Odds & Evens | 25 Days of christmas | Sterek ~ Malec

di Llerian
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Premessa ***
Capitolo 2: *** Cinnamon rolls | Sterek ***
Capitolo 3: *** Presidente Meow | Malec ***
Capitolo 4: *** Seriously? You really have to pet her now? | Sterek ***
Capitolo 5: *** Fair | Malec ***
Capitolo 6: *** Biker | Sterek ***
Capitolo 7: *** Cooking Skills | Malec ***
Capitolo 8: *** First Snow Ever | Sterek ***
Capitolo 9: *** Wake Up | Malec ***
Capitolo 10: *** Nursing | Sterek ***
Capitolo 11: *** Confused | Malec ***
Capitolo 12: *** Way to go, Stilinski | Sterek ***
Capitolo 13: *** Short for Alexander? | Malec ***
Capitolo 14: *** Driving 101 | Sterek ***
Capitolo 15: *** Permanent | Malec ***
Capitolo 16: *** Monster | Sterek ***
Capitolo 17: *** Pathetic | Malec ***
Capitolo 18: *** Rivals | Sterek ***
Capitolo 19: *** Anniversary | Sterek ***
Capitolo 20: *** No Falling | Malec ***
Capitolo 21: *** Achoo | Sterek ***
Capitolo 22: *** It's Late | Malec ***



Capitolo 1
*** Premessa ***


Come già detto in descrizione, pubblicherò - o almeno ci proverò, metto già le mani aventi HAHAHA - una storia per ogni giorno di dicembre fino ad arrivare al 25, il giorno di Natale. 

Inizialmente volevo fare venticinque giorni di Sterek e venticinque di Malec, in due raccolte diverse, ma poi mi sono resa conto che non sarei mai riuscita a scrivere cinquanta storie diverse quindi ho deciso di fare una sola raccolta mischiando le due coppie. 

I giorni dispari saranno a tema Sterek mentre i pari saranno a tema Malec, fatta ad eccezione per il giorno di Natale in cui pubblicherò sia una oneshot Malec sia una Sterek. Ci sarà quindi un totale di tredici storie per coppia. 

Il rating sarà più o meno tutto verde (PG - per tutti) ma non escludo alcuni capitoli in cui potrebbe variare, anche se non eccessivamente. C'è più fluff qui che in un cestino di gattini appena nati(?), io vi avverto. Leggetele a vostro rischio e pericolo. 

Ce la farò mai? Dubito AHAHAHA ma ne avevo troppa voglia ed è più che altro una sfida contro me stessa. (E poi così ho una scusa per cercare di finire e pubblicare tutte quelle storielle che ho abbandonato da subito tipo...)

Spero vi possa interessare come idea e ci vediamo domani con la prima Sterek~~♡

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Capitolo 2
*** Cinnamon rolls | Sterek ***


01/12/2017 Day One: 1005
(La fine non mi piace tanto mavabbè.)

Chiuse la portiera della Camaro dopo aver preso il borsone con i vestiti che aveva usato in palestra e si strinse nella giacca. Pescò le chiavi di casa dalla tasca posteriore dei jeans neri e salì veloce i pochi gradini che davano sul portico in legno chiaro. 

Il vento freddo lo investì ma poco gli importava quando era così vicino alla porta di casa tanto da poter già sentire il calore dei riscaldamenti sulla sua pelle. 

Girò le chiavi nella toppa ed entrò, pulendosi i piedi dalla pioggia leggera che la notte prima aveva bagnato la strada, lasciando cadere il borsone all'ingresso e sospirando contento. 

Un odore dolce di cannella gli invase le narici ed insiprò a pieni polmoni, dalla cucina sentiva rumore di pentole e piatti che venivano spostati e si diresse proprio lì. 

Si fermò appoggiato con una spalla allo stipite della porta, le braccia incrociate al petto e un sorriso leggero sulle labbra. Stiles stava rimettendo in ordine tutto ciò che era stato momentaneamente sparso sulla tavola e sui vari banconi liberi accanto al piano cottura. 

Il ragazzo si girò e gli sorrise, andandogli incontro per lasciargli un bacio sulle labbra, salutandolo. "Ciao," gli disse piano lasciandogli un altro bacio sulla guancia ruvida per via della barba. 

"Ehi," gli disse e chiuse gli occhi quando sentì le mani calde di Stiles intrufolarsi tra i suoi capelli ancora un po' bagnati e freddi per via della doccia che si era fatto in palestra. 

Stiles lo prese poi per una mano e lo tirò verso il centro della cucina, dove gli fece un cenno per sedersi su una sedia. "Aspetta qui," gli disse prima di sparire in bagno. 

Tornò dopo qualche secondo con un asciugamano sulla spalla e andò a prendere dal forno un vassoio con i dolci che aveva appena fatto, li aveva lasciati lì dentro in modo che si mantenessero caldi. 

Li mise in un piatto e lo presentò davanti a Derek che li guardava con l'acquolina in bocca. I cinnamon rolls erano diventati la sua ossessione dopo che Noah, lo sceriffo, glieli aveva fatti assaggiare una volta che erano usciti a fare colazione tutti insieme. Stiles, notando quanto fossero piaciuti al maggiore, si fece un appunto mentale di trovare la ricetta da qualche parte su internet e farli in casa, soprendendo il ragazzo. 

Derek gli sorrise. "Li hai fatti tu?" chiese anche se la risposta era più che ovvia. Spostava lo sguardo su ogni dolcetto che aveva un aspetto davvero troppo invitante per resistere ancora un po' senza mangiarli tutti. 

"Sì," rispose fiero il ragazzo alle sue spalle. Prese poi l'asciugamano che sembrava aver dimenticato sulla sua spalla e lo appoggiò sui capelli di Derek, frizionando dolcemente per asciugarli un po'. 

Derek gli passò una mano attorno al fianco e lo fece girare finchè il petto del minore non fu in aderenza con il suo fianco. "Assaggiali su," gli disse Stiles mettendogli l'asciugamano attorno al collo e poggiandogli le mani sulle spalle, in una sorta di abbraccio caldo ma storto. 

Il moro guardò un'ultima volta tutti i dolcetti e poi ne scelse uno a caso, lo morse assaporandone il gusto. Stiles aveva ripreso il suo lavoro precedente accertandosi che i capelli di Derek fossero almeno scarichi dell'acqua in eccesso per poi passarci le dita in mezzo e cercare di sistemarli. 

"Lo sai che ti amo, vero?" gli disse Derek voltandosi verso di lui. Stiles si chinò leggermente e gli baciò la punta del naso - che Derek arricciò immediatamente - l'odore di cannella era forte e, se a Stiles non avesse fatto vomitare il sapore, avrebbe baciato il ragazzo per condividerne il sapore. 

"Ma fanno proprio schifo," aggiunse poi Derek senza lasciare il tempo di rispondere a Stiles che boccheggiò sorpreso, allontandosi dal ragazzo. Derek si sporse sulla sedia per andare a recuperare un fazzoletto dal centro della tavola e, con una smorfia sul viso, sputò il dolcetto pulendosi la bocca. 

Il problema era che prima di presentarli a Derek, Stiles non li aveva nemmeno assaggiati visto il suo odio per la cannella e qualsiasi altra cosa ne contenesse anche solo una piccola parte, quindi non aveva idea di come fossero effettivamente venuti. Aveva incrociato le dita e pregato tutti i santi affinchè fossero almeno commestibili. 

Dall'espressione di Derek però, capì che doveva aver sbagliato qualche passaggio. Si imbronciò, voleva fare una sorpresa all'uomo che amava ma aveva combinato un disastro. 

"Ehi ehi," Derek si girò sulla sedia e fece scivolare Stiles in mezzo alle sue gambe, usando poi il braccio che aveva ancora attorno alla sua vita per spingerlo e farlo mettere a sedere sulle sue gambe. "Non fare così, davvero, hai fatto una cosa carina per me e mi basta quello," disse non potendosi però evitare di ridacchiare all'espressione di Stiles che, di tutta risposta, incrociò le braccia al petto. 

"Sai che facciamo?" provò poi quando non ricevette alcuna risposta dal minore. "Li portiamo alla signora che abita accanto a noi, non mi è mai stata simpatica, magari è la volta buona che ci muore." 

"Derek!" lo richiamò Stiles tirandogli uno schiaffo leggero sulla nuca. "È l'ultima volta che cucino per te," disse poi offeso. 

"Andiamo! Non li hai nemmeno assaggiati tu," disse sulla difensiva. "Secondo me hai messo il sale al posto dello zucchero," aggiunse poi prendendolo in giro e dando un'ultima occhiata un po' disgustata ai dolci. 

"Ma ho seguito tutti i passaggi per filo e per segno, e non ho messo il sale al posto dello zucchero," si lamentò l'altro. 

"Oh, piccolino," lo prese in giro di nuovo Derek intrappolandogli una guancia tra il pollice e l'indice, stringendo in un pizzicotto. "Non fa niente, davvero," disse poi serio allungando il collo quel tanto che era necessario per raggiungere la sua guancia e lasciargli un bacio. "È il gesto che conta," lo rassicurò. 

"Sì sì," Stiles sventolò una mano dismissivo e si staccò dall'abbraccio per andare a prendere un sacchetto in cui mettere i dolci. "Magari la signora apprezza, non come qualcun altro," gli disse poi facendogli la linguaccia. 

"Non penso proprio," rispose in un sussurro Derek e quando Stiles gli chiese di ripetere perchè non aveva sentito, lui fece finta di nulla. "Ho detto ti amo," mentì sorridendo. 

Stiles lo guardò attraverso gli occhi quasi serrati, giudicanti. "Non è vero che hai detto quello ma ti amo anche io," gli disse scuotendo la testa. "Certo, amo di più la vicina di casa che sicuramente troverà i miei dolcetti buonissimi, peeeerò," lasciò cadere a metà la frase e fece appena in tempo a raccattare una giacca e uscire di corsa fuori di casa, prima che Derek potesse acciuffarlo da un braccio ed impedirgli di scappare.

 
Spero vi sia piaciuta,
a domani ♡

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Capitolo 3
*** Presidente Meow | Malec ***


02/12/2017 Day Two: 665
 
"Ehi," lo salutò Alec non appena varcò la porta d'ingresso, abbassandosi leggermente per stampargli un bacio sulle labbra ed entrando nel loft. Si tolse la giacca di pelle e la lasciò disordinatamente sul bracciolo del divano nel soggiorno. 

"Ciao," lo salutò di rimando Magnus schioccando poi le dita facendo sparire la giacca di Alec per appenderla all'ingresso. Il ragazzo rise al gesto e si lasciò cadere distrutto sul divano. 

Chiuse gli occhi appoggiando la testa allo schienale e sospirò alla sensazione di relax che pervase tutto il suo corpo, dalla testa ai piedi. Schiuse un occhio e notò un'aura blu lasciare le mani di Magnus e fluttuare verso di lui. 

"Grazie," mormorò mettendosi ancora più comodo sul divano e appoggiandosi poi completamente a Magnus quando si sedette accanto a lui. 

"Meglio?" gli chiese unendo le mani per spegnere quel bagliore bluastro. 

"Mhmh, molto," sospirò Alec ormai completamente rilassato e non sentendo più quella stanchezza opprimente di qualche minuto prima. Aveva passato tutto il giorno a combattere orde su orde di demoni che avevano cercato di entrare all'Istituto da chissà quale portale aperto chissà da chi. Solita routine insomma. 

Sollevò il capo e unì le labbra a quelle di Magnus, sorridendo quando sentì le mani di questo intrufolarsi tra i suoi capelli e spingerlo ancora di più contro il suo corpo. 

Alec si girò completamente sul divano in modo da essere più comodo e portò una mano sulla guancia di Magnus, accarezzandogli uno zigomo mentre gli passò l'altra dietro la schiena e si intrufolò sotto la sua camicia nera, accarezzando la pelle fresca. 

Magnus emise un verso di approvazione alla sensazione delle dita calde di Alec contro la sua pelle e sorrise contro le sue labbra, lasciandosi cadere all'indietro contro al divano in modo da sdraiarsi, portandosi dietro il ragazzo. 

Furono interrotti dal Presidente Meow che, impertinente, si lanciò sulle gambe di Alec, facendo le fusa ed esigendo le coccole. Alec sorrise al comportamento del gatto ma lo accontentò, scostandosi da Magnus per dedicare tutte le sue attenzione al gattino che sembrava accettarle più che felice e soddisfatto. 

Con una mano gli grattò la testolina e questo si spinse ancora di più contro di lui, con l'altra invece si stava dedicando al resto del corpo in lunghe e lente carezze. 

Percepì del movimento accanto a sè, proveniente da Magnus ma non alzò gli occhi per vedere cosa stesse facendo, troppo preso a coccolare il gatto, come se i suoi occhi fossero incatenati con quelli gialli del gatto e la sua attenzione catturata. 

Il Presidente Meow aumentò l'intensità delle sue fusa e cominciò a leccare le dita di Alec, una cosa che ormai era solito fare ogni volta che il ragazzo andava al loft di Magnus e si perdeva per interi minuti - che a volte si trasformavano in ore addirittura - a coccolarlo. 

La morbidezza del suo pelo sotto le dita lo calmava e gli liberava la mente da qualsiasi pensiero o preoccupazione della giornata. 

Magnus si schiarì la gola per ben tre volte prima che Alec scuotesse la testa e puntasse gli occhi su di lui, finalmente dandogli un briciolo della sua attenzione. 

Alec lo trovò con le braccia incrociate al petto e gli occhi ridotti a due fessure che lo guardavano male. "Sai," cominciò alzando il mento con fare offeso. "Comincio davvero a pensare che tu venga qui al loft solo per stare con il Presidente," lo accusò scuotendo la testa a destra e a sinistra. 

Alec sbuffò una risata dal naso e tornò a guardare il gatto che ancora faceva le fusa. "Non è vero," gli disse scuotendo la testa e Magnus non riuscì più a combattere il sorriso che gli increspò le labbra. "Non solo per il Presidente, vengo qui anche quando ho bisogno di qualche favore," lo corresse. 

"Brutto..." esalò Magnus che, con uno schiocco di dita, spostò il gatto al sicuro sul tappeto poco lontano da loro per poi lanciarsi su Alec e fargli il solletico passandogli le dita leggere sui fianchi. 
A domani~~

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Capitolo 4
*** Seriously? You really have to pet her now? | Sterek ***


03/12/2017 Day Three: 1623
Perchè i gatti che interrompono sono sempre i migliori.

"Cos'è questa puzza?" chiese Derek non appena mise piede in camera di Stiles, nè ciao nè niente, causando un mezzo infarto al ragazzo che nemmeno lo vide entrare dalla finestra. 

"Che puzza?" chiese l'adolescente mettendosi a sedere meglio sul letto e inspirando a pieni polmoni l'aria della sua camera. Non sentiva nessun odore particolare ma sapeva che per Derek era tutta un'altra storia visti i suoi sensi molto più sviluppati. 

"Di pesce e... qualcos'altro che non riesco a riconoscere," spiegò meglio togliendosi la giacca e andandola a mettere sulla sedia davanti alla scrivania. Andò poi a chiudere la porta della camera prima di mettersi a sedere accanto al minore. 

"Cavolo," esalò Stiles sbuffando, finalmente capendo a cosa si stesse riferendo il mannaro. "Deve essere il cibo di Smokey a puzzare così," disse poi alzandosi per andare in bagno ed aprire la finestra così da far circolare l'aria. 

"Smokey?" chiese Derek confuso. 

Proprio lì nella piccola stanzetta, su un ammasso informe di vestiti da lavare, campeggiava una palletta di pelo grigia che dormiva beata. Stiles la svegliò dolcemente e la prese in braccio tornando in camera. 

Questa cominciò ad annusare l'aria intorno a sè e artigliò un braccio di Stiles non appena il ragazzo varcò la soglia della sua stanza. 

Derek, che intanto si era perso a guardare il bosco fuori dalla finestra, si girò di scatto non appena lo sentì arrivare e notò un odore sconosciuto insieme a quello familiare di Stiles. 

"Ta-dah!" esclamò Stiles prendendo la gattina tra le mani e allungandola verso Derek, per fargliela vedere meglio. 

La gatta cominciò a soffiare, miagolare e a dimenarsi mentre gli occhi di Derek si tinsero immediatamente di un blu acceso e la sua faccia si trasformò, mettendo in evidenza le lunghe zanne lucenti e affilate. 

"Oops," sibilò Stiles che si girò subito e fece scudo alla gattina, stringendola contro il suo petto e nascondendole la vista di Derek. 

"Stiles!" lo ammonì Derek che intanto era tornato al suo stato umano. "Sei pazzo forse?" 

"Non hai letto il mio messaggio? Ti ho scritto che oggi pomeriggio sono andato al gattile a prenderla," spiegò lui riportando l'animale in bagno e adagiandola sui suoi vestiti. Questa era visibilmente spaventata, teneva le orecchie abbassate e continuava frenetica a guardarsi intorno e annusare l'aria. 

Sembrava però essersi calmata un minimo sentendo l'odore familiare dei vestiti del suo nuovo padrone. "Ho chiesto a Deaton e mi ha anche detto che non avrebbe dovuto creare problemi con i licantropi," disse imbronciandosi. "Con Scott è andato tutto bene pomeriggio," aggiunse poi affranto, sedendosi accanto a Derek e appoggiando la testa alla sua spalla. 

"Scott non è nato licantropo," gli spiegò piano lui, una mano tra i capelli ad accarezzarglieli. "Le cose sono un po' diverse." 

"Mi dispiace," sussurrò l'umano dopo aver annuito a ciò che Derek gli aveva detto. 

"Non preoccuparti," lo rassicurò il moro, mettendogli due dita sotto al mento per alzargli il viso e lasciargli un bacio umido sulle labbra. Era il primo quella sera e Stiles si accorse solo in quel momento di quanto l'altro ragazzo gli fosse mancato durante la giornata. "Sta arrivando tuo padre a controllare," gli disse poi alzandosi e uscendo veloce dalla finestra da dove era entrato. 

Appena prima che lo sceriffo entrasse in camera, Stiles recuperò al volo la giacca che il maggiore aveva abbandonato sulla sedia e la lanciò per terra sotto alla scrivania in modo da nasconderla e non farla vedere al padre. 

"Dov'è Smo?" gli chiese il padre facendo capolino con la testa oltre la porta e sbirciando dentro alla camera in cerca della gattina. 

"In bagno," rispose il ragazzo facendo un cenno verso la porta aperta solo a metà che collegava le due stanze. Si fece da parte in modo che il padre potesse entrare e andare a controllare la gatta. 

"È spaventata," fece notare lo sceriffo mentre si abbassava per farle un po' di coccole. Questa all'inizio si tirò indietro spaventata e guardandosi intorno ma quando parve riconoscere l'odore dell'uomo, si rilassò e si avvicinò ancora un po' cauta alla mano per farsi accarezzare. 

"Ehm sì," cercò di trovare un scusa rapidamente. "Mi è caduto un libro prima, di là in camera, e si è spaventata," tentò di spiegare grattandosi la nuca un po' in difficoltà ma cavandosela comunque.

"Sta' più attento, è ancora un cucciolo," lo ammonì il padre prima di alzarsi e uscire dalla stanza scompigliandogli i capelli 

Stiles fece un cenno con il capo per salutare il  genitore e chiuse la porta alle sue spalle, non appena si girò vide Derek di nuovo al suo posto sul suo letto causandogli un altro mezzo infarto. 

Si avvicinò al letto e sorrise malizioso una volta che si trovò di fronte al ragazzo. "Siamo soli soletti adesso," gli disse allacciandogli le braccia al collo e sedendosi a cavalcioni sulle sue gambe, le ginocchia di Stiles a premere contro il materasso ai lati dei fianchi di Derek mentre il peso del ragazzino gravava sulle sue cosce. 

Derek si lasciò cadere all'indietro finchè la sua schiena non andò a collidere con il materasso morbido, portandosi dietro Stiles che si adagiò comodo al suo petto. 

Il mannaro piegò un ginocchio sotto di lui e Stiles si lasciò andare un gemito quando questo fece contatto e pressione contro il suo sedere, spingendosi indietro per sentire ancora di più quel contatto e facendo strusciare i loro bacini durante l'azione. 

Con uno scatto fluido, Derek ribaltò le loro posizioni, pesando sul corpo di Stiles e schiacciandolo contro al materasso, le gambe del più piccolo andarono a stringersi attorno ai suoi fianchi e le caviglie andarono a premergli contro la parte bassa della schiena, attirandolo ancora di più al suo corpo. 

Le mani di Stiles si intrufolarono sotto la maglietta di Derek e andarono ad accarezzare la pelle calda prima di arpionarsi al tessuto leggero e tirarlo su per sfilargli l'indumento. Derek si staccò dalle sue labbra quel tanto che bastava per permettere alla maglietta di passare oltre la sua testa e lanciarla via. La maglia dell'altro fece la stessa fine della sua poco dopo, in un punto a caso del pavimento della camera. 

Stiles lasciò la presa che aveva sui capelli del moro e passò le mani sul suo addome prima di fermarsi ai pantaloni. Cercò di slacciare la cintura alla cieca, mentre continuava a baciare l'altro, ma non ci riuscì nemmeno dopo l'ennesimo tentativo. 

"Ti odio," sussurrò contro le labbra di Derek prima di staccarsi e abbassare lo sguardo in modo da vedere ciò che le sue mani stavano facendo e riuscire nel suo compito. 

Derek affondò il volto nell'incavo del suo collo e Stiles potè percepire il suo sorriso contro la pelle. Appoggiò la fronte alla spalla di Derek e imprecò a voce bassa quando, anche guardando, non riuscì a slacciare la cintura e il maggiore non fece nulla per aiutarlo. E anzi, sentì il suo corpo scuotere con una risata. 

Si lasciò scappare un gridolino di vittoria quando finalmente la cintura malefica decise di arrendersi e riuscì a slacciarla, lasciandola poi per concentrarsi sul bottone e sulla zip. Quelli però furono più semplici e riuscì al primo colpo nonostante il mannaro avesse cominciato a mordicchiargli una parte del collo, passandoci poi la lingua sopra. 

Derek si staccò dal suo collo con un suono umido e girò la testa per guardare oltre la sua spalla. "Mio padre?" chiese Stiles in un sussurro, il fiato corto e affannoso. Non adesso, ti prego si ritrovò a pensare.

"No," rispose negativamente il licantropo e si alzò dal letto, lasciando Stiles che emise un verso a metà tra il confuso e il lamentoso per la perdita del calore di Derek e soprattutto per la perdita delle sue attenzioni che lo avevano reso accaldato e bramoso. 

Si puntò sui gomiti in modo da vedere cosa stesse facendo il suo ragazzo, lo vide abbassarsi a terra - la maglietta lanciata chissà dove e la cintura slacciata dei pantaloni che produceva un tintinnio metallico ad ogni suo movimento, lasciando la patta dei pantaloni aperta e facendone intravedere il tessuto dei boxer neri che Stiles non vedeva l'ora di sfilargli - per poi rimettersi dritto in piedi e tornare al suo posto accanto a Stiles, in braccio la piccola Smokey visibilmente più tranquilla. 

"Ha capito che non sono una minaccia per lei o per te," gli spiegò Derek andando poi con una mano ad accarezzarle la testolina. La gatta chiuse gli occhietti azzurri e si lasciò andare contro il petto caldo del licantropo, dando il via ad una sinfonia di fusa e miagolii soddisfatti. 

Lei era soddisfatta sì, ma il suo padrone no. 

"Sei serio? Devi accarezzarla proprio adesso?" gli chiese Stiles sbuffando leggermente, tirandosi su a sedere sul letto e guardandolo male prima di incrociare le braccia al petto nudo. 

Derek si voltò per guardarlo e alzò un sopracciglio. "È triste perchè si sentiva esclusa," gli spiegò come se fosse la cosa più ovvia e scontata del mondo. Lasciare il suo ragazzo nel bel mezzo di qualcosa che stava diventando interessante per accarezzare la gattina, certo, una cosa normale proprio. 

Quando, con il passare di alcuni minuti, Derek non sembrava intenzionato a smettere di coccolare la gattina, Stiles si alzò arreso. "Vado a farmi una doccia, molto fredda," sottolineò sperando che il licantropo cambiasse idea e decidesse di impegnare il suo tempo in un modo migliore. 

Ma ciò non avvenne e Stiles lo incenerì con lo sguardo. "E tu non puoi venire," gli disse indicandolo con un dito accusatorio. 

Aveva deciso. Avrebbe combattuto il fuoco con il fuoco. Avrebbe mandato in bianco Derek per un po' a costo di dover contare unicamente sulla sua mano per i prossimi giorni. Così impara a lasciarmi così per una palletta di pelo.

 
Alla prossima~~

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Capitolo 5
*** Fair | Malec ***


04/12/2017 Day Four: 2288   

Aveva aspettato mesi, mesi, prima di trovare il coraggio e chiedere a Magnus di uscire. Era stata la sorella a dargli l'ultima spintarella e convincerlo, ormai anche lei stanca di sentirlo sempre e costantemente parlare di Magnus e di quando fosse perfetto. La fiera invernale che si teneva ogni anno al Central Park di New York era cominciata da due giorni e sarebbe durata per una settimana intera, così Alec aveva finalmente raccolto tutto il coraggio che era riuscito a trovare e aveva chiesto a Magnus di andarci insieme a lui una sera. 

I due si erano conosciuti quando Magnus, avendo perso una settimana di lezioni per via di un virus che lo aveva obbligato a stare tutto il giorno a letto malato, gli aveva chiesto in prestito gli appunti di storia e da lì avevano cominciato a parlarsi qualche volta quando si incontravano al campus oppure a salutarsi da lontano quando erano troppo impegnati. Era capitato anche che studiassero insieme per un esame o che uno desse una mano all'altro con qualche progetto. 

I due erano diventati amici da subito, nonostante la timidezza di Alec e il poco tempo libero di Magnus. 

Alec lo aveva praticamente braccato un pomeriggio all'uscita della biblioteca dell'università che entrambi frequentavano e gli aveva chiesto tutto d'un fiato un appuntamento - tanto che Magnus gli chiese ridendo di ripetere perchè non aveva capito nulla. 

E, quella sera, Alec si ritrovava a correre per le strade affollate di New York. Mezz'ora in ritardo. Tutto il traggitto dal suo appartamento al parco lo passò maledicendo Isabelle e chiedendo scusa a destra e sinistra alle persone che urtava durante la sua corsa. 

Sua sorella Isabelle, e colpevole del suo ritardo, aveva insistito affinchè scegliesse lei il suo outfit della serata. E se, in un primo momento, Alec quasi la stritolò in un abbraccio sollevato dal suo aiuto, adesso era sempre più desideroso di ucciderla con le sue stesse mani. Ci aveva messo un'ora, un'ora intera, a decidere l'outfit per poi non esserne pienamente soddisfatta e metterci altri venti minuti per cambiare il maglione. 

Aveva mandato un messaggio a Magnus appena uscito di casa in cui lo avvertiva del ritardo, più che un messaggio era una lunga lista di scuse, a cui l'altro ragazzo rispose dicendogli di non preoccuparsi e di fare con calma. 

Rallentò la corsa fino ad arrivare ad una camminata veloce non appena il parco fu dietro l'angolo, passò con gli occhi tutta la folla finchè non trovò Magnus appoggiato alla staccionata che delimitava il piccolo laghetto artificiale intento a cliccare fuorioso qualcosa sullo schermo del suo cellulare. 

Quando gli fu abbastanza vicino, lo chiamò piano e gli poggiò una mano sulla spalla sperando di non spaventarlo vista la sua distrazione. Magnus alzò lo sguardo e si aprì in un sorriso prima di mettersi dritto in piedi e mettere il telefono in tasca - Alec fece appena in tempo a vedere che il ragazzo era impegnato a giocare ad Angry Birds. 

"Mi dispiace tantissimo per il ritardo," si scusò lui subito passandosi una mano tra i capelli e sperando di non averli scompigliati troppo rovinando il lavoro di Izzy. 

"Oh, non preoccuparti Alexander," gli disse sincero Magnus. "Andiamo?" gli chiese poi facendo un cenno con il capo verso la fiera e la massa di gente che già la stava girando. 

Annuì e lo seguì facendosi largo tra le persone. Isabelle lo aveva costretto ad indossare un paio di pantaloni marrone scuro - lo aveva addirittura obbligato a farsi i risvoltini in modo che arrivassero appena sopra gli anfibi neri che aveva indossato - abbinati ad un maglione nero e la sua solita giacca in pelle. Non era troppo diverso da come si vestiva normalmente ma quel maglione non lo metteva più da secoli ormai. Lo sentiva troppo stretto attorno al corpo e, non appena lo aveva fatto notare ad Isabelle, la sorella aveva sorriso maliziosa e gli aveva spiegato che era esattamente quello il motivo per cui glielo stesse facendo indossare. La giacca di pelle gliel'aveva concessa solo perchè aveva detto che così, in caso Magnus avesse avuto freddo a fine serata, Alec avrebbe potuto fare il galantuomo e offrirgli la sua giacca senza morire di freddo. 

Magnus invece indossava un paio di pantaloni neri che lasciavano davvero poco all'immaginazione, aveva abbinato una camicia - di quella che Alec aveva ipotizzato essere seta - blu notte con dei decori in oro di cui aveva lasciato i primi bottoni aperti e aveva accessoriato il tutto con un'infinità di collane e bracciali, appena visibili viste le maniche lunghe. Alec notò anche che ogni singolo dito era accessoriato da un anello e si chiese se avessero tutti dei significati particolari o li indossasse solo per bellezza. 

Si lasciò guidare dal ragazzo oltre la calca di gente all'ingresso del parco e poi si fece condurre attraverso tutte le bancarelle che vendevano le cose più disparate. 

"Hai già mangiato?" gli chiese Alec notando un piccolo chioschetto che vendeva i cibi meno salutari che avesse mai visto. 

"No," gli disse portandosi una mano allo stomaco e sorridendo. Alec gli indicò il chiosco e scoppiò a ridere quando gli occhi di Magnus come si illuminarono nel vederlo. 

Ordinarono due sandwich e una porzione di patatine fritte da dividere, quando arrivò il momento di pagare Alec fulminò con lo sguardo Magnus non appena lo vide tastare le tasche dei pantaloni alla ricerca del portafogli. "Non ci provare," lo ammonì scuotendo la testa. "Offro io." 

Magnus cercò di protestare ma alla fine si arrese e andò a lasciare un bacio sulla guancia di Alec sussurrandogli un grazie prima di sorridere e allontanarsi. 

Mangiarono chiacchierando del più e del meno, scoprendo cose sull'altro che prima non sapevano. Cose in comune, cose invece su cui non erano d'accordo, parlarono dell'università, della famiglia e degli amici. Alec riuscì a sciogliersi sempre di più con il passare del tempo e riuscì a fare ridere Magnus più e più volte, il suono della sua risata talmente contagioso che si trovava a ridere anche lui dopo poco. 

Ripresero il giro tra le varie bancarelle non appena finirono di mangiare. Con l'avanzare della sera, sempre più gente si stava accumulando nel parco, Alec dovette prendere la mano di Magnus per non perderlo mentre passavano in mezzo ad un grande gruppo di persone che si erano fermate davanti ad una giostra che solo a guardarla faceva venire il vomito a Magnus. 

Si fece largo gentilmente tra la gente e si trascinò dietro Magnus, una volta superata la massa Alec si guardò intorno per capire cosa ancora non avessero visto e guidò l'altro ragazzo che sentì ridere leggermente mentre si lasciava trascinare. 

"Che c'è?" gli chiese Alec fermandosi e voltandosi, sorridendo di rimando all'altro. Magnus scosse la testa e si morse il labbro inferiore, fu quando un piccolo strattone arrivò al braccio di Alec che questo, abbassando lo sguardo, si accorse di non aver ancora lasciato la presa sulla mano di Magnus nonostante avessero già superato le persone e non ce ne fosse più bisogno. 

Si sentì arrossire leggermente. "Scusa," gli disse imbarazzato e fece per tirare indietro la mano ma Magnus fu più veloce e invece strinse la presa. 

"No, va bene," gli disse con un filo di voce avvicinandosi ancora di più e ancorando la mano libera al braccio del ragazzo così da essere ancora più vicini e avere ancora più contatto tra i loro corpi. "Va bene così," ripetè poi sorridendo. 

"Hai la mano congelata," gli fece notare Alec mettendoci la sua sopra così da cercare di scaldarla. "Hai freddo?" gli chiese poi. 

Magnus alzò le spalle come a non farla sembrare una cosa importante ma fu tradito da un brivido che gli corse lungo la schiena e lo fece tremare leggermente. 

Alec fu veloce a separarsi dall'altro ragazzo e a sfilarsi la giacca, ringraziando la sorella minore che ci aveva visto lungo, porgendola al ragazzo e passando poi un braccio attorno al collo di Magnus non appena questo finì di mettersi la sua giacca, senza nemmeno pensarci, stringendolo a sè così da cercare di riscaldarlo. 

Magnus sorrise e si accoccolò contro il suo fianco ricominciando il giro tra i vari venditori e le attrazioni. 

"Guarda!" gli indicò un piccolo stand dove era possibile vincere dei pupazzi colpendo le lattine con una pistola ad aria compressa. "È uguale al mio gatto," disse poi sorridendo e passando le dita tra la pelliccia morbida del pupazzo a forma di gatto dal manto per la maggior parte colorato di grigio e un collarino azzurro attorno al collo. 

Vedendo l'espressione contenta di Magnus, Alec non potè che avvicinarsi allo stand e provare a vincere quel peluche, nonostante le deboli proteste dell'altro che non era necessario, Alec gli sorrise e si posizionò dietro il bancone con la pistola ben salda fra le mani. 

Tutti gli anni di tiro con l'arco gli sarebbero tornati utili e infatti riuscì a buttare giù tutte le lattine dopo il primo tentativo. Notò come il mirino della pistola non era preciso, sicuramente fatto apposta per rendere ancora più difficile il gioco, così ricalibrò la mira e centrò tutti i suoi bersagli andandosi a guadagnare il pupazzo. 

"Ammettilo che lo hai fatto solo per mettere in risalto la tua bravura e i tuoi muscoli," gli disse Magnus ridendo e facendo un cenno al suo maglione. Quando aveva alzato la pistola al livello degli occhi, infatti, il maglione si era appiccicato al suo copro ancora di più, lasciando ben poco all'immaginazione e delineando perfettamente tutti i muscoli che aveva nei punti giusti. 

"Forse," gli rispose lui ridendo di rimando e porgendogli il suo premio che Magnus guardò per qualche istante sorridendo prima di stringerlo tra le mani contro al petto. 

Passarono qualche altra ora così, vagando per la fiera, a cui nessuno dei due ormai stava più prestando attenzione, e parlando del più e del meno, ridendo e prendendosi in giro. Anche quei pochi attimi di silenzio che si creavano tra i due dopo le risate erano rilassanti e per nulla imbarazzanti. 

Quando l'orologio segnava la mezzanotte inoltrata, Alec si offrì di accompagnare a casa Magnus visto che tanto era di strada. Davanti alla porta d'ingresso del condomino dove abitava Magnus i due si salutarono con Magnus che si slanciò per abbracciare Alec. Lui, dopo un attimo di esitazione, circondò le braccia attorno alla sua vita e sorrise. 

Una volta sui gradini e con in mano già le chiavi per aprire, Magnus si voltò dopo un respiro profondo e arpionò una mano sulla nuca dell'altro e lo tirò a sè, poggiando le sue labbra su quelle di Alec, cogliendolo di sorpresa. 

Alec ricambiò il bacio non appena il suo cervello capì cosa stesse accadendo, passando un braccio attorno alle spalle di Magnus e posando una mano sulla sua guancia fredda per tenerlo ancora lì. 

Il tragitto fino a casa sua, Alec lo passò continuando a toccarsi le labbra e a sorridere come un idiota nonostante cercasse di smetterla per non sembrare un pazzo o un drogato agli occhi della gente che gli passava accanto.  

Una volta a casa, fece giusto in tempo a farsi una doccia e infilarsi i pantaloni della tuta, ormai logori, che usava come pigiama che sentì il telefono vibrare con l'arrivo di un nuovo messaggio.


Da: Magnus
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Chairman ha apprezzato il tuo regalo ♡

Alec non potè impedirsi di sorridere alla foto del gattino di Magnus con il peluche che aveva vinto in fiera. Sentì di nuovo il cellulare vibrargli tra le mani e chiuse la foto per andare a leggere l'altro messaggio. 
 
Da: Magnus
Grazie per la serata Alexander, è stata fantastica e non mi divertivo così da troppo tempo. Sono stato davvero bene.
 

Prima che potesse rispondere sentì qualcuno bussare alla porta della sua camera. "Sì?" sussurrò appena andando ad aprire e facendo entrare la sorella che sembrava fin troppo sveglia per la tarda ora. 

Prima che potesse riempirlo di domande, Alec alzò una mano come a dirle di aspettare e rispose prima a Magnus. 

 
A: Magnus
Anche io sono stato davvero bene, grazie. Ti va di rivederci domani? So che può sembrare affrettato ma te lo chiedo adesso prima che io possa pensarci su per troppo tempo e finire con il non chiedertelo proprio. E rivoglio la mia giacca.

 
Da: Magnus
Non preoccuparti non è afrettato, te lo stavo per chiedere io hahah alle 7:30 da Taki's? E mi dispiace ma ormai è mia.

"È lui?" gli chiese Isabelle che intanto era andata a sedersi comodamente sul suo letto con le gambe incrociate e le mani impegnate a rifarsi la coda alta. 

Alec annuì e si rese conto in quel momento del sorriso che aveva sulle labbra, arruffando i capelli della sorella quando, accorgendosene anche lei, si lasciò andare un awww manco avesse visto un cucciolo di gattino provare a miagolare per la prima volta. 

Mandò veloce un messaggio di conferma per l'orario dell'appuntamento accompagnato dalla buonanotte e lasciò il cellulare sul comodino prima di stendersi sul letto accanto alla sorella che non aveva smesso un attimo di guardarlo e sorridere. 

"Allora, com'è andata?" gli chiese con uno scintillio negli occhi. Prese uno dei cuscini in più che il fratello teneva sul letto per stare più comodo e se lo strinse al petto, osservandolo con impazienza e con l'aria sognante. 

"Bene," le rispose Alec intrappolando il labbro inferiore tra i denti in modo da impedirsi di sorridere. "Domani usciamo di nuovo," la informò poi e questa emise un suono simile a quello che aveva fatto prima. 

"Sono così felice per te," gli disse chinandosi leggermente per stampargli un bacio sulla guancia. 

"Sono felice anche io," le rispose e poi la tirò per un braccio in modo da farla stendere accanto a lui e cominciò a raccontarle tutta la serata. 

 
Questa è una di quelle che preferisco tra quelle che ho scritto fino ad adesso~ a domani♡ (ho aggiunto una foto, fatemi sapere se è tutto ok o se sfasa tutto il testo e secondo voi è meglio toglierla per leggere la storia più comodamente)

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Capitolo 6
*** Biker | Sterek ***


05/12/2017 Day Five: 3458
 
"Va bene, va bene," sbuffò esasperato Stiles. "Basta che la smetti di chiedermelo," si portò una mano a massaggiarsi le tempie, era tutta la mattina che Scott - il suo migliore amico - continuava a chiedergli di andare con lui alla pista di motocross che avevano appena finito di costruire proprio al confine di Beacon Hills, nel bosco. 

"Grazie amico!" quasi urlò Scott slanciandosi sul divano per poterlo stritolare tra le braccia. "Sapevo che alla fine ti avrei convinto per sfinimento."

"Ciao ragazzi," li salutò lo sceriffo non appena entro in casa dopo il turno di mattina in centrale e trovando i due amici ancora sul divano, esattamente come li aveva lasciati quando era uscito. "Che succede?" 

"Sono finalmente riuscito a convincere Stiles ad accompagnarmi alla pista di motocross giù al bosco," disse tutto eccitato Scott e con uno scintillio negli occhi. 

"L'hanno finalmente finita?" chiese lo Sceriffo stupendo i due ragazzi che lo guardarono confuso. 

"Cosa? Stiles non puoi non aver notato la moto da cross in garage," gli fece notare il padre aggrottando le sopracciglia. "Quando ero giovane correvo anche io e ogni tanto, quando ho del tempo libero, vado a farmi un giro," gli disse alzando poi gli occhi al cielo quando Stiles sembrò cadere dalle nuvole. "Non posso credere che tu non mi abbia mai sentito," portò una mano a stropicciarsi gli occhi e sbuffò esasperato. 

"Quel catorcio? Parte ancora?" si limitò a chiedere Stiles riferendosi alla moto che sì, aveva visto in garage, ma era convinto fosse un rottame tenuto lì per un legame affettivo. 

"Ehi ragazzino," lo ammonì lo sceriffo incrociando le braccia al petto. "Quel catorcio, come lo chiami tu, ha più anni di te quindi porta rispetto," gli disse tirandogli una sberla sulla nuca. 

"Appunto, non credi sia il momento di sbarazzartene?" gli disse prima di scattare via dal divano e rifugiarsi in cucina per evitare altri schiaffi dal padre. 

"È il momento di sbarazzarmi di te," gli ulrò dietro l'uomo facendolo ridere. 

Sentì le risate di Scott e il borbottare di suo padre anche da lì e non potè impedirsi di sorridere di rimando. Aprì il frigo e prese il contenitore con l'insalata, andando ad accendere il forno per riscaldare leggermente il pollo che aveva preparato per il padre.  

"Quando andate a vederla?" chiese l'uomo mentre lo raggiungeva in cucina e prendeva posto, seguito da Scott. Lui e Stiles avevano già mangiato la pizza prima che lo sceriffo tornasse a casa. 

"Pensavamo di andare adesso," gli rispose Scott controllando poi la reazione di Stiles visto che non avevano ancora deciso quando. 

"Se mi date mezz'ora mangio, mi cambio e vengo con voi," negoziò lo sceriffo. "Così faccio vedere a quello lì," disse poi indicando il figlio con la forchetta che stava usando per mangiare l'insalata. "Che non è il momento di sbarazzarmi della mia piccolina ma di qualcun altro invece."

"Ehi!" si lamentò Stiles per come si era rivolto a lui mentre gli presentava davanti il petto di pollo riscaldato. 

 
~~~~~~~~~~
 
Per arrivare alla pista si divisero, suo padre e Scott andarono avanti in sella alle proprio moto - Stiles non perse d'occhio un attimo il padre per paura di trovarlo caduto a terra da un momento all'altro - mentre Stiles li seguiva dietro con la jeep. 

Dopo aver parcheggiato l'auto ed essersi assicurato che fosse chiusa a chiave raggiunse i due all'interno della pista. C'era un sacco di gente - Stiles era quasi convinto di non aver mai visto tutto quella gente a Beacon Hills - che aveva trovato posto e stava guardando le moto che sfrecciavano nella pista sotto di loro, vide alcune moto saltare da una dunetta e continuare il giro e notò anche qualche moto rovesciata a terra e un paio di ragazzi che zoppicavano appoggiandosi l'uno all'altro in cerca di sostegno per non cadere. 

Vide suo padre poco distante dagli spogliatoi mentre parlava con un uomo e Scott invece che guardava affascinato le moto in pista. 

Si avvicinò al padre per fargli un cenno e dirgli che era arrivato. "Oh eccolo," disse passando un braccio attorno alle spalle di Stiles. "Lui è mio figlio, Stiles," lo presentò all'uomo sorridendo. 

"Piacere, Peter," sfilò il guanto dalla mano destra e la porse a Stiles che la strinse e sorrise. 

"Conosci mio padre?" gli chiese poi spostando la sguardo dallo sceriffo al motociclista. Peter era vestito con una tuta che Stiles, nonostante la sua ignoranza in fatto di motociclette, sapeva benissimo fosse una di quelle utilizzate per proteggersi dalle cadute e reggeva un casco rosso con la mano sinistra, ancora coperta dal guanto. 

"Ci troviamo spesso per fare qualche giro," spiegò lui annuendo. "Era il mio complice al liceo," aggiunse poi ridendo e facendo ridere anche lo sceriffo. 

Stiles solo in quel momento collegò: il padre gli aveva parlato qualche volta a cena di un certo Peter, amico del liceo e con cui era rimasto in contatto. 

"C'è mio nipote che scorrazza qui intorno," disse guardandosi in giro, probabilmente alla ricerca del ragazzo. "Dovrebbe avere più o meno la tua età, venti?" chiese poi a Stiles provando ad indovinare la sua età. 

"Diciotto appena compiuti," rispose fiero di sembrare più grande della sua vera età e vide con la coda dell'occhio il padre che scuoteva la testa. 

"Voglio presentartelo," Peter si rivolse poi a suo padre. "È un portento e non lo dico solo perchè è mio nipote," aggiunse ridedo, subito mettendo le mani avanti. 

Stiles si voltò di nuovo verso Scott e lo raggiunse a qualche passo di distanza, mettendosi a guardare anche lui le moto che passavano veloci. Ne notò due che sembravano percorrere il rettilineo più veloce di tutte le altre che era passate prima e si concentrò sul quelle. Le moto erano molto simili, entrambe bianche ma mentre una aveva delle parti colorate in rosso, l'altra ce le aveva nere, il primo indossava un casco blu elettrico mentre l'altro ce lo aveva nero. Sembravano tenersi testa e non considerare gli altri motociclisti, come se stessero avendo una gara tra di loro. 

Il motociclista con il casco nero si trovò costretto a rallentare quando la curva davanti a loro era già occupata da altre due moto che viaggiavano una accanto all'altra. L'altro invece sembrò addirittura accelerare. 

Stiles strinse i pugni, pronto a distogliere lo sguardo quando la moto si sarebbe senza dubbio andata a schiantare contro le altre due. Vide la moto continuare ad accelerare superando l'altra e poi, con un movimento secco e sgommando sulla terra, il motociclista in sella riuscì a passare esattamente in mezzo alle altre due moto e curvare schizzando via, superandole. 

Stiles tirò un sospiro di sollievo mentre Scott stava esultando e applaudendo nonostante non potessero sentirlo dalla pista. In quel momento un campanello risuonò in tutta la pista e rieccheggiò per il bosco. 

"È finito il turno," gli spiegò Scott quando Stiles gli rivolse un'occhiata confusa. L'amico aveva ragione, vide infatti i motociclisti che erano in pista radunarsi tutti in unico punto e cominciare ad uscire dal circuito mentre altri, presumibilmente quelli del turno dopo, entrarono in pista e si misero in file da quattro aspettando il campanello di inizio turno.

Scott e suo padre non avevano nessun tipo di tuta o protezioni, obbligatorie per poter scendere in pista e poter correre, ma Peter li rassicurò dicendo che avrebbero potuto affittarne alcune o addirittura comprarle al piccolo negozietto che c'era all'entrata. 

Fu interrotto alla fine da due ragazzi che gli si avvicinarono sulla collinetta e che ridevano tra di loro. La ragazza, dai lunghi capelli biondi raccolti in una coda alta e disordinata, reggeva sotto un braccio il casco nero e aveva la tuta leggermente aperta sul davanti in modo da lasciar passare l'aria. 

Il ragazzo invece faceva saltare il casco blu da una mano all'altra, la parte superiore della tuta grigia era aperta e lasciata cadere intorno a la vita lasciandogli le braccia scoperte e il busto coperto dalla maglietta blu che indossava. 

La ragazza si fermò di colpo e lanciò un'occhiataccia all'altro che continuava a camminare nella loro direzione, la bionda scosse la testa con l'aria offesa e lo raggiunse tirandogli un pugno sul braccio - che però ebbe l'unico risultato di far ridere ancora più forte quello. 

"Eccolo," disse felice Peter che andò a passare un braccio attorno alle spalle del ragazzo prima di fare una faccia disgustata e levarlo subito. Probabilmente era tutto sudato e la sensazione con la pelle asciutta di Peter non doveva essere delle migliori. "Questo è mio nipote, Derek Hale, e questa è Erica, una sua amica," li presentò entrambi con uno scintillio negli occhi che non passò inosservato allo sceriffo o al figlio. 

Stiles in quel momento collegò: Derek e Erica altro non erano che i due motociclisti che aveva visto poco fa, Erica era quella che aveva rallentato arrivando alla curva già occupata e Derek invece era quello che aveva accelerato ed era sgommato via, superandoli. 

"Amico, sei stato fantastico prima," sentì Scott dire a Derek, anche lui aveva collagato. 

"Grazie," sorrise il ragazzo. "Non tutti avrebbero avuto lo stesso coraggio," disse poi beccandosi un altro schiaffo da Erica che lo insultò a voce bassa. Stiles sorrise, Derek non si stava vantando di ciò che aveva fatto ma stava semplicemente prendendo in giro la ragazza. 

Mentre chiacchieravano della gara, furono interrotti da un ragazzo di colore che si avvicinò al gruppo con in mano una bottiglietta d'acqua e un piccolo sorriso sul volto mentre la passava ad Erica. La ragazza si girò verso il nuovo arrivato ringraziandolo e lo salutò felice, allacciandogli le braccia al collo e lasciandogli un bacio sulle labbra. 

"Oh grazie Boyd," disse ironico Derek quando vide una sola bottiglietta d'acqua, ovviamente per la sua ragazza e non per l'amico. 

Stiles si trovò, senza nemmeno accorgersene o volerlo, come a tirare un sospiro di sollievo nel vedere che Derek e Erica non erano una coppia. Scosse la testa per togliersi quel pensiero e quella sensazione dal corpo. Cercando di pensare ad altro si ricordò che aveva promesso a Lydia di andare a casa sua e finire il progetto di chimica dove erano compagni di laboratorio. 

"Scusate, devo andare," disse veloce cercando di non interrompere la conversazione. "Cercate di non ammazzarvi," li pregò passando lo sguardo prima sul padre e poi su Scott. "Ci vediamo a casa stasera," li salutò poi, ricevendo anche un sorriso da Derek e uno da Erica. 

Per tutto il pomeriggio era stato il primo a tornargli in mente facendolo sorridere di rimando. 

Con il sole ancora alto vista la stagione, l'orologio puntava le cinque del pomeriggio quando il suo cellulare, abbandonato sulla tavola della cucina poco lontano dai suoi appunti e quelli di Lydia, vibrò avvertendolo di un nuovo messaggio. 

Da: Papà♡
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Qualcuno che apprezza il mio "catorcio" c'è, fyi.
 
A: Papà♡ 
Deve essere cieco allora. 

Sbuffò una risata e tornò a concentrarsi sul lavoro mentre Lydia si alzava per prendere qualche snack. Appena tornò al suo posto davanti a Stiles, il ragazzo le girò il telefono facendole vedere la conversazione con il padre. 

Questa ridacchiò e poi si avvicinò il telefono ancora di più, appiccicandolo al naso e con gli occhi scrutatori. Dopo una serie di commenti sull'aspetto fin troppo perfetto di Derek, gli lo ripassò e Stiles si trovò ad essere d'accordo con lei in ogni singolo complimento che la rossa aveva fatto. 

Nemmeno mezz'ora dopo, il cellulare vibrò di nuovo e stavolta fu più veloce Lydia che lo prese e andò a leggere il messaggio senza badare troppo alle lamentele del ragazzo. 

Da: Scottieboy
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Io glielo avevo detto che la moto di tuo padre era troppo ingestibile e pesante per fare i salti alti ma lui non mi ha voluto dare retta.
 


"Oh oh," esalò la ragazza facendo preoccupare Stiles. 

"Oh oh? Oh oh in senso buono o oh oh è morto qualcuno?" cominciò a chiedere tutto d'un fiato, agitandosi. 

Lydia gli passò il telefono e vide gli occhi di Stiles spalancarsi. "Oh mio Dio," si portò una mano a stropicciarsi gli occhi. "Lo sapevo che quella moto avrebbe ucciso qualcuno prima o poi," disse scuotendo la testa. "Se uno come Derek è caduto non oso immaginare cosa possa succedere a mio padre che non è nemmeno vicino ad essere un professionista."

"Non è morto nessuno, e poi così hai la scusa per tornare lì e fargli da infermierina," Lydia alzò entrambe le sopracciglia e gli fece l'occhiolino. 

"Lydia!" si lamentò lui lanciandole una penna che la colpì in piena faccia. 


~~~~~~~~~~

Parcheggiò la Jeep nello stesso punto in cui la lasciò dopo pranzo. Alla fine si era deciso a tornare alla pista appena finito di studiare con Lydia per assicurarsi che nessun altro si fosse fatto del male. E ok, forse sperava di riuscire a fare da infermierina a Derek. 

Arrivò in tempo per un ultimo giro prima che il campanello suonò e riconobbe la moto del padre e quella di Scott rincorrersi prima di uscire e lasciare spazio agli altri. 

Individuò Derek seduto per terra con lo zio accanto che chiacchieravano, Derek reggeva un sacchetto con dentro quello che sembrava ghiaccio contro la caviglia. 

Si avvicinò ai due cercando di non spaventarli. "Ehi, tutto bene? Scott mi ha avvertito," mosse una mano nella direzione della caviglia del ragazzo che capì subito. 

"Stiles, giusto?" chiese questo sorridendo quando Stoles annuì. "Tutto bene, niente di grave, domani sarò come nuovo," gli spiegò poi. 

"Mi dispiace un sacco, gliel'ho sempre detto che quel catorcio era da buttare ormai," Stiles si grattò imbarazzato la nuca e si guardò i piedi. 

"Stai scherzando? Era una delle moto migliori ai suoi tempi," Stiles alzò di scatto la testa e lo guardò male, gli sembrava di sentire suo padre. Peter scoppiò a ridere e si alzò vedendo che lo sceriffo e Scott avevano finito, li avevano raggiunti e stavano ascoltando la conversazione. 

"Appunto, ai suoi tempi, ormai è vecc--"

"È inutile Derek," fece suo padre scuotendo la testa, il casco ben saldo tra le mani e con addosso una tuta che Stiles non aveva mai visto. Probabilmente era una di quelle che il negozio suggerito da Peter affitava. "Sono anni che cerco di farglielo capire, ma lui niente." 

"Non ha preso la passione per le moto da te?" chiese Peter spostandosi i capelli biondicci dalla fronte. Lo sceriffo scosse la testa e sospirò sconfitto. 

"Oh scusa tanto se ci tengo a te e non voglio vederti morto schiacciato sotto un catorcio," incrociò le braccia al petto e si ostinò a chiamarla in quel modo, magari primo o poi il padre avrebbe capito e l'avrebbe buttata. "Derek è la prova che è pericolosa," disse poi indicando il ragazzo che si era alzato ma cercava di non appoggiare il peso sul piede dolorante. 

"Ehi, non mettermi in mezzo, sono stato stupido io," si giustificò ridedno lui. Era come se avessero creato un gruppo segreto in difesa di quella moto e contro di lui. 

"E poi, nonostante la caduta, la moto è rimasta intatta," gli disse poi Scott, anche lui membro del gruppo a quanto pare 

"Oh certo, quindi state cercando di convincermi che non siano pericolose solo perchè la moto è intatta? E la sua caviglia allora?" alzò le braccia al cielo esasperato, possibile che era l'unico a vedere il pericolo? 

"Ti ho detto che è stata colpa mia," gli ripetè Derek tra le risate degli altri, testimoni della sua caduta. "Torna domani e vedrai con i tuoi stessi occhi che non mi farà più male," gli disse mentre lo sceriffo annuiva convinto. "E magari ti faccio anche vedere che, se riesci a controllarle, le moto non sono poi così pericolose," offrì alzando le spalle come se fosse una cosa da nulla. 

 
~~~~~~~~~~

Il giorno dopo, una domenica, Stiles aveva di nuovo accompagnato suo padre e il suo migliore amico alla pista, fermandosi poi sulla collinetta a guardarli correre - sospirando di sollievo ogni volta che uno dei due usciva intatto dopo una curva o un sorpasso. 

Derek arrivò qualche ora dopo, perfettamente stabile su entrambi i piedi e con due caschi in mano. Aspetta, due

"Perchè hai due caschi? È di Erica l'altro? La caviglia?" chiese sentendo l'agitazione salire. 

"Non è di Erica e non mi fa nemmeno più male," rispose lui lanciandogli uno dei caschi, quello bianco mentre quello blu lo tenne lui. "È per te," gli spiegò poi mentre Stiles cercava in tutti i modi di prenderlo al volo e non farselo scivolare della mani. 

"Andiamo," gli disse poi facendo un cenno alle sue spalle con la mano. 

"Sei pazzo? Non mi muovo da qui," minacciò poi e Derek rise. 

"Andiamo, ho promesso che ti avrei fatto cambiare idea sulle moto," lo prese per una mano e se lo trascinò dietro ignorando le sue lamentele. "E poi ho fatto una scommessa con Scott, lui dice che non duri più di cinque minuti, io invece dico dieci," disse voltandosi indietro e Stiles sicuramente si doveva essere immaginato l'occhiolino che Derek gli fece. 

Arrivarono in un largo spiazzo deserto dove Stiles riconobbe subito la moto di Derek parcheggiata affianco ad un'altra rossa che Stiles non aveva mai visto. 

Derek gli fece cenno di salire sulla sua mentre lui si avvicinava alla rossa. Stiles incrociò le braccia al petto irremovibile sulla sua decisione di non salire e rischiare l'osso del collo. 

Derek alzò gli occhi al cielo ma sorrise comunque. "Sali, ti faccio vedere come partire e il primo giro lo faccio con te," lo informò e Stiles assottigliò lo sguardo non credendo all'ultima parte di frase visto che, come era fisicamente possibile fare un giro insieme su una moto?

Fece mettere il casco a Stiles - che intanto si era arreso, aveva capito che non poteva vincere contro Derek - e lo aiutò a salire, reggendo la moto stabile dal manubrio in modo che non cadesse. Spiegò al ragazzo impaurito come accenderla e la moto prese vita sotto di lui. Gli spiegò le varie marce e le cose base da sapere, come quello che insegneresti ad un bambino che va in bici per la prima volta. 

Poi slaciò una gamba e salì anche lui, dietro Stiles e premendo il petto contro la sua schiena. La moto traballò leggermente all'azione Stiles quasi urlò chiudendo gli occhi e aspettando l'impatto con il suolo. 

"Rilassati," gli disse Derek e Stiles fece l'esatto opposto. Come poteva rilassarsi seduto su un qualcosa di poco stabile e con Derek premuto addosso?

Lo sentì ridacchiare e poi appoggiare la mani sulle sue sopra al manubrio, con un movimento del polso destro girò e la moto schizzò in avanti. 

Stiles aprì gli occhi solo nel momento in cui sentì di muoversi ad una velocità regolare. Abbassò lo sguardo e vide la terra dello spiazzo correre veloce sotto di loro, sentì poi Derek spostarsi dietro di lui e la moto si inclinò leggermente a destra. Si lasciò sfuggire un gridolino e poi deglutì rumorosamente quando capì che il movimento serviva per curvare. 

Dopo un giro completo sentì Derek cominciare a frenare e d'istinto poggiò i piedi per terra quando la moto si fermò, così da non cadere. 

"Visto? Non è poi così male," gli disse Derek alzando la voce per farsi sentire oltre al rumore del motore della moto e al casco. 

Stiles scosse la testa, d'accordo con l'altro. Odiava ammetterlo ma non era davvero così male. "Adesso?" gli chiese Stiles quando lo vide salire sull'altra moto e accenderla. 

"Adesso vai da solo, io starò davanti così potrai vedere ciò che faccio e copiare," gli spiegò Derek partendo e andando piano in modo da aspettare l'altro. 

Non era difficile controllarla. Avere Derek davanti che gli faceva vedere cosa fare era un grosso aiuto ma dopo qualche giro si sentì abbastanza sicuro da poter continuare anche da solo. 

Derek gli fece un cenno con la mano e rallentò, fermandosi poi completamente. Si tolse il casco mentre Stiles si fermava accanto a lui, alzando la visiera del suo.

"Sono passati i cinque minuti," lo informò Derek. "Ho vinto la scommessa, puoi anche scendere adesso se hai ancora paura," gli spiegò poi poggiando la mano libera sul manubrio in modo da tenere ferma la moto e aiutarlo a scendere. 

Stiles scosse la testa, abbassò la visiera del casco e partì, aumentando addirittira leggermente la velocità rispetto alla volta precendete e sfidandolo. 

Quando, dopo qualche minuto, tornò a fermarsi imitato subito da Derek scese dalla moto e si tolse il casco, spettinandosi i capelli che si erano schiacciati per via delle pressione. 

Derek fece lo stesso solo che, a differenza di Stiles che probabilmente sembrava essersi appena svegliato, lui sembrava un modello.

Stiles prese la mano di Derek e andò a guardare l'orologio. "Dieci minuti ed un secondo esatti," gli disse poi avvicinandosi pericolosamente. "Ho vinto io quindi," gli sussurrò ad un orecchio dopo avergli passato il casco che aveva utilizzato. 

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Capitolo 7
*** Cooking Skills | Malec ***


06/12/2017 Day Six: 680
 
Alec si svegliò non appena sentì il Presidente Meow grattare con gli artigli affilati sulla porta chiusa della camera da letto di Magnus, probabilmente aveva fame e aveva deciso di palesare la sua richiesta di cibo svegliandoli. 

Alec grungì leggermente e si girò dall'altro lato con un po' di difficoltà visto il braccio di Magnus che lo teneva ancorato al letto. Aprì gli occhi e si voltò verso l'altro giusto in tempo per vederlo schioccare le dita senza nemmeno aprire gli occhi ed emettere un verso di lamento. 

Il rumore che stava facendo il gatto fuori dalla porta cessò e Alec capì che, con quello schiocco di dita, Magnus aveva riempito la sua ciotolina di cibo. Sorrise alla pigrizia del fidanzato ma non poteva di certo biasimarlo, non avevano esattamente passato tutta la notte a parlare e quindi era normale che fosse stanco. 

Si avvicinò leggermente per lasciargli un bacio a fior di labbra prima di alzarsi dal letto e infilarsi i pantaloni della tuta che trovò per terra. Magnus emise un verso contento al bacio ma poi tornò a lamentarsi quando lo sentì lasciare il letto, allungando le braccia per cercare di trattenerlo accanto a sè. 

Alec ridacchiò e riuscì a divincolarsi dalla presa del ragazzo che non sembrava avere la minima intenzione di alzarsi o aprire gli occhi. Si grattò la nuca e sbadigliò contro l'altra mano, uscendo dalla stanza e dirigendosi in cucina. 

Nel traggitto lanciò un'occhiata al balcone e vide la coda del Presidente che ondeggiava a destra e a sinistra mentre questo mangiava dalla sua ciotolina verde. 

Versò il caffè in polvere nella macchinetta e la fece partire, fortunatamente non faceva tutto quel chiasso che faceva quella dell'istituto e almeno così era sicuro di non disturbare Magnus mentre ancora dormiva. Aprì il cassetto affianco al frigo e prese una padella dai bordi bassi, versò in una ciotola tutti gli ingredienti per fare l'impasto dei pancakes e cominciò a mescolare il composto. 

Mise un filo d'olio nella padella e la poggiò sul fuoco, accendendolo e attendendo qualche secondo prima che si scaldasse. Finì di versare un po' dell'impasto nella padella quando la macchinetta del caffè risuonò con un lieve beep avvertendolo che il caffè era pronto. 

Con tutto l'impasto che aveva preparato alla fine si ritrovò con una decina di pancakes, prese due tazze dalla credenza sopra la sua testa e ci versò il caffè bollente dentro, facendo poi attenzione a non rovesciarne nemmeno una goccia mentre le appoggiava sulla tavola. 

Prese il vassoio con i pancakes e poi prese due piatti in cui dividerli. Girandosi, sussultò leggermente nel vedere Magnus seduto al suo solito posto a tavola che lo guardava sorridendo, il mento appoggiato al palmo della mano aperta mentre nell'altra stringeva la tazza di caffè. 

"Buongiorno," lo salutò Magnus soffiando sul liquido bollente dentro la tazza. 

"Ehi," ricambiò lui facendo il giro per lasciare un piatto davanti al ragazzo e poi posizionare il suo nel posto accanto, il vassoio messo al centro e lo sciroppo al cioccolato già aperto. 

Magnus ancorò una gamba sopra quella di Alec e gli si avvicinò ancora di più spostando la sedia fino a quando non rimasero che pochi centimetri tra loro. 

Dopo aver affogato il primo pancake nello sciroppo, Magnus ne tagliò un pezzo per assaggiarlo sotto lo sguardo ansioso di Alec. "Sono buonissimi," guidicò poi tagliandone un altro pezzo, stavolta più grande. 

Alec sorrise felice al complimento. "Quando cresci con Izzy devi per forza imparare a cucinare," gli spiegò facendo ridere e poi tremare al ricordo di quando Isabelle lo aveva convinto che assaggiare la zuppa che aveva appena preparato non lo avrebbe ucciso. Ucciso no, ma la nausea gli era durata ore e nemmeno la magia o i grattini di Alec erano riusciti ad aiutarlo. 

"Grazie," Magnus finì l'ultimo pancake e si appoggiò alla spalla di Alec, massaggiandosi la pancia piena con una mano mentre con l'altra ancora teneva la tazza bianca ormai quasi vuota.

"Ti amo," gli disse di tutta risposta Alec lasciandogli un bacio veloce sulle labbra, condividendo il sapore di cioccolata e caffè. 

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Capitolo 8
*** First Snow Ever | Sterek ***


07/12/2017 Day Seven: 1775

Stiles si svegliò quando un altro brivido gli corse lungo la schiena. Si alzò le coperte fino a farle arrivare sopra la testa e cercò di raggomitolarsi il più possibile alla ricerca di calore. 

Grugnì e affodò la testa di più sul cuscino quando ogni suo tentativo di trovare calore sembrava essere vano. 

"Papà!" urlò con la voce ancora impastata dal sonno. Non sapeva nemmeno se lo sceriffo fosse in casa o no ma, essendo domenica, le possibilità che non fosse a lavoro erano più alte. 

"Stilinski!" urlò di nuovo e, quando sentì suo padre rispondere e salire le scale velocemente, aggiunse. "Cos'hai fatto ai riscaldamenti? Si congela," si lamentò sfregando le mani tra di loro sotto le coperte per farle scaldare. 

Il padre entrò nella stanza del ragazzo e spostò le tende dalla finestra facendo entrare la luce completamente, Stiles serrò gli occhi per difenderli dalla luce troppo forte. 

"I riscaldamenti sono a posto, sta nevicando," gli spiegò il padre girandosi per guardarlo con in mano una tazza fumante di caffè. 

Stiles aprì di scatto gli occhi ma dovette subito richiuderli, accecato. "Sta nevicando? Sta nevicando a Beacon Hills?" 

"Ha nevicato tutta la notte e sta continuando anche adesso, e tutto bianco fuori," lo informò il padre e Stiles poteva chiaramente percepire la felicità nello sceriffo. 

Si passò una mano sugli occhi e li aprì di nuovo, sbattendoli velocemente e cercando di abituarsi alla luce. Raggiunse il padre cercando di evitare - ma fallendo miseramente - di cadere e si affacciò alla finestra. 

Tutto il loro giardino era coperto da uno strato di neve candita e all'apparenza soffice. Stiles non ricordava nemmeno l'ultima volta in cui l'aveva vista o se l'avesse effettivamente mai vista a Beacon Hills. 

Prese il cellulare dal comodino accanto al letto dopo averlo staccato dal caricabatterie e lo accese, pronto per scattare una foto allo scenario natalizio che aveva sotto casa. 

Alzò entrambe le sopracciglia quando, non appena il cellulare prese vita, cominciò a vibrare a ripetizione con tutte le notifiche che arrivarono come un fiume in piena. 

Aveva diverse chiamate perse da Scott che a quanto pare era completamente impazzito - ben ventiquattro nell'arco di mezz'ora - e qualche suo messaggio che però ignorò quando notò le altre chiamate perse da Derek e tre suoi messaggi mandati a distanza di qualche secondo l'uno dall'altro: 

 
Da: Der♡ [10:34]
Se non mi richiami tra cinque minuti esatti per farmi sapere che sei ancora vivo, sfondo nel tuo salotto 

Da: Der♡ [10:34]
Senza passare dalla porta
 
Da: Der♡ [10:34]
Con la Camaro 

Guardò l'orologio digitale nello schermo del telefono e imprecò a bassa voce. Segnava le 10:38. Acchiappò al volo la felpa che teneva sulla sedia della scrivania e se la mise sopra al pigiama prima di volare giù dalle scale mentre suo padre lo chiamava e chiedeva cosa stesse succedendo. 

Per poco non inciampava sull'ultimo gradino della scala per la fretta di scendere e uscire sul portico di casa. Fece proprio in tempo ad uscire che l'auto di Derek svoltò sul suo vialetto e non sembrava intenzionato a rallentare. 

Stiles alzò le mani e le sventolò per aria, attirando l'attenzione di Derek per fargli vedere che era ancora vivo e non gli era successo nulla. Questo fermò l'auto al suo solito posto e scese guardandolo male. "Perchè non hai risposto al telefono?" gli chiese subito senza nemmeno salutarlo. 

"Buongiorno anche a te, stavo dormendo," disse facendosi da parte per farlo entrare in casa. "Saresti davvero entrato nel mio salotto con la Camaro?" chiese un po' allarmato, dopo tutto lo aveva visto rallentare solo quando aveva notato Stiles sulla porta. 

"Oh ciao, Derek," lo salutò il padre che intanto era sceso al piano di sotto per vedere cosa stesse succedendo e perchè il figlio era corso via in quel modo. "Non lo avrebbe mai fatto," rispose poi lui al posto del lupo. 

Stiles gli sorrise. "Certo che non lo avrebbe fatto, avrei potuto esserci io in salotto e di certo non avrebbe voluto farmi del male." 

"No figliolo," gli disse lo sceriffo poggiandogli una mano sulla spalla. "Non lo avrebbe fatto perchè tiene troppo alla sua macchina per distruggerla in quel modo," spiegò poi ricevendo un cinque da Derek che soppresse una risata con un colpo di tosse. 

Stiles incrociò le braccia al petto, offeso, e ci vollero ben cinque minuti di scuse da parte di entrambi per farlo tornare normale. 

"Allora, ti dai una mossa?" lo esortò Derek alzando entrambe le sopracciglia e guardando l'orologio sul display del cellulare. 

"Eh? Una mossa? A fare?" chiese confuso il ragazzo girandosi verso il padre in cerca di risposte. Questo fece spallucce non sapendo a cosa Derek si stesse riferendo e li salutò ritirandosi in cucina, finendo la sua tazza di caffè mentre leggeva il giornale. Avrebbe dovuto essere in centrale prima di mezzogiorno per finire alcuni report quindi si prese il suo tempo e si rilassò. 

"Scott non te l'ha detto?" chiese e in quel momento Stiles si rese conto di non aver letto i messaggi dell'amico per leggere subito quelli di Derek e correre giù. Si grattò la nuca e scosse la testa al maggiore che sbuffò. "C'è una runione al bosco, sono tutti già lì e aspettano solo noi." 

"Oh ok, dammi cinque minuti per prepararmi," disse correndo al piano di sopra per lavarsi velocemente e cambiarsi dal pigiama. 

Come promesso, dopo cinque minuti era di nuovo giù, lavato e cambiato. Salutò il padre, che intanto si era alzato e si stava mettendo la giacca per uscire anche lui e andare in centrale per cominciare il turno, e seguì Derek fuori. 

Si strinse ancora di più la sciarpa attorno al collo e Derek sorrise al gesto, lui ovviamente non ne aveva bisogno. 

Si girò verso il minore e gli tirò leggermente il cappellino blu che aveva messo, in modo da coprirgli bene le orecchie. Tenne poi le mani appoggiate alle sua guance e lo tirò a sè, lasciandogli un bacio caldo sulle labbra. 

"Ehi," gli sussurrò Stiles che si sciolse al gesto dolce, nonostante il freddo. 

Arrivarono al bosco dopo una decina di minuti e trovarono tutti già riuniti. C'era un piccolo spiazzo libero da alberi esattamente al centro del bosco ed era lì che si ritrovavano spesso per allenarsi o per le riunioni. 

"Sul serio?" chiese Stiles sbuffando un risata ma quando non ricevette risposta, si voltò e si ritrovò davanti un Derek completamente trasformato, esattamente come gli altri lupi che aveva davanti. 

Derek aveva passato mesi e mesi ad insegnare agli altri del branco come trasformarsi completamente, Isaac era quello che ci aveva messo di più a trovare ciò che lo facesse trasformare, Boyd invece era stato il primo. 

Erica era elegante e sinuosa, dal manto dorato e in alcuni punti marroncino chiaro, simile al colore che avevano Jackson e Isaac. Boyd era invece un marrone cioccolato intenso, più chiaro del nero pece di Derek ma un po' più scuro di quello di Cora. Scott era esile ma agile, anche lui di un marrone scuro. Peter era forse il più grande, dopo Derek, Stiles lo aveva visto pochissime volte completamente trasformato ma ormai aveva imparato a riconoscerli tutti. 

Stiles li vide rincorrersi tra di loro, Erica che cercava di sfuggire a Boyd e Jackson che la rincorreva in cerchio, Isaac invece che si rotolava sulla neve sotto il peso di Scott che cercava di mordelo giocosamente, Cora era nascosta sotto una montagnetta di neve e sembrava scrutare la situazione come ad aspettare il momento migliore per attaccare. Peter era seduto fiero vicino alle due ragazze, Allison e Lydia, sedute su una copertina in plaid che guardavano gli altri giocare e parlottavano. 

Non appena vide Derek, Isaac scattò dritto su tutte e quattro le zampe togliendosi Scott di dosso e correndo verso il capo branco, scattando a destra e sinistra prima di trottare via mentre Derek lo rincorreva. 

Stiles sorrise scuotendo la testa di nuovo e si avvicinò alle uniche due in forma umana, ovviamente, lasciandosi cedere a sedere sulla coperta blu. 

Con un cenno salutò Peter - il lupo abbassò il muso ricambiando il saluto e tornò a guardare gli altri - notando che anche lui aveva il pelo bagnaticcio e ancora aveva qualche traccia di neve incastrata qua e là, prima di voltarsi verso le ragazze a chiacchierare. 

Alle loro orecchie arrivava un miscuglio di tonfi sordi, ululati bassi e ringhi. "Guardateli, sembrano dei cani," fece notare Lydia facendo ridere gli altri due. 

In effetti, più che sembrare minacciosi lupi cattivi, in quel momento sembravano più un branco di cani che per la prima volta vede la neve e passa ore a giocarci. Cosa poi non molto distante dalla verità, in realtà. 

Stiles piegò le ginocchia e se le portò al petto, circondandole con le braccia e raggomitolandosi in cerca di più calore. Poggiò il mento sulle braccia incrociate e guardò i lupi giocare spensierati. 

Come a sentire gli occhi su di sè, vide Derek alzare il muso da dove era sotterrato dalla neve e cercare il suo sguardo, dimenticandosi di Isaac e rimettendosi dritto per trotterellare verso il ragazzo seduto. 

Si fermò a qualche metro di distanza per scrollarsi la neve di dosso prima di raggiungerlo e sedersi al suo fianco, appoggiando il muso freddo alle sua braccia e vicino al suo viso. 

"Sei fradicio," gli fece notare Stiles ridendo mentre passava una mano su tutto il manto nero del lupo. Con l'altra mano andò a togliergli qualche fiocco di neve rimasto intrappolato vicino ad un orecchio e poi gli arruffò il pelo. 

Allison una volta aveva chiesto a lui e a Lydia se avessero mai avuto il desiderio di potersi trasformare in lupi come gli altri e giocare spensierati, lo aveva chiesto mentre erano seduti sulle panchine del campo di lacrosse della scuola e guardavano i lupi rincorrersi per tutto il campo, una delle prime volte in cui tutti riuscirono a trasformarsi. 

Stiles aveva scosso la testa, contento nel vederli così, senza preoccupazioni, e nel vederli poter essere loro stessi senza problemi, Lydia aveva notato un punta di invidia nel tono dell'amica e le aveva fatto subito un elenco di tutte le cose scomode che comportava la trasformazione - il tornare umani ritrovandosi completamente nudi tra queste. 

Stiles affondò il viso nel collo del lupo, fregandosene della sensazione di bagnato. Non aveva bisogno di diventare un lupo per essere felice, gli bastava vedere Derek, vedere i suoi amici, liberarsi delle preoccupazioni ed essere felici, al sicuro, anche solo per quella mezz'ora che avevano di tempo libero e in cui potevano correre, rincorrersi e giocare senza badare al mondo fuori. 

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Capitolo 9
*** Wake Up | Malec ***


08/12/2017 Day Eight: 1259
Tenetevi perchè quella di oggi è inutile e senza senso AHAHAH

L'alito infuocato del drago da cui si stava riparando dietro ad un masso gli scaldò la pelle ma non lo sfiorò nemmeno. Passò la stele sulla sua pelle disegnando una runa della precisione che si illuminò per qualche secondo prima di diventare nera. 

Il suo arco era ben saldo tra le sue mani e la faretra con le frecce aveva disegnato sopra diverse rune dell'abbondanza in modo da non finire le frecce sul più bello. 

Si sporse leggermente dalla sua posizione nascosta per valutare bene la situazione. Il drago sembrava troppo impegnato a bruciare qualsiasi cosa avesse davanti agli occhi per accorgersi di lui, sembrava averlo perso di vista addirittura visto che era girato da tutt'altra parte. 

Guardandosi intorno, Alec notò un piccolo ammasso di rocce che formavano una specie di semicerchio e che giravano attorno al drago. 

Attivando la runa della velocità, e subito dopo quella del silenzio che si trovava poco sotto, si spostò rapidamente da una roccia all'altra, rimanendo sempre nascosto e non facendo alcun rumore. In pochi secondi si trovò nascosto dietro l'ultima roccia del semicerchio, quella posizionata esattamente dietro al drago. La coda della bestia oscillava a destra e sinistra pesante e distruggeva tutto ciò che incontrava nella sua traiettoria. 

Con un saltò arrivò sulla coda e, grazie all'equilibrio migliorato, riuscì a non cadere nonostante i movimenti repentini. La risalì tutta e si trovò sulla schiena del drago che nemmeno si accorse di lui, la sua pelle troppo dura per sentire anche solo il peso di Alec. Con un altro salto atterrò sulla sua testa, evitando accuratamente le due corna appena sotto le orecchie in modo da non ferirsi. 

In un attimo l'arco sparì dalla sua mano e si rimaterializzò sulla sua spalla, andò a prendere una spada dalla fondina che aveva ancorata alla coscia e questa si illuminò di un bianco splendente quando entrò in contatto con la mano del Nephilim. 

Si posizionò per conficcare la spada esattamente in mezzo agli occhi blu del drago e fece un respiro profondo per rimanere in equilibrio e non sbagl-- 

"Alexander? Alexander la sveglia," sentì una voce in lontananza ma era come se gli giungesse alle orecchie ovattata, come se coperta da qualcosa. 

Si guardò intorno ma non vide nessuno e il drago, con un movimento secco della testa, lo fece capitolare giù. Cercò di aggrapparsi a qualsiasi cosa potesse raggiungere ma non trattenne nulla e si ritrovò a cadere senza la possibilità di salvarsi. 

Una mano gli andò a stringere il bicipite e si trovò a sussultare, scattando a sedere sul letto. Con un'occhiata in giro si rese conto di essere nella camera di Magnus, ricollegò subito la voce di poco prima a lui e adesso che era sveglio poteva sentire il trillo del suo cellulare che lo avvertiva che era arrivata l'ora su cui aveva puntato la sveglia il giorno prima. 

Raccolse il cellulare - che era finito sotto al letto non si sa nemmeno come - e spense la sveglia voltandosi poi verso Magnus. L'uomo era coperto per metà dal lenzuolo di seta e aveva la testa seppellita sotto al cuscino, come a volerlo usare da scudo contro il rumore. Ed ecco spiegato perchè, nel sogno, gli sembrava che la voce fosse ovattata.

Alec ridacchiò e si stropicciò gli occhi, ancora stanco. Il solo pensiero di dover lasciare il caldo del letto, della stanza, per vestirsi e poi dover uscire nel freddo pungente della Brooklyn delle cinque del mattino e prendere un'aereo, gli faceva venire voglia di piangere. Se poi ci aggiungeva anche il fattore che non avrebbe visto Magnus per una settimana intera lo avrebbe ucciso del tutto. Una settimana intera, andiamo!

Si chinò verso Magnus e lo liberò dalla sua stessa prigione, lanciando il cuscino per terra e lasciandogli un bacio sulla nuca. "Buongiorno," lo salutò e si fece male fisico a tenere gli occhi aperti quando tutto ciò che voleva fare in quel momento era tornare sotto le coperte e accoccolarsi contro il calore dell'altro ragazzo. 

"È troppo presto per essere un buongiorno," gli fece notare questo sbuffando ma mettendosi comunque a sedere sul letto e sbaragliando. 

"Non dirlo," piagnucolò Alec. "Se non lo dici non è vero," Magnus non potè che sbuffare una risata alla logica da bambino di Alec, ma lo assecondò comunque e si sporse sul letto, circondandogli le braccia attorno ai fianchi, tenedolo fermo al letto. 

"Devi andare per forza?" gli chiese, la voce ovattata da dove stava parlando contro il suo fianco. 

"Sì, lo sai," gli disse sospirando e arruffandogli i capelli prima di liberarsi e raccattare i suoi vestiti da dove erano sparsi per tutta la camera. 

Prese la giacca di pelle adagiata sulla piccola poltrona in un angolo della camera e la adagiò sul letto, sedendosi poi per mettersi le scarpe. 

"Sai che potrei aprirti un portale direttamente dentro l'istituto di Alicante, vero?" gli ricordò Magnus passandogli una mano tra i capelli in un vano tentativo di renderli decenti e appiattirli. 

"Mags, sto andando lì per discutere di un eventuale accordo e pace con i Nascosti, non penso sia il caso di spaventarli così subito," gli disse sorridendo al tentativo di rendergli la mattinata più leggera. 

"Posso teleportarti in un vicoletto vicino all'istituto?" provò di nuovo alzando le spalle. 

"Tutto il territorio è controllato, se ne accorgerebbero e lo prenderebbero come un inganno," gli fece notare cercando l'altro calzino nero. 

Lo trovò nascosto sotto uno stivale di Magnus e quando si sporse sul letto per andare a recuperarlo questo si mosse, come se fosse vivo, e si spostò fuori dalla sua portata. 

Alec si voltò verso Magnus che lo guardava divertito. "Davvero?" gli chiese per niente divertito dal comportamento infantile dell'altro. 

Questo di tutta risposta alzò le spalle con fare innocente ma continuò a spostare l'indumento quando Alec riprovò ad acciuffarlo. "Magnus!" lo rimproverò ma non riuscì più a trattenere le risate. 

"Ok ok," si arrese alzando gli occhi al cielo ma sorridendo lo stesso quando Alec lo ringraziò, esultando mentre stringeva tra le dota il calzino. 

"Quanto starai via?" gli chiese Magnus comprendo un altro sbadiglio con una mano. 

"Una settimana," lo informò Alec mettendosi la giacca e guardando veloce il telefono per controllare l'ora. Aveva esattamente un quarto d'ora prima di essere ufficialmente in ritardo, sua madre sicuramente lo stava già aspettando in aeroporto insieme a Jace e Isabelle e lui davvero non aveva la minima intenzione di farla arrabbiare arrivando tardi. 

"Il Presidente sentirà la tua mancanza," gli disse Magnus alzandosi dal letto e mettendosi una vestaglia di seta che nemmeno perse tempo ad allacciare in vita. Lo accompagnò lungo il corridoio e si fermarono davanti alla porta di casa. 

"Mancherà anche a me," lo prese in giro Alec passandogli poi un braccio intorno alle spalle per stringerlo a sè e salutarlo. 

"Ti chiamo appena arrivo," gli disse piano ad un orecchio mentre inspirava il suo profumo e affondava il viso nel suo collo. Sentì Magnus rabbrividire prima di ridacchiare. 

"Sarà meglio," lo minacciò lasciandolo finalmente libero e aprendo la porta di casa, guardandolo uscire. "Ciao," lo salutò poi appoggiandosi alla porta senza staccargli gli occhi di dosso, non lo avrebbe rivisto per una settimana quindi voleva imprimersi la sua immagine bene nella memoria. 

Anche se, ad essere sinceri, passava tutte le giornate ad osservarlo quando pensava che Alec non lo notasse, la sua immagine era ormai incisa nella sua mente e lui di certo non si lamentava. 

"Ciao," lo salutò di rimando l'altro tornando sui suoi passi solo per lasciargli un bacio leggero sulle labbra prima di sparire via senza voltarsi. 

 
Fatemi sapere cosa ne pensate e a domani~

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Capitolo 10
*** Nursing | Sterek ***


09/12/2017 Day Nine: 1263

Prese il barattolino contenente la polvere di sorbo e fece per metterlo al suo posto nello scaffale quando sentì dei rumori appena fuori la clinica. Era rimasto oltre l'orario di chiusura per rimettere in ordine dopo la lezione con Deaton.

Quel pomeriggio gli aveva insegnato l'importanza dell'emissario in un branco e il suo ruolo all'interno. Gli aveva fatto vedere le varie tipologie di strozzalupo, erbe medicinali e sorbo spiegandogli poi quando era opportuno usarne uno piuttosto che l'altro.

Strinse il barattolo tra le mani e si avvicinò alla porta della piccola saletta dove di solito il veterinario curava gli animali, entrando quindi nella saletta d'aspetto dove aveva già spento le luci.

I rumori si fecero più forti ed insistenti, li sentiva avvicinarsi e non potè fare a meno di pensare al peggio. Svitò il tappo in modo da rendere la polverina al suo interno più facilmente accessibile se ne avesse avuto bisogno per creare un cerchio attorno a sè o per lanciarla in faccia al nemico.

Già poteva immaginarsi un branco di lupi che gli mostravano artigli e zanne e lui che non faceva nemmeno in tempo a realizzare la situazione prima di venire attaccato e divorato.

Pensieri positivi, Stiles, cercò di dire al suo cervello e di fargli cambiare scenario. Magari incontro la mia Allison, si disse poi ricordandosi di come l'amico avesse incontrato la ragazza per la prima volta in un'occasione simile.

Se la mia Allison è un lupo burbero e con quattro squarci al petto, allora l'ho appena incontrata.

Davanti infatti si era ritrovato Derek Hale, sanguinante e pallido più di un fantasma che nemmeno si reggeva in piedi da solo ma dovendo usando una parete come supporto.

"Derek?" lo chiamò confuso e un po' spaventato Stiles. Questo alzò la testa ma i suoi occhi non sembravano mettere Stiles a fuoco e continuarono a guardare vuoti il ragazzo, dalle sue labbra uscì un piccolo ringhio prima che le sue gambe cedessero e si ritrovò a cadere in avanti senza forze.

Il barattolo che Stoles aveva in mano fino a qualche istante prima, scivolò dalla sua presa e cadde per terra, infrangendosi in mille pezzi e spargendone il contenuto per tutto il pavimento.

"Derek!" urlò spaventato lanciandosi in avanti per cercare di prendere al volo il mannaro prima che si schiantasse al suolo. Non aveva tenuto in conto però del peso e della forza di Derek ritrovandosi a non riuscire a sostenere l'altro.

Con non poca difficoltà e rischiando di cadere sotto il peso di Derek, riuscì a trascinarlo nella saletta delle visite e lo fece sedere sul lettino non appena Derek ebbe un attimo di lucidità tanto da riuscire a reggersi in piedi da solo.

Aveva la maglietta resa a brandelli e macchie di sangue a sporcare ovunque, piccole linee rosse correvano lungo tutto il suo torace, segni di ferite che si stavano rimarginando e curando da sole grazie all'abilità del mannaro.

"Che ti è successo? Il resto del branco?" chiese dopo aver fatto un grosso respiro per cercare di calmarsi.

"Un paio di Alfa appena fuori da Beacon," spiegò a fatica Derek mettendosi più comodo sul lettino. "Mi hanno attaccato alle spalle, sono riuscito a metterne al tappeto uno mal l'altro era troppo forte," strinse i denti al dolore che provò quando andò a togliersi ciò che rimaneva della maglietta. "Ero da solo," gli disse poi sentendo l'evidente paura provenire da Stiles e collegandola al non sapere cosa fosse successo al branco.

Stiles gli fu davanti in un attimo, in mano aveva una piccola scatoletta in legno con dentro vari tipi di strozzalupo, erbe curative tenute in piccoli barattolini e alcuni contenitori di polvere di sorbo.

La poggiò sul lettino accanto a Derek e, dopo aver dato un'occhiata alle ferite e aver ragionato sul da farsi, andò a prendere una boccetta con un'erba verdastra dentro.

"Cosa stai facendo?" gli chiese Derek, la preoccupazione evidente nel suo tono.

"Rilassati ragazzone, Deaton mi ha spiegato proprio oggi cosa fare in caso di ferite inflitte da Alfa," cercò di tranquillizzarlo l'altro mentre frantumava l'erbetta nel palmo della proprio mano. "Potrebbe fare un po' male," lo avvertì poi, passandosi la poverina che aveva creato tra l'indice e il pollice.

Deaton gli aveva spiegato che le ferite, se causate da Alfa, aveva bisogno di un piccolo aiutino per cominciare il processo di rigenerazione - o velocizzarlo - e quella specifica erba stimolante era l'unica soluzione.

Gli occhi di Derek si tinsero di blu non appena la polvere fece contatto con una della delle ferite più profonde e, a giudicare dall'apparenza, la più dolorosa, li serrò e fece un profondo respiro per sopportare il dolore.

"Sai cosa mi ricorda tutto questo?" cominciò Stiles richiudendo il barattolino con il resto dell'erba curativa dentro e andando a prendere uno del contenuto simile, stavolta più sul marroncino però. "Quella volta che mi hai quasi obbligato a tagliarti via un braccio," disse e soppresse un conato di vomito al solo ricordo.

"Il veleno si stava diffondendo ed era l'unica soluzione quella," spiegò Derek scuotendo la testa. Si ricordava la frustrazione che aveva provato nel dover avere a che fare per tutto il giorno con quel ragazzino.

Era cresciuto un sacco da quel giorno, non solo a livello fisico e Derek si trovò ad osservarlo davvero, forse per la prima volta in tutti quegli anni in cui si conoscevano.

A parte gli evidenti cambiamenti fisici, il ragazzo si era alzato di qualche centimetro, portava i capelli più lunghi e il suo corpo era più definito e non sembrava più quello di un ragazzetto pelle e ossa incapace di difendersi o far male ad una mosca, Stiles era cambiato e maturato soprattutto a livello mentale.

Era ancora facilmente spaventabile ed impressionabile ma, per quanto a Derek scocciasse ammetterlo, con il passare degli anni era diventato più coraggioso, capace di difendersi da solo e difendere il branco stesso.

Con l'aiuto di Deaton stava imparando le basi per diventare un emissario e Deaton era ogni giorno più fiero di lui, del suo impegno e dei suoi progressi. Non che Derek andasse alla clinica a chiederglielo, ovviamente.

"Tutto ricucito," la voce di Stiles lo riscosse dai suoi pensieri e abbassò lo sguardo sul suo corpo. Le ferite avevano cominciato a chiudersi e sparire e le sottili linee rosse erano completamente sparite.

Alzò di nuovo lo sguardo su Stiles e lo vide rigirarsi tra le mani un piccolo rametto di strozzolupo, appiattendolo in una piccola pallina e mettendolo dentro una capsula. La alzò e la portò davanti agli occhi scrutatori di Derek.

"Cosa?" chiese quando Stiles non disse nulla e continuò a far ondeggiare la piccola pillola fai da te.

"Devi mandarla giù," gli spiegò. "Deaton dice che una volta sciolto l'involucro lo strozzolupo farà effetto ma la quantità è talmente piccola che, invece di farti male, stimolerà ancora di più il processo di guarigione."

Derek rimase qualche istante a guardarlo prima di prendere la pillola e mandarla giù sbuffando.

"Visto? Non sono poi così inutile come pensavi," gli disse alzando le spalle come se nulla fosse.

Derek si alzò piano dal lettino in metallo e Stiles gli afferrò un braccio per non farlo cadere, nonostante il processo di guarigione era iniziato, il lupo era ancora debole per il dolore provato e il sangue perso che ancora non aveva avuto il tempo di rigenerarsi.

"Non ho mai pensato che tu fossi inutile," gli disse cercando di pesargli il meno possibile addosso.

"Ceeerto," lo prese in giro. "Andiamo ragazzone, ti porto a casa," gli disse poi recuperando al volo le sue cose e uscendo dalla clinica.

In super ritardissimo ma fate finta di niente

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Capitolo 11
*** Confused | Malec ***


10/12/2017 Day Ten: 1288
 
Tornò all'Istituto in tarda mattinata evitando per un soffio la madre e dirigendosi a passo spedito verso la camera di Jace. 

Bussò e nemmeno attese una risposta dal fratello, facendo capolino con la testa nella stanza e rimanendo fermo sulla soglia. 

Jace sussultò leggermente e finì di mettersi la maglietta prima di alzare gli occhi al cielo vedendo Alec. "Oh, hai finalmente deciso di graziarci della tua presenza?" 

"Vieni ad allenarti in giardino?" gli chiese facendo finta di non aver sentito il suo commento. 

"Sissignore," non potè trattenere il sorriso che però increspò le sue labbra, amava allenarsi con Alec soprattutto quando si stancavano di trattenersi e ci andavano giù pesante, dovendo poi ricorrere all'iratze per curarsi le ferite e le eventuali ossa rotte. 

Alec lo condusse fino al giardino, togliendosi la felpa e prendendo due spade che si attivarono al suo tocco. Ne passò una a Jace e fece saltare l'altra da una mano all'altra, preferiva di gran lunga arco e frecce ma era stato addestrato anche ad usare le spade e di certo non si tirava indietro davanti ad un po' di sano corpo a corpo. 

Jace caricò contro di lui senza nemmeno dargli il tempo di mettersi in posizione ma Alec scattò veloce all'indietro evitando il colpo. Riuscì a parare ogni colpo che Jace cercava di mandare a segno ma non riuscì a contrattaccare nemmeno una volta, il fratello era certamente più fresco e sveglio risultando quindi più veloce e accurato di Alec. 

Perse l'equilibrio e venne quasi colpito dalla lama perchè un flash degli occhi senza glamour di Magnus gli passò in mente. Ormai il Nascosto lasciava cadere il glamour ogni volta che era solo con Alec, nel loft o nella camera del ragazzo all'istituto, senza nemmeno pensarci due volte o accorgersene. Alec non potè impedirsi di sorridere pensando che Magnus si fidasse di lui completamente per non preoccuparsi di nascondere i suoi veri occhi. 

Amava gli occhi di Magnus, sarebbe rimasto a guardarli per ore senza stancarsi e trovando sempre nuove sfumature di colore. Erano lo specchio della sua anima, tutto ciò che provava era facilmente leggibile nei suoi occhi, a volte ad Alec sembrava quasi di riuscire a leggere i pensieri dell'altro al loro interno. 

Solo con quelli, Magnus era capace di dire mille cose, far capire mille emozioni, senza dover aprire la bocca e usare le parole per spiegare. 

"Ci sei?" gli chiese Jace che si era fermato vedendolo così distratto e non volendogli fare male sul serio, non ancora almeno. 

"Mh?" chiese il fratello confuso e poi scosse la testa. "Sì sì, andiamo," lo esortò poi facendo roteare la lama nella mano destra. Jace ghignò e si lanciò di nuovo all'attacco. 

Alec si abbassò all'ultimo e fece quasi perdere l'equilibrio all'altro che dovette arretrare per stabilizzarsi. Il maggiore approfittò del momento di vantaggio e si lanciò sul compagno, avversario in questo caso. 

In un attimo gli aveva imprigionato le braccia dietro la schiena e gli fece cadere la presa sulla spada che cadde per terra con un suono metallico. Lo spinse per terra e Jace finì con il cozzare per terra con un fianco, Alec su di lui a tenerlo fermo e la spada a premere sulla sua gola ma senza spingere troppo da ferirlo seriamente. 

Quell'azione, il fatto di aver imprigionato l'altro sotto il suo stesso corpo, gli portò alla mente la mattina di qualche giorno prima quando Magnus lo aveva svegliato premendogli un dito contro la guancia e ridendo. 

Lui aveva grugnito e aveva cercato di scacciarlo per tornare a dormire ma l'altro sembrava intenzionato a dargli fastidio e continuare nella sua piccola tortura, aggiungendo dei versi fastidiosi ogni volta che il suo dito toccava la guancia di Alec. 

Alec aveva aperto un occhio e aveva sbuffato piano. "Smettila e lasciami dormire," lo aveva guardato male e aveva sbuffato più forte quando Magnus sembrava non aver intenzione di smetterla. 

Cercando in tutti i modi di nascondere lo sbuffo di risata che minacciava uscire da un momento all'altro, Alec imprigionò entrambe le mani di Magnus e con un movimento fulmineo degno del miglior shadowhunter, lo aveva schiacciato con il peso del suo corpo e lo aveva tenuto fermo così, tenendogli le mani strette in pugni in modo che non potesse usare la magia. 

Come vendetta, aveva cominciato a fare il solletico all'altro facendolo ridere e contorcersi sotto di lui cercando di liberarsi dalla stretta ferrea e dalla dolce tortura. 

Amava la risata di Magnus, gli bastava quel suono così cristallino per sentire le fatiche del giorno andare via, come se il suo corpo si rilassasse automaticamente a quel suono. Faceva sempre di tutto per farlo ridere e non sapeva che non si sarebbe stancato mai. 

Amava passare quei momenti con Magnus, momenti in cui sembravano entrambi dimenticarsi dei loro ruoli, di loro impegni, dei problemi e del resto del mondo. Momenti in cui esistevano solo loro due, nessun altro. 

Aprì gli occhi - nemmeno si si era reso conto del momento in cui li aveva chiusi - e si trovò a fissare il pavimento del giardino, a qualche centimetro dalla sua faccia. Il suo respiro fece alzare la polvere che si era accumulata. 

Jace era seduto sulla sua schiena e gli teneva un braccio incastrato tra le sue, applicando una leggera pressione che mandava scariche elettriche di dolore a tutti i muscoli. 

Lo sentiva ridere e cercò di rigirarsi ma la forza dell'altro era troppa e non ci riuscì. Strinse i denti quando Jace tirò il braccio ancora di più e sentì i muscoli tenedersi troppo. Battè con la mano libera per terra e Jace lo lasciò andare, continaundo a ridere. 

"Che ti prende? Sei distratto," gli fece notare il biondo sedendosi per terra accanto a lui. "A che stai pensando?" gli chiese poi aggrottando le sopracciglia, forse un po' preoccupato - ma non lo avrebbe mai ammesso. 

Alec ripensò a ciò che lo aveva reso così distratto e la ragione per cui era andato diretto da Jace per allenarsi appena era arriva all'istituto. La confusione che aveva sentito per tutta la settimana, in particolare quel giorno, e gli aveva annebbiato il cervello sembrò come chiarirsi quando finalmente realizzò. 

Amava Magnus. Sgranò gli occhi e vide Jace fare lo stesso, preoccupato. Scosse la testa, si ricordava ancora benissimo come, pochi mesi prima, quando il padre gli chiese se fosse innamorato, aveva quasi riso, l'idea troppo assurda anche solo per essere presa in considerazione. 

E in quel momento si ritrovava a ricordare tutti i momenti incredibili passati con Magnus, la leggerezza con cui passavano il tempo insieme e la sensazione di vuoto che provava ogni volta che si dovevano separare o non si potevano vedere per giorni a causa degli impegni. 

Si alzò di scatto e Jace lo imitò. "Cominci a spaventarmi," gli disse assottigliando lo sguardo per studiarlo meglio. 

"Ho appena realizzato," cominciò Alec spostando lo sguardo da un punto all'altro senza nemmeno avere il tempo di mettere a fuoco. "Amo Magnus," disse poi e sentì come un peso lasciare il suo petto. 

Jace rimase impassibile prima di annuire e ridacchiare, gli poggiò una mano sulla spalla e strinse leggermente. "Te ne sei accorto finalmente," rise. 

Alec alzò gli occhi al cielo e gli tirò un pugno sul braccio, Jace non fece nemmeno in tempo a scansarsi per evitarlo. 

"Bèh?" gli chiese poi aprendo le braccia, Alec non potè che guardarlo confuso. "Che fai ancora qui? Vai a dirglielo, no?" 

Alec gli sorrise. "È la prima cosa intelligente che ti sento dire," gli disse prima di scappare, letteralmente, via per evitare di finire nuovamente al tappeto. 

Non si cambiò nemmeno e salutò semplicemente la sorella con un cenno mentre si dirigeva fuori dall'istituto e verso il loft di Magnus. 

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Capitolo 12
*** Way to go, Stilinski | Sterek ***


11/12/2017 Day Eleven: 841

"Derek, lasciami," gli intimò Stiles quando questo lo sollevò di peso per poi lanciarlo poco delicatamente sul letto. Un gridolino lasciò le sue labbra quando sentì il pavimento sparire da sotto i suoi piedi e vide la stanza capovolgersi. 

Scoppiò a ridere quando tocco con la schiena il materasso e si trovò Derek a pesargli sopra, schiacciandolo con il suo peso. 

"Arriveremo in ritardo a scuola," si lamentò il più piccolo, passando comunque le dita in mezzo ai capelli neri di Derek e tirandoli leggermente mentre questo era impegnato a lasciargli una scia di baci lungo la mascella e il collo. 

"Scuola? Quale scuola?" gli chiese Derek fingendo di non capire di cosa stesse parlando l'altro. 

"Non vengo più a dormire a casa tua durante la settimana," minacciò ma sapevano benissimo entrambi che non era vero e che coglieva al volo ogni occasione che gli si presentava di andare a dormire al casa del suo ragazzo. 

Derek rise scuotendo la testa contro il suo collo. "Come no," lo prese in giro. 

"Ho matematica alla prima ora e lo sai quanto la prof già mi odi, non posso arrivare tardi," cercò di fargli capire Stiles mentre l'altro ancora scuoteva la testa. 

"Cinque minuti," gli disse facendolo ridere quando passò le mani leggere sui suoi fianchi. 

"Solo cinque minuti," gli concesse Stiles. "Poi però mi fai preparare e andiamo a scuola," si fece promettere cercando di arrivare ad un compromesso. 

 
~~~~~~~~~~ 

Stiles alla fine entrò nell'aula di matematica con due minuti di ritardo, quasi riusciva ancora a sentire la risata di Derek che rieccheggiava nel corridoio ormai vuoto nel vederlo correre per raggiungere la classe nel minor tempo possibile. 

Scott, che lo aspettava già seduto nel posto accanto a quello che ormai era diventato il suo, scosse la testa divertito. "Vi farete sospendere voi due," fece schioccare la lingua contro il palato. 

La professoressa si limitò a sgridarlo e per fortuna lasciò correre, tornando a spiegare la lezione che Stiles nemmeno seguì. 

Al suono della campanella Scott scattò in piedi felice perchè avrebbero avuto gli allenamenti di lacrosse e non vedeva l'ora, Stiles scosse la testa e lo seguì fuori mentre questo mancava poco si mettesse a saltellare per i corridoi. 

Sembrò calmarsi solo una volta dentro gli spogliatoi, Stiles lasciò cadere con poca grazia lo zaino sulla panchina e andò a tirare fuori la sua uniforme, cambiandosi velocemente. 

"Bel colpo, Stilinski," si sentì dire alle spalle e, voltandosi, si trovò davanti uno dei suoi compagni di squadra intendo a ridacchiare con il suo vicino. 

"Grazie?" rispose confuso e si scambiò uno sguardo con Scott che sembrava altrettanto confuso. 

"Io ve lo aveva detto," sentì dire a Danny. "Mi dovete dieci dollari," allungò una mano verso i due ragazzi poco distanti da lui e questi, sbuffando, misero mano al portafogli in sincrono e lasciarono le banconote sul palmo della mano del portiere che li ringraziò. 

"Ottimo lavoro nel tenere la vostra relazione segreta," lo prese in giro Isaac che si andò a sedere sulla panchina, tra lui e Scott, già cambiato e pronto per l'allenamento. 

D'istinto Stiles si portò una mano a coprire il collo, convinto ci fosse un succhiotto o un segno che avesse suscitato nei compagni la curiosità. 

Il tenere la relazione con Derek un segreto più che una scelta era stata una casualità. Lo avevano detto agli amici più stretti ma non andavano in giro per i corridoi tenendosi per mano o altro, quindi era difficile che qualcuno al di fuori del loro gruppo sapesse che avevano una relazione ormai da mesi. 

Isaac si portò una mano alla fronte e scosse la testa notando la faccia confusa di Scott. "Girati," istruì poi a Stiles, facendo un cenno con la mano libera e facendo girare Stiles in modo da dargli le spalle. 

Scott scoppiò a ridere e Stiles si voltò di scatto. "Cosa?" 

"Davvero non te ne sei accorto?" chiese Isaac ridacchiando insieme a Scott mentre Stiles scuoteva la testa a destra e a sinistra. 

"Hai la maglia di Derek," gli disse Scott non appena si fu calmato quel tanto che bastava per riuscire a parlare. 

Stiles sgranò gli occhi e si tolse la maglietta dell'uniforme di lacrosse per rigirarsela tra le mani e leggere il cognome scritto dietro. A caratteri cubitali campeggiava la scritta Hale con il numero 00 sotto, Stiles aprì l'armadietto alla ricerca di un'altra maglietta con il suo nome scritto dietro ma lo trovò vuoto. Ovviamente. 

"E adesso?" chiese ai due continuando a guardare la maglietta. 

"Niente," fece Isaac alzando le spalle. "La tieni e speri che il coach non si aspetti miracoli da te," lo prese in giro poi alzandosi per scendere in campo. 

"Grazie eh," gli urlò dietro offeso della sua offesa velata. "Me la paga," disse tra sè poi riferito a Derek e di come, quella mattina, lo aveva trattenuto e quindi Stiles si era ritrovato a dover fare lo zaino in fretta e furia perchè in ritardo. Doveva aver preso per sbaglio l'uniforme di Derek e aver lasciato la sua a casa dell'altro. 

 
Quasi in ritardo di nuovo, ma perdonatemi ♡ 

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Capitolo 13
*** Short for Alexander? | Malec ***


12/12/2017 Day Twelve: 1623

La prima volta che Alec scovò il cafè, in una vietta quasi nascosta vicino casa sua, pensò di essere l'uomo più fortunato del mondo. 

Quella mattina si era svegliato tardi e di pessimo umore, peggiorato ancora di più dal fatto che, una volta sceso giù in cucina, si accorse di aver finito il caffè. Dopo la doccia più veloce della storia, si infilò le prime cose che trovò dentro l'armadio, senza nemmeno porsi il problema di abbinare pantaloni e maglione visto che tanto possedeva solo vestiti neri o grigi, e uscì di casa recuperando al volo una giacca e una sciarpa prima di chiudere a chiave il portone d'ingresso. 

Si strinse ancora di più la sciarpa attorno al collo quando il vento pungente di dicembre lo investì appena fuori, il cielo era completamente bianco e sembrava minacciare una nevicata da un momento all'altro. Le macchine scorrevano veloci nella strada trafficata davanti a casa sua - il lato negativo di vivere in centro città - ma c'erano poche persone per la strada, forse dovuto al freddo. 

Dopo una piccola indecisione - andare al supermercato a venti minuti di camminate per poi tornare a casa e prepararselo da solo il caffè, oppure girovagare un po' in giro alla ricerca di un cafè che Alec era sicuro aver visto una volta mentre tornava a casa ma non riusciva a ricordarsi esattamente dove? - decise di farsi una passeggiata e trovare un cafè. 

Si trovò davanti ad un intricato labirinto di viette strette e continuò a camminare, senza una meta precisa. E fu allora che lo vide, situato in mezzo ad un negozietto di vestiti e ad un ristorante ancora chiuso, c'era un cafè con una grande insegna rossa fuori.  

Il locale era piccolo, come si poteva già intuire guardandolo da fuori, ma la massa di gente al suo interno lo faceva apparire ancora più piccolo. L'unica cosa che fece desistere Alec dall'uscire dubito fuori e cercarne un altro, era l'odore di caffè che gli invase il naso. Era un odore amaro, forte ed era esattamente ciò di cui Alec aveva bisogno in quel momento. 

Si mise in fila dietro gli altri clienti e intanto diede un'occhiata al menù posto sopra le casse. C'era un sacco di scelta tra bevande calde, fredde, semplici o esotiche e in più una sezione interamente dedicata a dolcetti e pasticcini. 

"Buongiorno e benvenuto, cosa posso servirti?" chiese il commesso richiamando la sua attenzione dal menù che stava leggendo, la fila era avanzata e toccava già a lui fare il suo ordine. 

"Un americano, per favore," rispose Alec, semplice e veloce, senza aggiungere dolci o qualcosa di specifico all'ordine. 

"Basta così?" gli chiese e alla risposta positiva di Alec, il barista gli sorrise. "Giuro che di solito non è così incasinato come oggi, devo chiederti di aspettare il tuo ordine di là," gli disse indicandogli la piccola saletta dove erano disposti una decina di tavoli - tutti occupati notò. "Posso sapere il tuo nome così appena è pronto l'ordine posso chiamarti?" gli chiese poi prendendo un bicchiere in carta e un pennarello nero in una mano. 

"Alec," gli rispose e il ragazzo annuì. 

"Diminutivo di Alexander?" chiese mentre batteva il totale del suo ordine alla cassa con la mano libera. "Sono due dollari e venti," aggiunse poi. 

"Sì, non mi chiama nessuno con il mio nome intero," spiegò Alec pescando dalla tasca posteriore dei pantaloni il portafogli per prendere i soldi. 

Il commesso annuì e prese i soldi dandogli il resto e lo scontrino. "Arriva subito," gli disse sorridendo, andando a scrivere il suo nome e il suo ordine sul bicchiere. Un attimo dopo stava già servendo il cliente dietro di lui. Alec si spostò e si perse ad osservare il locale. 

Le pareti erano dipinte di un marrone chiaro, con delle piccole venature disegnate che lo facevano sembrare legno, una quantità eccessiva di poster, fotografie e quadri erano appesi ad esse e Alec passò veloce gli occhi su ogni cornice. 

C'era una zona esclusivamente dedicata agli impiegati. Premi come "miglior impiegato del mese", "miglior cameriere del mese" e via dicendo erano appesi in fila e Alec poteva vedere come erano spesso due ragazzi che si ripetevano nei vari mesi. Uno era il commesso che lo aveva servito - la targhetta sotto la sua foto sorridente diceva Magnus Bane - e l'altra invece era una ragazza dai capelli di un arancione acceso e il viso pallido - la sua targhetta invece leggeva Clary Fairchild

I poster invece variavano da quelli di band a lui sconosciute a cartelloni pubblicitari per eventi che si sarebbero tenuti di lì a breve oppure di nuovi prodotti che il cafè offriva, nuova promozioni o scon-- 

"Alexander?" si sentì chiamare  e si voltò confuso. Vide il commesso, Magnus, che teneva in mano un bicchiere di carta decorato a tema natalizio e lo guardava sorridendo. 

Alec si avvicinò al bancone e Magnus gli passò il bicchiere, prendendolo Alec notò che la scritta con il pennarello leggeva Alexander scritto un po' storto ma risultando comunque ordinato e preciso, perfettamente leggibile. 

"Solo Alec la prossima volta," lo corresse lui annuendo poi a mo' di ringraziamento per il caffè. 

"Oh, certo, buona giornata," fece il commesso di risposta e lo salutò prima di tornare a prendere ordinazioni. 
~~~~
La mattina dopo Alec si trovava nello stesso cafè, l'americano del giorno prima era uno dei più buoni che avesse mai assaggiato e aveva deciso che quando la mattina aveva un po' di tempo libero sarebbe andato lì a prendere il caffè prima della sua abituale corsa mattutina. 

Il cafè quella mattina era meno incasinato del giorno prima e Alec non potè che sorridere pensando che avesse avuto un'ottima idea ad andare qualche ora prima rispetto al giorno prima, infatti si ritrovò direttamente al bancone vista l'assenza di fila. 

"Buongiorno e benvenuto, cosa posso servirti?" gli disse una voce da dietro la cassa. Quindi quella doveva essere la frase standard che dicevano a tutti i clienti appena entrati. 

"Un americano, per favore," ripetè il suo solito ordine alla ragazza che era al posto che aveva occupato Magnus il giorno prima. La ragazzina era famigliare ma non riusciva a capire dove l'avesse già vista. 

"A posto così?" chiese la ragazza premendo alcuni tasti sulla cassa e concludendo l'ordine quando Alec rispose positivamente. "Nome?" gli chiese poi sorridendo mentre Alec gli allunagava una banconota. 

"Alec," rispose prendendo il resto e lo scontrino. 

"Arriva subito," lo informò lei scrivendo il suo nome sul bicchiere di carta che aveva appena preso e girandosi verso le macchinette del caffè. 

Alec si trovò un'altra volta a dover aspettare che il suo ordine fosse pronto ma, questa volta vista la mancanza di fila e visto che i clienti erano pochi, il suo ordine fu pronto in poco tempo. 

La rossa lo chiamò ma lui non fece nemmeno in tempo ad arrivare al bancone e prendere il suo caffè che un'altra mano arrivò prima della sua. Magnus, appena entrato nel cafè, prese al volo il bicchiere e un pennarello andando a scrivere qualcosa sopra. Si voltò poi verso Alec sorridendo. "Aveva scritto il nome male, ecco a te," gli offrì il caffè sotto lo sguardo confuso della ragazza. 

Alec si rigirò il bicchiere con la bevanda calda dentro fino a trovare il nome scritto con il pennarello. Alec era ancora ben leggibile ma la c finale era stata corretta con una x, seguita poi da ander

Non potè impedirsi lo sbuffo di risata che gli uscì, alzando gli occhi dal bicchiere e puntandoli su Magnus, scuotendo la testa e uscendo divertito. 

Nel corso dei mesi successivi, conobbe anche gli altri dipendenti. Maia era la cassiera più energica anche alle prima ore del mattino mentre Clary era quella dolce che se sbagliava un ordine o ci metteva tanto tempo a farlo, si scusava almeno venti volte. Raphael era quello che aveva visto di meno dietro la cassa ma la cosa non gli sembrò strana, era scorbutico con i clienti e aveva sempre l'aria di essere a metà tra l'annoiato e l'infastidito. Simon era sempre in cucina, le sue torte erano fantastiche e a volte lo si poteva sentire cantare addirittura oltre la musica che risuonava nel locale. 

Magnus era Magnus. Dopo mesi e mesi ancora si ostinava a sbagliare il suo nome, Alec ormai era certo lo facesse apposta. 

"Ok, ce la puoi fare," lo prese in giro Alec una volta arrivato alla cassa e dopo aver fatto il suo ordine, il solito. "Alec," scandì lettera per lettera quando vide Magnus prendere il bicchiere e il pennarello. Seguì attentamente la mano del ragazzo che si muoveva per scrivere, lentamente stavolta e con le sopracciglia corrucciate, come se stesse facendo il lavoro più difficile della sua vita. 

"Alec," ripetè piano mentre scriveva e quanto Alec era pronto a festeggiare, il tratta che aveva cominciato a fare per scrivere una c si trasformò veloce in una x. "'Xander," finì poi scrivendo il nome per intero. Guardò compiaciuto il lavoro e inclinò la testa da un lato. "No, vedi? È impossibile per me scrivere Alec e basta," disse alzando le spalle con fare innocente e voltandosi per andare alla macchinetta del caffè. 

"Non ci credo, è anche più corto dovrebbe essere più facile," gli disse portandosi una mano ad arruffarsi i capelli e togliere quelli che gli erano ricaduti sulla fronte. 

"Non so," disse Magnus facendo partire la macchinetta e incrociando le braccia al petto. "Forse dovresti provare a darmi il tuo numero di telefono, quello sono sicuro di riuscire a scriverlo bene," voltò il viso verso di lui e gli fece l'occhiolino, guadagnandosi un'alzata di sopracciglia da Alec come risposta. 

Che poi Alec cominciò a dettare veloce il suo numero di telefono, nessuno deve saperlo. 

 
Salve! La scena "Alec...xander" è presa direttamente da Harry che, scrivendo una lettera per Valentine da parte di Magnus, si firma con "Mag" poi ci pensa un po' e aggiunge "nus", la cosa mi ha fatto morire dal ridere nonostate fosse un po' una stronzata AHAHAHA 

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Capitolo 14
*** Driving 101 | Sterek ***


13/12/2017 Day Thirteen: 865

"Cintura?"

"Messa."

"Specchietto retrovisore?"

"Sistemato."

"Mani sul volante."

"Derek, è la decima volta che controlli tutto. Me la lascerai almeno accendere la macchina prima o poi?"

"Ok, ok. Gira la chiave e parti, come ti ho insegnato," disse dopo aver sospirato ed essersi messo comodo sul sedile del passeggero per la prima volta da ormai troppo tempo. L'unica altra volta in cui si era trovato in quel posto era quando Scott si era messo alla guida, Stiles seduto nei sedili dietro. 

"Ti ricordo che ho la patente da quattro anni ormai," gli ricordò Stiles girandosi verso di lui sorridendo. 

"Ti ricordo che guidi una macchina automatica da quattro anni ormai," lo prese in giro Derek facendo un'espressione di disgusto all'aver utilizzato la parola macchina per descrivere quel catorcio. 

Stiles fece finta di niente e fece come il ragazzo gli aveva detto qualche attimo prima, girò la chiave nel quadro spingendo la frizione e la macchina prese vita con un rombo. Sorrise compiaciuto e mise la prima, rilasciando piano la frizione mentre accelerava. La macchina rombò e schizzò in avanti facendo spaventare Stiles che tolse entrambi i piedi dai pedali facendo spegnere l'auto. 

"Rilascia la frizione più piano, riprova," gli spiegò Derek sporgendosi leggermente verso di lui in modo da riuscire a vedere i movimenti dei suoi piedi. 

Stiles fece un respiro profondo e riprovò, facendo attenzione a rallentare i movimenti del piede sinistro in modo da rilasciare con più dolcezza la frizione. La macchina si mosse in avanti lentamente e Stiles continuò ad accelerare. 

"Perfetto, adesso metti in seconda," istruì Derek. "Ok, bravo. Adesso alla prima gira a destra."

Stiles usò tutti i conisgli e le dritte che gli aveva dato il più grande e riuscì a non far più spegnere la macchina fino ad arrivare all'incrocio dove Derek gli aveva detto di girare a destra, scalò le marce facendo fare un rumore poco piacevole alla macchina.

"Non grattarmi le marce." disse severo Derek a cui Stiles rispose con uno scusa appena sussurrato e una nota mentale per non rifare lo stesso errore un'altra volta. 

Capì bene il meccanismo dopo qualche momento e riuscì a non sbagliare nulla, facendo andare la macchina tranquilla e senza spegnerla più nemmeno una volta. 

Il suono del motore era come musica per le sue orecchie e finalmente cominciava a capire perchè a Derek piacesse così tanto guidarla. Era come stare su una nuvola. La macchina era responsiva e alla minima pressione sull'acceleratore prendeva immediatamente velocità restando però gestibile. 

Al contrario della sua jeep, che per arrivare ai settanta ci metteva due ore, questa ci arrivava in pochi secondi e li superava anche, tranquillamente. 

Cominciava anche a capire come facesse Derek ad essere sempre puntuale e ci mettesse solo cinque minuti dal suo loft a casa di Stiles o alla centrale. 

Derek, dopo aver visto che Stiles cominciava a prenderci la mano e a capire come funzionasse tutto, lo spinse ad uscire dal parcheggio vuoto e dirigersi in città. 

"Sei pazzo? Ci andiamo a schiantare," disse impaurito Stiles. Un conto era girare indisturbati nel parcheggio vuoto, un altro era dover fronteggiare il traffico cittadino. Pur essendo piccola, il traffico di domenica a Beacon Hills era infernale e lui già faceva fatica con la jeep, figuriamoci con una macchina nuova e una Camaro oltre tutto. Già si vedeva a non riuscire a frenare in tempo e tamponare qualcuno. 

"Andiamo, ti aiuto io," gli disse Derek rassicurandolo e Stiles non potè far altro che credergli e uscire dallo spiazzo, prendendo la strada principale fino al centro. 

"È rosso," gli fece notare Derek anche se ancora lontani dal semaforo. Poggiò una mano sul ginocchio destro di Stiles. "Comincia a sollevare il piede dall'acceleratore altrimenti non farai in tempo a frenare," gli disse stringendo la presa in modo che capisse. 

Stiles fece come detto e lasciò andare l'acceleratore frenando subito dopo come istruito da Derek. 

Appena scattò il verde Stiles si concentrò al meglio per lasciare la frizione abbastanza lentamente da non far spegnere la macchina nel bel mezzo di un incrocio e ci riuscì. 

"Puoi accelerare," gli disse Derek notando come il ragazzo stesse andando un po' troppo piano, forse per paura. Spinse con la mano sul ginocchio del minore in modo da fargli premere di più sul pedale. 

"Gira qui a destra," gli indicò il moro e riprese a stringere la presa sul suo ginocchio. Stretta uguale solleva il piede, spinta uguale premi di più sull'acceleratore, Stiles aveva capito. 

Derek spinse di nuovo sulla gamba di Stiles per fargli capire che poteva già cominciare ad accelerare senza parlare, ma di tutta risposta Stiles mise la freccia a destra e cominciò a rallentare, fino a fermarsi sul ciglio della strada dove non intralciava il via vai delle macchine dietro di lui. 

"Ok basta, mi stai distraendo troppo," sentenziò mettendo le quattro frecce per segnalare la piccola sosta e slacciandosi la cintura si sottrasse alla stretta di Derek prima di scendere e fare il giro del veicolo. Derek si mise a ridere e scese, riprendendo il posto del guidatore. 

"Vorrei vedere te," fece Stiles offeso. "Guida," gli ordinò poi. "Adesso ti distraggo io e vediamo se riesci a portarci a casa interi," minacciò dopo. 

 
Lezioni di guida con Martina, yay! (La fine, ovviamente, non mi piace ma non è una novità .-.)

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Capitolo 15
*** Permanent | Malec ***


14/12/2017 Day Fourteen: 1641

"Izzy!" urlò Jace dal piano di sotto, sporgendosi leggermente verso le scale in modo che la sorella lo sentisse. "Ti vuoi dare una mossa?" 

"Un secondo!" arrivò subito la risposta dalla ragazza e i due fratelli sentirono la porta della sua camera venire chiusa prima che Isabelle scendesse velocemente le scale e andasse a prendere le scarpe all'ingresso. 

Alec e Jace erano pronti da ormai mezz'ora ma la sorella aveva insistito perchè li accompagnasse al negozio di tatuaggi. 

Qualche mese prima Alec aveva deciso che voleva farsi un tatuaggio, qualcosa di semplice e non molto grande, in un posto discreto e abbastanza facile da nascondere. Non appena ne aveva parlato con Jace e Isabelle, i due ragazzi avevano appoggiato la sua idea e, dopo averci pensato su qualche giorno, Jace si convinse a volerne fare uno anche lui. 

Con il passare di qualche altro giorno i due fratelli decisero di volersi tatuare la stessa cosa nello stesso punto, un simbolo del loro legame fraterno nonostante non fossero sangue dello stesso sangue. Erano sempre insieme e si guardavano le spalle a vicenda, se uno stava male l'altro mollava tutto per stargli accanto, se uno combinava un casino l'altro era sempre pronto a coprirlo e a dividere le colpe. 

Isabelle spesso si riferiva a loro con il nome parabatai, una parola che aveva imparato mentre studiava lingue antiche all'università e che stava ad indicare un legame ancora più forte di quello che c'è tra due fratelli, avrebbero dato la vita per salvare l'altro. 

Dopo alcune ricerche online, i due trovare un simbolo che indicava proprio quella parola e decisero che sarebbe stato proprio quello il tatuaggio. Inizialmente Jace aveva proposto di farlo su una spalla ma poi cambiò idea quando Alec invece propose di farlo sul fianco sinistro, sotto il costato, in modo da essere più facilmente nascondibile. 

"Ok, andiamo," disse Isabelle aprendo la porta d'ingresso e facendo un cenno ai due fratelli che uscirono. 

Il negozio di tatuaggi più vicino che avevano trovato su internet era a pochi isolati dalla loro casa, esattamente situato in mezzo ad un negozio di musica e ad un bar. 

Arrivarono dopo qualche minuto e Alec si fermò ad osservare la vetrina e l'ingresso. Appesi al vetro lucente, c'erano un paio di disegni di tatuaggi e qualche foto che ne faceva vedere il risultato finale. Alec rimase a bocca a perta davanti ai colori sgargianti di alcuni e alle linee precise e scure di quelli invece fatti esclusivamente in nero. 

Isabelle era già entrata quando alzò lo sguardo dai disegni, mentre Jace era rimasto accanto a lui e sembrava egualmente incantato. 

"Vi piacciono?" arrivò una voce che fece spaventare Alec. All'ingresso del negozio c'era un ragazzo che sembrava avere qualche anno in più di loro, le braccia erano lasciate scoperte dalla canottiera blu che indossava ma erano interamente coperte da tatuaggi che Alec non riuscì nemmeno a catalogare tutti per quanti erano. 

"Sono bellissimi," gli rispose Jace - a quanto pare più reattivo di Alec - mentre con un dito andava a sfiorare il vetro esattamente sopra alla figura di un angelo dalle ali bianche che sembrava sollevarsi da un lago in mezzo ad una foresta e reso ancora più magico dalle luci del tramonto alle sue spalle. 

"Se entrate vi faccio vedere tutti i vari portfolio dove ce ne sono altri," disse il ragazzo facendo un cenno verso l'ingresso del negozio e facendosi leggermente da parte per permettere ai due di entrare. Aveva un'espressione fiera in viso e un sorriso gentile sulle labbra. 

Alec e Jace varcarono la soglia dopo aver lanciato un ultimo sguardo ai disegni, all'interno del negozio ce n'erano altri, incorniciati e appesi ai muri, e su quasi tutti i tavolini nell'ingresso adibito a sala d'attesa c'erano dei vari portfolio che Jace aprì e sfogliò, facendo vedere ad Alec quelli che lo colpivano di più. 

"Avevate un appuntamento?" chiese poi il ragazzo e alla risposta positiva dei due tolse la mano destra da dove l'aveva nascosta dentro la tasca dei pantaloni e si presentò. "Io sono Magnus, gestisco il posto e tatuo," spiegò poi mentre Alec e Jace si presentavano. 

"Io sono qui solo come supporto," si intromise Isabelle spuntata da chissà dove. 

Magnus annuì e dopo essersi fatto mostrare la foto del tatuaggio che i due volevano si allontanò per andare alla sua scrivania e cominciare a creare lo stencil. Un ragazzo lo raggiunse e, dopo aver scambiato qualche parola con Magnus, annuì e prese anche lui un foglio. 

"Io sono Simon, sono l'altro tatuatore," si presentò sorridendo. Aprì la bocca per dire qualcosa ma fu interrotto da Magnus. "Io prendo il moro," lo informò senza nemmeno alzare lo sguardo da ciò che stava disegnando sulla sua scrivania. 

Isabelle e Simon sbuffarono una risata nello stesso identico momento, mentre Alec alzava le sopracciglia confuso e Jace incrociava le braccia al petto, sentendosi vagamente offeso. 

Dopo dieci minuti, Magnus aveva finito con il disegno e lo stava passando a Simon in modo che potesse ricalcarlo e quindi far venire i due tatuaggi identici. 

"Via le maglie e sdraiatevi sui lettini, Alec a destra e Jack a sinistra," ordinò Magnus facendo dei gesti con le mani a seguire le proprie parole. 

"Jace," lo corresse il biondo togliendosi la maglietta e sdraiandosi dove gli era stato detto. 

"È uguale," tagliò corto Magnus osservando Alec che stava seguendo i passi di Jace. "Siediti pure qui, principessa," gli disse facendo scivolare uno sgabello al centro dello studio, esattamente in mezzo ai due lettini in modo che potesse essere vicina ad entrambi i fratelli. Isabelle si sedette ringraziando Magnus e andando poi a stringere le mani di Alec e Jace. 

Magnus e Simon non persero tempo ad applicare lo stencil e, dopo l'ok dei due, cominciarono a tatuare. La sensazione dell'ago che bucava più e più volte la pelle non era per nulla piacevole ma era sopportabile.

"Siete fidanzati?" gli chiese Simon, i suoi occhi e il suo tono erano liberi da qualsiasi giudizio o malizia. 

"Siamo fratelli," rispose Alec scuotendo leggermente la testa prima di tornare a guardare la mano di Magnus che si muoveva esperta sul suo fianco. 

"Oh menomale," gli disse proprio questo arrestando per un attimo i suoi movimenti giusto il tempo di fare l'occhiolino ad Alec e poi alzare lo sguardo per scambiarsi un sorriso con la sorella. Con la coda dell'occhio vide Alec arrossire leggermente e un ghigno andò a alzargli un angolo della bocca tornando poi a concentrarsi sul tatuaggio, ormai quasi del tutto finito. 

"Sean, a che punto sei?" chiese all'altro senza alzare lo sguardo dal proprio lavoro sul corpo di Alec. 

"Oh andiamo!" si lamentò questo alzando gli occhi al cielo mentre girava sullo sgabello per andare a prendere dei fazzolettini per pulire. "Sono tre anni che lavoro qui, lo so che sai che mi chiamo Simon, lo fai apposta per darmi fastidio," lo accusò. 

Isabelle nascose una risata dietro una mano. "Non lo farei mai, Steven," alzò le mani Magnus fingendosi innocente. 

"Ti odio," disse assottigliando lo sguardo in quella che sperava essere un'espressione minacciosa e piena d'odio. "Ho quasi finito," aggiunse poi senza dare peso alla velata minaccia di Magnus che sussurrò un "ricorda che sono io a darti la paga." 

"Per quanto mi piaccia la vista," disse gesticolando nella direzione di Alec sdraiato sul lettino senza maglia - quando Alec alzò gli occhi al cielo sbuffando, Magnus gli fece l'occhiolino. "Abbiamo un altro appuntamento tra meno di mezz'ora," lo informò lanciando un'occhiata all'orologio posto sulla scrivania all'ingresso. 

Magnus aveva finito ed era intento a ripulire Alec - mettendoci stranamente il doppio del tempo che ci sarebbe voluto - quando Simon spense la macchinetta e ripulì velocemente Jace. 

I due si dessero un'occhiata veloce allo specchio prima di rivestirsi. Appena sopra al fianco adesso erano entrambi marchiati con il simbolo della loro fratellanza e unione. Alec non potè che sorridere quando vide Jace fare lo stesso, nascondendosi subito dietro la maglia che si infilò. 

Magnus si mise davanti ai due e gli cominciò a spiegare cosa avrebbero dovuto fare per prendersi cura del tatuaggio, evitare infezioni e tutto il resto. 

"Offre la casa," disse poi sorridendo mentre passava un barattolino di crema ad Alec. Gli aveva spiegato poco prima che l'avrebbe dovuta usare dopo aver tolto la pellicola dal tatuaggio. "Dieci dollari," aggiunse poi voltandosi verso Jace, un'espressione piatta in viso e il tono serio mentrgli e offriva lo stesso identico barattolo di crema. 

Isabelle alle loro spalle dovette nascondere una risata con un colpo di tosse mentre Alec non potè in alcun modo evitare che un ghigno divertito gli increspasse le labbra. 

"Scherzo, scherzo," si arrese vedendo l'espressione sul volto di Jace. "Ecco a te," gli passò il barattolino e prese i soldi che Alec aveva già tirato fuori dal portafogli. 

"È stato un piacere," li salutò poi. "Sapete dove trovarci se volete farne un altro," gli disse sorridendo. "Sarei più che felice di rimettere le mani su tutto quello," aggiunse indicando Alec e dando il cinque a Isabelle che rideva sotto i baffi. 

Alec scosse la testa ma ridacchiò, divertito. Appena usciti dallo studio, Isabelle si fermò sbuffando. "Ho dimenticato la borsa dentro," disse ai due prima di sparire di nuovo dentro. 

Qualche secondo dopo era di nuovo fuori, prese a braccetto i due fratello e li guidò verso la strada di casa con un sorrise stampato sul volto. 

Sorriso che si allargò ancora di più quando il telefono di Alec suonò notificandolo dell'arrivo di un nuovo messaggio facendolo fermare bruscamente nel bel mezzo del marciapiede. 

"Izzy!" la riproverò girando il telefono in modo che potesse leggere il messaggio che Magnus gli aveva mandato. 

"Me l'ha chiesto lui," si finse innocente la mora. In realtà l'aver dimenticato la borsa era stata solo una scusa per poter rientrare e lasciare il numero di Alec a Magnus. 


A domani ♡

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Capitolo 16
*** Monster | Sterek ***


15/12/2017 Day Fifteen: 1250

Un altro rumore arrivò dalla bagno e Stiles sussultò leggermente sul posto, spaventato. Andava avanti così ormai da dieci minuti. 

Il primo rumore che arrivò alle orecchie di Stiles, che era comodamente seduto sul divano in salotto, fu simile a quello di un vetro che va in frantumi ma, quando chiamò Derek e gli chiese cosa fosse successo, questo fu veloce a rispondere che gli era scivolato di mano un flaconcino di profumo e si era distrutto in mille pezzi. 

Stiles gli chiese se avesse bisogno di una mano per pulire tutto ma Derek rifiutò l'aiuto dicendo che aveva tutto sotto controllo, la sua voce però era come distorta come se stesse stringendo i denti per evitare di urlare. 

Da qual momento Stiles aveva abbassato il volume della televisione e stava prestando attenzione ai movimenti del maggiore ancora nascosto dietro la porta del bagno.  

Attraverso il legno chiaro sentiva i respiri pesanti di Derek e poi un altro rumore, di qualcosa che, dopo un colpo, si sbriciola a terra. Non riuscì a sentire nessun altro respiro, quindi la sia prima ipotesi - e paura - di un possibile ladro o qualcosa fu accantonata. Poggiò la mano sulla maniglia e la abbassò, trovando la porta aperta. "Posso entrare?" chiese ma nemmeno attese una risposta e aprì. 

Derek gli dava la spalle, poteva vederle alzarsi ed abbassare velocemente, come se il ragazzo respirasse con difficoltà. Stiles, dopo essersi guardato intorno, notò lo specchio del bagno distrutto in mille pezzi attorno al centro dove adesso c'era un buco, come se Derej gli avesse tirato un pugno. Per terra invece, oltre ai cocci di vetro, c'erano dei pezzi di ceramica sbriciolati, alzando lo sguardo vide che un angolo del mobile dove c'era il lavandino era distrutto. 

"Der--" si avvicinò all'altro e gli mise una mano sulla spalla, cominciava davvero a preoccuparsi. Poteva essere un attacco di panico o magari stava andando in iperventilazione, ma qualunque cosa fosse Stiles voleva aiutarlo. Cercò di aggirarlo in modo da poterlo guardare negli occhi ma Derek voltò il viso dall'altro lato. 

"Derek," lo chiamò di nuovo e lo costrinse a girarsi facendo forza sulla presa che aveva sulle sue spalle. 

Lasciò immediatamente la presa e fece mezzo passo indietro spaventato quando finalmente riuscì a far girare Derek. I suoi occhi erano iniettati di sangue, il verde a malapena distinguibile, mentre tutto attorno era come se le vene e i capillari si fossero riempiti di sangue rendendoli più visibili, formando una cornice inquietante attorno agli occhi stessi. 

Aveva le labbra semi aperte da cui uscivano dei respiri corti e affannati, Stiles poteva benissimo notare come i canino di Derek risultavano allungati e più pronunciati di come li aveva normalmente. 

Derek cercò di nuovo di voltarsi ma Stiles glielo impedì. Vampiro era la parola che stava occupando il suo cervello, ma era impossibile. Non esistevano davvero, andiamo. Eppure era lì davanti a lui, il Derek che conosceva da anni e con cui orami condivideva tutto era davanti a lui. Un vampiro

Stiles alzò una mano per andare a poggiare le dita piano sulle vene attorno agli occhi di Derek, trattenendo il respiro quando vide Derek chiudere gli occhi ma non spostarsi. 

Il suo sguardo si spostò dagli occhi alle sua bocca, i canini bianchi ancora ben visibili oltre le labbra rosse e inquietanti, come pronti a mordere qualsiasi cosa gli capitasse sotto tiro. 

"Non hai paura?" gli chiese a fatica Derek aprendo di nuovo gli occhi. Stiles riuscì solo a scuotere la testa come risposta. "Non riesco a controllarlo stasera," gli spiegò poi in un sussurro. 

Non si nutriva di sangue da più di ventiquattro ore, probabilmente era quella la causa della sua trasformazione anche se l'aveva combattuta - ma era riuscito solo a ritardarla il più possibile. 

D'untratto, l'unica cosa su cui Derek riusciva a concentrarsi era il sangue che scorreva delle giugulare di Stiles, scoperta. Era come se vedesse e sentisse solo quella, il suo sangue all'interno che veniva pompato direttamente dal cuore e lo faceva scorrere. 

Stiles sembrò accorgersene e trattenne il respiro, il suo cuore cominciò a battere più velocemente e il sangue cominciò a scorrere ancora più veloce. 

In un attimo si ritrovò intrappolato dalle braccia di Derek che lo tenevano fermo al suo posto, contro la porta adesso chiusa, e i suoi denti che gli bucarono la pelle del collo, appena sotto l'orecchio destro. 

Stiles sentiva il sangue lasciare le sue vene, succhiato via da Derek, l'azione lo lasciava con una sensazione mista di leggerezza e di spossatezza. Sentiva le braccia e le gambe diventare sempre meno pesanti, come se da un momento all'altro dovesse volare via o cadere per terra senza più controllo del proprio corpo. 

Fu l'ultima delle due a capitare. Infatti le sue gambe non riuscirono più a reggere il suo peso e si trovò a cadere, salvato in tempo da Derek prima che si sfracellasse per terra. 

"Scusa," gli disse ad un orecchio sollevandolo di peso e riportandolo in salotto. "Scusa, scusa," continuava a ripetere. 

"N-non preoccuparti," trovò la forza di rispondere Stiles. In fondo, sapeva di potersi fidare di Derek, non gli avrebbe mai fatto del male, non intenzionalmente almeno.

"Non avrei dovuto," continuò a dire Derek adagiandolo piano sul divano dopo essersi assicurato che i due piccoli fori sul suo collo avessero smesso di sanguinare. 

Stiles si portò una mano dove poco prima i denti di Derek erano affondati sulla sua pelle e sussultò leggermente per il dolore che sentì, come quando vai a sbattere e senti che il giorno dopo avrai un livido in quel punto. 

"Va bene così, fa solo un po' male," riprovò a calmarlo Stiles e questa volta sembrò riuscirci. Derek si sedette accanto a lui e, dopo essersi assicurato che Stiles stesse bene, si rimisero a guardare la tv. 

"Stiles?" lo chiamò Derek dopo qualche momento di silenzio. L'altro sussultò spaventato dalla sua voce nel silenzio che si era creato - salvo per il brusio di sottofondo della televisione. 

"Mh?" Stiles cercò di sembrare il più tranquillo e normale possibile ma la sua voce uscì leggermente più alta del solito. 

Derek allungò una mano nella sua direzione e la posò sulla sua guancia, facendogli girare il viso verso di lui. "Hai paura," disse poi guardandolo negli occhi. 

"N-no, sono solo sorpreso," disse lui. Derek poteva benissimo sentire come il suo cuore aveva perso un battito, il che significava che aveva appena mentito. In più, per tutta la serata dopo l'incidente aveva sentito i battiti del ragazzo essere accelerati e non erano mai tornati regolari e calmi. Era spaventato. 

Derek chiuse gli occhi per qualche istante prima di riaprirli e incatenarli a quelli di Stiles. "Voglio che dimentichi quello che è successo stasera," le pupille di Stiles si dilatarono per poi tornare normali. "Siamo stati tutta la sera qui sul divano, io ti ho morso un po' troppo forte mentre giocavamo e tu ti sei messo a ridere," gli disse mentre sentiva gli occhi cominciare a bruciare e la vista appannarsi leggermente per via delle lacrime che si stavano formando. "Voglio solo che tu sappia che ti amo e che non ti farei mai del male intenzionalmente," continuò mentre Stiles era immobile come ammaliato. 

"Passeremo momenti belli insieme ma voglio che, nonostante tutto e i tuoi sentimenti, tu non abbia alcuna esitazione a lasciarmi se mai avessi dei dubbi su di noi o se incontrassi qualcuno veramente degno di te," la voce gli si ruppe ma continuò comunque. "Non ti merito, ma ti amo." 

Giuro che avevo delle cose intelligenti da scrivere qui ma me le sono scordate... alla prossima và~

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Capitolo 17
*** Pathetic | Malec ***


16/12/2017 Day Sixteen: 905

"Tornerò prima delle undici," li informò Isabelle mentre stringeva al petto un fascicolo che Magnus riconobbe subito come un campionario di colori. "Spero," aggiunse poi sbuffando e Magnus rise. 

La ragazza aveva un appuntamento con la signora Herondale, una vecchiaccia severa e che non riceveva abbastanza amore a parere di Magnus. Catarina aveva avuto a che fare con lei per una mattina intera e già alla pausa pranzo aveva chiamato Isabelle dicendole che piuttosto che lavorare ancora con lei avrebbe preferito licenziarsi e andare a vivere sotto un ponte. 

Magnus non aveva mai avuto la fortuna di averci a che fare ma dai racconti delle due ragazze ringraziò il cielo. 

Tornò a leggere l'articolo sulle nuove mode dell'anno in campo di arredamenti dopo essersi scambiato un'occhiata divertita con Cat. 

Raphael, dall'altra parte dell'ufficio, stava borbottando un lungo elenco di parolacce in spagnolo dirette al suo computer che, per quanto Magnus riuscì a capire dalla lingua straniera, si bloccava ogni due minuti. 

Catarina, accanto a lui, camuffò una risata con un colpo di tosse e alzò le mani come segno di resa quando Raphael la incenerì con lo sguardo. 

La porta dell'ufficio si aprì qualche istante dopo e Magnus si affacciò oltre al muretto per vedere chi fosse e si ritrovò a sorridere come un ebete. Alec Lightwood era appena entrato e si guardava intorno confuso. 

"Isabelle è appena uscita," lo informò Magnus gentile e quasi riuscì a sentire Raphael alzare gli occhi al cielo. 

"Cavolo," esalò il ragazzo portandosi una mano a stropicciarsi gli occhi. "Ho in studio un suo cliente e voleva sapere quando era libera per un appuntamento," lo informò poi appoggiandosi al muretto basso in modo da poterlo guardare negli occhi nonostante non fossero allo stesso livello. 

Tutta la famiglia era nel business della costruzione di case. Alec si era laureato in architettura e aveva aperto uno studio proprio dall'altra parte della strada di quello di Izzy, Jace dirigeva un'impresa di costruzioni appena dietro l'angolo e Isabelle invece curava gli interni.

Magnus spostò lo sguardo dal suo per andare ad aprire il calendario con gli appuntamenti di Isabelle che teneva nel computer. "Come si chiama il cliente?" chiese Magnus tornando a guardare Alec. Ogni scusa è buona per fissarti, in realtà. 

Il ragazzo sembrò pensarci su per qualche istante prima di scuotere la testa e grattarsi la nuca imbarazzato. "Non me lo ricordo," si giustificò poi facendo sorridere Magnus. "Ha parlato per più di due ore e mi ha mandato in pappa il cervello, sono letteralmente scappato dal mio stesso ufficio," alzò gli occhi al cielo. Sapessi come mandi tu il cervello in pappa a me

"Mh uomo o donna? Alto o basso? Età?" chiese Magnus cercando di raccogliere più informazioni possibili in modo da riconoscere il soggetto. Sicuramente lo aveva visto almeno una volta e la sua memoria non lo aveva mai tradito. 

"Uomo, abbastanza alto ma più basso di me, giovane" descrisse l'altro aggrottando le sopracciglia in un modo semplicemente adorabile. 

"Era un bell'uomo?" chiese dopo facendo ridere Catarina che scosse la testa. 

"Non saprei?" rispose un po' titubante. "Descrivi bello," chiese e si voltò verso Raphael quando, quella volta, fu lui a sbuffare una risata e a guardare Magnus con un'espressione strana in volto che Alec non riuscì a capire. 

"Non saprei," Magnus fece finta di pensarci per qualche istante prima di rispondere. "Occhi chiari e capelli scuri per cominciare, poi alto e con un fisico atletico, gentile, dolce e con qualche tatuaggio mag--" 

"Magnus," lo riprese Raphael interrompendo la sua descrizione di bellezza secondo il suo giudizio. La descrizione di Alec, in poche parole. 

Alec alzò un sopracciglio e scosse la testa. "Allora no, capelli castani, occhi scuri e occhiali, sembra poter parlare per ore intere senza respirare," descrisse poi pensandoci attentamente. 

"È Simon Lewis," si intromise Catarina alzando gli occhi dallo schermo e sorridendo ad Alec. 

"Oh, Steven," fece Magnus andando ad appuntare sul calendario di Isabelle proprio nel momento in cui questa entrò in ufficio. 

"Ho scordato l'altro camp-- fratellone? Cosa ci fai qui?" gli chiese alzandosi sulle punte per dargli un bacio sulla guancia non appena lo vide. 

"Cercavo te," rispose Alec ricambiando il bacio. Gli spiegò la situazione e Isabelle gli fece cenno di seguirla nel suo ufficio per mettersi d'accordo su una data. 

Magnus tenne gli occhi fissi sul ragazzo finchè non sparì dietro la porta dell'ufficio della sorella. 

"Patetico," sussurrò Raphael ma abbastanza ad alta voce da farsi sentire da Magnus - che prontamente gli lanciò la prima penna che trovò sulla sua scrivania. 

Dieci minuti dopo la porta dell'ufficio della ragazza si aprì e Alec uscì. "Ci si vede," salutò passando davanti alla scrivania di Magnus. 

"Spero presto," disse di rimando l'altro. 

Alec si fermò sui suoi stessi passi prima di voltarsi e tornare indietro verso la scrivania. "Ehi," cominciò esitante. "Ti va di andare a pranzo dopo?" chiese velocemente. "Insieme intendo," specificò poi sentendosi sempre di più in imbarazzo per la sua incapacità di chiedere qualcosa di così semplice senza sembrare stupido. 

"Certo," rispose Magnus immediatamente, senza nemmeno doverci pensare su. 

"Bene," gli sorrise Alec rimandendo impalato lì per qualche secondo prima di tornare in sè e salutare di nuovo con un cenno della mano. "A dopo allora," disse prima di uscire. 

"A dopo," sospirò felice Magnus appoggiando il mento al palmo della mano, l'aria sognante. 

"Patetico, l'ho già detto?" fu di nuovo la voce di Raphael a rovinare tutto. 

Indovinate chi è a casa con la febbre?

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Capitolo 18
*** Rivals | Sterek ***


17/12/2017 Day Seventeen: 1499

"Mi meraviglio ogni volta che il coach decide di farti giocare, Stilinski," arrivò la voce di Derek, forte abbastanza da farsi sentire sopra le urla degli spettatori. 

"Io invece mi meraviglio ogni volta che riesci a fare una frase di senso compiuto," ribattè Stiles piegando la testa di lato e facendo girare la racchetta da lacrosse tra le mani. 

Derek e Stiles si odiavano da sempre. Per i corridoi a scuola Derek andava a sbattere contro Stiles facendolo cadere quasi ogni volta, Stiles parcheggiava la jeep dove sapeva che di solito la lasciava Derek, Derek faceva cadere tutti i libri a Stiles ongi volta che questo li teneva in mano e Stiles chiudeva l'armadietto di Derek proprio quando questa aveva la mano ancora dentro, schiacciandogli le dita. 

Adesso si trovavano in campo, uno di fronte all'altro, mentre aspettavano il fischio d'inizio della partita. 

A scuola era stato assunto un nuovo insegnante di ginnastica per via delle troppe classi, il coach Sebas, che aveva preso quelli della sezione A e C lasciando al coach Finstock quelli della B e della D. I due professori avevano deciso di creare un torneo interno tra gli studenti e ormai andava avanti da qualche anno. 

Sempre con lo stesso risultato però. Le ultime due classi ad arrivare alle finali erano la sezione A e la sezione D, con il risultato finale della vittoria schiacciante della sezione A - e quindi del coach Sebas. 

Il capitano della A, Derek Hale, era solitamente quello che segnava più punti, seguito subito dopo dal co-capitano, Isaac Lahey. 

Quello della sezione D invece era Scott McCall seguito da Jackson Whittemore - a cui ancora non andava giù il fatto di condividere il ruolo di capitano con un altro. Nella squadra figurava anche Stiles, da sempre un po' una schiappa ma stava migliorando con il tempo, riuscendo addirittura a segnare qualche punto di tanto in tanto. 

L'arbitro fischiò nel fischietto e lanciò la palla in aria, facendo scattare in avanti sia Derek che Stiles. Derek fu un po' più veloce e riuscì a prendere la pallina al volo, rubandola a Stiles e poi scattando via verso l'altra metà di campo. 

Alla fine del primo tempo, la squadra di Derek stava vincendo con cinque punti sopra l'altra. Nella pausa il coach Finstock richiamò la sua squadra e cercò di variare un po' il piano d'attacco, spostando Stiles da attaccante a difensore e facendo un cambio di portiere. 

A metà del secondo tempo Stiles si era ritrovato placcato a terra dallo stesso Derek che lo aveva puntato circa da metà campo e gli era corso addosso, buttandolo per terra e immobilizzandolo dopo aver passato la pallina a Isaac che andò dritto dritto a fare punto. 

"Sicuro che il lacrosse faccia per te?" gli disse Derek prendendolo in giro e alzandosi, liberandolo dalla sua prigione. Si chinò leggermente e allungò una mano verso Stilesi per aiutarlo a rimettersi in piedi. 

Stiles guardò la mano per qualche istante prima di alzarsi da solo, senza accettare l'aiuto dell'altro. "Concentrati sulla partita, Hale," gli disse tornando al suo posto senza nemmeno degnarlo di un altro sguardo. 

"Avete fatto del vostro meglio," cominciò il coach una volta finita la partita, 14 a 8 vittoria per la squadra del coach Sebas. "No, in realtà avete fatto schifo diciamoci la verità," si corresse poi lasciando entrare i giocatori negli spogliatoi. 

Stiles si lasciò cadere sulla panchina togliendosi il caschetto e le protezioni, aveva i capelli umidi per via del sudore, la pelle arrossata per il caldo e i muscoli che cominciavano a far male. Scott gli fu subito accanto e si spogliò velocemente infilandosi subito sotto la doccia. 

Jackson stava parlando poco distante con Danny, il loro portiere migliore che però si era rotto una mano e non aveva potuto giocare la partita di quella sera. 

Stiles se la prese con comodo, rimettendo in ordine le protezioni e infilando l'uniforme sporca nella borsa che avrebbe portato a casa per lavarla con almeno due-tre litri di detersivo. 

"Ci vediamo direttamente alla tavola calda?" gli chiese Scott appena uscito dalla doccia e intento a cambiarsi nei vestiti puliti. Come da tradizione, dopo ogni partita, si trovavano con il resto del gruppo per cenare e stare un po' insieme. Pagava ogni volta Lydia giusto per alleviare un po' la tristezza e la delusione della sconfitta. 

"Sì, vi raggiungo lì," gli disse mentre lo spogliatoio cominciava a svuotarsi dei suoi compagni di squadra e riempirsi nuovamente ma con quelli dell'altra. 

Recuperò il suo asciugamano dall'armadietto e si infilò sotto la doccia, evitando il più possibile quelli dell'altra squadra e lasciando che l'acqua calda rilassasse i suoi muscoli e lavasse via sporco e sudore. Sentiva la spalla destra fare male ogni volta che la muoveva e sapeva con certezza che il giorno dopo avrebbe avuto un grosso livido. 

Lasciò che l'acqua gli scivolò sul viso, lavando via anche la stanchezza che cominciava a sentire, e perse la cognizione del tempo. 

Chiuse l'acqua e si asciugò velocemente con l'asciugamano prima di legarselo in vita e tornare agli armadietti. Doveva aver perso fin troppo tempo sotto la doccia perchè poteva vedere gli ultimi ragazzi uscire e lasciarlo solo. 

"Guarda chi c'è," sentì una voce alle sue spalle mentre si infilava la maglietta che lo spaventò leggermente ma cercò di non farlo notare quando riconobbe la voce. 

Si voltò semplicemente sedendosi sulla panchina per potersi infilare le scarpe, guardò per una frazione di secondo Derek per fargli capire che lo aveva sentito ma poi tornò a concentrarsi sulle sue scarpe. 

"Non mi parli perchè abbiamo vinto?" chiese mettendo la bottiglietta d'acqua che reggeva in mano dentro la borsa e sedendosi ad osservare l'altro. 

"Non ti parlo perchè sei uno stronzo," ribattè Stiles alzando gli occhi al cielo. 

"Ma mi hai appena parlato," gli fece notare Derek alzando un sopracciglio e appoggiandosi con la schiena agli armadietti dietro di lui. 

Stiles sbuffò. "Non hai niente di meglio da fare?" chiese poi passando all'altra scarpa che recuperò dalla borsa e si infilò andando ad allacciarla. 

"Al momento no," Derek alzò le spalle con fare innocente. "È sempre bello sapere il punto di vista della squadra perdente," fece poi sorridendo. 

"No, davvero," Stiles si alzò e chiuse la sua borsa controllando l'orario sul display del suo cellulare. "Ti diverti proprio a fare lo stronzo?" gli chiese poi. 

"Mi hai dato dello stronzo due volte nel giro di cinque minuti, stai attento Stilinski," minacciò l'altro. 

"Ma è quello che sei," gli disse alzando le mani come se la cosa fosse ovvia pescando poi il cellulare dalla tasca dei jeans e mandando velocemente un messaggio a Scott in cui lo avvertiva che stava per uscire dalla scuola e raggiungerli.

"Ma non ho fatto niente," specificò Derek. 

"È proprio quello il problema," sospirò il ragazzo girandosi e andando a chiudere l'anta dell'armadietto. "È il tuo essere stronzo inconsapevolmente che ti rende ancora più stron--" 

"Quattro volte," la voce di Derek gli bloccò l'ultima parola ancora in gola e la sua vicinanza gli impedì di inghiottire. 

Derek infatti si doveva essere alzato mentre parlava e adesso gli era dietro con una mano a stringere il suo polso e fermarlo dal chiudere l'anta dell'armadietto. 

Stiles si rigirò e cercò di liberarsi dalla presa di Derek strattonando il braccio destro ma senza alcun risultato. La mano di Derek era ferma e ancorata al suo polso, senza la minima intenzione di lasciarlo andare. 

"Lasciami," intimò Stiles ma senza riuscire a guardarlo negli occhi. 

"Altrimenti?" fece in un sussurro l'altro, ghignando del tentativo andato a vuoto del ragazzo di liberarsi. 

Stiles finalmente alzò lo sguardo puntandolo su quello verde di Derek, pronto a urlargli contro di lasciarlo ma le parole gli morirono in gola e dalle sue labbra non uscì nulla. 

In un attimo, queste furono impegnate a fare altro. Derek si abbasso quel tanto che gli bastava per collegare le loro labbra in un bacio caldo e arrabbiato. 

Stiles rispose al contatto dopo qualche secondo, quelli che gli servirono per capire cosa stesse succedendo. Morse il labbro inferiore di Derek facendolo lamentare per il dolore e ridacchiò quando Derek fece lo stesso qualche secondo dopo. 

La sua mano destra, non seppe bene quando o come, si ritrovò affondata tra i capelli neri di Derek in una presa che lo fece restare il più vicino possibile al suo viso. 

D'un tratto, un rumore alle loro spalle li fece spaventare. Stiles si staccò e mise distanza tra sè e Derek così velocemente, quasi sembrò l'altro lo avesse bruciato con il suo contatto, non appena sentì qualcuno alle sue spalle sbuffare in modo un po' troppo esagerato. 

"Davvero, non potevi sceglierti Danny?" chiese il coach scuotendo la testa e alzando le mani al cielo, arreso. "No? Proprio uno dell'altro team?" continuò poi con fare infastidito. 

Stiles sbattè le palpebre velocemente e poi alzò le spalle senza esattamente rispondere all'uomo. 

"Oh beh, magari riesci a distrarlo abbastanza da farci vincere, la prossima volta," cercò di trovare il lato positivo alla faccenda. 

 
Non l'ho riletta quindi scusate eventuali errori, alla prossima ♡

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Capitolo 19
*** Anniversary | Sterek ***


19/12/2017 Day Nineteen: 1046

Derek tornò al loft dall'incontro con Deaton nel tardo pomeriggio. Il sole era ormai scomparso per via delle giornate sempre più corte che l'inverno aveva portato. 

Mancava poco meno di una settimana al Natale, non che lui l'avesse mai festeggiato dopo la morte della sua famiglia. Ma quell'anno Stiles si era presentato a casa sua, aveva addobbato tutto a regola d'arte ed era perfino riuscito a recuperare un albero di Natale da chissà dove. 

Chiuse la pesante porta in ferro e accese la luce del salotto, cosa non del tutto necessaria visto i suoi occhi che si adattavano tranquillamente al buio e la miriade di lucine di tutti i colori che lo illuminavano. 

Sentiva il cuore di Stiles battere al piano di sopra e lo sentì alzarsi per scendere e dargli il bentornato, avvertendo il rumore della porta che veniva chiusa. Non se la ricordava nemmeno più una volta in cui, tornando a casa, non ci avesse trovato il ragazzino spaparanzato sul divano, o intento a fare i compiti sulla tavola in cucina oppure addormentato da qualche parte. 

"Ehilà," lo salutò Stiles sull'ultimo gradino della vecchia scala a chiocciola. Doveva farla cambiare prima che ci inciampasse qualcuno. 

Derek gli sorrise di rimando e gli passò un braccio attorno alle spalle quando questo si avvicinò, gli lasciò un bacio sulla testa, tra i capelli, e se lo strinse addosso, inalando il suo profumo dolce. 

"Se hai finito di sniffarmi, ho una cosa per te," gli disse tutto contento il ragazzino, prendendolo in giro per l'abitudine che aveva di annusarlo per riempirsi del suo odore. Non era colpa sua se quell'odore dolce gli piaceva da impazzire, ok

Derek si lasciò condurre fino all'albero di Natale che Stiles aveva messo in un angolo dell'ampia stanze. C'è un numero limite di luci colorate e palline che si possono mettere come addobbo? Perchè era sicuro che Stiles lo avesse superato, e di parecchio anche. 

Stiles si sedette per terra con le gambe incrociate e tirò il braccio a Derek in modo che anche lui lo seguisse. Si sedette accanto a l'altro e lo guardò confuso quando Stiles si sporse per andare a recuperare un regalo da sotto l'albero. 

"Ma non è ancora Natale," gli fece notare Derek alzando un sopracciglio ma prendendo comunque il regalo che gli era stato allungato. 

La scatolina era piccola e rettangolare, incartata alla bene e meglio con una carta da pacchi rossa con delle sottili strisce bianche e grigie. 

"È il 19 oggi," gli disse Stiles come se quella semplice frase avesse dovuto spiegare tutto. 

Derek lo guardò ancora più confuso di prima, se possibile. "Non ci credo," esalò Stiles a metà tra lo sconvolto e il deluso. "Non te lo ricordi davvero?" 

Prima che potesse restarci male ancora di più, Derek fu veloce a rispondere. "Certo che me lo ricordo," arpionò una mano attorno al suo fianco e avvicinandoselo. "Buon anniversario," gli disse poi estraendo dalla tasca della felpa un sacchettino argentato. Si divertiva a far soffrire il ragazzino ogni tanto. 

"Sei uno stronzo," gli disse ma comunque si sporse per dargli un bacio sulla guancia e prendere il sacchettino. 

Al suo interno c'era un braccialetto, una sottile catenella d'argento con una placca sottile in mezzo che luccicava con tutte le lucine nella casa. Al centro di essa, due cuori erano incisi e intrecciati tra loro. Stiles se lo rigirò tra le mani e, sul retro della placca dal lato opposto ai cuori incisi sul metallo, c'era una piccola scritta in calligrafia corsiva, Derek. Era bellissimo. 

Derek alzò la manica destra della sua felpa e gli fece vedere come anche lui avesse lo stesso identico bracciale, girando la placca il nome Stiles campeggiava fiero in mezzo. "Mieczysław non ci stava," lo prese in giro Derek. 

Stiles gli tirò un pizzicotto ma sorrise quando Derek gli prese il polso per allacciargli il bracciale. "È bellissimo, mi piace un sacco," confessò poi riguardandolo più volte. 

Quando si riprese dalla trance che il braccialetto gli aveva causato, esortò Derek ad aprire il suo. 

Scartata tutta la carta - Stiles ne aveva usata ben più del necessario risultato in una massa di carta stropicciata sul pavimento, accanto a loro - all'interno della scatolina nera c'era un portachiavi. 

Derek sorrise, si ricordava quando mesi e mesi fa ormai non smetteva più di lamentarsi con il più piccolo del fatto che non sapeva mai dove mettere la chiave della Camaro, risultando sempre in una caccia all'oggetto nei momenti meno adatti. Tipo quella volta che arrivò in ritardo alla cena organizzata dallo sceriffo per conoscersi ufficialmente facendo una pessima impressione sul padre di Stiles ma guadagnandosi delle grasse risate da quest'ultimo nel vedere la sua faccia preoccupata alla reazione dello sceriffo. 

Tre ciondoli erano appesi all'anelletta in metallo. Uno era una piccola volpe seduta ma con l'aria furba sul viso e l'altro, più grande, era un lupo nero dagli occhi di un blu intenso. Il terzo ciondolo era un medaglietta attacca con una catenella argentata. Una data era incisa sopra. 13-03-2017

Derek si voltò con un'espressione confusa. "Stiles, hai sbagliato la data," gli fece notare Derek. "Stiamo insieme dal diciannove di dicembre, non da marzo," gli disse scuotendo la testa. 

"Non riesco a capire se sei serio oppure no," gli disse Stiles poggiandogli le mani sulle guance per guardarlo meglio negli occhi e cercare di capire. "Oh mio Dio! Sei serio!" accusò dopo. 

Alzo le braccia al cielo, esasperato e poi si alzò, pronto ad andarsene. Derek lo riacciuffò per un braccio e lo riportò a terra, facendolo sedere sulle sue gambe incrociate. "Dove vai, ti sto prendendo in giro," confessò. 

Stiles sbuffò e incrociò le braccia al petto, imbronciandosi. "Ma perchè sto ancora con te?" chiese poi a nessuno in particolare. 

"Perchè mi ami," rispose Derek e Stiles non potè negare. "È stato il giorno in cui ti ho detto che ti amavo per la prima volta, come potrei dimenticarmelo?" gli disse poi rigirandosi il portachiavi tra le dita, sorridendo. 

"Ed è stato il giorno in cui ti ho detto che ti amavo anche io," sussurrò Stiles lasciando andare la recita dell'offeso e allacciando le braccia attorno al collo del lupo. "Non è cambiato nulla da quel giorno," gli disse nascondendo il viso nell'incavo del suo collo. 

"Nemmeno per me, ragazzino." 

 
Buonsera~
Niente, ho deciso di riprenderla piano piano, mi distrae e mi dispiace troppo lasciarla così a pochi giorni dal Natale

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Capitolo 20
*** No Falling | Malec ***


20/12/2017 Day Twenty: 1062

"Questa sì che è una bella visuale," dichiarò Magnus non appena aveva varcato la soglia del camerino. 

La schiena nuda di Alec era la prima cosa su cui i suoi occhi si erano posati, il ragazzo era piegato in avanti che cercava di infilarsi uno stivale di pelle restando in equilibrio su un piede solo mentre Isabelle gli teneva un braccio cercando di aiutarlo a non cadere. 

"Questa è l'ultima volta che ti faccio un favore, Magnus," minacciò Alec dopo essere finalmente riuscito ad infilarsi entrambe le scarpe senza cadere con la faccia a terra. "Una signora intenzionata a comprare un qualche tuo vestito mi ha appena chiesto se avessi qualche tatuaggio nascosto," raccontò mentre Isabelle rideva senza nemmeno cercare di contenersi ormai. 

"Beh, ne hai alcuni nascosti," gli fece notare Magnus riflettendo. Aveva un sacco di tatuaggi che tutti i giorni venivano nascosti dagli abiti. 

"Ero in mutande, Magnus," disse esasperato facendo scoppiare a ridere Isabelle, ancora più forte se possibile. 

"Oh," esalò l'altro ridacchiando ma tornando immediatamente serio quando Alec lo incenerì con lo sguardo. 

"Cinque minuti," arrivò la voce di uno degli assistenti che li avvertiva del tempo rimasto prima della prossima uscita per il gruppo di modelli. 

Alec non era un modello, nemmeno lontanamente. Si era lasciato convincere da Magnus, migliore amico della sorella e aspirante fashion designer di alta moda (?), a sfilare per lui. 

Un modello aveva avuto un contrattempo all'ultimo minuto e Magnus era entrato nel panico quando non era riuscito a trovare un sostituto. 

Alec si era offerto dopo che Isabelle lo aveva pregato in ginocchio praticamente. Magnus scherzava sempre sul fatto che Alec avrebbe potuto fare il modello con il fisico e la bellezza che si ritrovava. 

Magnus gli si era letteralmente lanciato addosso, immobilizzandolo in un abbraccio che poco mancava gli fermasse la circolazione. 

"Via via!" esclamò la stessa voce di qualche minuto fa. Magnus sospettava che fosse così attivo, diligente e puntuale solo perchè lo aveva visto backstage e ci teneva a fare una bell'impressione sul capo

"Merda," sbuffò Alec infilandosi in fretta e furia la maglietta. Magnus gli fu vicino in un attimo e gli sistemò i capelli, ridendo quando l'espressione di Alec rimase minacciosa. "Me ne devi una," gli disse poi mentre Magnus lo spingeva verso la grossa tenda rossa che l'assistente stava tenendo aperta per andare a sfilare in passerella. 

Isabelle e Magnus lo guardarono uscire. "Aveva paura di arrivare a fine passerella e cadere," gli disse Isabelle scuotendo la testa con un sorriso sulle labbra. "Gli ho disegnato una runa dell'equilibrio sulla spalla, per tranquillizzarlo, sai com'è," alzò gli occhi al cielo con fare scocciato ma Magnus sapeva benissimo che non lo era. 

Alec aveva da sempre avuto la fissazione con queste rune, si credeva che questi simboli, se disegnati sulla pelle, potessero conferire abilità, qualità, caratteristiche o migliorare quelle della persona stessa. Ce n'erano di ogni tipo e categoria, per ogni esigenza. Il ragazzo ne aveva tatuate su tutto il corpo, affascinato dalla leggenda dietro di esse e dalla loro bellezza. 

Qualche minuto dopo Alec era già di ritorno, sul viso un'espressione accigliata. "La signora di prima mi ha lanciato delle occhiatine strane alla fine della passerella," disse togliendosi velocemente la maglietta e lanciandola a Isabelle quando questa rise. "Sono quasi sicuro mi abbia fatto anche l'occhiolino." 

"Le lascio il tuo numero, se vuoi," Magnus incrociò le braccia al petto e annuì alle sue stesse parole. 

"Perchè ho accettato di aiutarlo?" chiese tra sè e sè ma alzando la voce abbastanza alta per farsi sentire da Magnus. Lo spettacolo era ormai quasi alla fine, mancavano gli ultimi modelli e poi il discorso finale di Magnus. 

"Perchè, sotto sotto, sai di essere nato per fare il modello nonostante ti ostini a dire di no," gli spiegò Magnus raccattando gli stivali che Alec si era tolto e stava lasciando indietro sul suo cammino. "E poi lo so che l'hai fatto in modo da poterti guadagnare il numero di qualche anziana signora ricca," gli disse alzando le spalle con fare ovvio. 

Alec si girò per guardarlo male. "Sei fortunato che ti am--" si bloccò prima di finire la parola e sgranò gli occhi, sconvolto da cosa si era appena lasciato sfuggire. Magnus aveva la sua stessa identica espressione. "Ehm, io... no cioè... io non... tu sei... nel sens--" 

"Magnus è ora di uscire e fare il tuo discorso," stavolta fu la voce dell'assistente al backstage di interromperlo e Alec non poteva che esserne felice, salvato per un soffio

"Non provare a scappare," disse puntando un dito accusatorio nella direzione di Alec. 

Isabelle, che intanto si era goduta la scena senza interrompere - o fermare Alec prima che parlasse troppo, grazie tante, Izzy - passò un braccio attorno alle spalle del fratello, facendolo abbassare al suo livello. "Tranquillo, lo tengo d'occhio io," rassicurò Magnus e si guadagnò uno sguardo carico d'odio dal fratello. 

Qualche minuto dopo, il discorso di Magnus era strutturato per durare più o meno venti minuti tra ringraziamenti, progetti futuri e collaborazioni ma alla fine ne durò cinque scarsi, lo stilista era troppo distratto e di fretta da argomenti e situazioni più importanti. 

Quando tornò dietro le quinte trovò Alec seduto su una delle poltroncine. Il ragazzo aveva le braccia incrociate, un'espressione accigliata e un broncio degno di un bambino a cui è stato sequestrato il giocattolo preferito dalla madre cattiva. Isabelle era accanto a lui, un sorriso compiaciuto sulle labbra e un'espressione furba. 

"Vi lascio soli," disse non appena Magnus gli fu davanti. 

Alec alzò lo sguardo solo per qualche istante. "Ti odio, sta' attenta al karma," minacciò seguendolo con lo sguardo prima di tornare a puntarlo sulle proprie mani. 

Magnus si mise le mani in tasca e spostò il peso da un piede all'altro, non sapendo bene cosa dire, da dove cominciare. 

"Senti," fu Alec a prendere per primo parola, senza guardarlo. "Mi dispiace, non avrei dovuto lasciarmelo sfuggire, tu sei... e io non avr-- facciamo finta che non sia successo, tu ovviamente non ricambi e per me va bene tornare ad essere amici come prima, se vuoi ovviamente, non devi sentirti obbligato o in im--" 

Le labbra di Magnus si posarono sulle sue ad interrompere quel fiume di parole sconnesso e troppo veloce per essere seguito. "Vuoi stare zitto?" gli disse ridacchiando e rituffandosi in un altro bacio, che questa volta Alec ricambiò subito.

 
Voi sapete cosa vuol dire alzando le spalle con fare ovvio? No? Nemmeno io.
Non so se l'avete notato ma mi piace interrompere i discorsi di A con un bacio di B

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Capitolo 21
*** Achoo | Sterek ***


Guess who's back? Pensavate di esservi liberati di me, eh? Reggetevi perchè questa arriva a livelli di stupidità e inutilità mai raggiunti.
21/12/2018 Day Twenty One: 685

Derek alzò lo sguardo dalle pagine ingiallite del vecchio libro che stava leggendo e aggrottò le sopracciglia, un'espressione confusa in volto. 

Stiles notò il movimento con la coda dell'occhio e lo guardò alzando un sopracciglio. Erano seduti sul divano del loft di Derek, Stiles che guardava la televisione scomposto e con i piedi sopra le gambe di Derek che invece stava leggendo un libro dall'aria noiosa. 

Derek sembrò guardarsi intorno prima di scuotere la testa e tornare a concentrarsi sulle pagine e rileggendo un'altra volta l'ultima riga del capitolo. Non passarono nemmeno dieci minuti che Stiles lo vide ripete lo stesso movimento. 

Il moro lasciò momentaneamente il libro sul divano e si voltò verso Stiles che, di rimando, si alzò e si mise a sedere dritto, cominciando a preoccuparsi al comportamento del maggiore.

"Che succede?" gli chiese il ragazzo quando vide l'espressione dell'altro. Era esattamente come quella di prima, confusa. 

Derek si portò l'indice della mano destra a toccare il naso, come se volesse controllare che fosse ancora al suo posto. Stiles avrebbe riso del gesto se non fosse stato preoccupato. 

I due rimasero in silenzio per qualche secondo, Derek sembrava sempre più confuso e Stiles cominciava a guardarsi intorno un po' spaventato, si spostò sul divano fino a essere a pochi centimetri da Derek.

Forse il mannaro aveva sentito l'odore di un altro licantropo avvicinarsi, o forse quello di sangue, di morte. O peggio ancora aveva sentito l'odore di un gruppo di cacciatori che si avvicinava. Stiles connuò a guardarsi intorno veloce alla ricerche di un'arma o di una via di fuga, erano soli e non sarebbe mai riuscito ad aiutare Derek nel combattimento e tanto meno a-- 

"Achoo!" 

Stiles saltò sul posto e si spostò leggermente, allontanandosi spaventato. Non fece nemmeno in tempo a elaborare ciò che era appena accaduto che Derek starnutì di nuovo. 

Il mannaro aveva gli occhi spalancati e che vagavano per tutta la stanza senza fermarsi su qualcosa di specifico per troppo tempo, era perso. Stiles, che aveva la stessa espressione in volto, gli poggiò una mano sulla spalla e si avvicinò di nuovo. "Stai bene?" 

"Non lo so," disse Derek tirando su leggermente con il naso. Il suono poco piacevole era quello dell'inizio di un raffreddore quando non è lì del tutto ma c'è, e si comincia a far sentire. Si presenta, si palesa. 

Derek starnutì di nuovo e stavolta dovette alzarsi dal divano per correre in cucina a raccattare un fazzoletto in cui soffiarsi il naso, prendendo poi un altro da tenere a portata di mano in caso di emergenza. Non si sa mai.  

"Ti stia ammalando?" gli chiese Stiles, con un tono a metà tra l'incredulo e l'accusatorio, che intanto aveva seguito l'altro di là in cucina. 

"Sono un licantropo, io non mi ammachoo," non riuscì nemmeno a finire la frase che un altro starnuto, forse addirittura più forte di quelli di prima, lo fece fermare. 

Stiles alzò un sopracciglio mentre Derek continuava a soffiarsi il naso. Gli si avvicinò e gli poggiò una mano sulla fronte, Derek era sempre stato caldo ma quel pomeriggio il ragazzo poteva giurare di sentirlo ancora più caldo del solito. "Sei caldissimo, secondo me hai la febbre," gli disse ignorando ciò che il licantropo aveva cercato di dire poco prima riguardo al fatto che non potesse ammalarsi. 

"Non posso ammalarm--" cercò di ripetere Derek ma il ragazzino lo fermò. 

"Smettila di fare il bambino capriccioso e lascia che mi prenda cura di te," lo ammonì Stiles prendendolo per un braccio e trascinandolo di nuovo sul divano prima di sparire per prendere un paio di coperte con cui coprire Derek. 

Due ore dopo, un film guardato e un piatto di zuppa finito, il telefono di Stiles lo notificò di un nuovo messaggio. Era Deaton che aveva trovato la causa della malattia improvvisa di Derek: quella sera stessa ci sarebbe stata un'eclissi totale e quindi i suoi poteri da licantropo cominciavano a svanire piano piano. Li aveva rassicurati però dicendo che la mattina dopo, al termine dell'eclissi, Derek avrebbe riacquistato i suoi poteri e sarebbe stato di nuovo in ottima forma. 

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Capitolo 22
*** It's Late | Malec ***


Sono sempre io, salve~ come va? Se avete voglia, in privato o anche qui, mi lasciate il vostro nick di instagram così vi seguo? Non posto spesso però lascio cuori come se piovesse ♡
22/12/2017 Day Twenty Two: 756 

"Mags?" Alec chiamò dalla camera da letto, la voce ancora impastata dal sonno ma allo stesso tempo sveglia per la preoccupazione dell'essersi svegliato in piena notte ed essersi reso conto di essere nel letto da solo, senza Magnus. 

Magnus era stato tutto il giorno impegnato con vari clienti, appena aveva avuto un momento libero tra un appuntamento e l'altro, si era fermato per fare l'inventario di tutti i vari ingredienti e aveva ordinato quelli che erano finiti. Essendo ingredienti e sostanze magiche, gli era impossibile reperire con la magia e quindi doveva per forza ordinarli da un rifornitore locale.  

"Mh?" arrivò la voce dell'altro, ovattata dalla porta socchiusa della camera ma comunque udibile nel silenzio totale della notte. 

Quando però Magnus non aggiunse altro, Alec si alzò e lo raggiunse in salotto, stropicciandosi gli occhi nel vano tentativo di scacciare via le tracce di sonno ed essere almeno un più lucido. 

Magnus era seduto per terra, attorno a lui erano sparsi una miriade di fogli ingialliti, libri aperti e boccette ormai semi-vuote di sostanze che Alec nemmeno riconosceva. 

Reggeva in mano una piccola ampolla e, proprio nel momento in cui Alec entrò nella stanza, era intento a versarne all'interno un'altra sostanza da una provetta. Il miscuglio sembrò ribollire per alcuni secondi e poi si stabilizzò, Magnus sbuffò e alzò gli occhi al cielo. 

Scosse la testa e lasciò cadere con poca grazia l'ampolla per terra, accanto a lui. La boccetta non andò in pezzi ma Alec notò un ammasso di altre ampolle, alcune vuote, altre piene e altre ancora invece rotte. 

Alec si abbassò al suo livello mentre Magnus raccoglieva un paio di fogli davanti a lui e li leggeva velocemente per poi lasciarli di nuovo per terra e prenderne altri. 

"Che stai facendo?" gli chiese Alec lanciando un'occhiata a uno dei libri accanto a lui. Era una lista di ingredienti e di passaggi per una pozione di cui Alec però non riconosceva il nome. 

Magnus sembrò quasi spaventato alla sua voce, come se non lo avesse nemmeno sentito arrivare e avvicinarsi a lui. "Una pozione per un cliente, solo che non riesco a ricordare come farla e non trovo i miei vecchi appunti," disse alzando le bracci arreso e poi passandosi una mano sul viso. 

La stanchezza era evidente nel suo volto e nel modo in cui tutti i suoi movimenti erano meno aggraziati del solito, alcune ciocche di capelli gli ricadevano sulla fronte disordinati e il suo trucco aveva visto giorni migliori. 

"Magnus, sono le tre del mattino e tu sei esausto," gli fece notare Alec. "Vieni a letto, domani mattina ti aiuto io," propose inclinando la testa di lato. 

Gli bastò uno sguardo per capire quanto Magnus fosse tentato dall'idea di lasciare tutto così com'era per terra e andare a dormire. Tentato ma non del tutto convinto. 

Alec si trovò costretto a decidere per lui. Si alzò e tese una mano all'altro, tirandolo su in piedi e conducendolo fino alla camera da letto. 

"Sta' fermo qui," gli disse dopo averlo fatto sedere  al bordo del letto ed essere sparito in bagno. Tornò con un pacchetto di salviettine struccanti che Magnus teneva in bagno più per decoro che altro visto che usava costantemente la magia per togliere via ogni traccia di trucco. 

Ne prese una - lasciando il pacco sul comodino - e si sedette accanto a lui e lo fece voltare, facendogli poi chiudere gli occhi e passandoci sopra delicatamente la salvietta. 

Magnus sorrise alla delicatezza dei suoi gesti ma non disse nulla, godendosi le attenzioni in silenzio. La salvietta doventò presto nera, il trucco non era completamente andato via ma era il meglio che Alec potesse fare alle tre - ormai quasi quattro - del mattino e con il cervello non ancora del tutto sveglio. Prese un angolo pulito della salvietta e la passò su tutto il viso, finendo di togliere ogni traccia di trucco, o almeno gran parte di esso. 

"Grazie," gli disse Magnus una volta che Alec tornò in camera dopo aver rimesso tutto in ordine in bagno. Il giovane gli tese di nuovo la mano, sorridendo, e lo aiutò a mettersi velocemente il pigiama, categorico sul non usare nemmeno un pizzico di magia. Ne aveva usata già troppo quel giorno ed era visibilmente troppo stanco anche solo per fare il più piccolo e banale degli incantesimi. 

Una volta sotto le coperte, Alec gli passò un braccio attorno alla vita, lasciandogli un bacio leggero sulla fronte. "Adesso dormi," gli disse piano, carezzandogli una guancia con il dorso di un dito. 

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