Fuga dall'Inferno

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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo speciale con messaggio ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Premessa

In questa storia ci sono diversi riferimenti religiosi. Appariranno Dio, l'Arcangelo Gabriele (loro due solo al telefono), Satana, diavoli, angeli e demoni, oltre a creature mitologiche quali Cerbero e Nesso il centauro e Caronte. Tutte queste apparizioni non sono assolutamente offensive nè puntano ad offendere il credo religioso altrui. Questa storia è di pura fantasia, anche se figurano persone realmente esistite, nulla di tutto ciò che verrà scritto è mai realmente accaduto (e spero mai accadrà realmente).
Ripeto, ho scritto questa storia senza intenzioni offensive.


Quando Dio creò il nostro mondo era soddisfatto delle meraviglie che era stato capace di creare. Poi vide l'uomo e allora cambiò idea.
Poichè l'uomo ha un'anima diversa da quella degli animali, Dio è stato costretto a creare due tipi di aldilà: il primo si chiama Paradiso e ci vanno le anime degli animali e degli uomini virtuosi e tolleranti; l'altro è l'Inferno dove vanno solo le anime degli uomini che si sono comportati male in vita. Non esiste un purgatorio: per espiare le colpe poco gravi, le anime devono fare un periodo di "servizio sociale", ovvero diventare angeli custodi di un vivo in difficoltà.
Dio gestisce il Paradiso, mentre l'Inferno è gestito da Satana e dalle creature da lui create (i diavoli).
Come tutti sanno Satana (o Lucifero) era un angelo di Dio che voleva prendere il suo posto (anche se quello che creava era infinitamente più brutto di quello che creava Dio), così Dio per tenerlo a bada gli affidò l'Inferno. E Satana si accontentò.
Al contrario di come molti pensano l'Inferno non è eterno: al momento del giudizio universale Dio perdonerà tutti, ma questo naturalmente non viene detto alle anime dannate.

L'Inferno è diviso in due parti: una per gli uomini, una per le donne (cosa che non vale per il paradiso) e l'incontro tra le due parti è permesso solo una volta l'anno: il 23 Dicembre.
In ogni parte c'è un grande giardino infernale, dove i dannati peggiori scontano le loro pene peggiori.

Ed è qui che comincia la nostra storia...

Ai piedi del lago ghiacciato dei traditori si trova un punto particolare del giardino: l'orto privato di Satana, dove scontano la pena i grandi tiranni, dittatori, re incapaci, ecc. Lì infatti quel giorno c'erano alcuni tra i più famosi tiranni costretti dai diavoli a zappare la terra: il primo, quello con il cappello da nano da giardino e i baffetti neri, era Adolf Hitler, cancelliere della Germania durante la seconda guerra mondiale, colpevole di aver cercato di sterminare un'intera razza solo perchè considerata inferiore e per aver coinvolto nella sua folle guerra tantissimi soldati e civili; al suo fianco, con il viso contorto in una strana smorfia di arroganza, c'era Benito Mussolini, detto Ben, dittatore italiano contemporaneo di Adolf, colpevole di aver preso il potere con la forza, di adulterio, di violenza privata, di aver coinvolto nella sua follia  molti soldati e civili e di tanti altri peccati. Subito dietro di loro c'era Joseph Stalin, detto Stan, colpevole di aver torturato e ucciso a causa della sua paranoia, di aver sempre fatto il doppio gioco e di tanti altri peccati. Seguivano poi Napoleone, Pol Pot, Cesare e tenti altri. Uno dei pochi tiranni che non si trovava nell'orto era però "amico" di Stan: si chiamava Mao Zedong, detto soltanto Mao; lui pativa pene minori soltanto perchè aveva creduto sinceramente in quello che faceva e aveva effettivamente aiutato davvero il suo popolo. Ma era stato comunque un tiranno e aveva comunque ucciso, quindi non meritava nè il paradiso nè la possibilità di espiare le sue colpe con il "servizio sociale".

Nei momenti di "pausa", ovvero nei momenti in cui ai dannati era concesso del riposo all'interno delle celle, Mao, Stan, Adolf e Ben facevano gruppetto. Si trovavano una cella per loro, si chiudevano dentro (chi rimaneva fuori durante i momenti di pausa era destinato a essere violentato dai diavoli) e parlavano dei bei tempi andati, di quanto erano felici con il potere. Spesso poi Stan e Adolf litigavano e fra loro si frapponevano Ben e Mao. Se non facevano gruppetto stavano in coppia: Adolf stava con Ben, mentre Mao stava con Stan.

Tutti e quattro erano d'accordo che se ne avessero avuto la possibilità avrebbero di certo ripreso il potere...

Ma è impossibile scappare dall'inferno!

O almeno così credevano...

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Tutti insieme, i dannati zappavano la terra sotto lo sguardo fisso di diavoli armati fino ai denti, seduti sull’alto muretto dell’orto, pronti a intervenire in caso di rissa.
La pena non era affatto leggera: intanto la terra era dura come il marmo e piena di cocci di vetro, poi i dannati erano costretti a zappare scalzi, quindi si ferivano con i cocci. In più, "per aiutarli a tenere la schiena piegata", i dannati portavano sulle spalle uno zaino con dentro dieci grossi lingotti d'argento. Ma la vera pena per loro era stare in compagnia dei concorrenti, gli altri dittatori, spesso nemici odiatissimi in vita...
Il primo a parlare quel giorno fu Ben: "Non è giusto Adolf: noi stiamo qui a sgobbare, mentre gente come Churchill, che prima era d’accordo con noi, è in paradiso o a fare l'angelo custode nel mondo dei vivi. Sciorbole, se avessi saputo che l'inferno esisteva davvero e cosa facevano al mio corpo dopo avermi ucciso, avrei passato tutta la mia vita a giocare a bocce."
Adolf tacque.
Lui più di tutti aveva capito che le lamentele dopo morti sono uno spreco di tempo.
"Non dirlo a me Ben" disse Napoleone "non sai che rabbia che mi è presa quando ho saputo che il mio grande nemico Nelson è riuscito a non finire all'inferno per un soffio."
"Perchè per un soffio?" chiese Stan.
"Perchè quella gran baldracca di sua moglie, che lui oltretutto aveva sempre tradito, ha pregato a Dio di perdonargli ogni cosa. E Dio, che tutti amano definire immensa bontà, si è commosso, e l'ha tirato fuori dall'inferno, facendolo diventare angelo custode."
"Che uomo fortunato che era Nelson" disse Cesare Borgia (sì c'era anche lui) "magari avessi avuto pure io una donna a fianco come quella. Nemmeno il fatto che sono stato figlio del papa mi ha aiutato. Ma in fondo essere papa non ha aiutato nemmeno mio padre, visto che anche lui è qui; sta nel grande vulcano qui vicino, costretto a raccogliere la lava incandescente a mani nude."
"Quasi tutti i papi esistiti sono qui. Anche se è un pò di tempo che non ne vedono scendere più nessuno." disse Stan.
"Dai nuovi arrivati ho sentito dire che quello che c'è attualmente sulla terra è destinato al novanta percento a finire qui..." disse Mussolini.
"Ah Cesare, a proposito, ieri sera sono stato in cella assieme a tuo padre.." disse Pol Pot.
"Davvero? Ti ha detto qualcosa di me?"
"Sì: ha detto che sei uno stronzo...e che tua sorella è una mignotta."
"Bene..."
Adolf continuava a tacere.
Non aveva nulla da dire.
“A proposito Pol, che giorno è oggi?” chiese Borgia.
“Il 22 di dicembre, domani ci sarà l’incontro tra la parte maschile e quella femminile.” Disse Pol Pot.
"Domani finalmente rivedrò Claretta...Mi manca molto sapete?" disse Ben.
"Io invece voglio sapere come sta mia sorella. Le pene riservate alle donne non sono molto diverse da quelle riservate agli uomini e posso immaginare quanto sta male..." disse Borgia.
"Io forse rivedo mia sorella e mia moglie... mi mancano..." disse Napoleone.
"Io non ho nessuno da rivedere..." disse Stan, poiché nessun parente femminile a lui vicino era finito all’Inferno.
"Io non ci vado." disse secco Adolf.
Tutti si interrupero per un momento.
"Perchè Adolf?" chiesero in coro.
Uno dei diavoli li intimò con delle frustate a continuare a zappare.
"Perchè mi sembra inutile...La aiuterà solo a star male...Molte persone ho fatto star male...ma in vita...ora che sono morto voglio lasciar in pace più gente possibile." rispose secco Adolf.
"Ah sì? Credi forse che ti facciano uno sconto della pena in questa maniera?" disse Pol Pot.
"No... ma voglio farlo lo stesso..."
“Zitti la sotto! Avete parlato anche troppo ora! Zappate bastardi!” disse un diavolo sparando sui loro piedi.
I dannati ripresero in fretta la loro attività.

“Voglio un dannato silenzioso. Capisci? Uno di quelli che si fa sempre i fatti suoi e non parla mai. Un dannato… per bene.”
“Sarà difficile Evil. Non ce ne sono molti… però ne conosco uno che fa al caso tuo.”
“Di chi si tratta?”
“Adolf Hitler.”
“Lui? Per tutti i cerberi! Lui sarebbe un dannato per bene?”
“Bhè, sta sempre zitto, non ha mai scatenato una rissa… penso che la morte lo ha molto cambiato. Lo ha reso apatico..”
“Non mi piace… ma è un’urgenza quindi.. Portami lui.”
Il diavolo annuì e uscì dall’ufficio di Satana, raggiungendo in breve tempo il suo orticello privato.
“Cerco un dannato di nome Adolf Hitler.”
L’interessato alzò la testa.
“Vieni con me. Ho un incarico importante da affidarti.”

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Hitler venne trascinato da diavolo lungo quasi tutto l’Inferno.  Guardandosi intorno, di girone in girone,  Hitler riconobbe molti dei suoi ‘accoliti’, come Himmler, Hoss, Goebbles e tanti altri. Se in vita si erano dimostrati dei fedelissimi fino all’ultimo, all’Inferno erano diventati i dannati che più lo odiavano. Quel giorno ad esempio, quando lo videro passare, incominciarono a gridargli contro, a lanciargli maledizioni  e a sputargli, mancandolo di striscio.
Analogo era stato il destino per tutti i collaboratori di tutti gli altri dittatori esistiti. E’ sempre così: in vita fedeli, all’Inferno acerrimi nemici. Hitler però non si sentiva mai troppo in colpa, anche perché si ricordava chiaramente che invita aveva dato loro la possibilità di andarsene, di non seguirlo nella sua follia… Era anche vero che come alternativa aveva offerto loro solo la morte, ma comunque non riusciva ancora a sentirsi in colpa. Non era stato lui a trascinarli con sé all’Inferno. Era stata una loro scelta.
“Ora ascoltami bene nanerottolo. Vedi questa stanza? Questo è l’archivio dell’Inferno. Questa porta qui è chiusa a chiave e porta all’ufficio di Satana, questa porta all’uscita, ma ci sono io a guardia quindi non puoi fare scherzi. Ora vedi questo?” disse il diavolo prendendo in mano una cosa grossa, viscida e bianca che si stava arrampicando lungo una delle enormi librerie.
“E’ un verme della carta. Questi animali si mangiano spesso gli archivi e ogni mese abbiamo bisogno di qualcuno che li venga ad uccidere. Ora il tuo compito è trovare tutti quelli che ci sono in questa stanza e schiacciarli.” Detto quello, il diavolo strinse la mano in un pugno e schiacciò il verme “Possibilmente non schiacciarli per terra, altrimenti ti toccherà pulire anche il pavimento. Mancano tre ore all’ora di riposo. Quindi tra tre ore ripasserò. Se trovo ancora anche solo mezzo verme in giro, giuro che ti acchiappo e ti faccio violentare per tutta la notte. Mettiti al lavoro adesso nano!”
Infatti, all’Inferno, spesso i diavoli sono autorizzati a violentare i dannati se risultano ‘indisciplinati’.
In religioso silenzio, sempre se di religione si può parlare, Adolf iniziò a lavorare. Il diavolo gli aveva dato un panno con cui Adolf poteva asciugarsi la mano dopo aver schiacciato i vermi. Mentre lavorava, Adolf notò che la stanza sembrava stendersi all’infinito. Molti erano i fascicoli i cui nomi erano ben visibili. Adolf ogni tanto si fermava e li leggeva. Numerosi erano sia i nomi maschili come:
Enrico 8 (re),  Innocenzo III (papa), Lorenzo De Medici, Pol Pot, il marchese De Sade, Robbespier e Camillo Benso conte di Cavour.
sia i nomi femminili come:
Mary Ellliot (conosciuta come Jack lo squartatore),  Vittoria d’Inghilterra (regina), Lucrezia Borgia, Agrippina Minore, Poppea (la moglie di Nerone) e Caterina Sforza.
Poi ecco che apparve un nome a lui familiare: Eva Braun.
Ebbe un piccolo tuffo al cuore. La curiosità lo spinse a prendere il fascicolo ed aprirlo….
“Non ti conviene amico.” Disse una voce strana alle sue spalle. “Non è giusto impicciarsi dei fascicoli altrui.. il tuo è lì..”
Hitler si guardò intorno terrorizzato. Era stato beccato da un diavolo? Come sarebbe stato punito? Ma nella stanza non c’era nessuno.
“Non sono un diavolo… non puoi vedermi per il momento. Ma io vedo te.. E di te so tutto.”
Hitler si ritrovò con le spalle al muro. Aveva paura. Cosa voleva quella... voce da lui?
“So anche che ti stai chiedendo cosa voglio da te.. vedi quella piccola scatolina nera lì, nascosta sotto la libreria? L’ho gettata io mentre scappavo.. Ebbene prendila.. portala via con te quando avrai finito il tuo lavoro e assicurati di avere altre tre persone nella tua cella. Poi scoprirai che fare.”
La campana suonò e Adolf venne cacciato via dall’ufficio di Satana.  Incominciò a correre per riuscire a raggiungere le celle prima che venissero tutte occupate.
Lungo la strada incontrò Mao. Poi i due vennero raggiunti da Stan e Ben. E finalmente riuscirono ad infilarsi in una cella da quattro  e a chiudersi dentro.
"C'è mancato poco... Dio, come sono stanco." disse Mao.
"Tu sei quello stanco? Ma se per te la pena è anche minore rispetto alla nostra!" disse Ben.
"Certo che è minore! Io non sarei mai stato così idiota da allearmi con un pazzo che diceva che gli ebrei erano inferiori."
Ben e Adolf lo guardarono molto male.
Stan fece finta di nulla.
Ma quando Mao si sedette sulla branda gli si mise subito vicino.
Adolf tirò fuori la piccola scatoletta nera. Era a metà tra un microfono e un telecomando.  
Tutti si girarono e si sedettero vicino a lui per osservare meglio lo strano oggetto.
"Ho trovato questo… Vicino all’ufficio di Satana. Sotto a una delle librerie dell’archivio per essere precisi. Mi è stato indicato da una voce.." disse Adolf.
Gli altri lo osservarono perplessi.
"Sembra un microfono...ma non capisco a cosa possono servire i tasti."
Adolf li provò e scoprì che erano finti.
"Forse è uno scherzo dei diavoli." ipotizzò Ben.
"non hai provato il pulsante rosso..." disse Mao.
"Potrebbe essere pericoloso." disse Stan.
"E a noi che importa? morti, siamo morti e c'è forse cosa peggiore dell'Inferno?" disse Adolf e con decisione spinse il pulsante rosso.

All'inizio non si sentì nulla. Poi ecco un suono: qualcuno stava alsando una cornetta di un telefono e faceva un numero.
Tuuuu Tuuu...
Una voce angelica rispose.
"Pronto? Sono l'arcangelo Gabbriele, chi è?"
"Gabbo non fare l'idiota come il tuo solito! Sai bene che solo io conosco il numero di Dio."
"Ah Satana sei tu! Come te la passi vecchio mio?"
"Di merda, grazie per la sollecitazione Gabbo. Passami Dio è urgente."
"Un momento che vado a chiamarlo."
Partì la musica d'attesa: un coro di voci bianche alternato da tenori che cantavano un alleluja.

"Questo coso intercetta le telefonate tra Dio e Satana!" disse Adolf a bocca aperta.
"Non spegnere! Ascoltiamo: sono troppo curioso." disse Ben
E il quartetto si mise in ascolto....

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Attenzione:
In questo capitolo appare la figura di Dio, usata nel più profondo rispetto di qualunque credo religioso. Ricordo che questa è una storia comica, non prendete troppo sul serio le battute.


Dopo la musica d'attesa, Dio rispose.
La sua voce era asessuata e senza età, ma era al tempo stesso severa e rassicurante, come quella di un bravo genitore.
"Satana, perchè mi chiami a quest'ora?"
"Dio abbiamo un problema..."
"Tutti nell'universo hanno un problema Satana... e come tu ben sai sono snni che ho rinunciato a far miracoli se non in casi eccezionali..."
"Non è questione di miracoli. E' solo che la porta sta per riaprirsi.... so da fonti certe che si riaprirà domani..."
"E allora Satana? Fa come hai sempre fatto: metti a guardia i diavoli..."
"Non posso perchè saranno occupati ad assicurarsi che le due parti si dividano a fine incontro..."
La voce di Gabbriele si fece risentire: "Dio, cos'è questa storia della porta di servizio che si apre ogni anno?"
Dio provò a parlare, ma Satana lo anticipò: "Oh Gabbo, ma non ti ricordi? Quando Gesù morì, prima di andare in Paradiso, scese qui e entrò dalla porta di servizio per recuperare le anime virtuose e innocenti che erano morte prima di conoscerlo, per portarle con se in Paradiso. Una volta uscito dall'Inferno tornò sulla terra e dopo aver mandato le anime in Paradiso si ripresentò agli apostoli eccetera eccetera eccetera.... Comunque da qul giorno, quella dannata porticina si apre una volta ogni anno, e noi non sappiamo quasi mai il giorno esatto, dando la possibilità ai dannati e/o ai demoni di fuggire e tornare sulla terra a fare casino. E tutto per colpa di Dio che non aveva insegnato a suo figlio a chiudere bene le porte. E il bello è che ormai non si può fare nulla: è destinata ad aprirsi una volta l'anno per l'eternità."
Dio parlò: "Cosa vuoi che faccia Satana? L'Inferno è tuo, tu devi gestire la cosa; dai, l'hai fatto per secoli con diligenza, perchè dovresti sbagliare proprio adesso?"
"Chiamalo intuito..."
"Satana, ascolta, io non posso intervenire se non a danno fatto..."
"Certo Dio, certo, come sempre...Ho capito ora torno a lavoro... ma sappilo, se scappano la colpa è tua; e io non mi farò scrupoli a riprenderli con i miei mezzi..."
"Satana aspetta, c'è una cosa che posso fare."
"Ovvero?"
"Potranno passare solo un minimo di cinque persone e un massimo di sette. Se sono meno di cinque o più di sette, la porta si chiuderà e loro rimarranno dentro."
"Si chiuderà per sempre?"
"No...Non posso chiuderla per sempre ormai..."
"Dio mio, Dio sei stupefacente: puoi creare cose meravigliose e non puoi chiudere una porta!"
"Che ci vuoi fare? Anche io sbaglio. Vedi il grande errore che ho fatto creando gli umani."
"Vabbhè Dio, speriamo bene."
"Già...Speriamo bene... anche io ho un brutto presentimento..."
E anche Dio chiuse la cornetta.

Nella piccola cella scese un lungo silenzio rotto solo dalle grida dei poveri disgraziati rimasti fuori costretti a subire violenze dai diavoli.
"Dunque...si può uscire..." disse Adolf.
"E già... si può uscire da sempre..." disse Ben
"E noi non ne sapevamo nulla...." disse Stan.
"Bhè, ora lo sappiamo. Volete giocare a carte?" disse Mao.
I tre lo guardarono allibbiti.
"Mao, hai capito di cosa stiamo parlando? Ci sei? SI PUO' USCIRE! SI PUO' TORNARE SULLA TERRA!" disse Stan.
"Ho capito...Giochiamo a briscola o a poker sta sera?"
"Mao? Ma ci sei o ci fai? Stiamo parlando della possibilità di tornare sulla terra e riprendere il potere da tempo perduto!"
"Lo so... Ma non pensiamoci più: giochiamo a rubamazzo piuttosto."
"Mao ma che ti prende?" chiese Mussolini.
"Non eri proprio tu ieri quello che raccontava quanto era bello quando tutti ti rispettavano?" disse Adolf.
"Non eri proprio tu che parlavi di quanto ti manca la Cina?" chiese Stan.
"Sì ma vedete io sto già nei guai e non voglio cacciarmi in ulteriori casini..."
"Che ti importa quale pena hai? Tanto all'Inferno si soffre sempre e comunque!"
"Certo non lo metto in dubbio, ma non ho comunque voglia di avere voi come compagni di pena. E poi è impossibile per noi scappare..."
"Perchè?"
"Perchè siamo in quattro e dobbiamo essere come minimo cinque..."
"Mao non ci vuole nulla a convincere qualche altro tiranno a venire con noi.."
"Sicuro! Prova ad andare da Napoleone e a dirgli 'Sai ho intercettato una telefonata tra Dio e Satana ed ho scoperto che per una serie di motivi c'è una porta di servizio situata chissà dove che si apre apposta per farci tornare sulla terra, vuoi venire con me?' e vedrai che lui ti risponderà che l'Inferno ti ha fatto troppo male. Ragazzi, io vorrei scappare, davvero, ma siamo in quattro e non sappiamo dove si trova la porta... è impossibile..."
"Io so dov'è!" gridò allora Adolf.
Mao lo fissò furioso, Ben e Stan erano invece stupiti.
"Come lo sai?" chiesero in coro.
"Me lo ha detto Lotario Diacono, alias Papa Innocenzo III, una volta che sono finito per caso in cella con lui e non con te Ben."
"Ah sì! Ricordo...Io sono finito con quel rompi palle di Luigi XIV." disse Ben.
"Dove si trova la porta?" chiese Stan
"Vicino alla cuccia di Cerbero..."
"Cazzo! Il cagnone! Sarà pericolossissimo! Quello ci mangia e poi ci scarica dopo anni di 'digestione'! Dicono che sia peggio di tutte le pene messe assieme..." disse disperato Ben.
"Visto è impossibile uscire." disse Mao.
I tre si voltarono a guardarlo.
"Se volete andate pure ma dovrete cercarvi due dannati. Io non vengo."
Stan si alzò in piedi e lo osservò dall'alto.
"No caro mio... Tu verrai..."
Mao lo guardò deciso e con voce amara chiese: "Perchè?"
"Perchè altrimenti..."
"Cosa?"
Adolf si alzò in piedi e si frappose subito tra i due.
“Adesso basta! Valutiamo la cosa razionalmente: l’uscita è aperta, ma sta vicino alla cuccia di cerbero. Noi dobbiamo essere in cinque ma siamo in quattro. Quindi qual è l’uinica conclusione possibile?”
“Quale?” chiesero i tre in coro.
“Trovare altri due dannati disperati come noi, convincerli magari usando anche le cattive, a seguirci fino alì, dopo di che ne usiamo uno come esca contro il cagnone e ce ne scappiamo via.”
“E’ un piano… Molto scorretto e doppio giochista… Cazzo mi piace!” disse Stan.
“Anche a me! Così sia fatto!”
"Ragazzi: è una follia! Nessuno cercherà mai di venire con noi e nessuno crederà a questa storia della telefonata.” Disse Mao.
“Ormai è deciso Mao! Ha vinto la maggioranza e noi siamo in una democrazia!”
“Che cazzo dici Stan!?”
“Sta zitto! Adesso vai a cercare altri due che possono seguirci! E se torni a mani vuote giuro che ti faccio passare pene ben peggiori dell’Inferno stesso!”
Mao venne spinto fuori  a forza. Ormai non aveva scelta.

Intanto una misteriosa figura nera usciva dall’ufficio di Satana.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


"Tutto ciò è una follia, adesso esco da qui e vado da Pol Pot: lui mi ospiterà di sicuro. Domani questi non mi troveranno e non sapranno che fare. Magari poi rinunceranno all'idea di cacciarsi nei guai." pensò Mao, mentre camminava lungo il corridoio che portava verso altre celle. Arrivato all’ angolo tese l'orecchio: le grida dei violentati erano lontane, quindi non c'erano diavoli nell’altro corridoio.
Dunque uscì e iniziò a percorrerlo in punta di piedi sbirciando dentro alle celle.
Quasi tutti i dannati dormivano agitandosi e lanciando urla disperate.
Pol non si vedeva.
"Bene, è altrove, magari proprio dove stanno i diavoli..." pensò Mao.
"Mao, Mao amico mio quanto tempo."
Mao fece un balzò spaventato.
Dalla finestrella della porta di una cella sporgeva il viso di un uomo dai capelli bianchi e con dei piccoli occhiali sul naso.
Mao lo riconobbe subito: era un suo compagno di pena, Camillo Benso Conte di Cavour.
"Cavour! sei riuscito a trovarti una cella!"
"E' già, i diavoli non mi hanno preso, è una singola ma va bene così..."
"Posso stare in cella con te?"
"Ma tu non stavi con quei tre?"
"Sì, ma... abbiamo litigato e quindi..."
"Scusa Mao, ma non posso ospitarti... sai che il numero dei dannati... e poi... tra noi non può funzionare..."
"Come scusa?"
"Non posso farti dormire con me nel letto..."
"Non ho alcuna intenzione di dormire con te. Voglio solo trovare un posto dove stare fino a domattina."
"Bhè cerca altrove."
"Va bene. Ci vediamo domani spero... e quando la vedi salutami quella gran puttana di tua cugina."
Cavour diventò furioso.
Mentre iniziava a lanciargli delle pesanti imprecazioni, Mao cercava di raggiungere di nuovo la sua cella.
Alcuni diavoli, attirati dalle urla di Cavour giunsero nel corridoio.
"Hey guarda Mefisto, uno è uscito dalla sua cella!"
"Accidenti Ammaceo, hai ragione!"
"Forza prendiamolo e diamogli una bella lezione!"
I diavoli svolazzando raggiunsero Mao in un secondo e lo bloccarono, spezzandogli un braccio. Mao urlò disperato mentre veniva trascinato via dai due. Il doloro al braccio era terribile e gli tolse ogni forza.
"Bene, andiamo un pò più in la, c'è più spazio..."
"Lasciatemi andare bastardi!" disse Mao cercando di dimenarsi, con il braccio che faceva sempre più male.
I diavoli lo trascinarono proprio davanti alla cella di Cavour.
Cavour osservava la scena con un sadico ghigno, mentre i diavoli sistemavano il povero Mao in posizione fatale.
"E' la prima volta che lo subisci vero?"
Mao stava zitto.
"Bhè... comunque sappi che farà molto..."

Improvvisamente una luce rossa, come una fiamma di un tizzone ardente, squarciò l'oscuro corridoio centrando in pieno la testa di uno dei diavoli.
L'altro si girò.
"Chi c'è?" chiese.
Per tutta risposta anche lui venne colpito da una fiammata.
Ora i corpi dei due diavoli giacevano apparentemente privi di vita.
Mao cadde per terra.
"Non fare il tonto. Non possono morire LORO. Far poco torneranno anche più incazzati di prima. Tirati in piedi e vieni con me, se sei tu che vuoi scappare."
Mao si girò.
Dal buio del corridoio sbucò fuori una strana figura.
Non era un dannato, perchè al posto degli occhi aveva due buchi vuoti, ma non era nemmeno un diavolo, perchè non aveva la pelle rossa, ma bianchissima. In contrasto con quel candore, oltre ai neri buchi degli occhi, c'erano i capelli e il lungo vestito nero.
Il suo viso non aveva età, ma sembrava quello di un giovane ragazzo, o forse di una donna, per via dei contorni molto dolci.
Cavour e Mao lo osservarono ammutoliti.
"Tu chi sei?  
Il ragazzo non rispose alla domanda.
Si limitò a storcere la bocca in un ghigno più malinconico che malvagio.
"Tu chi sei?" ripetè Mao.
"Io non sono nessuna entità. Io non ho nè anima nè corpo creato da Satana o da Dio. Sono solo anima fusa nella cera, plasmata con la cera."
La sua voce era strana: metallica come quella di un robot e acuta come quella di un bambino.
Mao si sedette con la schiena contro il muro mentre Cavour si avvicinò di più alla finestrella.
"Quindi...Sei quello che viene definito... un demone..." disse Cavour.
"Io non vengo definito un demone, io SONO un demone."
Il ragazzo avanzò di qualche passo.
Da vicino i suoi occhi vuoti erano ancora più spaventosi.
"Tu sai cosa sono i demoni?" chiese Mao a Cavour, senza staccare gli occhi dal giovane.
"Bhè... a dir la verità di preciso no... le voci di corridoio dicono che siano diavoli fatti appunto di cera o animali che sono stati posseduti o sacrificati a satana..." disse Cavour.
"Tks, stupide voci... No noi non siamo nulla di ciò."
"Allora cosa siete?" chiese ancora Mao al giovane.
"Della nostra vita ante mortem non ricordiamo che poche sensazioni... mai un suono, un nome, una voce, un' immagine, un odore. Ma Satana ci da sempre qualche indizio per ricordare. Da quello che so, molti di noi, almeno tra quelli con sembianze umane, sono stati, in vita, dei satanisti realmente fedeli a Satana. Dio non ha certo potuto accoglierci in Paradiso, ma Satana per 'premiarci' invece di farci patire le pene, ha racchiuso la nostra anima in corpi di cera e ci ha dato poteri speciali; noi siamo i suoi soldati e a noi spetta il compito di accompagnare i dannati lì dove devono penare. Ma non saremo mai amati quanto i diavoli dal nostro signore degli inferi e non abbiamo più ricordi al contrario dei dannati; la nostra 'premiazione' alla fine si è rivelata una condanna poco 'migliore' della vostra."
Mao era perplesso: come era possibile fondere un'anima con la cera?
Ma il ragazzo non sembrava bleffare.
"Sai... Io credo che sia meglio non avere ricordi... piuttosto che ricordarsi le cose terribili che ti sono capitate o che tu stesso hai fatto ad altri..." disse Mao un pò imbarazzato.
Il ragazzo inarcò un sopracciglio.
"Tu dici Mao? Io dico di no... Tu per caso ricordi soltanto le tue prepotenze? No, certo che no, tu ricordi anche che al tuo fianco c'è stato qualcuno che ti ha voluto bene, forse anche solo per un periodo, forse si è pentito già da vivo, o forse solo da morto. Ma quel qualcuno, uomo o donna che sia, ti ha amato. Ha condiviso con te L'AMORE l'unica cosa che, anche se spesso solo per breve tempo, fa sembrare la vita qualcosa che vale la pena vivere... anche se in realtà non ha un senso o un fine specifico."
Il ragazzo rilassò il volto; anche se non aveva gli occhi si vedeva chiaramente che era pensieroso.
"Io ho un vago ricordo di una sensazione amorosa..." disse "E ogni volta che ci ripenso mi sento il cuore più leggero.."
Inarcò di nuovo un sopracciglio, ironico.
"Ma che diavolo sto dicendo... Io non ho più un cuore... Io sono cera."
"Ragazzo, come sai il mio nome?" chiese Mao.
"Mi pare evidente, ti ho sentito attraverso il computerino che avete usato per intercettare la telefonata tra Dio e il mio... voglio dire, Satana. Sono stato io a suggerire a Adolf, quando è venuto a pulire il suo officio, di prenderla. Voi non lo sapete, ma sopra di questo c'è un piccolo cip che mi permette di ascoltare tutte le conversazioni. So anche che vi manca un quinto uomo e quest'uomo potrei essere...io..."
"Ehy! Ma anch'io voglio scappare!" disse Cavour.
Il ragazzo girò la testa e di nuovo inarcò in maniera ironica uno dei sopraccigli e fissò Cavour in modo strano con i suoi occhi vuoti,
Cavour divenne paonazzo, poi con uno scatto violento chiuse la finestrella e si ritirò a piangere.
"Quel macchinario, l'hai costruito tu? E cosa hai fatto a Cavour?"
"Sì... vedi noi non siamo semplici accompagnatori di anime, siamo anche coloro che progettano le pene, gli strumenti di tortura e siamo anche addetti alla manutenzione dei luoghi. Ciò mi ha permesso di poter inventare quel piccolo gioiello. In quanto a Cavour.. non ci darà più fastidio."
"Perchè vuoi essere tu il quinto? Che senso ha per te uscire?"
Il volto del demone diventò inespressivo.
"Tu perchè non vuoi, Mao? Dillo onestamente, senza pensare al fatto che sia una follia, una cosa impossibile, eccetera..."
Mao arrossì.
Per ogni potente la verità è imbarazzante.
"Perchè... Ho paura."
Stavolta fu il demone a rimanere senza fiato.
"Paura? Di che?"
"Paura di scoprire il mondo talmente tanto cambiato da essere invivibile per uno come me. E soprattutto ho paura di vedere la mia patria, la MIA amata Cina, distrutta e di non poter fare niente per migliorarla."
Il demone sorrise.
"E chi ti dice che non si può migliorare? Chi ti dice che tu non possa essere in grado di riprendere il potere che ti spetta per ritirala su?"
Mao fissò gli occhi vuoti del demone.
"Tu... Tu sai come fare?"
Il ragazzo avanzò e si chinò.
Ora erano faccia a faccia.
"Io posso aiutare tutti voi... ma dovete fidarvi di me... tu più di tutti."
"Ma... come faccio a fidarmi di te?"
"Te lo mostro subito..."
Il ragazzo si allontanò.
Poi incominciò a muovere le braccia come se cercasse i prendere qualcosa.
Mao si trovò all'improvviso a galleggiare in aria.
"Dimmi, quale braccio è quello rotto?"
Mao lo indicò.
Il ragazzo mosse la mano e il braccio tornò sano.
Poi mosse l'altra mano e anche le ferite interne, di diversi giorni prima, furono santae.
"Grazie..."
Il ragazzo lo appoggiò direttamente per terra, con delicatezza.
"Ho la tua fiducia?"
Mao non era ancora convinto. Anzi, il fatto che quel demone avesse tanto potere da poter anche sanare delle ferite, lo spaventava ancora di più. Ma decise di fare buon viso a cattivo gioco e sorrise.
"Assolutamente... però fammi un altro favore... vorrei dare a quel Cavour una bella lezione."
Il ragazzo annuì e schioccò le dita.
I corpi dei due diavoli sparirono.
"Va a chiamare i tuoi compagni e portali da me. In verità ti dico, stasera torneremo sulla terra."
"Hai un nome?"
"Sì"
"Come ti chiami?"
"Demon"
Mao rimase senza parole.
"Sì Satana non ha molta fantasia... Ora vai..."
Mao si allontanò.

"Ah i dannati, non sono più come quando sono vivi, per convincerli vanno usate le buone... povere anime ingenue...." pensò Demon mentre dalla cella di Cavour iniziavano ad uscire urla straziate e le terribili risate dei diavoli.

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


La leggenda vuol che cerbero sia il figlio di Echidna e di Tifone, oppure dell' Idra e del leone di Nemea. Sempre secondo la leggenda egli è un cane di razza non ben precisa, maschio, che vive nell'Ade.
Dante lo colloca nel girone dei golosi.

Tutte queste cose sono false.  

La nascita e i compiti di Cerbero sono fatti completamente diversi da questi.

Satana aveva già molti demoni quando venne a conoscenza della storia di Cerbero. L'idea di avere un cane da guardia, che potesse anche risultare una pena per i dannati, lo affascinava. Allora usò la cera per plasmare un corpo da cane con quattro zampe, una coda e tre colli.
E le teste?
Poichè Dio non aveva nessuna intenzione di prestare a Satana delle anime di cani per dar vita il suo "orribile" personaggio, Satana inviò un diavolo sulla terra a recuperare tre teste di cani. Infatti se non può animare la cera con l'anima può farlo con la carne reale.
Il diavolo le recuperò e le portò all'inferno e consegnò le teste al suo Signore, che dopo averle riempite di cera le montò sul corpo.
Dio si infuriò, ma come sempre Satana ignorò la ramanzina.
Ogni dieci anni Satana si vede costretto a montare delle nuove teste, poichè la carne, anche se lentamente, si decompone comunque all'Inferno.
Cerbero non fu mai messo nel girone dei golosi. Loro sono condannati a mangiare loro stessi in continuazione. Ogni otto ore, il loro corpo si rigenera, così possono mangiarsi di nuovo.

Cerbero è a guardia della piccola porta di servizio e ha il compito di divorare e "digerire" tutti coloro che cercano di passarvi attraverso. Una volta "digeriti" (operazione che dura decenni, forse addirittura secoli) i corpi dei dannati si rigenerano e vengono vomitati.  Di solito Cerbero mangia un dannato una volta sola e poi non più. Ma una volta sola basta e avanza per far impazzire un dannato.

Quell'anno le teste di Cerbero erano di tre razze diverse: una di un mastino napoletano (maschio), una di un dobbherman (femmina) e una di un san bernardo (maschio).

E i nostri amici lo dovevano affrontare...


(capitolo molto breve, ma ci tenevo a dedicarne uno a parte su Cerbero :) comunque ribadisco che ho scritto questa storia per puro divertimento senza intenzioni offensive verso nessuno.)

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


"Salve, il mio nome è Demon e sono un demone."
Così il giovane demone si presentò ai tre compagni di cella di Mao Zedong.
“E garantisco io per lui!” disse Mao.
Il trio era sospettoso, ma la voglia di fuggire era troppa; il demone venne subito accettato e i cinque partirono alla volta di cerbero.
Fu un cammino difficile: grossi demoni alti (simili a grifoni) cavalcati da diavoli con grosse torce perlustravano ogni angolo nascosto delle varie zone infernali, terribili e vogliosi diavoli facevano avanti e indietro per i corridoi in cerca di un dannato da violentare e diversi demoni stavano appostati sui tetti pronti a dare l'allarme se avessero visto qualcosa di sospetto. Ma i quattro dittatori erano pronti a tutto e molto prudenti e Demon era particolarmente esperto E dava istruzioni ai suoi ‘compagni di sventura’ su come e dove muoversi, su cosa fare e cosa non fare.
“Dobbiamo passare di lì….. Adesso andare di qua…. Silenzio! Abbiamo una presenza vicina… Adesso! .. Piano molto piano..”

Ed eccolo! Il terribile Cerbero! Addormentato grazie a Dio.
Era la mezzanotte della vigilia di Natale, la minuscola porta di servizio nascosta dietro al grosso sedere di cerbero era evidentemente semiaperta. Dalla sua pancia uscivano le urla straziate dei dannati che stava digerendo.
I cinque avanzarono in punta di piedi.
Hitler pestò un ramoscello secco, facendo rumore.
Il cane aprì un occhio pigramente, ma non vide nessuno (tutti si erano nascosti dietro un masso vicino) così si rimise a dormire.
"Cercate di fare più attenzione. Cerbero è pigro, ma quando si sveglia è un vero mostro" sussurrò Demon al quartetto.
I cinque avanzarono.
Ora erano a cento metri dalla porta.
"Bene, fin ora è andato tutto bene.." disse Ben.
"Sì, troppo bene per essere vero." sussurrò Stan.
"Cosa ci fate voi quattro qui? E chi è quello?" gridò una voce in lontananza.
Cerbero si lamentò nel sonno ma non aprì gli occhi.
I cinque si voltarono lentamente.
Una figura alata e dai lunghi capelli si stagliò davanti a loro: il sadico e terribile Vlad III di Valacchia, conosciuto anche con il ben più famoso nome Conte Dracula.
Le sue colpe erano talmente terribili che sulla terra erano nate molte leggende sul suo conto. Era così anche all'Inferno: girava voce infatti che fosse uno dei pochi a poter avvicinare Cerbero, poichè non lo poteva mangiare, disgustato com'era dalla sua carne. Si diceva inoltre che la sua profonda cattiveria aveva colpito positivamente Satana e ciò gli garantiva un minimo di libertà all’interno dell’Inferno. Ecco perché era lì: lui poteva tranquillamente andare in giro. I diavoli lo lasciavano in pace. E spesso lui per ricambiare il favore faceva la spia suggerendo dove trovare dei dannati che non erano riusciti a trovare una cella… Tutti i dannati avevano paura di lui per questo.
"Vlady? Tu qui?" disse Stan sbiancando come gli altri.
Demon invece si mantenne inespressivo.
"Sì.. Che strana coincidenza...Stavo passeggiando... E voi?"
"Anche noi."
"No caro, io sto davvero passeggiando, voi che diavolo ci fate qui? che tramate?"
"Fatti i cazzi tuoi." disse Demon.
Tutti lo guardarono, Dracula furioso, i quattro dittatori terrorizzati: mai offendere Vlad III di Valacchia.
"Giovinetto, ti spiacerebbe ripetere ciò che hai appena detto?" disse Dracula.
"Fatti i cazzi tuoi."
"Dimmi giovinetto, tu sai chi sono io?"
"No, chi sei?"
"Sono Vlad III di Valacchia, conosciuto anche come conte Dracula."
"Ah, il succhia-sangue."
"No, non sono un vampiro, non lo sono mai stato, ma mi sarebbe piaciuto, il sangue mi ha sempre attratto..."
"Bhè comunque la bocca ce l'hai, potresti succhiare altro..."
Mao cercò di trattenere una risata.
Hitler sorrise sotto i baffetti.
Stalin diventò ancora più bianco.
Dracula più furioso.
Mentre Ben cercò di capire la battuta.
"Siete un giovinetto molto esuberante, posso chiederti a quale zona appartieni o mi risponderai di nuovo male?"
"Non appartengo a nessuna zona."
"Ah, sei uno nuovo."
"No, guarda i miei occhi e capirai."
Dracula si avvicinò e appena capì di avere davanti un demone sbiancò e si lasciò cadere sulle ginocchia.
Tutti i dittatori osservarono allibiti la scena (tranne Ben che ridacchiava perchè finalmente aveva capito la battuta).
"Dimmi, tu sai chi sono io?"
"S-sì, sei un demone..."
"Questo lo so anch'io, ma dimmi, conosci il mio nome?"
"Io..Io..No non lo conosco..."
"Peggio per te."
Demon mosse una mano e il principe si ritrovò in aria. Non poteva urlare perchè muovendo l'altra mano Demon gli bloccò la bocca.
Con uno scatto Demon spezzò la schiena al principe che poi adagiò per terra.
"Demon! Perchè l'hai fatto? Era uno stronzo ok, ma..."
"Voi perchè non volevate portarlo con voi?"
Nessuno rispose.
"Vando alle ciance, ci daremo spiegazioni appena saremo fuori di qui. Aprite la porta."
Stalin e Hitler, con molta fatica, aprirono la piccola porticina.
E ecco che davanti a loro apparve un tunnel.
"Bene, ora prendiamoci per mano e lanciamoci fuori.” disse Demon.
Ma nell'attimo in cui lasciò la bocca del principe, quello urlò...

Cerbero scattò in piedi e iniziò a guardarsi intorno spaurito.
"Oddio oddio! Che incubo! Ho sognato di diventare il poggia piedi di Dio!" disse la prima testa.
"Sarà colpa di quel dannato fanatico che abbiamo mangiato ieri sera..." disse la terza testa.
"Ragazzi! Tre dannati scappano!" disse la testa centrale 8quella femminile).
"Merda! Ci ha visto!" disse Ben. e invece di lanciarsi con gli altri si staccò da gruppo e incominciò a correre gridando "ritirata ritirata!!!"
Una delle teste lo afferrò, ma lui si aggrappò in tempo ad una radice sporgente.
"Ti prego! Sono troppo dannato per essere mangiato!"
La testa tirò.
Ben lasciò la presa.
Il contraccolpo fu così forte che Ben finì nella narice del mostro.
Il mostro starnutì e Ben fu lanciato come un proiettile contro il gruppo che sbalzò fuori dalla porta...libero!
La porticina si richiuse.

"Oh Merda..." dissero le tre teste in coro.

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Non appena i quattro dittatori e il demone varcarono la soglia della porta incominciò per loro una lunghissima discesa.
Avete presente il tunnel di Alice nel paese delle meraviglie? Tipo quello.
Solo che loro viaggiavano ad una velocità incredibile. Nel tunnel la temperatura era stravolta e cambiava continuamente da caldo ustionante a freddo gelante. I quattro urlavano come poche volte avevano fatto in vita loro, solo Demon stava zitto come se non provasse alcun dolore. Eppure spesso quando la temperatura saliva, piccole gocce di cera colavano dalla sua faccia, e forse anche dal resto del suo corpo. Ma lui non sembrava rendersene conto.
All'improvviso tutto sembrò stabilizzarsi: la caduta era sempre veloce, ma la temperatura si manteneva di un caldo sopportabile. Poi questo caldo cominciò ad aumentare finchè i vestiti e i corpi stessi dei dittatori non si trasformarono in una fiamma.
I quattro urlarono perchè sentivano il chiaro dolore dell'ustione.
"E' una trappola! E' una trappola! Le nostre anime bruceranno insieme hai corpi infernali e noi non esisteremo più!" gridò Adolf.
Ma la fiamma che circondava il suo corpo si spense, e così capitò agli altri. Ora sentivano la strana sensazione di essere di nuovo in un corpo vivo e al posto della sciatta divisa da prigionieri infernali, avevano di nuovo le loro divise dei tempi andati.
A Demon accadde tutt'altro: la sua faccia era diventata un ammasso poltiglioso di cera sciolta e fumante che lo rendeva più simile a una candela sciolta. era particolarmente pauroso da vedere, anche perchè il resto del corpo (inclusi i capelli) sembrava ancora intatto.
La caduta si trasformò in uno slancio verso l'alto, molto molto veloce.
"Che sta succedendo?" chiese Adolf.
"Stiamo salendo sulla terra!" disse Ben.
"Siamo passati per il centro e ora sbucheremo dall'altra parte!"
La velocità aumentò sempre di più finchè tutto intorno a loro non diventò bianco.
Poi tutti svennero…

Il primo a svegliarsi fu Adolf.
A fatica aprì gli occhi e vide sopra di se un'immensa distesa blu: il cielo terrestre.
Era disteso su qualcosa di soffice, in mezzo a un prato fiorito.
Si sentiva stranamente pesante all’improvviso. Era di nuovo padrone di un corpo.  Un corpo dotato di tutti e cinque i sensi.  La divisa che aveva preso durante il tragitto c’era ancora.
Una mucca muggì, facendo capire ad Adolf cosa fosse la cosa soffice sopra cui era disteso. In aiuto accorse anche l'olfatto.
“Sono appena arrivato e sono già nella merda…”
Ma a Adolf non importava granché.
Si tirò in piedi e incominciò a camminare.
Si guardò intorno e vide il mondo che in quel momento lo circondava.
Un prato fiorito con una solitaria mucca pascolante e lì vicino un boschetto.
Un cielo blu, un sole splendente.
Dio, quanto gli erano mancati i colori.
All'inferno erano sempre statici e oscuri...
Si chinò a raccogliere un fiore, una piccola margherita.
Come aveva fatto da vivo a non apprezzare quelle piccole cose? Quanto era bella...
Dopo anni di inferno perfino quella sciocchezza gli sembrava speciale.
E poi aveva anche dei bei ricordi: quando era piccolo viveva vicino a un prato pieno di margherite.
E sua madre le coglieva.
Proprio come Eva.
....
Eva, Eva cara, io sono libero e ti ho lasciato all'inferno... Tu che mi sei stata sempre  fedele... E io prendo e scappo senza neanche dirti addio...
Ma ne è valsa la pena scappare per rimanere solo?
"Adolf!"
Adolf si girò e vide Mussolini più in forma che mai andargli incontro.
Era raggiante in volto.
"Adolf vecchio mio, guardati la schiena! Non sei qui da nemmeno cinque minuti e già sei finito nella merda!"
I due si misero a ridere: sembravano due ragazzini, due bambini che ne avevano appena combinata una grossa ma che erano contenti di averlo fatto.
Li raggiunsero Mao e Stalin.
Nel raggiungerli, Mao inciampò e finì anche lui negli escrementi della mucca, che muggì quasi a rimproverarlo.
I tre si misero a ridere, e lui pure.
Poi si abbracciarono (facendo attenzione a non sporcarsi) e dopo essersi presi per mano si misero a fare un ridicolo girotondo e a ballare tutti insieme o a coppie.
Per la prima volta nella loro vita non riuscivano ad odiarsi tra loro. Non c’era rancore, non c’era cattiveria. Volevano solo essere felici.
Mao e Stalin si presero sottobraccio  mentre Hitler e Mussolini si strinsero per le mani e si misero a girare gridando e ridendo come pazzi (provate ad immaginarli con come sottofondo la canzone "Happy Together" e avrete un quadro perfetto della situazione).

Erano liberi! Liberi, liberi liberi!
Il primo a interrompere le danze fu proprio Adolf si fermò con le braccia a mezz'aria che poi riabbassò lentamente, preso dall'orrore.
Ben, Stan e Mao fecero la stessa cosa.
Anche la mucca apparve spaventata.
Davanti a loro c'era Demon, sempre completamente vestito di nero e con la faccia ancora ricoperta di cera sciolta.
Il demone si portò le mani sul viso e incominciò a distruggere quella specie di maschera.
Sotto lo strato di cera apparve il viso di un giovane ragazzo. Un viso bello ma inquietante, bianchissimo e dai contorni talmente gentili da poter essere scambiato per un viso femminile, munito di due occhi rossi e fiammeggianti.
La mucca muggì e scappò via al galoppo.
Per quanto le mucche siano molto goffe a galoppare, quella andava davvero veloce.
"Non siamo passati per il centro della terra, ma per il centro dell'universo." esordì il demone.
La sua voce era rimasta metallica, acuta e spaventosa, ma aveva anche un che di...attraente?
"Questi sono i nostri corpi da non morti: sono indistruttibili e immortali, ma se (e così sarà credetemi) Satana e Dio mandano qualcuno a cercarci, quel qualcuno può prendere le anime e riportarle all'inferno. il lato positivo è che nessuno può scovarci almeno per i primi tre giorni, quindi diamoci da fare per mimetizzarci bene.."
"E tu come fai a sapere tutte queste cose caro Demon?" chiese Stan.
"Vando alle ciance e seguitemi: di là c'è un fiume in cui potrete lavarvi via lo sterco."
Pazienti, i quattro dittatori seguirono il demone, notando che dove passava lui l'erba si rinsecchiva.

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Attenzione:
In questo capitolo riappare la figura di Dio, usata con  il più profondo rispetto di qualunque credo religioso. Ricordo che questa è una storia comica, non vera, quindi non prendete troppo sul serio le battute.



Tuuu Tuuuu

"Pronto sono l'arcangelo..."
"GABBO NON ROMPERE IL CAZZO CON LE FORMALITA' E VAI SUBITO A CHIAMARE DIO!"
L'arcangelo fu così spaventato dalla voce furiosa di Satana che mise la musica d'attesa (un "Ave Maria" stavolta) e corse a chiamare Dio, che prontamente rispose al telefono.
"Satana che è successo?"
"Quello che credevo: quattro dannati si sono organizzati e sono scappati assieme a un demone."
"Cooooosa!???"
"Non fare il finto tonto con me Dio, hai capito benissimo; ma sai qual'è la cosa peggiore?"
"Cosa?"
"Il demone con cui sono fuggiti non è un demone qualunque: è Demon!"
"Oddio!"
"Oh Dio, che ti avevo detto? Ma tu come sempre non mi hai ascoltato."
"Satana..."
"No, non dire che hai tutto sotto controllo, perchè so che è una boiata... Io piuttosto ho tutto sotto controllo."
"Appunto di questo volevo..."
"Non dire niente Dio: io farò comunque di testa mia."
"Satana se tu ti azzardi soltanto a...."
Ma Satana riattaccò.
"Bene! Almeno ora mi sono sfogato!" disse.
"Satana, hai esagerato." disse un diavolo dalla lunga barba che stava vicino a lui; era il suo segretario personale: si chiamava Evil. Questo tanto per sottolineare quanta fantasia abbia Satana nella scelta dei nomi.
"Può darsi ma tanto so che non farà nulla per fermarmi."
"Forse perchè già sa che perderai."
Satano fulminò il segretario con lo sguardo.
"Non perderò, ho deciso di chiedere aiuto a uno che è peggio di me. E lui sicuramente riuscirà a recuperare Demon e quei quattro disgraziati..."
"Oh, ma ne esistono così tanti peggiori di te: Lotario Diacono, Pol Pot, i Borgia..."
"Io so a chi rivolgermi: portami Vlad."
Il diavolo sgranò gli occhi.
"Ma signore: nessun demone accetterà mai di lavorare con lui!"
"Certo, ma non manderò un demone, ma un diavolo."
"Chi?"
"Te."
"Prego?"
"Ci andrai tu con lui. Mefistoleo ti sostituirà per un pò."
"Ma signore..."
"Evil, portami qui Vlad e non discutere. Il tempo stringe. Dovete partire prima di subito."
"Ma signore..."
"EVIL!!!!"
"S-sì signore corro!"

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Intanto sulla terra i nostri quattro.. 'eroi', ancora molto eccitati, avevano raggiunto il fiumiciattolo.
Senza alcun tipo di imbarazzo si spogliarono, lasciandosi solo la biancheria intima, e si lanciarono in acqua. Iniziarono a bagnarsi e a schizzarsi tra loro, felici come bambini.
Demon li osservava silenzioso. Intanto aveva raccolto i vestiti di Adolf e Mao e aveva iniziato a lavarli.
Dopo l’eccitazione iniziale, i quattro si calmarono e si accostarono sulle sponde del fiume per rilassarsi.
"Accidenti! Quest'acqua è gelida!" si lamentò Ben.
"Mi ero dimenticato com'era farsi un bagno!" disse Adolf tremando.
"Acqua fredda come nella chiara vecchia Russia!" esclamò Stan, l'unico che sembrava non avere freddo.
Seguì per un po’ un dialogo tra i quattro durante il quale si presero in giro a vicenda per la biancheria che portarono e per i loro ricordi.
Mao non disse niente. Il suo sguardo era pensieroso.
"Mao, vecchio compagno, a che pensi?" chiese allegramente Stan.
"A mia moglie..."
Se l'acqua era gelida in quel momento lo divenne ancora di più.
“L’ho piantata…. Così… all’Inferno… Mi manca.. e credo.. credo che anche a voi manchi qualcuno..”
Tutti assentirono silenziosamente.
"Che pena che fanno, già si stufano. Dovrò lavorarmeli bene per raggiungere il mio scopo." Pensò Demon mentre accendeva un fuoco.
"Ehi Demon! Pensavo, ma come mai sei voluto uscire dall'Inferno insieme a noi? Non ha molto senso..." esordì Adolf che pensò che era meglio cambiare argomento.
"Che domande fai? Sono scappato per essere libero!"
"Sì ma... Tu... tu sei un demone... E' vero ci hai detto che la tua è comunque una condanna... Ma..."
"Io sono uscito perchè voglio essere libero. E ora scusatemi ma vado a cacciare qualcosa da mangiare."
Demon si alzò e si avviò all’interno del bosco.

Mentre Demon era via…
"Da questo non caveremo nulla così..." disse Stan.
"Già...Secondo me quello ci nasconde qualcosa..." disse Ben.
"Forse ci sta usando... Ehi Mao, perchè non ci parli tu?" disse Adolf.
"Io?"
"Ha conosciuto te per primo...Magari si fida di più..." disse Stan.
"Non credo proprio..."
"vabbhè, tu provaci..." disse Ben.
Demo tornò con una carcassa fresca di lupo decapitato sulle spalle.
"E questa cos'è?" chiese inorridito Ben.
Demon sogghignò.
"La nostra cena..."
Sulla terra si fece notte e i quattro dittatori si sistemarono ai piedi di un albero su una collina a dormire.
Demon era rimasto al fiume con la scusa di doversi sbarazzare di quanto era avanzato del lupo (che il gruppo di ex-dannati aveva mangiato, anche se con riluttanza), così Mao decise di andare a parlare con lui.
Scese la collina e trovò subito il fiumiciattolo.
Demon era seduto su un grosso masso osservando l'acqua e masticando la costola del lupo.
Sembrava gradire di più le ossa che la carne (che aveva mangiato cruda).
"Demon?" lo chiamò Mao.
Lui girò la testa fissandolo con gli occhi rossi, che brillavano come braci nel buio.
"Che vuoi?" chiese come se fosse adirato.
"Nulla, giuro, solo...vorrei farti delle domande...e avere delle risposte..." disse Mao cercando di non scomporsi: Demon era spaventoso più al buio che alla luce del sole.
Demon rimase inespressivo, ma gli fece segno di avvicinarsi.
Mao si andò a sedere vicino a lui.
"Parla...Chiedimi pure..." disse Demon "Ma ricorda: non è sempre bello ricevere risposte."
“Volevo sapere, sei già scappato in passato?"
Gli occhi di Demon guizzarono leggermente nel buio come piccole braci calpestate.
"No...è la prima volta che sono fuori dall'Inferno."
“Sei… Sei sicuro? Mi stai dicendo la verità?”
“Assolutamente sì… e se ti chiedi come facessi a sapere così tante cose su come fuggire eccoti la mia risposta: io ero il demone addetto alla sicurezza. Io solo sapevo sempre quando si doveva aprire la porta e io organizzavo i turni di guardia per impedire ai dannati di fuggire.. Poi un girono ci provai per conto mio..”
“Perché?”
“Perché volevo la libertà.. proprio come voi.. Ti ho già spiegato che noi siamo un miscuglio di anima e cera? Ebbene.. la mia parte di anima cerca ancora la libertà.”

Mao decise di non insistere.
"Un passo alla volta, intanto sei riuscito a capire molte cose diamo tempo al tempo..." pensò il dittatore.
"Se non hai altro da chiedermi è meglio che tu vada a dormire." chiese Demon ficcandosi in bocca una rotula e rosicchiandola velocemente.
Mao annuì e dopo averlo ringraziato se ne andò.
"Mammamia guarda che mi tocca inventare, ma so già che per riuscire almeno uno di questi me lo devo ingraziare...Mi chiedo cos stia facendo Satana in questo momento...Probabilmente avrà già mandato tutti i demoni sulle mie tracce... ma no, tutti loro si saranno rifiutati di cercarmi anche perchè l'ultima volta non avevano avuto successo...mi avrà mandato dietro dei diavoli, ma sarà facile riconoscerli e batterli...sì sto messo comunque molto bene...." pensò Demon.

Ma Demon si sbagliava di grosso: non poteva di certo immaginare di avere alle calcagna il dannato più furbo e furioso in compagnia del diavolo più saggio ed efficace. 

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Dracula fu ucciso in circostanze misteriose nel dicembre del 1476, per essere precisi, nel giorno di Natale. Lui in vita non aveva mai creduto nell'aldilà, ma quando si ritrovò all'inferno invece di essere scioccato era felice come una pasqua di essere, in qualche maniera, ancora vivo. Cercò dunque di trattare con Satana per tornare in vita promettendogli parte del suo regno. Satana non ne volle sapere ma rimase comunque affascinato da qualcuno che sembrava di saperla più lunga di lui. All’Inferno, Dracula fu più rispettato, rispetto ad altri dannati, ma le pene che era costretto a patire non erano certo leggere: la sua condanna principale era quella di essere inseguito all’interno del labirinto del giardino dell’Inferno da diavoli che minacciavano ogni volta di impalarlo su un palo metallico ardente.
Potete capire come mai Satana aveva scelto un dannato del genere per andare a recuperare i quattro evasi.

Vlad correva a perdifiato giù per la collina, mentre Evil, zoppicante, riusciva a malapena a stargli dietro. Era appena uscito dall’Inferno in compagnia del vecchio diavolo e esattamente come i quattro fuggitivi aveva un corpo nuovo ed era vestito dei gloriosi abiti di un tempo. Come loro correva eccitato dall’idea di vivere di nuovo.
Era notte fonda.
La collina terminava su una strada che saliva e poi di nuovo scendeva fino a portare ad una lunga strada asfaltata. Vlad continuò a correre con Evil sempre dietro. Un grosso cartello mostrava il nome della città: Sighişoara.
"Muoviti diavolo!" gridò Vlad continuando a correre.
Dopo quell'ordine Evil non ci vide più: aprì le sue alette demoniache e volò fino a mettersi davanti a Vlad che, preso alla sprovvista, cadde all'indietro.
"Ma che stai facendo Evil?"
"Ti fermo, ecco cosa faccio. Dove credi di andare?"
"A vedere la mia città natale! Io sono nato qui sai? Sono nato qui il 2 novembre del 1431."
"Il giorno dei morti...buffa data per nascere...."
"....Vabbhè questi sono dettagli..."
"I dettagli, caro Vlad, sono importantissimi per mandare avanti il mondo."
"D’accordo...Ora però fammi andare!"
"Dracula abbiamo del lavoro da fare..."
"Sì, lo so, ma per tre giorni saranno irrintracciabili. Fammi almeno dare un'occhiata..."
Il vecchio diavolo sbuffò: Dracula sembrava un bambinetto viziato.
"Ti accontento, ma sarà veloce, ok?"
"Assolutamente..."
A sorpresa il diavolo prese sulle spalle l'ex dannato e riprese a volare.
"Così arriviamo prima... non stringermi troppo altrimenti ti lascio cadere..."
I due sorvolarono la città che, ovviamente, era completamente diversa da come Vlad se la ricordava.
"Oddio...Ma cosa è successo?"
"Nulla Vlad, sono solo trascorsi più di cinque secoli...Le cose cambiano nel tempo..."
"Evil, per favore atterra, è meglio cercare via terra."
Evil atterrò in un ampio parco nel mezzo della città, illuminato da rari lampioni.
"Curiose queste alte braci...sembra che non ci sia una fiamma...eppure c'è luce..."
"Quelli Vlad sono lampioni."
"Ah...capito...cos'è un lampione?"
"Capirai..."
Vlad e Evil camminarono finchè una nera figura femminile apparve vicino a una panchina.
"Ecco una giovinetta...Vado a chiederle se conosce la mia casa..."
"Vlad...quella non è una giovinetta..."
Vlad ignorò il diavolo e andò verso la 'giovinetta'.
"Perdonate la mia impertinenza signorina, sapreste dirmi dove..." Dracula si bloccò perchè la giovane si era girata mostrando un viso coronato da un ampio paio di baffi.
Dracula e il trans si osservarono: Dracula era fortemente imbarazzato mentre il trans era inespressivo.
"Dicevate signore?" disse l'ambigua voce del trans.
"io...Volevo...Mi scusi se..."
"Se vuole fare un giro io potrei accompagnarla..." disse il trans con fare malizioso.
"No! Cioè...voglio solo un'informazione..."
"Per quello ci sono le mappe e gli uffici turistici."
"Ecco! Allora dove posso trovare una di queste due cose?"
"Non si può..."
"Perchè?"
"E' tardi, gli uffici sono chiusi così come i venditori di mappe. Quindi se non vuoi il mio aiuto gira a largo, aspetterò clienti migliori."
Pallido e imbarazzatissimo, Dracula si voltò e fece per andarsene.
"Figo comunque..."
Dracula si voltò di nuovo.
"Cosa?"
"L'abito...è...figo...voglio dire....Non sembra tipo di maraca...sembra un costume...ma è bello...Dove l'hai preso?"
"Io...Io...Lo ha fatto il mo sarto...per me..."
"E' forte, sai lo avevo visto solo nei ritratti dei vecchi... Di un pò: dove devi andare?"
"Io sto cercando...il luogo dove è nato vlad III di Valacchia..."
"Uffa, tutti i turisti che si interessano di quel vampiro, che in realtà era solo un impalatore. Che ci sarà mai di bello a conoscere uno che lo ficcava su per il... a tutti?"
"Bhè..tu per primo non dovresti porti questa domanda." disse Vlad seccato.
Il trans lo osservò e poi scoppiò a ridere.
"Hai il senso dell'umorismo...Mi piace..."
Vlad arrossì.
"Come ti chiami?"
"Il mio nome un tempo era Marcus. Ora sono Nina."
"Ah..."
"E tu?"
"Vla...dimir. Mi chiamo Vladimir..."
"Bhè...andiamo..."
"Sì giusto. Forza Evil andiamo."
"...a chi stai parlando?"
"Al mio..."
"Vlad lei...lui...insomma, gli umani non possono vedermi."
"...Scusa Nina, borbottavo tra me e me. (bisbigliando) Cavolo Evil, potevi avvisarmi prima?"

"IN QUESTA CASA TRA IL 1431 E IL 1435 NACQUE VLAD DRACUL FIGLIO DI MIRCEA CE BADRIN"
Così era scritto su quella piccola lapide in marmo.
"Sai Vladimir, molti dicono che lui non sia nato qui ma più avanti..."
"No...La casa è questa...Me lo ricordo...Nina per favore lasciami un pò da solo..."
Nina obbedì allontanandosi.
"Che tipo strano" pensò.
"Quanto tempo è passato Evil...Ma mi ricordo ogni cosa...Io giocherellavo sempre seduto su questo gradino...osservavo cosa facevano alla gente del posto...ho assistito a molti omicidi fin da piccolo..."
"Questo non ti ha aiutato lo capisco, ma non è di certo una giustificazione per quello che hai fatto..."
"Accidenti, vicino hanno aperto una locanda..."
"Ristorante Vlad..."
"E quante torce ci sono tutt'intorno..."
"Lampioni Vlad..."
"Qui c'era sempre il mercato e c'erano le guardie..."
"Il tempo è passato Vlad..."
"E c'era mamma..."
"Tua madre è morta Vlad."
"Basta Evil sta zitto! Voglio riflettere e ricordare..."
I minuti passarono. Nina nel frattempo si stava accordando con un altro cliente, parlando al cellulare.
All'improvviso un grosso gatto nero sbucò dal nulla.
"Guarda Evil! C'era un gatto uguale una volta! Mi faceva sempre paura."
il gatto balzò su un albero e ricadde ai piedi del diavolo: nella bocca stringeva un piccolo passerotto e vicino c'era il nido rovesciato con le uova rotte.
Il gatto tirò su il muso e incrociò lo sguardo del diavolo. Il suo pelo si gonfiò, le piccole fauci si aprirono lasciando cadere il passero, poi scappò via, come se avesse il diavolo pure alle calcagna.
"Rettifico: gli esseri umani non possono vedermi, gli animali sì."
Vlad si chinò sul passero e lo raccolse.
"Ma guarda...così sadico con gli umani, così pietoso con le creaturine."
"Quando ero piccolo successe una cosa simile, ma con una rondinella...è stata una delle poche creature che mi è dispiaciuto veder morire. Povera passerottina, non avrà più i suoi pulcini e gronda tutta di sangue..." la voce di Vlad era commossa.
"Vuoi che ponga fine alle sue sofferenze?" chiese Evil.
"Puoi farlo? Certo!" disse Vlad dandogli in mano il passerottino.
Vlad era convinto che il diavolo voleva curarlo ma si sbagliava: Evil infatti, si limitò a decapitarlo con l'aiuto delle sue unghie lunghissime.
Vlad impallidì e i suoi occhi diventarono lucidi.
"La morte è migliore della vita caro Vlad, non essere triste." disse Evil con tono paterno.

"Ora Vlad sali sulle mie spalle prima che quel Nina ritorni, dobbiamo andare dove Satana ha preparato il nostro alloggio..."

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Il sole era già alto nel cielo quando Benito si svegliò. Ma era l'unico. Gli altri dormivano ancora beatamente, anche Demon; più che dormire in realtà, il demone sembra essere morto: teneva le braccia incrociate al petto e la bocca socchiusa, non respirava, non russava, tutto il suo corpo era in uno stato di immobilità inquietante. Nemmeno quando dormiva riusciva a sembrare umano.
Benito tese l'orecchio e sentì un suono strano e lontano: sembrava il rumore di una grande folla di gente, ma c'era anche il suono della musica. Veniva dall'altra parte del bosco. Così si incamminò e lo attraversò finche non sbucò fuori in una valle.
E allora l'orrore.
Davanti a lui c'era un'immensa folla di persone, talmente grande da occupare tutta la vallata. Una marea di persone, tutti giovani d'aspetto; chi stava in piedi, chi seduto, chi dormiva in un sacco a pelo, ma la cosa più spaventosa era il loro aspetto e il loro abbigliamento: certi ragazzi avevano la barba incolta o decorata con perline, certi avevano i capelli fino alle spalle, certi stavano a torso nudo, alcuni erano completamente nudi! E le ragazze? Scandalo! Gonne cortissime, capelli cortissimi! E pantaloni! E seni scoperti! Ah ecco qualcosa di bello da veder! Oddio, alcune sono proprio nude!

"Demon dove cazzo ci hai portato?!?"

Ben tornò indietro correndo a perdifiato. Dopo aver svegliato tutti li condusse dall'altra parte del bosco. Alla vista di quello 'spettacolo' Hitler cadde all'indietro, mentre Stalin sbiancò. Demon rimase inespressivo. Mao invece sembrava eccitato.
"Io queste scene le ho già viste da qualche parte..." disse.
Fu l'unico ad avere il coraggio di avvicinarsi. Un gruppetto di giovani si era un pò isolato dalla massa per fumare in pace a testa una sigaretta (o forse sarebbe meglio dire una canna) mentre uno di loro suonava la chitarra.
Colto da uno strano coraggio Mao corse verso di loro, sperando di aver mantenuto la capacità di parlare una lingua che tutti potevano capire e di poter capire tutte le lingue con cui gli altri parlavano (capacità concesse sia agli angeli che hai dannati).
"Giovani compagni! Giovani compagni potete sentirmi? Capite le mie parole?" gridò mentre correva.
" Credo che stia parlando con te Chris...." disse il primo ragazzo.
"Non so John, forse vuole parlare con me... Tu che dici Oliver?" disse il secondo.
L'interpellato non rispose: era nel suo mondo.
Mao raggiunse il gruppetto.
"Giovani compagni ho bisogno di sapere dove mi trovo e che anno è?" disse.
"Credo che stia parlando con te Chris...."
"Non so John...Forse vuole parlare con me...Tu che dici Oliver?"
Oliver roteò le pupille.
"Bene Oliver è partito." disse l'unica ragazza del gruppo e aspirò profondamente finendo ufficialmente la canna.
"Signorina, potete dirmi dove ci troviamo e che anno è?" chiese ancora Mao.
"Credo che stia parlando con te Chris..."
"Non lo so John, forse vuole parlare con me....tu che dici Oliver?"
Oliver aprì la bocca ed emise un gemito.
La ragazza (l'unica assieme al silenzioso chitarrista a sembrare ancora normale) fece cenno a Mao di accomodarsi.

"Che fa ora quel pazzo?" chiese Adolf tirandosi su.
"Si è seduto vicino ad una ragazza!" disse Stan scandalizzato.
"Beato lui." disse Ben.

"Vuoi?" la ragazza allungò a Mao un'altra canna appena rollata.
"No non fumo, dove siamo e in che anno siamo?"
"Vuoi?" la ragazza allungò a Mao due piccole pasticche.
"No, non mi sono mai piaciute le pillole, dove siamo e in che hanno siamo?"
"Vuoi?" la ragazza allungò a Mao un panino di dubbio gusto.
"Signorina ho bisogno di saperlo assolutamente!"
"Siamo a Woodstock ed è il 68, sei sicuro che non vuoi nulla?"
"No grazie divertitevi! Grazie mille! Ciao! Ciao anche a voi!"
"Credo che stia parlando con te Chris...."
"Non lo so John, forse sta parlando con me...tu che dici Oliver?"
"Che belli che sono gli unicorni!" disse Oliver eccitato.
Il chitarrista rimase silenzioso.
"Demon dove cazzo siamo finiti!?" Domandò furioso Benito.
"Aspetta, ecco Mao che torna, ce lo dirà lui...guardatelo sembra raggiante..." il demone era calmo e la sua voce metallica era asciutta.
"Ragazzi! Ragazzi è fantastico! Siamo finiti nella mia epoca! Io sono ancora vivo qui!"
"Cosa???? Vuoi dire che siamo nel...?" disse Adolf tirandosi in piedi.
"Sì! Siamo alla fine dei 60! Non è meraviglioso?"
"No! No che non lo è! Io non voglio stare in un posto con un bordello orgiastico a cielo aperto!" disse Stan.
"Bordello orgiastico? Stan che cavolo dici? Questa è la grande rivoluzione giovanile! E' Woodstock! E' l'inizio della libertà! E del mio governo..." gli occhi di Mao brillavano.
"Non illuderti tanto Mao...So a quello che pensi ma sappi che non potrai cambiare la tua storia..." disse Demon.
Mao guizzò.
"Cosa?"
"Quando ho detto che saremo stati al sicuro per tre giorni significava che saremo stati in un luogo e in un tempo diverso rispetto al presente...Tuttavia quando si sta nel passato non si può cambiare la storia...solo continuarla..."
"Cosa intendi dire?"
"Intendo dire che la nostra presenza qui è del tutto irrilevante."
Mao ci rimase vivamente di merda.
"Mi spiace Mao ti è andata male..." disse Stan dandogli una pacca sulla spalla.
“Ma Demon, io non capisco, se questo non è il presente, come mai siamo finiti qui?”

(non sono pienamente sicura dell'esistenza della droga in pasticche nel 68. Se qualcuno sa che si tratta di un errore, può comunicarlo e io cambierò. Per quanto riguarda il perchè i nostri amici non siano ancora nel presente lo scopriremo presto.)

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


La notte era calata da tempo sulla bella città di Londra, le luci della città risplendevano più forti delle stelle stesse. Il Big - bang suonò le due in punto.
Dracula si agitò nel letto, ma subito dopo si riaddormentò in quel sogno senza sogni che da tento tempo non aveva avuto occasione di rivivere dopo morto. I dannati all’Inferno, se dormono, sono perennemente perseguitati da incubi paurosamente realistici.
Evil, seduto al bordo del letto, intento a leggere un horror, lo osservò; in millenni di carriera non aveva mai provato sentimenti positivi verso un dannato, anzi li aveva sempre avuti molto in antipatia. Ma c'è sempre una prima volta...
Dopo la visita alla sua casetta natale, Dracula era volato via a cavalcioni di Evil verso la città dove Satana in persona aveva preparato una base per loro: Londra, in Inghilterra. La base era un piccolo appartamento con due camere, un angolo cottura e un bagno, abitato da un satanista fanatico di horror che Satana aveva prontamente eliminato senza far ritrovare il corpo. Giunto lì Dracula aveva preso (solo all'occhio umano) le sue sembianze. Evil invece era rimasto invisibile e si era visto costretto ad eliminare la gatta dell'ex proprietario. Non era riuscito ad uccidere invece i due gattini che la gatta aveva partorito circa due mesi prima, due maschietti, che Dracula aveva subito salvato e protetto. Era stato proprio questo a colpire Evil: così crudele verso gli umani e così pietoso ed affettuoso verso i piccoli animali e i cuccioli. Come tutti i dannati aveva una personalità squilibrata, ma sembrava non essere davvero consapevole del male che faceva... Un bambino, un bambino che possedeva un corpo adulto, un corpo adulto posseduto da un bambino. Ma se davvero non era cosciente del male che faceva, era giusto mandarlo all'Inferno? Non era meglio tenerlo in Paradiso e cercare di insegnargli a comportarsi?
Per la prima volta nella sua vita Evil incominciava a chiedersi se davvero il male era una cosa così scontata, se davvero c'era sempre di mezzo la volontà umana o se era semplicemente frutto di un malanno o del semplice destino.
"Hey Dracula?" sussurrò.
"Mmmmh..."
"Dracula? Vlad?"
"Mmmh...Altri due minuti..."
"Dracula dimmi, perchè facevi del male agli altri quando eri vivo?"
"Mmmh...Che ore sono?"
"Vlad me lo stavo chiedendo solo perchè non riesco a capire perchè voi esseri umani amiate farvi del male..."
"Nemmeno io...Ora lasciami dormire..."
"No seriamente, cosa ci trovavi di piacevole?"
"Nulla in particolare... Ma mi faceva sentire potente..."
"Non ti rendevi conto della sofferenza che provocavi e cosa questa provocava nelle tue vittime?"
"Forse no... Ma certo finchè ero io a farla a loro e non il contrario non mi sembrava tragica... Ora senti sono le due, lo vedo dall'orologio coi numeri in verde qui sul comò e sono stanco...Lasciami.."
"Te l'ho già spiegato si chiama orologio digitale."
"Quello che è, lasciami dormire."
Il forte rumore del citofono fece sobbalzare sia il diavolo che il dannato.
Imprecando contro chi poteva, Dracula si alzò e andò a rispondere.
"Chi è?"
"Jack sei tu?" a parlare era una voce di un giovane ragazzo. Dracula non sapeva che fare, ma ormai aveva risposto.
"S-sì, che vuoi?"
"Jack ho Nancy qui in macchina, è ubriaca fradicia e i miei sono tornati a casa prima del previsto. Se la porto da me mi uccidono. Posso lasciarla da te?"
"Ehm...D’accordo portala sù."
Gli aprì la porta.
"Che succede?" chiese Evil.
"Sta portando su un tale di nome Nancy che è ubriaco..." disse Dracula che intanto si era reso conto di non aver fatto la scelta giusta, anche perchè non sapeva come comportarsi con uno del 2010.
"Nancy veramente è un nome da donna." precisò Evil.
"Ah sì? Bene… Questo cambia molto le cose...."
Suonarono alla porta.
Dracula aprì e qualcuno gli scaraventò contro un corpo umano che lui prese al volo. Si ritrovò a stringere tra le braccia una ragazzetta bionda e mingherlina, vestita (sì fa per dire) in maniera 'scandalosa'.
"Grazie Jack, sei un amico, ora scappo a casa che sennò i miei mi ammazzano. Ciao!" Il ragazzo si fiondò giù per le scale.
Dracula richiuse la porta e portò dentro la ragazza. La distese sul letto: era molto bella, i seni (visibili attraverso la scollatura della maglietta) erano piccoli ma perfettamente tondi, i suoi lunghi capelli biondi sembravano filamenti d'oro.
Poi aprì gli occhi: erano ambrati bellissimi e lo fissavano privi d'espressività.
Dracula si sentì fortemente imbarazzato.
"S-salve s-signorina...Io.."
Per tutta risposta lei gli vomitò addosso.
"J-Jack... Ho bevuto..."
"S-sì...me l'hanno detto..."
"devo vomitare ancora..."
"Vieni ti porto...Ti porto..."
"Portala in bagno cretino." suggerì Evil.
"Vieni ti porto in bagno."
Così fece, ma invece di farla vomitare nel gabinetto, la fece vomitare nella doccia. Evil osservò la scena con la faccia rassegnata. Lei era così fuori che non si accorse di nulla. Dopo lo sfogo, il Conte la trasportò fino al letto e la coricò. Rimase in piedi a fissarla.
"E'...E' bellissima..."
"Non è così diversa da tante che stanno in giro." commentò Evil, che conosceva la realtà del mondo molto più del dannato. I dannati purtroppo, al contrario di come diceva Dante, non vedono né il futuro né il presente. I diavoli lo conoscono grazie alle visioni offerte da alcune fontane d’acqua sporca che riflettono la vita dei viventi.. o meglio, la parte peggiore della vita dei viventi.
"No ma...E' bellissima..."
"Se vuoi abusare di lei puoi farlo, tieni conto che non se ne accorgerà visto che è ubriaca."
"COSA!?"
"Stai calmo Vlad, stavo scherzando." Disse il diavolo ridacchiando, al tempo stesso stupito del fatto che un dannato di tal genere si fosse scandalizzato.
"Non è divertente... Non devo fare queste cose... Non avrei mai dovuto farle... starei in pace con me stesso. adesso se non avessi..."
"Basta. Quello che conta è che domani se ne vada. Meno gente viene qui meglio stiamo."
Evil andò a pulire la doccia mentre Dracula si sedette in poltrona, osservandola.
"Evil ascolta, ora che siamo qui, cosa facciamo?"
"Per ora nulla: quando un dannato evade deve passare per due sfere temporali, nella prima noi non possiamo ritracciarlo e lui non può cambiare nulla della storia, nella seconda, più vicina a quella dove ci troviamo adesso, possiamo già rintracciarlo e riportarlo all'Inferno, ma lui può mimetizzarsi come hai fatto tu, ovvero assumendo sembianze ‘normali’. Se poi raggiunge il presente prima che noi lo recuperiamo diventa ancora più difficile comunque ritrovarlo perché può assumere qualunque sembianza di qualunque persona elimini.. e poi loro hanno Demon, quindi la mimesi risulterà ancora più facile. In più credo che se noi non li recuperiamo nella seconda fase temporale, saremo costretti ad allearci con una squadra mandata dal paradiso. Cosa che mi disgusta assai..”
"Buon Dio..."
"E' inutile che chiami Dio, lui non può fare nulla e neanche Satana. Qui quelli davvero potenti sono quei quattro che sono scappati e Demon. Possiamo solo aspettare e tenere gli occhi aperti..."
“Ma Satana, come passeranno da una fase all’altra?”
“E’.. diciamo così, una cosa automatica, che avviene ogni giorno al calar del sole..”


(Dunque, il personaggio di Nancy tornerà utile in futuro. Nel prossimo capitolo torneremo a vedere cosa combinano i nostri evasi nel 68 e in quale nuova epoca passeranno..)

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Capitolo 14
*** Capitolo speciale con messaggio ***


Cari lettrici e lettori, buonasera.
Vi prego di leggere attentamente questo messaggio prima di procedere. Vi racconterò di come è nata questa storia e di perché, almeno per un po’, sarà interrotta e incompiuta.
Questa storia era stata originariamente pubblicata su un altro sito, il 2 novembre del 2010 (sì, era guarda caso il giorno dei morti) ed è stata spostata su efp quasi un anno dopo (il 3 ottobre del 2011); tutti i capitoli che potete leggere erano presenti anche su quel sito e riportati qui con le correzioni e le modifiche necessarie.
Inutile che vi dica che il 2010 era un periodo diverso da oggi: io andavo al liceo, internet girava ancora poco sui cellulari, non esistevano i selfie (o comunque non andavano di moda come adesso), Obama era ancora il presidente della pace e così via… sono passati solo sette anni, ma a me sembra passato un secolo. Tante cose sono cambiate, io stessa ho vissuto in situazioni (ora nerissime, ora luminose) in cui non avrei mai immaginato di finire.
La storia nacque in un periodo di cui ho tutto sommato un bel ricordo.
Le storie erano uno svago importante, un allenamento continuo, un modo per uscire dalla realtà che già non mi piaceva. Le prendevo seriamente, ma sapevo anche divertirmi. Anche oggi è così, anche se credo ci sia stato un aumento nella serietà e nell’attenzione.
L’idea per questa storia mi venne mentre ero sull’autobus per andare a scuola.
Immaginai proprio Hitler, Mussolini, Stalin e Mao che cercavano di scrivere un discorso da recitare all’Onu, nel tentativo di riprendere il potere ormai perduto; da quella piccola scena, come spesso mi capita, ha iniziato a prendere vita tutta la storia. Doveva essere una cosa divertente, da non prendere sul serio (anche se fedele il più possibile in quanto date e descrizioni), per cui nessuno doveva rimanere offeso.
Leggendo i vostri commenti, vedendo quanto e come è stata seguita, sono felice di dire che sono riuscita nel mio intento. Mi sono divertita e ho fatto divertire. A chi invece questa storia non è piaciuta, ha comunque capito la sua “innocenza” e si è limitato al silenzio. Non ho mai ricevuto insulti o accuse di blasfemia, né qui né sul vecchio sito.
Come dicevo però, il tempo ha cambiato tante cose. Questa storia è sì, ancora mia, la sento ancora “viva” se la rileggo. Lo spirito di allora, nonostante tutto, mi è rimasto.
Ma lo svolgimento che mi aspettavo per lei ormai non lo posso più seguire. Ho rivisto molte delle mie idee, tanto sulla storia (in realtà ancora simili al mio periodo liceale) quanto sulla politica attuale (dove invece il mio pensiero è cambiato radicalmente ed è completamente opposto a quello di quando ero ragazzina, ma questo si chiama “crescere”) e in buona parte anche sul concetto religioso.
Dunque, lo svolgimento pensato inizialmente per questa storia, sebbene divertente e in linea con l’inizio che voi potete ancora leggere, ormai non lo posso più scrivere. Non lo sento mio, l’unica cosa che potrei fare è modificarlo radicalmente ma questo richiede del tempo che ora non posso assolutamente dedicare a questa storia. Nonché uno studio ex-novo dei personaggi trattati (sì, ho fatto anche esami di storia all’università ma sono arrugginita). In più ho altre storie da finire. Tra “La clinica senza dottori” interrotta da troppo tempo e “Il mondo di Felicia Fortunata” che ha in qualche modo intrappolato la mia mente in questo periodo, nonché un gran numero di lavori originali da concludere nella realtà, “Fuga dall’inferno” è giusto che venga messa da parte; almeno per un po’. Ma invece di lasciarla totalmente orfana, ho deciso di dedicargli questa specie di “finale”, scrivendo appunto proprio il capitolo del “Discorso a 4 alle nazioni unite” dove tutto ha preso vita in una mattina d’autunno di sette anni fa.
Inoltre volevo approfittarne per dire GRAZIE a tutti voi. A tutti voi che avete recensito, preferito, ricordato e seguito questa storia.
Siete stati importanti ed è anche per voi che scrivo quest’ultimo capitolo: se vorrete smettere a questo punto di seguirla, potrete farlo. È anche giusto.
Ma se comunque vorrete tenerla per ricordo a me farà più che piacere.
E chissà, un giorno la riprenderò proprio per darle finalmente la conclusione che merita.
Grazie a tutti voi dunque, per avermi seguito fino a qui.
Spero che anche questo capitolo vi possa divertire.
Vi auguro buona lettura e… Alla prossima!

 
(adesso siamo nel 2010 a Roma, i quattro dittatori sono “sfuggiti” dal controllo di Demon. Devono ancora adattarsi alla modernità. I proprietari della casa dove si sono sistemati sono partiti per un lungo viaggio. Non hanno assunto alcun aspetto fasullo, sono proprio come li ricorda la gente, cercano di mascherarsi con i vestiti.)
 
“Ho preso tutto!” disse Mao entrando trionfante, cercando di non inciampare nei ridicoli pantaloni a vita bassa che aveva indossato per confondersi con gli “indigeni”, assieme ad un’orrida felpa nera con un teschio gigante disegnato al centro e un cappellino con visiera con su scritto sopra “IMTHEBOSS”.
Benito, Adolf e Stalin lo aspettavano con indosso le loro divise.
Era la prima volta in tutta la loro vita che usavano le divise per stare in casa e non per uscire.
Anzi, per uscire dovevano indossare quei ridicoli abiti moderni che mai avrebbero messo, nemmeno per dormire o per riverniciare una parete.
E la famiglia che avevano scelto, aveva purtroppo un pessimo gusto nel vestire. Almeno gli elementi maschili.
Gli abiti della signora Rossi non erano stati degnati di attenzioni.
Mao poggiò sul tavolo una busta con dentro un quaderno, una penna e un’altra penna di colore bianco.
“Si chiama ‘bianchetto’, il negoziante ha detto che serve per cancellare gli errori.” Spiegò Mao rispondendo alle mute domande dei compagni di evasione.
“Cancellare?! Ai miei tempi si tirava una riga e si proseguiva.” Commentò acido Ben aprendo il bianchetto e provando il suo inchiostro bianco sul dito per poi odorarlo.
Dei quattro, era quello che più aveva da ridire su quanto lo circondava. Faceva commenti su qualsiasi cosa. Forse pure il legame che aveva con Roma, trovata profondamente cambiata (ovviamente in negativo secondo i suoi canoni) rispetto all’ultima volta che l’aveva vista.
“Meglio sarebbe stato raderla al suolo durante la guerra…” aveva detto a un certo punto.
“Io invece la trovo una cosa geniale! Chissà… se lo usano anche per falsificare i documenti…” Stalin prese il bianchetto e lo provò subito sul quaderno.
Mao era andato a cambiarsi. Anche lui non sopportava i vestiti moderni.
Rimessa la divisa, tornò in salotto.
“Non sprecatelo. Passiamo alle cose serie.” Mao prese il quaderno dalle mani di Stalin e la penna.
“Che fai?”
“Che faccio… Dobbiamo scrivere il discorso per l’Onu? Avevamo detto che provavamo a lavorarci oggi?”
“Ma non lo puoi scrivere tu.”
“Ma certo, lo scriviamo tutti insieme!”
“Dico, tu scrivi cinese, quindi qualunque cosa noi ti dettiamo, poi se la dobbiamo rileggere non la capiamo.”
Per un lungo secondo i due dittatori comunisti si fissarono in silenzio, mantenendo una fredda inespressività. Poi Mao lanciò la penna da una parte e si alzò in piedi.
“Se proprio vogliamo fare i pignoli, in teoria noi non dovremmo nemmeno essere in grado di capire la gente di questo paese e di questo tempo! Eppure ci riusciamo!”
“Sì, ma un conto è il linguaggio orale, un conto quello scritto. E comunque, la gente di questo tempo la capirai tu. Perché io francamente… Adolf, ti ricordi quel tizio? Quello che ci ha tipo fotografato al supermercato, com’è che ci ha detto?”
“Che fighi che siete con quei baffi! Datemi facebook, che vi taggo!” Disse Adolf, cercando di imitare anche il tono di voce.
“Ecco, dimmi te Mao se questo è modo di parlare! E cosa ci facesse un ragazzino di quella giovane età in giro da solo…”
“Ti ha fatto una foto?!”
“Ci ha fatto una foto, sì.”
“E tu cosa hai fatto?!”
“Io ho pensato che uno così giovane, in giro da solo, che fa foto a dei perfetti estranei, fosse uno in cerca di soldi. Così gli ho messo in mano cinque euro e l’ho spinto verso il bancone del pane.”
Mao si colpì la faccia con la mano: “Ma che… Oddio… Stalin cazzo cos’è che avevamo detto!? Non dovevamo per nessun motivo essere rintracciati! Ora di noi gira una foto! Demon potrebbe riprenderci da un momento all’altro!”
“Ma va là! Figurati se quella foto finisce nelle sue mani. Se la sarà tenuta il ragazzino.”
Mao stava per esplodere in un’altra delle sue sfuriate (era l’unico ad aver in qualche modo capito come funzionavano le cose nel 2010) quando Benito li interruppe: “Discorso alle nazioni unite, di Adolf, Benito, Mao e Stalin. Introduzione.”
Mentre parlava scriveva sul quaderno.
I tre lo guardarono storto.
“Scusate ragazzi, ma così non la finivamo più.”
Mao si sedette di nuovo.
“Hai ragione. Procediamo.”
“Bene, dunque…. Popolo Italiano!”
“No fermo” lo interruppe subito Adolf “siamo alle nazioni unite, non ci rivolgiamo solo all’Italia.”
Altra pausa.
“Ci sono! Popoli del mondo!”
“Aspetta…” lo interruppe Stalin “Non ti sembra un po’…”
“Un po’?”
“Un po’… sai, come dire…”
“Cosa?”
“Un po’ troppo fascista.”
“Fascista?! ‘Popoli del mondo’ ti sembra una frase fascista!?”
“Guarda” soggiunse Adolf rivolto a Stalin “ti dico subito che se hai intenzione di farlo iniziare con ‘Compagni!’ io al discorso non partecipo.”
“Meglio.”
“Meglio cosa?”
“Meglio, uno in meno.”
Stalin e Adolf si fissarono e sembrarono pronti ad azzuffarsi, quando Mao, alzando la mano, disse: “Ce l’ho ce l’ho!!! Iniziamo così: Signore e signori, buongiorno a tutti!”
Pausa.
“Mi piace!”
“Sì, infatti è il saluto meno politicizzato di tutti.”
“Perfetto, allora è deciso.”
Benito scrisse: Signore e signori, buongiorno a tutti!
“Bene adesso… Adesso…”
“Siamo tornati!”
“Eh?”
“Beh, dobbiamo presentarci no? Diciamo così: signore e signori, buongiorno a tutti, siamo tornati!”
I tre fissarono Adolf.
“A me non convince molto…” disse Ben.
“Nemmeno a me.” Disse Stalin.
“Però ha senso…” disse Mao.
Pausa.
“Signore e signori, buongiorno a tutti, siamo tornati…. Forse, detto col tono giusto…”
“Mettiamolo così poi in caso si cambia.”
Ben scrisse: Signore e signori, buongiorno a tutti! Siamo tornati!
Ben osservò la frase poi aggiunse qualcosa vicino.
“Che scrivi?” Chiese Adolf.
“Ho scritto: e siamo molto delusi da quello che abbiamo trovato.”
“MA NO!” sbottò Stalin “Così rovina tutto! Avevamo appena detto che dovevamo usare il tono giusto! Con quest’aggiunta mandi a benedire tutta la frase!”
“Anzitutto si dice, e ancora si usa, ‘mandi a puttane’. Secondo, non mi direte che siete contenti di questo tempo!”
“Io sì.” Disse Mao.
I tre gli lanciarono un’occhiataccia. Lui cambiò argomento:“Comunque non si può iniziare un discorso così, ci tireranno addosso i pomodori!”
“Devono solo provarci.”
“Adolf, non siamo più ai tempi dove potevi metterli in galera se lo facevano.”
“No! Infatti! Ora siamo ai tempi dove discorsi così non vengono fatti di fronte al popolo, ma lontano da esso! Loro seguono tutto da questi così orribili, infernali, chiamati schermi! Altrimenti sai te quanti pomodori prenderebbero in testa quei deficienti che stanno adesso al posto nostro! Invece no! Loro si parano tutto grazie agli schermi! Gente senza palle proprio….” Ben respirò a fondo nel tentativo di calmarsi “Ora… Se proprio volete lo tolgo, ma secondo me prima o poi sarà il caso di dirlo.”
“Meglio poi che prima.”
Ben sbuffò e tracciò una linea per cancellare.
“Idee per proseguire?”
Il quartetto rimase in silenzio per un po’. Adolf cominciò a giocherellare con il bianchetto, colpendo ritmicamente il tavolo e facendolo girare tra le dita, con il fare nervoso di chi vorrebbe parlare ma non ha il coraggio di farlo.
“Adolf, a questo punto di quello che vuoi dire.”  Sbottò Ben seccato dal rumore.
“Possiamo metterlo un paragrafo sugli ebrei?”
“No.”
“Ma se non lo facciamo troppo esplicito?”
“No! Dobbiamo rivolgerci a tutti! Ormai il mondo è diverso da come ce lo ricordavamo!”
“Io dico di no.” Stalin si riempì un bicchiere di vodka e bevve.
“Come dici Stan?”
“Io dico che la gente si illude che il mondo sia cambiato. In realtà non è cambiato niente. Pensateci bene: esistono ancora forme di censura, favoritismi, sgambetti tra nazioni, accordi sottobanco e discriminazioni. Le vittime sono cambiate, il modo per coprirsi è cambiato. Noi usavamo il pugno di ferro, loro usano la democrazia. Ma se si va a vedere chi si candida, beh, sono sempre gli stessi. Io ieri ho usato quella cosa che si chiama… come si chiama?”
“Internet dici?”
“Esatto! Mi sono andato a vedere tutti quelli che hanno governato le nazioni, inclusa ovviamente la Russia. Oh, gira e rigira sempre gli stessi sono! Forse l’unica cosa che è cambiata è che ora molto potere si misura attraverso i soldi. Questo per esempio ai nostri tempi era meno… beh meno, diciamo che si notava di meno. Alla fine, l’atteggiamento di un capo rimane sempre lo stesso: io posso farlo, voi no. Non importa che sia un nobile, uno che pretende di essere figlio di una divinità, uno superiore per meriti fisici o intellettivi o più semplicemente ricco sfondato; alla fine, somigliano a noi molto più di quanto non lo vogliano far credere.”
“Io” intervenne Ben “personalmente non voglio associarmi a quel tipo che sta alla casa bianca.”
“Obama?”
“Esatto. Assomigliare a quello? Lungi da me.”
“Se è per il fatto che è nero…”
“Non è per quello… non solo per quello. Hai sentito quello che dice?”
“A questo punto possiamo concludere che gli unici realmente onesti sono i cinesi.” Disse Mao.
“I cinesi?”
“Non mi pare che loro dicano di essere migliori di altri! Non hanno questa pretesa!”
“Probabilmente no, ma lo pensano di sicuro! Anzi, secondo me si scoprirà presto che voi siete più razzisti di noi!”
Mao e Ben si fissarono furiosi per un attimo, con Stalin pronto a scattare nel caso si fossero attaccati.
Quando all’improvviso Adolf balzò in piedi e gonfiando il petto iniziò a recitare, quasi urlando: “Signori e signore! Siamo tornati! E lasciatecelo dire, bello schifo che vediamo! Credevate di esservi sbarazzati di noi, vero? E magari celebrate anche le nostre morti con gioia, vero?! E invece no! Vi siete solo chiusi in un’altra prigione! E ogni volta che associate me o i miei compagni qui presenti a uno dei pagliacci che avete messo voi al potere, lasciatevelo dire, invece di rivoltarmi nella tomba mi metto a ridere! Rido perché so che quando ci rivedremo tutti quanti all’inferno, perché così sarà, capirete di non aver imparato nulla dalle terribili esperienze che vi abbiamo fatto passare! Finita una discriminazione, ne avete inventate di nuove, sparito un capro espiatorio loro ve ne hanno dato uno tutto nuovo! E voi che fate? Li seguite! Pecore eravate, pecore siete rimasti! Ed è inutile che mi mettete davanti il femminismo, l’equità razziale, i diritti civili… Guardatevi intorno, più cercate di essere fratelli più finite per odiarvi! E io rido perché a questo punto sono anche più onesto di voi! E mi vergognerei a definirmi vostro governante! Quindi sapete che vi dico!? Andatevene tutti affanculo!”
E pronunciò le ultime parole battendo forte tre pugni sul tavolo.
Finito lo sfogo si ritirò nella stanza del figlio minore.
Mao, Stalin e Benito rimasero seduti in silenzio. Adolf aveva in fondo detto quello che tutti e tre avevano pensato, ritrovandosi nel futuro. Anche lo stesso Mao, pur essendo orgoglioso di come si era sistemata la sua terra, aveva capito che anche lì qualcosa non andava.
“Secondo me, la cosa migliore è dormirci su.” Disse Ben abbandonando quaderno e penna.
“Sono d’accordo.” Stalin si alzò.
“Vi seguo anch’io.”
Ognuno tornò nella stanza da letto che si era scelto, ripromettendosi di ripensarci il giorno successivo.
 
“E poi mi ha messo cinque euro in mano e mi ha spinto verso il bancone del pane.”
Demon teneva in mano il cellulare del ragazzino osservando le facce perplesse di Adolf e Stalin sullo schermo. Anche se indossavano dei cappelli, e Adolf portava dei ridicoli occhialoni da vista, erano evidentemente loro.
“E qual’era il supermercato dove li hai visti?”
“Te l’ho detto, girato l’angolo lo trovi.”
Demon si guardò intorno: un quartiere ricco, ma non troppo, pieno di abitanti, case e negozi. Quel supermercato dietro l’angolo non era di certo l’unico.
Se erano abbastanza furbi, cambiavano spesso il posto dove procurarsi il cibo.
“Scusa, ma cosa hanno fatto questi?”
“Te l’ho detto ragazzino, sono scappati di prigione.”
“In effetti sembravano dei mezzi carcerati. Ma non puoi dirmi cosa hanno combinato?”
Demon fissò negli occhi il ragazzino.
“No, ma se vuoi ti posso portare con me nella caccia.”
“Davvero!?”
“Sì. Mi basterà possedere il tuo corpo.”
“Cosa?!”
Prima che il piccoletto potesse far qualcosa, la mano di Demon si era allargata a sufficienza da stringergli tutta la testa, per infine entrarci dentro.
Preso il controllo del ragazzino, Demon respirò l’aria a pieni polmoni. Tossì.
“Smog. Me lo ricordavo diverso…”
Iniziò a muoversi, prima con goffaggine, poi sempre più con sicurezza.
“Sto venendo a prendervi, traditori….”

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