Matter of Time

di Ace of Spades
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***
Capitolo 4: *** IV ***
Capitolo 5: *** V ***
Capitolo 6: *** VI ***
Capitolo 7: *** VII ***
Capitolo 8: *** VIII ***
Capitolo 9: *** IX ***
Capitolo 10: *** X - epilogo ***
Capitolo 11: *** Extra ***



Capitolo 1
*** I ***


Matter of time
 

" E ama, ma veramente, gli uomini coi quali il destino ti ha unito. "









 

Era un dato di fatto e come tale andava accettato.
Si sfiorò il polso sinistro rivolgendo un’occhiata seccata al tatuaggio.
Ogni persona al mondo nasceva con quella sorta di orologio tatuato e su cui inevitabilmente scorrevano le ore.
Non si sapeva quando era iniziato, si sapeva solo che non appena incontravi la persona a cui eri destinato il tempo si fermava e le ore si bloccavano.

Ora 0
Minuto 0
Secondo 0

L’ora x che tutti attendevano, nessuno conosceva il giorno o il momento esatto, ma sarebbe accaduto prima o poi. Era destino.


 

Eustass Kidd non credeva in quelle cazzate sul fato o sull’essere predestinati. Aveva smesso di credere in molte cose, tranne in se stesso, e ora continuava ad essere infastidito dal maledetto tatuaggio.
Il suo ancora scorreva silenzioso, portandosi dietro secondi e minuti della sua esistenza senza che cambiasse qualcosa.
E non sarebbe cambiato perché uno cocciuto come lui non avrebbe mai accettato di passare il resto della sua vita insieme ad una persona solo perché qualcuno aveva deciso così.
Col cazzo.
Se la sarebbe scelta lui la persona adatta, non avrebbe lasciato questo privilegio a qualche presenza invisibile.
Fin da piccolo si era sempre chiesto che senso avesse e per quale motivo qualcuno - Dio? Gli Dei Greci? Buddha? O Allah forse? - si fosse premunito di farli nascere con quella roba sul polso.
Vedere la propria vita scorrere in sequenze numeriche era abbastanza inquietante e metteva una certa ansia.

Col tempo gli aveva attribuito sempre meno importanza, pensando che l’entità - come l’aveva battezzata - si divertisse a torturali, molto in stile karmico.

Parcheggiò la sua moto e si tolse il casco lasciando che i suoi capelli rossi si librassero nel verso l’alto, ricordandogli una fiamma indomita. Amava i suoi capelli, per quello spendeva sempre buona parte del suo misero stipendio da meccanico in prodotti per la loro cura.
Sollevò una mano portandosi le chiavi in tasca e notò che lo smalto nero si era rovinato su un dito.
Non si impegnò a trattenere neanche una bestemmia;  perché Kidd poteva aver a cuore i suoi capelli, ma anche la sua collezione di smalti e rossetti rappresentavano una buona parte del suo orgoglio.
Il suo bagno sembrava un negozio di Kiko, Sephora e Clinique tutto insieme, e questo il suo migliore amico Killer non mancava mai di farglielo notare.
Sbuffò fermandosi davanti all’edificio che conosceva ormai da anni; almeno una volta alla settimana aveva un appuntamento con la Dottoressa Kureha per parlare dei suoi problemi.
Che cazzo di condanna era, avrebbe preferito di gran lunga essere sbattuto in prigione per una notte.

Ok, forse aveva un problema a controllare la rabbia, ma merda! Quei tipi se l’erano cercata!
Lo avevano fissato un secondo di troppo per gli standard del rosso, e quindi meritavano di essere mandati all’ospedale.

Quel giorno non aveva la minima voglia di affrontare quella vecchiaccia, e non aveva voglia di sedersi su una poltrona a parlare.
Almeno i suoi riflessi erano migliorati a causa del caratteraccio della donna, che, ad ogni risposta sgarbata da parte sua, si premurava di tirargli addosso qualsiasi cose le capitasse a portata di mano.

Proprio la persona giusta per gestire gli scatti di rabbia!

Trascinando i piedi come un condannato a morte che si sta dirigendo verso il patibolo, entrò nella clinica che aveva scoperto contenere anche altre aree di competenza medica.
La Dottoressa Kureha era nota per accogliere sotto la sua ala protettrice casi disperati e farli rinsavire a suon di minacce e oggetti lanciati.
Ecco perché lui era stato costretto da un giudice inetto a recarsi lì.

La sua aura di malumore e il suo aspetto poco rassicurante - un fisico muscoloso, una fascia sui capelli, rossetto rosso scuro e smalto nero - tenevano a distanza le persone, cosa che a lui non dispiaceva affatto.
Arrivò davanti alla porta bianca e stava per bussare quando sentì la vecchia alzare la voce e la suddetta porta aprirsi da sola.

Un paio di occhi azzurri come il ghiaccio si piantarono nei suoi e il mondo si fermò, come se qualcuno avesse spinto il tasto pausa sul telecomando.
Il respiro si bloccò e un leggero prurito si diffuse sul polso.
Su quel polso.

Alzò velocemente il braccio e provò a deglutire, inutilmente.

Ora 0
Minuto 0
Secondo 0 


Tre zeri si stagliavano sul suo contatore.
Alzò lo sguardo e vide il ragazzo di fronte a sé fare lo stesso dopo aver lanciato uno sguardo incuriosito - era divertito? - al proprio braccio.

“Piacere, Trafalgar Law” disse tranquillamente porgendogli la mano mentre sul suo volto svettava un ghigno sadico. I suoi occhi non si muovevano.
“Piacere un cazzo” ringhiò spostandosi e superandolo per entrare nella stanza sempre con quei maledetti occhi addosso.
“Oh Eustass, era ora su siediti” commentò la donna dopo essersi goduta l’intera scena ed essere riuscita a trattenere una risata perché cazzo, il fato doveva essere proprio stronzo.
Immaginarsi che quei due fossero destinati… cercò di non lasciarsi andare e si limitò a sorridere.
“Trafalgar, ora ho un paziente, ne riparliamo dopo” concluse.

Il ragazzo, che se ne stava ancora sulla soglia annuì.
“Come vuole dottoressa. A presto Eustass-ya”

Una volta chiusa la porta alle sue spalle rise mettendosi una mano davanti ala bocca.
La sua anima gemella era davvero quel tipo tutto muscoli e niente cervello?
C’era qualcosa nel suo sguardo che aveva catturato il suo interesse fin da subito.
Si incamminò per il lungo corridoio mentre il camice bianco svolazzava dietro di sé.

Sarebbe stato divertente.


-


Kidd si sedette sulla poltrona assicurandosi di fare più rumore possibile.

Eustass-ya ‘sta minchia.

Solo quando quel tizio era uscito aveva ricominciato a respirare nuovamente.
A primo impatto?
Gli stava sul cazzo.
Gli stava terribilmente sul cazzo.
Non sapeva da dove iniziare, dai capelli neri e perfetti, alla carnagione scura, oppure quella merda di sorriso sghembo.
Per non parlare della voce, quella gli aveva fatto saltare tutti i nervi possibili e non e tutti insieme.

No si ripeté non può essere lui, ci deve essere un errore.

“Allora, com’è andata la settimana? Quante persone hai picchiato?” 
“Fanculo vecchiaccia”


-


Trafalgar Law era noto per la sua calma e freddezza.
Apparentemente sembrava che nulla lo toccasse, e tutto perché era molto bravo a nascondere le proprie emozioni dietro alla maschera di indifferenza e sadismo che lo caratterizzava.
Il più delle volte non doveva neanche fingere, a lui non interessava la maggior parte delle persone.
Amava restare da solo, leggere libri e bere tè mentre il suo cane Bepo, un bel labrador color vaniglia, si accoccolava sulle sue gambe.
Erano poche le cose a cui tenesse e una di queste era quell’animale.
Ogni volta che tornava a casa era sempre lì ad attenderlo per fargli capire quanto avesse sentito la sua mancanza; non si sprecava in chiacchiere inutili e non lo costringeva a fare nulla.

Certo era che aveva dovuto lottare per avere quel piccolo appartamento per sé. 
Lasciare il nido era stato un problema.

Per ogni adolescente è sempre terribile andarsene di casa a causa dell’apprensione dei genitori, ma alla fine tutte le rimostranze si risolvono con lacrime e abbracci.

No, lui non aveva avuto quel genere di problemi.
I suoi erano morti in un incidente stradale insieme a sua sorella quando era ancora piccolo, e Law era stato trovato di fianco all’auto, pieno di ferite e sporco di sangue con lo sguardo spento, da un uomo alto, biondo e gentile.
Rocinante, quello era il suo nome, non ci aveva pensato due volte a portarlo a casa con sé e ad adottarlo trattandolo come un figlio.
Si ricordava ancora quando quel tizio lo aveva tenuto in braccio per la prima volta e lo aveva presentato agli altri occupanti di quella che doveva essere una casa, ma che assomigliava di più ad una reggia.
Non ce n'era uno che gli fosse sembrato sano di mente, neanche lo stesso uomo che, mentre lo sorreggeva, era riuscito a prendere fuoco.

Rocinante aveva un fratello più grande, fisicamente simile a lui ma caratterialmente diverso.
Donquixote Doflamingo era l’essere più fastidioso che avesse mai avuto la sfortuna di incontrare, ma nonostante il suo carattere quell’uomo non si fece scrupoli ad accettarlo nella famiglia.

Da quando era avvenuta la tragedia si era chiuso in se stesso e solo dopo molto tempo era riuscito a tornare alla normalità, anche se di normale la sua situazione non aveva nulla.
Più che normalità l’avrebbe definita un “ritorno alla vita a causa di una dichiarazione di guerra”.
Perché Cora-san - come lo aveva soprannominato lui a causa delle sue camice con i cuori - aveva salvato la sua vita, ma Doflamingo gli aveva fatto ritrovare il suo spirito battagliero.

Cosa mai avrebbe potuto fare quell’uomo per creargli così tanto turbamento?

Mah, forse avrebbe dovuto rispondere raccontando di quella volta che lo aveva chiuso in bagno dopo aver spruzzato del profumo nauseante, oppure di quando al liceo gli aveva infilato nello zaino un vibratore facendogli prendere la nomea di ‘persona da evitare’.
Anche se il trauma più grande, quello verso il pane, era stato il suo capolavoro.
Perché svegliare un bambino tirandogli addosso baguette, rosette e altri tipi di pane era davvero da psicopatici.

Ora si poteva capire il motivo per cui lui avesse voluto un posto suo, senza ovviamente rinunciare alle fantastiche riunioni di famiglia nei week-end.
Aveva approfittato del suo tirocinio da medico per staccarsi da quella casa e dedicarsi a ciò che lo faceva sentire in pace: la medicina.

Girò le chiavi ed entrò in casa lasciando uscire uno sbuffo, rilassandosi subito dopo.
Bepo scodinzolò e gli fu subito tra le gambe.
Dopo aver appoggiato il cappotto si sedette sulla poltrona lasciando che la sua mente analizzasse ciò che era successo quel giorno.

Alzò il braccio e i suoi occhi si posarono sui tre zeri sentendo un brivido lungo la schiena.

E così l’aveva incontrata, la sua anima gemella.

Il fatto che fosse un uomo non lo turbò più di tanto; era sempre stato aperto di mente ed essendo lui bisessuale e con diverse esperienze alle spalle non vedeva problemi.
Non aveva mai dedicato troppa attenzione al suo contatore, ben certo che lui sarebbe rientrato in quella categoria di persone che non incontrano mai la propria metà.
Ed invece ora si sentiva elettrizzato come un bambino di 3 anni davanti alle giostre alla sola idea di far perdere la pochissima calma di quell’armadio dalla buffa capigliatura rossa.
Quando era uscito da quella stanza aveva preso una decisione e in quel momento la sua mente non fece altro che confermarla: la settimana dopo sarebbe tornato casualmente nell’ufficio di Kureha e si sarebbe imbattuto casualmente in Eustass.
Si leccò le labbra senza accorgersene e poi riassunse la solita espressione fredda, tirando fuori un tomo di medicina e cominciando a studiare.



-



Kidd lasciò l’edificio con un bernoccolo sulla testa; si era distratto un attimo e quella vecchiaccia ne aveva approfittato per beccarlo con la spillatrice.
Arrivò nel suo appartamento e lanciò le chiavi dentro una ciotola all’entrata.
Come ogni venerdì Killer, che ormai si era rassegnato al suo ruolo di balia tuttofare, bussò alla sua porta e gli allungò due birre.
Accesero la tv e si misero a guardare programmi idioti.
“Kidd” il tono sorpreso lo fece voltare verso di lui.
“Ah già” commentò intercettando il suo sguardo “è successo oggi”
Il biondo lo fissò mentre la sua bocca assumeva la forma di una ‘o’.
“E chi sarebbe la tua anima gemella? Sono un bel po’ curioso sai” disse il biondo accomodandosi meglio mentre l’amico grugniva e si scolava mezza birra in un colpo solo.
“Non lo so e non mi interessa. L’ho incontrato nella clinica”
“Era un paziente?”
“Considerata l’espressione da pazzo omicida ti risponderei di sì, ma dato il camice probabilmente era un dottore” 
Killer soppesò le parole del rosso bevendo un sorso dalla bottiglia; sapeva che il suo migliore amico aveva rinunciato tempo fa a tutto ciò che riguardava il tatuaggio, ma ora che gli zeri facevano bella mostra sul polso sapeva che non avrebbe potuto ignorare la situazione per molto.
“Un dottore... E hai intenzione di parlarci?”
“Se mi ricapita di fronte con quel suo sguardo da so tutto io e il suo Eustass-ya gli spacco la faccia”


Killer sperò vivamente che non accadesse.
Chissà se aveva dei soldi da parte per una eventuale quanto probabile cauzione…



-



Era passata una settimana.
Law sapeva che era presto per andare da Kureha, ma il suo obiettivo al momento era solo uno: la cartella personale di Eustass.
Era ben conscio di non trovare la dottoressa in ufficio, così entrò e si richiuse la porta alle spalle e con tutta calma cercò il fascicolo.
Una volta trovato, si sedette sulla poltrona e cominciò a leggere.

Va detta una cosa su Trafalgar Law.
Fin da piccolo aveva sempre riso poco e col tempo i suoi sorrisi - che non fossero quelli sadici - si erano del tutto estinti.
Ma quella mattina rise così tanto che quasi si dimenticò come si faceva a respirare.
Quando uscì dall’ufficio tossendo per darsi un contegno, si rassicurò pensando che nessuno lo aveva visto e che poteva benissimo far finta che non fosse successo nulla.

Tornò a svolgere il suo lavoro, non vedendo l’ora che arrivasse il pomeriggio.



-



Kidd non voleva entrare in quella clinica.
La sola idea di poter incontrare quella testa di cazzo gli faceva prudere le mani.
Respirò cercando di mantenere una calma che non gli apparteneva, pensando che quella era la penultima seduta obbligatoria da Kureha.
“Poi non lo dovrò più vedere questo posto di merda” ringhiò aprendo la porta con una spallata ed entrando nell’edificio.

Stava per arrivare allo studio quando un ragazzo strano - non sapeva come altro definire uno che andava in giro con un cappello con scritto Pinguino sopra - gli si avvicinò.
“Sei tu Eustass Kidd?”
“Che vuoi microbo”
“La dottoressa Kureha mi ha detto di riferirti che oggi ha avuto un imprevisto e che quindi la tua seduta è spostata nell’ufficio in fondo al corridoio con un altro dottore” rispose tranquillamente, non venendo per nulla impressionato dal suo sguardo omicida.
Kidd sbuffò non trattenendo una bestemmia poco carina sulla Madonna.
Pinguino, o come si chiamava, indossava un camice e quindi doveva essere anche lui un dottore o uno specializzando.
‘Probabilmente di psichiatria’ pensò dirigendosi dove gli aveva detto con un sorriso sghembo sul volto.

Aprì la porta senza bussare ed entrò nell’aula in cui si trovavano una poltrona e una scrivania.
Chiuse la porta e si accomodò aspettando che la sedia girevole si voltasse e gli rivelasse l’aspetto della sua balia.
“Buongiorno Eustass-ya”

Kidd, già di carnagione bianca, sbiancò ancora di più.
“No, tu no”
La sedia si girò rivelando un divertito Trafalgar Law che lo fissava con un paio di occhi freddi.
“Oggi farai la seduta con me, non sei contento?”
“Guarda, sto per commuovermi, non so come faccio a trattenermi!” sbottò sarcastico il rosso incrociando le braccia al petto.
“Oh Eustass-ya, non pensavo fossi così emotivo”
“Vai a farti fottere” 
“Quello magari stasera, grazie del consiglio”

Kidd sentiva i nervi aggrovigliarsi tra loro e saltare uno per uno.
Quel tipo non poteva sopportarlo, lo avrebbe ucciso nei prossimi minuti.
“Ora” iniziò Law alzandosi e dandogli le spalle per prendere qualcosa “vuoi iniziare a parlare?”


Non ha il camice, indossa degli skinny jeans che dovrebbero essere illegali e ha un culo così sodo che mi è venuta voglia di scoparlo.


Kidd deglutì e dedicò un sorriso perverso al bel dottore, che si risedette con un block notes in mano.
“Visto qualcosa di interessante?”
“Può darsi”

Trafalgar sapeva bene di avere un bel corpo, e sapeva maledettamente bene anche come usarlo.

“Allora” ricominciò “parlami di quello che hai fatto durante questa settimana”
“Fatti i cazzi tuoi”
“No, no, no. Non vorrai che annulli la seduta vero?” commentò con noncuranza il moro per poi aggiungere un “dovrai tornare” che fece fare una smorfia contrariata all’altro.

L’idea di dover parlare con quel maledetto culo sodo non gli andava a genio, ma se si fosse tenuto sul generale sarebbe finito tutto subito e lui avrebbe potuto andarsene.
“Niente di che. Sono andato a lezione, sono uscito con amici, ho scopato, le solite cose. Ora posso andare?”
“Che università frequenti?”
“Ingegneria”
“Anno?”
“Secondo”
“Stai con qualcuno?”
“Cos’è, un interrogatorio?”
“Sì” rispose tranquillamente Law fissandolo come se fosse un topo da laboratorio.
“E per quale cazzo di motivo lo stai facendo?”
Il moro si indicò il polso e Kidd ringhiò.

Già, il tatuaggio.

“Senti stammi bene a sentire, dottore di sta minchia”esclamò prendendolo per il colletto e strattonandolo, facendo in modo che finisse mezzo disteso sulla scrivania “non so cosa ci sia in quella tua fottuta testa e neanche mi interessa. Non ho intenzione di stare con te perché questa merda che ho sul polso ha stabilito così. Scelgo io la persona con cui stare e tu mi stai sul cazzo”
“Non sai quanto mi piacerebbe starci sul serio” rispose il moro continuando a fissare quegli occhi che avevano il colore dell’ambra.
Kidd rimase con la bocca semiaperta qualche secondo per poi scoppiare in una fragorosa risata lasciandolo andare.
“Stammi lontano” disse alzandosi e facendo per andarsene ma venendo fermato dall’altro.
“Che tu non fossi normale lo si capiva dal fatto che il sacerdote ti ha battezzato e tu gli hai vomitato in faccia” commentò sorridendo mentre si immaginava la scena.
Kidd si voltò furente.
“Come fai a-”
“Saperlo? Ho letto il tuo fascicolo. Anche se la parte che mi è piaciuta di più è stato quando hai spaccato un quadro in testa ad un bambino perché non ti dava ragione. O quando hai conficcato una forchetta nella mano di una bambina perché ti stava rubando una polpetta.”

Il rosso ripercorse a grandi falcate lo spazio che lo divideva dalla libreria attaccata al muro, prese un libro e lo lanciò contro il moro che lo schivò con facilità.
“Non avevi il diritto di farti i cazzi miei”
“Oh, ma non lo sai? Io sono un dottore” rispose schivando un tomo di medicina e rispondendo al fuoco lanciando una spillatrice.
“Dottore, è il suo giorno fortunato. Finirà all’ospedale senza pagare la benzina”
“Vedi di farmi divertire un po’, Eustass-ya”


Kureha si stava spazientendo; era da più di mezz'ora che stava aspettando quel ragazzo dai capelli rossi, ma di lui nessuna traccia.
Stava per chiamarlo quando sentì del trambusto provenire da fuori, uscì e vide che altri dottori fissavano preoccupati l’ufficio in fondo al corridoio dal quale provenivano rumori inquietanti.
Senza ulteriori indugi, avanzò ed aprì la porta trovandosi davanti una scena paradossale.
Eustass Kidd, il ragazzo che la stava facendo aspettare, e Trafalgar Law, il neo-laureato calmo e calcolatore, si stavano azzuffando per terra.
Ovviamente dopo aver distrutto l’intero ufficio.

“Che diavolo state facendo, razza di decerebrati?”

Dieci minuti dopo era nuovamente seduta nel suo ufficio, con davanti i due ragazzi, che non mancavano di guardarsi in cagnesco.
“Qualcuno mi spiega che diavolo è successo?”
“È colpa sua vecchiaccia maledetta! Se lei non mi avesse mandato in quell’ufficio io non lo avrei pestato”
“Colpa mia?” sbottò sorpresa “E quando mai ti avrei detto una cosa del genere?”
“Un tipo col cappello da pinguino mi ha detto che lei non c'era  e la seduta la dovevo fare con un altro dottore” ringhiò il rosso massaggiandosi la spalla. Era più piccolo di lui ma il dottorino lì di fianco sapeva come fare a botte.

“Pinguino?” commentò Kureha collegando tutti i puntini e riuscendo finalmente a capire il disegno finale.
“Law. Quello che hai fatto non è molto legale lo sai? Ridammi il suo fascicolo” 
Il moro sorrise e le allungò una cartella piena di fogli.
“Non si preoccupi, svolgerò degli straordinari nel week-end per farmi perdonare” disse sorridendo.

La dottoressa lo guardò più attentamente; quella non era la faccia di una persona pentita, ma di qualcuno estremamente sollevato, come se avesse appena evitato una condanna a morte.
La donna ghignò.
“Non disturbarti, questa volta te la cavi con un richiamo. Puoi tornare a casa dalla tua famiglia, contento?”

Law si incupì lanciando uno sguardo di puro odio alla dottoressa, che ricambiò con un occhiolino.
“Maledetta vecchiaccia” sibilò mentre il rosso di fianco a sé ghignava.
Non ci aveva capito molto, ma a quanto pare il bel dottore lo aveva preso nel culo, quindi la sua giornata era migliorata.
“Kidd, dato che oggi hai saltato la seduta la sposteremo alla prossima settimana”
“Maledetta vecchia!”

Entrambi uscirono di corsa dall’ufficio schivando biro, libri e altri oggetti a portata di mano della donna.

“Tu” ringhiò il rosso prendendolo nuovamente per il colletto della camicia e tirandoselo contro “La prossima volta ti spacco la faccia così magari impari qualcosa di chirurgia estetica”
“Quando vuoi sai dove trovarmi” rispose sorridendo Law facendo scivolare in tasca un biglietto senza che l’altro se ne accorgesse.
“Fottiti” commentò Kidd lasciandolo e incamminandosi verso l’uscita sotto lo sguardo terrorizzato dei presenti.
“Ci sto provando” sussurrò il moro non mancando di squadrarlo mentre se ne andava.

La giornata era andata abbastanza bene tutto sommato.

Aveva programmato tutto, sapeva che consultare un fascicolo senza il permesso del dottore curante era illegale, e sapeva bene che Kureha avrebbe chiuso un occhio sapendo cosa era successo la settimana precedente. Leggere di quella testa rossa e saltare il week-end a casa; due piccioni con una fava.
Ed invece aveva sottovalutato la vecchia.

Rassegnato, si preparò ai due giorni più terribili di sempre.
‘Posso sempre prendere del Vicodin e versarlo nel bicchiere di Doflamingo’

 

-
 

Dopo aver trascorso il resto della giornata in quell’edificio, Law tornò a casa e ripensò agli avvenimenti di quel giorno.
A lui non interessava molto la storia dell’anima gemella, l’aveva sempre ritenuta una perdita di tempo, esattamente come i sentimenti.
Sapeva che punzecchiandolo un pochino quell’armadio a due ante si sarebbe scaldato, ce l’aveva scritto in faccia “provocami ed esplodo”.
E se c'era una cosa che sapeva fare bene quella era provocare le persone.

Non si aspettava però che il rosso gli rispondesse in quel modo.


“Non ho intenzione di stare con te perché questa merda che ho sul polso ha stabilito così. Scelgo io la persona con cui stare e tu mi stai sul cazzo”


Quelle parole gli erano entrate dentro, per non parlare degli occhi.
Si erano incendiati subito e avevano fatto qualcosa che riteneva impossibile fino al giorno precedente.
Avevano fatto perdere un battito al suo cuore.

Non era possibile che quella storia delle anime gemelle fosse vera.
E non era possibile neanche che lui si innamorasse, figuriamoci di quel decerebrato.
Law camminò meccanicamente mentre nella sua testa rivedeva lo scontro e i pugni che si erano dati.
Quello sì che era stato divertente, almeno il buzzurro ci sapeva fare.
E se scopava con la stessa irruenza con cui rispondeva allora doveva proprio provare.

Un sorriso sghembo fece capolino sul suo volto mentre i pensieri subivano un cambio di rotta e si concentravano su una diversa sfera emozionale.

“Law, vedo che hai avuto una bella giornata~”

Il moro si bloccò davanti a casa sua.
Quella voce.

“Doflamingo cosa fai qui?” sibilò girandosi e trovandosi davanti l’uomo alto due metri che gli sorrideva.
“Sono venuto a prendere il mio fratellino, vero Vergo?”
“Sì Signore” rispose un altro uomo da dietro l’auto viola di proprietà del biondo.

“Non dovevi disturbarti”
“Su, su, prendi le tue cose che andiamo” commentò sbrigativo, come se non avesse sentito nulla.

Il moro espirò cercando di non piantare la siringa che aveva nella tasca interna del giubbotto nella giugulare dell’uomo.

Siamo solo a venerdì. Non ora.

Con questo pensiero preparò un trolley con dei vestiti, mandò il solito messaggio a Penguin ricordandogli di occuparsi di Bepo in sua assenza e prese altre cose dall’armadietto nel bagno.

Non si sa mai, magari il cianuro può servire. Per non parlare della belladonna.

Uscì dalla porta con la tremenda sensazione di aver dimenticato qualcosa di importante, ma, dato che non gli veniva in mente nulla, pensò che quella paranoia fosse dovuta dal fatto che il capo della famiglia Donquixote era venuto di persona a prenderlo.

Ben sapendo quanto odi vederlo più del necessario.

Il viaggio in auto fu una vera epopea: il biondo parlava di quello che era successo durante la settimana e a Law non poteva fregare di meno se Jolla aveva dipinto un quadro o se Lao-G era riuscito a vincere a carte contro Trebol; per non parlare di Diamante che si era classificato primo nel poker online sul famoso sito Colosseum, di proprietà di Doflamingo poi.

Sbuffò guardando fuori dal finestrino; il week-end non era neanche iniziato e già voleva spararsi in bocca.

-

Kidd tornò a casa più incazzato di quando era uscito.
Non era possibile.
Quel maledetto dottore aveva letto tutto su di lui e lo aveva pure preso per il culo.

Almeno gli ho tirato un pugno sulla spalla abbastanza forte da lasciare i segni.

Con quel pensiero si rallegrò ed entrò in casa chiudendo la porta con un piede.
Buttò i vestiti per terra e rimase in boxer, accese la play e si preparò a passare l’intera giornata dentro al mondo di "Assassin’s Creed Balck Flag".

Un modo per fargliela pagare l’avrebbe trovato, e avrebbe scelto quello più doloroso, parola di Eustass Kidd.











 





Angolo dell' Autrice

Salve a tutti, non ho molto da dire dato che siamo solo al primo capitolo.
Solitamente tratto come coppia la Doflamingo/Crocodile, stavolta mi complico la vita e provo a scrivere qualcosa non solo su Kidd e Law, ma anche su Killer, Penguin, Marco, Ace, Zoro, Sanji, Shanks, Mihawk e forse anche  Cavendish e Bartolomeo.
Della serie 'uccidiamoci con stile'.
L'idea è nata da un post di Tumblr sulle Soulmate AU, il fatto del contatore mi piaceva e ho provato a buttare giù qualche idea; inoltre avevo promesso a ShadowMoonLady che le avrei scritto una KiddLaw (sperando non siano OOC) e ho preso due piccioni con una fava.
Ovviamente questa storia è dedicata a lei, al mio scoiattolo rabbioso che mi ricorda tanto un piccolo Eustass.

Direi che ho detto tutto, fatemi sapere le vostre opinioni e se Kidd e Law sono IC, a presto,

Ace of Spades

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Capitolo 2
*** II ***





 
II








 

L’auto si fermò nel piazzale davanti alla casa mentre alle loro spalle l’enorme cancello meccanico si richiudeva.
Scesero ed entrarono nell’edificio - Law cercò di ignorare la fontana a forma di fenicottero nel mezzo dell’ingresso ma proprio non riusciva - e vennero accolti dal resto della famiglia.
Il moro rispose con cenni della testa o a monosillabi finché non vide l’unica persona per cui avrebbe volentieri sopportato quell’inferno.
“Cora-san!”

L’uomo, voltato di spalle, sentendosi chiamare si voltò troppo velocemente e cadde a terra di schiena mentre la sigaretta che teneva tra le labbra cadeva sulla camicia e prendeva fuoco.
Monet gli versò addosso il bicchiere d'acqua che teneva in mano, ormai abituata a scene di quel tipo.
Corazon si rialzò poco dopo massaggiandosi la testa e rivolgendogli un sorriso enorme.
Ancora si chiedeva come un uomo come lui, che ai suoi occhi appariva più come un angelo caduto dal cielo, potesse essere imparentato con quel maledetto fenicottero con gli occhiali.

“Law! Che bello vederti, come stai?” gli chiese mentre si rimetteva in piedi.
“Bene grazie” Ormai la goffaggine del biondo non lo sorprendeva più di tanto.
“Mi fa piacere! Ti devo raccontare cos’è successo da Sephora”

Sconsolato si sedette su un divano ed ascoltò le avventure di quello che considerava ormai suo padre adottivo.
Il fatto che avesse rossetti e ombretti da far concorrenza agli stessi negozi era un’altra questione.
“...e quindi questa tizia voleva vendermi un rossetto A23. A23! Con la mia carnagione!”

Il moro alzò gli occhi al cielo.

Finito l’avvincente racconto, Law si ritirò nella sua stanza buttandosi sul letto e traendo un sospiro di sollievo. 
Il giorno dopo sarebbe stato peggio.
Si tolse i vestiti e sprofondò in un sonno agitato.


 

-

 

Quando si svegliò rimase a fissare il soffitto per diversi minuti; va bene, era particolarmente stanco, ok, era anche molto stressato, ma da lì a sognare Corazon e Kidd che diventavano amici e andavano a comprare rossetti per lui ce ne voleva.

Si passò una mano sul volto e respirò con calma.

Solo un sogno, un sogno.

Si alzò e si vestì con una maglietta blu e dei jeans, sperando che molti degli occupanti della casa se ne fossero andati in giro.
Scese le scale e notò che effettivamente non c'era anima viva, così si diresse verso il salone per fare colazione ma vi trovò un uomo.
“Oh? Ma guarda chi è tornato a casa” commentò una voce calma.

Law sorrise e si sedette di fronte a lui.
“Wani-ya, non mi aspettavo di trovarti qui, non hai dormito bene, vero? Anzi, probabilmente non hai dormito affatto” gli rispose guardando Crocodile negli occhi mentre l’altro faceva lo stesso.
Rimasero immobili per qualche secondo, poi l’uomo rise ed espirò una boccata di fumo dal sigaro che teneva in mano.
“Che impertinente”


Law spalmò una fetta di pane con della Nutella; in realtà trovare uno degli uomini d’affari più potenti in circolazione nel salotto avrebbe fatto impressione a tutti, ma a lui no.
Sapeva bene in che rapporti era con Doflamingo e non mancava mai di prenderlo per il culo dato che il fenicottero era la persona che aveva bloccato il suo contatore.



Era successo anni prima, quando il biondo aveva iniziato a muoversi nel mondo del business e a competere con Crocodile. I due non si erano mai incontrati di persona, ma non perdevano mai occasione di mettersi i bastoni tra le ruote a vicenda.
Il loro primo incontro era stato effettivamente voluto dal destino - come amava ripetere il fenicottero - e, anche se non lo aveva mai detto perché questo implicava dargli ragione, la pensava come lui.
Perché andare a sbattere contro il tuo rivale in affari, che altri non è se non la tua anima gemella, al supermercato nel reparto assorbenti* è una cosa abbastanza surreale per poter succedere.
Inutile dire che Doflamingo si era innamorato quasi subito del moro dallo sguardo omicida, nonostante lui non volesse saperne nulla.
Ma si sa, quando le persone che passano la vita a deridere i sentimenti altrui li sperimentano su loro stessi finiscono per perdere la testa, ed infatti il biondo era arrivato a pedinarlo e a mandargli dei regali di dubbia natura.
Crocodile, dal canto suo, o lo ignorava o si divertiva a fargli sapere per vie traverse che usciva con altre persone.
Quei due erano andati avanti un anno ad omicidi passionali e furti con scasso nelle rispettive abitazioni.
Law non si sarebbe mai aspettato che raggiungessero una sorta di accordo; delle volte si trovava il moro in casa che leggeva il giornale o fumava, altre volte Doflamingo spariva per giorni.
Ancora non gli era chiaro se quei due stessero insieme o meno, ma alla fine non gli importava più di tanto, ciò che più gli piaceva era vedere il biondo che si beccava pugni o calci dalla sua dolce metà. La prima volta che aveva visto Crocodile stendere l’uomo aveva deciso che sarebbero andati molto d’accordo.



“Noto che neanche tu hai dormito benissimo” disse l’uomo spegnendo il sigaro nel posacenere.
Law lo fissò con una smorfia sul volto.
“Ho fatto un incubo”
L’altro lo guardò intensamente e sorrise.
“Vuoi che ti tenga lontano quell’idiota?”
“Magari, mi faresti un favore” rispose Law passandosi una mano tra i capelli.
“Non ho detto che è un favore”
Il ragazzo si girò verso di lui con aria interrogativa.
“Devi solo rispondere ad una domanda”
“Tutto qui? Pensavo peggio”
Crocodile ghignò.
“Chi è?”


Law non capì, poi notò lo sguardo dell’uomo e si coprì il polso.
Ecco cosa si era dimenticato, un polsino.
“Un cretino” rispose distogliendo lo sguardo.


Crocodile sorseggiò il caffè e si alzò.
In quel momento la porta del salone si spalancò e Doflamingo entrò quasi di corsa.
“Croco-chan ~ non me lo dai il bacio del buongiorno?”
Il moro si voltò verso Law e gli poggiò una mano sulla spalla.
“Benvenuto nel club”


Il ragazzo finì di mangiare mentre il moro tirava un pugno al fenicottero e lo trascinava via; almeno non doveva più vedere quel maniaco per il resto della giornata.
Sapeva bene che Crocodile non si sarebbe accontentato di una risposta tanto generica e sapeva anche che avrebbe dovuto dirlo a Cora-san.
Il capo della famiglia non era neanche preso in considerazione data la sua impulsività, per non parlare dell’istinto di protezione alla mamma chioccia.
Di sicuro avrebbe trovato il rosso e l’avrebbe ucciso.

Per quel giorno non aveva particolari programmi, quindi si limitò a finire di mangiare in pace.

 

-
 


Kidd si svegliò, rendendosi conto di essersi addormentato sul divano. La sera prima aveva ordinato una pizza, troppo incazzato per farsi da mangiare, e si era messo a guardare la TV.
Si alzò e si fece una doccia, si truccò, si mise a posto gli indomabili capelli e dopo due ore finalmente uscì dal bagno.
Si infilò una maglietta dei Kiss e si mise i jeans del giorno prima, notando uno strano foglietto cadere dalla tasca.
Incuriosito si chinò e lo prese in mano leggendolo mentre sul suo volto si dipingeva un ghigno perverso. Sul pezzo di carta si trovava un numero scritto in una grafia strana e un Chiamami scritto ancora peggio. Allora era vera la leggenda, i dottori scrivono tutti di merda.

Kidd scoppiò a ridere prendendo il cellulare e digitando il numero.

Law appoggiò la tazza di caffè mentre fuori dal salone vedeva Crocodile e Doflamingo parlare, o almeno il primo provava ad avere una conversazione, il secondo tentava di infilargli le mani sotto la maglietta o sul culo.
Il suo telefono gli vibrò insistentemente nella tasca dei pantaloni.
Numero Sconosciuto.


Sorrise e rispose.
“Vedo che hai trovato il bigliettino, per essere un idiota ci hai messo poco tempo”
“Dottore, non lo sa che a giocare col fuoco ci si brucia?”

“Oh?” Law sorrise. “un po’ di caldo non mi ha mai spaventato, anzi”
“Senti testa di cazzo, non so per quale motivo tu mi abbia messo il tuo numero nei pantaloni, ma se non è per scopare allora non mi interessa” ringhiò il rosso mentre nel suo cervello si materializzava l’immagine del didietro del moro.
“Speravo me lo chiedessi, quando torno volentieri, come potrei dire di no a tutto questo romanticismo?”



“Croco-chan secondo te chi è?” chiese Doflamingo guardando Law al telefono.
“Non sono affari tuoi, direi che è abbastanza grande da gestire la sua vita privata”
“No, non capisci. Lui sta sorridendo.
Crocodile si voltò a guardare il ragazzo che, in effetti, aveva gli angoli della bocca alzati, cosa che non accadeva da tempo immemore.
Capì subito con chi stava parlando, con il suo cretino, ma conosceva anche l’uomo di fronte a sé, e sapeva che non si sarebbe fermato davanti a niente pur di assicurarsi che nessuno facesse del male ad un membro della sua famiglia.
Sbuffando gli afferrò il colletto della camicia e lo strattonò verso di sé, coinvolgendolo in un bacio poco casto e finendo col mordicchiargli il labbro.
“Andiamo, ho voglia di fumare in giardino” 
Doflamingo, colto di sorpresa, si dimenticò di Law e annuì seguendolo.
Di certo non poteva evitare che il biondo facesse il terzo grado al moccioso, ma poteva distrarlo per un po’.
Ovviamente avrebbe ottenuto in cambio anche il codice fiscale di quel tipo dopo tutto il lavoro che stava facendo.

 

“Mi stai dicendo che il tuo padrino è Donquixote Doflamingo? Quel Doflamingo?”
“Già.”

Law aspettò la risposta dell’altro, non sapendo bene perché si sentisse in ansia.

“Certo che sei proprio sfigato. Ora si spiega perché non sei normale.”

Sorrise appoggiandosi allo schienale.
“Disse lui”
“Che cazzo vuoi!”

Ah, era troppo divertente farlo incazzare.

“Spero che Wani-ya rimanga anche domani così non ce l’ho tra i piedi tutto il tempo”
“Wani che?”
“Crocodile”

“... non ti chiedo neanche se è quel Crocodile. Che cazzo di famiglia hai?”
“Una strana”

“Poi mi spieghi cosa centra quel coccodrillo di merda con Doflamingo”
“Poi…?” domandò sorridendo “quindi oltre a scopare vuoi conoscermi”
“Non metterti in testa strane idee, dottore di sta minchia, sono solo curioso di sapere cosa ci fanno due degli uomini più potenti in circolazione a casa tua”

“Va bene, ma solo se mi porti un mazzo di rose rosse”
“Vaffanculo”


Law ghignò constatando che l’altro gli aveva sbattuto il telefono in faccia.
Ora che aveva il suo numero avrebbe trovato il modo per disturbarlo in ogni momento.
Già vedeva il fumo uscire dalle orecchie e i suoi capelli rossi prendere fuoco.

 


-

 

Kidd ficcò il cellulare in tasca ed uscì di casa; quella merda di dottore aveva dei parenti davvero famosi, Donquixote proprio non se l’aspettava, ma Crocodile?
Chissà cosa legava quei due, da quanto ne sapeva - e lui ne sapeva abbastanza - erano rivali storici.
Si incamminò verso l’officina, non avendo voglia di prendere la moto, e dopo una mezz'oretta fu sul posto di lavoro.
Il suo capo, un omone dai buffi capelli azzurri e un ciuffo alla Elvis, lo aveva incontrato anni prima e lo aveva assunto dopo che passando per caso da quelle parti, aveva riparato con facilità un motore che fumava.
Franky, quello era il suo nome, non si era fatto alcuno scrupolo e lo aveva accettato nella sua officina, chiedendogli solo di non picchiare i clienti con la chiave inglese.
In quelle mura Kidd si sentiva in pace, poteva mettere le mani tra bulloni e cavi e staccare il cervello dalla sua vita.
Lì dentro esisteva solo il metallo.

Così, varcata la soglia, si preparò a riparare una Panda e a cambiare l’olio di una Golf, immergendosi totalmente nel lavoro.

 

-

 

“Law”
Nessuna risposta
“Laaaw”
Niente
“Law!”

Il ragazzo alzò lo sguardo dal libro e piantò il suo sguardo glaciale in quello freddo della donna che lo stava chiamando da diversi minuti.
“Dimmi Monet”
“È pronto il pranzo”

Chiuse gli occhi e sperò - come ogni volta - di avere un ictus che gli facesse evitare la tortura di ogni sabato. Inutilmente.

Scese le scale e trovò già la tavola imbandita con quasi tutti i posti occupati. A capo tavola ovviamente sedeva Doflamingo, alla sua destra Crocodile e alla sua sinistra Corazon; lui si sedeva sempre di fianco a Rocinante e gli altri si sedevano di conseguenza.
Nessuno occupava mai quelli che erano da tempo i loro posti.
Salutò Cora e si sedette mentre davanti a lui Crocodile gli rivolgeva uno sguardo che non riuscì a decifrare.
Quando arrivò anche Lao-G iniziò il pranzo, o meglio, quello che doveva essere un pranzo ma che assomigliava più ad un banchetto tra pirati.
Era per questo che lui e il moro di fronte a sé odiavano mangiare lì; l’uomo compariva raramente ma lui era obbligato ogni week-end.

Ognuno cominciò a parlare con l’altro degli argomenti più disparati, mentre volavano anche pezzi di cibo.
Law guardò schifato un pezzo di pane, imitato da Rocinante che condivideva il suo odio per tutto ciò che usciva da un forno.
Si mise a parlare con l’uomo di un argomento qualsiasi, cercando di distrarsi.
Erano, non si sa come, arrivati al dolce e mentre vedeva la luce in fondo al tunnel, il Fato aveva per lui altri programmi.

Corazon, punzecchiato dal fratello, si girò rivolgendogli un’occhiataccia e lui gli rispose tirandogli un calcetto alla caviglia. L’uomo, sbilanciato, cadde all’indietro rovesciandosi il bicchiere di vino addosso e scatenando le risate generali.
Ciò che Law non aveva calcolato era che cadendo il biondo lo spingesse facendogli rovesciare sui pantaloni il piatto e il suo contenuto.
Sospirò chiedendo a Rocinante se stava bene e si pulì i pantaloni, poi si alzò porgendogli la mano.
L’altro si alzò e rimase a fissargli il braccio mentre Doflamingo, che si stava portando alla bocca il bicchiere, lo lasciò cadere per terra e spalancò la bocca.
Il suono che produsse il bicchiere fece immobilizzare i presenti che si girarono verso di lui.



“Dofy, stai bene?” chiese Diamante.
“Che succede?” domandò Trebol alzandosi.
Crocodile sollevò gli occhi al cielo e si preparò alla fine.
“Law” disse con una voce gracchiante il biondo con gli occhiali. “Che cos'è quello” concluse indicando il polso.



Sentì tutti gli sguardi su di lui ma ciò che gli fece gelare il sangue fu quello di Doflamingo. Nonostante portasse delle lenti colorate sentì una pressione non indifferente e decise che tanto valeva giocare le sue carte.
“Il mio contatore fermo. Sugar mi passi il tovagliolo?” commentò tranquillo rimettendosi a sedere sotto lo sguardo allibito della famiglia.
“Fuori” sibilò Doflamingo.

Poco dopo la sala da pranzo era deserta, eccezione fatta per Crocodile e Rocinante, il primo perché non prendeva ordini dal biondo, il secondo per controllare che il suo figlioccio non venisse legato e appeso come una marionetta al balcone.
“Allora, chi è il fortunato o la fortunata?”
“Non sono affari tuoi”
Doflamingo si alzò in piedi e Crocodile gli prese il polso.
“È un argomento delicato e tu non sei in condizioni di parlarne” commentò tranquillamente effettuando più pressione fino a che non sentì lo sguardo bollente dell’altro su di sé.
“Rocinante, porta Law a fare un giro” disse il moro non distogliendo gli occhi dalle lenti.
L’altro non se lo fece ripetere due volte e portò di peso il ragazzo in giardino lasciando i due uomini da soli.

“Se vuoi che lui torni ad avere una minima fiducia in te devi aspettare”
“Aspettare cosa? E se questa persona non fosse quella giusta? Se fosse un pezzo di merda?” sbottò Doflamingo stringendo il pugno e sentendo la presa sul suo polso farsi più ferrea.
“Ora stammi bene a sentire. Tu sei la persona che ha fermato il mio contatore, tu, l’essere più rompicoglioni sulla faccia della terra. Quasi ogni sabato arrivo a sopportare questo pranzo da pezzenti solo per fare un favore a te. Primo, non ti azzardare mai più a rivolgerti a me con quel tono” sibilò allentando la presa e vedendo il corpo dell’altro rilassarsi leggermente “e secondo” continuò mentre il tono della sua voce assumeva una nota più divertita “non penso possa essere peggio di te.”

Doflamingo sorrise ed intrecciò le proprie dita con quelle del moro.
“Aspetterò che sia Law a presentarmela, magari mi sta simpatica”
“È un uomo”
“Ok, dov’è la mia pistola in avorio”

Crocodile sbuffò rassegnato; nonostante fosse così irruento e crudele, il biondo teneva molto al ragazzino e si divertiva a tormentarlo solo per avere una conversazione con lui. 
“Metti via quella pisola!”


 


-


 

Law porse l’ennesimo fazzoletto a Rocinante che stava piangendo come una fontana.
Intervallava i singhiozzi con frasi sconnesse tipo “Il mio Law è diventato grande!” oppure “sei già un ometto, come sono orgoglioso”.

Quando si fu calmato, Rocinante gli prese le mani e lo fissò negli occhi cosa che lo spaventò un po’.
“Dimmi. Come si chiama lei?”
“Già” commentò Jolla seguita a ruota da Vergo che annuì e da Diamante che sbucò dal nulla.
“Siamo tutti curiosi, eri l’unico che ancora non aveva il contatore sullo zero!” esclamò Pica con la sua vocina stridula.
“Veramente è un uomo” rispose con calma mentre i presenti fischiavano o si complimentavano.
“È un uomo” ripeté sorridendo Cora. A Law sembrò molto suo fratello e cercò di indietreggiare, ma l’altro lo abbracciò e cominciò a stringerlo.

“Non gli permetterò di averti! Chi è come si chiama dove abita e il gruppo sanguigno il codice fiscale la prima parola cosa fa nella vita spero sia vergine se ti fa soffrire gli faccio male quale uomo il mio bambino!”
E, detta questa marea di parole senza prendere fiato, ricominciò a piangere non lasciando andare Law, il quale fissava un punto fisso e sperava sempre in quel famoso ictus che colpisce quando meno te lo aspetti.
Inutilmente.

 


-

 

Killer si passò un asciugamano sul volto per togliersi il sudore; quel giorno Kidd sembrava totalmente immerso nel suo lavoro, tanto da non rispondergli nemmeno.
Decise di prendersi una pausa, tanto in quel momento l’unico cliente che avevano era quello che stava occupando la mente del rosso.
Uscì e si appoggiò al muro. L’ anima gemella del suo migliore amico era un dottore.
“Davvero divertente” commentò ad alta voce.
“Cosa è divertente?”

Trasalì, riconoscendo il proprietario di quella voce melodica ma strafottente.
“Nulla, pensavo a cosa era successo questa settimana” rispose voltandosi verso il ragazzo e sorrise incontrando il suo cappello rappresentativo.

“Pinguino che ci fai qui? Non ti diverti abbastanza a fare a pezzi cadaveri?”
“Kira-chan, devo aver bisogno di un motivo per venire a trovarti?”
“Suppongo di no”
Penguin gli sorrise e gli allungò una bottiglietta d’acqua; lui lo ringraziò e la finì tutta in un colpo.
“Non c'era del sonnifero come l’ultima volta spero”
“Chissà” commentò facendogli l’occhiolino e andandosene per tornare alla clinica.
“Tsk, tutti matti questi dottori” commentò guardando il suo contatore e i tre zeri.

“Ma perché proprio noi”


 


-


 

Il resto della giornata passò in fretta, Law decise di immergersi nello studio e fino a sera nessuno lo venne a disturbare.
Qualcuno bussò alla porta, cosa alquanto strana perché nessuno chiedeva mai il permesso di entrare in quella casa, quindi poteva essere solo una persona.
“Entra Wani-ya”

Crocodile entrò nella camera e richiuse la porta.
“Noto che sei riuscito a liberarti di Rocinante” disse sedendosi sull’unica sedia.
“Ma che problemi hanno tutti?” domandò passandosi una mano tra i capelli.
“Ti vedono un po’ come il piccolo di casa”
“E allora Sugar?”
“Lei è troppo piccola, tu invece sei un adolescente e ci siamo passati tutti in quel periodo”
“Non sono affari loro”
“Sono sempre affari tuoi se sei preoccupato per una persona”
“Come siamo sentimentali” lo prese in giro beccandosi un’occhiataccia.
“Mi devi qualcosa”

Law sorrise aspettandosi quella frase.
“Ero alla clinica, ci sono quasi andato a sbattere, ha un caratteraccio, dei buffi capelli rossi sparati per aria con una fascia nera che cerca di mantenerli in quella posizione, si mette il rossetto, è alto più di me e sembra un armadio.”
“Oh”
“È l’esempio vivente della persona ‘tutto muscoli e niente cervello’, frequenta ingegneria”
“Sai molte cose”
“Ho letto il suo fascicolo” disse con noncuranza il ragazzo.
“Che è illegale e tu lo sai”
“Speravo mi dessero degli straordinari nel week-end invece me la sono cavata con un richiamo”

Crocodile a quel punto ghignò; quel moccioso calcolatore non cambiava mai, anche da piccolo era una vera peste e riusciva a far cadere la colpa dei suoi misfatti sulla sua vittima.
“Non mi hai detto il suo nome”
“Già, non l’ho fatto”

I due si guardarono negli occhi finché l’uomo non si alzò e si diresse verso la porta.
“Hai dei gusti di merda”
“Tu sei l’ultimo a dover parlare” commentò Law mentre l’altro sorrideva.
“Già sulla difensiva? Allora è grave”
“Fuori di qui”
Crocodile scoppiò a ridere ed uscì lasciandolo solo; scosse la testa e ricominciò a leggere.
“Maledetto coccodrillo”

 

L’uomo chiuse la porta e si incamminò verso una stanza ben precisa sapendo di trovare un biondo agitato, ed infatti Doflamingo camminava avanti e indietro borbottando frasi sconnesse.
“La pistola no, ma il teaser va bene vero? Mica lo uccido”

Crocodile alzò gli occhi al cielo ed estrasse un sigaro dalla giacca.
“E la pistola non va bene, e il teaser neanche, almeno la macchina della verità me la lasci usare, sì?”
“Dormi fenicottero”
“Ouch! Perché mi hai tirato un pugno? Sei cattivo”
“Ha parlato quello che vuole torturare una persona che non conosce”
“Touche”












 








Angolo dell'Autrice:

Salve, grazie per aver letto anche questo secondo capitolo! Qui compaiono anche Doflamingo e Crocodile, e si vedono anche Killer e Penguin. Law e Kidd flirtano un po' e il pranzo coi parenti si rivela un fiasco totale; più rileggo e più mi pare che stia assumendo la trama di una telenovelas spagnola ma non posso farci niente. 
Cosa potrebbe andare storto? > Giusto, lo scrivo.

* = riferimento alla mia prima long; 'Business Problems', in cui Doflamingo e Crocodile si rincontrano dopo anni nel reparto assorbenti.


Al momento non ho altro da aggiungere, se volete lasciatemi come sempre un vostro parere.


Ace of Spades

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Capitolo 3
*** III ***



III














La domenica passò senza troppi intoppi, Rocinante aveva crisi di pianto intervallate da crisi isteriche, Doflamingo lucidava la pistola ogni mezz'ora per restare calmo e Crocodile fumava in giardino mentre leggeva il giornale.
Law ringraziò che ci fosse quell’uomo, a tratti molto simile a lui, che riusciva a mettere a tacere con un’occhiata chiunque provasse a chiedergli qualcosa sulla sua anima gemella.
Dopo il pranzo - che si consumò come se nulla fosse successo - Crocodile decise di andarsene ma, mentre stava per varcare la soglia, si trovò davanti Trafalgar.
Si fissarono per qualche secondo finché l’uomo non sbuffò facendogli un cenno col capo.
“Io vado, Wani-ya mi dà un passaggio”
Alcuni lo salutarono con una mano, altri dormivano, Doflamingo e Rocinante se ne stavano poco distanti a fissarlo.
“Law” disse con tono lamentoso Cora “chiamami”
Doflamingo aprì la bocca per dire qualcosa ma intercettò lo sguardo di Crocodile e si limitò a un “ci vediamo la prossima settimana”.

Caricato il trolley, l’Audi nera partì lasciando la residenza Donquixote.
Non c'era bisogno di ringraziarlo, il coccodrillo sapeva che cosa sarebbe successo se lo avesse lasciato in quella fossa dei leoni da solo, e per evitare cadaveri aveva preso la scelta migliore.
Law si accomodò meglio e guardò fuori dal finestrino; in quel momento ricordò quando, anni prima aveva incontrato l’uomo di fianco a sé per la prima volta.




Aveva all’incirca dieci anni, quando Doflamingo si presentò a casa seguito dal moro; all’epoca erano passati 4 anni dall’incidente dei suoi e lui aveva deciso che il fenicottero doveva morire.
Era una sorta di guerra aperta la loro, e, dato che nei giorni precedenti era riuscito a scoprire che era da qualche mese che il capo famiglia aveva incontrato la sua anima gemella, fece 2+2 e capì subito chi doveva essere quell’uomo dallo sguardo calmo e freddo. In effetti metteva i brividi.
Pensò stupidamente che, essendo l’anima gemella di Doflamingo, dovesse essere il suo punto debole, così provò a mettergli qualcosa nel bicchiere, ma non portò mai a termine la sua impresa perché il biondo lo vide e gli mise sotto il naso un pezzo di baguette, cosa che gli provocò un attacco di nausea.
Ciò che non si aspettava era la reazione del moro, che mollò uno scappellotto al fenicottero, si girò verso di lui e lo prese in braccio allontanandosi dall’altro.
“Vuoi un gelato?” gli chiese mentre Doflamingo gli riservava un’occhiataccia.
“Sì” rispose attaccandosi a lui e vedendo il biondo digrignare i denti.
In quel momento seppe di aver vinto per la prima volta contro il capo famiglia.
“Sei un bel furbetto” gli disse la voce bassa del moro. “Ma se vuoi torturarlo conta su di me”
Da quel momento erano diventati dei complici formando una sorta di alleanza anti-fenicottero.
Law seppe qualche anno dopo che Crocodile non solo lo aveva aiutato perché condividevano lo stesso nemico, ma perché se la cavava bene con i bambini.
Lo capì quando lo trovò in giardino con Sugar sulle gambe mentre le leggeva una storia di pirati.




Dopo circa un’ora erano arrivati in città, quando la macchina cominciò ad emettere suoni strani.
“Maledizione!”
Law lo guardò interrogativamente.
“Il meccanico da cui vado di solito non c'era, quindi mi sono dovuto accontentare di un’officina qualunque. Spero che Franky oggi sia aperto” rispose inserendo la freccia e mettendo una marcia bassa per non sforzare troppo il motore.
Arrivarono davanti ad un’officina enorme sulla cui insegna svettava un teschio con un ciuffo blu che collegò immediatamente ad Elvis Presley.
Scesero dall’auto e un uomo con la stessa capigliatura dell’insegna si avvicinò. Indossava una terribile camicia hawaiana  e dei pantaloni neri corti, quasi fosse in spiaggia.
“Ehi Crocodile, come te la passi?” lo salutò quello che doveva essere il Franky citato poco prima.
“La scorsa settimana l’auto mi ha dato dei problemi ma eri chiuso e sono dovuto andare da un dilettante” rispose il moro scocciato.
“Sono suuuuuper dispiaciuto per l’accaduto, ma sai com'è Robin quando vuole”
“Immagino fosse importante” commentò, ricordandosi che la donna, che rispondeva al nome di Nico Robin,  lavorava per lui ed era una delle sue più importanti collaboratrici, aveva chiesto di assentarsi dal lavoro per un paio di giorni.
Solitamente non chiedeva quasi mai ferie, per quello si era stupito alla richiesta di quella che era l’anima gemella di Franky, ma non aveva fatto comunque nessuna domanda.

“Già, dovevamo accompagnare un nostro amico dal fratello che vive in un’altra città e lei non se la sentiva di fargli prendere il treno.”
“Per così poco?”
“Se conoscessi Rufy sapresti il perché, fidati”
L’uomo annuì distrattamente, mentre Law dava un’occhiata in giro.
“Kidd, vieni che abbiamo un cliente” urlò Franky mentre il moro più piccolo sgranava gli occhi.
“Che minchia vuoi?” sbottò il rosso avvicinandosi a loro e fermandosi quando incontrò gli occhi grigio-azzurri che lo perseguitavano da un po’.
Tu?” 
“Ciao Eustass-ya”

Crocodile guardò prima Law e poi Kidd e si diede mentalmente dell’idiota.
Quanti altri ragazzi potevano esserci dal carattere difficile, il rossetto sulle labbra e i capelli rossi rivolti verso il cielo?
A volte la risposta più semplice è quella giusta.

“Vedo che vi conoscete! Allora vi lascio che devo finire di sistemare il motore di una Ferrari, statemi suuuper!” esclamò Franky allontanandosi.
“Crocodile”
“Kidd”
“Voi due vi conoscete?” chiese Trafalgar capendo il motivo delle domande di Eustass sul coccodrillo.
“È il mio meccanico” rispose l’uomo cercando di non ridere e lanciando le chiavi al rosso. “La vengo a prendere domani”
“D’accordo” rispose l’altro mettendosele in tasca.
Crocodile si avvicinò a Law.
“Doflamingo lo odierà a morte, ma rallegrati, lui e Rocinante andranno d’accordissimo” sussurrò godendosi l’espressione di puro terrore sul volto del ragazzo al ricordo del sogno; espressione che durò poco, sul suo volto ricomparve quasi subito la solita maschera fredda.
L’uomo se ne andò lasciando i due uno di fronte all’altro.

“Dovremmo rimandare la scopata a dopodomani, ho del lavoro da fare” 
Solo in quel momento il dottore si concentrò sull’altro: maglietta bianca senza maniche aderente e sporca di olio, pantaloni a vita bassa verdi militare, anfibi, chiavi inglesi nell’elastico dei pantaloni e un ciuffo ribelle davanti agli occhi ambrati.

“Nessun problema” commentò assottigliando lo sguardo “basta che ti presenti a casa mia così come sei aspetto anche una settimana”
Kidd ghignò mentre l’altro sorrideva e gli dava le spalle allontanandosi. 
“Quando avrò finito con te non riuscirai a camminare per un bel po’, dottore di merda” sussurrò leccandosi le labbra e mettendosi al lavoro sull’Audi nera.


 

-
 

Law tornò a casa trovando come sempre Bepo ad attenderlo.
Notò che la ciotola era quasi piena, segno che il cane aveva mangiato poco, come ogni volta che lui si allontanava da casa per qualche ragione.
Per un po’ gli dedicò attenzioni, lo spazzolò e lo accarezzò facendogli un discorso sul cibo e sul fatto che dovesse mangiare anche senza di lui.
Molte persone credono che parlare con gli animali sia una perdita di tempo perché non possono capirti.
Questo è sicuramente vero, ma ci sono alcuni esemplari particolarmente intelligenti che riescono ad intuire cosa vuoi comunicargli dal tono di voce che usi e dai tuoi gesti.
Bepo era uno di quelli; abbassò le orecchie e si sdraiò sul pavimento mentre Law gli dedicava un sorriso e spariva in cucina per prepararsi un caffè.
Quando tornò in salotto trovò la ciotola vuota.

Il giorno successivo lo passò a mettere in ordine gli appunti di anatomia e si dimenticò di mangiare, cosa che al cane non sfuggì. Dopo vari mugolii Law ordinò una pizza e andò a dormire.

La mattina si alzò svegliato da un buon profumo di caffè e brioche appena sfornate; si infilò i pantaloni ed entrò in cucina.
“Ciao Law!” lo salutò Penguin finendo di versare il caffè ad un tipo strano.
“Penguin, lui chi è?”

Ragazzo alto, con lunghi capelli biondi e un ciuffo sugli occhi, espressione neutra e vestiti sgargianti.
Dove ho già sentito questa descrizione?

“Lui è Kira-chan, te ne avevo parlato tempo fa, ricordi? Scusa se l’ho portato qui ma avevamo un appuntamento ed ero preoccupato che ti fossi scordato di mangiare” rispose tutto d’un fiato l’altro dottore porgendogli una tazza piena di caffè.

“Piacere, Killer. Scusa l’intrusione” commentò tranquillamente il biondo allungando la mano.
Law ricambiò la stretta.
“Trafalgar Law”

L’anima gemella di Penguin sembra simpatica.

L’amico col cappello si girò per finire di preparare le brioches e lui ne approfittò per metterlo alla prova.
“Se lo fai soffrire uso il tuo corpo per fare esperimenti e sciolgo il resto nell’acido” commentò calmo sorridendo in un modo inquietante.

Non sta affatto scherzando
Killer sbatté le palpebre e appoggiò la tazza.
“Per me va bene, se vuoi ti do il mio indirizzo. Ah, dopo che hai finito con me probabilmente dovrai liberarti anche del mio migliore amico” rispose continuando a sembrare calmo mentre dentro di sé si sentiva a disagio.
“Nessun problema. Un corpo in più fa sempre comodo”
“Non credo tu possa battere Kidd ma ci puoi sempre provare”
Law si fece immediatamente più attento. “Kidd? Ma non mi dire

A Killer venne quasi un infarto a vedere l’espressione di pura perversione dipingersi sul volto del ragazzo di fronte a sé.
“Ecco qua” esclamò Penguin appoggiando le paste sul tavolo; Trafalgar ne prese una mentre il biondo si rese conto che gli era passata la fame.

Fortunatamente il suo cellulare vibrò e lo distolse dai pensieri che vedevano il ragazzo appena conosciuto con in mano una motosega.

“Pronto?”
“Killer dove cazzo sei?”
“Kidd calma, ti ho lasciato un post-it non l’hai visto?”

“Ti pare che io presti attenzione ai tuoi cazzo di post-it a forma di fiorellini?”
“Cos’ hanno che non va?”
“Per favore, smettila di fare la checca e dimmi dove sei”


Killer si girò a fissare i due dottori che lo stavano fissando, entrambi con la stessa espressione da pazzi omicidi.
Diede l’indirizzo al rosso sperando che non lo uccidesse, ma in quel momento l’unica cosa a premergli era non essere in inferiorità numerica.
Per i successivi dieci minuti Penguin parlò per tutti, mentre Law non proferì parola ma si limitò a sorridere con quel ghigno inquietante che a Killer faceva venire i brividi.

Il campanello suonò più volte.
Kidd si stava spazientendo; quanto ci mettevano ad aprire? E poi che diavolo ci faceva il suo migliore amico in un condominio fuori città?

La risposta a tutte quelle domande la scoprì nell’esatto istante in cui la porta si aprì e comparve davanti a lui Trafalgar Law. 
Ancora tu?
“Buongiorno Eustass-ya”
“Sì, sì, buongiorno ‘sta minchia” rispose entrando e, trovandosi davanti Killer, ringhiò di frustrazione.
“Si può sapere che cazzo ci fai a casa sua?”
“Ho accompagnato lui” rispose velocemente indicando Penguin.

Il rosso vide il cappello e si ricordò.
“Tu sei il microbo della clinica!” sbottò puntandogli un dito contro.
“Oh? Mi ricordo di te! Law mi ha chiesto di mandarti nell’ufficio in fondo”

Un tic all’occhio avvertì Killer dell’imminente esplosione del ragazzo, così lo prese e lo trascinò in un’altra stanza.
“Hai 3 secondi per spiegare” ringhiò l’altro.
Il biondo sbuffò.
“Penguin è la mia anima gemella”
“Che?”
“Te l’ho detto più di due mesi fa ma tu ovviamente non mi hai ascoltato” rispose incrociando le braccia al petto. 
Kidd soppesò le parole dell’amico e capì che probabilmente aveva ragione.
“Quel tizio”
“Sì”
“Merda”
“Già”
“No, merda perché l’altro psicopatico con la faccia da culo è il dottore di cui ti ho parlato”

Un silenzio opprimente si diffuse nell’aria.
“Non dirmi che-”
“Sì”
Merda” ripeté Killer.

Erano fottuti.

Tornarono nella stanza di poco prima e trovarono i due medici che parlavano tranquillamente.
“Quindi sei l’anima gemella di Law! Non lo sapevo! Spero diventeremo amici” gli disse Penguin allegramente per poi alzarsi ed avvicinarsi a Killer “ora se non ti dispiace abbiamo delle cose da fare, ci vediamo!” concluse trascinando il biondo fuori, non prima che quello gli rivolgesse uno sguardo metà dispiaciuto e metà preoccupato.

La porta si chiuse e Law incrociò le dita delle mani tra loro, posizionandole sotto il mento.
“Allora” iniziò ghignando “non avevamo dei programmi?”
Kidd non se lo fece ripetere due volte e gli fu addosso; spinse il moro sul tavolo e gli morse la base del collo sperando di sentire qualche gemito di dolore.
“Dovrai impegnarti di più” sussurrò l’altro, che si era ritrovato con la faccia spalmata sulla superficie piana.
“Mi piacciono le sfide” ringhiò il rosso mentre Law per tutta risposta spingeva il bacino indietro.

Si tolsero i vestiti con rabbia, quasi li strapparono talmente tanta era la voglia repressa in quelle ultime settimane.
Si dice che il sesso con la propria anima gemella sia tutta un’altra cosa, che ti porti vicino alla follia e che non sia paragonabile con nessun’altra volta.
Eustass Kidd e Trafalgar Law lo sperimentarono quel giorno per diverse volte su diverse superfici, orizzontali e non.

Ansanti, sporchi e nudi, sdraiati sul pavimento, fissavano il soffitto cercando di riprendersi dall’ultimo orgasmo.

“Eustass-ya”
“Che minchia c'è adesso”
“Dove sono le mie rose?”
“Ma vaffanculo tu e le rose”


 

-
 


Va bene essere paladini della giustizia, ok essere coraggiosi, ma Rufy stava esagerando!
Il ragazzo ficcò in tasca le chiavi dell’auto ed ingoiò intero un panino al prosciutto e maionese sapendo bene che non lo avrebbe saziato completamente, ma in quel momento il cibo era l’ultimo dei suoi pensieri.
Suo fratello aveva di nuovo fatto a botte con dei tizi perché questi - a quanto pare - avevano insultato il suo amico più piccolo, soprannominato scherzosamente Chopper.

Adesso che ci pensava neanche sapeva il suo vero nome.
Infilò le chiavi e mise in moto la macchina; non solo quel cretino aveva iniziato una rissa, ma le aveva pure prese dato che questi erano il doppio di lui.
E ora gli toccava andarlo a prendere all’ospedale, dopo che Smoker lo aveva gentilmente informato che quella sarebbe stata l’ultima volta e che alla prossima malefatta lo avrebbe sbattuto dentro.
“Spero solo” disse il ragazzo dai capelli neri sul cui volto facevano bella mostra alcune lentiggini “che quei tizi siano già in ospedale, altrimenti li mando direttamente all’obitorio”

Nessuno doveva osare toccare suo fratello.



-



Marco si buttò in auto e chiuse la portiera; ancora 5 minuti in presenza di quel degenerato di Satch e lo avrebbe strangolato.
Contando che aveva avuto una giornata d’inferno al bar e che quella sera avrebbe dovuto fare ripetizioni ad un ragazzo, poteva anche evitare di pedinarlo fino al supermercato per chiedergli notizie sulla sua vita sessuale davanti a tutti!
Solo perché il suo contatore ancora scorreva non voleva dire che era autorizzato a mettere il naso nei suoi affari.
Sbuffò e si preparò ad andare a casa per una doccia veloce; mise in moto ed accese la radio.

 

So this is what you meant
When you said that you were spent
And now it's time to build from the bottom of the pit
Right to the top
Don't hold back
Packing my bags and giving the academy a rain-check


 

Sinceramente non gli importava molto di trovare la sua anima gemella; se era destino l’avrebbe incontrata, altrimenti avrebbe continuato a vivere come al solito.
Lui aveva sempre avuto un carattere calmo e tranquillo, paziente e gentile; da quando era successo quell’incidente però aveva cambiato completamente prospettiva: ora non si aspettava nulla di più di quello che non poteva conseguire e prendeva ogni cosa come veniva.


 

I don't ever wanna let you down
I don't ever wanna leave this town
'Cause after all
This city never sleeps at night

It's time to begin, isn't it?
I get a little bit bigger but then I'll admit
I'm just the same as I was
Now don't you understand
That I'm never changing who I am


 

Marco sospirò canticchiando il motivetto di ‘It’s time’ degli Imagine Dragons, tamburellando con le dita sul volante.
Svoltò a destra e un botto improvviso lo fece fermare, anche se fu il colpo al collo dovuto al rinculo a fermarlo definitivamente.
Capì subito di essere stato tamponato.
Si massaggiò la nuca sentendosi leggermente intorpidito, si slacciò la cintura e scese dall’auto.
Vide sbucare una massa di capelli dalla macchina dietro ancora attaccata alla sua.
“Tutto bene?” chiese continuando ad esercitare pressione sul collo.
Qualcuno aprì la portiera ed uscì tenendosi una spalla.
“Mi sa che ti ho tamponato” commentò Ace sorridendo “nulla di grave ho solo preso un colpo alla spalla” concluse alzando lo sguardo.
“Non ricordavo di aver sbattuto anche il polso…”
Il ragazzo si guardò il braccio deglutendo.


Ora 0
Minuto 0 
Secondo 0


Marco aveva sentito bruciare leggermente il polso ma non lo aveva mosso, continuando a fissare quello che era il ragazzo più bello che avesse mai visto.
I due si fissarono per molto tempo senza mai staccare lo sguardo; fortunatamente una signora, avendo visto la scena, aveva chiamato subito un’ambulanza.
Il biondo sentì la gola farsi via via più secca, come se stesse camminando sotto il sole estivo da ore.
Aveva un impellente bisogno di bere.

Ace sentiva il respiro mancargli e cercò di convincersi che fosse per il colpo alla spalla.
Perché si sa che nella spalla si trovano i polmoni, vero Ace? 
Si diede del deficiente da solo.

Il suono dell’ambulanza li fece riscuotere.
“Mi dispiace di averti tamponato ma andavo di fretta, mio fratello è all’ospedale e- oh, bhe non c'è più bisogno di preoccuparsi dato che ci metterò meno in questo modo”
“Mi dispiace per tuo fratello” riuscì ad articolare Marco.
“Tranquillo, non è nulla di grave, solo una spalla lussata. Comunque piacere, Ace” commentò allungando una mano.
“Molto piacere, Marco”

Nel giro di dieci minuti si ritrovarono entrambi all’ospedale, Ace non riusciva a stare fermo e cercò di convincere i medici che stava bene, ma questi non lo ascoltarono e non lo fecero muovere.
Marco finì di bere una bottiglietta d’acqua e provò a rilassarsi.
“Maledizione! Cosa mi interessa della spalla, sto benissimo! Devo andare da mio fratello” sbottò nuovamente rivolto all’infermiera.
“Non siamo pazienti gravi, quindi ho paura che passerà un po’ prima che ci visitino” rispose Marco appoggiandosi di schiena al lettino.

Ace si voltò, pronto a rispondere, ma si bloccò; ora che lo aveva vicino poteva prendersi la libertà di guardarlo bene.
Escluso quel ciuffo biondo che gli ricordava un' ananas, l’uomo era circondato da un’aura di tranquillità e pareva così calmo e maturo che si ritrovò a dargli ragione.
Proprio il suo contrario, lui era impulsivo, irruento e faceva sempre casino ovunque andasse, inoltre era un imbranato cronico, si era distratto un attimo ed era finito dentro l’auto di Marco.

Che nome comune… eppure quest’uomo non ha nulla di comune, lo sento. Forse dovrei smetterla di fissargli le labbra prima che si renda conto che lo sto facendo.

Ace distolse lo sguardo, cosa che gli costò un’immensa fatica.
Marco lo guardò di sottecchi e si attaccò alla terza bottiglia d’acqua.

“Ace!” un urlo che fece sobbalzare entrambi li tolse da una situazione imbarazzante.
“Rufy!” Ace si alzò in piedi vedendo il fratello venirgli incontro con una spalla fasciata.
“Stai bene vero? Che diavolo ti dice il cervello?”
“Ahia! Ace, quei tizi se lo meritavano”
“Silenzio! E se avessero avuto una pistola?”
“Cosa c'è per cena?”
“Mi farai diventare pazzo ”

Marco si godette tutta la scena, da Ace premuroso ad Ace fintamente arrabbiato che mollava uno scappellotto al fratello.
Si vedeva che erano molto legati.
Per un attimo gli passò davanti agli occhi uno di quei pomeriggi estivi passati tutti insieme a casa del Babbo, a tirarsi palloncini pieni d’acqua e a scherzare come dei mocciosi.
Peccato avessimo tutti più di 20 anni.


“Quindi non era una cosa seria? Per fortuna” Ace ringraziò il medico e riagguantò per il colletto della maglia un Rufy super attivo che se ne andava in giro a guardare i macchinari.
“Se stai fermo stasera ti faccio le costolette di maiale” 
Il ragazzo, come fulminato, si sedette sul lettino del fratello e si tappò la bocca.

Neanche un Pietrificus totalus avrebbe avuto questo effetto.

Marco sorrise ricordandosi quante volte aveva letto ai suoi fratelli più piccoli Harry Potter e si alzò in piedi; finalmente un dottore arrivò e li visitò entrambi constatando che non era nulla di che, avrebbero avuto il moro un livido sulla spalla e il biondo uno strappo ai muscoli, tutte e due cose che si risolvevano nel giro di una settimana.
Diede a tutti e due una crema da applicare sulla zona dolorante e si congedò allontanandosi nei corridoi.

“Ah Rufy, lui è Marco, l’ho tamponato mentre venivo qui” commentò brevemente intercettando lo sguardo preoccupato del fratello alla vista della sua spalla leggermente gonfia.
“Piacere” disse rivolgendogli un sorriso a 32 denti che andava da orecchio ad orecchio.
Ace si allontanò per qualche minuto e lasciò i due a squadrarsi.

“Tu hai qualcosa di strano” commentò Rufy inclinando la testa. “ma strano buono! Non saprei come descriverlo”
A Marco venne da ridere; quel ragazzino in fondo era simpatico.
“Ti piace la carne vero?”
Alla sua risposta positiva annuì vistosamente. “Allora non è per questo. E la cacca la fai?”
“Rufy!”

Un bernoccolo svettò sulla testa del moretto.
“Scusa mio fratello ma a quanto pare stasera non vuole mangiare il suo piatto preferito” sibilò Ace lanciandogli un’occhiata di avvertimento e vedendo Rufy farsi piccolo ma mettendo su un adorabile broncio.
“Tieni, questo è il mio numero, ora non posso discutere con te sull’incidente, spero tu capisca”
“Certo, nessun problema”
“Ti chiamo nei prossimi giorni così ci vediamo per sistemare tutto”
“Puoi venire dove lavoro quando vuoi, lo conosci il bar ‘The Phoenix’?”
Ace ci pensò un attimo e poi si ritrovò ad annuire; quel bar non era proprio sulla strada principale, ma lo aveva visto alcune volte mentre andava a trovare Zoro, che abitava dalla parte opposta della città.
“Perfetto allora”

Si salutarono in fretta, non sapendo bene cosa dire, ma rallegrandosi del fatto che nel giro di qualche giorno si sarebbero rincontrati.

Sempre se non finisco tutta l’acqua su questo dannatissimo pianeta
Pensò Marco bevendo quella che era la quarta bottiglietta e sentendo l’impellente bisogno di andare in bagno.

Maledetto ragazzino.

 

-

 

Ace e Rufy uscirono dall’ospedale e trovarono l’auto di Brook ad attenderli; la strana combriccola del fratello era un’accozzaglia di gente a caso che non aveva nessun interesse comune, eppure ogni volta che Ace li vedeva insieme non poteva non pensare che fossero fatti per essere amici talmente le loro personalità si incastravano alla perfezione.
Brook era uno di quelli; un insegnante di musica al conservatorio, con una predisposizione per il violino, amava cantare e suonare nei posti più strani, finendo per trascinare tutti con la sua allegria.
Poi c'era la coppia sposata, le tipiche persone che si mettono insieme ma sai già da prima che non si lasceranno mai; Franky, che possedeva una delle officine più conosciute nel raggio di km, e Nico Robin, una donna molto elegante che lavorava come segretaria e consulente in un'agenzia immobiliare.
Chopper, un ragazzino di circa undici anni, voleva diventare un medico ma la sua indole timida lo portava spesso ad essere vittima di bullismo, questo prima che incontrasse Rufy.
Da quando suo fratello aveva deciso che era suo amico aveva picchiato ogni persona lo toccasse o gli dicesse qualcosa di male, ovviamente spalleggiato da quelli che dovevano essere di solito le sue balie, ma che finivano sempre per dargli corda e per essere coinvolti nelle sue mirabolanti avventure. Il primo era Zoro, amico di lunga data del fratello, viveva vicino al dojo di proprietà del suo padre adottivo e si esercitava ogni giorno nell’arte della spada, sia kendo che scherma; il secondo era Sanji, un bel biondino che ci provava con ogni donna vedesse, il cascamorto per eccellenza, frequentava la scuola di cucina e nel mentre aiutava suo padre con il ristorante. 
Infine, avevamo il migliore amico di Rufy, Usopp, un ragazzo solare che però aveva mille paure, e Nami, quella ragazza era un pericolo pubblico dato il suo amore smisurato per il denaro e la sua sconsideratezza nel procurarselo (non faceva fatica a credere che qualche volta avesse rubato il portafoglio a qualche ricco signore).


Ora si può ben capire perché Ace al principio fosse sorpreso di vedere queste persone riunite insieme, considerando anche le differenze di età.
Ma se di mezzo c'era quel pazzoide di suo fratello minore niente era impossibile; poteva dire molte cose su di lui, ma che non riuscisse a colpire una persona al primo incontro - sia con un pugno che con il suo atteggiamento semplice e schietto - quello no.

Ringraziò Brook del passaggio fino a casa e scese dall’auto mentre Rufy saltellava cantando Binks no Sakè.
Almeno la botta alla spalla non era così seria e poteva ancora muovere il braccio.
Quella sera riuscì ad accontentare il fratello cucinando le costolette anche se il suo pensiero era rivolto costantemente al futuro incontro con lui, quella testa ad ananas che era la sua anima gemella.


 

-

 

Penguin si accese una sigaretta e tornò a sdraiarsi sul letto.
“Kira-chan, dici che quei due si uccideranno?”
Killer, sdraiato di fianco a lui sospirò.
“È altamente probabile” rispose tirando il lenzuolo e coprendo entrambi.
“Tu sei un dottore, non dovresti fumare”
“Proprio perché sono un dottore fumo”
Il biondo lo guardò sorridere.
“Ognuno di noi sceglie con che cosa uccidersi”
Killer rimase in silenzio, ma allungò una mano e gli rubò la sigaretta dalle labbra per fare un tiro.
“Fumare dopo il sesso è uno dei piaceri della vita, non me ne privare” mugolò Penguin imbronciandosi.
“Chi te ne priva, sono d’accordo. Tu ce li hai dei soldi da parte?”
“Sì, non si sa mai che Law uccida sul serio qualcuno, anche se probabilmente se dovesse davvero eliminare una persona nessuno lo verrebbe a sapere. E nel caso c'è sempre il suo padrino che lo tirerebbe fuori dal carcere in meno di un’ora.”
“Già, non si sa mai”

Entrambi lasciarono uscire un sospiro rassegnato pensando ai due ragazzi in questione, sperando vivamente che nessuno uccidesse l’altro.


 

-

 

Law starnutì.

“Cos’è, ti sei preso l’influenza?”
“No” rispose grattandosi il naso e avvolgendosi nella coperta. 
“Peccato, potevamo giocare al dottore” commentò dall’altra stanza il rosso.
Il moro ghignò.
“Quello non serve essere malati. Non fisicamente almeno”

Sentì la risata di Kidd e decise di alzarsi quando il profumo di cibo si fece insopportabile.
“Tieni mangia che a fottere un mucchio di ossa non ci trovo alcun divertimento”
“Quanto sei premuroso”
“Usa quella bocca del cazzo per mangiare invece che per dire minchiate”
Law mise in bocca un pezzo di omelette e la trovò ottima. “Ti piacerebbe la usassi per fare altro
Il rosso sorrise pulendosi le mani in un canovaccio.
“Se non mangi tutto no”
Il moro lo fissò incuriosito.
“Forse non mi sono spiegato Trafalgar, finché non prendi almeno un chilo non scopiamo”
“Non resisterai tanto a lungo”
“Tra i due quello ninfomane sei tu”

Entrambi si fissarono in cagnesco.
“Bene, vediamo chi cede prima” commentò tranquillamente Law finendo la frittata e passando alla pancetta.
“Bene”

Nessuno dei due accennò al fatto che potevano benissimo scopare con altre persone, forse perché entrambi avevano rimosso questa possibilità, ma dirlo ad alta voce sarebbe stato come ammettere che tra loro si fosse creato qualcosa e quindi preferirono fare alla vecchia maniera.

“Tanto non ce la fai”
“Non rompere Trafalgar”
Il moro gli rispose con un dito medio.

Preferirono punzecchiarsi a suon di insulti.







 




Angolo dell'autrice:

Ed eccoci alla fine di un altro capitolo.
Vengono introdotti Marco ed Ace nel modo più improponibile possibile, e, se fate attenzione, il pennuto inizia a sviluppare una sorta di tic quando è nelle vicinanze di Ace...
Kidd e Law continuano la loro amorevole storia (proprio) e si scopre che Crocodile se la cava bene con i bambini.
Prossimamente verrano introdotte le ultime due coppie; grazie a tutti!


 

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Capitolo 4
*** IV ***





 

IV








Marco si svegliò presto come ogni giorno e si recò al bar; prima di aprire diede un’ ultima occhiata ai tavoli e si assicurò che fosse tutto pulito e in ordine.
Si sistemò dietro al bancone e cominciò a preparare i primi caffè; a quell’ora c'era  un via vai di gente continuo, chi si fermava solo per un caffè o un cappuccino per iniziare bene la giornata, chi si sedeva ad un tavolo e si concedeva una pasta. Fino alle 10 circa era pieno di lavoro, poi, superato l’orario di punta, si trovava al massimo tre o quattro clienti e il bar si faceva più silenzioso. 
Dato il colpo al collo Satch e Izou, entrambi suoi fratelli, si erano offerti di aiutarlo in cucina a preparare le paste, anche se lui sapeva bene che questo slancio di generosità non era dovuto solo all’aiuto ma anche alla loro solita curiosità da pettegole cinquant'enni.

Entrò in cucina e li trovò a parlare e a lanciarsi farina.
“Oh pennuto!” esclamò Satch “il collo va meglio vero?”
“Sì, non è grave”
“Allora puoi parlarci del tuo contatore fermo”
Izou ghignò mentre si rimetteva il rossetto.
Marco sospirò. “Se parlo mi lascerete in pace?”
“Parola di boyscout!” 
“Satch, non sei mai stato un boyscout”
“Izou, su, è un modo di dire, non prendere alla lettera ogni cosa che dico, anche se mi fa piacere constatare quanto tu penda dalle mie labbra”
Il ragazzo dai lunghi capelli neri raccolti in una coda gli tirò una manciata di farina in risposta.

“Allora pennuto, spara”
“È il ragazzo che mi ha tamponato”
“Ooh! Un incontro voluto dal Fato” commentò Izou rimettendo una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Non interromperlo”
“Avrà 10 anni in meno di me, è moro con le lentiggini, ha un fratello più piccolo a cui piace la carne e mi sembra simpatico”
Satch scosse la testa.
“No, no, no, qui manca qualcosa. Lui com’è?”

Marco sbatté gli occhi e fece quello che aveva evitato di fare nei giorni successivi.
Pelle non troppo chiara, collo invitante, capelli sbarazzini, adorabili lentiggini, sguardo di fuoco, sorriso che-

Devo bere” disse solo e si fiondò verso il frigorifero, sotto lo sguardo interrogativo dei due uomini.
“Marco, è la seconda bottiglietta che ti scoli” disse Izou dopo un po’ “sei sicuro di stare bene? Una visita ai reni aiuterebbe”
“Ma quale visita ai reni, per colpa sua ho i reni più sani dell’intera città!” sbottò il biondo perdendo la calma.
Quando si rese conto di quello che aveva fatto sospirò di nuovo.
“Cavolo, è la seconda volta in tutta la mia vita che ti vedo perdere le staffe” commentò Satch.
“Non capisco cosa mi sta succedendo” Marco si passò una mano tra i capelli “ogni volta che penso a lui la gola mi si secca in un modo terribile, quasi come se mi trovassi dentro un forno, e se non mi scolo almeno una bottiglia d’acqua non riesco a mantenere la calma”

Izou e Satch si guardarono.
“Che sia un riflesso incondizionato del cervello?” chiese il primo.
“Probabile, o forse è semplicemente un tick dovuto, bho, che ne so non sono uno psicologo!” esclamò il secondo.
Marco alzò gli occhi al cielo, quando sentì la campanella sopra la porta d’ingresso suonare, avvisandolo che era arrivato un nuovo cliente.

Con calma uscì e si bloccò sulla porta; data la sua immobilità i due fratelli si alzarono e guardarono attraverso gli oblò.
“Uau, che bel ragazzo, penso di non averne mai visto uno così carino” sussurrò Izou.
“Accidenti niente male” rispose l’altro.
Marco per tutta risposta fece un passo indietro.
“Devo bere, dov’è l’acqua?”
E si attaccò all’ennesima bottiglia.

I due uomini si guardarono, poi guardarono il ragazzo seduto al bancone e riguardarono il biondo.

“Mio caro, sei nei guai fino al collo, smettila di bere e vai a parlarci”
“Che culo sfacciato, la tua anima gemella è praticamente una statua greca e tu stai lì a bere? Aspetta. Ecco perché lo fai!” esclamò Satch girandosi verso di loro.
“Izou, guardalo bene. Più hot di così si muore”
L’uomo sorrise. “Too hot, hot damn
Cominciarono in coro a cantare Uptown Funk mentre lui non sapeva cosa fare.

Ok, prima di tutto era meglio andare in bagno a svuotare la vescica, poi avrebbe rinchiuso da qualche parte quei due cretini e sarebbe andato a parlarci.


 

-
 

Ace arrivò davanti all’entrata del bar indicatogli da Marco e si fermò per qualche secondo.
Non era mai stato nel suo carattere essere indeciso, ma in quel momento si sentiva tutta l’ansia che non aveva mai provato durante la sua vita gravargli sul petto.

Non è da te tergiversare in questo modo. Un bel respiro ed entra.

Poco dopo si ritrovò all’interno; il bar non era niente male, il balcone in legno davanti all’entrata e dei tavolini con poltroncine a sinistra. Il tutto gli trasmetteva un’ atmosfera casalinga, con qualche pianta qua e là; certo era che il timone di una nave attaccato al muro era un tocco di classe.
Si sedette al balcone ed aspettò.

Qualcuno uscì dalla porta che evidentemente portava alle cucina e riconobbe subito Marco dalla buffa capigliatura.
“Ciao!” esclamò rivolgendogli un sorriso.
“Ciao Ace, come va la spalla?” gli chiese con voce gentile l’altro mentre iniziava a bere da una bottiglietta.
“Bene, scusa se non sono venuto prima, ma ho dovuto mettere a posto delle cose con mio fratello”
“Nessun problema, capisco bene com’è avere dei fratelli più piccoli” commentò lanciando un’occhiata alle sue spalle.
Ace gli sorrise.
“Uhm, mentre parliamo dell’incidente, potresti prepararmi qualcosa da mangiare?”
“Volentieri, cosa desideri?”
“Non lo so… penso prenderò uno di tutto”

Marco sorrise e Ace rimase spiazzato per qualche secondo; aveva voluto metterlo alla prova facendogli intendere che era una buona - un po’ troppo buona - forchetta, e lui cosa faceva? Gli sorrideva e gli mandava in cortocircuito il cervello.

“Hai fame per caso? D’accordo, ma ci vorrà un pochino”
“Non ho fretta” rispose Ace continuando a fissargli le labbra e deglutendo.
“Bene allora” e detto questo finì la bottiglietta e si recò in cucina.

Il moro seduto al balcone inspirò profondamente cercando di fare entrare più ossigeno possibile.

Maledizione Ace, smettila di fissarlo come se volessi fartelo su questo maledetto bancone! E come faccio a smettere se è proprio ciò che voglio fare?

Il ragazzo si appoggiò con il gomito al legno e nascose gli occhi nella mano.
Cominciava ad avere sete.


 

-

 

Marco entrò in cucina e prese un’ altra bottiglietta.
“Smettila di bere” sussurrò Izou.
“Ha chiesto uno di tutto quindi smettetela di ciondolare nella mia cucina e datevi da fare” commentò Marco ignorando il commento sicuramente giusto del fratello.
Peccato non riuscisse a controllare la sua sete.

Satch gli rivolse un sorriso birichino e  andò ad aiutare il fratello a preparare dei panini.
Marco uscì di nuovo.
“Nel frattempo vuoi un caffè?”
Ace si riscosse. “Un cappuccino”
Il biondo annuì e gli diede le spalle, cominciando a muoversi meccanicamente per preparare ciò che gli aveva chiesto.

Il moro fece cadere lo sguardo sull’intera figura dell’uomo davanti a sé e si morse il labbro sperando finisse presto quel maledetto ordine.
Smettila Ace, smettila di fissargli il culo, sei un pervertito.

Marco mise la crema di latte formando un disegno geometrico e si girò piazzandogli sotto al naso la tazza.
“Se vuoi provare qualcosa di nuovo aggiungici il cacao in polvere sopra”

Il moro fece una ‘o’ con la bocca e seguì il suo consiglio; mescolò dopo aver aggiunto un cucchiaio di zucchero e si portò la tazza alla bocca.
Forse era di parte, ma quello era il cappuccino più buono che avesse mai bevuto.
Non si staccò finché non lo ebbe bevuto tutto, poi posò la tazza sul piattino.
“Era buonissimo”
Marco gli sorrise. “Sei sporco di crema qui” gli disse indicandosi il labbro superiore.
“Oh grazie” rispose tranquillamente Ace facendo passare la lingua sul labbro per pulirsi.
“Marco, stai bene? Perché bevi in continuazione?”
“Fa bene bere, fa benissimo

Va bene tutto, ma non poteva fare così, aveva una certa età e il suo cuore non poteva reggere ad un ragazzino ingenuo che mandava in tilt la sua parte razionale.

“È vero, me lo ripeteva sempre anche mio nonno, ma non gli ho mai prestato troppa attenzione. Maledetto lui e il suo pallini di farmi diventare un poliziotto”
Il biondo lo guardò incuriosito.
“Bhe ecco” cominciò il ragazzo notando il suo sguardo “non è proprio mio nonno, mi ha cresciuto lui ma non siamo imparentati.”
A quel punto fece una pausa, deglutì e si mordicchiò un labbro.
“Anche Rufy non è mio fratello di sangue, aveva bisogno di me e così…”

“Quando avevo 5 anni un pazzo che voleva rapinare la mia famiglia ha dato fuoco all’intera casa dove abitavamo. Sono l’unico sopravvissuto e ho passato anni a chiedermi il motivo per cui io sia stato migliore di mia sorella di 3 anni, di mia madre e di mio padre. Perchè io?” disse calmo guardando gli occhi neri sgranare.
“Perchè mi stai raccontando tutto questo?”
“Ho visto i tuoi occhi. Erano uguali ai miei. Non voglio che tu mi racconti del tuo passato se non sei pronto solo perché sono la tua anima gemella”

Come può aver capito come mi sentivo soltanto guardandomi?

Ace annuì e sorrise.
“Scusate se disturbiamo il vostro rito di accoppiamento, ma qui abbiamo circa una ventina di panini” esclamò Satch uscendo dalla cucina con effettivamente panini ovunque.
Il moro per poco non scoppiò a ridere a vedere un uomo con un piatto sulla testa, in perfetto equilibrio su un ciuffo che gli ricordava una banana.
Quando vide uscire anche un uomo truccato con lunghi capelli corvini non si stupì più di nulla.
Davanti a sé si trovava un sacco di cibo, avrebbe rimandato a dopo i suoi commenti.

“Peerò! Il ragazzino ha un buco nero al posto dello stomaco” disse Izou affiancando Marco che fissava la scena con un sorriso stupito sul volto.
“Per me non li finisce”
“Satch, non trasformare tutto in una scommessa”
“Bellezza, per caso hai paura di perdere?”
“È ovvio che li finisce e che tu perderai anche stavolta”
“È da vedere”

Ace si pulì la bocca con un fazzoletto e alzò lo sguardo sui tre uomini.
“Ehm, salve?”
“Ragazzino mi hai appena fatto perdere una scommessa. Comunque piacere, io sono Satch e quello lì col rossetto che ghigna perché ha vinto è Izou. Siamo i fratelli del pennuto qui presente”

Il ragazzo li guardò uno per uno e poi sorrise.
“Piacere, io sono Ace. E che cosa devi fare dato che hai perso?”
“Non lo so” commentò Izou “devo pensarci ma ovviamente qualcosa di imbarazzante”
“Potresti truccarlo da donna e ordinargli di flirtare con un agente di polizia, ad esempio Smoker” la buttò lì il ragazzo con le lentiggini sorridendo in modo strano.
“Ottima idea”
“Ma voi siete pazzi! Almeno pagatemi la cauzione dopo”
“Per caso” disse Marco “ma per caso eh, hai un problemino con le forze dell’ordine?”
Ace fece la faccia più innocente che si potesse immaginare.
“Chi, io? Solo perché Smoker mi ha arrestato un paio, no ok forse più di un paio di volte, perché ho fatto esplodere cassonetti, cestini e ho dato fuoco a delle foglie che formavano la scritta ‘prendimi se ci riesci’? No, sono sempre stata una persona integerrima”

Satch scoppiò a ridere.
“Ragazzino mi stai simpatico! E scommetto che piacerai anche al Babbo”
“A chi?”
“A nessuno, e ora voi due non avete altro da fare?” si intromise Marco spingendoli verso l’uscita.
“Ce ne andiamo. Ciao Ace”
“Spero ci rivedremo presto”

Il biondo trasse un sospiro di sollievo.
“Babbo?”

Immaginavo lo avrebbe chiesto.

“Come avrai capito loro non sono miei fratelli di sangue. Diciamo che siamo cresciuti in una sorta di orfanotrofio”
“Una sorta?”
“L’uomo che ci ha preso sotto la sua ala protettrice è molto ricco e ha comprato una casa bella grande per aiutare le persone più sfortunate, bambini ma anche adulti. Ognuno di noi gli vuole un bene dell’anima e rivede in lui una figura paterna. Ma non era un orfanotrofio, ci aiutavamo a vicenda ad andare avanti.”
“Wow! Tuo padre deve essere una persona molto gentile”
“Edward Newgate ti dice qualcosa?”
“...tuo padre, che è anche il sindaco della città, deve essere una persona molto gentile”

Marco sorrise alla faccia sorpresa dell’altro.
“Fa sempre un certo effetto dirlo”
“Sei cresciuto in un ambiente in cui ti amavano, non capisco dove sia il problema” commentò Ace sorridendo, ma lui seppe che quel sorriso non era rivolto a lui, ma a qualche ricordo che gli stava passando per la mente.
Prese un piatto con l’intento di riordinare quando il ragazzo crollò sul bancone.
Preso dal panico si precipitò a vedere se stesse bene.
“Sta… dormendo?”

Quando sentì il suo battito cardiaco premendo le dita sul collo si tranquillizzò; probabilmente soffriva di narcolessia.
Fece scorrere le dite verso l’alto e gli mise una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Le sue labbra erano davvero morbide, proprio come aveva immaginato.

Ace si svegliò sbattendo le palpebre e stiracchiandosi leggermente si rese conto di essere in un bar.
Ricollegò il cervello e drizzò la schiena, mentre il biondo stava trafficando davanti a lui.
“Buongiorno”
“Ehm, devo essermi addormentato, mi succede spesso”
Marco finì di pulire la macchinetta e si girò.
“Narcolessia eh? È per questo che mi sei venuto addosso con l’auto?”
Ace si grattò la nuca imbarazzato.
“Veramente no, ero solo distratto a causa di mio fratello”
“Ma noi daremo la colpa al tuo disturbo così che le assicurazioni paghino entrambi” commentò il barista facendogli l’occhiolino.
Il ragazzo aprì la bocca ma finì per sorridere; quell’uomo era una sorpresa continua.

“Grazie”
“Di cosa? La narcolessia è un problema serio”
“Ma non mi succede così spesso”
“Può essere pericoloso usare la macchina”
“Ah sì?”
“È meglio se ti do un passaggio a casa dopo, non vorrei succedesse ancora”

Ace sorrise.
“La narcolessia è un problema serissimo, esattamente come avere i reni sani”
Marco appoggiò la bottiglietta e gli fece una linguaccia.


 

-


Suonò il campanello più volte ma nessuno pareva volergli aprire.
Tamburellò con le dita della mano destra sul muro e suonò ancora, non staccandosi dal pulsante.
La porta si aprì di scatto e i suoi occhi neri incontrarono un paio di iridi gialle.
“Rosso, cosa vuoi?”
“Non mi fai entrare?”
L’uomo si fece da parte di malavoglia.

“Ti ho detto mille volte di non chiamarmi Rosso, non sei un mio collega”
Il proprietario di quella casa lugubre, illuminata solo da lanterne e candele negli angoli, gli rivolse uno sguardo privo di emozione.
“Cosa vuoi Shanks”
L’uomo dai capelli rossi sorrise soddisfatto, cosa che non sfuggì a Mihawk, che roteò gli occhi.

“Sono venuto a prendere il té”
“Oggi non è giovedì”
“Lo so, ma mi andava il té”
“Sei davvero una piattola”
“Ti amo anche io”

L’uomo dai capelli neri e gli occhi dorati si allontanò senza rispondere dirigendosi verso la cucina.
Si alzò le maniche e inconsapevolmente il suo sguardo cadde sui tre zeri tatuati sul polso.
Era successo anni prima.
Versò l’acqua nella teiera e la sua mente ritornò al giorno in cui tutto era cambiato.

Al giorno in cui lui, maestro di kendo e scherma e neo-campione mondiale nell’arte della spada all’età di 20 anni, era stato sfidato da un altro ragazzo, che lo aveva attaccato senza dargli tregua.
Non riuscì a vederlo in faccia a causa della maschera calata sul volto, ma nessun combattimento lo divertì come quello.
Durò circa mezza giornata, in cui passarono in rassegna ogni stile possibile: fioretto, sciabola, spada, kendo, cercando in ogni modo di disarmare l’avversario e, alla fine, Mihawk riuscì nell’impresa e puntò l’arma sulla maschera, in un chiaro invito a vedere che faccia avesse quello che era diventato il suo rivale.
Una risata cristallina gli giunse alle orecchie; la maschera venne tolta e una massa di capelli rossi fece la sua comparsa.
“Ho perso!” esclamò sorridendogli, ma il bruciore sul polso fece sbiancare il moro.

No pensò guardando il ragazzo dai capelli rossi dirigersi verso il pubblico che si era radunato a guardarli e baciare una ragazza dai capelli verdognoli, io ho perso.
 

Il fischio lo riscosse dai suoi pensieri; alzò lo sguardo e vide Shanks seduto davanti al tavolo.
Gli diede le spalle e versò il té nelle tazze, posandone una davanti al Rosso e sedendosi di fronte a lui.

 

All’epoca non pensava che fosse possibile che la tua anima gemella potesse essere l’anima gemella di qualcun altro, ma invece era proprio quello che era successo a lui.
La sua anima gemella, colui che aveva fatto fermare il suo contatore, Shanks, aveva già il proprio fermo e aveva fatto fermare quello di una ragazza, Makino.
Si dice che al mondo ci sia più di una persona perfetta per noi, ma è estremamente raro incontrarne una, figuriamoci due.

Mihawk stava fermo nella stessa posizione da ormai minuti; Shanks lo guardò.

Aveva dovuto disarmarlo per fargli dire, dopo anni di duelli e quella che lui aveva definito una delle amicizie più forti che aveva mai avuto, che il suo contatore era fermo.
E che l’aveva fermato lui.
Era stato difficile disarmarlo senza un braccio, ma l’altro non aveva opposto molta resistenza.
Dopo che un’auto aveva investito lui e Makino era cambiato tutto.
Lei era morta sul colpo e il suo cuore si era spezzato, insieme al suo braccio sinistro che i medici non erano riusciti a salvare e avevano dovuto tagliare.

Aveva passato un mese in ospedale, combattendo con i dolori di un arto che non doveva esserci ma che c'era, con la sofferenza di aver perso l’unica donna che aveva mai amato e con la consapevolezza che il suo contatore aveva ricominciato a scandire il tempo.
Alcune volte veniva il suo vice a trovarlo, altre e molto più raramente, vedeva entrare dalla porta di quella camera bianca e spoglia il suo rivale da oltre dieci anni, Drakul Mihawk.
Non diceva nulla, si sedeva e stava lì.
Shanks apprezzava le sue visite, era come se quell’uomo lo capisse; nonostante avessero sempre comunicato con le spade e poche volte a parole, aveva l’impressione che il moro sapesse esattamente quello che doveva fare per recargli un po’ di sollievo.
Restare con lui senza fargli inutili domande su come si sentisse o se volesse parlare era una di queste.

Shanks aveva odiato il suo contatore, avrebbe voluto strapparselo a morsi quando aveva visto che i numeri scorrevano di nuovo sul suo polso.
Aveva voluto smettere di esistere quando aveva sentito la sensazione familiare di una bruciatura, nel momento esatto in cui Mihawk era andato a trovarlo per la prima volta dopo l’incidente.
Ci mise un po’ a guardarlo in faccia, sia perché non era pronto per affrontare quel discorso in quel momento, sia perché non aveva visto nessun cambiamento sul volto del moro, segno che il suo contatore non si era fermato.

Quando uscì dall’ospedale trovò l’altro fuori ad attenderlo; non gli dimostrò mai pietà, lo aiutò ma non si intromise mai, neanche quando di notte il dolore per l’arto fantasma lo costringeva a soffocare gemiti nel cuscino, lo faceva sudare e gli annebbiava la mente.
Passò a casa di Mihawk i successivi tre mesi, senza che nessuno dei due affrontasse la situazione.
Il moro non poteva sapere che il contatore di Shanks si era fermato nuovamente dopo aver ripreso a funzionare.
Il rosso non poteva sapere che il suo contatore era fermo perché l’altro portava sempre magliette con le maniche lunghe.

Vissero così nell’ignoranza per quasi un anno, parlando poco e di argomenti futili.
Questo fino a quando l’entità non decise che era abbastanza.

Non sarebbe mai successo se Shanks non avesse dimenticato le chiavi e non fosse entrato in casa nel momento esatto in cui Mihawk usciva dal bagno con solo un asciugamano stretto in vita.
Non sarebbe mai successo se Shanks non avesse abbassato lo sguardo e non avesse visto il polso scoperto di Mihawk con tre zeri sopra.

Come amava ripetere il suo amico Bugy ‘il destino ha un piano per tutti, cazzi tuoi se hai studiato chitarra’.

Mihawk era tornato in bagno a rivestirsi mentre le chiavi assumevano sempre meno importanza.
Quel giorno il moro cercò di evitarlo in tutti i modi, ma non poté farlo quando si presentò al suo dojo e lo sfidò.
Alla risposta negativa dell’uomo, lo attaccò senza dargli tempo di dire altro, mentre un ragazzo dai buffi capelli verdi mandava via tutti e chiudeva la porta della palestra, lasciandoli soli.

Shanks finì di bere il té e si appoggiò allo schienale di quelle sedie imbottite che tanto gli ricordavano delle poltrone di lusso.

Si insultarono, o almeno, lui cominciò ad urlargli contro cose senza senso, Mihawk si limitò a stringere le labbra e ad assottigliare lo sguardo.
Questo finché non si lasciò sfuggire la storia del suo contatore e del fatto che a quanto pareva, lui lo aveva fatto fermare di nuovo.
Lì, gli occhi gialli, quelli che aveva sempre visto inespressivi o taglienti, si sgranarono e, per la prima volta in vita sua, vide il moro fare un passo indietro.
Ci volle un po’ per fargli aprire bocca, gli chiese di dirgli cosa aveva, perché non lo guardasse più in faccia e perché si allontanasse da lui.
Arrivò addirittura a pregarlo.
Alla fine Mihawk cedette, forse a causa delle sue lacrime.
“La persona che ha fermato il mio contatore sei tu, è successo la prima volta che mi hai sfidato in questo dojo”
Il moro disse solo questo e si sedette per terra, lui rimase immobile per un po’, poi lo affiancò, appoggiando la testa al muro.
Rimasero in quella posizione per ore senza che nessuno dei due aprisse bocca.
La domanda che aleggiava era solo una.

E se quell’incidente non fosse mai successo, ora staremmo qui a parlare?

La risposta la sapevano entrambi, e faceva così male da farli tacere per tutta la notte.
 

Vide Mihawk di fronte a sé alzarsi per mettere a posto le tazze e sorrise.
Dopo quel giorno lui provò ad avere un dialogo con il suo tetro amico, ma ovviamente con pochi risultati.
Peccato fosse di natura un testardo - o come lo definiva il moro, ‘una piattola’ - e, giorno dopo giorno, era riuscito ad invadere lo spazio personale dell’amico, finendo per passare le notti nella stanza degli ospiti per poi venire buttato fuori il giorno dopo.
Non sapeva come definire il loro rapporto, semplicemente godevano della presenza dell’altro, a volte per una partita a scacchi, altre per un té o un film. 
Il sentimento che li legava non era amore, se lo era chiesto più volte se provasse per Mihawk lo stesso affetto che provava per Makino, ma la conclusione a cui era arrivato era che non poteva paragonare i due sentimenti.

Per la donna provava un amore incondizionato, un affetto e un istinto di protezione senza limiti.
Per lui invece sentiva una connessione mentale più che fisica; amava trascorrere il proprio tempo in sua compagnia, e si rilassava solo quando sapeva di trovarsi in quelle mura fredde e scarsamente illuminate.
Probabilmente era amore, ma era di un altro genere.

Durante tutti quegli anni non avevano mai affrontato un discorso su cosa provassero l’uno per l’altro, sarebbe stato inutile.
Visto da fuori Mihawk poteva sembrare un uomo freddo e distaccato, ma chi lo conosceva sapeva interpretare i suoi atteggiamenti e i suoi sguardi.
Era un uomo di poche parole ma il fatto che ci tenesse a Shanks era lampante.
Da cosa si vedeva che teneva a lui?
Dal fatto che non lo avesse ancora sgozzato nonostante gli avesse ripetuto diverse volte che non amava il contatto fisico e che il Rosso lo ignorasse ogni volta e lo abbracciasse quando voleva.

Si vedeva che Mihawk teneva a Shanks dal fatto che quest’ultimo fosse ancora vivo.


 

La porta d’ingresso si spalancò e si richiuse subito dopo e una ragazza dai capelli rosa raccolti in due codini alti entrò in cucina.
“Spadaccino!” esclamò per poi fermarsi e mettersi una mano sugli occhi, visibilmente imbarazzata.
“Siete due pervertiti! Almeno andate in camera!”
“Pero-chan, lo sto solo abbracciando. Magari riuscissi a portarlo in camera!” le rispose Shanks imbronciato.

“Perona, cosa c'è?” chiese Mihawk avvicinandosi mentre il Rosso si massaggiava la testa e borbottava qualcosa sul fatto che picchiare un invalido era da persone senza cuore.
La ragazza tossì e tornò seria.
“Quel cretino mi ha mandato un messaggio dicendo di essersi perso al centro commerciale, ora non posso andare a raccattarlo perché ho un impegno” 
“Dovrei andarci io?” chiese il moro alzando un sopracciglio.
“Horohorohoro!” Perona rise e se ne andò in quella che aveva eletto a camera sua.

“Rosso che stai facendo con quelle chiavi”
“Vado a prendere Zoro, no?”
“Tu non puoi guidare”
“Allora dovrai accompagnarmi”

Mezz'ora dopo erano arrivati al supermercato, avevano parcheggiato ed erano scesi alla ricerca del ragazzo dai capelli verdi, l’ultimo inquilino che viveva da Mihawk.

Era stato davvero divertente scoprire che l’uomo più freddo che conoscesse aveva due camere in più che faceva usare a due liceali, entrambi senza famiglia, ma per motivi diversi.
La ragazza, Perona, lo aiutava con le faccende domestiche e svolgeva dei lavoretti nei bar o nei ristoranti.
Il ragazzo, che rispondeva al nome di Roronoa Zoro, lo aveva sfidato qualche anno prima finendo per perdere, ma promettendo che un giorno sarebbe riuscito a sconfiggerlo e ad ottenere il dojo.
Peccato che non avesse senso dell’orientamento e che finisse per perdersi anche in casa sua.

Shanks vide una zazzara verde di fronte ad una vetrina e trascinò Mihawk.
“Ah siete venuti voi” commentò Zoro grattandosi la testa.
“Io non volevo venire” rispose Mihawk.

Il Rosso sapeva bene che Occhi di Falco - come era conosciuto nel mondo della spada a causa del suo sguardo da rapace che riusciva a mettere in soggezione chiunque - aveva accettato di allenare quel ragazzo e di dargli una casa perché vedeva in lui un futuro e degno avversario. Ma sapeva anche che quei due erano molto simili e non andavano mai d’accordo, finendo alle mani, anzi, alle lame la maggior parte delle volte.

“Su, su, non litigate! Stasera pizza, c'è anche Pero-chan” si intromise spingendo Mihawk verso l’auto e venendo seguito da Zoro per qualche metro.
“Di qua, Marimo!”
“Non chiamarmi anche tu così!” sbottò Zoro rosso di rabbia imboccando finalmente la strada giusta.

Maledizione a lui e alle sue decisioni idiote, non doveva confidarsi col Rosso!

“Va bene, va bene, poi mi racconterai”
Zoro notò lo sguardo interrogativo di Mihawk e sospirò, sollevato dal fatto che almeno lui non sapesse nulla.

Tornarono a casa e la trovarono pulita, con nuove candele e gli oggetti in ordine sugli scaffali.
Il moro guardò Perona uscire dal bagno con il bucato.
“Che c'è? Il mio appuntamento è saltato e non avevo nulla da fare, mica lo faccio per voi” commentò uscendo a stendere sulla terrazza mentre Shanks le regalava un sorriso enorme.

“Tsk, vado in camera mia” disse Zoro.
“A destra” sibilò Mihawk.
“Lo so” rispose il ragazzo tornando indietro e andando a destra.
“Non ti dispiace se vado a fare quattro chiacchiere con lui, vero?”
“Non so cosa stiate confabulando ma non voglio saperlo”
“Affari di cuore” sussurrò il Rosso per poi sparire dietro l’angolo.

Occhi di Falco sbatté le palpebre e scosse la testa.
In quell’ambito Shanks era decisamente più adatto di lui come confidente.




 



Angolo dell'Autrice:
Finalmente sono state introdotte tutte le coppie principali (ahah non è vero manca la ZoSan ma mi piace sognare)
Shanks e Mihawk avranno un rapporto abbastanza angst vi avverto, mentre al contrario Ace e Marco diventano sempre più una coppietta di nome e di fatto.
Qui ho lasciato solo loro quattro perchè si meritavano un po' di spazio anche loro; fatemi sapere cosa ne pensate, prossimo capitolo dedicato al Marimo e al Cuoco.
A presto,

Ace of Spades

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Capitolo 5
*** V ***


V










 

Zoro appoggiò lo zaino per terra e si lanciò sul letto, pronto per fare una dormita e riprendersi dalla giornata appena trascorsa, ma qualcuno entrò in camera sua.
“Zoooro~”
“Ho sbagliato a raccontarti tutto”
“Oh, andiamo! Non ho detto nulla a nessuno, ma so che hai bisogno di qualcuno con cui parlare anche se fai il sostenuto”
“E come fai a saperlo”
“Perché sei uguale a tuo padre”
“Non chiamarlo così, lui non è mio padre”

Shanks alzò le sopracciglia rivolgendogli un sorriso da furbetto; era ovvio che Mihawk non fosse il padre né di Perona né il suo, ma che rappresentasse ciò che più si avvicinava ad un padre, quello non era neanche da mettere in discussione.
Zoro sbuffò rassegnato e si sedette sul letto a gambe incrociate, mentre l’uomo si sedeva sulla sedia davanti alla scrivania.

Chiuse gli occhi e ripensò alla settimana prima, quando, preso alla sprovvista, gli aveva rivelato che era da qualche mese che aveva incontrato la sua anima gemella, che era un ragazzo della sua stessa età e per di più un dongiovanni di prima categoria.
Da lì Shanks aveva voluto sapere tutto, e per mettere a tacere la sua curiosità ci aveva impiegato due giorni.
Ora capiva perché Mihawk cedeva quasi sempre, quel tizio era davvero ostinato!

Gli raccontò di quando Rufy, suo amico di lunga data e conoscente anche del Rosso, gli aveva presentato il suo nuovo amico, un certo Sanji che lavorava nel ristorante del padre e che sognava di diventare un cuoco famoso in tutto il mondo.
Il suo amore per le donne era così evidente da innervosirlo; non perché al primo incontro i loro contatori si erano azzerati, lui non provava nulla di più che fastidio verso quel cuoco da strapazzo, ma il suo modo di fare gli dava ai nervi.
Per non parlare della reazione di Sanji quando aveva visto i tre zeri, lui, che era sempre stato convinto che la sua anima gemella fosse una ragazza dolce, gentile, bella e profumata!
Ed invece era non solo un ragazzo, ma pure un buzzurro senza orientamento che non faceva altro che prenderlo in giro.

Da quel giorno non facevano che litigare, e il biondo continuava imperterrito a provarci con ogni donna incontrasse.

“Anche oggi avete litigato, eh?”
Zoro sbuffò di nuovo.
“Non lo sopporto, come si fa a cambiare persona?”
Shanks sorrise gentilmente.
“Non si può cambiare, lui è la tua persona e questo è un dato di fatto. Che non lo accettiate è un altro discorso, dati i due soggetti in esame ci vorrà del tempo”
“Ma quale tempo! Io quello lo affetto!”
“Su, non fare il bambino e dimmi cos’è successo oggi”
“Sapevo che cucinasse bene, non era la prima volta che assaggiavo un suo piatto, ma è stata la prima volta che l’ho visto maneggiare dei coltelli. È sprecato per taekwondoo, sarebbe uno spadaccino fenomenale”

Shanks intuì che avevano pranzato al ristorante dove lavorava il biondo; ormai ci aveva fatto il callo ad intuire parti del discorso che Zoro ometteva, non ritenendoli importanti. Come il luogo, per lui era inutile parlare di dove fosse, non prestava neanche attenzione alla destra e alla sinistra, figuriamoci alla descrizione di un paesaggio.
“Glielo hai detto che cucina bene?”
“Cosa? No! Sei impazzito? Quello lì si vanterebbe fino alla fine dei suoi giorni!”

Shanks sbuffò.
“Cosa gli hai detto?”
“Che la sua è una cucina mediocre”
“Sei un idiota come tuo padre”
“Fuori da camera mia che voglio dormire”
L’uomo non obiettò e si alzò scuotendo la testa.
“Come vuoi, buonanotte, ti sveglio quando è pronta la cena”
Detto questo uscì chiudendo la porta e lasciando Zoro da solo.

La sua cucina è la più buona che abbia mai mangiato, ma piuttosto che dirlo ad alta voce mi taglio la lingua.
 

-


Crocodile firmò un documento e appoggiò la sua stilografica MontBlanc sulla scrivania in mogano. In quei giorni era tutto troppo tranquillo per i suoi gusti,  segno che stava per scatenarsi una tempesta. E a lui la quiete metteva più nervoso che il trovarsi in mezzo ai problemi.
Questo perché conosceva il soggetto in questione - che, per la cronaca, non lo bombardava di messaggi come suo solito da un bel po’ - e sapeva che stava macchinando qualcosa.

“Maledetto fenicottero” sibilò togliendosi gli occhiali.

 

“Signorino, tutto bene?”
“Sì Ceasar, continua pure, mi fischiano solo le orecchie. Qualcuno starà parlando di me”
“Stavo dicendo” iniziò lo scienziato dai lunghi capelli violacei e dalla carnagione lattea “basta questa dose e il gioco è fatto.”
Doflamingo sorrise e prese la provetta dal contenuto giallastro, ringraziò quello che era uno dei suoi sottoposti ed uscì.
“Dovrai passare sul mio cadavere prima di mettere le mani su Law”

 

-
 

‘Capricorno. Questo periodo ti sta mettendo alla prova, sei pieno di idee ma non puoi metterle in pratica. Attento agli attacchi di uno Scorpione vendicativo.’  Eustass-ya, anche il tuo oroscopo fa schifo”
Il rosso sbuffò e sollevò il coperchio di una delle tante pentole che aveva messo sul fuoco cercando di distrarsi dalle frecciatine del dottore, alle quali avrebbe risposto più che volentieri se solo quella testa di cazzo non fosse nudo con una merda di grembiule addosso, come se coprisse qualcosa.
Quindi si ritrovava impossibilitato a rispondere, finendo per mordersi la lingua perché sapeva bene che se si fosse girato e avesse cominciato ad inveirgli contro, gli sarebbe venuto duro in poco tempo e avrebbe perso la scommessa.

Va bene che il ninfomane è lui, ma anche io non sono messo tanto meglio, e tre giorni senza scopare con questo coglione che non perde occasione di mettersi a 90 o farsi trovare nudo non aiuta.

Anche se il peggio fu quando, il giorno prima, tornando da lezione, lo trovò all’entrata con una divisa da infermiera .

‘Giochiamo al dottore’ sto paio di maroni. Quando ha preso quel cazzo di chilo giuro che me lo sbatto anche sul pianerottolo e vaffanculo ai vicini.

Mescolò il passato di verdure e controllò la torta nel forno; avendo sempre vissuto da solo, imparare a cucinare era stato un bisogno primario.
Il fatto che ci avesse preso gusto era un altro paio di maniche.
“Eustass-ya”

La voce gli arrivò direttamente nell’orecchio, scatenando brividi lungo la colonna vertebrale.
“Che vuoi”
Law si appoggiò alla sua schiena e posizionò le mani terribilmente vicino alla sua chiusura dei pantaloni.
“Ho fame”
Kidd si trovò a deglutire; sapeva bene a quale tipo di fame si stesse riferendo la testa di cazzo lì dietro.
“Tra qualche minuto è pronto”

Merda, non vacillare.

Law sentì la sua voce leggermente roca e ghignò.
Era terribilmente divertente punzecchiarlo ed eccitarlo per poi vederlo correre in bagno. Il fatto che il rosso non potesse toccarlo poi era la ciliegina sulla torta; poteva dare libero sfogo a tutte le idee malsane che gli passavano per la mente senza rischiare di non riuscire a camminare il giorno dopo.
Era a conoscenza che alla fine della loro amorevole discussione non sarebbe riuscito a muoversi per molto più di un giorno, ma non poteva neanche negare che la cosa gli dispiacesse.

Si sedette nuovamente a tavola e Kidd gli posizionò davanti una miriade di piatti.
In silenzio cominciò a mangiare, prestando attenzione a lasciarsi scivolare qualcosa lungo il labbro e a leccarsi le dita ogni minuto.
Vide il ragazzo provare a finire la minestra e poi notò le nocche totalmente bianche e sorrise.
“Dovresti controllare il forno, tranquillo, non ti ci chiudo dentro”

Kidd lo guardò sgranando gli occhi.
Si era dimenticato che il dottore aveva letto il suo fascicolo.
“Brutto figlio di puttana”
“Certo che tuo zio non era molto normale a chiuderti nel forno quando dormivi per farti uno scherzo. Ora capisco perché non sei normale”
“Vaffanculo Trafalgar”
“È quello l’obiettivo, ma tu non collabori”
“Mangia e chiudi la bocca”

Quanto cazzo ci mette a prendere un chilogrammo di merda.
 

-
 

Stava facendo un così bel sogno, il dojo era suo ed aveva la katana più rara al mondo, quando una voce a lui conosciuta si intromise nei suoi pensieri.
“Roronoa, alzati, devi andare a scuola”

Rispose con un mugugno infastidito all’uomo che se ne stava in piedi a pochi passi da lui.
“Se non ti svegli subito ti farò dormire per sempre”

Zoro spalancò gli occhi avvertendo un’aura omicida nelle sue immediate vicinanze, e si voltò in tempo per vedere Mihawk uscire dalla stanza.
“Maledetto, te le farò pagare tutte”

Come ogni mattina era in ritardo e come ogni volta che era in ritardo dimenticò il pranzo.
La giornata a scuola l’avrebbe riassunta con:
Pisolino della prima ora di letteratura, interrotta dalla verifica della seconda; subito dopo un sonno di altre due ore e infine la campanella del pranzo.
Nulla di nuovo insomma.
Per lui non era brutto andare a scuola quanto prestare attenzione a quello che gli veniva detto; dopo poco perdeva la concentrazione e si addormentava. Non lo faceva apposta, ma, dato che andava a letto alle 4 di notte a causa dei compiti che non poteva svolgere il pomeriggio perché si allenava fino alle 21, era logico che crollasse da qualche parte.
E per non farsi mancare nulla, veniva ripreso dai prof e sfottuto dalla testa di cazzo del cuoco che, sempre  per il solito colpo di culo, era finito nella sua classe.

Quindi oltre a doverlo sopportare fuori dalle lezioni, lo doveva pure vedere a scuola.
Una tortura sarebbe stata più gradita.
Come diavolo facesse quel damerino da strapazzo a frequentare pure la scuola di cucina serale e andare anche a taekwondoo nel week-end non lo sapeva.

Quel giorno le lezioni finivano verso le 14 e, dato che non aveva portato il pranzo, si dimenticò totalmente di mangiare continuando a dormire sul banco fino alle 16, quando il rumore del suo stomaco lo destò in maniera definitiva.
Con qualche borbottio e sbadiglio, uscì dalla scuola, cercando di ricordarsi da che parte fosse venuto quella mattina.
“Ti vedo disorientato Marimo, non dirmi che non ti ricordi la strada di casa”

Zoro si girò scocciato verso destra, dove vide il cuoco appoggiato al muro con in mano una sigaretta.
“Ti fa male quella roba”
“Non dirmi che ti preoccupi per me, che dolce”
“Per me puoi anche morire, ma stammi lontano, io il tuo fumo passivo non lo voglio inalare” sbottò arretrando di qualche passo.
Sanji per tutta risposta espirò una boccata di fumo, alzando il volto verso l’alto e mettendo in mostra il collo e le labbra; cosa che purtroppo non sfuggì all’altro.
“Me ne vado”
“Marimo, quella è la strada sbagliata”

Zoro grugnì e si girò verso di lui, guardandolo spegnere il mozzicone contro il muro e gettarlo per terra.
“Sei un idiota senza senso dell’orientamento, come fanno a lasciarti andare in giro da solo?”
“Non accetto insulti da parte di un damerino da strapazzo maniaco”
“Come hai detto?”
“Vuoi fare a botte?”

Un rombo potente li fece immobilizzare e dopo qualche secondo si ritrovarono sotto una pioggia battente degna del diluvio universale di Noè.
“Oggi non doveva piovere”
“Di qua! Il ristorante è più vicino di casa tua” esclamò Sanji afferrandolo per il polso e cominciando a correre, ben sapendo che se non lo avesse fatto l’altro sarebbe finito a Narnia.
Zoro non disse nulla ma si lasciò trainare, non disdegnando la presa ferrea dell’altro, ma ricordandosi di emettere qualche sbuffo infastidito tanto per non dargliela vinta.

Dopo qualche minuto di corsa arrivarono all’entrata del ristorante e, riparati dalla tettoia, si concessero una pausa.
“Ora puoi mollarmi” commentò Zoro mentre riprendeva fiato.
“Ah sì, almeno non sono dovuto andare a cercarti. Idiota come sei troveresti Atlantide con tutta quest’acqua” gli rispose ghignando mentre estraeva dalla tasca un mazzo di chiavi ed apriva la porta.
L’altro non mancò di mollargli una spallata e lui rispose con un calcio nel tallone.
Avrebbero continuato a menarsi se non fossero stati scossi da brividi di freddo, quindi si accordarono per una tregua momentanea, giusto il tempo di mettere ad asciugare i vestiti e permettere a Sanji di andare in una stanzetta che usava come spogliatoio quando lavorava per prendere il cambio ad entrambi.
A quell’ora il ristorante era chiuso, quindi il biondo si diresse in cucina per preparare qualcosa, seguito stranamente dall’altro.

“Scommetto che anche oggi non hai mangiato”
Il silenzio di Zoro fu una risposta più che eloquente.
Sanji si tirò su le maniche e si mise ai fornelli, non mancando di fargli la solita ramanzina.
“Potevi anche aspettarmi in sala”
“Sai, non sono certo che i piatti che ho mangiato li abbia preparati tu”
“Stai dicendo che secondo te la crostata dell’altro giorno l’ho comprata in pasticceria?” sbottò il cuoco con una vena sulla fronte.

Zoro ghignò; ormai sapeva quali tasti premere per farlo schizzare come una molla.
“Non lo so, voglio vedere cosa prepari oggi, giusto per togliermi ogni dubbio”

Sanji digrignò i denti; quello spadaccino senza cervello lo aveva appena insultato, e non con i soliti insulti, ma uno bello grosso, dritto al suo orgoglio di cuoco, e non poteva certo fargliela passare liscia.
“Molto bene” disse con calma catturando l’attenzione dell’altro, “mentre la zuppa si cuoce ti insegnerò a preparare una crostata e ti dimostrerò che sono molto più bravo di quello che credi”

Zoro si fece attento e si avvicinò.
“Io non so cucinare”
“È la volta buona che impari a far qualcosa oltre all’uovo sodo, Marimo di merda. Vieni da questa parte”
Ora che si trovavano uno affianco all’altro, Sanji poté dare inizio alla sua personale missione ‘insegna al Marimo a fare una crostata e poi uccidilo annegandolo nella marmellata’.

“Ora guarda attentamente”
E detto quello il suo sguardo cambiò e divenne serio; gli ricordò se stesso quando combatteva durante una gara.
Come poteva pensare di distogliere lo sguardo dai movimenti fluidi del cuoco, che muoveva le dita con maestria ed elencava ogni passaggio, come se volesse davvero insegnargli a cucinare qualcosa?
Anche se avesse voluto, non sarebbe riuscito a distrarsi.

“...e aggiungi le uova ma fai attenzione, una deve avere solo il tuorlo. Per gli esseri menomati come te che non sanno cosa sia, è quella cosa rossa abbastanza grande”

No, ok, lo avrebbe ucciso.

“... poi metti 400 grammi di farina di tipo 00, sì, ci sono diversi tipi di farine ma questo te lo spiego un’altra volta che se no ti esplode l’unico neurone rimasto.”

A quel punto Zoro prese una manciata di farina gliela lanciò in faccia, godendosi l’espressione sgomenta.
“Non l’hai fatto sul serio”
“Oh sì”
Sanji si girò lentamente verso di lui dopo aver appoggiato il contenitore con dentro gli ingredienti, prese un uovo e glielo spiaccicò in fronte.
“Normalmente penserei che sia uno spreco di cibo, ma farti un danno non è mai uno spreco”
Zoro lo fissò con uno sguardo di sfida, e pochi secondi dopo si stavano lanciando uova e farina, sporcandosi da capo a piedi e riducendo la cucina in uno stato pietoso.

Avrebbero continuato in eterno se solo il biondo non avesse messo il piede sul fantomatico tuorlo e non avesse perso l’equilibrio.
Zoro non pensò e provò a prenderlo, mettendogli una mano dietro la nuca e cercando con l’altra un appiglio sul tavolo.
Un appiglio lo trovò, ma non era quello giusto; infatti si appoggiò al contenitore della marmellata che, non reggendo il peso e trovandosi già in bilico, volò per aria.
Risultato: caddero rovinosamente sul pavimento.
Sanji aprì gli occhi dopo aver evitato una brutta caduta e si trovò a pochi centimetri il volto dello spadaccino.
Realizzò di avere evitato un trauma cranico grazie alla mano dell’altro, che ancora stava dietro alla sua nuca.
Zoro guardò in che condizioni fosse il cuoco e si ritrovarono a fissarsi con gli occhi sgranati, senza che nessuno dei due muovesse un muscolo.

Troppo vicino, troppo vicino, Marimo di merda che aspetti a spostarti, andiamo, tu mi odi, io ti odio, a questo punto avresti dovuto allontanarti schifato. E allora perché ti stai avvicinando? Sanji, calmo, a te piacciono le donne, quelle belle formose e profumate, anche se il tuo contatore si è fermato per colpa di questo troglodita rimani etero.

Zoro cercò di distogliere lo sguardo in ogni modo, ma quando vide un leggero rossore sulle guance dell’altro annullò definitivamente la distanza, appoggiando le proprie labbra su quelle del cuoco, che divenne istantaneamente un pezzo di legno.
Il biondo stava per tirargli un calcio quando notò lo sguardo dello spadaccino, lo stesso di poco prima, uno sguardo di sfida.

Sentì la rabbia mischiarsi all’adrenalina e aprì la bocca spingendo la propria lingua contro l’altra.
Se era una guerra che voleva, guerra avrebbe avuto.

Il fatto che stessero limonando sdraiati sul pavimento di una cucina, sporchi di zucchero, farina e uova venne messo in secondo piano.
Le loro mani si arpionarono ai vestiti, strattonandoli mentre rotolavano per terra.
Un ‘ting’ li fece tornare alla realtà e li fece bloccare sul posto.

Zoro realizzò che aveva una mano sotto la maglia del cuoco e che l’idea di scoparselo lì non gli faceva poi tanto schifo.
Sanji capì che glielo avrebbe permesso tranquillamente, e che forse tanto etero poi non era.

Si allontanarono di scatto dandosi le spalle, il biondo si alzò e finì meccanicamente di preparare la zuppa, impiattandola; Zoro si passò una mano tra i capelli, diventati appiccicosi a causa delle uova e chiuse gli occhi.

 

“Lui è la tua persona e questo è un dato di fatto. Che non lo accettiate è un altro discorso, dati i due soggetti in esame ci vorrà del tempo”



Le parole di Shanks lo colpirono come una doccia fredda.
Ora avevano un problema.

Si sedettero uno di fronte all’altro con davanti la zuppa calda e la fecero sparire senza rivolgersi una parola.
“Questo non cambia niente, continuo a pensare che tu sia un idiota, non credere”
“Vale la stessa cosa per me, cuoco pervertito. Me ne vado.”
“Non credo proprio”
Zoro si girò guardandolo in modo interrogativo.
“Pensi che mi sia scordato quello che hai detto? Ora stai qui finché la maledetta crostata non è pronta e te la mangi pure, così vediamo chi è che compra le cose già fatte”
E detto questo si rimise al lavoro, destreggiandosi tra gli ingredienti sul tavolo e sul pavimento.
Lui tornò a sedersi, non mancando di mollargli qualche insulto.

E quel pomeriggio il cuoco gli dimostrò che era lui a fare quelle benedette crostate, facendogliela pure mangiare tutta.
Non gli diede la soddisfazione di dire che a lui non piacevano i dolci ma che quella crostata era un dono del Signore, rifilandogli piuttosto un “Niente male cuoco, spero che la prossima volta farai meglio”, e trovandosi l’ennesimo uovo spappolato in fronte.


 

-
 

Ace si buttò a peso morto sul letto; quella giornata era stata sfiancante tra l’orale di un esame e la visita di suo nonno. Di certo non si aspettava di trovarlo all’uscita da scuola, ma appena aveva visto lo sguardo poco amichevole del Marine pluridecorato aveva deciso di svignarsela dal cancello sul retro.
Era corso a casa ed ora si stava chiedendo quanto tempo gli rimanesse da vivere.
Perché se Rufy due giorni prima aveva notato il suo contatore fermo, era solo questione di ore che lo dicesse ai suoi amici e che lo venisse a sapere suo nonno Garp.
E questo non era un bene.
Sbuffò stiracchiandosi ed emettendo un grugnito; già si vedeva a volare contro un muro a causa dei suoi ‘pugni d’amore’ perché non voleva diventare un marine come lui.
Ace non aveva mai anelato ad una carriera militare, era piuttosto un tipo da adrenalina costante; avrebbe trovato un lavoro che lo prendesse totalmente e che lo soddisfacesse.
Fin da bambino aveva provato ad immaginarsi da adulto e, data la sua adorazione e predisposizione verso il fuoco e tutto quello collegato ad esplosivi, era stato naturale pensare al pompiere.
Avrebbe potuto salvare persone, infiltrarsi in abitazioni in fiamme, vedere il fuoco danzare e compiere anche buone azioni. Il tutto senza sapere se sarebbe tornato a casa la sera.
Rocambolesche uscite dalle finestre e salvataggi dai tetti; già si vedeva.
E da lì il passo fu breve.
Il suo sogno non si era mai estinto, esattamente come una fiammella che, alimentata dal vento dei suoi pensieri e desideri, faceva divampare un incendio.

Si alzò dal letto e preparò in fretta uno zaino, ficcandoci dentro un cambio di vestiti e lo spazzolino. Mentre si metteva il telefono in tasca sentì una voce rimbombare, non molto distante dalla porta.
“Nipote degenere! Apri la porta o la sfondo!”
Non fece fatica a credere che suo nonno l’avrebbe tirato giù, quel pezzo di legno.
Si mise lo zaino in spalla e, preso un bel respiro, aprì la porta trovandosi davanti l’uomo.
Nonostante l’età, incuteva ancora un timore reverenziale che spiegava perché allenasse le nuove leve - facendone sopravvivere poche ma forgiandone di forti.

“Nipote”
“Vecchio, quale sorpresa trovarti qui. A cosa devo l’onore?”
Garp assottigliò lo sguardo.
“Sei pronto per arruolarti?”
Ace ringhiò chiudendo la porta di casa e restando a fronteggiare il marine sul pianerottolo.
“Ma anche no. Se sei venuto qui per questo hai fatto un viaggio a vuoto.”
“No. Ho sentito da Rufy che il tuo contatore si è fermato e mi chiedevo chi fosse la fortunata”
“Il fortunato” lo corresse ghignando.
Garp alzò le sopracciglia ma non mutò di espressione.
“Oh, un uomo. Beh è uguale, voglio comunque conoscerlo”
“Ma certo” disse Ace arretrando verso le scale “te lo porto domani a casa e poi vengo pure ad arruolarmi”
Il marine lo fissò sorpreso.
“Davvero?”
“No” rispose il ragazzo facendogli l’occhiolino e correndo giù per le scale, saltando due gradini alla volta e ridendo sentendo le urla del nonno.

Tanto vale lanciarlo in una fossa di coccodrilli, se Marco incontrasse quel pazzo di mio nonno non sopravviverebbe.

Ace uscì di casa e si diresse ad un certo bar.
“Speriamo che mi offra asilo”

 

-
 

Marco pulì l’ultimo bicchiere e lo posizionò sul ripiano; era stato divertente accompagnare Ace a casa, un po’ meno divertente era stato cercare di non saltargli addosso prima che scendesse dall’auto.
Sospirò pulendosi le mani.
Avrebbe voluto averlo lì di fronte per poter godere della sua compagnia.
“Ehi!”
Sbatté più volte le palpebre realizzando di avere l’oggetto dei suoi pensieri davanti.

“Stai per caso diventando telepatico?” commentò mentre Ace si toglieva lo zaino dalle spalle e si sedeva.
“Stai per caso dicendo che mi stavi pensando?” chiese ammiccando in modo scherzoso facendolo ridere.
“Può darsi” rispose bevendo dalla bottiglietta d’acqua di fianco a sé.
Il ragazzino si appoggiò con il gomito al bancone.
“Signor barista vorrei chiederle due cose”
Il biondo lo guardò. “Prego”
“Un caffè ed un aiuto”
“Il caffè te lo faccio subito” rispose mettendosi all’opera, “e nel mentre mi dirai dell’aiuto che ti serve”

Ace prese un bel respiro e gli raccontò tutto, di come era cresciuto sotto la costante minaccia di diventare un marine, del suo sogno di diventare un pompiere e di suo nonno.
“Posso offrirti un luogo dove stare, ma casa mia non è molto grande”
Il moro lo ringraziò. 
“E per quanto riguarda il resto, il tuo è proprio un bel sogno. Sai, nonostante quello che mi è successo da piccolo non provo paura verso il fuoco, anzi.” 
Il biondo si appoggiò con entrambe le braccia al bancone. “Anche io avevo pensato di diventare un pompiere, ma non sono adatto, anche se mi sarebbe piaciuto aiutare chi ha bisogno”

Ace lo fissò serio.
“Ma tu aiuti già gli altri, ho notato che conosci quasi tutti i tuoi clienti e che sei sempre disponibile per dar loro una mano. Inoltre dai anche ripetizioni a chi non potrebbe permetterselo. Sei già una persona fantastica” disse sorridendo.
Marco rimase a fissarlo per qualche secondo e si allungò, posizionandogli una mano dietro la nuca e tirandolo vicino a sé facendo combaciare le loro labbra.
Un semplice bacio, uno sfiorarsi di labbra, questo era quello che voleva.
Certo non aveva messo in conto la reazione dell’altro.

Ace si rese conto di avere le proprie labbra attaccate a quelle di Marco e quando capì che il biondo non aveva intenzione di spingerlo a fare nulla, decise che gliela avrebbe data lui una spinta.
Posizionò la sua mano dietro la nuca del barista, in un chiaro intento di imitarlo, e disegnò con la lingua il contorno delle sue labbra, mordendole leggermente.

Marco era noto per la sua calma, ma in quella posizione la vide andare via agitando un fazzoletto.
Approfondì il bacio giocando con la lingua di quel maledetto ragazzino che gli aveva fottuto il cervello.
Ace sembrò gradire, anzi sembrò non aspettare altro che quello.
“Nipote, deduco che lui sia il fortunato”

Si allontanarono all’istante.
Ace pensò di avere le allucinazioni quando vide suo nonno nel bar.
“Tuo nonno deduco”
Il ragazzo annuì lentamente mentre l’uomo si avvicinava.
Marco vide il terrore dipinto sul volto del moro e si tolse il grembiule, aggirò il bancone e si mise tra i due prima che si saltassero alla gola - perché lo avrebbero fatto dati gli sguardi che si lanciavano - poi tese una mano al marine.

“Molto piacere, Marco Newgate”
Garp fischiò. “Newgate, eh? Ma non mi dire, sei il figlio maggiore di Edward”
“Sì”
“Io sono il nonno di quel disgraziato, Monkey D. Garp. È inutile dire che ti rompo l’osso del collo se fai qualcosa a mio nipote”
“Nonno! So difendermi da solo, grazie!” sbottò Ace venendo ignorato dai due uomini.
“Ricevuto”
Garp sorrise ed annuì.
“Molto bene. Conosco tuo padre da tempo e non mi sarei mai aspettato che voi due… sì insomma…”
“Già, mi ha colpito fin dal primo incontro” scherzò Marco, ricordando di come il bel moretto lo aveva tamponato.
“Ti ho investito con il mio fascino”
Garp li guardò in modo interrogativo finché non fu messo a conoscenza del loro ‘piccolo’ incidente.
L’uomo rise dell' imbranato nipote, il quale non mancò di ricordargli che né lui né Rufy avrebbero avuto mai intenzione di seguire le sue orme in marina.
Marco si godette la scena di un Ace che correva tra i tavoli, inseguito da un adirato nonno.
Per fortuna che aveva detto al ragazzo di stare da lui, quell’uomo era un vero demonio.

Calmati i bollenti spiriti - con un caffè macchiato e uno corretto - riuscì a salvare il suo povero bar dalla furia dei due per poi metterli a sedere uno di fronte all’altro.
Tornò dietro il bancone a servire un cliente e li lasciò da soli.

“Starò in città per qualche giorno” disse dopo un po’ l’uomo.
“Come vuoi” rispose Ace alzandosi e riportando la tazzina vuota a Marco.

Garp era riuscito facilmente a seguire suo nipote fino al bar, nonostante la sua età se la cavava ancora bene in agilità. Immaginava, dato lo zaino, che sarebbe andato da qualcuno che conosceva per scampare alla sua amorevole ramanzina e sperava che andasse proprio dalla sua anima gemella. Diciamo che la fortuna era stata dalla sua.
Voleva solo vedere che genere di persona fosse e, quando aveva visto che si trattava proprio di Marco - l’aveva incontrato un paio di volte quando era andato a farsi una bevuta col vecchio Newgate - aveva ringraziato il cielo.
Perché il suo iperattivo nipote aveva finalmente qualcuno di responsabile e calmo di fianco che bilanciasse il suo carattere esuberante.
Gettò un’occhiata ai due al bancone e, quando vide gli sguardi che si rivolgevano, sorrise e si alzò, sentendosi di troppo.
“Ci vediamo nipote, ricordati che non ho ancora rinunciato a farti arruolare” commentò uscendo e non vedendo la smorfia sul volto di Ace.

Si diresse ad un’auto che lo stava aspettando ed estrasse il cellulare.
“Pronto? Newgate, è da un po’ che non ci vediamo. Ho una bella novità da raccontarti”





 




Angolo dell'Autrice:

Ecco finalmente posso dire di aver introdotto tutte le benedette coppie! 
Prima ZoSan che scrivo, spero non sia stata troppo scontata ma la scena col cibo è un classico.
Nonno Garp arriva in città e pedina Ace (quale nonno non lo farebbe?) e abbiamo l'incontro con Marco.
Doflamingo - sì, è uno Scorpione - sta macchinando qualcosa alle spalle di Kidd - sì, è un Capricorno - e non sarà piacevole.
Spero vi sia piaciuto, a presto e grazie a tutti per le recensioni!

Ace of Spades

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Capitolo 6
*** VI ***






 
VI











 

Crocodile sospirò passandosi una mano tra i capelli.
Quella volta non poteva incolpare nessuno se non la sua stupidità e la pietà che aveva provato per Rocinante.
Dato che non sentiva da giorni Doflamingo, aveva deciso di andare a controllare che non stesse fabbricando una bomba o peggio, e si meravigliò quando lo trovò seduto sul divano a giocare col Nintendo.
Invece vide il fratello minore del fenicottero in un angolo a piangere, alternando frasi sconnesse tra un singhiozzo e un altro, ma il senso era che gli mancava Law.
Ora, di tutto si poteva dire di Crocodile, poteva essere uno stronzo, un cinico figlio di puttana e un opportunista, ma di sicuro non era stupido.
E la situazione era decisamente strana.
Doflamingo fischiettava.
Il che voleva dire solo una cosa: aveva già programmato la fine di Eustass Kidd.
Rivolse uno sguardo scocciato a Rocinante ed estrasse il telefono; già si pentiva di quello che stava per fare.
Dopo una mezz'oretta - in cui scoprì di trovare molto più inquietante un Doflamingo tranquillo che uno arrabbiato - suonò il campanello ed invitò il minore dei Donquixote ad andare ad aprire.
L’uomo si soffiò il naso e si diresse verso la porta, spalancandola.
“Cora-chan! Zero-chan mi ha detto che sei giù di morale, non ti preoccupare, ora ti porto a fare shopping!”

Sul volto di Rocinante si aprì un sorriso enorme, trovandosi davanti Bon Clay - o come lo chiamava Crocodile ‘Mister Two’ - che gli porgeva un fazzoletto profumato alla lavanda.
Doflamingo sorrise scimmiottandolo e sussurrando un “Zero-chan” che non sfuggì al moro, il quale non mancò di tirargli uno scappellotto prima di raggiungere i due sulla porta, ignorando le risate del Donquixote più grande.
“Davvero? Beh, in effetti mi servirebbe un po’ di distrazione”
“Ottimo, divertitevi” commentò Crocodile facendo per allontanarsi ma venendo fermato dalle mani dei due uomini, che lo afferrarono per i polsi.
“Divertiamoci volevi dire” disse Rocinante.
“Dai Boss, anche a te serve staccare la spina”
Doflamingo continuava a ridere e in effetti non poteva dargli torto.

In quel momento, appoggiato al muro dell’ennesimo negozio in cui lo avevano trascinato, capì cosa volesse dire desiderare una pallottola in testa.
Fosse stato armato si sarebbe suicidato.
“Bon-chan secondo te questo maglione si abbina ai pantaloni?”
“Ma certo sciocchino! E prova pure questa camicia, ti starà d'incanto”


Magari se tiro una testata contro il muro abbastanza forte perdo i sensi.


Dopo quaranta minuti di pura sofferenza uscirono anche da quel negozio e si ritrovarono nella strada principale, piena zeppa di gente.
“Ed ora trucchi!”


Peggio di così non può andare.


“Ma guarda chi si vede! Ciao zuccherini, come state?”
“Iva-chan! Che bello incontrarla qui”
“Salve Ivankov”
“Tesorino, chiamami pure Iva. Buongiorno Croco-boy, come stai?”

Crocodile guardò l’uomo con una buffa capigliatura violacea, il trucco pesante e il rossetto e sbiancò.
No.”

“Croco-boy dai non te ne andare”
“Zero-chan, su non fare così”
“Crocodile, non fare lo scorbutico e vieni con noi”

Ora, vista da un punto di vista esterno, la scena doveva risultare abbastanza paradossale: un uomo vestito di tutto punto che cercava di allontanarsi da un trio molto singolare, che non aveva intenzione di lasciarlo andare via e lo tirava per i polsi o per le braccia.
Ma se, come lui, si conosceva la personalità delle persone in esame, era ancora tutto ancora più divertente, per quello Doflamingo scoppiò a ridere, rivelando la sua posizione a Crocodile.
I tre lasciarono immediatamente la presa quando videro lo sguardo omicida sul suo volto.

Aah, l’amore~” commentò Ivankov; Rocinante scosse la testa sconsolato e Bon Clay annuì, dandogli ragione.
Girarono i tacchi diretti verso Sephora, mentre alle loro spalle il moro stava strangolando Doflamingo con un collant rubato dalla sporta del suo sottoposto.


 

-

 

“Mettiti nei miei panni! Avresti riso anche tu”
“In realtà speravo che qualcuno mi facesse saltare i nervi, almeno con un omicidio ci si calma sempre”
“Sei affascinante anche con un collant in mano”
“Non fare il leccaculo”
“L’adulatore è colui che nutre il coccodrillo, sperando che lo mangi per ultimo.”
“E questo detto da dove ti esce? A volte mi sorprendo che tu sappia pensare”
“È un vecchio proverbio, ma ci casca a pennello”
Crocodile sorrise.
“Potrei divorarti anche adesso”
Doflamingo, che era riuscito a scampare all’ira del moro e a trascinarlo in un bar, si appoggiò allo schienale della sedia mentre sul suo volto svettava un ghigno perverso.
“Croco-chan, siamo in un luogo pubblico, cerca di controllarti”

L’altro alzò gli occhi al cielo e si portò la tazzina alle labbra; il biondo sapeva che per calmare la sua dolce metà servivano tre cose: caffè, fragole e nicotina.
Se era particolarmente incazzato tutte e tre, ma in quel caso sembrava essersela cavata con una.
“Ho bisogno di fumare”

No, due.

Uscirono dal bar e Crocodile si accese un sigaro espirando una boccata subito dopo. Doflamingo non aveva mai amato particolarmente l’odore del fumo, ma da quando stava con quell’uomo aveva cominciato ad apprezzarlo.
Avrebbe saputo riconoscere tra mille il profumo dei suoi sigari, che aveva imparato ad amare in quanto collegati alla figura del coccodrillo.
Quando sentiva l’odore della determinata marca che fumava l’altro si agitava sempre.

Lo sguardo gli cadde sull’orecchino d'oro che il moro portava al lobo destro e sorrise sfiorandosi il suo; era stato un regalo di anniversario di qualche anno prima, una cosa terribilmente stucchevole comprare una coppia di orecchini e regalarne uno a Crocodile.
Ma Doflamingo era sempre stato quello romantico nella coppia, e per romantico si intende sia nel senso di ‘dolce, sentimentale’, sia la persona che ti fa trovare dildi o gag-bag sul letto.
Non c'era una via di mezzo.
Il fenicottero sapeva che Crocodile non era tipo da smancerie di quel genere, infatti si era sorpreso non poco quando lo aveva visto indossare l’orecchino.

Perso com’era nei suoi pensieri non si accorse che l’uomo di fianco a sé aveva finito di fumare e lo stava fissando.
“Sapevo che prima o poi ti sarebbe morto anche l’ultimo neurone”
Il biondo si riscosse e sorrise, poi lo abbracciò stringendolo abbastanza forte senza però fargli male.
“Evidentemente oggi vuoi morire”

Per quello lo stringeva, se gli avesse lasciato la possibilità di muoversi sapeva che lo avrebbe ucciso.

“Sei un rompiscatole”
A quel punto Crocodile sbuffò rassegnato e  aspettò pazientemente che la dose di glucosio nel sangue dell’altro tornasse a livelli normali.
“Ti stacchi?”
Doflamingo sorrise di nuovo e lo lasciò, circondandogli le spalle con un braccio e cominciando a camminare.
“Allora dove andiamo?”
“Tu lontano da me”
“Pensavo più ad una gelateria dove fanno il gelato alla frutta coi pezzi interi dentro”
“...Se proprio dobbiamo”

Il biondo sorrise vittorioso.
“Tsundere di merda”
“Imbecille daltonico”

 


-
 


Shanks fissò incuriosito uno Zoro particolarmente distratto andarsene in camera e chiudere la porta.
Gli angoli della sua bocca si alzarono; forse non avrebbe avuto più bisogno del suo aiuto, o della sua curiosità.
“Rosso smettila, sei inquietante”

L’uomo si riscosse e si voltò a guardare Mihawk seduto sul divano con un libro sulle gambe.
“Di fare cosa?”
“Lo sai”
Shanks sbuffò divertito e si sedette di fianco a lui, molto vicino nonostante avesse tutto il divano a disposizione, cosa che non sfuggì all’altro.
“Spostati”
“No”
“La mia non era una domanda”
“E a me non interessa”

Il moro chiuse il libro e lo appoggiò sul tavolino di fianco.
Finalmente riuscì ad avere lo sguardo di ghiaccio concentrato su di sé.
“Cosa vuoi”
Il rosso prese un bel respiro e gli saltò addosso, facendolo sdraiare sul divano e posizionandosi sopra.
Aveva visto che Mihawk si era tolto la collana a forma di croce che nascondeva un pugnale e quindi ne aveva approfittato.
L’altro capì di aver fatto un errore a toglierla.
“Pensi che non ti possa uccidere senza armi da taglio?”
“Penso che se non sono io a fare la prima mossa tu non la farai mai”

Non era strano che si scambiassero effusioni quali baci o abbracci, anche se la maggior parte delle volte era Shanks a forzare Mihawk finché l’altro non cedeva.
Solo un paio di volte si erano spinti oltre, forse a causa dell’alcool che avevano in corpo, ma quando il giorno successivo si erano svegliati nello stesso letto, nudi e con succhiotti un po’ ovunque, il moro aveva fatto finta di nulla.

“Tu mi ignori”
“Ci provo ma a quanto pare non riesco dato che necessiti di costante attenzione. Tanto valeva prendere un cane”
“Se vuoi che cominci ad abbaiare e a leccarti il collo potevi dirmelo prima”
Il moro gli rivolse uno sguardo di ghiaccio che lo fece sospirare di frustrazione.
Shanks si alzò mettendosi in piedi.
“Ti lascio leggere, esco” disse sparendo dalla sua visuale e sentendo poco dopo chiudersi la porta di casa.
Qualcosa dentro di lui reagì a quel rumore e si incrinò.

Prese in mano il libro e tornò ad immergersi nelle pagine.

 

Zoro sentì una porta sbattere e si svegliò; si era messo a sedere un attimo sul letto e si era addormentato.
Andò in cucina e si versò un bicchiere d'acqua, poi si diresse in salotto e trovò Mihawk sdraiato sul divano con il solito cappello calato sugli occhi e un libro per terra.
“Dov'è il Rosso?”
Nessuna risposta.
“Io vado al dojo”
A quel punto l’uomo sollevò il cappello nero dalla penna bianca e lo fissò alzando un sopracciglio.
Zoro abbassò lo sguardo ringhiando.

Qualche minuto dopo erano fuori di casa e camminavano diretti alla palestra.
Erano quasi arrivati quando il ragazzo dai tre orecchini si fermò ed indicò un punto dall’altra parte della strada.
“Ma quello è Shanks”
Mihawk si girò e i due spadaccini rimasero per quasi un minuto a guardare l’uomo dai capelli rossi parlare con una donna di spalle dai lunghi capelli rosati raccolti in una lunga treccia.
Sorridevano e chiacchieravano tranquillamente; quando Shanks le prese una mano, il moro distolse lo sguardo e ricominciò a camminare, seguito quasi immediatamente da Zoro.
Aveva la mente talmente chiusa che non si accorse dello sguardo preoccupato che gli rivolse il ragazzo.
Quel giorno si immerse totalmente negli allenamenti, ma Zoro non riuscì a farlo; nonostante fosse il suo eterno rivale vederlo in quello stato non gli piaceva.
Per tutti non aveva niente di strano, sempre freddo e distaccato nessuno avrebbe notato la minima differenza, ma lui non era uno dei tanti.
All’ennesimo colpo subito decise di fare una pausa.
Andò negli spogliatoi ed estrasse il telefono.


“Cuoco di merda, stasera mi ospiti”
“Ti ho ospitato anche tre giorni fa, Marimo”
“Questa volta è diverso”


Sanji, sentendo la voce leggermente bassa dell’altro, appoggiò la frusta sul piatto.
“Va bene, quando hai finito gli allenamenti ti vengo a prendere”
Era strano sentire Zoro non prenderlo in giro ma acconsentire, sembrava quasi che qualcosa lo preoccupasse.
Rimise il telefono in tasca e ricominciò a montare l’impasto.
“Tutto bene Sanji?” chiese Zeff notando il suo sguardo distratto.
“Eh? Ah, sì, tutto bene”
Detto questo tornò a concentrarsi; la risposta l’avrebbe avuta quella sera.

 

Disse a Mihawk che dormiva da un amico ed ottenne come risposta un cenno.
Si posizionò la sacca sulla spalla ed uscì, venendo investito dall’aria fredda della sera e dalla puzza di fumo.
“Yo”
Si girò e trovò il biondo in piedi ad attenderlo; senza dire una parola lo seguì.
Il tragitto fu silenzioso, di certo Sanji era curioso di sapere cosa lo turbasse, ma sapeva anche che doveva dargli i suoi tempi, quindi aspettò di essere a casa sua - che quella sera era deserta - e si mise ai fornelli per preparare la cena ad entrambi.
Una volta seduti uno di fronte all’altro e con lo stomaco pieno, Zoro si attaccò alla bottiglia di sakè.
“Sei l’ultima persona a cui chiederei un consiglio, ma dato l’argomento delicato non saprei a chi altro rivolgermi”
Così dicendo cominciò a raccontare.
Sanji aspettò la fine della storia e capì finalmente il senso delle frasi dello spadaccino.
Era incredibile che quel cretino si stesse preoccupando per l’uomo che era da sempre il suo obiettivo, ma lui sapeva che in fondo, nonostante tutto, quei due si volevano bene.
Probabilmente molto in fondo, tanto in fondo, terribilmente in fondo.

“Ho capito” rispose “Se vuoi un mio consiglio, che ovviamente non ascolterai, per me dovresti lasciare stare”
“Aspetta, come-”
“Come faccio a sapere che avevi intenzione di parlare con Shanks? Perché sei irruento e non usi il cervello. Sono adulti, sanno risolvere i loro problemi.”
Zoro tacque abbassando lo sguardo e immergendosi nei suoi pensieri.
“Ma” continuò il biondo ottenendo la sua attenzione “una mano non fa mai male” concluse porgendogli una bottiglia scura.
“Che cosa sarebbe?”
“Sakè”
“Questo lo vedo, e perché dovrebbe essere utile?”
“L’alcool aiuta a sciogliere la lingua. E poi questo sakè è invecchiato di parecchi anni, ha una gradazione altissima, ne basterà un bicchiere”
“Vuoi farli ubriacare”
“Non credo si ubriacheranno per questo, ma di sicuro cominceranno a parlarsi e no, non puoi berlo” commentò togliendogli la bottiglia da sotto il naso dopo aver visto il suo sguardo brillare.
“Solo un goccio”
Sanji sbuffò e ne versò il contenuto in un bicchierino.
“Poi non dire che non ti avevo avvertito” disse mettendo la bottiglia al suo posto mentre Zoro faceva sparire il contenuto nella sua bocca.
“Cazzo, è buono”
Il biondo sorrise.
Poco dopo decisero di guardare un film horror per passare il tempo; misero il computer di fronte e si sedettero per terra.

“È ovvio che muoiono tutti se si separano!”
“Cuoco non farti coinvolgere troppo”
“Tu saresti il primo a morire”
“Chiudi la bocca stronzo”
Avrebbe continuato ad insultarlo se solo non avesse visto un ragno sul pavimento avvicinarsi alle sue gambe.
Sanji non aveva paura di nulla, ma se c'era una cosa che gli faceva schifo erano gli insetti e gli aracnidi.
Per quello saltò come una molla finendo in braccio a Zoro e cominciando a pronunciare frasi sconnesse.
Lo spadaccino, non aspettandosi una tale reazione, venne colto impreparato, riuscendo per miracolo a non perdere l’equilibrio e cadere di schiena.
Si girò a fissare l’animaletto che si allontanava ed aspettò che Sanji smettesse di tremare e di ripetere le parole ‘schifo’ e ‘uccidilo’ e si rendesse conto di essergli seduto sopra con le braccia attorno al suo collo e il volto sulla sua spalla.
Gli circondò i fianchi e sentì il biondo tossire.
“Ora puoi anche sfottere”
“E perché dovrei? Hai solo urlato come una ragazzina e mi hai abbracciato, nulla di cui vergognarsi”
“Stronzo” sibilò mollandogli una tallonata sulla schiena, rendendosi conto per la prima volta della posa equivoca in cui si trovava.
Zoro gli morse la spalla ed infilò le dita oltre l’elastico dei pantaloni, posizionando le mani sul fondoschiena dell’altro.
“Ehi, ti ho già detto che la volta scorsa è stato un errore”
“Lo hai detto anche la volta prima”
“E lo dirò anche questa volta”
Zoro sorrise.
“Se ti fa sentire meglio, cuoco idiota. Ti farò ammettere che ti piace quando ti fotto”
“Ti metterò della belladonna nel sakè la prossima volta”
“Possibile che pensi sempre alle donne?”
“Quanto sei stupido” 
“Puoi ripetere?”
“Stupido, cretino, deficiente”
“Oh, guarda dov'è finito il ragno”
Sanji fece quasi un salto.
“Ah, no, errore mio”

Si guardarono negli occhi per qualche secondo e cominciarono a picchiarsi subito dopo, intervallando pugni e calci a baci e morsi e finendo per ripetere quell’errore ancora una volta.
Per il momento Sanji preferiva pensare che andasse a letto con l’altro per semplice voglia, il fatto che gli venisse solo quando ce lo aveva di fianco era un’altra questione.



 

-


 

Kidd non fu mai grato al suo capo come quel giorno; Franky gli aveva proposto di riparare una vecchia Berlina blu e lui aveva acconsentito subito.
L’alternativa era quella di tornare a casa e solitamente non ci avrebbe pensato due volte a rimandare al giorno dopo un’auto tanto impegnativa, ma se nel suo appartamento si trovava quel dottore maniaco la questione cambiava.

Stava lavorando da un po’ a quel motore senza venire a capo di cosa fosse che aveva fatto saltare l’alimentazione. Trattandosi di una macchina vecchia, aveva molti fili in più e appena scopriva a cosa serviva uno ne trovava tre di nuovi.
Arrivò ad un punto che pensò si moltiplicassero al momento.
Tra un commento rivolto ai suini e a qualche santo, non si rese conto dello sguardo divertito del suo capo, che si avvicinò non appena vide l’olio nero uscire a fiotti dal motore e inondarlo da capo a piedi.

“Kidd, sbaglio o oggi sei un po’ meno suuuuper del solito?” chiese porgendogli un fazzoletto.
“Non ho dormito bene” tagliò corto il ragazzo; di certo non poteva dirgli che aveva un cazzo di dottore che gli faceva attacchi notturni e gli ficcava le mani tatuate nei pantaloni.
“Capisco, allora perché non vai a casa a riposare?”
“Perché il mio problema mi aspetta a casa a braccia aperte” ringhiò, riuscendo a trattenersi dall’aggiungere ‘anche a gambe aperte’.
Franky lo fissò e annuì.
“Problemi con la tua metà? Allora prenditi pure tutto il tempo che vuoi, basta che ritorni suuuuper in forma al più presto” concluse alzando un pollice in segno di approvazione e lasciandolo di nuovo solo.
“Ah, giusto!” Gli urlò poco dopo dall’altra stanza facendo capolino con ciuffo azzurro e faccia da dietro l’angolo, “Quei due fili non devono toccarsi”
Kidd guardò i fili in questione e gli si accese la famosa lampadina sulla testa.
“I due fili non si devono toccare. Non solo un filo deve toccare l’altro, ma è reciproco. Sono un vero idiota, a volte quel cretino a ragione” commentò sbattendo un pugno per terra.
La macchina gli dimostrò di essere d'accordo spruzzandogli addosso un altro po’ di olio.

Killer passò di lì per salutare Kidd ma non appena lo vide ridere da solo di fianco ad una Berlina che emetteva olio a scatti decise che non era proprio il caso di disturbare. Si allontanò per iniziare il suo turno rispondendo prima ad un messaggio di Penguin e dicendogli che quella sera andava bene per il cinema. Si cambiò e diede un’ultima occhiata al cellulare.
“Deadpool, eh?”

 

Dopo aver finito con l’auto maledetta, circa qualche ora dopo, Kidd se ne tornò a casa sorridendo e pregustandosi già la sua dolce vendetta.
Aprì la porta ed entrò trovando Trafalgar seduto sulla poltrona con una sua maglietta addosso e senza nient'altro. Fortunatamente copriva fin sotto il sedere del dottore, e quello era proprio un colpo basso, dovette ammetterlo, ma vedendo gli occhi sgranati del moro continuò a ridere.
“Eustass-ya” sibilò mentre lui appoggiava le chiavi all’ingresso.
“Dimmi” rispose con un tono fintamente sorpreso.
Law non rispose; si limitò a mangiarsi con gli occhi l’intera figura dell’altro.

La maglia giallo pallido era a macchie, le maniche arrotolate sulle spalle, i pantaloni di una tuta leggermente abbassati, tanto da fargli intravedere le ossa del bacino.
Alcuni capelli gli ricadevano sul volto.
Il tutto mentre la pelle quasi risplendeva a causa del sudore e del fottuto olio di motore, che lo aveva macchiato un po’ ovunque.

I dottore accavallò le gambe mentre un sorriso tirato svettava sul suo volto.
“Sei tornato tardi oggi” commentò cercando di cambiare discorso mentre Kidd spariva dalla sua visuale, per poi ricomparire poco dopo con una birra in mano.
Perché se lui non poteva toccare Trafalgar, la cosa era reciproca, ed era ora che si rifacesse di tutti i soprusi subiti negli ultimi giorni.

“Tutto bene dottore?”


Porca troia, ha pure il rossetto leggermente sbavato. Io gli taglio le palle.


“Non prendermi per il culo”
“Sai che non posso farlo, poi perderei la scommessa”
Law inspirò e non mutò di espressione anche quando vide l’altro avvicinarsi.

Cosa vuole fare?

Si ritrovò a fremere dall’aspettativa che lo prendesse lì, su quella cazzo di poltrona e con quei vestiti addosso.
Kidd gli appoggiò una mano sulla fronte continuando ad ignorare la palese erezione che il dottore cercava di nascondere.
“Sei caldo, cretino”
Law lo guardò e si leccò le labbra.
“Vuoi misurare meglio la temperatura?”
Il rosso si allontanò e si attaccò alla birra.
“No, sono sicuro che, essendo tu un medico, te la possa misurare da solo”

A quel punto il moro ringhiò di frustrazione; non gli era mai successo di rimanere in astinenza per così tanto tempo, ma quasi una settimana era abbastanza da farlo uscire di testa.
All’inizio si era divertito a punzecchiare quel cretino senza cervello, ma non aveva messo in conto che l’altro potesse essere così furbo da fare lo stesso.

Sbatté un pugno sul bracciolo della poltrona e si alzò, dirigendosi in bagno.
Poco dopo uscì e quasi corse in salotto dove Kidd lo fissava incuriosito.
“Ho preso il chilogrammo stabilito, ora se non mi fotti fino a domattina giuro che ti stacco le palle con delle forbici e ci gioco a biliardo”
Il rosso ghignò, lanciò la bottiglia di birra per terra, che si infranse in mille pezzi e prese in braccio il moro mettendogli le mani sul fondoschiena e unendo la sua bocca a quella dell’altro.
Ovviamente mantenne la promessa di farselo fino a che non avesse perso i sensi, e Trafalgar fu solo felice di liberarsi del nervoso accumulato in quei giorni, sentendo ancora più piacere del solito.



 

Cercò di aprire gli occhi, rinunciando poco dopo.
Riprovò e questa volta le palpebre risposero all’impulso nervoso inviato dal cervello; provò a mettersi a sedere finendo per ricadere disteso data la scarica di dolore che si diffuse lungo la spina dorsale.
Dopo qualche tentativo, trovò la posizione che gli procurava meno fastidio e si guardò attorno.
La camera era un vero casino, avevano buttato per terra ogni oggetto che ostacolava il loro cammino e, una volta arrivati al letto, avevano quasi distrutto pure quello.
Al pensiero delle dita di Kidd dentro di sé dovette passarsi una mano sul volto per calmarsi.
Guardò distrattamente l’orologio e sbiancò sentendo il sangue fermarsi e il cuore rallentare.

Erano le due del pomeriggio.

Il rosso si svegliò brontolando e, dopo essersi stiracchiato si girò a guardare il dottore che sembrava avere avuto una paralisi.
“Ohi, che ti prende?”
“Eustass-ya, sono le 14” sibilò con un filo di voce.
“Lo vedo”
“No, non capisci” cercò di articolare “sono le 14 di sabato
“E quindi?”
“E quindi sono morto”



 

-

 

Doflamingo rigirò il bicchiere di vino nella mano, notando la somiglianza del Lambrusco con il sangue endovenoso e cominciando a ridere.
Quel giorno Rocinante sperava che Law si presentasse, ma quando non lo vide entrare dalla porta d'ingresso si fece il segno della croce e sperò solo di non doverlo portare fuori dal paese nascosto magari in una valigia.
Anche perché neanche Crocodile era presente e quindi non c'era nessun blocco che potesse fermare suo fratello dal fare una pazzia.
Quando sentì il telefono suonare e notò sullo schermo il nome di Law, uscì in fretta dalla sala e si isolò in una camera.


“Law dove diavolo sei?”
“Cora-san, mi sono … addormentato”

Rocinante alzò un sopracciglio, ben sapendo che il suo figlioccio aveva problemi a dormire e non riusciva a stare a letto per più di quattro ore.
“Come scusa fa un pochino schifo” rispose guardando preoccupato la porta, preso dal terrore che Doflamingo potesse scoprirlo.
“Non...non è una scusa. Senti, ora non posso spiegarti, se arrivo nelle prossime ore mi ucciderà lo stesso, vero?”
“Speravo fossi già scappato in Messico. Se vuoi venire qui devi avere una buonissima offerta di pace”
“Digli che per farmi perdonare porto Eustass-ya”
“Chi?”
“La mia anima gemella”

Rocinante deglutì immaginandosi già la villa esplodere e suo fratello ridere su una montagna di cadaveri.
“Sei proprio sicuro?”
“No. Ma è questo coglione che ha insistito, quindi prendo due piccioni con una fava. Ah, Cora-san?”
“Dimmi”
“Chiama Wani-ya”



-



Crocodile si accese un sigaro godendosi la calma del suo appartamento; quel giorno non aveva piani, poteva farsi un bagno caldo e guardarsi un film sulla televisione a 42 pollici.
Quando sentì il telefono vibrare si bloccò.
“Rocinante, spero sia importante”
“Mio fratello ride da solo, Law non si è presentato a pranzo, ma tra un po’ viene qui con la sua anima gemella”
“Direi che hai un bel problema”
“Ha cominciato a parlare di telenovelas spagnole”
“Arrivo”

Perché entrambi sapevano che Doflamingo aveva due stadi prima di esplodere: il primo, quando cominciava a citare serie che guardava solo lui e dalla trama discutibile (quasi tutte spagnole); il secondo, quando cominciava a cantare canzoni più o meno datate.
Dancing Queen era una chiara sentenza di morte.

Crocodile prese sigari e accendino e indossò il cappotto sospirando.
Le cose si stavano complicando.

Entrò in auto e girò la chiave, dirigendosi alla Residenza Donquixote.



-



Doflamingo, stufo di parlare del Segreto e di Un Paso Adelante, si alzò sotto lo sguardo terrorizzato del fratello e prese il Nintendo.

Il telefono suonò di nuovo e lui accese il bluetooth dell’auto, così da non dover accostare per rispondere.

“Cosa c'è?”
“Dimmi che sei quasi arrivato”
“Rocinante, calmati”

Per tutta risposta il biondo allungò il cellulare avvicinandolo al fratello e Crocodile sentì la voce di Doflamingo risuonare nell’abitacolo.
“Calmo dici” commentò mentre in sottofondo si sentiva il fenicottero cantare “Non dirmi di stare calmo, l’ultima volta che si è messo a cantare ha ucciso a mani nude quattro persone e ha sparato in testa a due, non posso calmarmi”
“Hellooo from the other siiiiiideeee”

Crocodile sbatté le palpebre e la sua mente materializzò la scena di parecchi anni prima, con il biondo che rompeva l’osso del collo ad un uomo come se avesse appena spezzato a metà un cracker.
Si ritrovò a spingere il piede sull’acceleratore più forte che poteva.














 



Angolo dell'Autrice:

Salve a tutti! so che sono in mega ritardo, ma in queste settimane ho avuto parecchio da fare e zero tempo di scrivere e aggiornare. Spero che con questo capitolo mi perdonerete.
Tra poco avverrà il fatidico incotro tra Kidd e Doflamingo e scopriremo cosa vuole fare il fenicottero al rosso. Intanto scopriamo che al Donquixote maggiore piacciono le telenovelas e canta quando sta per commettere un omicidio, tanto da preoccupare Roci e Crocodile.
Kidd alla fine ha usato il cervello ed è riuscito a prendersi una piccola rivincita nei confronti del bel dottore. E Shanks? Vedremo...

Grazie a tutti quelli che, nonostante i ritardi, mi leggono ancora.

A presto,

Ace of Spades

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Capitolo 7
*** VII ***


VII





















"Spiegami perché hai insistito nell’accompagnarmi” chiese Law sedendosi meglio sul taxi mentre Kidd, di fianco a lui, incrociava le braccia al petto.
“A quanto mi hai detto il tuo padrino è Doflamingo”
“Sì, e questo era un buon motivo per emigrare in Lussemburgo”
“Ti avrebbe trovato ovunque”

Law gli diede mentalmente ragione.

“Oh, andiamo, sarà divertente. Quel cazzone dovrà accettare la mia presenza ma soprattutto dovrà farsi una ragione che sono la tua anima gemella e che ho tutto il diritto di uscire con te”
“Quindi stiamo uscendo insieme?”

Kidd gli rivolse uno sguardo divertito.

“Passi più tempo a casa mia che nella tua, ho pure quel tuo cazzo di cane in giro la maggior parte delle volte, come lo vuoi chiamare?”
Il moro sorrise girandosi verso il finestrino.
“E poi cosa vuoi che mi faccia, mica può uccidermi”

Hai ragione, pensò Law, può fare molto peggio.

L’unica sua speranza era che Wani-ya arrivasse prima di loro.




Fortuna volle che, dopo un tempo da record e diverse regole stradali infrante, Crocodile parcheggiasse la sua Audi nera nel garage dei Donquixote ed entrò in casa.
Vide Diamante prendere Sugar in braccio e correre al piano superiore seguito da Trebol, mentre Dellinger e Gladius scappavano in giardino.
Nella casa regnava il silenzio, se non che, avvicinandosi al salone, sentì qualcuno cantare e gli sembrò di trovarsi in un film horror.
“S is for the simple need, E is for the ecstasy, X is just to mark the spot ‘cause that’s the one you really want”
“Ehi”

Doflamingo si fermò e sorrise, appoggiando il Nintendo sul mobile di fianco ed alzandosi in piedi.
“Ciao Crocodile, come mai qui?”

Niente soprannomi imbarazzanti, la situazione è più grave del previsto.

Il moro lo oltrepassò e si sedette sul divano, facendogli cenno di fare lo stesso; stranamente l’altro obbedì.
“Mi andava di passare”
Il biondo lo guardò e il coccodrillo sentì dei brividi lungo la schiena, peccato che non fossero di paura ma di un altro genere.
Sul suo volto si allargò un sorriso sghembo e allungò una mano verso il biondo.



Rocinante si era rifugiato momentaneamente in camera sua ed aveva iniziato a girare in tondo. Si sporse dalla finestra e notò la parte posteriore dell’Audi.
Scese le scale e aprì la porta del salotto, traendo un sospiro di sollievo e ringraziando mentalmente Crocodile di esistere.

Il moro era seduto sul divano con suo fratello sdraiato, i piedi a penzoloni e la testa sulle gambe del coccodrillo, il quale stava passando tranquillamente le dita tra i capelli biondi.
“Quindi devi dare da mangiare ai gatti e comprargli dei giochi? Il tutto finché non ti lasciano un oggetto?” domandò Doflamingo con il telefono dell’altro in mano.
“Già” gli rispose Crocodile.
“Come hai detto che si chiama, Neko Atsume? Quasi quasi me lo scarico, non sembra male”

Rocinante si accasciò sullo stipite della porta sorridendo; al momento erano riusciti a sventare una carneficina, ma il difficile sarebbe arrivato dopo.

Quando suonò il campanello successero tre cose, tutte insieme: Rocinante scattò in piedi diretto alla porta, Doflamingo si alzò a sedere e Crocodile, per la prima volta in vita sua, pregò Dio che nessuno passasse a miglior vita per quel giorno.


“Se cerca di ucciderti non venire a piangere da me, è stata una tua idea”
“Che minchia vuoi, non verrei a chiederti aiuto neanche se perdessi un braccio”
“Quello sarebbe un buon motivo per chiedere aiuto ad un medico”
“Ma di sicuro non ad una faccia da culo come te, piuttosto mi taglio anche l’altro e tanti saluti”
“Quasi quasi spero ti spari in testa”
“Ti amo anche io”


I due ragazzi, troppo presi a litigare sul pianerottolo, si girarono verso la porta aperta solo quando qualcuno tossì imbarazzato.
“Cora-san!”
Kidd si meravigliò nel vedere Law abbracciare un altro essere umano di sua spontanea volontà.
“Ciao, entrate. Nel caso ve la vediate male rompete una finestra e scappate”
Il rosso rise e gli porse una mano.
“Eustass Kidd”
“Donquixote Rocinante, piacere”

Law entrò in casa togliendosi il cappotto e vedendo uscire dal salone Doflamingo seguito da Crocodile.
“Ciao” disse rivolto al capo famiglia.
“Ciao Law, ti aspettavamo per pranzo, ma dato che hai portato lui ti perdono per il ritardo”
Il ragazzo lanciò uno sguardo al coccodrillo, che sbuffò rassegnato. Come sempre tutto il lavoro spettava a lui.


“Stai dicendo che metteranno dei saldi su prodotti di alta qualità ma che lo faranno solo per le spese online? Che bastardi!”
“Già, non me lo ricordare, io in quel posto ho la carta fedeltà, avrebbero dovuto come minimo avvisarmi, invece lo scopro perché un commesso ha paura che gli rompa la faccia”
“Devi dirmi quando faranno questa cosa che mi collego al sito, c'è un rossetto fatto con una nuova tecnica indonesiana che voglio provare”
“Parli del Akai Ito*? Cazzo, finalmente qualcuno che mi capisce!”


Law arretrò di un passo alla vista di Kidd e Rocinante che si stringevano la mano e parlavano di rossetti.
“C'è rimasto del vino?”
“I superalcolici sono al solito posto” gli rispose Doflamingo ridendo mentre dava un’occhiata più approfondita al nuovo arrivato.


A primo acchito ovviamente non gli piaceva, ma questo lo aveva messo in conto pensando che nessuno gli sarebbe piaciuto a prescindere.
Certo era che ci aveva messo meno di un minuto per simpatizzare con suo fratello, quindi era uno che curava il proprio aspetto in maniera maniacale.
I capelli rossi sparati per aria e tenuti fermi da una fascia nera erano decisamente buffi, ma ciò che lo colpì fu il suo sguardo ambrato, uno sguardo molto deciso.
Questo non voleva dire che avesse cambiato opinione, anzi voleva solo significare che si sarebbe divertito di più.


“Kidd”
Eustass si girò distogliendo l’attenzione da Rocinante e notando in quel momento la presenza dei due uomini.
“Crocodile. La macchina ti ha dato problemi?”
“Ovviamente no. Ma vorrei chiederti una cosa, per caso hai fatto qualche modifica al motore?”
“Diciamo che ora va più veloce consumando meno. Ho applicato un cambiamento non del tutto legale ma quasi impossibile da notare. Come lo hai capito?”
“Mentre venivo qui sono sicuro di aver superato di gran lunga i 300 km/h”
Il rosso sorrise.
“Quindi tu saresti l’anima gemella di Law”

L’uomo biondo con gli occhiali che lo squadrava da un po’ gli rivolse la parola; aveva sentito parlare di lui, chi non lo conosceva, ma trovarselo davanti era tutta un’altra questione.
“Piacere, Donquixote Doflamingo” disse allungando una mano che lui strinse, forse un po’ troppo forte ma venendo ricambiato da una stretta ferrea.
“Eustass Kidd”
“Quindi sei anche il meccanico di Croco-chan, ma che bella coincidenza
“Croco-chan?” domandò scoppiando a ridere “che soprannome terribile. Comunque sì, hai qualche problema?”
“Finché tieni le mani a posto nessuno”
“Stai tranquillo, le mani le metto solo sul suo figlioccio”
“Tu vuoi morire giovane, vero?”
“Tu ha già vissuto abbastanza, no?”


Crocodile scosse la testa guardando quei due lanciarsi saette con lo sguardo mentre si stringevano ancora la mano.
Trascinò Rocinante - che si lamentò perché a lui Kidd piaceva - e lasciarono quei due da soli. Fortunatamente per poco perché Law si era attaccato seriamente ad una bottiglia di sakè invecchiato ben sapendo di avere una resistenza mediocre all’alcool.
“Law! Hai finito una bottiglia da solo?”

La voce di Corazon distrasse Doflamingo e Eustass, che mollarono la presa e seguirono gli altri due nel salone.
Trovarono Trafalgar sdraiato in posizione fetale in un angolo del divano che dormiva e il minore dei Donquixote che portava via gli alcolici e prendeva una bottiglia di vino, aiutato dal fratello.
Kidd si sedette sul divano nel posto lasciato libero dal dottore e sbuffò.
“Ma che gli dice il cervello? Non ha neanche mangiato”
Rocinante tornò in sala con il Lambrusco e si sedette sulla poltrona di fronte al ragazzo.
“Come non ha mangiato?”
“Ci siamo svegliati alle 14 e lui ha iniziato a dare di matto perché non doveva dormire tanto ed era in ritardo e che ovviamente era colpa mia”
Crocodile lo fissò incuriosito.
“Colpa tua?”
“Diciamo che abbiamo fatto una scommessa e lui si è dimenticato che giorno fosse, ma almeno ha preso un chilogrammo, è così magro che non si guarda, cazzo”

Rocinante aprì la bocca.
“Tu hai fatto mangiare Law”

Kidd annuì. “Gli preparavo tre pasti al giorno più la merenda”
“E lo hai pure fatto dormire più di tre ore”
Kidd annuì di nuovo.
Rocinante tirò fuori un fazzoletto.
“Sei un toccasana per il mio bambino, dove sei stato tutto questo tempo?”
“Veramente non direi dato che non riesce a sedersi in modo normale” ghignò Eustass mentre Rocinante si ribaltava all’indietro e Crocodile si accendeva un sigaro.
“Magari questo evita di dirlo davanti a quell’altro”
“Dici che si incazza? Allora è perfetto”


Crocodile sbuffò; sapeva bene che quando Kidd ce l’aveva con qualcuno o lo pestava o lo provocava finché non arrivavano alla rissa. Il problema era che Doflamingo non era proprio un avversario che potesse fronteggiare.


Il fenicottero entrò in salone con quattro bicchieri di vino mezzi pieni e li mise sul tavolo in mezzo a loro, poi si sedette sul secondo divanetto di fianco a Crocodile sorseggiando il suo.
“Allora come vi siete incontrati?” chiese con l’onnipresente ghigno sul volto.
Kidd si scolò tutto il bicchiere e lo appoggiò nuovamente sul tavolo.
“Non prendermi per il culo, sai anche il mio gruppo sanguigno e probabilmente anche l’ultima volta che sono andato in bagno”
Il biondo con gli occhiali cominciò a ridere mentre suo fratello si spalmava di nuovo sulla poltrona.
“Vero. In effetti, ora che ti vedo, capisco perché tu abbia bisogno di fare sedute per controllare la rabbia”
“Se lo sai vedi di non farmi incazzare”
Crocodile espirò una boccata di fumo guardando il suo sigaro finire inesorabilmente e sentendo la voglia impellente di fumarne un altro.
“Stammi bene a sentire ragazzino”
Il tono di voce di Doflamingo cambiò e divenne più basso; sembrava che la voce strafottente di poco prima appartenesse ad un’altra persona.
“A me non interessa se ti sto sul cazzo, se fai soffrire Law o gli torci un capello io lo verrò a sapere, e ti ucciderò nel modo più doloroso a me conosciuto.”
Kidd non mutò di espressione ma ghignò, ricordando a Crocodile e Rocinante uno dei sorrisi strani del maggiore dei Donquixote.
“Sai già dove abito, quando vuoi”

A quel punto Law si alzò sui gomiti sbattendo le palpebre; i presenti lo fissarono aspettando che facesse qualcosa e, in effetti, qualcosa fece.
Appena vide Kidd si avvicinò facendo leva con le braccia e appoggiando la testa sulla coscia del rosso per poi tornare a dormire come se nulla fosse.
Crocodile guardò di sottecchi Doflamingo e trasse un sospiro di sollievo vedendo il suo corpo meno rigido di quando era arrivato.
Probabilmente non lo avrebbe mai accettato, esattamente come un padre non riuscirà mai a sopportare il fidanzato della propria figlia, ma almeno il peggio era passato.

“Avrei altre domande da farti”

O forse no.
 


-

 

Crocodile guardò Rocinante, che si era addormentato sulla poltrona, e poi guardò Doflamingo venendo colpito da una consapevolezza scomoda.
“Che cos'hai messo dentro quei bicchieri?”

Il biondo ghignò più di prima.
“Rispettivamente? A lui” disse indicando Kidd “un siero della verità, a mio fratello un sonnifero perché è debole di cuore e non sopporterebbe sapere le risposte e a te, beh, lo scoprirai dopo”
“Mi hai dato cosa?!” sbottò il ragazzo facendo per alzarsi ma, ricordandosi della presenza di Law, rimase a sedere limitandosi a fissarlo con tutto il disprezzo possibile.
“Iniziamo con le domande e, se non mi piacerà la risposta...” lasciò aperta la frase estraendo la famosa pistola in avorio dal cappotto.
Crocodile cominciò a sentire caldo e a respirare in modo sempre più affannato. Capì immediatamente cosa gli avesse dato quella testa di cazzo.
Doflamingo notò il suo sguardo e sorrise.

“Sono sicuro che resisterai finché non ho finito con lui, vero Croco-chan?”
“Vaffanculo”
“Lo prendo per un sì. Dicevamo.
La prima volta che hai fatto sesso?”
“15 anni” si ritrovò a rispondere Kidd, senza riuscire a frenare l’impulso di parlare.

Adesso sì che era in un bel casino.

“Precoce. Con un uomo o una donna?”
“Donna”
“Quindi eri etero prima di incontrare Law?”
“Sono sempre stato bisessuale”
“La prima volta che l’hai fatto con un uomo?”
“16 anni”
“Perfetto. Prendi precauzioni vero?”
“Certo, le ho sempre prese”
“Bravo ragazzo. Hai già scopato con Law?”
“Sì” Kidd si morse la lingua, aspettandosi la canna della pistola puntata in faccia ma notando che l’altro non si era mosso di un millimetro lo fissò in modo interrogativo.
“Ovviamente me lo immaginavo. Certo che questo siero è proprio potente, Ceasar non sbaglia mai. Tornando a noi, l’ultima volta che lo avete fatto?”
“Ieri sera”
“Non è venuto per colpa tua?”
“Non si è svegliato perché ci siamo addormentati. Porca troia, non c'era bisogno di somministrarmi una cazzo di droga, avrei risposto comunque alle tue domande, stronzo”
Doflamingo sorrise.
“Meglio essere sicuri, non ti pare? Sei mai stato in prigione?”
“No”
“Hai mai ucciso qualcuno?”
“No!”
Male. Dato che dormite insieme vuol dire che si ferma da te molte volte.”
“È da quasi una settimana che ce l’ho in casa, compreso il cane, ma l’animale mi crea meno problemi”

Crocodile respirò rallentando l’espirazione e provando a controllare il suo corpo; quel figlio di puttana gli aveva dato un afrodisiaco, e non uno normale, ma sicuramente, dato che lo aveva creato lo scienziato-clown, doveva essere molto più forte dei soliti.
Si slacciò un bottone della camicia togliendosi il foulard che teneva al collo e appoggiandolo sul bracciolo.
Quando sentì una pressione sulla gamba abbassò lo sguardo, che ormai si stava facendo via via più lucido, e vide la mano di Doflamingo appoggiata appena sopra il ginocchio.
Quello stronzo sapeva che aveva le articolazioni particolarmente sensibili, e non si fece il minimo scrupolo a massaggiargli la gamba arrivando alla rotula, disegnando dei cerchi concentrici e facendo in modo che il suo respiro si facesse più pesante.
“Così non è divertente. Il tuo autocontrollo è sempre una gran seccatura, sai? Bene, mio caro Eustass”
“Caro ‘sto cazzo”
“Ultima domanda”
“Sentiamo”
“Cosa provi per Law?”
“Penso di amarlo”
Kidd sgranò gli occhi sentendo quello che aveva detto ad alta voce e ringraziò che Trafalgar dormisse sulla sua gamba, di certo lo avrebbe sfottuto a vita.
“Oh. Direi che hai superato il test, e questo è un gran peccato dato che non vedevo l'ora di sparare con la mia pistola. Nulla parla più di esecuzione di pallottole di piombo.** Comunque l’effetto collaterale di quel siero è che dormirai per un pochino” spiegò notando il rosso appoggiarsi al divano e chiudere le palpebre, per poi sprofondare in un sonno profondo come Rocinante.

Allungò una mano verso la famosa pistola rendendosi conto che non c'era.
“Croco-chan”
Crocodile si alzò in piedi puntandogli addosso la canna in avorio e continuando a respirare in modo affannato.


Quella roba deve essere veramente potente, ma dato il suo orgoglio non lo dà a vedere.


Doflamingo si alzò in piedi e raggiunse l’altro finché non ebbe la canna a portata di mano.
“Mi hai già sparato una volta, se vuoi uccidermi sai bene che devi mirare qui” disse tranquillamente posizionandola sopra il suo cuore.
Crocodile lo fissò con uno sguardo indecifrabile.
“Cosa ti fa credere che non sparerò?”
“Metterei nelle tue mani la mia vita senza pensarci un secondo, se vuoi eliminarmi fallo, mi piacerebbe che fossi tu a spedirmi all’altro mondo piuttosto che qualche idiota”
La risposta istantanea lasciò il moro senza parole e sentì la presa sulla pistola farsi via via più debole.
“Mi hai messo un afrodisiaco nel vino”
“Sì”
“Dovrei ucciderti per questo”
“Lo so. Ma dato che dormono tutti e che ti ho trascurato in questi giorni rimedierò soddisfandoti in ogni modo”
La pistola cadde irrimediabilmente sul pavimento e Doflamingo sorrise, afferrandolo per un polso e trascinandolo in camera sua.
Ripensando a questa scena, Crocodile avrebbe incolpato la droga che aveva in corpo per la sua mancanza di volontà nel commettere un fenicottericidio.
Quando il biondo lo spinse sul letto e lo vezzeggiò in ogni modo, spense definitivamente il cervello, lasciando che la lingua dell’altro lo compiacesse.
Ovviamente era colpa della droga 
Pensò mentre tirava i capelli corti di Doflamingo e si attaccava alla sua schiena.

Colpa della droga.


 

-


 

“Rifallo un’altra volta e ti faccio male”
Di fianco a lui, sdraiato e senza vestiti ma coperto solo da un lenzuolo, Doflamingo sorrise.
“Lo so”
“Forse farti male non è una punizione così efficiente. Penso invece che darò fuoco alla tua collezione di vestiti osceni”
Il biondo si avvicinò.
“No dai, non lo farai”
La faccia di Crocodile lo fece sbiancare.

“Mi dispiace, perdonami, non lo faccio più” rispose con un tono lamentoso.
Il moro si sdraiò meglio e chiuse gli occhi, sentendo un braccio circondandogli la vita.
“Hai lasciato quei tre a dormire nel salone”
“Già, ma i divani sono comodi”
“Ho bisogno di un caffè”
Cercò di alzarsi ma l’altro lo afferrò e lo strinse.
“È ancora presto”
“Non ti ho chiesto di seguirmi”
“Cosa rimango a fare qui da solo?”
Crocodile scosse la testa, notando sempre più somiglianze tra il maggiore dei Donquixote e un bambino di 4 anni, sbuffò e si alzò cominciando a vestirsi, imitato dall’altro.
Dopo una mezz'oretta stavano scendendo le scale, il moro vestito con una camicia verde scuro e jeans, il biondo con una maglia con uno scollo a v bianca a strisce rosse e dei pantaloni arancioni.
Entrarono nel salone e trovarono Kidd e Law che litigavano, o meglio il secondo provocava il primo e il primo perdeva le staffe, mentre Rocinante stava portando le tazze sul tavolo.
Doflamingo notò che si era già bruciato due volte e si era pure rovesciato addosso del latte.
“Lascia, faccio io, tu vai a farti una doccia”
Il fratello minore scomparve e Crocodile si accese un sigaro.
“Dormito bene Wani-ya?”
“Non pensavo fossi già così cotto di Eustass, Law”
“Prego?”

I due cominciarono a fissarsi male, segno che bastava poco perché si saltassero alla gola, questo finché il fenicottero non mise sotto il loro naso due tazze di caffè.
“Quindi per domare le belve basta della caffeina?” chiese Kidd sedendosi a tavola mentre i due mori si rilassavano sul divano.
“Una cosa che hanno in comune” gli rispose il biondo per poi sparire nuovamente in cucina.
Dopo una decina di minuti, il tempo che ci mise Rocinante a farsi una doccia, si ritrovarono tutti seduti a tavola.
“Ma gli altri?” chiese Law sentendo il caffè entrare in circolo.
Fu Corazon a rispondere.
“Ieri sera erano così, ehm, impegnati che hanno deciso di passare la giornata fuori, credo torneranno questo pomeriggio”
Il silenzio calò nella sala e tutti si misero a mangiare, chi pane e Nutella, chi pane, burro e marmellata, chi le brioches.
“Ma cos'è successo ieri sera?” domandò nuovamente Law mentre a Crocodile andava di traverso un boccone, Kidd si rovesciava addosso del latte e Rocinante scuoteva la testa, segno che non ricordava più di lui.
“Nulla di importante” rispose Doflamingo leccandosi un dito sporco di crema. “Solo una chiacchierata tra persone civili”

Kidd stava per rispondere che di civile lui non aveva nulla, a partire dal fatto che andasse in giro a drogare le persone, poi si ricordò della mezza confessione che aveva fatto e tacque.

“Tu di civile non hai niente” commentò Crocodile leggendogli nel pensiero.
“Neanche tu” gli rispose il biondo.
“Ma io non uso i tuoi metodi, a me basta capire quale sia il tuo punto debole e minacciarti”
“E questo è molto più subdolo!” sbottò Doflamingo accarezzandosi i vestiti in una sorta di riflesso spontaneo dovuto alla visione del suo armadio in fiamme.
Il moro non rispose ma sorrise e si alzò in piedi, uscendo a fumare in giardino, seguito da Rocinante, che si accese una sigaretta.
“Non riesco a credere che due persone come voi possano essere arrivate a sopportarsi” commentò Kidd incrociando le braccia al petto. 
Il biondo lo fissò incuriosito.
“Sì, insomma, siete rivali in affari, avete caratteri opposti e gusti diversi. Come cazzo avete fatto a finire ... così?
Law guardò il rosso sorridendo, per poi girarsi verso Doflamingo; in realtà anche lui moriva dalla curiosità di saperlo. Si era sempre chiesto cosa e come avessero fatto a funzionare.

“Mi stai chiedendo come mi sono innamorato di lui?” chiese il biondo appoggiando la tazza vuota sul tavolo.
“Diciamo che non appena l’ho incontrato di persona mi sono sentito attratto da una personalità così forte ed orgogliosa, e quando l’ho conosciuto meglio non ho potuto evitare di perdere la testa per lui” commentò mentre il suo sguardo si puntava sulla schiena del moro.
“Ho realizzato che anche lui mi amava quando abbiamo rischiato la vita”
I due ragazzi si fissarono e poi tornarono a guardare l’altro con un’espressione curiosa.
Doflamingo sorrise.

“A quel tempo io lo pedinavo e gli mandavo dei regali, e lui mi insultava e cercava di evitarmi. Qualche volta siamo finiti a letto insieme, ma il nostro rapporto era rimasto immutato. Un giorno un cliente cinese molto potente ci chiese delle armi specifiche, illegali in ogni stato ma che riuscimmo comunque a procurarci. Peccato che fosse tutto orchestrato per farci fuori e io finii con una pistola puntata alla testa e a fare da scudo al tizio. Davanti a noi, a parte i corpi dei nostri e dei suoi sottoposti, c'era Croco-chan con una Magnum.
In pratica eravamo in una situazione di stallo e soprattutto eravamo in svantaggio.
In quel momento  Crocodile mi rivolse uno sguardo strano, non lo scorderò mai, e poi mi sorrise, allora capii cosa volesse fare e che quella era l’unica scelta possibile.”
“E quindi?” chiese Kidd allungandosi sul tavolo.
“Lo avete ucciso, no?” domandò Law.
“E quindi Croco-chan mi sparò tre volte al petto e col quarto proiettile centrò la testa del cinese. Capii che mi amava perché non mi uccise.***”
I due rimasero con la bocca aperta a fissare l’uomo che si spalmava tranquillamente la Nutella sul pane, come se avesse appena raccontato loro la più bella delle fiabe.
E ai loro occhi quello strano racconto sembrava davvero una favola a lieto fine, anche se forse, nel loro caso, al posto di ‘E vissero per sempre felici e contenti’ sarebbe stato più appropriato un ‘E vissero per sempre uccidendo e fingendo di odiarsi’.










 



Angolo dell'Autrice:
Salve a tutti, siamo arrivati al fatidico confronto EUSTASS-DOFLAMINGO. Diciamo che ne succedono di belle e di brutte, come sempre se no che divertimento ci sarebbe?

Il fenicottero si diverte a drogare i presenti; Kidd e Cora (per sfortuna di Law) fanno sul serio amicizia.
So che rispetto agli altri capitoli è corto ma volevo mettere solo questo pezzo.

*Akai Ito= filo rosso
mi sono rifatta al potere di Dofla e alla leggenda sul destino per dare un nome ad una collana di Sephora

**= frase detta da Doflamingo nel manga a Dressrosa

***= la citazione è presa in parte da un film, RED - Reduci Estremamente Distruttivi, e viene detta dal russo innamorato della cecchina.


(Curiosità: NekoAtsume esiste sul serio; la canzone cantata dal fenicottero è SEX dei Nickleback)




a presto e grazie a tutti per i vostri commenti, 
Ace of Spades

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Capitolo 8
*** VIII ***


VIII














Mihawk riguardò per l’ennesima volta la palestra e si rammaricò che non ci fosse altro che potesse fare.
Chiuse la porta a chiave e si avviò verso casa, ricordandosi in quel momento che Roronoa gli aveva detto che avrebbe passato la notte a casa di un amico.
Era da quel pomeriggio che si sentiva svuotato di ogni voglia, che fosse mangiare, parlare o muoversi, per quello aveva spento il cervello e aveva lasciato che il corpo si muovesse in maniera meccanica, riuscendo comunque ad allenarsi senza problemi.
Ora che stava camminando, di notte e col silenzio che regnava sovrano nelle strade, aveva cominciato a pensare e a risentire quel peso sullo stomaco.
La realtà era che aver visto Shanks comportarsi in quella maniera con una donna lo aveva infastidito.
Lui non aveva mai saputo come affrontare la sua sfera emozionale, era una di quelle cose che non aveva mai catturato la sua attenzione, considerando le emozioni alla stregua di una seccatura.
Aveva provato a conviverci quando il suo contatore si era fermato, ma quelle sensazioni erano state solo negative, di rabbia e di non accettazione.
Ora invece si ritrovava in una sorta di relazione e non aveva la minima idea di come affrontare la situazione.
Era vero che provava qualcosa per Shanks, altrimenti lo avrebbe allontanato da tempo. Anche se anni prima gli faceva male vederlo con Makino, gli era comunque stato accanto, come rivale e come amico, e tanto bastava.
Gli era rimasto vicino dopo l’incidente e gli rimaneva vicino anche adesso, pur sapendo che l’altro non aveva bisogno del suo aiuto.
Non potendo più essere il suo rivale a causa della sua menomazione, lo aveva accettato come amico.
Questo fino a quando non si erano confrontati nella palestra e avevano scoperto di essere anime gemelle.
Mihawk non avrebbe mai immaginato che il contatore di Shanks fosse ripartito alla morte di Makino; Shanks non avrebbe mai immaginato che da anni, uno dei suoi più grandi amici gli potesse mentire.

Continuò a mettere un piede davanti all’altro; mancava poco.

Dopo quella scoperta era accaduto che finissero a letto insieme, ancora non se lo spiegava, probabilmente era stato aiutato dall’alcool che aveva in corpo.
Quando una persona come lui perdeva il suo controllo e le sue inibizioni era logico finisse così.
Aveva cercato di fare finta di niente, anche se dallo sguardo del Rosso intuiva che avrebbero dovuto parlarne, ma farlo avrebbe significato trovarsi in un campo a lui sconosciuto e proprio non poteva.
Così era andato avanti senza curarsi di quelle che divennero più di un paio di scappatelle, cominciando a chiudersi sempre di più, nonostante avesse realizzato da tempo che quello che provava verso l’altro si era evoluto dalla semplice amicizia fino a diventare qualcosa a lui nuovo.
Non era possibile che il suo umore dipendesse dal sorriso di un’altra persona o dal caffè che trovava sul comodino.
Per uno che ha sempre contato solo su se stesso, realizzare di avere tali sentimenti era destabilizzante e soprattutto confusionario.

Era vero che era Shanks a prendere l’iniziativa per avere un contatto, lui non si azzardava a fare nulla semplicemente perché aveva paura.
Aveva paura di trasformarsi in qualcosa che non gli piaceva, aveva molta paura di dipendere da qualcuno, ma soprattutto aveva il terrore di essere tradito in qualche modo.

Tirò fuori le chiavi dalla tasca e aprì il portone di casa, richiudendoselo alle spalle.
Anche tra quelle mura regnava il silenzio.
Si tolse la borsa e andò in bagno, si fece una doccia e indossò una maglietta e dei pantaloni di una tuta.
Entrò in camera e, come aveva immaginato, trovò Shanks sdraiato di spalle.
Si sdraiò di fianco a lui e piantò il suo sguardo sul soffitto.

“Come sono andati gli allenamenti?”
Mihawk voltò leggermente la testa ma notò che l’altro non si era mosso.
“Bene”
“Zoro?”
“Da un amico”
Shanks sorrise nell’ombra.
“Ah, capisco. Ti sei divertito oggi?”
Il moro sbuffò.
“Direi di no.”
“E tu?” si azzardò a chiedere il moro.
“Sì. Buonanotte”

Mihawk si girò dandogli le spalle stringendo la mano sotto il cuscino, piantandosi le unghie nel palmo della mano.

 

-

 

“Marimo”

Un grugnito che sembrava provenire da un orso gli arrivò alle orecchie.

“Buzzurro sveglia”

Altro rantolo.

“Spadaccino, guarda che la colazione la finisco io se non alzi il culo dal letto”

Con quelle parole ottenne una risposta più soddisfacente delle precedenti e vide una sagoma sotto il lenzuolo mettersi a sedere.
“Cuoco di merda, ti pare il modo di svegliare una persona?”
Il biondo non mutò di espressione.
“E come dovrei svegliarti, con il bacino in stile Bella Addormentata? Meglio a calci in culo”
Zoro uscì da sotto la coperta e lo fissò assottigliando lo sguardo.
“Un modo ci sarebbe”
“Ma io non credo” sbottò Sanji dandogli le spalle, non prima di avergli tirato un cucchiaio di legno in testa.

Lo spadaccino sbadigliò nuovamente e si decise ad alzarsi, compiendo quello che per lui era lo sforzo più immane della giornata.
Si trascinò fino alla cucina e si spalmò sulla sedia, appoggiando il mento sul tavolo.
“Cibo”
“Toh”
“Sakè”
“Di mattina? Ma sei scemo? Assolutamente no” rispose il biondo dopo aver appoggiato un piatto pieno di brioche davanti all’altro.
Dopo aver fatto sparire la colazione ed essersi vestiti, uscirono dall’appartamento del cuoco, passando per il ristorante e salutando Zeff.
“Perché mi accompagni?” chiese Zoro sbadigliando di nuovo tenendo la bottiglia di sakè invecchiato dentro una busta.
“Se no sai quando ci arrivi a casa”
“Quando?”
“Era una domanda retorica, imbecille”
“Sarai tu l’imbecille”

Arrivati a casa-Mihawk, fu Shanks ad aprire e ad invitarli dentro.
Zoro sapeva bene che l’uomo non vedeva l’ora di incontrare Sanji, e quindi aveva colto la palla al balzo.
Il cuoco si comportò in maniera esemplare, strinse la mano al Rosso e si presentò; lo spadaccino appoggiò la bottiglia in cucina e si guardò in giro.
Lui non c'è?”
Shanks sorrise e annuì, indicandogli la stanza di Perona.

Mentre i due continuavano a parlare - per lo più di donne - Zoro entrò e trovò la ragazza seduta sul tappeto, intenta a cucire un orsacchiotto di peluche, e Mihawk seduto dietro di lei sul letto che le pettinava i capelli.
Non si stupì più di tanto nel vedere quell’uomo intento ad una pratica così inusuale per uno come lui, una volta gli aveva rivelato che trovava rilassante pettinare i lunghi capelli rosa della ragazza.

“Yo”
Perona sollevò lo sguardo e gli fece cenno di darle una mano, così si ritrovò a sedere davanti a lei con del filo tra le dita.
“Horohorohoro! Sta venendo proprio bene”

Zoro provò a capire di che umore fosse il padrone di casa, e gli bastò notare le occhiaie per capire che non era un buon segno.
Entrambi amavano dormire fino a tardi, a volte riuscendo a compiere vere e proprie maratone di più di 11 ore di sonno.
Vedere quei segni scuri sotto gli occhi era una risposta ben più eloquente di qualsiasi parola.

Perona piantò l’ago nel tessuto guardando di sottecchi entrambi; aveva intuito che era successo qualcosa tra il pervertito dai capelli rossi e l’uomo di ghiaccio, ma non potendo essere d'aiuto aveva offerto in sacrificio i suoi amati capelli.
Notò lo sguardo di Zoro e capì che lui ne sapeva più di lei.

“Ahi!” esclamò mettendosi l’indice in bocca. “Maledetto ago, vado a prendere un cerotto” commentò alzandosi e lasciando il suo lavoro su un mobile, poco distante dai due testoni, come li chiamava lei.
Chiuse la porta alle sue spalle, passò davanti alla cucina inorridita dai discorsi degli altri due uomini e si chiuse in bagno riempiendo la vasca.
Ovviamente non si era fatta male, era una maestra del cucito, ma in quel momento gli spadaccini dovevano rimanere da soli.
“Horohorohoro, però era rilassante farsi pettinare i capelli”

 

Appena la porta si chiuse, Zoro si tolse i fili dalle dita e li lasciò per terra.
“Dormito male?”
Mihawk gli rivolse un’occhiata seccata, accentuata dalle occhiaie.
“Già, domanda inutile. Ti ho portato del sakè, il cuoco dice che è invecchiato e posso assicurarti che è ottimo”

Stava facendo uno sforzo immane a parlare di stupidaggini, ma non aveva idea di cosa dire per far parlare l’altro.
“Lo sentirò stasera”
Zoro annuì e si grattò la nuca.

“Hai detto cuoco?”
“Già”
Mihawk sembrò pensarci su qualche minuto.
“Deduco sia collegato alle chiacchiere che facevi col Rosso”
“Già…”
“Quindi è la tua-”
“Esattamente”
“Capisco”
“Mmh”

Il silenzio tornò a fare da padrone nella stanza, mentre i due guardavano punti diversi cercando di far passare il tempo prima che tornasse Perona.
Peccato che entrambi fossero all’oscuro del fatto che la ragazza si era messa la musica nelle orecchie e si stesse concedendo un bagno caldo.

“Stasera vado fuori”
“Ok”
Furono salvati dalla porta che si apriva; si aspettarono di vedere entrare Perona, invece una zazzara bionda fece la sua comparsa.
“Ohi, Marimo, devi ridarmi gli appunti di scienze, poi vado al ristorante ad aiutare il vecchio” commentò incrociando uno sguardo dorato che gli fece venire i brividi.
Zoro si alzò e lo raggiunse.
“Te li porto stasera”
Entrambi si diressero verso la porta d'ingresso.
“Ah, ok, così magari si fanno una bevuta. Shanks è davvero simpatico, ma penso che quei due siano agli antipodi caratterialmente.”
“Già, si bilanciano bene”
“Che carino che sei, ti preoccupi per loro. Un Marimo mammone”

Shanks li raggiunse prima che si picchiassero ed evitò il disastro.
Sanji uscì salutando Zoro con un dito medio, cosa che fece ghignare lo spadaccino e gongolare il Rosso che già si immaginava quei due sposati.
Il resto del pomeriggio lo passarono ognuno per conto proprio, Zoro dormendo in camera sua, Shanks lavorando al pc, Mihawk non si mosse e attese che Perona tornasse, le asciugò i capelli e continuò a pettinarli raccogliendoli nei soliti due codini.

Shanks guardò i due ragazzi uscire e finì la chiamata che aveva in corso con Benn; dopo circa mezz'ora avvisò il moro che sarebbe uscito per un po’.
“Vuoi che ti accompagni?”
“No!” esclamò velocemente il Rosso alzando la mano e facendo assottigliare lo sguardo dorato.
“Non ce n'è bisogno, grazie. Torno tra poco, ciao”

Mihawk guardò la porta chiudersi e rimase qualche minuto a fissare la superficie in legno.
Di sicuro aveva un appuntamento con quella donna.
Si sdraiò nuovamente sul divano e si calò il cappello sugli occhi, cercando inutilmente di riposarsi.

Shanks trasse un sospiro di sollievo; proprio quando l’altro si dimostrava gentile gli toccava rifiutare. Certo che aveva un bel tempismo!

Camminò finché non arrivò davanti alla libreria, gestita da quell’adorabile ragazza dalla treccia rosa che aveva incontrato al caffè.
Era stato un colpo di fortuna, aveva bisogno di un consiglio da qualcuno che si intendesse di libri e lei era capitata a fagiolo.
“Ciao Rebecca, sei uno splendore anche oggi”
La ragazza si girò e gli sorrise.
“Signor Shanks, la smetta di mettermi in imbarazzo. Ho quello che mi aveva chiesto” disse estraendo da un ripiano sotto il bancone un libro dalla copertina nera rilegata.
“Tutti i racconti di Edgar Allan Poe, sono certa che molti di questi mancano alla sua ragazza” commentò allungandoglielo e rivolgendogli uno sguardo eloquente.

“Già. Sarebbe inutile chiederti come hai capito che non è una lei, immagino sia la famosa intuizione femminile”

“Parlava sempre di ‘persona’ e non le dava mai un genere. Ho cominciato a farci caso e la conclusione è arrivata da sola”

“Bella e pure intelligente”

“Lei deve essere stato un gran Don Giovanni”

“Ehi! Guarda che ho ancora il mio fascino”

“Non lo metto in dubbio, è ancora un bell’uomo. Ora prenda il resto e torni a casa da quella persona. Un giorno mi piacerebbe incontrare l’uomo che è riuscito ad intrappolare un Don Giovanni come lei”

“Ancora? Porta un po’ di rispetto”

“Ma certo, arrivederci”

“Ma guarda te i giovani d'oggi” commentò sorridendo e facendole l’occhiolino, uscendo dalla libreria e tornando a casa con il libro in una busta di plastica.

L’idea di fargli un regalo gli era venuta quando lo aveva visto leggere un racconto di Steven King. I libri gialli e i thriller erano da sempre la passione di Mihawk, e quindi, dato che in quell’ultimo periodo era più freddo del solito, magari con un regalo lo avrebbe rabbonito.

Entrò in casa fischiettando e lasciando la borsa all’ingresso; cercò l’altro e lo trovò sdraiato sul divano col cappello sugli occhi, segno che non voleva essere disturbato.
Ovviamente Shanks se ne fregò e si sedette sul bordo, rimuovendo poi il cappello ed incontrando i due occhi gialli, aperti e vigili.
“Cavolo che brutte occhiaie, ma hai dormito stanotte?”
Mihawk si limitò a fissarlo per poi mettersi a sedere e cominciare a guardarlo più attentamente, alla ricerca di qualcosa che gli togliesse ogni dubbio, come un capello o un segno di un rossetto.
“Che stai facendo?”

Evidentemente la mancanza di sonno doveva averlo rincretinito molto, ma forse scolarsi mezza bottiglia di quel sakè non era stata una grande idea.
E il Rosso capì subito di avere davanti uno zombie mezzo brillo alla vista della fantomatica bottiglia ai piedi del divano, per terra e quasi nascosta.
“Hai bevuto un po’, non sono un dottore ma non credo ti aiuterà a dormire”
“Sei andato da quella donna”

Shanks aprì la bocca e poi la richiuse. Era un’affermazione, non una domanda. 
“Mi hai pedinato per caso?”
“No” sibilò il moro stringendo la mano e facendo sbiancare le nocche.
“A proposito di questo, volevo dirti-”
“Non disturbarti, per me puoi vedere chi ti pare”

Il Rosso si fermò e lo guardò, assumendo un’espressione che poche volte si poteva vedere sul suo volto.
“Come?”
“Ti ho visto con quella donna al bar”
“Ti andrebbe davvero bene se uscissi con qualcun altro?” chiese serio non rimuovendo lo sguardo.
Mihawk sentiva la testa pulsare, di solito reggeva bene l’alcool ma aveva sottovalutato quel sakè e ora era davvero ubriaco. Il che voleva dire che non aveva il minimo controllo sul filtro cervello-bocca.
Restò in silenzio cercando di non far uscire la marea di parole che si stava tenendo dentro da troppo tempo.
Shanks fece per alzarsi ma l’altro lo fermò.

“Secondo te?” ringhiò strattonandolo per il colletto della maglia. “La sola idea che tu veda altri mi infastidisce, e se penso a cosa potresti farci mi viene la nausea.” sbottò guardandolo irato. 
“Quindi. Secondo te?” ripeté lasciando il colletto e respirando più affannosamente, non essendo abituato ad alzare la voce.

Shanks era rimasto immobile, aveva semplicemente sgranato gli occhi.
In tutti quegli anni non una volta Mihawk gli aveva parlato in quel modo, senza difese, e soprattutto mai si sarebbe aspettato una confessione così plateale. Beh, non proprio plateale, ma si parlava pur sempre di Occhi di Falco, e quelle frasi sconnesse riuscivano comunque ad avere un senso.
E lo capì anche il diretto interessato.

“L’ho detto ad alta voce”
Shanks annuì.
“Vado a commettere seppuku”
Un braccio lo bloccò e si ritrovò abbracciato al Rosso, che nascose la faccia sulla sua spalla.
“Perché sei del colore dei tuoi capelli?”
“Da ubriaco non ci stai zitto, eh”
“Lasciami”
“Non potrei mai tradirti.”
“Ti ho detto di lasciarmi” 
Sentiva l’impellente bisogno di allontanarsi.
“Lavora in libreria, le ho chiesto un consiglio su un libro da regalarti”

Mihawk si immobilizzò all’istante riuscendo finalmente a connettere il cervello e capendo che si era umiliato per nulla.
“Staccati”
“Era ora che mi parlassi in quel modo”
“Prego?”
“È da anni che aspetto una cosa del genere, ma mi ero rassegnato da tempo pensando che tu non fossi una persona da dichiarazioni verbali”
“Infatti”
“Penso che potrei mettermi a piangere”
“Buttati dal balcone”
“Grazie Dio, allora esisti”
“Immagino che chiederti di dimenticare sia troppo per te”
“Scherzi? Come faccio a dimenticare?”
“Lobotomia”
Shanks gli sollevò il mento e unì le loro labbra in un bacio leggero e veloce.
“Mi ricatterai a vita, vero?”

Quando l’altro non gli rispose lo fissò.
“No” disse intuendo i suoi pensieri e mollandogli un pugno sulla testa.
“Abbi pietà di un menomato”
“Non attacca”
“E dire che di solito con le donne funziona”
Mihawk gli lanciò un’occhiataccia.
“Smettila”
“Allora potresti-”
“No”
“Tu hai due mani!”
“Le userò per porre fine alla tua vita se non la pianti di sbottonarmi la camicia”
“Quanto sei rompiscatole, dato che provi la stessa cosa non capisco dove sia il problema”
“Non hai nessuna prova”
“Lo hai appena detto”
“Nessuno ti crederebbe”
“Basta che lo sappia io, non mi interessa dell’opinione altrui”

A quel punto il moro si arrese, contro una testa dura come quella era quasi impossibile averla vinta.


L’errore è quando sbagli una volta.
Due volte, è stupidità.
Perseverare, è amore.

 


-
 


Zoro si sedette sul bordo del letto pulendosi con un asciugamano; aveva proprio bisogno di una doccia per rilassare i nervi.
Si infilò i jeans e rimase a torso nudo guardando il cuoco, che gli dava le spalle, seduto davanti alla scrivania, mentre armeggiava con qualcosa.
Si avvicinò e si immobilizzò all’istante. 
“Stai giocando a Cooking Mama?”
Sanji sgranò gli occhi, non aspettandosi che l’altro ci mettesse così poco a fare una doccia.
“Smettila di ridere e lasciami in pace!” sbottò mentre lo spadaccino si teneva la pancia.
“Hai ragione, non potrei mai prenderti in giro solo per questo. Potrei iniziare dai libri di Gordon Ramsey, Bastianich e Benedetta Parodi che tieni sul comodino ma mi tratterrò”
Il biondo appoggiò il Nintendo sulla superficie in legno e si girò.

“Senti!”


Sanji concentrati, non guardarlo in quel modo, non lo fare.


“Ho quei libri perché sono delle ottime basi su cui esercitarsi e migliorare. Per ogni ricetta ne ho scritta una alternativa di fianco, se non ci credi puoi sfogliarli” concluse incrociando le braccia e cercando di mantenere lo sguardo fisso sulla faccia dell’altro.


Concentrati sui capelli, quei cosi verdi sembrano davvero un’alga, una palla di Marimo con tre orecchini dorati.


Zoro guardò Sanji cercare di non fissarlo troppo e poi provare a trattenere una risata e capì che era completamente scemo.
Evidentemente tutti i cuochi non sono normali, basta pensare nella cucina di Zeff che soggetti ci lavorano.

Si girò e cercò la maglietta.

Sperava solo che quei due riuscissero a parlare.
“E non sono mammone, se quei due litigano sai che casino stare a casa! Voglio solo riuscire a dormire, tutto qui, cosa mi interessa di quello che fanno, sono adulti e vaccinati, affari loro”
Sanji lo fissava divertito, annuendo e sorridendo guardandolo girare in tondo alla ricerca della fantomatica maglietta.
Quando aveva conosciuto quel buzzurro non avrebbe mai pensato che potesse anche avere un lato dolce dietro quella scorza dura, ed invece l’altro lo aveva sorpreso più di una volta.
Sbuffò scuotendo la testa e godendosi la vista di un Marimo che cacciava imprecazioni al suo vestiario scomparso.
Il fatto che avesse messo la maglietta sulla sedia e ci si fosse seduto sopra per farlo impazzire rendeva tutto più divertente.

“Ma dove diavolo è!”
Il cuoco sorrise.
“Cerca nell’armadio, magari a Narnia lo sanno. Chiedi al Fauno.”



 

-


 

La domenica mattina era passata in modo più o meno normale, se non si contava il fatto che Kidd e Rocinante erano spariti nella camera di quest'ultimo e si sentivano solo chiacchiere concitate e risatine da scolaretta.
Lui aveva finito di bere il caffè - il secondo - e si era messo a leggere, cercando di non vedere Doflamingo che saltellava a destra e sinistra di fianco a Crocodile. Gli mancavano giusto i cuoricini attorno.
Quella visione orrida confermava la sua teoria che la famosa Entità fosse una gran stronza, e passasse il tempo ad incasinare la vita degli esseri umani, pigliandoli per il culo.

Passò un’ora immerso nella lettura e quando alzò lo sguardo vide il fenicottero parlare con Eustass.
“Avete dei cavalli? Dietro casa poi??”
“Ne teniamo qualcuno, a mio fratello piacciono.* Puoi sempre chiedergli se ti lascia fare un giro”
“No, grazie” rispose in fretta Kidd scuotendo velocemente la testa “i cavalli non sono proprio i miei animali diciamo”
Law appoggiò il libro e Crocodile notò il ghigno che si espandeva sul suo volto, segno distintivo ereditato dal patrigno e campanello d'allarme per chiunque fosse nelle vicinanze.
“Eustass-ya ha paura dei pony”


Ecco, appunto.


Il rosso gli lanciò un’occhiataccia facendo una smorfia.
“Piantala di citare esperienze della mia infanzia senza permesso! Non dovevi leggere il mio cazzo di fascicolo, è riservato”
Mentre i due si punzecchiavano, Doflamingo mandò un messaggio al fratello e sul suo volto si allargò un altro ghigno.
Crocodile posò il giornale alzando gli occhi al cielo e preparandosi al peggio.
Si spostarono in giardino su consiglio del maggiore dei Donquixote e poco dopo arrivò Rocinante tenendo un pony con la sella rosa confetto e la criniera raccolta in trecce.
“Mio fratello ha detto che ti piacciono i cavalli!”
“Ti odio” sibilò Kidd mentre faceva un passo indietro.
“Bisogna affrontare le proprie paure mio caro” gli rispose il fenicottero.

Il ragazzo fissò il mini-cavallo e il mini-cavallo fissò lui.

“Ma perché non gli piacciono?” chiese Rocinante avvicinandosi a Law mentre Eustass correva inseguito dal pony, il tutto bestemmiando.
“Perché da piccolo sua madre lo ha portato a vederli, solo che c'era scritto ovunque di non toccare il puledro dato che la madre era molto protettiva.”
“Ovviamente sappiamo tutti com'è andata a finire” commentò Doflamingo godendosi la vista dell’altro che correva per il giardino.
“Già. La cavalla si è arrabbiata e gli ha morso il braccio, rompendogli l’osso. La cosa divertente è che, invece di mollare la presa, ha continuato a tenere il puledro stretto con i denti del cavallo nella carne e a guardarlo fisso negli occhi. Sono dovuti intervenire per dividerli.” concluse Law sorridendo al pensiero di un piccolo Eustass-ya incazzato nero.
“Capisco perché non si avvicini” disse dispiaciuto Corazon, mentre il fratello si divertiva come non mai a dare indicazioni a Kidd, palesemente sbagliate.

Dopo qualche minuto Rocinante intervenì e riportò il pony nella sua stalla e il rosso poté trarre finalmente un sospiro di sollievo.
Si sedette sul prato e rivolse un dito medio a dottore e fenicottero, quando il suo cellulare vibrò nella tasca dei suoi pantaloni.
Lo estrasse e si accorse di aver ricevuto un messaggio da Crocodile. Aveva avuto il suo numero tempo prima, quando il moro lo aveva scelto come meccanico personale.
Lesse le poche righe e sorrise mentre il coccodrillo riponeva il proprio telefono nei jeans, fumando tranquillamente.
Kidd si alzò in piedi ed entrò in casa senza rivolgere neanche un insulto a Law, cosa alquanto strana.

“Trafalgar” la voce del rosso arrivò poco dopo alle loro orecchie “non hai mangiato nulla stamattina” commentò arrivandogli davanti e puntandogli una baguette sotto il naso “so che gradisci il pane

Doflamingo si sedette di fianco a Crocodile e gli rivolse uno sguardo divertito.
“Scommetto che qui c'è il tuo zampino”
“Era in minoranza” rispose con noncuranza godendosi però un Law terrorizzato che lanciava minacce di morte all’altro, che lo inseguiva agitando la baguette come una spada.
“E quel ragazzino si meritava una lezione”


 


-

 

Ace aveva passato il week-end a casa di Marco, più precisamente sul tappeto in salotto circondato da fogli e quaderni dato l’esame che lo attendeva il lunedì.
Il biondo si preoccupava di nutrirlo e andava al lavoro, lasciandolo a strapparsi i capelli, ben ricordando quanto fosse temibile l’università.
Quando il moretto uscì di corsa dall’edificio, si diresse a passo spedito al bar, entrando e pregustandosi la visone di Marco con il grembiule da barista. Per colpa di quell’ananas ambulante aveva sviluppato un kink per i suoi vestiti da lavoro.

“Ciao fratellone!”
Ace sbatté le palpebre e si ritrovò a fissare un Rufy e compagnia a sedere nel bar.
“Che ci fate voi qui?” domandò sorridendo e scompigliando i capelli mori del fratello minore.
“Niente scuola” disse Chopper
“Assemblea d'istituto” commentarono Usopp e Nami.
“Lezione di piano annullata!” esclamò Brook.
“Pausa pranzo” rispose tranquillamente Robin rivolgendogli un sorriso inquietante.
“Pausa Robin” disse Franky.
Ace sorrise di nuovo e li fissò parlare animatamente di qualsiasi argomento, divertendosi come dei bambini.
“Ehi, ma Zoro e Sanji?” chiese dopo aver realizzato che mancavano le balie di suo fratello.
“Ho mandato un messaggio a Zoro, ma mi ha detto che era occupato con gli allenamenti e che sarebbe arrivato dopo” rispose Usopp aggiungendo subito dopo “in realtà l’ho mandato anche a Sanji e ho ottenuto la stessa risposta, impegnato con la cucina, arriva dopo. Fanno pena a mentire” concluse annuendo.


Scoprire che quei due erano anime gemelle era stato divertente, soprattutto perché il rapporto tra i due non era affatto mutato, anzi, forse litigavano più di prima.
C'erano persone che ci mettevano molto ad accettare la scelta del loro contatore, altre invece impiegavano poco tempo a conoscersi e a fare amicizia.


“Dato che Marco è il tuo ragazzo, ci fa un prezzo di favore, vero?” chiese Nami mentre i suoi occhi brillavano di puro amore al risparmio.
“Non ne ho idea…”

Riuscì ad allontanarsi e a sedersi davanti al bancone.
Marco gli posizionò un cappuccino davanti e gli regalò uno dei suoi soliti sorrisi.
“Certo che è un gruppo bello variegato”
“Mi dispiace” sussurrò affranto Ace mentre alle sue spalle Brook tirava fuori il violino e cominciava a suonare.
“Scherzi? Mi stanno facendo divertire la clientela” commentò il biondo notando che molti avevano cominciato a muovere la testa a ritmo della musica.
“Tuo fratello è proprio una persona singolare, posso immaginare perché abbia tanti amici”
“Già, alla fine si fa anche ospitare, quella testa di rapa”
“Gli vuoi molto bene”
“Darei la mia vita per la sua”
“Bevi il cappuccino, stasera festeggiamo dato che hai finito gli esami”

Ace annuì e sorrise a vedere persone sconosciute ballare e lasciarsi trascinare dall’euforia dell’incredibile ciurma di Rufy.
Perché in quel momento gli sembrò di avere davanti dei pirati e non delle persone.











 



Angolo dell'Autrice:

Ci stiamo avvicinando alla fine, purtroppo, ma per il momento godiamoci Kidd inseguito da un pony e Law inseguito da Kidd che brandisce del pane.
Mihawk e Shanks finalmente riescono a parlarsi in modo 'quasi' decente, ma l'importante è che si capiscano loro. Fare Occhi di Falco emotivo penso sia stato una di quelle missioni impossibili, tutt'ora non so se lo vedo troppo OOC o sono riuscita in qualche modo a farlo IC (per quanto possibile)-
Crocodile si comporta sempre da pacere e la ciurma di Rufy dà il meglio di sè nel locale di Marco ;-)

* = il nome 'Rocinante' è ispirato a quello di 'Ronzinante', il cavallo di Don Chisciotte del romanzo omonimo di Cervantes.
Ecco perchè a Cora-san piacciono i cavalli e ne tiene qualcuno nel retro della casa...

E per questo capitolo è tutto, a presto e grazie a tutti!

Ace of Spades

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Capitolo 9
*** IX ***


IX















"Marimo, quella è la direzione sbagliata” commentò sbuffando prendendolo per il colletto della camicia e tirandoselo dietro.
“Ah, giusto” disse con un ghigno tirato Zoro per poi seguirlo in silenzio.
“Preoccuparsi prima del tempo è inutile, vedrai che avranno risolto” gli lesse nel pensiero il cuoco mollandogli un calcetto alla caviglia e ottenendo in risposta un sospiro irritato.
I due ragazzi si fermarono davanti al portone di casa per qualche secondo; anche Sanji non sapeva cosa avrebbero trovato varcata quella soglia e aveva seriamente timore che il buzzurro di fianco a lui diventasse ancora più schivo se le cose non si fossero aggiustate.

E già farlo parlare è un’impresa.

Aspettò che Zoro fosse pronto e che suonasse lui, infine attesero.
Aspettarono quasi un minuto buono ma nessuno gli aprì.
Lo spadaccino provò a suonare di nuovo, questa volta tenendo premuto il campanello un po’ di più.
Nessuna risposta neanche questa volta.

“Per me si sono uccisi” sussurrò allora estraendo le chiavi ma vedendo Sanji sorridere e fargli il segno di stare zitto annuì, non capendo bene cosa volesse fare.
Entrarono in casa e guardarono nelle camere camminando di soppiatto come le migliori spie e Zoro rischiò seriamente di scoppiare a ridere quando vide Sanji imitare 007 e rotolare per terra con una pistola immaginaria in mano.
Si fermarono davanti al salone e rimasero immobili.
Lo spadaccino capì il significato del sorriso di Sanji, il quale tornò a sorridere e lo trascinò fuori dalla casa, chiudendo la porta d'ingresso senza fare rumore.
Sul divano, senza maglia e coperti da un cappotto nero, erano sdraiati e addormentati Shanks e Mihawk, con il primo sdraiato sul secondo. L’unica spettatrice dei fatti che si erano svolti in quella stanza era la bottiglia di sakè, che riposava per terra completamente vuota.

“Come facevi a saperlo?” domandò Zoro seduto di fianco a lui su una panchina nel parco.
“Beh, ho fatto due più due. Alcool, litigata, nessuno che risponde… era facile” rispose espirando una boccata di fumo e guardando di sottecchi l’altro, notando come il suo corpo fosse molto più rilassato di qualche minuto prima.
“Dato che a casa non puoi tornare, che ne dici di aiutarmi al ristorante?”
“Scherzi? Lo sai che non so cucinare”
“Non ho detto che devi farlo” commentò Sanji immaginandosi il buzzurro di merda con un grembiule nero e una camicia bianca, divisa da cameriere del ristorante di Zeff.
“Sono certo che mi divertirò. Ti divertirai volevo dire”
“Preferisco andare al dojo”
“Senza di me non ci arrivi, cretino”
“... e va bene,  ma non lamentarti se faccio esplodere il locale”

E come, aveva immaginato, Zoro fece la sua porca figura come cameriere, tanto che Zeff dovette richiamarlo più volte in cucina perché si era incantato a fissarlo girare per i tavoli. Ovviamente era il solito imbranato e doveva tornare più volte a chiedere il tavolo a cui portare l’ordine, ma stranamente nessun cliente si lamentò.

 

-

 

Shanks si era svegliato da qualche minuto, ma la posizione in cui si trovava gli piaceva troppo per azzardare a muoversi. Sentiva il cuore dell’altro battere tranquillamente e questo non faceva che mettergli ancora più sonno.
“Lo so che sei sveglio”

Il Rosso sorrise.
“Non mi va di muovermi”
Mihawk non rispose e rimase immobile continuando a fissare il soffitto. L’altro strinse di più la presa sul suo fianco capendo che il padrone di casa non gli aveva chiesto di spostarsi, anzi, il suo silenzio era quasi un invito a restare dove fosse.
E così fece per i minuti successivi fino a quando il suo stomaco non brontolò.
“Mi sa che ho fame”
Si alzarono e si rivestirono con calma; Shanks aveva imparato a farlo anche con un braccio solo ma si stupì quando Mihawk lo aiutò ad infilare la camicia e ad abbottonarla.
“Grazie Drakul”
Gli occhi dorati si sgranarono leggermente sentendo il proprio nome.
“Ho fame e tu sei lento” si giustificò uscendo dal salone seguito dall’altro che sorrideva. Solo in rare occasioni e quando erano soli si permetteva di chiamarlo in quel modo, sapendo bene che allo spadaccino faceva piacere.
Lasciò che il padrone di casa preparasse la colazione - cioè che tirasse fuori quanti più dolci possibili da credenze e frigorifero - e si sedette davanti al tavolo, aspettando il caffè che prontamente gli venne messo sotto il naso.

Alla fine non avevano dovuto parlare più di tanto; Shanks avrebbe potuto intavolare un convegno su cosa provasse e cosa gli piacesse nel moro, ma sapendo bene che la sua anima gemella era molto restia ad usare vocaboli legati alle emozioni (o vocaboli in generale) aveva lasciato che si esprimesse in altro modo, con le azioni.

Mentre beveva il caffè si ricordò quando aveva realizzato di essere innamorato dell’altro.
Era andato a fare spesa e, durante il tragitto, aveva aiutato una bella donna a ritrovare i suoi occhiali.
Alta, bionda, capelli lunghi e seno abbondante, si era presentata col nome di Kalifa e gli aveva chiesto se era libero per prendere un aperitivo.
Per quanto quella donna fosse il suo tipo, l'unica cosa a cui pensò fu quella di tornare a casa da Drakul per guardarlo mentre leggeva sul divano.
Quella consapevolezza gli fece capire quanto realmente tenesse a quell’uomo.

Anche in quel momento, dopo aver fatto sparire una fetta di torta di mele, essersi bevuto una tazza di tè e aver preso il nuovo libro, Mihawk si mise a leggere sul divanetto in cucina con le gambe accavallate e Shanks rimase a guardarlo, godendosi la tranquillità e il senso di calma che gli trasmetteva quella scena.
 


-



“Law, mi raccomando chiamami. Kidd, non prendere freddo che ci sono i saldi la prossima settimana, ci sentiamo per messaggio” disse Rocinante tutto contento.
Il dottore lo guardò scuotendo la testa e rabbrividendo alla visione del suo quasi ragazzo che stringeva la mano al suo quasi padre.
Doflamingo si limitò a sorridere senza minacciare di morte nessuno, e Law seppe che quello che doveva dire lo aveva già detto solo guardandolo in faccia; il problema era che lui non ricordava granché della serata precedente, ma si segnò mentalmente di chiedere spiegazioni al rosso.
Salirono sul taxi e si allontanarono dalla residenza Donquixote.
“Pensavo saresti morto, che peccato”
“Senti Trafalgar, non rompere”
“Neanche un braccio staccato. Doflamingo sta perdendo colpi”
Kidd non gli rispose, ma schioccò la lingua sul palato e guardò fuori dal finestrino.

Che quello che mi ricordo non fosse un sogno?

Il resto del viaggio lo passarono in silenzio, uno cercando di ricordare quanto più possibile, l’altro provando a dimenticare specialmente una risposta.
Arrivati a casa si concessero una lunga doccia separatamente e Kidd pulì il casino che avevano fatto due giorni prima, notando come Bepo lo guardasse male, probabilmente perché a causa sua non aveva visto il suo padrone.
Law fece qualche coccola al cane e gli diede da mangiare con una faccia fin troppo pensierosa, poi raggiunse il rosso sul divano e fissò il soffitto.

“Cos'è successo ieri sera?”
Kidd non rispose subito.
“Nulla di che, abbiamo fatto due chiacchiere”
Law lo guardò di sottecchi e avvicinò la mano a quella dell’altro, facendo intrecciare i loro mignoli.
“Guardiamo la tv?”
Kidd annuì sollevato e spinse un canale sul telecomando; il moro si appoggiò allo schienale e chiuse gli occhi mentre nella sua mente rimbombava una frase in maniera insistente.

“Penso di amarlo”

 

-



Quella sera Marco mantenne la promessa e lo portò al cinema a vedere un bel film d'azione, peccato passarono quasi tutto il tempo a bisbigliare tra loro sulla trama e sui personaggi palesemente stereotipati.
Dopo si recarono a mangiare cinese ingozzandosi come se non avessero messo cibo nello stomaco da giorni, e infine tornarono a casa del biondo.
Marco aveva passato le ultime settimane con una serie di dissidi interiori, dovuti al fatto che una parte di lui pensasse che Ace fosse ancora un ragazzino e che quindi doveva andarci piano, l’altra parte invece spingeva per sbatterselo contro il primo muro disponibile.
Fino a quel momento era riuscito a controllarsi, ma l’altro gli aveva dato un bel da fare col suo sorriso malizioso e quegli occhi neri accesi come se stessero costantemente bruciando.
Era perfino riuscito a non spingersi troppo oltre, complimentandosi con il suo madornale autocontrollo che gli aveva permesso di bloccarsi anche con un Ace mezzo nudo davanti.
Peccato che il moro non fosse della sua stessa opinione, anzi, ogni situazione era buona per provocarlo.

Quando Marco si chiuse la porta d'ingresso alle spalle e cercò di intavolare una conversazione, si ritrovò spalmato contro la suddetta porta con il suddetto ragazzino che attentava al suo collo e alla sua sanità mentale.
Provò a dirgli di andarci piano ma in risposta il moro si fermò e gli dedicò uno sguardo infuocato.
“Chiudi la bocca Marco” gli disse serio prima di ricominciare a martoriargli il collo.
A quel punto il barista alzò bandiera bianca; se era quello ciò che voleva, perché no?
Quella notte la passarono avvinghiati tra le coperte ed entrambi capirono che, per quanto fare sesso fosse soddisfacente, farlo con la propria anima gemella non poteva essere paragonato a nient'altro.
Ace si premurò di lasciare segni rossi sulla schiena dell’altro; quando Marco si spinse in lui dovette fermarsi per qualche secondo a causa della visione che gli si presentò davanti e che seppe all’istante lo avrebbe perseguitato per molte notti.

La mattina si svegliò e si passò una mano tra i corti capelli biondi; vide il corpo del ragazzo raggomitolato di fianco a sé e un sorriso spontaneo gli nacque sulle labbra.
La sensazione che provò era totalmente nuova, come se tutti i vari pezzi che componevano la sua vita si fossero incastrati alla perfezione formando un disegno finale con tutte le sue esperienze e ricordi.
Si alzò e si infilò i pantaloni dirigendosi poi in cucina a preparare una colazione per una decina di persone.
Ace si svegliò a causa del profumo di brioche appena fatte, uova e pancetta; con l’acquolina si vestì frettolosamente con una maglietta e si diresse verso la fonte di quell’odore.
La tavola era imbandita quasi fosse la mattina di Natale, ma poi la sua visuale si ampliò e catturò Marco con pantaloni e grembiule che si destreggiava ai fornelli, facendogli cambiare idea.

Altro che Natale, è il mio compleanno.

Si sedette a tavola e l’altro gli dedicò un sorriso porgendogli un piatto enorme ricolmo di ogni leccornia.
“Quando ci sposiamo?” chiese scherzando il moro e cominciando a far sparire il cibo.
“Prima devi conoscere la mia famiglia. A proposito, oggi pomeriggio devo tornare a casa e ho intenzione di portarti con me”
Ace deglutì guardandolo in cerca di una risposta che l’altro capì al volo, come sempre.
“Ho intenzione di presentarti come mio ragazzo, se per te non è un problema”
Il ragazzo sorrise e scosse la testa.
“Però ti conviene toglierti quel grembiule altrimenti ho paura che non andremo da nessuna parte oggi”
Marco rise e finì di mangiare.

Qualche ora dopo, tra attacchi narcolettici e grembiuli stravaganti, i due uscirono di casa ed entrarono in auto, diretti alla residenza Barbabianca.
“Sei nervoso?”
“Ma chi, io? Figurati”
Il biondo non lo punzecchiò oltre e si limitò a guidare; poco tempo dopo arrivarono davanti ad una sorta di castello medievale - come lo definì Ace - e parcheggiarono vicino ad altre macchine.
Quando entrarono si ritrovarono in mezzo ad un sacco di gente, alcuni li riconobbe subito, altri non aveva la più pallida idea di chi fossero.
La casa, che da fuori sembrava enorme, dall’interno era ancora più mastodontica; scoprì essere formata da più di 4 piani con un sacco di stanze disponibili.

“Ragazzino! Che bello vederti, era ora che il pennuto ti portasse, stavamo perdendo la pazienza” lo salutò Satch avvicinandosi.
“Ciao!” ricambiò Ace mentre sempre più occhi si puntavano su di lui.
Una risata profonda fece zittire all’istante il chiacchiericcio che si diffondeva in quell’enorme salone e fece voltare il moro verso la fonte di quel rumore. Si trovò davanti ad un uomo molto alto, seduto su una sedia in stile barocco finemente decorata, ma quello che lo lasciò un po’ interdetto furono gli enormi baffi bianchi sollevati verso l’alto.
“Papà, lui è Ace, il mio ragazzo, Ace, lui è Barbabianca”

L’uomo lo guardò per qualche secondo e poi bevve un sorso di sakè.

“Marco, la tua anima gemella non è un po’ troppo giovane?” chiese con una nota divertita mentre il biondo stava per rispondere.
“E tu non sei un po’ troppo vecchio per bere quella roba?” sbottò Ace anticipandolo e facendo ridere tutti i presenti, compreso Barbabianca, che, invece di arrabbiarsi, rise e lo definì un “ragazzino impertinente”.
Izou si avvicinò e gli posò una mano sulla spalla.
“Hai conquistato il vecchio, bel lavoro!”
Ace non capì il senso di quella frase fino alla fine della giornata, quando vide diverse persone con età e personalità differenti, scherzare insieme come bambini e sorridersi come se fossero davvero tutti fratelli.
Notando il suo sguardo interrogativo, il vecchio Barbabianca si avvicinò.
“Ho sempre voluto una famiglia, fin da piccolo era quello il mio obiettivo, al contrario di molte persone ritengo che il legame di sangue non crei un rapporto, ma che lo si possa ottenere attraverso esperienze condivise. Benvenuto in famiglia.”
Ace annuì distrattamente; nessuno gli aveva mai detto quelle parole, quelle che segretamente aveva sempre voluto sentire. Per una persona la cui esistenza era sempre stata un dubbio, sentirsi rivolgere una frase così era come aver trovato il tesoro più bello di tutto il mondo. 
Vide Izou mettere il rossetto ad un uomo con i baffi che si era malauguratamente addormentato e Satch tirare fuori da chissà dove una macchina fotografica.
Marco lo guardò e gli sorrise.
In quel momento capì cosa volesse dire sentirsi a casa.

 


Mentre i suoi figli si divertivano e coinvolgevano il nuovo arrivato, non visto da nessuno estrasse il proprio telefono dalla tasca ed inforcò gli occhiali digitando un nome in rubrica e facendo partire la chiamata.



“Pronto?”
“Salve Signor Garp, ho avuto modo di conoscere suo nipote, è davvero una peste”
“Newgate! Allora Marco te lo ha portato, era ora. Vedi di trattare bene quel mascalzone”
“Tranquillo, non corre alcun rischio. A proposito, che fiori hai deciso?”

“Ace ama l’ibisco rosso”
“Perfetto, ti lascio decidere il posto tra quelli che ti ho mandato su What’s app”
“E come si fa a mandare foto su quella roba?”
“Si chiama applicazione, me lo hanno spiegato i miei figli, a quanto pare si usa per mandare messaggi e immagini. Cerca di stare al passo con i tempi altrimenti sarai vecchio anche dentro”

“Bada a come parli Barbabianca! Te lo faccio vedere io chi è vecchio, ci sentiamo su Wappa o come si chiama”


L’uomo ripose il telefono in tasca e finse di non stare complottando il matrimonio del suo figlio maggiore con il nonno del suo ragazzo.

Garp appoggiò il telefono sulla scrivania.
“Smoker! Come diavolo si usa un’applicazione?”


 

-
 


Law guardò Kidd sparire dietro la porta e sbuffò; dopo che erano tornati dal fantastico week-end, il ragazzo aveva fatto di tutto per evitarlo, era perfino uscito con Corazon!
Affrontare il discorso apertamente avrebbe voluto dire esporsi e questo lui non poteva proprio farlo.
Erano passate ormai un paio di settimane dalla fantomatica serata, e ancora non aveva capito cosa fosse successo.
Gli rimaneva una cosa da fare, per quanto l’idea non gli piacesse per niente e sapesse benissimo di stare per cacciarsi in una situazione di non ritorno.
Kidd era uscito anche quel giorno con Rocinante e gli aveva lasciato il pranzo, che lui ovviamente ignorò.
Sdraiato sul letto, estrasse il telefono e chiamò.

“Ciao Law, come mai questa chiamata?”
La voce perennemente divertita di Doflamingo gli arrivò direttamente nell’orecchio e fu quasi tentato di sbattergli il telefono in faccia.
Aspettò qualche secondo, pensando che era stata una pessima idea rivolgersi al capo famiglia.
“Oggi sei impegnato?”

Doflamingo si fece serio e con un gesto della mano mandò via i suoi collaboratori, restando solo nel suo ufficio.
“Posso liberarmi.”
“Ci vediamo tra un’ora in quella pasticceria”
“Va bene”

Law chiuse la chiamata e sospirò; per sapere qualcosa era necessario chiedere alla persona che sapeva tutto.
Aveva pensato di rivolgersi prima a Crocodile, ma data la reazione che aveva avuto quando la mattina dopo aveva chiesto cosa fosse successo, era ovvio che non volesse parlarne.
Chiuse gli occhi e si riposò per qualche minuto, poi si alzò e si vestì indossando una felpa nera e dei jeans blu, si tirò su il cappuccio e uscì di casa, dirigendosi verso la fermata dell’autobus.

Doflamingo ripose il telefono nella tasca e guardò per qualche secondo la parete di fronte a sé.
Se Law era arrivato a chiedergli un appuntamento la questione doveva essere più grave del previsto, e il problema poteva essere solo uno.
Riprese in mano l’apparecchio elettronico e se lo portò all’orecchio.

“Dimmi”
“Se ha fatto qualcosa a Law io lo uccido”

“Doflamingo, vai in ordine”

Il biondo sospirò e raccontò della telefonata al suo interlocutore.

“Ho capito, ma non credo tivche il problema principale sia Kidd, penso sia più una questione emotiva. Ti ricordo che il ragazzo ha sempre avuto problemi a relazionarsi con gli altri, ed ora che ha una relazione seria probabilmente ha paura e non sa come reagire. Ascolta e non essere impulsivo.”

Doflamingo sorrise e sospirò.

“Grazie Croco-chan”
“Sì, sì, ora devo lavorare, lasciami in pace e vai”
“Quanto mi piace quando mi dai ordini~”


Uno sbuffo seccato gli arrivò in risposta.


“Togli dalla giacca la fondina con la pistola.”


Detto questo riattaccò; il biondo si appoggiò allo schienale e si toccò la fondina in questione.
“Ormai non mi chiedo più come tu faccia a sapere in anticipo le mie mosse”
Ripose la pistola nel cassetto e si alzò.
“Spero di riuscire a fare come hai detto”



 

Law arrivò alla pasticceria Neri* e si sedette ad un tavolo; la prima volta che era stato lì era stato per puro caso.
Era ancora piccolo e Corazon lo aveva portato a fare una passeggiata; passando davanti alla vetrina, aveva guardato all’interno riconoscendo Doflamingo e Crocodile che stavano mangiando dei pasticcini, quindi si era sentito in obbligo di intervenire per fare innervosire il capo famiglia.
Ed infatti funzionò dato che Crocodile lo prese in braccio e gli offrì un pezzetto di Saker, il tutto sotto lo sguardo irato del biondo. Era piccolo, ma non era stupido; aveva capito immediatamente che il maggiore dei Donquixote amava avere le attenzioni di quell’uomo e quello per lui rappresentava un enorme punto debole da sfruttare.

Ci era tornato altre volte dopo quella, gli piaceva particolarmente perché aveva una saletta sul retro. Lì poteva sedersi e bere un caffè, leggere e non essere disturbato.
Un sorriso gli scappò al ricordo di un Crocodile particolarmente premuroso che gli puliva la bocca col tovagliolo e lo imboccava con la forchettina per dolci.

“Come mai quel sorriso? Sei così contento di vedermi?”
Law alzò lo sguardo ed incontrò le solite lenti colorate.
“Stavo ripensando a quando sono venuto qui per la prima volta”
“Già” commentò Doflamingo sedendosi di fronte a lui “non sei stato per niente carino”
I due si guardarono per qualche secondo venendo interrotti dalla cameriera che scrisse le loro ordinazioni e li lasciò nuovamente soli.

“Che brutte occhiaie”
“Le solite”
“Non erano così pronunciate l’ultima volta”
“Ho dovuto sacrificare ore di sonno per studiare”
Doflamingo lo guardò inclinando la testa da una parte e Law seppe che non se l'era bevuta.
“Non riuscivo a dormire bene e quindi ho studiato per passare il tempo” si corresse.
Sapeva che l’altro lo avrebbe inondato di domande per sapere cosa lo preoccupasse e quale fosse il problema - e se potesse eliminarlo - ma si ritrovò sbalordito di fronte ad un Doflamingo calmo e sorridente.
La cameriera tornò e appoggiò davanti a loro pasticcini e due teiere ricolme di acqua calda, lasciando sul piattino l’infuso da loro scelto.
Quando se ne fu andata, Law tornò a guardarlo curioso.

“Non affaticarti troppo, sai che Roci si preoccupa”
“Voglio sapere cosa è successo”
E Doflamingo capì immediatamente a cosa si riferisse.
“Come mai?”
“Perché io-” si fermò cercando di scegliere le parole giuste e soppesando l’idea di dire tutto subito o di far aprire prima l'altro.
“Ho un ricordo sfumato e vorrei sapere se me lo sono immaginato oppure è successo realmente”
“Dovresti chiedere al tuo amico, non a me” commentò il biondo facendo sparire un bignè alla crema e ostentando una calma innaturale.

In realtà dentro di sé stava ribollendo di rabbia e l’unico pensiero che lo tratteneva dall’uscire e andare a spaccare le ossa al ragazzo dai capelli rossi erano le parole di Crocodile.
Ascolta e non essere impulsivo. 
Ma lo sguardo triste dipinto sul volto del moro di fronte a lui lo riportava indietro nel tempo, quando davanti agli altri si comportava in modo freddo e distaccato ma di notte soffocava lacrime e tristezza nel cuscino.
E questo non poteva permetterlo. Non di nuovo.

“Cosa vuoi sapere?”
Law lo guardò sollevato; non si aspettava che cedesse così presto, anzi, aveva già pensato a cosa potesse volere in cambio.
Guardandolo gli sembrava quasi preoccupato, ma imputò questa stupidaggine alla mancanza di sonno. 

“Ok, diciamo che gli ho somministrato un siero della verità e gli ho posto qualche domanda”
“L’hai dato anche a Wani-ya?” chiese, al ricordo dell’uomo che evitava il discorso.
“A lui ho dato un afrodisiaco” rispose ridendo il biondo mentre Law alzava gli occhi al cielo, non stupendosi più di tanto.
“Probabilmente quello che ricordi è successo” concluse Doflamingo bevendo un sorso di tè.
Il ragazzo lo imitò e gustò il suo infuso, pensando ed isolandosi per un po’; il biondo guardò lo schermo del telefono e notò che aveva ricevuto un messaggio da Crocodile che gli chiedeva come stava andando.
Quell’uomo si comportava come una mamma apprensiva a volte, ma i suoi consigli gli erano stati utili più di una volta.
Perché se lui era impulsivo e violento, l’altro era calmo e calcolatore, soppesava le parole e pensava sempre prima di parlare.
Finì di bere il tè e rispose che andava tutto bene e non aveva ucciso nessuno, poi guardò Law che lo stava fissando nuovamente, segno che aveva finito di pensare.
“Ho capito” disse infatti per poi rivolgergli lo stesso sguardo che aveva ereditato dal coccodrillo.
“Salutami Wani-ya e digli che sei stato bravo” lo prese in giro ridendo. “In effetti mi sembrava di parlare con lui e non con te”
“Fosse stato per me sarei già andato dal tuo amichetto a rompergli qualche osso” sibilò imbronciato mangiando l’ultimo pasticcino.

Trafalgar bevve il tè e riportò la sua mente ad anni prima; Doflamingo aveva fatto passi da gigante per quanto riguardava la sua impulsività e la sua sete di sangue. Merito ovviamente di Crocodile, ma se una persona come lui era riuscita a far funzionare una relazione su cui nessuno avrebbe scommesso neanche un bottone, allora anche lui poteva farlo.
“Torna a casa” gli disse il biondo.
Lui lo fissò con un’espressione interrogativa, segno che a casa con lui non aveva senso tornarci.
Casa è un termine relativo, non è sempre un luogo” commentò brevemente agitando una mano.
Trafalgar riuscì a capire nonostante la frase enigmatica, si alzò e lo salutò facendo per uscire.
“Non pensavo ti avrei mai detto una cosa del genere, ma…” disse fermandosi e guardandosi i piedi.
“Grazie”  sussurrò aggiungendo subito dopo un “Ciao” sperando che l’altro non lo avesse sentito ma avendo così la coscienza pulita.
“Ti ho sentito!” gli urlò Doflamingo facendo in modo che il dottore aumentasse il passo, imbarazzato fino alla punta dei capelli. Colpa di Cora-san che gli aveva insegnato ad essere educato, ovviamente.

“Pronto”
“Croco-chan mi ha ringraziato capisci mi ha detto grazie ha detto grazie a me a me! Ok mi odia ma forse non così tanto dato che mi ha ringraziato oddio lo ha fatto davvero mi ha detto grazie”

Crocodile sorrise alzando gli occhi cielo, sentendo la marea di parole uscite dalla bocca di Doflamingo senza una sola interruzione.

“Mi fa piacere, ma ora lasciami lavorare, ne parliamo stasera”

Ricevette come risposta parole biascicate e un mezzo urletto in stile scolaretta e attaccò.
Se gli avessero detto che avrebbe assunto il ruolo di mamma apprensiva alla veneranda età di 44 anni si sarebbe messo a ridere di gusto.
Ed invece.

“Tornando a noi, signor Yamamoto” disse mentre Daz Bornes gli toglieva il cellulare dall’orecchio. “Spero abbia capito che io e lei non siamo uguali, per me sarebbe un insulto vivere altrimenti” finì guardando l’uomo rantolare per terra mentre sputava sangue “sa dov'è la porta” concluse togliendosi i guanti sporchi di rosso e buttandoli per terra.
Mr 1 gli porse un fazzoletto profumato con cui si pulì le dita; perché, nonostante non ci pensasse due volte a sporcarsi le mani, in pochi sapevano che Mr 0 aveva una battaglia aperta con germi e batteri di ogni genere.
“Che schifo” disse infatti sedendosi nuovamente sulla comoda poltrona nera in pelle e ricominciando a leggere gli ultimi documenti.

 




Law tornò a casa, si fece una doccia e aspettò che Kidd tornasse. Fortuna volle che dovette attendere poco.
“Doc, come mai non hai mangiato?” chiese entrando in cucina e appoggiando borse dentro cui, ci avrebbe scommesso, c'erano minimo 3 rossetti e 4 eye-liner.
“Non avevo fame.”
Il rosso sbuffò e mise in ordine le sporte e il loro contenuto, poi si sedette di fianco a lui.
“Rocinante è davvero simpatico, non ha nulla da spartire con quello stronzo di merda di un fenicottero” sibilò annuendo alle sue stesse parole.
A quel punto il moro decise di mettere in pratica il piano che aveva pensato.
“Posso trasferirmi da te? Risparmierei tempo a fare avanti e indietro per i vestiti”
L’altro lo fissò e alzò le spalle.
“Tanto passi più tempo qui che in quell’appartamento”
Law annuì.
“Mi ricordo tutto” disse soltanto e l’espressione di Kidd mutò; sgranò gli occhi e sbatté le palpebre più volte sperando che almeno quello non lo ricordasse. Sarebbe stato uno smacco enorme per lui confessarsi per primo.
“Non so di cosa parli” cercò di dissimulare.
“Fammi finire. Mi ricordo non proprio tutto ma una cosa la mia mente non l’ha cancellata. Prima o poi trova le palle per dirmelo in faccia.” concluse stiracchiandosi, imitato subito dopo da Bepo ai suoi piedi. 
Kidd lo guardò e ghignò; quella sorta di confessione gli era stata estorta e Law lo sapeva. 
“Va bene” rispose appoggiando le mani sui suoi fianchi.
Il moro fremette di aspettativa e si fece più vicino.
“Sei un cazzone! Hai perso peso di nuovo porca troia! Niente sesso per una settimana finchè non prendi due chili”
“Come due?”
“Così impari a prendermi per il culo e a dare il tuo cibo al cane”
“Impiccati con quelle magliette orride che hai nell’armadio”
“Che minchia vuoi? Mangia la prossima volta”
“Sto ancora aspettando le mie rose rosse”
“Ficcatele in culo”
“Vorrei ci ficcassi altro” 
“Due chili Trafalgar”
“Fanculo”








 



Angolo dell'Autrice:

Salve a tutti! siamo alla fine del penultimo capitolo, ebbene sì. Se pensate che i colpi di scena siano finiti vi sbagliate di grosso, il prossimo capitolo sarà molto fuori di testa.
Parliamo di questo; Law ricorda proprio quella frase e finisce per chiedere aiuto all'ultima persona a cui vorrebbe; Doflamingo in realtà ci tiene a lui e cerca di avere un dialogo, per poi chiamare Crocodile che deve lavorare.
Mihawk e Shanks hanno chiarito definitivamente; ma immaginiamoci Zoro in divisa da cameriere.
Già.


*= la Pasticceria Neri è un rimando alla long 'We'll never change' ed esiste sul serio

Grazie a tutti quelli che mi seguono e leggono, mi fate sempre sorridere coi vostri commenti, a presto

Ace of Spades

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Capitolo 10
*** X - epilogo ***


 

X

- epilogo -




















 

Crocodile uscì dal palazzo ed entrò in auto; sospirò e si appoggiò allo schienale chiudendo gli occhi e riposandosi per la prima volta durante quella giornata.
Dopo una ventina di minuti si sgranchì le spalle e sbuffò nuovamente al pensiero di dover andare da un Doflamingo eccitato e felice.
Sperava solo che questa volta non avesse fatto qualcosa di improponibile come l’ultima. Come poteva dimenticarsi la cucina imbrattata e strani dolci - o presunti tali - sul tavolo che aspettavano solo lui?
Aveva capito che il biondo esprimeva sempre le proprie emozioni al massimo, come se fosse esplosa una bomba in uno spazio ristretto, il problema era che questo valeva sia per quelle positive, sia per quelle negative.
Lui mal sopportava tutto quell’entusiasmo, lo spiazzava; per qualcuno che non si esprime in modo plateale, ma con piccoli gesti, era sempre strano, a volte imbarazzante.

Uno psicopatico e uno sociopatico, fantastico.
 

Parcheggiò l’auto e vide un furgone davanti all’entrata; storse il naso leggendo la scritta sulla fiancata e si mosse verso la porta d'ingresso, sperando che un meteorite lo colpisse in testa e gli evitasse l’ennesima tortura.
Davanti alla porta semi aperta e a voci concitate, fece un passo indietro e si voltò per tornare alla macchina, ma una mano sulla spalla lo fermò.

“Croco-chan, era ora! Vieni dentro che ho bisogno di una mano”


Crocodile non era mai stato una persona religiosa, aveva sempre pensato che un Dio, di qualunque natura fosse, non potesse esistere e che, se magari ci fosse stato qualcosa che li controllasse, di certo non avrebbe perso tempo con creature come loro.
Al massimo si sarebbe divertito ad incasinare le esistenze di molte persone, come un bambino che trova un formicaio e passa il tempo prima del pranzo a giocare con un bastoncino.
Non aveva mai creduto che lassù si trovasse qualcuno che potesse risolvere i problemi se lo si prega ogni sera. Per quanto ne sapeva, chi parla da solo soffre di schizofrenia.

Ma in quel momento, trascinato in casa da Doflamingo, con un uomo che ovviamente rimpiangeva ogni scelta di vita presa che lo aveva portato a lavorare come fattorino per Zalando, davanti a montagne di vestiti imbarazzanti e scatole, in quel momento, pregò Dio di fargli perdere i sensi o che almeno fosse tutto un incubo.

“Ho comprato un sacco di cose!”
“Noto” commentò storcendo il naso mentre il fattorino si defilava.
“Ho preso anche per te ovviamente”
“Che culo”
“È esattamente quello che ho pensato io quando ti ho immaginato con questi boxer- ma dove sono?” sbottò lanciandosi dentro alla montagna di indumenti, mentre Vergo osservava tranquillo la scena appoggiato al muro.


Quelle sono brasiliane da uomo? Ma perché non sono rimasto al lavoro.


“Eccole!” esclamò trionfalmente tenendo un braccio alzato con i suddetti boxer con i cuoricini rossi e sfondo giallo.
“Ero indeciso, quindi ho preso anche questi” aggiunse sventolandogli davanti mutande con banane “e questi” pantaloni a righe verdi e rosa “anche se le mia preferite sono in assoluto queste” concluse sorridendo e alzando dei tanga rosa confetto col pizzo bianco. Da uomo.

Doflamingo guardò l’uomo davanti a sé fermo, sembrava si fosse trasformato in una statua di ghiaccio, poi improvvisamente capì.
“C'è un po’ di disordine in effetti”
Crocodile odiava lo sporco e in egual misura rifuggiva il disordine.

Il moro si mosse e il biondo sentì numerosi brividi di paura lungo la colonna vertebrale.
“Un po’?” chiese con voce gentile il moro rimarcando sull’ultima parola, mentre sul suo volto svettava un sorriso gioviale che fece indietreggiare l’altro; Vergo prese i suoi boxer con hamburger ed uscì dalla stanza.
“Ho una gran voglia di prendere la tua faccia e sbatterla contro il muro, più e più volte, poi dar fuoco a tutta questa schifezza, te compreso” disse con tono allegro.
“Ora mettiamo in ordine ma ti prego calmati e controlla il tuo OCD” sussurrò cominciando a raccogliere.

Da quando aveva capito che era affetto da un disturbo ossessivo-compulsivo dovuto alla pulizia, si era spiegato il perché di molti dei suoi comportamenti, come quando aveva rotto un braccio ad una persona che gli aveva tossito quasi in faccia e aveva sparato in una gamba ad un altro che aveva sporcato per terra dove lui doveva passare.

Crocodile chiuse gli occhi e cercò di controllare l’impellente bisogno di bruciare quel luogo; Doflamingo ringraziò le sedute che gli aveva convinto a fare con Monet per mettere sotto controllo i suoi impulsi omicidi.
Dopo qualche minuto aveva fatto sparire le scatole più piccole, tenendo solo quelle più grandi e riempiendole dei vestiti acquistati.
Fortuna volle che Dellinger passasse davanti alla stanza e che capisse al volo la situazione, aiutandolo a portare via il tutto in un altro posto.

Crocodile riaprì lentamente gli occhi e inspirò, notando la stanza vuota e il biondo col fiatone che gli porgeva uno swiffer per raccogliere la polvere, che lui accettò subito.
Doflamingo crollò per terra e guardò l’altro che puliva con un’espressione più rilassata sul volto.


Almeno così si calma un po’...


Dopo aver ripreso fiato, uscì dalla stanza ed incrociò Baby-5, intenta a mandare un messaggio al suo nuovo spasimante, un certo Don Sai, che l’aveva salvata da uno scippo. Non che lei non si sapesse difendere da sola, ma era sempre stato il suo sogno farsi soccorrere dal principe azzurro.
Aveva fatto qualche ricerca e quel tizio non era così male, anche perché si era rivelato pure l’anima gemella della cameriera.
“Baby-5, fammi un favore, prepara del caffè e porta dei dolci in salone”
“Certo Dofy!” disse lei cordiale.
“Grazie”

La mora guardò l’uomo allontanarsi e sorrise; di solito non era così gentile, ma quando c'era di mezzo Mister Zero il suo capo si trasformava in una ragazzina.
 

Crocodile appoggiò lo swiffer in un angolo e sospirò soddisfatto; la camera era tutta pulita e solo in quel momento si rese conto che era da solo.
Il biondo sbucò dalla porta.
“Vuoi il caffè?”
“Sai che non rifiuto mai”

Entrambi si sedettero davanti al tavolo e si godettero il momento di pace.
Due uomini che conducevano affari illegali e non ci pensavano due volte ad uccidere chi si ponesse sulla loro strada, trovavano rilassante e piacevole restarsene in silenzio a condividere qualche minuto della loro giornata.
Baby-5 era stata tentata più volte di dire al Signorino che era quello che facevano le coppie sposate, ma Monet era intervenuta per salvare la vita alla giovane.

A Crocodile piaceva particolarmente fumare nella terrazza personale del capo famiglia, quella collegata alla sua camera da letto, per quello dopo aver consumato la sua dose di caffeina quotidiana si diresse in quel luogo.
Entrò nella stanza e uscì, accendendosi subito dopo un sigaro e appoggiando i gomiti alla ringhiera.
Udì la porta chiudersi e sorrise quando sentì delle braccia circondargli la vita.
“Sto fumando”
“Fai pure” rispose Doflamingo cominciando  a mordicchiargli il collo.
Lo ignorò per un po’, poi si divincolò dall’abbraccio e si girò, unendo le loro labbra e lasciando che il fumo denso e acre si liberasse tra di esse.
Il biondo sembrò apprezzare il trattamento, staccandosi per leccarsi il labbro superiore.
Crocodile aspirò nuovamente dal sigaro e lo baciò, spingendoselo vicino con una leggera pressione sulla nuca.
Doflamingo posizionò le mani sulla ringhiera e lasciò che fosse il moro a condurre; nonostante avesse una personalità molto decisa, non poteva negare di trovare assai piacevole interpretare la parte passiva.
E sapeva bene che Mister Zero era un maniaco del controllo e non aspettava altro se non un’apertura per poterlo torturare.
Quei baci erano lenti, di quelli che ti consumano come una candela.
Del loro odio sembrava non essere rimasta alcuna traccia, per questo nessuno li aveva mai visti in atteggiamenti del genere; quei momenti erano rari e riservati.

Doflamingo lo prese per il polso e lo trascinò in camera, spingendolo sul letto e facendolo cadere sdraiato di schiena.
Una delle cose che più apprezzava del fenicottero era che sapesse trovare un utilizzo della propria bocca anche quando stava zitto.
Gli slacciò i pantaloni e li abbassò leggermente insieme all’intimo, senza però toglierli.
Crocodile continuò a fumare, espirando il fumo nell’aria e lasciando che si disperdesse in spirali, mentre il biondo si intratteneva poco più in basso.
Chiuse gli occhi mordendo leggermente la base del sigaro quando Doflamingo decise di impegnarsi di più, aumentando il ritmo, leccando e succhiando e alternando i movimenti che sapeva piacessero all’altro a momenti di pausa, per non far finire tutto troppo presto.
Quando sentì le anche alzarsi leggermente, seppe che mancava poco e ruotò la lingua in senso antiorario, succhiando ancora, cosa che fece perdere il controllo al moro, che venne nella sua bocca.
Espirò e regolarizzò il respiro prima di tornare a fumare; il biondo lo rivestì e si leccò le labbra, poi si posizionò sopra di lui e nascose il volto nell’incavo della spalla dell’altro.
Crocodile passò le dita tra i capelli biondi e finì di fumare lasciando cadere il sigaro sul pavimento ed avvolgendo la vita di Doflamingo con l’altra mano.


È fin troppo concessivo oggi


“Croco-chan” cominciò con un tono lamentoso che fece alzare gli occhi al cielo al diretto interessato.
“Cosa”
“Ho voglia di scopare”


Come non detto


“Ouch! Smettila di picchiarmi!”
“E tu piantala di dire cavolate”
“Ma è vero!”
“Fottiti”
“Esatto, proprio quello di cui stavo parlando” commentò morsicandogli la base del collo e infilando una mano sotto la camicia.

 

Non è forse amore quel labile confine tra il fottiti e il fottimi?



 

“Vuoi sapere una battuta sui fantasmi?”
“Doflamingo, taci.”
“Questo è lo spirito~”
“ … Preferivo quando stavi zitto”

 



-
 



Fino a quel momento non ci aveva pensato dato che, ovunque dovesse andare, era Marco a guidare l’auto concessa dalla sua scuola per rimpiazzare quella danneggiata.
Era gentile da parte sua, ma era ora che portasse dal meccanico anche la sua povera Yeti così da poter accompagnare suo fratello in giro a mettere a soqquadro il mondo.

“Marco” disse Ace appoggiando la tazza sul piattino e alzando lo sguardo sul barista. “Ho deciso che porterò l’auto a riparare, non posso sempre dipendere da te”
L’uomo sorrise comprensivo ed annuì.
“Va bene, ma non conosco officine valide, fino a questo momento non mi era mai capitato di fare un incidente”

“Ti consiglio di andare da Franky, è molto valida” commentò una voce calma dietro di loro.
Ace si girò incontrando un paio di occhi azzurri come il ghiaccio e soprattutto divertiti.
“Non volevo origliare, volevo solo ordinare la cosa più calorica presente sul menù”
“In effetti sei un po’ magro”
“I turni all’ospedale non mi permettono di mangiare in modo regolare” rispose sorridendo gentilmente ma facendo venire i brividi ad Ace.


Un medico con tatuaggi sulle braccia e sulle dita scritto DEATH. Ora sì che le ho viste tutte.


“Capisco, non deve essere facile”
“Oh, a me non cambia molto. Operare a stomaco pieno mi sarebbe d’intralcio”


Un chirurgo! Ancora meglio


“Ma devo guadagnare due chilogrammi il più presto possibile”
“Se vuoi ingrassare in fretta vai di cioccolato e dolci, e aggiungi anche carboidrati, ti faccio compagnia!” disse gioviale facendogli segno di sedersi di fianco a lui.
“Ah, non mi sono presentato. Portgas D. Ace, piacere!”
“Trafalgar Law”

Marco ricomparve in quel momento appoggiando davanti a loro una varietà di cibi noti per essere calorici e possibilmente da evitare durante la dieta.

Cominciarono a mangiare; il dottore sembrava non voler intavolare una conversazione, Ace invece fremeva per parlare; di natura amichevole, considerava un ragazzo col pizzetto pieno di tatuaggi e laureato in medicina una persona decisamente interessante.
Law, che non era stupido, lo vide agitarsi e aspettò.

“Hai detto due chili?” chiese infatti il moro con le lentiggini poco dopo.
“Il mio ragazzo mi tiene in astinenza se non ingrasso” commentò semplicemente. Non aveva mai fatto segreto del suo orientamento sessuale, quindi non vedeva nessun motivo per cominciare in quel momento.
Ace sorrise ed annuì.
“Davvero un demonio! Però se mangi tutta questa roba per un paio di giorni di seguito, un chilo lo prendi sicuro” rispose senza fare una piega.
“Se vuoi posso scriverti un programma di cibi da mangiare ad ogni ora del giorno” commentò il barista mentre puliva un piatto.
“Marco, geniale! Se gli dai una mano impiega ancora meno”
Law guardò i due cominciare ad elencare prelibatezze di ogni genere, sorridendosi di tanto in tanto, e capì subito perché Ace non aveva fatto una piega al ‘ragazzo’.

“Vi sarei molto grato” disse appoggiando la forchetta dopo aver mangiato molti dei dolci davanti a lui.
“E di cosa? Tu mi hai detto dove portare l’auto”
“Probabilmente incontrerai un tizio enorme, con capelli rossi sparati e rossetto, un carattere del cazzo e uno sguardo deciso come il tuo”
“Sei un assiduo frequentatore?” chiese sorpreso il barista.
“No, è la persona che mi tiene in astinenza”

I due fecero un ‘oh’ interessato.

“Voi due mi sembrate molto una coppia di pettegole” 
“Di solito non ci comportiamo così, ma tu sei un soggetto abbastanza strano.” rispose Ace per poi cominciare ad ondeggiare e cadere in avanti sul bancone.
Law rimase di sasso e controllò il battito cardiaco, constatando che era ancora presente.
“Dorme?” chiese al biondo, che gli sorrise.
“Soffre di narcolessia”
Il moro annuì e si risedette, attendendo che il ragazzo tornasse in sé.
Marco gli spiegò che a volte si svegliava dopo qualche minuto, altre invece impiegava anche un’ora perché ne approfittava per schiacciare un pisolino.

Dopo qualche minuto Ace riaprì gli occhi.
“Che è successo?”
“Soffri di narcolessia, divertente. Potrei fare qualche esperimento sul tuo cervello?”
“Mi sai tanto di scienziato pazzo, sai?”

Law ghignò e fece per alzarsi
“Non sei il primo a dirmelo. Grazie per i dolci”
“Aspetta, ti scrivo la lista” disse Marco sparendo in cucina.
In quel momento la porta del bar si aprì e una risata cristallina ruppe la calma.

“Fratellone!”
“Rufy! Che ci fai qui?”
Il ragazzino si avvicinò e il moro notò che aveva dei graffi sulla guancia ed il fiatone.
“Sto facendo a botte con qualche tizio”
“Cosa” disse Ace alzandosi in piedi.
“Stavano cercando di fare del male ad una ragazza, così mi sono intromesso” commentò semplicemente.
In quell’istante entrarono nel locale una decina di uomini, alcuni armati di mazze e tubi di ferro.
“Fratellino, perché ti cacci sempre nei guai?”
“Eheh”
“Scusa se te lo chiedo Trafalgar, ma una mano farebbe comodo anche se siamo in minoranza e disarmati”
“Parla per te” sussurrò Law estraendo un bisturi dalla tasca e facendo ridere Ace.
“Rufy, lui è-”
“Trafalgar… Torao!”
“Trafalgar Law” provò a correggerlo, ben sapendo che quando suo fratello affibbiava un soprannome a qualcuno, raramente cambiava modo in cui chiamarlo.
“Trafalgar, lui è mio fratello minore Rufy”
“Piacere Torao! Ora divertiamoci!” esclamò buttandosi nella mischia senza aspettare una risposta.

Ace lo seguì quasi subito e Law camminò lentamente in mezzo al casino.
Aveva trovato un ottimo modo per smaltire il carico di frustrazione sessuale che Kidd gli aveva causato in quei giorni: fare del male fisico ad altre persone. 
Riuscirono a mettere al tappeto tutti gli uomini, Ace si spaventò per loro quando vide con la coda dell’occhio Trafalgar rompere il polso ad uno sorridendo maniacalmente. Ringraziò Dio che fosse dalla loro parte.

Dopo averli buttati fuori dal locale, si girarono verso Marco, che stava applaudendo da dietro il bancone.
“Niente male! Siete proprio tre pesti. Ecco la lista” concluse porgendo un foglio al moro.
“Grazie, è stato un piacere” detto questo uscì lasciando i due fratelli impressionati e con una miriade di domande da fare.
“Chirurgo? Serial killer forse” sussurrò Ace sorridendo.
“Torao è fantastico! Ora devo andare anche io altrimenti Nami mi uccide, ciao fratellone!” e sparì senza aspettare la risposta dell’altro, come al solito.
“Vanno tutti di fretta oggi”
“Già. Vado a fare un giro a vedere se trovo questa officina ‘Da Franky’, ci vediamo dopo. E dire che il nome non mi è nuovo...” 
“D'accordo, io pulisco il casino che avete fatto”

 


Ace camminò diretto all’incrocio canticchiando tra sé e sé.
“Making my way downtown, walking fast…”

Una voce arrabbiata e bassa gli fece alzare gli angoli della bocca, si girò e vide un uomo con corti capelli grigi, due sigari in bocca ed espressione scazzata osservarlo, riconoscendo subito il suo noto rivale.

“Sapevo che la rissa era opera tua, Portgas!”
“Walking faster…”
“Sei in arresto!” esclamò il commodoro Smoker dalla parte opposta della strada correndo verso di lui.
Fucking running! Devi prima prendermi, Smoky!” rispose ridendo e scappando inseguito dal marine per le strade della città.

Una donna con occhiali da vista osservò la scena; non che ci fosse qualcosa di nuovo nel suo superiore che perdeva la calma a causa di quel ragazzino, ma Tashiji sorrideva sempre ogni volta, perché sapeva che, in fondo, anche Smoker trovava divertente mettere agli arresti Ace, dato che gli dava sempre del filo da torcere.
 

Law si girò appena in tempo per vedere il commodoro della Marina detto ‘Il Cacciatore Bianco’ inseguire un Ace sorridente, prima che entrambi sparissero dalla sua visuale.
E pensare che era entrato in quel bar per puro caso, solo perché gli era venuta una leggera fame nervosa.
Era strano per lui incontrare persone che il suo cervello catalogasse nella sezione interessante, e quel giorno ne aveva incrociate addirittura tre.
Quando vide del fumo e un fuoco alzarsi qualche strada più in là, sorrise e ricominciò a camminare con la lista in tasca.
“Un piromane narcolettico, un ragazzino imprevedibile con un buffo cappello di paglia e il figlio maggiore del sindaco Barbabianca. La mia giornata ha preso una piega alquanto buffa” disse a se stesso mentre si dirigeva nuovamente verso casa per preparare il solito trolley del venerdì e partire verso villa Donquixote.

 



-
 


Dopo essere riuscito a distrarre Smoker incendiando un cassonetto, sperava che il commodoro lo lasciasse in pace, invece quell’uomo si era rivelato un vero segugio, aveva ignorato il fuoco e lo aveva inseguito.
C'era voluta tutta la sua bravura nel nascondersi e un pizzico di fortuna per seminarlo.

Col fiatone aveva girato in una strada e aveva ricominciato a correre, ma una mano lo aveva tirato per un braccio in un vicoletto.
Guardò il proprietario di quella mano e sorrise vedendo Sanji fargli segno di stare zitto, per poi dargli una leggera spinta verso Zoro, che si trovava di fronte a lui, ed uscire appena in tempo per intercettare il marine.
Dopo qualche minuto ritornò.
“Gli ho dato indicazioni sbagliate” commentò alzando un pollice in segno di vittoria.
“Certo che ti diverti proprio a provocarlo” commentò Zoro mollandogli una pacca amichevole sulla spalla.
“A mia discolpa posso dire che questa volta non centro, è stato Rufy a portarci un’intera banda al bar, la mia è stata solo legittima difesa” rispose con una faccia fintamente innocente, tradita da un sorriso sbarazzino.
I tre ragazzi uscirono dal loro momentaneo nascondiglio e camminarono.
“Per caso sapete dove si trova l’officina ‘Da Franky’?”
Zoro scosse la testa.
“Sì, devi andare verso il dojo di questo cretino e poi girare a destra al primo incrocio, da lì sempre dritto, non puoi sbagliare. Poi salutacelo!
Zoro, nessuno contava sul fatto che tu potessi saperlo”
I due cominciarono a tirarsi calci e pugni ed Ace si fermò qualche secondo a guardarli, distogliendo lo sguardo quando notò che in realtà si divertivano.
“Grazie per l’aiuto, cercate di tenere d'occhio mio fratello, dà sempre un sacco di preoccupazioni” disse salutandoli con la mano e allontanandosi.

“Povero Ace, tra Rufy che si caccia nei guai e Sabo che è in un’altra città per un master in giornalismo deve essere un bel problema” sospirò il cuoco mentre lo spadaccino annuiva.
“A fine mese Sabo dovrebbe tornare”
“Cosa?”
“È una sorpresa. Non dire niente.”
“Che testa d’alga premurosa. Non dirò nulla, tranquillo.”
“Devo andare al dojo, muoviti”
“Sì, sì, calma Marimo”
I due camminarono nella direzione opposta a quella di Ace, ben sapendo che era la strada più lunga, ma ad entrambi piaceva girare per le strade uno affianco all’altro.


“Cosa fai qui, spadaccino?”
“Perona?”
La ragazza dai capelli rosa inclinò la testa da un lato e strinse il peluche a forma di fantasma al petto.
“Io dovevo andare in merceria, ho finito il filo blu. E poi a casa con quei due senza di te non ci sto, se voglio vomitare mi guardo Twilight”
Sanji guardò i due farsi un cenno comprensivo e chiese spiegazioni.
“Non te l’ho detto? Da quando si sono chiariti si comportano come una coppietta sposata, a volte non si accorgono neanche della nostra presenza”
“Perona, sei una ragazza splendida, i tuoi capelli sono come lo zucchero filato e i tuoi occhi mi ricordano-”
“Cuoco di merda, ascolta quando uno ti parla!”

Perona guardò sconsolata i due ricominciare a battibeccare per poi passare alla rissa e sospirò.
“Ero uscita per evitare una coppia e ne incontro un’altra. Oggi non è giornata” commentò sorridendo e allontanandosi, diretta in merceria.




 

Mihawk guardò Shanks fare una faccia strana e gli dedicò uno sguardo interrogativo.
“Mi fischiano le orecchie, qualcuno sta parlando di me” commentò brevemente, annuendo.
Il moro non gli diede peso e tornò a leggere il libro; l’uomo dai capelli rossi, che si era seduto di fianco a lui sul divano, continuò a fissarlo come se nulla fosse finché non riebbe gli occhi dorati su di sé.
“Ora cosa c'è”
“Niente, mi piace guardarti mentre leggi”
Mihawk fece una smorfia strana e riprovò a dedicarsi alla lettura, ma era alquanto difficile concentrarsi quando aveva quello sguardo puntato addosso.
Chiuse il libro con uno scatto e afferrò il colletto della camicia bianca del Rosso, lo tirò verso di sé e lo baciò.
“Ora lasciami finire il libro” commentò lasciandolo e riprovando a leggere, mentre l’altro sorrideva.
“e finiscila di gongolare”
Shanks gli fece una linguaccia e chiuse gli occhi, appoggiando la spalla a quella del moro, che fece lo stesso.


 


-
 


Ace seguì alla lettera le istruzioni di Sanji, a destra e poi sempre dritto. Erano un po’ generiche, ma capì perchè non avrebbe potuto sbagliarsi quando si trovò davanti all’insegna.
“In effetti è molto caratteristica” disse entrando nell’officina.
Vide un paio di scarponi sbucare da sotto un’automobile e si fermò.
“Scusi, a chi posso chiedere per far riparare la mia Yeti?”
Gli scarponi si mossero e un ragazzo sporco di olio con buffi capelli rossi gli si parò davanti.

“Puoi chiedere a me, il capo è andato in montagna con sua moglie”
Ace lo fissò per qualche secondo e Kidd cominciò ad innervosirsi; proprio quando stava per usare la chiave inglese in maniera inappropriata il ragazzo con le lentiggini gli sorrise.
“Tu sei il fidanzato di Trafalgar, quello che lo tiene in astinenza finché non prende due chilogrammi! Piacere, Portgas D. Ace” disse allungando una mano.

Il meccanico rimase a bocca aperta ma la strinse.
“Eustass Kidd. A quanto pare hai avuto la sfortuna di conoscere quella testa di cazzo”
Ace annuì “Se vuoi ti racconto tutto, ma ho un po’ fame, dopo la corsa inseguito da Smoky devo aver smaltito il pranzo”
Kidd sorrise; gli era capitato un tizio interessante in officina, di solito i suoi clienti erano tutti dei deficienti senza cervello, escluso Crocodile, invece quel ragazzo aveva l’aria di essere uno che si cacciava nei guai facilmente.
E ad Eustass piacevano le persone così simili a lui.

“Lasciami finire quest’auto e poi andiamo a mangiare. Sono proprio curioso di sapere che minchia ha combinato Trafalgar. Ah, e poi mi dici anche che problemi hai con l’auto”
Ace si trovò subito d'accordo con lui, si sedette su una panca e aspettò pazientemente.



Dopo una mezz'oretta, Kidd riemerse dal cofano e si pulì le mani smaltate su uno straccio già completamente macchiato.
“Di certo non posso andare a mangiare conciato così.” commentò guardandosi.
“Per me non c'è problema, posso anche accompagnarti a casa, tanto oggi non ho molto da fare”
Il rosso sembrò pensarci su qualche secondo e poi sorrise.
“Perfetto, dovrei avere gli ingredienti necessari per fare una carbonara in casa se per te va bene”
Occhi neri sgranati che brillavano di luce propria furono una risposta più che eloquente.

 

Uscirono dall’officina e camminarono fino a casa di Kidd.
Entrarono e il meccanico notò che mancava il trolley.
“Trafalgar non c'è, al momento è tornato dalla mamma chioccia” commentò cominciando a ridere pensando a Doflamingo che covava uova.
Ace alzò le spalle e si sedette in cucina mentre Kidd spariva in bagno per farsi una doccia.
Tornò dopo una decina di minuti con indosso una t-shirt dei KISS e dei pantaloni a righe bianche e nere.
“È stato Law a consigliarmi di venire da te per l’auto” cominciò Ace mentre Eustass si metteva ai fornelli.
“A dire il vero l’ho conosciuto qualche ora fa al bar di Marco”
“Oi, oi, parti dall’ inizio. Chi è Marco?”
Ace ghignò e cominciò a raccontare proprio dal principio.


Gli spiegò che aveva due fratelli, uno della sua età in un’altra città, e uno più piccolo che gli dava un sacco di preoccupazioni ma a cui voleva molto bene. Gli raccontò della rissa di Rufy, di lui che, preso dal panico, non aveva visto un’auto e l’aveva tamponata.
Gli disse che aveva incontrato la sua anima gemella, che si era rivelato proprio il proprietario della macchina che aveva tamponato e che rispondeva al nome di Marco.
Continuò descrivendo il biondo, il suo bar, la sua famiglia e l’incontro con Barbabianca, cosa che provocò a Kidd diverse risate mentre scolava gli spaghetti.
Arrivò finalmente a parlare di quel pomeriggio e di come Law gli aveva dato una mano a mettere al tappeto quei tizi.
“Sapevo che girava con un bisturi in tasca, quello è completamente pazzo”

Quando finì il suo racconto con lui e Smoker, Kidd gli appoggiò davanti un piatto enorme di spaghetti alla carbonara.
“In effetti conosco poco Law, ma dato il tipo, solo una persona strana quanto lui poteva essere il suo ragazzo” commentò Ace cominciando a mangiare.
Kidd seppe che quel ‘strano’ era stato usato come complimento soltanto guardandolo in faccia.
“Di solito non invito gente a cazzo a casa mia, ma se sei sopravvissuto ad un incontro con quella merda di dottore e ci hai pure intavolato una conversazione per più di un minuto, allora vuol dire che non sei tanto male” commentò Eustass mangiando.
“E tu e Law come vi siete incontrati?”

Kidd ghignò e cominciò il suo racconto, dalle sedute della dottoressa Kureha, al tentativo di omicidio di Doflamingo, poi Crocodile, Rocinante e i pony.
Ace non gli staccò mai gli occhi di dosso, troppo interessato alla storia singolare che quel meccanico gli stava raccontando. Finì per ingoiare tutta la carbonara e a prestare attenzione solo al rosso di fronte a sé.

“E io che pensavo di avere una vita interessante!” esclamò Ace incrociando le braccia al petto. “entrambi abbiamo incontrato le nostre anime gemelle per puro caso e in circostanze abbastanza buffe”
“Già, non me lo ricordare”
“Davvero hai paura dei pony?”
“Fanculo Ace, quei cosi sono orribili”
“Però Crocodile non mi è nuovo come nome. Credo che Robin lo avesse nominato tempo fa”
“Robin è la moglie del mio capo, Franky”

Ace aprì la bocca per dire qualcosa e poi la richiuse. Capì perché quel nome gli suonasse e perché Sanji gli aveva detto di salutarlo.

“Franky mi aveva detto di avere un’officina, ma non avevo collegato che potesse essere la tua officina! Devo essermelo dimenticato, certo che sono proprio un coglione. Da Franky… quante persone possono esserci con un nome simile?”
Kidd lo guardò interrogativamente e Ace gli spiegò che l’omone dal ciuffo azzurro faceva parte della cerchia di amici di Rufy.
“Purtroppo ho una memoria terribile, altrimenti mi sarei ricordato di questo particolare” commentò passandosi una mano tra i capelli neri.
“Non dirlo a me, a volte mi sembra di avere una memoria di uno scendi letto, mi scordo pure che giorno è!” sbottò il meccanico in un ringhio.
Entrambi sospirarono.

Proprio quando Kidd stava per parlare nuovamente, Ace cominciò ad ondeggiare e cadde di faccia sul piatto.
Il rosso lo guardò e provò a scuoterlo, senza risultati. Prese il cellulare e chiamò.


“Pronto Kidd?”
“Killer. È successo”


Un silenzio tombale si diffuse in chiamata.


“Chi hai ucciso? Come?”
“No, senti, io non ho fatto niente, ma devi venire a casa mia, poi ti spiego”
“Ok, cinque minuti e sono da te”


Entrambi sapevano che prima o poi il rosso avrebbe ucciso qualcuno, era solo questione di tempo.

Eustass chiuse la chiamata e aspettò; poco dopo Killer entrò dalla porta e si passò una mano tra i capelli biondi.
“Come hai fatto ad ammazzarlo?”
“L’ho ucciso con una carbonara”
“Se è uno scherzo non è divertente”
“Aveva appena finito di mangiare, quando si è accasciato da solo sul tavolo! Merda, non ho fatto nulla! Però si può dire che…” commentò pensandoci sopra.
“No, non farlo”
“...questa carbonara è buona da morire” concluse annuendo mentre Killer sbuffava.
“Kidd, ti sembra il momento adatto per fare battute di pessimo gusto? Dobbiamo liberarci del corpo”
“Ok, ok. Dove lo mettiamo?”

Killer sembrò pensarci su, e dopo qualche minuto di idee scartate gli comparve la proverbiale lampadina accesa sulla testa.
“Lo mettiamo in un cassonetto, una volta arrivato alla discarica non sarà più un nostro problema”
Kidd ghignò dandogli una pacca sulla schiena.
“Sei un fottuto genio amico mio”

Avvolsero il corpo di Ace in un vecchio tappeto e lo caricarono nell’auto del biondo, dirigendosi verso una strada poco frequentata.
Giunti a destinazione si guardarono attorno e scaricarono il tappeto e il suo contenuto dentro al cassonetto, appoggiandosi poi all’auto.
In quel momento il cellulare di Kidd cominciò a suonare, facendo spaventare i due.


“Kidd, hai intenzione di venire? Perchè Cora-san si è messo a piangere quando ha visto che non c'eri”


Il rosso fissò il muro davanti a sé e poi Killer che fece spallucce ed entrò in auto, seguito dall’altro.

“Trafalgar, ho appena ucciso un tizio”
commentò mentre la macchina si allontanava.

Law, seduto in salone, tacque per un tempo necessario ad attirare l’attenzione dei presenti.
“Doflamingo, Kidd ha appena ucciso un uomo” 
Il biondo sorrise e applaudì.
“Era ora!”
Crocodile gli mollò uno scappellotto sulla nuca.
“Non era la reazione che avresti dovuto avere.” disse alzandosi e mettendosi di fianco al ragazzo.
“Dov'è ora? Come lo ha ucciso? E il cadavere?”

Law annuì.
“Kidd dove sei?”


“Non so come dirtelo, ma mi sa che lo conoscevi”


Law si alzò.
“Spiegati”

Kidd gli spiegò brevemente del suo incontro in officina con Ace e della carbonara con collasso, e Law si spalmò una mano sul volto.
“Cretino, perché non hai controllato il battito cardiaco? Ace soffre di narcolessia, si è solo addormentato!”


Kidd e Killer, che erano tornati a casa del secondo, si fermarono chiudendo gli occhi e dandosi dei deficienti.

“Dimmi che è ancora lì”

“... potrebbe esserci un problema”
“In che senso?”
“Nel senso che lo abbiamo avvolto in un tappeto e messo in un cassonetto, in quel senso”
“Di che colore era il cassonetto?”
“Cosa te ne frega del colore?”
“Rispondimi”
“Era blu mi sembra”
“Allora abbiamo qualche speranza. Lo hai messo in quello per la carta, non passano a pulire così frequentemente”


“Lo sanno tutti che i corpi vanno nei cassonetti grigi per la raccolta indifferenziata” commentò Doflamingo continuando a ridere sulla poltrona, mentre Crocodile, che aveva capito più o meno come erano andati i fatti, fece un segno per attirare l’attenzione di Law.
“Cosa possiamo fare?”

Il ragazzo si ricordò del barista.

“Devi trovare il numero di Marco Newgate”
L’uomo sembrò pietrificarsi.
“Quello non è un problema, ne sono già in possesso”
Il moro sembrò non accorgersi della sua smorfia.
“Contattalo. Ace è il suo ragazzo, almeno possono andarlo a recuperare”

L’uomo sospirò estraendo il telefono, mentre il biondo, che aveva smesso di ridere, lo fissava interessato.

 

Marco aveva appena finito di pulire il bar e di preparare la pasta e la crema per fare le paste, quando il suo cellulare si mise a suonare.
Pensando fosse Ace sorrise, ma quando vide che il numero apparteneva ad una sua vecchia conoscenza, qualcosa dentro di sé lo mise in allarme.


“Crocodile, è raro che tu prenda l’iniziativa per chiamarmi, anzi, non lo hai mai fatto”
“Già, non lo avrei fatto se la situazione non lo richiedesse”
“Dimmi, ti ascolto. Sai che se hai bisogno di un aiuto io e Papà-”
“No, non è per me, è per Ace”


Marco sentì il sangue congelarsi nelle vene.


“Come conosci quel nome?”


Crocodile deglutì e spiegò la situazione alla Fenice, che non parlò per tutta la durata della chiamata.

Law, nel mentre, aveva detto a Kidd di ritornare al posto di prima, per recuperare il malcapitato.
Ma una volta arrivati avevano scoperto che il camion dei rifiuti era passato e del ragazzo non c'era traccia.

Il rosso si infilò in auto e lanciò il telefono a Killer.
“Bisogna rintraccialo” 
Detto questo cominciò a guidare come un forsennato e, finalmente, dopo aver pattugliato la zona, vide in lontananza un camion che corrispondeva alla descrizione.
Stava per avvicinarsi quando si imbatterono in un posto di blocco.
“Kidd, non fare cazzate”
“Killer, non abbiamo tempo per questa merda, non voglio avere un morto sulla coscienza soprattutto se mi sta simpatico”
Eustass forzò il blocco e accelerò, inseguito subito da una volante.
Killer, gettò un’occhiata al camion e memorizzò la targa prima che questo sparisse dalla loro visuale.
Il poliziotto alla guida della macchina li aveva fermati sparando alle gomme, e c'era solo un uomo tanto folle da fare una cosa del genere.

“Smoker, porca troia!”
L’uomo gli fece segno di abbassare il finestrino.
Killer passó la targa a Law e chiuse la chiamata.
“Ma guarda, due vecchie conoscenze, ora andiamo al commissariato e passate una notte in cella, così imparate a non rispettare il codice stradale.”
“Ma avevamo un buon motivo!”
“Scatenate risse ogni notte e ora pure pirati della strada. La prossima volta cosa volete aggiungere alla vostra fedina, l’omicidio?”
“Ci stiamo lavorando” sussurrò Kidd uscendo dall’auto e sperando che Law potesse fare qualcosa.



Il ragazzo, che era stato messo al corrente da Killer, si alzò e prese il telefono di Crocodile.


“Marco, sono Law”
“Law? Ma che-”
“Non ho tempo per spiegare, ma a quanto pare il mio ragazzo e il suo amico, che avevano localizzato il camion, sono stati fermati da Smoker”


Marco crollò su una sedia.


“Ma abbiamo la targa. Te la scrivo per messaggio, la zona dove erano poco fa la sai. Se hai bisogno chiama questo numero”
“Va bene, grazie”


Marco chiuse la chiamata e si tolse il grembiule, uscì e montò sulla sua automobile.
In quel momento il codice stradale era l’ultimo dei suoi pensieri.
Stava per arrivare nelle vicinanze della zona che gli avevano detto il dottore, quando una spia rossa si accese sul cruscotto.
“Ace, merda, quante volte ti ho detto di fare benzina!” sbottò accostando e scendendo. Era ancora lontano dal punto in cui doveva trovarsi e l’unica soluzione veloce che gli venne in mente fu fare l’autostop.

Stranamente una macchina si fermò una decina di minuti dopo.
Un uomo moro dagli occhi dorati lo fissò con interesse.
“Sei tu Marco?”
Lui annuì sorpreso.
“Sali, Crocodile mi ha spiegato la situazione”
Il biondo sorrise e ringraziò mentalmente che quell’uomo avesse contatti un po’ ovunque.

Mihawk lo portò sul posto indicato, esattamente dove prima c'era il blocco stradale, e si fermò.
“Non so i dettagli, ma buona fortuna” Detto questo ripartì.

Marco si guardò intorno e cominciò a camminare; il camion era abbastanza riconoscibile e soprattutto doveva fare altri cassonetti prima di andare alla discarica. Questo gli dava un po’ di tempo.
 





“Cosa vuol dire che mio fratello è nei guai?”
“Ascoltami bene Mugiwara-ya, se hai qualcuno che possa darti una mano chiamalo e digli di aiutarti a cercare un camion con questa targa”
“Pronto? Non so cosa tu abbia detto a Rufy ma ha cominciato a dare di matto, cos'è successo ad Ace?”


Trafalgar ripetè di nuovo alla voce maschile la stessa cosa che aveva detto al ragazzo; Marco aveva avuto l’accortezza di mandargli per messaggio il numero di Mugiwara-ya e lui ne aveva approfittato.

“Ho capito, nessun problema. Ehi Marimo, afferra Rufy e andiamo a prendere l’autobus, io chiamo Nami e Brook”

Sanji ringraziò quello che il ragazzo dal cappello di paglia aveva definito col nome di Torao e chiamò la ragazza.
Una volta calmati i bollenti spiriti, salirono sul bus ed incontrarono Nami.
“Ok, dividiamoci, mi è venuta un’idea. Io scendo qui, voi proseguite. Brook dovrebbe già essere in zona.”
“Sanji, sei sicuro?”
“Certo, mon cherie, li lascio in buone mani” commentò sorridendo per poi scendere.
“Ed ora diamo inizio al piano”

 



-



Law mise il cellulare nella tasca dei pantaloni e si diresse verso l’uscita.
“Wani-ya, mi serve l’auto”
Crocodile rise per qualche secondo, poi tornò immediatamente serio.
“Tu la mia Audi non la guidi” disse sorpassandolo e facendogli segno di seguirlo.
Doflamingo gli passò davanti.
“Se va lui, vengo anche io”
Rocinante gli poggiò una mano sulla testa.
“A questo punto ti accompagno anche io, poi ho proprio voglia di rivedere Kidd”

Law guardò sconsolato i tre uomini non invitati salire sull’Audi nera e sospirò chiudendo gli occhi.
 



-



Rufy cominciò a girare per le strade senza un controllo apparente e, come era facilmente intuibile, Zoro e Nami lo persero di vista.
Il ragazzino cominciò a guardare dentro tutti i cassonetti ed attirò l’attenzione di un uomo.

“Ehi, tu, che stai facendo?”
Il moro si girò, trovandosi davanti un tizio con una maglia con disegnato un cigno, truccato e dallo sguardo divertito.
“Non ho tempo, devo trovare mio fratello”
“E lo cerchi lì dentro?”
“Soffre di narcolessia e io devo aiutarlo, anche a costo di essere portato in prigione!” esclamò Rufy buttandosi in mezzo alla strada per fermare un camion.
L’uomo urlò e lo sottrasse appena in tempo, tirandolo per la maglia.
“Ragazzino” disse commosso “ti darò una mano. Come ti chiami?”
“Rufy!”
“Io sono Bon Clay, e ora siamo amici. Dato che un amico ha bisogno di una mano, darò tutto me stesso per essergli d'aiuto!”

Alla centrale di polizia arrivarono diverse segnalazioni di due tizi che cercavano di suicidarsi buttandosi in mezzo alla strada, solo quando passavano dei camion.

Non passò molto prima che l’agente in zona venisse chiamato dalla centrale per intervenire.
“Voi due, che diavolo avete intenzione di fare?” ringhiò una voce bassa che sembrava provenire direttamente dall’inferno.
“Oh no! Quello è Magellan! Mugi-chan, scappa, a lui ci penso io, non puoi farti arrestare prima di aver trovato tuo fratello!”
Rufy cercò di fargli cambiare idea, ma l’uomo era irremovibile.
“Non preoccuparti, lo terrò occupato per un po’, e poi per me non è difficile uscire di prigione”

Convinto dalle motivazioni dell’altro e dalla voglia di rivedere il fratello, Rufy annuì e cominciò a correre, mentre alle sue spalle Bon Clay si preparava a combattere uno dei più spaventosi agenti della Marina.
 

Il ragazzo corse per vicoli e strade, evitando le persone e correndo fino a quando non gli mancò il fiato.
“Sei difficile da localizzare, Mugiwara-ya”
Si girò e sorrise, trovandosi davanti Trafalgar.
“Torao!”
“Sei completamente senza controllo, non puoi muoverti a casaccio. Per fortuna che ti ho visto mentre ero in auto” disse indicando un Audi nera dalla parte opposta della strada.
“Ora ascoltami. Il camion che cerchiamo non è un camion comune, ma uno della nettezza urbana, devi guardare la targa”
“Ok, e se lo trovo?”
“Riavrai tuo fratello, ma lo devi bloccare”
Rufy annuì. “Non ricorderò mai i numeri che mi hai detto”
Law glieli scrisse sul braccio.
“ '3D2Y-X?' Va bene, grazie Torao!”
“Non buttarti sotto le macchine!” gli urlò dietro il dottore prima che il ragazzino sparisse nuovamente dalla sua visuale.
Tornò all’auto e chiuse la portiera.
Dietro di lui i fratelli Donquixote lo guardavano interessato.
“Un tuo amico?”
“Già”
Crocodile ripartì e ricominciarono a pattugliare la zona.

 



-

 

L’uomo alla guida del camion che tutti cercavano, fischiettava tranquillamente, quando ricevette una chiamata sul telefono del lavoro.

“Pronto? Qui è Mister Prince”
“Prego?”
“Conosce il ristorante di merda?”
“Come ha fatto ad avere questo numero?”
“Non è importante il come, ma il perché. Accosti nella via principale e scenda dal veicolo, altrimenti qualcuno potrebbe dire al suo capo che beve sul luogo di lavoro e farla licenziare”
“Ho capito, ho capito”



Sanji chiuse la chiamata e si accese una sigaretta.
“Sei stato di grande aiuto Shanks”
“Ah, figurati, ero in zona”
“Mi spieghi che lavoro fai? Per ottenere queste informazioni così in fretta non devi certo fare l’impiegato”
Il Rosso, seduto sulla panchina di fianco a lui sorrise.
“Chissà, da piccolo ho sempre sognato di fare il pirata”
“Non vuoi proprio dirmelo, eh? Fa nulla, l’importante è che abbiamo fermato quel camion, ora sta agli altri, spero solo che quel buzzurro di uno spadaccino riesca a trovare la strada di casa”

 


Zoro starnutì.
“Ti sei ammalato?”
“No Nami, io non mi ammalo mai. Piuttosto hai trovato Rufy?”
La ragazza scosse la testa mentre riprendeva fiato. 
“Hai sentito?”
“Cosa?”
Poco dopo si udì un urlo.
“Ora l’ho sentito”
“Andiamo”
“Di qua, Zoro!”
“Lo so! Non mi tirare!”


Rufy, che correva da una mezz'oretta, si ritrovò sulla strada principale e riconobbe una testa ad ananas.
“Marcooo!” urlò attirando l’attenzione dell’uomo, che si voltò nella sua direzione.
“Rufy, allora Law ti ha chiamato!”
“Certo, lo hai visto vero?”
“Ovvio, andiamo”
I due si diressero a passo spedito verso un camion fermo davanti ad una gelateria, a qualche metro da loro.
Il ragazzino si guardò il braccio.
“La targa corrisponde!”
Marco si avvicinò all’uomo.
“Apra il camion”
“Come? Ma tutti oggi?”
Rufy non aspettò la risposta e comiciò a prendere a pugni il metallo.
“Fermati cretino!” Zoro lo prese per le spalle e cercò di allontanarlo, mentre Nami riprendeva fiato dietro di loro.
“Ridammi mio fratello!”
“Suo fratello?” chiese l’uomo stranito.

Un Audi nera parcheggiò a poca distanza, e quattro persone scesero dall’auto.
Marco riconobbe subito Crocodile che si avvicinò al tizio.
“Lei è il signor…?”
“Scanelli”
“Bene signor Scanelli. O apre quest’affare senza fare storie o le giuro che renderò la sua vita un inferno.”

L’uomo deglutì. “Prima Mister Prince, ora questa gente, ma che cosa sta succedendo oggi?” commentò mentre girava la chiave e apriva il retro del camion.
Rufy si buttò dentro e Zoro lo lasciò fare, constatando che era pieno di carta e non c'erano oggetti con cui potesse ferirsi.
Marco si avvicinò e poco dopo una zazzara nera sbucò da un tappeto.
“Che bella dormita! Ehi, ma che succede?” chiese Ace stiracchiandosi.
Rufy gli si buttò addosso quasi in lacrime e tutti i presenti trassero un sospiro di sollievo.

“Te lo avevo detto che non era una balla, marine di merda!”
“Modera i termini, Eustass. Avete avuto fortuna ad incontrare me, nessun altro poliziotto vi avrebbe dato credito”

Law si girò e trovò Smoker che battibeccava con un Kidd parecchio incazzato, mentre Killer abbracciava Penguin.
“L’hai mandata tu questa piattola” ringhiò il rosso accorgendosi della presenza del dottore.
“Ho reputato fosse una buona scelta mandare Penguin a salvarti il culo”
“Nessuno te lo ha chiesto”
“Portgas, lo sapevo che era colpa tua”
“Dai Smoky, non fare il guastafeste”
“Sei comunque in arresto per la rissa dell’altro giorno”
“Lascia stare mio fratello!”
“Mister Prince? Deve essere quel coglione di un cuoco”
“Silenzio!” sbottò Nami facendo tacere tutti i presenti.
“Abbiamo recuperato Ace e qui c'è una gelateria, ora ci sediamo e mangiamo un gelato, così ci togliamo dalla strada”

Nessuno obiettò.




Crocodile ricevette una chiamata da Mr 1 e sbuffò.
“Vallo a tirare fuori” disse chiudendo il cellulare.
“Di chi parlavi?” chiese curioso Marco mentre dietro di lui Rufy, Nami e Ace ordinavano coni con gusti strampalati.
“Un mio subordinato. A quanto pare é finito sotto arresto per colpa di Magellan”
Smoker, che se ne stava in un angolo a controllare che nessuno facesse altri danni insieme a Tashiji, drizzò le orecchie.
“Magellan? Quell’uomo è un demonio”
“Non sottovalutare i miei uomini, commodoro. Bon Clay se la sa cavare benissimo”
Rufy sbucò di fronte a Crocodile.
“Bon-chan? Lo conosci? Gli devo un favore!”
L’uomo, che si era seduto davanti ad un tavolo, alla vista del ragazzino con la bocca sporca di gelato, arricciò il naso e prese dei fazzoletti.

Ace pagò il suo cono.
“Rufy sei uno sconsiderato, non dovresti mettere in pericolo così la tua vita, non se mica di gomma! E poi-” si girò per vedere dove fosse il fratello e si paralizzò davanti alla scena.

Nami stava importunando Brook per farsi pagare il gelato; Rocinante stava abbracciando Kidd, il quale sembrava stare per saltare alla gola di Law, che sorrideva come se nulla fosse; Doflamingo parlava con Marco mentre mangiava un gelato alla amarena; Zoro era al telefono e stava litigando con qualcuno, ma, dato il sorriso, era probabilmente Sanji; Crocodile fumava un sigaro con Rufy seduto sulle sue gambe.

“Portgas, per stavolta chiudo un occhio” gli disse Smoker affiancandosi e pagando la sua coppa al pistacchio e crema.
“Molto gentile da parte sua, commodoro” lo prese in giro il ragazzo.
“È qui la festa?” chiese Shanks entrando nella gelateria e trascinandosi dietro un Mihawk parecchio imbronciato e un Sanji sorridente.
“Niente male, Mister Prince” commentò Zoro mentre il cuoco gli rivolgeva una linguaccia.
“Dove andresti senza di me?”

Crocodile salutò con un cenno della testa Mihawk, che ricambiò, per poi focalizzarsi sulla miriade di gusti disponibili.
“Shanks!”
“Ciao Marco, come stai?”
“Bene adesso” rispose lanciando un’occhiata ad Ace, che stava palesemente provocando Smoker.
Il Rosso sorrise e chiese come stava Barbabianca.


“Siete tutti in arresto!”
Tutti gli sguardi si girarono verso l’entrata della gelateria e Garp sogghignò alla vista dei suoi nipoti terrorizzati.
“Ah, scherzo. Magari un’altra volta. Oggi non sono in servizio. Ehi, Newgate, a quanto pare qui danno una festa”

I due uomini entrarono e ricominciarono tutti a parlare tra loro.

La ragazza, che se ne stava dietro al bancone, si mise dietro l’orecchio una ciocca di capelli biondi e sorrise, porgendo un cono ad un ragazzo con strane sopracciglia, che lesse il suo nome sul cartellino.
“Grazie Nana-chan, sei davvero-”
“Cuoco” lo richiamò Zoro tirandolo via.

Lei sorrise scuotendo la testa.
Quel giorno gli erano capitati dei clienti davvero fuori dal comune.

“Trafalgar, ti uccido!”
“Certo, Eustass-ya”
“Roci, vai a prendere i pony”
“Doflamingo, piantala”
“Portgas, smettila di provocare”
“Oh, che palle commodoro, lei è troppo buono”
“Nipote, arruolati!”
“Lascia in pace Ace, nonno!”
“Marimo, ti sei perso vero?”
“Cuoco di merda, dopo ti rompo le ossa”
“Rosso, Papà, scusate il casino”
“Ah, la gioventù”
“Mihawk, smettila di mangiare”
“Shanks, taci”
“Croco-chan, mangia il gelato”
“Mi sta venendo mal di testa”
“Brook, paga tu che mi devi un favore”

Clienti interessanti, certo, sperava solo che non le distruggessero il locale.
“Più che persone questi sembrano un branco di pirati”



 

Certe coincidenze ce la mettono tutta per farci credere nel destino.

 

The end


?








 


 


Angolo dell'autrice:

Siamo arrivati all'ultimo capitolo della storia; il punto interrogativo finale è una premessa al capitolo extra che voglio scrivere prima o poi, non vi svelo nulla ma qualcuno dei protagonisti farà il grande passo e... sarà il delirio.
Sono particolarmente affezionata a questa fanfiction, ci ho messo dentro un sacco di riferimenti ad amici che spero un giorno la leggeranno; ho speso molto tempo nella sua stesura ma mi sono divertita.
Molte delle scene le avrete sicuramente riconosciute: 
-Mister Prince-Sanji ad Alabasta
-Bon Clay e Magellan ad Impel Down
-3D2Y = 3 days 2 years prima del salto dei due anni e la X sempre omaggio ad Alabasta

La citazione finale è una delle mie preferite e l'ho riusata per ovvi motivi ;-)
La gelataia della fine sono io, ebbene sì, mi mancava un personaggio da inserire e... niente.

Ace nel cassonetto. Non ho spiegazioni a riguardo, ma volevo che la scena finale fosse esilarante e facesse incontrare tutti i pg comparsi, quindi è una sorta di Marineford2 la vendetta ma con un lieto fine. La canzone che canticchia Ace quando esce dal bar di Marco (e di cui cambia le parole a causa della situazione) è A Thousand Miles, ecco il link per chi non la conoscesse  http://www.youtube.com/watch?v=cwkej79U3ek 

Non so che altro aggiungere se non grazie a tutti, spero che vi siate divertiti a leggere, attendete il capitolo extra che prima o poi arriverà!
A presto,

Ace of Spades
 

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Capitolo 11
*** Extra ***




Matter of Time

extra

La tua risposta dovrebbe essere ‘lo voglio’









 

Si specchiò nuovamente e sorrise nel vedere l’immagine che la superficie riflettente gli donava; doveva ammettere che stava proprio bene vestito da pinguino, proprio ‘un bel figurino’, come gli avrebbe detto, palesemente ironico, suo fratello Sabo.
Non aveva mai contemplato l’idea di innamorarsi, figuriamoci quella di sposarsi. Fino a qualche anno prima credeva che anche solo respirare fosse uno spreco di ossigeno, ed invece eccolo lì, coi capelli corvini leggermente tirati indietro, in smoking nero e papillon dello stesso colore, in una stanza al primo piano di quella che doveva essere stata una reggia in epoche passate, riportata agli antichi fasti da persone completamente pazze.
Fissò il fazzoletto rosso sbruciacchiato che sbucava dal taschino; doveva pur aggiungere qualcosa di suo a quell’ outfit elegante!
Ace trasse un profondo sospiro cercando di calmarsi. Stava davvero per sposarsi.

Sabo lasciò Koala insieme ad una donna dai capelli verdi e dai buffi occhiali tondi e si diresse al primo piano; dopo che aveva saputo della cerimonia era stato preso da una grande euforia. Suo fratello se la meritava un po’ di felicità, e per questo non avrebbe mai smesso di ringraziare quell’ uomo dai capelli buffi.
Senza bussare spalancò la porta.

“Ace come- Ace?” commentó arricciando il naso in un cipiglio divertito.

Il suo caro fratellone era nascosto sotto una tovaglia bianca con vari ricami di pizzo, raggomitolato e accovacciato, sembrava volesse imitare una pianta grassa.

“Posso sapere cosa stai facendo?” chiese, mentre l’idea del panico pre-nozze si stava facendo largo nella sua mente. D'altra parte era pur sempre un giornalista, e le intuizioni erano il suo pane quotidiano.

“Mi sposo capisci. Mi sto per sposare.”

 

Appunto.

 

“Sì Ace, lo so”
“Qua dentro non fa caldo?”

Sabo si diresse verso la finestra che dava sul giardino sottostante, già pieno di gente.
Nonostante avessero invitato solo i parenti e gli amici stretti, la banda di Barbabianca consisteva in un gran numero di gente scatenata.

“Ho aperto la finestra, va meglio?”

In quel momento la porta si aprì e si richiuse velocemente.
“Scusate l’interruzione, ma se continuo a stare giù o finisco lo champagne, o ammazzo Doflamingo” sibilò Law sistemandosi la cravatta bordeaux.

Quando notò il ragazzo sotto la tovaglia sorrise sornione.
“Se volevi il velo bastava dirlo”

“Non respiro”
Sabo fece una smorfia e Law si avvicinò; il biondo lo fissò mentre diceva qualche parole sulla respirazione e sul fatto che fosse normale, poi si stupì quando il moro cercò di argomentare una discussione sulle emozioni, evidentemente in difficoltà.

Ace lo fissò per tutto il tempo.

“Ma quindi tu e Kidd quando vi sposate?”

Sabo si passò una mano tra i capelli; ora erano in due sotto una tovaglia, uno in preda ad un attacco di panico, l’altro ad allucinazioni di fenicotteri che volavano e decorazioni rosa confetto con cuori ovunque.
“Fantastico” decretò. “per caso c'è posto anche per me?”


Marco non era messo meglio di Ace; in una stanza diversa ma sullo stesso piano, si era messo a camminare in circolo respirando ed intervallando frasi sul matrimonio a incitamenti sulla calma.
Quando Satch decise di andare a vedere come stesse il pennuto, lo trovò tranquillo, seduto su una sedia e perfettamente vestito con smoking e cravatta blu di prussia.
In effetti immaginava che non fosse persona da farsi prendere dal panico, ma era suo dovere di fratello controllare.
“Pennuto! Tra poco ti sposi!” disse mollandogli un’amichevole pacca sulla spalla.

Marco scivolò lentamente a terra, come se fosse stato privato della colonna vertebrale.

“M-Marco?” chiese preoccupato l’uomo guardando l’altro a pancia in su sdraiato sul pavimento.
“Penso di dover vomitare” rispose tranquillamente non muovendo un muscolo.

Satch sogghignò e lo aiutò ad alzarsi.
Se solo ripensava a quello che era successo qualche mese prima, sarebbe potuto cadere anche lui per terra, dal ridere.






 

Due mesi prima


“Davvero Izou, non dovevi”
“Marco, non prendermi in giro, stai lavorando come un forsennato da settimane ormai! Hai un’espressione distrutta e sembra che non mangi da secoli!”
“Da ieri in realtà”

L’uomo si spostò la lunga coda bassa sulla schiena, in un evidente gesto di stizza.

“E poi dici che non dovevo sostituirti al bar? Tu sei pazzo”
“Sto cominciando a crederci pure io” commentó sedendosi meglio e chiudendo gli occhi.
“Va tutto bene con Ace?” chiese incerto Izou mentre finiva di asciugare le stoviglie.
“Sì, perché?”
“Stavo cercando di capire le ragioni del tuo comportamento”
Il biondo si ammutolì di colpo e l’altro lo notò.

“Pennuto, cosa stai combinando?”

Marco rimase silenzioso e lo fissò, incerto se parlarne con il suo fratello più pettegolo o tenerlo per sé.
“Ragazzi, scusate il ritardo, ma sapete com'è il traffico” commentó a gran voce Satch entrando dalla porta della cucina e togliendosi il cappotto.
“Cosa sta succedendo qui?” disse notando l'atmosfera tesa.
“Succede che gliel’ ho chiesto e lui non mi risponde” sibilò Izou tornando ai piatti.
Satch rivolse uno sguardo divertito al moro e poi si voltò a guardare Marco, seduto su una sedia, che sembrava fare il finto tonto.
“Dai Pennuto, lo sai che siamo dalla tua parte” cominciò prendendone un'altra per caderci sbuffando.
Dopo qualche altro secondo di silenzio, Satch esordì con “Hai ucciso qualcuno?” e allora Marco capí che non aveva scampo.
“No, non ho ucciso nessuno, e no, non ho intenzione di dirvelo. Ancora.” cercò di chiudere il discorso il biondo facendo per alzarsi, ma un violento capogiro lo fece tornare alla posizione di partenza.

Izou, finito coi piatti, si rivolse a Satch.

“Portiamo questo zuccone a casa, non si regge in piedi”
“Agli ordini mademoiselle!”

 

Ace stava leggendo il nuovo fumetto della Marvel che aveva comprato quella mattina quando suonò il campanello.
Si infilò pigramente le ciabatte e andò ad aprire.

“Ma che-”
“Ciao ragazzino! C'è un pacco speciale per te!” esclamò Satch spingendo Marco verso di lui. “Finiamo noi al bar, fai in modo che si riposi” commentó Izou puntandogli contro un indice minacciosamente.
Marco cinse il collo di Ace con entrambe le braccia mentre il moro lo sosteneva come meglio poteva tenendolo per la vita.
“Va bene” rispose e i due uomini se ne andarono.

Chiuse la porta con il piede e portò il suo ragazzo a letto, aiutandolo a stendersi, rendendosi conto che si era già addormentato sul colpo.
Si grattò la nuca; aveva notato che era da un po’ di tempo che il biondo faceva straordinari su straordinari, ma, dopo le sue domande, l’altro aveva liquidato l’argomento con un semplice ‘c'è un sacco di lavoro in questo periodo’.
Ace all’ inizio gli aveva creduto, poi aveva cominciato a preoccuparsi; il fatto di non vederlo più spesso nonostante abitassero insieme era fonte di stress anche per lui.
Soprattutto perché non aveva la minima idea di quello che stesse succedendo, e la cosa lo intristiva. Forse Marco non si fidava poi così tanto di lui, in effetti lo chiamava sempre ragazzino e lo prendeva in giro per la sua ignoranza in cucina o sul fatto che avesse dato alle fiamme una lavatrice (ancora adesso si domandava come era stato possibile, lui aveva seguito le istruzioni).
Si sedette sul pavimento di fianco al letto e mise la testa tra le gambe.
Una sensazione terribilmente familiare si stava facendo spazio in lui.

Che Marco avesse un amante? Forse non lo amava più e aveva deciso di ignorarlo, forse stava frequentando qualcuno da tanto tempo, probabilmente si era stufato di prendersi cura di una persona più piccola di lui, forse…

Ace si strinse le gambe verso il petto, circondandole con le braccia.
Sentiva un senso di panico e vuoto e non sapeva come affrontarlo.

 

 

Marco si svegliò e per i primi minuti non capì chi fosse e dove si trovasse, quindi si stiracchiò e aspetto che la crisi d'identità passasse.
Quando il suo cervello tornò a connettere, capì di trovarsi a letto in casa sua; l’ora segnata dalla sveglia era sul tardo pomeriggio e quindi Ace non si trovava in casa, impegnato con il suo nuovo lavoro part-time alla GalleyLa Company.
Si alzò e si fece una doccia, poi si rivestì ed uscì.
Era una fortuna che il ragazzino non fosse a casa, almeno aveva potuto evitare di dover intavolare stupide scuse sul fatto di dover uscire.
Per prima cosa gli serviva un caffè per svegliarsi completamente, quindi si diresse ad un bar-pasticceria molto noto per i suoi dolci e la sua atmosfera tranquilla.
Stava per entrare quando, sentendosi osservato, si girò verso i tavolini posizionati sotto il gazebo davanti alle vetrine.
Uno sguardo onice leggermente dorato e molto seccato lo fece sorridere.

“Ciao Crocodile, che coincidenza” salutò gentile l’uomo che stava leggendo il giornale e fumando, il quale notò la sua aria stanca e alzò un sopracciglio.
“Marco.” rispose, non senza distogliere lo sguardo.
Il biondo rimase in piedi a fissarlo per qualche secondo, indeciso sul da farsi.

In effetti ho bisogno di un consiglio da una persona riservata, e se possibile che ne sappia qualcosa sull’argomento.

“Posso sedermi?” chiese indicando la sedia davanti al moro, che annuì chiudendo il giornale.
Alla fine quelle notizie erano insignificanti, se paragonate al braccio destro di Barbabianca, palesemente in procinto di un crollo nervoso.
“Avrei bisogno di un consiglio”
“Lo vedo” rispose picchiettando con l’indice sul sigaro per far cadere la cenere.
Marco rimase in silenzio per un po’, poi decise di andare dritto al punto.
“Ho bisogno di un consiglio su dove poter andare a comprare un anello di fidanzamento e delle fedi, dato che ho intenzione di chiedere ad Ace di sposarmi”

Crocodile rimase impassibile e per risposta inspirò una boccata di fumo.

“Capisco, conosco una buona gioielleria. Chiederò a Paula di accompagnarti” commentó, notando l’uomo di fronte a sé rilassarsi notevolmente.
“Hai accumulato una buona dose di stress, ti manderò il luogo e l’ora domani mattina. Adesso ti conviene tornare a casa e mangiare” concluse alzandosi in piedi e mettendosi  il sigaro tra le labbra.
“Ci vediamo. Ah, congratulazioni”
“Grazie” disse Marco guardandolo allontanarsi.

 

 

Law finì di controllare le cartelle che gli erano state assegnate e le ripose sulla scrivania, poi si diresse verso gli spogliatoi.
“Ehi!” Penguin lo affiancò sorridendo “hai finito per oggi?”
“Fortunatamente sì, ho voglia di farmi una doccia calda” commentó trascinandosi fino al suo armadietto.
“Trafalgar, cos’hai fatto alle gambe? Cammini come se lo avessi preso in culo” commentó un tizio che a quanto pareva lavorava con loro, subito seguito dai risolini di due oche con il camice da infermiera.
“Oh” rispose lui girandosi per sorridergli gentilmente “non pensavo si vedesse così tanto, ma sai, il mio ragazzo è un tipo violento”

Due secondi dopo nello spogliatoio c'erano solo lui e Penguin.

“Li hai fatti scappare!” esclamò ridendo. La mancanza di vergogna era uno dei tratti che più apprezzava in Law, oltre a quello di intimidire chiunque, ovviamente.
“Ma quelle mutande zebrate non sono di Kidd?”
Il ragazzo ghignò.

Certe volte se le cercava, però.

 

 

Crocodile camminava con calma verso casa sua; doveva ammettere che non si era sorpreso più di tanto dopo la rivelazione che Marco gli aveva fatto.
Aveva notato come quei due si guardassero e si cercassero con lo sguardo.
L’ultima volta che li aveva visti insieme aveva pensato ad una trama teatrale, di quelle romantiche e stucchevoli in cui tutti vivono felici e contenti. Tossì per nascondere il principio di un sorriso dopo che la sua mente gli propose la visione di un Marco-Renzo che stringeva le mani ad un Ace-Lucia.
Prese le chiavi dal cappotto ed aprì la porta; odiava l’inverno, non tanto per i vestiti pesanti, ma per il freddo pungente. Aveva sempre avuto una termoregolazione tutta sua che ben si prestava al suo nome; infatti sopportava le temperature alte senza problemi, mentre quando il termometro scendeva sotto i dieci gradi cominciava a sentire freddo nelle ossa, nonostante si coprisse in ogni modo.

Si chiuse la porta alle spalle e trasse un respiro di sollievo alla temperatura calda che si trovava in casa.
Notò il fuoco acceso nel camino e si fermò in mezzo al corridoio; era sicuro di avere lasciato solo le braci prima di uscire.
Appese il cappotto e la sciarpa e si diresse in cucina strofinando le mani, già sapendo chi avesse ravvivato il fuoco.
Infatti, poco prima di varcare la soglia, due braccia gli cinsero la vita e lo spinsero indietro verso un corpo caldo.
Questo era un altro motivo per cui lo odiava; come faceva ad avere sempre le mani bollenti?

“Croco-chan, sono venuto per riscaldarti”
“Esiste il riscaldamento per questo”
“Ma io punto a ravvivare la fiamma che c'è in te”
“Potresti darti fuoco”
“Non sei per niente carino, sai?”
“Vorrei chiederti come hai fatto ad entrare in casa, dato che la porta era chiusa”
“Semplice” lo interruppe Doflamingo prendogli le mani e avvolgendole con le sue “dalla finestra”
“Dalla finestra” ripetè Crocodile, “scemo io a non pensarci”
“Tranquillo, capita a tutti di sbagliare” gli rispose l’altro mentre lui alzava gli occhi al cielo domandandosi ‘perché a me’.

Vedendolo distratto, il biondo lo trascinò in salotto davanti al fuoco dove era stata lasciata casualmente una coperta.

Seduto in mezzo alle gambe di quell’uomo e con la schiena appoggiata al suo petto, chiuse gli occhi neri e si godette il calore che lo circondava mentre Doflamingo si metteva la coperta sulle spalle, avvolgendo pure lui.

Un giorno, pensavo, mi innamorerò anch'io purtroppo. Posso provare ad evitarlo, a boicottare questo contatore e a vivere una vita tranquilla. Un giorno, mi innamorerò anche io, e alcuni anni dopo, per errore, lo feci sul serio. E ora guarda come sono finito, davanti ad un camino come nei peggiori film natalizi da quattro soldi. Mi sto rammollendo.

Crocodile sbuffò mentre l’altro lo stringeva di più a sé, appoggiando la fronte sulla sua spalla.
“Sai perché il pesce ha le spine?”
“Non lo voglio sapere”
“Perché nel mare c'è corrente”

Il moro si voltò a guardarlo con un’espressione disgustata.

“Ho dovuto rompere il ghiaccio così perché se ti avessi chiesto di dirmi qualcosa di hot tu mi avresti risposto con qualcosa tipo ‘tu che bruci’ ” sbottò Doflamingo girandosi da un lato e rimanendo in silenzio.
Il moro sbuffò. In effetti non poteva dargli torto; il biondo era venuto da lui solo per vedere se non era collassato a causa del freddo e lui non gli aveva risposto molto bene.

Fantastico pensò ora mi sento pure in colpa! Io. In colpa. Davvero fantastico.

Con le dita della mano destra prese il mento del biondo e lo voltò verso di sé, poi gli tolse gli occhiali.

Tutti hanno una debolezza, per Pandora fu il famoso vaso; i troiani puntarono sul cavallo sbagliato; lui era rimasto incantato da un paio di occhi, come un marinaio che incontra lo sguardo di Medusa e si pietrifica, l’immagine di quelle iridi profonde gli era rimasta impressa nella mente e, senza rendersene conto, se li era impressi anche nel cuore.

Crocodile unì le loro labbra in un bacio lento e logorante, in cui si prese tutto il tempo per sentire il sapore dell’altro nella sua bocca mentre gli accarezzava i capelli corti.
Doflamingo, colto di sorpresa, ricambiò di buon grado dopo qualche secondo di sbigottimento; non capitava spesso - anzi, non capitava praticamente mai - che il moro lo baciasse in quel modo, ma quando succedeva il suo corpo si scioglieva e bruciava come se fosse diventato un forno. Il loro bacio sapeva di nicotina a causa dei sigari di uno e di cioccolato a causa della torta mangiata dell’altro.
Quando si allontanarono e Crocodile si voltò nuovamente verso il fuoco, Doflamingo sorrise e appoggiò la fronte sulla sua spalla.

Raramente va come avevi programmato, anzi, per la precisione quasi mai; la vita è un continuo stress, una continua lotta per trovare il tuo posto nel mondo e per sentirti a casa.
Nessuno dei due aveva mai creduto nei bei sentimenti o nei miracoli; entrambi sapevano della presenza del contatore sul loro polso, ma non faceva alcuna differenza.
Non sarebbe contato nulla la visione dei tre zeri, si ripetevano, dato che una persona sana di mente non avrebbe mai potuto provare affetto nei loro confronti.
Peccato che non avessero calcolato che ‘Dio li fa e il Diavolo li accoppia’, e loro erano la peggiore accoppiata che un essere senziente avrebbe mai potuto concepire.

“Stasera andiamo a cena fuori”
“Ok, ma prima del dolce devo andare a sparare ad un tizio che spaccia nella mia zona”
“Va bene, allora ne approfitto per minacciare il presidente di quella società di immobili che mi deve qualche favore”
“Adoro quando parli di far del male alle persone”
“Saltiamo il dolce”
“Lo andiamo a minacciare di persona?”
“No, basterà qualche sparo sulla sua automobile, che arma hai detto che usi?”

La peggiore di sempre.

 

 

Zoro rientrò in casa sbattendo la porta e accompagnandola con un lungo sospiro; fuori faceva freddo e la giornata non era stata delle migliori, con il cuoco che lo aveva praticamente ignorato per finire non so che ricetta, il tutto per stupire Zeff.
Appoggiò il cappotto e si passò una mano tra i capelli.
Era terribilmente frustrato.
Una settimana senza fare sesso lo aveva portato al limite, riuscendo a mantenere la calma solo grazie agli allenamenti in palestra.
Non pensava che in così poco tempo avrebbe sviluppato una dipendenza nei confronti del biondino dalle strane sopracciglia, ma quando sapeva che non lo avrebbe visto, automaticamente il suo cervello registrava la giornata come ‘inutile’.

Una musica dolce lo distrasse dai suoi pensieri, così si avvicinò al salotto per vedere da dove provenisse.
Mihawk e Shanks stavano guardando un film, e, data la faccia seccata del primo, non doveva essere qualcosa di interessante.
Dopo qualche minuto in piedi di fianco alla porta capì il perché: probabilmente trascinato dal Rosso sul divano, ora il moro era costretto a vedere una pellicola romantica e sdolcinata, di quelle datate. E, come se non bastasse, Shanks gli si era attaccato addosso, il tutto mentre commentava coinvolto.

Mihawk si rese conto della sua presenza e lo fissò per qualche secondo.
“Zoro! Sei tornato, che bello, perché non vieni a vedere il film con noi?” chiese il Rosso.

Il ragazzo sgranò gli occhi alla prospettiva nefasta.

“Purtroppo ho un impegno con Rufy e gli altri, sono tornato solo per lasciare lo zaino” commentó, grattandosi la nuca.
“Ti prego, uccidimi prima” sibilò Mihawk, che fino a quel momento era stato in silenzio.
Vederlo impigliato in quel genere di situazione era alquanto esilarante, pensò Zoro, prima di salutarlo con la mano e ricevere in risposta uno sguardo tagliente, ma era meglio tagliare la corda prima di condividere lo stesso destino del suo maestro.

La porta di casa si chiuse e l’uomo dagli occhi dorati espiró lentamente; non ricordava di aver firmato da qualche parte per acconsentire a questa pagliacciata dei film sentimentali e, da quel che si ricordava, non stava frequentando una donna.
Purtroppo Shanks era sempre stato un tipo emotivo, cosa che gli aveva garantito un discreto successo con il gentil sesso.
Dopo quella che sembrò un’eternità, vide finalmente i titoli di coda scorrere sullo schermo; fece per alzarsi quando un braccio lo trattenne.

Un paio di vispi occhi scuri lo stavano fissando con una tale intensità da farlo bloccare sul posto.
Non vedeva spesso quello sguardo deciso.

“Fammi alzare”
“Non credevo resistessi fino alla fine” commentó con noncuranza l’altro non muovendosi di un millimetro.
Mihawk non rispose ma assottigliò lo sguardo aspettando che l’altro finisse la frase.
“Devi amarmi davvero tanto per sopportare una cosa che odi senza lamentarti”
La mente dello spadaccino registrò l’informazione; distolse lo sguardo e schioccò la lingua sul palato, in un evidente gesto di stizza.
“Fammi alzare” ripeté, senza però fare nessuna mossa a sostegno della sua richiesta.
Shanks per risposta gli morse leggermente il collo scoperto e lo avvicinò tirando il colletto della camicia.
L’altro ancora non si muoveva.
Imbronciato, morse più forte finchè non sentì lo sguardo dorato di nuovo su di sé.
Aprì la bocca per dire qualcosa ma la richiuse sorridendo in modo strano; Mihawk capì subito che la testa rossa stava per dire una cavolata ancora prima che l’altro la pronunciasse.
“Va bene” disse infatti Shanks continuando a ghignare “ti faccio alzare”
Il moro sollevò un sopracciglio interrogativamente, questo fino a quando non lo vide abbassarsi e prendere tra i denti la chiusura dei suoi pantaloni.

Capì poco dopo cosa volesse dire con ‘alzare’.


°

 

Marco si alzó presto, preso dall'ansia per l'incontro di quella mattina. La scelta degli anelli era sempre cruciale, ma lui per fortuna aveva già un'idea precisa su cosa volesse comprare.
Una fede dorata, semplice, senza fronzoli o altro.
Anche perché, se fosse stato per lui, le fedi non le avrebbe neanche comprate. Sono quelle cose che la sua mente classificava tra le romanticherie inutili, anche se erano un obbligo. A lui bastava l'amore di Ace, rient’ altro.
Guardò il ragazzo sdraiato accanto a sè fare una smorfia corrucciata nel sonno quando si alzó dal letto, ma lo ignoró, anzi, cercó di fare più in fretta possibile per evitare di svegliarlo.
Cinque minuti dopo era davanti alla pasticceria indicatagli da Crocodile in compagnia della sottoposta dai capelli ricci e l'aria misteriosa.
Inutile dire che Ace gli era alle calcagna qualche palo più indietro e con un paio di occhiali da sole addosso.

Chi era quella? Cosa ci faceva con Marco? L'aveva già vista? Perché la sua memoria faceva così schifo?

Cercó di controllarsi e di non dare nulla per scontato, d'altronde sapeva che il biondo lo amava, non c'era nessun motivo per allarmarsi.
O c'era?
Vide i due entrare in una gioielleria e si ricordó di respirare.
Non voleva saltare alle conclusioni, non doveva farlo. Lui si fidava.
Quando vide Marco comprare quella che non poteva essere altro che una fede dorata si lasció cadere sconsolato a sedere.

Alla fine tutti nella sua vita lo abbandonavano quindi non poteva neanche essere troppo sorpreso. Però ci aveva creduto, ci aveva creduto davvero in quel contatore che fa incontrare le anime gemelle. Alla fine era un romantico e pensava che in fondo, forse, da qualche parte nel mondo, qualcuno per lui ci fosse. Non aveva mai avuto la pretesa di incontrarlo perché sarebbe stato davvero un colpo di fortuna che pochi sperimentano, e sicuramente lui non sarebbe stato tra quelli. E invece si era sbagliato.
Come minimo doveva porre fine alla cosa come un vero uomo, e confrontarsi a testa alta con Marco.
Se lo voleva lasciare glielo avrebbe dovuto dire in faccia.
Appena li vide uscire dalla gioielleria li seguí e si piazzó davanti a loro, aiutato dalla conformazione spigolosa delle strade gli era stato facile aggirarli e precederli.
Quando vide Marco sbiancare si innervosí.

“Ciao che fai?”

Il biondo recuperó la sua faccia da poker e gli sorrise cordialmente, cosa che lo mandó in collera ancora di più.

“Accompagnavo un'amica a fare spese”

Paula era dietro di lui, sorridente e pronta a godersi la scena.

“Non raccontarmi balle, hai comprato un anello, ti ho visto! Da quanto uscite insieme? Perché non me lo hai detto? Mi consideri ancora un ragazzino? Io non sono un bambino!”

Marco capí subito dove volesse andare a parare Ace e lo fermó alzando entrambe le mani.

“Frena un secondo, mi sa che hai frainteso. Io e lei non abbiamo quel genere di relazione”

Ace aveva ancora un'espressione contrariata, così gli prese entrambe le guance e gli sorrise.

“Con te non si possono fare le cose normalmente, eh?”

Ace lo guardó in modo interrogativo, fino a quando non lo vide estrarre un cofanetto dalla tasca. L'uomo davanti a sè si inginocchió e gli prese la mano, e in quel momento Ace collegó tutti i pezzi.

“Ho dovuto fare gli straordinari per potermi permettere di comprarti una fede, ma capirai che non ci si puó sottrarre a questi luoghi comuni.

Quindi, dato che mi hai scoperto prima che potessi preparare tutta la mia immagine stucchevole e romantica di proposta di matrimonio, te lo chiederó qui e ora. Ace, vuoi sposarmi?”

Il ragazzo lo guardava stralunato, ci mancava poco che gli occhi gli uscissero dalle orbite e che prendesse fuoco.
Alcune persone si erano fermate ad assistere alla scena ma Ace non le vedeva, sentiva solo il sangue pompargli nelle vene e la pelle diventare bollente.
“La tua risposta dovrebbe essere ‘lo voglio’.” sussurró Marco sorridendogli.
Ace gli saltó addosso e lo bació; il biondo, non aspettandosi una tale reazione, non riuscí a frenare la caduta, che comunque non fu cosí disastrosa grazie ai suoi riflessi.
La gente applaudí e poi tornó alla sua vita, lasciando i due sdraiati sul marciapiede e Paula al telefono che comunicava la notizia al suo capo.

“Perdonami Marco non volevo rovinare tutto, peró-”
“Va bene cosí” lo interruppe “Alla fine le cose normali non fanno per noi”

 

La donna li guardó allontanarsi mano nella mano dopo averli salutati.
“Ah, l'amore”
Crocodile, al telefono, alzó gli occhi al cielo.
“Non dirmi che sei diventata sentimentale, non me lo aspettavo”
“Boss, a volte succedono cose che ci fanno credere nel bene, dopo tutto quello che vediamo un po’ di sentimento non fa male.”
“Come vuoi, ma non dimenticare i tuoi compiti per oggi”
“Capo, lei invece quand'è che si decide a fare il grande passo?”
Il suono intermittente della chiamata conclusa la fece sorridere.

 

Crocodile appoggió il telefono sulla scrivania e sbuffó infastidito. Un paio di mani scivolarono sulle sue spalle e cominciarono a massaggiarle per alleviare la tensione.
“Croco-chan dovresti rilassarti un po’, lascia fare a me”
E Crocodile chiuse gli occhi e lo lasció fare, perché Doflamingo aveva davvero delle mani magiche, e perché per quel giorno poteva anche essere più tollerante nei suoi confronti. Non che la questione matrimonio avesse influito in qualche modo, solo che si profilava una giornata pesante ed era saggio approfittare di quei momenti per staccare la spina.

 

°
 

La velocità con cui un'informazione si propaga è direttamente proporzionale alla quantità di pettegole presenti nel gioco. E in quel caso, per sfortuna dei due piccioncini, erano troppe.
Da Crocodile, la notizia passó a Doflamingo, e dai due alle rispettive famiglie, tra cui Kidd e Law, che rilanciarono il messaggio ai Mugiwara; Rufy avvertí Garp, che chiamó Newgate, il quale mandó una missiva su what's app a tutti i contatti, tra cui Izou e Shach, che la inoltrarono ai loro.
Dopo cinque minuti anche Smoker era al corrente che il suo nemico preferito stava per andare all'altare con il primogenito di Barbabianca. Ovviamente si sentí obbligato a diffondere la notizia all'interno della questura. Nessuno lo sa ma i poliziotti sono molto simili a delle comari di paese, ed infatti, usando mail e testimoni, diffusero la notizia anche al di fuori del commissariato.

Marco e Ace arrivarono a casa nell’esatto istante in cui i loro cellulari cominciarono a suonare.
“Pronto Papà?”
“Nonno cosa vuoi?”

Entrambi si guardarono e chiusero chiamata e telefoni.

“Come diavolo fanno a saperlo” sibiló Ace passandosi una mano sulla faccia.
“Ho imparato a mie spese a non sottovalutare mai quanto possano essere pettegole le persone. Immagino che sia partito tutto da Crocodile e Doflamingo, quei due insieme sono terribili”

I due si guardarono nuovamente e si sorrisero, avvicinandosi e abbracciandosi.
Ace amava stare tra le braccia di Marco, era uno di quei posti in cui si sentiva a casa.
Marco amava stare stretto nella morsa di Ace, lo faceva sentire vivo.


“Garp!”
Barbabianca sfondó letteralmente la porta dell'ingresso della marina, ignorando la gente spaventata che si spostava di lato per farlo passare. Il marine gli andó incontro, quasi si aspettasse una sua visita.
“Newgate, abbiamo un problema”
L'uomo lo guardó.
“Dove lo facciamo il matrimonio?”
“Stenderó una lista”

“Scusate il disturbo” gli uomini si voltarono verso Smoker “è appena arrivata una mail per voi, credo sia importante”
I due si piazzarono davanti al computer e fissarono le parole sgranando gli occhi.
“Come si permette questo moscerino?” sbottó Barbabianca quasi ringhiando.
“Peró non ha tutti i torti, aspetta, ci ha appena aggiunti su un gruppo su Wappa, ma chi gli ha dato i nostri numeri?”
Smoker fissó i due omoni inforcare un paio di occhiali e pigiare i tasti sul cellulare, borbottando insulti ad una certa persona.
Approfittando del fatto che entrambi fossero presi a discutere per messaggio, gettó un occhio allo schermo e lesse la mail.

Quel tizio è pazzo.

Smoker scosse la testa e si allontanó; solo uno con problemi mentali come Doflamingo avrebbe inviato una mail a due degli uomini più influenti dicendo loro di avere la location perfetta per il matrimonio e di venire il giorno dopo a vederla.
Mentre si allontanava sentí vibrare la tasca e capí che dentro quel gruppo maledetto ci era finito pure lui.

 

°

 

Marco e Ace si svegliarono il giorno dopo totalmente all'oscuro delle trame di palazzo dietro al loro imminente e quanto mai assurdo matrimonio, nudi, felici e con una gran fame.

 

Crocodile e Doflamingo si erano messi dietro a stilare punti su punti di varie decorazioni e mobili, usando diverse riviste a tema e internet.
Sul gruppo della vergogna, nominato così da Kidd quando aveva letto qualche riga di quello che scrivevano, venivano mandate ogni genere di informazione.
E, come nella maggior parte dei casi, l'unione fa la forza, cosí da poter arrivare ad una serie di possibili soluzioni da proporre ai due sposini, che tornarono reperibili dopo due giorni.
Ace stava per buttarsi dalla finestra, ma Marco lo aveva fermato dicendogli che dovevano affrontare tutto insieme, e che lui da solo quella marea di gente fuori controllo non voleva fronteggiarla.
Alla prima riunione del gruppo della vergogna si presentarono Doflamingo, Crocodile, Garp, Barbabianca, Kidd e Law perché costretti, Smoker perché aveva fatto da autista, e Marco e Ace, a cui venne consegnato tutto un fascicolo pieno di roba tra cui scegliere.
Marco cominció subito ad escludere le idee piú assurde, avrebbe potuto giurare di riconoscere la mente malata di Satch dietro ad alcune.
Ace si avvicinó a lui.

“Tutta questa roba è inutile, a me piacciono gli ibisco rossi, ma per il resto va bene una cosa semplice.”

“Anche io la penso uguale, mi piacerebbe ci fosse qualche decorazione blu, ma mi va bene un matrimonio tradizionale.”

Quando furono d'accordo, si girarono verso gli altri e comunicarono la loro scelta.
“Comprensibile. Penseró io alle decorazioni, che se ci pensa questo qui mette il rosa ovunque” rispose Crocodile accendedosi un sigaro.
“Uomo di poca fede, ti daró comunque una mano” ribattè Doflamingo, che peró gongoló del fatto che la sua casa al mare fosse stata approvata a pieni voti per la location.
“Io penso al catering” commentó Barbabianca già sapendo a quale dei suoi figli chiedere una mano.
“E io vi aiuteró a scegliere i vestiti, conoscendo mio nipote si andrebbe a sposare in jeans” sbuffó Garp.
“Sarei comodo”
“Non dire baggianate”
Kidd e Law si guardarono e scossero la testa.
“Poteva andarvi peggio” disse loro Smoker.
“Oh, e come?” chiese ridendo Kidd.
“Poteva essere il vostro, di matrimonio.”

Law sbiancó. “Non è in programma” ribattè assottigliando gli occhi azzurri ghiaccio.
Smoker li fissó ghignando.
“Perché credete davvero che a quei due” disse indicando Crocodile e Doflamingo con lo sguardo “importi davvero cosa sia in programma?”

E, detto questo, se ne andó con Garp con un sorriso stampato sul volto alla vista dei due ragazzini bianchi come due lenzuola e in procinto di spararsi.
Era proprio vero che la vendetta si gustava meglio fredda, cosí imparavano a farlo correre per la città per colpa di quel marmocchio che avevano ficcato in un cassonetto.



 

I giorni successivi vennero ultimati i preparativi, mandati gli inviti con sopra il disegno di una bandiera pirata per rimanere in tema con la location, e deciso il menú.
Garp si armó di estrema pazienza, preparandosi mentalmente all’uragano che era suo nipote.
Invece, grazie anche all'aiuto del suo futuro suocero, riuscirono a far provare ad Ace diversi completi e a trovarne uno che piacesse a tutti.
La famiglia Donquixote e la Baroque Works lavorarono insieme per la prima volta, non senza incidenti e qualche proiettile nei muri, e rimisero a nuovo quella che di casa aveva poco.
Kidd e Mister One la soprannominarono La Reggia del Dress-Rosa a causa delle innumerevoli tende e vestiti di tonalità rosate.
Anche il fratello di Ace, Sabo, era riuscito a prendere una settimana di ferie ed aveva trascinato Rufy e la sua compagnia di amici strampalati a Dress-Rosa. Tutti avevano aiutato, chi pulendo, chi cucinando per gli altri, chi curando il giardino e chi dipingendo o addobbando.
Dopo qualche giorno, la location era pronta e il matrimonio era stato deciso.
Anche un capitano della Marina poteva ufficiare una unione, e quindi, essendo Garp il nonno, venne deciso che sarebbe stato Sengoku a sposare i due, cosí da permettere all'amico di sempre di godersi la cerimonia.





 

°




 

Presente, poco prima del matrimonio

 

Satch riuscí a far respirare Marco in modo normale e Sabo trascinó fuori dalla stanza Ace e Law, bruciando direttamente la tovaglia sotto cui si erano rifugiati.
Ace ripensó alle parole che Law gli aveva detto poco prima di infilarsi con lui sotto il tavolo.
Appena vide la spiaggia con la navata improvvisata, sedie bianche con decorazioni azzurre, gialle e arancioni ai lati, con tutte le persone che conosceva da una vita o che aveva conosciuto di recente, non potè far altro che inspirare profondamente per restare in piedi e non crollare come un sacco di patate.
Avere tutti gli occhi puntati addosso non era una bella sensazione.
Quando suo nonno lo prese per un braccio e gli sorrise si calmó un poco, ma fu quando incontró gli occhi di Marco, già sotto il gazebo, vestito di tutto punto e con un'espressione cosí felice che non gli aveva mai visto fare, fu in quel momento che si calmó e che il suo cervello gli ripropose le parole di Law, cosí strane dette da uno come lui, ma cosí tremendamente giuste.

 

“Nel Simposio di Platone, viene riportato ed elaborato il mito greco degli ermafroditi, che mi pare adatto in questa situazione. Secondo questo mito, all’origine dei tempi gli esseri umani non erano suddivisi per genere, ciascuno di essi aveva quattro braccia, quattro gambe e due teste. Col tempo gli ermafroditi cominciarono ad essere insolenti nei confronti degli dei e questi, per punizione, li separarono in due parti con un fulmine, creando da ogni essere umano primordiale un uomo e una donna. Come conseguenza, ognuno cerca di ritrovare la propria iniziale completezza cercando la propria metà perduta. Secondo il mito però, gli esseri umani erano una coppia che poteva essere formata da due donne, due uomini o un uomo e una donna, quindi non era presente nessuna forma di omofobia.
Ma a te questo non interessa vero? Non sono la persona più adatta a parlare di queste cose, mi riesce piú facile citare libri che ho letto che empatizzare con qualcuno.
Nel mondo esiste sempre qualcuno che attende qualcun altro, che ci si trovi in un deserto o in una grande città. E quando questi due esseri si incontrano, e i loro sguardi si incrociano, tutto il passato e tutto il futuro non hanno più alcuna importanza. Esistono solo quel momento e quella straordinaria certezza che tutte le cose sotto il sole sono state scritte dalla stessa Mano.

Anche questa è una citazione, ma forse è piú di aiuto.
No eh? Allora proveró a dirti una cosa che mi ha colpito fin da quando ero bambino, Doflamingo me la disse una sera prima che mi addormentassi. Mi disse ‘Sai cos’è un’anima gemella? È come la tua migliore amica,ma molto di più, è la persona in questo mondo che ti capisce meglio di chiunque altro. È colei che ti rende una persona migliore. Anche se alla fine non è lei che lo fa, ma sei tu che ti rendi migliore perché loro ti ispirano. Una volta che hanno incrociato il tuo cammino ci restano per sempre, anche quando sono lontane, anche quando se ne sono andate. Un’anima gemella è qualcuno che ti porti con te in ogni momento. E’ quella persona che ti conosce, che ti accetta per come sei, ed è la prima che crede in te quando nessun altro lo fa, o lo vuole fare.’

Ecco, mi disse cosí. E credo che tu e Marco formiate una bellissima coppia, anche senza un anello al dito, siete stati fortunati, l'amore vero al giorno d'oggi è davvero un dono prezioso.”

 

Ace guardó negli occhi Marco tutto il tempo, non ascoltó neanche le brevi parole di Sengoku, disse solo ‘lo voglio’ e si ricordó di respirare quando si vide il dito adornato da una fede d'oro.
Non avrebbe mai pensato di finire cosí, sposato con l'uomo che amava e che era pure la sua metà, con gli amici di sempre che urlavano e scherzavano e con i suoi fratelli che si abbracciavano mentre lui baciava Marco.
Rischió di morire soffocato nel riso da quanto ne tirarono, ma per il resto la cerimonia fu un successo. I festeggiamenti si spostarono nella casa e nel giardinetto, con alcuni degli invitati che non si risparmiarono i gavettoni e un bagno nel mare.
Anche Shanks e Mihawk, invitati da praticamente tutti, erano riusciti ad arrivare in tempo per assistere al fatidico sí, e ora se ne stavano sotto uno dei gazebi di paglia vicini alla spiaggia a bere cocktail in compagnia di Crocodile e Doflamingo, mentre attorno a loro Rufy, Zoro e Sanji, liberatisi dei vestiti da pinguino, avevano cominciato a fare scherzi agli invitati, subito spalleggiati da Izou e Mister Two. Kidd e Law avevano come obiettivo di stare alla larga dai loro padrini, e di bere alcool, tanto.
Peccato che il tutto venne scambiato per una gara di bevute e si ritrovarono in mezzo ad alcuni figli di Barbabianca e Smoker, che cominciarono a bere e a passargli bicchieri.

 

“Sei felice?”
Ace si voltó a guardare, ora poteva dirlo, suo marito.
“Non potevo chiedere di meglio”
Marco gli sorrise e gli strinse la mano.


Strano ma vero, il Destino, il Fato, la Sorte, Dio o qualsiasi entità vogliate chiamare in causa, aveva messo la sua mano nelle faccende di queste persone, facendo incontrare loro qualcuno che le aveva cambiate in meglio, o in peggio, dipende di chi parliamo.

Il loro destino era stato deciso dalle carte toccate loro in sorte o dal modo in cui le avevano giocate?

Non sapremo mai la risposta. In ogni caso, non si può mai sapere cosa ti capiterà in un giorno qualunque, se due punti sono destinati a toccarsi, l'universo troverà sempre un modo di metterli in collegamento, ecco perché bisogna sempre stare all'erta, potresti incontrare la persona che ti cambierà la vita al supermercato nel reparto assorbenti, ad un torneo di spada, ad un pub, dentro una clinica in cui non vorresti essere, a causa di un incidente stradale, oppure potresti girare l'angolo e andarci a sbattere contro, come nei peggiori film. Ma raramente quella Cosa si accontenta di un angolo per complicarti la vita, solitamente è più bastarda.

Quindi prestate attenzione, perché non si può mai sapere cosa può succedere in una giornata qualsiasi.









 

*extra*

“Tu sei Doflamingo, vero? Io sono Sabo, il fratello di Ace, piacere! Volevo ringraziarti per aver fornito la casa e per aver aiutato indirettamente quel testone quando era in crisi poco prima del matrimonio”
Doflamingo lo guardó interrogativamente.
“Aiutato?”
Il discorso aveva catturato l'attenzione di Crocodile, Shanks e Mihawk, che erano seduti vicino.
“Beh, sí, Law gli ha parlato e gli ha detto una frase che ricordava gli avessi detto tu”
E Doflamingo rise, rise di gusto al sentire riportato il discorso che aveva fatto al piccolo Law tanti anni addietro.

“Mi fa piacere che le parole prese da Dawson's Creek siano state utili!”

Sabo e Shanks sorrisero, mentre gli altri due uomini sbuffarono non nascondendo peró un certo divertimento; conoscevano quell'uomo amante del rosa da anni, eppure continuava a sorprenderli con delle uscite infelici e totalmente imprevedibili.
“Non diró nulla della loro provenienza” commentó Sabo prima di allontanarsi e dirigersi verso il buffet da suo fratello Rufy, che stava ingoiando l'ennesimo pezzo di carne.

“Croco-chan, ma stavo pensando… sai cosa dovremmo fare?”
“La risposta è no” sibiló l'altro con uno sguardo corrucciato.
“Ma cosa vai a pensare, quello stanotte. Dicevo, ci sono altre due persone che dovremmo aiutare ad andare all'altare, non so se mi spiego”
Crocodile alzó un sopracciglio.
“Pensavo di aspettare qualche anno”
“Allora ci avevi pensato pure tu”
“No, solo che quei due non mi sembrano tipi da matrimonio”
“Ma loro non sapranno nulla, possiamo sempre narcotizzarli e farli svegliare già vestiti e davanti ad un prete”
“Kidd potrebbe vomitare di nuovo se ne vede uno” obiettó il moro chinandosi in avanti, improvvisamente interessato.
“Ma potrebbe andare come idea”
“Ottimo, magari alla fine di quest'anno”
“Sí, ho una casa vicino ad un lago perfetta per questo tipo di eventi”

Shanks tiró la manica di Mihawk, il quale stava guardando inorridito quelli che da tempo erano i suoi peggiori migliori amici.
“Cosa c'è Rosso”
“Non, chiamarmi cosí. Ma fanno sul serio?”
“Fanno sempre sul serio, purtroppo. Per questo ho imparato a capire quando è il momento di andarsene in un altro continente quando si mettono d'accordo”

“Perché Falchetto, non ci vuoi bene?” commentó Doflamingo alle sue parole, sorridendo come sempre.
“Forse perché ha ancora i traumi di quando gli abbiamo fatto quello scherzetto unendo le forze” aggiunse Crocodile accendendo un sigaro.
Shanks ghignó.
“Cosa gli avete fatto?”
“Abbiamo tolto tutti i dolci nei posti in cui solitamente andava a rifornirsi” rispose il biondo scolandosi il drink che aveva di fronte e giocando con l'ombrellino di carta.
“Io vi odio profondamente” sussurrò Mihawk incrociando le braccia al petto e maledicendosi per aver lasciato a casa la sua spada.
I tre uomini risero.
“Ora scusa ma abbiamo il matrimonio di Eustass e Trafalgar da organizzare” aggiunsero tornando a parlottare tra loro.

 

Kidd e Law, nascosti poco distante, si guardarono pallidi.
“Dici che in Egitto ci trovano?”
“Kidd, quelli ci trovano anche se andiamo in Uganda”
“Siamo finiti”
“A meno che non organizziamo prima il loro e mandiamo le carte ad entrambi, dicendo che uno sta organizzando il matrimonio per conto suo. Cosí saranno troppo distratti per pensare a noi.”
“Trafalgar ti amo”
“E le mie rose?” scherzó Law.
Kidd estrasse dal taschino la rosa rossa che si era scelto appositamente per l'occasione.
“Per le altre dovrai aspettare”
Law la rigiró tra le dita e gli fece l'occhiolino.
“Sei pronto a diventare un wedding planner disastroso?”
“Cazzo sí, facciamolo”

 

 












 

Angolo dell'autrice:

Siamo arrivati in fondo a quella che è una delle storie più complesse e belle che mi siano mai venute in mente. La tematica del Fato è una delle mie preferite, mi piace ragionarci sopra e pensare alla vita delle persone come ad un qualcosa che possiamo controllare tramite le nostre scelte, ma che alcuni avvenimenti succedano a discapito della nostra volontà. Sono sempre stata convinta che le coincidenze non esistano, come afferma sempre Gibbs in NCSI, e che quindi, se ci ritroviamo in una determinata situazione, è perché ci dobbiamo essere. Avvalendomi di un prompt su tumblr, il quale parlava proprio dei contatori che si fermavano non appena incontravi l'anima gemella, la mia mente malata ha partorito l'idea iniziale del primo capitolo, e il resto si è scritto da solo.
Questo ultimo capitolo conclusivo mancava per chiarire alcuni punti e per vedere ancora le coppie interagire, e poi che Marco e Ace dovessero sposarsi lo sapevamo.
Ma che Kidd e Law si trovino nei guai a causa di Doflamingo e Crocodile e viceversa, beh, quella è un'altra storia che lascio aperta nonostante potrei andare avanti ancora.
Come ogni volta non ho resistito ad infilare riferimenti di altre mie storie anche qui, come il reparto assorbenti e i dolci rubati di ‘Business Problems’. Ma come avete visto questo capitolo è bello lungo e ho dovuto farmi del male e controllarmi.
Non ho altro da aggiungere, se non che ringrazio tutti quelli che hanno seguito Matter of Time, e spero che vi siate divertiti quanto me a leggerla.
Come sempre mi ritrovate nella long che sto scrivendo, We'll never Change, e non escludo in futuro altre one shot stupide che si tramuteranno in una roba lunghissima come questa. Sí, all'inizio volevo fare solo due capitoli…

A presto,


Ace of Spades

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