interviste dell' A.L.D.I.L.A.

di ToscaSam
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** una regina -parte 1 ***
Capitolo 2: *** una regina -parte 2 ***



Capitolo 1
*** una regina -parte 1 ***


 
Oggi è il primo giorno di quella che sarà una settimana memorabile. Cinque giorni, cinque interviste, questo il contratto. Dire che sono emozionata è dire poco.
Prima di iniziare, è doveroso che ringrazi i signori: Pietro, Catone e Mino, che mi hanno gentilmente concesso di prelevare personale dalle loro proprietà, per essere intervistato.
Rinnovo i miei ringraziamenti anche al loro capo, di cui non mi è stato possibile conoscere il nome vero. Lo lascio così in sospeso, confidando che egli capisca (mi è stato riferito che circolano addirittura leggende sulla sua esistenza o meno, ma lasciamo i lettori nel beneficio del dubbio).
Dicevo che oggi è il primo giorno e il mio ospite è già sensazionale. Mi tremano un po' le gambe, ma immagino che sia il minimo, quando ci si trova davanti a una regina.
È proprio lei, signore e signori. Per gentile concessione della A.L.D.I.L.A. (Appartamenti Luciferini o Divini o In Limbo, Association) mi è possibile intervistare Maria Antonietta d'Asburgo Lorena, regina consorte di Luigi Augusto di Borbone, re di Francia.
Entro nella stanza: un piccolo salotto con tavolino circolare su cui troneggiano due tazze di cioccolata calda. Lei è seduta su un divano basso, rivestito di broccato.
Ha un abito molto sobrio: è bianco, di flanella. Mi ricorda il ritratto di Élisabeth Vigée-Le Brun, quello semplice, col cappellino di paglia.
Mi sorride, appena entro. Segue i miei passi finché non mi siedo al piccolo tavolo.
 
  • Altezza non so esprimere la mia emozione nel vedervi.
  • Oh, ti prego. Dammi del tu, mia cara.
  • Non credo di riuscirci molto facilmente, altezza. Per iniziare, vorrei dirti che ho chiesto subito di te all'Associazione. Conoscerti è un sogno che si realizza. Per me sei la più buona e dolce delle regine. Senza dubbio la più incompresa.
  • Che gentile. Spero di non risultare antipatica. Quando parlo, sembro sempre antipatica.
  • Non lo sarete, ve lo prometto. Siamo qui per darvi la luce che meritate
  • Il tu, mia cara, il tu.
  • Scusami! Non è facile. Trovarsi dinnanzi a te è l'onore più grande che mi sia mai stato concesso.
  • Non fare così o diranno che sei di parte **ride**
  • Oh, per quello siamo già in ritardo: sono totalmente di parte. Iniziamo la nostra intervista, altezza, che ne dici?
  • Adesso sono emozionata anch'io!
  • Un'ultima cosa, prima di iniziare con le domande ufficiali. Per evitare che io venga accusata di falsificazione, mi confermi che conosci la lingua italiana?
  • Ma certo! Non sarò stata una grande studiosa, però l'italiano è uno dei miei pochi successi intellettuali.
  • Dunque questa conversazione si tiene in italiano e non sto mediando le tue parole
  • Assolutamente.
  • Possiamo cominciare allora?
  • Ne sarei deliziata.
 
La regina fa un movimento elegante per afferrare la tazza di cioccolata dalla sua postazione. È incredibile come sia riuscita a rimanere dolce e accorta, senza dare l'impressione di compiere una piroetta goffa.
Adesso sorseggia il liquido caldo e corposo, soffiando con gentilezza sulla tazza di porcellana prima di portarla alle labbra.
 
  • Hai parlato dei tuoi studi, poco fa. Sei stata modesta: l'italiano non è il tuo unico successo. Che mi dici della musica e del canto?
  • Oh! Se si possono considerare attività intellettuali, allora si! Quanto mi piaceva la musica … Gluck è stato un insegnante eccezionale. Sapevo suonare il clavicembalo ma più di tutto mi piaceva cantare.
  • Perché parli al passato? Non puoi farlo, qui nell'aldilà?
  • Certo, certo. Però la vita era tutta un'altra cosa. Nella sua imperfezione, nella sua capacità di provocare gioia e dolore … era pur sempre piena di emozioni e di sentimento. Mi fosse concesso di vivere di nuovo, accetterei con gioia.
  • La stessa vita o una diversa?
  • Non sono così sciocca da definirmi fiera di tutto quello che ho fatto, né così codarda da tirarmi indietro. Vivrei di nuovo la mia vita, sperando di poterla migliorare.
  • In cosa la miglioreresti?
  • Credo che cercherei di seguire da subito il mio cuore e non presterei attenzione ai suggerimenti di mia madre. Mi aveva messo una gran confusione: non capivo bene se dovessi essere la futura regina di Francia oppure una spia tedesca alla corte del re. Di certo inizierei a migliorarmi su questo punto. Avrei sviluppato un carattere più forte.
  • Parlaci del rapporto con tua madre. Ricordiamo ai lettori che si tratta nientemeno che dell'Imperatrice Maria Teresa.
  • Oh, si, una vera imperatrice. Non posso dire cose cattive su di lei: è la mamma più buona e tenera del mondo … forse un po' monolitica, fissa nelle proprie convinzioni. Ha sempre creduto di fare il meglio per me, quindi non le rimprovero nulla. Anche io forse, sono stata tirannica con i miei bimbi; specialmente con Maria Teresa
  • Che sarebbe la tua primogenita.
  • Si, sia benedetta. L'unica che ha vissuto una vita di degna lunghezza, anche se non oso immaginare l'orrore che ha portato sempre con sé.
  • L'hai ritrovata, qui, nell'aldilà?
  • Nel contratto che ho firmato mi hanno detto di non rivelare troppe informazioni su come funziona da queste parti … però si. L'ho ritrovata. Mi dispiace non poterti dire di più.
  • Non preoccuparti, l'importante è che tu e la tua famiglia siate riuniti. Nelle domande che mi ero segnata, riguardo la tua vita, ti chiederei se hai dei rimpianti particolari.
  • Rimpianti? Quello di non aver visto crescere i miei bambini. La mia più grande sofferenza è quella di aver causato loro così tanto dolore. Hanno patito pene indicibili solo perché erano figli miei e di Luigi.
  • E che ci dici di Luigi?
  • Oh, che piacevole domanda. Luigi è la persona più cara di questo mondo. Sapeva che sarei arrivata presto, così dopo che lui era arrivato, mi ha aspettata. Non si è mosso dall'ingresso finché non mi ha vista e quando … oh, no scusami. Sto rilasciando troppe informazioni, vero? Il signor Pietro mi sgriderà.
  • Dicci solo quello che puoi
  • Beh. Luigi è stato un marito devoto. L'unico re devoto alla famiglia che si possa ricordare nella storia del regno di Francia. È stato così difficile, per lui, all'inizio. Soffriva molto.
  • Tu hai sofferto?
  • Certo. Mia madre continuava a insistere che fossi io il problema. Ero stata abituata a suscitare dolcezza nelle persone, quindi immaginavo servisse quello per far decidere mio marito a consumare il matrimonio
  • Invece non è servito?
  • Dovevo solo concedergli tempo e dimostrarmi tranquilla (cosa che certamente non ero). Il problema erano le voci biforcute che avvelenavano tutta la corte.
  • Torneresti a vivere a Versailles?
  • No. Mai. Forse ci tornerei, ma da adulta e in qualità di regina. Il periodo del delfinato è stato terribile. Ero esposta al giudizio in qualunque momento della mia vita. Non potevo sorridere, sussurrare, camminare, dimostrarmi stanca, favorevole, contraria, felice o triste, senza venire vista e commentata dagli occhi di tutti. Tutto significava tutto. Se facevo un passo storto, ecco che tutti lo notavano e dovevano parlare del perché, quella mattina, la delfina avesse i piedi di papera.
  • Immagino sia stato frustrante, dato che sei arrivata a corte a soli quattordici anni
  • Frustrante, umiliante e terribilmente frastornante.
  • Non vorrei turbarti con questa domanda. Che mi dici del Conte Fersen?

***************
​Fine prima parte.
Il pubblico ha domande da rivolgere alla Regina? è possibile che Maria Antonietta non si sdegni di rispondere alle vostre curiosità. Scrivete, rcensite e nella prossima puntata proverò a sottoporre le vostre parole alle attenzioni dell'ultima regina di Francia.

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Capitolo 2
*** una regina -parte 2 ***


La regina arrossisce, e per qualche secondo non sorseggia cioccolata.
Sta pensando molto accortamente a cosa rispondere. Vedo i suoi occhi indugiare su molte possibili opzioni, poi si fermano, decisi, sulla verità. Mi colpisce con uno sguardo onesto e diretto, che mi fa sentire imbarazzata.
 
  • Mi sono molto innamorata di lui. Sarebbe stato il mio compagno perfetto per la vita. È stato mio amico fino alla fine. Non voglio dire di non aver amato Luigi, se è a questo che la tua domanda volgeva. Luigi è stato un caro marito, un padre ottimo, un uomo molto buono. Axel era quello che Dio aveva scelto per me. E l'ho avuto sempre al mio fianco. Si può amare contemporaneamente? Dio, come sembro svergognata, vero? Non so a chi spetti giudicare, fra voi vivi. Però sappi che ho amato Luigi come padre dei miei bambini, come marito e come re di Francia. Ho amato Axel come uomo, come amico e come compagno di anima.
 
La sua espressione è fiera, ma ancora elegante e dolce. Ha le guance arrossate e gli occhi brillanti.
 
  • Ti chiedo scusa, altezza. Non volevo supporre niente, con la mia domanda.
  • Non scusarti. Sono io che non devo difendermi: sono qui per dire tutte le verità sul mio conto, così che possiate conoscerle una volta per tutte. È giusto che mi vengano rivolte queste domande.
  • Non sei arrabbiata?
  • Non sarò mai arrabbiata per confessare di avere amato.
 
Le lascio qualche secondo per riprendersi. La sua posa si fa più composta e ricomincia a soffiare sulla tazza calda. Ancora non beve,
 
  • Una domanda che arriva dal pubblico: chiedono che rapporto corresse fra te e il pittore Jacques Louis David.
  • Non è uno dei molti che mi hanno affibbiato nei libelli, vero?
  • No, non credo tu sia mai stata associata a lui in quel senso. Ha disegnato il tuo “ultimo” ritratto
 
Le porgo una copia del disegno. La regina la prende fra le mani, con cautela, come se le stessi porgendo un neonato. Osserva a lungo l'immagine, poi i suoi occhi tornano lucidi e il naso si arrossa. Credo che sia inopportuno torturarla oltre, così mi riprendo il disegno.
Dopo una breve pausa, Maria Antonietta si ricompone e la sua schiena si fa dritta. Asciuga gli occhi con la punta delle dita, poi continua, con voce un po' appesantita da un groppo alla gola:
 
  • Questo sarebbe il mio ultimo ritratto?
  • Si, altezza, ma non ne parliamo più.
  • Grazie.
  • Ti chiedo scusa. Ti sto sottoponendo a un interrogatorio, più che a un'intervista.
  • Affatto. Ti prego, continua pure.
  • Passiamo a una domanda più leggera? Ci chiedono anche di che colore sono i tuoi capelli.
  • Erano biondi, in origine. Un biondo molto forte, acceso, che si è scurito con gli anni fino a diventare castano chiaro. Poi mi sono diventati bianchi, per via delle pene dei miei ultimi anni di vita. Il mio parrucchiere, Leonard, era molto bravo a mascherare i difetti della mia capigliatura: ha sempre messo delle ottime pomate, che rendevano il colore grigio, che andava di moda all'epoca. I boccoli che ricadevano sulle spalle, però, rimanevano del mio colore naturale. Ricordo che quando ero delfina, quella disdicevole Madame Du Barry mi chiamava “la rossa”. Non so perché. Sono sempre stata bionda.
  • E la Du Barry che aspetto aveva?
  • Oh, era molto graziosa. Bionda anche lei, ma di un colore più chiaro del mio. Sciupava la sua bellezza con la volgarità.
  • Molto famosa la vostra contesa, per cui tu non volevi concederle la parola. Dico bene?
  • Ero giovane, orgogliosa e con una strana ma solida moralità. Volevo dimostrare che la mia purezza fosse preferibile alla sua sciattezza.
  • Un altro mito che ti riguarda è la famosa frase delle brioches. Ne sei a conoscenza?
  • Si, devo averlo sentito dire.
  • Sappiamo tutti molto bene che non l'hai mai detto. Che ci puoi raccontare a riguardo?
  • Mi ero informata, all'epoca. In realtà è una frase che già compare in alcune poesie di scherno, nei confronti di figure importanti precedenti a me. Questo dovrebbe già far capire che io non c'entro proprio nulla con questa storia. Immagino che me l'abbiano attribuita solo per screditarmi. Era come un vecchio ritornello che calzava perfettamente la situazione. Chi non conosceva quelle vecchie filastrocche, ha creduto alla storia per davvero.
  • Una storia incredibilmente scoraggiante. Fatta di rancore gratuito, che si riversa con un'irrefrenabile volontà su di te.
  • Non voglio considerarmi un capro espiatorio delle sofferenze del popolo dei francesi, ma io ero totalmente ignara della loro rabbia e della loro povertà. Questo è sbagliato per un regnante, ovviamente. Ma Versailles era una bolla, una campana di cristallo. Da lì si governava la Francia senza conoscere affatto cosa fosse la Francia.
  • Quindi capisci la rabbia dei ceti umili nei confronti dell'aristocrazia?
  • La capisco, ma non c'è giustificazione alla brutalità con cui essa è esplosa e si è riversata con accanimento contro la mia famiglia. Eravamo due mondi separati che andavano riuniti, non due fazioni in lotta l'un l'altra
  • Forse la gente, oggi, parteggia per gli spiriti rivoluzionari senza sapere bene su che cosa si legge la loro firma. Nessuno conosce la storia dell'assassinio della Princesse de Lamballe. Una storia crudele e senza giustificazione.
  • Oh … non so se riuscirò a parlarne.
  • Non ti costringerò. Ho altre domande e non voglio farti soffrire
  • Invece mi sforzerò. Questo è il momento di renderle giustizia, cara, dolce anima. La Princesse de Lamballe è stata uccisa pubblicamente con un martello, poi decapitata con un coltello e sventrata con lo stesso. Si dice che il suo corpo sia stato martoriato e il suo cuore gettato nelle fiamme. Questo perché, nel lontano passato in cui vivevamo a Versailles, era stata la mia più cara amica. La sua … la sua testa fu incipriata e truccata, i capelli acconciati. Fu infilzata su una picca e portata sino alle mie finestre.
  • Però tu non l'hai vista, vero?
  • No, per grazia di Dio. Per non farmela vedere, mi chiusero subito le imposte. Però io sentivo le grida da fuori, che reclamavano un mio bacio sulle labbra di quella che era stata, a dir loro, mia compagna carnale. Sono svenuta, appena ho capito cosa ci fosse, fuori dalle imposte chiuse.
  • Oggi sei spesso considerata una specie di “icona gay”. C'è chi ti vuole come omosessuale, rifacendosi ai libelli di discredito che ti ritraevano in atteggiamenti amorosi con le tue dame di compagnia. Appunto la Lamballe e Jolande de Polignac.
  • Hai detto tu stessa che sono voci da libello. Ho confessato di essere stata una moglie devota e un'amante innamorata, di due uomini. Tuttavia, mi fa piacere che le donne si sentano sicure appoggiandosi alla mia figura. Quando si parla di amore o quando si parla di donne, mi sento sempre onorata, se vengo chiamata in causa.
  • Una domanda più piacevole. Che ci dici dei tuoi cani?
  • La domanda cui amerò di più rispondere! Amo moltissimo i cani! I carlini sono i miei preferiti. Ricordo Mops, che non mi avevano fatto portare in Francia, perché proveniente dal suolo Austriaco. Ah, ma l'ambasciatore Mercy se ne interessò. L'ho riavuto con me! Poi il mio adorato Odin, un leonberg che mi regalò Axel. E Fidelta! La piccola di spaniel nano. Oh! E la mia cara Lamballe mi aveva regalato ma petite Mignon: Thysbée, la chiamavo Coco. Lei era un terrier, che la Princesse aveva portato dall'Inghilterra.
  • Quanti ne hai avuti in tutto?
  • Non so contarli con precisione. Direi una trentina. A Versailles era pieno di animali …
  • Come erano le condizioni igieniche, al tuo tempo?
  • Oh, ti scandalizzeresti. So che adesso potete permettervi molti lussi, tutti i giorni. Non entrerò nei particolari, ma dico solo che nessuno di voi oggi, gradirebbe l'odore che circolava a Versailles. Pensa che in inverno inchiodavamo le finestre per non far entrare il freddo.
  • Cambiamo argomento?
  • Immagino sia meglio.
  • C'è qualcosa che vorresti aggiungere? Le domande, in realtà, sono finite
  • Ho io una domanda per te, se posso
  • Per me? Mia regina, mi emozioni …
  • Vorrei sapere perché vuoi rendermi giustizia. Perché una ragazza italiana del ventunesimo secolo, che vive ben tre secoli dopo di me, desidera che io sia conosciuta per quella che sono?
 
Non so rispondere subito. La guardo e vedo, nei suoi grandi occhi celesti, una speranza luminosa che nessun ritratto le aveva mai dipinto addosso. Non è la delfina avvenente, né la regina rassegnata. È Maria Antonia, palpitante di vitalità, lucente, viva, dolce e buona. È la sua vera anima, quella che mi guarda.
La sua faccia è diventata improvvisamente bellissima e pacifica. Guarda l'ora sulla pendola alle mie spalle. Si alza. È elegante, flessuosa e aggraziata.
Mi sorride, di un sorriso genuino, che assomiglia a una margherita profumata in un prato di campagna.
  • Je suis désolé, ma chère mademoiselle. Je dois aller. La mia nuova forma non può reggere le sembianze umane ancora per molto. È stato bellissimo, poter parlare con te
  • Aspetta!
Dico, mentre cerco di raggiungerla.
Lei è già alla porta. Non quella da dove sono entrata io. Il suo ingresso è una porticina nascosta, che si confonde con la carta da parati della stanza. Non potrò più raggiungerla, di là.
 
  • Mia regina. Io voglio che la vostra vita sia ricordata con giustizia, perché voi avete subito e tutt'ora subite ingiustizie. Mi rivedo in voi, nei vostri errori giovanili, nel vostro carattere sensibile e nell'incomprensione che questo genera in chi si ha vicino. Siete la più brillante luce che abbia mai splenduto su un trono. Io … vi voglio bene.
 
Lei si gira, mentre il suo volto di pura luce mi rivolge un ultimo sguardo sorridente.
  • Dammi del tu, mia cara

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