Una confidente per Aramis

di Meramadia94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un' orfana da salvare ***
Capitolo 2: *** Una nuova famiglia ***
Capitolo 3: *** I pericoli del mestiere ***
Capitolo 4: *** Fragile fuori, forte dentro ***
Capitolo 5: *** Un nuovo amico e salvataggio ***
Capitolo 6: *** Promesse ***
Capitolo 7: *** Segreti e nuovi incontri ***
Capitolo 8: *** Ci siamo gia incontrati prima? ***
Capitolo 9: *** Le prime avventure ***
Capitolo 10: *** Fedele ad ogni costo ***
Capitolo 11: *** Il coraggio di una serva ***
Capitolo 12: *** Salvataggio ***
Capitolo 13: *** Ancora avventure ***
Capitolo 14: *** Il grande viaggio ( I Parte) ***
Capitolo 15: *** Il grande viaggio ( II parte) ***
Capitolo 16: *** Il grande viaggio III parte ***
Capitolo 17: *** Il grande viaggio IV ***
Capitolo 18: *** I problemi non finiscono ancora ***
Capitolo 19: *** Senza tregua ***
Capitolo 20: *** La liberazione del sarto ***
Capitolo 21: *** Vittoria sudata ***
Capitolo 22: *** Fine della pausa ***
Capitolo 23: *** Ingiustizia ***
Capitolo 24: *** Sentimenti contrastanti ***
Capitolo 25: *** Un nuovo nemico ***
Capitolo 26: *** Caccia aperta ***
Capitolo 27: *** Furia ***
Capitolo 28: *** Il tesoro più prezioso ***
Capitolo 29: *** Colpo di scena ***
Capitolo 30: *** Nuove nuvole all'orizzonte ***
Capitolo 31: *** Un doloroso arrivederci ***
Capitolo 32: *** L'addio di Lunette ***
Capitolo 33: *** Un nuovo alleato ***
Capitolo 34: *** Ritorno a Parigi ***
Capitolo 35: *** L'alba della battaglia ***
Capitolo 36: *** L'alba della battaglia ***
Capitolo 37: *** La verità su Nicolàs ***
Capitolo 38: *** Una vita in solitudine ***
Capitolo 39: *** Di nuovo in gioco ***
Capitolo 40: *** Jean e Gabrielle ***
Capitolo 41: *** Il cambiamento è inevitabile ***
Capitolo 42: *** La resa dei conti ***
Capitolo 43: *** Partenze ***
Capitolo 44: *** Ritorno alle origini ***
Capitolo 45: *** L'inizio di una nuova avventura ***
Capitolo 46: *** In soccorso di un amico ***
Capitolo 47: *** Arrivi e partenze ***
Capitolo 48: *** Una pessima giornata ***
Capitolo 49: *** Ritrovarti e perderti ***
Capitolo 50: *** Ore di terrore ***
Capitolo 51: *** Una sorpresa per Lunette ***
Capitolo 52: *** La decisione ***
Capitolo 53: *** Un nuovo inizio ***
Capitolo 54: *** Una tempesta in avvicinamento ***
Capitolo 55: *** Una possibile spiegazione ***
Capitolo 56: *** Forza interiore ***
Capitolo 57: *** Amore e fiducia ***
Capitolo 58: *** Promesse ***
Capitolo 59: *** L'indizio ***
Capitolo 60: *** Speranza e resistenza ***
Capitolo 61: *** Promessa ad una sorella ***
Capitolo 62: *** Non arrendersi ***
Capitolo 63: *** La folle corsa ***
Capitolo 64: *** Moschettiere per sempre ***
Capitolo 65: *** Il giorno più lungo ***
Capitolo 66: *** Di nuovo insieme ***
Capitolo 67: *** Tempesta interiore ***
Capitolo 68: *** La contessa con la spada ***
Capitolo 69: *** L'ora di ricominciare ***
Capitolo 70: *** Consigli ***
Capitolo 71: *** Addio definitivo ***
Capitolo 72: *** Un'ora prima di rendere l'anima ***
Capitolo 73: *** Correre a salvarti ***
Capitolo 74: *** Al confine con la morte ***
Capitolo 75: *** Il dolore di Nicolàs ***
Capitolo 76: *** La luce della speranza ***
Capitolo 77: *** Torna da noi ***
Capitolo 78: *** L'intervento del principe ***
Capitolo 79: *** Un racconto per Reneè ***
Capitolo 80: *** In trappola ***
Capitolo 81: *** Una misteriosa visita ***
Capitolo 82: *** Una lettera pericolosa ***



Capitolo 1
*** Un' orfana da salvare ***


 

UN' ORFANA DA SALVARE

 

E' risaputo che per amore si fanno delle sciocchezze e si commettono le azioni più disparate.

E questo Aramis lo sapeva bene.

Erano passati ormai sei mesi da quando si era lasciata alle spalle il suo passato come Renèe D'Herblay, ed era andata a Parigi alla caserma di Dè Treville, con la ferma intenzione di divantare moschettiere del re.

Ma era pur sempre una ragazza di sedici anni, che seppur fosse abile nel tirar di spada e cavalcare come un uomo nella sua vita non aveva mai lavorato prima d'ora, e ora che aveva deciso di vivere come un uomo si era ritrovata in una casa ben più modesta, anche se comoda e provvista di ogni cosa di cui lei potesse aver bisogno, non aveva idea di come trattarla.

Era per questa ragione che avava lasciato Parigi all'alba e aveva deciso di fare un sopralluogo in tutte le cittadine di campagna intorno alla futura capitale francese: trovare una giovane ragazza bisognosa di lavoro, onesta, affidabile e soprattutto discreta, alla quale affidare la cura della casa e nella quale ( possibilmente) trovare un'amica e confidente con la quale spartire quel pesante macigno che da molto tempo portava.

Aveva girato molto fino ad ora, e le ragazze tra i dodici e i vent'anni che avevano bisogno di lavorare sia per mantenere se stesse che la loro famiglia non mancavano.

Come mancava nei loro occhi, quella scintilla speciale che diceva-:''Parla con me, mi porterò il segreto fin nella tomba.''

Ad Aramis, non serviva una cameriera come tutte le altre, gliene serviva una speciale: che sapesse ascoltarla quando aveva bisogno di parlare con qualcuno, e che comprendesse il suo stato d'animo senza giudicarla, ma soprattutto che tenesse per se il segreto nel caso avesse deciso di affidarglielo.

In altre parole.... aveva bisogno di un'amica.

Ormai si era fatta sera, e non era più il caso di girare in lungo e in largo, magari per nulla.

Tanto valeva cercare di sistemarsi in una locanda.

Ecco un altro paio di maniche.

Dove trovare di punto in bianco una locanda che avesse ancora una stanza libera?

Presa da quasti pensieri non si era accorta che una ragazzina sui dieci anni lle stava attraversando la strada.

Il cavallo s'imbizzarrì all'improvviso, facendo spaventare la ragazzina che perdendo l'equilibriò cadde a terra, e lasciò cadere il sacchetto delle spesa che portava.

Aramis scese subito per darle soccorso.

Era una bimba sui dieci anni, con un lacero abitino blu-notte, calze nere e delle scarpe marroni piuttosto malridotte e un grembiule bianco.

Se non fosse stato per quegli abiti cenciosi, si sarebbe potuto dire che era una ragazzina molto graziosa: capelli castani, pelle olivastra e occhi paragonabili a scheggie d'ambra.

''Stai bene?''- le chiese preoccupata.

La bimba annuì, ma si vedeva che era ancora sconvolta e che fissava in sacchetto terrorizzata.

Aramis lo raccolse e dopo averla aiutata a rialzarsi glielo restituì-:''Non preoccuparti, il pane non si è rovinato.''

La bimaba lo prese sollevata-:''Grazie signore....''- lo guardava con occhi curiosi.

''Ascolta, sai per caso dove posso trovare una locanda per passare la notte?''- chiese Aramis.

La piccola annuì-:''Si, io lavoro in una locanda qui vicino e se volete, vi ci posso accompagnare.''

''Bene, conducimi alla tua locanda allora.''

La ragazzina si affrettò ad obbedire e nel giro di mezz'ora furono alla locanda '' Da Checca'', dove la ragazzina venne accolta in malo modo dal padrone, un uomo robusto, brutto e poco gentile.

''Era ora!!!''- le sbraitò contro-:'' e ora in cucina, i piatti non si laveranno da soli.''

Mentre quell'uomo le sbraitava contro, Aramis aveva legato il suo cavallo nelle stalle.

Lo guardò male.

Non aveva mai sopportato la prepotenza sui più deboli, in particolare sui bambini.

Non sapeva che cosa l'avesse trattenuta dall'andare li e prenderlo a schiaffi.

Una volta all'interno del piccolo albergo, prese posto ad una tavolo vicino alla finestra, poggiando sul bracciolo della sedia cappello e spada.

Il padrone fu molto genitle con lei, giusto per dare una prova in più del fatto che cercava di accattivarsi l'amicizia di persone economicamente e socialmente agiate.

''In che posso obbedrivi, mio signore?''- chiese con un sorriso orribile.

Aramis, quasi per sotolineare il suo disprezzo per lui e tutti quelli come lui, non lo guardò nemmeno in faccia.

''Si... una cena leggera e una camera per una sola notte. Domattina riparto per Parigi.''

L'oste obbedì senza colpo ferire.

Aveva riconosciuto in quel bel giovane biondo e dagli occhi azzurri era un moschettiere del re di Francia, e doveva ingraziarselo se voleva che un giorno la situazione volgesse a suo vantaggio.

Peccato che non sapesse che tutti i suo sforzi e la sua finta gentilezza non gli sarebbero serviti a niente.

Era stata la ragazzina incontrata sulla strada a servirgli la cena e preparargli la camera, e ogni volta che la inquadrava le sorrideva e lei ricambiava il sorriso inarcando la bocca.

Un po' le faceva pena: con tutta probabilità era un'orfanella costretta a lavorare, bistrattata dal padrone e dai vari clienti e forse si era quasi dimenticata che cosa volesse dire la gentilezza di una persona.

Vederla sorridere era bello, tutto sommato.

''Vi auguro la buonanotte monsieur.''- aveva detto quando Aramis salì per coricarsi, mentre lei stava controllando di aver sistemato per bene la stanza per la notte-:'' posso fare altro per voi?''

Aramis scosse la testa e sorrise alla ragazzina-:''No....ma mi piacerebbe sapere come ti chiami.''

La bimba la guardò stranita.

Evidentemente nessuno le aveva mai chiesto come si chiamava o aveva comunque dimostrato qualche interesse per lei.

Ad ogni modo rispose ricambiando il sorriso-:''Mi chiamo Lunette.''- e nel dir così se qandò per andare a coricarsi in quella stanza che non era nemmeno una stanza: un pagliericcio sotto una scala.

La mattina dopo, Aramis dopo un lungo sonno ristoratore scese le scale per saldare il conto.

''Felice che abbia ben riposato mio signore...''- fece l'oste-:'' il totale è di sessanta franchi, compresa la biada per il cavallo.''

''Sono disposto a pagarvene cento...''- fece Aramis sorprendendolo-:'' ma in cambio vorrei che mi permetteste di comprare la ragazzina che vi fa da serva.''

L'oste era ancora più sorpreso-:''Volete dire Lunette?''

Aramis annuì decisa.

''Sono diventato moschettiere da poco e ho bisogno di una domestica, e credo che la ragazzina faccia al caso mio.''

Inutile dire che all'avido oste interessavano di più i soldi che una ragazzina che gli faceva da serva, considerando che ne avrebbe trovata un'altra molto facilmente.

''Affare fatto, potete tenervi la ragazzina in cambio di cento franchi.''

Un'ora dopo, una alquanto stupita Lunette usciva dalla locanda per andare a portare via dalla stalla il cavallo bianco su cui era arrivato quel bel giovane che lei stessa aveva condotto alla locanda la sera prima.

Ancora non riusciva a credere di poter lasciare quella vita alla volta di Parigi.

Aramis salì in groppa al cavallo e si rivolse a Lunette.

''Pronta?''

La ragazzina avrebbe voluto rispondere, ma talmente sconvolta com'era riusciì solo a boccheggiare e ad annuire.

Aramis sorrise e le tese una mano per aiutarla a salire a cavallo.

Insieme si diressero verso Parigi, città che avrebbe riservato tante sorprese alla piccola Lunette.

Guardando il cartone ho sempre pensato, che ad Aramis avrebbe fatto piacere avere un' amica con cui confidare il suo dolore e sfogarsi, e che conoscesse la verità sul suo conto.

Non ero nemmeno sicura di volerla pubblicare.

Spero che vi piaccia ma nel caso ci siano problemi fatemelo sapere ed io non esiterò a cencellare tutto. 

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Capitolo 2
*** Una nuova famiglia ***


 

 

UNA NUOVA FAMIGLIA

Parigi non era così distante da quella locanda e quindi arrivarono in città nel primo pomeriggio

Lunette si guardava intorno attenta, con circospezione e stupita: per lei, che aveva sempre visto solo le stradine di campagna e un paio di bancarelle al mercato per fare la spesa al fine di cucinare per gli ospiti della locanda, era tutto nuovo.

I palazzi così alti, le grandi strade brulicanti di gente, il mercato, l'acqua splendente della Senna e il cielo azzurro di Parigi.... persino l'aria che respirava le sembrava nuova.

Che gran cosa la libertà!!!

O anche se non era proprio libertà, era sicuramente in una situazione migliore di quella appena lasciata.

Era passata da un padrone a un altro, ma almeno quel bel giovane biondo sembrava affabile e gentile.

Appena arrivati si diressero insieme verso un enorme edificio, con un cortile ancora più grande dove c'erano molti uomini con il cappello piumato che si stavano esercitando a tirare di spada.

''Benvenuta nella residenza di Monseiur Dè Treville, capitano delle guardie di sua Maestà.''- le spiegò Aramis.

In quel momento , vennero loro incontro due uomini, entrambi bene vestiti e con una spada attaccata alla cintura.

Uno era alto, magro e di bell'aspetto.

L'altro invece era molto più robusto, ma aveva un' aria intelligente e simpatica.

Quei tre non assomigliavano nemmeno un po' ai loschi personaggi che di solito serviva alla locanda.

''Athos. Porthos.''- li salutò Aramis scendendo dal cavallo.

''Bentornato Aramis.''- fece il più robisto abbracciandolo e stessa cosa fece il moschettiere bruno.

Il bruno, solo allora si accorse della presenza della ragazzina.

Le sorrise domandandole-:'' E tu bella signorina, chi sei?''- la ragazzina era ancora molto provata dagli anni passati alla locanda e ancora non si era abituata che le persone si rivolgessero a lei per trattarla come una persona e non come una pezza da piedi.

Con fare scherzoso le chiese ancora-:'' Che cosa ti è successo, il gatto ti ha mangiato la lingua?''

Fu Aramis a rispondere-:''Ricordate che ero partito per cercare una domestica no? Lei è Lunette, d'ora in poi vivrà con me.''- e qui si rivolse alla ragazzina-:'' Lunette ti presento i migliori moschettieri del Re nonchè gli amici più fidati che ho al mondo: Athos e Porthos.''- li presentò indicandoli.

La ragazzina sollevò leggermente la gonna per fare loro una cortese riverenza-:''E' un piacere conoscervi signori.''

Athos le sorrise-:''Anche per noi è un immenso piacere. Sei fortunata ad avere un padrone come Aramis.''- e nel dir così le baciò galantemente una mano facendola arrossire.

Aramis sorrisea quella scena.

Lunette si sarebbe trovata bene e poco per volta avrebbe ricostruito la sua vita lasciandosi alle spalle l'orrore della sua vita.

 

Erano passati ormai tre giorni da quando Aramis aveva condotto con se la piccola Lunette.

Aveva bruciato i panni vecchi e laceri che la ragazzina aveva indossato sino ad ora e le aveva regalato un vestito, che la faceva sembrare si una serva, ma molto più bello. Viola, il colore che la ragazzina aveva confessato di preferire di più.

Cucinava e teneva pulita la casa, inoltre si prendeva cura del cavallo del suo padrone, in un certo senso si poteva dire che non faceva qualcosa di molto diverso da quello che faceva alla locanda, ma qui c'era una notevole differenza.

Qui aveva una camera bene arredata tutta per se, anche se non eseguiva prontamente ogni ordine non arrivavano botte e schiaffi, e poteva sedersi a tavola con Aramis per mangiare e invece degli avanzi poteva mangiare una vera minestra calda con del vero pane.

Ogni tanto venivano a cena o a trovare Aramis anche Athos e Porthos, e ogni volta erano sempre gentilissimi con lei.

Aveva imparato a voler loro bene.

Athos, Porthos e Aramis più Monseiur Dè Treville erano gli unici che le avevano dimostrato un po' di calore umano e per lei fu naturale provare subito affetto per loro. Cio nonostante, per lei era molto difficile trovare dei bambini della sua età con cui giocare nelle ore libere dal lavoro.

Il ricordo di quell'uomo che veniva a prenderla all'orfanotrofio quando aveva appena due anni, che sembrava tanto buono e che poi le aveva fatto fare i lavori più umili e faticosi per anni, era ancora fresco nella sua memoria e difficilmente riusciva a fidarsi.

Ma la sera del terzo giorno, Lunette avrebbe fatto una scoperta che avrebbe rivoluzionato tutta la sua successiva esistenza.

Aramis era ancora fuori per lavorare e Lunette era completamente sola in casa e stava finendo di stirare le camice del nuovo padrone.

Una volta che ebbe finito di stirarle, le ripiegò con cura e le prese in braccio per portarle nell'armadio del moschettiere e fu proprio lì che scoprì la verità.

Aperto l'armadio, ripiegato c'era un bellissimo vestito da donna, che agli occhi di Lunette che non aveva mai visto nulla di simile, parve come l'indumento più bello del mondo.

Ma che ci faceva un vestito da donna, decisamente troppo grande per lei, nell'armadio di un moschettiere?

''Lunette!!!''

La ragazzina si voltò di scatto terrorizzata: Aramis era apparso sulla porta e l'aveva sorpresa con le mani su quel vestito.

Che avrebbe fatto? Anche lui avrebbe iniziato a trattarla come avevano fatto tutti finora o l'avrebbe rispedita in quella stamberga?

Aramis cercò di mantenere la calma e chiese-:''Dimmi, Lunette quanti anni hai?''

La ragazzina prese un bel respiro e rispose-:'' Do-do- dodici.''

''Sono sufficienti. Vieni con me.''- fece Aramis facendole segno di seguirla nella sala da pranzo.

Si sedettero intorno alla tavola, l'una di fronte all'altra.

''Mi dispiace molto...''- si scusò Lunette. Aramis scosse la testa.

''Non c'è n'è alcun bisogno.''- la rassicurò il moschettiere con un sorriso-:'' ti dirò la verità, ma ad una condizione: non dovrà uscire dalle mura di questa casa. Lo prometti?''

Lunette annuì decisa-:''Lo prometto.''

Aramis si sentì rassicurata e dopo aver dato un'ultima occhiata agli occhi azzurri della ragazzina decise di fidarsi.

''Bene.... il mio nome non è Aramis, e non sono un uomo. Mi chiamo Renèe e sei mesi fa, ero fidanzata con un uomo nobile come me con il quale mi sarei dovuta sposare.

Purtroppo, a pochi giorni dal giorno fissato per le nozze, dei criminali fecero irruenza nella sua villa e lo uccisero, insieme alla sua governante e portarono via un numero non ancora precisato di gioielli e ricchezze varie.

Lo piansi a lungo... e alcuni mesi fa i miei zii mi annunciarono che avevano trovato un nuovo marito per me e che avrei dovuto sposarmi presto.''

Lunette aveva ascoltato con attenzione e partecipazione tutto il racconto della sua benefattrice.

''....così ho deciso di fingermi un moschettiere per poter indagare sul suo assassino. Fino ad ora solo il re e il capitano Dè Treville erano a conoscenza della verità.''- concluse Aramis-:'' Quindi dovrai mantenere il segreto, altrimenti sia io che tutte le persone che sapevano e hanno taciuto passeremo dei brutti guai.''

''Ho capito.''- fece lei decisa-:'' non preoccupatevi, vi giuro che non lo dirò a nessuno.''

Aramis sorrise-:''Ottimo.''

 

Da quel giorno erano passati ormai due anni.

Lunette si era letteralmente trasformata.

Era diventata una splendida giovinetta di quattordici anni, dal viso pulito, occhi azzurri come la Senna e lunghi e fluenti capelli marroni, sempre sorridente e gioviale, anche se non aveva legato con molte persone.

Aveva fatto di Athos, Porthos e Aramis i suoi fratelli maggiori ed unici veri amici, ed anche a Monseiur Dè Treville voleva bene anche se a volte riteneva che fosse un po' troppo burbero e severo.

In quei due anni, aveva fatto molti progressi: Aramis da quando le aveva rivelato la verità, le aveva insegnato a leggere, scrivere e fare i conti per aiutarla nella vita di tutti i giorni, ed anche a cavalcare e tirare con la spada, sostenendo che un giorno avrebbe avuto bisogno della spada.

Aveva mantenuto il segreto che le era stato affidato.

Sempre, in ogni circostanza, persino con Athos e Porthos.

Quel giorno era il suo quattordicesimo compleanno e stava, come al solito, curando le piante di fiori che portava spesso in casa per abbellire l'ambiente.

Era una bellissima mattinata di sole, una di quelle che la mettevano sempre di buonumore.

In quel momento, Aramis scese le scale.

''Buongiorno Lunette.''

''Buongiorno Aramis...''- lo salutò lei con un sorriso.

La moschettiera si avvicinò a lei con un sacco per gli abiti di ricambio-:''Puoi lavare questo?''

''Oh certo...''- fece la ragazza tirando fuori gli indimenti. Con sua grande sorpresa nella sacca c'era un bellissimo vestito.

Una camicetta d'organza bianca con bottone colorato al centro del petto abbinato con una sottana blu.

C'era anche un nastro per i capelli nero.

Aramis sorrise-:''Oggi è il tuo quattordicesimo compleanno. A quest'età le ragazze di buona famiglia fanno il loro debutto in società.''

La ragazza corse ad abbracciare Aramis ringraziandola del vestito.

''Vai a mettertelo''- le disse Aramis sorridente, dopo essere scampata da un tentativo di strangolamento da parte della sua serva-:'' oggi devo andare al palazzo del Louvre, e credo che ormai tu sia pronta per accompagnarmi.''

Lunette si affrettò ad obbedire, e in quarto d'ora era vestita e pettinata di tutto punto.

Era emozionatissima.

Fino a quel momento, aveva frequentato le strade di Parigi, le botteghe, la caserma e fatto delle lunghe passeggiate ma non era mai entrata a corte e non aveva idea di come fosse il palazzo reale.

Athos e Porthos li aspettavano nel grande giardino, con le loro uniformi azzurre scintillanti e furono alquanto sorpresi di vedere la ragazza.

''Buongiorno Aramis. Lunette....''- salutò cordialmente Porthos.

''Come sei elegante oggi.''- si complimentò Athos vedendo il vestito di Lunette.

Aramis sorrise e spiegò-:''Ha compiuto quattordici anni oggi e diciamo che questo è il suo... debutto in società.''

''Ah che bello...''- commentò Athos. In quel momento si chinò er raccogliere qualcosa.

Una margherita.

Che poi appuntò nei capelli di colei che ormai, era la cameriera di Aramis.

La ragazzina divenne rossa come un pomodoro maturo.

Nel palazzo, tutto intorno a lei era nuovo, bello e strano: lampadari enormi con tante candele accese, nobildonne vestite con splendidi e ricchi abiti dai colori sgargianti, le luci, le pareti d'oro, la fontana in un enorme giardino...

Per lei, che non aveva mai visto tanta ricchezza in una volta sola, era strano ritrovarsi in un mondo simile e si sentiva fuori posto.

Decisamente fuori posto.

''Se mi è concesso un parere, sei molto più carina di tutte loro messe insieme con questo vestito.''- le disse Aramis strappandole un sorriso.

In quel momento, arrivarono le uniche persone che i tre moschettieri avrebbero preferito non vedere: il cardinale Richelieu e il conte Rochefort.

''Cardinale... Rochefort...''- li salutarono i moschettieri.

''Buongiorno a voi.''- li salutò Richelieu. I suoi occhi poi si spostarono sulla ragazza che lo fissava con due occhi straniti.

Quell'uomo non le piaceva nemmeno un po'.

''E dite, chi è questa giovane fanciulla che oggi vi accompagna?''

Aramis lasciò che fosse Lunette a parlare.

La giovane prese i lembi della gonna tra l'indice e il medio e s'inchinò leggermente-:''Il mio nome è Lunette. Sono la serva di Monseiur Aramis.''

''Capisco...''- fece l'alto prelato.

Rochefort si rivolse ad Aramis in tono di scherno-:''E dite.... dove l'avete tenuta nascosta per tutto questo tempo?''

Richelieu tirò una gomitata alla sua guardia, o come lo chiamavano i moschettieri, al suo tirapiedi e se ne andarono.

''Che tipo...''- commentò Lunette, guadagnandosi l'approvazione dei tre moschettieri.

In quel momento vennero raggiunti da una ragazza bionda e dagli occhi azzurri, benvestita.

''Non farci caso.... Rochefort ci prova con tutte le ragazze giovani e carine della corte. Indipendentemente dal fatto che siano nobildonne o cameriere.''- la rassicuròcon un sorriso-:'' a proposito, io sono Costance Bonacieux, la dama di compagnia della regina.''

Lunette ricambiò il sorriso e le strinse la mano, affabilmente-:'' Piacere di conoscerti Costance. Io mi chiamo Lunette.''

Aramis e gli altri sorridevano compiaciuti.

Era stata una splendida idea portarla a palazzo e farle conosciere Costance.

Lunette non aveva bisogno solo di loro, ma anche di un'amica, possibilmente sua coetanea, con cui parlare e uscire, non poteva passare la sua vita circondata da uomini anche se le volevano molto bene.

''Non ti ho mai visto da queste parti. E' da poco che presti servizio a palazzo?''- chiese Costance.

''No. Io non lavoro qui, ho solo accompagnato Aramis. Sono la sua serva.''- puntualizzò Lunette.

''Ecco svelato il mistero: tutte le nobildonne della corte che fanno gli occhi dolci ad Aramis, ti fissavano come se fossi un insetto nel piatto da quando ti hanno visto arrivare con lui.''- le spiegò Costance con un sorriso dopo essersi ripresa un attimo dalla meraviglia.

Poi le sussurrò all'orecchio-:''Sai, metà della corte femminile è innamorata persa di lui, ma il nostro Aramis non le degna nemmeno di uno sguardo.''

Per forza.... avrebbe voluto aggiungere Lunette Aramis è una donna come loro. Ma molto meno civetta....

''Beh sai...''- fece Lunette arrossendo. Era ovvio che Costance volesse sapere da lei, che viveva con Aramis, cosa fare per entrare nelle grazie del giovane moschettiere, ma era fuori discussione che le raccontasse la verità.

Per quanto gentile e amichevole potesse sembrare al primo impatto, quella ragazza era pur sempre un'estranea e non poteva certo dirle la verità.

''... ad Aramis le donne tutte pizzi e lustrini e che si danno arie non piacciono.''

Teoricamente parlando, non stava mentendo.

Questo gliel'aveva confessato Aramis parlando delle sue opinioni riguardanti le giovani nobildonne che nella sua vita precedente era stata costretta a frequentare.

Dopo un intero pomeriggio passato con la giovane dama di compagnia della regina, ne era sicura anche se aveva deciso di tenerle nascosta la verità: sarebbero diventate ottime amiche. 

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Capitolo 3
*** I pericoli del mestiere ***


 

 

 

I PERICOLI DEL MESTIERE

 

Con la scusa di voler comprare Lunette per avere una serva, Aramis aveva avuto a portata di mano la scusa per salvare Lunette da una situazione decisamente poco piacevole.

Certo, Lunette come alla locanda lavorava anche se per Aramis, ma almeno a Parigi aveva una stanza tutta per se, un letto caldo, vestiti puliti, due pasti caldi al giorno e ogni tanto aveva il permesso di uscire per fare una passeggiata per svagarsi da sola o in compagnia di Costance.

E non era l'unica cosa che aveva il diritto di fare.

Aramis le stava insegnando poco per volta a leggere, scrivere e far di conto, l'albero genealogico della famiglia reale e le buone maniere.

''Essendo la serva di un moschettiere dovrai accompagnarmi spesso a corte e dovrai saper comportarti.''- aveva spiegato Aramis alla ragazza.

Lunette accettava tutto di buon grado.

Ma sapersi comportare come una signorina ben educata, non era l'unica materia di studio che aveva.

''Lunette, se posso darti un consiglio la quinta deve essere un po' più alta, altrimenti gli attacchi non li parerai mai.''- le aveva consigliato Athos nel cortile della caserma.

Lunette, per quelle occasioni, indossava un completo da cavallerizza e i capelli legati rigorosamente in uno chignon per non far accorgere chi dovesse passare proprio li, che i tre moschettieri stavano istruendo una giovane donna nell'arte della scherma.

Se avessero saputo che uno degli insegnanti era egli stesso una donna....

Meglio non pensarci e soprattutto augurarsi che una cosa nel genere non accadesse mai.

''D'accordo.''

La ragazza obbedì e stavolta tenne in braccio molto più in alto rispetto a prima e in tal modo riuscì a parare molto meglio gli attacchi del moschettiere anziano.

Non ci andava per niente piano con lei, nemmeno il fatto di star combattendo contro una ragazzina, inesperta ta l'altro, dava dei punti a favore di quest'ultima.

Ma d'altronde erano li per istruirla e per insegnarle a difendersi e non potevano farle favoritismi.

Se si fosse dovuta trovare in situazioni dove combattere era assolutatamente necessario, il nemico non l'avrebbe risparmiata solo perchè era una donna, anzi quasi ancora una bambina, ed era bene abituarla così fin dal principio.

''Così... prima... seconda... prima... seconda... Affondo!!!''- Athos dava i comandi e lei li eseguiva.

Se la stava cavando, anche se la sua difesa lasciava molto a desiderare.

Ma era pur sempre una ragazzina e l'unica cosa che fino ad ora aveva fatto era occuparsi della casa, dei cavalli, esercitarsi a leggere e scrivere con Aramis, e aveva da poco cominciato a studiare le buone maniere, non era certo uno moschettiere apprendista scelto in una famiglia nobile e come tale non poteva sempre fare tutto perfettamente, parlando di educazione militare.

''Perfetto...''- commentò Athos.

''Si, concordo.''- confermò Aramis guardando la ragazza piena d'orgoglio-:'' basterà un po' di allenamento per perfezionare la difesa e non avremo più nulla da insegnarti.''

Porthos sorrise-:''E' vero, con questo travestimento potresti dare una bella lezione a Rochefort senza il minimo problema.''

Lunette sorrise sbarazzina-:'' Come se mi servissero gli allenamenti per battere quello là...''

I moschettieri scoppiarono a ridere.

''Ahahahah.... se ti sentisse...''- fece Athos tra le risate.

Le lezioni con i tre moschettieri erano sempre divertenti ed emozionanti, non si annoiava mai, e poi non mancavano mai d'incoraggiarla e questo la spronava a fare sempre meglio.

''Lunette, ora vai pure a cambiarti per oggi abbiamo finito.''- concesse Aramis.

La ragazzina annuì e corse a cambiarsi.

Era felice.

Anche per quel giorno con lo studio era a posto ed era il suo giorno libero dalle faccende domestiche.

Costance quel giorno avrebbe preso congedo dalla Regina e avrebbero approfittato della giornata libera per passare un piacevole pomeriggio al mercato di Saint Germain. Inoltre c'era un sole meraviglioso, insomma tutti i presupposti per una giornata stupenda.

Era rientrata in caserma e si era cambiata: dalla divisa da allenamento bianca era passata ad una camicietta bianca, un gilet rosa e una sottana a metà tra il blu e il verde.

Anche i capelli erano diversi adesso: li aveva pettinati in una semplice ma elegante coda di cavallo.

Le guardie al cancello del palazzo reale non fecero storie per farla passare, consapevoli che la serva di Aramis era venuta quasi sicuramente a trovare Costance, sua fidata amica.

Lunette andava sempre volentieri a palazzo, ma preferiva stare nel grande giardino che in quei saloni illuminati e ghermite di nobildonne.

Nobildonne.... lei le chiamava galline impiumate che razzolano nel lusso.

Ogni volta che andava in quei saloni, si sentiva trafitta da mille lame. In realtà erano gli occhi di tutte le giovani nobili presenti che non facevano altro che lanciarle occhiate piene di rabbia e invidia.

Evidentemente a nessuna di loro andava a genio l'idea che una serva, per quanto bella e giovane potesse essere, era cara ad Aramis più di tutte loro messe assieme e come se non bastasse ogni volta la tempestavano di domande: qual'era la ragazza ideale di Aramis, che colore preferisse e alte frivolezze.

Alcune provavano addirittura ad ingraziarsi la sua serva per avvicinarsi al bel moschettiere, ma Lunette anche se era cresciuta in campagna non era una sprovveduta e aveva capito fin dall'inizio il loro gioco e pertanto si limitava a rispondere loro con la prima sciocchezza pertinente alle loro domande che le passava in quel momento per la testa e con la complicità di Costance se la defilava.

Invece in quel giardino con quella grande fontana si stava benissimo.

Non c'era nessuno che la scocciava e poteva anche stare li per qualche ora a leggere un paio di libri senza che nessuno la disturbasse....

''.... allora siamo sicuri che il piano funzionerà?''- una voce da dietro un cespuglio la riscosse dai suoi pensieri.

Ricollegò la voce al capitano delle guardie personali del cardinale: Rochefort.

Incuriosita si avvicinò e si nascose per capire di che cosa stessero parlando.

Aramis le aveva spiegato che la sola ragione di vita del cardinale e dei suoi ''tirapiedi'' era quello di organizzare piani disonesti per screditare la loro regina davanti al re e farla cacciare dalla Francia.

''Chissà cosa staranno tramando stavolta...''- pensò lei avvicinandosi e chinandosi per nascondersi-:'' sono curiosa di scoprirlo.''

''Ma certo...''- erano proprio loro.

Lord Rochefort e Monseiur De Jusacc, il proprietario della seconda voce.

Il secondo stava mostrando una cosa all'altro.

Assomigliava moltissimo ad una lettera.

Rochefort sogghignò.

'' Faremo finire erroneamente questa lettera che riporta la calligrafia del duca di Buckingham e indirizzata alla regina, tra i documenti che il re deve firmare e a quel punto non avrà più dubbi sulla tresca tra la sua consorte e il primo ministro inglese.''

Lunette ebbe un sussulto.

''Antipatici ed abietti demoni...''- commentò tra se e se attenta a non farsi sentire.

Era a conoscenza che Richelieu non amava molto la loro regina ma non avrebbe mai pensato che la loro antipatia si spingesse addirittura a farla incolpare falsamente.

Si alzò in fretta e furia.

Doveva correre immediatamente in caserma per avvertire i moschettieri del pericolo che correva la loro regina.

Purtroppo però, il destino quel giorno tramava contro di lei.

Nel suo scatto di corsa, non si accorse minimamente della radice sporgente del salice piangente li vicino e inciampò cadendo rovinosamente.

Il rumore della caduta attirò immediamente l'attenzione dei due ufficiali.

''Accidenti...''- imprecò tra se e se.

La caviglia le faceva un male incredibile, con tutta probabilità si era slogata... non solo non poteva avvisare Aramis del tranello in cui la regina Anna stava per cadere ma nemmeno scappare da quei due.

''Bene bene..... guarda un po' se questa non è la servetta di Aramis...''- commentò De Jussac.

Fu in quel momento che ebbe un'idea, ma doveva parlare per distrarli.

'' Rochefort, De Jussac...''- li fissò lei con i suoi tremolanti occhi azzurri.

Il primo sembrava preoccupato.

Quella serva doveva aver sentito tutto e con molta probabilità sarebbe corsa ad informare i moschettieri mandando tutto all'aria.

Entrambi la tirarono bruscamente in piedi strappandole un lamento per il dolore e la costrinsero a camminare.

La fecero uscire dal giardino per un uscita secondaria e la caricarono su una carrozza rossa.

Lunette era certa della sua destinazione.

Il palazzo di Rochefort oppure la residenza di Richelieu e l'avrebbero rinchiusa da qualche parte fino a quando il loro complotto non sarebbe stato brillantemente portato a termine per impedirle di parlare.

Peccato che non sapessero delle circostanze in cui l'avevano sequestrata....

Come potevano immaginare che proprio in quel momento avesse appuntamento con Costance in quel giardino?

Lunette lo sapeva però.... e a quel proposito si era sfilata il braccialetto che aveva al polso fin da bambina, unica prova di aver avuto una famiglia che l'aveva amata prima di vivere nell'orrore di quella locanda, e che con un dito avesse scritto il nome di Rochefort nella terra vicino al gioiello.

Costance l'avrebbe sicuramente notato e avrebbe certo informato i tre moschettieri e si sarebbero subito mobilitati per salvarla.

Ne era sicura.... doveva solo armarsi di coraggio e speranza per le prossime ore e tutto sarebbe andato bene. 

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Capitolo 4
*** Fragile fuori, forte dentro ***


FRAGILE FUORI, FORTE DENTRO

 

Come aveva previsto l'avevano portata al palazzo di Rochefort.

Per impedirle di scappare le avevano addirittura legato le mani dietro alla schiena, e come se non bastasse De Jussac le si era piazzato dietro e non la mollava nemmeno un secondo.

Era davvero in una gran brutta situazione....

La sbatterono senza riguardo alcuno in una cella del castello, con una finestrella con le sbarre come unico spiraglio sul mondo esterno.

Non c'era nemmeno un letto degno di essere chiamato con questo nome.

Un pagliericcio e una coperta.

Aveva cominciato a tremare: non per il freddo e non era nemmeno per la paura... ma quel luogo gli ricordava gli anni terribili della sua triste infanzia... no, non doveva pensarci, doveva allontanare da se quei pensieri o avrebbe dato impressione a Rochefort e al suo tirapiedi di essere mezza morta per la paura e non poteva dare loro una simile soddisfazione.

''E adesso faremo due chiacchiere...''- fece Rochefort-:'' cosa hai sentito e chi ti ha mandata?''

Rochefort si era convinto che la presenza di quella serva al Louvre, in quel preciso luogo e in quel preciso momento non fosse una pura coincidenza.

Ma lui avrebbe fatto vuotare il sacco a quella ragazzina.

Con le buone o con le cattive.

''Sapete meglio di me cosa è uscito dalla vostra bocca, non vedo perchè dovrei dirvelo io.''- rispose la ragazza con un sorriso beffardo.

Era consapevole che l'unica scappatoia in quel momento era ammettere davanti a quei due che sapeva dei loro piani, solo allora l'avrebbero lasciata andare. Ma così facendo, avrebbe tradito tutto ciò che Aramis le aveva insegnato in due anni e mezzo e avrebbe tradito la fiducia dei moschettieri.

Rochefort sembrava non aver voglia di scherzare.

''Bada a te, ragazzina...''- fece prendendole il mento tra il pollice e l'indice della mano sinistra-:'' sono un soldato e conosco mille metodi per far confessare i tipi più ostinati, e non sarò certo tenero perchè stavolta si tratta di un bel fiore come te...''

Lunette scattò in avanti e con tutta la rabbia che le riusciva gli morse la mano.

Il soldato si ritaè immediatamente, lasciandosi scappare un grido di dolore.

Altro che fiore, è un cobra!!! imprecò tra se e se.

Potevano sentire la risata sommessa di De Jussac, e ora che ci pensava anche lei si sarebbe fatta una bella risata.

Non era spettacolo da tutti i giorni vedere una donna tenere testa a Rochefort.

L'ufficiale avrebbe voluto dare una bella lezione a quella ragazzina un po' troppo impertinente e spavalda, ma decise di andarci piano... in fin dei conti, era pur sempre un bel visino e sarebbe stato un vero peccato rovinarglielo.

''Vedi mia cara...''- fece lui con il tono più pacato che aveva-:'' tutto ciò che voglio è sapere i nomi dei tuoi mandanti e cosa sai. Dimmeli e sarai rilasciata in un'ora, hai la mia parola d'onore.''

Lunette rispose caparbiamente-:''Non ho alcun mandante e non so proprio di cosa stiate parlando.''

A quelle parole, Rochefort sentì il sangue salirgli alla testa e afferrò la ragazza per un braccio stringendoglielo stretto per farle male nel tentativo di spaventarla.

''Con chi diavolo credi di star giocando ragazzina?!? Forse non hai capito ma qui comando io.''

La ragazza non si fece intimorire e senza la minima esitazione mollò un calcio in mezzo alle gambe del cardinalista facendolo piegare in due dal dolore.

''Tu mettimi di nuovo le mani addosso e ti posso assicurare che ti cambierò i connotati, sarò pure una donna ma non mi fai certo paura!''

De Jussac era venuto a soccorrere il compare, mentre questi la guardava con rabbia e odio....

Una ragazza, e serva per di più, l'aveva aggredito di fronte al suo ufficiale in seconda.

Non gliel'avrebbe perdonato mai.

Se andò sbattendo la porta urlandole-:''Resterai qui fino a quando non ti sarai decisa a collaborare e soporattutto, fono a quando non ti si saranno calmati i bollori.''

La ragazza fece finta di non sentire e si accoccolò in angolo sperando che i suoi amici facessero presto.

 

Costance iniziava a preoccuparsi.

Lei e Lunette avevano appuntamento mezzora fa nel giardino del Louvre, vicino alla grande fontana, e da lì sarebbero dovute andare direttamente in piazza Saint Germain per andare ad assistere al mercato, ma la sua amica era spaventosamente in ritardo.

Ad un certo punto si stancò di aspettarla inutilmente e decise di andare a cercarla in caserma: sapeva che la sua amica, essendo la serva di un moschettiere, era solita recarsi spesso in quel luogo decisamente poco adatto per una fanciulla ed era sicura al cento per cento di trovarla lì.

Proprio in quel momento vide uscire i moschettieri.

''Buongiorno,'' li salutò allegramente e i moschettieri da veri genitluomini ricambiarono. Costance chiese loro-:''Lunette ne ha ancora per molto?''

Aramis aveva gli occhi sgranati dallo stupore per quella domanda.

''Veramente è da molto che è andata via....''- rispose Athos non meno sorpreso del suo commilitone biondo.

Tra i presenti cominciava a serpeggiare la preoccupazione.

''Cosa intendete dire.... che Lunette è andata via da un bel pezzo e che non è più tornata?''- fece Costance visibilmente preoccupata per l'amica, preoccupazione che sfociò in terrore quando i tre moschettieri annuirono.

Era strano per tutti... Lunette non era il tipo da tardare a un appuntamento.

Unica spiegazione.

Qualcuno la stava trattenendo contro la sua volontà.

''Dov'è che avevate appuntamento?''- chiese Aramis, leggermente preoccupata per la sua cameriera.

''Alla fontana nel giardino del Louvre, ma lei non si è presentata.

L'ho aspettata per un po', ma lei non veniva così ho pensato che le lezioni si fossero prolungate e ho pensato di venirla a cercare.''- rispose Costance.

Oramai era chiaro: le era accaduto qualcosa.

La Lunette che conoscievano non sarebbe mai scomparsa nel nulla senza avvertire nessuno.

Andarono subito al palazzo del Louvre, dove chiesero di una ragazza sui quattordici anni alle guardie e costoro dichiararono di aver visto una giovane fanciulla corrispondete alla loro descrizione entrare nei giardini del Louvre, ma che non era mai uscita.

Costance era visibilmente preoccupata: che cosa poteva essere capitato alla sua amica?

Sapevano che era andata all'appuntamento, ma per qualche strana ragione non c'era.

In quel momento, davanti ai moschettieri e alla ragazza apparve un batuffolo bianco come la neve e con gli occhi neri.

Un cucciolo di labrador.

''Ehy....''- sorrise Costance chinandosi per prenderlo in braccio-:'' e tu chi sei?''

Athos non potè fare a meno di notare che il cane teneva qualcosa di dorato in bocca-:'' E questo cos'è?''- il cane non fece alcuna resistenza quando il moschettiere anziano cerò di prendere l'oggetto sopra nominato.

Era un braccialetto dorato con al centro una grossa pietra rossa.

Lo porse ad Aramis.

''Lo riconosci?''- gli chiese.

Aramis sbiancò: era senza ombra di dubbio il braccieletto che Lunette aveva dal giorno che si erano incontrate la prima volta e che custodiva come una reliquia da anni, quasi avesse la speranza di incontrare i suoi veri genitori grazie a quel gioiello.

Non se ne sarebbe mai separata.... a meno che qualcosa o qualcuno non ce l'avesse costretta.

Intanto, il cane aveva cominciato ad abbaiare intorno ai moschettieri e ad indicare un grande salice piangente.

''Credo che voglia essere seguito.''- dedusse Athos.

Ai piedi del salice, c'era un lieve spiazzo di terra dove non vi era nemmeno un filo d'erba e vi era scritto qualcosa, anche se in parte cancellato era ancora visibile.

''Rochefort...''- sillabò Porthos.

A quel punto fu chiaro a tutti cose era accaduto alla loro amica.

Doveva avere avuto la fortuna-sfortuna di trovarsi nel posto giusto al momento giusto, aveva cercato di avvertire i moschettieri, ma non aveva fatto in tempo.

''Dobbiamo andare a riprendere Lunette prima che Rochefort le faccia del male.''- disse Aramis.

Nessuno ebbe da ridire sulla sua affermazione.

Rochefort era un uomo spietato, anche se non avrebbe avuto il coraggio di porre la parola fine alla vita della giovane serva, ma di sicuro avrebbe fatto di tutto per estorcerle informazioni preziose e il solo fatto di essere una ragazzina non l'avrebbe di certo salvata.

''Tieni duro Lunette....''- promise Aramis mentre cavalcava a tutta velocità verso il castello di Rochefort-:'' vengo a prenderti per riportarti a casa.'' 

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Capitolo 5
*** Un nuovo amico e salvataggio ***


UN NUOVO AMICO E SALVATAGGIO

SHOCK!!!

''AH!!!''- strillò Lunette avvicinandosi verso la parete delle cella.

L'avevano lasciata sola per due ore come minimo, tempo più che sufficiente a detta loro, per rinfrescarsi le idee e decidere di essere più collaborativa.

Ma la giovane si era tassativamente rifiutata.

E come promesso, Rochefort era passato ai fatti.

O meglio, alla frusta.

''A meno che tu non voglia essere accusata di tradimento e di conseguenza perdere la testa, ti consiglio di vuotare il sacco.''- le consigliò il cardinalista sempre più spazientito.

Aveva torchiato gente di tutte le risme in vita sua, e non era la prima volta che gli capitava tra le mani una persona recidiva.

Ma non era mai successo che gli capitasse di torchiare una ragazza e accidenti se era testarda!!!

La giovane lo fissò con odio-:'' Voi sapete bene che io non ho fatto nulla....''- gli disse senza peli sulla lingua-:'' l'unico vero motivo per cui io sono qui è perchè voi non avete la coscienza pulita, e perchè temete che io possa dire qualcosa di compromettente. E poi, venite a parlare a me di tradimento verso lo stato?''

Rochefort divenne rosso come un tacchino.

Se ne andò solo per non massacrare di botte la giovane.

Dal canto suo, Lunette iniziava a spaventarsi: era passato molto tempo dalla buca che aveva dato a Costance, ormai avrebbe dovuto aver trovato la sua traccia e informato i moschettieri, e allora perchè ci mettevano tanto?

Forse era stata troppo ottimista...

''Ok e adesso come troviamo Lunette?''

ATHOS!!! E se c'era lui dovevano per forza esserci anche Porthos e Aramis.

Si affacciò a quella specie di finestra che dava sull'ampio cortile, e richiamò all'attenzione i suoi tre amici.

''Athos, Porhos, Aramis!!!''- urlò stando attenta a non farsi sentire.

L'ultimo s'inginocchiò, riconoscendo la voce della sua serva.

''Lunette!!!''- la moschettiera sorrise rincuorata.

Grazie al cielo la sua serva stava bene.

''Non sono mai stata tanto felice di vedere qualcuno come in questo momento.''- confessò la ragazzina con un sorriso.

A quanto pare la sua traccia era stata trovata.

''Come diavolo hai fatto a finire qui, e cosa vuole Rochefort da te?''- chiese Athos.

Davvero non capiva come mai Rochefort si fosse messo a rapire la serva di un moschettiere incrociata solo una volta o due.

La ragazza si diede un occhiata intorno per assicurarsi che ne Rochefort ne qualcuno dei suoi tirapiedi stessero ascoltando.

Quando fu tranquilla parlò.

''Li ho sentiti parlare mentre aspettavo Costance...''- spiegò la ragazza-:'' hanno imitato la calligrafia del Duca di Buckingham e vogliono far finire la lettera indirizzata alla regina nei documenti del re. Dovete assolutatamente fare qualcosa, o la regina Anna passerà dei guai.''

Aramis annuì decisa.

''Ascolta.... adesso andiamo ad avvertire Costance per intercettare quella lettera e poi torniamo subito da te.''- la rassicurò Athos-:'' Tieniti pronta, verremo a prenderti prima che cali il sole.''

Lunette annuì, e li vide allontanarsi.

Adesso era tranquilla.

Il piano di Rochefort sarebbe andato a farsi benedire e quando se ne sarebbero accorti, sarebbe stato troppo tardi.

 

''Allora, l'avete trovata?!? Perchè non è con voi?!?''- Costance li aveva aspettati poco lontano dalle mura che proteggevano il castello del capitano delel guardie cardinaliste, non ce la faceva a restare in caserma ad aspettare mentre la sua amica era in pericolo così li aveva seguiti, scortata dal cucciolo di labrador.

''Almeno per adesso la sua vita non è in pericolo''- la tranquillizzò Porthos.

''Mademoiselle Costance, adesso deve fare una cosa importante.''- fece Athos.

Lunette era stata presa per aver sentito qualcosa che avrebbe fatto meglio a non sentire, e non potevano permettere che il suo coraggio e la paura provata in quelle ore fossero stati del tutto vani.

Costance annuì decisa, come per dire che era pronta a tutto.

''Rochefort ha scritto una lettera compromettente imitando la calligrafia del duca di Buckingham. L'intento è di farla finire nelle mani del re e screditare Sua Maestà, la regina.''

Costance sussultò a quelle parole, e il suo bel volto assunse un'espressione sdegnata.

Doveva aspettarselo.

Quando Richelieu e Rochefort stavano fin troppo tranquilli, la regina doveva impensierirsi, perchè stavano solo aspettando l'occasione per metterla in cattiva luce.

''Costance, voi intercettate la lettera e fate in modo che nessuno la trovi.''- concluse Athos.

La bionda annuì con decisione, ma poi chiese preoccupata-:'' E Lunette?''

Non voleva che la sua amica avesse dei guai con quella gente.

''Ci occupiamo noi di lei.''- la rassicurò Aramis.

Dovevano solo aspettare il buio.

 

Oramai era scesa la notte e la luna dipingeva il cielo parigino con le sue romantiche pennellate, ma non tutti potevano godersela...

Come poteva la giovane Lunette godersi quello spettacolo meraviglioso con le sbarre della cella che rovinavano quel quadro così romantico, e che le ricordavano di essere prigioniera un'altra volta?

L'unica sua consolazione era la speranza che i suoi amici l'avrebbero salvata e di aver sventato un agguato alla regina.

La porta si spalancò all'improvviso e la giovane si alzò credendo e sperando, che Aramis fosse tornata con i moschettieri a prenderla.

''Ebbene, ti è tornata la memoria?''- chiese Rochefort entrando.

Aveva una frusta in mano e sul viso un'espressione cattiva.

Tipica di chi non si fa troppi scrupoli nemmeno a picchiare una donna pur di avere cio che vuole.

''Si, ed è per questo che mi ricordo di dire a te e al tuo cagnolino che siete dei gran vigliacchi, come pochi ce ne sono.''

''Attenta a quel che dici ragazzina, sono il conte Rochefort, capitano delle guardie.''- ribadì il cardinalista divenendo rosso come un peperone-:'' e di solito le serve sono un po' più accomodanti con i nobili.''

''Ed io sono Lunette....''- fece lei con lo sguardo fiero, quello di chi ha visto l'inferno e che quindi ormai non ha più paura di nulla-:'' non sono nobile, non sono borghese, sono una serva.... ma che ha iniziato a lottare fin da piccola per difendersi.''

Rochefort sbuffò.

Quella ragazzina lo stava davvero facendo impazzire.

Fece schioccare la frusta a terra.

''Ti ripeto la domanda.... un' ultima volta....''- fece stringendo convulsamente la frusta-:'' cos'hai sentito nel giardino del Louvre?''

Lunette lo fissò apatica, decisa come non mai a non dargli soddisfazione, a non mostrare paura e sgomento.

''Non commetterò il crimine per cui volete farmi scontare la pena.''

Fu la goccia che fece traboccare il vaso, almeno per Rochefort.

Alzò la frusta per colpirla.

La giovane non avrebbe voluto, ma l'istinto di sopravvivenza che molte volte l'aveva aiutata da bambina, venne fuori e si parò le braccia davanti come per proteggersi e mrdendosi il labbro inferiore per cercare di non gridare dal dolore.

Un dolore che però non arrivò.

La giovane abbassò il suo ''scudo'' e vide che Rochefort era a terra, svenuto.

''Ma che diavolo...''- borbottò tra se la ragazza, un po' sorpresa, un po' sollevata.

''Chi lascia una porta aperta con un ostaggio?''- fece la voce di Aramis richiamandola e facendola voltare.

La sua benefattrice lottava contro se stessa per non ridere dell'inettitudine di Rochefort.

Non era mai stata così felice di vedere una persona come in quel momento e corse subito alla grata.

Aramis le porse un abito con le maniche che arrivavano fino al gomito, sul verde acqua con una specie di cuffia abbinata.

Il tutto era contenuto in un sacco per la biancheria sporca.

''Il padre di Costance ha realizzato una divisa da cameriera che lavora per Rochefort. Indossala ma fai in fretta, non abbiamo molto tempo...''- detto questo si allontanò velocemente, uscendo dalla recinzione del castello.

La ragazza non se lo fece ripetere due volte e anche se Aramis non le aveva spiegato cosa fare dopo, il resto era facilmente intuibile: vestita come una serva di Rochefort, chi avrebbe mai potuto sospettare che la prigioniera stesse scappando?

Inoltre conoscieva Rochefort.

Lui non era come i moschettieri, che guardavano bene in faccia i serivitori, per Rochefort i suoi servi, sotto quelle divise erano tutti uguali.

Non ci mise molto a cambiarsi d'abito, e poi mise il suo vestito nel sacco che Aramis le aveva dato.

Uscire dai sotterranei non fu difficile, poichè ricordava perfettamente il percorso che il cardinalista e De Jussac le avevano fatto fare per scendere fino alle segrete.

''Oh Cielo...''- quando si parla del diavolo....con tutte le guardie al castello del Conte, proprio il suo fedele leccapiedi doveva incontrare a pochi passi dall'uscita?

Fu presa dalla terribile paura di non farcela, di non riuscire a scappare...

Prese un respiro profondo, lottando con tutte le sue forze per scacciare quelle paure dalla sua testa, si nascose dietro una colonna pensando ad un modo per non farsi riconoscere da quell'individuo.

Allora le venne un'idea.

Tolse temporeanamente la cuffia e si spettinò i capelli in modo che due ciocche le ricadessero sugli occhi in modo tale che nessuno la riconoscesse e soprattutto da non cadere a terra.

Funzionò alla grande.

Gli passò proprio sotto il naso e non se ne era nemmeno accorto.

Una volta fuori dal cortile del castello iniziò a guardarsi intorno, cercando con gli occhi un segno, un indizio, qualsiasi cosa le indicasse che i suoi amici erano nei paraggi, era alquanto impossibile che i moschettieri l'avessero lasciata lì.

In quel momento qualcosa, o per meglio dire qualcuno, iniziò a tirarle il lembo del vestito.

Il cucciolo di labrador.

La ragazzina sorrise e si chinò per accarezzarlo-:''Ehy.... che cosa ci fai qui?''

In risposta, il cane le strattonò la gonna altre due volte e poi scappò poco dietro il palazzo del conte.

Per la giovane era quello il segnale che aspettava e lo seguì, e una volta girato l'angolo...

''AH!!!''- si lasciò sfuggire, quando due braccia l'afferrarono.

Possibile che Rochefort in realtà non fosse svenuto ma.....?

''Sorpresa!!!''- fece una voce amichevolmente familiare.

''Athos!!!''- la giovane non potè fare a meno di abbracciare il moschettiere bruno dalla gioia.

Era così bello ritrovarsi con delle facce amiche dopo tutte quelle ore di prigionia.

''Aramis!! Porthos!!''- fece la stessa cosa con gli altri moschettieri-:'' Vi ringrazio, vi ringrazio con tutto il cuore...''

''Non dirlo nemmeno per scherzo, abbiamo fatto solo il nostro dovere.''- la rassicurò Aramis tenendola ancora tra le sue braccia. Dopo pochi secondi sciolse l'abbraccio-:'' Dai, andiamocene di qui...''

Aramis prese la sua serva sul suo cavallo, esattamente come aveva fatto tempo prima, e seguiti a ruota da Athos e Porthos, con il cucciolo che chiudeva quel bizzarro corteo si diressero verso casa Bonacieux.

 

 

''Che persone orribili!!!''- commentò Martha, la fedele governante del sarto Bonacieux, dopo aver portato alla bruna una tazza di latte caldo e miele e dopo aver ascoltato il resoconto dettagliato della brutta avventura della giovane Lunette-:'' prendersela con una ragazza indifesa, ma aspettate che mi capitino per le mani e vedrete....''- poi il suo tono si addolcì-:'' Bevi cara, e sono sicura che ti sentirai subito meglio malgrado la paura.''

Bonacieux sorrise e consigliò alla ragazza-:'' Dai retta a Martha, lei si che conosce il fatto suo.''

La ragazza annuì sorridente e iniziò a bere lentamente ciò che le era stato offerto.

Erano andati dai Bonacieux subito dopo la sua fuga, e Costance non aveva fatto altro che abbracciarla ed insistere per medicarle le ferite riportate dall'incontro

Le avevano rimesso a posto la caviglia e tutto sommato stava bene, a parte qualche livido, ma niente di insuperabile.

Non poteva dire lo stesso di Rochefort, visto che si era fatto sfuggire una ragazzina da sotto il naso.

Ridacchiò sommessamente al pensiero.

Una volta finito sorrise al gruppo e poi si paralizzò come se l'avesse appena colpita un fulmine.

''A proposito, la lettera?''

Costance la rassicurò mostrandogliela-:'' Eccola qui...''- e poi la avvicinò alla candela sul tavolo-:'' e adesso non farà più del male a nessuno.''

A quel gesto, Lunette si tranquillizzò.

''Ero certa che avreste trovato la mia traccia.''

''Non abbiamo fatto tutto noi''- la corresse Athos e in quel momento indicò il cane che stava leccando un pezzo di carne che la governante gli aveva dato, in una ciotola sul pavimento-:'' il merito è di questo bravo cucciolo, è solo merito suo se ti abbiamo ritrovata in tempo.''

La ragazza si chinò per prenderlo in braccio-:''Allora, immagino che sia te che devo ringraziare...''- il cucciolo iniziò a leccarle la guancia facendole il solletico e di conseguenza facendola ridere.

Aramis sorrise-:''Credo fosse preoccupato per te.''

Sempre tenendolo in braccio, si voltò verso Aramis.

''Aramis, so che non ho il diritto di chiedervi un favore ma... ho sempre desiderato avere un animaletto, posso tenerlo con me?''- fece implorante-:'' Me ne occuperò personalmente e non vi accorgerete nemmeno che c'è un cane in casa.''

Aramis sorrise.

''D'accordo, in fin dei conti è anche merito suo se ora sei qui e se i piani di Rochefort sono andati a monte.''- a quelle parole, la giovane abbracciò la sua benefattrice tra la commozione generale.

Quella notte Lunette, non si addormentò facilmente nonostante la tensione accumulata e il sonno che questo le aveva portato, malgrado la compagnia del piccolo Jula nel suo letto.

Non poteva fare a meno di pensare che oltre ad aver trovato una nuova famiglia e dei nuovi amici... ora aveva anche dei nemici. 

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Capitolo 6
*** Promesse ***


 

PROMESSE

Non era mai semplice riprendersi dopo un esperienza del genere.

Lunette aveva dato per scontato, il giorno che arrivata a Parigi, mentre vedeva tutte le belle cose che la futura capitale francese racchiudeva tra quelle mura, che da quel momento in avanti la sua vita sarebbe stata perfetta.

Ma ancora non aveva capito che nella vita avrebbe avuto a che fare con molte persone simili al suo vecchio padrone.

Adesso, benchè avesse solo quattordici anni, lo aveva capito.

Il giorno dopo, tutto sembrava perfettamente normale.

E come a voler dire che niente era accaduto, nel primo pomeriggio....

''En Gardè!!!''- con i capelli raccolti a chioma dietro la testa e con il suo completino da cavallerizza era dietro la residenza di De Treville con i moschettieri e stava lottando contro Athos.

''Fianco destro! Fianco sinistro! Faccia!''- Il moschettiere le dava i comandi e lei difendeva la parte del corpo dal moschettiere menzionata con la spada, niente di speciale, ma era gia molto lontana da quella ragazzina inesperta che due anni prima non era nemmeno capace di tenere in mano una spada.

Certo, non si poteva dire che combatteva come il miglior spadaccino del regno...

''Adesso si che cominciamo a ragionare...''- commentò Aramis mentre assisteva con Porthos a quel duello improvvisato.

''Tira.... para... schiva...''- faceva Athos come per ricordare alla giovane come si combatte.

''... e tocco!''- concluse la ragazza intrecciando la sua spada con quella del moschettiere facendola cadere.

Dopodichè puntò la spada contro Athos guardandolo sorridente.

''Però...''- sorrise lui-:'' niente male.''

''Voi scherzate Athos....''- fece lei rinfoderando la spada-:'' è stato solo un colpo di fortuna, niente di più.''

''La fortuna è quando il talento incontra l'opportunità, e tu hai saputo sfruttare l'occasione, cosa che un giorno ti tornerà molto utile. Non solo in duello, ma in tutti gli aspetti della vita.''

Poco più tardi, la giovane cameriera/ aspirante spadaccina era nello studio dopo essersi cambiata gli abiti per cambiare l'acqua ai fiori ed esercitarsi nella lettura e nella scrittura.

Di li a poco venne raggiunta da Aramis.

La ragazza scattò automaticamente in piedi e tenendo i lembi della gonna tra il pollice e l'indice della mano, come Aramis stessa le aveva insegnato, accennò un lieve inchino.

''Athos mi ha detto che sei stata in gamba oggi con la spada.'' fece Aramis come a volersi congratulare con lei.

''Così pare....''- rispose Lunette-:'' ma non riuscirò mai a raggiungere il livello del miglior moschettiere di Francia, anche se mi allenassi notte e giorno.''

Aramis accennò un sorriso.

''Non fartene un cruccio, nessun mortale ci riuscirebbe.''

La battuta fece ridere la ragazzina.

''Ad ogni modo... parlando di spade e duelli....''- e qui la moschettiera si fece più seria-:'' Allenandoti con questa costanza, prima o poi diventerai brava con la spada. Ma quando quel momento arriverà, dovrai decidere cosa farne di questo tuo nuovo talento. Confido che farai la scelta migliore per te e per tutti quelli che ti stanno attorno.''

''Va bene, ve lo prometto.''- fece la giovinetta.

Dopo di che le diede il congedo, permettendole di andare al mercato di Saint Germain con Costance per rimediare alla gita saltata a causa di Rochefort del giorno prima.

 

''Ti piace Jula?''- fece quella sera la ragazza, piroettando felice su se stessa, nella sua camera mostrando al suo cane un foulard viola.

Era stata una giornata bellissima al mercato, anche se offuscata leggermente dal ricordo e quindi dalla paura del giorno precedente.

Lunette aveva visto quella splendida fascia viola e se n'era letteralmente innamorata, e visto che non costava nemmeno tanto decise di aquistarla.

Il cane abbaiò due volte e scodinzolò.

''Lo prenderò per un si....''- replicò la ragazza sorridendo.

Dopodichè si sfilò i vestiti per infilarsi la camicia da notte bianca e si mise a letto.

Ai piedi del letto aveva sistemato una cesta dentro alla quale aveva messo un cuscino, trasformandolo in un comodo letto per il suo nuovo amico.

Dopo qualche minuto spense la candela e si addormentò pacificamente abbracciata al cuscino.

Poi verso mezzanotte, venne svegliata da un mugolio.

Molti non ci avrebbero fatto caso o vista la potenza del rumore non se ne sarebbero nemmeno accorti e avrebbero continuato a dormire come se niente fosse, ma Lunette era cresciuta con un oste che di gentile non aveva nemmeno il bianco degli occhi, e che adorava sfogare su di lei la minima frustrazione.

Pertanto aveva sviluppato un udito finissimo, molto utile per nascondersi dal pericolo quando lo captava.

Si mise subito a sedere sul letto.

La prima cosa che fece fu inginocchiarsi vicino alla cesta di Jula, temendo che il cane stesse cercando di comunicarle qualche tipo di malessere ma quando fu vicina, notò che il cane dormiva pacificamente.

Eppure lei sentiva qualcuno che piangeva...

Si mise una giacca aperta di colore rosa confetto e accese la candela sul comodino.

Dopodichè l'afferrò per il fermacandele e iniziò a vagare per la casa alla ricerca della natura di quel lamento.

Salì le scale e si fermò di fronte alla camera di Aramis.

Era socchiusa così non potè fare a meno di vedere che la sua padrona era a sedere sul letto, con gli abiti che aveva indossato per tutto il giorno e che stava piangendo con il viso tra le mani.

Aprì la porta di scatto, senza bussare e si precipitò accanto alla bionda, poggiando la candela sullo scrittoio presente nella stanza.

''Vi sentite bene Aramis?''- chiese una volta che si fu seduta accanto a lei.

Aramis la guardò con gli occhi pieni di lacrime, decisamente sorpresa di vedere la serva accanto a lei.

''Che cosa fai qui?''- chiese la moschettiera.

''Perdonatemi....''- si scusò Lunette-:'' avrei dovuto bussare.... vi ho sentita piangere e volevo assicurarmi che steste bene.''- rispose poi la ragazza.

Adesso fu la bionda a chiedere scusa.

''Allora ti ho rovinato il sonno mi dispiace...''- si scusò Aramis con un sorriso triste.

''Non preoccupatevi per me.... posso fare qualcosa per voi?''

''No.... ho sognato la morte di François....''- quegli incubi l'avevano tormentata per settimane dopo la funzione funebre dell'amato, dopo tanto tempo che non faceva era sicura che quella fase fosse ormai un lontano ricordo invece...-:''Lo vedevo mentre moriva...io ero lì mentre lo uccidevano ma non potevo fare niente per aiutarlo. Sono passati due anni e sei mesi da quel giorno terribile...ti rendi conto che se solo non avessi rifiutato il suo invito ad uscire con lui quella maledetta sera per adare da una mia cugina lui forse....''

''Non dovete sentirvi in colpa per la sua morte, voi non potevate fare nulla e non potevate certo prevedere una simile disgrazia.''- replicò Lunette nel tentativo di consolarla.

Anche se capiva perfettamente come doveva sentirsi malgrado non avesse mai subito una perdita di quell'entità.

Negli anni che aveva passato alla locanda non aveva fatto che domandarsi ininterrottamente, ogni notte, se la sua vita avrebbe potuto essere diversa.

Se la sua famiglia non fosse stata così povera da essere stata costretta ad abbandonarla....

Non sapeva nemmeno se era la verità, quando era stata catapultata in quell'ambiente freddo dove non sapeva cosa fosse l'affetto e il calore di una persona era troppo piccola per ricordare un momento di felicità.

''L'unico vero responsabile è l'assassino. E' lui che dovrebbe covare sensi di colpa e rimorso.''

Aramis annuì-:'' Lo so... è per questo motivo, oltre che per sfuggire a un matrimonio infelice a prescindere, che mi sono arruolata e che mi sono finta un uomo. Ma finora le mie ricerche non hanno dato il minimo frutto.''

''Ma nessuno riesce a restare nascosto per sempre e prima o poi la verità viene sempre a galla.... non so come, non so quando, ma giuro che vi resterò accanto fino a quando non avremo trovato quel maledetto infame e non lo avremo consegnato alla giustizia.''

Solo su un punto aveva mentito...

Le sarebbe stata accanto fino a quando avrebbe vissuto, per ripagare a quello che lei aveva fatto per salvarla: l'aveva tolta dalla miseria, le aveva dato un lavoro, un'istruzione e la promessa di una vita con dignità.

Le aveva dato una famiglia, una famiglia alla quale non aveva intenzione di rinunciare.

L'impulso di abbracciarsi fu troppo forte e nessuna delle due potè farne a meno.

Fu la prova definitiva di quello che entrambe avevano pensato da sempre e da anni.

L'amicizia è un legame talmente forte che supera anhe il ceto sociale e che una serva non esiste solo per stirare, lavare, cucinare e rammendare ma anche per essere un sostegno per il proprio padrone.

 

Ok, non è il mio capitolo migliore, lanciatemi pure i pomodori... 

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Capitolo 7
*** Segreti e nuovi incontri ***


SEGRETI E NUOVI INCONTRI

Dal giorno che Aramis aveva conosciuto Lunette e l'aveva presa con se erano gia passati cinque lunghissimi anni.

Lunette si era letteralmente trasformata in quel periodo.

La bambina magra. smunta e che si spaventava al vedere qualunque persona temendo che le volesse fare del male si era fatta una splendida diciassettenne, in salute,dai lunghi e fluenti capelli castani che di solito teneva legati solo in cima con un fiocco per poi essere lasciati morbidi sulle spalle e dagli occhi ambrati ridenti.

Anche il suo carattere si era trasformato.

Era sempre allegra, solare e gentile con tutti e tutte le persone che aveva incontrato, all'infuori di Rochefort e delle dame che erano accecate dalla gelosia nel vederla sempre in compagnia di Aramis, le volevano un gran bene.

Quegli anni erano passati tra le lezioni di scherma, esercitarsi a leggere e scrivere, occuparsi della casa, accompagnare Aramis a corte, uscite con l'amica Costance e con Jula e in alcune occasioni.... camuffarsi da cameriera di Rochefort per dare ai moschettieri valide informazioni per anticipare le sue mosse per proteggere la regina Anna dai loro complotti poco amichevoli.

Il suo passato alla locanda e il pensiero di quello che sarebbe potuto essere se fosse rimasta con la famiglia d'origine era ormai un ricordo molto lontano, che aveva sotterrato con cura e che per nessun motivo desiderava ricordare.

 

Le due ragazze risero allegre.

''Avresti dovuto vedere....''- disse Costance distogliendo un attimo gli occhi dall'abito da sera che stava ricamando.

Le due giovani cameriere erano entrambe a casa del sarto Bonacieux quel bellissimo giorno di pimavera.

Lunette aveva finito le faccende di casa e con lo studio era sufficientemente a posto, insomma era uno di quei giorni che sembravano fatti apposta per annoiarsi a morte.

In compenso il padre di Costance era pieno di lavoro e quindi aveva chiesto alla figlia di aiutarlo a rimodernare gli abiti che le gentildame della corte gli avevano lasciato, prima di andare a servizio dalla regina e la bionda aveva coinvolto nell'opera di ''restauro'' anche l'amica.

Mentre lavoravano Costance raccontò a Lunette la sua incredibile avventura della sera prima: Rochefort l'aveva rapita per intercettare una lettera scritta dalla regina destinata al suo amore segreto, il duca di Buckingham, e a differenza del rapimento di Lunette stava per riuscire nel suo intento grazie anche all' aiuto di una donna bella ed intelligente quanto pericolosa e malvagia.

Solo l'intervento di un giovane bello e simpatico era riuscito ad evitare il peggio.

''Certo, immagino....''- rispose Lunette ridacchiando, immaginando la scena di Rochefort con un serpente intorno al collo.

Anche se non era presente alla scena, solo il sapere che qualcuno aveva dato a quel tipo una bella lezione era una valida rivincita per quello che le aveva fatto passare anni prima.

''E questo tipo... D'Artagnan.... pensi di rivederlo?''- le chiese.

Costance scrollò le spalle-:'' Mi piacerebbe, non lo nego.... ma non so niente di lui, nemmeno dove cercarlo per ringraziarlo.''

''Non preoccuparti, ho imparato a mie spese che quando ti sei rassegnata ad una situazione il destino ti fa delle sorprese tanto inaspettate quanto gradevoli.''

Costance sorrise-:'' A proposito di sorprese..... quando pensate di uscire allo scoperto tu ed Aramis? E soprattutto.... perchè non ti sei confidata con me?''

Lunette si bloccò di colpo e lasciò scivolare il vestito dalle mani facendolo finire sul pavimento.

Possibile che Costance avesse scoperto che in realtà Aramis era una...

''Come l'hai scoperto, e soprattutto..... non l'hai detto a nessuno vero?''- fece la bruna tremando di paura.

''Come se ce ne fosse stato bisogno.... lo sanno tutti.''

Oh Mio Dio.... pensò Lunette.

''Lo sanno tutti che Aramis non ha occhi che per la sua serva e tutte le fanciulle di buona famiglia sono invisibili ai suoi occhi e che forse, a breve, ti chiederà di sposarlo, anche se non so cosa vi manchi visto che state sempre insieme e vivete assieme...''

Lunette parve rilassarsi un poco, molto sollevata dall'aver frainteso e riprese a respirare.

''Costance, permettimi di dire che queste voci sono infondate: a parte una solida stima, non c'è assolutatamente niente.''- dentro di se pensava-:'' come si vede che le nobili non hanno niente da fare tutto il giorno se hanno la forza e il tempo di pensare a sciocchezze del genere.''

''Scusa, ora devo andare a fare un po' di spesa...''- fece la giovane ripiegando il vestito di seta rossa che aveva appena finito.

Costance le sorrise-:'' D'accordo, ma sappi che quando sarai pronta ad ammettere la verità su questa faccenda, sai dove trovarmi.''

Lunette ci pensò per un secondo e poi le strizzò un occhio come per dire-:''Contaci.''- prima di sparire dietro la porta.

In cuor suo sperva che un giorno avrebbe potuto raccontare all'amica davvero tutta la verità.

Ma per ora, doveva mantenere il segreto.

Dopo aver lasciato Costance, la ragazza aveva girato il mercato in lungo e in largo, sia per fare la spesa sia per calmare il timore residuo che l'aveva attraversata poco fa.

Dopo aver portato a casa il cesto con la spesa, aveva preso un libro ed era uscita di nuovo con Jula.

La giornata sarebbe stata lenta e noiosa fino all'ora di preparare per la cena e quindi, visto che Costance era a servizio ed Aramis aveva un impegno per il quale la sua presenza non era necessaria, aveva deciso di passare la giornata sotto un melo a leggere e a giocare un po' con il suo cane.

Mentre s'incamminava verso la sua meta le campane di Notre dame battevano le tre meno trenta del pomriggio, e stava passando davanti alla caserma quando....

''Lunette!!!!''- la voce e la figura dell'amica Costance la raggiunsero.

E non era sola.

Con lei c'era un bambino sui sette anni, vestito di stracci e senza scarpe, ma sembrava altrettanto preoccupato quanto l'amica.

''Costance?!? Che succede?''- chiese la ragazza.

''Dobbiamo fare qualcosa per D'Artagnan: Aramis e gli altri stanno per...''

In breve, la bruna venne a conoscenza della brutta situazione in cui quel ragazzo stava per venire a trovarsi e che i tentativi dell'amica per convincere i moschettieri a lasciar perdere erano stati del tutto vani.

Anche De Treville si era ritrovato con le mani legate.

''Tu puoi fare qualcosa?''- le chiese il bambino quasi implorante.

''Aramis potrebbe darti ascolto e convincere anche Athos e Porthos a rinunciare....''- ipotizzò Costance.

La ragazza annuì.

Non era così certa che Aramis sarebbe riuscita a convincere gli altri due a desistere ma fare un tentativo non costava nulla.

Sollevò la gonna e si diresse a passo svelto verso il luogo dell'appuntamento, seguita a ruota dagli altri due e preceduta dal cane.

Arrivarono al posto fissato per il duello proprio nel momento in cui Porthos e lo sfidante stavano per sguainare le spade.

''Fermi!!!''- urlarono prima Costance e poi il piccolo Jean.

Lunette si mise in mezzo ai due spadaccini.

''Lunette, cosa stai facendo?''- chiese Aramis non poco sorpresa di vedere la ragazza lì.

''Ho saputo del duello.''- fu la secca risposta:'' Per favore, non fate pazzie....''- nel dir così si voltò verso D'artagnan e fu allora che lo vide.

Sui sedici anni, capelli marroni, occhi azzurri...

Dentro di lei scattò qualcosa.

Ma non sentiva dentro di lei tutto quello che aveva letto nei libri o nelle poesie per descrivere l'innamoramento.

Un vago senso di familiarità.

Sentiva di aver gia visto quel ragazzo....ma non ricordava ne dove ne quando, e mentre cercava di ricordare dove lo aveva potuto conoscere Costance cercava di intervenire a favore del giovane.

Fu allora che la bruna si riscosse e rammentò il perchè della sua presenza.

''Sono certa che qualsiasi cosa lui abbia fatto, non l'ha fatto per offendervi.... o comunque non l'ha fatto apposta.''

I moschettieri parvero rifletterci un poco e alla fine decisero di dare ascolto alle due ragazze.

Sembrava fosse tutto a posto.

Ma poi Lunette vide la sua benefattrice sguainare la spada e nel giro di pochissimi secondi vide la testa di un enorme serpente rotolare vicino ai piedi di Costance e poi Rochefort con due guardie.

La cosa lasciò abbastanza sorpresi sia lei che Athos.

Erano sbucati come dei fantasmi.

E ora stavano accusando i moschettieri di aver infranto la legge asserendo che stavano duellando e a nulla valsero i tentativi di ribattere del trio.

''Rochefort, qui nessuno aveva intenzione di combattere in duello. Aramis ha solo ucciso un serpente che minacciava Costance, se guardate sull'erba troverete le prove di quanto dico.''- fece Lunette indicando il cadavere del serpente, nonostante sapesse che era perfettamente inutile mettersi a discutere con qualcuno che non voleva saperne di sentir ragioni.

''Prima di tutto, nessuno ti ha dato il permesso di parlare. Secondo, ti ricordo che IO rappresento la legge.''- ribadì Rochefort con un tono che tutti trovarono molto arrogante e che interpretarono come un modo carino ed implicito per dire Abuso di potere.

''Ma non può arrestare qualcuno solo perchè le sta antipatico o le va di farlo!''- urlò la ragazza.

Aramis la prese per le spalle e la trascinò a se.

''Lunette, va a casa. Risolveremo questa faccenda tra di noi.'' fece Porthos.

Di lì a poco, malgrado lei e Costance fossero lì per impedirlo, ci sarebbe stata una violenta discussione in punta di spada.

Anche D'Artagnan si dichiarò pronto a combattere al fianco dei moschettieri.

In quel momento si sentì il trottare di un cavallo e i presenti riconobbero nel cavaliere, il capitano De Treville.

Le sicurezze di Rochefort iniziarono a vacillare ma proseguiva nel suo intento.

Del resto non era la prima volta che si scontrava con la testardaggine di Rochefort.

''In tal caso, mi vedo costretto ad arrestarvi per il rapimento della signorina Costance, dama di compagnia di sua Maestà.''

Fu allora che Rochefort sbiancò veramente.

A quanto pare non tutti i servi hanno la stessa lealtà verso i padroni.... fu il pensiero comune di tutti, quando De Treville rivelò da chi aveva ricevuto la soffiata.

Rochefort era scandalizzato dal fatto che il capitano avesse deciso di dar credito alle parole di uno qualunque e non di un conte.

''Decidetevi: pare che Miss Costance abbia qualcosa da dire.''- continuò De Treville.

E non aveva tutti i torti.

La sua amica sembrava star lottando contro se stessa con tutte le sue forze per non dire a quell'essere odioso ciò che pensava di lui.

''Vi consiglio di ascoltarlo, o dovrete fornire alcune spiegazioni, tipo..... come avete fatto ad arrivare al momento giusto mentre stava per essere commessa un'infrazione?''

Rochefort la incenerì con lo sguardo.

''Bada a quello che dici, ti rammento che non sei altro che una serva e i servi devono portare rispetto ai loro padroni.''

''Vero, ma io non lavoro per voi.''- fu la pronta risposta.

''Allora? Cosa avete deciso?''- chiese ancora De Treville con uno sguardo e con un tono che non tolleravano repliche.

Suo malgrado, l'arrogante capitano delle guardie del Cardinale fu costretto alla ritirata con la coda tra le gambe.

Purtroppo non fu l'unico....

De Treville si arrabbiò moltissimo con quel giovane che si era vantato della sua abilità con la spada tanto da sfidare le tre migliori lame francesi e della sfrontatezza con cui intendeva far parte dei moschettieri e pensò bene di dargli una bella lezione di umiltà facendogli spezzare la spada.

Uno schiaffo avrebbe fatto meno male a giudicare dalla faccia del ragazzo.

 

''Scusate, ma non credete che De Treville abbia un po' esagerato stavolta?''- fece la ragazza quella sera mentre serviva la cena alla moschettiera.

Capiva che quel ragazzo era stato un po' troppo arrogante e sicuro di se nell'arrivare a Parigi e pretendere di essere ammesso tra i moschettieri, e che avesse bisogno di una strigliata ma trovava eccessiva la punizione inflittagli da De Treville.

''In effetti, forse è stato eccessivo da parte sua, ma lo sai anche tu com'è fatto il capitano.... ci tiene ad essere chiaro.''

''Credete che per lui non ci sia davvero speranza di far parte dei moschettieri?''

''De Treville era arrabbiato, ma vedrai che una volta sbollita la rabbia rivaluterà attentamente la possibilità di concedergli un'altra chance....ma come mai t'interessa tanto sapere di D'Artagnan?''- chiese Aramis con uno strano sorriso-:'' Non è che per caso ti sei presa una cotta per lui?''

Lunette divenne rossa come un peperone.

Era gia la seconda volta in quel giorno.

''Per la verità..... sento che oggi non è stato il nostro primo incontro, mi sembra di averlo gia incontrato prima.... ma non riesco a ricordare dove.''- rispose la ragazza.

Dopo quello che era successo alla collina era tornata a casa per cucinare e riflettere un po', per capire dove riteneva di averlo visto prima di quel giorno ma inutilmente.

''Credo che avrai molte buone occasioni per indagare, visto che siamo diventati amici.''

Lunette sorrise.

Non tanto per la possibilità di conoscere meglio D'Artagnan o perchè in tal modo avrebbe capito dove si erano visti, ma a volte sentiva il bisogno di frequentare anche ragazzi della sua età oltre ai moschettieri.

 

Ok, questo è un altro capitolo da orrore, mi sa che a rivedere le puntate non sono così brava.... non lapidatemi per favore... 

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Capitolo 8
*** Ci siamo gia incontrati prima? ***


 

 

CI SIAMO GIA INCONTRATI PRIMA?

 

 

Erano gia passati tre giorni da quando in città erano arrivati D'Artagnan e il piccolo Jean, e Lunette non si era fatta tanti problemi nell'accoglierli nella sua ''famiglia''.

Ma in quei tre giorni, dentro di lei si era rafforzata la convinzione che lei e quel giovane arrivato dalla Guascogna, si erano gia incontrati prima di Parigi, ma proprio non riusciva a ricordare ne dove ne quando.

Quel giorno la ragazza si trovava nella piazza del mercato per comprare qualcosa in seguito ad un'improvvisa spirazione.

Aveva deciso di preparare una bella crostata di mele.

Si vestì, si lavò la faccia e si pettinò i capelli con una treccia che le ricadeva sulle spalle e dopo un saluto veloce, annunciò ad Aramis che sarebbe andata al mercato per fare un po' di spesa.

Quel giorno il sole splendeva alto nel cielo e c'erano tutti i presupposti per aspettarsi una bella giornata, e tutti in città non facevano che fare la fila al tendone del circo per vedere l'elefante.

Anche a lei sarebbe piaciuto tardare un po' per vedere quello che era l'animale più grande del mondo, ma considerato che a fare la guardia all'animale c'era proprio Jussac, preferì fare la spesa ed attendere un'altra occasione.

Aramis e i moschettieri le avevano sempre raccomandato di tenersi più lontano che poteva da loro e la giovane, sapendo che tipi fossero e portando ancora sulla sua pelle la prova di quanto quelle persone potessero essere pericolose, era ben felice di obbedire.

Le campane di Notre Dame suonavano mezzogiorno e lei stava percorrendo la strada che l'avrebbe riportata dritta a casa, con il cestino pieno di uova, farina e mele ed un espressione soddisfatta in viso.

In quel momento, vide venirle incontro, il piccolo Jean, D'Artagnan con il cavallo di quest'ultimo, Ronzinante accompagnati da un carretto.

''Lunette, che sorpresa!''- la salutò allegramente il guascone quando la ragazza fu accanto a loro-:'' veniamo proprio da casa tua.''

''Sono felice di rivedervi..... che cosa combinate?''

Fu il piccolo Jean a rispondere-:'' Offriamo bagni caldi a domicilio per un modico compenso. Aramis ne ha appena fatto uno.''

La ragazza sorrise.

''Beh, originale come trovata.... siete stati fortunati?''

D'artagnan annuì.

''Non dico che ora abbiamo più denaro del re, ma abbastanza per comprare da mangiare.''

Lunette mise una mano nel cestino e tirò fuori tre mele.

In fin dei conti, ne aveva prese abbastanza da permettersi di regalarne qualcuna.

''Permettetemi di offrirvi il dessert, allora: una per Jean, una per D'artagnan e una per Ronzinante.''

''Grazie, sei davvero gentile.''- ringraziò Jean dando un morso alla mela che la giovane gli aveva regalato.

''Adesso vi devo salutare, ho delle faccende da sbrigare a casa.... ci vediamo.''- detto questo, riprese la sua strada, lasciando i due nuovi amici alla loro strada.

''Salve Aramis...''- fece la ragazza entrando e dirigendosi in cucina.

Il moschettiere era in mezzo al soggiorno mentre si esercitava con la spada.

''A che vi serve un giorno di riposo se vi mettete a fare le stesse cose che fate in caserma?''- chiese mentre usciva dalla cucina armata di secchio pieno d'acqua e una scopa.

''Non si sa mai quando il pericolo incombe..... per poco oggi D'Artagnan non mi scopriva.''- le spiegò Aramis fermandosi un attimo, per riprendere fiato.

In breve spiegò alla sua serva ( anche se non era ancora al corrente che la giovane era gia informata sulla nuova attività imprenditoriale dei loro due nuovi amici) quello che le era successo poco più di una mezz'ora prima.

''Siete sicura che non era solo il vento che ha fatto sbattere la porta?''

''A meno che il vento non avesse la voce di D'Artagnan, ne sono sicura. Credimi se ti dico che c'è mancato veramente poco.''- le spiegò la moschettiera con la faccia di una alla quale si era quasi fermato il cuore.

Lunette non potè a meno di farsi sfuggire una risata.

''Che ragazzo sveglio...''- commentò mentre iniziava a lavare il pavimento.

In quel momento sentirono il rumore degli zoccoli che si avvicinava alla casa e subito dopo la voce disperata di una bambino.

il piccolo Jean.

Lunette appoggiò la scopa alla parete, leggermente preoccupata.

Aramis si precipitò alla finestra per vedere cos'era successo.

''Cosa c'è Jean?''

''D'artagnan è in pericolo. Forza vieni!''

Sia Lunette che Aramis sbiancarono di colpo.

Cosa poteva essere successo in così poco tempo?

Entrambe lo avevano visto poco tempo prima, e sembrava stesse benissimo.

Aramis riprese quasi subito il controllo ed una volta preso il cappello e la spada si diresse a passo svelto verso la porta, imitata dalla giovane cameriera.

Aramis però la bloccò.

''Resta qui, non sappiamo in che guaio si sia cacciato, potrebbe essere pericoloso.''

Lunette però la guardò con lo sguardo di chi non ammetteva di essere lasciata in disparte.

''D'Artagnan è anche amico mio. Voglio dargli una mano. Vi prego.''

Aramis parve rifletterci un attimo e poi disse-:''D'accordo, ma cerca di non metterti nei pasticci anche tu.''- detto questo si fiondarono entrambe fuori di casa, dirigendosi verso Jean e con un passo svelto e deciso di diressero in piazza.

 

Ne grande piazzale, vicino al tendone dell'elefante c'era una gran folla, e riuscire ad avvicinarsi sembrava quasi impossibile.

''Jean, ma esattamente cos'è successo?''- chiese Lunette, mentre le due donne e il bambino si facevano strada complice anche l'autorità di moschettiere di Aramis tra la folla.

Il bambino rispose.

''D'artagnan voleva solo fare un bagno all'elefante, ma il padrone del circo lo ha accusato di volerlo rubare e ha chiamato Jussac.''

''Ma è ridicolo!!!''- fece Aramis con il tono e la faccia di chi non aveva sentito una bugia peggiore.

Lo conosceva da poco, ma sapeva gia che D'Artagnan era una delle persone più oneste del mondo, non avrebbe rubato nemmeno uno spillo, figuriamoci un pachiderma.

''D'ARTAGNAN!!!''

Jean aveva gridato quando aveva intravisto il giovane amico cadere a terra privo di sensi.

''D'artagnan!!!''- lo imitarono, una a testa, Aramis e Lunette.

La prima aveva preso il ragazzo tra le braccia, tentando di farlo rinvenire, mentre la seconda si era inginocchiata di fianco ai due, colpendo leggermente il guascone sula faccia per farlo rinvenire.

''Ma che cosa gli hanno fatto....?''- chiese la ragazza, anche se non sapeva chi fosse il destinatario di quella domanda.

Nel frattempo De Jussac aveva iniziato ad offendere D'Artagnan, e anche se velatamente, anche i moschettieri.

''Ve la farò pagare.''- promise il moschettiere biondo.

''Vorresti batterti? Io sono sempre pronto.''- sfidò il cardinalista.

Lunette fissò la benefattrice, sperando che non cedesse alla tentazione di estrarre la spada per dargli una lezione, anche se tutto sommato non le sarebbe dispiaciuto vedere De Jussac messo al suo posto.

''Cos'è, sei forse una donnetta?''

In quel momento Aramis sentì il sangue affluirle fino alle guance e fissò il cardinalista con tutto l'odio che gli riusciva, punta sul vivo.

Lunette si preoccupò ancora di più.

Aramis si arrabbiava moltissimo quando qualcuno la chiamava in quel modo, non tanto perchè era vero e temeva che il suo segreto fosse in pericolo, ma perchè come moschettiere non pooteva tollerare un simile affronto.

Le si avvicinò cauta.

''Sta solo cercando di provocarvi per avere un pretesto da usare contro il corpo dei moschettieri, perciò state calma ve ne prego...''- le sussurrò piano, in modo talmente flebile che nemmeno lei sarebbe riuscita a sentire se fosse stata un'altra persona.

Poco dopo De Jussac, e di conseguenza tutta la folla ( inteta a rimuginare sul fatto a cui avevano appena assistito, tra di loro) se ne andarono.

 

''Ecco fatto.''- fece Lunette stringendo con un nodo, la benda attorno la fronte di D'Artagnan.

Dopo che si era ripreso lo avevano portato a casa per medicargli le ferite, e subito dopo lo avrebbero affidato al piccolo Jean.

''Tienila fasciata fino a domattina e vedrai che ti sentirai un altro.''- nel dir così raccolse le bende inutilizzate e l'acqua calda usata per disinfettare la ferita.

''Grazie, sei stata davvero gentile...''- la ringraziò D'Artagnan con un sorriso.

''Non dirlo nemmeno, figurati..''- disse la ragazza con aria pensierosa.

Doveva togliersi quel tarlo dall'orecchio.

''D'Artagnan.... ti posso fare una domanda?''

Il guascone le sorrise affabile-:'' Ma certo. Dimmi pure.''

''Ecco..... a dire il vero è una domanda alquanto strana, e credo che lo sia per entrambi ma.... ci siamo mai incontrati? Prima di Parigi intendo dire.''

Il guascone parve cadere dalle nuvole.

''Come mai me lo domandi?''

''Non lo so nemmeno io...'' ammise la ragazza-:'' ma ho come la sensazione che io e te ci siamo gia conosciuti da qualche parte, ma non saprei dirti ne quando ne dove.''

''Mi pare improbabile.... io sono venuto a Parigi per la prima volta solo pochi giorni fa, e da quanto mi risulta.... tu non sei mai stata in Guascogna, vero?''

''No...''- fu costretta ad ammettere-:'' sono cresciuta in una locanda poco fuori Parigi, e poi sono venuta a vivere qui con Aramis.''

Forse D'Artagnan aveva ragione.

In fin dei conti lei era sempre vissuta in una locanda dove era stata sempre trattata alla stegua di una serva, non aveva mai conosciuto ne amicizia ne calore umano, ed era sempre stata sola....

La sua vita era cominciata cinque anni prima.

La ragazza sorrise.

''Hai ragione, scusa. Dimentica quello che ho detto.''

Ma si vedeva chiaramente che nemmeno lei, ne era così convinta.

 

''Sei pensierosa....''- mormorò quella sera Aramis mentre leggeva un libro osservando la sua serva mentre ricamava e rammendava alcuni indumenti.

''E voi sembrate nervosa.''- fu la pronta risposta.

''Non posso negarlo....''- confermò Aramis-:'' Mi ha convocato De Treville. La voce di quello che è successo oggi è arrivata alle sue orecchie.... era molto arrabbiato, e mi ha proibito di uscire di casa a tempo indeterminato.''

La ragazza lasciò cadere il lavoro e si alzò di scatto.

''Cosa? Ma perchè?!? E' stato Jussac a cominciare!!!! Dovrebbe essere lui a prendere una bella ramanzina ed essere confinato in casa!!!''- era adirata ed indignata-:'' lasciate che vada da De Treville, gli dirò come sono andate le cose e....''- nel dir così fece per prendere il proprio mantello, ma Aramis la fermò.

''No, lascia perdere.... De Treville ha il dovere di proteggere il corpo dei moschettieri. Era solo un po' arrabbiato, ma vedrai che non appena gli passerà la rabbia, finirà anche il mio castigo.'- Aramis le disse tutto questo con la massima calma e pacatezza.

''Mi pare una vera ingiustizia, voi avete solo difeso un amico. Non dovreste essere punita per questo.''

Aramis non potè fare a meno di concordare con la sua giovane cameriera.

Ma quello era il mondo pieno di ingiustizie.

''Non posso darti torto.....''- concordò la moschettiera-:'' non è la prima ingiustizia con la quale ti scontrerai.... ma ti prometto che non sarai mai sola ad affrontarle. Ci sarà sempre qualcuno pronto a combatterle con te.''

Lunette sorrise.

Era la sua certezza primaria.

Ma quello che non aveva ancora scoperto, era che quella di que giorno era solo la prima di molte battaglie che avrebbe combattuto con i suoi nuovi amici.

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Capitolo 9
*** Le prime avventure ***


LE PRIME AVVENTURE

 

La mattina dopo, Parigi era illuminata da un meraviglioso sole.

Molti avrebbero gioito per ciò, ma non il moschettiere Aramis.

Dopo aver pubblicamente difeso D'Artagnan da De Jussac, il capitano, non solo l'aveva aspramente rimproverata ma le aveva anche intimato di rimanere chiusa in casa fino a nuovo ordine.

Inoltre non poteva ricevere visite, se non quelle della sua serva che andava e veniva e da persone autorizzate dal capitano De Treville.

In altre parole, era agli arresti domiciliari.

''Odio restare in casa con un tempo del genere.''- sbottò ad un certo punto la bionda appoggiata vicino alla finestra.

Lunette aveva appena servito il tè in una tazza di porcellana.

Benchè lei stessa fosse infastidita dal fatto che la padrona fosse stata costretta a rimanere in casa per colpa di De Jussac, non potè fare a meno di trovarla buffa e si lasciò sfuggire una risata.

Sembrava una bambina che si lamentava perchè era malata ed avrebbe voluto uscire fuori a giocare.

''Il tè è pronto.''- annunciò Lunette posando la teiera-:'' Ora se mi volete scusare vado in cucina. Voglio preparare una torta.''

Con tutto quello che era successo il giorno prima, non aveva proprio avuto tempo di realizzare il suo progetto.

Ma forse non era così male.

Aramis forse avrebbe apprezzato di più il dolce, visto che era in castigo e si sarebbe consolata.

Aramis le sorrise per darle il consenso.

La ragazza andò dunque in cucina, si sedette ed iniziò a mondare le mele.

Aramis invece era comodamente seduta in poltrona, ed un po' sorseggiava il tè, ed un po' leggeva il libro iniziato la sera prima.

Ad un certo punto sentirono degli zoccoli e delle ruote di carro avvicinarsi, ed Aramis andò a vedere alla finestra.

Erano D'Artagnan e Jean, e da quello che Lunette poteva sentire, gli affari quel giorno non andavano troppo bene.

Aramis ne era dispiaciuta, avrebbe voluto aiutarli, ma quel giorno non era proprio dell'umore per fare un bagno.

''Mi hanno riferito che sei stato punito per causa mia, mi dispiace...'' - aggiunse D'Artagnan colpevolizzandosi.

Aramis però sorrise rassicurante.

''E' tutto a posto non preoccuparti... ci vediamo.''- e nel dir così la bionda si allontanò dalla finestra.

Pochissimi secondi dopo qualcuno iniziò a bussare insistentemente alla porta.

Fu Aramis ad aprire.

Era il piccolo Jean.

''Perchè fai tanto baccano, lo sai che non posso uscire di casa.''

''Ma il bagno si fa dentro casa, non fuori.''

''Allora diciamo che oggi non ne ho tanta voglia va bene?''

Lunette non udì l'ultima parte della conversazione, ma quando uscì dalla cucina per andare a vedere, si trovò davanti alla visione della padrona che sudava freddo e pallida come un lenzuolo appena lavato che aveva tirato dentro Jean, e la moschettiera si era parata davanti alla porta come per impedire a qualcuno di uscire.

''Che cosa succede?''- chiese la mora iniziando ad impensierirsi.

''D'artagnan mi ha quasi scoperta. Lui ci è riuscito.''- rispose la donna additando il bambino.

Lunette ebbe un sussulto-

''Di un po' piccolo, non l'hai detto a nessuno, vero?''- chiese la ragazza inginocchiandosi di fronte al bambino.

Jean dissentì con la testa.

''Ma perchè si veste come un uomo e fa il moschettiere se è una donna?''- chiese ancora.

''Per il momento non te lo possiamo dire, ma tu non devi dirlo a nessuno, capito, a nessuno.''- fece Aramis quasi implorante.

''D'accordo, ma tu ci farai da cliente.''- fece Jean non mollando la presa.

Aramis incrociò le braccia, impuntandosi.

''Non ne ho voglia.''

Stavolta fu Lunette a trattenere il bambino, che per ripicca stava chiamando D'Artagnan.

''Facciamo così....''- fece Aramis mentre la sua serva bloccava il bambino che si dimenava come un anguilla-:'' Facciamo finta che ho usufruito del vostro servizio, pago il conto... e tu te ne vai, va bene?''

Il bambino annuì, e dopo aver mantenuto la promessa, le due donne salutarono i due amici e ritornarono in casa.

''Roba da non credere....''- sbottò Aramis-:'' in tutti questi anni, nessuno ha mai scoperto chi son veramente, nemmeno i miei migliori amici lo sanno..... ma due ragazzini mi hanno smascherato dopo pochissimi giorni.''

Lunette non potè fare a meno di trattenere una risata.

''A volte i bambini capiscono molto più di un adulto molto saggio.''- commentò la mora.

Aramis non potè non concordare.

''Puoi dirlo forte....''- subito dopo si portò l'indice e il pollice della mano destra alla faccia, e con quelle dita si prese il mento, preoccupata-:''Spero solo che non lo dica a qualcuno.''

Lunette le sorrise rassicurante.

''Secondo me non dovreste preoccuparvi di Jean.''- le disse-:'' si vede subito che è un bambino sveglio, intelligente.... ma soprattutto leale. E poi, se è vero che lo sa da ieri, se avesse voluto raccontarlo l'avrebbe gia fatto, non vi pare?''

Aramis ci rimuginò sopra un po' e poi ammise-:''Forse hai ragione.''

Dopo l'ultimo commento, Aramis annunciò che saliva in camera sua per esercitarsi nella scherma e Lunette tornò in cucina a preparare la torta di mele.

 

Un' ora e mezzo dopo, Aramis non era ancora uscita dalla sua camera.

In compenso, Lunette aveva tolto la torta da sopra il fuoco ed era felicissima. Aveva un aspetto meraviglioso ed un profumo ancora migliore se possibile.

La mise sul tavolo ed aprì la finestra per farla freddare.

Poi afferrò uno straccio e si diresse nel soggiorno, verso la finestra per la precisione.

Iniziò a lucidare con cura sia le ante della finestra che il davanzale.

''Bonjour, mademoiselle Lunette.''- la giovane abbassò lo sguardo e vide che sotto casa vi erano proprio i due fidati amici della bionda moschettiera.

Lunette sorrise.

Athos era sempre cortese ed educato con tutti.

Non si meravigliava che fosse proprio lui, il leader del gruppo.

''Come stai, Lunette?''- chiese Porthos con la sua voce allegra.

''Sto bene, grazie...''- rispose la ragazza.

''Puoi aprirci per favore? Dobbiamo parlare con Aramis di una faccenda importante.''- disse Athos-:'' e non preoccuparti, abbiamo il permesso di De Treville.''

La ragazza si precipitò alla porta e li invitò ad entrare, e dopo averli fatti accomodare salì le scale per chiamare Aramis.

Bussò timidamente alla porta.

''Avanti.''- al consenso di Aramis, Lunette si fece avanti.

''Athos e Porthos sono venuti per parlarvi di una faccenda importante.''- riferì la ragazza.

Aramis ripose la spada e seguita dalla giovane cameriera scese le scale.

''Salve ragazzi.''- li salutò la bionda, mentre Lunette era andata in cucina.

Prese un vassoio dove posizionò tre tazzine che riempì di tè, e tre piattini da dessert e mise una fetta di torta in ciascuno, per poi tornare in soggiorno.

Pporthos ovviamente non si tirò indietro.

''Complimenti vivissimi Lunette, è la torta di mele più buona che abbia mai assaggiato.''- disse il moschettiere dopo aver mandato giu il primo boccone.

Aramis ridacchiò e poi si rivolse alla ragazza.

''E se te lo dice Porthos, ti puoi fidare, credimi.''

''Che vorresti dire?!?''- fece Porthos fingendosi arrabbiato per la battuta.

''Scherzi a parte...''- intervenne Athos-:'' Porthos ha perfettamente ragione. E' davvero buona e l'uomo che ti sposerà è davvero fortunato.''

Lunette abbassò il viso per non far vedere a quelli che considerava la sua famiglia, che a causa di tutti quei complimenti era diventata lei stessa rossa come una mela matura.

Con suo grande sollievo Athos prese la parola.

''Ad ogni modo, questa non è una visita di cortesia, purtroppo...Costance ci ha appena informati che il duca di Buckingham arriverà a breve per incontrari segretamente con la regina Anna.''

''EH?!? Ma è impazzito?''- fece Aramis sbalordita.

''Credevo che per il bene della pace tra Francia ed Inghilterra facessero attenzione a non alimentare i pettegolezzi....''- aggiunse Lunette.

Athos annuì.

''Buckingham è stato ingannato. E' convinto che venendo in Francia, stia accettando un invito della regina, la quale gli avrebbe chiesto d'incontrarsi segretamente con lei.''

Aramis iniziò a capire.

''E' sicuramente una trappola.... la regina non avrebbe mai fatto una cosa del genere, consapevole dei rischi che correrebbe se il re dovesse scoprirlo. Ed ho anche una mezza idea di chi possa essere il colpevole.''

''Richelieu.''- azzardò Lunette.

I tre annuirono.

''Lui e i suoi uomini non perdono mai l'occasione di mettere nei guai la regina, e hanno spedito al duca una lettera a nome della regina, per incastrarla.''- spiegò Athos-:'' però abbiamo un vantaggio che nemmeno Richelieu sospetta.''

''Quale?''- chiese Lunette.

''Buckingham ha spedito alla regina una lettera di risposta. E' grazie a quella lettera che siamo venuti a conoscenza del piano.''

Aramis sorrise.

''Ottimo.''

Tre giorni dopo, i moschettieri e Lunette erano alla piazza di Saint- Germain, luogo in cui di li a poco sarebbe scattata la trappola.

Al gruppo si era aggiunta anche Costance, la quale li aveva informati che dovevano cercare una carrozza al cui finestrino era appeso un fazzoletto di merletto bianco.

I nemici avevano fatto credere al duca che quella sarebbe stata la carrozza della regina.

Il piano era abbastanza semplice: trovare Buckingham, spiegargli la situazione e convincerlo a lasciare il continente.

Il gruppetto non faceva che guardarsi intorno, nella speranza di scorgere, se non la carrozza, almeno il duca.

Purtroppo non si mostravano ai loro occhi.

Finchè...

''Ragazzi, guardate.''- li riportò alla realtà Athos-:'' le guardie del cardinale.''

E non erano sole.

C'era anche un uomo con un cappello piumato e con un lungo mantelo scuro.

Il duca, senza ombra di dubbio.

''Allora ci siamo...''- mormorò Aramis, mentre Porthos si dirigeva verso il duca per aiutarlo.

Aramis si scambiò uno sguardo d'intesa con Athos e poi sussurrò a Lunette-:'' Va alla porta della piazza che conduce verso le campagne. Io ed Athos spingiamo il duca verso di te. Indirizzalo verso le campagne, lì non dovrebbe correre rischi.''

Lunette annuì e si precipitò al luogo indicato.

Il duca non si fece attendere.

''Tu devi essere Lunette.''- fece il duca conducendo con se un cavallo.

La giovane annuì.

''Da questa strada si va a finire in campagna. Nascondetevi nel bosco e quando cala la notte dirigetevi a Calais. Troverete senz'altro una barca che vi condurrà in Inghilterra.''- suggerì la ragazza.

Il duca salì a cavallo, levandosi il cappello in segno di saluto e partì al galoppo.

''L'HO VISTO ANDARE DI LA', PER LA CAMPAGNA!!!''- era la voce di Rochefort.

La giovane afferrò un mantello che era stato abbandonato lì e se lo mise addosso, gettandosi a terra, raggomitolandosi su stessa, pregando che nessuno la vedesse.

Appena sentì che tutti i cavalli erano passati venne fuori dal suo nascondiglio.

Restò lì per un secondo che le parve una vita, e pregò che il duca riuscisse a fuggire.

''Voi dite che....''- si chiese Lunette guardando fuori dalla finestra.

Non riusciva a staccarsi da quella finestra, pur non sapendo nemmeno lei cosa si aspettasse di vedere.

''Secondo voi è riuscito a fuggire?''- chiese voltandosi preoccupata.

Era in pensiero, soprattutto perchè se avessero catturato il duca, la regina Anna sarebbe stata nei guai, e anche Costance sarebbe stata accusata.

''Non devi preoccuparti.''- le disse Aramis con un volto rassicurante ed una voce pacata-:'' sono passate diverse ore da quando è scappato verso le campagne e se ci fossero state novità a quest'ora l'avremmo saputo.

Magari non è ancora salpato, ma sono certa che lo farà a breve.''

Lunette sospirò, molto più calma.

Sperava che fosse davvero così.

Quale modo migliore di inagurare un computer nuovo di zecca se non pubblicare un nuovo capitolo, anche se non eccellente?

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Capitolo 10
*** Fedele ad ogni costo ***


FEDELE AD OGNI COSTO

''L'altra notte è stato molto pericoloso....''- commentò Lunette spazzolando i capelli biondi come l'oro della sua padrona.

La moschettiera era seduta alla toeletta con uno specchio appoggiato sul tavolino, mentre Lunette la pettinava.

Due notti prima, D'Artagnan, Jean ed il duca di Buckingham si erano presentati alla loro casa per domandare asilo, in quanto le guardie cardinaliste con Rochefort in testa, li inseguivano.

Per alcune ore i soldati avevano perso le orme dei due ragazzi e del ''fuggiasco'', ma poi grazie anche alle misteriose arti di Milady, erano riusciti a trovarli.

Allora ad Aramis venne un'idea.

Lei si sarebbe travestita da Lord Buckingham per attirare l'attenzione dei nemici, per far fuggire il primo ministro inglese dalla parte opposta.

E malgrado ne Lunette ne lo stesso duca fossero d'accordo sul fatto che Aramis si esponesse in tal moso, il piano era riuscito, grazie anche alla prontezza di riflessi del guascone e del suo cavallo, Ronzinante, che avevano dovuto vedersela con la perfida Milady.

''Odio gli aristocratici ed i re inglesi!!!!''- la frase pronunciata da quella donna l'aveva accompagnata per tutta la notte precedente.

Le sarebbe piaciuto scoprire il perchè di tanto odio....

''Non preoccuparti, adesso è finita..... ormai Buckingham sarà sano e salvo a Londra.''- la rassicurò Aramis.

In quel momento, Jula iniziò a guaire e camminare nervosamente per stanza.

''Che cosa ti prende Jula, stai male?''- chiese Lunette inginocchiandosi accanto al suo cane.

In quel momento sentirono qualcuno battere incessantemente i pugni sulla porta.

''Chi è la?''- chiese Aramis.

''Sono De Jussac, capo delle guardie del cardinale, apra la porta.''- rispose il vocione del cardinalista.

''Un per favore alla fine della frase, non avrebbe guastato...''- commentò acidamente la mora fissando la porta-:'' che cosa vorrà?''

Aramis parve preoccuparsi.

''Di certo non è venuto ad invitarci a pranzo....''- commentò la moschettiera-:'' nascondi tutto....''- disse ammiccando ai pettini e allo specchio-:'' e poi andate a nascondervi. Non uscire, non parlare, qualunque cosa accada, va bene?''

''Ma....''- fece per obiettare Lunette.

Aramis non volle sentire discussioni-:'' Fai come ti dico. Se le cose si mettono male, potrei aver bisogno di te.''

''Va bene....''- la ragazza nascose tutto nel cassettino della toilette e poi prese Jula per il collare, portandolo in cucina.

Si sporse appena per vedere cosa succedeva e si pentì quasi subito di averlo fatto.

De Jussac era entrato con due guardie ed avevano circondato Aramis.

La giovane donna dal canto suo, non poteva nemmeno tirare fuori la spada per difendersi, poichè De Jussac l'aveva messa sotto il tiro della pistola.

''No...''- mormorò quasi atona.

Aramis fu costretta ad uscire di casa sotto il tiro della pistola.

Lunette corse subito alla finestra, stando bene attenta a non farsi vedere.

Aramis era stata costretta a salire in carrozza con Rochefort e le sue guardie.

Uscì di casa e scese le scale a razzo, ma la carrozza era gia partita.

Jula aveva seguito la carrozza fino all'angolo per poi iniziare a guaire ed abbaiare disperatamente.

''Ma che cosa è successo?''- fece una voce familiare vicino a lei.

''Jean. E tu cosa fai qui?''- chiese Lunette stupita.

Non si era nemmeno accorta ne dell'arrivo ne della presenza del bambino.

''Ero venuto per invitare te ed Aramis a mangiare da noi stasera, ma quando sono arrivato lo stavano portando via e mi sono nascosto.''- spiegò il piccolo Jean.

I due non avevano dubbi su cosa stesse succedendo.

Avrebbero cercato di costringere Aramis a parlare e confessare di aver fatto scappare il duca di Buckingham dalla Francia, per poi convincere il re che era stata la stessa regina ad ordinare al moschettiere di agire in questo modo.

''Dobbiamo avvertire Athos e Porthos, loro sapranno cosa fare...''- fece Lunette tirando leggermente su la gonna, iniziando a camminare svelta.

''Lunette aspetta.''- fece a sua volta Jean afferrandole il vestito.

''Che c'è?''- chiese la ragazza con preoccupazione ed ansia nella voce.

Non c'era molto tempo da sprecare.

''La caserma è molto lontana da qui, prima di raggiungerla, informare i moschettieri e decidere il da farsi....''- le fece notare il bambino.

Lunette fu costretta ad ammettere che il bambino aveva ragione.

Prima di aver preso una decisione e fare un piano soddisfacente, sarebbe potuto succedere di tutto.

''E allora che cosa facciamo?''- chiese Lunette disperata.

''Sei certa che l'abbiano portato proprio al castello di Rochefort?''

La ragazza annuì.

''Allora tu vai lì ed aspettaci. Ci penseremo io e D'Artagnan al resto.''- il bambino non le diede nemmeno il tempo di replicare, e corse ad avvisare l'amico.

La ragazza invece corse alla piccola stalla dietro casa, e ne uscì con un cavallo marrone.

Quel cavallo si chiamava Fabrice ed Aramis glielo aveva donato quando all'età di sedici anni, Lunette aveva dovuto seguire i moschettieri fino alla residenza di campagna del re e della regina.

I tre avevano dovuto accompagnare i sovrani per scortarli, ed Aramis visto che Lunette aveva il compito di seguirla ovunque si sarebbe trovata meglio con un cavallo tutto suo.

La giovane lo montò all'amazzone e tirò le briglie per spronarlo.

''Coraggio Fabrice, andiamo al palazzo di Rochefort.

Aramis ha bisogno di aiuto.''

Lunette, D'Artagnan e Jean arrivarono quasi in contemporanea al luogo prestabilito.

''D'artagnan meno male...''- fece la ragazza un po' più sollevata, ma comunque in ansia per la sua benefattrice.

D'artagnan era salito sopra Ronzinante per vedere meglio oltre il muro, nella speranza di scorgere Aramis, un segno, un indizio.... qualsiasi cosa.

Anche se non lo dava a vedere anche lui era molto preoccupato per il moschettiere e si sentiva anche un po' in colpa, per avergli chiesto aiuto per nascondere il duca.

''Da qui non si vede nulla.... ispezioniamo un altro lato, magari avremo più fortuna.''- propose il guascone, ottenendo l'approvazione degli altri due.

Sul retro del palazzo fortunatamente non c'erano muri a proteggere il castello, ma le finestre erano tutte chiuse e sembrava non esserci modo per entrare.

E bussare alla porta, chiedendo gentilemente di lasciare andare Aramis non era un' opzione da tenere in considerazione.

''Ragazzi, guardate lassù.''- indicò Jean-:''C'è una finestrella aperta.''

''Hai ragione...''- D'artagnan tirò fuori dala bisaccia una lunga fune e dopo averla legata come un lazo, la lanciò in modo da legare il camino.

''Lunette, tu resta qui, vedrai che torneremo con Aramis in un attimo.''- le consigliò il guascone iniziando ad arrampicarsi, imitato da Jean.

La ragazza s'impuntò.

''Scordatelo. Aramis è il mio padrone, mi ha salvato da una situazione infernale ed io non intendo starmene ferma a guaradare ed aspettare una buona notizia come una cattiva.''

''Ma...''- fece D'Artagnan. La ragazza però non gli aveva dato ne modo ne tempo di replicare ed aveva iniziato ad arrampicarsi, spronando i due amici a velocizzarsi.

Certo, non era il massimo della comodità arrampicarsi sul muro di un palazzo con delle scarpe con il tacco e una gonna lunga, ma la piega delle cose non le avevano dato il tempo di cambiarsi i vestiti.

Appena arrivati in cima i due aiutarono Lunette a salire sul tetto e si avvicinarono alla finestra per entrare.

''Ancora non vuoi confessare, eh?!?''- tuonò Rochefort.

Lui e De Jussac stavano torchiando Aramis, ma la bionda moschettiera sembrava non volerne sapere di dire a quei manigoldi ciò che volevano sapere.

Anche se non sapevano per quanto tempo avrebbe resistito.

Lunette avvampo' di rabbia: in genere i soldati erano soliti dire che l'onore viene prima di tutto, ma nel torchiare una persona che non era in grado di difendersi non c'era nulla di onorevole.

Nel frattempo Rochefort aveva perso la pazienza.

''Levagli la giacca e frustalo!''

Jean, Aramis e Lunette sbiancarono.

Proprio quello che temevano succedesse stava per avverarsi.

''D'Artagnan, dobbiamo assolutatamente fare qualcosa!''- fece Lunette pallida come un cadavere.

D'artagnan, minimizzò, del tutto inconscio del perchè la ragazza fosse così agitata, rassicurando che ci sarebbe voluto ben altro che qualche frustata per convincere Aramis a tradirli.

''Si ma vedi, Aramis è... una donna.''- fece il piccolo Jean non meno preoccupato.

Sia a Lunette che D'Artagnan venne un colpo per l'affermazione del bambino.

Lunette cercò di rimediare, accarezzando la testa del ragazzino.

''Bambini....''- disse ridendo nervosamente-:'' Che fervida immaginazione hanno, vero?''

Però....

''Se gli rivelassi la verità capirebbe la gravità della situazione.... ma allo stesso tempo significherebbe tradire la promessa che le ho fatto e di conseguenza tradire la sua fiducia...''

Allora decise che era meglio non dire niente.

Se la sarebbero cavata lo stesso.

Nel frattempo, De Jussac aveva iniziato a strappare il bavero della camicia di Aramis.

La donna tentava di impedirglielo ma non poteva fare molto, visto che l'avevano legata come un baccalà.

'' Ho un idea...''- fece D'artagnan prendendo un capo della fune-:'' Lunette, prendi la pietra per arrotare i coltelli. E' nella bisaccia.''

Lunette annuì ed una volta recuperata tutta la corda ne prese un capo e se lo legò in vita.

''Mi raccomando, tenete ben stretta la corda e fatemi scendere in fretta.''

I due ragazzi annuirono ed iniziarono a far scendere la ragazza lungo la parete del palazzo.

Una volta a terra la ragazza, aprì la bisaccia ed afferrò la pietra.

Dopo di che, diede due strattoni alla fune ed in breve fu di nuovo sul tetto-:''Eccola.''- disse porgendola a D'Artagnan.

Il guascone sciolse la corda dalla vita della ragazza e la legò attorno alla pietra.

Infine i due, Lunette e D'artagna, fecero scivolare il tutto dentro la soffitta.

Lunette si mordeva le labbra a sangue per non scoppiare a ridere.

Era indubbiamente una brutta situazione ma era troppo divertente vedere Aramis che malgrado non potesse difendersi al meglio teneva testa ai due cardinalisti con i calci.

''Ora basta!!!!''- De Jussac si era rialzato dopo il secondo colpo e si era avventato sul moschettiere come una furia.

Se avesse strappato un altro po' di stoffa.... non voleva nemmeno pensarci.

''Forza....''- fece Lunette facendo ondulare la fune con più forza-:'' Ancora un pochino...''

Alla fine lei e D'artagnan riuscirono a colpire Jussac con la pietra proprio sulla nuca, facendogli perdere i sensi.

''Fuori uno...''- borbottò Jean cercando di non ridere.

''Ehy Jussac, ti pare questo il momento di dormire?''- fece Rochefort con un tono misto di arrabbiato e sorpreso.

''Non essere invidioso, c'è n'è anche per te!''- commentò Lunette facendo tornare indietro la pietra, aiutata da D'artagnan.

Stavolta la pietra colpì il capitano delle guardie cardinaliste proprio sotto il mento ed anche lui perse i sensi all'istante.

''Fuori due!!!!''- esultò il piccolo Jean calandosi all'interno della soffitta armato di un coltello da carne.

''Jean...''- fece Aramis sorpresa nel vedere il bambino, anche se non poteva negare di essere felice di vederlo in una situazione del genere.

Il bambino gli si avvicinò con il coltello ed iniziò a tagliare le corde.

''Aspetta un minuto....''

''Ragazzi, sbrigatevi.''- li incitò D'artagnan temendo che i due cardinalisti si riprendessero da un momento all'altro.

Aramis corse verso la corda ed iniziò ad arrampicarsi.

''Coraggio....''- Lunette e D'Artagnan la aiutarono ad uscire dalla stanza, e lo stesso fecero con il piccolo Jean, per poi fuggire da quel castello più veloci di due saette.

Quella sera, anche per festeggiare lo scampato pericolo, Lunette ed Aramis decisero di accettare l'invito di D'artagnan nel fermarsi a cena a casa di Bonacieaux, dal quale appresero che da quelo momento D'Artagnan e Jean sarebbero rimasti ad abitare con lui, Martha e Costance.

Quando in cielo c'erano distintamente la luna e le stelle Aramis decise di andare via e D'artagnan, Jean e Costance li accompagnarono alla porta.

''Le faccio i miei complimenti per la sua ottima cucina Mademoiselle Costance.''- si complimentò Aramis, facendo arrossire la dama di compagnia della regina.

Poi si rivolse a D'Artagnan e Jean.

''Non so davvero come ringraziarvi per quello che avete fatto per me. Se non foste venuti voi...''

''Ah, ma figurati . E' questo che fanno gli amici, no?''- replicò D'Artagnan.

Aramis sorrise.

 

''Lunette, non occorre che tu la rammendi subito, non è un danno così grave...''- fece Aramis seduta sul letto mentre mandava giu una tazza di latte caldo con il miele preparatole dalla stessa Lunette.

La ragazza dal canto suo, era tutta impegnata nel rammendare il bavero della camicia che Jussac aveva strappato.

''Va a riposare, è stata una giornata farticosa anche per te, hai bisogno di dormire un po'.. la casacca può aspettare.''

Lunette alzò gli occhi dal lavoro e la rassicurò con un sorriso.

''Non dovete preoccuparvi, non mi costa nulla. E poi ho quasi finito...''- nel dir così tagliò il filo e rimise tutto nella sua borsetta del cucito per poi mettere la casacca, accuratamente piegata nell'armadio.

''Mi spiace che tu abbia dovuto ricucirla. Ll'avevi rammendata solo due giorni fa e per colpa di Jussac hai dovuto rifare tutto.''- fece Aramis mettendosi sotto le coperte e posando la tazza sul comodino vicino al letto.

Lunette si avvicinò al piccolo mobile per recuperare la tazza.

''Non preoccupatevi per queste banalità. L'importante è che voi ed il vostro segreto stiate bene.''

Non le importava di dover rimettere le mani su un lavoro che aveva gia fatto, l'unica cosa che contava era che la donna che cinque anni prima le aveva ridato la vita era al sicuro.

Aramis però sembrava pensierosa.

''Lunette, tu credi che Jussac o Rochefort abbiano visto qualcosa che potrebbe mettere il mio segreto in pericolo?''

Certo era preoccupata per il suo segreto, ma anche per Lunette e De Treville

Se Richelieu avesse scoperto la verità, l'avrebbe sicuramente usata a proprio vantaggio ritorcendola contro l'inflessibile capitano dei moschettieri.

E solo per puro divertimento, non avrebbe esitato a mettere in mezzo anche la ''servetta incosciente che l''aveva fatta sotto il naso al suo uomo migliore quando era poco più di una ragazzina''.

Lunette dissentì convinta.

''Non credo che abbiano in mano qualcosa da usare contro di voi, ma anche se così fosse non avete di che preoccuparvi.

La botta che hanno preso è stata talmente forte che ha fatto perdere i sensi ad entrambi, anche se avessero visto qualcosa penseranno sicuramente di aver sognato o di aver avuto un allucinazione a causa del dolore.''

Aramis ci riflettè un attimo e poi concordò con la sua serva-:'' Credo che tu abbia ragione.''

Lunette sorrise, lieta di aver confortato la sua padrona.

''Con il vostro permesso io mi ritirerei.''- propose la giovane azzardando un inchino tenendo tra indice e pollice i lembi della gonna.

Aramis annuì.

''Si, vai pure... è stata una giornata difficile per entrambe.''- ma quando Lunette fu sulla porta e stava per spegnere la candela, Aramis la fermò.

''Dite pure.''- fece la mora.

La bionda le sorrise-:''So che hai partecipato anche tu all'operazione di salvataggio...... ti ringrazio davvero.''

Lunette sorrise arrossendo.

''Dovere mio, mia signora.''

E non lo diceva perchè era la sua cameriera personale, che doveva scattare ad ogni ordine della persona per cui lavorava.

Ma perchè era un dovere morale nei confronti della donna che anni prima l'aveva salvata dalla miseria, e che insieme ad un lavoro le aveva concesso un istruzione, una famiglia e degli amici.

Una vita degna di essere chiamata tale, in altre parole.

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Capitolo 11
*** Il coraggio di una serva ***


IL CORAGGIO DI UNA SERVA

La paura dello scampato pericolo del giorno prima si faceva ancora sentire, sia per Lunette che per Aramis.

La prima sfogava il nervosismo accumulato e non ancora del tutto scaricato sfregando nervosamente i mobili e spazzando freneticamente, mentre la seconda era seduta in poltrona in una posa tutt'altro che rilassata e leggeva per modo di dire.

Per modo di dire, nel senso che era da almeno mezz'ora che fissava una pagina, l'aveva letta almeno dieci volte ma se qualcuno le avesse chiesto di dire cosa c'era scritto non avrebbe saputo rispondere.

Erano ancora abbastanza sconvolte per la brutta avventura vissuta.

In quel momento Lunette si affacciò alla finestra per pulire il davanzale e vide passare D'artagnan ed il piccolo Jean.

''Ciao Lunette!!!''- la salutò il bambino con la sua voce pimpante ed allegra.

Lunette sorrise alla vista dei due ragazzi.

''Ciao Jean, Ciao D'Artagnan..... sempre al lavoro, vedo.''- sorrise appoggiandosi al balcone.

Jean annuì.

''Gia, fino a quando D'Artagnan non diventa moschettiere, sembra che questo sia l'unico lavoro che può farci guadagnare qualcosa.''- rispose il bambino.

Aramis ripose il libro e chiamò la sua serva.

''Lunette, digli di venire su... ho bisogno di fare un bagno per calmarmi del tutto.''

Lunette fece cenno di si con la testa, per poi fare segno a Jean ed al guascone di raggiungerli.

Quando i due ragazzi furono entrati in casa, Lunette aiutò D'artagnan e Jean a portare dentro i secchi con l'acqua, scaldarla e poi riempire la tinozza per il bagno di Aramis.

Dopo aver mandato i due ragazzi fuori e dopo aver chiuso con cura tutte le imposte, per evitare che qualcuno scoprisse un segreto che da anni, le due portavano nascosto dentro di loro, aiutò la sua padrona a lavarsi e a scaricare il resto della paura avuta il giorno prima.

Una volta terminato, richiamò i ragazzi al piano di sopra e mentr D'Artagnan e Jean si occupavano di portare via le tinozze, Lunette si occupò di asciugare il pavimento bagnato.

''Grazie, sto proprio bene adesso.''- fece Aramis rivolgendosi sia al sollievo per il bagno appena fatto sia al fatto di non aver più la paura addosso.

Anche per Lunette valeva.

Erano tutti radunati nel soggiorno, intenti a ridere e scherzare, finalmente rilassati quando.....

La porta si spalancò.

Come il giorno prima, De Jussac, Rochefort e alcune guardie apparvero sulla porta di casa.

Ma stavolta senza alcun annuncio.

La tranquillità da poco ritrovata, svanì con la stessa velocità con la quale era arrivata.

''Aramis, vi consiglio di stare calmo.''- consigliò Rochefort. Ma dal tono della sua voce, quelle parole non sapevano tanto di consiglio quanto di minaccia.

''Questo dipende da voi!''- ribattè Aramis-:'' grazie comunque per il pasticcio in cui mi avete messo l'altro giorno. Ma questa volta non mi lascerò ingannare tanto facilmente. State in guardia!''- concluse la moschettiera mettendo la mano sulla spada.

''Prima guardate qui.''- la fermò Rochefort esibendo un foglio. Fu allora che Aramis cambiò colore. Rochefort continuò, imperterrito-:''Per ordine del cardinale Richelieu, voi siete in arresto con l'accusa di rivolta.''

I presenti rimanerono basiti.

''Rivolta? E con quali prove?''

''Ve le mostro immediatamente....''- al segnale del conte, De Jussac aprì l'armadio ed iniziò a buttare fuori tutti i vestiti che trovava, buttandoli di malagrazia sul pavimento.

D'Artagnan, era indispettito da tale comportamento, e cercò di fare qualcosa per fermale quello che a detta sua era un atto incivile ma Aramis lo fermò.

''Allora, D'Artagnan.... vorresti forse essere arrestato anche tu?''- gongolò Rochefort conscio che la legge era dalla sua parte.

Ma Lunette non potè evitare di dire la sua.

''Questo è un abuso di potere bello e buono! Vi approfittate di un vostro sospetto per prendervi una rivincita personale!''

Aramis la guardò implorante-:''Lunette, per favore taci, o arresteranno anche te....''

''Oh, non temete Aramis..... il mandato d'arresto vale anche per la vostra serva.''

Qui si gelò veramente il sangue nelle vene dei presenti.

''Vedete, è risaputo che la vostra giovane servetta vi è molto fedele e che farebbe qualsiasi cosa per voi...... e quindi è facile dedurre che la ragazza, vi abbia aiutato a far fuggire Buckingham.''

In quel momento dall'armadio emerse un completo inglese.

L'abito che il duca indossava la sera in cui Lunette, Aramis, D'Artagna e Jean lo avevano aiutato a fuggire.

Lunette aveva gli occhi vitrei per il terrore.

Avrebbe dovuto far sparire quegli abiti, distruggerli, in tal modo non ci sarebbero state prove concrete della presenza del duca di Buckingham la notte in cui era fuggito.

Invece, aveva segnato la loro rovina.

''Io verrò con voi in arresto....''- fece Aramis rompendo il silenzio-:'' ma prima che ciò accada, sappiate che qualsiasi cosa voi pensiate, Lunette è del tutto estranea.

Quella sera aveva ricevuto un congedo per andare a passare una piacevole serata con Costance.''

Lunette la fissò con gli occhi sgranati, e nemmeno D'Artagnan e Jean furono da meno.

Aramis stava mentendo per proteggere la sua giovane serva.

Lunette aprì bocca per parlare. Non era affatto giusto che Aramis venisse punita, per proteggerla, quando sapeva bene di essere colpevole tanto quanto lei.

Ma Aramis glielo impedì fissandola implorante con i suoi occhi azzurri.

''E va bene, in fin dei conti è solo una serva, non è certo un pericolo per la Francia.''- commentò Rochefort.

Dopo di chè Aramis uscì dalla sua stessa casa, scortata da Rochefort, De Jussac e altre guardie, come se fosse il peggiore dei criminali, sotto lo sguardo attonito e disperato dei tre ragazzi.

 

Dopo alcuni minuti anche Lunette, D'Artagnan e Jean uscirono di casa e si diressero verso la reidenza del capitano De Treville, l'unico a cui avrebbero potuto rivolgersi per ricevere aiuto.

In breve, D'Artagnan spiegò al capitano l'incresciosa situazione nella quale Aramis si era venuta a trovare, ed il militare si mise subito all'opera per aiutare la moschettiera.

Una volta che De Treville fu uscito dall'ufficio, Athos fissò D'Artagnan con occhi grati, mentre Lunette si prese il viso tra le mani, iniziando a piangere disperata.

Da quanto tempo non piangeva? Forse dal giorno in cui Aramis l'aveva salvata.

Da allora la sua vita era stata allietata da quella che ormai era diventata una famiglia, non aveva ragione ne di piangere ne di essere triste.

Jean le si avvicinò preoccupato.

''Ehy, Lunette, che cos'hai, come mai piangi?''- le chiese con quel candore di cui solo i bambini erano capaci.

La ragazza tirò su con il naso e poi spiegò-:''E' colpa mia.... è stata solo colpa mia, dovevo far sparire quegli abiti, così non sarebbe successo nulla, e invece....''

Si sentiva davvero una stupida. Proprio lei che solo due giorni prima aveva consigliato alla sua padrona di stare attenta, aveva fatto l'esatto contrario di quello che sapeva essere giusto fare.

Athos le andò vicino e le porse un fazzoletto per asciugarsi gli occhi, rassicurandola-:''No Lunette, tu non c'entri. Rochefort avrebbe fatto di tutto pur di incastrare Aramis, e se non ci fossero stati quei vestiti avrebbe provveduto a creare delle prove false contro di lui, in ogni caso, sarebbe accaduto comunque.''

Lunette parve calmarsi, quando intervenne Porthos.

''Non devi preoccuparti, vedrai che prima che faccia buio sarà di nuovo qua con noi.... coraggio, adesso torna a casa, cerca di calmarti un po' e lascia che sia il capitano ad occuparsi di tutto.''- le consigliò Porthos.

Poco dopo, la ragazza uscì dal cancello della caserma insieme a D'artagnan e Jean, che su suggerimento di Athos, avevano deciso di riaccompagnarla a casa.

La ragazza non disse una sola parola per tutto il tragitto, e per quanto i due amici cercassero di tranquillizzarla, e per quanto lei stessa cercasse di essere ottimista, non riusciva proprio a distogliere la mente dal pensiero fisso, che fosse stata colpa sua.

In quel momento, sulla loro strada, apparve una Costance agitatissima.

''Costance, che succede?''- chiese Jean incuriosito.

''D'artagnan....è successa, no, sta per succedere una cosa terribile.....si tratta di Aramis.''- rispose la bionda.

Inutile dire che per tutti e tre fu come ricevere un colpo al cuore.

'''Che cosa gli è successo? Avanti, parla....''- implorò Lunette aggrappandosi alle braccia dell'amica.

La risposta non tardò ad arrivare.

''Ho sentito Richelieu e Rochefort che ne parlavano nel giardino del Louvre. Non so come ne quando, ma hanno intenzione di ucciderlo prima che la regina possa intercedere per lui.''

A quel punto fu chiaro per tutti, che non potevano più aspettare come Athos e Porthos avevano suggerito.

Ogni secondo che passava, più Aramis rischiava la vita.

''Mi è venuta un'idea.....state a sentire.....''- fece D'Artagnan chiamando a se le due ragazze e il bambino.

Nemmeno mezz'ora dopo, il gruppo si trovava su una barchetta ancorata in una piccola insenatura della Senna.

Il piano era molto semplice: Jean e D'artagnan si sarebbero travestiti da donna con la scusa di portare del cibo ad Aramis ed entrare nella sua cella, dando così modo ad Aramis di usare il loro travestimento per uscire a testa alta dallo Chatelet e dalla porta principale.

Iil moschettiere avrebbe poi raggiunto Costance, la quale avrebbe consegnato ad Aramis un marchingegno per consetire a D'Artagnan e Jean di fuggire a loro volta.

'''Ok, pronti?''- fece Lunette salendo sulla piccola imbarcazione.

''E tu che ci fai qui?''- chiese D'artagnan sorpreso.

''Non si vede, vengo con voi.''- ribadì la giovane con decisione.

''Lunette....''- tentò D'artagnan-:'' ne abbiamo gia parlato, e so che sei ancora sconvolta per l'accaduto, come ti abbiamo gia detto non è colpa tua, ed è gia abbastanza pericoloso coinvolgere Costance.....''

''Senti...''- ribadì Lunette con uno sguardo carico di decisione come non l'aveva mai avuto-:''Cinque anni fa, Aramis mi ha salvato da una situazione che definire inferno è come non dire nulla, mi ha dato un lavoro, una casa, un' istruzione, una famiglia....E' stata la mia negligenza a metterlo in questo guaio, è colpa mia se adesso sta rischiando la vita, quindi non provate a fermarmi.''

A quelle parole, fu difficile impedirle di venire, e la barca partì pronta per salvare Aramis da un destino ormai certo, ma che avrebbero combattuto fino all'ultimo secondo utile.

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Capitolo 12
*** Salvataggio ***


~                                                  SALVATAGGIO
'' Mamma mia...''- borbottò Lunette fissando l'imponente fortezza che erano le carceri dello Chatlet, dalla minuscola barchetta sulla quale era salita assieme a D'Artagnan, Costance, Jean e il fedele Ronzinante.
La prigione era forse il luogo che meno di tutti le piaceva, a Parigi, ed Aramis non aveva mai chiesto alla ragazza di accompagnarla lì.
Si sentì rabbrividire a quella vista, ma decise di ignorare il timore che l'edificio scuro ed imponente le trasmetteva, per concetrarsi unicamente sul salvare Aramis.
D'Artagnan remò verso l'attracco più vicino, ed una volta arrivato scese dalla barca aiutando prima le due ragazze, poi Jean e per finire il suo cavallo.
''Venite...''- fece loro il guascone invitando il gruppetto a seguirlo in un vicolo, al sicuro da occhi indiscreti, dove prima si caricò il bambino sulle spalle e poi coprì entrambi con un lungo mantello scuro con tanto di cappuccio.
Il tocco finale fu di mettere al bambino una maschera, per rendersi meno riconoscibili possibile nel caso alla prigione fossero stati presenti Rochefort o De Jussac.
''Ok.... lo conoscete tutti il piano vero?''- fece D'artagnan.
Le due ragazze e il bambino annuirono.
Persino il cavallo nitrì per dire si.
Il piano era in verità molto semplice: D'Artagnan e Jean, con quel travestimento, si sarebbero introdotti nella prigione con la scusa di portare dei viveri ad Aramis per spiegargli i pericoli che correva.... e farla così uscire con il travestimento dei due ragazzi.
Una volta libera, grazie ad un congegno di invenzione del piccolo Jean, avrebbe fornito a quest'ultimo e a D'artagnan le attrezzature per fuggire a loro volta.
Quando si sarebbero accorti dell' assenza di Aramis dalla prigione, loro sarebbero stati gia lontani ed al sicuro, almeno fino a quando Aramis non fosse stato dichiarato estraneo alla faccenda di Buckingham.
''D'artagnan...''- fece Lunette con occhi imploranti-:'' riportalo qui, per favore... e cercate di tornare sani e salvi...''
''Non preoccuparti, prima di quanto immagini sarà di nuovo accanto a te...''- borbottò D'Artagnan, allontanandosi e lasciando le due donzelle ed il fedele Ronzinante in quel vicolo, che sarebbe anche diventato il loro luogo di incontro.


Erano gia passati venti minuti.
''Come mai ci mettono tanto...?''- fece la mora iniziando a camminare avanti e indietro.
Iniziava ad agitarsi veramente per quel ritardo...
Iniziava a nascere in lei il terribile sospetto che qualcosa non avesse funzionato, che i suoi amici e che la sua padrona fossero stati scoperti, o che avessero previsto il loro piano...
''Ti prego...''- la bruna giunse le mani come se stesse pregando, e borbottò quella supplica, ma Costance la sentì e le mise una mano sulla spalla per  rincuorarla, con uno di quei sorrisi veri e cristallini che solo la dama di compagnia della regina poteva avere.
''Sta tranquilla...''- le disse con voce pacata-:'' vedrai che tra poco Aramis sarà qui.''
''Lo spero...''- sospirò la ragazza.
In quel momento, il cavallo di D'Artagnan afferrò un lembo di stoffa scura e tirò nel vicolo una figura alta e snella, lunghi capelli biondi.
''Chi va la?!?''- fece Aramis mettendosi subito in posizione di difesa.
Fu sbalordita nel vedere chi fossero le persone che lo avevano attirato a loro.
''Costance... Lunette... ''
La bruna non riuscì a trattenere l'impulso di gettarle le braccia al collo, e la moschettiera ricambiò l'abbraccio.
''Sono felice che siate sano e salvo...''- fece la ragazza abbracciando il moschettiere biondo, trattenendosi dallo scoppiare a piangere.
Non era ancora finita.
Ora dovevano tirare fuori il piccolo Jean e D'artagnan da quella cella.... possibilmente prima che qualcuno entrasse e si accorgesse che Aramis non era più dove doveva essere.
Aramis fece salire Lunette con se, su Ronzinante e insieme si diressero verso il molo della Senna.
Da quel punto potevano vedere tutte le celle, o quantomeno, le loro finestre.
Le due donne osservavano ognuna di quelle piccole fessure grige con meticolosa attenzione, alla ricerca del segnale convenuto.
''Trovati.''- fece Aramis notando lo sventolare di un panno bianco in lontananza da una di quelle finestre.
Un panno che si muoveva con un ritmo un po' troppo definito per quella giornata in cui non c'era un filo di vento.
''Hai l'attrezzatura?''
La ragazza annuì, aprì la bisaccia attaccata alla sella del cavallo e porse al moschettiere una specie di balestra e una freccia modificata dallo stesso Jean.
La moschettiera bionda prese la mira, tenne conto della direzione del più piccolo spiffero d'aria.... e dopo un minuto che ad entrambe parve un' eternità.... tirò.
Lunette sospirò.
La loro parte l'avevano fatta.
Dovevano solo pregare che il tempo fosse loro alleato.

Incredibile a dirsi.... anche quella battaglia si era conclusa con la disfatta delle guardie cardinalizie.
D'artagnan e Jean erano riusciti a fuggire e quando Rochefort e De Jussac arrivarono a mettere la parola fine alla vita di Aramis, l'unica cosa che furono in grado di uccidere fu un cuscino.
Lunette invece corse più veloce del vento con Aramis a casa loro, dove di li a poco le raggiunse una lieta notizia.
Il re aveva firmato la scarcerazione di Aramis e la sua totale innocenza.
D'artagnan e Jean, per festeggiare, le offrirono un bagno gratis, offerta che la bionda non rifiutò.
Un bel bagno caldo era proprio quello che le serviva alla fine di quella stancante giornata e soprattutto per togliersi di dosso la puzza della cella.
''Come mai sembri così triste?''- chiese Aramis mentre D'artagnan e Jean riprendevano la strada di casa.
Lunette era diventata improvvisamente molto triste, pensierosa, apatica.... insomma, per chi la conosceva, era strana.
E il motivo era semplice.
Ora che l'adrenalina e l'azione erano finiti.... il senso di colpa per ciò che era successo e che sarebbe pouto succedere, aveva ricominciato a divorarla.
''Anche se sei la mia serva...''- fece Aramis avvicinandosi a lei mettendole una mano sulla schiena-:'' non vuol dire che tu non possa parlare con me di cio che ti affligge.''
Lunette trattenne un singulto.
''Aramis io.... mi dispiace tanto... non vi biasimerei se decideste di mandarmi via...''- fece la giovinetta con le lacrime agli occhi.
Aramis invece la guardò stranita.
''Hai fatto qualcosa per cui è necessario domandare perdono o per essere mandata via? A me non risulta.''- disse Aramis.
Era consapevole che la sua serva si stesse incolpando del pasticcio in cui si era venuta a trovare, ma voleva farle sapere che non era stata colpa sua.
Anche se l'impresa era titanica.
Lunette, in quegli anni, aveva sviluppato una notevole testardaggine.
''E invece sì!''- la ragazza urlò quasi, con gli occhi lucidi-:'' Se solo avessi fatto sparire quei vestiti... tutto questo non sarebbe mai accaduto.... ho messo in pericolo sia voi che il vostro segreto...''
Aramis l'afferrò saldamente per le spalle nel tentativo di calmarla.
''Non sei tu la responsabile. Nessuno avrebbe potuto prevedere ciò che sarebbe accaduto. E' finita adesso, siamo qui, entrambe, non è successo nulla, e siamo vive. Questo è l'importante.''
Lunette annuì.
Era finita.... ma solo per quanto riguardava un possibile coninvolgimento di Aramis con Buckingham e la regina.
Ma Rochefort sarebbe tornato alla carica, Richelieu sarebbe tornato all'attacco.
''E poi, come potrei mandarti via o arrabbiarmi dopo che hai contribuito a salvarmi la vita una seconda volta?''
Lunette sorrise.
Le due donne, quasi dimenticandosi della rispettosa distanza da mantenere nel rapporto Serva- Padrone, si abbracciarono.
Forse era vero che non era stata colpa sua.... o forse sì.
Comunque Lunette era sicura di un solo dato.
Da quel giorno avrebbe guardato le spalle ad Aramis con il triplo dell'attenzione usata sinora e che se mai fosse stata costretta ad impugnare la spada, l'avrebbe usata per proteggere la sua padrona ed il segreto che ella si portava dietro.


Ok, so che vi ho fatto attendere un eternità e che non è il mio capitolo migliore.... chiedo umilmente perdono.

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Capitolo 13
*** Ancora avventure ***


~                                                           ANCORA AVVENTURE

Il dovere di una serva non consisteva solo ( come molti credevano) alla cura personale del proprio padrone o allo svolgimento delle mansioni domestiche.
Lei era la serva di un soldato.
Di conseguenza, doveva occuparsi anche della manutenzione delle armi ed alla cura del cavallo.
Ed era proprio questo che la giovane Lunette, in un bellissimo pomeriggio di primavera, stava facendo una volta terminate le faccende domestiche.
Aveva i capelli pettinati in una treccia fissata con un nastro rosso, un abito blu ed un grembiule bianco e in una mano teneva una spazzola per strinare i cavalli.
Si stava prendendo cura di Alexandre, il cavallo di Aramis.
Era concentratissima nel suo lavoro, decisa a fare il mantello del cavallo della sua padrona davvero lucido.
Era certa che quel giorno non sarebbe accaduto niente che potesse distrarla dal suo lavoro.
''Allora ci avevo visto bene...''- fece una voce dietro di lei, facendola sobbalzare.
La giovane si voltò e si ritrovò faccia a faccia con Athos, il più anziano e il più saggio dei tre moschettieri.
''Athos...''
''Ero certo che fossi tu. Non si vedono molte belle fanciulle in caserma.''
Lunette trattenne una risata.
Povero Athos, se solo avesse saputo quanto si stesse sbagliando in quel momento...
''Volete che vi prepari il cavallo?''- si offrì la ragazza con candore.
Athos dissentì, ma la ringraziò comunque per il pensiero.
Come Aramis, ne lui ne Porthos, erano capaci di trattare la giovane come una semplice serva.
L'avevano vista crescere, fino a trasformarsi in una splendida giovane donna, e l'avevano sempre considerata come una sorellina minore che come una sguattera.
''Ti ringrazio, ma non disturbarti. Devo solo arrivare fino a casa di Bonacieaux a prendere D'artagnan, il capitano vuole parlargli.''- spiegò il moschettiere bruno.
''Che ha combinato, stavolta?''- rise la ragazza tornando a strigliare il cavallo.
In genere, quando il capitano chiedeva di D'Artagnan era per rimproverarlo aspramente per qualche bravata, fatta anche involontariamente.
''Fortunatamente, almeno per quello che sappiamo noi, niente. Ma ci ha ordinato di far riparare le nostre spade, e prima vuole spiegare la questione a D'artagnan.''
Lunette annuì.
Ricordava bene cosa la rottura delle spade avesse suggellatto per i tre moschettieri e D'artagnan e di certo, sarebbe stato quasi un tradimento per il giovane scoprire che i suoi amici le avevano fatte riparare senza parlargliene.
Ma pur riconoscendo la correttezza di Treville, trovava assai ingiusto che D'artagnan non potesse far aggiustare la sua arma per il solo fatto di non essere un moschettiere, soprattutto visto che quella spada era l'unica cosa che gli rimaneva del padre scomparso.
Fissò il bracciale che teneva al polso.
Se l'avessero fatto a lei, non aveva idea di come avrebbe reagito.
A quel punto Athos si tolse il cappello e imitò un leggero inchino.
''Mademoiselle Lunette...''- e detto questo si allontanò lasciando la giovane ai suoi pensieri e alle sue faccende.
Lunette non si accorse nemmeno di essere arrossita all'inchino del moschettiere bruno.
Oramai non faceva più caso a quando arrossiva ad una gentilezza o ad una manifestazione di rispetto del più anziano degli amici di Aramis.
Ormai lo conosceva: bello, gentile, con un sorriso o una frase gentile sempre pronta...  ed uno charme che oltre a promettergli una carriera militare sfolgorante, avrebbe fatto capitolare ai suoi piedi qualunque donna della Francia e del mondo finora sconosciuto.
Un po' troppe donne, per i suoi gusti.
Fortunatamente, per il trio di moschettieri era quasi una sorella minore, ergo almeno con lei non c'erano rischi.


Erano passate più di due ore ormai.
E non c'era traccia ne di D'artagnan ne di Athos.
''Non riesco a capire come mai tardino tanto...''- confidò Aramis a Porthos uscendo dalla caserma.
Porthos fece le spallucce.
Nemmeno lui aveva idea di cosa poteva essere accaduto.
In quel momento, i due moschettieri, scorsero la giovane serva del biondo intenta a tirar su l'acqua dal pozzo che si erigeva in mezzo al cortile.
''Lunette.''- la chiamò Aramis.
La giovane posò il secchio e si avvicinò subito ai due moschettieri.
''Ditemi.''
''Hai visto Athos o D'artagnan, per caso?''- chiese il moschettiere biondo.
La ragazza dissentì.
''A dire il vero no, da quando Athos è uscito per andare a chiamare D'artagnan...''
I due moschettieri si guardarono preoccupati.
La casa di Bonacieaux non era poi così lontana dalla caserma ed Athos si distingueva sempre per la sua accuratezza, puntualità e precisione.
Se nessuno dei due era ancora arrivato poteva voler dire solo una cosa.
D'artagnan era totalmente ignaro del fatto che De Treville desiderasse vederlo, e di conseguenza Athos non era mai arrivato a casa Bonacieaux.
E nessuno dei tre era propenso a credere che Athos si fosse fermato lungo la strada, magari ad una taverna.
''Lunette, per favore.... dirigiti verso casa di D'artagnan e cerca di scoprire cos'è successo.''- le disse Aramis.
La giovane annuì e si diresse fuori, con passo svelto e deciso, non meno preoccupata dei due moschettieri.
Solo che non riusciva a capire cosa mai potesse essere accaduto in un tratto di strada così breve.
Mentre camminava cerca di allontanare da se dei dubbi che non le piacevano per nulla, concentrandosi sul pensiero che magari D'artagnan e Athos si erano messi a discutere e non si erano accorti del tempo che passava...
Con questi pensieri a tenerle compagnia arrivò alla casa di Costance, quando...
''OH!!!!''- qualcuno o qualcosa si era abbattuto su di lei-:'' Signore.... vi sentite male...? Oddio...''- la poverina quasi svenì quando scoprì l'identità di chi le era piombato addosso.
Tra le sue braccia, pieno di sangue, il più anziano dei moschettieri.
E dal colore del suo viso sembrava ormai più morto che vivo.
''Athos....''- fece la giovane scostandogli i capelli dal viso con le mani tremanti-:'' ma cosa vi hanno fatto...?''
Ma non c'era tempo per le spiegazioni.
Aveva bisogno di cure mediche.
E alla svelta anche.
La giovane bussò alla porta con tutti e due i pugni, con tutta la forza che aveva.
Poco dopo, il piccolo Jean venne ad aprirle ed anche lui quasi sbiancò alla vista che aveva terrorizzato poco prima.
In due, più D'artagnan che era accorso per vedere chi fosse, riuscirono a trascinarlo in casa e distenderlo sul tavolo, dando modo così al sarto Bonacieaux di prestare al moschettiere le prime cure.
''Come sta?''- chiese Lunette ancora pallida.
''Non bene... purtroppo.''- fu la risposta del sarto.
D'artagnan era a dir poco sconvolto e si fiondò subito verso Lunette, domandandole con foga-:'' Lunette, tu non hai proprio idea di cosa sia successo? Siete arrivati insieme, hai visto o sentito qualcosa....??!?!''
La giovane negò su tutta la linea.
''No... non tornava da diverso tempo, così mi hanno mandata a cercarlo e...oddio, il sangue!''- fece Lunette recuperando il colore-:''Se è riuscito a sfuggire ai suoi aggressori, scopriranno ben presto che è qui dalle tracce di sangue che ha perso....''- non osava nemmeno immaginare cosa sarebbe accaduto se gli aggressori lo avessero trovato.
Di certo gli avrebbero dato il colpo di grazia.
E poi avrebbero fatto fare la stessa fine anche a loro per non avere testimoni.
''Voi occupatevi di lui....''- fece la ragazza dirigendosi verso la porta-:'' io cercherò di nascondere le tracce.''
D'artagnan annuì tornando al capezzale dell'amico ferito.
La ragazza, nel frattempo, cercava di ripercorrere la strada di Athos ed appena trovava una macchia di sangue iniziava a sfregare con energia con il suo fazzoletto per cercare di pulirla.
''Ma dove si sarà cacciato?''
''Qui c'è del sangue!''
''Così ferito non può essere andato lontano.''
Lunette corse via attenta a non farsi vedere.
Rochefort e Jussac.
Non li aveva visti in faccia, ma le loro voci le conosceva fin troppo bene.
Doveva immaginarselo.
''Dobbiamo fare qualcosa e subito!''- gridò quasi la ragazza chiudendosi in casa, ansimando-:'' Sono stati Rochefort e Jussac....stanno venendo qui...''- certo, il sangue attorno alla casa del sarto era sparito, ma la zona l'avevano individuata.
Non ci sarebbero voluti molti tentativi prima di individuare la casa giusta.
''Lascia che vengano, e gli insegnerò io a prendersela con chi non si può difendere...''- fece D'artagnan impugnando quel poco che rimaneva della sua spada.
Mentre Athos cercava di convincere D'artagnan a consegnarlo al suo destino, si sentì bussare alla porta.
Possibile che fossero gia lì?
Che razza di situazione era quella? Non potevano lasciar morire Athos in quel modo così indegno, per mano di chi nemmeno sapeva cos'era l'onore, ma se avessero opposto resistenza sarebbero morti di sicuro....
''Lunette, lascia che me ne occupi io...''- fece D'Artagnan-:'' Portate di sopra Athos e mettetegli dei vestiti puliti.''
''Che intendi fare?''- chiese Jean.
''Ho un piano, tranquilli....''- fece mentre la ragazza e il bambino si affrettavano ad obbedire.
Potevano solo pregare che D'artagnan conoscesse il fatto suo e che andasse tutto per il meglio.


''Athos....''- fece la ragazza avvicinandosi al soldato seduto sulla poltrona più comoda della casa di Bonacieaux con una tazza di tè fumante.
''Grazie, cos'è vino?''- chiese il moschettiere ancora bendato su buona parte del corpo.
Erano passati tre giorni da quell'incredibile avventura e adesso erano tutti in casa Bonacieaux non solo per festeggiare lo scampato pericolo e la guarigione quasi completa di Athos, ma anche per festeggiare l'inizio dell' apprendistato del giovane guascone.
Premio che si era guadagnato per il suo grande coraggio, altruismo e spirito di sacrificio.
Tutte doti degne di un moschettiere.
''No, è tè. Il medico si è raccomandato, niente alcolici fino alla totale gurarigione.''- ribadì la ragazza con severità.
Porthos si lasciò sfuggire una risata.
''Ehy, Athos, non vorrai far arrabbiare Aramis rubandogli la ragazza vero? Poi te la vedi tu con lui.''
''AH. AH. AH.''- fece Athos sarcastico, mentre Jean e D'Artagnan cercavano di non scoppiare a ridere.
Anche Aramis non potè fare a meno di sorridere.
Lunette non smentì ne si arrabbiò per quel commento.
Era bello respirare quell'aria così allegra che sapeva di famiglia.
Non una famiglia convenzionale forse.
Ma era pur sempre la sua famiglia, che avrebbe amato e protetto, per sempre.
A tutti i costi.

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Capitolo 14
*** Il grande viaggio ( I Parte) ***


~                                                           IL GRANDE VIAGGIO ( I PARTE)

Incredibile quante cose, belle e brutte, tragiche o meno, potessero accadere nel giro di pochi giorni.
Per poco Buckingham non veniva trovato nelle stanze della regina a cusa di un intrigo di Milady, e per convincerlo ad andar via e mettersi in salvo la regina Anna era stata quasi costretta a donargli un favoloso collier di diamanti come pegno d'amore.
E quello stesso collier adesso aveva messo in pericolo la fiducia e l'amicizia che la regnante aveva risposto nella giovane Costance.
Ma anche quando l'innocenza della ragazza era stata appurata, il pericolo rimaneva.
Ricuelieu aveva orma insinuato il tarlo del dubbio nell'orecchio del re, il quale per togliersi ogni dubbio aveva chiesto alla sua consorte di indossare proprio quel gioiello ad una festa da ballo che si sarebbe tenuto al Louvre da lì a dieci giorni.
Ovviamente era stato il cardinale a dare al re quel suggerimento.
E adesso Lunette si trovava a casa, nel soggiorno, per preparare tutto quello che serviva per il viaggio.
D'artagnan, per amore di Costance, si era offerto di andare personalmente a recuperare la collana e i suoi tre amici, proprio per il forte legame che condividevano con il giovane apprendista, lo avrebbero accompagnato sino al porto di Calais.
Controllò di nuovo, meticolasamente, di aver preparato tutto a regola d'arte e di averlo riposto con cura nella bisaccia.
In quel momento la raggiunse Aramis.
''Lunette...''- la chiamò la moschettiera.
La ragazza s'inchinò leggermente.
''E' tutto pronto per la vostra partenza: il cavallo è pronto e nella bisaccia troverete bende, provviste ed anche la pietra per arrotare la spada.''
Aramis sorrise.
Era difficile trovare brave cameriere.
D'artagnan li aveva chiamati d'urgenza e in gran segreto per spiegare la situazione, e la ragazza si era sottratta al brindisi e ai festeggiamenti improvvisati per preparare tutto.
''Quando partirete?''- chiese la ragazza non celando la curiosità.
''Purtroppo dovremo anticipare la partenza a questa sera. Rochefort ci ha fatto una visita, giusto per farci capire, che sono gia al corrente dei nostri progetti.''
''E come cavolo hanno fatto a scoprirlo?!?''- scherzi a parte, era davvero sorpresa.
Da quando Jean aveva adottato Copy, il pappagallo che Richelieu aveva donato alla regina Anna al fine di spiarla e carpire informazioni utili per screditarla, era certa che i loro nemici avrebbero avuto più difficoltà ad essere sempre un passo avanti rispetto a loro.
''Non ne ho idea, Richelieu ha mille risorse nascoste, anche se le impiega in maniera errata... e a tal proposito...''- Aramis la lasciò sola nella stanza per salire in camera sua.
Lunette giurò quasi di aver sentito una delle assi del pavimento, sposarsi.
La moschettiera ritornò quasi subito in compagnia di quello che sembrava un lungo bastone, avvolto in un panno rosso fuoco, che poi porse alla ragazza bruna.
La giovane Lunette poggiò il tutto sul tavolo, ed una volta spostati i lembi della stoffa, scoprì una spada con tanto di elsa, in tutto e per tutto uguale a quella dei moschettieri.
''Questa è stata la mia prima spada,''- spiegò Aramis-:'' l'ho fatta rimettere a posto dal mio fabbro di fiducia.
Mi sembra abbia fatto un buon lavoro.''
''E' davvero bellissima...''- fece la ragazza prendendo l'arma per l'impugnatura.
''Sono felice che ti piaccia.''- fece Aramis avvicinandosi alla giovane serva-:'' Perchè da adesso, è tua.''
Lunette era a dir poco stupefatta da quelle parole.
E non era nemmeno certa di averle capite bene.
''Come sarebbe a dire....?''
''Te l'avevo detto che un giorno sarebbe arrivato il momento in cui avresti dovuto sapere come usare una spada e che avresti dovuto difenderti da sola.
E anche se io stessa non me ne capacito... quel giorno è arrivato.''
Non se ne capacitava davvero... pareva solo ieri quando era arrivata con una ragazzina dall'aspetto smunto, timida, riservata e vestita di stracci a Parigi.
Passava davvero in fretta il tempo.
''Aramis...''
''Lunette, se si trattasse di un viaggio come un'altro o di una pattuglia non te lo chiederei mai. Ma vorrei che tu venissi con noi almeno sino a quando D'artagnan non sarà su una nave per Londra.''
Lo riteneva indispensabile, portare con se la ragazza, almeno per quella missione.
Meglio ridurre al minimo i possibili contatti che Rochefort e Richelieu potevano avere con loro.
Non dubitava certo della riservatezza e della volontà di granito che la sua giovane attendente avrebbe dimostrato nel proteggere il segreto del motivo di quel viaggio, anzi... ma sapeva per certo che lasciare Lunette da sola a Parigi, avrebbe dato a Rochefort e al suo tirapiedi più di un' occasione per torchiarla, e da lontano non sarebbe stato facile proteggerla.
Inoltre, visto che la versione ufficiale di quel viaggio era un soggiorno alle terme, nessuno avrebbe trovato sospetto che un moschettiere decidesse di portare con se la propria cameriera per farsi aiutare con i vestiti e qualche faccenda.
Lunette fece segno di aver capito.
''Molto bene. Preparo un paio di cose allora...''


Il luogo fissato per il ritrovo e dal quale partire assieme alla volta del porto di Calais era la residenza del capitano dei moschettieri.
Infatti, nemmeno mezz'ora dopo, Aramis accompagnato una giovane donna con i capelli acconciati dietro la testa che lasciavano livere solo due ciocche ribelli ai lati della testa, camicia bianca a maniche lunghe, un gilet rosso, pantaloni blu e stivali marroni da cavallerizza, erano intenti a salutare il piccolo Jean.
''Sai che non ti riconoscevo anche se so chi sei?''- fece il bambino all'indirizzo della ''moschettiera improvvisata''.
Porthos non si fece scrupolo di non trattenere una risata.
''Il nostro Aramis non può stare lontano dalla sua Lunette nemmeno per un istante.... quand'è che ti deciderai ad annunciare ufficialmente il fidanzamento?''- lo prese in giro Porthos.
''Quando annuncerai che ti metti a dieta, Porthos.''- gli rispose la bionda a tono, suscitando l'larità generale.

Alla fine partirono e cavalcarono ininterrotamente assieme, fino a notte fonda, sino a quando su consiglio di Athos non fecero una pausa per far riposare i cavalli ed elaborare una strategia di guerra.
Decisero pertanto di separarsi e di proseguire individualmente fino alla cittadina di Chantilly.
Lunette, ovviamente prese la strada assieme ad Aramis.
Ma la moschettiera notò quasi subito l'aria persa ed assente della sua serva.
''Sei preoccupata per la missione?''- le chiese Aramis.
La giovane annuì. In fin dei conti non era del tutto una bugia.
Era sì preoccupata per la missione, ma anche per chi avevano lasciato a Parigi. Costance, Bonacieux, il piccolo Jean, Martha.... chissà se mentre loro erano via, i cardinalisti li avrebbero lasciati in pace?
Il solo pensiero che loro potessero correre dei rischi, mentre lei era al sicuro.... più o meno.... la faceva star male.
Aramis probabilmente inuì i suoi pensieri e la rassicurò.
''Sono certa che alla fine di questa storia ci rideremo sopra. Vedrai, sanno caversela...''- fece la moschettiera riferendosi sia agli amici che si erano divisi momentanamente e quelli che avevano lasciato a Parigi.
Era ormai pomeriggio tardi quando le due donne arrivarono davanti alla locanda dell'appuntamento, subito dopo Athos.
''Lunette, mentre aspettiamo, sii gentile.... fai abbeverare i cavalli, il viaggio è ancora lungo.''- la giovane si affrettò ad obbedire e presi i tre cavalli per le briglie li condusse all'abbevaratoio.
Passarono altri venti minuti....
E degli assenti ancora nessuna traccia.
Finchè...
'''D'artagnan, finalmente.... hai per caso visto Porthos?''.-domandò Athos non appena l'amico guascone fu sceso dal cavallo.
Il giovane apprendista dissentì-:''Non è ancora arrivato?''- chiese con leggera preoccupazione.
Aramis si fece avanti per tranquillizarlo-:'' Vedrete che arriverà presto.... probabilmente si sarà fermato per far riposare il cavallo.''
Lunette rise, capendo al volo cosa intendesse la sua padrona, ma mai conclusione poteva essere più errata.
Porthos era arrivato prima di tutti loro.... solo che come premio si stava godendo un succulento pranzo all'interno della locanda.
''Dai entrante.... mangiamo qualcosa assieme prima di riprendere il viaggio.''- fece Porthos invitandoli dentro.
Athos si lasciò scappare una battuta sull'appetito incorreggibile del moschettiere, ma tutto sommato doveva ammettere che forse, mangiare qualcosa di caldo e rifocillarsi non era un' idea così malvagia.
''Alain...''- fece Porthos conducendoli al tavolo di un giovane dai capelli castani-:'' vi presento gli amici di cui vi ho parlato.''
''Lieto di conoscervi...''- fece il giovane con un leggero inchino e con un sorriso che più finto non si poteva-:'' Porthos mi ha parlato molto di voi.... è davvero una fortuna che abbia amici veri come voi.''
E qui si rivolse a Lunette.
''Devo dire, Porthos, che non le avete affatto reso giustizia.... nemmeno la più bella delle albe di primavera reggono il confronto con la sua bellezza...''
Lunette si limitò ad annuire per non apparire sgarbata, ma ora ne aveva la conferma.
Quel tipo tutto poteva essere, tranne che un tipo affidabile.
E lei era cresciuta in un mondo di gente che  fingeva di essere buona ed educata, ormai non era così difficile accorgersene.
E nemmeno gli altri parevano fidarsi molto di lui, anzi... Aramis lo sospettava una spia del cardinale.
Sperava solo nella discrezione di Porthos e di sbagliarsi....
Nel giro di pochi attimi, all'interno della locanda sembrò scatenarsi l'inferno: quel damerino adulatore che all'infuori di Porthos non aveva suscitato le simpatie di nessuno, aveva iniziato a sottovalutare fortemente l'importanza di sua maestà il re... e Porthos reagì male.
'''Vi sfido a duello!!!''- sbraitò il gigante. Poi si rivolse prima agli amici e poi ai presenti nella locanda-:'' Ho bisogno di un padrino, un testimone.... non permetto a nessuno di insultare il nostro re.''
Athos tentò di fargli cambiare idea, ma inutilmente.
Quando ci si metteva, Porthos era persino più testardo ed impulsivo di D'Artgnan.
Ma forse...
''Porthos, vi prego ripensateci...''- lo supplicò piano la ragazza-:'' qualcosa mi dice che non è un caso se quel tipo, Alain, vi ha prima fatto credere di esservi amico solo per insultare il re in presenza di tutti noi.... non vale la pena farsi uccidere per un po' d'orgoglio.''
Porthos le fece l'occhiolino.
''Tranquilla, Lunette.... gli do una lezione e ci rimettiamo in cammino.''
La ragazza sospirò.
Nnon potè fare altro che assistere al duello assieme ai padrini di quel duello, ovvero Athos, Aramis e D'artgnan.
''Porthos, sbrigati...''- lo incitava Athos. Il tempo non era loro alleato e quel duello non faceva che ostacolarli.
''Andate, appena ho finito vi raggiungo.''
Inizialmente, ne D'artagnan ne Lunette erano propensi a ripartire senza Pothos, ma i tre moschettieri tanto dissero e tanto fecero che alla fine cedere fu inevitabile.
''Athos...''- fece D'artagnan fermandosi ad un certo punto-:'' Io non vado avanti senza sincerarmi che Porthos stia bene. Andate avanti voi e nel peggiore dei casi....''- e qui gli porse la lettera indirizzata al duca di Buckingham-:'' Proseguite per Londra e recuperate la collana della regina.''
I tre erano stupefatti, ma allo stesso tempo orgogliosi di vedere D'artagnan rinunciare all'opportunità di dimostrare il suo valore e dimostrarsi più che capace di diventate moschettiere... per proteggere uno dei suoi migliori amici.
A quanto pare era vero.... le responsabilità avevano il dono di maturare le persone.
''Andiamo.... prima che si facciano male tutti e due.''- fece Athos mettendo al sicuro la preziosa lettera in una delle sue tasche interne.
Aramis seguì Athos al galoppo, e Lunette sul suo Fabrice, fece altrettanto.
''Dobbiamo solo creare un diversivo per permettere loro di scappare.... qualcosa che crei molta confusione.''- spiegò Athos.
''Tipo dell'esplosivo?''- propose Aramis-:'' so dove procurarcene.

Lunette non avrebbe creduto mai, che un giorno nella sua vita, si sarebbe ritrovata lontana dai piatti, dai pavimenti da lustrare e dai panni da rendere bianchissimi o rammendare, per essere su un carro senza conducente a lanciare candelotti piedi di polvera da sparo tra i piedi delle spie del cardinale.
''Porthos!!! D'artagnan!!!''- li chiamò Aramis mentre la serva e il moschettiere bruno bersagliavano i nemici, i quali non si erano fatti scrupolo ad accerchiare i loro due amici, con intenzioni poco onorevoli.
Non fu facile scappare a causa del fumo che offuscava i loro occhi, ma alla fine, al tramonto...
Erano di nuovo tutti assieme.
Sani e salvi.
Ma non era ancora tempo di festeggiare.
La strada era ancora molto lunga e i pericoli che avevano affrontato in quella cittadina non erano nulla in confronto alle mille difficoltà che avrebbero costellato il loro viaggio.
Ma ce l'avrebbero fatta.
Ed il perchè era semplice.
Finchè erano insieme e finchè tra loro vigeva quel legame di fiducia incrollabile, sarebbe potuto venir giu il mondo, ma nulla li avrebbe fermati.

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Capitolo 15
*** Il grande viaggio ( II parte) ***


~                                                           IL GRANDE VIAGGIO ( II PARTE)

''Piccoli intoppi a parte, per adesso il viaggio procede bene...''- commentò Porthos nel mattino del giorno seguente.
I suoi compagni lo guardarono basiti.
''Essere braccati da un intera cittadina di spie di Richelieu che hanno provato a farci la pelle, tu lo chiami piccolo intoppo?''- fece Athos in risposta.
La cosa buona era che a parte quel ''piccolo intoppo'' a Chantilly, come lo chiamava Porthos,  il loro viaggio stava proseguendo bene.
Quella mattina il sole brillava alto nel cielo, e lo stesso cielo era di un azzurro intenso come se persino il tempo meterologico stesse auspicando loro buona fortuna.
''Lunette, sei stanca?''- chiese Athos preoccupandosi per la ragazza che avevano portato con loro.
Era una ragazza forte malgrado la sua costituzione dicesse tutto il contrario, ma erano tutti al corrente che non era abituata a fare viaggi così lunghi e non era così improbabile che iniziasse ad accusare un po' di stanchezza.
''Vuoi che ci fermiamo un attimo a riposare?''- chiese ancora.
La giovane dissentì su tutta la linea, continuando imperterrita a cavalcare al fianco del proprio padrone godendosi l'aria fresca del mattino e il profumo degli alberi.
Era più forte di lei godersi il meraviglioso paesaggio nonostante le corcostanze ben poco liete che l'avevano portata lì.
''Dobbiamo essere vicini ad una cava o qualcosa del genere...''- fece Athos, sentendo in lontananza il rumore di pale e picconi.
Ed infatti, così era...
''Ehy, fateci passare.''- ordinò Porthos a gran voce ad alcuni operai che passavano.
''Se volete passare, scendete da cavallo e passerete.''- risposero quelli con un tono di sufficienza.
''Ma come ti permetti? Hai una vaga idea di con chi stai parlando?''- si alterò Porthos-:'' se non lo sai te lo dico io. Noi siamo i messaggeri...''
Athos lo zittì, preoccupato.
In quel momento le presentazioni ufficiali erano l'ultima cosa da fare.
Porthos se n'era accorto, ma ormai era troppo tardi... anzi, erano stati riconosciuti nello stesso istante che erano arrivati.
Infatti, quelli che parevano operai altro non erano che altri uomini al servizio del cardinale Richelieu, e adesso, chi con dei picconi, delle pale, bastoni, coltelli, qualsiasi cosa potesse essere usato come un'arma, li stavano attaccando.
In breve, il quintetto  si ritrovò circondato.
Quattro moschettieri ed una ragazza, contro un numero indefinito di aggressori.
L'occhio di Aramis corse subito sulla sua serva.
'''Sai che cosa fare.''- le disse con gli occhi.
Lunette annuì, decisa, e con un colpo rapido tirò fuori la spada della quale Aramis le aveva fatto dono, usandola prontamente per parare un bastone che l'avrebbe colpita in pieno viso.
I casi erano solo due: o quei balordi erano talmente privi di onore e buon gusto da attaccare a tradimento persino una donna, o a causa  dei panni che al momento indossava l'avevano scambiata per un uomo.
Nonostante l'aggressione in massa, i moschettieri riuscivano a difendersi egregiamente.
Vero, i loro aggressori erano in maggioranza numerica, ma come diceva sempre il capitano De Treville non erano i numeri a determinare il risultato di una battaglia e persino la spada più affilata era inutile se le mani che la impugnavano non erano allenate.
BANG!!!!
Un rumore violento squarciò i rumori della battaglia.
Non poteva certo essere un tuono, il cielo era limpido e sereno...
''Aramis!!!''- gridò D'artagnan.
La ragazza si voltò e i suoi occhi si fecero vitrei per il terrore, e la sua carnagione iniziava a prendere un colore terreo.
La padrona era scompostamente accasciata sul suo cavallo bianco, con un'espressione sofferente in viso, ed una spalla insanguinata.
Una pallottola che si era presa per salvare D'artagnan da una morte certa.
Non volle molto prima che tutti si rendessero conto del nefasto avvenimento.
''Ritiramoci subito!!!''- ordinò Athos sferzando il cavallo facendosi seguire da tutti gli altri. Lunette raggiunse il cavallo della padrona e se con una mano era impegnata a tenere ben strette le briglie del suo Fabrice, con l'altra impugnava saldamente le briglie del cavallo della padrona.
''Athos, dobbiamo fermarci.... Aramis è ferito!!!!''- consigliò D'artagnan in pena per il moschettiere biondo.
''Se adesso rallentiamo, gli inseguitori ci raggiungeranno.''- ribattè Athos. Ma pur essendo pericoloso, D'artagnan aveva ragione: Aramis avrebbe fatto meglio a muoversi il meno possibile e riposare.
Trovarono rifugio dietro le rocce, ma non sapevano se  definirla fortuna o sfortuna: per il momento erano al sicuro, ma presto o tardi li avrebbero scovati.
E con un fucile tra le loro armi nemmeno la loro abilità con la spada li avrebbe salvati.
''Qualcuno ha qualche idea?''- chiese la ragazza.
Fu Athos a parlare.
''D'artagnan tu vai pure avanti. Cercheremo di seminare gli aggressori e ti raggiungeremo.''
''Ma...''- fece D'artagnan per niente convinto di quel piano.
''Ci occuperemo noi di Aramis, tu hai una missione importante da portare a termine e devi farcela ad ogni costo.''- continuò Athos che in quel momento non era molto propenso a discutere con l'amico.
Persino Porthos e Lunette si dichiararono d'accordo.
Dopo che Athos ebbe dato un ''convincente incentivo'' a D'artagnan ( anche se a spese del povero Ronzinzante) Porthos salì sulla provvisoria barricata creata da un albero caduto, lasciando Athos e la giovane Lunette ad occuparsi di Aramis.
''Aramis, come vi sentite?''- fece la giovane preoccupata.
Preoccupata per la sua padrona.
Preoccupata che Athos scoprisse il segreto della moschettiera.
''Tutto bene, non è niente.... non dovete preoccuparvi per me.''- fece la bionda tentando di mantenere un tono fermo, ma non ci voleva certo un genio per capire che stava soffrendo molto.
''Si, e io sono la regina di Francia...''- fece Lunette riuscendo a strappare un sorriso ai due moschettieri. Nel frattempo Athos aveva scostato i capelli biondi della giovane moschettiera, portando alla luce un piccolo foro.
Sorrise leggermente.
''La buona notizia è che il proiettile è entrato e uscito, e sembra che non abbia compromesso organi vitali.''- appurò il moschettiere bruno.
Lunette sospirò di sollievo.
''Oh, sia ringraziato il cielo....''
''Comunque dobbiamo medicarlo il prima possibile in ogni caso....''- fece Athos prendendo le briglie del cavallo di Aramis-:'' Dobbiamo disinfettare la ferita e pulirla, altrimenti s'infetterà.''
''Come facciamo a curarlo qui, non sappiamo per quanto tempo  Porthos e la barricata terranno a bada quei manigoldi.''- fece Lunette preoccupandosi di nuovo.
Guardò la padrona.
Pur sforzandosi con tutte le sue energie, la sofferenza che trapelava dal suo viso era evidente.
''Andiamo a cercare una locanda, li lo cureremo.''
Lunette annuì.
Non era una cattiva idea e non appena arrivati avrebbe trovato il modo di convincere Athos ad andarsene.
Ma non avevano fatto che pochissime miglia quando s'imbatterono in un' esile figura di ragazzo, accucciato per terra.
''D'artagnan, ma che ti è successo?''- chiese Lunette sorpresa-:'' e dov'è Ronzinante?''
''Mi ha disarcionato e poi è tornato indietro.''- spiegò il guascone-:'' Porthos invece dov'è?''- chiese poi notando l'assenza dell'amico.
''Si è offerto di rimanere alla barricata a trattenere gli inseguitori.''- spiegò Athos senza fare troppi giri di parole.
''In tal caso, lo raggiungo.''- fece D'artagnan rialzandosi per mettere in pratica il suo proposito.
Lunette sbuffò.
Certo che quel ragazzo era testardo che più testardo non si poteva.
''Aspetta.... se proprio vuoi stare con noi allora vai con Lunette ed occupatevi di Aramis. Ha bisogno di cure.''
''Perchè non lo fai tu?''- ribadì D'artagnan.
A quel punto, Lunette si fece scappare la pazienza, e rossa in viso quasi aggredì il giovane guascone.
''Insomma, vuoi metterti a discutere adesso, con tutti quegli uomini pronti a farci la pelle? Dacci un taglio e fai come ti ha detto!!!'''- quasi gridò. Con tutti i problemi che si erano venuti a creare certe discussioni non dovevano nemmeno essere alimentate, inoltre era preoccupata per Aramis e le sue condizioni.
Sia Athos che D'artagnan furono sorpresi dal tono di voce e dal colore che la ragazza aveva assunto.
Lei era sempre così calma e gentile con tutti....
''Lunette ha ragione. Ti sei forse dimenticato che Aramis si è preso la pallottola che era destinata a te?''- il concetto ribadito da Athos fu l'incentivo decisivo per far prendere a D'artagnan la decisione di partire con le due donne ed occuparsi della povera Aramis, ferita.
Fu così che si misero in viaggio alla ricerca di un posto in cui far stendere la bionda e magari rimediare qualcosa da mangiare per farle riprendere le forze, ma non prima di aver promesso ad Athos che una volta alla locanda avrebbero messo fuori il cappello del guascone come segnale.
Le loro strade si divisero, momentanamente, di nuovo, certi che però il destino li avrebbe riuniti.
In fondo, Athos e Porthos non venivano chiamati assieme ad Aramis '' Le migliori lame di Francia'' per caso...

Era da quasi mezz'ora che erano in viaggio e ancora non avevano trovato un posto in cui alloggiare e per far riposare Aramis.
E più facevano passare il tempo, più il rischio che la ferita s'infettasse aumentava.
Finalmente, ad Amiens,  incontrarono un uomo che li indirizzò verso una locanda chiamata ''Il Giglio D'oro''.
''Finalmente...''- mormorò D'artagnan davanti alla porta della locanda.
Forse per semplice senso degli affari, per buon cuore o perchè in quei tre viaggiatori aveva riconosciuto i moschettieri del re di Francia, l'oste li fece subito accomodare nella stanza più bella e portò subito i cavalli nella scuderia.
I due ragazzi si premurarono subito di chiedere dell'acqua calda per disinfettare la ferita del moschettiere e nel farlo adagiare sul letto.
''Aramis....''- fece la giovane serva mettendosi a sedere sul letto accanto alla padrona-:'' come vi sentite?''
''Tranquilla.... è solo un graffio...''- fece la bionda sforzandosi di apparire convincente.
La ragazza bruna sorrise.
Fortunatamente la ferita non era così grave, sarebbe guarita in fretta con un po' di giusto riposo e cure adeguate.
''Mi dispiace D'artagnan, ti sei dovuto fermare per colpa mia....''- fece la bionda sinceramente dispiaciuta.
D'artagnan dissentì con il solito sorriso radioso.
''Non dirlo nemmeno,  te lo dovevo.''- poi si avvicinò al petto della bionda-:'' ti aiuto a spogliarti...''
''NO!!!!''- urlarono all'unisono le due donne davanti ad un basito D'artagnan, molto sorpreso da quell'uscita del tutto inaspettata.
''Ma che succede?''- non potè fare a meno di chiedersi il ragazzo.
''Non ti preoccupare per lui, mi occuperò io della sua ferita....''- fece la ragazza sperando che bastasse per allontanarlo.
Di certo, non poteva dirgli che non poteva essere lui a curare Aramis, per ovvi motivi.
D'artagnan era sempre più confuso, ma poi il pensiero che forse il bel moschettiere biondo provasse davvero dei sentimenti per la sua serva e che forse avrebbe voluto rimanere solo con lei.
''Ok....''- quando arrivò l'acqua calda ordinata dai ragazzi per curare la ferita della moschettiera, D'artagnan porse un sacchettino a Lunette.
''Per disinfettare la ferita, usa questo.''
''Di che si tratta?''- chiese la ragazza incuriosita.
''E' un unguento di erbe mediche che funziona sia per le ferite da arma da fuoco che con quelle da taglio. Spalmala sulla ferita e vedrai che starà subito meglio.''- spiegò il ragazzo.
''Grazie''- lo ringraziò la ragazza.
Una volta rimaste sole entrambe tirarono un sospiro di sollievo.
C'era mancato davvero poco...
''Spero di non averti spaventata.''- fece Aramis mettendosi a sedere sul letto con l'aiuto della mora, la quale si sedette accanto alla moschettiera per iniziare subito l'opera di medicazione.
Era felice di vedere che anche la sua serva stesse bene.
Non avrebbe osato immaginare a cosa sarebbe potuto succedere se nella confusione qualcuno le avesse sparato o fatto del male.
La ragazza dissentì, e spogliò la spalla della padorna quel tanto che bastava per curare lo squarcio che il proiettile aveva aperto.
Iniziò subito pulendo la ferita con l'acqua calda, con cura, e cercando nei limiti del possibile di non arrecare ad Aramis troppo dolore, per poi applicare anche la medicina che l'amico guascone sulla parte offesa.
''Comunque devo farti i miei complimenti.... sei stata molto brava nel difenderti.''- le sorrise sinceramente la bionda.
''Grazie...''- sorrise la bruna continuando a medicare la ferita-:'' ma è stato anche merito dei miei insegnanti.''
Un fruscio alle loro spalle le fece voltare, e notarono D'artagnan intento ad arrampicarsi sul cornicione.
''Salve!!!''- le salutò con il suo tono allegro e vivace che lo distingueva.
Aramis reagì d'istinto: afferrò la tinozza d'acqua calda vicino a lei e la tirò al guascone, che sorpreso dalla rezione della bionda perse l'equilibrio e cadde.
Si rese conto subito dopo dell'accaduto, forse quando Lunette si era precipitata alla finestra per sincerarsi delle condizioni dell'amico.
''Si è fatto molto male?''
Lunette la guardò con un viso che variava dallo scettico al sarcastico-:''Dopo essere caduto da una finestra? Bene non si è fatto.... ma è vivo.''


''Come sta?''- chiese D'artagnan rientrando nella stanza un paio d'ore più tardi.
''Meglio. La ferita ha smesso di sanguinare e dorme come un bambino.''- rispose Lunette mettendo un fazzoletto bagnato sulla fronte della padrona per controllare la febbre.
Sospirò.
''Senti...''- fece la bruna rivolgendosi al guascone con aria colpevole.
Ora che il pericolo era, se non passato, abbastanza distante, l'adrenalina era scesa ed iniziava a sentirsi colpevole per essersi arrabbiata in quel modo con D'artagnan.
''Mi dispiace per prima.... non dovevo arrabbiarmi con te.''- si scusò la giovane.
Il ragazzo minimizzò con un cenno della mano e sorrise.
''Non ti preoccupare, in questi giorni siamo tutti un po' nervosi. E poi capisco perfettamente il tuo stato d'animo.... persino io avrei reagito così se la persona più importante della mia vita fosse stata gravemente ferita in una situazione del genere.''
Ed eccone un altro che crede che tra me ed Aramis ci sia del tenero...
Ma forse era meglio, almeno i sospetti sulla vera natura di Aramis non sarebbero mai sorti e da quel punto di vista erano al sicuro.
Eppure Lunette si era chiesta spesso cosa voleva dire essere innamorati fino al punto di rischiare tutto...
A volte sulla base di questi pensieri diventava molto malinconica, ma le passava subito pensando a ciò che aveva e che era molto di più di quanto avesse mai osato sperare.
E questo, per il momento, le bastava.

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Capitolo 16
*** Il grande viaggio III parte ***


~                                                           IL GRANDE VIAGGIO ( III PARTE)

Dire che avevano avuto fortuna era un vero e proprio eufemismo.
Gli avvenimenti del giorno prima li avevano colpiti in una volta e non avevano ancora avuto il tempo di metabolizzare il tutto che era gia l'ora di rimettersi in viaggio.
Prima Aramis che veniva ferita al posto del giovane guascone, poi la fuga del moschettiere biondo, della sua serva e del giovane D'Artagnan da un fienile in fiamme conseguente all'attacco di Rochefort e De Jussac....
Lunette si meravigliava di essere ancora viva.
Erano da poco le nove del mattino quando il quintetto  riunito si era ritrovato al bivio che li avrebbe portati al porto di Calais.
Solo che una strada avrebbe accorciato loro l'ultimo pezzo di strada da percorrere, mentre l'altro lo avrebbe allungato.
''D'Artagnan, tu prenderai la strada del bivio di destra così arriverai prima. Noi invece ti raggiungeremo prendendo la strada secondaria.''- propose Athos.
D'Artagnan sembrava molto confuso da quella richiesta.
''Vuoi che prosegua da solo?''
Il moschettiere più anziano annuì.
''Ormai abbiamo appurato che il nemico sa della missione e sta cercando un gruppo composto da cinque persone.
Perciò tu proseguirai da solo fino al porto, mentre noi faremo da diversivo.''
''Ma...''- fece D'artagnan pensando alle condizioni di Aramis.
A quel punto intervenne Lunette.
''Non devi preoccuparti per Aramis, ci siamo noi ad occuparci di lui... tu preoccupati solo di portare a termine il tuo compito.''
''Hanno ragione.''- lo rassicurò la bionda-:'' ti ringrazio per esserti preso cura di me, ma ti ho gia rallentato abbastanza. E poi adesso sto bene.''
Furono quelle le parole che convinsero il giovane a separarsi nuovamente dal suo gruppo di amici.
''Bene''- fece Athos-:'' e adesso dobbiamo convincere Rochefort e De Jussac a pedinare noi anzichè D'artagnan.''
''Gia, non credo che lo farà sempliciemente dopo averglielo chiesto.''- fece scettica Aramis.
Athos rimase in silenzio per alcuni secondi e poi fece-:'' E se gli facessimo credere che D'Artagnan non sia più con noi? Nel senso... che non è più nel mondo dei vivi?''
Aramis e Porthos sbiancarono a quelle parole, e Lunette non fu da meno.
''Lunette, se non sbaglio hai detto che prima di ricongiunrvi a noi hai sentito un colpo di pistola vero?''- la interrogò Athos.
La ragazza annuì.
''Si, ma per fortuna è andato a vuoto o probabilmente uno di noi tre ci avrebbe rimesso la pelle.''
''Benissimo. Per quello che Rochefort ne sa quel colpo potrebbe aver anche colpito D'artagnan in pieno.''
''Quindi...''- chiese Porthos per chiarirsi le idee-:'' vuoi far credere a Rochefort che D'artagnan sia morto...? Sai che non ci crederà così facilmente.''
In quel momento si sentirono suonare delle campane.
Probabilmente erano vicini a una chiesa.
''Bene, allora rendiamo il tutto molto più credibile...''- propose Athos ai suoi tre scettici compagni.

Chi aveva inventato il detto ''Il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi'', molto probabilmente non aveva mai incontrato il moschettiere Athos.
La sua idea era semplice quanto geniale: far credere a tutti che il povero D'Artagnan fosse realmente rimasto vittima della sparatoria della notte prima e fare in modo che il funerale venisse officiato da un sacerdote, per rendere il tutto molto più credibile.
Ci vollero poco più di venti minuti affinchè la piccola chiesa di campagna si riempisse di gente ansiosa di dare il proprio saluto al giovane aspirante moschettiere.
Durante la cerimonia, il parroco chiese ai moschettieri di fare l'elogio funebre in quanto erano loro le persone tra i presenti che lo conoscevano meglio, e le parole di elogio con cui avevano dipinto il ''defunto'' amico erano l'unica parte vera del piano.
Un esempio di coraggio, lealtà, bontà, indipendenza e generosità.
Nell'ascoltare quelle parole associando il fatto di essere ad un funerale, la giovane Lunette non potè non lasciarsi sfuggire una lacrima.
In fin dei conti, se mai Rochefort e il suo fido segugio fossero arrivati fino alla chiesa e avessero fatto domande si sarebbero convinti di più se il parroco avesse detto loro di aver versato alcune lacrime durante la funzione.
''Non sappiamo come ringraziarvi per questo funerale...''- fece Athos stringendo la mano al prete davanti alla ''tomba'' di D'Artagnan.
''Ho solo fatto il mio dovere, niente di più...  mi dispiace molto per la vostra perdita.''- rispose il prete.
''Purtroppo...''- disse Athos con tono mesto che aveva stupito persino i presenti nonostante sapessero della messinscena-:'' a volte il cielo è invidioso della terra e quando può si porta via i migliori.''
Lunette si voltò verso la moschettiera ed era pronta a giurare che quella frase avesse portato un' ombra oscura sul volto della bionda.
''Tenete.''- fece Athos consegnando all'uomo un sacchetto di monete d'oro-:'' fate conto che sia stato il nostro amico D'Artagnan a darvi questo denaro.
Usatelo per il bene della parrocchia e della povera gente.''
Il parroco annuì e il quartetto risalì sui cavalli per continuare il loro viaggio.
''Grazie ancora padre.''- disse Lunette tenendo saldamente impugnate le briglie del suo Fabrice.
'' Che Dio vi protegga.''
I moschettieri ringraziarono e partirono.

Viaggiarono per quasi tutta la giornata quando scese la notte.
Erano appena arrivati in un piccolo paesino ed ormai erano a poco più di un giorno di viaggio dalla loro destinazione.
Motivo per cui decisero di sostare in una locanda per rifocillarsi, riposare e per far dormire Aramis in un vero letto affinchè potesse riprendersi del tutto dalla ferita.
Consumarono una cena abbondante, ma solo Athos e Porthos si fermarono dopo la cena in sala da pranzo per bere qualcosa prima di dormire.
Aramis aveva iniziato ad accusare una leggera stanchezza dovuta sia al viaggio che alla ferita da cui non si era ancora del tutto ripresa e chiese alla sua serva di accompagnarla in camera sua.
''Vi cambio la fasciatura alla spalla...''- si offrì la ragazza aprendo la bisaccia per cercare l'occorrente da ''crocerossina''.
''Non sai quanto mi manca...''- disse Aramis-:'' anche se sono passati tanti anni da quando se n'è andato... dovrei averci fatto l'abitudine ma...''
''Non potete.''- disse Lunette cercando di consolare la padrona-:''Il dolore non si supera e non si dimentica. Si impara sempliciemente a conviverci.''
Proprio come aveva sospettato.
La frase detta da Athos quel pomeriggio non aveva lasciato indifferente ne Aramis ne il suo animo di donna che si era vista portar via la persona con cui aveva programmato una vita insieme.
Un animo di donna che l'avrebbe accompagnata per sempre, a dispetto della spada, del moschetto e dell'uniforme che aveva deciso di portare.
''Se vuoi...''- fece Aramis seduta sul letto mentre la serva armeggiava con le bende e l'unguento che aveva avuto in dono da D'artagnan-:'' se vuoi puoi andartene.''
''Come, prego?''- fece la ragazza stranita.
''Puoi tornare a Parigi fin da domattina.''- ripetè Aramis-:'' non sei costretta a venire con noi fino a Calais.''
''Non vedo un solo buon motivo per fare marcia indietro a questo punto. Arriveremo a destinazione della giornata di domani e sulla via per il ritorno non dovremo avere problemi.''- ribattè Lunette sedendosi accanto alla moschettiera medicandole la ferita e cambiando la fasciatura.
'' Appunto perchè non siamo ancora sulla via del ritorno non sappiamo cosa ci aspetta...''- fece Aramis seria.
Si rendeva conto realmente solo ora del terribile rischio a cui aveva esposto la sua giovane serva quando alcuni giorni prima le aveva chiesto di accompagnarla in quel lungo viaggio.
Nella sparatoria alla cava avevano colpito lei, ma un colpo avrebbe potuto benissimo prendere in pieno Lunette ferendola gravemente.... o peggio.
E lo stesso discorso valeva per la sera prima quando erano stati coinvolti nell'incendio.
L'ultima cosa che avrebbe mai voluto era vedere la sua giovane cameriera assieme a lei in una stamberga divorata dalle fiamme.
''Lunette, questi sono affari politici e dei colpi bassi di Richelieu dobbiamo occuparcene noi moschettieri, non spetta a te correre certi rischi a causa loro.''
La ragazza strinse il nodo della fasciatura.
''Forse avete ragione...''- fece la ragazza con decisione-:'' ma se c'è una cosa che mi avete insegnato, in tutti questi anni, è fare la cosa che si ritiene più giusta.
Costance è mia amica e non perdonerò mai Richelieu e i suoi per aver portato la regina a dubitare di lei.
Anche D'Artagnan è mio amico e in quanto tale voglio aiutarlo e voi... beh, a voi devo tutto quello che ho. Verrò con voi e andremo fino in fondo, costi quel che costi.''
Aramis scosse la testa, rassegnata, ma anche molto soddisfatta.
Lunette.
Quell'orfanella smunta, vestita di stracci e che sembrava a malapena capace di tenere un secchio senza inciampare e rovesciare tutto, era diventata tutto quello di cui aveva bisogno.
Una cameriera, un' amica fidata ed oltre ai suoi amici moschettieri... l'unica persona che sapeva per certo che non l'avrebbe mai tradita, nemmeno se  contro la sua testa ci fosse stata una pistola.
E l'avrebbe protetta da qualsiasi cosa avrebbe potuto ferirla o farle del male, proprio come un'amica avrebbe fatto.

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Capitolo 17
*** Il grande viaggio IV ***


~                                                           IL GRANDE VIAGGIO ( IV PARTE)
Se c'era una cosa che i moschettieri non sarebbero mai riusciti a spiegarsi sul conto di Lunette era proprio questa.
Com'era possibile che si svegliasse sempre prima di tutti gli altri e piena di energie?
All'inizio, nemmeno la stessa Lunette aveva saputo rispondere a questa domanda, ma con il passare del tempo la risposta venne da sè.
Fin da piccola era consapevole che se non si fosse affrettata a sbrigare le classiche faccende e doveri ''da serva'' l'uomo per cui lavorava l'avrebbe certamente massacrata di botte.
Anzi, l'aveva capito dopo una volta in particolare.
Era stata sveglia fino a tardi per pulire le stalle della locanda e la mattina dopo non era riuscita a svegliarsi all'ora che l'oste le aveva ordinato.
Non ricordava i dettagli ma furono botte.
Molte botte.
Tante da non riuscire a stare in piedi per una buona mezz'ora.
Con Aramis quei trattamenti erano diventati solo un ricordo, ma ormai i ritmi le erano entrati nel sangue e da allora li aveva rispettati alla regola.
Per questo non le era difficile alzarsi presto o prima degli altri per mettersi al lavoro.
Non si erano concessi molto tempo, giusto una ventina di minuti per svegliarsi del tutto, sellare i cavalli e fare una veloce colazione per poi rimettersi in viaggio verso Calais per assicurarsi che D'artagnan fosse giunto a destinazione sano e salvo.
''Aramis, la tua ferita?''- chiese Athos ad un certo punto del viaggio-:'' Ti fa male, vuoi che ci fermiamo un secondo?''
Aramis dissentì-:''No, non preoccuparti, adesso sto bene... meglio non attardarci ulteriolmente.''
In un certo senso non mentiva: grazie alle medicine che D'artagnan le aveva dato la ferita era guarita più in fretta ed ormai il dolore era diventato ovattato e appena percepibile.
''Secondo voi D'Artagnan sarà arrivato a Calais?''- chiese Lunette.
''A regola, dovrebbe essersi gia imbarcato a quest'ora.''- rispose Porthos.
''Speriamo..''- borbottò la ragazza.
''Ad ogni modo c'è ancora una cosa che dobbiamo fare...''- fece Athos con un sorriso accattivante-:''... propongo di abusare un po' del tempo per dare una bella lezione a Rochefort.''
''Ottima idea!''- fece Aramis entusiasta-:'' Lunette, tu sei dei nostri vero?''
''E me lo chiedete pure?'' - fece la ragazza.
Eccome se era dei loro.
Non gli era mai andato giù il fatto che Rochefort l'avesse rapita e malmenata quando era poco più di una ragazzina di quattordici anni, nonostante fosse riuscita a tenergli degnamente testa per un po'.
E forse adesso aveva l'occasione buona per fargliela pagare... e gia che c'era anche per far pagare a Rochefort il tentativo di coinvolgere Aramis nel caso di Bukingham.

''... quindi...''- fece Porthos dando ad un giovane una moneta d'oro-:'' metà adesso, e metà a lavoro finito.
Deve solo andare incontro ad un gruppo di cardinalisti e dire loro che un gruppo di moschettieri si sta comportando da barbari incivili.''
L'uomo annuì e corse via per adempiere al compito che i moschettieri gli avevano assegnato.
Lunette invece si occupò di portare Fabrice e i cavalli di Athos e Porthos nel fienile accanto al mulino che avrebbero usato come luogo del loro scherzo.
Probabilmente Rochefort dopo li avrebbe odiati a morte...
''Spero che D'Artagnan sia riuscito ad arrivare senza problemi...''- confidò ai moschettieri mentre sistemavano gli ultimi dettagli.
''Considerato che Rochefort sta addosso a noi direi che la messinscena del funerale ha funzionato, quindi a quest'ora o è gia su una nave per Londra o sta aspettando di partire.''- la tranquillizzò Athos.
''Non preoccuparti, il tempo di dare una lezione a Rochefort ed assicurarci che D'artagnan sia partito e ci rimettiamo in viaggio per Parigi.''- aggiunse Porthos.
''Ragazzi, arrivano.''- li avvertì la bionda.
''Molto bene...''- gioì silenziosamente Athos-:'' ai posti di combattimento, allora.''
Aramis si era piazzata dietro ad un albero al cui tronco aveva legato un capo di una fune, mentre l'altro lo aveva fissato alle sella del cavallo.
Athos e Porthos invece presero posto al tavolo che avevano portato fuori e iniziarono a fingere di far baldoria.
Lunette invece iniziò a battere un sasso contro alcuni fili d'erba che sembravano molto robusti al fine di sminuzzarli.
''Che stai combinando?''- chiese Aramis.
''Un piccolo tocco personale.''- spiegò la ragazza continuando a lavorare.
Nel frattempo, Rochefort era arrivato e con il suo cavallo si era lanciato contro i due moschettieri.
''Vai!!!''- fece la bionda dando un lieve colpetto sul suo cavallo bianco come la neve.
Il puledro partì di corsa facendo  tendere al massimo la corda.
Il cavallo del nobile inchiodò di colpo per evitare l'ostacolo e il suo cavaliere venne immediatamente disarcionato per poi essere immobilizzato da Athos.
''E adesso?''- chiese Porthos osservando il nemico a terra.
''Cosa ne facciamo?''
''Io propongo di rispedirlo a Parigi a piedi.''- propose Lunette con un' espressione furbetta dipinta sul viso.
Athos fissò molto attentamente il mulino ed ebbe un' idea tanto geniale quanto diabolica.
''Io avrei un' idea migliore...''- fece il bel moschettiere.
La ragazza fece cenno di aspettare con la mano e rovesciò il contenuto di un fazzoletto sul mantello e nell'interno del colletto degli abiti del cardinalista approfittando del fatto che questi era svenuto.
''Ecco fatto...''

''CHE DIAVOLO AVETE FATTO?!?''- sbraitò il capitano dei cardinalisti appena si fu reso conto di dove i moschettieri lo avevano sistemato.
''Com'è la vista da lassù?''- chiese Lunette sforzandosi di non scoppiare a ridere portandosi una mano davanti alla bocca.
''Se solo vi metto le mani addosso...''- continuava ad urlare il conte.
In un coro di risate i moschettieri risalirono sui loro cavalli, allontanandosi in fretta.
''Non ci inseguiranno più per un po'.''- gioì la moschettiera.
''A proposito, Lunette cos'era quella roba che gli hai messo sul mantello e nei vestiti?''- chiese Porthos.
Lunette assunse l'espressione di una bambina che sorrideva alla mamma dopo essere stata colta sul fatto e spiegò con nochalance-:'' Niente di particolare.... solo ortica sminuzzata finemente.''
Aramis non tratenne un ulteriore risata nell'immaginarsi il povero Rochefort intento a cercare di stare a cavallo e grattarsi allo stesso tempo.
Altro che domestica personale.
In quegli anni aveva avuto in casa una potenziale minaccia e non se n'era mai accorta.
''Se l'è voluta. Così impara a rapire le fanciulle.''- la spalleggiò Athos.
Lunette annuì con decisione continuando a cavalcare.
Oramai erano quasi arrivati a Calais e almeno per loro quel grande viaggio stava per giungere alla fine.

Finalmente, al tramonto, giunsero a destinazione.
La loro attenzione fu attirata da tre figure in piedi davanti ad una nave che probabilmente stava sistemando gli ultimi dettagli prima della partenza.
''Jean? Costance?''- fece Lunette incredula nel vedere l'amica e il bambino-:'' JULA!!!''- urlò dopo euforica nel vedere che assieme al gruppetto c'era anche il suo fido cane.
Scese dal cavallo in fretta e corse da loro per riabbracciare il suo fido amico.
Inutile dire che l'animale la riempì subito di feste, felice come non mai di rivedere la padrona.
''Credo che sentisse la tua mancanza.''- fece Jean sorridendo.
''Lo credo anch'io...''- confermò al giovane carezzando le orecchie e la testa del cane-:'' ma voi due cosa ci fate qui?''
''Beh, a dire il vero è una storia un po' lunga...''- spiegò il bambino.
D'artagnan abbracciò i presenti uno ad uno, con la promessa di tornare presto non solo indenne ma anche vincitore da quell'impresa.
Ma a quanto pare per il suo fedele cavallo Ronzinante e per il pappagallo Copy, ciò non fu abbastanza per convicerli e decisero che avrebbero seguito il ragazzo fino alla penisola britannica per assicurarsi della sua incolumità.
E forse, tutto sommato, era un bene.
Avrebbe avuto bisogno di qualcuno di cui fidarsi nella lontana Inghilterra.
E non vi era fedeltà maggiore di quella dei propri animali.
Avevano deciso di fermarsi in una piccola locanda vicino a Calais per poi ripartire il mattino dopo alle prime luci dell'alba.
Jean e Costance ne approfittarono così per spiegare ai moschettieri e alla ragazza che li aveva seguiti il motivo della loro presenza.
Furono basiti nell'ascoltare l'ulteriore conferma della vigliaccheria del primo ministro.
''Roba da non credere...''- fece Aramis mentre la sua serva le porgeva una scodella di zuppa-:'' Richelieu aveva veramente impedito le partenze a chiunque non avesse il lasciapassare, solo per impedire a D'Artagnan di partire?''
Costance mandò giù un cucchiaio di zuppa e poi annuì.
''Per fortuna Jean ha trovato il documento che autorizzava Milady a partire. Così ci siamo subito messi in viaggio per raggiungervi e consegnarlo a D'Artagnan.''- spiegò Costance.
Porthos non riuscì a trattenersi dal non ringhiare contro il cardinale.
''Quel vile...''
''Non prendertela Porthos...''- fece Athos-:'' se Richelieu fosse stato un uomo che gioca pulito a quest'ora noi non saremmo qui e D'Artagnan sarebbe con noi.''
A quelle parole Costance abbassò il capo, preoccupata.
''Dite che starà bene?''
Lunette le sorrise e le prese una mano per cercare di confortare l'amica-:''Non devi preoccuparti, ha due valienti guardie del corpo al suo fianco.''
Il gruppo scoppiò a ridere.
Effettivamente, nessuno di loro era molto tranquillo nel sapere D'Artagnan completamente da solo in Inghilterra, dove non conosceva nessuno se non Lord Buckingham e dove loro non avrebbero potuto aiutarlo se avesse avuto bisogno di loro.
Motivo in più per essere in ansia era il fatto che Milady sospettava che il funerale fosse una messinscena.
Quella donna aveva sempre un piano e non si arrendeva facilmente.
Se avesse messo queste sue innegabili doti al servizio di una giusta causa, era certa che non ci sarebbe stata battaglia dalla quale non fossero usciti vincitori.
Invece Milady era la spia migliore del cardinale Richelieu... e non vi erano che loro a proteggere la regina e la nazione dai colpi bassi che assieme avrebbero certamente tirato.

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Capitolo 18
*** I problemi non finiscono ancora ***


~                                               I PROBLEMI NON FINISCONO ANCORA
Finito il momento della ''grande avventura'', era giunto anche il momento di fare ritorno alla capitale francese.
Non avrebbe mai pensato di dirlo ma dopo molti giorni passati a cavallo, vestita da uomo e sempre sull'attenti per riuscire a fronteggiare un qualche pericolo... era quasi un sollievo tornare alla cara vecchia vita fatta di piatti e pavimenti da lavare, camice da rammendare e riprendere i propri panni.
Erano tornati a Parigi da poco più di quarantotto ore.
La sera stessa in cui avevano fatto ritorno a Parigi lei e i moschettieri erano stati invitati a cena dal padre di Costance in segno di riconoscenza per aver riportato a casa la figlia e così passarono la serata in allegria brindando alla buona riuscita della missione.
Quel giorno il sole splendeva alto nel cielo.
''Chissà se anche D'artagnan sta ammirando questo bel sole...''- pensò Lunette scaldando il latte per la colazione.
Si diceva che in Inghilterra fossero molto rare le giornate di sole, ma anche se così non fosse stato non era certo il tempo metereologico a preoccupare il guascone, purchè questi non influenzasse il viaggio per arrivare in Inghilterra o tornare in Francia.
''Buongiorno Lunette.''- fece Aramis entrando in sala da pranzo con il cappello in una mano e il fioretto nell'altra.
''Buongiorno a voi, Aramis.''- fece la ragazza accennando un lieve inchino-:'' avete riposato bene?''
''Diciamo che bastano pochi giorni sempre in viaggioe band iti pronti a spararti a vista per farti apprezzare il caos parigino.
E niente riesce ad eguagliare una notte di riposo passata nel proprio letto.
Tu invece, come stai?''
''Direi bene...''- fu la risposta mentre si premurava di versare il latte e portare da mangiare per Jula-:'' avevo solo bisogno di cambiarmi.''
''Capisco...''- fece Aramis sorseggiando lentamente il latte-:'' Senti, oggi potresti occuparti del mio cavallo?''
Lunette annuì.
''Certo, non c'è problema. Ma prima devo fare un salto al mercato, mancano un po' di cose nella dispensa.''
Scherzi a parte, avevano veramente bisogno di comprare qualcosa da mettere nella dispensa, visto che erano stati assenti per diversi giorni, e poi aveva una gran voglia di vedere le bancarelle del mercato della piazza di Saint Germain.
Aramis fece un cenno di assenso.
Si, era meraviglioso essere di nuovo a casa anche se non era ancora arrivato il momento di rilassarsi.

''Ecco fatto Alexandre...''- fece la ragazza dopo aver buttato addosso al puledro bianco un secchio d'acqua fresca-:'' Sono certa che adesso ti senti meglio vero?''- continuò rivolta all'animale iniziando ad asciugarlo.
''Non sapevo sapessi parlare con i cavalli...''- la prese bonoriamente in giro Athos seguito a ruota dagli altri due moschettieri.
Lunette rispose a tono.
''Da una gran pace, molte volte.''
Porthos si tolse il cappello ed inizò ad usarlo come se fosse una sorta di ventaglio.
''Accidenti che caldo...''
Aramis concordò immediatamente.
''Gia... Lunette, saresti così gentile da portarci qualcosa da bere nello studio?''
La ragazza annuì e corse subito alla cantina della residenza di monseiur De Treville per prendere una brocca da riempire di vino.

''Secondo voi come se la starà cavando D'artagnan in Inghilterra?''- chiese Porthos lasciando cadere un carta sul tavolo.
''Non lo so, ma spero che stia bene, inanzitutto.''- commentò Athos.
Lunette non era meno preoccupata di loro.
Voleva molto bene a D'artagnan e aveva imparato a considerarlo come se fosse un amico che conosceva da anni seppur non fosse così.
Sperava solo che stesse bene, soprattutto per il bene della sua amica Costance.
''Vedrete che tornerà presto... sarà pure irruente ed impulsivo, ma sono certa che è in grado di cavarsela.''- fece la ragazza versando del vino nel  terzo bicchiere.
Appena ebbe sollevato il vassoio con i bicchieri dal tavolino, il quartetto sentì l'avvicinarsi di alcuni passi che via via diventavano sempre più veloci.
Ci vollero circa quindici secondi prima che la porta dello studio si spalancasse mostrando un Rochefort con il braccio fasciato ed immobilizzato da un tutore ed il viso coperto di eritemi.
''Lord Rochefort...''- fece Athos alzandosi per andargli incontro con un tono che più strafottente di così non si poteva-:'' a cosa dobbiamo l'onore di questa visita?''
Il nobile però non era in vena di farsi prendere in giro.
''COME AVETE OSATO FARMI FARE LA FIGURA DELLO STUPIDO, E PER DI PIU' DAVANTI AI MIEI UOMINI?!?''- urlò così forte che ai presenti parve che le mura dell'edificio avessero iniziato a tremare.
''Oh, ci state coprendo di un onore troppo grande...''- nemmeno Aramis era tipo da tirarsi indietro quando c'era da affondare il dito nella piaga-:'' è una cosa in cui siete maestro da solo.''
Lunette fu costretta a mordersi il labbro inferiore per non scoppiare a ridere e far cadere il vassoio carico di boccali di vino per terra.
''E non crediate che non sappia che siete stato voi ad avere l'idea dell'ortica, come so che avete incaricato la vostra serva di attuare l'idea!!!''- fece ancora Rochefort puntando il dito contro Aramis.
La bionda fece le spallucce a quell'accusa.
''Vorrei prendermi il merito in effetti... ma è stata Lunette ad ordire quella parte del piano...''- fece la bionda con noncuranza e con un tono più fiero che mai della sua domestica.
''Mi prendete in giro?''- sbraitò nuovamente Rochefort-:'' Come può una sguattera anche solo ardire di pensare ad una cosa del genere?''
In quel momento, forse per la prima volta in vita sua, la giovane Lunette si sentì assalire da una rabbia tanto silenziosa quanto devastante.
''Io...''- fece la bruna con voce spezzata e tremante-:'' domando il vostro perdono...''
I moschettieri erano basiti davanti a quella scena.
Lunette stava veramente piegando il capo davanti al capitano delle guardie cardinaliste?
Un  capitano che stava sorridendo tronfio e soddisfatto.
''Hai solo fatto il tuo dovere da serva.''
''Non vorrei sembrare scortese... ma non mi stavo rivolgendo a voi.''- continuò imperterrita lei.
Rochefort non ebbe nemmeno il tempo di metabolizzare le parole pronunciate dalla giovane che si vide aggredito da uno spruzzo rosso scarlatto.
La ragazza gli aveva lanciato il vino contenuto in uno dei boccali che stava portando ai moschettieri.
''Ma come ti permetti?!?''- gli urlò contro il nobile rosso come un tacchino.
''Sarò pure una serva ma questo non significa che non sia in grado di pensare con la mia testa.''- riprese la ragazza con un tono stranamente calmo-:'' e ricordatevi inoltre che io non mi lascio offendere da nessuno.''
Aramis fu subito accanto alla ragazza come se avesse voluto proteggerla da una futura reazione del cardinalista.
''Conte Rochefort, vi pregherei di andarvene.
Questa è la caserma dei moschettieri nonchè residenza di Monseiur De Treville, e voi non siete un ospite gradito.''
Il nobile sembrava sul punto di ribattere, dire qualcosa, ma stavolta rimase in silenzio.
Si gonfiò come un tacchino ed uscì sbattendo la porta ribollendo come una pentola di fagioli.
Non era bastato fallire nell'intento di impedire a D'Artagnan di partire alla volta di Londra e l'umiliazione subita da quei dannati moschettieri... ma addirittura un essere insignificante, una serva aveva alzato la voce... e il vino, su di lui.
Ma sarebbe venuto il momento in cui avrebbe presentato loro il conto.
E sarebbe stato moolto salato.

''Non so se definire ciò che hai appena fatto come coraggio o impudenza.''- fece Athos sorseggiando il boccale che Lunette aveva provveduto a fargli riavere.
Gettare del vino in faccia al braccio destro di Richelieu ed alzare la voce... nessuno dei suoi sottoposti avrebbe mai avuto il coraggio di fare uan cosa del genere, e vi aveva posto rimedio una ragazza.
Doveva ammetterlo, quella ragazzina ne aveva di fegato.
Ma d'altra parte non si sarebbe aspettato niente di diverso dalla ragazza che Aramis aveva cresciuto, alla quale insieme avevano insegnato a maneggiare le armi, e che non aveva avuto la minima esitazione nel seguire i moschettieri in una missione veramente fuori luogo per una ragazza.
''Oh, andiamo Athos...''- fece Porthos dopo che ebbe finito il suo boccale tutto in una sorsata-:'' ha messo Rochefort a stare, merita dei punti per questo.''
''Certo...''- concordò Aramis. Non poteva negare di aver gioito nel vedere la faccia del cardinalista grondante del vino che la giovane gli aveva ''offerto'', anzi.
Era stata sul punto di scoppiare in una fragorosa risata.
''Ad ogni modo sarà meglio per te se nei prossimi giorni stai lontana dai posti in cui è facile incontrare Rochefort.... potrebbe decidere di prendersi una vendetta personale.''- le consigliò la bionda con un tono che si addiceva più ad un' amica che a quello di un padrone verso la propria serva.
La loro conversazione fu interrotta da un rumore molto strano.
Sembravano dai sassi lanciati contro il vetro.
''Ma che cosa...''- fece Athos avvicinandosi alla finestra per controllare-:''Jean''- fece poi aprendo la finestra.
''Ciao piccolo.''- sorrise la bruna-:'' che succede?''
Il bambino si portò un indice alla bocca e soffiò come per chiedere che parlasse a voce bassa.
''Abbiamo problemi.''
Il gruppetto non si fece attendere e raggiunse il bambino nel piazzale della caserma.
Tornati a Parigi da appena un paio di giorni e gia avevano ricevuto la ''visita'' di Rochefort, e adesso Jean che piombava in caserma con un' espressione molto preoccupata.
''Richelieu ha scoperto che il funerale di D'Artagnan era una recita e ha chiesto al re di prendere provvedimenti molto severi.''- spiegò il bambino.
''Come, così presto?''- fece Aramis leggermente intimorita.
Certo, sapeva che quella messinscena non sarebbe potuta durare in eterno, ma non si aspettava nemmeno che li scoprissero così in fretta.
''Si, ha detto che avete commesso un sacrilegio.''- fece di nuovo il bambino.
''Come se fosse questo a mandarlo su tutte le furie.''- commentò la bruna.
''Sinceramente non mi sembra che un falso funerale sia un crimine così imperdonabile.''- aggiunse Porthos.
''Gia, ma il re è cattolico praticante.''- spiegò Athos con leggera preoccupazione-:'' per lui un sacrilegio è un atto imperdonabile.''
''Dici che ci metteranno in prigione?''- fece Porthos iniziando a preoccuparsi.
Aramis tentò di smorzare un po' la tensione.
''Preoccupato per cosa mangerai in prigione?''- per questa battuta si beccò un' occhiata di rimprovero da parte del più anziano dei moschettieri.
''E' una cosa seria...''- fece il bel moschettiere prendendosi il mento tra indice e pollice della mano destra-:'' vediamo... che scusa possiamo inventare?''
Purtroppo non vi fu molto tempo per pensare ad una scusa decente da presentare al re per scagionarsi dalle accuse del primo ministro, in quanto il capitano De Treville li informò che erano richiesti a corte immediatamente.
I tre non poterono far altro che obbedire.
''Lunette, tu va a casa Bonacieaux. Ci vediamo lì.''- fece Aramis scoraggiando così ogni aspettativa che la sua giovane serva poteva nutrire nella speranza di andare a palazzo con loro.
''Ma io...''- fece lei.
'''Fa come ti dice Aramis.''- la incitò Athos-:'' non ti preoccupare, ti prometto che andrà tutto bene.''
Lunette non era molto convinta, ma non poteva fare altro che obbedire e appena il piccolo corteo ebbe lasciato la caserma dei moschettieri si diresse verso la piazza del mercato per fare gli acquisti che aveva programmato pregando in tutte le lingue che conosceva che andasse tutto bene.
E' vero che i moschettieri e lei avevano messo su una messinscena che qualunque credente o uomo di chiesa avrebbe severamente condannato, ma vi erano due tipi di bugie: quelle che si dicevano per ottenere un vantaggio personale e quelle dette per proteggere le persone amate.
Sulla base di questo, pregava che il Buon Dio tenesse in conto quest'attenuante e che vegliasse sui tre moschettieri oltre che su D'artagnan.

''Anche tu sei in pensiero per Monseiur Aramis non è vero?''- fece la ragazza accarezzando la fronte di Jula con nervosismo.
Monseiur Bonacieux le mise una mano sulla spalla per cercare di confortarla un pochino.
''Non temere figliola... vedrai che presto saranno qui. Quei tre giovanotti sono in gamba.''
La ragazza annuì cercando di convincersi delle parole di conforto del sarto
Lo sperava e se lo augurava con tutto il cuore.
L'ultima cosa che avrebbe mai voluto in vita sua era che succedesse qualcosa alla sua benefattrice e ai suoi amici... la sua famiglia.
Il ciclo dei suoi pensieri fu interrotto dal nitrito di alcuni cavalli.
Istintivamente, la ragazza portò lo sguardo verso la finestra e su allora che li vide.
I tre moschettieri a cavallo.
Non li avevano arrestati...
Era già qualcosa.
''Allora?''- fece la ragazza uscendo di corsa dall'abitazione del sarto andando incontro ai tre soldati.
''Una meraviglia.''- fece un gioviale Porthos-:'' e tutto grazie ad Athos.''
All'espressione confusa della ragazza, Aramis decise di darle una spiegazione-:'' Athos ha chiesto a Richelieu come faceva a sapere che il funerale era finto... e a quel punto Richelieu ha dovuto ritirare ogni accusa.''
''Beh, non aveva scelta...''- fece Athos più che soddisfatto del suo operato-:'' se così non fosse stato avrebbe dovuto essere punito per lo stesso reato di cui ci ha incolpato.''
Lunette sospirò sollevata come se quelle parole, come se si fosse appena liberata di una morsa che le impediva di respirare.
''Ad ogni modo, dobbiamo stare in guardia.''- li redarguì Athos-:'' Richelieu non aspetta che un passo falso da parte nostra per obbligare il re a metterci in panchina.''
I tre annuirono.
Sapevano per esperienza che il cardinale era un uomo spietato che quando si metteva in testa un obiettivo, niente e nessuno gli poteva impedire di conseguirlo.
E al momento, erano proprio i tre moschettieri il suo problema principale.
Rimaneva solo da chiedersi... se era stato pronto a denunciarli per blasfemia pur di vendicarsi di D'artagnan... quale sarebbe stata la sua prossima mossa?
Qualcosa diceva loro che, purtroppo, la risposta non avrebbe tardato.

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Capitolo 19
*** Senza tregua ***


~                                                          SENZA TREGUA
''Mi ridite il nome con cui avete descritto tre giorni braccati da soldati, assassini e mercenari pronti a farci la pelle che spuntano come funghi?''- fece Lunette sistemandosi i capelli dietro la nuca in modo che non le ricadessero sul volto.
Non avrebbe mai immaginato che avrebbe rimesso la tenuta da uomo con cui era partita per Calais e con la quale si allenava così presto.
Anzi, sperava di non doverla ritirare fuori per un bel pezzo.
''Addestramento, livello avanzato.''- rispose Athos estraendo la spada.
''Ah...''- fece la ragazza scettica.
Solo Athos avrebbe potuto scegliere quell'inusuale parola per definire gli avvenimenti dei giorni passati.
''In questi anni hai affrontato il corso base.''- continuò il moschettiere-:'' Ma è durante le missioni vere e proprie che si evince quanto hai attecchito.
E adesso facciamo una piccola prova d'esame.''
''Athos, mi raccomando vacci piano... è lei che mi stira le camice.''- scherzò Aramis in direzione della ragazza e del moschettiere bruno.
''Tranquillo Aramis... la tua bella non corre alcun pericolo.''- lo tranquillizzò Athos mettendosi in posizione.
Lunette lo imitò e pochi secondi dopo il moschettiere incrociò le lame con la ragazza.
''Ecco, così... prima, seconda... prima seconda...''- la incoraggiò Athos-:'' Fianco destro... sinistro... testa...''
Il moschettiere indicava così le parti che intendeva colpire e lei doveva prepararsi a difendere.
Inizialmente le sembrava più semplice tenere testa al moschettiere, ma a poco a poco diveniva sempre più difficile tenergli testa.
''E.... affondo!''- concluse Athos mirando la fianco della ragazza.
La giovane lo parò appena in tempo intrecciando la sua spada con quella del moschettiere.
''Ottimo...''- fece il moschettiere bruno mettendo la spada nel fodero-:'' se vai avanti così tra poco non avremo più nulla da insegnarti.''
''Sarà...''- fece la ragazza con noncuranza-:'' a me sembra di avere ancora un sacco di cose da imparare.''
Aramis si mise davanti a lei sguainando la spada.
''In tal caso in guardia...''- fece la bionda mettendosi in posizione di attacco-:'' perchè ti staremo alle calcagna fino a quando non sarai diventata la migliore spadaccina di Francia.''
''Allora ci vorrà molto...''- commentò lei rispondendo agli attacchi della padrona.
L'allenamento ricominciò ed andò avanti così tutto il pomeriggio.
Non potè non notare che il ritmo era leggermente aumentato rispetto alle sessioni di allenamento che aveva affrontato in passato, ma d'altronde meglio una sessione di allenamento più dura del solito che rischiare di farzi infilzare come uno spiedino da soldati e assassini pagati dal primo ministro di Francia.

Non c'era un attimo di tregua da quando da sguattera sfruttata in una locanda di quart'ordine era diventata la serva personale di un moschettiere e sua confidente personale.
Tecnicamente da una parte era un vantaggio, almeno poteva dire che non si annoiava mai... ma certe volte sarebbe stata tentata di andare lei stessa a mettere a stare Sua Eminenza per godersi almeno qualche giorno di pace e quiete.
''Roba da non credere!!!''- fece la ragazza sdegnata quando il piccolo Jean ebbe finito il suo dettagliato resoconto-:'' eravamo appena riusciti a farlo tacere sul funerale e...''
Porthos fece le spallucce-:''Di che ti stupisci, Lunette? Ormai dovresti saperlo: il cardinale Richelieu e Rochefort vivono per rendere la vita difficile alla nostra regina.''
La situazione era veramente grave.
Non più tardi di tre ore prima, Rochefort era piombato con un drappello di guardie  a casa del sarto Bonacieux, sarto personale della regina Anna e padre di Costance, e lo aveva prelavato da casa sua senza degnarsi nemmeno di dare al pover'uomo, confuso più che mai, uno straccio di spiegazione.
''Ma non si può portare via così una persona senza nemmeno dargli una spiegazione!!!''- fece la bruna quasi urlando.
''Lunette, calmati... penseremo a qualcosa...''- fece Athos nel tentativo di calmare la domestica del suo amico pur condividendo la sua rabbia e la sua indignazione.
Jean era il più triste e il più abbattuto di tutti.
Monseiur Bonacieaux lo aveva accolto in casa sua a braccia aperte, senza giudicarlo per il suo aspetto sporco o trasandato, gli stava insegnando un mestiere che un giorno gli avrebbe permesso di vivere onestamente... e il pensiero di non poter fare nulla per l'uomo che lo aveva praticamente adottato lo faceva ribollire dentro.
Lui non ce l'aveva con la regina... ce l'aveva con se stesso.
''Certo che la regina potrebbe aiutarci molto di più...''- si lasciò sfuggire il bambino.
''Jean, non dire così.''- lo redarguì Athos con il tono più dolce e paterno che gli uscì-:'' sono sicuro che ci aiuterebbe se potesse, ma stiamo parlando di Richelieu.''
''E ALLORA?''- sbottò il ragazzino.
Lunette gli fu subito accanto per cercare di calmarlo.
Purtroppo non era così semplice.
Da credere o meno, era Richelieu l'uomo più potente di Francia al momento e ciò gli permetteva di fare il buono e il cattivo tempo come meglio credeva.
''Inanzitutto dobbiamo scoprire di che cosa è accusato Bonacieaux e in quel caso trovare le prove della sua innocenza.''- si fece avanti Aramis.
''A quel punto, chiederemo al re di rilasciarlo. Senza prove convincenti a suo carico, Bonacieaux non ha motivo di essere trattenuto.''- concluse Athos.
''E nel caso non ci riuscissimo per vie legali, lo faremo evadere.''- aggiunse Porthos.
Lunette sorrise nel vedere che il piccolo aveva ritrovato la fiducia e il buonumore grazie alle parole dei moschettieri.
La prima cosa da fare era scoprire in quale luogo si trovasse al momento il sarto.
''Lunette, per ora sarebbe meglio che tu rimanessi fuori da questa... chiamiamola, crociata.''- fece seria la bionda.
La bruna sgranò gli occhi a quelle parole.
''Aramis ha ragione.''- intervenne Athos-:'' Il ricordo del boccale di vino che hai offerto a Rochefort è ancora fresco nella nostra memoria, figurati nella sua. Se ti vede intenta a cercare il posto in cui il padre di Costance è tenuto prigioniero non esiterebbe ad arrestarti con un pretesto qualunque solo per fartela pagare.''
Lunette annuì.
Forse l'idea del vino non era stata così brillante come aveva pensato a suo tempo...
''In tal caso vi chiedo il permesso di andare a trovare Costance.''- fece la bruna pensando alla sua amica.
Il padre tenuto prigioniero dalla persona più potente e allo stesso tempo più pericolosa di Francia... non riusciva ad immaginare niente di peggio.
Aramis annuì.
''Naturalmente. Vai pure.''
La bruna fece un cenno di saluto rivolto a tutti e s'incamminò verso la casa del sarto.
Aveva rifiutato tassativamente di farsi scortare.
'' Pensate a Bonacieaux, io me la caverò.''
Gia le dispiaceva di non poter essere utile ai moschettieri stavolta, non voleva che si attardassero nelle ricerche per proteggere lei.
Non osava nemmeno immaginare cosa stesse passando quel pover'uomo... l'unica cosa certa era che Richelieu e Rochefort non avevano prelevato il sarto da casa sua per invitarlo ad un pic-nic.
Questo era altamente improbabile.
E non sapeva perchè, ma aveva il sospetto che c'entrasse la permanenza di D'artagnan in Inghilterra.
Con questi pensieri arrivò a casa dell'amica e bussò con decisione alla porta.
''Vieni dentro cara...''- la accolse Martha facendola entrare.
Costance le corse subito incontro abbracciando l'amica.
''Sono venuta appena ho saputo... come stai?''- fece la bruna preoccupata.
''Mi pare un incubo...''- fece la bionda mesta in volto-:'' l'hanno portato via e non hanno nemmeno voluto dire di cosa era accusato... Lunette, che sta succedendo?''
''Non lo so, Costance...''- fece la bruna leggermente agitata-:'' non lo so... ma vedrai che presto si sistemerà tutto.''
Martha portò loro due tazze di latte caldo per far calmare prima la figlia del suo padrone di casa e poi la sua giovane amica.
''Ma dimmi...''- fece la ragazza bruna rigirandosi la scodella tra le mani lasciando che il calore la irradiasse-:'' tu sei proprio certa di non avere idee al riguardo?''
Costance fece cenno di no con la testa.
''No.. non mi viene in mente proprio nulla...''
''Sai...''- fece la bruna improvvisamente seria-:'' è da quando abbiamo fatto ritorno a Parigi che Richelieu sembra starci alle costole... in attesa del momento buono per metterci in panchina.''
Costance bevve un sorso della bevanda che la sua governante le aveva servito e poggiò la tazza sul tavolo.
''Credi che ci sia un collegamento?''
''Non so, forse... ma non capisco cosa c'entri tuo padre... ''- poi ebbe un' illuminazione-:'' Costance, riguardo a quel documento che hai portato a D'Artagnan per farlo salpare per Londra... dove l'hai preso di preciso?''
La risposta non si fece attendere.
''Era nel vestito che Milady si era tolta per provare un abito quando fingeva di essere Madame Mirabeau.''- la bionda divenne pallida come un cadavere-:''Non crederai che...''
''Milady deve aver fatto sapere a Richelieu che sei stata tu a rendere possibile la partenza di D'Artagnan...''- ipotizzò Lunette.
''... e adesso vuole farmela pagare usando mio padre...''- fece la prima ancella della regina non riuscendo lei stessa a credere alle sue parole-:'' oddio, è tutta colpa mia...''
''No, questo non è vero.''- fece Lunette avvicinandosi a lei nel tentativo di consolare l'amica-:'' tu hai fatto quello che ritenevi più giusto e non puoi condannarti per questo. Inoltre non potevi sapere che Richelieu avrebbe...''
Costance la interruppe.
''Ma così ho messo mio padre in pericolo...andrò da Richelieu e gli dirò che mio padre è innocente...''- fece la giovane in un attimo di disperata follia.
Lunette divenne dapprima bianca come un cadavere  per poi piazzarsi davanti alla porta della casa.
''Tu scherzi!!!''- fece la bruna allargando le braccia-:'' Non ti lascerò uscire da questa porta.''
''Lunette, ti prego...''- la implorò lei.
''Se vai da Richelieu non esiterà ad arrestarti.''- fece la bruna con un tono che non ammetteva repliche-:'' Se l'idea di tuo padre in questa situazione mi fa paura, l'idea che possa esserci tu mi atterrisce. Inoltre, si dichiarerebbe colpevole solo per proteggerti.''
Costance abbassò il capo mentra l'amica continuava imperterrita nella sua battaglia di persuasione.
''Inoltre...''- e qui si addolcì-:'' Come hai detto tu stessa, la regina non ha che te di cui potersi fidare. Se vai in prigione sarà più sola che mai.
Inoltre Jean e i moschettieri hanno promesso a D'artagnan che avrebbero avuto cura di te in sua assenza...''
La bionda si convinse del tutto e rassegnò rassegnata.
''E che cosa dovrei fare, allora?''
''Se vuoi mettere fine a questa minaccia restane lontana.''- le consigliò l'amica-:'' Domattina stessa parlerò ai moschettieri dei nostri sospetti, lascia che se ne occupino loro.''
Costance abbracciò forte l'amica per ringraziarla del conforto che era venuta ad offrirle.
Non era servito a farle passare la paura, anzi il terrore, che potesse accadere qualcosa di brutto a suo padre, ma era bello sapere che i suoi amici non l'avrebbero lasciata da sola in un momento come quello.
''Andrà tutto bene, te lo prometto...''- continuava a ripetere Lunette pregando dentro di se che non fossero solo parole dette per consolare l'amica, ma una profezia che non avrebbe mancato di avverarsi.

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Capitolo 20
*** La liberazione del sarto ***


~                                                       LA LIBERAZIONE DEL SARTO
Quella notte non era riuscita a dormire.
Troppe preoccupazioni e pensieri la attanagliavano.
E il brutto era che tutti quei problemi erano piovuti su di loro come pietre lanciate da una catapulta, arrivate all'improvviso senza avere tempo e modo di organizzare una difesa.
L'onore della regina a repentaglio per colpa di quelle vipere di Milady e Richelieu, D'artagnan da solo in un paese straniero per tentare di contrastare il loro intrigo...
E adesso Richelieu aveva fatto prelevare il padre della sua amica Costance, e il sospetto che volesse estrapolare dall'uomo informazioni compromettenti si faceva sempre più corposa mano a mano che l'orologio camminava.
Spazzolò con forza e vigore i suoi capelli bruni.
Anzi, con aggressività, come se quella normale operazione che era nel quotidiano di ogni donna fosse diventata un metodo per sfogare la rabbia e l'ansia che via via andava accumulando.
Una volta terminate ''le ostilità'' tra lei e la sua chioma, indossò un abito sul rosa confetto e si sistemò i capelli in una treccia.
Il letto di Aramis, come il suo del resto, non era stato neanche toccato.
Segno che la padrona non aveva fatto neanche ritorno a casa quella notte.
''Jula, ti va di fare una passeggiata fino alla residenza di Treville?''- propose la ragazza al suo cane.
L'animale abbaiò per due volte di fila.
Lo prese per un sì.
Splendeva il sole, come nei giorni scorsi.
In genere era felice quando c'era il sole, ma non in quel momento.
Nella ''passeggiata'' passò per caso davanti alla bottega del fornaio e non potè fare a meno di entrare, non tanto per sè, ma in merito alla consapevolezza che essendo i moschettieri stati fuori ad indagare e cercare il padre di Costance per tutta la notte, sia loro che il piccolo Jean avrebbero gradito qualcosa da mettere sotto i denti.
La sua attenzione fu catturata da una crostata di ciliege.
La acquistò e la mise nel cestino che si era porta dietro come copertura, nel caso le guardie del cardinale l'avessero notata.
Raramente una serva intenta a fare la spesa o commissioni varie destava scalpore.
Fortunatamente il tragitto fu abbastanza tranquillo.
''Buongiorno ragazzi.''- li salutò allegramente la giovane.
Athos ed Aramis furono i primi a rispondere al saluto.
''Buongiorno mademoiselle...''- fece Athos con il suo solito tono intriso di galanteria.
''Ciao Lunette...''- fece Porthos per poi fermarsi nel sentire il profumo di marmellata di ciliege e pastafrolla appena sfornata proveniente dal cestino della ragazza-:'' cos'è questo profumino?''
''Crostata di ciliege.''- spiegò lei senza molte cerimonie-:'' ho pensato che avreste gradito la colazione.''
''E hai pensato bene, avevo una fame che nemmeno ti immagini!!!''- fece il gigante euforico.
''Noi si visto che è da quasi tre ore che non fai che ripetercelo...''- scherzò Aramis.
Athos scoppiò a ridiere.
''Ad ogni modo abbiamo bisogno tutti di rifocillarci un po'... andiamo nello studio.''- propose Athos.

''Lunette, a proposito...''- fece Aramis posando per un attimo il suo pezzo di crostata-:'' come sta Costance?''
''Ieri sera voleva andare a costituirsi dal cardinale, ma l'ho bloccata in tempo.''- illustrò la ragazza con un' espressione preoccupata-:'' non bene. Voi invece?''
Athos fece cenno di no con la testa.
''Niente da fare.''- spiegò il moschettiere più anziano-:'' abbiamo cercato ovunque ma per adesso non abbiamo trovato nulla.''
Lunette sospirò.
Non avrebbe potuto dare buone notizie a Costance per adesso.
'' Se solo avessimo anche il più piccolo indizio...''- sospirò Aramis.
''Forse vi posso aiutare.''- fece Lunette improvvisamente seria.
I moschettieri, persino Porthos, persero la voglia di finire la crostata che la ragazza aveva gentilmente portato loro incuriositi come non mai di ascoltare le sue parole.
Athos chiuse la finistra dopo essersi assicurato che nessuno li stesse ascoltando.
Aramis diede alla ragazza il permesso di parlare.
Non era una di quei nobili che imbavagliava i propri servi nella medievale convinzione che i servi non avessero dignità e sentimenti, figurarsi il permesso di parlare... ma in quel momento era meglio valutare attentamente cosa dire e quando dire certe cose.
''Come gia sapevamo...''- iniziò la ragazza-:'' Nella possibilità che la regina mandasse qualcuno a recuperare il collier in Inghilterra, Richelieu ha  fatto in modo che nessuno potesse lasciare la Francia per molto tempo, eccezion fatta per chi possedeva un documento firmato da lui e che autorizzava il suo portatore a partire per mare nonostante il decreto.''
Porthos annuì.
''Lo sappiamo, ed è il motivo per cui Costance e Jean ci hanno raggiunto a Calais...''- e qui iniziarono a capire dove la giovane serva volesse andare a parare.
''Ha senso...''- fece Athos-:'' vuole costringere Bonacieux a testimoniare in suo favore e arrestare Costance.''
''Che vigliacco...''- sbottò Aramis.
''Ma Bonacieux non tradirà mai sua figlia.''- cercò di rincuorarli Porthos.
''Richelieu e Rochefort apprezzano molto la lealtà...''- fece mesto Athos-:'' ma non quando questa lealtà non è rivolta verso di loro. Dobbiamo assolutamente scoprire dove si trova Bonacieux e liberarlo.''
I due mochettieri annuirono.
In quel momento si sentì bussare alla finestra  dello studio.
''Jean!''- fece la ragazza quando, aperta la finestra, ebbe visto chi era il loro misterioso visitatore.
Lo prese in braccio e da lì lo portò dentro la stanza.
''Ho scoperto dove tengono prigioniero Bonacieaux.''- disse il bambino tutto in un fiato.
La ragazza preparò un piatto per il bambino e glielo offrì.
''Prima mangia qualcosa e poi ci racconti tutto, va bene?''- fece la ragazza con tono materno.
Il bambino non se lo fece ripetere due volte.
Ora che la giovane glielo aveva fatto notare, in effetti avvertiva un certo languorino. Anzi, era proprio fame.
''Si trova chiuso nella soffitta del palazzo di Rochefort.''- comunicò il bambino dopo che ebbe finito ciò che la ragazza gli aveva offerto.
''Ovvero l'unico posto in cui può tenere un prigioniero senza che sia stato emesso un regolare mandato di cattura.''- riflettè Athos maledicendosi per non averci pensato prima.
Era la soluzione più ovvia e lui non vi aveva minimamente pensato.
''In effetti''- ricordò Aramis-:'' una volta anch'io sono stato rinchiuso là dentro.''
''E fu in quell'occasione che D'artagnan ti tirò fuori dai pasticci.''- aggiunse Porthos.
Lunette assunse un'espressione stizzita, seguita a ruota dal bambino.
''E noi che eravamo, parte del paesaggio?''- chiese Lunette imbronciata.
La bionda scoppiò a ridere e scompigliò scherzosamente i capelli alla ragazza.
''Giusto... quindi stavolta tocca a me restituire il favore.''- annunciò la moschettiera.
''Non mi piace nemmeno un po' l'idea di saperti da solo in casa di Rochefort... dammi retta, rimani con noi.''- le consigliò Athos.
''E gia che ci siamo, diamo a Rochefort una bella lezione.''- fece Porthos felice come non mai dell'idea di poter mettere le mani addosso al cardinalista per dargliele di santa ragione.
''Fate presto però.''- li pregò il bambino-:'' Bonacieaux è ridotto male a causa delle frustate.''
Lunette annuì.
Sapeva fin troppo bene quanto crudele poteva essere Rochefort, e l'aveva imparato sulla sua pelle.
Non aveva avuto pietà di lei quando era una ragazzina di appena quattordici anni, figurarsi se poteva aver pietà di un uomo anziano.
''Non preoccuparti, ci diamo subito da fare...''- ma Athos non terminò mai la frase in quanto nella stanza fece ingresso il capitano dei moschettieri di Parigi assieme alla dama di compagnia della regina.
''Non starete pensando di andare a salvare il sarto Bonacieux, voglio sperare.''- li redarguì il militare gettando la confusione tra i suoi sottoposti.
''Capitano, come mai questo tono?''- chiese Athos a nome di tutti.
''Ordini della regina.''- spiegò Treville-:'' mi dispiace, ma devo proibirvi di andare.''
Lunette sgranò gli occhi dalla sorpresa.
''Costance, è la verità?''- chiese la bruna.
La giovane attendente della regina non potè che fare cenno di si con il capo.
''La regina non vuole che qualcuno si metta in pericolo inutilmente.''
A quel punto Jean perse le staffe.
''L'unico ad essere in pericolo è tuo padre!!!!''- quasi urlò-:'' possibile che tu non sia preoccupata per lui?''
''Certo che lo sono!''- fece l'interpellata punta sul vivo.
''E allora?''- insistè il bambino.
Costance tentò di calmarsi e poi riprese-:'' La regina ha detto che si occuperà personalmente della faccenda.''
Jean però era scettico.
''Si... che cosa volete che possa fare quella?''
La bruna non potè non trattenere una risata a quelle parole, ma il bambino venen fulminato con lo sguardo da tutti i moschettieri presenti.
''Sai che basterebbe questo per parlare di alto tradimento?''- lo informò Treville sarcastico. Sapeva che Jean non lo pensava veramente e che era solo la preoccupazione per il suo maestro a farlo parlare così, ma per deformazione professionale si era ritrovato a ricordare al ragazzino di chi aveva appena messo in dubbio l'autorità.
''Se non è stata capace di aiutarci prima, cosa vi fa pensare che possa fare qualcosa adesso?''- continuò imperterrito il ragazzino.
''Veramente io...''- tentò Costance-:'' io ho molta fiducia nella regina. Ha detto che si occuperà della questione e sono certa che vi riuscirà.
Fino ad allora vi prego... non fate niente, vi prego.''- implorò la ragazza rivolta in particolar modo alla serva di Aramis.
I moschettieri l'avevano vista crescere.
Le avevano insegnato prima a leggere, scrivere e far di conto, e poi come badare a se stessa.
Inoltre la coinvolgevano spesso e volentieri in situazioni non esattamente ''convenzionali'' per una ragazza... portarla in missione con loro, a volte la mandavano in avanscoperta alla ricerca di informazioni... si fidavano di lei.
''Sei d'accordo con me, vero Lunette?''- fece la bionda aggrappandosi alle braccia dell'amica.
Gli occhi della giovane dama di compagnia della regina erano talmente imploranti e disperati che la bruna non se la sentì proprio di deluderla.
''Sapete...''- tentò Lunette rivolta ai moschettieri-:'' non credo abbia tutti i torti, in fondo...''
Athos parve pensarci un attimo e poi si pronunciò.
''E va bene mademoiselle Costance. Faremo come dite voi.''
La ragazza ringraziò tutti con un largo sorriso.

Bonacieaux tornò a casa nello stesso giorno.
La regina aveva mantenuto la promessa e non appena ebbe rivelato al re suo consorte che il primo ministro aveva arrestato il sarto personale della moglie, il sovrano chiese subito le accuse che li pendevano sulla testa.
Richelieu fu costretto ad ammettere che il sarto non aveva fatto niente che comportasse una reclusione e a malincuore fu costretto a lasciarlo andare consapevole che adesso non aveva più modo di incastrare Costance.
Il sarto era ridotto male.
Senza dubbio, Rochefort lo aveva spremuto come un limone, con le buone e con le cattive.
Anzi, solo con le cattive.
''Se solo ne avessi la possibilità non so che cosa...''- sbottò Lunette quella sera.
Il sarto, seppur molto debole, voleva sdebitarsi con coloro che si erano dati da fare per aiutarlo e proteggere sua figlia, ed aveva insistito affinchè quella stessa sera fossero suoi ospiti.
''Se ti servisse una mano non farti scrupoli cara...''- fece Martha agitando in aria una padella-:'' perchè in quel caso ho intenzione di servir loro una pietanza che si ricorderanno a vita.''
Athos sgranò gli occhi sia dalla paura che della sorpresa.
''Ragazzi, siamo accerchiati da alcuni potenziali sicari e non lo sapevamo...''- scherzò il moschettiere.
Bonacieux si lasciò sfuggire una risata nonostante il dolore.
''Non preoccupatevi di Martha, Athos...''- gli consigliò il sarto-:'' ma se fossi in voi non farei arrabbiare Lunette, anche perchè l'avete addestrata voi.''
Il gruppo scoppiò a ridere.
Era bello ritrovarsi di nuovo assieme a ridere e scherzare dopo i momenti di ansia e di paura per il padre di Costance.
C'era solo una cosa che li preoccupava... D'artagnan da solo in Inghilterra e l'orologio che camminava inesorabile e che mano a mano che batteva i minuti e di conseguenza le ore s avvicinava sempre di più alla data tanto temuta e bramata sia dai sovrani, da Richelieu e dalle sue guardie e dai moschettieri.
Il ballo che avrebbe annunciato il matrimonio tra Carlo I, re d'Inghilterra, e la principessa Henriette Marie de Bourbon, sorella minore del sovrano francese.
Mancavano poco più di due giorni alla data del ballo e non avevano ancora alcuna notizia del loro giovane amico.
Ma in fin dei conti non aveva senso logorarsi l'anima in quel momento. In fin dei conti D'artagnan si era rivelato una continua sorpresa, fin dal primo momento in cui le loro vite si erano incrociate.
Ce l'avrebbe fatta,
Ne erano tutti sicuri.

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Capitolo 21
*** Vittoria sudata ***


~                                                       VITTORIA SUDATA
Quei due giorni erano volati talmente in fretta che nessuno se ne era realmente accorto, ma ciò non significava che fossero stati due giorni all'insegna della tranquillità.
I tre moschettieri avevano ricevuto dalla regina il compito di stare sempre vicino a Costance per proteggerla nel caso Richelieu avesse tentato di arrestarla con una scusa qualunque.
Non contento di ciò, aveva ricominciato ad insunuare il tarlo del dubbio nella mente del sovrano.
 Costance aveva infatti rivelato all'amica , che mentre lei e suo padre erano assieme alla sovrana per aiutarla a provare l'abito che il sarto aveva confezionato per la regina in occasione della festa danzante ormai imminente, il re si era presentato negli appartamenti della moglie senza il minimo preavviso, iniziando a fare un sacco di domande su dove si trovasse la collana di diamanti.
Gli avevano rifilato la scusa che la collana si trovava dal gioiellere e che se la stava prendendo comoda nella riparazione del monile e almeno per il momento sembrava che il sovrano ci avesse creduto... sembrava, almeno.
E sulla scia di questi avvenimenti erano così passati quei due giorni.
Il giorno fatidico era oramai arrivato.
''Ce la farà, ce la farà, ce la farà, ce la farà...''- borbottò la bruna tirando su l'acqua dal pozzo per far abbeverare i cavalli.
In genere quando era agitata o preoccupata, avere qualcosa da fare,  tenere la mente occupata era un calmante miracoloso, ma in quell'occasione non serviva a molto.
''Che cosa borbotti, un mantra portafortuna?''- fece Athos arrivandole alle spalle facendola trasalire-:'' Oh!''- fece il moschettiere recuperando il secchio-:''Scusa... non volevo spaventarti.''
La ragazza riprese il secchio dalle mani del moschettiere.
''Grazie...''- fece la giovane.
''Preoccupata per D'Artagnan?''- chiese Athos.
''Voi che ne pensate? Non abbiamo avuto sue notizie per giorni, non sappiamo nemmeno dove si trova in questo momento...''- ed ormai era solo questione di poche ore.
Ora come non mai avrebbe voluto essere una strega.
Una strega che avesse i poteri se non di far scorrere il tempo al contrario, almeno di fermarlo per dare tempo a D'artagnan.
In quel momento vennero raggiunti da Porthos ed Aramis.
''Ragazzi, ci sono delle novità!''- fece la bionda-:'' due notizie... una buona e una cattiva.''
Bastarono queste semplici parole per mettere il moschettiere bruno e la domestica di Aramis sull'attenti.
La bionda lasciò che fosse il gigante a parlare al suo posto.
''Jean stava tenendo d'occhio Rochefort... e lo ha visto dirigersi con un drappello di guardie verso la Porta di Saint Denis.''
''Cioè, quella posta a Nord di Parigi...in direzione dell'Inghilterra...''- fece Athos.
Poteva voler dire una sola cosa...
D'artagnan era di nuovo in Francia e si stava dirigendo verso Parigi.
La buona notizia era dunque che D'artagnan era riuscito a tornare con la collana della regina... la cattiva era che il comitato di benvenuto lasciava molto a desiderare.
''Un ragazzo da solo contro Rochefort e un drappello di guardie? Se lo mangieranno vivo...''- fece Lunette agitandosi.
I moschettieri si trovarono d'accordo.
Vero, D'artagnan era straordinariamente abile con la spada per la sua età... ma quelli erano pur sempre soldati e giocare pulito non era proprio il loro modus operandi preferito.
''E' proprio per questo motivo che gli andremo incontro.''- sentenziò Athos.
''Vi preparo i cavalli, sarò pronta in un attimo..''- fece Lunette avviandosi verso le stalle.
Qualcuno le serrò il braccio in una solida morsa.
Aramis.
''Aspetta, tu hai altro da fare al momento.''- le consigliò la bionda-:'' va al palazzo del Louvre. Dì alla regina e a Costance di stare tranquille e di non disperare. Andiamo a prendere D'artagnan e torniamo.''
Lunette annuì.
''Va bene... state attenti mi raccomando.''- fece la ragazza con una nota di preoccupazione nella voce.
''Non abbiate paura madamigella, prima ancora che ve ne accorgiate il vostro amato sarà di ritorno.''- la prese in giro Athos ammiccando ad Aramis.
Aramis divenne rossa come un peperone.
Oramai avrebbe dovuto farci l'abitudine a quegli scherzi... le dame della corte, la maggior parte dei moschettieri e dei cardinalisti erano fortemente convinti che Aramis, il moschettiere biondo ed irreprensibile provasse il più sincero e profondo dei sentimenti per quella giovane ragazza che gli faceva da serva...all'inizio la cosa le aveva imbarazzate ambedue, salvo poi realizzare che quella loro credenza avrebbe reso l'essere uomo di Reneè ancora più credibile.
A volte però quell'imbarazzo usciva fuori di nuovo.
La giovane serva sorrise e poi s'incamminò verso il palazzo del Louvre al fine di informare la regina che oramai poteva stare tranquilla e che la collana di diamanti sarebbe arrivata in tempo.
''Ne sei veramente sicura?''- chiese la regina gia abbigliata per la festa, che non riusciva a credere alle sue orecchie.
''I moschettieri sono andati a prendere D'artagnan lungo la strada... sarà qui presto, vedrete.''- ripetè la giovane.
Se lo augurava di tutto cuore... era gia passato diverso tempo da quando i moschettieri del re erano partiti... di sicuro in quel momento Rochefort e i suoi stavano lottando contro di loro per impedire a D'artagnan di arrivare in città.
Lunette passò nelle stanze della regina, assieme all'amica Costance, la maggior parte del pomeriggio prodigandosi per distrarre la sovrana con discorsi più allegri e divertenti come ad esempio il modo in cui lei e i moschettieri si erano assicurati che Rochefort non li seguisse più almeno per un po' e di come lei, appena tornati a Parigi, gli avesse ''rinfrescato la memoria'' su come rivolgersi ad una ragazza indipendentemente dal suo stato sociale.
Per un po' l'operazione di distrazione aveva anche funzionato... ma oramai le campane della cattedrale di Notre Dame battevano le sette del pomeriggio.
Il cielo si dipingeva rapidamente di un bellissimo arancione e presto il sole se ne sarebbe andato per cedere il suo posto ad un mantello nero costellato da milioni di stelle.
''Non è ancora arrivato?''- fece la regina con fare rassegnato.
''Sarà qui a momenti, vedrete...''- cercò di rincuorarla Costance cercando di nascondere l'agitazione che lei stessa provava.
Quando un paggio di corte venne a chiamare la regina per conto del re suo consorte lo sconforto e la preoccupazione se ne andarono per lasciare il posto alla disperazione.
''Lunette, dobbiamo fare qualcosa...''- fece Costance tra i singhiozzi della sovrana.
Lunette annuì decisa.
Non potevano aver lottato fino a quel punto... i rischi che avevano corso, i pericoli che D'artagnan avevano corso... per farla finire così.
No, Richelieu non avrebbe mai... mai, per nessuna ragione al mondo, potuto dire di essere riuscito a mettere in ginocchio i moschettieri del re.
''Tu va nel salone dei ricevimenti e cerca di prendere tempo... io vado a vedere a che punto siamo con l'arrivo di D'artagnan..''
Detto questo, le due ragazze corsero ai loro ''posti di combattimento''.
Costance eseguì più che bene il suo compito: con la scusa di voler aiutare nei preparativi era riuscita a spegnere due lampadari ed impedire così che qualcuno entrasse nel salone, ma come diversivo durò poco.
Nel frattempo di D'artagnan ancora nessuna traccia.
Sia Lunette che il piccolo Jean, fuori gia da tempo per assistere all'arrivo dell'amico, iniziavano ad agitarsi.
''Oh, D'artagnan, ovunque tu sia ti prego di sbrigarti!!!''- pregò Lunette mentalmente.
Purtroppo nessuno parve rispondere a quella supplica.
''Lunette...''- fece Costance raggiungendoli con uno sguardo colmo di disperazione.
Ormai era questione di pochi minuti... e la vita della regina sarebbe finita per sempre.
''E' finita...''- fece Costance.
La bruna scosse con decisione il capo in un cenno di dissenso.
''No. Se c'è una cosa che ho imparato dai moschettieri è questa. La battaglia non è finita fino a quando non lo decidiamo noi.''
In quel momento esatto... come una visione apparve proprio il guascone, correndo come se avesse il diavolo alle calcagna.
Ma il tanto atteso sospiro di sollievo non potè essere sospirato in quanto D'artagnan non era solo.
Milady lo seguiva a vista su un piccolo calesse.
''Oh no...''- fecero in coro i tre ragazzi.
In breve, su quella strada di Parigi, a pochissimi metri dalla meta si era sviluppato un terribile quanto poco equo scontro.
D'artagnan era costretto a difendersi sia dalla perfida spia del cardinale che dalla scimmietta di lei che si era aggrappata al viso del giovane moschettiere parandogli così ogni visuale.
Dal punto in cui si trovava, Lunette era riuscita ad intravedere che la donna brandiva un oggetto che sotto la luce della luna brillava come un diamante.
Un pugnale, poco ma sicuro.
''NO!''- urlò la ragazza correndo verso il moschettiere per poi pararsi davanti a lui.
Quando sentì la lama del pugnale all'interno del braccio, la ragazza sentì un dolore così prepotente da non riuscire a credere fosse possibile provare.
Era talmente concentrata su QUEL dolore da non accorgersi nemmeno di essere finita a terra.
''LUNETTE!!!''- urlarono il guascone, il bambino e la dama di compagnia della regina.
Persino Milady si stupì nel vedere che invece di D'artagnan, il fendente aveva colpito la ragazza.
E non si sarebbe fatta scrupoli a colpire nemmeno il piccolo Jean, paratosi davanti al guascone per difenderlo, se in quel momento non fossero arrivati i tre moschettieri.
''Lunette!!!''- gridò Aramis scorgendo da lontano la figura della sua serva stesa a terra.
''D'artagnan, cos'è successo?''- chiese Athos mentre il suo compagno biondo scendeva dal cavallo pallido come un cadavere per soccorrere la propria domestica.
''Milady ha cercato di colpirmi... Lunette... lei voleva proteggermi...''- spiegò D'artagnan ancora sconvolto da quanto era accaduto.
''Lunette? Lunette?''- fece Aramis scuotendo leggermente la sua serva semisvenuta.
Il braccio sanguinava, ma non sembrava una ferita grave.
''Come sta?''- s'informò D'Artagnan preoccupato per l'amica che si era presa una coltellata al posto suo.
''Sta bene...''- fece Athos-:'' non è niente di grave, ha solo perso i sensi a causa dell'emorragia. Dobbiamo portarla subito a casa e chiamare un dottore per pulire questa ferita.''
Aramis la prese in bracciò e la issò sul suo cavallo.
''D'artagnan, tu vai, ormai non hai più tempo...''- fece Aramis preoccupata sia per l'attardarsi dell'amico che per il ferimento imprevisto della giovane Lunette.
''Ma Lunette è...''- tentò il guascone.
''La ferita non è niente di grave.''- lo rassicurò Athos-:'' starà benissimo. Tu muoviti.''
D'artagnan fissò l'amica ferita e semisvenuta.
Prima Aramis, adesso Lunette...
Si erano sacrificati rischiando la vita per salvare la sua e permettergli di portare a termine la missione...
No, non poteva deluderli.
Ricominciò a correre come se Satana lo stesse inseguendo.
Il primo impulso  di Aramis fu quello di sguainare la spada, cercando con i suoi occhi blu nei quali adesso ardeva il fuoco vivo la donna che aveva cercato vigliaccamente di uccidere D'artagnan e che aveva ferito Lunette.
''Lasciala perdere Aramis... pensiamo a Lunette...''- fece Athos ancora incredulo che quell'atto di coraggio fosse stato commesso da una ragazza.
Di che si stupiva? Non l'aveva forse vista crescere, diventare prima una ragazzina molto carina e una donna poi?
Una donna alla quale avevano insegnato a cavalcare come un uomo, a combattere, badare a se stessa...
''Saresti un ottimo moschettiere Lunette...peccato che sei una ragazza.''

La prima cosa che Lunette avvertì al proprio risveglio furono i primi raggi del sole che filtravano dalla finestra.
Aperti gli occhi ebbe una maggiore consapevolezza di dove si trovasse.
Nella sua stanza, o per meglio dire nel suo letto.
''Ti sei ripresa finalmente...''- fece Aramis seduta su una sedia accanto al suo letto.
In faccia aveva i segni di chi quella notte non aveva dormito.
''Non sai che spavento mi hai fatto prendere...''- continuò la bionda.
Scherzi a parte si era davvero spaventata quando da lontano aveva intravisto la ragazza riversa a terra con il braccio immerso in una pozza di sangue vermiglio.
Aveva gia perso l'amore della sua vita.
La sua morte l'aveva gettata in un baratro di dolore e disperazione da cui non era sicura nemmeno adesso di essere uscita.
Lunette era l'unica delle persone che conosceva a sapere tutto di quel dolore, quella  che nel cuore della notte l'aveva confortata e che le aveva giurato di aiutarla a trovare l'omicida dell'uomo che amava...
Se anche Lunette se ne fosse andata non avrebbe più avuto pace.
''Di ragazze belle da prendere a servizio ne è piena la Francia...''- gli avevano detto prima di conoscere Lunette.
Molti glielo avrebbero ridetto i caso la ragazza per motivi di forza maggiore non avesse più potuto essere con lei... ma lei non voleva un'altra serva.
Aramis voleva Lunette.
Come serva... come confidente, come amica...
''Ti fa male il braccio?''- chiese la moschettiera posando lo sguardo sull'arto che il medico aveva immobilizzato.
Lunette fece cenno di no con la testa.
Effettivamente un po' di dolore lo sentiva, ma era talmente impercettibile da non credere che fosse suo.
''Ne ha fatto un po' quando è entrato il pugnale, ma adesso sto meglio.''- l'unica cosa che le seccava era che Milady avesse colpito proprio il braccio destro, quello con cui impugnava la spada e che usava più spesso-:'' A proposito, ieri sera come è...?''
Aramis sorrise.
''E' stata una dura battaglia ma... D'artagnan ha vinto.''- in quel momento non avrebbe potuto darle una gioia più grande.
Avevano vinto.
Ce l'avevano fatta malgrado tutto e tutti...
La regina Anna si era presentata al gran ballo con addosso la collana di diamanti dimostrando così al re che tutto quello che Richelieu gli aveva raccontato sul suo conto erano calunnie.
Richelieu doveva essere diventato verde di bile.
Si tirò a sedere sul letto, a fatica, e le due donne si trovarono chiuse in un abbraccio fraterno.

 

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Capitolo 22
*** Fine della pausa ***


~                                                       FINE DELLA PAUSA
Che Lunette ricordasse non era mai stata a letto fino a quell'ora sin da quando era bambina.
Riordinava, puliva, cucinava, lavava, rammendava... non era mai successo in vita sua che alle dieci del mattino fosse ancora sotto le coperte.
Eppure era così.
Durante il caso della collana della regina Anna si era presa una coltellata nel braccio.
La lama era penetrata in profondità, ma per fortuna non aveva causato gravi danni. Aveva solo perso abbastanza sangue da farla dormire per una notte intera ed una buona parte del giorno successivo.
''Per un po' di tempo dovrà starsene a riposo e non fare sforzi.''- aveva dichiarato il dottore che Treville aveva fatto chiamare appositamente per lei.
All'inizio, l'idea di poter dormire un paio d'ore in più non le era affatto dispiaciuta anzi... sopratutto per il dolore al braccio che una volta finito l'effetto delle medicine iniziava a farsi sentire notevolmente.
Con il passare dei giorni però, l'idea di non avere niente da fare e con Aramis e i suoi amici che vigilavano su di lei affinchè non si sforzasse minimamente diventava sempre più pesante.
Athos, Porthos e D'artagnan venivano regolarmente a trovarla per raccontarle quello che succedeva in caserma in sua assenza: incredibile ma vero, al momento Richelieu e i suoi se ne stavano buoni.
Forse dipendeva anche dal fatto che il re ( una volta appurata la fedeltà coniugale della moglie) aveva tassativamente proibito al primo ministro di mettere in giro altre voci malevole sul conto della sovrana.
L'apprendistato di D'artagnan era da considerarsi ormai finito.
Aveva appena cominciato, questo era palese, ma nessun moschettiere apprendista finora era riuscito a salvare l'onore della regina in un tempo così ristretto, quindi non era così sciocco pensare che il capitano decidesse di promuoverlo presto.
''L'unica cosa... ci manchi.''- le avevano confidato i moschettieri.
Passando così le giornate, erano gia trascorse due lunghe settimane.
Quella mattina c'era un sole luminoso in cielo.
Si preannunciava una grande giornata.
Soprattutto per un certo moschettiere che conosceva... quel giorno ci sarebbe stata la cerimonia d'investitura al palazzo reale.
Lunette dal canto suo era stufa di starsene a letto.
Ormai la ferita si era rimarginata e presto anche la cicatrice-ricordo di quell'avventura sarebbe andata via per sempre.
Si alzò, si lavò e indossò il suo abito preferito: camicetta bianca, gilet rosa, gonna verde acqua.
Lasciò i capelli liberi, morbidi sulle spalle e si mise a dare una rinfrescata alla stanza di Aramis.
''Lunette!!!''- mentre spolverava il davanzale della finestra si sentì chiamare da una voce femminile e molto sorpresa.
Pose lo sguardo sulla strada sottostante e vide l'amica Costance.
''Ehy!!!''- la salutò allegramente la mora-:'' che fai di bello da queste parti?''
''Io passavo a trovarti prima di andare dalla regina...''- continuò Costance con stupore-:'' ma tu che stai facendo?''
All'inizio la ragazza avrebbe dato per scontata la risposta-:'' Il mio lavoro: mi occupo della casa.''- anche se era difficile riadattarsi alla vita di domestica dopo tutto quello che era successo.
Decise di optare per un-:''Avevo una ferita al braccio, non ero moribonda...''- fece la ragazza ando ad aprire la porta di casa in modo che l'amica potesse entrare.
''Sono contenta...''- fece la bionda entrando-:'' non hai idea dello spavento che ci hai fatto prendere...''
Lunette reagì con un espressione che andava dallo scettico al sarcastico-:''Diciamo che Monseiur Aramis mi ha aiutata a farmi un'idea molto chiara...''
Le due ragazze sorrisero e poi Costance poggiò una specie di fagotto sulla tavola.
''Te lo manda Martha: crostata di fragole.''- fece la bionda disfacendo il nodo-:'' ha detto che forse ti avrebbe fatto piacere qualcosa da mangiare che fosse commestibile.''
Lunette si fece scappare una risata.
Indubbiamente, Martha, nella convinzione che Aramis fosse un uomo, di conseguenza riteneva che fosse incapace di svolgere qualsiasi tipo di mansione che avesse a che fare con il mandare avanti una casa.
Povera donna, se solo avesse saputo la verità...
''Ti rivelo un segreto...''- fece la bruna sedendosi con l'amica-:'' Monseiur Aramis quando ci si mette, cucina persino meglio di me.''
Ad onor del vero c'era da dire che non era una bugia.
Aramis le aveva raccontato che quando era una ragazzina amava passare del tempo con la sua servitù anzichè frequentare i salotti delle altre ragazze di buona famiglia a bere il tè o perdersi in discorsi frivoli come abiti o pettegolezzi vari.
Si poteva dire che Renèe, prima del tragico avvenimento che le aveva distrutto la vita, aveva avuto come unici veri amici quelli della servitù.
Certo, non le avevano insegnato proprio tutto di come fare per occuparsi di una casa ( non avrebbe avuto bisogno di una domestica in quel caso), ma la giovane moschettiera aveva imparato a mettere insieme due o tre cose per far uscire qualcosa di commestibile.
Costance ebbe un sussulto a quelle parole.
''Fammi capire bene... è un soldato, è bello, non ha occhi che per te, sa pure cucinare... che diavolo aspettate a sposarvi?''
Lunette sospirò divertita.
''Beh... vi sono un bel po' di elementi che impediscono una felice unione... il fatto che siamo entrambe donne, ad esempio.''- pensò senza però dirlo apertamente.
''A proposito di questo...''- Costance era stranamente imbarazzata-:'' stasera lo vedo... abbiamo appuntamento alla cattedrale di Notre-Dame alle sei.''
Lunette strabuzzò gli occhi per la contentezza e l'incredulità.
''Oddio... Costance, ma è fantastico!''- fece sinceramente contenta.
Lunette era consapevole di quanto D'artagnan avesse dovuto lottare per conquistare il cuore della sua amica, e di quanto la sua amica fosse stata in pena per il giovane ( oramai ) moschettieri a pieno titolo, prima per il finto funerale di questi e per tutta la vicenda della collana poi.
Quindi non poteva che essere felice sapendo che quella sera i due amici avrebbero passato  una piacevole serata assieme, finalmente liberi da ogni tipo di preoccupazione.
L'imbarazzo di Costance però non era scomparso.
''Quindi...''- tentò la bionda-:'' per te va bene?''
Dalla contentezza per la notizia dell'amica, la bruna parve letteralmente cadere dalle nuvole.
Ad ogni modo rispose-:''Certo...''- rispose scetticamente-:'' come mai questa strana domanda?''
''Beh... ti ricordi quel giorno sulla collina?''- fece Costance alludendo al giorno in cui D'artagnan aveva quasi incrociato le lame con quelli destinati a diventare i suoi migliori amici.
''E chi se lo scorda? Treville ha costretto Rochefort ad andarsene con la coda tra le gambe...''- ogni tanto ripensava a quel giorno con un sorriso sulle labbra.
''Ho visto una strana luce nei tuoi occhi quel giorno... quando tu e D'artagnan vi siete incontrati la prima volta.''- spiegò Costance tutto in un fiato.
Ora si che Lunette era stupita.
Costance le stava chiedendo se per caso il giovane guascone non avesse risvegliato anche i suoi sentimenti.
Vero che tutti la davano come follemente innamorata dle suo padrone, ma nella vita tutto era possibile...
La  bruna le prese le mani per tranquillizzarla.
''Costance, puoi stare tranquilla.''- fece la ragazza fissandola con i suoi grandi occhi sinceri-:'' Ci tengo a lui. Ma ci tengo nello stesso modo in cui tengo a te, al piccolo Jean, Athos e Porthos. Lo considero un amico. Un buon amico, ma niente di più.''
Non poteva certo negare di voler bene al guascone e di essere pronta a tutto pur di difenderlo, ma lo avrebbe fatto per Costance, per i moschettieri e per tutte le persone che conosceva e che le erano amiche.
''Ma quello strano sguardo...''- insistè Costance.
''Avevo avuto l'impressione di averlo gia visto da qualche parte, ma con tutta probabilità mi sbaglio.''
A quelle parole, Costance si tranquillizzò ed abbracciò l'amica.
Si era preoccupata inutilmente.
L'ultima cosa che avrebbe mai voluto era proprio ferire i sentimenti della sua amica d'infanzia.
Erano cresciute insieme, avevano giocato insieme, avevano persino corso dei rischi insieme... non voleva rovinare tutto.
In breve, la bruna si ritrovò di nuovo da sola in casa, con l'unica compagnia di Jula.
Riprese a pulire, ripensando alla visita di Costance non potendo fare a meno di sorridere della dolcezza dell'amica che si era premurata di dirle dell'appuntamento... anzi, di chiederle il permesso temendo che la giovane serva del moschettiere per cui tutte le dame impazzivano si fosse innamorata del guascone, temendo di ferirla.
Preoccupazione più che infondata, ma doveva ammettere che era stata molto carina.
Ora capiva sia perchè fin dal primo momento aveva provato simpatia per lei, perchè la regina le fosse così affezionata e perchè D'artagnan se ne fosse innamorato a prima vista.
Certe volte però si chiedeva cosa si provasse ad essere innamorati.
Aramis le aveva raccontato spesso del suo grande amore per il povero François, assassinato in circostanze mai del tutto chiarite: glielo aveva descritto come un uomo che oltre di bell'aspetto era anche generoso, gentile, cortese ed animato da solidi principi morali.
Era bastato un solo sguardo per farle capire che era lui l'uomo con cui avrebbe voluto passare tutta la vita.
'''Ti auguro veramente di viverlo un amore così grande...''- le aveva confidato la bionda la prima volta che le aveva raccontato la storia d'amore tra lei e il giovane aristocratico con occhi sognanti.
Lunette però non le aveva più chiesto di raccontarle di lui, se non quando la moschettiera si sfogava con la ragazza di sua spontanea volontà dopo un incubo o in un momento di crisi in cui non era più così sicura di poter vendicare la morte dell'amato, intuendo che ricordare quei momenti felici e ormai persi per sempre equivaleva ad affondare una spada invisibile ma che feriva sempre di più la sua benefattrice.
Non poteva negare che a volte avrebbe voluto provare le sensazioni che venivano donate da un amore così grande... ma non si crucciava più di quel tanto.
Aveva una famiglia, degli amici ed una vita tutt'altro che piatta e monotona... e questo le bastava per essere felice.

La giornata passò in fretta.
Si era ormai fatta sera e la giovane Lunette aveva ormai finito di apparecchiare la tavola.
Aspettava solo che la sua padrona tornasse a casa per servirle la cena.
''Fate piano...''- nemmeno a farlo apposta, la moschettiera stava per varcare la porta di casa-:'' Magari Lunette dorme, non vorrei svegliarla...''
La sorpresa dei moschettieri fu immensa nel trovarenon solo la domestica in piedi, vestita e pettinata di tutto punto, ma anche di vedere che la tavola era apparecchiata e di sentire un profumo di minestra e di pesce arrostito diffondersi per la stanza.
La ragazza li accolse con un sorriso.
''Lunette, che fai in piedi?''- le chiese Aramis, sbalordita.
La giovane sorrise.
Era gia la seconda persona quel giorno a rivolgerle quella domanda.
''Mi sentivo molto meglio così ho ripreso il mio lavoro.''- fu la semplice risposta.
Arami sorrise, orgogliosa della ragazza che aveva messo sotto la sua protezione.
Era diversa dalle ragazze di buona famiglia che in passato aveva frequentato, quando Aramis il moschettiere non sarebbe nemmeno dovuto esistere, alle quali bastava un graffio insignificante per ritenersi mortalmente ferite o in fin di vita.
Meglio aver a che fare con assassini e mercenari che con le rampolle di buona famiglia, pensava certe volte.

Atho e Porthos si fermarono a casa di Aramis per cena per raccontare a Lunette che quella stessa mattina D'artagnan era diventato moschettiere a pieno titolo.
Un giorno per molti versi felice dopo il lungo periodo di tensione che il gruppo aveva affrontato per colpa di Richelieu.. se non fosse stato per qualcosa che nessuno di loro era stato capace di spiegarsi.
L'atteggiamento del piccolo Jean.
Da quando avevano fatto la conoscenza del guascone e del bambino, quest'ultimo non aveva mai mancato di spalleggiare il giovane aspirante moschettiere e di sostenerlo in qualunque situazione egli si trovasse, indipendentemente dal fatto che questa fosse spiacevole o meno.
Quel giorno invece il suo comportamento era completamente cambiato.
Anzichè rallegrarsi e gioire per il suo amico, il piccolo aveva reagito con rabbia e delusione alla nomina del giovane moschettiere.
Aveva addirittura preso il moschetto del neo moschettiere con la ferma intenzione di buttarlo nella Senna.
''Sinceramente non capisco cosa gli sia preso...''- commentò Porthos dopo che ebbero finito di raccontare alla giovane domestica l'episodio a cui avevano assistito in caserma quello stesso giorno.
''Forse teme che ora che ha realizzato il suo sogno non lo considererà più suo amico... ma vedrete che gli passerà.''- azzardò Athos.
''A proposito di sorprese, indovina un po' chi aveva un incontro galante questa sera?''- fece Aramis rivolgendosi alla sua serva.
L'interpellata finse di pensarci per un attimo e poi fece-:''D'artagnan e Costance.''
I tre moschettieri strabuzzarono gli occhi dalla sorpresa.
''Ma come, lo sai già?''- fece Posrthos stupito.
Lunette rise con un'espressione furbetta-:''Costance è passata a trovarmi e mi ha raccontato tutto.''
''E ti ha anche detto dove e quando si sarebbero incontrati?''- provò a chiederle Athos con finto fare da cospiratore.
Lunette intuì benissimo dove il bel moschettiere volesse andare a parare.
''Lo so...''- fece con il medesimo tono da cospiratrice-:'' ma non ve lo dirò. Nemmeno sotto le peggiori torture.''
''Sicura?''- fece Athos.
''Se non ci credete chiedete pure a Rochefort.''- rimbeccò lei.
I moschettieri risero.
Proprio in quel momento, dalla finestra entrò il piccolo Copy, il pappagallo che un tempo veniva usato da Richelieu per spiare la regina Anna e che adesso era divenuto amico inseparabile del piccolo Jean.
''Copy...''- fece Athos sorpreso.
''E se ci sei tu, c'è anche...''- Lunette si diresse verso la porta e la aprì.
Proprio come avevano sospettato, il pappagallo non era solo.
Con lui vi era anche Jean.
''Ciao, piccolo...''- lo salutò la ragazza invitandolo ad entrare-:'' che cosa fai qui?''
Per tutta risposta il bambino porse ad Athos un pezzo di stoffa di media lunghezza e di un inequivocabile colore rosa.
Un nastro per capelli.
E non era un nastro per capelli come tutti gli altri... tutti loro lo avevano gia visto e rivisto un sacco di volte.
Indubbiamente apparteneva a Costance.
''Jean, dove lo hai preso?''- chiese Aramis preoccupata.
''E' stato Copy a portarmelo.''- spiegò il bambino.
Lunette s'inquietò.
Non era da Costance andare in giro con i capelli in disordine.
Essendo una ragazza nonchè dama di compagnia della regina era sempre molto attenta ad essere sempre a posto, ordinata e decorosa.
''E se le fosse accaduto qualcosa?''- ipotizzò Aramis dando voce alle preoccupazioni della sua serva.
''Ma dovrebbe essere con D'artagnan in questo momento. Avevano un appuntamento.''- fece Porthos ricordando a tutti il motivo per cui avevano dovuto rimandare i festeggiamenti per la nomina del loro amico.
''Ma questo non ha senso... se D'artagnan e Costance erano assieme perchè Copy avrebbe dovuto portarci questo nastro?''- fece notare Athos.
Mano a mano che passavano i secondi, il pappagallo pareva innervosirsi sempre di più.
Era come se stesse cercando di dire qualcosa di molto importante senza però riuscirvi.
''Credo che voglia essere seguito...''- fece Aramis-:'' coraggio, andiamo.''

''E tu dove pensi di andare?''- chiese Aramis nel vedere la sua serva abbigliata con la tenuta da uomo che indossava per gli allenamenti  e per i lunghi viaggi, raggiungerli tenendo per le brigli il suo Fabrice.
''Vengo con voi, mi pare ovvio.''- rispose lei con decisione.
''Non se ne parla nemmeno, sei stata ferita rammenti?''- fece Aramis con fare autoritario.
''Si, ma parliamo di due settimane fa. Ormai la ferita si è rimarginata e io sto bene.''- insistè la ragazza decisa come non mai.
Due dei suoi migliori amici erano in pericolo con tutta probabilità e lei non aveva la minima intenzione di permettere ad uno stupido taglio sul braccio la cui presenza era diventata ormai impercettibile di fermarla.
''Stai bene, ne sei sicura?''- la interrogò Athos.
Lunette annuì di nuovo, e poco prima che riuscisse ad aprire bocca per pronunciare anche solo una parola, Athos tirò fuori dal fodero la sua spada e cercò di sferrarle un colpo.
Colpo che la ragazza parò prontamente con la spada che portava legata alla cintura brandendola con il braccio infortunato.
''Sta bene.''- fece rivolto al commilitone biondo per rassicurarlo.
A quelle parole Aramis di convinse e diede alla ragazza il permesso di accompagnarli.
Il gruppo iniziò a cavalcare verso la porta di Saint Denis e sotto la guida del pappagallo lasciarono in fretta la città con la preoccupazione nel cuore.
''Ragazzi, tenete duro, stiamo arrivando.''- pensò Lunette pregando  che non fosse successo nulla di grave.
A quanto pare la tregua era finita.
Anzi, era cominciata e nessuno se n'era minimamente accorto.

 

 

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Capitolo 23
*** Ingiustizia ***


~                                                       INGIUSTIZIA
Tutto.
Sarebbe stato preferibile di tutto.
Accompagnare i moschettieri in una missione pericolosissima, mettersi alla caccia del più pericoloso assassino che il mondo aveva mai conosciuto, persino passare il resto della propria vita relegata in cucina a pelare patate o pulire piatti e pavimenti... qualsiasi cosa.
Tranne quello che stavano passando al momento.
Insieme i moschettieri, Jean, Lunette e il fedele Ronziante, erano riusciti a salvare sia Costance che D'artagnan, il quale era caduto in una trappola ordita dalla perfida Milady nel tentativo di salvare l'amata Costance.
Purtroppo però si era trattata di una vittoria inutile.
Infatti, nemmeno ventiquattro ore dopo, il presidio dei moschettieri era stato raggiunto da una notizia terribile.
Una casa ancora in costruzione era crollata rovinosamente su se stessa in seguito ad un esplosione.
La cattiva notizia era che all'interno della costruzione vi erano Costance e D'artagnan.
Questi fortunatamente non aveva riportato ferite gravi e si era ripreso in fretta... ma non si poteva dire la stessa cosa di Costance, che giaceva ancora in uno stato di incoscenza dal quale nemmeno il medico era stato capace di dire se ne sarebbe uscita.
Fu un colpo al cuore, per tutti.
Costance era la ragazza di uno dei loro migliori amici, vedere uno di loro con il morale e la determinazione sotto terra era una tortura.
La prima cosa che  Lunette fece in quel frangente fu quella di precipitarsi a casa dell'amica per accertarsi di persona delle condizioni dell'amica, sperando con tutto il cuore, fino all'ultimo secondo che tutta quell'assurda situazione fosse solo un brutto incubo...
In fin dei conti, non avrebbe potuto essere possibile?
Cresciuta dai moschettieri, ogni tanto giocava a fare la spia per loro conto, li aiutava nel neutralizzare i complotti di Richelieu... sognare cose del genere non sarebbe forse potuto essere nella norma, per lei?
Invece no.
Costance era immobile nel suo letto.
Gli occhi serrati fino al punto che le palpebre sembravano essere cucite insieme.
Solo il respiro, impercettibile ma presente, dimostrava che la ragazza era ancora nel mondo dei vivi.
Uscì dalla casa dei Bonacieux con un' andatura simile a quella di uno zombie... e lei era solo un'amica di Costance.
Non osava immaginare la sensazione di rabbia e disperazione che suo padre e D'artagnan dovevano avere in corpo.
Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di essere al suo posto.
I suoi passi la riportarono automaticamente alla caserma dei moschettieri.
''Salve...''- fece entrando nello studio con un tono di voce che avrebbe fatto sembrare vivo persino un moribondo.
Aramis le andò subito incontro per informarsi sulle condizioni della fidanzata del loro amico guascone.
''Costance come sta?''
''Dire che sta male è un eufemismo bello e buono.''- fu la mesta risposta.
Tra i moschettieri volò un' occhiata preoccupata.
E anche se nessuno di loro era realmente propenso a credere nella magia e negli incantesimi, sotto sotto speravano che la negromante di cui aveva parlato Jean fosse sincera.
''Vedrai che si riprenderà in fretta e presto potrai andare a trovare Milady allo Chatelet.''- cercò di rincuorarla Porthos.
Malgrado la tristezza, Lunette accennò un sorriso.
''E voi come fate ad esserne così sicuri?''
''Milady vuole vendicarsi di D'artagnan a causa del suo fallimento nel caso della collana. Di sicuro proverà ad attaccarlo di nuovo appena saprà che è vivo...dobbiamo solo essere pronti. E lo saremo.''- le spiegò Aramis cercando di farle rinascere la speranza nel cuore.
Athos si alzò di scatto al solo udire quelle parole.
Era pallido come un lenzuolo.
''Athos, che ti succede?''- fece Porthos preoccupato.
''Ma certo...si, è così... altro che magie e incantesimi curativi...''- continuava a ripetere il leader dei moschettieri-:'' è  tutta una trappola...''
''Che sta succedendo?''- chiese Lunette preoccupandosi rivolgendo gli occhi a tutti i presenti nella speranza di ricevere una spiegazione.
Athos la esaudì.
''Jean è venuto a dirci che una negromante sostiene che Costance potrà guarire solo grazie al muschio che cresce sulla campana della cattedrale di Notre Dame.''- le spiegò il moschettiere.
''Assurdo... non esistono le magie e gli incantesimi... non in quel senso perlomeno...''- fece Lunette iniziando ad intuire dove il moschettiere volesse andare a parare.
''E' quello che dico anch'io... è sicuramente una trappola di Milady.''- concluse il moschettiere.
Tutti speravano che fosse un'ipotesi sbagliata, ma purtroppo secondo per secondo quella spaventosa possibilità si faceva sempre più corposa.
''In tal caso non abbiamo un minuto da perdere.''- fece Aramis posando immediatamente gli occhi sulla sua domestica-:'' Tu vieni con noi?''
''E me lo domandate pure?''
La ragazza si cambiò gli abiti e sellò i cavalli dei moschettieri a tempo record.
Non c'era un minuto da perdere.
Se Athos  avesse avuto ragione, cosa del tutto probabile, allora D'artagnan era in grave pericolo.
I moschettieri e la giovane domestica di Aramis galoppavano verso la cattedrale di Notre Dame come se da ciò dipendesse la loro vita, pregando ogni santo in cielo che non fosse troppo tardi.
Non ci misero molto ad arrivare, ad onor del vero, ma vedere davanti alla grande cattedrale solo il piccolo Jean e il cavallo di D'artagnan non aveva contribuito ad alleggerire i loro cuori dalla paura.
''Jean, dove si trova D'artagnan?''- chiese Athos.
''E' salito, ma si è fermato all'improvviso e non va avanti...''
''Probabilmente perchè qualcosa... o qualcuno non glielo permette.''- fece Athos sempre più preoccupando estraendo un binocolo dalla sua bisaccia.
Quello che vide gli gelò il sangue nelle vene.
D'artagnan aggrappato alla ringhiera e Milady che gli puntava contro una pistola.
Proprio come sospettava...
''D'artagnan è tenuto sotto tiro da Milady... sbrighiamoci, presto.''- bastarono queste parole per far si che lui e i suoi compagni si precipitassero all'interno della chiesa correndo come saette.
Pregando di fare in tempo.
Se vista da fuori la cattedrale era così maestosa da togliere il fiato... all'interno era la miriade infinita di rampe di scale e cunicoli che toglieva il fiato a chi vi si avventurava.
Sapevano che sarebbe stato meglio non correre immediatamente per evitare di bruciarsi subito, ma non potevano permettersi di prendersela con calma, visto che ne andava della vita del loro migliore amico.
Ad un certo punto però, Porthos si accasciò.
Essendo il più robusto del gruppo era quello con più difficoltà a mantenere quel ritmo.
Infatti, anche se ormai mancava poco alla meta Porthos si accasciò per terra respirando affannosamente.
Lunette gli fu subito intorno per aiutarlo ad alzarsi.
''Porthos, state bene?''- chiese lei.
''Si... ma non ce la faccio ad arrivare in cima... mi dispiace ragazzi.''
Athos a quel punto non vide altra scelta che proseguire senza il loro compagno.
In una situazione normale non si sarebbe mai sognato di lasciare indietro un compagno e soprattutto un amico, ma non si aveva molta scelta quando un amico era aggrappato ad uno dei balconi della cattedrale più imponente di Parigi e sotto il tiro di una pistola.
''D'accordo... continuiamo noi...''- poi gli venne un'idea-:'' Porthos, va a suonare le campane... dobbiamo distrarla.''
E detto questo riprese a correre seguito a ruota dal resto del gruppo pregando tutti i santi del paradiso di arrivare in tempo.
Pochi secondi dopo le campane iniziarono a suonare.
Nello stesso momento i due moschettieri e la giovane serva arrivarono a destinazione.
''Ragazzi!!!''- li accolse D'artagnan tra lo stupito e il gioioso.
''Dov'è Milady?''- lo interrogò Athos.
''Sta scappando sui tetti.''- fece il guascone.
In breve, la perfida inglese si trovò alle calcagna tre soldati e una ragazzina appena diciassettenne.
Doveva darne loro atto: erano tenaci, e la tenacia era una qualità che ammirava molto in una persona, uomo o donna che fosse.
Peccato che al momento quella tenacia le stesse creando non pochi problemi.
''Non pensavo che si potesse essere tanto veloci a correre con i  tacchi...''- fece Lunette senza fiato per la corsa.
Lei per correre, cavalcare, tirare di scherma era costretta a vestirsi da uomo per non incamparare o cadere a causa della gonna che le arrivava fino ai piedi.
Milady invece pareva cavarsela alla grande nonostante si trovassero sul tetto della cattedrale più grande di Francia.
''Può essere...''- la rincuorò Athos-:'' ma ormai è in trappola, a meno che non salti. Ma non glielo consiglio.''
''Io non ne sarei tanto sicuro, guardate!!!''- gridò Aramis indicando la figura di Milady in piedi sull'orlo del tetto della cattedrale.
''Che diavolo è quello?!?''- fece spaventato D'artagnan nel vedere la donna lanciarsi nel vuoto con un paio di ali di legno a sostenerla.
Si riprese quasi subito dallo shock e la prima cosa che il giovane moschettiere fece fu quella di lanciarsi addosso a Milady.
'''D'ARTAGNAN, NO, ASPETTA!!!''- gridò Lunette tentando di fermarlo.
''Attenta!!!''- Aramis prese la sua serva per le spalle per poi fissare il vuoto-:'' Un altro passo e ti trasformavi in poltiglia.''
Non c'era tempo di riprendere fiato però.
Dovevano sbrigarsi a scendere per aiutare D'artagnan.
Malgrado le loro gambe protestassero a gran voce per lo sforzo a cui venivano sottoposte e l'impossibilità di recuperare le energie, i tre moschettieri e la giovane scesero le scale alla velocità della luce e assieme al piccolo Jean cavalcarono uniti sino alla Senna dove il più giovane dei moschettieri e la loro nemica erano caduti.
Arrivarono appena in tempo per vedere i due riemergere dalle acque del fiume, impedendo così l'ennesima fuga di Milady.
La perfida spia del cardinale, vedendosi accerchiata, si accasciò per terra sconfitta
''Milady, siete in arresto per duplice tentato omicidio.''- la informò Athos aiutando la donna a rialzarsi.
I moschettieri la guardavano con rabbia, ma Aramis più di tutti: quella donna crudele non solo aveva tentato di uccidere un suo caro amico, ma lo stava anche condannando al triste destino di perdere la persona amata.
Con la differenza che forse stavolta la giustizia non sarebbe stata così lenta.
Mai illusione fu più errata.
E tutti se ne sarebbero accorti molto presto.

Lunette era indaffarata ai fornelli sperando che Aramis rientrasse prima quella sera per chiedergli una sera di ''congedo'' per andare a trovare l'amica Costance.
Inoltre, stava letteralmente morendo dalla voglia di scoprire quale sarebbe stato il destino di Milady per aver attentato alla vita di un moschettiere di sua maestà e alla dama di compagnia della monarca.
Apparecchiò la tavola per due, riempì la ciotola del suo cane ed iniziò a servire la zuppa di verdure nei piatti.
In quel momento entrò in casa il moschettiere biondo.
Con un'aria tutt'altro che felice.
E ciò bastò a mettere in allarme la giovane domestica.
''Che cosa è successo?''
''Lunette io... non so come dirtelo...''- fece la bionda non sapendo da dove cominciare per dare alla sua serva quella notizia assai poco lieta-:'' purtroppo... abbiamo dovuto rilasciare Milady.''
La giovane avrebbe potuto giurare di sentire qualcosa cadere e frantumarsi in mille pezzi.
Probabilmente era la fiducia nella giustizia.
''C-C-cosa...?''- fece Lunette pregando con tutto il cuore di aver capito male-:'' ma come... noi eravamo presenti, sappiamo che Milady è colpevole di...''
''Devi sapere...''- continuò Aramis mesta in volto-:'' che Milady ha mostrato al capitano una missiva firmata dal cardinale Richelieu... e in base a quella missiva, chi la possiede lavora per Richelieu nell'interesse della Francia.''
Il che voleva dire che anche se Milady fosse stata sopresa nel commettere il più atroce dei delitti, nessuno avrebbe potuto farle niente.
Un alibi a prova di bomba in altre parole.
Che Lunette ricordasse... non aveva mai odiato nessuno.
Nemmeno il suo vecchio proprietario che coglieva ogni occasione per riempirla di botte, umiliarla...
Persino Rochefort non era riuscito a svegliare in lei quel sentimento così potente e allo stesso tempo così nero... Milady però vi era riuscita.
E si erano per poco incontrate.
''In altre parole...''- fece la ragazza lottando con tutte le sue energie per non avere una crisi isterica-:'' mi state dicendo che sua eminenza le ha rilasciato una... licenza di uccidere.''
Aramis le mise una mano sulla spalla per cercare di calmarla.
Poteva sentire la sua serva ribollire di rabbia al solo contatto.
''Lunette, non ne avevamo idea...''- cercò di spiegarle la bionda-:'' non sapevamo dell'esistenza di quel documento.''
''Lo so...''-cercava di mantenere la calma, ma dentro di se  sentiva che poco ci mancava perchè scoppiasse dalla rabbia, dalla disperazione e dalla paura.
''Quella donna... sappiamo tutti quanto male ha fatto... sappiamo che è stata lei a tentare di uccidere sia D'artagnan che Costance... e se ne andrà in giro come se niente fosse?''- nel dir così una lacrima solitaria le cadde dall'occhio destro e finì sul pavimento.
Non era possibile...avevano le prove e per colpa di un dannato pezzo di carta se la sarebbe cavata.
Benchè Aramis comprendesse lo stato d'animo della ragazza, non riusciva a trovare le parole più adatte per rassicurarla.
Purtroppo non era la prima volta che si scontrava con un'ingiustizia.
E non sarebbe stata neanche l'ultima.
Chi meglio di lei poteva capire come si sentisse D'artagnan in quel momento? L'amore della sua vita costretto a letto, in fin di vita, forse non si sarebbe mai più ripreso... e il colpevole avrebbe continuato a camminare a testa alta per le strade parigine.
Lei e i suoi amici avevano cercato di calmare il loro giovane amico, di rassicurarlo... ma l'idea che ci sarebbe stato da aspettare chissà quanto per ottenere giustizia e che in quel tempo la sua amata Costance avrebbe anche potuto andarsene per sempre lo aveva fatto uscire di testa.
Nessuno di loro se l'era sentita di fermarlo quando il giovane chiese di poter andare a casa prima quella sera, e Aramis era tornata a casa per dare a Lunette l'infausta notizia.
''Mi dispiace davvero...''- fece la bionda mettendole una mano sulla spalla cercando di confortarla.
Lunette trattenne un singulto e corse via.
Aramis non la fermò.
Era un momento difficile per la sua giovane amica e sapeva per esperienza che in quel momento non aveva bisogno di qualcuno che le dicesse di non fare così incintandola così a reprimere la rabbia, la paura e il dispiacere che provava, ma di sfogare tutta la rabbia che conservava nel cuore.
Quella sera la moschettiera mangiò solo per non mortificare Lunette, malgrado sentisse un macigno gravarle sullo stomaco.
Si mise in poltrona a leggere un libro per aspettare che la domestica tornasse nel caso questa avesse voluto parlare un po' con lei.
Solo che le ore passavano lentamente e velocemente allo stesso tempo.
E alla fine, la bionda moschettiera cadde tra le bracci di Morfeo.

Aramis venne svegliata la mattina dopo dai tiepidi raggi del sole e dal cinguettio degli uccellini.
La prima cosa che notò era la coperta che aveva addosso e che non c'era quando la sera prima si era appisolata.
Dunque, Lunette era a casa.
Si diresse in cucina.
La tavola era apparecchiata per la colazione, il cane Jula stava mangiando dalla sua ciotola...
Lunette era in piedi davanti al lavello, leggermente spettinata, i vestiti erano gli stessi del giorno prima e stava armeggiando con le stoviglie.
Appena si rese conto di non essere sola si affrettò a salutare.
''Buongiorno. Spero abbiate dormito bene.''- fece la ragazza accennando un lieve inchino.
Aramis la guardò in faccia: aveva i segni della stanchezza in volto.
Non ci voleva molto a capire dove avesse passato la notte.
''Sicuramente meglio di te...''- fece la bionda cercando di sorriderle-:'' Costance come sta?''
''La situazione è molto grave, purtroppo. D'artagnan è disperato.''- fu la risposta.
Aramis annuì.
Come biasimarlo?
Prima la sua fidanzata rischiava di morire, non sapeva nemmeno quanto tempo le restava e come se non bastasse la giustia ufficiale l'aveva pugnalato alle spalle.
''Noi faremo qualcosa... quella donna pagherà per tutto e molto presto.''- giurò la bionda.
Non sapeva ne come ne quando...ma i moschettieri del re avrebbero fatto giustizia.
Chi si metteva contro i moschettieri era gia di per se insopportabile... ma l'artifice della sofferenza di un loro carissimo amico era qualcosa che non si poteva perdonare.

 

 

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Capitolo 24
*** Sentimenti contrastanti ***


~                                              SENTIMENTI CONTRASTANTI
Da quando Costance e D'artagnan erano rimasti coinvolti nel crollo della casa erano gia passati cinque lunghissimi giorni.
Cinque giorni durante i quali la povera Costance non aveva dato segni di ripresa. Solo il respiro flebile e il battito cardiaco quasi impercettibile testimoniavano che la ragazza era ancora nel mondo dei vivi.
D'artagnan era a terra come non mai: la notizia che Milady era intoccabile a causa di quel documento che le era stato rilasciato da sua eminenza il cardinale Richelieu lo aveva sconvolto.
La prima cosa che il giovane aveva fatto era stato recarsi dal primo ministro per chiedergli di ritirare il documento alla donna, ma purtroppo non era servito a nulla.
A quanto pare, la perfida Milady aveva fatto ritorno in Inghilterra.
Non potendo contare in alcun modo sulla giustizia ufficiale e non essendo il tipo da ''Giustizia Privata'' l'unica cosa che il giovane poteva fare era sperare, pregare e aspettare.
Gia, aspettare.
In quel momento era una vera tortura.
Athos, Porthos, Aramis e Lunette cercavano di stargli vicino in ogni modo, ma non era così facile tirar su il morale ad una persona che stava rischiando di perdere per sempre la donna che amava e per la quale forse non avrebbe nemmeno avuto giustizia.
In quei giorni che a tutti parevano lunghi ed interminabile, Lunette passava il suo tempo tra le faccende di casa e le veglie all'amica quando D'artagnan, Jean e Bonacieux tentavano di recuperare qualche ora di sonno.
Passava quelle giornate seduta accanto all'amica a volte  raccontandole del tempo, altre le leggeva i passi del primo libro che le capitava sotto mano, altre ancora le riportava alla mente i momenti della loro infanzia, quando entrambe non erano occupate con i rispettivi lavori e giocavano nei grandi giardini della reggia.
A volte, quando nessuno la vedeva, lasciava scappare qualche lacrima.
Era strano ritrovarsi a piangere, dopo tanti anni... aveva pianto molte volte quando era piccola, in quella locanda di quart'ordine nelle campagne francesi, su quel pagliericcio sotto le scale che il suo vecchio padrone chiamava ''letto'', ma da quando Aramis l'aveva presa con sè, la giovane Lunette non aveva più pianto, nemmeno una volta, ma era abbastanza difficile non piangere nel vedere una cara amica sospesa tra la vita e la morte.
Quella situazione stava facendo impazzire tutti.
Il quinto giorno, Costance non si era ancora ripresa e D'artagnan poco dopo il suo arrivo in caserma venne convocato dal capitano affinchè lo accompagnasse a palazzo.
Lunette invece era rimasta in caserma per occuparsi della cura del cavallo di Aramis e di altri lavoretti che il moschettiere le aveva richiesto e che richiedevano la presenza stabile della ragazza alla residenza di Treville.
Aramis aveva intuito la tristezza che la ragazza covava dentro di se a causa delle condizioni dell'amica ed aveva deciso di starle vicino tenendola accanto a se il più possibile.
Ormai però anche i lavori da domestica erano finiti, quindi...
''Prendi questo!!!''- era circa mezz'ora che con la sua spada, la giovane Lunette stava massacrando il manichino su cui le reclute si allenvano, sotto lo sguardo vigile e preoccupato dei moschettieri.
Aramis in particolare.
Da un po' di tempo era come se Lunette non fosse più la stessa.
Pareva come divorata dalla rabbia...e appena aveva un momento libero non si dedicava più al passeggiare, ai suoi amati libri o a cavalcare con Fabrice, ma lo passava allenandosi faticosamente.
Era come se si stesse preparando per uccidere qualcuno... un altro motivo per cui aveva deciso di tenere la sua serva accanto a se almeno sino a quando non avrebbero trovato un modo per fare giustizia.
''Se va avanti così avremo bisogno di un manichino nuovo...''- commentò Porthos.
''Meglio che uccida un manichino che una persona vera... anche se non ti nascondo che anch'io vorrei farla pagare a Milady per quello che sta facendo passare a D'artagnan.''- commentò secca Aramis.
Sperava davvero che tutto potesse risolversi presto e nel migliore dei modi... per nessuna ragione al mondo avrebbe voluto vedere la propria serva e uno dei suoi migliori amici consumati fino al midollo dall'odio e dal desiderio di vendetta, com'era successo a lei.
''Voi tre...''- fece Treville arrivando senza il minimo preavviso-:'' devo parlarvi.''
''Torno alle mie faccende...''- fece Lunette allontanandosi.
De Treville però la bloccò.
''Resta pure. Credo che la cosa non mancherà d'interessarti.''- fece il militare con grande stupore della giovane.
I tre soldati si misero in riga per ascoltare gli ordini del loro superiore.
''La regina ha ricevuto la visita del maggiordomo personale del duca di Buckingham.... e mi duole molto informarvi che purtroppo il duca è appena mancato.''
I quattro ebbero un sussulto.
Tutto si aspettavano meno che questo.
''Ma com'è potuto accadere?''- domandò Athos.
''A quanto pare è stato accoltellato da una donna che era riuscita farsi ricevere con la scusa di dovergli recapitare un messaggio della regina.''- si affrettò a rispondere il militare.
''Milady.''- fecero i quattro quasi all'unisono.
De Treville annuì.
''D'artagnan ha identificato l'arma del delitto: non vi sono dubbi, è lei la responsabile.''
''Dannata...''- fece Lunette dirigrignando i denti dall'ira.
Prima Costance, adesso il duca di Buckingham... quanto male avrebbe fatto ancora?
''Volevate aiutare D'Artagnan, giusto?''- riprese il militare-:'' Bene, Milady vi ha appena servito l'occasione su di un piatto d'argento: trovatela e consegnatela a Sir Patrick,  in stato di arresto.''
''Pensavo che grazie alla lettera firmata da quella serpe con la toga fosse intoccabile.''- fece Lunette leggermente confusa.
Rammentava bene che il motivo principale per cui, malgrado avessero tutte le prove necessarie per far condannare la donna, era proprio quel pezzo di carta che la autorizzava a commettere crimini.
''Vero, quel documento la protegge...''- spiegò Treville-:'' a patto che tali crimini siano commessi entro i confini francesi.
Ma lei ha commesso un omicidio in Inghilterra e lì l'autorità di Richelieu non ha alcun valore.''
''Mi sorprende che non vi abbia pensato prima di commettere l'omicidio...''- fece Athos-:'' voglio dire, mi sembrava una donna diabolica, ma non stupida...''
''A volte la superbia fa commettere gravi errori.''- fece Lunette.
E forse questo  suo errore poteva trasformarsi nella loro chance di fare giustizia.
''Giusto. Lunette, te la senti di unirti ai moschettieri alla ricerca di Milady?''- fece il capitano.
''Certo signore. Non aspettavo altro.''- fu la pronta risposta della ragazza.
Avrebbero stanato quella donna... e l'avrebbero punita per tutto il male che aveva fatto.
Costance e  il duca di Buckingham meritavano giustizia.
E loro non si sarebbero dati pace fino a quando non l'avrebbero ottenuta.

''Allora?''- fece Sir Patrick appena i tre moschettieri e la giovane serva furono di fronte a Notre Dame al calar del sole.
''Temo che non ci siano notizie per adesso.''
Lui, Aramis, Porthos, D'artagnan e Lunette si erano divisi tre ore prima per setacciare meglio la città alla ricerca di Milady.
Purtroppo, dalle facce dei due moschettieri e della ragazza, non sembrava fossero stati più fortunati di lui nelle ricerche.
''E' come se fosse svanita con un una nuvola di fumo.''- fece Porthos visibilmente sconsolato.
''Non disperiamoci''- propose Lunette cercando di essere ottimista-:'' In fin dei conti, D'artagnan non è ancora arrivato... forse ha avuto più fortuna di noi e sta seguendo una pista.''
''Ragazzi!!!!''- una voce li fece voltare.
Il piccolo Jean assieme al cavallo Ronzinante.
E di colpo la speranza ritornò nei cuori dei moschettieri.
''Cosa c'è Jean?''- chiese Athos.
''Crediamo di aver trovato Milady.''- fece il bambino senza scendere dal cavallo-:'' presto, seguiteci!''
Non se lo fecero ripetere due volte.

Il loro cammino continuò persino nel bosco malgrado ormai fosse buio e non fosse prudente avventurarsi nella foresta.
Secondo le voci che correvano, quella foresta, al calar della notte si riempiva di briganti e pericolosi tagliagole... altri invece sostenevano che fosse il ritrovo degli spiriti.
Forse erano disposti a dar credito alla prima ipotesi.
Inoltre che fossero spettri o persone in carne ed ossa non cambiava nulla: la giustizia chiamava ed inoltre un loro caro amico aveva bisogno di aiuto.
E poi con tutto quello che avevano gia passato con Richelieu, Rochefort e le guardie rosse... sinceramente non vedevano proprio di cosa potevano aver paura.
Il loro cammino li portò a quelle che ormai erano le rovine di un antico monastero.
D'artagnan era in piedi davanti ai resti della struttura e Milady in ginocchio davanti a lui.
Athos sorrise: a quanto pareva, quel ragazzino forse a volte era un po' troppo impulsivo e compiaciuto di se, ma sapeva il fatto suo.
Milady tentò di difendersi, pensando di essere ancora intoccabile... ma di colpo, al vedere l'editto di codanna a morte che le pendeva sul capo, tutta quella sicurezza arrogante si dissolse.


Che cosa strana, non potè fare a meno di pensare la giovane Lunette vedendo Milady in ginocchio a terra, sconfitta, dopo aver udito la propria condanan a morte.
Per tutti quei giorni tra il suo lavoro e le veglie a Costance si era convinta di odiarla profondamente... invece in quel momento provava solo una  gran pena.
Milady, la donna che aveva quasi ucciso una delle sue migliori amiche e che se avesse potuto avrebbe ucciso anche lei per il semplice fatto di essere un'alleata dei moschettieri... adesso, ai suoi occhi non era che una donna indifesa.
''La mia ora è scoccata. Addio a tutti voi.''- si congedò Milady avviandosi con D'artagnan verso il suo destino.
E per quanto fosse impossibile da pensare persino per lei.. sicura che i suoi pensieri non potessero essere ascoltati rivolse una preghiera per la donna che fino a poco tempo prima odiava con tutto il cuore.
Passò diverso tempo prima che D'artagnan facesse ritorno alle rovine del monastero... con i capelli di Milady tra le mani.
A quanto pare era finita...
Anche se Athos non ne pareva molto convinto.

In un modo o nell'altro, i moschettieri sulla strada del ritorno erano riusciti ad attaccare discorso, cercando di essere allegri, progettando anche di festeggiare.
Solo Lunette era taciturna.
''Cosa c'è Lunette, va tutto bene?''- fece Aramis notando l'espressione turbata della sua serva nel tornare verso la città.
''Niente, credo sia solo un po' di stanchezza...''
''Guarda che io ti conosco bene... qualcosa non va?''
Lunette sospirò-:'' Stavo solo pensando che... non so se sia una giusta legge uccidere per dimostrare  che uccidere è sbagliato.''
Non poteva fare a meno di pensarlo... vero Milady aveva fatto male a molte persone in molti modi diversi... ma malgrado tutto, lei avrebbe di gran lunga preferito saperla in prigione a marcire per il resto dei suoi giorni che saperla uccisa per ordine della legge.
Inoltre non poteva certo dire di essere contenta che un suo amico, una persona a cui teneva molto fosse stata costretta a farsi carico del peso e della consapevolezza di aver stroncato una vita.
''Credete che io sia pazza vero?''
''No''- la risposta di Aramis la sorprese-:'' credo che tu abbia un buon cuore. Conservalo, ne avrai bisogno.''
Questi erano i loro pensieri mentre l'alba li raggiungeva, infondendo la speranza nei loro cuori.

Bene, con questo capitolo si chiude la prima parte delle avventure di Lunette con i moschettieri del re , spero vi sia piaciuto... e adesso si da al via alla seconda parte che vedrà Lunette e i suoi amici alle prese con Maschera di Ferro... e durante questa battaglia la vita della piccola moschettiera cambierà una volta di più.

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Capitolo 25
*** Un nuovo nemico ***


~                                             UN NUOVO NEMICO
La buona notizia era che Costance era riuscita a sopravvivere.
La cattiva era che purtroppo a causa della botta alla testa aveva perduto qualsiasi tipo di ricordo.
Suo padre, Martha, Jean, Lunette e persino lo stesso D'artagnan erano diventati dei perfetti sconosciuti agli occhi della bionda dama di compagnia della regina.
Ma almeno era viva.
E dalla vita tutto poteva rinascere.
Da quel giorno era trascorso molto tempo: Parigi era stata dapprima ricoperta da un mantello bianco e freddo, e poi lentamente era rifiorita.
Insomma, la vita faceva il suo corso normale... ma la memoria della povera Costance si faceva desiderare.
A nulla parevano servire gli sforzi dei suoi cari che si prodigavano nel raccontarle tutti gli episodi e i legami affettivi più significativi della sua vita.
''E' una questione di tempo, ci vuole pazienza.''- ripeteva loro il medico.
E l'attesa ricominciava.
''Fai guarire la mia amica, Ti prego...''- borbottava Lunette ogni volta che passava davanti alla cattedrale di Notre Dame.
La memoria di Costance a parte, era un periodo tranquillo.
Ma presto sarebbe cambiato tutto.
Di nuovo.

''Beh...ho sentito che il sale fa male, magari è una cosa buona.''- fece Aramis mandando giu a fatica un cucchiaio di zuppa di verdure.
O almeno credeva che fosse tale, visto che tra mangiare quella zuppa e bere acqua con il cucchiaio non vi era la minima differenza.
Lunette in genere non cucinava male, ma da un po' di giorni a quella parte i piatti che le due mangiavano erano sempre più insipidi.
E non era colpa di nessuno.
Anzi, si.
La colpa era di un pericoloso bandito chiamato Maschera di Ferro, soprannominato così dai parigini a causa della maschera che gli ricopriva interamente il volto.
All'inizio, come ogni bandito che si rispettava, aveva preso ad assalire le carrozze dei nobili, spaventare gli occupanti di tali vetture e depredarli di qualsiasi cosa potesse avere un valore economico.
Poi aveva assalito i magazzini di Parigi e rubato tutte le scorte di sale.
E lei che scioccamente aveva pensato che con la morte di Milady, ci sarebbe stata un po' di tranquillità per lei e la sua ''famiglia''.
Peccato che avesse dimenticato di tenere in conto un piccolo quantro cruciale dettaglio: nessuno che aveva a che fare con i moschettieri poteva avere una vita normale.
''Mi spiace''- fece Lunette mandando giu a fatica il cucchiaio di zuppa-:'' ormai andare al mercato a comprare il sale è come andare dal gioielliere.''
Aramis si lasciò scappare una risata.
Perlomeno, Lunette aveva ricominciato a sorridere: era dall'incidente a Costance e la successiva perdita di memoria di quest'ultima che la sua serva pareva aver perso la voglia di scherzare.
Lunette si alzò da tavola, dirigendosi verso la cucina-:''Vi prendo del vino per rifarvi la bocca.''
''Aspetta un attimo.''- la bloccò Aramis.
La moschettiera poggiò un oggetto dallo spessore ridotto e allungato, il tutto avvolto in un panno, sulla tavola.
Scostò un lembo del fazzoletto e rivelò un pugnale provvisto di guaina.
''D'ora in avanti voglio che lo porti sempre con te. E che tu sia in casa prima che tramonti il sole e in caso decidessi di dormire a casa del sarto Bonacieux qualcuno deve accompagnarti.''- le spiegò Aramis notando che la sua serva appariva confusa alla vista di quell'arma bianca.
Con quel bandito in giro non era proprio il caso di farsi cogliere impreparati o disarmati.
Ad onor del vero, a parte molta paura e qualche ricchezza, le vittime di Maschera di Ferro erano illese e fino a quel momento non risultava che il bandito avesse ferito o ucciso qualcuno... ma prevenire un aggressione era sicuramente meglio che doversi curare dopo averne subita una.
''Dubito fortemente che tu corra dei rischi, ma è meglio essere prudenti.''- fece Aramis.
Lunette annuì.
''E poi credo che dia meno nell'occhio di una spada.''- aggiunse la bruna-:'' mi raccomando però state molto attenti.''
''Non preoccuparti per noi, siamo militari ben addestrati e possiamo fare affidamento sul nostro ottimo gioco di squadra.''
Lunette sorrise.
In fin dei conti ne avevano gia passate tante... era un bandito come tanti altri, cosa poteva andare storto?
Niente... loro erano i moschettieri di Francia.
E la loro forza non stava tanto nell'abilità di maneggiare le armi quanto nel loro coraggio, la loro amicizia e la loro intesa così forte che tutti e quattro parevano una persona sola.

In un modo o nell'altro, la crisi causata dalla carenza di sale fu risolta nel giro di poco tempo: infatti, a Parigi si era appena stabilito un mercante il cui nome era Mansonne e che con se aveva portato una notevole quantità di sale, per la gioia della popolazione e soprattutto dei sovrani che iniziavano a temere una rivolta.
Mansonne... non sapeva perchè ma quell'uomo, malgrado lo avesse appena intravisto, non le piaceva per niente.
A suo avviso aveva un non so che di ambiguo e strano negli occhi... ma in fin dei conti i mercanti avevano sempre avuto una certa ambiguità nello sguardo.
E poi non era certo Mansonne la sua principale preoccupazione, almeno per il momento e nemmeno Maschera di Ferro sembrava poi così spaventoso.
Al momento, l'unica cosa che le interessava era aiutare la sua amica Costance a recuperare i ricordi perduti.
Le mancava da morire la sua cara vecchia amica... le mancavano le loro passeggiate per le vie parigine al titolo della spensieratezza, le loro risate mentre facevano piccole riparazioni o rammendi ai vestiti... le mancava persino quel momento in cui Costance insinuava che tra lei ed Aramis ci fosse del tenero.
Quella sera aveva deciso di fermarsi a casa di Costance.
Era molto tempo che non passavano una serata assieme, inoltre a causa delle indagini  su Maschera di Ferro ( che ormai avevano assunto i caratteri della competizione tra cardinalisti e moschettieri), Aramis e D'Artagnan passavano praticamente la notte in caserma a lavorare quindi... perchè non tenersi compagnia a vicenda?
Aramis non aveva avuto nulla da ridire a quella richiesta. In fin dei conti, Lunette non sarebbe rimasta sola e in casa Bonacieux era al sicuro.
O almeno... questa era la loro convinzione.

''Posso farti una domanda, Lunette?''- fece ad un certo punto Costance sospendendo il suo lavoro di ricamo.
''Si, naturalmente.''- fece la bruna.
''Io e D'artagnan... eravamo davvero così legati prima che...?''- fece la bionda arrossendo leggermente-:'' So che è una domanda stupida...''
Lunette sorrise e poi rassicurò l'amica-:''No, credimi... non è stupido. E' normale che tu voglia cercare di ricordare i legami che avevi prima di quell'incidente...''- poi rispose alla domanda dell'amica-:'' E' vero... tu e D'artagnan eravate legati e lo siete tutt'ora... dal più dolce e dal più tenero dei sentimenti: lui farebbe qualsiasi cosa per te e tu faresti anche l'impossibile pur di aiutarlo, anzi lo avete gia fatto.''
Costance sospirò.
''Peccato che al momento non ricordi nemmeno uno di questi momenti...''- fece la bionda sconsolata e scura in volto.
Era stata vittima di un attentato ed aveva avuto la fortuna di uscirne viva, ma a quale prezzo? Perdere ogni tipo di ricordo che fosse legato al suo passato e alle persone care... inclusi quelli legati alla persona che a detta di tutti era la sua anima gemella e con la quale fino a pochi minuti prima dell'incidente aveva in programma dei progetti seri.
La bruna le sorrise rassicurante e le prese le mani-:'' La tua mente ha dimenticato... ma non il tuo cuore. Credimi se ti dico che è così.''
All'espressione confisa di Costance, la giovane aggiunse-:'' Vedi... tu non lo ricordi in questo momento ma... io non sono nata a Parigi. Anzi, non so proprio dove sono nata... non so chi fossero mia madre e mio padre.... la mia vita è cominciata in un orfanotrofio per poi continuare come sguattera in una locanda.
Ma ricordo chiaramente di quando mia madre mi cullava o di quando cantava per me... quei vaghi ricordi che avevo nel cuore sono stati il mio unico appiglio per sopravvivere contro la realtà che mi circondava...poi è arrivato monseiur Aramis a salvarmi.''
Costance appariva ora un po' più rincuorata, ma non del tutto convinta-:''E se non riuscissi più a recuperare la memoria?''
Lunette sorrise di nuovo-:''E' vero non sarebbe bello... ma potrai creare nuovi ricordi, ancora più preziosi di quelli che avevi prima. E poi... hai un'intera famiglia su cui poter contare, rammenti?''
Ora fu la volta di Costance quella di sorridere.
Non ricordava quasi nulla della ragazza dai lunghi capelli bruni, serva del moschettiere Aramis: sapeva solo che era una sua amica, forse la sua migliore amica.
Però di una cosa era certa: parlare con lei le faceva un gran bene ed iniziava a sentire un vago senso di familiarità.
Le due si abbracciarono, come non facevano più da Dio solo sapeva quanto... ma quel bel momento fu interrotto da un susseguirsi di rumori sinistri provenienti dall'atelier del sarto Bonacieux.
''Cosa sarà stato?''- fece Costance preoccupata.
''Proveniva dal piano di sotto... andiamo a controllare.''- fece Lunette intraprendendo la strada per aprire la porta.
La scena che si presentò davanti alle due ragazze era ai limiti dell'iimaginabile: la governante era a terra semisvenuta vicino alle scale, mentre Maschera di Ferro afferrava dalle mani del padre di Costance un abito decorato con gioielli e pietre preziose.
Abito che il sarto stava disperatamente tentando di proteggere.
Nel giro di un solo istante nella bottega del sarto si era scatenato il finimondo: il piccolo Jean, aveva tolto dalle mani del bandito il prezioso vestito. Inutile dire che il bandito non si era fatto troppi scrupoli a prendere di mira il bambino e dopo una breve fuga, il piccolo fu afferrato dalle mani del bandito.
Il tutto sotto lo sguardo impotente delle tre donne.
''Jean! Per di qua!''- urlò Costance.
''Costance, Lunette, prendete presto!!!''- prima che il bandito avesse il tempo di rendersene conto il bambino aveva lanciato il vestito in direzione delle due ragazze.
''Bravo Jean!!!''- fece Costance.
''Per di qua, presto!!!''- gridò Lunette salendo di corsa le scale afferrando il polso dell'amica per convincerla a seguirla.
Senza pensarci due volte, si chiusero nella camera della bionda.
''Dio mio...''- fece Costance lasciandosi andare contro la parete tenendo ancora stretto tra le mani il vestito di mademoiselle Bernard, respirando affannosamente, mentre Lunette era intenta a bloccare la porta usando un pezzo di corda trovato per terra.
''Abbiamo circa trenta secondi prima che capisca dove siamo e sfondi la porta...''- fece Lunette ancora pallida.
''Che cosa facciamo?''- chiese Costance.
Purtroppo non vi era altra soluzione a quanto pareva... Lunette afferrò una sedia e la poggiò sullo scrittoio, sotto lo sguardo attonito dell'amica.
''Scappa dalla finestra e rifugiati sul tetto, presto.''
''No, non ti lascio qui da sola!''- si oppose Costance.
Lunette la fissò con la faccia di chi non ammetteva repliche-:'' Vai, non ha senso che rischiamo la vita tutte e due. Sbrigati, non c'è molto tempo.''
''Ma tu come...?''- chiese la  bionda sul punto di arrampicarsi, seppur controvoglia-:'' Quell'uomo è pericoloso.''
Lunette tirò fuori dalla manica il pugnale che Aramis le aveva donato solo due giorni prima-:''Sono pericolosa anch'io se è per questo.''
Seppur con titubanza, Costance obbedì a quanto l'amica le aveva detto e si arrampicò sulla finestra per poi salire sul tetto.
Fece appena in tempo.
Maschera di Ferro sfondò la porta proprio in quel momento e trovò Lunette a ''riceverlo''.
''Non è questo il modo di entrare nella stanza di una fanciulla, sai?''- fece lei puntandogli contro il pugnale.
''Ma che damigella coraggiosa...''- commentò lui-:'' dimmi dovè la tua amica e non ti succederà niente... forse.''- e nel dir così alzò il braccio minacciando di colpirla.
''In tal caso fatti sotto, avanti!!!''- Lunette si avventò contro il criminale tentando di convincerlo ad arretrare, ma prima che la giovane avesse tempo e modo di capire, il bandito l'afferrò con vigore per il polso e glielo strinse talmente forte da costringerla a mollare il pugnale con cui aveva tentato di difendersi, sollevandola di pochi centimetri da terra.
''Bel tentativo ragazzina... ma io non ho tempo da perdere con te!''- e nel dir così la scaraventò a terra talmente forte da farla finire fuori dalla stanza.
Si riprese dopo pochi secondi, ma le era sembrata quasi un eternità. Appena si riprese, seppur ancora frastornata dal colpo ricevuto, uscì dalla casa del sarto seguendo a ruota questi e il piccolo Jean, nei limiti della velocità che poteva permettersi.
Arrivò appena in tempo per assistere alla caduda di Costance dal tetto, spinta da Maschera di Ferro nel tentativo di prendere il vestito che la ragazza aveva tentato disperatamente di proteggere.
''NO!!!''- gridò la bruna mentre l'amica cadeva nel fienile-:''No... ti prego... un'altra volta no...''
Proprio in quel momento arrivarono i tre moschettieri e D'artagnan, visibilmente preoccupati.
''Ma che è successo?''- fece D'artagnan terreo in viso.
''Costance è stata aggredita da Maschera di Ferro... ha tentato di reagire, ma...''- il resto della storia si raccontava da solo.
Lunette fece per correre in direzione dell'amica svenuta per assicurarsi che non si fosse fatta troppo male, ma nello stesso momento in cui stava per avvicinarsi quasi cadde e finì tra le braccia del moschettieri biondo.
''Scusate... devo essere scivolata...''- tentò di giustificarsi la giovane.
''A me sembra piuttosto che tu ti sia fatta male...''- fece Aramis aiutandola a stare in piedi.
''Ma no sto bene...''- cercò di ribattere la ragazza-:'' ho preso soltanto una botta, ne meno ne più davvero...''
Aramis però non le diede retta e dopo averla aiutata a salire sul cavallo, vi salì con l'intenzione di portarla dal medico della guarnigione.
''D'artagnan tu rimani con Costance, noi andiamo in caserma a fare il punto della situazione.''- fece Aramis salendo a cavallo.
D'artagnan annuì e ringraziò con lo sguardo: l'ultima cosa che voleva in quel momento era andare in caserma e lasciare da sola Costance.
Quel maledetto aveva osato fare del male alla ragazza che amava... gliel'avrebbe fatta pagare amaramente.

''... mi ha afferrata per un braccio e poi mi ha spinto per terra...''- fece Lunette finendo di raccontare la dinamica dello scontro appena avuto con Maschera di Ferro, massaggiandosi il livido violaceo sulla tempia destra.
Fortunatamente non aveva riportato ferite o traumi di grande entità, al massimo avrebbe avuto dei giramenti di testa per un paio di giorni ad intervalli regolari, ma poi sarebbe stata bene.
Athos le portò un boccale.
''Tieni, bevine un po' e ti sentirai meglio: è un vino che resuscita i morti.''
La ragazza prese il boccale con entrambe le mani ed iniziò a mandar giu il suo contenuto, a piccoli sorsi.
''Mi ha messo al tappeto come se fossi una che non ha mai preso in mano un'arma...''- si rimproverò la ragazza posando il boccale sul tavolo-:'' come ho potuto permetterglielo?''
Aramis le mise una mano sulla spalla, con fare quasi paterno, per consolarla-:'' Non essere così dura... nemmeno noi siamo stati capaci di fare meglio pur essendo più addestrati di te. Quindi non biasimarti.''
Lunette annuì, anche se poco convinta.
''Piuttosto dovresti essere orgogliosa''- intervenne Athos-:'' hai dimostrato a quel bandito di non avere paura di lui. E credimi se ti dico che non è poco.''
''Secondo voi, Costance...?''- si sentiva in colpa. Tremendamente, maledettamente in colpa... cosa diavolo le era saltato in mente di  consigliarle di salire sul tetto?
Al momento, le era sembrata una buona idea... con quel bandito che se avesse potuto avrebbe fatto a pezzetti entrambe con grande piacere... ed ora la sua amica giaceva nuovamente in un letto priva di conoscenza per colpa di Maschera di Ferro... ma indirettamente la responsabilità era sua.
Se le fosse capitato qualcosa...probabilmente non sarebbe più riuscita a vivere con se stessa.
Aramis le mise una mano sulla spalla per confortarla-:'' Non stare in pena... è riuscita a sopravvivere gia una volta, ce la farà ancora... vedrai.''

Aramis portò a casa Lunette e come la ragazza faceva spesso con lei quando riteneva che la padrona avesse bisogno di qualcosa di caldo le portò una tazza di latte caldo.
Lunette era seduta sul suo letto, in camicia da notte, ed accarezzava il suo amico Jula, immersa in mille pensieri.
''E' stata colpa mia.''- borbottò ad un certo punto-:'' Sono stata io a dirle di salire sul tetto... se non l'avessi fatto forse a quest'ora...''
''... vi avrebbe massacrate entrambe.''- concluse Aramis sedendosi accanto a lei-:'' Credimi, tu hai fatto quello che andava fatto. E quando prenderemo Maschera di Ferro gliela faremo pagare.
Per quello che ha fatto alla gente di Parigi, per quello che ha fatto a te...''- fece additando al ''ricordino'' che il bandito aveva lasciato alla sua serva-:'' ed anche per quello che ha fatto alla povera Costance.''
Oh, se gliela avrebbe fatta pagare... quel maledetto non solo aveva seminato un clima di terrore nella città di Parigi, ma se l'era anche presa con due ragazze innocenti tra cui c'era anche quella che ormai, più che una serva era un'amica.
E poi c'era la questione di D'artagnan.
Quando sei anni prima una sorte cinica l'aveva privata dell'amore della sua vita, il dolore e la rabbia l'avevano completamente divorata. A farle compagnia, oltre alla voglia di riscattare l'eroica fine dell'amato, vi era anche la ferma determinazione dell'impedire che qualcun'altro subisse il suo stesso destino.
D'artagnan era uno dei suoi migliori amici, un valente moschettiere ed una persona speciale... non meritava di patire l'inferno che aveva patito lei.
Avrebbe preso quel bandito e gliel'avrebbe fatta pagare amaramente.
Sino a quando non avrebbe ottenuto giustizia per Françoise... l'avrebbe ottenuta per altri.

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Capitolo 26
*** Caccia aperta ***


~
                                                 CACCIA APERTA
Incredibile ma vero, Maschera di Ferro si era rivelato utile.
Nel tentativo di uccidere Costance per recuperare il vestito che la giovane aveva tentato di difendere, il bandito l'aveva fatta cadere dal tetto e come era successo molto tempo prima a causa di Milady la ragaza era sprofondata in uno stato di incoscienza dal quale nessuno pareva riuscire a richiamarla in vita.
Ma questa volta, al risveglio della ragazza, vi fu una gradita sorpresa: appena sveglia iniziò a raccontare a D'artagnan in modo molto dettagliato le circostanze in cui i due si erano incontrati per la prima volta.
La gioia che invase le persone che la conoscevano fu immensa, ma purtroppo per qualche strana legge della natura per ogni cosa bella che accadeva, ve n'era una orribile dietro l'angolo paragonabile ad una belva feroce in agguato tra i cespugli attendendo pazientemente il momento giusto per accanirsi sulla povera preda.
Ed anche quella volta non fu un'eccezione: dal momento che i gioielli della famosa attrice Nanà Bernard erano sotto la custodia di Bonacieux al momento del furto, per legge, era compito del sarto risarcire la donna del danno.
Alla notizia, i tre moschettieri si erano immediatamente mobilitati per aiutare Boancieux, soprattutto per affetto nei confronti di D'artagnan, offrendo a Bonacieux in dono del denaro affinchè potesse saldare il debito il prima possibile.
Ma Bonacieux rifiutò tassativamente l'aiuto economico dei soldati.
''Vi ringrazio infinitamente per il bel pensiero, ma non è compito vostro risarcire mademoiselle Bernard. Quei gioielli erano affidati a me al momento del furto, quindi spetta a me risarcirla.''
Fu così che Bonacieux, seguito da D'artagnan, Costance e Jean la mattina seguente, raccolte le poche cose che poteva permettersi di portare dietro lasciò la sua casa dopo aver venduto la sua attività di sarto.
Ad eccezione di D'artagnan, in quel momento si trovavano tutti nello studio della caserma.
I tre moschettieri, Lunette ed il cane di questa, Jula.
Aramis aveva insistito affinchè la giovane rimanesse in caserma sotto la protezione dei moschettieri. Non le piaceva affatto che la sua serva rimanesse in casa da sola o che se ne andasse in giro per la città, con Maschera di Ferro pronto a saltare fuori all'improvviso.
Le sue preoccupazioni non erano infondate, visto che Maschera di Ferro, fin dalla sua prima apparizione si era dimostrato ben disposto ad aggredire chiunque, persino una ragazza indifesa e malgrado Lunette fosse tutto, tranne il perfetto esempio della donzella in pericolo, non era un segreto per nessuno che le sue capacità fossero nettamente inferiori rispetto a quelle del bandito.
I moschettieri erano seduti al tavolo tentando di giocare a carte per ingannare l'attesa mentre attendevano D'artagnan, Jula dormicchiava e Lunette era seduta su una sedia accanto alla finestra con una cesta di panni e la borsetta con tutto l'occorrente per cucire, intenta a rammendare.
Immaginava che la camicia di turno fosse Maschera di ferro e di usare l'ago contro di lui, come se fosse una spada, sperando con tutto il cuore di fargli il più male possibile.
Era l'unico modo in cui riusciva a sfogare la sua ira per l'uomo che aveva dapprima tentato di uccidere sia lei che Costance e che aveva anche ridotto in rovina il padre della sua amica.
''So io cosa ci farei con questo...''- borbottò ad un certo punto Lunette riferendosi all'ago da cucito che teneva tra le dita punzecchiate.
''Sei arrabbiata per Costance e quello che è successo a suo padre, vero?''- fece Athos voltandosi verso di lei.
La ragazza annuì senza sollevare lo sguardo dal suo lavoro.
''Tutti noi lo odiamo per questo.''- aggiunse Aramis-:'' Ma Bonacieux è in gamba, sa il fatto suo e vedrai che in qualche modo se la caverà.''
''Speriamo.''- fece Lunette sospirando-:'' se solo ci fosse un modo per...''
''... cancellare il debito di monseiur Bonaciuex?''- fece Porthos. Scosse la testa sconsolato come il resto del gruppo-:'' Dimentichi che ha firmato un documento in cui dichiara la sua responsabilità nel proteggere quelle pietre.''
''Lunette, non preoccuparti.''- cercò di tranquillizzarla Athos-:'' Questa situazione non durerà a lungo. Presto metteremo Maschera di Ferro dietro le sbarre e con lui troveremo anche le pietre che ha rubato, le restituiremo a mademoiselle Bernard e così Bonacieux sarò sciolto dal suo impegno.''
Certo, gli sarebbe tanto piaciuto sapere come... non avevano niente in mano al momento.
In quel momento, D'artagnan entrò nella stanza.
''Ragazzi, credo di avere una pista...''- bastarono queste parole per far cessare ai quattro le loro rispettive occupazioni.
''Avanti, parla.''- lo incoraggiò Athos.
''La donna a cui Nanà Bernard ha confidato di aver affidato i suoi gioielli a monseiur Bonacieux. Sono sicuro al cento per cento che lei e Maschera di Ferro lavorino assieme.''
''In effetti è possibile.''- fece Lunette-:'' L'attrice le confida che i gioielli sono sotto la custodia e guarda caso nemmeno ventiquattro ore dopo i gioielli vengono rubati proprio da Maschera di Ferro.''
''Quindi...se troviamo la donna misteriosa, troviamo Maschera di Ferro.''- aggiunse Aramis.
''Gia... ma come? Parigi è piena di donne.''- aggiunse Porthos.
E  non potevano certo mettere sotto inchiesta tutte le donne della capitale francese. Senza contare che questa fantomatica donna mascherata sembrava sapere il fatto suo e dubitava che si sarebbe fatta scoprire facilmente.
''La sera che sono andato a teatro con Costance l'ho vista in compagnia di Mansonne.
Potremmo interrogare Mansonne per scoprire la sua identità.''
Athos però pareva scettico-:'' Dimentichi però che Mansonne gode della protezione di Richelieu. Inoltre, non possiamo indagare su una persona che è risaputo a tutti non aver fatto nulla di male.''
''Si, questo lo so.''- continuò D'artagnan-:'' ma se riuscissimo a cogliere in flagrante Mansonne e la donna mascherata assieme, nemmeno il cardinale potrebbe fare qualcosa per insabbiare il tutto.''
''Su questo niente da obiettare, ma come facciamo a mettere in pratica l'idea?''- fece Porthos.
''Ho gia fatto mettere la villa di Mansonne sotto sorveglianza da Jean. Dobbiamo solo aspettare il momento buono e tenerci pronti.''
Certo, aspettare in qualcosa che non era nemmeno sicuri che sarebbe accaduto non era proprio il piano migliore che il gruppo avesse ideato, ma guardando bene i fatti era anche l'unica cosa che avevano.
Non convinceva molto nessuno, ma purtroppo al momento questo passava il convento.
In quel preciso istante, nella stanza volò il pappagallo Copy che in preda all'agitazione più totale continuava a ripetere ''Donna Mascherata! Donna Mascherata! Donna Mascherata!''.
Come se lo avesse morso la tarantola, il più giovane dei moschettieri scappò dalla caserma in direzione della villa di Mansonne.
''Non so perchè...''- confidò Athos al resto delle persone presenti nella stanza tenendosi il mento tra il pollice e l'ndice della mano destra, pensieroso-:'' Ma non sono affatto tranquillo.''
I tre lo fissarono come in attesa di spiegazioni.
Il bel moschettiere si affrettò a rispondere-:'' Non che io non mi fidi di D'artagnan, lo sapete bene... ma mi sembra una strategia troppo affidata al caso.''
''Questo lo pensiamo tutti Athos, ma ammettiamolo: al momento è l'unico piano che abbiamo.''- lo contestò Aramis.
''E poi a volte... sono le idee nate di getto e in cui nessuno crede che a volte si rivelano vincenti... in fin dei conti, cos'abbiamo da perdere?''- fece Lunette.
''Non so perchè ma sono preoccupato...''- pensò Athos tra se e se-:'' spero solo di sbagliarmi.''

Purtroppo non si sbagliava.
Il destino era stato veramente infame con il povero D'artagnan.
Il giovane guascone appena scoperto che la donna misteriosa si trovava in casa di Mansonne si era subito precipitato per smascherarla ma... sorpresa delle sorprese, la donna che D'artagnan aveva afferrato urlando alla complice di Maschera di ferro non era affatto chi pensava che fosse.
Mansonne era subito corso a lamentarsi con il primo ministro, ovvero il cardinale Richelieu, il quale vedendo in quelle lamentele la ghiotta occasione tanto attesa e bramata di vendicarsi del giovane moschettiere che più di una volta gli aveva messo i bastoni tra le ruote, si era subito premurato di informare il re della faccenda.
E adesso il giovane era agli arresti domiciliari, in attesa di conoscere quale punizione gli sarebbe toccata.
Treville non era molto propenso a punire il più giovane dei suoi subalterni con la severità consigliata dal cardinale ma cosa avrebbe dovuto fare?
Dire al re che Richelieu voleva vendicarsi di D'artagnan per aver mandato a rotoli il suo piano di screditare la regina e che dunque le dicerie sulla consorte del re e l'oramai defunto primo ministro d'Inghilterra erano vere?
In quel caso, avrebbe anche dovuto ammettere che i moschettieri lo sapevano e che non solo avevano taciuto ma anche aiutato la regina a tenere insabbiata la vicenda?
Il corpo dei moschettieri sarebbe stato certamente annientato prima ancora che Treville una sola parola.
''Il capitano purtroppo non ha avuto altra scelta...''- fece Athos mettendo a parte i suoi colleghi e la ragazza di quanto era accaduto.
In breve tempo, un sentimento di rabbia e desiderio di prendere Richeliue a calci si diffuse nei cuori dei due soldati e della domestica.
Di tutti i modi in cui avrebbe potuto vendicarsi di D'artagnan questo era il più vile.
''Non ci posso credere...''- fece Lunette-:'' alla fine ha avuto quello che voleva... e adesso cosa facciamo?''
''Se vogliamo aiutare D'artagnan c'è un solo modo. Troviamo la donna misteriosa e dimostriamo il suo coinvolgimento con Maschera di Ferro, in altre parole... che D'artagnan ci aveva visto giusto. Magari convinciamo il re ad essere più indulgente.''- fu la pronta risposta del leader del gruppo.
I due soldati e la ragazza annuirono.
''Scusate se ve lo domando ma... abbiamo un' idea di chi potrebbe essere questa donna misteriosa?''- in fin dei conti era una domanda assolutamente lecita.
Non era come quando Milady era ricercata per l'omicidio di Lord Buckingham, per niente. In quell'occasione avevano la fortuna di sapere con esattezza l'identità della colpevole e quindi di chi cercare. Ma nulla sapevano di quella donna misteriosa.
E quel poco che sapevano costituivano un identikit davverro approssimativo: una donna bella e che prediligeva gli uomini ricchi? La corte ne era piena, anche se non sapeva quante ricche dame erano disposte a complottare.
Certo, era vero che l'apparenza ingannava... bastava guardare lei ed Aramis.
Nessuno avrebbe mai pensato che uno dei più abili ed  ammirati moschettieri del re, oggetto della fantasia e dei desideri di molte nobildonne, fosse il realtà una bellissima donna, come non nessuno avrebbe mai pensato che una semplice serva fosse abile sia a cavalcare come un uomo che a tirar di spada nello stesso modo in cui sapeva rammendare e cucinare.
Quindi... avevano un bel po' di sospettate.
''No, purtroppo non abbiamo idea di chi sia costei...''- rispose Athos.
Però Aramis non era convinta.
Athos aveva distolto lo sguardo e sbattuto gli occhi... chiari segni di era consapevole di mentire.
Solo che non immaginava il perchè.
Se sapeva qualcosa che poteva essere utile  alle indagini ed aiutare D'artagnan, perchè mai nasconderlo? Proprio a loro poi... i suoi migliori amici.
Poi però le vennero in mente due cose molto importanti.
Primo, Athos era un uomo sagace ed intelligente, quindi se sapeva ma decideva di tacere aveva degli ottimi motivi.
Secondo, anche lei aveva un grande segreto e non lo aveva mai rivelato nemmeno ad Athos, Porthos e D'Artagnan nonostante il loro legame di amicizia e stima indissolubile.
E comunque, ciò non cambiava le carte in tavola.
La caccia era da considerarsi aperta.

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Capitolo 27
*** Furia ***


~                                                       FURIA
Quella che era stata imposta a D'artagnan non era una punizione.
Una condanna.
Un modo crudele e vile del cardinale per spazzare via e rendere vani gli sforzi e l'impegno che il giovane guascone aveva dovuto affrontare per realizzare il suo sogno e dimostrare il suo valore.
Il capitano de Treville sapeva che il suo subordinato non si era comportato così incivilmente di proposito e che le sue erano nobili intenzioni, e pertanto aveva proposto come sanzione disciplinare nei suoi confronti di sospenderlo dal servizio per una settimana. Ma Richelieu conscio del potere che esercitava sul re, non poteva permettere che quel ragazzino se la cavasse così a buon mercato dopo avergli mandato all'aria i piani numerose volte.
E con la stessa naturalità con cui respirava, aveva convinto il monarca a bandirlo dal corpo dei moschettieri.
Treville sapeva che la punizione era esagerata, che il cardinale l'aveva proposta per mera ripicca e che quello era un abuso di potere bello e buono ma cosa poteva farci, dopo che l'ordine era stato emesso da Sua Maestà?
Con dolore quindi... era stato costretto a bandirlo dal corpo dei moschettieri.
I suoi amici, Costance, Jean e Lunette erano indignati di quanto era accaduto ma soprattutto si sentivano colpevoli per non aver impedito l'avverarsi di ciò.
Ma la persona più addolorata di tutti era D'artagnan e non aveva fatto niente per mascherare la delusione ed il dispiacere.
Subito dopo aver consegnato il moschetto era corso via in sella a Ronzinante, sconvolto come non mai.
''E se lo chiedete a me, ha tutte le ragioni di questo mondo per esserlo!!!''- sbottò Lunette tirando su con foga un secchio d'acqua dal pozzo, rossa in viso-:'' Chiunque lo sarebbe dopo essere stato tradito impunemente dall'uomo a cui stava cercando di rendere un servizio!!!''
Aramis mise una mano sulla spalla della sua serva nel tentativo di calmarla: capiva e condivideva la sua rabbia, ma non l'aveva mai vista in quello stato, nemmeno quando aveva scoperto che Milady sarebbe uscita pulita dal  tentato omicidio di Costance e D'artagnan e nemmeno quando Rochefort le aveva detto di essere una serva che niente poteva fare a meno che non le venisse suggerito.
''Lunette, adesso calmati... sai che è colpa del cardinale.''- le fece notare Aramis.
Lunette ebbe subito una pronta risposta-:''Il cardinale è il primo ministro non il re. Ed un re dovrebbe essere capace di pensare  con la propria testa, invece di pendere dalle labbra di chicchessia.''
Athos la rimproverò bonariamente-:'' Ti ricordo che stai parlando del tuo re.''
''Ma fatemi il piacere!''- continuò lei come se non avesse sentito-:'' Un re dovrebbe essere saggio e giusto e saper imporre la propria autorità. La verità è che è solo un fantoccio e Richelieu è il burattinaio.''
Aramis alzò leggermente le mani per farle segno di tacere o almeno, parlare a voce più bassa, per evitare nel caso Rochefort o qualche accolito del cardinale, passando di lì la sentisse pronunciare parole così severe nei confronti del re.
Certo non si poteva negare che la giovane non avesse tutti i torti nel pronunciare parole così dure ed oltraggiose nei confronti del sovrano, ma sarebbe bastato per accusarla di tradimento.
Non che Richelieu fosse tanto impaziente di farla arrestare, ma sarebbe stato un altro modo per colpire i moschettieri quindi...
''Non posso essere più d'accordo, ma adesso cerca di calmarti... troviamo un modo per aiutare D'artagnan.''
''Come?''- fece Lunete dopo aver respirato a fondo per calmarsi.
''Semplice.''- fece Athos-:'' realizziamo quello che lui non è riuscito a portare a termine: troviamo Maschera di Ferro e dimostriamo il coinvolgimento di Mansonne. Per quanto riguarda Richelieu... faremo giustizia. Quella vera però.''
Nemmeno a farlo apposta, in quel momento arrivò proprio il guascone.
Malgrado la situazione, fu una piccola gioia per tutti vederlo di nuovo, specie dopo la fuga disperata di due giorni prima.
Sembrava inoltre stare meglio... almeno all'esterno.
''Ciao D'artagnan... qualche novità?''- fece speranzoso Porthos.
''Forse sì... secondo monseiur Bonacieux, Mansonne ha una cicatrice sulla spalla... una cicatrice che a quanto pare è la stessa di un bandito soprannominato il Cammello.''- comunicò D'artagnan.
Aramis trasalì come se l'avessero appena immersa nella Senna in pieno inverno.
''Cosa?!? Ne sei sicuro?''- chiese la bionda.
Ovviamente, questa sua reazione non mancò di stupire i suoi amici.
''Beh... ecco...''- cercò di spiegare la moschettiera-:'' mi ricordo che molti anni fa... c'era un bandito, soprannomminato il Cammello che seminava panico e terrore ovunque egli andasse.''
''E credete che Mansonne e questo bandito siano la stessa persona?''- fece Lunette.
Athos era perplesso-:'' Forse sì e forse no, Lunette. In fin dei conti non si può processare una persona basandosi su una ferita alla spalla.''- anche se era costretto ad ammettere che era abbastanza strano che vi fossero due persone con una ferita identica.
''Ad ogni modo faremo subito delle indagini per assicurarci che Mansonne oltre ad essere un mercante pieno di boria non sia anche un ladro...''- fece Athos.
Rendere pubblico il fatto che Richelieu proteggeva un ladro poteva essere l'unico modo per far crollare la rispettabilità del mercante e di conseguenza riprendere D'artagnan tra i moschettieri.
Iniziativa che però non sembrava essere condivisa dal capitano Treville che non appena ebbe notato l'ex moschettiere prese a rimproverarlo aspramente.
''D'artagnan è venuto qui a darci delle informazioni molto importanti riguardo a Mansonne, non mi pare proprio il caso di trattarlo in questo modo.''- tentò di difenderlo Aramis.
''Ma è possibile che non siate capaci di fare a meno di D'artagnan?''- quest'ultima frase fece diventare Lunette rossa come un pomodoro.
La fanciulla fece per scattare in direzione del militare e magari dirgliene quattro, ma Athos, accortosi di tal proposito la fermò bloccandole un polso.
''Lascia perdere, almeno per il momento non ne vale la pena...''- le disse.
''D'artagnan, tu non hai più motivo di stare qui perciò da questo momento ti invito a non farti più vedere qui se non esplicitamente invitato . In quanto a voi''- fece rivolto ai tre moschettieri-:'' siete stati incaricati di arrestare Maschera di Ferro, non Mansonne. Mi sono spiegato?''
Athos fece cenno di sì con la testa solo per non aprire bocca, perchè altrimenti sapeva per certo che avrebbe mancato di rispetto al suo superiore per il modo in cui stava trattando D'artagnan.
''Lunette, fammi la cortesia di accompagnarlo all'uscita.''- fece il militare. Una volta che fu rientrato nella sua dimora ed ebbe chiuso la porta non potè fare a meno di sospirare e dire tra se e se-:''D'artagnan... perdonami se puoi.''
''D'artagnan, non hai idea di quanto...''- fece Lunette sinceramente addolorata per la disgrazia capitata all'amico una volta accompagnato l'ex moschettiere all'uscita della caserma.
D'artagnan inspirò bruscamente e poi fece-:''Lunette, non preoccupatevi... è una situazione che non perdurerà. Vedrai che quanto prima sarò di nuovo un moschettiere.''- detto questo se ne andò con passo svelto e deciso.
Lunette sorrise vedendolo andar via.
A quanto pare, malgrado tutti i colpi bassi che la sorte aveva deciso di tirare al suo amico in quel momento, il giovane moschettiere riusciva ancora a tirar fuori l'energia positiva.
''Sta vincendo di nuovo contro Richelieu.''- fece la giovane una volta ritornata dai tre moschettieri.
I tre annuirono.
Perlomeno non dovevano preoccuparsi che il loro giovane amico si buttasse troppo giù in quel frangente.
Anzi, erano fieri di lui.
Richelieu lo aveva buttato giù utilizzando la risorsa dei perdenti e D'artagnan, in risposta, malgrado fosse solo un ragazzo gli stava dimostrando di essere migliore di lui.

''Comunque voi non me la raccontate giusta''- fece Lunette alla sua padrona una volta che furono rimaste sole.
''Riguardo a cosa?''- fece la bionda confusa da quell'uscita.
''Prima, quando D'artagnan ha parlato di Mansonne e di quel bandito...''- si spiegò la serva-:'' sembravate più sconvolta che sorpresa.''
Aramis sospirò.
Non le poteva nascondere più nulla ormai.
''Si può sapere chi è questo bandito?''- chiese ancora la bruna.
''Nessuno. Solo un volgarissimo ladro che si divertiva anche a picchiare senza pietà chi tentava di difendere i suoi averi... e sembra che a  volte abbia anche commesso degli omicidi.''- spiegò la bionda.
La bruna trasalì appena una volta realizzato che vi era una piccola possibilità di trovarsi vicino ad un ladro ed un assassino, ma questo non spiegava ancora la reazione di Aramis.
''Sai... l'omicidio di un nobile e della sua governante non può passare inosservato e cosa più importante... qualcuno deve essere in grado di dare una spiegazione.''
''Vi riferite alla morte di François, non è vero?''
Aramis annuì.
''Da quella casa vennero portati via diversi oggetti di valore e per tutti la verità apparve più che chiara: una rapina finita male.''
''E non lo credete possibile?''
''Forse, non lo escludo però...''- fece Aramis pensierosa-:'' voglio esserne sicura. E nel caso Mansonne si riveli essere realmente il Cammello...voglio essere certa che sia stato lui ad uccidere François.''
''E nel caso il Cammello non c'entri nulla con quell'omicidio?''- chiese Lunette.
''Vorrà dire che continuerò ad indagare fino a quando non salterà fuori qualcosa di concreto, a costo di rivoltare la Francia come un calzino...''- in quel momento arrivarono un trafelato D'artagnan ed una sconvolta Costance-:''D'artagnan! Che fai qui, lo sai che il capitano...''
''Lo so, ma sono pronto a correre questo rischio!''- fece il guascone-:'' è successa una cosa terribile... Monseiur Bonacieux è stato rapito.''
Le due donne sbiancarono all'annuncio.
''Cosa? Come rapito...''- fece Aramis.
Costance scoppiò in un pianto disperato-:''E' stato terribile... Maschera di Ferro... è venuto a casa con due dei suoi scagnozzi e lo hanno portato via... io e Jean abbiamo cercato di fermarli ma...''
''Tutto questo è assurdo... non ci posso credere...''- fece Lunette come in trance.
L'amica bionda l'abbracciò come per cercare conforto-:''Lunette, dimmi... che cos'ho fatto di male? Che cos'ha fatto di male mio padre per meritare un simile accanirsi di Maschera di Ferro contro di lui?''
Lunette ricambiò immediatamente l'abbraccio dell'amica, sforzandosi di non avere lei stessa una crisi isterica.
Di una cosa era certa: non era colpa di qualche Entità Superiore quel terribile susseguirsi di disgrazie che uno ad uno stavano colpendo le persone a cui teneva di più.
Maschera di Ferro, Mansonne e quella donna misteriosa.
Ormai era ufficiale.
Quei tre erano collegati, Mansonne non era più innocente degli altri due... e tutti e tre l'avrebbero pagata amaramente per il dolore che stavano causando.

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Capitolo 28
*** Il tesoro più prezioso ***


~                                              IL TESORO PIU' PREZIOSO
Che Maschera di Ferro fosse un bandito e che come tale prediligesse passare il proprio tempo a derubare tutte le carrozze aristocratiche e tutti i nobili che gli capitassero sotto tiro non era un segreto per nessuno, ormai.
Come non lo era il fatto che la popolazione lo proteggeva in quanto una piccola parte dei frutti delle sue ruberie erano destinati proprio alla gente più povera della capitale.
Però c'era una cosa che non convinceva nessuno... perchè mai un bandito come Maschera di Ferro avrebbe dovuto rapire un sarto tra l'altro caduto in disgrazia per mano sua?
Avevano cercato di spiegare tale avvenimento ma nessuno era ancora riuscito a trovare una spiegazione convincente, logica e razionale.
E sapevano tutti il motivo.
Dovevano essere insieme.
I tre moschettieri e D'artagnan.
Erano bastati appena tre giorni con il più giovane dei moschettieri tagliato fuori per ordine del cardinale per capire che non sarebbero mai riusciti a chiudere il caso senza che la squadra fosse stata completa.
''Ok ragazzi...''- fece Athos quando vide il capitano Treville salire sul suo cavallo per andare in direzione del palazzo del Louvre-:''Se siamo fortunati, il capitano starà via per almeno un paio d'ore.''
Detto questo il più anziano dei moschettieri consegnò a Lunette un foglio di carta piegato in due.
''Portalo a D'artagnan e subito dopo tornate qui, ok?''
Lunette annuì. Nascose la missiva tra le pieghe del vestito e tenendo sollevata la gonna iniziò ad avanzare velocemente verso la casa in cui D'artagnan, Jean e Bonacieux abitavano, da quando per colpa del bandito erano stati costretti a lasciare la precedente dimora.
Appena arrivata bussò energicamente alla porta.
''Lunette, ciao.''- la salutò D'artagnan aprendo la porta-:''Ti vuoi accomodare?''
La ragazza declinò l'invito e poi porse al giovane la missiva scritta da Athos-:'' Athos e i moschettieri ti mandano questa.''
D'artagnan la prese, ed appena l'ebbe letta, gli si dipinse un sorrisetto compiaciuto in volto-:''Molto bene, andiamo allora.''- ed assieme s'incamminarono verso la caserma dei moschettieri.
In genere, come due veri amici, non perdevano l'occasione di ridere e scherzare. Dal momento che D'artagnan era l'unico moschettiere suo coetaneo era più che naturale che la giovane si soffermasse di più a ridere e scherzare in maniera  confidenziale, più che con tutti gli altri.
Ma quella volta era diverso.
Durante il cammino nessuno dei due proferì una sola parola, e non perchè l'uno non desiderasse fare conversazione con l'altra, semplicemente... gli eventi dei giorni prima avevano talmente scombussolato i due giovani che preferivano rimuginare in silenzio.
Potevano solo sperare che il tutto si risolvesse il prima possibile.
L'arrivo di D'artagnan alla caserma, fu salutato con gioia e commozione dai suoi tre amici. Lo stesso D'artagnan pareva faticare dal trattenersi allo scoppiare a piangere.
Non solo per il rispetto e la stima con cui i suoi amici l'avevano sempre trattato anche dopo la sua caduta in disgrazia o per il senso di protezione che gli avevano sempre dato, come il giorno prima con Treville, ma anche per i ricordi dolorosi che essere di nuovo in quella caserma... soprattutto adesso che non faceva più parte di quel mondo.
Athos lo abbracciò-:'' Siamo felici che tu sia qui... coraggio, mettiamoci subito al lavoro.''- e fece cenno al gruppo di seguirlo nello studio.
''Il motivo per cui ti abbiamo mandato a chiamare è che vorremo discutere con te di alcune cose.''- spiegò Athos-:'' vorremo che tu ci aiutassi a capire perchè mai Maschera di Ferro abbia rapito Bonacieux.''
''A dir la verità...''- fece D'artagnan-:'' io ci ho rimuginato sopra tutta la notte e persino venendo qui, ma non sono riuscito a trovare nemmeno una spiegazione che mi convincesse.''
''Capisco...''- fece Aramis-:'' proviamo in un altro modo allora. Proviamo a ricostruire le ultime ore prima del rapimento...''
''Aspettate...''- fece Lunette all'improvviso-:'' D'artagnan, ieri ci hai detto che secondo Bonacieux, Mansonne e quel criminale chiamato il Cammello avevano una ferita nello stesso punto giusto?''
''Verissimo.''- confermò D'artagnan.
''Scusa ma... Bonacieux come faceva a saperlo?''- chiese Porthos.
''Avete sentito che tra qualche giorno nella villa del cardinale vi sarà una grande festa a cui sia il popolo che la nobilità sono stati invitati''- domanda sciocca: non vi era un solo parigino che non sapesse dell'avvenimento.
Infatti, tutte le sartorie della capitale erano state prese d'assalto per l'occasione.
''Il sarto Bercerand aveva chiesto a Bonacieux di prendere le misure di Mansonne per un abito, ecco come lo ha scoperto... ehy ora che ci penso...''- fece D'artagnan impietrendosi all'improvviso-:''Ora che ci penso, mentre ero nell'atelier di Bercerand è successa una cosa particolare...''
''Che cosa?''- chiese Lunette curiosa come non mai.
''Mansonne ha chiesto di poter vedere l'abito che Sua Maestà... e Bercerand ha accettato senza colpo ferire.''- spiegò il guascone.
''Hai ragione, in effetti è molto strano... voglio dire, non ha paura che qualcuno vedendo in anticipo una sua creazione non se ne appropri o rivenda l'idea a qualche concorrente?''- aggiunse Lunette.
''E poi perchè Mansonne ci teneva tanto a vedere l'abito del re prima di tutti gli altri invitati?''- si domandò ancora Porthos-:'' e che c'entra Bonacieux in tutto questo.''
Athosi si alzò in piedi di scatto.
''Forse ho capito...''
''Dì anche a noi quello a cui stai pensando.''- lo incoraggiò Aramis.
''Beh... per il momento è soltato un ipotesi ma... forse vogliono che Bonacieux realizzi un abito identico a quello che indosserà il re alla festa... non so perchè ma sento puzza di cospirazione lontano un miglio.''
D'artagnan smise per un attimo di respirare: il giorno prima, quando Mansonne lo aveva visto nell'atelier del sarto era sbiancato, salvo poi tranquillizzarsi quando venne a conoscenza che il ragazzo era lì in veste di assistente di Bonacieux. Salvo poi ''invitarlo'' ad andarsene il rpima possibile.
E guarda caso, questo pochi secondi prima di chiedere di vedere l'abito del re.
All'inzio aveva scambiato quel comportamento per mancanza di cortesia che da sempre abbondava in quell'uomo ma adesso...
''Andiamo... Bercerand ci deve delle spiegazioni.''- fece Aramis prendendo il suo cappello.

Convincere Bercerand ad ammettere di aver mostrato l'abito per il re a Mansonne non fu facile all'inizio, ma alla fine aveva ceduto.
Mansonne sapeva che abito avrebbe indossato il re alla festa.
Un motivo ci doveva essere.
E loro avevano il dovere di scoprire quale fosse questo motivo.
Giusto per assicurarsi che durante la festa qualcuno non approfittasse delle informazioni magari sostituendosi al re o lasciando la Francia senza un re.
''Mansonne, sappiamo che voi siete l'unico ad aver visto l'abito che il re indosserà alla festa.''- fece Athos-:'' vorremo conoscere il motivo.''
''Ma non se ne parla nemmeno.''- fece Mansonne con il suo solito fare arrogante che mandò subito in bestia il giovane guascone.
''Oh, e sentiamo, come mai?''
Mansonne ebbe immediatamente una risposta pronta-:''Sentite... credo di avervi sopportato anche troppo. Dalle vostre indagini sono sempre uscito pulito e non siete riusciti a trovare un solo indizio che mi colleghi al bandito Maschera di Ferro... quindi a meno che non abbiate un solo valido motivo per richiedere di sapere come mai ho voluto vedere quell'abito, vi pregherei di alzare i tacchi ed andarvene.''
''Mettiamola in questi termini Mansonne...''- fece Lunette senza mezzi termini-:'' I moschettieri del re sanno che voi conoscente l'abito che indosserà il re al ricevimento.
Nel caso durante la festa capiti un incidente a Sua Maestà voi sareste accusato di cospirazione e dubito che ci sia richiesta di mercanti accusati di tale reato.''
Athos soffocò una risata.
E non solo per il candore con cui la giovane aveva buttato l'accusa, ma soprattutto per la faccia di Mansonne che pareva aver perso dieci anni dopo essere stato trattato in quel modo da una serva.
Il mercante tuttavia rimase composto e seppur controvoglia invitò il gruppo a seguirlo nella sua dimora.
''Visto? Con le buone maniere si ottiene tutto.''- continuò la ragazza strappando una risata ai moschettieri, avviandosi verso l'interno della villa.

Se l'umore con cui il gruppo era entrato in casa era allegro e divertito, l'umore con cui uscirono non poteva essere più diverso.
''Un buco nell'acqua...''- borbottò Athos.
A quanto pare Mansonne aveva richiesto di poter vedere l'abito del re solo per avere l'occasione di fare un ritratto del re con indosso quegli indumenti per poi donarglielo in segno di ringraziamento per l'invito alla festa campestre.
''Ragazzi, non è che stiamo prendendo un abbaglio e Mansonne non c'entra niente in questa storia?''- ipotizzò Porthos.
Magari era solo un mercante altezzoso ed arrogante, ma forse non aveva niente a che fare con il crimine.
''Sarà...''- borbottò D'artagnan-:'' ma rimane il fatto che Bonacieux sia stato rapito DOPO che ha lavorato per Mansonne sia una coincidenza inspiegabile.''
Lunette annuì-:'' E se ci aggiungiamo che poco dopo le ruberie di Maschera di Ferro è arrivato Mansonne e ha fatto una fortuna incredibile le coincidenze sono due.
Due coincidenze sono una prova.''
Effettivamente dello strano c'era.
''D'artagnan''- fece Athos montando a cavallo-:'' D'ora in avanti tieni d'occhio la casa di Mansonne, ininterrotamente, ma non prendere iniziative.
Se noti qualcosa di strano, avvertici immediatamente.''

Il giorno dopo finalmente sembrava che la ruota della fortuna avesse ricominciato a girare anche se in un modo un po'... insolito.
Durante la notte, la casetta in cui D'artagnan e Jean vivevano era stata il bersaglio di un effrazione.
La cosa era parsa strana a tutti, in quanto si stava parlando di una catapecchia nel quartiere più povero della capitale.
Ma ciò che li aveva davvero fatti cadere dalle nuvole era conoscere la ''refurtiva'' di tale incursione nella loro casa: un abito di Costance ed un fazzoletto con sopra ricamate le iniziali di quest'ultima.
All'inizio era parsa una cosa strana a tutti quelli che erano venuti a conoscenza del furto, ma poi D'artagnan e Jean vennero colti dal dubbio che quegli oggetti si trovassero nello stesso luogo in cui Bonacieux era tenuto prigioniero.
E forse avevano anche una pista.
Il ladro, scappando, aveva perduto un pugnale che aveva usato per forzare le serrature e con il fiuto del fedele cavallo Ronzinante, i due arrivarono ad una  villa alla periferia della città.
''E ho visto Mansonne entrarvi.''- confidò D'Artagnan ad Arami e Lunette, gli unici che il piccolo Jean riuscì a trovare nella ricerca dei moschettieri.
''Cosa, ne sei sicuro?''- fece Aramis.
''Da qualunque angolo la si guardi...''- fece Lunette-:'' questa situazione vede sempre Mansonne coinvolto fino al collo.''
Aramis annuì: oramai non c'erano più dubbi. Quel Mansonne, Cammello o non Cammello, aveva qualche segreto.
E dovevano scoprire quale.
''Noi due perquisiamo la casa.''- fece la bionda-:'' voi due aspettateci qui.''- fece rivolta alla ragazza bruna e al bambino.

''Ragazzi, allora?''- chiese Lunette speranzosa quando vide tornare la padrona e l'amico dopo circa una buona mezz'ora.
Aramis fece cenno di no con il capo.
''Niente da fare Lunette, abbiamo cercato dappertutto ma di Bonacieux nemmeno l'ombra.''- spiegò la bionda.
''Cosa? Ma com'è possibile?''- fece il piccolo Jean.
''Eppure ne ero sicurissimo...''- fece D'artagnan leggermente sconsolato-:'' Ma dove sarà finito Bonacieux?''
Lunette voltò un attimo lo sguardo ed i suoi occhi si fecero piccoli piccoli per la sorpresa.
''Tra poco potrai chiederlo direttamente a Maschera di Ferro, mon amie perchè... eccolo là!''- fece notare loro la giovane puntando il braccio verso un piccolo tratto del fiume. Su una piccola imbarcazione vi era proprio la Maschera di Ferro.
''Prendiamolo!''- al via di Aramis i tre iniziarono a correre-:''Lunette, noi lo raggiungiamo sull'altra riva, tu cerca di prendere tempo!''
''Va bene!''- fece la ragazza. Non fu semplice saltare sulle rocce per arrivare sulla barca, soprattutto con il vestito che indossava al momento, ma alla fine ci riuscì.
''Sorpresa!''- fece la giovane estraendo il pugnale che da qualche giorno portava sempre con se.
''Non è possibile, di nuovo tu?!?''- fece Maschera di Ferro, stupito vedendo la giovane che poco tempo prima aveva messo al tappeto e che lo aveva apertamente sfidato a suo dire, puntandogli un pugnale contro.
Stesso pugnale che brandiva in quel momento.
''Adesso mi hai proprio stufato, mocciosa!''- nel dir così, il bandito le mirò un pugno, ma la ragazza lo schivò e prima che avesse il tempo di realizzarlo lei stessa...
''DANNATA!''- fece Maschera di Ferro appurando che il fendente al braccio che la giovane gli aveva sferrato era andato a segno.
Niente di grave, ma era l'obiettivo della ragazza.
Difendersi e guadagnare tempo per permettere ad Aramis e D'artagnan di raggiungerla sulla barca ed arrestare il bandito.
''Adesso ti insegno a stare al tuo posto!''- purtroppo per lei anche il colpo di Maschera di Ferro era andato a segno, stavolta.
Con un solo pugno riuscì a farla cadere nella Senna.
''LUNETTE!!!''- urlarono Aramis e D'artagnan atterrando sulla barca.
''Sto bene, non pensate a me...''- li tranquillizzò la ragazza agitando un braccio. Fortunatamente non distante dal punto in cui era caduta vi erano dei massi, quindi non fu ne difficile ne faticoso raggiungerne uno ed aggrapparvisi.
''Adesso vi insegnerò io a prendervela con le fanciulle indifese!''- fece D'artagnan ingaggiando battaglia, supportato da Aramis.
''Indifesa a chi?!?''- fece Lunette risentita dalla sua postazione.
Scherzi a parte, per il momento pareva Maschera di Ferro ad essere in difficoltà contro i suoi due amici.
Finchè...
''ARAMIS! D'ARTAGNAN! STATE ATTENTI!!!''- urlò la ragazza terrea in volto. I due moschettieri distolsero un attimo lo sguardo per vedere cosa l'avesse allarmata: la donna misteriosa, mascherata ed incappucciata che brandiva contro di loro una pistola. Riuscirono ad evitare il colpo per un miracolo.
Maschera di Ferro era di nuovo riuscito a scappare.

''Ragazzi, vi chiedo perdono.''- fece D'artagnan più mortificato che mai senza avere il coraggio di guardare in faccia gli amici.
Dopo aver recuperato Lunette dall'acqua e chiamato in riunione anche Athos e Porthos, D'artagnan confessò loro che la donna misteriosa non era affatto misteriosa.
Era niente di meno che Milady. La donna che credevano morta per mano sua alcuni mesi fa.
Oramai non c'erano più dubbi: Milady era l'unica donna che conoscevano capace di tanto.
''Non essere così duro con te stesso... forse la cosa può tornarci utile.''- fece Athos che pareva il meno sorpreso di tutti-:''Adesso che abbiamo la certezza di chi cercare sarà più facile trovarla ed arrestarla assieme a Maschera di Ferro.''
''E dal momento che Milady è viva, potremo avere anche l'occasione di smascherare quella volpe di Richelieu.''- aggiunse Aramis.
''Hai visto?''- fece Lunette-:'' Hai fatto la scelta giusta, dovresti esserne fiero.''
D'artagnan sorrise come liberatosi da un gran peso che gli opprimeva il cuore. Si era maledetto ogni giorno da quella notte... e non per non aver adempiuto al suo dovere risparmiando Milady, ma per la consapevolezza di aver tradito la fiducia che i suoi amici riponevano in lui.
Durante tutta la convalescenza di Costance non vi era stato un giorno senza che si dicesse-:''Dovrei dirlo almeno a loro.''
E non vi era stato un solo giorno che dopo aver pensato di dire la verità ai suoi amici non temesse di vedere nei loro occhi il biasimo o di essere trattato come un traditore del loro codice d'onore.
Timori infondati a quanto pareva. Mai stato così felice di essersi sbagliato in tutta la vita.
''Adesso però è meglio tornare a casa...''- fece Aramis rivolta alla sua serva-:'' devi cambiarti i vestiti o rischi di beccarti un malanno...''
D'artagnan si offrì subito volontario.
''Ragazzi, voi andate pure... l'accompagno io a casa.''
I tre moschettieri annuirono e lasciarono che Lunette tornasse a casa con l'amico guascone mentre loro rientravano alla caserma per mettere a punto un ''piano di guerra''.

''Sembravi sollevata e quasi... felice nel sapere che Milady è ancora viva...''- fece D'artagnan rivolto all'amica durante il tragitto.
''Se proprio lo vuoi sapere... io sapevo tutto.''- confessò Lunette con un sorriso sbarazzino.
D'artagnan parve cadere dalle nuvole.
''Come, scusa?''
''Per la verità non lo sapevo... ma ho sempre sperato che ti fosse mancato il coraggio di uccidere Milady.
Mi dispiacerebbe troppo avere un amico che deve sopportare per il resto dei suoi giorni su questa terra il peso di aver ucciso una persona che per quanto malvagia ed abietta possa essere... è pur sempre un essere umano.''
''Perchè non me lo hai mai detto?''
Lunette sorrise di nuovo-:''Perchè se volevi me lo dicevi tu. Io non lavoro per il Tribunale dell'Inquisizione, sono una tua amica... e  gli amici si confidano di loro volontà.''
Stavolta fu il turno di D'artagnan quello di sorridere e ringraziarla con lo sguardo.
Malgrado tutti i colpi bassi che lo avevano colpito ultimamente non potè fare a meno di pensare di essere comunque fortunato perchè aveva ancora la cosa più preziosa del mondo.
La stima, la solidarietà ed il rispetto dei suoi amici.
Amici veri che non lo avevano mai giudicato ne per le sue scelte ne per i suoi errori. E quello era un tesoro che nessuno  gli avrebbe mai portato via.

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Capitolo 29
*** Colpo di scena ***


~                                                COLPO DI SCENA
La Maschera di Ferro era stata arrestata al ricevimento che il cardinale aveva organizzato nella sua villa.
Da D'artagnan. Ma il ragazzo aveva rifiutato tassativamente di prendersi il merito dell'impresa e aveva chiesto ai suoi amici di dire a chiunque lo avesse chiesto che erano stati loro ad arrestare il bandito.
''Difendete l'onore dei moschettieri.''- aveva detto loro.
Il bandito venne così rinchiuso alla prigione dello Chatelet: subito dopo iniziarono i guai.
Infatti, la mattina successiva alla festa e all'arresto del pericolo bandito, il re Luigi XIII aveva iniziato a comportarsi in modo assai strano.
Tanto per cominciare, il re aveva dato ordine che la regina sua consorte venisse rinchiusa nella cattedrale di Port Royale assieme alla sua dama di compagnia, sotto l'accusa di essere una spia al servizio della Spagna.
Il primo pensiero di Lunette fu che si trattasse dell'ennesimo complotto di Richelieu ed era pronta a dirgliene quattro, minacciando persino di dire al re che anni prima, quando Lunette era appena una ragazzina era stata rapita da Rochefort per essere venuta a conoscenza di un loro pianto per accusare falsamente la regina.
Poi però accadde qualcosa che nemmeno lei si sarebbe mai aspettata.
A poche ore dall'arresto della regina e della sua amica  Costance, lo stesso cardinale Richelieu era stato portato alla prigione dello Chatelet proprio dal capitano Treville e dai tre moschettieri, in stato di arresto.
L'accusa era che Richelieu avesse usato il denaro delle casse dello stato non solo per finanziare l'organizzazione del ricevimento in giardino ma anche per soddisfare alcuni capricci personali.
Richelieu ovviamente aveva negato qualsiasi responsabilità.
''E se stavolta fosse innocente?''- fece Lunette seduta sui gradini della residenza di Monseiur De Treville quando lei e i tre moschettieri furono tornati dalla prigione in cui erano rinchiusi Maschera di Ferro e il cardinale.
Porthos parve piuttosto stupito da tale affermazione da parte della giovane-:''Ti senti bene? Perchè mai lo difendi?''
La ragazza fece le spallucce-:''Non lo so Porthos... dico solo che Richelieu mi pare troppo sveglio per fare un errore che potrebbe costargli la reputazione.''
''Forse... forse hai ragione.''- la raggiunse Athos-:'' Richelieu ha risposto all'accusa sostenendo  che i costi della ristrutturazione della villa, del giardino e dei costi della festa sono stati saldati da Mansonne... perchè mai avrebbe dovuto mentire se non era capace di provarlo?''
Effettivamente era strano.
Certo, se era vero che Richelieu mentiva non vi sarebbe stato nulla di eccezionale, sapevano bene che gli intrighi e le menzogne erano il suo ''Cavallo di Battaglia'', ne avevano avuto prova in passato e più di una volta, ma le menzogne che raccontava in genere erano supportate da prove tangibili.
E Richelieu era troppo scaltro per dimenticarsi di supportare una menzogna del genere con delle prove.
''Chiamatemi pure pazza... ma secondo me qui c'è qualcosa che puzza. E la stalla l'ho gia pulita.''- concluse facendoli ridere.
''QUESTO E' TROPPO!!!''- prima una voce altisonante e poi la figura alterata del capitano de Treville fece sobbalzare sia la ragazza che i tre moschettieri.
''Capitano...''- fece Athos mettendosi sull'attenti seguito a ruota da Aramis e Porthos.
''Cosa succede?''- chiese il gigante.
''Succede che Sua Maestà ha nominato Mansonne nuovo ministro delle finanze al posto di Richelieu.''- spiegò Treville.
''EH?!?''- fece la ragazza con gli occhi fuori dalle orbite fingendo, ma soprattutto sperando, di aver frainteso.
''Non è possibile... non ci credo!''- fece Athos non meno sorpreso del resto del gruppo.
''Invece è proprio così...''
''Capitano, non scherziamo''- fece Aramis pur sapendo che il capitano non scherzava mai, meno che mai su qualcosa di così importante-:'' La Francia è piena di uomini molto più indicati di Mansonne per ricoprire un ruolo così importante...''
''E comunque, non è stato ancora scagionato dai sospetti di essere stato complice di Maschera di Ferro.''- concluse Porthos.
Treville annuì, d'accordo con ogni singola parola dei suoi sottoposti.
''E' appunto per questo che mi sto recando a palazzo... cercherò di farlo ragionare.''- ma  qualcosa gli diceva che stava solo perdendo tempo e fiato.
''Ragazzi voi che ne pensate?''- fece Athos quando il capitano ebbe lasciato il cortile della caserma.
 ''Io rimango della stessa idea...''- commentò Lunette-:'' se il re non imparerà ad ascoltare la voce della ragione invece di quella degli altri... prevedo che il destino di questo paese non sarà roseo.''
E tutti furono d'accordo con lei.

Purtroppo, i tentativi di Treville di ricondurre il re alla ragione non diedero i frutti sperati, anzi.
''Il tradimento di un moschettiere non mi farà ritornare sui miei passi.''- aveva risposto il re alle contestazioni del militare.
Fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Aveva tollerato l'ingiusta punizione ai danni di D'artagnan quando era Richelieu al comando. Ma adesso, stare agli ordini del re era come stare agli ordini di Mansonne e di Milady, entrambe persone su cui nutriva molti dubbi riguardo alle loro buone intenzioni ed integrità morale.
Mai e poi mai, li avrebbe serviti tramite il re.
Ecco il motivo per cui aveva deciso di convocare l'intero corpo dei moschettieri per  comunicare che da quel momento non era più il comandante del corpo dei moschettieri.
Inutile dire che fu un colpo durissimo per tutti.
Vero, di uomini che potevano prendere il suo posto ve n'erano, i tre moschettieri in primis, ma Treville era stato prima di tutto un padre per tutti loro e poi un comandante. E una figura così importante non poteva essere sostuita in alcun modo.
Nel frattempo, i tre moschettieri furono convocati d'urgenza al palazzo reale. Non si conoscevano i motivi ma... avevano dei sospetti.
''Voi andate pure io vi raggiungerò.''- aveva detto loro la serva.
Non voleva che DeTreville andasse via senza nemmeno averlo salutato.
Dopo tutto era stato una figura paterna anche per lei, glielo doveva.
''Capitano...''- fece Lunette raggiungendo il militare che stava sistemando le ultime cose sul suo cavallo-:'' avete proprio deciso di andarvene? Lasciate i moschettieri?''
Treville annuì.
''Purtroppo non vedo altra scelta.''- fece l'interpellato-:''Lascia che ti dia un consiglio... e fai conto che te lo abbia dato tuo padre... Servi sempre il tuo re con timore ed umiltà. Ma se tocchi con mano che sta andando contro dei principi per te inalienabili... il benvolere di un sovrano non vale la tua integrità morale.
Ed è quello che intendo fare io.''
''Sono più che sicura che la colpa sia di Milady... non so perchè ma da quando il re l'ha conosciuta pende letteralmente dalle sue labbra.''
A dire il vero non vi vedeva niente di strano... Milady era una donna malvagia, ma era anche più furba ed intelligente di quanto non desse a vedere al di fuori.
E soprattutto era una bellissima donna.
Bellezza, intelligenza derivata da calcoli attenti ed una furbizia innata, ed una volontà gratinica nell'ottenere ciò che voleva... un mix micidiale.
Treville pareva d'accordo con lei.
''Ha sempre tenuto in considerazione la vostra parola... magari se gli riparlate in futuro...''
Il capitano dissentì-:''Non servirebbe a niente. Hai visto no, come non si è fatto pregare nell'arrestare sia sua moglie che il cardinale.''
''E che ne sarà dei moschettieri del re senza il loro capitano?''- continuò imperterrita la ragazza.
''Vi sono molti ottimi moschettieri tra gli uomini che ho addestrato... quindi sono certo che il re farà la scelta giusta.''
Avrebbe anche voluto aggiungere ''Almeno spero che faccia la scelta giusta stavolta'', ma si trattenne.
Non era più capitano da dieci minuti, ma ancora conservava la devozione del soldato per il suo signore.
Deformazione professionale.
''Tornerò in Guascogna. I nonni di D'artagnan saranno in pena per lui...''- l'unica cosa di tutta quella situazione che gli riempiva il cuore di gioia era il poter dire a Victor e Catherine di quanto fosse orgoglioso di lui.
D'artagnan era cambiato talmente in fretta che non aveva avuto nemmeno il tempo di accorgersene...
Non era più quel ragazzino spavaldo ed immaturo che tempo prima era piombato nel suo studio pretendendo di essere subito accettato nei moschettieri... era maturato fino al punto di rinunciare ai propri sogni per il bene delle persone che amava.
In cuor suo era convinto che se avesse avuto una decina d'anni in più, in quel momento non vi sarebbe stato successore più degno di lui come capitano dei moschettieri.
Lui stesso aveva avuto la mezza idea di designarlo come suo successore in futuro, ma a quanto pare il destino aveva deciso diversamente.
''Capitano, permettete una parola prima di andarvene?''- fece Lunette con uno sguardo deciso.
Al consenso del militare parlò-:'' Vero, verrà eletto un nuovo comandante e verrà stimato e rispettato come vuole simile carica... ma voi siete stato prima di tutto un padre, per tutti loro. E in questo non esiste mortale che possa sostituirvi.''
Il capitano sorrise.
''Però... caratterino determinato e senza paura... un tratto che hai sicuramente ereditato da tua madre.''
Lunette parve cadere dalle nuvole e divenne bianca come un lenzuolo appena lavato.
''Co-con-conoscevate mia madre?!?''- domandò la ragazza sconvolta da quella frase.
''La conoscevo molto bene, credimi.''- detto questo spronò il cavallo e se ne andò lasciando la ragazza con nuovi interrogativi.
Interrogativi che l'accompagnarono sino al palazzo del Louvre, luogo dove Aramis, Athos e Porthos erano stati convocati con urgenza dal re.
''Dal re... o da Milady e Mansonne?''- avrebbe voluto aggiungere lei.
Non poteva dire  che il colloquio con il capitano non l'avesse sconvolta.
Quell'uomo sapeva qualcosa di lei, di sua madre e quindi di quello che era prima di diventare una sguattera in quella locanda di quart'ordine... ma allora perchè tacerle la verità per tutti questi anni?
Sei anni erano passati da quando era divenuta la serva personale di Aramis... se sapeva qualcosa su di lei perchè rivelarle un piccolissimo pezzo di verità prima di tornare in Guascogna?
Tra l'altro il fatto che lui sapesse chi era la sua famiglia naturale, non era mica un dettaglio di poco conto.
Non riusciva a capire, veramente...
Non vedeva l'ora di confidarsi con i suoi amici per avere... non sapeva nemmeno lei cosa. Una parola di conforto, un consiglio...
''Athos, Porthos...''- fece la giovane vedendo i due soldati uscire dal palazzo.
Qualsiasi cosa il re, o meglio Milady e Mansonne, avessero detto ai moschettieri, loro non l'avevano gradita.
''Dov'è Aramis?''- chiese innocentemente lei notando l'assenza della moschettiera.
Porthos rispose con un tono che sprizzava rabbia e delusione da tutti i pori-:'' Ti riferisci al Capitano Aramis? Lo troverai nel salone del Louvre a stringere la mano a Mansonne e alla sua degna socia.''
Lunette si raggelò sul posto.
''Capitano Aramis....?''- fece la ragazza-:'' Ragazzi, che avete bevuto e quanto? Guardate che se è uno scherzo non fa ridere...''
Athos scosse la testa, sconsolato-:''No, Lunette... purtroppo non è uno scherzo: Milady e Mansonne hanno offerto la carica di capitano ad ognuno di noi. Io e Porthos abbiamo rifiutato...''
''... ed Aramis ha anteposto la carriera alla nostra amicizia.''- conluse Porthos con rabbia-:''  Ci siamo dimessi e con lui abbiamo chiuso.''
Lunette aveva ascoltato ogni singola parola e mano a mano che la conversazione andava avanti si convinceva che i casi erano solo due: o vi era un terribile malinteso o stava facendo il peggiore degli incubi.
''Tutto questo è assurdo...''- borbottò con gli occhi vitrei e terrea in volto-:''Io non posso crederci...''
''Purtroppo è la verità...''- fece il bel moschettiere con gli occhi pieni di dolore, rabbia e delusione-:''Lunette... temo che da qui in avanti le nostre strade si dividano.''
''Cosa?''- ok, la teoria del brutto sogno si stava facendo sempre più corposa.
''Lunette, sia ben chiaro che non abbiamo nulla contro di te...''- le spiegò Athos-:'' ma d'ora in avanti nulla sarà più come prima... ci dispiace.''- e nel dir così l'abbracciò forte, seguito a ruota da Porthos.
''Non è possibile...''- pensò la giovane durante gli abbracci di coloro che per anni erano stati come dei fratelli maggiori... possibile che fosse tutto finito?
''Addio, Lunette... cerca di essere felice.''- le augurò Athos sforzandosi di sorridere.
Altrettanto fece Porthos, ma erano sorrisi carichi di malinconia.
Sarebbe mancata a tutti e due.... quella ragazzina che se da fuori sembrava solo un bel visino e per certi tratti pareva una ragazza con il viso di bimba... aveva dimostrato spesso e volentieri il coraggio e la forza di volontà degna di un moschettiere.
Con la nomina di Aramis sarebbe stata costretta a vivere in un covo di serpi dove la finta adulazione e la menzogna erano all'ordine del giorno, ma era forte ed intelligente.
Addestrata dai moschettieri. Quindi se la sarebbe cavata.
Quando i due ex moschettieri se ne furono andati assieme ai loro cavalli, la ragazza entrò a passo spedito nel palazzo del Louvre, con un' espressione decisamente alterata sul volto.
Non credeva affatto che per Aramis, la donna che l'aveva salvata da una vita di stenti, buona, caritatevole, animata da sentimenti di onore e giustizia avesse deciso di mandare tutto a farsi friggere, inclusa la stima e l'amicizia delle persone che amava e che l'amavano per diventare capitano dei moschettieri.
Non voleva ne accusarla ne farle il terzo grado... solo capire.
Aveva avuto fin troppe sorprese quel giorno.
Voleva solo... capire.
In fin dei conti non chiedeva tanto...

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Capitolo 30
*** Nuove nuvole all'orizzonte ***


~                                                  NUOVE NUVOLE ALL'ORIZZONTE
''Sono certo che non ci deluderete...''- fece Mansonne stringendo nuovamente la mano ad Aramis con una faccia odiosa e falsa ai limiti dell'impossibile.
Aramis annuì forse per la ventesima volta.
Non aveva voglia di parlare ne di ascoltare le false lusinghe di quel lurido essere.
Si sentiva malissimo per quello che aveva appena fatto.
Sapeva che avrebbe dovuto seguire l'esempio dei suoi amici e dimettersi con loro dal corpo dei moschettieri, come lei stessa aveva proposto, ma l'occasione che le era appena capitata tra le mani era troppo per buttarla via così.
Purtroppo però... aveva dovuto pagare un prezzo altissimo.
Passare per una traditrice infame con le persone che si sarebbero buttate nel fuoco senza pensarci due volte per lei e per le quali sarebbe addirittura morta.
Aveva visto l'odio, il rancore e la delusione negli occhi di Athos e Porthos... avrebbe dovuto affrontare Lunette a breve, di sicuro...
E forse quel ''A breve'' era gia arrivato.
In fondo al corridoio vi era la figura vestita in azzurro di una giovane donna che non aveva più di diciotto anni.
''Perdonatemi Mansonne... devo dare disposizioni alla mia domestica...''
''Ma naturalmente, fate pure con comodo.''- lo congedò Mansonne.
In breve la raggiunse, aspettandosi di vederle in faccia la domanda-:''Come avete potuto tradire in modo così ignobile i vostri amici?''
Ma sul volto della giovane non vi era nulla di tutto ciò.
Certo, non poteva negare di essere sconvolta... ma sembrava come in attesa di qualcosa.
Tipo una spiegazione.
''Vieni...''- fece Aramis prendendo la bruna a braccetto per condurla in una stanza che da quel momento in poi sarebbe stata l'abitazione di Aramis nel grande palazzo del Louvre-:'' parliamone in un posto più tranquillo.''
Aramis aveva accettato ma aveva richiesto di potersi stabilire al Louvre in maniera definitiva.
Milady e Mansonne furono più che felici di acconsentire a tale richiesta, certi che il potere e il lusso avessero gia corrotto in maniera inesorabile e permanente l'anima di uno dei tre moschettieri.
Poveri illusi, aveva pensato Aramis...
Non potevano certo immaginare che aveva avanzato quella richiesta per lo stesso motivo per cui aveva accettato quella promozione.
Tenerli d'occhio.
''Lunette io...''
''Sappiate fin da ora che non ci credo ora e non ci crederò mai.''- la anticipò la bruna.
La bionda parve cadere dalle nuvole.
''Come hai detto, scusa...?''
''Ho appena parlato con Athos e Porthos.''- ripetè la giovane-:'' Ed io vi dico che non ci credo.
Mai, nemmeno per tutto l'oro del mondo, crederò che avete tradito i vostri amici.
E mai crederò che l'abbiate fatto per una stupida nomina.''
Aramis si sentì invadere il cuore da un gran sollievo.
La cosa che più l'avrebbe addolorata sarebbe stato passare  come un ipocrita bugiarda anche agli occhi della ragazza che per anni aveva iniziato ai valori più importanti della vita, come una madre faceva con i propri figli, e di vedere il viso della ragazza sfigurato dalla delusione e dal biasimo.
''So che se avete agito in questo modo avete avuto i vostri motivi. E vorrei conoscerli...''- fece Lunette con i suoi occhi tremanti-:'' Mi conoscete, sapete che vi ho sempre sostenuto in ogni vostra decisione, ma voglio sapere perchè.''
Decisamente, necessitava di una spiegazione, perchè da come Athos e Porthos le avevano spiegato i fatti, Aramis aveva letteralmente mandato la loro amicizia e il suo senso dell'onore a farsi benedire per l'occasione di fare carriera.
Quindi che ne era dell'onore, dell'amicizia, del rispetto e di tutti gli ideali che le avevano insegnato?
No, quella persona non poteva essere la stessa che anni prima l'aveva salvata da un destino che si prospettava decisamente poco roseo.
Aramis sospirò-:''Hai ragione...credimi, non avrei voluto passare come un ipocrita ai tuoi occhi o a quelli di Athos e Porthos ma...è successo qualcosa che non mi aspettavo.''
''Quindi... una ragione esiste....''- fece Lunette armandosi di speranza.
La bionda annuì.
''Tu sai che il motivo per cui oggi sono qui è per vendicare la morte dell'uomo che amavo... e di lui sai tutto ormai... come ad esempio che dalla prime indagini fu incolpato il Cammello e che la sua morte fu ritenuta la conseguenza di un furto finito male.''
Lunette annuì-:''Si... e se invece era un omicidio premeditato, l'assassino ha pensato bene di coprirlo con una rapina...''
''Ed oggi ho scoperto dove si trova uno dei gioielli rubati a casa di François quella notte.''- le confidò Aramis, facendola sussultare.
''Dove?''
''Appeso al collo di Mansonne.''- e qui si che Lunette divenne pallida come un cadavere. Ormai non c'erano più dubbi, anche se avrebbero dovuto fare delle verifiche per accertarsene... Mansonne o il Cammello, o in qualsiasi altro modo si fasse chiamare e l'assassino di François erano la stessa persona.
''Ma ne siete certa...?''- balbettò la ragazza nonostante stesse morendo dalla voglia di crederci. Sarebbe stata l'occasione perfetta per fargliela pagare, per tutto.
''Purtroppo non ho dubbi... quando ci siamo fidanzati ufficialmente io ho donato a François un medaglione d'oro con al centro una pietra rossa. All'interno vi è anche un mio ritratto.''- le spiegò la bionda.
Non avrebbe mai creduto di rivedere quel ciondolo... come non si aspettava che l'assassino saltasse fuori così all'improvviso.
''Capisci, non avrei mai per nessun motivo tradire te e gli altri ma... questa è l'occasione che stavo aspettando per fare giustizia.''
''Non lo avete fatto.''- fece Lunette trattendo l'impulso di abbracciare la bionda-:'' Voi non avete tradito le persone che amate.
Meno che mai per il lucro o la carriera... vi siete comportata in tal modo per rendere giustizia a qualcuno che amate. Niente potrebbe rendervi più onore di questo.''
Aramis sorrise.
Aveva gia visto la rabbia e la delusione negli occhi dei suoi amici... temeva di vederla anche in quelli della ragazza che a poco a poco si era trasformata nell'equivalente di una sorella... no.
E proprio perchè ormai le voleva bene come una sorella, il suo compito era quello di proteggerla.
''Lunette, ti sono grata per la fiducia e la stima che mi hai accordato in questi anni...''- fece la bionda prendendola per le spalle-:'' stavolta però la scelta è tua.''
''Come prego?''- fece la ragazza confusa.
''Ti ho insegnato tutto quello che ritenevo potesse tornarti utile e ti ho sempre chiesto di accompagnarmi in missione ed in battaglia... ma quelle battaglie riguardavano Richelieu.
E non avrei mai pensato di dirlo ma... Richelieu non è nulla in confronto al pericolo in cui potresti metterti se decidi di affrontare Mansonne.''
''Quindi...?''- fece Lunette c on aria di sufficienza inarcando le mani sui fianchi.
''Quindi, non mi opporrò se decidi di ritirarti. Hai il libero arbitrio. Usalo.''
''Devo decidere se andarmene e lasciarvi sola a combatte o restare?''- fece Lunette fingendo  di doverci pensare.
Sapeva benissimo cos'avrebbe fatto, e non c'era certo bisogno di pensarci per saperlo.
''Bene, in tal caso ai vostri ordini.''- fece la ragazza accennando un leggero inchino tenedosi i lembi del vestito tra pollice ed indice.
Aramis non si stupì più di tanto.
Del resto... era pur sempre cresciuta in una caserma ed allevata dai moschettieri del re.
Ma ciò non le impediva di preoccuparsi per lei.
''Lunette...''
''Dite pure quel che volete.''- fece la bruna con un sorriso sbarazzino-:'' ma mi sono affezionata alla vita domestica di giorno e combattente quando nessuno lo nota... e non ne vorrei una diversa. Soprattutto in questo momento.''
Athos aveva toppato.
Non era stata Aramis a trascinare Lunette in un covo di serpi.
Casomai era il fato ad aver trascinato Aramis da un covo di serpenti all'altro.
Ma almeno non era sola.
Lunette era forse l'unica amica su cui poteva contare lì dentro.

Passato lo shock della promozione a capitano di Aramis e del suo apparente tradimento verso tutti coloro che l'amavano, Lunette trovò più che naturale stabilirsi con lei a palazzo per aiutarla nelle indagini ad incastrare Mansonne per omicidio.
Non intendeva lasciarla sola nemmeno per un istante in quel posto che rendeva vero come non mai il detto ''Non tutto è oro quel che luccica''.
Si sarebbe accomodata negli alloggi della servitù con gli altri domestici, ma prima c'era una cosa importante che doveva fare.
Alcune giacche di ricambio, vestiti, oggetti personali... ad Aramis avrebbe fatto piacere avere qualcosa in quell'enorme palazzo dove tutto era esageratamente troppo che le rammentasse la bellezza e la semplicità della loro modesta abitazione.
Un po' la intristiva il pensiero di dover lasciare la casa che da una ragazzina orfana spaurita l'aveva vista diventare una donna combattiva e determinata, pronta a tutto pur di star vicino alle persone a cui teneva, ma il pensiero che presto Aramis si sarebbe tolta dal cuore quel macigno che la stava tormentando decisamente da troppi anni e che magari avrebbe potuto ricominciare da capo... la tristezza si dissolveva.
E poi un giorno vi sarebbero tornate.
Si, ne era certa.
E per quel giorno anche Athos e Porthos avrebbero capito di quanto si stavano sbagliando su Aramis.
Sarebbero tornati di nuovo ad essere una famiglia.
''Lunette.''- a riscuoterla dai suoi pensieri una voce.
Una donna.
Peccato che non fosse esattamente la persona con cui Lunette desiderasse fare conversazione e magari prendere una tazza di tè come due vecchie amiche.
''Milady...''- la ragazza rispose atona.
Voleva andarsene da lì il prima possibile... solo perchè nel sapere che era stata condannata a morte per omicidio in Inghilterra aveva provato pena per lei, ciò non voleva certo dire che aveva dimenticato tutto il dolore che aveva causato alle persone che amava.
''Vedo che tu non mi hai ancora perdonato per le nostre piccole incomprensioni.''- fece Milady con fare teatrale.
Lunette non seppe mai cosa la trattenne dallo scoppiare a riderle in faccia.
''Piccole incomprensioni? E' così che definite dei tentativi di omicidio ai danni di due persone innocenti e di chi sta loro attorno?
E tanto per sapere, dal vostro punto di vista... che cos'è un gigantesco equivoco?''
''Ad ogni modo...''- continuò Milady-:'' credo che io e te dovremmo diventare... come dire... un po' più amiche.''
Si, ti piacerebbe!- pensò Lunette optandò però per un-:''Ah davvero? Ed in nome di che cosa, di grazia?''
''Andiamo mia cara...''- fece l'ex spia del cardinale-:'' E' finita l'era in cui complottavo contro i moschettieri del re... adesso siamo entrambe serve della Francia.''
''Su questo avrei seri dubbi se permettete.''- per un brevissimo istante Lunette giurò di aver visto sul volto dell'inglese un espressione di sconcerto-:'' Dal mio punto di vista... essere una serva dello stato è molto diverso dal servirsi dello stato.''
Probabilmente Milady era sconcertata dal vedere che una ragazzina le parlasse con quel tono di voce, soprattutto data la sua attuale posizione.
Ma di questo, a Lunette non importava nulla.
Milady poteva essere sia la dama di compagnia del re che la donna più importante del mondo finora conosciuto, ma niente le avrebbe fatto cambiare idea sul suo conto.
''Ora, se questa bella chiacchierata è finita... avrei un trasloco da organizzare.''- e senza nemmeno aspettare un cenno da parte della donna se andò, fiera di se stessa per averle detto ciò che pensava.

Quella sera i tre banditi avevano organizzato un brindisi nella propietà di Mansonne, luogo in cui il povero Bonacieux languiva prigioniero, per festeggiare l'ottimo andamento del loro piano.
Ma Milady era perplessa.
Davvero non riusciva ancora a capire.... Lunette.
Quella ragazzina che quel pomeriggio l'aveva affrontata.
''Qualcosa vi preoccupa Milady?''- fece Maschera di Ferro.
''Quella ragazza...''- fece la donna-:'' la serva del nuovo capitano... sono abbastanza certa  che sia rimasta per un motivo particolare...''- certo, non ci aveva visto male, ma non aveva nemmeno centrato il bersaglio se era per questo.
''Ah certo... la donzella con il pugnale.''- fece Maschera di Ferro identificando la giovane. E non poteva negare di essere rimasto colpito da quella ragazzina, poco più di una bambina, che in due volte che l'aveva incontrata non aveva esitato un attimo a puntargli contro un pugnale.
''E' una serva... e allora?''- fece Mansonne che non capiva.
''Aramis l'ha salvata quando era una bambina... si vocifera inoltre che loro due siano anche innamorati...ed è stata allevata dai tre moschettieri. Loro si fidano di lei... e lei farebbe di tutto per loro.''- spiegò Milady-:''E adesso che è la domestica personale del nuovo capitano dei moschettieri non da nell'occhio se qualcuno la vede in giro per il Louvre...''
Mansonne iniziò a capire dove Milady intendesse andare a parare e cominciò a pensare che suggerendo Aramis come capitano dei moschettieri avessero commesso un errore madornale.
''Se è vero che i moschettieri si fidano di lei... Athos e Porthos potrebbero chiederle di spiare per loro, in caso s'insospettissero.''
''E lei non si farebbe certo pregare, credetemi.''- fece Milady memore di tutte le volte in cui la giovane fanciulla si era unita ai moschettieri per combattere al loro fianco, soprattutto per arrestarla quando aveva quasi ucciso Costance e D'artagnan e durante la corsa contro il tempo per salvare la regina Anna dallo scandalo.
''E' una possibilità da non sottovalutare.''- fece Maschera di Ferro-:'' dobbiamo fare in modo che non si avveri.''
Milady ridacchiò leggermente-:''Lasciate fare a me... ho gia in mente un bel trucco per fare in modo che la sua carriera di informatrice dei moschettieri finisca qui.''

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Capitolo 31
*** Un doloroso arrivederci ***


~                                                          UN DOLOROSO ARRIVEDERCI
I cambiamenti del giorno prima erano stati così tanti e così intensi che la giovane Lunette, a poco a poco, si era quasi dimenticata della conversazione avuta con Treville riguardo la sua famiglia biologica.
Non poteva certo negare che il tarlo del dubbio e della curiosità si fossero insinuati nella sua testa, ma al momento aveva cose più importanti di cui occuparsi.
Tipo stare vicino ad Aramis.
La notizia ormai accertata che l'assassino di François fosse Mansonne, lo stesso Mansonne che da semplice mercante si era appena trasformato nel nuovo ministro delle finanze dello stato... una notizia che aveva reso felici e spaventate allo stesso tempo le due ragazze.
Inoltre, nessuna delle due era particolarmente contenta di dover agire da sole e senza supporto da parte dei moschettieri.
La prima di notte di Lunette al Louvre  tuttavia trascorse abbastanza tranquillamente, cenò nella grande cucina del palazzo dove alla sera tutti i domestici si riunivano per cenare e poi si era sistemata in una branda negli alloggi della servitù.
La mattina dopo si mise subito al lavoro.
Nuova sistemazione, ma le cose da fare erano sempre le stesse... disfare i letti, far prendere aria al materasso, pulire per terra, spolverare, sistemare gli abiti... sembrava tutto normale.
Se non fosse stato per quello che accadeva intorno a lei: mentre puliva il nuovo appartamento di Aramis, questi arrestava Athos incastrato da Milady con l'accusa di aver rubato dei progetti segreti per poi rivenderli alla Spagna.
Ma questo Lunette non poteva ancora saperlo.
Come non poteva sapere che a breve, su di lei, si sarebbe scatenato un uragano.
Aveva appena finito con le pulizie in camera di Aramis.
Finite quelle dunque la aspettava la manuntenzione della spada e del moschetto della moschettiera, ma...
''Lunette.''- quando la giovane si voltò per scoprire da dove proveniva quella voce, si ritrovò nuovamente faccia a faccia con Milady,
Trattenne uno sbuffo.
Quella donna iniziava veramente a stufarla con quel suo girarle attorno.
Sembrava una belva feroce in attesa di saltare addosso alla sua preda.
''Desiderate?''- fece la giovane sforzandosi di non sembrare sgarbata.
E dire che stava morendo dalla voglia di dirgliene qualcun'altra...
''Il tuo innamorato ti attende nella sala in fondo al corridoio... ti consiglio di fare in fretta, sembrava molto turbato.''
Lunette avrebbe dovuto chiedersi come mai Aramis aveva chiesto proprio a Milady di dirle che aveva bisogno di lei e perchè mai non le avesse dato come appuntamento la stanza in cui soggiornava a palazzo o la caserma dei moschettieri, ma il sapere che Aramis era turbata e che aveva bisogno di qualcuno con cui parlare le riemì il cuore e la mente e non ebbe tempo di pensare a nient'altro.
''Aramis? Mi avete fatto chiamare?''- fece entrando nella stanza chiudendo la porta dietro di se.
Aramis però non rispondeva ai suoi appelli e pareva non esserci.
''Devo aver sbagliato stanza...''- e qui fece per uscire.
Poi notò qualcosa che colpì la sua attenzione.
Una pila di fogli di fronte ad uno scrittoio.
Per deformazione professionale, si avvicinò allo scrittoio, raccolse i fogli e li rimise sulla scrivania...
''MMMMMHHHH!!!''- all'improvviso sentì il braccio robusto di un uomo cingerle la vita ed una mano premerle sulla bocca.
Reagì d'istinto.
Diede una gomitata all'aggressore in modo da farlo finire a terra e sempre istintivamente afferrò il tagliacarte presente sulla scrivania per potersi difendere nel caso l'aggressore ci riprovasse.
La sua sorpresa fu immensa quando ne scoprì l'identità.
''Mansonne?!?''- fece la ragazza incredula.
L'uomo si mise ad urlare-:''GUARDIE!!! UN'AGGRESSIONE!!! AIUTATEMI!!!''
''COSA?!?''- urlò di nuovo la giovane.
Subito due guardie fecero irruzione nella stanza.
''Getta l'arma!!!''- le gridò una di loro.
Lunette fissò Mansonne che le sorrideva diabolicamente.
Solo allora comprese che cosa era accaduto.
Aramis probabilmente non era nemmeno al Louvre, figurarsi quindi se aveva richiesto di vederla.
Era tutta una trappola e lei c'era cascata con tutte le scarpe.
L'unica cosa che potè fare fu lasciar cadere il tagliacarte che mai avrebbe usato veramente se non per difendersi ed alzare le braccia in segno di difesa... oltre a pregare Qualcuno più potente di qualsiasi autorità di aiutarla.

Pochi minuti dopo, due guardie di palazzo portavano una sconvolta Lunette alla cospetto del re, Milady, Mansonne... ed Aramis.
La  bionda era appena tornata a palazzo dopo aver fatto una cosa di cui non andava molto fiera, ovvero l'arresto di Athos.
Nemmeno a farlo apposta, tre cortigiane l'avevano subito interccettata e con una finta espressione di dolore e dispiacere in viso l'avevano informata che Lunette aveva aggredito Mansonne con un oggetto contundente.
Inutile dire che non credeva nemmeno un po' alla loro versione dei fatti e le aveva mollate per cercare la sua domestica.
Ed ora la trovava trattata come una criminale qualsiasi.
Ciascuna delle guardie  teneva  la giovane per un braccio e le mani erano legate dietro alla schiena.
''OH!''- fece la ragazza quando le due guardie la sbatterono per terra.
Sbattuta, legata e  trascinata davanti al re come una comune delinquente... per Aramis fu troppo.
''Scusate!''- urlò rossa in viso la moschettiera-:''Vi pare questo il modo di trattare una ragazzina?''
''Questa ragazzina...''- lo redarguì Mansonne sottolineando con cura ogni parola-:'' Stava curiosando nel mio ufficio e quando le ho chiesto cosa stesse facendo mi ha aggredito  brutalmente e mi ha anche puntato contro un tagliacarte... aveva intenzione di uccidermi.''
''NO!!!!''- gridò Lunette punta sul vivo.
Non era assolutamente andata  così... l'avevano incastrata, ma lei non sarebbe stata zitta davanti a quel sopruso.
''Sire, per l'amor del cielo...''- fece Aramis rivolgendosi al re con gli occhi tremanti e pieni di paura e disperazione-:'' Conosco questa ragazza da quando era una bambina e vi posso assicurare che non è ne aggressiva ne violenta.''
''Sarà pure come dite voi, capitano...''- interferì Milady-:'' ma quando le guardie l'hanno trovata Mansonne era a terra e la vostra domestica brandiva un tagliacarte.''
Lunette respirava affannosamente, l'aria attorno a lei pareva bruciata, le sembrò che la sua testa fosse una trottola che girava su se stessa e stesse per staccarsi dal collo... non aveva nemmeno il conforto di tenersi la testa tra le mani.
''ADESSO BASTA!''- tuonò il re-:'' Lasciate che ci spieghi cosa è successo. Difendersi è un suo diritto.''
Tutti i presenti ammutolirono stupiti a quell'ordine del re.
Era la prima volta dopo un sacco di tempo che Aramis e Lunette lo vedevano prendere una posizione.
Milady e Mansonne erano sorpresi quanto loro, ma non potevano fare nulla per fermarlo.
''Figliola, dicci cosa è successo.''
Lunette annuì, respirò a fondo e poi prese la parola-:'' Io... ho sentito qualcuno afferrarmi da dietro le spalle... mi ha coperto la bocca con la mano...l'ho colpito e istintivamente ho afferrato la prima cosa che avevo sotto mano per difendermi... ma non lo avrei mai usato, lo giuro sulla mia vita!!!''
''Sire, sono certo che è andata così... conosco bene questa ragazza non farebbe del male ad una mosca.''- intervenne Aramis tentando di spezzare una lancia a favore della sua domestica ed amica.
Non avrebbe mai creduto che Lunette stesse rubacchiando nell'ufficio di Mansonne e meno che mai che lo avesse aggredito ancor prima che qualcuno dicesse una sola parola contro di lei.
''Mansonne?''- fece Philippe rivolto al mercante.
Mansonne negò su tutta la linea.
''Prima ancora che potessi dire o fare qualsiasi cosa mi ha assalito come una furia.''
Lunette abbassò gli occhi sconsolata, ingoiando ripetutamente per non scoppiare in lacrime. Lei stessa aveva sempre sostenuto che le lacrime erano un segno di umanità e non di debolezza, ma mostrare le proprie lacrime a Milady e Mansonne... non meritavano una simile vittoria.
''Sono stati Athos e Porthos a chiederti di spiare per loro vero?''- fece Milady all'indirizzo della ragazza.
E l'espressione di shock sul volto della ragazza sparì  per lasciare spazio all'odio.
''VI PROIBISCO DI TRASCINARE NEL FANGO I NOMI DEI MOSCHETTIERI ATHOS E PORTHOS CON LE VOSTRE MENZOGNE, MI SONO SPIEGATA?!?''- strillò.
Poco le importava delle coseguenze per aver urlato contro la prima dama di compagnia del re.
Era una donna cattiva, pronta a tutto pur di avere il potere e la gloria, ogni singola parola che usciva dalla sua bocca era falsa come il suo sorriso e non era certo meritevole di rispetto da parte sua.
Inoltre, con Milady e Mansonne che governavano il paese tramite quel fantoccio seduto sul trono... era come se l'avessero gia condannata.
Era la parola di una semplice domestica contro quella del primo ministro delle finanze.
Processo concluso e sentenza enunciata ancora prima che la faccenda giungesse in tribunale.
Aramis fissava la sua amica con gli occhi tremanti dalla rabbia, paura e disperazione.
Le capitava sempre quando assisteva ad un' ingiustizia, ma qui si stava parlando di assistere impontenti all'accusa di una ragazza che conosceva da quando era bimba, che aveva visto crescere, che malgrado le fosse intestato il titolo di serva aveva sempre considerato come un'amica e una sorella.
''Lunette...''- fece il re-:'' sino a quando la tua posizione in questa storia non sarà chiarita, verrai rinchiusa alla prigione dello Chatelet.''
Milady e Mansonne si sorrisero complici.
Tutto era andato come da programma... e il piano sarebbe andato avanti.
Aramis e Lunette, pur aspettandosi quel verdetto, invece smisero per un attimo di respirare.
''Sire, cercate di ragionare...''- tentò Aramis con il labbro inferore che tremava-:'' Lunette... questa ragazza ha solo diciotto anni... e quella prigione è destinata ai traditori dello stato e ai peggiori criminali... e vi posso assicurare che lei non è niente di tutto questo...''
''Sì, invece...''- fece Milady con un tono così fermo da far sfigurare persino una roccia-:'' La vostra serva ha certamente aggredito Mansonne perchè sopresa da lui mentre spiava per conto di due ex moschettieri gia trovati in possesso di documenti segreti che avrebbero rivenduto alla Spagna... e forse era anche in combutta con la regina Anna e la sua dama di compagnia.''
''COSA?!?''- fece Lunette sconvolta sia dalle accuse che le venivano rivolte sia per la notizia dei documenti nelle mani di Athos e Porthos.
''Questa bella faccina d'angelo è sospettata di essere una traditrice dello stato, come Athos, Porthos, la regina Anna e il cardinale Richelieu. E' colpevole tanto quanto loro, quindi come loro deve essere punita.''
Saltarle al collo ed ucciderla.
Si, solo questo avrebbe calmato l'innocente ingiustamente accusata ed Aramis.
''Capitano, vi prego di portare questa ragazza allo Chatelet.''- fece di nuovo il re ad una sconvolta Aramis.
La bionda poggiò lo sguardo sulla sua serva.
No, non poteva... arrestare proprio la persona che in tutti quegli anni era stata sempre pronta a sostenerla in ogni sua decisione, a confortarla quando il dolore per la perdita di François pareva insostenibile... ed anche il giorno prima, Lunette malgrado l'apparente tradimento di Aramis contro i suoi amici non l'aveva ne aggredita ne giudicata e le era rimasta accanto.
Come poteva farle una cosa simile?
Quello sarebbe stato un tradimento.
Gli occhi di Lunette limpidi e cristallini come non mai però dicevano-:''Fatelo e non preoccupatevi di me.''
Ma prima ancora che Aramis potesse dire o fare qualsiasi cosa, Mansonne intervenne.
''Sire, con tutto il rispetto, lasciate che siano le mie guardie personali ad accompagnare la fanciulla in prigione...''
Un altro colpo al cuore.
Il re guardò Mansonne con aria interrogativa.
Il nuovo ministro rispose all'immediato-:'' Vedete, il nostro neo capitano non è solo molto affezionato a questa ragazza, ma ne è anche innamorato... vorrei risparmiargli il dolore di portare la propria amata in prigione.''
Il re pareva sinceramente sorpreso di tale proposta e un sorriso di commozione si dipinse sul suo volto-:''Siete davvero molto generoso Mansonne... e sia.''
Scommetto che da qualche parte una maga mi stava suggerendo di non alzarmi dal letto questa mattina...- pensò Lunette senza sapere se fosse il caso per lei di mettersi a ridere o scoppiare a piangere.
Aramis si inignocchiò vicino a lei e l'abbracciò-:''Possiamo avere un attimo? Giusto il tempo di salutarci come si deve...non tenterò di farla fuggire, lo giuro.''
Il re acconsentì anche stavolta, confortato dalla parola d'onore del moschettiere.
Lunette, alzandosi per seguire Aramis, rivolse un' occhiata raggelante a Milady e Mansonne-:'' Verrà un'altra giustizia. Ricordatelo.''

''Non dirmi che sei innocente perchè lo so.''- fece Aramis porgendo alla ragazza una coppa d'acqua fresca.
Le aveva slegato le mani.
Corda di pessima fibra.
Come testimoniavano i segni rossastri sulla pelle dei polsi della ragazza.
Mandò giu l'acqua a piccoli sorsi e poi chiese-:''Cos'è questa storia dei documenti?''
In breve, Aramis le narrò che i due moschettieri erano stati accusati di aver rubato dei progetti di un sottomarino che a dire di Milady e Mansonne avevano intenzione di rivendere alla Spagna. Porthos era riuscito a fuggire solo grazie al sacrificio di Athos che si era praticamente offerto come ostaggio in cambio della libertà del gigante.
Aramis stessa pur non credendo ad una sola parola dell'accusa, aveva sopreso i due in possesso di tale plico di documenti.
''... ma li hanno sicuramente incastrati... proprio come hanno fatto con te... maledetti.''- un'altra buona ragione per infilzare Mansonne come uno spiedino quando sarebbe giunto il momento giusto.
''Ti prego... Fa che sia solo un brutto sogno...''- pregò mentalmente Lunette. Peccato che il dolore che sentiva era troppo vero per essere una sensazione onirica.
''Ma ora devo pensare a te...''- fece Aramis. No, non poteva lasciare che Lunette finisse in quella prigione destinata alla peggiore feccia della capitale e dello stato.
Le porse un sacchetto marrone.
''Prendi questi e scappa a Marsiglia fino a quando non riesco a capire cosa stia accadendo.... e soprattutto se il re è davvero chi dice di essere.''
''Come?''- fece Lunette confusa.
''Io ed Athos iniziamo ad avere dei dubbi riguardo al fatto che il re che gira per il Louvre sia davvero il nostro re Luigi XIII... e che il vero Maschera di Ferro sia ancora in libertà.''- le spiegò Aramis.
Lunette annuì incredula, ma restituì ad Aramis i soldi che le aveva offerto per scappare-:'' Ho capito, ma io non voglio scappare.''
''Cosa?''- ora era Aramis ad essere sconvolta.
''Voi mi avete insegnato che se scappo una volta allora scapperò per sempre. Inoltre, darei la prova di una colpevolezza che non mi appartiene.''- fece Lunette con uno sguardo fiero e sicuro.
''Lunette...''- fece Aramis sconvolta ma orgogliosa.
''Aramis, D'artagnan è tagliato fuori dai giochi, Athos arrestato, Porthos ricercato... siete l'unica che può fare qualcosa per vie ufficiali.
Inoltre, avete dato al re o a chiunque egli sia la vostra parola d'onore...''- e qui il tono di Lunette si fece supplichevole-:'' E' la vostra grande occasione per fare giustizia per il povero François... vi prego, non sprecatela e soprattutto non infangate il vostro onore per me. Ve lo chiedo come favore personale.''
Aramis annuì trattenendo a stento le lacrime ed abbracciò la ragazza, subito ricambiata.
Malgrado la stessa Lunette le avesse detto che non voleva scappare dall'arresto e la sua ben disposizione nel farsi arrestare persino da Aramis, poteva sentire la paura che pervadeva l'anima della ragazzina.
''Andrà tutto bene, te lo prometto...''- fece Aramis carezzandole i capelli scuri con fare materno-:'' Farò in modo che non ti manchi niente... ed appena avrò scoperto cosa succede farò in modo che ti venga liberata all'istante.
Non ti succederà niente, hai la mia parola.''
Purtroppo per le due, però, la parola di Aramis non sarebbe bastata per difendere Lunette dalla seconda parte del complotto che Milady e Mansonne avevano ordito contro la giovane serva della bionda moschettiera.

Il tempo di un abbraccio e di un saluto e la giovane Lunette fu fatta accomodare sulla carrozza di Mansonne, in direzione della prigione reale.
Poco prima che la vettura partisse, Mansonne diede una moneta d'oro a ciascuna delle due guardie.
''Metà adesso... e metà a lavoro finito.''
Le cose si mettevano decisamente male per la povera Lunette... e la cosa peggiore era che non sospettava niente.

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Capitolo 32
*** L'addio di Lunette ***


~                                                      L'ADDIO DI LUNETTE
Erano davvero tante le cose che non si potevano prevedere nella vita...
Come ad esempio l'arresto della regina Anna e di Costance come spie spagnole, il rapimento di Monseiur Bonacieux, l'improvviso voltafaccia anche se fasullo di Aramis...
E adesso questo.
Lunette, una domestica che quando non lavava camice, piatti e pavimenti e non si comportava come una normale ragazza della sua età, combatteva al fianco dei moschettieri per difendere la giustizia e per servire il suo amato paese... era stata arrestata con l'accusa di alto tradimento verso lo stato.
Ed era per questo motivo che le guardie personali di monseiur Mansonne la stavano scortando verso la prigione dello Chatelet, a bordo della carrozza di questi.
''Non è accettabile che una così bella ragazza venga messa in un carro per arrivare in prigione...''- aveva detto Mansonne quando Aramis l'aveva abbracciata prima di salutarla definitivamente-:'' anche se ciò che ha fatto è deplorevole è pur sempre una signora... farò in modo che viaggi comodamente.''
Lunette non aveva detto una sola parola davanti alla finta gentilezza e cavalleria di quell'individuo che l'aveva falsamente accusata e fatta passare come una criminale aggressiva e violenta.
Non le importava un fico secco di viaggiare comodamente in carrozza o sballottata in un carretto come cesti di verdura da vendere al mercato.
Per quello che contava poteva anche essere portata in prigione in groppa ad un mulo e sempre per quello che la riguardava potevano anche accusarla di essere una strega... ma lei non avrebbe smesso un solo istante di proclamarsi innocente.
''Sono innocente''.
Era la classica frase che diceva chiunque venisse arrestato, persino se colto in flagrante.
Ma lei sapeva di essere davvero innocente.
Nonostante tale convinzione però aveva paura.
Se era vero che l'uomo che sedeva sul trono di Francia non era il vero re e che la giustizia era in mano alle persone che l'avevano incriminata allora dubitava fortemente che sarebbe riuscita ad uscire indenne da quella situazione.
Poteva solo sperare che Aramis potesse fare qualcosa... e sperare in Porthos, Jean e D'artagnan.
Vero, adesso erano fuggitivi... ma erano pur sempre dei figli di Francia e due di loro erano due delle più valenti spade della penisola francese e come tali nessuno dei tre si sarebbe arreso senza combattere.
La giustizia ufficiale magari non le avrebbe dato soddisfazione.... ma la sua famiglia si.
''Quasi quasi mi dispiace per lei... un così bel visino...''- il chiacchiericcio dei suoi ''accompagnatori'' la distraè dai suoi pensieri.
Si avvicinò allo spioncino della carrozza che dava sulla cassetta del cocchiere per ascoltare meglio.
''Poco importa che ci dispiaccia o meno... hai sentito il capo no?''
''Si, lo so... non deve arrivare alla prigione viva ed è morta mentre tentava di scappare dall'arresto.''
Solo allora la giovane capì che quel terrore, quella paura che aveva provato in precedenza.. ancora non era nulla.
Non volevano solo incastrarla... Milady la voleva proprio uccidere!
Mansonne non si era offerto di farla arrestare dalle sue guardie per '' pietà nei confronti di un uomo innamorato''... sapeva che se fosse stata Aramis ad arrestarla, sarebbe arrivata sana e salva in prigione e che si sarebbe battuta per dimostrare la sua innocenza.
Cadde praticamente in ginocchio, tenedosi ambedue le mani premute sulla bocca per non mettersi a gridare dall'orrore e dalla paura.
''No... no... Signore ti prego, no...''- pregò mentalmente pur sapendo che non sarebbe servito a nulla.
Stava per morire.
Nessuno lo sapeva e quindi nessuno sarebbe intervenuto per strapparla da quell'atroce destino... non aveva nemmeno potuto salutare i suoi amici, la sua famiglia, non avrebbe mai scoperto cosa voleva dirle Treville, non aveva ancora vissuto appieno la vita... stava per abbandonare Aramis... non sapeva nemmeno quanto tempo le rimenesse.
Scosse la testa con decisione.
''Oh, andiamo Lunette.''- pensò mentalmente-:'' datti un po' di contegno, ricordati che dai moschettieri del re sei stata allevata.''
E con questo dato di fatto a farle compagnia prese una decisione.
Non sarebbe morta.
Non quel giorno.
E meno che mai non sarebbe morta come una traditrice vigliacca che aveva tentato di scappare dalla giustizia.
Certo, stava comunque per fuggire ma fuggire da un tentativo di omicidio era assai diverso che scappare dalla giusta punizione.
''Dunque... vediamo un po'...''- fece la ragazza iniziando a rimugianre su come avrebbe potuto fare per fuggire.
Le porte della carrozza erano bloccate dall'esterno, quindi quella via di fuga era da ecludersi... e poi l'avrebbero scoperta subito.
Non poteva nemmeno uscire dai finestrini della carrozza... troppo stretti.
Spazio troppo piccolo per poter fingere di essere gia scappata...
''E questo cos'è?''- si chiese mentalmente notando che sotto di lei c'era qualcosa che traballava.
''Questa poi...''- si disse sorpresa.
C'era un piccolo pannello sotto i suoi piedi... e si domandò cosa mai se ne facesse Mansonne.
''Niente di buono immagino...''- ma non era quello il suo pensiero principale.
Forse poteva usarlo come via di fuga.
Iniziò a sollevarlo con le unghie.
Si morse il labbro e l'interno della bocca per non gridare dal dolore... il minimo rumore sopetto avrebbe richiamato l'attenzione dei suoi carnefici e l'ora del suo decesso si sarebbe avvicinata.
Sopportò e continuò l'operazione sino a quando non vi riuscì.
Riusciva a  vedere la strada che avanzava sotto di lei...
Buttarsi da sotto una carrozza in movimento con il rischio di rompersi qualcosa, non era certamente la cosa più furba che le fosse mai saltato in mente di fare...
Ma le possibilità erano veramente poche.
Se restava, molto probabilmente il giorno dopo non si sarebbe svegliata e nemmeno nei giorni successivi.
Se invece saltava e fuggiva, avrebbe dato la prova schiacciante di essere colpevole quando invece non aveva fatto nulla di male... ma avrebbe avuto la possibilità di dicolparsi e sopratutto avrebbe vissuto un po' più a lungo.
Strappò una tendina e con essa vi avvolse la propria testa... forse avrebbe avuto meno paura nel buttarsi, non essendo del tutto presente.
''Coraggio Lunette...per te e per chi ti vuole bene...''- e lentamente si calò da sotto la carrozza cadendo.
''Ahia...''- fece Lunette alzandosi lentamente e togliendosi il cappuccio improvvisato.
Si massaggiò il gomito.
Non aveva niente di rotto, per fortuna.
Solo qualche escoriazione, vestito impolverato e i capelli leggermente scompigliati... beh, il fatto di essere in disordine in quel momento era l'ultimo dei suoi problemi.
Si alzò in fretta e furia ed iniziò a correre prima che qualcuno scoprisse la sua fuga...la sua corsa la portò alla sponda del fiume.
Meglio camminare vicino all'acqua... anche se qualcuno l'avesse notata, sarebbe stata comunque troppo in baso perchè qualcuno la potesse riconoscere.
Respirò affannosamente lasciandosi cadere in ginocchio vicino alla riva della Senna.
Lei stessa era incredula riguardo a quello che aveva appena fatto, ma cosa più importante era incredula di essere ancora viva...
Immerse le mani in quell'acqua cristallina, che mai le era parsa così bella e fresca, ne raccolse un po' e si bagnò il viso e i capelli per calmarsi.
Sentiva il cuore batterle fortissimo per la paura.
Ancora tremante e abbastanza agitata iniziò a camminare lungo la riva, pensando al da farsi.
Purtroppo non vedeva altra alternativa per il momento se non quella di lasciare Parigi per far perdere le sue tracce almeno per un po'...
''Perdonatemi Aramis... so che ho promesso di sostenervi e stare sempre al vostro fianco... ma se si scoprisse che sono scappata, darebbero certo la colpa a voi...''- e continuando a camminare tornò alla casa in cui lei ed Aramis vivevano.
''Bau! Bau!''- il cane Jula abbaiò festoso nel vedere la padroncina.
''Jula! Amico mio...''- lo abbracciò la ragazza felicemente.
Molto probabilmente il cane aveva intuito che fosse successo qualcosa alla sua padrona quando l'aveva vista uscire dal Louvre per salire su una carrozza molto sospetta e l'aveva aspettata pazientemente a casa. La sua vera casa.
''Jula... piccolo...''- fece la ragazza con le lacrime agli occhi carezzando l'animale sotto le orecchie-:''Mi dispiace doverti abbandonare... ma per un po' di tempo non mi rivedrai più...''
Il cane divenne improvvisamente triste a quelle parole e la guardò supplichevole.
''Credimi, non voglio... ma se mi trovano qui darebbero la responsabilità ad Aramis..e lei perderebbe per sempre un'occasione che non si ripresenterà... non posso fare questo.. non a lei, dopo tutto quello che ha fatto per me... tu mi capisci, non è vero?''
Il cane abbassò la testa, ma Lunette era sicura che il suo amico avesse capito benissimo la situazione.
''Ehy, non fare così... tornerò.''- fece lei prendendolo per il musetto cercando di sorridere-:'' Fino ad allora fammi un favore: occupati di Aramis.''
Non si mise nemmeno degli abiti di ricambio, non sapeva quanto tempo avesse prima che quei due si accorgessero della sua fuga e venissero a cercarla, magari proprio lì.
Prese solo Fabrice e lo sellò.
''Mi dispiace coinvolgerti nei miei guai amico mio...''- fece Lunette accarezzando il muso del cavallo-:'' ma non temere: non ti accadrà niente. Hai la mia parola.''
Fabrice nitrì leggermente verso Lunette.
Era bello sapere di avere ancora degli amici...
In quel momento Jula iniziò ad abbaire e ringhiare furiosamente, messo sull'attenti da un nuovo e misterioso pericolo.
''ECCOLA E' LEI!!!''
''PRENDIAMOLA!!!''
''Maledizione!!!''- erano le guardie incaricate di mettere la parola fine alla sua vita. Si sbrigò a salire a cavalcioni a cavallo malgrado la lunga gonna. Non era proprio il momento di far la gentil damigella, fine ed educata.
Jula si scagliò contro gli inseguitori mordendo loro il polpaccio per dare a Lunette e Fabrice il modo di guadagnare almeno qualche secondo utile e scappare.
''Grazie Jula...''- sorrise lei riconoscente-:'' Buona fortuna a tutti voi amici miei... coraggio, Fabrice, andiamo!!!''
Gli diede un leggero calcio nel fianco per spronarlo a partire e nel giro di poco, sempre con i sicari alle calcagna, giunsero alla porta di Saint Denis.
Ringraziando il cielo, lei era a cavallo e loro a piedi.
''Maledizione, ci è sfuggita un'altra volta.''- fece uno dei due terrorizzato non tanto dal pensiero di non ricevere la sua ricompensa ma dalla punizione e l'ira di Mansonne. Inoltre era anche verde di bile per essersela fatta fare proprio sotto il naso da una ragazzina per due volte di fila e a distanza di pochi minuti nello stesso giorno, perdipiù.
Il suo compagno sembrava decisamente più tranquillo, invece.
''Poco male.''
''Che vuoi dire?''
''E' andata verso la foresta... povera ingenua, evidentemente non sa che al calar della notte, la foresta si riempie di lupi e tagliagole... è una morta che cammina oramai.''

Per la prima volta, dopo molto tempo, Aramis versò lacrime di puro dolore.
La notizia della morte di Lunette l'aveva raggiunta e colpita come un colpo di pistola.
Non aveva perso una serva.
Aveva perso un'amica ed una sorella...
''Lunette... ti supplico, perdonami...''- fece la bionda con gli occhi pieni di lacrime che a poco a poco scendevano sulle candide guance, rivolta al cielo silenzioso, dalla sua finestra al palazzo del Louvre.
Non poteva fare a meno di colpevolizzarsi per quella morte così ingiusta... era stata lei a coinvolgere Lunette nella sua battaglia privata ed era stata uccisa per questo.
Non credeva affatto che Lunette fosse scappata, caduta ed annegata nella Senna... era stata certamente assassinata.
Poco ma sicuro.
Poteva solo immaginare il terrore e la paura negli occhi della ragazza, una volta realizzato cosa stava per succederle.
L'aveva sempre considerata una sorella... ma le sorelle si proteggevano a vicenda. E lei non l'aveva fatto con la piccola Lunette.
''Adesso siamo rimasti solo tu ed io, Jula...''- fece Aramis accarezzando la fronte del cane-:'' Ci terremo compagnia a vicenda... nella memoria della povera Lunette.''
Ma quest'omicidio non sarebbe rimasto impunito.
A breve avrebbe certamente trovato il modo per mettere Mansonne con le spalle al muro. Lui e chiunque lo stesse supportando.
E quando sarebbe arrivato il momento... come Mansonne non aveva avuto esitazione nel portarle via l'uomo che era la sua anima, le sue speranze ed i suoi sogni, e come non aveva esitato a far scorrere anche il sangue innocente di una ragazza che come unica colpa aveva avuto quella di essere troppo fedele ed onesta... lei avrebbe fatto scorrere il suo.
Oh si... Mansonne ancora non lo sapeva, ma per lui la Francia sarebbe diventata un lago di sangue.

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Capitolo 33
*** Un nuovo alleato ***


~                                                           UN NUOVO ALLEATO
Aveva camminato per tutto il giorno.
Che altro poteva fare del resto?
Se restava ferma troppo a lungo vi era il rischio che i soldati mandati da Milady e Mansonne la trovassero e la riconducessero a Parigi e per lei tornare sarebbe stato come firmare la propria condanna a morte.
Questo era il destino di chi era scappato all'arresto e figurarsi se il re le avrebbe creduto se mai gli avesse detto che era stata costretta a fuggire perchè Milady e Mansonne avevano dato ordine di ucciderla prima ancora che arrivasse alla prigione dello Chatelet.
Aveva trovato rifugio nella foresta, aveva mangiato qualche bacca trovata lungo il cammino e bevuto l'acqua di un ruscello.
Con lei vi era sempre il suo adorato Fabrice che anche quando la ragazza aveva provato a rimetterlo in libertà, egli si era rifiutato di abbandonarla.
''Coraggio amico mio...''- fece lei carezzandolo sul muso-:'' presto
Iniziava a tramontare il sole.
Doveva iniziare a darsi da fare per trovare un posto dove passare la notte: le notti parigini non erano ancora così calde da permettere a chicchessia di dormire all'aperto.
''Coraggio Lunette... che vuoi che succeda?''- si disse la fanciulla cercando di farsi coraggio. Non era una fanciulla debole, ma non poteva certo dirsi contenta di essere completamente sola nella foresta, al calar della notte...
Sola... forse era una parola grossa.
Non sapeva perchè ma aveva come la sensazione che qualcosa... o qualcuno, la stesse osservando senza farsi vedere.
Sperava solo che non fosse uno degli amichetti di Milady...
''AHHH!!!''- urlò e Fabrice cominciò ad imbizzarrirsi.
Davanti a lei, senza il minimo preavviso, era apparso un lupo.
Grosso, dal pelo scuro... e aveva anche l'espressione di chi non mangiava da diverso tempo.
'''Grande...''- pensò la ragazza.
Era scampata da una vera e propria esecuzione solo per essere sbranata da un lupo affamato.
''Se mi vuoi vieni a prendermi, brutta bestiaccia!!!''- fece la ragazza sforzandosi di non avere paura, puntando contro l'animale il pugnale che le aveva donato Aramis.
L'animale non se lo fece certo ripetere e scattò immediatamente per saltarle addosso.
Fabrice avrebbe voluto aiutare la sua giovane padrona ma purtroppo tutto quello che poteva fare era nitrire disperatamente e scalciare.
Il massimo che la giovane potè fare era  indietreggiare e schivare gli attacchi... quela bestia stava giocando con lei, come il gatto con il topo.
Però presto si sarebbe stancata di giocare...
''Ah!''- cadde a terra... con il lupo che avanzava minacciosamente verso di lei-:'' Vattene via!!!''- urlò continuando a tenere il pugnale puntato contro l'animale.
''Sentito cos'ha detto mademoiselle?''- fece una voce a lei sconosciuta.
Il suo proprietario lanciò un grosso sasso contro il lupo e tanto bastò affinchè il lupo corresse via, guaendo.
Dopo pochi secondi che il pericolo fu sgominato, Lunette fissò colui che era venuto in suo soccorso.
Era un giovane di circa vent'anni, camicia e pantaloni azzurri, con una maglia blu scuro ed una cintura alla quale era attaccata la guaina di un pugnale.
Pelle chiara, capelli castani corti... e gli occhi azzurri come il più bel cielo d'estate.
Il giovane le si avvicinò cautamente e le tese una mano per aiutarla a rialzarsi.
''Credo di dovervi ringraziare, monseiur...''- fece lei rialzandosi-:'' siete arrivato appena in tempo.''
''Non preoccupatevi, è stata una sciocchezza... ma piuttosto, voi state bene?''- si premurò il giovane sconosciuto.
''Si, adesso si...solo un grande spavento.''
''Tra poco la foresta si riempirà di quelle bestie... venite, spostiamoci in un posto più riparato.''- fece il giovane facendole segno di seguirlo.
Fin da quando era piccola Aramis e i moschettieri, da bravi sostituti genitori quali erano sempre stati, le avevano sempre raccomandato di diffidare dagli sconosciuti per quanto gentili e affabili potessero sembrare... eppure quel ragazzo tutto sembrava meno che un criminale.
L'aveva salvata da una brutta fine, tanto cattivo non poteva essere... senza contare che se avesse voluto gliene avrebbe gia fatto.
In ogni caso, se mai avesse avuto la malsana idea di tentare un brutto scherzo... ci sarebbe stato il suo pugnale a difenderla.
Fu così che prese per le briglie il cavallo e lo seguì.

''Cos'è questo posto?''- chiese la ragazza entrando in un capanno subito dopo il suo misterioso salvatore.
Era un normale capanno, carino, senza pretese... vi era un camino con accanto una cesta per la legna, un tavolo, una credenza con poche stoviglie e per terra un paio di giacigli e delle coperte.
''Un capanno di caccia.''- le spiegò lui sistemando nel camino della legna-:'' a volte ci vengono i cacciatori e i bracconieri per passare la notte... e a volte è anche il posto in cui si rifugiano i contrabbandieri.''
''Ah, ci sono pure quelli?''- fece lei sarcastica chiudendo la porta.
Il giovane si lasciò scappare una risata-:'' Non ti preoccupare: quello che dicono è tutto fumo e niente arrosto.
Si limitano ad importare ed esportare merci dalla Francia all'Italia, ma non hanno mai fatto del male a nessuno. Hanno solo diffuso la voce che sono assassini per impedire che qualche curioso potesse disturbare il loro commercio.''- detto questo sfregò assieme due pietre e in breve la legna prese fuoco, inziando così a scaldare la stanza-:'' A proposito, non ci siamo ancora presentati. Io mi chiamo Nicolàs.''
La giovane gli si avvicinò e gli tese la mano, che venne prontamente stretta-:'' Io invece mi chiamo Lunette.''
Fortunatamente, non fu difficile trovare nei dintorni del capanno patate novelle e funghi.
Dopo averli puliti a dovere la ragazza infilzò i funghi in due pezzi di legno e li arrostì sulla fiamma.
Stessa cosa fece con le patate: quel giovane le aveva prima salvato la vita e poi offerto un riparo per la notte, il minimo che poteva fare era cucinare qualcosa.
Fabrice invece non aveva avuto bisogno di qualcuno che gli preparasse da mangiare. L'erba della foresta era fresca e pareva  gradirla molto.
 I due giovani si sedettero a tavola per mangiare.
''Non so davvero come ringraziarti per avermi aiutato... se non ci fossi stato tu a quest'ora forse...''
''Non temere, non è stato nulla...''- fece Nicolàs-:'' Ma, Buon Dio, si può sapere cosa ci facevi nel bosco? Tagliagole o meno non è un'idea geniale mettersi a passeggiare nel bosco all'ora del tramonto.''
Lunette annuì abbassando lo sguardo-:'' Credimi, non era mia intenzione... ci sono stata costretta.''
La ragazza narrò al suo nuovo amico tutta la dinamica, di come fosse stata accusata di furto e aggressione, di come fosse stata arrestata... e anche che quelli che avrebbero dovuto portarla in prigione in attesa di giudizio avevano tentato di ucciderla.
''Scappare era la mia unica possibilità.''- concluse la ragazza-:'' so benissimo di non essermi comportata da innocente, ma preferisco sudare sette camice per dimostrare la mia innocenza che aspettare che mi sia resa.''
Nicolàs aveva ascoltato tutto il racconto della ragazza con partecipazione, senza interromperla ed alla fine non potè che appoggiare la sua decisione di fuggire ed aveva gia un'idea chiara su quale fosse la posizione di Lunette.
''Questo la dice lunga sulla tua innocenza... se davvero fossi stata colpevole a quest'ora saresti in prigione...
Hai gia qualche idea su chi sia l'arteficie di questo complotto?''- francamente non capiva chi poteva avere interesse ad incastrare una giovane cameriera con tali capi d'accusa per poi tentare di farla sparire.
''A dire il vero si... non lo sospetto, sono sicurissima che siano stati proprio Mansonne, il nuovo primo ministro e la dama di compagnia del re, Milady, ad incastrarmi.''- ne era più che sicura.
''E per quale motivo lo avrebbero fatto?''
''Non lo so, da quando Maschera di Ferro è stato arrestato, a Parigi, hanno cominciato ad accadere cose molto strane.''
''Del tipo?''- fece Nicolàs confuso, ma anche incuriosito.
Lunette non si fece scrupoli a raccontare le vicende parigine a quel giovane. Certo, era uno sconosciuto, ma l'aveva salvata e poi... aveva un non so che di molto rassicurante.
Gli narrò tutto: dell'arresto della regina Anna accusata di spiare per la Spagna magari con la complicità della sua dama di compagnia, dell'arresto di Richelieu e della nomina del mercante Mansonne, i dubbi riguardo all'identità del bandito Maschera di Ferro... e di come lei fosse stata incastrata e quasi assassinata.
''... ma guarda caso i problemi sono iniziati da quando Milady è divenuta la sua dama di compagnia e dall'arresto di Maschera di Ferro.''- concluse.
Il giovane annuì, convinto.
''Hai ragione, c'è qualcosa di molto strano...''- fece Nicolàs-:'' e adesso cosa farai?''
''Mi pare ovvio... tornerò a Parigi e dirò al mio padrone, il capitano Aramis ed ai miei fratelli cosa è successo....  mi crederanno ed Aramis indagherà su quei due.''- doveva assolutamente dire ad Aramis come stavano le cose... ovvero che non era morta in un tentativo di sottrarsi alla giustizia, ma che era viva e vegeta e nel caso non lo fosse stata era da imputare interamente a Mansonne e Milady.
Soprattutto per impedirle di commettere gesti inconsulti.
Se davvero credeva che fosse morta e che fosse stato Mansonne ad ucciderla, probabilmente avrebbe deciso di vendicare in un colpo solo sia lei che Françoise. E con D'artagnan tagliato fuori dai giochi, Porthos ricercato, Athos arrestato e lei ''morta''... non c'era che Aramis a poter indagare alla luce del sole.
''In tal caso credo sia meglio che io venga con te.''- fece Nicolàs.
''Come prego?''- fece Lunette non capendo.
Nicolàs si affrettò a rispondere-:'' Non offenderti ma preferirei che tu non tornassi a Parigi da sola con una taglia che ti pende sulla testa, inoltre parlando di Maschera di Ferro...anch'io  ho un conto in sospeso con lui e voglio accertarmi che sia lui.''
A quanto pareva lei e le persone che amava più della sua vita non erano gli unici a cui Maschera di Ferro aveva fatto del male.
Gli occhi azzurri di Nicolàs divennero improvvisamente tristi, e distolse lo sguardo quasi come se si vergognasse di mostrarle la sua tristezza.
Fu per questo motivo che non gli domandò di cosa mai volesse vendicarsi contro il bandito. In fin dei conti.... ognuno doveva essere padrone di tenere i propri segreti per se.
Malgrado la brutta situazione, i due passarono la rimanente serata in allegria, ridendo, scherzando e parlando del più e del meno.
Lunette, dopo aver augurato la buonanotte al suo nuovo amico ed essersi coricata, non riusciva comunque a prendere sonno.
Decisamente le emozioni di quel giorno erano state troppe...l'accusa, l'arresto, il tentato omicidio...
La buona notizia era che per un po' non si sarebbero curati di lei. Per quello che ne sapevano, Lunette la fuggitiva era stata sbranata da un animale selvatico o assalita da dei banditi.
La versione ufficiale però era che era accidentalmente rimasta uccisa in un tentativo di fuga andato terribilmente storto.
Dubitava fortemente che quei due avessero detto a Mansonne che una ragazzina li aveva fatti fessi per due volte di fila nella stessa giornata.
Se Mansonne elargiva le punizioni nello stesso modo in cui amava il potere e il denaro... la vedeva male per quei due.
Molto meglio dire che lei era passata a miglior vita...
A poco a poco il sonno arrivò anche per lei.
''Non disperate Aramis... porteremo questa battaglia in fondo ed insieme.''- promise mentalmente prima di cadere tra le braccia di Morfeo.

In questo capitolo, abbiamo avuto la straordinaria partecipazione di Seamus Dever, un uomo che stimo profondamente sia come uomo che come attore.

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Capitolo 34
*** Ritorno a Parigi ***


~                                               RITORNO A PARIGI
Le margherite.
Lunette adorava le margherite.
Quei fiori avevano il potere di darle una gran pace.
Ed era proprio con un mazzo di margherite tra le braccia che Aramis dei moschettieri si dirigeva verso la Senna  con la morte nel cuore.
In quel fiume, poche ore prima, aveva trovato la morte la sua giovane domestica.
O almeno credeva... non sapeva nemmeno se quel fiume era effettivamente la tomba di Lunette.
La sua amica, la sua confidente... non c'era più.
Non aveva creduto alla storia raccontata da Manson e dai suoi sgherri.
Lunette non era morta durante un tentativo di fuga.
Era stata sicuramente assassinata.
E in certo senso... era come se l'avesse annegata lei.
Di certo non avrebbe mai immaginato che togliere Lunette dalla fame, dalla miseria, e dalla possibilità di non avere una vita migliore avrebbe significato far si che morisse all'età di soli diciotto anni per una battaglia di cui non faceva nemmeno parte.
''E' colpa tua Renèe. Lunette è morta per colpa tua.''- non avrebbe mai dovuto coinvolgerla in quella crociata personale.
Lunette era morta a soli diciotto anni per una guerra in cui non c'entrava nulla... e ce l'aveva portata lei.
Se non l'avesse coinvolta nella sua mascherata forse il destino sarebbe stato diverso per lei... avrebbe conosciuto un bravo ragazzo, se ne sarebbe innamorata, si sarebbe sposata, magari avrebbe avuto figli...
E invece adesso c'era solo un' immensa tomba d'acqua.
Lasciò cadere i fiori. Come aveva pensato in precedenza, non era nemmeno sicura che fosse quello il luogo più appropriato per piangere l'amica ma al momento non aveva altro.
''François... Lunette... non temete: sarete degnamente vendicati.''

Nel frattempo, non molto lontano da Parigi due cavalli, uno nero ed uno marrone, cavalcavano verso Parigi.
I loro cavalieri erano un giovane uomo ed una giovane donna, anche se non sembrava ad un primo sguardo.
''Mi dispiace, ma quelli erano gli unici abiti di ricambio che avevo...''- fece Nicolàs scusandosi, asserendo alla camicia bianca, gilet blu notte con i pantaloni intonati e gli stivali neri.
Per tornare a Parigi, avevano noleggiato un paio di cavalli, ma cavalcare ed essere veloci a tornare era alquanto difficile se uno dei due era costretto a cavalcare all'amazzone. Quindi Nicolàs aveva prestato alla ragazza dei vestiti per cambiarsi, gli unici che aveva trovato.
Dal canto suo Lunette, era diventata consapevole che da morta sarebbe stata più utile di quanto non fosse stata in vita, ma sarebbe stato difficile se qualcuno l'avesse riconosciuta... specie se non erano sicuri al cento per cento che fosse deceduta.
Aveva tagliato i capelli. Ormai le arrivano fino alle orecchie.
Con una delle coperte trovate nel capanno di caccia aveva fatto un mantello, si era legata il pugnale in vita e si era sporcata la faccia di terra.
Non era un granchè, ma era tutto quello che era riuscita a fare con quel poco che aveva a disposizione.
''Non ti preoccupare, non è la prima e non è nemmeno l'ultima  volta che mi vestirò e cavalcherò come un uomo.''- lo rassicurò lei come se fosse la cosa più normale del mondo.
Lui invece era basito nello scoprire che la giovane fanciulla che il giorno prima aveva salvato dall'assalto di un lupo fosse abituata a vestirsi e cavalcare come un uomo.
''Sei una strana ragazza, sai Lunette?''- commentò.
Lunette non potè fare a meno di sentirsi stupita... e forse anche un po' offesa.
''Ti sembra il modo di fare un complimento ad una fanciulla?!?''
Nicolàs rise ed il suo viso si illuminò-:''Ti prego, non prendertela a male...anche se non sembra ERA un complimento. Ad essere normali non c'è niente di speciale.''
Lunette a quel punto si addolcì, ma solo per poco.
C'era una cosa che doveva scoprire, che l'aveva tormentata tutta la notte.
''Levami una curiosità se è lecito saperlo... che genere di conto in sospeso hai con Maschera di ferro?''
Nicolàs sospirò.
Il sua sguardo sembrava vagare lontano... era difficile descriverlo in quel momento. Pareva felice e triste allo stesso tempo, ma soprattutto nostalgico.
''Una volta vivevo felicemente a Marsiglia con i miei... ma un giorno nella nostra vita è arrivato quel criminale... ho assistito impotente al massacro dei miei genitori quando ero appena un bambino, nella nostra fattoria.''
Lunette sussultò appena-:'' Mi dispiace davvero...''
''Sai, forse se la sarebbero cavata... ma ciò avrebbe voluto significare che avrebbero dovuto cedere tutto quel che avevano... li ha uccisi per soldi ed io non posso perdonare.''
''Maledetto...''- ringhiò Lunette-:'' Non ti preoccupare. La lista dei reati di Maschera di Ferro ormai ha raggiunto una lunghezza incredibile... e quando faremo ritorno a Parigi, pagherà anche per quello che ha fatto ai tuoi genitori.''
''Sei molto fiduciosa vedo...''
''Credimi, io e la mia famiglia non lasciamo un sopruso impunito...''- fece la giovane con uno sguardo fiero e sicuro-:'' Dei moschettieri del re sono sorella.''
Ormai mancava poco alle porte di Parigi.
Presto avrebbe potuto rivedere Aramis e tutti i suoi amici e tutti insieme avrebbero dato a quel criminale ed ai suoi complici la lezione che meritavano.

Aramis uscì dal palazzo del Louvre pienamente soddisfatta di se stessa.
Aveva avuto la prova decisiva che c'era qualcosa di veramente grosso in ballo.
Aveva richiesto di essere ricevuta dal re, non sapeva bene cosa gli avrebbe detto, ma per il momento gli interessava solo sapere se poteva avere un udienza o meno.
Il risultato era ovviamente negativo.
Milady non era a palazzo e di conseguenza, il re non voleva vedere nessuno senza la donna al suo fianco.
Era la prova decisiva che quell'uomo non era chi sosteneva di essere e che senza Milady a fargli da suggeritore, non era niente.
Adesso doveva solo trovare il modo di provarlo...
''Mi scusi.''- a riscuoterla dai suoi pensieri ci pensò una voce maschile.
Quando alzò lo sguardo, vide che davanti a lei vi era un giovane sui vent'anni che si dirigeva verso di lei.
''Domando scusa... sto cercando il capitano Aramis.''
''Sono io, come posso aiutarvi?''- rispose Aramis, seppur confusa.
''Io posso aiutare voi in verità...''- fece Nicolàs-:'' Ho delle informazioni riguardo ad una fanciulla che voi conoscete bene. Il suo nome è Lunette.''
Aramis si congelò nel sentire il nome della sua amica ormai scomparsa.
Forse aveva trovato un modo per incastrare Mansonne per l'omicidio di Lunette.
''T-tu..''- fece Aramis con la voce rotta dalla disperazione-:'' hai visto Lunette che veniva uccisa...?''
Nicolàs si lasciò sfuggire una risata e poi contraddì la moschettiera-:''State tranquillo capitano. Vi posso assicurare che Lunette è viva e vegeta.''
In quel momento Aramis non ci vide più dalla collera.
Non era mai stata una persona molto tollerante  verso chi si prendeva gioco di lei, a meno che non fossero burle innocenti da parte dei suoi amici, ma che qualcuno la prendesse in giro sulla morte di una persona che per lei era molto cara era semplicemente imperdonabile dal suo punto di vista.
Afferrò Nicolàs per il colletto della camicia e lo sbattè contro il muro.
''Senti, non tollero di essere preso in giro, soprattutto su una cosa del genere. Che cosa vuoi, soldi?''
Nicolàs tossì appena e con la poca aria che gli rimaneva continuò a parlare-:''Si chiama Lunette... ha diciotto anni... capelli castani... occhi ambrati...sa cavalcare come un uomo.... ed ha un carattere fiero e sicuro.''
A quel punto Aramis lo lasciò andare e Nicolàs si massaggiò la gola, tossendo.
''Scusa, ma tu come...?''
''L'ho incontrata fuori Parigi poco dopo essere scappata per evitare di essere eliminata. Mi ha detto di essere stata arrestata con l'accusa di aggressione  e di alto tradimento e che mentre la portavano in prigione hanno tentato di farla fuori.''
Aramis sospirò di sollievo.
Lunette era viva.
Stava bene, sarebbe stata bene...
''Sai dov'è adesso? Ti prego, dimmi dove posso trovarla...''
''Venite con me...''- e le fece cenno di seguirlo.

Non avrebbe mai creduto di rivedere la sua casa... quella casetta in cui Aramis l'aveva accolta sei anni prima e in cui era cresciuta, che l'aveva vista durante i suoi anni più felici.
Nicolàs era andato al Louvre per comunicare ad Aramis che era viva e vegeta e che ora si trovava a casa.
Avrebbe voluto essere lei stessa ad andare a palazzo per dire ad Aramis come stavano le cose ma Nicolàs glielo aveva impedito.
''Lascia che me ne occupi io...''- le aveva detto-:'' ti hanno gia quasi ucciso una volta, figurarsi se si lasciano scappare l'occasione di finire il lavoro... dimmi dove possiamo incontrarci tutti e tre ed aspetta lì. Penserò io al resto.''
E così aveva fatto.
Gli aveva indicato l'abitazione sua e Di Aramis ed era proprio lì che li stava aspettando.
Nell'attesa si era tolta gli abiti di Nicolàs, si era data una leggera rinfrescata e si era messa la sua ''tenuta da allenamento''.
Subito dopo aveva aperto la dispensa per preparare qualcosa da mangiare per tutti e tre, ma aveva trovato solo pane, un po' di vino e del formaggio.
Detto fatto: prese tre fette di formaggio e le lasciò a scaldare in una pentola sul fuoco fino a quando non raggiunsero lo stato liquido e poi spalmò il risultato sul pane.
''Lunette!''- Aramis non le diede il tempo nemmeno di pensare quando entrò in casa.
L'abbracciò fraternamente come se fosse decisa a far morire la sua giovane amica in quell'abbraccio, con le lacrime agli occhi dalla gioia e dall'incredulità.
''Temevo di aver perso anche te...''- fece la bionda tremante.
''Non è così semplice togliermi di mezzo...''- fece Lunette ricambiando l'abbraccio con la stessa intensità e con gli occhi pieni di lacrime a sua volta.
Non fu facile convincersi ne per Aramis ne per Lunette a sciogliersi da quell'abbraccio, ma la prima cosa che Aramis fece una volta liberata Lunette dalla sua stretta, fu scusarsi con il giovane Nicolàs per averlo creduto un millantatore e per averlo aggredito.
Nicolàs accettò le scuse e sorrise rassicurante-:''Non scusatevi Capitano, anch'io avrei reagito in quel modo se qualcuno mi avesse detto certe cose su una persona molto cara che credevo morta.''
Poco dopo, davanti al pasto improvvisato che la ragazza era riuscita a mettere insieme, la  bruna raccontò alla moschettiera cosa le fosse capitato e di come avesse incontrato il giovane Nicolàs.
''Lo sospettavo...''- le confidò Aramis. Non aveva creduto nemmeno per un istante che Lunette fosse scappata dalla giustizia-:'' Mansonne aveva programmato tutto sin dall'inizio... ti ha attirata lì con una scusa, ti ha aggredito per spingerti a difenderti ed una volta accusata... ha fatto in modo che non fossi io ad arrestarti perchè sapeva che con me saresti arrivata in carcere senza intoppi.''
''Che vigliacco...''- commentò Nicolàs-:'' però c'è una cosa che non capisco... perchè incastrarla e tentare di chiuderle la bocca per sempre? Senza offesa, Lunette...''
''Forse ho un'idea...''- fece Aramis-:'' Rammenti che ti ho detto che io ed Athos avevamo iniziato a dubitare che Maschera di Ferro arrestato non fosse quello vero? Oggi ne ho avuto le prove... il re al Louvre pare totalmente dipendente da Milady e non perchè è soggiogato dalla sua bellezza... è come se non sapesse cosa fare o dire senza di lei.''
''Ma certo...''- fece Lunette pensierosa-:'' Questo spiegherebbe il motivo per  cui la regina è stata arrestata...è la moglie del sovrano, si sarebbe senz'altro accorta dell'imbroglio... ed anche Richelieu.''- ma questo non spiegava ancora il motivo per cui anche lei era finita nella lista di persone di cui dovevano disfarsi.
Lei non aveva mai avuto un contatto diretto con il re quindi non poteva certo accorgersi del fatto che quello che aveva preso delle decisioni a dir poco insensate era un impostore.
''Milady sa che spesso e volentieri io, Athos e Porthos ti abbiamo coinvolto nelle nostre missioni e che ti siamo affezionati...''- ipotizzò Aramis-:'' forse temeva che Athos e Porthos ti chiedessero di fare l'infiltrata per loro...''
''... e hanno pensato di farmi sparire per sempre.''- concluse la mora. Bene, ora si che Milady e Mansonne potevano dichiararsi in guerra con lei.
Nessuno le macchiava la reputazione e tentava di farla fuori e poi poteva vantarsene.
'' Il piano di Mansonne e Milady è questo... sostituire il re con un un'altro re fantoccio per governare l'intera nazione. Temo che Maschera di Ferro arrestato non stesse mentendo quando soteneva di essere il re di Francia.''
''Un piano diabolico... e purtroppo per ora ha funzionato.''- intervenne Nicolàs.
''Per adesso, mio caro amico, hai detto bene...''- fece Aramis-:'' incastrare e cercare di uccidere Lunette è stato il loro primo sbaglio. E adesso abbiamo le prove che sono colpevoli.''
''Ma adesso sono loro la legge...''- fece Nicolàs-:'' che facciamo, li denunciamo a loro stessi? Dubito funzionerebbe.''
''No, certo.''- fece Aramis-:'' ma possiamo comunque dimostrare che il re che ha dato gli ultimi ordini d'arresto è un impostore...''- disse mandando giu un'altro sorso di vino-:'' Porthos ha scoperto che il mio voltafaccia era solo una messinscena e mi ha portato un messaggio di Athos: devo prendere la chiave della maschera di ferro.''
Lunette sorrise sollevata.
Perlomeno adesso i suoi amici sapevano che non c'era mai stato nessun tradimento da parte di Aramis.
Un meraviglioso raggio di sole che le riempiva il cuore di speranza.
Sarebbe andato tutto per il meglio, ne era certa.
Era il cuore a dirglielo.

Aramis aveva detto a Lunette e Nicolàs di rimanere nella casa che la giovane serva e la moschettiera condividevano ormai da sei anni per evitare che la ragazza potesse essere riconosciuta e condannata per evasione oltre che per alto tradimento e che stessa sorte toccasse al giovane Nicolàs che aveva gia rischiato molto per riaccompagnare la ragazza a Parigi.
Si sarebbero visti tutti e tre la mattina dopo al Louvre.
Aramis le aveva riportato a casa il cane Jula che rivedendo la padroncina le era subito saltato addosso per riempirla di feste e complimenti.
Sembrava passata una vita da quando avevano giocato assieme... invece non era trascorso che poco più di un giorno.
''Finalmente...''- fece la ragazza dopo essersi rinfrescata e messa un abito che consisteva in una camicia bianca ed una lunga gonna blu come la notte.
Le venne in mente che forse anche Nicolàs avrebbe gradito dei vestiti puliti da mettere e pensò che date le circostanze, Aramis non avrebbe avuto nulla di ridire.
Prese una camicia e dei pantaloni e si diresse verso la stanza degli ospiti in cui Nicolàs si era sistemato dietro consiglio di Aramis.
La ragazza trovò il ragazzo ed il suo cane giocare insieme allegramente.
Come se si conoscessero da tutta una vita.
''Ehem-ehem.''- fece la ragazza battendo un colpo sulla porta con la mano che non era occupata a sostenere il panni.
''Oh, sei tu...''- gia che affermazione cretina, pensò Nicolàs dubito dopo.
In fin dei conti, era la casa di Lunette ed era lui ad essere ospite, più che normale che la fanciulla si trovasse lì.
''Ho pensato che ti avrebbero fatto piacere dei vestiti puliti...''- disse la giovane.
''Oh, ma che pensiero gentile...''- fece il giovane leggermente sorpreso-:'' grazie, sei molto gentile... mi dispiace darti tutto questo fastidio.''
''Ma figurati, mi pare il minimo...in fin dei conti è anche grazie a te se adesso sono di nuovo a casa mia.''
Jula passò tra le gambe di Nicolàs, come se reclamasse la sua attenzione per poi abbaiare festosamente e saltare su due zampe.
''Credo che tu gli piaccia...''- disse Lunette sorridendo nel vedere la scena-:'' di solito rifugge gli estranei...''
Oramai aveva la prova definitiva che Nicolàs fosse una persona degna di fiducia.
''Non fidarti delle persone a cui non piacciono i cani, ma fidati dei cani a cui non piace una persona.''
'''Quindi... non sono davvero tuoi parenti...''- fece Nicolàs rivolgendosi a Lunette e carezzando l'animale sulla testa.
La giovane annuì.
''No.''- fece Lunette con un tono serio ma non per questo triste-:''Io non lo so chi siano i miei genitori e se ho avuto fratelli o sorelle... lavoravo come sguattera in una locanda fuori Parigi e pativo la fame e il freddo...
Aramis mi ha salvato da quella vita... e con i moschettieri Athos e Porthos me ne ha donata un'altra. Non sono davvero miei fratelli.... ma il legame costruito in tanti anni è più forte di qualunque vincolo di sangue.''
''Ti capisco...''- fece Nicolàs nuovamente con quello sguardo sognante ma triste-:'' ma non posso dire che ti capisco...
Dopo la morte dei miei io... credo di non essere mai stato davvero circondato da persone che tenevano a me...''
Lunette s'intristì a quelle parole.
Non conosceva bene i dettagli ed al momento non riteneva nemmeno opportuno richiederli, ma da come parlava il giovane, nemmeno la sua vita sembrava essere stata immune al dolore e alla sofferenza.
Ma d'altronde erano due cose inevitabili nella vita di un essere umano.
Gli poggiò una mano sul polso per confortarlo.
''Io ho trovato una famiglia, qui, a Parigi... potresti trovarne una anche tu.''
Nicolàs sorrise, grato per il tentativo della ragazza di consolarlo-:''Mi piacerebbe molto. Non sai quanto.''
''Sarà così ne sono certa...''- fece la ragazza prima di uscire e dare il tempo al giovane di cambiarsi.
Era bello essere tornati nella propria casa.
Era un bene sentirsi al sicuro... specie se considerato che fuori c'era una tempesta che chiamava per essere combattuta.

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Capitolo 35
*** L'alba della battaglia ***


~                                     L'ALBA DELLA BATTAGLIA

Di buon ora, il mattino seguente Nicolàs e Lunette, entrambi armati di un piccolo pugnale raggiunsero Aramis al palazzo del Louvre, come d'accordo.
Appena vista la sua giovane amica, colei che fino a poche ore fa era convinta di aver perduto per sempre, Aramis non potè astenersi dallo stringerla forte a se.
Ma purtroppo non vi era proprio il tempo di abbracciarsi più del dovuto. Non era consigliabile che colui che veniva considerato una pedina nelle mani di Milady e Mansonne si facesse vedere con una persona che doveva appartenere al mondo dei morti gia da un paio di giorni e con uno sconosciuto.
Inoltre, i due erano capitati in un momento più che propizio.
Milady e Mansonne avevano richiesto di parlare con il ''re''. E che nessuno li disturbasse.
Forse era la volta buona che capivano una volta per tutte cosa stava accadendo.
Certo, non sarebbe stato facile far entrare Lunette e Nicolàs nel palazzo senza che nessuno li notasse, in particolar modo la prima, ma secondo le leggi della logica per ogni domanda vi era una risposta.
''Venite...''- fece la bionda guidando i due giovani nel passaggio segreto che tempo prima D'artagnan usò per salvare il duca di Buckingham e la regina da una situazione assai poco gradevole e che avevano usato Porthos e D'artagnan per cercarla e riferirle di Athos.
Una volta arrivati nella camera da letto della regina, Aramis li  guidò in un altro passaggio segreto che li avrebbe portati dritti dritti da Mansonne, Milady e colui che figurava come il re di Francia.
''Come conoscevate questo...?''- domandò la ragazza con i capelli bruni camminando per il cunicolo buio e stretto.
''Ho ispezionato un po' in giro per cercare di scoprire qualcosa sui loro piani mentre eri ''morta''...''- fece  con il segno delle virgolette a mezz'aria-:'' e poi in ogni parte del mondo dove ci sono dei nobili, ci sono anche dei passaggi segreti, è quasi una regola matematica.''
Nicolàs annuì anche se nessuno poteva vederlo, visto che era dietro le due donne.
''Ha ragione, anche nel palazzo dei Montmercy ve n'erano.''
''E tu come lo sai?''- chiese Lunette voltandosi.
La risposta non si fece attendere-:''Ogni tanto seguivo mio padre al palazzo del conte Montmercy... ed ogni tanto giocavo con il figlio.''
''Ecco, ha di nuovo quello sguardo lontano ed infelice...''- pensò Lunette. Ogni tanto quando scappava, anche solo per errore, un discorso che poteva coinvolgerlo sul piano familiare o degli anni passati, il volto di Nicolàs s'incupiva e gli occhi azzurri come il cielo estivo divenivano quasi oscurati da nuvoloni grigi.
Non che gli desse torto: da quello che le aveva raccontato il suo nuovo amico, viveva felice in una masseria di Marsiglia, forse non schifosamente ricco ma felice di quel che aveva e soprattutto di vivere con i suoi genitori.
Una felicità che Maschera di Ferro gli aveva tolto. Da qualunque angolo guardasse quella situazione, ogni persona che lei amava o che comunque aveva del valore ai suoi occhi, era stata depredata di qualcosa di prezioso ed importante da Maschera di Ferro o da Mansonne.
Lei stessa aveva rischiato di rimetterci la vita a causa loro...
Aramis agitò una mano per dire loro di fermarsi.
Premette una piccola leva ed un pezzo della parete si aprì leggermente. Non molto ma abbastanza per dare loro un' idea di quale angolo di Louvre fosse la loro attuale postazione.
Aveva tutta l'aria di essere lo studio del re Luigi e da quello che avevano l'opportunità di vedere dalla loro posizione... con tutta probabilità erano dietro il camino.
Nella stanza vi erano Milady, Mansonne e colui che figurava come il re di Francia.
I due criminali parevano mettergli pressione affinchè prendesse una decisione.
''Immagino non stiano discutendo dell'arredamento del palazzo o di come potare le rose in giardino.''- commentò Nicolàs stando attento a non farsi udire.
Lunette fu costretta a tapparsi la bocca ed ingoiare diverse volte per non scoppiare a ridere. Aramis li guardava come per dire di fare attenzione a non farsi sentire, ma era palese che anche lei stava ridendo sotto i baffi.
''No, non posso!!!''- fece il ''re'' buttando il foglio che Milady e Mansonne gli avevano dato sulla scrivania, con un tono pieno di pura disperazione-:'' Io non posso... no, non posso uccidere mio fratello Luigi... e non voglio rinchiudere la regina Anna in quell'orribile prigione!!!''
La moschettiera e i due giovani sobbalzarono a quelle parole.
Non era solo un impostore o un re fantoccio... quell'uomo era nientemeno che un principe. Il fratello del re di Francia...il suo gemello.
Ecco perchè nessuno aveva sospettato che il re che aveva preso le ultime decisioni insensate non fosse davvero il re... perchè si somigliavano come due gocce d'acqua e cosa più importante nessuno sapeva dell'esistenza del principe.
''Oh!''- fece Aramis ad un certo punto.
Senza farsi vedere allungò una mano ed afferrò un animaletto bianco con un piccolo elmo romano in testa.
La bestiolina non faceva che dimenarsi.
''Brutta monellaccia di una scimmia...''- fece Aramis estraendo il suo fazzoletto-:'' fatto.''- fece dopo averla legata.
''E questa da dove sbuca?''- fece Nicolàs.
''Ti presento Pepe''- fece Lunette-:'' l'animaletto di Milady... e uno dei suoi complici più fidati.''
''Chi?''- fece Nicolàs additando all'animaletto racchiuso nel fazzoletto-:'' questa cosa dispettosa?''
Nel frattempo, Milady aveva iniziato ad accorgersi dell'assenza della scimmietta, ma al momento non pareva preoccupata più di quel tanto.
Chiese a Mansonne di prestarle il suo medaglione ( o meglio il ciondolo che Aramis aveva donato a François e che poi Mansonne aveva rubato) ed iniziò ad agitarlo borbottando delle strane parole.
In cui ricordava al ''re'' che tutte le sue sofferenze e sventure erano solo colpa di suo fratello.
''Ripagatelo con la stessa moneta Philippe... occhio per occhio... dente per dente... una vita rubata per una vita rubata.''- fece Milady continuando la sua opera di ipnosi.
Parve funzionare.
Philippe intinse la penna nel calamaio, fece per firmare...
''Facciamo qualcosa...''- borbottò Nicolàs.
''Lasciate, me ne occupo io.''- fece Aramis estraendo il pugnale che portava attaccato alal cintura.
Lo lanciò dritto contro l'attaccatura di un ritratto del re.
Appena il dipinto cadde a terra, l'incantesimo di ipnosi di Milady si spezzò e Philippe, resosi conto di cosa stava per fare si fermò in tempo.
Purtroppo però vi era una notevole differenza tra un dipinto semplicemente caduto ed uno caduto con l'aiuto di un pugnale.
In breve, Mansonne chiamò le guardie e le informò della presenza di un intruso nel palazzo.
''Trovatelo subito!''- ordinò loro.
''Presto, andiamo... rifugiamoci nel mio appartamento.''- fece Aramis ai sue giovani, che la seguirono senza esitare.

''Roba da matti...''- fece Lunette quando lei, Aramis e Nicolàs furono al sicuro nell'appartamento di Aramis, all'interno del palazzo-:'' e chi se l'aspettava?''
Erano basiti da quello che avevano appena scoperto.
L'uomo che sedeva sul trono del Louvre non era solo un impostore... era il fratello gemello del loro re.
Una novità inaspettata sotto tutti i punti di vista... nessuno di loro sospettava che il re avesse un fratello.
''Non dirlo a me, sono stupito quanto te... nemmeno io, il capitano, Athos e Porthos eravamo a conoscenza di questo dettaglio sulla famiglia reale.''
Nicolàs intervenne-:''Credo proprio che nemmeno il re o il cardinale lo sapessero, a dire il vero...''
Oramai la realtà dei fatti era chiara a tutti: alla nascita dei due principi vi era stato qualcuno che aveva temuto che arrivati alla maggiore età i due fratelli potessero litigare per il trono di Francia.
Se così fosse stato era molto probabile che sarebbe potuta scoppiare una guerra civile.
Così per scongiurare tale pericolo, qualcuno aveva deciso di recludere uno dei due bambini lontano da tutto e da tutti, mentre l'altro, perfettamente inconscio di avere un fratello gemello avrebbe governato liberamente sulla Francia.
Ma quello che non avevano scoperto il re, la regina e il primo ministro attuale lo avevano scoperto dei banditi, che avevano deciso di sfruttare tale segreto a loro vantaggio.
''Mansonne e Maschera di Ferro devono aver incontrato Milady poco dopo la sua fuga dall'esecuzione per l'omicidio del duca di Buckingham...''- ipotizzò Lunette. E anche da lì era facile capire cosa fosse accaduto.
Milady non era solo una donna bellissima, ma era anche intelligente ed aveva una capacità di manipolare le persone a proprio piacimento che non trovava eguali.
In fin dei conti, non si diventava la prima spia del cardinale Richelieu a meno che non si sapesse con esattezza cosa si stava facendo.
In altre parole... la persona perfetta per convincere il povero Philippe che lei e Mansonne erano i suoi più fedeli amici, oltre che gli unici ed in base a tale convinzione aveva creduto ad ogni singola parola da loro detta.
Incluso che era stato suo fratello la causa di tutte le sue sventure.
''Ma come può aver fatto a fidarsi di due persone come loro?''- fece Nicolàs pensieroso.
''Ti posso assicurare che Milady convincerebbe a fidarsi di lei anche il più irreprensibile e saggio degli uomini.''- fece Lunette in risposta-:'' e poi come biasimarlo?  Era solo. Aveva bisogno di fidarsi di qualcuno e di qualcosa in cui credere... tutti noi ne abbiamo bisogno.''
Ormai ne aveva la certezza: quell'uomo, Philippe, era tutto tranne che malvagio. Aveva sentito la sua paura e la sua disperazione mentre si opponeva a firmare i documenti che avrebbero condannato a morte sicura il proprio fratello e la regina ad una reclusione durissima.
Ed aveva visto anche il dispiacere nei suoi occhi quando era stato costretto a farla arrestare.
No, non poteva essere un uomo malvagio, si rifutava di crederci.
Il giovane e la moschettiera annuirono, concordi con lei, soprattutto il primo.
''Ad ogni modo... dobbiamo fare qualcosa. La vita del re è in grave pericolo.''- fece Aramis sinceramente preoccupata-:'' vero, abbiamo impedito che Milady costringesse Philippe a firmare l'ordine di condanna a morte per il re... ma lei non è una donna che si arrende facilmente. Ci riproverà. E molto presto.''
''Ascoltate...''- fece Nicolàs-:'' e se raccontassimo al principe Philippe la verità, ovvero che Milady e Mansonne non sono persone di cui può fidarsi?''
Aramis scosse la testa.
''Ci ho pensato anch'io...''- spiegò la bionda-:'' ma per loro, Lunette è morta in un tentativo di fuga e se ora dicessi a Philippe la verità... sarebbe capacissimo di convincersi anche da solo che parlo per rabbia e disperazione, tentando di vendicare la sua morte.''
''Ed anche se dicessimo a qualcuno che Philippe non è il vero re di Francia...''- aggiunse Lunette-:'' chi volete che ci creda? Come ha gia detto Nicolàs, ormai le uniche autorità in Francia sono proprio Milady e Mansonne e coloro che sanno dell'esistenza di un fratello del re con tutta probabilità o sono morti o...''
''Allora le carte sono chiare... ce la dovremo sbrigare da noi...''- fece Aramis, pensierosa ma concentrata-:''Per voi due è pericoloso stare ancora qui... soprattutto tu Lunette... Nicolàs, fammi un favore, riaccompagnala a casa.
Io devo sbrigare una faccenda importante ed oggi avete rischiato abbastanza stando qui.''
Un'occhiata a Lunette basto per far capire a questa quale fosse la faccenda importante di cui la bionda dovesse occuparsi.
Era arrivato il momento per lei di affrontare i fantasmi del suo passato e di conseguenza affrontare Mansonne.
''Non temete capitano, Lunette sarà al sicuro.''- fece Nicolàs prendendola a braccetto e portandola via con sè.
Lunette dal canto suo non sapeva se essere più preoccupata per Aramis che stava per affrontare Mansonne... o per Mansonne che avrebbe dovuto sostenere la furia della moschettiera.
Ok, forse doveva preoccuparsi di più per Mansonne.
L'inferno non aveva furia se paragonato alla rabbia di una donna tradita...ma anche le donne a cui si era rubato qualcosa di prezioso ed insostituibile come l'amore non erano da sottovalutare.

''Sai anche come caricare la polvere da sparo?''- fece Nicolàs sorpreso nel vedere la giovane Lunette armeggiare con il moschetto e la pistola del moschettiere Aramis.
Lunette annuì, giusto per non sembrare sgarbata, ma non gli rispose con le parole.
Caricare un arma da fuoco non era una cosa così innocua come pungersi con l'ago mentre si ricamava o bruciare una camicia per uno stupido errore di distrazione.
Distrarsi mentre si armeggiava con le armi da fuoco poteva essere un errore molto caro da pagare.
Presto però anche la pistola fu caricata e la poggiò vicino al moschetto.
''All'inizio mi sembrava un compito impossibile... poi però mi sono accorta che era più facile di quel che vedevo.''- gli disse poi.
Nicolàs continuava a guardarla come se avesse visto qualcosa che non si vedeva tutti i giorni.
''Non hai paura di avventurarti nel bosco di notte, combatti per difendere la tua innocenza e sai caricare le armi...ok, Lunette, chi sei veramente?''
Lunette gli sorrise furbamente.
''Vediamo un po'... forse una nobile fanciulla che ha deciso di vivere come una ragazza normale oppure... una normale ragazza che ha imparato che non occorre essere un uomo per combattere e che crede nell'ideale della giustizia.''
Nicolàs in risposta le prese una mano-:''Ho conosciuto delle nobili a volte... nessuna di loro avrebbe mai rinunciato a persone che avrebbero fatto qualsiasi cosa al posto loro... e poi hai le mani troppo rovinate per essere stata una principessa, una duchessa o che so io...ergo, sei la seconda che hai detto.''
''Esatto.''- fece Lunette sorridendo di nuovo.
''Però in una cosa assomigli ad una nobile.''
''Ecco, proprio quel che temevo...''- aggiunse lei alzando gli occhi verso il soffitto, con un' espressione mista all'ironicamente disperato e allo stupito da quell'affermazione-:'' e qual'è questa rassomiglianza?''
''Che come alcune di loro...''- fece Nicolàs abbassando gli occhi-:'' sei bella come una camelia... ma sotto sei un' amarillide.''
Lunette rimase ancora più stupita da quest'affermazione.
Ed un rossore poco naturale le dipinse le guance.
Bella e fiera le aveva detto, in altre parole...
Era pur sempre un complimento... facevano sempre piacere.

Nicolàs si era addormentato ormai da un'ora nel suo letto.
Lunette invece non si era nemmeno svestita e si era seduta al filatoio a filare la lana. Certo, un' attività davvero consona considerando che adesso più che una serva doveva essere un soldato, ma armeggiare con la lana e il filo da tessitura era sempre stato per lei un piacevole passatempo anche se i suoi stessi amici lo giudicassero ''stranamente femminile'', Costance in particolare, per una abituata a  combattere con i moschettieri quando non faceva la domestica... ma ogni tanto era bello rilassarsi con qualcosa che non fossero spade, complotti o cose del genere.
Inoltre, era un modo come un altro per stare sveglia ed aspettare Aramis.
Ne era sicura, quando si era congedata da loro due... era andata ad affrontare Mansonne.
Avrebbe voluto accompagnarla... ma in fin dei conti quella era la battaglia personale di Aramis.
Le aveva fatto una promessa, molto tempo prima.
Che le sarebbe rimasta sempre accanto, in qualsiasi evenienza, ma anche che al momento in cui sarebbe arrivato il momento di fare giustizia, non avrebbe insistito per andare con lei.
Ciò non toglieva che era preoccupata per lei... Da sola contro Mansonne che non era famoso per il suo giocare pulito...
Avrebbe voluto parlarne un po' con Nicolàs... sfogarsi, dirgli la sua pena... peccato che vi fosse un piccolo, grande impedimento. Se lo avesse fatto avrebeb dovuto inevitabilmente spigare anche il perchè Aramis ce l'avesse tanto con Mansonne, ergo tradire una promessa.
Odiava mentirgli... le aveva salvato la vita, l'aveva riportata a Parigi sana e salva, li stava aiutando contro i loro nemici...
In quel momento la porta si aprì ed Aramis entrò velocemente in casa per poi richiudere velocemente la porta.
Sembrava stravolta, soddisfatta e disperata allo stesso tempo.
Lunette lasciò perdere il filatoio e le corse incontro.
''State bene?''- chiese preoccupata.
''Si...''- fece Aramis ricominciando poco a poco a respirare-:'' si, sto bene... più che bene. Nicolàs non c'è?''
Lunette fece cenno di no con la testa e si portò un indice alla bocca.
''Capisco...''- fece Aramis dirigendosi verso la dispensa. Prese una bottiglia di vino ed un bicchiere che riempì fino all'orlo.
Lo bevve tutto in un fiato.
''Sto bene... perchè finalmente lo so... so che Mansonne ha ucciso François... e so anche il perchè.''
''E...per caso... c'entra il principe Philippe?''- chiese Lunette.
Aramis annuì.
''Quando i due principi gemelli nacquero...''- le spiegò Aramis-:'' la famiglia reale e il primo ministro, temettero che una volta raggiunta la maggiore età i due sarebbero entrati in conflitto per la corona e che avrebbero fatto scoppiare una guerra. Uno dei due quindi doveva scomparire.''
Lunette annuì. Beh, questo non era un mistero, anzi, era l'unica cosa chiara a tutti in quella storia.
Il mistero era un altro.
''Ok, fin qui ci ero arrivata... ma che c'entra François?''
''Vi era una ristretta cerchia di nobili a conoscere il segreto dell'identità di Philippe.''- fece Aramis tirando fuori dalla sua giubba un foglio piegato in due che porse a Lunette.
La giovane iniziò a leggere. Era una lista di nobili che non andava oltre i cinque nomi, ma avevano tutti un fattore comune.
Ovvero quello di essere morti.
''Erano dei nobili che avevano dato prova più di una volta della loro specchiata fedeltà verso il re... ma uno più di tutti.''- continuò Aramis.
''François.''- aggiunse Lunette intuendo dove la giovane moschettiera intendesse andare a parare.
La bionda annuì.
''Philippe era pur sempre un nobile, anzi un principe... doveva quindi ricevere un educazione degna di tale titolo. E François, credimi, aveva tutte le carte in regola per essere il suo tutore. Non solo perchè era un abile combattente ed un uomo con un elevato livello culturale... ma per la passione con cui trasmetteva le sue conoscenze a chiunque avesse attorno.
Quindi, i genitori dei due bambini e i nobili presenti nella lista, decisero di comune accordo che da allora Philippe avrebeb vissuto assieme a lui, e che sarebbe stato lui a curare l'educazione del principe scomparso.''
Lunette iniziava a capire.
''Ma poi Maschera di Ferro e Mansonne hanno scoperto il segreto, hanno fatto delle ricerche e hanno scoperto chi sapeva di tale segreto... e li hanno uccisi tutti, uno dopo l'altro, per scoprire dove fosse Philippe...ed hanno mascherato tutti gli omicidi facendoli passare per delle rapine finite male.''
Aramis annuì-:'' Hanno dovuto farlo credere perchè sarebbe sembrato strano che solo chi sapeva dell'esistenza di Philippe fosse stato assassinato... è così che è nato il Cammello.''
''Ma dubito fortemente  che a quei dannati sia dispiaciuto portarsi a casa delle ricchezze.''- fece Lunette con rabbia.
Aramis tirò fuori dalla tasca un medaglione d'oro con al centro una grossa pietra rossa-:'' Il loro errore è stato prendere anche questo...''- fece porgendolo alla bruna-:'' se Mansonne non fosse stato così avido...''- e soprattutto poco riguardoso nei confronti di un defunto-:'' da prendere anche il ciondolo di François...''
''... voi non sareste mai arrivata a lui e se la sarebbero cavata.''- fece Lunette chiudendo il discorso.
Era vero che la superbia e l'arroganza portavano a commettere degli errori.
Aramis annuì e fece aprire il medaglione.
''Eravate voi?''- fece Lunette osservando la donna del ritratto.
Era bellissima... e non petè fare a meno di pensare che Athos e tutti gli altri moschettieri avessero delle fette di prosciutto rinforzate di salame sugli occhi... come potevano non accorgersi dell'ovvio?
Aramis annuì, sorridendo tristemente, versandosi un altro bicchiere.
''Sei anni fa a quest'ora... i miei unici crucci erano camminare con il timore di inciampare nel vestito o con i tacchi... le mie noie erano i noiosi pranzi con le altre fanciulle di buona famiglia e le loro chiacchiere...''
Lunette le si avvicinò per abbracciarla.
''Mi accorgo solo ora che quelli in fin dei conti... erano bei tempi. Prima ero una damigella che viveva in un mondo che non sentiva suo e con un destino gia scritto... adesso sono una donna in un mondo di uomini.... senza passato e con un avvenire ancora più incerto.''
''Secondo me, però... la Reneè di oggi è di gran lunga più bella di quella del ritratto...''- anzi, Renèe o Aramis, come le piaceva farsi chiamare adesso, era sempre stata la moschettiera.
La morte di François non aveva fatto altro che esternare al mondo la sua vera indole, troppo a lungo soffocata dalle convenzioni sociali.
''Che vuoi dire?''
''Me lo avete insegnato voi. Essere una bella persona, non significa solo avere una bella faccia... anzi, per dirla tutta la bellezza non c'entra nulla... significa avere onestà, coraggio e dei forti ideali in cui credere.''
Aramis sorrise grata per il tentativo della ragazza di consolarla.
Vero, aveva perso l'amore della sua vita ed era una cosa che avrebbe maledetto sino all'ultimo giorno che avrebbe passato sulla terra... nulla avrebbe potuto restituirle la felicità perduta ma almeno adesso sapeva di non essere sola.
''Sveglia Nicolàs per favore... abbiamo del lavoro da sbrigare.''

Detto fatto, pochi minuti dopo, i tre erano seduti attorno al tavolo, con Aramis che faceva loro un rapporto di quello che stava per accadere.
''Philippe si è tassativamente rifiutato di firmare l'ordine di condanna a morte per il re, suo fratello... così ci ha pensato Milady.''
I due erano pallidi come cadaveri.
''Oh cavoli, non vorrete dire che...''- fece il giovane pregando ogni santo che conosceva di aver capito male.
La bionda annuì.
''Si. Milady ha firmato al posto suo e adesso il re corre un grave pericolo.''- confermò Aramis-:'' l'esecuzione sarà eseguita domani, alle dieci di mattina, nel cortile della prigione.''
''Dio mio...''- fece Lunette bianca come un cadavere-:'' è logico. Temono che prima o poi qualcuno sospetti qualcosa e quindi... si liberano del vero re per distruggere qualunque prova.''
''E lui non sarà nemmeno il primo... la regina Anna, Il cardinale, Athos, Porthos, D'artagnan... e anche noi tre faremo la stessa fine. Siamo tutti in pericolo.''- aggiunse Aramis.
''Eppure ci sarà pure qualcosa che possiamo fare!!!''- fece Nicolàs battendo i pugni sul tavolo-:'' i vostri amici sono ricercati per alto tradimento, la regina e il cardinale sono rinchiusi per lo stesso motivo... Lunette per poco non viene uccisa... e ci nascondiamo come topi nel formaggio... non possiamo permettere che giustizino il re. Sarebbe come commettere il crimine per cui stiamo scontando la pena.''
Lunette annuì energicamente-:''Nicolàs ha ragione. Dobbiamo assolutamente fare qualcosa, per il re, per i nostri amici, per questo paese... per noi...''
Aramis annuì soddisfatta.
Il coraggio non mancava a nessuno dei due, non c'era che dire... certo che... li vedeva un po' troppo in sintonia...
In breve spiegò loro cosa avrebbero dovuto fare.
Niente di che, almeno a parole, ma a fatti... dovevano prendere la chiave della maschera di ferro, intervenire all'esecuzione, togliere la maschera allo sventurato prigioniero... ed era fatta.
''... sia ben chiaro, che nessuno è obbligato a prendere parte a quest'operazione. Ma se decidete di venire... oltrepassate un punto di non ritorno.''
Lunette si alzò in piedi di scatto-:''Io ci sono: Milady, Mansonne e Maschera di Ferrto mi hanno falsamente accusata, hanno tentato di uccidermi... questo li rende miei nemici quanto vostri.''
''Anch'io sono dei vostri. Sono anni che aspetto di fare giustizia per la mia famiglia. Ora il momento è giunto.''- aggiunse Nicolàs-:'' inoltre, non mi sono mai piaciuti quelli che calunniano le fanciulle.''
Lunette sorrise al suo indirizzo senza farsi notare.
''Molto bene.''- fece Aramis soddisfatta.
Si sarebbero riposati per un paio d'ore, giusto fino al sorgere del sole... e poi avrebbero cominciato la vera battaglia.
Quella decisiva per il futuro di tutti.

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Capitolo 36
*** L'alba della battaglia ***


                                     L'ALBA DELLA BATTAGLIA
Come avevano promesso, non riposarono più di due ore.
Ok, forse tre.
Avevano degli ottimi motivi per essere particolarmente mattinieri.
Primo, ormai Mansonne non sapeva solo che il bel neo capitano era in realtà una fanciulla con il cuore di una leonessa, ma sapeva anche che era un infiltrato tra le file nemiche.
Ciò rendeva Aramis una ricercata, ed uno dei primi posti in cui sarebbero andati a cercarla sarebbe stata proprio la sua vecchia casa.
I tre non osavano nemmeno immaginare cosa sarebbe capitato loro nello scoprire un traditore, una traditrice che sarebbe dovuta essere a provarsi l'aureola gia da un pezzo e uno sconosciuto che però stava aiutando i traditori sopra citati.
Cose brutte. Molto brutte.
Secondo, non avevano molto tempo per impedire che il loro re Luigi XIII perdesse la testa, in primis perchè sarebbe stato come commettere il crimine per cui stavano gia scontando la pena e soprattutto per stroncare quella catena di sangue che si sarebbe innestata con la morte del sovrano.
E soprattutto, perchè dopo fermare i piani malvagi di Milady, Maschera di Ferro e Mansonne ed ottenere giustizia per coloro che erano morti per la loro sete di potere sarebbe stato impossibile.
Per ultimo... Philippe aveva gia patito abbastanza nella vita per restare per il resto dei suoi giorni una marionetta nelle mani di quei tre, sopportando il rimorso per la morte del fratello.
''C'è solo un modo per fermare l'esecuzione...''- fece Aramis appostata vicino alla villa di Mansonne con Nicolàs e Lunette a supportarla-:'' prendere la chiave della maschera e levarla al re in presenza di tutti.''
Lunette annuì.
''Qualcuno ha un'idea sul come fare?''- fece Nicolàs non meno preoccupato delle due donne.
Ormai erano le nove meno un quarto.
L'orologio camminva veloce anche se non sembrava.
''Abbiamo due possibilità.''- fece Aramis-:'' La prima... entriamo di soppiatto e rovistiamo dappertutto con la possibilità di farci scoprire ed uccidere... oppure non ci scoprono e restiamo in vita ma non faremo mai in tempo per salvare il re.''
''E per quanto mi alletti la prospettiva di vivere ancora per qualche decennio, io direi di scartarla subito.''- fece Lunette con un' espressione scettica in volto.
Nicolàs le diede subito appoggio-:''Da gentiluomo ed uomo sano di mente... concordo con mademoiselle.''
Un momento poco consono per fare battute, ma riuscì a strappare alle due donne un sorriso... ed un leggero rossore sulle guancie di Lunette.
''Seconda possibilità?''- fece Nicolàs.
''Sono felice che tu me l'abbia chiesto...''- fece Aramis-:'' ci facciamo scoprire. Lasciamo una scia di briciole di pane dietro alla nostra irruzione, così li mettiamo in allarme, li facciamo andare dritti al posto in cui tengono la chiave...''
''.... li pediniamo e ci impadroniamo della chiave.''- concluse Lunette con un sorriso.
''Perfetto, quindi... ai posti di combattimento.''
Al via di Aramis, il trio si diede subito un gran da fare per simulare un intrusione.
Nicolàs colpì una sentinella con una violenza tale da lasciarla priva di sensi e con l'aiuto di Lunette la portò in bella vista sul selciato in modo che appena qualcuno fosse uscito la notasse.
Aramis ruppe il vetro di una finestra e per finire le due donne aprirono i vari cassetti dei mobili all'interno della villa.
''Il nostro l'abbiamo fatto.''- fece Aramis soddisfatta del risultato raggiunto. Poi si accorse che il tempo stava scorrendo davvero in fretta.
C'era il rischio che quei tre non si accorgessero della loro intrusione con la velocità che speravano.
E purtroppo l'ascia del boia non avrebbe aspettato.
''Ora dovete andare.''- fece la bionda rivolta ai due.
''Come prego?''- fece Nicolàs a nome di entrambi.
Aramis non tardò a spiegarsi-:''Può essere che non si accorgano di noi tanto in fretta, ma al contrario loro il re ha una gran fretta... andate alla prigione dello Chatelet.
Nel caso tardassi, trovate un modo per ritardare l'esecuzione. Non importa come, fermate l'esecuzione nel caso io non arrivassi in tempo.''
''E lasciarvi solo con tre pazzi esaltati?''- fece Lunette per niente entusiasta di quell'iniziativa.
La sua amica da sola contro Maschera di Ferro, l'assassino di François e la donna più pericolosa d'Europa?
Era il pensiero più spaventoso che la sua mente avesse mai concepito.
Aramis le sorrise cercando di rassicurare lei e se stessa-:''Sta pure tranquilla, è solo una precauzione... e poi non ha senso che rimaniamo a rischiare tutti e tre.''
Lunette esitò un po' e poi si convinse.
Abbracciò l'amica-:''Mi raccomando, state molto attento.''
''Anche voi.''
Mentre Lunette si allontanava dal gruppo per dirigersi verso il suo cavallo, Nicolàs fece per raggiungerla ma Aramis lo trattenne per un braccio.
''Per me è come una sorella... promettimi che non le accadrà niente.''- fece fissandolo negli occhi quasi implorante.
Aveva gia creduto di aver perso la sua ''sorellina'' una volta e non aveva ancora smaltito a dovere la paura e il senso di colpa per quello che era successo a Lunette.
Non voleva nemmeno pensare di dover riaffrontare tali sentimenti.
E vi era una ragione molto semplice se chiedeva al giovane Nicolàs di assicurarsi dell' incolumità della ragazza, anche se lo conosceva poco.
Lo aveva guardato fisso negli occhi ed in lui aveva visto una profonda sofferenza per la perdita della famiglia per mano di Maschera di Ferro, aveva letto il suo desiderio di vendetta a giustizia... ed inoltre quel giovane aveva rischiato il tutto per tutto per riportare sana e salva Lunette a Parigi, come stava rischiando il tutto per tutto per aiutarle nel compimento di quella difficile missione.
Inoltre, non aveva mai dato motivo ne a Lunette ne a lei di diffidare di lui.
''Non temete capitano...''- sorrise Nicolàs-:''Sarà al sicuro. Non permetterò a nessuno di farle del male.''
E nel dir così raggiunse l'amica.
L'aiutò a salire sul cavallo per poi salire in modo da poter governare il cavallo.

''Ok, e ora che si fa?''- domandò Nicolàs mentre cavalcavano assieme su Fabrice in direzione dello Chatelet pregando in tutte le lingue conosciute e non, di fare in tempo.
''Quando arriviamo lasciami lì e sparisci per un po'.''- fece Lunette.
Non gli dispiaceva affatto la compagnia di Nicolàs, quel giovane che appena l'aveva intravista in difficoltà l'aveva subito protetta ed aiutata e che non le aveva ancora dato un valido movente per dubitare di lui o trattarlo con i guanti, ed era proprio per questo che era meglio tenerlo il più possibile lontano da quella storia.
Nicolàs fece cenno di non con il capo.
''Temo non sia possibile. Le leggi della cavalleria, sai...''- rispose con il tono più pacato e gentile che gli venne fuori.
Lunette sbuffò facendo alzare un ciuffo di capelli ribelle che era sfuggito alla pettinatura.
Testardo... era un uomo, che si aspettava?
''Gentil Cavaliere... ti rammento che i miei amici non sono moschettieri ma fuorilegge, ed io oltre che essere morta sono esattamente come loro...''
''Si, l'ho sentito dire... e allora?''
''E allora quasi certamente qualcuno si farà male e non posso assicurarti che non sarai proprio tu a fartene.''
''Hai detto bene, qualcuno potrebbe farsi male e forse tra i buoni... ed ecco perchè non ti sbarazzerai di me...
Non nego che tu sappia occuparti di te stessa... ma voglio sincerarmene.''- concluse Nicolàs continuando a cavalcare verso la loro destinazione.
Lunette sbuffò di nuovo, indispettita dalla sua testardaggine ma in fin dei conti... era bello sapere di poter contare su una persona in più visto che a difendere il re e lo stato ormai c'erano solo lei ed un gruppo di fuggiaschi.
Lo abbracciò da dietro e lasciò andare il capo sulla sua schiena, quasi per rilassarsi un attimo e lasciar andare lo stress e la pura che provava.
In fin dei conti... quella non era la solita missione contro i cardinalisti di Richelieu, e al comando non c'era il conte Rochefort.
Richelieu al confronto era un santo.
Dio, non poteva credere di averlo pensato...
''Vieni...''- fece Nicolàs offrendole le braccia per aiutarla a scendere una volta sceso lui stesso da cavallo-:'' lascia che ti dia una mano.''
''Va bene...OH!''- Lunette sbagliò a mettere il piede sulla staffa e finì il bracciò a Nicolàs... letteralmente.
Così lei si era ritrovata con le braccia attorno al suo collo, lui con le braccia intorno alla vita della ragazza... ed entrambi con le punte del naso che quasi si toccavano.
''Ehm... scusa.''- fece Lunette allontandosi velocemente dal giovane, rossa come non mai.
Non era il caso di avere una reazione da ragazza normale... almeno non in quel momento.
Il problema adesso era un altro.
Come entrare senza farsi beccare?
Beh come diceva un vecchio proverbio... se non li puoi battere, unisciti a loro.
''Travestirsi da cardinalisti...''- fece Nicolàs mettendosi la casacca rossa, sorridendo all'indirizzo di Lunette-:'' Un bel fuori programma, per una cresciuta ed allevata dalla parte avversa.''
Lunette lo guardò male fingendosi offesa prima di dire-:''Gia...cosa non si fa in nome del proprio paese.''
Inspirò profondamente.
C'erano quasi.
Tra poco sarebbe finito tutto.

Chissà se nella lista dei peccati c'è anche l'ottimismo, pensò Lunette iniziando ad innervosirsi.
Il re aveva appena salito gli scalini del patibolo e non c'era ancora traccia ne di Aramis ne degli altri moschettieri.
E tra poco la testa del re sarebbe rotolata e la Francia distrutta.
'' Qualcosa deve essere andato storto...''- le sussurrò Nicolàs avvicinandosi cercando di non farsi notare  ne sentire da Milady e Mansonne che erano seduti proprio dietro di loro.
Lunette annuì e subito venne colta dalla paura che fosse accaduto qualcosa di molto molto brutto alla sua amica.
Questo ritardo non le piaceva. Non le piaceva porprio per niente
Ma purtroppo, nemmeno per le preoccupazioni personali.
C'era ben altro di cui preoccuparsi al momento.
L'ascia che pendeva sulla testa del loro sovrano, tanto per fare un esempio.
Nicolàs fissò la ragazza negli occhi e quando lei si dichiarò d'accordo con lo sguardo...
BANG! BANG!
Due colpi sparati verso il cielo fecero sobbalzare tutti i presenti ed il boia lasciò cadere la sua ascia sul pavimento del patibolo.
''Ma che cosa vi salta in mente?''- sbraitò Mansonne contro le due ''guardie''.
In risposta i due fecero saltare sia il mantello da cardinalista che il cappello, rivelando così la loro vera identità.
Una giovane fanciulla dai capelli scuri che le arrivavano sino alle spalle ed un giovane di un paio d'anni più grande con i capelli castani e gli occhi azzurri.
Inutile dire che sia Milady che Mansonne divennero bianchi come panni appena lavati nel vedere la giovane Lunette ancora in vita.
''Significa che è finita. Mansonne.''- lo affrontò Nicolàs -'' il vostro patetico piano per uccidere il re è saltato.''
''Ma com'è possibile....''- fece Milady balbettando all'indirizzo della rediviva Lunette-:'' tu sei morta...''
''Ve l'avevo detto che presto ci saremmo ribaltate i ruoli, Milady.''- la affrontò la ragazza.
Porthos e D'Artagnan, vestiti da preti mandati per la confessione del re, approfittarono immediatamente per colpire il boia ed un paio di guardie, per poi rivelarsi.
''L'esecuzione è annullata!''- fece D'artagnan.
Lunette sorrise nel rivedere due dei suoi amici ed assieme a Nicolàs li raggiunse sul patibolo.
''Quest'uomo non è Maschera di Ferro, bensì il nostro re Luigi XIII.''- annunciò Porthos alle guardie cardinaliste-:'' se oserete fare qualcosa contro di lui, dovrete vedervela con noi.''
Inutile dire che Milady e Mansonne non si fecero pregare per smentire tali accuse ed aizzarono immediatamente i soldati  contro i quattro ''moschettieri''.
Nemmeno l'udire la voce del re di Francia li dissuase dal loro proposito.
''E va bene...''- fece Nicolàs-:'' Signori miei, temo che non abbiamo altra scelta.''- fece poi estraendo la spada.
''Non potrei essere più d'accordo!''- fece Porthos.
Una volta procurata una spada al re nella piazza della prigione, prese vita un temibile scontro. Due moschetteri, uno sconosciuto ed una ragazza combattevano come furie contro circa una ventina di soldati cardinalisti.
Davvero poco equo come scontro, ma fortunatamente...
''D'artagnan, tranquillo, sono qua!''
''Coraggio, D'artagnan!''
Il gruppetto si volto, felice come non mai di rivedere il leader del gruppo... e si, in quella circostanza, nemmeno la visione di Rochefort e Richelieu era tanto sgradevole.
Furono subito pronti a dare man forte ai loro compagni che gia da prima si erano dati da fare per poter allungare un po' la vita del re.
''Però, vi battete bene, madamigella.''- commentò Nicolàs parando un colpo con una parata alta, rivolto a Lunette.
Lunette si lasciò scappare un sorriso intrecciando la lama con un soldato-:'' Puoi dirlo forte, ho avuto degli ottimi insegnanti!''
''Vediamo un po' fino a che punto...''- fece Milady estraendo una pistola per poi puntarla alla testa del re.
Oh, non avrebbe certo permesso a qualche moschettiere fuorilegge, una ragazzina tornata dal regno dei morti ed uno sconosciuto di mandare a monte i suoi progetti...
Luigi doveva morire quel giorno.
Mirò.
Fece scivolare il dito sul grilletto, pronta a premerlo...
Ma per suo grande sfortuna, il destino aveva deciso diversamente. Lo stesso destino che fino a poco fa l'aveva favorita, adesso aveva cambiato improvvisamente idea.
'' Prendi questo!!!''- il piccolo Jean le era piombato addosso senza il minimo preavviso facendole perdere la pistola.
Arma che cadde nelle mani della giovane Lunette.
In quel momento, furono due i cuori che si bloccarono.
Quello della perfida inglese e quello della piccola '' moschettiera''.
Milady rammentò le parole che aveva pronunciato per convincere Philippe a firmare l'atto di condanna a morte.
'' Occhio per occhio, dente per dente... una vita rubata per una vita rubata.''
E lei aveva avuto l'idea di incastrare la ragazza per tradimento e tentato omicidio, sempre lei aveva avuto l'idea di tentare di farla sparire per sempre... adesso che le si era presentata l'occasione era alquanto improbabileche decidesse di lasciar scivolare via la possibilità di vendicarsi.
Lunette stessa pareva pensarci.
Quella donna maledetta... aveva fatto del male a tutte le persone che per lei contavano e poi aveva cercato di prendersi anche la SUA vita... solo il sangue avrebbe potuto calmarla.
Però...
Gettò l'arma.
Sotto lo sguardo attonito ed ammirato di Nicolàs.
Il momento più bello fu quando intervenne Aramis con la chiave della maschera di ferro ed una volta infilata la chiave nella serratura e fattala scattare... la maschera mostrò il viso del re di Francia.
Milady era verde di bile e rossa di rabbia, ma nel momento di stupore e confusione generale lei e Mansonne riuscirono a fuggire su una barca ormeggiata lì vicino.
'' Stanno scappando!!!''- gridò Rochefort.
Lunette fu la prima a correre in loro direzione, con Nicolàs a seguire.
Ma quando arrivò... era ormai troppo tardi.
'' Dannazione...'' - sbottò la bruna osservando la barchetta ormai distante diversi metri dal molo -'' sono scappati. Di nuovo.''
'' Gia...''- fece Nicolàs -'' ma adesso è diverso. Hanno mostrato la loro vera faccia. E adesso ci sono due reggimenti a dar loro la caccia.''
Ne era sicuro.
Ormai era questione di poco tempo... Mansonne, Milady ma soprattutto quel maledetto assassino di Mansonne sarebbero stati presi ed avrebbero trascorso il resto dei loro giorni a marcire nelle prigioni reali.
'' A proposito... devo complimentarti con  te.''
Lunette apparve confusa -'' Per che cosa?''
'' Per come ti sei comportata con Milady, mi pare ovvio.''- spiegò Nicolàs incamminandosi nuovamente verso la prigione -'' l'avevi sotto tiro. Era un' occasione per fargliela pagare... per te, per Costance, per D'artagnan... però l'hai lasciata andare.''
'' Hai ragione...''- confermò la ragazza. Aveva avuto Milady sotto tiro e se proprio doveva dirla tutta l'idea di far scivolare il dito sul grilletto e far sparare la pistola e vendicare così le ingiustizie ed i dolori che avevano sofferto per mano di quella donna diabolica.
'' Ma era anche disarmata in quel momento.''- spiegò la ragazza -'' e se avessi premuto il grilletto in quel momento... beh, non avrei più vissuto con me stessa.''
Questa era una cosa di cui era certa al mille per mille.
Non solo non sapeva immaginare cosa poteva aver provato D'artagnan ( quando ancora non era sicura della morte di Milady per mano del guascone) nello spezzare una vita umana... ma non voleva nemmeno provare ad immaginarlo.
Lei non era come Milady che era riuscita a rendere l'omicidio una sua abitudine.
L'incubo del delitto che avrebbe consumato l'avrebbe tormentata per tutta la vita.
E lei non voleva svegliarsi ogni mattina e vedere nell'acqua il riflesso di un' assassina.
Per il momento... sapere che Milady e i suoi degni complici da massime autorità in Francia erano ridotti ad animali braccati in fuga le bastava in attesa di una giustizia migliore.
Nicolàs sorrise.
Quella ragazza continuava a sorprenderlo.
Nel frattempo i due erano tornati nel piazzale della prigione.
''ATHOS! PORTHOS! D'ARTAGNAN!''- Lunette gridò i loro nomi con una gioia ed una felicità così grande che non avrebbe mai creduto potesse essere possibile provare e subito dopo volò in braccio ad ognuno di loro.
Ognuno di loro ricambiò l'abbraccio con la stessa enfasi.
Erano troppo felici di rivedere quella ragazzina che sei anni prima Aramis aveva ''adottato'' e che per tutti loro era diventata ormai come una sorella più piccola.
''Sono così felice di rivedervi... non sapete quanto mi siete mancati.''- fece Lunette sciogliendosi dall'abbraccio di Athos.
''Ci sei mancata anche tu, piccoletta...''- fece il bel moschettiere scompigliandole i capelli.
''Lunette.''- la chiamò Rochefort con un' espressione sbalordita e tenendo le braccia-:'' A me non abbracci?''
Lunette lo squadrò. Lei che abbracciava Rochefort? Quella era la giornata delle stranezze, non c'era che dire...
''Ma sì, dai!''- fece Lunette andando verso il cardinalista per abbracciarlo. Era troppo contenta in quel momento per ricamare sui loro vecchi alterchi... e po adesso erano tutti dalla stessa parte.
Le rimaneva una sola persona da abbracciare ormai...
In breve lei e Nicolàs si ritrovarono l'una tra le braccia dell'altro sotto gli occhi attoniti di tutti i presenti.
''Nicolàs...  ti presento la mia famiglia... adesso siamo tutti salvi... e siamo tornati finalmente uniti, proprio com'eravamo un tempo.''
Nicolàs sorrise con i suoi occhi azzurri come il cielo d'estate, per salutare i ''fratelli'' dell'amica, i quali venuti a conoscenza che Lunette era stata aiutata proprio da lui, gli strinsero la mano per ringraziarlo.
Lunette sorrise a quella scena.
A quanto pare non si erano fatti molti problemi ad accoglierlo nella loro ''famiglia''. Oh, si... ne era certa.
Per colpa di Maschera di Ferro aveva perso il calore di una famiglia... e come era successo a lei molti anni fa adesso ne avrebbe ritrovata una.
''Lunette!!!''- si sentì chiamare da dietro.
Subito apparve la sua cara amica Costance.
Le due ragazze si abbracciarono immediatamente commosse come non mai.
''Non sai che paura ho avuto...''- fece la bionda.
Lunette annuì comprensivamente.
''Altrochè se lo so... ma non temere, adesso è tutto finito... torniamo tutti a casa.''- la rassciurò la mora-:'' e ti racconterò tutto, te lo prometto.''
''E gia che ci siamo...''- fece Costance ammiccando a Nicolàs con gli occhi-:'' tanto per sapere chi è quello?''
Lunette abbassò gli occhi, leggermente imbarazzata-:''Come ti ho gia detto... è una lunghissima storia.''

Poco dopo, un bizzarro corteo si dirigeva verso il palazzo reale.
Il re ancora abbigliato come il bandito Maschera di ferro in testa, e con i moschettieri, la giovane Lunette, il capitano Rochefort e Nicolàs a seguire.
La carrozza con cui la regina Anna e Costance erano arrivate, era la stessa che adesso chiudeva il corteo diretto al Louvre.
Al suo interno vi erano proprio la monarca e la sua giovane domestica... più il cardinale Richelieu, che pareva molto pensieroso.
''Che cosa vi turba Eminenza?''- chiese cortesemente la regina.
In genere si sarebbe sentita a disagio alla sola idea di stare nella stessa stanza con l'uomo che più di tutti l'aveva fatta tribolare... ma era troppo felice che la situazione si fosse chiarita per badare a simili dettagli.
'' Cosa?''- fece Richelieu resosi conto solo in quel momento che la monarca  gli aveva rivolto una domanda -'' oh, niente maestà... stavo solo pensando... quel giovane che è venuto in aiuto ai moschettieri, D'artagnan e madamoiselle Lunette.''
'' Che cos'ha che non va?''- chiese la regina una volta focalizzato il giovane di cui parlava il cardinale.
Francamente non riusciva a capire il pensiero del cardinale... quel giovane gli era parso davvero molto gentile e garbato oltre che... si, doveva ammetterlo non era nemmo un dispiacere per gli occhi.
'' Niente di particolare... è solo che... ho come l'impressione che la sua fisionomia non mi sia nuova.
E passò il resto del tragitto a scervellarsi per capire dove ed in che occasione avesse incontrato il giovane Nicolàs.

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Capitolo 37
*** La verità su Nicolàs ***


'' E' strano non trovi?''- fece Nicolàs rivolto al cavaliere che cavalcava di fianco a lui.
Un cavaliere con i capelli scuri e due scheggie d'ambra incastonate nelle orbite.
'' Strano cosa?''- chiese Lunette con candore.
'' Dev'essere strano per te...''- spiegò Nicolàs rivolto alla giovane Lunette -'' tornare qui dopo essere stata portata via in stato di arresto... e poter tornare senza doverti nascondere o temere che qualcuno voglia arrestarti o ucciderti.''
Ad onor del vero, del bizzarro non poteva non esserci... solo pochi giorni fa quel palazzo l'aveva vista andar via in stato di arresto ed aveva rischiato di non vederla più ancora viva. Poi vi era ritornata, di nascosto, per investigare sulla serie di inspiegabili eventi che avevano colpito lei e tutte le persone a cui teneva in modo smisurato.
E adesso vi ritornava... alla luce del sole senza più paure, dubbi o incertezze a scombussolare la sua anima.
'' Hai ragione...''- concordò Lunette chiudendo gli occhi e respirando a pieni polmoni quell'aria che mai le era sembrata così pulita, limpida e fresca.
Che gran cosa essere libera e poter mostrare tranquillamente la propria faccia e camminare a testa alta per le vie parigine.
Tutte cose che presto tre persone di sua conoscenza non avrebbero mai più sentito sulla loro pelle.

'' Niente Maestà.''- fece Athos a nome del gruppo composto da Lunette, Aramis, Porthos, D'artagnan e Nicolàs, che poche ore fa aveva preso con sè per ispezionare il palazzo reale.
Avevano rivoltato tutto il palazzo, controllato persino i passaggi segreti ma non vi era traccia di Milady, Mansonne, della vera Maschera di Ferro e nemmeno del principe Philippe.
Alcune guardie li avevano poi informati che i tre banditi erano fuggiti con una persona priva di sensi come ostaggio e che in quel momento potevano essere dovunque.
Per quanto ne sapevano potevano non essere più nemmeno in Francia.
'' Voi che mi dite?''- fece il re rivolto a Rochefort.
Il cardinalista concordò con i moschettieri -'' Stesso discorso vale per me. Abbiamo controllato dappertutto ma nessuna traccia di loro.''
Il re pareva contrariato, ma sotto sotto se l'aspettava.
Una volta vistasi smascherati  era ovvio che il primo pensiero di Milady e Mansonne sarebbe stato precipitarsi al Louvre per riprendere il loro complice e fuggire approfittando della loro assenza-
'' Molto bene...''- fece il re -'' Frugate dappertutto. Interrogate chiunque sappia qualcosa. Rivoltate tutto il rivoltabile e trovate l'impostore e i suoi complici.
Una volta trovati, giustiziateli immediatamente.''
'' Sire...''- si proferì Aramis -'' per Maschera di Ferro, Mansonne e Milady non posso che essere d'accordo con voi... ma vi prego di concedere il perdono al principe Philippe.''
No, non avrebbe permesso che Mansonne e i suoi spargessero altro sangue innocente.
François era più che sufficiente.
'' E perchè mai?''- chiese il monarca basito nel sentire uno dei suoi moschettieri più leali e fidati prendere le difese di colui che aveva usurpato il suo trono e l'aveva, apparentemente, mandato al patibolo.
'' Perchè il principe Philippe è innocente... lui non ha colpa di quanto è accaduto.''- spiegò Aramis.
'' Come fate a dirlo con così tanta sicurezza?''
'' Vedete, io sono subentrato al nostro capitano dopo le sue dimissioni...''- spiegò Aramis -'' solo per poter indagare su questa faccenda. Ho avuto così modo di scoprire non solo che Philippe non era il vero re, ma anche il vincolo di sangue che lo univa a vostra Maestà.''
Lunette confermò ogni singola parola della sua benefattrice -'' Lo hanno costretto in tutti i modi a firmare l'ordine di esecuzione ma lui si è sempre rifiutato. Ogni singola volta.
E' stata infatti Milady a firmare quell'ordine.''
'' Non ci posso credere...''- fece il re sconvolto da tali rivelazioni. Era gia abbastanza sconvolto dalla notizia di avere un fratello gemello di cui non aveva mai sospettato nemmeno la possibilità dell'esistenza... ma sapere che si era tassativamente rifiutato di fargli del male  rifiutando così di assicurarsi così la possibilità di non essere mai scoperto e di poter governare indisturbato era semplicemente incredibile.
'' Eppure è così...''- intervenne Nicolàs -'' eravamo tutti e tre presenti ai loro tentativi di persuasione.
Philippe era totalmente all'oscuro della firma di Milady su quel documento... gli unici veri responsabili sono quei tre.''
Il re rimase in silenzio per alcuni minuti e poi si rivolse al cardinale -'' Richelieu... voi eravate a conoscenza dell'esistenza di mio fratello gemello?''
Il cardinale rispose sinceramente -'' In tutta onestà, vi assicuro che non ne sapevo niente. Fino ad oggi per lo meno.''
Come tutti gli abitanti della Francia, d'altra parte... le uniche persone a conoscenza dell'esistenza di Philippe erano state brutalmente assassinate e derubate e sicuramente i documenti relativi all'esistenza di Philippe erano stati fatti sparire.
Lunette decise di farsi avanti, nel tentativo di difendere quell'uomo che l'aveva sì fatta arrestare... ma che era certa, se avesse saputo dei piani di Milady e Mansonne per lei, non avrebbe mai permesso loro di portarli a compimento.
E poi... gli faceva una gran pena, quel pover'uomo che era a tutti gli effetti un membro della famiglia reale e che era stato allontanato sin da quando era un neonato dalla sua stessa famiglia e che non avrebbe mai saputo niente se non avesse avuto la fortuna/ sfortuna di conoscere Milady e Mansonne.
Un figlio di nessuno in altre parole. Come lei.
'' Sire, vi prego di ascoltare il consiglio di monseiur Aramis...''- fece la ragazza fissando il monarca dritto negli occhi -'' vostro fratello si è ritrovato nelle mani di gente abietta e senza scrupoli che lo ha convinto che siate  stato voi a farlo rinchiudere per tutta la vita... la sofferenza ci porta a fare cose discutibili, ma se avesse davvero voluto vendicarsi del male che credeva gli aveste arrecato, voi a quest'ora sareste gia morto.''
Athos la raggiunse immediatamente per darle supporto -'' Ha ragione. E poi pensate a quanto deve essersi sentito solo e disperato, in quella grande casa di campagna... e al terrore che deve aver provato in questi sei anni di prigionia da parte di quel bandito, consapevole che nessuno conosceva la sua esistenza e che quindi nessuno sarebbe corso in suo aiuto.''
Il re sospirò.
Il moschettiere e quella serva avevano ragione.
Certo, suo fratello si era fidato delle persone sbagliate... ma anche lui aveva sbagliato a fidarsi di Mansonne e a dare così tanta fiducia a Milady solo perchè la riteneva una bellissima donna.
E poi sbagliare era una prerogativa del genere umano.
Inoltre... forse lui non se l'era passata bene negli ultimi giorni, ma a sentire quelle persone, nemmeno la vita di suo fratello era stata particolarmente rosea.
'' Trovate i responsabili. Ma che non sia torto un solo capello al principe Philippe.''- non solo gli avrebbe concesso il perdono.
Ma una volta trovato lo avrebbe abbracciato, gli avrebbe chiesto scusa a sua volta per quanto era accaduto e lo avrebbe riamesso a tutti gli effetti nella sua vita e nella loro famiglia.
Lunette sorrise.
Era come se fosse finita un' era e ne fosse cominciata un'altra.
Era finita l'era in cui moschettieri e cardinalisti si facevano la guerra gli uni con gli altri e ne era cominciata una nella quale i due reggimenti avrebbero collaborato tra di loro in nome di un unico ideale.
Il loro meraviglioso paese.
E... sorpresa delle sorprese, quel giorno era tornato anche il capitano De Treville.
Eh sì... la corona francese era tornata sulla testa giusta.
Ed anche il comando della guarnigione aveva di nuovo il suo comandante.
Le cose stavano tornando a posto.
Fino a due giorni prima, nessuno avrebbe mai creduto di poter assistere a così tanti miracoli tutti in una volta.
E ciò li rese tutti quanti incredibilmente felici.
Ma uno più di tutti.
Un certo giovane guascone sui diciassette anni che di punto in bianco si ritrovò reintegrato a pieno titolo nel corpo dei moschettieri.
'' Beh...''- fece Athos sguainando la spada -'' direi che quest'evento va festeggiato... a modo nostro.''
Aramis, Porthos e D'artagnan si dichiararono d'accordo e sguainarono le loro spade a loro volta, incrociandole.
Ma non era ancora tempo di pronunciare il loro sacro giuramente.
'' Lunette.''- fece Athos all'indirizzo della ragazza -'' Non vieni?''
Gli occhi della giovane si illuminarono di gioia e si affretto a sguainare la sua spada ed unirsi al quartetto.
'' Adesso ci siamo tutti.''- fece Aramis con gli occhi che brillavano.
'' TUTTI PER UNO... UNO PER TUTTI!!!!''- fecero in coro i cinque spadaccini.
Nicolàs sorrise nel vedere quella scena: ogni momento che passava, si rafforzava la convinzione di aver conosciuto una persona davvero singolare.
'' Una donna tra i moschettieri...''- fece Rochefort con gli occhi sgranati -'' ora le ho viste tutte.''
Lunette, Costance e la regina Anna lo fulminarono con lo sguardo.
Si beccò un' occhiataccia anche da Aramis, ma leggermente più contenuta rispetto alle altre gentili dame presenti nella stanza.
'' Che c'è?''- fece il cardinalista tentando di difendersi da quell' offensiva tutto campo.

'' E voi?''- fece De Treville rivolto al giovane Nicolàs -'' siete dei nostri anche voi?''
Rohcefort, Jussac e le sue guardie stavano perlustrando la città alla ricerca dei fuggitivi.
Treville aveva ripreso il suo posto in caserma.
I moschettieri accolsero il ritorno di colui che per tutti quegli anni era stato più un padre con un esplodere di applausi.
E chiunque di loro sarebbe stato pronto a giurare di vedere una lacrima negli occhi del comandante.
Assieme a lui vi erano i tre moschettieri, D'artagnan, Lunette, Nicolàs e Richelieu con il quale aveva de idettagli da definire riguardo ai ruoli dei rispettivi uomini nelle loro operazioni di ricerca.
E prima, anche su suggerimento del re, gradiva sapere se potevano considerare ancora Nicolàs un membro della squadra o meno.
I mochettieri speravano di sì, anche per poter ringraziare meglio e a dovere il giovane per aver protetto la loro cara amica Lunette dalle mire di Mansonne e Milady.
E poi era sempre un piacere incontrare uomini di valore e poter lottare al loro fianco.
Il giovane annuì.
'' Si, signore... Maschera di Ferro ha derubato ed ucciso tutta la mia famiglia ed è molto tempo che sto aspettando di rendere giustizia ai miei genitori.
Ora il momento è arrivato.''
Athos si rivolse a Lunette.
Era lei la persona con cui quel giovane aveva passato più tempo e quindi era l'unica a sapere se era o meno, uomo degno di fiducia.
'' Lunette, tu che ne dici? Possiamo fidarci di Nicolàs?''
Lunette fissò sorridente prima Nicolàs e poi Athos.
'' Monseiur, in fede mia vi garantisco che...''
Ma Lunette stava per avere una sopresa che non si aspettava.
Non portò mai a termine la frase.
Il cardinale, nell'udire il nome del giovane, ebbe un'improvvisa illuminazione.
Illuminazione che avrebbe cambiato non poco i rapporti tra lui e la bella domestica del moschettiere biondo.
'' Ma certo!''- Richelieu battè un pugno sul palmo aperto della mano destra -'' ecco dove vi avevo gia visto...''
I militari e la giovane serva lo fissarono confusi.
Nicolàs invece pareva imbarazzato.
'' Temo che vi sbagliate Eccellenza... io non sono mai venuto a Parigi prima di adesso...''- tentò il giovane -'' rammenterei di aver conosciuto il primo ministro francese, credetemi...''
'' Lo credo bene, quando ci siamo incontrati eravate appena nato.''- chiarì il cardinale -'' voi non ve lo ricordate perchè eravate molto piccolo, ma sono stato io a battezzarvi.''
Lunette e il resto del gruppo iniziavano davvero a non capirci più nulla... Richelieu non era un prete di campagna che battezzava i figli dei fattori o dei contadini come lo erano stati i genitori di Nicolàs.
Che storia era quella?
Lunette fissò il giovane con aria interrogativa.
'' Nicolàs... ma di che sta parlando?''
'' Temo vi stiate sbagliando, Eminenza...''- tentò ancora il giovane Nicolàs.
Richelieu però era deciso più che mai.
'' Devo ammetterlo, siete la copia perfetta di vostro padre... Conte Nicolàs Montmercy.''
Sui presenti scese il gelo.
Conte Nicolàs Montmercy...
Lunette era la più sconvolta di tutti... Nicolàs... le aveva mentito. Le aveva spudoratamente mentito.
Come aveva potuto?
Lei era stata sincera con lui...
'' Lunette...''- Aramis, immaginando la reazione interiore dell'amica le si avvicinò per sincerarsi che stesse bene, preoccupata anche per il pallore che si era impadronito delle guancie delle bruna.
'' Sì...''- fece la bruna atona -'' scusate Aramis... ho delle faccende da sbrigare a casa... perdonatemi.''- e detto questo corse fuori dalla caserma con il passo più svelto che aveva.
'' Lunette!!!''- fece Nicolàs sconvolto correndole praticamente dietro una volta fuori dalla caserma -'' aspetta... possiamo parlarne.''
Avrebbe voluto picchiare il primo ministro sul collo.
Proprio in quel momento, in quella circostanza, doveva porgergli i suoi rispetti e rammentargli di essere stato lui a battezzarlo.
La ragazza si bloccò di colpo e senza nemmeno voltarsi lo gelò -'' Signor Conte, temo che io e lei non abbiamo proprio nulla da riferirci.''
'' Signor Conte?''- fece Nicolàs stupito da quel cambiamento repentino prendendo la ragazza per spalle e fissandola con i suoi occhi blu sgranati -'' sono sempre io. Sono Nicolàs. Non è cambiato niente.''
'' E' cambiato tutto, invece.''- fece lei costringendolo a levarle le mani dalle spalle -'' Cosa vi è saltato in mente di dirmi tutte quelle bugie? Credevate che non sarebbero saltare fuori?''
'' Ok, mi rendo conto...''- fece Nicolàs tentando di rimediare -'' mi rendo conto che forse ho sbagliato... ma te lo avrei detto, te lo giuro.''
'' Ma non mi dica...''- fece la ragazza scettica alzando le braccia al cielo -'' e sentiamo, quando?
Quando uno dei due sarebbe stato a terra con un proiettile da qualche parte?''
'' Va bene, lo ammetto... ho sbagliato.''- fece Nicolàs cercando a abbracciarla -'' dimmi cosa posso fare per farmi perdonare.''
'' Gradirei che mi lasciaste in pace.''- lo freddò lei senza pietà -'' Athos mi ha chiesto se possiamo fidarci di voi in questa battaglia... fino a pochi minuti fa ero certa di poter mettere la mano sul fuoco per garantire per voi... e adesso di punto in bianco non lo so più!''
'' Va bene, mi rendo conto che sei arrabbiata ma... ti giuro su quello che vuoi che avevo un motivo per dirti fischi per fiaschi...''- tentò di rabbonirla lui -'' Ascolta, è iniziato tutto...''
Lunette lo fermò.
Costance la stava chiamando da lontano.
'' Conte, perdonatemi ma... temo che dovremo rimandare questa conversazione a più tardi.''- e nel dir così si inginocchiò leggermente per una cortese riverenza e corse via.
Avrebbe anche voluto aggiungere -'' Così avete più tempo per pensare alla prossima bugia'', ma si trattenne.
Adesso aveva cose più importanti a cui pensare.
Nicolàs tentò invano di richiamarla, ma niente.
La giovane non lo calcolò nemmeno per errore.
Si voltò sconsolato per tornare verso la caserma e si ritrovò faccia a faccia con i quattro moschettieri leggermente divertiti che avevano assistito a tutta la scena.
'' Accidenti...''- fece Athos -'' non c'è che dire, ve le sapete scegliere bene le fanciulle a cui mentire, conte.''
Nicolàs si passò una mano sul viso -'' Athos, per favore...''- fece il giovane dandosi mentalmente del cretino.
Aramis sorrise e poi diede una pacca amichevole sulla spalla del giovane conte.
'' Non preoccupatevi...''- lo rassicurò la moschettiera -'' Lunette vi ha risposto in quel modo perchè si è sentita presa in giro ed era arrabbiata... ma non è tipo da portare rancore.''
Nicolàs parve illuminarsi di speranza.
'' Quindi... pensate che mi perdonerà?''
Aramis annuì.
Ormai conosceva bene la sua amica.
Certo, adesso era leggermente adirata con il giovane... ma sapeva anche che non era fanciulla che portava rancore, anzi.
Era quello che le avevano insegnato.
Non solo a combattere, caversela da sola e a non piegarsi davanti alle ingiustizie.
Le avevano insegnato anche a perdonare.
L'odio e il rancore non erano sentimenti che si addicevano ad una giovane fanciulla.
E solo perchè tali sentimenti avevano sfigurato l'essere di Aramis, non era una valida ragione per far si che succedesse anche a Lunette.
Porthos si aggiunse al gruppo di supporto -'' Ooh andiamo conte... ha concesso la grazia a Rochefort che l'aveva rapita e ha cercato di farci fuori in tutti i modi possibili ed immaginabili... volete che non perdoni voi per qualche bugia?
Lasciate passare qualche ora e vedrete che le sarà passata.''
'' E mentre aspettiamo...''- fece Athos richiamando tutti all'ordine -'' gambe in spalla. C'è del lavoro da sbrigare.''
Lo seguirono tutti in direzione della casa di Mansonne.
Nicolàs si augurava di tutto cuore che i moschettieri avessero ragione.
Si era affezionato a quella ragazza, il suo odio lo avrebbe ferito in maniera irreversibile.

Fu una giornata propizia anche se Maschera di Ferro pareva sparito dalla circolazione: Bonacieux era stato ritrovato e con lui le pietre che il pericoloso bandito aveva rubato alla famosa attrice Nanà Bernard causando così la rovina del sarto.
Fu una gioia per tutti.
Adesso Bonacieux non solo avrebbe potuto saldare il suo debito, ma avrebbe anche potuto tornare a casa e riprendere in mano la sua attività.
E fino ad allora sarebbe stato gradito ospite nella caserma dei moschettieri.
Giusto il tempo di far arrivare una missiva all'attrice ed organizzare il trasloco.
Lunette era ovviamente molto felice di quanto era accaduto, ma non poteva fare a meno di essere arrabbiata.
Con se stessa.
Una volta sbollita l'ira si era resa conto di essere stata profondamente ingiusta con il povero Nicolàs.
Lo aveva praticamente assalito come una furia e non gli aveva nemmeno dato la possibilità di spiegare il perchè di tutte quelle bugie... perchè una spiegazione ci doveva essere.
Vero, le aveva mentito al riguardo della masseria di Marsiglia in cui le aveva detto di essere nato e cresciuto... ma trovava assai difficile credere che le avesse mentito anche su tutto il resto.
Quello sguardo triste e malinconico quando parlava dei tempi in cui viveva con i suoi genitori... la rabbia verso Maschera di Ferro...
No, non poteva davverlo averle mentito su tutto.
La verità?
Era colpa sua.
Si era comportata come una stupida.
Anche Aramis mentiva. Diceva di essere un uomo ed invece Lunette sapeva per certo che era una donna.
E non era forse lo stesso per Nicolàs? Le aveva detto di essere un popolano e invece era un nobile.
Aramis nascondeva il suo vero essere per cercare giustizia, ma era una persona onesta, buona, coraggiosa e piena di principi morali in cui credere.
Per quanto ne sapeva anche Nicolàs poteva avere dei validi motivi per fingere di essere un'altra cosa... solo che lei era stata troppo accecata dalla rabbia e dall'impulsività e forse si, anche per la tensione accumulata in quei giorni per ricordarselo.
Ma non era una giustificazione.
Anzi, era indifendibile per quello che aveva fatto.
'' Ehy...''- Costance la richiamò alla realtà.
Erano nella bettola in cui il padre della bionda, Jean e D'artagnan erano andati ad abitare dopo il fattaccio dei gioielli rubati.
La bruna aveva deciso di dar loro una mano con il trasloco e organizzare le cose da portare via.
Ma si vedeva che era su un altro pianeta.
'' Lunette!''
'' Eh? Come, scusa?''
Costance sospirò ma subito dopo sorrise -'' Stai pensando a cosa è successo con Nicolàs, vero?''
Lunette annuì quasi sconsolata.
Le notizie viaggiavano più veloci del vento quanto erano brutte o si cercava di tenerle nascoste a più persone possibili.
'' Si vede così tanto?''- fece Lunette sbuffando -'' Dio, non sai quanto mi sento stupida in questo momento... l'ho trattato come una pezza da piedi.''
Costance le mise una mano sulla spalla per confortarla -'' Dai, ora non essere così dura con te stessa... capita a tutti di sbagliare... e poi era la furia del momento, chiunque avrebbe reagito così.''
'' Si... ma non se lo meritava.''- fece Lunette scura in volto -'' è stato gentile... mi ha salvata da un lupo affamato, mi ha riaccompagnata a Parigi e come se non bastasse ci ha pure aiutato a smascherare Milady e Mansonne ed io per tutta risposta l'ho trattato come una pezza e non gli dato nemmeno la chance di difendersi.''
Costance le sorrise rassicurante -'' Ehy... guarda che a tutti è concesso sbagliare. Persino ad un mezzo moschettiere.
E poi tanto lavorate insieme per trovare quei tre no?''- Lunette annuì -'' alla prima occasione che ti capita gli chiedi scusa e risolviamo tutto.''
Lunette annuì.
Come idea non le dispiaceva -'' Sempre ammesso che voglia ancora rivolgermi la parola...''
Costance divenne sospettosa.
'' Senti...''- fece la bionda con un tono amichevolmente provocatorio -'' ti stai facendo un po' troppi problemi... non è che per caaaaaasoooooooo.... ti piace Nicolàs?''
Lunette divenne rossa come un pomodoro matura.
'' Ch-che cavolo stai dicendo?''
Costance sorrise birichinamente -'' Andiamo... quando hai scoperto che D'artagnan non aveva giustiziato Milady mica hai reagito così.''
'' Non vuol dire niente!''- fece Lunette cercando di nascondere il rossore sul viso.
'' Si... come no.''
'' Secondo me la detenzione nel convento di Port Royale e allo Chatelet  ti hanno dato alla  testa... non c'è proprio niente tra me e il conte.''
La conversazione venne rotta dalla porta che si spalancò.
Athos pareva molto nervoso.
'' Costance... oh, ci sei anche tu Lunette...''
Il suo nervosismo si trasferì anche alle due giovani donne.
'' Athos... ma che vi prende?''- chiese Costance.
'' Fareste meglio a venire con me alla caserma... Jean e D'artagnan hanno avuto un incidente.''

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Capitolo 38
*** Una vita in solitudine ***


Era bastato sentire i nomi di D'artagnan e Jean associati alla parola ''incidente'' per far sgusciare le due ragazza fuori di casa in direzione della caserma dei moschettieri, luogo in cui si trovavano i due ragazzi in quel momento e raggiungerla a tempo record.
'' Ma che diavolo è successo?!?''- fece Costance non appena vide Aramis e Porthos.
Con loro vi era anche il conte Montmercy.
Nicolàs e Lunette si evitavano con lo sguardo.
Per un semplice motivo.
Ognuno aveva vergogna per il trattamento riservato all'altra e temeva di leggere l'astio negli occhi.
Le cose stavano così: Nicolàs aveva incrociato D'artagnan mentre era alla ricerca del piccolo Jean e lo aveva seguito fino alla collina di Mont- Martre dove i due ragazzi si erano trovati allo spettacolo del bambino prigioniero in un mulino in fiamme.
D'artagnan era riuscito a salvarlo... ma purtroppo aveva fatto un gran brutto volo dallo stesso mulino ed era caduto rovinosamente a terra.
Come avesse fatto a non finire arrostito, solo il cielo lo sapeva.
In quel frangente, Nicolàs non ebbe che un pensiero: prendere con se sia il bambino che il moschettiere e portarli in città dove avrebbero ricevuto le cure adeguate.
'' Ma come stanno adesso?''- chiese Lunette, preoccupata come non mai.
In quel momento giunse De Treville.
'' State pure tranquilli...''- li rassicurò il militare -'' il dottore ha detto che hanno riportato qualche graffio, diverse ustioni e hanno respirato un po' di fumo... ma niente di serio.
Con qualche giorno di riposo, saranno entrambi come nuovi.''
I moschettieri, Costance, Lunette e Nicolàs tirarono un sospiro di sollievo.
D'altronde come meravigliarsene?
Ci voleva ben altro che un incendio per fermare il loro giovane amico.
Ma la rabbia e la preoccupazione rimanevano.
'' Io vorrei solo sapere chi è che li ha ridotti così, chi?''- fece Lunette prendendosi il viso tra le mani esternando il pensiero di tutti.
'' Senti, lo so io...''- fece Nicolàs guardandola con un volto pieno di dispiacere e costernazione -'' è stata Milady ad organizzare tutto.''
I presenti sgranarono gli occhi più per l'indignazione che per la sorpresa.
Ormai ai colpi bassi di quella donna c'erano abituati.
'' E voi come...?''- fece Lunette con la voce che tremava.
Per tutta risposta il giovane conte le porse un biglietto scritto con una calligrafia tipicamente femminile.
'' Era nella  tasca della giubba di D'artagnan.''
Lunette lo lesse a voce alta.
Nel biglietto, la perfida Milady sfidava D'artagnan a salvare il piccolo Jean che aveva rapito per vendicarsi dei moschettieri che per l'ennesima volta avevano mandato all'aria i suoi piani.
L'esecuzione del bambino si sarebbe svolta quella notte, sulla collina di Mont-Martre.
Le tremavano le mani dalla rabbia.
Anzi, le pareva che stessero prendendo fuoco a causa dell'ira.
Come aveva potuto... coinvolgere un bambino innocente nelle sue meschinità...?
'' E' orribile...''- commentò Treville -'' orribile... non ci sono parole.''
Ormai la rabbia aveva invaso la mente ed il cuore di tutti i presenti.
Che Milady cercasse di vendicarsi di un torto che sosteneva aver subito era considerata prassi comune ormai, ma che se la prendesse con un bambino indifeso...era a dir poco inaccettabile.
Costance, livida di rabbia, sbottò -'' Dovete assolutamente fare qualcosa!!!''
'' Oh, ci puoi giurare...'' - la rassicurò Lunette con uno sguardo determinato -'' questa volta non la passa liscia... e quanto è vero Iddio, la consegnerò personalmente nelle mani della giustizia.''
Treville annuì.
Era bello vedere quella determinazione in lei.
La degna figlia di suo padre, non c'era che dire...
'' In quanto a voi, raddoppiate le pattuglie.''- fece rivolto ai tre moschettieri con un tono particolarmente autoritario -'' voglio un moschettiere ad ogni angolo di Parigi. Unitevi ai cardinalisti nella perlustrazione della campagne e negli interrogatori. Interrogate chiunque vi capiti a tiro. Adesso è un fatto personale.''
I moschettieri annuirono.
Oh, quella donna l'avrebbe pagata cara... non solo aveva cospirato contro di loro, messo Aramis in condizione di tradire i propri amici e costretto la povera Lunette a darsi alla macchia solo per ceca ambizione, ma adesso aveva cercato di uccidere il loro migliore amico ed un bimbo innocente per mera vendetta.
Ciò era imperdonabile.
Il tono di Treville però si fece più morbido nei confronti del conte Montmercy -'' Vi sono molto grato per aver salvato la vita del moschettiere D'artagnan, vi giuro che non lo dimenticherò. Non credo di sbagliare quando vi parlo a nome di tutti noi, assicurandovi la nostra eterna gratitudine per questo.''
Nicolàs sorrise e strinse la mano che il militare gli porgeva -'' Oh, non ha importanza credetemi...''
Nel dir così, Athos notò qualcosa sul braccio del nobile.
'' Conte, ma voi siete ferito.''
In quel momento, Nicolàs sentì un bruciore al braccio destro e notò una cicatrice che partiva dal polso e si fermava a metà avambraccio.
'' Oh...''- ora che l'adrenalina andava via via stemperandosi sentiva il bruciore farsi abbastanza forte e anche piuttosto doloroso, ma non lo dava a vedere -'' Dev'essere stato un pezzo di legno infuocato che è schizzato quando il mulino è crollato...''
Treville annuì, d'accordo con questa ricostruzione.
'' Mando subito a chiamare un medico...''- fece monseiur De Treville rivolgendosi ad servitore presente nella stanza.
Athos, intuendo che quella era una buona occasione, lo fermò.
'' Capitano, non credo ci sia bisogno...''- fece notare Athos-'' vi rammento che mademoiselle Lunette è un' infermiera provetta.''
Nicolàs non si stupì più di tanto, ma borbottò un grazie rivolto al più anziano dei moschettieri per avergli servito su un piatto d'argento la possibilità di chiarire così presto i suoi dissapori con la giovane Lunette.
Lunette stessa non poteva che dichiararsi felice di avere l'occasione di chiedere perdono a Nicolàs.
Sempre che lui volesse ascoltarla, ovvio...

'' Ah...''- fece Nicolàs quando la ragazza passò di nuovo il tampone sulla ferita che si era procurato.
'' Scusate...''- fece Lunette. Riconosceva che medicare un ustione non era esattamente un processo piacevole a cui sottoporsi, ma poteva contare sulle dita di una mano le volte in cui il conte si era lamentato del dolore.
Nicolàs sorrise per rassicurarla -'' Lascia stare non è nulla...''
Lunette continuò a medicargli la ferita senza guardarlo negli occhi.
Si vergognava come una ladra.
Lui non solo l'aveva aiutata e si era sempre guardato dal trattarla come una serva visto che era a conoscenza del suo ceto sociale, ma adesso aveva pure rischiato la vita per salvare due persone a cui lei era molto legata... e questo nonostante la scenata che gli aveva fatto solo poche ore prima.
'' Mi dispiace tanto...''
'' Non preoccuparti... è un dolore sopportabile, dico davvero.''- fece lui non immaginando i pensieri in cui era immersa la giovane.
Lunette sospirò.
'' Non è per questo...''- chiarì la bruna mettendo via il tampone ed armandosi di una garza pulita con la quale iniziò a bendare il polso del giovane conte -'' questo pomeriggio... mi sono comportata come una sciocca ingrata... mi dispiace molto per quello che ho detto.''
Nicolàs la fissò sgranando gli occhi.
Di certo non si aspettava che il perdono arrivasse così presto... ma che fosse Lunette a fare il primo passo e chiedere scusa era qualcosa che non sarebbe riuscito ad immaginare nemmeno tra un milione di decenni.
Ad ogni modo la fissò sorridente -'' Non devi preoccuparti.... in parte è stata colpa mia. Non avrei dovuto dirti che ero in un modo e invece ero l'esatto opposto...''
'' Si, forse è vero...''- fece Lunette senza smettere l'operazione di fasciatura -'' ma avrei dovuto permettervi di spiegare... e invece vi ho tagliato la lingua impedendovi qualunque difesa... non avete idea di quanto mi dispiace.''
Il giovane si lasciò sfuggire una risata che soffocò un gemito di dolore -'' Ti assicuro... non c'è bisogno che tu ti scusi, ma se proprio insisti un modo per farti perdonare ci sarebbe...''
'' Ah...''- fece lei improvvisamente scettica -'' e sentiamo, quale sarebbe?''
'' Che la smetti di darmi del voi e di chiamarmi signor conte e mi chiami Nicolàs. In fin dei conti è questo il mio nome, no?''
Lunette scoppiò a ridere mentre annuiva.
Il nodo che fece alla fasciatura suggellò il loro patto.
'' Ecco fatto.''- annunciò la giovane iniziando a rimettere via le garze e i tamponi.
Nicolàs iniziò a muovere il braccio.
'' Adesso va molto meglio, grazie.''
Lunette rise mettendosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio destro -'' Devi ringraziare D'artagnan... l'unguento con cui ti ho medicato è suo. Me ne ha regalato un po' e da allora lo porto sempre con me, non si sa mai...''
'' Capisco...''- fece Nicolàs prendendole le mani costringendola così a mollare garze e tutto il resto -'' ad ogni modo... voglio dirti tutta la verità. E spiegarti perchè ti ho mentito in quel modo.''

'' Sono nato a Marsiglia e i miei genitori possedevano davvero una masseria...''- iniziò a raccontare Nicolàs appoggiato al pozzo che si trovava proprio al centro del piazzale della caserma dei moschettieri.
Quella notte la luna e le stelle dipingevano il cielo parigino con delle romantiche pennellate che avrebbero rallegrato persino il cuore più solo e triste della Francia.
'' Era una delle loro proprietà. I miei genitori... Angeline e Fernand Monmercy erano dei nobili, ma a tenerli legati era un amore profondo invece del solito matrimonio di convenienza. Stavo quasi sempre con loro... io li amavo e loro mi adoravano, in quanto ero l'unico figlio che avevano... eravamo proprio una bella famiglia.''
Gli occhi blu di Nicolàs brillavano di felicità ma anche di malinconia nel raccontare quelle cose.
Lunette si teneva sempre pronta.
Sapeva che l'orrore era dietro l'angolo.
'' Quando avevo l'età del piccolo Jean... il mio passatempo preferito era passare il mio tempo a cercare e scoprire passaggi segreti per poi balzare fuori all'improvviso e fare così uno scherzo ai miei e alla servitù...''- i due giovani risero, lui ricordando le risate che lui e i suoi si erano fatti e lei immaginando la scena -'' ma un giorno...a dispetto del fatto che il termine sopresa intende qualcosa di inaspettato ma di gradito... fu la vita a fare una sorpresa a me...''
Lunette rimase in religioso silenzio, immaginando il continuo di quel racconto.
'' Ero nel passaggio segreto che dava nel soggiorno e stavo per uscire allo scoperto... fu allora che dal mio nascondiglio lo vidi... non scorderò mai quell'immagine... Maschera di ferro... in piedi sui cadaveri di mio padre e di mia madre...e poi il sangue dappertutto...''
Lunette rabbrividì...e si rese conto che in fondo era stata fortunata. Certo, lei non aveva mai saputo come erano morti i suoi genitori... ma per lo meno non era nemmeno cresciuta con il trauma del ricordo di aver assistito a quel terribile delitto.
Nicolàs sospirò -'' Non so quanto tempo rimasi in quel passaggio segreto... forse delle ore, forse nei giorni non lo so... ho perso la congnizione del tempo in quel preciso istante e non osavo uscire...''
Lunette annuì.
E come dargli torto?
All'epoca era un bambino di appena sette anni... poteva capire benissimo il suo terrore di uscire rischiando di trovarsi faccia a faccia con un gruppo di assassini spietati ed il suo trovarsi in casa con i cadaveri della propria famiglia.
Però la sua curiosità ormai era sfrenata.
Sembrava una di quelle storie del terrore che si raccontavano intorno al fuoco nelle serate di pioggia... invece era la verità.
Una spaventosa verità.
'' E come ne sei uscito, poi?''
Nicolàs riprese a raccontare -'' Un nostro fido servitore tornando allla nostra casa si trovò davanti a quella scia di cadaveri... lui sapeva la mia predilezione per i passaggi segreti della villa e mi ci trovò.
Quello stesso giorno mi accompagnò alla villa di campagna della sorella maggiore di mia madre... mia zia Magdaline, una vedova gentile e affezionata che mi accolse immediatamente a braccia aperte.... aveva sempre voluto dei figli, ma purtroppo era rimasta vedova prima che potesse realizzare il suo sogno.
Fu la persona più vicina a me, dopo mia madre e mio padre... mi fece educare come si conveniva al figlio di un conte. Imparai lingue straniere e antiche, la letteratura, la musica ed anche a cavalcare ed usare la spada. Per molto tempo siamo stati una famiglia.'' - e qui s'intristì nuovamente. Gli occhi blu del giovane brillavano a causa delle lacrime che scalpitavano per uscire -'' Purtroppo, un giorno mia zia venne colpita da una crudele malattia... l'ha logorata per oltre un anno e circa un mese fa... ha raggiunto la mia famiglia.''
Per tutti quegli anni si era sempre guardato dal pensare alla vendetta se non per se stesso, per non dare preoccupazioni o dolori alla sua cara zia... ma adesso che anche lei era deceduta. E il sentire le scorribande di un bandito la cui descrizione combaciava alla perfezione con l'uomo che aveva ucciso i suoi genitori, lo aveva spinto a lasciare la natia Marsiglia per dirigersi a Parigi per affrontarlo.
'' E' terribile...''- fece Lunette mettendogli una mano sulla spalla per confortarlo e fargli sentire la sua vicinananza.
Era veramente terribile quello che Nicolàs le aveva raccontato... aveva dovuto imparare troppo presto cosa voleva dire rimanere solo...
Però ancora non spiegava quelle menzogne che le aveva raccontato.
'' Scusa, ma in tutto questo che c'entra...?''
'' Vedi...''- spiegò Nicolàs asciugando una lacrima ribelle -'' non so cosa ne pensi il popolo della nobiltà... ma ti assicuro che il denaro e come unico dovere partecipare a balli e feste sfarzose non sempre fanno la felicità. E ad essere nobile sono sempre stato circondato da gente a cui il conte è sempre stato molto simpatico, ma Nicolàs... di lui non sanno che farsene.''
Lunette annuì comprensiva.
Era al corrente del fatto che la maggior parte dei nobili veniva considerata solo per come apparivano, per il loro titolo e per la loro influenza.
Raramente si pensava a loro come esseri umani e quindi come persone che provavano gioia, dolore, paura ed anche un profondo senso di solitudine.
Aramis le aveva detto molte volte di come si fosse sentita sola con le sue ''amiche'' quando era ancora una donna ed era nobile.
La vita di Nicolàs era stata un' esistenza triste e solitaria.
E lei l'aveva pure maltrattato... ora si che si sentiva da buttar via.
'' Adesso capisci perchè ti ho detto quelle bugie?''- fece Nicolàs con l'aria di un cane bastonato -'' Non sapevi nulla di me. Ne chi ero e ne tanto meno che cosa ero...e per una volta, volevo che qualcuno mi apprezzasse solo per me stesso...''
'' Ed io ti ho trattato come una pezza, e in pieno giorno per di più...''- fece Lunette con uno sguardo colpevole dipinto in volto -'' non sai quanto sono desolata, scusami.''
Nicolàs le sorrise e le mise le mani sulle spalle -'' Acqua passata, mia cara. Credimi, non c'è motivo per cui tu debba scusarti, anzi... ti ringrazio.''
Lunette storse la faccia.
Aveva capito bene?
La stava ringraziando per averlo trattato come una pezza da piedi?
'' Come scusa?''- fece Lunette cercando di trovare il bandolo della matassa.
'' Nessuno mi ha mai affrontato in quel modo.''- spiegò il giovane con un largo sorriso -'' nessuno mi ha mai trattato in quel modo, persino i rimproveri di mia zia contenevano sempre una certa indulgenza... e tu, anche sapendo chi ero non ti sei fatta problemi a trattarmi come un tuo pari... è stata una sensazione meravigliosa sentirsi una persona come tutte le altre.''
Lunette rise di cuore.
Adesso erano in due ad essere convinti di aver incontrato una persona davvero fuori dal comune.
La sua risata argentina contagiò ben presto anche il giovane conte.
Passarono una buona mezz'ora insieme a scherzare, ridere e parlare del più e del meno.
Ma vi era sempre un' ombra che incombeva.
'' Ti mancano, non è vero?''- domandò Lunette.
Non ebbe bisogno di spiegare a chi si riferiva.
Nicolàs infatti annuì nell'immediato.
'' Da morire.''- ed era la verità.
Certe volte si malediva per non essere morto anche lui quel giorno.
Di nuovo quello sguardo triste e lontano, pensò Lunette.
Ma stavolta doveva farlo attenuare un poco.
'' Guarda.''- fece la ragazza indicando al giovane due punti luminosi  molto vicini tra loro nel cielo parigino -'' pare che quelle due stelle vogliano attirare la tua attenzione... per non farti sentire più solo...''
Nicolàs la ascoltò.
Ed in effetti... si sentiva molto più sollevato nel guardare il cielo.
Si diceva che quando una persona cessava di vivere, diventava una stella. E quelle due stelle così vicine gli ricordavano il legame di amore che i suoi genitori gli avevano dimostrato in vita.
'' A volte basta così poco per stare bene...''- fece Lunette prima di rivolgersi nuovamente a Nicolàs -'' prenderemo Maschera di ferro... e gliela faremo pagare per tutto quello che ti ha fatto.''
Nicolàs le sorrise con gli occhi pieni di gratitudine e poi l'abbracciò dolcemente.
Com'era strana la vita... poche ore fa quella ragazza lo aveva accusato di essere un bugiardo, un vile mentitore... e adesso l'aveva messa al corrente della  tristezza della sua vita, della sua solitudine, lei lo aveva consolato...
'' Grazie. Per tutto.''

'' Aramis, c'è qualche problema?''- fece Treville notando la moschettiera affacciata ad una finestra della caserma e che pareva ben attenta a non farsi scoprire.
Aramis guardò il suo superiore con aria interrogativa.
'' Signore...''- fece la bionda -'' è possibile che tra una battaglia e l'altra...Lunette sia diventata grande al punto di interessarsi ai giovanotti?''
Il militare sgranò gli occhi dalla sorpresa per quella domanda, ma poi scoppiò a ridere.
'' Ti posso assicurare che la tua sorpresa è perfettamente normale...''- succedeva sempre così quando si teneva particolarmente a qualcuno che aveva circa la metà dei propri anni e che si vedeva crescere a poco a poco, si sviluppava una permanente visione di loro piccoli, indifesi... e la sorpresa era incredibile quando ci si accorgeva che iniziavano a pensare come degli adulti.
'' Però non ci vedo niente di strano: è una ragazza forte, coraggiosa, intelligente ed anche molto carina... e poi ti assicuro che sua madre aveva la stessa età quando si è sposata con suo padre.''
'' Allora voi sapete davvero chi sono i genitori di Lunette?''- domandò Aramis sempre più sorpresa.
'' Sì...''- ammise il militare -'' li conoscevo molto bene entrambi.''
'' Oddio...''- fece Aramis- '' chi sono? Sono ancora in vita? Parlate, per l'amor del cielo...''
'' Gradirei parlarne con Lunette, se non ti dispiace...''- fece il militare -'' ma per ora ti posso dire... che Lunette è nata in Guascogna.''
Aramis sgranò gli occhi.
Non ci poteva credere...

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Capitolo 39
*** Di nuovo in gioco ***


Dal giorno dell' incidente di D'artagnan erano passate circa tre settimane.
Settimane in cui i moschettieri e i cardinalisti lavorarono assieme come una vera, unica squadra per trovare i tre malviventi ed assicurarli alla giustizia.
Immncabilmente, chi per regolare i conti personali, chi per senso del dovere, anche Lunette e Nicolàs parteciparono alle ricerche, soprattutto per sostituire il giovane moschettiere che era ancora convalescente dall'attacco subito per salvare il piccolo Jean da morte sicura.
Ma le loro ricerche parevano essere tutte vane.
In quasi un mese, dei tre banditi, non erano riusciti a localizzare neanche l'ombra del loro papabile nasondiglio.
Ma questo non era un buon motivo per abbattersi. Loro avrebbero rivoltato l'intera Europa se fosse stato necessario, ma prima o poi li avrebbero stanati.
E poi c'era un altro motivo per essere allegri.
Bonacieux aveva restituito i gioielli all'attrice derubata da Maschera di Ferro ed aveva riavuto la sua casa.
Inoltre, l'artista, per farsi perdonare di aver messo il bravo sarto in quella brutta situazione, aveva insistito per donargli del denaro extra con il quale l'uomo potè ricomprare anche la sua attività.
'' E' un motivo per il quale è d'obbligo essere felici, no?''- aveva commentato Lunette.
Quel giorno però le indagini avrebbero preso una piega importante.
Era una bellissima mattina.
Il sole splendeva alto nel cielo, l'aria era pulita e fresca... ed era giorno di mercato.
E da quando era tornata a casa dalla sua breve latitanza la dispensa di casa non faceva altro che lamentarsi di essere vuota.
Ergo, la prima cosa che fece Lunette quella mattina dopo essersi pettinata e messa il suo abito blu cielo ed un grembiule bianco, fu andare al mercato in piazza Saint Germain per rifornire la dispensa di casa.
Le campane di Notre Dame, i commercianti che strillavano per attirare i clienti, le risate dei bambini che giocavano... le era mancato tutto di Parigi e se ne rendeva conto per davvero solo in quel momento.
E a proposito di bambini... aveva appena comprato delle mele al banco del fruttivendolo quando si sentì tirare la gonna.
Si voltò e vide un bambino con un cestino pieno di mazzolini di fiori colorati e gliene stava porgendo uno.
'' Un mazzo di fiori, signorina?''- fece il bambino porgendo alla ragazza un mazzolino di primule e violette.
Alla vista di quel ragazzino coperto di stracci e che vendeva fiori forse per aiutare la sua famiglia, forse perrchè era rimasto solo al mondo e non sapeva come altro fare per mantenersi, la giovane s'intenerì e decise di acquistare i fiori.
'' Va bene...''- la giovane prese il mazzolino e nello stesso tempo infilò una mano nel suo portamonete per prendere i soldi per comprarlo.
Ma il piccolo la fermò.
'' Non occorre, signorina...''- le spiegò lui con candore -'' un signore molto gentile e benvestito, mi ha dato una moneta d'oro per darvi il mazzo più bello del cestino.''
Lunette sgranò gli occhi dalla sorpresa.
'' E dimmi piccolo... che aspetto aveva questo signore?''- chiese Lunette curiosa di sapere chi mai poteva essere a mandarle dei fiori.
'' Eccolo là.''- il bambino indicò la figura di un giovane di corporatura media, capelli castani ed occhi blu...
Lunette accarezzò la fronte del ragazzino ed andò incontro al giovane Nicolàs.
'' Madamigella...''- fece lui accennando una lieve riverenza.
Lunette sorrise.
Era sempre il solito.
'' Spero che ti piacciano... le primule sono l'amicizia nascente, mentre le violette...''
''... modestia, sincerità, amabilità.''- concluse Lunette respirando a fondo la fragranza che proveniva da quei fiori.
Modestia, Sincerità, Amabilità... si, rispecchiavano perfettamente l'animo del giovane conte.
'' Sono stupendi, non so davvero come ringraziarti.''
Nicolàs alzò le mani come per dire che non importava che lo ringraziasse, tuttavia aggiunse -'' Ma non dirlo nemmeno... mi andava di farlo. Però se proprio ti senti in debito... che ne diresti di accompagnarmi a fare una passeggiata?''
Lunette parve rifletterci un poco.
In fin dei conti... perchè no? Non ricordava nemmeno più quando era stata l'ultima volta che aveva fatto un giro per le vie di Parigi senza che qualcuno volesse arrestarla o ucciderla e soprattutto senza che si preoccupasse per qualche persona a lei cara che languiva in prigione.
'' Uhm... va bene.''- in fin dei conti, ne la sua casa ne la Francia sarebbero cadute per una mezz'ora di pace e tranquillità.

Camminarono assieme per circa un'ora parlando del più e del meno, anche se l'ombra di Maschera di Ferro era sempre in agguato.
Iniziò a far caldo.
E la prima cosa che venne loro in mente, fu quella di riposarsi un po' vicino alla Senna, magari sgranocchiando una mela.
'' Ma dimmi di D'artagnan... come sta?''- domandò ad un certo punto Nicolàs seduto sulla riva della Senna.
Non vedeva il giovane moschettiere guascone dalla notte in cui lo aveva portato, ferito, alla caserma dei moschetieri per essere curato.
Ormai erano passate tre settimane ed ancora non aveva avuto notizia del ritorno di D'artagnan sul campo di battaglia.
L'unica novità era che dopo  ciraca una settimana di convalescenza passata in una stanza della caserma dei moschettieri, i due feriti erano stati portati nell'abitazione del sarto Bonacieux , dopo che questi ebbe riavuto oltre alla casa, anche la propria attività di sarto
Jean invece era in piedi da una settimana ormai, anche se portava ancora i segni fisici e psichici di quella brutta avventura ed era ancora convalescente.
'' Si sta ancora rimettendo dall'incidente al mulino...''- spiegò la ragazza con nochalance immergendo una mano nell'acqua, divertendosi a creare dei cerchi d'acqua con le dita.
Nicolàs parve sopreso.
'' Non è ancora guarito? Il medico aveva detto che non aveva riportato ferite gravi.''
Lunette scoppiò a ridere e malgrado il giovane trovasse un suono molto piacevole il suono di quella risata argentina non potè non sentirsi confuso.
'' Che ho detto di tanto buffo?''
Lunette rise ancora per qualche secondo, prese aria per ricomporsi e poi rispose -'' Certe cose voi uomini proprio non le capite...''
'' Che cosa vorresti insinuare?''- fece lui fingendosi offeso.
'' D'artagnan sta meglio di me e di te messi assieme...''- spiegò la ragazza con un sorriso furbetto dipinto in viso che non poteva o non voleva cancellare -'' solo che sta fingendo di essere ancora debole per farsi curare da Costance.''
Certo, era un' accusa molto grave da proferire... ma anche se non ne aveva ancora fatto parola con nessuno lei poteva affermare senza paura tali parole.
Due giorni prima, era passata a trovare D'artagnan per assicurarsi delle sue condizioni e per capire se possibile, come mai impiegava tanto tempo a guarire. Aveva udito dei rumori sospetti provenire dalla sua stanza, poco prima di bussare, così ( anche se non rientrava nelle regole del bon ton) si era inginocchiata per guardare dal buco della serratura... e sopresa delle sorprese, il suo amico non era solo in piedi vispo come un grillo, ma si stava persino esercitando con la spada.
Ricordava di aver pensato -'' Imbroglione che non sei altro...''- certo, un rimprovero, un insulto... peccato che tale insulto avesse perso i toni del rimprovero nel momento in cui si era messa una mano sulla bocca per coprire una risata ed evitare così di farsi scoprire.
Nicolàs sgranò gli occhi per la sorpresa, ma poi scoppiò in una fragorosa risata -'' Ahahah... ma tu pensa...
Però devo ammettere che anch'io mi comporterei a questo modo.''
Ora era Lunette ad essere confusa... e forse gelosa.
'' Cosa vorresti insinuare, con questo?''
Nicolàs, intuendo quali fossero i pensieri della ragazza, adempì al suo turno di scoppiare a ridere-'' No... non fraintendermi, non per farmi accudire da mademoiselle Costance... dico solo che se mi succedesse qualcosa...''- Che Dio non voglia, fece Lunette silenziosamente -'' anch'io mi prenderei una convalescenza molto comoda, se avessi l'opportunità di farmi accudire dalla ragazza che mi piace.''
'' Ah...''- fece lei con un tono sarcastico alternato al sollievo.
Poi aggiunse -'' Perchè voi uomini, quando cadete ammalati regredite fino allo stato infantile?''
Nicolàs si accinse a raggiungere l'acqua e la fissò fingendosi offeso-'' Oh... ma davvero?''
Lunette non fece nemmeno in tempo ad annuire che si ritrovò con la parte superiore del vestito ed i capelli fradici di acqua della Senna, tra le risate del giovane conte.
'' Ah, e così vuoi la guerra?''- fece la ragazza avvicinandosi a sua volta all'acqua  -'' ti accontento immediatamente.''
In breve, furono tutti e due in piedi nelle limpide acque della Senna e la giovane prese ad inzuppare il giovane conte che correva davanti a lei.
'' Ok, ok...''- fece Nicolàs dopo un paio di giri a mollo -'' facciamo che mi arrendo.''
'' Te lo sogni...''- fece lei di rimando buttandogli altra acqua addosso -'' te la sei cercata, ora ne paghi le conseguenze!''- fece ridendo di nuovo.
'' Vedo che vi divertite ragazzi...''- di punto in bianco erano apparsi i tre moschettieri e si stavano dirigendo verso la riva del fiume.
Aramis sorrise guardandoli, anche se non potè evitare di provare un poco di nostalgia: nei bei tampi andati, quando Aramis il moschettiere ancora non esisteva, e vi era la giovane Reneè al suo posto... anche lei e François si divertivano a correre nei ruscelli e a farsi il bagno a vicenda buttandosi addosso un po' d'acqua.
Ad ogni modo, quel momenti di divertimento pareva esser finito.
'' Ci sono novità?''- domandò Nicolàs. Non ebbe bisogno di specificare l'argomento a cui si riferiva.
Anche Lunette si mise sull'attenti, e cercò di asciugarsi capelli e vestiti, strizzando sia i primi che gli ultimi con energia.
Non vedeva l'ora di mettere Maschera di Ferro e compagnia bella nelle mani di Madama Giustizia per farla così pagare per il dolore e le sofferenze che i suoi amici, Aramis, lei e per finire anche il povero Nicolàs avevano dovuto sopportare a causa della loro spropositata sete di potere.
Fu Athos a rispondere.
'' Si.''- fece il moschettiere più anziano -'' secondo le fonti che abbiamo raccolto, Maschera di Ferro, Milady e Mansonne, dopo il rapimento del principe Philippe hanno trovato rifugio nell'isola di Belle Ile.''
I cuori dei due giovani si accesero di speranza.
A quanto pare, l'ora della resa dei conti era ormai vicina.
'' Che c'è a Belle Ile?''- domandò Nicolàs.
'' Il territorio dell'isola è costituito prevalentemente da scogliere rocciose e qualche spiaggia.''- rispose Porthos.
'' E c'è solo un vecchio monastero in rovina...''- continuò Aramis -'' non è molto abitabile come posto, ma se sai il fatto tuo può diventare una fortezza inespugnabile che può tranquillamente ridicolizzare le migliori carceri europee.
Inoltre è circondata da pareti a strapiombo che rendono impossibile l'accesso.''
Non c'era che dire, Maschera di Ferro e compagnia bella avevano fatto molto bene i loro conti: avevano scelto un posto che anche se individuato non poteva essere raggiunto per le vie convenzionali.
Ma loro dovevano riuscirci comunque.
Per il bene della Francia.
'' Il re ci ha incaricato di dirigerci a Belle Ile e salvare il principe Philippe.'' -spiegò Athos -'' una volta che il principe sarà in salvo, la marina francese sferrerà un attacco in grande stile.''
I due ragazzi sorrisero.
Finalmente una notizia.
'' Vado a preparare i cavalli e preparo un po di provviste.''- fece Lunette recuperando il cestino iniziando ad avanzare verso la caserma dei moschettieri.
'' Vengo con te.''- fece Nicolàs raggiungendola -'' ne approfitto per affilare la spada e ripulire la pistola.''

'' Beh...''- fece Porthos sorridendo una volta che i due ragazzi furono abbastanza lontani da non sentirlo -'' pare che quei due se la intendano a meraviglia, no?''
La sua affermazione, con grande sollievo di Aramis, incontrò subito il consenso dei suoi compagni.
Il timore della bionda era infatti, che con la comparsa di Nicolàs e l'ormai evidente  interesse della sua serva verso il giovane, i suoi amici iniziassero a domandarsi come mai la ragazza che ritenevano da sempre innamorata del suo padrone, si fosse improvvissamente innamorata di un altro uomo.
Non temeva tanto che saltasse la copertura, ormai era sicura che il pericolo di essere scoperta fosse passato... temeva per Lunette.
L'ultima cosa che avrebbe voluto era che i suoi amici iniziassero a vedere la sua giovane amica come una ragazza incredibilmente volubile, capace di manovrare i propri sentimenti a suo piacere... un' evenienza davvero poco rosea.
Soprattutto perchè l'idea che si sarebbero fatti in quel caso non corrispondeva a verità.
Ma per fortuna, come al solito, si era fatta troppe paranoie.
Sembravano davvero molto felici per la loro amica.
'' Certo...''- aggiunse Athos a braccia conserte -'' non è proprio il momento più adatto per vivere un amore...''
Aramis sospirò.
Effettivamente, quello non era il momento più tranquillo per innamorarsi di qualcuno... con Maschera di Ferro e i suoi complici ancora a piede libero, senza la garanzia che non avrebbero più fatto del male ad anima viva, e con il principe Philippe ancora nelle loro mani... quello non era certo il momento migliore per innamorarsi.
Ma d'altro canto... quando mai nella vita c'era un momento giusto per fare qualcosa?
Inoltre, per loro che erano soldati e quindi per Lunette che ormai era più un apprendista moschettiere che una cameriera era più difficile che per chiunque altro trovare il momento giusto per certe cose.
'' Gia...''- borbottò Aramis.
Sotto sotto le dispiaceva. Lunette aveva appena diciotto anni. E a quell'età, le fanciulle passeggiavano per le strade parigine con le amiche dopo il lavoro e magari anche con un eventuale spasimante... Lunette invece quando non lavorava come domestica combatteva i complotti diabolici di Richelieu, viaggiava assieme a loro in missioni pericolose e segrete, il suo accessorio più comune era una spada e adesso... sarebbe partita assieme a loro per l'isola di Bel-ile.
L'ennesima guerra senza garanzie di ritornare.
Per i tre moschettieri era normale amministrazione... ma non era un posto adatto a Lunette.
Specie in quel momento.
Lei sarebbe partita con loro per quell' isolotto al largo della costa inglese... chissà quando sarebbero tornati e soprattutto se sarebbero ritornati.
Chissà quando si sarebbero potuti riabbracciare.
'' Aspettate un momento, mi è venuta un' idea.''- fece Aramis chiamando a raccolta i suoi amici.

'' Ma è proprio sicuro che io non posso venire?''- chiese Lunette mentre i tre moschettieri più D'artagnan, vispo ed arzillo come un grillo, si accingevano a partire dalla caserma in sella ai loro cavalli.
'' Non prendertela...''- fece Aramis mettendole una mano sulla spalla -'' ma sto molto più tranquillo a saperti qui, a Parigi.''
Aramis immaginava che indipendentemente che Nicolàs o Lunette andassero con loro, l'uno non ne avrebbe voluto sapere di abbandonare l'altra.
E non era la cosa più romantica che si fosse vista, passare del tempo in un isola sperduta in mezzo al mare braccati da chissà quanti soldati e tre assassini provetti.
E scherzi a parte... preferiva sapere la sua amica al sicuro piuttosto che in quella missione suicida con loro.
Non poteva assicurarsi della sua incolumità come si era promessa e ripromessa molte volte, visto che c'era un membro della famiglia reale da salvare.
'' Milady ha cercato di far uccidere anche me, questa battaglia è mia quanto vostra.''- ribadì la ragazza.
'' Nessuno lo mette in dubbio, Lunette...''- fece Athos associandosi alla moschettiera dai capelli biondi -'' e nessuno vuole estromettere nessuno... il re ha richiesto che fossimo noi a salvare il principe e ridurre al minimo i possibili rischi di danno collaterale.
Inoltre, sa che sei una buona amica dell'ancella prediletta della regina sua consorte... non vuole che tu ti faccia male.''
Lunette parve capire, però la cosa di non poter partecipare alla battaglia e quindi di non poter farla pagare a quelli che l'avrebbero volentieri vista dormire sotto tre metri di terra personalmente.
'' Appena il principe sarà al sicuro, vi manderemo una missiva con la quale vi chiederemo di raggiungerci.''- concluse Porthos.
Lunette storse il naso.
Chiederemo?
Fino al punto in cui lei restava a Parigi per ancora un paio di giorni c'era arrivata, ma non riusciva a capire come mai il gigante ne parlasse al plurale.
'' Come sarebbe a dire, vi chiederemo?''- fece Lunette tentando di vederci chiaro.
Aramis si diede un schiaffo in faccia -'' Hai ragione, scusa... resterà il conte Montmercy con te. Ha detto di avere un paio di cose da sistemare e ci raggiungerà a lavoro fatto.''
In realtà, le cose erano assai diverse: Athos, Aramis, Porthos e D'artagnan ( una volta finita la recita dell'essere ancora molto debole ed unitosi alla missione dei moschettieri) avevano preso da parte il giovane Nicolàs, esposto la loro apprensione per la loro giovane amica riguardo al portarla con loro sull'isola di Belle Ile e coinvolgerla in quella missione suicida e gli avevano chiesto di restare con lei a Parigi, per poi raggiungerli all'accampamento sulla costa della Manica una volta salvato il principe.
Il giovane aveva accettato di buon grado.
'' State attenti, mi raccomando!''- fece Lunette poco prima che i soldati spronassero i cavalli e partissero alla volta dell'isola.
'' Tranquilla, ci rivedremo prestissimo!''- la tranquillizzò Aramis agitando una mano in segno di saluto mentre con i suoi amici usciva dalla caserma.
Una volta rimasta sola, Lunette sospirò.
Non poteva fare nulla per aiutarli. Se non pregare di avere notizie, delle buone notizie e che tutto si risolvesse presto..
L'unica cosa che la tranquillizzava un poco, era sapere che anche Nicolàs era a Parigi.

'' Tieni, questa l'ho colta per te.''- fece Nicolàs avvicinandosi alla ragazza dai capelli bruni seduta sul bordo della fontana  dei giardini del Louvre e che giocava con l'acqua di tale fontana, porgendole una rosa bianca.
Il volto di Lunette, perso nel vuoto fino a quel momento, s'illuminò.
'' Grazie...''- fece lei prendendo il fiore appuntandoselo nei capelli -'' se mai perderò il lavoro presso Aramis e vorrò aprire un negozio di fiori, ricordami di chiederti di farmi da consulente.''
Nicolàs rise.
Era riuscito a farla ridere, malgrado tutto.
'' Consideratemi al vostro servizio, madamigella.''- fece il nobile sedendosi accanto a lei.
Il volto di Lunette, illuminatosi per un breve istante, si rabbuiò nuovamente.
E non era difficile immaginare il motivo.
'' Sei preoccupata per Aramis?''- fece Nicolàs con leggero imbarazzo, come se le avesse domandato l'unica cosa che sapeva di non dover chiedere mai.
Lunette però rispose all'immediato.
'' Non solo per Aramis... ma anche per Athos, Porthos, D'artagnan, Treville...'' - spiegò Lunette -'' la mia famiglia, in poche parole.''
Era la prima volta, dopo tanti anni, che restava sola in una grande città. A volte capitava che Aramis e i moschettieri dovessero partire per una qualche missione o anche solo per accompagnare i reali fuori città o alla loro residenza di campagna. Ma in tutte queste occasioni, la giovane Lunette era sempre andata con loro.
Sempre.
Francamente non riusciva a capire il perchè avessero deciso di lasciarla fuori dal salvataggio del principe... forse temevano per la sua incolumità, ma le pareva strano.
In fin dei conti... non l'avevano forse portata con loro durante la missione per consentire a D'artagnan di recuperare i puntali della regina Anna in una folle corsa contro il tempo? Nei tre giorni che avevano passato in viaggio verso il porto di Calais avevano affrontato banditi, agguati, incendi...
Ma in fin dei conti, Maschera di Ferro, Mansonne e Milady non erano i cardinalisti.
'' E i tuoi genitori?''- domandò ancora lui con innocente curiosità.
Lunette sorrise -'' I miei genitori non li conosco... sono stata presa a servizio da Aramis quando avevo dodici anni. Prima lavoravo come sguattera in una locanda di quart'ordine, fuori Parigi.''
Nicolàs sussultò.
A quanto pare la vita non era stata particolarmente generosa con nessuno dei due.
Almeno... fino a quel momento.
'' Però mi pare che Aramis ti voglia molto bene.''
'' Sono come dei fratelli maggiori.... e Treville è stato quasi come un padre.''- e in quel momento sbiancò rammentando la conversazione che lei e Treville avevano avuto il giorno in cui il militare aveva rassegnato le dimissioni come capitano per tornare nella natia Guascogna.
Le aveva detto che aveva ereditato dei tratti del carattere di sua madre e che poteva dirlo in virtù del fatto che l'aveva conosciuta.
Quel giorno avrebbe fatto carte false per scoprire di più sulle parole di Treville e di conseguenza sulle sue vere origini, ma poi con lo shock di Aramis capitano e traditore dei suoi amici, le accuse di Mansonne e Milady contro di lei, la sua fuga nel bosco per cercare di sottrarsi al suo omicidio, la corsa contro il tempo per impedire che la famiglia reale perdesse tutto dal collo in sù... non aveva proprio pensato a chiedere ulteriori spiegazioni al militare.
'' Ma Treville forse sa qualcosa...''- non si era nemmeno accorta di aver pensato ad alta voce.
E lo sguardo confuso del conte ne era prova.
'' Perchè dici questo?''- le chiese.
In breve, il nobile venne messo al corrente di quello che era successo prima del loro incontro nel bosco, il giorno in cui era scappata non solo dal proprio arresto ma anche dal proprio omicidio.
'' Quindi... Treville sa chi sono i tuoi veri genitori...''- fece Nicolàs pensieroso -'' ma perchè in questi anni non ti ha mai detto una parola a riguardo?''
'' Non lo so.''- fu la risposta.
Ed era vero.
Non ne aveva la più pallida idea.
'' Beh..''- fece il conte alzandosi di scatto -'' in tal caso, chiediamoglielo.''
Lunette lo guardò confusa -'' Che vuoi dire?''
'' Aramis ti ha chiesto di non andar con loro sull'isola, ma se non erro Treville, il re e il resto dei due reggimenti sono accampati sulla costa in attesa di dar battaglia...''- spiegò Nicolàs -'' potresti raggiungere il capitano all'accampamento e chiedergli informazioni.''
'' E pensi che mi rivelerà qualcosa?''- fece Lunette poco convinta ma nemmeno propensa a bocciare l'idea del giovane.
'' Tanto prima che Aramis e gli altri tornino con il principe non può muoversi...''- fece il giovane con un sorriso sbarazzino -'' secondo me ti sarà grato per averlo raggiunto per avere spiegazioni. Lo salvi dalla noia, vuoi che ti dica di no?''
Appena ebbe finito la frase, i due scoppiarono in una fragorosa risata.
Anche Lunette si alzò in piedi.
'' Siamo d'accordo allora... partirò subito.''
'' Ed io vengo con te...''- si associò Nicolàs -'' non perchè ritengo che tu debba essere difesa, ma se ti succede qualcosa sulla strada per l'accampamento e vengono a sapere che ti ho suggerito l'idea...''- e qui fece il segno della gola tagliata.
Lunette si coprì la bocca per coprire una risata.
'' Per il rispetto che nutro per la vita umana, credo che tu debba venire con me.''

In meno di dieci minuti, sulla strada per l'accampamento militare, due cavalli, uno marrone ed uno bianco correvano di gran carriera verso l'accampamento militare.
'' Che dirai ad Aramis se ti vede all'accampamento, quando sarà tornato?''- domandò Nicolàs.
'' Che grazie a lui non è più così semplice ordinarmi di stare a casa!''- rispose lei ridendo.
L'avventura stava ricominciando.

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Capitolo 40
*** Jean e Gabrielle ***


E' con il cuore grosso che pubblico questo capitolo. Purtroppo dall'ultimo capitolo è successa una terribile disgrazia che ha colpito me e la mia famiglia.
Addio nonno. Ti voglio bene. Ci rivediamo in paradiso.


Ormai era il tramonto.
Non si erano fermati che un paio di volte per riposare un attimo e per far abbeverare i cavalli, e quando il cielo aveva iniziato a dipingersi di rosso finalmente il giovane conte e la serva del moschettiere Aramis avevano raggiunto l'accampamento militare situato in una zona verdeggiante antecedente alla spiaggia.
'' Identificarsi prego.''- fece il soldato alla guardia dell'accampamento.
'' Sono il conte Nicolàs Montmercy e lei è mademoiselle Lunette.''- fece Nicolàs con il tono di chi evidenziava il desiderio di non perdere tempo.
'' Siamo venuti a dare supporto alla battaglia.''- aggiunse Lunette con candore.
Il soldato scoppiò in una fragorosa risata.
I due giovani si guardarono straniti.
'' Che c'è di tanto buffo?''- chiese Nicolàs.
Il soldato si calmò un poco dall'attacco di ridarella e poi spiegò -'' Voi conte, posso capirlo... ma non vedo cosa possa fare madamigella...''
Lunette lo incenerì con lo sguardo.
Odiava quando la trattavano come una donnicciola brava solo a gridare alla vista di un ragno, un serpente e che era utile solo stare a casa a cucinare o rammendare.
Nessuna meraviglia il suo fingersi uomo.
'' Comunque vi sono alcune uniformi da rammendare e ad onor del vero il soldato incaricato del rancio non è così bravo, perciò se volete accomodarvi...''- continuò stendendo un braccio come per invitarli ad entrare nell'accampamento.
'' Ma vi pare questo il modo di rivolgersi ad una signora?!?''- lo rimproverò Nicolàs.
Ok, lui aveva detto delle bugie a Lunette, ma non lo aveva mai fatto con l'intenzione di prendersi gioco di lei... ma era pur sempre un gentiluomo ed in quanto tale oltre all'educazione consona ad un discendente della nobiltà francese, gli avevano anche insegnato come trattare una signora, nobile o popolana che fosse.
Aveva la tentazione di scendere dal cavallo, prendere per il collo quel tale ed insegnargli un po' di buona educazione nei confronti di una rappresentate del gentil sesso.
E l'avrebbe fatto.
Ma Lunette lo battè sul tempo.
'' Madamigella''- fece la bruna sottolineando ogni sillaba -'' è stata allevata dalle tre migliori lame di Francia. Sa leggere, scrivere e far di conto oltre che rammendare e cucinare... oh, e sa cavalcare bene tanto quanto lei e se volesse potrebbe metterla a stare con un paio di stoccate.''
Il soldato fece per ribattere, ma venne interrotto dall'arrivo del capitano Rochefort.
'' Per quanto mi costi ammetterlo, mademoiselle dice il vero.''- fece il capo dei cardinalisti -'' sono dei nostri, caporale... li faccia passare.''
Lunette alzò un braccio.
'' Aspettate Rochefort.''- fece lei avanzando verso il caporale.
Senza il minimo preavviso...
SCIAFF!!!
'' Uhhhhh....''- fece Nicolàs.
Tutto sommato era stato fortunato con Lunette... vero, le aveva mentito e l'aveva fatta arrabbiare, ma per lo meno non si era ritrovato un impronta della mano della fanciulla sulla faccia.
Il caporale la fissò sconcerato, massaggiandosi la guancia umiliata e cercò appoggio dal suo comandante, ma anche Rochefort, come il conte Montmercy, stava facendo i salti mortali per non scoppiargli a ridere in faccia.
'' Ecco...''- fece Lunette con nochalance afferrando le briglie di Fabrice -'' ed una volta terminata la battaglia, vi consiglio di ripassarvi il bon ton... in modo particolare la parte su come si trattano le signore.''
Nicolàs la seguì all'interno del campo trattendo ancora le risate per la scena a cui aveva appena assistito.
'' Ricordami di non farti mai arrabbiare.''- scherzò il nobile.
Lunette annuì con il capo, mentre legava il cavallo all'abbeveratorio- '' Si, sarà meglio...''- per poi dirigersi verso la tenda più grande, situata proprio al centro dell'accampamento, seguita a ruota da Nicolàs.
All'interno di tale tenda, attorno ad un tavolo ricoperto di mappe e carte nautiche, vi erano il re ed il capitano dei moschettieri.
'' Vostra Maestà...''- fece Nicolàs inchinandosi con una cortese riverenza.
I due giovani si erano piegati fino alla cintura.
'' Conte Montmercy, mademoiselle Lunette.''- fece il monarca abbastanza stupito di vederli lì entrambi -'' che sorpresa... i tre moschettieri avevano detto che voi due avreste preso parte alla missione solo molto più tardi.''
Nicolàs annuì.
'' E' vero.''- confermò il conte -'' in effetti, avremmo dovuto raggiungere il reggimento non appena i moschettieri inviati sull'isola per salvare il principe Philippe sarebbero stati di ritorno. Ma eravamo preoccupati, così abbiamo deciso di venire qui a sincerarci della situazione.''
Lunette annuì e poi fece -'' A proposito, capitano... ci sono notizie di D'Artagnan e degli altri?''
De Treville fece cenno di no con il capo.
Beh, non c'era da stupirsi... in fin dei conti erano passate solo poche ore da quando erano partiti per la loro missione.
Magari non erano nemmeno arrivati.... in fin dei conti, Belle Ile era un isolotto sperduto in mezzo al mare, distante molte miglia dalla costa francese.
Ancora non c'era motivo per allarmarsi.
Il re però pareva pensieroso -'' Spero solo che non capiti niente ne a loro ne al principe.''
Fu Lunette a prendere la parola.
'' Sire, dubito fortemente che ci sia da preoccuparsi.''- fece la bruna -'' Torneranno presto e assieme a vostro fratello.
E non è il solito discorsetto fatto e finito per confortare le persone in dubbio sul poter rivedere una persona a loro cara: lo so che sarà così. Li ho accompagnati in diverse missioni e li ho visti uscire vincenti da situazioni praticamente disperate. Torneranno. ''- nel dir così s'inchinò ed uscì dalla tenda.
Nicolàs la guardò ammirato.
Quella ragazza gli piaceva sempre di più. Non era affatto come tutte le altre fanciulle che aveva conosciuto sino ad ora.
Anche il re pareva dello stesso avviso.
'' Caratterino senza paura di dire cosa pensa vero?''- fece il re pensando ad alta voce.
Treville annuì orgoglioso.
'' Qualità ereditata da suo padre, senza dubbio.''
Il re fissò il militare basito.
'' Conoscevate il padre di madamigella?''- chiese il monarca.
Come Treville annuì, Nicolàs si fece avanti.
'' E' anche per questo che siamo qui, capitano.''- fece il conte parlando con un tono che non ammetteva repliche -'' Lunette ha diritto di sapere chi era la sua famiglia d'origine. Ognuno di noi ha diritto di sapere i nomi dei propri genitori, di conoscere la propria terra... ed il motivo per cui è stato costretto a separarsene.''
Non parlava solo per lui, per il principe Philippe o per Lunette.
Per tutti coloro che avevano subito tale destino.
E Treville pareva essere d'accordo.
Lunette ormai era abbastanza grande da sapere la verità.

'' Immagino che non sia solo per puro senso patriottico che tu e il conte Montmercy, il motivo per cui adesso tu sia qui vero?''- fece Treville porgendo alla ragazza un boccale d'acqua fresca.
L'aveva convocata nella sua tenda poco dopo la sua conversazione con Nicolàs, il quale lo aveva esortato a rivelare tutta la verità a Lunette.
Era giunto il momento.
Sperava solo che la verità non interferisse sul suo futuro.
La giovane annuì bevendone un piccolo sorso.
'' Il giorno che siete partito per la Guascogna, dopo le vostre dimissioni, avete detto di conoscere bene mia madre.''- ciò implicava che conosceva bene anche suo padre.
Non si aspettava certo che le dicesse che i suoi genitori erano ancora vivi, dove vivessero ed in tal caso come mettersi in contatto con loro.
Se fossero stati vivi, Treville li avrebbe gia informati da tempo che lei era a Parigi e sarebbero gia venuti a riprenderla da diverso tempo e di certo lei non si sarebbe trovata a combattere contro persone che da semplici banditi e spie si erano innalzati al grado di cospiratori per deporre il re e governare sulla Francia.
Treville annuì.
Era giunto il momento che Lunette conoscesse la verità sulle sue origini.
'' E sia. Sei adulta e malgrado tu sia ancora molto giovane... hai gia visto e combattuto molte battaglie che io non avrei mai immaginato per me, alla tua età e a quella di D'artagnan.''- qui il militare prese posto di fronte a lei ed iniziò a raccontare.
'' E' iniziato tutto diciotto anni fa. All'epoca vivevo in Guascogna e frequentavo spesso la casa di Bertrand, il padre di D'artagnan quando era ancora il visconte di Guascogna.
Come tutti i figli delle famiglie nobili anche Bertrand studiava la nobile arte della scherma e del combattimento. E dal momento che Bertrand era determinato a divenire moschettiere di sua maestà...''- Lunette sorrise.
Tale padre, tale figlio, mai proverbio fu più azzeccato.
'' Per far si che ciò accadesse Victor e Catherine decisero di far studiare il loro figlio sotto la guida del migliore degli allievi schermitori del duca de Montenier. Il nome di quest'uomo era Jean Le Goff, che a dispetto del nome... ti posso assicurare che possedeva un' abilità rara nel maneggiare sia le armi bianche che con le armi da fuoco.
Oltre a questo, possedeva anche dei saldi principi morali. Vero, maneggiava la spada e la pistola in modo tale da poter freddare senza problemi chiunque avesse avuto l'ardire di sfidarlo a duello... ma lui era dell'avviso che il talento con le armi dovesse essere usato per autodifesa e proteggere cose o persone ritenute importanti. Mai per uccidere.''
Lunette iniziava a capire -'' Questo Jean Le Goff... dunque...''
Treville annuì-'' Oui, Mademoiselle Le Goff. Jean era tuo padre.''
Jean Le Goff.
Dopo tanti anni finalmente conosceva il nome di suo padre.
Ma Treville ne aveva parlato al passato.
Conferma in più per lei che suo padre era morto.
Ma il sapere che oltre ad essere stato un ottimo guerriero, era stato anche un grande uomo... la riempiva di orgoglio nei confronti di quel genitore che non aveva mai avuto modo di conoscere veramente.
Treville le chiese se fosse pronta ad ascoltare il resto della storia ed interpretando il silenzio della fanciulla come un assenso, il racconto continuò -'' In breve diventammo amici. Andavamo spesso in giro insieme... a cavallo per le praterie della campagna, passavamo i pomeriggi a casa di Bertrand o mia a giocare a scacchi o tirare di scherma... una sera ci eravamo fermati tutti e tre in una locanda, appena in tempo per vedere il figlio di un nobile fare delle avances ad una cameriera che però era più che evidente che non ci stava per niente.''
'' E voi l'avete difesa, non è vero?''- lo interrompè Lunette.
Treville annuì.
'' Eravamo dei gentiluomini, era nostro dovere.''- fece il militare -'' ma tuo padre non l'ha fatto solo per dovere... gli bastò una sola occhiata per innamorarsi follemente di quella ragazza. Gabrielle Voudrelle. Ed ora conosci anche il nome di tua madre.''
Lunette tremò leggermente.
Una vita intera passata senza sapere nemmeno i nomi dei suoi genitori... ed in meno di un quarto d'ora non solo aveva saputo i loro nomi, ma le era sembrato di essere presente.... mentre suo padre affrontava un viziato figlio di nobili per difendere la donna che sarebbe stata la sua compagna di vita.
Anche Treville ricordava bene quel periodo.... come se lo avesse vissuto appena dieci minuti prima.
'' I genitori di Jean però disapprovarono questo suo matrimonio. Sai... lui nobile, locandiera lei...non si fecero tanti problemi a diseredarlo.''
'' Gia...''- a quanto pare, il dettaglio di essere nata in una famiglia nobile non le aveva suscitato la minima reazione -'' la prassi è sempre quella...''
Treville annuì.
Purtroppo se si aveva la fortuna/ sfortuna di nascere in una famiglia nobile, era inevitabile perdere ogni diritto ed ogni privilegio se si dava retta al cuore invece che alle stupide convenzioni che dicevano che nessuno avrebbe potuto sposare qualcuno di rango inferiore al proprio.
Ma questo a Jean non era importato. Aveva due grandi amici su cui poter contare, l'amore della sua adorata Gabrielle... ed un giorno la vita donò loro una figlia.
Le misero nome Lunette, in onore della bellissima luna che dipingeva il cielo delle campagne delle Guascogna nella notte del loro primo incontro.
'' Ditemi... come sono morti?''- fece Lunette trattenendo un singulto ed asciugando una lacrima monella.
Treville sospirò.
Temeva quella domanda sin da quando aveva iniziato il racconto.
'' Tuo padre si guadagnava nei primi tempo da vivere dando lezioni di scherma a tutti gli aspiranti soldati. Malgrado fosse un nobile diseradato per aver sposato una ragazza del popolo, la sua abilità rimaneva e decise di usarla per far vivere dignitosamente sua moglie e la sua figlioletta.
 Poi si arruolò come moschettiere.
Purtroppo quando avevi poco più di sei mesi... tua madre morì, colpita da una crudele malattia.
Tuo padre era disperato, malgrado il nostro sostegno. L'unica cosa che riusciva a mantenerlo lucido era la consapevolezza di avere una figlia da crescere e da difendere. Non ti lasciava sola nemmeno per un istante. Eri la sua ragione di vita.''
Stavolta, la giovane serva non fece nessuna forza alle lacrime per impedir loro di fuoriuscire e due enormi lucciconi le rigarono il viso, seguiti da tante altre lacrime, che assieme formavano sue fili di perle che parevano uscire dai suoi occhi.
Treville le porse un fazzoletto, asciugandole paternamente gli occhi da quella patina acquosa che le offuscava la vista.
Si rendeva conto che dicendole anche della morte di suo padre le avrebbe dato un grande dolore, ma doveva sapere.
'' Avevi appena compiuto due anni, quando scoppiò una guerra che costrinse me, Jean e Bertrand a partire.
Nel frattempo, anche Bertrand si era accasato e dal suo matrimonio era nato un bambino. Era D'artagnan.
Bertrand e Jean erano contrari all'idea di separarsi da voi, ma dovevano adempiere al loro dovere e decisero di affidarvi entrambi alle cure dei nonni di D'artagnan.
Ma quella battaglia ebbe conseguenze letali.
Tuo padre, per salvare me da una palla di moschetto vagante, perì dopo una breve agonia. Bertrand morì pochi giorni più tardi in uno scontro.
E come se il destino non ne avesse avuto ancora abbastanza, i De Batz De Castelmore caddero in rovina. Poterono tenere solo una piccola masseria ed alcune terre.
In onore dell'antica amicizia del loro figlio con tuo padre, in primo luogo desiderarno tenere anche te con loro, adottarti e crescierti come se tu fossi stata loro nipote ma...''
''... ma erano divenuti talmente poveri da poter mantenere solo loro stessi e D'artagnan.''- concluse Lunette.
Non pronunciò tale frase con odio.
Era perfettamente logico.
Dopotutto D'artagnan era il loro unico nipote, la cosa più bella che fosse rimasta loro dalla morte del figlio e della nuora, era più che naturale decidere di pensare al bene di un proprio congiunto che alla figlia di un amico del figlio.
Il resto della storia era facile da immaginarsi. Anzi, lo conosceva benissimo.
Venne affidata alle cure delle monache di un orfanotrofio, il Saint Helenè dove quando aveva circa due anni venne a prenderla un uomo grosso e dall'aspetto burbero che con la scusa di voler adottare una bambina, l'aveva ricoperta di stracci, dato da mangiare il minimo indispensabile per non farla morire di fame, fatta lavorare come una schiava e al minimo errore non esitava a bastonarla senza pietà.
Poco importava che fosse una bambina.
Se non fosse stato per Aramis...
Avrebbe passato tutta la vita a benedirla, quella donna.
'' Dev'essere stato mio padre... a mettere Aramis sulla mia strada... deve averla mandata a salvarmi...''- fece la ragazza tirando su con il naso.
Treville abbozzò un sorriso e annuì.
'' Senza dubbio...''- fece il militare -'' e ho quasi avuto un attacco di cuore quando sei anni fa, Aramis ti ha condotto con se a Parigi.''
Lunette spalancò gli occhi per la sorpresa.
Quindi Treville sapeva chi era... lo aveva sempre saputo e le aveva sempre taciuto la verità...
'' D-da quanto lo sapevate?''- chiese per eliminare anche la più piccola ombra di dubbio.
Treville sospirò.
'' Dal tuo primo giorno a Parigi. Era impossibile avere dubbi... avevi gli occhi di tua madre. E il suo braccialetto.''- nel dir così additò al braccialetto d'oro che portava al polso destro, dove lo aveva portato tutta la vita.
Ricordava molto bene quel braccialetto.
Jean, il padre di Lunette, lo aveva regalato all'amata Gabrielle come dono di fidanzamento. Quando la povera Gabrielle morì a causa di una rara e misteriosa malattia, Jean decise di tenere con se il braccialetto della moglie per donarlo alla figlia quando Lunette sarebbe giunta in età da marito.
Purtroppo lo scoppio di quella guerra lo costrinse a rivedere i piani e le donò il gioiello appartenuto alla sua povera madre quando Lunette era ancora nella culla, per farle sentire la vicinanza dei genitori sino a quando Jean non fosse tornato.
Ma il destino... aveva deciso diversamente.
'' Perchè non me lo avete detto prima?''- fece Lunette alzandosi di scatto-'' perchè me lo avete tenuto nascosto per  tutti questi anni?''
Treville le mise una mano sulla spalla tentando di calmarla -'' Credimi, ci ho pensato molte volte...
Ogni giorno ti vedevo, e mi dicevo... E' un suo diritto sapere chi è... ma poi ti vedevo assieme ai tre moschettieri, eri così felice, spensierata, finalmente parevi aver superato i traumi e gli orrori della tua infanzia... e allora mi dicevo... E' così felice, perchè rattristarla con i ricordi di una vita che non le appartiene più e non potrà più riavere?''
Lunette annuì comprensiva.
Forse il capitano aveva ragione.... dal giorno in cui aveva incontrato Aramis, era sempre stata molto felice in quella vita fatta di faccende domestiche, lezioni di scherma e di equitazione, anche se a volte poteva essere rischiosa per una ragazzina... ma era felice.
E sapere di una madre che non avrebbe mai potuto abbracciare, che non l'avrebbe mai guidata nella notte o di un padre che non le avrebbe mai insegnato quali erano le cose più importanti della vita l'avrebbero certamente intristita e reso vani gli sforzi che stava facendo per lasciarsi alle spalle gli anni bui della sua infanzia.
'' Certo capitano, capisco... grazie per avermi raccontato queste cose.''- ora sapeva a colpo sicuro che non avrebbe mai più riabbracciato i suoi veri genitori... ma ora sapeva che molti anni prima erano esistiti un uomo ed una donna straordinari che si erano amati sino all'ultimo... e che l'avevano amata con tutta la forza con cui un cuore poteva amare, se non addirittura di più.
'' Un' ultima cosa...''- fece Treville fermando la ragazza che si stava dirigendo verso l'uscita della tenda -'' anche se non li hai conosciuti... credimi se ti dico che hai la bellezza e la cabarbietà di tua madre, ed il coraggio e l'integrità di tuo padre.''
Ed ovunque si trovassero... era certo che fossero orgogliosi della loro coraggiosa figlia.

Quella notte, nella tenda che Lunette aveva costruito appositamente per se, non riusciva a dormire.
Non solo per la preoccupazione a causa del silenzio da parte dei suoi amici moschettieri.
Le rivelazioni di Treville le avevano tolto ogni stanchezza.
Sapeva chi era suo padre. Sapeva chi era sua madre.
Non poteva dormire con l'animo scosso in quel modo da quelle rivelazioni.
Si alzò, prese la sua spada e uscì dalla tenda.
Camminando arrivò fino alla spiaggia e si sedette su uno scoglio.
Alzò gli occhi al cielo, fissando intensamente due stelle che a detta sua quella notte brillavano più di qualunque altra.
'' Difenderò il mio paese, i miei amici e tutto ciò in cui credo... da oggi più che mai. In onore vostro. Lo giuro.''
Due braccia le cinsero la vita.
Si voltò.
'' Ah sei tu...''- fece identificando i due occhi blu di Nicolàs Monmercy.
Il giovane le sorrise -'' Venuta a parlare con i tuoi genitori?''
Lunette annuì.
'' Diciamo... più a ritrovarli.''

Beh, adieu mes chers amis.
Con Lunette, Nicolàs e tutti i nostri amati beniamini moschettieri ci rivediamo dopo la maturità.
Che il cielo ce la mandi buona.

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Capitolo 41
*** Il cambiamento è inevitabile ***


Beh, la maturità è finita e come promesso sono tornata con un nuovo capitolo. Sono contenta di essere tornata tra voi, di aver chiuso un capitolo della mia vita e di poter iniziare al prossimo.
Un ringraziamento speciale a Tetide, non solo per le sue recensioni... ma per essermi stata vicino prendendo parte al mio dolore.
Ti ringrazio di cuore.


Incredibile come poteva cambiare la vita delle persone da un giorno all'altro.
Questo lo aveva appurato più volte e non solo sulla sua pelle.
Nicolàs di punto in bianco si era ritrovato orfano e completamente solo.
Aramis a pochi passi dall'altare aveva perduto il grande amore della sua vita per colpa di Maschera di Ferro e Mansonne.
La guerra aveva portato via il padre di D'artagnan e causato la morte di dolore della madre.
Poi era capitato a lei.
Sei anni prima non si sarebbe nemmeno sognata di poter essere trattata con gentilezza ed umanità da qualcuno e di poter leggere, scrivere e di riuscire a fare tutte le cose che aveva imparato ed immaginava per lei un avvenire fatto di botte, umiiazioni, piatti e pavimenti da lavare.
E per finire, solo il giorno prima era un' orfanella figlia di nessuno e adesso sapeva tutta la storia della sua vita.
Adesso sapeva che suo padre era un nobiluomo non solo per nascita ma anche nel cuore che aveva rinunciato a tutto in nome dell'amore.
Il sapere di essere nobile anche se in modo impercettibile, non l'aveva cambiata. La mattina dopo aver saputo le sue origini si era alzata, aveva preparato la colazione per l'accampamento e al sovrano, e poi con l'aiuto di Nicolàs e con il benestare del re aveva allestito una piccola infermieria da campo.
Proprio come aveva previsto, quello stesso giorno i moschettieri avevano fatto ritorno.
La buona notizia era che adesso Maschera di Ferro non aveva più niente e nessuno da usare come spauracchio contro di loro.
L'incontro tra i due fratelli malgrado i toni formali era stato toccante e commovente.
Un altro cambiamento che nessuno si sarebbe mai aspettato.
Ma ben presto... i presenti furono costretti a far fronte ad un altro cambiamento, tutt'altro che lieto però.
Erano partiti in quattro.
Dovevano tornare in cinque.
E invece...
A dire dei moschettieri, il povero D'artagnan, nel disperato tentativo di salvare Costance, Jean e il pappagallo Copy che galleggiavano in un barile di vino nel bel mezzo del mare era stato risucchiato da un vortice sottomarino, sotto i loro occhi impotenti.
Il mare non aveva restituito neppure i loro corpi.
Nel campo si diffuse subito un' atmosfera luttuosa per la perdita del più giovane soldato della guardia reale.
Treville sentì di aver perso non solo un sottoposto, ma anche un figlio. In fin dei conti stavano parlando del figlio di un suo caro amico di gioventù.
Persino Rochefort versò due lacrime per la presunta morte del guascone.
Anche il re era abbastanza scosso dalla notizia e dentro di sè sentì di non aver fatto abbastanza per quel ragazzo che aveva sempre dato il meglio di sè per servire la corona, il primo ad essersi accorto dell' indole davvero poco limpida di Mansonne e che aveva cercato di aprirgli gli occhi... e che lui aveva ripagato cacciandolo dal corpo dei moschettieri.
Per dare modo ai soldati di riprendersi  il re diede ordine tassativo di non prendere iniziative per quel giorno e diede ordine di attaccare l'isola alle prime luci dell'alba.
Diede anche ordine per preparare una commemorazione funebre in onore del giovane moschettiere per la sera stessa.
In mezzo a tanto dolore, il suo pensiero era rivolto anche alla sua amata Anna... come avrebbe trovato il coraggio di dire alla sua regina che oltre a D'artagnan, anche la sua dama di compagnia preferita aveva perso la vita in mare?
'' Poteva essere un momento felice per tutti noi...''- aveva commentato il re mesto in volto -'' mio fratello di nuovo con noi... ricominciare da capo... e invece è accaduta questa terribile disgrazia.''

Poco dopo essere tornati dalla loro missione infruttuosa pur avendo conseguito l'obiettivo, i tre moschettieri, Lunette e Nicolàs si erano riuniti sulla piccola spiaggia, scrutando il mare.
In loro sopravviveva ancora un briciolo di speranza, fede ceca... speranza che D'artagnan fosse ancora in vita e che magari fosse spuntato all'improvviso dalle acque del mare, forse malconcio e ferito, ma vivo.
Un barlume di speranza che impediva loro di annegare nella disperazione e nel dolore che avevano preso possesso dei loro cuori.
'' Non posso crederci...''- fece Athos con gli occhi pieni di disperazione guardando la sconfinatezza del mare -'' Io non riesco a capacitarmi che non sia più con noi...''
A volte di certi cambiamenti se ne farebbe volentieri a meno.... come la perdita prematura e del tutto inaspettata di una persona amata, avere per lo meno il tempo di prepararsi a tale perdita ed affrontarla... invece, a volte il destino era troppo crudele.
Aramis era addolorata e furiosa con se stessa, con Mansonne e Maschera di Ferro... sei anni prima le avevano portato via l'amore della sua vita, senza che potesse far nulla per impedirlo.
Poi come se non le avessero gia fatto abbastanza del male avevano cercato di portarle via una sorella minore... non ci erano riusciti, ma le avevano portato via un fratellino minore.
Quando avrebbe messo le mani su Mansonne e i suoi complici però gliel'avrebbe fatta pagare cara... con tanto di interessi.
'' Beh...''- fece Nicolàs -'' può anche darsi che... non siano morti, no?''
I tre moschettieri e la ragazza voltarono subito lo sguardo verso lo scoglio sul quale era seduto Nicolàs con lo sguardo stupito.
Nicolàs continuò per la sua ipotesi.
'' Scusate Athos...  se non sbaglio, voi ci avete detto che dopo essersi tuffato per tentare di salvare Costance e Jean, non avete rivisto più nessuno di loro, giusto?''
Il moschettiere anziano annuì.
'' Quindi in assenza di cadavere non vi è certezza che siano davvero morti tutti e tre.''- concluse il conte.
'' E voi credete davvero che sia possibile sopravvivere ad un vortice marino?''- fece Porthos scettico, ma tentato di credere all'ipotesi del nobile.
Tutti e quattro parevano essere tentati di dar credito a quell'ipotesi.
Tentazione dettata dalla speranza, dal desiderio che D'artagnan fosse ancora in vita, fede ceca... ma ci sarebbe voluto ben altro per provare che il moschettiere fosse vivo.
Lunette fu la prima a dare corda a Nicolàs.
'' Potrebbe aver ragione. Magari hanno fatto naufragio e in questo momento si stanno organizzando per fare ritorno qui...''
In fin dei conti, non poteva essere possibile?
D'artagnan era uscito vincitore da situazioni ancora più incerte e precarie di questa... era sopravvissuto a banditi, cardinalisti, ai colpi bassi della sorte, al suo essere orfano, ed era riuscito persino a far crollare un intrigo di corte dalle dimensioni del Luvre come se fosse un castello di carte mal fatto... no, ci voleva ben altro che una tempesta marina per fermarlo.
E dovunque fosse si stava prendendo ottima cura di Costance e di Jean.
Si, li avrebbero rivisti.
E prima di quanto pensavano.
In breve questa speranza li conquistò.
'' Piuttosto...''- fece Aramis sorpresa ma non arrabbiata per il fatto che la sua serva avesse deliberatamente trasgredito agli ordini, non aspettando un loro telegramma per raggiungerli sulla costa.
Lunette non si fece problemi a rispondere.
'' Dovevo parlare con il capitano Treville di una faccenda privata... e della quale nemmeno io ero al corrente.''
'' E dal colore che avevi sul viso quando ci hai salutato...''- fece Aramis ricordando il pallore e lo sconvolgimento  che la sua amica aveva in viso malgrado la felicità di rivederli fosse evidente -'' dev'essere stato qualcosa di non molto gradevole da ascoltare.''
Lunette rispose con uno sguardo che non voleva dire si, ma nemmeno che voleva negare.
'' Di che si tratta?''- fece Athos incuriosito.
Per rispondere a questa domanda era necessario fare un salto indietro di parecchi giorni.
'' Vi ricordate il giorno in cui Treville ha dato le dimissionie gli è subentrato monseiur Aramis?''- i due moschettieri annuirono a dispetto di Nicolàs che non avrebbe potuto confermare per il semplice fatto che ancora non aveva conosciuto Lunette, figurarsi i moschettieri.
Quel ricordo però sarebbe rimasto per sempre impresso nelle menti dei tre militari. Per Aramis, che aveva visto il disprezzo negli occhi delle persone per le quali si sarebbe fatta uccidere e anche nelle menti di Athos e Porthos che per un breve periodo, durato però troppo, avevano visto messo in dubbio il loro legame più profondo e la loro amicizia.
'' Poco prima che Treville tornasse in Guascogna, sono andata da lui per... non lo so nemmeno io perchè.
Ma prima di andar via ha detto che somigliavo molto a mia madre.''
I tre moschettieri parvero cadere dalle nuvole.
Aramis un po' meno di Athos e Porthos visto che Treville le aveva gia fatto capire tre settimane prima di sapere qualcosa su Lunette che lei invece ignorava e da allora non poteva che chiedersi... possibile che Lunette fosse la sorella di uno dei suoi migliori amici?
Stava per scoprirlo.
'' Aspetta...''- fece Athos per accertarsi di non aver capito fischi per fiaschi -'' Treville conosceva tua madre?''
Lunette annuì -'' Non solo. Era anche molto amico di mio padre.''
Ancora le pareva un sogno molto strano.... Jean Le Goff e Gabrielle Voudrelle.
I suoi genitori.
Mai si sarebbe immaginata di poter chiamare qualcuno con quell'appellativo... era sempre stata Lunette l'orfanella prima, e Lunette dei Moschettieri dopo... non era mai stata figlia, sorella, o nipote di qualcuno... era tutto così strano.
'' Allora, chi sono?''- fece Athos riscuotendola dai suoi pensieri.
'' Mio padre si chiamava Jean Le Goff.''
'' JEAN LE GOFF?!?''- le fece eco Athos con gli occhi spalancati per la sorpresa.
Gli occhi dei presenti si fiondarono subito sul leader dei moschettieri.
'' Lo conoscevate?''- fece Nicolàs. Fu una domanda inevitabile da fare.
Athos si ricompose un po' e poi rispose con un cenno negativo del capo -'' Di persona no... ma nell' ambiente degli spadaccini quell'uomo è una leggenda.''
'' Si...''- si associò Porthos -'' anch'io ne ho sentito parlare molto bene...  il duca de Montenier era uno spadaccino notoriamente imbattibile, è risaputo... soltanto un uomo è stato capace di tenergli testa e di batterlo.''
'' Il padre di Lunette.''- concluse Nicolàs.
Aramis annuì.
'' Lunette...''- fece il conte preoccupato per la sua amica. Non era stato di certo facile per lei affrontare la verità così all'improvviso.
Ritrovare dei genitori mai conosciuti e con i quali non era stato nemmeno possibile tentare di allacciare un rapporto...
Lui da quel punto di vista era stato fortunato, anche se poi Maschera di Ferro si era arrogato il diritto di portargli via tutto quello che amava di più al mondo... e le due persone che lo amavano e che amava a sua volta in modo smisurato.
Lunette sorrise amichevolmente -'' Sto bene, Nicolàs... non preoccuparti.''
Aramis però non pareva convinta.
'' Ne sei certa?''
Lunette annuì -'' Si. Ho sempre saputo che i miei genitori non c'erano più... ma almeno adesso so perchè non ci sono più e perchè ci hanno separati.''
Non ce l'aveva ne con Treville che le aveva taciuto la verità per anni ne con il destino che le aveva fatto conoscere i suoi veri ed unici amici ne con tutte le persone che al momento rendevano la loro vita difficile e tanto meno con i nonni di D'artagnan, poveretti, non osava immaginare come dovevano essersi sentiti ad abbandonarla in un orfanotrofio cercando di dare almeno al loro unico nipote una vita dignitosa... tutto quello che le era successo, ogni avventura vissuta, l'aveva trasformata nella persona che era diventata.
Certo, era triste per la dipartita dei genitori, per non averli conosciuti di persona e il sapere la verità non glieli avrebbe certo riportati indietro... ma sapere la verità l'avrebbe aiutata a trovare un senso al dolore vissuto nella sua infanzia.
Athos tentennò un po' prima di farle quella domanda ma la sua curiosità era incontenibile -'' Cos'è successo? Ti va di parlarcene?''
Lunette annuì.
'' Dopo aver vinto una competizione di scherma a Parigi, mio padre si strasferì dalla capitale alle campagne della Guascogna. In qualità di miglior allievo del Duca di Montenier venne raccomandato alla famiglia di nobili più importante della Guascogna, come istruttore del loro unico figlio.''
Aramis la interruppe -'' Il padre di D'artagnan, senza dubbio... ecco perchè conosceva Treville.''
Lunette annuì.
'' In breve diventarono amici. Uscivano spesso tutti e tre assieme e durante una di queste uscite, una sera incontrarono una ragazza. Si chiamava Gabrielle Voudrelle e lavorava in una locanda. Stando a quel che dice Treville, tra lei e mio padre fu amore a prima vista.''
Athos iniziava a capire come andava a finire quella storia... Jean, nobile, s'innamorava di una cameriera... la famiglia non approvava...
Solo che non credeva che un uomo come Jean famoso per i suoi alti principi oltre che per la sua abilità di spadaccino fosse stato capace di rinnegare quell'amore costringendo la povera Gabrielle ad abbandonare la loro bambina in un orfanotrofio per poi morire poco dopo.
No, non poteva essere.
'' Mio padre venne rinnegato dalla sua famiglia... e con l'aiuto dei nonni di D'artagnan riuscì a sistemarsi stabilmente in Guascogna. Sposò mia madre...''
''... e poco tempo dopo nascesti tu.''- concluse Aramis per lei.
Ora capiva da chi aveva preso la testardaggine e la sua moralità, la giovane Lunette...
'' Ma allora...''- fece Athos, confuso ma felice di essersi sbagliato con la sua prima ipotesi -'' tu come ci sei arrivata in quella locanda?''
Nicolàs le strinse una mano, intrecciando le sue dita con quelle della ragazza, intuendo che quella era la parte più difficile.
'' Sei mesi dopo la mia nascita, la mamma si ammalò. E poco dopo si spense.''
Nicolàs vide qualcosa che brillava negli occhi della ragazza.
Una lacrima.
Lacrima che si premurò immediatamente di asciugare porgendole un fazzoletto.
'' Grazie...''- fece lei asciugandosi gli occhi con un angolo del fazzoletto.
'' Povera bimba...''- non potè fare a meno di pensare Athos.
Ed era certa che quello fosse il pensiero di tutti loro.
La buona notizia era che alla fine era riuscita ad avere attorno a se l'amore di una famiglia. Certo, nessuno di loro era davvero suo parente... ma nessuno avrebbe potuto dire che non erano stati capaci di crescerla ed amarla come una sorella.
'' E tuo padre?''- fece Porthos cercando di usare il tono più delicato che aveva.
Lunette sospirò.
'' Dopo essere stato diseredato e la morte di mia madre, divenne moschettiere del re. Quando scoppiò una guerra, lui e il padre di D'artagnan furono chiamati per combattere in nome della patria...''
''... ed entrambi trovarono la morte sul fronte di guerra.''- concluse Aramis guardando la sua serva con gli occhi pieni di comprensione.
'' Prima di morire, mio padre mi aveva affidato alla famiglia di D'artagnan, nella speranza di venirmi a riprendere alla fine del conflitto... ma il periodo di sfortuna che D'artagnan e la sua famiglia attraversavano culminò con la morte del figlio e della nuora e con il loro decadimento.
Non potevano accollarsi la responsabilità di mantenerci entrambi... e hanno deciso di tenere con loro D'artagnan.
Era la scelta più logica in fondo.''
Pronunciate queste parole si allontanò.
Nessuno fece nulla per fermarla.
Avevano avuto fin troppe emozioni per quella giornata.

'' Ma perchè le avete taciuto la verità per tutti questi anni?''- chiese Aramis rivolta al suo comandante, una volta che la funzione funebre in onore di D'artagnan, Jean e Costance fu terminata -'' perchè non le avete mai detto la verità sulle sue origini?''
Treville sospirò.
Si aspettava questa reazione da Aramis.
In fin dei conti... per quei sei anni in cui Lunette era rimasta a Parigi, Aramis era stata come una sorella ed una madre per la ragazzina e preoccuparsi per lei era la cosa più naturale del mondo.
'' Per lo stesso motivo per cui l'ho spiegato a Lunette...''- fece il militare con tono calmo -'' la vedevo così felice, così spensierata e finalmente pareva aver superato gli orrori del suo passato... mi sembrava una cattiveria rinfacciarle il suo passato e dirle che i suoi genitori l'amavano più di quanto potrà mai immaginare, con la consapevolezza che non avrebbe mai potuto conoscerli.''
Aramis inspirò bruscamente, comprendendo, ma Treville non aveva ancora finito.
'' Inoltre, le avrei dato un altro motivo per disprezzare la classe nobiliare e ce n'erano gia troppi.''
'' E avrebbe fatto molto bene, a disprezzarli.''- fece Aramis -'' L'idea che un figlio si sposi... e che presto avrebbero avuto una nipotina da vezzeggiare e coccolare, avrebbe dovuto riempire i cuori dei Le Goff di gioia... e invece hanno cacciato sia il figlio che la nipote dalla loro casa, rinnegato il sangue del loro sangue... ed in tutti questi anni non si sono nemmeno degnati di venirla a cercare, nemmeno per rispettare nei limiti del possibile la memoria del figlio.''
E qui Treville fu costretto a smentire Aramis e metterla al corrente di un episodio di cui invece di era ben guardato di informare la diretta interessata.
'' Questo non è del tutto vero... i Le Goff si erano dichiarati ben disposti a riconoscere sia il figlio che la nipotina.''
Ricordava molto bene quel giorno... lui e Bertand erano andati a far visita ai due sposini e alla loro bimba nella depandance che i genitori di Bertrand avevano donato loro come dono di nozze, un mese dopo la nascita della piccola.
Ricordava che Jean era letteralmente rapito dalla visione della sua incantevole sposa che allattava il loro piccolo angelo.
'' Ma non è accaduto... che cos'è successo?''- chiese Aramis.
Treville sospirò.
'' Poco dopo la nascita di Lunette, io e Bertand cooperammo per convincere Jean che forse sarebbe stato giusto informare i suoi genitori che adesso avevano una nipote.
Dopo molte incertezze Jean scrisse ai suoi genitori per informarli... non si aspettava niente da loro, tanto meno che venissero fin dalla capitale per conoscere la bambina anzi... era sicuro che quella lettera non sarebbe nemmeno stata aperta.''
'' Invece si presentarono?''
Treville annuì -'' Jean e Gabrielle erano entusiasti di tale visita... e per una buona mezz'ora credettero persino che sarebbero potuti essere una famiglia unita, mettendo da parte i rancori del passato... ma si sbagliavano di grosso.''
'' Che cosa accadde?''
'' I genitori di Jean dissero al figlio di essere disposti a dimenticare il suo colpo di testa...''- colpo di testa, pensò Aramis scettica,  strano modo di definire l'amore -'' che desideravano riaverlo con loro e che avrebbero riconosciuto legalmente la piccola...''
'' Non senza porre una condizione a cui Jean si sarebbe opposto però.''- lo interruppe Aramis.
Treville annuì tristemente -'' Gia... per riavere il suo titolo e dare a sua figlia una vita consona alla figlia di un conte avrebbe dovuto ripudiare Gabrielle e non rivederla più.''
Aramis sgranò gli occhi per l'orrore e il disgusto per quanto aveva appena ascoltato.
Ripensandoci... Lunette non si era persa niente di speciale nel non essere presa sotto l'ala protettiva dei nonni dopo la dipartita dei genitori, anzi.
E iniziava a capire come mai prima di partire per la guerra l'aveva affidata ai genitori di D'artagnan anzichè ai suoi... per evitare che la figlia si trasformasse in una ragazzina nobile, egoista, arrogante e viziata.
Persino lasciandola sola, aveva commesso un atto d'amore ne suoi confronti.
'' Dio, avresti dovuto vederlo... Jean divenne una furia. Disse ai suoi genitori che non erano loro a disconoscerlo, ma lui a rinnegarli e di non osare mai più mostrarsi in casa sua, di star lontano dalla sua famiglia, soprattutto da sua figlia. Da allora non si sono mai più rivisti. E per fortuna, aggiungo io!''
'' Si, sono d'accordo...''- concordò Aramis.
Adesso sapeva tutto quel che doveva sapere su Lunette... ma non poteva non essere preoccupata.
I suoi nonni erano nobili. Suo padre era nobile ed in un certo senso anche lei lo era... che conseguenze avrebbe avuto sul suo futuro?
E sul rapporto con il conte Monmercy?
Era chiaro come il sole che la sua serva si stava innamorando del giovane nobile e sperava che quel sentimento non fosse compromesso dalla gia poca stima che aveva per la classe nobiliare, soprattutto adesso che aveva un motivo per non sopportarli ulteriolmente... e dire che non li sapeva nemmeno tutti i motivi che avrebbe avuto per giustificare la sua antipatia nei confronti dei nobili.
'' Bambina mia... che cammino difficile ti ha riservato la vita...''

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Capitolo 42
*** La resa dei conti ***


 Come ordinato dal re, l'indomani le navi della marina francese sferrarono all'isolotto fortezza un attacco in grande stile.
Il risultato fu quello che moltissimi anni dopo sarebbe stato chiamato ''Una Caporetto''.
La marina aveva attaccato, ma le loro navi nulla avevano potuto contro i cannoni del nemico.
Tre navi erano state letteralmente prese d'assalto ed erano affondate.
Gli uomini che sarebbero dovuti arrivare sulle scialuppe non riuscirono nemmeno ad avvicinarsi alla riva dell'isola a causa di una pioggia di sassi.
Vi erano stati molti feriti, e non erano nemmeno arrivati al campo di battaglia.
I più fortunati avevano riportato solo escoriazioni e ferite superficiali, mentre gli altri... beh, con una gamba rotta o con le loro ferite all'addome purtroppo non sarebbero potuti tornare al lavoro molto presto.
Ma la ferita più profonda, l'aveva riportata l'oroglio dei due reggimenti.
La prima cosa che fece Lunette in quel frangente fu l'assicurarsi l'incolumità dei suoi amici moschettieri, e l'unica consolazione della giornata fu vedere che in tre erano partiti e in tre erano tornati, almeno stavolta.
Subito dopo, si prodigò per poter aiutare i feriti.
Mentre alcuni soldati che erano al campo in funzione di ufficiale medico, la ragazza si adoperò intorno ai fornelli preparando per loro una zuppa e del brodo caldo per rifocillare i feriti.
'' Grazie...''- fece un soldato steso su una brandina con una gamba immobilizzata prendendo la scodella che la ragazza gli offriva -'' Aramis è fortunato ad avere al suo fianco una fanciulla gentile e premurosa come voi, mademoiselle.''
Lunette sorrise a quel complimento per ringraziare il soldato, ma non poteva dichiararsi d'accordo.
Dal canto suo, riteneva che fosse lei ad essere stata molto fortunata ad incontrare Aramis... francamente non osava immaginare cosa ne sarebbe potuto essere di lei se fosse rimasta in quella bettola per altri sei mesi, con la ''protezione'', se così si poteva dire, di quell'uomo che pareva non vivere per altri motivi se non quelli di guadagnare soldi e riempirla di schiaffi e botte.
In quegli anni dubitava fortemente di riuscire ad arrivare indenne ai quattordici anni.
Per fortuna il destino l'aveva graziata.
'' E' quello che dico anch'io...''- fece la voce di Nicolàs.
Il nobile stava aiutando un soldato semisvenuto a coricarsi sulla brandina adiacente a quella in cui riposava il soldato accudito da Lunette.
'' Magari la donna che mi è destinata, ti somigliasse almeno un po'...''- fece il nobile.
Lunette si sentì pungere da qualcosa che anche se non la riconobbe subito, era chiaramente delusione, ma non ci fece caso più do tanto e si limitò ad una battuta -'' Perchè, ti hanno promesso ad una contessa acida, arrogante e maleducata?''
Nicolàs rise di cuore.
'' No... sono ancora scapolo. E per fortuna aggiungo... se è destino che mi sposi con una donna del genere.''
Anche Lunette sorrise, leggermente più sollevata.
'' Il destino in questo caso non c'entra, allora... hai il libero arbitrio no? Usalo. Magari per scegliere una contessa che non sia solo bella... ma che abbia anche un' anima e la testa sulle spalle.''
'' Gia...''- fece il nobile con aria imbarazzata -'' ma non è detto che...''
Non terminò mai quella frase perchè qualcosa di colorato e che sbatteva le ali gli impedì di portare a termine la frase.
'' COPY!!!''- fece la ragazza raggiante di gioia nel vedere il pappagallo di Jean.
Teneva un pezzo di stoffa nel becco.
Lunette lo riconobbe subito: quel fazzoletto era indubbiamente di Costance.
Quando lo aprì gli occhi le si illuminarono di gioia.
Gioia che si manifestò abbracciando di slancio il giovane nobile e dandogli un bacio sulla guancia.
'' Nicolàs...''- fece la ragazza con la voce tremante di gioia -'' a-av-avevi ragione tu... è vivo... sono tutti vivi...''
Gli occhi di Nicolàs s'illuminarono di gioia e prese in braccio Lunette volteggiando con lei, come se fossero due innamorati.
'' Dio... non sai come sono contento...''- disse sinceramente -'' avverti subito Treville e i tuoi amici.''
'' Ma...''
'' Non preoccuparti, ti prometto che non manderò l'infermieria da campo allo sfacelo per un paio di minuti.''- scherzò.
Lunette gli regalò una risata argentina e corse via in direzione della tenda del re, dove i moschettieri, il monarca, il comndante della guarnigione reale e il capitano dei cardinalisti si erano riuniti in riunione per decidere il da farsi.
Avevano espressamente chiesto di non essere disturbati, ma riteneva di avere non un buono, ma un un ottimo motivo per trasgredire gli ordini.
'' MAESTA'!!! CAPITANO!!!''- gridò la ragazza irrompendo nella tenda.
'' Lunette, che hai da urlare?''- fece Aramis preoccupata, in direzione della sua serva.
'' Non allarmatevi troppo...''- cercò di tranquillizzarla Rochefort -'' probabilmente avrà visto un serpente, o un ragno... un rivolo di sangue...''
I tre moschettieri e la ragazza lo guardarono male.
'' Se fossi in voi, penserei alla mia sopravvivenza, prima di aprire bocca.''- lo redarguì la ragazza con un tono che fece si che il conte si facesse piccolo piccolo.
Ma nemmeno questo le roviò il buonumore. La felicità di sapere i suoi amici vivi, era più forte di tutto.
'' Ad ogni modo ci sono buone notizie. D'artagnan, Jean e Costance sono vivi.''
Questa frase spazzò via l'aria da funerale che fino a pochi secondi fa regnava nella tenda e nel cuore dei presenti.
'' Dici sul serio?''- le chiese Athos desiderando crederle dal profondo del cuore.
In risposta, Lunette gli porse il fazzoletto affinchè il moschettiere potesse sincerarsi personalmente delle sue parole.
Una gioia senza limiti lo irradiò.
'' Lunette ha ragione. Maestà, capitano... non solo D'artagnan è vivo, ma ci spiega addirittura come entrare a Belle Ile.''
'' Davvero?!?''- fece il monarca incredulo -'' e come?''
'' C'è un enorme mulinello vicino all'isolotto...''- spiegò Athos concitato -'' una volta risucchiati da esso, lui, mademoiselle Costance e il piccolo Jean sono stati trasportati in una grotta sottomarina. E' così che D'artagnan è tornato a Belle ile.''
'' Non scherziamo.''- fece Treville felice che il moschettiere fosse in vita ma anche molto preoccupato -'' è un'impresa suicida farsi risucchiare da un mulinello. Per quanto ne sappiamo, D'artagnan potrebbe essere stato solo molto fortunato.''
'' Non possiamo saperlo con certezza, se non facciamo nemmeno un tentativo però!''- fece Lunette.
'' Comprendo, ma sacrificare un intero reggimento di soldati per una missione da cui non abbiamo certezze di uscire vivi, è un rischio troppo grande.''- aggiunse Treville.
'' Beh...''- tentò Athos -'' non dobbiamo certo andarci tutti. Andremo noi tre ed anche il conte Montmercy e mademoiselle Lunette, se vorranno.''
Lunette annuì decisa.
Ed era certa che anche il giovane conte sarebbe stato dei loro.
'' Una volta sull'isola, metteremo fuori uso i cannoni e daremo il segnale. ''- fece Porthos.
'' E a quel punto, noi potremo attaccare senza il minimo problema... ma certo, è un' idea geniale!''- fece Rochefort entusiasta.
Non fu facile convincere il capitano ed il re ad approvare quella missione suicida ma alla fine la maggioranza ebbe la meglio e la decisione fu presa.

A dispetto di tutte le paure e le ansie del capitano Treville e del re, la loro missione suicida ebbe l'effetto sperato.
I cinque inviati, al sicuro all'interno di alcuni barili, vennero lanciati in mare per poi essere risucchiati dalle acqua vorticose.
Non fu un viaggio eccessivamente lungo, ma quando finalmente i barili risalirono verso l'alto per tornare in superficie, tutti presero una boccata d'aria.
Come preannunciato dal guascone, si erano ritrovati all'interno di una grotta sottomarina dove avevano trovato rifugio i tre ragazzi.
Il primo impulso di Costance e Lunette fu quello di abbracciarsi.
'' Sapevo che sareste venuti...''- fece D'artagnan abbracciando uno ad uno i suoi amici.
'' Che credevi?''- fece Athos abbracciandolo, con gli occhi lucidi per la gioia di vederlo ancora vivo -'' che ti avremmo lasciato tutto il divertimento?''
Ma a parte quel piccolo momento di ritrovamento e divertimento era tempo di mettersi al lavoro.
Il piano era semplice: Nicolàs, Athos e Porthos avrebbero dovuto tenere occupati i soldati e creare quel tanto di confusione che bastava per distrarre l'attenzione dei nemici, per permettere così a D'artagnan, Aramis e Lunette di impossessarsi dei cannoni.
Fu con queste disposizioni che si separarono.
'' Aspetta...''- Nicolàs si era momentamente allontanato dal suo gruppo e stava anche allontanando Lunette dal suo.
'' Sì?''- fece la ragazza.
'' Devi farmi una promessa.... Maschera di Ferro è mio.''
Lunette sorrise -'' Te lo prometto.''

Il piano riuscì a meraviglia soprattutto grazie allo stratagemma del piccolo Jean che creò una vera e propria rivoluzione grazie al pepe che gli aveva portato Aramis... a discapito dell'elefante che purtroppo si trovò bersagliato dal pepe nero.
Ma fu proprio la confusione creata dal pachiderma combinata con l'abilità di schermidori del nobile e dei due moschettieri a permettere alle due donne e al guascone di portare a termine la loro parte di piano.
'' Eccoci qua...''- fece D'artagnan entusiasta.
'' Si, ma restiamo concentrati.''- fece Aramis -'' adesso viene la parte più difficile.''
'' E arriverà prima di quanto pensiate''- fece Lunette visibilmente preoccupata -'' abbiamo compagnia.''- fece indicando il terreno sotto di loro, pullulante di soldati con Mansonne in testa.
D'artagnan però non era preoccupato.
'' Tranquilla... ci penso io a dar loro il giusto benvenuto.''- la tranquillizzò.
Caricò in fretta in cannone, accese la miccia, mirò e...
BOOOM!
Colpì in pieno una struttura che mancò per un pelo i nemici che però non parevano volersi arrendere.
'' Ok, se proprio insistete...''- fece D'artagnan preparandosi ad un altro colpo.
Aramis lo fermò.
'' Lascia fare a me... voglio essere io a colpire Mansonne!''
'' ATTENTO!!!''- urlò Lunette.
'' AH!''- fece Aramis quando la freccia le colpì la spalla.
Approfittando del momento di distrazione, Mansonne aveva sparato una freccia alla bionda.
D'artagnan battè Lunette sul tempo stavolta e strppò un lembo della blusa del moschettiere per ricavarne una benda...
'' Aramis...''- fece il guascone arrossendo -'' ma tu sei una...''
'' Ehm...''- tentò Lunette -'' possiamo rimandare le spiegazioni a dopo? Abbiamo cose più urgenti di cui occuparci.''
'' Ma non mi dire...''- la provocò il capo del drappello di soldati che li aveva raggiunti.
I due ragazzi, per proteggere il loro compagno ferito, si lanciarono contro di loro come delle furie, come dei leoni a cui avevano minacciato i cuccioli.
Ma Aramis non poteva permettere che i suoi amici rischiassero la vita per proteggere la sua e non fare nulla.
Recuperò un barile pieno di polvere da sparo, ne lasciò uscire un po' e lo fece rotolare vicino al luogo dello scontro.
'' Presto, di qua!''- urlò la bionda.
Non se lo fecero ripetere due volte ed una volta che i ragazzi furono al sicuro dietro al cannone, la bionda accese la miccia.
L'esplosione fortunatamente non uccise nessuno.
'' Via libera...''- annunciò Lunette sporgendosi leggermente,  tirando un sospiro di sollievo.
Di sicuro sarebbero tornati più agguerriti di prima, ma per ora potevano tirare un po' il fiato ed occuparsi della ferita di Aramis.
'' Adesso... conosci la verità...''- fece Aramis mantenendo lo sguardo basso, nel timore di vedere la rabbia e il biasimo negli occhi del guascone.
Sperava solo che la sua rabbia non travolgesse anche Lunette, che tutto sapeva ed aveva taciuto.
'' Si... ma non cambia niente.''- fece il guascone strappando un lembo della sua giubba per usarlo come fasciatura per la ferita dell'amica.
Aramis lo guardò di sottecchi.
'' Non sei arrabbiato?''
D'artagnan sorrise e scosse la testa -'' Perchè dovrei? Tu sei una persona buona e coraggiosa, Aramis. E poi sei mia amica. Sono certo che hai avuto i tuoi buoni motivi.''
'' Gia... a proposito, della ragione...''
'' No. Non devi raccontarmi tutto se non non vuoi...''- la tranquillizzò il guascone.
'' Invece sì...''- fece Aramis abbassando la testa -'' Potrei morire qui oggi... e nel caso questo accadesse, vorrei che fossi tu a vendicare François al mio posto. O tu o Lunette.''
In breve, D'artagnan venne messo al corrente della storia di Aramis, quando era ancora Renèe, giovane nobile innamorata perdutamente di un nobiluomo al servizio del principe Philippe, ucciso da Mansonne come punzione per aver cercato di difendere il principe e di essere divenuta moschettiere del re non solo per vendicarsi ma anche per sfuggire ad un matrimonio combinato e irrimediabilmente infelice.
Raccontò anche di come avesse scoperto la colpevolezza di Mansonne.
'' Capisco...''- capiva veramente molte cose adesso.  Gli strani comportamenti di Aramis, il suo sottrarsi alle conversazioni che riguardavano amore e sentimenti corrisposti... ed anche la mania del moschettiere per l'ordine e la pulizia.
I due la  tranquillizzarono.
Nella peggiore delle ipotesi, sarebbero stati loro a rendere a Mansonne pan per focaccia... ma fino a quando non avrebbero avuto la certezza che la moschettiera non ce l'avrebbe fatta, Mansonne da parte loro sarebbe stato intoccabile.
Lunette, pur avendo promesso sperò di non doversi ritrovare ad uccidere Mansonne. Non poteva permettere che le sue mani si macchiassero di sangue, ma non voleva nemmeno che fosse D'artagnan a convivere con questa colpa, e cosa più importante... non voleva contemplare questa possibilità perchè il suo verificarsi avrebbe significato che Aramis, la donna che le aveva fatto da madre per anni... non sarebbe più stata al suo fianco.
'' Uccideteli!!!''- quest'ordine segnò la fine della pausa.
E grazie alla nuova presa di controllo dei nemici sull'elefante non potevano contare nemmeno sui cannoni che adesso avevano ripreso a bombardare i loro alleati sulle navi da guerra.
L'unica cosa che potevano fare, anche se erano in minoranza numerica, era combattere a colpi di spada e pregare.
'' D'artagnan, Lunette, scappate!''- ordinò loro Aramis -'' penso io a loro.''
'' Io non vado da nessuna parte se voi non venite con me!''- fece Lunette caparbia incrociando la lama con un soldato di Maschera di Ferro.
'' Lo stesso vale per me!''- ribadì D'artagnan.
Con i soldati a combattere le due ragazze e il moschettiere, i tre banditi si sentirono sicuri di abbassare la guardia e fecero per tornare a bombardare le navi della marina... ma poterono sparare un solo colpo.
Il piccolo Jean era riuscito ad addomesticare l'elefante il quale adesso lanciava pali di legno contro i cannoni rendendoli così inutilizzabili.
Poco dopo anche Athos, Porthos e Nicolàs vennero a dare manforte ai tre.
Il volto di Lunette s'illuminò.
Adesso erano tutti assieme e poteva voler dire solo una cosa... anche i loro nemici avevano capito. Infatti non avevano più l'aria tanto tranquilla.
'' In guardia!!!''- fece Athos guidando così il piccolo esercito contro i loro nemici.
Approfittando della confusione, i tre banditi tentarono la fuga ma...
'' Dove credete di andare Mansonne?''- fece Aramis lanciandosi al suo inseguimento.

'' Là!''- fece Lunette assestando una ginocchiata al fianco di uno dei nemici mettendolo fuori combattimento -'' fine dell'incontro!''
Dentro di se non potè non pensare orgogliosa di se stessa con un pizzico di innocente vanità, Il cucciolo inizia a mordere.
Fu allora che si accorse dell'assenza di Aramis.
In una situazione normale non si sarebbe preoccupata, sapeva che Aramis era capace di difendersi da sola... ma con una spalla ferita, tra l'altro il braccio con cui maneggiava meglio la spada la intimoriva.
Perciò abbandonò la lotta e iniziò a correre alla sua ricerca.
Avrebbe mantenuto la promessa di lasciare il bandito alla bionda, ma se Aramis si fosse trovata nei guai alla mercè di quel pazzo... beh, lei si riteneva autorizzata ad intervenire.
Fortunatamente pareva non essere necessario.
Quando finalmente trovò Aramis sulla scogliera, la bionda aveva la propria spada mirata al collo di Mansonne, e questi era a terra sconfitto.
'' Aramis state bene...?''
Aramis non rispose ma annuì.
Era totalmente concentrata su Mansonne... l'uomo che aveva odiato di più, che odiava e che avrebbe odiato anche dopo morto.
Era totalmente alla sua mercè.
'' Allora?''- fece Aramis furiosa verso il bandito -'' come ci si sente ad essere dall'altra parte?''
In risposta, lui la schernì.
'' Che aspettate?''- fece Manson sconfitto ai piedi di Aramis con la spada della bionda puntata alla gola -'' Uccidetemi. O ritenete di non esserne capace? Non ne avete il coraggio?''
Lunette lo aggredì verbalmente.
'' Il coraggio non ha niente a che vedere con l'omicidio, monseiur.''
Mansonne se la rise, giudicando quella frase come la tipica affermazione di una sciocca bambina che aveva ancora tutto da imparare sul mondo.
Ad Aramis invece quelle parole sortirono l'effetto opposto.
Quasi di illuminazione.
'' Che stupida sono stata...''- fece la bionda quasi in trance, ma matentendo la sua spada sul collo di Mansonne -'' Hai ragione Lunette... hai dannatamente ragione...''
Il bandito e la ragazza la guardarono confusi.
'' Tutti questi anni... l'unica cosa che mi ha tenuto in vita, è stato aspettare e programmare il momento in cui avrei ucciso questo criminale...
Ma la vendetta non resuscita i morti. François non sarebbe felice di sapermi un' assassina.''
Mansonne la guardò pietrificato dalla sorpresa.
Lo stava davvero lasciando libero di andare?
Mai avrebbe sperato tanto...
Lunette non poteva che essere contenta del fatto che a padrona avesse scelto di non macchiarsi le mani di quel sangue che mai sarebbe andato via, ma era confusa all'idea della donna che pareva avere l'intenzione di lasciare andare quel criminale...
'' Ma non sperate di cavarvela, Mansonne.''- chiarì subito Aramis più per rassicurare Lunette che  per altri motivi -'' Vi consegnerò personalmente al re, e vi assicuro che lui non sarà altrettanto generoso.''
Mansonne le scoppiò a ridere in faccia, deridendola.
'' Lo sapevo... non ne avete il coraggio... e sarà proprio la vostra integrità morale a portarvi alla rovina.''
Prima che le due donne avessero il tempo di rendersene conto, il bandito aveva estratto dalla giubba la sua spada snodabile.
La lama, diventata ormai una catena, circondò la lama della moschettiera e con una mossa  tanto abile quanto disonesta disarmò la donna.
Adesso era Aramis con una spada puntata in corrispondenza del cuore.
Ma a differenza sua... Mansonne non si sarebbe certo fatto prendere da indugi e desideri di evitare futuri rimorsi di coscienza.
L'avrebbe di certo uccisa.
Anzi, le avrebbe uccise.
Prima lei e poi Lunette.
La mora sguainò subito la spada, pronta ad andare in soccorso dell'amica... ma prima che potesse tentare una qualunque stoccata, il bandito le puntò una pistola contro, con la mano rimasta libera.
'' Fai un passo... e sarà l'ultimo della tua vita, medemoiselle Virtù.''
Lunette lo fissò livida di rabbia.
Aramis invece la guardò supplichevole -'' Lunette... fai come ti dice. Per favore.''- sperava in tal modo di salvare almeno la sua vita, ma era una speranza vana.
Ormai, il loro destino era segnato.
'' MUORI!!!''- fece il bandito affondando la lama nel petto della bionda.
Quest'ultima chiuse istintivamente gli occhi.
'' No, no, no,no!!!''- urlò Lunette terrorizzata.
E non fu la sola a gridare.
Il fendente non affondò nel petto della bionda... come se avesse trovato un ostacolo che gli impediva di fare il suo dovere.
Peccato che Mansonne ed Aramis fossero in bilico sulla scogliera e che dunque la forza di gravità non era amica ne dell'uno ne dell'altra.
Mansonne si sbilanciò e nel disperato tentativo di non cadere si aggrappò ad Aramis, trascinandola con se nel terribile abisso sottostante.
'' NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!''- stavolta Lunette urlò con tutto il fiato che aveva in gola, correndo come una forsennata verso Aramis.
Per un qualche strano miracolo riuscì a raggiungerla e ad afferrarle la mano, ma con questo gesto condannò anche se stessa a cadere assieme a loro.
Ma solo Mansonne perse la vita cadendo, sbattendo prima la testa contro uno scoglio per poi cadere in mare.
La radice sporgente a cui Lunette si era aggrappata con la mano libera aveva salvato la vita delle due donne o gliel'aveva solo prolungata di qualche secondo.
In ogni caso, erano ancora vive.
Ma per quanto?
La bruna, con una mano era aggrappata alla radice, mentre con l'altra tentava di salvare la vita della padrona.
Cercava di resistere per il bene di tutte e due, ma sapeva bene che era questione di minuti prima che cedesse per uno o per l'altro sforzo.
E se non avesse ceduto lei... ci avrebbe pensato la radice a decidere per lei.
Aramis intuì subito il pericolo.
'' Non ci reggerà entrambe... lasciami andare, per favore...''- la implorò la bionda.
Lunette serrò gli occhi e scosse la testa in un cenno di dissenso.
'' Non ci penso neppure!''
'' Non fare la stupida, salvati almeno tu.''- insistè Aramis con un tono supplichevole.
'' N-n-no...''- fece Lunette con la voce tremante, tipica di chi sentiva le sue resistenze abbassarsi. L'idea di finire in quel luogo e in quel giorno la sua vita l'attirava quasi quanto l'aceto attirava le mosche, ma non poteva condannare a morte la persona che l'aveva salvata e che si era occupata di lei per anni, solo per salvarsi la pelle.
Forse non avrebbe salvato la sua vita, ma almeno non l'avrebbe abbandonata.
Un rumore sinistro avvertì le due donne che il loro tempo a disposizione era scaduto.
'' AH!''- fece Lunette con gli occhi serrati senza però mollare la presa sulla mano della bionda.
Non caddero.
Una salda presa circondò il polso della fanciulla dai capelli bruni.
Quando aprì gli occhi, il suo sguardo s'incontrò con due occhi azzurri come il mare e che insieme formavano uno sguardo deciso e rassicurante allo stesso tempo.
'' Stai tranquilla Lunette...''- fece Nicolàs -'' adesso ti tiro su io.''
'' Aramis dammi la mano!''- anche D'artagnan, Athos e Porthos li avevano raggiunti.
Aramis annuì: continuò a reggersi a Lunette con una mano ed allungò l'altra verso il guascone e il gigante, che subito si affrettarono a trarla in salvo.
Poi toccò a Lunette.
Con un piccolo sforzo riuscì ad aggrapparsi a Nicolàs, il quale a sua volta la prese in braccio per portarla al sicuro, lontano dal precipizio.
'' Stai bene?''- le chiese poggiandola per terra.
'' Sto bene... stiamo bene... grazie a te. Ci hai salvato la vita.''- dopo che ebbe pronunciato queste parole Nicolàs la abbracciò forte.
Abbraccio che venne subito corrisposto.
'' Temevo di non rivederti più su questa terra...''- le confidò il giovane ritornando a respirare normalmente.
'' Ho un angelo custode molto efficiente allora...''- scherzò lei, suscitando le risate del nobile.
Scherzi a parte, faticava a credere di essere ancora viva... e che lo fosse anche Aramis.
'' Lunette!''- la chiamò Aramis correndo verso di lei.
La ragazza si sciolse dall'abbraccio del nobile e corse ad abbracciare la sua amica -'' Come state? Vi fa male da qualche parte?''
'' Solo un po' la spalla...''- gia, il braccio per cui Lunette aveva afferrato Aramis, nel tentativo di salvarle la vita era lo stesso che poco prima era stato ferito da una freccia scoccata da Mansonne.
Aramis la guardò con gli occhi sgranati -'' Ma che cos'hai fatto... stavi per morire assieme a me... per una guerra che non era tua... stavi per perdere la vita...''
'' Gia...''- fece Lunette con un sorriso -'' ma almeno non stavo per perdere un' amica.''
Aramis l'abbracciò con minore intensità di come l'aveva stretta Nicolàs, ma da quell'abbraccio scaturiva  tutto l'affetto e l'attaccamento che provava per la ragazzina.
'' Non sai che paura mi avete fatto prendere quando Mansonne vi ha colpito...''- confidò Lunette.
'' Gia... ora che ci penso...''- Aramis tirò fuori il ciondolo che anni prima aveva donato a François,
La pietra era incrinata e dopo alcuni secondi si ruppe totalmente, scoprendo il ritratto di una bellissima ragazza bionda, occhi azzurri, di appena sedici anni.
Aramis versò una lacrima di gioia, commozione ma anche nostalgia.
'' François...''- le aveva salvato la vita.
Persino la morte non era riuscita ad impedire al suo amato di continuare a proteggerla e vegliarla, come quando era in vita.
'' Mi ha salvato la vita...'' - ripetè come in trance.
Lunette annuì sorridente -'' Altrochè se lo ha fatto... ed è orgoglioso di voi. Ovunque sia, in questo momento è orgoglioso.''
Ne era sicura.
Anche se non aveva mai avuto tempo e modo di conoscere il fidanzato della sua benefattrice, era certa che ovunque si trovasse in quel momento era orgoglioso della sua amata Renèe.
Fiero di averla amata.
Fiero di averla vista combattere soprusi e ingisutizie.
Fiero di averla vista salvare il suo protetto Philippe.
Ma più di tutto... fiero che la sua amata non si fosse abbassata allo stesso livello di colui che aveva infranto il loro sogno.
Ma finalmente quella folle ricerca, quel fantasma che Aramis aveva riconcorso per anni... era tutto finito.
Ora poteva tornare alla vita.
E ciò riempiva entrambe le ragazze di gioia.

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Capitolo 43
*** Partenze ***


 Alle fine, la battaglia volse al termine, com'era giusto che fosse per tutte le cose e l'esito fu un vero successo per i moschettieri del re e la potenza militare francese.
Anche Maschera di ferro iniziò a pensare che oramai avrebbe dovuto fare il conto alla rovescia delle ore che gli restavano da vivere e in un tentativo disperato, decise di far saltare la roccaforte, prendere più ricchezze che poteva e di fuggire con Milady.
Ma Milady, inaspettatamente non solo aveva deciso di risparmiare D'artagnan pur avendolo praticamente alla sua mercè, ma non aveva fatto nessun tentativo per mettersi in salvo.
Maschera di Ferro si era attardato un paio di minuti di troppo per cercare di convincerla... e perse così tempo prezioso che gli rese vano il tentativo di fuggire.
Dopo la terribile esplosione, quando le acque si furono calmate, il re diede ordine ai moschettieri e ai cardinalisti di rivoltare ciò che restava di quell'isolotto alla ricerca di Milady o di Maschera di Ferro.
Ovviamente non trovarono nulla.
Se non la maschera del bandito sulla riva della spiaggia.
'' Con tutta probabilità i loro cadaveri si trovano in fondo al mare.''- aveva ipotizzato Treville trovando immediatamente l'appoggio del re.
In genere, era risaputo che in assenza di cadavere le persone non erano morte ma sempliciemente scomparse... ma forse non valeva quando la scomparsa avveniva in un' isola rasa al suolo da una violenza esplosione.
E con quell'esplosione... l' Affaire Masque De Fer venne ufficialmente dichiarato chiuso, anche se vi era ancora un interrogativo a cui dare una risposta.
Ad esempio... chi era l'uomo che si celava sotto la maschera?
Non si sarebbe mai scoperto.

Poco più di una settimana più tardi, il re e i due reggimenti fecero ritorno in patria.
Luigi XIII su consiglio del fratello ritrovato si dichiarò disposto a concedere la grazia ed il perdono ai soldati che durante quella piccola guerra avevano lottato contro di loro, se questi avessero deciso di giurare eterna fedeltà alla corona.
Offerta che naturalmente non venne declinata.
Poco dopo la fine della battaglia, Lunette e Treville misero al corrente D'artagnan del rapporto tra il genitore di questi con il padre di Lunette, che da bambini avevano passato del tempo assieme spiegando così la sensazione  di conoscersi ancor prima di Parigi che Lunette sentiva da sempre, e di come poi la ragazza fosse stata allontanata dalla Guascogna.
Il giovane moschettiere parse subito mortificato alla notizia e chiese perdono alla giovane per aver inconsciamentr contribuito a darle una vita di stenti, paura e pericolo costante, ma Lunette lo tranquillizzò.
'' Adesso è tutto passato.''- aveva garantito.
D'artagnan e i tre moschettieri vennero acclamati come gli eroi che avevano salvato il regno e portati in trionfo, anche se nessuna dama di corte e nessun gentiluomo avrebbe mai creduto che sotto le vesti del quinto moschettiere, che aveva rischiato la propria vita per salvare quella di Aramis, vi si nascondesse una fanciulla.
'' Una donna che maneggia una spada? Mio Dio, che cosa sconveniente!''- avevano borbottato le ochette di corte quando il conte Monmercy, bloccato da una contessima e una marchesina e costretto ad '' Eccitante, travolgente e dettagliato resoconto della loro avventura'', aveva rivelato alle due nobili che tra i soldati più coraggiosi, aveva combattuto una ragazza.
'' No, sconveniente è parlare quando si è consci di non poter dire qualcosa di simpatico...''- avrebbe voluto dire lui, ma si zittì in onore delle regole del bon ton e del suo essere gentiluomo.
Lunette gli passò da vicino cercando di non curarsi degli sguardi delle due ochette ma non potè negare di sentirsi nuovamente pungolata da una sensazione che non riuscì a classificare.
'' Lunette...''- fece Nicolàs raggiungendola sulle scalinate del palazzo circa dieci minuti dopo -'' che fai, non mi saluti quando mi vedi?''
Lunette rispose facendo la gnorri -'' Primo, mi sembrava fossi gia in buona compagnia... secondo, gia mi considerano l'amante segreta di Aramis''- Dio, come si vede che non hanno nulla da fare, pensava ogni volta che la sfiorava  tale pensiero -'' preferisco non dar loro altro materiale compromettente.''
Nicolàs decise di azzardare -'' Ed è vero?''- a quella domanda Lunette lo fissò con lo sguardo tipico di un pesce lesso -'' che state assieme... voglio dire.''
Lunette sbottò, infastidita -'' Santo cielo, no! Assolutamente e sinceramente no. La verrità è che non riescono a distinguere l'amore dalla gratitudine e dall'affetto. Ed ora ti prego, non mettertici pure tu con queste sciocchezze e a spettagolare.''
Nicolàs alzò le mani in segno di resa, ridendo sotto i baffi -'' Va bene, mi arrendo... deponete la vostra spada messere.''
Scoppiarono a ridere come matti ed iniziarono a passeggiare assieme nei grandi giardini della reggia del Louvre.
'' E comunque ero costretto alla loro compagnia perchè le ochette chiacchierone, come le hai graziosamente soprannominate''- qui vide che Lunette pareva essere molto soddisfatta di quel nome appioppato da lei alle dame di corte che sentiva come una conquista tutta sua -'' volevano sapere tutto della nostra avventura a Belle Ile... e dal momento che Aramis e i tuoi amici sembrano essere spariti mi hanno catturato e torturato.''
Lunette rise di gusto, ma non poteva che provare compassione per il povero Nicolàs. Aveva ascoltato una conversazione tra fanciulle di buona famiglia soltanto una volta... e ritenne che persino  Rochefort sarebbe stato capace di dire cose ben più intelligenti.
E per i rapporti che aveva con il cardinalista all'epoca dei fatti, ovvero quando era una quindicenne, era tutto un dire.
'' Se ti interessa, il re li ha convocati stamattina.''- lo informò la ragazza -'' credo che li voglia ricompensare per la buona riuscita della missione.''- qui fece una piroetta dalla contentezza -'' ancora non mi pare vero che sia tutto finito e che possiamo tornare alla normalità.''
Gia... l'affare di Maschera di Ferro, non si era rivelato così semplice come appareva all'inizio... intrighi politici, accuse di alto tradimento, tentati omicidi anche a discapito suo... l'unica cosa che la consolava era che finalmente Aramis potesse se non mettere una pietra sul passato, almeno guardare al fututo con speranza.
'' Gia... ''- anche Nicolàs pareva molto più sereno. Vero, non aveva ucciso Maschera di Ferro... ma per lo meno adesso aveva la certezza che quell'animale non avrebbe messo altre persone nella terribile situazione in cui aveva trascinato lui, quando l'aveva reso orfano.
Un altra vita che sarebbe rifiorita.
'' Lunette... io... ho deciso... di partire.''
Un fulmine a ciel sereno.
Lunette ne era rimasta pietrificata ma non lo diede a vedere -'' E dove vorresti andare?''
'' Più che altro... dove voglio tornare. A Marsiglia... devo dire ai miei che è tutto finito, dirlo a mia zia... voglio rivedere casa mia, la mia città... riprendermi un po' la mia vita.''
Lunette annuì comprensiva, anche se l'idea di non vederlo più per chissà quanto non la riempiva di gioia...
'' Lunette, ma che stai pensando?''- fece una voce dentro di se -'' sembri una ragazza innamorata!!!''
Non le badò.
'' Fai bene...''- disse Lunette -'' devi andare da loro... e sono certa che ovunque essi siano, sono orgogliosi di te... per come hai affrontato tutto questo... e per l'uomo che sei diventato.''
Nicolàs sorrise e in quel momento Lunette pensò che gli occhi del giovane conte, fossero la cosa più bella che avesse mai visto in vita sua.
'' Anche i tuoi... per molte cose. Perchè sei una bellissima ragazza... perchè hai un cuore gentile... perchè sei un moschettiere ad hoc... ed io, se conta qualcosa...''- certo che conta, anzi! - pensò la ragazza -'' ti sarò per sempre grato per quello che hai fatto per me... dal trattarmi come un amico al volermi staccare la testa a morsi per le bugie che ti ho detto su di me...''
Risero entrambi, divertiti al pensiero di quel piccolo battibecco.
'' Beh... io adesso vado a sistemare alcune cose... parto tra un'ora.''- fece Nicolàs -'' se ti va... possiamo salutarci come si deve alla porta di Saint Denis.''
Lunette annuì e così facendo lo lasciò andare.
Non rimase sola per molto.
Nemmeno dieci minuti dopo venne raggiunta dai tre moschettieri e D'artagnan.
'' Ehy Lunette!''- fece Athos con un'espressione divertita in volto -'' non sai che ti sei persa...sai cos'ha chiesto D'artagnan come ricompensa? Un elefante.''
Lunette sgranò gli occhi.
Un elefante?
'' Beh... è una richiesta alquanto insolita, glielo concedo...''
Porthos continuò -'' Avresti dovuto vedere la faccia del re... Treville ha dovuto fare i salti mortali per non scoppiargli a ridere in faccia...''
Lunette stessa trattenne a stento una risata, immaginandosi la scena.
'' A proposito, Nicolàs dov'è?''- fece Porthos desideroso di raccontare anche a lui la buffa scenetta che si era creata.
Lunette sospirò -'' Aveva delle cose da sistemare... tra un'ora parte per tornare a casa sua.''
Aramis la guardò triste ma comprensiva.
'' Mi dispiace tanto tesoro...''- fece la bionda avvicinandosi.
Lunette scosse la testa -'' Non è niente, davvero...''
Aramis però non pareva convinta... come se quella frase l'avesse gia sentita e risentita abbastanza da poter dire che era una bugia.
'' Sempre la solita vecchia storia...''- non potè fare a meno di pensare la bionda.
'' Diciamo che fingiamo di crederti...''- fece Porthos portando avanti un cofanetto -'' ma qui c'è qualcosa che ti farà sentire meglio.''
Aramis sospirò.
Porthos aveva buone intenzioni, come sempre... peccato che non fosse molto esperto sulle questioni di cuore e che dunque ignorasse che un giocattolo nuovo o un dolcetto non avrebbero potuto lenire la pena di un cuore innamorato e turbato.
'' Che cos'è?''- fece Lunette prendendo ciò che Porthos le aveva offerto.
'' E' da parte del re. Un piccolo segno della sua riconoscenza per aver partecipato alla battaglia.''- le spiegò D'artagnan.
Lunette sgranò gli occhi.
Non erano certo molti, ma era la prima volta che vedeva dei gioielli tutti insieme.
'' O l'hanno sostituito di nuovo o stavolta è diventato matto per davvero...''- commentò ad un certo punto -'' Mi spiace, ma temo di non poter accettare...''
'' Andiamo, piccola...''- fece Porthos -'' guarda che non tutte le serve hanno il beneficio di poter...''
Quattro paia di occhi fecero capire al gigante che forse era bene NON portare a termine quella frase che poteva insinuare un commento poco carino.
'' Scusa Lunette.''- fece il gigante.
Lunette rise sotto i baffi per quel goffo tentativo che avevano fatto nel convincerla -'' Ad ogni modo... non posso accettare.''
E c'è n'erano di buoni motivi... primo, non sentiva quei gioielli come una sua proprietà. Secondo, gli oggetti vistosi le erano sempre piaciuti il giusto... eccezion fatta per il braccialetto della madre che non si era mai tolta fin dal giorno che suo padre glielo regalò prima di imbarcarsi in una guerra dove trovò la morte. Terzo... preferiva non dare altro materiale da ricamo alle dame di corte.
'' Rifiutare un regalo del re sarebbe da scortese, però...''- fece Athos pur comprendendo i suoi motivi ed appoggiandoli uno per uno.
Lunette si accigliò fissando l'immagine incisa sul cofanetto.
E la domanda sorse spontanea.
'' Perdonate... il re dove ha trovato questo scrigno?''
Fu D'artagnan a rispondere.
'' Era nella refurtiva che abbiamo recuperato sull'isola e con tutta probabilità i suoi proprietari sono morti. Ci ha detto di darlo a te.''
Il viso di Lunette si illuminò -'' So a chi appartiene.''
La decisione era presa.
Avrebbe restituito quel cofanetto al legittimo proprietario, sino all'ultima pietra.

'' Nicolàs!!!''- gridò Lunette raggiungendo il giovane nobile al luogo dell'appuntamento e all'orario stabilito.
Il giovane sorrise nel vederla arrivare.
'' Scusa se ti ho fatto aspettare.''- fece la ragazza tenendo le mani nascoste dietro la schiena.
Nicolàs le fece segno di non preoccuparsi.
'' Fa niente, io sono appena arrivato e...''- qui s'insospettì nel vedere la posizione della giovane -'' ma cosa nascondi dietro alla schiena?''- fece sporgendosi per vedere meglio.
Lunette sorrise birichinamente.
'' Ho una cosa per te.''- e da dietro la schiena fece apparire il cofanetto che il re voleva farle avere come ricompensa.
Nel vedere l'aquila che avvolgeva un rosa, il giovane conte ebbe un sussulto.
Lo stemma dei Montmercy.
Della sua famiglia.
Tenendolo in mano gli tremavano le mani, tanto da aver paura di farlo cadere.
'' Il re lo ha dato ad Aramis per farmelo avere... ma ovviamente non posso accettare. Sono tuoi.''
Nicolàs sorrise commosso e riconoscente nell'aprire il cofanetto dei gioielli.
'' Erano di mia madre...''- le spiegò -'' Non so davvero come ringraziarti.''
Lunette sorrise sbarazzina.
'' Non devi ringraziarmi. Sono tuoi ed a te che devono tornare.'' - il giovane le mostrò il cofanetto aperto, suscitando così la sua confusione.
'' Scegline uno.''
'' Cosa?''
'' Sul serio... scegli quel che vuoi. Un piccolo segno della mia gratitudine.''
Lunette sbiancò ed alzò le mani come in segno di resa.
'' No, non posso... non posso tenere un oggetto così prezioso.''- fece lei cercando di rifutare senza offenderlo.
Quei gioielli erano dei ricordi e  tralasciando che non le pareva proprio il caso che una popolana possedesse un oggetto così prezioso, non le pareva giusto privare il giovane Nicolàs nemmeno di una pietra, per quanto piccola potesse essere.
Nicolàs, per niente offeso, si limitò a sorridere.
'' D'accordo... sceglierò io per te... ah si, questo.''- nel dir così tirò fuori dal cofanetto un crocifisso d'oro con al centro una pietra blu e lo mise al collo della ragazza -'' ti sta benissimo.''
Lunette prese la croce tra le mani... effettivamente era bellissima ma non era convinta.
'' Ti prego, accettala.''- fece Nicolàs con un tono al quale era impossibile dir di no -'' accettala come se fosse il regalo di...di.... di....''- tentennò il giovane come se non fosse capace di trovare le parole adeguate -'' di una persona che tiene molto a te.''
Lunette sorrise e quel sorriso fu l'equivalente di un assenso.
Ma era giunto il momento dei saluti.
''  Adesso devo proprio andare... i miei mi staranno cercando. A presto Nicolàs...''- fece Lunette intristendosi.
Il giovane nobile la prese amichevolmente per le spalle -'' Ci rivedremo presto.  Te lo prometto. Fino a quel momento... cerca di tenerti alla larga dagli intrighi politici, va bene?''
Lunette rise di cuore -'' Temo che siano loro che vengono a cercare me... ma ci proverò.''
Un ultimo cenno con la mano da parte del giovane a cavallo, segnò la separazione tra i due giovani e la speranza di potersi davvero rivedere un giorno non lontano.

'' Dal re non puoi accettare regali, ma da Nicolàs si però, eh?''- la prese in giro Costance quella sera.
Il sarto Bonacieux, per festeggiare il ritorno della figlia a casa e soprattutto per festeggiare la fine di un incubo che gli era parso non finire mai, aveva invitato i moschettieri e la ragazza a cena da loro.
Festa che tra l'altr serviva a salutare il giovane D'artagnan che per i suoi servigi alla corona, oltre ad essere ricompensato con l'elefante, aveva anche ottenuto su decisione del re una piccola ricchezza in denaro che avrebbe permesso ai suoi nonni di vivere un po' più comodamente ed una licenza di sei mesi.
Sarebbe partito subito dopo la festa per essere in Guascogna l'indomani per pranzo.
Anche Jean avrebbe lasciato Parigi. Sull'isola di Belle Ile aveva trovato un ciondolo appartenuto a sua madre ed aveva deciso di riprendere le ricerche, lontano dalla capitale.
'' E' un piccolo regalo che ha voluto farmi come segno di arrivederci...''- fece lei abbassando gli occhi.
'' Sta attenta Lunette... l'ultima volta che qualcuno ha regalato una collana stava per accadere il finimondo, ti ricordi?''- fece D'artagnan ridendo.
'' E chi se lo scorda, figurati...''- fece Jean.
Gia.... ancora non pareva vero a nessuno di quanto fosse passato in fretta il tempo... il giorno prima i moschettieri erano acerrimi nemici dei cardinalisti e combattevano contro il tempo per riportare a Parigi il collier della regina... e adesso combattevano fianco a fianco in nome della Francia.
'' Lunette, ho avuto un' idea.''- dece ad un certo punto D'artagnan -'' perchè non vieni con me in Guascogna?''
Questa richiesta spiazzò la giovane.
Un simile invito non sarebbe stato meglio rivolgerlo a Costance piuttosto che a lei?
'' Come scusa?'' - chiese la giovane.
'' Mi pare un'ottima idea.''- intervenne Athos -'' sarebbe un'occasione perfetta per informare i nonni di D'artagnan che sei viva e che stai bene...che non provi risentimento verso di loro... rivedere la tua casa e la terra in cui sei nata.''
A quanto pare il guascone aveva esposto la propria idea ai suoi amici, prima che a lei... e sembravano incoraggiarla a partire.
Ci rimuginò un po' sopra e dovette ammettere con se stessa che l'idea di un viaggio non le dispiaceva... gli unici viaggi che aveva intrapreso da quando era stata presa da Aramis erano state le missioni al porto di Calais e all'isolotto di Belle Ile.
In fin dei conti sarebbe stato simpatico poter fare un viaggio senza il pensiero di dover combattere e stare all'erta per evitare di farsi uccidere appena arrivata o con il pensiero '' Presto, dobbiamo fare presto!''
E poi vedere i luoghi che avevano fatto la gioia dei suoi genitori per lei sarebbe stato come ritrovarli dopo tanti anni.
Perciò...
'' Ne sarei davvero felice.''- ma non sarebbe partita assieme a D'artagnan.
Dopo la festa sarebbe tornata a casa, preso ciò che riteneva le sarebbe servito e sarebbe partita la mattina dopo.

'' Ma siete sicura che...''- fece Lunette mettendo un vestito in una sacca da viaggio, rivolta alla sua bionda padrona che si stava dando da fare per aiutarla a scegliere cosa lasciare e cosa portare.
Ovviamente, Fabrice e Jula sarebbero partiti con lei.
Sarebbero stati la sua piccola scorta durante il tragitto.
Aveva preso la sua decisione troppo in fretta forse... lasciando Parigi avrebbe lasciato anche Aramis da sola... la donna che l'aveva salvata e che aveva giurato di servire.
Le sembrava quasi un tradimento...
'' Ne abbiamo gia parlato...''- la tranquillizzò la bionda -'' Lunette sei stata una brava serva ed un'ottima amica, la migliore che abbia mai avuto... e credimi, da nobile non avevo amicizie degne di nota...''- le due risero -'' se non ci fossi stata tu a sostenermi sempre, in qualunque situazione, anche quando ho apparentemente tradito tutto ciò che ti ho insegnato non hai mostrato il minimo segno di cedimento...
Ma non ti ho salvato da una squallida prigione per condannarti ad una prigione migliore. Non sei una prigioniera. Sei libera, capito? Libera. Puoi partire quando vuoi e puoi tornare quando vuoi. E poi... mi lasci in buone mani, no?'' - e nel dir così le strizzò l'occhio.
Le due si abbracciarono come due sorelle, cosa che effettivamente erano diventate.
Senza che la bruna la vedesse, Aramis versò una lacrima.
Certo era molto felice che Lunette dopo tanti anni avesse la possibilità di tornare a casa e che nel giro di qualche mese sarebbe tornata... ma le sarebbe comunque mancata da morire.
La sua amica, la sua sorellina... le sarebbe mancata.
Ma ora doveva lasciarla volare.
Ormai era una donna forte e coraggiosa, in grado di affrontare la vita.
Non vi era ragione di preoccuparsi.
E poi... sei mesi sarebbero passati in fretta.

Beh... la serie è finita. E francamente mi commuovo al pensare di com'ero inesperta quando l'ho cominciata ed essere arrivata fin qui mi pare un sogno.... ma le avventure della giovane Lunette non sono certo finite qui...

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Capitolo 44
*** Ritorno alle origini ***


'' Vi scriverò ogni settimana Aramis...''- fece Lunette con la sua sacca da viaggio sotto braccio avviandosi fuori dalla casa della moschettiera per dirigersi verso Fabrice, gia sellato e pronto per il viaggio -'' e prima che ve ne rendiate conto io e D'Artagnan saremo di nuovo a Parigi.''
Indossava dei pantaloni bianchi, stivali neri ed una camicia viola. Ed ovviamente la sua spada attaccata alla cintura.
Così aveva deciso di vestirsi per quel viaggio: non era solo comodo ma anche sicuro. Una ragazza tutta sola sulla strada per la Guascogna da Parigi?
Davvero un boccone appetitoso per banditi e criminali.
Aramis le sorrise maternamente scompigliandole i capelli.
Non poteva crederci... la bambina scarna, timida, spaurita che aveva preso con se solo sei anni prima era diventata una donna. Una bellissima giovane donna che aveva gia vissuto mille avventure, che lei stessa mai avrebbe pensato di vivere a quell'età, adesso sapeva anche chi erano i suoi genitori... ed adesso era pronta ad andare per la sua strada.
Forse stava esagerando... in fin dei conti, Lunette non se ne andava per sempre. Avrebbe raggiunto D'artagnan in Guascogna, sarebbe stata ospite del giovane moschettiere e dei suoi nonni per un po' e avrebbe approfittato del soggiorno per riscoprire i luoghi che l'avevano vista nascere e sparire improvvisamente e magari... fare visita alla tomba dei suoi genitori.
Poi sarebbe tornata.
Ma era sempre una ferita vedere qualcuno che si ritiene di dover proteggere sempre in ogni modo possibile, allontanarsi anche se solo per poco.
Per lo meno, questa volta aveva la certezza di vederla tornare a casa viva.
Athos e Porthos aspettavano le due donne nelle stalle dove tenevano i cavalli di Lunette ed Aramis, anche loro visibilmente dispiaciuti nel veder la ragazza partire.
D'altronde come non essere dispiaciuti e orgogliosi allo stesso tempo? Per sei anni, per tutti loro quella ragazzina era stata quasi come una figlia.
Le avevano insegnato a leggere, scrivere, far di conto, a difendersi, le avevano passato i valori più importanti... non era forse quello che facevano un padre ed una madre con i loro figli?
Ma adesso doveva ritrovare se stesse e il suo passato.
Era una ragazza forte e coraggiosa, non avevano motivo di essere preoccupati per lei ma ciò non impediva loro di provare una forte nostalgia per quella partenza.
Athos l'abbracciò -'' Ci mancherai. La caserma non sarà più la stessa senza di te.''
'' Mancherete tanto anche a me, ragazzi.''- fece lei ricambiando l'abbraccio.
Poi fu il turno di Porthos abbracciarla.
'' Scrivimelo se qualcuno ti da fastidio e vengo subito a sistemarlo.''
Lunette rise leggermente.
Le sarebbero davvero mancati... sei mesi senza i loro allenamenti, le loro chiacchierate, i loro sberleffi contro i cardinalisti si sarebbero davvero datti sentire.
'' Mi raccomando Jula...''- fece Aramis accarezzando la testa del labrador -'' assicurati che non le succeda niente di male in questo viaggio.''
Jula abbaiò due volte come per assicurare che avrebbe mantenuto la promessa.
'' Bravo piccolo...''- lo accarezzò Lunette -'' sarai la guardia del corpo migliore che c'è.''
Fabrice nitrì per ricordare alla padrona che ci sarebbe stato anche lui in quel viaggio al suo fianco.
'' Anche tu Fabrice... hai ragione, scusa.''- si scusò la ragazza accarezzando il muso dell'animale.
I moschettieri risero assieme a lei.
Era arrivato il momento dei saluti.
Con l'aiuto di Athos, la ragazza riuscì a montare in sella e a sistemare Jula in modo che l'animale stesse comodo ma non cadesse e permetterle di guidare il cavallo allo stesso tempo.
Era pronta a partire... o almeno sembrava.
'' Lunette, aspetta!''- fece la voce della dama di compagnia della regina. Guardando dritto davanti a lei, la bruna vide arrivare l'amica di corsa e con un cestino sottobraccio.
Sospirò di sollievo.
Temeva che non venisse a salutarla e invece...
'' Meno male che ti ho fermato...''- fece Costance riprendendo fiato ed allungandole il cestino.
La ragazza lo prese e tolse la tovaglietta a quadretti rossi e bianchi che lo copriva: nel cestino vi erano due mele, un pezzo di torta di mele, una forma di formaggio e una bottiglia d'acqua.
'' Martha ha pensato che ti avrebbe fatto comodo qualcosa da mangiare durante il viaggio.''- spiegò Costance.
Lunette sorrise, sistemò il cestino e si sporse per abbracciare l'amica.
'' Grazie.''
'' Mi raccomando...''- fece la bionda.
'' Non temere, mi assicurerò che D'artagnan torni da te tutto intero.''- fece strizzandole l'occhio.
Dopo di che diede un piccolo calcio al cavallo e questi iniziò a correre verso la porta di Saint Denis con a bordo la sua giovane padrona e il labrador.
Lunette si voltò indietro un' ultima volta prima di uscire dalla città che sei anni prima l'aveva vista bambina e che lentamente l'aveva trasformata in una donna matura, forte e coraggiosa... e perchè no, forse anche innamorata.
Ma questa... era un'altra storia.

Dal momento che aveva calcolato di essere in Guascogna per il tramonto, si fermò molto poco e solo per due volte.
Il tempo di riposarsi un po', permettere a Jula di sgranchirsi le gambe, a Fabrice di abbeverarsi e a tutti e tre di mangiare qualcosa.
Finalmente arrivò.
Era stato un viaggio lungo, ma ne era valso ogni secondo.
Il cielo, l'aria, i fiori, il colore del grano, l'acqua... per quanto amasse quelle cose a Parigi, fu costretta ad ammettere che perdevano ogni bellezza se paragonati alla genuinità che quelle cose avevano in aperta campagna.
Riconobbe quasi subito la casa di D'artagnan, per due motivi.
Il primo era che D'artagnan le aveva descritto così bene il luogo in cui era cresciuto tanto che aveva avuto l'impressione di esserci gia stata.
Ed effettivamente era così. Solo che era troppo piccola allora.
Secondo... le aveva disegnato una mappa.

 

'' Lunette!'' - la accolse D'artagnan uscendo di casa con foga.
Appena le fu di fronte le gettò le braccia al collo.
L'abbraccio venne subito contraccambiato.
'' Come stai, hai fatto buon viaggio?''- le domandò subito con la stessa foga con la quale era uscito di casa.
Lunette annuì sorridendo.
'' E' stato un magnifico viaggio... non ho mai visto tanto verde e tanti fiori, tutti in una volta in tutta la mia vita... e mai respirata un' aria così pulita.''
D'artagnan sorrise.
'' Beh... felice che ti piaccia. Benvenuta in Guascogna...''- le tese una mano invitandola ad entrare in casa.
I due ragazzi entrarono seguiti a ruota dal cane della ragazza.
'' Nonno, nonna... è arrivata.''- fece D'artagnan condicendola in casa. La loro casa tutto sommato non era male. Non era bella come la sua casa a Parigi e nemmeno sfarzosa come il palazzo reale, ma era un posto pulito, accogliente e si era sentita al sicuro appena entrata.
Oltre a D'artagnan vi erano due persone anziane, che Lunette identificò subito come i nonni del suo giovane amico.
'' Piacere di conoscervi.''- fece accennando una lieve riverenza in segno di saluto e rispetto.
L'uomo la guardava con aria stralunata.
'' Nonno...''- fece D'artagnan notando l'espressione del congiunto -'' c'è per caso qualcosa che non va?''
Victor rispose subito -'' Figliolo, non mi ritrovo... se non erro hai detto che la tua ragazza aveva gli occhi blu e i capelli biondi...''
Catherine gli mise una mano sulla spalla -'' Victor... guardala bene.''- lei stessa era incredula -'' non ti pare che somigli molto a...''
Se prima era stralunato, adesso il volto di Victor era pallido come un cadavere -'' Mi venga un colpo... Gabrielle?!?''
Lunette dissentì.
'' No. Gabrielle era mia madre. Io sono Lunette... Lunette Le Goff.''- e nel dir così mostrò il polso a cui teneva il braccialetto appartenuto alla sua defunta madre.
'' Divina misericordia...''- fece Victor.

Una volta ripresosi dall shock, i due coniugi si sedettero a tavola assieme ai due ragazzi per gustare assieme una cena a base di zuppa di patate, carne e formaggio.
I due coniugi, appena scoperta l'identità della fanciulla e ripresosi dallo shock le dimostrarono subito un affezione pari solo a quello che si poteva nutrire per una nipote. Le confermarono tutta la storia che le era gia stata raccontata da Treville.
E lei, a sua volta, narrò loro cosa era successo dopo: raccontò dell'orfanotrofio, degli anni bui della sua infanzia all'osteria dove era cresciuta dopo essere stata praticamente rapita da quell'uomo violento e burbero, del suo incontro con Aramis e le mille avventure ache aveva vissuto.
Ma sia lei che il moschettiere si guardarono bene dal dire che il giovane moschettiere biondo che l'aveva presa a servizio era in realtà una fanciulla.
'' Santo cielo...''- fece Catherine al termine di quel racconto. Le avventure che suo nipote e la sua amica avevano vissuto l'avevano impressionata... ma il sentire di come la ragazzina fosse stata trattata quando era appena una creatura l'aveva sconvolta.
E così anche suo marito.
'' Prendersela in quel modo con una bambina innocente... è orribile. Orribile. Non ci sono parole.''
Lunette sospirò.
Ricordare quel passato era una ferita sempre aperta. Ogni volta che si rimarginava e ne parlava... ricominciava a buttare sangue.
'' Lunette...''- fece Victor con aria colpevole -'' Quando tuo padre partì per la guerra e ti affidò a noi... le cose andavano bene. Ma poco dopo la fine della guerra, la nostra famiglia attraversò un grave momento di tracollo finanziario. Tuo padre e nostro figlio morirono... e per il dolore, anche la madre di D'artagnan ci lasciò.''
Ora era il punto di D'artagnan di incupirsi.
Lunette gli prese la mano per confortarlo: erano stati entrambi vittime della guerra. Erano vivi... ma a che prezzo? Non poter conoscere l'abbraccio di una madre e poter ascoltare le parole sagge e piene d'affetto di un padre.
Non c'era che dire, davvero alto come prezzo da pagare.
Catherine riprese -'' Niente ci avrebbe resi felici come il poterti adottare... nostro figlio e nostra nuora, avevano gia in animo di dare un fratellino o una sorellina a D'artagnan... volevano avere tanti bambini, ma il destino ha deciso diversamente.
Eravamo diventati troppo poveri... ed un giorno ci si presentò un terribile dilemma. La Guascogna fu colpita dalla carestia, avevamo a malapena per tre, figurarsi per quattro... e pensammo che forse saresti stata più fortunata altrove.''- nel dir così andò in cucina.
'' Ma ci devi credere...''- intervenne nuovamente Victor -'' non l'avremmo mai fatto se avessimo saputo che...''
Lunette mise le mani in segno di resa.
'' Non dovete giustificarvi ne scusarvi...''- li rassicurò lei con un sorriso -'' anch'io avrei agito così al vostro posto. E poi non tutto il male è venuto per nuocere, è vero i miei primi anni non sono stati facili... ma non avrei conosciuto i moschettieri e non avrei vissuto le avventure che abbiamo avuto. E poi... poteva andarmi peggio.''
'' Ah davvero?''- fece D'artagnan -'' e come?''
'' Aramis mi ha detto che i miei nonni erano disposti a riaccogliere me e mio padre a patto che lui...''- non concluse la frase, ma D'artagnan capì cosa sarebbe successo in caso Lunette fosse tornata a vivere con i nonni paterni e si sentì invadere da una rabbia profonda.
E lui era solo indignato, non osava immaginare come si potesse essere sentita la sua amica.
Era presto detto.
Rabbia e odio allo stato puro, ovviamente. Un motivo in più per avercela con la classe dei nobili... ma non era un valido motivo per fare di tutta l'erba un fascio.
Athos era un nobiluomo. Eppure era gentile, giusto e pronto a battarsi in nome di Madama Giustizia.
Aramis era stata una nobildonna eppure aveva un cuore gentile e generoso, malgrado fosse stato sfigurato dalla sofferenza.
Treville era il secondo uomo più importante di Guascogna e fin dal suo primo incontro con D'artagnan gli aveva fatto capire che non era il titolo o l'abilità con la spada a fare un moschettiere, ma quello che c'era nel suo cuore.
'' Ah, te li raccomando quelli!''- sbottò Victor.
Lunette storse il naso. No, decisamente i suoi nonni non piacevano a nessuno. E per fortuna.
'' Ma ora basta parlare di me e di quelli...''- non usò la parola ''nonni'', proprio per sottolineare che non riconosceva loro questo titolo -'' raccontatemi qualcosa dei miei genitori.''
Victor la accontentò subito.
'' Tuo padre era un uomo straordinario...''- fece Victor  rivolgendosi alla ragazza -'' discendente dell'alta nobiltà di Francia, grande cultura, amava molto l'arte in ogni sua forma... ed era un grande spadaccino oltre che un grande uomo.''
Lunette ascoltò con interesse tutto quello che il nonno di D'artagnan le diceva a proposito di suo padre e tagliata la prima parte di chi era il genitore, si sentiva sempre più orgogliosa di essere la figlia di Jean Le Goff.
'' E la mamma?''- fece Lunette con interesse vivo più che mai -'' conoscevate anche mia madre non è vero?''
Qui fu Catherine a prendere la parola, di ritorno dalla cucina con un vassoio di biscotti al cioccolato.
'' Credimi bambina...''- fece la donna -'' puoi essere fiera di entrambi. Gabrielle forse non possedeva le stesse origini e la stessa cultura di tuo padre... ma era una donna molto intelligente, molto coraggiosa e caparbia. Oltre ad essere una bellissima donna.''
D'artagnan guardò Lunette negli occhi -'' E' il tuo ritratto, in poche parole.''
Lunette sospirò.
'' Mi sarebbe piaciuto conoscerli....''
A quel punto Victor s'illuminò.
'' E ti piacerebbe....''- le propose -'' vedere la loro casa? La casa dove sei nata?''
Il cupo sul viso di Lunette scomparve.
'' E' davvero possibile vederla...? Voglio dire non è...''
Victor scosse la testa.
'' Mi avevano proposto di venderla assieme a quel piccolo podere a cui era accomunata, per stare bene un paio d'anni in più... ma mi è sempre mancato il coraggio. Assieme ad alcuni amici mi sono sempre adoperato per mantenerla in condizioni soddisfacenti. Allora, che ne pensi?''
'' Oh si, mi piacerebbe molto!''
'' Bene.''- fece l'uomo -'' adesso è tardi però. Vi andremo domani.''
Lunette abbracciò i due coniugi al colmo della felicità grata per non aver permesso che un pezzo della sua storia e dei suoi genitori andasse perduto per sempre e per darle l'occasione di ritrovarsi con la sua storia perduta.

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Capitolo 45
*** L'inizio di una nuova avventura ***


~Era passato diverso tempo da quando Lunette e D'artagnan erano tornati dal soggiorno in  Guascogna, dove D'artagnan aveva rivisto i suoi amati nonni e aveva condotto con sè Lunette, affinchè potesse vedere con i suoi occhi la casa e le terre che avevano visto nascere il grande amore tra i suoi genitori e poi che avevano visto nascere anche lei.
I sei mesi erano passati alla fine, e come succede alla fine di ogni vacanza, era arrivato per ambedue il momento di tornare alla loro consueta vita parigina.
Da allora, era passato un anno.
Le cose avevano piano piano ripreso il loro corso: D'artagnan era tornato in caserma con i suoi tre amici ed aveva ripreso felicemente la relazione con la bella Costance, e Lunette aveva ripreso il suo lavoro di domestica presso la casa di Aramis.
Insomma tutto come al solito... anzi, per la vita che erano abituati a condurre i moschettieri iniziavano a credere che fosse tutto un po' troppo monotono per i loro gusti.
'' Significa che il mondo è in pace.''- aveva commentato Athos una sera mentre lui e il resto del gruppo cenavano nella loro osteria preferita.
Ma quella pace era destinata a finire presto.
Molto prima di quanto potessero immaginare.
Iniziò tutto con una rissa.
'' LASCIATEMI ANDARE!!!''- strillò una voce femminile.
I moschettieri si voltarono e videro uno spettacolo agghiaciante.
De Jussac ed un gruppo di loro guardie stavano inmportunando una giovane fanciulla, una venditrice ambulante di fiori da cui proprio qualche istante prima Aramis aveva comprato un mazzo di fiori a nome di D'artagnan, suggerendogli di portarlo a Costance per scusarsi del ritardo che stava facendo.
'' Andiamo.... divertiti un po' con noi, e noi compreremo i tuoi fiori.''- fece De Jussac senza lasciarle andare il braccio.
Ecco, se c'era una cosa che un moschettiere non riusciva a sopportare, sia come soldato che come gentiluomo, era che qualcuno abusasse dei propri gradi magari per infastidire una ragazza innocente.
Ragion per cui, il quartetto non si fece troppi complimenti ad intervenire in favore della ragazza e ad azzuffarsi di santa ragione con il vice capitano delle guardie del cardinale e con i suoi tirapiedi.

'' E' stata gentile...''- fece Athos accompagnando Aramis per un pezzo di strada dopo la rissa.
Il risultato li aveva riempiti di soddisfazione.
Moschettieri 1, cardinalisti 0.
Ma sapevano anche che il giorno dopo, quasi certamente, Treville avrebbe dato loro una tirata d'orecchi esemplare.
Poco male, pensarono entrambi, ne è valsa le paena.
Poco dopo, la ragazza che avevano difeso aveva ringraziato Aramis regalandogli un altro mazzo di fiori.
'' A regalarti un mazzo di fiori, voglio dire.''- precisò Athos.
Aramis aveva accettato di buon grado, ma solo perchè doveva fare un regalo.
Era diverso tempo che Lunette era strana.
Era tornata a casa da un anno, dopo la visita alla casa dei suoi genitori ed alla loro tomba, e dopo i primi sei mesi, aveva iniziato a comportarsi in modo strano.
Sì, svolgeva il suo lavoro come al solito, ma se qualcuno di loro le proponeva di uscire per cavalcare o per fare qualcosa che non fossero allenamenti lei rifiutava sempre.
Inoltre, aveva uno sguardo sempre triste e malinconico.
Era passato molto tempo dall'ultima volta, ma Aramis aveva un' idea abbastanza chiara di cosa angustiasse la sua amica.
Nicolàs Montmercy.
Era partito un anno e mezzo prima da Parigi, dicendo di voler tornare a casa per un po' e che poi sarebbe tornato, ma in tutto quel tempo non solo non si era mai fatto vedere ma non le aveva fatto nemmeno sapere tramite un biglietto se era ancora vivo.
E questo riempiva di tristezza la sua giovane serva, che malgrado lo negasse con forza a chiunque e a volte sembrava quasi sincera, si era innamorata del giovane nobile.
Aramis da una parte era felice per lei, come avrebbe potuto esserlo per una sorella minore, ma dall'altra parte era angustiata nel vedere la sua amica così triste per via di quel tizio che stando a lei e ai suoi amici moschettieri, se la stava prendendo decisamente troppo comoda.
'' Magari con questi fiori riesco a farla sorridere.''- pensò la bionda entrando in casa.
Lunette era seduta su una sedia vicino alla finiestra.
Capelli acconciati in una treccia, vestito composto da una camicetta bianca ed una lunga gonna blu.
Tra le mani aveva un libretto rilegato, che sembrava avere diversi anni, ma ultimamente Lunette lo leggeva e lo rileggeva con la stessa regolarità con cui Aramis si cambiava le camicie.
'' E' il diario di tuo padre, vero?''- fece Aramis poggiando i fiori sul tavolo prendendo posto accanto alla sua domestica.
Lunette annuì, abbozzando un sorriso.
Quando Victor, il nonno di D'artagnan, aveva portato lei ed il nipote a vedere la depandance che suo padre e sua madre avevano trasformato nella loro dimora, Lunette era rimasta per molto tempo in particolar modo nella saletta privata del padre.
La stanza in cui passava diverso tempo a leggere, scrivere e molto spesso, lui, Treville ed il padre di D'artagnan si sifdavano in duelli di scherma proprio in quella stanza.

'' Una volta, con una stoccata, ha messo fuori combattimento persino Treville.''- aveva detto Victor, causando l'incredulità del nipote.
'' Non sapevo questa cosa sul conto del nostro capitano...''- fece il guascone leggermente divertito nell'immaginarsi la scena.
Lunette guardava tutto ciò che era nella stanza con palpitante curiosità, quasi come se le cose presenti potessero parlare e raccontarle storie sui suoi amati genitori, ma non potè trattenersi -'' E ti conviene tenerlo per te, se ci tieni al tuo lavoro.''

Ed era proprio in quella stanza, che la ragazza aveva trovato quel libretto.
Il diario di suo padre.
Quel quadernetto sul quale aveva annotato tutto da prima de torneo di scherma dino al giorno in cui smise di scrivere.
L'ultimo appunto era un saluto per lei.
'' Adorata bambina mia, se stai leggendo questo vuol dire che il tuo papà è morto in battaglia. Spero che il cielo mi assista e mi faccia ritornare da te, tesoro mio, ma nel caso io non dovessi rivederti mai più... voglio che tu sappia che io e tua madre ti abbiamo amata più di qualsiasi altra cosa al mondo e che saremo sempre orgogliosi di te, qualsiasi cosa tu farai.
Il tuo papà.''
Ma al momento, la giovane non stava leggendo.
I suoi occhi erano fissi su un disegno che raffigurava due persone. Un uomo e una donna.
L'uomo aveva uno sguardo fiero, indossava una camicia bianca ed una giacca color terra, aveva la carnagione olivastra, dei baffi molto eleganti e gli occhi azzurri, molto profondi. Capelli neri come le ali di un corvo.
La donna era bellissima nel suo abito  d'organza bianco non ricco, ma ugualmente stupendo nella sua semplicità. Aveva i capelli scuri, leggermente più chiari rispetto a quelli del marito, e al posto degli occhi pareva avere due scheggie d'ambra incastonate nelle orbite.
Sorrideva amabilmente e sembrava non poter essere più felice di così. E vi era un dettaglio che non lasciava dubbi, sull'identità dei due.
Il bracciale che la donna portava al polso.
Lo stesso che Lunette aveva portato con sè per tutta la vita.
'' Ti mancano vero?''- fece la bionda mettendole un braccio intorno alle spalle per consolarla.
Lunette annuì.
Non li aveva mai visti nè conosciuti.
Eppure le mancavano da morire.
'' Spero solo di non deludere le loro aspettative...''- borbottò Lunette.
Aramis la guardò sconcertata e poi le sorrise amichevolmente.
'' Credimi, non le hai deluse. Anzi... hai contribuito a salvare la Francia, sei rimasta una ragazza dolce ed onesta, malgrado tutto quello che il tuo vecchio padrone ti ha fatto passare, non hai paura di dire la tua... ed hai salvato me.''
Ora era Lunette ad essere sconcerta.
'' Come prego?''
'' Mi sei sempre stata vicino, sempre e comunque. Persino quando era palese che stavo tradendo i miei amici, tu non hai esitato a restare con me pur conoscendo i rischi.
E mi hai impedito di commettere un delitto che mi avrebbe torturato per il resto della vita.
Credimi, non potrebbero essere più orgogliosi di così.''
Le due donne si strinsero in un abbraccio fraterno, uno di quegli abbracci che non si davano più da prima che Lunette partisse per la Guscogna.
Si erano invertite i ruoli.
Da che Lunette consolava Aramis per la perdita del suo amore, adesso era Aramis a dover rassicurare la ragazza e starle accanto.
'' Nicolàs...''- fece dentro di sè con un moto di rabbia -'' Sbrigati a tornare, prima che la tua Lunette se la porti via qualcun altro.''

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Capitolo 46
*** In soccorso di un amico ***


~Esattamente come Athos aveva previsto, Treville aveva avuto notizia che la sera prima i migliori combattenti del suo reggimento si erano azzuffati con i cardinalisti nell'osteria che era il punto di ritrovo preferito di entrambe le fazioni di combattenti francesi, e non potè esimersi dal rimproverarli, nonostante fosse pienamente d'accordo con i suoi uomini sul fatto che De Jussac meritasse una bella lezione in merito.
Infatti, la sua rabbia si trasformò in sottile orgoglio e soddisfazione personale quando toccò con mano che i suoi uomini erano usciti vincitori dalal rissa.
Ma proprio quando i moschettieri erano sul punto di gongolare e festeggiare per la loro vittoria, quasi come se la sfortuna ed il disastro si fossero ritenuti offesi per non aver potuto interferire con le loro vite per oltre un anno, accadde una terribile disgrazia.
'' D'artagnan...''- fece in conte Rochefort arrivando con almeno una decina delle sua guardie più fidate -'' Per ordine del cardinale Richelieu, vi dichiaro in arresto per omicidio.''
Queste parole fecero gelare il sangue dei presenti.
Nessuno escluso, persino il conte Rochefort, sembrava capacitarsi dell'idea che D'artagnan potesse aver ucciso qualcuno.
'' Chi è stato ucciso?''- chiese Aramis.
'' La ragazza che vendeva i fiori e che è stata la causa della rissa avvenuta ieri sera.''- fu la risposta del cardinalista -'' Il suo cadavere è stato ritrovato nella Senna, sotto un ponte.''
Per i moschettieri fu un' ulteriore doccia gelata, scoprire che la ragazza che solo la sera prima avevano cercato di difendere, fosse stata assassinata.
Jussac invece pareva gongolare, fiero come non mai di avere avuto in tempi così rapidi l'occasione di vendicarsi dei moschettieri per la batosta ricevuta la sera prima.
'' Inoltre, abbiamo alcuni testimoni che sostengono di avervi visto assieme a quella povera ragazza, proprio nel luogo in cui è stata ritrovata.''
'' E poi c'è questo.''- nel dir così, Rochefort tirò fuori il cappello del guascone -'' è il vostro cappello, se non sbaglio.
Abbiamo ragione di credere che vi sia caduto durante la colluttazione, mentre quella povera, innocente fanciulla tentava di sfuggirvi.''
''No...''- fece D'artagnan con un colore che lo faceva sembrare più morto che vivo -'' non è così, posso spiegare tutto...''
'' E lo farete, infatti. Ma lo spiegherete alla corte, non a me.''
Treville non era bendisposto a lasciar andare il ragazzo con i cardinalisti, soprattutto in stato di arresto, a meno di non avere la prova certa che i cardinalisti agivano in via legale.
Ma quando vide il mandato d'arresto, vergato dalla firma del primo ministro, dovette arrendersi.
D'artagnan, intanto, cercava di discolparsi -'' Ieri sera mentre tornavo a casa, l'ho vista su quel ponte e ho creduto che volesse suicidarsi...
Ho cercato di fermarla, siamo scivolati e caduti... devo aver perso il cappello in quel momento... l'ho portata a casa di Bonacieux e se n'è andata da sola... chiedete a Martha, Costance e a Monseiur Bbonacieux se non mi credete.''
Athos lo strinse forte per le spalle, nel tentativo di calmarlo, e gli parlò con voce paterna -'' D'artagnan, calmati. Ti crediamo, stai tranquillo.''
'' Assolutamente.''- si associò Porthos -'' è un' accusa ridicola!!!''
'' C'è senz'altro uno sbaglio... D'artagnan non farebbe mai una cosa del genere, avete forse dimenticato che non ha avuto nemmeno il coraggio di uccidere Milady quando gli era stato richiesto?
Se non ha ucciso una donna che aveva mille motivi per volerla morta, come potete pensare che abbia ucciso una ragazza innocente?''- putualizzò Aramis.
Purtroppo il capitano doveva dar ragione a Rochefort.
Vi erano indizi contro D'artagnan per quel delitto ed un mandato d'arresto nei suoi confronti, vergato dal cardinale Richelieu.
E seppur credesse fermamente nell'innocenza del ragazzo non poteva ignorare la procedura.
'' Se siete innocente, non dovete temere. Verrà dimostrato.''
E fu così che il giovane guascone, venen portato via in stato di arresto.
Tutto sotto lo sguardo attonito, sconvolto e disperato dei suoi amici.
'' Quel vecchio caprone di Richelieu!!!''- inveì Porthos rosso come un tacchino -'' come diavolo fa, anche solo a pensare, che D'artagnan possa aver ucciso qualcuno? Non posso crederci!!!''
'' Porthos, adesso calmati!!!''- cercò di calmarlo il leader del gruppo -'' non è certo lasciandoci prendere dalla rabbia verso Richelieu che aiuteremo D'artagnan.''
Una voce spezzata e femminile distrasse il gruppo dalle loro discussioni.
'' Che è successo?''- fece l'esile figura della cameriera di Aramis apparsa sulla porta -'' Ho visto Rochefort portare via D'artagnan... che diavolo è accauduto?''

'' No, io non ci credo...''- una volta informata Lunette dei fatti, la cosa più giusta da fare in quel momento, era informare anche Costance e le persone che vivevano con D'artagnan.
In primo luogo, anche loro erano la famiglia del guascone e Costance essendo la fidanzata del giovane moschettiere aveva diritto più di chiunque altro a sapere.
Secondo, per verificare la versione dei fatti di D'artagnan, e non perchè qualcuno avesse dei dubbi riguardo alla veridicità delle sue parole, ma per poter avere dei testimoni che lo dichiaressero.
Anche se sarebbe stato intutile.
Infatti, la testimonianza del sarto della regina e della sua dama di compagnia, avrebbe perso credibilità dal momento che Costance era la fidanzata dell'accusato.
E il giudice non si sarebbe fatto troppo problemi nel pensare che la governante di casa ed il padre di Costance, avrebbero confermato ogni sua parola solo per affetto nei confronti dell'ancella favorita della regina.
I tre però non poterono fare altro che confermare la versione dei fatti di D'artagnan.
'' E' rimasta poco...''- aggiunse Bonacieux -'' si è cambiata gli abiti fradici e si è dileguata nella notte.''
'' E poi è arrivata al ponte dove si è imbattuta nel suo assassino.''- concluse Aramis.
La domanda da porsi era... chi? Chi poteva desiderare morta una venditrice di fiori?
Non avevano una risposta a quella domanda... ma qualcosa che vi si avvicinava.
'' Ho trovato questo nella tasca del vestito che ha abbandonato qui.''- fece Martha porgendo un pezzo di carta piegato in quattro al più anziano dei moschettieri.
Athos prese la lettera ed iniziò a leggere ad alta voce -'' Prima di tutto, vi ringrazio per la vostra gentilezza.
Tuttavia vi chiedo un ultimo favore: nel caso dovessi morire, vi prego recapitate la missiva attaccata a questa lettera.... oddio mio...''
'' Athos, che succede?''- s'incuriosì Porthos notando il pallore dell'amico.
'' Parla di una missiva da recapitare urgentemente a Maria De Medici.''- fu la risposta del moschettiere bruno.
I presenti sobbalzarono.
'' La madre di Sua Maestà, il re?!?''- fece Aramis.
Athos annuì -'' Stando a ciò che scrive, la missiva di cui parla nella lettera doveva finire nelle mani della regina madre e di nessun altro.... beh, mi pare evidente che si tratti di qualcosa di ben più corposo di un omicidio qualsiasi.''
Furono tutti d'accordo con lui.
Quella ragazza, Carena da come si era firmata, doveva essere rimasta invischiata in qualcosa di grosso.
Qualcosa per cui qualcuno era stato pronto ad uccidere.
Il che escludeva D'artagnan dalla lista degli indagati.
'' E adesso che facciamo?''- chiese Costance preoccupata come non mai per il fidanzato.
'' Magari...''- azzardò Lunette proponendo un'idea -'' potremmo portare questa lettera a Rochefort.
Forse non libereranno subito D'artagnan, ma forse inizieranno a tenere in considerazione una pista in più oltre a...''
I loro discorsi furono interrotti dal nitrire di Ronzinante, il fedele cavallo di D'artagnan.
E quando videro il motivo dell'agitazione del quadrupede, il gruppo non potè fare a meno di sorridere.
'' Jean!!!''- fece Lunette abbracciando il bambino -'' Ciao piccolino... come stai?''
'' Bene, grazie... e tu?''- chiese a sua volta il bambino.
Lunette, in risposta, gli sorrise.
'' Jean, hai ritrovato la tua mamma?''- per questa domanda, Porthos si beccò un' occhiata glaciale da parte di Athos ed un pestone sul piede da parte di Aramis.
'' Ma che ho detto... OPS!!!''- fece il gigante buono, comprendendo la gaffe.
Se Jean avesse ritrovato sua madre, con lui avrebbe dovuto esserci anche la genitrice.
Il bambino s'intristì, per poi diventare preoccupato nel vedere che all'appello mancava proprio la persona che per molto tempo, era stata quasi una sorta di fratello maggiore per lui.

Una volta informato il piccolo dell'arresto e dell'accusa che pendeva sul capo del guascone, non fu facile convincerlo a restare con i Bonacieux mentre i moschettieri e la domestica di Aramis andavano allo Chatelet per cercare di capire cosa fosse accaduto realmente a quella povera ragazza e in cosa fosse rimasta coinvolta, per venire uccisa, ma alla fine ci riuscirono.
Il corpo della ragazza era su un tavolo di legno, interamento ricoperto da un lenzuolo, in una stanza che fungeva da obitorio.
Quando uno dei secondini le scoprì il volto, per i moschettieri non c'erano più dubbi.
Sì, quella ragazza era senza dubbio la giovane che avevano difeso dalle ''attenzioni poco gradite'' di De Jussac e compagnia bella.
'' Povera ragazza...''- fece Lunette facendo il segno della croce vedendo il cadavere di quella ragazza.
Aveva uno sguardo così sereno... pareva solo addormentata.
Ed infatti lo era. Solo che non si sarebbe mai più svegliata.
La cosa positiva era che era morta senza sentire dolore.
'' Guardate...''- fece Athos indicando la mano sinistra della vittima.
La giovane donna, infatti, stringeva un pezzo di carta nel pugno.
Un pezzo di carta che presentava il segno di uno strappo.
'' Questo dimostra che ha lottato duramente, non solo per difendere la sua vita...''- fece Athos.
'' Ma anche per proteggere quello che le era stato affidato.''- concluse Porthos.
E non ci voleva un genio per capire che doveva essere qualcosa di veramente importante, altrimenti Carena, sarebbe stata viva in quel momento e D'artagnan non sarebbe stato arrestato.
'' A prima vista sembrerebbe la pianta di una casa...''- fece Porthos porgendo il foglio ad Aramis -'' ma chi uccide per la piantina di una casa?''
Aramis impallidì nel vedere quella mappa.
Ma il suo pallore, mise in allarme solo Lunette.
Le due donne s'intesero con lo sguardo.
Non era nè il momento nè il luogo adatto, ma quella stessa sera, nella loro casa, la bionda avrebbe spiegato tutto alla sua giovane amica.

'' Quindi...''- fece Lunette osservando la piantina -'' questa sarebbe la casa  di François?''
François... Lunette non pensava che avrebbe sentito di nuovo quel nome, dagli avvenimenti di Bel Ile.
La bionda annuì.
Sì, ne era certa.
Quella era la casa  del suo amato ormai morto da sette anni e mezzo.
Chiunque avesse ucciso Carena cercava qualcosa custodito in quella casa.
E qualcosa le suggeriva che non si trattava di un banale ladro a caccia di gioielli o ricchezze varie.
'' Che possiamo fare?''- fece Lunette.
Aramis non si fece pregare nel rispondere -'' Esaudiamo le sue ultime volontà.
Carena chiedeva di consegnare la missiva alla regina madre, questo significa che  qualsiasi cosa ci sia dietro a quest'omicidio, Maria De Medici può darci una spiegazione.''
'' Avvertiamo anche Athos e Porthos?''- chiese la ragazza con candore.
Aramis fece cenno di no con la testa.
'' Chiunque sia l'assassino di quella povera ragazza, sa che noi moschettieri non ce ne staremo con le mani in mano mentre un nostro amico marcisce in prigione per qualcosa che non ha fatto.
Meglio non far parola con loro... per adesso.''- poi si affrettò a chiarire -'' Ovviamente, non sei costretta a venire con me...''
Lunette però era decisa nel seguire la padrona anche in quel frangente.
'' D'artagnan è anche amico mio.
Aiutarlo è un mio preciso dovere.''- nel dir così si diresse verso la cucina -'' preparo qualcosa per il viaggio...''
Aramis la bloccò.
'' Lunette, meglio non presentarsi come due moschettieri. Potremmo destare sospetti.
Ci presenteremo come Carena ed una sua amica. Difficilmente, sospetteranno di due dame.''
Lunette annuì.
'' L'unica cosa...''- fece Aramis con una voce ed un' espressione facciale scherzosa, tirando fuori dall'armadio un vestito rosa e bianco -'' credo di aver bisogno del tuo aiuto per questo coso. E' da un bel po' che non metto abiti del genere e potri aver perso la mano.''
Malgrado la situazione fosse preoccupante, le due donne si concessero una risata di cuore.

Lunette ed Aramis però non erano le uniche con in programma un viaggio.
Infatti, in una casa di nobili di Lione, il padrone di casa stava riaccompagnando il suo ospite, un giovane sui vent'anni e di bel'aspetto nella stanza degli ospiti.
'' Siete certo di voler ripartire proprio domattina? Potete fermarvi qualche altro giorno, non è affatto un disturbo.''
Il giovane sorrise per ringraziare e mise le mani avanti per rifiutare cordialmente -'' Vi ringrazio Marchese ma... tempo fa ho promesso di tornare a Parigi. Ed è ora di mantenere quella promessa.''- e dentro di sè pregò -'' Ti prego, dimmi che mi hai aspettato...''

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Capitolo 47
*** Arrivi e partenze ***


~Il palazzo del Lussemburgo era situato nella regione Ile De France e fu fatto costruire per volere della regina Maria De Medici, quando il figlio Luigi raggiunse la maggiore età e lei terminò il suo periodo di reggenza, e lo fece costruire in una zona più periferica.
Farsi ricevere dalla regina madre fu molto facile: bastò dire che Aramis si chiamava Carena, leale serva di Max e la regina madre ordinò alle sue dame di compagnia di far accomodare le due fanciulle.
E si fece ancora più interessata quando Aramis confidò alla monarca che il motivo della loro visita era il consegnare a Sua Altezza la Regina Madre una missiva da parte di Max.
Ma proprio mentre stavano parlando...
'' Presto, a terra!!!''- urlò Aramis buttandosi sulla monarca.
Il proiettile si conficcò nella statua di un agelo lì accanto e gli staccò di netto un braccio, soprattutto grazie alla prontezza di riflessi di Aramis che lanciò un pugnale in direzione del fucile.
'' Restate qui!!!''- fece Aramis inoltrandosi tra gli alberi.
'' Restate giù, Vostra Altezza.''- suggerì Lunette estraedo a sua volta un pugnale. Lo stesso pugnale che aveva usato per affrontare Maschera Di Ferro molto tempo rima, ed un lupo affamato... lo stesso giorno che conobbe Nicolàs.
Ed ora sembrava pronta ad usarlo di nuovo.
Ok, doveva ammetterlo. Passare sei mesi in Guascogna e poi un intero anno a Parigi senza complotti o dover difendersi e cacciare pericolosi sicari un po' l'aveva annoiata... peccato che una sparatoria rovinava la bellezza poetica del giardino in cui si trovavano.
Proprio in quel momento, vennero la serva e la regina madre vennero raggiunte da un uomo molto benvestito che si avvicinò immediatamente all' ex reggente.
'' Fermo!!!''- fece Lunette aumentando la stretta attorno all'elsa del pugnale -'' Chi siete?''
Aramis, che aveva appena fatto ritorno fece la stessa cosa.
La regina madre spezzò una lancia a favore dell'uomo che era appena arrivato.
'' Va tutto bene, non preoccupatevi. E' Pizzarro, il mio ciambellano.''- poi si rivolse all'uomo -'' Un intruso ha cercato di spararmi. Bloccate entrate e uscite e setacciate la proprietà.''
L'uomo annuì e corse ad eseguire gli ordini, mentre Lunette si occupava di aiutare la regina madre a rialzarsi.
'' State bene, Vostra Altezza?''- chiese la bruna.
La regina madre annuì sorridendo.
'' Sì, ti ringrazio cara... grazie ad entrambe. Mi avete salvato la vita.''
Aramis si affrettò a consegnarle qualcosa.
La regina madre sbiancò nel vedere che si trattava di un foglio bianco e divenne immediatamente sospettosa nei confronti delle due.
'' Ma chi siete si può sapere?''
Lunette mise a posto il pugnale e cercò di tranquillizzarla.
'' Vostra Altezza, state tranquilla. Siamo qui da parte dei moschettieri del re e vorremo farle alcune domande per aiutare un nostro caro amico che è finito nei guai.''
Aramis confermò ogni parola.
'' Tuttavia, vi chiedo di proseguire questa conversazione all'interno del palazzo. Come avete potuto notare voi stessa, qui non siamo molto al sicuro.''- propose la bionda.
La regina le guardò con sospetto, ma poi acconsentì.
In fin dei conti, se quelle due donne avessero avuto cattive intenzioni non si sarebbero certo esposte per salvarle la vita.
Mentre seguivano la regina madre all'interno del palazzo, le due donne non poterono fare a meno di pensare alla stranezza di quanto avevano appena visto.
Un cecchino che sparava e scappava... e dieci secondi dopo, sul luogo del misfatto accorreva il ciambellano di corte premurandosi di controllare le sorti della sua signora.
Coincidenza?
Forse.
O forse no.
'' Persona fidata questo Pizarro, eh?''- borbottò Lunette rivolta ad Aramis.
La bionda pareva condividere il sospetto della sua amica.
'' Anche tu hai avuto la stessa impressione?''
'' Non lo so...''- fece Lunette -'' ma qualcosa mi dice che non è così servizievole e devoto a Sua Maestà tanto quanto vuol far credere.''
Speravano vivamente di sbagliarsi.
Ma qualcosa diceva loro che quel Pizarro, era tutto fuorchè un fido alleato.

Poco dopo, al sicuro in una delle stanze del palazzo, Aramis rivelò alla regina madre chi era veramente.
Ovvero che si  trattava della promessa sposa del giovane nobile a cui moltissimi anni prima era stata affidata la cura del principe Philippe.
Le raccontò anche di essere diventata il moschettiere Aramis per vendicare l'ingiusta fine dell'amato e quando sentì il nome di Aramis, la diffidenza della monarca svanì al pensiero di ritrovarsi davanti a due delle persone che avevano salvato i suoi figli.
'' Ma volete spiegarmi il motivo di questa mascherata?''- chiese la donna.
'' La vera Carena, purtroppo, è stata assassinata due giorni fa.''- fece Aramis -'' e del suo assassinio è stato accusato un nostro caro amico.''
'' Ma voi siete certe che il vostro amico sia innocente, esatto?''- fece la regina madre.
Le due ragazze annuirono.
A quel punto Lunette tirò fuori la lettera che Carena aveva lasciato a casa del sarto Bonacieux la notte in cui era stata uccisa e la porse alla regina madre, in modo che lei stessa potesse vedere che cosa conteneva.
'' Capisco...''- fece la regina madre una volta che ebbe letto la lettera.
'' Chi è questa gente, e cosa cercano di così  tanto prezioso?''- fece Lunette, salvo poi abbassare il capo come per scusarsi del suo tono da impertinente.
La regina madre sorrise e decise di raccontare tutto.
L' ex regina di Francia raccontò di come, molti anni fa, fosse lei a prendersi cura degli affari di stato in attesa che il figlio Luigi raggiungesse la maggiore età e diventasse re a sua volta, dopo la morte del marito Enrico IV, ucciso da un fanatico.
Finchè un giorno, Luigi prese il potere con un colpo di stato ed esiliò la madre da Parigi.
Maria De Medici, frustrata ed arrabbiata, in un momento di debolezza decise di chiedere l'aiuto militare della Spagna per risolvere il problema.
Per convincere la Spagna ad aiutarla, l' ex monarca firmò un trattato nel quale s'impegnava a cedere alla Spagna un importante territorio del sud della Francia ed aveva incaricato una persona che godeva della sua assoluta fiducia, Max, di consegnare il trattato al re di Spagna.
Con il senno di poi e con l'aiuto del cardinale,aveva poi capito che quel trattato era inaccettabile per la Francia ed aveva spedito un messaggio a Max per dirgli di fare dietrofront e di riportarle il trattato.
''... ma la Spagna era stata informata del fatto che io avevo cambiato idea. Così spedirono una spia a recuperare il trattato.
Max rimase mortalmente ferito, nel tentativo di proteggere quel documento. Carena era la serva di Max... e da allora abbiamo perso anche le sue tracce. Almeno... fino ad oggi. ''- concluse la regina madre.
Adesso sì che i pezzi iniziavano a combaciare...
D'artagnan non c'entrava niente, aveva solo avuto la sfortuna di essersi trovato nel posto giusto al momento sbagliato.
All'assassino non era parso vero di poterlo incastrare per il delitto.
'' E che ne è stato del trattato?''- chiese Aramis.
'' Max mi fece arrivare un biglietto nel quale vi era scritto... L'ho affidato ad Enrico IV.''
La moschettiera e la sua serva si guardarono confuse.
Era impossibile che fosse il padre del re Luigi ad essere in possesso di quel documento, perchè all'epoca dei fatti narrati dalla regina madre, l'ex monarca era già morto da molto tempo.
Quindi non vi era altra soluzione che Max avesse usato un codice.
E la chiave per decifrarlo era la pianta del castello di François.
'' Forse ho capito...''- fece Aramis mostrando alla regina madre la metà del disegno ritrovato nelle mani della povera Carena -'' questa è la pianta di un castello che si trova al villaggio di Noisy Le Sec.
E' lì che fino al momento del suo omicidio viveva François, assieme al principe Philippe.''
La donna parve ritrovare entusiasmo e speranza -'' Dunque il trattato è al sicuro in quel castello? Dio, ti ringrazio...''
'' Non è del tutto esatto.''- fece Aramis -'' Il padre di François, poco dopo la morte del figlio, ha fatto trasferire tutti gli oggetti che appartenevano ad Enrico IV nel suo castello, in Svizzera...''- e qui si fermò.
Temeva di aver detto troppo.
E che qualcuno, tutt'altro che amichevole, avesse ascoltato il loro colloquio.
'' Maestà, vi prego di non preoccuparvi. Ci occuperemo noi di recuperare il trattato della discordia.''- la rassicurò Aramis alzandosi in piedi, seguita a ruota prima dalla regina e dalla sua serva poi.
Maria De Medici guardava le due fanciulle con gratitudine.
'' Sono in debito con voi... chiedetemi qualunque cosa.''
'' A dire il vero...''- fece Lunette -'' c'è qualcosa che potete fare... Il cardinale Richelieu ha fatto arrestare il moschettiere D'artagnan per l'assassinio di Carena.''
Lunette non ebbe bisogno di chiedere altro che la regina madre capì.
'' Ho capito. Non preoccuparti, mia cara...''- la rassicurò la monarca -'' scriverò immediatamente a Richelieu per spiegargli cosa è realmente successo e gli ordinerò di lasciar andare il vostro amico... Pizarro!''
Nemmeno un secondo dopo, l'interpellato fu alla porta ed entrò.
'' Che tempismo...''- fece Aramis guardandolo con sospetto.

'' E' ufficiale. Quel tizio non mi ispira alcuna fiducia.''- fece Lunette una volta che le due donne furono rientrate a casa ed Aramis ebbe ripreso i suoi panni da moschettiere del re.
Sì, quell'uomo, Pizarro sempre che quello fosse il suo vero nome, non ispirava nessuna fiducia.
Troppo presente quando c'era bisogno di lui.
Quella era o straordinaria efficienza o curiosità sfrenata con un secondo fine.
In ogni caso, aveva uno sguardo un po' troppo ambiguo.
Ma adesso c'erano cose più importanti a preoccupare Aramis, anche se nemmeno lei considerava fosse il caso di sottovalutare il ciambellano della regina madre.
Se Carena era veramente stata assassinata per colpa di quel trattato, e quel documento si trovava nell'abitazione dell' ex potenziale futuro suocero di Aramis, quell'uomo correva un grave pericolo.
Gli assassini di Carena sicuramente stavano tenendo d'occhio i moschettieri che indagavano sull'omicidio, e prima o poi avrebbero scoperto quello che le due ragazze avevano già scoperto.
Il marchese Daniel, con tutta probabilità ignorava che suo figlio avesse nascosto quel documento che scottava come ferro rovente in un oggetto che apparteneva al re Enrico IV quando aveva fatto trasferire tutto dal castello di Noisy Le Sec al castello di Joule in Svizzera... ma quella era gente senza scrupoli, che non si sarebbero certo fatti scrupoli a torturare quel pover' uomo per carpirgli informazioni.
Ergo, occorreva partire immediatamente.
Anche con la pioggia battente che da una buona mezz'ora stava cadendo violentemente sui tetti di Parigi.
'' Io vado in caserma ad avvertire Treville di quello che abbiamo scoperto. Lunette, per favore, prepara i cavalli e qualche provvista per il viaggio e raggiungimi in caserma il prima possibile. Non abbiamo molto tempo.''
'' D'accordo.''- fece Lunette nello stesso momento in cui la moschettiera uscì di casa.
In breve tempo sellò i cavalli e mise in due bisacce un ugual quantità di pane, formaggio, frutta ed anche delle scorte d'acqua.
Prese con se anche un paio di mantelli in modo da ripararsi dalla pioggia battente.
Subito dopo si cambiò indossando una camicetta bianca, un gilet rosso, pantaloni blu e stivali marroni da cavallerizza.
Sì pettinò i capelli dietro la nuca, in maniera che non le dessero fastidio.
Mentre prendeva la spada che teneva sempre vicino al letto, il suo sguardo cadde sul comodino.
Il crocefisso che Nicolàs le aveva regalato un anno e mezzo prima, l'ultima volta che lo aveva visto.
Sospirò. Aveva portato quel gioiello sempre con sè, pensando che l'avrebbe protetta, e nella speranza di rivedere il giovane nobile... avrebbe dovuto portarlo con sè anche in quel frangente?
Ma sì, pensò, perchè no?
In fin dei conti, in quella missione sarebbero state loro due da sole, non come nelle altre missioni che potevano contare sul carisma di Athos, la forza di Porthos e la capacità di non arrendersi al buio di D'artagnan.
Quindi, qualunque tipo di aiuto era ben accetto.
Lo indossò e lo nascose sotto il gilet in maniera da nasconderlo.
Subito dopo, uscì per dirigersi alla caserma.

'' Lasciatemi indovinare...''- fece la bruna quando vide la padrona raggiungerla nell scuderie, accompagnata da un livido rossastro poco sotto la bocca -'' Porthos.''
Arami annuì salendo sul suo cavallo.
'' Già. Secondo il suo punto di vista...''- fece Aramis indossando il suo mantello -'' sto abbandonando un amico in difficolta per stare dietro a delle insignificanti faccende personali.''
Lunette sbuffò.
Ma si consolò pensando che non era la prima volta che la sua benefattrice veniva vista come una persona orribile e senza cuore per poi rivelarsi colei che aveva la faccenda più a cuore di chiunque altro.
'' Adesso andiamo. Il tempo non è nostro amico... in tutti i sensi.''- scherzò la moschettiera spronando il suo cavallo per poi essere seguita dalla domestica -'' e l'ultima cosa che ci occorre è una guerra tra Spagna e Francia ed un acceso battibecco tra madre e figlio.''

Pioggia.
Il tempo migliore per viaggiare.
Ma poco importava al giovane conte che cavalcava spedito verso la caserma dei moschettieri di Parigi.
Non vedeva l'ora di rivederla.... Dio solo sapeva quanto poteva esser cambiata.
Ma al momento doveva accontentarsi di vedere due cavalieri di sua conoscenza.
Ok, non erano la visione che aspettava, ma per ora poteva anche accontentarsi.
'' ATHOS!!! PORTHOS!!!''- urlò il giovane Nicolàs vedendo i due moschettieri uscire dalla caserma.
I due lo riconobbero immediatamente e smontarono da cavallo per abbracciarlo e salutarlo.
'' Ma tu guarda un po' chi abbiamo qui... finalmente vi si rivede, conte.''- fece Athos.
'' A proposito, che ci fate qui?''- domandò Porthos non meno contento dell'amico.
Nicolàs non si fece problemi a rispondere sorridendo -'' Sono venuto a trovare Lunette... come sta? Sono passato prima da casa sua ma non c'erano nè lei nè monseiur Aramis, quindi ho pensato di venire qui.''
'' In tal caso...''- fece Porthos -'' l'avete mancata per un pelo. Lunette ed Aramis sono partiti assieme circa dieci minuti fa.''
Nicolàs cambiò espressione.
'' Partiti?''- ripetè il giovane conte -'' Partiti per dove?''
'' Non lo sappiamo. Aramis non ha detto nè dove sarebbero andati nè quando sarebbero tornati.''- fece Athos, omettendo di dire '' E soprattutto se sarebbero tornati''.
Non l'aveva detto, ma il dubbio l'aveva assalito.
Nicolàs aveva cambiato completamente espressione.  L'idea che Lunette fosse di qualcun'altro non gli faceva di certo piacere, ma in fin dei conti, poteva biasimarla?
Diciotto mesi. Diciotto lunghi mesi, durante i quali non si era mai fatto vedere e non le aveva nemmeno mandato due righe, per lo meno per informarla che era ancora vivo e che stava bene.
Non poteva certo pretendere che lei rimanesse per sempre in attesa di qualcuno che non sapeva nemmeno se fosse tornato.
'' Però sa qual'è la cosa strana?''- fece Athos -'' prima Aramis e Lunette partono all'improvviso, e adesso io e Porthos siamo stati convocati dalla regina madre.''
'' Sì...''- fece Nicolàs riscuotendosi improvvisamente -'' avete ragione, è sospetto.''
Ed Athos iniziava a sospettare che il tutto fosse collegato all'omicidio di Carena.
'' Venite con noi... cerchiamo di capirci qualcosa.''- propose Porthos risalendo a cavallo, imitato dagli altri due.


In breve, il trio fu al palazzo del Lussemburgo e grazie alla parola di Athos, anche Nicolàs fu accettato in udienza dalla regina madre.
'' Mia signora...''- fece Nicolàs riverendo l'ex sovrana.
La regina madre sorrise, ma poi sul suo viso ritornò una viva preoccupazione -'' Immagino che sappiate che il moschettiere Aramis sia partito accompagnato dalla sua cameriera. Mi duole informarvi... ma temo che i vostri amici siano in grave pericolo.''
I tre sbarrarono gli occhi dalla paura e dalla preoccupazione.
Se prima Porthos provava qualche rancore verso l'amico che pareva essersene andato per i fatti suoi, lasciando nel fango il loro migliore amico, quella rabbia era del tutto scomparsa per lasciare il posto alla paura.
Athos, un po' per carattere, non si era lasciato trasportare dall'emotività ma adesso conveniva con quanto ipotizzato da Montmercy durante il viaggio, dopo averlo messo a parte degli ultimi eventi.
'' Gia una volta pareva che Aramis avesse tradito i vostri ideali per fini personali ed invece aveva ideato un piano per risolvere la faccenda... non ritenete che possa essere di nuovo così?''- aveva detto il conte.
'' Maestà...''- fece il giovane nobile con la voce e le mani che tremavano -'' Dove si stanno dirigendo monseiur Aramis e madamigella?
E soprattutto... che genere di pericolo?''
La regina madre rispose subito -'' Si stanno dirigendo in Svizzera. Al castello di Joule. E contemporaneamente, il ciambellano Pizzarro e alcune guardie sono sparite.
Temo stiano progettando un'imboscata al vostro commilitone e a quella povera ragazza.''
Un' imboscata... ecco, quella era la parola che aveva fatto scattare le campane di Notre Dame in allarme.
'' Conte...''- fece Athos -'' Mi rendo conto che siete appena arrivato a Parigi e forse speravate di non dover rimettervi in viaggio così presto ma...''
Il conte non lo lasciò nemmeno finire la frase, che con voce ferma e decisa, che tuttavia non mascherava lo spavento e la preoccupazione fece-'' Athos, vi prego di non domandarmi l'ovvio. Andiamo.''

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Capitolo 48
*** Una pessima giornata ***


~'' Wow...''- fece Lunette quando il castello di Joule, loro destinazione fu visibile ai loro occhi -'' è un posto magnifico!!!''
Aramis sorrise.
Anche se le circostanze non erano esattamente piacevoli non potè che convenire con la sua serva.
Il castello del padre di François si erigeva su un'altura dalla quale si aveva una vista spettacolare su un lago dalle acque cristalline.
Il tutto, circondando da una cornice di montagne innevate che regalava ancora più magia di quanta già non ne avesse quel luogo.
Sembrava di essere in un altro mondo... in uno di quelli che esisteva solo nelle fiabe o nei sogni più belli.
'' Ehy!!!''- fece Aramis richiamando l'attenzione di due donne che viaggiavano su un carro pieno di paglia.
Una era bassa e robusta, mentre la sua compagna di viaggio era alta e magra.
E i tratti del suo viso, tra l'altro, le parevano stranamente familiari... ma al momento non era questo il suo problema principale.
'' Perdonatemi, sapete dirmi se il marchese Daniel sta bene?''
La ragazza più giovane provò a rispondere, imbarazzata, quindi fu la sua compagna di viaggio a parlare per lei.
'' E' tutto a posto. Questa signora è arrivata qui solo stamattina. Non temete monseiur, il signor marchese sta bene, come sempre del resto.''
Aramis si scambiò un' occhiata d'intesa con la sua serva.
'' Sembrerebbe che siamo arrivate prima di loro.''- fece Lunette.
'' Già...''- fece la moschettiera sospirando di sollievo -'' per fortuna.''
Un sorriso birichino si dipinse sul volto della bruna.
'' Facciamo a chi arriva prima?''- e nel dir così diede un leggero calcio al suo Fabrice per spronarlo a correre e senza attendere risposta iniziò a correre di gran carriera.
Ogni tanto era divertente fare la ragazza normale.
Aramis la guardò con aria competitiva.
'' Piccola birbante... adesso ti faccio vedere io!''- rise la moschettiera dando a sua volta un calcio al cavallo.

'' Gara conclusa in parità.''- fece Aramis legando le briglie del suo cavallo.
'' Già... dovremmo farle più spesso queste cose.''
Ad onor del vero, Lunette non aveva tutti i torti.
La maggior parte delle volte che cavalcavano era o per seguire dei nemici, scappare dai nemici o corse sfrenate contro il tempo per impedire ai cattivi di realizzare piani malvagi.
Che Aramis ricordasse, non avevano mai corso per divertimento.
Urgeva rimediare.
'' Una volta a Parigi provvederemo a disputare uno spareggio... adesso andiamo. C'è del lavoro da sbrigare.''
Lunette annuì ed Aramis bussò alla porta.
Ad aprire venne un uomo che aveva tutta l'aria di essere un paggio.
'' Posso esservi utile?''- chiese l'uomo con fare mite.
'' Sono Aramis dei moschettieri, e lei è la mia serva, Lunette.''- le presentò Aramis -'' Ho urgente bisogno di parlare con il marchese Daniel.''
'' Mi dispiace, ma al momento il marchese non è in casa. Potete aspettarlo dentro, se volete.''
'' Grazie...''- ottimo, pensò Aramis, abbiamo tutto il tempo per cercare indisturbate senza coinvolgere nessuno -'' Vi dispiace se lo aspetto nella sala di Enrico IV?''
L'uomo si scostò dalla porta per lasciare libero il passaggio.
'' Prego. Vi accompagno.''- e qui si rivolse Lunette -'' Mademoiselle, prego, non state sulla porta... accomodatevi.''
La fanciulla annuì e le due lasciarono che il custode le conducesse alla stanza indicata da Aramis.
'' Restate finchè volete. E se avete bisogno di qualcosa, fatemelo sapere.''
Aramis annuì e l'uomo le lasciò sole.
'' Beh...''- fece Lunette -'' per lo meno abbiamo un' area circoscritta in cui cercare.''
Un vantaggio da non sottovalutare.
'' Io mi occupo del lato destro, tu setaccia il sinistro.''- fece la bionda.
Ma non ebbero nemmeno il tempo di iniziare a cercare che nella stanza fecero irruzione almeno una decina di uomini armati, tra cui l'uomo che aveva aperto loro la porta, e con a capo una vecchia conoscenza delle due.
'' Bene, bene, bene...''- fece Pizzarro puntando contro le due amiche una pistola -'' Luigi XIII deve essere davvero disperato... se fa conto persino su una fanciulla per difendersi.''
'' Voi siete il ciambellano della regina madre... Pizzarro, giusto?''- fece Aramis.
'' Sì... ma siete in errore comunque.''- fece l'uomo -'' Quell'incarico è una copertura.''
Ma dai!!!- pensarono all'unisono le due fanciulle.
'' Solo un pretesto per ritrovare il trattato vergato dalla regina Maria De Medici e riprenderlo.''
'' Interessante...''- fece Aramis tentando di distrarlo -'' e ditemi per chi lavorate, realmente?''
'' Ehy, basta con le chiacchiere.''- intimò l'uomo.
Aramis lanciò un' occhiata alla sua domestica che diceva -'' Tieniti pronta.''- occhiata che Lunette recepì immediatamente.
Tanto è vero che portò la mano destra sull'elsa della spada.
'' Infiltrare una spia spagnola nella casa di colei che ha firmato il trattato...''- borbottò Lunette -'' Geniale.''
'' ORA!!!''- fece Aramis ingaggiando battaglia contro lo stesso Pizzarro.
Lunette seguì l'esempio della bionda scagliandosi contro un paio di sgherri.
Per essere due donne contro dieci uomini armati non se la cavavano male... ma prima o poi l'inferiorità numerica si sarebbe fatta sentire.
Con un' abile mossa, la moschettiera riuscì a distrarli.
'' Corri, Lunette, corri!!!''- la bruna non se lo fece ripetere due volte ed andò dietro alla padrona.
'' SALTA!!!''- le ordinò poi indicando il lampadario.
La ragazza obbedì nuovamente malgrado sentisse il cuore scoppiarle in petto per la paura, ed una volta che furono appese tutte e due, bastò farlo dondolare per ritrovarsi dall'altra parte, al sicuro.
'' Prendeteli!!!''- ordinò Pizzarro.

'' Ehy...''- ansimò Aramis appoggiandosi ad una finestra -'' come ti senti?''
Lunette riprese fiato per trovare la forza di rispondere -'' A parte il presentimento che il cuore stia per fermarsi? Direi bene...''
Aramis sorrise -'' Ottimo... sai, mi era mancato questo nostro lavoro di squadra.''
Un ultima risata prima di iniziare a concepire l'idea che non potevano stare ferme troppo a lungo nello stesso posto, visto che erano braccate da Pizzarro e dai suoi sgherri.
Aramis scavalcò la finestra ed iniziò a camminare lungo il davanzale, fino ad incontrare la parte di roccia decorata con del rampicante.
'' Lunette, tu resta lì...''- le suggerì Aramis iniziando ad arrampicarsi per raggiungere il tetto -'' vado prima io. Controllo se è solido.''
Lunette annuì e rimase in paziente attesa senza smettere di guardarsi attorno, nell' eventualità che qualcuno volesse farle un brutto scherzo.
'' Lunette, sali pure... AHHH!!!''- un urlo lacerante seguito dalla visione della spada della moschettiera che scivolava dal tetto per poi cadere nel vuoto, fece perdere un battito alla giovane domestica.
'' ARAMIS, CHE SUCCEDE?!?''- nel dir così fece per scavalcare a sua volta la finistra e raggiungere la padrona, ma la punta di una lama le punse e le pizzicò la pelle del collo.
'' Un consiglio...''- le suggerì l'uomo alle sue spalle -'' il tuo cadavere non sarebbe un bello spettacolo se cadesse da qui.''
A quel punto la ragazza non potè fare altro che arrendersi.
L'uomo le imprigionò i polsi in una stretta morsa composta dalle sue mani, dietro la schiena e davanti a sè la costrnse a camminare fino alla fine del corridoio.
Una spiacevole sorpresa la attendeva.
Aramis sotto il tiro della pistola di Pizzarro... ed una donna.
Una donna che francamente, sperava di non dover rivedere mai più e che avrebbe voluto continuare a credere morta in una terribile esplosione.
'' Milady...''- fece Lunette tentando di mascherare la sua sopresa nel vedere viva e vegeta la donna che credeva perita nell'esplosione che aveva raso al suolo l'isolotto di Bel Ile.
Al contrario, tentava di fissarla con un' espressione mista di sarcastico e scetticismo -'' Come mai non mi soprende scoprire che siete voi la pazza criminale dietro a tutto questo?''
'' Lunette...''- fece l'ex spia del cardinale -'' Sei rimasta esattamente come eri a Bel Ile. Testarda ed orgogliosa. E sempre con la tendenza ad infilarti in missioni suicide.
Ma stavolta c'è un piccolo particolare che segnerà la vostra rovina...''- fece l'inglese carezzandole il mento con pollice ed indice della mano destra -'' I baldi moschettieri al momento non sospettano dove vi troviate... e quando lo scopriranno, sarete già morti entrambi.'' - poi si rivolse a Pizzarro e ai suoi uomini -'' Nella stanza di Enrico IV.''
Pizzarro costrinse Aramis a camminare davanti a lui e a tenere le braccia bene in vista.
Lunette camminava di fianco alla sua padrona, con uno degli sgherri di Pizzarro e Milady che le teneva le braccia serrate dietro la schiena.
Aramis guardò la sua amica con occhi imploranti.
In che razza di guaio l'aveva trascinata?
'' Mi dispiace tanto Lunette... perdonami.''
Lunette le rivolse un sorriso triste -'' Non preoccupatevi Aramis... ricordate? Fino all'ultimo non si può mai dire cosa può accadere.''
Francamente, vedeva ben poco su cui essere ottimisti vista la situazione in cui si erano venute a trovare, ma non poteva certo dare a vedere a quella donna malvagia e alla sua ''Allegra Brigata'' la soddisfazione di mostrarsi spaventata.
E poi era un modo utile per evitare di pensare alla sorte che sarebbe toccata loro.

''Allora?''- fece Pizzarro brandendo un frustino da cavallerizzo.
Aramis era letteralmente appesa al soffitto, con le mani legate sopra la testa.
Lunette invece era in ginocchio vicino a Milady.
Mani e piedi legati, polsi dietro la schiena.
Mentre guardava con odio il ciambellano della regina reggente, tentava di decidere se facessero più male le corde che parevano segarle caviglie e polsi o le unghie che la perfida inglese le affondava nella spalla per tenerla ferma.
Si prospettava un quarto d'ora da paura...
'' Allora?''- fece Pizzarro rivolto alla bionda -'' Dov'è il trattato?''
Aramis fece la gnorri -'' Perdonatemi, ma non so proprio di cosa stiate parlando.''
'' Dannato di un moschettiere!!!''- e così gli sferrò il primo colpo.
E gliene sferrò molti altri.
Facendo attenzione a far passare un certo intervallo di tempo tra un colpo e l'altro per impedire che il dolore si alleviasse.
'' E' inutile... posso anche morire... ma non vi dirò un bel niente!!!''
Pizzarro si rivolse alla ragazza che pareva volesse sbranarlo con gli occhi.
'' E tu?''- fece sforzandosi di essere gentile -'' il tuo padrone è testardo, ma scommetto che tu sei più intelligente di lui... dimmi dov'è quel documento, ed io ti lascio andare.''
'' Da me non saprete proprio nulla!!!''- urlò la ragazza con tutto l'odio che le riusciva.
Aramis sorrise orgogliosa.
'' Brava Lunette... non gli dire nulla.''
'' Vuoi scommettere?!?''- nel dir così fece un cenno a due dei suoi uomini, che con la grazia di un pachiderma la tirarono bruscamente in piedi, forzandola a seguirli.
'' No...''- fece Aramis con le ultime forze residue -'' lasciatela stare...''
Fu l'ultima cosa che riuscì a dire prima di svenire.

Aramis e Lunette, non erano le uniche ad essere state fatte prigioniere.
Athos e Porthos erano infatti arrivati al castello e la prima cosa che avevano fatto era chiedere delle due ragazze, ma quando il custode del palazzo disse loro che non sapeva proprio di chi stessero parlando ed iniziò a dare segni di impazienza affinchè i due se ne andassero, Athos intuì che l'uomo mentiva.
Aramis e Lunette erano sicuramente passati di lì ed era capitato loro qualcosa.
E loro dovevano scoprirlo.
Peccato che le persone coinvolte nella morte di Carena non fossero dello stesso avviso.
Appena videro che i due moschettieri si trovavano sopra una trappola per gli intrusi, la fecero scattare spedendoli dritti dritti nelle segrete del castello.
Sorpreda delle sorprese, lì incontrarono proprio il marchese Daniel assieme alla sua servitù, il quale raccontò loro di essere stato rinchiuso nelle segrete del suo stesso palazzo da alcuni loschi individui venuti a chiedere riparo per la notte lo stesso giorno che Aramis e Lunette erano state ricevute dalla regina madre.
In quel momento, si avvicinò loro un rumore di passi accompagnato dalla luce di una candela.
'' Nicolàs!!!''- fece Athos. Almeno uno di loro si era salvato. Era stata una buona idea chiedere al conte di attenderli fuori -'' come siete arrivato fin qui?''
'' Appassionato di passaggi segreti fin da quando era ragazzino...''- fu la risposta del conte.
'' Ci potete aiutare?''- chiese una delle cameriere con voce stanca ed implorante.
Nicolàs si guardò attorno alla ricerca di un pezzo di ferro, un chiodo, qualsiasi cosa potesse essere usato per scassinare la serratura della porta.
Athos però era di un altro avviso.
'' Lasciate perdere, a liberarci e a liberare queste persone penso io.''- fece Porthos aggrappandosi alle sbarre della prigione iniziando a tentare di smuoverle un po'.
Athos si dichiarò d'accordo con il gigante buono -'' Dovete trovare Aramis e Lunette. Sono nei guai.''
Associare il nome della ragazza ad una variante della parola pericolo, fece al conte lo stesso effetto di una doccia gelata.
'' Lunette...? Perchè?''
'' E' venuta con Aramis.''- spiegò Athos.
'' E allora?''- fece Nicolàs innervosendosi sempre di più.
'' E allora quasi certamente, le faranno del male per costringere Aramis a collaborare con loro, prima di farli fuori entrambi.''
Nicolàs restò immobile, quasi in stato di shock per un paio di minuti prima di ingaggiare una corsa disperata nel tentativo di raggiungere la ragazza.
E mentre correva non poteva pensare che una cosa '' Aspettami... lo so che mi hai già aspettato troppo, ma aspetta ancora qualche minuto, ti prego!!!''

''NO!!!''- urlò di nuovo per la terza... no, la quinta volta.
Cinque volte aveva urlato... e cinque volte l'avevano sbattuta in una tinozza contenente acqua fredda e neve, tenendole la testa all'interno di quella morsa ghiacciata ed infuocata al tempo stesso.
La cosa spiacevole... era che sentiva palesemente le sue difesa si stavano abbassando.
Lentamente, ma inesorabilmente.
Come al solito il tentato annegamento durò meno di un minuto.
Trenta, forse quaranta secondi...
Malgrado le facesse un male incredibile, respirò a fondo con tutta la forza residua dei suoi polmoni.
''Vedrai che quando il tuo padrone vedrà come ti abbiamo ridotto...''- sibilò Pizarro-:'' gli tornerà la memoria riguardo al trattato... o forse vuoi farlo tu?''
La ragazza fissò il suo aguzzino con rabbia e poi disse con lo sguardo più risoluto che aveva a disposizione in quel momento-:'' Peggio della morte... c'è solo il disonore. Rammentatevi... io sono nata serva e morirò da serva del mio paese.''
No, decisamente non era per niente convinta di parlare con quel tizio. Anche se la soluzione per fermare quello strazio ce l'aveva sotto gli occhi.
Aveva due forti motivi per non parlare.
Il primo, anche nella remota possibilità che avesse deciso di vuotare il sacco non avrebbe potuto dir nulla comunque visto e considerato che non sapeva il punto preciso in cui era stato nascosto il documento.
Secondo e più importante: non voleva.
Quando era andata in Guascogna, aveva visitato la tomba dei suoi genitori.
E sulla lapide del padre aveva portato un biglietto che recitava -'' Sarò degna del tuo nome, giuro, papà''.
Mollare davanti a Pizzarro e Milady sarebbe stata una delusione per i suoi genitori che avevano sempre ritenuto che la loro figlia sarebeb diventata una donna forte e coraggiosa, ed una coltellata alla schiena nei confronti della sua seconda famiglia.
Ottimi motivi per non desistere.
Pizarro sbuffò, ma cercò di dimostrarsi paziente con la giovane.
Tutto sommato era un peccato ridurla ad un cadavere martoriato.
''Ma sembra anche l'unico modo che hai  per uscire da qui viva. Se hai qualcosa da dire, questo è il momento.''- le consigliò con un tono falsamente cordiale.
L'unico momento per dire qualcosa...
A meno che non avesse detto quello che voleva sentirsi dire, era più che sicuro che l'avrebbe uccisa.
Le veniva in mente un'unica cosa da dire in quel momento...
L'unica cosa che le dispiaceva era che non avrebbe più potuto dirla al diretto interessato.
''Amo Nicolàs Montmercy... mi dispiace non averglielo detto prima... ma lo amo.''- borbottò con voce tremante.
Molti prima di morire per mano di altri, poco prima di aver realizzato quale terribile destino li attendeva, imploravano qualche Entità Superiore di salvarli o si chiedevano che male potevano mai aver fatto, altri invece preferivano concentrarsi sugli affetti che non avrebbero più rivisto.
Nicolàs Montmercy... il suo grande amore.
In quel momento come non mai desiderava avergli detto del suo amore... non l'avrebbe rivisto mai più.
Non avrebbe mai più visto quegli occhi azzurri come la Manica, non sarebbe più stata tra le sue braccia.. e cosa più importante non avrebbe mai saputo se anche lui provava il suo stesso sentimento verso di lei.
Ma forse questo era un bene.
Forse un giorno sarebbe tornato a Parigi per chiedere di lei... e avrebbe saputo che era morta in Svizzera.
Forse per un po' l'avrebbe pianta, ma Parigi era piena di belle donne.
Si sarebbe innamorato di nuovo... forse di una contessa, una duchessa, una baronessa...si sarebbe sposato con una nobile... avrebbe avuto dei figli...una vita perfetta.
Pizarro cacciò un urlo e un attimo dopo, nella stanza, apperve un uomo con un mantello nero e un cappello a testa larga simile a quello dei moschettieri.
''Portala nei boschi. Uccidila e fai sparire il cadavere.''- ordinò. Poi parve riscuotersi-:'' Oh, e dopo averla uccisa... portami il suo braccialetto. Faremo credere al biondino che è ancora viva per farlo collaborare e poi uccideremo anche lui.''
''NON CI PROVARE NEMMENO!!!''- urlò lei con ritrovata forza di lottare mentre l'uomo misterioso le era arrivato da dietro prendendola per la corda che le serrava i polsi-:''Toccalo e ti assicuro che...''
Ma non finì mai la minaccia, visto che il suo futuro assassino l'afferrò costringendola a camminare davanti a lui puntandole una pistola contro la schiena.
Decisamente, quello non era il suo giorno fortunato.
L'unica consolazione che aveva è che presto avrebbe rivisto i suoi genitori.
Aramis... lei era in gamba.
Avrebbe ritrovato il trattato e protetto la pace anche senza di lei.

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Capitolo 49
*** Ritrovarti e perderti ***


~
Poco dopo, la giovane Lunette,  si trovava a camminare nei boschi che circondavano il castello.
Polsi legati dietro la schiena e una corda che che le teneva le braccia ancora più unite al tronco.
Quando aveva deciso di prendere parte alle missioni dei moschettieri sapeva che c'era la possibilità che rimanesse uccisa... ma non avrebbe mai pensato di morire in quel modo.
Una ferita di spada, una palla di moschetto forse... ma così proprio no.
Una fine del genere, proprio, non se l'era mai immaginata.
'' AH!''- gridò quando il suo aguzzino le diede uno spintone che la fece finire su un grosso spiazzo di neve gelata.
Iniziò a tremare da capo a piedi, più per il freddo che per la paura.
Lo spintone che le aveva dato quell'animale era stato talmente forte che il crocefisso che fino a quel momento era rimasto nascosto al sicuro sotto i suoi vestiti era uscito.
'' Brava... ottima pensata.''- fece lui avvicinandosi minacciosamente -'' ben fatto a portare con te quella croce, perchè non puoi fare nulla... tranne che raccomandare la tua anima.''
No, pensò la ragazza, pietà uccidimi subito...
Nel frattempo, un'altra figura aveva fatto la sua apparizione.
Fece voltare il sicario della povera Lunette ed in prese il primo si ritrovò a terra.
Litigavano pure per decidere chi dovesse farla fuori... se non fosse stato che stava per essere uccisa si sarebbe sentita quasi lusingata da tanto interessamento.
All'improvviso sentì la stanchezza assalirla.
Le torture a cui l'avevano sottoposta solo pochi minuti prima e l'essersi ritrovata semi sdraiata su un mantello di neve, iniziavano a farle apparire l'idea di dormire piuttosto allettante.
Tanto che cambiava?
Sarebbe morta lo stesso...

La ragazza aprì gli occhi e la prima cosa che notò davanti a sè era un bel fuoco allegro che scoppiettava nel camino.
Era sdraiata su qualcosa di molto comodo, e qualcosa la stava stringendo per scaldarla.
Quando alzò lo sguardo incontrò gli occhi  dell'ultima persona che la ragazza si sarebbe mai aspettata di vedere in quel momento.
''Ne è passato di tempo...''- le sorrise.
''Nicolàs...''- fece lei incredula-:'' oddio... ma è un sogno o sei veramente tu...?''
''In carne ed ossa, mademoiselle.''
Non poteva crederci... era tornato... e l'aveva salvata.
Di nuovo.
'' Dobbiamo smetterla di incontrarci mentre sto per morire...''- scherzò la ragazza, incredula per essere ancora viva -'' non mi è mai piaciuto fare la parte della donzella in pericolo...''
Nicolàs rise sommessamente, cercando di non farsi sentire.
'' A me invece non dispiace...''- fece Nicolàs -'' mi piace venire in tuo soccorso... e salvarti la vita.''- poi scostò gli occhi sul petto della ragazza ed i suoi occhi si illuminarono, in modo che Lunette scambiasse gli occhi del giovane conte per due stelle, nel vedere che la ragazza portava al collo la croce che le aveva donato prima di partire.
'' L'hai conservato...''- fece Nicolàs rigirandoselo tra le mani.
Lunette sorrise per annuire, malgrado trovasse quell'osservazione molto sciocca.
Certo che l'aveva conservato.
Non avrebbe mai potuto nè perderlo nè gettarlo.
E alla fine le aveva davvero portato fortuna... era arrivato un angelo a salvarla dalla morte per il rotto della cuffia.
'' Come hai fatto a portarmi qui...?''- fece Lunette. Aveva capito che si trovavano all'interno del castello, e più precisamente in una delle stanze per gli ospiti, ma era curiosa di sapere come aveva fatto a riportarla lì senza che nessuno  se ne accorgesse.
'' Appassionato di passaggi segreti... rammenti?''- spiegò Nicolàs.
'' Ah, ecco.''- fece la ragazza -'' Ma mi vuoi spiegare come sei...?''
''Semplice.''- fece lui mettendosi a sedere e trascinando anche lei nel movimento-:'' Quando sono tornato a Parigi, sono subito andato alla caserma per chiedere di te... e i moschettieri Athos e Porthos mi hanno detto che tu ed Aramis eravate partiti in missione... siamo partiti anche noi per venire ad aiutarvi.''
In quel momento Lunette si riscosse.
'' Oddio, Aramis...''- fece cercando di mettersi in piedi -'' è nei guai... devo andare a...''
Nnicolàs la bloccò.
'' Lascia... ho origliato i loro piani. Sono stufi di mettere a soqquadro il castello per trovare il trattato quindi...''
Lunette finì la frase -''... lasceranno che sia Aramis a trovarlo per loro.''
Nicoàs annuì.
'' Quindi per ora non hai motivo di preoccuparti.''- nel dir così la fece riadagiare dolcemente sul letto -'' riposati.''
'' Ma...''
'' Almeno per un paio d'ore.''- fece con un tono che non ammetteva repliche, pur rimanendo cortese -'' ti prometto che appena sorge il sole ti sveglio ed andiamo a dare una lezione a quei tipi. Tipo quella che ho dato a quel bastardo che voleva farti la pelle, sai?''
Non l'aveva ucciso, ma il pensiero l'aveva sfiorato vedendolo puntare una pistola contro un innocente.
'' L'hai picchiato?''- fece Lunette sorpresa.
Nicolàs fece le spallucce -'' In alcuni casi si fa prima che a parlare.''
I due risero nuovamente, di cuore.
Si erano davvero mancati.
Pochi secondi dopo, Lunette cedette al sonno.
Nicolàs invece non chiuse occhio quella notte.
Prese una sedia e si sedette vicino al letto in cui dormiva la giovane domestica con una spada in mano.
Se mai a qualcuno fosse venuto in mente di entrare in quella stanza con l'intenzione di fare del male a quella ragazza... beh, avrebbe scoperto che Nicolàs Montmercy, non se la cavava male con la spada.

I primi raggi del sole svegliarono Aramis, con le mani legate dietro la schiena, malamente adagiata sul pavimento.
A poco a poco ricostruì gli avvenimenti del giorno precedente.
Pizzarro, Milady, il trattato, le torture, Lunette...
Lunette!!!
Non era lì con lei!!!
Era stata portata via poco prima che svenisse, ma dov'era adesso? Dove si trovava, cosa le avevano fatto, ma soprattutto... era viva?
Doveva liberarsi, trovare quell'infausto documento, ritrovare Lunette e riportarla a Parigi, sana e salva.
E forse poteva facilmente risolvere il primo problema.
Vicino a lei vi erano i cocci di un vaso... forse poteva usarli come coltello per liberarsi.
Dopo  cinque minuti buoni, riuscì a tagliare le corde.
'' Allora François... dove hai nascosto quel documento della discordia?''
In quel momento le venne un'idea.
 François le aveva sempre detto che tra i tanti oggetti che aveva fatto portare al castello in ricordo del re Enrico IV, il suo preferito era una poltrona.
La poltrona su cui Aramis era seduta il giorno del loro primo incontro. Il momento che segnò l'inizio di tutto.
Era solo un'idea... però...
Tombola.
Nell'imbottitura, per la precisione sul sedile della poltrona, era nascosto un plico fermato con il sigillo di un giglio.
'' Ben fatto Aramis.''- fece Milady spuntando all'improvviso puntandole contro una pistola.
Presto, anche Pizzarro e i suoi uomini fecero il loro ingresso.
'' Condivido. E ora... consegnateci il trattato.''
'' Dov'è Lunette?''- chiese Aramis -'' Voglio vedere la mia cameriera!!! Portatela immediatamente qui.''
Pizzarro sogghignò -'' Non sei tu che decidi. Ora metti le mani bene in vista se non vuoi che le succeda qualcosa di male.''
'' Su...''- fece Milady andando incontro alla bionda -'' fate il bravo bambino.''
Vedendosi messa alle strette, Aramis tentò una mossa per sbilanciare Milady e salvare il trattato.
Peccato che la mossa ebbe l'effetto contrario.
'' Bene...''- fece Pizzarro -'' adesso non ci servite più... posso eliminarvi tranquillamente.''
In quel momento, due degli uomini di Pizzarro caddero a terra privi di sensi.
'' Athos! Porthos! Lunette!''- fece Aramis al settimo cielo.
'' Ehy, grazie mille della considerazione!''- fece Nicolàs fingendosi offeso.
In breve, nella sala dedicata all'ex sovrano francese si scatenò un vero e proprio tutti contro tutti.
Durante lo scompiglio, Milady ne approfittò per fuggire.
'' Lunette, con me!''- la bruna non se lo fece certo ripetere e le corse dietro.
'' Non provateci!''- le minacciò Pizzarro con una pistola.
'' FERMO!''- Nicolàs gli fu davanti in una frazione di secondo e gli puntò la spada alla gola, costringendolo a desistere.
'' Fatevi da parte!!!''- fece Pizzarro rivolto al conte che si era messo in mezzo per permettere alle due donne di inseguire Milady e recuperare il trattato -'' non avete nulla a che fare con questo.
'' Lo dici tu...''- fece Nicolàs con rabbia -'' Due sono le cose che mi mandano in bestia. Chi trama contro il mio paese... e chi aggredisce le fanciulle. In particolare chi aggredisce UNA fanciulla!!!''

Nel frattempo, Lunette ed Aramis continuavano a correre senza dar respiro a Milady, finchè la donna, non vide altra soluzione se non quella di rifugiarsi nella torre.
'' Presto, alla torre!!!''- fece Aramis.
Ma proprio quando stavano per entrare... qualcosa di grande, agile e pericoloso si scagliò su Aramis.
'' Quella è una pantera?!?''- fece Lunette spaventandosi mentre aiutava la padrona a rialzarsi.
Domanda sciocca, era più che ovvio che quella fosse una pantera e non un gatto nero, anche se avrebbe preferito... ma perchè Milady non prendeva come animale domestico un gatto o un cane come tutte le persone normali?
Persino un canarino sarebbe andato bene.
'' Altrochè se vedi bene...''- confermò Aramis -'' ieri mi ha quasi fatto cadere dal tetto.''
'' Sentite, è una mia impressione...''- fece Lunette senza smettere di fissare il felino -'' o ha l'aria particolarmente affamata?''
'' No...''- purtroppo la bionda dovette convenire con sua serva bruna -'' non è una tua impressione. E ha tutta l'aria di voler fare colazione. Con noi.''
E non c'era da stupirsi, visto che il cibo preferito dei felini era la carne. Meglio se fresca.
E prima adoravano giocare con il loro pasto, come il gatto con il topo.
'' Sapete... quasi quasi preferivo quella scimmietta!''- fece Lunette.
Fastidiosa, spiona e petulante quanto vuoi, ma per lo meno non aveva mai tentato di far di loro delle succulente bistecche.
'' Ho un'idea...''- fece indicando le botti di vino vicino a loro -'' facciamole cadere, ci rifuagiamo là dentro e poi facciamo cadere la grata.''
Fortunatamente le botti citate erano vicinissime a loro, quindi fu facile dare un calcio alle botti e distrarre l'animale.
'' PRESTO, VIA!!!''- assieme a Lunette all'interno del nascondiglio di Milady ed una volta dentro tagliò la corda che teneva sollevata la grata.
La pantera tentò immediatamente di scagliarsi su di loro, ma la sua avventatezza le costò molto cara.
Difatti, alla fine della grata vi erano delle punte affilatissime che la trafissero.
Un triste spettacolo vedere un animale morire in quel modo ed agonizzare, ma al momento avevano bel altro a cui pensare.
A Milady che fuggiva con un documento che scottava come ferro rovente, ad esempio.
Seguirono la lunga rampa di scale che portava fino alla torre più alta del castello.
In quel luogo, si ripetè una scena già vista, ma che aveva la stessa efficacia di allora. Milady che si lanciava dalla torre con un deltaplano.
In quel modo riuscì a fuggire, esattamente come riuscì a scappare dai tetti di Notre Dame mentre le davano la caccia per arrestarla, molto tempo prima.
'' Dannazione...''- imprecò Aramis -'' adesso non la riprendiamo più.''
Lunette guardò verso il basso e il suo volto s'illuminò.
'' Forse non è detto. Date un' occhiata a chi sta arrivando.''
Aramis guardò nella stessa direzione della bruna e sorrise come lei.
Anche se era lontano non aveva dubbi su chi fosse.
'' D'ARTAGNAN!!!''
Lunette sorrise soddisfatta.
Adesso la squadra era al completo.
E quando erano insieme, non li fermava nessuno.
Il guascone rispose al saluto alzando una mano.
'' E' Milady! Non farla scappare!''- una volta che si fu assicurata che il guascone avesse sentito corse verso l'uscita.
Al termine delle scale, Porthos aveva liberato il passaggio, ed Athos e  Nicolàs avevano spostato quella povera bestia, ormai morta, in altro luogo.
'' Aramis!''- fece Athos -'' Dov'è Milady?''
La bionda rispose subito -'' Si sta dirigendo verso le montagne. Ma non andrà lontano. D'artagnan le sta addosso come un mastino.''
I due moschettieri  tirarono un sospiro di sollievo.
Che sollievo saperlo fuori di prigione e a lottare al loro fianco in nome della sicurezza del loro paese, come ai vecchi tempo.
'' A proposito, Pizzarro e i  suoi uomini?''- domandò Lunette stupita di vedere tutti e tre i suoi amici riuniti con loro e di non sentire rumori di battaglia.
'' Il marchese Daniel ce li tiene in custodia finchè non torniamo a Parigi.''- scherzò Nicolàs nel darle la risposta -'' e ha detto che ci presta una carrozza per portarli fino allo Chatelet.''
'' Perfetto.''- fece Aramis. Forse erano ancora in tempo -'' Ora andiamo. D'artagnan avrà bisogno d'aiuto. Di tutto l'aiuto possibile.''

Pessima giornata un corno, aveva pensato Lunette arrivando alla caserma.
Tutto sommato quel giorno era stato particolarmente redditizio: avevano dimostrato l'innocenza di D'artagnan accusato di un omicidio, scongiurato un intrigo che avrebbe quasi certamente causato una guerra sanguinosa... e durante la strada si ritorno aveva fatto la sua apparizione una persona che mancava da molto tempo.
La ragazza a cui la moschettiera e la sua cameriera avevano chiesto informazioni sulle condizioni del marchese Daniel, aveva davvero dei tratti a loro noti.
Si trattava niente meno che della madre del piccolo Jean.
L'incontro tra madre e figlio fu dolce e commovente.
La donna, Lucille, era il suo nome trovò più che naturale abbandonare seduta stante la Svizzera per andare a Parigi.
In fin dei conti,  era giusto così. Parigi era stata la casa di suo figlio e lì per molto tempo aveva avuto una famiglia.
In fin dei conti... la casa si trova dove stanno le persone a cui si vuole bene.
'' Ottimo lavoro, moschettieri.''- fu costretto a congratularsi Rochefort quando seppe il risultato della missione, anche se faticava a nascondere il suo sollievo e la sua gioia nel toccare con mano che avevano preso un abbaglio nell'arrestare il guascone per omicidio.
Il minimo che poteva fare per scusarsi era permettere che fossero i moschettieri ad accompagnare Pizzarro e la sua feccia alle prigioni reali.
'' Grazie ragazzi...''- fece D'artagnan commosso -'' grazie per avermi tirato fuori dai guai.... vi devo un favore.''
Aramis gli poggiò una mano sulla spalla sorridendogli fraternamente -'' Non lo dire nemmeno... è il minimo che potevamo fare.''
Athos e Porthos furono immediatamente a dar manforte alla bionda.
'' Sotto il segno dei moschettieri, siamo tutti fratelli, no?''- aggiunse una radiosa Lunette.
D'artagnan sorrise.
'' Coff, coff...''- fece Athos fingendo di tossire per sgranchirsi la voce, all'indirizzo di Lunette, indicando Nicolàs appoggiato al pozzo che si trovava in mezzo al cortile della caserma.
'' E' meglio che tu vada.''- le suggerì Athos -'' C'è qualcuno che era molto in pena per te.''
Lunette arrossì leggermente quando il suo sguardo incontrò quello del suo amato, ed istintivamente si accarezzò i capelli nel goffo tentativo di sistemarli, prima di dirigersi al pozzo.
'' Beh...''- fece la giovane -'' Grazie. Per esserci stato.''
Nicolàs le sorrise amabilmente.
'' Non dirlo nemmeno per scherzo... è stato un vero piacere.''- la rassicurò il giovane senza smettere di sorridere.
Ok, adesso era troppo. La strinse a sè e la abbracciò come se quello fosse un gesto da cui dipendeva la sua stessa vita.
Aveva seriamente corso il rischio di impazzire nei due giorni successivi. Pochi minuti in cui credeva di averla perduta per un altro uomo e troppe ore senza sapere se sarebbe riuscito a rivederla viva.
La ragazza lo abbracciò con la stessa enfasi e fu difficile staccarsi da quell'abbraccio che sapeva di casa, sicurezza, amore...
'' Quanto... quanto ti fermi?''- fece Lunette temendo la risposta.
Nicolàs sospirò.
'' Appunto... è proprio di questo che volevo parlarti. Io...''
Ma non finì la frase.
Qualcosa lo aveva messo in allarme e sbiancare come se fosse un morto.
Pizzarro, approfittando di un momento di distrazione, era riuscito ad armeggiare con le mani pur avendole legate ed era riuscito a recuperare la pistola...
Jussac, potevi perquisirli un po' meglio...- pensò il conte.
'' Nicolàs, stai bene?''
Il giovane non sentì nemmeno la domanda della ragazza, tanto era concentrato sul criminale che presa la pistola si apprestava a puntarla contro Aramis e premere il grilletto.
Con uno scatto le fu vicino.
'' ATTENTO!!!''- urlò spingendo a terra il moschettiere biondo -'' AH!''
Cadde a terra sulla schiena, gemendo dal dolore, portando una mano alla spalla, nel punto esatto in cui il proiettile lo aveva colpito.
I presenti non erano riusciti a fare niente, nemmeno a reagire... non sospettavano minimamente che Pizzarro potesse avere accesso ad un' arma, figurarsi a sparare a qualcuno.
In quel momento, Lunette sentì qualcosa dentro di lei andare in mille pezzi.
'' NO!!!''- gridò iniziando a correre verso il giovane, mentre i suoi amici moschettieri si occupavano di immobilizzare Pizzarro una volta per tutte.
Aramis era rimasta pietrificata.
'' No... non è possibile...  non di nuovo...''

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Capitolo 50
*** Ore di terrore ***


~Nicolàs era ancora a terra, premendo una mano sulla ferita al petto, lasciando andare ogni tanto qualche gemito di dolore.
All'inizio gli era sembrato che il proiettile gli avesse trafitto la spalla, e invece si era collocaoto in ben altro posto, forse ben più grave.
Ma anche da ferito, il suo pensiero principale era un altro.
'' A-A-Aramis...''- gemette -'' voi state bene?''
'' Sì...''- fece la bionda ancora sconvolta.
Non riusciva a crederci... Pizzarro aveva tentato di spararle, lei non se n'era nemmeno accorta, ma Nicolàs sì, e le aveva fatto da scudo umano.
Nicolàs sorrise, malgrado il dolore lancinante -'' Bene... sono contento.''
'' Ma che hai fatto.... perchè...''- fece Lunette con voce terrorizzata tamponando con le mani la ferita alla clavicola del giovane nobile.
Ben presto anche gli altri moschettieri, Jean, sua madre e Costance gli furono attorno per tentare di soccorrerlo.
'' State indietro...''- fece Athos avvicinandosi al nobile -'' fatelo respirare.''
'' Nicolàs...''- fece Lunette sul punto di mettersi a piangere come una fontana.
'' Ehy...''- malgrado il dolore trovò la forza di sorriderle -'' Guarda che i moschettieri non piangono...''
Lunette rise istericamente ed una volta che Athos si fu reso conto che Lunette non aveva a sua disposizione la lucidità che serviva per riprendere in mano il controllo della situazione chiese ad Aramis di allontanarla, per poter verificare la gravità della ferita.
'' D'artagnan, va ad informare Treville che siamo tornati... e che serve un dottore.''- fece il moschettiere bruno.
D'artagnan non se lo fece ripetere due volte e schizzò come una saetta dal comandante per informarlo dell'accaduto, seguito da Jean e dalla bella Costance.
Il moschettiere bruno tornò ad occuparsi di Nicolàs.
'' Questo potrebbe farvi un po' male...''- lo avvertì Athos strappando la camicia del nobile nel punto in cui era gia stata squarciata dalla pallottola, con un colpo secco e deciso.
Quando Nicoàs gridò, Aramis coprì le orecchie della sua serva per impedirle di ascoltare quell'urlo straziante.
'' Come sta...?''- fece la moschettiera bionda.
'' Non c'è foro d'uscita...''- fece Athos dopo aver voltato il nobile strappandogli così diversi gemiti di dolore -'' il proiettile è ancora dentro, ma per fortuna pare non aver toccato organi vitali...''
In quel momento accorse Treville seguito a ruota dal guascone e dalla fidanzata, e con orrore constatò la veridicità delle loro parole.
'' Portatelo in una delle stanze della caserma... ho gia mandato a chiamare un medico, sarà qui a momenti.''

Fuori dalla stanza in cui il medico aveva iniziato a prestare soccorso a Nicolàs, si era raccolto un piccolo cappello di persone.
I tre moschettieri, D'artagnan, Costance, Jean e sua madre e ovviamente la giovane Lunette.
Il gruppetto era per lo più occupato a fare quadrato intorno a Lunette, cercando di confortarla e distrarla... ma la ragazza era come caduta in una sorta di sonno profondo, solo che era sveglia.
Come se avesse costruito attorno a se una campana di vetro impenetrabile.
I suoi occhi, la sua mente riuscivano a vedere soltanto una cosa.
Nicolàs che urlava ad Aramis di stare attento, Pizarro che puntava l'arma contro la bionda, il conte che si frapponeva... lo sparo... Nicolàs che cadeva a terra, il sangue...
Tutto troppo in fretta per poter reagire in maniera intelligente.
Era quasi inquietante, vederla così. Sembrava uno spettro.
Solo una cosa riuscì a distrarla dallo stato di catalessi in cui era sprofondata.
L'urlo lacerante del conte Montmercy da dietro la porta. Le fece gelare il sangue, ma al tempo stesso la risvegliò.
'' Che succede?''- fece lei scattando verso la porta decisa ad entrare e sincerarsi con i suoi occhi di quanto stava accadendo.
Il polso di Athos serrato attorno al suo però la bloccò.
'' Calma...''- fece il moschettiere prendendo delicatamente la ragazza per le spalle -'' sta andando tutto bene... cerca di calrmarti.''
'' Come sarebbe a dire sta andando tutto bene, ma lo avete sentito?!?''- sbottò la ragazza liberandosi dalla sua presa.
Tutto bene dicevano loro... come poteva andare tutto bene, quando Nicolàs, il SUO Nicolàs urlava come se lo stessero squartando vivo?
Athos intuì i suoi pensieri e cercò di tranquillizzarla -'' Lunette... il lavaggio di una ferita da arma da fuoco è un procedimento molto doloroso... purtroppo è inevitabile. Ma dopo starà meglio...''- o almeno sperava.
Il medico poteva estrarre il proiettile, ma nessuno era in grado di assicurare loro che dopo l'intervento non ci sarebbero state complicazioni... purtroppo quelle ferite erano imprevedibili.
A quel punto Aramis non ce la fece più.
Non poteva vederla in quello stato.
'' Qui non puoi fare niente...''- fece maternamente la bionda prendendola a braccetto -'' hai bisogno di prendere una boccata d'aria... vieni con me. Facciamo una passeggiata.''- le propose.
Per lei stessa, se avesse almeno potuto stare vicina a François nei suoi ultimi istanti sulla terra, sarebbe stato inaccettabile muoversi di un solo passo, ma vedere Lunette in quello stato... respirante, con gli occhi vuoti e talmente immobile da sembrare morta era davvero troppo.
Voleva solo trascinarla via da lì... anche con la forza se necessario.
'' Ma io...''- provò ad obiettare lei.
D'artagnan intervenne -'' Ti prometto che non appena ci sarà una notizia verrò io a chiamarti.''
Fu allora che seppur controvoglia, la ragazza si convinse, ed Aramis la portò lontano da quella porta, lontana dalle urla del giovane nobile e dal suo dolore, malgrado fosse consapevole di cosa stesse provando la sua amica.
Chi meglio di lei poteva comprendere cosa si provasse nel vivere nella paura ed il terribile presentimento di non rivedere mai più l'uomo che amava?
Però da una parte, invidiava la sua serva.
Perchè lei aveva qualcosa che a suo tempo, ad Aramis, fu negato.
Un filo di speranza.
Sottilissimo, ma presente.

L'aveva portata nel giardino del Louvre.
Lunette adorava quel posto, ed Aramis ce la portava sempre quando era piccola. Quando Lunette finiva i suoi compiti che fossero per Aramis o per sè stessa ( lezioni di scherma, lezioni di scrittura e lettura), la moschettiera ce la portava per ricordarle che in fin dei conti era ancora una bambina e che anche svagarsi e giocare erano suoi doveri.
Quando aveva fatto amicizia con Costance, poi... le due ragazzine si divertivano un mondo nel giocare con l'acqua della fontana, fare coroncine di fiori o sempliciemente a riconrrersi.
Erano bei tempi quelli...
Lunette si sedette sulla fontana, giocherellando distrattamente con l'acqua, con lo sguardo perso.
'' Eravamo qui, una volta...''- borbottò quando Aramis prese posto accanto a lei -'' quando eravate partiti per Bel Ile... io sono venuta qui... mi ha regalato una rosa.''
Aramis si diede uno schiaffo mentale.
Ora che ci pensava, pessima mossa.
A sua discolpa però poteva dire che non immaginava che il giardino del Louvre custodisse anche quel ricordo.
'' Vuoi andare a casa?''- le chiese premurosa Aramis -'' Posso prepararti un po' di latte, del tè... dimmi tu.''
'' E' colpa mia...''- fece Lunette. Una lacrima le cadde dal viso e finì nella fontana -'' è solo colpa mia...''
Non riusciva a credere di aver fatto una cosa del genere all'uomo che amava.
'' Non dire sciocchezze.''- fece Aramis mettendole una mano sulla spalla per confortarla -'' non sei stata tu. Non sei tu ad aver preso la pistola e a sparare. E non sei stata tu a dire a Nicolàs di buttarsi sul proiettile.
'' Però ho fatto di peggio.''- fece Lunette mollando un pugno all'acqua distruggendo il suo riflesso -'' Gli ho raccontato che voi, Athos, Porthos e D'artagnan eravate come dei fratelli, la famiglia che mi è sempre mancata...''
Da lì, la storia si scriveva praticamente da sola.
Nicolàs, accortosi che quello che era stato sia un padre che un fratello maggiore per la piccola Lunette, non aveva esitato a saltare davanti alla pallottola destinata al moschettiere biondo, pur di risparmiare alla ragazza il dolore di veder andarsene la persona a cui doveva tutto.
Ma forse gliene aveva procurato uno maggiore.
'' Se avessi immaginato che avrebbe rischiato di morire per colpa mia, avrei di gran lunga preferito non rivederlo mai più.''
Aramis preferì lasciarla sfogare.
In quei giorni ne aveva passate di tutti i colori... le torture con Pizzarro, la prospettiva di dover morire, aveva persino affrontato una pantera... e poi aveva assistito alla quasi morte della persona che amava e che finalmente era tornata.
Tutto per proteggere lei.
Dopo molto tempo, aveva imparato a convivere con il pensiero che il suo amore era morto, che l'aveva perduto, gliel'avevano strappato via senza il minimo preavviso ed aveva creduto di essere morta con lui lo stesso giorno che Mansonne aveva affondato la sua spada nel petto dell'amato.
Ma non avrebbe mai potuto sopportare il peso di essere stata la causa involontaria della morte del giovane conte Montmercy e dell'infelicità della giovane Lunette.
Solo perchè lei aveva perso da tempo le possibilità di essere felice, non era un valido motivo per cui anche Lunette dovesse essere infelice per il resto dei suoi giorni.
L'abbracciò fraternamente.
'' Nicolàs si riprenderà presto... non sentirti responsabile per quello che è successo. L'unico responsabile è Pizzarro. E quando informerò la regina madre, farò in modo che paghi anche per questo.''
Altrochè se l'avrebbe fatto... non si sarebbe data pace finchè Pizzarro non fosse marcito in prigione.
Cosa credeva, che gliel'avrebbe fatta passare liscia dopo tutto quello che lei e Lunette avevano patito per colpa sua?
Povero illuso.
'' Non riesco a pensare di non essere responsabile....''- non riusciva a smettere di pensare che se non l'avesse incontrata nel bosco quella sera, tutto questo se lo sarebbe potuto evitare.
'' Lo so. L'ho pensato anch'io tantissime volte, quando François è morto... che se avessi fatto qualcosa, se avessi deciso diversamente, adesso saremmo sposati e avremmo avuto dei bambini... ma l'unico vero responsabile è chi ha sparato.
Rammenti? Sei stata tu a dirmelo.''
All'epoca aveva solo quattordici anni... già allora era un tipino che riusciva a farsi intendere e che sembrava già più adulta della sua fanciullezza.
E adesso, toccava a lei, occuparsi della sua amica. Come Lunette aveva fatto con lei quando ormai disperava di poter rendere giustizia al suo amato.
'' Si sta facendo buio...''- constatò Aramis guardando il cielo -'' perchè non torni a casa e non ti riposi un po'?''
'' Perdonatemi...''- fece Lunette -'' ma vorrei tornare in caserma. Voglio restare accanto a Nicolàs.''
Aramis annuì.
Sì, in fin dei conti era un suo diritto.
'' Va bene. Però prima vai a casa a rinfrescarti e cambiarti. D'accordo?''
Lunette annuì ed assieme alla bionda s'incamminò vero casa.


'' Quest'attesa è sneravante...''- borbottò D'artagnan.
Athos annuì.
Si era sempre definito un uomo accomodante e paziente, che aveva fatto della massima '' La pazienza è la forza di ogni grande guerriero'', una delle sue direttive di vita, ma doveva convenire con l'amico guascone.
Erano passate quasi tre ore ormai ed ancora non avevano nessuna notizia.
Non osava immaginare  come si sentisse la povera Lunette in quel frangente. Non lo immaginava, ma di certo doveva essere affranta.
'' Spero che Aramis riesca a calmarla.''- pensò tra sè e sè.
Parli del diavolo e spuntano le corna.
Lunette si era cambiata, indossando un vestito bianco e azzurro, capelli liberi sulle spalle che portavano ancora i segni dell'essere stati intrecciati.
Il viso era quello di una ragazza che aveva pianto, e parecchio.
'' Ci sono novità?''- fece Lunette raggiungendo il resto del gruppo, seguita a ruota da Aramis, che nel frattempo non si era schiodato dalla porta della stanza di Nicolàs.
Costance le andò incontro per abbracciarla e confortarla -'' Non ancora. Ma vedrai che presto sapremo qualcosa.''
Lunette riprese il suo posto.
Purtroppo dovette passare almeno una mezz'ora prima che il medico uscisse per dare loro delle notizie.
E durante quel tempo, Lunette  tenne stretto tra le mani il crocefisso che le aveva regalato Nicolàs, sia per pregare il cielo di non portarglielo via sia per sentire l'amato vicino a sè.
'' Allora?''- fece il capitano De Treville a nome di tutti -'' come sta?''
Il medico li tranquillizzò.
'' La pallottola non ha colpito organi vitali, fortunatamente. Al momento è molto debole a causa dell' emorragia.''
Queste parole fecero sospirare di sollievo il gruppo che si era radunato fuori dalla porta. In particolar modo Lunette, che si sentì liberare da un gran peso che la opprimeva.
Aramis la abbracciò felice.
Era vivo... questo era l'importante.
'' Ad ogni modo, la pallottola ha causato un' infezione, ed adesso ha la febbre molto alta. Gli darà un po' fastidio per i prossimi giorni, ma con un po' di riposo e le medicine che gli ho perscritto si rimetterà.
Comunque, almeno per questa notte, non deve rimanere solo.''
'' Non c'è problema...''- fece Lunette -'' resto io con lui...''
Detto questo, il medico si congedò.
'' Lunette, sei certa...''- fece D'artagnan preoccupato. In quei giorni in Svizzera, l'amica non si era certo riposata, e non aveva proprio un bel colore -'' sei certa di non volerti riposare un po'?''
Lunette lo rassicurò.
'' Non preoccuparti... ce la faccio benissimo.''- e senza ascoltare nessun altro la ragazza entrò nella stanza e chiuse la porta dietro di sè.
'' Vale anche per voi. Andate a riposare.''- ordinò Treville.
'' Capitano, non possiamo lasciare sola Lunette...''- tentò di obiettare Porthos, anche lui preoccupato per la ragazza.
'' Ma infatti non sarà sola.''- fece il militare -'' mi assicurerò personalmente che stia bene ed in caso mostri segni di stanchezza insopportabile, le darò il cambio.''
A quelle parole i moschettieri, il bambino e le altre due donne si convinsero. In fin dei conti... dovevano informare il padre di Costance che era tutto finito, far riposare Jean e sua madre ed Aramis doveva consegnare il documento della discordia alla regina madre, affinchè lo distruggesse, in modo che nessuno vantasse più pretese su un territorio francese ed evitare una guerra.
Però le dispiaceva lasciare Lunette.
Si consolava pensando che ormai il brutto era passato.

Lunette bagnò una pezza di stoffa e la poggò sulla fronte madida di sudore del giovane conte.
Malgrado la febbre alta e la sofferenza che gli causava la ferita pareva dormire il più tranquillo dei sonni.
Probabilmente grazie anche alla complicità della valeriana.
Aveva la camicia aperta ed il petto era ricoperto da alcune bende bianche, nel punto in cui si era ferito.
Erano leggermente macchiate di sangue.
Sorrise nel vederlo così.
Sembrava proprio un bambino.
Gli carezzò i capelli e gli depositò un bacio sulle labbra.
'' Mi hai salvata un'altra volta.''
Iniziava ad avere davvero troppi debiti con le persone che la circondavano... prima con Aramis, adesso Nicolàs...
Si chiedeva come avrebbe mai potuto ripagarlo.

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Capitolo 51
*** Una sorpresa per Lunette ***


~Nicolàs reagiva bene alle cure.
I primi due giorni furono ovviamente i più terribili.
Incubi, la febbre che gli dava il tormento, delirava...
I deliri riguardavano in particolar modo la notte in cui, da bambino, aveva assistito all'omicidio dei genitori e delirava fino al punto che chi lo vegliava aveva l'impressione di rivivivere quella scena orribile in prima persona.
Come se stesse accadendo in quel momento in quella stanza.
Lunette, malgrado gli sforzi del capitano, non ne volle sapere di staccarsi dal capezzale del conte nemmeno per cinque minuti.
Ad un certo punto il militare aveva sbuffato, ma poi aveva anche sorriso guardando il cielo.
'' Jean... come si vede che è figlia tua.''

Passarono circa sette giorni dal giorno in cui Pizzarro aveva quasi assassinato Nicolàs che si era messo in mezzo per proteggere Aramis da un colpo letale.
In quei sette giorni era successo di tutto.
Tanto per cominciare, Aramis aveva consegnato il trattato alla regina madre, la quale aveva immediatamente bruciato il documento, in modo che nessuno potesse mai più trovarlo o usarlo come arma.
Maria De Medici disse ad Aramis che intendeva esprimere la sua gratitudine a lei e alla ragazza che era andata con lei in Svizzera, ma Aramis disse che non ve n'era bisogno.
In fin dei conti, era stato solo ed esclusivamente grazie a quella missione, se avevano ritrovato la madre di Jean e il piccolo aveva finalmente realizzato il suo sogno.
'' Però posso chiedervi una cosa. Non per me. Ma per Lunette.''
'' Dite pure. Sarò felice di accontentarvi.''
'' Pizzarro era un infilitrato per recuperare il trattato.''- spiegò Aramis -'' al termine della missione, ha tentato di uccidermi per ripicca.
Ed è solo grazie al coraggio e alla prontezza di spirito del conte Monmercy se sono qui a parlarle. E quel giovane, è la persona a cui Lunette tiene di più al mondo.''
'' Capisco.''- annuì l'ex reggente -'' non preoccupatevi. Anzi, dite alla vostra amica di stare tranquilla. Vi assicuro che Pizzarro trascorrerà quello che gli rimane da vivere in prigione.''
Aramis aveva sorriso soddisfatta.
Pizzarro sarebbe morto in prigione.
Farlo giustiziare sarebbe stato come offrirgli di farla franca.
Troppo comodo.
Inoltre, Lucille era arrivata a casa Bonacieux con il figlio e subito Martha, Costance e Monseiur Bonacieux l'avevano accolta come una lontana parente che non vedevano da anni, felice come non mai di poter ringraziare di persona colore che per molto tempo erano stati la famiglia di suo figlio.
Ma Lucille non avrebbe mai accettato l'ospitalità di monseiur Bonacieux senza fare qualcosa in cambio.
Quindi, grazie anche all'intervento della bella Costance, la donna iniziò a lavorare come cuoca nelle cucine reali.
Tutto si era messo per il meglio, insomma.

'' Ho sentito che Nicolàs si è perfettamente ristabilito.''- fece Costance mentre, aiutata dall'amica sistemava le ultime guarnizioni per l'abito nuovo della regina.
A breve ci sarebbe stato un ballo molto importante a corte, più precisamente fra tre giorni.
Era una ricorrenza molto particolare da festeggiare.
L'anniversario di matrimonio dei sovrani di Francia e di conseguenza l'alleanza con la Spagna.
Chissà come l'avrebbero presa i sovrani se avessero saputo che tempo prima, per fare un dispetto al figlio, la regina madre aveva firmato un trattato di cessione con gli spagnoli.
Meglio non pensarci, per il bene di tutti.
'' Sì...''- fece Lunette appuntando l'ultimo fiocco  sul petto del vestito -'' stamattina era in piedi, ma di pessimo umore quando il medico gli ha detto che deve stare a riposo ancora per un paio di giorni.''
Nicolàs aveva reagito in modo tale che Lunette si era messa a ridere.
Sembrava un bambino a cui era stato impedito di uscire a giocare malgrado ormai la pioggia fosse cessata.
Costance rise, immaginandosi la scena.
'' Gli ho promesso che avremmo fatto assieme un giro a cavallo, quando il medico sarà dell'avviso di lasciarlo andare.''- aggiunse Lunette.
'' Sai che sono felice per te?''- le confidò Costance -'' era da un pezzo che non ti vedevo sorridere così... nessuno di noi era felice nel vederti con il cuore a pezzi per causa sua.''
Lunette annuì, per non deludere l'amica, ma dentro di sè aveva paura.
Prima di essere colpito, Nicolàs stava per dirle qualcosa riguardo alla sua permanenza a Parigi.
Temeva la sua risposta.
Ovvero... che era lì solo di passaggio ed era stato per un caso fortuito che aveva saputo che la ragazza si trovava nei guai.
Per ora preferiva non pensarci e godersi la sua presenza.

'' Lunette, io e gli altri andiamo all'osteria per mangiare qualcosa...''- la avvertì Aramis poco dopo aver finito alla caserma -'' vieni con noi?''
'' Io passo.''- fece Lunette -'' devo portare la cena a Nicolàs e poi vorrei andare a casa a dormire un po'.''
E non aveva torto ad essere stanca.
Negli ultimi giorni, lei ed il suo letto, erano diventati quasi degli sconosciuti.
Aramis annuì soddisfatta.
Splendida idea organizzare  una serata con Athos, Porthos e D'artagnan per permettere a Lunette di stare sola con Nicolàs, per parlare e chiarire le cose.
'' D'accordo, allora ci vediamo domani.''- fece Athos salutandola.
'' A domani''- e qui divenne severa, fissando i suoi amici come  una madre fissa i figli per ammonirli -'' e mi raccomando... niente zuffe!!!''
Un coro di risate congendò entrambe le parti.

Convincere il moschettiere che era stato incaricato di portare il pasto a Nicolàs a lasciargli il suo posto non fu affatto difficile per la ragazza, anzi.
Al giovane non era parso vero di poter andare a casa prima e che qualcuno gli facesse una simile grazia proprio cinque minuti prima che si recasse a svolgere quella mansione più adatta ad un paggio o ad un cameriere che ad un soldato.
'' Amico mio, la vita delle reclute è dura.''- aveva pensato Lunette prendendo il vassoio, avviandosi verso la camera.
Appena arrivata davanti alla porta, il suo primo impulso fu quello di bussare, ma poi si fermò.
Posò il vassoio su un mobile vicino alla porta e tentò di aggiustarsi sia i capelli che il vestito.
Poi riprese il vassoio con una mano, chiuse l'altra a pugno e la fece battere sul legno della porta per un paio di volte.
'' Avanti.''- fece la voce del giovane conte.
Lunette allora entrò.
''Ti ho portato la cena...''- fece la giovane posando un vassoio con della minestra, del pane ed un boccale di vino sullo scrittoio presente nella stanza.
Nicolàs era in piedi, abbigliato con una camicia bianca, stivali e pantaloni neri.
Il braccio destro era immobilizzato in una specie di tutore.
''Grazie...''-fece Nicolàs sorridendo-:'' intendo dire... per essermi rimasta accanto. Athos mi ha detto che non ti sei mai mossa dal mio capezzale durante la prima notte...''
Lunette abbassò gli occhi, arrossendo leggermente-:''Beh... era il minimo che potessi fare...per ringraziarti di quello che hai fatto per Aramis...''
''Sei in fallo, stavolta.''- fece Nicolàs prendendole il mento per costringerla a guardarlo.
''Come, prego?''- fece Lunette confusa.
''E' vero, mi sono preso un proiettile destinato a lui. Gli ho salvato la vita, ma non l'ho fatto certo per lui o perchè sono un servo della Francia... l'ho fatto per te.''
Certo, considerava Aramis quasi come un amico e riconosceva in lui un uomo ed un soldato di grande valore, ma il motivo principale per cui gli aveva salvato la vita era che gli avrebbe fatto troppo male vedere Lunette piangere per la morte di qualcuno che considerava un fratello maggiore.
Non sapeva come spiegarselo, ma fin dal primo giorno che aveva incontrato quella ragazza pronta persino a lottare contro una belva feroce e che aveva lottato per il suo re ed il suo paese come un vero soldato... aveva capito che sarebbe andato persino in capo al mondo se la cosa l'avesse resa felice.
Lunette rimase in silenzio, sconvolta da questa rivelazione. Adesso la cosa diventava sempre più chiara e la verità la rendeva felice e spaventata allo stesso tempo.
''So che sei molto legata ad Aramis e non avrei voluto mai... per nessun motivo, saperti triste a causa di una sua disgrazia... l'ho fatto perchè... sono innamorato. Di te.''
In quel momento, la fanciulla dai capelli bruni sentì un tuffo al cuore non indifferente.
Eppure...
''Come fai a sapere che...'''
''.... che sia davvero amore o non mi sia semplicemente infatuato di una serva, come capita a molti nobili?''- concluse il giovane conte-:'' è il motivo per cui sono partito da Parigi... per capirlo.
Ho girato tutte le corti europee... e ho incontrato donne di tutte le risme. Baronesse, duchesse, contesse, principesse...tutte donne bellissime e virtuose, non posso negarlo... ma preferiscono chinare il capo e dire solo si o no, piuttosto che dire una loro idea.''
Qui le si avvicinò, ma Lunette non fece nemmeno un passo.
''Quando ti ho vista la prima volta ho pensato che anche tu fossi una bellissima ragazza... ma  non è stata solo la tua beltà a farmi innamorare... il tuo coraggio, il tuo disinteressarti di cosa pensano gli altri, il tuo senso della giustizia... ed il tuo dire sempre cosa pensi, indipendetemente da chi sia la persona con cui parli.''
Oramai era divenuto impossibile nascondere il rossore alle guance per la giovane Lunette.
Le sembrava tutto così meraviglioso e surreale allo stesso tempo... lei sapeva per certo ormai di amare alla follia Nicolàs.
Non avrebbe certo pensato a lui in quelli che credeva i suoi ultimi momenti da viva, in caso contrario ma...
''Andiamo Lunette! Credi davvero che mi sarei disturbato a tornare e a venire in tuo soccorso se davvero tu non fossi stata importante? Ti amo. E voglio passare il resto della mia vita assieme a te.''
''Aspetta un momento, stai dicendo...?''- fece Lunette veramente stupita una volta capito dove voleva andare a parare il giovane.
''Che ti voglio sposare? Che voglio passare il resto della mia vita assieme a  te? Che sia tu la madre dei miei figli oltre che la mia legittima consorte? Si, intendo proprio questo.''- qui le prese le mani seppur a fatica dato che un braccio era immobilizzato dalla fasciatura e la guardò con uno sguardo innamorato e speranzoso-:'' Sposami Lunette...e ci renderemo le persone più felici del mondo l'uno con l'altra.''
Lunette fissò il vuoto chiedendosi come mai non le si fosse dipinto un dannato sorriso da ebete sul volto, ma poteva giurare di essere divenuta rossa come un pomodoro maturo.
Il cuore le batteva così forte che temeva che presto le si fermasse in petto.
''Nicolàs... mi cogli totalmente alla sprovvista, io...''
Nicolàs le sorrise rassicurando-:''Non ti sto chiedendo di rispondermi qui e adesso. Fra tre giorni a corte ci sarà un ballo per festeggiare l'anniversario di matrimonio del re e della regina... ti aspetterò alla fontana del giardino reale. Se verrai... lo prenderò come un sì.''

 E voi che ne pensate? Lunette ci andrà o non ci andrà? Ed in quel caso... che gli dirà?
Lo vedremo.

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Capitolo 52
*** La decisione ***


~Ballo, fontana, giardino, ti amo... queste parole l'avevano tormentata per tutta la sera precedente e buona parte del giorno in corso.
''Lunette, ci sei?''- fece D'artagnan leggermente preoccupato.
''Oh, come... che hai detto?''- fece la ragazza come risvegliatasi da un lungo sonno.
La prima cosa che notò era che i quattro moschettieri la fissavano con sguardo attonito.
''Qualcosa non va ragazzi?''- chiese la giovane con candore.
''Veramente siamo noi a chiederlo a te...''- fece Athos stupito lasciando cadere sul tavolo le carte-:'' Tenevi in mano l'ago per cucire e lo sguardo vagava per la stanza... che fai sulle nuvole?''
''Scusate...''- fece la ragazza abbassando lo sguardo mortificata-:'' Pensavo...''
''A cosa, se è lecito saperlo?''- chiese D'Artagnan.
''Niente... niente di particolare...''- mentì la ragazza tentando di concentrarsi sul suo lavoro. Ma il suo atteggiamento schivo non convinse i moschettieri, coloro che erano stati la sua famiglia per molti anni.
''Sai che con noi puoi parlare.''- la incoraggiò Aramis.
Porthos si alzò di scatto-:'' Nicolàs ieri è stato sgarbato con te vero? Non preoccuparti Lunette, sono un  gentiluomo ed un moschettiere, non sia mai che lasci impunito un insulto ad una signora!''
Lunette, in risposta scoppiò a ridere, non tanto dell'equivoco in cui era incappato il gigante buono ma quanto per la tenerezza che il loro senso di protezione le suscitava.
''Porthos, vi ringrazio, ma Nicolàs non c'entra... o meglio c'entra, ma non è stato sgarbato ne insolente, fidatevi.''
''Quindi.... come c'entra?''- chiese Athos ormai incuriosito.
Lunette abbassò gli occhi, rossa in volto per l'imbarazzo-:'' Nicolàs... mi ha chiesto di... sposarlo...''
''Lunette, ma è fantastico!''- fece Aramis sinceramente commossa ma anche stupita.
Le pareva solo ieri che aveva incontrato Lunette mentre portava quel pesante secchio d'acqua in quella locanda di quart'ordine... ed ora era diventata una splendida giovane fanciulla, forte, intelligente e coraggiosa fino al punto di conquistare il cuore di un giovane nobile.
''Aramis ha ragione, Lunette... è davvero meraviglioso. Congratulazioni vivissime.''- fece Athos abbracciandola fraternamente.
''Ragazzi io non... non gli ho ancora risposto. Anzi sinceramente... non lo so se sia il caso di rispondergli....''
''Come mai?''- fece Aramis sempre più sorpresa.
''Aramis... siamo seri: il nobile che sposa una serva? Andiamo...''- vero, i titoli non contavano quando vi era di mezzo un sentimento così profondo e lei era certa che avrebbe amato Nicolàs anche se fosse stato un semplice parigino e che con lui sarebbe stata felice anche in una stamberga, ma purtroppo il destino l'aveva fatto nascere nobile.
Anche lei era nata nobile in un certo senso... ed era proprio questo il punto.
Nessuno si sarebbe fatto scrupoli a definirla una squallida arrampicatrice sociale che con un bel paio d'occhi dolci aveva irretito un nobile solo per farsi sposare e riconquistare il titolo che suo padre aveva perduto. Di quel che pensavano le dame della corte non le importava nulla, ormai c'era abituata ai loro sberleffi... ma se poi Nicolàs se ne fosse convinto?
Questo non sarebbe riuscita a sopportarlo.
''Lunette...''- ma Aramis non finì mai la frase perchè Costance entrò nella stanza come una furia precipitandosi ad abbracciare l'amica, radiosa in volto.
''Oddio, Lunette non hai idea di quanto io sia felice per te...''- disse la domestica della regina tutto in un fiato.
''Ehm... di che parliamo?''- fece la bruna abbastanza sicura di non avere idea di quale fosse l'argomento della conversazione.
Costance se ne stupì-:'' Ma come... parlo del tuo matrimonio.''
''Cavolo, le notizie viaggiano veloci, eh?''- commentò D'artagnan.
''Merito di Nicolàs... avresti dovuto vederlo... è andato dal re in persona per chiedere il permesso di sposarti.''- spiegò Costance sucitando lo stupore generale.
''Che cos'ha fatto....?''- fece Lunette che tra tutti era la più sorpresa da tale affermazione.
Costance si stupì a sua volta-:'' Ma come non lo sai?''
Ed iniziò a raccontare...


FLASH BACK
I tre giorni in cui non poteva muoversi per ordine del medico erano scaduti. Ergo, senza dire niente a nessuno si era sentito autorizzato ad uscire.
A chi glielo aveva chiesto lungo la strada aveva risposto educatamente -'' A fare due passi.''
E una passeggiata l'aveva fatta. Fino al Louvre.
Un nobile prima di sposarsi doveva chiedere il permesso a sua maestà, dicevano tutti.
E lui l'avrebbe fatto.
Solo per pura cortesia e bon ton, però.
Permesso o meno non avrebbe cambiato idea.
Se Lunette gli avesse detto di sì, l'avrebbe sposata in ogni caso, permesso o non permesso.
Non vivevano ancora in un mondo in cui per l'amore doveva esserci un permesso.
Il re non lo fece attendere più di tanto, anzi pareva contento di sapere del suo ritorno a Parigi.
Nello studio del re, erano presenti anche Costance, la regina sua consorte, ed il primo ministro il cardinale Richelieu.
'' Conte Montmercy...''- fece il re -'' che piacere rivedervi. Come state?''
A quanto pare Costance aveva riferito alla regina del suo piccolo ''incidente'', ma sapeva in cuor suo che l'amica d'infanzia della sua Lunette si era ben guardata dal riferire chi era stato, perchè l'aveva fatto e di cosa fosse conseguenza.
'' Bene, vi ringrazio maestà...''- fece il conte inchinandosi in segno di riverenza -'' è stato un momentaccio, ma non l'ho attraversato da solo e quel che conta è che ormai sia passato.''
Richelieu lo appoggiò subito.
'' Credo di parlare a nome di tutti, quando dico che siamo felici per la vostra guarigione.''
I sovrani annuirono.
'' Certo...''- fece il re -'' Certo, in nome del vostro aiuto contro Maschera di Ferro avrei preferito vi fosse concesso un benvenuto un po' meno violento.''
'' Sire, non preoccupatevi. Vi assicuro che ciò che è accaduto non era legato alla vostra volontà.''
''Spero resterete con noi per un po'...''- fece la regina.
''Sono d'accordo''- fece il re-:'' fa sempre piacere sapere di avere vicine persone di cui ci si può fidare.''
Nicolàs annuì-:'' Effettivamente contavo di stabilirmi definitivamente a Parigi.... inoltre, era mio desiderio comunicarvi la mia intenzione di prendere moglie.''
Un sorriso si dipinse sui volti dei monarchi, soprattutto su quello della regina.
''Ma certo... mi pare più che giusto. Arrivate in un momento propizio: a breve vi sarà un ballo per celebrare l'anniversario delle nozze tra il re e la regina.''- aggiunse il cardinale Richelieu.
Il sovrano prese teneramente per mano la sua sposa a quell'affermazione.
''Sono più che certo che troverete una dama più che adatta a voi.''- concluse il cardinale.
Nicolàs sorrise imbarazzato-:''Cardinale, vi sono grato per il vostro interessamento ma vedete io... ho gia scelto la donna che voglio al mio fianco.''
I presenti furono basiti, ma Costance iniziava ad avere un'idea molto precisa di chi fosse la fanciulla di cui il conte Montmercy stava parlando.
E la cosa non poteva che riempirla di gioia per la suddetta fanciulla.
''Davvero?''- fece il re visibilmente incuriosito.
''Si, Maestà... e vi posso assicurare che in tutta la Francia non esiste una ragazza dolce, forte, intelligente e bella come lei... perdonatemi mia regina, parlo a sproposito...''- fece Nicolàs abbassando il capo.
La monarca, in risposta sorrise rassicurante-:''Conte Montmercy, non preoccupatevi: ogni uomo innamorato è convinto che la sua dama eclissi tutte le altre.''
Il re annuì, d'accordo con la sua consorte.
''Posso sapere che cos'ha di speciale ai vostri occhi la fanciulla?''
''In primo luogo... il fatto che mi abbia immediatamente voluto bene per me stesso e non per il mio titolo... inoltre è un'anima forte e coraggiosa. Tutte qualità che la rendono amabile. Sire, vi chiedo il permesso di sposare Lunette. La cameriera personale di monseiur Aramis.''
Se prima i presenti erano basiti adesso erano davvero sconvolti.
Eccezion fatta per Costance.
Dopo la descrizione della fanciulla che il conte desiderava sposare, nessuno si sarebbe aspettato che quelle adulazioni fossero nei confronti di una serva.
''Vi rendete conto di quanto chiedete?''- intervenne in cardinale-:'' Da che mondo è mondo i nobili hanno sempre sposato delle nobildonne. Lo stesso fanno i servi con le serve.''
''Cardinale, con tutto il rispetto che meritate...''- continuò imperterrito Nicolàs-:'' Lunette non è sempre stata una domestica, vi siete per caso dimenticato che lei è la figlia del conte Le Goff? Vero, è la figlia di un nobile decaduto e di una popolana. Ma ciò la rende nobile di nascita almeno quanto lo sono io.''
''Sinceramente... non saprei...''- fece il monarca.
Certo, ricordava bene Lunette... una ragazza che non aveva esitato a lasciar perdere pentole e pavimenti per impugnare la spada e che assieme ai moschettieri, un anno e mezzo prima lo aveva salvato da una fine assai poco dignitosa e che aveva lottato assieme ai più valorosi soldati di Francia per il suo paese... ma non si era mai trovato nella situazione di dover dare il suo consenso ad un nobile che voleva sposarsi con una persona di ceto inferiore.
Nicolàs però non intendeva mollare la presa-:''Vostra Maestà, permettere una domanda... voi amate la regina vostra consorte?''
Il monarca fu alquanto stupito da tale domanda però rispose ugualmente-:'' Ma certo. Che domande.''
''E l'amereste anche se la regina non fosse la regina? Voglio dire...''
''Si ho capito cosa intendete...''- fece il re intuendo dove il giovane conte volesse andare a parare.
''Quindi lo sapete bene... io l'amo perchè è lei. So che non posso immaginare nessun'altra vicino a me... è lei che voglio sposare. E nel peggiore dei casi... rinuncerò al mio titolo e mi arruolerò nei moschettieri.''- e ne era sicuro.
Anche come semplice moschettiere, se Lunette gli avesse risposto di sì, sarebbe stato incredibilmente felice.
In fin dei conti, meglio vivere da soldato, con molte ricchezze in meno ed in una casa più modesta, al fianco di una persona che amava veramente e che a sua volta lo amava sinceramente, pronta persino a contraddirlo... piuttosto che ad una vita ricca, ma spenta e vuota, accanto ad una moglie capace di dire  soltanto''Si, mio caro''.
FINE FLASH BACK

''E il re a quel punto che ha detto...?''- la incoraggiò Athos a concludere quel racconto che pareva avere dell'incredibile.
''Ha dato il suo benestare!''- fece Costance euforica-:'' Nicolàs resterà nobile e ha avuto il permesso del re di sposare Lunette.''
Quest'ultima aveva ascoltato il racconto dell'amica senza proferir parola.
Era sconvolta da quanto era successo, ma non potè negare a se stessa di essere sul punto di scoppiare dalla felicità.
''Ha fatto questo... per me...?''- fece in un modo così flebile che nemmeno lei fu certa di udire la propria voce.
Era più che sicuro di avere un stupido sorriso da idiota sulla faccia... non poteva, o non voleva, cancellarlo.
Aramis le cinse le spalle con un braccio-:'' Se avevi dei dubbi direi che si sono risolti... quando qualcuno decide di alzare i toni persino con il re e con le cariche più alte del paese per qualcun'altro... significa che è amore. Vero amore.''
Aramis aveva proprio ragione.
I dubbi che aveva su quanto avrebbe funzionato la loro vita assieme si erano dissolti come la nebbia.
Si sarebbe presentata a quella festa e gli avrebbe detto di sì.

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Capitolo 53
*** Un nuovo inizio ***


~Nicolàs e Lunette non si videro per tutta la durata dei tre giorni, come d'accordo, attendendo che arrivasse la sera del ballo a corte.
Tre giorni che sembravano non voler passare mai, ma che alla fine finalmente finirono.
'' Allora?''- fece Aramis riaccompagnando a casa Lunette quel pomeriggio.-'' come ti senti all'idea che stasera dirai al tuo innamorato che hai deciso di accettare?''
Lunette sorrise, arrossendo, con il cuore in gola -'' Felice, emozionata, spaventata... e mi sembra di vivere un bel sogno.''
Aramis sorrise dandole una pacca amichevole sulla spalla.
Come biasimarla?
Anche lei aveva provato le medesime sensazioni quando François le aveva proposto di diventare sua moglie.
Quindi poteva capire più di chiunque altro le emozioni che stavano scombussolando la sua giovane amica.
'' A proposito, hai pensato a cosa metterti?''- fece Aramis sperando con tutto il cuore che la ragazza dicesse di no.
Lunette la accontentò, anche se aveva contato di indossare l'abito più bello che aveva nell'armadio.
Niente di spettacolare, ma almeno era grazioso.
'' Ottimo, perchè credo di avere qualcosa di più che adatto all'occasione.''

Quando Lunette fece il suo ingresso nel salone dei ricevimenti del palazzo del Louvre nessuno la riconobbe.
Come avrebbero potuto del resto?
I nobili e le dame della corte erano abituati ormai a vederla sempre al fianco di Aramis, abbigliata con i suoi soliti panni semplici, puliti e dimessi.
Non quella sera.
Oltre ai moschettieri, quella sera non c'era nessuno accanto ad Aramis il moschettiere.
I capelli di Lunette erano perfettamente acconciati, nello stesso modo in cui li pettinava per andare a cavallo.
Indossava un abito blu notte.
Lo stesso abito che anni prima le aveva rivelato la vera identità di Aramis... era bellissimo.
Leggermente scollato, ricami fatti a regola d'arte... senza gioielli, se non il braccialetto che aveva portato per tutta la vita, il crocefisso che le aveva donato Nicolàs e una coroncina fatta di fiori, regalo del piccolo Jean.
Per quello che i presenti nella sala ne sapevano poteva essere chiunque... una contessa, una duchessa, o chissà che altro ma di certo nessuno avrebbe creduto che quella misteriosa dama e la serva del moschettiere Aramis fossero la stessa persona.
Quando aveva visto quell'abito, si era rifiutata di metterlo, e non perchè non lo trovasse bellissimo, anzi... solo che quello era lo stesso abito che Aramis aveva addosso il giorno del suo fidanzamento, le sembrava quasi una profanazione indossarlo.
Ma Aramis aveva insistito talmente tanto per vederglielo addosso, sistemarle i capelli e pitturarle la faccia che un rifiuto le sembrava un crimine di guerra.
''Andrà tutto bene, vedrai.''- la rassicurò Aramis, seguita a ruota dai suoi altri amici moschettieri.
''Ragazzi, io...''- tentò lei.
Athos non le permise di continuare.
''Vai.''- le sorrise il bel moschettiere bruno-:'' va da lui... ti starà aspettando.''
La giovane sorrise e dopo aver abbracciato i suoi amici uno ad uno si diresse verso la terrazza del salone dei ricevimenti.
Da quella terrazza partiva una scalinata che portava nei giardini del palazzo del Louvre.
La fontana del giardino.
''Ti aspetto alla fontana del giardino reale, alla festa per l'anniversario del re e della regina.''- le aveva detto.
E così fu.
Nicolàs Montmercy era seduto sul bordo della fontana in attesa della ragazza, guardandosi intorno come un'anima in pena sperando di scorgere la fanciulla a cui aveva chiesto di raggiungerlo in quel luogo.
La ragazza lo fece attendere ancora alcuni minuti per poi apparire davanti al giovane.
''Sei venuta...''- fece Nicolàs ancora incredulo nel vedere la ragazza scattando in piedi-:'' quindi...''
Lunette annuì con gli occhi che sprizzavano gioia.
''Sì. Nicolàs, ti voglio sposare.''- fece lei senza riuscire a togliersi un sorriso radioso dal viso.
Lei non amava il conte Montmercy.
Lei amava Nicolàs.
L'uomo che le aveva salvato la vita, che aveva combattuto assieme a lei contro Maschera Di Ferro, che era di nuovo corso in suo aiuto... e che aveva rischiato di perdere pochi giorni prima.
Non era certo stato facile con lui... prima le menzogne sulla sua vera identità, la lontananza, il silenzio... ma non aveva mai smesso di amarlo nemmeno per un secondo.
Nicolàs le offrì il braccio.
''Allora... vogliamo andare?''- all'espressione stranita della ragazza aggiunse-:'' Sarebbe un crimine lasciare che una ragazza così carina faccia da tappezzeria.''
''Ma...''- fece lei prendendo il braccio che le veniva offerto con leggera titubanza-:'' non è un problema farti vedere ballare con una domestica?''
Lui in risposta le rivolse un sorriso.
''Fammi pensare...no. Per due motivi principali: primo, nessuno lo sa... secondo e cosa più importante, non c'è nulla di cui vergognarsi nel farsi vedere accanto alla propria futura moglie.''- e nel dir così s'incamminò con la giovane verso il salone delle feste.

''Secondo voi com'è andata?''- chiese Porthos ai suoi tre compagni.
''Beh...''- fece Athos-:'' c'è un motivo se ha chiesto a Lunette di raggiungerlo qui stasera per sapere la sua risposta... quindi in teoria...''
D'artagnan fece segno con gli occhi di guardare tra gli invitati.
E tra gli invitati, c'erano proprio Lunette e Nicolàs che ballavano assieme, come trasportati da una magia.
Aramis li guardò sorridendo. Almeno per loro, il destino pareva aver deciso di farli vivere insieme, felici e sereni.
'' Sono proprio una bella coppia, non trovate?''- fece D'artagnan, lieto per la sua amica.
Athos annuì, seguito a ruota da tutti gli altri.
'' Comunque io vi avverto...''- fece Aramis minacciosa -'' se lui le spezza il cuore... io gli spezzo le gambe.''
Athos, D'artagnan e Porthos scoppiarono a ridere alla minaccia di Aramis, ma ognuno di loro, in quel momento s'impegnava a darle una mano nel caso la minaccia avesse avuto necessità di avverarsi.
Lunette era pur sempre la loro sorellina, anche se non vi era nessun vero legame di parentela tra loro.
Athos e Porthos l'avevano vista crescere e l'avevano istruita.
D'artagnan la conosceva da meno tempo di loro, ma le si era affezionato quasi subito, e quando aveva scoperto quanto poco ci era mancato perchè vivessero come fratello e sorella, le aveva voluto bene ancora di più.
Ergo, chiunque avesse fatto del male alla loro sorellina aquisita, lo faceva a suo rischio e pericolo.

Se fosse dipeso dai due futuri sposini, si sarebbero sposati nell'immediato o il giorno dopo che Lunette aveva accettato di diventare la moglie di Nicolàs.
Ma riflettendoci attentamente, era bene fare le cose con la dovuta calma e con la dovuta cura.
Il giorno del matrimonio venne fissato da lì ad un mese.
Un mese in cui i due fidanzati e i loro amici, ebbero il loro bel da fare per organizzare la festa di nozze.
Martha e Lucille, avevano insistito per occuparsi della preparazione del ricevimento. La prima perchè conosceva i gusti culinari delle poche persone che i due fidanzati avevano deciso di invitare al lieto evento, la seconda perchè era desiderosa come non mai di aiutare per sdebitarsi per quello che avevano fatto per suo figlio.
Costance, aiutata da piccolo Jean, si era auto incaricata del pensare all'addobbo floreale.
Athos, Porthos e D'artagnan ebbero la sventura peggiore... visto che nei giorni precedenti alla festa erano stati praticamente declassati al grado di facchini... ma d'altro canto, cosa non si fa per le persone amate?
Non vi furono dubbi su chi sarebeb dovuta cadere la scelta della persona che avrebbe dovuto accompagnare Lunette all'altare.
In fin dei conti, Aramis era stata un sostituto genitore perfetto per tutti gli anni in cui Lunette era rimasta con lei, ergo a dire di tutti non vi era una persona più indicata di lei per stare vicino alla giovane Lunette anche in quell'occasione.

Finalmente, il grande giorno era arrivato.
Aramis si era svegliata di buon ora e come il capitano Treville ed i suoi amici moschettieri quel giorno avrebbe indossato l'alta uniforme.
Questo ed altro per il matrimonio della sua migliore amica e compagna di avventure.
Un po' le dispiaceva separarsi da lei e non vivere più nella stessa casa... ma in fin dei conti, non la stava perdendo.
Lunette avrebbe sempre abitato a Parigi, avrebbero continuato a vedersi tutti i giorni...
Notre Dame battè le dieci e mezza.
C'erano quasi.
Mancava solo mezz'ora.
'' Lunette?''- fece bussando alla porta della sua stanza -'' posso entrare?''
'' Sì, venite pure...''
Aramis aprì la porta dicendo -'' Credo sia quasi l'ora di...''
Splendore.
Non avrebbe potuto trovare una parola migliore per definire la ragazza che anni prima aveva preso sotto la sua protezione, la quale aveva si lavorato per lei come domestica, ma che aveva istruito prima per insegnarle a cavarsela da sola e poi addestrato come un moschettiere... la stessa giovane donna che ora stava dinanzi a lei, in abito da sposa.
''Sei bellissima...''- fece Aramis senza fiato.
Lunette arrossì a quel complimento.
''E' merito di Bonacieux... ha confezionato una abito stupendo.'' - non era un abito particolare. Maniche lunghe, ricamato, senza guarnizioni nè fiocchi.
Il velo era decorato con delle perline bianche ed era fissato ad un cerchietto decorato di rose bianche di stoffa.
Lunette stessa non si capacitava di quello che stava per accadere.
Nicolàs l'aveva chiesta in moglie, e lei aveva accettato.
Tra pochissimo avrebbe sposato l'uomo che amava.
''Come ti senti?''- le chiese la moschettiera.
''E'... complicato... dannatamente male, e allo stesso tempo dannatamente bene...''
''Vorrei ben vedere... non ci si sposa tutti i giorni.''- ribattè la bionda sorridendo dell'euforia che aveva addosso la giovane domestica...no.
Lunette non era più una serva ormai.
Tra poco sarebbe diventata la Contessa Lunette Montmercy.
''Ho un regalo per te.''- fece la moschettiera mettendole qualcosa attorno al collo.
Lunette strabuzzò gli occhi quando vide il monile che Aramis le aveva messo attorno al collo.
''Mio Dio...''
''Non hai voluto gioielli e ti capisco, ma la sposa non può non avere una cosa regalata...''- la prese in giro Aramis.
''No, non posso accettarlo...questo è...''- fece Lunette tentado di restituirlo.
Aramis la fermò.
''Prendilo. Così ricorderai sempre che io...sarò sempre qui per te. E che per me... Athos, Porthos, D'artagnan, Martha, Constance, Jean, Treville e Monseiur Bonacieux sarai sempre e solo Lunette, .... e che saremo sempre con te qualsiasi cosa succeda.''
Lunette tirò su con il naso per non lasciarsi sfuggire le lacrime e abbracciò la bionda moschettiera.
Quante ne avevano passate insieme? L'arrivo dell'una nella vita dell'altra, le missioni, le avventure...
Come avrebbe potuto dimenticare? I tre moschettieri, D'artagnan e tutte le persone che l'avevano conosciuta ed accolta nella loro vita con affetto ed amore erano tutto quello che aveva.
'' Dai, ora andiamo... non vorrai far penare quel povero ragazzo facendogli credere di averci ripensato.''- scherzò Aramis.
Lunette rise, prendendo il bouquet che aveva preparato Lucille come dono di nozze e rispose a tono alla battuta -'' Sarebbe il minimo... dopo un anno e mezzo in cui si è fatto desiderare.''
Con quest'umore, lasciarono la casa della moschettiera.
Lunette si sentiva un po' triste all'idea di lasciare la casa in cui aveva vissuto per anni e dove aveva conosciuto l'amore di una famiglia... ma si consolava pensando che avrebbe vissuto con l'uomo che amava e che avrebbe potuto tornarvi in ogni momento.

Due ore dopo, per bocca dello stesso cardinale Richelieu, Lunette e Nicolàs divennero marito e moglie.
Lo stesso uomo contro il quale in passato si era battuta assieme ai moschettieri l'aveva dichiarata la legittima sposa dell'uomo che amava con tutto il cuore... non l'avrebbe mai ritenuto possibile eppure era appena accaduto.
Nicolàs non aveva fatto che sorriderle mentre Richelieu gli poneva la fatidica domanda.
''Conte Nicolàs Montmercy. Volete prendere la qui presente Lunette Le Goff come vostra moglie?''
Il giovane aveva risposto immediatamente, come se la sua vita dipendesse da quella semplice sillaba.
''Sì.''- e con quella semplice parola avevano sigillato per sempre le loro vite.
La cerimonia e la  festa si tenne in quella che era stata la residenza di Mansonne e che da quel momento sarebbe stata la casa dei novelli sposi.
Non vi era molta gente a quel ricevimento, ma ovviamente vi erano persone che non potevano mancare a quell'avvenimento: i tre moschettieri, Monseiur De Treville, Costance e suo padre, D'artagnan, il piccolo Jean con sua madre e Martha.
Persino Rochefort, De Jussac e lo stesso cardinale presero parte alla festa di nozze della neo contessa e del giovane conte.
Anche i sovrani di Francia ed il principe Philippe presero parte al lieto evento.
''Non hai idea di quanto siamo felici per te, piccola...''- la abbracciò Aramis sorridendole con tutta l'amicizia che poteva legarla alla ragazza, mentre Athos stringeva la mano a Nicolàs.
''Ti consiglio di rigare dritto o rammenta...''- lo minacciò scherzosamente.
Nicolàs concluse la frase del moschettiere moro-:''... che mia moglie è stata praticamente allevata dai soldati.''
''Esatto.''- fece Porthos.
Lunette rise: era tutto talmente perfetto che non avrebbe potuto desiderare di meglio in quel momento.
Un uomo meraviglioso che l'amava e che amava con tutto il cuore, la sua famiglia intorno a lei per rallegrarsi della sua felicità...
In quel momento pensò che alla vita non sarebbe stato davvero possibile chiedere di più.
'' Ora se permettete... vorrei ballare con mia moglie.''
Moglie... quella parola aveva un suomo magico detto da lui.
Quel giorno iniziava una nuova vita.

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Capitolo 54
*** Una tempesta in avvicinamento ***


~
''Da dove sono cadute queste due bellissime stelle?''- fece un pomeriggio Nicolàs Montmercy, seduto sul divano del loro salotto, distogliendo gli occhi dal libro che stava leggendo.
Per quanto interessante lo trovasse... preferiva guardare la giovane donna con addosso un abito blu ricamato che teneva tra le braccia un fagottino rosa.
Lunette sorrise.
Suo marito non sarebbe mai cambiato...
Si sedette accanto a lui, mantenendo tra le braccia lo scricciolo rosa, che tre mesi prima aveva portato nella loro casa quell'ultimo, decisivo tocco per renderli del tutto felici.
''Da un angolo di cielo che è solo nostro...''- fece lei sorridendo prima al marito, poi alla figlia.
L'avevano chiamata Reneè.
E Lunette era pronta a giurare, che tre mesi prima quando l'aveva data alla luce, gli occhi di Aramis si erano riempiti di lacrime di gioia nel sapere il nome di quella creaturina alla quale era bastato un solo sguardo per conquistare il cuore dei ''fratelli maggiori della mamma''.
Nicolàs carezzò la guancia paffuta della figlia... aveva i suoi occhi azzurri ma i lineamenti del viso erano quelli della madre.
Alla notizia della nascita della contessina, il re e la regina si erano subito offerti di mandare ai due una balia, ma Lunette e Nicolàs rifiutarono tassativamente.
''Siamo i suoi genitori... è giusto che ce ne occupiamo noi.''- avevano detto.
Dal canto suo, Lunette era decisa più che mai a non diventare come le altre nobildonne della corte, anche se era divenuta contessa nel momento in cui aveva accettato Nicolàs come marito.
Come aveva dato alla luce la figlia, intendeva anche nutrirla, lavarla, vestirla, educarla...
La bimba sorrise al padre.
Gli si scioglieva sempre il cuore quando la piccola Renèe gli sorrideva.
Decisamente, non gli mancava nulla per essere felice.
Aveva tutto quello che poteva sognare... amici sinceri su cui poter contare, l'amore di una moglie che ai suoi occhi appariva come la ragazza più incredibile di Francia, aveva una figlia meravigliosa...
La loro felicità era assoluta.
In quel momento, la pendola battè le cinque del pomeriggio.
''Accidenti, sono giè le cinque...''- fece Lunette. Non si era nemmeno accorta che il tempo fosse passato così in fretta.
Tra due ore sarebbero dovuti essere tutti e tre a casa Bonacieux.
Quel giorno era il loro anniversario di matrimonio ed i loro amici avevano organizzato una piccola festa a casa del sarto per festeggiare assieme il primo pezzo della loro storia insieme.
''Gia... abbiamo due ore libere, che vogliamo fare?''- chiese Nicolàs.
''Potremmo fare un giro in città... pensavo di portare una torta e dei fiori per la tavola.''- propose Lunette.
Nicolàs ci pensò un attimo e poi annuì.
L'idea tutto sommato non era male. Vero, era consapevole che sua moglie cucinasse bene ed era uno dei tanti motivi per cui quel numero distretto di cameriere che avevano la consideravano una persona fuori dal comune, e che dunque non avrebbe avuto problemi a preparare lei stessa una torta... ma effettivamente avevano bisogno entrambi di mettere un po' il naso fuori casa.
Da quando era nata Renèe la loro vita poteva dirsi davvero completa... ma per il loro desiderio di starle sempre accanto e di non perdersi nemmeno un secondo della vita della figlia, erano circa tre mesi che se qualcuno voleva dire di averli visti doveva andare a casa loro.
''Che dici Renèe...?''- fece Nicolàs.
La bimba aveva stretto i piccoli pugni e dormiva beatamente.
''Dalla a me...''- fece Lunette prendendo la piccola tra le braccia, cullandola leggermente per non svegliarl-:'' La metto nella culla, dico a Mariette di stare con lei e sono da te.''
Nicolàs annuì e seguì la moglie fino alla loro stanza, nella quale avevano sistemato una culla rivestita ed imbottita di bianco.
Aveva un' aria così serena mentre dormiva... Lunette pensò che avrebbe dato qualsiasi cosa affinchè quella tenera e dolce creaturina conservasse quello stato d'animo il più a lungo possibile anche da adulta.
'' Dobbiamo fare di tutto, tesoro...''- fece Lunette sistemando le coperte della culla -'' dobbiamo fare in modo che  sia una bambina felice.''
Nicolàs annuì, cingendole la vita, captando fin troppo bene cosa stava pensando la moglie. Ovviamente, non le avrebbero fatto mancare mai nulla... giocattoli, vestiti, cibo...  ma non era quello il punto della situazione.
Il punto era che loro due non dovevano sparire come era successo a loro quando erano bambini.
Vero, alla fine l'affetto di una famiglia, chi prima, chi più tardi, lo avevano trovato ambedue.
Ma quello che avrebbero potuto condividere con i loro genitori, era una mancanza che bene o male li avrebbe accompagnati tutta la vita.
La loro figlia non avrebbe dovuto sperimentarlo sulla sua pelle.
Nel modo più assoluto.
'' Lo faremo. Lo faremo.''- promise il giovane nobile abbracciando la moglie.
'' Spero in bene...''- fece la donna -'' non ho mai avuto una figlia, prima d'ora.''
Nicolàs scoppiò a ridere, salvo poi tapparsi la bocca allo sguardo minaccioso della consorte che pareva promettergli le peggiori torture nel caso avesse svegliato la piccola.
'' Sentiamo, che ho detto di tanto buffo?''- fece la giovane tentendo all'inviperirisi.
'' Niente... dico sul serio. Non devi preoccuparti. Ci sono io con voi.''- fece il nobile prendendo la moglie sotto braccio -'' Sono qui e non ho intenzione di andare da nessuna parte.''
'' Promesso?''- fece Lunette fingendosi dubbiosa.
'' Ehy. Mantengo sempre le mie promesse.''- fece Nicolàs baciandole la testa.
Ed in effetti era così.
Come quando le aveva promesso che sarebbe tornato a Parigi dopo la conclusione dell'affare Maschera di Ferro.
Ci aveva messo un' eternità e mezzo a mantenerla, però alla fine l'aveva fatto.

'' Godetevi questo momento piccioncini... perchè sarà l'ultimo della vostra vita''- fece una figura incappucciata mormorando tra sè e sè una figura incappucciata, osservando i due giovani sposi uscire dalla loro abitazione per poi incamminarsi a piedi verso il centro della città, prima di allontanarsi.

'' Nicolàs?''- fece Lunette, insospettendosi del non vedere il marito fuori dal negozio.
Era rimasto fuori perchè aveva visto dalla vetrina del fioraio che nella bottega era presente un fiore molto raro a cui però lui era allergico, e quindi per evitare di sentirsi male aveva preferito aspettare fuori la moglie.
Ed ora era sparito assieme alla crostata alle fragole che avevano comprato solo venti minuti prima in un precedente negozio.
'' Nicolàs?''- lo chiamò di nuovo -'' tesoro?''- e qui finse di arrabbiarsi -'' Non credi di essere leggemente cresciuto per fare questi giochetti?''
Evidentemente no, pensò tra sè e sè.
In quel momento, da quella strada passò un ragazzino sui sei anni, che si fece notare da lei tirandole il lembo del vestito.
'' Ciao, piccolino.''- fece la giovane contessa sorridendo amabilmente -'' ti occorre qualcosa?''
Il bambino fece cenno di no con la testa.
'' Le volevo solo dire che se sta cercando il signore che la stava aspettando prima...'' - la informò il piccolo con un visetto allegro e simpatico -'' stava parlando con una persona in una carrozza.''
'' Davvero?''- chiese conferma Lunette.
Il bambino annuì di nuovo.
'' Sì.''- fece il piccolo -'' il cocchiere l'ha chiamato per dirgli una cosa, lui si è avvicinato e quando gli aperto lo sportello per farlo salire, lui ha alzato le mani. Così.''- con sommo orrore della giovane contessa, il bambino alzò le mani in segno di resa.
Lunette non aveva detto una parola, impietrita da quanto aveva appena ascoltato.
Di certo o il cocchiere della carrozza incriminata o il suo occupante avevano minacciato Nicolàs per farlo salire senza farlo urlare o replicare, dopo averlo attirato con una scusa.
Magari con un coltello o con una pistola... o peggio, lo avevano minacciato entrambi.
'' Piccolo...''- fece Lunette, certa di somigliare ad un cadavere, prendendolo per le spalle -'' poi che è successo?''
Il bambino parve intimorito dal repentino cambio di colore della donna, ma rispose -'' Lui non sembrava contento, così ha cercato di scendere. Aveva qualcosa di bianco sulla faccia e poi ho visto che si è addormentato.''
Lunette si lasciò andare contro il muro più vicino, come prosciugata da ogni energia residua.
Quello che il bambino aveva appena descritto era un rapimento in piena regola.
In pieno giorno ed in una strada affollata, poi!!!
'' Si sente bene signora?''- fece il bambino, seguito a ruota da un uomo che aveva tutta l'aria di essere un fornaio.
Lunette restò muta per un paio di minuti, come se cercasse si ritrovare la forza di muoversi, parlare, respirare e pensare.
Poi si rese conto che qualcuno le aveva rivolto la parola.
Vedendo negli occhi di quell'uomo e di quel bambino una sincera preoccupazione li rassicurò dicendo che stava bene e che si era sentita debole per una frazione di secondo, poi sorrise nervosamente.
Lasciò cadere i fiori che aveva acquistato poco prima e si prese tra il pollice e l'indice delle mani i lembi del vestito ed iniziò a correre come una forsennata.
Aveva notato l'occhiata basita di qualcuno, mentre correva, con la coda nell'occhio, ma non se ne curò.
I fatti iniziali le gridavano che suo marito era appena stato rapito, l'opinione della gente era la sua ultima preoccupazione.
Obiettivo, la caserma dei moschettieri.
Nella speranza che almeno per quella volta, il tempo fosse un suo amico.
Ma chissà perchè qualcosa le diceva di non sperarci.

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Capitolo 55
*** Una possibile spiegazione ***


~'' Cos'è quest'affare?''- borbottò Athos vedendo il bambolotto a cui D'artagnan stava cercando di mettere un fiocco attorno alla vita.
Il guascone lo guardò con aria scettica che diceva -'' Mi prendi in giro?''
Poi però rispose.
'' Una bambola di pezza.''- fece riuscendo finalmente a fare il tanto sospirato fiocco intorno alla bambola.
'' Non sei un po' troppo grande per queste cose?''- lo prese in giro Porthos suscitando le risate degli altri due amici.
'' AH. AH. AH. AH!''- rispose il guascone a tono -'' Non è per me, è per la piccola Reneè.''
Athos strabuzzò gli occhi.
'' Una bambola? Per Reneè?''- fece il moschettiere più anziano.
Porthos lo guardò stranito.
'' Che c'è di strano, è una bambina e gioca con le bambole.''
'' Lo so...''- fece il moschettiere -'' ma mi sembra un po' presto... Reneè ha solo tre mesi...''
'' Sì, ma non li avrà per sempre, sai?''- lo prese in giro Aramis -'' crescerà e giocherà con la sua bambola.''
'' Contenta lei...''- fece di nuovo Athos -'' comunque quella cosa ha un non so che di inquietante.''
I suoi amici lo guardarono basiti.
'' Inquietante? E' una bambola di pezza, Athos.''- fece Aramis -'' che vuoi che faccia, che prenda un fioretto o una pistola e sfidi a duello il primo che passa?''
'' No...''- fece il bel moschettiere bruno -'' ma non mi piace essere fissato troppo a lungo...''
'' AIUTO!!! PER FAVORE, AIUTATEMI!!!''- Lunette spalancò la porta dello  studio facendo trasalire i suoi amici.
Ma lo spavento maggiore lo ebbero quando Lunette minacciò di svenire davanti a loro. La donna si reggeva in piedi solo perchè si sosteneva con una mano allo stipite della porta. Con l'altra invece teneva premuto sul fianco destra, nel punto in cui era collocata la milza, e respirava affonnosamente.
'' LUNETTE!!!''- Aramis fu la prima a soccorrere la bruna, cingendole la vita e facendo passare il braccio della giovane contessa intorno al suo collo.
D'artagnan invece, non appena le due amiche furono vicine al tavolo, offrì da sedere all'amica.
Athos versò un bicchiere di vino e lo porse alla ragazza.
'' Tieni, bevi. Ti sentirai subito meglio.''
'' Lunette, che diavolo è successo?''- chiese Porthos preoccupato, rendendo così di dominio pubblico i pensieri di tutti i presenti.
Lunette buttò giù il boccale che le aveva offerto Athos tutto in un fiato.
'' Nicolàs... l'hanno preso... l'hanno rapito... vi prego, aiutatelo voi...''
I quattro moschettieri rimanerono basiti davanti a questa dichiarazione.
'' Cosa?!?''- fece D'artagna.
'' Ma... come rapito?''
'' Com'è successo?''- chiese Aramis.
Lunette riprese fiato.
'' Non lo so... avevamo deciso di fare una passeggiata prima della cena a casa Bonacieux... sono entrata dal fioraio e lui ha preferito restare fuori perchè nel negozio vendevano una pianta a cui era allergico... quando sono uscita era scomparso.
Un ragazzino mi ha detto che lo ha visto parlare con una persona  che lo ha prima attirato vicino ad una carrozza, fatto salire e quando ha provato ad andare via lo ha tramortito.''- spiegò Lunette tenendosi la testa tra le mani. Tra la corsa e l'agitazione che aveva addosso aveva paura che le scoppiasse tra le mani.
'' E non ti ha detto se era un uomo o una donna?''- fece Porthos.
Lunette cercò di rispondere -'' Ha detto che è stato il cocchiere... ma non ha visto chi c'era sulla carrozza.''
'' E tu non hai visto nulla...?''- fece D'artagnan speranzoso.
Lunette dissentì.
'' No...''- fece la bruna massagiandosi la fronte cercando di non impazzire -'' Io ero dentro il negozio a scegliere i fiori... non mi sono accorta di nulla...''
Aramis, intuendo che l'amica stava per avere una crisi, le andò dietro e l'abbracciò per confortarla.
'' Sta tranquilla... adesso andiamo a cercarlo... lo troveremo. Te lo prometto.''- con gli occhi, la moschettiera, lanciò un messaggio ai suoi amici moschettieri che si fiondarono subito fuori dalla porta.
Anche Lunette fece cenno di alzarsi per seguirli.
Ma Aramis la bloccò.
'' Devo andare... Nicolàs ha bisogno di me...''
'' Non ti reggi nemmeno in piedi...''- fece la bionda costringendola a sedere -'' riprendi fiato e lascia fare a noi... d'accordo?''
Lunette ci pensò sù un momento, ma poi annuì, anche se non era per niente contenta di quella prospettiva.
Come cavolo faceva a starsene tranquilla con il marito in quella situazione?

'' Aramis, proprio te cercavo...''- fece Treville bloccando la bionda.
Aramis fu costretta a fermarsi, in fin dei conti era pur sempre il suo comandante, ma pareva impaziente e pregò che il militare facesse presto.
'' A proposito, come mai Athos, Porthos e D'artagnan correvano come se li stesse inseguendo il demonio?''- domandò Treville.
'' Si tratta di Nicolàs... a quanto pare è stato rapito.''
Il militare sbiancò a quelle parole e per un breve attimo sperò che si trattasse di uno scherzo di pessimo gusto.
'' Ma... stai dicendo il vero?''
Aramis lo guardò male.
Come poteva anche solo pensare che stesse scherzando riguardo ad una cosa del genere?
Lo sguardo della bionda fu più eloquente di mille parole per il capitano della guardia reale.
'' Voleva dirmi qualcosa?''
Treville si riprese appena in tempo per rispondere.
'' Sì...''- fece il militare -'' è arrivato un messo da parte della regina madre. Devi andare subito al palazzo del Lussemburgo.''
Aramis lo guardò con aria sconcertata.
'' Adesso, signore?''- fece la bionda sperando di avere l'appoggio del suo comandante.
Qualsiasi cosa Maria De Medici avesse di così importante da dirle non poteva scegliere un momento peggiore.
Lunette aveva bisogno di lei più di chiunque altro.
'' Ha insistito particolarmente. Dice che è una questione della massima importanza.''- fece il militare. Comprendeva che in quel momento per lei ed i moschettieri riavere indietro Nicolàs Montmercy, loro amico e marito della donna che per anni era stata una sorella minore, veniva prima di qualsiasi questione di stato ma era anche vero che erano dei moschettieri.
Ed in quanto tali, a volte erano costretti a prendere decisioni dolorose.
'' Fai il più in fretta che puoi. Resterò io al fianco di Lunette.''
Aramis annuì.
Sperava solo che fosse una cosa veloce...

I moschettieri purtroppo non poterono che confermare la storia della giovane Lunette. Più di un testimone aveva confermato che nell'orario del rapimento e nel luogo indicato dalla loro giovane amica, una carrozza si era allontanata a tutta velocità rischiando tra l'altro di travolgere i passanti.
Ma nello stesso tempo, di quella carrozza se ne erano perse le tracce.
Quindi era molto difficile stabilire se la vettura fosse ancora a Parigi o fosse uscita dalle porte della città per dirigersi chissà dove.
Treville era rimasto in silenzio fino a quel momento, poi finalmente esternò il proprio pensiero ai suoi uomini.
'' Ok, nuova priorità. Ritrovare Nicolàs. Tutto il resto che si associa al dovere dei moschettieri, dovrà aspettare.
Adesso la priorità è ritrovare Nicolàs.''
Vero, Treville era sempre stato un uomo inflessibile e ligio alle regole e quella, soprattutto da giovane, lo aveva portato a rimproverare i comportamenti irresponsabili di Bertrand ed anche Jean,  quando anche a lui scappava un colpo di testa.
Ma stavolta era diverso. Molto diverso.
Lunette Montmercy nata Le Goff, era la figlia di uno dei suoi più cari amici. In punto di morte, aveva promesso a suo padre che l'avrebbe aiutata come poteva.
Per dodici anni non era riuscito a mantenere quella promessa, perchè la bambina era irritracciabile.
Negli ultimi anni, pur avendola sotto gli occhi praticamente tutti i giorni, le aveva sempre tenuto nascosto il fatto di sapere chi fossero realmente i suoi genitori ed aveva taciuto fino alla battaglia contro Maschera Di Ferro.
Quindi, adesso che era diventata una donna, moglie e madre, il minimo che poteva fare per lei era metterle a disposizione ogni sua risorsa per permetterle di riavere il suo grande amore accanto.
In particolar modo, per il bene della loro figlia.
Reneè non doveva patire il destino dei suoi genitori neanche in minima parte.
'' Ragazzi!!!''- i pensieri dei moschettieri e del loro capitano vennero interrotti da un' Aramis trafelata e spaventata che fece irruzione nella stanza -'' è successa una cosa terribile.''
Athos imprecò mentalmente.
Per quello che doveva essere un tranquillo giorno di festa ne stavao accadendo un po' troppe, per il suo modesto punto di vista.
Ma la buona notizia era che tanto non poteva andare peggio di così.
'' Aramis, che succede?''- chiese Treville impensierito.
'' Pizzarro. E' evaso di prigione.''
Un fulmine a ciel sereno per tutti i presenti.
Athos si diede uno schiaffo mentale.
Forse aveva peccato di ottimismo.
'' Ma com'è potuto accadere?!?''- sbottò Treville.
'' Stando alla regina madre ha pugnalato l'addetto che si occupava dei pasti.''- spiegò Aramis -'' ha scambiato i loro abiti, lo ha sistemato nella cella ed è uscito dalla prigione come se niente fosse.
Stamattina, dato che non si è presentato hanno nominato un sostituto. E quando all'ora di pranzo non hanno ricevuto risposta da parte di Pizzarro...''
'' Indovino''- fece D'artagnan -'' Sono entrati nella cella ed hanno scoperto quel poveretto cadavere e Pizzarro evaso.''
'' Esatto.''- confermò Aramis.
Piano semplice, ma efficace.
Ed Athos iniziava a covare uno strano dubbio.
'' Se ne sono accorti oggi all'ora di pranzo... quindi vuol dire che il fatto è accaduto ieri sera, verso il tramonto.''- e guarda caso il giorno dopo, Nicolàs scompariva, quasi sicuramente vittima di un sequestro di persona.
Non era mai stato propenso a credere alle coincidenze.
In compenso, gli altri erano propensi a credere che il leader del gruppo avesse ragione.
'' Pensi che le due cose possano essere collegate?''- fece Porthos, anche se ormai la convinzione che le cose fossero andate in quel modo si era impossessata di tutti loro.
Athos annuì.
Pizzarro aveva mille motivi per fare quello che aveva fatto. E tutto per vendetta nei confronti di Aramis.
In fin dei conti, era stato il moschettiere biondo a mandare all'aria la sua missione di recuperare il trattato tra Francia e Spagna, un anno prima, ed era stato sempre a causa sua se era finito a marcire nelle prigioni francesi.
Non aveva avuto nemmeno la soddisfazione di vendicarsi di lui uccidendolo, poichè Nicolàs si era messo in mezzo, salvandogli la vita.
Ed ai suoi occhi, nemmeno Lunette era innocente, visto che non era rimasta inattiva durante la missione in Svizzera.
Non era al corrente dei particolari sul legame che intercorrevano tra il moschettiere biondo e l'ex domestica, ma da quello che aveva potuto vedere dai loro ''interrogatori'', aveva intuito che tra di loro c'era qualcosa di più di un semplice ''rapporto di lavoro''.
Quindi, quale modo migliore di vendicarsi di Aramis che fargli avere la consapevolezza di essere la causa dei guai in cui il nobile era stato coinvolto e di star procurando un grande dolore alla moglie di Nicolàs?
'' Credo proprio che Athos abbia ragione.''- concordò Treville -'' Informate le guardie del cardinale dell'accaduto. Provvederanno a bloccare le uscite della città... e magari Richelieu può impedire che qualcuno lasci il paese.''
I mochettieri uscirono di corsa, all'infuori di Aramis, scura in volto.
'' Aramis...''- fece il capitano mettendole una mano sulla spalla per confortarla -'' sai che non è colpa tua, giusto?''
'' Allora perchè mi sento di essere colpevole?''- fece la bionda.
Perchè diavolo la vita doveva essere così ingiusta con lei e le persone che le stavano a cuore? Lei aveva perduto il suo amore ed adesso la ragazza che aveva praticamente allevato come se fosse una figlia e che a poco a poco era diventata una sorella minore per lei, proprio quando sembrava aver raggiunto l'apice della gioia, la malasorte tornava a perseguitarla.
Forse era vero che la felicità non andava gridata...
'' Tu stavi facendo il tuo dovere e basta.  Nessuno può rimproverarti per aver servito il tuo paese.''- fece il militare.
Aramis sospirò, guardando fuori dalla finestra -'' Lo vada a dire a Pizzarro.''
'' Ma non dire sciocchezze!!!''- fece Treville alterandosi leggermente -'' Pizzarro è un criminale e quello che ha fatto lo dimostra.
Lo riprenderemo. Ed allora pagherà. Il re non è molto comprensivo verso chi  attacca la nobiltà.''
Aramis sospirò.
Al momento moriva dalla voglia di andarsene da quella caserma, che per anni per lei era stata come una casa.
Lunette in quel momento aveva bisogno di lei.
Ed era giusto che fosse lei ad informarla di quello che avevano scoperto a riguardo del sequestro di suo marito.
Non era molto confortante, ma almeno poteva già dirle qualcosa.
Le risposte che a suo tempo le erano mancate.
Nel peggiore dei casi, la sua amica non avrebbe dovuto aspettare degli anni per sapere il destino del suo amato ed avere il nome dell'arteficie del suo dolore.
'' Lunette è andata a casa?''- chiese Aramis.
Treville annuì.
'' Sì. Era sconvolta per l'accaduto e voleva andare dalla figlia. Così ho chiesto ad una recluta di accompagnarla fino a casa.''
Aramis fece una leggere riverenza in segno di congedo.
'' In tal caso, capitano, credo che andrò a farle visita.''
Non era una richiesta, ma Treville non obiettò.
Conosceva bene i trascorsi di Aramis ed era più che consapevole del fatto che lei e la bruna, con il passare degli anni, fossero diventate più unite di due sorelle.
In un momento del genere, dunque, era meglio che Lunette avesse vicina a sè Aramis più di chiunque altro.

Aramis venne accolta da Mariette, quando arrivò a casa Montmercy.
Mariette aveva giusto un paio di anni meno di Lunette, degli occhi  verdi molto vividi e belli, e dei capelli biondi, corti, mossi.
Lavorava  per Nicolàs e Lunette da poco, come domestica, ma non poteva dire assolutamente nulla.
Infatti, i due sposini l'avevano sempre trattata con gentilezza ed umanità, in particolar modo la giovane contessa, forte dell'esempio ricevuto da Aramis nei lunghi anni passati assieme, ovvero che il rispetto e la fedeltà dai propri servitori, lo si ottiene meglio dandolo per primi.
'' Mariette...''- chiese Aramis -'' come sta la contessa?''
Mariette scosse la testa, cercando di nascondere il viso.
'' Si è rinchiusa in camera sua con la contessina.''
'' Capisco...''- fece Aramis salendo le scale per per raggiungere la camera di Lunette. Non ebbe bisogno di farsi accompagnare da nessuno, poichè erano stati proprio Nicolàs e Lunette ad invitare tutti i loro amici in quella casa, una settimana dopo il loro matrimonio per mostrare loro come l'avevano sistemata.
La maggior parte delle stanze, inclusa quella del passggio segreto, erano state chiuse. In fin dei conti, non avevano bisogno di tutte quelle stanze per vivere in quella casa.
E doveva dire che era bello, andare in quella casa senza dover indagare o dovervisi introdurre di nascosto per appurare dei sospetti.
'' Lunette?''- fece Aramis aprendo la porta.
La giovane era seduta sul pavimento ed aveva messo una coperta per terra, in modo che la figlioletta stesse comoda, non si facesse male e soprattutto non prendesse freddo, carezzandole il viso.
La bambina indossava un vestitino bianco con qualche fiocchetto rosa sull'orlo, e giocava con un piedino mentre sua madre la guardava cercando di sorriderle, per non trasmetterle la pena che aveva nel cuore.
Ma dal rossore che aveva sul viso, era evidente che Lunette avesse appena finito di piangere.
'' Quando si è svegliata urlava a squarciagola...''- fece Lunette all'indirizzo di Aramis, che nel frattempo si era inginocchiata vicino all'amica, sorridendo a sua volta alla piccola -'' anche lei ha sentito che c'è qualcosa che non va.''
Aramis sorrise -'' Lo hai visto con Jean... i bambini sono più svegli degli adulti, la maggior parte delle volte...''- qui accarezzò il mento della figlia della sua amica -'' ma il tuo papà tornerà molto presto, lo sai vero?''
Una frase scherzosa diretta alla bambina, ma che in realtà era indirizzata alla madre.
Lunette tirò su con il naso e prese in braccio la bimba.
La teneva con un braccio facendole dondolare sopra gli occhietti azzurri in cui lei rivedeva il suo adorato marito, il crocefisso che lui stesso le aveva donato, per farla giocare.
'' E' stata tutta colpa mia.''- borbottò Lunette.
'' Lunette, non potevi sapere che qualcuno avrebbe approfittato della tua assenza per tendergli un' imboscata.''- cercò di consolarla l'amica -'' non fartene un cruccio, non è colpa tua.''
'' Ma potevo evitare di proporgli di uscire, almeno.''
Aramis la guardò stranita.
'' Che intendi dire?''
'' Mancavano circa due ore all'ora della festa... Reneè si era addormentata, e visto che era da molto che non uscivamo... gli ho proposto di andare a comprare una torta e dei fiori da portare a casa di Costance.''- ed in quel momento maledì il momento in cui aveva aperto bocca.
Se fosse stata zitta, se fossero rimasti a casa... un libro, un gioco a scacchi, o anche rincorrersi nel giardino sotto la finestra della loro stanza per udire i richiami della loro creaturina... ne avevano di modi per far passare due ore.
Aramis sembrava essere come folgorata da quella spiegazione.
'' Quindi... tu mi stai dicendo... che la gita in città è stata programmata all'ultimo secondo.''
'' Sì...''- confermò Lunette, anche se non capiva dove l'amica volesse andare a parare.
Aramis si portò l'indice al mento, pensierosa.
Solo un paio di minuti dopo ritornò a parlare con la bruna.
'' Parlami di quella carrozza.''- fece Aramis.
'' In che senso?''- fece la bruna, sempre più confusa. Aveva già detto tutto quello che sapeva riguardo al sequestro del marito quando era andata a chiedere aiuto, non capiva cos'altro ci fosse da dire.
'' Prima eri agitata e forse non ti sembrava importante, ma... prendi un bel respiro e concentrati. Dimmi tutto quello che ricordi al riguardo.''
'' Va bene...''- Lunette inspirò a fondo e poi espirò -'' allora... ''- fece tentando di rammentare qualcosa.
Ecco, adesso ricordava.
Ora che Aramis glielo aveva detto, quella vettura l'aveva notata anche lei -'' era di colore rosso e non presentava stemmi. Sì, era una comunissima carrozza rossa.''
'' Quindi era lì già prima che arrivaste alla bottega del fiorario.''- ipotizzò Aramis.
Lunette annuì -'' Sì, ma ho pensato che fosse normale... era posteggiata davanti alla bottega del ciabattino, ho pensato che qualcuno dovesse ritirare scarpe riparate o portarne da riparare.''
Aramis aveva ascoltato tutto in religioso silenzio e adesso si era fatta un' idea molto precisa.
No, decisamente non era stato un rapimento a scopo di estorsione e non avevano nemmeno rapito un nobile a caso.
Pizzarro, decisamente.
Ed il fatto che la carrozza usata per il sequestro si trovasse sul posto già da prima dell'arrivo della vittima designata, la diceva lunga. Se non altro, indicava un' alta dose di premeditazione.
Ma come sapevano che Nicolàs sarebbe andato dal fioraio? Visto che non era un programma fatto da giorni e visto che erano circa tre mesi che i due coniugi non uscivano di casa?
I casi erano due.
O i rapitori avevano avuto fortuna e si erano appostati in un posto a caso con la '' speranza'' che la loro vittima sarebbe passata di lì prima o poi...
Oppure...

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Capitolo 56
*** Forza interiore ***


~'' E' assurdo...''- borbottò Lunette cullando la piccola Reneè, una volta che i suoi amici ebbero terminato di esporle la loro teoria.
I moschettieri, si erano recati a casa Montmercy, immaginando  di trovarvi Aramis, dato il profondo legame che i due avevano sempre avuto, fin da quando Lunette era una bambina.
E dopo che Aramis ebbe messo al corrente i suoi amici delle ultime informazioni avute da Lunette stessa, furono tutti d'accordo nel pronunciare un' ipotesi.
Ovvero che Mariette, la domestica dei Montmercy, fosse conivolta.
'' Non ci posso credere... perchè Mariette avrebeb dovuto fare una cosa del genere?''
Francamente, le pareva strano che quella ragazza potesse aver fatto una cosa del genere.
Per lo meno, non riteneva di aver fatto qualcosa per meritare un simile tradimento.
Dal momento che Mariette aveva avuto una storia molto simile alla sua, genitori strappati in tenera età, vita di stenti... si sentiva particolarmente tenuta a trattarla sì come una domestica, ma allo stesso tempo con gentilezza ed umanità.
La ragazza viveva nella loro stessa casa, ed in cambio di aiuto con le faccende domestiche aveva diritto a due pasti decenti al giorno, una letto vero e due abiti al mese come paga.
Lunette, in particolar modo dopo il parto, sedeva spesso con lei ad aiutarla nei lavori di rammendo, ricamo, ed a volte la aiutava anche in cucina.
Anche Nicolàs, era sempre stato molto gentile con lei, malgrado mantenesse un certo distacco nei loro rapporti, visto che oltre ad essere uno dei datori di lavoro della ragazza, era sposato ed innamorato.
Però nessuno avrebbe mai potuto dire che il conte era stato sgarbato o arrogante con la giovane cameriera.
Per questo Lunette, faticava a credere che Mariette potesse davvero essersi resa complice del rapimento di suo marito.
Avrebbe capito un simile gesto se la ragazza fosse stata maltrattata da lei o dal consorte e volesse vendicarsi, ma in quel caso nulla poteva giustificare un simile gesto.
Athos le mise una mano sulla spalla -'' Lunette, comprendiamo il tuo sgomento... ma l'hai detto tu stessa. Tu e Nicolàs avete programmato di uscire all'improvviso, e prima, visto che la bambina dormiva dovevate affidarla a qualcuno almeno per mezz'ora.
E Mariette, dal momento che si occupava di lei, era l'unica a conoscere i vostri spostamenti.''
Athos ed Aramis erano giunti alla stessa conclusione.
Lunette era sconvolta da quello che aveva sentito... però doveva ammettere che in fin dei conti, quelli dei moschettieri, non erano sospetti campati in aria.
'' Ma perchè fare una cosa del genere? Io... Nicolàs... nessuno di noi ha mai...''
Athos cercò di confortarla.
'' Lunette, tu non c'entri niente. Però devi ammettere che un motivo per avercela con te, Mariette ce l'ha.''
Gli altri lo guardarono incuriositi.
'' E sarebbe...?''- fece Lunette più curiosa di chiunque altro. Se davvero aveva fatto qualcosa per mettere la ragazza nelle condizioni di fargliela scontare colpendola in quel modo, era pronta a buttarsi in ginocchio, implorare il perdono... qualsiasi cosa.
Voleva solo riavere con sè suo marito ed il padre di sua figlia.
Non importava quale sarebbe stato il prezzo da pagare, per Nicolàs era pronta a pagare ogni tipo di prezzo.
'' Mettiamola in questi termini. Per molto tempo le vostre vite si sono assomigliate. Niente genitori, lavori pessimi e nemmeno pagati... certo, a Parigi le cose sono cambiate per entrambe. Ma guardati attorno. Hai sposato un nobile, siete felici, avete una bella casa e...''- qui sorrise solleticando sotto al mento della piccola Reneè -'' avete una bambina meravigliosa. Questa è la differenza.''
Lunette si sentì mancare un battito.
Aveva senso ad onor del vero... solo che non poteva credere che Mariette l'avesse pugnalata alle spalle in quel modo, per una ripicca di quel tipo.
Era vero.... aveva conosciuto Nicolàs. Si era innamorata di lui... e lo aveva sposato. Il fatto che fosse un nobile per lei non contava nulla. Lei si era innamorata del ragazzo che aveva rischiato la pelle per lei davanti ad una belva feroce, che aveva lottato con lei contro Maschera Di Ferro, e che le era stato vicino per tutto il tempo.
Ogni volta che aveva avuto bisogno di aiuto, lui c'era sempre stato.
Per il suo coraggio, la sua forza nell'andare avanti malgrado tutto il dolore che si era trascinato dietro per anni, la sua prontezza di spirito, il suo altruismo... era stato questo a farla innamorare.
'' Tutto questo è assurdo... non posso crederci...''
D'artagnan cercò di confortarla quando vide che l'amica stava correndo il grosso rischio di avere un crollo di nervi.
'' Questa è solo un'ipotesi. Parliamo con Mariette e vedrai che si chiarirà tutto.''- propose il guascone.

Purtroppo, malgrado Lunette si fosse sforzata di credere all'innocenza della ragazza, i fatti parevano confermare la colpevolezza di Mariette dando ragione ad Athos.
Infatti, non appena Athos tentò di parlare con la giovane cameriera, questa tentò di darsi alla fuga, ma senza troppo successo visto che Aramis l'aveva prontamente bloccata.
Inoltre, nella sua camera, era stata trovata una sacca da viaggio che conteneva i soldi che aveva messo da parte sino ad ora e quasi tutti i suoi vestiti.
Le regole parlavano chiaro, a quel punto.
Mariette doveva essere portata alla caserma dei moschettieri, interrogata e a seconda della sua collaborazione sarebbe stata indagata o meno per  favoreggiamento.
D'artagnan era andato a casa Bonacieux per informare Costance, Lucille, Martha, Jean e Bonaciuex di quanto era accaduto.
Costance e Lucille si erano subito precipitate a casa di Lunette per confortarla, e per la prima volta da quando era iniziata quella storia, Lunette si lasciò andare ad un pianto liberatorio tra le braccia dell'amica bionda.
Malediva tutta quella storia, ma ce l'aveva con sè stessa in particolare, quasi come se sentisse come sua la responsabilità del comportamento di Mariette.
'' Devo sapere la verità...''- borbottò Lunette calmandosi un poco.
Athos le aveva già dato una plausibile spiegazione di come mai Mariette poteva averla così ignobilmente tradita, ma non era sufficiente.
Doveva sentire la verità dalla bocca di Mariette.
Non importava quanto male avrebeb fatto.
Doveva sapere.
'' Lunette...''- fece Lucille sorridendole cercando di confortarla -'' se vuoi andare in caserma e toglierti un peso, va pure.
Resterò io con la tua bambina.''
Lunette sorrise grata.
In fin dei conti... chi meglio di una madre poteva occuparsi di una bambina così piccola? Non sarebbe stata via molto, un'ora al massimo. Giusto il tempo di capire cosa poteva aver fatto a Mariette per meritarsi questo.
Costance decise di accompagnarla.
Preferiva non lasciarla sola in quello stato.

Aramis si stupì nel vedere Lunette in caserma.
La credeva abbastanza devastata dal rifiutarsi di uscire dalla sua stanza, dal voler stare sola con i suoi pensieri...
Poi si ricordò che Lunette era letteralmente cresciuta con i moschettieri.
E come tale si comportava.
I bei vestiti, i pochi gioielli che indossava ( il braccialetto della madre, il crocefisso del marito e l'anello nuziale) ed il fatto che era moglie di un conte non avrebbero mai cambiato la sua sorellina aquisita.
Poco dopo, anche Rochefort e De Jussac si presentarono in caserma in primo luogo per assicurare che ormai da Parigi non sarenne entrato nè uscito nessuno.
Poi seppero del fatto che la cameriera personale di Lunette era stata messa sotto inchiesta con l'accusa di favoreggiamento.
'' Visto cosa succede a trattare i propri servitori come se fossero dei pari, contessa?''- fece Rochefort mirando ad un'altra persona, in realtà -'' ma non è colpa vostra se vi hanno riempito la testa di assurdità.''
Aramis, punta sul vivo, reagì immediatamente.
'' Cosa volete insinuare?''
'' Secondo voi?''- fece Rochefort a tono di sfottò -'' per anni le avete riempito la testa di sciocchezze... tratta la servitù con rispetto e generosità e ti assicurerai la loro lealtà.
Non mi pare abbia funzionato granchè.''
Aramis rispose a tono -'' Sapete cosa penso? Che se avessi seguito il vostro esempio, ovvero minacciarla  ed usare la frusta, dubito fortemente che mi avrebbe seguito in missioni suicide sia per lei che per me.''
'' Rochefort...''- fece Treville apparendo nel corridoio, di fronte allo studio, luogo dove stava avendo luogo l'interrogatorio -'' se siete qui per aiutare nelle ricerche del conte Nicolàs Montmercy restate pure, ma se invece siete qui per portare zizzania e cercare baruffa vi prego di andarvene.
Non è ne il luogo nè il momento adatto.''
Rochefort avrebeb voluto dire qualcosa ma poi decise di zittirsi.
'' Niente da fare.''- fecero Athos, Porthos ed D'artagnan di ritorno dall'interrogatorio di Mariette, con aria sconsolata e di sconfitta dipinta in volto.
'' Non ha detto nulla?'''- chiese Aramis.
Al diniego dei suoi amici, Aramis fissò per un attimo Lunette, per poi distogliere lo sguardo, come se ad un tratto si vergognasse.
Sentiva di averla delusa. Le aveva promesso che avrebbe ritrovato suo marito sano e salvo e invece...
'' Neanche una parola.''- aggiunse Athos -'' se ne sta in silenzio a fissare un punto morto e sembra sul punto di star per scoppiare a piangere come una fontana.''
Rochefort si fece avanti.
'' Lasciate che me ne occupi io, e vedrete che canterà come un' allodola!!!''- e nel dir così si avvicinò minaccioso alla porta della stanza dove era stata rinchiusa la giovane Mariette, con intenzioni ben poco amichevoli.
Lunette scattò in piedi come morsa dalla tarantola, parandosi davanti alla porta ed allargando le braccia.
'' Se l'interrogatorio che intendete comprende l'uso di una frusta o affini... congelatevi dove siete.''
Rochefort sbuffò.
Possibile che non capisse?
Lui cercava di aiutarla e lei gli metteva i bastoni tra le ruote.
'' Lunette, io proprio non ti capisco!!!''- fece Rochefort, sbottando -'' quella è coinvolta nel sequestro di tuo marito e tu la difendi?''
'' Non la sto difendendo.''- fece Lunette stranamente calma -'' ma posso assicurarvi, e parlo per esperienza personale... che i vostri metodi di interrogatorio non sono esattamente... affidabili.''
I moschettieri, il capitano e Costance ridacchiarono sommessamente, mentre Rochefort diventava rosso come un pomodoro maturo.
Colpito e affondato.
Ma d'altronde, come darle torto? In ordine cronologico, aveva messo sotto torchio Lunette, Aramis e Monseiur Bonacieux per convincerli a testimoniare in suo favore o carpire loro informazioni che poi avrebbe potuto usare a suo piacimento.
E con tre persone, non aveva mai ottenuto i risultati ambiti.
'' Ok, dunque...''- fece Rochefort sarcastico nei confronti della giovane contessa -'' Tu cosa proponi?''
La sua risposta spiazzò tutti i presenti.
'' Che sia io a parlarle.''
Il capitano delle guardie carinaliste la fissò con uno sguardo che diceva esplicitamente di non aver capito troppo bene cosa voleva dire la giovane donna.
Anche i moschettieri, per una volta, parevano pensarla così.
In tanti anni, non si era mai vista una nobildonna dirigere personalmente un interrogatorio.
'' Che cos'hai in mente?''- le chiese Athos, incuriosito dalla tattica che Lunette aveva intenzione di adoperare.
L' interpellata non si fece certo pregare.
'' Mariette si è sentita letteralmente accerchiata da voi, è questo uno dei motivi principali per cui non vuol parlare.
Proviamo in questo modo. Solo io e lei. Occhi negli occhi.''
'' Capitano?''- fece Aramis rivolta al suo superiore per spezzare una lancia a favore di quella che era stata la sua cameriera e che era una sua fidata amica.
In fin dei conti... perchè no?
Forse Lunette aveva ragione e con lei avrebbe avuto un atteggiamento del tutto diverso.
Tanto valeva fare anche quel tentativo.
Treville parve pensarci un attimo.
Non gli era mai capitato che fosse una contessa a parlare con un sospettato di qualche crimine.
'' Beh...''- tentennò il militare -'' non so che dire... la nostra procedura non lo prevede...''
'' Ma visto che non lo prevede, nemmeno lo vieta.''- intervenne D'Artagnan.
Fu l'intervento decisivo.
Treville annuì per darle l'ok e Lunette fece scivolare la mano sula maniglia della porta, aprendola.
Mariette sembrava davvero sconvolta e spaventata, ma parve spaventarsi ancora di più nel vedere la sua padrona entrare nella stanza e chiudere la porta dietro di sè.
Lunette dedusse di non aver stampato in faccia un volto troppo rassicurante, così malgrado la preoccupazione che le serrava il cuore, si sforzò di sorridere rassicurante.
'' Mariette...''- prese posto su una sedia attorno al tavolo dello studio e le fece cenno di sedersi accanto a lei.
La poverina, seppur titubante accettò.
'' Mettiamola così, va bene?''- propose Lunette -'' io non sono qui per accusarti, rinfacciarti, o qualunque altra cosa abbiano fatto i moschettieri. Partiamo con il fatto che io ti domando scusa, va bene?''
Se prima Mariette era spaventata, ora era basita.
'' Non capisco... perchè vi state scusando...?''
'' Le persone non fanno quello che fanno tanto per fare. C'è sempre un motivo. Quindi... se ho fatto qualcosa che ha suscitato la tua rabbia nei miei confronti. Ti chiedo perdono. Anche a nome di mio marito, se invece reputi colpevole lui...''
Mariette iniziò a parlare concitata.
'' No... questo non è vero, no... Io vi sono grata per come mi trattare. E lo sono anche al conte... e voglio tanto bene alla contessina Reneè... non doveva andare così.''
'' Qualcuno ti ha costretta? Minacciata? Mariette, ti prego, dimmi cosa ti hanno fatto perchè io ho come la sensazione che tu sappia qualcosa.
E ho la forte convinzione che tu sia innocente. So che hai paura, ma devi farti coraggio.''
'' Signora, io...''
'' Lo Chatelet non è un posto adatto a te. Non ti succederà nulla di male, hai la mia parola. Dimmi solo quello che sai.''
Mariette annuì.
'' E' iniziato tutto una settimana fa... mentre ero al mercato per fare la spesa per la cena, mi ha fermato una donna...''
Una donna... Lunette iniziò a sudare freddo a quelle parole.
Brutta sensazione.
'' Mi ha chiesto se vi conoscevo... diceva di essere stata una vostra vecchia amica, ma che avevate perso i contatti dai tempi dell'orfanotrofio, aveva saputo che eravate a Parigi... e mi ha chiesto di dirle di voi e della vostra famiglia.''
'' E tu che le hai detto?''
'' Che vi eravate sposata. Che avevate avuto una figlia ed ho aggiunto che non credevo potesse esistere qualcun'altro felice come lo eravate voi ed il conte.''- tirò su con il naso e dunque Lunette le offrì il suo fazzoletto. Quando Mariette si fu calmata, riprese il racconto -'' Mi ha chiesto di non dirvi di lei o della nostra conversazione perchè voleva farvi una sopresa nei prossimi giorni.''
E l'aveva fatta. Altrochè.
Aveva aspettato una settimana, e per la precisione il giorno del loro anniversario di matrimonio, prima di fare la sua mossa.
Probabilmente un po' per tenere d'occhio gli abitanti di casa sua, un po' per dare a quel sequestro un significato più forte.
'' Hanno usato una scusa per farti dire dove eravamo andati, vero?''- fece Lunette sempre più preoccupata dai suoi sospetti, lottando per rimanere calma.
Mariette inspirò e poi annuì.
'' Si è presentata dicendo che per la sua sopresa non c'era giorno più indicato di oggi... io le ho detto che eravate usciti e che visto avevate un impegno per la serata, oggi non vi avrebbe potuti vedere... e così io...''- qui minacciò di scoppiare in un pianto dirotto.
Lunette l'abbracciò, permettendole di sfogarsi.
La storia era chiara da quel punto: la povera Mariette, credendo di fare una cosa gradita, aveva detto alla loro ''misteriosa'' ospite dove trovare i due coniugi e la donan si era organizzata.
Non poteva certo rapire Nicolàs davanti alla panetteria, con tutto quel via vai di clienti. Troppi testimoni.
Così li aveva preceduti dal fiorario con l'aiuto del suo complice. Pizzarro, con tutta probabilità, perchè sapeva che quella zona era molto meno frequentata visto che quel giorno alcuni negozi in quella stradina erano chiusi.
E quando Nicolàs aveva espresso alla moglie l'intenzione di aspettarla fuori a causa dell'allergia ad un fiore in vendita ed esposto in vetrina, lo presero come un segno che il loro piano sarebeb andato a gonfie vele.
Infatti, così era stato.
Piano riuscito, erano fuggiti ed avevano lasciato una povera cameriera a prendersi la colpa dell'accaduto, consci che nessuno avrebbe creduto alle parole di una cameriera.

'' E' così che è andata capitano.''- fece Lunette rivolgendosi al militare una volta che la donna ebbe finito di parlare con Mariette.
L'aveva lasciata sconvolta ed in un mare di lacrime, quindi aveva chiesto a Costance di occuparsi di lei, mentre riferiva ciò che aveva scoperto ai suoi amici moschettieri.
'' Questo spiega tutto, in effetti...''- fece Treville.
Ma Rochefort non pareva ancora del tutto convinto -'' E sentiamo, come mai ha cercato di fuggire, se le cose stavano davvero così?''
Lunette non si fece pregare.
Mariette le aveva dato tutti i dettagli.
'' Era spaventata. Quando mi ha visto tornare a casa da sola e le ho detto che Nicolàs era stato rapito, ha capito che era stata ingannata. Voleva dire quello che sapeva, ma prima  ha sentito Aramis nutrire dei sospetti, che poi Athos ha espresso a voce alta. Era terrorizzata dal pensiero che nessuno le avrebbe creduto, soprattutto come sospettata, visto che era una cameriera. Ha reagito istintivamente.''
I presenti annuirono.
Adesso si spiegava tutto.
Mariette era una vittima in quella storia. Come Nicolàs, come Lunette e come la piccola Reneè.
Una vittima innocente.
'' Capitano, qual'è il prossimo passo?''- chiese Athos.
'' Prima di tutto, mettere delle sentinelle a casa Montmercy.''- il timore che le persone che avevano preso Nicolàs tornassero per fare del male anche a Lunette e Reneè lo aveva preso. Non era riuscito a proteggere Nicolàs per amore della ragazzina che aveva visto crescere, ma adesso avrebbe protetto lei e la bambina.
Ad ogni costo.
'' Io cordineerò le ricerche di quella carrozza.''- fece Rochefort seguito a ruota da De Jussac fuori dall'ufficio di Treville.
'' Signore, cosa accadrà a Mariette?''- fece Lunette in ansia per la sua serva. In fin dei conti, quella povera ragazza non aveva fatto niente di penalmente perseguibile.
Era stata ingenua, questo sì, ma nelle sue azioni non c'era stata malizia nè voglia di vedere qualcuno stare male.
Treville la rassicurò.
'' Sta pure tranquilla, potrà tornare a casa oggi stesso.''
Lunette sospirò di sollievo.
Quello era il primo raggio di sole della giornata.
'' Bene... adesso scusatemi...''- fece Lunette andando a passo svelto fuori dall'ufficio di Treville, decisa a tornare a casa sua, con il passo più svelto che aveva.
Mariett aveva, seppur in buona fede, rivelato ad una donna molto pericolosa, della quale lei temeva aver indovinato l'identità pur non avendone prova concreta, che oltre ad essersi sposata aveva anche avuto una figlia.
Il solo pensiero che quella donna infernale e Pizzarro potessero far del male anche alla sua creatura la faceva impazzire.
Sarebbe stata bene solo quando l'avrebbe stretta fra le sue braccia.
Aramis le corse dietro, preoccupata.
'' Lunette...'' - la bionda le sorrise con un'espressione di orgoglio e conforto.
'' Devo andare da mia figlia...''
'' Lo so.''- fece Aramis -'' ascolta... so che non è il momento adatto. Ma voglio dirti che sei stata incredibilmente forte e molto brava.''
'' Davvero?''- fece Lunette, stupendosi per quel complimento inaspettato, specie in quel momento.
'' Sì. E' stato fenomenale il tuo entrare nella sua anima, guadagnarsi la sua fiducia e farla parlare.''
Era davvero orgogliosa. Lunette non era cambiata, malgrado il cambiamento che era arrivato nella sua vita precisamente un anno prima e malgrado quello che stava attraversando in quelle ore terrificanti, che avrebbe dovuto passare a festeggiare con suo marito.
Una parte di lei sarebbe stata per sempre moschettiere.
'' A proposito... di quella donna... pensi a quel che penso io?'' le chiese la moschettiera.
'' Che si tratta di Milady?''- fece Lunette continuando a camminare -'' in tal caso, penso proprio di sì.''
Vero, Milady era stata travolta da una valanga.
E allora?
Era stata anche travolta da un' esplosione che aveva completamente distrutto un isolotto e pur trovandosi a pochi passi dal luogo in cui si trovava l'esplosivo, un anno e mezzo dopo se l'erano trovata davanti agli occhi viva, vegeta e per niente cambiata.
Vero, non avevano prove concrete che fosse coinvolta in quel reato, però avevano abbastanza sospetti e prove passate che ne sarebbe stata capace.
Inoltre Milady aveva sempre il solito movente per colpire i moschettieri e le persone a loro vicine.
Vendetta.
Per tutte le volte che le avevano messo i bastoni tra le ruote.
Si, erano certi fosse lei.
Lunette si allontanò in fretta per correre via dalla sua bambina. Reneè al momento era l'unica cosa importante a cui poteva pensare per non impazzire.
La sua felicità ormai era finita.
Quella notte avrebbe dormito come su una lastra di ghiaccio.

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Capitolo 57
*** Amore e fiducia ***


~La prima cosa che avvertì quando riuscì ad aprire gli occhi fu un dolore pulsante alla testa che non accennava a fermarsi.
Istintivamente, tentò di toccare il punto dolente con una mano, ma non vi riuscì. Come tentò di sollevare un polso lo sentì bloccato da una corda. Di pessima fibra, avrebbe voluto aggiungere.
Quando alzò gli occhi vide che i polsi erano immobilizzati ad un grande anello di metallo fissato alla parete.
Le caviglie erano unite tra loro da un' altra corda.
'' Dove diavolo sono...?''- fece il giovane conte cercando di rimettere insieme i pezzi, ma era difficile con il dolore alla nuca.
Poi a poco a poco i ricordi riaffiorarono: stava aspettando sua moglie fuori dalla bottega del fioraio, quando una persona gli aveva chiesto di salire su una carrozza di fronte alla bottega del ciabattino.
Sulle prime si era rifutato, ma quando gli dissero che avevano bisogno di aiuto per scagionare un uomo innocente da un' infamante accusa, non potè esimersi.
Ma quando salì sulla vettura e si ritrovò faccia a faccia con due vecchie conoscente del passato, il suo primo impulso era scendere, prendere con sè Lunette e denunciarli immediatamente... poi più nulla. Solo il buio ed un dolore lancinante alla testa.
Cercò di capire dove si trovava, ma era alquanto difficile: l'unica finestra della sua prigione era sbarrata da due assi di legno incrociate ad X, e l'arredamento era composto da un lettino sghangherato, una sedia ed un tavolino.
Nulla di rilevante.
Mentre era perso nei suoi pensieri la porta si spalancò e sulla soglia si scagliò una figura di donna, alta e slanciata.
Guardò quella figura con odio.
'' Milady...''- fece il giovane conte dirigrignando i denti.
'' Finalmente ti sei svegliato... credevo avessi intenzione di dormire per il resto della tua vita.''- fece la perfida inglese cercando di fare l'amica.
Nicolàs però non era dell'umore giusto.
Svegliarsi legato come un baccalà dopo essere stato portato via, e su un pavimento di pietra, non erano al primo posto nella sua lista per avere una buona giornata.
'' Ed io credevo che voi foste sepolta sotto una valanga di neve... ma non sempre i sogni divengono realtà.''
Milady lo guardò male.
'' Ma come siamo acidi... mi chiedo come abbia fatto Lunette a sopportarti per un anno intero.''
Nicolàs si inviperì nel sentir pronunciare il nome di sua moglie da quella donna.
''  Lunette non la dovete nemmeno nominare.''- Nella sua voce c'era rabbia, ma anche paura e disperazione. L'idea di non rivedere più sua moglie e sua figlia e di finire i suoi giorni in un posto sconosciuto e per mano di due fantasmi del loro passato lo spaventava non poco, ma l'idea che quei due andassero a prendere anche la sua famiglia ed usarla contro di lui, lo atterriva.
'' Dio... fa  che siano al sicuro.''- pregò mentalmente dentro di sè.
Inutilmente cercò di sottrarsi, quando Milady gli arruffò i capelli.
'' Lo so cosa stai pensando... che ami la tua Lunette, che io non sono degna nemmeno di portarle da bere,  che in questo momento starà mobilitando i moschettieri, smuovendo mari e monti solo per sapere se sei ancora vivo... ed io ti rispondo che sei solo uno sciocco se pensi questo.''
Nicolàs le rispose con lo stesso tono a sfottò che l'inglese aveva usato con lui.
'' Ma davvero?''- fece il giovane nobile -'' e sentiamo, come mai?''
'' E me lo domandi pure?''- fece Milady camminando avanti ed indietro per la stanza -'' Tu, per lei, non sei nulla.
Ti ha sposato solo per fregiarsi del titolo di contessa: anche se adesso sei scomparso... beh, per lei non è un grande problema. Siete sposati ed adesso lei è la vedova del conte Montmercy ed erede di tutto quello che ti appartiene.
Ed ha assicurato a sua figlia l'avvenire. Ti ha preso in giro proprio per bene.''
Nicolàs scoppiò in una sonora risata a quelle parole.
''  Che c'è di tanto buffo?''- fece l'inglese basita da quella reazione. Si aspettava rabbia, negazione, insulti  e forse sì, sperava in un po' di disperazione...
Ma l'ilarità era un' opzione che non aveva minimamente considerato.
'' Voi. Anzi, no, perdonatemi... voi non siete buffa...''- fece Nicolàs ancora con i segni del riso sul viso e con un sorriso da presa in giro sul volto -'' siete patetica.''
Il viso dell'inglese si contrasse dalla rabbia.
Come osava quel...nobile... definirla una persona patetica?
Nessuno le aveva mai parlato così.
'' Come prego?''
'' Avete inteso benissimo. Vi trovo patetica. E se volete, vi dico anche il motivo. Buttare giù le persone e cercare di distruggere quello che hanno costruito, è la risorsa dei perdenti. E' l'unica cosa che li fa sentire forti.''
Milady divenne livida di rabbia.
Se non fosse stato che quel nobile arrogante e presuntuoso le serviva per vendicarsi, con tutta probabilità gli avrebbe affondato il pugnale nel cuore.
Vendetta... il suo movente era sempre quello, ma stavolta non si trattava di vendicarsi di coloro che fin dall'alba dei tempi avevano mandato in fumo i suoi piani di ricchezza... stavolta il suo obiettivo era solo uno.
'' Lunette non ti ama. Mettitelo bene in testa.''- tentò di nuovo Milady - '' tu pensi che sia una persona amabile e coraggiosa, ma credimi non lo è.''
Nicolàs in quel momento si chiese se Milady si rendeva conto di riferirsi a sè stessa.
A guardarla, Milady pareva bella e buona come un angelo. Invece, a poco a poco, si capiva quanto era disonesta e facile alla mendacia.
E come tutte le persone bugiarde, Milady aveva la tendenza a pensare che tutte le altre persone lo fossero.
'' Ah davvero? E voi che ne sapete?''- chiese Nicolàs in tono di sfida.
'' La  vostra cara moglie, prima era innamorata del suo bel moschettiere. Poi, all'improvviso appare un giovane conte, affascinante, ricco e nobile. Ed impazzisce d'amore. Non mi direte che la definite una cosa normale.''
'' A dire il vero sì.''- forse Milady non aveva niente a che fare con le dame della corte parigina, ma doveva dargliene atto. Era sulla buona strada per essere una di loro -'' Lunette non si è mai dichiarata innamorata di Aramis. Sono solo chiacchiere di gente che quando si annoia di ciondolare a palazzo tutto il giorno si mette a ricamare delle storielle. Prima cosa.
Seconda cosa, quando Lunette mi ha accolto nella sua vita mi credeva il figlio di un contadino.
Si è presa tre giorni di tempo per dare una risposta alla mia proposta di matrimonio.
Abbiamo delle cameriere e si unisce spesso a loro nella cura della nostra casa.
Non ne vuole sapere di avere una nutrice per la nostra piccola Reneè, perchè vuole occuparsene di persona.
E' per questo che la amo. E che ci crediate o no, lei ama Nicolàs. Ama me.''- e da qui il suo tono di sfida e provocazione, cambiò per divenire rabbioso -'' Quindi, non pronunciate nemmeno un'altra mala parola sul conto di Lunette.''
Milady dirigrignò i denti dalla rabbia, furiosa per la testardaggine dimostrata dal giovane conte.
Il primo passo del suo piano era quello di far dubitare Nicolàs della sincerità dei sentimenti di Lunette in modo che, anche se i due alla fine si fossero ritrovati, il loro incontro sarebbe stato tuttaltro che lieto.
Invece, a quanto pare la fiducia che quel nobile da strapazzo riponeva in quella ragazza non pareva nemmeno scalfita di poco.
'' Amore indistruttibile, eh?''- pensò l'inglese tra sè e sè -'' bene, lo vedremo.''
In quel momento, nella prigione del giovane nobile entrò una figura maschile.
Pizzarro. Lo aveva riconosciuto subito.
'' Guarda, guarda... Nicolàs Montmercy. Non avrei mai pensato di vederti vivo... dopo la pallottola che ti ho conficcato in corpo.''- lo schernì.
'' Forse perchè avevo ancora una questione in sospeso in questo mondo. Voi che dite?''- rispose a tono il giovane.
'' Lo lascio a voi.''- fece Milady allontandosi.
In quel momento, la paura s'impossessò del giovane.
Sperava vivamente di non dover finire lì i suoi giorni... specie dopo aver promesso a Lunette, una manciata di ore prima ( o almeno credeva fossero ore. Per quel che ne sapeva poteva essere rimasto privo di sensi per giorni, ma voleva essere ottimista.) che avrebbero cresciuto assieme la loro figlia e che Reneè non avrebbe dovuto passare tutta la sua vita a domandarsi chi fossero i suoi genitori o cercare il loro assassino.
Ma se non gli avevano messo qualcosa in bocca per evitare di farlo urlare, significava che avrebbe anche potuto gridare fino allo sfinimento delle sue corde vocali.
Dovevano essere in un posto isolato, fuori Parigi e chissà... magari fuori dal paese.
Pizzarro lo slegò in malo modo e sempre in malo modo lo spinse per terra.
Serrò gli occhi e strinse i pugni, mordendosi le labbra a sangue.
Tutte cose che gli tornarono molto utili quando arrivò il primo calcio.
Per tutta la durata di quei pugni, calci, schiaffi riuscì a non implorare solo grazie alla sua ferrea volontà e ad un pensiero -'' Mi fido di voi. Lunette... non perdere le speranze.''

Quando Milady ebbe lasciato il giovane conte nelle '' amabili'' mani di Pizzarro, uscì nel giardino.
La luna risplendeva alta nel cielo.
Quella notte era particolarmente bella. L'ideale per ispirare scrittori e poeti, perfetta per allietare la notte degli innamorati... ma lei la detestava.
Quando era una ragazzina piena di sogni e speranze per un futuro lieto, la trovava una gradevole compagnia... il solo fissarla le dava un gran senso di pace e di speranza.
Ma in quel momento la odiava.
Il solo guardare la luna, la faceva pensare a Lunette. Magari con una collana preziosa attorno al collo, un vestito fatto di seta o velluto, sorridente.
Lunette Monmercy nata Le Goff... in tutti quegli anni non l'aveva mai realmente considerata come qualcuno di pericoloso.
D'altronde, perchè mai avrebbe voluto interessarsi ad una sguattera che seguiva il suo padrone per aiutare lui ed i suoi amici nelle missioni contro i complotti di Richelieu?
Certo, era stata in conflitto anche con lei... ma lei era in coflitto da sempre, con le persone che le mettevano i bastoni tra le ruote.
Ma in quel momento pensò che se l'avesse uccisa di persona quando aveva tentato di incastrarla con l'accusa di alto tradimento, probabilmente non si sarebbe ritrovata ad odiarla così tanto.
Per quanto strano sembrasse dall'indifferenza che provava nei suoi confronti, era passata a provare solo rabbia ed odio contro di lei.
Il motivo era semplice. Non riusciva in alcun modo a tollerare che una ragazzina avesse avuto tutto quello che lei avrebbe potuto essere.
Milady era stata onesta una volta sola nella vita e con una sola persona.
Con D'artagnan, nel bosco, la notte in cui doveva essere giustiziata per l'omicidio di Lord Buckingham.
Tutto quello che aveva raccontato al guascone quella notte era vero.
Lei era la figlia illegittima di una semplice serva e di un uomo appartenente alla nobilità, che pur di mantenere intatta la sua eredità non si era fatto molti problemi ad abbandonare sua madre al suo destino, senza mai occuparsi nè della donna nè della bambina che portava in grembo.
Se solo suo padre fosse stato almeno la metà di quello che erano Jean e Nicolàs, con tutta probabilità Mildy avrebbe vissuto nel lusso, negli agi, nella ricchezza... o comunque avrebbe avuto i mezzi per vivere senza pensieri.
Invece... separata da sua madre. Costretta a lavorare dall'alba al tramonto nel convento in cui sua madre l'aveva lasciata e poi marchiata a fuoco come strega solo per aver seguito il suo cuore e maltrattata e scacciata da chiunque a causa di quel marchio.
Quello che era accaduto a sua madre era chiaro... se nasci serva, non puoi morire principessa. Non per mezzo di un matrimonio per lo meno.
E poi, quasi dal nulla, arrivava una ragazzina cresciuta prima in una bettola e poi in casa di un moschettiere che non solo aveva fatto innamorare un nobile di sè, ma che era addirittura riuscita a farsi sposare!
Inaccettabile.
Quando aveva visto Lunette elegantemente vestita, passeggiare a braccetto con il marito, due settimane prima non riusciva a credere ai suoi occhi, ma quando aveva parlato con quella ragazzina, della quale non ricordava nemmeno il nome, ed aveva scoperto che il conte Montmercy aveva sposato una serva e che ora la serva aveva tutto quello che avrebbe avuto lei se solo il destino fosse stato più generoso... era impazzita.
E non aveva potuto fare a meno di chiedersi... per quale motivo una ragazzina poteva avere tali possibilità, essere felice e contenta, mentre lei aveva fallito in tutti i suoi obiettivi, soprattutto per merito dei suoi amici moschettieri?
Quindi aveva deciso di vendicarsi.
Si sarebbe vendicata di quella ragazzina, convincendo l'uomo che amava che la neo contessa non era altro che un' arrampicatrice sociale, e questo l'avrebeb fatta soffrire, senza contare che la giovane stava già soffrendo per l'assenza di suo marito da lei.
Ed il suo dolore avrebbe sicuramente toccato tutti i moschettieri che l'avevano sempre ostacolata.
Un piano perfetto che le avrebbe permesso di vendicarsi di tutti i suoi nemici in un sol colpo.
Le occorreva solo una cosa per rendere quel piano perfetto... convincere Nicolàs sulla poca sincerità di sua moglie.
Solo che quel ragazzo non pareva volerla ascoltare.
Ma avrebbe capitolato. E molto presto.

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Capitolo 58
*** Promesse ***


~Qunado si era distesa a letto era buio.
Era ancora distesa ed era l'alba.
Per tutta la notte era stata in quella posizione. Immobile e con gli occhi aperti.
Non si era nemmeno svestita.
In compenso, Reneè aveva dormito tutta la notte come un angioletto.
'' Meno male che almeno una delle due è serena...'' - aveva commentato Lunette deponendo un bacino sulla fronte delicata della figlia accomodandola nella sua culla, la sera prima.
Era rimasta con gli occhi spalancati per tutta la notte, per essere sveglia quando il marito sarebbe tornato a casa, perchè la sua mente ancora rifiutava di considerare l'amore della sua vita, scomparso.
Voleva credere che suo marito le stesse solo facendo uno scherzo, sì un crudele scherzo ma... lei lo avrebbe perdonato di sicuro, perchè la gioia di rivederlo sano e salvo avrebbe sovrastato ogni altra cosa.
Purtroppo non era così.
Non riusciva ancora a farsene una ragione.
Era strano pensare a come la vita cambiasse. Così, da un giorno all'altro.
Solo il giorno prima pensava di essere la persona più felice del mondo, e pensava che chieder di più fosse un crimine di guerra.
Adesso, invece...
Uscì dalla sua stanza con passo felpato, come un fantasma, per dirigersi in cucina, ma non prima di essersi data una ripulita ed aver cambiato il vestito.
Ne aveva indossato uno con il sopra blu e la gonna bianca, decorata da fiorellini azzurri.
Era un modo per sentire Nicolàs più vicino a sè.
La prima volta che il marito gliel'aveva visto addosso, le aveva confidato che quel vestito somigliava molto all'abito preferito da sua madre. Quello che di solito metteva per giocare in giardino con lui.
'' Buongiorno Lunette.''- Aramis le fu subito accanto.
'' Oh... buongiorno...''- fece la giovane contessa rivolgendo all'amica un sorriso stanco.
Non ci voleva certo un genio per capire che non aveva chiuso occhio tutta la notte.
Ad Aramis si spezzava il cuore nel vedere così la sua amica... non se lo meritava. Fin da quando era ragazzina... la contessa Montmercy, come la chiamavano i moschettieri con ui aveva un legame meno forte, era sempre stata una persona di indole mite, gentile, generosa, ma all'occorrenza non si faceva implorare per combattere nel nome di una causa o per difendere qualcuno a cui teneva.
Insomma, una persona amabile e che meritava di essere felice.
Quindi, perchè il destino si accanniva così tanto su di lei? Non era bastato lasciarla orfana e sola al mondo, alla mercè di un uomo così cattivo da sembrare inumano, essere perseguitata come '' traditrice della corona'' ed essere quasi uccisa da Milady ed aver rischiato di perdere l'amore della sua vita sotto ai propri occhi?
Pensava che adesso avrebbe potuto essere felice... aveva un uomo meraviglioso al suo fianco , una figlia... una famiglia.
E adesso... lei rischiava di diventare vedova e sua figlia orfana di padre.
Un destino che non avrebbe mai augurato alla sua giovane ex domestica.
'' Vieni...''- fece mettendole una mano sulla spalla, conducendola in camera sua.


Erano passati moltissimi anni dal giorno in cui aveva fatto sedere Lunette alla toletta, per spazzolarle i capelli e trasoformare quella chioma di capelli disordinati, in un'acconciatura che riuscisse a dare risalto ai suoi lineamenti.
'' Ricordi...?''- fece Aramis passandole il pettine di madreperla tra i capelli - '' quando eri piccola e ti pettinavo?''
Lunette si sforzò di sorridere.
Certo che se lo ricordava... conservava ogni tipo di ricordo. Dolce ed amaro. Bello o brutto che fosse... ed i ricordi che riguardavano i primi gesti di amore, dolcezza e protezione erano i più preziosi.
Anche Aramis ricordava chiaramente... la prima notte che Lunette aveva passato in casa sua... subito dopo aver sistemato alcune cose, quello che poteva fare per quel giorno, Aramis le aveva detto che poteva andare a coricarsi.
E lei... istintivamente, era andata a rannicchiarsi sotto le scale.
Aveva sgranato gli occhi dalla sopresa quando Aramis le aveva detto che avrebbe avuto una camera tutta sua.
Quella sera l'aveva pettinata ed aiutata a ripulirsi un po', proprio come se fosse stata sua figlia.
Quando poi l'aveva messa a letto, rimboccandole le coperte, Lunette l'aveva spiazzata con un -'' Perchè non mi avete picchiata?''
Quello fu il momento in cui Aramis si era resa conto per la prima volta di quanto davvero avesse sofferto la ragazzina. Ed era stato il momento in cui aveva deciso che avrebbe fatto qualsiasi cosa per proteggerla, nel meglio delle sue possibilità, finchè sarebbe stata in vita.
'' Ecco fatto. Sei stupenda.''- fece posando il pettine. Le aveva acconciato i capelli in una treccia che poi aveva avvolto su se stessa e fissato con un fermaglio.
'' Lui è vivo.''- borbottò Lunette alzandosi dirigendosi alla culla dove la piccola Reneè era ancora profondamente addormentata per prenderla in braccio, cullandola tra le sue braccia e tenedola stretta, come se avesse avuto paura che presto qualcosa o qualcuno sarebeb venuto a prendere anche lei.
'' Non è morto... è ancora vivo. Me lo sento.''
Aramis le si avvicinò guardandola con gli occhi che tremavano, ma che allo stesso tempo erano carichi di decisione.
'' Lo so, vi sembro pazza... non ho nessuna prova per dirlo, ma...''
'' No. Tu non sei pazza.''- la rassicurò Aramis. Sapeva per certo anche lei, come Lunette, che Nicolàs Montmercy era ancora vivo.
Conoscendo Milady e Pizzarro, forse non era al massimo di sè, ma una cosa era certa.
Era vivo.
Ricordava perfettamente, anche quando non aveva la certezza che François fosse vivo o morto, di aver avvertito come la sensazione che il mondo intorno a lei si fosse fermato... come se di colpo, attorno a lei, non ci fosse più niente se non il vuoto che dal suo cuore era riuscito ad arrivare anche all'esterno.
Lunette invece dava l'impressione di sentire ancora il mondo intorno a sè... segno che il conte era ancora nel mondo dei vivi.
'' Sei nel giusto. Nicolàs è sicuramente vivo. E sai perchè?
Ha sposato te.''
Lunette diede segno di non capire.
'' Lunette... lui ha sposato, la Contessa con la Spada, non so se mi spiego...''- fece Aramis. La Contessa con la Spada... così la chiamavano tutti i moschettieri, da quando la giovane era convolata a nozze con Nicolàs -'' e credimi... questo la dice lunga su quanto valga. Sta lottando in attesa di rivedere sia te che la vostra bambina... e credimi... non deluderemo le sue aspettative.''
Nel dir così, abbracciò entrambe.
Era una promessa solenne quella.
Mai più, per nessun motivo, avrebbe permesso che un altro amore finisse in tragedia, soprattutto quando era appena cominciato, ed entrambi avevano ancora tanto da dare l'uno all'altra...
E stavolta aveva due ottimi motivi per portare a compimento quella promessa.
Il primo era Lunette, che ormai poteva considerare come una sorella oltre che la migliore amica che aveva sempre desiderato avere, ed in quanto sua amica non avrebbe mai permesso che soffrisse per colpa di quella donna diabolica.
La seconda era la piccola Reneè.
C'erano molte cose che si potevano mettere in gioco... ma non i bambini.
Una vendetta non valeva la felicità e la serenità di una bambina.

Anche quel giorno pareva essere destinato a finire senza quel che si definiva una '' buona nuova''.
Indagini su indagini, ricerca di prove, indizi o anche solo qualcosa che potesse dare ai moschettieri ed ai cardinalisti un'idea minima da dove iniziare le ricerche... ma niente.
Non che qualcuno se ne stupisse, in fin dei conti non stavano dando la caccia a dei rapitori dilettanti.
Milady in fin dei conti era sempre stata la miglior spia del cardinale e sapeva bene come muoversi per non farsi trovare.
Lunette era stata tutto il giorno nella sua casa, ad accudire la figlia, a giocare con lei tentando di allontanare da sè la tensione e non farla sentire alla bambina.
Lucille e Costance non l'avevano lasciata da sola nemmeno per un secondo.
Anche al tramonto erano con lei, quando in casa Montmercy piombarono i quattro moschettieri.
E finalmente con una buona notizia.
I cardinalisti, durante i loro interrogatori, erano stati avvicinati da un uomo che stava venendo in città per vendere le proprie primizie e prodotti della terra al mercato  quando si era trovato a passare davanti ad un vecchio convento.
E si era spaventato da morire, iniziando a temere che quell'ex posto di culto e raccoglimento spirituale fosse infestato, magari da qualche fantasma, in quanto era risaputo che ormai era abbandonato da circa dieci anni.
Gli era addirittura sembrato di sentire dei lamenti, come di un uomo che veniva torturato e delle risate malvagie...
Ed il tutto risaliva a non più tardi di tre ore prima.
'' E' Nicolàs!''- fece Lunette tremando dalla gioia di sapere ormai a colpo sicuro che suo marito era vivo ma al contempo scossa dalla rabbia dal sapere che Milady gli stava facendo del male -'' E' vivo... è vivo, lo sapevo.''
Lucille e Costance sorrisero sollevate, mentre Aramis cercava di trattenere lacrime di gioia e speranza.
'' Io lo sapevo che era vivo...''- fece Lunette ancora incredula.
'' Già...''- fece Athos tentando di riportare l'ordine -'' ma ci dobbiamo sbrigare a recuperarlo... abbiamo appuntamento con Rochefort alla porta di Saint Denis per partire alla volta del convento.''
'' Stai tranquilla Lunette...''- fece D'artagnan -'' te lo riportiamo...''
'' Vengo con voi.''- fece Lunette. Non era una richiesta di permesso.
Non poteva restare a casa ad aspettare un uomo che non sapeva nemmeno se sarebeb tornato, e non poteva lasciare che la sua famiglia rischiasse così tanto per aiutare lei.
'' Lunette... non so se sia il caso.''- fece Athos. Vero, non c'era motivo di preoccuparsi di Lunette, più di una volta li aveva seguiti in battaglia e più di una volta aveva dato prova di essere perfettamente in grado di badare a sè stessa... ma si parlava pur sempre di suo marito.
Non sapeva come avrebbe reagito se disgraziatamente fossero arrivati tardi e nel caso gli assassini del marito le fossero capitati tra le mani.
Inoltre, pensava anche alla piccola Reneè... un padre morto ed una madre uccisa mentre tentava di vendicarlo non era certo il massimo da augurare ad un bambino.
Anche Porthos pareva pensarla in quel modo.
'' Lascia che ce ne occupiamo noi moschettieri...''
'' Vi prego...''- fece Lunette abbassando gli occhi -'' lui è... è mio marito. E se non ce la farà... se non lo rivedrò più... io devo esserci. Per dirgli addio... quando può ancora sentirmi... per favore...''
Aramis fu dalla sua parte.
Lei più di tutti sapeva quanto era doloroso perdere la persona che si aveva amato più della propria anima, e non avergli potuto dire per l'ultima volta '' Ti amo''.
Sperava vivamente di arrivare in tempo, di trovarlo vivo... malconcio sì, ma vivo... e di riuscire a riportarlo a casa, ma purtroppo anche la possibilità che mentre parlavano nell'ingresso di casa Montmercy il povero conte fosse ormai vicino a rendere l'anima  era da tenere in considerazione ed in quel caso... Lunette aveva il diritto di vederlo per l'ultima volta, per salutarsi come si deve...
Lo stesso fece D'artagnan, che si era trovato nella situazione terribile di non saper per certo se il suo amore sarebeb sopravvissuto ad un agguato mortale.
Alla fine, furono tutti d'accordo sul fatto che la giovane contessa prendesse parte anche a quella missione.
'' Partiamo tra mezz'ora.''- la informò Athos -'' il tempo di sistemare i cavalli ed arrotare le spade.''
E qualcosa gli diceva che sarebbero serviti anche i moschetti e le pistole.
'' Lucille, Costance...''. fece Lunette rivolta alle due donne quando i militari ebbero lasciato la sua casa -'' Ho un grosso favore da chiedervi...''
'' Dì pure.''- fece Costance con un'espressione più che determinata dipinta in viso.
'' Vorrei che prendeste Reneè e la portaste via da questa casa... e che vi occupiate di lei, sino a quando io, suo padre ed i moschettieri non saremo tornati.''
Già una volta si era illusa che quella casa fosse il suo rifugio perfetto... ed il nemico vi si era infiltrato con una facilità incredibile, iniziando a distruggere piano, inesorabilmente, la sua felicità.
Avrebbero potuto riprovarci, e stavolta avrebbero potuto colpire la sua bambina. Non l'avrebbe permesso.
Non stavolta.
E chi meglio di Costance, la sua più cara amica d'infanzia, e Lucille , una donna che ben comprendeva i suoi sentimenti e timori materni a cui affidare il suo piccolo angelo?
Un po' si sentiva in colpa... abbandonare la sua bambina per impugnare la spada, di nuovo dopo quasi un anno, per scendere sul campo di battaglia con la stessa foga di un neo moschettiere...
'' Lunette non preoccuparti di nulla.''- la rassicurò Costance con un sorriso deciso -'' Tua figlia sarà al sicuro alla nostra sartoria. E domanderò alla regina il favore di darci un paio di sentinelle. Sono certa che non ci negherà questo favore.''
'' Ha ragione.''- aggiunse Costance -'' Penseremo noi alla tua bambina... tu pensa solo a salvare suo padre e a tornare a casa. Tutti voi.''
Lunette le abbracciò entrambe, piena di gratitudine, prima di correre su per le scale per recuperare gli ''attrezzi del mestiere'' e mettere qualcosa di più consono alla missione che l'attendeva.
'' Sto arrivando tesoro...''- pensò mentre correva su per le scale -'' non arrenderti... ti imploro, resisti.''

Non era più legato all'anello di metallo.
Adesso era steso sul pavimento in pietra della sua cella, a pancia in giù, con le mani legate dietro alla schiena.
Perdeva sangue dal labbro inferiore e dalla tempia sinistra... non c'era nemmeno un osso che non gli faceva un male tremendo.
Pizzarro non c'era andato leggero con lui...
Soprattutto quando si era accorto che la sua '' vittima'' aveva deciso tassativamente di non dargli minima soddisfazione, e non aveva emesso nemmeno un grido, malgrado le botte ricevute.
Era diventato più aggressivo, più cattivo... ma lui aveva tenuto duro.
Finalmente l'avevano lasciato solo...
Quella notte era consigliabile non dormire. Avrebbero pouto fargli qualche scherzo di cattivo gusto mentre dormiva e non poteva farsi prendere impreparato.
Non poteva.
Non dopo la promessa.
'' Ci ritroveremo tesoro mio... su questa terra. Te lo giuro. Abbi fede.''

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Capitolo 59
*** L'indizio ***


~Quasi quasi rimpiangeva di non essere più legato all'anello...
L'avere le braccia intorpidite non era certo una bella sensazione, ma nemmeno stare sdraiati su un pavimento freddo era salutare.
Si sarebbe preso un malanno, poco ma sicuro... non che la cosa lo preoccupasse più di quel tanto, prendere il raffreddore o l'nfluenza  in una situazione del genere era l'ultimo dei suoi problemi...  ma se per caso fosse riuscito a scappare, i colpi ricevuti e un malanno non gli avrebbero permesso di andare troppo lontano.
Se per caso fosse riuscito a scappare... già, come idea e prospettiva non era affatto male, peccato che fosse difficilmente realizzabile.
I nodi erano troppo stretti per poterli sciogliere... l'unica soluzione sarebbe stato sfregare le corde  contro qualcosa di ruvido o di affilato per riuscire a tagliare la corda che gli serrava caviglie e polsi... peccato che nella stanza non c'era niente del genere.
Effettivamente Milady e Pizzarro avevano già intuito che avrebbe tentato la fuga in un modo o nell'altro e si erano attrezzati per limitare le sue risorse al minimo.
Poteva contare solo su un chiodo arrugginito e conficcato nella parete.
'' Ottimo per forzare la serratura Nicolàs... ottimo per forzare la serratura...''- pensò tra sè e sè il conte -'' ma per prenderlo devi prima avere mani e piedi liberi...''
Beh, di certo non si sarebbe liberato continuando a rimuginare e magari ad aspettare che qualcuno entrasse da quella porta per portargli qualcosa per liberarsi... no, era più facile che Pizzarro tornasse a pestarlo o ad ucciderlo...
'' Andiamo...''- fece poi facendo leva come poteva con le mani e le gambe -'' devi liberarti e scappare.''
Forse se avesse lavorato un po' sui nodi, quelli avrebbero ceduto...
Almeno sperava.
In caso contrario, avrebbe avuto un modo per cercare di restare vivo il più a lungo possibile mentre aspettava che sua moglie ed il resto della cavalleria arrivassero.


Anche se si erano accampati per riposare un po' e mangiare qualcosa, Lunette non riusciva a distogliere la mente dal pensiero di suo marito, imprigionato e picchiato. Ne era certa, i lamenti sommessi che quel brav'uomo che li aveva informati della presenza di '' spettri'' in un convento situato nelle campagne parigine erano quelli del suo povero Nicolàs, che preferiva ingoiare e mordersi le labbra a sangue pur di non urlare... e le risate dovevano essere o di Pizzarro o di Milady... uno dei due doveva star divertirsi un mondo mentre l'altro lo torturava...
Non era molto di compagnia, quella sera...
Ricordava ancora com'erano quelle serate prima di conoscere Nicolàs, quando a volte doveva impegnarsi in corse contro il tempo per mettere nel sacco Richelieu... malgrado ci fosse tensione, malgrado sembrava avessero sempre il diavolo alle calcagna, trovavano sempre il modo di ridere, scherzare ed essere allegri, proprio come una famiglia.
Ma quella sera, non aveva voglia di ridere, scherzare... era rimasta in disparte, dopo aver preparato la cena per i soldati, seduta su una roccia a pulire distrattamente con un panno, la lama della sua spada, immersa in mille pensieri... Nicolàs, Reneè, Milady, Pizzarro...
'' Ehy.''- una voce familiare le arrivò alle spalle, accompagnata da un profumo di zuppa di verdure.
Si voltò e vide il sorriso argentino di D'artagnan offrirle una scodella.
'' Ho pensato che avresti mangiato qualcosa.''- fece il guascone sedondosi accanto a lei, porgendole la porzione di zuppa.
'' Ti ringrazio molto D'artagnan, ma non ho tanta fame...''
'' Per favore...''- fece D'artagnan implorante -'' Athos e gli altri hanno detto che vogliono sapere cosa ne pensa la cuoca della sua creazione.''
Lunette lo guardò male.
'' Fammi capire... se lo mangio, e non cado a terra stecchita...''
''... mangiano pure loro esatto...''- rise il guascone per poi mettere le mani in segno di resa -'' Non ti arrabbiare, stavo solo scherzando. E' da ieri che non ti vediamo sorridere...''
Non che le desse torto.
Non si trovava certo in una situazione da ridere.
Lunette però non se la prese per lo scherzo, e gli rivolse un timido sorriso e bevve un sorso della zuppa.
'' D'artagnan... io non capisco... cos'ha fatto Nicolàs? Perchè deve sopportare tutto questo?''- veramente non capiva...
Milady voleva vendicarsi dei moschettieri, far loro del male, e magari vendicarsi anche di lei... in fin dei conti, non c'era stato complotto in cui lei non si fosse unita ai moschettieri per sventarli e romperle le uova nel paniere... ma allora perchè non se l'era presa con lei? Perchè non aveva rapito lei?
Le parole che aveva detto a Mariette poi...'' Una sorpresa del genere posso e devo fargliela solo oggi...''
Era come se avesse deciso di far pagare lei e Nicolàs per qualcosa in particolare. Qualcosa che non c'entrava con i loro screzi del passato.
Solo che non riusciva a capire cosa poteva esserci dietro a questo improvviso accannirsi di Milady contro di lei...
'' Io non lo so... ''- confidò il guascone -'' a parte quel piccolo malinteso di quando vi siete conosciuti... so per certo che è un brav' uomo. E non uno di quei nobili presuntuosi ed arroganti con la servitù... non è tipo da attirarsi addosso il risentimento.''
La verità era che... non voleva dirle ciò che pensava per evitare che la ragazza si desse la colpa di quanto era accaduto.
Ma aveva un sospetto sul perchè all'improvviso Lunette fosse improvvisamente diventata il bersaglio di Milady.
Anzi, era stato Athos a scoprirlo, ma erroneamente credeva che fosse Mariette la donna che la odiava... non c'erano dubbi, Milady molto tempo prima gli aveva detto la verità su sè stessa e le sue origini.
Di come sua madre fu circuita con promesse di matrimonio da parte di un giovane nobile, per poi essere abbandonata incinta e senza un soldo, per poi ammalarsi e morire senza avere la possibilità di veder crescere la figlia.
Ed anche di come, a causa dell'ignoranza del popolo e di una società a cui poco interessava della felicità dei figli e di quanto potessero essere forti certi sentimenti, era stata marchiata come strega, allontanata, bistratatta ed evitata come se fosse la personificazione della Morte Nera.
Quasi certamente aveva scoperto dei cambiamenti nella vita di Lunette... di come il misterioso giovane che l'aveva aiutata due anni e mezzo prima fosse un nobile, che s'e n'era innamorata e che si era sposata con lui.
E probabilmente non le aveva fatto piacere sapere che Lunette fosse ''riuscita'' dove lei invece aveva fallito.
Voleva punirla per il fatto di essere felice.
E farla pagare a Nicolàs per essersi innamorato di una serva e per aver osato sposarla.
Ma se gliel'avesse detto... ne sarebbe stata distrutta.
'' Ma so per certo una cosa...''- fece il guascone -'' A Parigi, senza di lui, non ci torniamo. Hai la mia parola.''
Lunette gli sorrise, riconoscente -'' Come potrò mai ringraziarti?''
'' Ma figurati...''- la tranquillizzò il guascone -'' sei la mia migliore amica. Mi hai sempre aiutato e sostenuto nei momenti neri, ed anche l'anno scorso... tu ed Aramis mi avete salvato da una brutta situazione...''
'' Non c'era ragione per comportarsi diversamente...''- fece Lunette -'' Vero, a volte sei spavaldo, impertinente, sbruffone, ed hai la lingua più affilata della spada...''
D'artagnan la guardò con un'espressione tra l'offeso ed il divertito.
'' Ehm... sto aspettando che arrivi un ma.''
''... Ma... sei anche un ragazzo dolce, gentile, cortese, generoso, altruista e molto coraggioso. Ed è proprio perchè le persone come te sono rare, che quando se ne trova una si fa l'impensabile per proteggerla.''
D'artagnan si sfiorò il capo, imbarazzato da tutti quei complimenti, non certo di meritarseli.
'' Ma anche tu lo sei.''- fece D'artagnan.
Lui era innamorato di Costance, e contava di sposarla un giorno, avere una casa solo per loro due e magari per i loro bambini, ma non poteva certo negare che Lunette fosse una ragazza particolare... dolce ma decisa. Gentile ma allo stesso tempo forte e coraggiosa.
Nicolàs aveva avuto occhio ad innamorarsi di lei. E a sposarla.
'' Ed è per questo che ti prometto... a Parigi senza di lui, non ci torniamo. Hai la mia parola.''- nel dir così le diede un abbraccio fraterno.
Per tutti i moschettieri, la piccola Lunette era stata come una sorella minore... ma per lui era come se lo fosse diventata ufficialmente, dal giorno in cui aveva scoperto il legame di amicizia fraterna che aveva unito i loro padri e di come, probabilmente, Lunette avrebbe potuto chiamarlo '' fratello'', se la sorte avesse avuto almeno il buon gusto di non mettere i suoi nonni davanti alla dura scelta di abbandonarla in un orfanotrofio, per avere la speranza di dare una vita dignitosa almeno al nipote...
Da allora aveva iniziato a considerarla proprio come una sorella.
Non era stato capace di proteggerla dalle angherie e delle privazioni subite in passato, ma non avrebbe più permesso a nessuno di farle del male.
Fosse Milady, fosse chiunque altro.

La mattina dopo, il drappello formato dai quattro moschettieri, Lunette ed il conte Rochefort, era giunto al convento dove secondo le informazioni in mano loro, era tenuto prigioniero il giovane Nicolàs.
Si trattava di un edificio vecchio, abbandonato, circondato da un muro non troppo alto. Dalla porta con le sbarre si poteva vedere il giardino.
Pieno di rovi ed erbacce.
La catena del pozzo sibilava ad ogni colpo di vento.
'' Questo posto mette i brividi...''- fece D'artagnan. Tutti, nessuno escluso, furono d'accordo con lui.
E quello era lo scenario che si presentava davanti ai loro occhi di giorno. Non volevano nemmeno immaginare come poteva essere di notte.
'' Già...''- concordò Athos -'' è il posto adatto per nascondersi con un ostaggio. Stiamo a cinquanta chilometri dalla città...anche se Nicolàs urlasse, chi volete che lo senta?''
Eccezion fatta per i topi che quasi sicuramente infestavano il convento abbandonato.
Ma dubitava fortemente che quelle bestioline potessero fare qualcosa per aiutarlo, anche se avessero voluto.
'' Bene...bisogna entrare.''- fece Rochefort, anche se non era per nulla contento di entrare in un simile posto.
'' Rochefort, non preoccupatevi.''- fece Lunette  con un'espressione seria in volto -'' sono i vivi che vanno tenuti sotto controllo, i defunti non possono fare niente di male.''
Athos andò avanti per primo, dirigendosi verso la porticina con le sbarre in ferro battuto ed arrugginito, fissata con una catena distrutta dallo scorrere del tempo e dalle intemperie.
Fu sufficiente spingerla per avere accesso al convento.
'' Lunette, ultimamente sembri essere il bersaglio numero uno di Milady...''- fece Athos estraendo la pistola dalla sua fondina -'' Stai dietro di noi. Potresti essere la prima a cui spareranno.''
'' Incoraggiante, Athos, grazie...''- fece Lunette sarcastica, ma doveva ammettere che il leader dei moschettieri aveva ragione. Per come si era presentata Milady a Mariette, in quel momento pareva avercela principalmente con lei e non era così stupido pensare che lei sarebbe stata la prima del gruppo a ritrovarsi con un buco in fronte.
Aramis le porse qualcosa. Una pistola.
'' Prendila.''- fece la bionda con gli occhi quasi imploranti -'' E se la situazione lo richiede, spara.''
Lunette prese l'arma e la impugnò seppur con titubanza. Finora aveva sparato solo sulle bottiglie, e non si era mai trovata a dover impugnare un' arma da fuoco.
E francamente aveva sempre sperato che non le sarebbe mai toccato impugnare una pistola e far fuoco... il rumore, l'odore di polvere da sparo e di morte... preferiva pulirle e mantenerle che usarle.
Ma purtroppo, non aveva scelta.
O lei o i suoi futuri potenziali assassini.
Poteva solo promettersi di mirare in modo da ferire l'avversario senza ucciderlo.

'' Nicolàs?''- fece Lunette entrando in un'altra stanza tenendo la pistola davanti a sè, ma con la sicura inserita, come precauzione contro i brutti incontri.
Era già la quinta ''cella'' che ispezionava, ma come le altre questa era vuota.
C'erano solo due lettini ed un armadio comune, ed una croce sopra ogni letto.
Ormai gli unici occupanti di quel convento sembravano topi e ragni.
Però prima erano passati nelle cucine. Ed era apparecchiato per due persone. E a giudicare dalle scorte di cibo e dai segni dei piatti sporchi della sera prima, qualcuno in quel posto c'era stato e programmava di restare per un po'...
'' Milady... non so cosa vuoi o cosa ti ho fatto, va bene?''- fece Lunette abbassando leggermente la pistola -'' so solo che non voglio che qualcuno si faccia del male.
Perciò, vieni fuori, e cerchiamo di chiarire le cose... se dopo vorrai spararami, sia pure... ma adesso basta spargere sangue.''- a quel punto non si sarebeb stupita di sentire l'aria vibrare e non fare in tempo ad accorgersi di un proiettile che le avrebbe spezzato la vita.
Ma ciò non accadde.
Sentì solo la voce di Athos che proveniva dal corridoio.
'' Ragazzi, venite, presto!!!''- urlò il bel moschettiere per attirare l'attenzione.
Senza uscire dalla stanza la giovane si affacciò sul ciglio della porta e potè così vedere che i moschettieri e Rochefort stavano entrando in una stanza alla fine del corridoio.
'' Nicolàs...''- il tratto che la separava dal resto del gruppo era molto breve ed anche se lo aveva percorso di corsa, le era sembrato comunque interminabile.
Forse una parte di sè sperava di non arrivarci nemmeno a quella porta... temendo quello che avrebbe potuto trovarci.
Il terribile pensiero di trovarsi di fronte al corpo senza vita del suo amato la terrorizzava, ma allo stesso tempo voleva sbrigarsi a raggiungere quella stanza per appurare con i suoi occhi cosa era accaduto.
Se non altro, per smettere di logorarsi l'anima ed avere finalmente una risposta.
'' Nicolàs!!!''- appena arrivata sul ciglio della porta, Aramis la bloccò per impedirle di entrare.
Athos era inginocchiato, come se stesse osservando con estrema pignoleria qualcosa sul pavimento, e nello stesso tempo aveva allungato un braccio in direzione della porta come per dire di tenerla lontana.
Ma anche dalla sua posizione, e malgrado il moschettiere bruno le ostruisse parzialmente la visuale,  riuscì a vedere cosa c'era per terra.
E quel che vide la fece impallidire ed i suoi occhi divennero vitrei per l'orrore.
'' Tracce di sangue...''- fece Athos osservando gli schizzi per terra. Ormai non c'erano dubbi... quella stanza era stata la prigione di Nicolàs.
Era lì che l'avevano rinchiuso. E torturato.
'' Oddio mio... no...''- la voce di Lunette era spezzata dal pianto e dall'orrore, mentre non riusciva a smettere di fissare il sangue per terra.
Sangue di Nicolàs. Il sangue di suo marito... no, non era possibile, non poteva averlo perduto.
'' Non sarà morto...?''- ipotizzò Rochefort beccandosi un' occhiataccia da tutti i moschettieri, mentre Aramis abbracciava Lunette nel tentativo di calmarla.
'' No, non credo...''- fece il leader del gruppo più per tranquillizzare l'amica che per salvare il cardinalista dalle pulsioni omicide dei suoi compagni, ripromettendosi però di prenderlo a calci nel sedere, a storia finita.
Ma come si faceva a dire una cosa del genere e per di più davanti ad una donna che non sapeva che razza di fine avessero fatto fare a suo marito?
Il passare dalla parte dei moschettieri a tutela del bene comune purtroppo non sembrava avergli incrementato l'intelligenza.
'' In che senso...?''- chiese Lunette asciugandosi una lacrima monella.
'' Tracce di sangue sì... ma a giudicare dalla quantità, pare che non siano ferite gravi o mortali. Inoltre ci sono dei segni di trascinamento.''
'' Allora hanno levato le tende quando ci hanno visto arrivare...''- fece Aramis senza smettere di abbracciare l'amica -'' E se lo sono portato dietro. Questo significa che è ancora vivo.''
Rochefort pareva non capire.
'' Spiegatevi meglio... come sarebbe a dire che è ancora vivo?''
D'artagnan si diede uno schiaffo in fronte.
Che pazienza ci voleva...
'' Non l'avete ancora capito?''- fece il guascone -'' Se l'obiettivo di Milady e Pizzarro è la vendetta, e la loro arma è infliggere sofferenza, e poco importa chi debba soffrire in maniera specifica... seguendo questo schema, se Nicolàs fosse morto sarebbero scappati lasciandoci il cadavere di Nicolàs. Non l'hanno fatto quindi...''
''... è ancora vivo.''- fece Lunette con un tono di voce che nessuno riuscì ad identificare perfettamente -'' è ancora vivo. Loro non hanno ancora finito...''
Si, Nicolàs era decisamente vivo.
Solo che adesso non avevano nemmeno uno straccio di idea per rintracciarlo.
O forse...
'' Questa macchia di sangue è strana...''- fece Athos osservandola meglio, chiamando i compagni ed anche Lunette ad osservare la suddetta macchia.
Più che una macchia di sangue, pareva una scritta rimasta incompleta.
MAN ed un tratto di forma semicircolare vicino alla N.
E a giudicare dai segni di spostamento poco lontani dalla macchia in questione, qualcuno doveva aver lottato non poco per riuscire a scrivere quelle poche lettere.
Nicolàs, di sicuro.
'' Ci sta lasciando un messaggio...''- fece D'artagnan.
'' Sì... può essere.''- fece Aramis -'' probabilmente Nicolàs ha sentito che stavamo arrivando, e quindi che intendevano spostarlo e magari ha sentito pure DOVE volevano spostarlo.''
'' Ma non poteva lasciarci il nome del posto, aveva paura che Pizzarro e Milady l'avrebbero notato e cancellato...''- e tutti gli sforzi e le enerigie sprecate sino a quel momento sarebbero state vane.
'' E quindi ha pensato di lasciarci un indizio in codice...''- fece Porthos osservando la scritta -'' già, ma è incompleto... chissà cosa significa.''
'' Beh... MAN, significa uomo in inglese...''- fece Aramis -'' potrebbe anche riferirsi ad un villaggio, o ad un negozio che contiene queste lettere...''
'' Oppure si riferiva a  Mansonne.''- fece Lunette spiazzando tutti.
I moschettieri ed il cardinalista focalizzarono la loro attenzione su di lei.
Aramis impallidì. Che c'entrava l'assassino di François con il rapimento di Nicolàs?
Tanto più che quell'assassino era morto. In un certo senso si era suicidato. Aveva cercato di uccidere lei, ed anche Lunette aveva rischiato di morire in un tentativo di salvarle la vita... ed il tentativo di spezzare le loro vite, l'aveva pagato con la morte.
'' Deve aver sentito che stavamo arrivando, e che volevano spostarlo... ed il nome del posto!!!''- fece la giovane contessa, con voce concitata -'' voleva dirci dov'era diretto, ma non poteva lasciare un nome preciso... e ci ha lasciato un messaggio in codice!!!''
'' Ha senso in effetti...''- borbottò Aramis.
Evidentemente voleva lasciar loro un nome preciso per metterli sulal buona strada quando aveva capito che avrebbero trovato il ''campo base'' deserto, topi a parte, ma non aveva fatto in tempo a finire il messaggio.
Ma non c'erano dubbi su cosa intendeva scrivere...
'' Quindi la chiave dell'enigma, è Mansonne...''- fece Porthos -'' ma per quale motivo ha scelto proprio il nome di quel fetente come indizio?''
'' Di certo non l'ha scelto per caso...''- fece Athos -'' dobbiamo solo riflettere.''
D'artagnan annuì, portandosi una mano sotto al mento, per concentrarsi meglio -'' Dunque... Mansonne era un mercante che si era messo d'accordo con Maschera di Ferro, per arricchirsi ed era coinvolto in una congiura per deporre il re... e prima di questo era un bandito e che è rimasto ucciso mentre cercava di uccidere Aramis... non mi viene in mente altro.''
Aramis lo ringraziò con lo sguardo di non aver detto anche il perchè avesse deciso di affrontare quel criminale in duello, poco prima che il crudele mercante cadesse dalla rupe per sfracellarsi contro uno scoglio.
'' Bel-Ile.''- fece Lunette come in trance -'' Ecco la risposta...''
'' Bel-Ile?''- le fece eco D'artagnan -'' l'isola-fortezza in cui avevan trovato rifugio dopo che il loro piano era fallito?''
'' Se non sbaglio è stata distrutta... Maschera di Ferro aveva meditato di fuggire con il bottino delle sue ruberie, condannando a morte tutti quelli che erano sull'isolotto. ''- ricordò Porthos.
Ma qualcosa era andato terribilmente storto per il bandito.
Nulla restava del monastero che avevano adibito a fortezza se non rovine.
'' Ed è anche il posto in cui Mansonne ha trovato la morte. ''- fece Aramis -'' Nicolàs voleva indirizzarci su quell'isola.''
'' Ma ormai su quell'isola non c'è più niente... no, è un'idea priva di senso.''- fece Rochefort.
Athos lo affrontò con voce decisa.
'' Tutt'altro.''- fece il bel moschettiere -'' a me sembra un'idea perfettamente logica. Dato che quel posto è bruciato, per così dire... contano sul fatto che a nessuno verrebbe in mente di andare a cercarli due volte nello stesso posto.''
'' E bravo il nostro Nicolàs...''- commentò Porthos.
Un'idea contorta quella di tornare a Bel-Ile... era proprio da Milady. Lì si sentiva al sicuro.
Distrutta o meno, su quell'isola ci aveva passato diverso tempo, magari più tempo di quanto i moschettieri non pensassero, quindi conosceva ogni singola roccia, passaggio o via di fuga da quell'isolotto.
E dato che come nascondiglio era 'bruciato' per le forze dell'ordine... a nessuno sarebbe venuto in mente di controllarlo due volte.
'' Che cosa facciamo Athos?''- chiese D'artagnan, preoccupato per la sorte di Nicolàs quanto per l'amica.
Athos finse di pensarci un attimo e poi fece -'' Torniamo a Bel-Ile.''

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Capitolo 60
*** Speranza e resistenza ***


~'' Andiamo Reneè... smettila di piangere.''- fece il piccolo Jean facendo le boccacce alla bambina nel tentativo di farla ridere o per lo meno, per farla smettere di piangere.
Di punto in bianco, la bambina aveva iniziato a piangere disperatamente e non c'era verso di farla smettere malgrado gli sforzi di Costance, di sua madre Lucille ed anche suoi.
Ad un certo punto sospirò, esasperato.
'' Incredibile... così piccolina ed ha tutto questo fiato...''- fece il piccolo Jean abbandonandosi sul letto, al limite della disperazione.
'' Già...''- fece Costance entrando nella stanza e prendendo il braccio la piccola -'' Lo sai che hai il caratterino della tua mamma?''
Mentre cullava tra le sue braccia la piccola guardò fuori dalla finestra, pensierosa.
Era dal tramonto del giorno prima che Lunette, D'artagnan ed i tre moschettieri più Rochefort erano partiti alla volta di un convento nelle campagne parigine per cercare di salvare il povero Nicolàs, rapito quasi certamente da Milady e dal perfido Pizzarro.
Da allora non aveva avuto più notizie nè della sua amica e nemmeno del suo fidanzato.
'' Spero solo che stiano bene...''
Non osava davvero immaginare come potesse essere preoccupata la sua amica in quel terribile momento... non sapere con certezza se avrebbe rivisto l'uomo che amava con tutto il cuore non era certo una sensazione piacevole.
Come non lo era il crederlo morto.
Ricordava ancora quando D'Artagnan era dovuto andare in Iinghilterra per recuperare il collier di puntali della regina Anna per salvarla dallo scandalo, e che per togliergli i nemici dalle costole almeno per un po', Athos aveva avuto l'idea di far credere ai loro inseguitori che il poverino era rimasto ucciso.
Lei questo però non lo sapeva ed aveva pianto tutte le sue lacrime credendo il giovane moschettiere morto.
Non ricordava di aver pianto così per nessuno... per nessuno aveva sentito il suo cuore cadere e rompersi in mille pezzi... e nemmeno quando la sua povera madre era mancata, si era sentita così vuota.
Ma le cose erano diverse.
Lei a suo tempo era sicura al cento per cento che il suo amato non sarebbe più tornato, Lunette invece non aveva nessuna certezza.
Solo la speranza. Fede ceca. Desiderio di credere che presto il suo adorato marito sarebbe tornato da lei e dalla loro figlioletta.
Speranza che poteva trasformarsi in paura, sconforto e disperazione allo stato puro in qualsiasi momento.
'' Ma come si fa a farla smettere, io non ci riesco...''- fece il piccolo Jean riportandola sulla terra e tra il pianto inconsolabile della bimba.
'' E' normale, vuole la mamma...''- commentò Costance. Poi guardò amorevolmente la bimba, carezzandole una guancia -'' Hai ragione... manca tanto anche a me... ma tornerà presto.''
O almeno... così sperava.
'' Certo che tornerà.''- fece una voce familiare e baritonale alle sue spalle.
'' Capitano De Treville, voi qui...'' - fece Costance sorpresa nel vedere il capitano dei moschettieri a casa loro.
'' Già. Ho pensato di passare per  controllare un po' la mia nipotina...''- scherzò il militare tendendo le braccia verso l'ancella della regina per invitarla a mettere la bambina tra le sue braccia.
Nipotina. Sì, l'inflessibile capitano l'aveva detto.
In fin dei conti quella bambina era la figlia della figlia di uno dei suoi migliori amici. E lo stesso avrebbe detto e pensato, quando anche Costance e D'artagnan, una volta convolati a giuste nozze avessero avuto dei bambini.
Lunette e D'artagnan erano i figli di due uomini che per lui erano stati come dei fratelli. Li considerava quasi suoi nipoti.
Certo, non era stato sempre tenero con D'artagnan, anzi. C'erano stati alcuni momenti in cui credeva di essere stato troppo severo con lui, e non si sarebbe stupito se il ragazzo avesse avuto del risentimento contro di lui... ma era il suo modo di volergli bene ed insegnargli che anche i migliori spadaccini non erano niente senza un poco di umiltà.
Di una cosa era sempre stato certo... sia per Lunette che per D'artagnan: fin dal primo momento in cui li aveva rivisti dopo tanti anni, lo aveva assalito la certezza che erano destinati a fare grandi cose nella vita.
Ed era vero. D'artagnan seppur fosse il moschettiere più giovane del suo reggimento era diventato incredibilmente maturo per la sua età, abile ed aveva già dato ampia prova delle sue capacità di combattente.
Certo, era ancora molto giovane ma se avesse dovuto ritirarsi dal suo incarico in tempi rapidi, era certo che il giovane guascone sarebbe stato un degno sostituto.
Avrebbe dovuto crescere ancora un po', e magari studiare per essere pronto a prendersi una responsabilità simile... ma ne era certo. Sarebeb stato un ottimo capitano.
Lunette invece... era cambiata in otto anni e mezzo. Quando se l'era vista davanti aveva visto una bambina spaurita, magra, smunta, vestita di stracci, sporca e sembrava bastasse anche solo sfiorarla per spaventarla a morte.
Aramis l'aveva detto... per farla tornare a sorridere, sarebbe servito un vero miracolo. Ma se l'era cavata con qualcosa di più semplice: amore, affetto, amicizia, considerazione. In poco tempo, era diventata un'altra persona.
Non si stupiva minimamente che da semplice cameriera, i moschettieri si fossero affezionati a lei a tal punto da insegnarle tutto quello che ritenevano potesse esserle utile e a considerarla una sorella minore.
Come non si stupiva che Nicolàs se ne fosse innamorato.
Chissà... magari Milady era una Lunette che però non era stata salvata.
D'artagnan, dopo l'affaire Maschera di Ferro, gli aveva raccontato del motivo che gli aveva impedito di macchiarsi le mani del sangue di quella donna.
Aveva tenuto gli occhi bassi, per tutto il tempo, come se si stesse vergognando di quanto non aveva fatto e stesse aspettando un meritato rimprovero...  ma al contrario, il militare si era dimostrato completamente dalla sua parte.
Condannata a morte o meno, sempre di un omicidio si trattava. E la consapevolezza di aver spezzato una vita, per quanto malvagia, era un macigno pesante da sopportare.
Un po' provava pena per Milady... la vita le aveva fatto uno screzio dietro l'altro, fin da quando era una neonata.
E a differenza di Lunette, lei non aveva incontrato un' anima buona che le aveva donato una speranza ed una promessa di una vita migliore.
Ma non era una giustificazione.
Aveva sofferto molto, vero, ma poi aveva avuto una possibilità di ricominciare tutto daccapo e l'aveva ricevuta proprio dalla persona che più di ogni altro in quel momento, avrebbe avuto motivo e ragione di gioire della sua disgrazia.
Possibilità puntalmente buttata alle ortiche.
Ma anche se così non fosse stato, la sofferenza che si era portata nel cuore non le dava il diritto di distruggere la felicità e la serenità degli altri.
'' Meno male, si è calmata...''- fece Jean vedendo  che finalmente la piccola aveva sospeso il suo pianto disperato e si era addormentata -'' se avessimo saputo, saremmo venuti a cercarvi per farla smettere...''
'' Capitano... perdonate la curiosità.''- fece timidamente Costance -'' avete notizie di Lunette o di D'artagnan?''
Il militare scosse la testa.
'' No.''- fece Treville -'' Ho chiesto ad Athos di mandarmi un messaggio, non appena ci fosse stata una notizia... ma per il momento non si è ancora fatto sentire.''
'' Credete che sia successo loro qualcosa?''- fece Jean leggermente preoccupato per i suoi amici.
A questa domanda Treville non sapeva rispondere.
'' Non lo so, ma non credo.''- optò alla fine.
'' Mi auguro che tornino presto...''- fece Costance preoccupata come non mai.
'' Comprendo la tua preoccupazione, ma non credo ci sia realmente da preoccuparsi...''- cercò di tranquillizzarla il militare -'' I tre moschettieri sono in gamba e D'artagnan è la recluta migliore che abbia mai addestrato. Per quanto riguarda Lunette... ha studiato per anni la nobile arte della scherma sotto la guida di Aramis, quindi non credo ci sia realmente da temere per la loro incolumità.''
'' Già...''- fece Costance un po' più tranquilla -'' ma non è solo per loro che sono preoccupata...''
Treville annuì.
Sì, in effetti quello che lo preoccupava di più era ben altro.
I moschettieri e Lunette erano dei ragazzi in gamba, su questo nessuno avrebbe mai potuto dire nulla.
Chi lo preoccupava davvero al momento era il povero Nicolàs, tenuto in ostaggio da Milady per una vendetta contro i moschettieri.
Se conosceva bene la crudeltà di Milady se l'immaginava chiuso da qualche parte, pestato a sangue e tenuto quasi sicuramente senza cibo nè acqua.
Sperava solo che ce la facesse a tenere il punto.
Almeno fino a quando non fossero intervenuti per salvargli la vita.
Se lo augurava veramente.
Un giorno nemmeno troppo recente, aveva informato Lunette dei dettagli riguardo alla morte dei suoi genitori.
La storia della figlia di un nobile e di una serva che una volta cresciuta diventava una delle migliori lame di Francia e che sposava un govane che oltre ad essere nobile per nascita era nobile di cuore era una bellissima storia, quasi una favola... ma sperava di poterla chiudere con un bel '' E vissero felici e contenti con la loro bambina'' piuttosto che dirle che purtroppo alla fine, malgrado tutto, i cattivi avevano vinto e che la sua mamma era rimasta uccisa mentre tentava invano di salvare il suo papà.
'' Jean, Gabrielle... vegliate su quei ragazzi. Anche per il suo bene.''- pensò tra sè e sè, guardando la tenera, dolce, piccola creatura che si era addormentata tra le sue braccia.


'' Come mai avranno fatto...''- fece Pizzarro dirigendosi assieme a Milady in direzione della stanza in cui era tenuto prigioniero il giovane conte, nella fortezza ricostruita sull'isolotto di Bel-Ile -'' come mai avranno fatto a scoprire dove ci trovavamo?''
Milady invece non pareva stupita. Anzi, pareva quasi averci sperato di essere trovata in quel convento ed essere costretta alla fuga e magari a tornare su quell'isola dimenticata da Dio.
'' Non mi sarei aspettata niente di diverso da parte di D'artagnan e dei suoi amici.''
'' Credete che sappiano per certo che quello è ancora vivo?''- domandò ancora l'ex ciambellano della regina madre.
'' Assolutamente.''- rispose la donna -'' Loro hanno la filosofia del colpevole o innocente fino a prova contraria. Vivo finchè non è ritrovato il corpo.''
E sapeva anche lei che dal sangue ritrovato nella cella/ prigione in cui il conte era imprigionato al convento, chiunque avrebbe intuito che il giovane era ancora vivo.
Avrebbero ispezionato l'edificio da cima a fondo, idem per i dintorni, alla ricerca di altre  tracce di sangue, ma alla fine lo avrebbero capito che il giovane era vivo.
Anzi, quasi certamente... visto che il caro Nicolàs aveva pensato di mettersi a giocare agli indovinelli.
'' Sanno che è vivo. Li conosco bene. E quasi certamente sanno anche che siamo qui.''
Pizzarro sgranò gli occhi dalla sorpresa e dall'orrore.
'' E voi come fate a saperlo...?''
'' Athos è una volpe.''- spiegò la donna -'' è sempre stato uno che capisce le cose prima di tutti gli altri. E sicuramente sospetterà che ci siamo nascosti in un posto considerato ormai bruciato o scontato. Ed indovinerà.''
E quasi certamente, avrebbe portato con sè la cara Lunette. Ed allora avrebbe consumato la sua vendetta.
Aveva studiato un modo per uccidere Nicolàs lentamente, ma solo nel momento in cui la giovane contessa sarebbe giunta a destinazione il giovane sarebbe morto. L'avrebbe fatto soffrire e pagare per il trattamento di favore riservato a quell'inutile servetta ed avrebbe portato via a quella strega quanto aveva di più prezioso, sotto ai suoi occhi, senza che potesse fare niente.
Ed avrebbe distrutto la persona più significativa per i moschettieri senza che questi potessero fare qualcosa per proteggere la loro beniamina.
'' Nicolàs morirà sotto agli occhi di sua moglie e dei loro amici. Saranno talmente scossi che non avranno modo ne forza per reagire.''
Pizzarro ghignò carezzando la pistola che teneva nella fondina -'' A quel punto li finiremo con tutti i colpi a nostra disposizione.''- nel dir così aprì la porta della stanza in cui non c'era niente.
Tranne il conte Montmercy, semi svenuto, con il sangue che colava dalla tempia sinistra e dal labbro inferiore, le mani legate dietro la schiena ed una gamba in una posizione innaturale.
Milady notò però che le labbra erano incurvate in un sorriso.
Probabilmente stava sognando.
Ed immaginava anche chi fosse il soggetto del suo sogno...
Pizzarro però non si fece scrupoli ad interrompere quello che poteva essere il più bello dei sogni, assestando al loro ostaggio un calcio in mezzo alle costole.
Nicolàs si morse l'interno della guancia per non gridare dal dolore. Si era lasciato sfuggire un gemito a causa della sorpresa.
Respirare gli faceva un male incredibile. La costola si era rotta e crepitava ad ogni respiro.
'' V-vi pare il modo... di sv-svegliare la gente?''- parlare gli faceva male, peggio che essere trafitto da mille pugnalate, ma non poteva dare a quei due la soddisfazione  di metterlo in ginocchio.
'' Fai poco lo spiritoso.''- fece Pizzarro tirandolo bruscamente in piedi.
Milady lo guardò con il sorriso serafico di una iena -'' Allora Nicolàs... sei pronto a rendere l'anima?''
Nicolàs non rispose e chiuse gli occhi, pronto ad affrontare il suo destino.
Milady gli carezzò i capelli -'' Oh, risparmiati la parte del melodrammatico che affronta la morte con coraggio e dignità... non morirai. Non ancora. Ma sappi che le tue prossime ore saranno un vero inferno. Un colpo in testa sarebbe solo la tua benedizione.''
Pizzarro lo spinse fuori e puntandogli la pistola contro la schiena lo costrinse a camminare.
Strinse forte gli occhi mentre camminava per non lasciar scappare i lucciconi agli occhi.
Non erano lacrime di paura o disperazione.
La costola rotta e la gamba gli facevano un male incredibile. E ad urlare non ci pensava nemmeno.
Doveva resistere... mancava poco.
Sia nel senso buono che cattivo.
Solo che non immaginava che proprio come gli aveva preannunciato Milady, avrebbe scoperto che quel dolore che sopportava e che lo tormentava ad ogni passo e quello che aveva sopportato sinora ancora non era niente.

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Capitolo 61
*** Promessa ad una sorella ***


~Erano tornati indietro appena si erano sincerati che  gli unici occupanti del convento ormai erano solo topi, ragni ed altre bestiacce.
Bel-Ile.
Dall'affaire Maschera di Ferro, nessuno mai si sarebbe immaginato che un giorno ci sarebbero dovuti tornare.
Per lo meno, questa volta sarebbe stato più semplice approdare sull'isolotto. Come la prima volta che vi erano stati.
Si trattava di raggiungere l'isola con una piccola imbarcazione, liberare l'ostaggio e poi tornare indietro.
La prima cosa da fare era procurarsi un' imbarcazione. Qualcosa di piccolo e di leggero, che potessero governare da loro.
Al villaggio dei pescatori però non trovarono nulla che corrispondesse ad una simile descrizione.
Solo un uomo che riusciva a sfamare sè stesso e la sua famiglia con i frutti ( spesso magri) della sua pesca possedeva una barca che potesse trasportarli tutti.
Athos allora gli fece un'offerta. Un sacchetto d'oro per un passaggio.
Il pover'uomo non si fece certo pregare e mise a disposizione la barca ai cinque gentiluomini ed alla giovane contessa.
Anche se solo quando Athos le cedette il passo per farla salire a bordo prima di chiunque altro, accennando una riverenza e levandosi il cappello -'' Prego, contessa... dopo di voi.''- il buon uomo si rese conto che il sesto ''messere'' era in realtà una dama ed era una nobile.
Subito le si inchinò -'' Voi omaggiate la mia umile nave con la vostra presenza, mia dolce signora... e perdonate se non ho niente di meglio da offrirvi.''
Lunette era già di per sè rossa come un peperone maturo per la riverenza fattale dal più anziano dei moschettieri, e chiese cortesemente al pescatore che si era offerto di accompagnarli su quell'isolotto di alzarsi.
Lei non era una contessa. Mai lo era stata e mai lo sarebbe stata. Non del tutto almeno. Era nata in parte nobile ed aveva sposato un nobiluomo, su quello nessuno poteva ridire nulla... ma lei non si era mai sentita come una giovane nobile. Non trovava piacere nello spettegolare sulle ultime mode o nei pettegolezzi di corte quanto ne trovava a cavalcare come un uomo e a tirare di scherma con i suoi '' fratelli''.
Le nobildonne in genere, dopo averli dati alla luce, affidavano i loro bambini ad una nutrice e prese com'erano dalla mondana vita di corte li vedevano appena e a volte quasi si dimenticavano di essere madri. Lei invece si occupava personalmente della figlia e non si vergognava se qualcuno la vedeva mentre la teneva in braccio.
Lei era nata serva, era cresciuta come moschettiera e come serva moschettiera sarebbe morta.
In quel momento come non mai, non era affatto una contessa.
Era una donna a cui avevano portato via un pezzo della sua anima, uno dei più importanti. E stava lottando per riprenderselo.
Il viaggio per Bel-Ile sarebbe stato lungo.
La traversata sarebbe durata tutta la notte. Per lo meno, anche se non era come dormire in un letto vero e proprio, le brandine presenti sulla barca erano più comode del suolo dove avevano dormito la notte prima di arrivare al convento/prigione.
Lunette però non si era mossa dal pontile.
Mentre i moschettieri ed il cardinalista dormivano, lei era rimasta sul pontile della barca, seduta su una panca, ad ammirare un po' il cielo, un po' il mare.
Quella era la terza notte di fila che non chiudeva occhio. La notte precedente aveva dormito un po'... e quando era ancora nel dormiveglia aveva istintivamente allungato una mano per scompigliare i capelli del marito.
Poi aveva aperto gli occhi ed oltre a notare che mancavano ancora delle ore all'alba e che i suoi compagni di viaggio erano sprofondati nel sonno, accanto a lei non c'era niente se non polvere, terra, ciuffi d'erba e sassi.
La malinconia, il senso di vuoto e disperazione che aveva provato in quel momento era qualcosa che non si poteva spiegare a parole.
Quello fu il momento in cui si rese conto, a pieno, forse per la prima volta di quanto forte e coraggiosa fosse Aramis.
Anche lei, con tutta probabilità aveva passato molte notti a sognare di essere ancora con il suo adorato François per  poi svegliarsi da sola... ed aveva avvertito un senso di disperazione per il quale non c'erano parole adeguate.
Soprattutto per il fatto che sapeva con certezza assoluta che l'amore della sua vita non sarebbe più tornato.
Almeno lei aveva una speranza di poterlo riabbracciare... cercava di manterla viva il più possibile, ma l'idea che quella speranza potesse trasformarsi in disperazione da un momento all'altro la atterriva.
Sussultò appena.
Qualcuno le aveva messo una coperta sulle spalle.
Aramis prese posto accanto a lei.
'' Di giorno fa caldo, ma le notti sono ancora fresche...''- le spiegò la bionda -'' copriti almeno un po', o ti prenderai un malanno.''
Lunette ringraziò con un sorriso, per poi stringersi nella coperta.
'' Come sapevate che ero qui?''
'' Guardare le stelle ha sempre dato una gran pace anche a me... se ci aggiungi il rumore del mare, poi...''- spiegò Aramis -'' i primi tempi, quando François era appena morto, mi piaceva fissare il cielo stellato... ed immaginavo che unendo le stelle, riuscivo a vedere il suo sorriso. Dopo mi sentivo meglio.''
'' Capisco...''- fece Lunette -'' Spero solo che non stia pensando che l'abbiamo abbandonato... questo non lo sopporterei.''
'' Di questo non devi assolutamente preoccuparti...''- la rincuorò Aramis -'' Ti conosce, e sa di che cosa sei capace. Così come lo sappiamo noi.''
'' Aramis, io vi debbo chiedere perdono...''- fece la giovane. Bel-ile era il nome di un isolotto sperduto, dimenticato da Dio e da chiunque altro, ed era famoso soprattutto per il fatto che due anni e mezzo prima era stato il nascondiglio di tre pericolosi criminali il cui intento era deporre il re e sostituire il monarca con un re fantoccio.
Ma quel posto, per Lunette ed Aramis, aveva tutto un altro significato.
Il posto in cui Aramis aveva rischiato di essere uccisa da colui che aveva ucciso la sua anima tempo addietro.
Tornare in quel posto avrebbe potuto farle tornare alla memoria nuovi ricordi dolorosi, soprattutto adesso che sembrava che fosse riuscita ad andare avanti con la sua vita e che non aveva più negli occhi e nella mente quel pensiero ossessivo di trovare il maledetto che aveva ucciso il suo povero François per fargliela pagare.
Aramis intuì cosa la sua amica stesse pensando e subito si premurò di tranquillizzarla, prendendole una mano.
'' Non dirlo nemmeno. E poi te lo devo.''- fece la bionda, suscitando così l'incredulità della bruna -'' Ho un debito d'onore nei tuoi confronti.''
Lunette la guardò stranita.
Di che debito stava parlando?
Caso mai, era lei ad essere in perenne debito nei confronti di Aramis. Lei l'aveva salvata da un destino assai poco piacevole, le aveva insegnato tutto quello che sapeva, che non serviva essere chissà chi per scendere in campo e difendere il proprio paese, il valore dei buoni sentimenti... le doveva la Lunette che era diventata.
Senza la sua guida non sapeva cosa sarebbe diventata o dove sarebbe finita.
'' Lunette, tu hai fatto tanto per me.''- le spiegò Aramis.
'' Non ditelo nemmeno... vi serviva una domestica, e voi mi avete salvato la vita...''
Aramis sorrise -'' Non mi riferisco alla tua solerzia nei lavori di casa... parlo della tua amicizia, del tuo sostegno... e del fatto che sei stata tu a salvarmi.''
Ok, ora non ci capiva davvero più niente.
Fortunatamente le spiegazioni non si fecero desiderare.
'' Sai, quando François è morto... io ho visto cadere tutte le mie speranze, le mie certezze ed il mio futuro. Non avevo mai odiato nessuno sino al momento in cui non mi misero davanti agli occhi, il fatto che qualcuno si riteneva di essere talmente potente da arrogarsi il diritto di negare a me e François di essere felici, con una famiglia tutta nostra... ma da quel momento, la rabbia, l'odio ed il desiderio di vendetta divennero tutto ciò che avevo.
Poi ho incontrato te. Trovarti, crescerti, insegnarti a leggere, scrivere, fare i conti e poi insegnarti a combattere... mi ha salvato. Avere la responsabilità di qualcuno, dare il giusto esempio a qualcuno che aveva già sofferto l'inferno malgrado fosse di gran lunga più giovane di me... mi ha permesso di conservare almeno una briciola di dolcezza femminile ed istinto materno.''
Decisamente. Aveva preso con sè la piccola Lunette perchè non aveva la più pallida idea di come si facesse a mandare avanti una casa, ma con il passare del tempo le si era affezionata fino al punto che non saperla più al suo fianco la faceva uscire di senno.
Ricordava ancora con orrore quando aveva creduto la ragazza morta, durante la vicenda di Maschera di Ferro poco dopo aver finto il ''tradimento'' nei confronti dei suoi amici... Mansonne le si era avvicinato per darle la trista notizia porgendogli '' le sue più sentite condoglianze per la perdita che l'aveva toccata''.
Si era trattenuta per puro miracolo dal trafiggere con la spada in presenza di nobili, cortigiane, e di tutti gli esponenti della corte parigina l'uomo che oltre ad averle ucciso il fidanzato riteneva responsabile della morte della sua ''sorellina aquisita''.
Quella stessa notte, l'aveva pianta come se avesse perso un pezzo del suo cuore dandosi della crudele assassina.
In fin dei conti... era stata lei a coinvolgerla in quella folle guerra.
'' E poi... ti ricordi quando mi hai impedito di uccidere Mansonne?''- ricordò Aramis -'' In quell'occasione, mi hai salvato l'anima oltre che la vita.''
Roba da non credere, ma Lunette aveva capito tutto e chissà da quanto tempo prima di lei. Se avesse ucciso Mansonne su quell'isola il re non le avrebbe torto nemmeno un capello dato che l'ordine era trovare gli impostori e giustiziarli, ma uccidere l'uomo che era responsabile della morte di François... che ci avrebbe guadagnato?
Solo del sangue sulle mani che mai se ne sarebbe andato, e si sarebbe abbassata al livello di quel rifiuto umano. La morte di quel dannato non le avrebbe restituito François e per tutta la vita avrebbe dovuto convivere con il peso di aver stroncato una vita, per quanto indegna.
'' Lunette, sei stata un' ottima domestica. Sei un ottimo moschettiere.''- ne era certa. Che le mancava per essere considerata tale? La nomina ufficiale forse.
Per il resto era certa che se fosse stata un moschettiere a tutti gli effetti e fosse dovuta partire in missione da sola, se la sarebbe cavata alla perfezione.
'' E cosa più importante, sei un' ottima persona ed un'ottima amica.''- concluse Aramis -'' è per questo che ti posso assicurare... farò tutto quello che è in mio potere per riportare Nicolàs da te.''
Lunette abbracciò l'amica, commossa dalla considerazione che la bionda aveva di lei. Aramis la strinse ancora di più, con gli occhi azzurri che tremavano.
Sperava davvero di riuscire a mantenere quella promessa... no.
Ci doveva riuscire a qualsiasi costo. Lei sapeva come ci si sentiva con la consapevolezza di aver perduto la persona amata e non essere riusciti a salvarla.
Non avrebbe permesso ad un' altra grande storia d'amore di finire in tragedia.
Lunette si allontanò un attimo dall'abbraccio della bionda moschettiera e tirò fuori un pezzo di carta dal taschino del gilet.
'' Tenete.''- fece la bruna porgendole una busta con un sigillo in ceralacca -'' nella speranza che non dobbiate mostrarla mai al re.''
Sperava davvero che non vi fosse la necessità di esibire quella lettera al re, al cardinale Richelieu o a qualsiasi persona che a Parigi che rappresentava la legge... ma purtroppo la vita era imprevedibile.
'' Che cos'è?''- fece Aramis prendendo la lettera. Sembrava un documento ufficiale.
'' Il giorno in cui abbiamo battezzato nostra figlia...''- spiegò Lunette -'' io e Nicolàs ci siamo detti che speravamo davvero di poter godere appieno di nostra figlia, dati i precedenti dei nostri genitori... ed abbiamo tenuto in considerazione anche l'evenienza più triste.''
'' Lunette, non mi dirai che...?''- fece Aramis con le mani tremanti conscia di trovarsi tra le mani il testamento di Lunette e Nicolàs.
La bruna annuì.
'' Io e Nicolàs non abbiamo parenti veri, in vita.''- spiegò la bruna -'' I dettagli sono scritti in questa lettera. Ma se, Dio non voglia, dovesse accadere qualcosa di brutto a me o a Nicolàs... vorrei che foste voi, assieme ad Athos, Porthos, D'artagnan, Costance e suo padre, Treville e Jean con sua madre ad occuparvi di Reneè.''
'' Lunette, stai tranquilla.''- sorrise Aramis mettendole una mano sulla spalla -'' non succederà niente. Andrà tutto bene.''
Lunette però era irremovibile.
'' Non sappiamo cosa ci aspetta dietro l'angolo. Ed io e Nicolàs vogliamo avere la certezza che nostra figlia sarà in buone mani. Vi prego.''
'' Lunette...''- fece Aramis con voce seria -'' ti prometto, tu e Nicolàs tornerete a casa sani e salvi. Vi godrete il vostro angioletto e la vedrete diventare una splendida giovinetta. Ma nel peggiore dei casi... hai la mia parola d'onore.
Tua figlia sarà sotto la protezione di tutti noi e diventerà una donna buona, dolce, gentile, forte e coraggiosa.''- l'avrebbe cresciuta personalmente se fosse stato il caso.
Ma non avrebbe permesso a quei due di portar via dalla sua amica il suo amato.
E non avrebbe permesso loro di portar via da lei la sua amica.
Come avrebbe impedito di lasciare la piccola Reneè sola al mondo e senza genitori. I suoi genitori avevano già sofferto troppo, malgrado fossero poco più che ventenni.
Nessuno che conosceva doveva soffrire ancora.
Mai più.
'' Hai la mia parola d'onore sorella mia.''
 

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Capitolo 62
*** Non arrendersi ***


~Milady scrutava l'oceano, quasi in trepidante attesa di vedere in arrivo la barca dei moschettieri, mentre sorseggiava un bicchiere di vino.
Non vedeva l'ora che la contessina giungesse sull'isola ed assistesse alla morte del suo amato. Pizzarro gli aveva dato altre botte, prima di legarlo quasi in bilico su una rupe.
Per come l'aveva sistemato, gli sarebbe bastato un minimo movimento brusco o azzardato per capitolare di sotto e finire a mare.
Il punto sotto di lui non aveva un livello d'acqua particolarmente alto e non era nemmeno troppo distante dalla spiaggia.
Ma il detto '' Più alto è il piedistallo, più rovinosa è la caduta''- in quel momento non poteva essere più azzeccato.
Che l'acqua sotto stante fosse alta o meno, era comunque un'altezza considerevole.
Fatto stava che più l'altezza da cui cadeva era elevata, più l'acqua sarebbe stata dura.
Fosse anche che l'impatto lo ferisse in maniera più o meno grave, tornare a riva non sarebbe stato un grande problema, visto che sarebbero state sufficienti poche bracciate per raggiungere la terra ferma.
Peccato che '' il conte innamorato'' non potesse mettersi in salvo così facilmente.
Aveva le mani legate, con dei nodi molto stretti, una gamba praticamente sinistrata ed una costola rotta.
E dato che aveva passato diverse ore, costretto in quella posizione, sotto il sole cocente... aveva seri dubbi sul fatto che riuscisse a salvarsi, senza aiuto dall'esterno.
Quando l'aveva conosciuto, sì era molto irritata dal fatto che nemmeno avesse conosciuto D'artagnan e i suoi amici da cinque minuti e già si fosse unito alla loro '' Allegra Brigata'' per mandarle all'aria i piani, ma non al punto di volerlo uccidere in quel modo.
Poi il suo legame con la giovane Lunette era diventato sempre più forte... era andato in Svizzera. Per lei.
Quasi sicuramente era certo che i moschettieri da soli sarebbero bastati a recuperare il trattato e mandare a monte anche quel complotto.
Ma lui era intervenuto solo per proteggere e salvare Lunette, aveva duellato duramente con Pizzarro perchè l'aveva torturata.
Si era preso una pallottola pur di non lasciare che la giovane piangesse la dipartita della sua più grande figura di riferimento.
Ed il risultato finale era che dopo un fidanzamento lampo, i due si erano sposati.
Se fosse stato un giovane insignificante, un contadino, un attendente, persino se fosse stato un moschettiere non le sarebbe importato.
Cosa le importava se quella ragazzina petulante s'innamorava e diventava moglie e madre? Assolutamente niente.
Ma il saperla la moglie felice di un nobile... quando invece sua madre era stata abbandonata, esiliata e senza un soldo dal nobile che le aveva promesso il matrimonio, che fosse morta a causa del capriccio di un nobile ragazzino viziato senza poterla nemmeno vedere crescere... e che da lì in avanti fossero nate tutte le sue sfortune... questo non poteva sopportarlo.
Considerato il suo vissuto, riteneva che fosse proprio lei a dover fare la bella vita, conoscere i salotti altolocati e le feste parigine, vestire con gioielli e vestiti di rara fattura, come premio finale per il duro cammino che le aveva messo davanti.
Lunette invece non aveva sofferto niente di eccezionale per meritare che un uomo di nobili origini si innamorasse di lei e da serva, potenziale concubina di un moschettiere, la elevasse al rango di contessa.
Lei aveva sempre avuto tutto quello che lei aveva voluto per sè... degli amici, considerazione, affetto, persone pronte a buttarsi nel fuoco se ciò avesse potuto proteggerla da qualcosa, poteva camminare a testa alta e salutare chi voleva, come e quando voleva senza aver paura che qualcuno la scacciasse a sassi e bastonate, vestiti puliti, due pasti caldi al giorno, una casa sicura dove tornare...
'' Tu...''- borbottò Milady con l'immagine di Lunette nella mente -'' non hai fatto niente per meritare un finale da principessa...
Non hai idea di quanto io abbia dovuto lottare per sopravvivere...''- non l'avrebbe mai ammesso, nemmeno con sè stessa, ma si era scoperta gelosa di una ragazzina.
E quanto aveva fatto... non riusciva proprio a perdonarglielo.
A nessuno dei due riusciva a perdonarglielo.
In un impeto di rabbia rovesciò il vino rimasto sul vetro della finestra.
L'immaginare la faccia di Lunette ricoperta dal vino che somigliava al sangue scarlatto le diede una gran gioia.
Prima l'avrebbe fatta assistere impotente alla morte di colui che amava. E poi l'avrebbe uccisa.

Quando ormai mancavano pochi metri per approdare sulla spiaggia, Lunette non resse più e scese dalla barca, correndo verso la riva.
'' Lunette, non correre!!!''- fece Aramis -'' possono esserci delle buche nascoste, nell'acqua.''
Lunette però non udì nemmeno una parola, continuando a correre, tenendo una mano sull'elsa della spada.
'' Dove sei...?''- pensava mentre correva rivolgendo lo sguardo in tutte le direzioni -'' Sto arrivando... non arrenderti, resisti cuore mio...''
Sperava davvero di arrivare in tempo.
Sperava solo che Milady lo avesse tenuto in vita... martoriato, forse un po' malconcio... ma doveva assolutamente trovarlo vivo.
Non poteva permettersi di perdere il suo amore...
'' Ok''- fece Athos quando riuscì a raggiungere la giovane nobile -'' dividiamoci. D'artagnan, Aramis e Lunette dirigetevi verso destra.
Io, Porthos e Rochefort andremo dalla parte opposta. Il gruppo che trova Nicolàs faccia esplodere un colpo, ma cerchi di attutire il colpo con qualcosa.''
'' Useremo una giubba o qualcosa del genere.''- fece D'artagnan.
Athos annuì.
'' Perfetto. Il ritrovo è lo stesso posto in cui ci siamo ritrovati con D'artagnan, Jean e Costance l'ultima volta. E mi raccomando... prudenza. Per ora abbiamo appurato che ci sono Milady e Pizzarro dietro a tutto questo, ma non sappiamo se hanno anche dei complici. Perciò state all'erta e pronti a reagire in caso di pericolo. Non fatevi scrupolo di usare spada e pistola. Stavolta è noi o loro.''
I moschettieri, la contessa e Rochefort annuirono e poi si separarono, pronti a seguire le disposizioni di Athos.

'' Non credo ci siano molti uomini sull'isola, stavolta.''- fece D'artagnan rivolto ai compagni mentre ispezionavano la loro parte di isola. Già un'ora era passata... ma di Nicolàs nessuna traccia.
Anzi, di nessun'anima viva.
'' Concordo.''- fece Aramis -'' stavolta la posta in gioco è diversa. Per la faccenda del trattato e di Maschera di Ferro, Milady agiva per un guadagno personale e molto elevato. Stavolta per vendetta. Quindi immagino che non voglia gente tra i piedi. E comunque non si trovano accoliti pronti a rischiare la vita ed il carcere a vita per il rapimento di un nobile senza possibilità di guadagno. No, stavolta ci sono solo due persone di cui preoccuparsi.''
'' Lunette... stai bene?''- fece D'artagnan impensierito dal silenzio dell'amica che non spiccicava parola.
Sembrava quasi persa, assorta in chissà quali pensieri.
'' Ragazzi...''- fece Lunette rivolta a D'artagnan e alla moschettiera -'' Debbo chiedervi un favore.''
I due la guardarono straniti ma poi annuirono.
'' Indipendentemente...''- borbottò la bruna -'' da come finirà questa storia... se per caso mi vedrete trasfigurata dall'odio e con un qualsiasi tipo di arma in mano rivolta verso qualcuno che non siete voi, Athos, Porthos o Rochefort ed avete l'impressione che stia per uccidere... per favore, fermatemi. Un colpo in testa, uno schiaffo.. vi do carta bianca. Ma fermatemi.''
Se gliel'avessero detto prima del rapimento di suo marito, mai ci avrebbe creduto... ma non sapeva come avrebbe reagito se fosse stato troppo tardi per il suo amato.
E forse sì... avrebbe impugnato la pistola ed avrebbe ucciso coloro che avevano ucciso suo marito o che gli avevano fatto male in modo irrimediabile.
Non sapeva come avrebbe reagito, ma sapeva a colpo certo che se avesse ceduto all'odio e al desiderio di vendetta, poi se ne sarebbe pentita per tutta la vita. E non avrebbe permesso che sua figlia crescesse con una madre assassina.
Anche se per vendicare la morte del padre.
'' Vi prego... impeditemi di uccidere.''
D'artagnan le sorrise fraternamente -'' Beh... io ti posso promettere di tenerti ferma e di usare il buonsenso... ma credo che per le maniere forti dovrai rivolgerti ad Aramis. Le leggi della cavalleria sai... e poi se Costance dovesse sapere che ho preso a schiaffi la sua amica del cuore sarebbe persino capace di farmi fuori.''
'' Già, penso pure io...''- fece Aramis aggregandosi per poi tornare seria -'' scherzi a parte non preoccuparti. Non permetteremo a quei due di distruggerti in questo modo.''
Lunette ringraziò con lo sguardo e ripresero a camminare.
Si guardavano intorno con circospezione, sussultando quasi ad ogni sibilo di vento. Persino il rumore del mare li faceva insospettire.
'' Calma Lunette... calma. Sei troppo nervosa. Stai concentrata, ma nervi sotto controllo...''- si ripeteva ad ogni passo.
Eppure aveva una brutta sensazione... come se qualcuno la stesse seguendo passo passo.
Forse non era stata una buona idea non dormire nemmeno la notte passata a casa sua a Parigi, visto che iniziava ad avere delle allucinazioni del genere.
'' Una parola. Un respiro. Un gemito, un grido... e ti sparo.''- ma quali allucinazioni... il metallo freddo della canna della pistola contro il suo collo e la presa ferrea attorno alla sua vita erano piuttosto reali.
Altra pessima idea quella di dividersi di nuovo per cercare Nicolàs.
'' Non ti conviene... se sparisco all'improvviso e non mi vedono tornare mi cercheranno. Anche se l'isola è più grande di quanto non sembri vista da lontano, mi troveranno presto ed avrete un bel problema.''
'' Muoviti e cammina senza fiatare.''- la incitò Pizzarro.
'' Dov'è Nicolàs?''- fece lei imperterrita -'' E' ancora vivo?''
'' Se non taci lo faccio fuori personalmente e prima del termine prestabilito. E subito dopo i tuoi amichetti. Uno dopo l'altro.''- nel dir così spinse ancora di più la canna della pistola, fino a farle male, ma la giovane non si fece sfuggire un gemito stavolta.
Con la canna puntata dietro la schiena, Pizzarro la obbligò ad entrare nella nuova fortezza di Bel-Ile. Non era imponente e minacciosa come quella che Maschera di Ferro aveva fatto saltare per aria, ma faceva comunque il suo dovere.
Appena entrata, avvertì un fortissimo dolore alla nuca e perse i sensi all'istante.
Le cose non si mettevano bene...

Quando finalmente si riebbe, si ritrovò sdraita per terra in una stanza in cui non c'era niente se non una finestrella.
Avrebbe anche voluto dire di essere sola... ma purtroppo...
'' Finalmente ti sei svegliata.''- fece la voce di Milady.
La donna era armata. Una pistola.
E Lunette non poteva reagire, nemmeno una volta ripresasi del tutto dalla botta ricevuta perchè aveva le mani ammanettate e gli anelli erano collegati ad una catena a sua volta fissata alla parete.
In poche parole, se avesse provato a reagire, l'esito dello scontro sarebbe stato terribilmente scontato, prima ancora di iniziarlo.
Ed il fermo della catena sembrava nuovo, non sarebbe riuscito a smuoverlo di mezzo millimetro nemmeno a tirarlo.
'' Pensavo che avessi intenzione di dormire per il resto della tua vita.''- fece Milady beffarda -'' e mi avresti dato un gran dispiacere. Tutta questa fatica per togliere di mezzo il tuo innamorato sotto ai tuoi occhi e quelli della tua cavalleria, e tu te le dormi come un orso in letargo.''
'' Si può sapere...''- fece Lunette guardando con rabbia la donna dinanzi a lei -'' si può sapere, che diavolo ti ho fatto? Perchè mi stai facendo questo?''
Milady sparò un colpo vicino a lei, centrando una delle piastrelle vicino alla giovane donna, per spaventarla.
Lunette trasalì per la sorpresa, ma stette ben attenta a non farle capire che l'aveva colta di sorpresa.
'' Dannata strega, hai pure il coraggio di chiedermelo?''- fece Milady riservandole un'occhiata che non faceva alcun tentativo di nascondere rabbia, odio e desiderio di sparare un altro colpo, stavolta in mezzo agli occhi -'' Tu... hai avuto tutto. Tutto quello che una persona avrebbe potuto desiderare. I moschettieri ti adorano... farebbero il giro del mondo di corsa pur di aiutarti... tutti ti sorridevano quando li salutavi... ti hanno fatto studiare e dato una vita tranquilla e serena.
Tu avevi tutto.''
Lunette la guardò con gli occhi sgranati.
'' Ti prego dimmi che non è vero...''- pensò tra sè e sè la giovane. Quella donna diabolica aveva messo nei guai la povera Mariette, per poco non la faceva finire in prigione, stava torturando ed uccidendo lentamente un uomo buono, solo per gelosia nei suoi confronti?
'' Quel tuo caratterino tutto pepe che si alternava ad un nauseante zucchero e miele... potevi far innamorare di te chiunque. Chiunque. Ma l'amicizia, il rispetto ed il benvolere di tutti quelli che ti incrociavano non ti bastavano più vero? Così hai pensato bene di far girare la testa ad un conte... e non solo gli seri risultata un'amica simpatica, sei persino riuscita a convincerlo a sposarti!!!''
'' Quindi... per questo gli stai facendo del male... per questo lo vuoi uccidere... pe vendicarti di me.''
'' Non potrai vivere in un mondo in cui tu hai tutto e non hai fatto niente per meritartelo, ed io non ho nulla malgrado l'inferno che ho dovuto sopportare.''
Lunette a quel punto si alzò in piedi, lentamente ed incurante della donna che le puntava la pistola.
'' Se pensi questo di me allora ti sbagli.''- la affrontò Lunette -'' Non fraintendermi, della tua lezione di meritocrazia non me importa nulla. Ma se pensi che io dalla vita abbia avuto solo gioie... allora sei in fallo. Tremendamente in fallo.''
'' Oh, ma non mi dire... cos'è, a tre anni ti è morto il gattino e da allora sei rimasta traumatizzata? Povera piccola.''
'' Senti...''- fece Lunette auto imponendosi di un saltarle alla gola per azzannarla -'' mi dispiace per quello che ti hanno fatto. Nessuno dovrebbe mai essere marchiato a fuoco per un crimine immaginario, e quello che hai patito io non me lo posso nemmeno immaginare. Ma se pensi che la mia vita sia sempre stata una scampagnata allora ti sbagli. Lo so anch'io cosa si prova a non aver mai potuto conoscere la propria madre e a non aver avuto la guida di un padre...
Per quasi dodici anni sono stata praticamente prigioniera, umiliata, insultata, bistrattata e a volte picchiata così forte che nemmeno riuscivo a stare in piedi. Vero, grazie ai moschettieri la mia vita è cambiata... ma prima ti posso assicurare che prima nessuno mi ha mai regalato niente.
Per quanto riguarda Nicolàs... io mi sono innamorata dell'uomo che è venuto in mio soccorso più volte e che lottava al mio fianco. Io amo Nicolàs. Del conte Montmercy, non so che farmene. Io amo Nicolàs.''
Oh, se lo amava... amava il suo sguardo, dolce ed innocente come quello di un bambino, sarebbe stata per ore ed ore a guardarlo mentre si rilassava leggendo un libro, o quando si addormentava in poltrona o sul loro letto. Amava da morire il suo coraggio, la sua bontà d'animo conservata intatta malgrado il dolore che l'aveva consumato fin da bambino, il suo non perdere mai la calma e trovare sempre le parole giuste in ogni situazione... il pensiero di perderlo era insopportabile.
Peggio di una ferita di spada e di un colpo di pistola messi assieme.
'' Se vuoi vendicarti di un torto che ritieni opera mia, avanti, sparami. Basta che dopo lasci in pace le persone che conosco.''
'' Tranquilla...''- fece Milady con la pistola puntata -'' tanto era mia intenzione ucciderti dal primo momento. Nessuno di voi lascerà quest'isola vivo.''- nel dir così si voltò e prese la direzione della porta.
'' Hai commesso un errore.''- fece Lunette -'' Se non mi vedono tornare, verranno a cercarmi. E mi troveranno.''
'' Io non credo proprio...''- fece Milady -'' vedi, mentre vi facevo girare a vuoto in gita per vecchi conventi abbandonati e poi tornare qui, mi sono dedicata a preparare delle piccole bombe usando nozioni di erboristeria, apprese durante il mio periodo con le monache.
E' sufficiente lanciarle per far sprigionare dei vapori soporiferi. Una volta inalati dormono per diverse ore.''
Lunette si sentì quasi mancare.
Per essere cresciuta con le monache, quella ne sapeva una più del diavolo.
'' Tuo marito domani morirà. Passa la tua ultima notte con la consapevolezza di essere tu la causa della sua morte. Ma non temere... non resterete separati a lungo.''
Quando finalmente la donna si decise a lasciarla sola, Lunette si sentì molto attratta dal desiderio di mettersi a piangere.
Suo marito stava per essere ucciso, reo di essersi innamorato di lei ed averla sposata.
La sua famiglia avrebbe fatto la stessa fine... e non osava immaginare cosa sarebbe accaduto dopo. Morti loro, cosa avrebbe impedito a Milady di continuare facendo del male a Costance, Jean, suo padre, Martha, Lucille... e Reneè.
Milady sarebbe stata capace di allevarla e di crescerla nell'odio, convincendola che i suoi genitori l'avevano abbandonata, solo per ripicca.
Quella storia non sarebbe finita con la loro morte.
'' No...''- fece Lunette iniziando a tirare la catena -'' non te lo permetterò... non rovinerai il futuro di altre persone...''
Inutile.
Il fermo era troppo nuovo per staccare la catena.
Vicino a lei c'era un chiodo.
Probabilmente dimenticato lì quando la fortezza era stata rimessa in sesto.
Lo prese ed iniziò ad armeggiare.
Doveva uscire da lì e cercare i moschettieri per svegliarli. Era l'unico modo per uscire vivi da quell'isola infernale.
Non si sarebbe arresa così, così come non lo avrebbe fatto Nicolàs, così come non si sarebbero arresi i moschettieri... questo le avevano insegnato.
Il momento in cui decideva che non c'era più speranza allora era davvero il momento in cui le speranze morivano.

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Capitolo 63
*** La folle corsa ***


~'' Andiamo... per favore.''- borbottò Lunette per l'ennesima volta, dopo che l'ennesimo tentativo di forzare la serratura delle catene che le imprigionavano i polsi era andato a vuoto.
Del resto che si aspettava? Quell'escamotage funzionava solo nei romanzi d'avventura.  Nella realtà, funzionava di rado, ed in genere l'unico modo per liberarsi dalle catene era avere le chiavi a portata di mano.
Opzione da scartare immediatamente.
'' Ok... proviamo a pensare ad un altro modo.''
Purtroppo non c'erano molte alternative valide. Aveva già provato a tirare la catena, con tutte le sue forze.
Ma mano a mano che tirava, questa le scivolava sempre di più dalle mani, nemmeno  fosse stata ricoperta d'olio.
Nemmeno togliendosi i guanti le cose erano migliorate. Che si aspettava, la fortezza era stata messa a nuovo, non sarebbe stato semplice staccare la catena ed anche se ci fosse riuscita sarebbe stato un bel peso trascinarsela dietro.
Un'altra opzione era tirare sì, ma invece di puntare a staccare la catena, l'obiettivo sarebbe dovuto essere riuscire a far scivolare le mani fuori dagli anelli.
Peccato che in quest'opzione ci fosse anche la possibilità che nel tirare si sarebbe slogata ambedue i polsi.
Non le importava niente di sopportare il dolore, ma quasi certamente sarebbe arrivato il momento di prendere in mano le armi e combattere.
Milady era stata chiara. Non avrebbe permesso a nessuno di loro di lasciare l'isola con la testa attaccata al collo o con il respiro nei polmoni.
E c'erano due cose che in genere portavano alla disfatta in battaglia: una mancata preparazione in ambito guerresco ed avere qualcosa che impediva di lottare al meglio delle proprie capacità.
Incredibile a dirsi, ma a quanto pareva l'unica soluzione sembrava continuare ad armeggiare con quel chiodo sperando di sentire la serratura scattare.
Un po' come cercare un ago in un pagliaio. Una possibilità su cento.
Ma come era solito dire Athos -'' Non puoi vincere se sei troppo occupato a tenere in conto le possibilità che hai di perdere.''
'' Forza Lunette...''- fece la giovane a sè stessa -'' Devi uscire da qui. Sei sopravvissuta a situazioni peggiori, vuoi non riuscire a forzare una serratura?''
E riprese a dare il tormento alla serratura con il chiodo.
Ormai era quasi l'alba.
Doveva sbrigarsi.
Milady le aveva assicurato che suo marito avrebbe lasciato il mondo dei vivi l'indomani, quando poche ore prima era venuta ad '' omaggiarla della sua presenza'', ma non aveva specificato se intendeva alba, mezzodì o pomeriggio.
Poco importava.
Gliel'avrebbe impedito a qualsiasi costo.
Non le avrebbe permesso di rovinare la vita di nessun'altro. Non importava lo scotto da pagare.
Con l'immagine di Nicolàs che le sorrideva tenendo in braccio la loro bambina, continuò a torturare i lucchetti che le imprigionavano i polsi.
Non poteva finire così.
Reneè non avrebbe passato la vita a domandarsi chi fossero i suoi genitori come aveva fatto lei o a cercare di vendicarli come aveva fatto Nicolàs.
Non sarebbe finita in quel modo.
Sarebbero tornati insieme dalla loro bambina.

 La prima a riprendere i sensi fu Aramis.
Il sole era alto ormai da un bel pezzo.
Si sentiva frastornata, quasi come se l'avessero riempita di botte. Ma non ebbe tempo di lamentarsi o compiangere il cerchio che aveva alla testa.
Il suo giovane amico guascone era lì, svenuto, a pochi passi da lei.
Spaventata iniziò a scuoterlo, chiamarlo e dargli dei leggeri buffetti sulla guancia per svegliarlo.
Per fortuna era solo svenuto, così come lo era lei fino a pochi istanti prima.
'' Andiamo D'artagnan... svegliati, per favore... non farmi preoccupare...''
'' Ahia, la mia povera testa...''- fece D'artagnan aprendo finalmente gli occhi, per il sollievo della bionda,  riprendendosi lentamente -'' ma che diavolo è successo?''
'' Non lo so davvero, sai?''- fece Aramis non meno confusa del guascone -'' Stavamo camminando, questo me lo ricordo bene... poi ad un certo punto mi sono addormentata. Di botto.''
'' Idem per me.''- fece il guascone -'' Milady. Ci scommetto quello che vuoi.''
'' Credo che tu abbia ragione...''- fece Aramis dirigendosi verso un piccolo oggetto marrone poco distante dal luogo in cui i due moschettieri erano caduti addormentati come pere cotte.
Un sacchetto marrone che emanava uno strano odore.
'' Valeriana ed altre erbe che in medicina vengono usate per stordire i feriti gravi, a volte per farli smettere di soffrire o per evitare che si agitino troppo durante la medicazione.''- spiegò la bionda dopo averlo esaminato -'' ci hanno drogato e nemmeno ce ne siamo accorti.''
'' E' strano però non trovi?''- fece D'artagnan pensieroso -'' voglio dire... eravamo svenuti, non potevamo difenderci, ci potevano neutralizzare facilmente... perchè ci hanno lasciato in vita?''
'' Non lo so. So solo che non mi piace. Probabilmente anche Athos, Porthos e Rochefort sono in questo stato e...''- solo in quel momento Aramis si accorse che del suo gruppo, mancava una persona all'appello -'' Che fine ha fatto Lunette?!?''
'' N-non l-lo so... era con noi quando... oddio...''- fece D'artagnan intuendo il motivo per cui li avevano storditi senza però ucciderli -'' Credi che Milady abbia rapito anche lei?''
'' E' probabile...''- fece Aramis trattenendosi dal mettersi a gridare il nome dell'amica, conscia che se si fosse messa a gridare il nemico li avrebbe localizzati e sarebbe stato un bel guaio. Era preoccupatissima. Ultimamente Milady pareva aver preso di mira la sua ex domestica, e se era davvero lei il suo obiettivo, per quel che ne sapevano... poteva anche averla già uccisa.
'' Ascolta, è probabile che anche Athos, Porthos e Rochefort siano nelle stesse condizioni in cui eravamo noi...''- fece Aramis sempre più agitata -'' Dobbiamo trovarli e poi cercare Lunette...''
'' Lascia, ad Athos e agli altri penso io.''- propose D'artagnan, sorridente -'' tu va pure a cercare Lunette. Immagino che tu sia più preoccupata per lei, in questo momento.''
Aramis gli sorrise riconoscente e lo abbracciò, prima di separarsi da lui e correre alla ricerca della sua amica.
Non c'era altro posto in cui cercare se non dentro la piccola roccaforte.
Se per caso lei e gli altri avessero ripreso conoscenza prima di quanto Milady aveva pianificato, sapeva anche che la prima cosa che avrebbero fatto sarebbe stato cercare Lunette una volta appurato che la mora era scomparsa.
Non l'avrebbe certo nascosta all'aperto, in un luogo visibile.
Quindi, non poteva che essere dentro la prigione edificata da poco.
Ed era proprio lì che l'avrebbe cercata. Tirò fuori la pistola, pronta ad usarla.
'' Ti prego... fa che sia viva...''- pregava mentre correva alla sua ricerca. L'unica cosa che poteva augurarle, era di essere stata rinchiusa assieme a Nicolàs. Sarebbe stata l'unica gioia, in quel momento.

'' Oh, finalmente...''- borbottò Lunette quando FINALMENTE a quello che credeva il milionesimo tentativo di forzare quella dannata catena.
Finalmente gli anelli che le serravano i polsi avevano ceduto.
Ora non restava che trovare il modo di uscire da lì. Subito corse alla porta in legno, ma la trovò chiusa a chiave.
Non che si aspettasse di trovarla aperta, anzi.
Però forse non era difficile uscire da quella prigione... tra la porta ed il pavimento, vi era una piccola fessura... e non riusciva a vedere dal buco della serratura.
Questo significava che la chiave era ancora nella toppa. Probabilmente Milady pensava di aver tolto tutto quello che potesse essere usato come chiave dalla stanza e che non ci fosse modo per lei di uscire senza qualcuno che corresse in suo soccorso, contando che coloro che avrebbero potuto e voluto salvarla erano storditi dal gas, non aveva pensato di togliere la chiave dalla toppa.
Ed invece adesso aveva i polsi liberi e poteva muoversi, quindi poteva liberarsi facilmente: infilò il chiodo all'interno della serratura, spingendo ed armeggiando con questo, allo scopo di far cadere la chiave.
Non ci vollero che pochi secondi per sentire il tintinnio della chiave cadere per terra.
Un sorriso gioioso le si dipinse in faccia.
Afferrò la chiave, la portò nella stanza e la mise nella serratura. Poi aprì la porta.
Si affacciò lentamente per assicurarsi che non ci fosse nessuno nel corridoio.
'' Maledizione, hanno preso le mie armi...''- sperava vivamente di non incontrare nessuno di poco gradito mentre cercava Nicolàs o mentre cercava di uscire. In genere non aveva paura di combattere, ma Milady e Pizzarro erano armati.
E se l'avessero trovata magari mentre tentava di darsi alla fuga, non avrebbero esitato a spararle a bruciapelo se ne avessero avuto l'occasione.
Il suo sguardo venne catturato da una fiaccola, spenta, attaccata alla parete.
'' Sempre meglio di niente...''- fece la bruna staccondo il bastone dal muro.
Tenendolo davanti a sè quasi fosse uno scudo iniziò a camminare, ispezionando ogni porta, ogni stanza, ogni angolo alla ricerca del marito.
'' Dove sei, amore mio?''- pensava tra sè e sè -''  ti prego, dammi un segno...''
Nemmeno a farlo apposta, in quel momento sentì dei passi venirle incontro. Istintivamente, si nascose dietro ad una colonna.
E quando fu certa che il suo potenziale aggressore fosse nello stesso perimetro in cui si trovava lei, saltò fuori all'improvviso alzando il bastone, con il chiaro intento di colpire chi voleva aggredirla con tutte le sue forze.
'' Lunette?!?''- fece Aramis con gioiosa incredulità nel vedere l'amica sana e salva.
'' Aramis...''- fece la bruna doppiamente contenta di quell'incontro, lasciando cadere il bastone -'' Stavo quasi per spaccarvi la  testa...''
'' Intento coraggioso, ma non credo sia facile portarlo a compimento sai?''- e per la prima volta da quando era cominciata quella storia le due amiche si concessero una risata di cuore.
Ma poi tornarono entrambe serie.
'' Dobbiamo trovare Nicolàs e poi andarcene da qui.''- fece Lunette allarmata -'' Milady è completamente pazza!''
Aramis la guardò stranita -'' E dove sta la grande novità?''
'' No, non capite... è pazza sul serio. Non ragiona più: vuole uccidere Nicolàs per punirmi del fatto che ho avuto una famiglia a proteggermi negli ultimi anni e di essere una donna felicemente sposata.''
Aramis sbiancò a quella rivelazione.
Sì, l'inglese aveva perso del tutto il senno, su questo non c'era dubbio. Ed ecco spiegato l'improvviso accanimento dell' ex spia cardinalista sulla giovane contessa e sua amica.
'' Ok...''- fece la bionda respirando a fondo per calmarsi -'' Dobbiamo trovare Nicolàs...''
'' Voi non avete idea di dove sia?''
'' No, mi spiace. Anzi, speravo che l'avesse rinchiuso con te... quanto tempo abbiamo?''- le chiese facendole così intuire che avrebbero dovuto dividersi per ispezionare la roccaforte.
Lunette si passò una mano nei capelli-'' Non lo so... Milady ha detto che vuole ucciderlo oggi, ma non ha detto quando di preciso...''- voltò lo sguardo verso la finestra e quasi ci si spiaccicò con le mani -'' L'HO TROVATO!!!''
'' DAVVERO?!?''- fece Aramis affacciandosi alla finestra.
Nicolàs era legato e semisdraitato su un masso situato sull'altura sottostante a quella su cui era edificata la roccaforte.
Erano lontane ma era evidente che il giovane non fosse nel pieno delle sue forze. L'avevano legato al sole.
Ed accanto a quel masso c'era qualcosa che somigliava quasi ad un barile di esplosivo.
'' NO! NO! NO!''- urlò Lunette con disperazione prendendo a pugni la finestra.
'' Andiamo!!!''- fece Aramis aiutandola a riprendersi inziando a correre come una pazza, seguita a ruota dall'amica.
Correvano come se avessero il demonio in persona alle calcagna.
Appena uscite si trovarono faccia a faccia con D'artagnan, Athos, Porthos e Rochefort.
Tutti illesi per fortuna.
Un sorriso di gioia si dipinse sul volto del guascone nel vedere l'amica bruna illesa, ma la sua gioia si dissolse nel vederla pallida come un lenzuolo e con un'espressione di puro terrore dipinta in volto.
'' Che succede Aramis?''- chiese Athos.
'' Abbiamo trovato Nicolàs...''- fece Lunette con la voce affannata -'' E' legato su uno scoglio, sta sotto di noi... vogliono farlo saltare per aria.''
I moschettieri ed il cardinalista sussultarono a quelle parole, ma fu Athos a cercare di riportare all'ordine le '' truppe''.
'' Va bene, niente panico... ancora la miccia non è accesa, adesso scendiamo e...''
'' Grazie per avermelo ricordato, Athos...''- la voce di Milady li fece sussultare una volta di più.
La donna teneva in una mano una lunga corda che finiva nel '' terrazzamento'' sottostante ed in un altra un fiammifero. Acceso.
'' No... ti prego non farlo...''- pensò Lunette.
'' Stavo quasi per dimenticarmelo...''- e nel dir così diede fuoco alla corda per l'orrore dei presenti.
La miccia iniziò a viaggiare sempre più veloce verso il barile della dinamite.
'' NO!!!''- gridò Lunette ormai prossima ad una crisi di pianto isterico.
Athos fissò l'inglese con odio.
'' Maledetta... la pagherete cara!!!''
La donna, per tutta risposta, rise di gusto -'' I vostri insulti non mi toccano minimamente. Ed ora godetevi lo spettacolo.
Anche se correte alla velocità massima l'unica cosa che otterrere sarà di saltare in aria con il vostro amico nobile.''
I moschettieri abbassarono lo sguardo.
Quella donna li teneva in scacco. Tra pochi secondi il povero Nicolàs sarebbe morto, sotto i loro occhi impotenti e quelli della povera Lunette. E dopo quasi certamente sarebbe toccato a loro.
E specie i moschettieri, non poterono fare a meno di pensare che quella era davvero una fine indegna per tutti loro. Per la loro fama di soldati che riuscivano sempre nelle situazioni più disperate, per la fine imminente e per il non essere riusciti a proteggere Lunette.
'' RCOHEFORT, PRESTATEMELO UN SECONDO!!!''- nel dir così la contessa strappò qusi di dosso il mantello al capitano delle guardie rosse ed iniziò a correre verso Milady.
'' Lunette, che fai?!?''- fece Aramis scattando in avanti.
Milady tirò fuori una pistola e la puntò alla contessa.
Quello che fu il pensiero di tutti era che Lunette fosse in preda ad un attacco di rabbia e volesse attaccare Milady.
Invece...
Ad un certo punto, Lunette saltò.
Si gettò di sotto, scivolando sulle rocce puntando i piedi per non cadere rovinosamente e rompersi qualche osso.
'' Che diavolo pensi di fare, mocciosa...''- Milady  le sparò un colpo.
Fortunatamente la forza di gravità le dava una mano, facendola scivolare rapidamente, impedendole così di restare ferma troppo a lungo e magari beccarsi un proiettile in testa.
'' Stavolta ti prendo...''
'' LUNETTE, ATTENTA!!!''- D'artagnan, si buttò sulla perfida inglese e fece cadere la pistola nel '' terrazzamento'' sottostante.
Lunette era appena arrivata in fondo. Afferrò la pistola di Milady, certa che sarebbe servita.
Poi iniziò a correre verso il marito.
In quel momento, i moschettieri capirono con orrore l'intento di Lunette.
Un piano praticamente suicida.
'' LUNETTE!!! NON ANDARE!!! L'ESPLOSIONE TRAVOLGERA' ANCHE TE, NON AVRAI MODO DI METTERTI IN SALVO!!!''- gridò Athos con la voce piena di disperazione.
Aramis invece aveva iniziato a correre verso il sentiero che l'avrebbe portata proprio là sotto. Dove Nicolàs stava morendo e dove sembrava Lunette aveva appena deciso di morire.
'' Fermati... ti prego... non voglio perdere anche te!!!''- pregava la bionda moschettiera mentre continuava a correre. Le batteva fortissimo il cuore, sentiva il fiato sempre più pesante ed i polmoni in fiamme, per non parlare dei lucciconi agli occhi.
Tutto il suo corpo implorava una sosta, anche solo di pochi secondi per riprendere le energie, ma la bionda non ci pensava nemmeno.
In breve, tutto il gruppo di salvataggio si era precipitato all'inseguimento per tentare di fermare Lunette nel suo intento suicida.
Milady invece non si era mossa, immobile, tronfia e soddisfatta.
Avrebbe assistito alla morte di tutti coloro che odiava in un colpo solo.

Nemmeno Lunette accennava a volersi fermare, malgrado sentisse che non ce la faceva più.
Alla fine riuscì a raggiungere il marito, ancora legato alla rocca.
'' AMORE MIO!!!''- lo chiamò prima di sparare un colpo, tranciando la corda che lo fissava al masso -'' Sei vivo... grazie al cielo...''
Nicolàs, con quel poco di energie che gli erano rimaste, sgranò gli occhi dalla sorpresa e dalla gioia nel vedere davanti a sè sua moglie.
'' L-Lu-lunette... ch-che f-fai qui?''- non riusciva a credere di essere riuscito ad aprire bocca. Era talmente disidratato che credeva di non riuscire a parlare.
'' Ti salvo...''- o almeno ci provava. La miccia era quasi arrivata al barilotto dell'esplosivo, anche correndo non ce l'avrebbero fatta. Per lo meno, non con Nicolàs in quelle condizioni. Non riusciva nemmeno a reggersi in piedi.
Guardò l'abisso azzurro sottostante.
Metteva i brividi solo a guardarlo.
Eppure, poteva essere l'unica possibilità di salvezza... e poteva anche non funzionare.
Vedendo che i moschettieri e Rochefort correvano verso di lei, e quanto poco mancava perchè facessero un bel botto, la giovane donna allungò un braccio verso i primi, intimando di star lontani.
'' ARAMIS!!! STATE AL RIPARO!!!''- dopo aver strillato con tutto il fiato che le rimaneva, avvolse la testa del marito nel mantello di Rochefort, cercando di attuire un po' l'impatto e dopo averlo abbracciato si buttò.
'' LUNETTE NO!!!''- gridò Aramis trattenuta da Athos.
'' AL RIPARO!!!''- gridò a sua volta il moschettiere bruno afferrando il commilitone biondo per le spalle, trascinandolo dietro a degli scogli, malgrado le proteste di questi.
Subito dopo, i moschettieri sentirono un boato.
Quando finalmente poterono uscire da dietro le rocce che avevano usato come barriera, videro che il luogo in cui era stata piazzata la dinamite era completamente distrutto.
'' Lunette!!! Nicolàs!!!''- fece Aramis correndo. Quando finalmente arrivò sul precipizio, vide delle increspature sul pelo dell'acqua.
Erano caduti anche dei massi, staccati dal terreno a causa del violento impatto. E con tutta probabilità avevano preso in pieno i due coniugi.
Non poteva credere a quella possibilità...
'' Oh no...''- borbottarono Porthos e D'artagnan bianchi come lenzuoli e quasi all'unisono.
Persino Athos, il più composto e posato di tutti i suoi amici, si portò istintivamente una mano alla bocca nel vedere la scena.
'' Dio Mio...''- fece Rochefort non meno sconvolto dei moschettieri -'' Poveri ragazzi...''

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Capitolo 64
*** Moschettiere per sempre ***


~Era stato un volo terribile.
Mano a mano che la gravità li faceva precipitare verso l'acqua, Lunette era riuscita a sentire l'aria vibrare attorno a lei, ed un po' per calmarsi, un po' per timore che qualcosa o qualcuno  tornasse a prendersi suo marito per portarglielo via per sempre.
Poi l'esplosione.
Un aiuto alla forza di gravità che li fece precipitare in mare.
L'impatto fu violentissimo.
L'acqua salata le entrò nel naso e da lì si trasferì alla bocca inondandole gola e polmoni con il liquido salato, causandole una sorta di incendio nelle vie respiratorie.
'' Ah!!!''- fece riemergendo in fretta strofinandosi gli occhi con le dita, cercando di alleviare il bruciore -'' Oddio!''
Si affrettò a trascinare il marito nella sua direzione: il giovane conte aveva ancora le mani legate dietro alla schiena e come se non bastasse, oltre a spingere i due coniugi in maniera più rapida verso il pelo dell'acqua, la dinamite aveva fatto sì che si provocasse una frana.
Un masso di considerevoli dimensioni si era staccato e pareva deciso a schiacciarli.
'' Via, presto...Ah!!!''- fece la giovane trascinando il giovane verso di sè.
Appena in tempo.
Se solo avessero tardato un quarto di secondo a spostarsi, sarebbero diventati una poltiglia.
In compenso, la caduta del masso aveva causato uno spostamento dell'acqua che li aveva sospinti entrambi sulla piccola spiaggia in ghiaia.
'' Tesoro!''- fece Lunette ansimando, inginocchiandosi vicino al marito -'' Tesoro mio, come stai?''
Nicolàs fece per aprire bocca e dire qualcosa, ma riuscì solo ad aprirla e chiuderla, boccheggiando come un pesce.
Non gli avevano dato nemmeno una goccia d'acqua per tutta la durata del sequestro, aveva la gola completamente riarsa, infatti si stupiva di essere riuscito a parlare quando aveva visto la moglie vicino a lui. Ed il bagno imprevisto nell'acqua salata non aveva migliorato le cose.
 Adesso sentiva gola e polmoni bruciare come le fiamme infernali.
Riuscì solo a tossire, lanciando spruzzi d'acqua intorno a sè.
'' Shhh...''- fece Lunette intimandogli dolcemente di non parlare posandogli un indice sulle labbra -'' Non parlare, non ti agitare... andrà tutto bene. Sta tranquillo...mi sei mancato tanto...''- nel dir così afferrò quello che le sembrava il sasso più affilato del circondario e tagliò le corde che serravano i polsi del marito.
'' Ma come hanno potuto...''- pensò tra sè e sè vedendo il modo in cui Milady aveva trattato il consorte.
Cercò di tirarlo via dalla riva, portandolo verso il centro, prendendolo da sotto le braccia.
'' AH!!! AH...''- si lamentò il giovane.
Lunette lo adagiò dolcemente e poi ritornò al suo fianco, cercando trattenere le lacrime.
'' Ce l'hai fatta eh..?''- riuscì a dire il conte accarezzando una guancia alla moglie -'' L'ho sempre detto io... a Reneè... il moschettiere più coraggioso è sempre la sua mamma.''
Lunette rise, stringendogli la mano con cui le aveva carezzato la guancia, ed il giovane ingnorando il dolore lancinante alla gamba, alla costola rotta che crepitava ogni qualvolta che provava a respirare ed incurante del colpo appena ricevuto le prese il viso tra le mani, tirando sempre di più la moglie verso di lui, per darle un bacio.
Lunette non fece alcuna resistenza a quel bacio.
Il sapore delle labbra di suo marito... sapevano quasi di miele. Un miele un po' salato in quel momento forse, ma adorava poter assaporare di nuovo quelle labbra, dopo quei pochi giorni in cui non sapeva dov'era, cosa gli stavano facendo, senza sapere con certezza se mai lo avrebbe rivisto, almeno per dirgli addio.
Erano stati solo pochi giorni... tre giorni e quattro notti praticamente... ma quei giorni terribili le erano sembrati dei secoli. Ed il ricordo un giorno, forse sarebbe tornato, ma per ora preferiva non pensarci e pensare piuttosto a godersi il bacio del consorte.
'' Ma guardateli...''- una voce felicemente familiare e piena di scherno li riportò alla realtà. Si allontanarono in fretta l'uno dall'altra, seppur a malincuore, rossi come il sole che tramonta.
'' Noi eravamo preoccupatissimi per questi due, pensavamo che ormai fossero morti...''- continuò a prenderli in giro Athos -'' ed invece eccoli qua.''- la sua voce era volta a prendere in giro, ma era lampante che stava cercando di trattenere delle lacrime di gioia.
'' A me sembra che stiano meglio di noi...''- si aggregò Porthos.
Anche Lunette era felicissima di rivedere i suoi amici, ma ora c'erano altre cose a cui dare la priorità.
'' Scherzi a parte, come state?''- fece D'artagnan correndo verso i due sposi seguito a ruota dai moschettieri e dal cardinalista.
'' Un po' scombussolati...''- fu la risposta di Lunette.
'' E ci credo...''- fece Athos alzando gli occhi per vedere il dirupo da cui Lunette si era lanciata abbracciata al marito, nel tentativo di proteggerlo dall'esplosione -'' guarda che volo... siete fortunati ad essere ancora vivi, ragazzi.''
'' Lo so...''- fece Lunette. Non sapeva davvero come avessero fatto a sopravvivere  dopo una simile caduta. Evidentemente, Qualcuno molto in alto aveva deciso che ancora non era tempo per loro di lasciare il mondo dei vivi.
'' Nicolàs non sta bene... ''- fece la giovane con preccupazione. Mentre lo baciava, si era accorta che la temperatura era di gran lunga superiore alla norma.
'' D'accordo...''- fece Athos inginocchiandosi vicino al conte -'' vediamo cosa ti hanno combinato...''
Aramis nel frattempo aveva abbracciato la sua amica quasi minacciando di stritolarla in quell'abbraccio fraterno, carico di sollievo, paura, disperazione e felicità.
Tratteneva a stento le lacrime.
'' Non sai che paura ho avuto... credevo di averti perso.''
'' Mi dispiace...''- fece Lunette. Poteva solo immaginare come si fosse sentita la moschettiera, nel vederla saltare prima dall'altura su cui era edificata la roccaforte e poi venir quasi travolta dall'esplosione e vederla andare sott'acqua, magari seppellita dai massi.
Anche mentre correva disperatamente verso il marito tentando di salvargli la vita, pensava al dolore che avrebeb causato a tutti loro, e si sentiva un verme per questo... morire proprio sotto gli occhi di Aramis la faceva sentire da schifo, ma purtroppo in quel momento non aveva altra scelta.
Ma Aramis non era arrabbiata con la sua ex doemstica e fedele amica da sempre, anzi.
In quel momento l'ammirava tantissimo per quel gesto pieno di coraggio, anche se folle e suicida.
In fin dei conti... come poteva biasimarla o rimproverarla?
Se lei fosse stata al posto suo... se si fosse trovata in quella situazione... se avesse dovuto scegliere tra il restare viva con delle persone che l'avrebbero amata ma assistere impotente alla morte della persona amata...
Anche lei si sarebbe comportata allo stesso modo.
Anche lei avrebbe preso François, trascinandolo in una caduta che avrebbe salvato loro la vita o che li avrebbe uccisi entrambi.
Anche lei avrebbe preferito morire nello stesso momento della persona amata, per non dover assistere alla morte di questa e per non poter dire di essergli sopravvissuta anche solo per pochi secondi.
'' Lunette...''- la chiamò D'artagnan per abbracciarla con i lucciconi agli occhi -'' Sono contento che tu sia ancora qui...''
'' Ehy...''- scherzò Lunette -'' i moschettieri non muoiono tanto facilmente.''
'' Accidenti, bimba, ci hai fatto morire di paura!!!''- fece Porthos dandole una pacca sulla spalla -'' guai a te se lo rifai!''
'' Promesso...''- fece sbiancondo -'' ma vacci piano con le pacche Porthos, sono tutta una livido, causa caduta in un'acqua dura come il cemento.''- nel dir così si rivolse a Rochefort che la guardava con la faccia di chi stava per scoppiare.
Forse non era stato molto carino '' ammazzargli'' il mantello e prenderlo in prestito in modo così brusco...
'' Mi spiace per il vostro mantello...''
Per la sopresa di tutti però...
'' ODDIO, NON SAI QUANTO SONO CONTENTO CHE TU STIA BENE!!!''- fece Rochefort inziando a piangere senza il minimo contegno, tentando forse di finire il lavoro di Aramis.
'' Anch'io sono contenta di rivederla signor conte...''- fece Lunette tentando di staccarsi -'' ... ma sto soffocando!''
'' Oddio, mi dispiace tanto...''- fece Rochefort sciogliendola dall'abbraccio-'' scusa, l'emozione...''
'' Rochefort...''- fece Athos senza smettere di esaminare le ferite di Nicòlas -'' cercate di non stroncare Lunette, d'accordo? Per ora è più che sufficiente Nicolàs, da assistere.''
Quelle parole inquietarono non poco i presenti, ma Lunette era più preoccupata di tutti, e subito corse al fianco del marito per informarsi delle sue condizioni.
'' Come sta...?''
'' Non bene, purtroppo.''- fece Athos -'' Ha una costola rotta. L'anca è totalmente uscita dalla sede naturale. Credo che abbia preso un colpo di sole... inoltre è pieno di lividi e contusioni, ma non credo sia nulla di grave.
E' di vitale importanza far intervenire subito un medico.''
Il che voleva dire tornare a Parigi.
Finalmente.
Ma prima... c'era una cosa che ancora dovevano fare.
Lunette si voltò e vide che dallo stesso sentiero scavato dall'acqua nella roccia percorso dai moschettieri per venirli a recuperare, Milady li fissava.
Era lontana, ma la giovane donna riusciva chiaramente a vedere l'espressione dell'inglese. Arrabbiata. Delusa. Frustrata.
Non riusciva a crederci... quei due erano ancora vivi.
E non solo erano ancora vivi... ma persino Rochefort, che in passato le aveva fatto passare le pene dell'inferno, che addirittura aveva organizzato dei piani per uccidere sia lei che i moschettieri, aveva tentato di danneggiarla in ogni modo possibile, l'aveva rapita e picchiata quando era solo una ragazzina di quattordici anni...
Ed ora persino lui la abbracciava felice e piangeva di gioia il fatto che fosse ancora viva.
Dio, quanto la odiava... ma che aveva di così speciale quella ragazzina? Perchè l'amavano tutti? Cos'era, una Santa, un' imperatrice, una regina, una principessa?!?
No... era solo una serva. Una stupida ed insigificante serva che giocava a fare un po' il soldato ed un po' la contessa!!!
'' DOVE DIAVOLO PENSA DI ANDARE?!?''- fece Lunette scattando a correre verso Milady, la quale una volta percepito anche solo a distanza che la ''servetta'' aveva lo sguardo di un assassino pronto a mietere vittime negli occhi e soprattutto che pareva avere intenzione di sfogare tale pulsione omicida verso di lei, aveva iniziato a risalire, tentando di scappare.
La giovane contessa prese sia la spada che la pistola di Rochefort prima di gettarsi all'inseguimento.
'' Ah, ma allora è un vizio!''- borbottò il conte -'' e ora dove va quella matta?''
Athos quasi fulminò il conte con lo sguardo, ma poi riprese il controllo ed iniziò a dare direttive al resto del gruppo.
'' Porthos, prendi Rochefort e mettete Pizzarro agli arresti. Io resto con Nicolàs, ci rivedremo tutti sulla barca... Aramis, D'artagnan...''
La bionda lo anticipò.
'' Lo so. Andiamo a cercare Lunette e le impediamo di commettere un errore di cui si pentirà in eterno.''
Si scambiò uno sguardo d'intesa con D'artagnan ed iniziò a correre con il guascone a seguito nella stessa direzione che aveva preso Lunette.
'' Lunette, sta calma... non ne vale la pena. Ti prego.''


'' Stavolta non hai modo di fuggire Milady...''- fece Lunette brandendole contro la spada dopo averla raggiunta. Oh sì... quanto era vero che era figlia di Jean Le Goff e che il suo nome era Lunette, quella sarebeb stata la volta in cui l'ultima volta che avrebbe inquadrato Milady sarebbe stato quando l'avrebbe consegnata alla prigione dello Chatelet.
'' Hai torturato e quasi ucciso un uomo innocente e nel peggiore dei modi possibili... per vendicarti di ME delle TUE sofferenze... come se fossi stata io ad infliggertele. Mi spiace tanto... ma mi rifiuto di lasciarti andare.''
'' Bene... perchè nemmeno io ho intenzione di renderti la vita facile...''- fece Milady avventandosi contro la bruna con un pugnale che teneva nascosto nelle pieghe del vestito -'' Se non posso saperti infelice e disperata per il resto dei tuoi giorni... mi accontenterò di vederti morta!!!''
Lunette schivò il fendente.
Pugnale contro spada.
Davvero poco equo come scontro, ma dato che l'alternativa era farsi ammazzare... aveva schivato il fendete di Milady per poi ingaggiare battaglia contro di lei, fino alla stoccata finale con cui fece scivolare a terra la perfida inglese.
Le puntò contro una pistola.
Pensava a Nicolàs e a tutte le pene che gli aveva fatto passare per punire lei della felicità che l'aveva toccata.
Solo il suo sangue avrebbe calmato l'odio e la rabbia che la stava divorando.
Ma poi?
Che ne sarebeb stato della sua anima?
Sarebbe diventata nera come il carbone...
'' Avanti, che aspetti?!?''- le gridò Milady con tutta la rabbia e l'odio che aveva in corpo -'' Spara!''
Già una volta si erano trovate in una situazione del genere... quando Lunette, Nicolàs, Jean ed i moschettieri avevano salvato il re dalla forca.
Lunette si era ritrovata tra le mani una pistola. Milady per un attimo aveva temuto seriamente che la ragazza, per vendicarsi di essere stata calunniata da lei e quasi uccisa, l'avrebbe freddata in quel piazzale... ma non l'aveva fatto.
Stavolta però era certa: la contessa l'avrebbe uccisa per vendicare le sofferenze di colui che amava e per tutto il dolore che aveva sopportato per mano sua.
'' SPARA!!! VENDICATI!!! AVANTI, CONTESSA!!!''
BANG!!!
Lunette aveva sparato.
Un colpo in aria.
'' Allora non ci siamo intese...''- fece Lunette fissando la perfida inglese con rabbia -'' Io non sono una contessa.
Mi chiamo Lunette Montmercy, nata Le Goff. E sono un moschettiere del re. E tu sei in arresto.''
Milady aveva cercato di farle del male colpendola nel posto in cui più faceva male... e programmava anche di ucciderla.
A lei bastava saperla marcire in galera.
'' Lunette!!!''- gridò Aramis raggiungendola -'' Tutto a posto? Abbiamo sentito un colpo di pistola...''
Lunette si voltò verso l'amica ed il guascone rassicurandoli con un sorriso.
'' Colpo d'avvertimento per segnalare la mia postazione. Tutto a posto.''
'' Stai bene?''- chiese la bionda.
'' Sì... sto bene. Adesso sì... D'artagnan, fammi la cortesia... arresta questa donna.''
'' Con immenso piacere.''- fece il guascone immobilizzando le mani dell'inglese, tirandola su cercando di essere il più gentile e delicato possibile, per poi costringerla a camminare davanti a sè.
Aramis guardò la sua sorellina orgogliosa: non c'era bisogno di qualcuno che le ricordasse che non valeva la pena portarsi il peso del rimorso a vita per qualcuno che non meritava nemmeno un pensiero.
Sapeva fermarsi da sola.
'' Sono fieri di te. Come lo siamo noi.''
'' Come?''- fece Lunette stranita.
'' L'anno scorso mi hai detto che avevi paura di non essere all'altezza di tuo padre, del suo coraggio e delle sue imprese.Ti dissi che era un timore infondato... ed oggi lo hai dimostrato una volta di più: avevi mille motivi per desiderare di uccidere quella donna e nessuno ti avrebbe toccato...''
'' Non potevo...''- fece Lunette -'' Siamo moschettieri. E voi mi avete insegnato a rincorrere la giustizia. Non la vendetta.''
Aramis l'abbracciò.
Dio quanto era cresciuta... era diventata una donna bellissima, forte, coraggiosa ed amabile e nemmeno se n'era accorta.
Ed era anche un abilissimo moschettiere.
Non era un moschettiere ufficiale, ma era pur sempre un moschettiere.
E sempre lo sarebbe stata.
Anche con gli abiti di una nobildonna.

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Capitolo 65
*** Il giorno più lungo ***


~Trovare Pizzarro non fu difficile.
Se ne stava rintanato in una stanza della roccaforte da cui riteneva avere la visuale migliore per far fuori la '' squadra di soccorso'' appena questi fossero entrati nel suo mirino d'azione, con talmente tante armi che poteva essere facilmente scambiato per un trafficante d'armi.
Porthos e Rochefort però lo batterono in astuzia, entrando da dietro alla roccaforte, impedendogli così di farsi notare.
Bastarono un paio di colpi per renderlo inoffensivo.
Quando Milady salì sulla barca, in stato di arresto, e scortata in una stanzetta assieme a Pizzarro riservò un'occhiataccia a Lunette.
Carica di rabbia, odio, rancore, forse sperando che la giovane abbassasse gli occhi per nascondere uno sguardo pieno di vergogna e che iniziasse ad auto incolparsi di quanto era accaduto.
Ma Lunette non cadde in quel tranello.
C'era una cosa che aveva imparato nella vita... le disgrazie e le ferite ricevute, non autorizzano ad infliggerle ad altre persone.
Scattò in avanti verso quella donna, e non sapeva cosa avrebbe fatto se Aramis non l'avesse trattenuta.
'' Lasciala perdere...''- fece la moschettiera bionda -'' ho come l'impressione che Nicolàs si meriti le tue attenzioni, molto meglio di quella donna.''
Lunette annuì.
Tra la notte appena passata, lo scontro sulla rupe ed anche le occhiate cariche d'odio ricevute dall'inglese... era già troppo il tempo che aveva passato con quella donna infernale.
'' Giusto...''- e nel dir così, si diresse nella stanza in cui giaceva il marito, accudito da Athos.
Quasi trasalì nel vederlo.
Sembrava quasi uno spettro: occhiaie, pelle secca, pallida, disidratato, pieno di lividi e ferite di varia entità...
Ma anzichè arretrare di un solo passo, avanzò e chiese ad Athos di cederle, con lo sguardo, il boccale d'acqua che teneva tra le mani.
Era atroce vederlo così... ma era l'uomo della sua vita, e dopo che aveva tanto sofferto per mano di una donna che voleva vendicarsi di lei... era suo dovere occuparsene.

'' Coraggio tesoro...''- fece Lunette somministarando il quarto bicchiere d'acqua al marito, steso su una delle brandine della barca.
Lei ed Athos avevano cercato di metterlo comodo, ed il moschettiere gli aveva applicato dei pezzi di stoffa bagnati, ricavati dalle coperte, su petto, testa, gambe e braccia.
Il  conte era completamente disidratato, aveva un discreto febbrone e di tanto in tanto minacciava di svenire.
In un'altra occasione, nessuno di loro si sarebbe opposto nel lasciare che il giovane si riposasse un po', ma con il colpo di sole preso, era preferibile lasciarlo sveglio almeno sino a quando un medico o come minimo qualcuno di più competente di loro non avrebbe detto che poteva concedersi qualche ora di riposo.
Per il momento, però, era necessario tenerlo sveglio con ogni mezzo a loro disposizione e somministrargli acqua ad intervalli regolari.
Erano salpati da quasi tre ore ormai.
Athos aveva mandato un messaggio a Treville servendosi del piccione viaggiatore che il militare gli aveva affidato poco prima della loro partenza: l'aveva informato che avevano trovato Nicolàs e che era vivo, seppur messo piuttosto male e che i suoi aguzzini erano stati arrestati.
Gli aveva chiesto, inoltre, di far aver loro un mezzo di trasporto per permettere almeno a Lunette e Nicolàs di viaggiare comodamente.
In quel momento, i due vennero raggiunti da D'artagnan ed Aramis.
'' Pizzarro e Milady sono ancora privi di conoscenza.''- li informò D'artagnan. Infatti, temendo che quei due riuscissero a giocare loro un pessimo scherzo, li avevano narcotizzati servendosi dei residui delle stesse bombe usate sui moschettieri sull'isola, la sera precedente -'' e comunque adesso ci sono Rochefort e Porthos a far loro la guardia.''
'' Il nostro ragazzo, invece?''- chiese Aramis, pur sapendo che era una domanda stupida -'' Come sta?''
Lunette sospirò.
'' E' vivo, se non altro.''
'' S-sto benissimo... non dovete preoccuparvi per me...''- cercò di ribattere il conte tossendo e gemendo per poi premersi sul petto, tentando di alleviare il dolore .
Si sarebbe messo volentieri a piangere, se non fosse stato che avrebbe fatto preoccupare ancor di più la moglie e gli amici.
'' Athos...''- fece Lunette  con gli occhi imploranti fissando il leader dei moschettieri -'' non possiamo fare proprio niente per aiutarlo? Almeno per lenirgli un po' il dolore.''
Athos ci pensò su per un attimo e poi fissò Aramis, quasi per avere un consiglio da lui.
Effettivamente, un modo per rimettere a posto almeno la gamba e sistemare la costola rotta in modo che non gli facesse male ogni qualvolta che respirava o tossiva c'era... peccato che facesse un male incredibile.
Se solo non avesse avuto la febbre alta e non si fosse preso un colpo di sole, gli avrebbe quanto meno dato da bere qualcosa per calmare il dolore... ma l'unica cosa che poteva dargli, in quella situazione, era acqua.
E purtroppo non avrebbe fatto alcun effetto per calmare il dolore.
Aramis non sapeva cosa fare... quasi certamente  Athos sapeva quel che faceva e dopo Nicolàs si sarebbe sentito molto meglio, ma avrebbe strillato parecchio.  Per Lunette sarebbe stata una bella sfida sopportare la vista del marito che gridava dal dolore... avrebbe dovuto portarla via da lì, farla uscire... ma conoscendola, le possibilità di riuscire nell'impresa, erano pari a zero.
'' C'è possibilità di lenirgli un po' il dolore?''- chiese di nuovo Lunette.
Athos annuì.
'' Sì...''- fece il moschettiere -'' Posso immobilizzargli la costola rotta e ridurre la frattura alla gamba, ma purtroppo temo di essere impossibilitato a somministrargli alcolici, per il dolore.''
Lunette annuì -'' Sì, mi rendo conto perfettamente...''- non aveva mai subito ferite del genere e nemmeno si era trovata nella situazione di dover medicare qualcuno che avesse riportato lesioni interne, ma sapeva a colpo sicuro che erano ferite particolarmente dolorose e che rimetterle a posto era quasi più doloroso della stessa ferita. Ma era anche vero che quel dolore, sarebbe durato solo pochi minuti, e che al contrario di tutto quello che gli avevano già fatto prima, quel dolore era volto a fargli del bene.
'' Fallo.''- Lunette si voltò verso il marito. Lei aveva dato l'ok al moschettiere per procedere, ma assieme alla sua voce  aveva sentito anche quella del marito dare il proprio consenso al leader del gruppo.
'' Non esitare. Fallo.''- ribadì Nicolàs.
Athos inspirò a fondo, e si tolse i guanti.
'' Va bene...'' fece Athos -'' mi metto subito al lavoro.''
Aramis si avvicinò all'amica e fece per trascinarla via, ma Lunette puntò i piedi e la guardò con uno sguardo che seppur carico di dolcezza, era carico di determinazione, dando prova di quello che Aramis già pensava: non si sarebbe mossa da lì, nemmeno se l'avesse trascinata.
'' Lunette, non occorre che resti qui...''-  tentò di convincerla.
'' E invece sì.''- fece Lunette.
'' A-aramis lascia perdere...''- si sforzò Nicolàs, sorridendo -'' l-la conosci... ed è per questo che l'ho sposata.''
Lunette tornò al capezzale del marito, sorridendogli. Con una mano gli carezzò la fronte madida d'acqua e che bruciava come le fiamme d'inferno e con l'altra gli strinse una mano, intrecciando le sue dita con quelle del giovane.
'' Andrà tutto bene... non ti lasciamo solo... stai calmo.''- fece la giovane.
Athos si era avvicinato alla branda di Nicolàs con delle bende ed un fazzoletto che aveva avvoltolato su sè stesso.
'' Stringi forte.''- gli ordinò, mettendoglielo praticamente in bocca -'' Pronto?''
Nicolàs inspirò a fondo e poi annuì.
Un ultimo sguardo d'intesa tra lui e Lunette diede al moschettiere l'ok decisivo. Afferrò le bende ed iniziò a fasciare il torace del giovane conte, cercando di essere delicato e di fargli il meno male possibile, pur sapendo che alla fine, malgrado ci si mettesse d'impegno alla fine...
Quando strinse il nodo, Nicolàs cacciò un grido terribile attutito però dal fazzoletto che teneva in bocca e strinse la mano della moglie così forte che Lunette stessa dovette mordersi un labbro per non fare una smorfia di dolore.
'' Calma...''- fece Lunette cercando di tranquillizzarlo.
Aramis riempì prontamente un bicchiere d'acqua per somministrarlo al giovane, appena quel brutto momento fosse passato.
Athos gli tolse il fazzoletto dalla bocca e permise al commilitone biondo di avvicinargli alle labbra secche il bicchiere, lasciandogli così tempo e modo di riprendersi dalla scarica di dolore che l'aveva colpito.
'' Come va adesso?''- gli domandò Aramis.
'' L-la risposta è obbligatoria...?''- fece sarcasticamente il conte, ancora con i segni del dolore in volto.
Lunette tremava da capo a piedi, nemmeno si trovasse nel bel mezzo di una tormenta di neve con addosso una misera giacchetta di lana e febbricitante.
Quelle urla non le avrebbe mai dimenticate, nemmeno se ci si fosse messa d'impegno per tutta la vita.
'' Lo so che è uno strazio, ma cerca di avere ancora un po' di pazienza...''- fece Athos rivolgendosi più a Lunette che a chiunque altro.
Si era accorto che la giovane contessa/ moschettiera nel sentire le urla del marito si era sentita raggelare le ossa ed il sangue, come se la scarica di dolore avesse colpito lei anzichè il marito.
Era davvero uno strazio essere costretti ad agire in quel modo... Lunette era la più piccola del gruppo, o almeno così la considerava visto che la conosceva da quando aveva solo dodici anni, e vederla soffrire e causare anche se a fin di bene parte di quella sofferenza, era insopportabile.
Diede uno sguardo più che eloquente ad Aramis, la quale si avvicinò di nuovo all'amica, cercando di convincerla a seguirla fuori.
Tentativo vano.
Aramis sbuffò davanti a tanta testardaggine, ma come poteva biasimarla?
Lunette alla fine era come lei.
Una donna che in un modo o nell'altro si era ritrovata a dover impugnare una spada, a vivere in un mondo che a cose normali non sarebbe dovuto essere suo... solo che Lunette aveva tutt'ora la possibilità di stare accanto all'uomo amato '' nella cattiva sorte''.
Se François fosse stato ancora in vita... seppur gravemente ferito... anche lei si sarebbe tassativamente rifiutata di lasciare il suo capezzale, pur sapendo che ogni suo urlo di dolore, seppur sommesso, sarebbe stato come essere sparati.
Athos gli posizionò le mani sull'anca.
Ci aveva visto giusto.
Anca lussata. Fortunatamente poteva essere rimessa a posto facilmente.
Lunette, compreso che l'agonia stava per ricominciare, si riposizinò dov'era, pronta ad assistere il marito e confortarlo nel dolore.
Dolore che non tardò ad arrivare.
Quando Athos rimise a posto l'osso, il conte si lasciò andare ad un grido terribile, così forte che persino Porthos e D'artagnan corsero a vedere cosa era accaduto a spade sguainate.
'' CHE SUCCEDE?!?''
'' PERCHE' URLA?!?''
Ci pensò Aramis a tranquillizzarli.
'' State calmi...''- fece Aramis pacata -'' purtroppo alcune ferite sono piuttosto dolorose, anche quando vengono curate.''
I due sospirarono di sollievo, mentre Lunette capitò in ginocchio.
'' Lu...''- fece Nicolàs preoccupato per la moglie.
La giovane gli sorrise rassicurante.
Sarebbero stati bene.
Entrambi.
Dovevano solo... tornare a casa.

Finalmente la nave tornò al villaggio di pescatori, dove ad attenderli vi erano una carrozza su cui erano stati fatti salire i due conti.
Nicolàs era stato fatto stendere sui sedili della carrozza, con la testa sulle ginocchia della moglie che giocherellando con i capelli del marito si prodigava nel bagnargli la fronte, tranquillizzandolo e parlandogli per tenerlo sveglio.
Pizzarro e Milady invece vennero messi ai ferri da Jussac, che assieme a Rochefort fece ritorno a Parigi con una sorta di '' carrozza-gabbia''.
I mochettieri invece si occuparono di scortare Lunette e Nicolàs durante il viaggio, che seppur fosse breve, per qualcuno risultava comunque troppo lungo.
'' Quanto manca a Parigi...?''- fece Nicolàs, qundo ormai poche miglia li separavano dalla capitale francese,  con la voce sempre più stanca ed assonnata, mentre la moglie gli bagnava per l'ennesima volta la fronte secca con un panno bagnato.
Se solo ne avesse avute, avrebbe pianto lacrime di disperazione.
Non era mai stato un piagnucolone, nemmeno quando erano morti i suoi genitori, aveva pianto sì, ma di nascosto e si guardava bene dal farsi vedere debole da qualcuno... ma dopo tutto quello che aveva passato, e l'impossibilità di chiudere gli occhi almeno per non sentire per un po' il dolore... avrebbe voluto mettersi a piangere per la disperazione.
'' Poco. Manca poco...''- fece Lunette deponendogli un bacio sulle labbra per cercare di confortarlo, addolorata.
Vederlo in quelle condizioni era peggio che essere torturata da Pizzarro, tenere testa a Milady e combattere Maschera di Ferro messi tutti assiemi.
'' Manca poco, e poi ti potrai riposare.''
E per fortuna pensò la giovane donna.
Quel giorno era stato davvero troppo lungo.

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Capitolo 66
*** Di nuovo insieme ***


~Alla fine, quel lungo e a dire di tutti interminabile viaggio, finì.
Il giorno stesso Lunette, un malconcio Nicolàs ed i quattro moschettieri fecero ritorno a Parigi, dirigendosi immediatamente all'ex residenza di Mansonne, che da un anno era divenuta la casa di Lunette, Nicolàs e della loro figlia.
Rochefort invece si diresse con la perfida inglese e l'ex ciambellano della regina madre alla prigione dello Chatelet.
Milady e la giovane moschettiera si fissarono per un momento che sembrò un' eternità con uno sguardo carico di emozioni: rabbia, odio, disprezzo... ma da parte di una delle due c'era comprensione, anche se era palese che non fosse ancora pronta a perdonare l'altra per il torto ricevuto.
Lunette comprendeva bene quando Milady avesse sofferto nella sua vita e che per certi versi almeno lei era stata fortunata ed aveva avuto una vita serena e felice... ma purtroppo, non si sentiva ancora in vena di riuscire a perdonare Milady per aver sfogato le sue ire nei confronti di suo marito.
'' Non sei obbligata a perdonarla...''- fece Aramis mettendole una mano sulla spalla -'' e nemmeno sei costretta a concederle subito il perdono.''
'' Credete ci riuscirò mai?''
'' Sì. Ne sono certa.''- la rassicurò la bionda -'' ma come ho già detto, non subito. Ci vorrà tempo... ma sono sicura che farai la cosa giusta.''
Lunette annuì risconoscente e poi si diresse verso l'interno della sua casa, dove li attendeva il medico personale del capitano Treville, il quale avvertito da Athos che le condizioni di Nicolàs erano tuttaltro che buone, si era subito premurato di spedire il dottor Dumas a casa dei due coniugi chiedendogli di prendersi cura del giovane.
Athos, D'artagnan e Porthos restarono fuori dalla stanza del giovane conte, mentre Aramis aveva preso in consegna Lunette per aiutarla a darsi una rinfrescata e cambiarsi i vestiti.
Come quando era piccola, le spazzolò i capelli e glieli fissò con un nastro blu, raccogliendoli così in una coda di cavallo.
Subito dopo averla aiutata a rinfrescarsi l'aiutò a cambiarsi gli abiti. Il completo da uomo era sicuramente più comodo degli abiti da nobildonna ma dopo diversi giorni che li indossava più un bagno imprevisto nelle acque della Manica, era decisamente l'ora di cambiarli.
La scelta cadde sull'abito con il corpetto blu e la gonna bianca decorata da rose azzurre... l'abito preferito da Nicolàs.
Aramis non potè fare a meno di pensare che se la giovane Lunette fosse stata ancora nubile ed avesse avuto ciò che le spettava di diritto dato che era la figlia di un nobile... solo se Nicolàs fosse stato un uomo con il cervello bacato non le sarebbe caduto ai piedi.
Ma a ben vedere.... non era certo stato un bel vestito a far innamorare il giovane conte della giovane fanciulla. Nè dei gioielli o un'acconciatura elegante.
Lunette era sempre la stessa. Da bambina, da moschettiera, da serva e per finire da contessa: una ragazza dolce e gentile, ma al contempo forte e coraggiosa. Di indole mite ed umile, ma allo stesso tempo era difficile relegarla al semplice ruolo di donna che doveva solo pulire e cucinare e non aveva paura di impugnare la spada e combattere per quella che riteneva essere una giusta causa.
Era questo il motivo per cui agli occhi di Nicolàs Montmercy, le più belle donne delle corti europee sfiguravano.
Probabilmente quel giovane nobile era un estimatore del detto che più una pietra ha preso colpi, più bella e preziosa diventa alla fine.
Non poteva nemmeno immaginare, chi sarebbe diventata la piccola Reneè...
'' Devo andare...''- e senza dire altro, Lunette quasi corse via dalla stanza, trattenendo i lembi del vestito per non inciampare e dopo quelli che le erano sembrati quattro salti, si ritrvò davanti alla stanza del marito.
'' Ci sono notizie?''- domandò Lunette raggiungendo gli amici moschettieri.
Fu D'artagnan a rispondere per tutti.
'' Per ora no...''- fece D'artagnan cercando di rasserenarla un poco -'' ma vedrai che presto ci sarà una buona notizia, ne sono certo.''
Lunette parve delusa, ma subito dopo rivolse un sorriso ai soldati che non solo in quei giorni, ma soprattutto in quegli anni, erano stati per lei come e più di una famiglia.
Non c'era stato un solo secondo in cui si era ritrovata a combattere da sola.
Anche nella notte in cui era stata prigioniera, incatenata su quell'isolotto sperduto dimenticato da tutto e da tutti, mentre lottava con quella catena che le serrava i polsi... a darle la forza di non arrendersi non era solo il pensiero che se avesse fallito, avrebbe probabilmente assistito impotente alla morte dell'uomo che amava più della sua stessa vita, ma anche le voci delle persone che nella sua vita l'avevano amata ed aiutata che non cessava di dire -'' Non arrenderti Lunette: combatti. Dimostra che non c'è differenza.''
'' Ragazzi io... non so come ringraziarvi.''- disse sinceramente -'' se non ci foste stati voi... io non credo proprio che sarei riuscita a riportare Nicolàs a casa.''
Athos le si portò vicino per abbracciarla.
'' Non dirlo nemmeno...''- la rassicurò -'' Sei nostra amica. Anzi, oserei dire che sei nostra sorella...''
'' Athos ha ragione: non c'è nulla che non faremmo per te.''- si aggregò Porthos.
Aramis non disse nulla. Si limitò ad annuire con lo sguardo e a guardare con tenerezza la giovane nobile.
La stessa giovane nobile che fino a non troppo tempo prima era stata la sua domestica e che manteneva sempre e comunque il titolo di miglior confidente ed amica del cuore.
Lunette le era sempre stata vicina anche quando pareva aver tradito tutto e tutti senza il minimo scrupolo solo per la carriera, e l'aveva seguita pur non essendo costretta  in missioni praticamente suicide senza la minima esitazione.
Ora capiva il perchè, anche se aveva raggiunto il suo scopo, dopo aver vendicato l'ingiusta fine del suo amato era rimasta nel corpo dei moschettieri.
E quel perchè era Lunette: era rimasta per proteggerla e starle accanto in qualunque situazione si sarebbe venuta a trovare.
E l'avrebbe fatto fino a quando sarebeb stata in vita.
In quel momento, dalal stanza di Nicolàs uscì il medico che il capitano Treville aveva mandato appositamente per i due giovani sposi.
Lunette ed il resto del gruppo lo accerchiarono con la stessa velocità con cui un gruppo di cortigiane pettegole si catapultava senza pietà sul primo pettegolezzo che capitava loro a tiro.
O come una fiera affamata su un pezzo di carne dopo aver passato giorni a digiuno.
'' Dottore, mi dica... come sta mio marito? Si riprenderà presto?''
Il medico intuita la grande preoccupazione della giovane donna non si fece certo pregare nel fornirle spiegazioni.
Ed anche perchè non era una sensazione molto piacevole avere cinque paia di occhi che lo fissavano in trepidante attesa come se fossero fucili pronti a far fuoco.
'' Beh, contessa... non vi nascondo che la situazione è grave.''- fece il luminare -'' francamente mi meraviglio che sia riuscito a resistere così a lungo e che non abbia avuto un collasso sulla via del ritorno. Ad ogni modo ha buone possibilità di uscirne vivo visto che è stato soccorso subito dopo essere stato liberato.''
Quello fu un vero sollievo per tutti.
Nicolàs stava male, anzi molto male... ma la luce della speranza che si sarebbe ripreso era ben lontana dallo spegnersi.
'' Sia lodato il Signore...''- fece Lunette mimando il segno della croce e stringendo tra le mani il crocefisso che l'amato le aveva donato tanto tempo prima, come promessa di tornare presto.
'' Nei prossimi giorni starà molto male a causa della febbre e del dolore... ma con gli impacchi che gli ho perscritto, mangiando adeguatamente e con del buon riposo si ristabilirà completamente.''
'' Vi ringrazio dal profondo del cuore dottore...''- fece Lunette con gli occhi pieni di gratitudine.
'' Non ditelo nemmeno. Signori... madame...''- e nel dir così si congedò dai moschettieri e dalla giovane padrona di casa.
Lunette si precipitò nella stanza del marito: Nicolàs non aveva per niente un bell'aspetto. La gamba era steccata, il torace fasciato e malgrado finalmente il medico gli avesse dato il permesso di dormire, era chiaro come il sole che il suo sonno non era affatto ristoratore.
'' Spero solo che tu non lo stia rivivendo nei tuoi incubi tesoro mio...''- pensò la giovane deponendo un bacio sulla fronte rovente del marito, i cui gemiti parvero calmarsi un poco dopo quel piccolo bacio.
'' Scusate ragazzi... potreste farmi un piccolo favore?''- fece poi rivolgendosi ai suoi amici moschettieri.
'' Al vostro servizio, contessa.''- fece Porthos riuscendo a strapparle un sorriso divertito.
Aramis aveva una mezza idea su quale fosse il favore che voleva chieder loro e così l'anticipò- '' Immagino che tu voglia andare a trovare tua figlia. Vai pure, resterò io con Nicolàs.''
'' Vi ringrazio tanto Aramis.''
A quel punto intervenne anche Athos -'' D'artagnan, Porthos, voi andate alla caserma ed informate il capitano di tutta quanta la storia, immagino che vorrà sapere l'accaduto nei dettagli per poi informare il re.''- inoltre aveva il fondato sospetto che il capitano avesse più interesse a sapere delle condizioni del giovane Nicolàs e di Lunette come un sentimento quasi paterno che altro.
Sarebbe andato direttamente lui a fare rapporto, ma dal momento che aveva alcune nozioni mediche, in caso il giovane conte avesse avuto una ricaduta, anche minima, era meglio che ci fosse qualcuno in grado di poterlo calmare.
Il guascone ed il gigante annuirono e poco dopo, i due moschettieri e la contessa si separarono per andare alle rispettive destinazioni.

'' Benvenuta alla sartoria Bonacieux...''- Martha aveva visto avvicinarsi da lontano una giovane donna vestita con un abito elegante, ma non l'aveva riconosciuta e adesso la stava accogliendo nella bottega -'' il signor Bonacieux sarà da voi in un istante...''
'' Salve Martha...''- la salutò Lunette con un sorriso affettuoso.
La povera donna sbiancò quando vide l'amica della sua padroncina alla sua porta e l'abbracciò festosa.
'' Non posso crederci... grazie a Dio sei sana e salva, bambina mia.... Signorina Costance!!!''
L'interpellata non si fece certo desiderare e  non appena riconosciuta la sua amica d'infanzia partita per una missione di salvataggio dai caratteri suicidi in quella bellissima giovane donna sulla porta d'ingresso, corse subito a darle un affettuoso abbraccio.
'' Lo sapevo che sareste tornati a casa sani e salvi, lo sapevo!!!''
'' Costance piano... ho fatto un volo giù dalla scogliera e sono ancora tutta un livido.''
Costance sgranò gli occhi dalla sorpresa. La sua amica aveva moolte spiegazioni da darle in merito.
Decisamente.
'' Abbiamo sentito che la mamma è tornata o sbaglio?''- fece Lucille facendo capolino nella stanza con il piccolo Jean al suo fianco e la piccola Reneè tra le braccia.
La bimba era stata appena lavata e cambiata e Lucille era sul punto di allattarla quando la sartoria fu riempita dai festanti bentornato riservati alla madre della piccina.
Gli occhietti della bambina s'illuminarono come due stelle nel riconoscere la mamma e subito tese le braccine verso di lei, esigendo di essere riaccolta sul petto materno.
'' Reneè!!! La mia piccola Reneè...''- fece la giovane contessa prendendola tra le braccia e riempendola di baci e carezze, vezzeggiandola in ogni modo e nello stesso tempo sforzandosi di non scoppiare in lacrime di commozione -'' non hai idea di quanto tu mi sia mancata... hai fatto la brava?''
Costance la rassicurò -'' E' stata un vero angioletto, anche se ogni tanto scoppiava a piangere... credo che abbia sentito la tua mancanza.''
'' Oh tesoro...''- fece carezzando una guancia alla figlia -'' anche a noi sei mancata terribilmente.''
'' Lunette, dì un po'...''- si fece avanti il piccolo Jean -'' cos'è successo? Perchè Milady se l'è presa con Nicolàs? Come mai ha orchestrato tutto questo?''
'' Sì, dai racconta!!!''- la incitò Costance.
Lunette annuì e mentre per la prima volta dopo quasi una settimana che le era sembrata non finire mai allattava la figlia, raccontò all'amica d'infanzia, a Jean e alla sua mamma, l'incredibile avventura appena vissuta e di come Milady, a discapito del fatto che non si lanciava in imprese che potevano costarle molto care se fallimentari alla fine, aveva agito solo ed esclusivamente per vendicarsi del fatto che avesse conquistato e ricambiato l'amore di un giovane conte, di averlo sposato e di aver avuto una bambina da quell'amore.
'' Ma è completamente pazza!!!''- sbottò Jean per poi zittirsi di colpo una volta realizzato che aveva urlato troppo forte e che quindi Reneè avrebbe potuto spaventarsi.
'' Assurdo... ti odiava perchè eri felice con tuo marito e con tua figlia?''- aggiunse Lucille sconvolta tanto quanto il figlio alla notizia che c'era una donna talmente invidiosa della felicità altrui da arrivare persino ad uccidere pur di rovinarla.
'' Ed anche perchè anche se non naturale... ho avuto una famiglia affettuosa che più di una volta si è dimostrata pronta a tutto pur di aiutarmi e proteggermi.''
'' Santo cielo...''- se madre e figlio erano sconvolti, Costance era indignata per le indicibili sofferenze a cui la perfida inglese aveva sottoposto la sua amica ed il povero Nicolàs.  Aveva quasi distrutto un grande amore, aveva cercato di rovinare la vita della sua amica per una colpa che non aveva... ed una bimba innocente aveva rischiato di non conoscere i genitori per colpa del suo assurdo e malato desiderio di vendetta -'' ma come si fa ad arrivare a tanto...''
'' Chi sa magari...''- tentò Lunette, ma Lucille la stoppò.
'' Non sentirti in colpa.''- fece la donna -'' Da quello che mi hai raccontato e da quello che D'artagnan ha raccontato a Jean tanto tempo fa, non c'è dubbio. Quella donna ha sofferto le pene dell'inferno pur non meritandole affatto e non c'è dubbio che si sia sentita sola, disperata e furiosa... ma poi ha avuto la possibilità di poter ricominciare la sua vita da capo e ha deciso di buttare via questa possibilità. Tu non hai colpa, quindi non stare male per qualcosa di cui non sei responsabile.''
A quel punto nella stanza sopraggiunse anche il padrone di casa, il sarto Bonacieux, pronto ad appoggiare la madre del suo giovane apprendista -'' Lucille ha ragione. Quanto le è successo è terribile. Terribile e triste, ma non si può sempre dare la colpa al passato per quello che siamo oggi.
Arriva un momento, nella vita, in cui quando si sceglie il male al posto del bene, la colpa non è da imputare ad altri se non a noi stessi. E viceversa.''
'' Ma dicci piuttosto...''- fece Costance con una punta di preoccupazione nella voce -'' come sta Nicolàs? Da come l'hai raccontata, sembra che sia tornato a casa più morto che vivo.''
Lunette annuì.
Ad essere onesta, non aveva nemmeno la certezza assoluta che ce l'avrebbero fatta a riportarlo a casa mentre era ancora su quella terra, pur avendolo salvato per il rotto della cuffia, date le varie fratture, escoriazioni e data la febbre che si era preso dopo giorni di privazioni e a causa delle intemperie che l'avevano torturato senza tregua per quasi due giorni.
Non osava nemmeno immaginare a come lo avrebbero riportato se non ci fosse stato Athos.
'' Sì, purtroppo Nicolàs non sta bene anche se ha ricevuto cure mediche... ci vorrà un po' perchè si ristabilisca del tutto. E a tal proposito... vorrei domandare il vostro aiuto ancora una volta, anche se so che ho già approfittato troppo della vostra cortesia.''
Costance la rassicurò -'' Lunette, non devi assolutamente farti certi problemi. Puoi contare su di noi per qualunque cosa ed in qualunque momento.''
'' Ok...''- fece la giovane -'' come ho già detto, Nicolàs ha la febbre molto alta a causa delle intemperie e delle privazioni...''- e nel dir così guardò con amore la figlia, sistemandosi il corpetto del vestito -'' e questa piccolina non ha nessuna difesa... se si ammalasse anche lei sarebbe terribile.''
'' Vorresti lasciarla qui ancora qualche giorno?''- fece Costance con voce quasi speranzosa.
'' Sì, vorrei evitare di esporla al contagio... ma verrò a trovarla spessissimo per potermi occupare di lei... mi dispiace approfittare ancora della vostra gentilezza, ma questo è il posto più sicuro che conosco a Parigi, per lei e mi fido solo di voi. La caserma non è il posto per una neonata.''
'' Lunette non devi preoccuparti di niente.''- fece Costance quasi euforica.
'' Puoi lasciarla qui quanto ti pare... ci occuperemo noi di questo angioletto.''- fece eco Lucille.
Anche Jean si aggregò-'' Sì, dai... è troppo bello poter dire di non essere il più piccolo della casa.''
Costance si rese conto di aver preso una decisione senza aver chiesto il permesso a suo padre e lo implorò con gli occhi di dare il permesso affinchè la figlioletta dell'amica potesse restare con loro ancora per un po'.
Bonacieux non si fece certo pregare.
'' Ma certo che questa frugoletta può restare...''- fece il buon uomo con un sorriso bonario in viso -'' è bello sentire il pianto di un neonato ed avere una creaturina da vezzeggiare in giro per casa...''- e qui lanciò un'occhiata verso la figlia -'' visto che qui nessuno ha intenzione di farmi diventare nonno.''
'' PADRE!!!''- urlò Costance arrossendo come un pomodoro maturo, causando così un attacco di ridarella fulminante ai presenti.
Persino la piccola Reneè aveva iniziato a ridere divertita e battere assieme le manine.
Costance la fissò con aria falsamente corrucciata e finse di rimproverarla.
'' E tu che hai da ridere?''
'' Credo che questa piccolina abbia già un innato senso dell'umorismo.''- fece Lucille, rincarando la dose -'' ed anche una bella sfrontatezza con persone che all'occorrenza possono rivelarsi pericolose.''
Lunette annuì.
'' Deve aver preso da suo padre.''

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Capitolo 67
*** Tempesta interiore ***


~Le condizioni di Nicolàs, come predetto dal medico, non erano affatto buone.
La febbre non accennava a lasciarlo in pace, soprattutto durante la notte. Durante il giorno faticava a riposare a causa del dolore alle costole fratturate e alla gamba che malgrado fossero state sistemate, ogni tanto si facevano risentire. E alla grande pure.
Durante la notte invece, quando non era il dolore, era la febbre a tormentarlo. Lunette lo lasciava solo, esclusivamente per andare dalla loro figlia  e in quelle occasioni erano i moschettieri a tenere compagnia al giovane nobile.
Ma indipendentemente da chi fosse con lui, Athos faceva sempre in modo di essere presente in modo da poter intervenire prontamente nel caso il giovane si fosse sentito male.
La cosa peggiore però era quando finalmente sembrava riuscire a godersi almeno un paio d'ore di salutare riposo e poi svegliava nel cuore della notte strillando come un' aquila ferita, aggrappandosi disperatamente alla persona che era accorsa per calmare le sue urla come se questa fosse ciò che gli impediva di cadere in un terribile baratro.
Ed era palese quale fosse l'incubo che disturbava il suo riposo... le botte ricevute da Pizzarro, le torture fisiche e psicologiche di Milady.... quelle con un po' di buona volontà sarebbe riuscito a vincerle.
Ma quello scoglio maledetto...  Lunette ne era certa: era quello che tormentava il sonno del suo grande amore.
Ricordava che quando l'aveva visto su quello scoglio, legato, impossibilitato a muoversi e senza alcuna possibilità di potersi salvare e con una barile di polvere da sparo che era sul punto di saltare, era stata presa da un terrore così grande che credeva non essere possibile.
Ed anche se lei stessa era spaventatissima all'idea di saltare dalla scogliera, non aveva esitata un solo secondo a buttarsi, dato che era l'unica possibilità di poter salvare il suo amato da una morte certa.
Era quello il vero incubo. Per lei si era chiuso tutto con quel salto... ma per Nicolàs... sarebbe stato tutto molto difficile.
'' Ne usciremo tesoro... non importa quanto ci vorrà.''- gli sussurrava la moglie ogni qualvolta che il marito pareva in preda agli incubi più spaventosi.

Quella appena trascorsa era stata una notte particolarmente difficile.
Non c'era stato un attimo di sosta...Nicolàs non aveva fatto altro che agitarsi e dire frasi sconnesse per tutta la notte lamendandosi del dolore lancinante.
Solo verso l'alba la situazione si calmò.
In quel frangente, Aramis, allertata dalla giovane Mariette si precipitò immediatamente a casa dell'amica.
La giovane contessa era al capezzale del consorte, adesso profondamente addormentato e con lo sguardo perso nel vuoto, continuando a guardarsi le mani che tremavano convulsamente.
'' Lunette...''- fece la bionda preoccupata, avvicinandosi alla sedia vicino al letto su cui la bruna aveva preso posto, tastandole la fronte per accertarsi che non avesse la febbre.
'' Sto bene...''- fece la giovane quasi atona.
Sì, fisicamente, almeno lei si sentiva bene... ma la guerra, l'inferno... quello le impazzava dentro.
Quella notte di fuoco e fiamme... anche se ormai Nicolàs era al sicuro e salvo, nella loro casa... le aveva fatto maturare un odio ed un profondo disprezzo verso Milady... un sentimento così negativo, riprovevole e allo stesso tempo così forte  che non era sicura fosse possibile provare... e soprattutto non avrebbe mai osato immaginare che un giorno avrebbe provato un sentimento così devastante che mangiava e bruciava tutto quello che toccava.
Non le piaceva affatto quella sensazione...
'' Che mi sta succedendo...?''- borbottò tra se e se, ma abbastanza forte da farsi sentire da Aramis -'' Mi sento così strana...''
'' Probabilmente sei solo stanca...''- fece Aramis tirandola su per le spalle -'' vieni, ti porto a riposare un po'...''
'' No... voi non capite...''- fece la contessa con occhi vacui-'' Mi sento quasi divorare dalla rabbia... e credo che se avessi Milady sotto mano non esiterei a commettere un gesto inconsulto...''
Aramis si preoccupò.
Non aveva mai visto Lunette in quello stato...  tremava come se avesse la febbre, e riusciva a cogliere nel suo sguardo quasi spento un sottile velo di odio e disprezzo... in passato Lunette non aveva mai provato quel sentimento così terribile che avvelena l'anima e piano piano l'intera esistenza. Rabbia sì, come tutti del resto... ma non l'odio.
Non era una buona cosa.
Doveva aiutarla a liberarsene in quel preciso momento: prima che fosse troppo tardi.
Ma come?
Allora ebbe un illuminazione....
'' Prendi la tua spada e cambiati i vestiti. Andiamo a fare un giro.''
'' Ma...''- fece Lunette ammicando un occhio a Nicolàs e l'altro fuori dalla finestra intendendo che doveva andare dalla figlia che non vedeva dalla sera precedente.
'' Tranquilla, è in buone mani. E Reneè al momento sta dormendo.''- la tranquillizzò Aramis. In fin dei conti, c'era Mariette in casa e a breve sarebbero comunque dovuti arrivare Athos e Porthos a dare il '' cambio della guardia'', mentre Lucille e Costance badavano alla bambina.
E poi... cosa mai sarebbe capitato per un'ora in cui Lunette staccava la spina?

'' CORRI, CORRI PIU' IN FRETTA FABRICE!!!!''- urlò Lunette spronando il cavallo con un leggero calcio.
L'idea di Aramis era semplice: far sfogare la rabbia repressa che rischiava di diventare odio velenoso da un momento all'altro all'amica.
E non c'era niente di meglio, per sentirsi vivi come non mai, di una bella corsa a cavallo, correndo così forte da avere quasi la sensazione di star per spiccare il volo.
L'aveva portata in una radura fuori dalle mura cittadine, in modo che potesse correre e scorrazzare senza causare danni in città.
E c'è n'era un gran bisogno. In quel momento faticava non poco a starle dietro.
Finalmente poi, si fermò, ansimando e solo in quel momento da quando avevano lasciato Parigi era riuscita a raggiungerla.
'' Come va adesso?''- chiese Aramis avvicinandosi cautamente alla ragazza.
Malgrado si sentisse senza fiato per la corsa e fosse ansimante, la giovane donna riuscì a sorriderle-'' Va molto meglio... grazie Aramis...''- e non era una bugia. Si sentiva sfinita e senza fiato, ma almeno sentiva piano piano sparire dal suo cuore quel desiderio incontrollato di fare del male a Milady che aveva ridotto il suo amato Nicolàs ad uno straccio.
Sempre grazie ad Aramis... avrebbe passato il resto della sua vita a benedirla quella donna.
'' Meno male... mi hai spaventato prima, sai?''
'' Non siete la sola...''- confessò Lunette raccogliendo una margherita da terra rigirandosela distrattamente tra le mani -'' anch'io ho avuto paura... è come se dentro mi fosse scoppiato qualcosa... volevo uccidere Milady. E forse l'avrei anche fatto... ma allo stesso tempo non volevo... forse sono pazza.''
'' No, tu non sei pazza... sei solo umana.''- la tranquillizzò Aramis -'' quando François è morto... all'inizio mi sono sentita sola e disperata. Poi quando ho scoperto che con tutta probabilità il suo assassino non avrebbe mai pagato il conto per quello che aveva fatto... mi sono sentita divorare il cuore dalla rabbia e dall'odio. Ma è stato quel pensiero, che ci fosse un assassino a piede libero ad impedirmi di cadere in un baratro di depressione e a darmi la forza di reagire. Prima di quel momento non avevo mai provato un sentimento così distruttivo. All'inizio ne ebbi quasi paura.
Lunette, sto cercando di dire che le emozioni fanno parte di te. Amore, odio, paura, rabbia, rancore... anche il cuore più gentile non è immune da questo.
Il segreto sta nel saperlo gestire.''
Lunette rise tra se e se.
La lista dei suoi debiti con Aramis aveva raggiunto una lunghezza quasi impossibile da misurare.
'' Ancora una volta vi devo la vita... e non credo che questa vita mi basterà per ripagarvi di quanto voi avete fatto per me.''
Aramis si avvicinò al melo sotto il quale si erano sedute e con un colpo di spada ne fece cadere due.
Gliene porse una ed iniziò ad addentare la sua.
'' Non devi sentirti in debito con me... il giorno che ci siamo incontrate, ho fatto una promessa. Che ti avrei protetta ed aiutata in ogni momento della tua vita, che tu lo urlassi ad alta voce o meno.''
Ricordava come se fosse ieri... il giorno in cui una bambina dall'aria smunta e dallo sguardo spaurito le aveva attraversato la strada.
E le era bastato un solo sguardo per dire -'' Finalmente ti ho trovata.''
Ne era  stata certa  dopo una sola occhiata, che Lunette, pur non conoscendola affatto, non sapendo niente di lei... le era bastata una sola occhiata per dire che finalmente aveva incontrato la persona a cui avrebbe potuto affidare qualunque segreto con la certezza che se lo sarebbe portato nella tomba.
Quello era stato anche il momento in cui aveva deciso che quella bimba, aveva già patito abbastanza e si era impegnata tacitamente a renderla felice.
Non sapeva se aveva sempre mantenuto questo impegno, ma era orgogliosa del risultato ottenuto.
Uno splendido fiore, forse il più bello di Francia... che nemmeno il vento più forte avrebbe mai potuto spezzare.

'' Signora Contessa...''- fece Mariette inchinandosi leggermente quando la giovane nobile, sempre accompagnata da Aramis, tornò a casa.
'' Comoda Mariette, comoda.''- fece la giovane nobile -'' Come sta Nicolàs?''
'' Il signor conte sta riposando. La febbre è ancora presente, ma è calata di qualche linea. Adesso c'è monseiur Athos con lui.''
Lunette sospirò rassenerata.
Finalmente una buona notizia.
Aramis le sorrise maternamente, complice della sua gioia.
'' A proposito...''- fece la domestica estraendo una busta sigillata con il sigillo reale dalle pieghe del suo abito -'' Un messo reale ha recapitato per voi questa lettera.''
Lunette guardò scettica il documento che le era appena stato appena consegnato dalla sua domestica ma alla fine lo prese tra le mani senza aprire la busta.
Una lettera dal palazzo del Louvre?
E cosa mai poteva volere il re da lei in quel momento?
Alla fine lo aprì.
'' Oh...''- fece la giovane nobile una volta che l'ebbe letta.
'' Problemi?''- fecero Mariette ed Aramis quasi all'unisono.
'' No...''- fece la giovane scuotendo la testa in un cenno di dissenso -'' il re s'informa delle condizioni di Nicolàs... e vuole vedermi il prima possibile. Ma non ho capito il perchè.''
Aramis ci pensò su per un attimo.
'' Mariette, rimani con il conte sino al nostro ritorno.''- quando la giovane si fu leggermente inchinata si affrettò ad obbedire. Poi Aramis si rivolse alla sua giovane amica -'' Adesso va a cambiarti. Andiamo immediatamente.''
Lunette annuì, seppur l'idea di andare a corte quando invece avrebbe preferito di gran lunga stare vicino al marito o occuparsi di sua figlia.
Loro in quel momento sì che avevano bisogno di lei.
Il re poteva anche aspettare.
Si domandava cosa mai avesse di tanto importante da dirle sapendo che in quel momento la sua unica, costante preoccupazione era occuparsi della sua famiglia... ma purtroppo, come aveva ribadito a Milady a Bel-Ile... lei non era una contessa. Era un moschettiere in abiti da donna.
E quando il re chiamava... i moschettieri accorrevano.
Sperava solo di sbrigare quella ''formalità'' in modo da poter tornare al capezzale del marito.

Mentre attendeva che Lunette finisse di cambiarsi d'abito, Aramis fece visita a Nicolàs.
Stavolta, al posto di Lunette vi era il moschettiere Athos, il quale stava rinfrescando la fronte del giovane nobile con un panno bagnato per far abbassare la febbre.
'' Oh, Aramis, sei tu...''
'' Già... volevo sapere come stava.''
Athos sospirò -'' Lo vedi. Non sta bene, ma per fortuna è un ragazzo forte: si riprenderà presto vedrai... a proposito, dove siete stati?''
Aramis allora spiegò all'amico lo stato pietoso e soprattutto preoccupante in cui aveva trovato la giovane Lunette quella mattina, quando era andata a trovarla ed aver saputo che in quella casa, quella notte era stato tutto tranne che una notte tranquilla e di aver portato Lunette fuori città per aiutarla a sfogare un po' di quell'odio prorompente e spaventoso che iniziava a sbocciare nel suo cuore per ucciderlo alla radice.
Gli raccontò anche che il re aveva espresso il desiderio di parlarle quanto prima per chissà quale motivo.
'' Capisco...''- fece Athos -'' senti, a proposito di quel sentimento d'odio che hai detto stava per nascere in Lunette...''
'' Sì?''
'' Stalle accanto. Non lasciare che l'odio se la mangi. Altrimenti rischierà di perdersi... sei l'unica persona al mondo che può impedirle di lasciarsi consumare dall'odio.''
Aramis annuì.
Ovvio che l'avrebeb fatto.
Non avrebbe permesso che la persona che per lei era come una sorella si trasformasse in una seconda Milady.
'' Iin fin dei conti...''- fece Athos -'' sei l'unica che può salvarla... perchè anche se in forma diversa, avete patito lo stesso dolore.''
Aramis sbiancò.
Athos pareva essere a conoscenza del fatto che avesse perso la persona che amava... e si chiedeva come, dato che non aveva rivelato a nessuno eccezion fatta per Treville, Lunette ed ultimo D'artagnan del motivo per cui si era arruolata...
Ma la cosa che più la sconvolgeva era che il bel moschettiere si fosse  rivolto a lei usando il femminile.
Quindi sapeva...
Ma come aveva fatto a scoprirlo?
Il filo dei suoi pensieri venen interrotto da Mariette che l'avvisava che la contessa Montmercy era pronta.
Lunette entrò nella stanza del marito e  gli depose un bacio  sulla fronte rassicurandolo che sarebbe tornata presto e poi chiese ad Aramis se potevano andare... notò che la sua amica bionda aveva un' aria sconvolta in viso ma quando le chiese cosa avesse questa disse -'' Niente di che... solo sovrappensiero.''- ma in realtà la bionda stava cercando di capire come avesse fatto l'amico a scoprire la sua vera identità e di trovare le parole giuste per affrontarlo più tardi.
Ora stare vicino a Lunette veniva prima di tutto il resto.

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Capitolo 68
*** La contessa con la spada ***


~Quando Lunette entrò nella sala delle feste accompagnata da Aramis sentì palesemente tutti gli occhi puntati nella loro direzione.
Per la maggior parte gli occhi di tutte le nobildonne presenti, ma non ci fece molto caso.
In fin dei conti, era un po' di tempo che Aramis non si faceva vedere a corte ed era naturale che tutte le sue ammiratrici puntassero gli occhi nella loro direzione, per ammirare il bel moschettiere dai fluenti capelli biondi e dal fascino quasi scostante.
Aramis però era di ben altro avviso.
'' Quindi è lei? La contessa con la spada?''
'' Sì... dicono che sia saltata da una scogliera per salvare il suo consorte da una morte sicura.''
'' Dicono anche che non abbia paura di nulla e che non si pieghi di fronte a niente, e che sia molto coraggiosa.''
'' E' anche molto bella, anche se devo dire che è molto sconveniente che una gentildama si vesta da uomo e si azzuffi come un brigante.''
Da una parte, Aramis era strafiera di quanto sentiva riguardo alla sua ex domestica... la contessa con la spada, altro soprannome non le sarebbe calzato più a pennello di questo.
E quel che dicevano era vero: bella, coraggiosa, piena di carattere e senza paura di buttarsi a capofitto in una giusta causa.
Era la parte che diceva '' azzuffarsi come un brigante'', che non le piaceva per niente. Ma alla fine giunse alla conclusione più classica.... quando la volpe non arriva all'uva, si convince che il gioco non vale la candela.
Nessuna di loro infatti sarebbe stata in grado di impugnare un'arma e combattere per quello che riteneva giusto... visto che probabilmente avrebbe significato abbandonare vestiti eleganti, pieni di pizzi e merletti per una tenuta da uomo ed avventurarsi in posti in cui la possibilità di sporcarsi era molto alta.
Nessuno però l'aveva riconosciuta.
Come la sera del suo fidanzamento con Nicolàs... nessuno l'aveva riconosciuta come la cameriera di monseiur Aramis.
Con i capelli acconciati, un abito da nobile che ben definiva il suo rango di contessa ma che allo stesso tempo era semplice... Lunette era bene mimetizzata tra le dame di corte, ma continuava a non aver nulla da spartire con loro.
E proprio in virtù del ritratto appena tracciato della sua giovane amica, la bionda era certa di una cosa. Ignorava come Athos fosse venuto a conoscenza della sua vera identità ma di certo non era stata Lunette a dirglielo.
Stesso discorso valeva per il capitano e D'artagnan. Nessuno di loro tre poteva averglielo detto... ed era certa che nemmeno Jean ne sapesse qualcosa.
'' In fin dei conti, Athos è un uomo arguto ed intelligente...''- ed anche molto bello, doveva ammetterlo. Viveva come un uomo questo sì, ma gli occhi ce li aveva ancora e perfettamente funzionanti grazie al cielo.
Sarebbe stata una sciocca a non accorgersi che il leader del gruppo era anche un bell'uomo oltre ad essere un soldato di valore ed un amico sincero.
'' Più probabile che se ne sia accorto da solo.''- concluse la bionda.
E così c'era un'altra persona a sapere la verità sul suo conto. Sperava solo che non le avesse tolto la sua stima e la sua benevolenza.
Teneva troppo a lui come amico per perderlo.
'' Sono la contessa Montmercy.''- la voce di Lunette che chiedeva ad un paggio di annunciare la sua presenza a corte porgendogli il biglietto con cui il re l'aveva convocata, di annunciare lei e la moschettiera.
Non ci volle molto per farsi annunciare al re e al resto delal famiglia reale.
'' Vostre Maestà...''- fece la contessa inchinandosi davanti al re e alla regina nella sala del trono, dove erano presenti anche il principe Philippe ed il primo ministro delle finanze, il cardinale Richelieu.
'' E' un piacere rivedervi dopo tanto tempo, contessa.''- fece il re di Francia.
Il principe Philippe quando finalmente la contessa alzò lo sguardo, non potè fare a meno di guardarla senza pensare di non riuscire a staccarle gli occhi di dosso. Non riusciva a credere che quella dama fosse la stessa ragazza che alcuni anni prima aveva quasi condannato a morte, anche se non immaginava quale triste destino le persone che credeva i suoi amici più fidati le avessero riservato.
'' Vi prego, il piacere è tutto mio, sire... desideravate parlarmi?''
'' Sì.''- fece il sovrano -'' abbiamo saputo che la donna coinvolta nel reato di alto tradimento, rapimento di un membro della famiglia reale e truffa ai danni dello stato francese, è stata anche l'artefice del rapimento e di tentato omicidio nei confronti di vostro marito, il conte Nicolàs Montmercy.... potete confermarlo?''
Lunette annuì.
Aramis non ci capiva più nulla... tutto quello che era accaduto era stato riferito prima al cardinale da Rochefort, e poi al re dal cardinale... perchè mai il re aveva bisono di sentire dalla bocca della moglie di Nicolàs quanto era accaduto?
'' Sì, Maestà... è accaduto esattamente quanto vi è stato riferito.''
A quel punto si fece avanti anche il cardinale Richelieu -'' Diteci, come sta vostro marito adesso?''
'' Non bene purtroppo... si sta ancora ristabilendo dallo scontro contro quella donna, ma i medici sono ottimisti.''- fece Lunette.
'' Sentirlo da voi ci fa molto piacere.''- fece la regina Anna.
A quel punto anche la moschettiera si fece avanti.
'' Perdonate sire... per quale motivo avete richiesto di vedere la contessa, se siete già al corrente di tutti i dettagli della storia?''- fece Aramis.
Richelieu non parve stupirsi dell'intervento del moschettiere: in fin dei conti, quella giovane donna era stata per anni sotto la protezione dei moschettieri e nessuno gli toglieva dalla testa che anche se si era sposata con un altro uomo ed aveva una sua famiglia, il moschettiere biondo ne fosse ancora innamorato.
Più che naturale quindi, che volesse proteggerla e starle vicino in qualunque occasione.
'' Beh a dire il vero...''- fece il monarca.
'' Sono stato io a richiedere l'incontro.''- fece il principe Philippe facendosi avanti. Aveva un' aria timorosa in volto e Lunette non potè fare a meno di notare che il principe pareva essere molto imbarazzato, al punto che per poco si vergognava a guardarla in faccia -'' desideravo chiedervi una cosa.''
'' Ma certo, Vostra Altezza... dite pure.''- fece Lunette.
'' Ecco io... volevo chiedervi se per caso, ciò che è accaduto al povero conte Montmercy non è stato a causa mia.''
Lunette ed Aramis parvero cadere dalle nuvole, ma in quel momento capirono il perchè il fratello gemello del re aveva quell'aria imbarazzata e a tratti carica di vergogna e senso di colpa, sin dal primo momento in cui aveva incrociato il loro sguardo.
Fu il re a prendere la parola.
'' Vedete, da quanto il conte Rochefort ha riferito, pare che quella donna abbia agito contro di voi per vendetta.''- spiegò il monarca -'' e la prima cosa che al mio caro fratello è venuta in mente è che Milady abbia voluto vendicarsi del fatto che voi abbiate contribuito prima a rovinare il loro piano per prendere il dominio della Francia e poi all'espugnazione dell'isola di Bel-Ile.''
'' Se è stato questo il motivo per cui voi e vostro marito avete rischiato di perdere la vita...''- fece il principe -'' vi supplico di concedermi il perdono, se non le avessi mai dato spago forse...''
''... sareste rimasto prigioniero per altri anni in quella terribile segreta.''- fece Lunette con candore -'' ad ogni modo principe, vi chiedo di non preoccuparvi: è vero, Milady ha agito per vendetta... ma il suo rancore era solo verso di me. E' me che odiava ed è me che voleva punire.''
I presenti la guardarono straniti.
'' Come mai? Chi mai potrebbe volervi male fino a questo punto?''- fece la regina sbigottita. Se la ricordava bene la piccola Lunette... ricordava bene che quando lei e Costance erano poco più che ragazzine, quando quest'ultima non era necessario che stesse al suo fianco, le vedeva correre, giocare e saltare intorno alla fontana del giardino del Louvre, dalla sua finestra.
Erano due bimbe davvero deliziose ed ogni tanto guardandole, le tornava in mente la piccola Anna, prima che divenisse la regina di Francia, quando giocava felice tra i profumi dell' Andalusia e della sua bella Madrid e pensava che se avesse avuto una figlia come primogenita, prima del tanto desiderato erede maschio, avrebbe voluto che somigliasse ad una delle due.
Poi aveva visto crescere la giovane Lunette e con lei la sua amicizia con Costance... e dentro di sè si era convinta che la giovane contessa non aveva alcun nemico anche a causa del suo carattere gentile ma deciso che faceva innamorare di sè tutti coloro che l'incrociavano.
Cosa mai poteva aver fatto per meritare le ire di quella donna bella quanto malvagia?
'' Milady non riusciva a perdonarla per quanto Lunette aveva fatto.''- spiegò Aramis -'' so che la cosa vi lascerà sbigottita Maestà... ma quando quella donna ha scoperto che Lunette aveva conquistato l'amore di un giovane nobile che era pronto a perdere tutto ciò che aveva pur di passare il resto dei suoi giorni con lei, come marito e moglie... e che l'aveva trasformata nella sua contessa... Milady non ci ha visto più.''
'' E' pazzesco...''- fece il re, sbigottito, a tale rivelazione -'' come è possibile odiare una persona per il solo fatto che è felice?''
Lunette si fece avanti per dare la sua spiegazione, e così riferì al re i reali motivi che avevano spinto Milady ad odiarla, ovvero che era figlia illegittima di un nobile e di una cameriera, che sua madre era stata costretta a separarsi da lei pochi giorni dopo averla data alla luce in quanto il giovane nobile aveva preferito rinunciare '' all'amore della sua vita'' piuttosto che venir diseredato, e che da allora non si erano mai più reincontrate e che la giovane Milady aveva pagato sulla sua pelle, nel vero senso della parola, una società che si autoriteneva talmente perfetta e con una morale superiore che si arrogava il diritto di giudicare i '' diversi''  ed i loro sentimenti, senza curarsi dei danni irreparabili che causava nella sua ottusità.
'' E questo è quanto.''- fece Lunette. Ora che lei stessa aveva ripetuto quando D'artagnan le aveva raccontato anni addietro, non poteva fare a meno di provare compassione per quell'anima infelice... come poteva essere possibile essere solidali ed al contempo provare una gran rabbia nei confronti della stessa persona.
I presenti tacerono. Era come se la contessa Montmercy avesse appena raccontato loro la trama di un romanzo d'avvenura per fanciulle di buona famiglia... ed invece era la verità. Una triste realtà che nessun essere umano avrebbe mai dovuto subire.
Nessuno avrebbe dovuto essere additato come un messaggero del demonio solo perchè aveva deciso di seguire il proprio cuore.
'' Contessa, io comprendo come quella donna si deve essere sentita...''- fece il re -'' ma questo non cambia le carte in tavola: quella donna ha commesso il crimine di alto tradimento verso lo stato francese. Ha cercato di mettere me e mio fratello l'uno contro l'altro. E come se non bastasse ha cercato di uccidere un nobile che si è dimostrato particolarmente fedele alla corona. Mi spiace, ma temo di non avere altra scelta...''
'' Se per non avere altra scelta, intendete spedirla al patibolo, mi sento in dovere di fermarvi: si che ce l'avete, un'altra possibilità. Tutti ne abbiamo sempre una.''
Il re la guardò sbigottito. Nessun nobile, figurarsi una donna, aveva mai avuto l'ardire di interromperlo mentre stava per prendere una decisione.
Aramis dovette coprirsi la bocca per non scoppiare a ridere. L'espressione sul volto del re era troppo buffa.
'' Non è cambiata...''
Richelieu, che già conosceva la ragazza per conto di Rochefort non si stupì, e così la regina.
Philippe invece era più sbigottito del fratello, ma non potè fare altro che toccare con mano quanto fosse autentica la fama che circondava quella misteriosa dama allevata nella caserma dei moschettieri.
'' Vostra Maestà, con tutto il rispetto che meritate... il patibolo non è una soluzione.''- fece la giovane Lunette con la stessa decisione che la caretterizzava in battaglia -'' Voi siete il padre della Francia. Ed un padre è severo, ma allo stesso tempo è anche buono e comprensivo: è per questo che vi prego di essere comprensivo con quella donna. Vi prego di risparmiarle la vita.''
Il re parve pensarci un attimo. La legge prevedeva la condanna alla pena capitale per gli assassini ed i colpevoli di alto tradimento. Una legge fatta da suo padre e dai suoi padri. Non poteva abolirla... ma come poteva rifiutare un favore alla moglie del conte Montmercy nonchè colei che aveva dato il suo piccolo contributo a salvargli la vita durante l'affaire Maschera di Ferro?
'' E sia.''- fece il re -'' Quella donna passerà il resto della sua vita in prigione. E spero che con il tempo si ravveda dei suoi peccati.''
Lunette s'inchinò leggermente, sorridendo -'' Grazie Maestà. Siete molto magnanimo. Ora se volete scusarmi, vorrei ritornare a casa mia: mio marito mi attende.''
Il re le diede il permesso e con un' ultima riverenza, la contessa ed il moschettiere si congedarono.
Gli occhi di Aramis straripavano di orgoglio e non potè fare a meno di esternarglielo.
'' Sai Lunette... è un gran sollievo non averti come nemico.''
Lunette sorrise.
'' Lo prendo come un complimento... ma voi siete certa di non aver nulla da dirmi?''
'' Che intendi dire?''
'' Beh, non avete quasi aperto bocca per tutto il viaggio di andata ed avete in viso la vostra tipica espressione preoccupata pensierosa... c'è qualcosa che vi turba?''
'' In effetti sì...''- in fin dei conti, Lunette era la sua migliore amica e confidente ed era giusto metterla a parte dei suoi timori ed i suoi dubbi -'' c'è una cosa di cui vorrei parlarti... ma credo sia meglio rimandare.''
E non perchè non si fidasse di lei, sapeva per certo che avrebbe potuto affidarle la sua vita ad occhi chiusi, ma Lunette aveva già fin troppe preoccupazioni con suo marito e già le aveva dato molte preoccupazioni in quegli anni, non trovava giusto dargliene altre, in quel momento.
Meglio aspettare che le acque si tranquillizzassero un po'.
'' Aramis, sapete che potete dirmi quello che volete in ogni momento.''
'' Contessa...''- fece il principe Philippe quasi correndole dietro.
'' Sì?''- fece la giovane trattenendosi dallo sbuffare.
Ma quel giorno la famiglia reale doveva per forza intrattenerla a chiacchiere quando le persone che più amava e che in quel momento necessitavano di lei, avevano bisogno?
Aramis le fece segno di trattenersi ancora qualche secondo e che l'avrebbe attesa fuori.
'' Altezza... qualcosa non va?''
'' Volevo solo farvi... tanti complimenti per la vostra elevatura morale. Quella donna ha tentato di uccidervi, vi ha costretto a separarvi da vostra figlia, senza darvi certezza di poterla rivedere e tentato di uccidere vostro marito... e malgrado tutto voi avete interceduto in suo favore con il re. Il vostro perdono è ammirevole.''
'' Vi sbagliate. Io non l'ho perdonata.''- poteva giurarci: non l'aveva perdonata. Al momento, malgrado ci provasse con tutte le sue forze, non riusciva a perdonarla. Non riusciva ad immaginare il suo viso senza che questo fosse deformato dal ghigno serafico di una iena e senza associarlo al consorte sofferente a letto. Per mano sua.
Ogni qualvolta che la sua mente era sfiorata da quelle immagini, si sentiva ribollire il sangue nelle vene e la odiava ancora di più.
Ed era per questo che non poteva permetterle di morire.
'' Ma allora come mai...?''
'' Se la lascio morire è come permetterle di cavarsela. Invece io voglio che paghi per i suoi crimini.''
Philippe, quando la giovane si allontanò, non fece niente per fermarla, pensando che quella donna era davvero fuori dal comune.
Essendo un principe era destino che la sua sposa fosse una principessa... sperava solo che in quel caso somigliasse un po' alla contessa Montmercy.
 

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Capitolo 69
*** L'ora di ricominciare ***


~'' Cosa?!? No, non ci credo!!!''- sbottò sbigottita la giovane contessa quando la sua amica le ebbe confidato che poco prima di accompagnarla a corte, Athos le aveva fatto capire di sapere TUTTA la verità sul suo conto: dal fatto che sapeva che sotto gli abiti militari si nascondeva una donna al motivo per cui si fingeva un uomo.
'' Athos sa tutto?!?''
'' Shhh!!!''- fece la moschettiera portandosi un indice alla bocca -'' sì, non ho dubbi. Me lo ha confessato poco più di un'ora fa. Quel che non capisco è come ne sia a conoscenza.''
'' Se avete il sospetto che sia stata io a fargli intuire qualcosa, vi sbagliate.''- fece Lunette -'' sono sempre stata molto attenta a non far intuire niente a nessuno.''
Aramis la tranquillizzò.
'' Non credo sia stata tu, tranquilla. Come so per certo che non non gliel'abbiano detto il capitano, D'artagnan o Jean... credo che l'abbia scoperto da solo.''
'' Dite?''
'' Ti dirò, mi meraviglierei se l'avesse saputo dalla bocca di un'altra persona...''- fece Aramis abbassando gli occhi -'' insomma, lui è... è un ottimo soldato, ha un grande senso dell'onore e della responsabilità, arguto ed intelligente...''- ricordava le volte in cui i suoi lampi di genio li avevano salvati da situazioni rischiose, tipo il caso del finto funerale di D'artagnan -'' inoltre è un ottimo amico.''
'' Per non parlare del fatto che è anche un bell'uomo.''- aggiunse Lunette con un'espressione furbetta dipinta in volto.
Aramis annuì distrattamente per poi guardare la sua amica con occhi scioccati.
'' Ma di che stai parlando, ricordati che sei innamorata di Nicolàs!''
'' Guardate che mi sono sposata, mica diventata ceca!!!''- fece Lunette ridendo di gusto per poi tornare seria -'' Scherzi a parte, io non credo dovreste preoccuparvi... da come me l'avete raccontata, Athos non era nè adirato nè sconvolto da quanto ha scoperto. Sa quali sono i motivi che vi hanno portato a rinnegarvi come donna, no? ''
Sì, ne era certa... Athos non provava rancore verso Aramis anche se gli aveva aveva taciuto per anni la verità sul suo essere una donna.
'' Spero solo che tu abbia ragione...''
'' Comunque, a proposito di Athos e delle sue innumerevoli doti che abbiamo già elencato... posso darvi un consiglio non richiesto?''
'' Ma ti prego.''
'' So che avete amato François più di quanto siate riuscita ad amare chiunque altro... che la sua morte è stata anche la vostra, e che tutto quello che avete fatto in questi anni è stato per vendicare la sua tragica fine... ma adesso avete un dovere verso una persona importante: voi stessa.''
Aramis parve non capire le parole della sua giovane amica -'' Che vuoi dire, non capisco...''
'' Voglio dire che sono passati otto anni... è l'ora di ricominciare ad amare.''
Lunette la guardò stranita.
Lunette credeva che si fosse innamorata di Athos?
'' In questi anni, vi siete sempre sacrificata per tutti: François, la Francia, me... adesso pensate un po' a voi stessa. Anche François vi approverebbe.''
'' Lunette io non lo so... ''
'' Sono sicura che François non ha lasciato questo mondo prima di quanto avrebeb dovuto, per sapere che l'altra metà del suo cuore, sarebbe stata infelice per il resto dei suoi giorni.''
Aramis si passò una mano sul volto.
In effetti Lunette, anche se lei stessa ancora non lo sapeva, aveva ragione. In quegli anni aveva sempre combattuto fianco a fianco di Athos e come si conveniva a due commilitoni, nutrivano l'una nell'altro una fiducia incrollabile, cosa che si era rivelata molto preziosa durante le missioni più pericolose e malgrado fosse molto affezionata a D'artagnan perchè era la mascotte del gruppo, dopo Lunette, Athos era di certo la persona a cui era più legata tra le persone con cui aveva legato da quando aveva ucciso e sepolto Reneè per diventare Aramis il moschettiere.
E non poteva negare che a volte le era sembrato di provare qualcosa di più di una stima professionale o di un'amicizia quasi fraterna... ma lo aveva sempre negato per cause di forza maggiore.
Tra cui c'è n'era una fortissima.
'' Forse hai ragione... ma non posso. Non devo...''
'' No, non ditelo. Tutti abbiamo il diritto di essere felici. Tutti ci meritiamo qualcosa o qualcuno di speciale nella vita... purchè per averlo non si commettano bassezze.''
'' Non posso permettere che succeda di nuovo...''- fece Aramis cercando di trattenere le lacrime -'' Ho troppa paura che succeda di nuovo... ho già perso una volta la persona che per me contava più di  ogni altra cosa al mondo... se dovesse succedere di nuovo e stavolta sotto i miei occhi impotenti...''
Lunette la abbracciò con la stessa enfasi con cui l'abbracciava nelle notti in cui Aramis si svegliava in preda agli incubi e alla paura di non riuscire nel suo intento.
'' Lo so... anch'io... quando Nicolàs si è preso una pallottola, quando l'ho visto su quello scoglio maledetto ho provato un terrore così grande che non credevo possibile... ma non potete negarvi il vostro sacrosanto diritto ad essere felice per paura. Un giorno potreste pentirvi di aver dato ascolto alla voce della ragione per qualcosa che non sarebbe accaduto invece del vostro cuore.''
Quella fu l'ultima cosa che Lunette disse all'amica prima di entrare nel cancello che la separava dall'ingresso di casa.
Se lo sentiva ormai mancava poco al fatidico momento in cui sarebbero tornati tutti e tre a vivere in quella casa: lei, Nicolàs e la loro bella bimba.
Appena entrata in casa, quasi travolse Mariette da quanto correva per salire le scale e raggiungere la stanza del suo amato.
La sua gioia fu immensa nel trovarlo sveglio.
Il giovane conte le rivolse un sorriso. Sofferente ma pur sempre un sorriso.
'' Beh... immagino di essere di troppo qui.''- fece Athos avviandosi verso la porta della stanza per poi uscire.
Lunette si precipitò al letto, per poi inginocchiarsi al lato del letto matrimoniale in cui riposava il marito con gli occhi che tremavano dalla gioia.
'' Come ti senti?''
'' Ho visto giorni migliori...''- fece il giovane carezzandole il viso -'' queste settimane senza di te e nostra figlia sono state orribili.''
Settimane...
Per la verità quella storia non era durata più di dieci giorni... ma in effetti erano sembrati quasi delle lunghe settimane che non accennavano a voler finire.
'' Ho allontanato Reneè da casa per un po'... non volevo correre il rischio che si ammalasse anche lei... appena starai bene andremo da Costance a prenderla.''
Nicolàs annuì -'' Hai fatto bene... sento il forte bisogno di riabbracciare quella creaturina...''
'' Sarà un giorno molto infausto per Costance... credo che si sia abituata ad averla tra i piedi...''- scherzò Lunette per poi tornare seria -'' Non osare mai più farmi uno scherzo del genere mi sono spiegata?''
'' Altrimenti...?''- fece Nicolàs in segno di sfida, con un sorriso furbo dipinto in volto.
'' Altrimenti ti uccido io.''- peccato che la frase minacciosa fosse stroncata dalla risata e dal bacio che Lunette gli regalò pochi secondi dopo.
Nicolàs si mise a sedere sul letto, seppur con dolore e la fece distendere sul suo petto, giocherellando con una ciocca di capelli della moglie.
'' Tu non devi più aver paura, amore mio... Maschera di Ferro è morto. Milady e Pizzarro finiranno i loro giorni in prigione... e stavolta sono certo che adotteranno le giuste misure per non farli fuggire.
Ed io... non intendo andare da nessuna parte.''
'' Anche se dovesse accadere di nuovo, io ti giuro...''- fece Lunette baciandolo su una guancia -'' Verrò a riprenderti ovunque tu sia. Ad ogni costo.''


'' Athos...''- lo bloccò Aramis quando il bel moschettiere fu uscito in giardino per prendere una boccata d'aria -'' credo che io e te dovremmo parlare...''
'' Non credo ci sia molto da dire.''- fece Athos con un tono molto tranquillo.
'' Hai ragione... ma ti chiedo solo una cosa: non avercela con Lunette che mi ha coperto. Lei non ha alcuna colpa.''
Athos le sorrise rassicurante.
'' Stai tranquilla. Non ce l'ho con te per avermi tenuto all'oscuro dela tua vera identità nè con lei per aver mantenuto il tuo segreto. So perchè l'hai fatto. E non posso che condividere ed essere fiero: ora so da chi ha preso Lunette.''
Aramis sorrise.
Per lo meno, il bel moschettiere bruno non la disprezzava per la sua piccola grande bugia che tirava avanti da almeno otto anni.
'' Come l'hai capito?''
'' Di certo non dalla bocca di qualcuno.''- fece Athos uscendo dalle mura del cancello seguito da Aramis -'' L'ho sempre sospettato. Malgrado ti fingessi un uomo, quando sentivi parlare di donne declassate ad oggetti diventavi una furia, e non come gentiluomo che riconosceva il valore del gentilsesso, ma come se ti avessero punto sul vivo.
Il tuo comportamento con Lunette poi... era evidente che a quella ragazzina ci tenessi molto, ma il tuo modo di atteggiarti con lei era quasi materno.
E poi... c'è la tua reazione quando hai saputo che Nicolàs le aveva proposto di sposarlo e quando hai iniziato a sospettare che Lunette se ne stesse innamorando. Non hai reagito come un uomo geloso della sua amante, ma avevi negli occhi la luce di una persona felice per la notizia e sei corsa ad abbracciarla felice. Reazione tipicamente femminile.''
Aramis arrossì per l'imbarazzo di essersi fatta scoprire in quel modo. Non avrebbe mai immaginato che Athos l'avesse scoperta da così tanto tempo.
'' E ho avuto la conferma  decisiva un giorno che ringraziavi Lunette per essere sempre vicino a te e nel consolarti sempre quando il dolore per la morte del tuo innamorato era troppo forte.''
'' Quindi l'hai sempre saputo...''- fece Aramis scioccata -'' Perchè allora non mi hai mai...?''
'' Perchè se volevi, me lo dicevi tu.''- fece Athos sorridendole -'' Io non lavoro per il tribunale dell'inquisizione... e poi ognuno ha il sacrosanto diritto di tenere i propri segreti per se.''
Ma c'era anche un'altro motivo se aveva tenuto per sè il fatto di sapere il segreto di Aramis, e non era certo perchè il corpo dei moschettieri sarebbe uscito distrutto quando e se la notizia fosse divenuta di pubblico dominio.
Se questo fosse accaduto, Aramis sarebbe stata la prima ad essere punita e subito dopo Lunette, che aveva taciuto pur essendo a conoscienza dell'inganno della prima.
Nel giorno che l'aveva scoperto, si era fatto una promessa: che le avrebbe protette entrambe.
Soprattutto Aramis.
Lei era diversa... quando era nobile aveva conosciuto un sacco di giovani dame provenienti dalle più antiche, nobili e rispettate famiglie francesi... belle, virtuose, dai modi fini e delicati... ma passavano tutto il loro tempo a starnazzare come oche e a prendersi gioco della servitù o di chi non era '' benestante'' come loro.
Il solo pensiero di passare il resto della sua vita, sposato con una di quelle pettegole lo aveva fatto rabbrividire tanto da decidere di arruolarsi.
E lì aveva incontrato la persona che gli faceva battere il cuore che a quanto pare condivideva il suo stesso punto di vista e i suoi stessi ideali, e che era forte e coraggiosa come un leone oltre che una donna bellissima.
Ogni tanto non aveva potuto evitare, quando lui ed Aramis istruivano la piccola Lunette nell'uso delle armi, di immaginare una famiglia con Aramis e Lunette. Due genitori amorevoli con la loro figlia.
Ma c'era un piccolo problema... ai tempi in cui aveva capito il segreto di Aramis, e forse anche in quel momento, la bionda era innamorata di un altro uomo e se le cose fossero andate come dovevano... non avrebbero mai dovuto incontrarsi loro due.
E se avesse confessato all'interessata di sapere la verità sul suo conto, avrebbe anche dovuto finire con l'ammettere, prima o poi di esserne innamorato e voleva risparmiarsi la delusione di essere rifiutato dalla persona a cui voleva bene più di tutti al mondo, di essere rifiutato per un fantasma.
Ma a quel punto... gli bastava rimanerle accanto anche solo come amico.
Gli bastava.
'' Inoltre, volevo proteggerti...''- le confessò. Tanto a che serviva tacere la verità ormai? Visto che si parlava di segreti svelati e maschere cadute, tanto valeva dire tutta la verità -'' tu forse non te ne sei mai accorta... ma io ti voglio bene. Ti voglio bene veramente... ti ricordi quando Lunette prendeva in mano il fioretto per la prima volta?
Quando si allenava sotto ai nostri occhi, immaginavo spesso che fossimo due genitori che insegnavano alla loro figlia tutto quello che le serviva per caversela nella vita.''
Aramis arrossì, sempre più imbarazzata: no, ad onor del vero, non se n'era mai accorta, ma del resto come poteva? Era troppo concentrata a trovare il bastardo che aveva ucciso il suo François e a non farsi scoprire.
'' Athos, anch'io ti voglio bene...''- confessò senza accorgersene quasi -'' sei il mio migliore amico e per me conti moltissimo.''
'' Vorrei solo sapere se c'è speranza che un giorno mi considererai come qualcosa di più di compagno d'armi o di un amico.''
Aramis non seppe che rispondere.
E se ci metteva così tanto a dire sì o no, significava che forse, dopo tanto tempo...
Lunette aveva ragione.
Era tempo di ricominciare ad amare e a pensare ad essere felici...
Ma non poteva.
Il pensiero di far il bis di François era troppo forte e spaventoso per accantonarlo.
'' Athos...''
'' Non ti chiedo di rispondermi qui e adesso. Solo... pensaci. Promesso?''
Ok, questo poteva farlo.
'' Promesso.''
Detto questo, Athos la lasciò sola con i suoi pensieri.
Si sentiva quasi stupida in quel momento... lei che aveva incoraggiato Lunette a buttarsi, a vivere la sua favola d'amore con il suo amato Nicolàs, a non aver paura di amare e che le aveva sempre insegnato che seguire i sentimenti non era mai un errore... si autoimponeva di non ammettere nemmeno con sè stessa che Athos in fondo... poteva essere la sua rinascita dopo tanta sofferenza.
'' Cerco solo di proteggerti. Perdonami se puoi.''

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Capitolo 70
*** Consigli ***


~Come la contessa Monmercy aveva chiesto, il re fu clemente con Milady e decise di condannarla al carcere a vita presso la prigione dello Chatelet anzichè alla pena di morte come prevedeva la legge per chi commetteva il reato di alto tradimento verso lo stato o che causava una qualunque lesione verso la famiglia reale e la classe nobiliare.
'' Milady deve essere grata di avere una nemica di così buon cuore.''- aveva commentato il re. Ma Lunette, era di ben altro avviso.
Più che altro, quella donna doveva essere grata del fatto di essere nemica di una persona cresciuta ed educata dai moschettieri del re e che oltre a combattere per una giusta causa fin da bambina, l'avevano anche iniziata al rispettare la vita umana, anche quando si trattava di una persona  malvagia.
Se si fosse ritrovata a combattere sola tutta la vita non era certa di essere capace di gestire in tal modo la situazione.
Combattere da sola tutta la vita, senza ricevere l'aiuto di nessuno...  sì, riusciva a comprendere l'odio ed il risentimento che Milady si portava nel cuore.
'' Ma allora perchè non riesco a perdonarti?''- si chiese Lunette mentre finiva di ricamare un vestitino d'organza bianco per la figlioletta.
Le era sempre stato insegnato a perdonare chi faceva del male, rispettare tutti pur non condividendo le loro decisioni e di non fare mai del male a nessuno... ma non ci riusciva.
Aveva interceduto per lei, ma allo stesso tempo si rifiutava di concederle il perdono.
Si sentiva un mostro.
'' Non devi perdonarla subito.''- le avevano detto Aramis prima, e suo marito poi quando era finalmente riuscito ad alzarsi dal letto, dopo quasi una settimana che vi ci era inchiodato -'' è passato troppo poco tempo: datti del tempo.''
Quella mattina, si era ritrovata da sola in casa a ricamare nel salotto, con la sola presenza di Mariette che sfaccendava per casa.
Nicolàs stava molto meglio e con il consenso del medico, a cui aveva chiesto se fosse possibile uscire per sgranchirsi un poco le gambe, era andato alla caserma dei moschettieri per ringraziare di persona Athos ed i moschettieri per quanto avevano fatto per lui e per sua moglie, e magari per riprendere in mano la spada per fare un po' di movimento.
Il pensiero di suo marito fuori dalle mura domestiche, memore di quanto poco ci era voluto perchè Nicolàs sparisse da Parigi e forse dalla sua vita per sempre, all'inizio le aveva fatto quasi fare di aggrapparsi al suo braccio e di supplicarlo in lacrime di non andare...
Ma così facendo, avrebbe lasciato che fosse Milady ad uscire vincitrice da quella battaglia.
Era penoso e difficile, ma dovevano trovare il modo di tornare alla loro vita normale: solo così avrebbero potuto dirsi felici.
Quella sera sarebbero andati a prendere Reneè e l'avrebbero riportata a casa con loro.
Ormai Nicolàs stava abbastanza bene, doveva solo ricordarsi di bere un bicchiere d'acqua ad ogni ora del giorno e qualcosa per calmare i dolori al petto e alla gamba se non riusciva a sopportarli, ma la febbre o qualsiasi altra cosa che poteva contagiare e dunque mettere in pericolo, la salute della loro bimba se n'era andato, quindi non c'era più motivo di far vivere la bambina in esilio.
Costance non sarebeb stata molto contenta di doversene separare... ormai si era abituata ad avere quella bimba in giro per casa.
Mentre sferruzzava le venne in mente Aramis: sua sorella maggiore, la sua migliore amica, il più grande e gradito cambiamento della sua vita e per certi versi... sua madre.
C'erano solo quattro anni di differenza tra loro due, quindi era troppo giovane per essere sua madre, ma alcune volte specie quando era piccola l'aveva considerata così... in fin dei conti, non l'aveva forse vestita, nutrita, messo un tetto sopra la testa, insegnato a leggere, scrivere, far di conto, a caversela da sola e ad insegnarle a distinguere il bene dal male, proprio come facevano tutte le madri del mondo con i loro figli?
A volte, il sangue era solo sangue.
E proprio perchè le doveva tutto, aveva a cuore il saperla felice.
Aramis, Reneè... dove si poteva incontrare una donna migliore di lei? Aveva sacrificato la sua femminilità, si era auto rinnegata come donna ed aveva anche avuto il coraggio di fuggire dalla classica regola in cui due persone si sposavano senza conoscersi nemmeno per poi vivere come perfetti estranei tutta la vita in nome dell'interesse della famiglia, e che aveva affrontato mille pericoli per ottenere giustizia per il suo grande amore perduto... ed in mezzo a tutto questo, era riuscita a salvare una bambina e a mantenere la sua bontà d'animo.
E adesso, dopo tante lacrime, dolore, paure, nessuno più di lei meritava di essere felice.
E quella felicità aveva anche un nome: Athos.
Da come la sua amica, alcuni giorni prima, aveva decantato le lodi dell'amico sembrava proprio una ragazza innamorata... ed una mogliettina gelosa quando Lunette, per punzecchiarla un pochino, aveva aggiunto un commento sul fatto che il bel moschettiere era anche molto gradevole a vedersi.
Solo che si rifiutava di ammettere che il sentimento dell'amore fosse di nuovo sul punto di sbocciare nel suo cuore... paura di soffrire di nuovo, paura di perdere di nuovo la persona che amava...
'' Madame...''- Mariette la fece tornare nel mondo reale presentandosi nel salotto, con una leggera riverenza -'' Monseiur Aramis chiede di essere annunciato.''
Era proprio il caso di dire, Parli del diavolo e spuntano le corna.

Pochi minuti dopo, Lunette non era più sola nel salotto di casa.
'' Mi dispiace disturbarti...''- aveva fatto Aramis porgendo la spada ed il cappello alla giovane domestica dei Montmercy per poi prendere posto sul divano -'' immagino che avresti preferito restartene un po' da sola a riflettere... dopo tutto quello che hai passato...''
'' Aramis non ditelo nemmeno...''- fece la giovane contessa con un sorriso radioso servendo personalmente il tè alla sua amica -'' voi siete sempre la benvenuta in questa casa.''
Nulla da ridire, era davvero felice di rivederla, ma intuiva che fosse venuta da lei per parlare di qualcosa che la preoccupava  o che le stava molto a cuore.
Non vedeva altro ragionevole motivo per cui Aramis il moschettiere avesse abbandonato la caserma in orario di servizio.
La bionda le fece intendere con lo sguardo che ci aveva azzeccato, anche se Lunette non aveva proferito parola a riguardo.
'' Ho chiesto al capitano di darmi un paio d'ore di permesso, perchè dovevo parlarti.''- qui il suo tono si fece grave accompagnato ad un'espressione malinconica e confusa allo stesso tempo -'' Lunette, ho tanta confusione in testa... e tu sei la sola con cui posso parlarne.''
A rigor di logica, sarebbe sembrato che Lunette fosse l'unica da mettere a parte dei suoi pensieri in quanto era l'unica a conoscere la verità sul suo conto, cosa non vera dato che oltre a Lunette, vi erano anche Athos, Treville, D'artagnan e Jean a sapere la verità... ma vi erano cose per cui una donna voleva confidarsi con un'altra donna.
'' Dite pure, vi prego.''
Aramis le raccontò dunque, in breve, di come quando tre giorni prima l'aveva accompagnata a casa, Athos le aveva confidato di sapere tutta quanta la verità su di lei già da tempo e che era molto tempo che il bel moschettiere bruno le voleva molto bene, un bene che in genere si prova solo per la persona che rispondeva alla descrizione '' l'altra metà del cielo'', ma che allo stesso tempo non le aveva chiesto di scegliere nè messo fretta.
'' Non so che cosa fare...''
'' Aramis, con tutto il rispetto... ''- fece la contessa -'' Se anche voi lo amate... diteglielo e siate felice. Ve lo meritate più di chiunque altro.''
'' Non posso...''- fece Aramis mandando giù un po' di tè -'' Credo sia meglio lasciare tutto così com'è... meglio per tutti.''
'' Ma perchè dite una cosa del genere?''
'' E me lo chiedi pure?''- fece Aramis -'' Tutte le persone che sono diventate il centro del mondo per me, muoiono o rischiano di andarsene. Quando avevo dieci anni, mio fratello minore Joseph è morto dopo una caduta da cavallo. L'uomo che amavo più della mia vita e con il quale speravo di avere una famiglia tutta nostra è stato ucciso... e poi... ti ricordi quando Mansonne e Milady hanno ingannato Philippe e ti hanno incastrata?
Quando mi hanno detto che eri morta...''
'' Se state cercando di dirmi che pensate che portate sfortuna, scusatemi...''- fece Lunette -'' ma sono tutte sciocchezze, la sfortuna non esiste.''
'' Può darsi.''- fece Aramis -'' Dio non lo so... la voce della ragione mi dice di lasciar tutto così come sta, per proteggerlo e magari non rovinare un'amicizia a cui tengo nel caso le cose tra noi non andassero...''


'' E cosa dice il tuo cuore?''- fece Nicolàs sulla pista da allenamento parando una stoccata di Athos.
Che ci fossero delle persone che sapevano tutto di Aramis e della sua vera identità, non era un mistero, ma ciò che quasi tutti ignoravano... era che anche Nicolàs Montmercy ne fosse a conoscenza.
Lo sapeva da due anni e mezzo. Più o meno dal giorno in cui aveva riportato Lunette da Aramis, dopo averla incontrata.
La sera che Aramis aveva confidato all'amica le sue scoperte riguardo Mansonne, credevano stesse dormendo, invece aveva ascoltato tutto.
Dovette ammetterlo, fu una rivelazione scioccante.
Ma anche dopo averlo scoperto ed aver appurato che Lunette tutto sapeva ed aveva taciuto, non le aveva detto di sapere tutto come non le aveva rimproverato mai, nemmeno dopo sposati, di non avergli detto nulla a riguardo.
Lunette era una donna leale, pronta a tutto per proteggere i suoi amici e non poteva che ammirlarla ed amarla ancora di più per quella lealtà che in più occasioni le aveva fatto rischiare il tutto per tutto.
E quanto Athos, durante il combattimento gli era sembrato assente e preso da ben altri pensieri e cono uno sguardo, anche se non era carino da dire, un po' tonto e perso... uno più uno era sempre uguale a due. Una donna.
E l'unica donna che poteva conoscere così bene fino al punto di innamorarsene era Aramis... visto che Lunette e Costance erano ufficialmente impegnate.
'' Dice che vorrei sapere subito se lei pensa che per noi ci sarà un futuro un giorno...''- rispose il moschettiere -'' Ma la mia mente mi dice che non posso competere con l'uomo che l'ha amata fino all'ultimo secondo della sia vita sulla terra.''
'' Ma anche tu l'amerai fino al tuo ultimo secondo sulla terra, non vedo la differenza.''
'' C'è, credimi.''- fece Athos infliggendogli una prima -'' Non sono io l'uomo per cui ha rinunciato a tutto e pianto tutte le sue lacrime, come non sono io l'uomo per cui era pronta a farsi uccidere pur di avere giustizia...''
Nicolàs storse gli occhi.
Il motivo per cui Athos era preoccupato era una sottile gelosia nei confronti di un uomo che non c'era più?
'' Guarda!!! Dietro di te.''- fece Nicolàs.
Approfittando della sua distrazione, Nicolàs mollò una stoccata al moschettiere, facendogli cadere la spada.
'' Touchè, mon ami.''- fece il giovane conte con una punta di soddisfazione.
'' Sleale...''- fece Athos prendendolo in giro -'' Signor conte, mi meraviglio di voi.''
'' Coraggio. Decisione e determinazione.''- fece Nicolàs rinfoderando la spada -'' queste regole valgono anche in amore.''
Athos lo guardò stranito.
'' Athos, il passato è passato. Aramis quasi certamente non potrà mai dimenticare la prima persona che le ha fatto battere il cuore... non potrebbe del resto. Tenere i nostri cari in vita nel cuore è un modo per non farli morire del tutto... ma la vita si vive nel presente. Non c'è motivo di essere gelosi o di mettersi in competizione con un fantasma.''
'' Quindi che dovrei fare?''
'' Datele tempo per decidere, come avete già fatto.''- gli consigliò il giovane conte -'' ma se credete davvero che tra voi due funzionerà, non esitate.
Esitare è pericoloso, sia in battaglia che in amore.''
Sperava davvero che tra Athos e Aramis potesse funzionare... in fin dei conti si parlava della felicità della migliore amica/ sorella della moglie, della madrina di sua figlia e della donna a cui assieme alla moglie aveva deciso di affidare sua figlia in caso a lui e Lunette fosse accaduto qualcosa di brutto.
Ormai i moschettieri erano anche la sua famiglia... e alla famiglia si assicurava ogni bene.

'' Permettete che sia lui a curarvi le ferite.''- fece Lunette dopo che l'amica le ebbe spiegato i motivi per cui era meglio lasciare le cose così com'erano, tra le quali vi era anche il timore di tradire la memoria di François -'' Otto anni, Aramis. Otto lunghissimi anni: François è e sarà sempre con voi... ma adesso vi meritate di essere felice.''
E francamente, non riusciva ad immaginare nessuno al di fuori di Athos accanto a quella che reputava la sua salvatrice: ottimi amici, grandi compagni d'armi, sempre uniti...
'' Concedetevi il permesso di essere felice. Anche François lo vorrebbe.''
'' E se tra noi... non dovesse funzionare?''
'' Avrete tentato. Pregheremo iddio che non succeda, ma nel caso in cui non dovesse...''- sperava davvero che andasse tutto bene tra loro due. Anche perchè Aramis meritava di avere accanto a sè qualcuno che la facesse sentire una vera donna e che riuscisse a guarirle il cuore dilaniato dalle ferite e che ogni tanto sanguinava ancora -'' sarà sempre meglio che passare il resto della vita ad interrogarsi su cosa avrebeb potuto essere.''
La loro conversazione venne nuovamente interrotta da Mariette, la quale stavolta aveva con sè una busta sigillata con il sigillo reale.
'' Un messo reale ha appena portato questa...''- spiegò la giovane -'' Dice che si tratta della condanna di quella donna... il re ha pensato che forse volevate essere voi a portargliela.''
Lunette annuì per poi prenderle la busta tra le mani.
In effetti, vedere la faccia di Milady al sapere che era stata condannata al carcere a vita era un qualcosa che non avrebbe voluto perdersi.
Una piccola soddisfazione personale per così.
'' Andrò immediatamente.''- come si soleva dire, via il dente, via il dolore.
Aramis parve presa da una strana inquietudine -'' Vuoi... che venga con te? Lo sai... da quella donna... c'è da aspettarsi di tutto.''
Lunette dissentì per rifiutare ed al contempo la tranquillizzò -'' Sì, lo so che è pericolosa... ma al momento è rinchiusa in isolamento allo Chatelet. Che volete che faccia?''
'' Hai ragione, ma...''
'' Non preoccupatevi per me. Ci metterò poco più di mezz'ora tra andare e tornare.''- fece la giovane contessa uscendo di casa.
'' Forse mi preoccupo troppo...''- fece Aramis finendo finalmente la sua tazza di tè guardando fuori dalla finestra l'abito celeste che si dirigeva in direzione della prigione dello Chatelet.
In fin dei conti, Milady era isolata da tutto e tutti e riceveva solo le visite dell'addetto ai pasti che era tenuto a passarle il cibo tramite una sorta di spioncino e di fare in modo di non fornirle un qualsiasi cosa che potesse essere usato come arma...
Stesso discorso valeva per Pizzarro.
Forse era preoccupata per il fatto che stesse andando sola, a piedi, alla prigione... ma in fin dei conti, Lunette era stata addestrata dalle migliori lame di Francia.
Se c'era una donzella in tutta la penisola francese per cui non ci si doveva assolutamente preoccupare o andare in suo soccorso con tutti i cavalli del re a seguito, quella era proprio Lunette.
'' Ma allora...''- pensò la bionda cercando di respirare normalmente -'' cosè questa terribile ansia che mi serra la gola?''

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Capitolo 71
*** Addio definitivo ***


~'' Sono la contessa Montmercy.''- fece Lunette salutando Vesmount, l'anziano guardiano della prigione dello Chatelet.
'' Oh, è un vero piacere rivedervi contessa...''- salutò bonario il guardiano della prigione -'' in che posso obbedirvi?''
'' Devo vedere Milady: sono venuta a consegnarle la sentenza del re.''- spiegò la giovane.
'' Capisco...''- fece l'uomo per poi tendere una mano -'' ma non è un compito che si adatta ad una nobildonna... lo dia a me.''
Lunette però fu irremovibile.
No.
Milady era una faccenda dei moschettieri del re. E da qualche tempo, per la precisione da quasi due settimane, ormai era divenuta anche una sua questione personale.
Aveva tentato di uccidere suo marito per farla soffrire, facendole così pagare delle colpe che non aveva, l'aveva fatto soffrire fino a fargli quasi implorare di essere già morto... dirle che sarebbe stata rinchiusa in eterno in una cella, era una soddisfazione che voleva togliersi personalmente.
Vesmount ci rinunciò.
Conosceva quella ragazza da anni ormai, e sapeva bene che cercare di convincerla a fare diversamente sarebbe stato un totale spreco di energie.
Le fece cenno di seguirlo.
La cella in cui era rinchiusa Milady era la stessa in cui era stato rinchiuso il re Luigi, quando Milady, Mansonne ed il vero Maschera di Ferro avevano tentato un colpo di stato.
Isolata da tutto e da tutti, quasi nei seminterrati della prigione. Era lì che Milady avrebbe finito i suoi giorni.
Quasi non le sembrava vero che finalmente quella lunga avventura con Milady giungesse finalmente alla fine.
Da lì non avrebbe più fatto del male a nessuno.
Ne a lei ne a nessun'altro.
Tranne che a sè stessa forse.
'' Ecco qua...''- fece il guardiano della prigione aprendole la porta -'' se avete bisogno di qualcosa o dovesse tentarvi uno scherzo...''
'' Vi ringrazio, Vesmount ma non preoccupatevi...''- fece Lunette  con un tono di voce sicuro più che mai -'' non mi tratterrò a lungo. E so cavarmela.''
Milady era seduta sulla panca della cella con uno sguardo furioso e carico d'odio più che mai.
Lunette non ci badò e le poggiò vicino il documento che conteneva la sua condanna.
'' E questo cosa sarebbe?''- fece Milady senza degnare di uno sguardo la giovane contessa.
Lunette notò così che l'inglese l'odiava ancora.
Poco male, perchè anche lei la detestava con tutte le sue forze: quella donna diabolica, aveva cercato di uccidere D'artagnan e Costance, messo Aramis in condizione di tradire i suoi amici e passare come una squallida profittatrice pronta persino a mettere da parte l'amicizia in nome della carriera, l'aveva incastrata e quasi fatta uccidere, cercato di distruggere le persone a cui teneva di più... ed ultimo aveva torturato con ferocia inaudita l'uomo che amava.
Non riusciva a perdonarla e di questo si vergognava... ma non riusciva a perdonarla.
'' La tua condanna.''- fu la lapidaria risposta.
Milady aprì il documento e dopo che lo ebbe letto, guardò male la giovane contessa.
'' Lasciami indovinare... ''- fece l'inglese a tono di sfottò -'' Il re voleva condannarmi alla pena capitale... ma il grande moschettiere Lunette ha implorato affinchè marcissi in prigione per il resto della mia vita.''
'' A marcire in prigione per il resto della vita...''- recitò Lunette con lo stesso tono -'' Ti ci sei messa da sola. E ringrazia che il re non abbia scelto l'opzione di rispedirti in Inghilterra, perchè dubito fortemente che il re d'Inghilterra ti avrebeb accolta con un lancio di fiori. E non dire che sei il frutto di quello che ti hanno fatto. Perchè sai che una parte di responsabilità è tua e solo tua. ''
'' MA COME TI PERMETTI!?!''- le sbraitò contro Milady con gli occhi quasi indemoniati e carichi di desiderio omicida nei confronti della contessa.
Lunette non si fece intimorire.
Le avevano insegnato che non c'era nulla da temere nel dir la verità.
'' E' così.''- fece Lunette -'' sai che è così. E' vero, nella tua vita hai incontrato molte persone cattive che si sono arrogate il diritto di decidere al posto tuo... ma hai incontrato anche una persona dal cuore buono... e malgrado tu abbia tentato di ucciderlo più volte ed abbia tentato di portargli via anche la persona che amava di più al mondo... al momento di far calare la lama sulla tua testa, ti ha risparmiato la vita e ti ha concesso la possibilità di ricominciare da capo.
Non puoi incolpare il tuo passato e chi lo ha reso orribile, quando ad un certo punto sei stata tu a decidere sbagliato al posto di giusto.''
'' Ma che ne sai tu...?''- fece Milady con tutto l'odio che le riusciva -'' Immagino che sia facile giudicare per una persona che ha tutto.
Non pretenderai che ti ringrazi per aver convinto il re ad imprigionarmi qui per sempre!''
Dio solo sapeva quale autocontrollo la giovane nobile si stesse imponendo per non prendere quella donna a ceffoni.
'' No, certo che no...''- fece Lunette prendendo la via per andarsene. Non voleva più stare lì -'' ciò che dovevo fare è stato fatto. Quello che dovevamo dirci è stato detto... da questo momento in avanti, non ci rivedremo più.''
Sperava solo che gli anni che separavano Milady dal posto in cui tutti, prima o poi, erano destinati a finire le fossero serviti per meditare, riflettere e pentirsi di quanto aveva commesso.
Forse allora, quando avrebbe visto il pentimento negli occhi dell'inglese sarebbe riuscita a concederle il perdono.
'' Hai ragione... questa sarà l'ultima volta che ci rivedremo. In questo mondo.''
Lunette si voltò proprio mentre stava per andarsene.
La frase della donna rinchiusa in prigione l'aveva incuriosita ed allo stesso tempo, spaventata anche se si sforzava di non darlo a vedere.
Inoltre, aveva uno sguardo strano in volto... inquietante, sicuro di sè e minaccioso al tempo stesso.
'' Mi dispiace molto ma ti restano poche ore da vivere...''- continuò Milady con uno sguardo profondo e penetrante.
Lunette in cuor suo avrebbe voluto smettere di fissarla, avendo capito cosa sarebeb accaduto... quello sguardo sarebbe stato la sua condanna a morte, ma non ci riusciva.
'' Io non ti ucciderò.... sei tu che lo farai.''
Quella fu la conferma decisiva che fece capire alla giovane contessa di non avere più via di scampo.
Voltarsi era stato un grave errore... il re aveva dato ordine che i contatti con Milady fossero ridotti al minimo e che per nessuna ragione al mondo le venisse lasciato qualcosa che avrebbe potuto trasformare in un'arma... ma si erano completamente dimenticati che Milady non aveva certo bisogno di armi per far del male.
Le bastava lo sguardo.
Capì troppo tardi le sue intenzioni... la coscienza di quello che le sarebbe accaduto fu l'ultima cosa che sentì prima di sprofondare nell'oblio più assoluto.

Milady sorrise soddisfatta. Gli occhi di Lunette erano spenti, vacui, le pupille erano quasi trasparenti.
Era da un po' di tempo che non usava l'ipnosi ma constatò con gioia che non aveva perso il suo tocco magico.
'' Vai, adesso.''- fece la perfida inglese -'' Esci da qui e raggiungi il punto più alto di Parigi. Attendi che il sole sia nel punto più alto del cielo e che le campane di Notre Dame suonino mezzodì. A quel punto, salta nel vuoto.''
Detto questo schioccò le dita e Lunette, in stato di perfetta trance, stavolta se ne andò senza rendersi conto di aver iniziato un cammino che l'avrebbe portata al patibolo.
Quando Milady fu rimasta sola, scoppiò a ridere di una risata compiaciuta di sè stessa ma anche molto malvagia, fiera di essere riuscita nel suo macabro intento.
Non era riuscita ad eliminare Nicolàs e punire così Lunette dell'essersi presa ciò che spettava a chi davvero meritava di vivere in una bella casa come la moglie di un conte... pazienza.
In fin dei conti, c'era un modo migliore per togliere tutto a lei e vendicarsi in un colpo solo di tutte le persone che avevano vanificato ogni suo sforzo.
Lunette.
Che colpo di genio, ipnotizzarla ed ordinarle di togliersi la vita. La sua morte avrebbe certo gettato nello sconforto tutti i suoi amici e nessuno, nessuno avrebbe potuto incriminarla perchè la giovane nobile aveva commesso un gesto estremo.
Persino confinata in eterno dalla sua cella, avrebbe fatto del male alle persone che odiava di più.
E come Lunette le aveva detto prima di lasciarla sola... quella fu l'ultima volta che le due donne si videro in vita.

'' Come mai tarda tanto?''- pensò Aramis quando dopo un' ora, Lunette non era ancora tornata a casa.
Ci stava mettendo un po' troppo per quello che doveva fare... in fin dei conti doveva solo comunicare a Milady quale sarebbe stato il suo destino e la prigione non era così distante. Come aveva detto Lunette prima di uscire, in mezz'ora sarebbe dovuta andare e tornare. Invece era passata un' ora e di lei ancora non c'era nemmeno l'ombra.
Iniziava ad essere sinceramente preoccupata per lei.
Fu questa la ragione che quando Notre Dame annunciò le dieci del mattino, decise di uscire per andare a cercarla.
Recuperò il cappello e la spada, salutò Mariette e si avviò verso la porta.
Ad attenderla, vi erano proprio Athos ed il giovane Nicolàs.
'' Aramis... che sopresa vedervi qui.''- fece il padrone di casa per poi decidere che forse era bene lasciare soli i due moschettieri, affinchè potessero chiarire i reciproci dubbi in proposito al loro futuro come uomo e donna felicemente innamorati.
Ma i suoi progetti vennero spezzati dalla domanda della bionda moschettiera, molto preoccupata.
'' Per caso non avete visto Lunette?''
Nicolàs sgranò gli occhi dalla sopresa e dalla paura, nel sapere che la sua sposa pareva scomparsa.
'' Ma come, non è in casa...?''- poi rifiutandosi di credere che la sua amata non fosse nelle vicinanze e che non potesse sapere la sua esatta locazione -'' Lunette!!!Lunette!!!''
Athos invece, pur essendo molto preoccupato anche lui, cercò di mantenere la calma chiedendo spiegazioni ad Aramis.
'' Ma cos'è accaduto, si può sapere?''
Aramis respirò a fondo e poi tentò di spiegare la situazione -'' E' arrivato un messo reale con la condanna di Milady.... il re l'ha fatta avere a Lunette perchè pensava che il consegnargliela fosse una soddisfazione che spettava a lei... è uscita un'ora fa, non è ancora tornata.''
In quel momento, gli animali sembravano impazziti.
Fabrice, il fedele cavallo di Lunette, si era imbizzarrito e correva per tutto il giardino quasi avesse il diavolo alle calcagna ed anche il cane Jula aveva iniziato a guaire ed abbaiare disperatamente.
Aramis ed Athos iniziavano a preoccuparsi veramente: gli animali percepivano le disgrazie ancor prima che queste potessero avverarsi.
'' Oddio...''- fece Aramis terrorizzata -'' è tutta colpa mia...''
'' No, non dirlo, ok?''- fece Athos mettendole le mani sulle spalle per cercare di tranquillizzarla -'' non abbiamo certezza che le sia successo qualcosa di brutto.''
Magari Lunette si era fermata da Costance per prendere Reneè e riportarla a casa, e per qualche motivo che ancora ignoravano si era attardata... ma erano solo pensieri di cui tentavano invano di auto-convincersi.
Quando c'era di mezzo Milady... tutto era possibile.
Ma se fosse successo qualcosa di brutto a Lunette, la notizia si sarebbe già diffusa più rapida della folgore, quindi forse non c'era da preoccuparsi...
'' Dovevo andar con lei... magari è stata assalita o rapita da qualcuno...''
'' No, non credo... a quest'ora l'avremmo già saputo ti pare...?''- fece Athos. Davvero non riusciva a capire cosa potesse essere accaduto, ma l'ipotesi che Lunette si fosse allontanata da sola era assai improbabile.
Milady doveva averle fatto qualcosa e glielo aveva fatto senza che qualcuno se ne fosse accorto.
Gli occhi azzurri di Aramis si riempirono di lacrime.
'' Non voglio che Lunette se ne vada...''- fece la bionda affondando la testa nel petto di Athos, lasciando così che il moschettiere bruno l'abbracciasse -'' lei è la mia migliore amica... è la mia sorellina... non posso perderla...  è tutta colpa mia...''
'' Colpa tua? Ma che dici?''- fece Athos.
'' Sono stata io, non capisci?''- fece Aramis sull'orlo di una crisi di pianto -'' Sono stata io a coinvolgerla in questa assurda guerra privata. E da allora non ho fatto altro che mettere la sua vita in pericolo.''
'' Ehy... calmati.''- fece Athos carezzandole i capelli cercando di tranquillizzarla -'' La troveremo. La troveremo e la riporteremo a casa.''
Quando Athos l'abbracciò, Aramis si rese conto di qualcosa che fino a poco tempo fa non avrebbe mai immaginato... ma con Athos si sentiva bene. Si sentiva felice e per la prima volta dopo tantissimo tempo, si sentiva di nuovo una donna.
Ma la gioia di quel momento, era offuscata del terrore di non sapere dove si trovava Lunette e soprattutto di non sapere se era ancora viva o era già morta.
Nicolàs uscì di casa con gli occhi lucidi ed un'espressione disperata dipinta in viso.
'' Vado a cercarla...''- no, non poteva credere di essere quasi morto per mano di quella donna per riabbracciare la sua amata moglie solo per perderla di nuovo e definitivamente. Non poteva credere di perderla... no. Dovevano fare ancora tante cose assieme... ne avevano passate troppe assieme... non poteva e non doveva finire a quel modo.
'' Buona idea...''- fece Athos -'' Nicolàs, tu va alla prigione e informati se è andata via ed in quel caso da che parte è andata. Io vado alla caserma ad avvisare il capitano, D'artagnan e Porthos, Aramis tu va a casa di Costance.
Se siamo fortunati, si è fatta sentire o vedere da qualche parte, non può essere  sparita nel nulla, dobbiamo trovarla.''
Il giovane conte e la moschettiera fecero come era stato ordinato loro, come se avessero entrambi il diavolo alle calcagna, accumunati dal desiderio di non perdere e di riuscire a salvare la loro persona.
Perchè sì, Lunette era la loro persona.
Per entrambi rappresentava il più grande cambiamento della loro vita.
Per Aramis, la nuova ragione di vita oltre alla vendetta dopo aver perso per sempre l'amore della sua vita. Salvarla, prendersi cura di lei, la sua amicizia e la sua stima erano state per anni la sua colonna portante.
Per Nicolàs invece... era tutto il mondo.
La donna che l'aveva fatto sentire piacevolmente comune ed amato per questo per la prima volta nella sua vita, poi colei che pur sapendo che tra loro c'era una notevole differenza di ceto l'aveva affrontato come se fosse un suo pari... e poi era diventata la donna della sua vita. Sua moglie, la madre di sua figlia...
Se gli avessero chiesto di scegliere chi salvare tra il suo titolo e ciò che gli spettava per diritto di nascita e salvare Lunette... lui avrebbe mandato tutto al diavolo pur di sapere Lunette al suo fianco finchè Iddio lo avesse mantenuto su quella terra.
'' Milady ti giuro se le hai fatto qualcosa....''- promise più a sè stesso che ad altri -'' giuro che te la faccio pagare cara. Per tutto quello che ci hai fatto.''

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Capitolo 72
*** Un'ora prima di rendere l'anima ***


~'' Sto cercando mia moglie...''- fece Nicolàs quando incontrò Vesmount, il guardiano della prigione, pregando in tutte le lingue conosciute dall'uomo ed anche in quelle ancora da scoprire, che l'uomo lo aiutasse a capire cosa diavolo poteva essere successo a sua moglie.
Era arrivato alla prigione come se avesse alle calcagna il diavolo in persona, rallentando solo quando si imbatteva in una donna, sperando che questa fosse sua moglie. Ma ogni volta...
'' Oh, mi dispiace molto conte...''- fece l'uomo -'' ma la contessa vostra moglie è andata via da almeno mezz'ora.''
Era andata via.
Beh, questo poteva essere considerato un bene .
Lunette era uscita da quella prigione, dalla cella di Milady con le sue gambe. Cosa che non le sarebbe certo stata possibile se Milady l'avesse ferita o aggredita in qualsiasi modo... forse Lunette si era davvero fermata per strada ed aveva perso la cognizione del tempo e non le era successo niente di grave... ma allora come mai sentiva la gola ed il cuore come serrati da una morsa?
Forse era stata aggredita da qualcuno sulla via del ritorno, in fin dei conti una giovane nobile che camminava da sola per strada faceva gola a parecchi borseggiatori, ma anche se così fosse stato sarebbe stata aggredita in una strada dove di gente c'è n'era parecchia, strano che nessuno si fosse accorto di nulla o non avesse informato qualcuno.
'' Però...''- fece il guardiano della prigione ripensandoci -'' Aveva una strana espressione in viso.''
'' Che genere di espressione?''- lo interrogò il giovane conte -'' era sconvolta, arrabbiata, spaventata...?''
L'interpellato scosse la testa in un cenno di dissenso.
'' Niente di tutto questo...''- rispose Vesmount -'' sembrava che stesse dormendo, ma aveva gli occhi aperti. Totalmente inespressiva e quando l'ho salutata non mi ha risposto.''
Nicolàs iniziava davvero a preoccuparsi. Da come quell'uomo aveva appena parlato di Lunette, pareva che stesse descrivendo un cadavere che camminava.
Non gli piaceva affatto quella storia: Milady doveva averle fatto qualcosa. Senza dubbio.
Ma gliel'avrebbe fatta dire lui la verità, ad ogni costo.
Chiese a Vesmount di accompagnarlo alla cella ove era rinchiusa la perfida inglese, deciso a scoprire cosa avesse fatto quella strega.
Non gli piaceva usare il termine strega in quanto veniva usato troppo spesso e a sproposito, ma aveva misurato le parole e strega era uscito preciso per Milady.
'' Toh, guarda guarda chi abbiamo qui...''- lo schernì Milady quando lo vide -'' Il conte Nicolàs Montmercy, tornato dall'inferno. A cosa debbo l'onore di questa visita?''
Nicolàs la guardò con i suoi occhi azzurri che tremavano dall'odio e dalla paura -'' Dov'è?''
'' Ma che maleducato.''- fece Milady, offesa -'' Vostra madre non vi ha insegnato che è maleducazione parlare con quel tono ad una dama? E rispodendere ad una domanda con un' altra domanda, poi...''
'' Voi sapete perchè sono qui...''- fece Nicolàs sempre più nervoso -'' Dov'è Lunette?''
'' Oh... siete venuto a cercare la vostra servetta vestita un po' da contessa ed un po' da moschettiere.''
'' Esatto. So che è venuta qui a consegnarvi la vostra condanna e che poi non ha più fatto ritorno.''
'' E allora? Io che cosa c'entro?''
'' So che le avete fatto qualcosa.''- fece Nicolàs sempre più disperato, ma guardandosi bene dal far intuire la disperazione che si portava nel cuore proprio a quella perfida donna -'' E' uscita da qui che pareva uno zombie, a quanto ho saputo... voi siete l'unica che potete averle fatto qualcosa.''
'' Vi ha sfiorato il pensiero che forse...''- lo prese in giro Milady con un sorriso provocatorio -'' che se ne sia andata perchè tutto ad un tratto si è resa conto con chi si è sposata? Magari ha preferito andarsene piuttosto che passare un altro singolo giorno con voi.''
Nicolàs dirigrignò i denti auto-imponendosi di non strangolarla.
Proposito molto difficile da mantenere in quel momento.
'' Vi avevo avvertito: l'amore è solo un illusione.''
'' Che cosa hai fatto a mia moglie?''- ripetè di nuovo.
'' Non le ho fatto niente... abbiamo solo parlato... e poi lei se n'è andata. Ha detto di avere un appuntamento importante a mezzogiorno.''
Mezzogiorno... qualunque cosa le fosse accaduta... sarebbe stata viva... fino a quell'ora... il che significava...
Che a meno che non fosse riuscito a trovarla in tempo...
Tra poco più di due ore, sua moglie l'avrebbe lasciato vedovo e la loro figlia orfana.
Il desiderio di uccidere Milady c'era. E l'avrebbe fatto... ne era certo, non c'era niente a trattenerlo... ma ogni secondo che perdeva con Milady era un secondo sprecato che poteva essere utilizzato per trovare Lunette e salvarla.
Uscì dalla cella e dalla prigione senza fermarsi, travolgendo tutti quelli che incrociavano il suo cammino, con l'immagine della moglie negli occhi.
'' Ti ritroverò... vedrai. Ti ritroverò.''

'' Vesmount mi ha detto che Lunette è uscita dallo Chatelet come se fosse addormentata ma sveglia al tempo stesso.''- fece Nicolàs una volta arrivato a casa del sarto Bonacieux dove si trovavano anche i quattro moschettieri.
Erano tutti molto agitati: avevano cercato la loro amica in ogni dove fosse venuto loro in mente e poi erano andati a casa di Costance, credendo e supplicando che la giovane fosse stata presa da un attacco di nostalgia per la figlia, che non ce la facesse ad aspettare fino a sera per riportarsela a casa e fosse andata dalla bambina e avesse perso il senso del tempo...
Poi Nicolàs arrivava con quell'espressione sconvolta il viso, dicendo frasi incomprensibili... davvero c'era poco da stare allegri ed ottimisti.
'' Addormentata ma sveglia?''- pensò tra sè e sè Athos.
Dove aveva già sentito la descrizione di uno stato simile?
Mentre ci pensava, D'artagnan parve in preda al panico.
'' No...''
'' Che succede, ti è venuto in mente qualcosa?''- fece Porthos in ansia per la sorte dell'amica che ormai mancava da un po' di tempo e certi ormai che le fosse successo qualcosa di spiacevole.
'' E' solo un ipotesi... ma ciò non la rende meno spaventosa, anzi.''- spiegò D'artagnan -'' Milady ha la straordinaria dote di  ipnotizzare gli animali per costringerli a fare quello che vuole...ed una volta ci ha provato anche con me, quando eravamo in Inghilterra... e a sentire Costance lo ha fatto anche con Monseiur Bonacieux.''
In quel momento, Athos intuì dove il più giovane dei moschettieri voleva andare a parare. Dovette convenire con lui.
Era solo un'ipotesi ed anche abbastanza azzardata, ma le condizioni di Lunette uscita dalla prigione erano perfettamente identiche a quelle di una persona che era stata ipnotizzata.
E non ci voleva molto a capire cosa sarebbe accaduto.
'' Lunette è ancora viva, per fortuna.''- fece Athos -'' O almeno lo sarà fino alle dodici di oggi. Temo che Milady abbia ipnotizzato la nostra amica per convincerla a togliersi la vita allo scoccare del mezzogiorno.''
L'angoscia e l'inquietudine si diffuse a macchia d'olio tra i presenti ed anche un vago senso di terrore iniziò a far da sovrano: persino dalla cella più oscura e solitaria di tutta la Francia quella donna diabolica riusciva a rovinare le loro vite.
La piccola Reneè, probabilmente aveva avvertito che la sua  mamma era in pericolo, ed iniziò a piangere disperatamente.
A nulla valsero i tentativi di Martha, Costance e Lucille di calmarla.
'' Da-da-datela a me...''- fece Nicolàs con le braccia tremanti e gli occhi pieni di lacrime. Ma che aveva fatto di male nella vita? Non riusciva a darsi una spiegazione valida.
Tutte le persone importanti per lui, il cosiddetto centro del mondo, gli veniva brutalmente strappate: i suoi genitori erano stati uccisi quando era solo un bambino... sua zia, l'unica ad averlo avuto sinceramente a cuore per quello che era, era stata stroncata da una crudele malattia... ed ora che aveva trovato l'amore, il vero amore... no, non poteva accettare un simile epilogo per la storia della sua vita.
'' Dio...''- pensò il giovane conte cullando la figlia tentando di calmarla -'' Dio, se ti ho fatto qualcosa... ti supplico perdonami... ma non portarmela via. Non portarmela via ti prego...''- no, Dio non poteva essere così crudele da lasciare una bimba così piccola senza la mamma.
Aramis si sentiva come in preda al panico al pensiero che la sua amica, seppur senza volerlo, tra pochissimo si sarebbe tolta la vita.
Milady aveva organizzato il così detto '' delitto perfetto'': niente testimoni, niente prove, niente arma del delitto... in fin dei conti non servivano quando una persona decideva di morire per sua volontà.
Nessuno avrebbe potuto incolparla di aver assassinato la contessa Montmercy, poichè quando Lunette sarebbe morta... Milady era chiusa in isolamento allo Chatelet.
Solo che lei non ci poteva credere... Lunette era sopravvissuta a dieci anni di percosse, umiliazioni e maltrattamenti, poi a mille battaglie contro nemici pericolosissimi che l'avrebbero ben volentieri vista nella tomba malgrado avessero di fronte un' adolescente solo perchè lottava con i moschettieri... era sopravvissuta persino ad un salto pericolosissimo dalla scogliera dell'isola di Bel-Ile... il pensiero che alla sua Lunette fosse stata riservata una morte così indegna di lei aveva dell'assurdo.
Lunette, in fin dei conti... era pur sempre un moschettiere del re. E se un moschettiere moriva, era sul campo di battaglia, con onore.

'' Questo è quanto capitano...''- fece Athos parlando a nome di Nicolàs e dei moschettieri presenti nell'ufficio del militare una volta che l'ebbero informato di quanto era accaduto e messo al corrente dei loro terribili quanto fondati sospetti.
Il militare quasi impallidì. Erano quasi le undici.
Il che voleva dire che non avevano molto tempo per trovare Lunette ed impedirle di togliersi la vita.
'' Qual'è il piano di battaglia...?''- tentò Porthos con una morsa d'ansia che gli serrava lo stomaco.
Il capitano parve non avere dubbi in proposito.
'' Mi pare ovvio.''- fece il militare -'' Dividiamoci e cerchiamola. Avvertite le guardie del cardinale e chiedete la massima collaborazione.
Purtroppo non abbiamo più molto tempo, e dobbiamo assolutamente trovarla viva.''
'' Sissignore.''- fecero i moschettieri all'unisono uscendo di corsa dalla stanza.
Nicolàs fece per imitarli, quando il capitano lo trattenne, assieme ad Aramis.
'' Aramis, prima di cercare Lunette, vorrei chiederti di accompagnare a casa Nicolàs.''
L'interpellato sgranò gli occhi dalla sorpresa, per poi avvicinarsi alla scrivania del militare, battendo i palmi della mani sulla scrivania, tremando convulsamente.
'' Sta scherzando, mi auguro....''- fece il giovane nobile con la voce che tremava -'' mia moglie sta per essere uccisa e lei mi vuole spedire a casa...?''
Treville si alzò, lo raggiunse dall'altra parte della scrivania e gli mise le mani sulle spalle, tentando di calmarlo.
'' Capitano, non credo che...''- cercò di intervenire Aramis.
'' Non ti dirò che so cosa stai provando, ma posso immaginarlo... ma ti ricordo che sono solo due giorni che sei in piedi dopo un calvario da cui pochi sarebbero usciti vivi, sei ancora convalescente... se ti metti a correre o ad innervosirti le ferite potrebbero riaprirsi e...''
Nicolàs si scostò dalla presa del militare, in un eccesso di rabbia e disperazione.
'' E' saltata da uno scoglio, rischiando di morire in un'esplosione, per salvarmi la vita.''- rimarcò il giovane nobile -'' al momento è completamente distaccata dal mondo esterno, ma nel suo cuore sa che suo marito e i suoi amici smuoveranno mare e montagna pur di salvarle la vita... ed è mio preciso dovere salvare mia moglie.
Si scordi pure di mettermi in panchina.''- e nel dir così corse via come una scheggia, deciso a non far finire così quella storia.
Non avrebbe passato la vita a raccontare alla loro figlia, le incredibili avventure della mamma parlandone al passato.
Se la sarebbe ripresa.
L'avrebbe strappata alla morte che incombeva su di lei, proprio come lei aveva fatto con lui.

'' Santo cielo che ragazzo testardo...''- fece Treville salendo sul suo cavallo, imitato da Aramis per lanciarsi nella ricerca di Lunette.
Aramis annuì come per dire che era d'accordo con il suo superiore, ma poi aggiunse -'' E' anche l'uomo di cui Lunette si è innamorata... ed è innamorato.''
Capiva benissimo il desiderio di Nicolàs di correre in soccorso della moglie che rischiava di essere '' suicidata'' da Milady, malgrado non si fosse ancora ripreso dall'incontro ravvicinato che aveva avuto non più tardi di una settimana prima con l'inglese e Pizzarro.
Lo sapeva perchè... se lei stessa avesse avuto la possibilità di salvare François dalla lama di Mansonne, anche lei, anche se avesse avuto tutte le ossa rotte e la febbre così alta da non riuscire nemmeno a dire il suo nome per intero, si sarebbe precipitata a difenderlo.
'' Non farmi scherzi Lunette...''- fece Aramis partendo di gran carriera, senza sapere nemmeno da che parte dovesse andare, guardando in tutte le direzioni.
Se solo avessero avuto l'informazione del come Lunette doveva morire passata l'ora che era appena iniziata, avrebbero potuto restringere il campo di ricerca, invece...
Ma lei l'avrebbe trovata e riportata alla sua vita.
Non sarebbe morta quel giorno.

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Capitolo 73
*** Correre a salvarti ***


~Non aveva mai chiesto niente in tutta la sua vita.
Aveva sempre accettato tutto quello che le era capitato di buon grado... forse, l'unica, quando era bambina ed era costretta a lavorare dalla mattina alla sera, e a volte anche dalla sera alla mattina in una locanda di quart'ordine fuori Parigi, nel mezzo del nulla... un po' d'amore.
Non di essere al centro del mondo... solo di trovare una persona buona e gentile che le desse anche affetto e considerazione.
Che l'uomo che le aveva fatto battere il cuore per la prima volta in vita sua fose una persona che faceva parte di una realtà completamente diversa dalla sua... che un conte si fosse innamorato di lei, al punto di sposarla... era successo, punto e basta. Lei non aveva chiesto così tanto.
Ma se in quel momento avesse potuto esprimere il cosidetto '' Ultimo Desiderio'', l'ultima concessione destinata ai condannati a morte... se fosse riuscita a muovere le labbra e parlare, avrebbe chiesto al prete che l'aveva vista entrare nella cattedrale e salire la scala che portava verso l'alto, verso le guglie, di fermarla.
Ora che c'era davvero vicina e senza la minima possibilità di salvezza... poteva dire che non era tanto la morte in sè a farle paura... ma a quello che lasciava.
Non avrebbe visto Aramis riprendersi il suo sacrosanto diritto ad essere felice... non avrebbe visto la sua Reneè crescere e diventare una donna forte, coraggiosa ed amabile... non sarebbe invecchiata al fianco del suo amato...sapeva che un giorno, prima o poi, sarebbe comunque dovuta morire... ma non si aspettava di finire i suoi giorni così e senza aver avuto occasione di salutare chi amava.

L'orologio camminava veloce.
Ormai non mancava più di mezz'ora a mezzogiorno.
Un'ora come tante.
Ma non per i moschettieri del re e per il conte Montmercy.
'' Allora?''- fece Athos sempre più agitato quando ritrovò i suoi quattro amici.
D'artagnan fu il primo a rispondere.
'' Abbiamo cercato lungo la Senna, chiesto a chiunque... i cardinalisti hanno persino pattugliato le porte della città... niente di niente.''
Nicolàs si prese la testa tra le mani.
Se la sarebbe rotta sbattendola da qualche parte se avesse potuto.
Gli sembrava di diventare matto. Aveva sperato con tutte le sue forze di vedere apparire Lunette al fianco di uno dei moschettieri, che gli corresse incontro buttandogli le braccia al collo, sconvolta per aver sfiorato la morte di poco... e lui l'avrebbe cullata tra le sue braccia, come facevano ambedue quando Reneè piangeva...
Invece non era accaduto.
E gli sembrava di diventare pazzo...
'' Nicolàs...''- fece Aramis mettendogli una mano sulla spalla tentando di calmarlo, intuendo quali fossero i pensieri che stavano tormentando il giovane, malgrado lei stessa si sentisse morire dentro.
La sua migliore amica stava per morire e lei non poteva fare niente per impedirlo.
'' Non se ne può andare anche lei...''- fece il giovane nobile con le lacrime che scalpitavano per uscire -'' Dio... non può essere così crudele...''
'' No... certo che no...''- fece Aramis anche se non era molto convinta -'' dobbiamo solo cercarla ancora un po'...''
'' Dove?!?''- fece Nicolàs esasperato -'' abbiamo praticamente battuto Parigi centimetro per centimetro e di lei nemmeno l'ombra e manca solo mezz'ora a mezzogiorno...''
Porthos lo prese per le spalle cercando di calmarlo.
'' Calmati adesso, va bene?''- fece Porthos -'' così non la aiuterai, sai?''
Athos intervenne a dare supporto al gigante buono.
'' Porthos ha ragione... calmati. Prendi un bel respiro e cerca di calmarti.''
Nicolàs annuì e poi inspirò a pieni polmoni per poi espirare.
'' Dobbiamo riflettere...''- fece Aramis -'' c'è qualcosa a cui ancora non abbiamo pensato...''- poi, all'improvviso, si bloccò per poi rivolgersi al nobile -'' Che cos'ha detto Milady?''
'' Che Lunette sarebbe morta a mezzogiorno.''- fece Nicolàs sempre più in ansia.
'' Nonono...''- fece Aramis -'' le parole precise.''
'' Credo che Aramis abbia ragione...''- fece Athos -'' Milady è intelligente ed astuta, ma quando si è troppo sicuri di aver vinto si commette anche l'errore di dire qualcosa di troppo anche senza rendersene conto...''
'' Giusto.''- fece D'artagnan -'' Prova a fare mente locale.''
Nicolàs annuì e si prese qualche secondo per pensare.
Poi...
'' Ecco.''- fece il giovane nobile -'' Milady ha detto che Lunette aveva un appuntamento importante a mezzogiorno.
Questo ha detto.''
'' Un appuntamento...''- fece Athos portandosi una mano sotto il mento, cercando di sciogliere la matassa.
Era certo che Milady non avesse scelto quelle parole così, per caso.
'' Un appuntamento...''
'' Sì, un appuntamento con la morte...''- fece Aramis -'' Questo l'avevamo capito, ma non capisco dove l'abbia mandata...''
Forse si era sbagliata...
O forse no.
'' No... aspettate...''- fece Athos -'' Milady ha parlato di un appuntamento e ha lasciato ad intendere che Lunette sarebbe morta...  in genere dove si finisce una volta morti?''
'' Al cimitero...?''- tentò Porthos.
'' No, non mi riferivo al corpo...''- fece Athos cercando di essere più chiaro -'' Ma all'anima.''
'' Se la butti sul religioso...''- fece D'artagnan -'' le alternative sono solo due: o l'inferno o il paradiso.''
'' Appuntamento...''- borbottò Nicolàs tra sè e sè cercando di capire -'' Inferno... paradiso...''- poi si illuminò.
Quando era piccolo, aveva chiesto molte volte a sua zia dove si finiva dopo la morte... e lei, con fare materno gli aveva sempre risposto che prima si finiva al cospetto di Dio per essere giudicati.
Ecco qual'era l'appuntamento di cui blaterava Milady... probabilmente pensava che una volta appresa la notizia dell'imminente morte di Lunette sarebbero stati tanto impegnati a cercarla ed impedire l'inevitabile, che anche se avesse dato loro un piccolo indizio per indicare loro il posto non se ne sarebbero nemmeno accorti...
E l'unico posto in cui tutti a Parigi erano soliti dire di incontrare Dio era...
'' Diavolo di donna...''- pensò saltando in sella al suo cavallo per poi spronarlo a correre di gran carriera.
'' Nicolàs!!!''- gli urlò dietro D'artagnan -'' Dove corri?!?''
'' ALLA CATTEDRALE DI NOTRE DAME!!!''- fece il conte senza nemmeno voltarsi, spronando il cavallo a correre sempre più veloce -'' corri! Ti prego, corri!!!''
In breve, il conte Nicolàs Montmercy si ritrovò il capo di un piccolo drappello di soldati, pur essendo sempre distante dal resto del gruppo, rischiando più volte di travolgere qualcuno lungo la sua corsa disperata... ma non ci badò.
L'unica cosa che voleva era riprendersi Lunette.
Avrebbe pagato chiunque gli avesse chiesto danni e qualsiasi cifra... l'unica cosa che contava era ritrovare Lunette.
Viva.
Tutto il resto era secondario e trascurabile.
Sperava solo di aver avuto la giusta intuizione.

Le stelle parevano essere dalla sua parte...
'' Ragazzi, guardate!!!'' fece Porthos indicando un punto molto alto della cattedrale, sulla destra -'' c'è qualcosa su quella guglia.''
Athos afferrò il suo cannocchiale.
La vedeva.
Lunette. In piedi nello stesso punto in cui tanto tempo prima D'artagnan aveva rischiato di morire per colpa di Milady.
'' E' LEI! E' LUNETTE!!!''
I presenti tirarono un sospiro di sollievo ma allo stesso tempo il terrore regnava sovrano nei loro cuori.
Era un punto altissimo.
E ormai non mancavano che una manciata di minuti a mezzogiorno.
Aramis si portò le mani alla bocca per non urlare.
A quel punto Nicolàs non ce la fece più.
Smontò da cavallo ed iniziò a correre.
'' State nel punto in cui cade!!!''- oridnò ai soldati.
'' NICOLAS!!!''- fece Aramis scendendo da cavallo inseguendo il nobile nella sua corsa all'interno della più bella chiesa di tutta la Francia -'' ASPETTA!!!''
Ma l'interpellato non diede il minimo ascolto alla migliore amica della consorte.
Continuò a correre, prima dentro la cattedrale e poi lungo gli scalini che lo separavano dalla guglia su cui era salita la moglie, con l'intento di gettarsi nel vuoto.
O meglio, Lunette non voleva suicidarsi ma nello stato in cui si trovava la sua volontà era nulla.
'' Ti prego... ancora un po' di tempo...''- pregò tra se e sè il giovane conte. Doveva salvarla a tutti i costi.
'' Ah...''- si accasciò su di un gradino. La ferita che aveva riportato a Bel Ile e che gli aveva procurato una costola rotta iniziava a farsi sentire.
Doveva immaginarselo... stava correndo come un forsennato ed era ancora convalescente... aveva duellato con Athos poche ore fa, questo sì, ma avevano mantenuto toni leggeri.
'' Nicolàs, va tutto bene?''- fece Aramis avvicinandosi a lui per assicurarsi che stesse bene.
No.
La ferita gli faceva male... ma fu proprio quella ferita ad incentivarlo ad andare più veloce. Era un ricordo.
Un qualcosa che gli ricordava quello che Lunette aveva fatto per lui, saltando giù da una scogliera ed affrontando una spregiudicata assassina per salvarlo.
Non poteva lasciarla morire.
Avevano ancora tanta strada da fare assieme.
'' LUNETTE!!!''- urlò a pieni polmoni appena arriva a destinazione.
Il suo arrivo coincise perfettamente con le campane che annunciavano mezzogiorno.
'' NO!!!''- metre il giovane si era buttato sulla guglia e prendere così la moglie al volo prima che cadesse di sotto, potè giurare di aver sentito un grido sommesso proprio da sua moglie.
Sulle prime non ci badò, l'unica cosa che voleva era impedirle di morire e di lasciarlo solo con una figlia di appena tre mesi.
La prese tra le braccia e si lasciò andare contro la ringhiera.
Erano salvi.
Tutti e due.
'' C'è mancato poco, amore mio...''- fece il giovane scostando una ciocca di capelli dal viso di Lunette.
Fu allora che la gioia ed il sollievo di averla salvata si mutò in paura.
'' Lunette...?''- fece Nicolàs. La moglie aveva gli occhi chiusi, quasi se fossero stati cuciti assieme. Non un suono usciva dalla sua bocca.
'' Lunette...? Mi senti?''- fece il giovane adagiandola a terra, dandole dei buffetti sulla guancia, come per invogliarla a svegliarsi -'' Tesoro, ti prego...''
'' Nicolàs! Lunette!!!''- fece Aramis raggiungendo i due. Impallidì nel vedere la sua giovane amica, distesa a terra e in stato d'incoscienza.
Il terrore che fossero arrivati troppo tardi la assalì.
'' Nicolàs... è...?!?''- fece la bionda con voce tremante. Adagiò l'orecchio al petto della fanciulla bruna e sospirò di sollievo. Batteva ancora. Ed anche un po' troppo velocemente.
'' E' viva.''- fece la moschettiera -'' ma che è successo, si può sapere?''
'' Giuro, non ne ho idea...''- fece Nicolàs -'' L'ho presa prima che cadesse... mi è sembrato di averla sentita gridare mentre scivolava... l'ho presa con me, sembrava stesse bene...''
Aramis la guardò preoccupata.
Quell'immobilità non le piaceva per niente, ed anche il battito un po' troppo accellerato la preoccupavano e molto, anche.
Forse si preoccupavano troppo... magari era stato solo lo shock.
'' Io la porto a casa...''- fece Nicolàs prendendola tra le braccia -'' Per favore, potete pensare voi a farci arrivare un dottore?''
'' Certo.''
Il conte non fu nemmeno certo di aver sentito l'assenso della moschettiera.
I suoi occhi erano concentrati sulla giovane donna che teneva tra le braccia, che pareva più morta che viva ormai...
'' Coraggio Lunette... coraggio...''- non poteva morire così...  lei era un moschettiere del re. E quindi non poteva morire per una ripicca tra donne.
E soprattutto, la sua assassina non poteva sopravviverle, anche se in cella... no.
Se Lunette moriva... ci avrebbe pensato di persona a vendicarne la morte.

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Capitolo 74
*** Al confine con la morte ***


~Nicolàs, seguito a ruota dai tre moschettieri più D'artagnan, riportò a casa Lunette il più veloce che il suo cavallo potè correre.
'' Oddio... signora... signora contessa...''- fece la dolce Mariette, corsa ad aprire la porta, dopo essere impallidita nel vedere la padrona di casa svenuta tra le braccia del conte, per poi tapparsi la bocca per non urlare.
Il giovane nobile aprì la porta della loro stanza da letto con un calcio e poi adagiò la moglie sul loro letto.
'' Resisti tesoro... resisti.''- la suppilicò Nicolàs dandole dei buffetti salla guancia -'' Ho già fatto chiamare un dottore... non mollare...''
'' Lunette!!!''- quell'appello ed un suono di passi concitati che avevano salito le scale di corsa, avevano preceduto l'arrivo del moschettiere Aramis -'' come sta...?''
'' Non lo so, Aramis...''- fece Nicolàs con un'espressione disperata in volto -'' ti giuro, non lo so...''
In quel momento, sull'ingresso della porta arrivarono la giovane Mariette che un uomo anziano, tarchiato sui quarant'anni.
'' Signor conte...''- fece Mariette per annunciare l'arrivo del medico personale del capitano Treville.
'' Vi prego, uscite...''- fece il luminare.
'' No, non posso...''- fece Nicolàs, sperando che il medico gli permettesse di restare al fianco della moglie.
Moriva dall'angoscia di non sapere cosa diavolo le fosse accaduto...
'' Siete preoccupato, e vi capisco...''- fece il medico con tono paterno -'' ma, senza volervi offendere, qui sareste solo d'intralcio.''
Aramis lo afferrò dolcemente per le spalle e lo portò fuori dalla stanza, dopo che entrambi ebbero lanciato un' ultima, malinconica occhiata alla donna che giaceva addormentata sul letto.

Se fino a poco prima il tempo pareva correre come il più veloce dei puledri francesi, in quel momento come non mai sembra che procedesse più lento di una tartaruga zoppa.
Nicolàs camminava avanti ed indietro come un'anima in pena.
Avrebbe fatto un solco del pavimento ne era certo... ma era una  frivolezza.
'' Nicolàs...''- fece Aramis, preoccupata -'' Perchè non ti siedi un attimo e ti riposi? Chiedo a Mariette che ti porti un po' di tè.''
Nicolàs scosse il capo.
'' Aramis ha ragione...''- si associò Athos -'' sei ancora convalescente... dovresti cercare di stare tranquillo.''
'' Tranquillo...?''- fece Nicolàs con lo sguardo apatico guardando fuori dalla finestra che dava sulla quercia in giardino -'' Come posso... stare tranquillo... quando mia moglie è in quello stato... non riesco nemmeno ad immaginare che cos'abbia...''- dentro di sè si sentiva letterlamente morire. Bruciato.
Si sentiva morire nel non sapere nemmeno immaginare cosa avesse sua moglie... all'inizio gli sembrava andare tutto bene... le aveva impedito un volo di parecchi metri e che non le avrebbe lasciato il minimo scampo, ed era felice. Poi quando l'aveva avuta tra le braccia, era svenuta e non dava segni di vita.
Dall'altra si sentiva bruciare. Di odio.
Verso Milady che dal buio di quella cella non aveva ancora smesso di far loro del male. Aveva intuito già durante la sua prigionia che Milady fosse invidiosa di Lunette... ma arrivare a tanto per qualche bel vestito... qualche gioiello...
Un'altra da aggiungere alla lista di persone che non avevano mai approvato che il re avesse permesso ad una semplice serva di elevarsi al rango di contessa.
Il re aveva dato tale concessione alla sua amata Lunette per la fedeltà con cui aveva servito la corona durante l'affaire Maschera di Ferro al fianco dei moschettieri, ma non tutti a corte avevano gradito... e a quanto pare nemmeno Milady approvava questo matrimonio.
Un matrimonio che fino a pochi giorni fa, lui stesso avrebbe dichiarato molto felice per entrambi.
D'artagnan gli poggiò una mano sulla spalla, per confortarlo.
A ben vedere, era l'unico capace di poter capire come si sentisse Nicolàs e comprendere il suo dolore.
Anche lui c'era passato... aveva vissuto per giorni al capezzale di Costance senza sapere se avrebbe mai più rivisto il suo bel sorriso... la sua risata che sapeva di gioia e vitalità... e il non sapere se i progetti che avevano fatto per il futuro erano destinati a morire o potevano sperare ancora...
'' Coraggio... vedrai che la farà.''- fece il guascone -'' la conosci. E' giovane, forte, vuole vivere... e ha dei forti motivi per tornare da noi.''
'' Lo spero...''- fece Nicolàs asciugandosi una lacrima monella che alla fine era riuscita ad uscire.
Aramis senza farsi vedere aveva stretto il braccio di Athos.
Per avere conforto.
Un conforto che il bel moschettiere non le negò.
Teneva gli occhi bassi, sforzandosi di non piangere.
'' Dio, ti prego... non portarcela via.''- un gran senso di colpa la lacerava. Se solo avesse insisito di più per accompagnarla... lei sapeva bene che Milady ormai non provava altro che un odio profondo per quella ragazzina che aveva conquistato il cuore del giovane conte e che l'unica cosa che avrebbe placato quell'odio che distruggeva tutto ciò che toccava era sapere della loro disperazione.
Avrebbe dovuto andar con lei... e invece non l'aveva fatto.
Si era illusa che perfino una donna pericolosa come Milady potesse essere inoffensiva, relegata a vita nel buco più isolato della fortezza dello Chatelet.
Ma aveva commesso un errore madornale. Aveva ignorato che in quella donna ormai non c'era più alcun sentimento se non un odio sconfinato... e coloro che avevano il cuore più nero dell'inchiostro, avrebbero sempre trovato tempo e modo di fare del male.
Avrebbe dovuto stare più attenta.
'' Va tutto bene...''- le sussurrò Athos con un tono talmente flebile che solo Aramis potè udire -'' te lo prometto. Starà bene.''
Si pentì nello stesso momento in cui ebbe pronunciato tali parole. Non sapeva nemmeno cosa era successo a Lunette... come poteva promettere e garantire per la sua incolumità? Se ciò che aveva promesso non si fosse avverato... come avrebbe potuto guardare in viso Aramis, la donna che gli aveva riscaldato il cuore con il più nobile ed antico dei sentimenti umani?
Solo che... vederla così fragile e prossima al pianto era insopportabile.
Era come avere un pugnale conficcato nel cuore ed ogni tentativo di rimuoverlo era vano, nemmeno il pugnale si fosse calcificato con la ferita.
Avrebbe fatto qualsiasi cosa per alleviare quel dolore.
Anche mentire.
'' Come sta...?''- fece la voce di Costance, raggiungendo il gruppo. E non era sola. Un fagottino dal vestitino bianco e con gli occhi azzurri giocherelleva con una ciocca di capelli biondi come il grado della guardarobiera della regina.
Nicolàs le si avvicinò e con cautela prese la figlioletta tra le braccia. Tenerla tra le braccia ebbe quasi un effetto calmante.
Forse perchè nei lineamenti della bambina, vedeva il viso di Lunette...
'' Anche a te manca la mamma, vero?''- borobttò carezzandole la testolina, con un sorriso triste -'' lo so. Anche a me. Tanto.''
In quel momento, mentre D'artagnan raccontava a Costance tutta quanta la storia, senza smettere di abbracciare la figlia, Nicolàs si isolò dal resto del gruppo per raccogliersi in una preghiera.
Pregava che Lunette potesse uscire indenne da quella prova.
'' Signore ti prego... qualunque cosa abbia... falla guarire. Non te lo chiedo per me, te lo chiedo per Reneè. E' troppo piccola per perdere la madre, e soprattutto per una sciocca gelosia.  Te lo chiedo per favore.''
In quel momento, il medico uscì dalla stanza di Lunette, con al seguito una Mariette molto confiusa.
'' Allora?!?''- Nicolàs fu il primo ad avvicinarsi
'' La situazione è molto seria, conte.''- fece il medico -'' il battito è rallentato ed il respiro è debole... temo che si tratti di un attacco cardiaco.''
'' Un attacco cardiaco?''- fece Aramis sconvolta -'' a soli vent'anni?''
'' Da quanto mi hanno raccontato, la contessa al momento dell'incidente era incapace di intendere e di volere in quanto era sotto ipnosi... me lo confermate?''
I presenti annuirono.
'' Sì, signore confermo.''- fece Nicolàs -'' una donna che ce l'aveva con lei l'ha ipnotizzata per convincerla a togliersi la vita.''
'' In tal caso, è presto detto: svegliarsi di colpo dall'ipnosi equivale ad essere svegliati bruscamente dal sonnambulismo.''- spiegò il medico.
Aramis si sentì quasi mancare... lo aveva sentito dire anche lei. Se una persona camminava e si comportava da sveglia nel sonno, doveva essere guidata in modo che non potesse farsi male... svegliarla era come condannarla a morte.
E Milady lo sapeva... sapeva che una volta appreso la terribile sorte che sarebbe toccata alla loro giovane amica, si sarebbero dannati l'anima pur di salvarle la vita... ed aveva fatto in modo che la loro amica entrasse uno stato di catalessi totale se malaguratamente avesse udito un rumore particolarmente forte.
Come le campane della cattedrale che annunciavano il mezzodì.
'' Oh mio Dio...''- borbottò la bionda pallida come un lenzuolo.
Nicolàs tremava da capo a piedi: rabbia, paura, ma soprattutto odio.
Tramava così forte che Reneè intuì lo stato d'animo tormentato del padre e scoppiò in un pianto disperato. Costance si premurò di prenderla tra le sue braccia ed iniziò a cullarla amorevolmente, come se fosse sua figlia.
'' Per favore...''- implorò il giovane conte -'' ditemi che si salverà...''
'' Mi dispiace, ma questo non posso promettervelo.''- fece il dottore, affranto in viso. Non era mai facile dare notizie così vaghe, approssimative e speranze sottili come i fili di una ragnatela ai parenti di una persona in bilico tra la vita e la morte, nonostante l'esperienza accumulata in tanti anni -'' dipende dalla costituzione fisica, dall'età, dalle facoltà di ripresa di ogni individuo... per ora non posso promettervi niente, conte. Mi dispiace.''
Dio... come rimpiangeva la prigionia e le torture di Pizzarro, per non parlare del momento peggiore, quello vissuto a Bel Ile un minuto prima di saltare giù dalla scogliera, quando pensava che avrebbe reso l'anima... avrebbe sopportato tutto daccapo, anzi il doppio, qualsiasi cosa pur di avere la certezza di rivedere gli occhi della sua Lunette aperti e che gli regalavano un sorriso, uno di quei sorrisi di cui solo lei era capace.
'' Ma ci sarà pure qualcosa che possiamo fare per lei!!!''- fece D'artagnan che ormai non ce la faceva più.
'' Le ho somministrato una medicina che dovrebbe aiutare il cuore... due gocce di quest'infuso, una volta al giorno.''- fece il medico allungando una boccetta marrone.
Fu Aramis a prenderla in consegna.
'' Sì... ci penso io.''- fece la moschettiera con voce rotta. Era giusto che se ne occupasse lei... Lunette le era stata sempre vicino... l'aveva aiutata a sopportare il dolore per la morte di François e quando aveva avuto bisogno di lei, non vi era stata volta in cui la giovane si era sottratta o fatta pregare per starle vicino.
'' Non possiamo fare altro per lei...?''  - chiese Nicolàs.
L'uomo gli mise una mano sulla spalla, per confortarlo -'' Statele molto vicini. Le farà senz'altro bene sentirsi circondata da persone che le vogliono bene.''
'' Posso vederla... vi prego.''- lo implorò.
Il luminare fece un lieve cenno d'assenso e senza dire nemmeno una parola entrò nella camera da letto che condivideva con la moglie, e nella quale vi era la culla della loro figlia, chiudendo la porta dietro di sè.
Mariette le aveva tolto l'abito che aveva indossato sino a poco tempo prima e le scarpe, per metterle una camicia da notte bianca. La coperta le arrivava sino alla vita.
I capelli scuri lasciati liberi sul cuscino... se non fosse stato per le condizioni in cui il medico l'aveva descritta, avrebbe potuto giurare che sua moglie fosse solo addormentata.
'' Povero amore mio...''- pensò il giovane adagiandosi al suo fianco, senza togliersi nemmeno gli stivali, prendendola tra le braccia, carezzandole i capelli, sperando che la donna potesse sentirlo e dargli un cenno di essere viva e di voler tornare indietro.
Portava ancora il crocifisso che lui stesso gli aveva regalato tempo prima appeso al collo... strinse la croce nella mano, pregando per lei.
'' Torna da noi ti prego... ci sono troppe persone che ne morirebbero.''
Sarebbe morto anche lui probabilmente: di dolori ne aveva sopportati tanti nella sua vita... l'aver visto l'assassino dei suoi genitori, i loro cadaveri massacrati, la solitudine che aveva dovuto pagare come pegno per essere nato in una famiglia nobile, la morte dell'unica persona che gli era stato vicino per Nicolàs e basta... ma a quel dolore non sarebbe sopravvissuto.
Anzi sì.
Per Reneè.
Di sicuro la figlia gli avrebbe dato la forza di andare avanti... ma prima si sarebbe vendicato di quella donna che si era presa la vita di Lunette.

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Capitolo 75
*** Il dolore di Nicolàs ***


~Non gli era mai capitato di essere ucciso e al contempo di restare in vita e la prima volta che qualcuno gli aveva fatto un discorso del genere, aveva pensato che quel qualcuno avesse bevuto qualche bicchierino di troppo.
Invece, altrochè se era possibile.
Vedere Lunette in quelle condizioni, senza l'energia, la vivacità e la voglia di vivere che aveva quando l'aveva conosciuta ed avevano lottato contro Maschera di Ferro equivaleva ad essere trafitto da mille coltellate, tutte nello stesso momento.
'' Devo aver commesso un peccato gravissimo, e senza rendermene conto...''- aveva detto ad Athos il giorno prima, che era venuto per chiedere notizie della povera Lunette ed offrire al giovane una spalla amica su cui potersi sfogare -'' se il cielo mi punisce in questo modo.''
'' Non è colpa tua.''- fece Athos cercando di tranquillizzarlo, anche se capiva il tormento che scuoteva l'animo dell'amico -'' e non è colpa nemmeno del cielo. E' stata Milady a ridurre Lunette in quello stato.''
Lui stesso aveva stentato a riconoscerla in quei giorni, vedendola inerme sul letto, sprofondata in un sonno paragonabile alla morte.
La conosceva fin da quando era solo una bambina... e poteva dire che si trattava di una giovane forte, coraggiosa, quando c'era da lottare non si tirava mai indietro... ma in quel momento, di quella donna non rimaneva che un'ombra.
Forse era anche molto stanca... Lunette aveva lottato come una tigre per tutta la vita, prima alla locanda, poi contro Milady, Richeliu e Rochefort, poi era arrivato Maschera di Ferro... vent'anni passati a combattere avrebbero prosciugato persino un militare serio, preparato e resistente come la roccia come il capitano Treville, figurarsi Lunette.
Nicolàs però non riusciva a darsi pace lo stesso. Tutti dicevano loro che nè lui nè Lunette avevano colpa di quanto era accaduto alla sua consorte, eppure lui non riusciva a smettere di dannarsi l'anima.
Vegliava la moglie, stringeva a sè la figlia e di tanto in tanto Mariette, Aramis, Athos e tutti i loro più cari amici prendevano il suo posto per permettergli di riposare un poco... ma anche quando si ritirava in una delle stanze per gli ospiti non faceva altro che vagare per la stanza come un'anima in pena.
'' Dannata...''- aveva borbottato in uno dei momenti in cui lo avevano lasciato solo. Subito dopo, Mariette era accorsa nella stanza in cui si era rifugiato il conte e si era ritrovata davanti un quadro, a terra.
E non c'era finito da solo.
Qualcuno ci aveva tirato contro un candelabro e per far cadere quel quadro, doveva essere stato tirato anche con una notevole forza.
Si sentiva divorare dalla rabbia più che mai. Milady e Maschera di ferro parevano essersi messi d'accordo per portargli via, a turno, tutto ciò che gli era più caro.
Quello che però gli lacerava di più era il sapere che Milady fosse viva e che solo quando avrebbe raggiunto una veneranda età, la morte se la sarebbe presa. Mentre Lunette... non lo sapeva quanto gli restava da vivere.
Il sapere che Milady avrebbe passato il resto della vita in prigione, senza possibilità di appello avrebbe dovuto dargli un po' di pace... invece non riusciva ad accettarlo. Non poteva accettare che Milady avrebbe vissuto con la soddisfazione di aver eliminato l'odiata rivale fino a quando Iddio non avesse deciso che aveva passato troppo tempo sulla terra, e che invece la sua Lunette...
'' Gliela farò pagare tesoro mio...''- fece Nicolàs baciandole una mano -'' ti giuro che quella donna pagherà per tutto il male che ci ha fatto.''
'' Signor Conte...''- fece Mariette entrando nella stanza.
'' Sì? Dimmi pure.''- fece il giovane, rivolto alla loro domestica.
'' Mi... mi sono permessa di prepararvi qualcosa da mangiare...''- dichiarò la ragazza.
Nicolàs le sorrise, riconoscente ma scosse il capo.
'' Ti ringrazio, Mariette... ma non dovevi disturbarti per me. Non ho appetito.''
'' Signore...''- fece la ragazza cercando di non mancare di rispetto al padrone di casa, tuttavia contraddendolo -'' io... mi permetto d'insistere.
Siete molto pallido in questi giorni e non vi siete ancora ripreso dalle ferite che vi hanno inferto... se continuate di questo passo vi ammalerete anche voi... e la signora non mi perdonerebbe mai, pensando di aver trascurato la vostra cura o quella della contessina Reneè.''
Nicolàs fece per negare di nuovo e per tranquillizzare la giovane che quando e se Lunette avesse ripreso i sensi e lo avesse trovato non troppo bene, si sarebbe assunto ogni responsabilità e che l'avrebbe '' scagionata da tutte le accuse''... poi si bloccò.
Qualcosa aveva preso forma nella sua testa. All'inizio ne ebbe quasi paura... ma poi si convinse.
Sorrise benevolo alla cameriera.
'' Va bene... ma prima credo che uscirò per prendere una boccata d'aria... chissà che non mi faccia tornare l'appetito.''
Mariette annuì, sorridendo, grata.
'' Dico allo stalliere che vi selli il cavallo?''
'' No.''- fece lui -'' Farò due passi.''
'' Come volete signore.''- fece la giovane riverendolo per poi prendere il suo turno di veglia.

Nel cassetto del suo studio, aveva conservato un oggetto. L'unico ricordo che gli rimaneva di suo padre. Il giorno in cui erano morti i suoi, lo stesso in cui il loro maggiordomo lo aveva accompagnato da sua zia, gli aveva consegnato una sorta di eredità paterna.
Un pugnale con lo stemma dei Montmercy.
Il servitore gli aveva detto che era un cimelio di famiglia, tramandato di generazione in generazione, di padre in figlio, e che avrebbe voluto consegnarglielo di persona il giorno del suo diciottesimo compleanno... ma la vita aveva deciso un cammino diverso e il pugnale lo aveva ricevuto con largo anticipo.
Non lo aveva mai usato però. Si era limitato a portarlo sempre con sè come un ricordo... ma a quanto pare aveva deciso che quello era il momento giusto per usarlo.
Un po' si sentiva male al pensiero...
'' Madre, padre, zia cara...''- borbottò guardando fuori dalla finestra, con lo sguardo rivolto al cielo blu di Parigi -'' perdonatemi se potete...''
Prese un mantello in cui avvolse l'arma e poi si avviò per uscire.
Aveva appena varcato  il muro di cinta costruito attorno alla villa quando...
'' Nicolàs.''
L'interpellato si voltò e quando vide che si trattava di Aramis esibì un sorriso tirato.
'' Oh, sei tu...''
'' Già...''- fece la moschettiera smontando da cavallo -'' come stai?''- s'informò -'' Sei riuscito a dormire un po'?''
'' Sì...''- rispose senza troppa convizione -'' forse... giusto qualche minuto più di te...''- aggiunse poi ammiccando alle occhiaie da spavento del moschettiere biondo.
'' Non mi sono proprio avvicinato al letto.''- confessò la bionda. Aveva passato tutta la notte nella chiesa di Notre Dame, lo stesso posto che alla fine di quella storia sarebbe potuto diventare il teatro della morte della giovane fanciulla, per pregare Qualcuno più potente del re, più potente di Richelieu affinchè salvasse la vita della sua più cara amica e confidente.
'' Lo vedo...''- fece il conte.
'' Tu invece...?''
Nicolàs decise di mentire -''  Sto andando a fare due passi... ho bisogno di un po' d'aria.''
'' Fai bene.''- fece Aramis -'' Lunette non sarebbe felice di...''
'' Sì, lo so...''- fece Nicolàs -'' stai andando a trovarla?''
'' Sì...''- poi, qualcosa catturò l'attenzione della bionda. Non era una giornata particolarmente fredda.. anzi, faceva fin troppo caldo per portarsi dietro un mantello.
Nicolàs capì che il moschettiere sospettava qualcosa, ma cercò di sviare i sospetti che sarebbero sicuramente arrivati da un momento all'altro -'' Lo porto da Bonacieux per una riparazione.''
La spiegazione però non era convincente.
'' E non potevi chiedere ad una delle cameriere di aggiustarlo...?''- indagò la giovane moschettiera.
'' Preferisco che si occupino di Lunette e di Reneè... scusa, ma ora vado. Prima finisco di fare due passi, prima torno da lei...''- e nel dir così si allontanò.
Aramis bussò alla porta della villa, con un'espressione preoccupata. Nicolàs, per tutta la durata del loro breve colloquio era imbarazzato, e pareva anche ansioso di liberarsi di lei. Non era da lui.
C'era qualcosa di strano ed aveva anche un brutto presentimento...
'' Buongiorno monseiur Aramis.''- lo accolse Mariette, aggiustandosi i capelli, con un sorriso a trentadue denti.
'' Buongiorno Mariette...''- salutò la moschettiera togliendosi il cappello -'' Come sta la contessa?''
La cameriera s'incupì a tale domanda.
Ed Aramis capì. Non era peggiorata ma nemmeno migliorata.
'' Capisco...''- poi decise di farle alcune domande. Nicolàs non poteva essere uscito di casa senza avvertire e fare in modo quindi che Lunette non fosse lasciata da sola. Ergo, qualcosa a Mariette doveva aver detto. Per forza.
'' Dimmi... per caso sai dov'è andato il conte?''
'' Gli ho preparato qualcosa da mangiare perchè riprendesse le forze...''- spiegò Mariette -'' all'inizio si è fatto pregare, ma poi ha detto che sarebbe uscito a fare due passi prima di mangiare.''
'' E dimmi...''- continuò la moschettiera -'' in questi giorni, il conte ti ha accennato ad un mantello da riparare o qualcosa del genere?''
'' No...''- fece la ragazza -'' in questi giorni è stato sempre vicino alla signora e non ha fatto caso a nient'altro.''
Aramis annuì.
C'era qualcosa di strano... solo che non riusciva a capire che cosa.
E qualcosa gli diceva che non era niente di buono. Lo ignorava, ma sentiva che non erano buone nuove.
Dal piano di sopra si sentì una voce di donna che si agitava e che implorava.
'' Oddio...''- fece Mariette.
'' LUNETTE!!!''- Aramis corse su per le scale in direzione della camera da letto dei conti Montmercy con il cuore ed il viso illuminati dalla speranza, seguita a ruota da Mariette.
'' Vuoi vedere che...''- pensò speranzosa la bionda. Ma dovette ricredersi: Lunette aveva gli occhi chiusi, ma si agitava nel sonno innaturale in cui era costretta per colpa di Milady, come in preda al più feroce degli incubi.
'' No... per favore...''- borbottava.
Come quando era piccola e si agitava in preda alla febbre, la bionda moschettiera, bagnò il proprio fazzoletto nella tinozza d'acqua presente nella stanza bagnandole il collo e la faccia, per tentare di calmarla, seppur con scarsi risultati.
'' Lunette...''- fece Aramis con un'espressione piena di speranza ed incredulità, ma anche di rassicurazione, dandole dei buffetti sulla guancia -'' Lunette... tranquilla, sono qui piccola... coraggio.''
'' No...''- fece la giovane agitandosi nel sonno -'' No... ti prego no...''
'' Lunette calmati... sei al sicuro qui...''
'' No... Nicolàs no... ti prego.''- continuò Lunette.
'' Ma che sta dicendo...?''- fece Mariette confusa e preoccupata al tempo stesso.
Aramis si sedette sul letto, mise leggermente a sedere la sua giovane amica e la strinse a sè in un abbraccio fraterno, cercando di tranquillizzarla e di tenere a bada la crisi che aveva preso possesso della giovane contessa.
'' Va tutto bene piccola...''- fece la bionda carezzandole i capelli per calmarla -'' tranquilla.''
'' Nononono...''- fece nuovamente -'' Nicolàs... è in pericolo... salvatemelo...vi prego.''
'' Monseiur...''- fece Mariette preoccupata -'' ma che sta dicendo...? E' forse successo qualcosa al signor conte?''
Aramis s'impensierì. Nicolàs che sembrava ansioso di andarsene quando invece avrebbe dovuto accogliere ogni tipo di conforto a braccia aperte... un mantello '' da riparare'' che doveva essere incombenza di una cameriera e non del sarto personale della regina... ed ora Lunette che si agitava in preda agli incubi.
Forse si preoccupava  troppo e stava rivivendo l'ansia e la paura del rapimento di Nicolàs... ma c'erano troppe cose che non tornavano.
Poi le venne un terribile sospetto.
'' Ho capito.''- pensò la giovane senza smettere di fissare la sua ex domestica per poi riadagiarle la testa sul cuscino -'' stai tranquilla. Non ti deluderò.''
Solo allora Lunette si calmò, ma ricadde anche nell'oblio in cui si trovava fino a prima di agitarsi.
'' Mariette, scusa, ma devo proprio scappare, ti chiedo di non lasciare la contessa da sola nemmeno per un attimo...''- fece uscendo dalla stanza e scendo le scale a rotta di collo, seguita dalla giovane Mariette, la quale faceva non poca fatica a starle dietro, nemmeno tirandosi su la lunga gonna.
'' Ma che succede, si può sapere?''- fece la cameriera sempre più in asia.
'' Niente...''- fece la moschettiera raggiungendo la porta e recuperando il cappello -'' solo... un guaio con il conte Montmercy.''
'' E' in pericolo?''- domandò la ragazza.
Aramis ritenne giusto darle una spiegazione.
'' Voglio dire che se non è ancora nei pasticci, sta per cacciarsi in un guaio da cui non sarà facile uscire...''- ed anche se non fosse uscito, avrebbe dovuto farci i conti per tutti gli anni che gli restavano da vivere.
E considerato che era ancora molto giovane, si parlava di mooltoo tempo. Troppo per convivere con qualcosa di così orribile.
Una volta fuori dalla villa, saltò in sella al suo cavallo bianco e lo spronò a correre il più velocemente che poteva.
'' Nicolàs Montmercy... ti prego, dimmi che ancora non l'hai fatto.''
Aveva capito fin troppo bene quello che il marito di Lunette aveva in animo di fare. Un po' lo capiva, in quanto anche lei aveva provato lo stesso, medesimo desiderio per sei anni. Ma poi avrebbe dovuto fare i conti per tutta la vita. Inoltre... Milady era stata condannata all'ergastolo dal re, se qualcuno l'avesse uccisa in carcere pur con tutte le motivazioni del mondo e malgrado fosse certa al cento per cento che il re avrebbe capito i sentimenti del giovane conte... non avrebbe potuto evitare di applicare la legge e le conseguenze sarebbero stati terribili.
Ma chiamava Dio a testimone: fin quando avrebbe avuto aria in corpo, non gli avrebbe permesso di commettere una simile sciocchezza.
Lo doveva a Lunette e sua figlia Reneè.
'' Corri...''- fece spronando il cavallo a più non posso -'' CORRI!!!''

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Capitolo 76
*** La luce della speranza ***


~A pochi passi dalla prigione dello Chatelet, dove Milady stava probabilmente gongolando per la sua vittoria per aver neutralizzato Lunette, Nicolàs si bloccò.
Inspirò a fondo.
Era partito da casa con l'intenzione di vendicarsi. Vendicare Lunette e tutte le sofferenze che aveva fatto patire alla sua amata e a lui fin dal giorno in cui l'avevano incontrata, oltre a quello che aveva inflitto a tutte le persone che amavano incondizionatamente.
In quel momento però sentiva le sue intenzioni iniziare a barcollare... se le avesse affondato il pugnale nel petto sicuramente avrebbe vendicato le loro sofferenze... ma poi il sangue sulle mani?
Avrebbe cercato di lavarlo via per tutta la vita, ma sarebbe rimasto una costante, come la certezza che ogni mattina il sole sarebbe sorto.
Il briclio di buonsenso che ancora sopravviveva in lui gli urlava che era ancora in tempo, che non valeva la pena portarsi un simile peso sulla coscienza per una donna che non si meritava nemmeno uno dei loro pensieri e che le uniche donne di cui avrebbe dovuto preoccuparsi erano sua moglie e sua figlia...
Appunto. Sua moglie.
Gli bastò pensare Lunette, per vederla immobile nel loro letto, debole, pallida, smagrita... e sentì la collera aggredirlo violentemente e delle lacrime di rabbia, odio e paura solcargli il viso.
Al poi ci avrebbe pensato.
Ora doveva solo impedire a quella donna di fare ancora soffrire della povera gente.
Prese un bel respiro e si diresse verso l'ingresso della prigione.
'' Calmati... stai calmo...''
'' Conte Montmercy.''- lo salutò il guardiano della prigione, Vesmount -'' Avete ritrovato la vostra bella signora?''
Nicolàs esibì un sorriso tirato.
'' Sì...''
'' Sta bene spero. L'altro giorno eravate più pallido di un lenzuolo e... ma vi sentite bene?''- fece il secondino quando vide che il nobile aveva di nuovo perso colore.
Nicolàs fece aspettare una risposta per qualche secondo e poi rispose un assai poco convincente -'' Sì...''
'' Se lo dite voi...''- fece Vesmount poco convinto -'' ma avevate bisogno di qualcosa?''
'' A dire il vero sì... vorrei vedere un prigioniero se posso.''- una parte di sè però sperava con tutto il cuore che la risposta fosse un no.
Ed invece, il permesso non tardò ad arrivare.
'' Ditemi solo chi...''
'' Conte Montmercy.''- fece Aramis raggiungendo i due con un ultima corsa. Era stanca ed affannata per la corsa a cavallo ma felice di essere arrivata in tempo per impedire l'inevitabile.
Qualcuno lassù doveva amare molto lei ed i suoi amici...
'' Meno male che vi ho trovato...''- nel dir così gli afferrò il braccio con una forza inquivocabile che diceva, senza troppi giri di parole e poca tolleranza alle repliche -'' Tu ora vieni via con me.''- poi si rivolse al secondino -'' Vesmount, scusate se vi abbiamo disturbato... c'è stato un malinteso. Un brutto malinteso che però abbiamo già risolto... ora se permettete andiamo... la contessa Montmercy è molto preoccupata.''
Nicolàs la guardò confuso e Vesmount pur non capendoci molto, annuì.
'' Capisco... portate i miei saluti alla contessa.''- fece l'uomo.
'' Senz'altro...''- fece Aramis allontanandosi in fretta e furia con Nicolàs senza mollare la presa.
Poi una volta rimasti soli, in un vicolo di Parigi...
Il pugno di Aramis si abbattè sulla mascella di Nicolàs, così forte da lasciarlo mezzo tramortito.
Però... il conte non potè che ammettere che la migliore amica di sua moglie, per essere una donna, era piuttosto forte.
'' Ah...''- fece rialzandosi e massaggiandosi il punto dolente. Sentiva il sapore ferroso del proprio sangue -'' Ma sei impazzito...?''
'' Sono io, mio caro amico, che lo chiedo a te!''- sbottò Aramis -'' che ti sei messo in testa, me lo spieghi?''
'' Non so di cosa tu stia parlando...''
'' Ah, non lo sai...?''- nel dir così la bionda afferrò il mantello e scuotendolo fece cadere il pugnale con lo stemma dei Montmercy.
Lo afferrò e glielo mise sotto gli occhi.
'' Non mi dire che te lo sei portato dietro per paura dei borseggiatori, perchè non ci credo...''- fece Aramis rossa di rabbia in viso -'' secondo me a Bel Iler ha preso più sole di quanto pensavamo quando eri su quel masso e ti si è cotto il cervello... andare allo Chatelet per uccidere una persona, ma sei matto?!?''
'' Persona?!?''- fece lui scattando in piedi -'' quella non è una persona. E' il diavolo personificato. Se Lunette muore, la colpa è sua.''
'' Senti, io non so cosa accadrà a  Lunette...''- fece Aramis -'' ma credimi, non vale la pena rovinarsi la vita per qualcuno che non si merita la minima considerazione...''
'' Aramis...''- fece Nicolàs appoggiandosi al muro -'' Lunette mi ha detto che anche tu hai perso l'amore della tua vita... e prima che tu te lo chieda... so tutto. E non è stata Lunette a dirmelo. Lei ignora che io so la verità. So tutto e da un pezzo anche. Quando mi ha detto dei motivi che ti hanno spinta ad arruolarti ha parlato di te come un uomo.''
Aramis annuì anche se era sopresa ed iniziò a domandarsi se c'era qualcuno tra le persone che conosceva che ancora pensava di aver a che fare con un uomo.
'' Posso farti una domanda...?''
'' Certo.''
'' Quando hai preso Mansonne... come hai fatto a non cedere alla tentazione di ucciderlo?''
Aramis sorrise.
'' Ho pensato al momento in cui avrei avuto tra le mani quel disgraziato per gli anni migliori della mia vita. Ho concetrato tutte le mie forze per il momento in cui l'avrei punito... ma non ce l'ho fatta.''
'' Come mai?''
'' Perchè qualcuno mi ha ricordato all'ultimo che la morte di un criminale non mi avrebbe restituito François. Che non avrei riavuto indietro il dolore, le lacrime e le notti insonni. Mansonne è morto nel tentativo di uccidere me. Allora ho ritrovato la pace.''
'' Beata te..''- fece Nicolàs sospirando -'' Io non riesco a trovarla e sento che solo la morte per mano mia di quella donna mi aiuterebbe.''
Aramis lo fulminò con lo sguardo.
'' Non devi dirlo neanche per scherzo.''- lo rimproverò la bionda -'' Sarebbe la tua rovina.''
'' Non so quanto me ne importerebbe...''- fece Nicolàs -'' l'unica cosa che mi viene da pensare... è la povera Lunette.'''
'' Appunto.''- fece Aramis -'' Nicolàs, il giorno che tu e Lunette vi siete sposati... le ho fatto una promessa che mi sono impegnata a mantenere sinchè avrò fiato in corpo. E gliel'ho appena rinnovata: proteggere te e vostra figlia.''
'' Come...?''
'' Lunette ha chiesto al re di non condannare a morte Milady, anche se non è riuscita a perdonarla per quello che ti ha fatto di recente...''- spiegò Aramis -'' Ed il re l'ha esaudita... riteneva che ucciderla equivalesse a permetterle di cavarsela e quindi ha ottenuto il carcere a  vita per lei...
Se uccidi un prigioniero condannato all'ergastolo dal re, sarà come se avessi violato un editto reale. Sarebbe come dire che non riconosci la sua autorità.... sai che cosa significa vero?''
Nicolàs annuì. Altrochè se lo sapeva. Le alternative variavano dal carcere a vita al patibolo.
E lo sapeva anche da prima... ma era talmente accecato dalla rabbia e dal desiderio di vendetta che non aveva pensato con attenzione al dopo.
Se Lunette viveva, sarebbe venuto meno alla promessa che le aveva fatto riguardo allo starle accanto per crescere la loro figlia... se malaguratamente la moglie non ce l'avesse fatta a sopravvivere... Reneè avrebbe avuto bisogno di un padre. Lui e Lunette avevano già redatto un documento in cui affidavano, in caso della loro prematura dipartita, la figlia ai moschettieri.... ma niente e nessuno avrebbe potuto sostituire i suoi genitori.
Malgrado avessero la sicurezza che non avrebbero potuto lasciarla in mani migliori.


'' Grazie...''- fece Nicolàs ritornando verso casa assieme alla moschettiera -'' Mi hai impedito di fare una grossa sciocchezza.''
'' Ah figurati...''- fece Aramis sorridendogli -'' è come se fossi mio... cognato, se non ci si aiuta tra parenti...''
Il giovane si lasciò sfuggire una risata.
'' Come hai fatto a capirlo?''- chiese.
'' Me lo hai... detto tu.''- fece Aramis -'' Con quello che ti stava succedendo non ti saresti mai preoccupato di un mantello rotto e sapevi bene che Binacieux avrebbe potuto offendersi per una riparazione... hai seminato indizi ovunque.''
Nicolàs sorrise e si chiese se per caso avesse davvero mai avuto l'intenzione di uccidere Milady... aveva dato spiegazioni approssimative e poco convincenti sulla sua destinazione di proposito, aveva cercato di allontanare i sospetti e invece li aveva sollevati e aveva sperato che qualcuno lo fermasse.
'' Inoltre... me l'hanno detto.''
Nicolàs la guardò stranito.
Questo però non gli tornava... era abbastanza sicuro di non aver detto ad anima viva di quello che aveva in mente di fare...
'' Cosa...?''
'' Lunette... ha avuto uno spruzzo di lucidità...''
Gli occhi di Nicolàs si sgranarono dalla felicità e dall'incredulità.
'' Oddio, si è svegliata? Come sta, ha chiesto di me?''
Aramis lo guardò in un modo che non voleva dire nè sì nè no.
'' Diciamo di sì...''- fece la bionda -'' E' temporeanamente uscita dal suo stato di catalessi e ha iniziato ad implorare che suo marito, la persona a cui tiene più della sua vita, di non trasformarsi in un assassino.
Da lì in poi non è stato molto difficile fare due più due...''- spiegò Aramis.
Nicolàs udì poco di quelle ultime parole, l'unica cosa che sentì fu il sollievo e la speranza illuminargli il cuore che fino a poco prima era oscurato dalla paura e dal dolore -'' Dio sia ringraziato... quindi si riprenderà presto...''
''Sì.''- fece Aramis sorridente -'' Si riprenderà, perchè al momeno ha un unico scopo: tornare da te e da vostra figlia. Sarebbe stato un bel problema per lei ritornare alla vita e non trovarti più, non credi?''
Nicolàs annuì e poi spalancò le porte della casa e salì in fretta e furia le scale che lo separavano da Lunette.
Mariette si alzò in piedi dalla poltrona su cui sedeva mentre teneva d'occhio la giovane contessa e fece una lieve riverenza per dare il bentornato al conte.
'' Mariette... puoi andare.''- la  congedò.
Aveva voglia di restare da solo con lei.
'' L'ultima volta che eravamo in una stanza da soli...''- fece Nicolàs accarezzandole i capelli -'' Mi hai detto che dovevamo smettere di incontrarci mentre tu morivi ed io correvo in tuo aiuto... stavolta però sei stata tu a salvarmi.
Amore mio, stavo per commettere un terribile sbaglio... ma questo già lo sai, o non avresti chiesto ad Aramis di venire a salvarmi.
Mi raccomando torna presto. Io e Reneè ti stiamo aspettando.''

Quando Aramis tornò a casa, si rifugiò nella stanza che aveva assegnato a Lunette quando l'aveva presa a servizio.
Aveva lasciato qualche vestito e altri oggetti... molte cose le aveva portate via quando si era sposata.
Però aveva lasciato una bambola. Una bambola con i ricci marroni ed un vestito di seta verde. Se lo ricordava bene quel giocattolo...
Quando l'aveva '' adottata'' e nemmeno negli anni a venire, Lunette non aveva mai chiesto niente. Forse pensava che la vita fosse già stata troppo generosa con lei e che chieder di più fosse un reato... ma Aramis aveva comunque deciso che quella ragazzina era ancora troppo piccola per passare tutto il santo giorno a lavorare e quella bambola pareva essere fatta per lei.
Assieme ad Athos e Porthos aveva fatto una piccola raccolta per comprarla, ma diavolo era valsa ogni scudo.
Il sorriso e l'incredulità che si era dipinta sul viso di Lunette per quel regalo di benvenuto nella loro famiglia dei moschettieri era stata la ricompensa più grande.
Ricordava che quando era bambina se l'abbracciava di continuo e quando lasciò la casa per andare a vivere con suo marito, aveva deciso di lasciarla lì.
'' Così avrete un modo per sentirmi vicina quando non potremo vederci o saremo troppo lontane.''
Ed in quel momento, Aramis pensò che a suo tempo Lunette dovesse aver già previsto il destino che l'aveva appena travolta.
Si stese sul letto dell'ex cameriera ed abbracciò la bambola come se fosse Lunette stessa, tornando indietro con la mente ai giorni in cui Lunette viveva con lei, quando lottavano per il bene della Francia e ai momenti in cui le insegnava tutto quello che gli serviva per affrontare la vita.
Lunette aveva appena dato dei segni di ripresa, ma poi era anche ricaduta nell'oblio e la cosa non le piaceva nemmeno un po'.
Sperava solo che potesse riprendersi presto...
Stette immobile a pensare a quei giorni che parevano ormai lontanissimi, in quella posizione, per circa due ore, sinchè non sentì qualcuno bussare alla porta.
Si alzò, si aggiustò rapidamente l'uniforme e i capelli ed andò ad aprire.
'' Athos...''- fece nel vedere il suo ospite.
'' Ciao...''- fece il bel moschettiere bruno -'' passavo di qui e ho pensato di chiederti come stavi, se non ti disturbo.''
'' Ma non dirlo nemmeno...''- fece Aramis scostandosi per farlo entrare -'' vieni, entra.''

'' Ho sentito che oggi sei stata alla prigione...''- fece Athos sorseggiando il vino che Aramis gli aveva offerto.
'' Già...''- fece la bionda -'' Dovevo salvare Nicolàs.''
'' Come mai?''
In breve, Aramis gli raccontò che quel giorno per la prima volta dopo due giorni di completa incoscienza aveva avuto un piccolo, breve momento di lucidità in cui supplicava che qualcuno andasse in soccorso di Nicolàs, presagendo un pericolo imminente.
''... avresti dovuto vederlo...''- fece Aramis -'' pareva aver perso il lume della ragione.''
'' Non lo biasimo.''- fece Athos -'' l'amore della propria vita in quelle condizioni...''- Dio solo sapeva come e cosa aveva impedito, alcuni anni fa al loro giovane amico D'artagnan di non cogliere al volo l'occasione di vendicarsi di Milady per tutto il male che aveva fatto a Costance.
Aveva dato prova di grande cuore e maturità malgrado fosse poco più che un ragazzo.
Però capiva cosa aveva nel cuore Nicolàs.
Se fosse successo qualcosa ad Aramis... non si sarebbe dato pace, a costo di dannarsi l'anima, chiunque avesse osato torcerle anche un solo capello o tentato di portarla via da lui, non avrebbe più avuto un singolo attimo di pace fino alla fine dei suoi giorni.
Tutto quello che sapeva in quel momento... è che era innamorato. Senza voler sminuire nessun altro che portava nel cuore un sentimento così, avrebbe potuto affermare che nessuno fosse mai stato più innamorato di lui in quel momento e che nessun'altra donna che conosceva fosse più degna di Aramis di ricevere da lui quel nobile sentimento.
Quando era giovane ed anche grazie alla fama che si era costruito nei moschettieri, ne aveva avute di donne ai piedi e di tanto in tanto, sì non era un segreto per nessuno, che se ne era approfittato... ed ogni santa volta aveva immaginato che la '' dama di turno'' avesse il volto di Aramis... la donna di cui si era innamorato.
Glielo aveva ribadito anche pochi giorni prima.  Le sarebbe rimasto sempre accanto, per tutta la vita, se non poteva ambire al suo cuore, allora le sarebbe rimasto vicino come amico e l'avrebbe sempre protetta da tutto e da tutti, a spada tratta.
'' Forse al suo posto...''- fece Athos -'' anch'io avrei reagito così...''
'' Davvero?''- fece Aramis.
'' Se Milady avesse fatto a te, quello che ha fatto a Lunette...''- fece Athos -'' Che Iddio mi perdoni per quanto farei... ma il mondo intero non le basterebbe per nascondersi da me.''
'' Un moschettiere che va contro un editto reale... il re non sarebbe molto comprensivo...''
'' La cosa non m'importerebbe poi tanto...''- fece Athos -'' Preferirei morire...''- fece il bel moschettiere accarezzandole il viso -'' Che vivere un solo giorno senza di te.''
'' Athos...''
Il moschettiere ritirò la mano.
'' Te l'ho detto... e qui te lo ripeto.''- fece il moschettiere bruno -'' Tengo a te come non ho mai tenuto a nessun altro prima di questo momento.
E se me lo chiederai, ti aspetterò sino a che non cadranno le stelle... ma non chiedermi di smettere di guardarti le spalle, amarti e proteggerti... sarebbe l'unica cosa in cui non posso esaudirti.''
A quelle parole Aramis non ce la fece più e si rifugiò sul petto del compagno, scoppiando in lacrime, per poi cercare le labbra del moschettiere bruno e lo baciò. In quel bacio affogò tutte le sensazioni che l'avevano scossa in quei giorni, ma soprattutto ci affogò il suo bisogno di sentirsi nuovamente una donna amata e protetta che aveva represso e soffocato negli ultimi otto anni.

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Capitolo 77
*** Torna da noi ***


~Le condizioni della povera  Lunette purtroppo non miglioravano.
Ormai era una settimana che la giovane contessa giaceva nel suo letto, immersa in un sonno molto simile alla morte dal quale non riusciva in alcun modo a svegliarsi, e dal quale nessuno pareva in grado di scuoterla.
Il re aveva mandato a chiamare persino dei medici dall'estero affinchè visitassero la giovane donna e trovassero il modo di richiamarla in vita, ma il verdetto era stato sempre lo stesso.
Solo che nessuno di loro ci credeva. Nessuno di loro era disposto a credere che lo spirito della ragazza fosse separato dal corpo e che non riusciva a svegliarsi perchè non c'erano sufficienti motivi per i quali tornare.
'' E' una bugia, non è vero!!!''- aveva strillato il piccolo Jean dopo aver sentito quella storiella per la terza volta, con le lacrime agli occhi -'' La verità è che non sanno più cosa inventarsi per non dire che non sanno che pesci prendere, e dicono che è colpa sua, che non vuole più vivere!!!''
Forse aveva avuto una reazione troppo forte, cosa più che naturale dato che era un bambino, ma tutti si erano sentiti di dargli ragione.
Lunette... ne aveva di motivi per desiderare di vivere, per molti anni ancora: aveva una famiglia che non avrebbe esitato a gettarsi nelle fiamme dell'inferno se fosse stato necessario, amici che avevano sempre lottato al suo fianco, un uomo meraviglioso che l'amava ed altro non chiedeva di poterla stringere di nuovo tra le braccia e vederla sorridere, una bambina ancora piccola che aveva bisogno di lei...
Nicolàs ormai non dormiva più.
Passava i giorni e le notti al capezzale della moglie a tenerle la mano e ricordandole i momenti migliori che avevano vissuto assieme, mentre con l'altro braccio scuoteva dolcemente la culla della figlia per farla addormentare serenamente.
'' I migliori...''- faceva con le lacrime agli occhi -'' Ma anche i più pericolosi.''- perchè dovevano dirlo... in genere i ragazzi s'innamoravano quando s'incontravano per caso al mercato, in piazza, in chiesa perchè no... capivano di amarsi facendo passeggiate lungo la Senna, magari con il sole che scompariva piano piano... loro invece si erano innamorati nel bel mezzo di una guerra in cui ogni giorno portava con sè l'incertezza.
Eppure... quei momenti di pericolo ed incertezza non li avrebbe cambiati con nulla al mondo... forse se si fossero incontrati con una diversa modalità, avrebbe pensato che Lunette altri non fosse che una fanciulla che ai suoi occhi appariva un po' più carina delle sue coetanee...
'' E invece ho avuto la certezza, fin dal primo momento... che avrei avuto accanto una guerriera... una donna con cui valeva la pena affrontare la vita...''
Ogni giorno, all'alba la avvolgeva nel soprabito blu che Lunette stessa gli aveva confezionato per il suo compleanno e la portava sino al cancello della villa per farle almeno sentire il calore del sole sulla pelle, sperando che l'aria frizzante della mattina e la luce che cresceva nel cielo potesse svegliarla, anche solo per un attimo, il tempo di rivedere i suoi occhi aperti e dirle quanto l'amava... ma era tutto inutile.
'' Ti prego amore mio...''- la supplicava anche se era conscio che la moglie non poteva sentirlo -'' non puoi mollare...io... io... io non ce la faccio a vivere se tu non sei al mio fianco... io.. io.. ti amo.''
Dio se l'amava... come non poteva impazzire d'amore per quella donna che all'apparenza era timida e solitaria a causa del suo passato da paura, ma che riusciva a mantenere calma, dignità anche nelle situazioni peggiori e che aveva uno spirito libero ed indipendente? Non avrebbe trovato di meglio nemmeno se avesse girato in lungo ed il largo tutte le corti d'Europa.
Ogni qualvolta che s'incontravano lei lo prendeva in giro dicendo che iniziava a stufarsi di essere salvata da lui... odiava fare la parte della fanciulla in pericolo. Amava anche questo di lei.
Ma a parer suo... era lei ad averlo salvato. Dalla paura di non essere amato per quello che era veramente ma per come appariva alla società e dal non riuscire a trovare la pace e la gioia che aveva tanto sognato ed agognato fin da quando erano morti i suoi genitori. Perchè malgrado tutto, malgrado lui stesso si auto riteneva un uomo forte, sempre pronto a combattere e poco disposto a guardare senza reagire, era un po' fragile. E come tutte le persone fragili e sensibili aveva bisogno di amore.
Glielo aveva fatto capire ogni singolo giorno che l'amava, pur non dicendolo direttamente, ma non aveva mai mancato una volta di farle capire l'immensità di quel sentimento che lo legava a lei... eppure gli sembrava di non aver fatto abbastanza.
Non poteva morire... dovevano fare ancora tante cose... dovevano vedere crescere la loro figlia, insegnarle cosa davvero contava nella vita, sedersi sotto il portico circondati dai nipotini...
Avevano ancora una vita davanti. Non poteva e non doveva finire così.

Aramis di solito non beveva mai. Reggeva abbastanza bene l'alcool, ma a parte un bicchierino con gli amici ogni tanto, non beveva. Odiava la sensazione di confusione che le annebbiava la mente e che le impediva di ragionare con la dovuta lucidità.
A quei giorni però ne aveva una gran voglia.
Beveva almeno cinque bicchieri a sera.
E poi si sedeva sulla poltrona a fissare il fuoco che scoppiava nel camino.
Non faceva affatto così freddo da dover accendere il camino, malgrado quella primavera ce la stesse mettendo tutta per assomigliare ad un freddo inverno, ma per lei era l'unico modo che aveva per vedere una ragazzina di quattordici anni sdraiata di fronte al camino immersa nella lettura di qualche romanzo d'avventura mentre lei provava solo ad immaginare in quale posto strano ed esotico stesse scappando in quel momento... una sedicenne che tesseva a maglia o rammendava le sue camice... una tredicenne che nella sera della vigilia di Natale la abbracciava euforica, ringraziandola per averle regalato una bambola che mai aveva chiesto ma che sotto sotto aveva sempre voluto...
'' Quanti ricordi...''- fece la ragazza fissando il fuoco, rivolgendosi ad Athos che era passato per assicurarsi che stesse bene -'' quante serate passate davanti al fuoco...  a discutere, a fantasticare... oppure ce ne stavamo in silenzio a guardare il fuoco.''
Athos sorrise, scostandole un ricciolo ribelle dalla fronte.
Già.
Erano state sempre così quelle due: erano come sorelle gemelle anche se non erano figlie degli stessi genitori e tra loro correvano ben quattro anni di differenza. Era come se quelle due fossero sempre in simbiosi... bastava loro uno sguardo per capirsi.
Malgrado lui fosse stato per anni un punto di riferimento per i suoi amici, e avesse capito che Reneè  era l'unica donna che sarebbe mai riuscito ad amare, oltre che il suo migliore amico e fedele compagno di avventure... quella sintonia speciale che avevano Aramis e Lunette non l'aveva mai avuta.
'' Mi manca, Athos.''- fece la bionda poggiando la testa sulla spalla del moschettiere bruno che non si fece pregare per accoglierla sul suo petto e darle il conforto di cui aveva un disperato bisogno -'' Per anni... ho avuto al mio fianco un' amica generosa ed incredibilmente leale da cui credevo che niente potesse dividermi...''
'' Non devi parlare al passato.''- fece Athos -'' Lei è ancora qui.''
'' Si... ma per quanto?''- fece Aramis quasi piangendo -'' Un giorno, due giorni... o solo poche ore?''
'' Non ho una risposta a questa tua domanda, Aramis... ma quella ragazza è più tenace di una pantera, ne ha passate tante e non si è mai arresa...''
'' Appunto.''- fece Aramis - '' E' tutta la vita che combatte. Ha iniziato in quella bettola dove l'ho trovata, poi sono arrivati Richelieu, Milady, Maschera di Ferro e Mansonne... ha vent'anni, e ha già combattuto come un generale veterano.
Lottare sempre stanca chiunque. Anche la pantera più tenace... prova a pensare di aver lottato ogni singolo giorno della tua vita sin dalla più tenera età... se ti fosse possibile smettere, non dover combattere mai più.... lo faresti?''
Athos finse di pensarci un attimo e poi rispose -'' Sì. Probabilmente smetterei di lottare e mi lascerei andare...''
Aramis chinò il capo, sconsolata: secondo lei era quello che stava accadendo a Lunette. Troppe avventure, battaglie, pericoli aveva affrontato e lo aveva fatto in quel periodo in cui avrebbe dovuto essere allegra, felice, spensierata... veniva sgominata una minaccia e subito se ne presentava un'altra... persino nel giorno in cui avrebbe dovuto festeggiare la gioia della sua completa realizzazione aveva dovuto prendere in mano le armi e combattere come se non ci fosse stato un domani... era stanca, non ne poteva più, poteva ben capire quanto la giovane donna volesse riposare, l'avrebbe fatto anche lei, pure Athos l'avrebbe fatto...
''... se non avessi qualcuno di estremamente importante da cui tornare.''- aggiunse il moschettiere -'' Hai ragione, ha dei motivi più che validi per dire basta... ma il triplo dei motivi per tornare indietro. Tornerà. Vivrà. Starà bene.''- nel dir così l'abbracciò forte.
La bionda sfogò allora un pianto disperato sul petto del commilitone.
Per la prima volta, dopo anni ed anni in cui si era sentita morta dentro, sentiva di nuovo il suo cuore battere all'impazzata. Talmente forte da aver paura che si fermasse all'improvviso...

Malgrado il conforto che gli aveva offerto Athos, la moschettiera quella notte non riusciva a prendere sonno. Athos si era fermato da lei ed almeno lui, sppur dopo due ore passate a rigirarsi nel letto, aveva trovato pace.
Lei invece non ci riusciva. Anche se doveva ammettere... che stare sul suo petto aveva avuto per lei un effetto calmante.
Pensava a come si sarebbe sentita se al posto di Lunette ci fosse stato Athos... probabilmente anche lei avrebbe reagito come Nicolàs. Perchè anche se era andata a fermarlo, con un articolato discorso su quanto sarebbe stato inutile e doloroso per Lunette tornare senza lui che la aspettava... lei avrebbe fatto la stessa identica cosa.
D'altronde chi non avrebbe reagito così con la possibilità di farla pagare nell'immediato alla persona che aveva portato via, forse per sempre, il pezzo più importante della propria anima?
Lei lo aveva fatto in fin dei conti.
'' Sapevo che il prezzo sarebbe stato alto...''- pensò Aramis stringendosi al cuscino.
Quando si era presentata da Treville e dal re chiedendo di poter essere arruolata tra i moschettieri sotto mentite spoglie l'avevano subito messa alla prova e solo dopo aver assodato che riusciva a difendersi e combattere al pari dei migliori soldati di Francia le avevano dato il consenso. Non avevano però potuto trattenere la curiosità in merito al perchè lei, una donna, volesse vivere in una caserma in mezzo a dei soldati, rinunciando alle mille comodità e ai privilegi che il suo rango le garantiva... non era certo cosa da tutti i giorni che una giovinetta di buona famiglia decidesse di condurre una vita simile.
Lei aveva spiegato i suoi motivi.
Fu allora che i due uomini l'avvertirono.
'' I vostri propositi sono onorevoli.''- avevano detto -'' Ma sappiate fin da ora, madamigella, che la vita del soldato e la guerra non sono i romanzi che leggete. E' fatta di sangue. Sacrificio. Dolore. Potreste vedere molte persone che amate e alle quali tenete molto cadere in battaglia e senza poter far nulla per impedirlo.
Vedrete molti innocenti finire nel fuoco incrociato di una guerra di cui non dovevano sapere niente.
Siete certa madamigella, di voler affrontare, sopportare e subire tutto questo? Perchè questo sarà molto probabilmente il prezzo che dovrete pagare per rendere giustizia all'anima del vostro fidanzato.''
Aramis non ci pensò due volte -'' Accetto.''
Sulle prime le era sembrata una decisione pericolosa, ma sensata. In fin dei conti, aveva già perso la sua anima e la sua unica ragione di vita, tutto il resto le sembrava quasi ovattato... tutto quello che voleva era vendicare François e avrebbe fatto qualunque cosa pur di riuscirci...
Poi però era arrivata Lunette... un visino angelico che dava l'impressione di essere una creatura fragile, perduto, bisognoso di cura e di affetto, innocente... con lei era rinata ed anche se le sue indagini all'inizio si erano rivelate vicoli cechi, aveva sperimentato quanto potesse essere tonificante avere qualcuno da aiutare, proteggere e guidare nella ricerca di una strada tutta sua...
'' Maledetto il mio orgoglio... lo odio!!!''- pensò la moschettiera stringendosi più forte al cuscino -''Perchè ho accettato? Avrei preferito morire, perdere il mio onore, qualsiasi cosa... ma non te, amica mia. Ovunque tu sia... ricordalo sempre...''
Pianse sommessamente per almeno un'ora, poi finalmente trovò rifugio tra le braccia di Morfeo.

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Capitolo 78
*** L'intervento del principe ***


~Se Nicolàs ed Aramis soffrivano come non mai per quello che stava accadendo alla loro povera Lunette, Costance non era da meno.
Era stata sempre un'ancella di bravura ineguagliabile, sempre pronta ad ascoltare la regina, in quei giorni il suo operato lasciava molto a desiderare.
La monarca però fingeva sempre di non accorgersene, comprendendo che quel momento era troppo scuro e difficile per pretendere che la ragazza fosse lucida, cosciente ed impeccabile come suo solito sul lavoro.
Non poteva pretendere una cosa simile, non mentre la sua più cara amica d'infanzia moriva e nessuno pareva essere in grado di richiamarla in vita.
'' Ma è possibile che non riusciate a capire cos'abbia?!?''- aveva tuonato il re contro i medici che aveva mandato a chiamare per salvar la vita della giovane contessa.
'' Maestà...''- aveva detto uno di loro facendosi portavoce dell'equipe medica arruolata dal re -'' Vi prego di calmarvi... stiamo facendo il possibile...''
'' E allora fate l'impossibile!''
Purtroppo nemmeno un re poteva guarire automaticamente un suddito, seppur incredibilmente fedele, con uno schiocco di dita.
Quello succedeva solo nelle fiabe.
E quella purtroppo non era fiaba, ma la vita reale. Se così non fosse stato sarebbe bastato il bacio di colui che l'amava più di qualsiasi altra persona al mondo per scuoterla dal suo stato di catalessi.
Invece non potevano fare niente se non aspettare e pregare.

'' Costance, puoi andare.''- fece la monarca -'' e ritieniti esentata dai tuoi doveri per qualche giorno.''
Costance sgranò gli occhi dalla sopresa -'' Cosa....?''
'' Per qualche giorno sei libera.''- ripetè la regina.
'' Non capisco... ho fatto qualcosa di sbagliato... qualcosa che vi ha dato fastidio...?''
La regina le sorrise rassicurante -'' No, sta tranquilla. Ma io saprò badare a me stessa per qualche giorno... al momento è Lunette che ha bisogno dalla tua vicinanza.''
'' Allora vi ringrazio, mia signora.''- fece la prima dama di compagnia della regina osservando un' ossequiosa riverenza.
Nel dir così lasciò le stanze reali e si avviò verso l'uscita.
'' Ciao Costance...''- fece D'artagnan. Anche lui si era recato a palazzo, per dare personalmente notizie al re sullo stato della giovane contessa.
'' D'artagnan...''- fece la bionda gettandosi tra le braccia del fidanzato quasi scoppiando a piangere.
Il giovane l'accolse nel suo abbraccio, carezzandole i capelli biondi.
'' Ho tanta paura...''- fece la ragazza sfogandosi sul petto dell'amato -'' cosa succederà...?''
'' Non lo so tesoro mio... ti giuro che non lo so...''- fece il guascone -'' Ma se Lunette potesse parlare direbbe che la battaglia non è finita sino a quando non lo decidiamo noi... perciò non dobbiamo arrenderci.''
Costance si staccò da lui, annuendo leggermente.
In effetti era una frase da Lunette. L'aveva già pronunciata molte volte, e quando pareva che tutto fosse perduto.
Iniziarono a camminare lentamente, a braccetto, quasi per voler sostenersi l'uno con l'altra quando si trovano a passare di fronte ad una stanza dibita a salottino in cui vi erano due dame che conversavano.
'' Dite, Marchesa...''- fece una nobildonna riferita alla sua interlocutrice -'' avete udito cosa è accaduto alla... Contessa Montmercy?''- sottolineando la parola contessa, per far capire che non la riteneva tale.
'' Oh, e come non potrei saperlo, cara Duchessa?''- fece la donna -'' In questi giorni, a corte, non si parla d'altro che dello sfortunato incidente di quella donna.''
Costance si sentì pizzicare le mani dalla voglia di prendere a ceffoni quelle due galline impiumate per l'indelicatezza con cui parlavano dell'incidente di Lunette, quasi come se ne fossero contente... senza sapere che il peggio doveva ancora arrivare.
'' Non per essere cattiva... ma se l'è cercata.''- fece la marchesa -'' Una dama di buona famiglia dovrebbe occuparsi di dare ordini alla servitù e pensare a non far sfigurare il suo nobile consorte a corte, oltre che dargli un erede... non azzuffarsi come un brigante in battaglia.''
'' E' verissimo, mia cara...''- fece la duchessa per poi sforzarsi di non ridere -'' Ma nel caso di quella non vale... dato che non è una giovane di buona famiglia... ci credereste? Pelava le patate in cucina. Ed era l'amante di un moschettiere.... fino a quando non ha irretito il conte Montmercy ed è riuscita a farsi sposare.''
'' In tal caso...''- fece la marchesa -'' non si è trattato di una disgrazia, ma di una punizione divina.''
'' Voi dite?''
'' Ma certamente!''- squittì l'altra -'' E' Nostro Signore che sceglie coloro che devono godere di meriti speciali... cosa credeva? Di potersi prendere quello che non poteva avere senza pagare il conto?''
Costance e D'artagnan divennero lividi per la rabbia nell'ascoltare quelle parole tanto cattive. Ma come potevano dire simili cattiverie nei confronti di una donna che al momento era incosciente, immobile in un letto, e alla quale forse non rimaneva molto da vivere a meno che non accadesse un vero miracolo?
Sapevano che le dame di corte non l'avevano mai apprezzata, prima perchè erano gelose che Aramis il moschettiere desse tutte le sue attenzioni ad una semplice cameriera e non le degnasse di uno sguardo, se non annoiato... ma era stato quando un nobile l'aveva chiesta in moglie ed il re non aveva battuto ciglio al pensiero che una '' servetta ragazza di campagna'' si elevasse al rango di contessa... e soprattutto non tolleravano che quella ragazza godesse della stima personale del loro re, cosa per la quale loro ed i loro mariti non facevano che agognare da anni.
Nei loro occhi riuscivano a vedere quasi gioia per la disgrazia capitata alla loro amica... un'immagine davvero rivoltante.
Ma questo non cambiava le carte in tavola. Lunette restava sempre migliore di loro. Serva o contessa, ricca o povera, viva o morta... era ancora lei la migliore.
E non c'era niente che quelle due galline potessero fare per cambiare le cose.
'' Ad ogni modo...''- fece la marchesa -'' Dovremmo cercare di cogliere al volo quest'occasione.''
'' Quale occasione?''- fece la duchessa che non vedeva proprio cosa ci si potesse ricavare da una '' serva che giocava a fare la contessa, e che stava morendo''.
'' Suvvia, non capite mia cara?''- fece la marchesa sventolandosi con il ventaglio -'' Quella smortina sarà pure molto carina, godrà della protezione dei moschettieri e forse il re continua a darle un'importanza che non ha... ma non gode certo dell'immortalità...
Quel poveretto che ha abbindolato potrà pure dannarsi l'anima... ma non può certo far si che la sua servetta viva se è destino che tiri le cuoia.''
'' Credo di capire, amica mia...''- fece lei sorridendo tutta eccitata -'' La servetta muore, il conte Montmercy rimane vedovo...''
''... e magari una delle nostre care figlie avrà la fortuna di diventare la nuova contessa Montmercy. La mia Adelyne o la vostra Angelique potrebbero diventare la rispettata moglie di un nobile che ha dato ampia prova di lealtà e coraggio alla corona... e le nostre famiglie ne trarrebbero grandi benefici.''
'' Le hai sentite D'artagnan?''- fece la dama di compagnia della regina sottovoce tremante per la rabbia e per il ribrezzo.
'' Con queste orecchie...''- fece D'artagnan scuro in volto -'' che per lo schifo stanno per diventare quattro.''
Lunette era sul punto di rendere l'anima a chi gliel'aveva data... e quelle pompose aristocratiche non avevano di meglio da pensare che sistemare le loro figlie magari proprio con Nicolàs, che godeva di stima e di grande fiducia da parte della famiglia reale.
Lunette non aveva mai sopportato i nobili seppur avesse incontrato delle rarissime eccezioni... ed ora capivano il perchè. Tutti talmente occupati a curarsi del loro prestigio e dei loro interessi da diventare quasi apatici ai bisogni degli altri. E a volte indifferenti persino davanti alla sofferenza e alla vita di altre persone.
Però una cosa li consolava. Nicolàs amava troppo Lunette anche solo per pensare che un giorno qualche '' fanciulla educata e di buona famiglia'' potesse prendere il suo posto accanto a lui come moglie e compagna d'avventure e come madre di sua figlia.
Facevano prima a sperare che il cielo prendesse fuoco.
E se per ipotesi, Nicolàs nella peggiore delle ipotesi ( a cui nessuno però voleva credere nemmeno sotto tortura), si fosse nuovamente innamorato di certo non avrebbe scelto una bambolina capricciosa e viziata come nuova moglie.
'' Già...''- fece la duchessa che per qualche strano miracolo aveva riflettuto un attimo -'' ma come la mettiamo con la marmocchia?
Il conte e quella serva hanno avuto una figlia, ed è a lei che andranno tutte le proprietà del padre...''
'' Troveremo una soluzione amica mia.''- fece la marchesa improvvisamente corrucciata -'' Ci sono tanti posti in cui scaricarla, dagli orfanotrofi ai conventi... potremmo anche affidarla a qualche popolana.''
'' Giusto.''- fece la duchessa -'' Pensate che cosa disgustosa sentirsi chiamare nonna da una mocciosa che non solo non ha alcun vincolo di parentela con noi... ma che è pure mezza serva.''
La marchesa parve rabbrividire -'' Ma non ditelo nemmeno per scherzo... credo che ne morirei.''
'' Ma...''- fece la duchessa incredibilmente riflessiva quella sera -'' il conte Montmercy non permetterà mai una cosa del genere...''
'' Oh sciocchezze.''- fece la sua compare -'' Basterà dirgli che la bambina è stata mandata in una scuola di prim'ordine... sarà talmente rintronato dalla morte della sua servetta che non capirà più niente...''
...
...
...
'' Eh, no...''- fece Costance tremando di rabbia. Ormai non ne poteva più. Moriva dalla voglia di vedere le facce di quelle due arpie rosse come pomodori... ma per via degli schiaffoni sonanti che avrebbe rifilato loro.
Lunette non era ancora morta e quelle non solo programmavano di sistemare una delle loro inutili e stupide figlie con suo marito... ma volevano anche far patire alla sua bambina un futuro fatto di stenti e privazioni, privare Nicolàs dell'unica cosa bella che gli sarebbe rimasta nell'infausta circostanza... e Reneè di suo padre.
Basta. Aveva sentito abbastanza.
Nobili o meno adesso andava lì e gliela faceva pagare cara.
Poco le importava di essere arrestata o frustrata... la sua amica stava morendo e quelle oche ne ridevano contente!
'' Io le faccio nere quelle due.''
'' Ed io nascondo i cadaveri!''- la appoggiò D'artagnan non meno furioso della fidanzata.
...
...
...
'' Per favore, non fate sciocchezze.''- i due innamorati si voltarono e fecero una riverenza. Davanti a loro, vi era il principe Philippe.
'' Vostra Altezza...''- fecero quasi all'unisono.
'' Passavo di qui per caso...''- fece il principe -'' Ero nella cappella del palazzo a dire una preghiera per la povera contessa Monmercy, per suo marito e per la loro bambina... e non ho potuto fare a meno di sentire. Tutto.''
'' Ma avete sentito quelle due...?''- fece Costance con gli occhi azzurri, tremolanti per la rabbia.
Philippe annuì.
'' Sì. Purtroppo ho sentito tutto. Ed ogni singola parola mi ha letteralmente disgustato.''- fece il principe. Seppur collerico quanto i due, lo nascondeva bene, ma anche lui moriva dalla voglia di dar loro una bella lezione.
Purtroppo la legge non proibiva di parlare liberamente e di aver un'opinione, seppur malsana e cattiva, su una persona.
Ed anche se era un principe, non poteva certo andare lì, prenderle entrambe per il merletto e sbatterle contro il muro per insegnare loro l'educazione ed il rispetto per il prossimo... in fin dei conti, sempre di un gentiluomo si trattava.
Però non poteva permettere nè  a quelle due di passarla liscia nè a quei due poveri ragazzi di cacciarsi in un brutto guaio per colpa di due oche senza cervello e senza coscienza.
Non poteva certo colpire delle dame, ma poteva dare loro un colpo così forte che avrebbe lasciato un segno considerevole.
'' Lasciate fare a me...''- nel dir così si avvicinò alle due donne, le quali lo salutarono con un inchino profondissimo.
'' Perdonate signore, non ho potuto fare a meno di ascoltarvi... e vorrete scusarmi, ma di fronte a tanta stupidità non posso certo tacere.''
Le due donne diventarono bianche come lenzuoli appena lavati.
Ed il primo colpo era andato a segno.
'' Tenete bene a mente: voi non avete nessun merito di essere nate nobili e se lo siete è stato per un caso fortuito. Se in questo momento fossi obbligato a scegliere una moglie tra una delle vostre figlie ed una ragazza somigliante in tutto e per tutto alla contessa Lunette Montmercy... io sceglierei senza ombra di dubbio lei. Anche se non è nobile di nascita.''
Le due donne abbassarono il capo, vergognandosi come non mai della possibilità che le loro perfette figlie potessero essere superate nella possibilità di diventare la moglie del fratello del sovrano da una serva qualunque.
'' E comunque... nobile o serva che sia... se una delle vostre figlie fosse in bilico tra la vita e la morte, sareste contente di sentire certe cose su di lei?''
'' Ma...''- tentò la marchesa -'' Vostra Altezza... noi... era solo per parlare...''
'' Appunto.''- fece il principe guardandole con sguardo truce -'' E' proprio così che si ammazzano le persone: per parlare.
Perciò. O imparate a parlare delle persone migliori di voi con il dovuto rispetto o fate un favore all'umanità benpensante e con una coscienza, tenendo il becco chiuso.''
Nel dir così si congedò da loro, lasciandole rosse di vergogna mentre si allontanavano dalla sala con lo sguardo di un cane bastonato.

'' Siete stato grande, Altezza.''- fece Costance. Ora che ci pensava, nessun pugno ben assestato poteva prendere il posto della soddisfazione di vedere quelle due befane umiliate a dovere.
'' Concordo.''- si associò il moschettiere.
'' Non è stato nulla. Veramente.''- fece il principe -'' Lunette è anche amica mia... e visto che per colpa mia stava per fare una brutta fine, era il minimo... come sta piuttosto?''
I due, sentendo l'entusiasmo che li aveva illuminati fino a pochi attimi prima scemare lentamente, divennero improvvisamente cupi.
Ed il principe capì.
'' Non sta affatto bene, vero?''
Costance annuì -'' I dottori dicono che non resisterà a lungo se non si risveglia.''
'' Posso fare qualcosa per aiutarvi?''- fece Philippe, consapevole però che l'unica cosa che avrebbe potuto fare per aiutare le persone che a loro tempo gli avevano salvato la vita era richiamare in vita Lunette. E purtroppo, questo non era fattibile.
'' Sono certo che le basti la vostra amicizia, mio signore.''
Amicizia. Amore. Affetto.
Erano tutto quello di cui Lunette aveva bisogno al momento: sentire che non era sola, che c'erano tante persone che le volevano bene, ma soprattutto farle capire che senza di lei la vita non sarebbe più stata la stessa.

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Capitolo 79
*** Un racconto per Reneè ***


~Se non era una situazione assurda quella...
Il mondo pareva essersi rovesciato.
Dormiva la mamma, e la figlioletta invece non ne voleva sapere.
'' Coraggio contessina...''- fece Mariette cullandola dolcemente tra le sue braccia cercando di calmare quel pianto disperato che non accennava a smettere -'' su, smettete di piangere...''
Inutile. Non c'era verso.
D'altro canto però come biasimarla? In quell'ultimo periodo, tra il rapimento del conte suo padre e la '' malattia'' della contessa sua madre, la piccola aveva per poco visto la sua mamma...
'' Povera piccina.... devi sentirne la mancanza...''
'' Come tutti del resto.''- fece Nicolàs apparendo sulla porta e dirigendosi verso la cameriera tenendo le braccia in modo da farle capire che voleva tenere in braccio la figlia.
'' Dovreste riposare...''- fece Mariette leggermente preoccupata. Il conte in quei giorni aveva per poco dormito.
Aveva il viso pallido, gli occhi stanchi... era tanto se non era ancora crollato per la gran stanchezza.
Più volte aveva provato a convincerlo a riposare un po', che ci sarebbe stata lei a tenere compagnia alla contessa e che lo avrebbe svegliato appena ci fosse stata una notizia, bella o cattiva che fosse... ma non c'era verso.
'' Riposerò quando tutto questo sarà finito....''- fece il giovane conte cullando la bambina tra le sue braccia, cercando di sorriderle in modo rassicurante e non farle sentire l'angoscia che il quel momento gli serrava il cuore -'' Mi occupo io di farla smettere di piangere e di metterla a letto... puoi tenere compagnia a Lunette fino a quel momento?''
La giovane cameriera sorrise amichevolmente -'' Non c'è bisogno che me lo chiediate, signore...''
Una volta che fu solo prese posto sulla sedia, carezzando il visino angelico della bambina, sperando che quelle carezze servissero a calmare il suo pianto disperato.... Mariette si era messa le mani nei capelli perchè non riusciva a capire il perchè di tanta disperazione... aveva mangiato, era stata lavata, cambiata, vestita...
Ma non erano dei bisogni fisiologici che stava cercando di far soddisfare... lei piangeva nella speranza di svegliare la madre.
In fin dei conti... era sempre così. Se Lunette avvertiva il minimo spostamento, o anche il più piccolo rumore che somigliava al pianto di un neonato si svegliava di soprassalto per andare a controllare ed in quel caso per tranquillizzare la bambina... poco importava che ci fosse Mariette con la piccola... se la loro piccola Reneè emetteva qualcosa di più acuto di un respiro, la giovane donna scattava come un pupazzo a molla.
'' Lo so, tesoro... manca tanto anche a me...''- fece Nicolàs -'' Non sai quanto...''
Avrebbe dato qualsiasi cosa per riportarla alla vita... il suo titolo, la sua vita, e qualsiasi altra cosa gli fosse mai venuta in mente se ciò fosse servito a far vedere alla sua amata il sole sorgere ed illuminare Parigi...
Invece non aveva idea di come fare.
Ben diverso invece era il pianto disperato di Reneè. Quando la piccola esplodeva in lacrime, Lunette le raccontava una storia.
Ma non di quelle favole pieni di principi che uccidevano i draghi per salvare la loro donzella in difficoltà che da sola non poteva niente, non voleva che la figlia crescesse con la convinzione che non sarebbe stata capace di difendersi senza l'aiuto perenne di qualcuno.
Le raccontava la storia di Aramis e diversi aneddoti che l'aveva vista protagonista assieme ai moschettieri.
Erano racconti pieni d'azione, avventura e sempre molto avvincenti, tant'è che a volte ( anche se non lui non l'aveva mai rivelato) persino Mariette interrompeva i suoi doveri per fermarsi ad ascoltare quei resoconti. Per chi non conosceva la giovane contessa, avrebbe pensato ad una giovane donna stracolma di immaginazione e che aveva letto qualche libro di troppo.
Lui però sapeva che era tutto vero.
C'era solo un problema: Lunette non si svegliava e lui non conosceva tanti episodi avventurosi sui moschettieri e le loro avventure prima che il suo destino s'intrecciasse con quello della moglie... e dubitava che il bis di una storia già raccontata avrebbe calmato quel pianto disperato.
Però forse...
'' Vorrò dire che ti racconterò il momento preciso in cui ho capito che la tua mamma era la donna della mia vita...''
Per un attimo la bambina smise di piangere e pareva guardare il padre con ansia e curiosità.
'' Tutto cominciò dopo un incidente dello zio D'Artagnan e del cuginetto Jean... Maschera di Ferro ed i suoi complici erano scappati ed avevano preso in ostaggio il principe Philippe. Io, la mamma, ed i moschettieri dovevamo trovarli.
Avevamo passato quasi due settimane a battere palmo a palmo tutta la città, interrogando chiunque ci capitasse a tiro, ma purtroppo ogni nostra ricerca risultò vana.
Allora Athos ci fece una proposta un po' strana...''
Nel dir così iniziò a ricordare lasciandosi andare ai ricordi.
...
...
...
'' Io un'idea ce l'avrei....''- fece Athos -'' Se non avete paura di sporcarvi....''
'' Non credo che un po' di sporco sia un grande problema, dopo tutto siamo tutti soldati, siamo abituati a ben altro...''- fece Nicolàs. Furono tutti d'accordo con lui.

'' I sotterranei di Parigi?''- fece Porthos leggermente inquietato.... e disgustato -'' questa sarebbe la tua grande idea?''
'' Sì.''- fece Athos aprendo la botola sotto la quale era situata una lunga scala di gradini in pietra -'' Magari non c'è niente in superificie, ma non dimentichiamo che esiste un sottosuolo.''
'' La tua ipotesi non è così inverosimile, Athos...''- fece Aramis . In fin dei conti, le catacombe sono sempre stato il nascondiglio preferito dei criminali per nascondersi in attesa che le acque si calmassero per poter fuggire da Parigi.
Nel corso degli anni però vi si erano nascosti anche degli innocenti ingiustamente perseguitati dalla legge, per crimini che magari non avevano commesso.
In quel momento il suo pensiero corse a Lunette, che solo pochi giorni prima era stata costretta a scappare da Parigi per sfuggire al suo omicidio... le aveva raccontato che era stata costretta a nascondersi in un bosco dove si sussurrava al calar della notte, si aggirassero assassini e pericolosi  tagliagole, oltre che lupi affamati...
Ma ora che vedeva il buio pesto che vi era nei sotterranei di Parigi si domandava cosa fosse peggio... richiare di farsi sbranare da qualche animale selvatico o impazzire di paura nei sotterranei di Parigi, dove spesso e volentieri la compagnia migliore, oltre ai topi, erano resti di scheletri.
Molti anni prima le catacombe erano usate come aree cimitieriali... che in alcune occasioni diventavano la tomba di sfortunati che vi si erano nascosti perchè senza altra scelta o di spavaldi che vi si erano avventurati per dare una prova del loro '' coraggio''... senza però trovare la strada per uscirne, finendo per morire prima di stenti e poi a sfamare i topi.
'' E se è esatta...''- fece Lunette -'' Non per essere cattiva, ma temo che quei tre non faranno una bella fine.''- e se non fosse stato per il povero principe Philippe loro prigioniero, quell'ipotesi non le sarebbe dispiaciuta più di tanto.
'' Beh...''- fece Nicolàs con una voce leggermente tremante, ma che pareva decisa -'' Più in fretta ci entriamo, più in fretta ne usciamo...coraggio.''- nel dir così iniziò a scendere i gradini.

'' Che posto disgustoso...''- borbottò Porthos che stava davvero facendo fatica a non rimettere la colazione ed il pranzo. Tra il buio pesto, le ragnatele, le ossa, l'acqua putrida non sapeva cosa gli facesse attorcigliare maggiormente lo stomaco.
'' Beh.... questi posti non sono certo l'ideale per una promedade...''- fece Aramis -'' Lunette, rimani vicino a noi. Non si sa mai, potrebbe venirti un attacco di paura qua sotto.''
Lunette annuì, ma a suo avviso c'era qualcun'altro che aveva seri problemi a stare in quel posto. E strano a dirsi, era colui che era entrato prima degli altri e che adesso camminava a stento al suo fianco.
Nicolàs aveva gli occhi persi nel vuoto, pareva che non gioisse affatto, per non dirlo atterrito, di essere lì, e non era certo per il fatto che qualsiasi altro posto sarebbe stato preferibile, persino per lei... inoltre aveva la mano fissa sul pugnale che aveva attaccato alla cintura.
Pareva una molla pronta a scattare. Era certa che se qualcuno gli avesse messo una mano sulla spalla, anche solo per salutare o fargli uno scherzo, questi avrebbe reagito in modo tutt'altro che gradevole. Per entrambi.
'' Accidenti...''- fece Athos che aveva assunto il ruolo di apri-fila fermandosi di colpo.
'' Che succede?''- riuscì a dire Nicolàs. Era la prima parola che pronunciava da quando erano scesi.
Sbarre.
Conficcate in terra per almeno un metro.
Nemmeno la forza sovrumana di Porthos sarebbe riuscita a smuoverle nemmeno di mezzo millimetro.
'' Beh...''- fece Aramis -'' Siamo al capolinea a quanto pare.''
'' Già.''- fece Athos -'' Da qui non possiamo che tornare indietro... chiederemo aiuto agli altri moschettieri e magari alle guardie del cardinale per ispezionare gli altri ingressi....''- seppur fossero famosi per riuscire in imprese praticamente disperate, era impensabile che riuscissero a battare palmo a palmo, in sole cinque persone, tutte i sotterranei parigini, nemmeno se D'artagnan e Jean fossero stati in grado di aiutarli ci sarebbero riusciti...
'' Ah!''- fece Nicolàs pallido come un cadavere. Per poco non lasciò cadere la torcia che aveva con sè.
'' Che succede?''- fece Lunette -'' Hai visto qualcosa?''
Nessuna risposta. In compenso, il conte aveva il volto letteralmente paralizzato dal terrore.
'' Ehy...''- fece Athos leggermente impensierito -'' E' tutto a posto?''
Ancora nessuna risposta.
Lunette gli toccò il braccio per tranquillizzarlo, e notò che tremeva convulsamente, come se avesse la febbre.
Finalmente il giovane conte riuscì a parlare -'' Vi prego usciamo da qui... sento che sto per rendere l'anima a chi me l'ha data!''
'' Credo che abbia un attacco di panico...''- fece Athos -'' Ok, la gita è finita. Si torna sotto il sole di Parigi.''
I suoi compagni annuirono ed in breve tempo riuscirono a trovare un'uscita.
Furono Lunette ed Aramis a sorreggere Nicolàs nell'ultimo tratto che lo separava dalla luce del sole.
'' Coraggio conte...ci siamo.''- fece la bionda.
'' Come vi sentite adesso...''- fece Lunette preoccupata per l'amico. La risposta non tardò ad arrivare: in breve, il giovane nobile le cadde addosso, incapace di sostenere il suo stesso peso.
'' Oddio...''- fece la ragazza adagiandolo delicatamente per terra. Athos gli mise due dita sul collo e poi tranquillizzò il resto del gruppo.
'' Ha solo perso conoscenza. Il battito è più accellerato e respira a rtimo più sostenuto... ma tra poco si riprenderà.''
'' Meno male....''- fece Lunette scostando i capelli dalla fronte dell'amico nobile -'' ora però servirebbe dell'acqua...''
Fortunatamente lì vicino vi era una fontana, perciò non fu difficile procurarsi prima un fazzoletto e poi l'acqua.
La ragazza lo bagnò e poi lo depose sulla fronte dell'uomo, ancora preda dell'incoscenza...
Bastò il semplice contatto con l'acqua fredda per farlo rinvenire.
Subito scattò a sedere, con gli occhi che parevano essere diventati grandi il doppio a causa dello sgomento e del terrore, ed istintivamente si portò ambedue le mani alla gola tentando di togliersi un cappio che in realtà non c'era.
'' Shhh...''- fece Athos -'' Prendi un bel respiro, Nicolàs. Sei all'aperto, sotto il cielo di Parigi, con i tuoi amici. Non c'è più alcun pericolo.''
Nicolàs fece come gli era stato detto: prese un respiro profondo e a poco a poco buttò fuori l'aria cattiva, riuscendo a calmarsi un po'.
'' Accidenti...''- fece Porthos -'' Ci hai fatto prendere un bello spavento, sai?''
'' Non parlatemi di gente che sta per morire dalla paura, per carità...''- implorò il giovane conte.
'' Oops!''- fece Porthos rendendosi conto della gaffe -'' Hai ragione.... scusa tanto.''
...
...
...
'' Guarda, guarda.''- fece la voce di Rochefort sopraggiungendo assieme a Jussac -'' Noi è dall'alba che battiamo Parigi da palmo a palmo alla ricerca di quei tre gaglioffi e questi invece si riposano tranquillamente.''
'' Che volete, l'appaluso per esservi sveglito dodici ore prima del solito?''- lo punzecchiò Athos facendo scoppiare l'ilarità generale.
'' E comunque che credete, che sia stata una passeggiata di salute ispezionare i sotterranei di Parigi?''- fece Porthos. No che non lo era stata. Anzi, uno di loro ci mancava poco che ci restasse secco.
Rochefort guardò sospettoso il giovane conte.
'' Vi sentite bene?''
''Si... credo di sì... solo una piccola crisi tutto qui.''
'' E che ci sarà stato mai di così orribile da mettervi in crisi?''- fece Rochefort -'' Che c'era, il chiuso, il buio, un fantasma, un ragno, un topo per caso?''
All'ultima parola nominata, Nicolàs strabuzzò gli occhi un'altra volta.
Rochefort capì di aver centrato il bersaglio e scoppiò a ridere.
'' No, non ci posso credere... non vorrete farmi credere che vi siete messo paura per un innocuo topolino?''
Nicolàs si alzò e con una dignità per nulla infantile fece -'' Scusate... ho bisogno di starmene un po' per conto io... ci sentiamo più tardi.''
'' Vuoi che ti accompagnamo...?''- fece Lunette muovendo un passo per seguirlo.
Nicolàs dissentì e si allontanò.
'' Roba da matti... spaventarsi per un ratto. Povera Francia...''- continuò Jussac.
Lunette non ne potè più.
'' Beh, non è che con voi sia messa tanto meglio, sapete?''- fece la ragazza livida per la rabbia -'' Lui lo sapeva che c'erano ampie possibilità di trovare qualcosa che l'avrebbe atterrito, però la sotto ci è entrato prima di tutti noi.''- ed aveva anche resistito la bellezza di tre lunghe ore. Dubitava fortemente che Rochefort e Jussacc sarebbero riusciti a resistere altrettanto -'' Visto che siete tanto coraggiosi, provate voi ad ispezionare le catacombe in mezzo a scheletri e ratti, vediamo un po' chi sviene prima!!!''
Rochefort sentì un brivido di terrore scorrergli lungo la schiena al pensiero di ritrovarsi al buio con degli scheletri che non la smettevano di fissarlo e dei mostriciattoli, grossi, pelosi e dai denti affilati che zampettavano attorno.
'' Oh beh... pensandoci bene... si tratta di una paura più che comprensibile.... forza, andiamo Jussacc!!!''- fece il conte ansioso di rompere quanto prima quella conversazione.

Lunette quella sera, dopo aver finito di sbrigare le commissioni, decise di andare alla locanda '' Il Barone Rosso''. Era la locanda più costosa della città, infatti solo ospiti che potevano sborsare una considerevole ricchezza potevano alloggiarvi. Ed era lì che Nicolàs, dopo essere giunto a Parigi e preso parte alle indagini su Maschera di Ferro, aveva preso una stanza.
La ragazza si era cambiata con una camicetta d'organza biancae una gonna celeste con l'orlo ricamato ed aveva pettinato i capelli, ormai corti.
Nicolàs, non si era più fatto vedere nè sentire tutto il giorno, segno che evidentemente non aveva ancora smaltito a dovere i postumi dell'attacco di paura che lo aveva colto nei sotterranei. O forse se l'era presa per lo sberleffo di quei due idioti.
E non aveva tutti i torti: Rochefort si atteggiava a soldato coraggioso, un leone senza macchia e senza paura... ma ricordava perfettamente che un po' di tempo fa, D'artagnan per dargli una lezione dopo che il conte aveva attentato alla vita di Athos, aveva finto di essere uno spettro assieme a Jean e Ronzinante e che Rochefort ed il suo tirapiedi erano scappati a gambe levate per tutto il bosco, strillando così forte che persino lei aveva giurato di averli sentiti.
Dopo quell'esperienza si era rintanato per almeno tre giorni sotto il letto della sua stanza, urlando a chiunque di non avvicinarsi e borbottando qualcosa riguardo alla vendetta del fantasma moschettiere.
Ci avevano riso sopra per giorni interi.
E le risate maggiori se le erano fatto quando Rochefort aveva trovato il '' coraggio'' di uscire dal suo nascondiglio e venire al Louvre... solo per incrociare la banda dei moschettieri al gran completo. Appena aveva visto Athos si era messo ad urlare e correre per tutta la reggia diventando lo zimbello della corte.
Non poteva entrare nella locanda. Per quanto i suoi abiti dimessi e semplici, fossero puliti e quasi eleganti, chiunque si sarebbe reso conto che non era una nobile.
Una ragazza di umili origini che chiedeva di poer incontrare un nobile ospite della locanda.... di certo avrebbero dato per scontato che fosse la classica '' serva innamorata del padrone che l'aveva illusa''... se non addirittura peggio.
La fortuna volle che si trovasse proprio sotto la sua finestra.
Afferrò un sassolino e lo tirò contro il vetro per richiamare la sua attenzione. Non era certo un gesto '' da ragazza'', forse perfino Aramis l'avrebbe guardata male, ma non aveva scelta.
L'interessato non si fece attendere. Infatti, a quella finestra si affacciò subito un uomo sui vent'anni, occhi azzurri, capelli castani e con una camicia bianca.
'' Chi è?''- fece guardando giù. Parve sopreso di vedere lì la giovane cameriera -'' E tu che ci fai qui?''
'' Secondo te?''- fece la ragazza con candore, mettendo le mani sui fianchi -'' Sono passata a vedere come stavi. Nessuno ti ha più sentito nè visto.''
Nicolàs si addolcì a quelle parole e la ringraziò con un cenno della mano -'' Sì, sto bene. Avevo solo bisogno di starmene un po' per conto mio... sei stata gentile a pessare.''
Lunette gli sorrise e poi fece per andarsene quando la voce del nobile la fermò.
'' Aspetta, ti riaccompagno io a casa...''
'' Grazie, ma non torno a casa.''- fece Lunette -'' Già che sono qui voglio fare una passeggiata prima di tornare a casa.''
Nicolàs strabuzzò gli occhi -'' Come, a quest'ora di notte?''- ok, non era tardissimo, anzi erano solo le nove di sera ma il pensiero che l'amica se ne andasse in giro per Parigi, di notte, da sola non lo entusiasmava di certo.
'' Sì. Hai visto che bella luna c'è stasera?''- fece la ragazza alzando gli occhi verso la luna che quella sera somigliava alla perla più brillante che avesse mai visto -'' potrebbe essere una delle ultime cose serene che vedo a Parigi prima di tornare sul campo di battaglia... tanto vale godersela, ti pare?''
Nicolàs sorrise. Quella ragazza era davvero incredibile...
'' Aspetta comunque.''- fece il conte salendo sul davanzale della finestra per poi saltare giù.
Ora che lo vedeva... camicia bianca, pantoloni blu, stivali marrone chiaro... pareva quasi un ragazzo normale... e lo era. Lui era un ragazzo come lei, con le sue paure, i suoi sogni, i suoi pregi ed i suoi difetti.
'' Permettimi di accompagnarti.''
'' Non c'è bisogno, dico davvero.''- fece Lunette -'' Non mi allontano molto e non starò a lungo in giro.''
'' Ad ogni modo, permettimi di venire con te.''- insistè il nobile -'' Se per caso dovessi fare un brutto incontro ed i tuoi amici venissero a sapere che sapevo che saresti andata in giro da sola e non sono intervenuto, mi farebbero la pelle.''- nel dir così le offrì galantemente un braccio -'' permette, mademoiselle?''
La ragazza sorrise, accettando il suo braccio, iniziando a camminare.

'' E' bellissimo, non trovi?''- fece Lunette sedendosi sull'erba vicino alla Senna.
'' Hai ragione...''- fece Nicolàs ammirando la luna che si rifletteva nell'acqua della Senna per poi prendere posto accanto alla ragazza.
Era davvero una di quelle notti in cui persino l'anima più sola riusciva a sentirsi confortata e al sicuro.
'' Io vengo qui ogni volta che c'è una bella luna. Mi piace guardarla mentre si riflette nella Senna, da sola, nel silenzio.''
'' Già...''- confermò lui - '' a volte è necessario stare da soli per misurare le proprie forze...''
'' Ascolta...''- fece Lunette -'' Perchè non l'hai detto subito?''
'' Di cosa?''
'' Beh, che eri certo che ti saresti sentito male lì sotto... l'avremmo capito.''
Nicolàs sbuffò -'' Perchè non ve l'ho detto.... sai quanto mi costa dirvi, che non esiste una cosa al mondo che detesto più dei topi? Preferirei affrontare Milady, Maschera di Ferro e Manson a colpi di spada nello stesso momento...''
'' Non c'è niente di cui tu ti debba vergognare... tutti quanti hanno paura di qualcosa. Solo perchè uno sa usare le armi ed è incredibilmente coraggioso non significa che non abbia mai paura di niente....
Per quanto riguarda Rochefort, non te ne curare... sarà pure passato dalla nostra parte, ma rimane il fatto che nove volte su dieci farebbe meglio a starsene zitto.''
'' Già...''- fece Nicolàs buttando un sasso nell'acqua -'' Ad ogni modo, giusto per mettere le cose in chiaro...''
'' No.''
'' No, cosa?''
'' Non devi sentirti costretto a raccontare perchè hai paura di qualcosa solo perchè pensi che sia una colpa e magari la devi giustificare... è un tuo segreto, ed hai il diritto di tenerlo solo per te.''
Nicolàs sorrise -'' Grazie... sei molto cara... ed è per questo che voglio dirtelo. Ti ho già raccontato di come sono sopravvissuto solo io al massacro della mia famiglia e di come sono rimasto nascosto in un passaggio buio... in quelle ore la paura è stata la mia compagnia. Sentivo quei piccoli mostri che mi passavano accanto ed ero terrorizzato dall'idea che fosse Maschera di Ferro venuto a cercare anche me... anzi, mi sono sentito letteralmente morire... e da allora non me ne sono più liberato... che stupido vero?''
'' No, non è stupido.''- fece Lunette mettendogli una mano sulla spalla -'' sei umano. Tutti quanti hanno paura... anch'io ho avuto paura.''
Nicolàs la guardò stranito. Era pronto a giurare che quel pomeriggio sottoterra, malgrado la poca luce che c'era, non vi fosse la minima traccia di paura sul suo viso.
'' Non l'avrei detto.''
'' Non oggi. Il giorno che ci siamo conosciuti... ero letteralmente sopraffatta dalla paura, anche se cercavo di convincermi che non potevo fare altro.''
'' E' comprensibile... ti volevano uccidere per evitare che tu potessi smascherarli, è naturale aver paura per la propria vita...''
'' Non ho avuto paura della possibilità di dover morire o di affrontare bestie selvatiche o qualche brigante.... a farmi paura, era il bosco stesso.''
'' Come mai....? Se ti va di parlarne ovviamente.''
'' Io non sono nata a Parigi.''- per la verità non lo sapeva se era o non era nata nella capitale. Non sapeva niente del suo passato -'' La mia infanzia l'ho passata in una locanda dove sono cresciuta tra piatti da lavare, pavimenti da lustrare ed un padrone che se reputava non lavorassi abbastanza sodo mi picchiava un'ora sì e l'altra pure.''
Nicolàs sentì salire dentro di se un moto di collera al pensiero che quella ragazza, tanto dolce e gentile quanto bella e coraggiosa, fosse stata massacrata di botte fin da bambina.
'' Tra i miei incarichi c'era anche quello di andare a prendere l'acqua al ruscello che si trovava in un bosco. Di giorno non era un grande problema... ma spesso dovevo andarci di notte, a volte in pieno inverno... e durante la notte quel bosco era molto diverso da come appariva di giorno.
Le sagome degli alberi mi sembravano mostri e fantasmi, le mie orecchie aguzzate dal terrore amplificavano ogni suono... il vento che soffiava mi sembrava un losco figuro che mi seguiva pronto a saltarmi addosso...''- tremò leggermente al ricordo degli anni più bui della sua vita e alla paura che aveva provato quando era poco più di una bimba spaurita in un bosco buio in cui ogni soffio di vento sembrava un fantasma e la sua stessa ombra un brigante.
Nicolàs le andò vicino per abbracciarla.
'' Da allora, il pensiero di dover dormire da sola, in un bosco.... per me è come se fossi un neonato gettato in mezzo ai leoni.''
Da quando lavorava per Aramis, le era capitato molte volte di dover dormire per terra, a volte in un bosco, ma lì era diverso. Non era sola e malgrado lo nascondesse era rassicurata dal fatto che vi fossero i moschettieri a proteggerla... ma quel giorno che si era ritrovata da sola in un bosco per sfuggire ad un atroce destino... per la prima volta aveva sentito davvero il terrore assalirla quando il cielo aveva iniziato a tingersi di arancione.
Dopo di che la ragazza sorrise.
'' Visto? Tutti abbiamo un timore incredibile per qualcosa che magari non ci farà mai del male... e non c'è da vergognarsi. E' un pezzo della propria anima e del proprio vissuto.''
In quel momento sentì qualcosa sbocciare nel suo suo cuore.
E poteva essere la cosa migliore che c'era in quel mondo o la sventura peggiore che gli potesse mai capitare, a seconda delle interpretazione.
Si era innamorato.
...
...
...
'' M'innamorai in quel momento.''- fece Nicolàs, mentre Reneè ascoltava con attenzione -'' M'innamorai al punto che se fosse stato per me, le avrei chiesto di sposarmi seduta stante... ma non l'ho fatto. Sai perchè amore? La mamma non avrebbe accettato, anzi si sarebbe arrabbiata e sentita presa in giro... purtroppo ci sono molti nobili che di nobile hanno solo il casato che quando si annoiano si divertono ad illudere e deludere brave ragazze e giocare con il loro cuore... ed io non volevo che lei pensasse questo di me.''
Questo era uno dei motivi principali per cui dopo la fine dell'affaire Maschera di Ferro era sparito per mesi interi.
Voleva provare a sè stesso che il sentimento che aveva iniziato a nutrire nei confronti di quella ragazza del popolo, ma dai modi di una principessa e dalla tempra di un soldato, non fosse un'infatuazione o un capriccio ma un sentimento vero e duraturo.
E quando aveva capito che quel sentimento era vero amore era tornato per chiederle di diventare la sua contessa.
E se ciò non fosse stato possibile... sarebbe diventato moschettiere e sarebeb stato certamente in grado di offrire una vita degna di quel nome sia a lei che alla loro bambina.
L'aveva promesso prima a lei e poi a sè stesso. Sapeva che Lunette non era quel tipo di donna che aveva bisogno di qualcuno a proteggerla... ma lui lo sarebbe stato.
Il suo Robin Hood.
O Lancillotto.
O il suo Ivanohe.
Qualsiasi cosa le sarebbe servito.
'' Sarò con te. Non temere.'' - le aveva detto tante volte.
Anche se il senso di colpa per non essere riuscito ad impedire alla moglie di cadere in quel sonno così simile alla morte, quando il giovane conte mise la figlioletta nella culla, ormai pacificamente addormentata, si sentiva quasi meglio.
Raccontato quel momento così importante a Reneè... per un attimo gli era sembrato di aver rivisto la sua Lunette, viva, felice, piena di energie e voglia di fare, lì davanti a lui.
E ci sarebbe tornata presto, per davvero.
Ne era sicuro.
Tornò nella camera dove dormiva la moglie e congedò Mariette.
Quando fu solo, diede un bacio alle labbra della moglie -'' Ti stiamo aspettando, amore mio... torna presto.''
E come faceva da quasi una settimana a quella parte... la vegliò nuovamente sino all'alba.

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Capitolo 80
*** In trappola ***


~Se Lunette fosse stata in sè, si sarebbe certamente stupita di quante persone le volevano bene e che al momento, se la cosa avesse fruttato, avrebbero dato via volentieri trent'anni della loro vita solo per farle vedere di nuovo il sole di Parigi.
Anche le persone che in passato l'avevano osteggiata.
Rochefort era tra queste.
Quando passava dalla casa dei Montmercy, mentre era di ronda, non poteva non volgere uno sguardo alla finestra della stanza in cui la giovane Lunette dormiva ormai da giorni, in un sonno ininterrotto che piano piano la stava conducendo alla morte.
E non poteva fare a meno di sospirare tristemente e ripensare ( soprendendosi) di come quella giovane dama in fin di vita fosse la stessa ragazzina spavalda che faceva il diavolo a quattro assieme ai moschettieri, piena di vita e che pareva divertirsi nel vedere lui e i suoi uomini in difficoltà.
Eppure era la stessa persona.
Quella stessa ragazza contro la quale aveva combattuto e che in alcuni casi era arrivato a rapire, torturare, tentare di uccidere... era la stessa giovane donna che aveva lottato assieme ai due reggimenti di Francia per punire il colpevole di un colpo di stato.
Ed ora stava morendo. Ma ad ucciderla non era una ferita di spada o una palla di moschetto come lui stesso aveva sempre immaginato.
'' A forza di stare sul campo di battaglia''- le aveva detto una volta -'' Finirà che farai una fine poco consona ad una damigella.''
Lei aveva risposto con un sorriso sbarazzino -'' Correrò il rischio.''
Ad ucciderla era la ripicca di una donna che proprio non riusciva a mandar giù il fatto che la giovane avesse incontrato un nobile pronto addirittura a gettare alle ortiche il suo titolo nobiliare pur di vivere accanto a lei come marito e moglie.
Era qualcosa a cui non poteva credere.... era scampata a pericoli incredibili, assassini e adesso moriva in un letto, probabilmente uccisa dall'invidia.
Quel giorno però aveva deciso di andare a casa dei conti Montmercy per avere informazioni sulla giovane donna.
A suo modo, poteva dire, di essere... affezionato a Lunette. Quasi quasi sentiva la mancanza di quei tempo in cui i moschettieri lo sbeffeggiavano e gli facevano fare figuracce a tutto andare.
Bussò alla porta dei Montmercy e restò in attesa.
Ad aprirgli la porta, fu Mariette, la giovane serva della casa che subito lo salutò con un'ossequiosa e contenuta riverenza.
'' Conte...''- fece la cameriera -'' Prego, accomodatevi pure... gradite un tè?''
L'uomo rifiutò con un cenno del capo.
'' No, sono di ronda e non posso fermarmi... volevo solo sapere se ci sono novità.''
La ragazza abbassò il capo per non far vedere al capitano dei cardinalisti che tratteneva le lacrime per poco.
'' Purtroppo no....
La signora non accenna a volersi svegliare.... il signor conte ormai quasi non dorme... ed anche la contessina, piange di continuo.... i medici temono il peggio.''
Rochefort annuì ma cercò di non dar a vedere che lui stesso era molto preoccupato per quella situazione da incubo.
'' Dì al conte Montmercy di non fidarsi troppo di questa previsione.''- fece il capitano dei cardinalisti -'' Quella, più sei sicuro di averla mandata a fondo, ed ogni volta torna più forte di prima.''
'' La conoscete da molto?''- fece Mariette che non riusciva in alcun modo a trattenere in alcun modo la sua curiosità. Sinora aveva conosciuto la sua giovane padrona solo dai modi educati e quasi amichevoli con la quale la contessa si rivolgeva a lei e dai racconti che era solita fare alla figlia per metterla a dormire. A volte interrompeva quello che faceva e si accoccolava vicino alla porta per ascoltare quei resoconti, affascinata, come se stesse leggendo un romanzo d'avventura.
'' Da quando aveva quattordici anni.''- fece Rochefort -'' per questo posso dire che in tutta la Francia non esiste una donna più tenace e caparbia di lei... a volte lo è fin troppo, ma che vogliamo farci, è fatta così...''
Non l'avrebbe mai ammesso, nemmeno sotto tortura... ma certe volte, quella mocciosetta impicciona e petulante con i suoi amici moschettieri suscitavano in lui un profondo senso d'invidia.
Non tanto per la loro bravura o per la loro astuzia in battaglia...
Erano sempre uniti. Sempre pronti a combattere e pareva che non importasse loro di dover morire pur di salvare la vita a uno di loro.
Anche quando erano lui e le sue guardie il nemico, ne erano sempre usciti vittoriosi.
Non poteva credere che quella fosse la prima sconfitta dei moschettieri.
'' Andiamo, ragazzina...''- pensò Rochefort -'' è il momento di dimostrare il tuo coraggio. Sei ancora un moschettiere, hai capito? Sei un moschettiere!!!''


'' Corri, bello. Corri avanti!!!''- fece Aramis spronando il cavallo a correre. Si trovava nei pressi dei boschi di Boulogne a fare una corsa a cavallo per sfogare la rabbia e la disperazione che da qualche giorno albergava nel suo cuore.
Aveva sempre ritenuto che una corsa a cavallo fosse ottima per stemperare qualunque emozione negativa, ne aveva avuto prova solo pochi giorni prima con Lunette... ma in quel caso era diverso.
Lunette odiava Milady per quanto aveva fatto a suo marito, ma sapeva a colpo sicuro che il giovane conte si sarebbe ristabilito.
Loro invece... che prove avevano per dire che presto la giovane si sarebbe svegliata e tutto sarebbe tornato esattamente come era prima?
Nessuna.
Passavano i giorni e Lunette pareva sempre più deperita, pallida... e lei non poteva fare niente per aiutarla.
Aspettare e pregare, dicevano i medici... se almeno avessero avuto una speranza che quella brutta storia si sarebbe risolta nel migliore dei modi... invece non avevano niente.
Solo l'ombra della morte che minacciava di portarsi via Lunette...
'' Tu non sai cosa darei per  tornare indietro nel tempo...''- fece Aramis come se l'amica fosse davanti a lei e perfettamente in grado di udirla ed anche di risponderle -'' con il cavolo che ti lasciavo andare da sola da quella strega maledetta...''
Non smetteva di ripeterselo... se solo fosse andata con lei... Lunette le era stata sempre accanto in ogni battaglia, anche in quelle in cui non vi era nessuna garanzia di tornare a casa... e lei l'aveva lasciata da sola nella battaglia in cui si giocava tutto.
Quando Lunette era agitata, nervosa o la vedeva sul punto di dare i numeri per qualcosa su cui non poteva avere un briciolo di controllo o che non poteva fermare, la consigliava alla pazienza e di star lontana dalla minaccia almeno sino a quando non le fosse venuta in mente una buona idea...
Non avrebbe mai pensato quanto potesse essere terribile e lacerante quel consiglio, che per quanto potesse essere sensato condannava all'impotenza davanti al dolore e alla sofferenza delle persone più amate.
Basta.
Aveva deciso che il tempo di aspettare e pregare era finito. Lunette doveva tornare da loro.
'' Ci dev'essere qualcosa che si possa fare.''- però a questo nobile proposito nascevano non poche complicazioni.
Primo fra tutti, la loro impossibilità di fare qualcosa di concreto su un '' malato'' del genere visto che persino i migliori luminari di Francia, convocati dal re per l'occasione non riuscivano a cavare un ragno dal buco.
Ma forse c'era qualcuno che poteva.
La stessa persona che la stava condannando a fare quella fine assai poco dignitosa per un moschettiere.
Milady.
Da quando avevano riportato a casa Nicolàs dall'isolotto di Bel- Ile, si era giurata che non avrebbe mai più rivisto la donna che le ricordava il come, il perchè, ma soprattutto chi le aveva tolto il suo futuro di donna felice ed innamorata e che il nome di quella donna sarebbe riaffiorato sulle labbra sue e delle persone che conosceva solo nel raccontare ai figli di Lunette e Nicoàs e di D'artagnan e Costance ( e perchè no, forse anche ai suoi e a quelli di Athos) le loro avventure.
'' Ma lei ha bisogno di me.''- fece la moschettiera risoluta. Per come la vedeva lei, era meglio rivivere un'altra volta il suo dolore che prepararsi a viverne un'altro e perdere la sua più cara amica.
'' Lunette...''- pensò la moschettiera spronando il cavallo a correre verso la città, destinazione la prigione dello Chatelet -'' ti salverò. In un modo o nell'altro, giuro che ti farò tornare da noi.''

Quando arrivò alla prigione, non si diede pena nemmeno di chiedere a Vesmount di accompagnarla sino alla segreta in cui era rinchiusa Milady.
'' Conosco la strada.''- in fin dei conti era la stessa in cui anni prima aveva accompagnato il re scambiato per Maschera di Ferro e conosceva benissimo la strada per arrivare da quella strega maledetta.
Ma l'avrebbe convinta lei a togliere quella maledizione a Lunette.
Con le buone o con le cattive.
Anzi, più con le cattive. La sua tata quando era piccola era solita ripeterle che in genere le cose di ottenevano meglio con la dolcezza che non con l'aggressività... ma rifiutava tassativamente di andare da quella donna con un tono dimesso e docile come quello di un agnellino e magari dire '' Per favore, ti prego, t'imploro''. Piuttosto si sparava seduta stante.
'' Ma guarda...''- fece Milady sorridendo seraficamente quando vide la moschettiera nella sua cella -'' per essere una condannata all'isolamento totale se ne vedono di persone a farmi visita... a cosa devo questo onore?''
Senza degnare l'inglese nemmeno di una sillaba come risposta, la moschettiera tirò fuori la sua pistola e la puntò in faccia alla prigioniera.
'' Che intendete fare?''- fece Milady per niente intimorita. O se lo era, si guardava bene dal farlo capire.
'' Voglio Lunette.''- fece la bionda con gli occhi tremanti di rabbia, senza troppi giri di parole -'' la rivoglio con me.''
Milady sorrise.
Il suo piano a quanto pare procedeva.
Per qualche miracolo, la giovane serva che giocava a fare la contessa, era riuscita a salvarsi da quel salto che le avrebbe stroncato la vita... ma le era toccata una fine ancora peggiore. I suoi amici non erano riusciti ad impedirle di cadere in un sonno da cui non le sarebbe stato possibile svegliarsi a meno che non avvenisse un miracolo del cielo.
Erano trascorsi quasi sette giorni da allora... senza cibo e senz'acqua non avrebbe resistito ancora per molto.
'' Ed io che cosa posso fare, sentiamo?''- fece Milady.
'' Sei tu che l'hai messa a morte con qualche tua diavoleria, quindi sarai tu a riportarla in questo mondo!''- fece Aramis sforzandosi con tutte le sue forze di non premere il grilletto malgrado sentisse che solo la vista di quel volto ricoperto di sangue scarlatto avrebbe potuto placarla.
'' Vorrei poterti dire che mi dispiace, e che se potessi ti aiuterei volentieri... ma sarebbe una bugia.''- fece Milady -'' ad ogni modo sarà franca: mi spiace, ma la tua amica è spacciata.
Non c'è nulla che tu o il resto della tua cavalleria possiate fare per svegliarla.''
'' Non ci credo.''- fece la bionda ricacciando una lacrima che scalpitava per rigarle la faccia. Mai avrebbe dato una soddisfazione del genere a quel demonio con la faccia di un angelo caduto -'' Non vi è una sola volta che la tua bocca si apra senza mentire.''
'' Eppure è la pura e semplice verità.''- fece Milady -'' lo stato catatonico in cui è caduta, è molto semplice da spiegare: o si sveglia da sola prima che le sue energie si esauriscano o muore.''
'' Non sono le sue condizioni che la stanno uccidendo, sei stata tu!!!!''- fece la moschettiera piazzandole la canna della pistola contro la fronte. Ma nemmeno quella minaccia fece arretrare l'inglese.
'' Io ti giuro.... se la mia amica muore... io...''
'' Cosa farai?''- fece Milady con tono di sfida -'' Mi ucciderai? Accomodati pure. Ma in questo modo, procurerai un altro grandissimo dolore a Lunette.''
Aramis la guardò senza capire, ma durò solo un istante.
In quel momento si ricordò il motivo per cui aveva impedito a Nicolàs di uccidere Milady pochi giorni prima.
Milady, seppur una criminale  rea di tentato omicidio, omicidio e una dei principali autori di un colpo di stato di cui si parlava tuttora malgrado fossero passati due anni e mezzo, detenuta alla prigione dello Chatelet... godeva di una protezione che la stessa Lunette le aveva dato. Infatti, per editto reale la donna era condannata a marcire in prigione sino al giorno in cui non avesse chiuso gli occhi per sempre.
Se fosse stata ritrovata morta ammazzata, sarebbe stato come violare un editto reale.
Quasi certamente il re avrebbe compreso e quasi '' giustificato'' il fatto che lei, Nicolàs o uno dei suoi amici moschettieri avevano ucciso per vendicare la loro cara Lunette... ma nemmeno un re poteva fare favoritismi verso dei sudditi rei di aver violato un editto reale.
Il re l'avrebbe certo fatta condannare a morte. Lunette le aveva voluto ogni bene possibile per tutti quegli anni... il suo spirito, nella peggiore delle eventualità, non avrebbe mai trovato pace con la consapevolezza che si era messa nei guai con la legge, buttando via la sua vita oltre a quella che aveva iniziato ad intravedere accanto ad Athos.
'' Vedo che hai capito...''- fece Milady ridendo -'' La tua amica non riposerebbe mai in pace sapendo che hai sacrificato la tua vita e le tue possibilità di essere felice... per vendicare lei.
Ahahahah.... scommetto che quando ha ottenuto che il re mi risparmiasse la vita, non avete fatto altro che ripeterle quanto suo marito fosse fortunato ad aver trovato una ragazza come lei... bella, intelligente e con il cuore così puro da non augurare la morte nemmeno al peggiore degli assassini...  senza sapere che questo buon cuore sarebbe stato la sua condanna a morte.''
Aramis a quel punto abbassò la pistola.
Non c'era niente che potesse fare per aiutare Lunette e quella donna forse diceva il vero quando sosteneva di non poter far niente nemmeno lei...
'' Per quanto riguarda te...''- fece ancora Milady mentre la bionda accennava ad uscire -'' consideralo un piccolo dono da parte di Mansonne.''
La bionda si bloccò.
Che diavolo c'entrava Mansonne in tutta quella storia?
'' Poco  dopo che ti sei rivelata per quel che eri... a proposito, è stato un vero shock scoprire la tua vera identità...''- fece Milady -'' Mi ha rivelato chi eri, perchè eri entrata nei moschettieri e di come gli hai ferito nuovamente la spalla... come mi ha detto che prima di tagliare la testa al re avrebbe preferito affondare anche nel tuo petto una spada.
Ma con la tua serva morta... sapeva di aver ferito a morte la tigre.''
...
...
...
Aramis uscì dalla prigione pallida come un cadavere e tenendosi in piedi a stento, rifiutando però l'aiuto di tutti i secondini, le guardie e di tutti coloro che le si erano avvicinati per chiederle se stava bene o aveva bisogno di aiuto.
'' Aramis!!!''- urlò una voce a lei familiare abbracciandola.
Quando ebbe finalmente la forza di guardare di fronte a lei, vide gli occhi scuri e sfigurati dalla preoccupazione del bel moschettiere -'' che cos'ha, ti senti male?''
'' No... no...''- fece la giovane scostandosi da lui inziando a camminare nuovamente pur traballando -''... sto bene....''
'' Non mi pare proprio...''- fece Athos cercando di sorreggerla -'' sembra che ti abbia investito una carrozza... lascia che ti aiuti...''
'' No, ti prego lasciami stare, Athos...''- fece Aramis iniziando a dare libero sfogo alle lacrime -'' quella canaglia si sta portando via anche Lunette!!!''
Il suo peggiore timore si era avverato. Sino a pochi minuti fa, riusciva a sopportare, seppur per poco, il pensiero che la sua amica fosse ridotta in fin di vita non per una ripicca contro di lei o per una delle tante battglie in cui l'aveva coinvolta ma per una gelosia marcia di una donna che non riusciva a mandar giù la felicità dell'amica... ma quello stato da cui la giovane pareva non riuscire a svegliarsi, adesso somigliava tanto alla vendetta postuma di un fantasma del suo passato.
La cosa che maggiormente l'avrebbe torturata era il non poterle rendere giustizia: Mansonne era morto, Milady godeva di una sorta di immunità...
'' Ma il modo di fartela pagare, giuro che lo troverò.''- promise a sè stessa.
Altrochè... non avrebbe mai permesso che la donna responsabile della morte di Lunette la facesse franca.
Mansonne l'aveva paragonata ad una tigre ferita a morte nella convinzione che quello fosse uno svantaggio e quasi un'assicurazione che il colpo di grazia fosse quasi insperato...
Ma la verità era che una tigre ferita, era ancora più pericolosa.

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Capitolo 81
*** Una misteriosa visita ***


Ormai Nicolàs era diventato il fantasma di sè stesso, quasi per '' solidarietà'' nei confronti della moglie che ormai era più di là che di qua.
L'orologio continuava a camminare inesorabile accompagnando la giovane contessa verso il suo appuntamento con la morte.
Se non fosse stato per il pallore, le guance infossate, ed il respiro debole si poteva dire che stava dormendo come solo una bambina avrebbe potuto dormire.
E per un po' era stato quasi dolce vederla dormire così... per un po' si era illuso. Che fosse come tante altre volte... lui che si svegliava ( o almeno così credeva) prima di lei e stava lì a fissarla, carezzandole una guancia, giocando con i suoi capelli e pensava che mai sarebbe riuscito ad amare una donna più di così... ma stavolta era tutto diverso.
Lunette non era addormentata e nemmeno negli ultimi attimi del dormiveglia... stava morendo.
Si stava spegnendo lentamente, per colpa di una donna che non riusciva a digerire il fatto che lei fosse felice, che fossero state le sue qualità... il suo coraggio, la sua dolcezza e la sua incredibile lealtà a farle conquistare l'amore di un nobile, e che non voleva credere che al mondo esistessero persone in grado di amare senza secondi fini e che per questo venivano premiate.
'' Povero amore della mia vita...''- pensò Nicolàs a voce alta mentre una lacrima solitaria gli rigava il volto -'' che cammino difficile ti ha riservato il destino...''
Lunette Montmercy, nata Le Goff. Nata nobile, ma il suo titolo non le era mai stato riconosciuto a causa di sciocchi pregiudizi ed una chiusura mentale quasi nauseabonda, era stata picchiata a sangue, umiliata e torturata chissà quante volte nei suoi primi dodici anni di vita... poi erano arrivati i moschettieri a completare il tutto.
Con loro era sbocciata.
Si era trasformata in una bellezza sfolgorante. Bella, forte, coraggiosa... un moschettiere di straordinario coraggio e lealtà, che però sapeva essere anche una splendida moglie ed una tenera madre.
In poche parole un sogno. Il suo sogno più grande e che si era trasformato in realtà.
Un sogno che però a poco a poco si stava trasformando nel peggiore dei suoi incubi. Per un attimo si era ritrovato a pensare che se non l'avesse mai incontrata forse non avrebbe mai sofferto in quel modo... eppure non si pentiva di nulla. Anzi, l'avrebbe fatto altre mille volte.
Avrebbe affrontato quel dolore altre mille volte per altre mille vite pur di rivivere quei momenti preziosi e speciali, in cui per la prima volta nella sua vita aveva conosciuto la pienezza di un amore che tutto dava, incondizionatamente, e senza chiedere nè aspettarsi nulla.
'' Grazie per tutto quello che hai fatto per me, amore mio...''- fece Nicolàs con le lacrime agli occhi -'' Nemmeno la morte riuscirà a tenerci lontano...''
Se Lunette fosse morta e non ci fosse stata la piccola Reneè probabilmente, avrebbe afferrato il pugnale di suo padre, avrebbe mirato al cuore e l'avrebbe raggiunta.
Ma Reneè era troppo piccola per restare sola come era successo a lui e Lunette: l'avrebbe cresciuta da solo, con l'aiuto dei moschettieri, di Jean, Costance, Mariette, Martha e Monseiur Bonacieux, raccontandole di quale gran donna era stata sua madre... ma non ci sarebbe stata nessun'altra donna che avrebbe potuto fregiarsi del titolo di contessa Montmercy e di padrona assoluta del suo cuore.
Nessuna.
'' Conte?''- fece Mariette entrando nella stanza.
'' No.''
'' Non vi ho rivolto alcuna domanda...''- fece Mariette confusa.
'' Lo so, ma stavi per consigliarmi di andare a dormire per un po' o per mangiare qualcosa. Ed io ti ho già dato la mia risposta.''
Mariette non si offese per il tono poco educato e quasi scocciato del suo padrone. Era un momento orribile per tutti: per i moschettieri e gli amici della signora contessa, le poche cameriere di cui disponevano la piangevano come se fosse già morta... e poi c'era il signor conte, che soffriva più di chiunque altro nel vedere quella che aveva sempre definito '' il fiore più prezioso, il tesoro più prezioso che avesse mai potuto trovare'', sfiorire ed appassire a poco a poco, senza poter fare niente per impedirlo.
Non era il momento per chiedere al padrone di recuperare il suo solito tono educato nei confronti della servitù.
'' Perdonate signor conte, ma non è per questo che sono qui. Avete una visita.''
Nicolàs si fece interessato -'' Chi è...?''
'' Non lo so, ma ha detto che vuole parlarvi urgentemente.''
'' In tal caso, scusami con lui e mandalo via...''- fece cercando di recuperare un tono più dolce.
'' Signore, con il dovuto rispetto, gli ho già detto che per voi non è un buon momento...''- insistè la domestica -'' ma ha insistito. Dice che più passa il tempo e peggio sarà.''
Nicolàs sbuffò alzandosi dalla poltrona imboccando l'uscita della stanza, deciso a vedere chi fosse il loro misterioso visitatore e sentire cos'avesse di così importante da obbligarlo ad abbandonare la moglie, magari proprio nel momento in cui poteva essere deciso il suo destino.
Incaricò Mariette di rimanere vicino alla giovane contessa e scese le scale.
'' Nicolàs.''- sulla soglia della porta vi era un uomo vestito con un'elegante marsina nera, sui cinquant'anni, basso, tarchiato, ma ancora vispo ed arzillo per la sua età.
Il giovane conte lo riconobbe immediatamente e le sue labbra abbozzarono un sorriso. Si stupì  nel vederlo lì.
'' Marchese De La Roche...''- fece il giovane sorridendo -'' che fate qui? Vi credevo ritirato nella vostra tenuta di campagna a Nizza. Come mai a Parigi?''
'' Affari.''- fece il marchese -'' Gli ultimi di cui intendo occuparmi. Lascio Parigi oggi stesso...''
''... e prima volevate sapere come stava il vostro discepolo prediletto?''- scherzò il giovane conte.
Il marchese Jean-Luc De La Roche era un uomo molto colto e conosceva tantissime cose sui più svariati argomenti, motivo per cui veniva spesso chiamato da molte famiglie nobili chiedendogli di occuparsi personalmente dell'istruzione dei loro figli.
Dopo la morte dei suoi genitori ed essere stato accolto in casa di sua zia, venne affidato proprio alle cure del marchese, amico di vecchia data della contessa... e che a detta del nipote, frequentava la casa così assiduamente perchè ne era innamorato.
Aveva fatto scappare tutti i precettori precedenti... doveva dirlo, specie dopo la morte dei suoi ed aver assistito a quello scempio, era stato per molto tempo come in trance, chiuso tutto il santo giorno in camera sua, rifiutando ogni tipo di contatto umano e di fare qualsiasi cosa: perfino esplorare alla ricerca di un qualche passaggio segreto, cosa che amava sopra ogni altra cosa, gli sembrava una di quelle imposizioni che tanto detestava.
Quando si trattava di studiare le cose non miglioravano di certo. Ad un certo punto si alzava urlando che era stufo e nessuno riusciva più a farlo ragionare.
Con il marchese De La Roche era stato diverso: gli era venuto incontro, lo aveva aiutato a far pace con il mondo e con la vita, e a poco a poco era diventato una solida figura di riferimento maschile.
Andavano a caccia assieme, gli aveva insegnato a tirar di scherma... lo aveva ricondotto in vita in poche parole.
L'uomo sorrise -'' Beh... so che hai ottenuto dei grandi meriti per le tue qualità, a corte.''
'' Già... lealtà, coraggio, onore e disciplina, come mi avete insegnato voi...''- fece Nicolàs incupendosi -'' mi avranno anche portato dei meriti... ma a che mi sono serviti, se non sono nemmeno riuscito a salvare la donna che amo?''
Il marchese abbassò gli occhi, costernato -'' Perdonami. Non ero al corrente che stessi passando un brutto momento... forse avrei dovuto evitare... ma si tratta di una questione molto urgente.''
'' Che intendete dire?''- fece Nicolàs -'' spiegatevi meglio...''
'' Ma sei pazzo, figliolo, vuoi forse la mia morte?''
Nicolàs si fece più pallido di quanto le lunghe notti passate in bianco non lo avessero reso -'' Come, la vostra morte? Ma di che parla, si può sapere?''
Per tutta risposta, il marchese gli diede una custodia in cuoio per i documenti -'' Tienili nascosti. Tra qualche giorno dovrebbe passare un mio servo a prenderli in consegna. Fino ad allora, tienili nascosti e non farne parola con nessuno.''
'' Va bene...''- fece Nicolàs che non riusciva a capire il perchè di tanta segretezza e paura nello sguardo del suo vecchio precettore.
Il marchese sorrise e gli mise una mano sulla spalla -'' Bravo, figliolo.''
'' Che c'è in queste carte?''
Il suo sguardo s'incupì -'' Meglio che tu non lo sappia. Meno cose sai meglio è....''- in quel momento le campane di Notre Dame suonarono le cinque del pomeriggio -'' ora devo andare. Mi raccomando... abbi cura di te.''- e nel dir così uscì dalla dimora dei Montmercy a passo svelto e deciso, lasciando uno sconcertato Nicolàs sulla porta.
Non si aspettava minimamente che dopo quasi quattro anni, il suo ex precettore avrebbe bussato alla sua porta, con uno sguardo inquieto e quasi supplicante e meno che mai per affidargli delle carte '' segrete''.
Non sapeva bene perchè l'avesse fatto però...  sapeva che era curioso e che dire ad una persona di non fare assolutamente una determinata cosa era come dargli il permesso... glielo diceva sempre quando era ragazzino e finiva sempre per andare a curiosare nei posti in cui sia lui che la zia gli avevano severamente proibito.
'' Tra il proibire e darti il permesso non c'è differenza''- lo rimproverava sempre.
Perchè dunque affidare proprio a lui delle carte segrete, se sapeva che il loro contenuto poteva essere pericoloso? Perchè pronunciare delle frasi tanto ambigue poi?
Tirò fuori la lettera della custodia e per un attimo fu tentato di rompere il sigillo fatto con la ceralacca.... avrebbe dato solo una scorsa, niente di più...
'' CONTE!!!''- la voce concitata di Mariette lo riportò alla realtà -'' Presto, correte!!!''
'' Lunette...''- le sue labbra s'incresparono in un sorriso ed iniziò a correre su per le scale con il cuore che batteva a mille, sperando e pregando in tutte le lingue che conosceva, che quell'urlo simboleggiasse qualcosa di positivo.
Quando arrivò sulla soglia della loro camera vide Mariette che piangeva con la faccia nascosta nel grembiule.
'' No...''- borbottò quasi senza fiato. Non ci voleva credere, non poteva essere morta... si fece coraggio e con l'andatura da zombie si avvicinò al letto, per dare alla moglie il suo ultimo saluto.
Per fortuna altre volte si era sbagliato.
Quelle non erano lacrime di disperazione. Ma di felicità.
Lunette era lì. Provata, pallida, dimagrita, quasi un ombra... ma era lì.
'' Lunette...''- non riuscì più a trattenersi e corse ad abbracciarla e darle un bacio.
La giovane contessa ricambiò, ma con meno enfasi.
'' Ahi... piano, piano, per favore...''
'' Oddio, scusami...''- fece lui ritraendosi un poco, prendendole le mani baciondole ripetutamente i dorsi -'' tesoro mio... sei bellissima...''
'' No, non è vero...''- fece Lunette con voce affaticata e provata. Non poteva vedersi ma poteva dire che non era un bel vedere... capelli spettinati, un pallore quasi mortale, probabilmente indossava la stessa camicia da notte da giorni...
'' Sei bellissima, è così.''- aveva gli occhi aperti, gli sorrideva, era lì con lui, viva e con tutta l'intenzione di vivere.
Tanto gli bastava per essere felice. La piccola Reneè che fino ad un attimo prima dormiva nella sua culla si svegliò iniziando a piangere per richiamare l'attenzione dei genitori.
'' Buona contessina, buona...''- fece Mariette prendendo la bambina iniziando a cullarla dolcemente.
'' Dammela... per favore...''- fece Lunette supplicando e tenendo le braccia leggermente tremolanti.
La cameriera non se lo fece ripetere due volte e con precisione quasi chirurgica adagiò la piccola tra le braccia materne.
La bimba scoppiò a ridere, festosa, mentre Nicolàs sorrise. L'ultima volta che erano stati così felici era stato quando era nata la loro piccola... in quei giorni si era chiesto se la felicità esisteva veramente, come si chiedeva in tutti i suoi momenti difficili.
Difficile riuscire a rammentare qualcosa di lieto e felice quando la gioia passata era svanita, passata, e non c'era più... e allora si chiedeva se quella felicità era mai esistita.
Quel giorno ne ebbe conferma.
Esisteva.
La sua felicità era tutta lì.

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Capitolo 82
*** Una lettera pericolosa ***


La guarigione, per certi versi miracolosa di Lunette, portò nuova gioia e nuova felicità a tutti i suoi amici.
Nicolàs, poco meno di mezz'ora dopo il risveglio della sua adorata moglie, incaricò Mariette di recarsi alla dimora di Aramis e a quella di Costance in modo da informarli dell'avvenuto miracolo.
Aramis fu la prima a precipitarsi a casa Montmercy dopo aver ricevuto la notizia e quando toccò con mano che la sua più cara amica era viva, minacciò di strangolarla in un abbraccio fraterno, scoppiando a piangere per la felicità. Era stanca, distrutta dalle notti di pianto, dalle veglie, dalle preghiere... ma si sentiva felice ed appagata. Come se una parte del suo cuore avesse ricominciato a vivere.
'' Mi hai messo paura...''- fece Aramis.
'' Mi dispiace.''- fece Lunette.
'' Riesci a ricordare qualcosa di quello che è successo?''- chiese Aramis prendendo in braccio la piccola Reneè cullandola leggermente sulle sue ginocchia.
Lunette annuì stringendosi nello scialle che Mariette le aveva portato. Si era svegliata e dal canto suo si sentiva bene, ma stando al medico che il re e la regina avevano messo a sua disposizione, avrebbe dovuto rimanere a letto per un altro paio di giorni per recuperare pienamente le forze.
Lei avrebbe di gran lunga preferito tirare di scherma o fare delle cavalcate, rimettersi ad aiutare un poco la servitù della casa... insomma, qualunque cosa pur di uscire da quella stanza in cui aveva passato pure troppo tempo ultimamente, a parer suo.
'' Ricordo tutto... ho commesso l'errore di guardarla negli occhi e poi... solo di aver provato paura, rimorso e rimpianto. Poi il vuoto sotto di me.''
'' Dannata...''- Aramis ringhiò di rabbia. La piccola Reneè si accorse del cambio d'umore da parte della persona che la  teneva in braccio ed iniziò a piangere -'' no tesoro no... va tutto bene.''- disse cercando di calmarsi -'' è riuscita a provocare dolore e sofferenza solo con lo sguardo...''
'' Se il cielo vuole, adesso è finita. Non ci rivedremo mai più.''
'' E se la cava così?''- fece Aramis. Dal canto suo avrebbe voluto passarla a fil di spada per tutto quello che aveva fatto: aveva quasi ucciso la sua migliore amica, se n'era presa gioco quando Lunette stava letteralmente trattenendo l'anima con i denti, aveva quasi messo Nicolàs in condizione di farsi giustizia da solo, rischiando di rimetterci la vita lui stesso, condannando la piccola Reneè ad uno squallido destino.
D'artagnan e Costance l'avevano informata dellla discussione a cui avevano assistito tra due nobildonne, che di nobile avevano solo il titolo, che quasi non vedevano l'ora che la giovane tirasse le cuoia per convincere Nicolàs a riprendere moglie e magari una delle loro figlie... ed anche se aveva saputo che il principe Philippe le aveva rimesse al loro posto, umiliandole a dovere, avrebbe voluto prendere a schiaffi sino a far diventare le loro facce rosse come pomodori maturi.
Milady avrebbe dovuto pagare un conto salatissimo per tutto quello che aveva fatto... ma per il loro bene era meglio fingere. Meglio farle credere di aver raggiunto il suo scopo. Almeno per un po'.
Se mai fosse capitato loro di doversi recare alla prigione le avrebbero portato la notizia che Lunette era viva e felice.
Per ora, volevano solo godersi il fatto di aver recuperato un pezzo del loro cuore.

Passato il momento del pericolo, fu tempo di pensare ai festeggiamenti. Tra le altre cose, i loro amici non avevano dimenticato che dovevano festeggiare ancora il loro anniversario di matrimonio e il ritorno a casa del conte Montmercy. L'occasione per celebrare degnamente tutti questi avvenimenti non si fece attendere più del dovuto. Si stava avvicinando la data che i due coniugi avevano fissato per il battesimo della loro figlia.
Con tutto quello che era successo, il rapimento di Nicolàs, il tentato omicidio di entrambi da parte di Milady, i preparativi erano finiti in sordina, e Lunette aveva deciso di recupare un po' per volta, appena aveva avuto il permesso del medico di alzarsi dal letto per il battesimo della bambina.
Era passata quasi una settimana ormai, e Nicolàs si era ritrovato da solo in casa: Mariette e le poche domestiche si stavano occupando dell'allestimento della festicciola in giardino. Non sarebbe stata una cosa incredibile come la festa campestre che si era tenuta in quella stessa casa prima che scoppiasse l'affaire Maschera di Ferro, non ci sarebbero state decine di invitati, pochi ma le persone più care ai due giovani conti e che con loro avevano diviso tutto, gioia, dolore, speranza, paura, felicità...
Lunette aveva portato Reneè a casa di Bonacieux per farle prendere le misure per il vestitino da indossare al battesimo, e Nicolàs si era chiuso nel suo studio a rimettere in ordine le carte, i registri e i conti. Amministrare i conti della casa era un compito che spettava a lui, anche se ne avrebbe fatto volentieri a meno.
Passare un pomeriggio intero a compilare carte non era proprio in cima alla sua lista delle preferenze, ma almeno aveva un po' di pace e di solitudine. Dopo l'incubo che aveva appena vissuto, tutto quello che voleva era dimenticare che aveva quasi perso sua moglie e fingere che fosse stato tutto un brutto incubo.
E fu proprio la ritrovata quiete a fargli saltare nuovamente all'occhio la custodia in cui era custodita la lettera che il maschese De La Roche gli aveva chiesto di custodire sino a nuovo ordine.
Ormai era passata una settimana, ma del servo che avrebbe dovuto passare per chiedere se il suo padrone aveva lasciato qualcosa per lui e del quale gli era stata preannunciata una visita non si era ancora fatto vedere.
Non era normale. Dato che il marchese gli aveva parlato di documenti importanti, la cosa più logica sarebbe stato recarsi quanto prima da lui per chiedere di riaverli indietro.
E poi, perchè il marchese gli aveva detto di non fargli domande se teneva un po' alla sua vita?
'' Che diavolo c'è in questi documenti?''- aveva deciso. Li avrebbe aperti. In fin dei conti, se si trattava di roba scottante doveva sapere se quella lettera metteva in pericolo lui e i suoi cari.
Ci pensò per qualche secondo prima di rompere il sigillo con la ceralacca e chiese perdono al suo maestro anche se questi non poteva nè vederlo nè sentirlo.
Iniziò a leggere... ed i suoi occhi, man mano che scorreva nella lettura, divennero grandi il doppio.
Nella lettera, vi era contenuta la confessione del marchese: aveva compiuto una lunga serie di investimenti sbagliati e tutto quello che gli rimaneva del suo casato era il titolo. In preda alla disperazione, aveva accettato la proposta di un certo duca De Parmentier che era riuscito a diventare vice consigliere del re, sfruttando la sua gran parlantina  ed era riuscito a convincere a dargli carta bianca per la gestione di alcuni territori francesi... che lui aveva provveduto a rivendere a degli affittuari inglesi. Ed il re si fidava così cecamente che non aveva avuto il minimo sospetto. Era riuscito persino ad ottenere i favori di Richelieu.
Per un po' il marchese aveva goduto un po' di quel '' giochetto'' ed era riuscito a risanare una parte dei suoi debiti.
Poi però aveva avuto una crisi di coscienza: si era reso conto di aver mancato agli stessi principi che da sempre inculcava ai suoi studenti.
''.... sono un nobile, ma allo stesso tempo sono un suddito.  E la mia fedeltà va a sua Maesta. Possa Dio perdonarmi.''
Altro che roba che scottava... c'era da bruciarsi.
Alto tradimento verso lo stato e verso il re. Aveva come il sospetto di aver commesso un grave errore ad aprire quella busta... ma ormai l'aveva fatto e non poteva nè tornare indietro nè fingere di non sapere.
'' Amore?''- la voce di sua moglie lo riportò sulla terra. Si affrettò a nascondere tutto in mezzo ai registri contabili.
'' Tesoro...''- fece Nicolàs cercando di mostrarsi naturale -'' ehy... amore di papà, come stai?''- fece carezzando le guance paffute della bambina che la moglie teneva in braccio.
'' Benissimo.... lo zio Bonacieux ha preso le misure e ci farà un bel vestitino, vero tesorino?''- fece la donna schioccando un bacio sulla testa della bambina.
In quel momento notò che il marito era pallido e che pareva sudorare freddo.
'' Tesoro, ma stai bene?''- fece la donna preoccupata sfiorandogli una guancia -'' Hai una faccia...''
Nicolàs sorrise tiratamente, sforzandosi di apparire naturale -'' Si... credo di essere solo un po' stanco.''
Lunette annuì. Erano stati giorni difficili, Mariette le aveva detto che le era stato accanto notte e giorno e solo perchè Athos gli aveva versato qualcosa nel tè che l'aveva stordito, era riuscito a riposare.
Dopo essersene accorto avevano anche fatto a pugni. Se fosse stato un altro, Athos l'avrebbe sfidato a duello per lavare l'onta, ricordava bene che era stato sul punto di lanciare un guanto di sfida a D'artagnan per molto meno in occasione del loro primo incontro , ma aveva lasciato correre. Anzi, forse era quello che aveva voluto sin da quando gli aveva messo la valeriana nel tè.
Dargli una scusa per aggredirlo, in modo che potesse sfogare la rabbia e l'odio che aveva nel cuore, senza gravi ripercussioni.
'' Chiedo a Mariette di portarci un po' di tè... il tempo di metterla a letto e sono da te.''- nel dir così gli diede un bacio sulle labbra.
Odiava avere dei segreti e che ce ne fossero tra loro. Certo, sapeva della vera identità di Aramis e che Lunette custodiva gelosamente il segreto ( beh, mica tanto segreto visto che lo sapevano praticamente tutti), ma non aveva mai fatto parola di essere a conoscenza di quella piccola omissione, in quanto era stata fatta per saldare un debito d'onore che a detta di Lunette non sarebbe mai riuscita a saldare sino in fondo.
Lui aveva mentito sulla sua vera identità per capire se Lunette avrebbe voluto bene a Nicolàs anche se non avesse avuto nulla da offrire e da allora tra loro non c'erano mai state ombre, segreti e sospetti.
Aveva giurato quando l'aveva accolta come sua sposa che mai le avrebbe tenuto nascosto qualcosa... ma purtroppo avrebbe dovuto rompere il giuramento.
Quella lettera metteva in serio pericolo chiunque fosse a conoscenza del suo contenuto. Se qualcuno avesse scoperto che era lui ad avere quel pericoloso documento, la reazioni di Parmentier sarebbe stata prevedibile: prendere lei e Reneè per ricattarlo. E forse nemmeno i moschettieri sarebbero riusciti ad aiutarlo, visto che questa volta erano coinvolte delle cariche importanti.
Avrebbe aspettato qualche altro giorno e poi non avrebbe più aspettato qualcuno che magari non sarebbe mai arrivato. Avrebbe chiesto un colloquio privato con il re e gli avrebbe consegnato la lettera al re.
Per il momento voleva solo un po' di calma e quiete familiare. Tra pochissimo tempo sarebeb stato il battesimo di sua figlia. E non voleva pensare al male in quei giorni di festa.
Doveva solo trovare un buon posto in cui nascondere quella lettera maledetta, cosa non facile dato che sua moglie aveva l'abitudine di mettere in ordine la casa assieme alle domestiche.
'' Tesoro?''- lo chiamò sua moglie -'' Il tè è pronto.''
La nascose nella tasca interna della giacca. Ci avrebeb pensato tra poco.

- Vigliacco traditore...- quasi urlò il duca Roland De Parmentier, un uomo alto, snello, dal volto duro ed arcigno, linealmenti aguzzi, un caschetto di capelli castani raccolti dietro la nuca, abbigliato con un' elegante marsina nera -'' Dov'è adesso?''
Il suo servo, abituato agli scatti d'ira del suo padrone, capì che presto sarebbe iniziato un gran brutto momento per lui -'' E' scappato, su una nave diretta in Inghilterra. Ormai non lo riprendiamo più.''
-'' E la lettera?''- insistà il nobile ringhiando.
-'' Scomparsa. Sappiamo solo che è stata affidata a qualcuno e che presto un suo servitore andrà a ritirararla...''-
-'' Qualcuno?''- fece il duca calmandosi un poco -'' Chi è? Come si chiama?''-
-'' Non lo sappiamo. Solo che era una persona che gli era molto cara e di cui si fidava molto.''- fece il servitore -'' farò tenere d'occhio la servitù di De La Roche....''
''Non serve. Sicuramente è partita con lui, tranne la persona che deve recuperare la lettera e consegnarla al  re... portalo qui con una scusa, fallo parlare. Digli che il suo padrone è colpevole di alto tradimento e che se non parla subirà la condanna a morte. Canterà come un'allodola e ci dirà chi è lo sventurato che si è accollato un segreto del genere.''
'' Ed una volta individuato?''
'' Gli offriremo tutto quello che vuole: terre, denaro, carriera. Sarà ben felice di aiutarci, vedrai.''
'' Sì, ma...''
'' Ma cosa?!?''- ringhiò nuovamente il duca. Se c'era una cosa che non sopportava era proprio essere contraddetto. Da un servo poi... la categoria che lui considerava quasi come degli oggetti che una volta rotti o non più utili come un tempo dovevano essere buttati via e sostituiti.
'' Beh..''- fece lui prendendo coraggio -'' si vocifera che questa persona sia stata una dei suoi studenti a cui De La Roche a cui ha insegnato...''
'' Si si...''- fece il duca annoiato -'' Onore, lealtà, coraggio, disciplina                tutta roba buona da leggere quando non si ha niente di importante da fare... Victor, chiariamo una cosa: tutti hanno un loro prezzo. Basta solo scoprire qual'è. Gli offriremo il mondo e vedrai come si sbrigherà ad accettare....
Se invece questo tizio è un pazzo che vuol fare l'eroe...  sarà nostra premura ricordargli che gli eroi fanno sempre una brutta fine.''

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