Catch Me (I'm Falling)

di nikishield
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1.1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo I - Parte 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***
Capitolo 4: *** Capitolo III ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV ***
Capitolo 6: *** Capitolo V ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI ***
Capitolo 8: *** Capitolo VII ***
Capitolo 9: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 10: *** COMUNICAZIONE ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1.1 ***


~~Capitolo I
Oggi era il giorno.
Poteva ricominicare da zero. Un nuovo inizio!
Era un'altra febbrile mattina nella casa Woods-Pine.
Aden si era trasferito da sua zia Indra e suo zio Gustus alla fine dello scorso anno scolastico, siccome i suoi genitori erano richiesti all'estero per lavoro, e loro non volevano trascinare via i loro figli, lontani in un ambiente inesplorato con una lingua che nessuno dei due sapeva parlare.
Aden, chiaramente, era estasiato all'idea di trasferirsi dagli zii, che erano indubbiamente le sue persone preferite nel mondo, così come Anya, che era, almeno secondo i suoi standard, la cugina più figa di sempre. Sua sorella maggiore Lexa, però, sembrava molto più riluttante allo stravolgimento dei ritmi. Ai suoi occhi il cambiamento di scuola avrebbe significato doversi ristabilire nella gerarchia sociale, e dover trovare affiatamento con una squadra di calcio completamente nuova. Aden sapeva che lei stesse esagerando, perchè, da quel che Anya aveva detto, tutti ad Arkadia già adoravano sua sorella, e non avrebbe avuto qualsivoglia problema ad integrarsi.
In ogni caso, oggi sarebbe stata una completa svolta per Aden.
Il suo primo giorno alle scuole superiori.
Anya, ovviamente, era completamente all'oscuro del perchè lui fosse così eccitato, citando che: "Aden, le scuole superiori sono quattro anni del tuo inferno personale, perchè ne sei così eccitato?" Zia Indra colpì la figlia sulla testa con aria di rimprovero mentre passò vicino, facendo solo peggiorare l'umore della bionda, ma Aden continuò ad essere cinguettante come sempre.
Aveva pianificato la giornata nei minimi dettagli.
Ma poi Anya, essendo la stronza, esausta adolescente che era, si era infilata in camera del ragazzino e aveva spostato la sveglia, col risultato di aver svegliato l'intera famiglia solo mezz'ora prima dell'inizio della scuola.
Sembrava una zona di guerra.
Entrambi i fratelli Woods volevano fare una buona prima impressione, per ragioni differenti, ma sempre buone impressioni, e trenta minuti non lasciavano abbastanza tempo per una preparazione adeguata.
Aden fece appena in tempo a sfuggire alle grinfie della morte, scavalcando ciò che erano Anya e Lexa litigare per lo spazzolino da denti – entrambe si erano perfettamente dimenticate che nel bagno ce n'erano innumerevoli altri – ringraziando silenziosamente qualsiasi forza della natura esistente per il fatto che i suoi capelli fossero facilmente sistemabili e curati di natura.
In dieci minuti si era infilato i suoi jeans skinny neri, che erano l'unico paio di pantaloni che risaltavano pienamente la sua figura, una t-shit bianca, e legato un maglioncino attorno alla vita mentre girava il cappello nel modo a cui lui piaceva.
Nella fretta di uscire dalla porta, si era dimenticato una scarpa, che Anya lanciò dritto al retro della sua testa, spingendolo a cadere in avanti addosso a Lexa, che stava saltellando su un piede, cercando di allacciare il suo anfibio restando in equilibrio. Lui si accigliò strofinandosi il retro della testa mentre Anya rideva di gusto, scattando una foto dei fratelli sdraiati sul pavimento.
"Sembrate ridicoli", sentenziò, tenendosi lo stomaco, "Oh, sto per pianger-ow! Mamma!"
"Smettila di infastidire i tuoi cugini." La voce di Indra era bassa e imperiale come sempre. Aden sorrise con gratitudine mentre Indra lo sollevò da sopra Lexa, che sembrava in procinto di uccidere qualcuno, e gli passò lo zaino che aveva dimenticato sulle scale.
"Grazie, zia Indra" disse, sorridendo raggiante alla donna solitamente seria che gli rivolse un piccolo sorriso, "mi assicurerò che non si uccidano a vicenda durante la scuola."
"Sono sicura che lo farai," rispose Indra gravemente, appoggiando una mano sulla spalla di Lexa per spingerli verso la macchina della ragazza, una Audi A7 chiaramente costosa che Anya definiva sgargiante e troppo costosa per un alunno delle superiori. Lexa sapeva che i suoi fossero particolarmente ricchi. Sapeva anche che la macchina fosse un premio di consolazione, un gesto di scuse per il perdersi un anno della sua vita. Comunque, lei aspirava a diventare come i suoi genitori. Formali, esotici e importanti. La macchina ssembrava fare il suo dovere e svolgere il loro ruolo nella sua vita. E inoltre era dannatamene bella.
Grazie a qualche miracolo, arrivarono in tempo, giusto prima il suono della prima campanella, simbolo della fine dell'estate e dell'inizio dell'anno scolastico.

 

Clarke non era drammatica, niente di simile.
Davvero, non lo era.
Voleva semplicemente che il suo ultimo anno di scuola fosse... diverso. Bello. Voleva sentirsi come la diciottenne che era. Voleva dimenticarsi di Finn Collins e andare avanti. Voleva un anno senza drammi con i migliori amici che potesse avere. Voleva avere sofisticate conversazioni su arte, poesia, e le migliori istituzioni e luoghi dove potesse viaggiare, e studiare.
Non voleva davvero parlare di una "Star" appena arrivata, appena entrata nel sistema e che già si era autoposta alla cima della gerarchia sociale.
Appena Lexa Woods entrò all'Arkadia High School, ogni studente, docente e genitore provava già un gran senso di soggezione.
Avevano sentito storie, e l'avevano vista giocare svariate volte al campo. Avevano inventato elaborati miti e leggende sulle sue abilità, sulla sua vita familiare, sulla sua provenienza... su tutto.
Le storie sul suo conto la precedevano in un modo che infastidiva Clarke Griffin infinitamente.
Okay, capiva che ci sarebbero state voci, e un po' di mistero. Era la star quarterback dell'illustre team dei Grounders, dopotutto.
Ma Clarke non era interessata allo sport come chiunque altro a scuola. Non riusciva proprio a capacitarsi del fatto che qualcuno idolatrasse una persona solamente in base alla sua bravura nello sport. A lei piacevano arte, musica, attività intellettuali...
E no, non era, come a Octavia piaceva definire, una "snob".
Semplicemente non capiva perchè la gente si agitasse così tanto.
E poi, vide Lexa Woods di persona per la prima volta.
Non le aveva sconvolto la vita, proprio per niente.
Non era come se il tempo si fosse fermato, e i chiacchericci di Raven e Octavia fossero passati in sottofondo per la prima volta nella sua vita.
Non era come se le luci fluorescenti della classe avessero appena rivelato una dea dai capelli castani che incorniciavano un viso angelico.
Non era come se Clarke avesse fatto cadere il suo libro dritto sugli anfibi di Lexa, guidandole lo sguardo al paio di Jeans più allettanti che avesse mai visto, e ad una maglia attillata coperta da una giacca di pelle, completanto l'immagine di ciò che Clarke avrebbe indubbiamente definito "Badass".
Raven e Octavia l'avrebbero successivamente corretto definendola "Fine Stud", termine che Clarke stava iniziando a capire.
Okay, forse era davvero così.
Ma Clarke non l'avrebbe ammesso davanti a nessuno, men che meno a se stessa.
Quindi, nella fretta di raggiungere il suo banco e raccogliere il suo libro, le sue dita sfiorarono quelle lunghe, delicate mani, e si immobilizzò, incapace di respirare, di pensare, di pronunciare una parola.
"Hai fatto cadere questo?" Lexa Woods torreggiava sulla figura accovacciata di Clarke, passandole il suo libro.
I suoi occhi erano vividi ed intensi, lucenti e scuri allo stesso tempo, squadrando Clarke prima che trovasse il coraggio di parlare.
Le labbra di Clarke si aprirono, ma non una parola uscì dalla sua bocca. Non sapeva se fosse una cosa bella o brutta, perchè era sicura che se fosse riuscita a parlare, avrebbe detto qualcosa di completamente stupido o imbarazzante.
Il silenzio durò, in ogni caso, molto poco.
Lexa spostò lo sguardo, per poi riportarlo su di lei, alzando le sopracciglia in un espressione che la faceva sembrare in attesa di qualcosa.
Abbassò lo sguardo sul suo polso, dove Clarke vide un orologio nero e oro, controllando l'ora, e gli occhi di Lexa si aprirono leggermente, notando che la classe si stava riempendo rapidamente.
"Uh." Clarke respirò ancora dopo un lungo periodo. "Grazie. Scusa." Lexa le fece un piccolo sorriso.
Clarke non aveva mai visto niente di simile.
Era arrogante, pieno di se, ma oh... le dava una specie di sensazione elettrica, come se un brivido o shock la stessero attraversando, ma piacevole.
Con quel sorriso, o perfino un ghigno, Lexa si girò e si sedette proprio di fronte a Clarke, nonostante ci fossero numerose sedie libere intorno a lei.
Clarke resistette all'impulso di aggrottare le sopracciglia. Era per qualcosa che aveva detto? Non poteva essere. Non aveva detto benomale nulla. Le si spalancarono gli occhi. Era sembrata sgarbata? No, era Lexa a ghignare in quel modo. Perchè stava sovranalizzando uno scambio così semplice?
Sentendosi stupida, Clarke si risedette sbuffando, spostando gli occhi sulla porta, vedendo Raven e Octavia , senza fiato, proprio al suono della campanella.
Nessun insegnante in vista.
"Ehy, Griffin" Raven le appoggiò una mano sulla schiena, mettendosi sulla sedia alla sua destra, mentre Octavia si sedette su quella alla sua destra. "Scusa se siamo in ritardo."
Clarke fece le spallucce, cercando di non dare a vedere quanto fosse stata assorta nei suoi pensieri.
Apparentemente, fallì nel nascondere le sue guance arrossate.
Gli occhi azzurri di Octavia si spostarono sulle sue guance, un piccolo ghigno sulle labbra. "Clarke ha una nuova cotta."
Raven ghignò. "Strano... non vedo Bellamy qui."
Clarke alzò gli occhi al cielo, sprofondando ancor di più nella sedia, sperando che Lexa non sentisse i loro sussurri. "Non mi piace Bell in quel modo, calmati."
Octavia sogghignò. "Lo spero. Come cognata saresti davvero una schifezza."
Clarke finse di sembrar ferita. "Hey! Okay, primo, sarei una cognata fantastica, grazie tante. Secondo, abbiamo diciotto anni! Non mi sposerò, tipo... mai."
Raven alzò le spalle. "Sposeresti l'arte, se potessi."
Clarke sospirò. "Peccato che non sembri piacere molto all'arte." Sbuffò tristemente.
Prima che Raven e Octavia potessero protestare, però, la portà venne spalancata, rivelando la forma perfettamente scolpita di Niylah Crewe, probabilmente una delle professoresse più eteree che Clarke avesse mai visto. Da un punto di vista puramente artistico, Niylah era mozzafiato. La sua mascella sembrava essere stata scolpita direttamente dagli dèi, e i suoi muscoli erano tonici e ben definiti.
"Calma quegli occhi a cuoricino, Griffster". Infastidita dall'interruzione del suo puramente artistico apprezzamento dell'insegnante, Clarke tolse gli occhi dalla donna per guardare Raven, la quale aveva ancora un ghigno in faccia.
"Non ho idea di cosa tu stia parlando." le sussurrò, per tornare a guardare l'insegnante, che al momento stava presentando Lexa Woods al resto della classe. Come se esistesse qualcuno che non sapeva chi fosse. Quella ragazza era l'unica cosa di cui la scuola riusciva a parlare. Ogni frase era "Lexa Woods questo" e "Lexa Woods quello". Onestamente, la mandava fuori di testa. "E io non faccio gli occhi a cuoricino."
"Certo, Griffin, Certo." disse Raven, appoggiando le gambe sul banco di fronte a lei e inclinando pericolosamente la sedia all'indietro.
"...e siate sicuri di dare il benvenuto--Miss Reyes, Cosa ho detto riguardo al mettere i piedi sul banco?" con un sorriso di scusa a Niylah, Clarke spostò le gambe di Raven dal banco, facendo gridare di sorpresa l'altra ragazza, mentre cadeva rovinosamente in avanti.
"Scusi prof," Raven fece una smorfia, avvicinandosi al banco, "Brutta abitudine."
"Assicurati che non accada più, Reyes." Per un secondo sembrò che quella dea di una prof d'inglese stesse cercando di bucare Raven con l'intensità del suo sguardo, e Octavia e Clarke non riuscirono a trattenere le risatine nel vedere come la loro usualmente spavalda amica si fosse fatta piccola nella sedia, come se avesse voluto sparire, finchè Niylah non distolse lo sguardo.
"Non. è. Divertente." il brontolio di Raven fece solo divertire di più le sue amiche, e lei iniziò a borbottare qualcosa su delle amiche traditrici e su un insegnante d'inglese malvagia.
"Ammettilo, Rae, era abbastanza divertente," infierì Octavia, mentre l'insegnante era distratta.
"Vi odio."
Almeno Raven e Octavia erano le stesse stupide buffone di sempre.

 

Aden, ovviamente, aveva già memorizzato il suo programma, così come per la mappa della scuola, in modo che non si perdesse nella marea di persone il primo giorno. Per quello, e perchè Anya gli aveva detto che tutti i primini che fissavano ossessivamente la mappa sembravano degli sfigati, e lui non voleva sembrare così chiaramente il cucciolo perso ed emozionato che sua cugina gli aveva detto in realtà fosse.
Il suo umore calò leggermente quando si ricordò che la sua prima classe era 'Algebra Avanzata 2', che sarebbe stata sicuramente piena di studenti più grandi di lui che non avrebbero voluto essere associati ad un primino, ma camminò in classe a testa alta e passo sicuro. Se Anya avesse potuto vederlo, l'avrebbe senza dubbio chiamato nerd.
I suoi occhi analizzarono la stanza per trovare un posto dove sedersi, una delle decisioni più importanti per uno studente. Il posto avrebbe praticamente determinato la sua felicità per il rimanente semestre, o per quanto il professore avrebbe ritenuto giusto, ma in ogni caso non voleva fare la scelta sbagliata. Non dopo l'incidente in seconda media, quando è rimasto bloccato a fianco di Reese Lemkin, che calciava sempre il suo banco per infastidirlo e non smetteva mai di parlare.
Si riempì di sollievo quando vide una ragazza seduta nella zona sinistra della classe, con una mappa aperta sul banco. Bingo. Un'altra primina. Si avvicinò cautamente alla rossa, appoggiando lo zaino affianco a lei.
"Ti dispiace se mi siedo qui?"
Lo scrutò per un momento, gli occhi scuri che si muovevano in su e in giù, mentre Aden osservava la costellazione di lentiggini sulla faccia della ragazza, finchè lei annuì e gli indicò con un cenno della testa la sedia accanto a lei.
"Voglio dire, se non ti dispiace buttare il fantasma giù dalla sedia, siediti pure." Lui sorrise sedendosi al suo fianco, sapendo che sarebbero facilmente andati d'accordo.
"Sono Aden" si presentò, "Aden Woods."
"Ellis Abrams," rispose la ragazza, stringendogli forte la mano, "Piacere di conoscerti. L'idiota addormentato dietro di me è il mio amico Nam Bui." Non aveva quasi notato il ragazzo dietro Ellis, siccome era nascosto sotto un cappuccio, ma scattò improvvisamente all'udire del suo nome, con la stanchezza impressa nei suoi occhi.
"Trikru è già arrivato?"
"No," lo informò la ragazza, "Hai ancora un minuto o due di pace." Lui sorrise con gratitudine, prima di riposizionarsi sotto al cappuccio sul banco, e Aden si girò verso Ellis con aria interrogativa.
"Titus Trikru, l'orrore della Arkadia High School" disse, "Non l'ho mai avuto io personalmente, chiaramente, ma ho sentito brutte storie sul suo conto." Aden fece una smorfia al nome dell'insegnante di matematica, in quanto aveva cercato di eliminarlo dalla memoria il più possibile.
"Mia cugina, Anya, mi ha racontato di lui," rabbrividì, "Penso che dovremo formare un gruppo-studio o qualcosa di simile." Trikru era conosciuto per essere uno degli insegnanti peggiori nella storia degli insegnanti di matematica, e pure uno dei più cattivi. I suoi vecchi studenti avevano ipotizzato che l'unica ragione per cui non era stato licenziato, era perchè perfino il preside Jaha era terrorizzato da lui.
Aden davvero non attendeva con ansia questa lezione.
Al forte sbam della porta Nam si alzò di scatto terrorizzato, e al borbottio dell'uomo su quanto odiasse i ragazzini, Ellis assunse un'espressione simile, rannicchiandosi nella sedia.
"Potresti avere ragione," sussurrò la ragazza al biondo.
"Aprite i libri al capitolo 1" l'uomo si allontanò dalla cattedra, guardando con occhio di falco tutte le file di studenti, cercando l'anello debole, chiunque fosse fuori posto. Si soffermò su Nam, che faceva il possibile per sembrare sveglio e attento, e sorpassò Aden, per il sollievo del ragazzo. Non voleva inemicarsi l'insegnante di matematica il primo giorno. "Prendete appunti e completate tutti i compiti, da consegnare alla mia scrivania all'inizio della classe di domani."
Ellis sembrava positivamente inorridita, e Aden sapeva che la sua faccia era esattamente la stessa.
Senza alcun tipo di istruzione in una classe avanzata di algebra significava un disastro assicurato, specialmente se Aden odiava la materia con tutto il cuore, e realizzò internamente che era assolutamente, indubbiamente fottuto.
Si chiese se Anya conosceva qualche buon tutor, perchè ne avebbe avuto indubbiamente bisogno.

 


Lexa non battè ciglio sotto gli intensi sguardi che ricevette dal momento in cui mise piede nella classe avanzata di inglese e letteratura di Niylah Crewe. O quantomeno non li notò.
Li notava dai primini dagli occhi spalancati, che la fissavano come fosse una santa, o una rockstar. Li notava dai suoi compagni, che avevano l'audacia di guardarla come se non avessero speculato su di lei fino al secondo prima.
Li notava dalla bionda che le aveva appena buttato con nonchalance un libro sugli anfibi.
Di certo non se ne lamentava. Era stata condizionata, addestrata ad essere al centro dell'attenzione.
Ed era così che era riuscita a prosperare, dentro e fuori dal campo di calcio. Viveva per gli sguardi, per gli occhi così spalancati e timorosi in ammirazione della sua prodezza.
Aveva speso tutta la sua infanzia e adolescenza lavorandoci su, dopo tutto.
Ma questa volta era diverso. Qualcosa in quella ragazza dallo sguardo celeste e dalle labbra appena aperte...
Lexa socchiuse gli occhi, osservando i lineamenti della ragazza. La sua bellezza fu la prima cosa ad impressionarla. I suoi occhi azzurri sembravano brillare sotto l'intensità della luce sopra le loro teste. E poi c'era il suo sorriso perlaceo, che comparve quando vide due sue apparenti amiche entrare in classe.
Lexa distolse lo sguardo, sperando di nascondere il rosso delle sue guance che sentì quando tutte e tre si girarono a guardarla.
"Dannazione Lexa, questa non sei tu." Pensò.
Prima che riuscisse a sentire la loro conversazione, Niylah Crewe entrò in classe, sempre bellissima e alla moda.
Lexa resistette all'impulso di alzare gli occhi quando vide gli occhi di tutti i ragazzi sull'insegnante, specialmente sul seno e più in basso, nonostante il suo volto fosse perfetto.
E poi vide la bionda guardare l'insegnante, scrutandone il volto con un'espressione che sembrava... attrazione?
Le sopracciglia di Lexa scattarono in alto.
Alla bionda piacevano le ragazze? Quello era di certo uno sviluppo.
Di certo non l'avrebbe mai ammesso, in special modo ad alta voce, se Costia fosse stata in giro. L'ultima cosa di cui aveva bisogno era Costia sospettosa di lei.
Realizzò di non aver ascoltato la maggior parte della lezione della signorina Crewe.
"Ragazzi." Niylah battè le mani, richiedendo attenzione e silenzio dal gruppo d'indisciplinati studenti davanti a lei. "Oggi ho l'onore di introdurvi la nostra nuova star quarterback, Miss Lexa Woods!" Niylah si spostò avanti, e Lexa capì di doversi alzare, e offrì un piccolo sorriso alla classe come ringraziamento.
La classe ruggì la sua approvazione, e lo sguardo di smeraldo di Lexa esaminò la stanza, e sentì una fitta di qualcosa terribilmente simile alla delusione nel notare che la bionda non sembrava interessata all'applaudirla, ma più ad esaminare l'insegnante da sopra la spalla di Lexa.
"Bene, sono sicura abbia già trovato il suo posto qui, ma siate sicuri di dare il benvenuto-miss Reyes, Cosa ho detto riguardo al mettere i piedi sul banco?"
gli occhi di Lexa si aprirono leggermente al brusco cambio di ritmo, e sentendosi sprofondare, realizzò che il suo momento sotto i riflettori era stato interrotto rudemente dall'intelligentissimo gesto della ragazza latina.
Lexa roteò gli occhi, borbottando qualcosa di simile a "barbari." si risedette sulla sedia, gli occhi che tornavano alla bionda, che aveva appena buttato giù le gambe dell'amica dal banco come gesto di scuse.
Okay, quindi era una leccaculo. Perfetto.
Lexa sapeva che doveva esserci qualcosa di sbagliato in lei.
Provò al massimo a concentrarsi sull'eccitato parlare di Niylah, qualcosa sul leggere 'Orgoglio e Pregiudizio', 'Il giovane Holden', e altri libri che Lexa aveva letto anni fa con insegnanti ed educatori privati.
Distolse lo sguardo annoiata, cercando di concentrarsi su qulcosa che davvero valeva il suo tempo.
Sembrava un altro anno noioso, per quanto riguardasse la letteratura.

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Capitolo 2
*** Capitolo I - Parte 2 ***


~~Capitolo I – Parte 2
La biblioteca di Arkadia era una delle cose più fantastiche che Aden avesse mai visto.
Appena la campanella per il pranzo suonò, Aden praticamente si fiondò fuori dalla classe di storia per raggiungere la biblioteca prima che si riempisse, avendo promesso a Ellis e Nam di incontrarsi la'. Avevano scoperto di avere tutte le classi in comune, tranne la terza e la quinta ora. La cosa era un sollievo enorme per Aden, che ora aveva già due persone a cui sedersi vicino con cui era amico.
Un amichevole studente della classe di Trikru aveva informato i tre che c'era l'iscrizione per i tutor disponibili in biblioteca, e ne avevano rapidamente approfittato, sapendo quanto essenziale fosse un tutor per le loro lezioni.
"Ci hai messo abbastanza, Woods," lo punzecchiò Ellie, appoggiata al sostegno dove i moduli d'iscrizione erano appesi, facendo accigliare bonariamente il biondo. Nonostante la corsa verso la biblioteca, la ragazza era riuscita ad arrivare prima di lui.
"Hai visto Nam?"
"Nope," rispose Ellis, marcando la p, "Probabilmente non arriverà prima dei prossimi due minuti, è sempre un bradipo prima di mezzogiorno, poi inizia a svegliarsi."
"Ma è sempre stato così stanco?"
"Sua madre è abbastanza dura, lo ha iscritto a così tante cose fuori da scuola che mi chiedo come faccia a dormire in generale." rise Ellis, scrivendo velocemente il suo nome, per poi passare la penna a Aden, che scribacchiò il suo nome con calligrafia stilizzata.
"Oddio, sembra molto dura."
"Conosco Nam dall'asilo, e la signora Bui non si è mai ammorbidita col tempo. Avresti dovuto vederla alla sua partita di rugby in prima elementare, se cercassi la definizione di mamma tigre sul dizionario, troveresti un'immagine di Phuong Bui." Aden sorrise alla sua battuta, interessandosi al menzionamento del calcio.
"E gioca ancora?"
"No," rispose rapidamente Ellis, "si è rotto il braccio inciampando sulla palla in quarta elementare, e sua madre l'ha spostato a nuoto, dicendo che era uno sport molto più sicuro. In più, è abbastanza bravo."
"Peccato," disse Aden, scuotendo la testa divertito, "avrei voluto provare ad entrare nella squadra della scuola con lui."
"Giochi a rugby?"
"O quello o calcio," disse Aden, "e sono davvero troppo piccolo per quest'ultimo. Inoltre, non voglio vivere per sempre nell'ombra di mia sorella, o no?" Ellis rise a quell'affermazione, avendo già sentito parlare a sufficenza della sorella di Aden, che sembrava essere l'argomento preferito della scuola.
Nam arrivò cinque minuti dopo scrivendo rapidamente il suo nome, e mentre i tre si avviavano alla mensa, due studenti dell'ultimo anno entrarono in biblioteca.
Gli occhi di Aden si spalancarono alla vista della bionda appena passatagli accanto. La riuscì a  vedere chiaramente per due secondi soltanto, ma rimase comunque impressionato dalla sua bellezza fisica, con occhi celesti e pelle pallida, e potè sentire il collo arrossarsi arrivando fino alle orecchie quando Ellis gli colpì la spalla.
"Attenzione, casanova," lo provocò, "potresti ricevere un due di picche." Mortificato, Aden scrollò le spalle e abbassò lo sguardo, ignorando le risate dei sue due nuovi amici.
"Zitti, è bella, tutto qui."
Non avrebbe mai superato questa storia.

 





"Perchè siamo ancora in biblioteca?"
"Mi devo iscrivere come tutor, i soldi extra servono per il materiale artistico." I soldi sono stati un problema dopo la morte di Jake, siccome lo stipendio di Abby come allenatrice scolastica non rendeva molto, e il lavoro di Jake come ingegnere alla NASA copriva la maggior parte delle spese, quindi a Clarke toccava pagare le sue cose la maggior parte delle volte.
"Ci metterai solo due secondi?"
"Sì, Monty, volevo solo che qualcuno venisse con me e tutti gli altri sono troppo pigri."
Monty era davvero un Cinnamon Roll, come lo chiamavano i suoi amici, ed era sicuramente la persona più affidabile nel gruppo dei delinquenti, denominato così da Aurora Blake, che li aveva cacciati dalla sua dispensa una volta di troppo. Era andato con Clarke in biblioteca senza fare domande, mostrando la lealtà come uno dei suoi migliori pregi.
"Fatto! Possiamo tornare indietro."
"Perfetto, ho una fetta di torta al cioccolato ad aspettarmi, e se Jasper me la ruba ancora avrò bisogno del tuo aiuto per seppellire il suo corpo."
"Certamente," acconsentì Clarke solennemente, un luminoso sorriso sulla faccia al vedere la serietà di Monty nel dirlo. Se c'era una cosa che il ragazzo coreano amava più della fisica, era la torta fatta in casa di sua madre, che in pratica venerava. Jasper aveva la brutta abitudine di rubarla e scatenare la furia del suo pacifico amico; Clarke pensava che a questo punto il ragazzo avrebbe dovuto aver capito, ma sembrava persistere.
Nell'avvicinarsi al tavolo a cui si siedevano dal primo anno, Clarke riuscì a vedere la mano del chimico frugare nello zaino di Monty.
"Se ci tieni alla mano ti consiglio di toglierla subito, Jordan." il ragazzo dai capelli ribelli alzò le mani in segno di arresa, sorridendo innocentemente a Monty.
"Stavo solo guardando," promise, "di sicuro non pensavo di mangiare la torta che potresti o non potresti avere con te."
"sicuro." controllando che Jasper non avesse davvero mangiato niente della torta, Monty tornò al suo modo di fare calmo e felice, sorridendo ai suoi amici.
"Ecco la principessa preferita di tutti!" Clarke si accipigliò al nomigliolo datole da Bellamy, che rideva, mentre si sedette in braccio a lui. "Avrei giurato che ci stavi evitando."
"Dev'essere stato a causa del tuo odore terribile," lo punzecchiò Clarke, scivolando sul posto libero di fianco al ragazzo, "davvero, Bell, ti fai mai la doccia?" il gemello Blake si portò la mano al cuore, gli occhi spalancati con terrore.
"Se posso dire qualcosa, lo fa fin troppo spesso," si lamentò Octavia, "l'idiota passa l'eternità lì dentro a gongolare dei suoi capelli."
"Hey!" rise Bellamy. "la bellezza come la mia non è naturale. E Clarke, io ho un odore fantastico. Non ho speso trenta dollari in olio di lavanda per non profumare di paradiso."
"E tu chiami Clarke  principessa," disse Raven, "se qui c'è una principessa, quella sei tu, Bell."
"Ci puoi scommettere che lo sono," ribattè Bellamy, scuotendo i capelli per dare enfasi alla frase, "voglio dire, hai visto il mio corpo? Sono un figo della madonna."
"E anche modesto" ghignò Octavia.
"Se avessi i miei geni saresti vanitosa anche tu, O."
"Bellamy, siamo letteralmente gemelli."
"Sì, ed è chiaro che ho rubato tutta la nostra bellezza nel ventre."
"Se ti aiuta a dormire la notte."
Gli amici tennero la conversazione tranquilla, Raven e Jasper parlando degli esperimenti futuri di chimica e scegliendosi come partners. Di solito Jasper stava con Monty per tutto, ma il ragazzo segnò una linea di confine a chimica, giacchè non voleva passare la lezione a preocuparsi costantemente per la sua sicurezza, e Jasper amava far esplodere cose quasi quanto Raven.
"Oh hey, è Woods."
quasi inconsciamente, Clarke guardò dove Raven stava indicando, gli occhi azzurri fissi sulla nuova ragazza. Poteva solo apprezzare il suo aspetto, con quegli occhi verdi e dello charm accattivante. Davvero, era perfetta.
"Wow, Griffin, è bava quella che vedo?"
"Sta zitta, O," mugugnò Clarke, spostando lo sguardo dalla ragazza alla sua ghignante amica.
"Mi sono perso qualcosa?" chiese Bellamy con un sopracciglio alzato.
"Griffin ha una cotta per Woods."
"Io non ho-" il suo lamento fu interrotto dal sospiro esagerato di Bellamy.
"Cosa?  Mi stai dicendo che vai dietro a qualcuno che non è me? Sono ferito, principessa, davvero."
"voglio dire, non è colpa sua, Woods è...Uh oh."
E lei entrò con Miss Odiosa Numero 1, Costia Greene.
La rivaltià fra Clarke e Costia era storica, iniziata all'asilo "City of Light School" quando Costia spiaccicò della pittura sui capelli di Clarke e le rovinò i disegni, e da allora era solo cresciuta. Le due ragazze erano sempre le migliori nelle classi di arte, e le competizioni sarebbero sempre finite in un bagno di sangue se non fosse stato per l'intervento di Raven e Octavia, che trattenevano fisicamente la loro amica per impedirle di colpire l'altra ragazza. Era un odio così profondo che, siccome anche Monty di cognome faceva Greene, Clarke l'aveva interrogato scrupolosamente per scoprire se fossero imparentati, nonostante Monty non fosse chiaramente nero.
La vista di Lexa, col braccio a circondare casualmente le spalle di Costia, fece bollire il sangue nelle vene di Clarke, per una ragione che Clarke non riusciva a capire. Ovviamente il nuovo tesoro di Arkadia sarebbe uscita con l'altro tesoro, la capo cheerleader e pupilla dell'istituto.
Gli altri avrebbero anche detto che Costia non fosse così male, ma preferivano tenersi quei pensieri per loro per evitare il lungo, dettagliato discorso di Clarke su come Costia fosse stata mandata direttamente dall'inferno per diventare la sua arcinemesi.
"Whoa, c'è un motivo per cui la bionda sta pugnalando il suo cibo come se l'avesse personalmente offesa?"
"Fottiti, Murphy," sputò Clarke, sbattendo la testa sul tavolo drammaticamente.
"Perchè, Griffin? Non sapevo ti piacesse il vouyerismo." Bellamy arricciò le narici, strozzandosi col thè freddo che stava bevendo, e alzò una mano per dare silenziosamente il cinque a Murphy, che ricambiò allo stesso modo.
"Sei un coglione," Clarke lo guardò in cagnesco, ottenendo come risposta un ghigno dal ragazzo.
"Al tuo servizio, mia signora," Si girò verso Monty e silenziosamente gli passò una manciata di dollari, al che il ragazzo sfilò dal suo zaino alcuni barattoli, "è un piacere fare affari con voi, Jordan, Greene."
"Prendi delle buone decisioni nella vita!" gli gridò Monty mentre Murphy andò via, prima di tornare a concentrarsi sulla sua torta.
"Quindo, tornando alla cotta di Griffin per Woods-"
"Non succederà, Rae," la interruppe Clarke, ancora di cattivo umore, "Pure se non stesse uscendo con Miss Perfezione, noi due ovviamente non siamo compatibili, quindi smettila, okay?"
"Va bene, va bene, lascio perdere," la informò Raven, mentre Clarke si perse il silenzioso "Per ora" che sussurrò.




 

C'era qualcosa nell'aspetto del campo da calcio che accendeva un fuoco dentro Lexa.
Non sapeva cosa fosse.
Forse era il modo in cui la faceva sentire, viva e libera nel correre sul grande campo verde, sentendo il tappeto erboso sotto le scarpe.
"Lexa, hey!" il salutò di Anya divenne rapidamente un cinque quando Lexa le corse accanto, indossando un tank top attillato con su la mascotte di Arkadia, il guerriero con due spade simboleggianti equilibrio e potere.
Il rumore del loro cinque attirò l'attenzione del resto della squadra, facendo avvicinare alle due gli amici più intimi.
"Lexa!" Lincoln Forrest, il suo migliore ricevitore, le corse incontro, col sudore grondante sul corpo. Mosse le mani sulla sua testa rasata, sorridendo quando vide Lexa indossare l'uniforme della squadra. "è un sogno diventato realtà vederti qua."
Anya ghignò all'amico. "Hai una cotta anche per lei? Cos'è, una fetta della torta Blake non è abbastanza per te?"
Le sopracciglia di Lexa si alzarono alla frase dell'amica, le mani sui fianchi e l'aria di chi aspettava una spiegazione.
"La torta Blake?" ripetè insicura.
"Octavia e Bellamy Blake." le chiarì Lincoln con un ghigno.
"Solo la famiglia più bella di tutta Arkadia..." disse Anya con tono provocante, imitando le parole di tutti gli studenti della scuola. "Oh, c'è da morire per i loro geni... Lincoln se la sta facendo."
"Okay, prima di tutto, non mi sto facendo nessuno." Lincoln alzò gli occhi. "è ufficiale. Sto uscendo con Octavia Blake." Il ragazzo muscoloso dimenò un sopracciglio, e gli occhi di Lexa si socchiusero.
"Ti sei fidanzato? Prima della stagione?" Indagò.
"Anche te e Costia lo siete" tossì Anya.
"è diverso. Io sono il capitano." rispose con un ghigno.
Anya non si mosse, rispondendo a Lexa nel suo stesso modo. "Tesoro, tu sarai capitano, ma io sono tua cugina maggiore. Cosa farai?"
"Giri di campo. Quattro." ordinò Lexa, e Lincoln fece un piccolo fischio.
"Ordini giri alla tua stessa famiglia? È brutale, Comandante." Lincoln scosse la testa incredulo.
Lexa ghignò al soprannome.
Anya roteò gli occhi. "Non correrò per un metro con questo tempo."
"Suppongo di poter chiudere un occhio, per questa volta..." rispose Lexa divertita.
La campanella suonò, segnando la fine della scuola, e l'inizio delle attività extracurricolari. Lexa guardò immediatamente l'entrata del campo, dove iniziarono ad entrare molti studenti per motivi diversi, ancora di più solo per guardare le nuove squadre per la prima volta.
"Aden arriverà." la rassicurò Anya, con lo sguardo di chi non aveva bisogno di sapere altro. "Ma è carino che ti preocupi per lui. Così...da sorella."
Lexa roteò gli occhi. alzò le mani per fare uno chignon, usando l'elastico che le era rimasto al polso tutto il giorno, solo per quel momento. "Non sono preocupata." Rispose, notando gli occhi di molti studenti su di lei. "Voglio solo assicurarmi che sia sopravvissuto al suo primo giorno. Il mio primo anno è stato..." si fermò un momento, mordendosi le labbra. "-non senza difficoltà."
"Quindi, capitano." Luncoln si girò verso Lexa, inchinandosì drammaticamente. "Riprendiamo gli allenamenti?"
Anya e Lexa si guardarono con un sorriso, gli occhi infuocati dalla competizione.
"Oddio." mormorò Lincoln a se stesso.




 


Aden stava considerando di buttarsi giù dagli spalti, solo per fare qualcosa.
Guardare sua sorella e sua cugina cercare di superarsi a vicenda è stato divertente, ma solo per un po', e inoltre non gli piaceva vederli fare pratica. Le vere partite erano molto più interessanti, ma Lexa lo doveva portare a casa ed era rimasto bloccato lì.
Il posto era relativamente vuoto, facendolo sembrare più solo di quanto non fosse.
Una ragazza con le trecce castane stava guardando gli allenamenti inginocchiata, tracciando ogni mossa dei giocatori, scrivendò rapidamente su un quadernetto, come se rileggendo le loro mosse avrebbe potuto assorbire la loro abilità. Si chiaava Tris, se non sbagliava.
La bionda che aveva incontrato prima era seduta con una ragazza dai capelli neri che vagamente ricordava come la ragazza di Lincoln, Octavia. Aveva il nome della bionda sulla punta della lingua ma non riusciva a ricordarlo.
Si svagò un po' col telefono, Wannabe ripetuto all'infinito mentre scorreva il lato oscuro di Tumblr o giocava a qualche minigioco. Avrebbe davvero dovuto fare i compiti di matematica, che lo fissavano da di fianco a lui, ma Aden non era dell'umore per piangere, quindi li lasciò lì continuando a volare sulla sua nuvola di autocommiserazione e procrastinazione.
Dopotutto non era stato un terribile primo giorno di scuola.
Oltre alla classe di Titus Trikru, gli insegnanti erano competenti e sembravano felici di insegnare in una classe di adolescenti. Non era successo nulla di che, perchè sapevano tutti che i primini erano ancora insicuri sulla nuova scuola, quindi avevano organizzato giochi per conoscersi e rompere il ghiaccio (inclusi fin troppi giochi di bingo umani, dei quali Anya gli aveva detto di non vedere l'ora e aveva subito aggrottato le sopracciglia al solo pensiero).
Senza pensarci, Aden iniziò a cantare la musica che gli risuonava nelle orecchie, colpendosi il ginocchio a ritmo e chiudendo gli occhi per distrarsi dalla sua stessa noia.
"if you wanna be my lover, you gotta get with my friends."
"bene, bene, bene, ragazzi, abbiamo una piccola fatina canterina tutta sola qui." gli occhi azzurri si spalancarono immediatamente, e gemette silenziosamente all'avvicinarsi dei tre. Anya l'aveva avvertito sul gruppetto, generalmente vagavano intorno al campo dando fastidio alla gente, e lo aveva avvertito di stare alla larga. A capo del gruppo c'era un ragazzo dai capelli castani stra-spettinati; probabilmente pensava lo rendessero figo, invece non facevano altro che evidenziare la sua orrida struttura ossea.
"davvero? 'bene, bene, bene, ragazzi'? È una specie di remake di West Side Story? Sareste i bulli stereotipati che se la prendono con innocenti come me?" gli era stato detto più volte che la sua bocca gli avrebbe causato guai, ma non ci aveva fatto caso fino ad ora.
"piantala, nano," il ragazzo era Dax Mulligan, di cui Anya si lamentava sempre e definiva l'idiota più grande di sempre, sogghignò, facendo un cenno ai due lacchè al suo fianco.
"Seriamente? Tre contro uno? Dubito sia giusto. Inoltre, qualcuno grande e grosso come te non dovrebbe aver bisogno di rinforzi, vero?"
il ragazzo sembrò pensarci un attimo, prima che Aden si sentisse sollevato da delle forti mani, forzandolo alla staccionata metallica. Girò la testa mentre veniva portato via, e gli occhi blu incontrarono occhi verdi dall'altra parte del campo, in una silenzosa richiesta di aiuto.
Una volta arrivati in una zona più deserta, Dax fece spostare i due amici, tirando su Aden con le sue sole forze, finendo faccia a faccia con Aden.
"Aw, Dax, se volevi rimanere da solo con me, bastava dirlo. Non c'era bisogno di tutto questo trambusto. Ma ti consiglio di mangiare una mentina prima di provarci con un ragazzo, il barbecue di settimana scorsa non è la cosa migliore da sentire in un bacio."
internamente Aden sapeva di dover stare zitto, ma vedere la faccia del ragazzo passare dal bianco al rosso al viola scuro era spettacolare, e Aden si chiese se avesse mai visto qualcuno somigliare così tanto ad una prugna.
"perchè tu piccolo fr-"
"ci penserei due volte prima di finire quella frase, Mulligan." Beh, quella non era di sicuro la voce che Aden si aspettava di sentire dalla sua salvatrice. Poteva senitre Lexa borbottare rabbiosamente un po' distante, ma davanti a lui c'era l'angelo biondo di prima, della quale ancora non ricordava il nome.
"Stanne fuori, Griffin," il bullo si girò, permettendo a Aden di respirare per un breve momento, perchè aveva davvero bisogno di respirare.
"Lascia il ragazzino e vattene," rispose, incrociando le braccia sul petto.
"Non penso lo farò, Clarke," sputò il suo nome come se fosse un insulto, e un'immaginaria lampadina si accese sopra la testa di Aden. Clarke. Così si chiamava. Sapeva iniziasse con una 'c'.
"Dovresti ricordarti il tuo posto, preferibilmente sotto di me, sul mio letto, pregandomi-" qualcunque cosa stesse per dire venne interrotta quando Clarke deliberatamente colpì il ragazzo dritto in gola. Aden sorrise quando si liberò, notando sua sorella spalancare gli occhi da svariati metri dietro la bionda.
"Scusa, potresti ripetere? Non ho sentito bene." la voce di Clarke era grondante di divertimento a cause della vista del ragazzo contorcersi dal dolore.
La ragazza
più figa.
Di sempre.




 


La lotta finì tanto rapidamente quanto cominciò. Il colpo di Clarke fu preciso, pulito ed efficente. Proprio come Jake le aveva insegnato.
Dax colpì il pavimento mentre le sue mani si attorcigliavano intorno al suo stesso collo.
Si strozzò, tossì, e sputò mentre Aden lo fissava con occhi spalancati.
I sui lacchè sparirono rapidamente, non sapendo come reagire all'incapacità di Dax di reagire all'attacco di Clarke.
"Hey..." Clarke gli mise la punta dello stivale sopra per bloccarlo. "Respirerai più facilmente se smetti di muoverti. Comunque... non sarebbe una grande perdita se non lo facessi." si girò e portò via Aden mettendogli le mani sulle spalle, cercando di non ascoltare i lamenti di Dax su quanto fosse in agonia.
"Stai bene?" chiese Clarke, usando un tono delicato. Aden sorrise. Era adorabile, sicuramente un primino, a giudicare dall'aspetto. Fissò Clarke come se fosse un miracolo.
"Sì! Sto bene!" annuì energicamente. "Grazie per.. uhm... averlo colpito alla gola."
"è stato un piacere." Clarke fece un piccolo inchino, facendo ridere Aden.
"Posso... avere il nome della mia salvatrice?" chiese Aden, le guance rosse per essere così vicino alla dea apparentemente chiamata Clarke. Non sapeva dove aveva sentito quella frase, ma sembrava aver fatto il suo dovere, perchè lei sorrise.
"Sono Clarke Griffin. Artista dell'ultimo anno e phicchiatrice di gole, al tuo servizio."
Aden ricambiò il sorriso, allungando la mano per stringergliela. Suo padre, prima di partire per i suoi viaggi di lavoro, diceva sempre a lui e Lexa che il migliore modo per impressionare qualcuno era una stretta forte e ferma.
Forse era Lexa che sarebbe diventata una formale donna d'affari, ma Aden doveva comunque provarci, no?
"Aden." ripetè Clarke. "Me lo ricorderò."
"Nel caso io abbia bisogno di altri salvataggi?" scherzò Aden, ottenendo una risata dalla ragazza, finchè non si congelò, fissando un punto dietro le sue spalle.
Clarke s'irrigidì, facendo cadere le braccia sui fianchi.
Lexa Woods s'era congelata alcuni passi dietro di loro, le braccia incrociate.
Clarke non potè fare a meno di notare quanto fosse bella, la maglia che si adattava al suo corpo atletico, i capelli legati in uno chignon che permise a Clarke di vedere meglio il suo volto. E ovviamente, le sue gambe.
Questo non significava che avesse iniziato a piacerle il calcio.
Semplicemente sapeva apprezzare l'arte.
Lexa guardò distrattamente a Dax, che aveva smesso di sputare, e aveva iniziato ad interpretare la vittima.
Prima che riuscisse a dire una parola, che Clakre era più che curiosa di sentire, fu interrotta da un grido acuto.
"Clarke Griffin!"
Uh oh.
Clarke conosceva quella voce, quel tono e quella rabbia. Cavolo, probabilmente l'avrebbe sentito sul suo letto di morte.
Gli occhi di Lexa si aprirono quando vide una bionda donna adulta, con dei lineamenti simili a quelli di Clarke, inghinocchiarsi di fianco a Dax, che era in posizione fetale. Probabilmente l'aveva chiamata uno dei suoi lacchè.
Dax piagnucolò. "Mi ha colpito, Dr. Griffin. Sulla gola."
Abby lo fissò. "Sì, Dax, me l'hanno riferito. Andiamo, tiriamoti su, mh?" da dietro di lei il suo apprendista, Jackson, si avvicinò e aiutò a tirare su Dax. "Portalo nel mio ufficio. Mi assicurerò non sia... ferito, e lo faremo uscire da qui."
"Sì, Dr. Griffin." annuì Jackson, sempre un buon assistente, e portò via Dax di peso, come se non riuscisse a camminare normalmente.
Clarke roteò gli occhi. Stava fingendo, e Dax stava morendo dalla voglia di metterla nei guai.
"Clarke." Abby si mise le mani sui fianchi, la voce dura. "L'hai colpito? Mi prendi in giro?"
Clarke guardò Aden, e poi Lexa, prima di tornare a guardare sua madre. Non voleva colpire l'autostima di Aden, non sapendo come avrebbe reagito se avesse ammesso di averlo salvato.
"Stava facendo commenti sessuali inappropriati. Niente di che." Clarke decise, per qualche stupida ragione, di comportarsi rilassata e con nonchalance.
Non per impressionare Lexa Woods, niente di simile.
Scelta sbagliata.
"Clarke!" gridò Abby, avanzando minacciosamente. "Io... vuoi che torni a lavorare in ospedale? È per questo?"
le guance di Clarke diventarono rosse quando sentì Aden e Lexa fissarla imbarazzati mentre si allontanavano, non sapendo come gestire il momento madre-figlia. "No, io..."
"Allora andrai in punizione, come tutti gli altri studenti." sospirò Abby, stringendosi il ponte del naso.
La mascella di Clarke si spalancò. "Punizione? Cosa?! Ma mamma, non ho mai-"
"Clarke." il tono di Abby era fermo. "Non puoi biasimarmi. Non l'ho sentito dire niente, sfortunatamente, ma è chiaro che gli hai fatto del male. Le regole sono regole."
"Andiamo." Abby girò la testa. "Puoi pulire il mio ufficio."
gli occhi di Clarke si spalancarono, ma non disse niente, girandosi verso Aden che era rimasto in silenzio. "stai bene, vero?" la sua voce era gentile, e tentò perfino un sorriso. "Ci vediamo in giro."
Aden annuì scusandosi. "Okay, scusami, Clarke..."
Clarke scosse la testa. "Non ti preocupare. Io ho colpito Dax." scrollò le spalle, facendo l'occhiolino a Aden mentre seguiva sua madre nell'ufficio.
Lexa si girò verso il fratello appena la bionda fu fuori portata d'orecchio, la voce piena di preocupazione. "stai bene? Stavo arrivando."
Aden annuì e sorrise. "l'ha del tutto spaccato. È stato fantastico. Penso... penso sarebbe persino riuscita a colpire te."
Lexa roteò gli occhi, ma sorrise. "Ne dubito." mormorò, guardando la bionda in lontananza. "Aden, vai da Anya, e resta lì."
Aden aggrottò le sopracciglia. "Cosa? Perchè?"
Lexa si morse il labbro. "Andrò a parlare con la dottoressa Griffin. Resta con Anya, ti terrà d'occhio."
Aden sbuffò. "Lexa, ho qindici anni! Non serve che qualcuno mi controlli come-" si fermò ripensando a cosa fosse appena successo. "Okay." mormorò. "Va bene."
Lexa gli fece l'occhiolino, mostratndo il suo lato più dolce. "Solo finchè non ti trovi una kru tutta tua per guardarti le spalle." lo punzecchiò.
Aden le sorrise. "Tu sei la mia kru."




 


Per la sorpresa di Lexa, Abby Griffin era una donna sorprendentemente veloce, pur trascinandosi la figlia con se'. Poteva sentirle battibeccare mentre si avvicinava, e non potè fare a meno di pensare alle discussioni coi suoi genitori, che non erano mai finite bene.
"-Perchè non mi credi mai su queste cose?"
"tutto quello che ho visto era un ragazzo a terra e tu che gli torreggiavi sopra! Cosa avrei dovuto pensare, Clarke?"
"Non lo so, che tua figlia stesse dicendo la verità?"
"Hey! Non è gius-"
"Dottoressa!"
entrambe le Griffin si immobilizzarono quando Lexa gridò, aumentando il passo per raggiungerle. Abby sorrise immediatamente mentre Clarke continuò a borbottare sottovoce. Lexa non fece a meno di pensare che, quando imbronciata, quella ragazza era semplicemente adorabile. Come quel meme con cui Aden era stato ossessionato per un po'... Grumpy Cat! L'aveva costretta a comprargli un peluche gigante di quel gatto e anche a guardare Il peggior natale di Grumpy Cat. Era orribile, ma Aden affermava fosse un 'moderno pezzo d'arte del cinema del suo tempo',
"Cosa posso fare per te, Lexa?" Lexa spostò lo sguardo sulla Griffin più grande.
"Sta dicendo la verità." per un breve momento entrambe le Griffin la osservarono cercando di capire  le sue parole, prima che Clarke spalancasse la bocca come se non si aspettasse che Lexa l'avrebbe difesa.
Lexa rimase male all'espressione di Clarke. Aveva davvero fatto un'impressione così brutta alla bionda? Era Clarke che aveva fatto cadere il libro sui piedi di Lexa, lei non aveva fatto niente di male.
Oppure sì?
La cosa non era rilevante al momento, perchè Lexa stava ripagando un debito. La ragazza aveva salvato il suo fratellino, e non l'avrebbe lasciata in punizione per questo.
"Intendo su Mulligan." Rispiegò. "Lui e i suoi due amici hanno aggredito Aden. Lo stavo per aiutare ma Clarke è intervenuta prima. Si fermò, scambiando alcuni sguardi con la bionda, il che fu un errore. Poteva perdersi in quegli occhi, più grandi del cielo e più profondi dell'oceano.
"Stava essenzialmente molestando sua figlia, dottoressa," Continuò Lexa, "perfino io ero a disagio a sentirlo. Tutto ciò che Clarke ha fatto è stato difendere Aden e se stessa, non dovrebbe essere punita per questo." Abby si prese un momento per considerare la situazione, scrutando Lexa come se stesse cercando di trovare disonestà in lei, ma senza trovarla.
Lexa stava dicendo la verità al 100%, e lo capì.
"Grazie per avermelo detto, Miss Woods, mi assicurerò che Mulligan venga punito per le sue azioni." Lexa annuì facendo un piccolo sorriso imbarazzato a Clarke, del quale si pentì subito. Lei non era impacciata. Era Lexa Woods. La leggendaria comandante.
"Nessun problema, ci vediamo domani." prima di fare altre figure, tornò dai suoi compagni di squadra che la stavano aspettando.
Anya era vicino a Aden, il braccio sulla sua spalla, cercando bulli invisibili intorno a loro. Lexa sapeva che l'avrebbe protetto come una mamma orsa. Qualcosa in Aden tirava fuori gli istinti di protezione di chiunque.
"Oggi finiamo prima, ragazzi," annunciò Lexa, "Devo portare il piccolo a casa."
"Sto bene Lex, sono solo idioti," protestò, "non devi andartene prima. E poi non sono piccolo."
"Ma io voglio finire prima," rise Lexa, "E sì, sei piccolo. Mi sorprende anche solo che ti abbiano lasciato entrare qui, dato che sembri un bimbo delle elementari." il ragazzo si gettò su sua sorella che finse di cadere, anche se poteva facilmente tenere il suo peso.
"Ti faccio vedere chi è piccolo!" rise, arrampicandosi su Lexa come fosse un albero.
"quelle manine, la mia unica debolezza." era uno scherzo fra i due, perchè Aden, quando era un bebè, amava coprire gli occhi di Lexa e gridare 'Boo!", al che Lexa fingeva sempre di spaventarsi.
"Va bene, voi due, smettetela," disse Anya, scuotendo la testa, "andiamocene da qui e prendiamo da mangiare."
"Pollo fritto!"
"Aden, lo sai quanto fanno male quelle cose?"
"Lexa se vedessi un'altra insalata di quinoa potrei davvero morire."
"Poco melodrammatico, eh?" Lexa roteò gli occhi.
"Ha preso da te." s'intromise Anya.
"Non sono drammatica!" protestò Lexa, ignorando le sopracciglia alzate dei suoi amici. "Non lo sono."
"Sei letteralmente un casino gay," ribattè Anya, facendo restringere gli occhi di Lexa.
"Scusami, sono una badass, non un casino gay-"
"Hai pianto quando abbiamo visto Dolphin Tale, Lexa."
"Lincoln, dovresti essere dalla mia parte!" il gigante buono alzò le mani in arresa, anche se aveva un ghigno in faccia.
"Scusa Lex, ma perfino io devo ammettere che sei davvero extra."
"Extra Lexa. Lextra. Sono un genio."
"Aden?"
"Sì Lexa?"
"Chiudi il becco, cazzo."

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Capitolo 3
*** Capitolo II ***


~~Capitolo II

"No."
"Per favore?"
"Aden, è agosto, non guarderemo il peggior natale di Grumpy Cat."
"Non è mai troppo presto per Natale!"
"Se guardiamo ancora una volta quell'abominio di film gualcuno morirà, e ti do un indizio, il suo nome inizia con A e finisce con Den."
"Maratona di Harry Potter?"
"Accettabile."
il venerdì sera a casa Woods-Pine iniziava sempre con un buon litigio sul film da guardare, ed era diventata una tradizione. Le maratone di Harry Potter erano diventate normali, ed Aden sfoggiava il suo paio preferito di pantaloni Tassorosso e una vecchia maglia grigia, un abbigliamento da maratona perfetto.
"Vuoi andare a chiamare Linc, piccolo?"
"Sì, sì, certo."
durante la sua uscita dalla sala cinema casalinga, Anya gli tirò un cuscino sulla testa, come faceva sempre quando usciva da una stanza. La cugina diceva che vederlo cadere era una delle cose più divertenti del mondo, e gli lanciava oggetti volanti spesso, per 'tenerlo coi piedi a terra'. Almeno era migliorato a schivare e mantenere l'equilibrio.
"Muoviti o iniziamo senza di te!"
In un lampo Aden stava correndo giù per le eleganti scale non prestando attenzione a cosa aveva davanti, in quanto i suoi occhi azzurri erano fissati sui suoi piedi, concentrato sul non cadere e volare giù di faccia dalle scale.
"Attento, ragazzo." Aden guaì allo scontro con la morbida ma ferma figura di quella montagna di suo zio, che si stava facendo strada sulle scale. Aden alzò lo sguardo con aria mortificata, un sorrisetto imbarazzato sulla faccia.
"Scusa, zio Gus, Anya ha detto che avrebbero iniziato senza di me se non mi fossi sbrigato." Gustus era un uomo alto ed imponente, che sembrava estremamente intimidatorio a prima vista. Aveva una barba degna di un orso- Era un lottatore, e i tatuaggi coprivano tutta la sua pelle esposta (un prodotto del suo salone di tatuaggi), ma era un gigante gentile, pieno di pessime battute e di abbracci morbidosi. Aden spesso si chiedeva come avessero fatto i suoi zii a finire insieme, con sua zia che aveva un carattere rigidissimo, a causa della sua reputazione di avvocato temutissimo, e suo zio che era il completo opposto.
"Ovviamente l'ha fatto." ridacchiò Gustus, scuotendo la testa e spostando Aden in modo che non fosse schiacciato tra lui e la scala, "Impaziente come sua madre." nonostante fosse adottata, non c'era dubbio che fosse figlia di Gustus e Indra, uguale identica a loro. "Meglio se ti sbrighi se non vuoi essere lasciato fuori."
"Sissignore!"
fingendo il saluto militare, Aden corse fuori dalla porta, non preocupandosi nemmeno di mettere le scarpe. I piedi scattarono giù dal viale fino ad un cancello in ferro battuto, che scalò sapendo ci avrebbe messo troppo ad aprirsi. Il quartiere dove abitavano era decisamente lussuoso, e potevano permetterselo sia per il lavoro come avvocato di Indra sia per la sua fortuna come Woods. Anche se era una Woods solamente adottata, il padre di Aden, Alexander, le ha sempre voluto un bene dell'anima, ed è sempre stata inclusa negli affari di famiglia, aiutandoli occasionalmente.
La corsa fino alla casa di Lincoln non durò molto, specialmente grazie alla velocità di Aden, che arrivato davanti alla porta si mise a bussare insistemente.
Dopo la quinta volta la porta si aprì facendo quasi cadere Aden, che non si aspettava il movimento della porta. Di solito Lincoln ci metteva una vita ad aprire, sempre occupato con compiti, cucina, arte o chicchessia.
"Suppongo ti serva Lincoln?"
Aden sbattè le palpebre notando per la prima volta che la persona che aveva aperto la porta decisamente non era Lincoln, ma un grande sorriso apparì sul suo viso quando la riconobbe.
"Tu devi essere Octavia!" esclamò, col dispetto che brillava negli occhi, "Lincoln mi ha parlato un sacco di te!"
"Solo belle cose, spero," le scintillavano gli occhi, chiaramente divertita, e si appoggiò allo stipite della porta parlando col biondo, chiaramente più basso di lei.
"Il meglio." confermò Aden.
"O, chi era alla por- oh." Aden scosse la testa con disappunto quando Lincoln si avvicinò, coperto di farina e evidentemente non pronto per la serata cinema. "è venerdì, non è vero?"
"Cosa c'è di speciale nei venerdì sera?"
"è la serata cinema," sospirò Aden in modo drammatico,"e il nostro Lincoln qui sta rompendo la tradizione, tu piccolo natrona." cambiò nella lingua inventata, il trigedasleng, facile come stesse bevendo un bicchiere d'acqua. Era stata un'idea di Lexa, quando erano piccoli, di creare una lingua che gli adulti non riuscissero a capire. Adesso, Lexa usava alcune parole nel calcio per non farsi capire dalla squadra avversaria.
"Scusa, strikbro," rise Lincoln, scompigliando i capelli di Aden, "è la serata appuntamento, stiamo facendo la pizza."
"Sembra tu abbia più farina sulla faccia che sull'impasto," sghignazzò Aden, e Octavia rise, "Te la faccio passare liscia questa volta, ma se balzi anche la prossima settimana, sarà guerra."
"Mi assicurerò resti fuori dai guai," assicurò Octavia,e Aden annuì, prima di correre in direzione di casa sua, lasciando la coppia a godere della reciproca compagnia. Le sopracciglia si alzarono quando vide un'auto parcheggiare nel vialetto, ignaro che fossero in attesa di ospiti, e le corse dietro, riuscendo appena ad entrare dal garage prima che si chiudesse.
Si avvicinò lentamente alla macchina, sbirciando all'interno, e balzò all'indietro quando una ragazza dalla pelle caramello e i ricci selvaggi castani ne uscì. La riconobbe più velocemente di Octavia.
"Costia!" salutò la ragazza della sorella, anche se internamente si trattenè dal cipigliare.
"Non sapevo dovessi arrivare."
"Hey, Aden," ricambiò Costia, camminandogli accanto attraverso l'elegante porta principale. "Lexa mi ha invitata, serata cinema, giusto?"
"Sì, maratona di Harry Potter." Costia fece appena un cenno mentre entrarono in casa, e salirono le scale in silenzio.
Anche se andava relativamente d'accordo con Costia, Aden non poteva che essere un po' infastidito dall'intrusione nella tradizione di famiglia. Anche se Lincoln non aveva legami di sangue era la cosa più vicina ad un fratello che Aden avesse mai avuto, e dovunque Anya andasse il pacifico ragazzo era pronto a seguirla. Costia era un'estranea, entrata nelle loro vite alquanto improvvisamente di estate, quando diede il benvenuto a Lexa essendo la capo cheerleader ad Arkadia. Era gentile e aveva buone intenzioni, ma Aden sentiva che non teneva alla sorella quanto Lexa facesse con lei. Aden adorava Lexa, ma sapeva che aveva la tendenza ad innamorarsi troppo in fretta, finendo sempre col farsi male.
"Ci hai messo abbastanza, ragazzino... Costia? Che cazzo ci fai qui?"
"Anche per me è bello vederti, Anya," rispose Costia senza alcuna espressione in volto; alzò gli occhi e si lasciò andare in braccio a Lexa, baciandola in saluto. Mentre le due si scambiavano effusioni, Aden scambiò uno sguardo infastidito e leggermente schifato con la cugina.
"L'ho invitata io," disse Lexa appena si liberò dalla cheerleader, "vi va bene, vero?"
"Certo," sbiascicò Anya, cercando di sembrare disinteressata, "Probabilmente avresti dovuto avvisarci prima, comunque, mi sarei portata del veleno da mettere negli occhi."
"Voi due mi fate star male, onestamente" Aden annuì solennemente, d'accordo, con voce leggera e scherzosa.
"Le mie scuse più sentite," rise Costia, "Non posso farci niente, tua sorella è figa, piccolo."
"Mi usi solo per il mio corpo, eh?" ribattè Lexa.
"Beh, chiaramente non ti uso per il tuo intelletto..." scherzò la ragazza.
Aden si sedette a fianco della cugina, conversando attraverso lo sguardo. Gli strinse il braccio con fare confortante, sapendo quanto si sentisse male ad essere chiamato 'piccolo' senza permesso. Era stato bullizzato spesso per la sua statura, e non avevano smesso nemmeno alle superiori. Indra diceva sempre che era solo in ritardo con la pubertà, ma non poteva fare a meno di imbarazzarsi con l'argomento.
"metti il film," sussurrò, indicando lo schermo, "mi serve una distrazione." nemmeno Hedwig's Theme era abbastanza per sotterrare il rumore di risatine e bacetti, e i due biondi si prepararono a passare la serata come terzo e quarta in comodo.

 


"Ragazze! Venite a apparecchiare la tavola!"
"Arriviamo, mamma G!"
i sabati a casa Griffin erano sempre pieni di vita, con il brunch diventato una tradizione.
Era iniziato solo con Abby e Aurora che cucinavano insieme per aiutarsi a vicenda con la perdita dei mariti e per condividere qualche chiacchera. Per quello, e perchè Clarke già era migliore amica dei gemelli Blake. Presto Raven si era unita al gruppo, poichè passava la maggior parte del tempo tra le due case, siccome a sua madre non importava dove andasse o cosa facesse, tanto che aveva una camera da letto da entrambe le famiglie (cosa che aveva commosso Raven non poco).
Bellamy continuava ad invitare Murphy perchè il ragazzo aveva bisogno di un posto dove poter fuggire dalla sua vita, che era tanto brutta tanto quella di Raven, se non di più. Sotto la guida di Mamma G e Mamma B il ragazzo si era aperto ed era fiorito, facendo commuovere tutti quanti.
Clarke continuava a pensare fosse un coglione, senza dubbio, ma si poteva gestire. Era prima di tutto suo amico, quindi si rivolgeva a lui come ad un cugino fastidioso. Alle volte difficilmente ci riusciva, ma era sempre di famiglia.
Con la maggior parte del gruppo di amici della figlia già lì, Abby buttò la sicurezza fuori dalla finestra e le disse di invitare anche Monty e Jasper, cosa che aveva pro e contro.
Abby e Aurora adoravano Monty, che le aiutava a cucinare e pulire senza fare domande, solo perchè era fatto così. Spettegolava con loro sugli ultimi avvenimenti di Food Network e si scambiavano ricette (Soprattutto la torta al cioccolato di sua madre.) dall'altra parte, Jasper andava preso con cautela, perchè entrambe le madri sapevano che, come Raven- che entrambe avevano iniziato a considerare come una vera figlia- aveva un gran talento nel far esplodere le cose, quindi il ragazzo con gli occhiali doveva rimanere a distanza di almeno 10 metri dalla cucina.
"Cosa stai cucinando, Mamma B?" Aurora sorrise alla ragazza latina mentre si presentò in cucina, lasciando un bacio sulla guancia della donna. "Oooh, sento odore di bacon."
"Di sicuro lo senti, Raven," rise Abby, colpendo giocosamente la ragazza con lo straccio che aveva in mano, "Adesso esci dalla mia cucina e aiuta Clarke ad apparecchiare."
"Va bene, va bene, vado," borbottò Raven alzando le mani in arresa, "Non si può nemmeno chiedere cosa si mangia senza essere attaccati."
"Forse è perchè assaggi tutto quello che vedi e ti ustioni sempre la lingua," evidenziò Clarke da dietro una torre di piatti che si abbassava man mano che li metteva sul tavolo.
"Non è vero!" protestò Raven. "O, aiutami!" la ragazza dai capelli scuri alzò lo sguardo dal telefono mentre entrò nella sala da pranzo. Per un attimo sembrò un cervo abbagliato dai fari della macchina,   prima di schierarsi con Clarke.
"Ti abbiamo lasciata da sola per 30 minuti al Ringraziamento per controllare il tacchino e quando siamo tornati avevi mangiato un quarto del purè e quasi metà torta." si fermò, realizzando per la prima volta quanto mangiasse l'amica. "Non so come hai fatto, ma ci sei riuscita."
"Hey! Ero affamata!."
"Non lo sei sempre?" la punzecchiò Clarke, e gli occhi di Raven si ridussero a due fessure.
"Stai insinuando qualcosa, Griffin?" Raven si avvicinò, cercando di sembrare minacciosa. "Il mio corpo è stato scolpito dagli dèi stessi. Se cercassi 'perfezione' sul dizionario, troveresti due parole a fianco: Raven Reyes." mentre diceva il suo nome agitò le sue mani come se stesse parlando di un marchio famoso.
"E voi chiamate me quello vanitoso," grugnò Bellamy mentre entrò, brandendo l'argenteria che aveva in mano, "Raven è mooolto più narcisista di me."
"Questo è perchè io, a differenza tua, ho un motivo per essere narcisista, Bell. Voglio dire, guardami!"
"Sceglierei sempre prima te," la rassicurò Clarke, e Raven annuì vittoriosamente, sorridendo e facendo la linguaccia a Bellamy, il quale stava facendo la sua migliore interpretazione di un cucciolo ferito.
"Certo che lo faresti, sono fantastica." i quattro continuarono a bisticciare su chi fosse il più bello fra loro, e furono interrotti solo dal campanello.
"è aperto!" Clarke sarebbe andata ad aprire, ma era troppo impegnata a trattenere Raven dal lanciare delle forchette a Bellamy, che si stava difendendo dietro ad un piatto.
"I magnifici sono arrivati!"
Al suono del suo compagno-di-piromania Raven si distraè abbastanza e andò a dare il cinque al ragazzo, il quale avendo in mano un bicchiere di limonata lo fece quasi cadere, se non fosse stato per la presa pronta di Monty, abituato a questo genere di cose.
"C'è anche Monty?" Aurora sbirciò fuori dalla cucina e sogghnignò quando vide il ragazzo coreano, facendogli segno di raggiungerla. "Vieni qui e aiutaci."
"Arrivo,  Aurora," assicurò, "Possiamo parlare delle nostre predizioni sul finale di Worst Cooks In America."
"Perchè Monty è autorizzato ad entrare in cucina?" piagnucolò Raven, col broncio sulle labbra.
"Perchè Monty sa cucinare, e non fa esplodere tutto," ragionò Octavia, causando un cipiglio sulla faccia dell'amica.
"Ehy, la cucina è una scienza, e non c'è scienza che non riesca a padroneggiare... eccetto questa. La cucina è difficile, ma ce la farò, e vi sentirete tutti malissimo per aver dubitato di me."
"Raven," disse Clarke, "Il giorno in cui cucinerai qualcosa di commestibile sarà il giorno in cui diventerò amica di Costia Greene."
"Wow, Clarke, apprezzo davvero il tuo amore e supporto, che fantastica amica."
"Sempre, Rae."
Come sempre, Murphy s'intrufolò nel momento esatto in cui tutto era pronto e preparato, evitando abilmente qualsivoglia lavoro.
"Va bene, Raven, puoi finalmente mangiare."
"Cazzo sì!" allo sguardo di rimprovero di Abby, Raven sorrise imbarazzata. "Scusa Mamma G, sai quanto mi piace il tuo french toast."
"Sì Rae, modera il linguaggio, ci sono bambini con noi," scherzò Clarke con gli occhi brillanti, "E con bambini intendo Monty, che è la persona più pura e innocente di tutti." Il coreano la guardò con un'espressione per niente divertita, per poi mandarla a quel paese discretamente, facendo finta di grattarsi la guancia.
"Non litigate," Abby disse con fermezza, "Non vogliamo ripetere la grande guerra di cibo di Halloween, vero?"
tutti iniziarono a ricordati i terribili eventi di quella tragica notte, mentre Clarke si sedette soddisfatta, nonostante lo stress per la scuola, arte e quella spina nel fianco chiamata Lexa Woods fossero tutto tranne che dimenticati.

 


Il lunedì colpì Lexa come un incudine.
Sembrava un destino terribile comparandolo alla serata cinema di solo qualche giorno prima, con Costia in braccio, e le sue dita che scorrevano dolcemente sotto la sua maglietta.
Avevano ridacchiato e scherzato silenziosamente insieme durante i primi due film, e Lexa rubava baci ogni volta che credeva Aden non stesse guardando.
Ovviamente, non aveva sentito i borbottii in sottofondo di Anya, come 'prendetevi una stanza' o 'non iniziate ad esplorare la camera dei segreti'.
Aden sembrò non curarsene.
Ma, come tutto ciò che era bello nella vita di Lexa, il weekend si allontanò come un vecchio ricordo, una volta così bello, e le era rimasto solo il lunedì.
Ma ovviamente anche il lunedì aveva i suoi lati positivi. Lexa aspettava da tutto il fuori stagione di sentire il suo coach parlare delle distinte possibilità di avere degli scout dalle più prestigiose scuole solo per vedere lei.
Voleva una borsa di studio più di qualsiasi altra cosa nella vita. Non era un problema economico, la sua famiglia avrebbe potuto mandarla al college dodici volte di fila, se avesse voluto. Era una questione di principio. I genitori di Lexa non avevano mai badato a lei, o a Aden. Era Lexa a sapere delle insicurezze di Aden, come la sua altezza, o l'ansia per la matematica. I suoi genitori avevano un posto sempre più piccolo nel suo cuore.
Ma  Lexa sapeva di poterlo cambiare. Sarebbe riuscita ad attirare la loro attenzione, anche se erano a continenti di distanza, innalzandosi sulle mille scuse e le brevi chiamate Skype con le 'migliori intenzioni, per mettere cibo in tavola e vestiti caldi sulla schiena di Lexa' come Indra li difendeva sempre.
La borsa di studio avrebbe ribaltato le carte in tavola. Significava che avrebbero avuto una prova concreta della sua bravura in qualcosa. Avrebbe potuto dimostrare ai suoi che era sbocciata attraverso i loro insegnamenti.
Significava che finalmente sarebbe stata abbastanza per loro, e che sarebbero potuti tornare a casa.
Se non per lei, per Aden.
Quindi Lexa impostò la faccia da gioco e si sistemò i leggins neri e la maglia nera abbinata, sapendo che si sarebbe allenata con la squadra prima della fine del giorno. Si sistemò le ciocche dei capelli, spostandoli su un lato come sempre.
Se lo sentiva dentro. Oggi era il suo giorno.
Uscì frettolosamente dalla sua stanza quando sentì Anya chiamarla spazientita dai piedi delle scale, "Woods! Se non porti il tuo culo giù, Io e Aden ti rubiamo la macchina!"
Lexa sbuffò sdegnosamente, per poi fare un sorrisetto furbo quandò uscì lentamente solo per infastidire ancora di più Aden e Anya.
Nonostante il viaggio fosse relativamente corto, sembrò infinito con Aden e Anya che litigavano per la radio.
"Anya!" piagnucolò Aden, mentre tentava disperatamente di stabilire un contatto visivo con Lexa dallo specchietto, siccome la padrona della macchina aveva la decisione definitiva.
I pensieri di Lexa erano fastidiosamente fissi su una certa bionda, poi su Costia, poi sulla scuola. Era praticamente cieca agli occhi da cucciolo di Aden. Però senti quandò Aden scattò in avanti facendo partire sulle casse della musica anni 90', il familiare suono delle spice girls che riempiva la macchina.
Anya girò la testa per guardarlo direttamente negli occhi, quando immediatamente rimise la sua stazione Hip Hop, la quale emanava testi con probabilmente troppo inappropriati per Aden. Però il ragazzo non era ingenuo, e non se la sentì d'intromettersi.
Al suo posto sentì una fitta d'emicrania su per la testa. "Ragazzi." li avvertì, stringendo le labbra in una linea sottile.
Non sembrarono sentirla.
"Non è giusto!" si lamentò Aden, calciando il retro del sedile di Anya.
I pugni di Lexa si strinsero attorno al volante, cercando di non immaginare l'impronta che la scarpa del fratello avrebbe lasciato sulla pelle. "Voi due..." li avvertì, il tono di voce leggermente più alto.
"Hey!" Anya roteò gli occhi. "Ho una reputazione da mantenere! Nessuno mi da fastidio! Non posso essere badass se arriviamo ascoltando delle tristi, teatrali cazz-"
"Okay!" Lexa scattò, premendo il pulsante d'avvio della radio, e la macchina iniziò a suonare Cello Suite in G di Bach. Effettivamente Lexa si rilassò quasi subito, mentre Anya e Aden si coprirono le orecchie sofferenti.
"é per questo che ti chiamano Comandante." mugugnò Aden, incrociando le braccia nel sedile.
"Classico?" Anya la derise. "Ovviamente. Perchè sono sorpresa? Sei la persona più disciplinata e noiosa che esista sul pianeta. Come se questo ti aiutasse a rimorchiare."
Lexa ghignò. "Non ho problemi su quel fronte, Anya-"
Prima che Lexa avesse parcheggiato la macchina, Aden aveva già spalancato la portiera, scappando dalla (possibilmente inesistente, per quanto ne sapesse) vita sessuale di Lexa. "Addio!" gridò da sopra la spalla, con lo zaino che gli rimbalzava sulla schiena.
Anya sorrise. "Oh, la prossima volta che lo voglio fuori dalla macchina lo rifaccio di sicuro."
Lexa alzò gli occhi mentre si infilò lo zaino in spalla per uscire dalla macchina. Sentì la campanella suonare, e spalancò gli occhi. Pensava di aver tempo per arrivare in classe senza fretta.
Anya annuì con sicurezza. "è questo che succede quando senti la mancanza di Costia in doccia, Lex. Ci condanni tutti."
Lexa arrossì, sapendo che Anya stava solo tentando di farle sputare il rospo. Invece, prese uno stropicciato pezzo di carta dallo zaino (colpa della tendenza al disordine di Aden) e lo passò ad Anya, la quale se ne stava già andando, colpendola sulla nuca.
Anya si girò e la bloccò. "ringrazia di essere dotata, o ti avrei staccato il braccio." mormorò.
Lexa si affrettò dietro di lei, e la sua entrata nella scuola fu interrotta da una mano sulla sua spalla. Si girò e vide il familiare volto di Titus Trikru, il coach di calcio, che era, in aprole povere, ossessionato (in modo sportivo) da Lexa.
"signorina Woods." si schiarì la gola.
Anya si voltò per vedere chi le stava interrompendo, e vedendo chi fosse, mormorò un "Hey Coach, vi... vi lascio da soli."
Titus la guardò sparire, per poi riposare lo sguardo su quello smeraldo e confuso della ragazza.
"Mi vuoi seguire nel mio ufficio?"
Lexa sembrò sorpresa. "Io.. avrei lezione adesso." ammise, senza far trasparire nulla dalla voce.
Titus scosse la mano con nonchalance, e Lexa capì che tipo di autorità avesse nella scuola. "Devo insegnare anch'io. Ci vorrà solo un momento. Ti farò una giustifica."
Lexa annuì lentamente, seguendolo. Osservò quanto sembrasse minaccioso in semplice giaccia e cravatta, camminando come se possedesse il posto.
Non aveva mai avuto paura di lui, come gli altri studenti. Il semplice motivo era che Titus contava su di lei. Pensava fosse la miglior giocatrice ad aver messo piede all'Arkadia, e lui voleva essere colui che l'avrebbe fatta migliorare per presentarla all'intero paese.
"Chi è il tuo insegnante alla prima ora?" chiese Titus, dirigendosi verso l'ufficio amministrazione.
Lexa ci pensò un attimo, un nome che stava per fuggirle dalla bocca. Era pure stata presentata alla classe. Ma tutto ciò che riusciva a ricordare era Clarke Griffin. La bionda dagli sguardi intensi e le mani morbide. Quella che aveva salvato suo fratello da una brutta uscita.
"Niylah Crewe." rispose dopo un secondo. "Perchè?"
Titus annuì. "Perchè devo sapere a chi scrivere una giustifica." rispose aprendo una delle porte in modo da far passare Lexa.
Lexa superò la scrivania da segretaria vuota, e arrivo all'ufficio più grande dell'istituto.
Lexa aveva sentito delle voci, soprattutto da Anya, sul fatto che Titus avesse obbligato il preside Jaha a cedergli l'ufficio. Lexa non aveva mai visto quel lato del prof, ma sapeva che ne era capace. Era stata fortunata- lui era stato interessato a lei fin da subito, quando l'accettò nella squadra solitamente composta solo da maschi. Anya era l'unica altra femmina, un attaccante.
Titus non le proibì di fare niente. Non le disse niente, in effetti. Aveva appena osservato, spostandola qua e la', e le chiese cosa ne pensasse di avere un ruolo da leader. La squadra la nominò co-capitano. Il resto era storia.
Titus accese le luci con un sospiro, spostando una grande pila di documenti dalla scrivania. I muri erano coperti di foto delle squadre precedenti, tutti campioni del decennio o in giù di lì. Lexa sentì un fuoco dentro solo a vedere le immagini. Voleva davvero essere parte della tradizione.
"Per te." mormorò Titus, passandole una busta.
Lo prese fra le dita, leggendo l'indirizzo. "è aperta." gli rispose cautamente. "ed è indirizzata a lei. Non capisco."
"Si tratta di te." Titus sorrise, una cosa rara. "Ne ho avuta una da praticamente ogni scuola con una squadra di calcio decente."
Lexa lo guardò incredula. "Cosa?" rimase a bocca aperta. "Queste sono da delle università?"
Titnus annuì. "Sono sbalorditi, Lexa. Diamine, pure il giornale locale vuole scrivere un articolo su di te."
Lexa era senza parole. "Ma non ho ancora giocato." disse, leggermente stordita. "Voglio dire, alla mia vecchia scuola sì, ma-"
"Ho promesso. Se mi avessi mostrato dei risultati, io avrei fatto il resto." disse Titus soddisfatto. "e l'hai fatto. Ecco la tua ricompensa." le passò una pila di buste. "Ognuna di queste è uno scout. Giorni diversi, partite diverse, tempi diversi."
Lexa sentiva il cuore esploderle. Se ne aspettava una o due, ma questo? Era di sicuro un errore. O un miracolo.
"Non lasciare che questo ti monti la testa, Lexa." mormorò, accarezzandosi il mento. "Voglio che affrotni tutte queste sfide come una campionessa." fissò il muro delle foto con affetto.
"Voglio vederti qua sopra."
Lexa annuì, cercando disperatamente di nascondere il suo sorriso eccitato. Titus la rispettava per la sua stoicità, per il suo pragmatismo. Doveva continuare a mostrarsi così, anche se per finta.
"Oh!" esclamò Titus guardando l'orologio. "dovremmo andare. Volevo solo farti sapere questo." cercò una penna sulla scrivania, trovandone una con il logo sia di Arkadia sia dei Grounders. Scrisse una breve giustifica per Lexa e la firmò noncurante.
"Signorina Woods." iniziò, quando uscirono dall'ufficio. "ti trovi a tuo agio in tutte le classi? C'è qualcosa che posso fare per aiutarti nel tuo trasferimento?" aveva una voce bassa, promettente. Voleva assicurarsi che Lexa non avesse problemi in vista dell'inizio stagione delle partite, e Lexa lo sapeva.
Quindi ne approfittò.
"Effettivamente..." Lexa sospirò, e Titus si fermò istantaneamente, fissandola. "Vorrei una mia amica nella classe di Niylah Crewe, ma erano finiti i posti. Non è riuscita ad entrare.
Titus alzò un sopracciglio con fare interrogativo, ma Lexa finì di parlare prima che lui riuscisse ad aprir bocca.
"-e apprezzerei davvero se ci fosse qualcuno di affidabile che potesse passarmi gli appunti in modo da riuscire a concentrarmi su...altre cose." Aveva il tono di chi non avrebbe accettato un 'no' come risposta, e sperò che non stesse facendo un passo più lungo della gamba.
Titus annuì stoicamente."il suo nome?" chiese.
"Costia Greene." rispose istantaneamente, eccitata alla prospettiva di avere qualcuno a cui sedersi vicino in classe. Così che tutti, Clarke compresa, potessero vedere la sua bellissima ragazza. "è in classe di economia adesso."
Titus annuì, facendo cenno a Lexa di seguirlo in una delle piccole stanze nell'atrio.
Lexa registrò appena la placca con su scritto "Preside Jaha". Sorrise da sola. Una potenziale borsa di studio e Costia nella sua classe. Oggi sembrava essere davvero un successo.

 

 


La classe d'inglese era muta davanti a Lexa, entrata venti minuti in ritardo, tutta sorridente mano nella mano con Costia, la quale sembrava altrettanto rilassata e sicura.
Niylah stava leggendo, dal podio davanti alla classe, una pila di libri, dei quali gli studenti avrebbero dovuto sceglierne tre per il resto dell'anno.
Appena Lexa entrò mano nella mano con Costia, Ms. Crewe gelò, la bocca appena aperta, gli occhi che andavano su e giù su Lexa.
"Venti minuti in ritardo e porti pure un ospite, signorina Woods?" chiese Niylah con disapprovazione nel suo tono solitamente rilassato. "Avevo capito che gli studenti atleti dovrebbero avere gli standard più alti di decoro." alzò un sopracciglio.
Il sorrisetto di Lexa non svanì, ma abbassò la testa in segno di scuse, e la classe iniziò infantilmente a bisbigliare uno con l'altro.
Con la coda dell'occhio vide lo sguardò blu di Clarke su se stessa, e improvvisamente si sentì arrossire leggermente.
"Griff, rilassati." sussurrò la latina, Raven Reyes. "se con quella presa rompi la tua matita da disegno non te ne potrai permettere una nuova."
La matita di Clarke atterrò sul banco, la mascella ancora serrata, e Lexa realizzò che non stava fissando lei, ma Costia.
Lexa non era sicura del perchè, ma sentì una grande delusione nello stomaco.
"Non è un ospite, Ms. Crewe." Lexa disse altezzosamente, e tutti tranne Clarke ammirarono la sua eloquenza. Dopotutto era la figlia di Alexander e Anastasia Woods, uomo e donna d'affari molto potenti. La formalità le si addiceva. "Le mie più sentite scuse per il ritardo, ma abbiamo una giustifica dal signor Trikru e dal preside Jaha."
Niylah accettò il foglietto rosa con un sospiro infastidito, leggendo il contenuto della nota.
"Beh..." esalò Niylah dopo un momento, un sorriso che le rispuntava sul viso. "Non sapevo avessimo ancora spazio in classe, signorina Greene. Benvenuta in classe, allora."
Costia sorrise all'insegnate e la ringraziò, lasciando che Lexa le prendesse la mano e la guidasse alla sedia di fianco alla sua.
Clarke fece uscire un misto fra un verso strozzato e un colpo di tosse, a malapena sussurrando "mi state prendendo in giro." e Octavia si sporse in avanti colpendole la schiena.
Niylah fu davanti a lei istantaneamente, inginocchiandosi in modo da essere faccia a faccia con Clarke. "Stai bene, Clarke?" chiese gentilmente.
Le guance di Clarke erano rosse e Lexa la fissò quando ripsose una qualche risposta imbarazzata.
Lexa resistette all'impulso di alzare gli occhi guardando Costia, che stava parlando col ragazzo di fianco a lei. Lexa ci aveva fatto l'abitudine. La capo cheerleader e la quarterback dovevano essere popolari, dopotutto.
"Va bene." Niylah strofinò la schiena di Clarke affettuosamente per un secondo prima di tornare al podio. "Quindi, siccome sei entrata in ritardo, signorina Woods... perchè non sentiamo la tua opinione? Una studentessa ha suggerito 'Orgoglio e Pregiudizio' di Jane Austen come primo romanzo dell'anno, con molto supporto."
Lexa trattenne una risata, piegandosi in avanti sulla sedia.
Niylah la stava sfidando?
"è difficile chiamarlo romanzo." rispose Lexa pomposamente, incapace di trattenere il veleno dalla sua voce.
"Ma stai scherzando?" Clarke Griffin si alzò dalla sedia, come un rifesso all'affermazione di Lexa.
La sorpresa si mostrò sul volto di Lexa quando vide lo sguardo offeso della bionda davanti a lei.
Quindi era il suo suggerimento.
"No, Clarke, non scherzo." rispose Lexa allo stesso modo, il suo ghigno sempre presente.
Clarke sembrò così sorpresa che Lexa si ricordasse il suo nome che si congelò letteralmente sul posto.
Niylah sorrise, alzando un sopracciglio. "Va bene. Un po' di passione sull'argomento fa sempre piacere, ma rimaniamo civili, ragazze. Clarke, in breve, difendi il romanzo. Lexa, prova a ribattere."
"Eccoci, cazzo." sussurrò Raven a se stessa, quando vide Clarke iniziare con determinazione.
"Prima di tutto, è un classico." iniziò Clarke, guardando Lexa acutamente. "é la quintessenza di una storia d'amore. Ha una brillante protagonista, dei veri problemi e la bellezza della famiglia."
Clarke disse gli ultimi due punti come se fossero concetti sconosciuti a Lexa, che proveniva da un ricco, rotto passato.
La mascella di Lexa si irrigidì, e Costia bisbiglio, "Baby, non farlo."
Ma oramai era troppo tardi.
"signorina Griffin..." iniziò Lexa infastidita.
Niylah la guardò male e lei riformulò.
"Clarke." disse Lexa, e quel nome suonò acuto e insolitamente dolce sulle sue labbra.
Clarke alzò un sopracciglio in attesa di una risposta, e dalla classe si sentirono 'ooooh' e 'aaaaah' a causa della rivalità crescente fra le due ragazze.
"Se pensi che quel libro rappresenti come dovrebbe essere l'amore, ti consiglio o di andare in terapia, o un fidanzato."
"O una fidanzata!" gridò qualcuno dal fondo della classe con una risatina.
Lexa apparì come se fosse stata appena schiaffeggiata. Una fidanzata? Quindi a Clarke Griffin piacevano le donne.
Clarke sembrava pronta ad aggredire Lexa, la faccia rossa, i denti digrignati.
"Woah, no." Niylah scosse la testa. "gli attacchi personali non verranno toller-"
"Beh, forse è fuori dalla tua portata, Woods." infierì Clarke con voce cantilenante. "Posso consigliarti qualcosa per... l'atleta che c'è in te? Magari... Air Bud?"
"Oh cazzo." gli occhi di Octavia si spalancarono quando la classe eruppe in risate di scherno e 'Ohh'.
Lexa era più che furiosa. Chi era quella ragazza? La sua audacia, il suo modo di fare. Irritava Lexa all'infinito. Nessuno le aveva mai parlato così. E poi cosa stava insinuando? Che Lexa, figlia di una delle coppie più di successo del paese, fosse una sempliciotta? Un'idiota che non sapeva apprezzare la buona letteratura e che giocava a palla tutto il giorno?
La mandibola di Costia era spalancata mentre mise una mano sulla spalla di Lexa. "Lex..."
Niylah si strofinò il ponte del naso. "Okay! Basta, ragazze. Parlerò con voi due alla fine delle lezioni. Non volgio senitre una vostra parola fino ad allora."
Lexa roteò gli occhi quando Niylah si risedette e guardò fisso nel furioso sguardo cristallino di Clarke.
"Ora, che la classe voti." annunciò con un sospiro di esasperazione. "Voi due non potete votare." aggiunse, guardando prima Clarke, che sembrava vergognarsi di se stessa, e poi Lexa, che si morse il labbro per non rispondere alla prof.
"Tutti in favore per 'Orgoglio e Pregiudizio' come primo libro?" Niylah chiese, e le mani si alzarono intorno a Lexa.
La mascella di Lexa si serrò quando Niylah contò la maggioranza di sedici mani alzate.
Una in meno e avrebbero perso.
Clarke ghignò a Lexa per un istante prima di tornare al suo stoicismo.
Niylah sorrise."Va bene allora, è deciso. Procuratevi delle copie di Orgoglio e Pregiudizio prima della prossima lezione." guardò Clarke con un sorriso amichevole sulle labbra. "è anche uno dei miei preferiti, Griffin."
Clarke le fece un sorriso smagliante, arrossendo, così chiaramente infatuata.
Lexa in qualche modo riuscì a non vomitare.
"Bene, d'ora in poi avrete dei partner. Compagni di studio, se volete. So che questo è un corso avanzato e che siete tutti sicuri di essere troppo bravi per non passare, ma gli esami sono fra poco, e finirete per ringraziarmi e coprirmi di regali e complimenti." sorrise alla risata collettiva della classe. "Potete scegliere da soli i compagni. Non più di due persone insieme, per favore, siete fin troppi, grazie alla nostra nuova entrata di oggi." Niylah sorrise a Costia, che ricambiò.
"Baby." Costia sogghnignò, prendendo la mano di Lexa. Essa sorrise e le baciò la mano, scatenando degli 'aaw' dagli studenti vicini.
Lexa vide Raven e Octavia sorridersi imbarazzate a vicenda, scordandosi completamente di Clarke. Clarke, dall'altra parte, andò con un sorriso verso un ragazzo particolarmente familiare.
"Là, chi è?" chiese Lexa a voce alta, analizzando i suoi lineamenti.
"Chi? Clarke Griffin?" sussurrò Costia, ancora mano nella mano con Lexa. "é una perfettina so-tutto-io, del programma di arte..."
"No." rispose rapidamente Lexa, trattenendo le alrte parole. Quindi Clarke era un'artista come Costia? "Lui."
"Oh, quello è Nathan Miller." rispose Costia, che sapeva tutto su tutti della scuola. "è nella tua squadra, Lexa."
Lexa annu' lentamente. "Mi sembrava di riconoscerlo. Si è appena aggiunto."
Costia scrollò le spalle, "Lo incontrerai presto, suppongo. Perchè? Ha detto qualcosa?"
Lexa le fece un mezzo sorriso. Scosse la testa e strofinò il pollice sulla mano della ragazza.
"Dovremmo metterci al lavoro?" chiese Costia lentamente, schiarendosi la gola.
Il resto dell'ora passò in relaivo silenzio, siccome tutti discutevano dei propri pensieri e giudizi prima di approfondire la storia. Lexa voleva solo andare al campo e prepararsi per gli scout che sarebbero arrivati in poche settimane, ma sapeva che non aveva scelta.
Costia s'impegnò andando su twitter, ammirando quanti follower avesse guadagnato dall'inizio della storia con Lexa, nonostante a Lexa non interessasse molto la publicità.
La campanella suonò, e tutti si alzarono dalle proprie sedie, Costia compresa, che guardò Lexa con compassione.
"Posso aspettarti." le offrì subito.
Lexa si sporse a darle un piccolo bacio. "No, vai, non voglio farti arrivare in ritardo."
"Ci vediamo a pranzo?"
"Sì."
Costia prese lo zaino e se ne andò, e la vista di Lexa fu coperta da Clarke Griffin, che apparentemente le stava guardando, lo sguardo duro e le labbra leggermente arricciate.
"Ragazze." sospirò Niylah, sistemandosi la gonna mentre si avvicinò ai loro banchi. "Non sono il genere di insegnante a cui piace mettere in punizione. Quello è più Trikru." aggiunse l'ultima parte guardando Lexa, che si accigliò leggermente. "detto ciò, cos'è successo qui oggi?"
Lexa si schiarì la gola e guardò Clarke velenosamente. "Vorrei saperlo anch'io."
Niylah le scoccò un'occhiataccia, ma Clarke parlò per prima.
"Non posso parlare per lei, ma mi scuso, e assicuro che non succederà ancora, Ms. Crewe." Clarke abbassò la testa e Niylah annuì.
"Voi due... avete una storia dietro?" chiese, incrociando le braccia.
Lexa fece un verso sarcastico, quasi offeso. "No, Ms. Crewe. Ci siamo incontrate menodi una settimana fa."
"Ma tutti ti conoscono." ribattè Clarke. "Almeno ti ricordi di tutti quelli che ti conoscono?" c'era qualcosa di pungente nel suo tono, e non passò inosservato da Lexa.
"Okay, voi due." Niylah scosse la testa. "Ascoltate. Questa classe è più di semplice letteratura. È avanzata, e significa che ci si aspetta un comportamento eccellente dagli studenti. Ho controllato entrambi i vostri fascicoli. Clarke, tu sei, in tutti i sensi, una studentessa perfetta." sorrise, e Clarke s'illuminò, il petto gonfio d'orgoglio.
Lexa fissò Niylah in attesa.
"E signorina Woods." Niylah unì le mani. "Anche tu non sei niente di meno incredibile."
Lexa sorrise e questa volta Clarke s'incupì.
"Non vedo il motivo della vostra...discussione." commentò Niylah. "Quindi voi sarete partner per i prossimi capitoli del libro."
"Cosa?" chiese Clarke, scettica.
"Ms. Crewe, questo supera l'assurdo-"
"Risparmia il fiato, Lexa." le sorrise nonostante il tono di rimprovero. "Lo so. Pensate io sia pazza."
"E cosa farà Costia?" chiese Lexa.
Niylah alzò le spalle. "Lavorerà con Nathan Miller."
la mascella di Clarke quasi arrivò a terra. "Davvero?" chiese incredula.
"Sì." annuì l'insegnante. "mostratemi che siete capaci di gestire la cosa, e vi riassegnerò ai partner originali in un mese, o forse più."
Lexa incrociò le braccia con la mascella serrata, mentre Clarke diventava silenziosamente sempre più arrabbiata.
"Intese?" Concluse Niylah.
"Sì, prof." risposero all'unisono, evidando i reciproci sguardi con gran dedizione.
"Eccellente. Ci vediamo la prossima volta. Lexa, non vedo l'ora di vederti giocare." disse, e Lexa annuì, muta. "Lo stesso per la tua arte, Clarke."
Dopo di che, entrambe uscirono lamentandosi a bassa voce.
"Lo sai, mi piacevi di più quando eri insieme a me." mormorò Clarke appena vide Miller aspettarla, con gli occhi spalancati quando la vide con il suo capitano.
"Miller, non è vero?" Lexa lo squadrò.
"Sì." annuì il ragazzo, irrigidendosi sotto il suo sguardo.
"Prenditi cura della mia ragazza." mormorò con voce minacciosa, lasciandolo lì con uno sguardo confuso.

 


"Tu hai fatto cosa?"
Troppo impegnato a guardare tumblr e ignorare i compiti di matematica davanti a lui, Aden quasi non sentì le sorprese, quasi offese, parole di Anya.
Di solito non era uno spione, ma i litigi fra sua sorella e sua cugina erano sempre troppo divertenti per perderseli, quindi il biondo scese inconsciamente dal letto, e come un ladro, si avvicinò alla stanza di Lexa, appoggiando l'orecchio alla porta.
"Ho chiesto a Titus di far entrare Costia nella classe d'inglese, non farne un dramma."
Aden si accipigliò contro la porta. Non ebbe bisogno di sentire le successive parole di Anya, perchè coincidevano a quelle nella sua mente.
Lexa passava la vita a lamentarsi di Alexander e Anastasia Woods e della loro arroganza, ma di sicuro si comportava esattamente come loro.
Non l'avrebbe mai detto ad alta voce, comunque. Sapeva quanto risentimento verso i genitori provasse la sorella, che erano stati assenti per la maggior parte della sua vita. Faceva male sapere che mettevano prima gli affari ai loro stessi figli, e Aden ancora cercava quel rapporto genitore-figlio che non aveva. Voleva scherzare con suo padre e dire a sua madre delle sue partite di rugby, ma loro non erano quel tipo di genitori.
Ma Lexa stava spaventosamente diventando qualcosa che Aden non riconosceva.
E peggio ancora, non sapeva quale fosse la causa.
Forse il cambio di scuola l'aveva condizionata più di quanto facesse vedere, la venerazione dagli altri studenti forse le aveva dato alla testa. L'aveva notato, e così avevano fatto anche Lincoln e Anya. La sua fidanzata, Costia, non aveva fatto niente per fermare quei comportamenti. Anzi, l'aveva spronata a continuare, infatti Lexa si comportava da idiota quando Costia le era intorno.
La Lexa che Aden ricordava, quella che l'aveva praticamente cresciuto, che gli aveva insegnato come tirare la palla, come andare in bici, che gli aveva insegnato l'autodifesa quando ha scoperto che veniva bullizzato, quella Lexa non avrebbe mai approfittato di una persona in quel modo.
Beh, quella era una bugia. Lo avrebbe fatto, perchè in lei c'era una buona dose di astuzia, ma non l'avrebbe fatto per qulacosa come una classe. C'era un motivo se Aden comprava alla ragazza sciarpe blu invece che verdi.*
Si allontanò dalla discussione e tornò in silenzio alla sua stanza, seendosi sul letto senza fare niente solo per pensare.
Aden decise che Lexa aveva bisogno di qualcuno di nuovo nella sua vita.
Non necessariamente una nuova fidanzata- anche se non era contrario ad una sua rottura con Costia, al contrario- ma solo qualcuno di nuovo. Qualcuno che Lexa non conoscesse bene.
Qualcuno che non fosse infatuato dall'idea di Lexa Woods. Che la vedesse per ciò che fosse, controllasse la sua arroganza e la fermasse quando necessario.
Non sapeva chi fosse quella persona.
Ma l'avrebbe trovata.
Si mise le cuffiette per oscurare il rumore delle grida, e si lasciò cullare al sonno dalla melodia della sigla originale di Star Wars, formulando un piano nella sua testa.
Come sempre, Aden si svegliò al primo squillo della sveglia. Stranamente si sentì davvero sveglio quella mattina, cosa che lo portò a finire la sua routine mattutina venti minuti prima del solito.
La mora stava guardando male Anya da sopra il tavolo, giocando con il suo cibo invece che mangiandolo, e Aden si mosse inquieto a causa della tensione irrisolta fra le due. Non aveva mai conosciuto nessuno più testardo di loro due, quindi sapeva che nessuna delle due si sarebbe scusata e che toccava a lui farle riappacificare in qualche modo.
La palla da rugby appoggiata al suo zaino era la soluzione più logica.
"Volete allenarvi un po'? Sono un pochino arrugginito."
Questa, ovviamente, era stata una brutta, bruttissima idea, ma alla fine aveva funzionato.
Nel tentativo di colpire Anya in faccia, Lexa accidentalmente colpì la nuca del suo fratellino, facendola rimbalzare e colpire il vaso preferito di zia Indra, fatto di ivorio con fini dettagli blu.
I tre pulirono la scena del crimine rapidamente  inseguiti da un arrabbiatissima Indra, con Lexa che mentre correva gridò dietro che ne avrebbe preso un altro per sostituirlo (con gran dispiacere di Gustus, odiava quel vaso).
Niente unisce la famiglia più di una fuga da un furioso avvocato.
Come al solito, Aden sistemò la maggior parte delle sue cose nell'armadietto non appena arrivò a scuola, cercando di non pensare all'imminente lezione di matematica. Anche se Trikru lo favoreggiava perchè era il fratello di Lexa, era comunque il peggior insegnante che Aden avesse avuto il dispiacere di conoscere, e il solo pensiero della sua classe faceva venire il mal di testa a Aden.
"Hey! Woods!" Aden si girò chiudendo istintivamente l'armadietto, come una preparazione ad uno scontro, ma si rilassò quando vide la ragazza di storia avvicinarsi. Si chiamava Tris Michaels, una studiosa con un'inclinazione verso i dispetti; voleva diventare un atleta a tutti i costi e studiava tutto quello che doveva sapere sul calcio.
"Che succede, Michaels?"
dietro di lei c'era un altro primino, un ragazzo dai capelli ricci e dagli occhi castani, chiamato Atom Zedd. Aden lo riconobbe per il gioco del bingo umano che avevano fatto in classe. Si ricordava solo che era nato a St. Louis in Missouri.
"Mi chiedevo se potessi chiedere a tua sorella se potessi seguirla in qualche suo allenamento?" senza rendersene conto, Aden alzò gli occhi. Almeno era stata onesta sulla cosa. La maggior parte della gente se lo faceva amico per poi manipolarlo in modo da ottenere una qualche connessione con Lexa. "Voglio entrare nella squadra l'anno prossimo, e voglio avere quanta più esperienza possibile."
"Vedrò cosa posso fare," l'assicurò Aden, riaprendo il suo armadietto, "Ci vediamo a storia."
"Fantastico! Sei il migliore, Woods, ci vediamo dopo." si mosse facendo segno a Atom di seguirla, ma lui si fermò, dicendole che l'avebbe raggiunta dopo.
"Vuoi entrare nella squadra anche tu?" disse sarcasticamente Aden, al che Atom rispose ridendo e scuotendo la testa.
"Mi scuso per lei, sa essere un po' troppo entusiasta quando si parla di sport. E nah, non mi piace il calcio, almeno non quel tipo," ghignò, indicando la palla in cima ai suoi libri, "Tu giochi?"
"No, tengo qui la palla per sembrare sportivo," scherzò Aden, "Sì, voglio provare ad entrare nella squadra, perchè?"
"Potremmo giocare insieme qualche volta," offrì Atom con un sorrisino imbarazzato, strofinandosi il retro del collo, "Sarebbe bello poter parlare con qualcuno di vero calcio, per una volta."
"Potrei sorprenderti con quello," rispose allegramente Aden, con un piacevole calore dentro. La prospettiva di più amici sembrava carina, specialmente un amico con cui poter parlare di sport. "Aspetta, ti do il mio numero."
Si scambiarono rapidamente i numeri di telefono, appena in tempo per la campanella. Il buon umore del biondo crollò quando si ricordò dell'incubo che stava per iniziare, ma si illumino quando vide Ellis scarabocchiare sulla faccia di Nam.
"A questo punto avrebbe dovuto capire che addormentarsi non è la migliore delle idee," la rossa ghignò, finendo la curva dei baffetti con soddisfazione. "L'opportunità di fare gli scarabocchi sulla sua faccia è troppo bella per essere ignorata."
"Lo terrò a mente," Aden sbuffò, "Mai addormentarsi con Ellis intorno."
"Hai ragione," lei mormorò, sistemandosi sulla sedia e mettendo il pennarello nella tasca della giacca- faceva sorprendentemente freddo all'inferno, Aden aveva scoperto- e Titus entrò scrutando tutti gli studenti.
"Mr. Bui."
La testa di Nam si alzò così velocemente che Aden potè sentire il suo collo spezzarsi, aveva un'espressione terrorizzata e leggermente confusa. Aden poteva vedere Ellis mordersi l'interno delle guance per non ridere, e lui stesso non era messo meglio.
"So che alla vostra età è difficile avere una barba, ma posso consgliarti di trovare un altro modo per farla crescere? Il pennarello da un aspetto infantile..." I suoi occhi si spostarono per poco su Ellis, che divenne la rappresentazione umana dell'innocenza. "Vai a pulirti, primo e ultimo avvertimento. Non vogli scherzi imbecilli nella mia classe. Ora, andate al capitolo..."
A metà lezione, mentre Nam sonnecchiava sul suo libro e Ellis cercava di seguire la lezione, Aden cercava di capire quanto forte dovesse sbattere la testa sul banco per farsi male e poter andare in infermeria (la noia faceva molto male alla sua mente iperattiva). Il fissare il muro l'aveva portato in uno stato di trance, e quasi cadde dalla sedia quando il suo telefono vibrò.

Numero Sconosciuto
Parlo con Aden? Sono Clarke Griffin. Sono la tua nuova tutor di matematica. Quando ti andrebbe bene incontrarci? Io sono libera dopo scuola per circa un'ora la maggior parte dei giorni.

Giovane Padawan

Sì, sono Aden. È bello sentire ancora la mia salvatrice. Dopo scuola va bene, perchè devo aspettare quasi sempre mia sorella. Ti va bene iniziare domani? Oggi devo implorare perdono a mia zia per aver rotto un vaso.

Maestro Jedi Clarke
Ovviamente. Buona fortuna con tua zia. Non penso ci siano molto cose che il cioccolato non può sistemare.

Giovane Padawan

Grazie! Ho bisogno di tutta la fortuna che posso avere lol. Ci vediamo domani, se vivrò abbastanza per vedere un altro giorno.

Maestro Jedi Clarke
Che la forza sia con te, giovane padawan.

Il fatto che l'eterea bionda fosse la sua tutor era abbastanza emozionante per risollevare lo spirito di Aden. Il fatto che apparentemente fosse una fan di Star Wars lo rendeva solo meglio, e Aden non potè non sorridere da solo.
Doveva portarle qualcosa come ringraziamento per aver colpito Mulligan. Cioccolato, probabilmente.
Sì. il cioccolato poteva andare.

 

 

Lexa aveva appena finito l'allenamento con la squadra, cercando di capire i punti di forza e debolezza della sua nuova famiglia.
Aveva imparato un sacco di cose in quell'ora e mezza.
Lincoln era un difensore strepitoso, più che degno della pratica e dedizione di Lexa. Quella squadra era decisamente un posto adeguato per migliorare le sue abilità.
Aveva anche imparato che era indubbiamente il capo del gruppo. Lei parlava, lei decideva, lei aveva l'ultima parola.
Titus era contento di stare in disparte a mettere voti al suo posto all'ombra, annuendo ogni volta che Lexa dava un consiglio ad un compagno.
Quindi quando tornarono alle panchine per bere, tutti sudati e pieni di lividi per l'allenamento di Lexa, Anya fu l'unica a notare le dita di Lexa che si fiondarono al telefono.
"Stai ancora scrivendo a Costco?" la prese in giro Anya.
Lexa roteò gli occhi al nome. "Perchè chiami la mia ragazza come il magazzino"
Anya ghignò all'opportunità che Lexa le aveva dato. "Perchè è bella fuori ma l'interno è...scadente, e devi avere un certo reddito per poter entrare dentro di lei."
Gli occhi di Lexa si aprirono per la sorpesa, poi serrò la mascella. "Anya, cazzo, giuro che-"
Il telefono di Lexa squillò più volte e Anya prese l'opportunità per strattonare il braccio di Lincoln e correre via. "Facciamo una pausa!" gridò.
Lincoln restò immobile, non sapendo se poteva andarsene senza il permesso di Lexa. Lexa, in ogni caso, stava ghignando al telefono, dimenticandosi completamente che era nel mezzo di un allenamento.
"Capitano?" chiese Lincoln insicuro, e Anya si colpì la fronte alla sua buona educazione.
"Andate." Lexa alzò una mano, e tutti i giocatori sospirarono con sollievo, buttandosi sul prato con un tonfo.
Lexa guardò il telefono, sorridendo al cuoricino vicino al nome di Costia sulla chat. Diceva:

Costia <3
Lex.
Baby quando hai finito con l'allenamento?

Lexa

Adesso.

Sei ancora allo studio di arte?

Costia <3

Puoi venire? Voglio farti vedere una cosa.

Lexa

Certo. Arrivo subito dopo essermi cambiata.

Costia <3
Vieni e basta, baby.
E comunque, mi piace una donna in uniforme ;)

Lexa rise a quello, prima di fare un cenno a Titus e andare negli spogliatoi. Si mise un maglioncino pulito e si tolse l'uniforme, infine si spruzzò un po' di profumo, sapendo che Costia stava sognando a occhi aperti su di lei con quel look.
Dopo essersi pulita e sistemata in modo da non sembrare una maratoneta in pieno agosto si diresse verso lo studio d'arte.
Lexa si morse il labbro e mise delicatamente per terra la sua borsa, non volendo disturbare nessuno dei dilligenti artisti presenti all'interno. Vide studenti e insegnanti lavorare insieme, disegnando, dipingendo, alcuni usando anche delle vetrate colorate.
Lexa si sentiva stranamente fuori posto. Non era per mancata conoscenza- Lexa era acculturata. I suoi genitori avevano trascinato lei e Aden in ogni museo o mostra d'arte del paese. Diamine, persino a vedere lavori europei. Ma nonostante questo, qualcosa in quel silenzio terrorizzava Lexa.
Forse era la prospettiva di essere da sola con i suoi pensieri ad intimidarla. Come se... se avesse la possibilità di conoscersi senza le grida dei tifosi e i rivali ad inseguirla, non le piacerebbe vedere chi fosse in realtà.
L'arte era così introspettiva e scrupolosamente onesta. Lexa non era pronta per quello.
Si fece strada fra i banchi superando una marea di studenti. in fondo allo studio due tele erano appoggiate sui cavalletti, mostrando dei magnifici ma incompleti lavori. Sembrava che usare tele e cavalletti fosse un privilegio, siccome tutti lavoravano su semplici tavoli.
Lexa vide Costia, che le fece un cenno indicando prima il suo lavoro, poi una donna in un abito formale, che Lexa supponeva fosse una rappresentante da una scuola vicina. I suoi occhi smeraldo tracciarono tutta la tela di Costia. Era un disegno semplice, eppure molto intricato. Un fiore sbocciava al centro, le sue viti si espandevano su tutto il foglio in trame intricate che davano vita a spine e riccioli.
Gli occhi di Lexa s'illuminarono alla vista, ma la sua natura competitiva la spinse a guardare anche il lavoro a fianco al suo, chiaramente di qualcun'altro.
Le si mozzò il respiro in gola.
Era ultraterreno.
Ciuffi di pittura verde menta iniziavano dal fondo della tela. Lexa capì che l'artista stava apparentemente ritraendo una foresta, piena di abeti dal colore intenso che di estendevano fino all'orizzonte, le loro punte coperte da candida neve fresca, solo l'inizio. Da quel punto gli alberi si estendevano in un cielo blu, viola, indaco- insieme alle costellazioni che sembravano venire da un altro universo, tutto insieme. Sotto al quadro c'era scritto: Titolo: "Quando il cielo incontra la Terra" di Clarke Griffin, 5° anno.
Ed eccola lì, tornata dallo sgabuzzino con della pittura blu sulle dita, i capelli raccolti in un adorabile chignon biondo. I suoi occhi si spalancarono alla vista di Lexa, lo sguardo vagò sul suo corpo finchè le guance non diventarono rosee e riportò l'attenzione al lavoro che stava svolgendo.
"Hey, baby."
la voce scosse Lexa. Si permise di guardare Costia, che aveva appena finito di parlare con la rappresentante, che se ne era andata con un sorriso d'approvazione.
"Ciao." rispose Lexa, facendosi dare un bacio da Costia. "è bellissimo." le mormorò, gli occhi che tracciavano ogni linea.
"Ti piace?" Costia sorrise. "Quella signora era una rappresentante per il progetto per la borsa di studio."
Le sopracciglia di Lexa si alzarono mentre annuì, impressionata. "Lo pensavo anch'io. Buone notizie, suppongo?"
"Due di noi di Arkadia siamo state scelte per la borsa di studio regionale per l'arte, e all'Azgeda  High non ne hanno scelto nessuno. Se la ottengo, Lex, sono dentro." Costia ghignò.
Lexa rispose allo stesso modo, e si sporse in avanti per baciarle la guancia come congratulazioni. "Sono sicura che ce la farai."
Clarke non disse una parola, troppo impegnata a dipingere una cometa che attraversava il cielo così ben disegnato.
Lexa sentì un colpo allo stomaco. Costia aveva detto che erano state scelte in due... ciò significava che Clarke doveva essere l'altra competitrice.
Lexa sotterrò i pensieri che le vennero in testa istantaneamente. L'opera di Clarke non era migliore. L'arte era soggettiva, non era come lo sport. Non c'era un modo universale per dire chi dipingesse meglio.
Non era migliore.
"Sei pronta per andare al Dropship e prendere un po' di cibo?" Costia chiese con un sorriso, rimettendo a posto il materiale.
Clarke sembrò sobbalzare al nome del locale, ma non si fece notare da Lexa.
"Sì." Lexa sorrise. "Ma non preferiresti se mi facessi una doccia prima?"
"L'uniforme è sexy, Lexa." rispose Costia con tono seducente, togliendosi il grembiule da arte e appoggiandolo alla sedia accanto. "Ma... te lo permetto."
Lexa fece un sorrisetto e Costia le baciò la mascella.
Clarke fece cadere il pennello e Lexa si piegò a raccoglierlo, ma questa volta Clarke fu più rapida, con un cipiglio sulla faccia.
"Grazie. Ce l'ho fatta sta volta." mormorò Clarke, praticamente fuggendo a pulirlo.
Lexa ci rimase male, e Costia alzò un sopracciglio. "Questa volta? Ti aveva fatto cadere addosso qualcosa in passato?"
"Sì." borbottò Lexa, prendendo la mano di Costia. "è diventato il nostro modo di salutarci."

 

 

Il mattino stava rapidamente diventando l'inferno personale di Aden.
Non il mattino in sè, veramente, perchè Aden amava alzarsi con il profumo di bacon e pankake appena fatti di zio Gustus, così come amava lo spettacolo che erano sua sorella e sua cugina al mattino. Il problema era la scuola. Nello specifico la classe di Trikru, della quale non poteva nemmeno più lamentarsi a casa, in quanto Lexa non voleva sentire una sola brutta parola sull'uomo pelato. Ellis e Nam la rendevano tollerabile, ma nemmeno la loro presenza era abbastanza per sollevarlo dal macigno di compiti non finiti e dai voti in calo sul registro.
Se i suoi genitori fossero stati lì, l'avrebbero ucciso.
Alexander e Anastasia erano ossessionati dalla perfezione, e avevano dedicato la vita a cercare di raggiungerla. Era cresciuto in un ambiente pieno di standard impossibili e di sguardi scontenti. Viveva per i rari momenti di approvazione e sorrisi genuini, e desiderava il loro affetto con ogni fibra del suo essere.
Lexa l'aveva aiutato, gli aveva insegnato come maneggiare la cosa, e ora, lontano dai loro sguardi giudicanti- era difficile giudicarlo dall'altra parte del Mondo- sapeva che poteva fiorire... se solo avesse avuto un insegnante migliore.
"Muoviti, stiamo andando."
"Allegra come sempre, An" la provocò, per poi fuggire, riuscendo a schivare ciò che gli aveva lanciato contro.
"Uno di questi giorni," lo minacciò con un gesto della mano, "uno di questi giorni ti ucciderò, Aden." lui tornò indietro e guardò dritto negli occhi della cugina, un sorriso brillante in faccia.
"Sono troppo carino per essere ucciso, comunque."
"Non ci conterei," li interruppe Lexa, "probabilmente uccide cuccioli nel suo tempo libero." Anya fece un verso offeso, muovendo le sopracciglia e accigliandosi più di prima.
"Penso tu mi stia confondendo con Ontari Queen, quindi, prima di tutto, vaffanculo..." Aden roteò gli occhi non appena le due iniziarono a bisticciare ancora, e si mise le cuffiette come al solito.
Camminando nella hall di Arkadia, un sorriso grazioso apparì sulla faccia di Aden quando notò Atom aspettarlo al suo armadietto, i capelli morbidi e ricci come sempre, e con le braccia appese, come se non sapesse cosa fere con esse.
"Hey, Atom," lo salutò Aden, aprendo l'armadietto e prendendo il materiale per la prima ora, "Che succede?"
"Oh, niente, davvero," disse Atom scrollando le spalle, "volevo solo, sai, dire ciao." Aden arrossì ma non lo diede a vedere, coperto dal peso che era il suo libro di matematica.
"Oh, qui, dammi-" prima che Aden potesse protestare, Atom aveva già preso parte dei suoi libri e quaderni da Aden. Di solito avrebbe detto qualcosa, ma Atom sembrava davvero preocupato e felice di aiutare che non potè far niente se non sorridere.
"Mio eroe!" scherzò Aden sbattendo le ciglia drammaticamente, non vedendo la gola di Atom saltare e il rossore espandersi su tutto il collo. "Come potrei sdebitarmi?" Atom rise, sorridendo apertamente.
""Lasciandomi venire fino alla tua classe?"
"Ogni tuo desiderio è un ordine, coraggioso cavaliere."
I due ragazzi si fecero strada fino all'aula di matematica e, per la prima volta, Aden non entrata con l'umore a terra, per merito della compagnia di Atom.
"Dopo di te, buon signore."
"Dove ti siedi?"
"Laggiù, vicino alla rossa e all'idiota addormentato."
come se qualcuno l'avesse chiamato, Nam si alzò, guardandosi intorno come se ci fosse qualcuno in procinto di attaccarlo.
"Chessuccede?!"
"Niente, ti sei addormentato ancora." Aden ghignò al tono giocoso di Ellis. "Nessuno sta per attaccarti, torna a dormire." La rossa poi si girò verso Atom, scrutandolo mentre appoggiava i libri di Aden sul banco.
"Chi è il bel ragazzo?" al nomignolo, Atom divenne rosso e iniziò a tossire.
"lui è Atom," disse Aden allegramente.
"...E ha portato qui i tuoi libri?"
"Certo che l'ha fatto," scherzò Aden, girandosi per fare gli occhi dolci a Atom, ancora rosso, "Non è un perfetto gentiluomo?"
"Ehm, ciao," disse agitando la mano, cercando di riprendersi dall'imbarazzo. Ellis continuò a fissarlo per qualche secondo, prima di annuire con approvazione.
"Sono Ellis," si presentò, "E quello dietro di me è Nam."
"Piacere di conoscervi," rispose allegramente, alzando lo sguardo appena suonò la prima campanella, "dovrei andare." fece spallucce in segno di scusa, prima di guardare negli occhi Aden. "ci vediamo dopo?"
"Ovviamente," si accordò Aden, e Atom sorrise prima di lasciare la stanza. Il biondo si girò verso Ellis, per trovarla a fissarlo con un sopracciglio alzato.
"Cosa?"
"Oh Aden, mio dolce, ingenuo ragazzo."
"Cosa?"
il resto del giorno procedette normalmente, e Aden si ritrovò ad andare in anticipo all'incontro con la tutor, cosa che non avrebbe mai ammesso ad alta voce. La prospettiva di riuscire a capire cosa siamine stesse succedendo in classe e rivedere la sua magnifica salvatrice bionda lo emozionavano a non finire.
Soprattutto la parte sulla salvatrice bionda.

Lexa T-Rexa
Vieni agli allenamenti stasera?

Strikbro

No, ho la lezione con la tutor oggi. Ci vediamo dopo?

Lexa T-Rexa
Suppongo. Ci vediamo, Nerd.

Strikbro

Dici sempre le cose più dolci.

Prima che lo sapesse, la giornata stava finendo, e salutò Ellis e Nam per poi andare in biblioteca, dove si era accordato di incontrarsi con Clarke Griffin. Era lì ad aspettarlo, parlando con un duo che presto riconobbe come gemelli Blake.
Octavia gli sorrise per salutarlo, e lui fece lo stesso. Al contrario di Costia, Aden stava iniziando ad adorare la fidanzata di Lincoln, che aveva una competitività e un umorismo che lo facevano ridere. Invece di suo fratello sapeva solo il nome.
Bellamy Blake, nonostante non praticasse nessuno sport, era uno degli studenti più popolari di Arkadia. C'era qualcosa nel suo charm, nei suoi capelli e nel suo sorriso smagliante che faceva sciogliere sia ragazzi che ragazze. Anya si era lamentata di lui più di una volta, dicendo che voleva togliergli quel sorrisetto dalla faccia, ma che non gli aveva fatto niente a causa della infatuazione della sua amica Echo verso di lui.
"Ti ho fatta aspettare?" si preocupò Aden, sedendosi accanto a Clarke.
"No, non ti preocupare," lo rassicurò, "sono uscita dalla sesta ora un po' in anticipo, e stavo dicendo a questi due idioti che non mi dovevano aspettare."
"Idioti? Mi hai ferita, Griffin," Octavia si finse offesa, "voglio dire, sappiamo tutti che Bellamy è un idiota, ma io? Io mi merito di meglio."
"Hey-!" Aden sogghignò quando i due iniziarono a litigare, ricordandogli di Anya e Lexa, che si comportavano più da sorelle che da cugine. Clarke alzò gli occhi e li cacciò dalla stanza, prima di tornare a guardare Aden.
"Quindi, come posso aiutar..." si fermò quando vide Trikru nella lista dei suoi insegnanti e sussultò. "Trikru?"
"...Sì."
"Sembra che ci vedremo spesso allora."
"Penso di sì."
Clarke, Aden decise, era un angelo mandato giù dal paradiso.
Le sue spiegazioni avevano senso, ed era molto più paziente degli altri tutor privati che aveva avuto prima. C'era quacosa nella sua voce che lo rilassava e lo rendeva più disposto ad ascoltar parlare di una materia che schifava.
La sessione durò più dell'ora stabilita, arrivando fino a due, ma sembrò solo un momento. Alla fine, Aden era orgoglioso dei compiti finiti, e si sentiva completamente soddisfatto del suo progresso. Anche Clarke lo era, e gli scompigliò i capelli passandogli un pezzo di cioccolato dalla montagna che Aden le aveva portato come ringraziamento.
Probabilmente sarebbero andati avanti ancora di più, ma Aden era costantemente interrotto dal ronzio del telefono.
"Mi spiace," si scusò, "è mia sorella, devo andare." Clarke mandò via le sue preocupazioni sorridendogli gentilmente.
"Non preocuparti," assicurò, "Octavia sarebbe arrivata presto a prendermi comuqnue, lavoriamo insieme al diner..." si lasciò fuggire, impegnata a guardare il telefono. "Ma hai fatto un lavoro magnifico oggi. Faremo il resto domani, e hai detto che presto avrai una verifica importante?"
"Sì."
"Bene, dopodomani partiremo da quello, dobbiamo assicurarci che sopravviverai al primo test di Trikru, no?"
"Ovviamente, Maestro Jedi," scherzò il ragazzo, e Clarke alzò gli occhi al cielo.
"Hai ancora molto da imparare, giovane padawan."
Oh sì, decisamente la migliore tutor di sempre.


*riferimento alle casate Corvonero e Serpeverde, non so se si capiva.
Note:
Parto dicendo che i miei buoni propositi per aggiornare sono andati a farsi benedire. Conciliare questo con la scuola è un po' difficile, ma ci provo.
Riguardo alla traduzione mi scuso se uso sempre le stesse espressioni, ma anche nella fic originale era così, quindi provo a variare quanto posso.
Le cose tra Clarke e Lexa iniziano a scaldarsi, vero? ;)
Come voi spero migliorino, anche perchè sto leggendo in contemporanea alla traduzione per non rovinarmi niente, quindi ne so quanto voi XD
Come pensate si svilupperanno le relazioni fra i personaggi? Come si comporteranno Clarke e Lexa l'una con l'altra ora che sono partner?
Scrivetemelo in una recensione, mi fanno sempre piacere e mi spronano a continuare :) (okay in verità sono una insicura cronica col bisogno di sapere che qualcuno apprezza ciò che faccio.)
Buona serata a tutti, Nikishield

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Capitolo 4
*** Capitolo III ***


~~Clarke aveva pensato, all'inizio dell'anno, che inglese sarebbe stata la sua materia preferita.
Come poteva non esserlo?
Era insieme alle sue due migliori amiche, che la divertivano a non finire coi loro comportamenti, e tutti dovevano ammettere che Niylah Crewe era figa. Quello, e avrebbe pure passato l'anno leggendo alcuni dei suoi libri preferiti  o anche solo apprezzando la letteratura.
Ma Lexa Woods doveva mettersi in mezzo e rovinare tutto.
Forse questa constatazione era un po' troppo drammatica, ma a Clarke non importava.
Clarke aveva una sua routine, e avendo avuto molti cambiamenti recentemente, Clarke non sapeva come approcciarsi con ciò. Era già molto sotto stress: la morte di suo padre, dover riuscire a combinare tutti i suoi impegni, la competizione per la borsa di studio per l'arte all'orizzonte. Non aveva bisogno di qualcos'altro a causarle problemi.
Purtroppo il destino non era dalla sua parte, e per qualche ragione, era stata maledetta con la compagnia di Lexa Woods, la nuova superstar di Arkadia.
Forse aveva fatto qualcosa di terribile in un'altra vita per meritarselo.
Doveva essere qualcosa di tremendo, come il genocidio di un'infinità di persone.
E, come se la vita avesse voluto torturare ancora di più Clarke, Lexa aveva portato la fottuta Costia Greene in classe, un 'fanculo' finale alla stabilità mentale e felicità di Clarke.
Ovviamente Lexa Woods, la nuova capitana, sarebbe uscita con la capo cheerleader (e auto-assegnata nemesi di Clarke). Ovviamente. Figurarsi se sarebbe uscita con qualcun'altro.
La maggior parte della gente non capiva il senso di ripugnanza che Clarke sentiva verso la cheerleader, e non li biasimava, a volte non si capiva lei stessa.
Era iniziato tutto all'asilo, un posto assurdo per iniziare ad essere rivali, perchè i bimbi dell'asilo pensano a fare merenda e a correre al posto di fare il sonnellino. Ma non Clarke. No, Clarke era sempre stata un'artista, per tutta la durata della sua vita, e quindi aveva passato ogni momento possibile a dipingere all'asilo. All'inizio avevano provato ad essere amiche, legando attraverso il loro amore per i colori sgargianti e il reciproco disgusto verso gli altri piccoli bavosi.
Ma poi, Costia commise la peggiore delle offese.
Coprì i capelli di Clarke di pittura, e mentre la bionda tentò di levarsela, l'altra prese il suo disegno e lo strappò in mille pezzi, sabotando Clarke e prendendo la stellina dorata del giorno.
Sembrava insignificante, e Costia probabilmente manco se lo ricordava, ma Clarke non lo scordò mai, e il suo odio ardente per la regazza creebbe solo, specialmente dopo l'incidente che accadde al primo anno di superiori (cosa di cui Clarke si rifiutava di parlare). Dovunque Clarke andasse, Costia era destinata a seguirla, perchè l'universo amava rendere la vita di Clarke un inferno.
Di conseguenza non era particolarmente interessata a passare il suo tempo con la ragazza di quella che odiava, che fosse a lezione o no, specialmente se la ragazza aveva insultato Jane Austen. Jane Austen.
Che stronza.
"Whoa, chi ti ha sputato nei cereali stamattina?" Clarke lanciò un'occhiataccia a Raven, che arretrò leggermente, prima di guardare l'amica con dispiacere. "Hey, io e Octavia ci siamo già scusate per esserci dimenticate che fossi una persona in carne e ossa, ma Crewe ti avrebbe comunque accoppiata con Lexa, per la pace e unità."
"Quanto ci metterà Clarke prima di prenderla a pugni?"
"Pensi che sarà Clarke e cedere prima? Nah, inizierà sicuramente Woods, la nostra principessa ha questo effetto sulla gente."
"Ehi, io sono qui," Clarke si accigliò, scarabocchiando rabbiosamente sul quadernetto, cercando di allungare il tempo prima della campanella, ed il dover affrontare Lexa riguardo al primo capitolo di Orgoglio e Pregiudizio.
Sfortunatamente, come il destino, il tempo non era dalla sua parte, e sbattè la testa sul banco quando la campanella suonò.
Attraverso un velo di capelli biondi osservò Lexa entrare nella stanza, con un braccio casualmente appoggiato sulla spalla di Costia e un sorrisetto-dal quale sicuramente non era attratta- fermo sulle labbra. Oh, Clarke la detestava.
"Va bene classe, sedetevi."
Si alzò al suono della voce di Niylah Crewe. Nonostante la rabbia verso le sue migliori amiche e l'odio per Costia Greene e Lexa Woods, Niylah era comunque la luce della classe.
"Presupponendo che abbiate letto tutti il primo capitolo, l'ora verrà passata a discutere con il vostro partner, e a individuare i temi chiave della trama, che saranno essenziali per la relazione che scriverete a fine libro..." Clarke sospirò, il tipo di sospiro che ci si aspetta da un veterano di guerra che deve riadattarsi al mondo, e sciolse le spalle, ricomponendosi giacchè Lexa avanzava verso di lei.
"Woods."
"Griffin."
Ci fu un breve silenzio, nel quale le due sembrarono squadrarsi a vicenda, e Lexa finalmente si sedette accanto a Clarke, appoggiando le sue cose sul banco.
"Quindi, che critiche hai oggi?" Clarke glielo chiese con un tono di sfida, un sopracciglio alzato, come se stesse dicendo 'osa dire qualcosa di male sul libro', per testare Clarke ed infastidirla.
"Beh, ho un problemino con la frase d'apertura," Iniziò Lexa, e Clarke s'accipigliò.
"è una delle frasi più iconiche della letteratura," rispose Clarke, "è una verità universalmente riconosciuta, che uno scapolo in possesso di un'ampia fortuna debba avere bisogno di una moglie', che introduce le aspettative sociali del tempo, così come il problema delle classi."
"è eteronormativo e sessista," Lexa rispose altrettanto rapidamente, "perchè, prima di tutto, chi dice che un uomo abbia bisogno di una moglie per avere successo, e poi le figlie di Bennet potrebbero non volersi sposare."
"Devi capire che questo non è ambientato nel XXI secolo, Lexa, i loro ideali sono differenti dai nostri."
"Questo non li rende giusti-"
"-Non dico lo faccia, ma devi entrare nella mentalità-" le due smisero di discutere non appena Niylah si avvicinò, osservando i diversi argomenti, e le fermò.
"Come vanno le cose, ragazze?"
"Fantasticamente," rispose Clarke rapidamente, al che Lexa le lanciò un'occhiataccia, "Stavamo discutendo di come il primo capitolo introduce il ruolo del matrimonio e la sua importanza nelle loro vite, così come il divario sociale." Niylah annuì in approvazione, un piccolo sorriso sulle labbra.
"Eccellente, sapevo di far bene ad aspettarmi grandi cose da te, Griffin," si fermò, e Lexa la guardò in attesa con un sorriso fiducioso, "Anche da te, Woods."
"È sempre un piacere," Lexa rise con un finto saluto, e Niylah roteò gli occhi e si allontanò. Non appena fu abbastanza lontana da non sentire, Clarke si voltò verso Lexa arrabbiata, cosa dalla quale Lexa non sembrò essere affetta.
"Perchè devi essere sempre una bastarda?" le parole le uscirono di bocca prima che ci pensasse su un attimo, e Lexa ebbe la faccia tosta di sembrare offesa.
"Io? Non ho fatto niente. Tu, invece-"
"No," Clarke la interruppe, "Tu manchi sempre di rispetto a Miss Crewe, andando in giro come se possedessi tutto e tutti, e sfrutti la tua relazione con Trikru per avere la tua fidanzata in classe per i tuoi egoistici motivi. Meglio non nominare la tua infinita arroganza, che ti rende in generale una persona orribile da avere attorno."
Lexa, a questo punto, sembrava avesse serrato la mascella così forte che avrebbe potuto spezzarsi in qualsiasi momento.
"Devo ricordarti chi ti ha salvata da tua madre?"
"Non ti ho chiesto di farlo," Clarke sputò fuori, "Posso combattere le mie battaglie." si fermò, facendo un respiro profondo. "Va bene. Non ti piaccio."
"Poco ma sicuro," Lexa disse a se stessa, facendo l'innocente quando Clarke si fermò a fissarla.
"E ovviamente tu non piaci a me," continuò, "Ma se vogliamo uscire bene con questa relazione, dobbiamo andare d'accordo e trattenerci. Tregua?"
"Sei l'unica che mi ha chiamata bastarda," Lex ragionò ad alta voce, ma s'intimorì per lo sguardo ricevuto da Clarke, "Ma suppongo tu abbia ragione." i suoi occhi si spostarono alla mano tesa di Clarke. "Tregua?"
Lexa strinse la mano di Clarke.
"Per ora, almeno."

 

 


"Allenatevi finchè non sentite qualcosa!" gridò Titus alla sua squadra, facendo davvero il coach per una volta, invece che lasciare Lexa a gestire tutto.
Il sole scottante di fine agosto li stava bruciando a dovere, e si stavano preparando per ciò che sembrava- Lexa non l'avrebbe mai ammesso ad alta voce- una sfida contro i loro più grandi rivali, i Vikings della Azgeda High.
Titus sapeva che, per attirare l'attenzione su Lexa, la squadra non poteva permettersi di perdere. Per questo li stava pressando così insistemente. A Lexa non importava, rendeva meglio sotto pressione.
Rendeva meglio anche sotto l'odio. Ed era certamente il caso dei giocatori dell'Azgeda, in particolare la forma umana della più pura cattiveria conosciuta all'uomo, Ontari Queen.
Lexa sapeva che poteva arrivare tranquillamente ai suoi livelli, parlando di fuoco ed abilità.
Ma era un essere misero. Lexa aveva sentito le voci. Aveva anche avuto una rivalità durata tre anni con Ontari, nei suoi anni alla 'Accademia Mt. Weather per gli intellettualmente avanzati', che non erano serviti a nulla per la sua carriera nel calcio.
Quindi era con una tremenda furia che Lexa intraprese la sua corsa. Come al solito era a capo della fila, più veloce ed efficiente delle sue controparti, ad eccezione di Anya, che era rimasta indietro per parlare con Lincoln.
Non alzò gli occhi dalla pista finchè non vide un'ombra sovrastare la sua. I suoi occhi smeraldo si stabilirono su Nathan Miller, il (ormai ex) partner di Clarke, che non stava facendo uscire una goccia di sudore mentre rallentava per non superare il capitano.
"Miller." grugnò, e lui ebbe il coraggio di sorriderle, completamente ed apertamente.
"Capitano." rispose mentre giravano l'angolo.
"Ti dispiace se ti faccio qualche domanda?" Lexa chiese.
Vide gli occhi di Nathan andare verso Titus, che era immobile con i pugni sui fianchi, a fissare i giocatori.
"Non dovremmo-"
"Sono il capitano, ricordi?" Lexa gli fece un sorrisetto. "Esenzione e quelle cose."
Nathan rise, scuotendo la testa. "Allora cosa posso fare per te?"
"Dimmi un po' di te." Lexa rispose. "Mi piace conoscere la mia squadra. Per esempio, ho sentito Lincoln chiamarti 'ladro'. Perchè?"
Nathan ghignò. "Sono bravo a scassinare le serrature."
Lexa rispose allo stesso modo, alzando un sopracciglio. "Ah, rubi. Capito."
"Quindi... cos'aveva la tua ragazza stamattina?"
La mascella di Lexa si serrò lievemente. "Ora sei il suo partner in inglese, siccome sono stata generosamente offerta a Clarke Griffin." roteò gli occhi.
"Clarke è fantastica." Nathan sorrise, ma tornò serio non appena sentì lo sguardo di Lexa trapassargli il cranio. "O forse no."
"Sei amico suo?" Lexa chiese, guardinga.
"Beh, io... sì, più o meno." Nathan annuì. "Siamo nella stessa cerchia di amici."
"Quindi sei un atleta e un..." le labbra di Lexa si arricciarono con un po' di disgusto. "-delinquente."
"Cioè, sto provando, ma Green non mi nota." sbuffò, tentando di tenere il ritmo di Lexa.
Lexa si pietrificò, e il ragazzo le sbattè contro, a malapena spostandola. "...cosa?" lei sibilò.
Gli occhi di Miller si spalancarono. "Cosa?" chiese sorpreso. "Green? Monty Green? Lo conosci?"
Lexa sospirò visibilmente sollevata, e le sue spalle di rilassarono lasciando la presa sulla maglia del ragazzo. Le sue guance arrossirono. "Le mie scuse, io..."
"Tu...oh! Pensavi intendessi Costia Greene?" Miller aveva un ghigno divertito stampato in faccia. "No... io sono gay."
Lexa annuì, mortificata dall'intera conversazione. "Corri." girò di nuovo la testa verso la pista.
"Ma stavamo iniziando a conoscerci." Miller fece un sorrisetto, sapendo che questa era la sola occasione per prendere in giro Lexa.
Gli occhi della ragazza si socchiusero. "Corri o ti metto in panchina."
Miller ghignò. "è perchè sono gay?"
L'espressione di Lexa era senza paragoni. "Quella carta non funziona con me, Miller."

 

 

 


"Woods!"
Aden sussultò quando sentì quella voce, e si nascose dietro al suo pranzo pensando di riuscire davvero a evitarla. Lui, Ellis e Nam avevano trovato un bell'angolo buio dove poter pranzare, e finora avevano fatto un buon lavoro nell'evitare Tris e le sue chiacchere su Anya e Lexa.
Sembrava seguisse Aden dovunque andasse.
Ogni volta che svoltava un angolo, o andava da una classe all'altra, lei era lì, a scrutare la folla in cerca di lui, solo per chiedergli del calcio.
Anche se era una studentessa intelligente, Tris decisamente non era brava a capire le relazioni sociali.
Se lo fosse stata, avrebbe semplicemente chiesto direttamente a Lexa e Anya, invece che stalkerare Aden in cerca d'informazioni. L'unica cosa positiva della sua insistenza erano le visite frequenti di Atom, che accompagnava spesso la sua...intensa amica, in mancanza di altre parole, ed era lui che distraeva Tris per far fuggire Aden, cosa di cui il biondo era grato.
"Oh, il bel ragazzo sta arrivando." Aden si tirò su visibilmente al menzionare del ragazzo riccioluto, abbandonando il nascondiglio tra il suo cibo e quello di Nam, che il ragazzo proteggeva con la sua vita. "e ha portato un'amica questa volta. Bello."
"Sì, Michaels?"
"Hai chiesto riguardo all'apprendistato?"
l'aveva fatto, in effetti, e Anya s'era gonfiata come un pavone quando le era stato detto che una primina si isprirava specificamente a lei, prima che Lexa dicesse che non era possibile che non la ritenesse brava allo stesso modo, e avevano iniziato a litigare ancora.
Alla fine, non avevano dato a Aden una risposta chiara, perchè erano troppo impegnate a pestarsi a terra, ma aveva deciso dalle loro reazioni che non avrebbe dato loro fastidio.
"An dice che va bene," le disse Aden, "e Lexa non ha protestato quindi suppongo tu sia fortunata."
"Fantastico, grazie Woods."
Se ne stava andando, ma notando Atom avvicinarsi pian piano al tavolo capì cosa stava succedendo. "Veramente, vi dispiace se ci sediamo qui?"
Aden osservò i due amici che eran già seduti, ignorando silenziosamente la domanda. Non gli spiaceva se Atom si univa a loro, perchè dal poco che aveva visto, aveva scoperto avevano un sacco in comune. Tris, dall'altro lato, non la conosceva, ed era preocupato di come sarebbero potute finire le cose tra lei e Ellis.
"Certo, fate come foste a casa vostra." Ellis infine rispose per lui, e Aden si afflosciò sollevato.
Se a Ellis andava bene, anche a Nam doveva andare bene perchè i due sembravano poter comunicare telepaticamente, o così sembrava.
Qualche minuto dopo, Aden si era già pentito di quella decisione.
Tris non smetteva di parlare di calcio.
"Va bene, Michaels, la tua profonda analisi delle stategie impiegate da Lexa è interessantissima, ma vuoi chiudere la bocca? Sto cercando di godermi un momento di serenità." Atom rimase di sasso alle parole di Ellis, spostando lo sguardo da una all'altra con trepidazione, come se una delle due stesse per esplodere. Probabilmente Tris, che sembrava un pomodoro.
"Sto educando gli ignoranti," sputò Tris.
"Okay, allora se io ti dico una curiosità sul calcio che tu non sai, tu smetti di parlare di calcio."
"Va bene," ribattè Tris con un sorriso, pensando che non c'era niente che non sapesse sullo sport. Aden non potè fare a meno di ghignare alla sua troppa sicurezza. Se c'era una regina dei fatti straji, era Ellis. Durante il giorno tirava sempre fuori fatti assurdi senza collegamenti a ciò di cui discutevano, ma sempre interessanti.
"Una mucca ha una possibilità su 17420000 di diventare un calciatore," disse chiaramente, e Aden potè vedere la faccia di Tris aggrottarsi.
"Non è nemmeno-"
"Ah, ah, ah," s'intromise Atom, "Le regole sono regole, Tris, hai accettato." Molto imbarazzata, battè in ritirata e mangiò in silenzio, borbottando qualcosa qui e lì.
Alla fine, i cinque andavano più d'accordo di quanto Aden avesse previsto.
Tris poteva essere fastidiosa, ma in qualche modo si era fatta posto nel cuore di Aden.
Era bello avere una kru tutta sua.

 

 

 

 

"Mi state prendendo per il culo." Clarke fissava in shock il professore di chimica, Charles Pike, mentre stringeva calorosamente la mano dell'ultima arrivata in classe.
"Cosa?" Bellamy si sporse dal suo tavolo, dove stava tenendo un posto per la sua non-fidanzata Echo.
Raven e Octavia, fedeli partner di laboratorio di Clarke, ghignarono alla vista di Lexa Woods, la quale, come Pike aveva appena annunciato, si era unita alla lezione di chimica.
"Chi ho ucciso?" mormorò Clarke a se stessa.
"Mh?" Raven disse, confusa.
"Chi ho ucciso nella mia vita precedente per essere così odiata dal karma?" elaborò Clarke, spostando i grandi occhiali sulla fronte, come spesso faceva Jasper Jordan.
"Qualcuno figo." Octavia scrollò le spalle, squadrando innocentemente Lexa. "Perchè ti importa tanto, comunque?"
"Per caso ti sei persa la nostra enorme litigata a inglese?" Clarke le chiese con disdegno.
"Non ero nemmeno lì ma mi guardo bene dal chiedere." disse Bellamy, guardando Pike cercare un posto per Lexa.
"Pine!" Gridò, quasi ridendo.
La testa di Clarke si alzò e si girò verso sinistra, vedendo Anya Pine, la seconda ragazza più badass e cugina di Lexa, ghignare attraentemente.
Allora forse era una cosa di famiglia.
"Forza Lex." la smosse Anya, e sapeva che Lexa le sarebbe passata accanto per raggiungere la cugina.
Gli occhi di Bellamy si piantarono su Anya e ci rimasero probabilmente troppo a lungo, cosa fortunatamente non notata da Clarke e le compagne di banco.
"Se hai delle domande, Raven Reyes è la ragazza per te. O lei, o il nostro genio Clarke Griffin. Presentati." Pike cennò con la testa Raven con un sorriso sapiente.
Raven si raddrizzò con un finto saluto militare. Anche se era più una tipa da ingegneria, gli insegnanti di scienze la adoravano.
Clarke era fortunata perchè Pike aveva un debole anche per loro. Era brutale con quelli che non gli piacevano. Si diceva che una volta era così arrabbiato a causa del suo divorzio, che aveva messo in punizione tutti e 300 i suoi – innocenti- studenti.
Ma nessuno era così crudele, giusto?
Gli occhi di Lexa incrociarono quelli di Clarke e il suo sguardo smeraldo si cristallizzò. Fece un piccolo broncio con le sue bellissime, piene labbra, simulando incredulità con tutti i lineamenti.
"Sì, signore." Raven gli sogghignò, guadagnandosi un pizzicotto da Clarke sotto il tavolo che la fece gridare.
"No." Clarke mormorò. "Non ci credo."
"Clarke, non è così male." sospirò Octavia, guardando Lexa avvicinarsi scrutando il gruppo di Clarke.
"Lexa Woods." porse la mano a Octavia per prima. "Non penso abbiamo avuto il piacere. Sei la fidanzata di Lincoln, vero?"
Octavia sorrise veramente alla menzione del fidanzato e ricambiò la stretta di Lexa senza esitazione.
Lexa si girò verso Raven. "Reyes. Sei abbastanza famosa, nel settore." sorrise leggermente, sapendo che avrebbe fatto breccia nel cuore di Raven.
Raven ghignò orgogliosamente. "Sono conosciuta per... scaldare la situazione."
"Hey!" Pike gridò dal fondo della stanza. Le spalle larghe dell'uomo si incurvarono un po', facendolo sembrare minaccioso. Se non fosse stato per il fatto che stesse sorridendo a Raven come ad una figlia, con orgoglio e gioia. "Niente fuoco con Woods vicino, Reyes! Ha bisogno di quelle mani veloci!"
Lexa si lasciò andare e sorrise un pochino, e gli occhi di Clarke caddero sulle sue lunghe, eleganti dita. Circondavano la spalla, mentre le altre ticchettavano sul tavolo, su e giù, in un ritmo ipnotico.
Sentì uno sgradevole sentimento impossessarsi di lei e distolse lo sguardo velocemente, chiudendo pesantemente il suo libro.
Lexa si accigliò per un secondo, prima di alzare un sopracciglio. "Clarke." offrì a Clarke un mezzo sorriso in segno di pace.
Clarke cercò davvero di non notare il modo in cui il suo nome suonava sulla lingua di Lexa.
"Lexa." Clarke annuì brevemente, per poi passarle un paio di pinze. "Tieni. Ti serviranno per la lezione di oggi." disse, e giurò che si attivò qualcosa dentro di lei nel momento in cui le lunghe dita di Lexa toccarono le sue.
Doveva averlo sentito anche Lexa, perchè ringraziò Clarke il più silenziosamente possibile e si girò verso di Anya come un fulmine, la quale stava guardando il tutto con un pigro sorriso.
"I piedi giù dal tavolo, Pine!" sbuffò Pike senza nemmeno distogliere lo sguardo dalla lavagna.
Anya roteò gli occhi e tolse i piedi, accarezzando la sedia a fianco a lei. "Benvenuta all'inferno." mormorò prima di aprire il libro di testo.
Clarke fu sollevata quando capì che, se avessero tenuto la voce bassa, avrebbero potuto parlare di Lexa quanto volevano.
Se non fosse stato che lei non voleva parlare di Lexa.
Ma sembrava che Raven e Octavia la pensassero diversamente.
"Quindi." Octavia diede delicatamente una gomitata a Clarke, la quale leggeva le istruzioni a Raven, che si era già persa nel suo mondo ed era concentrata sull'esperimento.
"Non dovresti scaldare quella sostanza, Rae." Le bisbigliò Clarke.
"Shhh." Raven le colpì il braccio. "La mamma sta lavorando."
Octavia sorrise e Clarke alzò gli occhi. "Quindi Clarke..." Octavia le disse con voce strascicata, i loro occhi azzurri fissati l'uno con l'altro in un mare d'incertezza. "Non ti piace Woods, perchè?"
prima che Clarke potesse aprire la bocca per dire una sola parola sulla lezione di inglese, Raven s'inromise come al solito. "E non nominare inglese. So che non ti infstidisci così facilmente."
Clarke sbuffò e incrociò le braccia. "Qual è il punto di chiedere se non vuoi la verità?"
"Vero." Octavia scrollò le spalle, ghignando. "Sembra che dovremo tirartelo fuori con la forza.."
"è arrogante, piena di sè e pensa di possedere la scuola." disse loro Clarke a bassa voce.
"sono tre modi diversi per dire che è una persona fiduciosa." Raven scrollò le spalle, mentre osservava il liquido formare un sacco di bolle. "é bollente."
"Non lo è veramente." Clarke si morse il labbro, le guance che arrossivano. "Beh, essere fiduciosi di se stessi lo è, ma lei-"
"Oh cazzo." Raven annaspò, ridendo ad Octavia. "Clarke è attratta dal nuovo comandante."
Octavia sembrava eccitata come la prima volta che Lincoln le chiese di uscire. "Clarke!" ghignò, quasi gridandolo.
"Ragazze!" sibilò Clarke, guardando la bella mora in questione, che stava lavorando dilligentemente mentre Anya stava chiaramendo dormendo appoggiata allo zaino.
"E quindi, cosa c'è di sbagliato?" Raven le fece pressione, e sgranò gli occhi quando il tubo per esperimenti iniziò a scuotersi. "Oh, probabilmente troppo calore." mormorò, abbassando considerabilmente la fiamma.
"Tutti  la amano. È normale. Lei è figa. E intelligente, per cominciare."
Clarke ancora non sapeva cosa stesse succedendo.
"Non mi piace! La odio! Vi volete calmare?" brontolò Clarke.
Octavia sorrise. "Di sicuro sarebbe brava a letto." la prese in giro, sapendo quando fosse sensibile Clarke all'argomento.
"Apparentemente un giorno mi piace Bellamy, quello dopo vorrei farmi Woods..." Clarke alzò gli occhi al cielo. "Voi siete fuori."
dopo quello, Clarke sentì una mano toccarle la spalla. Si girò per vedere Lexa lì, chiaramente confusa, un broncio adorabile sulle labbra.
Le guance di Clarke diventarono cremisi e la mascella di Octavia cadde al suolo, ma sospirò in sollievo quando realizzò che Lexa non aveva sentito.
"Mi spiace interrompere." disse formalmente, come sempre. "volevo solo... dove sono i beaker? Ho cercato di svegliare Anya, ma sembra in coma."
"Uhm." Clarke sentiva un nodo in gola. "nel piano alto dell'armadio, quello vicino alla finestra." mormorò, evitando con attenzione gli occhi di Lexa.
"Grazie, Clarke." Lexa annuì prima di andarsene.
Il collo di Clarke bruciava dove le dita di Lexa l'avevano toccata pochi istanti prima.
Quando si girò, Raven e Octavia stavano sogghignando senza pietà.
"Zitte." minacciò Clarke, prima di seppellire la testa nel libro.

 

 

 

I così chiamati delinquenti erano sempre stati casinisti, causavano problemi dovunque andassero- da qui il nome- e di conseguenza i loro giri erano sempre pieni di corse e non troppo pieni di spiegazioni.
Davvero, avrebbero dovuto sapere che lasciare il comfort di casa Griffin o dell'Arkadia High era una brutta idea, ma non sembravano intenzionati a rinunciare alle loro gite.
La destinazione del giorno era il centro commerciale, sempre pieno di vita.
Clarke poteva vedere le guardie di sicurezza fissarli, soprattutto Monty e Jasper, perchè l'ultima volta che erano stati lì erano riusciti ad entrare nel sitema microfoni e l'adorabile interpretazione della tavola periodica di Jasper si era sentita per tutto il centro commerciale.
Ovviamente non c'era nessuna prova tangibile che Monty e Jasper fossero i colpevoli, quindi non avevano potuto bandirli dal centro. Cacciarli, comunque, era una cosa diversa, ma i ragazzi ricordavano chiaramente quel giorno.
I soliti sospettati erano tutti lì.
Raven era in spalletta a Bellamy, per la sua gioia. Clarke a volte si chiedeva della logica nel loro rapporto, ma sapeva che al momento Bellamy era preso da una certa Echo, che era nella cerchia di Lexa.
Non che Clarke avesse notato con chi uscisse Lexa. Ovviamente no.
Octavia camminava affianco ai due, lamentandosi del fatto che voleva salire lei in spalletta, facendosi zittire da Bellamy e guadagnandosi una linguaccia da Bellamy.
Davvero, sembrava avessero cinque anni.
Monty e Jasper camminavano molto vicini, e Jasper teneva il braccio sulle spalle dell'amico, e a Clarke scappò un sorriso. Se non avesse conosciuto il completamente etero ragazzo che era Jasper, avrebbe presunto che fossero fidanzati, ma sapeva che le attenzioni di Monty erano concentrate su un certo calciatore amico di Clarke.
Trascinandosi dietro Monty e Jasper c'era una delle coppie più sorprendenti di Arkadia, Murphy e Emori Wilde.
Clarke li riteneva adorabili.
Murphy abbaiava ma non mordeva, usando il sarcasmo e gli atteggiamenti da bastardo come scudo contro la crudeltà del mondo. Emori, dall'altra parte, era tutta sorrisi e fin troppo esuberante, una pura concentrazione d'energia. In distanza, la gente si chiedeva come fossero finiti insieme, ma era una storia che solo gli amici più intimi conoscevano.
Dopo l'incidente di Murphy al secondo anno, il ragazzo era diventato un guscio vuoto, rotto, e si era chiuso in sè stesso. Bellamy, che era amico di Murhpy dall'asilo, non era riuscito ad aiutarlo ad uscire dal momento di depressione e rabbia generale. L'arrivo ad Arkadia di Emori era stato un miracolo.
Per qualche ragione, le era piaciuto subito Murphy e, con la sua depressione e tutto, lo aveva aiutato ad uscire dal suo guscio e a ritornare il ragazzo di prima. I sorrisi di lei bilanciavano i bronci di lui, e lei era forse l'unica che poteva equipararlo in termini di sarcasmo. Ogni volta che aveva un brutto momento lei era lì, lo teneva gentilmente quando piangeva, e lui in cambio l'aveva aiutata con la sua cleptomania, rubandole le cose e rimettendole al loro posto. Era diventato una sorta di gioco tra loro due.
Erano davvero perfetti l'uno per l'altra.
"Va bene, delinquenti," Clarke disse, schiarendosi la gola, "Qual è il piano oggi?"
sette voci uscirono fuori all'unisono, una cacofonia di richieste, ma quando Clarke alzò la mano si quietarono. "Uno alla volta, per favore."
"Vorrei comprare un mini board," disse Jasper, e Monty lo guardò incredulo.
"almeno sai come-"
"-no, ma non è quello il punto," Jasper rise, "sembrerò figo." Monty roteò gli occhi al suo amico. Jasper avrebbe fatto qualsiasi cosa per impressionare le ragazze, anche mettersi a rischio.
"Ho bisogno di nuove magliette," disse Bellamy orgogliosamente, "le altre stanno diventando un po' strette." si stava chiaramente riferendo al suo tentativo di metter su più muscoli, ma Octavia lo ignorò del tutto, toccando il suo stomaco.
"hai ragione," disse solennemente, "stai ingrassando, Bell."
"Onestamente," Raven aggiunse,"è come se non ti allenassi affatto." lui rise con loro, ma fece sobbalzare Raven, ancora sulla sua schiena, facendo gridare la latina.
"Attenta alle tue parole, Reyes, posso buttarti giù quando voglio."
"Mai," Raven ribattè, "sono sempre in cima alla classifica."
"Sto esaurendo gli abiti neri nel mio guardaroba," aggiunse Murphy, "ma andrò dovunque volete voi idioti."
"Ho visto un bel maglioncino con dei cupcake sopra l'ultima volta che siamo stati qui," Emori gli disse eccitata, "Ti starà bene, tesoro."
"è nero?"
"No, azzurro chiaro con pasticcini rosa pastello." Lui alzò lo sguardo, come se stesse pregando per la sua sanità, ma Clarke sapeva che era solo per scherzare. Murphy avrebbe indossato orgogliosamente qualsiasi cosa Emori gli avrebbe dato, anche se si sarebbe lamentato ad ogni passo.
"Possiamo andare a vedere i cuccioli?" Octavia pregò, sapendo bene che nessuno dei suoi amici sapeva resistere alla piccola clinica per animali al piano sotto, la Polis Pets.
"alla fine," acconsentì Clarke, sbuffando quando Octavia e Monty esultarono, "perchè so che non ce ne andremmo mai se andassimo subito lì. Quindi, andiamo a comprare un po' di vestiti e poi andiamo a pranzo, e magari prendiamo il gelato? E poi andiamo a prendere il mini board di Jasper e infine a vedere i cuccioli."
"Sembra okay, principessa," confermò Bellamy, annuendo con gli altri, "Bene, delinquenti, muoviamoci!"
lo shopping di gruppo era una delle cose più divertenti che Clarke avesse mai fatto.
Era una competizione a chi trovava il vestito più brutto, e passavano l'eternità nei camerini a provare vestiti assurdi per prendersi in giro l'un l'altro. Per qualche ragione, Monty e Jasper erano finiti ad indossare una gigantesca maglia che, nonostante ci fossero dentro entrambi, era ancora molto spaziosa. Bellamy sfoggiava un abitino estivo coi tacchi, mentre Murphy aveva indossato la maglia menzionata da Emori prima, insieme a dei pantaloncini kaki, il che era una grande differenza rispetto ai suoi soliti, tristi abiti neri.
Raven aveva trovato un felpone con su un gatto, e l'aveva gettato su Clarke, e Octavia scattò una foto di Clarke, con un gigantesco sorriso, coperta dalla felpa gatto.
Ad un certo punto si fermarono e si misero davvero a fare acquisti, eccetto per Clarke, perchè A) non le servivano nuovi vestiti, e B) teneva tutti i soldi per il materiale artistico. Fece finta di non vedere Murphy infilare silenziosamente la maglia dei cupcake nella sua borsa.
"Gelato!" Jasper esultò, e Bellamy lo guardò male.
"Devi prima mangiare un pasto completo, Jasper." il ragazzo occhialuto lo ignorò, continuando l'esultamento.
"Gelato!"
anche se non l'avrebbe mai ammesso, Bellamy era la mamma del gruppo. Si assicurava che tutti aessero un cappotto quando faceva freddo, e controllava l'alimentazione di Jasper, in quanto non mangiava niente che non avesse zucchero dentro. Quando uno di loro era malato, Bellamy lo portava a casa e gli portava un po' della famosa zuppa di pollo di sua madre, fatta in casa. Inoltre, si preocupava sempre della salute fisica e mentale dei suoi amici.
"non ti preocupare, Jasper, prenderemo il tuo gelato," assicurò Clarke, e il ragazzo ghignò, abbracciando la bionda.
"è per questo che sei la mia preferita," le disse Jasper, e lei roteò gli occhi quando Monty fece un verso offeso.
"Non preocuparti, Monty," aggiunse Jasper, facendo l'occhiolino, "tu sei il mio preferito supremo."
"Ovvio che lo sono," rispose Monty, "mi hai incontrato?"
"zitti e camminate, la mamma ha bisogno del suo gelato." Clarke rise quando Raven li spinse in avanti, più velocemente di una donna di mezza età che cerca di scappare dalla menopausa.
"Avranno un picco di iperattività per lo zucchero e faranno esplodere qualcosa," Bellamy sospirò, scuotendo la testa e guardando Clarke con disappunto, "non dovresti incoraggiarli."
"Chi? Me?" Clarke rise, "mai."
il resto dei delinquenti entrò nella zona bar molto dopo Raven e Jasper, che erano stati veloci per un ragazzo senza nessun allenamento e una ragazza col sostegno alla gamba.
Come al solito era pieno di gente, un qualsiasi venerdì al centro commerciale.
Dopo un momento, Clarke vide Raven affrettarsi a tornare da loro.
Era il primo avvertimento che qualcosa non andava.
Raven non rinuncerebbe mai ai dolciumi.
Trascinò via solo Clarke e Bellamy, lasciando Octavia a intrattenere gli altri.
"dobbiamo portare via Murphy," sussurrò, "Cerbero a ore tre."
Clarke sentì il sangue gelare al nome in codice, che era fin troppo appropriato.
Non c'era parola migliore che la famosa bestia a tre teste per descrivere la tripletta Queen.
I suoi occhi azzurri scannerizzarono la folla dove Raven aveva detto, e sentì rabbia quando Nia Queen incrociò il suo sguardo. Alla sua destra c'era il meno peggio dei tre, Roan, che era di una stazza terrificante, più la cicatrice sopra il sopracciglio sinistro, guadagnata in una rissa di strada. Ma ciò che fece bollire il sangue a Clarke fu chi era alla sinistra di Nia.
Ontari Queen.
"portate Murphy fuori," affermò Clarke, e Bellamy tornò al gruppo, ma il suo cuore si fermò quando vide l'espressione felice di Murphy trasformarsi in qualcosa molto più oscuro, più brutto.
Era troppo tardi.
Murphy si mise a correre nella direzione opposta, lasciando dietro i suoi amici.
Bellamy fece per seguirlo, ma Emori scosse la testa.
"ci penso io," promise lei, prima di correre dietro al fidanzato, lasciando gli altri in un silenzio imbarazzante. Clarke si girò verso la tripletta, e Nia le alzò un sopracciglio, prima di dire qualcosa che Clarke non recepì a quella distanza, e i tre se ne andarono verso l'uscita.
Il silenzio venne interrotto un momento dopo quando Jasper arrivò felicemente mangiando il suo cono gelato, confuso dall'aria solenne dei suoi amici.
"Cosa mi sono perso?"

 

 

 


"Beh, è andata splendidiamente." borbottò Clarke mentre il gruppo finiva i coni gelato, con l'umore rovinato dall'apparizione dei Queen.
Il trambusto del centro però non era stato rovinato da Cerbero, e c'erano ancora genitori con bambini sorridenti, anziane coppie, innamorati mano nella mano.
"Ho trovato un tavolo, ragazzi." annunciò Bellamy, mettendo le mani attorno alla bocca a mo' di megafono.
Bellamy, da madre del gruppo, aveva unito tre tavoli diversi con altrettante sedie per ognuno di loro, tranne Emori e Murphy, giustamente.
"quello è stato... strano, vero?" disse Raven improvvisamente. "Cerbero non si mostra senza... non so... un motivo."
Monty s'intromise, analizzando la situazione come un vero fanatico della scienza. "Beh, forse si sono sentiti in inferiorità numerica?"
"Ci credo che l'hanno fatto." sibilò Octavia. "dopo ciò che quella stronza di Ontari ha fatto a Mur-"
"Porca puttana." Raven smise di mangiare il suo cono, e guardò qualcosa dietro Clarke.
"cosa?" Clarke si voltò, e arrossì alla vista immediatamente. "Dai, mi prendete per il culo."
eccola lì, in tutta la sua gloria.
Lexa Woods, bella come sempre, in una semplice giacca di pelle e degli strettissimi pantaloni. I suoi capelli castani erano sciolti, liberi in splendide onde.
E, ovviamente, Costia le era attaccata come una modella in copertina, con i suoi ricci, il vestito, e il fisico da cheerleader.
Erano così belle da far vomitare.
"Per favore, non notarmi. Ti prego, ti prego, ti prego..."
"Hey CLARKE!" Jasper gridò emozionato. "ricordi quel gioco che stavamo guardando? È in sconto! Guarda!"
Clarke si trattenne dallo sbattere la testa sul tavolo.
Sentendo nominare Clarke, Lexa si immobilizzò nella stradina, fissando Clarke.
Clarke diventò rossa mentre sognava sedici modi diversi per uccidere Jasper.
Lexa fece a Clarke quel ghignò predatore che faceva per ventiquattrore al giorno, accoppiato a un piccolo occhiolino.
Clarke strinse il cono così forte che si spaccò, e linee di gelato fiordilatte le scesero sul braccio, insieme a una moltitudine di parolacce.
Lexa sgranò gli occhi, sempre ghignando, e Clarke poteva sentire il suo divertimento da là.
"Che io sia fottuta." Clarke si disse mentre accettava i tovagliolini offerti da Bellamy. "guardatela. Guardatele. Come sono..."
"fighe?" suggerì Octavia. Bellamy annuì in approvazione.
"Ragazzi andiamo..." Monty sospirò, guardando Clarke con solidarietà. "quando siete diventati tutti traditori? Parliamo di Costia Greene. Pronto? L'arcinemica di Clarke?"
"vero. Scusa Griffin, ma devi ammettere che sembrano uscite da un film. O una rivista. Non lo so, però dovremmo provarci anche io e Lincoln." le si gonfiò il petto d'orgoglio, pensando al suo fidanzato.
"Guardatela. Ho perso l'appetito."
"pensi non abbia visto il modo in cui guardi Anya Pine?" Octavia rispose.
Raven arrossì, e Clarke partì all'attacco. "Sì, Rae, cosa succede?"
Raven fissò Bellamy con un nodo in gola. "Bell, aiutami."
Bellamy tossì. "Non lo so. sì. no. Oh, guardate!" scattò in piedi. "è Monroe? Dovrei andare a salutare. È buona pubblicità per la presidenza eccetera." fece l'occhiolino e sparì così velocemente che sembrava una saetta.
"Woah." Clarke alzò un sopracciglio. "Sembra sia un argomento strano per tutti."


Note:
(mi scuso per il ritardo infinito, ho avuto problemi al pc dopo le feste e ho perso tutto, però ho risolto.)
Vorrei fare una piccola precisazione, ho fatto uno stupido errore di traduzione, praticamente ho tradotto come calcio sia 'football' che 'soccer' quindi ho fatto un casino con gli sport, però ne ho sostituito uno con il rugby, quindi forse è sistemato.
Si iniziano ad approfondire tutti i personaggi, no? Son curiosa, secondo voi cos'ha fatto Ontari di così grave a Murphy? Lexa e Clarke sembrano iniziate verso la pace... o forse no. Chi lo sa? Suppongo dovremo aspettare.
Spero vogliate recensire e vi auguro buona notte,
Nikishield

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Capitolo 5
*** Capitolo IV ***


Capitolo IV

 

Anche se avevano stabilito una sorta di tregua, non significava che le due ragazze non litigassero.

Il contrario, in realtà. Litigavano sempre.

Ovviamente, sotto l'attento occhio di Niylah, erano molto meno aggressive che all'inizio. Avevano deciso di affrontare il conflitto con diplomazia, ma erano una più testarda dell'altra, e nessuna delle due aveva intenzione di cambiare il suo punto di vista.

Se ci fosse stato un premio per la mentalità aperta, nessuna delle due l'avrebbe mai vinto.

Le loro conversazioni erano un costante botta e risposta.

Clarke, chiaramente, difendeva il romanzo strenuamente, e Lexa la contraddiceva ad ogni passo.

"Clarke, la prima cosa che fa Darcy è insultare Elizabeth, non è esattamente un buon inizio di una relazione-"

"Lui non sa che lei lo ha sentito, e in ogni caso, la gente cambia, cresce e-"

"Quindi tu usciresti con qualcuno che ti ha insultata al vostro primo incontro?"

"Nessuno lo farebbe," Clarke ribattè. Era tante cose, ma dubbiosa sul suo aspetto non era fra quelle. Sapeva che effetto aveva sulla gente, "sembro fantastica."

"Oh, e sono io quella narcisista," Lexa disse, e qualcosa nel suo tono sembrava suggerire sfida, i suoi occhi che brillavano di divertimento a vedere Clarke vacillare, per poi sistemarla con un'occhiataccia, ma non aveva la stessa malizia che aveva prima.

Per una qualche ragione, Clarke non riusciva a odiare Lexa come aveva previsto. La calciatrice aveva uno charme fastidioso, e nonostante irritasse Clarke a non finire, non poteva non essere divertita da lei. Clarke non era sicura di cosa avesse causato il cambiamento nel loro rapporto. Forse la tregua, la promessa di un 'cessate il fuoco' tra loro.

Era ancora infastidita dall'arroganza di Lexa e il suo sporopositato ego, di sicuro, ma ora non vedeva l'ora di avere un dibattito con lei a inglese. Sempre se poteva essere definito così. Un dibattito richiedeva un minimo di collaborazione, e loro due di sicuro non concordavano su molte cose.

"é davvero un sorriso quello che vedo?" Lexa ansimò con finto stupore, facendo aumentare il cipiglio di Clarke.

"Non voglio confonderti," Clarke rispose, "penso ancora tu sia una stronza."

"sicuramente, principessa." le sopracciglia di Clarke si scontrarono al sentire il nomigliolo datole da Bellamy, ma continuò a lavorare, e Lexa prese dilligentemente appunti sotto le parole di Clarke.

In momenti come quello, nei quali Lexa lavorava davvero, senza discutere o scherzare, Clarke era davvero perplessa a causa sua. Perchè in quei momenti Lexa sembrava una studentessa qualunque, non una superstar. Gli occhi attenti di Clarke tracciarono il contorno del suo volto, la cavità degli occhi, la curva del mento, la forma della mascella... la pienezza delle labbra.

Cercava qualche imperfezione, ma non ne trovò.

Immersa nel lavoro, Lexa si accipigliò leggermente, e Clarke guardò le sue perfette labbra imbronciate, che aveva già ammirato innumerevoli volte- ammirazione puramente artistica, ovviamente-.

"Ehm."

gli occhi ceruleo incontrarono quelli verde foresta, che brillavano con confusione e un po' di divertimento, e Clarke si schiarì la voce, imbarazzata.

"Scusa, mi sono incantata sul pavimento." quelle parole erano state dette come se stesse sfidando Lexa a chiedersi se fossero vere, e la mora fece il suo classico ghigno e tornò ai suoi appunti.

"Quello che vuoi, Clarke."

era forse la prima volta che Lexa aveva chiamato Clarke col suo vero nome senza scherno o malizia, e Clarke odiava cosa le facesse sentire.

C'era qualcosa nel modo in cui Lexa pronunciava la 'c' e spingeva sulla 'k' che mandava brividi giù per la colonna della bionda. Clarke non poteva fare a meno di pensare...

"BOO!"

Clarke quasi saltò per lo spavento quando Raven sbattè le mani sulla loro scrivania, facendole dimenticare i suoi pensieri, e iniziò a ridere istericamente quando Lexa, ugualmente spaventata, sbattè la testa sulla scrivania. Come, Clarke non lo sapeva, ma lo trovava comunque divertente.

Lexa si tirò su e si portò le mani al naso, dove rivoli di sangue stavano uscendo sempre più rapidamente. Tirò un'occhiataccia a Raven, la quale però era collassata a terra dalle risate, tenedosi lo stomaco.

Rapidamente Clarke tirò fuori dei fazzoletti dalla borsa- Bellamy aveva insistito perchè li portasse in giro- e li passò a Lexa, che annuì con gratitudine.

Niylah arrivò in fretta, allarmata dai rumori provenienti dal tavolo, e rimase basita alla vista di un'alunna che si rotolava a terra, una che aveva un naso sanguinante e Clarke, seduta, che sembrava un cervo scoperto dagli abbaglianti.

"Cos'è successo?" sospirò, e scosse la testa quando Clarke e Lexa puntarono il dito contro Raven, che stava ancora ridendo. "Certo, chissà perchè ho pure chiesto. Raven, dopo la scuola sei in punizione." Raven era troppo distratta per rispondere, ma Clarke assicurò l'insegnante che non l'avrebbe fatta scappare.

"Che succed- oh, Lexa, tesoro, stai bene?"

il buon umore di Clarke svanì quando Costia si affrettò ad arrivare, trattando Lexa come se le avessero sparato. La nemesi di Clarke era sempre stata drammatica, ma Clarke aveva dimenticato quando Costia ingigantisse le cose, e nemmeno le guance rosse d'imbarazzo di Lexa sembrarono abbastanza per farle capire.

"é solo sangue dal naso, Greene, calmati," Clarke borbottò, e l'altra ragazza la guardò male, continuando però ad accarezzare la guancia della fidanzata come per calmarla.

"Sono solo preocupata per la mia fidanzata," sibilò Costia, "Non che tu possa capire, comunque." Clarke sentì delle fiamme accendersi in lei, e quando aprì la bocca per risponderle a tono, iniziando dal fatto che fosse figlia di un dottore, sentì una mano sulla spalla, e vide Octavia che la guardava con occhi preocupati.

"Dobbiamo assicurarci che l'idiota respiri ancora," le disse, piegandosi per tirare su una sghignazante Raven dal pavimento, "non può morire dalle risate, Bell ci ammazzerebbe."

Clarke roteò gli occhi e si concentrò su Raven, una dolce distrazione dalla cosa rivoltante che stava accadendo dietro di lei. C'erano delle lacrime vere sulle guance di Raven, e stava singhiozzando nel tentativo di calmarsi, solo per finire a ridere di più.

"la potente comandante," ansimò tra una risata e l'altra, "sconfitta... da un boo."

Clarke avrebbe ammesso che era divertente che Lexa, la quale si riteneva la più dura della scuola, aveva ceduto ad un orribile scherzo di Raven, ma non quanto Raven lo stava facendo sembrare.

"Woods, mi spiace ma avresti dovuto vedere la tua faccia! Cazzo, vorrei aver avuto una telecamera, tutti devono sentire cos'è successo... Clarke, dovresti scriverlo sul giornale scolastico... ma a pensarci bene, non voglio morire."

 

 

 

 

 

La vita di Aden si era ridotta a un circolo di studio, studio e ancora studio.

Oh, si è dimenticto lo studio?

Però non si poteva lamentare.

Clarke era brava.

Anzi, era fantastica.

Forse Aden era di parte, dato che aveva una minuscola cotta per la ragazza più grande- come si poteva non averla? Era gentile, intelligente, divertente e magnifica- ma era stata davvero manna dal cielo per lui. Senza il suo aiuto, lui sarebbe caduto sotto il peso dei compiti e nessuna voglia di farli.

La giornata procedeva così:

arrivava a scuola prima del necessario, perchè Lexa voleva vedere Costia prima delle lezioni, e lui trovava Atom al suo armadietto. Atom avrebbe portato le sue cose nella classe di Trikru, dove sarebbero rimasti fino alla prima campanella. A volte Ellis si univa a loro, e Nam dormiva sempre.

Le lezioni passavano più velocemente ora che aveva amici in tutte le classi, e più aumentava la sua felicità, più lo stress diminuiva.

Tris era forse la persona più energica che avesse mai conosciuto, il che voleva dire qualcosa.

Nam era l'esatto opposto, sempre stanco, sempre assonnato. Ad Aden non sembrava di averlo mai visto stressato, ma i suoi amici dicevano che era stato stressato così a lungo che non lo percepiva più, ed era diventato insofferente al mondo esterno.

Ellis era una piccola stronza, ma Aden l'adorava.

Era così intelligente, e non aveva paura di dire cosa pensava.

Poi c'era Atom, che stava diventando la persona preferita di Aden in assoluto. Era il ragazzo più dolce che avesse mai incontrato. C'era qualcosa nel suo sorriso che lo faceva sciogliere, in più giocava a rugby. Era un sogno che diventava realtà.

In ogni caso, tornando alla giornata.

Il pranzo era sempre interessante, perchè al momento Tris stava facendo molte ricerche su genere e sessualità. La conoscenza di Aden sull'argomento era limitata- buffo, dato che sua sorella era lesbica e sua cugina poligama- ed era quindi affascinato dalle sue parole. Rimase confuso quando Tris disse che, in certi giorni, lei si sentiva più un lui, ma promise di usare il giusto pronome in quei giorni.

E finalmente, dopo l'ultima campanella, Aden sarebbe corso alla biblioteca dove Clarke lo aspettava, e avrebbero cominciato a guardare la prima prova di Trikru.

Non era nemmeno così importante come lo faceva sembrare, ma voleva provare a se stesso-e Trikru- che ce la poteva fare.

Matematica era sempre stata dura per lui, ma grazie a Clarke riusciva a vedere un miglioramento. Come aveva immaginato, gli serviva solo un buon insegnante e un piccolo incoraggiamento.

A Lexa la situazione non piaceva più di tanto, perchè le piaceva averlo intorno agli allenamenti per tenerlo d'occhio.

"Ripetimi dov'è che stai tutto il tempo dopo la scuola." la richiesta era stata fatta a cena, e Aden s'immobilizzò come un cervo davanti agli abbaglianti.

"Tutor," rispose semplicemente, cercando di sembrare nonchalante. Poteva sentire lo sguardo di Lexa su di se senza doverla nemmeno vedere.

"Con chi?"

"Una persona assegnata dalla scuola," scrollò le spalle, "probabilmente non la conosci."

in un altro momento si sarebbe vantato subito di Clarke, ma non con Lexa.

Aveva sentito Clarke lamentarsi di sua sorella- non pensava sapesse che fossero fratelli- durante le ripetizioni, e nonostante avrebbe voluto difendere Lexa, non poteva non essere d'accordo con le sue ragioni, come il suo comportamento arrogante e snob. Così dopo Aden scoprì di tutte le loro litigate, dentro e fuori la classe, e della loro strana tregua. Se Lexa avesse saputo che Clarke gli faceva da tutor le avrebbe sicuramente impedito di continuare, e Aden non voleva rischiare di perderla.

Quindi rimase in silenzio.

"Non è Jasper Jordan, vero?"

Aden si soffocò col cibo per le risate.

"No, Lexa," sghignazzò, "non sto comprando droga da Jasper Jordan dopo la scuola."

"Allora Monty Green?"

"Nope."

"Andiamo Lexa," aggiunse Anya, "Aden è troppo nerd per drogarsi, lo sai." Aden stava per risponderle, ma pensò che qualsiasi protesta le avrebbe indotte a pensare che stava pensando o era già coinvolto nel giro.

Non lo era.

Non dire a Lexa chi fosse il suo tutor probabilmente non era stata la sua migliore decisione.

Aden finiva le ripetizioni sempre, sempre, prima che Lexa finisse gli allenamenti. Lei era una perfezionista, perfino più di Trikru, ed ossessionata dal vincere, specialmente ora che c'era alle porte la partita contro gli Azgeda Vikings, o meglio, Ontari Queen, che tutti sembravano odiare per ragioni sconosciute a Aden.

Non del tutto sconosciute. Aveva sentito delle voci, ma dal profondo del suo cuore rifiutava di pensare che qualcuno cadesse così in basso.

Quindi, a causa delle tendenze sadiche di Lexa a spingere ai limiti la squadra, Aden non pensò che avrebbe fatto qualcosa di così impensabile come andare a prenderlo.

Erano delle normalissime ripetizioni.

Clarke stava scarabocchiando sul suo quaderno mentre Aden faceva i problemi assegnatogli da Clarke.

Siccome erano nella biblioteca della scuola c'era un viavai continuo di studenti, alcuni per prendere dei libri, alcuni per limonare-erano quelli che Clarke e Aden prendevano in giro- e alcuni che erano solo annoiati. Di conseguenza li rumore di passi non era niente di speciale.

Almeno non lo fu finchè non vide il pugno di Clarke stringersi attorno alla matita, e notò che chiunque stesse guardando, doveva essere proprio dietro di lui.

"Woods." la voce di Clarke era tagliente, non aveva più la gentilezza posseduta un attimo prima. Aden non ebbe bisogno di girarsi per sapere che fosse Lexa.

"Di cosa hai bisogno?"

"Tu che ne pensi, Griffin?" c'era uno strato di umorismo sotto il sarcasmo del suo tono, e Aden trasalì vedendo gli occhi di Clarke stringersi ancora di più. "Pensavo che i tutor dovessero essere intelligenti." potè vedere la mascella di Clarke irrigidirsi. Osservò la confusione nei suoi occhi mentre scendevano e salivano da Aden e Lexa e vide il lampo d'illuminazione quando la bionda riuscì a mettere insieme i pezzi.

Sentì la leggera pressione di una mano sulla spalla, e si girò per guardare in imbarazzo Lexa, che lo fissava con un sopracciglio alzato.

"Credevo avessi gli allenamenti," disse lui docilmente, e la maggiore piegò leggermente la testa di lato, come quando si parla ai bimbi piccoli.

"Li ho fatti uscire prima," disse semplicemente con un sorrisetto sulle labbra, "ho deciso di essere gentile, per una volta." lui sentì il verso di incredulità di Clarke, che nascose con un colpo di tosse appena Lexa la fulminò con lo sguardo, distogliendo l'attenzione da Aden.

"Beh, okay," Clarke disse alzandosi, per sistemare le sue cose nella borsa, "suppongo la nostra sessione sia finita, siccome tua sorella-" la parola risultava strana sulla sua lingua, estranea, "-è venuta a prenderti." fece per allontanarsi da loro, fermandosi un momento per fare un cenno a Lexa. "Woods." sorrise e la tensione nella sua voce si sciolse. "Aden." dopo di che si allontanò, probabilmente per cercare Octavia, che era il suo trasporto per il lavoro.

"Clarke Griffin è la tua tutor?" Lexa chiese aspramente. "Non mi sembrava il tipo." Aden sentì indignazione crescere nel suo petto, sentendosi protettivo verso la bionda.

"Clarke è brillante," la informò, con la stessa testardaggine di Lexa. "Senza di lei, probabilmente sarei rimandato a matematica, perchè Dio solo sa che Triktu è un insegnante orribile."

Lexa ignorò volutamente l'insulto al suo adorato coach e insistette per portare i libri di Aden. I suoi occhi mostravano che era distante con la testa, cosa che insospettiva Aden a non finire, e quando la vide osservare Clarke in lontananza notò che c'era qualcosa nell'intensità del suo sguardo che sembrava familiare. Quando realizzò cos'era, niente gli impedì di sfoggiare il più grande sorriso che avesse mai fatto.

"Vedi qualcosa che ti piace, Lexa?"

"Uh?" interrotta bruscamente, Lexa si girò verso il fratello, che stava ghignando innocentemente, prima di fare un verso di scherno con nonchalance. "Chi? Griffin? Nah, non batterà mai Cos." Aden sapeva che ciò era una bugia, perchè aveva gli occhi e sapeva che, anche se erano entrambe belle ragazze, c'era qualcosa in Clarke che la separava da tutta la marmaglia. Oltretutto, sapeva com'era sua sorella quando dava un'occhiata a una ragazza, l'aveva vista troppe volte per non riconoscere i segni di attrazione da parte di sua sorella.

"Sbrigati, ti porto da Anya e Lincoln e andrai a casa con loro, io ho un appuntamento."

Forse la conssapevolezza di Clarke e Lexa che lui era una cosa in comune fra loro non era una cattiva idea...

Aden aveva un'idea.

Probabilmente si sarebbe ritrovato con dei calci nel sedere- da Lexa- ma era perfetta.

Ora doveva solo organizzarsi.

 

 

 

 

Il Dropship era il diner per gli studenti di Arkadia, e a volte, per quelli dell'Azgeda. Era in mezzo alla città, rendendolo accessibile a tutti, il cibo era sempre buono, e le cameriere erano le migliori.

Perchè, esattamente?

Perchè lo staff comprendeva Clarke Griffin e Octavia Blake come cameriere, e le due competevano per avere più mance e le migliori recensioni dai clienti, con la finalità di essere 'l'impiegata del mese'.

Era un nuovo concetto introdotto dal loro manager, uno dei migliori amici di Clarke, Wells Jaha, ovvero il figlio del preside Thelonious.

Clarke aveva bisogno di quei soldi in più. Sapeva che dalla morte di Jake, Abby era stata riluttante a lasciare Clarke da sola per lunghi turni notturni all'ospedale. Quindi quando i loro amici di famiglia, i Jaha, avevano offerto loro due lavori, cameriera e allenatrice scolastica, nessuna delle due aveva rifiutato. Accettare quel lavoro significava un gigantesco calo nello stipendio di Abby, e ore extra per Clarke, la quale riusciva a malapena a comprarsi il materiale artistico.

A causa di ciò madre e figlia si erano riavvicinate.

Eccetto per quando Abby la metteva in punizione.

Ma Wells era sempre gentile e un buon amico, ed era più che affidabile.

Nauralmente, Clarke era in vantaggio, e Octavia di sicuro non glielo faceva dimenticare.

"Hey, Clarke." Wells sorrise quando lei gli si avvicinò. "Come sta la mia ragazza preferita?"

Clarke si sporse e gli diede un rapido bacio sulla guancia. "Non male, considerando tutto. Qualche problema qui e lì, ma niente di che."

Quando vide Octavia, Wells le fece segno di avvicinarsi.

"Allora, siete pronte per la vostra piccola competizione?"

Octavia ghignò, e Clarke roteò gli occhi. "In che modo verrà determinata?"

"Ho occhi e orecchie in tutto il locale." Wells scrollò le spalle. "Dovete solo fare il vostro lavoro, e ricordate... sorridete. È il servizio clienti che ci fa ottenere buone recensioni sul giornale."

"Beh, Clarke fa molto di più che sorridere ai clienti." Octavia la prese in giro.

Clarke la guardò con la bocca spalancata. "Cosa? Cosa dovrebbe significare?" Octavia le sorrise appena e mosse le sopracciglia, prima di concentrarsi sul fare una coa di cavallo.

Le porte principali si aprirono, e segnarono l'inizio dell'affollamento pranzo. Le scuole avevano appena chiuso, e niente significava business più dell'odore di buon cibo e bellissime, amichevoli cameriere.

"Vi lascio lavorare." Wells sorrise. "Io torno in cucina."

"Octavia..." Clarke ghignò, appoggiandosi al bancone. "io prendo il tavolo dieci."

Octavia mise il broncio. "Non è giusto! La squadra di lacrosse si siede là! Loro ordinano sempre un sacco!"

"significa più lavoro per me!" sottolineò Clarke.

"Sì, non ci provare, Griffin." Octavia mormorò. "So che lasciano un sacco di mance."

"Ehy, non far vedere quel broncio a Wells." le ricordò Clarke. "Sta tenendo i punti, ricordi?"

"Cazzo." Octavia sorrise falsamente e si guardò un po' attorno. "Prendo il tre."

Clarke annuì distrattamente, cercando il suo taccuino. "Okay, sicuro."

"Tu prendi il tredici." Octavia disse velocemente, girandosi per andarsene.

"Aspetta, cosa?" Clarke la guardò, ma notò Wells che la osservava a distanza.

"Non ci credo, dannazione. Questo posto non è un po'... sotto le sue aspettative?"

"Costia ama venire qui." Octavia ghignò. "Lo fa per farle piacere."

"Lo prendi tu." disse Clarke frettolosamente.

"No."

"O, andiamo!" Clarke sibilò, seguendo Octavia verso il tavolo che aveva rivendicato.

(Anche se, Wells lo ripeteva sempre, non hanno nessun diritto di rivendicare i tavoli.)

"Hey ragazzi, sono Octavia e sarò la vostra cameriera oggi." Octavia sorrise ai giocatori.

"No no!" Clarke le passò davanti. "Sono Clarke, e sarò io la vostra cameriera."

"Uh?" il capo del gruppo sembrava confuso, guardando prima Octavia, poi Clarke.

Octavia la catturò con la guardia abbassata, e la spinse verso il tavolo tredici.

Clarke sentì le sue dita contro altre, e sapeva di essere una donna morta.

Cercando di sistemarsi, con le guance che bruciavano d'imbarazzo, stabilì lo sguardo su Lexa e Costia sedute fianco a fianco, Lexa all'esterno, con la mano che sfiorava Clarke pronta a prenderla prima della caduta.

Almeno non aveva avuto bisogno del suo aiuto.

I capelli setosi di Lexa erano su un lato, e l'altra mano era intrecciata con quella di Costia. I suoi occhi verdi erano pieni di sopresa.

"Clarke?" chiese insicura.

Costia ghignò. "Clarke, non dirmi che fai sia la ameriera che la tutor. Una donna dai mille... talenti." qualcosa nel suo tono faceva ribollire il sangue di Clarke. Prima di poter evidenziare che non tutti vivevano agiati come loro due, senza dover lavorare, Lexa s'intromise fra loro.

"Ciao, Clarke." si schiarì la gola, con la voce sempre formale.

"Hey." Clarke si sentiva un nodo in gola, ma si distrasse a causa dell'intervento di Lexa. "Il tuo naso..." indicò il proprio naso, "sembra... a posto."

Lexa alzò un sopracciglio, ma sorrise. "Grazie."

"Di solito è così che saluti i clienti, Clarke?" disse Costia, facendolo sembrare uno scherzo.

Clarke improvvisamente sentì un formicolio sulla nuca. Si girò e vide Wells che prendeva appunti su tutti i dipendenti.

Si raddrizzò e si schiarì la voce. "Ciao, benvenute al Dropship. Sono Clarke, e sarò la vostra cameriera. Siete già state da noi prima?"

Costia ridacchiò, e nemmeno Lexa non potè trattenere una risata, facendo sentire Clarke profondamente umiliata.

"Io no." Lexa incrociò le braccia con fare interessato, sbattendo le ciglia a Clarke. "illuminami."

Figlia di puttana.

"Beh... abbiamo innumerevoli zuppe e insalate ogni giorno, lo speciale di oggi è zuppa cremosa con pomodori. Se guardate il menù alla vostra sinistra, troverete una lista dei piatti migliori, e se-"

La mano di Lexa trovò le punte delle dita di Clarke, che stavano ticchettando sul tavolo nervosamente.

Clarke indietreggiò al contatto come se avesse preso la scossa.

"Grazie." Lexa disse con vera gratitudine, sempre sorridendo.

"Posso portarvi qualcosa da bere?" Clarke chiese gentilmente.

Costia non si degnò di alzare lo sguardo dal telefono. "Acqua." mormorò.

Lexa la guardò e poi stabilì un contatto visivo con Clarke. "Voi non avete acqua con le bollicine, vero?"

Clarke voleva davvero farle capire il suo disappunto. Avrebbe voluto alzare le braccia al cielo e gridare, "Certo, madame! Un pellegrino, forse? Calistoga? Perrier? Massì, perchè non prendiamo il nostro champagne migliore?"

"Posso trovarlo." sorrise forzatamente.

"Ben fatto." Wells le diede una pacca sulla spalla. "Lo sguardo che hai dato alla mora era... intenso. Ottimo servizio, Griffin." sorrise.

"Grazie." mormorò. "abbiamo l'acqua frizzante qui?"

Wells annuì. "sì, ma nessuno la ordina mai." ridacchiò.

"Ora lo fanno." Clarke borbottò, tornando ai suoi doveri. Stupida elegante Lexa col suo stupido ghigno e stupido sguardo smeraldo e stupide lunghe dita.

"Hey." Octavia le passò a fianco. "bel lavoro, casanova."

"Sei morta per me." Clarke alzò gli occhi al cielo, sorridendo un po' all'amica.

Certo, era all'inferno, ma almeno non era sola.

Il resto della sera passò senza problemi: Clarke tenne la testa bassa, evitò Lexa, e prese i loro ordini senza lamentarsi.

Fortunatamente non notò lo sguardo di Lexa sulle sue gambe toniche ad ogni viaggio di ritorno alla cucina, era già abbastanza imbarazzata.

Se Costia era cliente abituale, lo era anche Lexa.

"Fallo per l'arte." Clarke bisbigliò a se stessa mentre tornava al loro tavolo.

"Tutto a posto?" Clarke unì le mani, guardando le due persone che le stravolgevano la vita-in modi diversi- dividere il dessert. "posso aiutarvi con qualcos'altro?"

Costia alzò le spalle e Lexa ancora una volta portò avanti la conversazione per entrambe. "solo il conto, Clarke, grazie."

"prendetevi tutto il tempo, va bene?" Clarke sorrise. "Ci vediamo da Crewe." disse offrendo un sorriso a Lexa, prima di girarsi ed andarsene.

Clarke non notò Wells passarle vicino, avvicinandosi al tavolo di Costia e Lexa, con un aspetto professionale.

"Salve ragazze, mi spiace disturbarvi. Mi pare di aver capito questa sia la vostra prima volta qui? Sono il manager, e mi chiedevo se tutto fosse stato alla vostra altezza."

Costia guardò Lexa, sapendo che la domanda era diretta a lei.

Lexa fece un sorriso affascinante, pensando al modo migliore per finire quell'imbarazzante conversazione. "Eccellente, grazie." annuì, appogiando il conto.

"E la cameriera?" Wells chiese, abbassando la voce.

"Brava." Costia mormorò distrattamente, controllando i suoi social media.

"eccellente." Lexa ripetè, capendo che questa doveva essere una cosa importante per Clarke. "Infatti, vorrei mi servisse lei ogni volta."

Wells sorrise. "A Clarke farà molto piacere. Grazie e buona serata."

Lexa fece scivolare il suo braccio attorno alla vita di Costia mentre uscivano, lasciando un più che soddisfatto Wells a passare il conto a Clarke.

"Ben fatto, Griffin." Wells fece l'occhiolino. "Questo è ciò che piace vedere al capo."

Clarke sorrise imbarazzata, chiaramente confusa. Spalancò gli occhi. La mancia era di venti dollari pieni, che le erano appena caduti sui piedi.

"Aspetta, cosa?" Clarke mormorò. "L'hanno lasciato senza volere il resto?"

Clarke sentì un mancamento quando realizzò che in totale c'erano due biglietti da venti per un semplice pasto da diciannove dollari. Sul conto c'era una semplice, elegante scritta: tieni il resto.

Clarke sentì Octavia leggere il messaggio da sopra la spalla. "Allora, è stato così male?" chiese.

"Uh..." Clarkè si bloccò, pensando al sorriso di Lexa, al suo ghignò e alle provocazioni. "Io..."

"Dai Clarke." Octavia sospirò, passandole un vassoio pieno di bicchieri. "Questi non si porteranno da soli."

 

 

 

 

 

 

 

Più la prima partita di calcio si avvicinava, più ad Arkadia si sentiva l'elettricità nell'aria. Se Clarke pensava la gente fosse esagerata quando Lexa era appena arrivata, ora erano anche peggio, se era possibile.

Sembrava che le uniche parole che potessero uscire dalle bocche fossero 'calcio', 'Lexa', 'Azgeda' o un misto delle tre.

Monroe stava avendo una giornata piena, intervistando felicemente sia gli studenti che la squadra per attirare l'attenzione sul giornale scolastico, la gazzetta grounder, che Clarke editava ogni tanto, quando non era impegnata con altro.

"Clarke," lei sorrise innocentemente quando Monroe la chiamò.

"Sì?"

"Non lo possiamo pubblicare." Clarke fece il broncio a Monroe, la quale aveva ora alzato il sopracciglio, prima di sospirare drammaticamente.

"Ugh, va bene, lo sistemerò." effetivamente non poteva chiamare la star della scuola 'un arrogante so-tutto-io con un palo in culo'.

"Lo controllerò prima che venga pubblicato," promise, "e Harper ha le foto giuste, se ti servono."

"Va bene, capo." Clarke non potè far a meno di sorridere alla menzione della fidanzata di Monroe, Harper, che era l'editrice dell'annuario. Quelle due erano perfette insieme, onestamente.

L'altra cosa in fiamme ad Arkadia era il laboratorio di chimica.

"Reyes! Ti ho chiaramente detto di non mettere il sodio nell'acqua! Tutti sanno che esplode!"

"Whoops, scusi Pike, devo aver sentito male."

Clarke soffocò una risata quando Pike seppellì la testa fra le braccia mentre Jasper diede il cinque a Raven. Fra loro c'era una competizione per chi sarebbe riuscito a far esplodere più cose senza farsi espellere. Se non fossero stati dei geni in chimica, Pike li avrebbe sicuramente mandati via da un pezzo.

"è stato magnifico!" Raven rise catapultandosi addosso a Octavia e Clarke. "ho sempre voluto farlo."

"Non capisco perchè ami tanto far esplodere le cose."

"Uh, perchè è fantastico? A chi non piace?"

"Oh, non saprei, alla gente normale?" Clarke aggiunse, e Raven fece il broncio.

"Claaarke, non essere cattiva, sto solo cercando di vivere la mia vita e realizzare il mio desiderio di pompare tutta la dinamite possibile." Clarke scosse la testa e Octavia tossì.

"nonèsololadinamitechestaipompando."

a Raven ci volle un secondo, ma poi spalancò gli occhi e schioccò le dita davanti alla faccia di Octavia.

"Questa è una zona libera da giudizi, O, e non essere invidiosa perchè ne sto avendo più di te." Octavia e Clarke erano le uniche due persone che potevano prendere in giro Raven sui suoi numerosi partner sessuali, perchè Raven sapeva che era, appunto, solo uno scherzo. Altrimenti srebbe stato slut shaming. Octavia in ogni caso fece un verso di protesta.

"Hey, ho un fidanzato, posso averlo quando voglio."

si sentì un gemito dietro loro tre e si girarono per vedere Anya sbattere la testa sul tavolo.

"Le mie orecchie," si lamentò, "Lincoln è come un fratello, non puoi solo dirlo così."

"Scusa An, ma è ciò che hai avuto per aver spiato conversazioni altrui," Octavia la punzecchiò, "Intendo, potrei dirti riguardo a tutte le fantastiche cose che fa col suo-"

"No no no no," Anya la interruppe, "fermati Blake. Solo perchè sei co-capitano con me nella squadra non vuol dire che non ti posso fare il culo. Non m'interessa della tua vita sessuale."

"E riguardo alla tua, Pine?" Raven si intromise con un gran sorriso. "Nel senso, mi hanno detto che sono fantastica con le mie dita, posso aiutarti quando vuoi."

gli occhi di Clarke si spalancarono per l'imbarazzo, perchè ovviamente Raven doveva flirtare con una delle ragazze più intimidatorie di Arkadia.

"sicura di essere ai miei standard, Reyes? È difficile accontentarmi."

"Oh, credimi," Raven assicurò, "ne varrà la pena."

Clarke tossì per far capire che Pike si stesse avvicinando, a controllare che seguissero le sue istruzioni. Ovviamente non lo stavano facendo, ma fecero sembrare fosse così.

Sembrava che Raven volesse continuare la sua conversazione con Anya, ma Clarke la distrasse chiedendo cosa dovessero davvero fare, perchè non poteva finire dopo la lezione, specialmente con tutti gli altri compiti e il suo portfolio per la borsa di studio per l'arte.

A metà lezione, si sentì un piccolo fischio da dietro di loro, e Raven scattò con aspettativa, pensando fosse Anya, e si rabbuiò quando vide che non era così.

"Clarke," Raven piagnucolò toccando ripetutamente la guancia dell'amica, "Woods ti vuole parlare." borbottando tra se' e se', Clarke si voltò verso Lexa. Era difficile pensare che questa ragazza era la sorella del ragazzino che aiutava coi compiti. Il dolce piccolo Aden coi suoi grandi sorrisi e il suo entusiasmo verso la conoscenza. Non sembravano parenti. Non poteva darsi la colpa per non aver saputo, ma comunque si era scusata con Aden per aver praticamente insultato sua sorella un milione di volte, ma il biondo le aveva risposto che era d'accordo con lei.

"sì, Woods? ti serve qualcosa?" Clarke chiese, cercando di ignorare come quegli smeraldi la facessero sentire. Poteva quasi sentire Raven cantarle la frase di Frozen "conceal don't feel, don't let them know" solo dallo sguardo che le stava dando.

"No, in eraltà," Lexa rispose con un tono che la faceva sembrare disinteressata, ma allo stesso tempo Clarke poteva vedere la curiosità nei suoi occhi, "mi stavo chiedendo se saresti venuta alla partita, solo quello."

Clarkè serrò le labbra e chiuse un momento gli occhi, chiedendosi perchè la mora glielo stesse chiedendo.

"Perchè, una cheerleader non è abbastanza per te?" disse con voce strascicata. Raven e Octavia ridacchiarono e Anya roteò gli occhi al modo in cui Lexa si stava atteggiando.

"anche se sono sicura che te con la divisa daresti a chiunque un aneurisma-" Lexa fermò la cugina con un gesto secco della mano, e lei rispose mostrandole la lingua, offesa dall'interruzione.

"Me lo stavo solo chiedendo," Lexa scrollò le spalle, e Clarke poteva giurare di averla ferita, ma solo per un secondo, perchè era una cosa ridicola. Non erano nemmeno amiche, quindi non c'era motivo per cui Lexa avrebbe potuto rimanere male per la sua assenza.

Clarke si girò verso le amiche, e emise un gemito quando vide Raven e Octavia guardarla con aspettativa.

"quindi come procede la tua cotta?" Raven chiese innocentemente, e Clarke le lanciò uno sguardo infastidito.

"Ve l'ho già detto, non provo niente per Woods," Clarke sussurrò, e le due controllarono da sopra la sua spalla che non sentissero.

"davvero non verrai alla partita?" Octavia chiese, spostando l'argomento da Lexa. "dai, Griff, sarà divertente, andiamo tutti. Voglio essere una fidanzata supportiva, e Monty pensa che Miller sta bene nella divisa. Poi, Murphy vuole vedere Queen presa a calci in culo."

anche se passare la serata coi suoi amici sembrava divertente, Clarke non voleva dare a Lexa la soddisfazione di essere presente... ma vedere Queen distrutta era troppo invitante.

"Ci penserò," Clarke rispose brevemente prima di tornare a lavorare, ma dalle esultazioni delle sue amiche, capì che avevano già deciso per lei.

 

 

 

 

Lo stadio era pieno di tensioni e rivalità, pianti e risate, esultazioni e fischi. Ogni centimetro degli spalti era stato occupato dagli studenti, tutti pronti per la prima partita della stagione, per il debutto di Lexa, e ovviamente, per l'imminente scontro con l'Azgeda High.

Le cheerleader di entrambe le scuole erano in fila davanti agli spalti, salutando e sorridendo agli studenti, e anche ballando un po' a ritmo della muica emanata dagli altoparlanti.

Le luci illuminavano il campo, circondando la grande comandante Lexa Woods, appena arrivata dall'accademia di Mt. Weather, pronta a dichiararsi una vera Grounder.

Indossava l'uniforme come tutti i compagni, ma aveva un simbolo speciale. I suoi occhi erano coperti da pittura nera che scendeva come lacrime, il suo marchio di fabbrica.

Era iconico. Gli studenti di entrambi i lati, che indossassero il verde grounder o il viola viking, gridavano la loro approvazione per la squadra nuova di zecca.

Dall'altra parte i Vikings erano entrati in campo, sotto le grida della loro metà degli spalti. I giocatori ruggivano, le loro facce erano dipinte di bianco ma minacciose, poichè era nota la loro incoerenza.

Ontari Queen, la giocatrice modello e vincitrice di più premi, aveva attraversato il campo con una grande apatia in volto, semplicemente godendosi il modo con cui veniva applaudita come se fosse una santa.

Aveva intenzionalmente scansionato la folla degli avversari, finalmente capendo che Lexa non era ancora uscita, al contrario della sua squadra.

Gli studenti non erano troppo contenti del fatto che Lexa non fosse in avanguardia della squadra, almeno non ancora.

I Grounders, guidati dal presidente degli studenti Bellamy Blake, stavano cantando dei cori organizzati, sopra ai quali sovrastava il loro motto non ufficiale: "Il sangue chiama sangue! Il sangue chiama sangue!"

Bellamy stava sorridendo di fianco alla sua famiglia di delinquenti, agitando le braccia come se stesse dirigendo l'orchestra.

Nel mentre, il preside Jaha si stava agitando come un matto, mettendo le mani a mo' di megafono e gridando, "NO! NO! Non dite così! Dite... Il divertimento chiama divertimento! Il divertimento chiama divertimento!"

dopo poco, qualcuno (sicuramente non Raven Reyes), aveva scagliato un cono gelato nella sua direzione, e lui si era ritirato con un semplice 'dannati ragazzini'.

E così arrivò la risposta dei Vikings, guidati dalla loro ape regina e capo cheerleader, Nia Queen.

Si alzarono tutti contemporaneamente ed eruppero in un distruttivo "Lunga vita alla Regina! Lunga vita alla Regina!" verso la figura di Ontari Queen.

Ovviamente divenne una egoista battaglia, e i Grounders risposero con un "Dai comandante dai!" ancora e ancora, una litania di grida di guerra apparentemente inutili che fece poco più che agitar ancora di più le acque.

Ah, il bellissimo spirito del calcio.

Lexa sentì che, in qualche altra vita, aveva dovuto essere un generale, un leader di guerra di qualche tipo.

Era sempre stata contro le entrate ad effetto nel campo, non era proprio una tipa teatrale. I suoi genitori non l'approvavano. Fossero stati lì, avrebbero detto che quell'esibizionismo era ridicolo, e non la rendeva in alcun modo una giocatrice migliore. Aveva optato per entrare silenziosamente mentre la folla era impegnata coi cori, almeno finchè non sentì qualcuno praticamente caderle addosso, anche se fu attutita dalla divisa.

Lexa vide una figura dai capelli biondi cadere a terra, ma le sue mani veloci le presero il polso prime che toccasse il suolo.

Dopo uno sbattito di ciglia, Lexa capì di aver appena preso una Clarke Griffin molto imbarazzata.

"Clarke." la sua voce aveva un tono compiaciuto, eppure nei suoi occhi c'era la contentezza più pura.

"Lexa." Clarke disse infine. I suoi occhi incrociarono quelli smeraldo un momento soltanto, prima di spostarsi sulle sue labbra e poi scannerizzare completamente Lexa nella sua uniforme.

"Sei venuta." Lexa disse lentamente, assaporandone ogni momento. Era troppo bello. Clarke aveva reso dannatamente chiaro quanto odiasse lo sport.

"Sì, beh... ho finito i compiti per Crewe, e Raven mi ha chiesto di dare un'occhiata alla sua cotta, quindi..." Clarke si allontanò, realizzando che Lexa le stava ancora tenendo il polso.

Lexa distolse lo sguardo imbarazzata e lasciò immediatamente andare la presa. Clarke si mosse un po' sui tacchi, stiracchiando un poco le gambe.

"I tuoi occhi..." Clarke mormorò, e Lexa la sentì appena sopra i canti che venivano da fuori. "sono bellissimi."

Lexa aprì leggermente le labbra, e Clarke cercò di riparare i danni, aggiungendo, "in una prospettiva artistica. Chi... te li ha dipinti?"

"Io," Lexa ghignò divertita, e Clarke roteò gli occhi alla sua sfacciataggine.

"Perchè non sei fuori?" Clarke domandò curiosa. "Sei nervosa?"

"Io non divento nervosa, Clarke." ora la sua voce era acuta, e il nome di Clarke le uscì bellissimo.

"Sì?" Clarke riuscì a non alzare ancora gli occhi. "è una partita importante. Devi vincere per fare una buona prima impressione, comandante." Clarke non era sicura del perchè lo avesse detto, ma qualcosa in Lexa le accendeva un fuoco insaziabile dentro, di quelli che provi poche volte nella vita.

Clarke lo attribuiva alla rabbia.

Lexa la fissò. Poi annuì rigidamente. "Mi sono allenata per questo." rispose calma, elegante, mentre le sue mani salivano alla testa per raccogliere i capelli in uno chignon disordinato, che accentuava i suoi zigomi, i quali Clarke non stava fissando.

"Ontari Queen, huh?" Clarke ringhiò. "attenta. Lei gioca sporco."

Lexa annuì. "Molti lo fanno. Ma le nostre posizione variano. Non avrò molti contatti con lei, in ogni caso."

Clarke non era sicura del perchè le avesse detto una cosa tanto ovvia. Era strano.

"Stai indossando il mio numero." Lexa ghignò, ammirando la figura di Clarke.

Clarke guardò la sua giacca, vedendo solo ora che aveva il numero di Lexa sul davanti. Le sue guance erano rosse come un pomodoro. "Avevo freddo, e questa era l'ultima al negozio studenti."

"Mhmm." Lexa sorrise ancora, aspettando che Clarke si arrendesse all'evidenza.

"Non c'è nessuna vergogna nell'ammirare il tuo comandante, Clarke."

Il tuo comandante.

Il modo in cui Lexa l'aveva detto aveva fatto scaldare l'intero corpo di Clarke. Cosa diavolo stava accadendo? Ammirare il tuo comandante? Perchè Lexa aveva scelto proprio... quelle parole?

"Comunque." Clarke roteò gli occhi. "Tutto questo gioco dei nomignoli è così stupido. La Regina? La Comandante? Perchè ti serve un titolo, comunque?"

"Lascierò che il mio modo di giocare parli per me." Lexa rispose tranquillamente, guardando lo stadio.

Clarke potè vedere gli occhi di Lexa fissarsi su Ontari Queen, che stava sussurrando qualcosa alla sorella, che si era messa a ridere.

Clarke pensò Murphy, che senza dubbio era seduto ad aspettare l'inizio della partita, con Emori che gli stringeva la mano e lo rassicurava ogni tanto.

"Falle il culo, Lexa." Clarke le sussurrò.

Gli occhi di Lexa si spalancarono per la sorpresa.

Clarke le offrì un arido sorriso. "Una comandante batte una regina a mani basse, giusto?"

Lexa guardò Clarke allontanarsi, e condivisero un sorriso.

Era ora di giocare.

 

 

 

 

 

L'iniziale lancio della moneta fu in favore di Lexa. Fu accolta dalle urla dei fan mentre andava al suo posto in panchina di fianco a Anya, che si stava divertendo moltissimo prima di dover fare qualsiasi attività fisica.

Lexa giurò di vedere Anya fare l'occhiolino a qualcuno della folla, ma non avendo molto tempo per rifletterci, decise di lasciar perdere.

Con la coda dell'occhio vide Clarke seduta dietro a Aden, al quale sorrideva e alzava i pollici frequentemente. Clarke era splendente, i suoi boccoli biondi erano illuminati dalle luci dello stadio, e Lexa sentì che qualcosa si smosse in lei mentre si metteva in posizione.

Lei e i giocatori erano in posizione, aspettando il segnale di Titus.

Fischiò.

Guardò Ontari Queen dalla posizione opposta alla sua, e vide che osservava suo fratello Roan, che torreggiava su ogni altro giocatore con la sua immensa stazza.

Se non fossero stati tre gemelli, Lexa avrebbe pensato che era stato rimandato di un anno, o sei, a giudicare dall'aspetto. Non perchè non fosse intelligente; tutti i Queen erano svegli, Lexa doveva ammetterlo.

Sapeva che Roan sarebbe stato un problema fin dall'inizio. L'amicizia di Lexa con Lincoln era cresciuta ora più che mai, e anche se lui era uno dei giocatori migliori della squadra, temeva le abilità di Roan. Lincoln era grande e grosso, agile e veloce. Roan aveva comunque la possibilità di finire la sua carriera in un batter d'occhio.

Lexa conosceva il rischio del gioco, ma sapeva anche che essere un comandante, un capo della squadra, significava più che dare ordini. Significava proteggere la squadra e far arrivare i compagni al meglio delle loro abilità.

Ovviamente, Roan prendeva ordini dalla sorella, giacchè sembrava l'unico giocatore a cui passava la palla.

Lexa socchiuse gli occhi mentre sciogliersi.

Gli studenti ammassati negli spalti erano in subbuglio.

Aden era sicuro che avrebbe perso il senso dell'udito, con tutte quelle urla eccitate, che erano così rumorose da sovrastare anche la banda sottostante.

Nemmeno Nam riusciva a sonnecchiare con tutto quel trambusto, quindi si mise a guardare la partita con Aden, che stava guardando nello specifico il 13 e l'82, ovvero rispettivamente Lexa e Lincoln.

Finora avevano giocato alla perfezione, ma era una lunga partita, troppo per potersi rilassare.

Per quanto l'intera Arkadia odiasse Ontari, non c'era dubbio che fosse una grande giocatrice.

Ma Aden aveva fiducia nel fatto che Lexa fosse migliore.

Tris, ovviamente, stava vivendo il momento migliore della sua vita, gridando eccitata e sussurrando ai suoi amici su quanto fosse complessa la strategia adottata dai Grounders. I suoi momenti preferiti erano quando Anya era sul campo, ed era meravigliata da quanto fosse precisa la sua mira. Ellis si era unita a lei analizzando gli angoli di lancio e la forza necessaria, ma Aden rifiutò convinto.

Era un gran sostenitore del non fare matematica a meno che non fosse assolutamente necessario.

Atom stava sorridendo dal suo posto vicino a Aden, non capendo bene cosa stesse succedendo, ma godendosi la felicità dei suoi amici. Aveva perfino sostituito la sua sciarpa rossa con una di Arkadia verde foresta con su il numero 13, e Aden non poteva fare a meno di pensare che gli stesse benissimo.

In qualche modo la conversazione che stava avendo luogo dietro di loro era meglio della partita davanti a lui.

Aden e il suo gruppo, per un colpo di fortuna, si erano trovati davanti ai delinquenti, e le loro conversazioni erano davvero...illuminanti, per così dire.

Aveva sentito il nome di sua sorella almeno trenta volte, soprattutto detto dalle migliori amiche di Clarke, Raven e Octavia, che facevano commenti alquanto suggestivi verso Clarke, la quale scrollava le spalle e li ignorava, facendo ghignare Aden. Aveva anche notato che Raven abbassava la voce quando parlava col presidente degli studenti, Bellamy, ed entrambi fissavano spesso Anya, che ricambiava anche con degli occhiolini.

Tris pensò che fosse per lei, e quasi cadde dalla sedia per l'emozione.

La fine del primo tempo arrivò presto, e Aden si accigliò internamente quando Costia si gettò verso Lexa e la baciò. Il giovane Woods distolse velocemente lo sguardo e lo spostò su Clarke, che aveva un'espressione simile a quella di qualcuno che aveva appena ingoiato un'ape, e lui aggrottò le sopracciglia quando la vide dare una scusa rapida ai suoi amici e allontanarsi di corsa verso il parcheggio.

Lo sguardo di Lexa trovò il suo poco dopo e lui le offrì un pollice alzato, notando il piccolo broncio che le si formò quando guardò dietro di lui e notò che Clarke non era lì.

"Perchè ha fatto così?" Atom, sempre attento, notò il loro piccolo scambio.

"Onestamente non lo so," Aden confessò, "beh, ho un'idea, ma ora sembra abbastanza ridicola. Probabilmente dopo sembrerà più sensata."

Aden non poteva fare a meno di pensare che c'erano segni di qualcosa di strano tra sua sorella e la sua tutor, e le rotelle già giravano nella sua testa. Dalle provocazioni di Raven e Octavia aveva capito che avevano notato qualcosa anche loro, e poteva facilmente ottenere il loro aiuto- anche perchè il suo piano non era semplice- ma scosse la testa e cacciò via quei pensieri per il momento.

Quando riportò la sua attenzione sulla partita, il tempo rallentò, e guardò Lincoln farsi strada fra i difensori e, grazie a un perfetto passaggio di Lexa, riuscire a segnare il goal finale della partita. Tutti quelli intorno a loro erano euforici, applaudendo mentre Lexa veniva tirata su dai compagni e portata in giro come congratulazioni.

Prima che fosse conscio delle sue azioni, i piedi di Aden si stavano muovendo, scivolando tra fan esultanti e scavalcando il muretto che divideva gli spalti dal campo, arrivando alla sorella prima di Costia e abbracciandola, facendola ridere.

"Sei stata grande!" Aden si congratulò, e Lexa gli arruffò i capelli.

"Solo perchè tu eri qui a incoraggiarmi," lo assicurò, "sei stato il mio fan numero uno dall'inizio, sei tu il mio porta fortuna." Aden guardava la sorella in adorazione, ma la magia del momento fu interrotta dall'arrivo di una (purtroppo) familiare cheerleader.

"Aw, e io che pensavo di essere il tuo porta fortuna." Aden rimase male quando Lexa sciolse l'abbraccio per abbracciare Costia, e allora andò da Lincoln, che aveva Octavia, dall'aspetto molto compiaciuto, sulle sue forti spalle.

"Hey, strikbro," Lincoln lo accolse con un bel sorriso, battendo il pugno, "ti è piaciuta la partita?"

"Ovvio," Aden cinguettò, "sei stato fantastico come sempre. Era divertente."

"Hai già parlato con Lexa?"

"Sì," Aden rispose, con una scrollata di spalle verso la sorella, che era ancora avvinghiata a Costia, "Ma aveva di meglio a cui pensare che suo fratello."

"Onestamente, sono disgustose," Anya disse, arrivando dietro loro con un'espressione uguale a quella del biondo, "e non nel bel modo di disgustoso. Lei non mi piace."

"Non ti piace nessuna che esca con Lexa," Lincoln ragionò, facendo girare Octavia.

"Sì, ma è diverso stavolta," Anya insistette.

"Beh, è una cosa che tu e Clarke avete in comune," disse Octavia, "quelle due sono state nemiche dall'asilo, e poi c'è stato l'incidente al primo anno..." si lasciò sfuggire, anche se non avrebbe dovuto dire niente riguardo ciò.

"Che incidente?"

"Non sta a me dirlo," Octavia finì, "ma diciamo che non penso riusciranno mai ad andare d'accordo." si girò, e poi diede una gomitata a Lincoln urgentemente. "Oh, vedo Miller! Portami da lui, mio destriero."

"Come desideri."

Aden sorrise ai due mentre si allontanavano verso Miller, che stava parlando con Monty, e inizò a camminare a fianco di Anya.

"Nemmeno a me piace Costia," le confidò, e Anya sbuffò.

"lo so. Puoi anche sorridere e fingere ma posso leggerti come un libro aperto, perchè sono così brava e tu sei troppo un tassorosso per mentire." fece una pausa. "voglio dire, non diro niente a Lexa perchè è testarda come un toro, ma non posso fare a meno di pensare che finirà male per lei."

Aden notò che Costia stava osservando da troppo la squadra di Nia, e annuì.

Non sarebbe finita bene.

Dopo poco, Lexa sembrò realizzare che Aden era scomparso. Baciò Costia e tornò dalla sua famiglia, notando le facce disgustate.

"Dai ragazzi, è come se non aveste mai visto una coppia prima."

Aden vide che Lexa stava discretamente scansionando i delinquenti, ma quando vide che Clarke ancora non c'era, assunse un'aria triste non così discretamente. Bingo.

Sospirò sdegnosamente, con un broncio alle labbra, e Anya inclinò la testa confusa.

"Cos'è quell'aria moscia?"

"Niente." Lexa rispose, e allo sguardo interrogativo di Anya scosse le spalle, "sono solo stanca, suppongo. Dai, prendiamo Lincoln e andiamo a casa."

Forse l'idea di Aden non era così ridicola come pensava.

 

 

 

 

 

Lexa era ancora euforica per i festeggiamenti della sua prima vittoria, prima con la squadra e la famiglia, poi con Costia.

Era stata accolta con un grande applauso il lunedì mattina, nella classe di Niylah, perfino un sorriso dalla prof stessa. Costia aveva salutato Lexa con un piccolo bacio sulla guancia prima di sedersi con un ghigno orgoglioso.

Lexa abbassò la testa come 'grazie' e si sedette con Clarke, che era già assorta nella lettura di Orgoglio e Pregiudizio, che aveva già letto cinque volte.

"signorina Woods," Niylah annuì dalla sua scrivania, "scusa il linguaggio, ma... è stata una figata di partita. Hai una vista del campo incredibile."

Lexa sorrise come risposta, raddrizzandosi, e incrociando le gambe come fosse una grande attrice durante un'intervista.

"sono orgogliosa di rappresentare la scuola, Ms. Crewe." rispose, le labbra piene curvate in un sorriso.

Ovviamente, aveva sempre sicurezza e charme emanati dai suoi look: oggi aveva le maniche arrotolate e il colletto più liscio e ordinato dell'intera esistenza di Clarke.

"Parlate tra voi." Niylah istruì. "sto stampando le copie delle vostre assegnazioni. Non ci vorrà molto."

Octavia e Raven si misero a parlare di una cosa chiamata "moonshine" o "carburante del razzo", Lexa non riusciva a capire di cosa parlassero. Clarke rimase concentrata sul libro, ignorando del tutto l'esistenza di Lexa.

Lexa era confusa. Sentiva che c'era qualcosa di molto sbagliato, ma non aveva idea di cosa fosse. Appoggiò una mano sulla spalla di Clarke.

Lei saltò in aria come se fosse andata in cortocircuito.

I suoi occhi azzurri brillarono quando la riconobbe, e c'era anche qualcos'altro che non riusciva a decifrare.

Lo sguardo ceruleo di Clarke Griffin era un mistero per lei, sempre avvincente, sempre in cambiamento.

"Buongiorno, Clarke." Lexa disse nel suo solito tono diretto.

"Ciao Lexa." il suo tono era troncato. Tornò a guardare il libro, sperando di sfuggire a Lexa.

"Dimmi, per caso il libro diventa meglio ogni volta? Oppure ti dimentichi cosa succede ogni volta che lo metti giù?" Lexa chiese con tono scherzoso.

Clarke alzò lo sguardo, seccata. "Ti serve qualcosa?" chiese leggermente infastidita.

Lexa alzò le sopracciglia. "Va tutto bene?" chiese. "di solito ti trattieni per il dibattito."

"sono stata meglio." Clarke rispose, chiudendo sonoramente il libro. "perchè non parliamo di te? È ciò che fa tutta la scuola, comandante."

Lexa guardò Clarke negli occhi, e il suo sguardo era così intendo che dovette distoglierlo. "la prima vittoria è sempre la più grande." scrollò le spalle. "le cose si calmeranno."

"Ma non lo vuoi, vero?" Clarke fece un mezzo sorriso. "la comandante senza il suo fan club."

"Fan club?" Lexa ghignò, pensando di aver finalmente rotto il ghiaccio con Clarke. "e tu sei la presidentessa, Griffin?"

"No, in realtà me ne sono andata all'intervallo."

"Ho notato." Lexa si fece sfuggire.

Le guance di Clarke stavano bruciando, e sentì delle farfalle svolazzare nello stomaco (lo sentiva solo recentemente, intorno a Lexa- magari le causava bruciore allo stomaco?).

"Tu...L'hai notato?" Clarke ripetè insicura, sentendo il cuore martellare.

Lexa sembrava persa. Prima che trovasse il coraggio di dire qualcosa, Clarke aprì bocca per riparare i danni.

"sei stata molto brava." Clarke sussurrò con un sorriso incoraggiante.

Lexa sentì il cuore nello stomaco per una ragione sconosciuta, ma poi Niylah stava parlando, e tutti gli occhi erano su di lei.

"Okay, buongiorno studenti. Suppongo abbiate letto i capitoli assegnati col partner?"

"Sì, Ms. Crewe." un coro di voci disse.

"Eccellente." Niylah sorrise. "Allora sarete contenti di sapere che ho creato un progetto per testare le vostre conoscenze: dovrete creare un pannello a tre facce dettagliato, con documentazioni della comunicazione tra Elizabeth e Darcy. Lettere, immagini, poesie, arti di tutti i tipi, siate creativi. Per favore, nessun post di facebook." si interruppe brevemente. "so che tutti voi ci tenete a lavorare sodo per il vostro ultimo anno. So anche che alcuni di voi sono talentuosi atleti-" sorrise a Lexa, che fece la stessa cosa. "e grandi, grandi artisti." fece l'occhiolino a Clarke, che divenne rossa.

Lexa smise di sorridere.

"per rendere le cose più interessanti..." continuò, mantenendoli in tensione, "darò crediti extra. Questa storia è arguta, è romantica...è passionale. Evoca queste emozioni. Dimostrate di lavorare sodo ogni settimana, e vi toglierò dieci ore di servizio alla comunità, e darò venti punti extra a una coppia. Chiaro?" chiese.

Gli studenti erano elettrizzati, si sentiva la competività nell'aria.

"Avete meno di due mesi!" Niylah gli ricordò. "Non sprecate tempo, mi raccomando!"

Niylah li lasciò organizzarsi coi compagni e tornò a sedersi.

Lexa si girò verso Clarke con un sorriso indiscreto. "pronta, principessa?"

non sapeva da dove venisse fuori.

Clarke alzò un sopracciglio. "principessa?" chiese. "hai iniziato a frequentare Bellamy Blake?"

"Il presidente studentesco?" Lexa rise, scuotendo la testa.

"Oh..." Clarke rispose. "è la sua cosa. Solo lui mi chiama così."

Lexa non capiva perchè non le andasse bene.

"comunque, il progetto." Clarke si schiarì la gola in imbarazzo, guardando Costia. "ho un'idea."

"Davvero?" Lexa chiese gentilmente, seguendo il suo sguardo fino a Costia, ma in qualche modo finendo a guardare Clarke tirare fuori una matita consumatissima dalla borsa.

"ti serve una penna?" Lexa chiese con un sorriso. "quella è un po'... corta."

Clarke distolse lo sguardo, mortificata, e Lexa si sentì in colpa. Aveva detto qualcosa di sbagliato?

"è la mia matita da disegno. È l'ultima del pacchetto, sto cercando di farla durare." Clarke sospirò con le guance cremisi, come se fosse stato un peccato.

In quel momento l'orologio d'oro di Lexa brillò sotto la luce al neon, e Clarke si sentì inadeguata con quella matita su cui aveva speso la maggior parte dei risparmi. "ho usato la tua mancia per prenderli." aggiunse.

Lexa annuì, affascinata dal modo in cui Clarke metteva fuori la lingua mentre disegnava.

"il tuo dipinto..." Lexa iniziò, ricordando il cielo che incontrava la terra. "era magnifico."

"Grazie." fu tutto ciò che mormorò in risposta.Clarke decise di usare un tono scherzoso. "ascoltami, ragazza amante." ghignò, senza mai alzare lo sguardo dallo schizzo.

Lexa alzò un sopracciglio, ma sorrise. "Hmm?"

"prendo seriamente i miei voti. Infatti, la mia borsa di studio dipente dalla mia media perfetta."

"Non mi aspettavo niente di meno da una perfettina come te." Lexa rispose.

"Ehi! Non lo sono! Ho colpito un ragazzo, ricordi?"

"Sì, ma baci il culo a Niylah tutto il tempo." Lexa disse, sempre ghignando. "o è per un'altra ragione?"

"Lexa Woods, te lo dico una volta sola. Sono la tua partner, e sono competitiva da matti, quindi se ti vedo mandare baci fluttuanti alla tua fidanzata durante la competizione, ti finisco." aggiunse l'ultima parte con un sorriso.

"E tu farai la tua parte?" Lexa la provocò.

"Cioè?"

"Continuerai a baciare il culo a Niylah così vinceremo?"

"Lexa Woods. Muta."

"Provaci. Non pensare io non sap-" Lexa non finì, perchè Clarke le passò la bozza. Era un disegno di due morbide, delicate mani, alacciate perfettamente.

Lexa riconobbe la scena dal film immediatamente. "Wow." mormorò. "hai un talento incredibile, Clarke."

"A volte, i gesti più innocenti sono quelli più romantici." Clarke sospirò, un po' troppo sognatrice. "Un tocco sa essere potente. Può essere sensuale senza essere invasivo."

Lexa annuì lentamente. "A Crewe piacerebbe."

Clarke scosse la testa, sorridendo. "posso fare i disegni, se tu fai le poesie. So che sei dotata con la lingua."

Le sopracciglia di Lexa si alzarono con sorpresa e Clarke spalancò gli occhi, inorridita. "intendo poeticamente! Mi dispiace... non intendevo..."

Lea rise leggermente, poi ghignò un poco. "Comunque lo sono davvero."

Lexa sbattè le palpebre. Di solito era così formale, con buone maniere. Da dove diamine veniva fuori quella frase?

Le due, nel mezzo della discussione, non si erano rese conto di quanto tempo fosse passato. La campanella suonò, e gli studenti praticamente si lanciarono fuori.

Lexa rimase in piedi. "ci vediamo alla partita, Griffin." sorrise, prima di mettersi lo zaino in spalla e voltarsi, senza nemmeno aspettare una risposta.

Costia era tra le sue braccia prima che fosse fuori dalla porta.

 

Note:

Sera a Tutti! Parto ringraziando chi è arrivato fin qui e chi non ha intenzione di fermarsi. Arrivati a questo punto, ormai conosciamo tutti i personaggi importanti. Quali sono quelli che vi piacciono di più e quali meno? Io non sopporto Costia, secondo voi cosa trama insieme a Nia Queen? Invece mi stanno piacendo Aden e Atom (forse li shippo, vabbè). Poi, vorrei chiedere un cosa: su quali parti vorreste mi concentri di più? I pov di Clarke, Lexa, Aden...? fatemi sapere, anche perchè l'autrice ha uno stile di scrittura molto particolare. Ditemi tutto questo in una recensione, e buonanotte :)

Nikishield

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Capitolo 6
*** Capitolo V ***


Capitolo V

 

Onestamente, Clarke non sarebbe andata alle partite di calcio se non fosse stato per i suoi amici.

Ecco, quella era una bugia bella e buona: i suoi occhi erano sempre puntati verso la figura di Lexa, che correva fra gli avversari e praticamente lanciava la palla dall'altra parte del campo grazie ai suoi muscoli. Che le piacesse o no, Lexa aveva potere su Clarke, e Clarke ne era attratta come una falena verso la luce.

Ma pragmaticamente con i delinquenti ci si divertiva sempre, specialmente perchè era proprio ciò che erano.

Delinquenti.

La maggior parte degli studenti tendeva a dimenticare che c'era una ragione se venivano chiamati così, ma francamente, Clarke aveva bisogno di rilassarsi prima di essere in qualunque modo vicina a Lexa Woods, e i suoi amici potevano aiutarla a saziare quel bisogno.

Bellamy, ovviamente, aveva la reputazione di presidente studentesco, quindi era quello responsabile, assicurandosi che i suoi amici non facessero niente di stupido mentre erano fatti, cortesia dei prodotti della Green & Jordan Inc. In aggiunta al loro spaccio di marijuana a scuola, grazie a esperimenti e fortuna, il Moonshine di Monty era nato.

Il sapore faceva schifo e la mattina faceva un male cane, ma ne valeva la pena.

Qualsiasi cosa era meglio del mix di alcolici di Raven chiamato Carburante del Razzo. Lo tiravano fuori solo quando qualcosa di veramente brutto accadeva. Alla maggior parte degli scontri con gli Azgeda Vikings, Murphy aveva sempre una bottiglietta d'acqua piena di quella robaccia, e Emori aveva una bottiglietta con vera acqua, per assicurarsi che lui non ci andasse giù pesante.

Era in questi momenti che la persona preferita di Raven e Octavia emergeva:

Clarke Ubriaca.

Soprannominata Party Girl Griffin, anche se la sua apparizione era diminuita molto dopo la morte di suo padre.

Un paio di bicchieri di moonshine, e Clarke poteva sentire la tensione svanire, venendo sostituita dal bisogno di flirtare con qualcuno, chiunque. Di solito era Bellamy, che era pronto alle sue frasi di rimorchio e ai suoi tentativi di affetto, il tutto mentre rideva e cercava di farle bere un po' d'acqua.

Era iniziato come un gioco.

Da quando avevano raggiunto l’età degli appuntamenti, erano stati bombardati con domande sullo stato della loro relazione, e il flirtare era diventata una specie di barzelletta per il loro gruppo.

Si conoscevano da quando avevano il pannolino, sarebbe stato strano uscire insieme.

In più, Bellamy era il fratello maggiore che Clarke non aveva mai avuto.

Al momento, Clarke stava toccando gli addominali di Bellamy e la sua pancia insieme, per confrontarli, ed era finita col mettere il broncio.

“Non ti preoccupare, principessa,“ Bellamy la rassicuró, “la tua pancia è un cuscino decisamente più comodo del mio, il che la rende migliore“ questo sembrò placare la ragazza che sorrise, prima che Raven le mettesse il braccio attorno alla spalla col sorriso più grande di sempre.

“Pronti a vedere i Grounders spaccare qualche culo?“

Intendevi guardare il filo a Lexa.“ Octavia s'intromise, e Clarke la fulminó con lo sguardo, facendo la linguaccia alla ragazza ghignante.

„Non fisseró il culo della Woods“ Clarke si imbronció, „cioè, è un bellissimo culo, non che l'abbia notato, ma non lo fisseró. Sarebbe brutto.“ Bellamy scosse la testa esasperato mentre le due ragazze continuavano a punzecchiare Clarke, e nel mentre le passò una bottiglietta d’acqua e gli hamburger che aveva portato con sé.

„È il tempo di tornare sobria, principessa, non posso far sapere a Abby che ti sei divertita troppo.“

Clarke accettò brontolando il cibo e le tre ragazze si avviarono verso il campo, lasciando Bellamy a ripescare Jasper e Monty che erano rimasti indietro con Murphy tentando di catturare qualche Pidgeon.

Dopo l'ultima volta, Clarke si era assicurata di prendere una giacca senza il numero di Lexa sopra; invece c'era solo scritto ‚ARKADIA' e sotto 1957, l'anno di fondazione della scuola. L'ultima cosa che voleva era che Lexa pensasse fosse lì per lei. No, lei era lì per l'alcool, la compagnia…

Però era una bugia totale, e Clarke Ubriaca lo ammetteva.

Stava mentendo un sacco ultimamente, e quasi tutte le bugie coinvolgevano Lexa.

Dannata lei e il suo perfetto corpo e i suoi grandi occhi verdi nei quali Clarke si poteva perdere per ore, cercando di notare ogni singolo dettaglio.

In qualche modo, era finita vicino a Monty, che le stava spiegando qualche concetto di astrofisica che al momento non poteva comprendere, perché il ragazzo l'aveva distratta dal suo obiettivo, gli spalti, e erano andati in un'area privata per i giocatori in attesa della partita, e gli occhi di Clarke finirono su un sedere familiare.

Fanculo Octavia, fanculo la moralità, l'avrebbe fissato quanto voleva.

Come se sentisse gli occhi su di sé, Lexa si girò, e Clarke sentì il respiro bloccarsi.

C'era qualcosa nel trucco di Lexa che sembrava estremamente familiare, come se Clarke l'avesse già visto, ma era impossibile. Non vivevano di certo in un mondo post-apocalittico dove la gente aveva bisogno di metterlo.

Lexa era confusa, si vedeva, e Clarke sentì mille allarmi suonare nella sua testa quando le si avvicinò, forse in cerca di spiegazioni. Cercò Monty, ma era scomparso nella folla. Era davvero d'aiuto.

“Clarke?“ In quel momento, Clarke desiderava avere il potere di sparire per sempre, ma non si mosse. Il coraggio liquido portava a galla il peggio della sua testardaggine.

“Hey, Lexa“ Clarke le rispose, e il tono acuto usato suonó sconosciuto pure a lei. Lexa socchiuse gli occhi per scrutarla, poi ghignó capendo cosa stava succedendo.

“Sei ubriaca, non è così?“

“Solo un po'“

“Bene Clarke, allora perché sei qui?“

“Monty mi ha trascinata qui“ spiegò, cercando ancora il ragazzo, “e poi mi ha abbandonata.“

“Che brutta cosa“ Lexa rise, scuotendo la testa.

“Va bene suppongo,“ Clarke disse, “Voglio bene a Monty, ha una bella voce.“ Aveva totalmente distrutto i delinquenti al karaoke l'altra sera. “Lo sai cos'altro è bello? I tuoi occhi.“

Lexa si bloccò bruscamente, fissando a bocca aperta Clarke come se le fosse appena caduta la testa dal collo, e Clarke fece un verso offeso.

“Cosa? È vero. Sono così verdi, mi ci potrei perdere.“ In qualche modo le due si erano avvicinate, e Clarke riuscì a vedere delle striature di giallo nel verde, e lo trovò assolutamente affascinante.

Ci fu un momento di silenzio, non imbarazzante, nel quale le due semplicemente si fissarono negli occhi.

Poi qualcuno si schiarí la gola.

Era Monty, e Clarke voleva prenderlo a pugni più adesso che quando l'aveva abbandonata.

Lexa si allontanò e guardò ovunque tranne che Clarke, e la bionda poteva giurare di aver visto Lexa arrossire. Ma non aveva senso che si fosse agitata, era solo una sensazione di Clarke.

"Dai, Clarke,“ Monty le disse, facendo cenno con la testa a Bellamy, che sembrava li stesse cercando, trattenendo Jasper da un braccio in modo che non scappasse. "Andiamo prima che Bell abbia un aneurisma.“

Si girò per salutare Lexa, ma scoprì che la mora se n'era già andata, e sentì una cosa terribilmente simile alla delusione.

Era colpa dell'alcool ovviamente.

Aveva davvero bisogno di smettere di mentire a sé stessa.

 

 

 

 

 

 

Più le ripetizioni procedevano, più Aden si ritrovò a parlare con Clarke, stabilendo uno stretto legame l'uno con l'altro. Ora comunque, Aden aveva un piano preciso.

"Com’è andata la tua settimana?“ Clarke chiese, appoggiando sul tavolo gli schemi preparati per la classe di Trikru.

"Sono esausto“ le confessò, "non ho credito a ciò che Lexa mi ha detto, che sarei diventato stanco 24/7, e ho sottostimato alla grande quanto la scuola possa prosciugare una persona." Clarke rise.

"sì, il primo anno è stato molto duro, ma ho fiducia nel fatto che entro l'ultimo anno ti sarai sistemato, sei intelligente."

I due tornarono alla solita routine, con le spiegazioni di Clarke sempre cristalline.

Aden, tuttavia, era distratto, troppo impegnato a pensare ad aneddoti da raccontare per far fare bella figura a sua sorella.

"Aden? Ci sei?"

Lui riportò l'attenzione su di lei, imbarazzato.

"Scusa," le disse, "stavo solo pensando."

"A cosa?" Clarke aveva intenzionalmente cambiato il tono di voce per fargli capire che non era tenuto a risponderle, cosa che il biondo apprezzava iimmensamente Clarke non aveva mai invaso la sua privacy ed era forse una delle persone più rispettose che conoscesse.

"Una volta, quando ero piccolo, tipo 5/6 anni, ero allo zoo con Anya e Lexa e volevo a tutti i costi andare a vedere le scimmie," si fermò, sorridendo al ricordo, "ma Lexa prima voleva avere il gelato, e siccome Zia Indra non voleva avere a che fare con una Lexa con un calo di zuccheri, fece come voleva lei. Quando arrivammo alle gabbie delle scimmie, ero così emozionato nel vederle che non mi resi conto che una scimmia mi rubò il cono."

Clarke si stava chiedendo cosa centrasse questo con matematica, ma annuì coinvolta.

"Ho iniziato a piangere ovviamente, e Anya mi stava deridendo, ma non Lexa. Senza dire niente mi passò il suo gelato, nonostante fosse stata lei ad insistere per averlo, solo per tirarmi su." Clarke lo guardò con aria interrogativa, un'espressione sulla faccia che Aden non riusciva a capire.

"Interessante," mormorò più a se stessa che a lui, "anche se son sicura le scimmie siano molto più interessanti della matematica, abbiamo del lavoro da fare."

Il ragazzo fece un broncio, ma tornò a studiare come da istruito.

Mentre leggeva iniziò a far ondeggiare la gamba appoggiata al divanetto, ed emise un gemito di dolore quando battè il ginocchio sul bordo del tavolo.

"Nomonjoka!" borbottò con un sussurro, e gli occhi blu di Clarke incontrarono i suoi con un misto di confusione e preoccupazione.

"Stai bene?"

"Sì" tagliò corto, "ho solo colpito il ginocchio."

"Per sapere, che lingua era quella?"

Aden ci mise un attimo a registrare la domanda. Non aveva ancora imparato a non usare la lingua inventata davanti a gente che non la conosceva.

"Trigedasleng."

"Trigedasleng?" la parola le uscì fuori un po' storpiata, non conoscendola, "Non penso di averla mai sentita prima."

"Non avresti potuto," ammise, "È una lingua inventata da me, Anya, Lexa e Lincoln quando eravamo piccoli."

"Davvero?"

Aden annuì entusiasta.

"Sì. Alle feste dei miei genitori ci veniva detto di stare fuori dalle loro conversazioni, quindi, avendo una casa sull'albero in giardino, andavamo lì fino alla fine delle feste." Fece una pausa. "Penso sia stata un'idea di Lexa, quella di inventare una lingua che solo noi bambini potessimo capire, poi l'abbiamo fatta evolvere durante gli anni."

"Da dove avete preso la parola Trigedasleng?"

"Beh, 'tri' da tree, albero, perché eravamo sulla casetta sull'albero. 'geda' da together, insieme, perché eravamo appunto insieme. e slang sta proprio per slang. Non lo so, al tempo aveva senso." scrolló le spalle.

Anche se era molto piccolo quando Lexa aveva inventato la lingua, aveva chiari ricordi della nascita di essa. La lingua era cresciuta insieme a loro, e aveva numerosi ricordi di quando la usavano per prendersi gioco degli adulti ai party dei genitori, che non avevano la minima idea di cosa stessero facendo.

"È stato il nostro piccolo segreto di gruppo da allora, quindi ora che lo sai, dovrei ucciderti se lo rivelassi a qualcuno."

Clarke gli sorrise, facendo la croce sul cuore.

"Promesso." disse solennemente.

"ma per curiosità, cosa significa nomonjoka?" Aden arrossí e Clarke fece un ghigno.

"Oh. Beh... è una parolaccia." ammise.

"L'avevo intuito dalla tua faccia rossa come un pomodoro." Clarke scherzó, e Aden fece una finta faccia offesa.

"significa..." Fece una pausa drammatica, "...figlio di puttana."

Clarke ansimó con finto sdegno, e i due iniziarono a sghignazzare.

"Potresti insegnarmelo? Se non chiedo troppo. È interessante."

"Certo!" Aden quasi gridò. "è il minimo che posso fare, dato che sei l'unico motivo per cui sto passando matematica. Potremmo iniziare dalle basi, come colori e numeri, e poi spostarci a cose più difficili..."

 

 

 

 

 

 

"Avrei dovuto indovinarlo." Lexa disse con un ghigno, vedendo lo sguardo di Clarke vagare dal suo volto, ai suoi stretti jeans, e di nuovo al suo viso.

Clarke era seduta al tavolo più nascosto della biblioteca scolastica, e la luce che entrava dalla finestra al suo fianco faceva risplendere la sua treccia bionda come oro puro.

"Indovinare cosa?" Clarke decise di continuare col suo giochetto, facendo spazio a Lexa accanto a lei.

Lexa appoggiò la borsa sul tavolo, e Clarke notò il marchio di una costosa casa di moda suo davanti. Non c'era dubbio che lei fosse la Darcy della situazione.

"Che avresti voluto incontrarmi qui." Lexa indicò l'infinita di libri e scaffali intorno a loro.

Ovviamente Clarke sarebbe stata qui.

"Chi aveva detto che le biblioteche sono il punto d'incontro tra barbarismo e civilizzazione?" Lexa la sfidò, "Gaiman?"

"Quindi la sportiva legge." Clarke le offrì un sorriso, che Lexa ricambió. "Quindi quale sei?"

"Cosa?"

"Sei una persona civilizzata? O un barbaro?"

Il ghigno di Lexa era già una risposta sufficiente. "Entrambi, al momento giusto, sono molto utili."

Clarke sentì dei brividi e decise quindi di tornare a leggere il capitolo.

Lexa apparí compiaciuta ancora prima di aver parlato.

"Non parleremo di cosa è successo prima della partita." Clarke la fermò subito.

"Il sentimento è reciproco, comunque." Lexa aggiunse.

"Eh?" Clarke si congeló.

"I tuoi occhi..." Lexa scrolló le spalle nonchalante, sorridendo, "anch'io mi ci potrei perdere."

"Oh." Clarke sentì il solito rossore sulle guance. "Sia tu che tuo fratello tendete a chiacchierare troppo durante la scuola."

Lexa sorrise al pensiero di Aden fare una testa così a Clarke.

"Beh, siamo fratelli. Ma mi piace pensare che le mie chiacchiere siano più interessanti." Lexa finì prima di iniziare a scrivere la prima delle numerose lettere tra Darcy e Elizabeth.

Lavorarono insieme, ascoltando i sussurri l'una dell'altra, e ogni tanto alzarono lo sguardo per osservare l'altra quando pensavano di essere discrete.

Clarke imparò tre frustranti lezioni quel pomeriggio.

Prima: Era impossibile non fissare Lexa Woods. Era una dea in mezzo agli altri comuni mortali ad Arkadia, e significava tanto, giacché Clarke aveva sempre pensato che i gemelli Blake fossero le persone più belle che avesse mai visto.

Ma Lexa Woods era eterea. I suoi boccoli castani cadevano eleganti sulle spalle di lato, lasciando il suo sguardo smeraldo a dominare i suoi tratti. La sua mascella era ben strutturata, come una statua di marmo. Le sue labbra erano belle piene, e Clarke si ritrovò a chiedersi com'erano da baciare.

L'attribuí ai suoi ormoni da adolescente.

Non significava niente.

Secondo: una volta scoperto che Lexa sapeva sorridere, era diventato contagioso. Non era nemmeno un sorriso, in realtà. Era un ghigno, ma se Clarke era abbastanza fortunata, diventava un ghigno con i denti visibili. Quasi un sorriso.

Ed esso faceva diventare Clarke, così come le altre ragazze nel raggio di 100 km, debole.

Ma ovviamente, Clarke era diversa. Sapeva che Lexa Woods era una stronza egoista... incredibilmente bella.

Clarke voleva essere arrabbiata. Voleva arrabbiarsi quando Lexa la scopriva a fissarla, solo per ridere e farle l'occhiolino, come se le venisse naturale come respirare.

Poi però sentiva qualcosa smuoverle lo stomaco, e la rabbia si dissipava.

Realizzò di averle sempre sorriso in risposta.

"Lo sai.." Lexa le interruppe ad un certo punto, giocando con la sua penna con le sue lunghe dita, e Clarke cercò di non pensare a cosa fossero buone quelle dita.

Costia.

Quelle dita si stavano facendo Costia Greene.

E Clarke tornò alla realtà, con quei pensieri disturbanti.

Stupido cervello adolescente con i suoi stupidi sporchi impulsi!

"Tiri fuori la lingua quando ti concentri." Lexa commentò, così vicina a Clarke che poteva sentire il suo profumo.

Era buono. Intossicante. Non troppo dolce, non troppo forte.

"Scusa.. Io.." Clarke scosse la testa imbarazzata.

Lexa fece un piccolo broncio.

"No, non..ti scusare. È una cosa carina. Era solo un'osservazione."

Prima che Clarke potesse aprir bocca, sentì una risatina e qualche sussurro dietro di lei. Si girò e riconobbe una delle ragazzine, Charlotte. Una primina che non aveva smesso di parlare di Lexa da quando era arrivata.

E questa era la terza cosa che aveva imparato: Lexa Woods aveva un dannato fan club a scuola. Alcune erano ragazzine interessate al calcio, la maggior parte era interessata al suo aspetto, invece.

Essenzialmente era la fan n. 1 di Lexa, la sua stalker, la sua ammiratrice più grande.

Aveva una cotta per Lexa.

Aveva quell'effetto su tutti gli studenti, evidentemente.

"Non abbiamo tempo per questo." Clarke alzò gli occhi al cielo.

Sorprendentemente, Lexa annuì dandole ragione.

"A me lo dici?"

Clarke fece un ghigno. "Non dirmi che al tuo ego non piace questa attenzione."

Lexa aggrottò le sopracciglia. "A nessuno piacerebbe essere stalkerato da delle quattordicenni."

Clarke annuì. "Giusto." e poi rise.

Charlotte e le sue amiche decisero di passare da lì proprio in quel momento, come se non l'avessero già programmato da chissà quanto.

"Ciao, Lexa." Charlotte disse con la sua voce più dolce, il che non voleva dire molto, in quanto non aveva nemmeno raggiunto la pubertà.

Almeno, non in confronto ai 18 anni di Clarke e Lexa.

Lexa sorrise un pochino, salutando con la mano. "Ciao, Charlotte." La ragazza sentendo Lexa dire il suo nome quasi svenne, e si allontanò con le amiche, ma non prima di aver lanciato un'occhiataccia a Clarke.

Clarke sbuffó. "Ma l'hai vista?"

Lexa piegò la testa come domanda silenziosa, e Clarke dentro di sé giurò che poteva essere una delle cose più belle che avesse mai visto.

"Charlotte mi ha lanciato uno sguardo di morte." Clarke chiarí, controllando dietro di sé che fossero davvero da sole.

"Lo fa anche con Costia," Lexa sussultó, "È il risultato dell'essere in mia vicinanza."

Clarke scosse la testa con esasperazione, anche se aveva un timido sorriso sulle labbra.

Ma tutto il divertimento svaní quando l'allarme antincendio suonò.

Lexa si allarmò, ma poi sentì i bibliotecari correre in giro e gridare "è solo un test! è solo un test, state tranquilli!"

A quelle parole, Lexa si rilassó è solo in quel momento abbassò lo sguardo su Clarke.

Rimase terrorizzata alla vista.

Clarke sembrava totalmente shockata, quasi in uno stato catatonico. I suoi occhi blu erano spalancati in quella che aveva capito fosse paura. Le sue mani erano alle tempie, mentre i suoi occhi fissavano l'allarme lampeggiante.

Lexa poteva vedere che Clarke non stava reagendo bene, e che l'allarme aveva scattato qualcosa in lei di molto potente.

"Clarke?" Lexa le disse piano, guardando intorno in cerca di qualcuno, ma invano. "Ehi, Clarke..." la toccò piano, ottenendo solo un respiro accelerato da Clarke.

Il cuore di Lexa si spezzava alla vista della ragazza davanti a lei. Il suo istinto sopravvalse come sul campo di calcio, e le sue mani raggiunsero le pallide guance di Clarke.

Lo sguardo smeraldo di Lexa si fermò su quello ceruleo di Clarke, e capì di aver fatto breccia in lei.

"Clarke." sussurrò, sperando che Clarke almeno riuscisse a seguire le sue labbra, se non riusciva a sentirla.

"Va tutto bene." mormorò, e ogni traccia di divertimento o malizia se n'era andata.

Si sentiva come se avesse conosciuto quella ragazza per tutta la vita, che il suo unico obiettivo fosse calmarla e farle sparire quello sguardo per sempre.

"Sei al sicuro." Clarke seguì appena con gli occhi le sue labbra, "Sono qui." Lexa promise.

E Clarke si ruppe.

Si seppellí nelle braccia della ragazza, lasciando uscire le lacrime.

Lexa non ci pensò due volte ad accogliere la bionda tra le sue braccia. L'aveva fatto tante volte, quando Aden piangeva per l'assenza dei suoi genitori, o quando Anya era stata lasciata la prima volta.

Stava calmando Clarke accarezzandole la schiena, facendo sì che la ragazza potesse aggrapparsi a lei che le stava offrendo sicurezza.

Resistette all'urgenza di nascondere la faccia nei boccoli biondi di Clarke.

Guardò Clarke e vide solo il guscio della persona di prima, competitiva e piena di vita.

Le sussurró molte rassicurazioni, promesse che sapeva non poteva mantenere.

E poi finì.

L'allarme si fermò, le luci tornarono al loro stato, ma tutto quello che sentì fu Clarke tornare ad essere improvvisamente rigida tra le sue braccia.

Si rimise a posto, si alzò in piedi e frettolosamente si tolse le lacrime dalle guance.

Prese la sua borsa e se ne andò, lasciando Lexa nonostante i suoi tentativi di chiamarla.

Lasciò i suoi disegni sul tavolo, insieme a ciò che era rimasto della matita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I corridoi erano grondanti di studenti, più intrafficati delle strade nei weekend. Diamine, gli studenti si mettevano davvero a fare versi e gridare come se fossero davvero stati in strada.

Clarke si sentiva come una sardina, incastrata tra un ragazzo schiamazzante e l'altro, però in qualche modo la tranquillizzava.

Era stranamente confortante, la normalità di tutto ciò, specialmente dopo la sua fuga imbarazzante da Lexa Woods.

Dio, era patetica.

Clarke era in uno stato di confusione. Sì, l'allarme aveva fatto salire a galla brutti ricordi, era già successo prima. Cosa l'aveva sorpresa era Lexa. La reazione di Lexa, il comportamento di Lexa.

Si aspettava delle risate.

Pensava che Lexa la prendesse in giro, che indicasse e fissasse la ragazza dell'ultimo anno che non sa reagire ad un allarme, senza nemmeno sapere la ragione, per poi dirle una breve scusa per non finire nei guai.

Clarke stava scannerizzando gli studenti, la maggior parte erano primini che non avevano ancora fatto la magnifica scoperta del deodorante. E poi vide che si stavano ammassando sugli armadietti per fare spazio al centro.

Non lasciavano mai la via libera.

Ovviamente era per lei.

Lexa Woods era lì, dividendo il mar rosso di ragazzi come Mosè stesso. Tutti ebbero il tempo di dare un'occhiata veloce al suo sedere, sussurrando qualcosa come "possiede il corridoio".

Vide Lexa trovarla nella folla, e il piccolo sorriso che spuntó sulle sue labbra. Non era lontanamente simile al ghigno che aveva visto ancora e ancora.

Si fece strada tra gli studenti rimasti, come se in quel traffico lei avesse avuto una ferrari.

Si fermò al fianco di Clarke, e si sporse verso di lei, le sue labbra che sfioravano il suo orecchio.

Clarke sentì dei brividi al contatto, ma Lexa non si azzardó a toccarla.

"Tieni." mormorò dolcemente, passandole il quadernetto.

Clarke non sapeva cosa dire. Sentiva perfino di volersi scusare per aver rovinato la loro sessione di studi, per essere rotta. Così rotta da essere incapace di svolgere le più semplici delle azioni.

Ma gli occhi di Lexa le dicevano che non doveva scusarsi affatto.

"La prossima volta-" Lexa sussurró con un sorriso amichevole, "-Non correre via, Clarke." mormorò, dando alla mano di Clarke una piccola stretta.

Prima che Clarke potesse risponderle, Lexa era scomparsa, lasciandola confusa.

Cos'era appena successo?

Clarke abbassò lo sguardo sul quaderno, mordendosi il labbro mentre apriva la prima pagina. Attaccate all'interno c'erano due matite da disegno, le stesse che usava lei, nuove e ancora chiuse.

Clarke sentì qualcosa accelerare al suo interno, e capì che era il suo cuore.

L'unica altra persona che le aveva era Costia.

Lexa doveva avergliele chieste.

Clarke non sapeva se sentirsi arrabbiata per l'apparente pietà di Lexa, o un'emozione travolgente perché Lexa l'aveva notato.

Clarke non sapeva cosa sentire.

Optó per il nulla.

 

 

 

 

 

 

 

Una volta Jake aveva detto a Clarke che l'arte era la porta d'ingresso dell'anima, e che avrebbe riflettuto qualsiasi cosa sentisse in quel momento. Le aveva detto che l'arte era paziente ma lenta e che ci voleva tempo. Le insegnò come tenere la mano ferma mentre muoveva dolcemente il pennello sulla tela, dicendole che non c'era spazio per l'indecisione nell'arte. Trovi una musa e la segui con tutta la sicurezza che riesci a raccogliere, indipendentemente dal fatto che sia bella o meno. La chiave per l'arte, alla fine, era la perseveranza. Ma Jake non era lì per guidare Clarke attraverso i suoi periodi bui, per suonare la sua vecchia chitarra e aiutare sua figlia. Se chiudeva gli occhi, poteva vederlo nello studio artistico con la sua mano destra aggrappata saldamente al piccolo polso sinistro di Clarke, mostrandole come dipingere con cura e come riempire una tela vuota con colori, emozioni e speranza.

Era stato lì ad osservare i suoi squarci di rosso scuro e arancio, i morbidi tratti di giallo pallido e blu, e poi i viola scuri e l'ebano. Però non era stato lì per il periodo grigio, e poi per il periodo di vuoto totale, ma ne era stato comunque responsabile.

Ora, tuttavia, Clarke era da sola e in un vero e proprio blocco per quanto riguardasse cosa dipingere. Il blocco dell'artista era una seccatura.

Soprattutto quando all'orizzonte si profilava una scadenza. Clarke aveva bisogno di quella borsa di studio artistica e avrebbe fatto assolutamente tutto ciò che era in suo potere per ottenerla. Jake poteva non essere lì per suonare la sua vecchia chitarra, che ora stava raccogliendo polvere nell'angolo della stanza, ma Clarke aveva il suo telefono e dozzine di playlist che Raven aveva compilato per lei, che era una delle cose migliori che avesse fatto per lei.

Non stava nemmeno ascoltando le parole, ma il ritmo profondo e violento la caricó, e prima che lo sapesse, Clarke stava dipingendo. Non era troppo difficile attingere alla sua rabbia, perché ce n'era in abbondanza. Ma era una rabbia alimentata dalla confusione. Mentre mescolava i verdi sulla sua tavolozza, le labbra di Clarke si incurvarono in un piccolo cipiglio.

Per molto tempo, la sua vita era stata molto chiara. C'erano persone che le piacevano e persone che non le piacevano.

Persone che erano maleducate e persone che erano gentili.

Erano divisi in due gruppi molto distinti e Clarke era sempre stata in grado di separarli. Tranne che ora non riusciva più.

Per via della maledetta Lexa Woods.

Fin dalla prima volta in cui Clarke aveva - in modo piuttosto imbarazzante - lasciato cadere il suo quaderno sugli stivali di Lexa, aveva capito che loro due non andavano d'accordo. C'era qualcosa nella bruna che trasudava arroganza, insieme ad un sorriso altezzoso che era assolutamente esasperante.

Francamente, Clarke si sarebbe accontentata di non dire una parola a Lexa per il resto del liceo, ma il destino - o meglio, Niylah Crewe - aveva altre idee. Lentamente ma inesorabilmente, quell'immagine di Lexa che aveva avuto per la prima volta era stata spazzata via. Naturalmente, Lexa era ancora una stronza, ma aveva dato uno sguardo più in profondità nella calciatrice, e Clarke aveva maledetto la sua infinita curiosità, perché ora voleva sapere di più sulla ragazza.

Perché a Lexa era importato.

Aveva visto Clarke, rotta e tremante, e invece di ridicolizzarla, l'aveva presa tra le braccia e aveva fatto del suo meglio per farla sentire al sicuro. E la parte peggiore era che aveva funzionato. Clarke era rimasta completamente mortificata, ma poi Lexa l'aveva sorpresa ancora una volta, e l'aveva dolcemente informata che non aveva bisogno di scappare via da lei.

Clarke ci mise un po 'a notarlo, ma le sfumature di verde che si facevano strada sulla tela precedentemente vuota erano fin troppo familiari, e lei sapeva che le iridi che la fissavano non appartenevano nientemeno che alla ragazza che aveva pensato di odiare.

Un morbido colpo alla porta del suo studio interruppe i pensieri di Clarke, e lei prima ancora di aprire sapeva che era sua madre. Di solito Raven entrava senza bussare.

"Ehi, mamma," salutò Clarke, abbassando il volume della musica e voltandosi per salutare la donna, che le sorrise, sollevando un piatto di avanzi.

"Affamata?"

Lo stomaco di Clarke brontolò come al solito, e lei rise mentre accettó felicemente il piatto.

"Mi conosci così bene," la stuzzicò Clarke, e Abby rise. "Certo che ti conosco, sono tua madre." Si sedette di fronte a Clarke, a gambe incrociate a terra, e le due mangiarono in silenzio per qualche istante, semplicemente godendo della presenza reciproca.

"Ho sentito quel rumore fastidioso che voi oggi chiamate musica e ho pensato di portarti qualcosa da mangiare prima che ti mettessi a lanciare qualcosa."

Mentre Clarke era l'opposto di una persona violenta, era risaputo che si lasciasse coinvolgere nelle sue sessioni d'arte, motivo per cui, nell'angolo della stanza, c'era un piccolo buco, circondato da un elegante cornice d'oro, e una scritta con la familiare calligrafia che aveva avuto da quando era giovane, "Clarke Griffin. Rabbia. 2014’ . Abby aveva dato a Clarke la sgridata più grande della sua vita mentre le fasciava le nocche ferite e sanguinanti e aveva urlato ancora di più quando Jake aveva incorniciato il buco nel muro, ma ora il buco era un ricordo agrodolce dei momenti che Clarke aveva trascorso in questa stanza con suo padre.

"Sono sicura che il muro apprezza i tuoi sforzi," rispose Clarke con un sorriso forzato, e riusciva praticamente a sentire la preoccupazione di sua madre. Poi gli occhi azzurri si alzarono di scatto per incontrare quelli marrone scuro.

"Ho avuto un altro attacco oggi," confessò, e il suo cuore si spezzò quando l'espressione di Abby si rabbuió immediatamente, allungando la mano per afferrare quella della figlia, accarezzandole il corso con il pollice.

"Mi dispiace tanto che tu debba passare tutto questo", sussurrò Abby, e Clarke sentì delle lacrime formarsi, e cercò disperatamente di mandarle via. "Pensavo che stavano migliorando."

"Erano migliorati." disse Clarke, facendosi forza. Aveva già pianto troppo questa settimana. «C'è stata un'esercitazione antincendio, non pianificata, dopo la scuola.» Le labbra di Abby si incurvarono con comprensione, e lei spostò l'altra mano sul viso di Clarke delicatamente, e prima che lei lo sapesse, Clarke si ritrovò in un abbraccio.

Clarke era sempre stata la figlia di suo padre e non c'era niente che le mancasse al mondo più dei suoi abbracci da orso gigante, che la facevano sentire a casa, come il sentire la sua acqua di colonia mentre affondava il viso nella sua spalla.

Non era mai stata particolarmente vicina a sua madre, e le due avevano provato ad avvicinarsi dopo la morte di Jake. Non era uno degli abbracci di suo padre, ma c'era qualcosa nell'abbraccio di sua madre che era altrettanto confortante, e Clarke si concesse di rilassarsi nell'abbraccio, raccogliendo più amore e sostegno da lei che poté, e si sentì al sicuro. Non poté fare a meno di pensare alle braccia di Lexa e al modo in cui il suo abbraccio la aveva fatto sentire.

Forse non odiava la ragazza tanto quanto pensava di aver fatto.

 

 

 

 

 

 

 

 

Octavia si era data malata al Dropship, e Clarke sapeva che era una copertura per passare un po 'di tempo con Lincoln, che non aveva visto molto a causa del frenetico programma di calcio.

Era mercoledì sera e Clarke lavorava al turno 18-22.

Il Dropship era desolato come un cimitero, e mancava solo una balla di fieno passare lì intorno.

Wells era nel retro, e si occupava di inventario mentre chiacchierava con il cuoco attuale, vale a dire Nathan Miller.

Clarke avrebbe voluto chiaccherare con loro, ma era una delle due sole cameriere per il turno serale e aveva bisogno di rimanere attenta.

Aveva tentato di fare alcuni dei compiti di storia del prof Kane quando la porta si aprì, rivelando una Lexa Woods molto stanco ma regale, con i capelli raccolti in uno chignon disordinato dietro di sé, una camicia nera a maniche lunghe che aderivano ad ogni centimetro delle sue braccia incredibilmente toniche. E soprattutto, Costia Greene non si vedeva da nessuna parte.

Clarke odiava il modo in cui si sentì quando la vide.

Lo sguardo smeraldo di Lexa scintillò con una specie di riconoscimento quando vide Clarke, e offrì a Clarke un piccolo sorriso, spostandosi per sedersi nell'appartato separè in un angolo. Oltre a una donna nell'angolo opposto, erano le uniche due nel ristorante.

Clarke afferrò un menu e si diresse verso di lei, facendo del suo meglio per sorridere, nel caso in cui Wells stesse guardando il suo comportamento. Facendosi strada, posò il menu di fronte a Lexa, incontrando il suo sguardo.

"Ciao." Clarke disse il più semplice dei saluti.

"Clarke." Lexa evidenziò la C e la L e spinse sulla K. "Come stai?"

Clarke quasi sbattè due volte le palpebre per sapere di non star sognando. Di solito nessuno glielo chiedeva.

"Sto bene." Clarke ammise con un'alzata di spalle. "Come stai? Sembri ... stanca. In senso buono."

Lexa ridacchiò. "Lo sono, ho pensato che sarebbe stato più facile fermarsi e prendere qualcosa per me e Aden, piuttosto che costringere la zia a cucinarci qualcosa."

Clarke aveva letto qualche articolo. I genitori di Lexa erano degli incredibilmente ricchi uomini e donne d'affari. Si erano trasferiti in Francia per lavorare al loro nuovo progetto. Forse, dopo tutto, Lexa non era estranea all'abbandono dei genitori. Dovevano probabilmente vivere con i genitori di Anya, Indra e Gustus. Quello non avrebbe potuto essere del tutto confortevole.

"Giusto." Clarke sorrise alla menzione di Aden. "Come sta?"

Lexa sbatté le palpebre con un sorrisetto sorpreso. Di solito nessuno chiedeva di Aden. "Sta bene e, forse, è innamorato di te."

Clarke non poteva farci niente. Sorrise, scuotendo la testa. "è reciproco."

Lexa scosse la testa alle buffonate non dette di suo fratello, spingendo il menu verso Clarke.

"Sai già cosa vuoi ordinare?" Chiese Clarke sorpresa. "Anche per Aden?"

Lexa rise leggermente, e Clarke si sorprese per la bellezza del suono, il modo in cui la felicità la investiva quando lo sentiva. "Aden vuole delle ali di pollo, è tutto ciò che mangia. Ne prenderò un po 'per lui mentre esco."

Clarke annuì, mordendosi le labbra per non pensare alla risata di Lexa invece che ascoltare il suo ordine. "E per te?"

"La tua raccomandazione." Lexa sorrise, incrociando le braccia.

"Um ..." Clarke si bloccò. "Cosa ti piace?"

"Prova a indovinare." Lexa scrollò le spalle. "Ti sto mettendo alla prova."

"Sembra che ti piacciano i frullati proteici e le insalate di quinoa, nessuno dei quali viene servito qui ... grazie a dio." Clarke roteò gli occhi.

Lexa sembrava incredibilmente divertita. "È ... è vero, suppongo di essere troppo ovvia."

Clarke non poté fare a meno di rispondere alla domanda. "Voglio dire, uno ti guarda ..."alzò e abbassò lo sguardo su di lei, e giurò di aver visto una tinta rossa sulle guance di Lexa. "...Chiedilo a Charlotte." Finì e Lexa a sua volta alzò gli occhi al cielo.

"Quindi ... un'insalata." Decise Lexa.

"Abbiamo un'ottima insalata di pollo alla griglia qui." Clarke annuì. "Andrà bene?"

Lexa accettò, e Clarke si mise in fila per ordinare.

Wells stava canticchiando tra sé e sè mentre portava dei tovaglioli ad un tavolo, sorridendo quando vide Clarke.

"Ancora arrabbiata perchè il tuo turno non è finito?" Scehrzò consapevolmente.

Clarke tirò fuori la lingua, dando il suo ordine a Miller e ai suoi assistenti. "In realtà, sì. Non c'è nessuno qui, e i compiti di Kane non si faranno da soli."

Wells fece una risatina. "Marcus Kane, l'anno scorso l'ho avuto: da molti compiti, ma ... se fai una buona impressione, sei a posto".

Clarke annuì, prendendo a cuore il consiglio. "Mia madre sta partecipando a dei colloqui per i genitori, il che è incredibilmente stupido perché lavora lì, ma ... Spero che lei riesca a farselo simpatico un po '... Cavolo, potrei usarlo a mio vantaggio."

Wells fu d'accordo. "Vale la pena sperare, giusto? Mi dispiace, non posso fare niente per te. Penserai che avere tuo padre come preside della scuola sia utile per te, ma ... No, anzi, credo che si aspetti ancora di più. "

Clarke scosse la testa, accarezzando Wells sulla spalla. "È un mondo crudele, vero, Jaha?"

"Già." Wells ridacchiò, saltando sul bancone. "Hai delle prospettive?"

"Huh?" Clarke sbatté le palpebre, chiedendosi se l'allarme antincendio le avesse danneggiato l'udito.

"Sai, prospettive di ballo? Appuntamenti?" Wells ci provò di nuovo con un piccolo sorriso.

"Beh, mi stai chiedendo di pensare al ballo?" Clarke sorrise al suo migliore amico. "Nel mese di settembre?"

Wells roteò gli occhi. "Ti stavo chiedendo se avevi messo gli occhi su qualcuno." Lanciò un'occhiata a Lexa, e lo sguardo di Clarke lo seguì. Stava digitando il suo telefono con un piccolo sorriso sul suo viso.

Era Costia, o Aden, e Clarke si ritrovò a pregare fosse quest'ultimo.

"Allora, che ne dici di Woods?" Wells sogghignò. "Ti fai la comandante di Arkadia? Perché sembra ..."

"No. Sta uscendo con Costia." Clarke rispose bruscamente. "E ... è egocentrica, sotto i riflettori di uno strano fan club, e-"

"Ricca, tipo, ricca sfondata." Wells aggiunse con serietà. "Ieri i suoi genitori sono diventati soci in affari con i proprietari."

La bocca di Clarke cadde. "Che cosa?" ansimò. "Perché?"

Wells scrollò le spalle. "Non mettere in dubbio i miracoli, Clarke, tu e Octavia avrete un aumento, forse dovreste essere amiche con lei."

Clarke roteò gli occhi. "Non provare a corromperla con la mia amicizia, Wells. Non finirà bene."

Wells ridacchiò, voltandosi per prendere il piatto di insalata che gli era appena stato servito. "Qualunque cosa, Clarke, ricorda: non infastidirla e fa tutto quello che chiede".

Clarke sembrava pronta a protestare.

"Clarke, non vuoi avere abbastanza soldi da permetterti i popcorn per la nostra prossima serata cinema?" Wells le ricordò.

"Sì." Clarke sospirò. "Ma dovrei lavorare per l'eternità, chi fa pagare dieci dollari per una porzione piccola di popcorn?"

Wells scosse la testa. "Io e te dovremmo sposare dei ricchi." La prese in giro, tornando al lavoro.

Clarke rise, portando il piatto a Lexa, che immediatamente mise da parte il telefono. Notò il nome del contatto di Aden che lampeggiava sullo schermo e sorrise. Almeno Lexa gli stava prestando attenzione.

"Eccoci qui." Clarke sorrise, posando il piatto davanti a lei. "Dimmi se hai bisogno di qualcosa e tornerò subito qui." Clarke indicò la sua zona di studio improvvisata per farle capire dove essere cercata.

Con sorpresa di Clarke, Lexa si accigliò leggermente, un'aria adorabile che contraddiceva la personalità che mostrava al mondo intero. "Vorresti unirti a me?"

"Io..uh ..." deglutì Clarke. Cosa stava succedendo? "Non posso, sto lavorando."

Lexa sorrise. "Non c'è nessuno qui, Clarke." Sottolineò.

Dannazione Clarke. Che modi per fare figure.

"Dovrei studiare per il primo test di Kane." Borbottò Clarke, il cuore che correva alla prospettiva di sedersi con Lexa. Perché? Era altrettanto socievole, altrettanto popolare. Questo non era affatto un problema di popolarità. Era a causa del modo in cui Lexa aveva gestito il suo attacco d'ansia? Perché si sentiva così incredibilmente nervosa attorno alla ragazza?

Il sorrisetto di Lexa crebbe solo. "Sono la sua assistente. Lo ha rimandato."

"Che cosa?" Gli occhi di Clarke si spalancarono e lei ansimò un po '. "Da quando?" Ha chiesto ironicamente.

"Da oggi pomeriggio." Lexa la informò. "Entrerò nella sua classe alla quarta ora per assistere."

Clarke rimase immobile. "Sono in quella classe."

"Oh?" Lexa sorrise. "Forse avremo un secondo per lavorare sul nostro progetto."

"Può essere." Clarke annuì.

"Allora ..." Lexa fece segno al posto accanto a lei. "Per favore."

"Mi sembra che tu non prenda bene il rifiuto." Clarke notò con un ghigno.

Lexa si morse un labbro. "Questo lo è? Un rifiuto?"

"No." Clarke sorrise, prendendo posto di fronte a lei. "Immagino di potermi trattenere un secondo per il tesoro di Arkadia."

"Sei tu il tesoro." Lexa scrollò le spalle, dando un morso tranquillamente. "Io sono la comandante."

Clarke sbuffò, arrossendo quando Lexa sorrise al suono. "Costia è il tesoro, voi due siete la coppia cliché per la quale nessuno ha chiesto."

Lexa non rispose. Invece, inclinò la testa di lato, e Clarke si sentì sciogliere dentro. "Voi due non andate d'accordo?" Chiese dolcemente.

"Non particolarmente, no." Clarke scrollò le spalle con nonchalance, anche se sentì del calore accumularsi dentro di sè. "Lei non mi ha mai nominato?"

Lexa scosse la testa, accigliandosi. Sembrava davvero infastidita. "Perché?"

Clarke roteò gli occhi. "Ad essere onesta, non sono del tutto a mio agio nel discuterne con la sua amante." Si sentì veleno nelle ultime parole di Clarke, e improvvisamente Lexa trovò la sua insalata molto interessante.

"Stai bene?" Chiese Lexa dopo un momento di silenzio.

Questa volta, fu Clarke a piegare la testa confusa. "Hmm?" Ha chiesto, incerto.

"Tu ..." Lexa lo precedette con un leggero sospiro. "Non devi parlare di quello che è successo, l'altro giorno in biblioteca, volevo solo assicurarmi che tu stia bene."

Clarke sentì la precedente acidità sciogliersi al tono di Lexa, la sua arroganza sepolta sotto ondate di sincera preocupazione. "Sono ... mi dispiace che tu abbia dovuto vederlo." Le guance di Clarke si arrossarono. "È stato incredibilmente ..."

"Va bene." Lexa finì, scuotendo la testa. "Non scusarti, Clarke, di certo non hai bisogno della mia approvazione per sentirti in un certo modo."

Clarke si bloccò.

Era stato inaspettato. Aveva sentito le frasi "Mi dispiace" e "povera piccola" così tante volte che aveva dimenticato cosa fosse il genuino riconoscimento del suo problema.

Era dolcemente liberatorio.

Clarke si morse un labbro, incredibilmente insicura a causa delle parole che uscirono dalla sua bocca.

"Penso, forse, siamo partite col piede sbagliato." Mormorò Clarke, con gli occhi che fissavano dritti gli occhi di Lexa.

Lexa annuì, i suoi occhi scintillavano di divertimento. "Spero di aver dimostrato di essere un po 'più di un atleta senza cervello. Lo sapevi che ho ricevuto oltre trenta copie di Airbud?" Sogghignò e Clarke si sentì personalmente attaccata da quanto fosse attraente.

Clarke sentì le sue guance diventare rosse. "è... brutto."

"No, non lo è." Lexa sospirò, suonando come se le sue scuse avessero un sapore amaro. "Ho ... attaccato un grande romanzo."

"Pensi che Orgoglio e Pregiudizio sia un grande romanzo?" Clarke sussultò, sorridendo come una matta.

"Sì." Lexa roteò gli occhi. "Per favore, mantienilo tra me e te."

Clarke ridacchiò e l'espressione di Lexa si illuminò immediatamente. "Cos'altro non so di te?"

"Molto, e se ancora pensi che sono un atleta sempliciotta, non penso lo scoprirai mai."

Clarke annuì lentamente, prendendo un respiro. Allungò la mano e Lexa la guardò. "Ciao, sono Clarke Griffin, appassionata di natura, lettura, arte e colore verde".

Lexa sentì un sorriso idiota sul viso mentre scuoteva la mano tesa di Clarke.

"Alexandria Woods, fanatica della salute, dello spazio e del colore blu."

Clarke tenne a mente tutto. Alexandria, eh? Emise un piccolo fischio. "Questo è bello."

Lexa scosse la testa. "Anche il tuo quadro lo era, quello a cui stavi lavorando l'altro giorno, quello in cui la foresta incontrava il cielo ..." Parlava come se fosse in trance.

"L'hai visto?" Chiese timidamente Clarke, desiderando che smettesse di reagire ad ogni maledetta parola che uscisse dalla bocca di Lexa.

Lexa annuì. "Io ... è stato incredibile ... mi sono sentita come ... se l'avessi già visto, da qualche parte prima."

Clarke annuì, le labbra leggermente socchiuse. "Davvero? Anche io, io-"

La porta d'ingresso del ristorante si spalancò rivelando tre ragazzi dall'aspetto particolare, due dei quali Clarke, che era di fronte alla porta, riconobbe immediatamente.

Clarke si irrigidì, le parole morirono sulle sue labbra, e la testa di Lexa si girò per vedere i ragazzi, poi i suoi occhi li scrutarono diligentemente. Non avevano ancora notato Clarke o Lexa.

"Li conosci?" Chiese Lexa con voce curiosa, e se Clarke non si sbagliava, sulla difensiva.

"Sono uscita con uno." Clarke rispose quando i suoi occhi trovarono il ragazzo in mezzo, con i capelli arruffati e il sorriso ironico.

"Sei uscita con Finn Collins?" Lexa sollevò un sopracciglio, prendendo in mano il suo cappotto elegante.

"Li conosci?" Clarke ricambiò la sorpresa.

"Sono andata a Mount Weather." Lexa si mosse a disagio. "Non era utile per una carriera sportiva, ma andava bene per le arti,"

Clarke annuì, mordendosi nervosamente le labbra. "Quello è Cage Wallace, il figlio del preside, lui ... non andiamo lì, ha una specie di infatuamento per me."

A quello, lo sguardo di Lexa si fece intenso. "È reciproco?"

Clarke sbuffò. "È una molestia. Chi ... chi è l'altro? Quello rumoroso?" Chiese piano, rifiutandosi di guardare Finn.

Lexa roteò gli occhi. "Quello è Carl Emerson, è ... un vero delinquente."

Clarke annuì, inspirando profondamente. "Dovrei andare."

Lexa guardò Clarke con una punta di preoccupazione. "Non può pensarci l'altro cameriere?"

Clarke scosse la testa. "Devo permettermi quelle dannate matite in qualche modo, giusto?" Offrì a Lexa un piccolo sorriso. "Ma ... è stato divertente incontrarti." la prese in giro leggermente, scivolando fuori dal suo posto.

"Il conto, Clarke." Lexa le ricordò, le lunghe dita che tamburellavano nervosamente sul tavolo.

Clarke scosse la testa. "Lo sai che non hai bisogno di pagare."

Lexa scosse la testa in modo esasperato, tirando fuori il portafoglio. "Bene, lasciami almeno-"

"Hey, tesoro!" Cage la chiamò, schioccando le dita a Clarke. "Vieni? Siamo piuttosto affamati qui."

Clarke si morse il labbro, i pugni che stretti sui fianchi. "Odio questo fottuto lavoro." mormorò, facendo un finto sorriso mentre si girava.

Lexa inclinò la testa, percependo distintamente la minaccia del tono di Cage.

"Ehi, Finn." Clarke sorrise strettamente, sventolando il suo taccuino.

Il ragazzo le rivolse un sorriso ugualmente a disagio, annuendo dall'angolo, apparentemente intrappolato tra Cage e Emerson.

"Cosa posso fare per voi?" Chiese Clarke, facendo del suo meglio per sembrare entusiasta.

"Cosa c'è di buono?" Cage sogghignò, sporgendosi in avanti, gli occhi che scansionavano il corpo di Clarke.

Clarke resistette all'impulso di alzare gli occhi al cielo. "Cage, probabilmente finirai per prendere la bistecca, e voi ragazzi, Finn, il vostro amico, forse un minuto o due?"

Finn annuì lentamente, con gli occhi che supplicavano Clarke di andarsene.

"Bene, prenderò un po 'd'acqua." Clarke annuì, voltandosi per andarsene.

Fece una smorfia, un'espressione esasperata sul suo viso, quando sentì Cage tirarla indietro dal laccio del grembiule, pericolosamente vicino ad essere una molestia sessuale.

"Clarke." Il tono di voce era allarmante. "Perché vai di fretta, piccola?"

"Okay, A, non chiamarmi così." Clarke roteò gli occhi. "E B, si chiama lavoro. Sai, quella cosa che fai quando non sei un viziatello che campa coi soldi di paparino."

Gli occhi di Emerson si spalancarono e Finn scoppiò in una risata, sbattendo la mano sul tavolo.

Lexa, anche se si era allontanata, sogghignò dal suo posto.

"Si?" Cage si leccò le labbra, scostandosi i capelli dagli occhi. "Ti manca avere un paparino, vero Clarke? Beh, ho un lavoro per te." Fece un cenno ai suoi pantaloni con un ghigno. "Puoi sederti sulle mie ginocchia-"

Cage Wallace non vide mai il pugno arrivare. Non si era mai aspettato che Clarke Griffin, tipicamente pacifica, gli desse un pugno dritto in faccia, facendolo cadere addosso a Finn, mentre stringeva il suo naso gridando furiosamente.

Sempre leale, Emerson in pochi secondi stava sovrastando Clarke. Era chiaramente in cerca di vendetta, e Clarke sapeva che non aveva chance con lui. Era una figura gigantesca, delle dimensioni di Roan Queen, forse.

Si fece avanti, avanzando verso Clarke, nonostante il grido di protesta di Finn, che lo implorava di fermarsi.

Gli occhi di Clarke si spalancarono quando si sentì sollevare lentamente, cercando comunque di mantenere il suo stato d'animo calmo.

Oh Dio. Aveva bisogno di Wells, o di Miller. Erano entrambi sordi a causa dello sfrigolio della griglia. Sentì il suo cuore battere ripetutamente nel il suo petto. Era stata una cosa molto, molto stupida.

Poi sentì qualcosa da dietro allontanarla da Emerson, tenendole la mano tremante.

Clarke si girò per vedere Lexa, sempre calma, spalleggiando Clarke come una guardia del corpo.

Clarke non era sicura del perché si sentì immediatamente più al sicuro, sapendo che l'atleta era lì per fornirle supporto. Il suo orgoglio era certamente passato in secondo piano rispetto al suo bisogno di rimanere in un pezzo solo.

"Carl". Lexa lo guardò, con gli occhi che lo squadravano.

"Woods?" Emerson sbatté le palpebre, fermandosi immediatamente, e le sue mani caddero al suo fianco.

"Non è una lotta che vuoi iniziare." Lexa parlò sottovoce, intensamente,e le sue parole trasmettevano una minaccia non troppo velata, "Prendi Cage e vattene."

Emerson sembrava sconvolto. "Woods, lei-"

"Vai." Lexa parlò in modo deciso.

La vena di Emerson sulla sua fronte era visibile mentre si rivolse a Finn, che stava aiutando Cage a fermare il sangue che era uscito dal suo naso malconcio.

"Aiutami a portarlo fuori di qui." Borbottò Finn, spingendo lentamente via Cage. "Ha bisogno di un dottore."

Emerson lanciò un'occhiataccia a Lexa mentre la sorpassò con Cage, borbottando una serie di bestemmie.

Clarke, ancora sotto shock, sbatté le palpebre quando Finn le si avvicinò.

Lexa si irrigidì, ma si rese conto che il suo tono e lo sguardo erano sinceramente dispiaciuti.

"Clarke, mi dispiace tanto." Finn scosse la testa. "Cage ha bevuto un po 'e-"

"Va bene." Clarke scosse la testa, offrendogli un sorriso stanco. "Solo ... vai, ok?"

"Scusate." Finn annuì mentre si voltò, scuotendo la testa per l'imbarazzo. Clarke non poté fare a meno di sentirsi come se le sue scuse si riferissero ad altro oltre che alle azioni del suo amico ubriaco, e si domandò se i sottotoni fossero davvero lì o se fosse la sua immaginazione.

Clarke si girò, con gli occhi che cercavano Lexa in una foschia indotta dall'adrenalina.

"Grazie per l'aiuto." Mormorò goffamente.

"Ad essere onesta, non pensavo che avessi bisogno di aiuto." Lexa la prese in giro, posando il conto sul tavolo. "Hai... del fuoco dentro di te, Clarke. Sta bene la tua mano?"

Clarke quasi si fermò del tutto quando le lunghe dita di Lexa le sfiorarono la mano, ispezionandola in cerca di danni. "E 'stato un colpo come si deve."

Clarke scosse la testa quando Lexa lasciò cadere la mano, sorridendo divertita. "Mio padre me lo ha insegnato." Scrollò le spalle, ma le sue parole rimasero sospese nell'aria.

Lexa decise di ignorare il tono malinconico dietro esse. Non voleva mettere Clarke in una posizione scomoda. Aveva sentito cosa aveva detto Cage. C'era sicuramente qualcosa che non andava.

"Cage ti infastidisce spesso?" Chiese Lexa, più dolcemente questa volta.

"Huh?" Clarke sbatté le palpebre. "Oh, sì. Lui, uh ... ho la sensazione che non finirà finché non farò qualcosa a riguardo".

"Mi sembra che lo hai appena fatto." Lexa sorrise, incrociando le braccia muscolose sul petto.

Le guance di Clarke arrossirono. "Tornerà, ne sono sicura."

La mascella di Lexa si strinse leggermente prima di afferrare il cibo di Aden, offrendo a Clarke un sorriso di scusa. "Dovrei portarlo ad Aden, mi farà impazzire se non mangia presto."

Clarke rise leggermente. "Ho messo un piccolo regalo per lui, digli che ... sono orgogliosa di lui."

Lexa annuì, un piccolo sorriso si formò sui suoi lineamenti. "Lo farò, Clarke, grazie."

 

 

 

 

 

 

Aden aveva capito che il secondo in cui Tris entrò staff editoriale del giornale scolastico avrebbe chiesto un'intervista con Anya.

La sua amica era molto, molto innamorata di sua cugina, ciò era stato chiaro dalla loro prima interazione insieme.

Aden non capiva bene come, visto che le due non avevano praticamente mai parlato, ma Tris sveniva sempre alla vista di Anya. Supponeva che fosse la quintessenza dell'esperienza del liceo, struggersi disperatamente per qualcuno che chiaramente non avrebbe mai ricambiato. Spesso aveva notato uno sguardo da innamorato negli occhi di Atom, ma non sapeva a chi fosse rivolto, e Nam desiderava solo una relazione con il sonno.

Ellis, sempre la solita, sosteneva di non avere tempo per queste cose e aveva alzato gli occhi al cielo quando Aden glielo aveva chiesto.

Tornando all'intervista. Aden si ritrovò seduto accanto a Tris, in preda al panico, mentre aspettavano che Anya uscisse dalla classe e si unisse a loro.

"E se mi odiasse?" Tris si agitò, camminando avanti e indietro così velocemente che Aden pensò che avrebbe fatto un buco nel tappeto. Continuò a sfogliare le pagine della sua copia di Harry Potter e la Pietra filosofale, senza nemmeno alzare gli occhi per risponderle.

"Non ti odierà", la calmò, "An non odia nessuno, a meno che il suo cognome non sia Queen."

"Come fai ad essere così calmo?" Sibilò Tris, passandosi la mano tra i capelli, angosciata.

Aden sollevò un sopracciglio, e lei lo guardò male.

"Giusto, sei suo cugino." Continuò a camminare su e giù per qualche istante, prima di alzare le mani in aria. "Non posso farlo, Aden, è troppo stressante, dovrei solo-" Le sue parole morirono in gola quando Anya entrò nella biblioteca, con i capelli bagnati dalla doccia post allenamento e l'asciugamano drappeggiato sulla spalla .

"Ehi nerd," Salutò Aden, prima di voltarsi per osservare Tris, che si era congelata. "Devi essere Tris? Anya, Aden mi ha parlato molto di te. "Allungò la mano, e Aden pensò per un momento che Tris sarebbe svenuta, ma si ricompose rapidamente e allungò la mano, afferrando quella di Anya nella propria e agitandola fermamente.

Stava andando bene.

 

 

 

 

 

"No, Emori."

Clarke scosse la testa mentre la giocatrice di lacrosse faceva il broncio, adattandosi facilmente al ritmo un po 'svelto di Clarke mentre le due si dirigevano verso l'aula di Marcus Kane, attraversando le affollate sale di Arkadia.

"Non sto dicendo che devi sposarla o che," ragionò Emori, "solo dalle una possibilità, esci con lei."

"Non dovrebbe chiedermelo da sola?" Clarke sbottò, girando brevemente la testa per guardare la sua amica con un sopracciglio alzato. "Invece di mandarti a farlo?" Emori roteò gli occhi.

"Non sa che sto parlando con te per lei, naturalmente, chi credi che io sia, Griffin, una specie di messaggero? No, ho solo pensato di mettere una buona parola a nome del mio capitano, e ho pensato che sarebbe stato meglio se l'avessi fatto io visto che noi due siamo davvero amiche. "

Se c'era qualcuno in tutta la scuola che poteva comparare Lexa Woods in termini di popolarità ed esagerazione, era Luna Rivers.

In effetti, quella ragazza era forse il membro più famoso del corpo studentesco prima dell'arrivo di Lexa,.

"Dalle una possibilità?" Implorò Emori, facendo la sua migliore impressione degli occhi da cucciolo.

"Non la rifiuterò all'istante, se è quello che stai chiedendo," Clarke rispose seccamente, "ma non sto promettendo che ne uscirà qualcosa di buono." Emori sogghignò ampiamente, dando una pacca a Clarke sulla schiena.

"Questo è lo spirito!", esultò. "Siamo giovani, Griff, adesso è il momento di uscire e vivere la vita." Le due entrarono nell'aula di Kane fianco a fianco, e gli occhi di Clarke furono attirati quasi istintivamente da Lexa, che stava valutando i documenti a una scrivania situato accanto a quello di Kane, e un piccolo sorriso le attraversò il viso quando gli occhi di Lexa si alzarono di scatto per salutarla.

"Clarke!" La sua attenzione fu spostata su Raven. "Chi pensi che vincerebbe in un combattimento: Hamilton o Burr?"

"Beh," rispose velocemente Clarke, "Penso che la storia ti risponderà, visto che Hamilton è morto in un duello con Burr."

"Vedi, Bell? Te l'avevo detto."

"Ma ha scelto di non combattere. Quando si capisce questo, Hamilton è stato ovviamente il migliore dei due ... "Bellamy si interruppe quando la stessa persona di cui Clarke aveva discusso in precedenza si avvicinò al gruppo di amici, posizionandosi sulla scrivania di fronte a Clarke, rivolta verso mentre si mise a cavalcioni della sedia.

 

"Rivers?" Le sopracciglia di Bellamy si corrugarono per la confusione mentre osservava la ragazza dai capelli ricci. "Cosa ti porta qui?"

"Dovevo venire a osservare la vera bellezza da vicino, naturalmente," scherzò, come se fosse la cosa più ovvia del pianeta, e guardò Clarke, che sentì le guance arrossire, "le foto non ti fanno giustizia, Clarke, sei davvero stupenda. "

"Non sei male nemmeno tu," sorrise Clarke, gli occhi che si posarono sul corpo di Luna, specialmente sul modo in cui la sua camicia aderiva ai muscoli tesi e alle curve morbide.

"Dovresti vedermi in palestra", la ragazza continuò, facendo l'occhiolino.

"Potrei accettare, Rivers," sorrise, "ma non essere troppo presuntuosa, almeno portami a cena."

"Oh, credimi, ho intenzione di farlo." La campana suonò in quel momento, e Luna sollevò la mano di Clarke sul suo viso, premendo un bacio sul dorso. "Ci vediamo più tardi, bellissima."

Mentre Kane entrò nella stanza, Clarke si girò per trovare i suoi amici in stato di shock. Raven, per una volta nella sua vita, era zitta, con la bocca aperta, e Bellamy e Octavia avevano un'espressione di sconcerto. La mascella di Jasper era spalancata, e Monty gliela chiuse con un'espressione accigliata. Emori, con tutta la sua compiaciutazza, stava solo sorridendo, e Murphy sembrava completamente infastidito dall'intera situazione.

"Che cos'era?" Sibilò Octavia sottovoce non appena si riprese.

"Penso che andrò ad un appuntamento," Clarke rispose in maniera concisa.

"Con lei?" Fece eco Raven.

Clarke sospirò profondamente, sentendo una lieve irritazione salire dentro di lei. "Proprio così. Non è un grosso problema, ragazzi. È solo un appuntamento. "Raven scambiò un'occhiata impotente con Bellamy, e il ragazzo dai capelli scuri continuò.

"È solo..." iniziò, "non vai molto spesso a degli appuntamenti, principessa. Siamo solo un po 'preoccupati, tutto qui. "

"Andrà tutto bene," disse Clarke, abbassando lo sguardo. "È solo un appuntamento." Non era sicura se la ripetizione fosse per convincere se stessa o i suoi amici. "Non credo che significherà molto." Clarke si rivolse a Monty, che aveva un'espressione pensosa sul viso.

“Mon? A cosa stai pensando?"

"Sembra che Woods voglia ammazzare qualcuno."

Confermando le sue parole, Lexa alzò lo sguardo dalla pila di fogli che aveva appena valutato, e aveva un aspetto stoico sul viso. La presa sulla sua penna era talmente stretta che Clarke poteva vedere le sue nocche sbiancate, e non potè che rabbrividire all'odio nel suo sguardo puntato verso Luna.

 

 

 

 

 

Lexa stava passando una splendida giornata.

Si era svegliata cinque minuti prima della sua sveglia, concedendosi il lusso di rimanere nel letto, e Gustus aveva preparato dei pancake con scaglie di cioccolato, fragole fresche e panna montata. Era arrivata a scuola prima ed era stata accolta da un bacio della sua meravigliosa ragazza, riuscendo perfino a superare inglese senza troppe discussioni con Clarke.

Kane aveva sorriso ampiamente al suo ingresso nella classe, facendole cenno di avvicinarsi e consegnandole una pila di fogli da valutare. Anche se non era molto interessante, il lavoro era stato abbastanza facile, e apprezzava sinceramente l'insegnante di storia, che la trattava come uno studente qualsiasi e non come una sorta di prodigio. Quando Clarke entrò nella stanza e le sorrise, Lexa fu sicura che il giorno sarebbe stato bello.

Poi Luna s'intromise.

Lexa la notò non appena entrò nella stanza, e l'altra ragazza le lanciò un sorrisetto, facendo irritare non poco la calciatrice. La famiglia Woods e la famiglia Rivers erano sempre stretti collaboratori, quindi Lexa aveva sopportato anni di competizioni non amichevoli con la giocatrice di lacrosse. Mentre non si odiavano l'un l'altra, non c'era assolutamente amore nella loro relazione.

In effetti, Lexa avrebbe voluto semplicemente passare la sua vita ignorando completamente Luna, ma per qualche ragione, non riusciva nemmeno provandoci.

Così, naturalmente, Lexa notò quando Luna si diresse verso Clarke, bloccando del tutto Clarke dalla sua visuale.

Non capì la rabbia che le ribollì dentro alla vista di Luna flirtare con Clarke, perché era quello che stava facendo. Noncapì l'ondata di ... protezione? ... che la investì. Perché lei e Clarke non erano nemmeno amiche, non proprio. Certo, c'era il potenziale per un'amicizia, ma non avevano raggiunto quel punto, non ancora.

E così Lexa non capì perchè si mise a stringere la penna come se fosse stata il collo di Luna.

Forse era gelosia.

Lexa respinse rapidamente il pensiero, quasi schernendosi a voce alta per la stupidità. Non c'era motivo di essere gelosa di Luna Rivers.

Era la stella della squadra di calcio, aveva una ragazza straordinaria che era anche la capo cheerleader, aveva voti sbalorditivi, ed era adorata da tutta la scuola, membri dello staff inclusi. Non le mancava niente.

Ma c'era ancora qualcosa che mancava.

E Lexa non aveva idea di cosa fosse.

 

 

 

 

 

 

 

Lexa non aveva mai visto così tanto colore nella sua vita. Non alle feste stravaganti dei suoi genitori e ai gala, nemmeno in nessun gay pride che avesse mai visto.

Questo era ultraterreno.

Mentre Lexa teneva la porta aperta per l'aula di Niylah, si sentì mormorare, "whoa".

Il sorriso di Costia era brillante quando diede a Lexa una gomitata, i cui occhi si erano posati su una massa di palloncini di tutte le forme, dimensioni e colori, fluttuando per toccare le lampade fluorescenti sul soffitto. "Clarke Griffin non risparmia spese per i suoi compleanni." Costia la informò con un sussurro silenzioso. "Beh, i suoi amici no, comunque."

Lexa annuì, sbattendo le palpebre quando un palloncino la mancò per poco quando Clarke si girò per salutare qualcuno che le augurava un buon compleanno.

Niylah era seduto vicino a Raven e Octavia, tutti e tre con indosso cappelli da festa, Niylah leggermente insoddisfatto, ma comunque divertito.

"Ciao piccola." Costia premette un bacio veloce verso l'angolo della bocca di Lexa prima di saltare al suo posto, probabilmente cercando di recuperare il pettegolezzo quotidiano con i suoi amici.

Lexa borbottò un mite addio, voltandosi per sedersi al suo posto accanto a Clarke, che era stata allontanata, parlando tranquillamente a qualcun altro.

Lexa sentì una strana sensazione nel profondo del suo stomaco. Era ... un senso di colpa? Perché era a mani vuote? Lei e Clarke erano poco amiche, più come "amiche nemiche". Non doveva nulla a Clarke, giusto?

Eppure, quando Clarke si voltò verso di lei, gli occhi azzurri abbassati, le guance rosse da tutta l'attenzione, sentì che qualcosa le doveva.

"Ciao." La voce di Clarke era bassa, un piccolo sorriso sulle labbra.

"Buon compleanno." Lexa la salutò, leggermente imbarazzata. "Mi dispiace ... se avessi saputo ..."

Clarke agitò una mano. "Cosa, mi avresti dato qualcosa? Non dirmi che mi stai prendendo in giro, Woods."

Lexa sentì un sorriso formarsi sulle labbra. "Forse". Schernì, anche se sentì un familiare strattone al petto.

"Qualche festa?" Chiese Lexa dopo un momento di silenzio.

Clarke scrollò le spalle, girando di scatto la testa verso Raven e Octavia, che urlavano e chiacchieravano per i loro grandiosi piani. "Queste due organizzano sempre qualcosa, che mi piaccia o no."

"Non ti piace l'attenzione?" Chiese Lexa con un sorriso ironico.

Clarke scrollò le spalle. "Non quanto piace a te di sicuro." Sogghignò quando la mascella di Lexa cadde, soddisfatta di aver lasciato il segno.

Lexa finse di sembrare ferita, scuotendo la testa. "E pensare che stavo pensando di risparmiarti oggi."

Clarke le rivolse un piccolo sorriso. "No, io ... non mi piace che mi venga ricordato che oggi è diverso, comunque."

Prima che Lexa potesse rispondere, la campanella suonò e Niylah si alzò, lisciando la sua camicia.

Quel giorno non dovevano fare lavori di gruppo e Lexa se ne andò chiedendosi che cosa intendesse esattamente Clarke.

Sembrava che, ovunque andasse Clarke, seguivano acclamazioni, risate e un comportamento generalmente festoso.

Lexa era arrivata con qualche minuto di ritardo alla lezione di storia di Marcus Kane, sperando di scivolare attraverso la porta inosservata. Invece, scoprì che stava scivolando in quella che era praticamente una festa, senza Kane nei paraggi

Lexa stava iniziando a notare che Kane aveva l'abitudine di presentarsi con circa dieci minuti di ritardo alla quarta ora di lezione.

Naturalmente, i Delinquenti presenti ne avevano approfittato, e l'aula era stata trasformata in una mini discoteca, con la musica a tutto volume da un mini stereo nello zaino di Octavia, il suo gemello in piedi sulla scrivania a distribuire cupcakes agli studenti desiderosi di festeggiare Clarke . Raven aveva sussurrato qualcosa a Luna, che stava guardando Clarke.

A quel punto, Lexa socchiuse gli occhi.

Monty, che Lexa aveva scoperto essere piuttosto brillante, solo dopo aver valutato la situazione, stava cercando di consolare la festeggiata in questione, che era rimasta in silenzio nell'angolo.

Quando Lexa intervenì, le teste si voltarono e alcune persone posarono i loro cupcakes con una leggera delusione mista a paura.

Era risaputo che Lexa Woods era il vice di Marcus Kane, il suo secondo in comando. Doveva far rispettare la sua parola, non è vero?

Ma Lexa Woods era anche una nota ribelle.

Lexa si fece largo oltre Bellamy, rifiutando cortesemente la sua offerta di un cupcake, mentre lasciò cadere la sua costosa borsa di libri con un sospiro, appoggiandosi allo schienale per osservare l'ambiente.

I suoi occhi vagarono verso Clarke. Il suo disagio sembrava essere evidente solo a Lexa, dato che tutti continuavano senza problemi con la loro festa, come se le spalle di Clarke non fossero in tensione e non si stesse continuamente mordendo il labbro.

Lo sguardo smeraldo di Lexa si restrinse quando Luna si alzò per avvolgere le braccia intorno a Clarke, tirando la bionda sulle sue ginocchia.

Beh, quella era sfacciataggine per una coppia così nuova, non è vero?

Lexa non riusciva a sentire le parole, ma poteva certamente leggere le labbra.

Sentì le sue stesse unghie scavare nelle sue cosce quando assistette a Luna sussurrare "Ehy, piccola."

Piccola? Lexa sentì una sensazione sgradevole nello stomaco, quella che in precedenza aveva attribuito alla rabbia, forse all'indigestione. Era chiaro ora, il problema era Luna.

Clarke sorrise con dolcezza, e Lexa sentì un po 'di quella rabbia dissiparsi. Dopotutto, aveva il diritto di proteggere la sua partner d'inglese, giusto? Niylah lo avrebbe voluto.

"Che cosa c'é?" Le labbra di Luna si mossero, quasi sfiorando l'orecchio di Clarke.

Lexa ascoltò attentamente la risposta di Clarke, solo per scoprire che Raven Reyes le stava bloccando il campo visivo.

"Ehi, comandante." Raven cinguettò, chinandosi davanti a Lexa, bloccando completamente la sua visuale.

"Ciao Raven." La risposta di Lexa fu un sospiro. Almeno poteva sentirla da vicino. "Ti stai godendo la festa di Clarke?"

"Questa?" Raven sbuffò, "Questa non è niente, Clarke di solito finisce per dare una mega festa da Octavia prima di..." Raven si interruppe vedendo il sopracciglio alzato di Lexa.

"Forse ho detto troppo."

Le labbra di Lexa si piegarono in un piccolo sorriso. Almeno Clarke aveva un gruppo di amici premurosi, di supporto. "Posso aiutarti con qualcosa? Non do le soluzioni ai test di Kane, perché non posso farlo. "

Raven sorrise. "No, in realtà." Cominciò a sussurrare, e Lexa dovette chiedersi dove fosse diretta la latina con il suo discorso. "Stavo per chiederti se avevi un problema con L-"

Raven non finì mai. Sopra alla musica, qualcuno aveva urlato "Clarke!"

E poi tutto andò all'inferno.

La musica, ancora a tutto volume, non si era fermata. Mentre la maggior parte dei delinquenti si comportava come al solito, Raven si voltò, dando a Lexa una visione chiara di quello che stava succedendo.

Clarke stava tenendo stretto l'orologio apparentemente grande che aveva sul polso, con le lacrime che le scendevano lungo le guance arrossate. Luna, scioccata e sorpresa,la stava ancora tenendo, ma si guardava intorno in evidente bisogno di assistenza.

Lexa riconobbe immediatamente i sintomi. Clarke stava avendo un altro ... attacco, un altro episodio di qualche tipo. Dal suo aspetto, non si accorgeva nemmeno delle mani di Luna che le cingevano la vita.

Lexa balzò in piedi, ricordando l'episodio in biblioteca. Non lo fece per scelta. Il puro istinto sopravvalse e Clarke affondò il volto nel collo di Lexa, facendosi cullare.

Questa volta, le cose andarono diversamente.

Era Bellamy che quasi saltò sulla scrivania, con le braccia tese per avvolgere Clarke mentre si trasferì quasi inconsciamente da Luna a Bellamy, con le lacrime che gli macchiavano la camicia mentre la teneva stretta, oscillando avanti e indietro.

Gli altri studenti non guardavano più. Octavia abbassò leggermente la musica e Lexa capì che stava risparmiando alla sua amica l'imbarazzo di una stanza silenziosa mentre singhiozzava. Luna accarezzò la schiena di Clarke, ma la povera Clarke sembrava sopraffatta.

Lexa osservò tutto ciò con rabbia, i pugni stretti sui fianchi. Clarke aveva bisogno di privacy e di aria. Doveva essere portata fuori, per avere pace e tranquillità, tranquillità e serenità. Aveva bisogno di Lexa.

Invece non ne aveva bisogno.

Lexa strinse i denti per la rabbia a causa della sua stessa confusione. Cosa stava succedendo? Perché si sentiva così personalmente colpita? Perché Clarke non si era rivolta a lei? Aveva funzionato così bene in biblioteca. Prima che Lexa potesse fare qualsiasi altra cosa, sentì Jasper, che era alla finestra, a fare da sentinella, sussurrare: "Arriva Kane!"

Rapidamente, la musica fu spenta, gli studenti si sedettero e Bellamy trascinò delicatamente Clarke fuori. Kane li salutò con un cenno prima di entrare nella classe.

Così Clarke se ne andò. Stava ancora piangendo mentre lasciava la stanza, e ora era andata.

Kane aveva un'aria contenta, rispecchiando il detto 'beata ignoranza', in netto contrasto con l'aria malinconica dell'aula. "Ciao studenti, signorina Woods." Annuì a Lexa con un sorriso. "Giornata splendida, non è vero?"

 

 

 

 

 

 

La terza volta che Lexa vide Clarke quel giorno, l'atmosfera era cambiata notevolmente. Non c'era nessun gruppo di delinquenti, nessuna rabbia e urla, nessuna musica proveniente da altoparlanti nascosti. Non c'erano cupcakes e dolcetti e canzoni in onore di Clarke Griffin.

Invece, c'era la rilassante brezza di settembre sul campo in erba che irradiava calore. C'erano i suoni e i grugniti della squadra di Lexa, invece.

C'era il blu. Così tanto blu. Profondo ceruleo, abbastanza profondo da rivelare i pensieri di Clarke a Lexa senza bisogno di parole.

Clarke si era avvicinata a Lexa, che stava osservando la sua squadra, appoggiata a uno degli enormi pali della porta, lo sguardo smeraldo che scrutava scrupolosamente il campo prima di incontrare Clarke con incertezza.

"Ciao, Lexa." Clarke la salutò, come se nulla fosse accaduto. Come se Lexa non l'avesse vista praticamente trascinata fuori dalla classe da Bellamy Blake.

"Griffin." Lexa annuì, sentendo un leggero calore scorrere attraverso di lei quando Clarke la osservò in uniforme.

Non si preoccupò di chiedere come fosse stato il suo compleanno. Aveva la sensazione che, se fosse stato qualcosa di simile a quello che era successo in classe, lo sapeva già.

"Scusa, sono un po 'in anticipo, solo ... non lo so, non sapevo dove aspettare." Clarke confessò, giocando pigramente con il cinturino del suo zaino. Lexa si accorse che lo faceva quando era nervosa.

Lo sguardo di Lexa si addolcì. "Aspettare?" ripetè insicura.

"Sì, te." Clarke sollevò un sopracciglio. "È ... giovedì, lavoriamo in biblioteca tutti i giovedì."

Lexa sbatté le palpebre.

Questa ragazza si impegnava davvero.

"Clarke, è il tuo compleanno." Lexa le fece notare, sentendo lo sguardo di Clarke spostarsi per un secondo sui suoi collant, prima di trovare la strada per i suoi occhi.

"Quindi?" Clarke scrollò le spalle. "Il lavoro deve ancora essere finito. Ho un paio di paragrafi da scrivere per la scadenza di venerdì."

Lexa sembrava incredula. "Se vuoi, li scrivo io per te."

Clarke si bloccò sul posto, chiaramente colta di sorpresa. "Tu cosa?"

Lexa si sentiva strana. Non era strano volerle fare un favore, vero? "Voglio dire ... dovresti andare, sembra che Raven stia programmando un ... una festa per te."

Clarke sorrise tristemente, scuotendo la testa, e qualcosa nel petto di Lexa doleva. Lo prese come spunto per afferrare la sua borsa, immaginando che si sarebbe cambiata più tardi, dopo aver finito con Clarke. Lo meritava per aver aspettato così tanto tempo.

"Pronta?"

"Uh ..." Clarke annuì lentamente, battendo le palpebre una o due volte. "Uhm, sì."

Lexa le fece strada, e Clarke trovò il suo posto accanto a lei mentre avanzavano lentamente.

"So che questo deve essere strano." Clarke sospirò.

"Hmm?" Lexa disse, e il suo cuore battè stranamente veloce. Sapeva cosa sarebbe successo.

"Devi pensare che sono pazza, o ... un mostro." Clarke scosse la testa. "So cosa hai visto oggi nella classe di Kane, ma-"

Lexa si girò e la fissò dritta negli occhi.

"Non l'ho mai detto." La voce di Lexa era diversa dal suo solito tono, ogni traccia di veleno si era dissipata.

"L'hai pensato." Clarke rispose. "Tutti lo fanno, io vorrei ... io solo ..." Clarke si interruppe. "Mi è successo qualcosa. Io-"

"Clarke." Lexa parlò gentilmente, i suoi occhi cercarono quelli di Clarke, forzando il contatto. "Non devi parlarne, l'ho già detto prima, volevo solo che tu lo sapessi ..." La voce di Lexa divenne più bassa, più morbida. "Voglio solo che tu sappia che sono qui, se tu ... hai bisogno di me. Io ... capisco." Ora Lexa sembrava essersi inceppata nelle sue parole, quasi in imbarazzo.

Clarke sbatté le palpebre, gli occhi spalancati. "Io ... Grazie ..." gracchiò, completamente disorientata da quello che aveva appena sentito.f

Lexa girò sui tacchi, sogghignando. "Chi lo sa? Forse il mio fanclub sarà in biblioteca."

Clarke sentì un sorriso tirar fuori il suo cipiglio precedente. "Sei così presuntuosa, Alexandria Woods."

 

Note:

Scusate il ritardo, oramai dovreste aver capito che non sono proprio una persona puntuale. A mia discolpa, questo è uno dei capitoli più lunghi che abbia mai fatto, scusatemi ancora, proverò a rifarmi con i prossimi.

Parlando del capitolo, cosa ne pensate? Clarke si è mostrata vulnerabile a Lexa, che non l'ha delusa. Al contrario, Luna non sembra la persona più indicata per Clarke, deve sparire (◕ᴗ◕✿). Per quanto andrà avanti la loro storia? Lexa interverrà o rimarrà al fianco di Costia?

Comunque sono contenta che l'autrice abbia inserito un po' tutti i tipi di rappresentazione che potesse (persone Lgbtq come le Clexa, Anya che è poliamorosa, Tris che è genderfuid, o delle persone con problemi relativi alla salute psicologica, Clarke con attacchi d'ansia/di panico); cos'altro vi piacerebbe vedere? Se vi va mi farebbe piacere sapere, appunto, cosa ne pensate.

Saluti, Nikishield

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Capitolo 7
*** Capitolo VI ***


Capitolo VI

"Buongiorno, Clarke." La voce di Lexa aveva un suono arrogante, mentre scivolò sul sedile accanto alla bionda, che stava diligentemente scrivendo nel suo quaderno di inglese, da brava studentessa.

Clarke scosse la testa esasperata. "Buongiorno, comandante."

Clarke non notò la reazione di Lexa al suo uso del soprannome. Era diverso, come diceva Clarke. Il modo in cui così elegantemente e deliziosamente rotolava via dalle sue labbra.

Lexa dimenticò come parlare.

"Hai vinto un'altra partita ..." Clarke disse, lanciando un'occhiata a Lexa con un sorriso ironico.

"Sei venuta." Lexa notò a voce alta, e Clarke distolse lo sguardo timidamente.

"Per Anya." Clarke sbottò.

"Hai una cotta per mia cugina?" Lo stupore e il tono acido di Lexa non furono notati da Clarke.

Clarke rise, arrossendo. "Uh, non proprio, ma ... sai ... devi supportare la tua calciatrice locale e tutto il resto."

Lexa socchiuse gli occhi, ma sorrise comunque. Clarke la stava prendendo in giro.

"Sei sulla cresta dell'onda, allora?" Chiese Clarke, sporgendosi in avanti sui gomiti, con un sorriso a trentadue denti.

"Non abbiamo intenzione di perdere." Lexa rispose con arroganza, ma sorrideva allo stesso modo a Clarke.

"Peccato." Clarke sussurrò, abbassando la voce in modo che Lexa fosse più vicina. "Sai, non potresti davvero sopportare di essere sbattuta col culo a terra un paio di volte. Porterebbe la tua arroganza a un livello minimo, pagherei per vederlo."

Lexa sorrise malvagiamente a Clarke, godendosi le battute come se fosse venuta solo per quello. "Pagheresti per vedere il mio culo, Griffin?"

"Non è quello che ho detto." Clarke sbottò, e le guance diventarono rosse.

Il ghigno di Lexa costrinse Clarke a scuotere la testa, borbottando: "Sei incorreggibile."

Il loro lavoro iniziò e l'umore giocoso di Lexa sembrò solo rafforzare lo spirito di Clarke. Anche lei era venuta per godersi le loro battute.

Forse aveva un po' a che fare con l'offerta di supporto di Lexa l'altro giorno sul campo.

Poteva essere.

Ma Clarke cominciò a notare piccole sfumature e cambiamenti nella tonalità di Lexa, nella sua espressione, una morbidezza che forse era stata assente il primo giorno. Era accattivante.

Verso la fine dell'ora, Clarke aveva notato che il ghigno di Lexa la stava affascinando.

Alzando gli occhi, sentì un immediato rossore sulle guance. "Cosa?" chiese.

"Oh, ti sto solo analizzando." Lexa annunciò, chiudendo il suo libro con un sorriso soddisfatto.

"Me?" Clarke sbuffò. "Per cosa? Cerchi un modo per cominciare nuovi litigi?"

C'era una strana intensità in quelle parole. Si ritrovò a guardare altrove, mentre Lexa si leccava le labbra, sentendo un calore familiare crescerle nello stomaco.

Okay, quindi aveva frustranti momenti di attrazione per Lexa Woods. Chi non li aveva?

"È solo ..." Lexa scrollò le spalle. "Sono la cosiddetta Comandante dei Kru ... Sei il capo del tuo piccolo gruppo di ... Delinquenti."

"Sì, sì, siamo capi di gruppi diversi." Clarke roteò gli occhi. "Perché è rilevante? Stai pianificando una guerra di bande?"

Le labbra di Lexa si sollevarono in un sorriso. "No. Avevo intenzione di invitarti a una festa a casa mia, venerdì sera."

Le sopracciglia di Clarke si sollevarono. "A casa tua?"

"Anya, se vogliamo essere precisi, ma mia zia e mio zio sono fuori città per un po 'di tempo. Questo lascia ad Anya e me al comando." Rispose pigramente, facendo roteare la penna tra le sue lunghe dita.

Clarke si morse il labbro. "Quindi stai approfittando delle tue responsabilità per ... far scontrare i nostri gruppi ad una festa?"

Lexa scrollò le spalle. "La voleva Costia, chi sono io per non dargliela?"

Clarke sentì una sgradevole sensazione nella bocca dello stomaco. Certo che Lexa lo faceva per lei.

"Bene." Clarke iniziò, pronta a rifiutare. Questo le aveva totalmebte rovinato l'umore. "Non credo che i nostri gruppi andrebbero d'accordo, hai ragione."

Lexa si sporse in avanti, sorridendo ironicamente con un luccichio nei suoi occhi. "Chi dice che parla di loro?"

Clarke si bloccò, battendo le ciglia per la sorpresa. Lexa aveva appena-

"Porta chi vuoi." Lexa scrollò le spalle quando suonò la campanella, offrendo a Clarke un sorriso pigro (ma dannazione se non era la cosa più bella che Clarke avesse mai visto). "Almeno ... pensaci."

Lexa si allontanò prima che Clarke avesse la possibilità di risponderle. Adesso doveva davvero prenderlo in considerazione.

 

 

 

 

 

 

 

Grazie ad un sacco di pianificazione furtiva da parte sua, Aden aveva finalmente messo in moto l'inizio del suo piano.

Clarke aveva cancellato la sessione di ripetizioni per quel giorno, citando motivi personali, che avevano dato ad Aden tutte le scuse di cui aveva bisogno per organizzare un incontro segreto. Con l'aiuto di Atom, Aden aveva localizzato con successo gli armadietti di tutti i cosiddetti delinquenti, e aveva lasciato loro delle note chiedendo di riunirsi nella biblioteca della scuola dopo la conclusione della sesta ora.

Aden si sedette, sfogliò il raccoglitore che aveva preparato e osservò mentre entravano uno dopo l'altro.

I gemelli Blake arrivarono per primi, con Raven che li seguì non molto tempo dopo, poi arrivarono Monty Green e Jasper Jordan finché, alla fine, Murphy entrò con le mani infilate nella tasca della felpa, sedendosi accanto agli altri. Stavano parlando tra di loro, e Aden valutò che l'umore generale era confuso. Quindi decise di far conoscere la sua presenza, camminando verso il tavolo dove si erano tutti seduti e facendo cadere il raccoglitore sul tavolo.

"Forse vi starete chiedendo perché vi ho riuniti tutti qui oggi", iniziò drammaticamente.

"Chi è il ragazzino?" Sentì Raven chiedere, e Octavia rispose un attimo dopo.

"Quello è Aden Woods."

"Come il fratellino della comandante?"

"Il solo e unico."

Si schiarì la gola, lanciando un'occhiata nella loro direzione, a cui Raven rispose con un ampio sorriso.

"Comunque, come stavo dicendo," continuò Aden, "siete tutti qui oggi per aiutare con un piano che ho concepito, e che vi mostrerò con l'aiuto del mio adorabile assistente, Atom." Al momento giusto, Atom si avvicinò, portando insieme a lui una lavagna gigante presa in prestito. Aden velocemente frugò nel suo raccoglitore e ne estrasse diversi fascicoletti, e Atom ne porse uno a ciascun delinquente.

"Prova A", mentre parlava, Aden estrasse rapidamente una foto di Clarke dal suo raccoglitore e la attaccò alla lavagna sul lato sinistro, "prova B", mise una foto di Lexa all'estremità opposta del tabellone e rapidamente tracciò una linea blu tra le due, e scrisse, in caratteri cubitali, OPERAZIONE CLEXA sopra la linea.

"Mi piace già questo ragazzino," Raven sorrise, sfogliando il fascicolo offerto, che era un'analisi dettagliata delle attività e la tempistica per il piano generale di Aden.

"Ora," continuò Aden, "come potete capire, questo è un tentativo di far incontrare la nostra amica, Clarke, e mia sorella ,Lexa, perché, francamente, la quantità di tensione sessuale tra loro due è ridicola. "

"Amen, fratello" Octavia sorrise.

"Ora, ci sono alcuni oscatoli in questo piano", disse Aden, facendo cenno ad Atom, che aveva le foto in mano, "prova C." Si fermò per permettere ad Atom di mettere la foto di Costia accanto al disegno di Lexa, una linea rosa tra le due. "E, più recentemente,c'è stato un ostacolo inaspettato che rallenterà i tempi, prova D." Atom mise una foto di Luna accanto a Clarke.

"Ora, mentre non ho nulla contro Costia o Luna, non penso proprio che loro due siano le migliori opzioni per le persone che stanno attualmente frequentando, e sarebbero più adatte a un altro partner."

"Sono d'accordo con te su questo," concordò Bellamy, stringendo le labbra, "Luna non aveva idea di come maneggiare Clarke quando era sotto shock, quindi non posso vederle durare molto a lungo." Aden gli sorrise ampiamente, e Atom iniziò a scrivere i rispettivi nomi alla lavagna.

"Ora, come puoi vedere, ho preparato un elenco completo di cose che puoi fare per aiutare Clarke e Lexa a rendersi conto che dovrebbero essere ... sì, Monty?" Il ragazzo coreano aveva un piccolo cipiglio sul suo volto e aveva quindi alzato la mano.

"Sì, non pensi che dovremmo permettere a loro di capirlo da sole?"

"Hai mai incontrato, Clarke, Mon? È ancora più testarda di Raven. "

"Lo prenderò come un complimento, Jas."

"Lo so, ma ..." Monty si fermò davanti agli sguardi dei suoi amici, che sembravano completamente d'accordo con l'idea, escluso Murphy, che sembrava piuttosto annoiato, come al solito, e, in evidente inferiorità numerica, il ragazzo sospirò. “Bene. Ragazzi, avete vinto. "

"Eccellente!" Aden battè le mani, "adesso, dobbiamo iniziare piano, lo personalmente partirei..."

 

 

 

 

 

 

"Non capisco perché sei arrabbiata." Anya sospirò, mettendo i piedi sul cruscotto di Lexa durante il breve viaggio verso Arkadia.

Lexa si stava nascondendo sotto i suoi occhiali da sole D&G, le labbra strette in una linea dritta, proprio come faceva sua madre quando era arrabbiata. A quel pensiero, sentì un'altra fitta. Non ricordava più nemmeno la voce severa di sua madre.

"Ow, hey!" Anya gridò quando Lexa le tolse malamente i piedi dal cruscotto.

"I piedi giù dal mio cruscotto." Lexa ringhiò, tenendo gli occhi sulla strada.

Aden sospirò, sporgendosi in avanti dal suo sedile dietro, per sussurrare all'orecchio di Anya: "È arrabbiata perché mamma e papà sono stati così impegnati che ci hanno a malapena chiamati una volta. Tu e Lexa avete avuto quattro vittorie consecutive e una stagione perfetta finora. "

"Allora?" Anya sbuffò. "Non è che giochi per loro."

Lexa, che era al corrente dei loro silenziosi sussurri, non rispose, ma si rimpicciolì ulteriormente nel suo posto.

"Allora, esci con la squadra al Dropship dopo le prove di oggi." Anya si offrì, lanciando un'occhiata a sua cugina.

"Dovrei uscire con Costia." Borbottò Lexa, i suoi occhi sulla strada.

Aden resistette all'impulso di alzare gli occhi al cielo.

Anya no.

"Perché?" Insistette Anya.

"È la mia ragazza, per cominciare." Rispose Lexa gentilmente, non volendo combattere così presto la mattina.

"Non significa che devi starle appiccicata tutto il tempo." Ribatté Anya.

"Amen." Aden mormorò tranquillamente dal sedile posteriore, vedendo lo sguardo offeso di Lexa attraverso lo specchietto retrovisore.

"Non sono dell'umore giusto per andare a inglese." Lexa sospirò, massaggiandosi la tempia con la mano libera mentre si fermò a un semaforo.

"Sì, ma Crewe quasi fa in modo che quella classe valga la pena." Anya sogghignò. "Giusto? È una figa stratosferica. "

Lexa si morse un labbro. "Non so nemmeno in che rapporti siamo, ad essere onesta. Le piace la mia compagna, però. Clarke.”

Aden si rianimò improvvisamente, e le sue sopracciglia si sollevarono. Era la sua occasione.

"Com'è che ... sta andando?" Chiese Anya, piuttosto goffamente.

"È ..." sospirò Lexa, lanciando un'occhiata ad Aden. "Ok, lo dirò solo una volta. Potrei aver reagito in modo eccessivo a lei. E'....”

"Incredibile?" Approvò Aden. "Grande? Davvero attraente? "

All'ultima, Anya gli lanciò un sorrisetto e scosse la testa, anche se nessuno dei due si perse la tensione di Lexa crescere.

"Lo stiamo facendo funzionare." Finì Lexa, fermandosi bruscamente di fronte al marciapiede.

"Uh, Lex." Mormorò Anya confuso. "Questo non è il parcheggio senior."

Lexa parcheggiò la macchina, lanciando un'occhiata ad Anya, facendole cenno di cambiar posto. "Hai assolutamente ragione." Lei rispose al fuoco. "Parcheggiala. E non un graffio, Anya. "

"Dove stai andando?" Chiese Anya, scivolando al posto del guidatore mentre fermava sua cugina.

Lexa scosse la testa in risposta, voltandosi.

"Sta andando a nascondersi, da qualche parte." Aden informò Anya con un'alzata di spalle. "Voleva saltare inglese, ricordi?"

"Wow, non mi rendevo conto di quanto fosse incazzata. Amico, è arrabbiata. "

 

 

 

 

 

La brezza mattutina faceva danzare i fiori nel giardino nord, oltre al campo di calcio dove Lexa trascorreva diligentemente tutto il suo tempo libero.

E per cosa?

Niente.

Era "La Comandante", "Dotata" o "Star della scuola".

Cosa importava?

Per quanto ne sapevano Alexander e Anastasia Woods, avrebbe potuto aver abbandonato la scuola ed essere diventata una stripper.

Lexa si sedette, mettendo da parte la borsa mentre accostava le ginocchia al petto, appoggiando il mento sui jeans. Inalò il dolce profumo dei fiori, che stavano emettendo i loro ultimi scorci di brillantezza prima dell'inverno.

Forse questi fiori sarebbero resistenti, come lei.

Forse erano sbocciati in primavera, quando tutto andava bene, come Lexa.

Forse erano determinati a rimanere vivi, anche nei periodi più duri e disperati, come l'inverno.

Forse lo era anche Lexa.

Lexa pensò a quante volte era stata lei a baciare le ferite di Aden, ad andare a prenderlo a scuola. Pensò a quante volte aveva fatto delle cose assurde, aveva abbandonando la classe, aveva scatenato tante risse, tutto perché i suoi amati madre e padre non si disturbavano tanto da essere presenti nella sua vita.

Ci pensò, e pianse.

Fece uscire le lacrime con piccoli sospiri, quasi trattenuti, terrorizzata all'idea di essere vista.

L'ultima volta in cui le avevano effettivamente parlato era stata in una chiamata su Skype, in cui tutto ciò che avevano fatto era stato complimentarsi per Costia.

Non aveva avuto una chiaccherata a cuore aperto con sua madre sull'essere donna da secoli.

Suo padre non le aveva passato la palla in mesi.

Sapeva che era ridicolo, meschino, persino. Lei aveva diciott'anni. Era adulta. Sapeva che non aveva bisogno di nessuno. Sapeva che nessuno doveva conoscere i suoi pensieri più intimi, i suoi segreti e sentimenti che temeva di condividere con quelli più vicini a lei.

Aden sapeva di non doverla disturbare durante questi periodi di rifugio, e non avrebbe mai saltato le lezioni.

Lexa non era sicura che fosse nella capacità di Anya di occuparsi di cose così futili.

Indra e Gustus erano dolci, ma erano occupati a guadagnarsi da vivere e Lexa non osava interferire con quello.

Pensò a Costia, alla sua radiosa bellezza, ai suoi dolci sorrisi.

Non avrebbe mai potuto aprirsi a Costia in quel modo. Non con tutte le piccole complicazioni di cui Costia si occupava, come la scuola e la borsa di studio, il dramma e il pettegolezzo del suo stato.

Lexa si sentì sola, non per la prima volta quel giorno, quella settimana, quel mese, quell'anno.

Lexa si sentiva sola. Sola, sola, completamente sola.

 

 

 

 

 

 

Clarke si accigliò mentre la campanella dell'inizio di chimica suonava, e Lexa non si vedeva da nessuna parte.

Dopo non aver visto la ragazza ad inglese, Clarke aveva pensato che stesse facendo qualcosa con Titus, dato che saltava sempre qualche lezione per vari motivi, ma di solito tornava alla terza ora, che era chimica. Questa volta, tuttavia, rimase stranamente assente, e Clarke non poté fare a meno di sentire una fitta di preoccupazione nei confronti della mora. Pensò di mandarle un messaggio chiedendole se fosse a posto, ma respinse il pensiero rapidamente, poiché non voleva sembrare troppo preoccupata.

"Buongiorno," salutò Pike mentre entrava nella stanza, e la porta si chiuse dietro di lui con uno scatto echeggiante.

"Buongiorno signor Pike." La risposta monotona della classe riecheggiò attraverso la fredda classe, e l'uomo sorrise, posando la borsa sulla scrivania.

"Ora, come stavo spiegando l'altro giorno, oggi faremo un esperimento riguardante la formazione di diverse strutture cristalline, quindi avrete bisogno di entrare in coppie di due, né più né meno. Vi darò qualche minuto per decidere tra di voi, e poi potete iniziare quando siete pronti. E per favore, per l'amor di dio, "si fermò per lanciare uno sguardo in direzione di Raven e Jasper," non fate saltare in aria niente oggi. "

"Nessuna promessa, signore!" Raven disse sfacciatamente, e l'uomo alzò gli occhi al cielo prima di tornare a qualsiasi cosa facesse sul suo laptop ogni giorno. Clarke pensò che avesse qualcosa a che fare con la botanica, perché Pike adorava assolutamente le piante, e ne teneva anche alcune nella sua classe, il che era una mossa audace da parte sua, specialmente considerando quanto spesso Raven e Jasper davano fuoco alle cose.

Clarke si rivolse immediatamente a Octavia, che la salutò con un sorriso, accarezzando la sedia accanto a lei.

"Dieci dollari dice che Raven darà fuoco a qualcosa", sussurrò Octavia, e Clarke roteò gli occhi.

"Non ci scommetto, O, ho imparato la lezione nel modo più duro," fece una pausa, "venti che infiammerà la maglietta di Bellamy." Octavia sorrise e strinse la mano a Clarke.

"Sei così avanti, Griffin."

"Va bene, chi di voi nerd sarà il mio compagno ghiacchè mia cugina mi ha gentilmente risparmiato la sua presenza." Clarke non poté fare a meno di sintonizzarsi sulla conversazione di Anya, perché sperava di avere informazioni sul motivo per cui Lexa era assente.

"Lo farò io." Clarke si scambiò un sorriso con Octavia quando le voci di Raven e Bellamy suonarono all'unisono, e Clarke ebbe la sensazione che sarebbe uscita da questa classe con venti dollari in più.

"Ooh, due idioti che lottano per la mia mano.", Anya disse impassibile, " i miei sogni si avverano." Bellamy e Raven, tuttavia, ignorarono la sua osservazione sprezzante e si fissarono l'un l'altro.

"Sto per diventare più ricca di venti dollari", canticchiò Clarke, e Octavia si accigliò in risposta.

"Se Anya avesse voluto fallire in chimica, avrebbe scelto te come partner, Bell," sbuffò Raven, "perché la tua testa non è altro che vuota."

"Sì, beh, non credo che Anya voglia esplodere," replicò Bellamy, "e non essere gelosa perché sono più bello di te, Rae."

"Oh tu? migliore? Devo ricordarti chi dei due ha ... "

Scegliendo di ignorare i suoi due amici, Clarke andò contro il suo giudizio migliore e tirò su il telefono, mordendosi leggermente le labbra mentre toccava l'app messaggistica.

Clarke Griffin

Tutto bene? Non ti ho visto oggi.

 

Cercò di respingere la sua delusione e preoccupazione quando non ci fu una risposta immediata, e il fatto che avesse bisogno di respingere le emozioni la confuse completamente. Lei e Lexa erano a malapena amiche ... ma era una bugia. Clarke non era solo amica con persone che la vedevano in quello stato di vulnerabilità emotiva e la confortavano.

"O si? Beh, almeno non sono ossessionato da qualche stupido musical - "

"-Non coinvolgere Hamilton in questo! Lin-Manuel Miranda è un genio! "

"Vedi? Che cazzo di nerd - "

"Ok, che ne diciamo di calmarci, non c'è bisogno di litigare per m-merda!" L'esclamazione di sorpresa di Anya riuscì a scacciare Clarke dai suoi stessi pensieri, e la ragazza bionda si accorse delle urla allarmate di Bellamy Blake, che stava saltando su e giù, cercando di spegnere la fiamma arancione che gli era spuntata sulla maglietta.

"mettiti a terra e rotola, Bell," brontolò Ottavia mentre pescava nel portafoglio, sbattendo con malavoglia una banconota nelle mani tese di Clarke. Bellamy, tuttavia, non era calmo in queste situazioni, quindi corse alla doccia di emergenza e tirò la maniglia, e la classe esplose nel caos mentre l'acqua cominciò a scendere dal soffitto, e il compiaciuto presidente della classe ne approfittò per togliersi la maglietta, rivelando i muscoli tonici che ora brillavano d'acqua.

"Accidenti a te, Bellamy! Questo era il tuo piano per tutto il tempo, non è così? "

Maestro Jedi Clarke

Se stessi cercando una Lexa, dove la troverei?

Giovane Padawan

Probabilmente nel campo dei fiori a nord della scuola.

Perché la stai cercando?

Maestro Jedi Clarke

.Sono preoccupata

Giovane Padawan

In bocca al lupo!

 

Pike aveva un'aria assassina, e alzò le braccia in aria in segno di resa.

"Cerco di avere un laboratorio bello e tranquillo e succede questo. Ho bisogno di una vacanza. "Uscì dalla stanza, con la borsa in mano, lasciando una classe turbolenta nella sua scia. Raven stava ancora urlando a Bellamy, ora in spagnolo, e Anya sembrava troppo divertita.

Approfittando del caos, Clarke scivolò fuori dalla stanza relativamente inosservata, e cominciò a farsi strada fuori dall'edificio, con una destinazione ben chiara.

La passeggiata non durò molto a lungo, il prato era appena sopra la collina a sinistra del campo da calcio, e Clarke aveva frequentato il posto quasi religiosamente nel suo anno da primina, usando i colori vivaci come fonte d'ispirazione per i suoi dipinti .

Lexa era seduta di fronte a lei, con il mento appoggiato alle ginocchia, sul pendio della collina, a fissare la moltitudine di fiori, con un'espressione molto più insicura di quanto Clarke l'avesse mai vista.

Senza parole, la bionda si sedette accanto a Lexa, tirando su le ginocchia in modo simile.

Le due rimasero in silenzio per un po ', guardando solo i fiori. Clarke non era sicura di come si sentisse in quel momento, ma c'era una sensazione di calma, di convivenza, e lei poteva sentire il suo stress sciogliersi come gocce di rugiada evaporanti, persuase dolcemente dal sole di metà mattina. Le loro spalle si sfioravano a malapena, giacchè Clarke non voleva intromettersi nello spazio personale di Lexa, ma la bruna non si era allontanata da lei. Dopo alcuni lunghi momenti, Lexa aprì la bocca.

"Ti sei mai sentito così sola al mondo? Del tipo che sei circondata da persone ma senti che c'è qualcosa che manca, un pezzo di te che hai perso, e non riesci a capire cosa? E poi ti rendi conto che è solo il dolore sordo della solitudine che ti travolge le ossa e niente sembra fermarlo? "

Clarke conosceva il sentimento fin troppo bene, lo conosceva forse meglio di quanto Lexa avesse mai fatto, ma non esternò quei pensieri, perché quello era il momento di introspezione di Lexa, non il suo.

"Io ..." Lexa fece una pausa, incapace di formare delle parole, le sopracciglia aggrottate nell'ovvia frustrazione, "Non mi piace sentirmi così, ed essere così impotente al riguardo."

Senza parole, Clarke si sporse leggermente verso Lexa, e l'altra ragazza si sciolse al suo tocco, la mano sinistra accettò facilmente la destra di Clarke e sospirò contenta quando Clarke cominciò a disegnare piccoli cerchi confortanti sul palmo della sua mano.

Clarke non seppe per quanto tempo rimasero sedute lì, Lexa a trarre conforto dalla sua compagna silenziosa. Poteva essere stata un'eternità o pochi attimi fugaci, ma erano in pace.

In lontananza, suonò la campana per la quarta ora, e Clarke si alzò in piedi, spazzolando via i fili d'erba dai suoi pantaloni prima di abbassare il braccio per aiutare Lexa ad alzarsi. Lexa lo fissò per un momento prima di accettare, e Clarke la tirò su da terra prima di tentare di riportare alla luce la solita arrogante ragazza con un abbraccio morbidoso, lasciando che Lexa si rilassasse tra le sue braccia.

“Lexa?”

"Sì, Clarke?"

"Non sei mai sola." Mentre Clarke si allontanò dall'altra ragazza, finse di ignorare la lucentezza del suo sguardo smeraldo, e si girò, tirando Lexa al suo fianco. "Andiamo, o faremo tardi con Kane." Lexa rise senza allegria, usando la sua mano libera per asciugarsi gli occhi da dietro Clarke, prima che le due si dirigessero nuovamente verso la scuola.

 

 

 

 

 

 

 

L'assimilazione senza attenzione della lezione di Kane sarebbe stata quasi piacevole, se Lexa non avesse scoperto che fissare Clarke Griffin rendeva la separazione quasi mille volte più dolorosa.

Lo stesso Kane aveva preso l'abitudine di venire in ritardo, perciò gli studenti si prendevano la briga di abbandonare i propri posti e semplicemente iniziare a conversare.

Lexa, d'altra parte, aveva doveri da rispettare, lealtà da mantenere.

Notò la pila di fogli sulla scrivania, tutti gli esami della scorsa lezione. Notò anche una busta marcata con la scritta di Kane: Solo per gli occhi di Lexa Woods. Lei scosse la testa, chiedendosi se Kane davvero pensava avrebbe fermato qualcuno.

Per fortuna, era arrivata lì per prima.

Con un sospiro, Lexa scivolò sulla sedia, tirando le carte davanti a sè. Con un gran sospiro, cominciò a mettere sistemare il tutto, desiderosa di concentrarsi sul compito da svolgere.

Invece, sentì una mano sopra la sua. Alzò lo sguardo, scrutando l'interlocutore.

"Ehi, comandante." Era Jasper Jordan, con un sorriso sfrontato, che si sporgeva sulla scrivania come se fosse un bar e lui le stesse facendo il favore di ordinare un drink.

"Jordan." Lexa rispose bruscamente.

Oggi non era il giorno per i delinquenti, con la rara eccezione di Clarke Griffin.

"Quindi, ho sentito che vieni da una famiglia d'affari?" Jasper alzò le sopracciglia.

Lexa sospirò, massaggiandosi le tempie. "Sono stati i miei genitori e il mio cognome sulla copertina di Forbes a darti quell'impressione?"

Jasper ridacchiò, mentre Lexa cercò di mantenere la sua calma facciata. "Ad ogni modo, mi sembra che tu sia una ragazza intelligente."

"Non ti sto dando la chiave d'esame per vendere, Jordan." Lexa sbuffò.

La faccia di Jasper cadde immediatamente. Il crimine sarebbe stato tracciato direttamente a lei. Le sue opportunità di borsa di studio sarebbero andate in fumo, e forse allora i suoi genitori si sarebbero accorti di lei.

Tutti i delinquenti erano così?

"Pensaci." Jasper mise un braccio attorno a Lexa, non notando il modo in cui il suo corpo tonico s'irrigidì. "Tu, io, forse Monty .... Centinaia di dollari ..."

"Whoa, Jas." Il tono rauco di Clarke Griffin interruppe i pensieri di Lexa. "È a una decina di secondi dallo staccarti le dita."

Jasper notò la posizione tesa di Lexa e indietreggiò immediatamente, con gli occhi spalancati. "No ... No, non ce n'è bisogno. Sono solo ... Sto per ... sai cosa? Non abbiamo mai parlato. "

Si diresse verso Monty.

Clarke ridacchiò e Lexa sentì la sua rabbia evaporare sul posto. "Il mio eroe." le disse, osservando gli occhi di Clarke brillare di divertimento.

"Mi dispiace, per lui. Lui è ... "Clarke scrollò le spalle. "Lo amiamo comunque."

Lexa sorrise. "Lo stesso per Anya. Immagino che essere imparentate aiuti, lì. "

Clarke ridacchiò sommessamente.

Prima che Lexa potesse aggiungere qualcosa, tuttavia, le mani di Clarke furono tirate in avanti e lei si voltò di scatto per rivelare Luna, che aveva un sorrisetto compiaciuto. Era in una magliettina aderente, e Lexa sentì qualcosa di sgradevole muoversi ancora dentro di lei.

"Ehi." Respirò Clarke, sorridendo in modo uniforme.

"Ehi tu." Offrì Luna. "Come stai?"

"Tutto apposto. Sono stanca, ma ... Va bene. "Clarke disse, apparentemente ancora imbarazzata dal suo attacco dell'ultima volta di fronte a Luna.

Lexa attese, perché Luna glielo chiedesse. Che chiedesse come stava affrontando il tutto, se andava tutto bene, se aveva bisogno di sostegno.

Luna decise di evitare del tutto l'argomento.

"Lo stesso per me, l'allenamento diventa un po 'duro." Luna annuì, come se conoscesse il dolore di Clarke.

Lexa sbuffò a voce alta. Non era nemmeno la stagione di Lacrosse.

Poteva praticamente sentire le vibrazioni imbarazzanti che Clarke stava emanando mentre lottava per schivare l'argomento scottante: il suo attacco. Lexa non poteva credere che Luna l'avesse ignorato così apertamente, soprattutto considerando quanto malamente l'avesse gestito.

"C'è qualcosa di divertente, Woods?" Luna, recitando la parte di un amica di famiglia sempre vicino, si sporse dalla scrivania di Lexa, sorridendo ancora con aria fastidiosa.

Lexa voleva cancellarglielo con un pugno.

"Il tuo test." Lexa scrollò le spalle con un tono che invitò Luna a ribattere. "Lo sto valutando."

"Oh, Lex." Luna iniziò con un'audace risata. "Sempre competitiva." Luna si voltò verso Clarke, che stava guardando l'intero dibattito con aria interrogativa. "Sapevi che abbiamo giocato a calcio insieme, crescendo?"

"Una di noi ne ha ricavato qualcosa, almeno." Mormorò Lexa, cercando disperatamente di concentrarsi sui documenti che aveva davanti.

Il sorrisino di Luna era incrollabile. "Questo perché ero più interessata alla finezza del lacrosse."

Lexa contraccambiò.

"Avrei potuto diventare la star del calcio se avessi voluto." Luna scrollò le spalle, Clarke annuì, sembrando accettare l'idea. "Probabilmente avrei sconfitto Woods come capitano, qui."

A quel punto, diverse teste si voltarono. La classe rimase in silenzio, a parte gli "ooh" degli studenti che cercavano disperatamente di far iniziare una lotta tra le due. Erano entrambe molto sveglie, sarebbe stata una litigata epica.

Lexa si alzò, stringendo gli occhi, stringendo la mascella.

Solo Clarke sapeva che tipo di giornata stava avendo.

"Oh, sembra che io abbia toccato un tasto dolente." Mormorò Luna, anche se non c'era troppa malizia nel suo tono.

Clarke non sembrava capire la loro relazione. Se erano amici di famiglia, perché sembravano volersi uccidere a vicenda?

Lexa si avvicinò alla scrivania e Clarke notò il modo in cui i suoi muscoli si tesero, proprio come la sua mascella.

"Oh merda." Borbottò Bellamy dal suo posto con i delinquenti, alzandosi in piedi. "Woods ..." disse, spostandosi dietro di lei con cautela.

Lexa era così non interessata al suo richiamo.

"Santo cielo." Raven sorrise a Octavia, che guardò l'intera scena con un sorriso ironico. Era ovviamente un tiro alla fune per gli affetti di Clarke Griffin.

Aden stava gridando dentro.

"Ehi." Clarke si rivolse a Lexa, cercando di attirare la sua attenzione. "Lexa." Provò di nuovo. Fece un passo avanti, appoggiando una mano gentilmente su Lexa, costringendo la ragazza a fare un passo indietro.

Con sorpresa di tutti, non diede una risposta di alcun tipo a Luna. Lexa fece un respiro, con gli occhi fissi su Clarke.

"Non ne vale la pena." Mormorò Clarke in modo che solo Lexa potesse sentire, offrendole un sorriso ironico.

Lexa non ci poteva credere.

Clarke si era schierata dalla sua parte? Contro Luna? Non stavano mica uscendo insieme?

Prima che lei potesse elaborare ciò che era appena accaduto, Kane entrò, raggiante e sghignazzante come sempre.

"Buongiorno, miei adorabili studenti!" Sogghignò.

Lexa si chiese cosa diavolo avesse ultimamente.

"Hey. Ti vengo a prendere alle sette, giusto? "Luna sorrise in direzione di Clarke, e Clarke annuì vigorosamente, scivolando silenziosamente nel suo posto.

Lexa fissò l'esame di Luna, sperando che avesse fallito in pieno.

 

 

 

 

 

 

 

"Ci vediamo domani, sì?"

Aden sorrise mentre Atom raccolse il pallone con cui si stavano esercitando.

Nei giorni in cui Aden non era a ripetizioni con Clarke, i due ragazzi trascorrevano circa un'ora insieme dopo la scuola, facendo un giro e aspettando i rispettivi passaggi a casa. La madre di Atom non smetteva di lavorare fino a tardi, e Aden doveva aspettare che Lexa finisse gli allenamenti, quindi aveva senso che i due passassero il tempo insieme.

Per questo, e perchè Aden amava sinceramente passare il tempo con Atom. C'era qualcosa nell'altro ragazzo che lo faceva sentire completamente a suo agio, e non aveva mai dovuto preoccuparsi di essere qualcun altro in presenza di Atom. Atom lo accettava per quello che era, niente di più, niente di meno, ed Aden lo apprezzava immensamente.

"Sì," Aden rispose, abbracciando rapidamente il più alto, "ci vediamo, nerd."

Atom si tirò indietro con un piccolo sorriso sul volto, una leggera sfumatura rosa sulle guance, prima di correre in direzione del parcheggio, con lo zaino in spalla.

Ora, senza distrazioni, Aden fece per allontanarsi dal cortile, fischiettando distrattamente tra sé e sé. Il sole era ancora alto nel cielo, ei suoi occhi tracciavano le linee della sua ombra. La sua espressione si fece più cupa quando notò altre ombre che si avvicinavano alle sue, poiché non aveva visto nessun altro intorno nel cortile.

Aden si voltò e sentì il suo cuore cedere quando osservò i volti familiari di Dax Mulligan e dei suoi due compari, Sterling e Myles.

"Mulligan," salutò, facendo del suo meglio per rimanere calmo.

"Woods", il ragazzo molto più grande aveva un sorrisetto piuttosto malvagio sul viso, e Aden sapeva che non sarebbe finita bene. "Voi due, assicuratevi che quella cagna della Griffin non intervenga."

"Quale?" Chiese Sterling, e Dax lo guardò torvo.

"Entrambe, non me ne importa, assicurati solo che non ci interrompano."

Aden sentì un'ondata di rabbia crescere dentro di lui alle parole del bullo, perché Clarke era una delle persone più premurose che avesse mai incontrato, e non meritava di essere definita tale, e sapeva che Abby Griffin non era molto diversa.

A quel punto, gli altri due ragazzi scapparono via, e Aden si girò di nuovo verso Dax, che scrocchiare le nocche in un modo che avrebbe dovuto essere minaccioso, e Aden fece l'unica cosa sensata a cui potesse pensare.

Corse.

I suoi piedi lo portarono velocemente dentro la scuola, e si guardò attorno freneticamente per trovare un posto dove correre, ma ormai la maggior parte del personale se n'era andata, e i corridoi erano deserti.

"Non puoi sfuggire questa volta," Dax rise, "non hai quella cagna bionda a salvarti."

Fedele alla sue parole, non passò molto tempo prima che Dax lo trovasse.

Nel giro di pochi istanti, Aden si ritrovò di nuovo sospeso nell'aria, appoggiato contro la spiacevole freddezza degli armadietti.

"Sei disgustoso, lo sai?" Ringhiò Dax. "Tu e il tuo piccolo fidanzato." Aden ci mise un momento a capire cosa intendesse, prima di realizzarlo.

"Atom? Ma non siamo- "

Dax, tuttavia, non sembrava preoccuparsi dello stato della relazione tra Aden e Atom, e il ragazzo dai capelli biondi non riuscì a rispondere prima che ricevesse un forte colpo all'addome, e urlò di dolore, lasciandosi cadere a terra quando Dax lo mollò.

Mentre tentava di rialzarsi, ma un rapido calcio al lato del suo viso fermò i suoi sforzi, facendogli sbattere la testa contro il metallo delle porte degli armadietti, e Aden si raggomitolò in posizione fetale, con le braccia a coprire la sua testa in un tentativo di proteggersi da ulteriori colpi.

Non funzionò.

Dax sembrava rendersi conto che il suo attacco sarebbe passato più inosservato colpendo posti poco visibili, lo stomaco e le gambe di Aden, e il ragazzino sapeva che il suo corpo sarebbe stato presto pieno di lividi.

Per ciò che capiva Aden avrebbero potuto essere passati minuti o ore, e tutto quello che riusciva più a registrare a quel punto era dolore, fino a quando, all'improvviso, i pugni di Dax non lo colpirono più,

"Ehy, che cazzo?! Lascialo andare! "

Aprì solo un occhio per trovare il compagno di squadra di sua sorella, Nathan Miller, che torreggiava minacciosamente su Dax.

"Se lo merita, però," sogghignò Dax, "il piccolo fro-" Nathan diede un rapido calcio alle palle dell'altro ragazzo, che cadde come un peso morto.

"Guardati, Mulligan," ringhiò Nathan, "lotta con quelli della tua taglia. Vattene, prima che decida di darti una lezione. "Aden si ritirò leggermente quando il suo salvatore si avvicinò a lui, dolorante dappertutto.

"Ehi, stai bene?" Riaprì l'occhio sinistro per osservare con cautela il giocatore, i cui occhi si spalancarono in segno di riconoscimento. " Woods?"

"Non ..", Aden ansimò, "non dirlo a Lexa." Una pausa. "O Anya."

Sapeva che se sua sorella o sua cugina avessero scoperto la sua situazione, del sangue sarebbe stato versato, e Aden non voleva arrivare a quello. Poteva essere un bullo, ma nessuno meritava di essere ferito così gravemente.

"Ok, allora chiamerò Clarke ..." Aden scosse la testa, alzandosi seduto con grande difficoltà.

"No" ripeté con veemenza, "non dirlo a nessuno".

Nathan lo guardò con uno sguardo un po 'disorientato, prima di sospirare.

"Va bene, ragazzo, immagino che siamo solo io e te. Dai, tiriamoti su. "Aiutò il ragazzo molto più piccolo e sostenne il suo peso in modo che i due potessero barcollare verso un ufficio chiuso a chiave.

"Il capo della sicurezza è mio padre," Nathan scrollò le spalle, tirando fuori le chiavi dalla tasca posteriore, "e ha delle cianfrusaglie del pronto soccorso qui che posso usare." Fece una pausa. "Anche io sono stato picchiato, al primo anno."

Sorpreso, Aden alzò lo sguardo mentre Nathan lo aiutava a entrare nella stanza e lo sistemò su uno sgabello.

"Davvero? Perché?"

"Ero una cosa piccola così, probabilmente anche più piccola di te," Nathan rise, "Lo so, difficile da credere ora. Inoltre, essere apertamente gay non mi ha reso le cose più facili, quindi io e te abbiamo un bel po 'di cose in comune ".

"Non sono gay," brontolò Aden, "almeno, non penso di esserlo. Non lo so. Non è davvero una cosa a cui ho pensato. "E questo era vero. Crescendo al fianco di Anya e Lexa, Aden aveva considerato la sessualità come qualcosa che non era un grosso problema, e quindi non ci aveva pensato molto.

"Non ti preoccupare, ragazzo, hai tutto il tempo per capire." Il ragazzo più grande si accigliò. "Tira su la maglietta." Aden fece come gli era stato chiesto e Nathan increspò le labbra.

"Ti ha rotto la pelle sulla schiena, e forse ti ha incrinato le costole. Non credo che siano rotte, ma sarai dolorante per parecchio tempo. "Scosse la testa disgustato. "I bigotti come lui devono svegliarsi. È il 2015, non l'età della pietra. "Aden fece un piccolo sorriso in piena soddisfazione.

"Prendi questi." Aden aprì la bocca obbediente mentre Nathan gli diede due antidolorifici e deglutì rapidamente l'acqua offerta.

"Puoi stare in piedi?"

Determinato, Aden si sollevò, sentendosi come un cerbiatto appena nato, con le gambe tremanti.

Non voleva ammettere quanto dolore provasse, ma vacillò mentre fece un passo in avanti.

"Vertigini," mormorò, e il cipiglio di Nathan divenne più profondo.

"Sì, ti ha picchiato forte la testa." Sparì per un momento e poi riapparve con un pacco di ghiaccio, e Aden decise rapidamente che Nathan era la sua nuova persona preferita. "Ecco, tienilo alla testa, dovrebbe aiutare."

"Grazie," Aden respirò, facendosi forza e sorridendo, "adesso devo andare da Lexa ..."

"Camminerò con te" offrì il ragazzo più grande e Aden accettò rapidamente.

Come sempre, Lexa stava aspettando con Anya davanti alla sua auto nel parcheggio, e i suoi occhi si restrinsero quando osservò il pacco di ghiaccio praticamente incollato alla testa del fratello minore.

"Che cosa è successo?" Chiese, e Nathan subentrò prima che Aden potesse aprire la bocca.

"E' caduto nel corridoio, e ha colpito la testa." Aden sentì un'ondata di gratitudine verso l'altro ragazzo, "non sembra che abbia una commozione cerebrale, quindi potete stare tranquille. "Le due ragazze lo fissarono, come se cercassero qualsiasi segno di una bugia, prima di annuire.

"Onestamente, sei goffo come una gazzella," Anya sbuffò, "sali in macchina, nerd."

"Ci vediamo all'allenamento domani, Miller."

"A domani, comandante."

 

 

 

 

 

 

 

Clarke aveva trascorso l'ultima ora e mezza a decidere cosa indossare.

Vestito dopo vestito era stato tolto dal suo armadio e sistemato a casaccio sul suo letto, ma non riusciva a prendere una decisione.

"Griff," piagnucolò Raven mentre Clarke gettava l'ennesimo vestito scartato alla sua amica, "è solo un appuntamento per un film."

"Sì," convenne Ottavia, "sarà comunque buio. E tu sei sexy, Rivers apprezzerà il tuo corpo, non importa quello che indossi. "Clarke, placata con successo dai suoi amici, optò finalmente per la gonna bianca a vita alta, con una maglietta bianca coperta da un maglione blu. Dopo aver tirato su rapidamente i capelli in uno chignon, si recò ad aprire alla porta, alla quale Luna la stava aspettando.

Voltandosi a guardare l'orologio, Clarke sorrise dolcemente.

Le sette in punto.

Clarke amava la puntualità, Emori doveva averla avvertita.

Prima che Clarke avesse la possibilità di aprire la porta, Octavia passò accanto a lei con Raven aprendola con più forza del necessario, rivelando Luna in tutta la sua gloria, che indossava jeans skinny neri che le si stringevano ai fianchi, e una canotta bianca scollata con una fascia nera chiaramente visibile sotto.

"Blake, Reyes," Luna salutò freddamente, prima che il suo sguardo caldo balenasse verso Clarke con un sorriso, "Clarke, incredibile come sempre."

"Non sei troppo male nemmeno tu, Rivers," sorrise Clarke, accettando il braccio offerto e sorridendo.

"Portala a casa entro le dieci" ordinò Octavia severamente, al che Luna alzò gli occhi al cielo.

"Non fate niente che io non farei!" Aggiunse Raven mentre le due si dirigevano verso la macchina di Luna, a braccetto.

"La domanda è, cosa non farebbe Raven?" Mormorò Clarke sottovoce, e Luna rise leggermente prima di aprire la porta del sedile del passeggero per Clarke. La bionda in questione esitò un attimo prima di entrare, allacciando rapidamente la cintura di sicurezza e prendendo alcuni respiri profondi e calmanti per ricomporsi.

Clarke non ricordava il film.

Era un thriller post-apocalittico su dei ragazzi inviati dallo spazio su una terra apparentemente radioattiva che vengonno accolti da persone che già vivono lì, e nonostante conosca alcuni degli attori, la storia è generalmente carente e dopo pochi minuti, Clarke si ritrovò completamente annoiata. Luna ne approfittò, e Clarke ringraziò di aver scelto i posti in fondo, perché sicuramente non avrebbero guardato il film.

Clarke si vantava di essere una brava baciatrice.

Sebbene la sua storia di relazioni fosse piuttosto carente, durante le feste si lasciava un po' andare. C'era stato un momento particolarmente imbarazzante del secondo anno quando aveva limonato con Raven, ma le due ragazze ne ridevano ora. Quindi Clarke sapeva cosa fosse un buon bacio.

Luna era una grande baciatrice.

Nell'oscurità del teatro, Clarke si sentì come se i suoi altri sensi fossero intensificati, e riuscì a percepire il leggero aroma agli agrumi dei capelli di Luna, o il burrocacao alla menta sulle sue labbra. In qualche momento non chiaro, Luna si tirò Clarke in grembo in modo che la bionda le fosse effettivamente sopra, con una mano appoggiata sulla sua schiena, mentre l'altra era attaccata dietro al collo di Clarke, tirandola più vicino a se stessa. Dopo di che si spostò per lasciare baci sulla mascella dell'artista, il che fece rabbrividire Clarke.

Tutto sommato, l'appuntamento fu un successo, e Luna baciò dolcemente Clarke dopo averla portata sulla veranda della casa Griffin, ma Clarke si ritrovò a temere la mattina dopo e l'inevitabile inquisizione che sarebbe arrivata con essa.

Come al solito, Raven e Octavia furono spietate.

Clarke entrò rapidamente ad inglese, sedendosi accanto a Lexa, che era già al suo posto.

Lei alzò lo sguardo non appena Clarke si sedette, con gli occhi verdi che cercarono il suo viso per un momento mentre la sua bocca si abbassò leggermente verso il basso, prima di risistemarsi.

"Come è andato il tuo appuntamento?" Per qualche ragione, Clarke non poté fare a meno di sentire uno strano tono di casualità forzata in Lexa, che non aveva assolutamente alcun senso, ma sorrise dolcemente comunque.

"Abbastanza bene, in realtà, siamo andate a vedere un film."

"Oh?" Lexa sollevò un solo sopracciglio perfettamente scolpito, con un mezzo ghigno piantato sul suo viso. "Di cosa parlava il film?" Clarke aprì la bocca come per rispondere, prima di chiuderla prontamente con un cipiglio.

"Sai, in realtà non ricordo molto del film ..." si interruppe con un sorriso compiaciuto, chiaramente facendole capire cos'era successo, e Lexa lo capì. Tuttavia, Clarke ignorò il modo in cui lo sguardo di Lexa si oscurò immediatamente e la presa sulla sua matita si strinse in modo significativo, sbiancando le nocche, poiché la sua visione era ostacolata dalle due persone che stava cercando di evitare di più.

"Griff! Eccoti qui, furbetta! "Raven sorrise, scivolando con forza tra Lexa e Clarke. "Non ti dispiace, vero, Woods? No? Bene. Allora, Griff, O e io ci stavamo chiedendo ... "

"Luna è una brava baciatrice?" Continuò Octavia, e Clarke sbiancò, prima che il solito rossore le salisse alle guance.

"Non è una cosa che condividerò, ragazze," sibilò Clarke sottovoce, e Raven alzò gli occhi al cielo.

"Quei succhiotti sul collo non sono d'accordo, Griff-whoa, Woods, stai bene? Hai appena spezzato quella matita a metà, ed è meccanica." Prontamente ripresa dal suo imbarazzo, Clarke lanciò uno sguardo preoccupato in direzione di Lexa, ma la calciatrice fece un gesto con la mano a indicare di lasciar perdere.

"Sto bene," Lexa disse, prima di voltarsi rapidamente per prendere una nuova matita. Ci fu un momento di silenzio grave, prima che Raven interrompesse ancora una volta.

"Allora, torniamo a Rivers ..." Clarke gemette, nascondendosi il viso tra le mani.

Sarebbe stata una lunga giornata.

 

 

 

 

 

 

 

Aden e i suoi amici si erano trovati di nuovo in compagnia dei delinquenti, che erano più rumorosi che mai. Tristan e Charlotte, che Aden non sopportava, erano occupati ad adulare rispettivamente Anya e Lexa, mentre Aden stava annotando qualche appunto nel suo raccoglitore, cercando di trovare modi per accelerare il flusso del suo piano.

Ci fu una pausa nella partita, e Aden guardò la sorella, offrendole un sorriso dalla sua posizione sugli spalti, accompagnata da un pollice in su, e un cipiglio corrugò il volto quando vide il suo viso diventare più triste, guardando oltre a lui. Quindi, naturalmente, Aden si voltò.

Avrebbe voluto non aver guardato.

Clarke era seduta sulle ginocchia di Luna, e la scena che lo accolse fu così intensa che Aden fu costretto a distogliere lo sguardo all'istante, deviando gli occhi verso gli altri delinquenti, che erano in vari stadi di shock. Octavia allungò la mano per chiudere la mascella di Raven, e Bellamy sembrò completamente offeso dalla sua posizione proprio accanto ai due. Emori sembrava compiaciuta che il suo capitano avesse un po 'di azione, mentre Murphy appariva calmo.

Monty e Jasper erano troppo fatti per formare una risposta coerente.

Accigliato, Aden estrasse il suo itinerario dal raccoglitore, ispezionandone il contenuto con un sospiro.

Questo avrebbe spostato significativamente indietro il piano.

Si fermò per guardare ancora una volta sua sorella, gli occhi azzurri che gli si spalancarono mentre lei prese la ferocia e il totale abbandono e lo incanalò per lanciare il pallone,facendolo cadere nelle mani abili di Lincoln.

Osservando il suo itinerario, Aden sorrise.

Forse non avrebbe rallentato il piano tanto quanto pensava.

 

Note:

Nuovo capitolo! Questa volta in orario :D

Allora, in questo capitolo per me ci sono due scene molto significative: la scena del prato e quella dell'aggressione di Aden. Nella prima Lexa si apre e si confida con Clarke, facendola entrare nella sua mente. Nella seconda invece, rappresenta una triste realtà che esiste ancora nel 2018. Parlando di cose più allegre, Lexa gelosa è un amore, vero? Però devo spezzare una lancia (si dice così?) in favore di Luna: per me è simpatica, non ha colpe. Vostre opinioni in merito?

Nikishield

p.s. Quanto sono divertenti i continui riferimenti a The 100?

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Capitolo 8
*** Capitolo VII ***


Capitolo VII

C'era qualcosa nell'aula d'arte che alimentava la creatività di Clarke.

Forse era il profumo della vernice, ma in ogni caso era, senza dubbio, l'ora scolastica preferita di Clarke.

Callie Cartwright era un'insegnante eccellente, adorava i suoi studenti, e credeva fermamente nel dipingere dall'anima, perché l'arte era una finestra per i pensieri più profondi e personali. Per questo motivo, li aveva incaricati di dipingere un animale che pensavano li rappresentassero.

La tela di Clarke era una miriade di gialli e marroni, ogni colpo preciso e pensoso. Una leonessa la fissava, non ancora finita, ma gli occhi d'ambra brillavano da dietro al fascio d'erba alta, e dovevano far sentire lo spettatore piccolo, impotente. Clarke voleva che sembrasse il più reale possibile, quindi si stava prendendo il suo tempo, usando accuratamente pennelli sempre più piccoli per catturare i singoli peli del manto.

Lincoln stava dipingendo sul pavimento, approfittando della luce del lucernario per cercare di catturare le diverse sfumature del blu e del viola mentre disegnava attentamente un'aquila.

Dall'altra parte della stanza, Clarke vide Costia ballare distrattamente mentre mescolava i colori sulla sua tavolozza, e resistette all'impulso di alzare gli occhi al cielo. La ragazza sembrava sempre fare tutto tranne dipingere quando Clarke guardava, ma la bionda doveva ammettere che il cigno di Costia stava venendo bene, anche se Clarke avrebbe scelto personalmente di dipingere lo stagno sotto la luna, con viola scuro e blu nell'acqua al posto delle diverse sfumature di blu più chiaro, ma Costia aveva deciso di rendere la scena solare, molto simile alla sua personalità, come direbbe Callie allegramente.

Mentre la maggior parte della classe sembrava lottare per rendere il tutto realistico, Murphy, ovviamente, doveva nuotare contro corrente.

"Fanculo il realismo," aveva dichiarato una volta che Callie aveva annunciato il progetto, guadagnandogli uno sguardo severo che ignorò completamente, e poi si era diretto verso gli acquerelli. Gli andava bene, però, i brillanti spruzzi di arancione e rosso completavano l'estetica generale della volpe.

Stava ritoccando gli occhi, poiché avevano bisogno di più lucentezza, quando sentì qualcuno avvicinarsi da dietro.

"Whoa, Griffin, è davvero bello."

Clarke sbatté le palpebre due volte prima di voltarsi, un sorriso confuso sul suo viso.

Costia Greene si stava complimentando con lei?

Era davvero una novità.

Da quando Clarke aveva memoria, lei e Costia erano sempre state più che competitive quando si trattava di arte, ma Clarke non aveva mai creato problemi, soddisfatta dalla consapevolezza di essere la migliore dei due. Erano state nelle stesse classi d'arte sin dai tempi bui della scuola materna, e Costia non aveva mai, una volta, fatto un complimento a Clarke.

Quindi, naturalmente, Clarke era sospettosa come non mai.

"Grazie, Greene," disse con una mezza alzata di spalle, "non è ancora finita, ma sta procedendo bene." fece un cenno in direzione del cigno di Costia. "Anche il tuo è bello." Costia le fece un sorriso smagliante, gli occhi che tracciavano la distesa dell'opera di Clarke in grande dettaglio, persino accovacciata in modo da essere all'altezza degli occhi della leonessa, ed emise un lungo fischio.

"Mi sento quasi... impotente, davanti a lei", commentò, e Clarke non poté non fare la danza della vittoria internamente sapendo che aveva avuto l'effetto desiderato, anche se era Costia a complimentarsi con lei.

"Grazie, è quello a cui miravo," continuò Clarke, goffamente, mentre gli occhi di Costia continuarono a vagare, non necessariamente sul dipinto di Clarke, ma attorno alla stessa stanza d'arte. Callie avrebbe appeso ai muri vecchi pezzi degli anni precedenti, giacchè amava tenere il posto vivace e luminoso, e Clarke non poté fare a meno di notare la leggera ... malinconia? negli occhi di Costia. Sembrava che la cheerleader stesse cercando di memorizzare a memoria l'immagine della stanza, il che non aveva senso, ma non conoscendo bene Costia, Clarke decise di non fare supposizioni.

Costia fu effettivamente strappata via dai suoi pensieri da un forte ding! del suo telefono, che lei tirò fuori dalla tasca posteriore fluidamente, e una risatina che le sfuggì dalle labbra mentre i suoi occhi si concentrarono sullo schermo, e Clarke si sentì sopraffatta dalla curiosità, chiedendosi se fosse Lexa dietro quella piccola risatina. Non che le importasse di Lexa che magari inviava dolcissimi messaggi a Costia, era semplicemente naturale essere curiosi su queste cose.

Invece di leggere Lexa Woods, o Lexy-loo <3, o Baby <3, o uno qualsiasi degli altri nomi che Clarke si sarebbe aspettata, lesse chiaramente Nia Queen.

Mentre Clarke sapeva che Costia spesso faceva amicizia con ragazze di altre squadre cheerleader in tutta la regione, i Queen erano sempre guai, e mentre Nia non era cattiva come Ontari, che era letteralmente la progenie di satana, non riusciva a capire perché Costia avrebbe dovuto parlarci o persino ridere di qualcosa che aveva detto. Messaggiato. Quel che è.

Lo sguardo di Costia si alzò ancora una volta su Clarke, che si stava ancora guardando in giro goffamente, non volendo dipingere mentre Costia era lì, e l'altra ragazza sembrò ricevere il messaggio.

"Ti lascio, allora, Griffin," rise, andando verso Lincoln, sorridendo ancora "e se hai mai bisogno di qualcosa, non aver paura di chiedere". Gli occhi di Clarke si restrinsero una volta la ragazza fu scomparsa, e lei mormorò sottovoce.

"Ne dubito fortemente."

C'era qualcosa che non quadrava con Costia Greene, e Clarke non riusciva a capire cosa fosse.

 

 

 

 

 

 

 

La gamba di Aden rimbalzò su e giù eccitata, e un ampio sorriso si allungò sul suo viso mentre aspettava vicino alla porta d'ingresso. Aveva superato il suo test di Trikru con uno sbalorditivo 96%, terzo dietro al 98% di Ellis e al 100% di Nam, quindi Clarke lo stava portando a fare un giro come premio. Roteò gli occhi quando Lexa quasi inciampò su di lui, troppo distratta dal suo telefono.

"Vado fuori," lo informò doverosamente, "pensi di poter tenere un segreto?"

"Scusa," rise, "ma esco anch'io, quindi sembra che Anya abbia la casa tutta per sé." Quello di per sé era un'idea orribile, e Lexa rabbrividì, arruffando i suoi capelli con affetto.

"Speriamo di avere ancora una casa in cui tornare." Si spostò per farsi strada in cucina mentre il telefono di Aden squillò , segnalando l'arrivo di Clarke.

"Ciao, Lex!" Disse da sopra la spalla.

"Ci vediamo dopo, nerd."

Si alzò lentamente, ancora dolorante a causa di Dax. I lividi stavano guarendo bene, ma ancora il suo corpo soffriva quando si muoveva troppo velocemente, e l'addome era ancora colorato di tonalità di verde, viola e marrone. Prendendo un momento per ricomporsi, Aden aprì la porta e si diresse verso l'auto dall'aspetto piuttosto malconcio di Clarke, ma sorrise ampiamente mentre entrò.

"Ehi, nerd!" Clarke lo salutò calorosamente. "Pronto per andare a prendere un gelato?"

"Lo zucchero è il carburante per l'anima" concordò Aden, e sorrise quando Clarke gli diede l'Ipod. "Spero ti piacciano le Spice Girls."

"Per favore, Aden, per che tipo di persona mi prendi? Voglio sposare Mel B. "

I due si diressero velocemente verso il centro commerciale, cintando le frasi delle loro canzoni preferite, in particolare Wannabe, che era davvero iconica.

Dopo che Clarke parcheggiò la sua auto, lei e Aden si fecero strada nell'animato edificio, camminando fianco a fianco. Per gli spettatori, erano fratello e sorella, con i capelli biondi e gli occhi blu uguali. Aden balbettò eccitato mentre camminavano, parlando dei suoi amici, in particolare di Atom, e in generale si divertì un mondo.

"Ho sentito che hai avuto un appuntamento con Luna Rivers," disse distrattamente, combattendo l'impulso di roteare gli occhi quando le guance di Clarke si tinserno di rosa. Aveva visto in prima persona com'erano insieme lei e Luna, e non era qualcosa che avrebbe dimenticato presto, "come è andata?"

"Abbastanza bene, in realtà," Clarke rise, conducendo Aden attraverso la folla, "Voglio dire, per quanto riguarda l'appuntamento.. Non abbiamo davvero parlato molto ... "tossì goffamente e si interruppe per un momento, "ma mi piace. Non so se tra noi andrà molto lontano, a causa della mancanza di comunicazione. "Scrollò le spalle prima di dare una spinta a Aden nel fianco.

"E tu?" Lo prese in giro. "Qualche prospettiva romantica per il mio giovane padawan?" Aden aggrottò le sopracciglia per un breve istante, poi scrollò le spalle.

"Se ce ne sono, non ho notato", ammise, "Sono stato troppo impegnato a concentrarmi su altre cose." Quello che decise di non menzionare, tuttavia, fu che il centro della sua attenzione era stato di recente il piano per far innamorare Clarke e Lexa. Le Clexa erano la sua OTP. Clarke gli alzò un sopracciglio, come se sapesse qualcosa, il che non fece altro che aumentare la confusione che Aden sentiva.

"... hai notato qualcosa?" Accusò, e Clarke rise.

"Fooorse", buttò fuori la parola, e Aden roteò gli occhi, scuotendo la testa incredulo.

I biondi scivolarono nel silenzio mentre si allontanarono e si fecero strada verso la Polis Ice Cream Parlor, una gelateria di fascia alta che Aden adorava, perché servivano gelato alla menta senza le gocce di cioccolato. Era come un sogno che si avverava.

"Va bene, ragazzino, ordina quello che vuoi, te lo meriti."

Aden ordinò due palline di menta e una tazza di cioccolata con biscottini dentro, proprio come piaceva a lui, mentre Clarke ordinò un cono al cioccolato per sé, e loro due si sedettero insieme davanti alla finestra.

"Sai cosa farai per Halloween?" Chiese Aden tra un cucchiaio e l'altro di gelato.

"In realtà," Clarke rise, "i delinquenti scelgono sempre un tema e vanno in una casa infestata insieme, e quest'anno sono supereroi o cattivi. Io vado come Supergirl, Rae vuole essere Iron Man, e O e Bell vanno come Quicksilver e Scarlet Witch. Penso che Mon e Jas andranno come Spiderman e Deadpool, e Murphy ama sorprenderci tutti. Tu?"

"Sì!" Ghignò. "Il mio gruppo di amici sta facendo qualcosa di simile, stiamo andando come i Teen Titans. Sarò Beast Boy e mi tingerò i capelli di verde, Atom sarà Robin, Nam vuole vestirsi da Cyborg, e Ellis e Tris saranno rispettivamente Starfire e Raven, sarà fantastico. "

I due continuarono a chiacchierare mentre mangiavano il loro gelato, mentre Aden tenne traccia di chi stava mandando messaggi a Clarke durante la serata. Luna l'aveva contattata una volta sola, e la maggior parte degli sms proveniva da Raven e Octavia, probabilmente per infastidirla e basta. Col passare del tempo, Aden spiò Lexa e Costia che gironzolavano li attorno e sorrise dolcemente a sua sorella quando lei lo vide, notando la dolce espressione che le passò sul viso quando notò che era accompagnato da Clarke, che però stava fissando telefono al momento in cui Lexa passò. "Quindi, parlando dei tuoi amici, Raven ha fatto saltare in aria qualcosa di recente?" "Oh, dio, quando non fa saltare in aria le cose? Hai sentito che ha infuocato la camicia di Bellamy? Sì, è stato un giorno strano ... "

 

 

 

 

 

 

Il centro commerciale era occupato come al solito, gli studenti di Arkadia venivano spesso a trascorrere i loro fine settimana in un posto relativamente divertente, anche se i negozi finivano per mandarli in bancarotta.

Lexa e Costia erano nella piccola manciata di famiglie che erano abbastanza ricche per essere considerate un'eccezione a questa regola, e come tale, potevano frequentare il lato di lusso del centro commerciale, con le boutique e negozi di design, i ristoranti costosi, e le persone peggiori .

"E poi, Harper ha detto che non sarebbe venuta se Monroe non l'avesse fatto. Cioè, capisci che cosa volesse dire con questo?” Costia disse, a braccetto con Lexa.

"Um, sì." Lexa rispose debolmente.

“Lex?” Costia si bloccò, guardando Lexa, ma rimanendo incantata dalla sua maglietta con le maniche perfettamente arrotolate, che le davano un'aria elegante e attraevano certamente Costia.

"Niente." Lexa lasciò la sua mano libera velocemente, dando alla sua ragazza una stretta.

"Stavi ascoltando?" Brontolò Costia.

"Sì." Lexa mentì senza problemi. "Monroe era ... E Harper ... Baby, chi sono queste persone di cui parli?" Sospirò, completamente disinteressata a tutto ciò che non era il calcio o Clarke Griffin e i suoi Delinquenti. Certo, comunque stava avendo problemi ad ammetterlo.

"Oh sei così carina quando sei confusa." Costia sogghignò, baciando scherzosamente l'angolo della bocca di Lexa.

Trovò, tuttavia, lo stoico sguardo verde di Lexa su una diversa area rispetto a lei. Girandosi, vide Clarke Griffin e Aden, che si scambiavano gelati insieme al Polis Ice Cream Parlor, famoso per il suo gelato eccezionale ei prezzi assolutamente orribili.

A Lexa creebbe un sorriso dolce sul viso quando Clarke sembrò dire qualcosa ad Aden, facendolo ridere.

"Non sapevo che il piccoletto sarebbe stato qui." Mormorò Costia, soddisfatta che Lexa stesse semplicemente fissando suo fratello.

"Nemmeno io." Rispose Lexa, gli occhi fissi su Aden ancora una volta, il sorriso che sfumò lentamente mentre si voltò verso Costia.

"È amico di Clarke Griffin? Voglio dire, so che è dolce con i bambini, ma ... Non è forse un suicidio sociale frequentare una matricola? "

"Suppongo che sia diversa." Rispose Lexa, combattendo il sorriso che le tirava ancora una volta le labbra carnose.

 

 

 

 

 

 

 

Quando Costia aveva detto che Clarke era "dolce con i bambini", Lexa non pensava intendesse questo.

Titus le aveva raccomandato di iscriversi a Little Grounders, un programma di doposcuola in cui gli studenti delle scuole superiori di Arkadia andavano a fare volontariato nella scuola elementare Polaris. Avevano buoni orari, e di sicuro il volontariato coi bambini aiutava con il college.

Quindi, Lexa si era iscritta. Immaginava che un branco di bimbi non sarebbe stato tanto male, non quanto il piccolo Aden, sempre nei guai.

Non si era aspettata di vedere Clarke lì, con il le ripetizioni, con i doppi turni al Dropship e il lavoro per il giornale scolastico. Certo, gli incontri di Little Grounders erano solo una volta al mese, ma Lexa era ancora meravigliata di come lei fosse riuscita a destreggiarsi.

I bambini venivano divisi in gruppi in base ai loro interessi, quindi, naturalmente, Lexa aveva uno sciame di piccoli atleti intorno a lei, così come Lincoln e Miller, che si erano iscritti con lei per fare un po' di di calcio con i bambini.

Erano fuori in uno dei campi erbosi, l'aria fresca e il sole splendente, il tempo perfetto per i bambini. La preferita di Lexa fino a quel momento era una ragazzina di nome Niki, che aveva spinto il bimbo che le aveva detto che il calcio era solo per i maschi e che pendeva da ogni parola di Lexa.

Ma forse quello che attirava di più l'attenzione di Lexa era dall'altra parte del campo, nel piccolo cortile.

Clarke Griffin sembrava radiosa, con la luce che le brillava tra i capelli, circondata da una piccola cerchia di ragazzini e ragazzine che la fissavano come se fosse una dea, in evidente soggezione della sua abilità artistica. Era andata per insegnare ai bambini come dipingere, come trasmettere i loro pensieri e le loro emozioni sulla tela, o almeno fare qualcosa di colorato. Anche con la distanza tra loro, Lexa poteva vedere la macchia di vernice viola sul naso di Clarke, e pensò che fosse completamente adorabile.

"Lexaaaa." Si voltò per trovare Niki che tirava il lato dei suoi shorts in cerca d'attenzione, facendole il broncio.

"Sei pronto a mostrare ai ragazzi come sei brava?" Chiese Lexa, e la bambina si illuminò, esultando. "Va bene, mostriamogli di che pasta siamo fatte."

A dire il vero, è stata una delle più divertenti giornate di Lexa da un po 'di tempo. Le mancavano i giorni in cui inseguiva Aden, che era troppo basso perfino per raggiungere i ripiani più bassi.

Niki, tuttavia, era molto più persistente di quanto non fosse mai stato Aden. Sparava continuamente domande e seguiva Lexa in giro come un cucciolo perso, ricordandole inquietantemente Charlotte, ma senza tutte le tendenze stalkeristiche.

E anche lei la osservava come un falco.

Sconcertata dalla mancanza della piena attenzione di Lexa, la bambina cercò chiunque gliel'avesse rubata e rapidamente notò come lo sguardo di Lexa continuasse a vagare nel cortile dove alcuni dei suoi compagni di classe stavano dipingendo.

"È carina." Lo sguardo smeraldo di Lexa scattò sull'innocente Niki.

"Non so di cosa tu stia parlando," Lexa cercò di finirla lì, ma Niki continuò.

"La ragazza che insegna arte", la bambina si fermò e corrugò la fronte in confusione, prima di sorridere trionfante, "Clarke! Questo è il suo nome. Sono andata con lei il mese scorso. "Fece una pausa. "È la tua ragazza? Perché mia madre mi ha detto che le ragazze possono avere delle fidanzate, e ha senso perché tu continui a fissarla ".

"Non è vero!" Protestò Lexa, ma con l'espressione non eccitata del primo alunna, lei appassì. "no, non è la mia ragazza."

"Perchè no?"

"Ho già una ragazza," spiegò Lexa, con tutta la pazienza che potè, "si chiama Costia." Niki rimase perplesso per qualche istante prima di scuotere la testa.

"Non può essere brava come Clarke," insistette, "Clarke è la migliore. Mi ha insegnato come disegnare un elefante. "

"Ti piacciono gli elefanti?" Chiese Lexa, cercando disperatamente di cambiare argomento.

"Sono grandi," rispose Niki come se fosse una risposta sufficiente, "e possono schiacciare i ragazzi fastidiosi." Lexa rise.

"A te non piacciono i ragazzi allora?"

"I ragazzi sono schifosi", Niki rispose in modo molto pratico, "tranne Cole. Lui va bene. Ma il resto è schifoso. "

"Amen, sorella," concordò Lexa, guardando l'ora sul suo orologio, "e il nostro tempo qui è quasi scaduto, andiamo in palestra per riportarvi dai genitori." La bambina dagli occhi nocciola fece il broncio, ma seguì Lexa, camminando verso la palestra, cercando di tenere il passo della calciatrice.

"Niki!" Lexa sentì il suo cuore vibrare nel suo petto quando il tono rauco della voce di Clarke le arrivò alle orecchie, e sorrise mentre la bimba a fianco a lei saltava per abbracciare la bionda, che era accompagnata da un ragazzino che Niki aveva precedentemente identificato con Cole. "È bello rivederti, ti sei divertita con Lexa?"

"Sì!" Niki entusiasmò. "Lexa è fantastica! Mi ha aiutato a battere i ragazzi al calcio. Ma mi è sempre piaciuto di più disegnare elefanti con te. "Lexa emise un suono offeso, e Clarke le lanciò un sorriso compiaciuto.

"Sono felice di sentirlo," sorrise Clarke prima di lasciare la bambina. “Cole? Dov'è Sam? "Lexa non si preoccupò di chiedere chi fosse Sam, perché pochi istanti dopo, lei lo scoprì, quando una bambina piccola cadde da un albero con un piccolo tonfo.

"Sam cade molto", disse disinvoltamente Niki a Lexa mentre Clarke si precipitò verso la bambina a terra, che sembrava vicina alle lacrime, gli occhi castani brillanti che brillavano sospettosi, e Lexa si mosse per aiutare Clarke, che stava valutando il danno.

"Nessun graffio", mormorò Clarke, "ma le tue ginocchia avranno un livido." Sospirò e lanciò uno sguardo preoccupato alla piccola bambina asiatica. "Che cosa ho detto sull'arrampicarsi sugli alberi?"

"Di non farlo", Sam tirò su col naso, e Lexa sentì il suo cuore stringersi mentre lo sguardo di Clarke si addolcì, e la bionda prese la bimba dai capelli scuri tra le sue braccia, abbracciandola stretta.

"Va tutto bene," la rassicurò Clarke, "stai bene. Dai, vedo tua madre, ti porto a casa. "Si allontanò velocemente, e uno strano calore si diffuse attraverso il petto di Lexa, facendola sorridere dolcemente. Quando si voltò, Niki le stava sorridendo e Lexa alzò gli occhi al cielo.

"Non sono interessata a Clarke, Niki," sospirò, e la bruna più piccola alzò gli occhi al cielo.

"Ok, Lexa, certo."

Lexa si chiese se tutti i bambini fossero così scettici, o se fosse solo Niki. In ogni caso, non riusciva a capire l'effetto che Clarke aveva su di lei, e non era sicura di volerlo capire.

 

 

 

 

 

"Rivers, sei sicura che Woods non ti sbatterà la porta in faccia per esserti presentata dopo la vostra piccola discussione da Kane?" Chiese Raven mentre l'intero gruppo di Delinquenti marciava lungo la lunga serie di gradini che conducevano alla tenuta Woods-Pine, già accesa e con la musica a tutto volume.

Clarke cercò di non fare una smorfia al gran numero di cheerleader ubriache che aveva individuato, correndo con i loro fidanzati al seguito. Era stata senza dubbio opera di Costia.

"Ascolta, io e Lex ci conosciamo da molto, molto tempo." Luna disse, il braccio intorno a Clarke. "Siamo amici di famiglia. Non potrebbe cacciarmi nemmeno se volesse, non con Anya in giro. "

"Giusto." Annuì Raven.

Luna ridacchiò.

Lincoln teneva la mano di Octavia in fondo al gruppo, sussurrandole dolci frasi nell'orecchio e facendola ridere.

Bellamy aveva scelto di camminare fianco a fianco con Raven, permettendo a Luna e Clarke di prendere il timone del loro ingresso.

Jasper e Monty erano dove sembravano sempre essere, proprio nel mezzo delle cose.

Murphy ed Emori erano davanti a Lincoln e Octavia. Lui si accigliò mentre lei ridacchiò, e Clarke dovette chiedersi cosa avrebbero combinato da ubriachi.

Erano arrivati ​​in due macchine, il vecchio ferro di Clarke e il lussuoso Suv dei Blake.

Clarke non li incolpava per voler stare coi Blake. La sua macchina era ciò che Raven chiamava una "trappola mortale su ruote".

Clarke non aveva altra scelta, stava già facendo un doppio turno al Dropship per far quadrare i conti. Non poteva nemmeno chiedere ad Abby, dato che non aveva il fegato. Sua madre aveva lasciato un lavoro ben pagato per stare con lei, e Clarke non aveva intenzione di peggiorare le cose.

"Eccoci qui." Luna si meravigliò quando aprì la porta, sbattendo le palpebre per la sorpresa quando trovò Lexa dall'altra parte.

Clarke guardò Lexa ed entrò, dimenticando come respirare, momentaneamente. Era in una semplice canottiera e jeans che accentuavano tutto ciò che era bello di lei, che era, ancora, tutto. Lexa era semplicemente impeccabile. Aveva i capelli sciolti, a parte una intricata treccia sul davanti che Clarke aveva imparato essere uno dei passatempi di Lexa quando era annoiata.

"Lex." Salutò Luna con un sorriso ironico.

Lexa roteò gli occhi. "Entra, Rivers." Sospirò, guardando il resto dei delinquenti. "Tutti voi ..." Fece un gesto verso la casa animata, con i ragazzi che entravano e uscivano, la musica che pompava così forte che Clarke non riusciva a sentire nulla.

Gli occhi di Lexa si posarono su Clarke e lei si immobilizzò, un debole sorriso sulle sue labbra mentre i suoi occhi scannerizzavano il corpo di Clarke.

Clarke sentì il rosso compapire sulle guance e improvvisamente desiderò che il braccio di Luna non fosse intorno alla sua vita.

"Qualche regola?" Jasper ghignò mentre camminava.

"Solo al piano di sotto." Lexa scrollò le spalle, fermando Reyes per la spalla. "Tu ..." Lei fece una smorfia. "Nessuna esplosione."

Raven le sorrise. "Sì, comandante."

Lexa le offrì un sorriso ironico.

"Uh, Lexa?" Bellamy gridò sopra la musica.

Lexa sollevò un sopracciglio in risposta, le braccia conserte, appoggiandosi allo stipite della porta. Clarke cercò di non fissare i suoi bicipiti incredibilmente tonici, e gli occhi le caddero sul tatuaggio che le avvolgeva il braccio. Era affascinante.

"Dove potrei trovare ... Anya?" Sbottò Bellamy.

Raven si girò verso di lui, sollevando le sopracciglia.

"Bar." Lexa fece un cenno con la testa, e prima che potesse dire altro, erano spariti.

Clarke si staccò da Luna, rivolgendosi a Lexa, i cui occhi brillavano alla sola vista della bionda.

Borbottò qualcosa, ma Lexa si accigliò, incapace di sentirlo.

Clarke ripeté, aggrottando le sopracciglia quando vide l'espressione di confusione di Lexa mentre Clarke le porse il piccolo ma elegante mazzo di fiori che aveva tenuto in mano, il quale aveva scatenato la curiosità di Luna.

Gli occhi di Lexa si spalancarono e la sua bocca si aprì leggermente per formare un grazioso "oh".

Clarke si sorprese a lanciare uno sguardo di scusa a Luna mentre Lexa la prese per un polso, tirandola in un corridoio isolato su una scala a spirale, dove la musica non poteva raggiungerle.

Clarke aveva una mano sulla ringhiera, ben attenta a non rompere niente della casa. Se la casa era tutta solo di Gustus e Indra, si chiedeva, in che tipo di ambiente era cresciuta Lexa?

"Mi dispiace." Lexa si scusò mentre offriva a Clarke un piccolo sorriso. "Non potevo sentirti. Cosa hai detto?"

Clarke sentì il rossore salire sul suo collo e sentì la mano di Lexa sulla sua.

Dai, Griffin, ha una ragazza. Cresci.

"Ho detto ... questi sono per te ..." Fornì debolmente, offrendo ancora una volta i fiori a Lexa.

Lexa fallì nel trattenere una risatina che fece scoppiare Clarke. "Hai portato un regalo a una festa in casa?"

Clarke roteò gli occhi. "Da dove vengo, la gente dice semplicemente grazie."

L'espressione di Lexa si addolcì. "Oh, grazie, Clarke, non intendevo quello. È solo ... carino. "

Clarke si bloccò, sembrando sbalordita.

Prima che potesse formulare una risposta, Clarke notò una mano scivolare intorno alla vita di Lexa, che scoprì essere di Costia.

"Ehi piccola." Costia premette quello che era, per fortuna, un bacio veloce alla guancia di Lexa. Rivolgendo la sua attenzione alla visitatrice inaspettata, le offrì un sorriso genuino. "Clarke Griffin? Wow, sono sorpresa. Sono contenta che tu sia venuta!" Si girò mentre passò accanto a Clarke, dirigendosi verso le scale.

"C ... Ciao." Gracchiò Clarke.

Beh, era fottutamente fottuta.

Clarke rimase a bocca aperta. Costia Greene era stata ... gentile? Cosa era appena successo?

“Baby! Sono bellissimi, non dimenticarti di metterli in acqua e poi porta giù il tuo bel culo, ok? Abbiamo bisogno di te!" Costia gridò mentre scese le scale con la grazia di una farfalla.

Clarke non si preoccupò nemmeno di rispondere, mentre si liberò dalla stretta di Lexa, girandosi verso le scale.

Lexa distolse lo sguardo, le guance rosse. Non si era preoccupata di stabilire un contatto visivo con Costia per tutto quel tempo. Clarke si chiese se avessero litigato. Costia sicuramente non sembrava curarsene.

"Clarke." Chiamò Lexa piano, ma Clarke non riuscì a sentire sopra al ruggito della musica, le risate, le urla, tutti i segni rivelatori di una festa di successo.

Clarke, assolutamente rossa e molto confusa, si diresse verso il bar.

Voleva dimenticare tutto di Alexandria Woods.

 

 

 

 

 

 

 

"Whoa là, Griff, quante bombe Jaeger hai bevuto?" La voce di Raven risuonò nell'orecchio di Clarke.

Clarke era seduta contro il fondo delle scale, birra in mano, gli occhi che guardavano la festa svolgersi.

"Nessuno, perché ho rispetto di me stessa." Schernì Clarke. La sua mente non si sentiva intorpidita o confusa. Sentiva tutto, sfortunatamente.

"Solo birra?" Raven sollevò un sopracciglio, sedendosi di fronte a Clarke

"... E pochi shottini."

"pochi?"

"Lasciami stare, Raven."

Raven sbuffò. "lo farei se sembrassi divertirti. Dov'è la tua ragazza? "

Gli occhi di Clarke andarono immediatamente a Lexa, le cui braccia erano avvolte attorno a Costia, mentre la cheerleader prima beveva uno shot, poi leccò ciò che sembrava essere sale dal collo di Lexa, e poi il lime dalle labbra dell'altra.

Che cazzo di sogno.

"Oh, cazzo." Mormorò Clarke, sentendo una scarica di calore.

"Sì, sono seriamente dosgustose." Raven acconsentì a quello che pensava fosse una lamentela di Clarke.

Non aveva idea di quanto Clarke volesse essere Costia. O anche solo il lime in bocca a Lexa.

"Ma Luna ..." Raven le diede una gomitata. "Pensavo che l'avresti trascinata nella camera da letto di Lexa, ormai."

Clarke roteò gli occhi. "Perché è qualcosa che farei, giusto?"

Raven scrollò le spalle. "Mi sembra un buon piano di vendetta. Scoparsi la sua nemesi sul suo letto. "

Clarke rise duramente, bevendo un altro sorso.

"Dove sono tutti?"

"Okay, vediamo." Sospirò Raven, indicando il divano angolare più lontano, dove Octavia era in braccio a Lincoln. "C'è O e Linc. Sorpresa sorpresa."

"Che mi dici di Jasper e Monty?"

"Fuori." Raven la informò con un sorriso.

"E che mi dici di-"

"Murphy ed Emori sono stati visti per l'ultima volta fuori." Raven la informò diligentemente.

"Sì, okay." Clarke sogghignò, lasciando che l'alcol le assottigliasse il sangue e le confondesse il pensiero. "Che mi dici di Bell? è andato ad Anya prima di te? "

"Chi è venuto a me?" La voce di Anya interruppe le due ragazze, gli occhi di Clarke si spalancarono e le guance diventarono rosse. Non aveva mai parlato molto ad Anya, ma aveva sentito alcune cose. Anya era tanto minacciosa quanto bella.

"Una bis, Griffin?" Anya indicò il bicchiere.

Clarke annuì e Raven le lanciò un'occhiata.

"Ecco, prendi il mio." Anya le porse il bicchiere pieno. "Ne prenderò un altro. Reyes, vieni? "

A quel punto, Raven scattò in aria. "Ciao Clarke!" Gridò con noncuranza da sopra la spalla, lasciando sola Clarke.

Clarke osservò il verde foresta dall'altra parte della stanza, i suoi occhi che si incatenarono con quelli di Lexa in un intenso confronto.

E poi Lexa e tutta la sua gloria di smeraldo furono bloccate da Luna, che si chinò per carezzare la guancia di Clarke. Sembrava un po 'sudata, a causa della pista da ballo e altri intrattenimenti della serata.

"Non hai un bell'aspetto, Clarke." Notò attentamente, con un senso di colpa che le fece sfumare la voce.

Senso di colpa per aver lasciato Clarke da sola, quando, in realtà, era stata Clarke a lasciarla alla porta di Lexa.

Il karma era una gran troia, decise acidamente Clarke.

"Ascolta, Clarke ..." Luna si inginocchiò, afferrando il polso della bionda. "Possiamo forse parlare un secondo?"

Clarke sapeva cosa stava per succedere. O quello, o stava per mettersi a vomitare. Sentiva comunque qualcosa muoversi dentro di lei.

"Vieni." Luna le offrì un piccolo sorriso, tirandole il polso mentre guidava Clarke su per le scale, trascinandola per il corridoio dove Clarke era stata con Lexa, ore fa.

Clarke sentì lo sguardo pieno di disapprovazione di Lexa farsi strada sulla sua nuca.

Fermandosi proprio davanti alla prima porta, che Clarke sapeva essere di Lexa, Luna si appoggiò al muro con un fischio.

Clarke riuscì a stento a distinguere un vaso di fiori che sembrava familiare, meticolosamente curato e posato sul letto di Lexa. Non riuscì a vedere molto altro della stanza, ma qualcosa dentro di lei si agitò ancora una volta. Lexa aveva tenuto e sistemato i fiori.

"Ehi." Luna le posò una mano sulla guancia, richiamando l'attenzione di Clarke su di lei. "Sei sicura di stare bene?"

"Bene." Clarke gemette, guardando il bicchiere di birra in mano.

"Ascolta."

"Vuoi rompere con me." Clarke fece una leggera risatina, e Luna immediatamente si accigliò.

"Clarke, Io-"

“Luna. Va bene. "sospirò Clarke. "Io sono un disastro. Sei molto bella. Possiamo essere amici, sarà imbarazzante, ma ci passeremo sopra ".

Luna sospirò. "Clarke, non sei un disastro."

"Non ha senso discutere con una ragazza ubriaca, Luna." Borbottò Clarke sconsolata. In realtà si sentiva male per Luna. Pensava che Luna meritasse qualcuno stabile e normale, qualcuno che non fosse attirato così tanto da qualcuno che apparentemente odiava.

"Clarke." Luna passò la mano tra i capelli di Clarke. "Sei grande. Veramente. Io ... solo non ci vedo insieme come più che amici ".

Clarke si prese un minuto per riacquistare la calma. "Neanche io." Ammise. Si sporse in avanti, premendo un triste bacio sulla guancia di Luna. "Per quello che vale però ... saresti stata perfetta."

Luna sorrise. "Starai bene, giusto?"

Clarke fece un mezzo sorriso, cercando di spingere via le sue emozioni. Certo, non era fuori di testa per Luna, ma le piaceva la ragazza, e il rifiuto faceva sempre male. "Me? Mhmm.”

Luna le fece un brusco cenno del capo. "Ho un passaggio, quindi ... penso che andrò via presto stasera. Ci vediamo in classe, ok? "

Clarke annuì, lasciando che le sue dita lasciassero il braccio dell'altra, che uscì dalla stanza.

Non appena ci fu campo libero, Clarke permise alle lacrime di scivolare giù, andando a sbattere contro il muro mentre scivolò sul pavimento, asciugandosi delicatamente le lacrime, facendo attenzione a non versare il suo drink, la sua ancora di salvezza.

Oltre della musica che pompava a tutto volume, combinato con la confusione nella sua testa, era una meraviglia che Clarke non fosse caduta a terra. Non riuscì a sentire i passi che si avvicinavano silenziosamente, attentamente. Non erano di Luna, era andata via da tempo, verso pascoli più verdi e appuntamenti più felici.

Clarke vide qualcuno scivolare accanto a lei, attraverso la sfocatura delle sue lacrime. Si girò e sbatté le palpebre un paio di volte, facendo immediatamente retromarcia quando notò che era la stessa Lexa Woods, che appariva assolutamente radiosa mentre Clarke era un casino ubriaco.

Gli occhi di Lexa riflettevano una grande compassione per Clarke mentre guardò gli occhi ceruleo di Clarke.

"Lo so, lo so." Clarke tirò su col naso. "Me l'avevi detto."

Lexa sembrava sconvolta dal fatto che Clarke potesse anche solo pensare una cosa del genere. "Non l'avrei mai fatto." Sussurrò, la sua voce dispiaciuta.

Clarke cercò di non pensare alle implicazioni della sua tonalità. Era troppo ubriaca per un'analisi tanto attenta.

"Come ti senti?" Chiese Lexa dolcemente.

Clarke fece una risata. "Male."

Lexa sorrise tristemente, protendendosi per premere una mano contro la fronte arrossata di Clarke. "Sei calda." Sussurrò.

"Sto bene." Clarke disse debolmente, già negando le parole di poco prima, appoggiandosi al tocco calmo e freddo di Lexa.

"Sei ubriaca." Rispose Lexa, le sue labbra belle e carnose strette in una linea decisa.

"Ho fatto una cazzata." Clarke scosse la testa, lamentandosi della perdita di quella che sarebbe potuta essere una notte perfetta.

Il sorriso di Lexa svanì. "Non l'hai fatta."

“Luna-”

"Luna è un'idiota per averti lasciata così." Rispose Lexa, la sua voce morbida.

Era la stessa ragazza che l'aveva fatta arrabbiare ad inglese.

Sembrava che ci fosse molto di più in Lexa Woods di quanto non si vedesse.

"Tu lo faresti?" Clarke non poté evitare di dire quelle parole prima che le uscissero dalle labbra.

Respirò a fondo, rendendosi conto di quanto fosse allettante la sua vicinanza al viso di Lexa, alle sue labbra morbide e carnose. Era così bella, come una dea.

"Se io ti avrei ...?" Sussurrò Lexa, gli occhi fissi sulle labbra di Clarke.

"Mi avresti lasciato." Rispose Clarke, riuscendo a malapena a respirare.

Lexa scosse la testa, prendendo a coppa le sue guance, appoggiando la fronte su quella di Clarke. "No." Lei scosse la testa.

Si sporse in avanti, ma Clarke si avvicinò, così pronta, così desiderosa, i suoi pensieri confusi dall'alcol e dai sentimenti spezzati. Voleva così tanto baciare Lexa.

Le sue labbra sfiorarono appena le labbra di Lexa..

Ma il bacio non avvenne mai.

Invece, Raven Reyes trascinò Anya su per le scale, bloccate in un bacio appassionato, rimbalzando contro i muri come proiettili vaganti.

Al suono improvviso, Clarke e Lexa saltarono in aria, le loro guance arrossirono, gli occhi di Lexa si riempirono di vergogna. Che diavolo stava pensando? Tornando alla realtà, si girò di scatto, solo per vedere Anya e Raven gemere e gemere, passando davanti a lei fino alla stanza di Anya.

Lexa emise un respiro profondo, voltandosi verso Clarke, che stava cercando in tasca qualcosa.

"Clarke, Io-"

"Scusate!" Bellamy Blake stava correndo su per le scale, inseguendo Raven e Anya. "Ehi, Clarke!" Le disse quando l'aveva già sorpassata, togliendosi la maglietta mentre spariva dietro la curva nel corridoio.

Lexa osservò il tutto con un'espressione inorridita. Quando si rigirò, Clarke era già freneticamente scesa giù per le scale, praticamente inciampando in se stessa nel suo stato di ebbrezza.

"Clarke!" gridò Lexa, e la bionda si voltò.

Lexa notò immediatamente le chiavi della macchina in mano. La ragazza non era certamente adatta a guidare.

"Dove stai andando?" Chiese Lexa, la sua voce più morbida questa volta.

Clarke lasciò cadere le lacrime mentre scosse la testa incredula. "A casa." Piagnucolò, fuggendo prima che Lexa potesse raggiungerla nella fitta folla di ubriachi.

 

 

 

 

 

 

 

La festa non era davvero finita fino alle tre del mattino.

Lexa era esausta e semplicemente non abbastanza ubriaca per affrontare i sentimenti che infuriavano dentro di lei. Dopo che Clarke se ne era andata, Lexa si era quasi distrutta, e si era fermata solo poichè desiderosa di rimanere intatta per Costia e tutti gli altri spettatori che si erano radunati nella sua casa per vivere un bel momento.

Aveva ballato, aveva riso insieme agli altri, ma semplicemente non riusciva a smettere di pensare a Clarke.

Era disposta a rinunciare al fatto che si erano quasi baciati. Il fatto che avessero avuto una dimostrazione di affetto così intima e profonda. Era disposta a dimenticare tutto.

Ciò di cui si preoccupava era il fatto che Clarke fosse tornata a casa ubriaca fradicia. Sapeva poco di dove viveva Clarke. E se fosse stato lontano? Perché non l'aveva fermata in tempo?

Lexa non potè fermare i pensieri che le albergavano nel cervello mentre raccoglieva ogni bicchiere, tovagliolo e piatto che aveva trovato sul pavimento.

Erano quasi le quattro del mattino quando lei e Costia si erano ritirate nella sua stanza, dimenticandosi completamente di Anya e Aden, che non si vedevano da mezzanotte.

Lexa sapeva che Aden si era ritirato per dormire.

Non era così sicura per Anya.

Lexa non si preoccupò di cambiarsi mentre si sedette sul bordo del letto con uno sbuffo, la testa tra le mani.

Clarke avrebbe potuto essere morta in un fosso, da qualche parte.

Clarke avrebbe potuto essere sanguinante sul marciapiede, sbalzata fuori dalla sua auto a causa della sua guida spericolata.

Lexa doveva sapere che stava bene.

Aveva chiamato, tre volte. Aveva inviato un messaggio. Diciassette, in realtà.

Al diavolo, si era maledetta per non avere il numero di Abby Griffin, solo per calmarsi.

Non aveva la certezza che Clarke Griffin fosse al sicuro, e la stava uccidendo.

"Piccola." La sua ragazza le si rannicchiò dietro, e all'improvviso si rese conto della sue presenza. "Cosa c'è che non va? Troppo alcool?"

La mano di Lexa corse giù per la schiena di Costia, e la sua ragazza le fu accanto e in pochi secondi.

"No." Lexa sospirò. Sentì il peso del senso di colpa sistemarsi sul suo petto. "Non è niente."

"Piccola?" Costia la guardò negli occhi, e la preoccupazione li attraversò. "Si tratta di Clarke che sta tornando a casa? Ti ho vista che la chiamavi. "

Lexa sentì il suo cuore fermarsi. Costia non se lo meritava.

"Non voglio davvero parlarne." Mormorò Lexa, ora in piedi per togliersi la canottiera.

"Va bene." Costia acconsentì dolcemente. "È solo ... Sarebbe tristemente ironico se avesse avuto un incidente dopo ... non importa." Costia scrollò le spalle con un sospiro, gli occhi rattristati per un momento. "Vado a sistemarmi."

La bocca di Lexa rimase leggermente aperta dopo che Costia se ne fu andata, e sentì dei brividi scorrerle dentro. Dopo cosa? Cosa era successo?

Lexa non poteva rischiare ad indagare ulteriormente, eppure, stava morendo dalla voglia di sapere.

Non riusciva a smettere di pensare al peso che stava sulle sue spalle.

Non riusciva a smettere di pensare a Clarke Griffin.

Notò appena quando Costia si avvicinò di nuovo, avvolgendo le braccia attorno al collo di Lexa, tirando il labbro inferiore di Lexa nel suo mentre mormò, "Vai a letto."

Lexa non dormì più di due o tre ore per la paura per Clarke.

Il suo battito cardiaco era irregolare come i suoi pensieri, finché la morbida luce di un mattino piovoso non entrò nella sua finestra , e Costia borbottò qualcosa accanto a lei mentre realizzava di dover affrontare un post sbornia.

"Mmm Lexa dove stai andando?" Costia borbottò nel suo cuscino.

Senza nemmeno guardarla, Lexa si morse le labbra per trattenere il suo cipiglio. "Allenamento del sabato mattina." Sussurrò, stringendo la gamba di Costia da sopra la coperta mentre si affrettava a cambiarsi, ancora con un macigno sul cuore.

Se Abby era all'allenamento, e di solito c'era, ciò significava che Clarke stava bene.

Inutile dirlo, Lexa non aveva mai guidato più veloce nella sua vita.

Durante il viaggio, Anya sembrò sorpresa dal fatto che Lexa non avesse espresso commenti snervanti o di rimprovero.

Lexa era semplicemente troppo preoccupata per Clarke per preocuparsi di lei.

Parcheggiò, e prima che potesse dire qualcosa, Anya decise di saltare fuori e andare spedita, chiaramente molto imbarazzata da qualunque cosa fosse successa la sera prima.

Lexa era da sola, col cuore straziato.

Si era dimenticata della giacca, indossando solo una maglietta e dei collant, e infatti se ne pentì immediatamente, sentendo i suoi muscoli rigidi rabbrividire nell'aria gelida. Chiuse la portiera della sua auto, incrociando le braccia mentre si fece strada sul marciapiede bagnato, notando che le auto dei sui compagni di squadra erano già lì.

Era un po 'in ritardo, ma essere capitano aveva i suoi privilegi.

Lexa cercò di domare se stessa, cercò di chiarire i suoi pensieri. Cercò di non pensare alle labbra tremanti di Clarke, implorando di essere baciate. Cercò di non pensare a Clarke, sola e fredda, che tornava a casa totalmente stordita e con pensieri confusi.

Ci provò, e fallì.

Mandando tutto al diavolo, Lexa si ritrovò a correre per il resto della strada, con gli occhi che scrutavano il campo in cerca di Abby, ignorando l'espressione confusa di Lincoln.

Scoprì che Abby non si vedeva da nessuna parte. Appoggiandosi al palo, Lexa inspirò ed espiro con la bocca, a testa bassa, mentre cercava di non iperventilare.

Dio, Clarke Griffin era morta.

"Cazzo." Lexa si morse un labbro, cercando di trattenere le lacrime. Era grata che i suoi compagni di squadra fossero sul campo, allenandosi diligentemente, liquidando il comportamento strano di Lexa come nient'altro che una sbornia.

"Clarke, puoi portare Woods qui? Ha bisogno di coprirsi appropriatamente. "La voce di Abby Griffin, che arrivava da dietro il capannone vicino al bordo del campo, risuonò nelle orecchie di Lexa.

"Certo, mamma." La voce di Clarke Griffin era musica per le orecchie di Lexa. Era luminosità. Era melodiosa, dolce e dolce, e solo un po 'roca, come piaceva a Lexa.

"Lexa?" La voce di Clarke suonò morbida da dietro di lei mentre sentì una mano tremante sulla sua spalla. "Stai bene?"

Lo sguardo di Lexa si sollevò e si ritrovò ad annegare in un mare ceruleo, il colore più bello che Lexa avesse mai visto. Clarke era lì, viva e vegeta, infagottata in una grande giacca di pelle, corrugando la fronte osservando l'espressione sconvolta di Lexa.

Lexa iniziò a tremare. Si lanciò contro la ragazza, trascinando Clarke nell'abbraccio più stretto mai visto, nascondendo il viso tra i capelli della ragazza mentre stringeva a sè tutto ciò che era Clarke: il suo profumo, il suo sorriso, la sensazione delle sue braccia che si avvolgevano attorno a Lexa.

Clarke emise un gemito di sorpresa prima di ricambiare, la curiosità evidente nel suo tono.

Lexa si tirò indietro, solo leggermente, solo per guardare negli occhi di Clarke. "Pensavo di averti persa." Sussurrò, i suoi occhi stavano tracciando le labbra di Clarke. "Non spaventarmi mai più così."

Clarke annuì lentamente, presa alla sprovvista.

Si era aspettata imbarazzo, forse Lexa l'avrebbe ignorata, ma ... mai questo. Mai così tanta preocupazione, ferocia e protezione. Sapeva che aveva bevuto molto. Si era allontanata nel giardino bevendo un sacco d'acqua e riflettendo sul da farsi.

Ma Lexa non lo sapeva.

Lexa si era preoccupata per lei.

"Woods!" Chiamò Abby, la voce stridula, roteando gli occhi. "Intendevo anche oggi, tesoro!"

Lexa rivolse a Clarke un debole sorriso, e Clarke si sentì sciogliere.

"Allora ... siamo a posto ...?" Sbottò Clarke improvvisamente, pensando sempre più alle labbra di Lexa che a qualsiasi altra cosa.

"Siamo a posto." Affermò Lexa, schiarendosi goffamente la gola mentre dava a Clarke un ultimo sorriso di sollievo, il suo cuore praticamente esplose di felicità mentre corse verso Abby, lasciando Clarke a mettere in discussione tutto ciò che aveva sempre saputo.

 

 

 

 

 

 

"Ooh, Griffin, guarda, la tua persona preferita."

Clarke aggrottò le sopracciglia e lanciò uno sguardo seccato in direzione di Murphy, che aveva da poco iniziato a lavorare al Dropship, lavorando come chef quando Miller non era disponibile e come cameriere.

Però le sue parole erano vere, Clarke poteva vedere Lexa e Costia camminare appiccicate dalla porta, e Clarke sentì una fitta di irritazione.

Non che avesse motivo di irritarsi. Aveva saputo sin dall'inizio che Lexa e Costia stavano uscendo insieme, e sembravano molto felici insieme, tutti i sorrisi, le risatine e gli sguardi condivisi. Ma lei non poteva fare a meno di essere ... invidiosa?

Tutto era molto più facile quando Clarke sentiva di odiare Lexa, e quando Lexa l'aveva odiata a sua volta.

Ora, tutto era confuso nella testa di Clarke e non era più sicura di ciò che provava. Lexa aveva mostrato più e più volte che, per ragioni sconosciute alla bionda, a lei interessava davvero Clarke. Davvero, sinceramente interesssata.

Aveva aiutato Clarke quando era più vulnerabile, e l'intensità con cui l'aveva abbracciata all'inizio della giornata ... a dir poco era confusionaria. E per non parlare del quasi bacio che avevano condiviso. Clarke non voleva neanche pensarci. Non sapeva proprio come affrontare l'altra ragazza, specialmente non ora.

"Bene?" Clarke soffocò un sospiro quando Murphy sollevò un sopracciglio verso di lei in attesa. "Wells mi ha detto che Woods chiede di te specificamente, quindi non sprecherò le mie energie per andare laggiù. E poi, pensavo che tu e Blake Junior steste gareggiando per essere impiegato del mese o per qualche cazzata del genere. "

"Lo stanno facendo," interruppe Wells, facendo sì che Murphy sobbalzasse leggermente, "e se vuoi quel titolo, Murphy, mantieni il linguaggio moderato, ci sono ragazzini qui, dopotutto." Murphy guardò torvo il ragazzo più grande roteando gli occhi.

"Me? Impiegato del mese? Grossa opportunità."

Mentre i due continuavano a parlare, Clarke fece un lungo respiro, assicurandosi di esibire il suo miglior sorriso del servizio clienti.

“Ciao, benvenute al Dropship,” Clarke salutò, consegnando loro entrambi i menu. "Come sempre, sono Clarke e sarò la cameriera per la sera, posso iniziare con due drink?"

"Solo una coca-cola per me, grazie," disse Costia.

«Acqua frizzante, per favore» aggiunse Lexa e Clarke annuì.

“Vado a prenderli velocemente e vi do un secondo per guardare i menu.” Con un altro sorriso finto, Clarke si ritirò in cucina per prendere le loro bevande, ignorando Murphy.

"Beh, non sei proprio adorabile?" La stuzzicò, e Clarke gli lanciò contro il block notes, nascondendo un sorriso quando finse di essere offeso. "Griffin! Che cosa del tutto inappropriata da parte tua! "

"Ti voglio bene, Murph," rise prima di uscire, un bicchiere in mano, di nuovo verso la coppia che parlava tranquillamente.

"Ecco qua," disse Clarke, posando le bibite davanti alle due. Ciò che voleva davvero era andare a casa, crollare sul letto e dormire per il resto del weekend. "Siete pronte per ordinare o avete bisogno di più tempo?"

"Penso che siamo pronte per ordinare", rispose Costia, "Prenderò l'insalata di pollo, con un contorno di patatine fritte. Piccola? "Clarke si rivolse a Lexa, che alzò rapidamente lo sguardo, abbassando il menu.

"Hamburger della casa," decise Lexa, "con patatine fritte dolci, per favore." Clarke annuì, prendendo i menu prima di tornare in cucina.

"insalata di pollo e un hamburger", ordinò Clarke a Murphy, "e due porzioni di patatine fritte: una normale e una dolce".

"Patate dolci fritte?" Schernì Murphy. "Nessuno le ordina".

" è Lexa Woods di cui stiamo parlando, Murph," Clarke rispose impassibile, "ordina acqua frizzante, per l'amor di Cristo."

Lexa Woods era interessante, questo era certo.

"Ehi, ai ricchi è permesso avere qualche stranezza, immagino," fece spallucce, muovendosi mentre metteva un pollo e un hamburger sulla griglia, fischiettando tra sé. Sarà anche stato stronzo, ma John Murphy conosceva bene la cucina.

“Voglio solo andare a casa,” Clarke gemette, resistendo all'impulso di sbattere la testa contro la porta, ignorando l'odore di grasso, che non andava bene con il suo già brontolante stomaco, che ignorò.

"Sono sicuro che posso pensare a qualcosa per farti uscire di qui", Murphy rise, prima di spostarsi per abbassare le patatine nella friggitrice.

"Davvero?" Chiese Clarke.

"Mi hai mai incontrato, Griffin? Sono praticamente il re della fuga dal lavoro. "Fece saltare in aria una patata dolce e fece una smorfia. "Cavolo, Woods è l'unica a volerle, le patatine non dovrebbero essere salutari".

I due fecero per un po 'di chiacchiere del più e del meno, composte principalmente da Murphy che faceva commenti stupidi e Clarke che si lamentava del suo destino, e le manco Octavia. Non che le dispiacesse, lei e Murphy andavano molto d'accordo, ma Clarke era esausta.

"è pronto." Murphy le sorrise, e Clarke scosse la testa mentre accettava i due piatti di cibo, prima di uscire dalla porta e andare da Costia e Lexa, che stavano aspettando il loro cibo.

"Pollo e hamburger", annunciò Clarke, mettendo giù il cibo.

"Grazie," Lexa sorrise.

"Posso portarvi qualcos 'altro? Vi riempio i bicchieri?”

"Solo un po 'd'acqua, grazie," chiese educatamente Costia, e Clarke annuì. Mentre la bionda si voltò per tornare verso la cucina, vide Murphy che usciva, brocca d'acqua in mano. Gli occhi cerulei le si socchiusero, chiedendosi che cosa stesse facendo esattamente il ragazzo, e si spalancarono leggermente nel rendersi conto quando vide un luccichio nel suo stesso gelido sguardo blu. A pochi metri da Clarke, "inciampò", e l'acqua volò su tutta Clarke, che lanciò un grido mentre l'acqua gelido la inondava.

Era bagnata fradicia.

E non nel modo giusto.

Costia e Lexa fecero entrambe versi di sorpresa, ma l'acqua non le sfiorò nemmeno. Murphy aveva programmato la sua piccola "caduta" in modo che l'acqua si riversasse solo su Clarke, poiché sapeva che era meglio non affogare la figlia di uno dei loro investitori.

Lexa allungò le mani come per aiutare, ma le ritirò così velocemente che Clarke quasi rise, e vide Costia fissare la sua ragazza. Non è che poteva solo allungare le mani e toccarle le tette... oh cavolo...

Clarke posizionò le sue braccia attorno al seno quasi in modo protettivo, facendo una smorfia a Murphy, che le offrì un sorriso sfacciato mentre la alzava da terra. Le camicie bianche non erano esattamente pensate per l'esposizione all'acqua, e ringraziò qualsiasi forza della natura esistente che avesse almeno indossato un reggiseno carino, che era di colore blu, con pizzo decorativo. Se Lexa e Costia avessero dato una sbirciatina, almeno avrebbe potuto dare loro una bella sbirciata. Anche se preferiva che Costia non ci fosse affatto. Lexa, invece ...

Clarke scosse la testa e rabbrividì.

"Oh, mi dispiace," Murphy, sempre convincente, si scusò, "sono veramente goffo".

Lexa offrì a Clarke la sua giaccia senza parole, ma la bionda scosse la testa, i denti che battevano leggermente. L'aria fresca nell'edificio non aiutava esattamente la sua situazione.

"Clarke?" Si voltò per vedere Wells che la guardava preoccupata. "Torna a casa subito, hai il resto della notte libera." Lei annuì e lanciò un piccolo sorriso in direzione di Murphy, e il ragazzo le offrì un saluto spensierato, prima di ritirarsi frettolosamente.

I suoi metodi erano efficienti, per non dire altro.

 

 

 

 

 

 

 

Clarke aveva lasciato la scuola verso le nove di sera, una delle molte conseguenze di unirsi allo staff editoriale del Grounder Gazette, che spesso lavorava in orari non corretti per rispettare le scadenze per la stampa. Come se non fosse stato abbastanza faticoso, aveva anche dovuto guardare l'anteprima del volto impeccabile di Lexa, prevedibilmente, ancora sulla copertina.

Mentre la sala stampa era ancora vivace, e Clarke sapeva che sarebbe andato avanti

fino alle prime ore del mattino, Clarke si ritrovò a sgattaiolare fuori presto, ringraziando i poteri superiori che era nelle grazie di Monroe, in quanto aveva bisogno di fare un ultimo disperato sforzo per studiare per la verifica di storia di Kane, programmata per il giorno successivo.

Clarke gettò la sua borsa pigramente sopra la spalla, e poi tirò su il cappuccio.

Clarke aveva sempre odiato la pioggia. La pioggia spesso significava tempeste, le tempeste significavano poca visibilità in strada. Ergo, Clarke odiava la pioggia.

Clarke si fece strada attraverso la città fantasma della scuola, sentendosi improvvisamente molto sola e, ammettiamolo, un po 'spaventata. La nebbia si era sistemata intorno a lei nell'aria fresca di ottobre, e riusciva a malapena a vedere più di pochi metri in qualsiasi direzione.

Non c'erano suoni, né i soliti chiacchiericci di matricole che squittivano, o adulti sfiniti. Non c'erano discorsi odiosi su Lexa Woods e sul calcio, nessun insegnante che urlava agli studenti di smettere di correre.

C'era un silenzio puro e integrale.

Clarke sentì il battito del cuore accelerare leggermente. Odiava stare da sola, fin da quell'incidente. Nemmeno la tempesta era d'aiuto.

Mentre le gocce di pioggia cristalline le battevano sulla testa e inzuppavano il suo zaino, Clarke si affrettò verso il parcheggio principale, dove rimanevano solo tre o quattro macchine. Clarke pensò che fossero quelli dello staff di montaggio. Aprendo la portiera con uno sbuffo, lanciò la sua borsa sul sedile posteriore, già fradicia dai pochi passi dall'edificio alla macchina.

Scivolò nel sedile del guidatore, chiudendo la porta mentre accese i fari, e girò la chiave.

Clarke odiava la sua macchina. Era imbarazzante, per usare un eufemismo, e non quello che aveva originariamente previsto di ricevere. Suo padre aveva detto che tutto ciò che Clarke avrebbe risparmiato entro i 16 anni sarebbe stato il suo budget. Diligentemente e attentamente, Clarke aveva ammassato quasi 12.000 dollari, abbastanza per una nuova berlina nuova di zecca, con capacità di questo secolo.

Sfortunatamente, con la scomparsa di Jake, il fallimento dell'assicurazione sulla vita e la scelta di Abby di abbandonare il suo alto lavoro retribuito, Clarke rimase con "la morte su ruote".

Tuttavia, la riusciva a portare dal punto A al punto B, ed era tutto ciò di cui Clarke aveva bisogno.

Fino a quando non lo fece più.

La faccia di Clarke divenne un misto di confusione e orrore quando girò la chiave nell'accensione con più forza, aspettando che il motore ruggisse.

Tuttavia, era bloccato.

Clarke sapeva, in quel momento, che non era la sua batteria. Era il suo motore, proprio come Raven le aveva detto settimane fa. "Clarke, sta morendo." Aveva sibilato, irritata, ben informata dal suo apprendistato come meccanico nell'officina di suo zio. "Fammi vedere."

Clarke non gliel'aveva mai fatto vedere e ora lo stava pagando.

"Andiamo!" Brontolò Clarke frustrata, sbattendo il pugno sul cruscotto, quasi aspettandosi che si spezzasse a metà al contatto. Si voltò, infilando la mano nella borsa per il cellulare, pronta a scusarsi profusamente con sua madre, Raven, Octavia, chiunque avesse avuto pietà di lei.

La prima cerniera, dove Clarke teneva normalmente il suo telefono, era vuota. La seconda cerniera era, ancora una volta, vuota. Clarke frugò freneticamente attraverso la terza e ultima tasca, borbottando,

"Dio, per favore, per favore, per favore ..."

Certo, il suo telefono non era lì. Perché niente era mai facile per Clarke Griffin.

“Maledizione!” Strillò Clarke frustrata, colpendo il clacson.

Gli occhi di Clarke si chiusero all'improvviso per l'impatto di una luce brillante nello specchietto retrovisore. Poi riconobbe la macchina che le si era messa a fianco.

Lì c'era l'Audi nera di Lexa, la quale stava sorridendo beatamente. Chiaramente, non si era resa conto del peso della situazione.

Clarke soffocò un urlo, optando invece per abbassare il finestrino, pronta a combattere Lexa fino alla fine.

"Griffin, potresti essere troppo educato per conoscere l'uso del clacson, ma in genere qualcuno deve essere davanti a te per farti suonare il clacson." Lexa stuzzicò, la sua voce roca e innegabilmente confortante per Clarke, che intanto odiava ogni secondo della sua presenza... ma il suo corpo diceva il contrario.

"Oh?" Clarke sollevò un sopracciglio, la sua voce grondante di sarcasmo. Sbatté ancora una volta il pugno sul clacson, sorridendo maliziosamente quando Lexa si coprì le orecchie con le mani. "colpa mia." Rise seccamente mentre toglieva la mano.

Lexa roteò gli occhi. "Incredibile." Mormorò.

Bene, almeno la festa non aveva cambiato la loro dinamica adorabile.

"Ascolta, Lexa ..." sospirò Clarke, lasciando gli scherzi a parte. "Potrei forse ... usare il tuo telefono? Devo chiamare mia madre, o Raven ... per un passaggio a casa. "

Lexa si accigliò e, per un momento, Clarke pensò che stava per alzare il finestrino e andarsene.

Le sue parole sorpresero Clarke. "È tardi." Rispose semplicemente.

Clarke rise un po ', chiaramente confuso. "Uhm, sì, lo è. Perché sei qui?"

"Allenamenti." Rispose Lexa. "Mi piace correre sotto la pioggia. Mi calma. "

Clarke rabbrividì un po 'al pensiero. Correre e pioggia? Che combinazione infernale.

"Ad ogni modo ..." Clarke tossì, e Lexa sembrò tornare sull'attenti.

"Giusto ..." Lexa scosse la testa. "Voglio dire, è tardi. Perché non lasci qui la tua macchina, e ti do un passaggio a casa? "

Clarke si bloccò, con gli occhi spalancati. "Tu ... lo faresti?"

Lexa le sorrise dolcemente, e Clarke sentì il suo cuore che martellava nel petto. "Ovviamente."

"Ma ..." Clarke scosse la testa. "No. Non potrei chiedertelo. Mia madre sarà qui entro un'ora o due, comunque, non credo che sia a casa ... "

"Non aspetterai qui per un'ora." Lexa sbuffò, e uscì dalla macchina.

Clarke sbatté le palpebre. Dove è andata?

Lexa si fece strada intorno alla macchina, aprendo la portiera del passeggero, e poi aprendo quella di Clarke.

"Andiamo, Clarke." Lexa disse, in piedi sotto la pioggia, i suoi occhi scintillanti.

"Io ..."

Lexa offrì la mano a Clarke, e senza pensarci, Clarke la prese, permettendo a Lexa di guidarla nella macchina di Lexa.

Quanto rapidamente si stavano evolvendo le cose tra le due.

Gli occhi di Clarke vagavano sull'interno costoso della macchina di Lexa, che profumava come lei, assolutamente paradisiaco. Emise un fischio basso e Lexa sorrise.

"Scommetto che ci porti tutte le ragazze." La stuzzicò leggermente Clarke, guardando Lexa con un sorrisetto.

"Sono una donna impegnata, Clarke." Lexa rispose strettamente, e Clarke sentì qualcosa incresparsi dentro di lei.

"Dove vivi?" Chiese Lexa mentre usciva dal parcheggio.

"Sembra una cosa che chiederebbe un serial killer." Clarke rispose ironicamente.

"O uno stalker, come Charlotte." Aggiunse Lexa, annuendo con la testa in un accordo divertito.

"Come sta andando tra voi? Penso che farà presto la proposta di matrimonio. O ucciderà Costia. "

Lexa roteò gli occhi. "A parte l'essere la mia stalker e tutto ... lei sta bene. Non uscirei con una matricola, ma ... Non voglio ferire i suoi sentimenti. "Scrollò le spalle. "Così quando posso, le do qualche sorriso. Mi sono iscritta per diventare un tutor d'inglese, per le mie ore di servizio in comunità, quindi ... la vedrò spesso. "

"Svolta a sinistra." Ordinò Clarke dolcemente, e Lexa annuì, ascoltando. "E oh, sei così generoso." Lo stuzzicò Clarke. "A volte fai perfino l'occhiolino a chi è bisognoso."

Lexa sospirò esasperata. "Sapevo che ne avresti fatto un problema." Sogghignò con un sorriso spensierato.

"Musica?" Sorrise Clarke. "Non sono stata in una macchina che ha la radio funzionante da molto tempo."

"Povera anima." Lexa scherzò. "Temo che i miei gusti musicali non fanno per te."

Il sorrisetto di Clarke crebbe mentre accendeva la console centrale. "Perché? Ascolti il ​​rap? Canzoni su quante troie hai? "

Lexa roteò gli occhi, sorridendo. "Per chi mi prendi, Clarke? Non ho, né voglio, delle "troie"

Clarke alzò il volume, pronta a svelare le bugie di Lexa. Invece, gli echi morbidi e le vibrazioni della musica classica risuonarono nell'auto, col sorriso della bruna per accompagnarlo.

«Bach in G?» La schernì Clarke.

"Beh, almeno puoi riconoscerlo." Lexa offrì leggermente imbarazzata.

"Voglio dire, certo che posso. Sono una amante del rock, ma ... è a causa di mio padre che le riconosco. "

"È intelligente. È la prima cosa che vedo hai preso da lui, visto che hai sicuramente la determinazione di tua madre. "Lexa mormorò piano.

Clarke sentì il suo cuore affondare nello stomaco. Non si preoccupò di correggere Lexa, non ne aveva il cuore. Era troppo doloroso.

Invece, trovò la sua mano vagare in cima al piccolo bracciolo, la pelle sorprendentemente morbida, liscia come ... Era la mano di Lexa.

"Scusa!" Clarke quasi saltò fuori dal suo posto.

Lexa ridacchiò, scuotendo la testa. "Va tutto bene, Clarke." Seguì le istruzioni di Clarke, inclinando il volante.

"Allora, sei Edward Cullen." Clarke sbottò.

"Scusami?" Lexa sbuffò.

"Sei troppo intelligente per le superiori, atleticamente dotata e una snob musicale." Clarke sorrise.

"Esci dalla mia macchina, Griffin." Lexa sbuffò, si fermò davanti alla casa di Clarke, roteando gli occhi.

Prima che Clarke potesse aprire la sua porta, Lexa era fuori, portando lo zaino di Clarke per lei mentre accompagnava Clarke alla porta, osservando mentre Clarke prendeva le chiavi dalla borsa, girandosi verso la porta.

"Dio, Lexa, non so come ringraziarti." Mormorò Clarke. "Mia madre non è nemmeno a casa, non so per quanto tempo avrei aspettato."

Lexa le porse la sua borsa, con una tinta rosata sulle sue guance. Clarke cercò di non fissare il modo in cui i suoi vestiti bagnati si aggrappavano alla sua struttura mozzafiato. "Non preoccuparti per questo. Ecco a cosa servono i nemici. "

"Nemici?" Fece eco Clarke con un debole sorriso.

"Partner." Lexa scrollò le spalle, tornando alla sua auto. "Buonanotte, Clarke." Abbassò leggermente la testa.

"Notte, Lexa." Respirò Clarke, guardando quella bellezza di ragazza che si allontanava verso la sua auto.

Aden era stravaccato sul divano nella stanza del cinema, a testa in giù mentre giocava ai videogiochi con Nam e Atom, con cui stava parlando sopra le cuffie. Anya era da qualche parte nelle poltrone dietro di lui, che scorreva tumblr distrattamente. Una rapida occhiata alle sue spalle gli disse che Lexa stava mandando un messaggio a qualcuno, e dal lieve mezzo sorriso sul suo viso, poteva immaginare che fosse Clarke.

Aveva un certo sorriso riservato a quando parlava con la bionda. Non era il solito sorrisetto che le attraversava il viso ogni volta che parlava con Costia (di cosa, Aden non lo voleva sapere), ma qualcosa di molto più gentile. Aveva visto quella sua espressione con crescente frequenza dopo che aveva visto lui e Clarke al centro commerciale, a mangiare gelato insieme.

"Ehi Lex?" Chiamò Anya senza alzare lo sguardo dal suo telefono. "Dì alla tua ragazza che non può venire alla serata cinema questa settimana." Lexa sbuffò, continuando a scrivere.

"Perché Clarke dovrebbe venire ..." si rese conto dell'errore non appena le parole uscirono dalla sua bocca, che si spalancò in un modo sconvolto. Aden sentì le sue sopracciglia alzarsi molto più in alto di quanto avesse mai immaginato possibile, un ampio sorriso che si allungava sul suo viso. Non importa quale scusa Lexa avrebbe inventato, aveva appena chiamato Clarke Griffin la sua ragazza.

"Wow, Lex, non avevo realizzato che Griffin fosse la tua ragazza" ansimò Anya "Di sicuro superi le rotture facilmente. Non sapevo nemmeno che tu e Costco aveste rotto. "

"Io-" farfugliò Lexa, "non l'abbiamo fatto. Lei non lo è. Griffin. Cioè, non è la mia, um-mia ragazza. "

"Davvero?" La stuzzicò Anya. "Perché avrei giurato che tu l'avessi chiamata così solo due secondi fa." Lexa non sapeva cosa rispondere, e Aden si stava divertendo molto. Prese mentalmente nota per accelerare il ritmo nell'itinerario, perché apparentemente Lexa era molto presa da lei di quanto inizialmente pensasse.

"Stavo messaggiando Clarke e non stavo prestando attenzione a quello che stavi dicendo," Lexa balbettò furiosamente, rossa in viso, "Clarke Griffin non è e non sarà mai la mia ragazza. Mi sto ancora frequentando con Cos. "Mentre Anya borbottava parole di incredulità sottovoce, Aden roteò gli occhi.

Mentre aveva la sua giusta dose di lotte, la sua situazione finanziaria non era mai stata una di quelle, i suoi genitori erano i magnati degli affari internazionali, dopotutto.

Lei e Aden avevano vissuto una vita più che confortevole. Vivevano nel lusso, un'esistenza elegante e raffinata.

Quest'anno era stato pieno di cambiamenti a questa esistenza.

Come andare a vivere con Indra, la cui casa valeva probabilmente più di tutte le altre case locali messe insieme.

Era anche passata dalla prestigiosa e privata Mount Weather Academy a Arkadia High, per la sua abilità atletica.

E poi, naturalmente, c'era Clarke Griffin, forse il più grande cambiamento nel suo mondo. E, naturalmente, Lexa non era sicura del perché fosse così. Clarke era la sua compagna in inglese, e barcollavano sulla linea sottile tra amicizia e qualcosa di meno gentile. Era così.

Eppure, Lexa non poteva sfuggire a Clarke. Non nei suoi pensieri, non nei suoi sogni (e oh, quanto erano realistici questi sogni, a volte), e nemmeno nella notte prima di Halloween, nella casa stregata organizzata dalla scuola.

Lexa non si sarebbe aspettata una simile partecipazione, tranne che per gli studenti di Arkadia, che avevano i biglietti scontati.

Quando Aden lo aveva sentito, era corso lì.

E così lei, Aden e Anya si erano trovati in fila per entrare nella casa stregata eretta sul terreno vuoto dietro la scuola, di fronte al campo di fiori dove Clarke e Lexa si erano ... confortate a vicenda.

Apparentemente, Anya e Lexa non avevano ricevuto il memo che annunciava, in effetti, un codice di abbigliamento. Quasi tutti gli altri erano in costume e Lexa si chiese all'improvviso perché fosse lì.

Costia non si sentiva bene, e mentre Lexa in origine aveva deciso di rimanere a casa con la sua ragazza, Costia aveva insistito perché andasse e "fosse libera".

Lexa non la avrebbe mai dovuto ascoltare, probabilmente la febbre la faceva delirare.

Ahimè, era troppo tardi.

Grida e urla echeggiarono dall'interno, e Lexa si sorprese a chiedersi perché qualcuno si sarebbe volontariamente sottoposto a questo.

Aden stava ascoltando attentamente, le orecchie rizzate.

"Lex." gridò. "Guarda. È Clarke. "

Aden aveva parlato a voce alta, e mentre Lexa sospettava di averlo fatto apposta, il danno era stato fatto. Già voltandosi, Clarke salutò i fratelli e Anya con un sorriso.

Clarke cercò di non diventare rossa quando gli occhi di Lexa si spalancarono al suo costume di Supergirl, incredibilmente adatto alle sue curve con la sua gonna corta e stivali alti.

"Hey Griffin." Anya sorrise quando vide gli occhi di Lexa allargarsi, afferrando il braccio di Aden. "Facciamo una visita ai delinquenti, Aden."

E proprio così, la famiglia traditrice di Lexa l'abbandonò.

"Così." Lexa si strinse nel suo cappotto Gucci, sentendo un brivido sul suo corpo. “Supergirl. Ti si addice.”

Clarke arrossì al commento implicito, scuotendo la testa. "Dov'è il tuo vestito, Woods?"

"Sono un atleta dalla testa dura." La prese in giro.

Clarke sbatté le palpebre, inclinando la testa curiosamente. "I tuoi occhi mi dicono tutto ciò che non mi stai rivelando." Mormorò. "Anche in questa penombra sono così verdi, potrei ..." si interruppe, guardando lontano.

Lexa sentì il suo cuore svolazzare. "Grazie." Venne fuori come un mezzo borbottio, mezzo bisbiglio.

"Dov'è Costia?" Chiese Clarke, muovendosi con la fila.

"Malata." Rispose Lexa, scrollando le spalle. "Sono venuta per Aden, per tenerlo d'occhio."

L'espressione di Clarke si addolcì quasi immediatamente. "È molto dolce, Lexa."

Lexa si schiarì la gola, sentendo il calore strisciare sul suo collo. "Grazie, per averlo portato fuori." Mormorò. "So che non dovevi, quindi-"

Clarke poteva vedere che stava allungando una mano nella tasca posteriore, al portafoglio, tirando fuori 20$. Prese il polso di Lexa, il contatto che le fece sentire scintille nel corpo. "Lexa." Lei scosse la testa. "Adoro Aden. Non è un lavoro ingrato. "

Detto ciò, andarono a unirsi ai delinquenti.

Bellamy era stato a capo del gruppo, insieme a Monty e Jasper, il primo che fissava curiosamente Nathan Miller attraverso l'apertura.

"Clarke?" Si girò in cerca del suo co-leader, probabilmente chiedendosi perché non fosse di nuovo in prima fila.

Lincoln, mano nella mano con Octavia, aveva appena trovato Aden, che aveva dato a Octavia la loro stretta di mano in segno di saluto.

"Ehi, Strikbro!" Salutò Lincoln mentre batteva il pugno a Aden. "Non pensavo che Lexa sarebbe venuta."

Aden sogghignò, sbirciando Lexa e Clarke, che stavano timidamente camminando fianco a fianco. Era così ovvio, solo dal linguaggio del corpo di Lexa, quanto fosse completamente attirata da Clarke. Cercò di non pensare a Costia.

Questo era per il bene di Lexa.

"Sembra che Lexa abbia un incentivo." Octavia sghignazzò con un sorriso ironico, seguendo lo sguardo di Aden. "Come va, comunque?"

"Bene." Aden sorrise. "L'altro giorno ha chiamato Clarke" la sua ragazza ", quindi ... È ora di far partire le cose."

"Davvero?" Lincoln annuì, le sopracciglia alzate. "È inaspettato."

Octavia scrollò le spalle, lanciando un'occhiata a Clarke. "Non proprio. Guarda il linguaggio del corpo di Clarke. Sicuramente vorrebbe almeno farsi una scop... »Octavia smise di parlare all'occhiataccia di Lincoln e allo sguardo curioso-innocente- di Aden.

Octavia tossì, modificando la sua precedente affermazione. "Ahem, uh ... almeno uscire con lei."

Aden cercò di non roteare gli occhi, completamente divertito dalle loro buffonate.

Certo, era un po 'più spaventoso di quanto non si aspettassero i Delinquenti, o la Kru di Lexa.

Monty e Jasper si aggrappavano l'un l'altro, incerti sul perché fossero davanti al gruppo.

Gli effetti sonori di falsi tuoni e la musica si diffondevano dagli altoparlanti, e servivano solo a rendere il gruppo più spaventavano.

L'unico a essere apparentemente non spaventato era Aden, che seguiva perennemente Lincoln e Octavia, sghignazzando ogni volta che saltavano dallo spavento e urlavano all'unisono.

Un grido particolarmente acuto fece pensare ad Aden che Clarke fosse stata sorpresa. Tuttavia, dopo essersi girato, Aden si rese conto che era Bellamy Blake, che ora si stava nascondendo vergognoso dietro la spalla di Raven Reyes, quest'ultima aggrappata al bicipite di Anya come se fosse un'ancora di salvezza in un oceano tempestoso.

Lexa, badando a tutto tranne che agli orrori del finto piccolo edificio che stava percorrendo, quasi non si mosse.

Clarke, come lei, la manteneva calma.

Occasionalmente, un rumore li spaventava tutti, forzandoli a stringersi insieme.

Tutto era andato bene fino all'ultimo spavento, dove la stanza si oscurò, e furono 'attaccati' da creature mascherate di ogni tipo.

Ebbe l'effetto desiderato, e i delinquenti finirono a correre per il terrore.

Raven si gettò drammaticamente tra le braccia di Anya, che sorrise quando la prese, resistendo all'impulso di roteare gli occhi, perché non avrebbe mai ammesso che le buffonate di Raven erano accattivanti. (E lo erano totalmente).

Bellamy, sostenendo il peso di entrambe le ragazze, era inciampato all'indietro, facendo cadere Clarke sul petto di Lexa, tirandole la camicia mentre Lexa incespicava, le braccia toniche attorno a Clarke per essere sicura non cadesse.

La faccia di Clarke fu sepolta nel collo di Lexa per mezzo secondo, e il suo respiro era caldo e allettante quando sussurrò, "Oh mio Dio, Lexa, mi dispiace."

Lexa sorrise, (dio, cosa le era successo? Settimane fa avrebbe scaricatoClarke su Bellamy per la sua goffaggine). "Va tutto bene, Clarke." Mormorò, osservando lo sguardo ceruleo di Clarke, luccicante anche nell'oscurità. "Non è colpa tua."

Per un momento, le due rimasero così, le mani di Clarke premute contro gli addominali di Lexa, con i volti a pochi centimetri di distanza. La minaccia di un bacio sembrava fin troppo familiare.

Al fine di prendere le distanze, almeno mentalmente, Clarke abbassò lo sguardo. Quasi inconsciamente, fece scorrere la mano lungo gli addominali di Lexa, sopra il sottile tessuto della camicetta, grata che il cappotto fosse aperto.

Lexa sentì i brividi correre lungo la sua spina dorsale mentre Clarke ansimava con tale leggerezza alla sensazione della pelle di Lexa sotto le sue mani, le braccia di Lexa bloccate intorno a lei in modo protettivo.

Lexa era più che seccata. Era infuriata dal fatto che un semplice tocco da parte di Clarke Griffin la rendesse più attiva della metà del sesso che aveva con Costia. Era seccata con se stessa perché, per quanto volesse spingere Clarke contro il muro e farla sua, voleva anche baciare Clarke con tanta dolcezza, sussurrare il suo nome e accarezzare le sue guance morbide e arrossate.

Era seccata perché doveva essere innamorata di Costia.

La mano di Lexa aveva afferrato il polso di Clarke, la quale aveva tracciato un modello indiscernibile sugli addominali di Lexa, ma non per fermarla. Invece, Lexa sfiorò il pollice quasi impercettibilmente della mano di Clarke, le labbra leggermente socchiuse.

Clarke Griffin era davvero bella. Incredibilmente bella. In effetti, una delle ragazze più belle che Lexa avesse mai visto. No, forse anche la più bella.

Questa volta, quando un gruppo di studenti inorriditi arrivò di corsa, Lexa fu travolta e quasi cadde.

Per fortuna, comunque, le mani di Clarke erano già nelle sue, pronta a prenderla.

Questo sembrò spezzare Clarke dal suo stato di trance. "Be ', sembra che stiamo cadendo entrambe." Ridacchiò, guardando Lexa che formava un leggero sorriso.

Lexa Woods era senza dubbio la persona più bella che avesse mai visto in vita sua.

"Beh, almeno siamo qui per prenderci l'un l'altra."

 

Note:

Allooora... sempre in ritardo, però è da non so quanto che ho 40 di febbre fisso (anche ora mentre scrivo), quindi a scrivere la testa mi scoppia; di conseguenza non aggiungo altro. Vi ringrazio di essere arrivati fin qui e se vi va ditemi cosa ne pensate.

Nikishield

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Capitolo 9
*** Capitolo VIII ***


Capitolo VIII

 

Lexa era distrutta dal senso di colpa. Ogni incontro con Clarke Griffin le lasciava una fame insaziabile nella pancia che conosceva fin troppo bene. Stava, per quanto fosse difficile ammettere, sviluppando dei sentimenti per Clarke Griffin.

La stessa ragazza che l'aveva sfidata il primo giorno della lezione di inglese di Niylah, e ogni secondo da quel momento.

Stava raggiungendo il punto di non ritorno.

Guardava costantemente Clarke, condividendo sorrisi dolci con lei. Era meravigliata da quanto fosse gentile con i bambini durante le loro lezioni pomeridiane. Adorava quanto Aden sembrasse amarla.

Di tanto in tanto si infilava nell'aula d'arte con la scusa di visitare Costia, solo per vederla al lavoro.

Clarke Griffin stava diventando un po 'come l'ossigeno per Lexa, si era resa conto di non poter respirare comodamente senza l'altra ragazza.

E poi, naturalmente, c'erano i pensieri meno appropriati.

Lexa Woods si vantava di essere un'assoluta nobildonna, specialmente quando si trattava di questioni sessuali.

Clarke Griffin aveva trovato un modo per rovinare quell'aspetto di Lexa.

Lexa si era ritrovata a sognare la bionda, con i suoi curiosi occhi azzurri e l'adorabile neo sopra le sue labbra carnose. Aveva sognato la sua risata, il suo sorriso, il suo tono rauco.

Aveva sognato di baciare Clarke finché non fosse rimasta senza fiato, inchiodandola contro il muro della sua camera da letto, dove avevano davvero quasi condiviso un bacio.

Aveva sognato la voce rauca di Clarke e i suoi morbidi piagnucolii mentre Lexa le mostrava che cosa significasse stare con lei.

Era andata così male, in una particolare sera, quando le labbra di Costia si stavano facendo strada verso le sue cosce, e lei aveva sussurrato il nome di Clarke, per sbaglio. Era stato un errore in buona fede. Costia non aveva sentito, ma Lexa era rimasta inorridita.

Il tocco di Clarke, tornato alla casa infestata, aveva mandato ondate di quella che poteva essere descritta come elettricità, carica di tensione sessuale, pulsante attraverso Lexa.

Sapeva cosa significava.

Si era disinnamorata di Costia Greene, che comunque rispettava, ammirava e amava in modo platonico.

Doveva finire le cose prima che facesse qualcosa per mettere in pericolo quella relazione. E così, era con il cuore pesante che avevano deciso di incontrarsi in cima alle gradinate, dopo la scuola.

Terreno neutro.

Era un simbolo di ciò che doveva succedere.

Da quando era nata Lexa, i suoi genitori erano stati assenti durante gli anni più intensi della sua adolescenza. Avevano perso grande parte dei suoi anni di scuola media e superiore, nei quali si era già sviluppata, ma aveva comunque bisogno del nutrimento e dell'amore che si supponeva le dovessero offrire.

L'avevano lasciata in balia di se stessa, affidata alle cure di Indra e Gustus, e loro stessi si aggiravano per il mondo con le loro imprese. Lexa aveva giurato di assicurarsi di essere sempre lì per Aden, ma la loro assenza la lasciava con un senso di abbandono.

Giusto per dire che gli addii non sono mai stati facili per Alexandria Woods.

Tirò la giacca intorno a sè mentre saliva gli ultimi gradini, scivolando nel suo posto accanto a Costia, e i suoi riccioli castani rimbalzarono mentre si voltò per salutare la sua ragazza.

"Ciao." Lexa sospirò mentre Costia le sorrideva dolcemente, sporgendosi in avanti per posare un bacio casto sulle sue labbra.

"Ehilà." Mormorò Costia, posando la testa sulla spalla di Lexa mentre le braccia di Lexa le circondavano le spalle.

Queste non erano semplici formalità; le due ragazze erano diventate piuttosto vicine. Questo era ciò che Lexa temeva di più; il cambiamento che sarebbe venuto nel suo mondo dopo che Costia avrebbe lasciato un vuoto del genere.

"Lex, ricordi quando ci siamo incontrate la prima volta?" Chiese dolcemente Costia.

Lexa annuì, l'amore estivo della sua vita. Come poteva dimenticare?

"Campo di addestramento. Sono stato annunciata come capitano e sei stato mandata ad accogliermi con il sorriso più finto che abbia mai visto. "Lexa ridacchiò.

Costia annuì, sogghignando. "Mi aspettavo fossi una stronza arrogante e piena di sè."

"E?", Incalzò Lexa provocatoriamente.

"Ora so che sei una stronza arrapata e arrogante." Costia fece l'occhiolino e Lexa alzò gli occhi al cielo.

"Siamo andate d'accordo." Continuò Costia, la sua voce si abbassò di un'ottava. "Sin dall'inizio. I nostri passati, le nostre situazioni finanziarie, le nostre famiglie ... Tutto ha funzionato. "

Lexa sentì il nodo in gola sollevarsi leggermente. "E adesso?"

Costia sospirò, ritirandosi leggermente. "Ora le cose sono diverse, Lex."

Lexa si disse mentalmente che sarebbe stata a posto. Diavolo, l'aveva visto arrivare da un miglio di distanza. Ma nulla feriva più dell'abbandono, anche se era un sentimento reciproco.

"Come?" Lexa si ritrovò a pregare, implorando di tornare indietro, che si fottesse la colpa. Non poteva rimanere sola. Non ancora.

"Lex, ascolta." Costia sospirò ancora una volta. "Conosci la borsa di studio di arte?"

"Ovviamente."

"Clarke Griffin è incredibile." Cominciò Costia.

Lo stomaco di Lexa fece le capriole alla semplice menzione del nome di Clarke. Era un vero casino.

"Lo so." Lexa borbottò tranquillamente.

Costia sorrise incoraggiante, come se potesse leggere i sottotoni, le implicazioni nelle parole di Lexa. "Lei è grande. Ma ... guarda, di recente, ho dato un'occhiata all'Azgeda High. "

Gli occhi di Lexa si spalancarono e lei trattenne l'impulso di vomitare. "Che cosa? Perché?"

"Non hanno uno studente idoneo. Se ci vado, avrò le possibilità per vincerla, e il personale non sarà diviso tra me e Griffin. "Sospirò Costia. "È un vantaggio per me e Clarke."

"Perchè ultimamente ti interessa Clarke così tanto?" Chiese Lexa, con tono di rabbia e tono.

Gli occhi di Costia brillavano di colpevolezza. "Beh, non mi importa più di tanto, ma dico solo che l'aiuterebbe comunque. Inoltre, Nia Queen ha detto ... "

"Costia, che affari stai facendo con i Queen?" Sibilò Lexa, prendendole le spalle. "Sai di cosa sono capaci."

Costia sbatté le palpebre sorpresa per l'atteggiamento protettivo di Lexa. "Lexa, non sono tutti uguali. Ontari non è- "

"Sono tutti Queen." Sputò Lexa. "Costia, sei meglio di così."

"Ascolta, Lex, so che sei arrabbiata, ma so cosa è meglio per il mio futuro." Mormorò Costia.

Il labbro di Lexa tremò mentre scuoteva la testa, solo per farla fermare da Costia che le prese a coppa le guance.

"Guardami." Costia tubò.

Lexa distolse lo sguardo, cercando dolorosamente di trattenere le lacrime.

"Guardami." Ripeté Costia, e Lexa incontrò il suo sguardo incerta.

L'inizio della fine.

"Se hai intenzione di finire le cose, fallo". Lexa ringhiò, ma la sua voce tradiva il suo cuore spezzato.

"Lex, ti amerò per sempre. Tu ed io siamo solo troppo simili. Ma sei così straordinaria. Dio, tu sei una delle più magnifiche persone che conosco. Io lo so, qualunque cosa tu faccia, avrai successo. La grandezza è nel tuo sangue, Lexa. "Mormorò Costia, sporgendosi in avanti per baciare dolcemente le labbra di Lexa. Si appoggiò allo schienale, accarezzando la guancia di Lexa. "Non è stata colpa tua. Io voglio che tu sia felice."

Lexa non rispose, cercando disperatamente di riacquistare la calma. "Quando ti trasferisci?" Chiese lei a voce bassissima, con le lacrime che scendevano sugli zigomi alti e scolpiti.

"Lunedì sarò un vichingo Azgeda." Costia le fece un sorriso triste. "E la sempre più popolare e straordinaria Lexa Woods tornerà sul mercato. Le ragazze finiranno in infermeria cercando di mettersi in contatto con te, Lex. "Sussurrò, spingendo delicatamente Lexa via. Si alzò, togliendo la polvere dalla gonna mentre si girava verso Lexa un'ultima volta.

"Ho fiducia nel fatto che tu abbia scelto quella giusta." Fece l'occhiolino e con ciò, scappò via dalla vita di Lexa, con grazia e senza intoppi come era entrata, lasciandola sola ed in lacrime.

perchè, in fondo, Lexa era ancora una bambina che voleva solo essere amata.

 

 

 

 

 

 

 

Per la prima volta nella sua vita, Aden stava saltando le lezioni.

Provava uno strano brivido, infrangendo le regole, e ora capiva perché Lexa lo faceva così spesso. C'era un senso di liberazione, di libertà, cheapriva la mente e permetteva di pensare. Si mise su una scala sul lato dell'edificio, e Aden si ritrovò sdraiato sulla schiena, fissando il cielo azzurro e pieno di nuvole, non facendo niente.

Non importava quanto ci provasse, non poteva dimenticare il suo sfortunato incontro con Dax. Il delicato palpito dei lividi che ancora si affievolivano sul suo torso si assicurò di ricordarglielo fisicamente, ma era più profondo, molto più profondo. Più di ogni altra cosa, stava cercando di capire il motivo per cui Dax lo aveva persino attaccato in primo luogo.

La sua sessualità.

Crescendo, Aden non aveva mai pensato molto alle relazioni, perché era solo un bambino. Era più concentrato nel rendere orgogliosi i suoi genitori, esplorare il mondo e convincere la sorella maggiore a giocare con lui.

Ora, a quanto pare, doveva pensarci.

"Ora dimmi, perché mai sei qui?"

La sua ipotesi fu interrotta dal tono familiare di Clarke Griffin, che si era sdraiata accanto a lui, mettendo le mani dietro la testa.

"Sto solo pensando", le disse piano, senza preoccuparsi di voltare la testa. Con la coda dell'occhio, vide Clarke muovere un braccio da dietro la testa per indicare una formazione di nuvole.

"Quella sembra un monociclo." Aden rise dolcemente, socchiudendo gli occhi leggermente e guardando nella direzione in cui Clarke stava indicando.

"Sai," acconsentì, "hai ragione, è così." Fece una pausa per un lungo momento, contemplando di esprimere le sue preoccupazioni. “Clarke?”

"Sì, amico?"

"Come facevi a sapere che eri bisessuale?" Ci fu un momento di silenzio in cui Clarke sembrava formulare una risposta, e Aden girò leggermente la testa per guardarla.

"Non fu davvero una rivelazione sconvolgente," iniziò Clarke, gli occhi ancora fissi sulle nuvole, "crescendo, pensavo che tutte le bambine fossero carine, e poi quando sono diventata più grande e meno infastidita dai ragazzi, ho iniziato ad apprezzarli anch'io. Entrare nel liceo fu la prima volta in cui pensai davvero, wow, le ragazze sono super belle, e potrei voler uscire con loro nello stesso modo in cui uscirei con i ragazzi, forse anche un po 'di più, ed è finita lì. "

Aden annuì, poi tornò a guardare il cielo.

"Penso che potrei essere bisessuale." Era strano, dirlo ad alta voce, ma anche liberatorio, in un certo senso.

"Benvenuto nel club, allora, amico," Clarke rise, appoggiandosi sul palmo delle sue mani, "noi bisex biondi dobbiamo restare uniti, giusto?" Aden roteò gli occhi affettuosamente, ma sorrise comunque.

"Giusto."

"Ora torniamo in classe prima che Lexa si accorga che sei scomparso, è quasi ora di pranzo."

"Come lo farebbe a sapere?"

"Lei è Lexa, sa sempre tutto quando si tratta di te."

 

 

 

 

 

La fresca brezza di novembre gelava l'aria mentre muoveva le fragili foglie che cadevano sempre più spesso. Clarke indossava una felpa UCLA sbiadita, che aveva parecchie macchie luminose di vernice su di essa, ma conservava ancora il debole, familiare muschio della colonia di suo padre.

"Devo iniziare con i fiori, Clarke?"

La bionda guardò Emori, che era in equilibrio precario su una scala per raggiungere l'estremità superiore del muro, con un pennello nascosto dietro l'orecchio, che brandiva la tavolozza come uno scudo.

"Sì, vai avanti," gridò Clarke, prendendo alcuni brevi momenti per mescolare i colori sulla sua tavolozza. Il preside Jaha aveva dato a Clarke, così come ad alcuni studenti del club artistico, carta bianca per dipingere un murale sulla parete est dell'edificio della scienza, e lo stavano dipingendo per farlo sembrare l'interno di una serra.

Stava venendo bene, molto bene.

All'indomani di Halloween, Clarke aveva impiegato molto tempo per analizzare davvero come si sentisse verso Lexa. Non poteva negare l'ondata di attrazione che aveva provato verso l'altra ragazza. Ora, alla luce degli eventi precedenti nella settimana, c'era anche un briciolo di speranza che, forse, solo forse, la sua attrazione non era del tutto unilaterale.

"Starai a fissare il muro, Griffin?" Gli occhi cerulei si alzarono di scatto per incontrare quelli giocosi della mora, e la bionda si accigliò. "O hai intenzione di dipingere?"

"Stupida," scherzò, ed Emori ridacchiò.

"Lo sai già, Griff."

Lei e Murphy erano così simili che a volte era quasi inquietante, ma Clarke supponeva che si completassero a vicenda in quell'aspetto.

Il fruscio delle foglie cadenti era la sinfonia di Clarke mentre dipingeva, il dolce ronzio delle api in lontananza e il dolce canto degli uccelli appollaiati sulle linee telefoniche. Lei ed Emori chiaccherarono del più e del meno mentre lavoravano, ma nessuno dei due si preoccupava di cosa dicesse l'altra, la concentrazione dedicata al lavoro che avevano davanti. Era pacifico e calmo, quindi, naturalmente, qualcosa, o piuttosto qualcuno, doveva rovinarlo.

"Se non sono i miei due artisti preferiti."

Clarke si congelòe, la rabbia che salì nel profondo del suo stomaco. Senza voltarsi, trovò la sua voce e rispose, facendo del suo meglio per rimanere indifferente sulla situazione.

"Queen". Il tono era freddo, deciso, qualcosa che non riconosceva completamente. "Cosa ti porta qui?"

"Oh, sai," Ontari rise in modo spensierato, "qui abbiamo una partita un po' più tardi, quindi ho pensato di fare una passeggiata, vedere se incontravo qualcuno dei miei adorabili conoscenti qui ..." Si interruppe, e Clarke sapeva che la conversazione stava per prendere una brutta piega, poteva vedere Emori che si irrigidiva dalla sua posizione sulla scala.

"Wilde, come sta il tuo ragazzo? È passato così tanto-"

Le parole avevano appena lasciato la bocca di Ontari prima che Emori - piuttosto incautamente – saltasse giù dalla scala e affrontasse la minaccia dai capelli scuri a terra. Ontari non si aspettava una reazione così violenta, era chiaro dal modo in cui si era bloccata per un lungo momento, permettendo ad Emori di atterrare un pugno alla sua mascella, prima che la calciatrice iniziasse a contrattaccare.

Clarke non sapeva cosa fare.

Da una parte, si stava divertendo a guardare Emori prendere a calci il culo di Ontari, ma dall'altra non voleva vedere la sua amica espulsa, cosa che avveniva di solito dopo essere stati scoperti a litigare, specialmente con qualcuno di una famiglia così importante come i Queen.

Si accontentò di fare un breve video e inviarlo a Murphy, che rispose con una foto di lui col pollice alzato e la didascalia "quella è la mia ragazza".

"Cosa sta succedendo qui?!" Clarke, così come le altre due, si immobilizzò, e Ontari sogghignò ampiamente mentre il preside Jaha si avvicinava, uscendo rapidamente dalla presa stretta di Emori.

"Mi ha attaccato, signore," disse lei freddamente, togliendo la sporcizia dai suoi pantaloni, "dovrebbe davvero mettere un guinzaglio più stretto ai suoi studenti." Emori si rizzò, pronta a protestare, ma Jaha sollevò una mano facendole cenno di rimanere in silenzio, prima di rivolgersi a Clarke per una spiegazione.

Aveva conosciuto quell'uomo sin dall'infanzia, e lui e Jake erano stati compagni di college, lui la teneva in alta considerazione.

"Ontari ha fatto uno scherzo su John, signore." Gli occhi di Jaha si socchiusero mentre si voltava per osservare le due ragazze furiose, la mascella serrata. Tutti ad Arkadia erano stati furiosi per gli eventi del secondo anno di Murphy, in particolare il preside, che aveva sempre avuto un debole per l'adolescente sarcastico, e Clarke sapeva che spesso lo invitava a cena.

"Bene, allora," disse freddamente, "non vedo alcun motivo per punire Miss Wilde, considerando che è successo dopo l'orario scolastico. Ti suggerirei di tornare nella tua squadra, Miss Queen." L'altra ragazza rimase a bocca aperta, gli occhi si restrinsero, ma si allontanò comunque, borbottando sottovoce mentre andava.

"Grazie, Jaha," offrì Emori dopo un momento di silenzio imbarazzato, e l'uomo le rivolse un sorriso stanco prima di girarsi per andarsene.

"Solo per questa volta, Wilde, non farti catturare di nuovo."

Rimasero lì per un momento, non esattamente sicuri sul da farsi, prima che Clarke tornasse a guardare la scala.

"Come cazzo hai fatto quel salto senza romperti le caviglie?"

"Si chiama abilità, Griffin, impara."

 

 

 

 

 

 

 

Nessuno avrebbe potuto dire che il Comandante avesse pianto. Nessuno si sarebbe nemmeno avvicinato a indovinarlo. Il modo in cui i suoi occhi erano coperti, una maschera sugli occhi, che gocciolava sugli zigomi. le tracce delle sue lacrime.

Beh, quasi nessuno.

Clarke Griffin lo notò.

Sebbene avessero a malapena avuto la possibilità di parlare, Clarke aveva sentito la notizia che si era diffusa ad Arkadia più velocemente di tutti gli altri gossip messi assieme.

Costia Greene aveva scaricato senza pietà Lexa Woods sugli spalti su cui era seduta Clarke.

O, così la notizia veniva presentata. Clarke non era sicura se fosse tutta la verità, ma i sussurri che riempivano lo stadio sembravano implicare altrettanto.

Lexa certamente non era se stessa. Non stava assecondando i bisogni del pubblico, "la sua gente". Non stava facendo scena e si stava facendo pompare come i suoi compagni di squadra, che si stavano scatenando nel loro angolo. Non stava scrutando il campo, immaginando possibili opere teatrali, o persino fissando Ontari Queen.

In effetti, non avrebbe nemmeno potuto dare un'occhiata in quella direzione.

Costia Greene era stata accolta nella squadra di alto livello di Azgeda, e lei era lì, dietro le linee nemiche, già in uniforme, ridacchiando con l' "ape regina" stessa, Nia.

Il sorrisetto di Nia era dipinto, ma il sorriso di Costia sembrava genuino. Lexa trovava conforto nella sua felicità, per lo meno, anche se sembrava ancora ferita.

Lexa quasi sobbalzò quando sentì una mano sulla sua spalla. Girandosi intorno, ammirò senza fiato Clarke Griffin, i capelli dorati tirati indietro in una treccia, gli occhi che brillavano di preoccupazione.

"Ti ho riconosciuta a malapena senza il tuo ghigno." Mormorò Clarke, un piccolo sorriso sulle sue labbra.

Lexa fece una piccola risata tirata, scuotendo la testa. "Pensavo che saresti stata a favore di questa ... nuova me."

"Beh ..." Clarke fece finta di contemplare quella nozione per un momento, le mani affondate nelle tasche della giacca. Lexa notò che era quella con il suo numero. Forse l'altra di Clarke era nel bucato. Cercò di non sentire la speranza che si agitava nel suo petto. "Questa te è sicuramente più tranquilla."

Lexa annuì, inspirando profondamente. Forse questa era una punizione divina.

"Ok, non lasciare che questo ti monti la testa, o qualcosa del genere, Comandante ..." Clarke iniziò con un sospiro, osservando lo sguardo divertito di Lexa. "Ma io, come molte orde delle tue fangirls urlanti, sono abituata ad amare quella tua ... stronzaggine di routine."

A quel punto, le labbra imbronciate di Lexa si contrassero in un ghigno. "È così che la chiami?"

"Oh, gesù ..." Clarke roteò gli occhi, ma il suo sorriso nel vedere che Lexa si era rallegrata era assolutamente genuino. "Ti aspetti che le donne svengano e cadano ai tuoi piedi, vero?"

Lexa si sporse in avanti, appoggiandosi al piccolo recinto che le separava, gli occhi che danzarono di gioia mentre il suo sguardo smeraldo si collegava a quello cobalto di Clarke. "Sì, ma sicuramente ti prenderò."

Le guance di Clarke si accesero di rosso, e cercò di sviare l'argomento. "Io ... non l'ho chiesto, mi dispiace di essere stata così insensibile. Come te la cavi?"

Lexa si leccò le labbra, allungando la mano per stringere la mano di Clarke, il tocco assolutamente elettrico per entrambe le ragazze. "Sto meglio ora, grazie."

Le chiamate di Titus per Lexa stavano diventando sempre più esigenti, e Lexa alzò gli occhi al cielo, sorridendo a Clarke. "Il dovere chiama, Griffin."

La voce di Clarke era roca, infuocando qualcosa in Lexa. "Sei nervosa? Azgeda sta facendo pratica."

Lexa diede a Clarke una delle sue ammiccanti strizzatine d'occhio, sporgendosi in avanti per sussurrare: "Ma il mio portafortuna è qui."

Detto questo, lasciò che Clarke battesse le palpebre, mentre la bocca formava un leggero "oh" mentre tornava indietro al suo gruppo di amici.

Clarke andò a infilarsi nel suo posto sugli spalti, salutando Aden, che era seduto accanto ad Atom.

Gli occhi di Lexa si concentrarono sulla sua squadra, con gli occhi che cercarono Quint, che le sorrise.

“Quint”.

"Woods." Sogghignò, salutandola. "Non fa di certo la timida."

Lexa gli lanciò un'occhiata curiosa, sorridendo incerta sulle sue labbra. "Si tratta di Griffin?"

Un paio di ragazzi fischiarono e Miller sembrò inorridito. Lexa non aveva ancora capito perché.

"È un gran pezzo di figa." Quint annuì. "Un po' scassacoglioni, dovrebbe farsi fottere davvero bene-"

Il giocatore enorme incespicò leggermente quando Lexa lo spinse, immediatamente trattenuta da Lincoln e Miller, mentre Nyko si allungò per tenere Quint.

"Che cazzo, Woods?" Domandò Quint, chiaramente offeso. "Te la saresti fatta comunque, non è che stavo calpestando il tuo territorio ..."

"Basta!" Sbottò Lexa, la vena visibile nel suo collo, la voce tesa. "È un essere umano, non un oggetto per il tuo fottuto piacere, per fare commenti idioti e perversi su ..."

Titus, sentendo il trambusto, si mise in mezzo al gruppo. "Cosa sta succedendo qui?" Chiese.

"Porta questo fottuto idiota via dal mio campo!" Ruggì Lexa, lottando contro la presa di Lincoln.

Lexa sapeva che poteva permettersi di chiedere di tutto a Titus. Non poteva permettere a qualcuno come Quint di stare vicino a Clarke.

"Cosa?" Ringhiò Titus, guardando Quint, piuttosto che Lexa. "Cosa hai detto?"

"Mi ha aggredito come una puttana psicopatica!" Rispose Quint, senza mai lesinare sugli insulti.

"Titus, via!" Gridò Lexa, praticamente con la schiuma alla bocca.

"Woods, calmati, per favore ..." supplicò Titus, abbassando la voce. "Ci sono degli scout qui per vederti stasera!"

Gli occhi di Lexa si spalancarono leggermente, mentre lei inspirava profondamente. "Se lui gioca, io me ne vado." Esclamò.

Le sopracciglia di Titus si alzarono. "Alexandria, questo è tutto ciò per cui hai lavorato-"

"Devi. Buttarlo. Fuori. "Lexa ribollì.

Titus si pizzicò il naso in esasperazione. "Woods, Roberts è malato, e Quint è l'unico con abbastanza forza per proteggerti da quella ... mostruosità di un giocatore, come si chiama ... Roan Queen? Mi senti? Roan ti distruggerebbe, Woods, sei veloce ma non così veloce. Resta, per proteggerti. "

Quint lanciò a Lexa un sorrisetto e lei si buttò in avanti, subito spinta indietro da Titus.

"Un'altra parola e giuro su Dio che ti taglio la gola"

"Signore e signori!" Gli annunciatori, in alto nella loro scatola sopra gli spalti, cominciarono a far saltare la loro musica introduttiva. "I vostri Grounders!"

Lo stadio si scatenò con il tifo, e la mascella di Lexa quasi scattò con la pressione che stava esercitando. "Non è finita." Scattò lei.

Non lo sapeva ancora, ma aveva completamente ragione. Quint aveva un rancore tutto suo.

 

 

 

 

 

 

 

La vendetta di Quint fu malvagia.

Lexa era in piena modalità comandante, consapevole solo di alcune cose molto importanti.

La prima: Clarke Griffin era seduta accanto ad Aden, e ci volle tutta la forza di volontà di Lexa per concentrarsi sul gioco piuttosto che sui loro volti sorridenti. Stava per uccidere Quint, lo avrebbe fatto il secondo in cui sarebbe finita la partita.

La seconda: i grounders stavano vincendo. Il caos di Ontari fece ruggire lo stadio con piacere, e la squadra di Lexa era in piena offensiva. Non erano nemmeno vicini a perdere.

Lexa aveva sparato a Ontari un ghigno al primo tempo, e lei lanciò un'occhiataccia in risposta. Aveva strattonato il fratello per il braccio e aveva chiesto qualcosa, ma Lexa era troppo lontana per sentire.

Le cose stavano andando a gonfie vele.

La terza la apprese dopo il primo tempo: Quint era l'unica cosa che tratteneva Roan Queen dallo schiacciarla totalmente mentre scansionava il lato sinistro in cerca di Lincoln, posizionandosi per tirare la palla.

Non riuscì mai a lanciarla.

In effetti, stava per lanciarla, aveva fatto un respiro profondo come al solito e aveva gli occhi fissi su Lincoln.

Poi tutta la luce fu bloccata da Roan Queen, che era appena apparso davanti a lei, sbattendola sul campo con tale forza che Lexa fu trascinata di un paio di metri al suolo, atterrando con il suo gomito in faccia, e il suo immenso corpo che la schiacciava.

Lo stadio tacque.

E poi, come niente fosse, Roan rotolò via da lei, apparentemente schiacciando ogni osso del suo corpo come se fosse stata fatta di ramoscelli.

Lexa ansimò in cerca d'aria, ma scoprì che i suoi polmoni funzionavano.

Lexa sapeva che stava morendo.

 

 

 

 

 

 

 

Nel momento in cui Lexa rimase giù, lo stadio si bloccò.

Poi si scatenò il caos.

Da dove era seduta, vicino a Clarke, Abby praticamente volò giù dagli spalti e sul campo, in quanto responsabile della salute della squadra. Clarke non aveva mai visto sua madre muoversi così rapidamente in tutta la sua vita.

Più in fondo, nel campo, vide Lincoln trattenere Anya, che era diventata una furia e stava cercando di dirigersi verso Roan, che stava girando nel campo come nulla fosse. Poteva vedere uno scintillio trionfante negli occhi di Ontari, in piedi accanto a suo fratello. La riempiva di odio.

Ma la cosa più preoccupante era Aden, proprio di fronte a Clarke, che era in stato di shock.

Clarke si mosse di fronte a lui in mezzo a tutto il casino, accovacciandosi in modo da essere all'altezza dei suoi occhi, e l'assoluta paura nel suo sguardo azzurro cristallo le spezzò il cuore.

"Aden?" Sussurrò dolcemente, cercando di attirare la sua attenzione. "Sei con me, amico?"

"Sorellona," ribatté lui, la voce tremante per il peso di quello che era appena successo. In tutti i suoi anni trascorsi a guardare Lexa, non una volta era mai stata ferita al punto in cui non poteva alzarsi subito. "Kigon yu gonplei." Le sue parole suonavano come una preghiera, appena udibili, e Clarke lo accolse tra le sue braccia dolcemente, il cuore dolorante mentre lo confortava, finché non sentì la calda umidità delle lacrime che le bagnavano la maglietta.

"Em yuj," rassicurò Clarke, "omo gonplei nou ste odon."

Rimasero lì, solo loro due nella loro piccola bolla, per un po 'di tempo, Clarke sfregò cerchi confortanti sulla schiena di Aden, costringendolo a respirare con lei. Guardando oltre la sua spalla, vide Lexa che veniva caricata su una barella, mentre Abby aveva chiamato un'ambulanza, e Lincoln e Anya si affrettarono verso il parcheggio, dimenticando, nella fretta, il ragazzo situato tra le braccia di Clarke.

"Andiamo," lo convinse Clarke, sollevando gentilmente il ragazzo e meravigliandosi di quanto fosse leggero, "ti porto da tua sorella." Bellamy, che li stava aspettando, prese Aden da Clarke senza parole e la seguì al parcheggio, mettendo dolcemente il ragazzo nel sedile del passeggero.

"Sei a posto, principessa?"

"ti chiamo più tardi." Lo rassicurò, e lui annuì prima di dirigersi verso la sua auto, e Clarke iniziò a guidare in direzione dell'ospedale. Il silenzio era quasi soffocante, ma né Clarke né Aden riuscivano a trovare la forza di parlare, troppo preoccupati per Lexa perchè pensassero a qualsiasi altra cosa.

Anche se stava facendo del suo meglio per concentrarsi sulla strada davanti a lei, Clarke non poté evitare il panico crescente nel suo petto. Il modo in cui Lexa si era accartocciata a terra come un burattino le cui corde erano state tagliate era assolutamente terrificante. Aveva sempre considerato Lexa come un muro inamovibile, testarda nei suoi modi e incrollabile nelle sue forze. Vedere qualcuno che era diventato un'ancora per lei ... cadere in quel modo... era assolutamente terrificante.

Il viaggio avrebbe potuto richiedere minuti o ore, Clarke non lo sapeva, e non riusciva a trovarsi a badare a nessuno dei due.

Non appena la macchina fu parcheggiata nel piazzale dell'ospedale, Aden volò fuori, Clarke non molto lontano da lui, e riuscì a malapena a impedirgli di schiantarsi di testa contro il banco della reception, suscitando allarme negli occhi della reception.

"Woods, Alexandria Anastasia", sbottò Aden, respirando ancora irregolarmente, "dov'è?" La donna dall'aspetto preoccupato aprì appena la bocca prima che ci fosse un grido di "Aden!" Alla loro sinistra, e Clarke si voltò per vedere Anya, dalla quale Aden corse volentieri.

Clarke lo seguì a un ritmo più rilassato. Anya strinse Aden in un forte abbraccio, osservando Clarke mentre si avvicinava, e i suoi occhi erano pieni di gratitudine.

"Grazie," disse, stringendo Aden più forte a sé, "per averlo portato qui." Clarke non aveva mai sentito più sincerità dall'altra ragazza, quindi annuì, prima di seguire i due nella sala d'attesa, dove sua madre stava parlando al telefono con Indra e Gustus, i quali erano molto preoccupati.

Da quello che poteva sentire, non era così male come avevano inizialmente pensato. Una rottura completa della cuffia dei rotatori, o anche una parziale, avrebbe richiesto mesi di recupero, mettendo fine alla carriera calcistica di Lexa nel liceo, che, a ben vedere, avrebbe potuto essere l'obiettivo di Ontari. Tuttavia, Roan non aveva messo troppa forza nell'impatto, quindi Lexa se l'era cavata con una commozione cerebrale, un braccio fratturato e un naso rotto.

Quella notizia calmò relativamente la zia e lo zio, così come Anya e Lincoln, ma Aden rimase teso come mai prima, e Clarke sapeva che era solo perché voleva vedere sua sorella. Non vederla lo stava rendendo ansioso.

Anya si mosse per tirarlo delicatamente sul braccio.

"Andiamo, Aden, andiamo a casa, Lexa sarà ancora qui domattina." Non si mosse. Rimase lì, testardamente, come un albero profondamente radicato a terra, e scosse la testa.

"Voglio aspettarla," insistette, "finché non si sarà svegliata." Anya guardò verso il cielo per un momento, come se stesse maledicendo la forte volontà che correva nella famiglia.

"Aden," ripeté, "andiamo a casa. Non ti lascerò solo in ospedale, e non aspetterò qui chissa quanto con te. "Guardò impotente la stanza in cui si trovava Lexa, e Clarke si schiarì la gola.

"Starò con lui."

Aden le sorrise velocemente prima di fare una cosa del tutto normale. "Vedi, An? Nessun problema. Clarke rimarrà qui con me. "Anya gli arruffò i capelli con affetto, facendo un cenno a Clarke, prima di allontanare Lincoln.

"Dai, amico, aspettiamo che tua sorella si svegli."

Le sedie non erano esattamente comode, ma Clarke le sistemò in modo che Aden potesse distendersi con la testa appoggiata sul grembo di Clarke.

Clarke non dormì un minuto.

Passò il tempo fissando le pareti e facendo scorrere le dita tra i capelli leggermente ondulati di Aden, concentrandosi sulla sua respirazione e sussurrandogli parole dolci ogni volta che balbettava nel sonno. E soprattutto, pensò a se stessa.

I suoi sentimenti in particolare.

Soprattutto quelli che circondano Lexa Woods.

All'inizio della giornata, era stata pronta ad attribuire la sua attrazione a Lexa come puramente fisica. Aveva gli occhi, dopotutto.

Ma sapeva, in fondo, che non sarebbe mai stata così preoccupata per qualcuno da cui era solo attratta fisicamente.

E mentre non era del tutto sicura dell'ampiezza dei suoi sentimenti nei confronti della bruna, sapeva che erano molto più grandi e molto più vasti di quanto avrebbe mai potuto immaginare.

 

 

 

 

 

 

 

Lexa si svegliò con davanti pareti bianche e aria fredda addosso e un crescente senso di panico.

Respirare col naso le faceva male, quindi aprì la bocca mentre gli occhi verdi si aprivano di scatto e si guardavano attorno freneticamente, cercando di capire dove si trovasse. Dopo alcuni istanti di ispezione, oltre al palpito della testa e del braccio, che era ingessato, si rese conto che era in ospedale.

Ci vollero alcuni istanti prima che gli eventi della settimana passata si schiantassero su di lei come un maremoto. La rottura. La partita. La caduta.

Una furia incandescente le si sollevò nel petto quando ricordò esattamente come era finita nel letto d'ospedale. Avrebbe dovuto prevederlo, ma era troppo distratta per notarlo. Le faceva male la spalla, come se ricordasse lo schianto del corpo contro il suo, e la sua testa cominciò a battere ancora di più, sembrando un'emicrania o una sbornia davvero, davvero brutta.

Piegò leggermente il collo verso sinistra, ignorando il dolore che causava, e i suoi occhi si concentrarono sulla finestra, o meglio, su cosa era fuori dalla finestra.

Un piccolo sorriso le accarezzò la bocca quando vide Aden, sdraiato su diverse sedie, a dormire, ma il suo cuore le balzò nel petto quando vide chi era a tenergli compagnia.

Clarke Griffin era seduta, immobile, sulla sedia, con la testa di Aden in grembo, le dita che gli accarezzavano la testa bionda. Aveva i capelli raccolti in uno chignon di fortuna c'erano occhiaie sotto gli occhi per mancanza di sonno, ma Lexa pensava che fosse assolutamente bellissima.

Era contenta, in quel momento, di non essere collegata a un cardiofrequenzimetro, perché sicuramente le infermiere sarebbero arrivate di corsa pensando che stesse avendo un attacco cardiaco, solo per rendersi conto che Lexa stava bene. Era solo fottutamente innamorata.

Certo, questa consapevolezza era ricoperta di colpevolezza.

Aveva appena rotto con Costia. O, più precisamente, Costia aveva appena rotto con lei. Letteralmente la settimana prima. Ed eccola lì, già a struggersi per un'altra ragazza. Logicamente, Lexa sapeva che il suo affetto per Clarke andava avanti da molto tempo, ma non poteva fare a meno di sentire come se stesse tradendo la memoria di Costia, in un certo senso.

Ma con il modo in cui Clarke stava cullando protettivamente la testa di Aden tra le sue braccia, Costia sembrava solo un ricordo lontano.

Poteva essere la commozione a parlare, ma Lexa sapeva che c'era qualcosa in Clarke Griffin che era ... diverso.

I suoi occhi si chiusero prima di poter pensare altro.

La seconda volta che si era svegliata, dopo un sonno senza sogni, era già consapevole di dove si trovasse, e c'era il suono distinto di una scarpa che picchiettava contro il pavimento. Per un momento, era sicura che la persona accanto a lei fosse Aden, prima che ricordasse che Aden avrebbe fatto molto più casino, e gli occhi verdi si aprirono per trovarne un paio cerulei che la fissavano con dolce divertimento , sbirciando da sopra un album da disegno.

"Buongiorno, bella addormentata." Lexa decise che poteva abituarsi alla voce di Clarke per iniziare la giornata, ma sollevò un sopracciglio in una domanda inespressa. "Aden è alla mensa, stava diventando un po 'matto." Lexa arricciò il naso al pensiero del cibo dell'ospedale, ma poi il dolore le ricordò che il naso era ancora rotto.

Però qualcosa lo alleviò subito.

Clarke ridacchiò.

Era forse il suono più bello del mondo intero, morbido, traspirante e pieno di gioia. Lexa voleva sentirlo più e più volte.

"Calmati, tigre," Clarke rise, "il naso era appena guarito dallo spavento di Raven, non vogliamo rovinarlo ancora."

"Penso che sia un po 'tardi per quello," Lexa rispose senza umorismo, "qual è il danno, doc?"

"Hai un paio di sottili fratture lungo il braccio che dovrebbero guarire facilmente," iniziò Clarke, "e, come hai notato senza dubbio, un naso rotto. La più grande preoccupazione in questo momento è la tua commozione cerebrale, ed è per questo che sei qui. Non farai molto altro che dormire per un po'."

Lexa fece il broncio. Se c'era una cosa che odiava, era essere confinata a letto. Era una persona attiva e onestamente, si agitava facilmente. Sarebbe stato abbastanza facile, però, dato che le sue palpebre erano pesanti, senza dubbio livide e annerite dall'impatto del naso rotto, così cercò di sfruttare al meglio il suo tempo da sveglia e cosciente.

"Cosa stavi disegnando?" Chiese improvvisamente, e Clarke si tirò indietro, guardando il suo album da disegno e poi risalendo verso Lexa, con una sfumatura rosa sulle guance.

"Io, uhm, non è ancora finito," Clarke disse goffamente, e Lexa non riuscì a nascondere il suo sospiro deluso, "te lo mostrerò quando è finito, però, lo prometto." C'era una dolcezza nella voce di Clarke che Lexa non riuscì a collocare del tutto, ma non si preoccupò a lungo, poiché, pochi istanti dopo, la porta si aprì e Aden entrò, portando i resti di quello che sembrava essere un panino al sacco, e guardò i suoi occhi accesi. Notò che era, in effetti, viva.

“Lexa! Sei sveglia! "Lei fece una leggera smorfia al volume della sua voce, il martellamento in testa aumentò, e Aden sorrise imbarazzato, prima di abbassare il suo tono a quello di un sussurro. "Mi dispiace, colpa mia, sono solo emozionato. Mi hai spaventato. " Lexa sentì il suo cuore feririrsi più della sua testa mentre praticamente traboccava di amore per il suo fratellino.

"Scusa," Lexa ridacchiò con un sorriso, "colpa mia."

"Tutti stavano andando fuori di testa, Lex, sul serio," continuò Aden, "Anya e Lincoln si sono persino dimenticati di me." Anche nel suo stato semi-coscente, Lexa lo trovò allarmante.

"Hanno fatto cosa?"

"è andato tutto bene" Aden rassicurò, "Clarke mi ha portato qui e ha passato la notte con me." Quello. Lexa pensava se lo fosse sognato. Ma la rassicurazione che Clarke era stata lì, tutta la notte, con la testa di Aden in grembo, suscitò una profonda ondata di affetto all'interno della bruna, e sperava che Clarke potesse capire cosa provasse dal modo in cui la guardava.

"Grazie per esserti presa cura di mio fratello," sospirò Lexa, osservando, ancora una volta, una sfumatura rosea salire sul collo di Clarke e sulle sue guance.

"Non è stato un problema", Clarke scosse la mano con fare noncurante. "Davvero, è un angelo." Aden sorrise al complimento, un sorriso a 32 denti, e il cuore di Lexa si sollevò di nuovo.

"Angelo? Più simile all'inferno. »Lexa non aveva nemmeno notato l'ingresso di Anya, che era appoggiata alla porta. "Piacere di vederti sveglia, Lex." Lexa le rivolse un sorriso stanco, e Clarke si schiarì la voce goffamente.

"Vado a casa," spiegò, alzandosi in piedi e prendendosi un momento per sgranchire le braccia, facendo alzare la maglietta, "ti vedrò a scuola." Esitò per un attimo. prima di abbassarsi rapidamente e premere un morbido bacio sulla fronte di Lexa, e improvvisamente fu come se non esistesse niente che non fosse loro due.

"Riposati, ok?"

"'Kay," sussurrò Lexa, gli occhi che tracciarono la forma di Clarke mentre lasciava la stanza, gettando un ultimo sorriso sopra la sua spalla prima che chiudesse la porta.

Lexa era fottuta.

 

 

 

 

 

 

 

Le notizie dell'infortunio di Lexa si sparsero velocemente in tutta la scuola. In pochi giorni, l'intero corpo studentesco, lo staff e le scuole superiori rivali sapevano del grande incidente di Lexa Woods di ottobre 2015. Roan dell'Azegeda High era una delle persone più odiate del vicinato.

Lexa era un po' andata, fisicamente ed emotivamente. Costia era sparita e le "orde assetate" di ragazze, come Octavia li aveva soprannominati, avevano già iniziato i loro innumerevoli tentativi di corteggiare l'ormai single calciatrice, che non aveva l'umore per il corteggiamento.

Era onestamente una delle cose più tristi che Clarke avesse mai visto nei suoi brevi anni di vita.

Lexa non era se stessa, non del tutto. Aveva ancora un aspetto semplice, vestita con skinny jeans e una canottiera invece delle solite camicie vivaci. Clarke dovette ammettere, (a se stessa), che mentre le camicie formali le andavano bene, il suo bicipite allenato e tatuato non era un'alternativa terribile. L'altro braccio, tuttavia, era completamente fasciato dalla spalla in giù. Sfoggiava due occhi neri quasi guariti, ma almeno abbastanza fortunata da togliersi il bendaggio dal naso prima di tornare. Portava i capelli in una crocchia disordinata con piccoli ciuffi che cadevano dai lati, e portava occhiali eleganti che costavano di più della casa di Clarke, probabilmente.

Clarke si sentiva terribile per come si era eccitata.

Lexa Woods con gli occhiali era qualcosa che sarebbe stata contenta di fissare per il resto della sua vita.

Clarke si sentiva in colpa anche solo a pensarlo, perché Lexa era appena uscita da una rottura, e chiaramente non voleva entrare in una nuova storia.

Tenne i suoi pensieri per se stessa mentre Lexa scivolava nella vivace classe d'inglese, con tutti gli sguardi che la trafiggevano mentre scivolava tranquillamente sulla sedia.

Il suo ghigno, di solito lì per salutare Clarke la mattina, era svanito. I suoi occhi avevano un bagliore opaco, nemmeno vicino al bagliore vibrante che di solito sfoggiava. Le sue bellissime labbra erano piegate un'espressione corrucciata, mentre passava una mano tra le sue ciocche brune.

Clarke quasi sentiva compassione per lei.

Ok, quella era una bugia, il cuore di Clarke era in mano alla ragazza, anche se era appena stata in una relazione con il suo nemico giurato.

Disse solo "Buongiorno, Griffin".

Clarke decise, ancora una volta, di compensare e colmare il divario sociale.

"Buongiorno." Clarke si rivolse a lei con un timido sorriso, imprecando immediatamente se stessa per essere così perennemente chiara.

"Davvero?" Lexa sollevò un sopracciglio, e dio, Clarke lo amò quando lo fece.

Clarke sussultò per il suo sfacciato disprezzo per la sua situazione. Sentì dei sussurri costanti come il tremolio della luce fluorescente sopra di loro. Erano così chiaramente riguardanti Lexa.

Clarke era determinata a proteggere Lexa da ciò. Quello era il minimo che poteva fare, giusto?

"Potrebbe esserlo." Suggerì Clarke nervosamente, cercando istantaneamente di tornare indietro dalla sua stessa affermazione. Insensibile. "Voglio dire, sono sicura che ne hai abbastanza di quei discorsi "la vita è ciò che decidi tu sia "e tutto il resto, ma forse c'è una base di verità lì. E, in ogni caso ... "

“Clarke.”

"E onestamente, voglio dire, le persone dicono sempre di avere un sacco di problemi, perché la vita a volte può essere ..."

“Clarke.”

"E so che è una cosa normale confrontare i tuoi problemi con gli altri per poi sentirti meglio con te stessa, ma penso che ..."

“Clarke.”

"Intendo dire che le persone hanno bisogno di tempo per piangere perché le emozioni non sono una competizione, non è una cosa da comparare-"

"Clarke!" Il piccolo guaito di Lexa la fece trasalire dalle sue riflessioni e Clarke sentì le sue guance diventare rosse mentre si voltava, sedendosi di fronte a Lexa con uno sguardo imbarazzato, chiaramente dispiaciuta.

"Mi dispiace così tanto." Clarke scosse la testa. "Io ... io ... io ... mi sentivo male, e volevo dirti che non sono affari miei, ma non ti meriti di avere il cuore spezzato, figuriamoci tutto il tuo fottuto corpo, e nessuno avrebbe dovuto bisbigliare su di te, tu meriti di meglio- "

Le chiacchiere di Clarke si interruppero bruscamente quando Lexa si sporse in avanti, con le dita lunghe che sfioravano gli zigomi di Clarke mentre Lexa faceva un piccolo sorriso, sfiorando una ciocca di capelli di Clarke, mettendola dietro l'orecchio.

"Grazie." Lexa quasi sussurrò, gli occhi verde foresta che trovavano conforto in quelli di Clarke. "Per tutto. Per Aden, soprattutto. "

Clarke fece un respiro irregolare, non volendo nient'altro che appoggiarsi al tocco di Lexa.

Così, lo fece, dannati moralismi.

Clarke chiuse gli occhi per un attimo, leccandosi le labbra, sentendo ancora il calore tingerle le guance.

"Dovrei consolarti." Mormorò, guardando Lexa ridacchiare mentre ritirava la mano.

"Abbiamo raggiunto quel livello nella nostra relazione?" Chiese Lexa, appoggiandosi al gomito in modo da poter appoggiare la testa su di esso, senza distogliere gli occhi da Clarke.

Clarke era eternamente grata del fatto che Octavia e Raven fossero così assorte nella conversazione, perché le avrebbe uccise se avessero distrutto questo momento tra lei e Lexa.

"La nostra ... relazione?" Echeggiò Clarke, sollevando un sopracciglio mentre raccoglieva la sua cartella, sapendo che Niylah stava arrivando. "Intendi questo piccolo gioco che abbiamo fatto? Nemici, amici. Nemici, amici ... "

"Cosa stiamo facendo adesso?" Chiese Lexa ironicamente. "È un lunedì, se questo aiuta. La mia commozione cerebrale è stata brutta, ma ho ancora un buon senso del giorno della settimana. "

"Amici." Clarke sorrise. Cercò di non accorgersi del sorriso minuscolo che adornò le labbra di Lexa. "Non voglio colpirti ulteriormente mentre sei giù."

Lexa roteò gli occhi. "Temo che il danno sia fatto."

Il cuore di Clarke le faceva male, e non era del tutto sicura del perché.

Qualcosa stava certamente cambiando nella loro dinamica.

E Lexa, che le teneva il volto in quel modo? Sembrava giusto.

"Stai bene, comunque?" Chiese gentilmente Clarke.

Lexa annuì lentamente, serrando la mascella quando lei replicò rabbiosamente. "Sto andando fuori di testa. Ci sono alcune partite prima della pausa invernale. E i playoff. E i nazionali. "

Clarke trattenne il respiro. "Giusto, okay. Noi ... io posso aiutarti. "

Lexa inclinò la testa incuriosita, e Clarke si morse un labbro. Sembrava un cucciolo adorabile, una vena di speranza nei suoi occhi. "Noi?"

"Mia madre e io." La informò Clarke. "Ascolta. Io ... ho aiutato Raven con la sua terapia fisica. Posso farti tornare là fuori, comandante. "

Lexa sorrise tristemente, malinconicamente al soprannome. Era tutto tranne che quello, sembrava.

"Ma devi essere dedicata al 100%." La informò Clarke, sporgendosi leggermente in avanti. "Nessuna corsa. Basta fare jogging, almeno adesso. Nessun sollevamento di nessun tipo. Mangia quello che ti dico. "

Lexa sentì un sorriso crescerle. "Sei prepotente, lo sai?"

Clarke roteò gli occhi. "Potrei ritirare questa offerta."

Lexa allungò una mano, posandola sul ginocchio di Clarke, per farle sapere quanto fosse grata.

Clarke prese fiato, sentendo freddo al contatto. "Abbiamo un accordo?"

"Assolutamente." Sussurrò Lexa, annuendo con gratitudine a Clarke.

Clarke sorrise, ma rapidamente divenne un'espressione accigliata mentre una sconosciuta bionda si avvicinò dall'altra parte della stanza, sedendosi piuttosto audacemente sul banco di Lexa, con la gonna leggermente sollevata.

"Lexa." Lei fece il broncio, sporgendosi in avanti.

La fronte di Lexa era arcuata mentre sfoggiava uno sguardo ironico. "Ehi, tu."

Clarke voleva mandare via la ragazza. Forse in quel modo lei e Lexa potrebbero avere un po' di pace.

"Ti ho vista cadere, alla partits." La ragazza si leccò le labbra, allungando una mano per toccare la spalla di Lexa. "Povera bambina. Come stai andando? Sembri ... fantastica. "

Clarke voleva vomitare. Lexa era ammaccata e distrutta, e quella ragazza aveva l'audacia di provarci con lei.

Lexa fece un respiro. "Sto andando bene, grazie. Ascolta, non vorrei sembrare affrettata ma ... "

Gli occhi di Clarke si spalancarono. Lexa era d'accordo con questo?

"Non sono davvero interessata." Mormorò Lexa, e la ragazza annuì amaramente, scivolando via dalla scrivania di Lexa.

Clarke fece un sorrisetto. "Forse non è il momento migliore." Fece notare, e Lexa ricambiò un sorriso.

Lexa sospirò mentre la ragazza si allontanava, guadagnando sguardi da tutti i ragazzi della sua fila.

"Non posso credere che stia succedendo ... Sono un disastro." Lexa fece un cenno a se stessa.

"Sono gli occhiali. Sono così sexy, e la tua mascella ... "sbottò Clarke, poi i suoi occhi si spalancarono e si coprì la bocca con entrambe le mani. Che tipo di disastro ...

Lexa sorrise e Clarke roteò gli occhi. "Cos'è che sono?"

"Voglio dire, probabilmente, è quello che stanno pensando." Modificò.

"Cosa ne pensi, Clarke?" Lexa buttò delicatamente il suo nome fuori dalla sua lingua così capace.

Clarke sentì il calore scorrere attraverso di lei, ma poi Niylah si schiarì la voce e Clarke si limitò a scrollare le spalle. "Oh, guarda, Niylah è qui."

Non aveva notato il modo in cui Lexa si era accontentata di ammirare la sua bellezza per il resto della lezione.

 

 

 

 

 

 

 

La lezione dopo, chimica, non fu assolutamente diversa. Clarke pensò che ci sarebbe voluto del tempo perché tutti si adeguassero al nuovo stato di riposo e recupero di Lexa.

"Non posso crederci." Pike scosse la testa, fissando Lexa mentre entrava dalla porta. "Questo è ... assolutamente ingiusto." Ringhiò. "E solo un mese o due lontano dai playoff. Quelle partite sono importanti, Woods. Dovrebbero mettere quel ragazzo, Roan, in prigione per ciò che ha commesso. "

Lexa sembrava completamente a disagio, spostandosi sotto il suo sguardo. Molti insegnanti avevano tifato per lei ed erano stati presenti al gioco quando il disastro era avvenuto. Pike era noto per prendere le cose solo un po' troppo sul serio, basandosi su prove empiriche.

"Giusto?" Anya alzò lo sguardo dal suo posto, telefono in mano, pigramente poggiata contro la panca del laboratorio.

"È stata colpa mia." Lexa scrollò le spalle, facendo scivolare la borsa dal suo braccio buono. "Non stavo prestando attenzione."

I bisbigli avevano riempito la scuola, genitori e studenti che borbottavano, "Beh, questo è quello che si ottiene praticando sport da uomini. È fortunata che non sia morta. Forse ha imparato la lezione. "

Lexa voleva soffocare ogni singola persona che perpetuava l'idea che lei, una donna, non potesse fare tutto, e meglio, quello che facevano i suoi compagni di squadra. Ma per ora, era stata resa assolutamente inutile e debole.

Lexa Woods odiava sentirsi inutile.

Clarke sbuffò dal suo posto accanto a Octavia, alzando lo sguardo dalle istruzioni di laboratorio del giorno. "Sta 'zitto."

Lexa sollevò un sopracciglio, un sorriso divertito si formò sulle sue labbra.

Prima che avesse la possibilità di informarsi, Pike stava interrompendo. "Griffin, presti attenzione agli sport? Da quando?"

Raven sorrise e mormorò, solo un po 'troppo forte, "Da quando il culo della Comandante è sceso in campo."

Le guance di Lexa arrossirono, in modo alquanto insolito visto com'era abituata alla ... adulazione, e si girò per un momento, ignorando il sorriso di Anya.

"Mio padre ed io guardavamo il calcio insieme." Clarke scrollò le spalle. Octavia appoggiò la testa alla spalla di Clarke per un momento, scambiandosi occhiate con Bellamy, che le rivolse un breve cenno del capo.

Lexa notò che tutti intorno sembravano tacere e decise di non disturbare più Clarke.

Clarke, tuttavia, in un sorprendente atto di cavalleria, si rivolse a Lexa, alzandosi per raggiungere il suo livello visivo. "E 'stata colpa di Quint. Non tua. "Ricordò con un sorriso forzato.

Anya si stava agitando in modo così drammatico quando Lexa si girò verso di lei, ignorando il modo in cui ruotava gli occhi.

"Che angelo." Sussurrò Anya in modo scherzoso.

"Cosa?" Lexa sospirò, lanciandole un'occhiata di esasperazione.

"Voglio dire, guardati, comandante." Anya sogghignò, facendo un cenno a Lexa. "Non sei esattamente al meglio."

Lexa sussultò.

"Voglio dire, non fraintendermi. Sei ancora la persona più sexy qui, specialmente con quegli occhiali, il che è davvero ingiusto ... "

“Anya”.

"Giusto, comunque, cara cugina." Anya iniziò con un sospiro esagerato, gli occhi che cadevano su Clarke, raccogliendo delicatamente le cose necessarie dall'altra parte della stanza. "Le piaci. Anche così. "

"Cosa?" Lexa schernì, le guance che diventavano rapidamente cremisi ancora una volta.

"Ecco perché ti farò un favore." Anya sbuffò, rivolgendosi a Ottavia. "E mi sposterò con questa fetta della torta Blake."

A quel punto, sia Raven che Bellamy lanciarono sguardi ad Anya, meravigliati e increduli.

Octavia fece un sorrisetto, facendo scivolare via i libri in modo che Anya potesse spostare le sue cose. "Per me va bene."

"Cosa?" Protestò Raven. "Provi qualcosa per O?"

Anya roteò gli occhi. "No, genio. Sta con Lincoln, che è praticamente mio fratello. "

Raven sembrò sgonfiarsi di sollievo, ma gli occhi di Bellamy penetrarono in quelli di sua sorella.

"Ehi, vuoi sapere di quando Bellamy è scivolato e ha accidentalmente ..." La proposta di Octavia fu interrotta dal grido di protesta di Bellamy.

"Ehi!" Scosse la testa. "È sbagliato. Codice fraterno o qualcosa del genere, O. "

Octavia sorrise, rivolgendosi ad Anya, che sembrava avesse appena trovato la pentola d'oro.

Prima che potessero continuare, Clarke era in bilico sulla loro area di lavoro, con i becher in mano, mordendosi le labbra. "Vedo che sei passata a pascoli più verdi." Mormorò Clarke a Octavia, che sorrise innocentemente.

Anya scrollò le spalle, tirando il braccio di Octavia. "Il cuore vuole ciò che vuole, Griffin."

Clarke fece schioccare la lingua. "Bene, ho portato questi bicchieri per noi, ma ..." Si rivolse a Lexa, facendo un sorriso sincero. "Sembra che tu sia il fortunato vincitore."

Lexa le rivolse un piccolo ghigno, accarezzando il posto di Clarke con la sua unica mano buona.

"Una gentildonna." La stuzzicò Clarke mentre appoggiava i becher.

"Forse è la commozione cerebrale." Lexa scrollò le spalle scherzosamente, appoggiando il braccio sul tavolo con un sospiro.

Passarono alcuni momenti e le coppie avevano iniziato a lavorare diligentemente, con lo sguardo di approvazione di Pike mentre passava di tanto in tanto.

Clarke spazzò via un ricciolo dorato, lanciando un'occhiata al braccio di Lexa.

Non aveva notato lo sguardo smeraldo di Lexa che la bruciava dentro finché non alzò lo sguardo.

"Ti dispiace per me?" Mormorò Lexa tranquillamente, in modo da non disturbare la classe ormai tranquilla.

"Un po'" concesse Clarke. "Come sta il tuo braccio?"

"Fa male." Lexa scrollò le spalle come se fosse noncurante, un fatto quotidiano. Clarke voleva alzare gli occhi al cielo e baciarle un braccio, darle cura e affetto, e ... Pensava davvero a quello?

"Beh ..." Clarke infilò la mano nella borsa, tirando fuori una scatola di quelli che sembravano evidenziatori e pastelli, organizzati per tonalità. "Che cosa dovremmo mai fare?"

Lexa sollevò un sopracciglio e inclinò la testa come un cucciolo smarrito, e ci volle ogni grammo della forza di volontà di Clarke per non gettare le braccia intorno alla ragazza.

"Dammi il tuo braccio." Sussurrò Clarke, osservando Lexa allungare il braccio con cautela, trovando un morbido conforto nella presa di Clarke. Lo sguardo di Clarke era morbido e delicato mentre teneva il braccio di Lexa in una mano.

"Cosa stai ..." Il sussurro sommesso di Lexa fu interrotto da un sorriso misericordioso da parte di Clarke.

"Mia madre lo faceva sempre per me, ogni volta che mi rompevo il braccio".

"Ogni volta? Vuoi dire che questo era una cosa comune? "

"Ero molto vivace ai tempi." Clarke ridacchiò, e Lexa chiuse gli occhi per un attimo, innamorandosi del suono.

"Ai tempi?" Gracchiò Lexa, non fidandosi della sua voce. "Come ti definisci ora?"

"Appassionata." Clarke sorrise. "Come ti senti ora?"

"Mille volte meglio, in realtà." Mormorò Lexa, gli occhi puntati sulle labbra pallide di Clarke.

"Bene." Clarke estrasse il coperchio da un pennarello e iniziò a trascinarlo sul gesso di Lexa mentre si preparava a scrivere qualcosa.

Lexa sollevò la fronte. "Clarke?" Chiese stancamente. "Cosa fai?"

Clarke fece un sorrisetto. "Sai che le persone dovrebbero firmare il tuo gesso giusto?"

Lexa sbuffò. "Non ne ho bisogno, Clarke. Mi scuso se la mia etichetta di infortunio è un po 'carente. "

"Be ', in ogni caso ..." sorrise Clarke, coprendo il pennarello con un luccichio soddisfatto negli occhi, e un inconfondibile guscio nel suo tono.

"Clarke ..." Lexa guardò l'eloquente scarabocchio di Clarke, il cuore che batteva alla vista. "Ho già il tuo numero."

Clarke la guardò negli occhi, con un ghigno ancora in faccia, e Lexa non voleva altro che spingerla contro il tavolo del laboratorio e baciarla. Ok, lo stava pensando davvero?

"Lo so. Pensavo che dovessi ricordarti che puoi davvero usarlo, prima o poi. "Sussurrò Clarke lentamente, con uno scintillio provocante nei suoi occhi.

Lexa sentì uno stupido sorriso sul suo viso per il resto dell'ora, diamine, persino il resto del giorno.

 

 

 

 

 

 

 

Se durante l'anno c'era un giorno in cui assolutamente qualsiasi cosa sarebbe potuta accadere e Clarke non avrebbe nemmeno battuto ciglio, era il Ringraziamento.

Era stato un massacro.

Crescendo, erano sempre stati i Griffin, i Blake e i Jaha, ma, dopo l'evento del secondo anno, le famiglie del resto dei delinquenti si erano aggiunte lentamente al mix, e ora era un conglomerato di troppe persone. Quindici, per essere precisi.

Clarke fu brutalmente svegliata alle sei del mattino mentre Raven entrava nella sua stanza con un megafono e una vendetta in testa.

"ALZATI CAZZO GRIFFIN!" Clarke guaì, scendendo dal letto in un groviglio di lenzuola. "È IL RINGRAZIAMENTO, IL CHE SIGNIFICA MOLTO CIBO E MOLTO DIVERTIMENTO. ANDIAMO."

Clarke guardò in modo offuscato l'ora sul suo orologio, e aggrottò le sopracciglia.

"Che cazzo, Rae?" Sbadigliò, sfregandosi le palpebre blandamente. "Mia madre almeno è sveglia?"

"Mamma G? Certo che lo è, Griff, e Mamma B sta arrivando. È il Ringraziamento, hanno molto da cucinare. "

"Ha bisogno di me?"

"No."

"Allora perché cazzo mi hai svegliata?"

"Volevo solo infastidirti." il suo cipiglio si fece più profondo e Raven sogghignò, ma i suoi pensieri omicidi furono interrotti dall'aggiunta di altre due persone nella sua stanza, completamente troppo esauste.

"Buongiorno, non ti sembrano l'immagine della bellezza?" La stuzzicò Raven, mentre Bellamy cadde di faccia sul letto di Clarke, e sua sorella si unì a lui.

"Vedi, Rae?" Sbadigliò Clarke, spostandosi tra i due gemelli in un mucchio di coccole, che era diventata tradizione per tutta la loro infanzia. "Hanno avuto l'idea giusta".

"Voi ragazzi non siete divertenti," si lamentò Raven, ma si unì a loro comunque, e presto, Clarke si ritrovò di nuovo a sprofondare nel tranquillo abisso del sonno.

La seconda volta che Clarke si svegliò, fu di nuovo colpa di Raven.

Apparentemente, Raven stava avendo un sogno piuttosto intenso, e lanciò un pugno a Bellamy nel sonno, colpendolo alla mascella, e lui balzò in piedi con un forte urlo vicino all'orecchio di Clarke, facendola sobbalzare spingendo Octavia giù da il letto e sul pavimento.

"Raven che diavolo!?"

"Cosa succede?!" Chiese confusa, brandendo ancora una volta il pugno, ma Bellamy lo colse stavolta.

"Eri una sorta di wrestler nei tuoi sogni? Cazzo, Reyes. "

"In realtà mi stavo difendendo da una banda di gattini, grazie mille."

"Perché sono sul pavimento?"

Clarke si strofinò gli occhi e gemette.

Sarebbe stata una lunga giornata.

Prima di inciampare alla cieca verso il bagno per iniziare la sua mattinata, Clarke afferrò il suo telefono. Spazzolino da denti in bocca, lo aprì rapidamente e cominciò a digitare con una mano.

Clarke Griffin

Buon ringraziamento Lexa!!!

Lexa Woods

E io che pensavo non ti alzassi prima delle 11:00. Buongiorno Clarke, e Buon ringraziamento.

Clarke Griffin

Colpa di Raven. Fosse stato per me, starei ancora dormendo.

Lexa Woods

Per cosa sei grata tu oggi?

Clarke Griffin

Airbud

Lexa Woods

Stronza

Clarke Griffin

Ma se mi adori?

Lexa Woods

Questo è questione di dibattito.

 

L'arrivo dei Jaha offrì una sorta di pace, perché Wells era forse il più tranquillo degli amici di Clarke, di cui era eternamente grata.

Si alternò tra l'assistenza in cucina e la conversazione con Clarke, che era impegnata a tenere Raven lontana dalla cucina, con grande delusione dell'ultima.

Verso le nove, Wells emerse dalla cucina e si lasciò cadere sul divano accanto a Clarke, tirando fuori il set da scacchi tirato fuori da sotto il tavolino da caffè.

"Sei pronta per una partita?" Disse, e Clarke sorrise.

"Solo se sei pronto a farti fare il culo."

"Oh, è così, Griffin."

Wells era di gran lunga l'avversario preferito di Clarke, perché era cresciuta giocando con lui. Conoscevano le rispettive strategie in movimento, e quindi dovevano adattarsi al volo per contrastarsi e bloccarsi a vicenda, ed erano veramente equilibrati.

Mentre Clarke muoveva delicatamente la torre, il suo telefono ronzò e Wells alzò un sopracciglio.

"Chi è?"

Clarke diede una rapida occhiata al suo telefono, con un piccolo sorriso che le attraversò il viso quando il nome Lexa Woods comparì sullo schermo. Alzò lo sguardo per vedere l'espressione in attesa di Wells, e scrollò le spalle imbarazzata.

"Oh, nessuno," cercò di cambiare argomento, continuando la sua manovra.

"Non sorridi così per nessuno", sbuffò Wells, scrutando il tabellone prima di muovere uno dei suoi pezzi. "Questo è il tipo di sorriso che si fa vedendo video di cuccioli su Internet."

Clarke scrollò le spalle senza mezzi termini, tornando al tabellone, e gridò mentre Wells scattò e le strappò il telefono da dove era appoggiato sulla sua gamba.

“Wells! Ridammelo! "All'improvviso fu come se avessero avuto ancora sei anni, ma questa volta Clarke era molto più alta, e lo seguì rapidamente mentre cercava di fuggire. Tuttavia, fu intercettata da Bellamy, che urtò contro di lei.

"Perché stai correndo, principessa?" Bellamy stuzzicò, e Clarke si accigliò.

"Wells ha preso il mio telefono", brontolò.

"Stai mandando un messaggio a Lexa?" Clarke trattenne il respiro quando vide i segni di realizzazione sul viso di Wells, e pregò silenziosamente che le due ragazze nell'altra stanza non avessero sentito, contando silenziosamente nella sua testa . Uno due tre…

"COSA HAI DETTO SU CLARKE E WOODS?"

Ovvio che non fosse così fortunata.

L'urlo di Raven fece sobbalzare Wells così tanto che, mentre la ragazza latina scivolava nella stanza, lanciò il telefono di Clarke di riflesso, e Octavia, che era poco dietro di lei, afferrò il telefono.

"Oh mio dio Raven stanno flirtando. ”

"Che cosa? No, non lo stavamo facendo, non è- "

"Cazzo O? Passalo qui! "

Clarke gemette e seppellì la testa tra le mani, sapendo benissimo che era indifesa da qualunque cosa i suoi amici stessero progettando di fare, e si lasciò soccombere al destino.

"Sai, tutto questo avrebbe potuto essere evitato se tu mi avessi semplicemente detto a chi stavi scrivendo," disse Wells innocentemente, e Clarke lo colpì brutalmente sulla spalla.

"Fanculo, Wells."

"Suppongo che avevo ragione su quella cosa del ballo dopo tutto."

"Ehi, Clarke!" Si voltò quando sentì che Raven la stava chiamando, quando il lampo rivelatore della sua fotocamera del telefono si spense, e Clarke immediatamente si immobilizzò.

"Oh no".

"Oh si. ”

Prima che Clarke potesse fermare Raven, Octavia la placcò, permettendo alla loro amica di fare tutto ciò che le piaceva con il telefono di Clarke, ovvero inviare tutte le foto possibili a Lexa.

Fu in quel preciso istante che Murphy aprì la porta d'ingresso e batté le palpebre alla scena.

"È un brutto momento?" Chiese seccamente, e Wells rise e gli diede una pacca sulla spalla.

"Stanno solo prendendo in giro Clarke, niente di strano."

"C'entra Woods?"

"Come hai fatto a indovinare?"

"È tutto ciò di cui parlano."

"Oh mio dio Clarke, perché hai questa foto? Oh mio Dio, questa è oro, aspetta che Woods la veda. "Octavia, in un momento di debolezza, allungò il collo per cercare di vedere di cosa parlava Raven, lasciando spazio a sufficienza affinché Clarke si girasse e finalmente raggiungesse Raven.

"Scusa, non puoi colpire una storpia, questo è un accanimento!"

Clarke, tuttavia, non prestò attenzione ai deboli tentativi di Raven di sfuggire al suo inevitabile destino, finalmente recuperando il suo telefono dalle pericolose grinfie di Raven.

 

Lexa Woods

Anche se mi piace vedere cosa accade nella vita di Clarke, sono piuttosto sicura che non stia scrivendo lei. Ti consiglierei di ridarle il telefono.

 

Clarke emise un gemito quando vide le oltre venti immagini che Raven aveva allegato alla conversazione, tra cui:

"Oh mio dio Raven, perché hai mandato quella dove facevo un body shot dal tuo corpo alla festa di Bell? Non ricordavo nemmeno di averlo fatto. "

"Tutti amano una buona foto di un body shot", gemette Raven da dove era ancora schiacciata a terra, Clarke seduta su di lei.

 

Clarke Griffin

Mi dispiace, O e Raven mi hanno rubato il telefono.

Lexa Woods

Va bene, non preocuparti. Eri molto carina a sei anni, comunque.

 

Con gli occhi socchiusi, Clarke diede un'altra occhiata alle immagini che Raven aveva inviato e gemette quando vide una delle sue foto per il sesto compleanno, con Wells aveva tirato fuori la lingua accanto a Clarke, che stava soffiando molto attentamente le candele sulla sua torta.

 

Clarke Griffin

Ero fottutamente adorabile, cos'è successo lmao

Lexa Woods

Sei diventata ancora più adorabile

Uhm

Sì....

Clarke Griffin

Non ti preocupare, Lexa, anch'io penso tu sia carina.

Quasi come un cucciolo, direi.

Forse.

Airbud?

 

Dopo non ci fu risposta da parte di Lexa, e Clarke rise tra se e se. Non avrebbe mai lasciato che Lexa lo dimenticasse.

"Stai ridendo ai vostri messaggi? È disgustoso."

Avendo dimenticato che si trovava ancora sopra a Raven, Clarke fece una smorfia alla ragazza distesa e si alzò in fretta.

"Ti farò del male, Reyes."

"Magari tu potessi, Griffin. vorresti poterlo fare."

Altri danni fisici, tuttavia, furono evitati dall'arrivo delle altre due famiglie, i Green e i Jordan, che avevano con sé vassoi di dolci. Hannah Green era specializzata nella torta al cioccolato, mentre Meredith Jordan aveva con se' le famose torte di zucca e di ciliegie.

Alla fine della serata, c'era stato un danno minimo.

Murphy trovò il suo posto tra Wells e Bellamy, forse i suoi amici più cari al tavolo, e rimase in silenzio per la maggior parte del tempo, solamente ridendo alle battute altrui.

Gli adulti erano tutti situati all'estremità destra del lungo tavolo, separandosi elegantemente dai liceali, che erano chiassosi e inclini a gettare del cibo in giro, specialmente quando era coinvolta Raven. Clarke poteva vedere Thelonius osservarla con estrema ansia, poiché senza dubbio aveva sentito le storie dell'orrore del suo collega, Pike, sul caos assoluto che aveva scatenato durante le varie lezioni di chimica.

Monty, nel vero stile di Monty, aveva portato una serie di biscotti all'erba per i delinquenti, tenendoli lontani dalla vista dei genitori, e Clarke poteva già sentire lo stress della giornata che lasciava il suo corpo.

"Puoi andare a fare qualsiasi cosa facciate voi delinquenti," Abby dissee con un sospiro e uno sguardo verso Aurora, che sorrise sarcasticamente, "solo non rompere nessuno dei miei vasi".

"Nessuna promessa, mamma G!" Le gridò Raven da sopra la spalla, prima di portare fuori il gruppo per andare a fare casino nel cortile. "Vieni, Griff?"

"Sì, un secondo," rispose Clarke velocemente, prendendo il suo album da disegno.

 

Clarke Griffin

(Allegata un'immagine)

Avevo promesso di fartelo vedere una volta finito.

Spero ti piaccia e non è 'inquietante' o cose simili.

Penso di aver sentito gridare qualcuno, forse dovrei controllare quegli idioti dei miei amici.

Ah, e, Buon ringraziamento, Lexa.

 

 

 

 

 

 

 

Lexa stava sorridendo al suo telefono, quando Anya lo strappò via dalle sue mani, muovendosi furtivamente intorno al grande tavolo da pranzo.

"Anya!" Ringhiò Lexa, e il panico si insinuò nel suo tono minaccioso.

"Che cosa abbiamo qui?" Anya sogghignò. "Oh, Clarke Griffin! Che sorpresa! "Alzò esageratamente le mani in aria, gli occhi puntati sul testo. "Le hai già mandato dei nudes?"

Lexa sospirò, pizzicandosi il ponte del naso con esasperazione. "An, è il Ringraziamento. Dammi una pausa, ti prego."

Il sorrisino di Anya creebbe solo mentre leggeva i testi, fino a quando Lexa non la strappò abilmente via da lei con le sue lunghe dita.

"Lei ti piace."

"È un'amica."

"È molto bella."

Lexa socchiuse gli occhi e Anya proseguì. "Mi piace, è davvero molto bella. Ti dispiace se le chiedo di uscire? Ho sentito che le piacciono i giocatori di calcio. "

La mascella di Lexa si serrò e lei alzò gli occhi al cielo. "Sì, ok, è bellissima. E sta aspettando una risposta, quindi ... "Si allontanò da Anya, che raccolse lo spray di panna montata dal tavolo.

"Lex, sai di cosa si tratta?" La stuzzicò Anya.

"... Panna montata." Lexa rispose con un sospiro, spegnendo il telefono e facendolo scivolare nella tasca posteriore. Questa conversazione sarebbe stata interessante.

"Giusto. E sai cosa farne? "Anya sorrise.

"Mangiarla?" Lexa sospirò scuotendo la testa.

"No, metterla su Clarke ..."

"Oh, che CAZZO Lexa?!" Anya era sull'orlo delle lacrime quando Lexa prese lo spray e lo scagliò dritto alla sua testa, la panna montata che esplose ovunque nella sala da pranzo.

"Meglio per voi che non sia stato ciò che penso!" La voce di Indra risuonò dalla cucina.

Lexa sorrise, incrociando le braccia. "Stavi dicendo?"

Anya roteò gli occhi, massaggiandosi la testa mentre raccoglieva la bomboletta spray. "Sto solo dicendo che potresti già fare una mossa con lei."

"Raven Reyes sicuramente si masturba su di te." ribattè Lexa, girandosi verso la cucina.

Anya sorrise. "Non al momento, ma la scorsa notte-"

"No!" Gridò irritata Indra mentre scuoteva la testa, le mani impegnate a mettere quella che sembrava essere salsa di mirtilli in un piatto. "Nessun discorso sessuale oggi, per favore."

"Davvero." Aden fece un sorriso a Lexa, che sorrise in risposta.

Forse era, segretamente, contento che Clarke avesse mandato messaggi a sua sorella.

Voleva dire che forse avrebbero potuto accelerare il piano. Stava diventando vecchio. Di questo passo avrebbe bisogno di una sedia a rotelle prima che si fidanzassero.

"Bel grembiule." Lo stuzzicò Lexa.

"Ridi, ma è l'unico di voi tre che effettivamente contribuisce da queste parti." Gridò Gustus dal suo posto accanto al forno. Quando si alzò, Lexa notò che indossava un grembiule di corrispondenza, solo una cinquantina di volte più grande.

Soffocò le risate, ma Anya sbuffò. "Dio, papà." Sogghignò. "Che modi di essere cool."

Gustus roteò gli occhi. "Adolescenti". Schernì. "Gestisco un salone di tatuaggi. Sono l'epitome della figaggine. "

"Clarke vuole un tatuaggio." Mormorò Aden.

Lexa si girò alla menzione del nome di Clarke e Aden sembrò sapere cosa stava facendo.

"Oh, lei?" Anya sogghignò, prendendo anche lui. "Ha detto dove?"

Aden annuì. "Penso che un segno all'infinito sul fianco?" Aden scrollò le spalle, cercando di ricordare ciò che le aveva sentito dire a Octavia prima delle ore di tutor.

La mascella di Lexa si aprì leggermente e lei si leccò le labbra, battendo le palpebre lentamente.

"Ehi." Anya diede una gomitata a Lexa nelle costole, sussultando quando Lexa sussultò, chiaramente ancora dolorante per i suoi lividi interni. "Colpa mia. Ma potresti ... sai ... farle uno sconto per la famiglia. "

Gustus sorrise, "a Lexa piace qualcuno qui eh? Bene. Non mi piaceva la tua ultima ragazza. Qual era il suo nome? Colorado? Crayola?”

Indra sbuffò. "La gente chiama i loro figli in modi assurdi di questi giorni".

Lexa roteò gli occhi. "Penso che, nel futuro, terrò le mie relazioni lontane da questa famiglia, visto che Costia è stata maltrattata."

Anya sorrise ad Aden. "Quindi ... è una cotta?"

Proprio in quel momento, il suono dell'apertura della porta principale risuonò per tutta la casa, e Lincoln gridò sarcasticamente "Tesoro, sono a casa!" e Sorrise mentre entrava in cucina, portando un cesto di cibo. "È un pacchetto di assistenza da parte di mia madre. Dice che lei e papà finiranno presto. "Lincoln sorrise mentre Indra gli dava una pacca sulla testa.

"Vedi questo, Anya? Si chiama essere utile. »Gustus fece un sorrisetto compiaciuto mentre colpiva Lincoln sulla spalla.

Quando la cena fu pronta, il telefono di Lexa stava vibrando come un matto. Si sedette lì, analizzando ogni messaggio, con le spalle che crollavano per la delusione quando realizzò che era la chat di gruppo della squadra di calcio.

Anya e Lincoln si erano seduti vicini, ridendo selvaggiamente al tavolo tra un boccone e l'altro.

"Ora potremmo parlare." Sospirò Indra, incrociando le braccia per dare un'occhiata a Lexa, che rapidamente nascose il suo telefono in grembo. "Allora, chi è questa ragazza?"

"Clarke Griffin." Le fornì Anya, intromettendosi immediatamente nella conversazione. "È un'artista."

Gustus si rianimò: "Abbastanza brava da essere assunta?"

Aden annuì. "Veramente brava."

Lincoln sbatté le palpebre. “Clarke? Quella che è uscita con Luna? L'amica di Octavia? "

Lexa bevve un sorso del suo drink, soffocando un po 'quando venne menzionata Luna. “Siamo. solo. amiche. "Esclamò.

Aden guardò il tutto con un lieve sguardo divertito, osservando Lexa lanciare una cucchiaiata di purè alla testa di Anya quando sua zia e suo zio non stavano guardando, e Anya saltò in aria.

"Ehi strikbro, come va il calcio?" Tentò Lincoln, togliendo un residuo di purè dal braccio di Anya. "Ti stai ancora allenando con Atom?"

“Eh? No sì. Uh, non lo so. "Aden scrollò le spalle, trovando improvvisamente il sugo affascinante.

"Questo non è sospetto." Lexa osservò attentamente.

"Sì, beh ..." Aden si sentì in difficoltà. "Oh, guarda, Clarke ti ha mandato un messaggio!"

Lexa abbassò lo sguardo sulle sue ginocchia, sorridendo quando vide lo schermo illuminato. Cercò quindi di levarsi il sorriso il più rapidamente possibile. "Indra, posso per favore ..."

"Dio, sì ..." Indra roteò gli occhi. "Tutti voi. Andate. Siete liberi. Datemi un po 'di pace e tranquillità. "

Lexa annuì, diede a Indra un rapido bacio sulla guancia come ringraziamento, facendo lo stesso con suo zio, prima di afferrare il suo piatto.

"E se dovessi trovare altro cibo attaccato ai vestiti di Anya in lavatrice ..." iniziò Indra, ma tutti loro sfrecciarono via, Lincoln e Anya che correvano per guardare la partita, Aden seguendoli cautamente, lanciando occhiate in direzione di Lexa mentre si sedeva ai piedi delle scale, sorridendo al suo telefono.

"Sì!". Disse alzando il pugno in segno di vittoria. L'operazione Clexa stava procedendo meglio di quanto avesse previsto.

Lexa era completamente ignara del mondo, sorridendo al suo telefono mentre vedeva il messaggio di Clarke:

Clarke Griffin

(Allegata un'immagine)

Avevo promesso di fartelo vedere una volta finito.

Spero ti piaccia e non è 'inquietante' o cose simili.

Penso di aver sentito gridare qualcuno, forse dovrei controllare quegli idioti dei miei amici.

Ah, e, Buon ringraziamento, Lexa.

 

Lo schizzo che Clarke aveva fatto raffigurante Lexa, dormendo pacificamente, era davvero lusinghiero sotto ogni aspetto. Clarke aveva sostituito la camicia dell'ospedale di Lexa con una maglietta normale e non era ferita, anzi, viva e vegeta. Era incredibilmente ben fatto, e Lexa rimase a bocca aperta per la qualità del lavoro.

Lexa Woods

Clarke, è il più bel regalo che abbia mai ricevuto.

Lo amo... grazie. E controlla i tuoi amici delinquenti.

Mi mancheresti tanto se facessi qualcosa di stupido e non venissi a scuola lunedì.

Ah! Buon ringraziamento, Clarke.

 

Per la prima volta da mesi, Lexa era davvero, davvero felice.

 

 

Note:

Salve salvino! Come previsto c'è stato un leggero ritardo.

Partirei dicendo solo una cosa, di cui mi sono dimenticata nello scorso capitolo: EVERYONE'S GAAAAAAY!! Mi sono resa conto che tutti i personaggi in pratica hanno una qualche forma di attrazione verso lo stesso sesso, e posso solo esserne contenta.

Tornando al capitolo attuale, direi che è il momento di aprire quella bottiglia di champagne tenuta per le occasioni speciali: le Lostia si sono lasciate!!! Ora le Clexa sono libere come uccellini :3

Però mi dispiace, non vorrei fare il passo più lungo della gamba ma direi che la povera Lexa ha bisogno di uno psicologo o comunque qualcuno con cui sfogarsi... chissà.

Però quanto è carina quando fa la diva? "Se non se ne va lui, me ne vado io!" mi fa morire. Ultima cosa, scusatemi se nelle descrizioni delle partite sono carente, ma non conosco quasi nessun termine del calcio quindi resto sempre un po' sul vago. Concludo ringraziando chi è qui e vi invito come al solito a dirmi cosa pensate del capitolo.

Saluti, Nikishield

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Capitolo 10
*** COMUNICAZIONE ***


Salve a tutti.
Invece di pubblicare un nuovo capitolo, sono obbligata a scrivervi questo messaggio.
La storia non continuerà.
Da qualche tempo sono venuta a sapere che la (mia) traduzione di questa storia era stata copiata e pubblicata su un altro sito, da una persona che si spacciava per essere chi la traduceva.
Sono entrata in contatto con questa persona e, gentilmente, le ho chiesto spiegazioni. Premetto che per evitare fraintendimenti mi ero assicurata al 100% che fosse stata davvero 'rubata', infatti gli errori ortografici erano pari pari ai miei, inoltre l'autrice originale non aveva mai accennato ad un'altra traduzione.
Come dicevo, ho chiesto spiegazioni a riguardo, ma con questa persona non si è arrivati a una soluzione. Nonostante ciò pensavo che, essendo stata scoperta, avrebbe smesso di pubblicare. Invece, è andata avanti.
A questo punto, io sono arrivata alla decisione di interrompere la traduzione. Perchè io mi ci metto d'impegno ogni giorno a tradurre, togliendo tempo alla scuola e alla famiglia, e anche a altre cose che potrei fare al suo posto. Essere, scusatemi, presa per il culo non mi va.
Non farò nomi, nè della persona, nè del sito dove pubblica, perchè ritengo di essere meglio di così.
Per ora lascierò i capitoli tradotti fino ad adesso disponibili alla lettura.
Mi scuso profondamente con tutti. Con chi ha seguito la storia, con chi l'ha recensita, con chi l'ha messa tra i preferiti o chi ha anche solo preferito leggerla silenziosamente.
Con questo vi dico arrivederci, sono terribilmente dispiaciuta. 
Nikishield

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