce disse: “Sei tu che devi farmi venire fuori.” Rose continuava a guardarsi intorno, non vedendo però nessuno. Ma quando volse lo sguardo un’ultima volta, fu lì che la vide: una figura incappucciata era ferma di fronte a lei. Rose cercò di vederne il volto, invano.
“Chi sei?” chiese Rose. La figura incappucciata rise, per poi rispondere: “Guarda dentro di te. In fondo, conosci già la risposta.” Si tolse il cappuccio. Rose rimase a bocca aperta. Di fronte a lei… c’era se stessa.
“Co-come è possibile?” domandò incredula.
“Io sono te. O meglio, sono la tua parte malvagia” rispose l’altra Rose.
“No, questo non è possibile” disse Rose. L’altra rise nuovamente, per poi dire: “Non lo è ora, ma con i dovuti insegnamenti abbraccerai la parte oscura che risiede da sempre in te e diventerai molto potente. Non ti piacerebbe assaporare tutto quel potere?”
“Quel genere di potere non fa per me” disse Rose. L’altra sorrise malignamente. Poi, facendo qualche passo verso di lei, disse: “Tutti dicono così all’inizio. Anche Regina.”
“Che cosa sai di lei?” domandò Rose, mentre l’altra, girandole intorno, rispondeva: “Come credi sia diventata così? Cattivi non si nasce. Lo si diventa. Perché mai il nostro caro paparino non ti ha voluto rivelare chi erano le sue apprendiste? Fai due più due e hai la risposta.”
“Regina è stata un’apprendista di papà?!” disse stupita Rose.
“Tutto quel potere oscuro non viene da sé. Deve essere alimentato da qualcosa di altrettanto più oscuro. E indovina chi è che possiede così tanto potere?” disse sorridendo l’altra Rose.
“Quello era il passato. Papà odia Regina. Voleva uccidere me e la mamma, rinchiudendola poi nei sotterranei dell’ospedale per ventotto anni” disse Rose. La sua controparte rise. Quindi Rose domandò: “Che hai da ridere?”
“E non brami vendetta contro la donna che ha rovinato le nostre vite? Che non voleva il lieto fine di papà? Ciò che lui non è riuscito a fare, tu puoi” disse l’altra Rose.
“No, papà non vuole che imbocchi quella via. Lui mi sta insegnando a controllare la magia, usandola per far del bene” disse Rose.
“Non ti sei ancora stancata di tutte le regole di papà? Lui sta decidendo della tua vita quando dovresti essere te stessa a prendere le decisioni. È per questo motivo che non riesci a compiere nemmeno la più semplice delle magie. Perché sei soggiogata dalle regole paterne. Ribellati e diventerai più potente di lui e così potrai sbarazzarti di Regina per sempre. Ti basterà prenderle il cuore e stritolarlo fino ad ucciderla” spiegò l’altra Rose.
“No! Non farò una cosa del genere! Non abbraccerò mai il potere oscuro! Non diventerò mai come te!” replicò Rose. L’altra rise per poi dire: “È qui che ti sbagli. Vedi, io e te siamo un’unica persona e non potrai mai scacciarmi via, perché io risiedo qua.” Si indicò, con due dita, le tempie. Rose la guardò furente. Non si accorse di aver formato una palla di fuoco nella mano.
“Ecco, non senti ora la malvagità scorrerti dentro? Hai del potenziale, solo che hai paura di usarlo. In verità, hai sempre avuto paura di qualsiasi cosa ed è anche per questo motivo che il caro Graham è morto” disse l’altra Rose, per poi fare un sorriso malizioso.
 
“Non nominarlo! È stato proprio grazie a Graham se ho ritrovato papà. Graham è stato uno dei miei migliori amici e sempre lo sarà. Devi solo sparire e non farti rivedere mai più!” replicò Rose e le lanciò addosso la palla di fuoco. L’altra Rose svanì ridendo in una nube vio
la.




Note dell'autrice: Buona sera e finalmente eccomi qua con la prima parte del nuovo capitolo. Avevo promesso che non ci avrei messo un secolo, invece tra impegni vari e altre cose ci ho messo di più. Ma comunque eccoci qua. Rose incomincia ad avere un briciolo di oscurità (bè dopotutto è la figlia del dark one) e fa cilecca con gli incantesimi. Ma andiamo è solo all'inizio, no? Ci vuole pratica come dice Rumple. Chissà come se la caverà e chissà perchè Mary Margaret non l'ha voluta nella recita. Mossa sbagliata mia cara biancaneve.
Comunque, grazie a tutti coloro che passano di qua. Che recensiscono, che hanno messo mi piace alla fanfict o tra le seguite. Grazie. E grazie alle mie due care amiche Lucia e Laura.
Vi auguro una piacevole nottata tra le braccia di gideon...emmm....morfeo...va bè lui e ovviamente sogni Gold
Alla prossima parte del capitolo (sperando non fra cent'anni). Buona notte, miei cari Oncers

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Rudimenti di magia - Parte II ***






The Rose of true Love - Stagione II

 

        Capitolo III: Rudimenti di magia- Seconda Parte

 
Rose si svegliò di soprassalto. Sudava e ansimava. Si guardò intorno, accorgendosi di essere in camera sua. Abbassò lo sguardo, per vedere Excalibur dormire acciambellata in fondo al letto. Si passò una mano tra i capelli. Che cosa era appena accaduto? Era stato solo un brutto incubo… oppure no? Volse lo sguardo verso la rosa nella teca: era rifiorita. Era ritornata così da quando il padre aveva riottenuto la magia. Che fosse collegata a lui?
Rimise la testa sul cuscino e, mentre guardava il soffitto, ripensò all’incontro che aveva avuto con la sua parte malvagia. Che fosse lei stessa del futuro o semplicemente il frutto della sua mente? Dopotutto era stata proprio l’altra a dirle che erano un’unica persona e che non si sarebbe mai sbarazzata di lei. Socchiuse gli occhi, tentando di riaddormentarsi e sperando, stavolta, di non rifare più un incubo del genere, anche se mille pensieri le riempivano la mente. Di sicuro, per il momento, non avrebbe raccontato nulla ai genitori: Belle si sarebbe preoccupata e Gold avrebbe intensificato le lezioni e tutto ciò non giovava a lei. Anzi, avrebbe complicato di più le cose.
Arrivò il mattino. La luce del sole filtrò dalla finestra, illuminando il viso di Rose. La bambina si svegliò. Si stropicciò gli occhi e, alzando la testa dal cuscino, si guardò intorno. Non vide più Excalibur sul letto. Guardò la sveglia sul comodino: segnava quasi le sette. Come mai suo padre non l’aveva svegliata alle sei e mezza? Non era da lui non svegliarla presto. Doveva andare a scuola o sarebbe arrivata in ritardo. Ma era anche così stanca. Non aveva più fatto quell’incubo, ma aveva dormito poche ore.
Stava per rimettere la testa sul cuscino, sperando almeno quel giorno di evitare la scuola, quando sentì parlare dal piano di sotto. Si alzò e, uscendo dalla camera, scese le scale, fermandosi poi ai piedi di esse. Si avvicinò cautamente alla cucina, da dove appunto provenivano le voci, e vide che erano i suoi genitori che stavano discutendo. Stette sulla soglia della porta ad ascoltarli.
“Ti ho visto usare la magia. Credevo mi avessi promesso che non lo avresti più fatto” disse Belle.
“Quando mai mi hai sentito fare questo tipo di promessa? Te lo sarai immaginata” disse Gold.
“Ecco, lo vedi come sei. Ti comporti sempre così” disse Belle.
“Così come? Ma di che cosa stai parlando?” chiese Gold.
“Lo sai che la magia non è sempre la soluzione a tutto. Si può sempre trovare altro” rispose Belle.
“Ma devo usarla. Mi serve per ritrovare Baelfire. Senza non ci riuscirò mai” disse Gold.
“Invece ci riuscirai, perché io, Rose ed Excalibur ti aiuteremo. Te l’ho promesso quando ci siamo ritrovati” disse Belle, avvicinandosi a lui e prendendogli le mani.
“Invece lo sai anche tu che non è possibile. L’altro giorno quel nano è uscito dal confine e ha perso la memoria. Ecco perché mi serve la magia. Non saprò più chi sono se oltrepasso la linea rossa, e non voglio perdere i miei ricordi di te e Rose. Mi si spezzerebbe il cuore” disse Gold e le accarezzò una guancia.
“Troveremo un altro modo. Vedrai, ce la faremo” disse Belle e gli sorrise. Rose decise che quello era il momento più opportuno per entrare. Quindi disse: “Buongiorno” ed entrò in cucina, andandosi a sedere a tavola. I due la guardarono e Belle disse: “Buongiorno, tesoro, e scusaci se ti abbiamo svegliata.”
“Non ti preoccupare, mamma. Intanto mi sarei dovuta svegliare lo stesso. Di solito papà mi sveglia alle sei e mezza quando devo andare a scuola” disse Rose e guardò il padre. Quest’ultimo, guardandola a sua volta, le disse: “Mi dispiace, piccola. Ora ti preparerò la colazione. Andrai di sopra. Ti laverai e cambierai e ritornerai subito qua giù.” E, voltandosi, stava per prendere ciotola e bicchiere dalla credenza, quando Rose disse: “Mi basteranno due cereali e un succo di frutta.” Ma ricevette due identiche occhiate poco benevoli. Quindi aggiunse: “Ogni cosa che volete voi mi andrà bene.”
“La colazione è il pasto principale della giornata e devi mangiare se vuoi crescere sana e forte. Ma soprattutto se vorrai prestare attenzione a scuola e alle nostre lezioni” disse Gold, mettendole davanti una scodella con dentro latte e cereali.
“Tuo padre ha ragione: hai bisogno di forze per affrontare a pieno la giornata” disse Belle, mettendole anche un bicchiere di succo d’arancia e una brioche. Rose iniziò a mangiare un po’ di cereali. Poi, guardando i genitori, domandò: “Come mai quando si tratta della colazione o di darmi delle punizioni, siete sempre d’accordo, mentre per altre cose, come per esempio la magia, litigate?”
“Non stavamo litigando, ma….” iniziò col dire Belle, ma Rose continuò la frase: “… solo discutendo, e non è la stessa cosa.
“Mettetela come volete, ma per me stavate litigando.” E mangiò altri cereali.
“Non sono discorsi che ti riguardano. Finisci la colazione e fila di sopra a cambiarti, ché sei già in ritardo” replicò Gold. Rose lo guardò e, non dicendo nulla, riprese a mangiare i cereali.
“Mi dici che cos’hai? Perché ti comporti così?” chiese Belle, guardandolo.
“Non ho assolutamente nulla. Semplicemente non sono cose che riguardano Rose” rispose Gold.
“A quanto pare le riguardano eccome, visto che quasi ogni mattina presto la porti nel bosco e le insegni la magia. Credevo di avertelo già detto di non sforzarla troppo. È solo una bambina” disse Belle.
“Sei stata proprio tu a dirmi, non molto tempo fa, che sta crescendo. Quindi è ora che cresca! Deve imparare anche a difendersi da sola. Purtroppo io non sarò sempre al suo fianco per proteggerla” replicò Gold.
“Ma così facendo la privi continuamente delle sue forze. L’altro giorno ho incontrato Mary Margaret e vuoi sapere cosa mi ha detto?” disse Belle.
“Non me ne frega nulla di quello che dice quella principessa! Mi importa solo della mia famiglia e nessun altro!” replicò Gold. Dopo aver finito i cereali e anche il succo, Rose si alzò da tavola e, mentre andava verso le scale, sentì ancora i genitori discutere. Sospirò. Da quando si erano ritrovati, non facevano altro che litigare. Ma come avevano fatto ad innamorarsi con le loro idee sempre contrapposte, pensò.
Salì gli ultimi gradini e, dopo essere entrata in camera, si lavò e cambiò. Non avrebbe neanche voluto immaginare le terribili conseguenze che avrebbe passato se suo padre fosse salito e l’avesse vista ancora in pigiama. Siccome era già arrabbiato di prima mattina, la giornata non sarebbe di certo trascorsa nel migliore dei modi e sicuramente la lezione di magia di quel giorno sarebbe stata un inferno. Avrebbe tanto voluto uscire di casa senza che il padre se ne accorgesse, ma a lui non sfuggiva mai nulla e, se avesse scoperto della sua fuga, non solo si sarebbe arrabbiato ancora di più di quanto non lo fosse già, ma le avrebbe inflitto una punizione da rintanarla in casa a vita. E stavolta sarebbe andato fino in fondo. Le bastava un aiuto. Anche piccolo per poter uscire da quella situazione e non peggiorare il malumore del padre.
In quel momento, Belle passò per il corridoio. Si affacciò e la vide entrare nella camera da letto accanto, dove appunto dormiva lei con Gold. Rose esitò. Non voleva immischiarsi nelle faccende dei genitori, ma suo padre aveva ragione: doveva passare del tempo con la madre. Dopotutto Belle voleva solamente rimettere insieme la famiglia. Dopo ventotto anni passati in una cella isolata sotto l’ospedale, non era facile ricominciare.
Uscì dalla camera, per poi fermarsi sulla soglia della porta di quella accanto. Vide la madre frugare nell’armadio per poi prendere qualche vestito e metterlo sul letto. Rose inarcò un sopracciglio. Che ci fosse qualche occasione speciale, da tirar fuori così tanti vestiti? Dall’espressione della madre capì che di certo non sarebbe uscita con il padre per qualche pranzo o cena romantica.
“Ehm… mamma, che cosa stai facendo?” le domandò. Belle alzò lo sguardo e sorrise non appena vide la figlia. Quindi le rispose: “Sto…sto un po’ riordinando.”
Rose entrò nella stanza e, dopo essersi fermata davanti alla madre, disse: “Papà può avere un caratteraccio ma è molto, molto ordinato e tiene così tanto alle sue cose che, se ne trova anche una fuori posto, va su tutte le furie. Sai quante volte mi ha detto di rimettere a posto la mia stanza e io non l’ho mai fatto? A causa del mio pasticcio, ha trovato la pagella che avevo nascosto e… be'… non l’ha presa tanto bene.” E guardò da un'altra parte. Poi riguardò la madre e aggiunse: “Ma il punto non è questo. So benissimo che non stai riordinando l’armadio di papà. Che cosa stai facendo veramente?”
“Diciamo che la riunione tra me e tuo padre non è partita nel modo giusto. Ho bisogno di una piccola pausa per poter riflettere sul nostro rapporto” rispose Belle.
“Te ne stai andando?! Ma… ma non puoi! Non ora che ci siamo appena ritrovati!” replicò Rose, con gli occhi lucidi. Belle fece l’unica cosa che una madre avrebbe fatto in quel momento: la strinse forte a sé, per poi dirle: “Non piangere, Rose. Vedrai che andrà tutto bene. È solo un piccolo momento così. Poi tutto si aggiusterà e ritorneremo insieme.” La guardò. Rose la guardò a sua volta, mentre le lacrime bagnavano il suo viso. Quindi disse: “Siamo già tutti insieme. Perché te ne devi andare? Parla con papà. Chiarisciti con lui. O la colpa è mia?”
“No. Questo no, piccolina. La colpa non è affatto tua. Anche quando eravamo al castello, io e papà litigavamo spesso riguardo l’uso eccessivo da parte sua della magia. È sempre stato il suo punto debole. Crede che con la magia si possa risolvere tutto. Invece non è così, e a volte le cose possono sempre riservare una seconda opzione” spiegò Belle, mettendole una mano sulla guancia.
“A papà le seconde opzioni non sono mai piaciute. Quando sceglie una strada deve essere quella, anche se con me ha sempre detto di non commettere i suoi stessi errori. Quegli errori che gli hanno fatto perdere Baelfire. Con me è sempre stato molto protettivo. Mi sono sentita come prigioniera con tutte quelle regole, ma se me le ha date era solo per tenermi al sicuro. Lui cercava di proteggermi dalla verità. Da ciò che ti era successo. Tante persone ci hanno dato versioni diverse sulla tua presunta morte, ma l’unica che sapeva la verità era Regina. Graham aveva sempre cercato di avvertirmi di stare attenta a lei, ma io non l’ho mai capito fino in fondo. E poi è morto solo perché non voleva più ascoltare quella strega. Lui era il mio migliore amico. Colui che mi aveva ricongiunta con papà” spiegò Rose, abbassando la testa. Le lacrime ripresero a bagnarle il viso e a cadere a terra.
“Tesoro, è normale essere arrabbiati, ma tutto si può risolvere e Graham non vorrebbe che continuassi a piangere per la sua morte. Lui rimarrà sempre nei nostri ricordi. Io non dimenticherò mai quando risparmiò le nostre vite. Tu che ancora dovevi nascere e lui che non obbedì a un ordine di Regina. Era un uomo molto buono, ma che purtroppo finì sotto le grinfie di una donna dal cuore oscurato dalla vendetta e dalla gelosia. Finché lo ricorderemo, non verrà mai dimenticato” spiegò Belle.
Rose la riguardò e l’abbracciò forte per poi dirle: “Ti voglio tanto bene, mamma.” Belle, mentre l’abbracciava a sua volta, sorrise e qualche lacrima le bagnò il viso. Excalibur, che passava casualmente di lì, si fermò e le guardò scodinzolando.
Madre e figlia si staccarono, guardandosi sorridendo. Poi Belle disse: “Non giudicarmi una cattiva madre solo perché me ne vado. Non lascio tuo padre, ma voglio che capisca che ci sono altre cose più importanti della magia.”
“Papà non capirà mai. Non lo hai visto come era contento quando gli è ritornata la magia?” disse Rose.
“Se mi ama, capirà. È una sua decisione. Io mi fido di lui, come mi sono fidata quando ha fatto di tutto per proteggerci dalla maledizione. Quel medaglione che porti al collo e che io ti ho dato prima che ci separassimo lo creò per me in modo che mantenessi i miei ricordi. Mi disse che era protetto sia internamente che esternamente. Tienilo sempre stretto a te” spiegò Belle. Rose si guardò il medaglione, per poi riguardare la madre e chiederle: “Dove andrai?”
“Ancora non lo so, ma vedrai che troverò un posto. Quando eravamo in macchina, ho riconosciuto delle facce amiche. Mentre non ci sono, promettimi che farai sempre la brava e sarai un'ubbidiente bambina con papà. Ascolta tutto ciò che ti dirà e non farlo arrabbiare. Sai benissimo che tende a perdere la pazienza molto facilmente. E continua con le tue lezioni di magia: ti saranno molto utili in futuro” rispose Belle.
“Ma mamma, tu hai appena detto…” iniziò col dire Rose. Ma Belle la bloccò: “Lo so, ma per tuo padre sono importanti.” Sospirò per poi continuare: “Tesoro, voglio solo che sia felice. Per secoli ha avuto dolore e tristezza dentro il suo cuore, soprattutto quando Regina gli disse che entrambe eravamo morte. Se la magia lo rende felice, allora ascoltalo.”
“Intanto continuerò a essere un disastro. Il massimo che so fare è trasformare un fiore in una rana. Non ho fatto nessun tipo di progresso durante queste settimane” disse Rose.
“L’importante è che non molli. Devi avere fiducia in te stessa e andare sempre avanti” disse Belle.
“Anche papà me lo ha sempre detto. Vedi che almeno su una cosa nella magia siete d’accordo?” disse Rose.
Belle fece un piccolo sorriso e, dopo essersi abbassata, baciò la figlia sulla testa. Poi disse: “A presto, figlia mia, e ricordati ciò che ti ho detto. E soprattutto non cambiare mai.” Voltandosi, uscì sotto lo sguardo triste di Excalibur, che abbassò orecchie e coda.
Rose si voltò dove la madre era appena uscita. Abbassò lo sguardo verso Excalibur, che teneva lo sguardo verso il corridoio, mugugnando tristemente. Poi guardò le foto poste su entrambi i comodini da ogni parte del letto. Tra le sue preferite, spiccava quella in cui erano loro tre insieme, più Excalibur in braccio a Belle, mentre lei era in braccio al padre. Erano così felici e ora tutta quella felicità stava finendo solo perché suo padre non voleva rinunciare alla magia. Ma così facendo stava perdendo l’amore della sua vita e…anche la figlia. Lo sguardo di Rose divenne deciso e, passando accanto alla volpe disse: “Andiamo, Excalibur. Mi devi aiutare.” E uscì, seguita dalla fedele amica.
Belle stava camminando per la via principale della città, non accorgendosi che qualcuno la stava seguendo. Era così intenta a guardarsi intorno che quel qualcuno si affiancò a lei. Belle si voltò e…
“Rose! Che cosa ci fai qua?!” disse spaventata, portandosi una mano al petto. Di certo non si aspettava la figlia accanto a sé. Non dopo ciò che le aveva detto poco prima.
“Be', tu mi hai detto di non cambiare mai. Ed è proprio quello che sto facendo. Mi sto comportando come ho sempre fatto” disse Rose.
“Non è scappare da tuo padre ed allarmarlo che ti fa essere una brava figlia” disse Belle.
“Non ti preoccupare. Gli ho lasciato un bigliettino con su scritto che non c’era bisogno che mi accompagnasse a scuola. Che avrei fatto una passeggiata fino a incontrarmi con Henry e Paige prima del parco per poi andare a scuola insieme” spiegò Rose, mentre riprendevano a camminare.
“E come hai fatto ad uscire di casa senza che si accorgesse di nulla?” domandò Belle.
“Excalibur lo sta distraendo” rispose Rose. Belle cercava di trattenere le risate. Rose, guardandola, le chiese: “Perché ridi?”
“Non credo che Excalibur sia stata la scelta ottimale come diversivo. Al castello oscuro faceva sempre tutto quello che le diceva tuo padre. Lo seguiva come se fosse stata una sua seconda ombra e lui ovviamente la ricompensava con coccole e una bella bistecca fumante. Nessuno doveva torcere un solo pelo della sua pelliccia o tuo padre gli avrebbe inflitto una severa punizione. Mi dispiace, ma non credo che il diversivo durerà molto” spiegò Belle, mentre svoltavano l’angolo.
“Spero che riesca a distrarlo il tempo necessario per permetterci di trovare una sistemazione adeguata” disse Rose. Sentendo ciò, Belle si fermò, così come la figlia. La guardò, domandandole: “Che intenzioni hai?”
“Di venire con te, ovvio” rispose Rose.
 “Non se ne parla. Allora quello che ti ho detto prima non è servito a nulla. Devi rimanere con tuo padre” replicò Belle.
“Ci sono rimasta per ventotto anni con papà. Ora vorrei passare anche del tempo con te. Per anni mi è mancata una figura materna e ti rivelerò che ero diventata gelosa quando Henry ha portato qua  la sua vera mamma. Lui ne aveva due – ne ha tutt’ora due – mentre io avevo solo papà. Per qualsiasi problema femminile a chi mi potevo rivolgere? A Granny? Non di certo una buona scelta, direi, e avrei imbarazzato papà. Mamma, ti prego, fammi rimanere con te, poi, se le cose non dovessero andare per il verso giusto, prometto che ritorno da papà” spiegò Rose. Belle sembrò pensarci su. Poi disse: “Va bene, potrai rimanere con me, ma alla prima disubbidienza ti rispedisco da papà e poi dovrai vedertela con qualsiasi punizione vorrà darti.”
“Intanto vivo in punizione perenne. Andrà a finire che mi sposerò mentre sarò in punizione” disse Rose. Belle sorrise. Poi entrambe si voltarono, trovandosi di fronte alla biblioteca. Belle si avvicinò e alzandosi un po’ sulle punte cercò di sbirciare tra le carte di giornale che coprivano i vetri ormai anneriti dagli anni. Purtroppo non riuscì a vedere più di tanto, se non solo una scrivania e tanti scaffali pieni di libri.
“Mi ricordo quando papà mi portava sempre qua quando ero piccola. C’era una simpatica e dolce vecchietta che gestiva la biblioteca” disse Rose. Belle la guardò e la bambina continuò: “Mi piaceva molto venire qua. Leggevo i libri per bambini, ma poi passavo a quelli per adulti. Entravo in quei mondi di cavalieri, draghi, principesse da salvare, fate… Per poi scoprire anni dopo che io stessa provenivo da una favola. Non mi sarei mai immaginata che tu e papà foste la bella e la bestia.”
“Papà non è solo la bestia. È stato tante cose. Ma soprattutto il Signore Oscuro” disse Belle.
“Papà non è mai stato oscuro con me. Mi ha sempre voluto bene e protetto da qualsiasi cosa. Le persone dovrebbero conoscerlo come lo conosciamo io e te. Probabile che in passato, a causa del troppo potere, si sia fatto consumare dall’oscurità, ma penso che nel suo cuore ci sia ancora del buono. Ma io e te siamo di parte e non credo che le altre persone cambieranno mai opinione su di lui” disse Rose.
“Se papà inizierà a fare le scelte giuste, probabile che le persone inizino a vederlo come lo abbiamo sempre visto noi. Ma finché la magia sarà la sua unica priorità…” iniziò col dire Belle, ma Rose la bloccò: “… io e te siamo la sua unica priorità. E ritrovare Baelfire. È sempre stato così.”
Belle guardò da una parte. Quindi Rose aggiunse: “ Mamma, so che pensi che papà prediliga più il potere di qualsiasi altra cosa, ma non è così. Noi siamo sempre venute prima e per lui siamo molto importanti. Darebbe la sua stessa vita per noi e per Excalibur. Dagli una seconda possibilità. Papà mi ha sempre detto che tu riesci a vedere del buono in tutti, come lo hai visto in lui e che io ho preso questa cosa da te, che non riusciva a immaginarsi come fossi sua figlia.”
Bella la riguardò. Rose era davvero una bambina dolce e buona. Tremotino l’aveva tirata su proprio come avrebbe voluto anche lei. Le mise una mano sulla guancia, sorridendole. Anche Rose sorrise. Ma quel dolce momento purtroppo venne interrotto da un terzo incomodo.
“Scusatemi, avrei bisogno di un’informazione” disse quella persona. Belle e Rose si voltarono, ma la ragazza non fece in tempo a chiedere di cosa avesse bisogno che la persona le mise un panno sulla bocca, facendole perdere i sensi. Poi la caricò su una spalla. Guardò Rose, sorridendo beffardamente. Si voltò per andarsene, ma la bambina gli corse sulla schiena, impedendogli di proseguire.
“Mocciosa che non sei altro, ti insegno io ad intrometterti in faccende che non ti riguardano” replicò la persona. Con uno strattone riuscì a togliersi Rose dalla schiena, ma mentre la bambina cadeva a terra, dalle sue mani partì una magia, che colpì l'estraea su una guancia. La persona urlò di dolore: una profonda cicatrice che sanguinava si era formata in volto. Si voltò, guardando minacciosamente Rose che, a terra, cercava di scappare. Si accorse, però, che nel cadere si era fatta male a una caviglia e ciò le impediva di alzarsi.
La persona avanzò verso di lei mentre indietreggiava cercando un modo di scappare, ma, come la madre, venne addormentata e caricata sull’altra spalla. L'estranea, andandosene, non si accorse di aver perso qualcosa a terra.
Nel frattempo, da Granny…
Paige osservava Henry seduto opposto a lei. L’amico era intento a guardare il libro “Once Upon A Time”, mentre la sua cioccolata calda alla cannella si stava raffreddando. Paige provò a chiamarlo un paio di volte, ma era così immerso nel libro che non l’ascoltò. La bambina roteò gli occhi per poi dirgli: “Col fatto che ora la maledizione è stata spezzata, non è venuto il momento di mettere da parte quel libro e pensare ad altro?”
Harry abbassò il libro e, dopo averlo chiuso e messo da una parte, la guardò rispondendole: “Ma Paige, ci sono ancora così tante storie da scoprire. Tanti mondi da esplorare e sicuramente altri nuovi personaggi. Non sei curiosa ed eccitata?”
“È che passi la maggior parte del tempo a leggerlo, quando ci sono tante altre cose da fare. Come, per esempio, giocare con le tue migliori amiche” disse Paige.
“Be', tu ci sei, ma è da un po’ che non vedo Rose. Da quando il Signor Gold ha iniziato quelle lezioni di magia, passa sempre meno tempo in nostra compagnia. È come se la volesse tenere lontano da noi” disse Henry.
“Non dire sciocchezze. Il Signor Gold non farebbe mai una cosa del genere… oppure sì?” disse Paige.
“Credi che non voglia tenersi Rose tutta per sé? Dopotutto è la sua adorata figlia e ora che ha riavuto la magia, può fare a chiunque qualsiasi cosa voglia. È il Signore Oscuro e ha tutto il potere che vuole per proteggerla. E poi, lui non vuole che Rose si cacci nei guai, quindi meno sta con noi, meglio è” spiegò Henry.
“So che il Signor Gold è un padre molto protettivo, ma non credo possa arrivare ad allontanare Rose da noi. E poi Rose vuole bene a lui. Se è vero ciò che dici, gli volterebbe le spalle e il Signor Gold distruggerebbe l’intera cittadina per la rabbia. Ok… forse non distruggerebbe tutto, ma se la figlia che non gli parlasse più, nessuno riuscirebbe a fermarlo. Magari proprio in questo momento sono insieme nella foresta a praticare la magia” disse Paige, ma voltarono lo sguardo verso la porta quando entrò proprio Gold con Excalibur. I presenti lo guardarono, mentre passava in mezzo a loro seguito dalla volpe, per poi fermarsi di fronte al bancone. Paige ed Henry si guardarono e Paige sottovoce disse all’amico: “Ma dove sarà Rose? Credevo fosse con lui.”
Granny, che stava pulendo un bicchiere con uno straccio, si voltò dicendogli: “Signor Gold, lo so che le piace venire qua di sorpresa e intimidire i miei clienti, soprattutto ora che abbiamo riacquistato la memoria, ma gradirà anche sapere che i termini del pagamento dell’affitto non cambiano e che, quindi, al momento non riceverà nessuna somma.”
Gold fece un piccolo sorriso. Guardò con sguardo truce i clienti che subito ripresero con le loro consumazioni. Poi riguardò Granny e disse: “Sono contento che la mia reputazione mi preceda, ma non sono venuto qua per riscuotere l’affitto. Ho qualcosa di più importante al quale pensare.” E dopo aver mostrato un ritratto di Belle, aggiunse: “L’ha per caso vista?”
Granny guardò il ritratto, così come Ruby, che stava poco distante a pulire delle tazzine da caffè. Poi rispose: “Oggi non è passata di qua.”
“Se doveste vederla, avvertitemi” disse Gold e, voltandosi, si allontanò dal bancone, seguito da Excalibur. Ma non gli sfuggì ciò che disse Ruby: “Figuriamoci, chi mai vuole rimanere con uno come lui. Piuttosto mi getterei dal Troll Bridge.”
“Chiacchiera meno e continua a lavorare. Ci sono dei clienti che aspettano ancora le loro ordinazioni” l’ammonì Granny.
Gold passò accanto al tavolo dove erano seduti Paige ed Henry e nel vederli si fermò e chiese loro: “E voi che cosa ci fate qua?”
“Rose non glielo ha detto? Oggi non c’era scuola. Hanno deciso di tenerla chiusa per fare un giorno di celebrazione in onore della maledizione spezzata” rispose Henry.
“Signor Gold, tutto bene?” domandò Paige. Lo sguardo di Gold divenne furente e, senza dire nulla, uscì dal locale. Sbatté così forte la porta che il vetro di essa si ruppe. Tutti rimasero in silenzio. Henry e Paige si guardarono e, dopo che Henry ebbe preso il libro e lo ebbe messo nello zainetto, si alzarono e uscirono. Lo videro fermo fuori dal vialetto del locale, insieme a Excalibur e intento a guardare il ritratto di Belle. Cautamente si avvicinarono a lui, che disse: “Rose non vuole più stare con me. Mi odia.”
“Non dica così. Rose non la odia. Lei è un padre eccezionale. E poi in base a cosa dice questo?” disse Henry.
“Mi ha mentito. Ha lasciato un biglietto sopra al quale c’era scritto che vi sareste incontrati prima del parco per poi andare a scuola. A quanto pare non è così, visto che non si trova con voi” spiegò Gold. Paige guardò il ritratto di Belle. Poi guardò Gold e chiese: “Perché tiene in mano un ritratto di Belle?”
“Stamattina abbiamo litigato e quando sono andato in camera nostra per portarle la colazione lei non c’era più. E ora che è sparita anche Rose, io…” rispose Gold non avendo forza di proseguire la frase. Poi guardò Excalibur e replicò: “E con te farò i conti dopo!” Ed Excalibur abbassò le orecchie e mise la coda tra le zampe.
“Non si disperi. Se vuole, le daremo una mano per ritrovarle” propose Henry. Gold li guardò per poi dire: “Apprezzo la sua volontà nell’aiutarmi, ma non credo che sua madre ne gioirebbe. Lei ha sempre voluto dividermi da Belle e Rose e vedermi disperato nel cercarle sarebbe un punto a suo favore.”
“Senta, so che lei e mia madre non siete andati mai molto d’accordo, ma Rose è la mia migliore amica, mentre Belle è il suo vero amore. Siete una famiglia ed è giusto che stiate insieme, soprattutto ora che vi siete ritrovati dopo ventotto anni. A tutti spetta il lieto fine. Anche al signore oscuro” disse Henry. Gold lo guardò in silenzio. Aveva odiato il momento in cui era andato a prendere Rose dopo il primo giorno d’asilo e la figlia gli aveva detto che era diventata amica con il figlio del sindaco. Odiava quella donna che prima della maledizione gli aveva spezzato il cuore e tolto ogni speranza di lieto fine, quando gli disse che Belle e Rose erano morte. Ma non poteva impedire all’amata figlia di farsi degli amici, seppur uno di essi fosse il figlio della sua nemica. Rose doveva sempre essere felice per lui.
“Va bene, mi potete aiutare. Poi ognuno a casa sua” disse Gold. Paige e Henry sorrisero e anche Excalibur emise dei versetti, scodinzolando. Gold la guardò, dicendole: “Non ti conviene essere così contenta. Ricordati che è per colpa tua se ho perso di vista Rose.” Si incamminò, affiancato da Excalibur che mugugnava disapprovando. Henry e Paige li raggiunsero e Paige domandò: “Perché è arrabbiato con lei?”
“Perché si è messa in combutta con Rose. Mi distraeva mentre la mia bambina usciva di casa indisturbata senza che mi accorgessi di nulla. Chissà che cosa le avrà promesso, ma posso anche immaginare. Per te, mia piccola traditrice, ti aspetterà una bella settimana di avanzi e passeggiate” rispose Gold ed Excalibur mugugnò nuovamente.
“Allora, da dove incominciamo con le ricerche?” chiese Henry.
“Direi dai luoghi da loro più frequentati” rispose Gold.
“E quali sono i luoghi più frequentati?” domandò Henry.
“Storybrooke non è una cittadina molto grande. Dovremmo perlustrare ogni cosa” rispose Gold, facendo un piccolo sorriso e sospirando. Stava iniziando a odiare quel ragazzino.
“Ma così ci impiegheremo di più. Dobbiamo avere un piano” disse Henry.
“Non è nelle mie abitudini avere un piano. Se le cose devono accadere, è perché così deve essere” disse Gold.
“Ma se noi…” iniziò col dire Henry, ma Gold, fermandosi, lo bloccò replicando: “Ragazzino, non so se lo sai, ma probabile di sì, ma io sono uno dalla poca pazienza e odio quando qualcuno me la fa perdere, soprattutto facendomi un sacco di domande una dietro l’altra. Anche io spero di ritrovare Belle e Rose nel minor tempo possibile, ma non è stando a pensare a un piano che risolveremo questa faccenda. Allora, cosa proponete?” Guardò Paige. Anche Henry la guardò.
“Ehm… direi di andare nella foresta, ma essendoci anche Belle, dubito siano andate lì. O almeno, non ne vedrei il motivo. Potremmo provare al canile” propose Paige.
“Al canile? Spero che Rose non stia convincendo Belle a prenderle un cane, perché mi basta già un piccolo terremoto dalla pelliccia rossa e bianca in casa” disse Gold e guardò Excalibur, facendole un piccolo sorriso. Excalibur mugugnò e volse lo sguardo da un’altra parte, come offesa.
“È per via di Victor… o Quasimodo come si chiamava nella foresta incantata. Lui lavora lì ed è molto amico con Rose” spiegò Paige.
“Almeno è un inizio. Su, andiamo” disse Gold e si incamminò, seguito dai bambini e dalla volpe.
Intanto, Belle e Rose ripresero i sensi. Sentirono freddo sotto di loro. Possibile che fossero ritornate nella cella sotterranea dell’ospedale? Appena aprì del tutto gli occhi, Belle andò subito dalla figlia, abbracciandola forte. Poi le disse: “Bambina mia, credevo di averti persa.” La guardò da capo a piedi e preoccupata aggiunse: “Non sei ferita, vero? Non ti ha fatto del male?”
“No, sto bene, mamma” disse Rose. Belle la baciò sulla fronte. Poi Rose si alzò, così come Belle, e guardandosi intorno chiese: “Dove ci troviamo?”
“Non lo so, ma usciremo subito da qua. Vieni” rispose Belle e, dopo averla presa per mano, andò verso la porta. Stava per mettere una mano sulla maniglia, quando la stessa si mosse. Belle si allontanò, tenendo stretta a sé la figlia, e dalla porta entrò un uomo di bassa statura, con la barba e vestito con abiti da porto. L’uomo le guardò, chiudendo la porta dietro di sé. Poi disse: “Vedo che vi siete già svegliate. Ma dopotutto chi mi ha incaricato di rapirvi mi aveva detto di trattarvi bene.”
“Chi sei e cosa vuoi da noi?” domandò Belle.
“Ben presto avrai delle risposte, ma non ti conviene essere così agitata. Dopotutto non vorrai che accada qualcosa alla tua preziosa figlia, vero?” rispose l’uomo e guardò sorridendo beffardamente Rose. Belle strinse ancora più forte a sé Rose. Poi replicò: “Torcile un solo capello e…” L’uomo la bloccò: “Non farai niente. O andrai a chiamare il suo papà? Perché tutti sanno che la dolce Rose è la cocca del papà.”
“Non è vero! Non sono la cocca del papà!” replicò Rose.
“Sshhh, tesoro. Non dargli corda. Vedrai che tutto si sistemerà” disse Belle, calmandola e accarezzandole i capelli. Si voltarono quando una porta si aprì dietro di loro e comparve…
Belle e Rose non potevano credere a chi stavano vedendo. Di fronte a loro era appena entrato Maurice. Costui sorrise nel vedere Belle, per poi dire, aprendo le braccia: “Figlia mia, quanto tempo è passato.”
“Oh padre” disse Belle e corse tra le sue braccia.
“Mi sei mancata tanto” disse Maurice, abbracciandola.
“Anche tu mi sei mancato tanto” disse Belle. Rose li guardava incredula. Quell’uomo, che tempo prima l’aveva picchiata e sempre odiata, non poteva essere il padre di sua madre e, di conseguenza, suo nonno. Scosse negativamente la testa, pensando di trovarsi solo in un brutto incubo.
Belle e Maurice si guardarono sorridendo. Poi Maurice disse: “Non sai quanto mi ha reso felice vedere che sei sana e salva. Ti credevo morta.”
“Tu mi hai fatta credere morta, quando invece ero rinchiusa in una cella sotto l’ospedale. Magari eri pure in combutta con Regina” replicò Belle, staccandosi da lui.
“Tesoro, non sai quello che dici. È stata sicuramente colpa di quella bestia. Ti ha pure tenuta prigioniera” disse Maurice.
“No, papà, Tremotino non mi teneva prigioniera. Ho scelto io di rimanere con lui e, se non fosse stato così, be'… non avremmo avuto la nostra dolce Rose” disse Belle e guardò sorridendo Rose, che le sorrise a sua volta.
“Vuol dire che ti sei innamorata di quel mostro?” chiese non molto contento Maurice.
“Il mio papà non è un mostro! Tu lo sei!” replicò Rose, andando accanto alla madre.
“Sei tale e quale a lui. Cerchi sempre di dare la colpa agli altri, anche quando non ce l’hanno” disse Maurice.
“Non far finta di nulla! O ti sei forse dimenticato di quella volta alla villa?” replicò Rose.
“Di cosa state parlando? Cosa è successo?” domandò Belle.
“Niente. Non è successo nulla” rispose Maurice, cercando di chiudere velocemente il discorso e sperando che Belle non si intromettesse di più.
“È entrato nella villa per cercare di rubare la tazzina sbeccata. Io ero lì, perché avevo la febbre. Papà era uscito un attimo, lasciandomi con Dove ed Excalibur. Poi è arrivato. Ha dato una botta in testa a Dove e fatto del male a Excalibur. Infine, vedendomi, ha cercato di portare via la tazzina sbeccata che tenevo in mano e che mi aveva affidato papà. Ma ha colpito anche me e rubato la tazzina. Lui mi ha sempre odiata perché sono figlia di papà. Secondo lui non sarei mai dovuta nascere” spiegò Rose. Belle rimase senza parole. Strinse a sé la figlia e, guardando il padre, replicò: “Come hai potuto fare una cosa del genere alla tua nipotina?!”
“Non sapevo neanche che fosse la mia nipotina” disse Maurice.
“Ma se l’avessi saputo, avresti agito ugualmente così?” chiese Belle. Maurice la guardò. Guardò Rose e infine riguardò la figlia. Poi rispose semplicemente: “Sì.”
Belle non poteva credere a ciò che aveva appena sentito. Indietreggiò, tenendo sempre stretta a sé la figlia. Maurice disse: “Cerca di ragionare, figlia mia. L’ho fatto per te. Per proteggerti. Dio solo sa cosa abbia potuto farti quel mostro. Infatti ha pure procreato.”
“Come ti permetti di dire una cosa del genere?! Tremotino non mi ha affatto costretta! Rose è stata voluta! È il frutto del vero amore e lui è sempre stato un padre amorevole ed eccezionale con lei. Lui mi ama ed io amo lui” replicò Belle.
“Lui vuole farti del male. Devi giurarmi che non lo rivedrai mai più. Anche per il bene di vostra figlia” disse Maurice.
“Papà, non sono più una ragazzina!” replicò Belle.
“Ma non capisci cosa ti farà quell’uomo?! Non capisci cosa ti ha già fatto?!” replicò Maurice e guardò truce Rose, che si strinse ancora di più alla madre.
“No, sei tu quello che non capisce! Stai parlando della mia vita! Ora sono una madre e Rose ha bisogno di entrambi i suoi genitori. Io non lo lascerò mai. Tremotino ci vuole molto bene. Ci protegge. Non ci farà mai del male. Sei tu quello che ce ne ha sempre fatto” disse Belle.
“Allora non mi lasci altra scelta. Mi dispiace” disse Maurice.
Belle e Rose non capirono a cosa si riferisse, ma quando Maurice guardò l’altro uomo e semplicemente gli disse: “Fallo”, intuirono che la situazione non era affatto delle migliori. Infatti l’uomo prese prima Rose, togliendola dalle braccia di Belle, che replicò: “No! Rose! Non farle del male, ti prego!” La bambina si divincolò e, riuscendo a liberarsi, andò verso Maurice, mentre una palla di fuoco si era formata inconsapevolmente nella sua mano. Era pronta a scagliarla, ma Maurice le bloccò il polso, dicendole: “Mi dispiace che tu sia dovuta venire al mondo. Non saresti mai dovuta nascere da una bestia come tuo padre.”
“Sei un lurido bastardo senza cuore!” replicò Rose.
“A quanto pare il tuo caro papà non ti ha nemmeno insegnato a rispettare le persone più grandi di te. Be', poco importa, perché presto non ricorderai più nulla di lui” disse Maurice. E, con l’altra mano, le strappò via il medaglione dal collo. Rose era ancora più furente, ma non poté fare nulla perché Maurice la spinse verso l’altro uomo, che la prese per un braccio mentre teneva ferma anche Belle. Mentre le trascinava fuori, Maurice disse: “Addio, Belle, ti voglio bene.”
Intanto, Gold, Paige, Henry ed Excalibur stavano continuando con le ricerche. Erano andati al canile, ma non avevano avuto fortuna. Purtroppo Victor non aveva visto né Rose e nemmeno Belle, e ora si trovavano nuovamente al punto di partenza.
“Dove credete possano essere? Sto incominciando a preoccuparmi” disse Paige.
“Non dobbiamo disperarci. Le troveremo” disse Henry. Quindi Excalibur si fermò, annusando nell’aria. Gli altri la guardarono e Paige disse: “Sembra che Excalibur abbia fiutato qualcosa.” Excalibur continuò a fiutare, finché il suo naso non si posò su un vaso di fiori lì vicino e starnutì. Gold roteò gli occhi, ma poi alzò lo sguardo e, mentre guardava l’insegna, Paige disse: “Allora era solo allergia.”
“No, è qualcosa di più. Questo è il negozio del padre” disse Gold. Guardò Excalibur e aggiunse: “Brava, mia fedele amica. Come sempre il tuo fiuto non sbaglia mai.” Ed entrò, seguito dalla volpe e dai bambini.
“Non credo che il signor French sia in possesso della magia. Da quel che c’è scritto nel mio libro, lui non ha mai avuto i poteri” disse Henry.
“Excalibur fiuta molto di più che oggetti e persone con la magia. Evidentemente qua deve esserci qualcosa di potente” disse Gold. Maurice arrivò e, vedendo Gold, replicò: “Sei ancora tu! Fuori! Questa è proprietà privata e non sei il benvenuto.” Poi guardò i bambini e aggiunse: “E nemmeno voi.”
“Dove sono Belle e Rose?” domandò Gold.
“La prego, è importante. Siamo molto preoccupati. Potrebbe essere successo qualcosa di brutto” disse Paige.
“Promettiamo che poi ce ne andremo subito” disse Henry. Mentre parlavano, Excalibur continuò a fiutare per il negozio, per poi fermarsi accanto a Maurice, il quale disse: “Non ce ne è bisogno. Sono al sicuro Non cercartele più.”
“Senti, io vorrei solo poterle parlare e riavere Rose tra le mie braccia” disse Gold, facendo qualche passo verso Maurice, che disse: “No, tu vuoi distruggerle, come hai distrutto tutto il resto. Non te lo permetterò. Hai già rovinato l’infanzia di quella bambina e mi hai portato via Belle.”
“Cosa hai fatto a loro?” chiese Gold, incominciando a perdere la pazienza.
“Dovevo tenerle lontano” rispose Maurice. Gold lo spinse, replicando: “Che hai fatto?!”
“Dovevo essere certo che si dimenticassero di te ad ogni costo. Non importa se Belle dimenticherà chi sono io” rispose Maurice.
“Vuole spingerle oltre il confine della città?” disse Paige. Maurice non disse nulla, quindi, Excalibur accanto a lui, gli ringhiò contro. L’uomo abbassò lo sguardo, incitando la volpe a smettere, ma essa iniziò a mordergli la giacca. Maurice cercava di scansarla da sé, quando con uno strattone qualcosa cadde a terra. Tutti guardarono l’oggetto e Gold, abbassandosi, lo prese in mano osservandolo, per poi dire: “È il medaglione di Rose.” Guardò Maurice e replicò: “Cosa hai fatto alla mia bambina?! Le hai di nuovo fatto del male, non è così?!”
“Non ho toccato un solo capello della tua preziosa mocciosa. Pensavo che con Belle, cambiasse idea nei tuoi confronti, invece ti reputa ancora un padre amorevole ed eccezionale. Sei riuscito a crescerla in modo che non ti odiasse. In modo che tu non rimanessi del tutto solo, ma così facendo l’hai solo rovinata. Non ti sei mai chiesto perché quella bambina non avesse amici, se escludiamo i due qua presenti? Se avessi saputo che era la mia nipotina, te l’avrei portata via quando ancora era una neonata anche se, secondo me, non sarebbe mai dovuta venire al mondo” spiegò Maurice. Toccò un tasto dolente. Gold si arrabbiò del tutto e, dopo aver preso Maurice per un braccio, lo trascinò fuori, fino a farlo sbattere con la schiena contro il furgoncino del negozio, posto lì di fronte. I bambini e la volpe li seguirono.    
“Dove sono?! Dove le hai portate?! Dimmi dove sono!” replicò arrabbiato e premette il bastone, in orizzontale, contro il suo collo, quasi strozzandolo. Paige ed Henry si attaccarono a entrambe le sue braccia, riuscendo a staccarlo da Maurice.
“Si fermi, o così lo uccide e lei non vuole essere un cattivo esempio per Belle e Rose, vero?” disse Paige. Gold la guardò e, rimettendo il bastone a terra, guardò il medaglione e disse: “Loro non lo vorrebbero, ma se scopro che ha fatto veramente del male alla mia bambina, stavolta non la spedirò all’ospedale, ma in un altro posto poco piacevole.”
Mentre Gold parlava, Henry notò qualcosa di nero sulla mano di Maurice. Guardò l’uomo e disse: “È polvere delle miniere. Me lo ricordo da quando io, Rose ed Archie eravamo rimasti intrappolati lì.” Poi guardò Gold e Paige: “I tunnel. Portano fuori città. Dobbiamo fare presto.”
Gold fece salire con forza Maurice, mettendolo alla guida. Lui salì accanto a lui. Excalibur andò sulle sue ginocchia, mentre Henry e Paige sul retro. Infine partirono.
Intanto, Belle e Rose erano state messe in un carrello da miniera da quell’uomo che le aveva rapite. Stava ammanettando Belle, che impaurita domandò: “Ma che vuoi fare?”
“Voglio farvi attraversare il confine della città. Quando sarete dall’altra parte, dimenticherete chi siete e chi amavate” rispose l’uomo.
“No, ti prego. Sei ancora in tempo per cambiare idea. Non ascoltare quello che dice mio padre. Lui non capisce” lo implorava Belle.
“Mi dispiace, ma non posso farlo” disse l’uomo.
“Senti, secondo me sei una brava persona. Te lo leggo negli occhi. Non so cosa possa averti promesso mio padre, ma se proprio non vuoi liberarmi, almeno lascia andare mia figlia. Lei non c’entra nulla” disse Belle.
L’uomo guardò Rose, che lo guardava a sua volta. Poi riguardò Belle e disse: “Secondo suo padre, anche la piccola c'entra. Ma almeno così, quando varcherete il confine, sarete ancora insieme.” Poi andò da Rose, cercando di metterle la manetta come aveva fatto precedentemente con Belle, ma la bambina porse le mani davanti a lei, pronta a scagliargli qualche incantesimo. Sfortunatamente, non uscì nulla. Provò a scappare, ma il dolore alla caviglia glielo impedì, così l’uomo, prendendole la mano sinistra, la ammanettò, come la madre, al bordo del carrello. Mentre ritornava da Belle, Rose replicò: “Se non facessi così schifo con la magia, ti avrei già trasformato in un lurido topo! Mio padre ha sempre avuto ragione: il mondo è pieno di persone spregevoli e cattive. Ora capisco perché ha cercato di proteggermi da tutto e tutti.”
L’uomo, però, come se non l’avesse neanche ascoltata, ritornò di fronte a Belle e, mentre le mostrava una pila accesa, spiegò: “Usatela per trovare la chiave. Buona fortuna a entrambe.” E, dopo aver messo la pila accanto a Belle, azionò una leva, che fece partire il carrello lungo il binario.
“No, no, ti prego. Ferma questo carrello. Sei ancora in tempo per liberarci” gridava Belle, mentre il carrello si allontanava sempre di più.
Andavano sempre più veloce. Con la pila e con la mano libera, Belle cercava la chiave, mentre Rose cercava di liberarsi, ma, entrambe le situazioni non erano migliori. Nessuna chiave e la manetta non si allentava, finché a Rose non venne in mente un’idea: concentrandosi formò nella mano destra una palla di fuoco. Belle voltò lo sguardo e chiese: “Che cosa stai facendo?”
“Be', se non ricordo male, il calore riscalda il ferro. Se riesco ad avvicinare questa palla di fuoco alla manetta, probabile che riesca a surriscaldarla fino a che non si aprirà” rispose Rose e, a fatica, cercò di avvicinare la mano destra alla manetta ma, purtroppo, non ci riusciva. Più ci provava e più faticava a far avvicinare la mano all’altra. Belle notò il duro sforzo della figlia. Mise la mano libera sulla guancia di Rose, dicendole: “Piccola mia, va bene così. Non importa. Quello che conta è che staremo insieme anche quando supereremo il confine.”
“Ma… ma non voglio dimenticarmi di papà. Devo scusarmi con lui.  Non volevo scappare un’altra volta. Volevo dirgli che gli voglio tanto bene e che è un papà straordinario” disse Rose, mentre le lacrime bagnarono il suo viso.
“Oh tesoro, ma lui lo sa già. Ti ha sempre voluto così tanto bene che non ti ha mai voluto abbandonare. Ogni sera, al castello oscuro, stava accanto alla tua culla a cantarti una dolce ninnananna. E tu eri ad ascoltarlo, mentre piano piano ti addormentavi. Ha sempre vegliato su di te e sempre lo farà. Se dovessimo dimenticare tutto, lui non si dimenticherà mai di noi. Ci verrà a cercare utilizzando qualsiasi modo. Ma l’importante è che resteremo sempre insieme” disse Belle. Rose si stava stringendo a lei come poteva quando, all’improvviso, il carrello si arrestò e iniziò a indietreggiare, come trascinato da una potente forza.
“Ma che cosa sta succedendo?” domandò Belle. Rose cercò di sporgersi per vedere meglio e sorrise non appena vide, all’entrata del tunnel, suo padre con una mano davanti a sé che stava scagliando un incantesimo, Excalibur, Henry, Paige e Maurice. Una volta che il carrello si fermò, con un cenno della mano Gold liberò dalle manette sia Rose che Belle. Quest’ultima scese, per poi aiutare anche la figlia. Gold andò verso di loro, abbracciandole forte e dicendo: “Ero così preoccupato. Vi ho cercate dappertutto” Poi le guardò e chiese: “Vi ricordate di me?”
“Non potrei mai dimenticarmi di te, Tremotino” rispose Belle. Gold sorrise. Poi guardò Rose quando disse: “Papà, mi dispiace molto. Non era mia intenzione scappare ancora, ma volevo stare un po’ con la mamma. Perdonami.” E abbassò lo sguardo. Ma lo rialzò quando sentì la mano del padre sulla sua guancia. Gold le stava sorridendo, per poi dirle: “L’importante è che ora tu e tua madre siate qua sane e salve davanti a me. Io voglio solo il bene per voi e tu sei sempre stata una brava figlia. Non avrei desiderato nessun altra figlia diversa da te” Rose sorrise.
“Rose, ci hai fatto molto preoccupare. Almeno potevi avvertirci dove saresti andata” disse Paige avvicinandosi con Henry all’amica.
“E poi avresti dovuto ricordarti che oggi non c’era scuola” aggiunse Henry.
“Già, me ne ero completamente dimenticata” disse Rose.
“Figlia mia, stai bene?” domandò Maurice. Belle lo guardò, rispondendo: “Sì, ma non certo grazie a te. Volevi veramente sbarazzarti per sempre di me e di Rose. Quale padre ha questo coraggio nei confronti della propria figlia e nipotina? Non ti puoi reputare tale. E poi dai del mostro a Tremotino. Ho visto come è venuta su: Tremotino è stato un bravissimo padre e Rose è cresciuta come una bambina dolce e premurosa. Solo che tu non hai mai capito tutto questo.”
“Belle, cerca di capire. Come ti ho detto poco fa, l’ho fatto per voi. Soprattutto per te. Per proteggervi” disse Maurice.
“No, tu lo hai fatto per te stesso. Volevi far soffrire ancora di più Tremotino. Mi dispiace, papà, ma se volevi farmi ritornare dalla tua parte, questo non è il modo migliore” disse Belle.
“Quindi, non ritornerai a casa con me?” domandò Maurice.
“No, papà” rispose semplicemente Belle. Gold sorrise. Poi disse: “Bene. Ora credo che sia venuto il momento di ritornare a casa” Belle si voltò verso di lui, dicendogli: “Mi dispiace, Tremotino, ma non verrò neanche con te.”
“Ma Belle, io…” iniziò col dire Tremotino. Ma Belle lo fermò: “Ti amo molto, Tremotino. Davvero tanto. Ma ho bisogno di prendermi una pausa, per riflettere. Rose rimarrà con te.”
“No, mamma, voglio venire con te. Ti prego” disse Rose ma, appena mosse il piede destro, si fermò per il dolore. Ovviamente Tremotino se ne accorse e, dopo aver fatto voltare la figlia verso di sé, chiese: “Che cos’hai, piccolina?”
“Niente, papà, tranquillo. Sto bene” rispose Rose. Ma Tremotino voleva vederci chiaro e, dopo essersi abbassato, con la mano prese delicatamente la caviglia della figlia, alzandogliela di poco. Rose sussultò un po’ dal dolore. Gold la guardò e Rose volse lo sguardo da un'altra parte. Poi il padre disse, riguardando la caviglia: “Non ti preoccupare. Il papà ora ti fa passare tutto. Basta solo un tocco e non sentirai più nulla.” Stava per passare l’altra mano sulla caviglia, quando Rose lo bloccò: “No, papà. Niente magia” Gold la riguardò, dicendole: “Ma così sarà tutto più veloce.”
“Preferisco il metodo tradizionale, ovvero una pomata” disse Rose. Gold ci rimase un po’ male, ma guardò Belle quando questa disse: “È proprio per questo motivo che dobbiamo prenderci una pausa. Finché non avrai capito che non puoi usare la magia per qualsiasi cosa, allora non mi vedrai a casa.”
“Lo sai perché mi serve la magia. Per ritrovare Baelfire” disse Gold, rialzandosi.
“E lo ritroverai. Lo ritroveremo insieme. Ma, per il momento, abbiamo bisogno entrambi di una piccola pausa” disse Belle, avvicinandosi a lui e mettendogli una mano sulla guancia. Gold mise una mano su quella di lei, per poi domandarle: “Per quanto?”
“Tutto il tempo necessario che ci vorrà. Non dobbiamo avere fretta. Tu intanto continua a occuparti della nostra bambina” disse Belle, facendogli un piccolo sorriso. Gold avvicinò il viso a quello di lei per baciarla, ma Belle lo spostò di lato. Poi guardò Rose e, accarezzandole dolcemente la testa, disse: “Mi raccomando, piccolina, fa' sempre la brava con papà. Non cacciarti troppo nei guai e non farlo preoccupare. Presto ci rivedremo. Magari in giro.” E le sorrise. Non dicendo nulla, Rose l’abbracciò. Gold le guardò sorridendo, ma con un velo di tristezza dentro. Avrebbe voluto Belle accanto a sé nel crescere Rose ma, a quanto pare, la donna aveva per ora deciso diversamente e tutto perché non accettava ancora la sua magia. Era cambiato per lei e sarebbe andato fino in fondo per riaverla al suo fianco.
Belle e Rose smisero di abbracciarsi. Poi Belle, mentre le spostava una ciocca di capelli dalla fronte, disse: “Non cambiare mai, piccolina. Sappilo che ti vorrò sempre bene. Sia a te, che a tuo padre.” E si misero fronte contro fronte. Poi si rialzò. Guardò Gold, facendogli un piccolo sorriso e voltandosi si incamminò, mentre gli altri la guardavano.
Gold si abbassò e mettendo una mano sulla testa di Excalibur le disse: “Vai con lei. Stalle sempre accanto, e se dovesse accadere qualcosa vieni subito ad avvisarmi.” Excalibur gli leccò il viso e, voltandosi, corse dietro Belle. Gold si rialzò, aggiungendo: “E niente dolci!” Sospirò, poi si avvicinò alla figlia e, dopo aver tirato il medaglione fuori dalla tasca della giacca, disse: “Tieni, tesoro. Questo è tuo.”
“Il mio medaglione. Grazie, papà” disse Rose e, dopo essersi tirata su una ciocca di capelli, Gold glielo legò al collo. Si voltò verso il padre, dicendogli: “Non ti preoccupare, papà. Vedrai che le cose si sistemeranno e andranno sempre meglio. Mamma ritornerà da noi e insieme troveremo un modo per ritrovare Baelfire.” Gold sorrise e mettendole una mano sulla guancia disse: “Vorrei che fosse tutto così semplice, mio piccolo fiore, ma dobbiamo lasciare scorrere i fatti.” Sospirò. “Prima o poi ritorneremo ad essere una famiglia.” Rose lo guardò non dicendo nulla.
I giorni passavano. Belle si era sistemata temporaneamente in una camera della locanda di Granny e tutte le mattine passava proprio da lei per fare colazione. E quella mattina non era differente. A farle compagnia c’era sempre anche Excalibur.
“Non capisco perché non ti sbarazzi di quella volpe. Meglio approfittarne, intanto che Gold non ti gira intorno” disse Ruby, mentre metteva un succo di frutta e una brioche davanti a Belle, che stava in piedi davanti al bancone.
“Perché mai dovrei sbarazzarmi di lei?” chiese Belle.
“Perché ficca il naso in faccende che non le riguardano per conto del suo padrone e, soprattutto, mi fa sempre fuori le ciambelle del locale” rispose Ruby ed entrambe abbassarono lo sguardo per vedere Excalibur mangiare due ciambelle da un piattino. La volpe le guardò e scodinzolò. Le due si riguardarono e Ruby disse: “Visto a cosa alludevo? Se continua così, le verrà solo un forte mal di pancia.”
“È fatta così. Anche Tremotino ha provato a insegnarle le buone maniere, ma non c’è riuscito. Però a noi Excalibur piace così com’è” disse Belle e sorrise alla volpe, la quale emise dei versetti. Ruby scosse negativamente la testa. Mentre Belle sorseggiava il succo di frutta, entrò Rose, con cartella su una spalla. Belle la guardò e, sorridendole, disse: “Ciao, tesoro” e l’abbracciò.
“Ciao, mamma” disse semplicemente Rose, abbracciandola a sua volta. Poi si staccarono e Belle le domandò: “Tutto a posto?”
“Sì, sì, tutto bene” rispose quasi distrattamente Rose. Poi guardò Excalibur e aggiunse: “Ehi ciao, Excalibur. Non mi dire che hai ancora mangiato le ciambelle di Granny?” Ed Excalibur emise versetti di disapprovazione.
“Quelle ma anche dei biscotti. Dovreste metterle un freno” disse Ruby. Rose la guardò, ma non disse nulla. Guardò la madre quando questa chiese: “Cosa è successo veramente?”
“Credi che sia successo qualcosa?” domandò Rose.
“Dovresti essere a scuola. Tuo padre lo sa che sei qua o sei di nuovo scappata da lui? Avete litigato?” chiese Belle.
“Per la scuola sono in anticipo e no, non ho litigato con papà e non sto nemmeno scappando da lui. Sapevo che eri qua e ora non mi dire che non posso venirti a trovare” rispose Rose.
“Certo che mi puoi venire a trovare, ma lo sai che non devi far mai preoccupare papà” disse Belle.
“Sì, lo so, mamma, ma ora vorresti venire con me? Avrei una cosa da farti vedere” disse Rose.
“Rose, mi pare che tu debba andare a scuola e non vorrei che arrivassi in ritardo” disse Belle.
“Non ti preoccupare, mamma. Non arriverò in ritardo. Ti prego, vieni con me” disse Rose. Belle la guardò. Poi guardò Excalibur quando questa emise dei versetti. Infine riguardò la figlia e disse: “Va bene, ma dopo dritta a scuola.” Insieme a Rose ed Excalibur uscì, dopo ovviamente aver salutato Ruby.
Le tre passeggiarono per la via principale della cittadina. Belle domandò: “Dove sono i tuoi amici? Voi tre state sempre insieme.”
“Paige è con suo padre. Sembra che il loro rapporto ormai stia andando a gonfie vele. Mentre Henry… be'… sua madre lo tiene stretto a sé. Dopo ciò che è successo con quella folla inferocita, Regina cerca di proteggerlo come può. Pensa che voleva fin rinunciare alla magia per lui, ma non lo ha fatto” rispose Rose.
“Sembra che lei e Tremotino non siano poi così tanto differenti” disse Belle.
“A quanto pare hanno molte cose in comune di cui non sanno nemmeno loro” disse Rose. Arrivarono alla biblioteca, fermandosi di fronte a essa. Belle guardò le porte. Erano senza carte di giornali e pulite. Riguardò Rose e notò che la figlia le stava porgendo, sul palmo della mano, una scatola di velluto rossa.
“Non capisco” disse Belle.
“È tua. Aprila” disse semplicemente Rose. Belle guardò Excalibur, che annuì con la testa. Riguardò la scatolina, e dopo averla presa l’aprì. Al suo interno c'era una chiave, alla quale era legata la targhetta con su scritto “Biblioteca”. Guardò Rose, che le sorrise. Estrasse la chiave e la mise nella serratura. La girò, sentendosi un 'click'. Aprì la porta ed entrò, seguita da Rose ed Excalibur.
L’interno era parzialmente buio, ma la poca luce che entrava dalle finestre semiaperte illuminava le varie scaffalature piene di libri. Belle ne fu affascinata, proprio come un tempo. I libri erano sempre stati i suoi più fedeli amici fin dall’infanzia, da quando la madre le aveva regalato il primo. Lei lo aveva sempre tenuto accanto a sé, finché non se ne era dovuta separare dopo che era andata a vivere con Tremotino. Poi, però, al castello oscuro fu lo stesso Tremotino a regalarle la biblioteca.
“È rimasto tutto come prima, anche se ricordo poco di quando venivo qua. Ero piccola, ma quella gentile signora anziana mi ha sempre fatto amare i libri, proprio come li ami tu, mamma” disse Rose, guardando Belle che le sorrise. Excalibur drizzò le orecchie e, voltando lo sguardo, emise dei versetti e scodinzolò. Anche Belle e Rose guardarono nella direzione della volpe, per vedere Gold spuntare da due scaffalature e camminare verso di loro. Guardò Rose, che sorrise. Riguardò Gold, il quale disse: “Quando siamo in biblioteca, possiamo essere in ogni angolo della terra.”
“L’hai data tu a Rose?” chiese Belle, mostrando la chiave.
“È stato un piccolo consiglio della nostra bambina. Voleva farci riavvicinare. Ma non ti obbligo a tornare da noi. Qua sopra c’è un piccolo appartamento per il bibliotecario, se vuoi, così non dovrai più stare alla locanda” rispose Gold. Belle guardò Rose, che li guardava in silenzio. Poi disse, dopo aver sospirato: “Mi dispiace, piccolina. Se volevi farci riavvicinare, be'…”
Ma Gold, facendo qualche passo verso di lei, la bloccò: “Non è per questo. È vero, la nostra piccolina ci rivoleva insieme, ma il motivo principale è che… tu hai ragione… su di me. È vero, sono un codardo. Non posso mentire, lo sono sempre stato. Ho cercato di rimediare diventando più potente, ma il potere è diventato così fondamentale da non riuscire più a farne a meno. Non posso usarlo per qualsiasi cosa, proprio come l’altro giorno, alla miniera, che volevo usarlo per guarire la caviglia di Rose.” Guardò la figlia. Rose continuò a stare in silenzio. Poi riguardò Belle e proseguì: “A causa del potere, come sai, ho perso Baelfire e stavo per perdere anche Rose. Ho percorso tante, tante strade per poterlo salvare, finché ho trovato un sortilegio che mi portasse nel mondo in cui era scappato. Lo stesso sortilegio dal quale ho cercato di proteggere te e Rose. Ma qualcosa è andato storto, perché non ci siamo ritrovati tutti insieme qua.”
Belle sospirò, per poi dire: “E io so anche perché.” Gold inarcò un sopracciglio e la ragazza continuò: “Quando ho messo Rose nella cesta dentro la tana di Excalibur, le ho anche donato il mio medaglione. Non volevo che si dimenticasse di noi. Lei era più importante. Mi si spezzava il cuore nel dirle addio e dimenticarmi di lei e te. Ma volevo che si salvasse. Che si ritrovasse con te e tu, poi, la crescessi come avrei voluto anche io. Poi sono scappata, ma Regina è riuscita a catturarmi insieme a Jefferson e Dove.”
Gold si avvicinò a lei e, dopo averle messo una mano sulla guancia, disse: “Oh Belle, hai rischiato così tanto per proteggere la nostra bambina. Sei sempre stata una donna coraggiosa.”
“Una madre deve sempre proteggere la propria figlia e Rose è molto importante per me. Lo è sempre stata fin quando ho scoperto di aspettarla” disse Belle e a Rose scese qualche lacrima.
“Perdonami se non ti ho dato ascolto prima, ma se quella sera mi hai visto armeggiare in cantina con la magia era solo perché stavo cercando un modo per spezzare questo nuovo sortilegio. Per poter attraversare la linea di confine senza perdere la memoria e, di conseguenza, dimenticarmi di te, della piccola Rose, di Excalibur e di Baelfire. E ora che ti perdo di nuovo, volevo solo che sapessi tutta la verità. Addio, Belle” spiegò Gold, e tolse la mano dalla guancia della ragazza. Poi guardò Rose e aggiunse: “Mio piccolo fiore, mi dispiace che la tua idea non abbia funzionato, ma sappi che potrai stare con tua madre. Ne hai il diritto.” E la baciò sulla fronte. Infine, si abbassò e, mettendo una mano sotto il mento di Excalibur, disse: “Mia fedele amica, tu ci sei sempre stata per qualsiasi cosa. Non hai mai mollato e hai sempre creduto in me. Rimani come sei e fa' che il tuo fiuto non sbagli mai. Non dubitare mai di te stessa.” Rialzandosi, si voltò per uscire. Excalibur abbassò tristemente orecchie e coda.
“Tu l’hai mai mangiato un hamburger?” domandò Belle. Gold si fermò e, voltandosi, rispose: “Sì, certo.”
“Be', io invece no. Ma Rose mi ha detto che Granny prepara degli hamburger ottimi. Magari potremmo provarli” propose Belle. Guardò Rose e aggiunse: “Tutti e tre, ovvio.” Rose sorrise. Anche Gold sorrise e disse: “Sì, volentieri.”
“Finalmente e di nuovo come una famiglia” disse Rose ed Excalibur emise dei versetti di contentezza.
Venne sera. Belle era ritornata a casa con Gold e Rose e ora tutti e tre si trovavano addormentati, dopo una bella cenetta, sul divano. Rose si trovava in mezzo ai genitori, ma aprì gli occhi non appena sentì dei rumori. Si guardò intorno, ma in salotto non vide nulla. Stava per rimettersi a dormire quando sentì nuovamente i rumori. Cercando di non svegliare i genitori, si alzò dal divano, dirigendosi verso la cucina e fu lì che vide Excalibur intenta ad uscire dalla porta sul retro.
“Ehi, che cosa stai facendo?” disse Rose.
Excalibur si voltò, mettendo la coda tra le zampe. Ma poi si rivoltò e, con una zampina, spostò della legna lì accanto, rivelando un piccolo buco, dal quale uscì. Rose si abbassò e, dal buco, disse: “Excalibur, torna subito qua.” Ma, di tutta risposta, la volpe, fermandosi, la guardò. Poi riprese a correre per il giardino del retro. Rose si rialzò. Allungò una mano verso la maniglia ma… la ritrasse. Voltò lo sguardo verso il salotto: i suoi genitori stavano ancora dormendo. Doveva svegliarli e dire loro che Excalibur era scappata? Non voleva finire nei guai proprio ora che i suoi genitori erano ritornati insieme. Ma pensò anche che, se avesse riportato indietro Excalibur nel minor tempo possibile, i suoi genitori non si sarebbero accorti di nulla. Sospirò e prese una decisione: aprì la porta e seguì la volpe.
Arrivarono al pozzo nella foresta. Rose disse: “Excalibur, perché siamo venute qua? E per di più a quest’ora della sera. Su, torniamo a casa prima che mamma e papà si incavolino non vedendoci.” La volpe la guardò ed emise dei versetti. Sentirono delle voci. Qualcuno si stava avvicinando, e di certo quella non poteva essere una coincidenza. Rose poté sentire qualcuno dire: “E io ripeto che mi dispiace. È vero, avremmo potuto dirtelo, ma abbiamo preferito non ferirti. Non ora che ci siamo ritrovati.”
“Siamo una famiglia. Credevo non avessimo segreti. La mia vita è stata tutta un segreto. Pensavo che ora fosse diverso. So che mi volete bene, ma non dovevate darmi questa pugnalata alle spalle” sentì dire l’altra voce.
“È stata una decisione molto sofferta. Abbiamo cercato di tenerla nascosta a più persone possibili, soprattutto a Regina e Gold. Se dovessero finire nelle loro mani, non oso neanche immaginare per quali loschi scopi potrebbero usarli” sentì dire la prima voce.
“E per questo motivo avete pensato bene di non dirmelo. Avevate paura che sarei andata a spifferarlo a Regina e Gold” disse la seconda voce.
“Non è per questo. Non te lo abbiamo detto per proteggerti” disse la prima voce.
“Siete la mia famiglia e io sono adulta. Non dovete proteggermi. Volevate solo andarvene e lasciarmi nuovamente da sola” replicò la seconda voce.
“Lo sai che non sarai mai più sola” disse la prima voce. Ci fu silenzio. Poi la seconda voce chiese: “E Henry lo sa?”
“No. Ovviamente no. Non volevamo ferire nemmeno lui” rispose la prima voce. Poi si voltarono e…
Rose ed Excalibur erano rimaste lì. Davanti a loro era comparse Emma e Mary Margaret. Nessuna delle tre osava dire qualcosa. Poi Emma domandò: “Rose, che cosa ci fai qua?”
“Potrai fare la stessa domanda a voi” rispose Rose. Emma vide Excalibur. Riguardò Rose e disse: “Ora capisco. Non siete qua per caso. Quando c’è quella volpe nei paraggi, vuol dire che c’è di mezzo tuo padre.”
“Mio padre non sa nemmeno che siamo qua. Excalibur ha agito da sola. Lei va dove sente una magia potente, e guarda caso spunta la Salvatrice con sua madre” disse Rose e guardò malamente Mary Margaret.
“Forse fareste meglio a ritornare a casa prima che i tuoi genitori si accorgano che non ci siete” disse Emma.
“Se Excalibur mi ha portato qua, vuol dire che c’è una ragione, e guarda caso siete comparse voi due. Che cos’è che volevate nascondere a noi altri? Cos’è che potrebbe diventare pericoloso se dovesse finire nelle mani di mio padre?” disse Rose.
“Niente che ti riguarda” rispose Mary Margaret.
“Allora non mi deve riguardare nemmeno la recita, vero?” disse Rose.
“Non so di che cosa tu stia parlando” disse Mary Margaret.
“Non far finta di nulla. Sai benissimo di cosa sto parlando. Tu mi vedi un mostro, proprio come mio padre. Lo avete sempre definito così, perché non riuscite a guardare oltre ma vi fidate solamente di vecchie dicerie” spiegò Rose e, per un attimo, il suo medaglione brillò.
“Tuo padre ha commesso tante brutte cose in passato. È una persona cattiva e tale deve essere trattata” disse Mary Margaret.
“No! Le persone cattive siete voi! Lo siete sempre state! Lui è buono. Gentile e solo ora capisco da chi mi voleva proteggere. Da voi” replicò Rose, mentre nelle sue mani cominciavano a formarsi fasci di magia.
“Tu parli con la voce di una figlia, ma se lo avessi conosciuto come tutti noialtri ti saresti fatta un’idea ben diversa di lui” disse Mary Margaret, facendo qualche passo verso di lei.
“A quanto pare, però, mia madre ha visto molto di più. Gli è stata accanto quando gli altri lo disprezzavano. E ora disprezzate me perché sono sua figlia. Ecco perché non ci sono nella recita. Perché hai paura che possa fare qualcosa di male agli altri” replicò Rose.
“Forse ora è meglio che ci diamo tutti una calmata e ricominciamo con il piede giusto” disse Emma.
“A cosa servirebbe? Saremmo di nuovo da capo. Voi non capirete mai” disse Rose.
“Rose, sei solo arrabbiata perché non ti ho messo nella recita. Ok, forse ho sbagliato, ma ora non è il caso di litigare per questo. È solo una piccola divergenza” disse Mary Margaret, facendo ancora qualche passo verso di lei.
“No. Non lo è, perché non cambierà nulla! Voi continuerete a odiare mio padre, e di conseguenza anche me” replicò Rose, e dalle sue mani uscì la magia. Mary Margaret ed Emma cercarono di fermarla, ma tutto ciò che accadde fu un forte bagliore bianco. Quando scomparve, Rose si guardò intorno. Mary Margaret ed Emma erano sparite e dal pozzo uscì del fumo viola. La bambina si guardò le mani: scintille di magia si potevano ancora vedere dalle sue dita, per poi dissolversi. Anche la luce nel suo medaglione svanì. Excalibur la guardò emettendo dei versetti e Rose capì: aveva fatto scomparire Emma e Mary Margaret. Ma dove?




Note dell'autrice: Eccomi qua e..... perdonatemi immensamente per questo lunghissimo ritardo. E' vero, avevo scritto che non vi avrei più fatto aspettare dei secoli, ma ho fatto peggio: non ho mantenuto la promessa. Non pensate male di me, ma sono sta stra stra impegnata con il lavoro e, poi, mi era venuto anche il blocco dello scrittore. Avevo tutte le idee in mente ma, non mi veniva da aprire il file
Comunque, eccoci finalmente fa con la fine del capitolo. Rose ne ha combinata un'altra delle sue. Dove avrà spedito Mary Margaret ed Emma? Forse saprete già dove. Altre sorprese arriveranno nel prossimo capitolo che, per farmi perdonare, è già in lavorazione ed a buon punto.
Grazie a tutti/e per l'enorme pazienza, anche per esservi arrivati fin qua in fondo a leggere. Grazie a tutti quelli che recensiscono, seguono la storia o semplicemente passano di qua a dare una sbirciatina. Grazie infinite alle mie più care amiche Lucia e Laura.
Al prossimo capitolo, dearies e buona notte

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Sensi di colpa - Parte I ***




The Rose of true Love - Stagione II
 


 Capitolo IV: Sensi di colpa- Prima Parte

 

Rose osservava gli ultimi residui di magia che fuoriuscivano dal pozzo e anche piccoli sprazzi di scintille dalle sue mani. Non voleva credere a ciò che era appena successo. Fissò Excalibur che, guardandola, mugugnò.
“Oh Excalibur,ora che cosa faccio? Non so nemmeno dove posso averle mandate. È tutta colpa mia. Io… io non volevo. È stato solo un incidente. Sì, solo un incidente. Mica ho fatto apposta, no?”  Excalibur spostò di lato la testa. Poi Rose, andando avanti e indietro, proseguì: “Ma solo io e te lo sappiamo. Se troviamo un modo di riportarle qua, nessun altro se ne accorgerà ed è come se non fosse accaduto nulla.”
Excalibur emise dei versetti, quindi Rose guardandola replicò: “Questa è tutta colpa tua. Perché ti ho seguita? Tu e il tuo maledetto fiuto per la magia.” La volpe abbassò tristemente le orecchie. Rose si avvicinò e, dopo averle messo una mano sulla testa, disse: “Ma, dopotutto, non è colpa tua se sei nata con questo dono. Tranquilla,piccola, sono io quella che deve rimediare.” Excalibur la leccò sulla faccia. Si sentirono delle voci. La volpe si voltò ed emise dei versetti.
“Shhh, Excalibur, zitta” disse Rose, cercando di tenerle chiusa la bocca, ma la volpe continuò ad emettere dei versetti. Le voci erano sempre più vicine, quindi Rose, portandosi con sé Excalibur, si andò a nascondere tra i cespugli, proprio nel momento in cui passarono Leroy e gli altri nani.
“Non vedo l’ora che i fagioli siano maturi, così da andarmene per sempre da questo posto. Mary Margaret e David hanno avuto un’idea geniale. Nessun altro ne verrà a conoscenza” disse Leroy. Rose guardò Excalibur, sussurrandole: “Fagioli? Quali fagioli?”
“Ma così non è… ecco… comportarsi da cattivi?” domandò uno dei nani.
“Siamo gli eroi. Non potremo mai essere cattivi. Regina e quello scorbutico di Gold rimarranno sempre cattivi, così imparano a metterci i bastoni fra le ruote. Non troveranno mai un modo per oltrepassare quella linea senza perdere la memoria. E io dico: ben gli sta” rispose Leroy.
“Be’… in un certo senso… non hai tutti i torti” disse il nano di prima.
“Certo che non ho tutti i torti. Anche nella foresta incantata hanno sempre cercato di rovinarci tutto. Ma ora che noi ce ne andremo, non saranno più un problema” disse Leroy.
“E per quanto riguarda Emma ed Henry? Non credi dovremmo dirlo almeno a loro?” chiese un altro nano.
“No. Mary Margaret e David ci hanno detto di tenere la bocca chiusa anche con loro. Lo so, sono della famiglia, ma non è colpa mia se non vogliono che vengano con noi” rispose Leroy.
“Mi dispiacerà dir loro addio” disse un nano. Leroy si fermò, così come gli altri, per poi dire: “Sarò sincero, anche a me mancheranno,ma non possiamo farci niente. Continueranno a vivere qua serenamente, seppur dovranno sopportare certe arpie.”
In quel momento, Excalibur riuscì a liberarsi da Rose e, uscendo dai cespugli, andò verso i nani, mentre la bambina tentava di richiamarla: “Excalibur, torna qua. Accidenti a te. Torna qua.” Ma la volpe non ne volle sapere. Leroy e gli altri la seguirono con lo sguardo e un nano, indicandola, disse: “Ehi, ma è la volpe del Signor Gold. Questo vuol dire…” e con paura, aggiunse: “… oddio… il Signor Gold è qua.”
“Allora avrà sentito tutto quello che abbiamo detto su i fagioli magici” aggiunse un altro nano.
“Finitela. Il Signor Gold non c’è, ma deve aver evidentemente mandato qua la sua bestiaccia per ficcanasare il naso in faccende che non gli riguardano” disse Leroy.
Cercò di scacciare Excalibur ma, la furba volpe, girò intorno a loro un paio di volte per poi  mordere la giacca di Leroy, il quale replicò: “Vattene lurido topo con la pelliccia!” Guardò gli altri ed aggiunse: “Non statevene lì a non fare nulla e datemi una mano.”
“Forse vuole solo giocare” disse un altro nano.
“Incapace che non sei altro! E’ la volpe di Gold. Figuriamoci se vuole giocare! Questa vuole solo farci perdere tempo!” replicò Leroy e, con uno strattone, riuscì a togliersi di dosso Excalibur. Si guardò la giacca e vide che era lacerata. Guardò Excalibur che, emettendo dei versetti, se ne ritornò tra i cespugli.
“Maledetto topo troppo cresciuto! Era anche una giacca nuova!” replicò Leroy.
“Dai, non te la prendere per così poco. Ora ritorniamo a casa” disse un altro nano e, se ne andarono, mentre Leroy continuò a borbottare.
“Finalmente se ne sono andati” disse Rose. Poi guardò Excalibur accanto a sé ed aggiunse: “Mai che riesci a farti gli affari tuoi, vero?” La volpe sembrava che fosse in procinto di vomitare. Rose fece una faccia disgustata, quando Excalibur sputò qualcosa a terra.
“Che schifo Excalibur. Era così che portavi gli oggetti a papà? Vomitandoli?” disse Rose ed Excalibur emise dei versetti. Poi la bambina prese l’oggetto che Excalibur aveva sputato a terra e lo guardò: si trattava di un fagiolo. Ma non era un fagiolo qualunque.
“Excalibur, questo è un fagiolo magico. Sai cosa vuol dire questo?” disse Rose e, dopo aver guardato la volpe che scosse negativamente la testa, aggiunse: “ Che riporterò indietro Mary Margaret ed Emma. Papà mi aveva detto di aver perso Baelfire attraverso un portale creato proprio da un fagiolo magico. Devo solo trovare un modo per collegare questo fagiolo al posto dove ho spedito Mary Margaret ed Emma, riportandole qua in men che non si dica. Sapevo che saresti stata sempre utile” e baciò Excalibur sulla testa. Si alzò e disse: “Ora ritorniamo a casa e dormiamoci su” e si incamminò, seguita dalla volpe.
Poco dopo ritornarono a casa, rientrando dalla porta del retro. Rose l’aprì lentamente e, dopo essersi accertata che non vi fosse nessuno, entrò seguita da Excalibur, che zampettò fino alla sua ciotola, mangiandosi della carne rimasta dalla cena. Rose, invece, se ne andò in salotto dove, stranamente, trovò ancora i suoi genitori addormentati sul divano. Silenziosamente si avvicinò e si rimise tra loro. Successivamente, arrivò anche Excalibur che si andò ad acciambellare nella sua cesta accanto alla poltrona. Rose appoggiò la testa contro la spalla del padre, addormentandosi.
Il mattino seguente, dei rumori svegliarono Rose. Si rese conto di trovarsi ancora sul divano, ma i suoi genitori non c’erano, così come non c’era nemmeno Excalibur nella sua cesta. I rumori provenivano dalla cucina. Rose si alzò e si diresse lì, dove trovò i genitori intenti a fare colazione. La videro e Belle, sorridendole, disse: “Buongiorno tesoro.”
“Perché non mi avete svegliata prima?” domandò Rose e, dopo aver sbadigliato, si sedette tra loro.
“Dormivi così beata, che abbiamo pensato di non svegliarti presto” rispose Belle.
Rose la guardò, per poi iniziare a mangiare la colazione. Si sentiva però osservata da entrambi. Stranamente erano molto silenziosi. Di solito litigavano su argomenti discordanti o le facevano un sacco di domande. Quella mattina, invece, era diversa. Guardandoli chiese: “Emm… qualcosa non va?”
“Dovresti essere tu a dircelo” rispose Gold.
“Non so a cosa alludi” disse Rose.
“Ieri sera mi sono svegliato e non eri più accanto a noi e, guarda caso, mancava anche Excalibur. Sono andato a controllare in camera tua ma, ovviamente, non c’eravate. Dove sei sparita?” disse Gold e scrutò come una preda.
Rose deglutì per la paura. Era proprio vero che a suo padre non sfuggiva nulla. Guardò la madre che, anche lei, aspettava una risposta. Infine riguardò il padre e titubante rispose: “Be’… Excalibur aveva… aveva fiutato qualcosa, così l’ho seguita fuori nel giardino sul retro e… e… abbiamo scoperto delle talpe che stavano facendo delle buche.”
“Talpe?! Abbiamo delle talpe in giardino?!” disse stupita Belle.
“Non abbiamo mai avuto talpe in giardino e pensavo che quelle buche fossero state fatte da Excalibur per nasconderci il cibo” disse Gold, facendo un piccolo sorriso e la volpe, guardandolo, emise dei versetti di disapprovazione, per poi riprendere a mangiare dalla ciotola.
“Sì… sì erano proprio talpe. Le abbiamo viste. Poi sono sparite non appena ci siamo avvicinate a loro” disse Rose.
 Sperò che i genitori si bevessero quella grossa bugia. Belle e Gold si guardarono. Rose deglutì per la paura. I genitori la riguardarono e Belle disse: “No, perché proprio ieri sera tuo padre, è andato nel giardino sul retro e, non solo non ha visto le talpe, ma nemmeno voi due. Sai cosa vuol dire?”
“Che non dovremo trovare un modo per sbarazzarci di quelle talpe ?” disse Rose.
“Che magari ve ne siete andate a gironzolare in posti che ho proibito. Come per caso nella foresta” disse Gold. Rose iniziò a sudare. Poi Gold aggiunse: “ Rose, sei andata nella foresta ieri sera? Perché se davvero dovesse essere così, stavolta non sarò tanto clemente nei tuoi confronti, credimi sulla parola.”
“Io… io…” disse con paura Rose ma, fortunatamente venne salvata dal campanello che suonò più volte.
“Chi è che rompe mentre sto facendo colazione?! Giuro che li trasformo in topi!” replicò Gold, mentre furente andò verso la porta.
“Tremotino, niente magia. Promettilo” disse Belle. Sentì solamente mugugnare e successivamente la porta aprirsi. Poco dopo, vide David, seguito ovviamente dallo stesso Gold.
“David. Che piacevole sorpresa. Perché non ti siedi che ti preparo del caffè” propose Belle, guardandolo.
“Non la reputerei una piacevole sorpresa, visto che mi ha già rovinato la mattinata” disse Gold. Belle lo ammonì con lo sguardo, ma riguardò David quando disse: “Mi dispiace molto disturbarvi. So che non è un piacevole momento” e guardò di sfuggita Gold, che contraccambiò con sguardo poco piacevole. Riguardò Belle ed aggiunse: “Ma si tratta di una cosa urgente. Ecco… Mary Margaret ed Emma sembrano sparite nel nulla. Non riusciamo a trovarle da nessuna parte.”
“E’ impossibile. Nessuno sparisce nel nulla” disse Gold. David lo guardò, dicendogli: “Non se usi la magia e ti trovi in una cittadina come Storybrooke.”
“Stai insinuando che sia stata colpa mia?” domandò Gold.
“Con tutto ciò che ci hai fatto nella foresta incantata e il tuo odio in tutti noi altri, non lo escludo affatto” rispose David. Rose li osservava in silenzio, mentre mangiava i cereali.
“Mi scuso vostra maestà se ho salvato la vita della vostra preziosa figlioletta” disse Gold con voce stridula e facendo un piccolo inchino, prendendo in giro David, che disse: “Salvato la vita?! Per colpa tua siamo stati allontanati da lei per ventotto anni.”
“C’è sempre un rischio da correre per salvare i propri cari. Io stesso l’ho fatto per Belle e Rose” disse Gold.
“Infatti ho visto che Rose ha passato la stessa vita di Emma. La tua adorata figlia è stata trattata da principessa. Viziata e coccolata come non mai. L’hai rinchiusa in casa, come se la tenessi dentro una teca di vetro, in modo che nessuno osasse sfiorarla. Non hai considerato che, così facendo, le stavi rovinando l’infanzia? Ma ovviamente prima pensavi a te stesso e poi agli altri” disse David.
Gold fece qualche passo verso David e, dopo essersi fermato di fronte a lui, replicò: “Sono stanco di sentirmi dire le stesse cose. Ho sempre e solo voluto il meglio per la mia piccolina. Non le ho rovinato l’infanzia. Ho cercato di proteggerla da persone come voi che hanno sempre voluto vedere solo ciò i loro occhi vedevano. Non sai come è crescere un figlio da solo e ho cercato di non far mancare a Rose la figura materna. Ma tu e tutti gli altri non lo capirete mai. Siete solo degli sciocchi che vi attaccate alle dicerie di questa inutile cittadina.”
Calò il silenzio. Si sentiva solamente Excalibur che continuava a mangiare dalla ciotola, noncurante di ciò che stava avvenendo. Belle si alzò, proponendo: “Forse, potrei venire a darti una mano a cercarle.”
“Belle, non dire sciocchezze. Sicuramente, da un momento all’altro, salteranno fuori” disse Gold, guardandola. Belle andò verso di loro, dicendo: “E se non fosse così? Se fossero veramente sparite da Storybrooke? Sai benissimo cosa accade se si supera la linea di confine.”
 Gold  non voleva che Belle andasse ma, sapeva benissimo che lei si sarebbe sempre messa dalla parte di chi aiutare. La riguardò e disse: “Va bene. Intanto so che andresti comunque. Non riuscirei a fermarti, nemmeno se ti legassi.”
Belle sorrise. Poi Gold guardò David ed aggiunse: “Bada che non le accada nulla principe, perché se no sarò ben lieto di ridurti in polvere.”
“Non ti preoccupare, Gold. A Belle non accadrà nulla. La terrò sempre d’occhio” disse David. Belle e Gold si riguardarono e la ragazza gli disse: “Mentre non ci siamo, occupati di Rose. Così, potrete passare un po’ di tempo insieme.”
“ Bene, così ne approfitto per portarla nella foresta e continuare con le nostre lezioni di magia” disse Gold. Rose quasi si soffocò e guardandolo stupita chiese: “Proprio nella foresta?” Gold la guardò e rispose: “Siamo sempre andati lì. Non vorrai mica farle qua? Con tutti i disastri che ancora combini, non vorrei ritrovare la casa distrutta.” Rose ci rimase un po’ male, ma poi disse: “No, no, non alludevo a quello. Pensavo che, almeno, potevamo cambiare luogo.”
“La foresta va più che bene. Ora finisci di mangiare” disse Gold. Rose non replicò e finì la colazione. Gold riguardò Belle, dicendole: “Vorrei che Excalibur venisse con voi, così da tenerti compagnia.”
“Grazie tante per l’offerta, ma faremo anche senza la compagnia della tua amica dal fiuto magico. Forse fin troppo magico” disse David.
“La mia non era un’offerta, ma un obbligo. Mi sento più al sicuro, se Belle ha affianco a sé Excalibur” disse Gold.
“Ce la caveremo anche senza di lei e Belle è perfettamente al sicuro con me” disse David.
“Sono io quello a non essere molto sicuro” disse Gold.
Prima che David potesse controbattere, Belle si mise di fronte a Gold e, dopo avergli messo le mani sulle spalle, disse: “Andrà tutto bene. Non è necessario che mandi con noi Excalibur. Sono sicura che starà molto meglio con voi o nella sua cesta. Ritorneremo presto e tu non ci andare giù troppo pesante con Rose” e lo baciò su una guancia. Poi dopo aver salutato Rose ed Excalibur, insieme a David uscì.
“Dai papà non c’è motivo di essere geloso. Dopotutto la mamma vuole solo aiutarlo” disse Rose. Gold la guardò, dicendole: “Io non sono geloso. E poi non ti avevo detto di finire la colazione?”
“E’ che volevo assaporarmela per bene” disse Rose. Gold mise le mani sulla tavola e, avvicinando il viso a quello della figlia, domandò: “Come mai ci impieghi più del previsto? Cosa stai nascondendo?”
“Ti sembra che stia nascondendo qualcosa?” chiese Rose. Gold inarcò un sopracciglio. Non rispose e si voltò. Rose tirò un sospiro di sollievo. Per il momento era salva. Ma ancora per quanto?
Poco dopo, Rose tentò un’altra volta di creare una barriera protettiva e nuovamente fallì. Da un po’ di giorni, il padre aveva deciso di insegnarle incantesimi di difesa, qualora a Storybrooke,  fosse entrato qualcuno in malafede. Non era preoccupato, considerando che con un solo schiocco di dita lo avrebbe anche ridotto in cenere, ma sapeva che non sarebbe sempre stato accanto alla figlia per proteggerla. Per ciò, voleva essere sicuro che lei stessa riuscisse a proteggersi da sola qualora ce ne fosse stato bisogno.
Rose tentò nuovamente ma, solo una flebile luce bianca uscì dalle sue mani. Gold la guardava un po’ distante, tenendo le mani dietro la schiena. Excalibur se ne stava seduta guardandoli entrambi, anche se di tanto in tanto la sua attenzione si spostava su qualche farfalla o altro insetto che le volava accanto.
“Riprova” disse semplicemente Gold.
“Non ce la faccio” disse Rose, guardandolo.
“Quale è stata una delle cose che ti dissi il primo giorno che abbiamo iniziato con le lezioni?” domandò Gold.
“Concentrarsi. Liberare la mente e non mollare al primo tentativo” rispose Rose.
“Esatto. Allora concentrati e riprova” disse Gold. Rose rimise le mani davanti a sé. Si concentrò. Qualcosa di bianco uscì dalle sue mani… poi si dissolse.
“Non ci riesco” disse Rose.
“Non sei concentrata. Cosa ti tormenta?” chiese Gold.
“Non c’è nulla che mi tormenta. Sono solamente stanca” rispose Rose, abbassando le mani.
“Se fossi solamente stanca, ti verrebbe almeno fuori un incantesimo decente. Invece, vedo solo fumo” disse Gold.
“Perché non vuoi capire che faccio schifo? È inutile che insisti. È solo una perdita di tempo” disse Rose.
Gold andò a passo spedito verso di lei e, fermandosi di fronte, le mise una mano sulla spalla per poi replicare: “La magia non è mai una perdita di tempo! La magia è potere!”
Mostrò l’altra mano nella quale si formò una palla di fuoco. Mentre l’osservava, continuò: “ La magia può farti fare grandi cose e rendere insignificanti gli altri. Nelle tue vene scorre il sangue del signore oscuro. La tua magia è molto più potente di chiunque altro. Persino di quella stolta di Regina. Ricordati sempre che nessuno deve essere superiore a te.”
Fece scomparire la palla di fuoco e, riguardando la figlia, aggiunse: “Mio piccolo fiore, la magia mi ha anche fatto fare cose brutte in passato, ma non voglio che ciò accada a te. È per questo che sto cercando di insegnarti tutto ciò che è in mio potere affinché tu non venga tentata dall’oscurità. Sarebbe un peso troppo grande da portare per te. Ti voglio troppo bene per farti soffrire” e la strinse a sé.
Rose era rimasta senza parole. In poco tempo, suo padre era passato da arrabbiato a triste. Lo guardò, poi Gold, smettendola di abbracciare le sorrise ma, dopo aver visto lo sguardo triste della figlia, domandò: “Piccola, cosa c’è che non va?”
“Ecco… devo dirti una cosa. Riguarda ieri sera... io ed Excalibur siamo venute qua nella foresta” disse Rose, mentre si massaggiava un braccio.
“Rose! Lo sai benissimo che…” iniziò già arrabbiato Gold, ma Rose lo bloccò: “Lo so che non dovevamo venirci, ma Excalibur aveva fiutato qualcosa e così ho preferito seguirla, pensando di riportarla a casa prima che voi vi sareste svegliati. Poi però, una volta al pozzo, sono arrivate anche Mary Margaret ed Emma. Giuro papà è stato un incidente. Non volevo.”
“Che cosa non volevi?” chiese Gold.
“Farle sparire. Sì, sono stata io. Con la magia. Tu… tu mi avevi sempre detto di non farmi prendere dalle emozioni, ma mi sono arrabbiata e, con qualche strano incantesimo, le ho fatte  sparire. E non so nemmeno dove possano essere finite. Mi dispiace” spiegò Rose, mentre alcune lacrime le rigavano il viso. Gold si addolcì. Non poteva vedere l’amata figlia piangere. Quindi le disse: “Ehi è tutto a posto, piccola. Va tutto bene.”
“No, non è vero che va tutto bene. E tutto perché Mary Margaret, David ed i nani volevano andarsene da Storybrooke” disse Rose.
“Che cosa?!” disse stupito Gold.
“Dopo che le ho fatte sparire, sono arrivati Leroy e gli altri nani. Parlavano di fagioli e che David e Mary Margaret volevano ritornare nella foresta incantata. Non avevano detto nulla a nessuno, nemmeno ad Emma ed Henry. Emma e Mary Margaret stavano discutendo proprio di questo prima che ci incontrassimo. Excalibur è andata poi da Leroy, strattonandogli la giacca e successivamente vomitandomi questo” spiegò Rose e, dalla tasca, estrasse il fagiolo. Mentre lo mostrò al padre, aggiunse: “ Anche a te vomitava gli oggetti che ti portava?”
Gold prese in mano il fagiolo per poi sorridere maliziosamente. Poi guardò la figlia e, mettendole una mano sotto il mento, disse: “Sono molto orgoglioso di te.” Rose lo guardò stupita e ripeté: “Orgogliosa di me? Papà ma stai bene?” Gold le mise una mano sulla testa, dicendole: “Sei stata molto brava. Hai compiuto una magia che va al di là di una alle prime armi.”
“Ma papà ho fatto sparire delle persone. Questo non è un bene. É… male” disse Rose.
“Anche io avevo fatto sparire una persona durante una delle mie prime magie. Ma io sono il signore oscuro. Nessuno è più potente di me. Ma tu, essendo mia figlia, hai un grandissimo potere dentro di te. Devi solamente imparare a controllarlo” disse Gold.
“Infatti ho visto come sono riuscita a controllarlo bene” disse sarcasticamente Rose.
“Con i dovuti insegnamenti diventerai molto brava” disse Gold, per poi abbassarsi e chiamare Excalibur. La volpe andò da lui, annusando il fagiolo.
“Ci siamo dietro da settimane e non ho praticamente fatto progressi” disse Rose. Gold la guardò, dicendole: “Be’, a me sembra che hai compiuto un enorme progresso invece” e riguardò Excalibur.
“Papà, so che stai cercando di difendermi in tutti i modi, ma ho sbagliato e ora non so come fare per riportarle indietro” disse Rose.
“A tutto c’è rimedio, piccola mia” disse Gold, quando Excalibur, allontanando il muso dal fagiolo, annusò una traccia. Gold si rialzò e, dopo essersi messo il fagiolo in tasca, disse: “Su, andiamo” e, insieme alla figlia, seguirono la volpe.
Excalibur li condusse davanti a una piantagione di fagioli.
“Papà non credi che faremo meglio ad andarcene da qua? E se dovesse arrivare qualcuno?” domandò Rose.
“Smettila di avere i sensi di colpa per aver origliato quei nani. Mettiamola che, così facendo, abbiamo scoperto cosa nascondevano” rispose Gold.
“Ho più i sensi di colpa per aver fatto sparire Mary Margaret ed Emma” disse Rose. Notò che il padre aveva alzato le mani. Quindi gli chiese: “Che cosa stai facendo?”
“Loro non volevano farci scoprire cosa stavano architettando. E io faccio in modo che non mettano mai in atto questo piano. Sto praticando un incantesimo che renda invisibile ai loro occhi ed a tutti quelli degli altri, questa piantagione. Solo io, chi ha il mio sangue e ovviamente Excalibur, potrà vederla” spiegò Gold e, una barriera protettiva si formò intorno alla piantagione, per poi svanire. Poi guardò Rose ed aggiunse: “Che non ti venga in mente di rivelare loro questa barriera. Hanno voluto giocare alle nostre spalle. Ora devono pagare, perché la pietà rende deboli e tu non sei debole. Hai capito?”
“Sì, papà” disse Rose.
“Bene e ora direi di andare al pozzo per cercare di capire dove sono finite quelle due donne” disse Gold e si incamminò, seguito da Excalibur e Rose. Mentre camminavano, titubante Rose disse: “Papà, ci sarebbe un’altra cosa che dovrei dirti.”
“Oggi è la giornata delle notizie. Cos’altro potrebbe sorprendermi?” disse Gold.
“A scuola dovremo fare una recita. Be’… Mary Margaret non mi ha dato la parte. Mi ero arrabbiata con lei e questo, ha scatenato la mia magia” disse Rose. Gold si fermò, così come lei ed Excalibur e, guardandola, disse: “Volevo qualcosa che mi sorprendesse, non una cosa vecchia. Quell’odiosa e viziata principessa avrà preso i suoi prediletti, escludendo quelli con il vero talento.”
“Sono stata l’unica ad essere esclusa. Persino Henry e Paige parteciperanno. Non mi ha presa, perché essendo figlia tua, ha paura che possa commettere qualche brutta magia. “Sospirò” Avevi ragione tu. Hai sempre avuto ragione tu nel tenermi  rinchiusa. Lo hai fatto per proteggermi da persone come lei e dall’odio che gli altri abitanti hanno nei tuoi confronti e, di conseguenza, anche nei miei” ed abbassò lo sguardo. Poi però sentì qualcuno cingerle le braccia intorno e si trovò stretta a suo padre. Stavano lì, in silenzio e forse, proprio il silenzio, poteva essere migliore che tante parole. Lei voleva molto bene a suo padre e lui ne voleva altrettanto a lei. Per ventotto anni erano stati da soli ma, erano comunque una famiglia e Gold non le aveva mai fatto mancare nulla.
“Papà, scusami” disse Rose. Gold la guardò, domandandole: “Per cosa?”
“Per non essere sempre una brava figlia. Ti disubbidisco. Mi caccio nei guai e mi metto in pericolo. Dovrei comportarmi bene, soprattutto ora che c’è anche la mamma. E poi, mi dispiace se faccio così schifo con la magia e non riesco a mettere in pratica niente di ciò che mi stai insegnando” rispose Rose, guardandolo.
Gold le mise una mano sulla guancia e, sorridendole, disse: “ Non ti preoccupare, mio piccolo fiore. La colpa è soprattutto mia. Cercando di rinchiuderti, è come se ti avessi isolata da tutto e tutti. E se ti odiano, è perché essendo figlia mia, pensano che tu sia come me. In passato, nella foresta incantata, ho rovinato la vita di molti, proponendo loro patti dai quali ne guadagnavo solo io.”
Si abbassò e, dopo  aver spostato entrambe le mani sulle spalle, continuò: “ L’unica della quale ti puoi fidare, sei solamente te stessa. Anche i tuoi amici potrebbero voltarti le spalle da un momento all’altro. Quindi, non devi mai fidarti fino in fondo di nessuno. Ricordatelo sempre. Ti potrebbe servire anche in futuro. Ascolta il tuo cuore” e, rialzandosi, la strinse nuovamente forte a sé.
 Rose non riusciva a capire del comportamento del padre. Era stato sempre molto premuroso con lei, ma in quel lasso di tempo che avevano trascorso  aveva cambiato umore diverse volte e, soprattutto, le stava raccomandando diverse cose per il futuro. Che le stesse nascondendo qualcosa?
Poco dopo Gold, tenendo una mano sul pozzo, stava praticando un incantesimo. Rose lo osservava insieme ad Excalibur, un po’ distante. Si sentirono dei rumori. Volse lo sguardo, ma nulla. Riporse l’attenzione sul padre, quando risentì nuovamente gli stessi rumori. Guardò indietro, per vedere alcuni cespugli muoversi. Lentamente e, con una mano pronta a scagliare qualsiasi tipo di incantesimo, si avvicinò ad essi. Quando qualcosa di rosso e bianco le passò velocemente accanto, per poi compiere un lungo balzo, atterrando su….
Rose si fece largo tra i cespugli, per vedere Jefferson a terra, sul quale dorso vi era Excalibur. Abbassò la mano. La volpe lo stava leccando sul viso.
“Smettila! Mi sono fatto il bagno l’altro giorno. Una volta mi basta ed avanza” disse Jefferson.
“Papà, lo sai che Excalibur vuole solo giocare” disse Paige, comparendogli accanto.
“Credevo che giocare per lei, significasse farmi dei dispetti. O almeno, era così che si comportava nella foresta incantata” disse Jefferson, riuscendo a rialzarsi e prendere in braccio Excalibur, che cercava nuovamente di leccargli la faccia.
Rose si schiarì la voce. I due la guardarono e Paige, sorridendo, disse: “Ehi, ciao Rose. Quanto tempo che non ci si vede.”
“Troppo, considerando che sei la mia migliore amica. Dovremo vederci più spesso e non sparire per secoli” disse Rose.
“Noi non spariamo. Viaggiamo. C’è differenza. Tu, piuttosto, sei qua tutta sola?” chiese Jefferson.
“Non dire sciocchezze. Se fosse da sola, l’avrei già rinchiusa da qualche parte” disse Gold. Jefferson passò accanto a Rose, raggiungendolo. Paige si affiancò all’amica e lo seguirono.
“Che cosa stai facendo?” domandò Jefferson, mentre l’osservava.
“Secondo te? Di certo non sono qua per gettare delle monetine ed esprimere un desiderio. Invece, perché te ne gironzoli con la tua amata figlia per la foresta? Pensavo prendeste un tè, ma ti ritrovo a giocare con la mia volpe” chiese Gold.
“A dire la verità, siamo appena ritornati da un viaggetto. Hai mai sentito parlare di Agrabah?” domandò Jefferson.
“Posto piuttosto noioso. Non c’è altro che sabbia” rispose Gold.
“Non dirmi che sei stato anche lì?!” disse stupito Jefferson.
“Sembri alquanto stupito dalla cosa. Non farmi dubitare delle tue conoscenze su di me. Lo sai che dove c’è qualcosa di prezioso, è un tesoro per me” disse Gold.
“Con chi hai fatto un patto?” chiese Jefferson.
“Credi che abbia fatto un patto?” domandò Gold.
“I patti sono come una calamita per te. E poi sicuramente ci avrai guadagnato qualcosa di sostanzioso” rispose Jefferson.
“E’ solo un’altra storia di mille e tanti notti. Per il momento, preferisco risolvere una cosa alla volta” disse Gold e tolse la mano da sopra il centro del pozzo. Poi aggiunse: “Avresti potuta portarla ad Atlantide. Dicono che in questo periodo, il clima sia alquanto umido, ma perfetto per farci una visita.”
“Ma non è sprofondata?” domandò Jefferson.
“Che sbadato. A volte mi dimentico di quanto anche un piccolo disaccordo con me, può portare a una calamità per qualcun altro. In compenso, però, li ho fatti diventare leggendari” rispose Gold guardandolo e sorridendo maliziosamente.
“ Emmm… ok, come dici tu. Ritornando a noi, non credo sia un caso che tu abbia portato con te Rose e il piccolo sacco di pulci. Cosa è successo?” chiese Jefferson.
“Diciamo che sto cercando un modo per tirare Rose fuori dai guai” rispose Gold. Jefferson e Paige guardarono Rose, la quale, dopo aver sospirato, disse: “Ho fatto sparire Mary Margaret ed Emma con la magia. È successo proprio qua.”
“Wow… cioè wow” disse Jefferson.
“Sei alquanto a corto di parole, ma la trovo una cosa normale per te” disse Gold. Jefferson lo guardò malamente.
“E dove le hai fatte sparire?” domandò Paige. Rose la guardò, rispondendole: “Non lo so. Ma è per questo che siamo ritornati qua. Papà stava facendo un incantesimo al pozzo” e guardarono Gold, che spiegò: “E purtroppo non sono riuscito a capire dove le hai spedite. La tua magia diventa ogni giorno sempre più potente” e sorrise.
“Incitandola non è il modo migliore per riportarle indietro. Dobbiamo fare qualcosa prima che qualcuno arrivi e si arrabbi” disse Jefferson.
“Calmati cappellaio. Non lo sa nessun altro della loro sparizione. Be’, ora a parte anche tu e tua figlia. Quindi, tenete la bocca chiusa” disse Gold.
“Un semplice “per favore non dite a nessuno di questa cosa” sarebbe bastato. Ma grazie tante lo stesso per la gentilezza che metti sempre nelle tue parole per noi” disse Jefferson e Gold gli fece un piccolo sorriso. Guardò Paige, quando chiese: “Possiamo fare qualcosa per aiutarvi?”
“Se tuo padre ha la testa sulle spalle, potreste utilizzare il cappello magico per cercarle negli altri mondi” propose Gold.
“Ehi, non spacciare le mie idee per le tue” disse Jefferson.
“Non posso sapere quello che pensi. Hai un cappello con te, ma a quanto pare non hai ancora la testa sulle spalle. Volevate aiutarci. Be’, rendetevi utili andando negli altri mondi a cercarle” disse Gold.
“Parli di nuovo di me come se fossi un oggetto. Siamo amici da tanto tempo e tale dovresti trattarmi” disse Jefferson. Gold roteò gli occhi, per poi dire: “ Prendete il cappello e viaggiate a cercarle. Io e Rose andremo al negozio.”
“E per quanto riguarda Excalibur?” domandò Paige.
“Verrà con voi” rispose Gold. Excalibur, che fino a quel momento si stava mangiando dei lombrichi dal terreno, lo guardò e scosse negativamente la testa.
“Non voglio la tua volpe con noi” disse Jefferson.
“Hai paura che ti attacchi le pulci? Grazie al fiuto magico di Excalibur le troverete” disse Gold. Jefferson lo guardò stranamente. Quindi Gold aggiunse: “La Signorina Swan è il frutto del vero amore, quindi possiede la magia.”
“In ogni mondo che andremo c’è magia. Sarà come cercare un ago in un pagliaio. Come faremo?” chiese Jefferson.
“Andate da suo padre e fatevi dare qualcosa di suo. Ma considerando che chi le ha fatte sparire deve rimanere solo tra noi, tentate con la fortuna” rispose Gold.
“Così facendo ci impiegheremo un sacco di tempo” disse Jefferson.
“Bene, così mi starai meno tra i piedi” disse Gold e Jefferson non aggiunse altro.



Note dell'autrice: Prima di tutto.... SCUSATEMI IMMENSAMENTE. Scusatemi per questo lungo ed interminabile ritardo. Vi avevo promesso che non vi avrei mai più fatto aspettare un'eternità. Perdonatemi. Comunque, ho già completato altri tre capitoli. Grazie per la vostra immensa pazienza e spero continuerete a leggere la mia storia. Grazie a tutti a voi e in special modo alle mie amiche Lucia (che ha sempre tanta, tanta, infinita pazienza) e laura. E grazie a tutti voi.
Nell'attesa di pubblicare la seconda parte del capitolo ( e sperando non ci siano troppi errori e anche di non farvi troppo aspettare) vi auguro una bella e piacevole nottata.
Alla prossima mie cari oncers

 
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Sensi di colpa - Parte II ***





The Rose of true Love - Stagione II

 
 
 Capitolo IV: Sensi di colpa- Seconda Parte

 
Gold e Rose ritornarono al negozio un’ora dopo. Gold stava filando all’arcolaio nel retro bottega, mentre Rose era seduta ad un tavolino lì accanto a fare i compiti e, da circa mezz’ora, si era messa a scarabocchiare un foglio. Guardò il padre, dicendo: “Non la trovo una cosa giusta.”
“Sai benissimo che non approvo quando reputi la scuola e i compiti una perdita di tempo. Fanno parte della tua educazione e del tuo futuro” disse Gold.
“Dovremmo essere a cercare Mary Margaret ed Emma, invece che starcene qua” disse Rose.
“Ci stanno già pensando il cappellaio, sua figlia ed Excalibur. Continua con i compiti: aiuta a pensare ad altro, proprio come sto facendo io” disse Gold. Rose si alzò e, dopo essergli andata accanto, domandò: “Ed a cosa stai pensando?”
“Come tenerti fuori nuovamente dai guai” rispose Gold.
“Papà, non voglio che continui a difendermi. La colpa è mia. Solo io devo rimediare e non voglio che anche tu ci vada di mezzo” disse Rose. Gold la guardò e, smettendo di filare, disse: “Vieni qua.” Rose si sedette sul ginocchio sinistro. Quindi le chiese: “Chi è il genitore?”
“Sei tu” rispose Rose.
“E chi è la figlia?” domandò lui.
“Sono io. Ma papà, questo non c’entra con…” disse Rose, ma Gold la bloccò: “Invece c’entra, perché in quanto genitore è compito mio proteggerti. L’ho giurato a me stesso ed a tua madre, quando ti ho tenuta in braccio per la prima volta. Non devi difendermi. Lo apprezzo, piccola ma lascia che sia io a pensare a te. Non dimenticarti che sarò sempre al tuo fianco e non ti abbandonerò mai. Sei il mio tesoro più prezioso insieme a tua madre. Voi mi avete reso un uomo migliore, facendomi capire che c’è qualcosa di ancora più importante del potere e cercare di non farmi consumare del tutto dall’oscurità. Tua madre ha ragione: ad ogni cosa, c’è sempre un’altra soluzione che non comporti l’uso della magia. Avrei dovuto capirlo molto tempo fa, soprattutto quando ho perso tuo fratello.”
“Bae sarebbe orgoglioso di te e di come sei diventato. Hai fatto di tutto pur di proteggere me e la mamma e mi hai tenuta al sicuro per ventotto anni. Sei il mio papà, ma sei anche il mio eroe e non serve essere buoni per diventarne uno. Si può anche essere semplicemente se stessi” disse Rose.
“Essere me stesso, vuol dire aver commesso un sacco di brutte cose” disse Gold.
“Tutti commettiamo degli errori. Nessuno è perfetto. Tranne Mary Poppins” disse Rose e Gold fece un piccolo sorriso. Poi la bambina continuò: “Papà, io e la mamma ti vogliamo molto bene ed anche Excalibur, a modo suo, te ne vuole. Tu mi hai sempre detto di aver fiducia in me stessa. Ora è venuto il momento che tu ne abbia in te. Insieme potremo affrontare qualsiasi cosa, perché la famiglia rimane sempre unita, per qualsiasi cosa accada. Ritroveremo Bae e risolveremo tutto. Vedrai.”
 Gold si mise fronte contro fronte con lei, dicendole: “Sarei perso senza di te e la mamma. Non avrei desiderato di meglio come figlia” Rose sorrise.
Quel dolce momento, venne interrotto dal tintinnio della porta d’ingresso. Gold volse lo sguardo e, dopo aver fatto scendere la figlia dal ginocchio, si alzò, uscendo dal retro bottega. Trovò David, Belle e… Regina che teneva per mano Henry.
“Che ci fate voi qua? Andatevene. Chi non è della famiglia non è gradito” replicò Gold, mentre Rose sbucò dietro di lui.
“Tremotino, prima di mandarli via, cerca almeno di ascoltarli” disse Belle.
“Sicuro che mi diranno quanto sono disperati nel non aver ancora trovato Mary Margaret e la Signorina Swan. La cosa non mi interessa più di tanto, soprattutto visto che avete interrotto qualcosa di molto più importante” disse Gold.
“Ti lasceremo in pace con la tua mocciosa, ma prima devi vedere Henry” disse Regina e, dopo aver fatto qualche passo verso di lui, alzò la manica destra della giacca del figlio, rivelando delle ustioni. Rose sgranò gli occhi.
“Sono costernato che ama venire qua con prole al seguito per disturbarmi e farmi perdere tempo inutilmente, ma le consiglio di portare suo figlio da un medico, visto che io gestisco solamente un banco dei pegni” disse Gold.
“Non fare finta di nulla. Sai benissimo anche tu che questi segni sono le conseguenze di qualche sortilegio, solo che non vuoi mai aiutare gli altri” disse Regina.
“Aiuto solo chi non mi scoccia più del dovuto e voi, in questi anni, non mi avete mai lasciato stare. Poi, se consideriamo come ha sempre trattato Belle e Rose, allora le consiglio di voltarsi, uscire da qua e non mettere mai più piede nel mio negozio. Quella è la porta” disse Gold e, voltandosi, stava per ritornare nel retro bottega quando Rose chiese: “Come si è procurato quelle scottature?”
“Non hai ascoltato quello che ho appena detto? Queste sono le conseguenze di un sortilegio. Un sortilegio che sicuramente tuo padre conoscerà bene” rispose Regina e, guardò Gold che però non proferì parola.
Rose guardò Henry che, istintivamente, guardò prima la madre e poi gli altri, per poi dire: “Be’… mi sono addormentato, ritrovandomi in una stanza che stava andando a fuoco. Poi ho incontrato una ragazza. È riuscita a dirmi che si chiama Aurora e che è con Mary Margaret ed Emma. Si trovano nella Foresta Incantata. Poi mi sono svegliato.”
“Bene. Ora sappiamo dove si trovano. Ma come ci sono arrivate lì?” disse David.
“Non credo ora abbia importanza” tagliò corto Gold.
“Infatti, ora ha importanza curare mio figlio” replicò Regina e guardò Gold, il quale disse: “Lo sai benissimo quale è la cura. Sei disposta a rischiare così tanto?” Regina non rispose. Quindi Gold, facendo un piccolo sorriso, aggiunse: “Immaginavo. Tuo figlio ti ha davvero cambiata ed ha colmato quel vuoto che avevi nel cuore. Non ne avrai mai il coraggio.”
“No, un momento di cosa state parlando? Di che sortilegio si tratta?” domandò David.
“Del Sortilegio del sonno. Chi ne è colpito, può anche non svegliarsi mai più e l’unico rimedio per poterlo spezzare è rientrare nel proprio sogno e risolvere quei problemi che tengono imprigionato il malcapitato. Diciamo come in una specie di limbo” spiegò Gold.
“Quindi Henry dovrebbe ritornare nel proprio sogno, ma può anche non risvegliarsi mai più? Regina ha ragione a non rischiare. È troppo pericoloso” disse David.
“Sì lo è, ma così facendo ogni volta che si addormenterà si risveglierà con sempre più ustioni. È questo ciò che volete per lui?” disse Gold. David guardò in silenzio Regina, che rimase impassibile.
“Forse potrei guardare in qualche libro e cercare un altro rimedio” propose Belle.
“No, Gold ha ragione. L’unico modo per spezzare il sortilegio, è che Henry si riaddormenti, ritorni nella stanza infuocata e parli con quella ragazza” disse Regina.
“E’ solo un bambino. Vado io. Là potrei trovare Mary Margaret” disse David.
“E se non la trovi, rimarrai addormentato per sempre. Per me non saresti una grande perdita, ma per Henry sì quindi “sospirò” non lo fare” disse Regina, guardandolo.
“Lo farò io” disse Rose. Tutti la guardarono e Belle disse: “Rose, no. È pericoloso. Hai sentito quello che ha detto tuo padre.”
“Non devi farlo al posto mio. Lo apprezzo, ma io devo andare. E poi perché dovresti farlo tu?” disse Henry.
Rose guardò Gold, il quale scosse negativamente la testa. Riguardò gli altri e, dopo aver sospirato, spiegò: “Perché è colpa mia se Mary Margaret ed Emma si trovano nella foresta incantata.”
“Come è possibile?” chiese Belle.
“Belle, credo solo che Rose dica così per difendere il suo migliore amico. Non penso che…” iniziò a dire Gold, ma Rose, guardandolo, semplicemente disse: “Papà.”
Gold la guardò a sua volta. Capì dal suo sguardo che voleva farcela da sola. La bambina fece un piccolo sorriso e, dopo aver riguardato gli altri, rispose: “Papà mi sta difendendo. Quello che ho detto prima è vero. Ero nella foresta, vicino al pozzo, quando tutto è successo. Ho seguito Excalibur fin lì e, successivamente sono arrivate Emma e Mary Margaret. Ero arrabbiata con quest’ultima perché non mi aveva fatto partecipare alla recita scolastica. Papà mi aveva sempre detto di non farmi influenzare dai sentimenti, ma non l’ho ascoltato. E poi c’era la faccenda che Mary Margaret, David e gli altri nani volevano ritornare nella foresta incantata utilizzando dei fagioli magici presi da una loro piantagione nascosta a tutti noi.”
“Che cosa?!” disse stupita Regina, guardando David, il quale disse, guardandola a sua volta: “ Non volevamo coinvolgere nessuno e dirvi addio sarebbe stato troppo doloroso. Vedevamo Emma finalmente felice.”
“E andarvene via così senza dire nulla l’avrebbe resa ancora più felice secondo voi? Bei genitori che siete. Avrei dovuto imprigionarvi quando ne avevo l’occasione” disse Regina.
“D’accordo coppietta felice, se volete litigare potrete continuare dopo. Magari vi potrei rinchiudere in qualche armadio con roba ammuffita da anni” disse Gold, facendo un piccolo sorriso.
“Si considerano famiglia unita, eppure fanno tutto alle spalle degli altri, soprattutto della figlia” disse Regina.
“E’ solo gelosa perché non è stata invitata” disse David e Regina lo fulminò con lo sguardo.
“Vi prego, non litigate. Ora abbiamo qualcosa di più importante alla quale pensare” disse Belle. Poi guardò Rose e aggiunse: “Tesoro, sei ancora in tempo per ripensarci. È troppo pericoloso.”
“Mamma è una cosa devo fare. Ho i sensi di colpa da quando è accaduto. Papà mi ha difeso fin da quando glielo ho detto ma, ora, devo farcela da sola. La magia ha sempre un prezzo e il prezzo lo devo pagare io” disse Rose e guardò il padre. Anche gli altri lo guardarono. Poi Gold disse: “ Vai a distenderti nel letto di là. Io arrivo subito.”
Rose sorrise, per poi andare nel retro bottega, seguita da David, Regina ed Henry.
Gold andò verso il bancone. Belle si avvicinò a lui, dicendogli: “Tremotino, lo sai cosa sta andando incontro nostra figlia? Potrebbe non risvegliarsi mai più.”
“Questo non accadrà, perché Rose è una bambina forte. Lo è sempre stata, come te. Dobbiamo avere fiducia in lei” disse Gold, guardandola.
“Ho fiducia in lei, ma questa cosa mi fa molto paura. Non voglio perderla di nuovo” disse Belle.
Gold le mise una mano sulla guancia, per poi dirle: “Non ti preoccupare. Non la perderemo. Non ho dato il mio consenso, senza prima aver pensato ad un modo per proteggerla” e Belle sorrise.
Andarono nel retro bottega. Rose era già stesa sul letto, dove accanto vi erano David, Regina ed Henry. Quest’ultimo stava parlando con lei: “Mi raccomando, devi tornare. Abbiamo un sacco di cose da fare insieme. Tu, io e Paige. Tante avventure ancora da affrontare e storie da esplorare.”
“I migliori amici stanno sempre insieme. È difficile sbarazzarsi di me. Ricordati che sono pur sempre la figlia del Signore Oscuro” disse Rose e Gold fece un piccolo sorriso.
“ Stai molto attenta” disse Henry. Rose annuì. Poi guardò David, che disse: “ Grazie per tutto quello che stai facendo. Stai rischiando molto quando, invece, dovrei essere io.”
“Sono sparite per colpa mia, quindi è giusto che sia io a rimediare” disse Rose. Poi guardò Regina. Dapprima la donna spostò di lato lo sguardo. Poi riguardò la bambina e, seppur fu come quasi un sussurro, disse semplicemente: “Grazie.” A Rose bastò. Almeno era un piccolo passo avanti.
Gold si sedette sul letto. Mise una mano sul medaglione della figlia, illuminandolo con la magia. Una volta che il medaglione smise di brillare, tolse la mano. Guardò Rose e le spiegò: “ Ti ho appena praticato un incantesimo di protezione. Ma, presta molta attenzione: esso durerà solo per mezz’ora, dopodiché incomincerai a sentire il calore delle fiamme su di te. In quel momento devi svegliarti e devi farlo subito o se no rischierai di non ritornare mai più. Promettimelo.”
“Te lo prometto papà” gli disse. A Gold divennero gli occhi lucidi. Avvicinando la testa a quella di lei, mettendosi fronte contro fronte, le disse: “Stai attenta, piccola mia.” Belle li guardava trattenendo le lacrime.
Dopo essersi allontanato, Rose domandò: “Come faccio ad addormentarmi? Non ho sonno.”
“Che ne dici di una storia? Magari una di quelle che ti racconto ogni sera” propose Gold.
“Come vi siete conosciuti tu e la mamma? Voglio la tua versione, non quella che c’è nei libri” disse Rose.
Gold guardò Belle, che gli sorrise, mettendogli una mano sulla spalla. Poi riguardò la figlia e iniziò a raccontare: “ C’era una volta, in una terra chiamata Anvolea, una bellissima principessa. Tutti le volevano bene e, un giorno, sicuramente sarebbe diventata una degna regina del trono di suo padre. Ma purtroppo, erano tempi bui. Gli orchi stavano distruggendo ogni cosa e, chi andava in guerra per affrontarli, ne usciva sempre sconfitto. La principessa, volendo aiutare il popolo ed il padre chiamò: “Aiuto! Aiuto! Aiuto!” disse con voce stridula. Rose rise, così come anche Belle. Poi proseguì: “ E, in suo soccorso, arrivò lo stregone più potente di tutti i reami. Nessuno lo era più di lui. Decise di aiutare la principessa ma, in cambio, lei doveva andare con lui per sempre. La principessa, per il bene del popolo e del padre, accettò e, con un solo schiocco di dita, lo stregone mise fine alla guerra degli orchi, portandosi con sé la ragazza. Trascorsero i mesi e la ragazza e lo stregone iniziarono ad instaurare un bellissimo rapporto, finché non si innamorarono e, dal loro amore, nacque una bellissima e dolcissima bambina, alla quale volevano molto bene. Promisero l’un l’altro che l’avrebbero protetta da chiunque e nessuno sarebbe mai venuto a conoscenza di lei" e fulminò Regina, la quale non proferì parola.
Gold riguardò la figlia e notò che  si era addormentata. Le mise una mano sulla guancia per poi dire: “ Speriamo vada tutto bene. Coraggio, piccola. La mamma ed il papà sono qua con te.”
Rose si ritrovò in una stanza infuocata. Mentre avanzava e si guardava intorno, portandosi un braccio sul viso per proteggersi – seppur sapeva che per un limitato periodo di tempo, c’era l’incantesimo del padre in suo aiuto – chiamò la ragazza che Henry aveva visto precedentemente: “Aurora! Aurora dove sei? Sono Rose, un’amica di Henry. Ho bisogno di parlarti” ma, al posto della ragazza, comparve…
Rose sgranò gli occhi. Abbassò il braccio. Chi era comparso, incredula disse: “Rose. Che cosa ci fai qua?”
“Mary Margaret. Che bello rivederti. Volevo scusarmi per quello che ho fatto” disse Rose.
“Rose, non credo che…” iniziò col dire Mary Margaret, ma Rose la bloccò: “Lasciami continuare. Ho i sensi di colpa da quando è successo. Io e papà abbiamo cercato un modo per rintracciarvi e riportarvi a casa senza che nessun altro lo sapesse. Ma conosci i cittadini di Storybrooke: la voce si è sparsa velocemente. Poi Henry è stato colpito dalla maledizione del sonno. Mi sono offerta per aiutarlo ed entrare qua al posto suo. Credimi, non volevo.”
“Rose, è tutto a posto. Non siamo arrabbiate con te. Avevi ragione: non dovrei giudicare tuo padre per quello che ci ha fatto in passato. Lui ti vuole bene e ama Belle. Mi dispiace che non ti abbia inclusa nella recita, ma avevo paura che potessi far inavvertitamente male con la magia agli altri. E per quanto riguarda i fagioli magici, avremo dovuto dirlo anche ad Emma, Henry ed i nostri amici. Dopotutto siamo una famiglia e non dovremmo avere segreti tra di noi.”
“Credo di averlo spifferato a più di una persona indesiderata. So che, volevate tenere tutto nascosto a Regina e mio padre, ma… ecco… ora lo sanno. Mi dispiace” disse Rose.
“Non importa. Intanto, prima o poi, lo avrebbero scoperto in ogni caso” disse Mary Margaret. Le fiamme erano sempre più intense e Rose non sapeva quanto tempo le sarebbe ancora rimasto prima che l’incantesimo di protezione svanisse.
“Rose, quando ti risveglierai, dì a David che lo amo tanto e che ritornerò presto da lui insieme a nostra figlia. Deve avere fiducia nel nostro amore” aggiunse Mary Margaret. Rose stava per fare una faccia disgustata, ma si trattenne e disse: “Glielo dirai tu personalmente, perché ritornerete a Storybrooke.”
“Ma non sappiamo come fare. Non abbiamo ancora trovato un modo” disse Mary Margaret.
“Ehi, tu sei Biancaneve. Secondo quanto mi ha sempre raccontato Henry, non ti sei mai tirata indietro davanti a niente, soprattutto quando hai dovuto separarti da tua figlia. Deve essere stato molto triste ma, allo stesso tempo, anche coraggioso. Mio padre ha dovuto fare la stessa cosa con me e mia mamma, per poi venire a sapere da Regina che eravamo morte tutte e due. Ma lui non si è mai arreso e, la stessa cosa, non la devi fare nemmeno tu. Ritrova la fiducia in te stessa e ritroverai la guerriera che eri. Dipende solo da te” spiegò Rose. Mary Margaret rimase in silenzio.
All’improvviso, Rose sentì tanto calore contro di sé e vide che sul braccio destro si stavano formando delle ustioni.
“Rose, cos’hai?” chiese Mary Margaret.
“Rose! Piccola. Cosa ti sta accadendo?” domandò preoccupata Belle, vedendo la figlia  soffrire.
“L’effetto dell’incantesimo di protezione è finito” disse Gold. Poi guardò la figlia e aggiunse: “Rose! Devi svegliarti! Svegliati!”
Rose sentì la voce del padre che la stava chiamando. Mary Margaret vide le bruciature che, una dopo l’altra, si stavano formando sul braccio destro della bambina. Cercò di avvicinarsi a lei, ma le fiamme si fecero più alte. Poi disse: “Rose, devi andartene da qua.”
“Ma voglio aiutarvi” disse Rose.
“Lo hai già fatto, offrendoti di venire qua e rischiando la tua vita. Ma ora ritorna dai tuoi genitori” disse Mary Margaret.
“Ma come farete a ritornare a Storybrooke?” chiese Rose.
“Come hai detto tu: devo solo avere fiducia nuovamente in me stessa. Vedrai che troveremo un modo. Ma ora devi promettermi di ritornare dai tuoi genitori. Ti prego, fallo” rispose Mary Margaret. Rose era indecisa. Si sentiva sempre più debole. Poi svenne.
“Rose!” gridò Mary Margaret. Cercò nuovamente di andare da lei per soccorrerla, ma le fiamme glielo impedirono.
Gold vide la figlia ansimare. Tentò di svegliarla, anche scuotendola ma, non apriva gli occhi.
“Sta sudando e le stanno comparendo altre bruciature” disse Gold.
“Perché non si sveglia? Che cosa le è successo?” domandò Belle.
“Probabilmente dev’essere svenuta. Ecco perché non mi sente” rispose Gold.
“Che cosa possiamo fare?” chiese Belle.
“Voi niente” rispose Gold e, dopo essersi passato una mano sopra la testa, si addormentò accanto alla figlia. Gli altri rimasero in silenzio.
Mary Margaret continuava a guardare Rose distesa a terra, quando accanto alla bambina comparve Gold. Questi guardò malamente la donna, domandandole: “Che cosa le hai fatto?”
“Io niente” rispose Mary Margaret, guardandolo.
“Ecco, appunto: niente! Avresti invece potuto dirle di ritornare indietro!” replicò Gold.
“Le ho detto di ritornare da voi. Solo che lei sembrava voler rimanere ed aiutarmi a tutti i costi” spiegò Mary Margaret. Gold continuò a guardarla malamente. Poi si abbassò e mise una mano sulla guancia della figlia. Mary Margaret li osservava.
“Ora vattene e ritorna da tua figlia” replicò Gold.
“E voi come farete?” chiese Mary Margaret.
“Non sono affari tuoi. Ce la caveremo benissimo anche da soli” replicò lui.
Mary Margaret stava per andarsene. Poi si fermò e disse: “Gold, c’è una cosa che dovrei dirti. Io e Emma, siamo state attaccate da una donna. Si tratta di Cora.”
Gold alzò lo sguardo. Rimase incredulo. Non si sarebbe mai immaginato di risentire quella donna. Mary Margaret proseguì: “Vuole arrivare a Storybrooke per incontrare Regina. Tenteremo di fermarla, ma anche tu sai che è molto potente.”
Gold era rimasto senza parole. Mary Margaret si voltò, ma si fermò quando Gold parlò: “Andate nella mia cella nei sotterranei del vostro castello. Lì troverete la risposta per ritornare a Storybrooke. Basta un soffio.” Mary Margaret non capì. Ma poi sorrise e disse: “Spero che Rose si salvi. Una bambina dolce come lei, non merita di soffrire così” e poi se ne andò.
Gold riguardò Rose. Abbassò il viso e, con gli occhi lucidi, disse: “Mio piccolo fiore, c’è il tuo papà qua con te. Ti prego, risvegliati. Non puoi mollare proprio adesso. Mi sentirei in colpa per averti fatto venire qua, mettendo a rischio la tua vita. Non lasciarmi, Rose. Ti ho già quasi perso una volta. Io e tua madre non potremo vivere senza di te.” Le baciò la fronte. Una forte luce bianca li avvolse e…
Rose aprì gli occhi. Belle e gli altri presenti tirarono un sospiro di sollievo. La bambina abbassò lo sguardo, per vedere Gold addormentato accanto a lei.
“Papà” lo chiamò. Gold riaprì gli occhi e, guardandola, disse: “Bambina mia, credevo di averti persa per sempre” e l’abbracciò, insieme a Belle. Si staccarono e Belle disse: “Piccolina, ci hai fatto prendere un grande spavento. Ma ora è tutto finito e siamo di nuovo insieme. D’ora in poi andrà tutto bene.”
Rose guardò David, Regina ed Henry, dicendo loro: “ Ritorneranno. Ce la faranno. Mi hanno detto di non preoccuparsi e David “soffermò lo sguardo su di lui” Mary Margaret ti ama tanto e, che il vostro amore, vi farà ricongiungere.” David sorrise.
Mentre Rose cercava di sedersi, Henry le domandò: “Mentre ti trovavi in quella stanza, Mary Margaret non ti ha detto altro?”
“Altro di che tipo?” chiese Rose, guardandolo.
“Più informazioni su Aurora. Se hanno incontrato qualcun altro. Magari qualche cattivo o eroe” rispose Henry.
“Scusami ragazzino, ma non credo ora sia il momento per queste cose. Devo curare Rose da queste bruciature, quindi se non vi dispiace…” disse Gold.
“Se non ci volevi più tra i piedi, potevi anche dirlo” disse Regina e, dopo aver messo un braccio intorno a Henry, uscì, seguiti da David. Mentre Gold andava verso una credenza, aprendola, Belle accarezzò Rose sulla testa, domandandole: “Sicura di stare bene, piccola?”
“Non ti preoccupare mamma. Mi è successo di peggio… almeno credo” rispose Rose.
“Belle, sei una bravissima mamma, ma a volte sei troppo apprensiva” disse Gold, ritornando tra loro, tenendo in mano un vasetto.
“Da quanto ne so, anche tu sei così. E forse, anche più di me” disse Belle, guardandolo. Gold non disse nulla e, dopo essersi seduto sul letto, mise due dita dentro al barattolo, che poi appoggiò su un comodino lì accanto. Sparse quella strana crema, dal colore giallastro, sulle bruciature. Rose sussultò dal dolore e storse anche il naso. Quindi chiese: “Che schifo. Ma che cos’è?”
“E’ uno speciale unguento che ho preparato. Lo so che non emana un buon profumo, ma è molto efficace su molte cose. Come vedi, ci sono altri rimedi oltre che la magia” rispose Gold e Belle gli sorrise. Dopo aver finito di spalmare, aggiunse: “Ecco fatto. Lasciamolo agire e poi ti metterò delle bende.”
“Delle bende?! Ma papà sono delle bruciature. Mica mi sono rotta un braccio” disse stupita Rose.
“Ascolta tuo padre. Lui ne sa molto più di noi” disse Belle. Gold si alzò e Rose fece altrettanto. Quindi il padre, voltandosi verso di lei, le domandò: “E tu dove pensi di andare?”
“Da Henry naturalmente” rispose Rose.
“Non se ne parla. Lascia che Regina finisca di ribollire la sua rabbia. Ora fila di là a terminare i compiti e, forse, dopo ti lascerò andare dal tuo amico” disse Gold. Rose guardò la madre, sperando che almeno lei acconsentisse di lasciarla andare, ma Belle scosse negativamente la testa. Senza obiettare Rose ritornò a fare i compiti.
“Sono molto orgogliosa di te” disse Belle.
“Del perché non abbia usato la magia, oppure ho fatto rigare dritto, almeno per una buona volta, Rose?” chiese Gold, guardandola. Belle gli cinse le braccia al collo, rispondendogli: “Per entrambe le cose.”
“Direi allora, visto che mi sono comportato bene, di meritarmi un premio” disse Gold.
“Vedremo” disse Belle e, avvicinando il viso, lo baciò. Poi si staccarono e domandò: “C’è un po’ troppo silenzio per i miei gusti. Dov’è Excalibur?”
“E’ in giro. Come sempre” rispose Gold.
“Se fosse in giro come sempre, a quest’ora la troverei già nella sua cesta dietro al bancone a dormire. Dov’è veramente?” chiese Belle.
“L’ho mandata con Jefferson e sua figlia. In giro… per gli altri reami” rispose Gold.
Belle rimase a bocca aperta. Quindi Gold aggiunse: “Li avevo mandati alla ricerca di Mary Margaret ed Emma. Vedrai, torneranno presto. Intanto io potrei chiudere il negozio, mandare Rose da Henry e andare nel retro bottega a divertirci un po’.” Le cinse la vita. Ma Belle, scostandosi da lui, disse: “Sono preoccupata. Dovremmo cercarli e riportarli subito qua. Potrebbero essere in pericolo. Tu non sei preoccupato, soprattutto per Excalibur? Dopotutto è la tua volpe. Il tuo cucciolo.”
“Belle, se la caveranno e, per quanto riguarda Excalibur… sì, è vero, sono molto preoccupato per lei, ma è in gamba. Lo è sempre stata, fin da quando era una piccola palla di pelo. Ritorneranno tutti e tre sani e salvi. Dobbiamo avere fiducia e stare sereni” disse Gold, mettendole le mani sulle spalle.
“Starò serena solo quando li rivedrò” disse Belle.
“Quindi, niente più momento per noi due?” domandò Gold. Belle gli mise una mano sulla guancia, rispondendogli: “Adoro i nostri momenti, ma prima vorrei essere tranquilla e rivedere Jefferson, Paige ed Excalibur di nuovo qua. Abbiamo tutto il tempo per noi” e gli sorrise.
Rose comparve dal retro bottega e, fermandosi, si schiarì la voce. I genitori la guardarono per poi chiedere loro: “Avrei finito i compiti. Ora posso andare da Henry?”
“Certo, ma è meglio che porti anche questo” disse Gold e, dopo aver preso un grosso libro dal bancone, lo mise sulle mani della figlia. Questi lo guardò. Alzò lo sguardo verso il padre, domandandogli: “Che cosa significa?”
“Un po’ di buona e sana lettura ti terrà allenata la mente” rispose Gold.
“Pensavo che la magia la praticassimo e basta” disse Rose.
“La magia non è solo manuale. Va’ anche imparata dettagliatamente. Devi conoscerne la storia, effetti e conseguenze di ogni singolo incantesimo, così da essere preparata su tutto” spiegò Gold.
“Faccio schifo con le cose basilari. Se imparo anche queste, rischio di creare una catastrofe. Guarda, forse è meglio se ti riprendi il libro e salveremo tutti così dai miei disastri” disse Rose e cercò di riconsegnarli il libro, ma Gold disse: “Rose, così ho detto e così farai. La magia va presa sul serio, ma sembra che tu ancora questo non l’abbia capito. Inizia dal primo capitolo e vedi di non saltarne nemmeno uno, perché poi ti interrogherò e, se non sarai pronta, non solo intensificherò ancora di più le nostre lezioni, ma non rivedrai più i tuoi amici.”
Rose sbuffò e Gold, aggiunse: “Buona lettura. Non ti allontanare dal negozio.”
Poco dopo, Rose si trovava seduta fuori dal retro bottega. Sulle sue ginocchia, aveva aperto il grosso libro datogli dal padre. Sfogliava una ad una le pagine, non soffermandosi su di esse più di tanto. Non aveva molta voglia, ma il padre l’avrebbe poi interrogata, quindi doveva essere pronta.
Alzò lo sguardo quando vide un’ombra sopra di sé. Quindi disse: “Ciao Henry.”
“Ciao Rose. Come mai hai un braccio fasciato?” chiese lui.
“Chiedilo a mio padre. Secondo lui, così, non mi sarei infettata le bruciature” rispose Rose e riporse lo sguardo sul libro.
“Cosa stai leggendo?” domandò Henry.
“Un libro vecchio ed ammuffito che mi ha dato mio padre, riguardante la storia della magia e degli incantesimi. Secondo lui è importante che studi dettagliatamente ogni singola cosa. Peccato che ci siano anche scritte in latino che non riesca a capire” spiegò Rose e sfogliò un’altra pagina.
“Lo sai che lo fa per il tuo bene. Vuole che tu sia preparata qualora accadesse qualcosa di pericoloso” disse Henry.
“Secondo me, invece, è solo un altro modo per tenermi in punizione. Dopotutto, gli ho disubbidito un’altra volta, andando nuovamente nella foresta. E, stavolta, ho anche fatto sparire due persone” disse Rose.
“No, non credo sia per quello. Lui vuole veramente che tu sia molto preparata nella magia. Come vorrei avercela anche io” disse Henry.
“Se vuoi ti cedo volentieri i miei poteri. Dopotutto faccio talmente schifo, che i prati non avranno più fiori, ma rane” disse Rose e Henry fece un piccolo sorriso. Sentirono delle voci. Il bambino si andò a nascondere dietro a un muro. Rose, dopo aver appoggiato il libro a terra, lo seguì. Davanti al negozio, videro Gold e Regina parlare.
“Non mi avevi detto che eri venuto con tua madre” disse Rose.
“Infatti sono venuto da solo. Lei deve essere arrivata ora” disse Henry.
“La cosa deve essere alquanto urgente, se è venuta nuovamente qua in meno di un’ora. Ma gradirei passare più tempo con la mia famiglia, che con lei, quindi veda di venire subito al sodo. Di cosa ha bisogno?” disse Gold.
“Di informazioni. So che sei in possesso di qualcosa che potrebbe essermi utile” rispose Regina.
“Nel mio negozio c’è ogni sorta di oggetto. Quale vuole?” chiese Gold.
“Non sono venuta a cercare qualcosa di materiale. Ma informazioni da te. Sento che nascondi qualcosa. Scommetto che Mary Margaret ti ha detto altro, mentre ti trovavi con la tua marmocchia” rispose Regina.
“Mary Margaret non mi ha detto niente di più di quello che ha già spiegato Rose poco fa” disse Gold.
“Non far finta di nulla e sputa il rospo” disse Regina.
“E che cosa ci guadagno, se le darò queste importanti informazioni?” domandò Gold.
“Qualunque cosa” rispose Regina. Gold sorrise. Per poi dire: “Molto bene. Qualora avessi bisogno, lei mi darà o farà qualunque cosa io le chiederò e senza esitare.”
“Per me va bene” disse Regina. Gold, non aggiungendo altro, si voltò per ritornare nel negozio. Ma la donna, bloccandolo per un polso, lo rivoltò verso di sé, chiedendogli: “Dove pensi di andare?”
“Rientro nel mio negozio o devo inchinarmi prima di andarmene, vostra maestà?” replicò Gold.
“Non essere sciocco. Abbiamo appena stipulato un accordo. Ora voglio quelle informazioni” disse Regina.
“E’ vero, abbiamo stabilito un accordo, ma non è stato concordato quando le avrei dato queste informazioni” disse Gold e tolse la mano della donna dal suo polso. Poi aggiunse: “Arrivederci, vostra maestà” e aprì la porta, ma Regina lo bloccò nuovamente, domandando: “E’ per Henry. È qualcosa di pericoloso?”
“Diciamo che non le piacerà” rispose Gold. Regina rimase in silenzio. L’uomo proseguì: “Si tratta di Cora. Vuole arrivare qua a Storybrooke per incontrarla. Non credo che si tratterà di un ricongiungimento piacevole, considerando come vi siete lasciate l’ultima volta.”
“Perché non volevi parlarmene?” chiese Regina.
“Affari miei” rispose Gold, tagliando corto.
“No, secondo me c’è altro sotto. Cosa stai nascondendo?” domandò Regina. Rose ed Henry si guardarono sorpresi, per poi riporre l’attenzione sui due adulti.
“Affari miei. E ora, se permette, avrei altro a cui pensare” rispose Gold e, senza far aprire nuovamente bocca a Regina, entrò nel negozio, sbattendo la porta. La donna rimase lì. Poi infuriata se ne andò.
I bambini, che fino a quel momento erano rimasti nascosti dietro al muro, sbucarono e Rose disse: “Meglio che ricominci a studiare subito quel libro. Papà è già incavolato di brutto. Non voglio farlo arrabbiare ancora di più.”
“Chi sarà questa Cora? E perché sia che mia madre che tuo padre non sembravano molto contenti mentre parlavano di lei?” disse Henry.
“Non lo so e la questione non mi interessa. Al momento voglio solo dedicarmi a questo libro. Se farò almeno una magia decente o risponderò correttamente a una qualsiasi sua domanda, probabile che riesca a scampare questa volta alla punizione” disse Rose e, dopo essersi seduta fuori dal retro bottega, riprese il libro sulle ginocchia, aprendolo e sfogliandolo. Henry ritornò di fronte a lei, chiedendole: “Non dirmi che non sei neanche un po’ curiosa?”
“E tu non dirmi che non hai paura che tua madre scopra che non sei a casa?” domandò Rose, guardando il libro.
“Suvvia Rose, credo che sarà eccitante” disse Henry. Rose alzò lo sguardo, dicendogli: “Non voglio finire nuovamente nei guai, solo perché tu vuoi scoprire chi è questa Cora che sia tua madre e mio padre sembrano temere. Ma hai ragione: è eccitante.” Si alzò, chiudendo il libro e mettendoselo sottobraccio.
“Sapevo che saresti stata d’accordo, quindi ci vediamo dopo” disse Henry e, stava per andarsene, quando Rose chiese: “Come sarebbe a dire ci vediamo dopo? Cosa significa?”
“Be’, ritorno a casa prima che mia madre scopra che non ci sono” rispose Henry.
“E il nostro piano? Dove è finito nel dover scoprire chi è questa Cora?” domandò Rose.
“E’ proprio questo il piano: io cercherò di assecondare mia mamma, mentre tu tuo padre” rispose Henry. Rose gli andò di fronte e, dopo avergli messo le mani sulle tempie, disse: “Se vuoi terminare presto le nostre vite, allora seguiremo il tuo piano. Ma io voglio ancora vivere” e tolse le mani dalla testa dell’amico.
“Ma è per scoprire di più su questa Cora” disse Henry.
“Scordatelo. Non asseconderò mio padre. E’ da suicida” disse Rose. Henry sospirò per poi chiedere: “Allora che cosa proponi?”
“Non facciamo gli indifferenti e cerchiamo di comportarci come sempre” rispose Rose.
“Questo è assecondare” disse Henry.
“Questo è salvarsi la vita… almeno finché i nostri genitori non scoprono che stiamo tramando qualcosa alle loro spalle. Allora, a quel punto, dovremmo anche trovare un modo per andarcene il più possibile lontano da loro” disse Rose.
“Cerchiamo di scoprire più informazioni su Cora e poi ci incontreremo da qualche parte” disse Henry. Così i due bambini si separarono.
Nel pomeriggio, Gold e Rose si trovavano nel giardino sul retro della villa e il padre la stava interrogando: “E se qualcun altro dovesse attaccarti, come fermi la sua magia?” domandò, mentre camminava avanti ed indietro.
“Emmm… lo contrattacco” rispose insicura Rose. Gold si fermò e, guardandola chiese: “Hai mai sentito parlare dell’inchiostro di seppia?”
“Credo di averlo letto verso le ultime pagine” rispose Rose.
“E se fosse invece nelle prime?” domandò Gold. Rose rimase senza parole, mentre il padre fece un piccolo sorriso. Quindi disse: “Ehi, mi hai ingannata.”
“No invece. Questo conferma ciò che sospettavo, ovvero che hai solo sfogliato le pagine, invece di soffermarti a studiarle una ad una” disse Gold.
“E’ che c’è troppa roba da studiare e alcune cose sono anche in latino. Lo sai che non lo capisco” disse Rose.
“E’ inutile che tiri fuori qualsiasi scusa, perché continuerai a studiare quel libro, che tu lo voglia o no” disse Gold.
“Papà so che stai cercando in tutti i modi di farmi entrare queste cose in testa, ma non ci riesco. Io  ci rinuncio.”
Gold le andò di fronte, per poi replicare: “No! Non ti permetto di dire così! Rinunciare vuol dire essere deboli e tu non lo sei. Te l’ho già detto. La magia ti rende potente. Con essa puoi fare praticamente tutto.”
“Ma può anche farti allontanare le persone care da sé ” disse Rose. Gold voltò di lato lo sguardo e Rose aggiunse: “E’ vero, la magia rende potenti, ma può anche far diventare pericolosi. Infatti, guarda cosa ho combinato. Tu stai cercando di tutto pur di aiutarmi. Vuoi farmi diventare come te.”
“No! Io voglio che tu prenda un’altra strada. Che non commetta i miei stessi errori. Che non ti faccia persuadere dall’oscurità. È per questo che sto cercando di insegnarti il più possibile sulla magia: per proteggerti dalla tua parte malvagia. Quella parte creata per causa mia. I signori oscuri non devono avere figli” disse Gold.
“Quindi sono capitata per caso?” chiese Rose.
“No, tesoro. Io e tua madre ti abbiamo voluta. È che a causa della mia maledizione, i miei poteri sono passati anche a te ed io non voglio assolutamente che tu abbia lo stesso mio fato. Sei troppo importante per noi” rispose Gold. Rose sorrise, così come il padre. Poi la bambina aggiunse: “E, comunque, l’inchiostro di seppia serve per bloccare per poco tempo chiunque abbia la magia. Visto che ho studiato?” Gold sorrise nuovamente.
Nei minuti e nell’ora successiva, Gold continuò ad interrogare la figlia, finché Rose, chiudendo il libro, non propose: “ Papà, perché non facciamo una pausa? Visto che la mamma starà in biblioteca fino a tardi, potremo andare al parco e prenderci un gelato. Cosa ne dici?”
“Mi prometti che poi non ci saranno più interruzioni con le nostre lezioni?” domandò Gold. Rose si alzò e, fermandosi di fronte a lui, rispose: “Promesso.”
“Molto bene, ma non prendere troppi gusti o ti verrà un forte mal di pancia” disse Gold, mettendole un braccio intorno.
“Non ti preoccupare. Non sono mica golosa come Excalibur” disse Rose e rise. Poi però smise ed aggiunse: “Mi manca Excalibur. Sono preoccupata per lei, Jefferson e Paige. Ormai sono via da molto.”
“Tranquilla, piccola. Stanno bene e ritorneranno quando meno te lo aspetti” disse Gold.
Poco dopo, Gold e Rose stavano passeggiando per il parco, tenendo in mano entrambi un cono gelato. Se lo stavano assaporando tranquillamente, uno accanto all’altra mentre anche altre persone si godevano quel momento di relax.
Di tanto in tanto, Gold osservava la figlia, finché non le disse: “Non mi dire che sei ancora preoccupata per la nostra Excalibur? È furba. Non le accadrà nulla e, grazie anche al suo fiuto magico, riporterà qua sani e salvi il cappellaio e la tua amica.”
“Non è per quello” disse Rose.
“Cos’altro ti tormenta, mio piccolo fiore? È, per caso, qualche bambino a scuola che ti viene a dietro? Perché se dovesse essere così, sarò ben lieto di trasformarlo in qualcosa che entri bene in una gabbia” disse Gold. Rose lo guardò di sfuggita e, divenendo leggermente rossa in volto, disse: “ No, papà, ma cosa vai a pensare? Non c’è nessun bambino che mi viene dietro. E poi, me lo hai detto anche tu che non vuoi ragazzi accanto a me se non poco prima del mio matrimonio.”
“E’ che vorrei vederti bambina per sempre. Ma il tempo passa e tu, ogni giorno, diventi come tua madre. Ne sono accadute di cose da quando ti ho tenuta per la prima volta tra le mie braccia. Avevo fin paura di farti del male. Eri così bella e cercavo di trascorrere ogni momento accanto alla tua culla. Ti osservavo e ancora non riuscivo a capacitarmi di come ero riuscito a creare una così bella creatura. Ero un mostro. Solo con il mio potere ed il mio dolore. Ma poi, tu e tua madre mi avete ridato speranza e finalmente potevo combattere per riavere il destino tra le mie mani.”
“Tranquillo papà. Mi avrai accanto a te per ancora molto, molto tempo. Non me ne andrò” disse Rose, appoggiandosi contro di lui e Gold le mise un braccio intorno.
Il gelato fu finito poco prima di arrivare a un laghetto e, mentre Gold stava prendendo ad una bancarella del mangime da dare alle papere – su insistenza di Rose – la figlia lo aspettava standosene seduta su una panchina a bordo laghetto. Il padre le aveva detto di aspettarlo lì.
Osservava le papere che nuotavano da una riva all’altra, mentre anche altri presenti gettava loro pezzi di pane o mangimi presi alla stessa bancarella dove stava acquistando Gold. Era così quieto lì e Rose sperava che le cose sarebbero rimaste sempre così. Ma, nella sua testa, c’erano tanti pensieri, perlopiù riguardanti Cora. Chi era? E perché preoccupava tanto suo padre e Regina? Loro erano i più potenti di tutta Storybrooke, eppure sembravano aver paura di questa misteriosa donna o chi altro fosse.
I suoi pensieri vennero interrotti dall’arrivo di Henry, il quale, stando in piedi accanto a lei, le disse: “Ciao Rose.” La bambina lo guardò e chiese: “Ciao Henry, che cosa sei venuto a fare qua? ”
Henry volse lo sguardo, per vedere Gold ancora in fila alla bancarella. Riguardò Rose e rispose: “ Bene, tuo padre è impegnato. Quindi potrai venire con me.”
“Frena e ripeti. Venire con te? Dove e perché?” domandò Rose.
“Nella foresta. Ho origliato mia madre ed ha detto che, l’unico modo per non far arrivare Cora a Storybrooke, è chiudere l’unico passaggio disponibile magico” rispose Henry.
“Il pozzo” disse semplicemente Rose.
“Esatto e, se lo distruggerà, mia madre e Mary Margaret non potranno più ritornare. Quindi dobbiamo fermarla” disse Henry.
Rose guardò il padre, poi riguardando l’amico, disse: “Henry non posso disubbidire un’altra volta a mio padre. Mi ha detto di rimanere qua. Se vengo con te, potrò dire addio a gelati; passeggiate nel parco e la fiducia che ha in me. Ora mio padre è di buon umore. Non voglio farlo arrabbiare. Non ora che magari potevo ottenere informazioni da Cora.”
“Ma se mia madre distruggerà il pozzo, Mary Margaret ed Emma rimarranno per sempre nella foresta incantata e non sarebbero lì se tu non le avessi fatte sparire con la magia” disse Henry.
“Grazie tante nel ricordarmi il pasticcio che ho combinato” disse sarcasticamente Rose. Guardò nuovamente il padre e, vedendolo acquistare il mangime, riguardò l’amico e, dopo essersi alzata, disse: “Lo faccio solo per rimediare al danno fatto.”
“Non ti preoccupare, ritorneremo prima che tuo padre se ne accorga” disse Henry.
“Stiamo parlando di mio padre. Del signore oscuro. A lui non sfugge nulla. Sarò fortunata se, quando ritornerò, mi metterà solo in punizione. Quindi vediamo di sbrigarci” disse Rose e, insieme ad Henry, se ne andò dal parco, proprio nel momento in cui Gold ebbe comprato il mangime ed arrivò Regina. Nel vederla, Gold fece un piccolo sorriso, per poi dire: “Vostra altezza, noto con piacere che ama veramente importunarmi in qualsiasi momento, soprattutto quando sto trascorrendo un piacevole pomeriggio in compagnia di mia figlia. Dovrebbe fare lo stesso anche con il suo.”
“Sono venuta proprio per Henry… e per quell’altra faccenda che riguarda Cora. So come non farla arrivare qua. Distruggerò il pozzo nella foresta” disse Regina.
“Gran bell’idea, se tralasciamo il fatto che Mary Margaret e la Signorina Swan rimarranno per sempre intrappolate nella foresta incantata. Farà i salti di gioia, quando spezzerà il cuore del suo amato figlio” disse Gold.
“So le conseguenze e so anche che Henry ne soffrirà, ma sappiamo entrambi cosa potrà accadere se Cora riuscirà a raggiungere Storybrooke” disse Regina.
“Immagino ma, al momento, preferisco pensare a mia figlia. Quindi, se non le dispiace, avrei da fare” disse Gold.
“Mio figlio è sparito… di nuovo” disse Regina.
“E la cosa mi dovrebbe interessare? Non è figlio mio” disse Gold.
“Henry non se ne va di casa senza una ragione. Sicuramente è andato con la tua” disse Regina.
“E come può essere andato con Rose, se mia figlia si trova proprio su quella panchina?” disse Gold e, insieme a Regina si voltò ma, appena non vide Rose sulla panchina, non aggiunse altro.
“A quanto pare ora la mia faccenda ti dovrebbe interessare eccome, considerando che anche la tua mocciosa è sparita” disse Regina. Gold la guardò, dicendole: “E questo per colpa di vostro figlio. Chissà cosa avrà messo in testa alla mia bambina.”
“Non dare la colpa ad Henry! E’ la tua mocciosa che è disubbidiente. Forse, tu e la tua sguattera non siete poi così tanto bravi come genitori” replicò Regina.
Gold allungò una mano e una potente magia stritolò Regina. Alla donna venne mancare improvvisamente il respiro, portandosi entrambe le mani sul collo. Poi Gold replicò: “ Io e Belle abbiamo cercato di nascondere Rose da voi. Doveva credere che fosse morta, così che la nostra piccolina crescesse senza problemi. Ma poi me le ha portate via entrambe, facendomele credere morte. Invece, aveva rinchiuso Belle sotto l’ospedale ed ha cercato di allontanarmi più volte da mia figlia. Come cresciamo Rose non sono affari vostri. Lei pensi al suo e di come magari scappi perché la odia come madre. Se no come si spiega che sia andato a cercare la madre naturale? Ci pensi su” e la lasciò andare.
Regina cercò di prendere fiato. Poi disse: “Henry non è andato a cercare la madre naturale perché non mi vuole bene. Lo ha fatto per spezzare la maledizione e, se la tua mocciosa e quell’altra stramba come suo padre, non si fossero intromesse per aiutarlo, a quest’ora tutto sarebbe diverso.”
“Sì, è vero, a quest’ora tutti i cittadini sarebbero ancora alle sue dipendenze e probabile che Graham sarebbe ancora qua tra noi. Ma io già sapevo come sarebbero andate le cose e sono contento che anche la mia bambina abbia contribuito a fare in modo che la Signorina Swan abbia creduto alle sue vere origini. Ma ora l’unica cosa che voglio fare, è ritrovare Rose prima che…” iniziò col dire Gold, ma qualcuno lo bloccò: “Ciao tesoro.” I due si voltarono per vedere Belle fermarsi accanto a loro.
“Belle, che… che cosa ci fai qua? Credevo rimanessi in biblioteca fino a tardi” chiese stupido Gold, non aspettandosi di trovare l’amata lì. Almeno non proprio in quel momento, con la figlia sparita.
“Ho voluto chiudere prima per passare un po’ di tempo con te e Rose. Passavo di qua e ti ho visto. Allora, chi è che dovete ritrovare?” rispose Belle. Gold non rispose. Fu Regina però a parlare: “Il tuo amato ha perso la vostra preziosa figlia.”
“Che cosa?!” disse stupita Belle.
“L’ho solo persa di vista per un paio di minuti. Le avevo detto di rimanere seduta su quella panchina” disse Gold.
“Chissà cosa sarebbe accaduto se l’avessi persa per più tempo” disse Regina. Ricevette due sguardi entrambi poco benevoli. Poi Gold e Belle si riguardarono e la donna disse: “Lo sai che Rose sparisce di tanto in tanto. Succedeva anche al castello oscuro, quando le capitava la magia accidentale. Ora che è grande, non oso immaginare cosa possa accadere.”
“Stai tranquilla, non può essere uscita da Storybrooke se consideriamo che con lei c’è anche il figlio del sindaco e la cosa non dovrebbe stupirti più del dovuto” disse Gold.
“Stai sottintendendo che è colpa di Henry se vostra figlia è sparita?” domandò Regina.
“Come ho detto poco fa, chissà cosa avrà messo in testa a Rose. Nostra figlia non sparisce così senza una ragione. Soprattutto se sa di disubbidire a me e finire di conseguenza in punizione” rispose Gold.
“E’ inutile che stiamo qua a discutere. Dobbiamo ritrovarli, ma potrebbero trovarsi dovunque” disse Belle.
“Conoscendoli saranno andati in qualche posto proibito o pericoloso. Odio doverlo dire, ma ora sarebbe molto utile avere qua il tuo pulcioso topo con la pelliccia” disse Regina.
“E’ vero, Excalibur sarebbe un grosso aiuto, ma non possiamo sempre contare su di lei, vero?” disse Gold, mentre tirava fuori qualcosa dalla tasca della giacca.
“Be’ ora non ci farebbe male il suo fiuto magico per seguire la scia di disubbidienza lasciata dalla vostra mocciosa. E vorrei tanto sapere dove si trova. Di solito ficca sempre il naso in faccende che non le riguardano” disse Regina.
“Emmm… è in giro” mentì Belle. Regina la guardò, dicendole: “Se fosse in giro, mi starebbe tra i piedi ad importunarmi e farmi venir voglia di farmi una bella pelliccia rossa e bianca per l’inverno. È strano da parte di quel sacco di pulci non gironzolarvi intorno.”
“Non sapevo avesse così tanto amore nei confronti della mia volpe. Potrei arrangiarvi un appuntamento quando tornerà” disse Gold, estraendo qualcosa dalla giacca. Regina roteò gli occhi, per poi osservare l’oggetto che teneva in mano.
“Di cosa si tratta?” chiese Belle.
“Io l’amo chiamare “Pozione del piano B” rispose Gold.
“Ovvero quando non hai nulla in mente” disse Regina, facendo un piccolo sorriso beffardo. Gold le lanciò un’ occhiataccia, per poi dire: “E’ una pozione di localizzazione. Visto che manca il fiuto magico di Excalibur, con questa troveremo i due piccoli fuggiaschi.”
“Peccato che non abbia con me nulla di Henry” disse Regina.
“Io, però, ho qualcosa di Rose” disse Belle e, dopo che l’ebbero guardata, aggiunse, mostrando qualcosa che estrasse da una tasca della giacca: “Questa cuffia che aveva dimenticato l’altro giorno in biblioteca” e la consegnò a Gold.
“Posso dire che quella cuffia è orribile?” disse Regina. Belle la guardò, dicendole: “A me piace e piace anche a Rose. Da quando mi è ritornata la memoria, non ho voluto far mancare nulla a mia figlia.”
“Tu dici che a tua figlia piace quella cuffia. Io invece, che secondo me se l’è dimenticata di proposito in biblioteca, perché magari anche a lei fa schifo ma, per non dare un dispiacere alla sua adorata madre, non ha detto nulla” disse Regina.
Belle la guardò malamente, ma entrambe guardarono Gold quando questi, dopo aver aperto la fialetta, ne versò il contenuto sulla cuffia. Questi brillò, per poi librarsi a mezz’aria e volare in una direzione precisa.
“Seguiamola, prima che qualcuno la veda e ci dica quanto facciamo schifo nel comprare gli indumenti” disse Regina e seguì la cuffia.
“Davvero quella cuffia fa così schifo?” domandò Belle.
“Ci penseremo dopo, tesoro. Ora seguiamole” rispose Gold e rincorsero Regina e la cuffia, che li condusse nella foresta.
“Non mi meraviglia affatto che siano venuti qua” disse Gold.
“Disse colui che ha voluto costruire un nuovo campo giochi proprio nella foresta” disse Regina.
“Perché prima non mi hai difesa? Te ne sei stato zitto” chiese Belle mentre, insieme a Gold, camminava dietro alla donna.
“E’ che non volevo interrompere i vostri pareri sullo shopping. Sembravate così affermate e decise” rispose Gold.
“Come si permette di dirmi come devo vestire mia figlia?! Sono io sua madre. Che lei pensi ad Henry” replicò Belle.
“Tesoro, non credo che ora sia il momento più adatto per battibeccare su queste cose. Dobbiamo ritrovare nostra figlia” disse Gold.
“E quando la ritroveremo, le darò una bella sculacciata” disse Belle. Gold la guardò sorpreso, dicendole: “Tesoro, sicura di stare bene? Entità malvagia, esci da questo corpo.”
“Non mi dire che solo tu puoi sculacciarla ? Ti ha disubbidito un’altra volta ed è giusto che capisca che non può sempre fare ciò che vuole” disse Belle.
“E’ per colpa mia. Le ho dato un sacco di regole e, quindi, si comporta un po’ da ribelle. Però non capisco perché lei ed il suo amichetto siano venuti nuovamente qua” disse Gold ma, la risposta, la ebbero quando videro i bambini accanto al pozzo. La cuffia, essendo arrivata a destinazione, cessò di fluttuare in aria e cadde a terra, per poi essere raccolta da Belle.
“Mamma?” disse stupito Henry, voltandosi, come Rose, verso gli adulti.
“Mamma. Papà. Che cosa ci fate qua?” domandò Rose.
“Potremo fare la stessa domanda. Come mai, quando sta per accadere qualcosa, voi venite sempre qua?” chiese Gold.
“Forse perché da questo pozzo è nata tutta la magia” rispose Henry.
“Ed anche perché qualcuno vuole distruggerlo, in modo che così una certa Cora non possa arrivare qua a Storybrooke” aggiunse Rose e guardarono Regina.
“Scusa mamma se ho origliato ma, a quanto pare, questa Cora dev’essere molto pericolosa se tu ed il Signor Gold non volevate rivelare nulla” disse Henry.
“Sì, è vero, Cora è molto pericolosa ed è per questo che deve essere fermata prima che arrivi qui” disse Regina.
“Ma non puoi distruggere il pozzo. Come faranno Emma e Mary Margaret a ritornare?” disse Henry.
“Troveranno un altro modo” disse Regina.
Improvvisamente una potente luce fuoriuscì dal pozzo. La donna camminò verso di esso. Henry cercò di fermarla, ma una forza invisibile lo trattenne. Rose guardò il padre e lo vide con una mano alzata. Tramite la magia stava tenendo fermo Henry. Rose andò da lui e, mettendogli le mani sul braccio alzato, disse: “Ti prego papà, lascia andare Henry. Regina non può distruggere il pozzo. Emma e Mary Margaret devono ritornare qua.” Gold la guardò.
“Tremotino, ascolta Rose. E’ importante per Emma e Mary Margaret ritornare. C’è la loro famiglia. Regina non può distruggere il pozzo. Ti prego, ascoltaci” disse Belle. Gold spostò lo sguardo su di lei e successivamente di nuovo su Rose. Le due luci del suo cuore erano lì, accanto a lui e lo stavano implorando di cambiare idea. Doveva ascoltarle o farsi sopraffare dall’oscurità?
Riguardò avanti e abbassò la mano. Henry si voltò e gli sorrise. Poi guardò la madre e corse verso di lei. Regina teneva entrambe le mani sopra il centro del pozzo, cercando di aspirare più magia possibile. All’improvviso un boato li scaraventò a terra lontano dal pozzo. Gold mise Rose tra lui e Belle e, poi, le protesse entrambe cingendole con le braccia.
La luce si dissolse. Rose sbucò dai suoi genitori. Tanto fumo stava uscendo dal pozzo. La bambina non fece neanche in tempo a fare un passo verso di esso, che Gold, la bloccò per un braccio. Henry e Regina, uno accanto all’altra, osservarono ciò che era appena accaduto. A terra, vi erano delle persone che, piano piano, ripresero i sensi.
“Mamma! Mary Margaret!” esclamò Henry, alzandosi e correndo verso di loro.
“Excalibur! Paige!” aggiunse Rose e, come l’amico, corse verso il gruppetto, dove Henry stava abbracciando sia Emma che Mary Margaret. Poi, guardandole disse: “Lo sapevo che sareste riuscite a ritornare.”
Mary Margaret ed Emma si rialzarono e guardarono Gold, Belle e Rose di fronte a loro. Poi Mary Margaret disse: “Grazie per averci indicato la via.”
“Non ho fatto nulla, se non darvi qualche piccolo indizio. Il resto lo avete risolto tutto voi” disse Gold.
“Paige! Paige! Dov’è tuo padre?” domandò Rose, mentre teneva una mano sulla schiena dell’amica. Quest’ultima la guardò tremando e con paura. Poi, mentre l’aiutava a rialzarsi e si riavvicinava ai genitori, Henry volse lo sguardo sulla donna ancora svenuta a terra. Quindi chiese: “E’ quella Cora?” Anche gli altri la guardarono e Gold rispose: “Se fosse Cora, a quest’ora non saremo qua.”
“Se non è Cora, allora chi è?” domandò Rose. Nessuno rispose.

 
Foresta Incantata – nello stesso momento

 
Un uomo stava osservando il portale appena svanito. Una donna gli andò accanto, dicendogli: “Non temere, mio fedele aiutante. Presto raggiungeremo Storybrooke. Dopotutto, abbiamo un valido e prezioso mezzo a nostra disposizione” e sorridendo maliziosamente, si voltò, così come il compare, guardando Jefferson, svenuto a terra e con il cappello magico accanto a sé.




Note dell'autrice: Scusatemi immensamente per il lunghissimo ritardo....nuovamente. Intanto buon anno. Spero sia iniziato bene. Finalmente sono riuscita a pubblicare la fine di questo sofferto capitolo, ma il quinto ed il sesto sono già terminati e presto (spero davvero presto stavolta) verranno pubblicati e, nel prossimo capitolo, farò l'introduzione di un nuovo personaggio non presente nella serie. Un personaggio che sarà di vitale importanza (vediamo dai punti di vista) per tutti gli altri e che sconvolgerà non poco le vite di tutti... e la serie stessa.
Grazie infinitamente a tutti coloro che hanno portato una santa pazienza e mi scuso ancora per avervi fatto aspettare così a lungo. Ma non vi preoccupate: non ho intenzione di abbandondare questa serie. Ancora tante cose devono accadere.
Grazie ancora anche alle mie amiche Lucia e Laura.
Con ciò vi auguro ancora un buon inizio anno e una buona notte. A presto miei cari Oncers

 
 
 


 

 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** La sconosciuta - Parte I ***






The Rose of true Love - Stagione II

 
 

Capitolo V: La sconosciuta- Prima Parte

 
Foresta Incantata – tanti secoli fa
 
Un bambino dai capelli corti e biondi e vestito con indumenti di quasi due taglie più grandi di lui, stava giocando da solo, standosene in disparte sotto le frange di un’enorme albero secolare. A causa della mala reputazione del padre, non aveva nessun amico. La madre, secondo ciò che gli aveva raccontato il padre, era morta dandolo alla luce, mentre proprio lo stesso padre, se ne andava a sperperare i pochi soldi che avevano, nelle varie locande o giocando a carte.
Non era una vita tanto semplice considerando che, di tanto in tanto, il padre lo lasciava in custodia a due anziane zie, che gli avevano insegnato a filare la lana all’arcolaio. Si trovava bene con loro. Erano gentili con lui, ma gli mancava sempre accanto la figura paterna. Non c’era praticamente mai e, anche quel giorno, non era diverso.
Era stato nuovamente lasciato dalle zie, mentre il padre gli aveva detto che sarebbe andato a cercarsi un lavoro. Sicuramente invece, come gli avevano detto le stesse zie, era in qualche locanda ad ubriacarsi. Così il bambino, cercando di pensare ad altro, era uscito dalla loro casa, recandosi un poco distante per poi soffermarsi sotto quell’albero che, forse, era diventato l’unico suo “amico” Quando…
“Ehi ciao” disse una voce. Il bambino si voltò per trovarsi di fronte ad una ragazzina, che gli stava sorridendo. Aveva capelli lunghi, scuri ed indossava un lungo abito, con mantello, che le arrivava fin sopra le ginocchia.
“Ciao. Sei nuova? Non ti ho mai vista da queste parti” domandò il bambino.
“Vengo qui di tanto in tanto, ma non mi soffermo visto che non ho nessuno con cui giocare” rispose la bambina.
“Come mai non dovrebbero giocare con te? Sei una bellissima bambina” disse il bambino, facendola sorridere. Poi le chiese: “Come ti chiami?”
“Rowena e tu?” gli domandò.
“Tremotino” rispose lui.
“Perché sei qua tutto solo?” chiese Rowena.
“Proprio come te, nessuno vuole essermi amico. Così vengo qua appena posso. Per ora sono da delle mie zie” rispose Tremotino.
“Ed i tuoi genitori? Dove sono?” domandò Rowena.
“Mia mamma è morta dandomi alla luce. Mentre mio padre… be’… da quanto detto da lui, è a cercarsi un nuovo lavoro. Mentre, da quanto detto dalle mie zie, è di nuovo ad ubriacarsi in qualche locanda. A volte penso che mio padre non mi voglia nemmeno bene” rispose Tremotino.
“Come può non volerti bene? E’ tuo padre e tu sei un bambino dolcissimo. Ma credo che sia stata soprattutto la morte di tua madre a renderlo così. Non dovresti biasimarlo per questo” disse Rowena.
“Io non lo biasi… biasima… quello che è. Dovrebbe starmi più accanto. Invece non lo fa” replicò Tremotino. Rowena sorrise nel sentire il bambino cercare di pronunciare quella parola forse a lui ancora difficile o sconosciuta. Poi però le disse: “Ora parlami un po’ di te.”
“Non credo di avere molto da raccontare” disse Rowena.
“Secondo me non vuoi dirmi la verità. Penso di sapere riconoscere quando qualcuno mi mente” disse Tremotino.
“Anche mia madre è morta. Ora sto con due persone molto dolci che mi hanno adottata non molto tempo fa. Non potevano avere figli, quindi mi hanno presa sotto la loro custodia” spiegò Rowena.
“E tuo padre che fine ha fatto?” chiese Tremotino.
“Se ne è andato quando ero molto piccola, lasciando da sole me e mia madre. Da allora, non lo abbiamo più rivisto, né sentito parlare. Probabile che si sia fatto una nuova famiglia” rispose Rowena.
“Le nostre storie non sono poi così tanto diverse” disse Tremotino. Rowena scosse negativamente la testa. Poi il bambino aggiunse: “Quando sarò grande, non voglio comportarmi come mio padre ed il tuo. Se mai dovessi trovare qualcuno da amare, le starò sempre accanto e cercherò di crescere nostro figlio senza fargli mancare mai nulla. Non voglio che altri bambini abbiano la nostra stessa infanzia. C’è già fin troppa crudeltà in giro.”
Rowena si avvicinò a lui, per poi dirgli: “Sei davvero un bambino dolcissimo e spero per te che avrai un bellissimo futuro. Dopotutto, siamo noi stessi a scrivere la nostra storia, no? Anche se con me e te, il fato ha già deciso.”
“Non dire così. Non è ancora troppo tardi per poterlo cambiare. Hai ragione, siamo noi a scrivere la nostra storia. Vorrei solo che mio padre capisse che c’è altro di più importante del gioco d’azzardo e del bere” disse Tremotino.
Rowena gli mise una mano su una spalla, dicendogli: “Certo che c’è: è la famiglia e l’amore che si prova l’un per l’altro. È la cosa più potente che esista e nulla potrà separarla”
Tremotino stette in silenzio, ma si limitò ad appoggiarsi contro la ragazzina. Rowena lo abbracciò forte e, in quel momento, fu come ci fossero stati solamente loro due.
Si staccarono. Poi Tremotino propose: “ Che cosa ne dici se ci incontriamo ancora?”
“Io… ecco… non saprei” disse indecisa Rowena, abbassando lo sguardo. Tremotino la prese per mano. Lo guardò, mentre le disse: “Oh, suvvia, oggi mi sono trovato bene con te. Sei molto simpatica e… anche l’unica che mi parla e vuole starmi accanto. Ti prego. Non abbandonarmi anche tu.”
Rowena non seppe che dire. Poi però strinse le mani di lui tra le sue e disse: “Non ti abbandonerò mai, Tremotino. Ti prometto che ci rivedremo ancora e che le cose andranno bene. Tu e tuo padre farete una nuova vita ed io sarò sempre accanto a te. Promesso” e Tremotino sorrise. Voltarono entrambi gli sguardi, quando sentirono una voce. Rowena lasciò le mani di Tremotino, dicendo: “Devo andare” e si voltò.
“Quando ci rivedremo?” domandò Tremotino. La ragazzina lo guardò, rispondendogli: “Spero presto” e gli sorrise. Poi si voltò e se ne andò. Tremotino stette lì ad osservarla mentre si allontanava sempre di più. Cos’era appena accaduto? Aveva davvero incontrato la sua prima unica e vera amica? Solo il tempo avrebbe risposto.”
 
Storybrooke
 
La donna misteriosa era stata portata all’ospedale, dove Whale, insieme ad alcune infermiere, le aveva prestato tutte le cure necessarie. Ora si trovava distesa su un letto, in una camera e da sola, ma comunque sempre monitorata. Al di là del vetro, Gold la stava osservando. Era sempre stato lì. Accanto a lui arrivarono Rose e Belle. Anche loro osservarono la donna. Poi Belle chiese: “Allora, di chi si tratta?”
“Nessuna di importante” rispose Gold.
“Se non fosse nessuna di importante, non te ne staresti qua ad osservarla” disse Belle. Ci fu silenzio. Poi la donna aggiunse: “Perché non mi hai mai voluto parlare di Cora?” Gold la guardò, dicendole: “Non credo che ora dovremo parlare di lei. Non trovi?”
“Tu e Regina sembravate aver paura di questa Cora. Chi è? Dobbiamo temerla?” domandò Belle, guardandolo a sua volta. Gold le accarezzò una guancia con il dorso della mano, per poi risponderle: “Ti ho promesso che sarei sempre stato sincero con te, ma ora non posso.” Belle fece qualche passo indietro, replicando: “Se mi ami davvero, allora dovresti dirmi di lei e di quella donna” ed indicò la sconosciuta sul letto.
“Belle, vorrei tanto, ma non credo che ora sarebbe il momento più adatto” disse Gold.
“Per te non sarà mai il momento più adatto. Questo significa che non sei cambiato affatto. Non sarai mai del tutto sincero. Ma ti prego, non allontanare nuovamente le persone care da te” disse Belle e, voltandosi, se ne andò. Gold la guardò, per poi porgere lo sguardo sulla figlia, quando questi gli disse: “ Dovresti essere sincero con la mamma o, se no, continuerete a litigare.”
“Non credo che questi siano argomenti che ti riguardano. Quando sarai più grande, capirai” disse Gold.
“Tecnicamente, se consideriamo che sono stata bambina per ventotto anni, dovrei già essere grande” disse Rose.
“Sì… piuttosto, come sta la tua amica?” chiese Gold.
“Paige non mi vuole parlare. Ha paura di tutto e, non mi sta molto vicina. Inoltre, vuoi sapere l’ultima? Henry mi ha detto, che Regina stia facendo un potente incantesimo di protezione alla casa. Sai, nel caso una certa Cora arrivi qua. Quindi, penso che Henry non mi sarà molto d’aiuto in futuro” rispose Rose.
Gold sospirò, per poi spiegare: “Molto bene. Questo lascia solo noi due. Va’ dalla tua amica e stalle il più vicino possibile. Cerca di farla parlare di ciò che è successo. Abbiamo bisogno di tutte le informazioni necessarie, soprattutto sapere che fine abbia fatto suo padre. Io, nel frattempo, parlerò con la Signorina Swan e Mary Margaret, anche se dubito mi dicano di più. In quel caso passerò al piano b, ovvero cercare informazioni dall’altra presente.”
“E come pensi di far parlare Excalibur? Ci sono incantesimi che ci riescono?” domandò Rose.
“Non esistono solo le parole per poter spiegare qualche cosa. Me lo può anche mostrare” rispose Gold e fece un piccolo sorriso, mentre Rose lo guardò stranamente. Poi Gold aggiunse: “Ora puoi anche andare, ma mi raccomando tienimi sempre aggiornato e magari cerca di convincere la tua amica a collaborare.”
“Non ti preoccupare. Essendo tua figlia, riesco ad essere molto persuasiva” disse Rose, facendo un piccolo sorriso. Poi se ne andò. Gold scosse negativamente la testa. Riguardò la donna misteriosa. Era passato tanto tempo dall’ultima volta.
 
Foresta Incantata – tanti secoli fa
 
Tremotino se ne stava seduto su di un sasso, sotto lo stesso albero. Era nuovamente da solo. Sperava veramente di incontrare ancora quella ragazza. Era la sua unica amica. Volse lo sguardo, quando la vide arrivare. Sorrise e si alzò, mentre la ragazza lo raggiungeva, per poi fermarsi di fronte a lui.
“Rowena, che bello. Sei venuta. Non sai quanto mi faccia felice” disse Tremotino.
“Anche a me” disse semplicemente Rowena. Tremotino abbassò lo sguardo, notando qualcosa di viola sul braccio della ragazzina. Quindi le chiese: “Quello che cos’è?”
Rowena, si tirò giù la manica della maglia, per poi rispondere: “Niente. Sono… sono caduta” Tremotino la guardò stranamente, non credendo del tutto alle sue parole. Poi però si avvicinò ancora di più a lei e, dopo aver tirato fuori un ferma capelli un po’ appuntito dalla tasca, disse: “Da quanto detto da mio padre, questo ferma capelli apparteneva a mia madre. Ma ora voglio che l’abbia tu.”
“Non posso accettarlo se era di tua madre. È l’ultimo ricordo che hai di lei” disse Rowena.
“Sarà il simbolo della nostra eterna amicizia” disse Tremotino e glielo mise sulla mano. Rowena la guardò. Per poi guardare Tremotino, che le sorrise. Mise le mani sopra quelle di lui e disse: “Prometto che rimarremo amici per sempre. Qualunque cosa accada. Nella buona e nella cattiva sorte. Ti aiuterò sempre e dovremo essere sinceri l’un con l’altra” e come una forte energia avvolse le loro mani. Si staccarono.
“Che… che cosa è appena successo? È come se avessi sentito una forte connessione con te” disse Tremotino.
“Anche io” disse Rowena e si guardarono perplessi. Poi Rowena lo prese per mano, dicendogli: “Vieni con me.” Ma Tremotino esitò: “Io… non posso. Non posso allontanarmi troppo dal villaggio.”
“Non andremo molto lontano. Ti fidi di me?” disse Rowena e gli mostrò la mano. Tremotino la guardò, ma poi gliela prese.
Poco dopo, Rowena condusse Tremotino nella foresta, accanto ad un pozzo. Il bambino si guardò intorno, dicendo: “Non sono mai stato qua.”
“Dicono che se si getti qualcosa in questo pozzo, poi i propri desideri si avverino, ma non ci ho mai creduto più di tanto” disse Rowena.
“Allora perché mi hai portato qua?” domandò Tremotino.
“Credo che questo posto, trasmetta qualcosa di speciale. Come qualcosa di magico. Che da qua possano nascere ricordi indimenticabili, che possano segnare per sempre la nostra vita” rispose Rowena. Dapprima Tremotino non disse nulla. Poi si avvicinò a lei e disse: “Prima ci siamo giurati sincerità per entrambi. L’altra volta avevano ragione le mie zie. Mio padre non era andato a cercarsi un nuovo lavoro, ma era nuovamente alla locanda ad ubriacarsi. Lui non cambierà mai.”
“Invece cambierà, se sei tu a farglielo capire. Deve scegliere cosa sia più importante per lui: se l’amore per suo figlio o il bere e le carte” disse Rowena.
“Quei lividi sul braccio, come te li sei procurata veramente?” chiese Tremotino. Rowena guardò da una parte. Poi lo riguardò e rispose: “Non è vero che me li sono fatta cadendo. L’altro giorno sono arrivata a casa tardi e mio padre mi ha picchiata.”
“Rowena, perché non me lo hai detto prima?” domandò Tremotino, rimanendo senza parole.
“Perché non avresti potuto fare nulla. È vero, sono i miei genitori adottivi. Mi hanno presa sotto la loro custodia, dopo che mia madre è morta. Ma…  ecco…  il mio padre adottivo non mi ha mai vista di buon gusto e usa un regime molto autoritario. Mia madre se ne sta zitta. Mi abbraccia. Mi consola quando sono in camera mia, ma di più non fa, così come non posso fare io. A volte sono stata rinchiusa anche in uno scantinato al buio per un giorno intero” spiegò Rowena.
“Perché non hai mai provato a scappare?” chiese Tremotino.
“E dove sarei potuta andare, secondo te? Almeno, rimanendo con loro, ho cibo e un tetto sopra la testa” rispose Rowena. Tremotino si avvicinò a lei e, prendendola per mano, disse: “Allora vieni via con me.”
“E dove?” domandò Rowena. Tremotino tirò fuori un fagiolo da una tasca, per poi rispondere: “Lo vedi questo fagiolo? Me lo hanno dato le mie zie, dicendomi che è magico e, che se gettato a terra, apre un portale. Potremo andare da qualsiasi parte. Volevo utilizzarlo per andarmene con mio padre.”
Rowena fece qualche passo indietro, dicendo: “Vuoi andartene via? Proprio ora che eravamo diventati amici?”
“Vieni con noi. Ricominciamo insieme una nuova vita. Staremo insieme per sempre” disse Tremotino.
“Quando è che me lo avresti detto? Ti credevo amico mio” replicò Rowena.
“E’ che non ne ero sicuro nemmeno io. Ma lo devo fare per mio padre. Se continuerà così, rimarrò solo” disse Tremotino.
“Tu non sarai mai solo. Ti ho promesso che sarò sempre al tuo fianco. Ma se te ne andrai, come farò senza di te? Sei il mio unico amico” disse Rowena.
“Ti prometto che non mi dimenticherò mai di te” disse Tremotino.
“Nemmeno io” disse Rowena e si abbracciarono forte. Si staccarono e si guardarono. Poi abbassarono lo sguardo sul ferma capelli che Rowena teneva in mano. Tremotino lo prese e lo mise tra i capelli della ragazza. Poi le disse: “Ti sta d’incanto. Sembri una principessa.”
“Nessuno, prima d’ora, mi aveva mai fatto un complimento così” disse Rowena, arrossendo leggermente in volto. Tremotino sorrise. Poi aggiunse: “Ora devo andare. Voglio parlare con mio padre prima che si ubriachi troppo. Vorrei che venissi con me, ma non desidero che i miei problemi diventino anche i tuoi. Ma devi promettermi che, se tuo padre dovesse ancora picchiarti, tu scapperai via. La mia offerta è ancora aperta. Vieni con me ed inizieremo una nuova vita. Insieme.”
“Ma… non posso lasciare i miei” disse Rowena.
“Rowena, mi hai detto che siamo noi stessi a decidere della nostra vita. Fallo anche tu. Non puoi permettere a tuo padre di comandarti, né di picchiarti. Spetta solo a te. È una tua scelta. Io voglio solo che tu sia felice” disse Tremotino.
“Non soffrire per me. Ci conosciamo appena” disse Rowena.
“Eppure, è come se la nostra amicizia ci legasse ancora più profondamente. So che di te mi posso sempre fidare. Non voglio perderti come amica” disse Tremotino.
“Non mi perderai, perché ti prometto che ci rincontreremo ancora. Ora va e riprenditi la tua vita. Tu e tuo padre potete ancora rimediare” disse Rowena. Tremotino si avvicinò e la baciò su una guancia. Poi disse: “A presto, mia dolce bonny.” Rowena lo guardò sorpresa, soprattutto perché aveva usato quel nomigliolo. Chissà che cosa significava.
Si guardarono sorridendosi l’uno con l’altra. Voltarono gli sguardi quando sentirono dei passi. Rowena disse: “Devo andare.”
“Spero che ci rivedremo presto” disse Tremotino. Rowena lo guardò e disse: “Lo spero anche io” e, se ne andò. Tremotino rimase nuovamente solo. E chissà quando ancora l’avrebbe rivista.
 
Storybrooke
 
“E noi le ripetiamo che le abbiamo detto tutto” finì di dire Mary Margaret, dopo che lei ed Emma ebbero raccontato tutto a Gold, il quale semplicemente disse: “Bene.”
“Non ne è convinto, vero?” chiese Emma.
“Come avete incontrato quella donna?” domandò Gold.
“Perché lo vuole sapere?” chiese Emma.
“Diciamo che sono molto curioso. Dopotutto, è una faccia nuova da queste parti e lei, in quanto vice sceriffo, dovrebbe tenere all’incolumità dei cittadini” rispose Gold.
“Non mi sembra una persona pericolosa” disse Mary Margaret.
“Non sto alludendo a quello” disse Gold.
“O probabile di sì. Chi ce lo dice che magari lei non la conosca già? Dopotutto, ha coinvolto tutti nella sua vita” disse Emma.
“Le ho già detto quanto mi piaccia. Riesce a tenermi testa. Cosa che non è di nessuno. Ma non mi importa più di tanto se non volete dirmi di più” disse Gold.
“Che cosa ha in mente? Non è da lei mollare così” domandò Emma.
“Ho i miei metodi alternativi” rispose Gold. Emma e Mary Margaret non dissero nulla. Poi Gold, dopo aver fatto un piccolo sorriso, se ne andò.
“Non mi piace per niente. Quando fa così, vuol dire che ha in mente qualcosa. Forse è meglio se lo seguo” disse Emma.
“Credo che, molto probabilmente, ci sia già Rose ad aiutarlo. Forse è meglio se lo lasci fare” disse Mary Margaret.
“Lasciarlo fare non è mai una buona idea” disse Emma.
Poco dopo, Gold si trovava in negozio. Era abbassato davanti alla cesta, dove Excalibur, svegliatasi dopo l’arrivo del padrone, lo stava guardando. Gold teneva in mano un acchiappasogni, che si illuminò non appena lo passò sopra la testa dell’amica, per poi dirle: “Sei bravissima. Vedi che non accade nulla e, in questo modo, contribuirai ad aiutare me e Rose” ed Excalibur mugugnò qualcosa.
In quel momento, tintinnò la campanella. Gold si alzò e, voltandosi, vide entrare Rose con Paige. Le bambine si fermarono di fronte a lui. Poi Rose disse: “Papà, Paige ha da dirti una cosa” e, guardando l’amica, la incitò a parlare. Paige la guardò a sua volta. Poi, insicura, disse a Gold: “Signor Gold, Rose mi ha detto che lei potrebbe aiutarmi.”
Gold guardò Rose che, con gli occhi, fece segno verso Paige. Quindi guardò l’altra bambina e chiese: “Molto bene. In cosa posso esserle utile?” Paige si toccò la testa, spiegando: “Ho molto male qua. Sto cercando di ricordare ciò che è accaduto, ma è come se qualcosa me lo impedisse. Probabile un evento traumatico.”
“Be’, in questo caso, le consiglio di andare dal Dottor Hopper. È migliore di me in queste cose” propose Gold.
“Ecco… è che… mi fido più di lei. Quando mi aveva preso sotto la sua custodia, era sempre stato gentile con me. Così come anche nella foresta incantata” disse Paige. Gold fece un piccolo sorriso, per poi domandarle: “Che cosa ne dice di una bella tazza di tè? Dicono che schiarisca le idee.”
“Sì, grazie” rispose Paige e Gold andò nel retro bottega. Rose guardò l’amica e, dopo averle messo una mano sulla spalla, disse: “Vedrai che andrà tutto bene. Papà ti aiuterà. Lo ha sempre fatto.”
“E’ che vorrei tanto ricordare per aiutarti, ma non ci riesco. E’ come se fossi stata colpita da un sortilegio che mi abbia bloccato la memoria” disse Paige.
“Stai tranquilla. Fra poco starai bene” disse Rose. Gold ritornò da loro, tenendo in mano una tazza di tè fumante che consegnò a Paige, per poi dirle: “Ecco qua. Un sorso e passerà tutto.” Paige bevve un po’ di tè. Le incominciò a far male la testa per poi battere un paio di volte gli occhi.
“Paige tutto bene?” chiese preoccupata Rose.
“Sì… credo di sì” rispose ancora un po’ insicura Paige.
“Bene. Allora, che cosa si ricorda?” domandò Gold.
“Io, papà ed Excalibur siamo arrivati ad una spiaggia, dove abbiamo visto Emma e Mary Margaret che stavano combattendo contro una donna. Papà mi ha detto di rimanere lì, perché non voleva che mi attaccassero. Lui è andato ad aiutare le altre, ma erano in difficoltà. All’improvviso, un incantesimo stava per colpirmi. Ma qualcuno mi ha preso in tempo e spostata. Sono sicura che non si trattasse di papà, perché lui stava ancora combattendo. Poi però…” iniziò a spiegare Paige, ma non riuscì a proseguire che si portò una mano sulla testa dolorante.
“E’ tutto a posto Paige. Sei stata bravissima. Ora cerca di riposarti” disse Rose.
“So che c’è dell’altro. Ma non ricordo” disse Paige. Rose guardò Gold, dicendogli: “Papà, dovrei cercare una cosa nel retrobottega. Non è che mi daresti una mano?”
Dal suo sguardo, Gold capì che la figlia voleva parlare in privato con lui. Quindi disse, rivolto a Paige: “Perché non rimane qui a far compagnia ad Excalibur? Io e Rose torneremo subito. Nel frattempo, cerchi di non affaticarsi troppo” ed andò nel retrobottega, seguito da Rose. Una volta lì, Rose replicò: “Ti ho portato qua Paige, in modo che tu riuscissi a curarla. Non che la facessi soffrire. Ma che cosa le hai dato?!”
“Solo poche gocce di una potente pozione che fa ritornare la memoria” rispose Gold. Rose guardò da una parte e Gold aggiunse: “Lo so che sei preoccupata per la tua amica e sono contento che sei riuscita a convincerla a venire qua. Sta bene. Ha solo le idee un po’ confuse, ma ritornerà ad essere quella di prima.” Rose lo riguardò, ma abbassò lo sguardo quando vide ciò che il padre teneva in mano. Quindi chiese: “Perché tieni in mano un acchiappasogni?”
“Sono stato dalla Signorina Swan e Mary Margaret, ma non mi hanno voluto dire più di tanto. Così sono passato al piano b” rispose Gold.
“E sei riuscito a parlare con la mamma?” domandò Rose.
“In verità non la vedo dall’ospedale” rispose Gold.
“Dovresti parlarci e magari dirle anche di questa Cora e donna misteriosa ricoverata in ospedale. Chi sono? Come fai a conoscerle?” disse Rose.
“Chi ti dice che conosco la donna all’ospedale?” chiese Gold.
“Non staresti là per un’ora intera ad osservarla e poi, dopo che è arrivata con Emma, Mary Margaret, Paige ed Excalibur, non ne sembravi affatto sorpreso. Papà, dobbiamo preoccuparci? E’ pericolosa?” rispose Rose.
“Piccola mia, ti prometto che…” iniziò col dire Gold. Gli squillò il cellulare. Lo prese e, dopo aver visto chi lo chiamava, accettò la chiamata, mettendoselo all’orecchio e dicendo: “Pronto. Sì… sì ho capito. Molto bene. Arrivo subito” e, dopo aver riattaccato, lo rimise in tasca. Guardò Rose e, mettendole una mano sulla testa, aggiunse: “Scusami mio piccolo fiore, ma ora devo proprio andare. Il negozio è affidato a te.”
“Lo sai anche tu che odio lavorare qua dentro e addirittura me lo affidi. Dove devi andare così di fretta? Chi era al telefono?” disse Rose.
“Ogni tua domanda avrà presto una risposta. Ma non ora” disse Gold, facendo un piccolo sorriso per poi scomparire in una nube viola.
“Presto per lui vuol dire il più tardi possibile” disse Rose.
Poco dopo, Gold si trovava fuori dalla stanza della donna misteriosa a parlare con il dottor Whale, il quale gli disse: “La paziente è sveglia, ma questo non toglie il fatto che debba essere stressata. Anche se è lei, Signor Gold, posso sempre farla allontanare.”
“La ringrazio per avermi chiamato e tenermi aggiornato come le avevo richiesto. Dopotutto è più un bravo dottore qua, che in passato” disse Gold e, guardandolo, sorrise maliziosamente. Whale, senza obiettare, se ne andò.
Gold entrò nella stanza, mettendosi accanto al letto della paziente. Quest’ultima, aprì gli occhi. Voltò lo sguardo e sorrise non appena lo vide. Quindi disse: “Ho sempre sperato, che fossi tu la prima faccia che avrei rivisto una volta sveglia.”
“Non volevo che ci fosse un estraneo accanto a te” disse Gold e dopo essersi seduto sulla sedia, domandò: “Come ti senti?”
“Come se mi avessero colpito con qualcosa di grosso” rispose la donna, toccandosi la testa. Voltò lo sguardo, quando Gold le mostrò l’acchiappasogni brillare, il quale rivelò le immagini che aveva preso dalla mente di Excalibur. In esso, si vedeva Mary Margaret ed Emma combattere contro Cora e la donna misteriosa salvare Paige, prima che la bambina venisse colpita da un incantesimo. A quel punto, l’acchiappasogni cessò di brillare. Quindi Gold disse: “E’ così che speri di purificarti? Salvando una bambina?”
“Cerco solo di rimediare a tutto ciò che ho commesso di sbagliato in passato. Sai a cosa alludo, perché ci sei passato anche tu” disse la donna.
“E’ dai nostri sbagli che si impara. Io stesso ne ho pagato le conseguenze, dopo che ho perso Baelfire. Ma ho cercato di rimediare con la mia piccola Rose” disse Gold. La donna fece un piccolo sorriso per poi dire: “Sei davvero cambiato… Tremotino.”
“Noto con piacere che, durante la prima maledizione, non hai perso la memoria. Ma dove ti trovavi? Non ti ho vista arrivare qua a Storybrooke” disse Gold.
“Ero in giro per sistemare una faccenda molto importante” disse la donna, spostando lo sguardo. Gold mise una mano su quella di lei. La donna lo riguardò e Gold disse: “Ricordi ciò che c’eravamo promessi quando eravamo bambini? Saremo stati amici per sempre, nella buona e cattiva sorte. Tu mi hai aiutato a diventare quello che sono. Ora io aiuterò te…  Rowena” e la donna gli sorrise. Ma i due non si accorsero che qualcuno li stava osservando al di là del vetro. E quel qualcuno era Regina.




Note dell'autrice: Ed eccomi qua con la prima parte del nuovo capitolo. Eccomi qua anche un po' febbricitante (e spero che la febbre passi presto). Nuovo capitolo. Nuovo personaggio (non presente nella serie) Un personaggio che sconvolgerà non poco l'intera serie e vediamo se questa mia stramba idea funzioni. Va bene qualsiasi commento, bello o brutto che sia (anche suggerimenti, se volete)
Grazie per tutto coloro che continuano a seguire la serie (e magari già dalla prima stagione) e scusatemi se ci impiego tanto ad aggiornarla. Ho idee fino all'ultima stagione (idee che continuo a cambiare) e non vedo l'ora di iniziare a scrivere la terza stagione (prima però devo ancora finire la seconda e ce ne vuole )
Grazie alle mie due splendide amiche Lucia e Laura e ovviamente a tutti voi che mi sostengono, recensiscono o passano semplicemente di qua a dare una sbirciatina
Passate una splendida nottata al calduccio e, sperando che questa febbre se ne vada, vi auguro una buona notte.
Al prossimo aggiornamento, miei cari oncers
 






 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** La sconosciuta - Parte II ***






The Rose of true Love - Stagione II

 
 
Capitolo V: La sconosciuta- Seconda Parte

 
Foresta Incantata – secoli fa
 
Tremotino si trovava nella foresta. Erano passati anni dall’ultima volta che aveva visto la sua amica Rowena. Da allora non aveva più avuto sue notizie e sperava tanto che stesse bene. Volse lo sguardo quando sentì dei passi e vide una figura avvicinarsi. Non poté subito identificarla, perché indossava un lungo mantello che toccava fino a terra e un cappuccio che le copriva il viso. Si fermò di fronte a lui.
“Salve. Ha bisogno di qualcosa ?” le chiese.
 La figura si abbassò il cappuccio, per poi rispondere: “Solo rivedere un vecchio e caro amico.”
 Tremotino la scrutò meglio e la donna, aggiunse: “E’ passato tanto tempo.” Tremotino puntò lo sguardo sul fermacapelli che la donna portava. Un sorriso gli si stampò in volto. Fece qualche passo verso di lei, dicendo: “Rowena. Che bello rivederti” e si abbracciarono. Poi aggiunse: “Mi sei mancata tanto.”
“Anche tu” disse lei. Si staccarono e Tremotino disse: “Guardati, ti sei fatta ancora più bella. Ora sembri davvero una principessa” e la fece sorridere. Poi aggiunse: “Dove sei stata per tutto questo tempo?”
“In giro e tu?” domandò Rowena.
“Anche io” rispose Tremotino. Ci fu un attimo di silenzio. Poi Tremotino aggiunse: “Ti ho… ti ho cercata dopo quel giorno, ma non ti ho più vista. Ho provato a chiedere, ma nessuno è mai riuscito a dirmi dove fossi finita. Ho mantenuto quella promessa che ci facemmo da piccoli. Non ti ho mai dimenticata. A quanto pare, però, questo non è contato per te.”
“Non dire così. Nemmeno io ti ho mai dimenticato. Quella notte, quando te ne sei andato, sono rimasta nuovamente sola. Avevo perso il mio unico vero amico. Pensavo che non saresti mai più ritornato” disse Rowena.
“Ti avevo proposto di venire con me e mio padre. Ma… avrei solo sbagliato” disse Tremotino. Rowena lo guardò in silenzio, mentre l’amico continuò: “Mio padre mi abbandonò. Preferì avere il potere e rinunciare al suo unico figlio. Non avrebbe mai scelto me. Voleva ricominciare una nuova vita, ma da solo.”
“Oh, Tremotino, mi dispiace tanto. Sarei dovuta starti accanto in un momento simile. Ma non ero presente” disse Rowena. Tremotino le prese una mano, dicendole: “Non importa. Ora siamo di nuovo insieme e nessun altra cosa ci separerà mai più.” Si sorrisero. Poi Rowena gli chiese: “Come mai zoppichi? Cosa ti è successo? Qualcuno ti ha fatto del male?”
“No. È che…” iniziò col dire Tremotino, ma si fermò non appena qualcuno lo chiamò: “Papà. Papà.” Volsero gli sguardi per vedere un bambino correre verso di loro, mentre teneva in mano un cestino.
 “Bae, non correre così o rischi di cadere e farti male” gli disse Tremotino, non appena il bambino si fermò accanto a loro. Rowena lo guardò stupita, mentre l’amico accarezzava il figlio sulla testa e lo guardava amorevolmente. Poi Tremotino disse: “Bae, ti voglio presentare una mia cara amica d’infanzia. Lei è Rowena. Rowena, lui è mio figlio Baelfire.”
“Hai uno splendido bambino. Sai piccolo, assomigli a tuo padre quando aveva la tua età e sono sicura che anche tu sei buono e premuroso. Il tuo papà era così con me” disse Rowena, sorridendogli.
“Papà mi ha parlato spesso di lei e di come eravate molto amici. Il mio papà l’aveva cercata tanto in passato” disse Baelfire. Rowena lo accarezzò su una guancia, dicendogli: “Lo so piccolo. Me lo ha detto e mi dispiace molto non essergli stata accanto nei momenti difficili. Quando eravamo bambini, ci eravamo fatti una promessa e, purtroppo, non l’ho mantenuta.”
“Non ci pensare. Ora sei qua. Questo è l’importante” disse Tremotino. Rowena gli sorrise. Poi Tremotino propose: “Perché non vieni a prendere un tè da noi?
“Io…  ecco…  non saprei” disse insicura Rowena.
“Siamo stati lontani per molti anni. Cosa ti costa venire da noi per poco tempo? Non ti chiedo altro” disse Tremotino. Rowena li guardò in silenzio, per poi soffermare lo sguardo su Baelfire. Quel dolce bambino dallo sguardo puro ed innocente. Riguardò Tremotino, dicendogli: “Va bene” e l’amico gli sorrise, per poi dirle: “La nostra casetta si trova lontano da tutte le altre. Non puoi sbagliarti.”
 Poco dopo, Tremotino, con l’aiuto di Baelfire, stava terminando di preparare il tutto per l’arrivo di Rowena.
 “Bae, finisci di mettere a posto lì. Fra poco la nostra ospite arriverà” disse Tremotino.
 “Ma papà, se è la tua migliore amica, perché allora non ti è mai venuta a cercare?” domandò Baelfire.
 “Forse avrà avuto molto da fare” rispose Tremotino.
 “Io credo che, invece, si sia dimenticata di te. Dopotutto i veri amici non si allontanano mai l’uno dall’altro” disse Baelfire.
“Ma si ritrovano sempre” disse Tremotino. Ci fu un momento di silenzio, nel quale il bambino non sembrava del tutto convinto dalle parole del padre. Quindi Tremotino continuò: “ Bae, ascolta, so che per te è ancora difficile accettarla, ma io e Rowena siamo stati buoni amici e lo siamo ancora. Era la mia unica amica. La sola che mi volesse stare accanto e parlarmi. Cerca di non giudicarla male perché non si è mai fatta sentire o vedere. Tutti commettiamo degli sbagli e sono sicuro che le vorrai bene.”
Bussarono alla porta. Tremotino, riguardò il figlio, aggiungendo: “E lei ne vorrà a te” e, dopo averlo accarezzato su una guancia, sorridendogli, andò ad aprire.
Rowena era lì, indossando sempre il suo lungo mantello. La donna poi disse: “Scusami molto per il ritardo. Ho avuto un piccolo contrattempo.”
“Non ti devi scusare. Dopotutto non ti avevo dato un orario. Ma ora, su dai vieni dentro” disse Tremotino, facendosi da parte per farla entrare. Rowena, però, se ne rimase immobile, per poi dire: “Ecco… riguardo il piccolo contrattempo… non ti dispiace che l’abbia portato, vero?” Tremotino la guardò stranamente così come Baelfire. Rowena si voltò e, allungando una mano, disse: “Vieni tesoro.” Al suo fianco, comparve una ragazzina poco più grande di Baelfire.
Rowena le mise entrambi le mani sulle spalle. Le sorrise, baciandola su una guancia, per poi dire: “Lei si chiama Zoe. È mia figlia.” Tremotino rimase senza parole, ma dopotutto la cosa poteva essere normale, considerando che anche lui aveva un figlio. Quindi sorrise e disse: “Che piacere conoscerti, cara. Venite pure dentro. Su, venite” e, dopo che madre e figlia furono entrate, chiuse la porta. Poi si affiancò alla ragazzina ed aggiunse: “Zoe, ti voglio presentare mio figlio Baelfire. Più o meno dovreste avere la stessa età.”
 Zoe guardò timidamente Baelfire, che la guardò a sua volta. Rowena, vedendo la figlia insicura, avvicinò il viso a quello di lei, dicendole: “Coraggio piccola, Baelfire è un bravissimo e dolce bambino. Sono sicura che ti farà trovare a tuo agio.” La figlia, allora, fece qualche passo verso Baelfire, il quale le chiese: “Ti piacciono le statuine in legno?”
“Sì, molto” rispose Zoe.
“Vieni. Ti mostro la mia collezione” disse sorridendo Baelfire e Zoe lo seguì in un angolo della casa. Rowena si affiancò a Tremotino. 
Poco dopo, i due adulti, mentre stavano guardando i bambini giocare e che, ormai, avevano instaurato una bella amicizia, si erano seduti a tavola a bere tè caldo.
 “Guardali come sono contenti. Sembrano noi due quando avevamo la loro età” disse Tremotino.
 Rowena sorseggiò in silenzio il tè. Tremotino guardò l’amica, aggiungendo: “Devo ammettere di essere rimasto alquanto sorpreso quando hai detto che Zoe era tua figlia. Cioè…  insomma…   non dico che non fosse possibile, per carità. Sei adulta ed hai tutto il diritto di essere anche madre. Ma… ecco… solo ieri eravamo bambini e parlavamo del futuro, mentre guardaci ora, qua a parlare ed i nostri figli a giocare insieme. Non mi sembra vero che il tempo sia volato così velocemente” e sorrise. Anche Rowena lo guardava sorridendo. Poi depositò la tazza sulla tavola e gli domandò: “Come hai fatto a diventare zoppo?”
Tremotino smise di sorridere. Fu come se, di colpo, tutta la felicità gli svanì. Ovviamente, Rowena si accorse dell’improvviso cambio d’umore dell’amico. Quindi aggiunse: “Mi dispiace. Non…  non volevo chiederti ciò.”
“No. Va tutto bene. Dopotutto, è giusto che tu sappia. Sei la mia migliore amica. Ci giurammo sincerità l’uno con l’altra” disse lui.
Fece un lungo sospiro, iniziando a raccontarle: “Mi sono azzoppato da solo, per scappare dalla guerra degli orchi. Mentre mi trovavo là, una veggente mi predette che sarei morto e che non avrei visto mio figlio crescere. Così mi azzoppai e mi mandarono a casa, lasciando i miei compari verso morte certa. Ritornai da mia moglie e mio figlio appena nato. Lei incominciò a disprezzarmi, così come tutti gli altri abitanti del villaggio. Iniziò a lasciarmi  crescere da solo Bae, mentre andava a divertirsi alla locanda. Non voleva più starmi accanto. Mi riteneva un codardo.”
“E ora dove si trova?” chiese Rowena.
“E’ stata portata via dai pirati e, da allora, non l’ho più rivista” rispose Tremotino.
 “Oh, Tremotino, mi dispiace molto” disse Rowena.
“Non importa. Voglio solo che Bae cresca bene e che sia felice” disse Tremotino guardando il figlio, che si stava divertendo con Zoe. Rowena mise una mano sopra quella dell’amico, che la riguardò. La donna gli disse: “Per me, il gesto che hai compiuto è stato molto coraggioso. Lo hai fatto per non lasciare Baelfire senza un padre, proprio come è accaduto a noi due. Io non ti reputo un codardo, ma una bravissima persona dolce e premurosa verso il proprio figlio. Mi dispiace che tua moglie ti abbia lasciato, ma non meritavi tutto questo disprezzo.”
Tremotino le sorrise e, dopo aver messo l’altra mano sopra quella di lei, disse: “Come sempre, tu riesci a comprendermi. Questi anni sarebbero stati molto diversi con te accanto.”
“Chi può dire ciò? Probabile che il destino avesse già deciso per entrambi” disse Rowena.
“Anni fa mi dissi che eravamo noi stessi a scrivere la nostra storia. Così ho cercato di fare, ma è stato tutto inutile. Non vorrei mai che la mia storia finisse su qualche libro. Chi mai la leggerebbe? Sono solo un umile uomo che cerca di crescere il proprio figlio come meglio può. Ciò che ho fatto non c’è più rimedio. Non si può tornare indietro” disse Tremotino.
“E’ dai propri sbagli che si impara ed a tutto c’è rimedio. Non è ancora troppo tardi” disse Rowena.
“E, invece, qual è la tua storia? Cosa ti è accaduto ?” domandò Tremotino.
 Rowena abbassò lo sguardo, per poi iniziare a raccontare: “Dopo che tu te ne sei andato, sono ritornata dai miei genitori e… be’… come puoi immaginare… mio padre mi sgridò per aver fatto nuovamente tardi. Mi proibì di uscire di casa. Mi ribellai. Non volevo più sottostare alle sue regole. Gli dissi che sarei scappata per farmi una nuova vita. Lui si arrabbiò. Non tollerava questo comportamento in casa sua. Prese la cinghia dei pantaloni e iniziò a picchiarmi, ripetendomi che dovevo ritenermi fortunata che loro mi avessero preso con sé, quando sarei potuta rimanere nella foresta e morire.”
 “E tua madre? Da quel che ricordo, non controbatteva mai tuo padre” chiese Tremotino.
 “E, anche quella volta, non ha fatto nulla. Ma, la sera stessa, presi una decisione che cambiò la mia vita. Decisi di scappare. Preparai il necessario. Quando, sulla soglia della porta della mia camera, comparve mia madre. Teneva una sacca in mano. Si avvicinò a me, consegnandomela, per poi abbracciarmi forte. Mi condusse alla porta sul retro, dicendomi di andare per sempre via da quel posto. Non voleva più vedermi soffrire. Le proposi di venire con me, ma lei rifiutò, dicendomi che doveva adempiere al suo dovere di moglie fedele e rimanere accanto al proprio marito. L’abbracciai nuovamente, ringraziandola per quel coraggioso gesto che stava compiendo nei miei confronti e lei mi confidò che per tutti quegli anni, fin da quando mi avevano presa con loro, aveva sempre cercato di proteggermi da mio padre. Stavo per uscire, ma lui arrivò. Era molto arrabbiato. Mia madre si mise tra noi due ma lui la scansò da una parte e iniziò a picchiarmi. Mia madre cercò di fermarlo. Lui, di tutta risposta, la scaraventò a terra, ma lei, prese un coltello dalla tavola e si avventò su di lui. Ma le bloccò il polso e, prendendole il coltello, glielo conficcò nella pancia, prima che potesse difendersi. Cadde a terra. Mi inginocchia accanto a lei, mentre mi prese le mani, sussurrandomi di scappare e riscrivere la mia vita, non permettendo più a nessuno di deciderla per me. E, dopo avermi detto che avrebbe portato il mio ricordo la su, morì. Guardai l’uomo che l’aveva ammazzata e, poi scappai il più lontano possibile da lì, senza mai più farne ritorno.”
 Tremotino strinse forte le mani dell’amica, dicendole: “Hai fatto un gesto molto coraggioso. Era ora che te ne andassi da lui, anche se ciò ha comportato la perdita di tua madre, ma sono sicuro che ora sia la su a vedere chi sei diventata.”
 “Non credo gioisca” disse Rowena.
 “Cos’altro è successo? Dov’è il padre di Zoe?” domandò Tremotino.
 A Rowena divennero gli occhi lucidi. Poi raccontò: “Edward ed io ci siamo incontrati al villaggio. Lui gestiva una panetteria. Fin dal primo momento, fu molto dolce con me e capii che forse era quello giusto. Iniziammo a frequentarci e, quei piccoli e semplici gesti che aveva nei miei confronti, mi fecero innamorare. A lui non piacevano le cose sfarzose e, quindi, il nostro matrimonio fu molto semplice. Qualche mese dopo rimasi incinta. Eravamo molto felici di diventare genitori ma io, allo stesso tempo, anche preoccupata considerando che non avevo mai avuto una vera famiglia nel crescermi. Però, con Edward al mio fianco, ebbi la forza di compiere questo importante passo e, quando nacque Zoe, fu uno dei giorni più belli della mia vita. Devo ammettere che avevo paura ma, appena l’ebbi tra le braccia, qualcosa in me si accese. Dovevo proteggerla da chiunque e qualunque cosa.”
 “Anche a me è successo quando ho tenuto Bae per la prima volta in braccio. È quel senso di protezione che viene fuori, quando senti una grossa responsabilità su di te e non vuoi che nessun altro tocchi la tua preziosa creatura” disse Tremotino, facendo un piccolo sorriso e ripensando al giorno in cui Baelfire nacque.
 “Eravamo così felici tutti e tre. Edward voleva così tanto bene a Zoe, che appena poteva, le portava sempre a casa dei piccoli regali. Per non perdersi nemmeno un momento della sua crescita, aveva iniziato a preparare il pane anche a casa, che poi andava a vendere in altri villaggi o chi comunque ne aveva bisogno. Lo donava anche a quelle persone povere che non avevano nulla. A quei mendicanti che si fermavano per strada a chiedere pochi spiccioli. Ma, a quanto pare, a molti non andava giù tutta questa benevolenza. Una sera, mentre Edward stava ritornando a casa, venne circondato da alcuni briganti. Volevano derubarlo di ciò che aveva guadagnato. Lui cercò di farli ragionare con le buone, ma fu tutto inutile. Lo assalirono, riempiendolo di botte, finché uno di loro non lo accoltellò. Lo lasciarono morire lì, quando non venne trovato da alcuni che lo conoscevano, per poi essere portato da me. Con sé aveva un piccolo regalo per Zoe. Non è mai riuscito a darglielo di persona” e le lacrime le bagnarono il viso. Aiutandosi con il bastone, Tremotino si alzò e, dopo essersi seduto accanto a lei, la strinse a sé, dicendole: “Non piangere. Non potevi fare nulla. Non eri lì con lui.”
 “Appunto. Non ero lì con lui” disse Rowena. Tremotino le disse: “Guardami” e, dopo che l’amica l’ebbe guardato, chiese: “ E, se ci fossi anche stata, cosa avresti potuto fare?”
 “Solo perché sono donna, non è detto che non riesca a difendermi” ribatté Rowena.
 “Non alludo a quello. Avresti davvero lasciata da sola Zoe? Come avrebbe fatto se avessero ucciso anche te? Tua figlia sarebbe diventata orfana. Le avresti veramente dato un futuro così ? Tuo marito non avrebbe voluto che facessi la sua stessa fine” disse Tremotino.
 “Ma neanche lui meritava quella fine!” replicò Rowena.
 “E’ vero, ma purtroppo il destino ha voluto così. Sono sicuro che Edward non vorrebbe che tu continuassi a piangere per la sua morte, ma che andresti avanti per il bene di vostra figlia. Devi essere coraggiosa e non mollare mai. Io credo in te. Ti starò accanto. Solo se tu lo vorrai” disse Tremotino.
 “Sei così sempre gentile con me, ma non voglio che i miei problemi diventino anche i tuoi” disse Rowena.
 “Sei la mia migliore amica. Non posso lasciarti da sola ad affrontare tutto questo. Mi trovo nella tua stessa situazione. So come ci si sente. Almeno lascia che ti aiuti. Anche solo indirettamente” disse Tremotino. Rowena gli mise una mano sulla guancia. Avvicinò il viso a quello di lui. Tremotino iniziava a sentirsi un po’ a disagio. I loro visi erano sempre più vicini. Le loro labbra stavano per sfiorarsi quando…
 “Papà ! Papà!” disse Baelfire, correndo con Zoe, dagli adulti. Quest’ultimi si staccarono l’uno dall’altra e, guardando i bambini, Tremotino gli domandò: “Sì, cosa…  cosa c’è Bae?”
 “Zoe potrebbe fermarsi qua anche a cena ? Ti prego, dai” rispose Baelfire.
 “Io… ecco… non saprei. Dovresti chiedere a sua madre” disse Tremotino e guardarono Rowena che, dopo essersi spostata una ciocca di capelli dietro l’orecchio, disse: “ E’ che abbiamo così tante cose da fare.”
“Dai mamma, è la prima volta che qualcuno mi invita. Ed è anche la prima volta che abbia un vero amico” disse Zoe. Rowena guardò Tremotino, quando questi disse: “Per me non è un problema e poi Bae e Zoe sembrano andare d’accordo. Credo che siano diventati molto amici. E, noi due, potremo…  ecco…  parlare di più” ed arrossì leggermente in volto.
 Ci fu silenzio. Rowena si alzò, dicendo: “Io…  ho da fare. Devo…  devo andare” e si diresse verso la porta. Anche Tremotino si alzò e, zoppicando, la seguì chiedendole: “Andare dove? Penso che tu abbia tutto il tempo anche dopo. Non ci vediamo da anni e tu sparisci subito.” Rowena si fermò e, voltandosi, gli disse: “Occupati di Zoe, fino al mio ritorno. Ti prego, non giudicarmi male.”
 “Cerca solo di non fare qualcosa di stupido. Ricordati che tua figlia ha ancora bisogno di te. Anche…  anche io ho ancora bisogno di te” disse Tremotino. Rowena si avvicinò a lui, dandogli un veloce bacio sulla guancia. Poi guardò Zoe, dicendole: “Ti voglio tanto bene, piccola mia.”
 “Anche io mamma. Ma dopo ci rivedremo, vero?” disse Zoe.
 “Sì…  certo” disse Rowena, facendole un piccolo sorriso. Riguardò Tremotino, sorridendo anche a lui. Poi aprì la porta ed uscì. Tremotino la guardò andarsene, per poi sospirare e chiudere la porta. Si voltò verso i bambini e, sorridendo loro, domandò: “Allora, cosa volete fare?”

 
Storybrooke

Belle si trovava in biblioteca. Aveva pulito gli scaffali. Rimesso in ordine la scrivania e, ora, stava rimettendo a posto alcuni libri. Da quando aveva riaperto la biblioteca, c’era sempre stato un via vai di clienti. Pochi, ma sufficienti per poter tenere aperto il locale. A Belle comunque piaceva ugualmente. I libri l’avevano da sempre affascinata, fin da quando era una bambina, grazie alla passione che le aveva trasmesso la madre, ormai morta da anni. La stessa passione che poi aveva cercato di trasmettere anche a Rose.
 A casa, Gold aveva regalato ad entrambe una libreria. Non grande come quella che era presente al castello oscuro, ma con un bel po’ di scaffali da contenere parecchi libri. Seppur Rose passasse la maggior parte del tempo a cacciarsi nei guai, ne ritagliava sempre un po’ per dedicarsi alla lettura, immergendosi in quei luoghi magici nei quali lei stessa era nata.
La ragazza era di spalle, non accorgendosi chi entrò, ma il rumore dei tacchi sul pavimento in marmo, le bastò per farle capire che si trattava di una donna. Si voltò, per trovarsi di fronte Regina, che camminava verso di lei, per poi fermarsi davanti alla scrivania, dietro alla quale si trovava proprio Belle. Questi le chiese: “Signor sindaco, quale buon vento la porta qui ? Lei stessa ha detto che questo luogo l’annoiava a tal punto da evitarlo del tutto.”
 Regina si guardò intorno, dicendo: “Devo ammettere che lo ha rimesso a nuovo. Ma, dopotutto, è il suo mestiere pulire e rassettare” e guardando Belle, le sorrise maliziosamente.
 “Se è venuta qua per parlare del mio passato, le consiglio di voltarsi ed uscire. Più volte ha cercato di portare via a me e Tremotino la nostra Rose, rovinandoci il nostro lieto fine. Ma non accadrà, perché noi abbiamo una cosa che lei non avrà mai, ovvero l’amore. È fortunata che suo figlio Henry le voglia bene” replicò Belle.
 Regina fece un piccolo sorriso. Per poi dire: “Non pensavo che, in quanto topo da biblioteca, avesse questo caratterino. Ma, dopotutto, Tremotino deve aver visto in lei anche questo, oltre che alla bellezza.”
 “Venga al sodo. Che cosa vuole?” domandò Belle.
“La farò ritornare subito con il naso tra i libri. Sicuramente avrà sentito parecchie voci in giro riguardo la nuova arrivata e, in quanto sindaco, è mio diritto e dovere assicurarmi che non nuoccia a nessuno. Ero capitata per caso all’ospedale. Di tanto in tanto, faccio visita a quelle persone che, purtroppo, non hanno nessun parente accanto. Così, sono passata per la camera nella quale era stata portata la nuova arrivata e chi trovo già con lei?” spiegò Regina e, mentre tirava fuori il cellulare dalla tasca della giacca, Belle disse: “Non ero a conoscenza di tutta questa sua benevolenza di chi è inferiore a lei. Forse, Henry l’ha davvero cambiata e, dopotutto, tutti hanno bisogno di una seconda opportunità.”
 “Come l’ha data al suo caro amore?” disse Regina e mostrò un video sul cellulare a Belle. Questi vide Tremotino, seduto accanto al letto della nuova arrivata, che le stava parlando e stringendo la mano. Belle non poteva credere ai suoi occhi, ma il video era chiaro e non si trattava sicuramente di qualche magia di Regina. Spostò lo sguardo proprio su di lei, quando disse: “A quanto pare, tende ancora a nasconderle le cose.”
 “Non è come sembra. Tremotino me lo avrebbe detto” disse Belle.
 “Non credo che riveli storie passate prima di lei. Quando ero lì, sembravano molto in intimità. Penso che si conoscano da molto tempo e, che molto probabilmente, possano anche aver avuto una storia intrigata” disse Regina.
 “Lei vuole ancora farmi soffrire, come ha fatto per ventott’anni e prima. Non ci riuscirà ancora” disse Belle.
 “E’ ammirevole di quanto non perda la fiducia in lui nemmeno in questi momenti. Ma, purtroppo, la verità ce l’ha davanti agli occhi. Pensi soprattutto al bene della vostra cara bambina. Cosa sarà meglio per lei? E’ saggio avere una sconosciuta che si immischi nella vostra quiete familiare? Non vorrei che quella piccola avesse altri traumi. Ci rifletta. Dopotutto, è una donna molto intelligente e sono certa che prenderà la decisione giusta. Le lascerò il cellulare per farle aprire ancora di più gli occhi” disse Regina. Belle la guardò. Il sindaco fece un sorriso malizioso, per poi voltarsi ed uscire. Belle era rimasta senza parole e si sentiva nuovamente tradita da Tremotino.

 
Foresta Incantata – secoli fa

 
Tremotino era davanti alla finestra. Ormai era sera inoltrata e Rowena non era ancora ritornata. Stava iniziando a preoccuparsi, ma cercò di non pensare al peggio. Aveva sempre visto l’amica come una donna forte, ma allo stesso tempo anche indifesa e, la foresta, di certo, non brulicava di persone o animali benevoli. Decise di andare a cercarla. Allontanandosi dalla finestra, si andò a mettere il mantello. Guardò i bambini, quando Baelfire gli chiese: “Papà, dove stai andando?”
 “Vado a cercare Rowena. Nel frattempo, cercate di fare i bravi e non uscite per nessuna ragione da casa. Chiederò alla mamma di Morraine di venire qua per controllarvi” rispose Tremotino ed aprì la porta.
  Prima di uscire, Zoe gli disse: “La prego, ritrovi la mia mamma.” Tremotino le fece un piccolo sorriso, dicendo: “Non ti preoccupare, piccola. Ritornerò qua presto con la tua mamma. Te lo prometto” e, dopo aver preso una lanterna, accendendola, uscì.
 Zoe abbassò lo sguardo. Baelfire le mise una mano sulla spalla, dicendole: “Vedrai, il mio papà ritroverà la tua mamma. Lo ha promesso e lui mantiene sempre le promesse.” Zoe sospirò, per poi guardarlo e dirgli: “Spero tu abbia ragione.”
Tremotino percorreva i sentieri bui della foresta, tenendo davanti a sé la lanterna per farsi luce. Sperava di trovare velocemente Rowena, prima che i lupi o qualche mal intenzionato, trovassero lui. Non sapeva dove l’amica fosse andata, quindi vagava senza una meta, ma con l’intenzione di ritrovarla e riportarla da sua figlia. Glielo aveva promesso. Seppur ritenuto un codardo, non poteva tirarsi indietro di fronte a ciò.
Stava continuando a camminare, quando si fermò: di fronte a lui, c’era una figura. Alzò di poco la lanterna, per cercare di illuminarla, seppur con scarsi risultati. Quindi domandò: “Chi è là?” La figura si avvicinò e Tremotino tirò un sospiro di sollievo. Si trattava di Rowena.
 “Rowena, grazie al cielo stai bene” disse Tremotino. Poi però il suo sguardo si soffermò sul pugnale che teneva in mano e… sulla lama insanguinata. Riguardò l’amica e titubante chiese: “Cos… cosa è successo?”
 “Perché sei qua?” domandò lei.
 “Sono venuto a cercarti. Eravamo tutti preoccupati. Sei sparita da ore” rispose Tremotino. Ci fu silenzio. Poi Rowena chiese: “Zoe come sta?”
 “Bene, ma è molto preoccupata per te. Su, ritorniamo a casa” rispose Tremotino, allungando una mano verso di lei.
 “Non saresti dovuto venire. Hai commesso un grande sbaglio” disse Rowena.
 “Perché non vuoi dirmi cosa è accaduto?” domandò Tremotino.
 “Perché non ti riguarda” rispose Rowena.
 “Mi dici cosa ti prende? Perché sei diventata così scontrosa ? Voglio aiutarti e tu mi cacci. Qualcuno ti ha fatto per caso del male?” disse Tremotino.
 “Ho solo compiuto ciò che avrei dovuto fare tempo prima” disse Rowena.
 “Rowena non dirmi che…” iniziò col dire preoccupato Tremotino. L’amica sorrise maliziosamente, spiegando: “Ho incontrato quelli che avevano ucciso mio marito. Ho ripagato il favore, uccidendoli, compreso il loro capo. Era il mio patrigno. Non sai quanto mi abbia reso felice vederlo morire davanti a me, mentre mi implorava di risparmiargli la vita. Ma perché dargli una seconda possibilità? Lui è sempre stato crudele con me e mia madre e non ha avuto pietà quando ha ucciso Edward.”
 “Senti, so che ora sei molto arrabbiata, ma credo che dovremo ritornare dai bambini e tutto passerà” disse Tremotino. Ma la donna abbassò lo sguardo sulla lama insanguinata. Riguardò l’amico, quando aggiunse: “Ti prego. Ritorna a casa con me.” Una voce li interruppe: “Non vorrai veramente seguirlo?” I due volsero gli sguardi. C’era una figura incappucciata.
Tremotino alzò la lanterna cercando di illuminarla. Poi le chiese: “Chi è?” Ma la figura incappucciata guardò Rowena, dicendole: “Sono molto orgogliosa di te. Dopo anni ti sei finalmente ribellata.”
 “Ma lo ha fatto nel modo sbagliato. Ha ucciso delle persone” disse Tremotino.
 “Non erano importanti. Nessuno si ricorderà di loro, né cercheranno i loro corpi” disse la figura incappucciata.
 “Erano persone e non è giusto uccidere. C’è sempre un’altra soluzione alla morte” disse Tremotino. Poi guardò l’amica ed aggiunse: “Diglielo anche tu, Rowena. Dì che, ciò che hai commesso, è sbagliato. Che non volevi.” L’amica lo guardò, ma soffermò lo sguardo sulla figura incappucciata, quando disse: “Non lo ascolterai veramente? Hai fatto ciò che era più giusto. Hai vendicato il tuo caro marito e protetto la tua bambina. Non ti sei sentita potente quando li uccidevi? Il potere può renderti superiore agli altri. Non una codarda come lui.”
 “Rowena andiamocene subito via. Questa storia sta prendendo una brutta piega” disse Tremotino.
  La figura incappucciata rise e, dopo aver fatto qualche passo, fermandosi accanto a Rowena, disse: “Codardo è e codardo rimarrà. Sei scappato dalla guerra perché avevi paura di morire. Tua moglie ha fatto bene a lasciarti. Sicuramente si sarà vergognata del tipo di uomo che sei diventato. Ed è così che vedi il futuro della tua amica? Tu non vuoi che intraprenda la sua strada, perché hai paura di rimanere nuovamente da solo. A parte lei e tuo figlio, chi altro hai? Nessuno vuole starti accanto…  Tremotino.”
Tremotino rabbrividì. Come faceva a conoscerlo? Cercò di avvicinarsi a Rowena, ma fu come se una forza invisibile lo immobilizzò, non facendogli muovere nessuna parte del corpo. La figura incappucciata aveva alzato una mano, dalla quale fuoriusciva un flusso di magia, proprio diretta a Tremotino.
 “Rowena, ti prego” disse Tremotino, cercando di muoversi ma invano. Ma l’amica se ne stava lì, a non fare nulla. Lo guardava, non sapendo cosa decidere. Finché non guardò la figura incappucciata, dicendo: “Ti prego, smettila. Lascialo andare.” Ma la figura incappucciata, di tutta risposta, rise malignamente. Rowena riguardò Tremotino, impotente di muoversi. Provò qualcosa dentro di sé. Era pietà? No, forse qualcosa di ben più forte. Quindi, rivolta alla figura incappucciata, disse: “Se lo lascerai andare, verrò con te…  per sempre.”
 “No, non sai quello che dici. Vieni via con me” disse Tremotino.
 “Sei sicura? Dopo non puoi tornare indietro” domandò la figura incappucciata. Ci fu un momento di silenzio. Poi Rowena rispose: “Sicura.” Da sotto il cappuccio, la figura  sorrise maliziosamente e, con un cenno della mano, sbatté a terra Tremotino, il quale perse i sensi.
 “Tremotino!” gridò Rowena e, dopo essere accorsa da lui, si inginocchiò al suo fianco.
 “Non ti preoccupare così per lui. Non è morto. Ha solamente perso i sensi. Su, coraggio, ora andiamocene” disse la figura incappucciata e iniziò a fare qualche passo.
 “Ma non possiamo lasciarlo qua così. Potrebbe arrivare qualche mal intenzionato o, peggio ancora, i lupi” disse Rowena.
 La figura incappucciata si fermò e, guardandola, le disse: “La tua con lui non è solo semplice amicizia, vero? C’è qualcosa di più.” Rowena riguardò Tremotino, rimanendo in silenzio. La figura incappucciata rise, per poi dire: “Te ne sei innamorata. Che sciocca che sei. L’amore rende deboli e tu sei andata a scegliere il più codardo fra tutti. Il tuo povero Edward si rivolterebbe nella tomba.”
“Smettila! Finiscila!” replicò Rowena, mentre alcune lacrime bagnarono il viso. Poi, dopo aver messo una mano sulla testa di Tremotino , fece uscire un flusso di magia, che poi scomparve. Avvicinò il viso a quello dell’amico, sussurrandogli. “Ti vorrò sempre bene e non mi dimenticherò mai di te. Ti prego, occupati della mia Zoe. Un giorno ci rincontreremo” e lo baciò su una guancia. Poi si rialzò ed aggiunse: “Gli ho praticato un incantesimo di memoria, modificandogliela. Quando si risveglierà, mi crederà morta. Sarei contenta ora?”
Una nube rosso scura, avvolse Tremotino, facendolo scomparire. Rowena volse lo sguardo all’indietro, per vedere la figura incappucciata con una mano alzata. Sorrise maliziosamente per poi dire: “Hai fatto la scelta giusta, così il tuo caro amico non ci starà più tra i piedi. Ora andiamo. È tempo di iniziare il tuo addestramento” e si incamminò. Rowena guardò il punto dove poco prima giaceva Tremotino. Poi si voltò e seguì la figura incappucciata.
 Tremotino si risvegliò e, non appena riprese i sensi, si accorse di trovarsi davanti casa. A fatica, aiutandosi con il bastone, si rialzò e, mentre teneva una mano sulla testa, con l’altra aprì la porta.
  I due bambini accorsero da lui, riempiendole di domande. Quando la più straziante arrivò da Zoe: “Dov’è la mia mamma?” Tremotino la guardò. Cercò di ricordarsi ciò che era accaduto nella foresta, ma la sua mente era piena di ricordi confusi e… una figura che giaceva a terra in una pozza di sangue. Si trattava di Rowena. Davvero non era arrivato in tempo per salvarla? Quindi le rispose: “Mi dispiace piccola, ma non sono arrivato in tempo. La tua mamma è morta.”
 Zoe rimase senza parole. Le lacrime incominciarono a inumidirle il viso. Per poi replicare: “Me lo aveva promesso! Avrebbe riportato qua la mia mamma!”
 “Piccola, tua madre era la mia migliore amica e lo rimarrà sempre. Non avrei mai voluto che finisse così, credimi. Ci tenevo molto a lei e avrei tanto voluto salvarla” disse Tremotino.
 Zoe non disse nulla e, dopo essere corsa tra le braccia di Tremotino, pianse del tutto. Bae la guardava tristemente, mentre il padre la stringeva a sé, sussurrandole: “ Non ti preoccupare, ti prometto che mi occuperò di te e anche Bae starà sempre al tuo fianco. La tua mamma non verrà mai dimenticata. Vivrà per sempre nei nostri e tuoi ricordi.” Zoe continuò a piangere.
 Poco dopo, Zoe stava dormendo in un letto che era stato creato con  paglia e lenzuola accanto a quello di Baelfire, mentre Tremotino la guardava in silenzio. Le spostò una ciocca di capelli dalla fronte mentre lo sguardo della bambina, seppur addormentato, mostrava solamente tristezza. Tremotino sospirò. Si era preso una grossa responsabilità nel prendere un’altra bocca da sfamare. I soldi ed il cibo scarseggiavano ma, almeno, avevano un tetto sulla testa. Ma era anche vero che quella si trattava della figlia della sua migliore amica. La bambina aveva appena perso la madre e non poteva abbandonarla. Avrebbe fatto un affronto a Rowena.
 Baelfire apparve dietro di lui. Il padre si voltò, mentre il figlio si andò a coricare nel letto accanto a quello di Zoe. Tremotino gli sistemò meglio le coperte, mentre il figlio, guardando Zoe, chiese: “Come sta?”
 “Ha pianto fino a pochi minuti fa. Doveva sfogarsi. È normale. Ma, da ora in poi, dovremo starle accanto ed aiutarla ad andare avanti. Sua madre avrebbe voluto così” rispose Tremotino.
 “La sua mamma era una donna molto dolce e le voleva tanto bene. Come ne voleva anche a te. Non possiamo abbandonarla. È vero, sono più piccolo di lei, ma la proteggerò. È diventata parte di noi. Siamo una famiglia e la famiglia rimane sempre unita” disse Baelfire guardando il padre, che lo guardò a sua volta, sorridendogli. Poi si avvicinò a lui, dicendogli: “Ora cerca di dormire. Se Zoe dovesse avere dei problemi, chiamami subito. Avrà sicuramente degli incubi.”
 “Tranquillo, papà. Penso io a lei” disse Baelfire.
 “Buona notte, Bae. Ti voglio tanto bene” disse Tremotino.
 “Ti voglio tanto bene anche io, papà” disse Baelfire e socchiuse gli occhi.
 Tremotino sorrise e, stava per alzarsi, quando soffermò lo sguardo su Zoe. Le mise una mano sulla guancia, per poi dirle: “Non temere, piccola. Non sarai mai più sola. Ti crescerò come avrebbe voluto anche la tua mamma. Le volevo molto bene e non la dimenticherò mai. È stata e sarà per sempre la mia migliore amica. Ma ora è lassù con il tuo papà e ti guarderà diventare una bellissima donna” e, dopo averla baciata sulla fronte, si alzò. Guardò per un’ultima volta i bambini, per poi scendere la scala in legno, andando a letto. Nel frattempo, Bae aveva allungato la mano, prendendo quella di Zoe e facendola sorridere.

 
Storybrooke
 
 Era sera quando Gold, Rose, Paige ed Excalibur ritornarono alla villa.
 “Siete state molto brave, quindi direi che per dolce vi meritate un gustoso gelato” disse Gold, mentre apriva la porta.
 “Al solo pensarci, mi viene già l’acquolina in bocca” disse Rose, entrando affiancata da Paige ed Excalibur, quest’ultima già leccandosi i baffi.
 “Signor Gold, lei è molto gentile nell’ospitarmi nuovamente qua” disse Paige.
 “Per me non è un problema. Spero solo però che suo padre salti fuori presto. Non è per cacciarla via, sia chiaro” disse Gold.
 “Papà, ormai lo sappiamo che ti sei affezionato a Jefferson. È inutile che continui a nasconderlo” disse Rose.
 “Affezionato non lo definirei proprio il termine giusto” disse Gold. Accese la luce e, quando voltarono gli sguardi, videro Belle, seduta su una delle poltrone, con braccia incrociate; gamba destra su quella sinistra e uno sguardo che non prometteva nulla di buono.
 “Ciao tesoro. Come mai a casa così presto?” domandò Gold.
 “Ho deciso di chiudere prima la biblioteca. Tu, invece, sempre al negozio, vero?” rispose Belle e, mentre si alzava, prendendo qualcosa dal tavolino lì accanto, Gold rispose: “ Be’, sai com’è. I soliti clienti che vengono a scocciare. A chiedere le stesse cose. Ma Rose e Paige mi hanno aiutato molto a gestire il tutto. Vero ragazze?”
 "Sì. Sì. Siamo persino riuscite a scacciare Leroy. Che poi non ho ancora capito cosa volesse” disse Rose.
 Belle si fermò di fronte a Gold, dicendogli: “Quindi, questo qui dev’essere uno che ti assomiglia molto?” e, gli mostrò il video sul cellulare di Regina. Gold, Rose e Paige videro lui, all’ospedale, parlare con quella donna. E non solo, ma anche stringerle le mani e baciarla su una guancia. Paige e Rose, soprattutto quest’ultima, sbiancarono e Gold disse: “Non è come sembra.”
“Se non è come sembra, mi dici cosa ci facevi in ospedale con quella donna? Chi è ? Sicuramente la conosci molto bene per passarci così tanto tempo insieme” replicò Belle, chiudendo il cellulare.
 “Mi sa che qua salta il gelato” disse Rose.
 “Chi ti ha dato questo cellulare?” chiese Gold.
 “Rispondi prima alla mia domanda. Chi è quella donna?” domandò Belle. Gold guardò di lato. Quindi Belle aggiunse: “Ci avevamo promessi reciproca fiducia ma, a quanto pare, non è così. Come faccio a fidarmi di te se continui a nascondermi le cose? Se quella donna è pericolosa, devo saperlo, soprattutto per il bene di nostra figlia.”
 “E’ una storia molto lunga e complicata ma, credimi, saprai tutto a tempo debito” disse Gold, riguardando Belle e allungando una mano verso di lei. Ma la donna, indietreggiando, disse: “ Mi dispiace Tremotino ma, finché non sarai sincero con me, non possiamo convivere insieme. Ti voglio fuori da questa casa e non potrai avvicinarti a noi fino a che non ti sarai preso le tue responsabilità.” Gold stava per controbattere ma, stranamente, non lo fece. Forse si rendeva conto di aver sbagliato.
 “Mamma ti prego. Se quella donna fosse cattiva, non credi che papà avrebbe già preso delle precauzioni nei nostri confronti?” disse Rose. Belle la guardò, dicendole: “Rose, non ti intromettere. Prima hai coperto tuo padre, pur  sapendo di mentirmi. Credevo fossi più ubbidiente.”
 “Non te la prendere con lei. La colpa è solo mia. Hai ragione. Ci avevamo promessi reciproca fiducia ma, se questa volta non ti ho raccontato nulla, è perché ho le mie ragioni” disse Gold.
 “Hai sempre le tue ragioni quando si tratta di nascondermi qualcosa” disse Belle.
 “D’accordo Belle, me ne andrò, ma sappilo che ti amo e ci sarò sempre per voi” disse Gold. Belle lo guardò in silenzio. Poi Gold guardò Paige, aggiungendo: “Signorina Grace, potrà rimanere qua finché suo padre non sarà ritornato. Dopotutto conosce bene l’ambiente e la sua camera è rimasta la stessa.”
 “Grazie di occuparsi ancora di me, seppur questa volta non mi sarà accanto” disse Paige.
 Gold si abbassò e, dopo aver messo una mano sulla testa di Excalibur, disse: “Mia fedele amica, comportati sempre bene. Non fare che il tuo fiuto ti porti in pericolo, ma se mai Rose, Belle o Paige dovessero avere bisogno, sai già cosa fare. Confido in te, Excalibur” e la volpe, dopo aver emesso dei versetti, si strusciò contro le sue gambe.
 Infine Gold, dopo essersi rialzato, guardò la figlia, dicendole: “ Non disubbidire mai alla mamma. Sii una brava ed ubbidiente figlia. Stai attenta a scuola; segui le regole e, se vuoi, continua a far pratica con la magia.”
 Senza dire nulla, Rose andò tra le sue braccia. Gold l’abbracciò forte, mentre la figlia disse: “Ti voglio tanto bene, papà.” Gold chiuse gli occhi, cercando di assaporare fino in fondo quel dolce momento. Ma, dopotutto, non sarebbe stato un addio ma, non potendo comunque avvicinarsi a lei, era come se lo fosse.
 Si staccarono. Gold le sorrise, per poi baciarla sulla fronte. Guardò Belle, ma la donna si voltò, dandogli di spalle. Infine, con un cenno della mano, scomparve in una nube viola.
 “Non avresti dovuto farlo” replicò Rose, rivolta alla madre. Questi si rivoltò, dicendo: “Quando tuo padre avrà imparato a non nascondermi più le cose, allora potrà ritornare.”
 “Se non ci ha voluto dire nulla riguardo quella donna, ci sarà un valido motivo” disse Rose.
 “Rose, devi capire che tuo padre è sempre stato un tipo molto misterioso, anche ancor prima che tu nascessi. Io stessa ancora non so tutto di lui ed ho quasi paura a scoprire cose del suo passato. Probabile che questa donna sia una di queste” disse Belle. Ci fu silenzio. Poi Belle aggiunse: “Su, ora andatevi a lavare le mani che si cena.”
 “Scusami mamma, ma tutto ad un tratto mi è passato l’appetito” disse Rose e, senza aggiungere altro ma, dopo aver guardato malamente la madre, se ne andò al piano di sopra, dal quale si sentì sbattere una porta.
 “Forse… è meglio se vado da lei” disse Paige e raggiunse l’amica. Rimase Excalibur che, guardando Belle, abbassò orecchie, testa ed emise dei versetti. La donna, invece, andò davanti al caminetto, soffermandosi a guardare le fotografie che ritraevano lei, con Gold e Rose. Erano così felici. Perché quella felicità non riusciva mai a durare ? Excalibur si avvicinò a lei, mugugnando e strusciandosi contro le sue gambe. Belle la guardò, dicendole: “Oh, Excalibur, credi che abbia fatto la scelta giusta? Io lo amo, ma come faccio a fidarmi di lui se continua a nascondermi le cose? Vorrei solo che fosse più sincero con me” e Excalibur si distese accanto a lei, condividendo quella tristezza che ormai aveva preso posto nei loro cuori.



Note dell'autrice: Ed eccomi qua finalmente con la conclusione di questo quinto capitolo. Allora come vi sembra il nuovo personaggio ? Secondo voi è buono o cattivo? Sta bene nella trama o è stata una scelta azzardata? Ancora tante cose devono accadere ed essere raccontate e....segreti da scoprire.
Volevo ringraziare tutto coloro che continuano a seguire la storia (e che hanno seguito anche la prima stagione , o magari no) o che hanno iniziato da questa stagione. Grazie a tutti coloro che passano anche solo di qua e leggono e a chi recensisce.
Grazie alle mie due care amiche Lucia e Laura.
Con ciò spero di non farvi aspettare un altro secolo con la pubblicazione del prossimo capitolo. Vi auguro una bellissima e splendida nottata, miei cari Oncers

 
 
 
 
 
 


 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Su due fronti - Parte I ***






The Rose of true Love - Stagione II


   
Capitolo VI: Su due fronti- Prima Parte
 
 
Il sole fece capolino attraverso la finestra, illuminando il viso di Rose, ancora addormentata. Seppur aveva passato una notte quasi del tutto insonne, era comunque riuscita a chiudere occhio e dormire quelle poche ore, prima che il sole la svegliasse. Guardò la sveglia sul comodino: segnava le sei. Ancora mezz’ora per dormire, prima di alzarsi; lavarsi; vestirsi e scendere a fare colazione.
Stava per rimettere la testa sul cuscino, quando sentì diversi rumori provenire dal piano di sotto. Si alzò, uscendo dalla camera, per poi essere affiancata da Paige. Entrambe, scesero le scale e, fermandosi sulla soglia della cucina videro un sacco di cibo sulla tavola e Belle davanti al forno.
“Emmm… mamma, che cosa stai facendo?” domandò preoccupata Rose. Belle si voltò e, sorridendo, rispose: “Buongiorno ragazze. Scusatemi se vi ho svegliato” e si rivoltò verso il forno.
“Si figuri. Intanto ero già sveglia” disse Paige.
“Mamma, non hai risposto alla mia domanda. Che cosa stai facendo? E come mai c’è così tanta roba da mangiare sulla tavola?” chiese Rose.
“Non avevo sonno e, così, sono scesa a preparare qualcosa” rispose Belle. Quando si sentì un tintinnio e la donna aprì il forno usando un guanto e tirandone fuori un vassoio pieno di biscotti, che poi mise sulla tavola.
“Qualcosa? Hai preparato per un esercito. Persino Excalibur è a posto per un anno” disse Rose e guardarono Excalibur davanti alla sua ciotola piena fino all’orlo con un sacco di carne. Si riguardarono e Belle disse: “Sempre meglio essere previdenti. Non si sa mai. Su, ora sedetevi e mangiate, che poi dovete andare a prepararvi ed andare a scuola.”
Paige e Rose si sedettero a tavola e, mentre Paige iniziò a mangiare, Rose guardò la madre. Sembrava molto tesa. Non era da lei. Quindi disse: “Sai mamma, se non hai dormito, secondo me è perché ti manca papà.” Gli sguardi furono puntati tutti su Belle, la quale, dopo essersi portata una ciocca di capelli dietro l’orecchio, chiese: “Cosa ti fa credere che mi manchi?”
“Non saresti stata in piedi tutta la notte per cucinare questa roba. Quindi sei preoccupata per lui” rispose Rose.
“E’ tuo padre quello che ha sbagliato. Continua a tenermi nascosto le cose” disse Belle.
“Tu dici sempre che ognuno ha bisogno di una seconda possibilità. Perché non l’hai data anche a papà?” domandò Rose.
“Gliel’avevo già data, quella volta dopo la miniera. Non è così semplice. Neanche il perdono lo è. Deve capire da solo cosa è più importante per lui” rispose Belle. Calò il silenzio. Poi Belle aggiunse: “Ora finite di mangiare. Vi ho anche preparato i sacchetti con dentro il pranzo.” Paige guardò Rose, che però aveva lo sguardo abbassato sulla sua colazione.
Poco dopo, Rose era in camera. Aveva appena finito di prepararsi, quando comparve Paige, che le chiese: “Sei pronta?” Rose la guardò, annuendo semplicemente. Paige entrò nella stanza dicendo: “Oh, suvvia, Rose, non puoi essere ancora in collera con tua madre. In fin dei conti un po’ ha ragione. È ovvio che tuo padre conosca quella donna e noi non sappiamo se possa essere pericolosa oppure no.”
“Io mi fido di papà e sono sicura che, se non ci dice nulla, è per proteggerci” disse Rose.
“Allora è possibile che quella donna sia pericolosa e tua madre non vuole perderti” disse Paige. Rose roteò gli occhi. Paige aggiunse: “Ma ora faremo meglio ad andare o arriveremo in ritardo a scuola.”
“Prima devo fare sosta da una parte” disse Rose e, guardò verso la porta. Anche Paige guardò nella sua direzione, per veder arrivare Excalibur che, guardandole, emise dei versetti.
Uscendo da casa e, dopo ovviamente aver salutato Belle, non presero stranamente la strada che conduceva a scuola, ma deviarono per la foresta. Excalibur le guidava, mentre Paige, guardandosi intorno, domandò: “Era proprio necessaria una sosta da queste parti? Non ne vedo il senso.”
“Abbi pazienza e capirai” rispose Rose. Spostarono dei cespugli e, davanti a loro, comparve un cottage. Rose disse: “Allora è qua che è venuto” e si incamminò per il sentierino.
“Chi è venuto qua?” chiese Paige seguendola. Le due bambine, tre con Excalibur sempre davanti, erano quasi arrivate sotto il porticato, quando Paige venne bloccata da una barriera invisibile. Rose ed Excalibur si fermarono e la giovane Gold volse lo sguardo all’indietro verso l’amica.
“Rose non riesco a passare” disse Paige, mentre toccava la barriera.
“Paige ora calmati. Troverò un modo, ma tu intanto non muoverti da qua” disse Rose e si voltò. Paige replicò: “E come faccio a calmarmi? Siamo nella foresta. Ci possono essere i lupi.”
“Lo sai benissimo anche tu che in questa foresta non ci sono lupi” disse Rose, fermandosi e guardandola.
“Prima che si spezzasse la maledizione e che tuo padre avesse la brillante idea di riportare la magia. Ora non ne sono più così tanto sicura” disse Paige.
“Farò presto, promesso. Se dovesse accadere qualcosa, be’… chiamami” disse Rose e, voltandosi, mise una mano sulla maniglia della porta, aprendola.
Entrò, seguita da Excalibur. C’era silenzio. Camminò affiancata dalla fedele volpe. Si fermò, voltando lo sguardo verso il caminetto spento. Ma sobbalzò, quando la porta si chiuse da sola. Riguardò avanti, sentendo una voce: “Sapevo che saresti venuta e mi avresti cercato” e dall’ombra comparve Gold. Rose sorrise e corse tra le sue braccia. Gold la strinse forte a sé.
“Mi sei mancato tanto, papà” disse Rose.
“Anche tu, mio piccolo fiore” disse Gold. Si guardarono e, Gold sorridendole, le mise le mani sulle guance. Poi abbassarono gli sguardi, quando sentirono dei versetti e videro Excalibur strusciarsi contro le gambe del padrone.
“Mi sei mancata anche tu, Excalibur” disse Gold e l’accarezzò sulla testa. La volpe lo guardò, scodinzolando. Rose estrasse qualcosa dalla cartella e, mentre la consegnava al padre, disse: “Ecco, tieni papà. Questo l’ho preso dalla cucina per te. Sono i biscotti della mamma” Gold aprì la busta e, dopo aver preso fuori un biscotto, disse: “Ho sempre adorato i biscotti di tua madre. Li faceva anche al castello oscuro, seppur le prime volte era un vero disastro in cucina” e lo mangiò.
“Mi immagino la mamma rovinare qualche zuppa e tu che la rimproveri “sospirò” i primi accenni del vero amore” disse Rose.
Gold prese fuori un altro biscotto, mentre Excalibur lo guardava leccandosi i baffi. Rose aggiunse: “Papà, ci manchi moltissimo. Soprattutto alla mamma. Non lo vuole ammettere, ma credo che si senta un po’ in colpa per ciò che ha fatto. È stata sveglia quasi tutta la notte e, ora, posso dire che abbiamo cibo per un intero anno. Perché non ritorni a casa?”
“Perché tua madre non si fida di me e, finché non le avrò fatto cambiare idea, rimarrò qua” disse Gold.
“Allora perché non le racconti semplicemente la verità? Risolverete tutto” domandò Rose.
“Ci sarebbero un sacco di cose da risolvere e, con molte di esse, non vorrei coinvolgervi” rispose Gold e diede un morso al biscotto.
“Fammi indovinare: una di esse riguarda anche quella donna misteriosa che hai visitato in ospedale e della quale non vuoi rivelarci l’identità?” chiese Rose. Gold alzò un sopracciglio e finì di mangiare il biscotto. Vedendo che il padre non voleva rispondere, aggiunse: “ Papà se quella donna è pericolosa, devi dircelo. Ma… mi fido di te e so che ciò che stai facendo è per proteggerci. Vorrei poterti aiutare per ritornare dalla mamma.”
“Ti direi di non intrometterti, ma so che lo faresti lo stesso. Amo molto tua madre, ma ho paura che rivelando l’identità di questa donna, potrei non rivederla mai più” disse Gold.
“Io ti starò vicino. Cercherò di aiutarti ma il passo più grande devi farlo tu” disse Rose. Gold si limitò a sospirare. Rose andò verso la porta, dicendo: “Sarà meglio che vada o farò tardi a scuola” Poi però si fermò. Si voltò verso il padre e domandò: “A proposito: come mai io ed Excalibur siamo riuscite a passare per la barriera, mentre Paige no?”
“Solo chi ha il mio sangue o è un animale magico può attraversarla” rispose Gold. Rose fece un piccolo sorriso. Aprì la porta. Ma riguardò nuovamente il padre, quando le disse: “Non ti prometto che rivelerò l’identità di quella donna, ma che andrò fino in fondo per riconquistare la fiducia in tua madre. Dille che la amo e che non deve preoccuparsi per me. So quello che faccio.”
“Lo spero tanto anche io, papà” disse Rose.
“Presta attenzione a scuola e non ti cacciare nei guai con i tuoi amichetti. Anche se non ci sono, saprò come tenerti d’occhio” disse Gold.
“So che hai sempre i tuoi assi nella manica, ma cercherò di non mettermi nei guai” disse Rose.
Gold sorrise per poi dirle: “Ti voglio tanto bene e dì alla mamma che la amo.” Rose annuì e, dopo aver aperto la porta, uscì.
Gold abbassò lo sguardo quando sentì dei versetti. Prese quindi in braccio Excalibur e, dopo averla portata davanti a sé, le disse: “Mentre non ci sono, tu dovrai essere i miei occhi e orecchie. Stai sempre accanto a Rose e Belle ed assicurati che non accada loro nulla. Ma appena vedi che la situazione diventa pericolosa, vienimi subito ad avvertire. Non fare niente di azzardato. Hai capito?” ed Excalibur lo leccò sulla faccia. Gold la strinse a sé, dicendole: “Confido in te, mia fedele amica” e la volpe emise dei versetti.
La rimise a terra. Excalibur zampettò verso la porta. Poi però si fermò. Guardò Gold e mugugnò. Gold scosse negativamente la testa. La volpe riguardò avanti ed uscì, raggiungendo Rose e Paige che, ormai, si erano già allontanate.
Gold le guardò andarsene. Poi, con un cenno della mano, chiuse la porta. Rimase lì, da solo. Andò verso la tavola e, sopra di essa mise una palla di vetro che estrasse dalla tasca della giacca. La stessa palla di vetro che gli aveva regalato Mary Poppins tempo prima. Appoggiò le mani ad entrambi i lati di essa e, abbassandosi leggermente, guardò al suo interno, pensando intensamente a ciò che desiderava più il suo cuore. Al suo interno, si formò l’immagine di Belle, mentre stava leggendo un libro. Era così bella e Gold voleva tanto starle accanto. Ma non poteva. Non almeno finché non le avrebbe dimostrato che poteva fidarsi di lui.
“Mia dolce Belle, mi manchi moltissimo. Ma troverò il modo di farti fidare nuovamente di me. Tu e la piccola Rose siete troppo importanti. Non posso perdervi ancora” disse Gold, mentre guardava Belle nella palla di vetro.
Le ore passarono e fu a ricreazione che Rose, Paige ed Henry si ritrovarono sotto il loro salice piangente per aggiornarsi su ciò che era accaduto in quei giorni.
“Quindi tua madre ha cacciato tuo padre solo perché non si fida di lui?” chiese Henry.
“Dicendo così, sembra che per te sia una cosa da poco. E comunque sì, lo ha cacciato per quel motivo” rispose Rose.
“In compenso non moriremo di fame” aggiunse Paige.
“Paige non è il momento” disse Rose, guardandola. Riguardarono Henry quando domandò: “In che senso non morirete di fame?”
“Diciamo che quando mia madre non dorme, scopriamo in lei grandi doti culinarie” rispose Rose. Henry la guardò stranamente. Poi Rose aggiunse: “ Ma ora dobbiamo occuparci della nostra nuova missione.”
“Da quando abbiamo una nuova missione?” chiese Paige.
“Da quando è arrivata quella donna misteriosa” rispose Rose.
“Io direi da quando tuo padre e mia madre hanno cercato di non far arrivare qua una certa Cora, della quale ancora non sappiamo chi sia” disse Henry. Ci fu silenzio. Poi Rose disse: “Sì… sì, hai ragione. Allora, la nostra nuova missione è scoprire le identità di Cora e di questa donna misteriosa.”
“E già che ci siamo, magari anche far ritornare insieme i tuoi” aggiunse Paige.
“Grazie per l’interessamento, ma non voglio includere i problemi sentimentali dei miei genitori nella missione. Preferirei pensarci da sola” disse Rose, mentre Henry tirò fuori il libro dalla cartella e iniziò a sfogliarlo.
“Scusami, è che con tuo padre essendo di nuovo il mio guardiano, volevo fare qualcosa di carino per farlo ritornare insieme a tua madre” disse Paige.
Rose le mise una mano sulla spalla, dicendole: “E’ molto carino e ti ringrazio. Al momento nemmeno io so come farli ritornare insieme ma, da quello che mi ha detto papà, è intenzionato a rimettere a posto il loro rapporto. Più volte hanno litigato in passato, ma sono sempre ritornati insieme. Confido che ci riescano anche questa volta” e Paige sorrise. Riguardarono Henry quando disse: “Niente. Non c’è nulla.”
“Sei sicuro di aver guardato bene? Anche ogni singolo dettaglio può esserci d’aiuto” domandò Rose.
“Mi serve almeno il nome di quella donna misteriosa o, se no, non saprei da dove incominciare” rispose Henry.
“E di Cora? Almeno di lei qualcosa hai trovato?” chiese Paige.
“No, ma c’è qualcosa di strano che non mi torna” rispose Henry e, dopo che le amiche si furono fatte più vicino a lui, aggiunse, sfogliando alcune pagine: “Vedete qua? Finisce una storia e ne inizia subito un’altra.”
“Non che sia una novità” disse Rose.
“Non è quello. È che sembra che manchino delle pagine. Come se qualcuno le avesse strappate” disse Henry.
“Perché mai qualcuno avrebbe dovuto strappare delle pagine dal tuo libro?” domandò Paige.
“Per non farci scoprire questa Cora. Henry, dove hai tenuto il libro?” chiese Rose.
“O dentro la cartella o in camera mia. Perché?” domandò Henry.
“Perché dev’essere una persona vicino a te ad aver strappato quelle pagine. Quindi, il cerchio si stringe. Ecco il nuovo piano: tu e Paige cercate quelle pagine. Io andrò in biblioteca a cercare informazioni sulla sconosciuta” spiegò Rose.
“Perché devi andarci solo tu in biblioteca?” chiese Paige.
“Perché se ci andiamo tutti insieme, mia madre sospetterà qualcosa e noi vogliamo che la nostra missione rimanga segreta, vero?” rispose Rose. Paige ed Henry si guardarono in silenzio, per poi riguardare l’amica che sorrise maliziosamente. Suonò la campanella e ritornarono in classe.
A fine scuola, i tre si divisero, non accorgendosi di essere seguiti da qualcuno. Be’, specialmente Rose fu seguita da qualcuno, finché non entrò in biblioteca.
La giovane Gold, una volta entrata, si guardò intorno e, non vedendo la madre da nessuna parte, si inoltrò tra i vari scaffali. Libri di ogni genere riempivano ogni angolo di quel posto. Mentre camminava, sfiorava con le dita le  loro copertine, ripensando a lei stessa da piccola quando il padre la portava lì. Sentì come delle risate distanti di una bambina. Si voltò per vederne una correre vero di lei. Ma non era una bambina qualunque. Era lei. Com’era possibile?

 
Storybrooke – anni prima

 
Una Rose di quattro anni, stava ridendo, mentre correva tra gli scaffali della biblioteca. Per lei era come trovarsi in un’enorme parco giochi solo che, al posto dei giochi, c’erano tanti libri da sfogliare e leggere. Sì, anche perché se Rose aveva solamente quattro anni, sapeva leggere quasi come un bambino di sei e il padre ne andava molto orgoglioso. Continuava a dirle che aveva ereditato questa passione dalla defunta madre.
“Rose, non correre o rischi di cadere e farti male” disse Gold, mentre osservava la figlia correre tra gli scaffali.
“La lasci fare signor Gold. Non vede quanto è felice?” disse una signora anziana, comparendo accanto a lui. Si trattava di Johanna e, da quanto ricordava, aveva sempre gestito quel posto ed era anche una delle poche a non aver paura del Signor Gold, ma forse solo per il fatto che la sua adorata figlia piaceva la biblioteca.
“Sarà meno felice, quando cadrà; si sbuccerà un ginocchio e inizierà a piangere” disse Gold.
“Ma sono sicura che lei la prenderà in tempo prima che cada” disse Johanna. Gold la guardò. Poi rivoltarono gli sguardi verso Rose, quando la videro sbucare con un cagnolino di peluche in mano. Di fatti, di tanto in tanto, la piccola nascondeva dei suoi pupazzi tra le scaffalature per poi riprenderli quando ritornava lì.
“Allora siamo d’accordo signora Dawson. Alla stessa ora” disse Gold, guardando Johanna, la quale disse: “Terrò la sua piccolina e, alla stessa ora, lei tornerà a riprendersela. Come ogni martedì e giovedì.”
“Badi bene anche di ricordarsi le regole stabilite. Anche una sola piccola distrazione, può portare a terribili conseguenze per lei da parte mia” disse Gold.
“Non deve preoccuparsi di nulla. La sua piccola, qua, è al sicuro” disse Johanna.
“Sarà meglio per lei” disse Gold. Poi chiamò a sé la figlia, la quale corse verso di lui. Gold si abbassò e dolcemente le disse: “Ora il papà andrà via per un po’, ma tu sai già che devi fare la brava ed ubbidiente bambina per la signora dei libri, vero?” e Rose annuì. Gold fece un piccolo sorriso e Rose, mostrandogli il cagnolino di peluche, domandò: “Anche Sultano può rimanere qua con me, vero?”
“Ma certo e poi, se vuoi, quando ti verrò a riprendere, potrà ritornare con noi a casa. Secondo me si sente tanto solo senza di te e le calde coperte del tuo lettino e sono sicuro che la signora dei libri non dica di no se lo porti via da qua” rispose Gold e guardarono entrambi Johanna che, sorridendo a Rose, disse: “Certo che no. Quel dolce cagnolino ha sentito molto la tua mancanza.” Padre e figlia si riguardarono e Gold, abbracciandola, disse: “ Ricordati che il papà ti vuole tanto, tanto bene.”
“Anche io ti voglio tanto, tanto bene” disse Rose, appoggiando la testa contro la sua spalla. Si staccarono e Gold, dopo averla baciata sulla fronte, si rialzò. Poi, dopo averle messo una mano sulla testa, guardò Johanna e disse: “Mi raccomando, non la perda mai d’occhio. A mia figlia piace sparire di tanto in tanto, ma si fa sempre ritrovare.”
“La biblioteca non è un luogo pericoloso” disse Johanna.
“Ogni luogo può diventare pericoloso se si perde di vista una bambina di quattro anni” replicò Gold, alzando la voce. Calò il silenzio.
Poi Gold guardò Rose e, dal suo sguardo, capì che si era un po’ spaventata. Dopotutto non aveva mai alzato la voce in sua presenza. Quindi la strinse contro di sé e la bambina sembrò tranquillizzarsi. Alzò lo sguardo per vedere il padre che le sorrideva. Socchiuse gli occhi, mentre teneva la testa appoggiata alla sua giacca. Poi Gold, dopo averle dato un’ultima carezza sulla guancia, andò verso la porta, ma non prima di rivoltarsi e dire: “Un solo passo falso. Una sola distrazione e le farò rimpiangere di essere nata.”
“Ha la mia parola che non le accadrà nulla” disse Johanna. Gold la guardò malamente. Ma poi il suo sguardo si addolcì, quando lo spostò su Rose, dicendole: “Mi mancherai molto, mio piccolo fiore. Non vedo l’ora di poterti riavere tra le mie braccia e riempirti di coccole.”
“Mi mancherai molto anche tu papà. E non essere troppo severo con i clienti, perché tu sei buono” disse Rose. Gold sorrise. Riguardò malamente Johanna e poi, voltandosi, uscì. L’anziana donna si voltò verso la bambina, proponendole: “ Che ne dici se oggi tu e il tuo dolce cagnolino, viaggerete intorno al mondo?”
“E ci vuole tanto per viaggiare intorno al mondo? Non voglio stare molto lontana dal mio papà” chiese Rose. Johanna le porse la mano, che Rose prese, e mentre camminavano verso la sezione per bambini, rispose: “Solo poche ore e scoprirete tantissime cose nuove. Così dopo le potrai raccontare al tuo papà.”
“Però non andiamoci con la mongolfiera: a Sultano non piace andare molto in alto” disse Rose, stringendosi a sé il cagnolino di peluche, uno dei primi regali del padre.
“Viaggeremo con qualcosa di molto più bello di una mongolfiera” disse Johanna e, dopo aver fatto sedere Rose ad un tavolino tutto colorato, finì: “Con la fantasia.”
“E com’è?” domandò Rose con curiosità.
“E’ composta da tantissime cose, perlopiù felici e, più ci sono emozioni positive, e più si può viaggiare lontano. Ma nessuno però sa con esattezza come è fatta. Ognuno può immaginarla come vuole, proprio come in una favola” rispose Johanna.
“Papà mi racconta sempre un sacco di favole. Dice che io sono più bella di tutte le principesse che ci sono nei libri. E, mi ha detto che anche la mia mamma era molto bella e coraggiosa. Voleva sempre andare fino in fondo per aiutare chi era in difficoltà e riusciva a vedere la bellezza anche chi era cattivo. Papà mi ha detto che è morta dandomi alla luce. Avrei voluto conoscerla” disse Rose. Johanna le sorrise, mettendole una mano sulla guancia. Poi disse: “Sono sicura che la tua mamma sarebbe molto contenta di te e ora ti protegge da lassù.”
“Papà è molto triste quando parla di lei. Io voglio che sia felice. Forse questa fantasia, visto che è piena di cose belle, può aiutarlo” disse Rose.
“Secondo me sì, però bisogna cercarla molto attentamente” disse Johanna. Rose si guardò prima a destra e poi a sinistra. Riguardò Johanna e chiese: “Io però non la vedo da nessuna parte. Dove si trova?”
“La fantasia non ha un luogo preciso. Ma sono sicura che qua dentro ce ne sia abbastanza per poter rendere felice il tuo papà” rispose Johanna. Sul volto di Rose comparve un sorriso e, prendendo per mano Johanna ed alzandosi, disse: “Dai, dai, andiamo a cercarla, così poi quando ritorna papà gliela posso dare.”
“Rose, ascoltami, non è così” disse Johanna.
“Sì, invece, perché lo hai detto tu prima che ce ne è anche qua” disse Rose, continuando a tirarla ma Johanna, rimanendo ferma, replicò: “Adesso basta, Rose!” Rose si fermò e la guardò spaventata. Le lasciò la mano e negli occhi incominciarono a formarsi le lacrime.
“No. No, Rose, non piangere. Non volevo, piccola” disse Johanna.
“Sei cattiva! Voglio il mio papà!” replicò Rose, stropicciandosi gli occhi, mentre le lacrime ormai le stavano bagnando il viso.
“Rose, ti prego smetti di piangere. Che ne dici se ti leggo una bella storia?” propose Johanna.
“Non la voglio una bella storia!” replicò Rose, continuando a piangere.
 Johanna non sapeva più cosa proporre. Se per qualche strana ragione il signor Gold fosse ritornato prima ed avesse visto la figlia prediletta piangere, sarebbe andato su tutte le furie e, di sicuro, gliel’avrebbe fatta pagare cara. Nessuno doveva far piangere Rose. Chi lo faceva, era un uomo – o donna nel suo caso – morto.
Tentò quindi di provare l’ultima carta. Se anche quella non fosse riuscita, allora era davvero una donna morta: “ Che cosa ne dici se ti porto dei biscotti al cioccolato e un buon succo di frutta?” le propose.
Dapprima sembrò non accadere nulla, poi però il pianto di Rose cessò lentamente, fino a diventare dei singhiozzi. La piccola si tolse una mano dall’occhio, tenendo però l’altro ancora coperto e strofinandoselo, per poi domandare: “Posso avere un succo alla fragola, per favore?”
“Ma certo, tutto quello che vuoi. Basta solo che non versi più una lacrima. Il tuo bel visino non ha bisogno di essere bagnato così. Ora risiediti qua e fa la brava, mentre ti vado a prendere i biscotti ed il succo alla fragola” rispose sorridendole Johanna e, dopo che la bambina si fu riseduta al tavolino, andò a prendere ciò di richiesto.
Rose singhiozzò. Seppur il suo papà era andato via da poco, le mancava tantissimo. È vero, non era la prima volta che passava la giornata in biblioteca con la signora Dawson. Per due volte a settimana, il padre la portava lì affinché lui potesse gestire il negozio senza dover pensare anche a lei. Le voleva molto bene, ma Rose era pur sempre una bambina di quattro anni e, come tutti i coetanei della sua età, era anche curiosa e rischiava di finire in pericolo.
Johanna ritornò con un piatto pieno di biscotti ed un bicchiere di succo alla fragola, depositandoli entrambi sul tavolino accanto a Rose. Poi disse: “Ecco qua, piccola.”
“Grazie” rispose semplicemente Rose e, dopo aver preso un biscotto, iniziò a mangiarlo, mentre di tanto in tanto, con il dorso della mano, si asciugava alcune lacrime che ancora stavano bagnando il viso.
“Mi dispiace per prima: non volevo alzare la voce. Ma non è successo nulla e tuo padre non lo scoprirà. Dopotutto ora stai meglio, vero?” disse Johanna e Rose annuì in modo assente, finendo il biscotto.
Alcuni visitatori entrarono. Johanna volse lo sguardo. Poi riguardò Rose e disse: “Ora devo andare. Intanto tu rimani qua e… e perché non sfogli anche questo bellissimo libro con gli animali? Quando ritorno ti prometto che viaggeremo intorno al mondo” e, dopo averle messo un libro preso lì accanto, raggiunse i clienti.
Rose l’osservò per un po’. Poi prese il libro e lo aprì. Ma le bastò sfogliare alcune pagine, perché l’interessamento svanisse. Richiuse il libro e, prendendo un altro biscotto, iniziò a mangiarlo, guardandosi intorno. Johanna era impegnata con quei clienti, quindi per un po’ non le avrebbe fatto compagnia.
Si stava annoiando. Avrebbe potuto uscire e raggiungere suo padre al negozio dei pegni ma… poi lui si sarebbe arrabbiato, perché per più volte le aveva raccomandato di non girare mai da sola per Storybrooke. Ripensò a ciò che le aveva detto prima Johanna riguardo la fantasia e se la donna in quel momento era impegnata, be’… l’avrebbe cercata da sola. Si alzò. Prese un altro biscotto e, ovviamente, Sultano per poi inoltrarsi tra i tanti scaffali.
Poco dopo, non appena i clienti se ne furono andati, Johanna ritornò dove aveva lasciato Rose ma… della bambina non vi era nessuna traccia. Cercò di non andare nel panico. Ma si trattava della figlia di Gold e, difficilmente, sarebbe stata calma. Doveva cercarla e doveva farlo in fretta prima del ritorno del padre.
“Rose” iniziò a chiamarla. Nulla. “Rose” continuò, ma della bambina nessuna traccia. Ora sì che si stava preoccupando molto. Andò dietro il bancone e prese il telefono. Stava per digitare il numero dello sceriffo ma…  si fermò. Le voci in quella cittadina  circolavano troppo velocemente e, se avesse chiamato lo sceriffo, avrebbero scoperto che Rose era sparita e, di conseguenza, Gold sarebbe stato avvertito. Depositò il cellulare sul bancone. Decise, per il momento, di non avvisare nessuno. Sarebbe andata fino in fondo.
Allontanandosi dal bancone, stava per riprendere con la ricerca di Rose, quando entrò un altro cliente. Forse uno dei pochi che Johanna non avrebbe mai voluto vedere. Si trattava di Regina. La donna camminò verso di lei, dicendo: “Signor sindaco, non l’aspettavo.”
“Be’, ora non mi dica che non posso neanche visitare i miei cittadini? In quando sindaco, è compito mio affinché tutto vada…come deve andare” disse Regina.
“Che cosa desidera?” chiese Johanna.
“Ero solo venuta a cercare un libro per il mio adorato figlio Henry. Niente di troppo fantasioso, sia chiaro. Non voglio che Henry si riempia la testa di strane idee. Deve rimanere con i piedi per terra” rispose Regina.
“Quindi vuole rinnegare la fantasia a un bambino di quattro anni?” domandò Johanna.
“E’ mio figlio. So io ciò che è bene per lui e raccontargli solo favole, non è un bene. Qua non esistono i lieto fine. È giusto che Henry apra gli occhi sulla realtà già a questa età, prima che sia troppo tardi e si riduca come alcuni suoi coetanei” rispose Regina.
Mentre le due parlavano, non si accorsero che Rose, nascosta dietro ad uno scaffale, le stava ascoltando. Poi Regina aggiunse: “Prenda, per esempio, la mocciosa di Gold: il padre continua a metterle in testa delle sciocchezze, raccontandole quelle stupide favole, solo per fare in modo di non dimenticare la defunta madre. Quanti sogni infranti per una così tenera ma ingenua bambina. Mi aspettavo molto di più da Gold ma, a quanto pare, lui preferisce così per lei.”
“Il signor Gold vuole molto bene a sua figlia e penso che sia un ottimo e bravo padre per Rose” disse Johanna.
“Dice così solo perché ha paura che il signor Gold la possa sbattere fuori di casa e far chiudere questo posto. Ma lui non è l’unico potente in questa cittadina” disse Regina, facendo qualche passo verso di lei e guardandola malamente. Johanna non si mosse. Sentirono un versetto. Entrambe voltarono gli sguardi, per vedere un’ombra muoversi.
“A quanto pare ha compagnia” disse Regina.
“Non so a cosa alluda” disse Johanna. A passo veloce Regina andò dove aveva visto l’ombra ma, appena guardò dietro lo scaffale… non trovò nessuno. Guardò bene, ma nulla.
“Trovato qualcosa?” chiese Johanna.
Regina si voltò e, ritornando da lei, rispose: “Solo tante ragnatele. Ma la cosa non mi sorprende più di tanto, considerando che qua non c’è mai fila. Ancora mi chiedo del perché tenga aperto.”
“Perché ci sono persone, a differenza di lei, che ancora credono nella fantasia e nella speranza. Dovrebbe farlo anche lei” disse Johanna.
 Lo sguardo di Regina divenne furioso, per poi replicare: “Lei non deve dirmi come devo comportarmi! Le do, invece, un consiglio: cerchi di non avermi come nemica e probabile che andremo anche d’accordo. Se lei farà tutto ciò che le ordinerò, forse potrò anche comportarmi bene.”
“Non farò mai nulla di tutto questo. Non mi sottometterò mai a lei” disse Johanna.
Lo sguardo di Regina divenne ancora più furioso e, in un impeto di rabbia, scaraventò a terra un barattolo di vetro, presente sul bancone, e con dentro i pochi spiccioli per poter comprare un computer, visto che la biblioteca ne era ancora sprovvista.
Johanna rimase a bocca aperta. Regina sorrise beffardamente e, mentre se ne andava verso la porta, disse: “Ah e, per il libro di Henry, ci ho ripensato: non lo voglio più” e mise una mano sulla maniglia. Ma voltò lo sguardo ed aggiunse: “Ha la mia parola che, prima o poi, questo posto chiuderà per sempre. Le farò rimpiangere di non aver accettato la mia offerta” e, uscendo, sbattè la porta.
Johanna rimase lì. Poi andò a prendere scopa e paletta e, abbassandosi, iniziò a raccogliere i cocci. Alzò la testa, quando vide Rose di fronte a sé. Quindi le disse: “Rose non stare qua vicina o rischi di farti male con i vetri.”
“Regina è cattiva. Perché lo è con te? Tu sei buona” domandò Rose.
“Perché vuole che tutti facciano ciò che chiede. Dopotutto è il sindaco. È lei che comanda” rispose Johanna, quando si tagliò. Si guardò il dito. C’era un piccolo taglio sull’indice, dal quale però fuoriusciva un po’ di sangue. Rose si abbassò. Mise una mano sotto la sua e una sopra. Questa la mosse in senso orario tre volte. Poi baciò il dito e disse: “Il mio papà fa così quando mi faccio male. Dice che passa tutto. Come per magia. Va meglio? Se vuoi lo faccio ancora” e ripeté l’operazione. Guardò Johanna, che disse: “In effetti, non mi fa più tanto male. Grazie Rose. Sei una bambina dolcissima” e l’accarezzò su una guancia, facendola sorridere.
Passarono le ore, nelle quali, in un momento di distrazione della piccola, Johanna disinfettò la ferita. Rose stava sfogliando un libro di favole, stando inginocchiata davanti un tavolino e dietro di sé un divanetto. Poi guardò Johanna, che stava mettendo via dei libri e le chiese: “Che cos’erano quelle cose per terra insieme al barattolo?”
“Il tuo papà ti ha mai parlato dei soldi?” domandò Johanna guardandola. Ma dopo che Rose ebbe scosso negativamente la testa, continuò: “ Sono come dei piccoli bottoni, solo che a differenza di essi, con questi puoi farci molto di più. Per esempio il tuo papà ci può comprare tutte le cose che vuoi. Vestiti; giocattoli. Ma anche cibo e tutto il necessario per farvi vivere bene.”
“Anche la fantasia?” chiese Rose. Johanna rise e, scuotendo negativamente la testa, rispose: “No, piccola. Direi proprio di no. La fantasia non si può comprare. È di tutti.”
“Però prima Regina ha detto che lei odia la fantasia e vuole che Henry apra gli occhi sulla realtà. Perché vuole questo per lui?” domandò Rose.
“Perché pensa che sia la cosa giusta. Vuole crescerlo così. Diverso da tutti gli altri. Vuole che sia perfetto e che non abbia difetti e, per difetti, intendo niente favole della buonanotte; niente giochi e niente amicizie con bambini che lei ritiene inferiori” rispose Johanna.
“Papà odia Regina, ma non mi ha mai impedito di essere amica con Henry” disse Rose.
“Perché tuo padre non vuole che tu rimanga sola, ma che abbia un’infanzia felice. Lui ti vuole molto bene, ma in modo diverso di come Regina ne voglia ad Henry. Lui ti vuole bene per davvero. Ti sta crescendo nel migliore dei modi; ti protegge. Non è facile essere un genitore singolo” disse Johanna, avvicinandosi a lei ed accarezzandola sulla testa.
“E lei ha mai avuto figli?” chiese Rose.
“No, ma se mai ne avessi avuti, avrei tanto voluto che fossero come te” rispose Johanna, sorridendole.
“Perché non hai mai chiesto alla cicogna di portartene uno? Il mio papà mi ha detto che mi ha portato una cicogna che ha fatto un lunghissimo viaggio, perché non riusciva a trovarlo e, che quando è arrivata qua a Storybrooke e mi ha lasciata davanti alla sua villa, poi è volata via andandosi a depositare sul camino di Regina e facendoci il nido ed è per questo che Regina è sempre arrabbiata con papà” spiegò Rose.
Johanna sorrise scuotendo negativamente la testa e cercando di trattenere le risa. Gold doveva odiare davvero tanto quella donna, se raccontava così a sua figlia. O, forse, sotto c’era qualcos’altro. I suoi pensieri vennero interrotti da Rose che le disse: “Dovrei andare in bagno.”
“Ma certo, piccola. Su, vieni che ti accompagno” disse Johanna e, dopo aver depositato i libri sul tavolino, prese per mano Rose che, nel frattempo, si era alzata e, insieme, la condusse al bagno. Una volta lì, Rose entrò e Johanna l’aspettò fuori. Entrò però un cliente. Johanna gli disse di aspettare. Poi, rivolta a Rose, disse: “Devo andare un attimo a servire un cliente. Farò subito, ma se hai bisogno, chiamami” ed andò dal cliente.
Passarono pochi minuti. Il cliente se ne andò e Johanna ritornò verso il bagno. La porta era chiusa. Bussò un paio di volte, chiamando la bambina: “Rose, tutto bene lì dentro?” Ma non ricevette nessuna risposta. Bussò ancora: “Rose, vuoi una mano? Ti prego, rispondimi” Ma ancora nulla. Aprì la porta e…  della bambina nessuna traccia.
 Si voltò, proprio nel momento in cui entrò un altro cliente. Ma dalla sua voce, sperò tanto che non fosse lui, perché costui la chiamò: “Signora Dawson.” Johanna andò a passo spedito nella hall della biblioteca, per trovarsi di fronte proprio lui: il Signor Gold.




Note dell'autrice: E finalmente eccomi qua con l'inizio di un nuovo capitolo (nuovo per davvero. Nella serie non c'è) Un personaggio già presente nella serie (ma poco presente e poco spiegato) e ovviamente il mio nuovo personaggio misterioso che sconvolgerà non poco la vita a Storybrooke e non solo.
Grazie a tutti coloro che continuano a seguire la serie; a recensirla o anche solo a leggerla o passare di qua.
Grazie alle mie due fedelissime e carissime amiche Lucia e Laura.
Con ciò, vi do appuntamento alla prossima parte del capitolo (sperando di non impiegarci troppo) Vi auguro una piacevole nottata e sogni "gold"
A presto miei cari oncers

 
 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Su due fronti - Parte II ***





The Rose of true Love - Stagione II

 
    Capitolo VI: Su due fronti- Seconda Parte

 
Storybrooke del presente

 
La bambina svanì. Era stata solo frutto della sua fantasia. Già. Quella fantasia che da bambina, aveva cercato tanto in quel posto. Si ricordava ancora di Johanna, ma non sapeva che fine avesse potuto fare e né si ricordava del perché la biblioteca era stata chiusa. Ritornò al presente e al suo obiettivo, ovvero cercare più possibili informazioni riguardo a quella sconosciuta che non sembrava così tanto sconosciuta a suo padre. Aveva provato a chiedergli di più, ma lui non osava rivelare nulla. Con la madre non voleva neanche tentare. Si sarebbe di sicuro arrabbiata. Stavolta avrebbe agito da sola, seppur Henry e Paige stavano contribuendo in un altro modo.
Guardò in ogni possibile sezione che potesse connettersi con quella donna, ma non trovò nessun libro che la potesse aiutare. Si sedette su di un divanetto. Davanti a lei, sul tavolino, c’erano diversi libri per bambini. Sorrise nel ripensare quando anni prima si inginocchiava davanti ad essi e li sfogliava, immaginandosi in quei luoghi fatati, pieni di magia, principesse da salvare e strane creature. Per poi scoprire di essere lei stessa parte di una favola e figlia di una principessa e dello stregone più potente di tutti i reami, nonché anche il più oscuro.
Il suo sguardo si soffermò sul libro delle favole. Lo aprì ma, quando arrivò nella storia di “Tremotino”, qualcosa le saltò all’occhio. Be’ più di una cosa: la prima era una fotografia di lei in braccio a suo padre ed accanto a Johanna. Era stata scattata nella hall della biblioteca e davanti a quello che pareva un nuovo computer, tantoché su di esso c’era persino un fiocco. L’altra, fu l’immagine disegnata di un Tremotino diverso da suo padre, ma accanto ad una donna seduta dietro ad un arcolaio. Lesse ciò che c’era scritto sotto:
 
“ Ed il piccolo essere dall’aspetto un po’ ripugnante, si ripresentò non appena la donna lo chiamò: “Ti prego aiutami” lo implorò. “Il Re vuole che tramuti altra paglia in oro. Se lo farò, mi sposerà” Il piccolo essere ci pensò un po’ su. Poi le domandò: “ E, stavolta, cosa vuoi darmi in cambio, mia cara?” La donna rispose: “Non ho più nulla da darti. La prima volta ti ho dato il mio anello; la seconda la collana, ultimo regalo di mia madre prima che morisse. Ma, stavolta, non ho proprio nulla.” “Allora puoi dire addio ai tuoi sogni di ricchezza. Ritornerai ad essere la povera, ma bella, figlia del mugnaio che sei e rimarrai. A meno che… tu non mi dia tuo figlio” e sorrise maliziosamente. “Mio figlio? Ma non aspetto nessun figlio” disse stupita la donna. “Oh, ma lo aspetterai, non appena tu ed il tuo amato vi sposerete, lui vorrà un’erede al trono” La donna ci pensò. Poi disse: “Va bene.” Il folletto iniziò così a tramutare la paglia in oro e, il mattino seguente, non appena il re entrò nella stanza e vide tutto quell’oro, sposò la donna. Qualche mese dopo, nacque l’erede e una notte, mentre la donna depositò il figlio nella culla, in una piccola nube comparve il folletto. La donna, vedendolo, gli chiese del perché fosse lì ed il folletto, saltellando ed andando accanto alla culla, disse: “Mia cara, mia cara fanciulla, ti sei dimenticata del patto che abbiamo stabilito? Mi promisi il tuo primogenito e ora sono venuto a prendere ciò che mi aspetta” e rise. La donna prese in braccio il pargolo e, stringendolo a sé, disse: “Voi non lo avrete” Il folletto si fece cupo, per poi replicare: “Nessuno rompe un patto con me! Tuo figlio sarà mio!” ed un lampo squarciò il cielo che, improvvisamente, si era annuvolato. Il piccolo iniziò a singhiozzare. La madre lo guardò. Poi guardò il folletto e propose: “Ho un altro patto per te. Se riuscirò a indovinare il tuo nome, non mi porterai via mio figlio” “In caso contrario, tuo figlio sarà per sempre mio. Non credo, poi, che il tuo caro marito voglia più rimanere con te, soprattutto dopo che gli racconterai tutta la verità. Ritornerai in povertà” “Non accadrà” replicò la donna. “Ti concedo un giorno” disse il folletto. “Quattro” disse la donna. “Tre” disse il folletto. “Ok. Tre giorni” disse la donna. Il folletto sorrise per poi dire: “Preparati a dire addio al tuo prezioso pargolo, perché non indovinerai mai il nome” e ridendo, svanì. Cora, strinse a sé il piccolo, cercando di calmarlo”
 
Cora. Ecco chi è Cora. Finalmente aveva trovato qualcosa di utile, seppur non era inerente alla sconosciuta. A lei ci avrebbe pensato successivamente. Ora doveva trovare Henry e Paige e mostrargli ciò che aveva. Mise la foto in tasca. Si alzò, prendendo la cartella ed il libro, chiudendolo. Andò verso la porta. Stava per uscire, quando Belle comparve: “Rose, non ti avevo sentita entrare. Quando sei arrivata?” Rose si voltò, rispondendole: “Solo pochi minuti fa” Belle si avvicinò, domandandole: “Come è andata a scuola?”
“Bene. Come al solito. Nulla di nuovo” rispose Rose.
“Vieni che ti do qualcosa da mangiare e da bere” disse Belle.
“Grazie mamma, ma ho un sacco di compiti da fare” disse Rose.
“Potresti sempre farli qua. Non sarebbe la prima volta” propose Belle.
“E’ che dopo dovrei incontrarmi con Henry e Paige da Granny’s” disse Rose.
“Quindi ceni fuori?” chiese Belle.
“Be…  sì, ma se vuoi rimango da te” rispose Rose.
“No. No, tesoro, è giusto che esca un po’ con i tuoi amici. Non mangiare però cose che ti possono fare male e non tornare a casa tardi” disse Belle.
“Non ti preoccupare, mamma. Al massimo potresti mandarmi Dove a cercarmi. Dopotutto è la nostra guardia del corpo” disse Rose.
“In verità non lo vedo da un po’ di tempo. Da quando la maledizione è stata spezzata, bazzica meno nella nostra villa. Mi sembra, però, di averlo visto, un giorno, in compagnia di una ragazza di colore” disse Belle ed andò dietro al bancone.
“ E non ti ricordi chi fosse? Intendo nella foresta incantata” domandò Rose.
“Penso di non averla mai vista. Ma sono successe così tante cose da allora” rispose Belle ed aprì un grosso libro, per poi prendere una biro e scrivere qualcosa in esso. Rose spostò lo sguardo su una targa dorata appesa sul muro dietro al bancone. Quindi disse: “Non mi ricordo di aver mai visto quella targa” Belle le diede un’occhiata veloce. Poi, riguardando il grosso libro, rispose: “L’ho messa di recente. L’ho trovata in alcuni vecchi scatoloni nel ripostiglio mentre facevo pulizia. Evidentemente apparteneva alla vecchia bibliotecaria.”
“Sai qualcosa di lei?” chiese Rose.
“Purtroppo non so quasi nulla. Però, in uno degli scatoloni, ho trovato questo” rispose Belle e, aprendo un cassetto,  ne tirò fuori un ritaglio di una pagina di giornale. Lo diede a Rose. C’era una foto che mostrava la biblioteca chiusa. Il titolo diceva: “Dopo anni di attività, chiude la biblioteca di Storybrooke”  e, nel paragrafo, a Rose saltò subito all’occhio il nome di Regina. Guardò la madre, che stava scrivendo sul libro, dicendole: “Lo prendo un attimo. Mi serve… per una ricerca.”
“Fa’ pure tesoro. Intanto io non me ne farei nulla” disse Belle.
“Allora, io andrei. Ci vediamo stasera. Cercherò di non fare tardi” disse Rose ed andò verso la porta, ma Belle la fermò: “Non ti cacciare nei guai e, soprattutto, non andare da tuo padre” Rose non si voltò. Si limitò ad aprire la porta ed uscire.
Dopo essersi accertata che la figlia fosse uscita, Belle disse: “Ora puoi anche uscire” e, da sotto il bancone, uscì Excalibur.
La volpe era stata presa in flagrante proprio da Belle, che aveva visto dei movimenti sospetti nel retro della biblioteca, mentre era uscita a portare della vecchia roba.
Belle si abbassò e, rivolta ad Excalibur, disse: “Mi raccomando, tieni sempre d’occhio Rose e, se dovesse accadere qualcosa, vienimi subito ad avvertire anche se…  “sospirò”…  preferirei andassi ad avvertire Tremotino. Lui riuscirebbe a proteggerla meglio di me, come ha sempre fatto per tutti questi anni e anche quando eravamo al castello oscuro. Forse dovrei dargli veramente una seconda possibilità, ma ho paura che poi continui a mentirmi, come sta facendo ora. Ma Rose ha bisogno di suo padre accanto. Non posso negarglielo. Io lo so com’è non avere il proprio padre accanto” e l’accarezzò sulla testa.
Excalibur emise dei versetti. Belle aggiunse: “Sì, lo so che mio padre è qua, ma non posso proprio perdonargli tutto ciò che ci ha fatto: mi ha allontanata da Tremotino e Rose; ha cercato di far dimenticare a me e Rose le nostre identità e tutte le persone alle quali vogliamo bene; non ha mai approvato il mio amore per Tremotino e, cosa più importante, ha rinnegato la sua nipotina. Come può definirsi padre una persona del genere? Deve capire gli sbagli commessi e solo allora, forse, lo perdonerò.”
Excalibur le leccò la mano e, dopo che Belle si fu rialzata, andò verso la porta con lei. La donna gliela aprì, facendola uscire. Guardò la volpe allontanarsi per poi rientrare.
Poco dopo, Henry, Paige e Rose erano al parco. Rose mostrò loro la pagina sulla storia di Tremotino.
“Mi sembrava di aver già letto quel nome da qualche parte” disse Henry.
“Sì, ma se tua madre ti avesse letto le favole della buonanotte anche da piccolo, come ha fatto mio padre, ti saresti ricordato meglio. Cora è la figlia del mugnaio” disse Rose. Henry e Paige la guardarono in silenzio. Quindi aggiunse: “Che c’è? Perché mi fissate come due avvoltoi?”
“Hai saputo solo questo di Cora?” domandò Paige.
“Sì… solo questo” rispose Rose, digrignando i denti. Poi però aggiunse: “Be’, almeno è un inizio. Voi, invece, cosa avete scoperto?”
“Emmm… abbiamo cercato le pagine mancanti ma… ecco… non le abbiamo trovate” rispose titubante Henry.
“Ehi, tuo padre è in quella storia. Chiediamo a lui” propose Paige.
“Sarebbe un suicidio. Scartiamo pure questa proposta. E, poi, il Tremotino di questo libro non si avvicina neanche lontanamente a mio padre” disse Rose.
“A me, invece, pare che un po’ ci assomigli” disse Paige, mentre guardava l’illustrazione di Tremotino nel libro.
“Ok, trasformano entrambi la paglia in oro, ma andiamo mio padre non è così basso e ripugnante. E poi qua lo descrivono come un essere qualsiasi. Mio padre è il signore oscuro. Ha una certa reputazione da mantenere e tutti lo temono. In questo libro, invece, è solo un piccolo folletto salterino, canterino e che parla tutto in rima” spiegò Rose.
Ci fu silenzio. Poi Henry disse: “Facciamo il punto della situazione: abbiamo un inizio  per Cora, ovvero sappiamo che era la figlia del mugnaio. Invece per la sconosciuta…”
“… per la sconosciuta non sappiamo nulla e per il momento… be’… rimane sconosciuta” terminò la frase Rose.
I bambini non sapevano che lì vicino c’era Excalibur. La volpe li stava ascoltando ed osservando, mentre rimaneva nascosta dietro alle panchine e, di tanto in tanto e senza farsi vedere, mangiava dei pezzi di pane o frutta all’interno di buste messe a terra dalle persone che, sedendosi sulle panchine, davano da mangiare alle papere del laghetto.
Mentre Paige sfogliava il libro, Rose prese fuori la fotografia e l’osservò. Anche i due amici la guardarono.
“Ehi, ma quella bambina sei tu” disse Paige, indicando la bambina in braccio a Gold. Rose annuì. Poi Henry aggiunse: “Ma io conosco quella donna” Rose e Paige lo guardarono.
“Dici davvero?” chiese stupita Rose.
“Era la vecchia bibliotecaria, prima che la biblioteca chiudesse” rispose Henry.
“Questo lo sapevo già. Sai altro? Per esempio, del perché la biblioteca abbia chiuso?” domandò Rose.
“Non ti piacerà saperlo” disse Henry.
“E’ stato così tremendo?” chiese Paige.
“Rose, fu tuo padre a far chiudere la biblioteca” rispose Henry. Paige e Rose rimasero a bocca aperta. Poi Rose stupita disse: “Non è possibile! Ricordo che mi ci portava sempre. Chi te l’ha detta una cosa del genere?!”
“E’ stata mia madre” rispose Henry. Rose si alzò in piedi e replicò: “Non è vero! Non è affatto vero! Tua madre è una bugiarda, come è sempre stata! Quando ero piccola, mio padre mi portava sempre alla biblioteca. Non può averla fatta chiudere lui!”
“Rose, calmati. Noi non sappiamo cosa possa essere veramente accaduto. Henry sa solo ciò che gli ha detto sua madre” disse Paige.
“Be’, ripeto quello che ho detto prima: tua madre è una bugiarda. Dice così perché essendo il sindaco, vuole la città ai suoi piedi, per far ricadere la colpa su mio padre” replicò Rose. Anche Henry si alzò per poi replicare: “Sai cosa ti dico? Che credo a mia madre. Dopotutto tuo padre è il signore oscuro. Ha fatto accordi e morti in passato. Chi lo sa che non abbia fatto chiudere lui la biblioteca e fatto sparire la signora Dawson?”
“Chi te l’ha detto che la signora Dawson è sparita? E poi nemmeno tua madre è mai stata una santarellina, essendo la regina cattiva” domandò Rose.
“Ora è cambiata. Non è più cattiva. E poi, la signora Dawson non si è più vista da quando è stata chiusa la biblioteca e nemmeno quando è stata spezzata la maledizione. Secondo me, c’entra davvero tuo padre” rispose Henry.
In un attacco di rabbia, Rose si fiondò su Henry e, i due, caddero a terra, rotolando e litigando. Paige si alzò, cercando di dividerli, ma con scarsi risultati.
 Excalibur, si avvicinò, ma preferì ugualmente stare a debita distanza ed intervenire se la situazione fosse degenerata. Fortunatamente, passò di lì Archie, che stava portando a passeggio Pongo, dopo aver chiuso lo studio. Vedendo i due bambini litigare, corse verso di loro. Diede il guinzaglio di Pongo a Paige e, dopo essersi abbassato, riuscì a dividerli, prendendoli entrambi per le magliette.
“Rose! Henry! Ma che cosa vi prende?! Non è da voi litigare” li rimproverò, guardandoli entrambi.
“Ha incominciato lui. Ha dato la colpa a mio padre per niente” disse Rose.
“Non ho dato la colpa a tuo padre per niente: quello che ho detto è la verità” disse Henry.
“Sei solo un bugiardo, come tua madre” replicò Rose.
“Potrei dire la stessa cosa di te” replicò Henry.
“Adesso basta! Finitela entrambi e spiegatemi cosa è successo” disse Archie.
“Ha detto che mia madre è una bugiarda” disse Henry. Archie guardò Rose, chiedendole: “E’ vero?”
“Sì, ma solo perché ha accusato mio padre di aver chiuso la biblioteca anni fa e di aver fatto sparire la signora Dawson. Mio padre mi portava sempre alla biblioteca. Non può essere stato lui. Quindi ho detto che sua madre è una bugiarda anche per il fatto che voglia tutta la città ai suoi piedi” spiegò Rose.
“Be’… Rose… queste sono parole dure da dire, soprattutto se non si hanno delle prove concrete” disse Archie.
“Non mi dire che gli credi? Regina è capace di tutto” replicò Rose, guardandolo.
“Ma anche tuo padre lo è” disse Archie. Rose non disse nulla. Poi il dottore proseguì: “Sentite, so che entrambi i vostri genitori hanno fatto in passato brutte cose, ma hanno cercato di cambiare per voi. Vi vogliono molto bene e voi due siete migliori amici, quindi non dovreste litigare per queste cose. Perché ora non fate la pace e poi andate da Granny’s a prendervi qualcosa?” Henry allungò una mano, ma Rose, di tutta risposta, voltò lo sguardo dall’altra parte.
“Suvvia Rose, Henry vuole fare pace con te” disse Paige. Ma Rose non voltò lo sguardo.
“Rose, ascolta, non puoi dare la colpa ad una persona solo perché la odi. Regina ha fatto cose brutte ma, come ho appena detto, è anche cambiata. Per Henry. Come tuo padre è cambiato per te. Almeno cercarla di vedere in questo modo” spiegò Archie.
“Ma, a quanto pare, voi vedete ancora mio padre come il cattivo di turno! Lui è buono e gentile, ma per voi è una bestia! E scommetto che la pensate come tutti gli altri, ovvero che mia madre ha fatto male a mettersi con lui e che io sono solo un incidente. Ma mio padre ama mia madre e vuole molto bene a me e sono sicura che non sia stato lui a far chiudere la biblioteca e che non abbia nemmeno toccato la signora Dawson. A lui credo. Dovreste farlo anche voi, invece di attaccarvi sempre alle dicerie di questa cittadina. Aprite gli occhi” replicò Rose e, dopo aver preso cartella e libro, se ne andò.
“Rose, aspetta” la chiamò Paige.
“No, lasciala andare. Che la pensi alla sua maniera. È normale che difendi il padre” disse Henry. Paige si voltò verso di lui, replicando: “ Anche tu, però, hai difeso tua madre. Quindi che differenza fa? Il dottor Hopper ha ragione: non dovreste litigare su queste cose” Henry guardò Archie, il quale annuì positivamente. Henry sospirò non sapendo che fare.
Poco dopo, Rose si trovò da Granny’s, seduta da sola ad un tavolo. Stava ripensando a ciò che aveva detto Henry. Davvero poteva essere stato suo padre ad aver fatto chiudere la biblioteca anni fa e fatto sparire la signora Dawson? Dopotutto, quest’ultima non si era più vista da allora. Prese fuori dalla tasca la fotografia. Come poteva suo padre aver fatto ciò? La fotografia sembrava provare il contrario.
Era così intenta a guardarla, che non si accorse chi si sedette di fronte a lei. Alzò lo sguardo e sorrise. Anche la persona di fronte a lei le sorrise. Rose disse: “Ciao, papà.”
“Ciao, Rose. Aspettavi qualcuno?” domandò Gold.
“No. Ero solo venuta qua… per distrarmi” rispose Rose. Sentì qualcosa contro le gambe. Abbassò lo sguardo, per vedere Excalibur sotto il tavolo. La volpe la guardò ed emise dei versetti.
“Excalibur. Ciao piccolina” disse Rose e l’accarezzò sulla testa. Poi riguardò il padre, che le chiese: “Hai già ordinato da mangiare? Vorrei farti compagnia, se non ti dispiace.”
“No, no, fa pure” rispose Rose. Gold prese il menù e, mentre lo guardava, domandò: “Da cosa o chi volevi distrarti, se posso sapere?”
“Pensi che sia una persona?” chiese Rose, non guardandolo.
“Di solito bazzichi in giro con i tuoi amici, invece ora ti vedo qua tutta sola” rispose Gold.
“E’ che mi andava di stare da sola” tagliò corto lei. Gold abbassò il menù e, mettendolo sul tavolo, le disse: “Piccola, è inutile che cerchi di nascondermi la verità.”
“Be’, non è che tu sia tanto diverso” disse Rose.
“Di che cosa parli?” domandò Gold. Senza rispondergli, Rose gli mostrò la fotografia. Gold la prese in mano e, mentre l’osservava, Rose disse: “ L’ho trovata in un libro in biblioteca. Che cosa è successo alla signora Dawson? Perché nessuno l’ha più vista?”
“Perché semplicemente a nessuno è più importato di lei” rispose Gold. Rose lo guardò stranamente. Quindi Gold, guardandola le chiese: “Vuoi che ti racconti come andò?” e Rose annuì positivamente. Anche Excalibur, seduta sotto il tavolo, lo guardò annuendo.

 
Storybrooke – anni prima

 
“Signor Gold, già qua?” domandò Johanna.
Gold prese fuori il suo orologio da taschino e, dopo averlo aperto ed aver controllato l’ora, rispose: “Alle sei precise. Come ogni martedì e giovedì. Chiudo il negozio e vengo qua a riprendere la mia bambina.” Chiuse l’orologio, rimettendoselo in tasca e, facendo qualche passo verso la donna, chiese: “Allora, dov’è Rose?”
Johanna iniziò a preoccuparsi. Non seppe cosa rispondere. Gold continuò a camminare, domandando: “Non lo ripeterò più: dov’è Rose?” e si fermò di fronte a lei.
“Ecco…  sua figlia…  l’avevo accompagnata in bagno ed era lì che l’avevo lasciata, mentre sono andata a servire un cliente. Poi sono ritornata; c’era la porta chiusa e così ho bussato. Ho aperto la porta e… Rose non c’era” spiegò Johanna. Lo sguardo di Gold divenne furioso. Poi replicò: “Le avevo detto di tenerla d’occhio e di non perderla mai di vista! Ora è in grossi guai. Le farò rimpiangere di essere nata!”
“Sono sicura che si trovi ancora qua dentro. Dobbiamo solo cercarla” disse Johanna.
“Se lei non l’avesse persa di vista, ora non dovremmo cercarla! Ma sarà meglio per lei che ci sia!” replicò Gold e, camminarono tra gli scaffali ma, appena svoltarono l’angolo si fermarono: davanti a loro e sdraiata sul divanetto, c’era Rose che dormiva, mentre stringeva a sé il cane di peluche.
Johanna si mise una mano sul petto, sollevata per aver trovato la bambina. Gold si avvicinò e, dopo essersi abbassato, a fatica la prese in braccio. Rose appoggiò la testa contro la sua spalla. Poi si rialzò e, voltandosi, si incamminò, passando accanto a Johanna. Questi lo seguì, finché non si fermò nella hall. Si voltò verso il bancone e chiese: “ Ma lì prima non c’era un barattolo con dentro degli spiccioli?”
“Sì… ma, per cause accidentali, ora non c’è più” rispose Johanna. Rose si mosse e, mentre si svegliava per poi stropicciarsi un occhio, guardò il padre, dicendo: “Papà.”
“Shhh, shhhh, dormi pure piccola mia. Il papà è qua” disse Gold, accarezzandole i capelli e baciandola sulla fronte.
“Regina è stata cattiva. Ha fatto cadere il barattolo di Johanna. Johanna poi si è fatta male ed io le ho fatto passare la bua” spiegò Rose.
Gold guardò Johanna, la quale socchiuse gli occhi. Riguardò la figlia e, accarezzandole la testa, disse: “Sei stata molto brava, bambina mia. Ma ora riposati. Ti sveglierò dopo.” Rose guardò Johanna e le disse: “Grazie per tutto. Spero di ritornare qua.”
“Lo spero anche io, piccola” le disse sorridendo Johanna e Rose, riappoggiando la testa sulla spalla del padre, si addormentò.
“A cosa le sarebbero serviti quei soldi?” domandò Gold.
“Niente di che. Volevo solo comprare un computer per la biblioteca, così da non dover trascrivere più tutto a mano. Ma, a quanto pare, dovrò farne a meno. Vorrà dire che aspetterò altre donazioni” rispose Johanna. Gold la guardò. Poi voltandosi disse: “Arrivederci, signora Dawson.”
“Arrivederci, signor Gold” disse Johanna e Gold uscì.
I giorni passavano. Gold portò ancora, ogni martedì e giovedì, la figlia alla biblioteca. Johanna notò uno strano comportamento da parte del signor Gold. Era sempre stato molto misterioso ma, in quei giorni, lo sembrava ancora di più, come se volesse nascondere qualcosa. Finché un giorno, Johanna stava andando ad aprire la biblioteca di prima mattina, ma appena aprì la porta ed accese le luci…
“Sorpresa!” gridarono Gold e Rose.
“Oh santo cielo, ma… ma cosa sta succedendo?” chiese stupita Johanna. Rose le andò vicino, dicendole: “Io ed il mio papà abbiamo voluto farti una sorpresa.”
“Una sorpresa? Ma… ma non è il mio compleanno” disse Johanna e, mentre Rose la prese per mano, Gold le spiegò: “No, ma è un ringraziamento per i giorni che mi tiene la mia bambina” e si fermarono di fronte a lui. Solo a quel punto, Johanna si accorse dello stendardo appeso in alto sopra il bancone, con scritto “Congratulazioni Johanna” e, in basso, un grosso scatolone. Quindi titubante domandò: “Non ditemi che quello è per me?”
“Lo scopriamo subito. Rose, piccola” disse Gold e, guardò sorridendo la figlia. Questi presi il bigliettino che c’era sopra lo scatolone, per poi consegnarlo a Johanna. La donna l’aprì, leggendolo: “ Alla cara signora dei libri, che mi fa sempre sognare e viaggiare intorno al mondo e per posti fatati. Che mi ha insegnato che la fantasia non si compra, ma che la si può trovare anche nei piccoli gesti. Questo è per lei, da parte mia e del mio papà. Grazie di prendersi cura di me, anche se spesso la faccio preoccupare. Le voglio tanto bene – Rose Gold.”
Johanna guardò la bambina davanti a lei e, abbassandosi, l’abbracciò forte, per poi dirle: “Ti voglio tanto bene anche io, Rose.”
Gold le guardò facendo un piccolo sorriso. Poi si schiarì la voce. Le due lo guardarono. Rose la incitò: “Dai, dai, apri il regalo.”
Johanna si avvicinò allo scatolone. Lo aprì e rimase a bocca aperta non appena vide ciò che c’era al suo interno. Tirò fuori l’oggetto: si trattava di un computer, con tanto di fiocco sopra. Guardò Gold, il quale disse: “Lei è sempre così gentile nel prendersi cura di mia figlia. Rose è un piccolo terremoto, quindi ci vuole tanta pazienza con lei. Diciamo che quello è un piccolo regalo per ringraziarla.”
“Io… io non so proprio cosa dire” disse Johanna con gli occhi lucidi. Rose la guardò, chiedendole: “Perché piangi? Dovresti essere felice, no?”
“Hai ragione piccola. Ma, a volte, si può anche piangere per la contentezza” rispose Johanna, asciugandosi quelle poche lacrime che le stavano bagnando il viso. Rose sorrise. Gold disse: “Ma non sarebbe una festa che si rispetti, senza una torta” e, voltandosi, arrivò Granny che spingeva un carrello con sopra una torta a tre piani, seguita da Ruby, Archie, Mary Margaret ed Henry.
“Henry!” esclamò entusiasta Rose e corse ad abbracciarlo.
Johanna non poteva credere a ciò che vedeva. Mai prima d’ora qualcuno le aveva fatto una festa a sorpresa. Chi giudicava cattivo e spregevole il signor Gold, è perché non aveva cercato di conoscerlo meglio.
A Johanna spettò il taglio della torta che poi Granny, aiutata da Ruby, divise le varie fette da dare ai presenti. Seppur in pochi, la festa fu comunque bella. Archie fece anche delle foto. La più bella fu quella di Rose, in braccio a Gold, mentre stavano accanto a Johanna e al nuovo computer.
Erano tutti così contenti, quando…
“Ma che bella festa. Chi è il festeggiato?” domandò chi era appena entrato. Tutti voltarono gli sguardi, per vedere Regina. La donna sorrise maliziosamente.
“Vostra altezza, è un piacere che ci faccia presenza con la sua regalità” rispose Gold.
“Signor Gold, non è da lei bazzicare in mezzo ai suoi affittuari. Potrei dire che si sta rammollendo” disse Regina. Lo sguardo di Gold divenne cupo, per poi dire: “Come vede ci si può ambientare ma, a quanto pare, non siamo tutti uguali, il che è una fortuna. Comunque, lei non è stata invitata, quindi può anche andarsene.”
“Quanta scortesia. Dopotutto ero solo passata a vedere come stavano andando le cose” disse Regina. Poi il suo sguardo si fermò su Henry, che si trovava accanto a Rose. Quindi replicò: “Henry, che cosa ci fai qua? Ti credevo a casa.”
 Henry si fece piccolo, piccolo. Gli altri lo guardarono. Timidamente rispose Mary Margaret: “L’ho… l’ho portato io qua. Sapevo che c’era anche Rose, quindi ho pensato che i due bambini avessero potuto divertirsi insieme.”
“Lei non è sua madre per poter decidere! Henry è figlio mio e farà ciò che gli dirò!” replicò Regina.
“Non può obbligare un bambino a sottostare alle sue regole. Deve farlo divertire” disse Johanna.
“Lei non deve neanche immischiarsi, dopo ciò che le è successo” replicò Regina. Gli altri la guardarono, ma Johanna rimase impassibile.
“Di che cosa sta parlando?” chiese Ruby.
“Di quello che ha commesso anni fa. Ciò che ha tenuto nascosto a tutti” rispose Regina, facendo qualche passo. Gold guardò Rose e le fece cenno con la testa di andare da lui. La bambina così fece, andandosi a nascondere dietro al padre.
Regina si fermò di fronte al gruppo per poi iniziare a spiegare: “ Quello che voi non sapete è che la signora Dawson aveva una figlia” e gli altri guardarono stupiti Johanna. Rose rimase a bocca aperta. Giorni prima le aveva chiesto se avesse avuto dei figli e lei le aveva risposto negativamente. Abbassò lo sguardo un po’ arrabbiata, stringendo con una mano la giacca del padre.
Regina continuò: “Ma c’è dell’altro. Non solo ha nascosto di avere una figlia, ma l’ha anche uccisa!” e tutti rimasero a bocca aperta.
“Non è vero!” replicò Johanna.
“Allora, cosa mi dice di questo articolo risalente tempo fa e scritto dal Signor Glass, il quale mostra la morte di questa bambina? Da quanto ricordo, non sono mai morti bambini qua a Storybrooke, eppure eccone la prova” disse Regina e mostrò l’articolo di giornale, nella quale immagine si vedeva lo sceriffo accanto a un piccolo corpo coperto disteso a terra. Il titolo diceva: “Scoperto corpo di un bambino non ancora identificato. Si fanno ricerche.”
“Ha qualcosa da dire a sua discolpa?” domandò Regina.
Tutti avevano l’attenzione su Johanna, che però si limitò ad abbassare lo sguardo e rimanere in silenzio. Regina sorrise maliziosamente, per poi dire: “Ricorderà bene che erano state trovate le sue tracce, ma a quel tempo ero stata clemente e, arrivando ad un accordo, ero riuscita a convincere le autorità a non farla sbattere in prigione. Ma, questa volta, credo proprio che non possa chiudere un occhio.”
La porta dietro si aprì ed entrò Graham, il quale si fermò accanto a Regina. Questi semplicemente disse: “Sai cosa fare.” Lo sceriffo prese fuori le manette e camminò verso Johanna ma, prima che arrivasse a lei, tra loro si mise Rose.
“Signor Gold, la prego di togliere immediatamente la sua mocciosa da lì. Sta intralciando lo sceriffo” replicò Regina. Ma Gold non si mosse. Quindi Regina guardò Graham, dicendogli: “Su, tirala via da lì. Ci sta facendo perdere fin troppo tempo.” Graham fece qualche passo avanti, ma Rose disse: “Ti prego, se sei mio amico, non portare via Johanna. Non penso che lei sia potuta arrivare a tanto uccidendo la sua stessa figlia.”
“Mi stai dando della bugiarda?! Graham fa immediatamente qualcosa!” replicò Regina. Graham guardò in silenzio Rose, che lo guardò in altrettanto modo. Guardò poi Johanna e gli altri, soffermandosi su Gold che inarcò un sopracciglio. Infine si voltò verso Regina e disse: “Non posso.”
“Come prego?” replicò Regina.
“Non posso. È vero, c’erano le tracce della signora Dawson sul posto, ma non è mai stato stabilito al cento per cento che quel cadavere fosse sua figlia. Non posso metterla dentro per un fatto accaduto anni fa” spiegò Graham.
“Quindi preferisci credere alle parole di una mocciosa, piuttosto che a me?!” chiese Regina. Ci fu silenzio. Poi Graham rispose: “Sì.”
Regina si avvicinò a lui e, dopo avergli messo una mano sulla guancia, disse: “Che cosa ti prende mio valoroso cacciatore? Credevo che il tuo cuore appartenesse a me, invece ti vedo in combutta con la mocciosa di Gold.”
“Io non sono in combutta con nessuno! Agisco per conto della legge!” replicò Graham, facendo qualche passo indietro.
“Così mi ferisci, ma capirai presto che è solo un grosso errore mettersi contro di me” replicò Regina. Guardò gli altri aggiungendo: “Lo capirete tutti e, solo all’ora, ve ne pentirete” e, voltandosi, se ne andò, sbattendo la porta. Rose si voltò verso Johanna, domandandole: “Tutto bene?”
“Credo di sì” rispose Johanna.
“Perché non ci ha mai parlato di avere una figlia?” chiese Archie. Johanna lo guardò. Stava per rispondere, quando al suo posto rispose Ruby: “E’ perché mai avrebbe dovuto parlarcene? L’ha uccisa.”
“Ruby! Un po’ di rispetto, ti prego” la rimproverò Granny.
“E lei ne ha portato a noi? Credo proprio di no. Insomma, non si tiene nascosta una cosa del genere” disse Ruby.
“Io credo invece che dovremo sempre prima pensare a cosa dire, invece di parlare senza senso. Probabile che ciò che sia accaduto non sia neanche del tutto vero” disse Gold e guardò Graham. Anche gli altri lo guardarono, il quale titubante disse: “Be’… ecco… io…”
“Come può non essere vero se è stato sotto gli occhi di tutti? Non lo avrebbero messo sul giornale” disse Ruby.
“Le notizie di quel giornale il più delle volte risultano fasulle. Ma voi non ci crederete veramente a quello che scrivono, o sì?” domandò Gold.
Gli altri, eccetto per Rose e Johanna, si guardarono tra loro. Poi riguardarono Gold ed Archie disse: “Non penso che possano scrivere delle bugie. Dopotutto, è una fonte di informazioni.” Gold guardò Johanna, la quale abbassò il capo. Poi guardò la figlia e disse: “Andiamo, Rose. Credo che la festa sia finita da un pezzo” e dopo che Rose ebbe salutato gli altri, andò dal padre. I due uscirono.
Passarono pochi giorni, Regina si presentò nuovamente in biblioteca, stavolta con un esposto da parte del tribunale, il quale esponeva la chiusura dell’edificio. Johanna non poté difendersi e, l’unica cosa che fece, fu quella di rinchiudersi nella sua povera casa quasi al confine con la foresta.
Un giorno, mentre stava inginocchiata a terra nel piccolo orto sul retro, qualcuno le fece visita. Costui, dopo aver aperto il cancelletto, camminò fino a fermarsi dietro di lei, chiamandola. Johanna voltò lo sguardo, per capire di chi si trattasse. Riguardò l’orticello, chiedendo: “Cosa è venuto a fare qua, Signor Gold?”
“Non mi dica che non posso neanche venire a trovare una cara amica?” domandò Gold.
“Non dovrebbe considerarmi tale, dopo ciò che ho tenuto nascosto” disse Johanna.
“Le interesserà sapere che io e Rose non crediamo a ciò che c’è scritto su quel giornale. Preferiamo la sua versione” disse Gold.
“La mia versione è sotto gli occhi di tutti” disse Johanna.
“Io penso invece di no” disse Gold. Johanna lo guardò chiedendogli: “Dove vuole arrivare?”
“Alla sua innocenza e, ovviamente, a cercare di far riaprire la biblioteca” rispose Gold.
“Apprezzo questa sua benevolenza nei miei confronti solamente perché le tengo la figlia per due giorni a settimana, ma getti il ferro a fondo: è una causa già persa dall’inizio” disse Johanna e, dopo essersi alzata, si pulì le mani nella casacca. Poi si voltò ed aggiunse: “E ora, se permette, avrei da fare altre faccende” e, stava per andarsene in casa, quando Gold la bloccò per un braccio. La donna lo guardò, mentre lui gli disse: “Mi conceda solo pochi minuti. Non le chiedo di più. Poi potrà fare ciò che vuole” Johanna non disse nulla.
Poco dopo, Gold si trovava seduto alla tavola in cucina nella casetta di Johanna, mentre questi gli dava di schiena e stava preparando il tè. Poi disse: “Mi dispiace che abbia dovuto scoprire ciò in questo modo.”
“Non si dispiaccia. Tutti abbiamo i nostri scheletri nell’armadio” disse Gold. Johanna spense il fuoco del fornello e, prendendo una presina, la usò per versare il tè, contenente in una caraffa, in due tazze, che poi mise su di un vassoio. Depositò poi quest’ultimo sulla tavola e, dopo essersi seduta opposta a Gold, domandò: “Zucchero?”
“Due cucchiaini” rispose Gold. Mentre gli versava due cucchiaini di zucchero nel tè, Johanna disse: “E’ vero. Avevo una figlia. Ho cercato di tenerla nascosta… per proteggerla.”
“Voleva proteggerla da Regina, vero?” chiese Gold, mentre mescolava lo zucchero nella sua tazzina.
“Lei sa meglio di chiunque altro, di quanto possa essere pericolosa quella donna. Non potevo permettere che le facesse del male. Quindi ho agito come avrebbe fatto qualunque madre. Ho finto la sua morte” disse Johanna. Gold mise il cucchiaino sul piattino e, prendendo la tazza, sorseggiò un po’ di tè. Johanna disse: “Lei non ne sembra molto convinto.”
“Ogni madre disperata avrebbe agito così, forse anche peggio. Devo ammettere che ha avuto coraggio, il che mi fa pensare a dove possa trovarsi ora sua figlia. Magari in una tana nella foresta” disse Gold.
“Non è divertente” disse Johanna.
“Infatti non lo sono affatto. È lì che è stata trovata mia figlia da neonata” disse Gold e sorseggiò altro tè. Johanna non disse nulla e si limitò a mescolare il suo tè. Poi Gold, depositando la tazzina sul piattino, aggiunse: “Le propongo una cosa: lasci che l’aiuti, così da provare agli altri la sua innocenza e far riaprire la biblioteca.”
“Non voglio rischiare l’incolumità di mia figlia” disse Johanna.
“Allora preferisce continuare a nascondersi, piuttosto che provare che è innocente? Io posso aiutarla per davvero. Mi lasci provare. Poi, se nulla cambierà, ritornerà alla sua solitudine” disse Gold. Johanna lo guardò in silenzio.
Così i due si ritrovarono a camminare per la foresta. Gold disse: “ Visto che prima non avevo del tutto torto quando ho detto che avremo trovato sua figlia accanto ad una tana nella foresta?” Johanna lo guardò di sfuggita non dicendo nulla. Riguardò avanti. Spostò degli arbusti e la videro: una bella fanciulla dai lunghi capelli marroni, che stava tirando su l’acqua dal pozzo. Accanto una casetta, fuori dalla quale un’anziana donna stava coltivando in un piccolo orto e un uomo anziano stava tagliando della legna.
“Ragazza affascinante. Ma non mi sembra di averla mai vista” disse Gold.
“Nessuno doveva venirne a conoscenza. Così è stato… fino a qualche giorno fa. Non so come Regina abbia saputo di lei” disse Johanna.
“Quella donna ha occhi e orecchie dappertutto. Meglio sempre guardarsi le spalle” disse Gold.
“Non voglio che le faccia del male. L’ho nascosta da questa gentile coppia, affinché stia al sicuro e lontano da tutti. Loro mi hanno promesso che l’avrebbero sempre protetta. Devo avvertirli” disse Johanna e, stava per andare da loro, quando Gold le mise una mano sulla spalla, dicendole: “Non credo sia saggio dirglielo adesso. Meglio un passo alla volta e vedere come vanno le cose.”
“Andranno male ora che quella donna sa di lei” replicò Johanna, guardandolo.
“E’ qui che si sbaglia, mia cara. È vero, Regina sa che ha una figlia, ma, come tutti gli altri, la crede morta, no? Non si preoccupi, il suo segreto con me è al sicuro” disse Gold. Entrambi riguardarono la ragazza che, dopo aver riempito il secchio con l’acqua, lo prese con fatica, portandolo in casa.
“Vorrei poterla abbracciare. Dirle quanto le voglio bene. Che non l’ho mai dimenticata e, che se l’ho abbandonata, è stato solo per proteggerla” disse Johanna. Poi guardò Gold, domandandogli: “Crede che mi consideri una cattiva madre?”
“Secondo lei è essere una cattiva madre, nell’aver abbandonato il proprio figlio solo per proteggerlo?” chiese Gold, guardandola a sua volta. Johanna non disse nulla e Gold si incamminò. Johanna guardò sospirando la casetta con i due anziani fuori. Poi seguì Gold e, una volta affiancata a lui, domandò: “In che modo mi aiuterà?
“Utilizzerò tutti i mezzi in mio possesso in modo che lei possa riaprire la biblioteca o, almeno, ritenerla innocente a tutti gli altri” rispose Gold.
“Lo apprezzo molto, ma non voglio che ci vada di mezzo. Si ricordi che anche lei ha una figlia e Rose ha bisogno di suo padre accanto. Ci rifletta o rischierà di perderla come ho fatto con la mia” disse Johanna. Gold le diede un’occhiata veloce, non dicendo nulla.
Poco dopo, Gold rientrò a casa ma, sfortunatamente, lo aspettò un’amara sorpresa. Ad attenderlo, non solo c’era Regina, ma anche Graham e Albert Spencer, il procuratore. Gold li guardò minacciosamente, replicando: “Che ci fate qua? Fuori immediatamente da casa mia!”
“Quanta ostilità. Dopotutto non siamo mica dei ladri” disse Regina.
“Avete invaso la mia proprietà, irrompendo in casa mia! Dovrei farvi sbattere in cella solo per questo!” replicò Gold.
“Si calmi Gold. Stiamo facendo tutto in regola” disse Albert e mostrò a Gold un foglio. Lo prese, leggendolo velocemente. Non appena ebbe finito, il suo sguardo divenne truce. Guardò nello stesso modo i tre e chiese: “Che cosa significa questo?”
“Quello che tiene in mano, è un esposto fatto direttamente dal nostro procuratore qua presente, nel quale è scritto che, qualora lei non tenga alle regole imposte dal sindaco – ovvero io – le potrà anche essere tolta sua figlia” rispose Regina e fece un piccolo sorriso.
“Che cosa?!” replicò Gold.
“Non faccia finta di non aver capito. Un solo passo falso. Una sola omissione delle regole da me stipate e sarò ben lieta di chiamare i servizi sociali affinché le tolgano la sua adorata mocciosa” spiegò Regina. Lo sguardo di Gold divenne ancora più cupo. Guardò Graham, che però non proferì parola. Guardò Albert, ma il procuratore rimase impassibile. Riguardò Regina, quando aggiunse: “Ma, so che lei ama gli accordi. Potremo sempre farne uno.”
“Non scendo a patti con persone come lei” disse Gold.
“Allora potrà dire addio alla sua adorata figlia. I documenti sono chiari e anche le regole. Non le rispetta e dirò allo sceriffo di andare a prendere la dolce Rose all’asilo. Non la rivedrà mai più” disse Regina. Gold abbassò lo sguardo sulle carte che teneva in mano. Non voleva separarsi da sua figlia. Era la sola famiglia che gli era rimasta. Riguardò Regina, domandandole: “ Che tipo di accordo vuole fare?” Regina sorrise maliziosamente, per poi rispondere: “ E’ molto semplice: basta una firma e potrà tenersi la sua mocciosa.”
“Non credo che sia tutto qua, vero? Con lei nulla è mai così semplice” disse Gold.
“E’ solo una firma. Cos’altro vuole che ci sia? Dopotutto, sono madre anche io. So cosa vuol dire crescere da sola il proprio figlio” disse Regina.
Gold la guardò malamente. Poi camminò verso la tavola e, dopo aver appoggiato i fogli sopra di essa, prese fuori una penna dalla tasca e, in fondo ad ogni pagina, firmò. Regina lo guardava sorridendo maliziosamente, mentre gli altri due in silenzio.
Gold finì di firmare ogni carta. Poi, consegnandolo ad Albert, disse: “Ecco e ora vi voglio subito fuori di qua!” Graham ed Albert gli passarono accanto non dicendo una parola ed uscendo. Regina, invece, gli si fermò di fronte dicendo: “ Non creda che non sappia cosa sta architettando.”
“Non so a cosa alluda” disse Gold.
“Vuole aiutare quella stolta vecchia, vero? Ho i miei informatori personali. Ho orecchie e occhi dappertutto. Nulla deve sfuggire. Io sono padrona di questa città. Nessuno deve fare nulla di nascosto o subirà tremende conseguenze” replicò Regina.
“Sto tremando di paura” disse ironicamente Gold.
“Quei documenti che ha appena firmato, erano un avvertimento: se lei continua ad aiutare quella vecchia, le porterò via veramente la sua mocciosa. Rispetti ciò che ha firmato e sua figlia sarà salva” replicò Regina e se ne andò. Gold se ne rimase immobile. Poi, in un attacco di rabbia, con il bastone distrusse alcune cose di vetro e porcellana che si trovavano su una mensola lì accanto. Infine, si sedette su una poltrona, abbassando il capo e portandosi le mani sopra di esso.

 
Storybrooke del presente

 
“Ora ho capito del perché non hai continuato ad aiutare Johanna: avevi paura che mi portassero via da te” disse Rose mentre, insieme al padre ed Excalibur, camminava per una delle vie della cittadina.
“Non volevo perderti. Eri la sola famiglia rimasta e ti volevo e ti voglio tutt’ora molto bene. Ho dovuto farlo. Ora dimmi pure che mi sono comportato da codardo” disse Gold.
“Perché mai dovrei ritenerti un codardo? Hai fatto la cosa giusta, anche se ciò ha comportato nel dimenticarsi di Johanna. Ma papà, credo che possiamo ancora aiutarla. Ora che la maledizione è stata spezzata, si ricorderà sicuramente chi era nella foresta incantata. Forse, potrei cercare informazioni nel libro di Henry, visto che in biblioteca ho trovato poco e niente di lei” disse Rose.
“Non credo ora servirebbe più di tanto” disse Gold.
“Da quanto mi hai raccontato aveva una figlia che teneva nascosta a tutti per paura che Regina le facesse del male. Magari potremo andare da lei e cercare di riunirsi con la madre” propose Rose. Gold si fermò, così come la figlia ed Excalibur, per poi dirle: “E’ lodevole che tu voglia aiutare sempre il prossimo, ma credo sia meglio lasciar scorrere i fatti.”
“Abbiamo già lasciato scorrere i fatti parecchie volte e non è che le cose siano andate bene” disse Rose. Excalibur la guardò ed annuì. Guardò Gold, quando disse: “Elencami queste cose che non sono andate bene” ed Excalibur riguardò Rose, che disse: “Emm… ecco… c’è stata quella… be’, quella cosa lì che sai anche tu. Insomma quella, no?” e guardò Excalibur che scosse negativamente la testa. Riguardò il padre aggiungendo: “Ok, tutte le cose sono finite bene ma, almeno per questa volta, possiamo interferire con i fatti ed aiutare Johanna a ricongiungersi con la figlia?”
“Credevo che queste idee le formulassi con i tuoi amici. Invece, prima da Granny’s ti ho vista sola. È successo qualcosa tra te e loro?” disse Gold.
“Non ne voglio parlare” disse Rose.
“Oh, suvvia tesoro. Come ti ho sempre detto più volte, parlare fa’ bene anche per sfogarsi. Lo sai che mi puoi dire tutto” disse Gold.
“Ho litigato con entrambi, specialmente con Henry. Prima di andare da Granny’s, eravamo al parco ed è stato lì che è successo tutto. Gli avrei fatto un bell’occhio nero, se non fosse arrivato Archie a separarci” spiegò Rose. Gold sospirò. Poi Rose aggiunse: “Mi sono arrabbiata, perché ritengono Regina una santarellina anche dopo tutto quello che ha fatto. Perché lei la devono perdonare, mentre te ti vedono ancora come il cattivo di turno? La devono smettere di rifarsi al passato. Tu hai fatto tutte quelle cose per poter ritrovare Bae. Mentre Regina per avere il suo lieto fine e far soffrire i buoni, soprattutto Biancaneve. Non lo trovo giusto.”
Gold la strinse a sé non dicendo nulla. Rose aveva ereditato parecchio dalla madre e ne era fiero. Poi però la guardò. Rose alzò lo sguardo, quando il padre, mettendole una mano sulla guancia, disse: “Sono orgoglioso di come ti sei comportata. Hai difeso i tuoi ideali, il che è una cosa molto importante. Ma, mio dolce fiore, non voglio che tu prenda questa strada.”
“In che senso?” chiese Rose.
“Non devi allontanarti i tuoi amici o rischierai di rimanere sola, proprio come era accaduto a tuo fratello. Nessuno lo voleva accanto a sé, per colpa mia. Incutevo a tutti terrore e, a quanto pare, sta succedendo di nuovo con te. Non voglio questo” rispose Gold.
“Ma lo sai che non rimarrò mai da sola. Ci sarete sempre tu, la mamma ed Excalibur” disse Rose.
“Sì, è vero ma, anche gli amici sono molto importanti. Ti devo confessare che, quando ti venni a prendere dopo il primo giorno d’asilo e mi dicesti che eri diventata amica con Henry, all’inizio non approvavo ciò. Ma poi ti ho vista quanto eri felice e ho fatto in modo che continuassi ad essergli amica” disse Gold.
“Non avrai mica stabilito un accordo?!” disse stupita Rose.
“No, niente di tutto questo. Sono rimasto semplicemente in disparte, mentre tu ed il tuo amichetto continuavate a giocare insieme. Ed è ciò che farò, anche quando prenderai il coraggio e parlerai con Henry e Paige. Non puoi perderli” disse Gold.
“Tenterò di riconciliarmi con loro, proprio come tu devi fare con la mamma” disse Rose. Gold guardò da una parte. Quindi Rose aggiunse: “ So che vi amate molto, quindi perché non tentare? O vuoi perderla?” Gold la guardò. Poi si schiarì la voce e disse: “Sarà meglio che ti riporti a casa. È tardi e la mamma sarà in pensiero.”
“Non posso, invece, passare la nottata con te?” propose Rose.
“Tua madre non approverà. Sono convinto che non voglia nemmeno che mi stia accanto” disse Gold.
“E’ solo per stanotte. Prometto che domani mattina ritornerò da lei” disse Rose. Gold sospirò, per poi dire: “E va bene, ma solo per stanotte” Sul viso di Rose comparve un sorriso. Poi domandò: “Come faremo a dirlo alla mamma? Userai la magia?”
“Lei non vuole che usi sempre la magia per tutto. C’è un altro modo” rispose Gold e guardò Excalibur, sorridendo. Anche Rose la guardò, mentre la volpe, spostò di lato lo sguardo.
Era notte. Gold si trovava seduto alla tavola nel suo cottage, mentre stava guardando la sfera di cristallo davanti a lui. Una Rose mezza addormentata, si avvicinò a lui, stropicciandosi un occhio. Gold la guardò, dicendole semplicemente: “Ehi” e Rose controbatté allo stesso modo.
“Che cosa ci fai ancora sveglia?” le chiese.
“Non riesco a dormire. A quanto pare nemmeno tu” rispose Rose, fermandosi accanto a lui.
“I signori oscuro non dormono mai” disse Gold e riguardò la sfera di cristallo.
“Se non dormite mai, allora che cosa fate?” domandò Rose.
“Si possono trovare un sacco di passatempi” rispose Gold. Rose guardò la sfera di cristallo. Poi chiese: “Perché stai guardando la sfera che ti aveva regalato Mary Poppins? Se non ricordo male e, non ho ancora capito il perché, possiamo usarla solo io e te e mostra le cose alle quali pensiamo più intensamente.”
Gold si limitò a sospirare. Rose chiese: “Stai guardando la mamma, vero?”
“Ho paura di non farcela. Di arrivare troppo tardi. Che mi respinga” rispose Gold.
“Se non ci provi, non potrai mai saperlo. Credimi, lei ti ama ancora, se no non avrebbe cucinato per un esercito” disse Rose.
“Lo credi veramente?” domandò Gold.
“E’ stata sveglia tutta la notte. Se non fosse innamorata di te, avrebbe dormito sogni tranquilli” rispose Rose. Gold la guardò, facendole un piccolo sorriso. Poi disse: “Grazie, mio piccolo fiore.”
Rose lo baciò su una guancia, per poi dire: “Notte papà. Anche se sei un signore oscuro, hai bisogno di riposare anche te” e si diresse verso la camera da letto.
“Notte piccolina” le disse Gold guardandola. Poi guardò la sfera di cristallo, la quale mostrò Belle che dormiva sul divano. Allora Rose aveva ragione: a Belle mancava, se no avrebbe dormito nel loro letto. Prese la sfera tra le mani e disse: “Prometto che ritornerò da te, dolce Belle. Riconquisterò la tua fiducia, anche a costo… “sospirò” anche a costo di dover rinunciare alla magia.”
Intanto, nello stesso momento, Excalibur era sulla strada che l’avrebbe portata nella foresta e, successivamente, al cottage di Gold. Era appena stata da Belle, consegnandone un bigliettino, scritto dallo stesso Gold, il quale spiegava che la figlia, per quella notte, sarebbe rimasta a dormire da lui. All’inizio Belle non fu molto contenta, poi però si rasserenerò, pensando che Rose sarebbe stata in ottime mani, considerando che mai nessuno avrebbe mai trovato il coraggio di mettersi contro Gold.
Era quasi arrivata alla foresta, quando sentì abbaiare. Si fermò e, voltando lo sguardo, vide Pongo abbaiare e correre verso di lei. Si voltò del tutto, mentre il dalmata, fermandosi, continuò ad abbaiare. Excalibur emise dei versetti e Pongo contraccambiò abbaiando. Poi si voltò e iniziò a correre, seguito dalla volpe. Ben presto, i due arrivarono in centro. Pongo la condusse allo studio del suo padrone. Salirono velocemente le scale e, quando arrivarono nello studio, videro Regina che aveva sollevato Archie con una mano, tenendolo per il collo. Entrambi gli animali ringhiarono. Regina li guardò. Pongo ed Excalibur stavano per attaccarla, ma la donna, con un cenno della mano, li immobilizzò. Poi, fece svanire Archie in una nube viola. Guardò Pongo ed Excalibur e, sorridendo beffardamente, se ne andò.




Note dell'autrice: Ed eccomi qua con la seconda parte del capitolo...con un finale a sorpresa (ma per chi ha seguito la serie, sa già cosa sarebbe accaduto) Come per la prima stagione, ho voluto dare spazio ad un personaggio che era stato mostrato solo per pochi minuti e creando una storia dietro ad esso (spiegando così anche del perchè la biblioteca era stata chiusa. Povero Gold :( tutti danno sempre la colpa a lui anche quando non ce l'ha)
Grazie a tutti coloro che continuano a seguire la serie. Scusatemi immensamente se ci sto impiegando tanto tempo per aggiornarla. Scusatemi
Grazie a tutti quelli che passano di qua e leggono o la recensiscono.
Grazie alle mie amiche Lucia e Laura
Con ciò vi auguro un buona domenica primaverile
Al prossimo capitolo, miei carie Oncers

 
 
 
 
 
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Un mistero da risolvere - Parte I ***






The Rose of true Love - Stagione II


 

 Capitolo VII: Un mistero da risolvere- Prima Parte

 
Rose si svegliò di buon umore. Dopo notti, aveva finalmente dormito bene. Si alzò.  Si lavò e vestì, per poi andare verso il salotto, dove però non trovò nessuno. Sentì dei rumori. Andò sul retro, dove vide suo padre seduto sotto la veranda, mentre osservava il lago di fronte a lui. Gli si sedette accanto. Gold la guardò e, dopo averle sorriso, mise un braccio attorno a lei. Rose appoggiò la testa contro la sua spalla. Poi Gold le domandò: “Allora, oggi che progetti hai? Scoprirai nuovi segreti? Ti metterai nei guai? Viaggerai per luoghi misteriosi?”
“No. Preferisco rimanere a Storybrooke e cercare di ristabilire la mia amicizia con Paige ed Henry. E poi, se me ne vado, come farai a tenermi d’occhio?” rispose Rose, guardandolo.
“Lo sai che ho i miei metodi. Potrei anche mandarti appresso una piccola palla di pelo rossa e bianca” disse Gold. Rose sorrise. Entrambi riguardarono il lago e Rose chiese: “E tu cosa farai?”
“Mi limiterò a starmene da solo nel mio umile negozio, contornato tra quei tanti vecchi oggetti pieni di polvere” rispose Gold.
“Non starai mica alludendo nel farmi lavorare di nuovo da te?” domandò Rose.
“Sarebbe un’ottima opportunità, ma no, non stavo alludendo a quello. Però, potresti sempre venirmi a trovare” rispose Gold e la guardò. Anche Rose lo guardò, dicendogli: “Perché no? Vado da Granny’s a fare colazione e poi passo da te” e Gold la ristrinse a sé.
Poco dopo, mentre i due erano fuori dal cottage e Gold stava chiudendo la porta, Rose disse: “E’ strano, ma Excalibur non è ancora tornata. Credevo che, dopo essere stata ad avvertire la mamma, dovesse ritornare qua” Poi guardò il padre ed aggiunse: “Per caso l’hai vista?”
“Mi sarei accorto se un piccolo terremoto come lei fosse ritornato. Comunque stanotte non c’era, se no mi sarei svegliato nel sentirla” rispose Gold e, dopo aver chiuso la porta, si voltò, per trovarsi di fronte una Rose che lo guardava con un sopracciglio alzato. Quindi chiese: “Come mai mi guardi così? Guarda che, per sicurezza, metterò anche un incantesimo di protezione.”
“Hai detto di non aver visto Excalibur rientrare stanotte e che ti saresti svegliato nel sentirla? Tu hai dormito” disse Rose.
“No. I signori oscuro non dormono” disse Gold.
“Ammettilo. Hai dormito. Non negarlo, papà. E poi, scusa, cosa c’è di male nel dormire?” disse Rose.
“E va bene, ho chiuso gli occhi per un po’. Ma è stato davvero per poco tempo” disse Gold e, dopo aver messo un incantesimo sul cottage si incamminò. Rose si affiancò a lui, dicendo: “Non devi vergognarti per questo.”
“Infatti non me ne vergogno. Al castello oscuro cercavo di passare delle belle notti con tua madre, ma una certa persona in miniatura ci svegliava ogni due ore” disse Gold e la guardò di sfuggita.
“Non era colpa mia. Tutti i neonati svegliano i genitori di notte. Almeno credo” disse Rose. Gold fece un piccolo sorriso.
Arrivarono in centro. I due si fermarono e si guardarono. Gold disse: “Allora, ti aspetto nel mio negozio.”
“Farò una colazione veloce e ti raggiungerò per non farti sentire solo tra tutti quei vecchi oggetti” disse Rose. Gold sorrise, dandole un buffetto sulla guancia. Poi la bambina se ne andò e lui, dopo aver sospirato, si diresse invece verso il suo negozio.
Rose si stava dirigendo verso Granny’s, quando si fermò e voltò lo sguardo: era proprio davanti al nuovo negozio. Un brivido le percorse il corpo. Allungò una mano verso la maniglia della porta, poi però la ritrasse. In quel momento, le si affiancò Paige che disse: “Ciao Rose.”
Rose la guardò, salutandola a sua volta per poi riguardare il negozio. Poi disse: “Non mi ero mai accorta di questo negozio.”
“Non è aperto da molto. È quella sconosciuta a gestirlo” disse Paige.
“E chi le ha dato il locale?” domandò Rose.
“Chi possiede tutta Storybrooke” rispose Paige. Rose la guardò, per poi dire: “Non c’era da meravigliarsi che c’entrasse mio padre e, che per l’ennesima volta, non mi ha detto nulla. Ma, dopotutto, lui conosce molto bene quella sconosciuta. Probabile che le abbia voluto fare un favore. E se lui non vuole dirmi nulla, be’…” e, senza aggiungere altro, aprì la porta. Paige la seguì. Le bambine si guardarono intorno. L’interno era come una qualsiasi panetteria, solo che c’erano anche vetrine piene di dolci di ogni tipo.
“Questo negozio è bellissimo. Mi fermerei qua dentro per ore” disse Paige e si fermò di fronte a una vetrina piena di torte.
“Attenta, alcune di loro potrebbero essere avvelenate” disse Rose.
“Non penso che avveleni i suoi dolci. Sempre se non vuole tutta la città contro” disse Paige.
“Siamo a Storybrooke. Tutto è possibile, soprattutto ora che c’è anche la magia e, quando ci scommetti che anche lei provenga dalla foresta incantata?” disse Rose.
“Non dovresti giudicare così male chi non conosci” disse Paige, guardandola.
“Anche chi conosco lo giudico male. Persino il mio migliore amico” disse Rose. Paige si avvicinò a lei, dicendole: “Ti farà comodo sapere, che Henry è dispiaciuto per quello che è accaduto. Perché non fate pace?”
“Non credo che voglia rivolgermi la parola così presto. Ho ritenuto sua madre una bugiarda. Lui pensa che sia cambiata. Io ribadisco la mia convinzione. Finché quella donna non avrà ottenuto il suo lieto fine, non sarà contenta” disse Rose, voltandosi verso di lei.
“Credevo che il suo lieto fine fosse Henry” disse Paige.
“Lei vuole vendetta su Mary Margaret ma, se consideriamo che i buoni hanno vinto di nuovo, be’ la situazione non è affatto a suo favore” disse Rose.
“In effetti non hai tutti i torti” disse Paige.
“Qua non c’è nulla di interessante. Andiamo da Granny’s. Avevo promesso a papà che avrei fatto una colazione veloce per poi raggiungerlo in negozio” disse Rose e, stavano per uscire, quando la proprietaria, uscendo dal retro bottega e tenendo in mano un vassoio con sopra dei biscotti, disse: “Non mi dite che ve ne state andando senza prima aver assaggiato uno dei miei dolci?” Le due bambine si voltarono verso di lei e Paige disse: “Ci scusi, ma siamo entrate solo per curiosare.”
“E magari sapere anche altro. Come si chiama?” andò subito al sodo Rose.
“Rose, un po’ di educazione almeno” disse Paige.
“Perché vuoi tanto sapere il mio nome?” chiese la donna.
“Non possiamo sempre chiamarla “la sconosciuta”, no?” rispose Rose.
“Mi chiamo Rowena” rispose semplicemente lei.
“Ed è sempre stato il suo nome?” domandò Rose.
“Il mio nome da quanto ricordo” rispose Rowena, facendo un piccolo sorriso.
“Non faccia finta di nulla. Anche lei proviene dalla foresta incantata, vero? Se no, come fa a conoscere mio padre?” chiese Rose.
“Il signor Gold è stato molto gentile nel venirmi a trovare in ospedale e si è offerto di donarmi questo locale, affinché gli abitanti di questa piccola cittadina potessero assaggiare il mio pane ed i miei dolci” rispose Rowena e depositò il vassoio nella vetrina.
“Lo sa che sta rovinando una famiglia? Per colpa sua e della sua influenza su mio padre, mia madre lo ha lasciato” disse Rose.
“Se i tuoi genitori si amano, vedrai che ritorneranno insieme” disse Rowena, mentre si allontanava dalla vetrina.
“Finché lei rimarrà qua, dubito che ritornino insieme” replicò Rose.
 Paige andò subito al suo fianco e, guardando Rowena, disse: “Non ascolti quello che dice la mia amica. Lei scherzava. Qua a Storybrooke tutti sono i benvenuti e, penso che ci possiamo fidare di lei, considerando che il signor Gold le ha dato questo locale.”
Rose guardava malamente Rowena. Questi la osservò in silenzio. Poi sorrise e, dopo aver preso alcuni biscotti ed averli messi in due buste, disse: “ Questi sono per voi. Un omaggio della casa.” Paige prese subito la busta. Rose, invece, fu riluttante. Non si fidava di quella donna così misteriosa. Poi, però, la prese anche lei e Paige disse: “Grazie. È molto gentile.”
“Grazie a voi per essere passate” disse sorridendo Rowena e puntò lo sguardo su Rose. Alla bambina, colpì subito il fermacapelli che aveva. Quindi disse: “Che bel fermacapelli. Me ne sono accorta solo ora. Sa, con tutti questi dolci che ti fanno pensare ad altro. È da molto che ce l’ha?”
“E’ un regalo di molti anni fa. Fu un mio caro amico a donarmelo. È molto importante per me. Non potrei mai separarmene” rispose Rowena. Rose alzò un sopracciglio. Poi domandò: “Per caso, questo suo amico, ora ha un bastone?”
“Emmm… forse faremo meglio ad andare o arriveremo tardi a scuola” disse Paige, prendendola per un braccio e trascinandola verso la porta. Rose la guardò stupita e, dopo essere uscite, disse: “Ma sei impazzita?! Oggi non c’è scuola. Cosa ti è saltato in testa? Stavo per scoprire informazioni importanti.”
“Non possiamo agire così. Penserà che stiamo architettando qualcosa. Dobbiamo comportarci in modo diverso” disse Paige.
“Come sta facendo lei?” disse Rose e si incamminò. Paige si affiancò a lei, dicendo: “E’ stata molto gentile nel darci questi biscotti senza farci pagare nulla.”
“Lo ha fatto per farla entrare nelle nostre grazie… e per farci ritornare al negozio” disse Rose e, aprendo la busta, mangiò un biscotto.
“Non penso che dovresti giudicarla mai. E, poi, scusami ma sei stata un po’ scortese con lei. L’hai accusata di star facendo finire la storia tra i tuoi” disse Paige.
“Perché non è veramente così? Mia madre ha cacciato mio padre, perché lui non è stato onesto con lei. Le ha nascosto di essere andato all’ospedale a trovare la sconosciuta… che ora non è poi così tanto sconosciuta. Dobbiamo cercare la storia di Rowena. Parla con Henry e fatti aiutare” disse Rose.
“Perché, invece, non ci parli tu? Dovreste chiarirvi prima o poi e penso che questa sia l’occasione giusta” propose Paige.
Rose si fermò, così come l’amica e disse: “Non lo so. Credo di non essere ancora pronta, ma papà vuole che vi stia accanto e che non accada come era successo a mio fratello “sospirò” Avete ragione entrambi: siete i miei migliori amici e solo uniti si vince.” Paige sorrise. Poi Rose aggiunse: “Vieni con me? Penso che a mio padre faccia bene un po’ di compagnia” e le due si diressero verso il negozio.
Poco dopo…  “Non pensavo che Granny facesse dei biscotti così buoni” disse Gold, mentre mangiava un biscotto dalla busta che gli aveva consegnato Rose. Quest’ultima disse: “In effetti non sono di Granny, ma provengono dalla nuova panetteria – pasticceria appena aperta. Ma dovresti saperlo, visto che l’hai affittato tu quel locale a quella donna. Ha un bel fermacapelli. Non lo hai mai notato?”
“Avrei dovuto?” chiese Gold sorridendole e Rose alzò un sopracciglio. Voltarono gli sguardi verso la porta, quando sentirono tintinnare la campanella. Rimasero sorpresi nel vedere Belle.
“Belle, tesoro, cosa ci fai qua?” domandò Gold.
“Mamma, tutto a posto? Sarei subito venuta a casa” rispose Rose.
“Avete visto Excalibur? Sono preoccupata” chiese Belle.
“In effetti, stanotte non è rientrata nel cottage. Probabile che qualcosa l’abbia trattenuta” rispose Gold.
“Sì, ma non è da lei starsene lontana dalla sua cesta per tutta la notte. Sai che, ormai, è abituata al lusso” disse Rose. Gold, allora, andò verso la cesta della fedele volpe e, abbassandosi, prese qualcosa da essa. Poi si rialzò, ritornando dal gruppo.
“Cosa ce ne facciamo di una mela?” domandò Paige, guardando l’oggetto che aveva appena preso dalla cesta.
“Questa non è una mela” rispose Gold e, schiacciandolo, da esso uscirono dei suoni. Poi proseguì: “E’ uno dei vecchi giocattoli di Excalibur. Glielo avevo regalato quando ancora eravamo al castello oscuro” e, mentre prendeva fuori una fialetta, aprendola, Paige chiese: “E questo come ci aiuterà a trovarla? Non basta farle sentire il profumo di una bella bistecca?”
“Ottima proposta, ma non è un cane” disse Rose e Paige la guardò stranamente. Riguardarono Gold che versò il contenuto della fialetta sul giocattolo. Questi brillò, per poi librarsi a mezz’aria e volare verso la porta.
“Ok, dobbiamo seguirla” disse Gold e, dopo aver preso il bastone, seguì la mela fuori dal negozio. Successivamente, venne raggiunto anche da Belle, Rose e Paige. Quest’ultima domandò: “Credete che ci prenderanno per pazzi nel vederci seguire una mela che vola?” Gli altri tre non le risposero.
Il giocattolo li condusse davanti alla palazzina dove abitava Archie. Nello stesso momento, arrivarono anche Emma, David ed Henry.
“Signorina Swan, non la definirei una coincidenza” disse Gold.
“Potrei dire la stessa cosa. Che cosa ci fate qua?” chiese Emma.
“Stiamo cercando Excalibur. Ieri sera, dopo essere venuta via da me, doveva ritornare da Tremotino e Rose. Ma non l’hanno vista. La sto cercando da stamattina. Poi sono andata in negozio” rispose Belle.
“Sicuri di star raccontando la verità? Vi ho visti inseguire una mela che volava” domandò David. Gold roteò gli occhi, per poi dire: “Se volete venire con noi, potrete vedere di persona la prima mela al mondo che vola” ed entrò. Belle,  Emma e David lo seguirono e, per ultimi, li raggiunsero Rose, Paige ed Henry. Mentre salivano le scale, Belle domandò: “Come mai siete qua?”
“Henry aveva un appuntamento con il dottor Hopper. Ha provato a chiamarlo, ma il suo cellulare risulta spento. Preoccupato ci ha chiamati e così ci siamo precipitati qua” rispose Emma.
Paige guardò Henry, dicendogli: “Prima, io e Rose, siamo stati nella nuova panetteria – pasticceria ed abbiamo indagato sulla sconosciuta. Si chiama Rowena.” Ma Henry se ne stette in silenzio. Paige guardò quindi Rose, la quale anche lei non disse nulla. Preferì quindi rimandare la conversazione più avanti.
Si fermarono davanti alla porta del dottor Hopper. Gold si abbassò per prendere il giocattolo a terra e, mentre si rialzava, sia Emma che David presero fuori le pistole. Gold roteò nuovamente gli occhi e gli bastò solamente appoggiare il bastone sulla porta, che essa si aprì. Gli altri lo guardarono in modo stupito.
“Che accidenti di magia hai usato?” chiese David.
“Vi sorprenderà sapere, che non ho usato nessuna magia. La porta era già aperta” rispose Gold. David ed Emma andarono per primi per poi puntare le pistole davanti a loro. Ma le abbassarono non appena videro Pongo ed Excalibur immobili.
“Excalibur!” esclamò Rose andando da lei ed abbassandosi, seguita da Paige ed Henry che si affiancarono a Pongo.
“Ora ho capito del perché non è ritornata al cottage. Qualcuno ha praticato un incantesimo su di loro” disse Gold.
“Chi può essere stato?” disse Emma e, insieme al padre, guardò Gold.
“Tu puoi aiutarli vero?” domandò Belle.
“Sì, ma qua non è prudente” rispose Gold e, con un cenno della mano, avvolse tutti in una nube viola, facendoli ritornare all’interno del negozio. Una volta lì, con uno schiocco di dita, Gold liberò i due animali dall’incantesimo. Dapprima, furono un po’ confusi, ma poi Excalibur corse verso i padroni.
“Oh Excalibur, ci hai fatto preoccupare molto. Perché non sei ritornata subito al cottage? Cosa è successo?” disse Rose, mentre accarezzava la volpe. Quest’ultima si voltò verso Gold, emettendo dei versetti. Gli altri li guardarono. Anche Pongo abbaiò. Gold sospirò.
“Non mi dire che lei capisce il loro linguaggio?” chiese Emma.
“Ho fatto un corso mentre ero nella foresta incantata” rispose Gold. Emma alzò un sopracciglio. Gold aggiunse: “Stavo scherzando. Excalibur parla troppo veloce. A volte, confonde le parole. Ma dopotutto, non ho mai capito fino in fondo il linguaggio delle volpi magiche. Ma è anche per questo che si sono creati metodi alternativi” ed andò nel retrobottega, per poi ritornare da loro con in mano un acchiappasogni. Si avvicinò agli animali, inginocchiandosi tra i due. Poi disse: “Bravi. Fate i bravi. Il papà non vi farà del male” ed accarezzò Pongo sulla testa.
Excalibur mise le zampe anteriori sulla gamba di Gold, per poi emettere dei versetti. Gold la guardò, dicendole: “Non sarai mica gelosa, mia preziosa amica? Lo sai che il papà vuole più bene a te, ma dobbiamo far sentire a suo agio questo bel cane. È la prima volta che utilizzo su di lui l’acchiappasogni” e le mise una mano sotto il mento. Excalibur scodinzolò.
“Non la credevo uno che amasse così tanto gli animali, seppur vizia  in modo spropositato la sua Excalibur” disse Emma.
“Tempo addietro avevo dei cani da pastore. Poi però, sulla soglia del castello, è arrivata una piccola palla di pelo che mi ha cambiato la vita. Dapprima non la potevo sopportare: mi stava sempre appiccicata. Poi però, dopo che ha preso per me la spada Excalibur, l’ho tenuta con me, allevandola come se fosse una figlia. Nessuno doveva torcere un solo pelo della sua pregiata pelliccia” spiegò Gold ed accarezzò Excalibur, la quale emise dei versetti. Poi si voltò verso Pongo e, dopo aver passato una mano sopra l’acchiappasogni, facendolo illuminare, glielo mise sulla testa. Successivamente fece la stessa cosa con Excalibur. Infine, dopo che gli altri si furono avvicinati, guardò le immagini che si stavano formando: esso mostrò Regina che stava strangolando Archie, tenendolo a mezz’aria. Poi videro la donna guardare i due animali; bloccarli con un incantesimo per poi far svanire Archie in una nube viola ed uscire dall’appartamento. L’acchiappasogni smise di brillare.
“Be’, è chiaro che ora sappiamo cosa sia successo” disse Gold.
“No, non può essere stata Regina” disse Emma.
Gold si rialzò e, guardandola, disse: “La memoria di questi animali non è stata modificata, quindi ciò che avete visto purtroppo è la realtà.”
Ci fu silenzio. Nessuno osava dire nulla. Poi Gold aggiunse: “Probabile che alcuni di voi avessero pensato che una persona come lei fosse cambiata. A quanto pare, non è così” e guardò Henry. Poi guardò Emma e David e concluse: “ E probabile dobbiate anche delle scuse a qualcuno.”
“Quando Regina ci dirà la verità, gliele faremo” disse Emma e Gold alzò gli occhi al soffitto.
“Perché Regina avrebbe dovuto far del male ad Archie? A quale scopo?” disse David.
“Forse Archie aveva scoperto qualcosa e Regina non voleva che lo rivelasse” disse Belle.
“E cosa avrebbe dovuto scoprire? No, continuo a ribadire che quella non era Regina” disse Emma.
“O ha una sorella gemella della quale nessuno sapeva l’esistenza, oppure…” iniziò col dire Gold, ma Emma finì la frase: “… oppure qualcuno ha preso le sue sembianze” e guardarono Gold, il quale disse: “So già a cosa state pensando, ma ho dei testimoni.”
“Sono stata con papà tutta la notte” disse Rose.
“E poi come vi è venuto in mente che possa essere stato io a far del male al Dottor Hopper? E’  stato grazie anche a lui se mi sono riconciliato con Rose” disse Gold.
“Emma è inutile. E’ fin troppo evidente che sia stata Regina” disse David.
Emma lo guardò, replicando: “ Regina sta cercando di cambiare. Non avrebbe senso per lei uccidere il dottor Hopper. Sta facendo di tutto pur di piacere a tutti noi e farsi vedere sotto una luce diversa. Come l’ha sempre vista Henry. Non starò contro di lei” e, voltandosi, uscì. Senza dire nulla, anche Henry uscì, ma venne seguito da Rose e Paige. I tre si fermarono davanti al negozio e Rose domandò: “Mi dici che cosa ti prende?”
 “Non serva che ti risponda. Hai visto anche tu cosa è successo. Ora mi rinfaccerai di aver avuto ragione. Ho cercato di vedere mia madre come una degli eroi. Per me era cambiata ma, a quanto pare, avrei dovuto darti ascolto. Mi ha sempre solo mentito” rispose Henry.
“Avrei dovuto ringraziare Archie che mi ha impedito di farti un occhio nero. Ma… avrei sbagliato. Sei il mio miglior amico. Il primo che ho avuto. Non avrei mai dovuto dare della bugiarda a tua madre. Entrambi abbiamo difeso i nostri genitori ma, è anche vero, che loro stessi, essendo adulti, possono anche difendersi da soli. Insomma, mio padre è lo stregone oscuro più potente di tutti i reami, mentre tua madre… be’, prova a metterti contro una come lei e non credo che arriverai a fine giornata. Il punto è che dobbiamo sempre stare insieme, perché divisi si è vulnerabili.”
Henry sorrise e, avvicinandosi alle due, le abbracciò. Poi si staccarono e Paige disse: “Archie sarebbe così fiero di voi.”
“La sua morte non sarà stata invano, anche se… ma certo, perché non ci ho pensato prima?” disse Rose.
“Di cosa parli?” chiese Paige.
“Non possiamo essere sicuri al cento per cento che Archie sia veramente morto. Non è stato trovato il corpo” rispose Rose.
“Ma mia madre lo ha fatto sparire. Lo abbiamo visto nell’acchiappasogni” disse Henry.
“Allora non ci resta che andare a cercarlo. Se troveremo Archie, tua madre verrà scagionata” spiegò.
“E se, invece, lo troveremo morto, saremo al punto di partenza. Rose è una follia e, poi, gli altri si insospettiranno. Mia madre, mio nonno ed i tuoi genitori di sicuro non vorranno che ci immischiamo in questa faccenda” disse Henry.
“Ci siamo sempre immischiati nelle loro faccende e, se non fosse stato per noi, a quest’ora saremo ancora sotto maledizione” disse Rose. Henry e Paige si guardarono.
Rose aggiunse: “Coraggio ragazzi, non possiamo tirarci indietro proprio ora. Abbiamo anche un’operazione da portare a termine, seppur siamo solo all’inizio. Siamo sempre riusciti a risolvere tutto. Siamo una squadra” e mise una mano, a dorso in basso, davanti a se. Paige mise una mano sopra la sua. Poi guardarono Henry. Rose gli disse: “ Henry, senza di te non possiamo farcela. Ti prego.” Henry fu titubante. Poi anche lui mise una mano sopra quella di Paige.
I tre si guardarono, sorridendosi. Dal negozio uscì David, che teneva al guinzaglio Pongo. I bambini si spostarono per farli passare e Paige gli domandò: “Dove lo sta portando?”
“Ora che Archie è morto, devo trovargli una sistemazione. Se nessuno lo vorrà, lo dovrò portare al canile” rispose David.
“Potrebbe sempre darlo a noi. Credo che ad Excalibur farà piacere averlo accanto. Penso che siano buoni amici” propose Rose.
“Ma i tuoi genitori saranno d’accordo?” chiese David, guardandola.
“Per il momento i miei vivono separati e poi hai visto anche tu prima l’amore che mio padre prova per gli animali” rispose Rose. David la guardò in silenzio, per poi abbassare lo sguardo su Pongo, il quale abbaiò.
Venne sera, quando Gold, Rose ed Excalibur, uscirono dal negozio e, mentre il padre chiudeva la porta a chiave, Rose teneva al guinzaglio Pongo. Poi il padre si voltò e, prendendo il guinzaglio dalla mano della figlia, si incamminò, seguito da Rose ed Excalibur.
“Ancora non riesco a capire del perché dobbiamo averlo noi questo cane” disse Gold.
“Perché potrebbe fare compagnia ad Excalibur” disse Rose.
“La responsabilità ora è tua, signorinella. Lo porterai fuori, anche quando piove; gli darai da mangiare; gli farai il bagno…” disse Gold.
“Ehi, un momento, ma ho anche da pensare alla scuola” disse Rose.
“Tu hai avuto la brillante idea di occuparti di lui. Ora è tuo” disse Gold, guardandola e facendo un piccolo sorriso. Riguardò avanti e Rose, dopo aver sbuffato, disse: “Ma perché certe volte non tengo mai la bocca chiusa?”
Gold volse per un attimo lo sguardo e, dall’altra parte della strada, vide Rowena che, anche lei, aveva appena chiuso il negozio. La donna si fermò e lo guardò. I loro sguardi si soffermarono uno sull’altro per un po’, ma poi la donna, riguardando avanti, proseguì per la sua strada. Gold fece un piccolo sorriso, non accorgendosi che la figlia lo aveva osservato per quei pochi minuti.
 





Note dell'autrice: Ed eccomi finalmente qua con la prima parte del nuovo capitolo. Scusatemi ancora immensamente per la lunghissima attesa. Grazie a tutti coloro che hanno pazientito. Che dire... questo nuovo personaggio è sempre più misterioso, ma almeno ha un nome...per ora. E Archie che fine avrà fatto? Sarà veramente morto o no? (ovviamente chi ha seguito la serie sa già la risposta)
Grazie a tutti coloro che continuano a seguire la serie; che la recensiscono; mettono nei preferiti o, semplicemente, che la leggono.
Grazie alle mie due carissime amiche Laura e Lucia.
Vi aspetto alla prossima parte del capitolo. Vi auguro una buona pasqua in ritardo e una buona festa della liberazione.
Alla prossima, miei cari oncers

 
 
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Un mistero da risolvere - Parte II ***






The Rose of true Love - Stagione II


 
 Capitolo VII: Un mistero da risolvere- Seconda Parte
 


Arrivò purtroppo il giorno del funerale di Archie. Quasi tutti erano al cimitero, intorno alla bara. Il prete stava celebrando la funzione, mentre gli altri tenevano gli sguardi abbassati sul feretro. C’erano anche Gold, che teneva al guinzaglio Pongo, Rose, Paige, Belle ed Henry. Ovviamente, mancava Regina. In quei giorni, le accuse su di lei si erano fatte sempre più insistenti ed i tre bambini non erano ancora riusciti a trovare le prove per scagionarla. Come testimone c’era anche Ruby, che aveva visto la donna entrare nello studio di Archie ed uscire poco dopo come se nulla fosse.
Il prete finì con la benedizione e, uno dopo l’altro, i cittadini lanciarono sulla bara una piccola manciata di terra ma, quando arrivò il turno di Henry, il bambino non ci riuscì e scappò via. Rose e Paige lo osservarono, ma non lo seguirono.
Il bambino, si era andato a sedere su una panchina nel parco non molto distante da lì. Teneva lo sguardo abbassato e ancora non voleva credere di aver assistito alla sepoltura di uno dei suoi migliori amici. Archie era stato come un mentore per lui. La saggia coscienza che tutti avrebbero dovuto avere. Grazie a lui, Rose e Gold avevano fatto pace più volte e lo stesso Gold aveva capito che la figura paterna non doveva essere troppo protettiva stando accanto alla figlia ventiquattr’ore su ventiquattro, ma lo poteva essere anche stando a debita distanza e lasciandole i dovuti spazi.
Archie non poteva essere morto. Il suo corpo non era mai stato trovato, ma dopo giorni di ricerche invano, avevano deciso di lasciare perdere e procedere con il funerale. Dopo Graham, il saggio dottore aveva lasciato nuovamente una grossa perdita nel cuore di tutti, specialmente in quelli che erano molto amici con lui.
Il bambino non si accorse che qualcuno si fermò davanti a lui. Alzò lo sguardo per trovarsi la sconosciuta. Rowena fece un piccolo sorriso, per poi dire: “Tu devi essere Henry, vero?” Il bambino si limitò ad annuire. Poi la donna aggiunse: “Posso sedermi?” Annuì nuovamente. Rowena si sedette accanto a lui. Poi disse: “Mi dispiace molto per quello che è successo al Dottor Hopper. Stavo andando al suo funerale. Spero di essere ancora in tempo.”
“Lo stavano seppellendo adesso” disse Henry.
“Sono sempre in ritardo. Io e la puntualità non andiamo mai d’accordo” disse Rowena. Henry non replicò. La donna, dopo aver sospirato, aggiunse: “Non lo conoscevo, ma da ciò che ho sentito, era una bravissima e buona persona. Riusciva ad aiutare tutti, anche chi ormai ha perso la speranza a causa di scelte sbagliate.”
Henry la guardò, per poi domandarle: “ Lei chi era nella foresta incantata?”
“Be’, semplicemente me stessa” rispose Rowena, guardandolo.
“Ruby, per esempio, era cappuccetto rosso. Archie, il grillo parlante e mia nonna materna Biancaneve. Rose è la figlia della bella e la bestia, ovvero del Signor Gold e di Belle e lo stesso Signor Gold è anche il signore oscuro. Quindi, lei chi era?” chiese nuovamente Henry.
“Umm… vediamo… ero una donna alla ricerca della sua strada, per ricostruirsi la propria vita” rispose Rowena.
“Non me lo dirà mai, vero?” domandò Henry.
“Tu sei molto bravo in queste cose. Ho sentito dire in giro, che insieme a Rose ed a quell’altra bambina, riuscite a risolvere i problemi altrui. Forse, scoprire chi sono, potrebbe far per voi, anche se Rose ci sta già provando. Non te l’ha detto che, qualche giorno fa, è venuta nel mio negozio?” rispose Rowena.
“Sì ma, le ho ignorate. Sono le mie migliori amiche, ma ero troppo arrabbiato con Rose. Aveva dato della bugiarda a mia madre Regina e io avevo detto la stessa cosa riguardo suo padre. Se non fosse arrivato Archie a separarci, avremo continuato a litigare” spiegò Henry.
“Le amicizie sono fatte così. Si litiga; si fa pace; si litiga nuovamente e si fa pace ancora. Il bello di essere amici, è che si trova sempre il modo di ricongiungersi, perché il tuo migliore amico ci sarà sempre per te, anche nei momenti più difficili” disse Rowena.
“Ha ragione. Rose c’è sempre stata per me, anche quando sono rimasto intrappolato insieme ad Archie nella miniera. Lei era lì, perché voleva far pace con me ed ha rischiato la sua vita pur di starmi accanto” disse Henry.
Rowena fece un piccolo sorriso. Volse lo sguardo per veder arrivare Rose e Paige e, un po’ distante, Gold. Questi la guardò e la donna lo guardò a sua volta, per poi riporre lo sguardo su Henry, dicendogli: “Ora devo proprio andare. È stato un piacere parlare con te.”
“Anche per me e grazie ancora di avermi ascoltato” disse Henry.
“Se hai bisogno di qualcosa, non esitare a venire nel mio negozio” disse Rowena.
“Spero non ce ne sia bisogno, ma grazie lo stesso per l’offerta” disse Henry.
Rowena prese fuori un muffin e, dopo averlo consegnato al bambino, disse: “Tieni, spero sia di tuo gradimento e, ricordati bene: tieniti stretto gli amici, perché loro saranno sempre al tuo fianco nel bene e nel male. Non ti abbandoneranno mai” e le luccicò il fermacapelli. Henry l’osservò. C’era qualcosa di strano in quell’oggetto. La donna gli sorrise e se ne andò, proprio nel momento in cui arrivarono Paige e Rose. Quest’ultima, nel vedere il muffin in mano all’amico, disse: “Scommetto che te l’ha dato quella strega. Buttalo via: è avvelenato.”
“Primo, quella donna non è una strega. Non ne ha nemmeno l’aspetto. Secondo, questo muffin non è avvelenato e terzo, dovresti conoscerla meglio. Con me è stata molto gentile e mi ha ascoltato e dato utili consigli” spiegò Henry.
“E, tra questi utili consigli, per caso c’era anche quello di starci alla larga?” chiese Rose.
“Rose, quello che Henry sta cercando di dirti, è che dovresti vedere quella donna sotto un altro aspetto, invece continui a giudicarla male” disse Paige.
“Ha fatto litigare i miei” disse Rose.
“I tuoi litigavano ancor prima che arrivasse lei” disse Paige.
“Se proprio vuoi saperlo, mi ha detto di tenermi molto stretto i miei migliori amici e che loro saranno sempre al mio fianco sia nel bene che nel male” disse Henry. Calò il silenzio. Poi Rose disse: “E allora? Chiunque può dire una frase del genere, specialmente un cattivo.”
“Non penso che un cattivo voglia dare utili consigli al buono. Sarebbe giocarsi male le proprie carte” disse Paige.
“Invece si chiama “gioco psicologico.” Vuole che tu vada dalla sua parte e farti credere che, in realtà, non è malvagio quando, invece, lo è e, quando meno te lo aspetti, ti fa diventare per sempre suo schiavo. La tua vita non sarà più come prima. Credetemi ragazzi, bisogna sempre guardarsi le spalle” disse Rose.
“Guardarsi le spalle da chi?" domandò qualcuno che arrivò dietro di loro. I tre voltarono lo sguardo per vedersi Gold, con al guinzaglio Pongo.
“Da chi vuole diventare tuo amico, solo per avere qualcuno dalla propria parte. Quando invece è meglio non fidarsi di questa persona” rispose Rose.
“Ancora giudichi male la nuova arrivata?” chiese Gold.
“Il mio sesto senso mi dice di stare allerta. Dopotutto noi, a differenza di te, non sappiamo nulla di lei” rispose Rose.
“Credi che sappia qualcosa di lei? Se, fosse una cattiva persona, pensi che le abbia dato in affitto il negozio, mettendo così in pericolo la vita della mia dolce figlioletta?” disse Gold, dando un buffetto sulla guancia di Rose, che disse: “Eddai papà, hai avuto storie con tutti nella foresta incantata e scommetto che ce l’avrai avuta anche con lei. Sappiano solo che si chiama Rowena e che cercava di farsi una nuova vita. Secondo me ci sta nascondendo qualcosa di molto grosso.”
Gold sospirò, per poi dire: “Mio piccolo fiore, quella donna non è cattiva. Cerchiamo invece di aiutarla nel farsi accettare tra i cittadini. So che voi tre siete molto bravi in queste cose.”
“Al momento ciò non rientra nella nostra lista” disse Rose.
“Ma potreste fare una piccola eccezione” disse Gold. Rose non disse nulla. Quindi propose: “Facciamo così: se voi l’aiutate, io aiuterò voi.”
“E in che modo ci aiuteresti?” domandò Rose.
“So che avete in progetto parecchie cose e, tra queste, sicuramente c’è anche quella di scoprire qualcosa di più sulla nuova arrivata. Sapete già il suo nome. È un inizio” rispose Gold.
“Purtroppo è solo un nome. Non ci porta da nessuna parte” disse Rose.
“Un nome può essere molto importante. Dipende dai punti di vista. Io prendo in considerazione ogni cosa, perché può rivelarsi molto importante. Sicuramente avrete provato a cercare la sua storia nel libro” disse Gold e soffermò il suo sguardo su Henry, il quale però non disse nulla. Poi riguardò le altre due bambine e proseguì: “ E, molto probabilmente, non l’avete trovata. Ma, non arrendetevi. Cercate meglio. Qualsiasi riga e parola può essere utile.”
I bambini si guardarono in silenzio. Gold aggiunse: “Ora vado. Porto un po’ a passeggio questo cagnolone. Rose, mi raccomando, non cacciarti nei guai e ti voglio al cottage prima che faccia troppo buio” e, dopo averle dato un altro buffetto sulla guancia, se ne andò con Pongo.
“E sarebbe questo il modo di aiutarci?” ribatté Rose.
“Be’, è sempre meglio di niente. Questo sottintende che dobbiamo riguardare nel libro di Henry e, sicuramente, troveremo qualcosa di più inerente a Rowena” disse Paige.
Gold stava passeggiando per il parco, quando un po’ più in là, vide Regina che stava guardando il lago. Teneva le mani nella tasca della giacca. Si avvicinò e, dopo essersi fermato vicino a lei, disse: “Lo sa, non è prudente uscire in pieno giorno.”
“Il funerale è finito? Hai visto Henry?” chiese Regina guardandolo.
“Sì ad entrambe le domande. Ma non dovrebbe preoccuparla più di tanto, considerando la sua spiacevole posizione” rispose Gold. Regina riguardò avanti, dicendo: “Henry ha paura di me. Mi sta a distanza. Sento che non è più felice.”
“Non dica così. Suo figlio le vuole bene e proverà agli altri la sua innocenza” disse Gold.
“E come? Mettendosi nei guai insieme a quelle altre due mocciose?” disse Regina.
“Le interesserà sapere che la mia Rose non si tira mai indietro quando si tratta di aiutare il suo migliore amico. Solo perché è figlia mia e di Belle, non dovrebbe giudicarla male” disse Gold. Regina se ne rimase in silenzio. Poi disse: “Non c’è bisogno che continui a difendermi. So cavarmela benissimo anche da sola. Come, del resto, ho sempre fatto.”
“Battaglie più ardue ci attendono in futuro, dove è meglio tenersi stretto a sé i propri cari. Non cerchi di isolarsi, perché entrambi sappiamo le conseguenze” disse Gold. Pongo abbaiò. Regina lo guardò. Poi riguardò Gold, il quale semplicemente aggiunse: “Ci pensi su” e, insieme a Pongo se ne andò. Regina volse lo sguardo verso il laghetto, mentre si alzò un leggero vento.
Gold continuò a camminare, quando improvvisamente Pongo si fermò, annusando qualcosa… o qualcuno. Gold, sentendosi tirare all’indietro, si fermò e, voltandosi, vide il cane che stava annusando l’aria. Quindi disse: “Pongo, muoviti. Su, avanti.” Ma il dalmata continuava ad annusare, finché non iniziò a tirare. Gold, cercò di tenere ben saldo il guinzaglio, ma il cane era come se  stesse mettendo tutta la sua forza.
“Pongo, smettila! Finiscila e torniamocene a casa!” replicò Gold. Il cane, di tutta risposta, gli girò intorno e, di conseguenza, il guinzaglio gli legò le gambe. Poi abbaiò e, in uno strattone, corse via. A Gold sfuggì dalle mani il guinzaglio e cadde nel laghetto dietro di lui. Guardò Pongo correre via per poi replicare: “Maledetto cane, torna qua!” ma continuò a correre.
Si sentirono dei versetti. Gold spostò lo sguardo per vedere Excalibur ai margini del laghetto. Quindi le disse: “Bella di papà, aiutami ad uscire di qua.” La fedele volpe, spostò di lato lo sguardo. Sentì Pongo abbaiare e, voltandosi, gli corse dietro. Ormai infuriato, Gold replicò: “Excalibur, piccolo sacco di pulci, è così che mi ricompensi dopo tutto quello che ho fatto per te?! Aspetta di ritornare a casa e avrai solo avanzi!” ed abbassò lo sguardo.
Ogni speranza di farsi aiutare era svanita. Doveva solo contare sulle sue forze. Riprese il bastone che era caduto accanto a lui. In quel momento comparve un’ombra. Gold quindi disse: “Non ho bisogno della compassione di nessuno.”
“Ma io non lo faccio per compassione.” Gold riconobbe subito quella voce. Alzò lo sguardo: era Belle. La donna, semplicemente fece qualche passo, entrando anche lei in acqua. Si abbassò ed aiutò Gold a rialzarsi. Una volta in piedi, Gold le domandò: “Perché fai questo?”
“Questo cosa?” chiese Belle.
“Aiutarmi. Dopo tutto quello che è successo negli ultimi giorni tra noi, pensavo che…” iniziò col dire Gold. Ma Belle disse: “Sei tutto bagnato. Devi asciugarti subito o rischierai di prenderti un malanno.”
“Devo andare nel mio negozio” disse Gold.
“Perché invece non andiamo nel tuo cottage? Rose ci ha passato la notte e quindi suppongo che sia molto accogliente. E poi non l’ho mai visto” propose Belle e Gold la guardò in silenzio.
Poco dopo, e dopo anche che Gold si fu asciugato, i due si ritrovarono distesi sul letto in una delle camere del cottage. I loro vestiti erano stati messi su alcune sedie.
“Avevo ragione: qua è molto accogliente” disse Belle. Gold fece un piccolo sorriso. Allungò una mano verso di lei, spostandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Belle sorrise a quel dolce gesto. Poi però Gold disse: “So che mi odierai per ciò che ti starò per dire. Ma… non giudicarmi male per questo.”
Belle rimase in silenzio. Quindi Gold aggiunse, dopo aver sospirato: “Credo di aver trovato un modo per oltrepassare la linea di confine, senza perdere la memoria e poter così andare a cercare Bae. Si tratta di una pozione.”
“Quindi di magia” disse Belle. Gold annuì. Poi disse: “Purtroppo non ho trovato altri modi. È la verità, tesoro. La magia mi aiuterà a mantenere i miei ricordi, proprio come è successo con Rose: il medaglione che le avevi dato prima che la maledizione venisse scagliata, conteneva la mia magia e la contiene tutt’ora. È per questo che Rose è riuscita a mantenere alcuni ricordi. Hai tutte le ragioni per essere arrabbiata. Ti avevo promesso che sarei cambiato. Che sarei sempre stato sincero con te e che, soprattutto, avrei trovato altri rimedi alla magia. Ma con la magia ritroverò finalmente Bae.”
Belle gli prese le mani, per poi dire: “ E’ tuo figlio e lo hai cercato per tanti anni. Fa’ parte della nostra famiglia e non vedo l’ora di conoscerlo e sono sicura che anche Rose voglia vederlo. Se vuoi ti faccio compagnia in questo viaggio.”
“Oh, Belle, come ho fatto a meritarti?” disse Gold e si baciarono.
Fu sera quando Rose ritornò al cottage. Insieme a Paige ed Henry aveva passato tutto il pomeriggio a cercare informazioni su Rowena e, possibilmente, anche su Cora. I bambini si erano anche imbattuti in Excalibur e Pongo, che li avevano stranamente portati al porto. Ovviamente non avevano trovato nulla riguardante la loro operazione e non riuscivano a capire lo strano comportamento degli animali, specialmente di Pongo. Da quando il suo padrone era morto, il dalmata era sempre molto nervoso ed agitato.
Rose aprì la porta ed entrò, chiamando il padre ma, stranamente, non ricevendo nessuna risposta. Quindi, mentre camminava, lo richiamò: “Papà, sono ritornata. Ci sei?” Guardò in ogni stanza ma, quando arrivò di fronte alla camera da letto del padre, trovò la porta chiusa. Che suo padre si fosse appisolato? Aprì la porta, ma rimase sulla soglia quando vide i suoi genitori che dormivano a letto insieme e, i loro vestiti, messi su alcune sedie. Rose non disse nulla e, silenziosamente, fece qualche passo indietro, richiudendo la porta. Si voltò. Rimase lì. Poi disse: “Questa è una cosa che nessun figlio dovrebbe vedere dei propri genitori” e se ne andò nella sua stanza.
Il mattino seguente, la famiglia era riunita a tavola per fare colazione. C’erano anche Excalibur e Pongo, ritornati la sera prima da chissà quale posto.
La conversazione era alquanto silenziosa. Poi però fu Rose a rompere il ghiaccio: “ Allora, non mi chiedete nulla di dove sono stata per tutto il pomeriggio e del perché sia ritornata alla sera?”
“Perché mai dovremo chiedertelo? Sicuramente sarai stata con i tuoi amici” disse Belle.
“Ma non siete nemmeno un po’ preoccupati?” domandò Rose.
“Preoccupati di cosa? Sei qua, no? Quindi è tutto a posto” rispose Gold e bevve un sorso di caffè.
“Comunque… ieri abbiamo cercato informazioni per la nostra operazione e non è che abbiamo trovato un gran che. Inoltre, Excalibur e Pongo, ci hanno portato stranamente al porto e, ovviamente, non abbiamo trovato nulla se non barche ormeggiate” spiegò Rose.
“Strano da parte loro” disse Belle.
“C’è un’altra cosa che vorrei dirvi. Quando sono ritornata a casa, ho chiamato papà e, visto che non mi rispondeva, l’ho cercato in ogni stanza. Ma…  ecco…  quando ho aperto la porta della camera da letto…  be’…  insomma…  dico solo che quando qualcuno fa certe cose, sarebbe meglio mettere un cartello con scritto “non disturbare” o, ancora meglio, proteggere la stanza con un incantesimo” aggiunse Rose.
Belle e Gold si guardarono imbarazzati. Belle divenne leggermente rossa in volto, per poi sorseggiare il suo caffè. Gold, dopo essersi schiarito la voce, disse: “ Faremo sì che in futuro non accada più. Invece perché Rose oggi non vai con la mamma in biblioteca?”
“In realtà avevo intenzione di uscire con Paige ed Henry per…  le nostre ricerche” disse Rose.
“Nei libri potrai trovare tantissime ed utili informazioni. Magari anche quelle inerenti alla vostra operazione. E poi così è un modo per sperimentare una sorta di futuro lavoro” disse Gold.
“Perché invece io la vedo come un’altra punizione?” disse Rose.
“Non devi sempre vedere le mie proposte in modo negativo. Così facendo passerai anche più tempo con la mamma. Non è ciò che volevi?” disse Gold.
“Effettivamente sì. Ma… ecco io e…” iniziò col dire Rose, ma Gold la bloccò: “Perfetto. Allora andrai con lei. Mentre io mi porterò in negozio Excalibur e Pongo, così li tengo d’occhio. Questi due insieme non mi convincono molto” disse Gold e guardarono i due animali. Quest’ultimi, li guardarono a loro volta, spostando di lato lo sguardo, per poi riprendere a mangiare dalle ciotole.
Poco dopo, Rose era seduta dietro ad una delle tavole presenti in biblioteca. Stava sfogliando svogliatamente un libro, l’ennesimo libro, visto che accanto a lei, ce n’erano almeno altri cinque uno sopra l’altro. Chiuse anche questo, spostandolo da una parte e sospirando. Mise entrambe le braccia sulla tavola e la testa sulle braccia. Alzò lo sguardo, quando Belle le mise davanti un succo di frutta, per poi chiederle: “Qualche progresso?”
“Chi deve aver scritto questi libri doveva sapere un sacco di cose sulle altre persone. Ma, a quanto pare, nulla su Rowena o Cora” rispose Rose, prendendo il bicchiere.
“Vedrai che, prima o poi, troverai qualcosa, tesoro. Non ti scoraggiare. Se papà ti ha detto di cercare tra i libri, allora ci dovrà essere pur qualcosa” disse Belle.
“Vorrei poter avere la tua positività” disse Rose. Belle le mise una mano sulla guancia e, sorridendo, disse: “Ma tu ce l’hai già. L’hai sempre avuta. Papà mi ha raccontato di come, in questi anni, tu abbia sempre cercato di aiutare gli altri anche chi, ormai, aveva perso la speranza. Ci riuscirai questa volta. Basta solo che abbia fiducia in te stessa.”
 Rose sorrise e, abbracciandola, disse: “Grazie mamma per essermi sempre accanto ed aiutarmi.”
“Vorrei poter fare di più, tesoro” disse Belle. Rose la guardò, dicendole: “Ma lo stai già facendo e lo hai già fatto, a cominciare da quando sei entrata nella vita di papà. Senza il tuo amore per lui, ora non crederei proprio di esserci. La mia deve essere stata una cicogna molto coraggiosa, se ha volato fino al castello oscuro.”
“Credo proprio di sì, considerando che tutti avevano paura di entrare nel territorio di tuo padre” disse Belle. Madre e figlia si guardarono in silenzio, quando si sentirono dei rumori. Belle alzò lo sguardo, per poi dire rivolta a Rose: “Rimani qui” e si diresse verso la fonte dei rumori. Rose osservò la madre, mentre avanzava verso alcuni scaffali. Poi si fermò: nell’ombra vi era qualcuno che stava tenendo in mano un libro. Quindi Belle disse: “Mi scusi, ma da dove è entrato? La biblioteca è ancora chiusa e apriremo fra poco al pubblico .”
“I libri raccontano tante storie, ma  non saranno mai vere rispetto a quelle dei diretti interessati” disse chi era nascosto. Poi chiuse il libro. Lo lasciò cadere a terra e si mostrò alla luce. Belle e Rose lo guardarono e Belle gli domandò: “Chi siete?”
“E’ strano che non mi riconosci, dolcezza. Non sono poi così cambiato” rispose sorridendo. A quel punto, nella mente di Belle ritornò un ricordo di anni fa e fu lì che lo riconobbe. Fece qualche passo indietro, mentre l’uomo avanzò. Rose si alzò, tenendosi comunque a debita distanza ma, cercando di avvicinarsi alla madre, per poi puntare l’occhio sulla mano sinistra dell’uomo… no… non aveva la mano ma… un uncino. Sgranò gli occhi e lo guardò. L’uomo sorrise maliziosamente e prese fuori la pistola.
“Perché sei venuto qui?” chiese Belle.
“Lo sai chi sto cercando, ma sapevo che non lo avrei trovato qui. Lui non si separa mai dai suoi preziosi antefatti” rispose l’uomo.
“Non ti dirò niente di lui. Proprio come l’ultima volta” replicò Belle.
“Mamma che cosa sta succedendo?” domandò Rose, fermandosi accanto a lei.
“Rose non è il momento” replicò Belle, guardandola di sfuggita. Riguardò l’uomo, quando disse: “E così sarebbe lei la famosa Rose? Quanto sei cresciuta. Ma, dopotutto, dall’ultima volta, sono passati tanti anni.”
“Di cosa sta parlando? Io non l’ho mai vista e né la conosco” disse Rose.
“Ho sempre saputo che non eri morta. Cora me lo aveva detto che sua figlia aveva mentito a Tremotino solo per spezzargli il cuore” disse l’uomo. Ci fu silenzio. Poi fece qualche passo. Belle, mise Rose dietro di sé, cercando di proteggerla più che poteva. Poi l’uomo aggiunse: “Non avrei mai immaginato che quel mostro potesse procrearsi. È stato solo un errore, dolcezza, mettersi con un codardo come lui. Ma rimedierò subito al danno fatto” e puntò la pistola contro Rose.
“No! Ti prego, lei non c’entra!” disse Belle, rimanendo davanti alla figlia.
“Invece c’entra eccome, perché lei non sarebbe mai dovuta nascere” replicò l’uomo. In uno scatto di rabbia, Rose si scaraventò contro di lui, pronta a lanciargli una palla di fuoco che si era formata nella sua mano, ma l’uomo le bloccò il polso con l’uncino.
“Che caratterino. Non sembri neanche figlia di tuo padre” disse l’uomo e la buttò a terra.
“Rose!” gridò Belle ma, non fece neanche in tempo a fare qualche passo verso di lei, che l’uomo le puntò la pistola contro, per poi dirle: “Dimmi dove si trova e forse lascerò in vita la tua mocciosa.”
“Sai già dove si trova” disse Belle. Mentre i due parlavano, Rose si era alzata in piedi e, lentamente stava avvicinandosi all’uomo da dietro. Tentò di formare qualcosa nelle sue mani. Magari un’altra palla di fuoco. Doveva concentrarsi.
“Non sto parlando di lui. Allora dove si trova?” replicò l’uomo. Belle non rispose. Nel frattempo, nelle mani di Rose si formarono come tante piccole scintille.
“Conterò fino a tre e se non mi dirai dove si trova, potrai dire per sempre addio a quella mocciosa. Uno… due… tr…” disse l’uomo, ma non fece in tempo a finire di contare, che sentì come tanti insetti corrergli su e giù per la schiena. L’uomo si girava a destra ed a sinistra, cercando di toglierseli. Belle ne approfittò per spingerlo contro una scaffalatura, facendolo cadere a terra e con lui anche la stessa scaffalatura ed i libri presenti su di essa. L’uomo perse i sensi.
Rose si guardò le mani, non riuscendo a capire cosa poteva essere accaduto. Belle andò da lei e, stringendola forte chiese: “Oh, bambina mia, stai bene?”
“Cosa ho fatto? Non volevo” disse Rose. Belle la guardò, dicendole: “Sei stata bravissima e sono orgogliosa di te. Ma ora faremo meglio ad andare prima che riprenda i sensi.”
Guardarono l’uomo che si mosse leggermente. Rose stava per andare verso la porta, ma Belle, prendendola per mano, la condusse verso l’ascensore. Girò una manopola e, dopo che le porte si furono aperte, entrarono. Le porte si richiusero.
“Mamma, perché siamo dentro l’ascensore? Potevamo uscire ed andare da papà” disse Rose. Belle la strinse a sé, dicendo: “Shhhh, shhhh, non dobbiamo farci sentire.” Ci fu silenzio. Poi sobbalzarono, quando sentirono l’uomo battere con forza contro le porte.
“Mamma ma chi è? Lui ti conosce e, a quanto pare, mi vuole morta” disse con paura Rose. Belle non disse nulla, continuando a stringerla contro di sé. Rose si staccò da lei, e prendendo fuori il cellulare dalla tasca dei pantaloni, lo consegnò alla madre, dicendole: “Chiama papà ed avvertirlo di quello che sta succedendo.”
“Come mai ai questo coso?” domandò Belle, guardando l’oggetto.
“Me l’ha dato papà in caso di emergenza. Chiamalo” rispose Rose. Belle prese il cellulare e, dopo aver schiacciato il nome di Gold, si mise l’apparecchio all’orecchio.
Gold, si trovava nel retro bottega insieme ad Excalibur e Pongo. I due animali erano acciambellati accanto alla tavola dove Gold stava guardando, con una lente d’ingrandimento, un oggetto. In quel momento, gli squillò il cellulare lì accanto. Vide comparire l’immagine di Rose. Accettò la chiamata, mettendoselo all’orecchio: “Mio piccolo fiore, non mi dire che ti stai già annoiando?”
“Tremotino, sono Belle” disse Belle.
“Belle, che cosa sta succedendo? Non… non ti sento bene” chiese Gold, sentendo poco la voce della donna. Excalibur e Pongo alzarono la testa, guardandolo.
“Qualcuno è entrato nella biblioteca ed ha cercato di attaccarci. Ora siamo dentro l’ascensore. È uno con un uncino” disse Belle.
“Uno è entrato nella biblioteca? Belle continuo a non sentire bene” disse Gold, continuando a sentire delle interferenze nella chiamata. Excalibur drizzò le orecchie.
“Un pirata. Tremotino devi aiutarci… ti preg…” disse Belle e, non sentendo più nulla, interruppe la conversazione.
“Belle! Belle!” la chiamò Tremotino. Dall’altra parte non sentì nulla. Guardò il cellulare con la connessione interrotta. Lo chiuse e, dopo averlo messo in tasca ed aver preso il bastone, andò nel davanti del negozio. Excalibur e Pongo lo seguirono, ma l’uomo si fermò e, voltandosi, disse loro: “No, voi due rimarrete qua a sorvegliare il negozio. Qualunque cosa accada venitemi ad avvisare” e, voltandosi uscì. Pongo si avvicinò alla porta, mugugnando. Excalibur gli saltò sulla schiena, guardando fuori dal vetro ed emettendo dei versetti, mentre guardò la macchina del padrone andarsene.
Erano passati pochi minuti da quando Belle aveva chiamato Gold. Non si sentiva più l’uomo picchiare contro le porte. Madre e figlia si erano sedute sul pavimento dell’ascensore, stando sempre una accanto all’altra. Rose teneva la testa appoggiata alla spalla di Belle, la quale le accarezzava i capelli.
“E’ colpa mia” disse ad un certo punto Rose. Belle la guardò, domandole: “Per cosa, tesoro?”
“Per tutto questo. Quell’uomo voleva uccidere me. È per colpa mia se tu e papà siete sempre in pericolo. Mi caccio costantemente nei guai e voi dovete salvarmi, rischiando la vostra vita. Bella figlia che sono” rispose Rose. Belle le baciò la testa, dicendole: “Invece non avremo mai voluto desiderare un’altra figlia diversa da te. Tu sei speciale. In te scorre la luce e l’oscurità. Io e tuo padre ti vogliamo molto bene e, non m’importa quanto ti caccerai nuovamente nei guai, ma noi saremo sempre al tuo fianco” ed entrambe sorrisero.
Improvvisamente sentirono la manopola al di fuori dell’ascensore girare e le porte aprirsi. Belle e Rose si alzarono e la donna mise la figlia dietro di sé, cercando di proteggerla. Le porte si aprirono del tutto. Belle e Rose erano pronte a riaffrontare quell’uomo, ma…
“Belle! Rose!” disse Gold.
“Oh, Tremotino” disse sollevata Belle e corse tra le sue braccia. Anche Rose si unì all’abbraccio dei genitori. Gold le strinse forte a sé, come se non le volesse lasciare mai più. Poi le guardò e disse: “Ero così preoccupato. Non riuscivo a sentire bene. Come state? Non siete ferite, vero?”
“Stiamo bene, tranquillo” disse Belle.
“Quell’uomo voleva uccidermi. Mi ha puntato una pistola contro” disse Rose. Gold la guardò e le mise una mano sulla guancia, facendole un piccolo sorriso. Poi guardò Belle, chiedendole: “Da quel poco che ho capito, aveva un uncino ed era un pirata.”
“Sì, proprio così” rispose Belle.
“Papà, cercava te. Anzi, in verità cercava qualcosa di te, ma non sappiamo cosa e lui non l’ha specificato” spiegò Rose. Gold sbiancò e fu lì che capì. Poi disse: “Devo ritornare subito in negozio” e, voltandosi si diresse verso la porta. Belle e Rose si guardarono, per poi seguirlo e Rose domandò: “Se tu sei venuto qua da solo a chi hai affidato il negozio?”
“Ad Excalibur e Pongo” rispose Gold.
“Papà, ma sul serio?! Uno fa parte di una carica di cuccioli ed ultimamente è sempre molto agitato, mentre l’altra va sempre alla ricerca di cibo o dorme nella sua cesta. Non credo che sia stata una buona scelta” disse Rose.
Gold si fermò e, voltandosi, replicò: “Lo so, ma mi fido di entrambi. Excalibur è come una figlia per me. Mi ha aiutato in qualsiasi momento ed è sempre stata al mio fianco. Mentre Pongo ha bisogno di qualcuno che gli stia accanto. Per un essere umano è difficile superare la perdita di qualcuno caro. Per un animale lo è molto di più. Quel pirata sicuramente sarà diretto al mio negozio” e Belle e Rose lo guardarono in silenzio.
Intanto, il pirata riuscì ad entrare nel negozio di Gold, sforzando la serratura con il suo uncino. Aprì la porta ed entrò. Camminò lentamente, guardandosi intorno. Era tutto molto silenzioso.
“Allora, dove lo hai messo?” disse l’uomo. Sentì dei rumori e vide la tenda del retro bottega muoversi. Camminò verso di essa ma, appena la spostò con una mano, si trovò di fronte Pongo che gli ringhiava. Il pirata mise la mano destra davanti a lui, dicendogli: “Buono, non voglio farti nulla.”
Pongo, ringhiando, avanzò, mentre l’uomo indietreggiò. Poi si fermò, così come il cane. Diede un’occhiata veloce a destra ed a sinistra, cercando qualcosa per fronteggiare l’avversario. Lo trovò e lo prese: si trattava di una pallina. Pongo si mise in posa di gioco, scodinzolando.
“La vuoi? Allora prendila” disse il pirata e lanciò la pallina. Pongo le corse dietro, finendo intrappolato tra alcuni oggetti. Il pirata lo guardò sorridendo beffardamente. Si mise a posto il colletto della giacca e spostò la tenda, ritrovandosi nel retrobottega. Gli occhi gli si illuminarono, quando vide ciò che stava cercando sulla tavola. Si avvicinò, allungando una mano. Stava per prendere l’oggetto, quando qualcuno gli tirò i pantaloni. Abbassò lo sguardo per vedere Excalibur che lo stava trascinando indietro.
“Piccolo topo con la pelliccia, non ho tempo da perdere !” replicò il pirata, cercando di togliersela di dosso, ma Excalibur continuava a mordergli il pantalone ed a trascinarlo all’indietro. Finché il pirata riuscì a togliersela di dosso. Si avvicinò poi alla tavola e prese l’oggetto desiderato. Stava per andarsene, quando Excalibur gli morsicò la parte finale della giacca, tirando verso di lei.
“Non vuoi proprio cedere, topo con la pelliccia” disse il pirata e allungò l’uncino verso Excalibur. Questi, mollò la giacca e si attaccò con la bocca all’uncino stesso. Il pirata la mosse su e giù, cercando di farle mollare la presa. Si guardò intorno. Depositò l’oggetto sulla tavola e prese un sacco lì vicino. Lo aprì e con uno strattone, fece cadere Excalibur dentro di esso. Prima che la volpe potesse uscire, lo richiuse, legandolo. Il sacco si muoveva. Il pirata lo guardò e, dopo aver ripreso l’oggetto, disse: “Che tipetta tosta, ma per ora è sistemata” e ritornò nel davanti del negozio. Trovò Pongo intrappolato tra alcuni oggetti. Il cane lo guardò ringhiando. Il pirata gli disse: “Sta buono e forse non ti farò fare la fine della tua amichetta” e, aprendo la porta, uscì.
Pongo riuscì a liberarsi dagli oggetti. Andò nel retro bottega e, vedendo il sacco che si muoveva, si avvicinò ad esso. Abbaiò e dall’interno sentì dei versetti. Abbaiò nuovamente, per poi voltarsi e correre verso la porta. Si alzò sulle zampe posteriori e, con quelle anteriori, aprì la maniglia. Poi uscì e di corsa si diresse verso la biblioteca e fu lì che vide Gold aprire la porta. Gli saltò addosso, facendolo cadere a terra.
“Tremotino!” disse Belle, inginocchiandosi accanto a lui.
“Papà!” disse Rose, facendo la stessa cosa. Pongo abbaiava e Gold replicò: “Toglietemelo subito di dosso!” e, mentre Rose allontanava il cane, Belle aiutò Gold a rialzarsi. Il cane continuava ad abbaiare e si dirigeva verso la porta. Rose cercava di trattenerlo: “Ma che cosa gli prende?” disse. Gold si alzò, per poi dire: “Dev’essere successo qualcosa in negozio. Andiamo” ed uscirono.
Poco dopo, una volta entrati in negozio, Pongo li condusse nel retro bottega e fu lì che videro il sacco muoversi. Rose si inginocchiò davanti ad esso e, appena lo aprì, saltò fuori Excalibur. La volpe era molto agitata. Emetteva versetti uno dietro l’altro. Poi andò da Gold e mugugnò. Gold voltò lo sguardo. Si avvicinò alla tavola per poi battere un pugno su di essa. Belle e Rose lo guardarono in silenzio. Poi Gold disse: “E’ stato quel pirata. Lui l’ha portato via.”
“Che cosa voleva di preciso?” chiese Belle.
“Lo scialle di Baelfire” rispose Gold, guardandole. Belle e Rose rimasero in silenzio. Poi Gold spiegò: “Ti avevo parlato di aver trovato un modo per oltrepassare la linea di confine senza perdere la memoria utilizzando una pozione. Be’, prima ho voluto testarla su una cavia. Così ho preso quel mozzo; ho sparso la pozione sul suo berretto e poi l’ho spinto al di là della linea. Ha mantenuto la sua memoria. Così volevo fare lo stesso sullo scialle di Bae, ma quel pirata ora me l’ha rubato e non potrò più andare a cercarlo.”
Belle si avvicinò a lui e, mettendogli le mani sulle spalle, disse: “Non ti scoraggiare. Lo ritroveremo, vedrai.”
“No, un momento, di che cosa state parlando?” domandò Rose. I genitori la guardarono. Poi guardò Belle e aggiunse: “E tu mamma già lo sapevi. Come… come avete potuto tenermi allo scuro di tutto?! Volevate partire senza di me e lasciarmi qua? Ho sempre desiderato visitare altri posti al di fuori di questa cittadina e, ora che se ne presenta l’occasione, voi mi lasciate indietro? Bel riconoscimento da parte vostra. Sono sangue del vostro sangue e mi trattate così.”
“Rose, non è il momento. Ora dobbiamo riprenderci lo scialle di Bae o sarà stato tutto inutile” disse Gold e diede di schiena alla figlia. Anche Belle le diede di schiena e propose a Gold: “ Perché non ti preparo un bel tè? Ti dovrebbe rilassare.”
 Rose guardò Pongo e gli venne in mente un’idea. Sorrise maliziosamente ed andò da lui e, mentre lo portava nel davanti del negozio, disse: “ Ora tu mi porterai da quel pirata. Riprenderemo lo scialle di Bae e ritorneremo qua” e, dopo avergli messo il guinzaglio, uscì dal negozio.
Fece in tempo a fare poca strada, che qualcuno la bloccò: “Ho capito dove vuoi andare.” Rose si fermò e, voltandosi, vide Belle. La donna si avvicinò a lei e la figlia le chiese: “Mamma che cosa ci fai qua? Oddio… se lo scopre papà, si arrabbierà molto.”
“Non ti preoccupare per lui. Gli ho messo dei tranquillanti nel tè. Sarà assonato per un po’. C’è Excalibur che lo sorveglia, così avremo il tempo necessario per riprendere lo scialle di Baelfire. Dai Pongo, andiamo” disse Belle e si incamminarono. Il cane le condusse al porto.
“Ora ho capito del perché ieri, lui ed Excalibur ci avevano portati qua. Porto – pirata. Ora tutto combacia. Perché non ci ho pensato prima? Avevano già fiutato la sua presenza e volevano avvertirci” disse Rose. Si fermarono accanto ad un veliero. Belle guardò la figlia, dicendole: “Ok, io entro. Tu rimani qua fuori con Pongo.”
“Perché non posso venire anche io con te?” domandò Rose.
“Perché potrebbe essere pericoloso ed hai già visto cosa ha tentato di farti quell’uomo. Tesoro, mi sento più sicura se rimarrai qua fuori” rispose Belle, mettendole una mano sulla guancia.
“Va bene, mamma. Rimarrò qua” disse Rose. Belle sorrise e, dopo averla baciata sulla fronte, entrò dentro al veliero. Rose sospirò, guardandola e Pongo guaì.
Belle camminò lungo il ponte, cercando di fare il meno rumore possibile. Poi imboccò delle scale che la condussero sottocoperta. Arrivò ad una cabina, iniziando a cercare tra gli scaffali. Aprì la credenza, ma non trovò nulla. Vide una scatola. La prese ma, il suo interno era vuoto. Si voltò quando qualcuno chiese: “Cercavi questo?” e, sulle scale, vide il pirata che teneva lo scialle con l’uncino.
“Quello scialle non ti appartiene” disse Belle.
“Oh, sì invece” disse il pirata e, prendendo fuori la pistola, la puntò contro di lei. Poi disse: “Mia cara Belle, dovevi restare con i tuoi libri, perché ahimè la vita reale è più difficile” e gliela mise contro la fronte.
In quel momento, senza che loro se ne accorgessero, arrivò Rose. Rimase a bocca aperta non appena vide la situazione ma, per il momento, rimase semi nascosta nelle scale, rimanendo ad osservare. Poi il pirata ritrasse la pistola, ma comunque tenendola puntata contro la donna.
“Io non ho paura di te e non ho intenzione di andarmene senza quello scialle” replicò Belle.
“Ammiro molto la tua lealtà, ma aiutando Tremotino hai scelto una causa persa” disse il pirata e mise lo scialle sulla scrivania lì accanto. Rose lo osservò, per poi riporre lo sguardo sui due.
“Quello scialle gli serve per ritrovare suo figlio” disse Belle.
“E cosa ti fa pensare che suo figlio voglia essere ritrovato? Quel ragazzo mi dovrà un favore e poi perché tanta preoccupazione per lui? Ha già la vostra mocciosetta alla quale pensare e che adora tanto. So che le vuole molto bene e, che in tutti questi anni dove non c’eri, lui si è sempre occupato di lei come se fosse il suo tesoro più prezioso.”
“Non hai già fatto abbastanza male a Tremotino?” domandò Belle.
“Oh, io gli ho fatto del male?” disse il pirata, mostrandole l’uncino. Rose inarcò un sopracciglio. Che cosa voleva dire?
“Tu gli hai rubato la moglie” disse Belle. Il pirata fece qualche passo verso di lei, dicendo: “Dimmi una cosa, tesoro: se una donna va da un uomo implorandolo di portarla via, si tratta di furto?” e si fermò vicinissimo a lei, tanto che i loro visi si sfiorarono.
“Perché lo avrebbe lasciato?” chiese Belle.
“Perché era un enorme codardo e perché amava me” rispose il pirata. Rose rimase senza parole, così come Belle. Poi il pirata si avvicinò allo scialle e, mentre lo toccava, aggiunse: “Avrei dovuto dargli fuoco appena l’ho preso.”
“E perché non lo hai fatto?” domandò Belle.
“Perché è stata lei a cucirlo” rispose il pirata.
“Mi dispiace che sia morta, però la vendetta non la riporterà tra le tue braccia” disse Belle.
“Morta? Come se fosse stato un incidente. È questo che ti ha detto?” chiese il pirata, riavvicinandosi a lei.
“Non è sceso nei dettagli” rispose Belle.
“No, certo, era ovvio che avesse tralasciato il dettaglio più importante di tutti” disse il pirata. La situazione non stava mettendosi bene. Lentamente Rose scese gli ultimi scalini. Allungò una mano verso lo scialle, riuscendo a prenderlo. Poi alzò lo sguardo, guardando i due.
“E… e quale sarebbe?” domandò titubante e con un po’ di paura Belle.
“E’ stato lui ad ucciderla. Le ha strappato il cuore dal petto e lo ha stritolato, proprio davanti ai miei occhi” rispose il pirata.
Rose rimase a bocca aperta. Tempo prima suo padre, quando lei gli aveva chiesto che fine avesse fatto la madre di Baelfire, aveva risposto che l’avevano presa dei pirati per poi non fare più ritorno, per poi raccontare al figlio che la madre era morta. Evidentemente poi, anni dopo, la cosa divenne realtà ma non si sarebbe mai immaginata per mano sua. Certo, il padre in passato aveva fatto morti, ma non avrebbe pensato che sarebbe arrivato ad uccidere anche la sua stessa moglie.
Belle scosse negativamente la testa. Nemmeno lei voleva credere a ciò. Quindi disse: “No. No. Non è vero.”
“Oh sì, invece” disse il pirata e, dopo averle messo la pistola sotto il mento, continuò: “Farebbe qualsiasi cosa, qualsiasi, per tenersi stretto il potere. Secondo te, perché chi viene a contatto con quel mostro, scappa via? Oppure muore? E perché pensi che non capiterà anche a te? O alla vostra preziosa mocciosa?” e fece qualche passo indietro, tenendo comunque la pistola puntata contro di lei. Poi chiese: “Dimmi una cosa: perché mai dovresti combattere per un uomo del genere?”
“Perché vedo ancora del buono in lui. Perché credo che sia cambiato da allora. Perché il suo cuore è puro ed il tuo è marcio” rispose Belle.
“Quelli come lui non cambieranno mai. Fingono solo di comportarsi da buoni, per avere qualcuno dalla sua parte e non rimanere soli. Sei proprio sicura che la vostra mocciosa non sia capitata per caso? Tu pensi che sia stata il frutto del vero amore. Io invece penso che sia stata solo un incidente o una sostituta del suo compianto figlio” disse il pirata. Qualcosa cambiò in Rose. Non si accorse che in una mano si era formata una palla di fuoco. Il suo sguardo divenne cupo. Poi il pirata aggiunse: “Ma non temere, dopo che avrò finito con te, cercherò quella mocciosetta e la ucciderò sotto gli occhi del suo adorato papà, proprio come lui aveva fatto con Milah.”
“Non lo farai” replicò Rose. Il pirata si voltò. Vide che la bambina teneva in mano lo scialle, ma non fece in tempo ad aprire bocca, che Rose gli lanciò la palla di fuoco. Il pirata riuscì a schivarla. Belle ne approfittò per spingere un remo, che lo colpì in pieno volto e facendolo cadere all’indietro. La donna prese la figlia per mano e corsero su per le scale.
Arrivarono sul ponte, ma il pirata bloccò loro la strada.
“Come hai fatto?” domandò Belle, cercando di portare Rose dietro di sé, anche se la bambina stavolta non ne voleva sapere.
“Conosco la nave come il palmo della mia… be’, hai capito” rispose il pirata. Poi guardò Rose ed aggiunse: “Ti suggerisco di restituirmi quello scialle, mocciosa.”
“Altrimenti che cosa le farai? Torcerle anche solo un capello e te la dovrai vedere con me” disse Gold, comparendo dietro di loro insieme ad Excalibur. Il pirata si voltò e, mentre camminava verso di lui, disse: “Hai un aspetto diverso dall’ultima volta, coccodrillo. Assomigli di nuovo al codardo di tanto tempo fa. Zoppichi come allora.”
“Tuttavia non riesci ancora uccidermi” disse Gold, fermandosi di fronte a lui, mentre Excalibur rimase indietro.
“Fatti avanti signore oscuro. Dietro quale magia ti nasconderai oggi? O mi getterai addosso il tuo piccolo topo con la pelliccia?” disse il pirata. Excalibur lo guardò malamente, emettendo dei versetti di disapprovazione.
“Niente magia” disse Gold e iniziò a picchiarlo con il bastone. Lo picchiava sempre più forte, mentre Belle corse verso di lui, cercando di fermarlo: “Vieni andiamo. Andiamo via.”
“Non ancora, Belle” disse Gold e continuò a picchiarlo con il bastone. Poi si fermò, quando accanto a lui Belle disse: “Guarda, quello che stavi cercando ce l’ha Rose. E’ solo con quello che ritroverai Bae.”
“Stai sprecando il fiato, tesoro. Non può resistere. Deve dimostrare di non essere più un codardo” disse il pirata mentre gli sanguinava il naso.
“Il mio papà non è un codardo. Ha dovuto rinunciare a un sacco di cose, pur di proteggere me e la mamma. Per me lui è sempre stato il mio eroe” replicò Rose, affiancandosi alla madre.
“Il tuo papà ti ha solo riempito la testa di inutili fantasie. Vivi nella realtà, mocciosa. Sta cercando di farti diventare come lui e, dopo, sarà troppo tardi per tornare indietro” disse il pirata guardandola.
“E’ meglio che tu e Rose ve ne andiate. Non sarà una scena gradevole, soprattutto per la piccola” disse Gold e riprese a picchiare il pirata con il bastone. Rose chiuse gli occhi, cercando di non vedere quell’orribile scena. Poi li riaprì, quando il pirata disse: “Fallo! Uccidimi! Deve dimostrarvi quanto è grande il suo potere.”
“Tremotino, questo è esattamente ciò che vuole. Distruggere tutto ciò che c’è di buono in te” disse Belle. Gold la guardò in silenzio. Poi riguardò il pirata, quando disse: “Dai strappami il cuore. Uccidimi come hai fatto con Milah e finalmente potrò ricongiungermi con lei.”
Gold lasciò cadere a terra il bastone, dicendo: “Deve morire Belle” e si fiondò sul pirata.
“No! Non è vero” disse Belle e, dopo che Gold l’ebbe guardata, continuò: “C’è ancora del buono in te. Io lo vedo. L’ho visto dal primo istante. Ti prego. Ti prego dimostrami che ho ragione. Fallo anche per Rose. Anche lei ha sempre visto del buono in te.”
Gold spostò lo sguardo sull’amata figlia, che lo guardava in silenzio. Riguardò il pirata. Stava per lanciargli un incantesimo, invece gli disse: “Ora prendi la tua bella nave e naviga finché non cadrai dai confini del mondo. Non voglio vederti mai più” e, dopo averlo schiaffeggiato, si allontanò. Guardò in basso, quando sentì dei versetti e vide Excalibur accanto a lui, con il bastone in bocca e che scodinzolava. Lo prese e, avvicinandosi a Belle e Rose, prese per mano quest’ultima e, insieme a loro, Excalibur e Pongo se ne andò, mentre il pirata sorrise beffardamente.
Stavano per scendere dal veliero, quando sia Pongo che Excalibur corsero verso quella che sembrava una grata. Li seguirono, quando Pongo abbaiò.
“State indietro” disse Gold e, dopo che Rose fu andata accanto a Belle, con uno schicco di dita aprì la grata. Si abbassarono e sgranarono gli occhi: imbavagliati e legati vi furono Archie e Jefferson.
“Archie! Jefferson! Siete vivi” disse entusiasta Rose, mentre Gold, utilizzando la magia, li liberava e, dopo che i due furono usciti, Archie abbracciò sia Belle, che Rose. Pongo abbaiò contento, nel vedere sano e salvo il suo padrone. Jefferson guardò Gold, il quale gli disse: “Era ora che qualcuno ti tappasse la bocca.”
“Mi sono mancate le tue frecciatine, amico” disse Jefferson, sorridendo ed anche Gold fece un piccolo sorriso.
“Come sono contenta che siate vivi. Quando vi vedranno gli altri non ci crederanno” disse Rose.
“Grace come sta?” chiese Jefferson.
“Dal momento in cui sei sparito, sono ritornato ad essere il suo guardiano, ma ora vive con Mary Margaret e il suo amato” rispose Gold.
“Perché deve vivere con quei due piccioncini? Avevamo un patto e c’era il tuo nome sopra, mica il loro” disse Jefferson.
“Ecco… ultimamente tra me e Belle non è andata d’amore e d’accordo, quindi vivo da solo nel cottage nella foresta. Ho preferito che tua figlia avesse un’adeguata protezione, finché la mia situazione sentimentale non si fosse messa a posto” spiegò Gold.
“Sei mio amico, quindi sarò sincero: mi sento più al sicuro se Grace avesse vissuto con te nel tuo cottage. Per quanto apprezzo le gesta eroiche di quei due, sceglierei sempre te” disse Jefferson.
 Gold rimase in silenzio ed abbassò lo sguardo. Lo rialzò quando Archie disse: “E’ stata Cora.”
Gli altri si guardarono in modo stupito, tranne Gold che si limitò a mettere entrambe le mani sul bastone. Poi Archie continuò: “Si è trasformata in Regina e mi ha rapito, portandomi qua. Voleva sapere il più possibile su questa cittadina e soprattutto su sua figlia.”
“Per non parlare che mi ha anche rubato il mio cappello magico. Senza quello non potrò più viaggiare per gli altri regni. Ma sapevo fin da subito che Cora era pericolosa. Purtroppo l’ho potuta conoscere fin troppo bene quando sono rimasto prigioniero in quel postaccio” aggiunse Jefferson. Rose ascoltava attentamente. Quelle informazioni erano oro per l’operazione sua e dei suoi amici. Ora sapeva più cose su quella Cora. Doveva solo rivelare tutto ciò ad Henry e Paige.
“Sicuramente sarà qua nel veliero. Potremo andare a cercarlo” propose Belle.
“Credo, invece, non sia saggio rimanere qua ancora a lungo. Per quanto approvi sempre le tue proposte, dolce Belle, questa volta è meglio lasciare questo posto” disse Gold guardandola. Poi guardò Jefferson ed aggiunse: “Cercheremo il cappello un’altra volta.”
“Non ti credevo così codardo” disse Jefferson.
“E’ più importante un cappello o le vostre vite? Cora è molto pericolosa e non voglio che le persone a me care subiscano per mano sua. Conosco molto bene quella donna e difficilmente si lascia fuggire qualcuno. Abbiamo questa occasione. Sfruttiamola. La prossima volta non saremo così fortunati” spiegò Gold.
Calò il silenzio. Poi Archie disse: “Hai ragione. Sarà meglio che ce ne andiamo prima che arrivi Cora o chissà cosa potrà farci.” Gold mosse la mano. Tutti vennero avvolti in una nube viola, che li fece scomparire.
Poco dopo, Gold, Belle, Rose ed Excalibur si trovavano nel retro del negozio. Gold stava spargendo il liquido della pozione sullo scialle di Baelfire. L’oggetto si illuminò, per poi ritornare normale. Gold richiuse la boccetta. Poi prese in mano lo scialle. Lo guardò per poi stringerlo a sé. Belle, Rose ed Excalibur lo guardarono. Poi Rose domandò: “Allora, quando si parte?” Belle e Gold la guardarono e, Gold, dopo aver rimesso lo scialle sulla tavola, disse: “Parla al singolare, perché tu non verrai.”
“Ehi, vi ho aiutato e poi, come ho detto, ho sempre desiderato vedere altri posti fuori di qua. Ti prego, portatemi con voi. Prometto di fare la brava” disse Rose.
“Le tue promesse valgono quanto la dieta di Excalibur, ovvero… nulla” disse Gold ed Excalibur mugugnò.
“Tesoro non è per cattiveria, ma ci sentiremo più al sicuro se rimarrai qua, lontano da qualsiasi pericolo” disse Belle.
“Allora Cora per voi non è sinonimo di pericolo? E nemmeno quel pirata col mascara? Scusatemi, ma mi sentirei più al sicuro nella miniera” disse Rose.
Belle guardò Gold. Questi sospirò per poi dire: “Hai perfettamente ragione. Al momento, Storybrooke non può ritenersi sicura con Cora e quel pirata in giro. Quindi, sarà meglio per te che…” Sul volto di Rose era già comparso un enorme sorriso, che però svanì non appena il padre terminò la frase: “…  rimarrai con Jefferson e sua figlia. Prima di partire, praticherò un incantesimo di protezione sulla loro villa, in modo che nessun nemico possa vederla.”
“No, un momento, questo significa che, mentre voi non ci sarete, dovrò vivere confinata in casa?” chiese Rose.
“L’idea era quella” rispose Gold.
“E’ un’idea stupida e aggiungerei meschina. È solo un altro modo per mettermi in punizione, non permettendomi così di uscire e fare quello che voglio” disse Rose.
“Figurati se ti lascio campo libero. Vuol dire cacciarti in guai che nemmeno conosci e per di più anche pericolosi. Rimarrai a casa, che tu lo voglia o no, anche se mi costringerai a legarti da qualche parte” disse Gold.
“Non oserai” controbatté Rose.
“Non tentarmi e credimi lo farò veramente se continuerai ad andare avanti con questa storia. Comunque, potrai venire con me e tua madre mentre stasera oltrepasseremo la linea di confine” disse Gold e, passandole accanto, l’accarezzò velocemente sulla testa.
Rose si voltò, replicando: “ Questo è un colpo basso. Tu non mi vuoi bene.”
Gold si fermò. Si voltò. Fece qualche passo verso la figlia, che lo guardò con un po’ di paura. Forse non avrebbe dovuto dirgli quelle cose. Gold alzò una mano. Rose chiuse gli occhi, pronta a ricevere uno schiaffo. Invece, sentì una dolce carezza. Riaprì gli occhi per vedere il padre che aveva messo una mano sulla guancia. I loro sguardi si soffermarono uno su quello dell’altra. Poi Gold, voltandosi, uscì dal retro bottega. Rose rimase lì. Belle si avvicinò a lei e la figlia disse: “Io… io non capisco. Pensavo fosse arrabbiato. Invece…”
“Lui ti vuole molto bene ed anche io te ne voglio. Vogliamo che tu sia al sicuro. Non potremo mai perdonarci se ti dovesse accadere qualcosa di brutto. Papà non vorrebbe lasciarti nemmeno per mezza giornata, ma deve se vuole ritrovare Bae. Per lui vale molto questa cosa. Ha cercato suo figlio per un sacco di tempo, rischiando anche di non vederci mai più. Ha fatto di tutto pur di proteggerci e lo sta facendo ancora. Ma non dobbiamo farlo sentire in colpa per ciò, anzi, dobbiamo fargli capire che noi gli staremo sempre accanto e che avrà sempre il nostro supporto” spiegò Belle, avvicinandosi a lei e mettendole le mani sulle spalle. Rose sospirò.
Il resto del pomeriggio, Rose lo passò in camera alla villa, distesa sul suo letto a guardare il soffitto. I genitori erano tutti indaffarati a preparare il necessario per la partenza di quella sera anche se suo padre, stava passando più tempo nello scantinato a fare chissà cosa. Secondo sua madre, stava filando all’arcolaio. Per lui non era solo un passatempo, ma anche un modo per pensare e, magari, secondo Rose, anche di dimenticare ciò che gli aveva detto lei al negozio.
La bambina sospirò e si voltò su di un fianco. Osservò la rosa nella teca. Si sentiva in colpa per ciò che aveva detto al padre. Lui voleva solo proteggerla e lei lo aveva trattato male. Doveva rimediare prima della partenza dei suoi. Scese dal letto e, dopo essersi seduta alla scrivania, prese alcuni oggetti, iniziando a lavorarci su.
Venne sera. Gold, Belle, Rose ed Excalibur arrivarono con la Cadillac al confine della città. Gold fermò la macchina. Teneva in mano lo scialle. Guardò Belle, dicendo: “ Sarebbe andato perso se non fosse stato per voi. Io sarei stato perso.”
Rose, seduta sul sedile posteriore insieme ad Excalibur, lo guardò in silenzio. Poi Gold continuò: “ Dopo tutte le cose che avete saputo su di me. Dopo tutto quello che ho fatto, perché non hai preso Rose e ve ne siete andate?”
“Ho scoperto molto tempo fa che, quando si trova qualcosa per cui valga la pena di combattere, non bisogna mollare mai” rispose Belle. Gold la guardò con gli occhi lucidi.
Rose abbassò lo sguardo ed Excalibur emise dei versetti. Poi Gold e Belle scesero. Successivamente, anche la figlia e la volpe li seguirono.
 I genitori camminavano davanti a loro, uno accanto all’altro. Belle teneva in mano lo scialle. Poi, poco prima della linea rossa, si fermarono. Gold si abbassò leggermente e Belle gli mise lo scialle intorno al collo. Gold fece un lungo respiro e disse: “Ci siamo.” Guardò l’amata. Poi Rose ed Excalibur. Infine, si voltò e oltrepassò la linea. Un’energia gli passò per tutto il corpo. Si voltò. Guardò le tre e disse: “Belle.” Belle rise contenta. Poi guardò Rose: “Mio piccolo fiore” e Rose sorrise. Infine abbassò lo sguardo su Excalibur: “E non posso di certo dimenticare la mia prima vera amica che, da cucciolo, mi stava sempre appiccicata” ed Excalibur emise dei versetti e scodinzolò.
Belle si avvicinò a lui. Gli prese le mani e disse: “ Adesso puoi cercare tuo figlio.”
“E lo faremo insieme, come stabilito” aggiunse Gold e, dalla tasca della giacca, estrasse una spilla che attaccò alla giacca di Belle. Questi la osservò. Riguardò Gold e stupita disse: “Non ci posso credere. L’hai tenuta per tutto questo tempo.”
“Come avrei mai potuto separarmene? Era uno dei pochi oggetti che mi erano rimasti di te” disse Gold. Rose si avvicinò alla madre ed osservò la spilla. Guardò il padre, domandogli: “E cosa avrebbe di magico questa spilla?”
“Tuo padre non voleva mai perdermi d’occhio così, quando un giorno mi dovetti recare al villaggio, prima che potessi uscire dal castello, mi diede questa spilla, dicendomi che se me ne fossi andata, se ne sarebbe accorto. Ma già sapevo che teneva a me e non voleva che mi accadesse qualcosa di brutto quando non mi era accanto” spiegò Belle, sorridendo.
Guardarono Gold, che si schiarì la voce ed arrossì leggermente in volto. Poi disse: “Be’… sì… forse era così. Ma ora l’ho anche cosparsa della stessa pozione che ho messo sullo scialle.”
Belle fece un lungo respiro. Poi oltrepassò la linea. Proprio come era successo poco prima a Gold, un’energia le passò per tutto il corpo. Guardò Gold e, mettendogli una mano sulla guancia, gli sorrise, dicendogli: “Tremotino.” Guardò Rose ed aggiunse: “Mia piccola e dolce Rose” e, infine, guardò Excalibur: “E cara Excalibur che mi tenevi compagnia nella mia cella al castello.”
“Cella?! Papà ti teneva in una cella?” chiese stupita Rose.
“Non era una cella. Era… una camera aggiuntiva per gli ospiti dell’ultimo minuto” rispose Gold.
“Con una piccola finestra con le sbarre; umidità e topi. Ci mancavano le tendine ed un bel letto e potevo definirla accogliente” disse Belle.
“Volevo farti ambientare in modo diverso” disse Gold. Belle, Rose ed Excalibur scossero negativamente la testa. Poi Rose mise una mano in tasca, pronta a tirare fuori l’oggetto che aveva preparato per suo padre, quando si sentì uno sparo. La bambina si voltò, per vedere il pirata con la pistola davanti a sé.
“Rose!” gridò Belle. Rose si guardò la spalla destra e vide che stava un po’ sanguinando. Il pirata l’aveva colpita. Lo sguardo di Gold divenne furioso. Fece qualche passo avanti, oltrepassando nuovamente la linea e, mettendosi davanti alla figlia, replicò: “Loro lasciale stare! E’ me che vuoi!”
“Ti farò soffrire come hai fatto tu con me. Vedrai chi ami morire davanti ai tuoi occhi, proprio come è successo con Milah. Incomincerò proprio con la tua adorata mocciosa!” replicò il pirata e cercò di prendere la mira su Rose.
“No! Ti prego non ucciderla! E’ solo una bambina!” disse Belle, andando accanto a Rose.
“Non è solo una bambina! E’ la figlia del signore oscuro. Il suo errore è stato quello di venire al mondo e, ora, la spedirò dove ha il diritto di stare” replicò il pirata.
“Provaci” replicò Gold e nella sua mano formò una palla di fuoco. I quattro non si accorsero di una macchina che stava arrivando a folle velocità. Gold fece sparire la palla di fuoco. Prese Belle e Rose con sé da una parte. Il pirata si voltò, ma non fu abbastanza veloce, perché la macchina lo prese in pieno ma, prima di cadere a terra, riuscì a far partire uno sparo.
Il pirata era a terra. La macchina era andata a finire contro un albero ed il conducente era svenuto e pieno di sangue. Gold si inginocchiò. Andò verso Belle e vide le sue mani sporche di sangue: “Belle, stai sanguinando. Quel pirata è riuscito a spararti” le disse preoccupato.
“No. Ho solo messo le mani a terra. Questo non è il mio sangue” disse Belle. Guardarono Rose che si avvicinò a loro. Gold fu subito al suo fianco: “Bambina mia, stai bene? Non ti ha colpita di nuovo, vero?”
“No e poi la ferita al braccio brucia solo un po’” rispose Rose. Poi vide il sangue sulle mani della madre e disse: “Mamma, stai sanguinando.”
“No, come ho detto a tuo padre non è sangue mio. Ho solo appoggiato le mani a terra” disse Belle.
“Se non è il tuo sangue e nemmeno di Rose, allora di chi è?” domandò Gold. Abbassarono lo sguardo, seguendo la scia di sangue e sbiancarono non appena videro di chi era. Excalibur giaceva immobile in una pozza di sangue. Era lei ad essere stata colpita dalla pallottola.
 



 
Note dell'autrice: Buona sera a tutti miei cari Oncers. Eccomi qua finalmente con la seconda ed ultima parte di questo capitolo con un colpo di scena. Chi ben conosce la serie, Uncino spara a Belle, facendole oltrepassare (anche solo di poco) la linea rossa e perdendo così la memoria. Ma non qua. Purtroppo è Excalibur a beccarsi la pallottola al posto di Belle, mettendosi davanti a lei e, ora, è in pericolo di vita. Speriamo sopravviva ma, conoscendo Tremotino, sicuramente farà tutto per salvarla.
Grazie per tutti coloro che continuano a seguire questa serie; che mettono mi piace o semplicemente passano di qua a leggerla. Grazie alle mie due splendide amiche Lucia e Laura.
Ci vediamo al prossimo aggiornamento, con altri colpi di scena.
Buona notte, dearies
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Salvando Excalibur - Parte I ***





The Rose of true Love - Stagione II
 
 

 
 Capitolo VIII: Salvando Excalibur- Prima Parte
 

Foresta Incantata
 
Era un giorno come tanti gli altri al castello oscuro. Excalibur stava mordendo quello che pareva un pezzo di straccio, quando un’ombra comparve sopra di lei. Alzò lo sguardo, per trovarsi un Tremotino alquanto insoddisfatto. Infatti disse: “Excalibur, mia piccola palla di pelo, ti credevo più ubbidiente, invece vedo che non hai ancora capito che non devi andare a mordere tutto ciò che non è cibo. Spero per te che, quello non si tratta di un pezzo del mio mantello.”
La volpe sputò fuori il pezzo di stoffa. Tremotino si abbassò e, dopo averlo raccolto, lo osservò. Guardò malamente Excalibur, che abbassò le orecchie. Poi replicò: “Sono stanco di trovare pezzi dei miei indumenti infradiciati della tua saliva. Te l’ho già detto parecchie volte che devi comportarti bene. Se da ora in poi troverò solo un altro pezzo di un qualsiasi mio indumento rotto o cosparso della tua saliva, ti farò dormire su di un misero straccio e avrai avanzi per un’intera settimana” e, alzandosi, se ne andò.
Excalibur mugugnò tristemente. Non voleva far arrabbiare il suo padrone, né tanto meno non renderlo orgoglioso. Lui l’aveva sempre trattata bene, allevandola da quando era un cucciolo; salvandola dai cacciatori e proteggendola dal freddo. E’ vero, lei gli trovava oggetti e persone con la magia e lui, in compenso, le aveva donato un sacco di cose e la riempiva sempre di coccole, anche se da quando era arrivata Rose, la maggior parte delle attenzioni erano tutte per lei.
Si alzò, zampettando per il salone. Passò accanto all’arcolaio, alla culla di Rose ed alla sua cesta. Sbucò con il muso fuori dalla porta. Nel corridoio non c’era nessuno. Ne approfittò, quindi, per uscire nel giardino sul retro. Camminò guardandosi intorno, quando si fermò sentendo gracchiare. Alzò lo sguardo. Su il ramo di un albero c’era un corvo e, sotto una zampa, teneva un pezzo di stoffa rosso. Così uguale a parte del mantello di Tremotino. Quel mantello che giorni prima lei stessa aveva rotto in giardino.
 

Strorybrooke

 
Gold, Belle e Rose erano inginocchiati accanto ad un Excalibur priva di sensi e in una pozza di sangue. Gold avvicinò le mani alla sua adorata volpe e, con gli occhi lucidi, disse: “Excalibur, bella di papà, non puoi andartene. Ti prego, piccola mia” e la toccò, sporcandosi le mani di sangue. Poi però Belle notò qualcosa. Quindi disse: “Tremotino, guarda” e puntarono lo sguardo sulla pancia della volpe. Andava su e giù.
“Respira ancora. È viva” disse Rose.
“Dobbiamo subito portarla in ospedale” disse Gold e, prendendo Excalibur tra le sue braccia, si alzò, aiutato da Belle. Dopo che anche Rose si fu alzata, domandò: “In ospedale? Ma non è un essere umano.”
 “Non me ne importa nulla! La mia volpe non morirà!” replicò Gold.
In quel momento, arrivò la macchina dello sceriffo, dalla quale scesero Emma e David. Rimasero senza parole nel vedere la scena davanti a loro. Guardarono Belle, Rose e Gold e, quando videro quest’ultimo con in braccio Excalibur piena di sangue, Emma chiese: “Che cosa è successo?”
“E’ una storia un po’ lunga, ma noi non abbiamo tempo. Excalibur sta per morire e non voglio che accada ciò” rispose Gold e si diresse verso la Cadillac. Belle lo seguì.
David si avvicinò alla macchina, guardando il conducente svenuto. Poi vide il pirata a terra, anch’egli nelle stesse condizioni. Infine si voltò e domandò: “Chi sono questi due? Li conoscete?” Gold si fermò e, voltandosi, replicò: “Come ho detto prima non ho tempo da perdere. Sono affidati a voi” e, rivoltandosi, con una mano aprì una portiera.
Emma guardò Rose, che la guardò a sua volta. Notò la spalla sporca di sangue: “Rose, la tua spalla sanguina. Che cosa è successo?”
“Ecco… io…” iniziò col dire Rose, ma venne interrotta da un furente Gold: “Rose! Andiamo! Muoviti!”
“Io… devo andare” disse Rose e corse dai genitori. Emma si recò da David.
Rose raggiunse i genitori. Gold stava per salire dalla parte del conducente, quando Belle propose: “Guido io.” I due la guardarono in modo stupito e Rose chiese: “Ma mamma, sai come si fa? Non ti ho mai vista guidare un’auto prima d’ora.”
“Mi ha un po’ insegnato Ruby. Ma Tremotino, ora non sei in condizioni di guidare. Sei troppo nervoso e faremo sicuramente un incidente, così in ospedale dobbiamo essere curati tutti” disse Belle.
Rose guardò Gold il quale, dopo aver sospirato, disse: “E va bene” e salì sul sedile posteriore. Belle salì al posto di guida, mentre Rose in quello del passeggero. Si mise velocemente la cintura, mentre la madre girò la chiave, avviando la macchina. Poi disse: “Non ci voleva molto” e mise le mani sul volante. Ma… non accade nulla.
“Tesoro, devi mettere la retromarcia se vuoi che ci muoviamo” disse Gold.
“Ah… sì…be’… la stavo giusto mettendo” disse Belle e si guardò intorno. Rose volse lo sguardo all’indietro, domandando: “Papà, posso guidare io? Intanto l’ho già fatto.”
“Sì e per poco non finivi contro un muro. Non se ne parla” rispose Gold. Rose riguardò avanti, mugugnando. Finalmente Belle riuscì a mettere in retromarcia e, dopo che ebbe girato la macchina, si avviarono.
Gold guardava costantemente Excalibur, la quale respirava affannosamente, continuando a perdere sangue. Di tanto in tanto, Gold le tamponava la ferita, ma l’adorata volpe non si svegliava ed era sempre più debole. Finché, frenarono bruscamente.
“Perché accidenti ci siamo fermati?!” chiese Gold, guardando avanti.
“C’è il semaforo rosso. Non posso passare. O, almeno, questo è ciò che mi ha spiegato Ruby” rispose Belle.
“Cavolo Belle, non c’è nessuno. Passa” disse Gold.
“Ma poi prenderai una multa” disse Belle.
“Passa e basta! Non mi interessa della multa! Excalibur sta per morire. Non abbiamo tempo da perdere!” replicò Gold e Belle ripartì.
Poco dopo, arrivarono all’ospedale. In fretta e furia, Gold, Belle e Rose entrarono a passo spedito nell’edificio e, appena videro il dottor Whale, si avvicinarono a lui, chiamandolo. Costui, si voltò e sgranò gli occhi non appena vide Excalibur sanguinante tra le braccia di Gold. Quindi disse: “Spero che si tratti di uno scherzo.”
“Non sono mai stato il tipo da scherzi. Deve salvare la vita alla mia volpe e lo deve fare subito” disse Gold.
“Non sono un veterinario e questo non è il posto adatto. Qua si salvano le persone e non gli animali. Trovate la persona giusta” disse Whale e, mettendosi lo stetoscopio attorno al collo, si incamminò.
“Non finisce qui Whale! Questa me la paghi! Sei senza cuore!” urlò Gold.
Chi era presente lo guardò, così come Whale che, voltandosi, gli disse: “Così, sarei io quello senza cuore? Ma vogliamo parlare di lei quando, in passato, ha visitato il mio mondo perché così interessato alla mia scienza. Si era messo d’accordo con me e quello strambo cappellaio, solo per far soffrire Regina. Alla fine lei ha ottenuto ciò che voleva, mentre io… io ho perso mio fratello e sono caduto nella pazzia. Il senza cuore qui è lei, quindi buona fortuna con la sua volpe” e, voltandosi, se ne andò.
Gold lo guardò andarsene. Poi guardò furente i presenti che, subito, si voltarono da un’altra parte, ritornando alle loro mansioni. Infine, uscì dall’ospedale. Rose e Belle lo seguirono. Lo trovarono di fronte alla Cadillac, con lo sguardo abbassato su Excalibur. Mentre si avvicinarono a lui, disse: “Morirà. La mia volpe morirà e tutto per causa mia. Sta soffrendo, perché in passato ho commesso solo del male. Lei non merita tutto ciò.”
“Tremotino, ascolta, troveremo sicuramente un veterinario che ci aiuterà. Ne sono sicura” disse Belle, mettendogli una mano sulla spalla.
“Nessuno vuole aiutarci. Perché… sono io. Essendo il signore oscuro, vogliono starmi alla larga e farmi soffrire” disse Gold.
Si sentì un tuono ed iniziò a piovere. Sembrava che tutto fosse contro di loro. Ma a Rose venne in mente un’idea. Quindi disse: “Forse io so chi ci può aiutare.” Belle e Gold la guardarono.
Poco dopo, Belle fermò la macchina davanti ad una casa diroccata. Scesero e, mentre camminavano per il vialetto, Belle domandò: “Tesoro, come mai ci hai portati qua? Sembra non viverci nessuno da molto tempo.”
“Fidatevi di me” disse Rose ed entrò, seguita dai genitori. Salirono su per le scale, arrivando a quella che pareva una mansarda. Gold e Belle si guardarono intorno, notando una tavola sopra alla quale erano presenti tante piccole sculture in legno.
Rose si fermò, così come i genitori. Nell’ombra c’era nascosto qualcuno. La bambina lo chiamò: “Victor, sono io: Rose. Vieni fuori. Non avere paura” ma, chi era nascosto, non si mosse. Fu però un forte lampo che, squarciando il cielo, lo illuminò. Belle si mise una mano sulla bocca e Gold inarcò un sopracciglio. Poi la donna disse: “Quasimodo. Quanto tempo che è passato.”
A quel punto, il ragazzo deforme si mostrò. Titubante disse: “La… Lady Belle. Siete sempre bella come allora” e la donna sorrise. Poi guardò Gold ed aggiunse: “Padrone, ha un aspetto diverso, ma è sempre lei.”
“Victor è bello rivederti” disse Gold. Il ragazzo spostò lo sguardo su Rose, quando gli disse: “Victor, abbiamo bisogno del tuo aiuto. Excalibur sta per morire. Siamo andati in ospedale, ma il dottor Whale non vuole aiutarci.”
“Ma io… io… io non so se… “ disse balbettando Victor.
“Quasimodo ti prego, sei la nostra ultima speranza. Ricordati i tempi passati al castello oscuro e di quando Excalibur fosse tua amica. Noi abbiamo in fiducia per che so che tu puoi riuscirci. È già successo” disse Belle.
Rose la guardò, per poi rivolgere lo sguardo su Victor. Questi guardò la famiglia. Famiglia. Un concetto che gli era stato negato fin in fasce, ma poi ritrovato proprio grazie a loro. Al Signore Oscuro e Belle, doveva la sua libertà da quel mondo vissuto in una gabbia. Lo avevano protetto e fatto sentire parte di una nuova vita. E ora erano lì a chiedergli aiuto per salvare Excalibur.
Andò, quindi, verso la tavola e, dopo aver spostato tutte le sculture in legno, disse: “Portatela qui.”
Gold, insieme a Belle e Rose, si avvicinò e depositò delicatamente la volpe sulla tavola. Victor la guardò. La volpe respirava a fatica e stava perdendo molto sangue. Non c’era più tempo da perdere.
“Grazie” gli disse semplicemente Belle, guardandolo.
“La vostra volpe è ancora in pericolo. Mi ringrazierete quando le avrò salvato la vita” disse Victor, non guardandola.
“Come possiamo aiutarti?” chiese Rose.
“Mi servono asciugamani; acqua; forbici e una pinza” rispose Victor e Belle e Rose corsero a prendere tutto il necessario. Gold, invece, rimase lì, accanto ad Excalibur, mentre teneva una mano sulla sua guancia.
“Cercherò in ogni modo di salvare la sua volpe” disse Victor.
“Ti conviene e, se dovesse morire, subirai delle tremende conseguenze per mano mia” replicò Gold, guardandolo minacciosamente.
“Una volta non era così crudele con me. O, almeno, non così tanto” disse Victor.
“Tu salva la mia volpe e poi vedremo” replicò Gold e, abbassandosi, avvicinò il viso a quello di Excalibur, per poi sussurrarle: “ Tieni duro, piccola mia. Devi farcela. Il papà è qua accanto a te.”
Victor lo guardava in silenzio, poi spostò lo sguardo quando ritornarono Belle e Rose con l’occorrente. Preparò il tutto e, alla fine, accese una lampada in modo da poter illuminare al meglio la parte che avrebbe operato. Nessuno osava parlare, ma quel silenzio venne interrotto dal fragore dei tuoni e lampi del temporale.
Victor prese in mano un coltello. Gli tremava la mano mentre lo avvicinava alla profonda ferita sull’addome della volpe. Belle guardò Rose, dicendole: “Forse è meglio se non guardi.”
“Allora me ne sarei rimasta in macchina” disse Rose ed entrambe riguardarono Victor, il quale coltello era sempre più vicino alla ferita. Ma…

 
Foresta Incantata – anni prima

 
Belle si trovava nella sua camera da letto – ed anche quella di Tremotino, seduta accanto alla finestra. Stava osservando il giardino sul retro, mentre teneva in grembo Rose. La bambina era sveglia e guardava la madre.
Tremotino entrò nella stanza e, mentre si avvicinava a Belle, disse: “Ancora guardi fuori dalla finestra? Ma non ti sei stufata? Dopotutto, ci sono sempre le stesse cose.”
“Dici così anche quando sto leggendo” disse Belle, spostando lo sguardo su di lui.
“Quello era prima che avessi Rose. Ora è giusto che passi più tempo con lei… e con me” disse Tremotino, sorridendo maliziosamente all’ultima parte di frase. Belle si alzò e, riguardando fuori dalla finestra, disse: “ Il roseto, quest’anno, è ancora più bello. Forse potrebbe c’entrare Rose.”
“Dubito che una neonata possa far fiorire delle rose. Quello è compito delle fate. Quelle odiose esserine svolazzando sempre in posti dove è difficile schiacciarle e poi, la mia bambina non può fare ciò. È figlia mia. Lei ha la tua bellezza e il mio potere” disse Tremotino e, con un dito, grattò il pancino di Rose, facendola ridere.
“Vorrei poterlo vedere più da vicino. Prenderò delle rose. Credo che starebbero bene nella nursery di Rose” disse Belle.
“La nostra piccola potrà anche portare il loro nome, ma rimarrà sempre lei l’unica rosa che vorrei all’interno di queste mura. Oltre ovviamente alla sua bellissima mamma” disse Tremotino e Belle arrossì leggermente. Poi disse: “Hai ragione. Non abbiamo bisogno di altre rose. Ne abbiamo già una molto speciale” e, alzò a mezz’aria Rose, la quale rise.
Tremotino si affiancò a lei ed entrambi guardarono sorridendo la loro bambina, non accorgendosi che, proprio accanto al roseto, comparve Excalibur. La volpe, con sguardo alzato, continuava a guardare il corvo, che teneva stretto con una zampa, il pezzo di straccio rosso.
Excalibur emise dei versetti, mentre il corvo gracchiò. Era evidente che non avrebbe mollato il suo “tesoro.” La volpe mugugnò. Se avesse ripreso quel pezzo di stoffa, il suo padrone l’avrebbe premiata.
Pensò quindi ad un modo per far scendere quel corvo e, soprattutto, impedirgli di portarsi via o, peggio, rompere ancora di più il pezzo di stoffa. Si guardò intorno, alla ricerca di qualcosa da utilizzare per scacciare quel corvo. Sfortunatamente non trovò nulla o, almeno, i rami presenti nel giardino non erano abbastanza lunghi da arrivare al corvo. Le rimase un’unica possibile soluzione.
Si avvicinò ancora di più all’albero e, cercando di non toccare le punte del roseto, riuscì ad attaccarsi con tutte le unghie che aveva a disposizione, al tronco. A fatica riuscì ad arrampicarsi, seppur ciò non rientrava nella sua natura. Avrebbe preferito di più starsene nella sua cesta ad oziare o mangiare una bella bistecca, ma si sarebbe scordata tutto ciò se non avesse ripreso quel pezzo di stoffa. Tremotino teneva molto ai suoi indumenti e non era la prima volta che la rimproverava. Non poteva rischiare ancora.
Arrivò al ramo dov’era appollaiato il corvo. Questi, si voltò e gracchiò. Excalibur mugugnò e, con una zampa, tentò di riprendersi il pezzo di stoffa, ma il suo era un temibile avversario. Egli si alzò a mezz’aria e sbattè le ali, facendo indietreggiare Excalibur. Per poco, la volpe non cadde dal ramo, ma riuscì a tenersi ben stretta. Ringhiò contro il corvo, ma costui non si spaventò nemmeno un po’ .
Si abbassò e fece un balzo, ma… il corvo si librò nuovamente. Excalibur perse la presa e cadde. Il roseto era sempre più vicino, così come il suolo.
Il corvo guardava in basso, rimanendo in silenzio.
Poco dopo, Belle, Rose e Tremotino uscirono nel giardino del retro.
“Ricordati Belle, ti porto al roseto solo per guardare le rose e non prenderle. Ne tieni già una in braccio” disse Tremotino e Rose rise. Ma, appena arrivarono al roseto, rimasero senza parole. Belle si portò una mano sulla bocca e strinse Rose a sé, coprendole il viso contro il suo petto.
Tremotino, invece, rimase immobile, come se fosse diventato improvvisamente di pietra. Davanti a loro, c’era Excalibur conficcata tra le spine del roseto. Poi corse verso di lei, inginocchiandosi. Allungò le mani tremanti. La volpe non si muoveva e stava perdendo molto sangue.
Riuscì a prenderla delicatamente. La guardò, mentre gli si annebbiò la vista. Belle stette in disparte, con Rose che iniziò ad agitarsi, percependo molto probabilmente che qualcosa non andava.
Avvicinò il viso, dicendole: “Excalibur, il papà è qui. Dai, svegliati piccola mia. È ora di ritornare dentro” e le toccò una guancia. Ma la volpe non si mosse. Stava perdendo molto sangue ed aveva una profonda ferita sull’addome.
Belle si avvicinò a Tremotino. L’osservò in silenzio, per poi spostare lo sguardo su Excalibur e fu in quel momento che notò una cosa. Quindi disse: “Tremotino, respira ancora. Il suo petto va su e giù.”
Il Signore Oscuro sembrò riprendere il battito, come se a quel momento, il suo cuore si fosse fermato. Prese tra le braccia la volpe, stringendola a sé e, mentre si rialzava, Belle disse: “Dobbiamo subito trovare un veterinario.”
“E dove lo troviamo un veterinario nella foresta incantata? E, poi, diciamo la verità: chi verrebbe nella mia dimora? Non troveremo nessuno in tempo per poter salvare la vita della mia adorata Excalibur “sospirò” Anche se ancora non riesco a capire di come possa essere caduta nel roseto” disse Tremotino. Sentirono gracchiare. Alzarono lo sguardo, per vedere il corvo che li stava guardando a sua volta. Gracchiò nuovamente e, volandosene via, lasciò cadere a terra il pezzo di stoffa.
Belle si avvicinò e abbassandosi, tenendo sempre stretta a sé Rose, lo prese in mano. Si voltò verso Tremotino, il quale disse: “Quello sembra un pezzo del mio vecchio mantello. Excalibur deve averlo visto e… no… non è possibile.”
“Che cosa? Cosa non è possibile?” domandò Belle.
“Poco fa ho beccato Excalibur che stava mangiando un pezzo di indumento. Così, pensando che fosse il mio, l’ho rimproverata. Dopo aver visto quel pezzo di stoffa nella zampa di quel corvo, deve aver cercato di prenderlo per non farmi più arrabbiare e, ora, non le potrò più dire di quanto sia sempre stata una volpe fedele ed amica” rispose Tremotino. Gli occhi gli divennero di nuovo lucidi e strinse a sé la volpe.
Belle si avvicinò a lui, dicendogli: “Non ti disperare. Vedrai che troveremo qualcuno.”
“Vorrei poter avere la tua stessa fiducia ma, più il tempo passa,  e più la mia Excalibur perde le forze. Non voglio dirle addio” disse Tremotino e strinse a sé la volpe.
In quel momento, un po’ distante da loro, passò Quasimodo mentre teneva in mano della legna appena tagliata. Si soffermò ad osservare la scena, cercando di vedere meglio ciò che Tremotino teneva tra le braccia.
Rose, vedendolo, rise. Belle e Tremotino si voltarono e, fu in quel momento, che il gobbo sbiancò, vedendo la volpe insanguinata tra le braccia del padrone, facendo anche cadere la legna a terra. Alzò lo sguardo, incrociando quello poco benevole del signore oscuro, non osando proferire parola.
Si abbassò per riprendere la legna ed andarsene, quando Belle lo fermò: “No, aspetta. Forse tu puoi aiutarci.”
“Belle, non essere sciocca. E’ chiaro che il ragazzo non sappia nulla di ciò” disse Tremotino. Belle lo guardò, dicendogli: “Ma dobbiamo pur tentare il tutto per tutto” e, riguardando Quasimodo, aggiunse: “Excalibur sta morendo e nessuno arriverà mai in tempo per salvarla. Ma forse tu…”
“Io… io non credo che…” disse titubante Quasimodo. Belle si avvicinò a lui e, prendendogli una mano, mentre con l’altra teneva Rose stretta al suo petto,  gli disse: “Ti prego, sei la nostra ultima speranza. Abbiamo fiducia in te. Aiutaci.”
Quasimodo la guardò. Lo stava implorando. Loro stessi lo avevano aiutato tempo prima, salvandolo da quel circo crudele. Guardò Tremotino e poi la volpe priva di sensi tra le sue braccia. Riguardò la donna e semplicemente annuì. Belle, gli sorrise con le lacrime agli occhi, mentre il signore oscuro si limitò a stringere a sé  Excalibur.
Poco dopo e dopo aver messo Rose nella sua culla, Quasimodo, Belle e Tremotino si trovavano nella torre di quest’ultimo. Osservavano Excalibur, deposta sulla tavola, mentre respirava affannosamente. Belle guardò Quasimodo, chiedendogli: “Che cosa ti serve?”
“Asciugamani; acqua calda; forbici e una pinza” rispose Quasimodo e Belle, insieme a Grachen e Dove, che erano sulla soglia della porta, andò a prendere l’occorrente. Il ragazzo riguardò la volpe. Allungò una mano per toccarla, ma Tremotino gli bloccò il polso. I due si guardarono ed il signore oscuro disse: “Bada di salvarle la vita, ragazzo, o non solo sarò ben lieto di buttarti fuori da qua, ma ti farò rimpiangere di essere nato.”
Quasimodo deglutì. Tremotinò gli lasciò il polso e, portando una mano sulla guancia di Excalibur, le disse: “Andrà tutto bene. C’è qua il papà. Resisti, mia piccola amica.”
Quasimodo si massaggiò il polso. Guardò lateralmente in modo pensieroso. Sarebbe davvero riuscito a salvare la vita della volpe? Conseguenze ben più amare lo avrebbero atteso se non ci fosse riuscito. Entrambi alzarono gli sguardi, quando ritornarono Belle, Grachen e Dove. Tutti guardarono Quasimodo e, in quel momento, il ragazzo avrebbe voluto trovarsi da un’altra parte.
Poco dopo Quasimodo, tenendo in mano un piccolo coltello, osservava in silenzio la volpe, per poi porre lo sguardo sul coltello.
“Hai mai operato prima?” domandò Belle.
“Una volta, al circo, mi sono preso cura di un uccellino. Aveva una ferita al petto e ad un’ala” rispose Quasimodo.
“E lo hai salvato?” chiese Belle. Quasimodo la guardò, ma non rispose.
“Lo sapevo. È tutta una perdita di tempo. Avrei fatto prima a curarla con la magia” replicò Tremotino.
“E allora perché non lo hai fatto?” domandò Belle, guardandolo. Tremotino si limitò ad abbassare lo sguardo. Poi Belle, dopo aver sospirato, disse: “Bene, Quasimodo, ora tocca a te” Il gobbo stava per procedere con l’incisione, ma Tremotino, avvicinandosi, replicò: “Non ti permetto di toccarla ! La ucciderai !”
“Perché non esci ? Qua ci pensiamo noi” gli propose Belle.
“No. Voglio rimanerle accanto” disse Tremotino. Belle gli andò vicino e, dopo avergli preso le mani, disse: “Sei scosso e preoccupato. Non saresti molto d’aiuto. Prenditi una boccata d’aria. Verrò ad avvisarti quando sarà finito.”
“E’ la mia volpe. Non voglio che muoia” disse Tremotino con sguardo lucido. Belle lo baciò su una guancia, per poi condurlo fuori. Poi però, si fermarono ed il signore oscuro volse lo sguardo, guardando Excalibur, la quale faticava sempre di più a respirare. Riguardò avanti ed uscì, mentre Belle, rimase con Quasimodo e Grachen.
Una volta in corridoio, Tremotino se ne rimase lì, immobile. Era arrabbiato, perché non poteva essere d’aiuto per la sua adorata volpe. Strinse i pugni, lanciando poi due palle di fuoco, distruggendo alcuni vasi e cose varie. Infine, svanì in una nube viola.
Riapparve davanti alla culla di Rose. L’osservò. Si avvicinò e, dopo averla presa delicatamente in braccio, cercando di non svegliarla, si sedette su una sedia a dondolo lì accanto e stette ad aspettare. Aspettare che quel ragazzo salvasse la vita alla sua volpe.
Il tempo trascorreva lentamente, forse troppo per Tremotino. Stava ancora lì, seduto su quella sedia a dondolo, mentre stringeva a se’ una Rose addormentata. Nessuno era ancora andato a dargli notizie e sperava tanto che l’operazione stesse andando bene.
Baciò Rose sulla testa, per poi dirle: “Quasimodo sta cercando di salvare la vita alla nostra Excalibur. Non voglio che muoia. Sai, quando era solo un cucciolo, non volevo nemmeno che mi girasse intorno. La ritenevo solo una grossa perdita di tempo. Poi però, ho incominciato a volerle bene come una figlia. Mi è sempre stata accanto e, ora, rischio di non rivederla mai più.”
Rose si mosse, ma non si svegliò. Tremotino fece un piccolo sorriso. Di solito, per pensare ad altro, filava all’arcolaio, ma preferiva passare quel momento con la figlia. Non avrebbe mai potuto usare la magia per salvare Excalibur: sarebbe stato un grosso prezzo da pagare e, a rimetterci, non sarebbe stato solo lui, ma anche la sua volpe e, uno spirito della foresta, non doveva mai essere toccato dalla magia oscura. Avrebbe potuto portare terribili conseguenze alla natura circostante e non solo.
Strinse a se’ la sua bambina, socchiudendo gli occhi e continuando ad aspettare quando, sulla soglia della porta, comparve Dove. La fedele guardia del corpo rimase lì, in silenzio. Non voleva disturbarlo. Poi però Tremotino disse: “Spero tu mi porti buone notizie, se no puoi anche andartene.”
“L’operazione è ancora in corso” rispose Dove.
“Tutto qui?” chiese Tremotino.
“Mi dispiace, ma non c’è altro per ora” rispose Dove. Vi fu silenzio. Dove stava per andarsene, ma Tremotino propose: “Perché non rimani qua a farmi compagnia?”
“Pensavo volesse rimanere solo con sua figlia” disse Dove. Tremotino riaprì gli occhi e, guardando Rose, disse: “Adoro stare da solo con la mia piccolina ma, purtroppo, non sa ancora parlare e, in questo momento, ho bisogno di qualcuno con cui sfogarmi. La vita della mia volpe è nelle mani di un ragazzo che intaglia animali con la legna. “Sospirò” Di solito filo all’arcolaio, ma oggi la mia mente pensa solo ad Excalibur” e guardò l’uomo. Costui gli domandò: “Vuole che le porti qualcosa? Del tè, per esempio?”
Tremotino si limitò a scuotere negativamente la testa. Poi Dove aggiunse: “Ho notato che c’è un gran pasticcio fuori dalla vostra camera.”
“Sì, è stata colpa mia. Ero arrabbiato e… dovevo fare qualcosa. Ma, lascia stare: sarà compito di Grachen pulire tutto. Così mi starà alla larga” disse Tremotino. Dove si andò a sedere accanto a lui, mentre il signore oscuro si aggiustò meglio Rose tra le sue braccia. I due si guardarono, per poi porre lo sguardo sulla neonata. Ed aspettarono.
Nello stesso momento, Quasimodo era fermo sul ventre di Excalibur. Teneva in mano il coltello, ma non proseguiva. Aveva già tolto gran parte delle spine dal muso e dalle zampe. Ora mancava la parte più complicata.
“Qualcosa non va?” chiese Belle.
“Io… io non so dove incidere” rispose Quasimodo.
“Ma avevi detto di averlo già fatto” disse Grachen.
“Sì, ma il ventre di quell’uccellino non era così complicato come quello di questa volpe. Non so come proseguire” disse Quasimodo. Belle e Grachen si guardarono in modo preoccupato, ma poi Belle, mettendo una mano sulla spalla di Quasimodo, gli disse: “Non devi avere paura. Ce la farai, Noi crediamo in te ed anche Tremotino. Devi solo avere fiducia.”
“Il padrone mi farà fuori se non salverò la sua volpe” disse Quasimodo.
“Non ti preoccupare: è da quando sono qua, che ricevo le sue minacce di morte più volte al giorno” disse Grachen. Quasimodo la guardò in modo preoccupato, mentre Belle scosse negativamente la testa. Tutti e tre, poi, riguardarono la volpe e Quasimodo allungò il coltello verso il ventre dell’animale.





Note dell'autrice: Ed eccomi qua finalmente con la prima parte di un nuovo capitolo. Volevo già far andare Gold a New York per... be'... sapete già per cosa, ma ho voluto cambiare un pò' le cose. Dopotutto, Belle non ha perso la memoria, quindi già qualcosa è cambiato e qualcun altro, come avete letto, si è beccato la pallottola al posto suo e, ovviamente, Gold non lascerà mai la sua adorata volpe senza prima salvarla. Ma chi la salverà? Victor ( alias Quasimodo) sarà veramente in grado?
Grazie infinite per tutti coloro che continuano a seguire la storia, seppur viene aggiornata a rilento. Grazie a chi l'ha messa tra le preferite e seguite e chi la recensisce.
Grazie alle mie due splendide amiche Laura e Lucia
Con ciò ci vediamo alla seconda parte del capitolo. Buon 2 giugno e sogni "Gold" a tutti






 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Salvando Excalibur - Parte II ***





The Rose of true Love - Stagione II
 
 

 
 Capitolo VIII: Salvando Excalibur- Seconda Parte
 

Storybrooke
 
Belle, Rose e Gold osservavano Victor, mentre allungava il coltello verso il ventre di Excalibur. Era vicino, quando un lampo squarciò il cielo e il ragazzo, sobbalzando per la paura, prese contro il tavolo. Si fermò e alzò lo sguardo, incrociando quello poco benevole di Gold. Deglutì per poi riguardare Excalibur. Allungò il coltello, ma si fermò.
“Lo sapevo che sarebbe stata solo una perdita di tempo! E ora Excalibur sta morendo solo perché tu non sai come proseguire! Sei solo un ragazzo incapace ! Avrei dovuto sbatterti fuori da questa cittadina tempo fa !” replicò arrabbiato Gold. Belle andò da lui e, mettendogli le mani sulle spalle, propose: “Perché non esci con Rose ? Rimango qua con loro. Ti farà bene pensare ad altro.”
“Belle, sii realista: come posso pensare ad altro, quando la vita della mia volpe è nelle mani di un ragazzo che è capace solamente di intagliare animali con la legna?” replicò Gold.
“Credimi è meglio così e, poi, dobbiamo avere fiducia in lui. Se ti ricordi, ha già salvato Excalibur in passato e sono sicura che ci riuscirà anche stavolta” disse Belle. Gold la guardò. Poi spostò lo sguardo su Victor e, puntandogli un dito contro, replicò: “Bada ragazzo. Salvale la vita o morirai per mano mia!” e, voltandosi, uscì.
“Non diceva sul serio. Stai tranquillo” disse Rose. Belle si voltò verso di lei, dicendole: “Tesoro, va’ con tuo padre. Ha bisogno di compagnia.”
“Ma devo proprio?” domandò Rose. La madre annuì e Rose, dopo aver sbuffato, raggiunse il padre. Lo trovò seduto su un vecchio divano, mentre guardava per terra con i polpastrelli delle dita congiunti davanti alla bocca ed i gomiti sui braccioli. Si avvicinò, sedendosi accanto a lui. Ci fu silenzio. Di tanto in tanto, Rose guadava il padre, che non accennava ad alzare lo sguardo. Si abbandonò allo schienale del divano e si schiarì la voce un paio di volte. Ma nulla. Il padre continuava a tenere lo sguardo abbassato.
Il temporale echeggiava rumorosamente fuori, mentre il vento penetrava tra le tegole poco stabili del tetto, come se potesse crollare da un momento all’altro. Rose decise di rompere quel silenzio: “ E’ vero che Victor ha già salvato la vita di Excalibur?” Ma Gold non rispose. Rose sbuffò. Se avrebbe passato il tempo così, sarebbe stato noioso ed interminabile. Quindi disse: “Senti, lo so che sei preoccupato. Lo siamo tutti, ma non c’è motivo di non parlarmi. Forse faresti meglio a sfogarti. Se ti può far felice, l’altro giorno a scuola ho preso un sei in matematica. Non è molto, ma è sempre meglio di quel quattro di tempo fa.”
Gold rimase in silenzio. Era chiaro che non avrebbe detto una parola, finché Victor non avesse salvato la vita di Excalibur. Rose lo guardò tristemente. Voleva tirarlo su di morale, ma probabilmente in quel momento voleva semplicemente rimanere da solo.
Si alzò pronta ad andarsene, ma qualcosa la bloccò. Volse lo sguardo, per vedere Gold che l’aveva presa per mano. Si guardarono. Poi Rose ridusse le distanze tra loro,  andandosi a sedere sulle sue ginocchia ed appoggiando la testa contro il suo petto. Gold la strinse a se’, mentre le accarezzava i capelli.
“Andrà tutto bene, papà. Excalibur è forte: ce la farà” disse Rose. Gold si limitò ad appoggiare la testa sopra quella della figlia, socchiudendo gli occhi e sospirando.
Victor era riuscito ad incidere il ventre di Excalibur, mentre Belle spostò la piccola lampada, in modo che il ragazzo vedesse meglio. Con delle garze toglieva il sangue in eccesso, per poi cercare la pallottola. Non doveva perdere più tempo o la volpe sarebbe morta.
Cercò quella maledetta pallottola, incastrata chissà dove, quando… la trovò. Belle gli consegnò le pinze, con le quali prese delicatamente la causa di tutto. La estrasse ed i due la guardarono. Così piccola, eppure così letale.
Dopo averla depositata su un piattino, proseguì.
Poco dopo, Belle raggiunse Gold e Rose. I due, vedendola arrivare, si alzarono. Si guardarono. La donna aprì bocca e pronunciò quelle due parole che aspettavano da tempo… oppure no.

 
Foresta Incantata – anni prima

 
Una dopo l’altra, Quasimodo aveva tolto le punte del roseto dal petto di Excalibur, mettendole in un piattino lì vicino. La volpe continuava a sanguinare. Le aprì l’addome e, con delle garze consegnatele da Belle, tamponò tutte le ferite presenti.
Una volta finito, richiuse, avvolgendo delle bende intorno alla pancia di Excalibur. Guardò Belle che gli sorrise, mentre Grachen si limitò a buttare le garze sporche.
“Sei stavo bravissimo. Sapevo che ci saresti riuscito” disse Belle.
“Il padrone… dovrei avvertirlo” disse Quasimodo.
“Vado io. Tu riposati e rimani qua con Excalibur, mentre Grachen mette a posto” disse Belle ed uscì dalla stanza. Gli bastò poco, per trovarlo nella nursery, mentre teneva Rose tra le braccia e Dove seduto accanto a lui. I due la guardarono. Tremotino fu il primo ad alzarsi e, tenendo sempre stretto a se’ la figlia, si avvicinò alla donna per poi chiederle: “Allora, come è andata? Non dirmi che…”
Belle sorrise e, mettendogli una mano sulla guancia, rispose: “E’ viva e starà bene” Gli occhi di Tremotino divennero lucidi. Non poteva sentire parole più belle.
Rose si mosse, svegliandosi. I genitori la guardarono e Tremotino, dopo averla baciata sulla testa, disse: “Mio piccolo fiore, la tua sorellona è viva e presto ritornerà a giocare con te” e Rose gorgogliò allegramente.
“Perché non vai da lei? Credo che la prima persona che voglia vedere appena sveglia, sia tu” propose Belle. Tremotino le consegnò Rose, accarezzandola sulla testa. Poi uscì, raggiungendo in poco tempo la sua camera. Ma si fermò. Excalibur era stata depositata su di un panno sopra il letto. Delle bende coprivano la sua pancia.
Quasimodo alzò lo sguardo e osservò in silenzio Tremotino, mentre entrava nella stanza e, dopo essersi avvicinato al letto, si abbassò, mettendo una mano sulla testa di Excalibur.
Il ragazzo decise di lasciarli da soli. Stava per uscire, ma Tremotino disse: “Sei stato molto bravo.” Quasimodo si voltò per poi dire: “Ho… ho solo cercato di salvarle la vita.”
Tremotino lo guardò e disse: “Ne parli come se fosse cosa da poco. Per me è tanto. Excalibur non avrebbe meritato di morire, quindi… grazie.” Quasimodo rimase senza parole. Mai prima d’ora il signore oscuro l’aveva ringraziato. Si limitò ad abbassare il capo per poi uscire. Tremotino l’osservò, ma poi riporse lo sguardo sulla sua adorata volpe, continuando ad accarezzarla.

 
Storybrooke
 

Gold e Rose guardarono in silenzio Belle. La donna aprì bocca, pronunciando quelle due parole che stavano aspettando: “E’ salva.” A Gold ritornò il respiro. Si portò una mano sul petto, come se il suo cuore fosse ripreso a battere.
“Lo sapevo che Victor ci sarebbe riuscito” disse Rose.
“E… e come sta?” domandò Gold.
“E’ stabile e sta riposando. Puoi andare da lei, ma non essere troppo severo con quel ragazzo: prima dell’operazione lo hai spaventato a morte” rispose Belle, mettendogli le mani sulle spalle.
“Ero fuori di me dalla rabbia. Excalibur si è beccata una pallottola al posto di Rose  e nessuno voleva aiutarci per salvarla” disse Gold.
“Ora sono tutte e due sane e salve” disse sorridendo Belle.
“Non me lo sarei mai perdonato se le avessi perse entrambe” disse Gold e guardò Rose, la quale fece un piccolo sorriso. Poi riguardò Belle, che disse: “Ora va’ da lei” e Gold se ne andò. Rose si affiancò alla madre, la quale la strinse contro di sé.
A passo spedito raggiunse Victor ed entrò lentamente nella stanza, avvicinandosi alla tavola dove Excalibur era stata operata. Le mise una mano sulla testa, mentre la volpe apriva gli occhi. A Gold divennero gli occhi lucidi per poi dire: “Ehi, ciao piccolina. C’è qua il tuo papà. Andrà tutto bene. Sei viva e non permetterò mai più a nessuno di farti del male” A fatica Excalibur scodinzolò. Gold sorrise. Alzò lo sguardo incrociando quello di Victor. Il ragazzo sbiancò, pronto già ad un’altra sgridata, ma Gold si limitò a dirgli: “Grazie.”
“Dovere… padrone” disse Victor.
“Le hai salvato di nuovo la vita. Sono in debito con te” disse Gold.
“Oh, no, questo no, padrone. Lei non deve essere in debito con me. Sono io quello che la dovrei ringraziare” disse Victor e, dopo che Gold ebbe alzato un sopracciglio, continuò: “ Lei e Lady Belle mi avete salvato dal mio perfido padrone, liberandomi dal circo. Mi avete donato una casa, con cibo e tetto sopra la testa ma, soprattutto, una famiglia. Senza il vostro aiuto, sarei ancora prigioniero di quella vita piena di dolore e crudeltà, dove la gente mi vedeva solo come un mostro. Quindi… grazie.”
Gold era rimasto in silenzio. In passato non aveva mai odiato quel ragazzo, eppure non glielo aveva mai detto. Si avvicinò a lui. Victor si ritrasse e chiuse gli occhi, ma poi li riaprì e vide Gold che gli aveva messo una mano sulla spalla. Lo guardò e Gold fece un piccolo sorriso, poi gli disse: “Chiedimi qualunque cosa e ti sarà dato.”
“Non potrei mai, padrone. Sarebbe un affronto nei suoi confronti” disse Victor.
“Nessun affronto. Ti sei dimostrato nuovamente una persona di fiducia, alla quale affidare la vita della mia volpe. Senza di te, Excalibur sarebbe morta e con lei, molto probabilmente, anche la natura circostante” spiegò Gold.
Victor sbattè incredulo gli occhi, quindi Gold continuò: “Excalibur è uno spirito della foresta, oltre ad essere una volpe magica. Se fosse morta, non so cosa sarebbe potuto accadere a tutto ciò che ci circonda. Probabile che gli animali e le piante sarebbero morte con lei.”
“Allora sono felice di averle salvato la vita” disse Victor.
“Ed anche io” disse Gold, sorridendogli. Alzò lo sguardo ed aggiunse: “Questa casa non è molto sicura. E’ un miracolo che il temporale di prima, non abbia scoperchiato il tetto.”
“Almeno è un posto dove vivere e dormire. Non è molto ma, è casa” disse Victor.
“Forse potrei fargli fare qualche aggiustatina. Diciamo da renderla più stabile e presentabile” disse Gold e riguardò Victor, il quale rimase senza parole. Gold gli fece un piccolo sorriso. Poi ritornò accanto ad Excalibur, accarezzandola sulla testa. Victor gli diede di schiena, non rendendosi ancora conto di ciò che era accaduto in quella serata. Non solo aveva salvato nuovamente la vita della volpe di Gold, ma quest’ultimo si era offerto di rimettergli a posto casa. Forse, dopotutto, aver incontrato il signore oscuro anni fa, non era stato male e, sul volto del ragazzo, comparve un sorriso che non appariva da molto tempo.
Il temporale si era attenuato e, in cielo, c’erano rimaste solo nuvole. Le strade erano piene di pozzanghere e tutti si erano rintanati nelle proprie case. Rowena stava chiudendo il negozio. Era di schiena, ma sentì benissimo il rumore di tacchi sull’acciottolato bagnato. Poi quella voce che non udiva da anni: “ Non pensavo di trovarti qua ma, dopotutto, si dice che il passato ritorna sempre su i suoi passi.”
Rowena sorrise, per poi dire: “Ma si dice lo stesso anche per le persone. Vero… Cora?” e, voltandosi si trovò di fronte proprio Cora. Le due donne si guardarono in silenzio. Poi Rowena disse: “Non credevo di rivederti. Non almeno così presto.”
“Potrei dire la stessa cosa di te” disse Cora.
“Hai cercato di uccidermi, ma sfortunatamente non ci sei riuscita” disse Rowena.
“Lo so che sei un osso duro e ci vuole ben altro per metterti fuori gioco. Ma, il mio obiettivo, non sei mai stata tu, non almeno di recente” spiegò Cora. Rowena si limitò ad alzare un sopracciglio. Poi la donna continuò: “Il mio piano sta per compiersi e ti vorrei al mio fianco, quando avverrà.”
“Il tuo piano è solo un fallimento. Il tuo caro pirata si trova ora in ospedale ed il cappellaio e quel grillo sono stati salvati da Tremotino e la sua famiglia, spifferando che ti trovi qua. Conoscendo il nostro caro signore oscuro, dubito che rimanga senza le adeguate protezioni. Sarò al tuo fianco, ma solo per vederti fallire un’altra volta” disse Rowena e, voltandosi, si incamminò.
“Non ti ho mai ritenuta una codarda, ma potrei sempre cambiare opinione” disse Cora. Rowena si fermò. Strinse i pugni e, rivoltandosi, ritornò di fronte a Cora, replicando: “Nessuno mi da’ della codarda! Ho rinunciato a tutto per rifarmi una vita e vendicare chi ha sofferto!”
“Tu hai ucciso delle persone solo perché lo volevi. Non sono state morti accidentali” disse Cora.
“Non provocarmi, Cora. Sai benissimo di cosa sono capace e, che anche sono più forte di te. Il mio potere va ben al di là del tuo e di quello di chiunque altro” replicò Rowena.
“Non ho paura delle tue minacce. Non uccideresti, né faresti del male senza un valido motivo. Non toccheresti nemmeno Tremotino. Non lo hai mai fatto in passato. Tu sei sempre stata attratta da lui” disse Cora. Rowena fece un piccolo sorriso, abbassando il capo. Poi riguardò la donna e disse: “L’amore è per i deboli e anche tu stessa dovresti saperlo. È il potere quello che ci rende ciò che siamo. Non abbiamo mai dovuto dipendere da nessuno e non lo sarà nemmeno ora. A Tremotino ci penserò io, mentre tu continua con il tuo piano.”
“Come hai detto prima, il mio collaboratore si trova in ospedale e non credo che Regina sia felice di rivedermi. Se mi aiuterai, farò in modo che questi stolti cittadini ti rispettino” disse Cora.
“Questi stolti cittadini mi rispetteranno anche senza il tuo aiuto. Dopotutto, sono solo un’umile pasticcera e fornaia. Non potrei mai fare del male a nessuno” disse Rowena e, nella sua mano fece comparire una palla di fuoco. Guardò Cora e sorrise maliziosamente. Poi continuò: “Se riuscirò a entrare nelle loro grazie, sarà più facile far passare qualcun altro per cattivo” e fece sparire la palla di fuoco.
“Vuoi davvero voltare le spalle a Tremotino?” chiese Cora.
“Tu lo faresti?” domandò Rowena. Cora se ne rimase in silenzio. Quindi Rowena aggiunse: “Lo sapevo, non ne hai il coraggio. Ma, dopotutto, gli hai già spezzato il cuore una volta. Cosa ti costa farlo di nuovo? Non dovrebbe essere un problema per te.”
“E tu invece? Siete migliori amici fin da bambini e lo tratteresti così? Non ti parlerà più” disse Cora.
“Non credo questo sia un problema tuo. Come ti ho detto prima, lascia Tremotino a me. Se proprio vuoi riconciliarti con tua figlia, la puoi trovare alla cripta del tuo defunto marito, a piangersi addosso ed a chiedersi del perché non abbia ancora avuto il suo lieto fine” spiegò Rowena.
“Semplicemente perché non aveva accanto a sé sua madre per consolarla. La perdonerò per ciò che mi ha fatto e la convincerò a collaborare con me” disse Cora.
“Così sia ma, se vorrai vincere, dovrai lasciarmi campo libero anche se avrei bisogno di qualcosa di più sostanzioso” disse Rowena.
“Di che tipo?” chiese Cora.
“Be’ tua figlia qua è il sindaco e, anche se i cittadini ora ricordano le loro vere identità, credo che comunque abbia ancora il potere di incutere loro timore. Tremotino mi ha dato il negozio. Magari lei potrebbe fare di più” rispose Rowena, facendo un sorriso malizioso. Cora stette in silenzio. Seppur lei era potente, Rowena lo era ancora più e non era mai saggio mettersi contro di lei. C’era un passato molto oscuro in quella donna e Cora lo conosceva benissimo. Quindi allungò una mano.
“Cosa vorrebbe significare?” domandò Rowena.
“Non hai mai fatto dei patti?” chiese Cora.
“Non sono il tipo da stretta di mano. Preferisco altro” disse Rowena e, in una mano, fece comparire un pugnale. Cora sbiancò. Con la mano fu pronta a scagliarle qualsiasi tipo di incantesimo, quando Rowena gliela bloccò. Cora la guardò e cercò di allontanare la mano, ma Rowena allungò il pugnale verso di essa… pungendole un dito. Appena la prima goccia di sangue cadde sulla lama, essa si illuminò e Rowena lasciò andare la mano.
“Che cosa hai fatto?” domandò Cora, guardandosi il dito che sanguinava.
“Volevi un patto? Be’, ti ho accontentata. Solo, che a me non piacciono le promesse fatte al vento. Voglio qualcosa di scritto o, come nel nostro caso, un patto di sangue. La clausola è molto semplice: se tu non ti atterrai a ciò che abbiamo stabilito, farò in modo che non vivrai per raccontare tutto ciò e, credimi mia cara, lo saprò” spiegò Rowena, guardando la lama per poi spostare lo sguardo su Cora e sorriderle maliziosamente. Calò il silenzio, poi un tuono squarciò il cielo e ripresero a scendere le prime gocce di pioggia.
Rowena fece scomparire il pugnale, per poi dire: “Sarà meglio che vada, prima di prendermi un malanno. Dopotutto, da ammalati, non si riesce ad agire al meglio. Ti consiglio di andare a casa anche tu e prenderti qualcosa di caldo. E ricordati il nostro patto.”
“Non me lo dimenticherò” disse Cora.
“Sarà meglio per te” disse Rowena e, voltandosi, se ne andò. Cora l’osservò, per poi svanire in una nube rossa.
Regina depositò la rosa rossa sulla bara di suo padre. Stava in silenzio, contemplando nei suoi pensieri. I cittadini erano contro di lei. Henry era contro di lei. Il figlio che tanto amava, continuava a ritenerla responsabile per la “morte” di Archie, seppur la versione del dottore era totalmente diversa. Lei, che aveva cercato di cambiare per Henry, diventando quell’eroina che lui aveva sempre visto. Eppure, tutto era rimasto come prima. Non le era rimasto nessuno.
“Papà, vorrei che fossi accanto a me. Tu eri l’unico che riusciva a capirmi. Che comprendeva il mio dolore. Persino Henry ora mi è contro. Con tutto quello che ho fatto per lui. Ho solo cercato di proteggerlo, come farebbe una qualsiasi madre, eppure mi crede ancora responsabile per la morte di Archie. Sai di chi è la colpa? Della mocciosa di Gold. Deve sempre mettersi in mezzo ed ha portato Henry dalla sua parte e, per dipiù, Gold ora ha di nuovo il suo lieto fine con quel topo da biblioteca. Mentre io sono di nuovo sola” disse Regina.
“Ora non più” disse una voce. Regina si volse e rimase senza parole nel trovarsi di fronte Cora. La donna fece un piccolo sorriso, per poi aggiungere: “Figlia mia, ne è passato di tempo dal nostro ultimo incontro. Non sai quanto abbia desiderato questo momento” e fece qualche passo verso di lei. Regina si alzò e, indietreggiando, disse: “State indietro, madre. Non avvicinatevi.”
“Non ti riconosco più, figlia mia. Una volta non eri così” disse Cora.
“Voi non avete causato altro che dolore in me” disse Regina.
“Ho solo cercato di insegnarti ciò che era meglio per te. Una vita da futura sovrana e non con un semplice stalliere. Tu meritavi di più” disse Cora.
“Non mi importava. Amavo molto Daniel, ma tu me lo hai portato via. Non avresti dovuto” disse Regina ed abbassò lo sguardo, mentre gli occhi le divennero lucidi. Non voleva farsi vedere piangere davanti a Cora. Quest’ultima, si avvicinò a lei e, stringendola a sé, disse: “Non fare così. Sappiamo benissimo di chi è veramente la colpa. Se non fosse stato per quella sciocca di Biancaneve, probabilmente tu e Daniel sareste insieme e felici.”
Lo sguardo di Regina divenne cattivo. Rialzò la testa e, dopo essersi scostata da lei, replicò: “Felici?! Come avremo mai potuto essere felici, con te che non approvavi la nostra relazione?!”
“Devi, però, ammettere che la colpa è perlopiù di Biancaneve. Non doveva tenere un segreto? A quanto pare, gli eroi si credono tanto buoni ma, sotto sotto, anche loro nascondono un lato cattivo. Alleati con me e ti prometto che, non solo tuo figlio ritornerà da te, ma avrai finalmente il tuo lieto fine. Non dovrai più temere nessuno. Tu sei nata per regnare in qualsiasi luogo” disse Cora.
Regina la guardò in silenzio. Poi spostò lo sguardo sulla bara del padre, appoggiandoci su una mano. Sospirò e, infine, riguardando la madre, disse: “Non ti ho ancora del tutto perdonata di ciò che mi facesti e mi tolsi, ma ho passato troppo tempo nel vedere gli eroi gioire. È tempo, anche per me, riprendermi ciò che mi aspetta di diritto, compreso mio figlio e farò in modo che Gold e la sua mocciosa, finisca col soffrire di nuovo. Gli toglierò tutto ciò che gli è più caro ed i cittadini di Storybrooke ricominceranno finalmente a riportarmi rispetto” e Cora sorrise maliziosamente.







Note dell'autrice: Ed eccomi qua, dopo secoli, con finalmente la seconda parte del capitolo. Scusatemi immensamente per questo ritardo. Eccoci comunque qua alla fine di questo capitolo, con un colpo di scena...o mezzo colpo di scena, visto che anche nella serie Cora si riunisce con Regina, ma qua la vera cattiva non sarà Cora ma... secondo voi chi? Gold potrà andare finalmente a cercare suo figlio, ora che Excalibur è salva?
Volevo ringraziare tutto coloro che stanno continuando a seguire la serie; chi semplicemente passa di qua e legge e chi ha aspettato pazientemente questo aggiornamento.
Grazie infinite alle mie due care amiche Laura e Lucia
Ci vediamo al prossimo capitolo, sperando stavolta di non metterci di nuovo i secoli (è già in lavorazione) Con ciò vi auguro un buon proseguimento di serata e alla prossima, miei cari Oncers
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3714659