Electric Blood

di Martamydear
(/viewuser.php?uid=162331)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio - Parte uno ***
Capitolo 2: *** L'inizio - Parte due ***



Capitolo 1
*** L'inizio - Parte uno ***


Hey, ma lo sai che esiste l'audiolibro? 

https://www.youtube.com/watch?time_continue=1&v=8A2DJGhNT4c



26 Maggio 1924

La cartella di cuoio nero di Theodore Frobisher vomitava un flusso continuo di scartoffie, mentre l'ometto le scaraventava in ogni parte della stanza, cercando disperatamente qualche importante documento.

La scena era abbastanza patetica, e Madre Delia vi assisteva con compassione.

-Potete cercare con calma quel certificato e tornare domani, signor Frobisher, non credo che un giorno...-

Theodore la zittì con un cenno, continuando freneticamente la sua ricerca.

-Sapete quanto tengo a queste piccole creaturine, un giorno in più in una famiglia accogliente è sempre meglio di un giorno in meno! Ho intenzione di accompagnare la ragazzina oggi pomeriggio e lo farò!-

La suora sospirò, sapeva bene che a Theodore non importava tanto delle "piccole creaturine", ma piuttosto della percentuale di successo del suo operato e la relativa parcella che ne sarebbe derivata.

L'avvocato emise un gridolino di gioia, afferrando un foglio spiegazzato.

-Carissima, dovrete compilare questo modulo in mattinata. Io purtroppo ora ho da fare, ma tornerò verso mezzogiorno a prendere la ragazza.-
Senza neanche sentire la risposta di Madre Delia, il Signor Frobisher si infilò il cappotto e si fiondò fuori dalla stanza.

La donna uscì dallo studio, recandosi al piano di sotto. Era quasi ora di mandare le ragazze a giocare in giardino, ma prima avrebbe fatto due chiacchiere con la sua nuova ospite.

Spalancò la porta del dormitorio, trovandosi di fronte a quella che era probabilmente la più grande ed epica battaglia di cuscini che avesse mai avuto luogo. 
Richiamò subito tutte quante all'ordine, poi iniziò a dirigersi verso la fine dello stanzone scansando con le mani le ultime piume rimaste in aria.

Non doveva avere più di quattordici anni, e se ne stava china su un libro di ricette, noncurante del morbido disastro alle sue spalle.

-Oh, ti piace cucinare? Se è così potresti aiutare Madre Jane a preparare il pranzo, sono certa che ti divertiresti! -
Un paio di occhietti arguti fissarono ora la suora, per poi notare con disappunto la carneficina di cuscini che veniva grossolanamente ripulita dalla mandria di bambine scalmanate.

-E' stata la prima cosa da leggere che ho trovato.-

Madre Delia rimase sorpresa da quella affermazione, ma non si scompose.

-Vieni un attimo nel mio studio, vorrei parlarti un secondo in privato. Forse abbiamo rintracciato un tuo parente.-

 

Il tonfo di un imbecille che cade dalle scale risuonò per tutta la casa e la signora Sixsmith alzò gli occhi al cielo, ma perché non era rimasta a lavorare per quella simpatica famiglia di francesi?

-Tranquilla Mary, sto bene! Ho appena portato fuori l'ultimo scatolone!-

Ci mancava la biblioteca, in quella casa. Che poi una biblioteca non sarebbe neanche stata, ma piuttosto una stanzetta ricolma di libri e polvere.

Quell'uomo aveva sempre una marea di idee stupide, ma lei in un certo modo lo ammirava: riusciva ad essere contento anche per la più sciocca delle cose, e in questo caso il pensiero di riuscire finalmente a ricavarsi un posto dove poter sistemare tutti i suoi grossi volumi lo manteneva elettrizzato da ormai una settimana. L'entusiasmo che aveva bruciava però in fretta, e nel giro di poco tempo ci sarebbe stata qualche altra stramberia a tenere la sua mente occupata.

Mary Sixsmith osservò dalla finestra il sole splendere, di giornate così belle non ne capitavano da un pezzo. Sentiva già il profumo dell'estate che stava per arrivare, immaginava le passeggiate nel parco e si pregustava il sapore dei ghiaccioli alla fragola e delle limonate.

Un altro tonfo, stavolta seguito da qualcosa che andava in mille pezzi, ruppe improvvisamente le fantasticherie.

-No, il mappamondo!- si udì.

 

Madre Delia osservava la ragazzina mangiare la sua zuppa silenziosamente.

-Fai presto cara, il signor Frobisher sarà qui tra poco!-

L'ammasso di ossa e capelli paglierini buttò giù l'ultima cucchiaiata del suo pranzo, per poi guardare la donna con aria interrogativa.

Quattro pesanti bussate risuonarono nella cucina, seguite dall'entrata trionfale di un minuto avvocato.

-E quindi è lei la nostra fortunata, la piccola Ivy Hawkins! Corri di sopra a metterti qualcosa di decente, tra pochi istanti dovremo andare!-

L'unica risposta che Theodore ebbe fu uno sguardo uguale a quello che poco prima era stato dato a Madre Delia.

-Non ho altri vestiti.-

Il signor Frobisher sbuffò pesantemente, poi, lisciandosi i capelli biondi pettinati alla perfezione e sistemandosi la sua adorata cravatta, si rivolse alla madre superiora.

-Gentilissima signora, avete per caso degli indumenti puliti da far indossare alla nostra deliziosa fanciulla?-

Madre Delia pensò per un attimo, poi uscì dalla cucina imboccando il corridoio verso lo sgabuzzino.

Tornò dopo poco con un vestito giallo limone un po' spiegazzato; Theodore lo guardò come si fissa il cadavere di un animale investito al ciglio della strada.

Quella roba era fuori moda da almeno dieci anni, una specie di tovaglietta da the a forma di vestito, una massa informe di fiocchettini e ricamini, cose adatte ormai giusto agli indumenti di una neonata.

-Apparteneva ad una ragazza di questo istituto che ormai si è sposata ed è andata via, ma ci ha lasciato un po' delle sue cose. E' tutto quello che abbiamo.

Se non fosse stato di quel colore improbabile, sarebbe anche risultato semplicemente brutto, ma per i gusti di Theodore era veramente una delle cose più pacchiane al mondo.

Ivy lo prese con disgusto e andò a cambiarsi al piano di sopra con passi lenti.

Scese dopo pochi istanti agghindata come una bomboniera, era evidentemente a disagio, ma non sembrava una persona lamentosa, quindi si limitò a far capire di essere pronta a uscire.

Theodore la fece sistemare accanto a sé nella propria auto, poi si sedette anche lui e avviò il motore, che si accese con un sonoro scoppio.

Dopo pochi minuti di viaggio, quando ormai l'istituto di Burnage era ben lontano, distolse per un attimo gli occhi dalla strada, per rivolgersi direttamente ad Ivy.

-Adesso andremo da una persona che con te avrà a che fare poco o nulla, siete parenti di settimo o ottavo grado. Le carte che gli presenterò e alcune cose che gli dirò saranno, come dire, "esagerazioni della realtà".

A Burnage non hanno posto per te, sei lì solo momentaneamente, e se questa persona si rifiuterà di prendersi cura di te, verrai affidata ad un istituto per i prossimi sette anni.

Tutto quello che dovrai fare è stare in silenzio e lasciar fare a me, vedrai che tutto andrà bene. Hai capito?-

Ivy annuì senza proferire parola, tornando subito dopo a fissare le altre auto fuori dal finestrino.

 

Il fracasso era insopportabile, ogni martellata era ormai una pugnalata alla tempia, la signora Sixsmith lanciò via le parole crociate che stava completando, salendo poi le scale a due a due per spalancare la porta della futura biblioteca.

George era in canottiera, seduto per terra tra viti, chiodi e bulloni, intento a colpire ripetutamente un'asse del pavimento che proprio non ne voleva sapere di stare al suo posto.

-Per dio, smettetela con tutto questo rumore! E' da stamattina che non fate altro che aggiungere disordine a questa casa già troppo caotica!-

I grandi occhi neri di George smisero di essere concentrati sulle assi, andando a guardare dritti nei piccoli occhi azzurri della signora Sixsmith.

-Mi dispiace, non volevo darti fastidio. Il pavimento in questa stanza è davvero in pessime condizioni, sto cercando di aggiustarlo. Vorrei che la biblioteca fosse un posto accogliente.-

La donna sospirò con apprensione, scansando con la punta della scarpa un chiodo che le era rotolato sul piede.

-Fate pure, sono stata scortese, ma davvero quel chiasso mi faceva impazzire. Credo che andrò a fare una passeggiata al parco, se non è un problema.-

-Ma certo, penso che sia la cosa migliore da fare.- rispose George asciugandosi la fronte.

Mary Sixsmith se ne andò richiudendo lentamente la porta della stanza, in fondo uscire le avrebbe fatto molto bene.

George rimase a fissare per un po' l'asse storta del pavimento, dandole poi una pesante martellata che la raddrizzò una volta per tutte.

Continuò insistentemente a sferrare colpi per un'altra mezzora buona, finchè non collassò a terra esausto.

Neanche il tempo di riprendere fiato, che quattro pesanti bussate riecheggiarono per tutta la casa; era strano, dato che generalmente Mary si tratteneva fuori molto di più.

Subito fuori, Theodore Frobisher si sistemò il colletto della camicia.

-E' un giovanotto bravo e ambizioso, Ivy. Adesso ricordati di far fare tutto a me e non dire una parola, limitati ad annuire quando ti sarà richiesto.-

Pensò che ripeterlo era essenziale, quella di certo non era una ragazza sveglia.

Il rumore della maniglia della porta fece scattare sull'attenti l'avvocato, che diede un buffetto di incoraggiamento alla ragazzina.

Aprì un ragazzotto alto e forse un po' magro per la sua statura, vestito con una vecchia canottiera tutta sudata e un paio di pantaloni davvero troppo larghi per lui, tenuti su da una bretella sola.

Il tipo si lisciò la chioma di spettinati capelli castani e cacciò fuori da una tasca dei pantaloni un paio di occhiali d'argento, inforcandoli per squadrare meglio l'avvocato.
Una montatura del genere in mano a un operaio da due soldi, Theodore rabbrividì di fronte alla visione di uno spreco simile.

-Oh, allora non era la signora Sixsmith... Come posso aiutarvi?-

Il signor Frobisher si schiarì la voce, sistemandosi il cappio di seta che aveva annodato al collo, poi sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi falsi.

-Cerco lo stimatissimo Dottor George B. Livesey, è per caso qui o posso tornare più tardi? Potreste comunque gentilmente dirgli che sono passato? E' urgente, si tratta di questa dolce fanciulla.-

Il ragazzotto guardò con aria interrogativa il duo, lisciandosi una seconda volta i capelli sudati.

-Non eseguo visite a casa mia, tantomeno di sabato. Potete recarvi lunedì al Royal Infirmary e prendere un appuntamento, ma non credo comunque di essere libero fino alla prossima settimana.-

Lo sguardo di Theodore si fece improvvisamente buio, facendo cadere persino la maschera di finto entusiasmo che aveva da sin troppo tempo.

-Ah, dunque siete voi il Dottor Livesey. Mi dispiace avervi interrotto durante... qualsiasi cosa stesse facendo. Ovviamente sono a conoscenza delle regole riguardo alle vostre visite, infatti oggi non sono qui per questo, ma ho comunque notizie importantissime. Mi manda direttamente il vicesindaco Harris!-

George sgranò gli occhi, iniziando a pulirsi nervosamente gli occhiali con la canottiera.

-Il vicesindaco Harris?! Oh no, sono in condizioni pietose! Datemi mezzora per sistemarmi e vi farò accomodare a casa mia.

Mi dispiace farvi aspettare, ma di certo non posso discutere con voi conciato così. Nell'attesa potete passeggiare presso il parco di Beech Road, è piccolo ma davvero gradevole!-

Il giovane chiuse velocemente la porta, correndo al piano di sopra a frugare nell'armadio per trovare una giacca presentabile.

L'avvocato Frobisher si girò verso Ivy e le fece cenno di seguirlo, il parco era proprio a due passi dalla casa.

Doveva ammettere che Chorlton era davvero una zona graziosa, pulita e alberosa. L'aria che si respirava era frizzante, non come quella del centro, appesantita dal fumo delle fabbriche e delle auto. Una persona che viveva lì doveva essere per forza tranquilla e responsabile, proprio quello che ci voleva.

-A quanto pare faremo una bella passeggiata, cara Ivy, magari intanto potremo continuare a definire meglio come ti dovrai comportare, mangiando un bel gelato-

La ragazzina si limitò a continuare a fissare l'avvocato con fare interrogativo, probabilmente doveva essere demente o ritardata, pensò Theodore.
Generalmente le sue coetanee erano solari e aperte, forse un po' svampite, ma di certo non si limitavano a guardarti con quegli occhi vuoti, senza segni di pensieri o emozioni.

Fortunatamente sarebbe probabilmente andata a stare con una persona per cui le menti difettose o anormali erano il pane quotidiano.
Notò in lontananza il chiosco dei gelati e fece cenno ad Ivy di seguirlo, non si degnò nemmeno di guardarla in faccia, aveva deciso ormai che non ne valeva la pena.

Comprò due ghiaccioli al limone, mettendone uno direttamente in mano alla ragazza.

Lei ringraziò con un sussurrò, poi smise di fissare Theodore per concentrarsi sul gelato.
L'avvocato apprezzò molto di non essere più seguito dal mantello algido che suscitava lo sguardo di quella probabile futura avvelenatrice di bambini.

 

I capelli erano sporchi, c'era poco da fare.

George cercava insistentemente di sistemarsi in una maniera che lo rendesse presentabile, ma ad ogni colpo di pettine la fluente chioma di cui andava tanto orgoglioso, diveniva sempre più schiacciata e ingestibile.

Se avesse proposto a quelle persone di uscire per parlare avrebbe potuto utilizzare un cappello, ma ormai li aveva invitati a casa.

Mancava un quarto d'ora, e decise di sfidare la sorte immergendo tutta la testa nel catino di fredda acqua saponata che teneva in camera.

Se si fosse asciugato bene, forse sarebbe stato pronto entro poco.

Tirò fuori il capo dall'acqua, respirando a pieni polmoni.

Avvolse ora la testa in un asciugamano di spugna, cercando di assorbire più acqua possibile. Doveva apparire meglio che poteva, erano mesi che cercava di contattare il vicesindaco Harris e, stando a come si era presentato il suo avvocato, aveva con probabilità accettato di finanziare la ricerca. Non poteva essere più felice.

Non capiva però che ruolo avesse quella ragazzina vestita da coccarda in tutto ciò, probabilmente doveva essere una prima paziente con la quale avviare il progetto.

Indossò il suo abito preferito, quello che più gli stava bene e che lo faceva apparire "un nobile del vecchio secolo", come gli diceva Damien.

Annodò al collo l'unica cravatta di seta che possedeva e si guardò allo specchio, ora sì che era pronto per discutere di certe faccende.

I capelli si asciugarono miracolosamente, tornando la massa vaporosa che erano soliti essere.

Qualcuno bussò alla porta, la stessa sensazione che provava da piccolo prima di scartare un regalo di compleanno, invase George, che si precipitò ad aprire con lo stesso entusiasmo infantile che avrebbe avuto venti anni prima.

L'euforia si spense per un attimo, quando scoprì che alla porta era solo la signora Sixsmith.

-Perché vi siete conciato così? Prima stavate lavorando di sopra a...-

Non riuscì nemmeno a finire la frase, che fu presa per le spalle da George.

-Mary, è passato un uomo mandato dal vicesindaco Harris per discutere del progetto sulle operazioni cardiologiche! Presto, prepara del tè con i biscotti migliori che abbiamo, bisogna fare una buona impressione a queste persone!-
I biscotti migliori in quella casa erano i soliti Digestives, e il tè che avevano era quello economico, ma Mary annuì con entusiasmo, non sentendosela di dire che il massimo che avrebbero potuto offrire non avrebbe esattamente contribuito a fare una splendida figura.

Ecco, come aveva pensato prima, la fissa per la biblioteca iniziava già ad attenuarsi. Quanto era prevedibile quell'uomo...

Pochi minuti dopo, Theodore Frobisher tornò, trovandosi ora davanti tutta un'altra persona. Il ragazzotto in canottiera sudato e sciatto aveva fatto posto a un vero e proprio gentiluomo, vestito con un'elegante marsina verde scuro, camicia e cravatta di seta e dei pantaloni di cotone di forgia forse un po' antiquata, ma molto fine.

Ora sì che il padrone di quella splendida montatura d'argento era degno di indossarla!

-Salve, mi dispiace davvero di avervi fatto attendere, ma la vostra visita è stata inaspettata, probabilmente non avrò distrattamente letto la comunicazione del vicesindaco Harris. 
Prego, accomodatevi pure!-

Theodore si pulì i piedi, per poi varcare la soglia della casa e porgere la propria giacca al suo ospite.

-Ormai siamo soliti avvisare le persone che vivono in città quasi solo per via telefonica, se non avete un apparecchio in casa il motivo sarà probabilmente questo. Mi scuso davvero tanto a nome del mio cliente.-

I tre si accomodarono in salotto, Theodore iniziò a notare che, sebbene fosse situata in una zona benestante, la casa in cui si trovava era piuttosto piccola e, forse per la marea di fogli, carte e libri sparsi un po' ovunque, dava anche l'idea di essere leggermente disordinata.

-Comunque è un piacere conoscervi, Dottor Livesey. Io sono Theodore Frobisher, avvocato di Simon Harris, e lei è la vostra adorabile cuginetta, Ivy Hawkins.-

Il medico gli strinse la mano e poi, guardando la ragazza con sorpresa, ripeté il gesto con lei.

-Cugina? Da quel che so possiedo solo due cugini, ma la prima vive in America e il secondo è morto sei anni fa.-

Theodore emise un'irritante risatina, per poi prendere un fascicolo dalla sua cartella e posarlo sul tavolino di fronte al divano.

-Siete cugini di secondo grado, forse per questo non la conoscete. Il vostro defunto cugino, Blair Livesey, aveva con questa giovane fanciulla lo stesso rapporto di parentela che aveva con voi. 
La madre di Ivy è morta di parto, mentre suo padre è deceduto recentemente.-

George scrutò ancora la ragazzina, diavolo se era ridotta male. I capelli erano secchi e sfibrati, chiaro segno di qualche carenza alimentare, a supportare l'ipotesi c'erano anche l'estrema magrezza e il volto scavato.

L'aria assente e il mutismo davano invece l'idea di un qualche malessere psicologico, ma quello non stava a lui deciderlo.
Doveva essere per forza la paziente su cui avrebbe provato le tecniche riabilitative da lui sviluppate. Ma perché scegliere una parente? Probabilmente era uno dei folli sghiribizzi di Harris...

-Perdonatemi, Signor Frobisher, ma non capisco cosa abbia a che fare questo con la mia ricerca.-

Theodore emise una seconda risatina, fastidiosa almeno come delle lunghe unghie che graffiano una lavagna.

-Oh, ma che sciocco che sono! Errore mio, dovevo dirvi subito perché mi trovo qui.

Secondo le attuali normative emesse dal parlamento il 22 Giugno 1923, gli orfani di età inferiore ai ventuno anni devono essere affidati con procedura diretta ad un apposito istituto oppure al più stretto parente in vita, purchè sia massimo di quinto grado e in facoltà di accudire il ragazzo. Costui avrà il dovere di fare da tutore legale al minore fino al compimento della maggiore età, e riceverà in cambio un sussidio di dieci sterline mensili.*

Qualora costui sia in grado di affrontare il mantenimento dell'orfano, ma si rifiutasse comunque di farne da tutore, avrà il dovere di versare venti sterline mensili come spese di mantenimento.

Come potrete intuire, il più stretto parente di Ivy che sia in grado di occuparsene siete voi.

Vi assicuro che è una ragazzina deliziosa, forse solo un po' timida, ma davvero un tesoro. Per ora si trova all'istituto per ragazze di Burnage, le suore si sono subito affezionate a lei!

Dottor Livesey, ma mi ascolta?-

Theodore aveva notato lo sguardo ora assente di George.

Venti sterline! Lui ne guadagnava quaranta al mese e a malapena bastavano per i viveri, l'affitto e lo stipendio di Mary. Non si sarebbe potuto permettere una spesa simile, ma che fare? Accogliere in casa propria una sconosciuta mai vista prima, con chissà quale passato e chissà quale carattere? E se fosse stata una pazza? Alla fine non era nemmeno uno degli scenari peggiori, dato che lui coi pazzi ci aveva spesso a che fare, ma no, era comunque un'estranea, per Dio!

-Dottor Livesey, tutto a posto? Dottor Livesey? George?-

Ora Theodore lo chiamava, agitandogli la mano vicino al volto, forse per controllare che non fosse svenuto.

-T-tutore legale? Quindi proprio tipo padrenonnozio, insomma quella roba lì...

P-potrei cortesemente vedere i documenti che attestano tutto ciò? Sì, decisamente...-

Parlava come se avesse un pezzo di ghiaccio in gola, non riusciva a far uscire più di due parole prima di bloccarsi o balbettare. Il signor Frobisher era però abituato a queste cose, e aveva assistito a reazioni davvero peggiori.

L'ometto aprì con un gesto quasi teatrale il fascicolo che teneva in mano, porgendo a George un paio di fogli scritti a macchina.

Il medico li prese quasi strappandoglieli dalle mani e iniziò a leggerli neanche fossero il finale mozzafiato di un romanzo giallo.

Intervallava la lettura a occhiate incredule verso Ivy, la quale ricambiava con il suo solito fare interrogativo.

Senza staccare gli occhi dalla ragazzina restituì i documenti a Theodore, che li rimise soddisfatto nella borsa.

-Ma Ivy non ha proprio altri parenti in tutta l'Inghilterra, sono davvero l'opzione migliore? Insomma, non ci siamo mai visti o parlati, penso che prima di oggi non sapessimo nemmeno di essere cugini...-

Fu interrotto dalla ragazzina, che ebbe come un sussulto e iniziò a parlare meccanicamente.

-No, cugino Blair parlava sempre di voi. So che da piccoli giocavate spesso insieme ed eravate legati, poi purtroppo il destino vi avrà separati, ma di certo vi voleva bene.-

La situazione stava iniziando a diventare surreale. Quasi onirica.

-Blair aveva tredici anni più di me, non abbiamo mai giocato assieme. E a dirla tutta non abitava nemmeno nella mia stessa città.-

A Theodore gelò il sangue, quella piccola imbecille stava mandando tutto all'aria. Quell'idiota si stava bevendo tutto ed era a un passo dalla fine dei giochi. Ci aveva lavorato due settimane e non avrebbe invalidato tutti i suoi sforzi per nulla al mondo.

-La perdoni, Dottor Livesey, è una ragazza difficile. Non riesce a ragionare come noi, chi meglio di voi può capirlo...-

Non vuole finire in un istituto e ha detto la prima cosa che le passava per la testa.-

Di nascosto le afferrò da dietro i capelli, stringendoli con forza nella mano.

-Dottore, capisco che sia una scelta ardua e che richiede tempo, ma purtroppo per colpa di ritardi burocratici il termine per l'adozione scade martedì, quindi se intendete prendervi personalmente cura di questa giovane fanciulla, dovrete firmare i documenti quel giorno. Provvederò personalmente a comunicare la vostra assenza e mi assumerò io tutte le responsabilità.

Sappiate comunque che conto sul vostro buon cuore, e anche il vicesindaco Harris. Se capite cosa intendo...-

George fece per controbattere, ma il signor Frobisher scattò in piedi.

-Oh, ma è tardi, scusatemi davvero, oggi sono impegnatissimo! Devo precipitarmi a Salford da una vecchietta che vuole cambiare per la quinta volta il testamento, roba da non credere!-

Era stato tutto così veloce, nell'arco di dieci minuti George aveva scoperto che avrebbe probabilmente condiviso un bel po' dei futuri anni della sua vita a fare da genitore a una ragazzina che neanche conosceva. Da genitore, lui...

Accompagnò, ancora sconvolto, l'avvocato alla porta.

-Mi raccomando, lunedì si faccia trovare a casa per le otto, verrò io! Arrivederci, è stato un piacere.-

La ragazza neanche salutò, si limitò a sgusciare fuori cercando di non farsi notare.

Theodore richiuse violentemente la porta, facendo cadere qualche granello di intonaco sulla testa di George, troppo preso da mille pensieri per accorgersene minimamente.

Arrivò Mary trionfante con il vassoio del the.

-Scusa se ci ho messo tanto, ma non trovavo i fiammiferi... se ne sono già andati?-

George si pulì nervosamente gli occhiali con la cravatta, per poi inforcarli e respirare profondamente.

-Mary, c'è una cosa di cui devo parlarti. E probabilmente quella stanza non sarà una biblioteca.-

*NDA: oggi tali cifre potrebbero sembrare spiccioli, ma si pensi che nel 1924 10£ erano in potere d'acquisto l'equivalente di circa 500£ odierne.

 

 

 

 

(Solo perchè hai letto fino qui ti voglio bene)

E' il frutto di anni e anni di riscrittura e rimaneggiamento di un ammasso informe di imbarazzo letterario che scrissi quando avevo quattordici anni (no sul serio, c'erano cose che mi sono vergognata a rileggere...)

Ho iniziato da poco l'università  e devo dire che mi sta davvero risucchiando come un buco nero. Conto di aggiornare la settimana prossima, ma in caso non ci riuscissi sappiate che non sarà dipeso da me, ma probabilmente dal mio professore di anatomia.
Tengo molto a scrivere questa serie al meglio, quindi commenti e recensioni sono ovviamente graditi, magari ditemi in particolar modo cosa NON vi è piaciuto, solo così si migliora!
Io vi saluto e ci rileggiamo il prima possibile!

(Solo perchè hai letto fino qui ti voglio bene)

E' il frutto di anni e anni di riscrittura e rimaneggiamento di un ammasso informe di imbarazzo letterario che scrissi quando avevo quattordici anni (no sul serio, c'erano cose che mi sono vergognata a rileggere...)

Ho iniziato da poco l'università e devo dire che mi sta davvero risucchiando come un buco nero. Conto di aggiornare la settimana prossima, ma in caso non ci riuscissi sappiate che non sarà dipeso da me, ma probabilmente dal mio professore di anatomia.
Tengo molto a scrivere questa serie al meglio, quindi commenti e recensioni sono ovviamente graditi, magari ditemi in particolar modo cosa NON vi è piaciuto, solo così si migliora!
Io vi saluto e ci rileggiamo il prima possibile!

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** L'inizio - Parte due ***


-Stupido fesso cocciuto babbeo che altro non siete!
Firmare così, su due piedi, una carta di adozione che vi propina una persona come Frobisher! Sapete cosa vuol dire prendersi cura di un'adolescente per i prossimi sette anni?!-

Era molto raro che la signora Sixsmith si arrabbiasse, anzi, probabilmente durante tutto il tempo in cui aveva lavorato per lui non era mai capitato, tranne che per l'incidente del pan di zenzero. Ed era proprio una brutta storia, l'incidente del pan di zenzero...

Ripensandoci, forse la mossa di fidarsi di Theodore non era stata proprio delle migliori, ma cosa doveva fare? Di certo, non avrebbe lasciato una cuginetta povera e indifesa ad un triste destino di sofferenza. Tutto sommato, con qualche sacrificio, sarebbe riuscito a mantenere tutti quanti.
Far del bene, era quello che voleva di più dalla vita, e cosa c'era di sbagliato?

-Mary, ho semplicemente seguito un dovere morale che sentivo di avere. Non me ne pento.-

La donna sospirò scuotendo il capo, alzando poi le mani al cielo e andandosene dalla stanza.

-Forse un giorno capirete che al mondo sono in pochi ad essere come voi. Vado a fare una passeggiata, non mi importa se piove.-
George seguì con lo sguardo la donna che se ne andava, e quando intravide la sua sagoma aprire l'ombrello e uscire sotto la pioggia battente, si gettò sul divano, sprofondando nell'inferno di cuscini bordeaux.
Chiuse gli occhi per ascoltare il temporale che si faceva sempre più feroce, Mary sarebbe per forza tornata entro poco.
Non poteva dire che non fosse una brava donna, e probabilmente era una delle pochissime persone a volergli veramente bene, ma spesso aveva l'impressione che non lo capisse mai, un po' come gli era capitato con sua madre.
Ecco cos'era Mary, una specie mamma per adulti.
La sentì rientrare subito in casa, lamentandosi di essersi infradiciata e sgrullando l'ombrello in modo goffo.

Chiuse gli occhi e sorrise, ora poteva udire il rumore metallico del bollitore che veniva tirato fuori dalla mensola, presto avrebbe sentito il profumo del tè. In fondo, erano le cinque.

Le cinque.

Le cinque!

Oh no, avrebbe dovuto trovarsi all'università mezz'ora prima!

Si alzò di scatto, correndo di sopra a prendere la giacca e il cappello.

-Mary, devo scappare via, sarei dovuto già essere all'università per una cosa importantissima.
Rimarrò a dormire in centro per stanotte, non ti preoccupare per me, sarò di ritorno direttamente domani sera!-

Scese gli scalini a due a due, affacciandosi un secondo alla cucina, prima di uscire.

-Comunque sappi che sei una persona importante per me, grazie di tutto.-

Afferrò un biscotto dal barattolo, poi salutò Mary con un sorriso, uscendo nella tempesta.

I nuvoloni torreggiavano sul cielo, dando l'effetto di una specie di infinito e spaventoso maglione grigio.
George si riparò con il piccolo ombrello che aveva, constatando dopo poco l'inefficacia di esso. Magari a causa del temporale molte altre persone sarebbero arrivate tardi e quindi lui non ci avrebbe fatto una figura barbina.
Scorse in lontananza un taxi color antrace, era un modello di automobile fuori uso da dieci anni, ma nei dintorni non sembravano esserci altre vetture disposte ad ospitare un pover'uomo zuppo di pioggia.

Si avvicinò alla macchina, bussando un paio di volte contro il finestrino.

Per qualche secondo non ebbe risposta, ma poi udì un sonoro "clack" con cui la portiera dei sedili posteriori si aprì di scatto. Entrò senza pensarci due volte.

Al volante era seduto un omone di mezza età intento a masticare un pezzo di tabacco.

-Ciao, amico, Al Davis al tuo servizio. Dove ti porto? Oh, prima di partire ti avverto, con questa pioggia guidare è difficile e quindi la mia tariffa è raddoppiata.-

Era evidente che si stesse approfittando di essere l'unico taxi nel raggio di almeno tre miglia, ma cosa si poteva fare?

-Non si preoccupi, comunque mi porti alla facoltà di fisica dell'università. E' su Oxford Road.

Una domanda, in quanto arriveremo? Andrei di fretta...-

L'uomo sputò la poltiglia marrone che aveva in bocca in un bicchiere di rame che teneva accanto a sè, poi mise in moto l'automobile sghignazzando sonoramente.

-E che Oxford Road sia, amico! Calcolando l'imminente tempesta, mi duole dirti che non saremo a destinazione prima delle sei, ma diciamo che con un piccolo extra potrei tentare di prendere delle strade secondarie che accorcerebbero anche di mezz'ora i tempi d'attesa. Non so se mi spiego, amico...-

Quanto odiava quel tipo di gente, non poteva assolutamente permettersi ulteriori ritardi, o stavolta davvero avrebbe rischiato grosso.

La conferenza sarebbe terminata alle sei spaccate e se fosse arrivato poco prima, con un po' di fortuna sarebbe riuscito a sgattaiolare in mezzo al folto pubblico e far poi finta di essere stato lì sin dall'inizio.
-"Che extra sia, amico."-

Il conducente prese a masticare un altro pezzo di tabacco, accelerando improvvisamente e facendo quasi balzare George in avanti.

-Ti consiglio di reggerti forte, questo vecchio catorcio a volte ballonzola un bel po'. Una volta un ragazzino è volato sul parabrezza!-

Il problema era che non c'erano fisicamente appigli a cui potersi aggrappare, e tutto ciò che lo sfortunato passeggero poteva fare era tenersi al sedile sperando di sopravvivere o semplicemente recitare un paio di preghiere, in caso fosse religioso.
Brusche frenate si alternavano al folle accelerare, era peggio delle montagne russe.

Tutto d'un tratto Al emise un urlo, sterzando a sinistra a tutta velocità e scaraventando George contro la portiera. Il labbro inferiore gli andò a sbattere dritto contro il vetro del finestrino, iniziando a sanguinare abbondantemente e macchiandogli la camicia inamidata.

-Ma sei impazzito?! Guarda che mi hai combinato!-

Al si girò distrattamente ad esaminare i danni procurati al proprio passeggero, rimettendosi subito in marcia.

-Non è colpa mia, hai visto quella vecchia? Attraversare la strada senza guardare con questa bufera, roba da matti...-

Ripartì a tutta birra, scagliando adesso George contro alla portiera del lato opposto.

Come promesso, arrivò all'università in mezz'ora. Ormai aveva smesso di piovere, le nuvole avevano deciso di dare qualche minuto di tregua agli abitanti della Terra.

-Dodici scellini, amico.-

George scese infuriato dall'auto, poi indicandosi la bocca ancora un po' sanguinante, porse all'uomo delle monete.

-Facciamo che te ne do sei e non ti denuncio alla polizia.-

Al fece finta di prendere i soldi controvoglia, generalmente per una corsa simile guadagnava la metà di quel denaro. Il trucchetto di sparare cifre spropositate continuava a funzionare a meraviglia!

Sgommò via senza salutare, lasciando George da solo di fronte all'imponente facoltà di Fisica dell'Università di Manchester.

Si avviò verso l'entrata, fortunatamente sapeva come arrivare all'aula della conferenza, non era lontana.

L'antica porta di legno che avrebbe dovuto varcare un'ora prima gli apparve dopo poco, e dopo essersi sistemato grossolanamente, la aprì.

Si aspettava di trovare un pubblico numeroso, ma i presenti si limitavano ad una manciata di solenni professori e a una dozzina di studentelli brufolosi.

Alla lavagna, un giovanotto biondo, vestito elegantemente con una giacca verde di tweed scozzese, scriveva velocemente formule di ogni tipo.

Tutti quanti si girarono verso il nuovo arrivato, notando con un'espressione simile allo sdegno i vestiti zuppi e macchiati di sangue e il labbro lacerato. Dopo pochi secondi si voltarono di nuovo per seguire l'uomo che stava discutendo, il quale lanciò invece a George un'occhiata di odio.

-...e quindi, apponendo accanto a gamma al quadrato il segno negativo, vorrei così concludere la mia tesi sulle traiettorie gravitazionali degli elettroni di valenza. Spero di essere stato esaustivo e di aver spiegato con chiarezza tutto quanto. Abbiamo domande?-

Uno degli studenti alzò pigramente la mano.

-Uscirà un saggio a riguardo?-

L'uomo sorrise, andando a tirare fuori da una cartella che aveva poggiato sulla cattedra un fascicolo rilegato.

-E' già uscito e, come ho già detto, questa a cui oggi hai assistito ne era la presentazione...

Nella biblioteca potrai trovarne diverse copie, tutte completamente gratuite.-

Il ragazzo annuì tra sé, lasciando l'aula in un imbarazzante silenzio, che fu rotto dal giovane professore.

-Io allora terminerei qui questa conferenza, vi ringrazio davvero per averne preso parte.-

Un tiepidissimo applauso accolse le parole dell'uomo, il quale iniziò a rimettere a posto alcuni libri che aveva tirato fuori dalla borsa.

George aspettò che tutti quanti andassero via dalla stanza, e li osservò uno ad uno avviarsi verso l'uscita mentre mormorando frasi d'occasione e sbadigli.

Quando fu sicuro che anche l'ultimo studente avesse varcato la soglia da un po', si alzò dal posto in fondo all'aula che aveva occupato fino a quel momento, e si avvicinò all'insegnante che aveva appena tenuto il discorso.

-Dai, non mi sembra sia andata male. Mi sono parsi tutti molto interessati.-

L'uomo lo fissò con rabbia, scostandolo poi con una leggera spallata.

-Vai al diavolo pure tu.-

Tentò di avviarsi verso l'uscita, ma venne raggiunto una seconda volta dal medico.

-Damien, lo dico davvero! Mentre se ne andavano via, ho sentito due ragazzi dire che pubblicizzeranno assolutamente il tuo saggio per quanto è piaciuto loro!
E mi dispiace davvero per essere arrivato in ritardo, ma diciamo che ultimamente la mia vita è stata turbata da diverse faccende.-

Damien fissò lo sguardo da bambino che George aveva, quando faceva così diventava invulnerabile alle arrabbiature. Come diavolo ci riusciva?

Emise un sospiro un po' seccato, facendogli cenno di seguirlo fuori, ma prima scrutò con disappunto il labbro spaccato ancora un po' insanguinato e un grosso livido viola che gli era ora apparso sullo zigomo destro.

-Lasciamo perdere questa conferenza maledetta, e comunque anche se fossi arrivato in tempo non ci avresti capito nulla, stando a quanto ne sai tu di fisica...ma quelli come te li sei fatti?-

George si toccò la bocca per tastare la ferita, ritraendo subito la mano con un'espressione di dolore.

-Oh, nulla di che, un tassista fuori di testa con una macchina scassata ma potente. "Tassista fuori di testa", assonanza carina!

Comunque non è che nel tuo alloggio avresti del disinfettante?

Intanto vorrei però raccontarti di una cosa pazzesca che mi è successa giovedì scorso, praticamente ho incontrato una vecchia pazza...-

Non riuscì a finire la frase che si ritrovò le labbra di Damien sulle sue. Il professore sorrise con sfida

-Non ti sei fatto vivo per due settimane, non farlo mai più. 
Ora raccontami pure della vecchia pazza, e andiamo a prendere il disinfettante.-

Nel giardino di un antico istituto per ragazze di Burnage, durante una mattinata soleggiata, una ragazzina era intenta a scrivere in un quadernino di pelle con gran circospezione, copriva con le braccia i fogli appena qualche curiosa coetanea provava ad avvicinarsi di qualche metro.

"26 Maggio,
Stanotte ho fatto un incubo stranissimo, era da tempo che non mi capitava:

ero in un mare nero e viscoso, cercavo in tutti i modi di rimanere a galla, ma più mi dimenavo più la melassa mortale in cui ero immersa mi trascinava verso il fondo. Dopo un po' di tempo ero completamente coperta e non riuscivo più a respirare, precipitavo lentamente, sempre più giù. Pensavo ormai di non avere scampo, ma poi mi ritrovavo improvvisamente in una galleria umida e buia, si sentiva l'odore fortissimo della muffa. Il pavimento era foderato di una specie di lana rossa, pulita rispetto al resto dell'ambiente. Iniziavo a percorrere il tunnel, ma la soffice lana del pavimento si faceva sempre più marcia e sporca, fino a che non ne rimaneva solo una poltiglia fangosa. Improvvisamente, dietro di me, si materializzavano una dozzina di creature deformi, erano esseri umani, ma era come se la loro faccia si fosse sciolta neanche fosse cera. Iniziavano a inseguirmi, e io correvo per non farmi prendere, il cuore mia andava a mille. Finalmente, in fondo alla galleria, vedo una fievole luce: su un piano rialzato, un uomo è intento a suonare una ballata che cantava sempre Papà al pianoforte. Non gli importava della scena, continuava imperterrito la sua esecuzione, nonostante io lo chiamassi per farmi aiutare. Le creature erano ormai a pochi passi da me, non saprei cosa sarebbe successo, e non credo che lo saprò mai, dato che Madre Delia ha iniziato a scuotermi esortandomi a svegliarmi.
Erano le sei di mattina, e mi ha anche detto di sbrigarmi a prepararmi perché dovevo farmi trovare di sotto con estrema urgenza.

Io ho obbedito, anche se dentro di me non desideravo altro che urlarle che chiunque mi rubasse una preziosa ora di sonno poteva anche andare al diavolo, non nascondo che tenere costantemente un profilo basso inizia a pesarmi.
L'urgenza non era altro che Frobisher, il quale è un tipo estremamente mattiniero e non si fa problemi a scomodare infinitamente gli altri per le sue scemenze.

Sabato ho quasi mandato a monte il piano di quell'idiota, avevo calcolato bene i rischi ed era assolutamente sicuro, ma lui ovviamente si è arrabbiato come una furia. E' stato interessante notare la reazione dei presentì, però, mi è servito molto a capirne meglio il carattere.
Mi ha redarguita molto per questo mio "scherzo".

Entro la prossima settimana dovrei trasferirmi a casa di questo Dottor Livesey, e già assaporo la noia che ne verrà fuori. 
E' davvero stupido, si è fatto raggirare da Frobisher con una facilità immensa, perché non posso andare subito dal Professor Moreau ancora non l'ho capito, è una persona intelligente e mi vuole bene.
Comunque non ho assolutamente intenzione di farmi amico il tizio da cui andrò a stare, infatti credo che passerò in quella casa solo l'estate, poi troverò un modo per andarmene lontano da qui, forse a Sharpton; voglio provare a vedere fino a dove si spingerà a credere al mio personaggio di povera bimba sciocca e indifesa. Almeno avrò qualcosa da fare.

Pensandoci, non è esattamente quello che papà avrebbe voluto, ma sinceramente mi importa poco di chiudermi in qualche collegio a studiare banalità che già so o a imparare a ricamare vomitevoli fiorellini.

Ultimamente papà inizia però a mancarmi, io cerco di non pensarci, a dirmi che sono forte e che passerà presto, ma in fondo so che non è così. E' come quando perdi un dente e, sentendo con la lingua la fossa vuota che ha lasciato, provi quella sensazione di stranezza, senti che c'è qualcosa che non va. E' in queste situazioni che spero nell'annichilimento totale di tutte le mie emozioni; vorrei fossero tutte quante risucchiate in un vortice, continuare a esistere senza vivere.

Come se non bastasse, sto iniziando a sentire sensazioni nuove e strane, cose che non avevo mai provato. Probabilmente è solo il mio debole corpicino fanciullesco che inizia a trasformarsi in un debole corpicino da donna, oppure sto semplicemente impazzendo, se pazza già non sono. Non è la prima volta che dubito della mia sanità mentale, e di certo la gente che mi circonda non mi aiuta a sentirmi meglio. Essere ragazze intelligenti è dannatamente difficile.
Ora sento Madre Delia chiamarmi, spero che non si tratti di nuovo di Frobisher, altrimenti giuro che stavolta lo mando al diavolo e basta.
Penso che aggiornerò domani.
Ivy"

-Ivy, tesoro! Ma cos'hai sempre da scrivere di tanto importante su quel quadernino? 
Ho ottime notizie per te, il signor Frobisher è stato talmente gentile da elargirmi una piccola somma di denaro che potrai usare per acquistare un po' di ciò che ti servirà quando ti trasferirai. Sorella Clara si è proposta di accompagnarti in città a fare qualche compera.-

Non ne poteva più di sentir nominare quell'avvocato.

Una donna grassoccia rivolse un amichevole cenno ad Ivy, che ricambiò meccanicamente.

-Ma come sei carina! Quanti anni hai, piccina? Come ci sei finita qui? Cosa ti servirebbe prendere in centro? Qual è il tuo colore preferito?-

Probabilmente sarebbe stata una lunga mattinata.

Madre Delia sorrise a entrambe con il suo volto rugoso, poi andò via con il suo solito fare solenne.

Ivy si mise il quaderno sotto alla giacca, poi comunicò con uno strano sorriso di essere pronta per uscire.

Si diressero subito alla fermata del bus, era a due passi dall'istituto. Notarono con sorpresa che la vettura era già arrivata, quindi salirono senza esitare.

Sorella Clara iniziò a ciarlare ininterrottamente, come suo solito, non badando nemmeno al fatto che la propria interlocutrice fosse completamente assorta in altri pensieri.

Il chiacchiericcio costante faceva da ottimo sottofondo, ma ad un certo punto qualcosa di strano turbò i sogni ad occhi aperti della ragazza.

Era un odore acre, una sorta di misto di tabacco di ultima scelta e il non lavarsi da tre settimane, ma con qualcosa di ancora più caratteristico e nauseabondo.

Davanti a sé, Ivy vedeva solo un paio di ragazzi intenti a conversare e una donna di mezza età con in mano le buste della spesa, non poteva provenire da loro.

Si girò lentamente verso la parte posteriore dell'autobus e fu allora che lo notò: se ne stava stravaccato sugli ultimi sedili, con un ghigno di denti gialli stampato sul viso.

Doveva avere sui quarant'anni, magro da far paura e con la carnagione olivastra.

Una maglione bucherellato e un paio di pantaloni incrostati erano tutto quello che c'era a vestire il corpo rinsecchito, anche se salendo con lo sguardo Ivy si accorse di un berretto mezzo scucito che copriva il cranio pelato.

Si accorse di essere guardato dalla ragazza, allora le rivolse un saluto di sfida levandosi per un attimo il cappello.

Si passò la lingua tra i denti, andando poi a lisciarsi il volto butterato da una probabile acne giovanile non curata.

Era la persona più ripugnante che Ivy avesse mai visto, ed ebbe un sussulto di terrore, girandosi di scatto verso Sorella Clara.

-Tesoro, va tutto bene? Che ti è successo?-

L'autobus si fermò, facendo scendere l'uomo, il quale non esitò a salutare la ragazzina con un cenno, ghignando più di prima.

-Oh, no... non era niente...sì, mi era solo sembrato...insomma...una mia impressione, nulla più.-

Alle otto in punto, la sveglia trillò con il suo malefico rumoraccio, fucilando qualsiasi sogno che avesse infranto il rigido coprifuoco mattutino.

Damien la gettò per terra con un pugno, ma questa non si spense, andando anzi a vibrare contro il pavimento e generando un suono ancora più sgradevole.

Si rannicchiò sotto le coperte, tentando invano di tapparsi le orecchie con le mani. Improvvisamente il rumore diabolico cessò.

-Come pretendi di stare in aula per le otto e quarto?-

Sgusciò fuori dalle lenzuola, trovandosi di fronte George con in mano la sveglia.

Era vestito e perfettamente pettinato, indossava anche quel grosso camice bianco che lo faceva apparire tanto importante quanto ridicolo.

-Non arrivo mai in ritardo, so dosare i miei tempi. Poi, dopo quello che è successo ieri non dovresti proprio istruirmi su come arrivare in orario. Ma si può sapere a che diavolo di ora ti sei alzato?-

George mise a posto la sveglia, avvicinandosi adesso alla finestra e voltandosi per guardar di fuori.

-Lo sai che mi alzo molto presto naturalmente, solo che oggi, trovandomi molto vicino all'ospedale, ho potuto usare il tempo che generalmente trascorro sul treno per osservare ciò che si vide da questa finestra.

Hai un piccolo tesoro e neanche lo sai, qua davanti passano davvero tutte le tipologie di persone, ed è bello alzarsi la mattina presto e osservare come appaiano una ad una.-

Damien si infilò la vestaglia, poi si trascinò verso un mobiletto da cui tirò fuori la schiuma da barba e il pennello.

-Non capisco cosa ci trovi di così affascinante nelle persone, sono solo dei sacchi di carne parlanti, e nel novantanove percento delle volte dalle loro bocche escono solo idiozie.-

George ridacchiò con sfida, poi guardò l'orologio da taschino che teneva nella giacca.

-Non potrò stare a farti la lezione, ma sono le otto e cinque: riuscirai a vestirti, a lavarti e a farti anche la barba in dieci minuti? Oh, forse vuoi finalmente levarti quei baffi da finto adulto serio! Il tuo ritardo allora sarà completamente giustificato, vedrai.-

Damien riempì una bacinella d'acqua e iniziò a spargersi la schiuma in faccia, guardando poi nel piccolo specchietto davanti a sé le grosse occhiaie che aveva da giorni.

-Se ami me, allora devi amare anche i miei baffi. Caso chiuso.-

George si aggiustò il camice ridacchiando, poi si avviò verso la porta della stanza e la aprì con discrezione, appurando che non ci fosse nessuno nel corridoio.

-Diciamo che per stavolta hai ragione. Io purtroppo adesso devo andare, e ne approfitto ora che qui fuori è vuoto. Ci vediamo, grazie di tutto.-

Fece per uscire, ma Damien si girò di scatto.

-Fatti sentire, però.-

George annuì lievemente, chiudendo poi la porta con un colpo secco.

Iniziò a camminare come niente fosse, anche se ogni volta aveva il cuore in gola fino a che non raggiungeva l'uscita degli alloggi universitari.

Si precipitò verso il portone, spalancandolo e trovandosi davanti la solita Oxford road brulicante di gente.

L'ospedale era a due passi, e lui avrebbe dovuto trovarsi lì entro mezzora, quindi aveva tutto il tempo di farsi una passeggiata e osservare da vicino la gente e le situazioni che aveva scrutato per tutta la mattina.

Si avvicinò a un fioraio, venendo investito dal turbinio di profumo fresco che la bottega emanava. Stava per entrare a dare un'occhiata, ma a pochi metri di distanza, di fronte al negozio di vestiti di seconda mano, scorse niente di meno che Ivy Hawkins.

Stavolta non indossava abiti simili alle bomboniere, ed era accompagnata da una grassa e allegra suora.

Fece per avvicinarsi e notò che la ragazzina si era accorta della sua presenza, mentre la monaca era entrata a chiacchierare con una commessa.

George si avvicinò di qualche passo, poi salutò con un cenno Ivy, che ricambiò nello stesso modo.

-Buongiorno Dottor Livesey.-

George sbirciò per un attimo nel negozio: era di seconda mano, ma doveva ammettere che la merce era di ottima qualità, non sembravano affatto vestiti usati. Ne avrebbe assolutamente tenuto conto in futuro.

-Buongiorno Ivy, vedo che sei venuta a far compere prima del grande giorno...-

Era davvero imbarazzato, si trattava di una situazione surreale, e nella sua testa tutto quello che avrebbe voluto dire era altrettanto surreale, così se ne uscì con le prime parole che gli suonavano sensate.

-Lo sai che dormirai in una stanza che sarebbe dovuta essere una biblioteca, non lo trovi emozionante? -

Alla ragazza scappò un mezzo sorriso, ma poi tornò subito alla non-espressione che aveva di solito.

Non sapeva perché, ma quelle parole così fuori contesto e senza senso le avevano dato una strana sensazione, quasi di calore. Non doveva però dimostrare debolezze, o tutti i suoi piani sarebbero andati in fumo.

Decise di non rispondere, e raggiunse velocemente Sorella Clara dentro al negozio, bisbigliandole poi qualcosa all'orecchio.

La donna si girò di scatto verso il medico, quasi correndo verso di lui e andando a stringergli la mano.

-Ma guarda un po' le coincidenze di Nostro Signore! Voi siete il Dottor Livesey! A nome di tutte le Suore di Burnage, vi ringrazio davvero di aver deciso di prendervi cura di questa pecorella smarrita!

Avrete notato che è molto... particolare, ma immagino che diventerete presto ottimi amici, non è vero?-

George guardò Ivy dritta negli occhi, c'era qualcosa che non lo convinceva fino in fondo, qualcosa di sfuggente.

Una persona del genere, che piombava così di scatto nella sua vita, doveva esserci un motivo preciso, o forse no e lui era solo paranoico, ma di certo avrebbe scoperto qualsiasi ipotetica cosa ci fosse stata sotto.

Senza smettere di fissare la ragazzina, continuò a stringere la mano alla suora.

-Sì, credo anche io che saremo ottimi amici...-
 

 

Buonasera, popolo di EFP!

Ce l'ho fatta! SONO RIUSCITA A SCRIVERE QUESTA SECONDA PARTE NONOSTANTE I RITMI MASSACRANTI DELL'UNIVERSITA'. EVVIVA. (dovete ringraziare il caffè)

Si conclude così il primo racconto con George ed Ivy come protagonisti, il secondo è già in cantiere e vi anticipo che, come promesso, sarà ambientato qualche annetto dopo questa avventura, dove si sono compiuti determinati archi narrativi di cui leggerete in futuro.
Ah, se mi va forse vi farò sapere anche in cosa consiste il terribile incidente del pan di zenzero, anzi, facciamo che me lo scrivete voi nei commenti e il più creativo vince una recensione AGGRATISE dei primi tre capitoli di una sua storia. Ci state? (Sì, è prostituzione letteraria)

Vi ringrazio moltissimo per aver letto questa seconda mia follia letteraria, ovviamente neanche sto a dire quanto possa servirmi una recensione che non mi spieghi quanto io sia bravafantasticamiticalimitededition (che quello lo so già), ma piuttosto mi faccia notare cosa potrei migliorare.
Alla prossima!

 


P.S.

Anche per questo capitolo, realizzerò la versione audiolibro. Attendete un po' e sarete ricompensati. 

Link wattpad: https://www.wattpad.com/myworks/128802860/write/506359539

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3720697