Two Worlds Collide

di SusanTheGentle
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Un imprevisto ***
Capitolo 2: *** 2: Primo approccio ***
Capitolo 3: *** 3. Rivedersi ***
Capitolo 4: *** 4. Amici ***
Capitolo 5: *** 5. Non è un appuntamento ***
Capitolo 6: *** 6. Chimica ***
Capitolo 7: *** 7. Avvicinarsi ***
Capitolo 8: *** 8. Rischiare o tirarsi indietro ***
Capitolo 9: *** 9. Tutto come prima ***
Capitolo 10: *** 10. Lezioni di musica ***
Capitolo 11: *** 11. Complicazione ***
Capitolo 12: *** 12. Tenerezza ***
Capitolo 13: *** 13: Scommessa ***
Capitolo 14: *** 14. Quanto di più atteso ***
Capitolo 15: *** 15: Non è forse questo l'amore? ***
Capitolo 16: *** 16: Primo problema ***
Capitolo 17: *** 17: Sogni ***
Capitolo 18: *** 18. Desiderio ***
Capitolo 19: *** 19: L'ultima incertezza ***
Capitolo 20: *** 20. Noi ***
Capitolo 21: *** 21. Svegliati con me ***
Capitolo 22: *** 22. Una mattina tranquilla...o forse no ***
Capitolo 23: *** 23. Secondo problema ***
Capitolo 24: *** 24. Tre giorni di noi ***
Capitolo 25: *** AVVISO ***



Capitolo 1
*** 1. Un imprevisto ***


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Two Worlds Collide

 
Buon compleanno Ben!
 



 
1. Un imprevisto
 
 
Poi decidi di cambiare vita, e succede questo...
 
 
Da qualche minuto, Claire stava fissando i grossi fiocchi di neve attraverso i grandi finestroni dell’aeroporto.
L’America, finalmente.
La terra delle opportunità, la chiamavano. Ed era un’opportunità che Claire cercava, o più d’una, per poter cambiare, per lasciarsi alle spalle tutto e ricominciare da capo. Una grande avventura che avrebbe determinato il sì o il no per quella che sapeva essere l’ultima occasione che la vita le dava. Per diventare una nuova Claire.
Per rinascere.
Sarebbe stato un enorme cambiamento trasferirsi dall’Italia all’America, ma era quello che voleva e aveva sempre desiderato.
Da sempre, i cambiamenti la intimorivano un poco, ma la vita era fatta così, e da quando era morto suo padre nessun mutamento l’aveva più spaventata.
Comunque, un po’ di paura - tanta a dire il vero - era legittima, no?
Sua madre e le sue due sorelle non erano state troppo d’accordo su quel trasferimento, nonostante sapessero che non sarebbe stata sola in quel grande paese. Claire avrebbe abitato con sua cugina Lorena – detta Lory – suo marito Joseph e Maddy, la loro bambina.
Lory si era trasferita negli Stati Uniti dopo il matrimonio, avvenuto tre anni prima e, insieme a Joseph (originario dello stato dello Utah), gestiva una caffetteria ad Ogden,  l’All the Perks, locale che non riuscivano più a gestire soltanto in due ora che era nata Maddy. Serviva almeno una terza persona. E quando Lory aveva chiesto a Claire se voleva essere quella terza persona, lei aveva accettato, per uno e più motivi.
Il trasferimento non sarebbe stato definito, almeno per ora. Sua madre – molto restia a lasciarla andare – le aveva dato quattro mesi di tempo; quattro mesi per decidere se vivere negli Stai Uniti era davvero quello che voleva. Tra quattro mesi, Claire avrebbe scoperto se l’America era davvero la terra delle opportunità.
Confidava di sì.
Prima di tutto, però, pensò, dovrei arrivare a destinazione
Quello che la preoccupava di più, adesso, non erano né i cambiamenti né quello che sarebbe successo di lì a sedici settimane, ma dire a Lory di essere nel momento giusto…nel posto sbagliato!
Claire spostò lo sguardo sul display del suo cellulare e aprì la rubrica, incerta sul da farsi. Se sua cugina avesse saputo che cosa le era capitato, le sarebbe venuta una paralisi! Lory tendeva spesso ad essere melodrammatica.
Sospirò.
In America c’era arrivata, solo che l’aereo che avrebbe dovuto portarla a Ogden era stato costretto a fare uno scalo d’emergenza a Salt Lake City, causa maltempo. Non c’erano mezzi pubblici a disposizione per poter raggiungere altre città, eccetto forse un paio di treni.
Ansia. Ansia. Ansia.
No, stai calma, si disse. Non sei da sola, c’è una marea di gente attorno a te, sei in un aeroporto, e a meno che non arrivi un pazzo con una bomba, cosa può succederti?
No, era vero, non era sola...però era sola! Insomma, non conosceva mezza persona.
Quando Claire era agitata, iniziava spesso a fare ragionamenti contorti…
Li stava facendo…brutto segno…
Seduta sulle proprie valigie, fece vagare di nuovo lo sguardo per l’aeroporto cercando di pensare a cosa era meglio fare, per poi soffermarsi sul grande tabellone elettronico dove partenze e arrivi cambiavano e venivano cancellati a causa della bufera.
Infine, si decise e chiamò Lory.
Come c’era d’aspettarsi, a sua cugina venne quasi una crisi isterica nel sapere cosa era successo: dello scalo improvvisato, della tempesta di neve, di lei da sola in aeroporto.
Claire allontanò il telefono dall’orecchio, e quando Lory smise di urlare lo riavvicinò. Non sapeva bene se ridere o no. Quando poi la cugina le passò suo marito, capì che doveva ridere.
«Posso venire a prenderti, se vuoi» propose Joseph, il quale era sì preoccupato, ma non ai livelli di sua moglie.
«Sì, sì, vai a prenderla» Claire udì Lory dire in sottofondo, e le scappò un sorriso.
«Non credo sia una buona idea, Joseph» rispose la ragazza. «Avevo pensato di prendere un treno, piuttosto. Non credo proprio che la bufera migliori, e se ci fossero blocchi stradali e ti ritrovassi fermo in strada?».
Joseph rifletté prima di rispondere. «A Lory verrebbe un colpo».
«Appunto. Quindi no, resta lì. Io in qualche modo arrivo».
«Sei sicura?».
«Sì, sicura, Jo. State tranquilli».
«E se ci fosse anche un blocco ferroviario?» chiese Joseph, allarmandola senza volerlo.
«Spero di non essere così sfortunata!».
Senza indugiare ancora, Claire si alzò dal suo bagaglio, afferrando i suoi due trolley e mettendosi in spalla una terza borsa. Si diresse verso l’uscita dell’aeroporto, rimanendo in linea con Joseph, il quale le diede le indicazioni giuste per raggiungere la più vicina stazione ferroviaria: distava circa dieci minuti a piedi.
Il vento le sferzò il viso costringendola a tirar su la sciarpa fino al naso. Faceva un freddo cane.
Riattaccò il telefono solo dopo aver promesso a Lory di richiamarla quanto prima, rassicurandola almeno tre volte ancora.
Una volta in stazione, Claire si recò svelta alla biglietteria, scoprendo di essere arrivata appena in tempo: il treno che andava a Ogden era l’ultimo in partenza per quel giorno. Tutti gli altri convogli avrebbero atteso che il tempo si rimettesse al buono prima di rimettersi in funzione.
Corse come una matta per raggiungere il binario, e vi arrivò che il treno stava già fischiando. Vi salì al volo, andando a sbattere contro un paio di persone.
«Mi scusi…Scusate».
Il treno era pieno, faceva fatica a muoversi. Si incastrò, spintonò e venne spinta. Fu una serie di eventi a catena: si sbilanciò quando il treno frenò di botto, e per colpa delle persone - che erano veramente tante- e del peso delle valigie, Claire cadde all’indietro, andando a sbattere contro il ragazzo alle sue spalle, e sarebbe caduta se lui non l’avesse presa al volo per la vita, cingendogliela con le braccia.
«Tutto bene? Ti sei fatta male?».
Claire voltò appena la testa per poterlo vedere in viso, ancora con le braccia di lui attorno al busto.
«No, no, sto bene, grazie. Meno male che mi hai presa» sorrise, rimettendosi dritta.
Quando lui si tolse un momento gli occhiali scuri che indossava, il suo stomaco fece una capriola. Il ragazzo (Claire notò che era bellissimo), le sorrise e lei si sentì calda sulle guance. Aveva un sorriso meraviglioso a dir poco!
«Scusa, ti sono venuta addosso».
«No, niente» sorrise lui, lasciandola andare e rimettendosi gli occhiali.
Anche lei sorrise ancora.
Purtroppo non ci fu tempo di dire altro, perché finalmente la calca si diradò e ognuno poté trovare il proprio scompartimento.
Claire seguì la ressa e si accorse che il ragazzo andava nella sua stessa direzione.
«Ventiquattro...» mormorò lei mezza voce.
«Venticinque…» mormorò lui.
«Ventisette» dissero in coro, fermandosi davanti allo scomparto.
Si guardarono e si sorrisero di nuovo.
Lui indietreggiò di un passo. «Prego» disse, aprendo la porta e lasciandola passare.
«Grazie», fece lei, entrando per prima.
Sistemando subito le valigie nelle reticelle sopra i sedili. D’un tratto, il cellulare del ragazzo si mise a suonare. Lui lo prese dalla tasca del giaccone e rispose.
«Tyler, sto arrivando… No, è successo un casino. Ora sono in treno. Sì, in treno. Che altro potevo fare, scusa?».
Il ragazzo voltò le spalle a Claire, che nel frattempo stava frugando nella borsa per estrarre a sua volta il cellulare. Invece di chiamare Lory, preferì mandarle un messaggio: non le sembrava bello telefonare accavallando la sua conversazione con quella del ragazzo. Si voltò verso il finestrino, fingendo di non ascoltare una parola di quello che diceva lui. Il ragazzo aveva un tono nervoso, forse seccato dal fatto che il suo interlocutore non capisse un accidenti.
«Ma hai ascoltato quello che ti ho detto? C’è una bufera di neve, porca… Senti, iniziamo domani, no? Bene, per domani sarò lì». Il ragazzo riattaccò e prese posto con uno sbuffo spazientito. Appoggiò il viso a una mano, voltandosi a guardare fuori.
Era uno di fronte all’altra, seduti accanto al finestrino. Il treno si muoveva pianissimo, si fermava e riprendeva a muoversi. I due ragazzi si aspettavano di veder comparire qualche altro passeggero da un momento all’altro. Le persone passavano di fronte al loro scomparto, ma le famiglie non volevano dividersi e i gruppi di amici nemmeno. A quel punto, fu chiaro che avrebbero viaggiato da soli.
Nel frattempo, Claire lanciava occhiate al display del telefono, attendendo la risposta di Lory.
«Scusami?», la chiamò lui.
Lei alzò gli occhi dal cellulare.
«Scusa se ti interrompo».
«No, non fa niente».
«Sai per caso quanto tempo dovrebbe impiegare il treno per raggiungere Ogden?».
Claire rifletté un momento. «Più o meno un’ora e mezza, credo. Anche se con questo tempo, ho paura che ci metterà di più».
«Già…» fece lui, osservando ancora fuori. «Avanza come una lumaca».
Claire si scoprì a fissarlo e fissarlo ancora, per almeno un minuto buono.
Lui era di nuovo voltato verso il finestrino.
L’aveva già visto da qualche parte? Ovvio che no, come faceva ad averlo già visto se l’aveva appena incontrato?
Notò che non si era ancora tolto né sciarpa né cappello, tantomeno gli occhiali scuri. In novembre…
E’ un attore famoso in incognito (incognito?), pensò d’impulso.
O un cantante.
Poi, sul suo viso si disegnò un’espressione da ebete…
E’ Ben Barnes!
Sì, e tu sei la deficiente che pensa che con tutti i posti che ci sono, Ben Barnes è proprio seduto sul sedile davanti a te…
Quasi rise di sé tessa, scosse un poco il capo, mentre pensava che era assurdo immaginarsi una cosa del genere. Però, adesso che le era venuto il dubbio, aveva voglia di scoprirlo.
Il suo telefono suonò in quel momento. Claire distolse la sa attenzione dal ragazzo e lo puntò sul display. Vide il nome di Lory e con un sorriso rispose.
«Ciao, Lory».
«Claire! Ho ricevuto il messaggio. Allora, sei già sul treno?».
«Sì, è partito da poco. Ho fatto appena in tempo».
«Mamma mia, com’ero preoccupata!».
Il ragazzo, si voltò a guardarla mentre parlava. Non stava parlando inglese. Era un scricciolo di ragazza, con lunghi capelli castani, occhi scuri e un sorriso molto grazioso.
Lei non si era accorta dell’espressione che si era dipinta sul volto di lui quando aveva sentito la suoneria del suo telefono: la musica era quelle delle Cronache di Narnia.
«A casa sono preoccupati?» le chiese, quando riattaccò.
«Sì. Mia cugina è preoccupata. E’ da lei che sto andando».
«Non sei americana».
Lei scosse il capo. «Italiana».
«Parli bene l’inglese».
«Grazie».
«E’ la prima volta negli Stati Uniti?».
«La seconda. Una volta sono venuta qui in vacanza, da mia cugina appunto. Adesso sono qui per restare. Almeno spero».
Lui corrugò le sopracciglia. «Viaggi da sola?».
«Sì. Sono abbastanza grande per viaggiare da sola» sorrise, intuendo che lui doveva aver avuto la stessa impressione che di solito la gente aveva di lei: sembrava molto più piccola della sua età.
«E tu? Sei americano?».
«No, inglese. Sono qui per lavoro».
«Anch’io».
Lui la osservò attentamente. Quanti anni poteva avere? Diciotto?
Lei allungò una mano. «Se dobbiamo viaggiare insieme, forse dovremmo presentarci».
Lui le porse la propria, sfoderando un altro bellissimo sorriso.
Lei la strinse subito. Era grande confronto alla sua, ed estremamente calda.
«Io sono Claire».
«Ben».
Lei sbatté le palpebre un paio di volte.
No, dai…è una gag…
Più lo guardava, più sentiva la sua voce, più si convinceva che era lui! E quando diceva lui, intendeva un solo lui!!!
Lory, se ho ragione, quanto te lo dirò morirai sul serio di paralisi.
Ma non ebbe il coraggio di chiederglielo, anche se moriva dalla voglia di farlo. La curiosità di sapere e la certezza di non sbagliare, si acuirono man mano che parlavano. Lui era molto cauto con le parole.
«Senti…» fece lei dopo un pò. «Probabilmente, ora mi prederai per una pazza, ma…non è che per caso…».
Il ragazzo la fissò. «Cosa?».
«Sei Ben Barnes?».
L’aveva detto!!!
L’aveva detto, e ora se ne vergognava a morte.
Non poteva averlo fatto d’avvero…
Oh, chissenefrega! Ormai è andata e a limite non è lui e ti ride in faccia. Poco male, non si muore per questo.
Ma se era veramente lui e le avesse riso ugualmente in faccia…allora si che sarebbe morta. No, probabilmente sarebbe schiattata ancora prima che cominciasse a ridere: giù per terra, bella dritta come uno stoccafisso.
Forse sembrava già uno stoccafisso.
«Potresti toglierti gli occhiali scuri, per favore?», gli chiese poi, nervosa.
Lui sorrise e abbassò il capo un momento. Poi, alzò una mano e si fece scivolare gli occhiali sul naso.
La reazione di lei fu inaspettata.
Non gridò, non scoppiò a piangere, non si mise a saltare sul sedile. Allargò invece i grandi occhi scuri e liberò un sorriso di pura felicità.
Claire non seppe cosa dire, cosa fare, poté solo sorridere.
Prima cosa da annotare nel suo diario mentale: atterrare negli aeroporti sbagliati poteva riservarti sorprese sopra ogni immaginazione.
«Mi hai scoperto» rise lui, ripiegando gli occhiali e togliendosi il cappello. «Da un lato sono felice, cominciavo ad avere caldo così conciato».
«E’ fantastico» mormorò lei. «Non posso crederci».
Lui, Ben, allungò di nuovo una mano verso di lei. «Ci ripresentiamo?».
Lei guardò quella mano e non esitò un secondo, riappropriandosene subito. «Oh, fa un po’ tu. Io sono sempre Claire».
Lui rise.
Il suo sorriso era la cosa più bella del mondo.
 

 
 
 
Volevo iniziare a postare questa fanfic nel giorno del 33esimo compleanno del mio dorato Ben, e ancora un pò e mi riduco all'ultimo....quando vuoi fare una cosa, ne arrivano mille altre che te lo impediscono, ci ho proprio fatto caso...
Comunque...l’ho fatto!!! Auguri, amore mio!!!
Erano mesi e mesi che continuavo a rimandare la pubblicazione di questa storia, non so nemmeno io il motivo. O forse lo so: avevo una paura matta perché è una trama molto introspettiva, perché è il tipo di storia in cui non mi sono mai cimentata prima e non so se sono brava…Non ho mai scritto una fanfiction ambientata ai giorni nostri, prima d’ora, mi sono sempre dedicata al fantasy. E inoltre, non aveva un inizio!!! Vi giuro, sono un caso perso: ho scritto un sacco di pezzi su Ben e Claire, ma non c'era un introduzione. T____T Personalmente, non sono molto soddisfatta di questo primo capitolo, per questo ci terrei a sapere cosa ne pensate voi.
Per ogni domanda, mi trovate qui, alla mia pagina facebook.
Un bacio e…alla prossima!
 
Susan<3

 

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Capitolo 2
*** 2: Primo approccio ***


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2. Primo approccio
 
Le tre ore più belle della mia vita...
 
 
La bufera di neve durò tutta la sera e tutta la notte.
Il treno impiegò più tempo del previsto per raggiungere la sua destinazione: erano circa le 6:30 del pomeriggio quando partì da Salt Lake City, ed arrivò ad Ogden solo verso alle 9:00 di sera.
Claire e Ben impiegarono tutto quel tempo a chiacchierare.
Per un istante – o più di uno – quando lui le aveva stretto la mano per la seconda volta, Claire aveva smesso di respirare. Riusciva a malapena a pensare, un misto di parole confuse che le invadevano la testa. Le ci volle qualche minuto per metterle insieme e riuscire a dire qualcosa di normale, di assennato e comprensibile.
Di cosa avrebbero parlato?
Di lui, inevitabile…ma anche di lei.
Ben avrebbe trovato interessante quello che aveva da dire? Sembrava di sì…
Santissimo cielo! Ben Barnes era lì, seduto davanti a lei, respirava la sua stessa aria, e sembrava gli piacesse parlare con lei!
Si erano trovati nella stessa identica situazione: entrambi con un aereo che doveva atterrare in un posto e che invece li aveva scaricati in un altro.
Forse fu la comune disavventura a far scattare quel qualcosa che sciolse la tensione di lei e spinse lui ad aprirsi maggiormente.
Ben fu molto lusingato che Claire l’avesse riconosciuto, e felice che non avesse pianto. Non avrebbe saputo come reagire se si fosse messa a piangere. Certe volte, trovarsi davanti una fan in lacrime lo disorientava un pò…
Ma non era decisamente il caso di Claire: lei sorrideva sempre.
Dapprima nervosa ed emozionata, si mostrò in un secondo tempo aperta e spontanea.
Era tantissimo tempo che Ben non parlava così a lungo e così liberamente con qualcuno. La  compagnia di quella ragazza era piacevole.
Più che piacevole.
«Il mio agente era isterico» confessò lui, abbandonando la schiena contro il sedile.
«Anche mia cugina. E’ un tipo piuttosto apprensivo: guarda» fece Claire, mostrando il telefono a Ben. «Mi ha mandato altri tre messaggi»
«Sì, ma scommetto che tua cugina non sia convinta che tu non sappia prendere un treno»
«Il tuo agente lo pensa, invece?»
Ben annuì. «Tyler crede che io non sia nemmeno in grado di allacciarmi le scarpe senza di lui. Certe volte è pesante…»
Claire alzò le spalle. «Oh bè, se può consolarti, anche mia madre è convinta che io non sappia far niente»
«Forse lo dice perché, sai, sei così giovane…»
Lei trattene una risata. «Guarda che ho solo due anni meno di te»
Lui la fissò.
Mi fissa, oddio...
Sì, non è il caso di diventare idiote...
«Sembri così…»
«Piccola, lo so…» Claire sospirò.
«Alle donne dovrebbe far piacere sentirsi dire che sembrano più giovani dell’età che hanno»
«Mmm…sì, in genere sì, ma a volte anche no»
«Perché?»
«Ti faccio un esempio: tutte le volte – nessuna esclusa – che mi controllano la carta d’identità per qualche motivo, le persone mi guardano come se volessero dirmi: ‘sei sicura che il documento sia tuo?’ Ti giuro, dopo un pò è pesante come cosa»
Ben rise.
Non era difficile capire perché nessuno le dava l’età che aveva davvero. Aveva un’aria da eterna bambina.
«Ora, però, devi farmi vedere la tua carta d’identità, altrimenti nemmeno io ti crederò» le disse, sporgendosi verso di lei, allungando una mano.
Claire sbarrò gli occhi. «No!»
«Dai! »
«Ma non ci penso nemmeno! Poi la foto è orrenda»
Ben rise ancora.
Da quanto non rideva così?
«Anche la mia non è granché» disse lui.
«Non ci credo, tu vieni bene in ogni foto» disse lei, pentendosene subito. «No, volevo dire…scusa»
Ben scosse il capo, perplesso. «Perché ‘scusa’
«Non vorrei sembrarti troppo…»
No, mi sto impappinando...
«Troppo fan?» chiese lui.
«Ehm…sì, una cosa del genere». Claire arrossì come una ragazzina, abbassando gli occhi.
«Non preoccuparti» la rassicurò lui, cercando di metterla di nuovo a suo agio. «Sono un personaggio noto, non mi infastidisce se qualcuno fa un apprezzamento su di me. Sono abituato a questo ed altro. E poi, i complimenti fanno sempre più piacere degli insulti»
Lei rialzò lo sguardo su di lui.
«Oh, sì, ci sono anche quelli» confessò Ben tranquillamente.
«Io non ho mai…» Claire esitò, «…let...cioè, sentito insulti su di te»
«Mai?»
Lei scosse il capo.
«Non sei una che va a caccia di gossip?»
«No, non direi»
Lui parve stupito.
«Seguo la tua carriera, ma non pretendo di sapere tutto quello che fai. No, non sono il tipo. La vita privata è privata»
Era sincera, lui lo capì: non lo stava dicendo per darsi qualche aria o altro.
Le sorrise. «Mi fa piacere sentirlo»
Claire diceva la verità: non aveva mai sentito né letto una critica su di lui.
Ma come diavolo si poteva criticarlo? Che faceva di male?
Niente.
Non dava mai scandalo, non appariva mai sui giornali scandalistici (meglio per lui), faceva bene il suo lavoro, era gentile ed educato con i giornalisti, sorrideva sempre ai fans…Che cosa volevano di più?
«E’ solo invidia» continuò Claire.
«Eh?»
«Il fatto che dicano cose cattive sul tuo conto: è solo gente invidiosa. E non è perché sei famoso, te l’assicuro. E’ così ovunque: se le persone vogliono dire una cattiveria, la dicono senza curarsene, anche sputandotela in faccia»
«Sì, questo lo so»
Dolce, era la parola che lui avrebbe scelto per descriverla.
Non gli era mai capitato di trovarsi a pensare una cosa del genere di una ragazza al primo incontro.
Forse perché le ragazze che era abituato a frequentare non parlavano molto, e non era semplice capire che tipi fossero.
«Posso sapere di cosa tratta il tuo nuovo film?» chiese lei dopo un po’.
Ben divenne molto serio. «Solo se giuri di non dirlo a nessuno. Non credo che la produzione approverebbe»
«Oh, scusami. Allora non dirmelo»
Dopo un momento, Ben sfoderò uno di quei sorrisi che la facevano impazzire.
«Non è vero, sto scherzando».
«Ah…»
C’era cascata…
Ben le parlò del suo nuovo film con molto entusiasmo: a quanto sembrava, lo avrebbe presto visto di nuovo nei panni del musicista.
«Più o meno come in Killing Bono» osservò Claire.
«Più o meno»
«Ho adorato quel film e tu canti benissimo!»
Lui fece un altro sorriso. «Grazie»
Non sorridere troppo, o mi mandi fuori di testa... pensò lei.
Ma quanto era bello quando rideva? Oh, ma lui era sempre bellissimo. E la prima cosa di cui Claire si era resa conto, vedendolo dal vivo, fu che lo era molto di più di quanto avesse immaginato.
Si era tolto capello e sciarpa (e ovviamente gli occhiali scuri), le gambe allungate quanto lo spazio gli concedeva, in una posizione rilassata. I capelli perfettamente spettinati, un accenno di barba sul viso, il sorriso smagliante, le mani grandi, la voce calda e tranquilla…
Se anche lei allungava le gambe, poteva sfiorare quelle di lui…
Circa un’ora prima, Ben l’aveva presa al volo per non farla cadere.
In pratica mi ha abbracciata.
No, non è vero.
Sì che è vero.
Non pensiamoci che è meglio...
«Claire non è un nome tipicamente italiano. Da dove arriva?»» le chiese lui, quando avevano ormai cambiato argomento da un pezzo.
«E’ stato mio padre a chiamarmi così. Suo nonno era americano. Anche una delle mie sorelle ha un nome straniero»
«Quindi hai altri parenti qui, oltre alla cugina di cui mi hai parlato?»
«No, in realtà no. Lory ha sposato un americano, ma lei è italiana, come me. E’ la famiglia di mio padre che ha alle spalle una storia un po’ complicata»
«Scusami, non volevo essere invadente»
«No, non sei invadente. Vediamo come posso dirtelo in breve…»
Claire rimase in silenzio un momento. Poi spiegò:
«Mia nonna paterna non ha mai saputo chi era suo padre. Sua madre non glielo disse mai, ma lei era convinta che fosse americano, per vari motivi»
«E non lo ha mai scoperto?»
Claire scosse il capo.
«Così, da qui arriva il tuo nome»
«Già»
Lui la fissò un istante. «Come mai hai deciso di trasferirti così lontano da casa?»
«Perché avevo bisogno di allontanarmi» rispose lei. «Ho…bisogno di respirare aria nuova, almeno per qualche tempo»
Non pensarci, Claire, non pensarci adesso.
«So cosa vuoi dire» mormorò Ben. «Qualche volta si ha bisogno di staccare la spina da tutto»
«Sì…»
Vi fu un breve silenzio tra loro. Il primo a dire il vero. Ma non era uno di quei silenzi imbarazzanti. Sembravano essersi persi per un istante ognuno nei propri pensieri.
Poco dopo, il loro sguardo fu attirato dalla splendida vista del Grande Lago Salato, che apparve davanti a loro dopo che ebbero attraversato una galleria.
Ormai c’erano quasi.
Claire pensò che tra poco avrebbe dovuto salutarlo. Probabilmente non l’avrebbe più visto, anche se lui sarebbe rimasto a Ogden tre o quattro mesi, il tempo di riprese del film.
Come lei…
Lei e Ben nella stessa città…
Assolutamente, assurdamente vero!!!
Non farti tante illusioni, rimarrai solo delusa. Come potreste rivedervi, ragiona?
Non gli ho nemmeno chiesto l’autografo, né una foto, pensò.
In una circostanza ‘normale’ (normale per una fan che incontra il suo attore preferito) sarebbe andata così: un saluto, una firma, un sorriso all’obbiettivo e via. Invece, lei aveva avuto la sfacciatissima fortuna di incontrarlo e parlargli come fossero buoni amici.
Non voleva che finisse tutto così...
Infine, il treno rallentò e si fermò.
La stazione di Ogden non era mai stata così piena.
Uscirono in strada, dove ad aspettare Ben c’era una grande macchina nera dalla quale spuntò un uomo che doveva essere il suo agente. Quello allargò le braccia e le fece ricadere lungo i fianchi, come se gli stesse dicendo: ‘ma dove diavolo eri finito?’
Prima di andare, Ben si volse verso Claire un ultima volta. «Ce l’hai un passaggio, vero?»
«Sì, viene a prendermi il marito di mia cugina»
«Bene»
Lei sorrise. «Buon fortuna per tutto»
«Grazie, anche a te…Senti, come hai detto che si chiama il locale dove lavorerai?»
«L’All the Perks» rispose Claire.
Perché glielo chiedeva?
Perchè me lo sta chiedendo?
Claire deglutì.
No, non poteva essere che…
«Sta sulla 2344 Kiesel Avenew» aggiunse.
Ben sorrise a sua volta e le porse ancora la mano. «Verrò a trovarti quando passerò di lì»
Claire sbatté le palpebre e la strinse in automatico.
Cosa?
Cooosaaa???
«Veramente lo faresti?»
«Sì, certo. Mi ha fatto piacere conoscerti, Claire, e mi piacerebbe parlare ancora»

 
 
 
 
Eccomi tornata con Ben&Claire!!!
Cosa ve ne pare di questo secondo capitolo? Personalmente, sono più soddisfatta stavolta. Aspetto i vostri commenti! ;)
E anche qui, come in tutte le mie storie, mi prendo il dovuto spazio per ringraziarvi:
 
Per le seguite:
ChibiRoby, Halfblood_Slytherin, HarryPotter11, Nadie, Shadowfax, soffsnix, _joy
Per le ricordate: Halfbood_Slytherin
Per le recensioni del primo capitolo: Fra_STSF, Nadie, Shadowfax, _joy
 
Per domande o curiosità, venite sulla mia pagina facebook, dove troverete anche gli aggiornamenti di questa storia e di Night&Day.
Un bacio a tutti e grazie infinite di aver iniziato quest’avventura con me…e Ben!!! ;)
Susan♥

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Capitolo 3
*** 3. Rivedersi ***


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3.Rivedersi


Il momento in cui ti dicono ‘di là c’è un uomo che chiede di te’ ...

 


Ben era sempre molto entusiasta quando iniziava un nuovo lavoro. Il primo giorno sul set era ogni volta un’esperienza elettrizzante, nuova, stimolante: prendere confidenza con il luogo, con i colleghi attori, e anche con chi lavorava dietro le quinte.
Aamava recitare, era tutto per lui, tutta la sua vita, e non l’avrebbe cambiata con nient’altro al mondo.
A differenza di quelle persone per le quali tutte le porte sembrano aperte, la scalata al successo, la realizzazione di tutti i suoi sogni, dei suoi obbiettivi, non era stata così facile.
Era un ragazzo determinato, intelligente, consapevole che le delusioni e le battute d’arresto, nella sua carriera, erano inevitabili.
Ma Ben non era un tipo che mollava facilmente: determinato come pochi, quando voleva una cosa la otteneva. E il suo impegno era noto a tutti. Per quel film, ad esempio, gli era stato richiesto di imparare a suonare la chitarra, e lui l’aveva fatto.
Volere è potere.
Quella volta, come le altre, avrebbe dato il meglio di sé.
Impegnarsi avrebbe dovuto essere la più importante, tuttavia, da un pò di tempo a quella parte, nutriva una punta d’insoddisfazione.
Faceva quello che aveva sempre voluto fare: l’attore. Ma voleva qualcosa di più.
C’erano momenti in cui si diceva che non faceva abbastanza, pur dando tutto ciò che gli era possibile dare, faticando e sudando per raggiungere i risultati voluti.
I riconoscimenti arrivavano, non poteva lamentarsi della notorietà raggiunta, ma…a volte, gli sembrava di non essere all’altezza. Di cosa, nemmeno lui lo sapeva.
Guardò il suo riflesso nello specchio del bagno della camera dell’hotel in cui alloggiava il cast, situato non troppo lontano dagli studi cinematografici. Un attimo solo per scrutarsi dentro, per cacciare le insoddisfazioni in un angolo qualsiasi.
Da più di un anno si era trasferito in America per avere maggiori possibilità di successo. Ma durante questo periodo era cambiato, non poteva negarlo. Suo fratello avrebbe detto che era troppo attaccato alla fama.
Forse era vero. Ultimamente, almeno…
Tuttavia, Ben voleva concentrarsi sulla carriera, per ora. Non aveva tempo per altro, e nemmeno voleva altro.
Scese in strada, chiudendo la zip del giaccone. Non nevicava più, ma faceva forse più freddo di ieri.
Davanti all’hotel trovò Tyler che lo aspettava in auto, già alle prese con il suo telefono. Ben occupò il sedile del passeggero, sperando con tutto il cuore che il suo agente non ricominciasse a blaterare come aveva fatto la sera prima...
Per tutto il tragitto dalla stazione di Ogden all’appartamento, aveva dovuto sorbirsi gli sproloqui di Tyler sulla negligenza, la poca professionalità e la mancanza di puntualità
«Ma hai capito cosa mi è successo?» gli aveva chiesto Ben, esausto come se avesse corso i cento metri.
«Sì: sei arrivato in ritardo!»
Buonanotte, Tyler…
«Cosa pretendevi? Che mi mettessi in mezzo all’aeroporto a gridare alla neve ‘non cadere, devo girare un film!’ »
«Ecco, sarebbe stata un’idea»
Ben lo aveva guardato con tanto d’occhi.
Oh, bè, per quel che ne sapeva, il suo agente sarebbe stato capacissimo di farlo se si fosse trovato al posto suo. Se qualcosa non andava come programmato, Tyler schizzava di brutto…
«Dove andiamo a fare colazione?» gli chiese quest’ultimo, posando il cellulare e accendendo il motore.
Ben rimase in silenzio quei pochi secondi che gli permisero di ricordarsi un indirizzo…
Ma subito ci ripensò. Non sarebbe andato al locale di Claire insieme a Tyler. Lui era già sul piede di guerra, se poi gli avesse proposto di recarsi in un posto perché doveva incontrare una persona…una ragazza…di sicuro avrebbe iniziato a dirgli che non aveva tempo da perdere con le donne, non adesso, soprattutto con una fan.
Nel fare un lavoro come il suo, c’era sempre il rischio di incontrare persone che ti avvicinavano solo per tornaconto personale. Poteva anche non sembrare, ma esisteva un sottile divario tra sincerità e ipocrisia. Spesso, era davvero difficile riconoscere l’una o l’altra. Ben lo sapeva, ma sapeva anche che non era il caso di Claire, la quale era stata tanto dolce e cortese con lui.
Comunque, non aveva alcuna intenzione di cominciare una relazione sentimentale. Per un po’, di donne non ne voleva sapere. L’ultima esperienza era stata alquanto…
Meglio non ricordarsela...
Non avrebbe più avuto una ragazza che cercava solo di apparire ai suoi occhi il più perfetta possibile, che cercava solo di piacergli, ma che in realtà era totalmente priva di carattere e personalità. Per quanto carine, quel genere di di donne non erano il suo tipo. Ne aveva incontrate fin troppe così, e iniziava a pensare che non ne esistessero di diverse, almeno nello show business.
Dubitava che avrebbe mai trovato quella giusta, ma poteva andar bene anche così: aveva il suo lavoro, che altro contava di più?
L’amore non aveva mai bussato alla sua porta, e Ben nemmeno voleva che accadesse. Non più.
Forse non era fatto per l’amore. Non sarebbe mai stato pronto per un sentimento così forte e totalmente irrazionale.


Arrivati agli studi, le riprese iniziarono quasi subito. Conosceva già la regista e un altro paio di persone incontrate ai casting, e soprattutto Katherine, la sua co-protagonista, con la quale aveva già lavorato una volta. 
Benché fosse una persona molto riservata, Ben era spiritoso e divertente, amichevole e gentile, cosa che gli permetteva di fare amicizia abbastanza facilmente.
La prima giornata di lavoro andò più che bene.
Verso l’ora di pranzo, qualcuno propose di uscire a mangiare. E c’era un posto che Ben avrebbe trovato perfetto…


 
***


L’All the Perks era una bella caffetteria in stile rustico. Il locale era pervaso costantemente da un aroma di cannella, che a Claire piaceva da impazzire.
La prima volta che c’era stata, le aveva subito ricordato un piccolo rifugio di montagna, con i suoi colori caldi, il camino, le pietre incastonate alle pareti e le travi di legno sul soffitto.
Il locale prevedeva un servizio completo, dalla colazione alla cena. Ma non era certo un ristorante di lusso, tutt’altro: era un posto molto informale, con prezzi abbordabili a tutti, dove passava gente di tutti i tipi.
Le ore calde (come le chiamava Joseph) erano ovviamente quelle dei pasti, le più tranquille quelle del pomeriggio, nelle quali si potevano trovare clienti seduti comodamente a leggere il giornale, ragazzi che studiavano, clienti abituali che rimanevano a chiacchierare fino all’ora di chiusura…
In tutto questo, Claire aveva uno dei ruoli più importanti: quello di preparare dolci.
Le era sempre piaciuto pasticciare in cucina, la rilassava, e così si era scoperta una provetta pasticcera.
Appena arrivata, si era messa subito al lavoro, i capelli raccolti in una coda di cavallo e il grembiule sopra gli abiti. Sua cugina Lory avrebbe preferito che si riposasse dal viaggio, ma Claire fu categorica.
«Stavolta non sono vostra ospite, sono una vostra dipendente» le aveva ricordato.
«Non dire così, suona orrendo» protestò la cugina, mentre dava la pappa alla sua bambina Maddy.
Maddy aveva due anni, i capelli chiari e due occhioni azzurri come la mamma. Un’adorabile peste.
Era l’una e mezza del pomeriggio, ora nella quale Lory e Joseph pranzavano di solito.
«Tienimi un attimo Maddy» disse Lory, «vado di là a vedere se Jo ha bisogno»
Claire prese in braccio la cuginetta, lanciando un’occhiata attraverso la porta a vetri della cucina.
«Sai che doveva venire a trovarmi un amico, oggi?» disse alla bambina.
«Chi?»
«Il Principe Caspian»
Maddy aprì la bocca in una grande ‘O’.
Claire rise.
Aveva sperato davvero che Ben venisse a trovarla.
Va bene, erano entrambi a Ogden da meno di ventiquattro ore, per cui, forse, avrebbe dovuto attendere qualche giorno prima di vederlo di nuovo.
Ma lo avrebbe poi rivisto?
Lui era certamente sul set a quell’ora. Non si sarebbe ricordato di lei con tutto quello che aveva da fare.
Si aspettava davvero che Ben…?
Sì.
Sì, ci credeva. E lo avrebbe sperato tutto il giorno e per quelli a venire.
Ad un tratto, Lory ritornò in cucina, bianca come un cencio.
«Che è successo?» chiese Claire, spaventata, sempre tenendo in braccio Maddy.
«E’…è…lui!»
Claire fece uno sguardo da miope. «Non ho capito. E’ successo qualcosa a Joseph?»
Lory scosse il capo, balbettando di nuovo: «Di là…è lui…oddiomiosanto!»
«Chi?»
«Ben Barnes!!!»
Claire sentì il cuore balzarle in gola.
In quel momento, Joseph mise la testa dentro la cucina «Claire, di là c’è un uomo che chiede di te»
«Un uomoooooooo!!!!!!!!»
«Ma cosa urli, Lory, sei scema??» fece Joseph.
«Non è un uomo qualunque, è Ben Barnes!»
«Aahh…» fece Joseph rivolto a Claire, i pugni sui fianchi, «il tizio con cui hai traviato mia moglie. Lo sai che se lo sogna di notte?»
Ma Claire non ascoltava una parola.
Un uomo…
C’era un uomo…
Un-uomo.
Finiscila di fare l’idiota e vai di là!!!
Senza nemmeno chiedere se fosse davvero lui – il suo istinto le diceva che doveva esserlo per forza – Claire uscì dalla cucina e sbucò direttamente dietro il bancone.
E là davanti, più bello che mai, c’era…
Con il sorriso che le fece, sarebbe potuta morire felice e senza rimpianti…
Accoglietemi angeli del cielo. Amen.
«Ciao!» la salutò lui.
Lei sfoderò un sorriso raggiante. «Ben!»
Alle sue spalle, Lory e Joseph sbirciavano la scena, vedendo il sorriso di Ben Barnes abbandonare il suo viso.
Lui, adesso, fissava Claire con un’espressione assolutamente sconcertata.
Chi diavolo era la bambina che teneva in braccio?, pensò Ben con una punta di panico.
Oddio, aveva una figlia…
No, era impossibile.
Aspetta…la sera prima, Claire gli aveva detto che sua cugina aveva una figlia piccola, per cui…
«Non…non è tua» le chiese, indicando Maddy.
Claire rise. «Oh, no! E’ la figlia di Lory»
«Ah…»
Sospiro…
«Non mi avevi detto che la tua amica era così carina» si intromise una donna bionda che Claire non conosceva. O meglio, sì che la conosceva: era un’attrice. Era Katherine Heigl! E le aveva detto che era carina. Pronunciato da una donna così bella era davvero un complimento.
«Ben mi ha detto che ti ha conosciuta ieri, in treno» disse Katherine. «Mi ha raccontato la vostra comune disavventura. L’ho trovata divertente»
«Sì, bè, non è stato tanto male» balbettò Claire.
Lory si avvicinò di soppiatto, prendendo la figlia dalle braccia di Claire e guardando Ben con gli occhi sbarrati.
«Salve» la salutò Ben.
«Lei è mia cugina Lory, ma credo che tu l’abbia capito» fece Claire.
«Già. Anche lei è una mia fan, se non ricordo male»
«S-s-s-ì» balbettò Lory, che sembrava una statua di sale.
«Ordinate?» chiese poi Joseph.
«Sì, grazie. Siamo in quattro » rispose Katherine, voltandosi verso gli altri due attori che erano venuti con lei e Ben.
«Sedetevi pure dove volete» disse Joseph, tranquillissimo.
«Grazie. Ben, noi prendiamo posto, tu resta pure qui a chiacchierare con la tua amica»
«Un attimo solo. Claire, vieni» fece Lory, afferrando Claire e trascinandola di nuovo verso la cucina.
Al riparo da occhi e orecchie indiscrete, mettendo Maddy a sedere sul piano da lavoro, Lory affrontò Claire. 
«Stai un momentino qui buona, amore, io devo parlare con questa disgraziata…»
Claire si ritrasse, spaventata. «Cosa c’è?»
Lory la prese per le spalle, l’aria minacciosa. «Cosa c’è???» sibilò. Per poco non le spuntò la lingua biforcuta. «Te lo do io il ‘cosa c’è’! Ieri sera, quando mi hai detto che avevi incontrato Ben sul treno, non mi avevi detto che sarebbe venuto qui!»
«L-lo so, è vero, scusami. E’ che non osavo sperarci nemmeno io. Insomma, lo speravo con tutto il cuore, ma sapevo che poteva anche non succedere e non volevo illudermi. Così, per non rimanere troppo delusa, non…»
«Adesso capisco perché è tutto il giorno che quando si apre la porta salti via come una molla!»
Claire fece spallucce. Era vero, dopotutto: lo aspettava. 
«Senti, posso andare adesso?»
Lory sospirò. «Sì. Però... Oddio, ora che facciamo?»
«In che senso?»
«Come sarebbe?! C’è Ben Barnes nel nostro locale! Cosa dobbiamo fare?!»
«Niente. Torniamo di là e ci parliamo normalmente»
«Fosse facile…»
«Guarda che non è impossibile, Lory. Anche io non lo avrei mai pensato, ma è più facile di quando non sembri. Ben è una persona normalissima»
Tremendamente affascinante, ma normalissima…





Ecco, siamo solo al terzo capitolo e io già posto in ritardo…bè, non di molto, ma ieri sera ero troppo stanca e sono crollata sul divano senza riuscire ad accendere il pc…sorry…
L’importante però è aver aggiornato, no? 
Questi primi capitoli sono un pò corti, ma credo che inizieranno ad allungarsi tra un pò. Non mi soffermo molto sulle descrizioni, preferisco approfondire di più l'introspezione dei personaggi. Ora, io non pretendo di sapere com'è Ben, ma spero che il mio Ben vi piaccia.
Aspetto i commenti!

Ringrazio:
Per le seguite:
ChibiRoby, Fra_STSF, Halfblood_Slytherin, HarryPotter11, Nadie, Shadowfax, soffsnix, SweetSmile _joy
Per le ricordate: Halfbood_Slytherin
Per le recensioni del primo capitolo: _Fedra_, Fra_STSF, Nadie, Shadowfax, _joy

Per gli aggiornamenti di questa storia e di Night&Day, mi trovate sempre alla mia pagina facebook
Grazie a tutti e alla prossima!!!
Susan♥

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Capitolo 4
*** 4. Amici ***


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4. Amici
 
Potrebbe diventare un’abitudine…
 
 
 
Quando Claire ricomparve dalla cucina, Ben era ancora seduto al bancone, gli avambracci posati su di esso. Si era tolto il giaccone e l’aveva appeso allo schienale dello sgabello, guardandosi attorno mentre aspettava lei.
Mi aspetta…aspetta me. Me. ME!
Perché a un tratto era così agitata? Era stato così facile il giorno prima.
Era sempre lui, sempre Ben.
Appunto!!! Dici poco!!!
Colpa di Lory e delle sue scene da pazza. Le aveva messo addosso un’ansia pazzesca, e adesso aveva le mani sudate, il respiro accelerato, la gola secca.
Inspira…espira…
Claire ritornò dietro il bancone e sfoderò un altro sorriso. «Già ordinato?»
«Io sì. Gli altri stanno decidendo» rispose lui, facendo un cenno al tavolo dove stavano seduti Katherine e gli altri due attori. «Tu hai già pranzato?»
«Ho appena finito» lei appoggiò le braccia sul bancone, come lui. «Allora, com’è andato il primo giorno di lavoro?»
«Benone. E il tuo?»
«Bene, direi»
Fu come la prima volta: semplicissimo parlare.
Improvvisamente, capì perché si sentiva così ansiosa: Ben era in un luogo per lei famigliare (anche se era stata solo una volta all’All the Perks, il fatto che ci lavorassero Lory e Joseph, la faceva sentire a casa) e avere Ben seduto lì, vederlo invadere improvvisamente un angolino del suo mondo, era qualcosa di assolutamente straordinario, inspiegabile a parole.
Due mondi che entrano in contatto, si potrebbe dire…
D’un tratto, Lory sgusciò alle sue spalle, Maddy in braccio.
«Ri-ciao» disse a Ben.
«Salve»
«Prima non ci siamo presentati bene: sono Lory, piacere»
«Piacere, Ben»
«Sì, lo so!»
Quando lui le strinse la mano, Claire pensò seriamente di andare a prendere un piede di porco per indurre la cugina a lasciarlo andare.
Lory riuscì a parlare con Ben meglio di quanto Claire avesse sperato: non balbettò, però rise in continuazione…
«Lory, piantala di ridacchiare, sembri una iena» le sibilò all’orecchio.
Joseph passò dietro di loro in quel momento. «Moglie, al lavoro. Ci sono piatti che aspettano di essere messi in lavastoviglie»
Claire rise, Lory strinse i denti, mormorando insulti in direzione del marito.
«Mghsbrd…Ehehe…vado. Ciao, Ben, è stato un vero piacere!»
«Il piacere è stato mio»
«Ciao!» Lo salutò Maddy.
Claire e Ben osservarono mamma e bimba sparire di nuovo verso il retro.
«Quanti anni ha la bambina?»
«Due»
«E’ carina»
«Sì, è un amore. Prima le ho detto che saresti venuto a trovarmi, sai?»
«Ah, è una mia fan anche lei?»
«Non proprio…ma le ho già letto tre libri delle Cronache di Narnia»
Ben rise di gusto. «La stai istituzionalizzando?»
«Eccome!»
 
 
Ben e i suoi colleghi rimasero al locale soltanto mezz’ora, pranzando con un panino e una coca.
Lui sedette al tavolo con Katherine e gli altri due attori. Claire non riuscì a togliergli lo sguardo di dosso per tutto il tempo, sbirciando di tanto in tanto nella sua direzione, facendo finta di far questo o quello, quando in realtà non faceva niente.
Fortunatamente, lui non se ne accorse.
«Che diavolo combini?» le chiese Lory.
Claire, un piccolo annaffiatoio alla mano, sbirciava attraverso i petali colorati di un mazzo di fiori posato sul bancone. «Bagno i fiori, non vedi?»
«Claire…sono finti»
«Ah…» la ragazza si fermò di colpo, guardando prima il vaso e poi sua cugina. «Sì…lo sapevo. Stavo solo…»
Lory le tolse l’annaffiatoio dalle mani, posandolo sul bancone. «Ti si staccheranno gli occhi, prima o poi»
«A fare cosa?»
«A spiare Ben»
«Non lo sto…!» Claire si accorse di aver alzato la voce e si affrettò ad abbassarla. «Non lo sto spiando»
Lory alzò un sopracciglio.
Claire arrossì. «E va bene, lo sto spiando»
«Bè, non ti biasimo, cuginetta. E’ da mangiare con gli occhi»
«Già…»
Pure le mie lenti a contatto se lo stanno mangiando…
«Certo che ha un bel po’ di magnetismo animale…»
«Lory! Insomma!» Claire incrociò le braccia al petto. «Ti ricordo per l’ennesima volta che sei una donna sposata!»
Lory fece un verso esasperato. «Oh, che palle! Senti, non c’è niente di male! E’ troppo bello»
«Ehm…bè sì...sì…Però, scusami un attimo: che fine ha fatto tutta la tua devozione per Kevin Costner?»
Lory fece una faccia indignata. «Scherzi?! Kevin è il grande amore della mia vita! Ma Ben è Ben»
«Moglie degenere! E il povero Joseph?»
«Senti, è colpa tua! Sei stata tu a farmelo conoscere, o no?»
Claire sospirò e chinò il capo.
In effetti…
Pian piano, il locale iniziò a svuotarsi dai clienti dell’ora d’oro. Ben e i suoi compagni furono gli ultimi ad andarsene.
Lui mise i soldi sul bancone, così fecero gli altri.
«No, voi non pagate» disse Lory. «Offre la casa»
A Joseph schizzarono gli occhi dalle orbite. Ma prima che potesse ribattere, Claire gli pestò un piede, zittendolo.
«E’ vero» disse poi, «gli ospiti speciali non pagano»
«Gentilissimo da parte vostra, ma…» fece Katherine.
«Non insistete. Davvero, va bene così» disse ancora Lory. «Giusto, Jo?»
Gli altri non le videro ma, nel voltarsi verso Joseph, le due cugine sfoderarono uno sguardo malefico come a dire : ‘ti strappiamo la lingua se dici no!’
«S-sì, sì, va benissimo» balbettò il povero Joseph.
«Solo per questa volta» disse Ben.
Claire lo guardò fisso.
Aveva capito bene?
Solo per questa volta… voleva quindi dire che…
«Mi ha fatto piacere vederti ancora» le disse lui, rimettendosi il giaccone.
«Anche a me, tanto»
Diglielo. Dai, diglielo!
«Senti, Ben…»
«Sì?»
«Pensi di tornare ancora?»
«Certo» annuì lui.
I gradi occhi scuri di lei si illuminarono di gioia pura.
Ben non poté non farsi scappare un sorriso.
 
 
E infatti, il giorno dopo, eccolo di nuovo lì.
E il giorno dopo ancora.
E quello dopo dopo quello dopo.
E quello dopo dopo quello dopo, dopo quello dopo…
Insomma, per un’intera settimana, Ben si recò all’All the Perks per la colazione, e un paio di volte ancora per il pranzo.
Si scoprì ad amare due cose di quel locale: i dolci di Claire e la tranquillità che vi albergava tra le sei e le sette di sera. Quella era l’ora in cui di solito si era certi di poterlo trovare seduto su una delle poltrone nell’angolo accanto al camino, a ripassare la sua parte.
Quei piccoli momenti erano divenuti ormai parte del quotidiano. Una valvola di sfogo, un metodo alternativo anti-stress.
Man mano che i giorni passavano, però, iniziò a rendersi conto che, forse, il merito non andava tutto ai dolci e alla tranquillità, ma anche a Claire stessa.
Non la conosceva ancora bene, ma era consapevole del fatto che fosse una delle poche persone al mondo in grado di farlo sentire davvero a suo agio. Gli era bastato poco per capire che godeva troppo della sua compagnia per rinunciarvi. Amava troppo trovarsela davanti ogni mattina, sorridente, allegra.
Il loro incontro era stato casuale e del tutto fuori dalla norma, la cosa certa era che, da allora, nessuno dei due aveva più saputo fare a meno di vedersi, anche solo per pochi minuti.
Infine, Lory riuscì a chiedergli l’autografo, e lei e Claire si fecero una bella foto per uno. Quando lui le mise un braccio attorno alle spalle, la ragazza si rese veramente conto di quanto fosse alto, di quanto il suo metro e sessanta - in confronto al metro e ottantasei di Ben - la facesse sembrare così piccola e minuta.
Ogni volta che lo vedeva varcare la soglia, Claire sentiva il cuore allargarsi, pensando a quanto lui le apparisse sempre più bello e sempre più reale ogni giorno che passava. Gli sarebbe saltata al collo per riempirlo di baci, ma non poteva se non voleva rischiare che lui scappare a gambe levate per non tornare mai più.
Si impose invece di pensare al tempo che sarebbe venuto: per quattro mesi interi, l’avrebbe avuto intorno. L’avrebbe visto, avrebbe riso e parlato con lui.
«Secondo me, ti trova carina»
«Lory, non dire cavolate. Non gli piaccio in quel senso»
«Perché? Non è mica impossibile. Scusa, viene a trovati tutti i giorni per cosa, se no?»
«Dice che adora i miei muffin» rispose ingenuamente Claire.
«Questa sì che sa di balla»
Oh, no, no, no, no!! Non dovevano metterle in testa certe cose, non andava bene!
Considerava Ben un suo amico…che le faceva battere il cuore a mille, ma pur sempre un amico.
Quello sarebbe stato ammissibile: amici. Altro, no.
Di sicuro, non sarebbe stata lei a rovinare il rapporto che stavano instaurando solo perché una parte del suo delirante cervello partoriva idee del tutto insensate.
Claire aveva sognato per anni di incontrare Ben, ma il solo pensiero che lei potesse piacergli non le era mai passato per la…
Sì? Dicevi?
Va bene, le era passato per la testa. Ma non è forse quello che sperano tutti i fan: piacere al loro idolo? Bene, lei non faceva eccezione.
Era normale, giusto? Non c’era niente di male.
Sì, normale, ma non poteva succedere. Non a lei. A lei non capitavano mai certe cose, non era una ragazza troppo fortunata, di certo non a quei livelli.
Quante possibilità c’erano? Una su un milione.
Ma pur sempre una, le avrebbe detto suo padre...
In quel momento, mentre Claire era immersa in mille ragionamenti contorti, dall’altra parte del locale, Ben alzò gli occhi dal copione, avvertendo qualcosa strusciarsi contro le sue gambe. Guardò in basso, stupendosi non poco nel vedere un gatto tigrato fissarlo con i grandi occhi verdi, il corpo inarcato e la coda all’insù in una tipica manifestazione d’affetto felina.
«E tu chi sei?»
Il gatto miagolò.
«Si chiama Rhett» disse Claire, avvicinandosi e prendendo il gatto in braccio.
Ben fece un’espressione tra il perplesso e il divertito. «Rhett, come Rhett Butler?»
«Precisamente» sorrise Claire. «Il nome l’ho suggerito io»
Ben ricambiò il sorriso. «Non ti chiedo da dove hai preso l’ispirazione, perché credo di saperlo»
Lui e Claire si erano spesso trovati a parlare di libri, scoprendo che lei aveva una vera e propria passione per Via col Vento, tanto da sapere le battute a memoria, sia del romanzo che del film.
«Non immaginavo aveste un animale. Dov’è stato fino a oggi?»
«A spasso, e a casa a dormire» rispose Claire, sedendo sulla poltrona di fronte a quella di Ben.
«Abitate molto lontano dal locale?»
«Appena due isolati più in là»
«Ah, così lui può scorrazzare liberamente da un posto all’altro!»
«Già, è proprio così!»
Il gatto si liberò dalle braccia della ragazza per tornare verso Ben.
Un poco incerto, lui allungò una mano «Mi graffierà se provo ad accarezzarlo?»
«No, vai tranquillo» rispose Claire in tutta sicurezza.
Ben lo accarezzò sulla testa una volta. «Ciao, micio»
Il gatto gli annusò la mano e poi vi strofinò contro il muso.
«Gli piaci» sentenziò Claire con aria quasi stupita. «Di solito da poca confidenza agli estranei, è un po’ pauroso»
Ben fece un’espressione triste. «Io non sono un estraneo!»
«Bè, per lui lo sei»
Rhett, molto soddisfatto delle carezze ricevute, tornò da Claire e le si acciambellò in grembo.
«Non avete problemi a tenerlo qui nel bar?» chiese poi Ben.
«No. Alcuni clienti hanno avuto a che ridire in passato, ma la maggior parte della gente lo considera la nostra mascotte. E se si facesse vedere un po’ più spesso, potrebbe anche diventarlo»
Rhett prese a fare le fusa e lei iniziò ad accarezzarlo sulla schiena.
«Ti piacciono gli animali, vero?» chiese Ben.
«Sì, molto. E a te?»
Ben guardò Claire con vago sospetto. «Non dovresti saperlo?»
«Non so tutto su di te, non sono mica una stalker!»
Lui rise. «Sì, mi piacciono» rispose poi, «ma non ne ho mai avuto uno. Non credo di essere il tipo che si prende cura di un animale domestico. Tu invece sei molto a tuo agio»
Lei annuì. «Ho imparato che, spesso, gli animali ti danno più delle persone. Una cosa è certa: non ti tradiscono mai»
Ben fece una pausa, poi disse: «Te l’ho già chiesto ma te lo voglio richiedere: perché hai deciso di trasferirti?»
Claire attese un istante, poi si fece molto seria. «Sono scappata»
Ben sbatté le palpebre e, per la prima volta – per la prima volta davvero – gli occhi di lui si specchiarono in quelli di lei.
Claire perse un battito, distogliendo lo sguardo, puntandolo sul gatto.
«Definisci ‘scappata’» riprese Ben.
Lei si sciolse di nuovo in un sorriso. «Non è come credi: non sono fuggita da casa, non nel vero senso della parola. Ma è come se lo avessi fatto. Sono scappata da un posto che mi stava troppo stretto»
«La tua città?»
«Già...Non tanto per le dimensioni, ma per la gente che ci viveva. La gente che conoscevo. Non tutti, non di certo la mia famiglia. Qualcun altro…»
La voce di Claire si fece bassa e incerta.
Ben la guardò, il viso dai lineamenti dolci incorniciato da piccoli ciuffetti scuri che scappavano dalla coda con cui aveva raccolto i capelli.
Fece per chiederle qualcosa, ma lei lo interruppe.
«Non parliamo di me, dimmi del tuo film, piuttosto: come procede? Oh…sempre che non ti dia fastidio parlare di lavoro anche quando sei in pausa»
Lui scosse il capo. «Non mi da mai fastidio parlare del mio lavoro»
D’un tratto, lo sguardo di lei cadde sul copione aperto sul tavolino. «Oddio, scusami! Io ti sto disturbando!»
«No, figurati» la rassicurò Ben. «E’ sempre piacevole parlare con te»
Claire restò immobile per qualche secondo.
«Grazie…»mormorò poi.
«Claire?» chiamò la voce di Joseph, risvegliandola dalla piccola trance in cui era caduta. «Non dimenticarti la torta nel forno»
«No, certo»
Joseph le fece l’occhiolino. «Mi sa che te la dimenticherai, invece, con lui che ti distrae»
Ben e Claire si scambiarono uno sguardo.
«E’ lei che distrae me» disse lui.
Chiaramente scherzava, ma lei pensò che non le sarebbe dispiaciuto essere la sua personale distrazione.
«Vado di là, scusami» fece lei, alzandosi senza guardarlo e lasciando andare Rhett.
Ben si alzò a sua volta. «Sarà meglio che vada anch’io. Ho una cena con gli altri attori, stasera. Ci vediamo domani? O siete chiusi?»
«Domenica siamo chiusi. Ci rivediamo lunedì» rispose lei, mentre si avviavano verso il bancone.
Ben vi posò i soldi sopra e indugiò un istante. «Claire?»
«Sì?»
«Che fai di solito, la domenica sera?»
 





Eccomi di nuovo qui con Ben&Claire!
Oggi non ho molto tempo, ma un paio di cose ve le devo dire lo stesso. 
Dal prossimo capitolo, la situazione generale inizierà ad approfondirsi e a diventare un pò più seria. Claire e Ben hanno avuto una settimana per conoscersi, per parlare all'infinito e iniziare a considerarsi amici. Ma, siccome non mi piace tirarla troppo per le lunghe, direi che è ora di far succedere qualcosa. Siete d'accordo anche voi o vi sembra che stia correndo troppo?
Oh, a proposito: Rhett è davvero il mio gatto! xD 

Passiamo ai Ringraziamenti:
Per le seguite:
ChibiRoby, Fra_STSF, Halfblood_Slytherin, HarryPotter11, Nadie, Queen_Leslie, Shadowfax, soffsnix, SweetSmile _joy,  _likeacannonball, _LoveNeverDies_
Per le ricordate: Halfbood_Slytherin
Per le preferite: _likeacannonball (cucciolotta mia bella, grazie di cuore!!!)
Per le recensioni dello scorso capitolo: _Fedra_, Fra_STSF, Nadie, Shadowfax, _joy
 
Gli aggiornamenti di questa storia e di Night&Day (fandom Narnia) li trovate alla mia pagina facebook.
Devo scappare! Alla prossima e grazie di cuore a chi segue questa fic!
Baci a tutti,
Susan♥

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Capitolo 5
*** 5. Non è un appuntamento ***


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5. Non è un appuntamento
 
Allora smettila di ripeterlo…
 
 

Gli occhi scuri di Claire si fecero sempre più grandi, enormi, mentre lo fissava senza sbattere mai le palpebre.
Le ci volle tutta la buona volontà di cui disponeva per non spalancare la bocca.
«La…domenica sera…che faccio? Ecco, dipende…»
«Ti va di uscire?»
Silenzio.
Si fissarono.
Ancora silenzio.
Lei sbatté le palpebre.
Devo andare a farmi sturare le orecchie…
«Scusa, puoiripetechenoncredodiavercapitotantobene???»
Ben trattenne una risata. «Ti ho chiesto se ti va di uscire con me»
Era come se un’eco rimbombasse nella testa di Claire.
Ti ho chiesto se ti va di uscire con me…
Ti ho chiesto se ti va di uscire con me…
Ti ho chiesto se ti va di uscire con me…
Dietro di loro, Joseph chiuse la bocca di Lory con le mani, impedendole di mettersi a gridare. I due ragazzi non si accorsero quando lui la trascinò di peso dentro la cucina, camminando all’indietro.
Il locale era vuoto.
C’erano solo loro due.
Claire e Ben.
Lei imbambolata, lui che la guardava con un mezzo sorriso, in attesa di una risposta.
«Claire? Ti sei incantata?»
«Eh? Ah, no! Scusa…stavo pensando»
«O è sì, o è no»
«Sì!» rispose subito lei. «Sì, sì, ti va di uscire con me…ehm, no, cioè…m-mi va di uscire con te, certo che mi va!»
Ben rise più apertamente. «Se sapevo che ti mostravi così contenta, te lo chiedevo prima»
«Oh, non prendermi in giro, Ben!»
«Non ti prendo in giro!»
«Sì, invece, stai ridendo!»
«No che non sto ridendo!»
«Sì, lo stai facendo!»
Ben appoggiò le braccia sul bancone, ancora ridendo insieme a lei.
«Allora, che ne dici se domani sera ceniamo insieme?»
Lei aprì la bocca, inspirando aria per riuscire a parlare. «D’accordo!»
«Io non conosco bene Ogden» le disse, «quindi, dimmi tu dove ti piacerebbe andare»
Lei rifletté un istante, il cuore che ancora batteva fortissimo per la sorpresa.
«Nemmeno io conosco così bene la città. Fammi pensare…»
Claire storse le labbra, alzò gli occhi al soffitto, poi tornò a guardare Ben.
«C’è un posto in cui sono stata la prima volta che sono venuta a trovare Lory, e mi piacerebbe ritornarci. E’ un piccolo ristorante in stile country, dove cucinano la carne in modo fantastico»
Ben la fissò con un’espressione un poco dubbiosa. «Vuoi che ti porto a mangiare una bistecca?»
Claire alzò le spalle. «Lo so che a guardarmi non sembro il tipo, ma sì, voglio che mi porti a mangiare una bistecca»
«Vada per il locale country, allora. A che ora ti passo a prendere?»
E con questa frase, la giornata di Claire si concluse nel migliore dei modi, sperando che l’indomani arrivasse il più in fretta possibile.
 
 
 
Lory aprì le ante dell’armadio ed iniziò a tirare fuori ogni tipo di capo d’abbigliamento possibile. Lo stesso fece con i cassetti.
«Non c’è bisogno di fare tutto questo casino!» disse Claire, mentre vari maglioni, magliette, gonne e stoffe di dubbia natura, la investivano in pieno viso.
«Ti presto qualcosa io se non hai niente da metterti! Posso anche truccarti? E pettinarti?»
Claire annuì. «D’accordo, ma non penso che i tuoi vestiti mi vadano bene»
Lory era andata ancora più fuori di testa di lei al pensiero di quell’appuntamento…che non era un appuntamento.
«E allora cos’è?» disse sua cugina con aria furba.
«E’ un’uscita tra due amici». Claire sbuffò, levandosi l’ennesimo maglioncino e guardandosi nello specchio: il seno piccolo, la vita stretta e le gambe esili. «Non troverò mai un vestito che mi stia bene. Metterò un paio di jeans. Dopotutto non andiamo in un ristorante di lusso»
«Stai scherzando?! Non ci pensare minimamente!»
«Non so cosa indossare!»
«Metti un vestito super sexy»
«E con cosa lo riempio?»
«Oh, ma piantala…»
Claire sedette sul letto, cercando qualcosa che facesse al caso suo. Abbinò una maglia bianca e un golfino nero e azzurro.
«Che dici? Possono andare?»
«Troppo semplice»
«Ma io voglio vestirmi in modo semplice. Non mi va che Ben pensi che gli voglio saltare addosso. Io non sono così»
Lory parve delusa. «Peccato…allora niente vestito pumato?»
Claire la fissò, sbattendo le palpebre. «Mi prendi in giro?»
«E’ quello che avevo scelto per il primo appuntamento con Jo, sai?»
«Il mio non è un appuntamento! Quante volte lo devo ripetere?»
Mancava un giorno intero, ma l’agitazione era già salita alle stelle.
Claire cercava di non darlo a vedere ma avrebbe voluto mettersi a ballare.
Era anche vero, però, che nonostante desiderasse piacere a Ben, non voleva mettersi in mostra.
Non era un appuntamento, nel modo più assoluto!
Come mai, allora, la domenica sera alle otto, le tremavano le ginocchia, aveva le mani sudate, un caldo pazzesco anche se c’erano cinque gradi sotto zero, e le sembrava di dover svenire da un momento all’altro?
Semplice: perché usciva con un uomo straordinario, ecco perché.
Aveva creduto di potersi abituare alla presenza di Ben, ed era così, solo che…oh, insomma, lui era sempre Ben Barnes, che diamine! Il batticuore e le farfalle nello stomaco erano inevitabili.
In ogni caso, aveva imparato a gestirli bene e non avrebbero dovuto costituire un grosso problema. O meglio, non lo avevano costituito finché lui si era presentato al locale a bere un caffè, studiare il copione e chiacchierare, il tutto in mezzo a – minimo – altre tre persone, o comunque, sempre con Lory e Joseph intorno.
Quella sera, invece, sarebbero stati soli.
Si sarebbero trovati in mezzo a molta altra gente dentro quel ristornate, era pur vero questo, ma…non era la stessa cosa. Quelle persone sconosciute, Claire sapeva che non le avrebbe neppure notate.
Fu effettivamente così.
Ben arrivò a casa di Lory e Joseph alle otto meno un quarto: abbigliato di un cappotto scuro, un berretto e una sciarpa pesante, già si notava che, sotto, non indossava capi troppo eleganti.
Claire fu grata di non aver dato retta a Lory e di non essersi messa in tiro.
Era un serata informale, non era un appuntamento!
Le stesse cose le pensava anche Ben:
Uscire con Claire non significava niente.
Erano due amici che si godevano una bella serata, senza impegno, spensierata, senza il problema del poi.
Non ci sarebbe stato nessun ‘poi’, e nemmeno la preoccupazione di deluderla quando, alla fine, l’avrebbe salutata sulla soglia di casa sua.
L’aveva invitata fuori perché…perché gli andava così. Punto.
Claire non si aspettava nulla, come lui.
Niente complicazioni con lei.
Niente secondi fini.
Era proprio per questo che adorava stare in sua compagnia.
Raggiunsero il ristorante in macchina. Era un luogo diverso da come Ben se l’era immaginato, nonostante sapesse che non si trattava di un locale di lusso. Somigliava un po’ all’All the Perks, ma più grande e un po’ più affollato. Tuttavia, i tavoli non erano ammassati uno all’altro, c’era spazio per muoversi e l’arredamento rustico era semplice a ricercato.
«Somiglia a una di quelle taverne western che si vedono nei film»
«E’ vero» disse Claire, mentre prendevano posto. «Ti piace?»
«Molto»
Quando lei si tolse il cappotto, lui notò che era vestita in modo molto sobrio: un maglioncino rosa a collo alto, senza ricami o scritte, una gonna bianca che le arrivava appena sopra il ginocchio, un paio di scarpe con tacco non troppo alto; un fard leggerissimo sulle guance, e se aveva ombretto o mascara, non si notava; i capelli erano portati sciolti. L’aveva sempre vista con i capelli raccolti in una coda, ma doveva ammettere di preferirla così.
Quella sera, Claire gli appariva sotto una luce diversa. Mentre mangiavano, si ritrovò a pensare che, se non avesse deciso di lasciar perdere le donne per un po’, gli sarebbe piaciuto uscire più spesso con lei. Non poté non domandarsi come sarebbe stato avere un vero appuntamento.
«Sei molto carina» gli uscì detto.
Lei arrossì e sorrise. «Grazie»
Non è un appuntamento, Ben…non è un appuntamento! Niente complimenti gratuiti.
Lei poteva farsi strane idee.
O era lui che se le faceva?
Per ironia della sorte, cercando in tutti i modi di non glissare sull’argomento ‘esperienze amorose’, finirono proprio per parlare di quello.
Claire avrebbe voluto chiedergli se c’era qualcuno di speciale nella sua vita, al momento, ma non lo fece.
Il fatto che Ben l’ avesse portata fuori, non voleva dire niente. Nien-te!
Il fatto che stessero cenando insieme, non voleva dire che lui era libero.
Lui rimase molto vago sulle proprie storie passate, nonostante immaginasse che Claire, da brava fan, si fosse documentata. In ogni caso, ci tenne a precisare che, per un po’, le donne erano un capitolo chiuso.
Lei avrebbe voluto conoscerne il motivo, quando tre ragazze si avvicinarono al loro tavolo: avevano riconosciuto Ben.
Claire restò seduta e attese che lui firmasse gli autografi e le accontentasse con qualche fotografia, mentre quelle le lanciavano sguardi perplessi. Una di loro le chiese se era una collega di Ben, e Claire rispose no: era una sua amica.
Infine, le fans salutarono Ben, ringraziarono e se ne tornarono al loro tavolo. Le prime due precedettero la terza – una tipa con un decoltè alquanto generoso – la quale infilò un bigliettino in mano a Ben, chinandosi per sussurrargli qualcosa all’orecchio.
Claire restò basita.
Cosa cavolo credeva di fare quella lì?
Lei e la ragazza si fissarono un istante. Quella mulinò i capelli e poi se ne andò.
Ben fece un verso divertito, posando il biglietto sul tavolo.
«Scusami»
«Per cosa?» chiese automaticamente Claire, fissando il biglietto. Se avesse potuto, lo avrebbe bruciato con lo sguardo.
Faccio come Clark Kent, giuro, lo incenerisco!
«Non accade spesso ma, qualche volta…»
«Ti danno i loro numeri di telefono e il numero della camera dell’hotel dove alloggiano?»
Claire fece un cenno con il capo, indicando le scritte sulla carta.
«Succede» ripeté lui, passandosi una mano tra i capelli, osservandola di sottecchi.
Lei faceva lo stesso. 
«Ben, non è che tu…»
No, non puoi chiederglielo!
Sì, glielo chiedo!
«Vuoi chiedermi se ho intenzione di andare da lei?»
«No» rispose Claire, rapida. Sentì il viso caldo, in fiamme quasi.
Non potevano parlare di quelle cose…
Scese un silenzio imbarazzante, il primo in assoluto da quando si conoscevano.
«Ci rimarresti male?» chiese lui.
«Sì. Molto»
Ben fece un mezzo sorriso. «Non ne ho nessuna intenzione, tranquilla. Non è nemmeno il mio tipo»
Claire sorrise a sua volta.
Meglio così…
«E qual è il tuo tipo di ragazza?»
«Non fare la furba, perché so che già lo sai»
Senza accorgersene, si ritrovarono nella stessa posizione, con le braccia sul tavolo, sporti un poco in avanti uno verso l’altro.
L’imbarazzo stava via via scomparendo.
«So che ti piacciono le bionde, alte, e carine» disse Claire, vergognandosi un poco mentre esternava la sua conoscenza su di lui. Come sempre, temeva che potesse infastidirlo.
Ma lui non dava segno di esserlo.
«Non è esatto» rispose Ben «Di solito, mi piacciono bionde, ma non è detto, e non devono essere per forza alte. Ma carine sì»
Claire lo fissò con una smorfia. «Superficialone»
Ben rise. «Cosa?!»
«Se davvero quella tipa non era il tuo tipo, allora perché le hai  sbirciato nella scollatura?» lo accusò, scherzosa.
«Non le ho affatto sbirciato nella…»
«Gli uomini…» sbuffò lei, fintamente offesa.
«Bè, ma…»
«Niente ma, ti ho visto!»
Lui non seppe che dire, sconfitto. «L’occhio vuole la sua parte, Claire»
Lei storse le labbra. «Sì, è vero…ma non è tutto»
«Allora sentiamo, bimba: qual è il tuo tipo di uomo?»
Bi…bimba?
«Il mio tipo di uomo?»
Tu…
«Non ho un tipo ideale, non fisicamente. Però dovrebbe essere gentile, spiritoso, magari un po’ matto, come me»
«Bello no?»
«Certo, ma non è l’unica cosa che conta»
«Certo che no»
«Ci vuole chimica. E la chimica tra due persone è qualcosa che…scatta, senza un perché, e non solo fisicamente. Lo definirei uno scontro di cuori, di menti e di anime»
Ben esitò un istante, giocherellando con la tovaglia. «Tu sei un tipo molto romantico, vero?»
«Molto, sì»
«Cosa cerchi nell’amore, Claire?» le chiese poi, serio. La voglia di giocare era scomparsa.
«Amore» rispose lei con estrema semplicità, guardandolo dritto in viso. «Prima di tutto amore»
«Ma ci vogliono molte altre cose in un rapporto: fedeltà, sincerità e rispetto, ad esempio»
«Sono fondamentali, non lo nego, ma la base è il sentimento stesso. Il resto viene automatico. Quando ami qualcuno, vuoi tutto per quella persona, e non ti passa nemmeno per la testa di mentire o di tradire». Claire restò ferma ad osservare le piccole rughe apparse sulla fronte di lui. «Non sei d’accordo?»
«Lo sono. Non è questo…Non avevo mai sentito una definizione d’amore basta solo sull’amore. Le donne – non tutte, non voglio generalizzare – in genere ti erigono una lista infinta»
«Ovvero?»
Ben scrollò le spalle. «Le solite cose: chiedono di essere capite, coccolate, amate, portate fuori, riempite di regali; chiedono che il loro ragazzo le accontenti in tutto senza deluderle mai, che le faccia ridere, che possa essere presente anche se è dall’altra parte del mondo. Non pensano che anche noi uomini desideriamo le stesse cose. Voi donne ci considerate esseri a parte»
«Questo non è vero»
«Oh, sì, lo è» Un’ombra di risentimento passò negli occhi di lui.
«Ci sono uomini che prendono in giro le donne, prendendole e buttandole come e quando vogliono» riprese Claire, «trattandole come fossero un passatempo piuttosto che come esseri umani con dei sentimenti. Forse è per questo che alcune si comportano come dici tu. Forse devono faticare per essere capite e apprezzate per quello che sono»
«Ci sono donne che fanno lo stesso: giocano con gli uomini. Non siete le uniche a soffrire, anche noi rimaniamo feriti, ma per voi sembra impossibile»
Claire studiò attentamente la sua espressione. «Prima che arrivassero quelle ragazze, mi stavi dicendo che di donne non ne vuoi sapere per un po’. Avrei voluto chiederti perché, ma adesso credo di averlo capito»
«Che cosa hai capito?»
«Che hai sofferto per amore, Ben. E lo so perché ci sono passata anche io. Riconosco i sintomi»
Pronunciando quelle parole, Claire sentì scattare qualcosa dentro di lei, come se si aprisse una serratura dentro il petto, rivelando il pesante contenuto al suo interno, che le schiacciò il cuore.
«Non serve che ti chieda se sei fidanzata, allora» continuò Ben.
Lei scosse il capo. «Non lo sono. Non sono tanto fortunata in amore»
«Siamo in due» ammise lui.
«Dici sul serio?»
«Ti sembra tanto strano? Vedi, è come ti dicevo: per voi è impensabile che un uomo soffra»
«No, non è vero. E’ che mi sembra impossibile che tu...»
«Che io?». La voce di lui si fece più bassa e le provocò un brivido.
«Che ci sia stato qualcuno che ti abbia fatto soffrire»
«Perché?»
«Perché sei una delle persone più belle che abbia mai conosciuto, Ben, e trovo assurdo che ci sia qualcuno che non lo pensi»
Lui si ritrovò a dir poco spiazzato da quella risposta.
Lei aveva parlato con il cuore in mano, senza quasi pensare.
Si ritrovarono a fissarsi per lunghi secondi. Nella sorpresa non vi fu neppure un pizzico di vergogna.
«Lo pensi davvero?»
«E va bene, sono un po’ di parte…» ammise lei, scherzosa, «ma non lo avrei detto se non lo pensassi. Chiunque sia la persona che ti ha ferito, non aveva capito un accidenti di te»
L’espressione di Claire si fece di nuovo dolce.
E di nuovo, nella testa di Ben, l’immagine che aveva di lei andò oltre la semplice definizione di carina.
C’era più di questo: Claire gli piaceva.
Non era solo il suo aspetto, c’era qualcosa nel modo in cui lei si poneva, nel modo in cui parlava, che...
E’ zona limite per te, Ben, non andare oltre. Non rovinare tutto.
Ti ritroveresti invischiato in una storia che non vuoi, e per cosa? Solo perché lei ti fa stare bene?
Altre mille ragazze avrebbero potuto farlo star bene allo stesso modo.
Oppure no?
Lei aveva parlato di chimica...
C’era chimica tra loro?
Di sicuro, quella sera si era cerata una strana atmosfera, inutile negarlo. Uscire insieme, confidarsi, scherzare, (flirtare, perché di questo si era trattato), li aveva portati a un gradino più alto del rapporto che stavano costruendo.
Ed era…troppo.
Qualunque cosa fosse – chimica o no – era meglio per tutti che non andasse al di là di quella serata.

 
 

 
Cari lettori, mi sono resa vergognosamente conto che mi è impossibile postare il mercoledì, a quanto sembra…per cui, vi annuncio che Ben&Claire si spostano il giovedì, ok?
Dunque... le cose iniziano a muoversi, che ve ne pare? L’appuntamento (B&C in coro: “Non è un appuntamento!!!”) Ok, calimini…
Dicevo, l’uscita tra i nostri protagonisti non finisce qui: la prossima volta continuerà e vedremo come si concluderà…ho fatto anche la rima, tu guarda xD
Siate spudorati nelle recensioni: se la storia vi fa pena ditemelo, ok? Non ditemi che è bella solo perché mi volete bene...e io so che me ne volete...*si commuove...piange*

Ringrazio:
 
Per le seguite:
ChibiRoby, Fra_STSF, Halfblood_Slytherin, HarryPotter11, JLullaby, Nadie, Queen_Leslie, Shadowfax, soffsnix, SweetSmile _joy,  _likeacannonball, _LoveNeverDies_
Per le ricordate: Fra_STSF, Halfbood_Slytherin
Per le preferite: Fra_STSF, _likeacannonball
Per le recensioni dello scorso capitolo: _Fedra_, Fra_STSF, Nadie, Shadowfax, _joy
 
Gli aggiornamenti di Two Wolrds Collide li trovate sulla mia pagina facebook, insieme a quelli di Night&Day.
Piccola nota per chi segue quest’ultima: non mi sono persa alla città dei Giganti, arrivo eh? XD
 
Un grazie di cuore a tutti!!!
Continuate a seguirmi, vi prometto che non ve ne pentirete!
Un bacio immenso,
Susan♥

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Capitolo 6
*** 6. Chimica ***


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6. Chimica
 
E’ quel qualcosa che mi prende quando sto con te…
 
 
«Se non ne vuoi parlare, non c’è alcun problema» disse Claire, distogliendolo dai suoi ragionamenti.
Ben, rimasto in silenzio per lunghi istati, alzò gli occhi su di lei. «Non è esattamente il tipo di argomento su cui volevo puntare stasera. Non volevo annoiarti»
«Non mi sto annoiando» lo rassicurò Claire.
«Sicura? Con tutti questi strani discorsi…»
«Ma no, è che non mi aspettavo che…» lei si strinse nelle spalle, «che le mie ferite facessero ancora così male» concluse a bassa voce.
Anche se non conosceva tutta la sua storia, lui capì che dietro quelle parole si nascondeva una profonda sofferenza.
Era diventata triste. Insolito per Claire.
«E’ passato molto tempo?» non poté fare a meno di chiederle.
Lei fece un cenno affermativo. «Sì. Anche per te?»
Ben emise un mezzo respiro. «Abbastanza»
«Posso girarti la domanda che mi hai fatto poco fa?» chiese la ragazza poggiando il viso a una mano.
«Cosa cerca Ben Barnes nell’amore?»
Lui sorrise, un attimo dopo alzando le mani come in gesto di resa.
«Vuoi la verità? Non lo so più. Forse non so più neanche cosa sia l’amore. E’ un sentimento troppo irrazionale, troppo complicato. Non credo che faccia per me»
«Era così stronza da farti perdere fiducia nell’amore?» cercò di ironizzare Claire.
Lui fece un sorriso sardonico. «Evidentemente sì…»
«Non dovresti arrenderti così, Ben. L’amore è un sentimento troppo bello per lasciarlo andare»
«Non mi sto arrendendo, mi sto solo prendendo una pausa. Non dico che non m’innamorerò mai più, ma adesso no. Per un po’ voglio concentrarmi sul mio lavoro e basta»
Claire si trattenne dal fare altre domande.
Le affermazioni di lui, pronunciate in modo così deciso, la turbarono un poco. Nemmeno lei ne capì il motivo. Forse era quell’inflessione incerta nella sua voce, che tradiva la verità così ben celata sotto quel tono sicuro. Forse perché non era vero che lui voleva lasciar perdere.
Forse, come lei, aveva semplicemente paura di esporsi di nuovo.
«Scusa»
Ben la guardò. «Cosa?»
Claire lo fissò con aria dispiaciuta. «Non volevo innervosirti»
Ben cercò di rilassare i nervi.
Era vero: si era irritato, ma non per colpa sua. Era stato il discorso in sé a innervosirlo. Non avrebbe mai voluto iniziarlo.
«Non voglio impicciarmi dei fatti tuoi» disse Claire. «Non intendevo farti ricordare cose spiacevoli»
In un gesto naturale, lui posò una mano su quella di lei. «Tranquilla. Non fare quegli occhioni»
«Cosa?»
«Mi guardi come se fossi colpevole di qualcosa di terribile»
«Ho paura di averti fatto arrabbiare» mormorò lei, abbassando lo sguardo sulle loro mani.
Quella di Ben era così grande e calda, esattamente come la prima volta che l’aveva stretta.
Il cuore di Claire accelerò i battiti, piano piano, quasi senza che se ne accorgesse.
«Non sono arrabbiato» rispose lui, muovendo appena le dita su quelle di lei.
Una sensazione piacevole per entrambi.
Ma, di nuovo, era troppo.
Lentamente, lui si ritrasse, scivolando sulla sua pelle, per poi posare la mano a pugno chiuso sopra il tavolo, accanto a quella di lei.
Ancora vicine, sì, ma a distanza di sicurezza.
Pochi centimetri più in là, c’era ancora il bigliettino con il numero di telefono della fan.
Tutto era partito da quello.
Ben lo prese e lo accartocciò.
«Ti spiace se cambiamo discorso?»
«No, certo» rispose lei, osservando il suo gesto abbastanza stupita e...compiaciuta. «Nemmeno a me va di rivangare il passato».
Claire afferrò la borsa che aveva appoggiato sulla sedia alla sua destra, estraendo il cellulare per controllare che ore fossero.
«Vuoi che ti accompagno a casa?» domandò Ben, notando il suo gesto.
«No. Lory e Joseph non hanno messo il coprifuoco»
Lui accennò una risatina.
«Tu vuoi già andare via?» domandò lei.
Dimmi di no…
«Dipende da te»
«Anche da te»
«Ma se tu vuoi…»
«No, non voglio» lo interruppe Claire, in fretta.
Lui annuì. «Bene, nemmeno io»
«Allora ti va di andare a fare un giro?»
«Dove?»
«Ti piace pattinare?»
Ben batté le palpebre una volta. «Sì»
«Perfetto! C’è una bella pista qui a Ogden, il weekend rimane aperta fino a mezzanotte. Ci andiamo?»
Lui accettò con piacere, felice che la serata non fosse ancora conclusa.
Se era chiesto cosa Claire gli avrebbe proposto di fare dopo la cena, e pensò che una corsa sui pattini poteva essere il modo giusto di concludere la serata.
 
 
«Sai pattinare bene?» domandò Ben, mentre, seduto accanto a lei a bordo pista, dava un ultimo strattone alle stringhe.
«In realtà no» confessò Claire, tranquillamente. «Però so tenermi in equilibrio. E tu?»
«Un po’, sì»
«Allora mi insegnerai»
«Non sono un pattinatore provetto, tutt’altro»
«Ok, allora sembreremo due pinguini azzoppati»
Ben rise, muovendo i primi passi stentati sul ghiaccio insieme a Claire.
«Te la cavi bene» commentò la ragazza, guardandolo allontanarsi di qualche metro più in là. «Sai pattinare»
«Questo è saper pattinare?»
«Bè, sì»
Ben era bravo. Non bravissimo, ma si muoveva con più sicurezza di lei.
«Mi ha insegnato mio fratello» disse lui, tornandole vicino. «Jack è più bravo di me nello sport. Io non ho pazienza»
«Dì piuttosto che sei pigro» fece lei con aria furba.
«Scema…»
Claire gli mostrò la lingua.
Ben si allontanò di nuovo.
«Non lasciarmi indietro!» esclamò lei, un poco ansiosa.
Lui allungò le mani e Claire le prese d’istinto.
Ben la tirò in avanti.
Vicina.
Per un attimo, lei si sentì come…avvolta. Non era proprio la parola esatta ma…una cosa del genere.
Lui era tanto più alto di lei e provò una leggera soggezione.
Ma non era una brutta sensazione.
«Tutto ok?»
«All’inizio è sempre critica» disse Claire, fissandosi i piedi, non tanto perché non fosse sicura di dove li metteva, ma per non guardare lui. Non in quel preciso istante. «Devo prendere confidenza con la pista, poi ce la faccio da sola»
Ben le aveva solo preso le mani, non era un gesto così eclatante. Non voleva dire niente. La gente si prende per mano tutti i giorni.
Si stava facendo mille problemi solo per quello?
Quanto sono stupida
Ma il calore della sua pelle l’aveva fatta reagire come non avrebbe mai creduto.
Non che la cosa fosse stata diversa se avesse avuto i guanti.
Non era stato tanto il contatto tra pelle e pelle, quanto il contatto in sé.
Poco dopo, provò a lasciarlo andare.
Sì, stava in equilibrio.
E sì, riusciva a muoversi senza difficoltà.
Provarono un giro della pista, lentamente.
«Ti riconosceranno anche qui?» gli chiese, notando che lui si guardava attorno.
«Non lo so. Non stavo pensando a quello, comunque»
«A cosa allora?»
«A che era un sacco di tempo che non passavo una serata così. E mi mancava»
Claire provò un vago senso di soddisfazione nel pensare che era anche un po’ merito suo se sul volto di Ben era apparsa un’espressione di sincera soddisfazione.
Ma aveva un dubbio.
«Di solito non le passi così le serate, vero?» gli chiese. «Non in posti come questo»
«Ecco…no». Ben le lanciò un’occhiata incerta.
«Non preoccuparti, lo immaginavo» disse lei, con una punta di delusione.
Se l’era aspettato, dopotutto. Lui faceva una vita diversa dalla sua.
«Quando abitavo a Londra andavo al cinema con i miei amici, a mangiare un hamburger, e anche a pattinare sul ghiaccio. Cose normali»
«E queste cose non le fai qui in America?».
L’espressione di lui si rabbuiò leggermente. «I miei amici americani hanno altre abitudini»
Lei non parve convinta dalla risposta. «Ad esempio?»
«Ad esempio, conosco qualcuno che noleggerebbe l’intera pista, per un giorno intero, in modo da averla solo per sé»
Claire si astenne dal dire ciò che pensava, gli occhi puntati avanti a lei.
Ben fissò il suo profilo. «La cosa non ti piace molto, vero?»
«Non offenderti ma…non ti sembra un po’ snob come comportamento?»
Lui alzò le spalle. «Un po’. Forse. Ma non tutti quelli che conosco la pensano in questo modo. Ho conosciuto ragazzi che preferiscono andare a passare la giornata sulla spiaggia, o in qualche parco»
«E tu ci vai?»
«Non sempre…»
Claire si fermò mettendosi davanti a lui. «Ben, dimmi la verità: ti aspettavi una serata diversa?»
Ben la guardò: lei era seria, gli occhi scuri dove c’era l’ombra del dubbio.
«Non avresti preferito andare…che so, in un locale più alla moda o…»
«No, Claire. Va benissimo così»
«Sul serio?»
«Sì, sul serio. Mi sta più che bene. Ho cambiato le mie abitudini, mi sono adeguato a un nuovo stile di vita, ma quello che mi piaceva una volta, mi piace ancora»
«E ti piace stare qui?»
Con me?
«Molto»
Lei fece un breve sospiro, sollevata.
«Stai facendo ancora gli occhioni»
Claire sorrise. «Scusa…»
«Perché chiedi sempre scusa?»
Lei sbatté le palpebre. «Lo faccio spesso?»
«Sì, diverse volte. Non hai niente da scusarti. Ti ho chiesto di uscire con me perché volevo passare del tempo in tua compagnia, in un posto diverso da quelli che frequento di solito. Non ti avrei lasciato libera scelta sul luogo, altrimenti, non trovi?»
Lei si morse un labbro e annuì. Probabilmente no, era vero. Se non gli fosse piaciuto, avrebbe insistito per andarsene da qualche altra parte.
Non stava fingendo.
«Dai, facciamo un giro completo della pista» disse Ben, prendendola di nuovo per mano.
Lei si lasciò trascinare mentre prendevano velocità, iniziando a scivolare a un ritmo quasi folle sul ghiaccio, ridendo come ragazzini.
«Frena! Frena! Frena!» gridò Claire, quando sembrò dovessero andare a sbattere contro il parapetto in fondo.
«Gira!» fece Ben di rimando.
«Non credo di saper girare!»
«Attenta, ora ti lascio!»
«Che?! No, Ben, per favore!»
Ma lui non le diede retta le la lasciò sul serio.
Lei non era pronta e fece un bel ruzzolone.
Ben si bloccò di colpo, sbandando, tornado subito indietro.
«Ti sei fatta male?» chiese preoccupato.
Ma Claire scosse il capo, ridendo, porgendogli le mani per l’ennesima volta.
«Tirami su»
Ben la trasse in piedi senza sforzo, mettendole un braccio attorno alla vita.
«Ahia…ho picchiato il sedere…mi fa un male…»
Lui gettò la testa all’indietro e rise come un matto.
Lei fece lo stesso, posandogli le mani sulle spalle.
Sbagliato.
Guadarsi, smettere di ridere invece di continuare a farlo come niente fosse.
Posarle entrambe le mani sulla schiena, come in un abbraccio.
Aggrapparsi a lui leggermente più forte.
Piacevolmente insensato.
Non c’era nessun motivo razionale per provare certe cose.
Non c’era motivo di sentire la pelle d’oca in ogni punto in cui si sfioravano.
L’aveva solo aiutata a rialzarsi, dopotutto.
«Riproviamoci» disse lei a fatica, ritrovando la voce.
«E se cadi di nuovo?»
«Prendimi al volo»
Piano piano, si separarono, riprendendo a pattinare e parlare, come se nulla fosse.
Ma ormai era fatta.
Qualcosa era scattato.
Qualcosa di impercettibile era cambiato.
Le reazioni avute erano il sintomo di qualcosa per cui nessuno dei due era ancora pronto.
Era chimica.
Pura chimica.
Che gli piacesse o no.
Era un insieme di attrazione e tenerezza, un aumentare della frequenza cardiaca, una scarica elettrica nelle vene. Era l’improvvisa sensazione di confusione e certezza, il voler andare oltre e poi tirarsi indietro. Era la consapevolezza di stare in mezzo a decine di persone e vederne solo una.
Non si poteva spiegare, solo provare.
Claire doveva essere onesta con sé stessa: quella situazione la spaventava. Una parte di lei avrebbe voluto rischiare, esporsi, l’altra esitava.
Poteva anche aver avuto solo una storia importante alle spalle, ma non era così inesperta da non accorgersi che lui l’aveva guardata in modo diverso – totalmente diverso – rispetto ai giorni precedenti.
Ma anche lei lo aveva guardato allo stesso modo: aveva fissato Ben negli occhi come non aveva mai aveva avuto il coraggio di fare prima. Si era persa in essi per un momento, adorandoli.
Li aveva sempre adorati.
Ma non c’era nessun motivo di alimentare quella voglia di essere guardata di nuovo così, da quegli splendidi occhi neri.
Sì, Ben le piaceva da impazzire, era palese, e sapeva che lui lo aveva capito. E finché si trattava di quello andava bene, lei non se ne vergognava.
Era altro che non era accettabile. Doveva mettere a tacere le sue le emozioni, continuando a ripetersi che non era possibile che nascesse qualcosa.
Lui non ne aveva alcuna intenzione.
Lei nemmeno, anche se si trattava di Ben.
Sarebbe rimasta delusa, inevitabilmente.
Anche se nulla al mondo poteva essere paragonabile all’umiliazione subita anni prima, non voleva ripetere un’esperienza simile. E far finta di non provare quello che aveva provato, era il modo migliore per non rischiare di perdersi negli stessi errori del passato.
Cercando entrambi di scrollarsi di dosso la strana sensazione di quei pochi sitanti, conclusero la serata tra nuove risate e qualche nuova caduta.
Infine, Ben la riaccompagnò a casa, fermandosi ancora qualche minuto con lei davanti alla porta d’ingresso.
Era mezzanotte passata.
«Ti staranno spettando?» sussurrò Ben nel silenzio della strada.
Claire guardò in su verso la finestra. «No, dormiranno già a quest’ora»
Ben si rigirò le chiavi dell’auto tra le dita. «Ci vediamo domani mattina?»
«Sì»
Rimasero fermi ancora un momento, a guardarsi.
Ben continuava a chiedersi cosa Claire avesse di così speciale per attirarlo tanto fortemente verso di lei.
Dopo aver chiuso la storia con Rachel, la più dura di tutta la sua vita, aveva frequentato diverse ragazze, ma senza riuscire mai a trovare un’intesa come quella che aveva con Claire, questa attrattiva fuori controllo, questo continuo bisogno di starle vicino.
Era dolce, sì. Era anche carina, l’aveva già ripetuto mille volte.
Le piaceva. Già detto anche questo.
Poteva trovare queste caratteristiche in altre decine di ragazze, dopotutto, allora perché con lei era diverso?
Aveva pensato di chiederle di nuovo di rispiegargli quella cosa della chimica ma, d’un tratto, gli sembrò di aver finalmente capito.
Ora sapeva che cos’era la chimica: era avere in mente un tipo di persona e ritrovarsi a stare bene con un’altra, totalmente differente dal modello che avevi in testa.
Era un perché senza motivo o un motivo senza perché.
Avrebbe voluto poterla trovare una situazione divertente, ma non riuscì.
Non ha senso, pensò.
«E’ stata una bella serata, grazie Ben» gli disse lei alla fine.
«E di cosa?» 
«Di avermi fatta stare bene»
«Grazie a te» lui le sorrise. «Buonanotte»
«Notte»
Ben si allontanò e in pochi secondi fu lontano.
Lei rimase ferma a fissare il profilo della sua schiena, poi lo richiamò indietro.
«Ben!»
Lui si voltò e la vide discendere i tre gradini dell’ingresso, camminando rapida verso di lui.
Restò immobile quando Claire si alzò in punta di piedi e gli posò un bacio sulla guancia.
Lui rimase fermo, quasi stordito.
Non se l’era aspettato.
Poi le sorrise.
Lei si morse brevemente un labbro. «Era un sacco che volevo farlo» 

 
 
 
Eccomi a voi, cari lettori!
Scusatemi tanto se non ho postato giovedì scorso, ma o avuto degli inghippi…
Lo so, forse alcuni di voi si aspettavano il bacio in questo capitolo, ma no, è ancora presto ;) però, un bacettino ve l’ho regalato lo stesso, siete contenti?
Ditemi cosa ne pensate!!!
 
Ringraziamenti:
 
Per le seguite:
ChibiRoby, Fra_STSF, Halfblood_Slytherin, HarryPotter11, jess chan, JLullaby, Nadie, nuria elena, Queen_Leslie, Shadowfax, soffsnix, SweetSmile _joy,  _likeacannonball, _LoveNeverDies_
Per le ricordate: Fra_STSF, Halfbood_Slytherin,  Suomalainen
Per le preferite: Fra_STSF, _likeacannonball
Per le recensioni dello scorso capitolo: _Fedra_, Nadie, Shadowfax, _joy
 
Gli aggiornamenti di Two Worlds Collide, insieme a quelli di Night&Day, li trovate sempre qui, alla mia pagina facebook.
Vi mando un grande bacio e vi ringrazio tutti tantissimo!!!
Vostra Susan♥

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Capitolo 7
*** 7. Avvicinarsi ***


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7. Avvicinarsi
 
Finché si tratta di questo, possiamo anche farlo…
 
 
 
Il lunedì era sempre il giorno peggiore della settimana, secondo Claire.
Dopo il weekend, riprendere a lavorare era sempre un po’ traumatico, soprattutto se avevi appena trascorso una serata come quella che aveva trascorso lei insieme a Ben.
Prima di addormentarsi, con Rhett che faceva le fusa in fondo al letto, aveva ripercorso con la mente ogni attimo del loro non-appuntamento.
C’era stato un attimo in cui aveva temuto di aver commesso un errore tornando indietro per dargli quel bacio: un bacio da nulla che aveva comunque lasciato Ben un poco stupito, pur trattandosi di un gesto semplice e sincero per ringraziarlo di averla fatta sognare un po’.
Si era sentita rassicurata solo nel momento in cui lui aveva sorriso.
Per istinto, lei aveva tentato di scusarsi di nuovo e Ben l’aveva minacciata dicendo che, se lo avesse fatto, non sarebbe mai più tornato al locale.
Si erano ridati la buonanotte e poi Claire era rientrata in casa, conscia del fatto che, l’indomani, quando lo avrebbe rivisto, gli sarebbe apparso sotto una nuova luce.
«Lui mi piace. Mi piace da morire» confessò a Lory la mattina dopo.
«Che novità! Lo sanno anche i muri» commentò la cugina, quando ebbe finito di farle il terzo grado sulla serata trascorsa. «Dopotutto, tu ti eri fatta un’idea di come Ben poteva essere, ma conoscerlo è tutta un’altra faccenda, lo capisco. Non essere spaventata da quello che provi, Claire»
Lei annuì, giocherellando con il manico della tazza.
Stavano facendo colazione, lei, Lory e Maddy. Joseph era già al locale.
«Claire…»
La ragazza alzò gli occhi.
Lory posò una mano su quella della cugina. «Ben non è Alessandro, hai capito?»
«Lo spero bene» commentò Claire con una smorfia.
Alex...la sua prima storia importante…e l’unica.
Dopo di lui, si era trincerata dietro una muraglia spessa e impenetrabile, impedendo a chiunque di oltrepassarla, soprattutto a un altro uomo.
Forse, il bacio che aveva dato a Ben era un bacio da nulla, ma per lei era un gran traguardo: non tanto perché era Ben (anche per quello, era chiaro), ma soprattutto perché era finalmente riuscita a lasciarsi andare dopo…non ricordava più nemmeno quanto.
«Ben è un uomo straordinario» affermò.
«Certo che lo è!» rincarò Lory. «Basta guardarlo una volta per non capire più niente!»
Claire rise. «Non intendevo solo in quel senso. No, sul serio, è fantastico, in tutto, non solo nell’aspetto. Ieri sera è stato veramente bello uscire con lui e io mi sono sentita…»
Cercò di spiegarlo ma non ci riuscì.
«Invitalo ancora» suggerì Lory con calma. «Anzi, fai che stavolta l’invito parta da te»
Claire esitò. «Non saprei dove portarlo. Non posso chiedergli di andare di nuovo a mangiare fuori e poi alla pista di pattinaggio»
«Perché no?»
«Perché no. Perché Ben è abituato ad altri tipi di serate e non vorrei rischiare di annoiarlo seriamente»
«Ma non si è annoiato. O sbaglio?»
«No, lui ha detto di no, ma io ho ancora qualche dubbio»
Claire si alzò da tavola, mettendo la tazza nel lavello, iniziando a far scorrere l’acqua.
«Cugina, ti devi buttare se vuoi far colpo su di lui»
«Io non voglio far colpo su Ben» disse Claire con calma. «Mi sembrava di avertelo già detto»
Lory la osservò perplessa. «E quello che hai detto prima, allora? Che lui è magnifico, e….»
«Sì, lo è, ma non ci sarà mai niente tra noi, Lory, non sono così stupida da illudermi. Ho già avuto la fortuna sfacciata di conoscerlo, non posso pretendere altro e non lo pretenderò. Non credo neppure di essere pronta per affrontare una nuova storia; inoltre, anche Ben esce da una brutta situazione sentimentale, me l’ha detto ieri sera»
Lory corrugò le sopracciglia. «Con chi stava?»
«Non lo so, non me l’ha detto. E io non gliel’ho chiesto, mi sembrava scortese. Mi è sembrato veramente infastidito quando abbiamo iniziato a parlarne. Quello che so è che Ben vuole un’amica, non una ragazza, e quell’amica sono io. Va bene così. Va più che bene, credimi»
Claire chiuse l’acqua e si asciugò le mani, lanciando un’occhiata all’orologio sulla parete.
«Che significa ‘vuole un’amica’?»
«Significa che è tardi e devo andare ad aiutare Joseph con i cup-cake. A dopo!»
Claire afferrò cappotto, cappello, sciarpa e borsa, dando un bacio sulla guancia a Lory e poi a Maddy, per poi fiondarsi come un uragano fuori di casa.
S’incamminò verso l’All the Perks, facendo scricchiolare sotto le scarpe le palline di sale da neve che avevano appena sparso sul marciapiede.
In quei giorni, aveva riflettuto tanto su quello che Ben aveva iniziato a rappresentare per lei. Era riuscita ad idealizzarlo oltre l’immaginario, capendo quanto davvero poteva piacerle.
Non era solo il suo viso, gli occhi e il sorriso, era…lui.
Non una parte che recitava ma lui: il modo in cui parlava e faceva battute, il modo in cui trattava lei e gli altri, sempre con gentilezza; il suo entusiasmo con cui raccontava del suo lavoro, la passione che ci metteva, l’energia spesa per quel qualcosa che per lui era la vita.
Lo adorava.
Adorava ascoltare quando le raccontava qualsiasi cosa lo riguardasse; adorava guardarlo nei momenti in cui era solo sé stesso.
Naturale.
Ben.
Già...era quello il problema.
Troppo reale.
Le emozioni che provava stavano cambiando, divenendo reali anch’esse, così intense da spaventarla.
Si diceva che era abbastanza intelligente e matura da non lasciarsi più confondere in quel modo dai sentimenti, eppure…
Eppure sembrava impossibile non ricaderci di nuovo.
Ma perché tanti problemi?
Per la paura di scottarsi ancora?
Sì, per quella.
Però, come aveva detto Lory, Ben non era Alex. Non doveva lasciarsi intimorire dall’idea che potesse accadere di nuovo quello che era accaduto con il suo ex. Quel periodo della sua vita era un capitolo chiuso, non doveva permettere alla paura di frenarla e negarsi cose che avrebbero potuto renderla felice.
Non doveva permetterlo ai ricordi del passato ma neanche al pensiero del futuro.
Sapeva che quella era solo una situazione temporanea e che, prima o poi, Ben se ne sarebbe andato per la sua strada e lei per la sua. Tuttavia, perché non concedere al tempo di fare il suo corso, lasciando che le cose andassero come dovevano andare?
A distrarla dai suoi pensieri, fu il suono di un clacson.
Claire si voltò incuriosita, lanciando un’occhiata all’auto scura che stava rallentando presso di lei.
L’autista abbassò il finestrino e le sorrise.
«Posso darti un passaggio?»
«Ben!» esclamò sorpresa, felice di vederlo come se fosse passata un’eternità dall’ultima volta.
«Ciao, bimba»
Riecco quel soprannome.
Anche la sera prima, dandole la buonanotte per la seconda volta, lui l’aveva chiamata così.
Le piaceva.
«Sei in anticipo»
«Le riprese cominciano un po’ prima, oggi» spiegò lui. «Dai, sali»
Claire si chinò un poco in avanti, accostandosi all’orlo del marciapiede. «Sei gentile, ma non c’è bisogno che mi accompagni: un isolato ancora e sono arrivata»
«Sì, lo so, era per non farti fare la strada al freddo»
Claire sorrise dolcemente. «Sei un tesoro… Perché non scendi tu? Così facciamo un pezzo di strada insieme»
«D’accordo. Aspetta, parcheggio»
Ben rialzò il finestrino e si portò un poco più avanti.
Claire lo raggiunse con una piccola corsa, osservando ogni suo movimento: spegnere l’auto, far scattare le sicure, infilare il cellulare nella tasca del giaccone.
Poteva essere così splendido già di primo mattino?
Ben, a sua volta, si scoprì a studiare la figura di lei:
era di nuovo la Claire che aveva conosciuto. Niente trucco, i capelli raccolti, i jeans e le scarpe da tennis.
Semplicissima.
«Ti dispiace se ci fermiamo un momento qui?» disse lei, indicando un piccolo negozio di alimentari poco più avanti. «Devo prendere un paio di cose per Joseph. Faccio prestissimo»
Il campanello trillò quando varcarono la soglia del tipico mini market americano.
Claire salutò un ragazzo che stava sistemando della merce sugli scaffali e poi l’uomo brizzolato dietro la cassa.
«Ciao…Claire, giusto?» chiese questi.
Lei annuì. «Sì, stavolta è giusto»
L’uomo si rivolse a Ben. «L’altro giorno l’ho chiamata Caroline. Che figura…»
Il signore estrasse un sacchetto di carta marrone da sotto il banco, controllandone il contenuto.
«Dovrebbe esserci tutto. Se manca qualcosa, di pure a Joseph di chiamarmi»
«D’accordo, grazie mille»
Il signore posò il sacchetto sul banco, mentre Claire tirava fuori il portafogli.
L’uomo guardò di nuovo Ben, che attendeva educatamente appena dietro di lei.
«E’ il tuo ragazzo?»
Automaticamente, Claire e Ben si voltarono uno verso l’altra, aprendo la bocca per dire entrambi qualcosa.
«N-….»
«Ah…no» balbettò lei.
Silenzio. Poi, una breve risata nervosa da parte di tutti.
«Oh, scusate! A vedervi così ho pensato…sembravate…va bè. Salutami tutti, Claire»
«Senz’altro. Arrivederci»
Di nuovo in strada, i due ragazzi camminarono fianco a fianco, lanciandosi occhiate furtive di tanto in tanto.
E Claire iniziò a pensare…
Forse, le persone che passavano loro accanto, avrebbero potuto avere la stessa impressione del padrone del minimarket: forse, li scambiavano per una coppia.
Una coppia.
Lei e Ben.
«Mio Dio, sono in imbarazzo» confessò, tirandosi la sciarpa sul naso.
«Per quello che ha detto quell’uomo?»
«Sì. Questi sono i momenti in cui vorrei sprofondare»
Lui trattenne una risata. «Lo credo bene…Caroline…»
Dopo l’occhiataccia che lei gli lanciò, Ben rise davvero, prendendosi una botta sul braccio.
«Piantala! Non prendermi in giro!»
«Il nome ti dona»
«Mi piace il mio, grazie»
«Potrei decidere di chiamarti Caroline, d’ora in poi»
«Non ci provare!»
«Perché? Sarà il tuo soprannome»
«Ti tolgo il saluto, giuro!»
Arrivarono all’All the Perks continuando a stuzzicarsi scherzosamente. Il locale era vuoto, fatta eccezione per Joseph, appena apparso dalla cucina con un vassoio colmo di dolcetti dall’aria decisamente deliziosa.
«La tua spesa, Jo. Dovrebbe esserci tutto» disse Claire, posando il sacchetto sul banco.
«Ah, grazie, bravissima. Portala di là per favore. Ciao, Ben, è sempre un piacere averti qui da noi»
«Il piacere è mio» rispose lui, occhieggiando i dolci che Joseph stava sistemando nella vetrinetta del bancone. «Hanno un aspetto fantastico»
«Accomodati pure e scegli quello che vuoi»
«Grazie» Ben si tolse la giacca, prendendo posto sul solito sgabello. «Credo che questa mattina opterò per la colazione dolce»
Intanto, Claire corse sul retro a posare cappotto e borsa.
Joseph si rivolse a lei quando ritornò. «Siamo in ritardo sulla tabella di marcia»
«Vado a farcire gli altri?» chiese lei, finendo di allacciarsi il grembiule dietro la schiena.
«No, vado io, tu finisci di sistemare questi e servi la colazione a Ben. Ti chiamo dopo e ho bisogno»
«Come vuoi»
Joseph si mosse verso la cucina, fermandosi di colpo e chiedendo: «Poi com’è andata la serata?»
«Bene!» risposero i due ragazzi in coro.
«Bravi!»
«Bravi?» fece Ben, mentre lei scuoteva il capo.
«Non farci caso…Allora, stamani niente colazione all’inglese?»
«No, oggi no. Posso avere un espresso e, per cominciare, quel cup-cake al cioccolato?»
«Certo! Anzi, guarda: visto che sei il primissimo cliente, devi sceglierne uno per l’assaggio speciale, è la regola»
«Assaggio speciale?»
«Esatto» spiegò lei, aprendo la vetrinetta e posandogli il dolce al cioccolato su un piattino. «E’ una fissa di Joseph: alla prima persona che entra qui la mattina, concede un assaggio gratis di un dolce a scelta»
«Allora mi presenterò sempre in anticipo» disse Ben, dando il primo morso. «Buonissimo»
«Anche se non l’ho fato io?» scherzò lei, spostandosi verso la macchina del caffè.
Lui ammiccò. «I tuoi sono i migliori»
Claire gli posò davanti la tazza di caffè e lo guardò mangiare. Era davvero troppo bello poter vedere Ben nel quotidiano, in atteggiamenti spontanei.
«Non sapevo fossi così goloso»
«E’ colpa tua»
«Mia?»
Ben deglutì, annuendo. «Cucini dolci in modo totalmente diverso da quelli che sono abituato a mangiare, Non so se dipenda da che tu sia italiana o che. In ogni caso, adoro tutto»
«Adori me o adori i miei dolci?»
Lui rise. «Touché. Entrambe, comunque»
Si guardarono per brevi istanti. Claire fu la prima, come sempre, a interrompere il contatto visivo.
«Di sicuro, buon sangue non mente» disse, finendo di sistemare i cup-cake. «Non per vantarmi, ma noi italiani siamo i migliori in fatto di cibo»
«Sono d’accordo: la vostra cucina è una delle più buone al mondo»
«Modestamente…»
Ben sospirò e scosse il capo. «Non va bene, mi vizi troppo. Non entrerò più nei costumi di scena»
«Esagerato! E poi non ti sto viziando, ti sto solo prendendo per la gola»
Ben le regalò un ampio sorriso. «Ti sta riuscendo bene»
«Ci sto lavorando…»
In quel momento, la porta si aprì ed entrarono un paio di persone. I clienti cominciavano ad affluire.
Arrivò anche Lory, ovviamente insieme a Maddy. La bambina volle subito sedersi in braccio a Ben, che la tenne sulle ginocchia per un po’. Maddy lo chiamava ’il principe Ben’, cosa che lo faceva sempre ridere.
«Lo assumiamo come baby-sitter?» sussurrò Lory all’orecchio della cugina.
Claire servì un altro paio di caffè e poi ritornò da lui, tutto intento ad osservare la decorazione sul suo secondo cup-cake.
«E’ perfetto, sembra stampato sopra. E’ persino un peccato mangiarlo»
«Lo so. Joseph è un mago del decoro»
«Anche tu sei brava»
«Non quanto lui. Io sto ancora imparando. Non è facile come sembra»
Ben posò il dolce sul banco, continuando a guardarlo. Claire lo imitò.
«Lo mangio o non lo mangio?»
«Se non vuoi mangiarlo, lo rimetto via»
«Non osare...»
Ben alzò di scatto gli occhi e lo stomaco di Claire fece un salto mortale all’indietro.
Sì, forse era infantile reagire e sentirsi in quel modo, ma non poteva farci niente. Quell’uomo mandava in corto ogni sua funzione vitale.
«Allora?» gli chiese poi. «Lo mangi o no?»
«Sì, lo mangio»
Claire rise quando lui diede un enorme morso al dolcetto, quasi ingozzandosi.
«Non soffocare, però!»
Ben tossì un paio di volte, facendo gesti con le mani come a dire che non c’era da preoccuparsi.
«Mi scusi, signorina?» fece una voce seccata.
Ben e Claire si volsero contemporaneamente in quella direzione: un individuo con i baffi, gli occhiali e una cravatta annodata tanto stretta da dargli l’aria di un impiccato, li stava fissando con uno sguardo da gufo dietro le spesse lenti.
«Se ha finito di amoreggiare col suo ragazzo, mi servirebbe per piacere?».
E due… pensò lei, mentre prendeva l’ordinazione.
Ancora qualche minuto e Ben si preparò per andarsene.
«Oggi torni?» gli chiese lei, quando il ragazzo afferrò la maniglia della porta.
«Certo che torno. Come sempre»
Claire si morse un labbro. «Sai, Ben, ogni tanto mi capita di pensare che, a volte, magari non ti va di venire ma lo fai ugualmente per farmi piacere» confessò, titubante. «Non so perché…»
Lui aggrottò le sopracciglia. «Mi fa piacere vederti, per questo vengo sempre qui. Altrimenti non lo farei»
«Sì, lo so. Scusa…»
«Claire, se pensi che io sia rimasto infastidito dal fatto che ci hanno scambiato per una coppia, ti stai sbagliando»
Lei aprì e richiuse la bocca. «Non lo penso»
«Sì, e si vede»
Claire strinse le labbra e sospirò. «Ok, lo penso»
Ben la guardò attentamente, studiando le profondità di quegli occhi scuri, iniziando a conoscerli, a capirli.
Le sorrise in modo dolcissimo. Alzò una mano e l’allungò verso la sua testa, portandola dietro, tirandole la coda una volta, sbuffando una mezza risata.
Una specie di tacito, tenero rimprovero.
«Ciao bimba, ci vediamo stasera»
Lei lo salutò con lo sguardo, senza aggiungere nient’altro.
 
 
***
 
 
«Ma che bella espressione hai oggi» disse Katherine a Ben, dopo che la regista ebbe dato lo stop.
Lui si strinse nel giaccone. Stavano girando in esterno e la temperatura era scesa all’improvviso.
«Ho la solita di sempre»
«Mmm…no. Hai qualcosa…non lo so, sembri diverso. Ti è successo qualcosa di bello?»
Inconsciamente, il pensiero di lui corse a Claire.
Sorrise tra sé.
«Ho avuto una bella serata ieri, e una bella mattina»
«Oh, capisco…» Katherine assunse la tipica espressione di chi la sa lunga. «Centra una ragazza»
«Kate…»
«Sì?»
«Non iniziare»
«A fare cosa?»
«A vedere cose che non esistono»
«Non lo faccio. Ho solo notato che avevi una bella espressione, più felice, e mi chiedevo perché: ora lo so. Dai, dimmi chi è»
«E’ solo un’amica» si affrettò a precisare Ben. Poi sorrise di nuovo. «Ti ricordi di quella ragazza del locale dove siamo andati a pranzo il primo giorno…»
«Claire» disse Katherine annuendo. «Sì, certo che mi ricordo. Mi è rimasta impressa, era così graziosa»
«Sì, è molto dolce»
Katherine osservò gli occhi di lui illuminarsi. Sorrise a sua volta, dandogli una pacca sul braccio.
«Bè, Barnes, se ti fa avere questa espressione, esci con lei più spesso»
«Non c’è nulla tra me e lei»
«Uscire con qualcuno non implica farci coppia»
«No, lo so» bofonchiò Ben, sistemandosi la visiera del berretto.
Già, non erano assolutamente una coppia, lui e Claire, per quanto – per ben due volte nella stessa mattinata – qualcuno avesse insinuato il contrario.
Kate aveva ragione: stare insieme a lei lo faceva stare bene, lo distraeva, e non era un male.
Era inutile negarlo: la serata trascorsa era stata un rompighiaccio nel loro rapporto. Una scheggia sulla punta dell’iceberg, una fenditura che aveva cambiato qualcosa.
Da quando era andato a dormire la notte prima, a quando si era svegliato, il suo pensiero era stato per lei, per quelle ben note ma inaspettate sensazioni che aveva iniziato a provare.
Dormi e non ci penare, si era detto. Domattina la rivedrai e sarà tutto ancora come prima.
Sbagliato.
Rivederla aveva allargato la fenditura.
Quel mattino, le sensazioni erano tornate. Sensazioni che, di solito non si provano per un’amica...
Doveva smettere di andare al locale, allora?
No, perché?
Il fatto che potessero pensare che lei fosse la sua ragazza, lo infastidiva?
Assolutamente no. Dopotutto, non era vero.
Sì, lui piaceva a Claire, lo sapeva – si notava largamente – e anche a lui lei piaceva molto, ma non era un piacersi che comportava l’inizio di una qualche relazione.
L’idea di scherzare con lei, di flirtare ogni tanto, gli dispiaceva?
No. Al momento, non gli dispiaceva per nulla.
Finché non si andava oltre una battuta andava più che bene. Perché avrebbe dovuto privarsi del piacere di vederla?
Forse, stava facendo lavorare troppo il cervello.
In fin dei conti, gli era già successo altre volte: incontrare ragazze carine e piacevoli, uscire con loro... Ma non per quello vi aveva intrapreso una relazione.
 
 
***
 
 
«Santo cielo, Claire, mi hai fatto prendere uno spavento!»
«Non mi sono fatta niente»
«Lo so, lo so, ma…tutto quel sangue!»
Lory e Claire si trovavano in cucina, dove la prima delle due ragazze stava disinfettando la mano della seconda.
«E se ti recidevi un’arteria?»
«Oh, Lory, non fare la tragica come al solito»
«Non far finta di non esserti spaventata» l’ ammonì Lory.
«Sì, hai ragione, scusa. E’ stato solo un…»
«Ehi!» esclamò all’improvviso una voce ben nota ad entrambe.
Claire e Lory si voltarono: stagliato sulla soglia della cucina, c’era Ben.
«Ciao!» lo salutarono in coro.
«Che ti è successo?» fece lui, avvicinandosi al ripiano da lavoro, attorno al quale erano sedute le cugine.
Claire gli regalò un sorriso, come sempre, apparentemente tranquilla, mentre lui osservava preoccupato il profondo taglio sulla sua mano sinistra.
«Un incidente di percorso» spiegò la ragazza.
Ben era davanti a lei ora, e Claire dovette alzare un pò di più il capo per poterlo guardare in viso.
«Joseph mi ha detto che ti sei fatta male»
«No, è tutto a posto»
«Sei sicura? Sembra un brutto taglio»
«Ecco! Vedi?» fece Lory, le mani sui fianchi. «Lo dice anche lui»
Claire spostò il fazzoletto per controllare se il sangue si fosse fermato.
«Tienilo premuto ancora un po’» le suggerì Lory, mentre riponeva il disinfettante dentro la cassetta del pronto soccorso. «Te la lascio qui: più tardi fasciamo e incerottiamo. Ben, resteresti un momento con lei? Io devo andare di corsa a prendere Maddy dalla nostra vicina»
«Certo» rispose lui, togliendosi il giaccone e sedendo vicino a Claire.
Lory s’infilò il cappotto e li salutò entrambi. Senza farsi vedere da Ben, fece un cenno d’incoraggiamento alla cugina, la quale, a sua volta, le rivolse un cenno negativo col capo. Lory sbuffò e lasciò il locale.
«Che c’è?» domandò Ben incuriosito, vedendola scuotere ancora la testa.
«Nulla. Non dovete preoccuparvi tutti, non è il primo taglio che mi provoco in cucina»
Claire controllò di nuovo se il sangue avesse cessato di fuoriuscire.
«Non si ferma ancora» notò, impaziente.
Ben pose le mani sulle sue, delicatamente. «Premi più forte, si fermerà prima»
Rimasero un momento a fissare le loro mani intrecciate, a percepire il calore della pelle al contatto.
Era quasi rilassante.
Peccato che lei iniziò a sentirsi strana, a sentire un ronzio nelle orecchie.
«Sei un po’ pallida» notò lui.
Claire deglutì. «Mi passa, ora»
Ma dopo un momento, vide buio. Chiazze nere pulsarono davanti ai suoi occhi, i suoni ovattati.
Non svenne ma ci andò vicino.
Percepì il calore di un corpo, due braccia che la stringevano.
«Ehi, bimba? Claire?!»
«Non mi sento bene…» mormorò lei, stringendo il maglione di Ben all’ altezza del petto, la testa sulla sua spalla.
Non seppe per quanto rimase così, ma dovettero essere stati lunghi minuti poiché, quando il fischio nelle orecchie iniziò a scemare, sentì le voci di Lory e Joseph che dicevano qualcosa a Ben.
«La porto a casa» udì lui dire.
Tentò di protestare ma non ci riuscì.
Dopo un altro minuto, quando la vista le si snebbiò, si alzò in piedi, un braccio di Ben attorno alla vita. Le gambe molli, si lasciò trascinare fino alla macchina di lui, sedendo sul sedile del passeggero, arrivando fino a casa nel più completo silenzio.
Il più lungo da quando si conoscevano.
«Alla fine ce l’hai fatta a darmi un passaggio» mormorò, abbozzando un sorriso quando lui spense il motore.
Ben fece un sospiro. «Se fai battute, significa che stai meglio»
Lei annuì.
«Meno male. Mi hai spaventato, lo sai?»
«Scusa»
Rimasero seduti a fissarsi per qualche secondo. In seguito, Ben si slacciò la cintura e scese, facendo il giro dell’auto, aprendole la portiera. La seguì in casa, rimanendole vicino nel caso si fosse sentita di nuovo poco bene.
Claire gettò il cappotto e la borsa sulla poltrona, abbandonandosi poi sul divano.
Lui le sedette accanto. «Dove tenete cerotti e garze? Lory, mi ha raccomandato di fasciarti la ferita»
«Il sangue si è fermato» osservò lei.
«Non importa». Ben attese.
«Vado a prenderli io»
«No, tu resti seduta qui. Dimmi dove sono»
Claire strinse le labbra. «In bagno, nell’armadietto sopra il lavandino. Ma Ben…»
Lui si alzò e s’incamminò verso l’anticamera.
«Ben, non sai dov’è il bagno!»
«Lo trovo!» disse la voce di lui, da qualche parte nella casa.
Ben Barnes che girava per casa sua…da non credersi…
Incredibilmente, lui ritornò abbastanza in fretta, con un sorriso soddisfatto, una scatola di cerotti e una fascetta di garza tra le mani.
«Visto? Non era impossibile. Dammi la mano»
Lei obbedì. «Mi fai da infermiere?»
«Tenterò» disse Ben, prendendole la mano e girandovi intorno la garza un paio di volte.
Claire lo guardò in silenzio.
Non poteva sentirsi scombussolare in quel modo solo per un semplice...sfregamento di pelle.
Il fatto era che aveva sempre adorato anche le sue mani e...
Accidenti…
«Dimmi se ti faccio male»
«No» deglutì lei, nervosa per la troppa vicinanza.
Lui era chino in avanti, tanto che le loro fronti potevano sforarsi. Un ciuffetto di capelli scuri gli ricadeva sugli occhi in un modo assolutamente…
Perché non riesco a vederti in modo diverso?
Perché non riesco a essere tua amica e basta?
Ben strappò la carta del cerotto, mettendolo sopra la garza per fermarla. «Così credi che possa andare?»
«Sì, benissimo. Grazie mille»
Claire appoggiò la schiena al divano, lui fece lo stesso.
«Togliti il giubbotto, in casa fa caldo» disse lei, notando che ancora lo indossava.
«Cosa? Oh…giusto»
Ben lo posò accanto a quello di lei, sulla poltrona. «Ti prendo  un po’ d’acqua?»
Lei titubò. «Sarebbe gentile»
«I bicchieri sono…?»
«Nello scolapiatti, sempre sopra il lavandino. Però, Ben, non…»
Di nuovo, non riuscì a fermarlo: lui andò e tornò dalla cucina più svelto di un gatto.
Claire bevve, rendendosi conto solo in quel momento di avere la gola secca.
«Stai meglio?»
«Mi sento ancora un po’ strana»
«Ti infastidisce la vista del sangue?»
«Dipende. Quando è tanto sì»
«Come ti sei ferita?»
«Distrazione. Succede»
«Stai più attenta, potevi farti male sul serio»
«Lo so, mi dispiace» Lo guardò negli occhi. «Grazie, Ben»
«Ma di cosa» fece lui, un poco in imbarazzo.
«Di essere qui» rispose lei, lasciandolo stupito.
Era incredibile come, con poche parole, Claire riuscisse a dire tutto.
Ben le fece una carezza veloce sul viso. «Hai ripreso colore»
«Lo sai che non sono mai svenuta in vita mia?» disse lei, cercando di migrare su qualche discorso che la distogliesse dal moto di sensazioni che quel semplice tocco le aveva provocato.
Di nuovo.
Doveva decisamente darci un taglio...o magari no.
«Mai?»
Claire scosse il capo.
«E se fossi svenuta?»
«Ci saresti stato tu a prendermi al volo, come tutte le altre volte»
«Sul ghiaccio non ti ho presa, però»
«Sarà per una prossima volta, allora»
Ben fece un sorriso, mettendole un braccio intorno alle spalle.
Automaticamente, come se quel nuovo contatto la chiamasse, Claire piegò il capo e lo posò sulla sua spalla.
Rimasero entrambi immobili, ma era troppo bello stare così, non era proprio il momento di chiedersi se era giusto o meno, perché in quel momento lo era.
E non c’era altro, quindi non era un problema.
«Toglimi una curiosità» disse lei. «Perché mi chiami sempre bimba?»
«Ti da fastidio?»
«No. Mi piace. Mi pace più di Caroline»
Ben rise e Claire percepì la risata vibrare contro di lei.
«Ti chiamo bimba perché sembri piccola»
Lei sbuffò. «Ma non lo sono»
«No, lo so»
Ma sembri così…fragile a volte, pensò lui.
«Posso chiudere un attimo gli occhi?» mormorò Claire. «Solo un attimo»
Ben ripiegò il capo verso il basso per poterla osservare: lei aveva le palpebre abbassate, il volto rilassato.
«Certo che puoi»
Claire alzò un poco la testa. «Tu rimani qui?»
La voce di lei fu un sussurro e, per la prima volta, fu Ben a percepire un leggero brivido.
Ma fu come se un campanello d’allarme suonasse improvvisamente nella sua testa.
Le si era avvicinato troppo.
Stare con lei non doveva essere abbracciarsi sul divano, o accostarsi tanto da poter piegare il viso un poco più avanti per riuscire a…
«In realtà dovrei andare» gli uscì detto, anche se se ne pentì un secondo dopo, quando vide la delusione apparire negli occhi scuri di lei.
Claire si scostò subito, mettendosi a sedere dritta.
«Scusa. D’accordo, vai pure. Mi dispiace di averti fatto perdere tempo»
Ben si alzò lentamente in piedi. «No, non è questo, solo che…ho un impegno e…me ne sarei andato comunque prima del solito»
Lei annuì. «Certo. Va bene»
Claire lo guardò, un vuoto dentro il petto, mentre lui recuperava il giubbotto, dentro la cui tasca il cellulare aveva preso a squillare.
Ben lo studiò per un istante.
«E’ il mio agente. Devo…»
«Sì». Claire scese dal divano e lo accompagnò alla porta.
«Ci vediamo» la salutò lui, quasi senza guardarla.
«Buona serata, Ben. Grazie ancora»
«Non devi ringraziarmi. Ora torna dentro, fa freddo»
«Sì. Ciao»
«Ciao»
Quando Claire richiuse la porta, il cellulare riprese a suonare.
Ben osservò di nuovo il display, sul quale lampeggiava il nome di Jack.
Aveva mentito a Claire: Tyler non aveva affatto chiamato. Non c’era nessun impegno.
Era scappato.
Stava scappando.
Da lei.
Forse da sé stesso e da quello che iniziava a provare per lei.

Ignorando il senso di colpa, risalì in macchina e rispose alla chiamata.
 
 
 
 
Carissimi e pazientissimi lettori, rieccoci con Ben&Claire!!!
Stavolta il capitolo è decisamente lungo rispetto ai precedenti. E, nonostante io sia lanciatissima con questa storia, non riesco a scrivere quanto vorrei. Lo stesso mi accade con Night&Day, della quale ho un sacco di cose da far succedere e non vedo l’ora di regalarvi il nuovo capitolo, ma...il lavoro mi porta via tanto di quel tempo…T____T Le mie giornate dovrebbero essere fatte di 48 ore!
 
Ringraziamenti:
 
Per le seguite:
AmeliaRose, ChibiRoby, Fra_STSF, Halfblood_Slytherin, HarryPotter11, jess chan, JLullaby, Nadie, nuria elena, Queen_Leslie, Shadowfax, soffsnix, SweetSmile _joy,  _likeacannonball, _LoveNeverDies_
 
Per le ricordate:
Fra_STSF, Halfbood_Slytherin,  Suomalainen
 
Per le preferite:
Fra_STSF, Medea91h, _likeacannonball
 
Per le recensioni dello scorso capitolo:
_Fedra_, Fra_STSF, Nadie, Shadowfax, _joy
 
Vi lascio ai commenti, ricordandovi però che potete trovare gli aggiornamenti di TWC e Night&Day su entrambe le mie pagine facebbook: Susan TheGentle Clara e Chronicles of Queen
la seconda interesserà soprattutto gli appassionati di Narnia, poiché si tratta di un gruppo creato per chi segue le mie fanfic sulle Cronache. Comunque, se volete farci ugualmente un salto...;)
 
Un grazie di cuore a tutti e tanti baci!!!
Susan♥

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Capitolo 8
*** 8. Rischiare o tirarsi indietro ***


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8. Rischiare o tirarsi indietro
 
Vorrei solo capire cosa devo fare…
 
 
 
Il mattino seguente, Ben non si presentò al locale.
Claire si comportò normalmente, cercando di nascondere la delusione. Appariva di buon umore, come sempre, ma dentro di lei albergava un senso di malessere, un miscuglio di amarezza, tristezza, preoccupazione.
Perché non era venuto?
Ok, ok, non doveva farne un dramma. Poteva non essere riuscito a passare. Dopotutto, non era obbligato a farlo, non aveva mica firmato un contratto a vita con quel luogo, né tantomeno con lei.
Ma quando fu chiaro che non sarebbe comparso neppure nel pomeriggio, Claire iniziò seriamente a pensare di aver fatto qualcosa di sbagliato senza accorgersene.
Era per qualcosa che aveva detto?
Non mi pare…
Qualcosa che aveva fatto?
Può essere, ma cosa?
Ambedue, magari? Un gesto e una parola di troppo?
Forse.
Oppure…
Poteva essere stata…la vicinanza?
L’ultima immagine che aveva di lui, era un Ben agitato, che se ne andava di corsa, abbozzando la scusa di un impegno urgente.
Claire non aveva saputo se crederci o no. La reazione di lui era stata troppo strana.
Era stato il ritrovarsi troppo vicini, stretti in quella sorta di abbraccio, a spingere Ben a cambiare atteggiamento nel giro di un nanosecondo?
No, impensabile...
Una reazione del genere – un fuga, all’incirca – poteva essere da lei, non da Ben. Non era assolutamente possibile che anche lui si fosse sentito…
Come? Nel modo in cui si era sentita lei? Tanto bene da voler scappare, per paura di provare sensazioni già sperimentate in passato ma che non volevano si ripetessero nel presente?
Non l’aveva fatto di proposito. Non si lasciava mai andare quando era con lui, e non gli si sarebbe mai avvicinata tanto se non fosse stata male. Solo che, in quel momento, si era sentita così bene, così…protetta, che…
Niente, le era venuto spontaneo cercare un contatto. Non era stato voluto, era capitato. A ben vedere, poi, era stato lui ad abbracciarla per primo, e non a casa, ma in cucina, nel bar. In più, le era parso che a Ben non dispiacesse averla accanto.
Evidentemente si era sbagliata, vista la successiva reazione di lui.
Se n’era andato perché aveva capito che tra loro era nato qualcosa, e che quel qualcosa stava crescendo, giorno dopo giorno, più di quanto si fossero aspettati?
Basta con tutte queste domande, finirai con l’impazzire…
No, pensandoci bene, era completamente fuori strada.
Lui si era allontanato per farle capirle, educatamente, che si era presa una confidenza di troppo. Aveva sbagliato lei
Sì, doveva essere così.
Ragiona, rifletti, pensa, medita prima di tirare le tue conclusioni strambe!
Doveva smetterla di immaginare.
Doveva smetterla di comportarsi con Ben come se esistesse un ‘noi’.
Ben era stato gentile con lei, tutti qui. Premuroso, certo, perché quello era il suo carattere, lo faceva con tutti, non solo con lei. Le si era affezionato, le voleva bene…e basta.
Non erano una coppia. Il fatto che li avessero scambiati per ragazzo e ragazza non contava. Non lo erano nel modo più totale.
Non che lei non lo avesse voluto, certo…
Perché se fosse stata catapultata d’improvviso in un universo parallelo, dove Ben avrebbe potuto essere l’uomo della sua vita…e chi sarebbe più tornato a casa?!
Stanca sia mentalmente che fisicamente, seduta sulla poltrona sotto la finestra, in camera sua, un libro in mano di cui non aveva neppure letto una parola, lo sguardo fisso sempre sulla stessa frase, Claire alzò la testa per lanciare un’occhiata alla sveglia sul comodino.
Le 6:45 di sera.
Anche se fosse andata al locale, non lo avrebbe trovato.
E il pensiero di non vederlo, anche solo per un giorno, le faceva provare una strana morsa allo stomaco.
Voleva vederlo.
Parlargli, ridere.
Lui le mancava.
E non era nemmeno sicura che sarebbe tornato.
 
 
 
***
 
 
 
Ben si svegliò tardi e poco mancò che arrivasse in ritardo sul set.
Non gli succedeva quasi mai, eccetto quando dormiva male per una qualche ragione.
Quella volta, la ragione era una fastidiosissima sensazione di malumore chiamata ‘senso di colpa’. Era venuto a fargli visita la sera precedente, e se l’era portato a letto, in bagno al mattino, in macchina, sul set, a pranzo…ovunque. Era quasi come se avesse avuto una bestiolina sulla spalla che lo punzecchiava, con una vocina che gli sussurrava cose che non voleva ascoltare.
Si era comportato male con Claire, avrebbe dovuto chiederle scusa per averla mollata così, con una scusa banale, oltretutto nemmeno vera.
Col senno di poi, si era reso conto che il suo era stato un atteggiamento davvero molto sciocco. Dopotutto, non era successo nulla tra loro.
Ma quando si entra troppo in confidenza con qualcuno, quando si crea una certa intimità, inevitabilmente cambia qualcosa.
Aveva ignorato le avvisaglie per giorni e giorni, dicendosi che non era niente, che non lo voleva, che gli sarebbe passata.
Peccato solo che, invece di attenuarsi, le sensazioni crescevano ogni volta di più. Sapeva di essere arrivato a un punto in cui doveva decidere se lasciar perdere o rischiare.
Per ora, aveva preferito lasciar perdere.
Un abbraccio poteva voler dire tutto e niente, a seconda delle situazioni o di quello che una persona provava per un’altra. Sapeva cosa provava Claire, ma lui? Lui cosa provava per lei? E, soprattutto, cosa voleva?
Ancora, continuamente, costantemente, questa era la domanda che gli arrovellava il cervello: cosa-diavolo-doveva-fare?
Finché non avesse trovato una risposta sensata e soddisfacente, non poteva rivedere Claire. Perché, se l’avesse vista, avrebbe sbagliato tutto, facendo qualcosa di cui poi avrebbe potuto pentirsi, rovinando il loro rapporto.
E non lo voleva.
Almeno di questo era certo: non voleva perderla, perdere la sua amicizia, il bel rapporto che avevano costruito.
Di sicuro, però, se si fosse reso conto che per lui non era cambiato niente, che quello che provava per lei era una cosa passeggera, avrebbe dovuto iniziare a comportarsi diversamente da come faceva ora, mantenendo le giuste distanze.
Ecco perché non si era recato all’All the Perks, quel mattino: per riflettere e capire.
Ed aveva anche una mezza idea di non andarvi nemmeno nel pomeriggio.
Quando le riprese terminarono, Ben si fermò a bere una birra in un pub non troppo lontano dagli studi, con l’intenzione di tornare subito al suo appartamento.
Non sto scappando da lei. Non ho paura di vederla, perché dovrei? Devo solo rifletterci un pò...un altro pò...
Ma si riflette su queste cose?
Sedette al bancone, chiedendosi cosa stesse facendo Claire in quel momento, se lo stesse aspettando, cosa avrebbe pensato non vedendolo arrivare.
La tentazione di andare al locale era tanta ma, forse, un giorno lontano da lei lo avrebbe aiutato a schiarirsi le idee, a capire a che livello era giunto il suo bisogno di starle vicino.
Alto.
Il livello era decisamente alto.
Vederla stava diventando quasi un bisogno, non faceva che preoccuparsi per lei. Ci provava, eppure non riusciva a non pensarla. E quando aveva in testa qualcosa anche mentre recitava, voleva dire che la faccenda era davvero seria.
D’un tratto, una tipa molto carina gli si avvicinò, sedendogli accanto senza chiedere se il posto fosse libero, iniziando a conversare con lui con la sfacciataggine che solo le donne molto sicure di sé hanno.
«Ciao. Ti ho visto qui da solo e ho pensato: cavolo, quant’è carino, speriamo non stia aspettando la sua ragazza»
«Non aspetto nessuno» rispose Ben, lanciandole uno sguardo da sopra il bicchiere.
«Oh, meglio così»
Ben la studiò attentamente mentre accavallava le lunghe gambe fasciate in un paio di jeans attillatissimi. Era molto bella, nulla da dire.
Una volta si era domandato se, uscendo con altre ragazze, si fosse sentito bene come quando era insieme a Claire...Era il momento di scoprirlo.
Restò seduto con quella sconosciuta a chiacchierare per almeno mezz’ora.
Spigliata, esuberante, anche sfacciata se doveva proprio ammetterlo, era il tipo con cui sarebbe benissimo potuto uscire senza poi doversi aspettare una chiamata il giorno dopo.
Sì, stava bene con lei.
Iniziò a scherzare, a fare qualche battuta.
Facile.
Avrebbe anche potuto invitarla fuori quella sera, perché no?
Già, perché no?
Quella ragazza era decisamente il suo tipo, e ci stava chiaramente provando con lui. Perché non glielo chiedeva, allora? Bastava dirle ‘vuoi uscire con me stasera’, niente di complicato.
Fallo!
No…
No, non voleva affatto uscire con quella ragazza.
La fastidiosa bestiolina gli stava di nuovo sussurrando nell’orecchio, e stavolta rischiò, dandole ascolto.
Era inutile negare l'evidenza, inutile sforzarsi: quella tipa non suscitava in lui nessuna delle bellissime sensazioni che sentiva in presenza di Claire. Anzi, non provava proprio niente. Sì, forse avrebbe dovuto conoscerla un po’ meglio prima di tritare le conclusioni, ma…Al massimo, avrebbe potuto dire che aveva un bel fondoschiena, delle belle gambe, però...al di là di quello...
A quella ragazza mancava qualcosa.
Le mancava quel sorriso dolcissimo, quella risata aperta e spontanea, quello sguardo luminoso.
E non c’era chimica.
Non era scattato niente.
Semplicemente, non era lei.
Non gli era mai capitato di pensare così tanto ad una persona subito dopo averla conosciuta. Una settimana non poteva essere sufficiente per…
Per cosa?
Per innamorarsi?
Sto andando fuori di testa…
«Ti va di andare da qualche altra parte?».
Ben sbatté le palpebre, girandosi verso la ragazza. Lei aveva continuato a parlare, ma lui non le aveva prestato molto ascolto negli ultimi minuti.
«Scusami?»
L’altra corrugò le sopracciglia, indispettita. «Mi ascolti o pensi ai fatti tuoi?»
«No, ti sto ascoltando»
«Ti ho chiesto se ti va di andare da qualche parte»
Ben scostò la manica del maglione, osservando l’orologio: le 7:00. Poteva farcela ad arrivare all’All the Perks prima della chiusura.
«No, mi spiace. Ho da fare»
E stavolta non era una scusa.
La ragazza lo guardò perplessa mentre si alzava. «Mi stai mollando qui?»
«Mi spiace» ripeté lui, non sapendo cosa dire per non sembrare troppo scortese.
Lei fece un verso sprezzante, incredula, mentre Ben usciva dal pub.  
 
 
***
 
 
 
Claire e Maddy erano sdraiate sul tappeto del salotto, occupate a sfogliare uno di quei libri elettronici che servono ai bambini per imparare i versi e i nomi degli animali.
Maddy era uno spasso quando prendeva in mano quel libricino, i cui suoni avevano spaventato a morte il gatto, che ora se ne stava in un angolo della stanza, gli occhi fissi sullo strano oggetto.
Quando il campanello suonò, Claire si alzò svelta da terra.
«Stai qui buona, vado a vedere chi è» disse alla bimba.
Camminò verso l’atrio. Rhett la seguì. La ragazza lo prese in braccio, per evitare che uscisse in strada, aprendo la porta con una certa fatica.
Come le accadeva sempre, il cuore iniziò a batterle all’impazzata non appena lo vide.
Lui alzò gli occhi su di lei, serio in viso, le mani nelle tasche dei jeans.
Il volto di Claire s’illuminò, aprendosi in un sorriso così grande che Ben non poté non esserne contagiato.
«Ciao»
«Ben!»
Se non avesse avuto Rhett tra le braccia, Claire gliele avrebbe gettate al collo.
Rimasero pochi istanti a guardarsi.
«Come sapevi che ero a casa?» chiese poi lei, rompendo il silenzio.
«Sono andato al locale: Lory e Joseph mi hanno detto che oggi non sei andata al lavoro» rispose lui, avvicinandosi per fare una carezza al gatto.
«Sì, io…Vieni, entra» lo invitò Claire, facendo un passo indietro per lasciarlo passare. «Maddy, guarda chi c’è?» esclamò, tornando in salotto.
Non appena la bambina vide Ben, si alzò dal tappeto tutta contenta, mostrandogli il libricino elettronico. Poi lo prese per mano, portandolo verso il divano, picchiettando sulla poltrona.
«Su! Qui!»
Lui non protestò e la prese sulle ginocchia per un attimo.
«Come va la mano?» chiese a Claire.
«Tanto male» rispose Maddy per lei.
La ragazza fece una carezza alla bambina, notando l’espressione preoccupata e dispiaciuta sul viso di Ben.
«Ieri sera, dopo che te ne sei andato, il taglio si è riaperto. Lory mi ha accompagnata al pronto soccorso e mi hanno dato tre punti»
Ben fissò la mano fasciata di lei, lasciando andare Maddy, che ritornò sul tappeto.
«Claire, mi dispiace»
«Non è nulla. Tra qualche giorno sarò guarita»
«No, non per la mano…sì, anche, ma…mi dispiace per essermene andato in quel modo, ieri»
Lei fece per dire qualcosa ma ci ripensò.
«Non fa niente» mormorò. «Avevi un impegno e posso immaginare tu sia stato molto preso anche oggi»
Ben strofinò le mani sui jeans, a disagio.
«Ieri non me ne sono andato perché avevo un impegno» confessò in fretta.
Si fissarono alcuni istanti, in silenzio.
Lui fece un sospiro. «Non dovevo fare niente. La chiamata di ieri era di mio fratello, non del mio agente»
Claire aggrottò piano la fronte. «Allora perché sei scappato via?»
Ben aprì la bocca, la richiuse e abbassò la testa. «Non lo so. Mi dispiace di averti lasciata sola»
«Non ero sola. Ho chiamato Lory»
No, non era stata sola, ma si era sentita sola.
Senza di lui.
Un pensiero incoerente ma vero.
«Dovevo esserci io, con te»
«Non avrei voluto che mi accompagnassi tu al pronto soccorso» disse lei.
«Perché?»
«Perché…ero in condizioni pessime»
«Hai rischiato di svenire di nuovo?»
«Qualcosa del genere»
Lui si mosse sul divano. «Claire, io…»
«Sto bene, ora»
Lui dovette trattenersi dallo scostare la ciocca di capelli che le finì davanti agli occhi, quando lei voltò la testa.
Claire guardò Maddy e Rhett giocare insieme sul tappeto, mentre una familiare stretta di dolore le attanagliò lo stomaco.
«Stamattina ti ho aspettato» ammise senza vergogna. «Anche se non ho lavorato, sono andata ugualmente giù al locale perché volevo vederti. Quando non sei arrivato, mi sono detta: non sarà riuscito a passare…Ma non è così, vero?»
Ben appoggiò gli avambracci alle ginocchia, piegandosi leggermente in avanti. «Non sono venuto di proposito»
Non avrebbe voluto dirlo così, ma era la spiegazione più vicina alla verità che poteva darle in quel momento.
«Perché?» domandò ancora lei, a voce più bassa del normale.
«Perché pensavo che, per un po’, fosse meglio non vederci. Ma mi sbagliavo»
Un attimo dopo aver pronunciato quelle parole, lui l’abbracciò.
Claire sussultò, presa completamente alla sprovvista. Si ritrovò stretta al suo corpo e, esattamente come era già successo, trovò naturale appoggiare il capo alla sua spalla.
Il profumo di Ben, del suo dopobarba, della sua pelle, le riempì la testa e polmoni.
Era meraviglioso.
«Credo sia stato l’averti troppo vicina a spaventarmi» disse Ben dopo un lungo momento di silenzio.
«Io ti spavento?» chiese lei, incredula.
Lo sentì sorridere. «In un certo senso»
«E’ stato davvero per questo che sei andato via?» mormorò Claire, la voce un poco soffocata dai suoi abiti.
«Sì»
Impossibile...avevo ragione?, pensò lei.
«Le persone si abbracciano quando si vogliono bene»
«Lo so»
«E allora che c’è di tanto sconvolgente?»
«Me lo sto chiedendo». Lui chiuse un momento gli occhi. «Fingiamo per un attimo che ieri sera non me ne sia andato».
«Non mi hai risposto»
«La risposta è in questo»
«Ben, non riesco a capire dove vuoi…»
Lui la scostò piano.
Claire sollevo la testa e si ritrovò con il viso a pochi centimetri dal suo. A quel punto, credette sul serio di avere un martello pneumatico nel petto al posto del cuore.
Ben la guardava fisso negli occhi.
Oddio, ora muoio...
«Devo solo capire una cosa» mormorò lui, riavviandole quella piccola ciocca di capelli che, ribelle, non voleva stare proprio al suo posto.
Ecco dove voleva arrivare: a quello. A ricreare esattamente la stessa situazione per capire cosa avrebbe ipoteticamente fatto se fosse rimasto su quel divano insieme a Claire, per capire cosa stava provando in quel momento, lì con lei.
Di nuovo: rischiare o tirarsi indietro?
Ancora non lo sapeva.
«Dopo che avrai capito questa cosa, scapperai di nuovo?» chiese Claire, respirando appena.
«No, non scapperò, promesso»
«E me lo dirai?»
«Non lo so»
Claire gli fece scorrere inconsapevolmente una mano sul petto. «Ben, sono state tante le menzogne che ho dovuto sopportare, in passato, e il pensiero che anche tu…»
«Non volevo mentirti»
«Lo so, però…»
Lei aveva faticato molto per risollevare la propria autostima dopo la storia con Alex. Lui l’aveva ferita profondamente, più di quanto avesse immaginato potesse essere possibile, intaccando la sua fiducia in sé stessa.
Non voleva credere che anche Ben fosse quel tipo di uomo.
«Una volta, c’era una persona che mi faceva sentire bene, come mi fai sentire bene tu» riprese lei, fissando le proprie dita che, lievissime, tracciavano il contorno del disegno sul maglione di lui. «In seguito, scoprii che mi raccontava un sacco di bugie. Da quel momento in poi, mi è stato difficile fidarmi ancora di qualcuno. Con te pensavo di poterlo fare»
«Claire…»
«Ben, ti prego, non ferirmi»
«Non ho nessuna intenzione di farlo»
Lei rialzò lo sguardo sul suo viso. Era sincero.
«Davvero pensi che sia meglio se non ci vediamo per un po’?».
«No» rispose lui, lisciandole i capelli sulla spalla. «Ma che faresti se per un per qualche giorno non venissi al locale?»
«Mi mancheresti»
Ben abbozzò un sorriso e la strinse ancora. «Anche tu mi sei mancata, oggi»
«Allora dovevi venire». Claire allungò le braccia e gliele passò attorno al collo.
Rimase immobile. Lui anche.
«Non ci siamo abbracciati così, ieri sera» mormorò Ben tra i capelli morbidi di lei.
«No, è vero»
«Ti da fastidio se lo faccio?»
«No»        
Claire lo strinse appena di più.
Per niente…continua a farlo, non lasciarmi andare. Mai.
«Sto bene con te, Claire»
«Anch’io. E guai a te se domani non ti presenti a colazione!»
Udì la breve risata di lui all’orecchio. Le fece il solletico e la spinse a sorridere a sua volta.
«Anch’io posso abbracciare?» disse poi la vocina di Maddy.
I due ragazzi si voltarono nella sua direzione. Poveretta, si erano quasi dimenticati di lei.
Claire allargò le braccia e la bambina si arrampicò sul divano, sedendo in mezzo a loro.
Maddy scoccò ai due occhiate perplesse: che cos’avevano? Sembravano tutti agitati, vergognosi, lì in silenzio a guardarsi. Gli adulti erano davvero molto strani...
«Di chi parlavi prima?» le chiese Ben poco dopo.
Claire gli rivolse uno sguardo interrogativo.
«Hai detto che conoscevi una persona che ti ha mentito tante volte, che per colpa sua non riesci più a fidarti degli altri»
Un lampo di sofferenza passò negli occhi di lei, scomparendo un istante dopo.
«Oh, sì…parlavo del mio ex. Molto ex. E di un’amica. Ex anche lei»
Ben provò un’intensa fitta di irritazione. «Che cosa accadde?»
«Diceva che per lui ero tutto. Lo amavo con tutto il cuore, finché non ho saputo che, mentre stava con me, era fidanzato anche con un’altra ragazza»
«La tua amica?»
«No. Lei era quella con cui tradiva entrambe»
Ben la fissò sbalordito. «Che cosa?!»
«Incredibile, vero? Eppure è così» Claire fece un sorrisetto sarcastico. «Sono stata doppiamente tradita, da lui e dalla mia amica: lei sapeva benissimo che stavamo insieme ma non si è fatta scrupoli a pugnalarmi alle spalle. L’altra ragazza non la conoscevo, ma mi è dispiaciuto ugualmente per lei: lui la stava usando come stava usando me. Mi hanno completamente distrutta. Dopo quella volta, non sono più uscita molto spesso con qualcuno, e non mi sono più fidata di nessuno, se non della mia famiglia e di quei pochi, veri, amici che conosco da anni. Mi sentivo una nullità. Tu sei stato il primo con cui mi sono aperta dopo tantissimo tempo. Tu mi tratti come una persona e non come una cosa»
Ben le fece una carezza sul viso, guardandola come se non potesse credere a quello che aveva sentito.
«Mi dispiace, non ne avevo idea»
«Non mi piace parlarne, ma a te posso dirlo, perché forse puoi capirmi»
Lui si limitò ad annuire, ma Claire non gli chiese altro, capendo che non era pronto a parlare della sua delusione d’amore.
Poteva essere stata peggiore della sua?
«Non ti meriti di essere trattata così. Sei la ragazza più dolce del mondo»
Gli occhi di lei si illuminarono di gratitudine. «Grazie. Sei gentile a preoccuparti per me, ma non devi farlo: l’ho superata. E’ passato tanto tempo. Solo che, a volte, ricordare è doloroso»
«Sì, lo so» disse lui, facendo scorrere le dita sulla sua guancia. «E aprirsi di nuovo fa paura»
«Già. Lo sai, credo che io e te abbiamo molto in comune, almeno in questo»
«Lo credo anch’io. Purtroppo, l’amore può essere un gran bastardo, e noi lo sappiamo» disse lui, strappandole un altro piccolo sorriso.
«Mi racconterai anche tu la tua storia, prima o poi?» gli chiese lei.
«Prima o poi»
Claire fece un profondo respiro, scrollandosi di dosso la fragilità che l’aveva avvolta parlando di Alex, tornando quella di sempre.
Ma adesso, lui sapeva che dietro i suoi bellissimi sorrisi, si nascondeva un cuore lacerato che non sarebbe mai guarito. Come il suo.
«E allora, Benjamin?» fece poi lei.
Lui inarcò un sopracciglio. «Benjamin?»
«Tu mi chiami bimba e io non posso chiamarti con il tuo nome di battesimo?»
Lui fece una smorfia. «Giusto»
«Hai capito quello che dovevi capire?»
«Credo di sì». Ben la guardò, serio in viso. «Non voglio starti lontano per più di un giorno»
Lei sorrise ancora, mal celando l’emozione. «Bene, nemmeno io»
«E ho capito anche un’altra cosa»
«Cosa?»
«Che mi piaci davvero, Claire»

 
 
 
 
 
 
Buonasera cari lettori!!! Questa settimana sono riuscita ad aggiornare, sempre con un piccolo ritardo rispetto alle mie previsioni, però. Credo di dover smettere di darmi una scadenza, perché non riesco a rispettarne mezza…sono una pessima autrice, lo so…flagellatemi!!! XD
Aspetto i vostri commenti su questo capitolo scritto di getto, senza pensare, lasciando Ben e Claire agire per conto loro. Cosa ne dite, vi piace? Ha senso, soprattutto? Io ho un dubbio….mha….

 
 Ringraziamenti:
 
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AmeliaRose, ChibiRoby, Fra_STSF, Halfblood_Slytherin, HarryPotter11, jess chan, JLullaby, Nadie, nuria elena, Queen_Leslie, Shadowfax, soffsnix, SweetSmile _joy,  _likeacannonball, _LoveNeverDies_
 
Per le ricordate: Fra_STSF, Halfbood_Slytherin,  Suomalainen
 

Per le preferite: Fra_STSF, Medea91h, _likeacannonball
 
Per le recensioni dello scorso capitolo: AmeliaRose, _Fedra_, Fra_STSF, Nadie, Shadowfax, _joy
 
In ultimo, vi ricordo a tutti voi che trovate gli aggiornamenti di questa storia su entrambi i miei account facebbok: Susan TheGentle Clara e Chronicles of Queen

Un grazie di cuore a tutti voi!!!
Susan♥

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Capitolo 9
*** 9. Tutto come prima ***


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9. Tutto come prima
Forse…
 

«Con te sto bene. Mi piace venire a trovarti ogni giorno e parlare. Stare con te, semplicemente. Sto imparando a conoscerti e mi piace come sei»
Le parole gli erano uscite di bocca prima che potesse pensarle. Non poteva rimangiarsele, però poteva chiarire che tra loro non cambiava nulla.
Inizialmente, Ben non avrebbe voluto che le cose prendessero quella piega ma, in fondo, l’amicizia con Claire poteva anche tramutarsi in qualcosa di appena un po’ più speciale senza per forza trasformarsi in chissà quale grande amore. Poteva essere solamente una bellissima distrazione, qualcosa di prezioso semplicemente perché vissuto.
Insomma, succeda quel che succeda, si era detto.
E magari non sarebbe successo proprio nulla…
Frequentarsi non era innamorarsi. Andava bene.
«Ti ho messa a disagio, ora» le disse, notando il rossore sul suo viso. «Non volevo»
«Non me l’aspettavo» confessò Claire, raddrizzando le spalle, tirando un respiro. «Anche tu mi piaci, Ben. Tanto»
Lui sorrise. «Non faccio finta di non saperlo»
«Già…»
Sì, lei non aveva proprio nascosto la sua adorazione per lui e, doveva dirlo, si era accorta di non essergli proprio indifferente.
Anche se dal piacersi e l’andare oltre – almeno per quel che la riguardava – la strada non era così breve.
Quello poteva essere l’inizio di qualcosa come poteva non esserlo. Tutto ciò che Claire desiderava, in quel momento, era avere Ben vicino. Solo questo, almeno per ora.
Nessuno poteva sapere ciò che sarebbe accaduto di lì a tre giorni, una settimana, un mese, e per quanta paura lei avesse, voleva guardare avanti. Voleva levarsi di dosso quella sensazione di insicurezza, di inadeguatezza, per tornare a essere la Claire di una volta.
Guardare avanti significava vivere esperienze nuove, conoscere persone nuove, provare cose nuove.
Ben era la prima di queste.
Per scacciare l’imbarazzo, lei tirò un altro respiro.
Ok, e ora cosa doveva dire?
«Lo sai? Sei riuscito a dirmi quello che avrei voluto dirti io già da un po’ di tempo»
«Potevi farlo»
Lei scosse il capo. «Mi vergognavo troppo»
«Perché?»
«Non lo so. Forse perché pensavo di risultare un stupida ai tuoi occhi se ti avessi detto che mi piacevi»
Lui le sorrise. «Te l’ho detto: l’avevo capito»
«Da molto?»
Ben fece finta di riflettere. «Vediamo…dal primo giorno, direi»
Claire abbassò la testa, vergognosa.
«Tra noi non cambia niente, comunque» aggiunse lui, sentendo il bisogno di fare quella precisazione.
Lei rialzò il capo, rimanendo in silenzio per un attimo.
«Sì, lo so» disse poi con un sorriso leggero. «Lo so, Ben: tu non vuoi nulla di complicato, ma nemmeno io. Vorrei solo poterti vedere il più spesso possibile, per quanto il tuo lavoro te lo permetta»
«Ami non è un tipo così rigido, ci da molta libertà»
Claire fece un’espressione perplessa. «Ami sarebbe…»
«La regista del film»
«Oh…»
«Non ho regole ferree da seguire, a parte arrivare puntuale sul set e lavorare bene. Per cui, credo che mi avrai sempre intorno»
Sempre…
«Dovrei essere io a dirlo!» esclamò Claire, facendolo sorridere. «La fan sono io! Se tu inizi a stalkerarmi non ci ricavi nulla»
«E tu che ci ricavi?»
Claire strinse gli occhi e fece una faccia buffa. «Potrei farti una foto imbarazzante e venderla a qualche rivis…Ah!»
Ben la colpì con un cuscino, strappandole una vera risata e poi una smorfia di dolore.
«Ahia, la mano!»
Ben mollò il cuscino. «Oddio, scusami! Me n’ero scordato!»
Eccoli di nuovo a scherzare, quasi a far finta che nulla fosse successo.
Era un buon modo per non mostrare come si sentivano davvero, ma dietro l’ironia era ben chiaro l’imbarazzo.
Claire pensava che il tempo dei batticuore fosse lontano ormai, una cosa che non avrebbe più provato una volta cresciuta, ma evidentemente non era così.
Non poteva farci nulla: adorava quel ragazzo e non si sarebbe persa nulla, pur mantenendo la testa sulle spalle – cosa praticamente impossibile per una sognatrice come lei – senza fantasticherie assurde, prendendo le distanze dal pericolo ‘innamoramento’.
Perché il pericolo c’era, lo sapeva, doveva solo stare attenta a non farsi coinvolgere troppo.
Né lei né Ben pretendevano nulla. Avrebbero continuato a vedersi, si sarebbero conosciuti meglio, lei avrebbe potuto dedicargli qualche attenzione in più e lui l’avrebbe invitata ancora fuori.
Tutto qui.
Normalissimo.
Peccato solo che, quella sera, lei se ne andò a dormire con le farfalle che ballavano la break-dance nel suo stomaco a un ritmo scatenato, con sulle labbra un sorriso scemo che più scemo non si poteva. E il mattino dopo, quando scese al locale (non poteva ancora muovere la mano ma ci andò perché vi avrebbe trovato Ben) la sua testa gongolava una nenia insistente che faceva così:
Io piaccio a Ben,
io piaccio a Ben,
io piaccio a Ben.
Si stupì seriamente che, nel dare il buongiorno ai clienti, non lo facesse rispondendo ‘io piaccio a Ben’.
Sono completamente partita…
Non va bene, non va assolutamente bene!
Non appena lui vacò la soglia della caffetteria, le farfalle si diedero di nuovo alla danza.
Ben aveva qualcosa che l’attirava inesorabilmente.
«Hello, baby» le disse quando la vide.
Baby…che pronunciato da lui suonava ‘beibi’, con quell’accento inglese che lei adorava…
Ossignore onnipotente!!!!!!!!!!
Controllo, Claire!
«Non dovresti tenerla a riposo?» chiese Ben poco dopo, indicando con un gesto del capo la mano fasciata di lei.
«Non sto lavorando, infatti»
«Allora perché porti quel vassoio in mano?»
«Sto solo sistemando i croissant»
Ben le lanciò un’occhiata da sopra la tazza di cappuccino.
«Questo riesco a farlo» protestò Claire.
«Quando togli i punti?»
«Dopodomani»
«Di già?»
«Sì, non era così grave»
Dovevano alzare un poco la voce per sentirsi: c’era veramente tanta gente quel mattino, all’All the Perks.
«Claire, verresti un secondo?» la chiamò Lory.
«Sì!»
Lei fece per muoversi ma Ben la fermò. «Io devo andare, ti saluto»
«Ok. Ci vediamo stasera?»
«Sì, oggi non scappo». Lui sorrise teneramente a quella domanda, posta con un tono che tradiva la preoccupazione. «Ti trovo qui o a casa?»
«Qui». Claire allungò il viso per dargli un bacio sulla guancia. «Ciao, e buon lavoro»
 
 
 
***
 
 
 
Per Ben, fu veramente un’ottima giornata.
Riuscì a concentrassi molto meglio del giorno precedente ora che aveva fatto chiarezza nei propri pensieri.
Si era ripromesso di non farsi incantare da due occhi dolci e un sorriso. Aveva imparato la lezione nel peggiore dei modi, non ci sarebbe cascato di nuovo. Una volta poteva bastare.
Però…come faceva a rinunciare a quello sguardo e a quel sorriso?
Che lui ricordasse, non gli era mai capitato niente di simile; forse perché, fino ad allora, la sua vita era stata così confusionaria che, anche volendo, non avrebbe potuto concedersi una relazione di questo genere: una cosa del tutto normale, lontano dai riflettori e dagli obiettivi dei fotografi, i quali, per quanto lui si sforzasse, riuscivano sempre a carpire qualcosa.
Alcune volte, gli veniva da pensare che i paparazzi si appendessero agli alberi attendendo il momento propizio per colpire…
Poteva anche essere…
E, a proposito di giornalisti e paparazzi...quel giorno, sul set erano presenti anche tre o quattro fotografi, intenti a scattare foto ai backstage e agli attori.
Lui e Katherine posarono insieme per un paio di fotografie .
Quando terminarono, lei lo fissò insistentemente per alcuni secondi.
«Che c’è?» fece Ben.
«Hai di nuovo quella bella espressione»
«Piantala…»
«Hai rivisto la tua amica»
«Sì»
«E allora?»
Ben le lanciò un’occhiata in tralice. «Cosa?»
«Che è successo?»
«Niente»
«Come niente?»
«Niente» ripeté lui.
Katherine alzò gli occhi al cielo. «Tirarti fuori un aneddoto della tua vita privata è come aprire un’ostrica con le pinzette per le sopracciglia»
«Eh???»
Katherine agitò una mano. «Su, prendi la chitarra, che dobbiamo girare la scena sotto il portico»
Ben la seguì. Un assistente gli passò lo strumento, mentre la regista dava le ultime direttive ai cameramen.
«Avevate litigato, no?» disse Katherine, sedendosi sulle scale del porticato.
Ben, si posò la chitarra sulle gambe, posizionando le dita sulle corde. «Mai detta una cosa simile»
«Oh, andiamo! Eri un musone ieri...non lo sei mai»
«Non avevamo litigato, abbiamo avuto solo….un’incomprensione»
«E…?»
«Lo sai che sei un’impicciona?»
«Dài, voglio saperlo! La tua nuova storia mi sta appassionando, non so perché. O forse lo so: mi ricorda il modo in cui ho conosciuto mio marito»
Katherine fece un sorriso enorme.
Ben sbatté le palpebre e la fissò a bocca semi aperta. «Ma sei normale?»
Lei fece una smorfia. «Mmm…»
«Non ho nessuna storia, sei fuori strada»
«Datti tempo qualche settimana…»
Ben alzò gli occhi al cielo. Poco dopo, vi fu il primo ciack. La scena sotto il portico era quella che tutti preferivano: i due protagonisti dovevano cantare una canzone molto bella, in un’atmosfera decisamente romantica.
La ripeterono un paio di volte, ma la regista fu molto soddisfatta di come uscì già alla prima.
«Ne facciamo un’altra ancora. Comunque, Ben, ottimo lavoro»
«Grazie, Ami…»
«Se le canti questa canzone, cadrà ai tuoi piedi in due secondi» sussurrò una voce.
Lui sbatté la mano sulla chitarra, producendo un suono stonato.
«Katherine, la finisci?!»
 
 
 
***
 
 
 
«E quella da dove sbuca?» chiese una stupitissima Claire quella sera, quando Ben si presentò al locale con una chitarra in spalla.
«Non ti avevo detto che suonavo la chitarra, in questo film?»
Ben si accomodò sulla poltroncina che occupava di solito, facendo scorrere le dita sulle corde.
Oltre a lui, c’erano un altro paio di persone all’All the Perks, clienti abituali: un uomo in giacca e cravatta con un computer portatile, e una signora seduta al banco che chiacchierava allegramente con Lory.
«Vi da fastidio se provo qualche accordo?» chiese Ben, educatamente.
Gli altri due dissero di no e lui tornò a voltarsi verso Claire, che gli sedeva accanto.
«Questa è la chitarra che uso per esercitarmi. Quando sono sul set ne uso un’altra»
«Hai imparato a suonarla per questo film?»
«Già» fece Ben, senza tradire una punta d’orgoglio. «Tu sai suonare qualche strumento?»
Claire fece cenno di no. «Strimpellavo una vecchia chitarra quando ero piccola. Purtroppo si è rotta e non mi ha dato il tempo d’imparare nulla. Mi sarebbe piaciuto suonare il pianoforte, ma non ho mai potuto prendere lezioni»
«Come mai?»
«I miei genitori non potevano permetterselo. Ma prima o poi lo farò»
«Brava. Non è mai troppo tardi»
«Oh, lo so» Claire si sistemò meglio sulla poltrona. «Fammi sentire qualcosa, vuoi?»
«Certo! L’ho portata per questo»
Lei si appoggiò al bracciolo con un gomito, il viso poggiato alla mano.
Lui iniziò a suonare.
Ben era bravissimo. Ma c’era qualcosa che non sapeva fare, quell’uomo meraviglioso?
«Posso farti sentire una canzone in anteprima»
Il volto di lei s’illuminò. «Oh sì, mi piacerebbe molto!»
La sua voce giunse senza che potesse prepararsi ad ascoltarla.
Ricordava fin troppo bene la prima volta che lo aveva sentito cantare, ed era praticamente morta…
Ora lo era, senza il praticamente.
La voce di Ben, chiara e morbida, le fece schizzare il cuore in alto, dalle parti della gola, bloccandole quasi il respiro.
Lei studiò il suo viso in ogni suo particolare, come non l’avesse mai visto prima.
Ben teneva gli occhi chiusi in un atto di concentrazione. Quando li riaprì, il suo sguardo incontrò subito quello di Claire, che lo guardava seria, incantata.
E lei, che in quel momento era distante anni luce dal resto del mondo, si diede della stupida perché sapeva che sul suo viso si leggeva un’infinita emozione che non avrebbe voluto mostrare.
«Che bravo!» applaudì la signora al bancone.
Ben si volse verso di lei e sorride, ringraziando. Poi si girò nuovamente verso Claire.
«Ti è piaciuta?»
«Me lo chiedi?»
Ben sorrise. La guardò un attimo e poi alzò una mano, passandole l’indice sulla punta del naso.
«Ti ho sconvolto?»
Lei riprese il controllo di sé stessa grazie al brivido che quel piccolo gesto le provocò.
«Più o meno»
«Ma la canzone ti è piaciuta?»
«Sì, da morire. Sei eccezionale»
Stavolta fu lui a mostrarsi leggermente imbarazzato. «La ringrazio, signorina. Ha qualche richiesta per la prossima canzone?»
«Sì. Mi canti Love Never Dies
Ben sfoderò un sorriso raggiante. «Più che volentieri»

 
 
 
 
 
Buonasera cari lettori!
Vi è piaciuto il capitolo? A me non convince, ma che ve lo dico a fare?? xD. Non succede questo granché, lo so: la situazione non è poi molto cambiata, è vero. Forse pensavate che si mettessero insieme o che ci fosse un bacio, ma devo confessarvi che, sia per l’uno che per l’altro, ci vuole ancora un po’. Intanto, posso annunciarvi che la prossima volta ci saranno nuove reciproche confessioni…
 
Ringraziamenti:
 
Per le seguite:
AmeliaRose, Cecimolli, ChibiRoby, Fra_STSF, Halfblood_Slytherin, HarryPotter11, jess chan, JLullaby, Nadie, nuria elena, Queen_Leslie, Shadowfax, soffsnix, SweetSmile WikiJoe, _joy, _likeacannonball_, _LoveNeverDies_
 
Per le ricordate:
Fra_STSF, Halfbood_Slytherin, Suomalainen
 
Per le preferite:
Fra_STSF, Medea91h, _likeacannonball
 
Per le recensioni dello scorso capitolo:
AmeliaRose, Cecimolli, _Fedra_, Fra_STSF, Nadie, Shadowfax, _joy
 
Gli aggiornamenti di Two Worlds Collide li trovate sulle mie pagine fb Susan TheGentle Clara e Chronicles of Queen.
Un bacio grande a tutti e grazie di cuore!!!
Susan♥

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Capitolo 10
*** 10. Lezioni di musica ***


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10. Lezioni di musica
 
Il mondo si è capovolto, non c’è dubbio…
 
 
 
Da quando Ben le aveva cantato la canzone del suo nuovo film, e ancor di più Love Never Dies, Claire non era riuscita a pensare ad altro.
Tutte le volte che si distraeva e si perdeva nei suoi pensieri, le tornavano in mente la sua voce, il suo viso, la sua espressione, il modo in cui l’aveva guardata mentre pronunciava la porla ‘Love’.
Attenta a non immaginarti le cose, le ripeteva la vocina nella sua testa.
Ma sognare non costa niente e non fa male a nessuno…
Non c’era nulla da fare: quel ragazzo la stava facendo impazzire e lei non faceva nulla per impedirlo.
Non lo voleva nemmeno.
Stava bene come non era mai stata bene in vita sua.
A contribuire a questo stato di grazia, accaddero altre due cose: primo, finalmente tolse i punti; secondo, Ben si offrì di darle lezioni di chitarra.
«Lo faresti veramente?»
«Certo»
«Ma Ben, con tutto quello che devi fare non puoi prenderti anche questo disturbo»
«Non sei un disturbo, Claire»
«Ma io...grazie…insomma, mi piacerebbe tantissimo!»
Ben sorrise soddisfatto. «Allora è deciso»
«Però io non ho una chitarra» si giustificò lei.
«Non c’è problema, me ne posso procurare un’altra sul set»
Tutto questo era incredibile…
Lui, un attore, le insegnava a suonare uno strumento.
Il mondo si era decisamente capovolto da un paio di settimane a quella parte…
«Ma quando lo facciamo?»
«Io avrei un’idea se tua cugina è d’accordo…» Ben si voltò verso Lory, che ascoltava tutto facendo finta di non sentire niente. «Se te la rubo per un’ora al giorno, magari non tutti i giorni, hai qualcosa in contrario?»
«Chi io? Assolutamente no» sorrise Lory, continuando a pulire il bancone.
«Sì, sì, portala via» rincarò Joseph.
Ben e Claire si scambiarono un sorriso enorme.
«Quando vuoi iniziare?» domandò lui.
«Quando vuoi tu»
Non era tanto il quando, ma il dove ad impensierire Claire. Lì al locale non potevano, rischiavano di disturbare i clienti. Anche se alcuni di loro avevano apprezzato, poteva esserci sempre qualcuno che fosse del parere contrario (tipo quel vecchio gufo con gli occhiali e la cravatta, che arrivava ogni tanto a rompere le scatole)
«Facciamo a casa mia?»
«Sì, va bene» rispose Ben. «Oppure, pensavo, che potresti venire tu da me»
Claire fu veramente sul punto di chiedere ‘dove’, ma si trattenne.
Dove…Da me, dove?
’Da me’ inteso a casa sua, cretina!
Ben rise di fronte alla sua espressione: lei aveva la bocca leggermente aperta, gli occhi praticamente sgranati fissi su di lui come se fosse appena sceso da un’astronave.
«Claire, smettila di fare quella faccia tutte le volte che ti propongo qualcosa»
«Che faccia?»
«Questa». Lui le mise un dito sulla punta del naso.
Lei rise. «Scusa, ma ogni volta tu mi sconvolgi…»
Era la pura verità.
Oddio, sarebbe andata sul serio a casa di Ben…cioè, non a casa sua, ma nella camera dell’hotel in cui alloggiava.
Al solo pensiero, Claire sentì salire l’agitazione alle stelle. E quando ne varcò la soglia, un paio di giorni dopo, era un fascio completo di nervi.
Ma Ben la mise immediatamente a suo agio e lei si scordò di qualsiasi cosa, come sempre quando era con lui.
«Hai una vista magnifica, sei all’ultimo piano!» esclamò lei entusiasta, affacciandosi alla finestra del balcone.
«Ti piace?»
«Sì, è bellissimo!»
Osservò affascinata il paesaggio suggestivo ai suoi piedi: la città illuminata, il sole ormai sceso oltre le montagne.
Ben la invitò a sedergli accanto sul piccolo divanetto davanti al televisore.
Claire si guardò intorno mentre lui prendeva la sua chitarra. La sua attenzione cadde sul pc portatile appoggiato sul tavolino. Cercò di immaginare cosa facesse Ben al termine della sua giornata, quando tornava lì. Molto probabilmente ripassava il copione, si esercitava a suonare, scriveva qualche mail…
«Questa è per te, come da promessa» le disse lui, porgendole una chitarra nuova di zecca.
«Non dovevi disturbarti, grazie!»
«Te l’ho detto: niente disturbo. Non possiamo usarne una in due, ti pare?»
«No, è vero»
Claire si sistemò la chitarra sulle gambe, lui fece lo stesso.
«Ricordi qualcosa o dobbiamo ripartire da zero?» le chiese poi.
«Qualcosa ricordo» ammise lei, «ma una rispolverata non mi farebbe male, è passato tanto di quel tempo…»
Claire provò a sfiorare le corde con i polpastrelli. Aveva sempre preferito suonare senza plettro, sentire lo strumento sotto le mani. Sorrise, ricordando in un attimo la magnifica sensazione di quando lo aveva fatto la prima volta.
Trascorsero un’ora buona a suonare, Ben che canticchiava le note, la correggeva, le sistemava le dita sulle corde. Ogni qualvolta sentiva le sue mani sulle proprie, Claire percepiva lunghi brividi attraversarle la schiena. Ma dubitò che Ben se ne fosse accorto: lui si trasformò in un insegnate severissimo, entrando in pieno in quel ruolo. Prendeva veramente su serio tutto ciò che faceva e lei lo ammirava per questo.
Alla fine, lui diede un’occhiata all’ora. «Direi che per oggi è abbastanza»
«Di già?» chiese lei, un po’ delusa, emettendo poi un’esclamazione di sorpresa. «Le sette e mezza? E’ così tardi?»
«Già»
«Cavolo, il tempo è volato…»
«Puoi rimanere ancora un po’, se ti va» propose lui.
Il cuore di Claire accelerò appena.
La stava davvero invitando a rimanere lì?
Non è che lui aveva intenzioni…diverse, vero? Ben l’aveva portata lì per suonare insieme, non per…altro.
Il senso di agitazione aumentò.
«Non so..» ballettò.
Lui si accorse del suo disagio. «Potresti rimanere per cena» precisò allora.
La cena! Ma sicuro!
Quanto sei cretina, cosa andavi a pensare?
E prima che le venisse meno il coraggio, rispose con un deciso «Sì»
Ben sorrise soddisfatto. «Bene. Avevo paura mi dicessi di no»
«Perché avrei dovuto?»
Lui fece un sorriso sghembo. «Perché, magari, credevi volessi approfittarne»
«Ma no…io…»
Lui rise, puntandole un dito contro «Scusa, ma volevo vederti fare ancora quella faccia buffissima»
«Ma…» lei spalancò la bocca, scostandogli la mano. «Non si indica la gente! Quanto sei cretino!»
Per risposta, lui rise ancora di più.
Claire gli voltò le spalle e prese il cellulare.
«Cosa fai?»
«Chiamo la polizia e li avviso che mi stanno molestando»
«Cosa?»
«Chiamo Lory, scemo. L’avverto che tardo un pò»
Ben le passò accanto, tirandole una ciocca di capelli. Lei gli diede una piccola botta sul braccio.
«Cosa ordiniamo? McDonalds ti va bene?» chiese lui.
Claire annuì, mente, dall’altra parte del ricevitore, Lory diceva: «Pronto?»
«Ciao, sono io»
«Ciao, cuginetta, come va la lezione?»
«Bene, è andata bene. Senti, guarda che non torno per cena, resto qui da Ben»
«Ooohhh! Ti ha invitata a restare da lui?»
Claire si sforzò per non sorridere, non voleva che lui la notasse. «Sì! Sono nel panico più totale, ma sono troppo felice!» sibilò per non farsi udire.
«Allora ti aspetto alzata o proprio non ti aspetto?» chiese Lory.
«Ah…ma…non…cos’hai capito?!»
Ben trasalì, voltandosi a guardarla perplesso.
Claire non si era accorta di aver alzato la voce. Gli fece cenno con la mano di non preoccuparsi.
«Dai, cugina, confessa che intenzioni hai con il tuo bel fustacchione…»
«Non ti rispondo neanche». Claire riattaccò, il viso color aragosta acceso.
Se aveva fatto di tutto per non pensarci, adesso ci pensava.
Lory, ti strozzerò...
«Tutto ok?» domando di nuovo Ben.
«Cosa…sì! Sì, sì, bene. Lory ti saluta. Cos’hai ordinato?»
Mangiarono hamburger, bocconcini di pollo e patatine.
Ma, nonostante non fosse una cena a lume di candela, l’atmosfera che andò a crearsi fu fin troppo intima.
Ben sapeva che invitarla a restare voleva dire esporsi troppo. Quell’invito aveva tutta l’aria di un vero appuntamento.
Erano soli. Completamente soli.
«Peccato, manca il dolce» disse lui quando terminarono di mangiare, stiracchiandosi.
Erano di nuovo seduti sul divano.
«Se sapevo di fermarmi, avrei preparato qualcosa» disse lei, posando l’involucro delle patatine ormai vuoto sopra il tavolino.
Ben ammiccò. «Sarà per la prossima volta»
«Assolutamente sì! E’ il minimo che possa fare per sdebitarmi di tutto quello che hai fatto per me»
«Non devi sentirti in obbligo, Claire»
Lei scosse il capo. «Non è un obbligo, è un piacere: mi hai dato lezioni di musica nonostante tu abbia mille impegni, e mi hai anche offerto la cena. Vorrei ricambiare, ci terrei davvero»
«Affare fatto, allora» disse lui, porgendole la mano come per stipulare un patto.
Claire la prese e la strinse.
«Lo sai, mi era mancato suonare» ammise poi. «E tu sei stato un insegnate perfetto! Sei un musicista mancato, Ben»
Lui sorrise lusingato. «Lo prendo come un complimento»
«Lo è»
«Credo che tu sia portata per la musica»
Claire sorrise amaramente. «Anche mio padre me lo diceva sempre»
Ben si schiarì la voce. «Senti, è un po’ che te lo volevo chiedere…»
Lei attese.
«Tu parli sempre di tua madre e delle tue sorelle, ma mai di tuo padre e mi domandavo perché»
Il lieve sorriso di Claire si spense del tutto. «Mio padre non c’è più»
Ben le prese la mano, istintivamente, stringendola forte. «Oddio, scusami»
Lei tornò a sorridere, scuotendo il capo. «Non importa, non preoccuparti. Non hai chiesto nulla di male, non lo sapevi»
«Claire, io…»
«Sto bene» lo rassicurò, prendendogli la mano con entrambe le proprie, regalandogli un sorriso bellissimo. «Non mi da fastidio parlare di lui. Mi fa più male parlare del mio ex, se devo essere sincera. Di mio padre ho solo bei ricordi, mi ha insegnato tutto quello che so; mi ha insegnato di più lui che tutti gli insegnanti che ho avuto. Eccetto te, s’intende»
Ben sorrise piano, tornando serio un attimo dopo.
La sofferenza che scorse negli occhi di lei, celata dietro un altro sorriso, gli fece venire voglia di consolarla, di abbracciarla.
«E’ passato molto tempo?»
«Sette anni»
«Com’è successo?»
«Era malato» rispose lei, evasiva.
Ben non chiese altro. Lei non aggiunse nulla. Dopotutto, forse non era pronta a parlarne con lui.
«Mi dispiace»
Lei gli passò una mano sul braccio. «Grazie»
Ben le sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. «Quante cose ancora non so di te?»
«Tante» lei sorrise. «Ad esempio, non sai che detesto i ragni, i peperoni e che ho un tuo poster appeso in camera»
Ben rise e l’abbracciò sul serio. «Sei fantastica»
«Anche tu»
Lui l’allontanò da sé, specchiandosi in quegli occhi pieni di vita.
Avrebbe voluto dirle che, se mai un giorno si fosse sentita di confidarsi ancora, lui sarebbe stato lì, per lei, pronto ad ascoltarla.
Ma non lo fece. Si rese conto che, alle orecchie di Claire, quelle parole sarebbero suonate strane, troppo impegnative, e loro non erano nella posizione di prendersi impegni.
«A quanto pare, i divani sono il luogo delle confidenze» ironizzò lei.
«Già, così sembra» Ben la fissò per un attimo. «Posso farti un’altra domanda?»
«Certo»
«L’altra volta, tu mi hai chiesto di non dirti bugie, ma nemmeno io voglio che tu finga quando sei con me»
Claire lo fissò senza capire. «Che intendi dire?»
«Che non devi sempre sorridere per nascondere quello che provi»
«Non ho mai finto con te»
Lui capì che era sincera.
«Mi fa piacere saperlo»
Le sfiorò di nuovo la mano invitandola a prendere la sua, a stringere la presa.
Quei gesti sorgevano spontanei, ed era solo dopo che li avevano fatti che si rendevano conto che non avrebbero dovuto compierli.
Si guardarono per un attimo.
Gli occhi scuri di Ben, fissi nei suoi, le mandarono il cuore a mille. Doveva continuare a parlare per scuotersi da quella sensazione.
«Ora tocca a te» disse allora Claire.
Ben fece un’espressione perplessa. «Come?»
«Io ti ho raccontato un po’ di cose su di me: della mia delusione d’amore, di mio padre…ma adesso è il tuo turno»
«Che cosa vuoi che ti racconti? Sai già tutto di me»
«Non è vero, non so tutto»
Lui fece una smorfia. «Non eri la mia fan numero uno?»
«Sì, però io conosco Ben Barnes, e ora vorrei conoscere Ben»
Quella frase lo lasciò piacevolmente sorpreso.
«Lo sai» riprese lei, «i primi giorni ero completamente stranita. Quando mi comparivi davanti, non mi sembrava vero di poterti parlare. Ma adesso, quando sto con te riesco a vedere oltre il tuo volto»
Lui la fissò un istante. «E che cosa hai visto?»
Claire mosse la mano su quella di lui. Temeraria nel suo imbarazzo, intrecciò piano le dita a quelle di Ben.
«Ho visto un ragazzo dolce, gentile, divertente ma estremamente riservato»
Lui non disse nulla, si limitò a guardarla, a studiare il suo viso, intuendo che stava per parlare di nuovo.
«A volte penso a quello che mi hai detto la prima volta che siamo usciti» proseguì Claire. «Ci rifletto e trovo veramente impossibile che ci sia stato qualcuno che abbia potuto pensare di ferirti»
Lui capì a cosa si riferiva.
«Forse dovrei raccontarti la mia trascorsa, 'grande' storia d’amore» disse lui, con tono ironico.
«Oh, no, Ben, non era un modo per insistere» si affrettò a dire Claire. 
«No, va bene» fece lui, muovendosi un poco. «Lei si chiamava Rachel, faceva la modella per una rivista per la quale anch’io ho posato, una volta. Ci siamo conosciuti sul set fotografico»
«Era molto bella, immagino»
«Sì, lo era, ma era tutto tranne la persona che avevo pensato che fosse. Era capricciosa, incoerente, egocentrica e bugiarda. Un paio di miei amici continuavano a dirmi di troncare, ma io non volevo.  Avevano ragione loro. Ho cercato di far funzionare quella storia in tutti i modi, perché ero davvero innamorato di lei, finché l’ho detestata»
Claire vide l’espressione di Ben divenire così cupa da metterla in soggezione. 
«In quel periodo stavo girando un film, dovetti stare via molto, e lei mi fece una scenata colossale: disse che non m’importava di lei, che non avrebbe accettato di essere seconda a nessuno, neanche al mio lavoro. Ci lasciammo male, ma stavamo ancora insieme, almeno per quel che riguardava me. Quando tornai a Los Angeles, lei mi disse che era incinta, ma che il bambino non era mio»
Claire trattenne il fiato, sentendosi sprofondare.
«Ed era…»
«Era vero. Non era mio, era impossibile, non ci vedevamo da troppo tempo»
Ben si passò una mano tra i capelli, ridendo sarcastico, rabbioso.
Gli sembrava ancora di sentirla, la voce irritante di Rachel…vederla mentre si truccava come nulla fosse, pronta per un party, gettargli un’occhiata attraverso la superficie dello specchio…
‘Non preoccuparti Barnes, il problema non è tuo’...
«Nel periodo che passammo lontani, lei si considerò sciolta e andò a letto con un altro. Io non contavo più nulla, ero fuori dalla sua vita. La cosa fu reciproca. Da quel giorno, non ho più voluto saperne di lei»
Claire rimase immobile, muta ad assimilare l’atrocità di quel racconto.
La mano sempre stretta in quella di lui, gli si accostò maggiormente, sfiorandogli il braccio con l’altra.
«Ben…»
Lui si voltò a guardarla. La sua espressione, sebbene preoccupata e ferita, gli scaldò il cuore.
«Siamo due sfigati in amore, vero?»
Lei fece un mezzo sorriso, che si spense subito. «Non so cosa dire»
«Non dire niente. Non roviniamo la serata»
«Soffri ancora molto?»
Lui scosse il capo. «No. La detesto»
«Sei sicuro?»
«Certo che sono sicuro»
«Se tu fossi ancora innamorato, potrei capirti»
«Davvero?»
«Se per te è stata una storia importante…»
«Lo era, una volta» la interruppe lui. «Ora non è più niente»
L’espressione di lei si fece amara. «Non è possibile»
«Perché?»
«Perché ti rimarrà sempre dentro, è inevitabile»
«Ma non avrà mai più il valore che credevi di poterle dare» ribatté Ben. «Dopo che una persona ti tradisce, per quanto tu le abbia voluto bene, vedi tutto da una diversa prospettiva. Tutto. Ogni momento passato con lei. E diventa nulla»
Claire spostò la mano dal braccio al suo viso, facendogli una carezza appena accennata, incerta.
Fu una sensazione bellissima per entrambi.
«Non vale la pena di soffrire per gente simile, Ben, credimi»
Lui sorrise dolcemente. Liberò la mano da quella di lei, passandole un braccio attorno al fianco, attirandola a sé per sfiorarle la fronte con le labbra.
Claire s’irrigidì appena, sciogliendosi un istante dopo sotto quel dolce calore.
«Sono felice che tu sia qui, stasera» mormorò lui.
La voce di Ben si abbassò improvvisamente di tono, provocandole un brivido.
Si guardarono, vicini.
«Lo sono anch’io» rispose lei, in un soffio.
Ben appoggiò la mano sul suo collo, sforandole il mento, sollevandole il viso. «Sono passati due anni. Avevo deciso di lasciar perdere le donne per un po’»
Claire deglutì a vuoto. «E…?»
«Niente…»
Ben continuava a far scorrere la mano sul suo viso, lentamente, sfiorandole i capelli, desiderando improvvisamente affondarvi le dita, giocarci.
«Hai mai provato la sensazione di voler fare qualcosa ma di non sapere se è giusta?»
«Un sacco di volte»
«Già…». Le passò un dito sulla punta del naso. Gli piaceva farlo. Gli piaceva il modo in cui lei chiudeva gli occhi, il modo in cui tratteneva appena il respiro.
Vide gli occhi di Claire illuminarsi quando li riaprì, lo sguardo confuso.
Lui socchiuse le palpebre, lei fece lo stesso.
Il cuore di Claire prese a battere all’impazzata.
Ben l’avrebbe baciata?
Le premesse c’erano tutte.
Ma lei era pronta per questo?
Lui si mosse quasi impercettibilmente e lei, lentamente, prese le dovute distanze.
No, non era pronta.
«Ben, io…credo di dover andare, ora» balbettò, la gola secca.
Lui si fermò, la fissò, scorgendo la sua espressione impaurita. Allora abbassò la mano che ancora teneva sul suo volto, scese di nuovo sul collo, sulla spalla, sul braccio, e poi la lasciò andare.
«Certo»
«E’ davvero tardi…»
«Certo» ripeté lui, alzandosi piano.
Claire sollevò il capo per guardarlo.
Era arrabbiato? Deluso? Entrambi? Oppure…
Inspirò ed espirò profondamente. «Ben…»
«Andiamo, ti accompagno a casa»

 
 
 


Ed eccomi ritornata con Ben&Claire!
Voglio commenti a go go per questo capitolo, perché – strano ma vero – sono decisamente soddisfatta di come è uscito! :D
A proposito: cosa ne pensate di Ben in versione musicista? Io, personalmente, trovo che sia mostruosamente affascinante quando canta!!! *_________*
 
 Ringraziamenti:
 
Per le seguite:
AmeliaRose, Cecimolli, ChibiRoby, Fra_STSF, Halfblood_Slytherin, HarryPotter11, jess chan, JLullaby, Nadie, nuria elena, Queen_Leslie, Shadowfax, soffsnix, SweetSmile WikiJoe, _joy, _likeacannonball_, _LoveNeverDies_
 

Per le ricordate: Fra_STSF, Halfbood_Slytherin, Suomalainen
 
Per le preferite: (siete aumentati un pochino!!!)
battle wound, Fra_STSF, Medea91h, Stefania1409 _likeacannonball
 
Per le recensioni dello scorso capitolo:
AmeliaRose, Cecimolli, _Fedra_, Fra_STSF, NadieShadowfax, _joy
 
Vi ricordo che trovate gli aggiornamenti di Two Worlds Collide, insieme a quelli di Night&Day (fandom Narnia) su entrambe le mie pagine facebbook: Susan TheGentle Clara e Chronicles of Queen.
Buona settimana a tutti, e grazie di cuore che seguite questa fanfic!!!
Baci giganti,
Susan♥

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Capitolo 11
*** 11. Complicazione ***


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11. Complicazione

Voler dire tutto, e non dire niente... 
 
 

Durante il tragitto in macchina, l’imbarazzo e il silenzio la fecero da padrone per quasi tutto il tempo.
Ogni tanto, Ben faceva una domanda, lei rispondeva e poi di nuovo silenzio.
Claire gli chiese quando avrebbero potuto vedersi ancora per suonare. Lui rispose vago, dicendo che andava bene sempre.
«Se tu hai ancora voglia di farlo»
«Certo che sì!» si affrettò a rispondere lei. «Perché me lo chiedi?»
«No, niente»
Ben guidava tranquillo, almeno in apparenza. Lei fissava avanti a sé, di tanto in tanto facendo saettare lo sguardo verso di lui.
Sembrava arrabbiato…anzi no, deluso.
C’era rimasto male perché lo aveva respinto?
Cosa avrebbe dato, Claire, per entrare nella sua testa …
Forse sto prendendo un abbaglio e non voleva baciarmi
E allora che faceva? Controllava se avevi un bruscolo in un occhio?
Decisamente no…
«Aspetta un attimo» le disse Ben, quando si fermarono davanti a casa di lei.
Claire osservò perplessa la sua mano tesa.
«Dammi il tuo telefono, così posso inserire il mio numero. Mi sono reso conto solo ora di non avertelo ancora dato»
Senza dire nulla, Claire aprì la borsa e gli passò il cellulare.
Un istante dopo, Ben glielo riconsegnò. «Così possiamo metterci d’accordo per le lezioni di musica e, se non posso venire al locale, ti avverto prima»
«Domani non puoi venire?» chiese subito lei. Non seppe spiegarsi perché ma si sentì ansiosa. Estremamente ansiosa.
Ma Ben la rassicurò subito scuotendo il capo. «No, domani vengo. Però, sai, potrebbe capitarmi di essere trattenuto sul set più del previsto, qualche volta»
Lei annuì. «Grazie. Per il numero, dico»
Ben la guardò un momento. «Fammi uno squillo, così anch’io inserisco in memoria il tuo»
«Lo faccio appena entro in casa»
«Bene»
Claire restò ferma sul sedile. Sembrò quasi non avesse intenzione di muoversi.
«’Notte bimba» le disse lui, accennando un sorriso.
Lei sospirò piano. «’Notte»
Claire aprì la portiera e scese dall’auto. Ben la salutò con la mano prima di rimettere in moto.
Lei rimase ferma sul marciapiede, davanti alla porta d’ingresso, a guardare la macchina finché non svoltò un angolo e sparì. Poi, salì i tre gradini, infilò le chiavi nella serratura ed entrò in casa.
Immediatamente, Rhett le corse incontro, la coda in aria, strusciandosi sulle sue gambe. Claire si abbassò per accarezzarlo. Poi sentì la vocina di Maddy.
«E’ tornata!»
«Ciao!» salutò la ragazza, spogliandosi del cappotto e andando verso il soggiorno.
Lory e Joseph erano seduti sul divano, la televisione accesa.
«Bentornata!»
Claire cancellò l’espressione triste e pensierosa dalla faccia, sostituendola con un sorriso.
Ma Lory notò immediatamente che qualcosa non andava.
«Tutto bene?»
«Sì, tutto ok»
«La lezione di chitarra com’è andata?» chiese Joseph con un sorriso furbo.
«Benissimo. Vado a farmi un bagno»
«No, siediti qui!» esclamò Maddy. «Stavamo guardando Rapunzel»
«Tanto per cambiare…» commentò Joseph.
Claire rise, chinandosi verso la bambina. «Scendo più tardi, gioia, prima vado a cambiarmi. Non ci metto tanto, promesso»
Soddisfatta, Maddy trotterellò di nuovo verso i genitori.
Claire si diresse verso la sua camera, senza accorgersi dello sguardo vigile di sua cugina.
Quando udì lo scatto di una porta che si chiudeva, Lory balzò in piedi.
«Vado un attimo al bagno»
«Ma ci sei appena andata» replicò Joseph.
«Ehm…devo andare ancora»
Lory marciò spedita verso le camere da letto. Senza bussare entrò in quella di Claire.
Lei, voltata di spalle nell’atto di togliersi il maglione, si girò perplessa: Lory stava sulla soglia a braccia conserte.
«Che c’è?»
«Lo chiedo a te, cuginetta»
Claire fu sul punto di rispondere che andava tutto bene, ma non poteva mentire a Lory.
«Chiudi la porta» disse, sedendosi sul letto.
Lory eseguì e la raggiunse. «Hai litigato con Ben?»
Claire scosse il capo. «No, sono solo una deficiente completa» disse coprendosi la faccia con le mani, emettendo un verso rabbioso. Le riabbassò e guardò sua cugina. «Ben ha tentato di baciarmi»
Lory aprì la bocca e trattenne il respiro così forte da sembrare che stesse risucchiando tutta l’aria nella stanza.
«Ripeti???»
«Non farmelo ripetere»
«Ha tentato di baciarti???»
«Non gridare...Sì, ma io non gliel’ho permesso»
Lory corrugò la fronte. «Come? Come?? Comeee??? Ma Claire, sei completamente…»
«Deficiente, cretina, idiota, sì! Lo so da me, non dirmelo anche tu, per piacere»
«Ma lui ti piace, no?»
Claire gemette. «Sì, da morire»
«E allora?»
«Credo che la mia sia solo paura» Claire si fissò le mani. «Ho paura di quello che sto iniziando a provare per lui. Lory, io non so più se mi piace e basta»
La cugina la fissò un stante, emozionata. «Ti sei innamorata di lui?! E’ questo che vuoi dire?»
Claire la guardò in silenzio per un istante, poi si buttò all’indietro, a pancia su sul letto.
«Non lo so» disse con un sospiro.
«Claire, una cosa del genere ti capita una volta nella vita, non puoi lasciare andare tutto così! Se lui ti piace davvero, anzi, se ne sei innamorata, devi dirglielo!»
Claire scattò di nuovo a sedere. «No, non se ne parla!»
Lory le puntò un dito contro. «Allora lo sei!»
«Eh?»
«Sei innamorata di lui!»
Lo era?
Poteva chiamare amore quello che provava per Ben?
Forse.
Di certo, la cotta mostruosa che aveva per lui non era più solo una cotta.
Se le avessero chiesto cos’era cambiato, non avrebbe saputo spiegarlo. Non si poteva esprimere a parole, si poteva solo sentire dentro. Ed era accaduto gradualmente, giorno per giorno, prima parlando, poi uscendo insieme, scambiandosi confidenze, abbracci, gesti teneri…e un bacio mancato.
Aveva una tale confusione in testa che nemmeno un bel bagno caldo – che di solito era per lei il momento più bello della giornata, a mollo nella vasca a rilassarsi – riuscì a schiarirle le idee.
I capelli raccolti alti sul capo, Claire tirò su le gambe e se le portò fino al naso, posando il volto alle ginocchia, osservando la schiuma sciogliersi.
C’era una cosa che non aveva detto a Lory: quel che le faceva più paura era la realtà che stava vivendo, quella stessa realtà che sua cugina aveva definito ‘una cosa che capita una volta nella vita’. Era verissimo ma, tutto questo – lei e Ben – non sarebbe durato.
Poteva essere un’inguaribile romantica, poteva essere una sognatrice senza speranza, ma non ingenua fino al punto di pensare che lei e Ben avrebbero continuato a vedersi.
Sia che fosse accaduto qualcosa di più, sia che non fosse accaduto, terminate le riprese del film lui se ne sarebbe tornato a Los Angeles, o a Londra, mentre lei sarebbe rimasta li a Ogden, oppure sarebbe tornata in Italia, ancora non lo sapeva.
L’unica cosa certa era che non si sarebbero rivisti più.
Non le piaceva pensarlo ma era così che stavano le cose. Come avrebbe potuto essere altrimenti?
Cosa doveva fare, allora?
Lory le avrebbe detto di buttarsi, di ascoltare il cuore e non la ragione.
Claire avrebbe voluto. Avrebbe voluto non essere così insicura e avere il coraggio di dire a Ben quello che provava, godere appieno di quei mesi insieme a lui.
E non era nemmeno tanto la paura di iniziare una nuova storia a frenarla, quanto il possibile rifiuto di Ben.
Avrebbe rovinato tutto. Lo avrebbe perso, lo sapeva, e non avrebbe potuto sopportarlo.
Ormai, Ben era una presenza costante nelle sue giornate; vederlo, qualcosa di irrinunciabile. Non poteva più fare a meno di lui.
Lory aveva ragione: era innamorata persa.



 
***
 
 
 
Ben rientrò in camera, si fece una doccia, accese il pc, scrisse un paio di mail, lesse qualche notizia.
Ma, ancor prima di rendersene conto, i suoi pensieri vagarono su Claire.
Più cercava di non pensare a lei e più lei gli tornava in mente. In un modo o nell’altro era sempre nei suoi pensieri.
Sempre.
Perché la pensava in continuazione? Perché non riusciva a farne a meno?
In quel momento avrebbe dovuto essere fuori, in qualche locale a rimorchiare una bella bionda, non lì, chiuso in camera a pensare a una ragazza che…
Che non riusciva a togliersi dalla testa.
Cosa diamine gli era preso? Perché aveva tentato di baciarla?
Bè, la risposta era semplice: perché lo voleva. Punto. Perché era dolce e aveva iniziato a provare qualcosa per lei.
Non avrebbe dovuto andare a finire in quel modo, se l’era ripetuto non sapeva quante volte.
Spense il pc prima di terminare ciò che doveva fare. Lo posò da parte, poi spense la luce deciso a dormire…
E invece si ritrovò inquieto, sempre più sveglio, senza sapere cosa fare.
Cercò in tutti i modi di reprimere quel sentimento che che gli stava crescendo dentro; levarsi di dosso quella sensazione alla quale non sapeva ancora dare un nome, ma sembrava davvero impossibile. Era come un tarlo che gli scavava la mente, che lo portava a essere agitato come non lo era mai stato.
Si alzò su un gomito, riaccese la luce sul comodino e afferrò il telefono. Sul display c’era una chiamata senza risposta, un numero che non conosceva.
Non gli ci volle molto per capire di chi fosse.
Aveva chiesto a Claire di fargli uno squillo per poter registrare il numero sul suo telefono. Bè, eccolo lì.
Gli passò per la mente un’idea assurda: chiamarla, chiederle perché era fuggita via.
Sì, perché stavolta era stata lei a scappare, non lui.
No, non poteva chiamarla a quell’ora di notte.
Si distese di nuovo, sospirando d’impazienza, un braccio sulla fronte, il cellulare nell’altra mano.
Cos’era andato storto? Non gli sembrava di aver sbagliato nulla, a parte forse tentare di baciarla. Probabilmente era stato questo ad averla spaventata, o…
Aveva forse preso un abbaglio? Forse, Claire non era attratta da lui come lui lo era da lei?
Già, perché ormai poteva affermarlo con certezza: l’attrazione c’era.
Diavolo, da quando pensava a Claire in quel modo? Da quando provava la voglia di sentire le sue labbra su quelle di lei?
Se lo chiese più e più volte, mentre i minuti passavano senza che arrivasse il sonno.
La consapevolezza gli entrò dentro, gli invase la mente e l’animo. Stranamente, il pensiero di ammettere di vedere Claire in maniera diversa non lo spaventò, non lo stupì, anche se fu assolutamente inaspettato per quanto giusto.
Lei era giusta.
Non aveva ancora capito esattamente il modo in cui lo era, ma lo era.
Non poteva negare di essere rimasto deluso dalla reazione di lei, ed anche turbato dalla paura che aveva scorto nei suoi occhi.
Avrebbe voluto parlare, chiederle spiegazioni, anche se nemmeno lui sapeva da che punto avrebbe potuto riprendere il discorso.
Forse, era meglio lasciar perdere per il momento, aspettare l’indomani.
Lentamente, Ben riposò il telefono sul comodino, spense la luce e si girò su un fianco, deciso a dormire.



***
 
 
 
Claire si svegliò tardissimo, si fece una doccia velocissima e pettinò i capelli a malapena, facendosi una treccia per tenerli in ordine. Non fece colazione a casa, ma direttamente all’All the Perks.
Per la prima volta, il pensiero di vedere Ben le mise ansia.
Non doveva essere nervosa, non doveva assolutamente dare a vedere che fosse turbata per qualcosa.
Quando lui arrivò, le sorrise non appena la vide e questo la rincuorò.
Ma nel loro saluto ci fu imbarazzo, nervosismo. Attenti come diplomatici, sembravano misurare gesti e parole.
Ben portava con sé una chitarra, che posò sul bancone. «Questa è tua. L’hai dimenticata»
Claire fissò lo strumento, poi lui. «Mia? Ma… credevo dovessi restituirla»
Ben scosse il capo «No, era un regalo per te se non l’avevi capito»
Le sorrise ancora, piano, e lei si sentì improvvisamente in colpa.
«Grazie, non so cosa dire» Claire prese la chitarra e gli rivolse un sorriso felice. Poi divenne seria, notando che lui continuava a fissarla. «Cosa c’è?»
Ben si riscosse e sorrise più apertamente. «Niente. Stai bene con la treccia»
Claire si sfiorò i capelli. «Oh…grazie. Ehm…porto la chitarra sul retro e arrivo, tu siediti intanto»
Ben prese posto a un tavolo accanto alla vetrata, osservando fuori. Con l’arrivo di dicembre, i negozi di Ogden cominciavano ad esibire i primi addobbi natalizi.
Poco dopo, Claire ritornò con la sua colazione su un vassoio.
«Questo te lo offro io» disse, posandogli davanti un muffin al cioccolato con granella di noccioline. Era uno di quelli che a Ben piacevano di più.
«Grazie, a cosa devo?»
«Per farmi perdonare»
Lui sollevò la testa e la guardò dal basso.
Fu Claire ad abbassare lo sguardo per prima. «Dimmi se ti piace, è ancora caldo»
Fece per andarsene ma lui la richiamò.
«Claire…»
Lei si voltò, guardandolo senza fiatare.
Ben fece un cenno con la mano verso la sedia davanti a lui. «Siediti un momento qui con me»
Lei lo fece, posando il vassoio vuoto in un angolo del tavolo.
Si guardarono per alcuni secondi senza dire nulla.
Ben prese lo zucchero per versarlo nel suo cappuccino, fissando la tazza. «Non sono arrabbiato con te, ok?»
Claire osservava i suoi movimenti. «Ok»
Si sentì stupida e allo stesso tempo sollevata dal fatto che lui non fosse in collera.
Ma era anche preoccupata. Preoccupata per l’espressione pensierosa che Ben esibiva quel mattino. Non era da lui.
Avrebbe voluto domandargli chiaramente se aveva avuto davvero intenzione di baciarla, se era per quello che appariva cupo e pensieroso, ma non ne ebbe il coraggio.
«Mi dispiace di essermene andata così di corsa, ieri»
Ben alzò gli occhi su di lei. Anche Claire lo fece, ma li riabbassò di nuovo e subito.
«Anche a me è dispiaciuto» disse lui.
Allungò il braccio sul tavolo, il palmo della mano rivolto in su. Claire fissò la mano di Ben e, automaticamente, allungò la propria. Lui gliela strinse appena.
«Se ho fatto qualcosa di sbagliato, ti chiedo scusa»
Lei scosse il capo. «Il problema è mio, Ben»
Senza lasciare la sua mano, lui posò l’altro braccio sul tavolo. «Forse dovremmo parlarne»
Claire si strinse nelle spalle. «Non è necessario»
«Perché?»
«Perché tanto non è successo niente»
«Cosa non è successo?»
Claire lo guardò con eloquenza. «Lo sai cosa»
Lui annuì, sospriando brevemente. «Il fatto è che quando stiamo insieme sembra tutto possibile, tutto così…»
«Facile» concluse lei, annuendo. «Sì, lo so cosa vuoi dire, è lo stesso per me»
«Allora perché sei andata via?»
«Anche tu sei scappato, l’altra volta, e forse il motivo è lo stesso» mormorò Claire a voce bassa, senza riuscire a trattenersi e pentendosene immediatamente.
Ben si sentì punto sul vivo. Poi, però, considerando quelle parole, sentì che lei aveva ragione.
«Scusa, non ti sto rinfacciando niente» si affrettò a precisare Claire.
Lui percepì la sua agitazione e le strinse la mano appena un po’ di più. «L’avevo capito, tranquilla»
Lei prese un respiro. «La verità è che ho avuto paura» ammise infine.
Ben non fiatò.
Già, l’aveva immaginato.
Esattamente come lui, che era scappato inventandosi una scusa, addirittura non presentendosi nemmeno al locale il mattino dopo.
Claire, però, si stava comportando in maniera più coraggiosai: era lì, ad ammettere la verità, non aveva tentato in alcun modo di sviare il discorso o trovato scuse banali per non vederlo.
«Di cosa hai paura?» chiese Ben con voce dolce.
«Di rovinare tutto»
«Per questo non sei rimasta?»
Lei annuì. «Tra noi non c’è niente, giusto?»
Ben contrasse appena la fronte. «Giusto»
«Quindi…nemmeno un bacio è previsto, no?»
Lui s’irrigidì. Annuì di nuovo.
Si fissarono.
Claire prese coraggio, decisa a chiedergli ciò che non le aveva fatto chiudere occhio per quasi tutta la notte.
«Ben, tu…volevi?» mormorò, i battiti a mille.
Non riuscì a terminare la frase.
Lui si sporse verso di lei. «Io non voglio rovinare niente, esattamente come te»
«Allora non roviniamolo». Lentamente, Claire lasciò la sua mano.
Stava mantenendo le distanze?, si chiese lui.
Sì, lo stava facendo, gentilmente, ma lo stava facendo.
Forse avrebbe dovuto farlo anche lui.
Ben abbassò le braccia sotto il tavolo, appoggiando la schiena alla sedia.
Debita distanza, ripeté a sé stesso. Come faceva lei. Così era giusto.
Non farti coinvolgere troppo, o ti caccerai in una storia che non vuoi.
E la farai soffrire.
E lei non lo merita.
Forse era stata l’atmosfera ad ingannarlo: la musica, la cena, le confidenze…
Claire aveva ragione: un bacio avrebbe potuto rovinare tutto, era meglio che non fosse successo.
Anche se, guardandola ora, nella luce del giorno - i capelli lucidi nel sole invernale, gli occhi grandi ed espressivi, dentro i quali albergava sempre quel senso di paura che lui avrebbe voluto aiutarla a cacciare via- Ben provò l’impulso di alzarsi, prenderla tra le braccia e baciarla.
Ma no.
Claire si alzò, riprendendo il vassoio. «Ora ti lascio mangiare o si fredda tutto»
Lui alzò il capo e vide il suo sorriso: non era il solito che Claire gli regalava.
Lei si allontanò verso il bancone come nulla fosse, sentendo però un peso sul cuore, un’insoddisfazione che la schiacciava e le riempiva la testa di altri dubbi.
Ne avevano parlato senza parlarne. Non erano state poste domande concrete e non c’erano state risposte concrete, ma solo frasi lasciate in sospeso, sviate da altre domande, altre risposte e giustificazioni.
Molto probabilmente, la cosa migliore era non parlarne affatto.
Ma lei non era capace di far finta di niente, anche se doveva sforzarsi. Così, quando lui se ne andò, Claire volò fuori dal banco e gli buttò le braccia al collo, baciandogli il viso, premendo le labbra sulla sua guancia con decisione, indugiando di proposito.
«Hai paura che scappo?» sorrise Ben.
«Sì». Lo fissò, seria, senza rendersi conto di stare stringendogli il braccio.
«Cos’è, una gara a chi lo fa più volte?»
Le strappò una risata. Piano, Claire lo lasciò andare. «Sono scema, lo so»
«No» Lui scosse il capo. «Porto la chitarra, oggi?»
«Non so se possiamo suonare: devo preparare una marea di biscotti, ordini di Joseph»
«Ok, allora chiacchieriamo»
«Sì. Puoi venire di là in cucina a guardarmi cucinare, se vuoi»
A Ben l’idea parve andare a genio. «Mi piacerebbe. Non ti ho mai vista all’opera»
Lei ammiccò. «Rimarrai stupito da Master Chef Claire»
Lui rise. «Ciao, bimba»
E poi Ben la lasciò sbalordita, quando si chinò posandole a sua volta un bacio sul viso.
Alla fine, un bacio glielo aveva dato...

 
 
 

 
Sono tornata!!! O meglio, Ben&Claire sono tornati, con i loro ragionamenti contorti e senza risolvere un bel niente! Vi fanno penare, vero? Lo so, lo so… *annuisce* Qui urge un cambiamento…
Avevo detto che avrei postato lo scorso weekend, ma non sono stata molto bene e sono riuscita a mettere soltanto il capitolo dell’altra mia fanfiction (Nigtt&Day) sorry… u.u Ora sto meglio e il prox capitolo è già quasi pronto. Penso posterò moooolto presto! Preparatevi però, perché ho intenzione di farvi morire…
Lettrici avvisate, mezze slavate! XD

 
Ringraziamenti:
 
Per le seguite: All In My Head, AmeliaRose, Cecimolli, ChibiRoby, Fra_STSF, Halfblood_Slytherin, HarryPotter11, JLullaby, Nadie, nuria elena, Queen_Leslie, Shadowfax, soffsnix, SweetSmile WikiJoe, _joy, _likeacannonball_, _LoveNeverDies_
 
Per le ricordate: Fra_STSF, Halfbood_Slytherin, Suomalainen
 
Per le preferite: battle wound, Fra_STSF, Medea91h, Occhi di ghiaccio, Stefania1409 _likeacannonball
 

Per le recensioni dello scorso capitolo: Cecimolli, _Fedra_, Fra_STSF, Nadie, Occhi di ghiaccio, Shadowfax, _joy, _likeacannonball
 
 
In ultimo, vi ricordo che trovate gli aggiornamenti di Two Worlds Collide, insieme a quelli di Night&Day (fandom Narnia) sulle mie pagine facebbook: Susan TheGentle Clara e Chronicles of Queen.
Grazie a tutti e a presto!!!
Baci,
Susan♥

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Capitolo 12
*** 12. Tenerezza ***


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12. Tenerezza

 Vorrei chiuderci qui dentro e lasciare fuori tutto il mondo…
 
 
 
 
Adesso erano pari.
Claire lo aveva baciato per prima (ok, sulla guancia, ma era lo stesso) poi, Ben era fuggito da lei a gambe levate; in seguito era scappata lei e infine era stato lui a baciarla (sempre in viso, ma…dettagli!).
Ora, era da determinare chi dei due si fosse deciso a fare un’altra mossa, quando e come.
Per il momento, non accennarono più al bacio mancato, ed evitarono caldamente di creare una qualsiasi situazione che avesse potuto riportarli sull’argomento.
Il dialogo tra loro non era mai mancato ma, da quel giorno in avanti, strani silenzi cominciarono a far capolino nelle loro conversazioni. Accadeva quando l’uno fissava l’altro troppo a lungo o con troppa insistenza. Entrambi cercarono di non farvi caso, attribuendo quelle mancanze di parole al fatto che Claire fosse troppo concentrata sul lavoro.
Sotto lo sguardo ammirato di Ben, la ragazza sfornò decine di biscotti e vari dolcetti in tema natalizio (Dicembre era ormai iniziato), mostrandogli come si preparava la glassa per farcirli, i tanti e diversi modi con cui si potevano decorare.
Ben mostrò un tale interesse nel guardarla cucinare che, in un primo momento, Claire pensò la stesse prendendo in giro. Riflettendoci però, anche lei, inizialmente, gli aveva fatto un mucchio di domande mentre Ben raccontava di come passava le sue giornate sul set, delle prime dei film, di varie manifestazioni... per cui non avrebbe dovuto stupirsi se lui le domandava in continuazione a cosa servisse quello o che cosa fosse quell’altro.
Ben non stava scherzando, gli piaceva davvero stare lì a guardarla preparare biscotti.
Era il paradosso.
Provenivano da due universi completamente diversi, paralleli a dir poco. Erano sulla stessa terra, sotto lo stesso cielo, ma quello di Ben brillava come i fuochi d’artificio di capodanno; il suo, in confronto, era una fiammella tremula.
Claire era convinta che lui fosse abituato al lusso di chissà quali locali ultra moderni, non a un misero bar di periferia, e invece...
E invece, sebbene non fosse un luogo che avrebbe abitualmente frequentato, la cucina dell’All the Perks divenne per Ben quasi una dimora fissa.
Andò avanti così per qualche giorno.
Quando lui entrava e non vi trovava Claire, subito girava dietro il bancone per raggiungere la cucina. Là era tutto più calmo e tranquillo: i rumori del locale arrivavano attutiti, aumentando di frequenza solo quando Lory o Joseph aprivano e chiudevano la porta.
Era il mondo di Claire, piccolo e semplice come lei.
Assaporò quella normalità cui non era più abituato. Gli pareva di essere tornato indietro nel tempo, mentre guardava sua madre e sua nonna preparare i dolci di Natale quando era piccolo.
Sarebbe stato bello poter stare sempre così, rimanere amici e parlare, solo parlare, mantenendo i due mondi ognuno nel proprio emisfero, senza pensare troppo a cosa ne sarebbe venuto fuori se…
Per un po’ riuscirono a fingere abbastanza bene che nulla li turbasse ma, prima o poi, sapevano che l’argomento ‘bacio’ sarebbe tornato a galla.
Cosa sarebbe successo quando, inevitabilmente, fosse giunto il momento in cui si sarebbero di nuovo ritrovati da soli? Completamente soli?
 
 
***
  
 
Dicembre portò con sé una nuovo carico di neve e vento.
In un mattino bianco accecante, da costringerti a strizzare gli occhi al riverbero del sole contro i cumoli di neve ammassati sulle strade, Ben si svegliò con il mal di testa e un principio di ossa rotte.
Tyler gli procurò immediatamente un’aspirina e lui sperò vivamente che con quella il malessere passasse in fretta.
Purtroppo no.
Fece colazione all’All the Perks, come sempre, ma non mangiò con il solito appetito. Claire si accorse subito che qualcosa non andava e gli raccomandò di riposarsi appena possibile.
«Se oggi non te a senti di venire, non importa»
«Prenderò una medicina e mi passerà tutto, tranquilla»
Continuò a ripetersi che sarebbe andata così, ma più le ore passavano, più i sintomi dell'influenza aumentavano.
Non si ammalava quasi mai, ma quando succedeva era veramente un disastro.
Sul set, tutti gli chiesero se si sentisse bene. Lui disse sempre sì, che non c’era da preoccuparsi, anche se in realtà non stava bene per niente.
Mentre se ne stava sulla sua sedia a ripassare un momento il copione, accanto a lui Katherine, diede in un forte starnuto.
«Ti sei preso l’influenza?»
«No, sto bene» si limitò a dire lui.
«Non hai una bella cera»
«Grazie…»
«Intendo dire che si vede che non stai bene, hai una voce strana»
«Non ho niente, ho solo mal di testa» protestò di nuovo Ben, e così fece per un’altra mezz’ora.
Alla fine, con gran disappunto del produttore, la regista diede lo stop, congedando Ben dai ogni impegno.
«Me la sento di andare avanti, non sto così male» protestò lui vivamente.
Ami fece un cenno negativo. «Non posso girare le scene tra i due protagonisti facendo recitare a Katherine un monologo perché tu non hai quasi più voce»
Ami scherzava ma Ben la prese sul personale.
«Se peggiori sono guai. Dai, vai in camera e riprenditi, ti voglio in piena forma»
«Grazie, Ami»
Ben ritornò in hotel, accompagnato da Tyler. Quest’ultimo lo tranquillizzò per quella che fu la centesima volta.
«Ami si organizzerà con gli altri e anticiperà le scene in cui tu non compari. Entro un paio di giorni starai bene, è solo una leggera forma influenzale. E’ in giro, dopotutto».
«Mmm» fece Ben, sprofondando nel sedile dell’auto.
Una volta in camera prese un’altra aspirina e si mise a letto, iniziando a rimuginare su quanto tempo avrebbe fatto perdere all’intero cast se la sua malattia si fosse prolungata per più di un paio di giorni.
Oddio, speriamo di no…
Non gli era mai successo di ammalarsi durante le riprese di un film. Una volta si era incrinato una costola in teatro ma aveva continuato a recitare, facendo finta di nulla, per poi venire rimproverato da tutti quanti neanche fosse un bambino piccolo.
Non gli piaceva che qualcosa si mettesse in mezzo a lui e al suo lavoro, nemmeno un virus influenzale. Gli sembrava di divenire inutile nel suo far niente.
Si rigirò nel letto, allungando il braccio fuori dalle coperte per prendere il telefono. Tyler gli aveva detto di fargli uno squillo per qualsiasi cosa avesse bisogno. Ma la persona che Ben aveva in mente di chiamare in quel momento non era lui, bensì Claire. Doveva avvertirla che quella sera non si sarebbero visti.
  
 
***
  
 
Claire sentì lo squillo del telefono: un sms in arrivo.
Finì di servire la ragazza che aveva davanti e poi lo prese da sotto il bancone, dove lo posava di solito.
Era un messaggio di Ben.
    – NON POSSO VENIRE OGGI, CREDO DI AVER PRESO L’INFLUENZA… :( MI SCUSI, BELLA BIMBA? –

  Lei rispose immediatamente.

    – MI SPIACE MOLTISSIMO!!! CERTO CHE TI SCUSO, CI MANCHEREBBE ALTRO! RIPOSATI E GUARISCI PRESTO! UN BACIO :)<3
Poco dopo un altro sms. Diceva solo : – MI MANCHERAI –
I miss you…
Claire strinse al petto il telefono come fosse un gioiello prezioso.
Mi mancherai…
Ben non sapeva quanto sarebbe mancato a lei.
Avrebbe voluto andare a trovarlo, ricordava dove si trovava il suo albergo ma…
«Ti ci accompagno io!» si offrì Lory.
«Non posso lasciarvi qui, con tutto quello che c’è da fare»
«Io e Jo ce la caveremo benissimo. Dai, andiamo!»
Claire si agitò. «Non so, Lory, e se poi lo disturbo?»
«Telefonagli di nuovo e chiediglielo»
Claire rimase immobile, stringendo il telefono.
Andare o non andare?
Chiedere o non chiedere?
Eh sì, essere o non essere...ora pure Shakespeare…
Alla fine, decise che era meglio rimanere lì. Lo avrebbe disturbato di sicuro, e Ben era talmente gentile che non glielo avrebbe mai fatto capire. Probabilmente non aveva troppa voglia di avere gente intorno. Almeno, lei non ne aveva quando aveva l’influenza.
Fu un pomeriggio lungo e noioso.
Più di una volta venne tentata dall’idea di mandargli qualche altro messaggio, per sapere come stava. Ma forse lui riposava...
Poco prima della chiusura, una macchina scura parcheggiò proprio davanti al bar. Poco dopo, la porta si aprì tintinnando. Entrarono una donna bionda dall’aria vagamente famigliare, accompagnata da un uomo. Claire ebbe la sensazione di aver già visto anche lui.
La donna si avvicinò al bancone sorridendole. «Ciao, Claire, ti ricordi di me?»
Per poco, a Claire non cadde la mascella.
Joseph e Lory arrivarono dalla cucina in quel momento. Quest’ultima trattene il fiato e poi esclamò: «Oh mamma, Katherine Heigl!»
Katherine rise. «Ah, tua cugina si ricorda!»
Claire si riscosse dal momentaneo stordimento.
Katherine Heigl, la partner di Ben nel film che stavano girando, era di nuovo lì nel loro locale. Si erano viste solo una volta, un sacco di tempo prima, e Claire mai avrebbe immaginato si ricordasse di lei, figuriamoci il suo nome! Di più: si ricordava pure che Lory era sua cugina!
«A-anch’io mi ricordo di lei» riprese, titubante.
«Dammi del tu e chiamami pure Kate, mi chiamano tutti Kate»
«V-va bene» Claire fece vagare lo sguardo sull’uomo.
«Ah, lui è Tyler, l’agente di Ben. Non credo tu lo conosca» lo presentò Katherine l’istante dopo.
«No...ehm, piacere»
Ecco!, pensò Claire, rammentando di averlo intravisto fuori dalla stazione la sera in cui era arrivata a Ogden: Tyler aspettava Ben accanto ad un’auto scura.
Tyler porse la mano alla ragazza, lo stesso fece con Lory e Jospeh.
«Possiamo offrirvi qualcosa?» chiese quest’ultimo. «Stiamo chiudendo ma, se volete...»
«No, no, non disturbatevi» rispose Katherine. «Torneremo volentieri un’altra volta. Per adesso, sono venuta per Claire»
Lei sbatté le palpebre. «Per me?»
«Sono venuta a prenderti. Sono sicurissima tu sappia già che Ben non sta troppo bene, e pensavo ti facesse piacere venire a trovarlo»
Claire non ebbe nemmeno tempo di rispondere ’sì’ che Lory le aveva già ficcato in mano cappotto, borsa e sciarpa. Poi le mise il capello sugli occhi, non sulla testa, sospingendola verso la porta.
«Le va, le va eccome! Ci vediamo più tardi cuginetta. Resta fuori quanto vuoi, noi non abbiamo problemi, vero Jo?»
«No, per niente. Ciao e divertiti!»
Claire, Katherine e Tyler si ritrovarono fuori dal locale. La prima finì di vestirsi, accennando un sorriso di scuse per il comportamento di sua cugina.
«Gli italiani sono tutti matti…» mormorò Tyler, prima di prendere dalla tasca le chiavi dell’auto.
Lui al volante, Kate davanti e Claire dietro, partirono verso l’albergo.
La ragazza cercò di rilassarsi, pensando che, se era riuscita a sciogliersi davanti a Ben, avrebbe dovuto riuscirci anche con altre celebrità. Se solo quel Tyler non le avesse lanciato sguardi curiosi attraverso lo specchietto retrovisore...
Katherine invece era fantastica, simpatica, e la mise immediatamente a suo agio.
Arrivati all’hotel, salirono subito in camera di Ben. Tyler aveva il doppione della chiave.
«Un saluto veloce e ce ne andiamo» disse, rivolto soprattutto a Claire, la quale non seppe cosa rispondere.
Katherine le lanciò uno sguardo, come a dire che ci avrebbe pensato lei a disfarsi di Tyler.
 
 
***
 
 
Ben si rigirò nel letto, svegliandosi al suono di voci sommesse.
La testa gli pulsò a un solo movimento, le ossa scricchiolarono e gli occhi bruciarono un poco alla luce. Emise un sospiro lamentoso mentre li apriva del tutto.
«Ciao»
Ben sussultò di sorpresa, fissando la ragazza seduta sul bordo del letto.
«Claire?» Lui accennò un sorriso tirato. «Sto sognando?»
Lei scosse il capo e sorrise. «No, sono proprio io. Come stai?»
«Insomma…Come sei arrivata qui?»
«Katherine. Mi ci ha portata lei. Ha pensato ti facesse piacere vedermi»
«Ha pensato giusto»
Lei si chinò per dargli un piccolo bacio sulla guancia, che lui ricambiò.
«Mi sei mancata»
«Anche tu»
Si scambiarono uno sguardo dolce.
«Sei qui da molto?»
«No, qualche minuto soltanto. Ti ho guardato dormire»
Ben si passò una mano tra i capelli. «Devo avere un’aspetto orrendo...»
«Non più del solito»
Lui rise.
«Ah, il nostro malato si è svegliato?» fece la voce di Katherine, spuntando con la testa dalla porta della stanza.
«Ciao, Kate» Ben si alzò a sedere, poggiando la schiena ai cuscini. «Non sono malato, ho solo qualche linea di febbre»
«Questo fa di te un malato»
«C’è anche Tyler?»
«Sì, è di là in salotto, sta palando al telefono con Ami»
Ben sbuffò. «Mi dispiace, veramente, non avrei dovuto ammalarmi»
«Non puoi mica decidere tu» disse Claire.
«Ha ragione» disse Katherine. «Su, non fare la faccia da colpevole, Barnes, non è da te. Noi ce la caveremo benissimo sul set. Tu riposati, prendi le medicine e guarisci»
«Sì, mamma» ripose lui con una vocina buffa.
Claire sorrise. «Se la voglia di scherzare non ti manca, significa che non sei proprio moribondo»
Ben le fece una linguaccia scherzosa.
Lei gli prese la mano e lui la strinse.
Katherine osservò quel gesto, tentando di reprimere un sorriso compiaciuto.
Poco dopo, Tyler entrò in camera e si informò sulla salute di Ben. Lo rassicurò ancora, dicendogli che Ami non aveva alcun problema a fermare le riprese per un giorno o due; nel frattempo, avrebbe potuto controllare il girato di quelle prime settimane.
«Ringraziala da parte mia» mormorò Ben, la voce roca.
Tyler scoccò un’occhiata all’ora, poi alle due donne. «Katherine, dobbiamo andare»
«Ok» Katherine si alzò dal letto dove si era seduta, vicino a Claire.
Ben si volse verso quest’ultima, l’espressione dispiaciuta. «Devi già andare via?»
«Io…» la ragazza spostò lo sguardo verso gli altri due, «credo di sì…»
«No, tu puoi restare. Vero, Ben?» disse subito Katherine.
«Certo che può. Anzi, deve»
«Non devi essere disturbato. Se ti strapazzi, poi...» protestò Tyler.
Ben strinse di più la mano di Claire. «Lei non disturba»
«Ma…ma così prenderà l’influenza a sua volta!»
«Oh no, non credo» rispose Claire, «ho fatto il vaccino»
Kate batté le mani. «Magnifico! Che ragazza previdente! Vaccino, Tyler, niente rischio contagio. Su, andiamo!»
«Ma…»
«Zitto un po’…Ci vediamo, ragazzi: Ben riposati, Claire curalo, e quando vuoi tornare a casa basta che mi avverti, sto giù al secondo piano, camera 706. Ci vediamo!»
Detto questo, Katherine spinse via Tyler ed uscirono dalla stanza.
Ben e Claire tornarono a guardarsi un attimo dopo essere rimasti a fissare la porta per qualche secondo, perplessi.
«Non far caso a Kate, fai finta che non c’è»
Claire rise. «E’ stata gentilissima con me, e poi mi è simpatica. Lo sai, quando l’ho vista entrare nel locale ho pensato fossi stato tu a chiederle di venire» ammise, non senza vergogna.
Ben scosse il capo. «No, è stata una sua iniziativa. Però ti confesso di averci pensato»
«A cosa?»
«A chiederti di passare»
Lei s’illuminò. «Anch’io avrei voluto domandarti se potevo venire a trovarti, ma credevo non fossi molto in vena»
«E io pensavo non fosse una buona idea chiedertelo. Mi sono detto: se si ammala anche lei?»
«Non ci credo...»
Ora pensavano anche le stesse cose...
«Sicura che non ti passerò l’influenza?»
«Non credo. E se la prendo pazienza. Sarà un pretesto per non andare a lavorare»
Ben rise, posandosi un braccio sugli occhi.
«Ti da fastidio la luce?» gli chiese lei.
«In verità sì, un po’. Ti dispiacerebbe spegnere quella grande?»
«No, certo».
Claire si alzò, andando verso la porta. Sulla parete accanto stavano due interruttori. Schiacciò quello di destra, il più grosso. La stanza piombò nella penombra.
Mentre tornava vicino a Ben, improvvisamente realizzò lo stato della situazione in cui si trovava.
Ok, calma.
Erano di nuovo soli, totalmente. Lei era in camera sua, seduta sul suo letto… ma lui aveva la febbre, perciò dubitava potesse accadere qualcosa…qualsiasi cosa.
Eppure, una parte di lei avrebbe voluto che succedesse. Forse, stavolta non si sarebbe tirata indietro.
Piano, sollevò le gambe, poggiando la schiena alla spalliera del letto.
Lui non fece una piega.
Dopotutto si era solo seduta un po’ più comoda...
«Scusami, bimba» mormorò Ben a bassa voce.
«Per cosa?»
«Non sono molto di compagnia, oggi»
«Non fa niente. Se hai voglia di parlare parliamo, e se non ne hai voglia restiamo zitti»
Le labbra di lui si incurvarono. «E che facciamo nel frattempo? Ci guardiamo in faccia?»
«Potremmo giocare a chi ride prima»
Ben rise, togliendo il braccio dagli occhi.
Claire schioccò le dita. «Ho già vinto, fantastico!»
«Non farmi ridere, mi fanno male le costole» mugugnò lui, voltandosi su un fianco, raggomitolandosi su sé stesso.
Lei sorrise teneramente.
Era bellissimo anche così, con i capelli scompigliati, la voce roca, il viso stanco. Represse la voglia di stritolarlo tra le braccia. In quel momento sembrava più vulnerabile e più dolce, con quell’espressione languida che gli conferiva lo stato influenzale, dandogli un’aria così…
Da cucciolo.
Cos’è un cane???
Ehm…
Claire si puntellò con una mano al materasso, sporgendosi un poco verso di lui per posargli una mano sulla fronte. Era calda ma non eccessivamente.
«Hai preso qualcosa?»
Ben annuì.
«La febbre l’hai misurata?»
«Sì, già fatto. Ho trentasette e quattro»
«Secondo me non è influenza ma solo un forte raffreddamento. Se la temperatura non ti si alza, probabilmente te la caverai davvero in un paio di giorni»
«Che brava infermiera»
Lei gli accarezzo la frangia, scostandogliela dalla fronte. «Bè, devo sdebitarmi per quando mi hai medicato la mano»
«Giusto...Ci scambiamo sempre le parti, lo hai notato?»
Claire ritirò la mano, rivolgendogli un’espressione perplessa, poi capì. «Stavolta, però, nessuno di noi due può scappare»
«Direi di no» Ben si rannicchiò meglio sotto le coperte. «Io sono un povero malato, e tu non sei così insensibile da abbandonarmi»
«No di certo». Claire si piegò di lato, posando il gomito sul cuscino, il capo poggiato alla mano. In questo modo scivolò un pò più in basso, quasi totalmente sdraiata accanto a lui.
«La nostra sta diventando davvero una gara, non ti pare?» disse Ben.
«E chi arriva per primo al traguardo cosa vince?»
«Ancora non lo so»
Lei gli fece una carezza sul viso. «Dovresti dormire un po’, adesso»
Lui sospirò, infastidito. «Odio ammalarmi, non vorrei mai che succedesse»
«Non stai ancora pensando al tuo lavoro, vero?»
«Mmm…»
«Ben, hai sentito cos’ha detto il tuo agente, no? Non ci sono problemi»
«Non posso saltare le riprese»
«Ma non puoi nemmeno recitare mentre stai male. Non sei una macchina, sei una persona!»
«Tu sei gentilissima a dirmi queste cose, ma…»
«Ma niente. Tutte le persone normali si ammalano»
Lui fece una mezza risata, ma senza allegria. «Buffo pensare a me come a una persona normale»
«Ma tu sei una persona normale, Ben»
Lui non disse nulla, coprendosi meglio con il piumone. «Forse non dovrei fartelo notare, ma mi fa piacere che tu riesca a pensare a me come a uno qualunque»
Lei lo guardò intensamente. «Tu non sei uno qualunque»
No, non lo era, ma non perché fosse il suo idolo, bensì…
Ben la fissò a lungo, mandandole il cuore a mille.
«Sdraiati qui con me» le disse con voce bassa e calda.
Claire lo fissò a sua volta, incredula, confusa.
Era già praticamente sdraiata, per cui le bastò sistemarsi meglio, posare la testa sul cuscino. Il letto era a due piazze, spazioso, non è che dovessero stare stare appiccicati, però...
Si ritrovò con il viso allo stesso livello di quello di lui. Non sapeva cosa fare, cosa dire, quasi non respirò e non si mosse, finché Ben non allungò un braccio fuori dal piumone per farle una carezza sui capelli.
Claire gli andò più vicino. Era sopra le coperte, Ben sotto.
«Posso chiederti una cosa? Dopo ti lascio dormire, giuro» fece lei con voce incerta. Parlare la aiutava a non pensare troppo a quanto erano vicini.
«Dimmi» rispose lui, giocherellando con una ciocca dei suoi capelli.
«Come faceva il tuo agente a sapere che sono italiana?»
«Perché gliel’ho detto io. Voleva sapere dove sparivo tutti i pomeriggi e il perché non faccio mai colazione con il resto del cast»
«Che cosa gli hai detto di preciso?»
«Che passo il tempo con un’amica»
Lei parve stupita. «Tu hai parlato davvero di me al tuo agente?».
«Ti sembra tanto strano?»
«Bè…un po’ sì. Insomma, io non sono nessuno. Intendo dire che non sono famosa e...»
«Per me non è così» la interruppe lui, serio.
Parlavano a bassa voce. La penombra li spingeva a farlo anche se non ce n’era bisogno.
«Hai detto che per te non sono uno qualunque; bene, vale lo stesso per il sottoscritto. Avrei potuto chiedere a Tyler o a Kate di restare qui, invece l’ho chiesto a te, ho voluto te»
Lei gli sorrise dolcemente. «Grazie, Ben. Dici cose meravigliose. Tu sei meraviglioso»
«Tu lo sei» Ben la guardò dritto negli occhi, facendo scorrere le dita sulla sua guancia con leggerezza estrema. Poi, compiendo un gesto ormai fin troppo familiare, le passò il dito sulla punta del naso.
«La sai una cosa?»
«Cosa?»
«Ti bacerei se non avessi paura di attaccarti la febbre»
Lei sorrise, abbassando lo sguardo, assaporando il calore della mano di lui che si spostava dalla guancia alla spalla, al braccio, al fianco. Improvvisamente l’attirò a sé, vicinissima.
Claire si ritrovò avvolta dalle braccia di Ben, invasa dal calore delle coperte e del suo corpo. Lui posò la guancia sulla sua fronte, lei nell’incavo del suo collo, chiudendo gli occhi.
Le cose stavano prendendo una strana piega che nessuno dei due aveva previsto.
Da tantissimo tempo non si trovavano così in sintonia con un’altra persona. Sarebbe stato bello non avere paura, tentare di lasciarsi andare un po’ di più. Solo un poco, per…provare.
Ma se si fossero spinti troppo oltre? Nessuno dei due intendeva far imboccare all’altro una strada senza vie d’uscita.
Avrebbero voluto tornare un po’ bambini, a quei tempi in cui l’amore non era così complicato. Tornare a quando potevi sognare, desiderare, immaginare, senza porti troppe domande, senza il problema di un domani, perché esisteva solo il qui e ora.
«Ripetimi la definizione di chimica» disse lui dopo molto tempo.
«Cosa?»
«Ripetimela» Ben si scansò un poco per guardarla.
Lei prese un respiro, annegando nei suoi occhi. Non smise mai di fissarli.
«E’ quando attorno a te ci sono milioni di persone e tu ne vedi solo una. E’ quando incontri qualcuno totalmente opposto al tuo ideale, che riesce a sconvolgerti in meno di un secondo e tu non riesci a spiegarti come sia successo; quasi non ti ricordi quando è successo, né dov’eri o cosa stavi facendo, perché da quel momento in poi non esiste nient’altro se non quella persona»
Ben continuava a giocare con i suoi capelli, spostandole una ciocca dietro l’orecchio, accarezzandola in quel punto, continuamente. Poi, lentamente, le posò un bacio sulla fronte.
Claire si strinse a lui, infischiandosene altamente del pensiero di ammalarsi.
Ben rimase con le labbra appoggiate contro la sua pelle, sospirando piano.
«Ben, che sta succedendo?» sussurrò lei, l’emozione che le stringeva il petto.
«Non lo so, e forse non voglio saperlo. Vorrei solo restare qui con te, così come adesso, senza pensare a niente»
Claire gli passò un braccio attorno alla vita. «Non pensiamo, allora. Restiamo qui, ignoriamo tutto il resto»
«Se lo facessi davvero, ho paura che finiremo di nuovo per scappare, sia io che tu»
«Io sono stanca di scappare. E’ tutta la vita che scappo. Vorrei avere il coraggio di buttarmi, anche a rischio di farmi male»
«Non ti faresti male, ci sarei io»
«Non riesci mai a prendermi al volo, però»
Lui rise piano. «Ci posso provare, ma non escludo qualche caduta»
Le accarezzò la schiena. Lei gli afferrò la maglia da dietro, chiudendola piano nel pugno.
«Io tengo moltissimo a te, Claire»
«Lo so. Anch’io»
«Domani avrai la febbre, sicuro»
«Chi se ne importa»
Lui rise ancora, posandole un piccolo bacio sulla tempia, indugiando di nuovo.
Rimasero abbracciati senza parlare.
«Vuoi tornare a casa?» domandò lui dopo un pò.
«No»
«Sicura?»
«Sicurissima. Se hai sonno dormi, non farti problemi»
«Quando decidi ti andartene, se sto ancora dormendo svegliami, ok?»
«Ok. Ma non penso me ne andrò tanto presto»
Claire si accoccolò ancora di più nel suo abbraccio.
Se lui non avesse avuto l’influenza, sarebbe potuto succedere di più, ma andava bene così.
Un passo alla volta.
Finalmente avevano una certezza: erano importanti l’uno per l’altra, e questo andava al di là del semplice ‘mi piaci’.
Ben, gli occhi stanchi, si addormentò senza mai cambiare posizione, tenendola stretta.
Lei rimase a guardarlo per forse un’ora. Il viso di lui si distese, il respiro regolare.
Non voleva andarsene, nossignore, per nulla al mondo! Sarebbe rimasta finché lui non si fosse svegliato, decise.
Prima di rendersene conto, però, anche i suoi occhi si fecero pesanti e fu costretta a chiuderli.
Era stata una lunga giornata, il lavoro l’aveva stancata parecchio, ed era così rilassata in quel momento, si sentiva così protetta vicino a Ben che, lentamente ed inevitabilmente, scivolò nel sonno insieme a lui.

 
 
 

In ritardissimo, ma finalmente posto!!!
Eccomi con un capitolo lunghissimo, molto più degli altri, pieno di scene tenerose! Che volete, questi due mi ispirano tanto amore!!!!! XD
Commentate a più non posso!!! Spero davvero che vi sia piaciuto e non sia troppo zuccheroso. Io ho adorato scriverlo ;)

 
Ringraziamenti:
 
Per le seguite:
 All In My Head, AmeliaRose, Cecimolli, ChibiRoby, Fra_STSF, Halfblood_Slytherin, HarryPotter11, JLullaby, Nadie, nuria elena, Queen_Leslie, Shadowfax, soffsnix, SweetSmile WikiJoe, _joy, _likeacannonball_, _LoveNeverDies_
 
Per le ricordate: Fra_STSF, Halfbood_Slytherin, Suomalainen
 
Per le preferite: battle wound, Fra_STSF, Medea91h, Occhi di ghiaccio, Stefania1409 _likeacannonball
 
Per le recensioni dello scorso capitolo: _Fedra_,  Nadie, Occhi di ghiaccio, Shadowfax, _joy
 
 
Vi ricordo che trovate gli aggiornamenti di Two Worlds Collide e Night&Day (fandom Narnia) sulle mie pagine facebbook: Susan TheGentle Clara e Chronicles of Queen.
Non credo di riuscire a postare nulla prima della fine della settimana prossima, per cui vi faccio già gli auguri di un felice Natale!!! :)
Grazie a tutti, vi adoro!!!!!!!!!
Un bacione enorme,
vostra Susan♥

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Capitolo 13
*** 13: Scommessa ***


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13. Scommessa 
 
Sto cercando di dirti quello che provo, ma non è facile...
 
 
 
Era ancora accoccolata tra le braccia di lui quando si svegliò. Potevano essere passati minuti oppure ore, non le importava molto.
Se solo un mese prima le avessero detto che sarebbe successo tutto questo…
Aveva dormito con Ben.
Impossibile.
E invece era successo, anzi, stava succedendo ora.
Claire richiuse gli occhi, godendosi l’istante: il calore di Ben, il suo odore, il peso del suo braccio sul fianco.
Si era addormentata sopra le coperte ma, nel sonno, era finita sotto. Si era anche sciolta i capelli: da sdraiata, la coda le dava fastidio.
Tutto troppo perfetto, tutto troppo…fiabesco, se poteva usare questo termine.
Sarebbe durata o sarebbe stato solo un attimo?
Il pensiero improvviso, quasi angosciante, la spinse a stringersi ancora a lui.
Ben si mosse un poco, sospirando, così lei capì che si stava svegliando.
Lui inclinò leggermente la testa di lato. In quel modo, il suo viso poggiò sulla fronte di Claire.
Lei gli fece una carezza leggera sul petto, percependo la mano di lui farle pressione sulla schiena.
Entrambi consapevoli di essere svegli, restarono immobili nella stessa medesima posizione di quando si erano addormentati, senza alcuna intenzione di cambiarla.
Infine, con dita leggere, Ben le fece il solletico sul fianco. «Sei sveglia?»
«Sì» soffio lei, curvando le labbra in un sorriso. Si contorse. «Mi fai il solletico»
«Scusa»
Claire alzò la testa ritrovandosi a fissarlo negli occhi.
All’inizio fu imbarazzo. Forte il desiderio di restare lì abbracciati ancora per lungo, lunghissimo tempo, e addormentarsi di nuovo.
Nessuno dei due aveva intenzione di muoversi, a quanto pareva.
«Come ti senti?» gli chiese poi Claire.
Lui mosse le spalle. «Come prima, direi»
Lei gli posò una mano sulla fronte. «Sei ancora un po’ caldo, in effetti»
Dopo un attimo, Ben imitò il suo gesto.
«Che fai?» chiese Claire, perplessa.
«Controllo se ti ho attaccato l’influenza»
«Per ora no, sto bene».
«Meglio così». Ben lanciò uno sguardo verso la finestra: impossibile capire se fosse notte o giorno, dato che era già buio quando Claire era arrivata. «Secondo te che ore sono?»
Lei scosse il capo, sbadigliando.
Lui la guardò dolcemente per qualche istante, mentre si stiracchiava.
«Cosa c’è?»
«Niente, pensavo a una cosa…»
«Cosa?»
Ben esitò. «Non farmi gli occhioni spaventati se te la dico, ok?»
«Oh…Ok»
Le scostò una ciocca di capelli dalla spalla. «Si dice che dormire con una persona sia quasi più intimo che fare l’amore con lei»
Claire restò paralizzata a fissare gli occhi di lui. Il cuore accelerò a mille.
Dopo avergli praticamente confessato i suoi sentimenti, non avrebbe dovuto provare vergogna per una frase del genere. Inoltre, Ben non stava insinuando che avrebbe voluto…quello. Non c’era stata malizia nelle sue parole, né allusione alcuna, stava solo cercando di farle capire quanto era stato bene insieme a lei quella sera, nient’altro.
Per quanto le sembrasse ancora strano che lui potesse provare attrazione nei suoi confronti, era  conscia del fatto che l’alchimia tra loro era fatta anche di questo: attrattiva sia mentale che fisica.
E, dormendo insieme, pur senza un vero contatto fisico, si erano avvicinati come non mai.
Ben esaminò attentamente l’espressione di lei. «Non ti ho messa in imbarazzo, vero?»
Claire scosse il capo sorridendo «Hai detto una cosa molto dolce»
Tornò a posare il viso nell’incavo del suo collo. La vicinanza di lui la emozionava e calmava al tempo stesso.
Ben l’abbracciò più stretta, chiedendosi d’un tratto perché mai le avesse detto quella frase.
Fortunatamente, lei non ne era rimasta turbata.
Si sentiva ancora molto confuso e vulnerabile, non ancora del tutto abituato a quei nuovi sentimenti che scaturivano alla sola vista di Claire. Aveva voglia di stringerla e di proteggerla, si trattava di un bisogno fisico ma anche psicologico. Non c’era solo attrazione, c’era molto di più: il solo averla vicino era sufficiente a placare quell’ansia inspiegabile che lo prendeva ogni volta che si separavano.
Non era un comportamento adulto e razionale, eppure era così e non riusciva a fare nulla per cacciare via quelle sensazioni. Giunse alla conclusione che l’unica soluzione stava nell’accettarle e smettere di cercare di dar loro un freno.
«Claire?»
«Mh?»
«Hai il cuore che ti scoppia»
Lei sussultò appena. Aveva sperato non se ne accorgesse…
«Come fai a sentirlo?»
«Lo sento contro il mio».
Ben le prese una mano, portandola sul suo torace, cercando un piccolo spazio tra i loro corpi, tra il  suo petto e il seno di lei.
Fu quanto di più meraviglioso Claire avesse mai provato in vita sua: il cuore di Ben batteva a ritmo con il suo.
«Scusa, non volevo metterti a disagio con quella frase» riprese lui.
«Non sono a disagio. Mi è piaciuto stare qui con te, ma voglio che tu sappia una cosa»
Lui si scostò un poco. «Ti ascolto»
Lei si fece seria. «Io non sono il tipo di ragazza che dorme con chiunque»
«Questo lo so»
Ben non poteva averne l’assoluta certezza ma, da quello che aveva capito di lei, Claire non era una donna che si buttava tra le braccia del primo che passava. Anzi, forse dopo quel tale, Alex, non aveva mai più avuto nessuna storia.
Ben le sfiorò la schiena, facendola rabbrividire a ogni leggero tocco.
Claire emise un lungo sospiro, scostandosi piano dall’abbraccio e mettendosi a sedere.
«Credo sia meglio che io mi alzi, o finirò per addormentarmi di nuovo»
A malincuore, lui la lasciò andare.
«Dove hai il termometro?»
Ben le voltò le spalle, girandosi nel letto, allungando il braccio verso il comodino.
La febbre non era né scesa né salita, il mal di ossa persisteva ma il mal di testa se n’era andato.
«Dovresti mangiare qualcosa prima di prendere un’altra medicina»
Lui fece una smorfia. «Non ho voglia di mangiare niente»
«Devi, non puoi digiunare»
Il ragazzo sbuffò. «Dottoressa, non rompa le scatole»
«Paziente, non faccia il capriccioso»
Si fissarono, trattenendo le risate.
«No, seriamente, Ben, non fa molto bene mandare giù pastiglie a stomaco vuoto»
«Non è una pastiglia» replicò lui storgendo il naso. «E’ un intruglio orrendo travestito da bustina solubile che sa di banana marcia»
Claire scoppiò in una risata, lui anche, allungando nuovamente il braccio verso il comodino per riporvi il termometro e prendere il cellulare.
L’espressione di Ben passò dal divertito allo stupito quando si accertò di che ore fossero.
«E’ mezzanotte passata»
Claire soffocò un grido di stupore. «Stai scherzando?»
«No». Lui le mostrò lo schermo, dove l’orologio digitale segnava le 00:12.
«Oddio, Lory starà dando i numeri!». Claire saltò giù dal letto, recuperando la borsa che aveva appoggiato su una sedia della stanza, cercando il telefono.
«Qualche chiamata?» chiese Ben.
«Sì, due, e un messaggio». La ragazza sedette di nuovo accanto a lui, digitando velocemente una risposta per la cugina.
«Te ne devi andare?» le chiese Ben. 
Lei fece un’espressione dispiaciuta. «Temo di sì»
Lui annuì, deluso. «Ti accompagnerei a casa io se potessi»
«Non importa. Ho chiesto a Joseph di venire»
«Katherine era disponibile»
«Lo so, ma non posso disturbala a quest’ora, starà già dormendo»
Lei si riappoggiò con la schiena ai cuscini, aspettando l’arrivo di un nuovo sms che non tardò ad arrivare.
Pur sapendo la cugina in ottime mani, passate le undici e senza ottenere risposta a nessuna chiamata, Lory aveva cominciato ad agitarsi. Claire l’aveva tranquillizzata, scrivendole a proposito di un  ‘piccolo contrattempo’ che era venuto a crearsi… Lory le aveva inviato una serie di faccine subdole e sorridenti, chiedendole se fosse sicura di volere che Joseph venisse all’hotel a prenderla. A Claire costò caro ribadire che sì, voleva che venisse.
Mentre aspettava il suo arrivo, rimase seduta accanto a Ben, in silenzio. Lui aveva richiuso gli occhi ma non stava dormendo.
«Non offenderti, ma ho come l’impressione che tua cugina sia troppo apprensiva nei tuoi confronti»
«A volte. Ma Lory è fatta così»
«Sì, ma sei adulta»
«Lo so, ma lei mi vede ancora come la piccola di casa, purtroppo, come tutti del resto»
Ben mise un braccio sotto la testa, riaprendo gli occhi. «Da un lato non la biasimo. Ispiri protezione, lo sai? Forse perché sembri davvero piccolina»
Lei s’incupì «Uffa…la smetti di ripeterlo?»
«Sei o non sei la mia bimba?»
Claire aprì e chiuse la bocca.
Sua?
Mia?
Lei si sforzò per non distogliere mai gli occhi dai suoi, mentre Ben la guardava come solo lui sapeva fare.
«In te c’è qualcosa di particolare, qualcosa di…melodioso»
«Melodioso?»  ripeté lei, meravigliata.
Ben sorrise. «Lo so, sono parole strane. Però, vedi, quando prima mi hai detto che per te sono una persona normale…sei l’unica che mi vede in questo modo, almeno da un po’ di tempo a questa parte. Tu sei sincera e spontanea, e questa è una qualità rara nell’ambiente che frequento, per questo adoro starti vicino. Sei autentica e sei…bella»
Ora, lei non era più meravigliata, né stupita, ma incredula.
Le aveva detto che era bella. Non carina ma bella.
«Mi piacerebbe essere in grado di usare parole fantastiche come le tue, Ben» Claire piegò la testa in avanti quel tanto che le permise di appoggiare la fronte contro quella di lui. «Ti adoro»
Lui le fece una carezza sul viso. «Questo basta e avanza, baby»
Poco dopo, il cellulare di lei squillò: Joseph era arrivato e l’aspettava in macchina fuori dall’hotel.
Ben accompagnò Claire alla porta, rimanendo sulla soglia per qualche istante ancora.
«Prometti che mangerai prima di rimetterti a letto» sussurrò lei nel silenzio del corridoio deserto.
Lui alzò gli occhi al soffitto. «Sì, va bene. Mi farò portare qualcosa»
«Nella cucina dell’albergo c’è ancora qualcuno?»
«Non credo. Chiederò a Tyler di ordinare fuori»
«Non mangiare schifezze»
«Te ne vai o no?»
«Ehi! Se volevi scaricarmi potevi dirlo subito!»
Ben accennò una risata, appoggiandosi allo stipite della porta. Lentamente, le sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
«Se le circostanze fossero diverse ti chiederei di restare»
Lei gli sorrise dolcemente. «Se le circostanze fossero diverse, forse resterei»
Si guardarono per lunghi, interminabili secondi.
Da un lato , lui avrebbe voluto considerarla davvero solo un’amica, dall’altro avrebbe voluto considerarla...sua.
Da settimane non si stavano più comportando come due amici. 
Forse non lo erano mai stati.
Lui aveva negato deliberatamente di non volere nulla da lei. Lo aveva negato anche a sé stesso, ma non era vero.
«Puoi tornare domani?» le chiese.
«Assolutamente sì»
«A domani, allora. Buonanotte, bimba»
«Notte»
Claire si alzò sulle punte dei piedi per baciarlo sul viso.
«Vuoi proprio prendere l’influenza, eh?» fece lui.
«Vuoi scommettere che non la prendo?»
«Scommettiamo di sì?»
Claire storse le labbra. «Mmm…va bene. Cosa scommettiamo?»
«Un bacio?»
Lei si morse le labbra. «Ci sto»
Lui la guardò stupito. «Sul serio?»
«Sì»
«E se perdo?»
«Se perdi, dovrai lavare i piatti all’All the Perks per un mese intero»
Ben rise. «Guarda che se però vinco, appena sto meglio, vengo a riscuotere il premio»
«Ok»
Lui le prese una mano. «Sei sicura?»
«Sì» ripeté lei. «Abbiamo detto di non voler più scappare, ricordi?»
«No, è vero. Anche perché credo che ormai sia palese»
«Cosa?»
«Che provo qualcosa per te, e non è amicizia» Ben le strinse la mano.
Lei ricambiò con decisione, fissandolo negli occhi un lungo istante, emozionata, per poi abbassare inevitabilmente lo sguardo per l’ennesima volta, fissandolo sulle loro mani.
Percepì quella libera di lui infilarsi tra i suoi capelli. Non fece tempo a rialzare il capo che sentì le sue labbra contro la fronte.
Un bacio lieve.
Claire sapeva che Ben si stava trattenendo, e per due motivi: primo, per sé stesso, perché ancora non aveva deciso se rischiare o no; secondo, per non spaventarla. Se solo avesse saputo che non lo era per niente…
Se Ben le avesse chiesto di restare, lei sarebbe rimasta.
E al diavolo tutto.
L’improvvisa sicurezza la intimorì, lasciando però subito spazio alla calma.
Per ora erano ancora lei e lui, domani…chissà, avrebbe anche potuto esserci un noi.

Pianissimo, lui le lasciò la mano. Le dita scivolarono piano le une sulle altre altre, i palmi si sfiorarono.
«Ancora buonanotte, Claire»
«Buonanotte»
Ben rimase sulla porta a guardarla voltarsi e allontanarsi.
Mesi e mesi a ripetersi che doveva concentrarsi solo ed esclusivamente sul lavoro, e poi arrivava lei a sconvolgere tutto.
Gli venne da sorridere.
Claire era una meravigliosa ed inattesa sorpresa, quanto di più diverso avesse immaginato gli accadesse nel momento in cui aveva accettato di girare quel film nello Utha.
Tutto era cominciato fin dal primo giorno, su quel treno.
Ricordava benissimo l’intera scena: la frenata improvvisa, l’esclamazione della gente - la sua imprecazione - e la ragazza davanti a lui che non era caduta a terra solo perché, istintivamente, lui l’aveva afferrata tra le braccia rischiando di cadere a sua volta.
Forse, si era innamorato di lei in quel momento.

Cosa?
... ... ...
No...aspet...
Altro che no! Ripeti immediatamente quella parla che inizia per ’i’!!!

«Claire?» la richiamo all’ultimo momento, il battito del cuore accelerato.
La ragazza si rivoltò subito.
Lui voleva dire qualcosa ma non sapeva cosa. «Niente, scusa. Vai»
Lei rimase ferma in mezzo al corridoio, sorridendogli. «Guarisci presto»
Alzò una mano in segno di saluto e poi corse via.
 
 
 
 

Ancora fluff a tutto spiano!!! XD
Scusate innanzitutto la brevità del capitolo. Credevo di postarlo lunedì, ma rileggendolo non mi è piaciuto per niente e l’ho riscritto da capo questo pomeriggio. Non volevo lasciarvi senza nulla proprio la sera di capodanno! ;)
Spero che anche stavolta vi sia piaciuto quel che ho scritto. Ammetto di non essere ancora molto brava nel destreggiarmi in storie di questo genere…
Proposito per il prossimo anno: darmi da fare per migliorare e regalarvi tante carie!!! XD
Comunque vi avviso: questi due non ci andranno sempre così cauti…eheheh….

 
Ringraziamenti:
 
Per le seguite: All In My Head, AmeliaRose, apoligize, Cecimolli, ChibiRoby, Fra_STSF, Halfblood_Slytherin,
 HarryPotter11, JLullaby, Nadie, nuria elena, Queen_Leslie, Shadowfax, soffsnix, SweetSmile WikiJoe, _joy, _likeacannonball_, _LoveNeverDies_

 
Per le ricordate: Fra_STSF, Halfbood_Slytherin, Suomalainen
 
Per le preferite: battle wound, Bella_babbana, Christine Mcranney, Fra_STSF, Jihan, Medea91h, Occhi di ghiaccio, Stefania1409 _likeacannonball
 
Per le recensioni dello scorso capitolo: Cecimolli, _Fedra_, Fra_STSF, Occhi di ghiaccio, Shadowfax,  Stefania 1409,_joy
 
Gli aggiornamenti di Two Worlds Collide, insieme a quelli di Night&Day (fandom Narnia) li trovate sempre su entrambi i miei profili facebook Susan TheGentle Clara e Chronicles of Queen.
 
Grazie di cuore a tutti quanti voi che avete iniziato con me l’avventura di Ben&Claire!!! Spero mi accompagnerete ancora attraverso il prossimo anno!!!
Buon 2015!!!!!!!!!
Un bacio immenso,
Susan♥

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Capitolo 14
*** 14. Quanto di più atteso ***


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14. Quanto di più atteso
 
Non mi importa di niente, solo di stare con te.

 
 
 
Claire si svegliò il mattino seguente con i tipici sintomi di un’influenza: mal di testa, ossa rotte, voce strana. Nel pomeriggio, aveva la febbre.
Si rimise a letto dopo pranzo (non mangiò granché), prese una medicina e mandò un messaggio a Ben.
Sdraiata sul fianco, decise di scrivergli solo una parola:
 

       -INDOVINA?- 

Lui rispose quasi subito:
 
       -A CHE PROPOSITO?-


Claire immaginò l’espressione che avrebbe avuto nel leggere il prossimo messaggio:
 
       -HAI VINTO LA SCOMMESSA-


Attese un nuovo sms, invece arrivò una chiamata.
«Pronto?»
«Hai la febbre!»
«Ehm…sì»
Lui scoppiò a ridere senza ritegno. «Io te l’avevo detto!»
Claire inarcò le sopracciglia. «Sei un’idiota, vai al diavolo!»
Gli spense il telefono in faccia, gettandolo da qualche parte sul letto. Le scappò da ridere.
Un secondo dopo squillò di nuovo.
Lei buttò indietro le coperte, riacciuffò il cellulare e rispose.
«Io sto male e tu mi ridi in faccia?»
Sì, lui rideva, non aveva mai smesso.
Claire sprofondò nel cuscino. «Quando hai finito…»
«Scusa»
Lei sorrise. «No, scusa tu. Ti ho chiuso il telefono in faccia»
«Tranquilla, non me la sono presa» rispose Ben, continuando a sghignazzare.
«Ah no? Bene». Claire riattaccò di nuovo, sogghignando a sua volta.
Nuovo squillo.
«Sì?»
«Ehi…». La voce di Ben aveva un tono falsamente minaccioso. «Non sbattermi più giù il telefono»
«Hai detto di non esserti offeso»
«No, ma potrei»
«Oh. Ok, scusami»
«Sei seria?»
Lui non la vide ma lei stava sorridendo. «No»
Ben si finse seccato, ma ovviamente era tutto un gioco.
«Voglio scuse sincere, signorina»
«Prima tu: non si ride in faccia alla gente. E pensare che gli inglesi dovrebbero essere dei gentleman…». Lei scosse il capo, sconsolata.
«Io sono un gentleman!»
«Al momento non si direbbe proprio»
Si stuzzicarono, scherzarono, parlarono per una buona mezz’ora.
«Se avessimo saputo che sarebbe finita così, tanto valeva che restassi da me ieri sera» disse lui alla fine.
Claire ci mise un minuto di più per tornare a parlare.
Perché se ne usciva con certe frasi? Se lo faceva, lei ricominciava a pensare che lui volesse…
«Un covo di microbi, in pratica» cercò di ironizzare, come al solito, per non sentirsi imbarazzata.
L’ironia era la sua arma di difesa.
«Mi sarebbe piaciuto davvero, comunque» continuò lui.
«Anche a me» ammise lei, grata che non potesse vedere il rossore sulle sue guance.
«Claire?»
Lei chiuse gli occhi un momento. Non si era mai resa conto di quando amasse sentirlo pronunciare il suo nome.
«Sì?» Silenzio.
Perché lui non parlava più?
«Ben?»
«Appena sto meglio vengo a trovarti»
Non era quello che lui avrebbe voluto dire in realtà. Lei lo capì.
«Se ti riammali?» gli chiese. «Non voglio che manchi ancora dal set per colpa mia, so quanto è importante per te»
«Sì, forse hai ragione. Però ricordati che devo riscuotere una scommessa»
Il cuore di lei cominciò a galoppare. «Lo so»
Il bacio.
Ogni volta che ci pensava, Claire sentiva le farfalle nello stomaco compiere il familiare triplo salto mortale all’indietro.
Nell’attesa, la sua agitazione aumentava e la paura diminuiva.
Non aveva raccontato a Lory di quella faccenda, lo aveva tenuto per sé. Lory ne sarebbe stata disgustata: se un uomo scommette per poterti baciare, allora è un idiota su tutti i fronti.
Ma Claire sapeva che Ben non era quel tipo di persona, il tipo che scommette sul se riesce a baciare una ragazza per poi andare a vantarsi in giro del proprio trionfo.
La loro non era una scommessa nel vero senso del termine, era più…
Era quasi come se lui avesse preso quella scusa per compiere un gesto che, in caso contrario, non avrebbe mai compiuto, non dopo la prima opposizione di lei al tentativo di baciarla.
Claire si era pentita di non essersi lasciata baciare la sera della lezione di musica. Accettando la scommessa di Ben, gli stava dicendo a sua volta che voleva essere baciata.
Quanto è complicato… pensò la ragazza, girandosi nel letto.
Si era appena svegliata. La camera era avvolta nel buio, aveva dormito tutto il pomeriggio.
Come il giorno prima.
Solo che adesso era sola soletta, mentre ieri si trovava in camera di Ben, abbracciata a lui.
Claire fece un sospiro sconsolato al pensiero, e un altro pò languido al ricordo. Sollevò la testa, strizzando gli occhi per mettere a fuoco le lancette fosforescenti della sveglia sul comodino. Se non si sbagliava, segnavano le 20:00.
Allungò il braccio fuori dalle coperte, accendendo la lampada e prendendo il cellulare.
C’era un messaggio di Ben risalente a un’ora prima.
Quando lo aprì, si sentì meglio solo leggendo quelle sei parole.
 
       -TI HO PENSATA TUTTO IL GIORNO-
 
Claire sorrise e schioccò un sonoro bacio sul display del telefono.
La porta della camera si aprì proprio in quel momento...
«Ma che cosa stai facendo?» chiese una voce.
Claire, le labbra ancora piegate all’infuori, aprì gli occhi, incontrando la faccia perplessa (e forse un po’ disgustata) di Joseph.
Abbassò il telefono di scatto, nascondendolo sotto il cuscino. «Niente! Non sto facendo niente»
«E’ pronto da mangiare. Lory chiede se preferisci mangiare qui o di là insieme a noi »
«Vengo di là, un attimo solo»
«Va bene…mha…» bofonchiò Joseph, richiudendo la porta.
Di nuovo sola, Claire non poté fare a meno di ridere di sé stessa.
Sembrava davvero una ragazzina innamorata, perdutamente, incondizionatamente.
Non le importava.
Tutto quello che invece contava era lui e solo lui.
 
 
 
***
 
 
 
Ben rimase a letto ancora per due giorni interi.
Passò il weekend, il primo che lui e Claire non trascorrevano insieme.
Ormai era passato un mese dal loro primo incontro.
A malincuore, aveva rinunciato ad andare a trovarla (se prendeva di nuovo la febbre erano guai), ma ebbe un’idea per farsi perdonare...
Il mattino in cui si alzò dal letto, pronto per riprendere il lavoro, chiese a Tyler di fermarsi davanti a un fioraio.
Tyler lo accontentò, iniziando a pensare cosa diavolo stesse combinando quel ragazzo.
Ben entrò nel negozio e ne uscì cinque minuti dopo con un’aria soddisfatta in viso.
«A chi spedisci fori?»
«Cosa?». Ben risalì in auto, facendo il finto tonto.
«Non ci vuole una laurea per capire che hai ordinato dei fiori»
«Non posso mandare fiori a qualcuno?»
Tyler alzò una mano per schermarsi. «Non ho detto questo. Centra la ragazza che è venuta a trovarti in hotel?»
«Sei mia madre o il mio agente?»
«Spiritoso…A proposito: sono alcuni giorni che non vai da lei nel pomeriggio, come mai?»
Ben guardò fuori dal finestrino. «Aveva l’influenza»
Non si era più recato all’All the Perks, se non per la colazione. Passava da Lory e Joseph per salutarli ma, per quanto si fosse affezionato loro, senza Claire non era la stessa cosa.
«Non vai a trovarla come è venuta a trovarti lei?» insisté Tyler.
«Lo sai che non mi piace parlare di cose private, nemmeno con te» disse Ben, gentilmente ma con decisione.
«Sì, lo so. Ma in qualche modo la tua vita privata mi riguarda se rischia di compromettere il tuo lavoro»
Ben si rivoltò verso Tyler, la fronte aggrottata. «Claire non compromette niente»
«No, no, però non distrarti troppo, ok? Mi sta bene che ti vedi con una ragazza, non sono certo io a poterti dire chi frequentare, solo che…»
«Solo che?»
Tyler girò il volante. «Per più di un anno la tua filosofia è stata ‘lavoro, lavoro, lavoro’. Io ti dicevo di non stressarti inutilmente, di avere pazienza, di impegnarti ma di non strafare, che prima o poi i copioni giusti sarebbero arrivati. Il prossimo anno hai ben tre progetti in uscita, e vorrei che continuassi su questa strada, senza distrazioni»
Lo hai già detto…
Ecco, quello era esattamente il tipo di discorso che Ben aveva temuto di affrontare con Tyler.
Lui ascoltava sempre i suoi consigli perché, oltre ad essere il suo agente, Tyler era un buon amico, capace nel suo mestiere. Peccato avesse il vizio, a volte, di ficcare il naso in cose che non lo riguardavano.
Il lavoro era un conto: Ben poteva sopportare anche rimproveri e critiche se servivano ad aiutarlo a crescere artisticamente. Quello che non sopportava era che gli dicesse in che modo condurre la sua vita fuori dal set. Non faceva una vita sregolata, era sempre puntuale, sempre concentrato, si lamentava di pochissime cose; su questo ed altro, Tyler non aveva mai avuto nulla da ridire.
Ma la sua vita era solo sua, e le sue scelte in quell’ambito anche.
«Le donne vanno e vengono Ben, i buoni film no: i buoni film arrivano una volta sola e, se perdi l’occasione, questa non si ripeterà»
«Lo so» rispose Ben in tono piatto. «E’ un discorso inutile»
«No, non è inutile. Non farti distrarre proprio adesso da una ragazza che non rivedrai più»
Ben si voltò verso il suo agente, stringendo le labbra. Tyler guardava la strada. Ingoiò il rospo, tornando a sua volta a guardare fuori dal finestrino.
Una ragazza che non vedrai più…
Dopo pochi minuti, quando riuscì a calmare l’irritazione causatagli da quelle parole, Ben pensò che, solo un mese prima, avrebbe pensato le stesse cose: niente distrazioni, niente coinvolgimenti sentimentali.
Poi, però, era successo qualcosa...
Gradualmente, le sue certezze erano crollate alla vista del sorriso più dolce di questo mondo, alla luce di uno sguardo che gli scaldava il cuore.
Forse era vero, non l’avrebbe più rivista quando il tempo a loro disposizione si sarebbe concluso.
Il pensiero lo fece piombare nello smarrimento più totale.
Non vedere più Claire sarebbe stato…
Cosa?
Intollerabile.
Era già a questo punto?
Era cresciuto così tanto il bisogno di stare con lei?
Sì.
Assolutamente sì.
 
 
 
***
 
 
 
Al lavoro dietro il piano di cucina, Claire canticchiava una canzone che adorava, le cuffie dell’mp3 nelle orecchie, le mani affondate in una terrina piena di impasto per biscotti. Alzò il capo, allungando il collo per poter sbirciare attraverso la porta aperta. Dalla sua posizione poteva vedere una parte del bancone del bar, proprio dove era stato posato un vaso dentro il quale faceva bella mostra di sé un enorme mazzo di margherite bianche giganti.
Margherite bianche…
Una sola volta, parlando con Ben, gli aveva accennato che i suoi fiori preferiti erano proprio le margherite bianche. Non avrebbe mai creduto che lui si ricordasse di una cosa del genere.
Ben non era passato a trovarla mentre era malata, ma non importava. Era impegnato a recuperare il lavoro arretrato, lo capiva. Lory le aveva detto che, nei giorni scorsi, era venuto al locale soltanto un paio di volte per la colazione.
Quel mattino, invece, al suo posto era arrivato un mazzo di fiori che Joseph aveva definito ‘mastodontico’...
Quando il fiorista era entrato all’All the Perks per consegnarglielo, l’intero locale si era voltato a guardarla. Claire avrebbe voluto sprofondare e allo stesso tempo urlare a tutti la sua felicità.
Ben le aveva mandato dei fiori!
Si era sentita a tre metri da terra, poco ci mancava si mettesse a saltellare tra i tavoli. Servire caffè non le era mai sembrato tanto bello e soddisfacente.
Lory, contagiata da quella felicità, ripeteva a tutti i clienti se non trovassero splendidi i fiori recapitati a sua cugina. Una signora aveva insistito parecchio per sapere chi fosse l’ammiratore di Claire, ma la ragazza aveva risposto che non poteva dirglielo. Lory aveva aggiunto che era un uomo molto alto, molto bello e mostruosamente sexy...
Claire sorrise, scuotendo il capo al ricordo, tornando a concentrarsi sull’impasto.
Quando partì il ritornello della canzone, alzò il volume dell’mp3. In quel modo non udì i passi della persona che varcò la soglia della cucina. Solo nel momento in cui percepì una mano toglierle la cuffia destra si rese conto che qualcuno era entrato nella stanza.
«Che ascolti di bello?»
«Ben, ciao!» esclamò lei.
Mollò impasto, mp3, e gli buttò le braccia al collo, come sempre, attenta a non sporcargli gli abiti.
Lui ricambiò l’abbraccio, riconoscendo le note provenienti dal lettore.
Si separò da lei, tenendole le mani sui fianchi. «Questa canzone è…»
«Killng Bono, ovviamente. Ho l’intera colonna sonora» confermò lei, infilandogli la cuffia che lui le aveva tolto.
Ben se la sistemò meglio, iniziando ad intonare ad alta voce la fine del ritornello di Where we wanna be. Claire lo seguì a ruota.
«Allora, sei guarita del tutto?» le chiese poi Ben.
«Completamente». La ragazza prese uno strofinaccio e si pulì le mani, spegnendo il lettore. «Come vedi sono già tornata al lavoro»
«Sì, anche io». Lui si fece pensieroso. «Da quanti giorni non ci vediamo?»
«Quasi una settimana»
«Troppo»
«Non hai avuto problemi con le riprese, vero?»
Ben si tolse la giacca. «No, tutto a posto. Grazie dell’interessamento»
«A me interessa sempre quello che fai»
Si guardarono.
L’uno aspettava che l’altro parlasse per primo, un pensiero fisso in mente: il bacio.
Ben decise di sviare il discorso ancora per un momento. «I fiori ti sono piaciuti?»
«Tantissimo, grazie mille! Non credevo ti ricordassi che mi piacevano le margherite»
«Io mi ricordo tutto quello che dici o fai, Claire»
Lei fissò il suo profilo. Ben non la guardava.
Poi fu lui a fissarla, ma Claire aveva già riabbassato il capo.
«Mi piace che tu lo dica» disse lei.
«E’ vero, per questo lo dico».
Ben le si avvicinò appena un pò di più, ma il movimento bastò a scatenare in lei battiti furiosi del cuore e confusione mentale.
«Mi spiace che domenica non siamo potuti andare fuori» le disse.
Lei afferrò il sacchetto della farina, aggiungendone alcune manciate all’impasto troppo morbido.
«Non importa, ci rifaremo. Dobbiamo riprendere anche le lezioni di musica»
«Vero». Ben studiò le sue mani in movimento, il suo viso. Allungò una mano e le scostò un sottilissimo ciuffo di capelli, usandolo come pretesto per avvicinarsi ancora un pò.
Quel giorno, Claire li aveva riavviati solo parzialmente, fermando un paio di ciocche sul capo con un piccolo fermaglio. Il resto della chioma era libera sulle spalle.
«Ti ho mai detto che ti preferisco con i capelli sciolti?» le disse ancora, vagando con lo sguardo sui lucidi riflessi castani.
«No» mormorò lei, bloccandosi di colpo, immagazzinando ingenti quantità d’aria.
«L’ho sempre pensato»
«Allora li terrò sciolti più spesso»
Il volto di lui si scurì all’improvviso. «Non lo devi fare perché piacciono a me. Non sentirti obbligata a fare nulla solo perché te lo chiedo»
Lei capì immediatamente cosa cercava di dirle.
«Sono un tipo che pensa con la sua testa, Ben, di questo puoi star certo. Se non voglio fare una cosa non la faccio». Sorrise «Comunque, anche a me piace portare i capelli sciolti, ma sono costretta a legarli quando cucino»
Lui passò le dita tra di essi, dall’alto fino alle punte, provocandole un brivido lungo la schiena.
«Claire, qualunque cosa io faccia, non pensare mai che ti stia prendendo in giro»
Lei scosse il capo, rassicurandolo. «Non lo penso»
Ben catturò il suo sguardo e Claire smise di respirare del tutto.
Lui le posò la mano sul viso, muovendo il pollice avanti e indietro lungo la curva della sua guancia. Appena la sfiorò, lei abbassò le palpebre.
Ben si chinò su di lei e la baciò.
Fu una carezza, un preludio.
Il nuovo brivido che la scosse poté essere scambiato per paura, ma era tutto fuorché quella.
La sua era attesa.
Aspettava e bramava un bacio di Ben più di qualsiasi altra cosa.
Sospirò tra le loro labbra e lo sentì fare lo stesso: un respiro caldo che esprimeva un necessità repressa, che si assaporava del momento senza intenzione di concluderlo.
Ben si ritrasse un istante, riavvicinandosi subito per averne ancora.
Claire dovette aggrapparsi forte a lui, le gambe che tremavano, la testa vorticante, il cervello azzerato, il cuore impazzito. Gli passò le braccia attorno alla vita, stringendogli il maglione, ricordandosi un attimo dopo di avere ancora le mani sporche di farina.
Si separò piano da lui. «Scusa, ti sto…»
«Non fa niente»
Non era proprio quello il momento di preoccuparsi di certe cose.
Ben le catturò il viso tra le mani e cercò i suoi occhi. Li trovò grandi e luminosi. Con lo sguardo, Claire comunicava timidezza, felicità, agitazione.
Dovette baciarla di nuovo, cullarla con una carezza per non lasciarla in balia della paura.
Cercare il sapore di quelle labbra fu per entrambi un bisogno impossibile da controllare. Lui gliele schiuse, invitandola a rispondere.
L’intimità del contatto mutò precipitosamente.
Claire tremò di nuovo quando incontrò la punta della lingua di lui, stringendolo più forte, ansimando, rispondendo a quella inattesa passione nel medesimo modo.
Si lasciò andare, abbandonandosi istintivamente contro di lui, aderendo perfettamente al suo corpo, persa nella meraviglia delle sensazioni che provocava dentro di lei.
Non era più in grado di pensare a niente.
Ti amo, Ben, gridò dentro di sé nel momento in cui la lasciò andare.
Se solo avesse avuto il coraggio di trasformare in parole i propri pensieri…
Claire aprì gli occhi, incontrando quelli di lui, tanto scuri che parevano volerle risucchiare l’anima.
Non si era aspettata un bacio del genere… o forse sì.
Non se l’era aspettato ma lo aveva sognato: un bacio fatto di tutto ciò che poteva essere.
Fu incapace di parlare e attese che fosse lui a farlo.
Ben aveva la bocca ad un soffio dalla sua, il volto di lei ancora tra le mani. La guardò: la fronte leggermente aggrottata, le labbra socchiuse, il respiro leggermente accelerato.
Claire era una distrazione? Sì, lo era, e voleva che continuasse ad esserlo.
Sei tu, decise improvvisamente. Eri qui e non volevo vederti
Pensare non aveva più senso, i timori non avevano senso. Contava solo esserle accanto e stare con lei.
«Mi sto innamorando di te, Claire»

 
 
 
 
Salve cari lettori, come ve la passate?
Insomma, proprio al capitolo clou, internet e efp si coalizzano per non farmi postare: uno dice che il mio account non esiste, l’altro che è impossibile connettersi. Un giorno e mezzo a tentare e ritentare….ma chi la dura la vince!!! :D
Ci siamo: si sono baciati!!! So che aspettavate questo momento con trepidazione, e spero vivamente di non avervi delusi. Aspetto i vostri commenti, scatenatevi!!! XD
 
 
Ringraziamenti:

 
Per le seguite: All In My Head, AmeliaRose, apologize, Cecimolli, ChibiRoby, Fantasy_Heart, Fra_STSF, Halfblood_Slytherin, HarryPotter11, JLullaby, Nadie, nuria elena, Queen_Leslie, SerenaTheGentle, Shadowfax, soffsnix, SweetSmile WikiJoe, _joy, _likeacannonball_, _LoveNeverDies_
 
Per le ricordate: Fra_STSF, Halfbood_Slytherin, Suomalainen
 
Per le preferite: battle wound, Bella_babbana, Blackpanda96, Christine Mcranney, Fantasy_Heart, Fra_STSF, jihan, Medea91h, Occhi di ghiaccio, Stefania1409 _likeacannonball
 
Per le recensioni dello scorso capitolo: Cecimolli, Fantasy_Heart,  Fra_STSF, Occhi di ghiaccio, Shadowfax, _joy
 
And now? Che cosa accadrà? La storia sta per prendere una piega tutta nuova!
Per sapere quando aggiornerò il prossimo capitolo, fate un salto sulle mie pagine facebook Susan TheGentle Clara e Chronicles of Queen. Stessa cosa vale per l’altra mia storia “Night&Day”(fandom Narnia )
Per questa settimana è tutto!
Un grazie immenso per il vostro supporto e la passione che dimostrare nel seguire Ben&Claire!!!
 
Susan♥

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Capitolo 15
*** 15: Non è forse questo l'amore? ***


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15. Non è forse questo l’amore?
 
Pensami.
Ti penso.
Quanto?
Sempre…
 
 
 
Claire si sciolse dentro il suo sguardo, le parole di lui che le rimbombavano nelle orecchie, il sapore di quel bacio ancora sulle labbra.
Aveva sempre pensato che ad essersi innamorata fosse soltanto lei, che lui non sarebbe mai andato al di la del ‘mi piaci’. Nemmeno dopo il tentativo di baciarla, e neanche dopo la scommessa, avrebbe pensato…questo.
Baciarsi e amarsi non sempre vanno di pari passo.
Va bene: inutile negare che Claire avesse sperato che un fulmine cadesse dal cielo e colpisse Ben sulla testa, così che potesse iniziare a provare qualcosa per lei…Ma a parte gli scherzi…
Dio, era vero!
Si stava innamorando di lei.
Ben si stava davvero innamorando di lei! E sentirglielo dire dopo un bacio meraviglioso come quello che si erano appena scambiati, era…infinita meraviglia.
Fu convinta di due cose: di sognare e di impazzire.
Lui accennò un sorriso. «Dimmi qualcosa»
Ancora frastornata per le emozioni provate, Claire scosse il capo. «Non so cosa dire»
Lei sentì il bisogno di un abbraccio e lo ricevette senza chiederlo.
Ben le pose una mano sulla schiena, l’altra sul capo, accarezzandole piano i capelli.
Non un centimetro a separarli.
Abbracciarla in quel momento prendeva tutto un nuovo significato.
Lui non avrebbe mai creduto di provare un’emozione così forte nel baciarla.
L’aveva sentita tremare all’inizio, poi, piano piano, si era sciolta sotto le sue labbra, aveva sospirato insieme a lui. Quel corpo esile si era abbandonato contro il suo, facendo nascere un senso di protezione mai provato in precedenza.
Quantomeno, adesso era in grado di identificare lo stato in cui si trovava.
Spesse volte aveva tentato di fare chiarezza nella proprio mente, di dare una definizione concreta a quel senso di adrenalinica dolcezza che provava stando accanto a lei: era amore.
Come aveva fatto a non capirlo prima?
Forse perché, per settimane, aveva negato di aver trovato qualcosa – qualcuno – proprio nel momento in cui non avrebbe voluto trovarlo.
Lui non voleva l’amore.
Ma allora perché il suo cuore stava accelerando di nuovo?
Perché adesso, mentre tornavano a guardarsi, tutto in lui gli ordinava di baciarla ancora?
Perché era così e basta.
Perché l’amore non si trova. L’amore ti trova.
E con quel bacio, e l’ammissione dei propri sentimenti – a lei e a sé stesso – non c’era possibilità di ritorno.
«Ricordi tutta quella cosa del non volere nulla di complicato, eccetera?» le disse.
Lei annuì. «Mh-mh»
«Per un sacco di tempo non ho fatto che interessarmi al lavoro e nient’altro. Poi ti ho conosciuta, e ho iniziato a pensare di più a te che a tutto il resto. All’inizio non volevo questo, ma ora…»
«Ora?» soffiò Claire, incalzante.
«Ora mi piace pensarti sempre, anche se a volte non vorrei. Il problema è che non ce la faccio» Ben affondò una mano tra i suoi capelli. «Ogni cosa che fai, che dici, come ti muovi, tutto di te è come se mi chiamasse. E’ come se tu mi chiamassi. Come se mi stessi dicendo, ‘guardami, sono qui’, pur non dicendolo affatto. E allora lo faccio: ti guardo, ti osservo» sorrise, «tu prontamente arrossisci…»
Claire sorrise a sua volta, abbassando il capo. «Allora guardami di meno»
Lui le pose un dito sotto il mento, per tornare a fissarla negli occhi. «Direi che questo è un problema che dobbiamo risolvere, perché mi piacerebbe poterti guardare così, tutte le volte che voglio»
Così come? pensò lei.
Se per ‘così’, Ben intendeva con quegli occhi tanto profondi dentro i quali sarebbe potuta morire…
Lui osservò ogni centimetro del suo viso. Ne tracciò il profilo, partendo dalla fronte, passò per la tempia, la guancia, il naso, il mento. Risalì sull’altro lato: mento, mascella, guancia, zigomo, ancora naso, fronte, e infine giù per la seconda volta, a sfiorarle le labbra.
Lei rabbrividì ad ogni carezza.
«Ti chiamerei un imprevisto se non suonasse orribile indirizzato a te. Però è questo che effettivamente sei, Claire: un imprevisto»
Lei sorrise piano, posandogli le mani sul petto «Il termine non mi dispiace». Poi, con uno scatto rapido, fece un passo indietro. «Ti ho sporcato i vestiti! Scusami!» 
Lui abbassò lo sguardo sul proprio maglione, spazzolando via la farina con pochi gesti delle mani.
«Tranquilla, non è nulla»
Le si accostò nuovamente.
Nel frattempo, lei aveva afferrato uno straccio per pulirsi.
Ben le afferrò delicatamente un polso.
Claire sentì una scossa elettrica attraversarle il braccio, la schiena, tutto il corpo.
«Cosa c’è?» chiese lui, scorgendo la confusione che albergava ancora nel suo sguardo.
Claire scosse il capo, intrecciando le dita alle sue.
«Tu hai detto…quello che hai detto» disse, la voce che tremava per l’emozione. «Sì, insomma che ti stai...innamorando di me. Ma anch’io ho paura di essermi innamorata di te»
Occhi negli occhi, si fissavano, seri.
«Io non so bene cosa sia l’amore, Ben, so solo che ogni volta in cui mi dici che te ne devi andare, sento come un nodo stringermi la gola e vorrei gridarti di restare»
Lui le posò una mano sulla nuca, attirandola a sé, baciandole il capo. «Sono qui»
Lei chiuse gli occhi e sorrise, felice.
Erano entrambi consapevoli di quanto fosse importante ciò che stavano decidendo ora.
Da quel momento in poi, tutto sarebbe stato diverso.
«Come mi devo comportare adesso?» domandò poi Claire.
Lui si mostrò perplesso. «In che senso?»
«Nel senso che vorrei sapere se posso concedermi…qualcosa di più»
«Per ‘qualcosa di più’, intendi un bacio diverso da quelli che sei solita darmi quando mi saluti?»
«Ecco...sì, esatto»
Lui finse di riflettere. «Credo si possa fare»
Rimasero fermi a guardarsi per lunghi secondi. Ben giocherellò con una ciocca dei suoi capelli.
«E adesso che succede?» fece Claire dopo un po’.
«Tu cosa vorresti che succedesse?»
«Niente»
Lui si fermò, leggermente confuso. «Niente?»
Claire sorrise. «Niente. Voglio che tutto resti così come adesso. Vorrei…». Abbassò il capo, incerta.
Ben glielo fece alzare per la seconda volta. «Vorresti? Non avere paura, dimmelo»
Lei lo fissò negli occhi, ridiventando seria all’improvviso.
«Baciami ancora, Ben»
Lui tacque per un istante, poi le prese di nuovo il viso tra le mani, portando la bocca contro quella di lei.
Claire schiuse le labbra per accogliere il suo bacio.
Solo questo le bastò per sentirsi sicura di sé, per gettare ogni remora e decidere di buttarsi in quel precipizio, anche senza paracadute.
Perché adesso c’era lui.
Le braccia di Ben la stringevano forte, e questa volta anche lei poté abbracciarlo meglio, ricambiare quel secondo bacio con maggiore intensità, perché consapevole di ciò che era nato tra loro.
Lui la sentì tremare di nuovo, leggermente, e addolcì la pressione sulle sue labbra, sfiorandole una guancia con dita gentili.
Poi la guardò e la vide sorridere ancora.
Era ciò che più amava di lei: i sorrisi che gli regalava lo rendevano felice anche quando aveva una brutta giornata. Aveva la capacità di farlo sentire bene e nemmeno se ne accorgeva.
Forse era questo che lo aveva colpito di più: il fatto che lei fosse così semplice, spontanea, e così vera.
Ben aveva quasi dimenticato quella parola: spontaneità.
Spesso e volentieri, si trovava in situazioni in cui era davvero difficile essere sé stessi. Bisognava sempre essere così perfetti, a volte, così sopra le aspettative…
Ma con lei no.
Con Claire era tutto diverso. Poteva essere chi era, dire quello che realmente pensava, fare quello che gli passava per la testa senza il timore che lei lo giudicasse in alcun modo.
Quando stava con Claire, non doveva sfoderare quella maschera di perfezione che aveva imparato ad indossare quando era necessario. Con lei evadeva dal mondo caotico e a volte opprimente da cui era costantemente circondato.
Non si stava lamentando, era solo la verità: era la facciata oscura della medaglia, quei compromessi inevitabili. E per quanto adorasse il suo lavoro, a lungo andare, quel gioco gli pesava.
Jack aveva ragione: doveva andarci più piano, tornare a casa più spesso, vedere le persone che davvero gli volevano bene e che lo conoscevano realmente, o rischiava di diventare qualcuno che non era.
Poco dopo, il rumore della porta che si apriva spezzò l’atmosfera.
«Claire, a che punto sei con i biscotti? Ah, ciao Ben, non ti ho visto arrivare»
Era Joseph.
«Non sono qui da molto» rispose il ragazzo, separandosi da Claire.
Joseph aggrottò le sopracciglia, li fissò un momento, poi spostò gli occhi verso il ripiano da lavoro.
«Non hai ancora terminato l’impasto?» chiese sbalordito.
Claire si riscosse come da uno stato di trance. «Eh? Non ho…Oddio, è vero! Scusami, faccio subitissimo!»
Joseph scosse il capo. «Me la distrai troppo, Ben, non va bene così»
Lui si massaggiò la nuca, imbarazzato. «Mi spiace…»
«See, ti dispiace…» Joseph indietreggiò e richiuse la porta, lasciandoli di nuovo soli. «Claire, sbrigati!» gridò in ultimo.
La ragazza si rimboccò le maniche, afferrando il mattarello e iniziando a stendere la pasta.
«Mi spiace veramente» le disse Ben.
«No, figurati, sono io che sono andata un po’ in tilt»
«Per colpa mia?»
Si scambiarono un’occhiata veloce.
Lei curvò le labbra. «In effetti sì»
Ben prese uno stampo di metallo a forma di stella. «Ti posso aiutare?»
Lei sbatté le palpebre, allibita. «Come?»
Lui alzò le spalle. «Ti aiuto. Dimmi come si fa, sembra divertente»
Se qualcuno – Tyler o altri – fossero entrati nella cucina dell’All the Perks in quel preciso istante, avrebbero scambiato Ben per un suo sosia. Claire stessa non si capacitava della cosa: non la stava veramente aiutando a fare i biscotti…no…
E invece sì.
In realtà, il lavoro più grosso toccò a lei, Ben l’aiutò soltanto a dar forma alla pastafrolla grazie agli stampini, poi sedette e la guardò decorare i dolci.
Nel frattempo, Lory si stava chiedendo che diavolo stesse combinando sua cugina...
«Allora, questi biscotti?» chiese a Joseph quando lui tornò dalla cucina.
«Non sono pronti, ed è colpa di Barny»
Lory storse il naso. «Chi?»
«Ben»
«Aahh…perché lo chiami in quel modo?»
«Bho, così…Comunque, da quando gironzola nel nostro locale, Claire ha perso la concertazione»
Lory sogghignò. «Lo credo bene…»
«Come?»
«No, niente. Ma perché dici che è colpa di Ben? Parlano troppo?»
«No, non parlano affatto, si sbaciucchiano»
«Aaahhh!!! Veramente???»
All’urlo di Lory, mezzo locale si voltò impaurito.
«Ehm…scusate…» fece lei. Poi afferrò il marito per un braccio. «Li hai visti baciarsi? Dimmi, dimmi!»
«No, non li ho visti, ma non ci voleva un genio per capire cosa stavano facendo»
«Oh, che bello!» Lory batté le mani una volta, lo sguardo al cielo. «Il Signore ha ascoltato le mie preghiere!»
«Cosa?» Joseph la guardò ad occhi sbarrati, mentre lei tornava a servire i clienti saltellando. «Che famiglia di pazze…»
 
 
 
Vi fu un visibile mutamento nel comportamento di Ben e Claire. Non nei confronti di altri, ma tra di loro.
Timore e bisogno di scoprirsi maggiormente, reciprocamente, combatterono l’ultima battaglia, la quale si concluse con il secondo come vincitore: il bisogno di essere, di sentirsi, di guardarsi e toccarsi senza più preoccupazioni.
Come una coppia normale.
Una coppia…loro due?
Un attore e una cameriera.
Roba di film, veramente…
Adesso, quando lo salutava, Claire non provava più quel nodo in gola.
Adesso, quando se ne andava, Ben si chinava sul suo viso per baciarla sulle labbra.
Lei non doveva più accontentarsi di guardarlo oltrepassare la porta, mentre la assaliva un senso di insoddisfazione per non essere stata in grado di dirgli che stava completamente perdendo la testa per lui.
Perché adesso, Ben lo sapeva, e la ricambiava.
Non stavano proprio insieme, non nel vero senso del termine.
Si vedevano tutti i giorni a colazione e nel tardo pomeriggio, come al solito.
Lui la chiamava sempre ‘bimba’.
La sua bimba…
Tutto era pressoché normale, solo che le sensazioni erano più intense.
Fu come vedersi veramente.
Come se, da un giorno all’altro, qualcuno avesse tolto un velo e ogni cosa apparisse più nitida.
Ripresero le lezioni di chitarra. Lei ne fu felicissima.
Ma se le prime volte in cui era stata da lui Claire si era sentita agitata, ora lo era il doppio, anzi, il triplo.
Non sapeva bene perché.
«Mi sembra un sacco che non suoniamo» gli disse, sedendo sul divanetto della sua stanza.
«E’ vero, anche a me. Tra l’influenza e altro…» Ben le sedette accanto.
«Da dove ricominciamo?» chiese lei.
Lui le tolse la chitarra dalle mani, piano. «Io pensavo da qui, per iniziare»
In un istante, Claire si ritrovò le sue labbra sulle proprie.
Ok, a questo doveva ancora fare l’abitudine…
Era bellissimo essere presa così alla sprovvista ma, diciamolo: lei non aveva tutta l’esperienza che aveva lui nel gestire certe situazioni.
Ben aveva avuto chissà quante ragazze, mentre lei…solo uno. Ok, forse due, ma la prima volta che si era fidanzata aveva diciassette anni, ed era durata una sola estate. Il classico amore estivo, insomma.
Si vergognava della sua inesperienza, era assurdo non avere un briciolo di controllo sulle proprie emozioni. Che diamine! Non era più una ragazzina!
Però non era colpa sua... Era colpa di Ben se si sentiva sciogliere tutte le volte che lui la toccava, o se non poteva reprimere la voglia di allacciargli le braccia attorno al collo quando percepiva quelle labbra divorare le sue.
Lo avrebbe baciato tutto il giorno…
«Mi sembra così strano» mormorò lei quando si separarono.
«Cosa?»
Lei posò le mani sulle sue spalle. «Tutto questo. Io e te»
«Non sai quanto sembra strano a me»
«Non volevo più innamorarmi, e invece mi sono innamorata di te». Gli fece scorrere il dito indice sulla guancia ruvida di barba.
«Te l’ho detto: sei un imprevisto», mormorò lui prima di baciarla di nuovo.
Non sembrava mai sazio.
Ben stava trasformando la premura in una passione alla quale nessuno dei due era pronto, ma che volevano accogliere, ricevere l’uno dall’altra. Ed era facile accettarla, perché quello che desiderava lui era quello che voleva anche lei.
Niente pensieri.
Niente perché.
Solo loro.
Claire gli parlava con gli occhi, con essi lo invitava, con le labbra lo accoglieva, con le braccia gli trasmetteva calore, e con il resto del corpo…non ancora.
«Cominciamo a suonare?»
Lei tirò un respiro. «Sì»
Non c’erano regole o aspettative, non c’era bisogno di dirsi niente, solo di agire nel modo che ritenevano più giusto.
Tutto sarebbe andato come doveva andare.

 
 
 
 
Rieccomi qui, cari lettori!
Abbiamo fatto un salto in avanti, gente:  cosa ne dite? Ho corso troppo nel finale e vi aspettavate qualcos’altro? Io mi sono detta: il bacio c’è stato, la dichiarazione pure…è ora di darsi una mossa e di entrare nel vivo della storia!
Aspetto i commenti!
 
Ringraziamenti:
 
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Come sempre, per sapere quando aggiornerò ancora Ben&Claire, passate sulle mie pagine facebook Susan TheGentle Clara e Chronicles of Queen, dove trovate anche gli aggiornamenti di "Night&Day" (fandom Narnia).
Direi che è tutto.
Spero di postare prestissimo un nuovo capitolo, se internet non mi fa dannare come è successo in questi giorni…
Grazie di cuore a tutti, vi adoro!!!
Un bacio grande,
Susan♥

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Capitolo 16
*** 16: Primo problema ***


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16. Primo problema
 
Tra curiosità e invadenza c’è differenza…
(e la rima non è voluta)
 
 
«Senti, è un po’ che ci stavo pesando» disse Ben un pomeriggio, seduto insieme a Claire accanto al fuoco, una tazza fumante di thè tra le mani. «Ti piacerebbe venire sul set del film, un giorno di questi?»
A volte, Ben faceva facce buffe e la faceva ridere, ma Claire non era da meno. In quel momento, la ragazza ne aveva una veramente assurda: gli occhi le erano diventati quasi più grandi di tutta la faccia.
«Sapevo che avresti reagito così. Ehi? Riprenditi»
«E’ quello che sto cercando di fare» Claire posò la tazza e lo fissò. «Veramente posso venire?»
«Certo che sì. Il nostro non è un set blindato. Ora che stiamo girando in esterno, alcune volte, la gente si ferma a vedere»
«Possono stare lì?»
«Sì, a patto che non disturbino le riprese»
«E io non disturberò?»
«Assolutamente no»
«Allora ok, vengo!» rispose Claire con entusiasmo «Se Joseph non ha bisogno per terminare le decorazioni…»
Ben si guardò attorno: le pareti dell’All the Perks erano ornate di ghirlande di agrifoglio, una più grande delle altre era appesa sopra il camino; decalcomanie di cristalli di neve abbellivano la vetrina, vari fiocchi e file colorate arricchivano il bancone, mentre una graziosa campanella tintinnava ogni qualvolta la porta del locale si apriva o chiudeva.
Non capiva cosa mancasse.
«Mi pare ci sia tutto»
«Ma come?!» esclamò Claire. «Manca la cosa più importante: l’albero di Natale!»
«Oh, certo!» fece lui. «Il tuo preferito»
«Già!»
«Ma servi per forza tu per fare l’albero?»
«No, non per forza»
«Allora, affare fatto?»
Lei annuì con decisione.
Fortunatamente, Joseph e Lory le lasciavano molta libertà. A volte lui storceva il naso, ma ci pensava sua moglie a mettere a posto le cose, dicendo: «Fino al novembre scorso abbiamo mandato avanti questo locale io e te da soli, non vedo che problema ci sia se ogni tanto regaliamo a Claire un po’ di tempo da passare insieme al suo Ben»
Il suo Ben…
In un certo senso era suo per davvero.
Stavano sempre insieme, più di prima, o almeno ci provavano.
Alcune mattine, lui arrivava al locale almeno mezz’ora prima del solito, e la sera se ne andava mezz’ora più tardi. Nonostante ciò, non trascurava mai gli impegni di lavoro.
Claire si chiedeva come riuscisse a fare tutto e a reggere quel ritmo frenetico.
Lei sarebbe diventata matta.
Ben le disse che quello non era niente confronto al periodo promozionale, con tutte le interviste, gli inviti a trasmissioni televisive e radiofoniche, le manifestazioni…
«Comunque, questa è una piccola produzione, è tutto molto informale, vedrai»
La mattina in cui la portò sul set, lui si recò come sempre all’All the Perks, fece colazione, e poi…
«Andiamo?» le disse, porgendole la mano.
Claire la strinse subito, annuendo emozionata.
«Poi mi racconti» le disse Lory, salutandoli con la mano.
Ben non era venuto solo come al solito: c’era un’auto che li aspettava fuori dal locale. Lui le aprì la portiera per farla salire sul sub nero guidato da un uomo ancora più nero.
Immediatamente, Claire si sentì in soggezione. Ma l’uomo si voltò indietro per salutarla con uno sorriso amichevole.
I due ragazzi presero posto sul sedile posteriore.
Ben le prese una mano. «Nervosa?»
Lei tirò un respiro. «Sì, un po’»
«Non devi. Ricordi quando mi hai detto che per te sono una persona normale? Adotta la stessa filosofia con le persone che incontrerai oggi»
«Ci proverò»
«Spero non ti annoierai, più che altro»
«Annoiarmi?» Claire lo fissò incredula. «Non succederà, te l’assicuro! Hai detto che le riprese sono in esterno, vero?» chiese lei, continuando a fare domande di ogni tipo, incapace di fermarsi.
«Sì. Dovremmo terminare tra un paio di settimane, poi iniziamo con gli interni»
«Scusami, non la smetto più di parlare» si rimproverò Claire.
Ben le sorrise. «Adoro il tuo entusiasmo, non sai quanto»
 
 
 
C’erano almeno cinquanta persone sul set, tra attori, comparse, operatori, assistenti, eccetera…
Claire si sentiva un pesce fuori d’acqua, ma con Ben accanto imparò presto a respirare a pieni polmoni in quel mare sconosciuto.
Lui le tenne una mano sulla schiena mentre raggiungevano la troupe, sospingendola gentilmente avanti, tranquillizzandola con una carezza gentile.
Quasi subito, una ragazza dai tratti orientali e un paio di occhiali venne loro incontro.
«Ciao, Ben»
«Ciao. Claire lei è Aylie, una dei segretari di produzione»
Questa porse la mano. «Piacere. E’ lei la visitatrice di oggi?»
Ben annuì. «Sì, è lei. Puoi procurarle un pass?»
«Già fatto» Aylie mostrò ciò che aveva in mano: un cartellino giallo con attaccato un cordoncino bianco.  
«Sei grande, Aylie, grazie»
«Ieri hai detto che quest’oggi sarebbe venuta una tua amica e non mi sono fatta trovare impreparata»
«Ti ringrazio» disse Claire, passandosi il cordoncino intorno al collo.
La ragazza l’aveva chiamata ‘un’amica di Ben’.
Sì, il termine non era sbagliato, però Claire pensò che le sarebbe piaciuto essere considerata la sua ragazza.
Perché lo era, giusto?
Sì….
No…
Più o meno…
Forse…
Ma c’era da tener conto della riservatezza di Ben, e Claire era straconvinta che lui non avesse proferito mezza parola su di loro. Bene, non avrebbe detto nulla nemmeno lei.
Non le dispiacque quella prospettiva: gli affari suoi e di Ben erano affari suoi e di Ben.
Bello, una relazione segreta!
«Dovesti andare subito a preparati» continuò Aylie, rivolta proprio a lui.
«Certo». Ben fece un’altra breve carezza sulla schiena di Claire. «Ti devo già lasciare, mi aspettano truccatori e costumisti»
«Non preoccuparti, io mi metto in un angolino zitta zitta e ti guardo»
Ben le strinse velocemente una mano. «Aylie, te l’affido»
«Vai tranquillo, ci penso io»
«A dopo, bimba»
«A dopo. Buon lavoro»
Claire lo guardò allontanarsi e all’improvviso si sentì sperduta. Sapeva di non poter stare tutto il giorno vicino a lui, ma il pensiero di essere in mezzo a un branco di sconosciuti le provocò un nuovo moto d’ansia.
«Com’è che ti ha chiamata?» fece Aylie.
«Cosa? Oh, sì, è il mio soprannome»
«Che cosa carina… Sei la sua ragazza?»
Claire restò immobile senza sapere come rispondere. «Usciamo insieme»
Aylie non s’impicciò oltre. «Capisco…Dai vieni, ti faccio fare un giro prima dell’inizio delle riprese»
Claire le fu molto grata. Se non ci fosse stata quella ragazza, non avrebbe proprio saputo da che parte voltarsi, nel vero senso della parola.
Aylie le fece conoscere un po’ di persone, dal tecnico del suono alla regista.
Ben aveva avuto ragione: l’atmosfera sul set era molto rilassata. Per quanto le sembrasse ancora strano essere lì, mitigò pian piano il senso di agitazione, mettendosi seduta su un muretto accanto a Aylie mentre le riprese cominciavano.
Guardare Ben recitare fu un’emozione indescrivibile.
Era entrata in contatto con il suo mondo, ora più che mai.
Forse sarebbe stato solo per quel giorno, per poche ore, ma non importava.
L’adrenalina le salì in corpo quando venne battuto il primo ciack.
Anche lui si sentiva così? Era quella la sensazione che Ben le aveva descritto più volte durante le loro interminabili chiacchierate?
Per quel che la riguardava, era emozione allo stato puro.
Fu coinvolta in maniera totale.
Appena ebbe un attimo di tempo, Ben la raggiunse. «Allora, cosa te ne pare?»
«Sei straordinario! Mi hai emozionata!»
Lui sorrise. «Grazie, ma io intendevo come ti sembra il set»
«Oh…Bè, è strano essere qui, ma mi piace. Fin ora sono stati tutti gentilissimi»
«Te l’avevo detto che non dovevi preoccuparti di nulla»
Si fissarono per un momento.
Lui avrebbe voluto chinarsi e darle un bacio, ma non poteva. Anzi, non voleva e non doveva. Non gli andava che tutti sapessero cosa lo legava a Claire. A chi glielo aveva chiesto, aveva risposto che era una sua amica, nulla di più. Sperò vivamente che lei non ne avesse a male per questo.
«Ma guarda chi c’è!» esclamò poi una voce.
Claire si voltò e sorrise a Katherine. «Ciao»
«Che bella sorpresa, cara!» Kate diede di gomito a Ben. «Mi chiedevo proprio quando ti saresti deciso a portarla qui, sai?»
«Me l’ha chiesto un paio di giorni fa» puntualizzò Claire.
«Hai fatto davvero bene a venire. Come ti trovi? Sono stati gentili?»
«Sì, lo stavo dicendo anche a lui: tutti molto gentili, grazie»
«Immagino sarai emozionata alla prospettiva di vedere il nostro Ben all’opera, vero?»
«Moltissimo. Ma lui è fantastico»
Katherine non si perse il nuovo sguardo che i due si scambiarono: lei praticamente adorante e lui cotto a puntino.
«Aahh, voi due…»
I ragazzi la guardarono senza capire.
«Noi cosa?» chiesero in coro.
Katherine sorrise. «Niente, niente…»
 
 
 
Per pranzo mangiarono un panino al volo preparato dal catering dello staff.
Claire si adeguò benissimo alla cosa e non si lamentò mai.
«Non sempre abbiamo tempo di andare a pranzo da qualche parte» le spiegò Ben, mentre prendevano un thè in un piccolo bar. «A volte mangiamo nelle roulotte, lo staff si siede anche sul marciapiede. Bisogna adattarsi un po’, ma il bello sta anche in questo: è un’avventura diversa ogni volta»
Claire, i gomiti appoggiati sul tavolo, le mani intrecciate, il mento posato su di esse, lo fissava con dolce fierezza.
«Posso dirti una cosa anche se te l’ho già detta?»
«Cosa?»
«Ti adoro, Ben»
Lui si mosse sulla sedia, leggermente imbarazzato.
La fissò. Lei fissò lui.
Poi, entrambi si misero a ridere.
«Ok…sembriamo due ragazzini idioti» commentò Ben.
«Sì, è vero. Scusami»
Lui le prese la mano. «Amo la tua spontaneità. E’ una delle cose che preferisco di te»
«Davvero?»
«Indiscutibilmente sì. Non ti nascondi dietro perifrasi e gesti controllati»
Lei mosse il pollice sulle lunghe dita di lui. «Volevo dirti una cosa»
«Dimmi»
«Stamattina, Aylie mi ha chiesto se sono la tua ragazza e io non ho saputo bene come risponderle. So che tu sei un tipo a cui non piace parlare di sé, per cui le ho detto solo che usciamo insieme. Sono rimasta sul vago, ho fatto bene?»
«Hai fatto benissimo. Sai, anche a me hanno rivolto parecchie domande sul tuo conto»
Claire scattò sull’attenti. «Ah sì?»
«Sì, e spero tu non ci rimanga male se ho risposto che sei solo un’amica»
Lei scosse il capo. «No, va bene»
Ben tirò un breve sospiro. «Sicura?»
«Sì, certo. So che non dev’essere facile mantenere privata la tua vita dietro i riflettori, e posso solo immaginare quanto può essere irritante vedersi paparazzati su un giornale di gossip»
D’un tratto, Ben fece una cosa che lei non si aspettava: si portò la sua mano alle labbra e ne baciò il dorso, le dita.
«Grazie, Claire»
«D-di cosa?»
«Di essere così comprensiva»
«Mi sembra il minimo. Inoltre, credo che nemmeno a me piacerebbe»
Lui la guardò, ancora incerto. «Quindi va bene se non lo diciamo a nessuno?»
«Va benissimo. E poi mi piace l’idea: ha un non so che di romantico...» Claire fece un sospiro sognante.
Ben rise, poi diede una rapida occhiata all’ora. Era quasi il momento di tornare al lavoro.
Pagarono e uscirono dal bar, incamminandosi lungo la strada per tornare al set.
«Resti fino alla fine delle riprese, vero?» le chiese lui.
«Certamente!»
«Non devi andartene?»
«Anche se dovessi, non lo farei. Voglio stare qui con te»
Una frase semplice che conteneva un profondo significato.
Ben la prese per un braccio, attirandola a sé gentilmente, ma solo per abbracciarla.
«Niente baci in pubblico, vero?» fece Claire, la voce soffocata dal giaccone di lui.
«Meglio di no. Potrebbe esserci qualche giornalista in agguato»
«Dove, dietro i bidoni dell’immondizia?»
«Forse. Non hai idea di dove possono nascondersi»
Claire lo guardò. «Dici sul serio?»
Ben annuì. «Il lavoro di Aylie consiste anche in questo, infatti: lei e gli altri segretari di produzione si occupano di bloccare l’accesso alle riprese a persone esterne alla troupe, in modo che non possano disturbare. Giornalisti e fotografi sono compresi, a meno che non sia la produzione a chiamarli»
«Ed è mai successo che qualcuno si sia intrufolato?»
«A me mai, ma so di paparazzi che sono riusciti ad entrare in set blindatissimi»
«Accidenti…»           
Mano nella mano, ripresero a camminare.
«Stasera ceni con me?» le chiese ancora Ben.
«Mi piacerebbe»
«Da me?»
A lei si illuminò il viso al pensiero. Annuì con un gran sorriso.
«Ben, sbrigati!» chiamò la voce di Tyler in quel preciso momento.
«Non sono in ritardo» protestò il ragazzo.
«Non importa, devi tornare al trucco prima di ricominciare, lo sai»
«D’accordo, scusami». Ben lasciò la mano di Claire, facendole un sorriso prima di correre via di nuovo.
Lei tornò nel suo angolino, tranquilla, chiacchierando con Aylie.
Si sentì osservata e voltò lo sguardo intorno per capire chi la stesse fissando.
Purtroppo, non era Ben.
Era Tyler.                         
Claire fece finta di nulla. Ma quando Aylie si allontanò, il manager si avvicinò e le si mise accanto, apparentemente indifferente.
«Non ha mai portato una ragazza sul set, prima» le disse all’improvviso.
Claire gli rivolse un’occhiata incerta. «Cosa?»
«Ben non aveva mai chiesto a nessuna delle ragazze che ha frequentato di venire sul set»
Un’immensa contentezza s’impadronì di lei.
Era vero?
«Tu e Ben uscite insieme?»
«Qualche volta» rispose Claire, sfuggente.
«Viene sempre a trovarti al locale dove lavori, vero?»
«Sì»
«Da quant’è che vi frequentate?»
Quante domande… «Ci conosciamo da poco più di un mese»
«Sei la sua ragazza?»
«No» mentì lei rapidamente.
E poi lo era? Realmente lo era?
«Quindi non ci vai a letto?»
Claire sussultò.
Cosa???
No!
Cioè non…ancora…
Claire distolse lo sguardo, a disagio. Non capì se Tyler glielo aveva chiesto solo per metterla in imbarazzo o che altro. In ogni caso, lui sorvolò e cambiò argomento.
«Sei una sua fan, vero?»
«S-sì»
«Vuoi fare l’attrice?»
«Io? No». Confusa, Claire gli lanciò uno sguardo di sfuggita. «Non penso di saper recitare»
Se mi fa ancora una domanda – una! – giuro che lo mando a quel paese, non mi frega se sono maleducata.
Tyler fece un sorrisetto antipatico. «Ah, meno male. Credevo fossi una di quelle ragazze che frequentano gli attori solo per trovare agganci»
«Non sto con Ben perché è famoso»
Tyler la fissò con insistenza.
Mannaggia alla mia linguaccia…
Le era scappato, non era proprio riuscita a trattenersi.
«Senti, io non so cosa c’è tra voi» riprese il manager, «ma so che Ben è un tipo che vive ogni esperienza con passione, e ho notato che lo sta facendo anche con te. Si fa in quattro per vederti tutti i giorni, ma scommetto non ti ha detto che a volte rischia di arrivare in ritardo sul set perché rimane al tuo locale a chiacchierare più del dovuto, o si dimentica un’intervista via chat perché deve portarti fuori»
Claire rimase basita, e in silenzio.
«Non te l’ha detto, vero?»
Lei scosse il capo, puntandolo lo sguardo su Ben.
«Bè, ora lo sai»
Era vero? Trascurava i suoi doveri per lei?
Avrebbe dovuto farle piacere, ma non fu così.
Piano, si rivoltò verso Tyler. «Di cosa mi starebbe accusando di preciso?»
«Di deconcentrarlo»
«Quindi dovrei lasciarlo perdere perché senza me in torno lavorerebbe meglio?»
«Non ho detto questo»
«No, certo…»
«Senti, mi sembri una ragazza intelligente…»
Mi sembri? Ti sei sprecato…
«…per cui voglio essere franco: non ho niente in contrario se vi frequentate per un po’» precisò Tyler, «però non voglio che Ben abbia un colpo d’arresto proprio adesso»
«Io non voglio ostacolare Ben!» cercò di difendersi lei.
«Allora non portargli via ore preziose. Ha lavorato sodo per arrivare dov’è adesso, e non gradisco che questa distrazione per la vostra relazione passeggera possa nuocergli in qualche modo»
Claire non trovò il modo di replicare, tanto violento fu l’effetto di quelle ultime frasi.
 
 
 
Terminate le riprese, alcuni membri della troupe si riunirono come sempre in un pub lì vicino per bere una birra, organizzandosi poi per la cena: c’era chi usciva a mangiare in qualche ristorante, chi tornava in albergo.
Ben e Claire furono tra questi ultimi.
Ordinarono pizza e se la fecero portare in camera di lui.
Seduti sul divano, parlarono della giornata trascorsa insieme, ma Ben capì che c’era qualcosa che non andava.
«Tutto bene?» le chiese.
«Sì, perché?»
«Niente. Sembri pensierosa»
Sì, lei aveva la testa piena di parole che l’avevano irritata, mortificata e ferita, ma non voleva essere motivo di discussione tra Ben e il suo agente, per cui rimase indecisa se raccontargli o meno della conversazione avuta con Tyler.
Era davvero così stupida da credere che Ben tenesse a lei più che al suo lavoro?
Sì, lo credeva, specialmente dopo la sua splendida dichiarazione.
Le aveva detto che pensava sempre a lei, che non riusciva a smettere...
Ma questo gli aveva provocato ritardi e dimenticanze.
Ben le mise un braccio attorno alle spalle, attirandola vicina.
«Perché mi guardi?» chiese lei, appoggiandosi a lui.
«Perché penso che oggi non sono ancora riuscito a baciarti»
Lei sorrise e socchiuse gli occhi.
Il braccio di lui scivolò dalle spalle alla schiena, l’altra mano corse a sfiorarle il viso.
Le aprì piano, dolcissimamente, le labbra con le sue. Le diede un bel bacio, che si fece prima lungo e poi profondo.
Claire gli infilò le mani tra i capelli, e quando si separarono continuò a coccolargli la nuca con dita leggere.
Tyler aveva preso un abbaglio: non era lei che distraeva Ben, ma Ben che distraeva lei. Le mandava in fumo il cervello.
Si strinse a lui, sollevando le gambe sul divano, la testa sul suo petto.
Era bellissimo stare anche solo così.
Ben piegò la testa di lato, cercando lo sguardo di lei. «Che hai, bimba?»
«Niente» Claire sospirò a labbra strette, poi si sforzò di assumere un’espressione serena. «Mi piacerebbe tanto poter passare ancora una giornata come questa, stare con te dalla mattina fino a sera, però so che non possiamo: io ho il mio lavoro e tu non devi assolutamente trascurare il tuo»
Lui l’allontanò un poco, la fronte contratta.
Quelle parole gli erano familiari.
«Se ci rifletti bene, in somma ci vediamo solo per poche ore al giorno» continuò lei
Ben le accarezzò ancora la schiena. «Vorrà dire che cercheremo di aumentare il numero di queste ore».
Claire fece un breve sorriso, poi si raddrizzò un poco. «Se avessi dei problemi e non potessimo vederci, me lo diresti, vero?»
Lui la fissò dubbioso.
Lei riprovò, più diretta. «Ben, io ti distraggo?»
«Sì»
Claire si mosse, nervosa. Ma il sorriso di lui la calmò.
Sospirò di nuovo, abbracciandolo.
Lui ricambiò la stretta. Con gentilezza l’allontanò da sé e la guardò attentamente. «Dai, dimmi cosa c’è»
Lei non avrebbe voluto dirgli nulla ma non ce la fece. «Oggi ho parlato con il tuo agente»
Ben gettò la testa all’indietro. «Lo sapevo…»
«Lo sapevi?!»
Ben fece un sorriso obliquo. «Quello che hai appena detto mi ha ricordato un discorso che ho fatto con lui qualche giorno fa»
Claire abbassò la testa. «Non voglio che trascuri i tuoi impegni per stare con me. Tu adori recitare, e…»
«E adoro stare con te» le disse lui con voce dolce, perdendole la testa fra le mani, baciandole il viso. «Le due cose sono conciliabili, non sei un ostacolo. Non pensarlo neanche»
Claire chiuse gli occhi, le labbra di lui premute sulla guancia. «Non volevo dirtelo. Di Tyler, intendo. Non voglio che discuti con il tuo agente»
«No, tranquilla» Ben le baciò il naso, ancora la guancia, poi la guardò. «Gli ho già detto di non impicciarsi, ma da un orecchio non ci sente mai troppo bene. Sai, non è la prima volta che io elui discutiamo su qualcosa, soprattutto quando ficcanasa negli affari miei. Tempo fa sono uscivo con una che…». Ben si fermò di colpo, aprendo le labbra in un mezzo sorriso. «Bè, non credo ti interessi»
Claire arricciò il naso. «Non impazzisco dalla voglia di conoscere i nomi di tutte le ragazze che hai avuto, questo è sicuro»
Ben ridacchiò.
«Però…» lei si mosse, a disagio. «Tyler ha detto una cosa… Sinceramente non so se credergli, ho pensato che non era da te comportarti in quel modo, ma il pensiero che sia vero…»
«Cioè?»
«Ha detto che una volta sei arrivato tardi sul set, e un’altra hai mancato un’intervista perché eri con me»
Ben corrugò la fronte. «Non sono mai arrivato tardi…a meno che non intendesse quella volta in cui sono rimasto bloccato nel traffico. In effetti ero appena venuto via da te, ma non è colpa tua se ho tardato»
«E l’intervista?»
«Ne ho mancata una, ma soltanto perché ero a letto con l’influenza. L’abbiamo posticipata alla prossima settimana»
«Allora mi ha detto una balla?!» si alterò lei, scattando a sedere dritta, piegando le gambe sotto il corpo. «Ma perché?»
Ben sospirò, posando un braccio sullo schienale del divano, la testa poggiata alla mano. «Perché è un cretino»
Claire trattenne un sorriso.
«No, ridi pure, è vero. E’ un buon manager, ma a volte è un rompicoglioni coi fiocchi»
Lei non si frenò stavolta, e rise.
Ben la seguì poco dopo. «Lascia perdere quel che dice Tyler, per favore»
«No che non lascio perdere! Ci sono rimasta malissimo»
«Immagino. E’ uno che le cose te le dice in faccia»
«Sì, me ne sono accorta» Claire incrociò le braccia al petto, offesa. «Mi ha fatto il terzo grado, e ha pure insinuato che vengo a letto con te perché voglio dei favori in cambio!»
Anche Ben ebbe uno scatto e raddrizzò il busto, come lei. «Cosa?!»
«Cioè, è pazzesco! Io non potrei mai…»
«Non te l’ha detto veramente?»
«Sì»
«Ma…»
«E’ stato imbarazzante».
Si fissarono negli occhi per un secondo, quello successivo si erano già voltati altrove.
Non erano ancora arrivati a quello.
Claire rimase nella posizione di prima, rannicchiata sulla poltrona, mentre Ben piegò la schiena in avanti, posando le braccia sulle ginocchia.
«Ben?»
Lui si voltò.
Lei non disse niente. Non sapeva nemmeno perché lo aveva chiamato. Forse perché voleva che la guardasse ancora.
Voleva...i suoi occhi su di lei.
E anche altro.
Gli fissò le mani, le sua mani grandi, dalle dita lunghe, pensando per un momento come sarebbe stato se…
«Sei sicuro che non ci siano problemi per quello che ha detto il tuo manager?» disse poi.
«No, nessuno»
Lei sorrise. «Posso essere la tua piccola distrazione personale, allora?»
Ben allungò le braccia per catturarla per la schiena. «Assolutamente sì»
Il nuovo bacio fu calore e morbidezza, prima delicato, poi più intenso, avvolgente.
Claire allacciò di nuovo le braccia attorno al suo collo. Quando lo faceva, non c'era più spazio tra loro e quello era il bacio che lei amava maggiormente fra tutti.
Sentì il fruscio del maglione di lui contro la propria maglia, un braccio che la teneva per la vita, l’altra mano che s’infilava tra i suoi capelli e poi sul viso.
A Ben piaceva così. Aveva notato che le prendeva sempre il volto tra le mani quando la baciava, e lei lo adorava.
Lo accarezzò sulle spalle, sentendo il primo vero sospiro arrivare.
Tentando di sedersi meglio, Ben le sollevò involontariamente un lembo di maglia sulla schiena. Non pensò e portò le dita sotto, sulla pelle, solo un poco.
Ma quel tanto per farla rabbrividire.
«Meglio che vada o si farà troppo tardi» disse lei, mostrandogli un sorriso nervoso.
«No, resta» Ben non la lasciò andare, baciandola di nuovo.
«Sono già le undici» cercò di protestare Claire, debolmente.
Riuscì a trovare un po’ di autocontrollo per posargli una mano sul petto, gentilmente.
Gli sorrise ancora. «Domani mi alzo presto»
«Così presto?»
Lei rise. «Sì»
Ben la fissava con occhi…quasi languidi.
Te lo stai immaginando…
Claire gli sfiorò la bocca con le labbra un’ultima volta. «Mi accompagni?»
A malincuore, lui annuì.
«Comunque» fece lei alzandosi. «Nemmeno tu devi pensare troppo a quello che dice il tuo agente. Voglio dire, n-non verrei mai a letto con te solo per avere un po’ di fama»
Lui trattenne il fiato. «Lo so. Non sei proprio il tipo»
Lei annuì. Gli prese la mano, rossa in viso.
Ben le passò un dito sulla punta del naso, sorridendole dolcemente. «Ora andiamo, altrimenti ti costringo davvero a restare»

 
 
 
Cari lettori, i miei ritardi sono ormai all’ordine del giorno, lo sapete, e per quanto mi dispiaccia a volte non dipende da me. Ho ancora problemi con internet…
Comunque, non volevo lasciarvi senza qualcosa proprio il giorno di uscita de “Il Settimo Figlio” , per cui eccovi un capitolo bello lunghetto dei nostri Ben&Claire! E’ quasi tutto incentrato sui pensieri di lei, il prossimo sarà su quelli di lui ;) Iniziano i problemi, per ora di poco conto, ma pur sempre problemi.
Fatemi sapere cosa ne pensate!

 
Ringraziamenti:
 
Per le seguite: 
All In My Head, AmeliaRose, apologize, Cecimolli, ChibiRoby, Fantasy_Heart, Fra_STSF, Halfblood_Slytherin, HarryPotter11, JLullaby, Nadie, nuria elena, Queen_Leslie, SerenaTheGentle, Shadowfax, soffsnix, SweetSmile WikiJoe, _joy, _likeacannonball_, _LoveNeverDies_
 
Per le ricordate: Fra_STSF, Halfbood_Slytherin, Suomalainen
 
Per le preferite: battle wound, Bella_babbana, Blackpanda96, Christine Mcranney, Fantasy_Heart, Fra_STSF, jihan, Medea91h, Occhi di ghiaccio, Stefania1409 _likeacannonball
 
Per le recensioni dello scorso capitolo: Cecimolli, Fantasy_Heart,  Milkendy,  Shadowfax, _joy
  
Come sempre, per sapere quando aggiornerò ancora Ben&Claire, passate sulle mie pagine facebook Susan TheGentle Clara e Chronicles of Queen, dove trovate anche gli aggiornamenti di "Night&Day", fandom Narnia.
Grazie di cuore a tutti!!!
Un bacio gigante,
Susan♥

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Capitolo 17
*** 17: Sogni ***


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17. Sogni
 
Non è la prima volta che ti nascondo ciò che provo,
ma è la prima volta che tu mi parli con l’anima.
 
 
 
La campanella appesa alla porta tintinnò allegramente quando Ben varcò la soglia dell’All the Perks il mattino seguente.
Salutò subito Lory che stava servendo un caffè al tavolo più vicino.
«Si gela stamattina» commentò lui, togliendosi il berretto di lana.
«Siamo a meno dodici, oggi»
L’uomo seduto al tavolo dispiegò meglio il giornale che stava leggendo. «Stando a quanto c’è scritto qui» si intromise, «stanotte la temperatura scenderà ancora di un paio di gradi»
«Speriamo non si ripetano i disagi dell’anno scorso, o sarà un guaio» commentò ancora Lory, lanciando un’occhiata alle spalle di Ben dove qualcuno si stava avvicinando di soppiatto.
«Claire dov’è?» domandò il ragazzo poco dopo.
«Claire…» fece Lory, mentre quel qualcuno le faceva segno di tacere. «Uhm…non so…»
In quell’istante, la vista di lui si oscurò. Due mani erano spuntate dal nulla a coprirgli gli occhi.
Ben sorrise, mentre udiva anche la risatina di Lory.
«Ciao, baby»
«Come fai a sapere che sono io?» disse la voce di Claire, facendogli il solletico sul collo.
«Perché solo tu fai queste cose»
«Quali cose?»
Ben le prese le mani, scostandole dai propri occhi e voltandosi. «Darmi il buongiorno in questo modo»
Claire fece un sorriso più ampio e lo abbracciò. «O mi prendi così o niente»
Ben ricambiò l’abbraccio e lei gli diede un bacio veloce.
Rimasero un istante fermi all’entrata del locale, finché la porta non si aprì facendo suonare di nuovo la campanella e portando dall’esterno una raffica gelata di vento.
«Spostiamoci» disse Claire, afferrandogli la mano. «Ostruiamo il passaggio»
Ben la seguì verso il bancone, occupando il solito sgabello. Lei si portò dietro, iniziando a preparagli la colazione.
«Oggi sarà dura sul set» gli disse, spingendo la tazza di cappuccino verso di lui insieme a un piatto di uova strapazzate e bacon.
Ben iniziò a mangiare. «Per il freddo? No, non sarà un problema. A meno che non si metta a nevicare»
Claire poggiò le braccia sul banco. «Se nevica interromperete le riprese?»
Ben annuì, prendendo un sorso di cappuccino.
«Io ho sentito che potrebbe ricominciare a nevicare stanotte, quindi, penso non avrai problemi oggi» disse ancora lei.
«Lo spero vivamente»
Claire si voltò verso la vetrata principale. I passanti si tiravano le sciarpe fin sopra il naso, o stringevano i colletti dei cappotti per ripararsi meglio dalle folate di vento che si alzavano forti e improvvise.
«Di sicuro, sarà un Natale gelido»
Al commento di lei, una specie di campanello d’allarme risuonò nella testa di Ben.
«Mancano appena dieci giorni, ci pensi?» disse, posando coltello e forchetta.
Claire tornò a guardarlo. Proprio come lui, aveva l’aria di chi si è appena reso conto di qualcosa cui non aveva minimamente pensato prima.
Natale voleva dire salutarsi. Solo per qualche giorno, ma...
«E’ vero» disse lei. «Dieci giorni soltanto. Quasi non me ne sono accorta. Dev’essere stata colpa di tutte le novità che sono accadute da quando sono qui»
Ben le sorrise. Si riferiva anche a lui, lo sapeva senza che glielo dicesse.
Poi, una domanda sorse spontanea.
«Che fai per Natale, Claire? Torni a casa?»
«No, rimango qui»
La risposta di lei lo sorprese. «Non torni in Italia?»
La ragazza scosse il capo. «Sai, da quando Lory si è trasferita negli Stati Uniti, lei e la sua famiglia sono venuti ad un accordo per le festività: visite alterne. Un anno Lory e Joseph vanno in Italia, un anno vengono i parenti qui in America. Quest’anno tocca a loro venire, così mia madre e le mie sorelle hanno pensato di aggregarsi»
«Sarai molto contenta, allora»
«Moltissimo!». Claire lo fissò un istante. «E tu che fai per Natale? Vai a Londra?»
«Sì, torno qualche giorno dai miei»
Lei annuì.
Giustissimo, pensò. Natale si passa con la famiglia. Niente da discutere. Sarebbe stato così per milioni di persone in tutto il mondo e sarebbe stato così per loro.
Però…
Non vedere Ben seppure per pochi giorni…
«Quanto starai via?»
Lui sorrise appena. «Ti mancherò?»
«Sì» fu il sussurro di lei.
Occhi scuri e sinceri lo fissarono, un velo di incertezza ad offuscare la loro naturale limpidezza .
Ben allungò il braccio attraverso il bancone e le afferrò la mano. Le accarezzò il polso, lentamente, intrecciando le dita alle sue, lasciandole andare, ricominciando da capo. Ogni tocco era una piccola scossa elettrica.
«Io ti mancherò?» chiese Claire a sua volta, esitante, giocherellando con le sue dita.
Ben la fissò negli occhi. Le sarebbe mancata in un modo che non poteva sapere.
Non le rispose a parole. Invece si alzò, allungando la mano libera dietro la sua nuca. Con una pressione decisa ma gentile portò il viso di lei verso il proprio. Sentì il suo respiro accelerare un secondo prima di baciarla.
Non un bacio lungo, ma così intenso che…
Claire sospirò di nuovo quando le labbra si disgiunsero con un suono umido. Ben le accarezzò il collo, osservando l’espressione di dolce smarrimento dipinta sul suo volto. Le passò le dita tra i capelli, restando in piedi davanti a lei, soltanto il bancone a separarli.
Cosa avrebbe dato perché fossero soli e non circondati da tutta quella gente. Soli, in camera sua. Non riusciva a non pensare a come sarebbe stato averla accanto nel mattino, svegliarsi con lei, vederla aprire gli occhi.
Non sapeva esattamente da quando aveva iniziato a pensare a lei in quel modo. Il desiderio era nato con naturalezza. Era successo tutto così in fretta che non capiva il perché di nulla, nemmeno di quello che provava. Ormai vi aveva completamente rinunciato. Sapeva solo che adesso, oltre ai baci e agli abbracci, ambiva un contatto ancor maggiore.
Non gli era mai successo. Non così tutto e subito.
Un mese soltanto. Un mese per incontrarla, conoscerla e desiderarla tanto da non saperselo spiegare.
La verità era che Claire lo aveva stregato, incantato con quel suo fascino da bambina e donna insieme.
Si domandò ancora una volta se nella vita era possibile innamorarsi di una persona senza neanche conoscerla.
Poco dopo, ricominciò ad accarezzarle il dorso della mano con il pollice.
«Perché non vieni a Londra con me?» le chiese all’improvviso.
La vide sbarrare gli occhi dallo stupore.
Lui sorrise appena. «No, sto scherzando» aggiunse in fretta. «E’ giusto che tu stia con i tuoi»
L’adrenalina che si era impadronita di Claire durante il bacio, diminuì piano piano per lasciare spazio a un leggero senso di insoddisfazione.
Ovvio che scherzava. Cosa si aspettava? Credeva veramente che Ben, come lei, si sentisse tanto ansioso al pensiero di non vederla per qualche giorno da spingerlo a chiederle di passare le festività con lui?
Sogna, mia cara…
Era proprio senza speranza. Forse, un po’ di lontananza le avrebbe fatto bene. L’avrebbe aiutata a…
A fare cosa, esattamente?
A prendere coscienza del rapporto vero e proprio che c’era tra lei e Ben. Un rapporto che ancora non aveva un nome. Definirlo storia d’amore era decisamente troppo. Fidanzati…no, figuriamoci. Definirsi ragazzo e ragazza…forse…
In fin dei conti, lui le aveva pur detto di stare innamorandosi di lei. O no?
Però… concretamente che cos’era lei per Ben? E lui cos’era per lei?
Stavano vivendo il momento o potevano andare oltre?
«Non credere di essere l’unica a pensarci» riprese lui poco dopo.
Claire sbatté le palpebre. Si era persa.
«A cosa?»
«A che…» Non ti vedrò e non potrò toccarti e parlarti. «A che spezzeremo la nostra piccola routine» mentì lui.
Claire alzò le spalle come per liquidare una questione di poca importanza. «Sarà solo per pochi giorni. Poi ritornerai qui, no?». Sorrise, tentando di non far trasparire quel che provava davvero.
«Sì». Anche lui sorrise. «Sì, certo che torno»
«E allora dov’è il problema?»
Già, dov’era il problema?, pensò Ben. Pochi giorni soltanto. Non era un addio, sarebbe tornato, doveva finire di girare il suo film. Tuttavia…
«Claire?» chiamò Joseph in quel momento.
Lei e Ben si voltarono verso la cucina. Lui le lasciò la mano.
Joseph venne verso di loro piegando un foglietto a quadretti. «Correresti da Mike a prendere un paio di cose che mi sono scordato? E’ piuttosto urgente»
«Certo» rispose Claire, prendendo il foglietto che Joseph le porgeva.
«Questa è la lista»
«Non erano un paio di cose?»
«Forse più di un paio. Fai in fetta, per favore»
«Va bene, vado subito».
«Brava, grazie. Ciao, Ben. Scusa, siamo un po’ presi»
«Nulla» rispose educatamente il ragazzo.
Joseph ritornò in cucina e Ben osservò Claire infilare il cappotto.
«Ti accompagno in auto?»
«No, non serve. Finisci di mangiare»
«Ho finito. Dai, ti porto in auto»
«Non c’è bisogno dell’auto. Il minimarket è qui sull’angolo. Ci sei già stato una volta, te lo ricordi?»
Ben aggrottò la fronte per un secondo. «Oh, sì! Dove c’era quell’uomo che ti chiamava Caroline?»
Claire sorrise. «Sì. Mike»
«D’accordo, allora andiamo»
Lei lo precedette fuori dal locale, felice che lui volesse stare con lei ancora per un poco. Gli afferrò la mano, trascinandolo dietro di sé.
«Non farai tardi sul set?»
«Ho ancora qualche minuto»
Mentre camminavano a passo sostenuto verso il fondo della strada, Claire non gli lasciò mai la mano. Ben fece lo stesso.
«E’ bella Londra durante le feste?» chiese lei dopo poco.
«Oh sì, è stupenda. Diventa quasi magica. Magica davvero, intendo. Non sei mai stata a Londra?»
«Una volta sola, ma ero piccola e non mi ricordo quasi nulla. Mio padre diceva sempre che gli sarebbe piaciuto viverci»
«Ma a te avrebbe dato fastidio la pioggia» osservò Ben.
«E’ vero, non amo molto la pioggia. Ma credo che per Londra farei un’eccezione»
Perché – pensò Claire – non gli aveva risposto sì quando l’aveva invitata a passare le feste a Londra? Semplice: perché era convinta che lui stesse scherzando. Ne aveva avuto la conferma dalla sua stessa voce un attimo più tardi, o no?
Lui scherzava. Certo che scherzava!
Eppure era sembrato così serio, poco fa…
Ma ormai il momento era passato e aveva perduto l’occasione. Inutile stare a rimuginarci sopra.
Gli strinse il braccio, appoggiandosi a lui mentre camminavano. «Fai tante belle foto e poi mandamele, d’accordo?»
Ben sorrise. «D’accordo»
Arrivarono al minimarket, dove Claire acquistò ingredienti in abbondanza per dolci e farciture. Mentre il signor Mike spariva tra gli scaffali, il commesso del negozio si avvicinò timidamente al banco davanti al quale Claire e Ben stavano in attesa.
«Ciao, Claire»
«Ciao, Jason»
Il ragazzo posò lo scatolone che aveva in mano, iniziando a sistemare snack di vario tipo nell’espositore accanto alla cassa. Scoccò un’occhiata in tralice a Ben.
Quest’ultimo lo osservò a sua volta. Il ragazzo portava i capelli castani chiaro sulle spalle, una lunga frangia che gli ricadeva sugli occhi; vestiva con jeans larghi e scoloriti e maglia extralarge.
«Tutto bene al locale?»
«Sì, tutto ok» rispose Claire. «Si lavora parecchio»
Jason arrossì. Lanciò una nuova occhiata a Ben e si fece cupo. «Hai…hai programmi per questo weekend? Potremmo andare fuori. C’è un film al cinema che penso potrebbe piacerti»
Ben si mosse nervosamente al fianco di Claire.
Lei sorrise gentilmente al commesso. «Non credo di poter venire, mi spiace»
«Ah…Capisco». Terza occhiata a Ben.
Lui aggrottò la fronte. Che problema ha sto tizio?
Soprattutto…ci stava provando con Claire! E la cosa non gli piacque per niente.
«Sarà per un’altra volta, allora» insisté Jason.
«Vedremo»
Mike fu presto di ritorno con la merce. La mise in due buste di plastica, diede il resto a Claire e salutò sia lei che Ben, augurando buone feste.
«Altrettanto!» risposero in coro.
Prima che se ne andassero, Jason ripeté uno speranzoso «Ci vediamo, Claire!»
Lei lo salutò con la mano.
Quando furono all’esterno, Ben si volse indietro un paio di volte, notando che il ragazzo li stava ancora fissando attraverso i vetri delle porte automatiche.
«Quel tipo ti fa la corte?» chiese, ricominciando a camminare lentamente.
Claire, che stava controllando lo scontrino, alzò il capo e seguì la traiettoria dello sguardo di Ben.
«Credo di sì. Cerca sempre di invitarmi fuori da un po’ di tempo»
Ben prese una delle borse dalle mani di lei, aiutandola a trasportarla. «Un po’ quanto?»
Claire si trattenne dal ridere vedendo il volto corrucciato di lui. «Diciamo che mi ha notata prima di te»
Ben piegò la testa di lato, piano, scoccandole un’occhiata risentita.
Lei si fermò e gli si mise di fronte. Si aggrappò alle sue braccia, allungandosi per scoccargli un sonoro bacio sulla bocca.
«Ti ha dato fastidio che mi abbia invitata fuori?»
Ben guardò altrove. «Abbastanza»
«Sei geloso?»
Lui abbassò lo sguardo. «Forse un po’»
Sì, pensò, era geloso. Era la prima volta che provava gelosia verso di lei.
Claire cercò i suoi occhi. Quando li ebbe dentro i suoi, gli sorrise in modo così dolce che lui sentì subito il cuore accelerare.
«Non preoccuparti, Ben. Il problema non si pone»
«Non c’è nessun problema» bofonchiò.
«Esatto. Non esiste» scandì lei decisa.
Ben continuò a guardarla, intensamente. Era così bella con gli occhi che luccicavano per la fredda aria invernale...Gli toglieva il fiato.
Eh sì, bello mio. Sei proprio andato...
Come faceva a stare lontano da lei anche solo per pochi giorni? Come avrebbe fatto senza quel sorriso?
La riaccompagnò al locale e la salutò con un altro bacio, decisamente meno appassionato del precedente.
«Stasera vieni da me?»
Claire annuì, emozionata come sempre alla prospettiva.
 
 
Ma quando tornò all’All the Perks, Ben notò che qualcosa non andava.
A causa dell’imminente nevicata prevista, quasi tutti i tavoli erano occupati: le persone si rifugiavano nel locale, scaldandosi al tepore delle fiamme del camino. Incredibilmente, proprio accanto ad esso, il suo posto preferito era sempre libero, come se vi fosse stato un cartello invisibile con scritto ‘privato’. Ben appoggiò il giaccone sulla poltrona, facendo un cenno a Claire che stava servendo due cappuccini. Solo con le labbra lei scandì un ‘arrivo subito’, e con un gesto della mano Ben le fece capire che non c’era nessuna fretta. Sedette sulla poltroncina e controllò una mail appena arrivata sul cellulare. Poi si volse verso il bancone: Claire era dietro la cassa che batteva lo scontrino a due ragazzini. Si alzò in piedi e la raggiunse.
«Sei sola?» chiese, sedendosi allo sgabello che aveva occupato anche quel mattino.
«Sì» rispose lei, sistemando i soldi nel cassetto, salutando i ragazzi. «La zia di Joseph è stata male oggi pomeriggio. Joseph è subito corso da lei. L’hanno portata in ospedale. Lory li ha raggiunti con Maddy»
Ben si mosse nervosamente. «Mi dispiace. Come sta adesso?»
«Non lo so». Claire fece un sospiro ansioso. «Non avevo mai visto Jo così sconvolto. E’ l’unica parente che ha. Sai, ha perso i genitori quando era piccolo e sua zia l’ha cresciuto come fosse sua madre. Effettivamente lo è. Non ha nonni, né altri zii né cugini, solo lei. Non so cosa farebbe se le succedesse qualcosa»
«Ehi» Ben si alzò, raggiungendola all’altro capo del banco. Le accarezzò le braccia, lentamente.
Claire si strinse a lui per un momento.
«E’ molto grave?»
Lei scosse il capo, scostandosi. «Ha avuto un malore, ma non ho idea di quale sia la causa. Forse il cuore»
«E’ molto anziana?»
«No, ma soffre di cardiopatia. Lory ha detto che l’hanno portata in terapia intensiva e che mi avrebbe chiamata se ci fossero state novità. Per adesso non ce ne sono»
Claire sospirò di nuovo.
«Signorina, mi scusi?» chiamò una donna dal fondo del bar.
«Arrivo! Scusa, Ben, vengo subito…»
«Tranquilla». Le accarezzò le spalle. «Io mi siedo nel mio angolo e non ti disturbo. Tu ce la fai da sola?»
Claire fece un cenno affermativo, più un lieve sorriso per rassicurarlo. «Mi spiace solo di aver sconvolto i nostri piani di oggi»
«Non dirlo neppure»
La guardò allontanarsi, parlare con la cliente e tornare alla macchina del caffè.
Claire servì qualche altra persona, poi gli portò una tazza fumante di thé e dei biscotti.
«Li ho fatti stamattina» gli disse, prima di allontanarsi di nuovo.
Ben mangiò e bevve il suo thé in solitaria. Per un po’ si concentrò sul copione, ma ogni volta che Claire gli passava accanto o si muoveva troppo vicino a lui, la sua attenzione si spostava su di lei. La guardò scambiarsi battute con i clienti; a quelli che conosceva meglio riferì il motivo per cui Lory e Joseph non erano lì quel pomeriggio. Sorrise a tutti, senza eccezione, anche se Ben sapeva che sotto la maschera celava la preoccupazione.
La osservò tutto il tempo fino a che, verso l’ora di chiusura, il bar iniziò a svuotarsi. Rimasero solo una donna con il suo bambino, il quale rovesciò il bicchiere di coca cola sul tavolo, gocciolando sul pavimento.
«Niente paura, si pulisce in un attimo» lo rassicurò Claire, mentre il piccolo minacciava di scoppiare a piangere per i rimproveri della madre.
Questa si alzò e tirò fuori il portafogli. «Le pago la coca e anche il disturbo»
«No, non deve! Anzi, sa cosa facciamo? Regaliamo una ciambella a questo giovanotto. Ti piacciono con lo zucchero a velo?»
Il bambino annuì timido.
Quando se ne andarono, nell’All the Perks scese il silenzio.
Ben si alzò dal suo posto. Lentamente, si avvicinò alla ragazza da dietro le spalle, mentre lei tamponava il tavolo con della carta assorbente.
«Sei tenera con i bambini»
Claire si voltò e sorrise. «Non ha fatto nulla di irreparabile, ha solo rovesciato un po’ di coca cola. Se fossi stata sua madre non lo avrei rimproverato in quel modo»
«Sei stata gentile a regalargli il dolce»
«Povero, aveva un faccino…»
Ben afferrò il rotolo di carta, strappando un paio di fogli. «Ti do una mano, aspetta»
«No, non serve»
Lui la ignorò, inginocchiandosi a terra per asciugare il pavimento.
«Ben, ti ho detto di no!»
Cercò di togliergli la carta dalle mani, ma lui le allontanò. «Hai fatto il lavoro di tre persone, oggi. Io non ho fatto nulla invece. Posso rendermi utile dove riesco?»
«Ma…»
«Ma niente. Passami ancora un po’ di carta, per piacere. Il pavimento è appiccicoso»
«Devo lavarlo, infatti. Dai, alzati». Claire gli tolse la carta bagnata dalle mani, gettandola nel cestino dietro il banco. Poi andò a prendere secchio, scopettone e detersivo.
In pochi minuti, il locale si riempì di un piacevole aroma di limone.
«Vai pure, se devi. Ci vediamo domani» gli disse, posando il secchio e accomodandosi sullo sgabello accanto a quello dove sedeva lui.
«Mi vuoi cacciare via?» scherzò Ben, facendo il broncio.
«Certo che no! E’ solo che ne avrò ancora per un bel po’ prima di tornare a casa»
Lui incrociò le braccia al petto, osservando i segni lucidi sul pavimento bagnato. «Cosa devi fare ancora?»
«Uhm…vediamo…» Claire contò le faccende sulla punta delle dita. «Pulire i tavoli, accendere la lavastoviglie, riordinare la cucina, chiudere la cassa…e basta, credo»
Il ragazzo batté le palpebre. «Oh…Ehm…posso aiutarti a fare qualcosa?»
Claire si sporse verso di lui. «Ben, la parola ‘no’ è uguale in entrambe le nostre lingue, mi pare»
Lui sbuffò.
«Gli attori famosi non puliscono i pavimenti»
«Ah no?»
«No. Le cameriere lo fanno»
«Non parlare di te in questo modo!» sbottò Ben, seccato.
Lei mosse le spalle. «Ma è quello che sono: una cameriera. E’ il mio lavoro»
«Non sei una cameriera e basta. Sei una pasticcera» replicò lui, prendendo uno degli ultimi biscotti rimasti nella vetrinetta. Lo osservò un momento prima di metterselo in bocca. «E sei anche un’artista nel tuo piccolo. I tuoi dolci sono piccoli capolavori, sia per il gusto che per la vista»
Lei fu grata del complimento, arrossendo visibilmente. Poi prese a sua volta un biscotto. «Forse nel mio lavoro c’è un po’ di arte, è vero. Ma non sono io la vera artista tra noi due»
«Io non sono un artista» si schermò lui.
Eccolo lì, pensò Claire. Sempre troppo modesto.
«Reciti, canti, suoni tre strumenti…per me, questo fa di te un artista»
Rimasero un istante in silenzio.
«Ti capita mai di essere insoddisfatta di quello che fai?» le chiese Ben d’un tratto.
Claire fece un sorriso obliquo. «Parecchie volte»
«E ti capita anche di pensare che puoi dare di più?»
«Eccome!» Lo fissò dubbiosa. «Non dirmi che lo pensi di te stesso, perché sarebbe assurdo»
Lui fissò la superficie del bancone. «Ci sono giorni in cui mi chiedo se do davvero tutto quello che posso. Se non mi manchi qualcosa per arrivare più in alto»
Claire strinse le mani in grembo. «Ben, io non so quasi niente del tuo mondo, del tuo lavoro. Ma per quello che può essere il mio modesto parere, penso che tu sia meraviglioso»
Lui le passò un dito sul naso. «Tu sei di parte, bimba»
«No, sto dicendo sul serio. Io…non so se riuscirò a esprimermi bene ma…con la tua arte fai sognare le persone. Hai la capacità di trasmettere emozioni attraverso uno schermo e non è una cosa semplice. Le persone percepiscono livelli di realtà che non esistono grazie alla bravura dell’attore che interpreta una determinata parte, dando spessore al personaggio. E’ la tua immaginazione che, per prima, porta lo spettatore ad immergersi nella vicenda tanto di viverla in prima persona, così da riuscire a convincerlo che la situazione sia reale. Tu rendi vero il nulla, Ben. La tua arte si esprime attraverso il sogno. Attraverso l’inconcreto che diventa reale. E per me questo è bellissimo»
Lui rimase immobile a fissarla, imbarazzato.
«Tu pensi davvero questo di me?» le chiese quasi senza fiato.
Claire sorrise in modo splendido. «Sì. Perché, ti stupisce?»
Lentamente, Ben allungò un braccio e afferrò quello di lei, costringendola ad alzarsi in piedi. Quindi l’attirò vicina, abbracciandola in vita. Posò il capo sul suo seno, chiudendo gli occhi. Lei gli infilò le dita tra i capelli, accarezzandoli.
Fu uno degli abbracci più belli di sempre.
«Hai detto una cosa stupenda. Grazie, Claire»
La ragazza si piegò un poco in avanti per baciargli il capo, la fronte.
Ben assaporò la morbidezza e delicatezza delle sue labbra. Rialzò la testa, invitandola a un bacio più intimo.
Claire gli prese il viso tra le mani. Fu lei ad approfondire il contatto questa volta. Esplorò lentamente la sua bocca calda; lo sentì fare lo stesso. Si staccò con un sorriso disteso.
«Ti adoro, Benjamin»
Ben sorrise, strofinando il naso a quello di lei. Le diede un bacio sul collo e lei gli abbracciò la testa. Rimasero immobili ancora un lungo istante.
«A tutti capita di sentirsi insoddisfatti in alcuni momenti della propria vita» mormorò poi Claire, lisciandogli i capelli. «L’importante è non mollare mai. Non devi dubitare delle tue capacità, né ascoltare chi ti vuole male. Vai per la tua strada Ben, e scegli quello che è meglio per te. E’ la cosa più giusta che tu possa fare»
Lui si separò dall’abbraccio, ma solo per farla sedere sulle sue ginocchia. «Il mio lavoro porta denaro e notorietà, ma molti attori rimangono comunque insoddisfatti pur ottenendo successi. Qualche volta capita anche a me»
«E’ lecito» annuì Claire, allacciandogli le braccia attorno al collo. «Ma non ti manca niente, ricordatelo»
Lui le cinse meglio i fianchi, osservandola un secondo. «Posso chiederti una cosa?»
«Certo»
«Non offenderti, ma…non ti stanchi mai di servire la gente?»
Lei parve riflettervi. «A volte»
«Il tuo lavoro non ti piace?»
«Sì, nel complesso mi piace. Se ti dicessi che mi sento realizzata non sarebbe proprio la verità, però è bello vedere le espressioni soddisfatte sul volto delle persone quando mangiano quello che ho preparato io. Mi rende felice, anche se…»
«Anche se?»
Claire prese un respiro. «Non era quello che volevo fare nella vita»
Lui piegò un poco il capo. «E che cosa volevi fare?»
Lei lo guardò di sotto in su, esitante. «Volevo cantare» mormorò a mezza voce.
Ben non rise e questo la rincuorò.
No, non avrebbe riso come facevano altri. Non lui.
«Sai, Ben, io un po’ ti invidio»
Lui si mosse a disagio, senza poter credere a quello che sentiva. «Mi invidi?»
«Sì, perché tu sei riuscito a realizzare il tuo sogno. La ma vita è stata tutta un casino. Ho sempre avuto chiaro in testa ciò che volevo fare ma non ho avuto i mezzi per realizzarlo. La mia passione per il canto è nata in prima elementare, quando cantai da solista al saggio finale della scuola». Claire sorrise al ricordo. «Ho coltivato questa passione negli anni. Volevo iscrivermi al conservatorio – ricordi che te l’ho detto? – studiare canto e musica. Purtroppo, i miei genitori non avevano abbastanza soldi e non è mai stato possibile. Così ho mollato gli studi. Pensavo fosse inutile iniziare una scuola di cui mi importava poco e che, molto probabilmente, non avrei terminato. Ho iniziato a lavorare a quindici anni nel negozio che i miei avevano in gestione. Pensavo che, in questo modo, avrei potuto pagarmi i corsi da sola, un domani. Ma no. Ci si è messa di mezzo la vita. Di nuovo. Non ti ho mai detto che a diciotto anni finii in ospedale, vero?»
Ben sbarrò le palpebre. «No»
Claire annuì. «Feci un incidente stradale. La riabilitazione fu lunga e dolorosa. Fu in quel periodo che mio zio mi regalò la sua vecchia chitarra: bloccata a letto, iniziai a imparare a suonarla ma mi abbandonò troppo presto»
«Si ruppe, giusto?»
Lei annuì nuovamente. Gli passò una mano sul petto, lisciandogli il maglione, osservando l’indumento anziché lui. «Pochi anni dopo morì mio padre e io smisi di cantare. Poi, la crisi economica ci fece perdere il lavoro e dovetti rinunciare del tutto ai miei sogni. Un anno dopo ancora lasciai Alex. A ventitré anni misi da parte la vecchia vita e tentai di iniziarne una nuova. Ma non ero più io. Avevo perso la voglia di fare tutto, quasi anche quella di vivere. Lo sai, Ben?, sei stato tu a ridarmi la voglia di cantare. Non volevo più saperne – o meglio, non ci riuscivo più. Giorni fa ho ripreso a farlo. Ed è stato grazie a te»
Occhi negli occhi, lei gli sorrise facendogli una carezza sul viso. «Ho voluto trasferirmi in America per ricominciare da zero. Credo di potercela fare, stavolta. E, in buna parte, il merito è tuo. Tu fai uscire il lato migliore di me. Mi stai cambiando. Mi fai sentire più sicura e meno sola. Ti ringrazio»
Del tutto vinto dalle sue parole, senza difesa di fronte alla sua dolcezza, Ben la strinse in un abbraccio caldo, avvolgendola completamente con le braccia. Lei posò la testa sulla sua spalla.
«Non dire più che mi invidi»
Lei lo guardò. «In realtà sarebbe più esatto dire che ti ammiro. Ammiro quel fervore che hai e che a me manca»
«Non direi». Ben le accarezzò una volta i capelli. «Io credo che tu sia una ragazza forte. Hai affrontato molteplici sfide nella vita, tutt’altro che semplici, e non ti sei arresa. Anzi, vai incontro ad ogni giorno con un sorriso»
«Non mi piace commiserarmi»
«Questa non è una prova di forza?»
Lei non rispose, le mani sulle sue spalle. «Non…lo so»
«Lo è»
Claire lo abbracciò di nuovo, con più forza. «Se lo dici tu, allora dev’essere vero»
«Sono certo che troverai la tua strada»
«Lo spero tanto»
In quell’attimo, in lontananza si udì il trillo di un cellulare.
Claire si raddrizzò. «E’ il mio. Forse è Lory»
Ben la lasciò andare e la seguì sul retro, dove la ragazza aveva lasciato il telefono.
«E’ lei?»
Claire annuì mentre faceva scorrere il messaggio. «Dice che la zia di Joseph ha avuto un infarto e i medici preferiscono tenerla dentro per questa notte, per essere sicuri»
«Come sta? E’ grave?»
Claire annuì con aria angosciata. «Temo di sì»
«Quindi non tornano a casa?»
«No. Lory scrive che mangeranno qualcosa al bar dell’ospedale. Più tardi riporterà a casa Maddy, Ma lei vuole stare vicino a Jo. La capisco»
Ben annuì, le mani nelle tasche dei jeans. Non sapeva cosa fare né cosa dire.
Claire riposò il cellulare sul tavolo della cucina. «Bè, io…termino di sistemare qui. Tu vai, è tardi»
«No, ti aspetto, così ti accompagno a casa. Non mi va che fai la strada da sola, al buio. Non si sa mai»
«Allora perché non rimani a cena da me, stasera?» propose lei.
Ben si aprì in un sorriso. «Cucini tu?»
«Ovviamente»
 
 
 
 
Che bello essere di nuovo qui, cari lettori!!!
Nel frattempo siete aumentati e volevo aprire questo spazio autrice ringraziandovi tutti: grazie alle 20 persone che hanno inserito "Two Worlds Collide" nei preferiti e mi hanno fatta arrivare in cima al fandom di Ben!!! Io davvero non so cosa dire se non che non me lo aspettavo!!! Via amo!!! Vi adoro!!!
Ma veniamo a noi! Spero che molti non abbiano deciso di abbandonarmi dopo la prolungata assenza. Spero anche che il capitolo vi sia piaciuto. Non succede nulla di eclatante, ma attenti: è il preludio di nuovi problemi ma anche di qualcosa che vi piacerà moltissimo, ne sono sicura!!!
 
E veniamo ai Ringraziamenti:
 
Per le preferite:
(rullo di tamburi, prego...)


battle wound
Bella_babbana
Ben Barnes
Blackpanda96
Christine Mcranney
Fra_STSF
HarryPotter11
Helen Black
JessAndrea
jihan
marasblood
MartaKatniss98
Medea91h
MelvyLelvy
Milkendy
NestFreemark
Occhi di ghiaccio
Riveer 
Stefania 1409 
_likeacannonball 
 
(vi ho messi così stavolta. Tutti voi SANTI SUBITO!!!)
 
Per le ricordate:  
Ben Barnes,  Fra_STSF,  Halfblood_Slytherin, maty98,  Milkendy, NestFreemark, Suomalainen 
 
Per le seguite:  
All In My Head,  AmeliaRose,  apologize,  Ben Barnes, Catnip_Peeta_ , Cecimolli, ChibiRoby,  DeniAria , EmmaTom4ever, Fra_STSF , Greenfrog, Halfblood_Slytherin, HarryPotter11,  Helen Black,  JessAndrea,  JLullaby, MartaKatniss98, maty98,  Milkendy,  Nadie,  NestFreemark , nuria elena, Queen_Leslie, Ramos4, Sandra1990, SerenaTheGentle,  Shadowfax, silent words, soffsnix, solisoli_17, SweetSmile, Violet A Nash,  WikiJoe, _joy, _likeacannonball,  _LoveNeverDies_
 
Per le recensioni dello scorso capitolo:
Cecimolli, Helen Black, marasblood, Milkendy, Shadowfax, _joy
 
Per questa volta è tutto! Non preoccupatevi, non farò passare tanto tempo prima del prossimo aggiornamento, ma non mi do una scadenza perché non riesco a rispettarne al momento e non voglio deludervi. In ogni caso, per sapere quando metterò il prossimo capitolo, basta che fate un salto sulle mie pagine facebook Susan TheGentle Clara e Chronicles of Queen.
 
Un bacio gigantesco a tutti e un abbraccio ancor più grande! Vi amo guys!!!!
 
Vostra affezionatissima Susan♥

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Capitolo 18
*** 18. Desiderio ***


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18. Desiderio

Ed ora la guardo, inizio a vederla veramente e penso…
Voglio fare l’amore con lei.


 
 
Chissà com’era, Claire finiva sempre per stare dietro i fornelli.
Dopo essere entrati in casa, lei si era cambiata al volo e si era messa subito alle prese con la cena.
Ben era seduto al tavolo della cucina a guardarla,  pensando che quella situazione iniziava a dargli fastidio: lei che lavorava e lo serviva, e lui che non muoveva un dito e aspettava.
Non che potesse aiutarla davvero: non poteva vantarsi di essere un grande cuoco.
Desiderava fare qualcosa per lei, ma non sapeva bene cosa.
Quel che era certo, era che Claire non voleva restare per tutta la vita dietro un ripiano da cucina, e Ben non la voleva vedere dietro quel ripiano.
Voleva darle di più.
Si pentì di essersi rimangiato l’invito a Londra.
Ben ripensò un istante alla conversazione di quel mattino: se lei avesse accettato, lui l’avrebbe portata davvero in Inghilterra per Natale. Non l’aveva detto tanto per dire.
Non correre in questo modo, aveva pensato poi. Le hai detto pochi giorni fa che ti sai innamorando di lei e già pensi di portartela a casa?
Inoltre, c’era anche la possibilità che lei rifiutasse, per cui…
No, non era vero.
Sapeva perfettamente che la risposta di Claire sarebbe stata sì, per questo si era affrettato a rimangiarsi tutto prima che potesse accettare.
Aveva una paura folle di quello che provava per lei. Perché era così tanto e troppo. Gli sembrava di non aver provato mai abbastanza per nessuno.
Aveva capito due cose importanti quella sera: lui, per lei, non era più soltanto Ben Barnes, era diventato qualcosa di più. L’aveva percepito giorno dopo giorno, notato il cambiamento nei suoi gesti che, da controllati, si erano fatti naturali; nelle parole che, da attente e pensate, si erano tramutate in completa sincerità.
E aveva capito anche che la ragazza che vedeva adesso era una Claire diversa da quella dell’inizio. La vera Claire, nascosta dietro la barriera fatta di sorrisi bellissimi ma a volte un po' forzati, stava uscendo pian piano per mostrarsi. A lui.
Era lui a far crollare la barriera.
Claire si fidava. Gli aveva raccontato cose che probabilmente non aveva mai detto a nessuno. O almeno, questa era l’ impressione di Ben.
Si sentiva importante per questo, perché lei era importante per lui.
Lo aveva reso felice quella sera, dicendogli che con la sua arte dava forma ai sogni.
Non aveva mai ricevuto un complimento più bello.
Un’emozione fortissima lo aveva ammutolito per diversi secondi. Disorientato e felice, avrebbe voluto dirle qualcosa di altrettanto bello, invece era riuscito a malapena a spiccicare un grazie.
Era stato…spiazzante. Non tanto per la lode, quanto più per il modo in cui quelle parole erano state pronunciate: con amore.
Claire gli diceva sempre che usava modi meravigliosi per esprimersi, ma lei…lei era stata straordinaria, unica, facendolo sentire speciale ed unico a sua volta.
E, mentre si era raccontata, dentro di lui era maturato il desiderio di vederla felice. Per davvero.
Ma come creare un sogno per Claire? Un sogno tutto suo? In che modo?
 
 
Mangiarono un pasto molto semplice ma preparato con cura: pasta con sugo di pomodoro fresco, basilico e formaggio.
A Ben piacque molto e Claire ne fu più che felice. Lei avrebbe voluto dare fondo alle proprie capacità culinarie, ma non c’era stato il tempo materiale e nemmeno gli ingredienti adatti. In tutti i sensi. Sia in fatto di cibo che in fatto emotivo, non era la serata ‘giusta’. Qualcosa minacciava la bellissima e intima atmosfera: Claire aveva il terrore che il telefono squillasse e arrivassero brutte notizie dall’ospedale. Cercò di non pensarci, di convincersi che sarebbe andato tutto bene, ma non era facile.
Nonostante ciò, fu una cena tranquilla. Le chiacchiere si sprecarono e Ben riuscì a strapparle qualche risata.  
Sembravano quasi una coppia vera, normale.
In un universo parallelo, sarebbe stato il suo ragazzo che rientrava a casa dopo una giornata di lavoro, con lei che gli faceva trovare la cena pronta.
Fantasticherie…
«Mi ero promessa di prepararti una cena degna di un grande chef, quando ti avessi finalmente invitato qui. Invece non è stata granché» disse lei.
«E’ stata perfetta. La pasta era buonissima e tu sai che amo la cucina italiana»
«Sì, lo so» disse alzandosi da tavola, iniziando a sparecchiare.
Le risultava difficile non essere felice quando stava con lui. Anzi, impossibile. Le bastava averlo lì, guardarlo mangiare. Una cosa da niente ma che per lei era tantissimo. Era a casa sua, invadeva il suo spazio, il suo mondo, ne diventava parte.
Grazie e a lui era riuscita a dissipare il carico di problemi che si era portata dall’Italia, aiutandola ad accettare quei cambiamenti che altrimenti l’avrebbero impaurita. Il suo trasferimento non era stata cosa da nulla, ma con Ben accanto era divenuto tutto più semplice.
Lui si alzò a sua volta, raggiungendola accanto al lavandino. «Non avete la lavastoviglie qui a casa?»
«No, purtroppo. Faccio io da lavastoviglie»
I piatti tintinnarono gli uni sopra gli altri. Claire iniziò a ripulirli e aprì l’acqua fredda per sciacquarli.
«Senti, perché non ci mettiamo sul divano?» fece Ben, prendendola per un braccio.
«Tu siedi pure, io finisco qui, prima»
«Claire, lascia stare i piatti, dai»
«Non posso»
Ben sbuffò e chiuse il rubinetto. «Si che puoi. Avanti» La prese per mano, trascinandola in soggiorno. «Hai sgobbato tutto il giorno, sarai stanca, perciò voglio che ti siedi qui. Basta lavorare»
Claire prese posto accanto a lui, poggiando pesantemente la schiena ai cuscini. Sospirò. «In effetti sono stanca. Però non mi va che Lory torni a casa e veda ancora i piatti nel lavandino»
«Le dirai che è colpa mia. Che sono stato io a non volere che li lavassi»
Lei stiracchiò le labbra in un sorriso, stropicciandosi gli occhi. «Sono distrutta»
«Lo vedi?» Ben le passò un braccio attorno al fianco per attirarla vicina.
Claire sollevò le gambe sul divano e gli si rannicchiò contro. Sbadigliò. «Scusa»
«Di che?»
«No, niente…»
«Vuoi che me ne vada così puoi andare a dormire?»
Lei sollevò la testa di scatto. «No, resta ancora un po’»
Parole dette con calma. Ma la tradì lo sguardo. Ben le sorrise, baciandola sul naso. «Non vado via se tu mi vuoi»
«Certo che ti voglio». Claire chiuse gli occhi, riaprendoli un secondo più tardi. «Che ore sono?»
Ben allungò il collo verso il tavolino, dove erano posati i cellulari. «Le…9:30 passate. Vuoi chiamare Lory?»
«Non lo so. Forse dovrei»
«Aspetta che ti chiami lei» disse lui, passandole su e giù una mano sulla schiena. «Aveva detto che lo avrebbe fatto se ci fossero state novità, no?»
«Mh-mh»
«Bene. Se non ti chiama è positivo, non credi?»
Lei lo guardò e annuì, non proprio convinta. Poi fece un sorrisetto dispiaciuto. «Non è il massimo come serata romantica, vero?»
Ben inarcò le sopracciglia «Ah, era una serata romantica?»
Claire ridacchiò insieme a lui. «Bè, era un invito a cena»
«Ci rifaremo quando ti porterò in un ristorante di lusso»
«Ma non è la stessa cosa uscire a mangiare e farlo a casa. Qui mi sembrava più…intimo. Tranquillo. Solo noi due»
Lui non rispose. Eh già, solo loro due…
Soli.
Completamente (gatto che faceva le fusa sull’altra poltrona a parte, ma quello non era un disturbo).
Claire si stiracchiò, spostandosi un poco, portando le braccia in alto.
«Finché non me lo hai fatto notare non mi ero resa conto di essere così stanca» mormorò.
Ma Ben non la stava ascoltando.
Nei pochi secondi che a lei bastarono per allungarsi e tornare nella posizione di prima, lui notò molti più particolari di quanti avrebbe voluto: il modo in cui la maglia azzurra che indossava si alzò quel poco da mostrare un minuscolo lembo della pelle sul ventre…
Claire era piuttosto magra, di forme piccole ma...piena quanto bastava nei punti giusti.
Erano rare le volte in cui la vedeva senza grembiule, o comunque vestita in modi che risaltavano la sua figura. Lei non aveva molte occasioni per farlo. Quella sera si era tolta gli abiti del lavoro, infilandosi in fretta un paio di leggins neri e una maglia lunga, azzurra a scollo tondo. Il sospiro che lei emise permise alla stoffa di lana leggera di tendersi, mettendo in risalto il suo corpo.
Il cuore di lui perse un battito.
Ben deglutì a fatica.
Quanto poteva essere dolce?
Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso. In sostanza, Claire non aveva fatto nulla per attirare la sua attenzione, si era solo stiracchiata. Forse era stata la consapevolezza dell’essere solo con lei, che avevano molte ore a disposizione per stare insieme prima che Lory tornasse a casa con la bambina, e quindi…
E quindi piantala.
Lei non lo aveva nemmeno in mente, mentre lui tutto a un tratto…
Se l’altra sera lo avesse lasciato continuare, la sua mossa successiva sarebbe stata quella di accarezzarele la pelle scoperta, per poi alzarle di più la maglia e...
La confusione minacciò di invaderlo.
Dacci un taglio, sembri un quindicenne maniaco!
Ma non lo era. E neppure lei era più una ragazzina, erano adulti e vaccinati. 
Tuttavia, non voleva metterla a disagio. Per quanto nessuno dei due fosse alle prime armi, era bene andarci piano…
Quanto piano?
La fissò a lungo. Il suo volto era a pochi centimetri dal suo ma Claire non lo stava guardando. Aveva riabbassato le braccia, gli occhi che vagavano su un punto imprecisato del tappeto.
«A che pensi?»
Lei si voltò «A tutto e a niente.Ti capita mai?»
«Sì»
Perché sembrava più bella quella sera? Erano i capelli sciolti? Era il look casual che le stava benissimo o erano i suoi occhi che…
«Ehi!» Ben raddrizzò la schiena, sporgendosi verso di lei.
«Scusa» Claire si passò svelta le mani sulle guance.
Piangeva?
«Che ti prende?»
Lei scosse il capo, abbozzando un sorriso, gli occhi rossi e lucidi.
Ben ne rimase scosso.
Aveva pensato che una ragazza come Claire, sempre pronta a vedere il mondo a colori,  fosse il tipo che non piangesse mai. Invece…
«Piccola…»
«Mi è tornato in mente mio padre e…» fece un gesto con le mani come a dire che nemmeno lei sapeva com’era successo. Le fece ricadere con rabbia, sbuffando, coprendosi il viso. Tirò un forte sospiro per calmarsi. «Mi sembra di rivivere quel momento. E’ questo. Mia madre in ospedale ed io e le mie sorelle sul divano ad aspettare la sua chiamata»
Ben la prese tra le braccia, le accarezzò i capelli. «Non pensarci»
Lei singhiozzò una volta, liberando qualche amara lacrima. Lo abbracciò forte a sua volta. «Scusami, non volevo…»
«Non chiedermi scusa. Ma non pensarci» Ben mosse piano il pollice sulla sua guancia, per asciugarle una lacrima. «Andrà tutto a posto. Non piangere»
Claire annuì, rassicurata dal suo tocco. La nota bassa della voce di lui le causò un brivido totalmente fuori luogo in un momento come quello. Chinò la testa sulla sua spalla, trovando la quiete nel contatto contro il suo corpo, così grande rispetto a lei. Ben le baciò la tempia, cullandola. Le sue braccia la facevano sentire piccola ma, al contempo, forte e importante.
Si passò di nuovo le mani sul volto, cancellando ogni traccia del pianto. Poi sollevò la testa, trovando il viso di lui leggermente chino su di lei.
«E’ passata?»
«Sì» Claire gli scostò i capelli dalla fronte, attendendo un bacio che non arrivò.
Non che lui non volesse farlo – anzi, non vedeva l’ora – ma Ben si era imposto di non pensare più a nulla di nulla finché lei era in quello stato di emotività. Non era giusto. E baciarla adesso, mentre provava ancora la voglia di toccarla e accarezzarla, avrebbe voluto dire non fermarsi.
Del tutto ignara delle sensazioni che provava lui, Claire pensò di averlo infastidito con le sue lacrime.
«Scusami. Non avrei voluto mostrarti questo lato di me»
Ben la lasciò andare lentamente. «Se mi chiedi ancora scusa, giuro che me ne vado»
Lei sorrise. «Ok, come non detto»
«Non mi piace quando sei triste» ammise lui. «Ma vedere anche questa parte di te mi aiuta a conoscerti ancora un pò»
Con lentezza, Claire alzò di nuovo le braccia, per abbracciarlo ancora.
Piangere davanti a lui era stato un altro piccolo passo sulla strada della fiducia. Lo sapevano entrambi. Non si era vergognata di farlo nello stesso modo in cui per Ben era stato naturale consolarla, proteggerla con un abbraccio.
La guardò ancora…e rise.
«Che c’è?» fece Claire, perplessa.
«Ti cola il naso»
«Cos…?» Lei avrebbe voluto sprofondare. «Oh, Ben, insomma!»
«Scusa»
Brontolando, Claire si alzò alla ricerca di un fazzoletto di carta. «Non guardarmi mentre mi soffio il naso, dai!»
Per tutta risposta, lui si mise seduto più comodo, come se stesse per assistere a uno spettacolo divertentissimo.
«Sei odioso» borbottò Claire, voltandosi dall’altra parte.
Ma tu guarda…
Ben allungò un braccio, la mano tesa. Lei la prese, tornando a sedergli accanto. Si mise per il lungo, di lato, le gambe su quelle di lui.
«Ben?»
«Dimmi»
«Ti sembro patetica se dico che mi mancherai, a Natale?»
Lui incrociò le mani dietro la sua schiena. «Non c’è nulla di patetico»
Lei curvò le labbra. «Fingerò di crederti»
«No, sul serio. Non sei patetica. Anche io penso la stessa cosa»
Claire lo fissò con uno sguardo così…
Perfetto.
Voleva baciarla, toccarla, vedere quegli occhi riflessi nei suoi.
Claire gli posò un bacio sulla curva delle labbra. «Grazie»
«Perché mi ringrazi?»
«Perché sei qui»
«Ci sono quando hai bisogno di me» le disse quasi senza pensare.
Sì, lui era lì.
Forse non per sempre, ma era lì, adesso.
«Sai» riprese Ben poco dopo, «se fosse la serata giusta, ti chiederei di cantarmi qualcosa»
Lei sbatté le palpebre, improvvisamente imbarazzata. «Oh, non saprei…»
«Non ti vergogni di me, vero?»
«No, certo che no. Potrei cantarti una delle canzoni dei tuoi film»
«Le sai a memoria, scommetto»
«Tutte quante: sia quelle di Killing Bono che di Easy Virtue. Oh, sai cosa ti potrei cantare?» Claire spostò le gambe da quelle di lui, rimettendosi a sedere dritta.
Ben la guardò allungarsi verso il tavolino, prendere il cellulare e cercare qualcosa tra i file video.
Perché video e non audio?
Sussultò quando udì le prima note di una canzone che conosceva fin troppo bene.
«Oh, no…»
Claire trattenne un sorriso. Lo sapeva che avrebbe avuto quella reazione. «Posso cantarti questa se vuoi»
«No, no, no, no. Quella degli Hyrise no
«Perché?»
«Spegnilo» Ben tese un braccio cercando di afferrare il telefono di lei. «Claire, per favore! Lo sai che mi vergogno a morte!»
Lei allontanò il cellulare, balzando sulla poltrona, le ginocchia piegate sotto il corpo. «A me piace»
«A me un po’ meno»
«Ma no, è carina»
Lui si buttò su di lei, una mano tesa in avanti.
Entrambi erano in ginocchio sul divano. Claire sorrideva.
Non era ancora sé stessa, notò Ben. Gli occhi erano ancora un po’ arrossati, ma era merito suo se ora stavano scherzando.
Era questo che voleva per lei: solo felicità. O almeno un po’ di serenità.
Claire scattò all’indietro, fermandosi di colpo: il bracciolo le impediva di allontanarsi oltre. Vi si appoggiò con la schiena, scivolando giù quando Ben tentò un secondo assalto.
«Dammi-quel-telefono» scandì lui.
«No». Claire fu svelta: sdraiata a pancia su, il telefono stretto in mano, portò il braccio sotto la schiena per nasconderlo.
Ben le pesò addosso, infilando a fatica una mano sotto di lei. Claire si contorse, rafforzando la presa sul cellulare, ridendo ancora.
Lui sospirò di frustrazione. «Claire?»
«Sì?»
«Spegnilo»
«Si spegne da solo quando la canzone finisce»
«Claire!»
«Oh, piantala! A me piace e tu in questo video sei…»
«Un’idiota?»
«No, sei…un amore»
Ben si immobilizzò.
La mano di lui le aveva afferrato il polso, incastrandosi tra lei e il divano. Claire la sentiva premere contro il bacino.
No, forse era il telefono...
No, no, era proprio la sua mano.
Non farti venire strane idee Claire…
Non erano mai stati così. Così vicini. Sì, una volta avevano dormito insieme, ma lui le stava accanto quella volta e non…sopra.
Respirò impercettibilmente più forte e il profumo di lui le invase i sensi. Lo guardò negli occhi, così scuri da sfiorare il nero a volte. Si innamorava ogni giorni di quegli occhi...
«Sono cosa?» fece Ben dopo un po’, riportandola alla realtà. Sembrava divertito.
Lei arrossì leggermente. «Sei un amore» ripeté.
Il mio amore.
Lui sorrise a labbra chiuse, in un modo così dolce che Claire si sentì sciogliere.
In quanto a Ben, si era impegnato tutta la sera per non cedere, per reprimere quel che sentiva. Ma lei era così bella, così vulnerabile che proprio non poté resisterle.
«Sei unica» le disse a voce bassa, avvicinando il viso al suo. «Nessuna è come te»
Le sue parole le provocarono un brivido lungo la schiena. Lui lo percepì chiaramente, poiché aveva ancora una mano sotto di lei.
Claire non sostenne più il suo sguardo, troppo intenso. Scese con gli occhi e gli fissò le labbra, le quali, appena un secondo dopo, incontrarono le sue.
Ben le lasciò il polso quando iniziò a baciarla piano, esplorando la sua bocca dolcissimamente.
Claire era scomoda, così si mosse lentamente, liberando il proprio braccio da sotto il corpo insieme alla mano di lui.
Ben prese il cellulare – ormai zittitosi – posandolo sul pavimento.
Nel movimento, le loro labbra si erano brevemente separate, ma ora si cercavano di nuovo, affondando le une tra le altre, senza posa.
Lui le accarezzò il viso, l’altra mano sul fianco alla ricerca della pelle sotto la maglia. Un gesto istintivo che non riuscì a reprimere. E stavolta trovò ciò che desiderava: la pelle calda e morbida di lei a contatto con le sue dita.
Claire sussultò appena. Quel gesto la riportò all’intensa sensazione provata la prima volta in cui Ben l’aveva quasi toccata. Fece lo stesso: si concesse di accarezzargli le spalle e la schiena. Solo che lei lo stava sfiorando sopra gli abiti, mentre lui…
Percepì la mano di Ben esplorare ogni lembo di pelle sotto la maglia, risalendo sulla pancia, sulle costole e più su.
Si separò da lui, respirando forte. «Ben, che stiamo facendo?»
Lui la guardò, i volti vicinissimi. «Non lo so. So solo che lo voglio»
Un solo attimo per guardarsi ancora e spegnere il cervello.
Claire si sollevò appena per cercarlo, circondandogli il collo con le braccia, stringendosi a lui il più possibile.
Ben si mosse per stringerla a sua volta, sfiorarla, accarezzarla, mentre riprendeva a baciarla con trasporto. Era incapace di smettere di farlo.
Fu travolta da quel nuovo bacio. Tutto attorno a lei divenne solo lui. Ogni percezione, suono, contatto. Tutto era…Ben.  Continuava ad assaporarla, facendole quasi mancare l’aria. Si ritrovò a volere che quei baci, i più belli di tutta la sua vita, non finissero mai.
Poi, lui la lasciò respirare, spostando le labbra sulla mascella e poi sul collo. Le scostò i capelli.
Ad occhi chiusi, Claire fece scorrere le dita sul braccio di lui, provocandogli un brivido di piacere che si infranse al suo orecchio. Il soffio del respiro di Ben le provocò un brivido a sua volta, che la percorse da capo a piedi, dipanandosi in ogni muscolo, ogni nervo. Ansimò per la prima volta davvero. Gli coccolò la nuca, affondando le dita nelle punte dei capelli.
Adesso anche lei cercava un diverso tipo di contatto. Non più solo labbra o abbracci ma…altro.
Si strinsero con maggior foga. La mano di Ben passò dalle costole alla curva del seno, solo un momento, poi si infilò di nuovo sotto la schiena, andando a solleticarla alla base della spina dorsale. Una delle gambe di lei si piegò verso l’alto, attorno alla vita di lui.
Fu l’istinto a spingere entrambi ad inarcarsi, a far incontrare i fianchi in un movimento naturale.
Si fermarono di colpo, come se quel dolce e quasi doloroso contatto avesse fatto ritrovare loro la ragione. Si guardarono negli occhi, ansimanti. Lui deglutì pesantemente.
Lo squillo del cellulare di Claire fece recuperare ad entrambi un barlume di controllo.
Lo fissarono per qualche secondo, ancora sdraiati l’uno sopra l’altra.
Senza dire una parola, Ben si scostò lentamente per permetterle di prenderlo. Si passò una mano tra i capelli, osservandola sedersi, chinarsi in avanti e afferrare l’oggetto dal pavimento dove lui lo aveva posato.
«Pronto?»
Dopo quella parola, Ben non ne capì più una. Evidentemente, Lory – della quale riconobbe la voce all’altro capo del ricevitore – si era messa a parlare in italiano, e Claire le stava rispondendo nella loro lingua. In ogni caso, capì dal sospiro che lei emise e dal sorriso che gli rivolse, che non c’erano brutte notizie.
«Scusami» gli disse subito quando riattaccò. «Ho parlato in italiano. Non me ne sono accorta. Non volevo tagliarti fuori dalla conversazione, ma Lory era così agitata che…»
«Non importa. La zia di Jo sta meglio?»
«Sì, per fortuna. La terranno in ospedale per qualche giorno ma sembra si sia stabilizzata»
«Bene»
Si fissarono per alcuni lunghi istanti. Lei seduta sul bordo del divano, lui lontano quel tanto che bastava per non essere tentato di riprendere da dove avevano interrotto.
Ben si inumidì le labbra. «Senti…»
Cosa doveva dirle? Doveva chiederle scusa?
No, assolutamente. Lei non sembrava arrabbiata.
«Quando…» inspirò. «Lory ti ha detto quando torna a casa?»
Il cuore in gola, le spalle rigide nell’agitazione che stava seguendo il momento, Claire mise il cellulare sul tavolino. «Tra un’ora circa riporterà Maddy, poi tornerà in ospedale. Lei e Joseph hanno deciso di rimanere là in ogni caso»
Ben annuì, appoggiando gli avambracci sulle ginocchia, muovendosi, posando il gomito sul bracciolo. Non riusciva a star fermo. 
Doveva andarsene da lì.
«Meglio che vada» disse alzandosi.
Claire lo guardò, seguendolo. «Perché non…non aspetti che torni Lory?»
Lui spostò il peso del corpo da un piede all’altro, riflettendo sulla proposta. «Ci vediamo comunque domani. Dovrai alzarti presto, immagino, e anche io…»
«Sì» mormorò lei. «Sì, credo che domani sarà un’altra dura giornata, per cui…»
«Già…»
Claire annuì.
Ben si infilò il cappotto. Lei lo precedette verso l'uscita. Vi arrivarono con passo lento, lanciandosi occhiate nervose.
Sembrava quasi non fosse successo nulla. Sembrava non ci stessero pensando quando invece facevano tutt’altro.
Claire gli passò accanto per aprire la porta.
Troppo vicino.
Sentì lo sguardo di Ben su di sé.
«Grazie per la cena» disse lui.
Lei alzò il capo e sorrise. «Di nulla»
Lui non decise, fu un gesto inconsapevole. Gli bastò allungare un braccio per cingerle i fianchi. Prima di riuscire a fermarsi aumentò la vicinanza tra loro, stringendola più forte, le labbra sulle sue.
Claire gli strinse il giaccone sul petto, sospirando.
Il bacio fu lento ma deciso.
Infine, lei sollevò le palpebre, il respiro di lui sul viso. Si sentiva quasi tremare.
Ben le passo una mano sul volto. «Mandami via, Claire»
Dimmi di restare.
«Vai»
Non andare.
Le parole di lei furono un sussurro. Lo allontano da sé con una lieve pressione sul petto. Un gesto per nulla convincente. La mano le tremò quando tolse la catenella e girò la chiave.
«Buonanotte, bimba»
«Buonanotte»
Lui scese i tre scalini dell’ingresso, attraversò il piccolo cortiletto e uscì in strada.
Claire rimase sulla porta a guardarlo raggiungere la macchina.
Ben la salutò un’ultima volta con lo sguardo. Infine, lei tornò in casa e chiuse la porta. Si spostò verso destra, osservando l’auto dalla finestra finché non partì.
Si accorse solo in quel momento che aveva ricominciato a nevicare.


 
 
 
 
Rieccomi qui cari lettori, come state?
Ve l’avevo detto: stavolta non ho fatto passare troppo tempo dall’ultimo capitolo, avete visto? ;) Sono stata brava?
Ma ditemi: cosa ne pensate di quello che è successo? Mi sembra di essermi enormemente allargata nelle descrizioni, almeno per i miei canoni. Dovrei alzare il rating?
Aspetto impaziente i vostri pareri e i vostri commenti!!!
 
Passiamo ai doverosissimi Ringraziamenti:

 
Per le preferite: battle wound, Bella_babbana, Ben Barnes, Blackpanda96, Christine Mcranney, Fra_STSF,
HarryPotter11, JessAndrea, jihan, Len IlseWitch, marasblood, MartaKatniss98, Medea91h, MelvyLelvy, Milkendy, NestFreemark, Occhi di ghiaccio, Riveer , Stefania 1409, The_Warrior_Of_The_Storm , _likeacannonball 

 
Per le ricordate:  Ben Barnes, Fra_STSF, Halfblood_Slytherin, Hug my fears, maty98, Milkendy, NestFreemark, Suomalainen 
 
Per le seguite:  All In My Head,  AmeliaRose,  apologize,  Ben Barnes, Catnip_Peeta_ , Cecimolli,
 ChibiRoby,  DeniAria , EmmaTom4ever, EvaAinen, Fra_STSF , Greenfrog, Halfblood_Slytherin, HarryPotter11,  JessAndrea,  JLullaby, MartaKatniss98, maty98,  Milkendy,  Nadie,  NestFreemark , nuria elena, Queen_Leslie, Ramos4, Sandra1990, SerenaTheGentle,  Shadowfax, silent words, soffsnix, solisoli_17, SweetSmile,  The_Warrior_Of_The_Storm, Violet A Nash, WikiJoe, _joy, _likeacannonball, _LoveNeverDies_

 
Per le recensioni dello scorso capitolo: Ben Barnes, Cecimolli, marasblood, Milkendy, Shadowfax, The_Warrior_Of_The_Storm , _joy
 
Come al solito, per sapere quando posterò il prossimo capitolo (ma anche per chiacchierare o farmi domande) venite a trovarmi sulle mie pagine facebook Susan TheGentle Clara e Chronicles of Queen.
 
Grazie ancora a tutti voi, vi adoro!!!
Un bacio grande,
Susan♥


 

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Capitolo 19
*** 19: L'ultima incertezza ***


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19. L’ultima incertezza
 
Dietro a quel muro ci sei tu
 
 
 
 
Grandi fiocchi silenziosi ricoprirono i marciapiedi in pochi minuti. L’indomani mattina, davanti all’All the Perks, ci sarebbe stata un bel po’ di neve da spalare.
Claire osservò ancora per qualche istante le macchine passare lente, gli pneumatici lasciare le loro impronte sullo strato bianco, macchiandolo, formando in fetta due strisce fangose sull' asfalto.
Poco dopo tornò in salotto e si lasciò cadere sul divano. Forse avrebbe dovuto sistemarlo un po’.
Cavolo, sembrava che lei e Ben ci avessero fatto la guerra là sopra. Si erano abbracciati, rincorsi, avevano giocato e poi…
Si alzò con un movimento agile, riordinando i cuscini. Non poteva restare ferma, doveva muoversi, fare qualcosa, o il ricordo di loro e di quello che non era successo, minacciava di mandarla nella confusione più totale.
Fece una carezza al gatto sull’altra poltrona, poi si diresse verso la cucina. Riempì un catino di acqua e detersivo, afferrò la spugna ed iniziò a lavare i piatti.
Nei quali lei e Ben avevano mangiato.
Non c’era nulla da fare. Tutto ciò che la circondava era impregnato del ricordo di lui: gli oggetti, gli odori…Tutto.
Quando terminò di rassettare, salì in bagno per farsi la doccia. Nel levarsi la maglia azzurra poté sentire il profumo di lui che le era rimasto addosso.
Questo bastava per mandarle il cuore a mille.
Santo cielo, non era possibile!
Se il cellulare non avesse squillato, avrebbero continuato.
Avrebbero fatto l’amore.
Oddio…
Sotto il getto dell’acqua continuò a pensare a lui: Ben che la baciava, stringeva e toccava come non aveva mai fatto. Pensava a sé stessa e alle sensazioni che aveva provato: sensazioni quasi dimenticate.
Avvertiva ancora la stretta delle sue braccia attorno a lei, le sue dita gentili sfiorarle la pelle, il suo respiro sul viso e sul collo.
Quando lui se n’era andato, era rimasta delusa.
Forse per paura di aver affrettato le cose, Ben le aveva lasciato spazio, l’aveva capito. Ma lei non era più così sicura di volere ancora quello spazio. Non voleva più essere sola, voleva stare con lui. In ogni senso.
Però, se avessero approfondito il loro legame anche sul piano fisico, lei non sarebbe più riuscita a dire basta. 
Quando era insieme a lui non ci pensava mai. Ma quando tornava nel suo piccolo mondo, il pensiero arrivava puntuale a farle visita.
Se ne andrà.
Quando avrà finito il film andrà via. Non rimarrà a Ogden per sempre e tu lo sai.
Con un peso sul petto e la voglia matta di averlo ancora lì con lei, Claire uscì dalla doccia, si asciugó i capelli e infilò il pigiama (faceva troppo freddo per dormire con una maglietta e basta). Scese di nuovo al piano di sotto per aspettare Lory. Ma non aveva ancora messo piede sull’ultimo gradino che udì la porta sbattere.
«Ciao»
«Ciao»
Le due cugine si salutarono a bassa voce. 
Lory posò a fatica la borsa sul tavolo del soggiorno. In braccio teneva Maddy, profondamente  addormentata, la testina bionda posata sulla sua spalla.
Claire sorrise teneramente.
«Come sta la zia di Joseph?» chiese poi, prendendo la piccola dalle braccia di Lory.
«E’ stabile, ma dovrà restare in ospedale per alcuni giorni. Ha rischiato l’infarto, non c’è da scherzare»
«Ero così preoccupata…»
«E’ tutto a posto adesso. Hai mangiato?»
«Sì. Tu?»
«Io e Jo abbiamo preso un panino e un caffè. Maddy si è adeguata a noi»
«Ha bevuto caffè anche lei?» scherzò Claire. «Perché a guardarla non si direbbe»
Lory baciò la figlia sulla fronte. «Ha detto che sarebbe stata sveglia tutta la notte per consolare il suo papà, invece è crollata come un sasso. Anzi, per lei è fin troppo tardi»
Salirono le scale dirette in camera della bambina. Qui, Lory la spogliò e le infilò il pigiamino. La piccola fece appena un movimento.
«Vi aspetto alzata?» chiese Claire, rimboccandole le coperte.
«No, tesoro, vai a dormire. Non so quando io e Joseph torneremo»
Claire annuì.
«Mi è dispiaciuto lasciarti sola, oggi» disse Lory. «Hai avuto problemi?»
«No, me la sono cavata». La ragazza posò le mani sulla sponda del lettino di Maddy e aggiunse: «Ben era con me. Ha anche cenato qui»
Non seppe perché di quella precisazione. Dopotutto poteva anche non dire a Lory cosa era o non era successo.
«Hai fatto bene a invitarlo a restare» disse quest’ultima con un mezzo sorriso. «C’è qualcos’altro che devo sapere?»
Claire si morse un labbro. «N-no…»
Si fronteggiavano dai due lati del lettino. 
«Dopo cena ci siamo messi sul divano e… »
Lory si sporse in avanti. «E…? Oh! No, aspetta: voi due…sul divano? Di casa mia?! Oh, brutti…»
Claire alzò le mani per fermarla. «No, no, no, non abbiamo…cioè, non proprio»
«Che significa ‘non proprio’? O l’avete fatto o non l‘avete fatto!»
Claire arrossì. «Perché devi sempre essere così diretta?!» sibilò.
Avrebbe urlato se non ci fosse stato il rischio di svegliare Maddy. La bambina fece una smorfietta nel sonno e voltò la testa.
Le ragazze lasciarono la stanza, ridiscendendo al piano di sotto.
Lory si mise le mani sui fianchi. «Ok, qual è il problema? Ti sei tirata indietro e ora lui è in collera con te?»
«No, niente di tutto questo. In realtà siamo stati interrotti»
Lory inarcò un sopracciglio. Attendeva una spiegazione più concreta.
«E’ squillato il telefono» precisò Claire.
«Ah. Non è che vi ho interrotti io?»
«In effetti sì»
«Oops…scusa. Anzi no! Scusa un cavolo! Stavate facendo sesso sul mio divano!»
«Non stavamo facendo…bè, quasi». Il cuore di Claire riprese a battere furiosamente.
Lory le rivolse un’occhiata d’ avvertimento. «Ascoltami bene: se scopro che Ben fa l’idiota, giuro che…»
«Non fa l’idiota! Non ha fatto nulla di male. Il problema è mio, come sempre»
Lory scosse il capo. «Non capisco»
«Ho avuto una sola storia importante nella mia vita, e tu sai come è finita. Ben mi sta facendo provare di nuovo sensazioni che credevo non avrei mai più provato. Io voglio tutto questo, ma so che non durerà, e non so che cosa fare»
Lory le rivolse un sorriso. «Dovresti parlarne con Ben, non con me. Devi sapere tu cosa fare, Claire, io non posso consigliarti. E sai perché non lo farò? Perché non voglio in alcun modo influenzare le tue scelte. Sei adulta, sai cosa provi per lui, e solo tu puoi decidere. Se non ti sta prendendo in giro, a me sta bene tutto. Basta che quando decidete di fare le sconcezze, non le fate sul mio divano!»
 
 
 
 
***
 
 
 
Come l’acqua gli correva addosso e lavava via la stanchezza di quella giornata, i pensieri correvano dentro la sua testa.
Tornato in camera, Tyler lo aveva chiamato per ricordargli l’intervista dell’indomani, per parlargli di un nuovo contratto da valutare e avvisarlo che un altro era stato confermato.
Ma, ora come ora, Ben non era capace di pensare a una singola cosa senza che l’immagine di Claire prendesse il sopravvento.
Il primo pensiero del giorno era sempre il suo lavoro. Il secondo era lei. Ma, a volte, i due si invertivano, spesso si mescolavano tanto che non era più capace di dare la priorità all’uno o all’altro.
Ormai pensava a lei anche quando vestiva i panni di Ryan, il protagonista del film.
Malissimo.
Sono fatti miei.

Malissimo.
E piantala! Chi cavolo sei, la mia coscienza?
La loro situazione era passata da un’amicizia punteggiata da una forte alchimia, per poi trasformarsi in attrazione e (probabilmente) in amore. Stavano ancora cercando un punto d’incontro, e forse lo avevano trovato quella sera. Avevano quasi raggiunto il punto più alto di quella salita che entrambi avevano intrapreso senza bene sapere cosa avrebbero trovato in cima.
Ma eccoli di nuovo ad arretrare. O meglio, lui era arretrato. Invece di restare lì con lei, se n’era andato. Di nuovo.
Erano tornati a una situazione di stallo, simile a quella in cui si erano trovati all’inizio. Un passo avanti e due indietro. Andava sempre a finire così.
Piegò il capo, chiudendo la doccia. Piccole gocce rimasero appese alle punte della frangia che gli ricadeva  sugli occhi.
Claire era rimasta delusa dalla sua ennesima fuga, e lui non aveva avuto la prontezza di spiegarle che lei meritava di più che una notte di passione dettata da un momento di desiderio. Soprattutto, non su un divano.
Uscì dal bagno avvolto nell’accappatoio. Si frizionò i capelli con una salvietta, si asciugò, infilò un paio di boxer e una maglia a maniche lunghe. Si sdraiò sul letto, un braccio dietro la testa, e riprese a riflettere.
Non avrebbe preteso nulla dal loro rapporto a meno che non l’avesse voluto anche lei. Anche se, a dirla tutta, Claire non gli era parsa proprio contraria alla situazione…
Non si era negata. Aveva avuto solo un momento di esitazione, poi si era lasciata andare, si era lasciata accarezzare, fiduciosa.
Una parte di lui avrebbe voluto essere ancora su quel divano. Voleva di nuovo sentirla sospirare mentre riceveva le sue carezze e i suoi baci. Voleva farle perdere quell’inibizione, quella timidezza che adorava in lei.
Arrivò la mezzanotte, passò, ma lui ancora non riusciva a prendere sonno. Forse avrebbe dovuto farsi un’altra doccia. Fredda, questa volta.
Allungò un braccio verso il comodino e prese il cellulare. Se lo rigirò tra le mani per un po’. Poi, un nanosecondo prima di dare l’impulso alla mano di compiere un gesto, lo aveva già compiuto: le dita si erano mosse sul touch screen per comporre il numero di Claire.
Uno squillo. Due squilli.
Immediatamente dopo il terzo, chiuse la chiamata, facendo ricadere il braccio a peso morto sulle coperte. 
 
 
 
***
 
 

Claire scattò a sedere sul letto tanto velocemente che rischiò di far rotolare giù il suo gatto. Rhett, che dormiva ai suoi piedi, emise un miagolio di protesta.
«Scusa, amore» gli disse lei, facendogli un grattino sul collo.
Rhett la guardò un po’ offeso, riaccoccolandosi a ciambella sul piumone.
Claire accese la lampada sul comodino. Prese il telefono, ansiosa, credendo si trattasse di Lory, pensando fosse accaduto qualcosa in ospedale. Invece, sul display c’era scritto: Ben - una chiamata senza risposta.
L’aveva chiamata? Di notte??
Con mano tremante, ricompose il numero, sentendo il cuore batterle fin nella gola.
 
 
 
***
 
 
 
Il cellulare vibrò tra le sue mani.
Era lei.
Velocemente si mise a sedere sul letto e rispose. «Claire?»
«Perché mi chiami e poi riattacchi? Era lo squillo della buonanotte?»
«Aah…no. Cioè, volevo darti la buonanotte, ma ho creduto stessi già dormendo e così ho riattaccato»
«Invece sono sveglia»
«Scusami, lo so che è tardi per chiamare»
«Non importa. Sono contenta che tu l’abbia fatto»
«Volevo sentire la tua voce»
Lei chiuse gli occhi, sciogliendosi letteralmente di felicità.
«Come mai non dormi?» chiese lui.
«Ho certe cose per la testa che mi tolgono il sonno»
«Ah sì? E che cosa?»
«Uhm…non so…un ragazzo…»
Ben emise una risata sommessa. «Lo conosco?»
«Può darsi»
«Mmm…può darsi. Fammi pensare chi può essere»
Lui tacque per qualche istante. Lei ridacchiò.
Adoravano scherzare in quel modo, sarebbero potuti andare avanti per ore.
«E’ un bel tipo?» le chiese.
«Oh, sì, molto»
Ben sospirò. «Ah, mi arrendo! Non so proprio chi possa essere. Puoi descrivermelo?»
Claire rise ancora. «E’ alto, moro, occhi quasi neri, un sorriso che mi toglie il fiato. Ma non è solo bello, è anche gentile, simpatico e tanto dolce»
«Anch’io conosco una ragazza dolcissima, sai?»
«Sì? E com’è?»
«Anche lei ha capelli e occhi scuri, corporatura minuta, un sorriso che adoro. Credo di aver perso la testa per lei»
Il tono scherzoso nelle loro voci si attenuò.
Claire torturava un lembo del piumone. «Anch’io penso di aver perso la testa per lui»
Il silenzio si protrasse per lunghi istanti. Ma non fu un silenzio imbarazzante. Fu quiete, e si sentirono vicini anche se non lo erano.
«Ci sei, bimba?»
«Sì. Però non ti sento bene»
Ben si mosse sul letto. «Aspetta…Ora mi senti?»
«Sì, ora sì»
«Questo cellulare mi sta facendo dannare! Me ne serve uno nuovo»
«Oh, buon a sapersi! Così so cosa regalarti per Natale»
«Ho paura mi servirà molto prima di Natale, ma grazie del pensiero». Ben appoggiò la schiena ai guanciali, sistemandosi meglio. «Lì va tutto bene?»
«Sì. Lory è tornata ma è corsa subito di nuovo in ospedale. Maddy dorme»
«Tu stai bene?»
«Sì»
«Niente più tristezza?»
«No, è tutto a posto ora. Tranne una cosa». Fece una pausa, traendo un lungo respiro. «Vorrei che fossi ancora qui»
Lui si passò una mano tra i capelli. «Se fossi rimasto non so cosa sarebbe successo. Volevo fare l’amore con te, stasera»
Claire stinse le coperte nel pugno, il battito del cuore furioso. «E credi sia sbagliato voler stare insieme?»
«No. Ma se tu non te la senti ancora, devi solo dirmelo».
«Io lo volevo quanto te, Ben»
Fu il cuore di lui, adesso, ad accelerare furiosamente. Non si era aspettato una risposta così secca e, al contempo, così tranquilla.
«Quello che provo per te» riprese lei, «quello che ho provato questa sera, mi ha un po’ disorientata, però...»
«Hai sofferto molto in passato, lo so» la interruppe lui. «E so che non vuoi soffrire ancora. Perciò, se vuoi che rallentiamo un pò…»
«No»
«Sei sicura?»
«Non posso continuare a misurare la mia vita in base a ciò che mi è successo in passato. L’ho fatto per troppo tempo e sono stanca. Io mi fido di te, Ben, e voglio…voglio stare con te»
Le parole di lei lo scaldarono nell’animo. Adesso aveva veramente deciso: il sentimento che non era riuscito a riconoscere per lungo tempo, ora voleva uscire da lui con prepotenza.
«Anch’io voglio stare con te, Claire»
Lei non parlò per lunghi secondi, la gola serrata per l’emozione.
A Ben sarebbe piaciuto aggiungere qualcosa in più, ma per telefono non gli pareva troppo bello né romantico. Inoltre, la chiamata si interruppe.
«Ah, no! Porca…». Imprecò, ricomponendo il numero in tutta fretta. «Claire, scusami! E’ caduta la linea»
«Non fa nulla. Hai proprio bisogno di un telefono nuovo»
«Già…»
Un breve silenzio. Poi, lei disse: «Direi che è meglio se riprendiamo il discorso domani»
«Sì, hai ragione». Ben guardò l’ora. Era l’una meno venti. «Dobbiamo entrambi alzarci presto, meglio se dormiamo»
«Allora...buonanotte»
«Sogni d’oro, bimba»
«Anche a te»
«Ciao»
«Ciao»
«’Notte»
«’Notte»
Altro silenzio. Due sbuffi che celavano una risata.
«Claire, riaggancia»
«Riaggancia tu»
«No, prima tu»
«Perché? Sei tu che mi hai chiamata»
«Che centra?»
«In effetti non centra niente…»
«Ok, facciamolo insieme. Pronta?»
«Va bene. Pronta»
«D’accordo…al tre»
«Uno…»
«Due…»
E ridendo davvero dissero in coro: «Tre»
Fu veramente dura decidersi ad andare a dormire...

 
 
***
 
 
 
Non fu una particolare buonanotte. Tutt’altro. Entrambi dormirono poco e male.
Nell’alzarsi e prepararsi per la giornata, si diedero la colpa a vicenda per le orrende occhiaie e le facce da remake de ‘L’ alba dei morti viventi’.
Ben trovò un Tyler tutto scattante nella hole, che ancora una volta gli ricordò tutto ciò che avrebbe dovuto fare quel giorno.
«In più, Ami è contentissima perché è scesa un sacco di neve. Non dovremo usare quella finta se continua a cadere in questo modo. Mi senti?»
Ben annuì, gli occhi semichiusi.
«Mamma mia, che faccia»
«Grazie, lo so da me»
Tyler si fermò all’angolo del corridoio che dava sulla sala da pranzo, dove il resto del cast faceva colazione. «Non arrivare troppo tardi. Ami vuole anticipare le riprese di mezz’ora»
«No, lo so»
«E avverti la tua ragazza che oggi non puoi stare con lei, hai l’in…»
«L’intervista, ho capito. Me lo ricordo»
«Mmm…va bene. Salutamela, eh?»
Ben ne fu sorpreso. «Non detestavi Claire?»
«Non ho mai detto che la detesto!»
Quella era decisamente una buona notizia, pensò Ben, mentre si infilava il berretto di lana e usciva dall' albergo: Tyler non aveva mai digerito nessuna delle sue fidanzate.
Mentre attendeva che gli portassero la macchina all’entrata, vide gli spazzaneve rimuovere enormi cumoli bianchi per liberare la strada.
«Ecco la sua auto» gli disse il vetturiere, consegnandogli le chiavi.
«Grazie»
«Scusi se l’ho fatta attendere, ma il motore faticava a partire. Se preferisce le faccio chiamare un taxi»
«Non si preoccupi, va bene così, grazie»
«Mi scuso ancora per il disguido»
Ben salì in macchina e diede gas. Il motore doveva scaldarsi, era vero, ma non gli diede alcun problema. Arrivò all’All the Perks in perfetto orario. Anzi, in perfetto anticipo.
 
 
 
 
***
 
 
 
Lory e Joseph rientrarono intorno alle sei del mattino. Dormirono un paio d’ore e poi, verso le otto, lui si alzò per raggiungere Claire al locale. Lei si era alzata prima di tutti per andare ad aprirlo.
Joseph prevedeva poco lavoro per quel giorno: il maltempo non invogliava le persone ad uscire di casa, il vento era fortissimo e sembrava voler strappare di dosso la pelle. Se la bufera non si era presentata la notte precedente, tutta Ogden l’aspettava per quella successiva.
«Così si ghiacceranno i tubi come l’anno scorso, dovremo chiamare l’idraulico e ci spillerà più soldi di quelli che possiamo spendere» disse a una Claire praticamente morta di sonno.
Lei aveva fatto uno sforzo sovrumano per uscire dalle coperte.
«Ti ci vuole un bel caffè, ragazza. E anche a me» fece Joseph, preparandone una tazza per entrambi.
«Rubo un croissant alla marmellata»
«Mangia qualcosa di più sostanzioso la mattina»
«Non sono abituata a buttar giù salsicce e uova come gli americani. Non ancora, almeno. Nemmeno mi piacciono le uova…»
La porta del locale si aprì tintinnando: il primo cliente del giorno.
«Oh, no, guarda chi c’è» fece Joseph.
Claire riconobbe subito il vecchio gufo occhialuto che, a parer suo, si divertiva a far visita all’All the Perks solo per criticarne il cibo e la gestione. Era una di quelle persone sempre scontente di qualsiasi cosa.
Claire guardò Joseph con aria implorante. «Ti prego, servilo tu! Ho troppo sonno per sopportarlo: se inizia ad annoiarmi con le sue cavolate, finirò per russargli in faccia»
«Ok, faccio io. Tu finisci la colazione»
«Grazie. Ah, non hai pensato ad usare un isolante?»
«Dove, nella colazione del gufo?»
Lei rise. «No, Jo, per i tubi!»
Di lì a poco, la campanella sulla porta suonò di nuovo, quella si aprì, e gli occhi di Claire si illuminarono di una luce tutta loro.
Dimenticò la stanchezza e qualsiasi altra cosa. Si alzò dallo sgabello mentre Ben le si faceva incontro.
Lui la salutò con un mezzo «Ciao», togliendosi il berretto. Ma non poté aggiungere altro, poiché lei si aggrappò alle sue spalle, circondandogli il collo con le braccia, premendo le labbra sulle sue.
Ben fu sorpreso e compiaciuto da quel saluto così esplosivo. Non fece alcuno sforzo nel rispondere, stringendola subito a sé con forza.
Lei non chiese, fu lui a schiuderle le labbra ed accarezzare la sua lingua con la propria.
Claire gli passò le dita sulla nuca prima di incontrare il suo sorriso, ricambiandolo immediatamente.
«Wow»
«Buongiorno»
«Sì, ho notato quanto è buono»
Lei sorrise di più. «Ieri è stata una giornata strana e non troppo bella. Volevo che questa iniziasse meglio»
Ben le accarezzò la schiena. «Io invece voglio un saluto così tutte le mattine»
Claire lo abbracciò. «D’accordo»
Lui la tenne così, vicina a sé. Il calore del corpo di lei si propagò nel suo. Se non avesse avuto un cervello pensante, avrebbe ripreso a baciarla come la sera prima.
«Sei in anticipo, stamattina» disse poi lei.
«Volevo stare con te un pò di più, perché stasera non so se...»
«Ehm…signorina?»
Ben vide Claire roteare gli occhi e voltarsi verso un uomo con baffi, occhiali spessi e una cravatta che gli dava un’aria da impiccato.
«Ancora quel gufo con gli occhiali?»
Lei storse il naso senza farsi vedere. «Ogni tanto arriva a rompere le scatole. Scusa un attimo»
Ben la guardò andare verso l’uomo, il quale si lamentò dicendo che il caffè non lo voleva con la schiuma sopra.
«Quante volte glielo devo dire?»
«Mi scusi, glielo rifaccio subito» rispose meccanicamente la ragazza, afferrando la tazza ancora piena, tornando al bancone.
«Joseph?»
«Ancora?»
Claire annuì. «Come sempre»
«E ma che palle…»
Joseph gettò il caffè e ne preparò subito un altro. Claire lo prese, sorrise a Ben, e si diresse nuovamente verso il tavolo del gufo con gli occhiali.
«Prego»
Questi studiò la bevanda da vicino, borbottò il suo assenso con un ‘mmm’, aprì il giornale e non degnò più Claire di uno sguardo.
Ben era allibito. «Neanche un grazie?» chiese a bassa voce. Il vecchio gufo era il solo cliente, avrebbe potuto sentire.
«No. Non ringrazia quasi mai»
«Non mi piace che ti tratti così»
«Non tratta così solo me»
«Bimba, io voglio bene a Lory e Joseph, ma è di te che mi preoccupo di più»
Claire lo guardò dolcemente.
Come faceva a non amare un uomo del genere?
«La prima volta che mi fecero un’osservazione mi misi a piangere, ma ma all’epoca avevo quindici anni. Oramai sono abituata, per cui non devi preoccuparti. Comunque, cosa mi volevi dire?»
Ben fece per parlare, ma venne di nuovo interrotto.
«Claire, scusami» la chiamò Joseph.
La ragazza alzò un dito. «Mi dai un minuto, per favore?»
Joseph guardò da lei a Ben. Esitò, poi annuì. «Va bene. Cinque, non uno di più»
Claire afferrò la mano di Ben. «Vieni, andiamo di là»
Lui la seguì in cucina, dove il silenzio calò su di loro non appena la porta si fu richiusa.
«Ok, ora possiamo parlare. Mi stavi dicendo?»
Si guardarono un istante.
Perché si sentivano nervosi? Non eccessivamente, ma...
Oh, sapevano perché: il ricordo del loro breve momento di passione era da ore il loro pensiero fisso. Trovarsi uno di fronte all’altra e ricordare ciò che stava per succedere, aumentò ancora una volta il battito del cuore di entrambi.
Eppure, non avrebbero dovuto provare la minima vergogna: tutto era più che chiaro. Cioè, quasi tutto.
Ben le si avvicinò, posandole le mani sui fianchi. «Prima di tutto, volevo dirti che oggi ho un’intervista subito dopo le riprese. Non so quanto mi ci vorrà, per cui potrei non riuscire a passare, stasera. Ci rimarrai molto male?»
«Mi dispiacerà, ma non ci rimarrò male. E’ il tuo lavoro. E’ giusto»
Lui annuì e si fece molto serio. «Seconda cosa: mi dispiace per ieri sera»
Ieri sera…
Claire si irrigidì impercettibilmente. «Quello che è successo è stato giustissimo. Credevo di essere stata chiara»
«Non fraintendermi» aggiunse Ben, passandole una mano sul braccio. «Sei stata chiarissima. Non mi scuso per quello che è successo tra noi, ma per averti lasciata di nuovo sola quando avevi bisogno di me»
Lei piegò il capo, facendogli una carezza sul petto. «Entri ed esci dalla mia vita ogni giorno, sono abituata anche a questo. Scappi sempre via in tutta fretta e io posso solo restare qui ad aspettare che ritorni. Qualche volta, temo persino che potresti decidere di non farlo più» 
Lui le pose una mano sotto il mento, guardandola con estrema serietà. «Ma sei impazzita? Perché pensi queste cose?»
Lei abbozzò un sorriso incerto. «Forse perché siamo la coppia più assurda dell’universo»
«Siamo così male assortiti?»
Claire rise piano, posando la fronte sul petto di lui. «Che cosa siamo noi due, Ben?»
Non voleva assillarlo con troppe domande e rassicurazioni, ma doveva chiarire quella situazione una volta per tutte.
Ben si piegò in avanti, posando le labbra sui capelli di lei.
Dopotutto, glielo doveva: non poteva continuare a girarci intorno. Doveva rispondendole onestamente una volta per tutte.
«Noi siamo due persone che si sono trovate»
Lei rialzò piano la testa. «Io cosa sono per te?»
Ben le catturò il viso tra le mani. «Sei la mia ragazza»
La vide sorridere di pura gioia.
«Ieri sera ti ho detto che voglio stare con te, Claire. Ed è vero. Non pensavo che le cose cambiassero così in fretta tra di noi, ma i sentimenti non si possono controllare a comando»
Lei fissò gli occhi in quelli di lui. «Ben, l’unica volta in cui mi sono innamorata è stato di un ragazzo che mi ha distrutto l’esistenza. Dopo di lui, mi sono trincerata dietro un muro di cemento. Avevo deciso che, piuttosto di soffrire ancora, avrei continuato ad innalzare quel muro mattone dopo mattone»
Lui tracciò il profilo della sua guancia, pianissimo, come se avesse paura di ferirla con un solo tocco.
«Tu hai paura di vivere»
Lei annuì lentamente. «Sì. E’ vero. Ma come ti ho detto, sono stanca. Voglio distruggere questo muro e voglio farlo con te». Senza rendersene conto, come per paura che sparisse, lei strinse il suo maglione tra le dita. «Non sono un’ingenua: so che probabilmente non durerà, ma non m’importa. Voglio vivere quello che abbiamo, finché è possibile»
Lui la fissò intensamente. Poi la baciò, all’improvviso, facendola fremere contro di lui.
Un bacio sentito, assaporato. Dolce, poi profondo, e di nuovo tenero, morbido. Un bacio che sussurrava parole pur senza esprimere alcun suono se non il proprio.
Lei si aggrappò a lui, alle sue braccia che la circondavano. Le labbra ancora si sfioravano.
«La mia vita è un continuo cambiamento, Claire. Anche la tua è cambiata. Potrebbero cambiare ancora entrambe. Non possiamo saperlo, per cui non chiediamoci cosa succederà»
Potevano essere maturi, potevano essere consapevoli, intelligenti, razionali. Ma non adesso.

Lei gli accarezzò il viso, chiedendosi cosa avesse fatto di tanto buono nella vita per meritarsi questo.
«Posso innamorarmi di te, Ben?»
Lui la guardò quasi stupito. «Credevo lo fossi già»
Lei sorrise.

 
 
 
Carissimi lettori, rieccoci qui con Ben e Claire!
Il lavoro mi prende moltissimo in questo periodo, e ho ancora meno temo di prima per scrivere. Per cui, scusate i continui ritardi  u.u
Siamo alla svolta totale!!! Da adesso, i nostri Blaire vivranno la loro storia in completa libertà! Manca ancora una cosa, il passo più grosso, ma ci arriveremo presto ;) Sto creando un capitolo specialissimo e mi sto impegnando molto!
In questo, non so perché, mi è risultato difficile scrivere la telefonata notturna. Temo che lo scambio repentino di battute sia un po’ confusionario. In più ci sono molti stacchi di scena. Si capisce tutto? Rassicuratemi, ho sempre mille dubbi >.<
 
Passiamo ai Ringraziamenti:

 
Per le preferite: battle wound, Bella_babbana, Ben Barnes, Blackpanda96, Christine Mcranney, Fra_STSF,
HarryPotter11, JessAndrea, jihan, Len IlseWitch, marasblood, MartaKatniss98, Medea91h, MelvyLelvy, Milkendy, NestFreemark, Occhi di ghiaccio, Riveer , Stefania 1409, The_Warrior_Of_The_Storm , _likeacannonball 

 
Per le ricordate:  Ben Barnes,  Fra_STSF,  Halfblood_Slytherin, Hug my fears, maty98,  Milkendy, NestFreemark,  Suomalainen 
 

Per le seguite:  All In My Head,  AmeliaRose,  apologize,  Ben Barnes, Catnip_Peeta_ , Cecimolli,
 ChibiRoby,  DeniAria , EmmaTom4ever, EvaAinen, Fra_STSF , Greenfrog, Halfblood_Slytherin, HarryPotter11,  JessAndrea,  JLullaby, MartaKatniss98, maty98,  Milkendy,  Nadie,  NestFreemark , nuria elena, Queen_Leslie, Ramos4, Sandra1990, SerenaTheGentle,  Shadowfax, silent words, soffsnix, solisoli_17, SweetSmile,  The_Warrior_Of_The_Storm, Violet A Nash, WikiJoe, _joy, _likeacannonball, _LoveNeverDies_

 
Per le recensioni dello scorso capitolo: Ben Barnes, Cecimolli, JessAndrea, marasblood, MartaKatniss98, Sandra1990 Shadowfax, The_Warrior_Of_The_Storm , _joy
 
Vi metto come sempre i link delle mie pagine facebook Susan LaGentile Clara e Chronicles of Queen, dove trovate gli aggiornamenti di tutte le mie storie (fan di Narnia, arrivo presto con il nuovo cap, siate fiduciosi!)
Un bacio grandissimo a tutti voi e grazie che continuate a seguire questa fanfiction!!!
Vi amo!!!
Susan♥

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Capitolo 20
*** 20. Noi ***


AVVISO:
il rating della storia si alza da giallo ad arancione
da questo capitolo in poi.

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Dedicato alla mia prof, perché senza di lei non avrei proprio saputo come fare!
Grazie infinite!!!

 


20. Noi
 
 
Questo momento lo ricorderò per sempre, anche quando dovremo dirci arrivederci.
E’ la più grande certezza che ho…
 
 
 
 
C’era stato un periodo della sua vita in cui Claire era stata veramente felice. Era il periodo in cui suo padre era ancora vivo, il periodo in cui non aveva ancora conosciuto Alex e aveva ancora delle amiche sincere.
Ora, dopo tanto tempo, si sentiva esattamente così: felice, grata di essere viva. Erano bastate poche parole a far sì che l’ultimo mattoncino del muro dietro il quale si era nascosta crollasse, e diventasse polvere.
Sapeva che gli uomini non gradiscono particolarmente essere assillati da mille domande sul ‘mi ami o non mi ami’, ‘perché non me lo dici mai’ o ‘posso fidarmi di te’. In un primo momento, non avrebbe voluto chiedere a Ben cosa pensasse effettivamente di lei; tuttavia ne aveva sentito il bisogno. Non perché fosse insicura di lui, ma perché era insicura di sé stessa. Come sempre.
Dopo tante incertezze nella vita, desiderava avere almeno una singola certezza.
Aveva bisogno di sapere di essere veramente importante per qualcuno. Sapere che, una volta tesa la mano, quel qualcuno non l’avrebbe lasciata a metà strada.
Per anni, era stata fin troppo abituata ad alzare la guardia se solo un ragazzo le si avvicinava, con la paura che la prendesse e la buttasse come aveva fatto Alex.
Con Ben, però, era stato diverso fin da subito. Da lui si era lasciata avvicinare, permettendogli di avvicinarsi a sua volta, piano piano, anche se più volte aveva avuto la tentazione di allontanarlo e tornare a nascondersi dietro la sua barriera invisibile. Eppure, qualcosa l’aveva spinta a fidarsi. E non centrava nulla il fatto che lui fosse Ben Barnes: se fosse stato un altro tipo di persona, non avrebbe neppure accettato di uscire con lui. Si era fidata perché Ben con lei non giocava. Ben la capiva, sapeva cosa si prova ad essere feriti dalla persona che ami: ti annienta, ti rende incerto verso il prossimo, ti fa credere di non essere stata abbastanza per quella persona, e per nessun’altro in futuro.
Ma, più di questo, Ben aveva dimostrato di accettarla per quello che era: non solo con i pregi, ma anche e soprattutto con tutti i difetti.
La fiducia era più importante di un ‘sei bellissima’. Non che disdegnasse un complimento simile, ma per lei non era mai stato indispensabile sentirselo dire. Sapeva di non essere bellissima e si accettava per quel che era. C’era voluto molto tempo anche per questo.
Lei si fidava di Ben, e Ben si era fidato di lei. Quasi non si conoscevano, eppure si erano raccontati le loro vite. Claire sapeva quanto lui fosse riservato e quanto gli fosse difficile rivangare il passato. Faceva lo stesso effetto anche a lei: detestava parlare del suo ex. Però, il fatto che Ben avesse deciso di raccontarle una cosa così importante, l’aveva colpita in positivo, portandola a nutrire una maggiore fiducia. Cieca fiducia.
In conclusione, se avesse voluto assillarlo con alcunché, non sarebbero state altre rassicurazioni sul loro rapporto, ma una valanga di grazie: grazie per averla liberata dalla solitudine, per averle ridato fiducia nell’amore, per farla sentire così felice, forte e importante.
Basta incertezze, basta ripensamenti, basta pensare al passato, e nemmeno al futuro.
Il futuro era adesso.
Con un sorriso disteso, Claire terminò di legare un nastro rosso ad un sacchettino di carta trasparente, il quale conteneva dei biscotti a forma di stella. Lo posò sul banco accanto ad altri due, del tutto identici al primo. Aveva programmato di prepararne molti di più, ma aveva preferito fermarsi, tanto non ne avrebbe venduto neppure uno, quel giorno.
Fu una giornata lunga e vuota, e Claire la passò per la maggior parte da sola. Joseph era rimasto fino alle dieci del mattino, orario di apertura alle visite ospedaliere (la zia migliorava di ora in ora). Lory aveva dato il cambio al marito dopo aver rassettato casa, fatto la spesa, cucinato e surgelato la cena, e portato Maddy dalla vicina. Vista la poca affluenza di clienti – e dato che Ben non sarebbe venuto – le due cugine decisero di chiudere mezz’ora prima del solito per fare un salto dalla zia di Jo.
Claire scrisse un sms a Ben, augurandogli buona intervista e buona serata. Una volta tornati tutti casa, trovò la risposta di lui: un grazie e una promessa di non mancare l’indomani.
 
 
 
***
 
 
 
«Ciao Ben, sono Ruth Thomson. Posso darti del tu, vero?» disse la giornalista stringendogli la mano.
«Sicuro» sorrise Ben, prendendo posto davanti a lei a un tavolo del bar dell’hotel.
«Direi che, per cominciare, possiamo ordinare qualcosa da bere» disse ancora la giornalista. «Hai già cenato?»
«No, non ancora»
«Allora, due aperitivi fanno al caso nostro»
Ruth chiamò il cameriere, poi posò il cellulare sul tavolino: avrebbe registrato tutto lì sopra. Quando arrivò da bere, lei iniziò a fargli domande: gli chiese cosa lo aveva spinto ad accettare di girare questo film, cosa l’aveva colpito nella trama, se si trovava bene sul set, e cosa si aspettava dalla pellicola.
«Sono molto fiero di questo film» disse Ben con un gran sorriso. «Non vedo davvero l’ora che i fans lo vedano. E’ una storia di vita vera e questo mi piace molto. Inoltre, io amo la musica, e il fatto di poter raccontare una storia attraverso di essa è emozionante»
«Hai già lavorato con Katherine Heigl in The Big Wedding. Posso chiederti com’è stato rincontrarsi e interpretare la parte degli innamorati?»
«Katie è una grande attrice e una buona amica. Tornare a lavorare con lei è stato bello. E’ tutto molto naturale tra noi»
L'intervista continuò su questo tono per un pò. Ma la giornalista aveva tenuto le domande più scottanti per il finale (almeno secondo lei). «Ancora un paio di cose, poi ti devo lasciare». La donna lo fissò come un cacciatore che ha appena scovato la sua preda. «Abbiamo detto che in questo film interpreti Ryan Brenner, un musicista squattrinato che gira per le città dello Utah. A Ogden, trova questa bellissima donna, Jackie, della quale si innamora. Mi chiedevo: non è che per caso anche tu hai trovato la tua Jackie tra queste montagne?»
Ben si mosse sulla sedia.
Ci siamo…
«Ehm...no» mentì, sfoderando un sorriso ad arte. «Non c’è nessuna Jackie»
Distolse lo sguardo dalla giornalista, fissandolo sui bicchieri vuoti.
Pensò a Claire.
La giornalista lo guardò attentamente. «Quindi sei sempre single? Dunque erano solo voci quelle che ti vedevano fidanzato con la modella Rachel Stevanovich? Erano uscite delle notizie su di voi, delle foto...»
Ben si schiarì la gola. «Rachel è un splendida ragazza, ma abbiamo solo posato per la stessa rivista. Mi sto concentrando molto sul mio lavoro, non ho tempo per altro in questo momento»
La giornalista annuì lentamente. La riservatezza di Ben Barnes le era nota e non insisté oltre.
«Va bene… Un’ultimissima domanda: siamo praticamente alle soglie del nuovo anno: cosa ci riserverai per il prossimo, oltre a questo film?»
Ben si rilassò. «Non posso dire molto, ma ho dei nuovi progetti con James Mottern e il canale History Channel. Più di così non rivelerò, o il mio agente potrebbe strozzarmi»
La giornalista rise. «Sì, lo conosco il tuo agente. D’accordo, direi che è veramente tutto. Ti ringrazio molto, Ben»
Lei si alzò e lui la imitò subito. «Di niente»
Ruth gli porse la mano. «In bocca al lupo per i tuoi progetti»
«Grazie mille»
Quando lei se ne andò, Ben emise un mezzo sbuffo, pagando il suo drink prima di dirigersi a cena.
Chissà perché dovevano sempre fargli domande sulla sua vita privata... Ok, era parte del gioco: alla gente piacciono i gossip e i gossip portano ulteriore notorietà. Però era una scocciatura a volte. Lui voleva parlare di suoi film, non di chi aveva frequentato e per quanto!
Rachel…
Cosa cavolo era venuto in mente a quella giornalista di nominarla? E perché?
Pensare a lei gli faceva calare addosso una sensazione di rabbia, nervosismo, che lo rendeva cupo e silenzioso.
Rachel Stevanovich, modella di origine slovena, capelli biondi, occhi verdi e un fisico da paura, era in realtà una stronza di prima categoria. Poteva anche essere bellissima fuori, ma dentro la confezione c’era il vuoto più totale. Era la donna – anzi no, la persona – più egoista, superba e falsa che avesse mai conosciuto nei suoi trentadue anni. Dopo che si erano lasciati, occasionalmente, aveva letto qualcosa su di lei: a quanto pare, in quei due anni, era stata con almeno altri quattro ragazzi, uno dei quali era anche diventato suo marito. Peccato che lei avesse chiesto il divorzio dopo soli sei mesi.
Il suo migliore amico, Rob, la chiamava ‘la sciupa maschi’. Come nomignolo calzava...
Una volta in camera, Ben telefonò a Claire come aveva programmato di fare (il suo cellulare faceva ancora i capricci). Lei gli chiese com’era andata l’intervista e lui sorvolò volontariamente sulla la parte in cui aveva parlato di Rachel.
Non era mentire, si disse: era solo evitare inutili malumori.
Le ragazze non amano sentir parlare i loro ragazzi delle proprie ex…
Lui e Claire si erano confidati le reciproche delusioni, ma ciò non voleva dire che dovessero continuamente a rivangarle. Tutto il contrario: non dovevano parlarne affatto, né pensarci.
Purtroppo, Rachel sarebbe sempre rimasta in un angolo dei suoi ricordi, nonostante gli sarebbe piaciuto passare un panno nella sua mente e cancellarla per sempre, come gesso su una lavagna. Ma non poteva. Tuttavia, era un ricordo lontano: la sua storia con Rachel era morta e sepolta, come quella di Claire con Alex.
Se voleva iniziare a viverne una nuova, era giunto il momento di mettere da parte tutto ciò che gli aveva impedito di avvicinarsi alla ragazza più dolce della terra.
Lui voleva una donna che stesse al suo fianco, non ai suoi piedi. Una donna con cui condividere tutto, non solo una foto su un giornale scandalistico.
 
 
 
 
***
 
 
 
 
Il giorno seguente, le riprese vennero sospese.
La bufera si era infine abbattuta su Ogden in tutta la sua forza, sradicando alberi e pali della luce. La neve poteva essere bella ma creava un mucchio di disagi, in particolare in uno stato come lo Utah, dove si raggiungevano anche i 9 metri di neve all’anno.
La metropolitana rimase l’unico mezzo pubblico a disposizione dei cittadini. I più temerari si avventurarono fuori casa in auto, alcuni persino a piedi, camminando curvi contro il vento e le raffiche gelate. Molti negozi rimasero chiusi, All the Perks compreso.
Il giorno dopo ancora, la storia si ripeté. Solo verso sera neve e vento diedero un attimo di tregua alla città.
E il destino volle che, proprio quella sera, Katherine Heigl rovesciasse il suo thè alla menta sopra il telefono di Ben. Lui non imprecò ad alta voce solo perché lei si scusò immediatamente, aiutandolo – per quanto possibile – a riparare il danno.
«Ecco, l’ho asciugato. Funziona ancora…più o meno. Credo tu possa recuperare tutti i numeri e le mail»
Ben la fulminò con uno sguardo assassino.
Katie gli restituì il cellulare. «Oh, dai, non l’ho mica fatto apposta! Almeno setterai di lamentarti di quanto fosse lento»
«Non posso stare senza telefono»
«Vai a comprarne un altro. O chiedi a Tyler di mandare qualcuno»
«No, ci vado io»
«Adesso?»
«Per forza. Ne approfitto finché non nevica. A quest’ora dovrei trovare ancora qualche negozio aperto»
Ben scese di corsa alla reception, chiedendo dove poter trovare il più vicino rivenditore di elettronica. Non era lontano ma, quando vi entrò, capì dallo sguardo dei due negozianti di essere arrivato proprio nel momento in cui stavano per chiudere. Nonostante ciò, furono molto gentili e gli mostrarono diversi modelli.
Ben scelse un Apple, con cover nera, uno degli ultimi usciti sul mercato.
Possibilmente impermeabile…
«Vi ringrazio molto. Scusate ancora per avervi fatto tardare»
Uscì dal negozio, alzando il colletto del giaccone, strizzando un poco gli occhi, il viso sferzato dal vento. Indugiò un secondo sul ciglio della strada.
E se fosse passato da Claire? Era un po’ tardi, ma aveva voglia di vederla. Solo per farle un saluto veloce.
Tutte le volte che non poteva stare insieme a lei, lo prendeva una strana impazienza che non aveva mai sperimentato in precedenza. Quando la lasciava, la rivoleva accanto non subito, ma addirittura prima del secondo prima di dirle ‘ci vediamo domani’.
Se ci rifletteva bene, gli sembrava quasi assurdo, eppure vero.
Arrivò davanti a casa di lei, suonò il campanello e Claire venne ad aprirgli.
Non era sola: con lei c’era Maddy…e Rett, acciambellato bellamente nel suo cestino accanto al termosifone.
«Lui è quello che sta meglio di tutti» commentò Ben, accomodandosi in soggiorno.
«Puoi giurarci»
«Lory e Joseph non ci sono?»
«Dovrebbero tornare a breve: sono in ospedale. Domani dimettono la zia di Jo»
Ben si mostrò sinceramente felice alla notizia. «E’ fantastico!»
Claire gli sorrise. «Sì, è vero! Sei gentile a preoccuparti. Grazie»
Lui diede un’ occhiata all’ora «Ti ho disturbata? Stavi preparando la cena?»
«Scherzi? Non disturbi affatto»
«Meglio così. Tra poco, comunque, vado» Ben allungò una mano per scostare la solita ciocca di capelli che le finiva sempre davanti al volto. «Non sta mai a posto»
Claire se la sistemò meglio.
Se fossimo soli…pensò.
«A cosa pensi?» chiese lui poco dopo.
Mi legge nel pensiero? Cos’è, un guru…
«A niente» mentì lei.
Ben si appoggiò con il braccio allo schienale, continuando a giocare con i suoi capelli. «Non è possibile non pensare a niente»
«Sì, invece»
«No»
«Io quando sono con te non penso a niente»
Lui le fermò la mano sulla nuca. «Nemmeno a me?»
«Certo. A te e basta»
«Visto? A qualcosa pensi»
«Mi fai il filosofo, adesso?»
Lui ridacchiò, posando le labbra sulle sue. In un secondo gliele catturò, iniziando un bacio che sapeva di lei.
«Ho una voglia matta di fare l’amore con te»
Claire sorrise piano, mordendosi le labbra.
Lui la guardò a lungo, pensando che era meglio fermarsi adesso prima di dimenticarsi che c’era anche Maddy in salotto insieme a loro; prima che la tentazione di ridistenderla su quel divano e finire ciò che avevano cominciato la volta scorsa diventasse troppo forte.
«Si è fatto tardi. Devo andare»
«Lo so» rispose lei, insoddisfatta, stringendogli piano il maglione.
Un bacio ancora non poteva far male.
Suvvia, Ben…uno piccolo piccolo…giusto per salutarla.
Sì…altro che bacio per salutarla! Lui le circondò la schiena e la strinse tanto forte da portarsela quasi in braccio. Claire non replicò minimamente, rabbrividendo al tocco intenso della mano di lui che l’accarezzò sul seno.
«Ben…» non che io non lo voglia, però…«c’è Maddy…»
Lui sospirò di frustrazione. «Lo so. Un secondo»
Aprire gli occhi, guardarsi, perdersi e… perdere dieci anni di vita allo scatto della serratura.
«E’ la mamma!» gridò Maddy, balzando su dal tappeto.
Ben e Claire sussultarono per lo spavento.
«Ciao, amore della mamma!» esclamò Lory, prendendo in braccio la bambina. «Ciao, Ben! Che sorpresa!»
«Ciao…» salutò lui, alzandosi in piedi.
«Ah, c’è Ben?» fece Joseph, chiudendo l’uscio. «Come stai, tutto bene?»
«Bene, sì. Sono passato a fare un saluto. Claire mi ha detto che tua zia tornerà presto a casa»
«Sì, è vero. La portiamo a casa domani. Grazie per l’interessamento. Vuoi cenare con noi?»
«Stavo andando via, in realtà»
«Oh, peccato» fece Lory, quadrando i due ragazzi. Avevano un’aria strana. «Bè, sarà per un’altra volta»
«Certo. Grazie per l’invito»
Ben recuperò in fretta il cappotto e salutò gli amici.
Sulla soglia, sorrise a Claire. «Lory ti controlla»
Lei alzò le spalle. «Sì, lo so. Ma credo che lo faccia per assicurarsi che non le roviniamo il divano»
«Cosa?»
Claire scosse la testa. «Niente, lascia stare. Te lo spiego un’altra volta. Ora vai, sta ricominciando a nevicare forte»
Ben guardò il cielo, il cui chiarore era molto intenso anche la sera.
«Domani siete aperti?» chiese poi.
«Credo di sì. Vieni?»
«Sì, ho ancora mezza giornata libera». Lui si chinò a baciarle la guancia. «A domani»
«A domani, buona serata»
Ben corse in macchina.
Claire chiuse la porta e rientrò in casa. Si fermò solo un attimo a fissare il vuoto, a pensare a lui, ai suoi baci, a…
«Oh, ma uffaaa!!!»
«Perché urli?»
«Eh? Ah, Lory… niente» Claire si guardò attorno, facendo un vago gesto con la mano «Ho picchiato il piede contro il mobile»
La cugina si mise le mani sui fianchi. «Ah sì? E perché hai tutti i capelli in disordine?»
«Eh…perché….non lo so»
Lory abbassò la voce. « Senti, ti ho già detto che se tu e Ben state insieme a me fa solo piacere, ma ti ho detto anche che non voglio vedervi fare le sconcerie sul mio divano. Perché non le stavate facendo, vero?»
Claire si ritrasse. «N-no»
«Non con la mia innocente bambina in casa, verooo???»
«No! E poi senti chi parla: non sei tu quella che si deve mettere i tappi nelle orecchie di notte!»
Lory annaspò. «Bè, ma…va bene, però il divano no!»
Claire incrociò le braccia. «Il divano è anche mio, dopotutto»
Joseph sbucò con la testa dal soggiorno. «Cosa state combinando lì all’ingresso?»
«La tua cuginetta acquisita è una depravata!» fece Lory
«Perché, cos’ha fatto?»
Claire alzò le mai in segno di resa. «Non ho fatto niente (ancora), giuro!»
«Ha fatto le sconcerie con Ben sul nostro divano!»
Joseph si voltò di scatto verso la ragazza.
Claire arrossì.
«Brava!» esclamò inaspettatamente Joseph.«Sapevo che avresti colpito nel segno!» esclamò poi lui.
«Joseph!»
«Ma dai, Lory, smettila di trattare Claire come una bambina. È grande e saprà da sola cosa fare, no?»
«Sì, ma...»
«E poi, Ben è un bell’uomo»
«Joseph, cosa dici?!»
«Mi sto congratulando»
Claire si coprì la bocca con una mano per soffocare le risate.
Jo, sei un grande…
Lory continuò a blaterare per un po' riguardo qualcosa sui divani e di come certi mascalzoni irretiscono le povere fanciulle.
«Non penso affatto che Ben lo sia, però io mi preoccupo ugualmente»
Dopo cena, mentre la cugina lavava i piatti e Joseph faceva il bagnetto alla bambina, Claire tornò in soggiorno per riordinare i giocattoli sul tappeto…notando qualcosa che non avrebbe dovuto esserci. Si alzò, raggiungendo il lato destro del divano, quello più vicino alla parete. Si chinò per prendere il sacchetto che qualcuno aveva posato a terra, dentro il quale c’era…
Non è possibile che l’abbia dimenticato qui.
«Lory?»
«Sì? Claire, che ci fai con il cappotto in mano?»
«Devo uscire. Ben ha lasciato qui il suo telefono nuovo»
Lory fece un’espressione incredula. «Come diavolo ha fatto a dimenticarlo?»
«Non lo so, ma glielo devo riportare»
«Tesoro, è tardi e ha ricominciato a nevicare. Non credo sia il caso»
«Non ci metterò molto»
«Aspetta, chiedo a Joseph di accompagnarti»
Lory fece per chiamarlo, ma Claire la fermò.
«Non fa niente. Non fargli muovere la macchina, prendo la metro. Vado e torno, promesso»
 
 
 
***
 
 
Ben era già sdraiato sul letto, il portatile sulle gambe allungate, quando sentì bussare alla porta. Guardò l’ora: quasi le dieci. Si alzò e raggiunse in fetta il salottino della mini suite. Probabilmente era Tyler: forse si era scordato di dirgli qualcosa.
Accese la luce, aprì la porta, ma non si trovò davanti il suo manager.
Non era Tyler, era lei.
«Claire, che fai qui?»
Senza dire nulla, lei alzò la mano nella quale teneva il sacchetto, lasciandolo dondolare avanti e indietro per qualche secondo.
Ben rimase senza parole per un attimo, poi si passò una mano tra i capelli e rise piano.
«Non ci credo…»
«Come hai fatto a scordarlo a casa mia?»
«Sono un cretino?»
«O eri distratto»
«Indovina di chi è la colpa?»
Lei spalancò gli occhi. «Mia?»
«Mi distrai in continuazione» Ben fece un passo indietro per farla passare. «Vieni dentro»
Claire mise piede nella suite e, quando sentì scattare la serratura, divenne improvvisamente nervosa.
Non era una brutta sensazione.
Gli mise il sacchetto tra le mani e Ben lo appoggiò sul tavolino.
«Grazie»
«Figurati». Claire lo fissò «Stavi per andare a dormire?» gli chiese indugiando sulla maglia a maniche lunghe e i boxer neri.
Non diventare scema, non è il caso. Ora lo saluti e te ne torni a casina…
«Non ancora. Stavo rispondendo a delle mail, in realtà»
«Non mi trattengo, così puoi continuare»
«Posso continuare domani»
Ben allungò una mano verso i suoi capelli: al tatto risultarono leggermente umidi, colpa dei fiocchi di neve che vi si erano posati e ora si stavano sciogliendo.
Le prese la mano. «Sei gelata. Come ci sei arrivata fin qui?»
«Con la metropolitana. Nevica da pazzi, e…»
«Sei stupida o che?» sbottò lui.
Lei lo fissò senza capire. «Perché?»
«Perché è pericoloso per una ragazza prendere la metro di sera»
Claire trattene un sorriso. «Non ti fidi di me?»
Lui assunse un’espressione leggermente cupa. «Non mi fido della gente che c’è in giro a quest’ora di notte»
«Giro con un coltello nella borsa, non te l’avevo detto?»
Ben scosse il capo, serio. «Non voglio che prendi la metropolitana, non da sola, non di sera, e non con questo tempo. E’ chiaro?»
«Sapevo che l’avresti detto»
«Claire, sto parlando su serio!»
«E allora come torno a casa?»
«Non ci torni»
Lei ammutolì.
Ben le sfiorò il viso con la mano, le labbra, facendo pressione con il pollice su quello inferiore.
Il cuore di lei perse un battito.
Nella penombra della stanza, gli sguardi si incontrarono e penetrarono l’uno nell’altro.
Non poteva esserci nulla di più giusto.
Io e te…
Ben le sfiorò una guancia con dita gentili.
Noi…
Claire alzò il viso.
Lui le lasciò la mano, ma solo per catturarle il viso tra le mani e iniziare a baciarla.
Lei gli allacciò subito le braccia attorno al collo. Gli permise di assaporasse la sua bocca fin nel profondo, con lentezza. Inconsciamente, si spinse contro il suo corpo.
Ben le posò una mano sulla schiena, premendo sulle reni, per farla aderire maggiormente a sé.
Il contatto fece esplodere il desiderio in un istante.
Sospirarono insieme un attimo prima di separarsi.
«Non ti lascio scappare ora che ti ho qui»
Claire sorrise. «Non ho nessuna intenzione di farlo»
Ben le sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. «Vuoi…?»
Restare?
«Sì» sussurrò lei con dolcezza, mentre strofinava di nuovo le labbra contro quelle di lui, per chiedere un altro bacio.
Ben accettò l’implicito invito a continuare su quella strada. Una strada che li avrebbe portati molto oltre.
Le aprì il cappotto, facendoglielo scivolare dalle spalle, e quello cadde a terra dimenticato come tutto il resto. Indietreggiò verso l’interno della stanza, portandola con sé.
D’un tratto, Claire si sentì sollevare da terra, presa da sotto le cosce: un gesto improvviso al quale reagì con un’occhiata sorpresa. Ma subito lei circondò la vita di lui con le gambe, aggrappandosi saldamente, annullando ogni distanza.
Arrivarono così sulla soglia della camera da letto, baciandosi a tratti, guardandosi, sospirando.
Quando Ben la rimise a terra e chiuse la porta, e con essa il mondo fuori, lei seppe di non poter più tornare indietro.
La lampada accesa sul comodino gettava la stanza in una piacevole penombra. Claire non pensò nemmeno di chiedergli di spegnerla. Si ritrovò con la schiena appoggiata alla porta. La bocca di lui, bramosa, cercava di nuovo la sua.
Ben le infilò le mani sotto il maglione, incontrando una seconda stoffa più leggera. Superò anche quella, arrivando a toccarle la pelle sui fianchi.
Questa volta non si sarebbe fermato.
Continuò a baciarla, tracciando per intero il profilo della sua spina dorsale. Poi le fece alzare le braccia e le sfilò il maglione dalla testa.
Claire respirò più forte.
Ben la imprigionò ancora per qualche istante tra il legno e il proprio corpo, prendendole il viso tra le mani.
A lei piaceva da impazzire quel suo modo di fare. Quando faceva così, Claire sapeva sempre che voleva dire un bacio. Un altro, e un altro ancora. Baci infinti, perfetti, che si fecero sempre più urgenti.
Lui la fece allontanare dall’entrata, per condurla piano verso il letto.
Claire interruppe il bacio quei pochissimi secondi che le bastarono per sfilarsi da sola la seconda maglia.
Ben rimase un attimo solo a fissarla, poi la strinse sé, la voglia crescente di sentire quel corpo esile contro il suo. La fece stendere sulle coperte morbide e continuò ad accarezzarle i fianchi avvolti dai jeans. Si voltarono leggermente su un fianco. Lui le sfiorò i glutei, posandole poi una mano sotto il ginocchio, invitandola ad allacciare una gamba attorno al suo bacino.
Claire gli portò un braccio intorno al collo, mentre con l’altra mano scostava un lembo della maglia che lui indossava per dormire, per solleticargli l’addome. Lo sentì sussultare e trattenere il fiato.
Ansia e desiderio si impadronirono di lui. Ben la fece rotolare sulla schiena, scendendo a baciarle il collo nel punto esatto in cui già sapeva che le avrebbe fatto emettere il più perfetto dei sospiri.
Claire avvertì un calore immenso partire proprio dal punto in cui lui posava le labbra, propagarsi dentro di lei fino a concentrarsi nel basso ventre. Ad occhi chiusi, si mosse per modellarsi contro di lui, per sentire quanto la voleva.
Ben le accarezzò la pancia, il ventre, slacciandole il bottone dei jeans. Lei lo aiutò a sfilarglieli, inarcandosi un poco.
Quei pochi indumenti che ancora avevano addosso iniziarono a diventare ingombranti. Volevano sentirsi, toccarsi, percepire morbidezza, calore. E molto altro.
Con un fruscio rapido, Ben si liberò della maglia, restando in boxer.
Lei rimase immobile ad ammirare l’ampiezza delle sue spalle, del suo torace, i muscoli delle braccia, non esagerati ma giusti. Sapeva che era bellissimo, ma non poteva certo immaginare quanto lo fosse realmente. Allungò una mano per toccare la pelle viva e calda. Non si era mai resa conto di quanto desiderasse farlo. A palmo aperto, lo accarezzò sulle spalle, tracciando le linee dei muscoli di braccia e addome, delle costole, per poi risalire a intrecciare le dita tra i peli del suo petto. Non le sembrava vero di poterlo vedere e toccare così da vicino.
I loro copri erano adesso divisi da pochi centimetri di stoffa che facevano tutta la differenza. Claire lo comprese quando Ben imitò i suoi movimenti, sfiorandola negli stessi punti: spalle, braccia, costole, stomaco e infine il seno, ancora nascosto dal pizzo bianco del reggiseno. Strinse appena, facendola gemere piano.
Le loro labbra si incontrarono, le lingue si sfiorarono, languide. Il bacio seguì il ritmo della mano di lui su di lei.
Il petto le si alzava e abbassava ritmicamente, veloce, come se Claire volesse donarsi sempre più a lui e alle sue carezze con ogni singolo respiro.
Ben la stava guidando, riaprendole la strada verso un sentimento che aveva considerato un nemico per tanto tempo, ma al quale era decisa a riavvicinarsi.
Inconsciamente, lei fece scorrere una mano tra di loro e lo cercò.
Ben staccò le labbra dalle sue, fermando il movimento della mano. Fu raggelato da quel tocco lieve. Si costrinse a rimanere immobile per un istante, recuperando un po’ di controllo.
Il respiro di lui era caldo e leggermente affannato. Claire si sollevò un poco per sfiorargli la bocca, il viso, il collo.
Era ora di smettere di ricevere e basta, voleva iniziare a dare anche lei.
A dargli piacere.
Lo spinse indietro con gentilezza, finché Ben non ebbe la schiena contro il materasso. Si mise a cavalcioni sul suo bacino, mordendosi un labbro quando notò il sorriso beffardo di lui. Forse non si era aspettato tanta audacia. Claire abbassò la testa e iniziò a baciargli ancora il collo, poi le spalle, il petto. Tutto di lui le passò sotto le labbra, finché non lo sentì sospirare di piacere.
Ben la lasciò esplorare il suo copro, estasiato da tanto dolce ardore. Non era quella la Claire che aveva immaginato nelle sue piccole fantasie (sì, perché c’erano state, inevitabilmente). La sua mente aveva dipinto una ragazza fin troppo timida, magari anche impaurita; la vera Claire era invece sì arrendevole, ma pronta a prendere quanto a donare. Ed era meravigliosa. Le sue labbra lasciavano tracce incandescenti. Solo che se avesse continuato in quel modo, lui…
Si sollevò con un movimento agile, le afferrò i fianchi e la fece sedere su di sé. Affondò le dita tra i suoi lunghi capelli, le labbra tra le sue. La costrinse a gettare indietro la testa, lambendole la gola con la lingua.
Claire ansimò, stringendolo forte. Seduta sul suo bacino, percepì il desiderio di lui sempre più  presente contro di lei.
Mormorò il suo nome, completamente persa.
Con appassionata lentezza, Ben pose le labbra sulle sue spalle lisce e cominciò ad abbassarle le spalline del reggiseno, armeggiando con il gancetto dietro la schiena.
«Voglio vederti» mormorò, la bocca di nuovo incollata al suo collo, nell’incavo dove il sangue di lei pulsava più forte.
Claire fu d’un tratto preda di una strana e del tutto indesiderata incertezza.
Lui la sentì irrigidirsi e la guardò. «Che c’è?»
Lei non rispose subito. «Non togliermelo»
«Non vuoi che ti guardi?» chiese lui, stupito.
«Ho paura di non piacerti» confessò Claire, sentendosi sciocca e infantile.
Ben rise piano, passandole un dito sulla punta del naso, facendola sorridere. «Questo non è possibile»
Con un movimento fluido, le abbassò totalmente le spalline.
Le mani di lui, grandi, calde e incredibilmente gentili, le scostarono i capelli dalle spalle,  circondarono i suoi seni.
Claire chiuse gli occhi, estasiata dal quel tocco.
«Sei dolcissima» le sussurrò a un centimetro dal viso. «Sei bellissima»
Incontrare lo sguardo di Ben l’aiutò a superare il nervosismo, il quale svanì in fretta, come tutto il resto intorno a loro.
Lui l’avvolse con le braccia e lei si strinse a lui, schiacciandosi. contro il suo petto.
Ben la ridistese sotto di sé, affondando il viso nel suo seno, sentendola gemere piano quando la lambì voluttuosamente con la lingua.
Claire gli massaggiò la nuca, la sensazione della barba ispida che le pungeva la pelle le piaceva da morire.
Meraviglioso. Tutto era meraviglioso.
Si mosse per chiedergli di continuare.
Lui lo fece, ma la sorprese: la scia umida delle sue labbra si spostò più in basso, scendendo sempre più giù, sulla pancia, sull’ombelico che solleticò con la punta della lingua, e infine sul ventre.
Claire ondeggiò con i fianchi, abbandonando le braccia oltre la testa, fiduciosa.
Fai l’amore con me…
La bocca di Ben fu di nuovo sulla sue. Le sue mani esperte le correvano su tutto il corpo, senza mai arrivare dove realmente volevano. E quando accadde, per lei iniziò una dolce tortura incandescente. Trattenne a malapena un altro gemito e un brivido la scosse fin nelle ossa, il piacere alimentato da ogni nuova e sempre più intima carezza.
Ben le sfiorò il viso con minuscoli tocchi delle labbra, mentre seguitava a vezzeggiarla sopra la biancheria.
«Non tremare» mormorò.
Claire voltò appena la testa, incontrando i suoi occhi, trovandoli scuri come non erano mai stati. Sollevò il mento per cercare un altro bacio, l’ennesimo, ma mai negato.
Le carezze di lui si arrestarono all’improvviso. Poco dopo, lei avvertì il tocco squisito spostarsi più su, di nuovo ai fianchi, le dita infilarsi sotto l’elastico degli slip. Gli strinse il braccio mentre lui glieli sfilava.
Senza quasi rendersene conto, si trovò gli occhi neri di Ben puntati addosso, sul suo corpo nudo. Occhi colmi di profondo desiderio.
Seguirono istanti interminabili, perfetti, in cui lo amò ancora di più solo per il modo in cui la stava guardando.
Anche lei era in grado di incantarlo.
E, dopo tanto tempo, si sentì di nuovo giusta, e bella.
Ben l’adorò con lo sguardo ancora qualche istante. Le pose una mano sotto la schiena, sollevandola lievemente, sistemandola meglio sul letto. Poi, in un fruscio di stoffa, anche lui si liberò dell’ultima costrizione. 
Adesso erano entrambi nudi. Pelle contro pelle.
Claire respirò sempre più forte, e si accorse che anche Ben faceva lo stesso.
Il copro teso, lui si mosse leggermente in avanti, conto di lei. Il solo contatto minacciò di farlo esplodere. Fin ora si era concentrato quasi esclusivamente sul piacere di lei, senza farle fretta, nonostante l’istinto gli avesse gridato più volte di prenderla immediatamente, senza attendere troppo. Ma aveva visto la trepidazione apparire nei suoi grandi occhi scuri; emozioni e sensazioni che, sapeva, Claire non provava più da tempo.
Si sollevò sulle braccia, sovrastandola, creando quasi una protezione intorno a lei.
Claire si sentì avvolta: dal suo corpo, dal suo calore, dal suo odore, dal suo respiro. Istintivamente, aprì le gambe, accogliendolo.
Ben si chinò a baciarle il naso. «Tutto bene?»
«Sì» rispose lei, immobile sotto di lui.
«Tranquilla, bimba»
«Sono tranquilla. Ho solo paura di non sapere più cosa si prova»
Ben sorrise dolcemente, intrecciando le dita a quelle di lei. Si guardarono un istante. Poi, riprese a baciarla lentamente.
Dolce, arrendevole e bramosa. Tutto questo era Claire in quel momento. Tornò ad accarezzarla tra le gambe, delicato e insistente.
Lei emise un sospiro tremulo. Sentì il cuore balzarle fuori dal petto. Il bisogno di lui crebbe sempre di più: il bisogno di sentire, sentirlo, dargli e ricevere tutto. Gli infilò le mani tra i capelli, inseguendo i suoi baci tra i sospiri.
Lui incastrò i fianchi in quelli di lei, posando le braccia ai lati della sua testa. Le accarezzò i capelli arruffati.
«Ben…»
Quello di lei fu quasi un richiamo.
Lui le chiuse nuovamente la bocca con la propria, in un bacio languido e profondo. Si spinse in avanti e lei gemette forte tra le loro labbra.
Claire gli afferrò la schiena e buttò all’indietro la testa quando lo sentì dentro di sé.
Nel silenzio che seguì, nessuno dei due si mosse.
Ben le sfiorò una guancia con le labbra, attendendo che si rilassasse. Avvertì la forza con la quale lei si stringeva a lui e l’abbracciò ancor più saldamente.
«Stai bene?» 
Claire affondò il viso nella sua spalla, annuendo. «Sì. E’ solo che è da tanto tempo che non…»
«Sshht». La zittì con un sussurro, accarezzandole il capo.
«Non fermarti» lo pregò lei.
«Guardami, Claire» mormorò Ben, accarezzandole il volto. «Guardami»
Lei aprì gli occhi e si perse dentro quello sguardo.
Iniziarono a muoversi insieme, lentamente, prolungando così ogni sensazione.
Era meraviglioso farsi toccare da lui, farsi amare da lui. Claire arse come fuoco sotto quel corpo stupendo. Era questo che voleva: sentirlo, Ben e niente altro. Lo vide chiudere gli occhi, un momento prima di fare lo stesso.
Presto, i respiri si fecero rapidi e spezzati.
Lui affondava e riemergeva ad ogni movimento, ogni ondeggiare di fianchi. Ansimò e gemette con lei. Fu abbandono completo. Si perse in lei e con lei. Non aveva mai provato nulla di così totalizzante.
I loro corpi vibravano nell’incontrarsi, continuando a cercarsi, lenti, trovandosi ancora e ancora, ogni volta più intensamente. Si accarezzarono con mani, respiri, sguardi, pelle. Si scoprirono, completandosi in un’unione che da ora sarebbe divenuta indispensabile.
Ben ricevette e donò un bacio avido, che sapeva non più di lei soltanto, ma di loro. Gli si mozzò il respiro quando Claire iniziò a rispondere alle sue spinte, permettendo ad entrambi di cogliere sensazioni sempre più impossibili. Prese a muoversi più forte, travolgendola.
Le scappò un suono acuto e uno più roco arrivò da lui. Claire lo strinse con tutta la forza che aveva, nascondendo il viso nell’incavo del suo collo, affondando le unghie nella sua schiena. Lasciò andare la testa all’indietro, inarcando i fianchi, perdendo sé stessa ma non la fitta di piacere immenso che quasi la sconvolse.
Ben si gettò sul suo collo, bruciando con lei, accompagnandola e raggiungendo anch’egli il limite.
Lei restò ferma sotto di lui, ad assaporare l’improvvisa spossatezza. Brividi caldi e freddi le percorrevano ancora il corpo.
Anche Ben rimase dov’era, con il viso immerso nei suoi capelli, il respiro caldo e veloce che le infiammava le orecchie.
Ancora uniti, lui sollevò di poco la testa e le baciò il collo.
«Non muoverti» lo pregò in un sussurro. «Rimani così ancora per un po’»
Ben si appoggiò al suo seno, sospirando. «Tutto il tempo che vuoi»

 
 

 


Dopo mille incertezze, cambiamenti, stravolgimenti, correzioni e consigli, ecco il capitolo più atteso! E' il più lungo fino ad ora, credo. Spero vivamente che vi piaccia e che soddisfi le vostre aspettative. Personalmente, io lo sono: sono fiera di quello che ho scritto, ed è una cosa rara! ;)
E’ la primissima volta che descrivo una scena d’amore così particolareggiata. Volevo qualcosa di magico per Ben e Claire, ma anche di vero, che potesse darvi sensazioni reali, palpabili. Credo di aver fatto un salto di qualità, e credo di averci preso la mano, tanto che, come annunciato sopra, la storia passa definitivamente da rating giallo ad arancione.
Fatemi sapere cosa ne pensate nelle vostre recensioni, che aspetto con ansia!!!
 
Ringraziamenti:

 
Per le preferite: battle wound,  Bella_babbana, Ben Barnes,  Blackpanda96, Christine Mcranney, Fra_STSF, HarryPotter11, JessAndrea, jihan, Len IlseWitch, marasblood, MartaKatniss98, Medea91h, MelvyLelvy, Milkendy,NestFreemark, NeverendingStoryGirl, Occhi di ghiaccio, Riveer, Stefania 1409, The_Warrior_Of_The_Storm, _likeacannonball
 
Per le ricordate: Ben Barnes, Fra_STSF, Halfblood_Slytherin, Hug my fears, maty98, Milkendy, NestFreemark, Suomalainen.
 
Per le seguite:  All In My Head, AmeliaRose, apologize, Ben Barnes, Catnip_Peeta_, Cecimolli, ChibiRoby,
DeniAria, EmmaTom4ever, EvaAinen, Fra_STSF, Greenfrog, Halfblood_Slytherin,HarryPotter11,InTheMiddleOfNowhere,JessAndrea, JLullaby, MartaKatniss98, maty98, Milkendy, Nadie, NestFreemark, NeverendingStoryGirl,  nuria elena, Queen_Leslie, Ramos4, Sandra1990, SerenaTheGentle, Shadowfax, silent words, soffsnix, SweetSmile, The_Warrior_Of_The_Storm, Violet A Nash, WikiJoe, _joy, _likeacannonball, _LoveNeverDies_

 
Per le recensioni dello scorso capitolo: Ben Barnes, Cecimolli, marasblood, JessAndrea, Sandra1990, Shadowfax, The_Warrior_Of_The_Storm, _joy.
 
Vi ricordo che per sapere quando posterò il prossimo capitolo, se avete domande o volete chiacchierare, mi trovate alle mie pagine facebook Susan LaGentile Clara e Chronicles of Queen, dove trovate gli aggiornamenti, foto, video e disegni fatti da me.
Un bacio immenso a tutti voi! Vi ringrazio immensamente per aver scelto di leggere Ben & Claire e di amarli così tanto!
Vi adoro alla follia!!!
Susan♥

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Capitolo 21
*** 21. Svegliati con me ***


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21. Svegliati con me
 
 
Stringimi mentre dormi,
Vegliami mentre sogno.
Abbracciami, baciami, amami.
Ancora...
Ancora…
 

 
 
Calma e tranquillità. Un silenzio interrotto solo dal sommesso frusciare della neve che si posava sul davanzale della finestra.
Dopo essersi coricato accanto a lei, Ben strinse Claire tra le braccia. La tenne vicinissima a sé, come se non sopportasse l’idea di lasciare il minimo spazio tra loro.
Rimasero abbracciati per parecchio. Pelle contro pelle. Nulla a dividerli. 
Ben sapeva che, dopo la delusione d’amore, lei non aveva più permesso a un uomo di avvicinarla. Lui, al contrario, aveva avuto qualche rapporto occasionale, ma nulla di più. Nulla di paragonabile al momento appena trascorso.
Si sentiva in un qualche modo responsabile per lei, per essere stato il primo dopo molto tempo, e ancora una volta provò la voglia di proteggerla.
Claire teneva gli occhi chiusi, accomodata sul suo petto; Ben, il naso affondato nei suoi capelli scuri, la sentiva respirare contro l’incavo del suo collo.
«Stai bene?»
«Sì»
Lui prese a sfiorarle lentamente i capelli. Era così rilassante per lei…
Claire era sprofondata in un puro stato di grazia.
Aveva fatto l’amore con l’uomo che amava. Non poteva esserci nulla di più meraviglioso, dolce e perfetto. E non era stato stupendo solo per le sensazioni che le aveva fatto provare, ma anche e soprattutto perché era stato lui a toccarla.
Alzò il viso e incrociò il suo sguardo.
Ben le accarezzò una volta la guancia. «Perché abbiamo aspettato tanto?»
Lei posò la mano su quella di lui, tenendola premuta contro il volto. «Non lo so»
Con un movimento delle dita, lo invitò a far incontrare i palmi, come per misurarne la differenza.
«Che mani piccole hai» commentò Ben.
«Confronto alle tue, sicuro». Lei fletté le dita, intrecciandole a quelle di lui. «Mi piacciono le tue mani»
Ben le regalò uno sguardo dolcissimo. Si portò la sua mano alle labbra, baciandone il dorso e il palmo, fermandosi poi ad osservare il segno del taglio che Claire si era provocata in cucina qualche settimana prima.
«Non è ancora guarito» osservò.
«Sparirà, prima o poi» disse lei. «Non sarebbe la prima cicatrice che mi rimane. Ne ho una anche sul ginocchio sinistro»
«Sul serio?»
Lei annuì.
Ben si separò dall’abbraccio e sollevò un poco il busto, scostando leggermente le lenzuola per scoprirle le gambe.
«Questa?»
«Sì»
Lui tracciò con l’indice il profilo del segno più chiaro che attraversava l’intera curva del ginocchio di lei. «Non l’ho notata prima»
Claire arrossì leggermente.
Certo che non l’hai notata. Eri impegnato a fare altro…
«Come te la sei fatta?»
«Ricordi quando ti ho parlato dell’incidente in auto?»
Ben si puntellò su un gomito e annuì subito.
«Mi ruppi la gamba in tre punti: anca, ginocchio, tibia» Claire indicò i punti esatti. «Le altre due cicatrici, ormai, non si vedono più»
«Questa però si nota molto». Lui si chinò a baciarle il ginocchio, risalendo lentamente sulla coscia, sul fianco, il braccio, la spalla.
Claire rabbrividì al contatto delle labbra di lui sulla pelle.
Ben arrivò sul viso, sulla bocca.
Un bacio tenero. 
«Tu non hai cicatrici?» gli chiese lei, accarezzandogli il mento con l’indice.
«No. Una vota mi sono rotto le costole in teatro, però»
«Oh, sì! Durante una rappresentazione di Bird Song»
«Brava. Ma niente segni permanenti». Ben fissò la cicatrice. «Non andrà mai via?»
«Credo proprio di no»
Lui le si stese nuovamente accanto, ricoprendola con le lenzuola. «Com’è successo esattamente?»
«Tornavo da una festa di compleanno» rispose Claire, giocherellando con le dita di lui. «Mi trovavo su una corsia a senso unico, quando un gruppo di ragazzi ubriachi – un paio erano minorenni – sbandò e mi venne addosso. Andavano a più di centocinquanta all’ora. La strada non era abbastanza larga e non riuscii a evitarli. Mi presero in pieno. Mi salvò l’airbag, più una buona squadra di angeli custodi»
Claire emise una risatina ironica. Ben, al contrario, si era fatto scuro in volto, una mano ancora posata sul suo ginocchio.
«Avanti, non fare quella faccia» cercò di tranquillizzarlo. «E’ passato un sacco di tempo, adesso sto benone»
Lui fece una smorfia seccata. «Sai cosa mi dà più fastidio? Immaginare quegli stronzetti venirti addosso e poi tirare dritto»
«In realtà non andò troppo bene nemmeno a loro» lo corresse lei. «Eravamo messi malissimo, tutti quanti. E’ un miracolo che nessuno ci abbia rimesso la pelle».
Ben le infilò una mano tra i capelli, sulla nuca, facendole appoggiare la testa alla propria spalla.
«Tu quasi ci scherzi sopra. Come fai? Potresti non essere qui, ti rendi conto?»
Claire gli sorrise apertamente «Invece sono qui con te. Anche se ancora non mi sembra vero»
Finalmente, lui le sorrise di nuovo, passandole un dito sul naso. «E’ verissimo: sei qui con Ben Barnes in persona!»
Entrambi ridacchiarono. Poi, lei si fece più seria.
«No…» mormorò, facendogli una carezza sulla guancia. «No, non con Ben Barnes. Sono qui con Ben. Solo con Ben»
Lui la fissò intensamente, distendendo lentamente le labbra in un ampio sorriso. «E’ la cosa più bella che potessi dirmi»
La strinse e lei si rannicchiò contro il suo corpo caldo, forte e protettivo.
Claire aveva cercato per settimane le parole giuste da dire, per fargli comprendere che lui non era più un volto o un nome, ma lui. Le sembrava di non riuscire mai ad esprimersi adeguatamente (e il fatto che parlassero due lingue diverse non centrava nulla). Alla fine, era giunta alla conclusione che la cosa più giusta era non dire niente.
Non servivano frasi complicate.
Come le sarebbe piaciuto rimanere con lui tutta la notte…
Ben sembrava proprio non volerne sapere di lasciarla andare, perciò…poteva farlo? Restare con lui?
Ma cosa avrebbero pensato Joseph e Lory non vedendola rientrare? Forse avrebbe dovuto chiamare casa e avvertire che non sarebbe tornata. Oppure doveva andarsene?
Lei voleva rimanere. Lo voleva più di ogni altra cosa. Aveva bisogno di questo in quel momento: di sentire Ben dormirle accanto, di sapere che si sarebbe svegliata con lui. Però non poteva far preoccupare la sua famiglia.
Mentre rifletteva, un senso di disagio prese forma dalle parti dello stomaco.
Era egoismo? Quella voglia incontenibile di stare vicino a Ben e dimenticarsi del resto, era egoismo?
Non riusciva a decidere cosa fare.
Non se ne andò, comunque, perché prima di rendersene conto si era già addormentata, stanca sia emotivamente che fisicamente.
Ben, invece, rimase sveglio a guardarla dormire.
Semplicemente, la guardò dormire.
 
 
 
Lei riaprì gli occhi…non seppe quanto dopo. La lampada sul comodino era ancora accesa.
Percepì il materasso piegarsi sotto il peso di un corpo che tornava a stendersi accanto al suo.
«Scusa. Non volevo svegliarti» le sussurrò Ben, rinfilandosi sotto le coperte.
Si era rimesso i boxer, il che le fece dedurre che doveva essersi alzato.
Claire gli sorrise, sonnacchiosa «Che fai?» 
«Ehm...bagno»
«Oh»
«E ho recuperato il tuo cellulare»
Lei allungò un braccio fuori dal piumone e lo prese. Giusto, pensò: era rimasto nel suo cappotto, dimenticati entrambi da qualche parte nel salottino della suite. Fissò il display, e la sonnolenza l’abbandonò all’istante. Sgranò gli occhi, trattenendo un’imprecazione.
«Sei chiamate senza risposta?!»
Ben si distese a pancia su, un braccio sotto la testa. «Deve aver squillato per tutto il tempo, solo che non lo abbiamo sentito»
Si scambiarono uno sguardo d’intesa, trattenendo entrambi un sorriso divertito.
Claire raddrizzò il busto e piegò le gambe, poggiando la schiena ai cuscini, sistemando le lenzuola per coprirsi.
«Sarà meglio che chiami mia cugina per rassicurarla e dirle che sono ancora qui»
Compose il numero. Dopo soli due squilli, Lory rispose….urlando.
«CLAIRE!!!»
Ben sussultò per lo spavento, Claire pure: per poco non le schizzò il telefono dalle mani.
«C-ciao, Lory»
«DOVE DIAVOLO SEI FINITA?!?!?!»
Claire emise un silenzioso sospiro, iniziando a parlare in italiano, come la cugina.
«Scusa, lo so che ti avevo detto che avrei fatto presto, ma…»
«Dove sei?!» insisté l’altra.
«Da Ben»
Udendo il proprio nome, lui voltò la testa in direzione di Claire. La vide riavviarsi i capelli nervosamente. Sentiva la voce alterata di Lory ma non capiva quel che diceva.
Stavano litigando?
Cercò lo sguardo di Claire e la fissò negli occhi. Solo con essi, sottintese una domanda: andava tutto bene?
Lei capì e annuì affermativamente.
Sì, sarebbe andato tutto bene se Lory le avesse lasciato spiegare…
«Sto bene, sono qui con lui» proseguì, tentando di calmare la cugina.
«Sì, lo so che sei da Ben, ma avevi detto ‘vado e torno’!»
«E’ vero, l’ho detto. Solo che…»
«E’ passata più di un’ora, Claire! Ti rendi conto di come io e Jo ci siamo preoccupati? Per di più, non rispondevi nemmeno al telefono! Abbiamo cercato il numero dell’hotel, abbiamo chiamato, ma non ci hanno passato la stanza di Ben perché sono informazioni riservate. Non sapevamo più che fare! Non potevamo neppure telefonare a lui per assicurarci che fossi arrivata lì, dato che non abbiamo il suo numero!»
«Scusami, ma…»
«Niente ma! Poteva esserti successo qualsiasi cosa! Joseph voleva persino uscire a cercarti, e se non fosse per la bufera, non lo avrei fermato!»
«Lory, mi dispiace tanto!» Claire alzò la voce, sovrastando quella della cugina. «Sto bene, non mi è successo niente»
«Allora perché non hai risposto?»
«Non ho sentito il telefono»
«Sei chiamate, Claire! Non hai sentito sei chiamate?!»
«Non potevo rispondere»
«Che significa?»
Claire lanciò un’occhiata a Ben: si era alzato di nuovo, aveva acceso una sigaretta e se ne stava in piedi poco più in là della soglia. Le dava le spalle: lei capì che lo faceva per non metterla in imbarazzo e gliene fu grata. Pensò fosse una fortuna che non potesse capire quello che stava dicendo: l’avrebbe imbarazzata troppo il pensiero che avesse potuto ascoltare quella conversazione tra lei e sua cugina.
«Claire, ci sei?» fece Lory.
«Sì»
«Che vuol dire che non potevi rispondere?»
«Vuol dire che non ho sentito gli squilli. Non mi sono accorta delle tue chiamate né del tempo che passava»
Non seppe se Lory avesse inteso ciò che stava tentando di spiegarle, fatto sta che il tono della cugina si addolcì di colpo.
«D’accordo» Lory emise un lungo sospiro. «Capisco che tu non sia riuscita a tornare a causa del maltempo, che ti sia dovuta fermare lì, ma la prossima volta avvisami! A volte ti comporti come un’irresponsabile, lo sai?»
«Mi spiace davvero»
«Sì, lo so. Lo so…»
«Ho agito senza riflettere»
«Lo facciamo tutti. Tu stai bene, comunque?»
«Certo»
«Hai intenzione di tornare a casa?»
«Veramente…no»
Lory sospirò di nuovo. «Va bene… Scusami, non volevo urlarti contro, ma ero davvero in ansia»
«No, hai ragione. Nemmeno io volevo farti preoccupare»
«So anche questo. Ne riparliamo domattina, va bene? Ora sarà meglio che ti lasci andare»
Non c’erano dubbi, Lory aveva capito. Non fece alcun commento: le diede la buonanotte e riattaccò. Ma il suo tono tradiva chiaramente il disappunto per come si era comportata.
Claire sapeva di aver sbagliato: avrebbe dovuto avvisare di essere rimasta, era vero, ma…a dirla tutta, non le era proprio passato per la testa. Quando Ben le aveva chiesto di entrare e l’aveva baciata, lei aveva perso ogni cognizione di tempo e di luogo. In quel momento, nella sua testa, non c’era stato spazio né per Lory né per Joseph, né per la loro preoccupazione, né tanto meno per un cellulare che squillava.
Ben rientrò nella stanza. «Tutto a posto?»
Lei annuì, posando il telefono sul comodino. «Era molto preoccupata: le avevo detto che sarei rientrata subito a casa»
Ben spense la sigaretta lasciata a metà, tornandole vicino con un sorriso. «Sono comprensibili le sei chiamate, allora»
Le passò un braccio attorno alle spalle e Claire abbandonò il capo sulla sua.
«Ho una famiglia molto apprensiva»
«L’ho notato» disse lui, solleticandole il braccio con la punta delle dita.
Lei fece lo stesso, passando lievemente una mano sul suo petto. «Quando sono arrivata, non pensavo che sarei rimasta. Ma non voglio andare via»
Lui si scostò appena per poterla guardare. «Te ne devi andare?»
Claire scosse il capo. «No se tu non vuoi»
Lui sospirò piano, di sollievo. No, che non voleva! Tutto il contrario: desiderava avere Claire con sé quella notte, nella sua stanza, nel suo letto.
Le prese il mento tra il pollice e l’indice, iniziando a baciarla lentamente. «Non voglio che te ne vai»
Lei si strinse di più a lui, sospirando.
Continuando ad accarezzarle la spalla e il braccio, Ben percepì la pelle d’oca formarsi sulla sua pelle.
«Freddo?»
«Un pochino»
«Vuoi metterti qualcosa?»
«No, sto bene. Tu sei caldo»
Lui l’avvolse con entrambe le braccia e la portò giù, ridistendendosi completamente.
«Sicura che non vuoi metterti niente? Prendo il tuo maglione?»
«No, non fa niente. Non alzarti ancora» Claire gli allacciò le braccia attorno al busto per trattenerlo. «Voglio dormire così»
Ben fece un sorrisetto. «Senza nulla addosso?»
Lei annuì, arrossendo leggermente. «E’ un problema?»
«Bè…no, non è un problema. Però, se non indossi niente, di dormire non se ne parla proprio»
Sorrisero entrambi, il cuore che ricominciava a battere più forte.
Ben riprese a baciarla, facendo scivolare le mani lungo la sua schiena nuda.
Claire gli passò le braccia attorno al collo. Si mosse sotto le coperte per modellarsi contro il suo corpo, bramosa di un nuovo bacio, di nuove carezze. Di lui.
Ben. Il suo Ben.
Lui le accarezzò di nuovo il seno, le gambe, tutto il corpo. Sentiva il calore che emanava dal proprio fondersi con quello di lei, percorrerli lentamente fino all’attimo in cui ebbero bisogno di trovarsi nuovamente, muoversi insieme.
Claire tremò di meraviglia, incapace di pensare ad altro se non a lui. Tutto ciò su cui riuscì a concentrarsi furono i respiri di Ben che si perdevano su di lei, mentre le labbra si posavano ovunque. Sentì le sue mani, usate solo per farla rabbrividire di più. Sentì lui, loro, ancora e ancora finché, occhi negli occhi, non si persero insieme.
Avevano fatto l’amore per la seconda volta.
Ed era stato meraviglioso.
Lo sarebbe stato sempre.
Lui crollò al suo fianco. Intrecciò le dita con le sue, aspettando che il respiro di entrambi tornasse regolare. Avvertì le labbra di lei posarsi sul suo viso, dolci.
Separandosi, trovarono l’abbraccio nel medesimo istante.
 
 
Il mattino li trovò ancora così: l’uno accanto all’altra sotto lenzuola scomposte.
Lui era sveglio da qualche minuto, il gomito appoggiato al guanciale, la testa sorretta dalla mano.
Non c’era risveglio migliore che quello di trovarsi di fronte la persona più importante.
Anche la notte prima si era soffermato per diverso tempo a guardarla dormire, e aveva scoperto che gli piaceva. Non c’era un motivo, era così. Gli piaceva osservarla respirare piano, seguire con lo sguardo le linee del suo corpo sotto le coperte, le onde dei capelli scuri sparsi sul cuscino, sulle spalle nude.
Lui non credeva nell’amore a prima vista. L’amore era qualcosa che nasce e cresce: con il tempo, dalla fiducia reciproca, dalla condivisone di obiettivi e pensieri, momenti di humor, momenti di tristezza...
Tutto ciò non poteva accadere all’improvviso, o in una serata fatta di poche ore.
Ma nemmeno in cinque settimane, si era detto all’inizio.
Eppure, in quel breve lasso di tempo, lui e Claire avevano condiviso tutto questo: passioni e sogni, risate e parole; avevano vissuto le medesime esperienze e delusioni, si erano capiti, incontrati.
In tutto ciò, era nata la reciproca fiducia.
C’erano ancora un mucchio di cose da scoprire e di cui parlare, ma per quello c’era tempo. Gli bastava soltanto sapere che lei era la persona giusta al momento giusto. E, in cuor suo, Ben sperava che quel momento durasse ancora molto, molto a lungo.
Finalmente, lei si mosse. Lui sorrise teneramente nel vederla aprire gli occhi ed emettere il più rilassato dei sospiri.
«Buongiorno»
Claire stirò gambe e braccia. «Buongiorno»
«Dormito bene?»
«Benissimo»
Ben si chinò a posarle un bacio a fior di labbra. Lo fissarono occhi scuri che aveva visto chiudersi in preda all’estasi. Le labbra rosa scuro che aveva baciato a fondo, si distesero in un sorriso. Il corpo longilineo che aveva amato più volte, si tese per uscire dal torpore del sonno.
«Che c’è?» fece lei.
«Niente. Ti guardo»
Lei gli riavviò la frangia. Dio, quant’era bello con il viso ancora un po’ assonnato e i capelli in disordine…
«Che ore sono?» 
«Nove e mezza circa»
«Oddio, Ben, io devo andare a lavorare!»
«Non credo proprio che oggi lavorerai, bimba»
«Ah no?»
Ben assunse un’aria colpevole. «Ti è arrivato un sms di tua cugina poco fa. Considerata la sua sfuriata di ieri sera, ho pensato fosse importante e…gli ho dato un’occhiata. Scusami, non dovevo»
«No, non c’è problema» disse Claire in tutta tranquillità.
«Sicura?»
«Sì. Non ho segreti inconfessabili»
«Meglio così»
«Che diceva il messaggio?»
Ben si spostò da lei, afferrò il cellulare e glielo passò. «Io ho letto solo la prima parte. Tieni»
Claire si mise a sedere, tenendo le lenzuola premute contro il petto.
Il messaggio di Lory diceva così:
 
 
CIAO CUGINETTA! TUTTO BENE? TI VOLEVO AVVISARE CHE OGGI IL LOCALE RESTA CHIUSO, PERCIO’ PUOI RESTARE DA BEN QUANTO VUOI.
PERO’….MI RACCOMANDO!!! CHIAMAMI PIU’ TARDI.
UN BACIO.
 

 
«Niente sfuriate?» domandò Ben.
«No, tutto a posto. Il locale resta chiuso»
Ben sorrise. «Posso essere egoista e dirti che mi fa piacere?»
Lei ricambiò il sorriso, allungandosi verso di lui per baciarlo un volta. «Anch’io sono contenta. Così posso restare ancora un po’ con te»
Lui le posò le mani sui fianchi. «Stando a quanto mi hanno detto ieri, io ho tutta la mattina libera. Se smette di nevicare, nel pomeriggio dovremmo girare qualche scena»
«Va bene. Me l’avevi già detto»
Lui annuì. «Non ne sono del tutto sicuro, visto che sembra non voler smettere»
Entrambi si voltarono verso la finestra: attraverso le tende, si notavano chiaramente i fiocchi vorticare a mezz’aria.
«Però è bellissima» commentò Claire. «Lo so che ha creato un sacco di disagi, ma la neve è splendida»
Ben la guardò dolcemente. Amava la semplicità di Claire, il suo entusiasmarsi per le piccole e semplici cose. Lui non era così. Non ci riusciva. Con la vita che faceva, erano rari i momenti in cui poteva anche solo soffermarsi a formulare un pensiero simile.
«Doccia e poi colazione?» chiese.
Lei annuì.
«Che ne dici se ce la facciamo portare in camera?»
Claire rimase stupita dalla proposta. «Colazione a letto?»
«Perché no? Ti va?»
«Non ho mai fatto una cosa del genere. Sì, mi va eccome!»
«Perfetto!» Ben la lasciò andare, afferrando il ricevitore del telefono della stanza. «Tu va pure a farti la doccia, io intanto ordino. Hai preferenze?»
«Colazione all’italiana, ovvio»
«D’accordo»
Entusiasta, Claire si mosse per acchiappare i propri vestiti, che stavano su una poltroncina poco lontano dal letto. Ben doveva averli sistemati la sera prima, quando aveva recuperato il suo telefono dal salotto. Attenta a non scoprirsi, allungò un braccio, tentando di raggiungere gli abiti senza spostarsi.
«Cosa stai facendo?»
«Eh?» Claire si voltò. «Cerco di vestirmi»
Ben – in attesa che gli passassero la cucina – la guardò divertito. «Ti vergogni che ti veda nuda?»
«N-no. Solo, non mi sembra bello girare per la stanza senza niente addosso»
Lui fece uno sguardo sornione. «Tanto ti ho già vista nuda, Claire»
«Bè, ma…»
«Tutta tutta…»
«Ben!»
Lui rise, lei anche, riuscendo finalmente ad afferrare il suo maglione. Sbuffando scherzosa, se lo infilò e sgattaiolò verso il bagno.
In effetti era veramente sciocco vergognarsi di lui, pensò qualche minuto dopo, mentre era sotto la doccia…
La doccia dove Ben si lava…nudo!
No, guarda, con l’impermeabile!
Giunti a quel livello di intimità, non aveva davvero alcun senso. Era proprio scema…
Il fatto era che la tempesta di emozioni e di desiderio che la vicinanza di Ben scatenava in lei,  era qualcosa di totalmente diverso rispetto a ciò che aveva provato in passato. Non aveva mai conosciuto molto amore nella vita, forse era questo a destabilizzarla un po’.
Quando tornò in camera, avvolta nell’accappatoio e i capelli ancora bagnati, Ben era alle prese con il cellulare.
«Già finito?» le chiese, quando riattaccò.
«Quasi. Non trovo l’asciugacapelli»
«Ti faccio vedere dov’è»
«La colazione non è ancora arrivata?» chiese lei, mentre si dirigevano insieme verso il bagno.
«Non ancora. Hai fame? »
«Abbastanza»
Ben si abbassò per aprire l’anta del mobiletto sotto il lavandino. «Stavo parlando con Tyler, poco fa»
«Ah sì? Che ti ha detto?»
«Mi ha confermato quello che già sospettavo: oggi niente riprese. Tieni»
Claire afferrò l’asciugacapelli. «Grazie. Mi dispiace che abbiate tutti questi disagi per colpa del tempo»
«Quando si girano gli esterni può succede»
«Ben, senti…» mormorò lei, incerta.
«Sì?»
«Come facciamo con i tuoi colleghi? Insomma, dovremo pur uscire dalla stanza, prima o poi e…come spieghiamo la mia presenza qui?»
Si fissarono un istante.
«Non glielo spieghiamo» rispose lui.
«Cosa?»
Ben le si accostò. «Dopotutto, chi ha detto che dobbiamo uscire dalla stanza?»

 
 
  
 
Salve a tutti! Sono tornata con Ben & Claire! Vi siamo mancati? Spero di sì…
Non succede granché in questo capitolo, ma volevo scrivere un po’ di loro due insieme, mi sembrava importante far vedere il seguito della loro prima notte. Mi auguro che vi sia piaciuto ugualmente, soprattutto ai romantici come me ;)

 
 
Ringraziamenti:
 
Per le preferite: battle wound, Bella_babbana, Ben Barnes, Blackpanda96, Christine Mcranney, Fra_STSF, HarryPotter11, JessAndrea, jihan, Joy Barnes, Len IlseWitch, marasblood, MartaKatniss98, matimarchisio8, Medea91h, MelvyLelvy, Milkendy, NestFreemark, NeverendingStoryGirl, Occhi di ghiaccio, Riveer, Stefania1409, The_Warrior_Of_The_Storm, _likeacannonball
 

Per le ricordate: Ben Barnes, dadaOttantotto, Fra_STSF, Halfblood_Slytherin, Hug my fears, maty98, Milkendy, NestFreemark, Suomalainen
 
Per le seguite: All In MY Head, AmeliaRose, apologize, Ben Barnes, Catnip_Peeta, Cecimolli, ChibiRoby, DeniAria, EmmaTom4ever, EvaAinen, Fra_STSF, Greenfrog, Halfblood_Slytherin, HarryPotter11, InTheMiddleOfNowhere, JessAndrea, JLullaby, Joy Barnes, MartaKatniss98, maty98, MIlkendy, nadie, NestFreemark,NeverendingStoryGirl, nuria elena, Queen_Leslie, Ramos4, Sandra1990, SerenaTheGentle, Shadowfax, silent words, soffsnix, SweetSmile, The_Warrior_Of_The_Storm, Violet A Nash, WikiJoe, _joy, _likeacannonball, _LoveNeverDies_
 
Per le recensioni dello scorso capitolo: Ben Barnes, Cecimolli, JessAndrea, Sandra1990, Shadowfax.
  

Come sempre, vi ricordo le mie pagine facebook Susan LaGentile Clara e Chronicles of Queen, dove trovate gli aggiornamenti di tutte le mie storie.
Inoltre, vi avviso che questa settimana posterò un nuovo capitolo di "Night&Day", e il primo di una nuova storia "Legend". Se siete interessati, passate a trovarmi ;)
Ringrazio ancora una volta tutti voi! Grazie infinitamente! Vi adoro e vi stra-adoro.
Alla prossima!
Susan♥

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Capitolo 22
*** 22. Una mattina tranquilla...o forse no ***


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22. Una mattina tranquilla…o forse no.
 
 
Questa voglia di starti sempre accanto,
che mi mette ansia,
che non avevo mai provato.
Mi stai confondendo…
 
 
 
 
Avrebbero ricominciato tutto da capo se non fosse che aspettavano la colazione. Ovviamente, potevano tranquillamente infischiarsene e lasciare che l’inserviente rimanesse sulla porta a bussare senza ottenere risposta, facendo freddare tutto. Ma erano entrambe affamai, così, Ben si infilò sotto la doccia e Claire terminó di asciugarsi i capelli.
Mente lo faceva, si ritrovò senza volerlo a sbirciare qua e là per il bagno.
Era curiosa per natura e, in un ambiente nuovo, le piaceva guardarsi attorno senza però essere troppo invadente.
Apprese senza sforzo che Ben doveva essere un tipo piuttosto ordinato. Di sicuro ci pensava lo staff dell’hotel a sistemare la stanza, ma sul ripiano del lavandino, spazzolino, bagnoschiuma, shampoo, dopobarba, erano tutti al loro posto.
Ora era lei ad invadere i suoi spazi, senza volerlo, proprio come aveva fatto lui dal primo giorno in avanti. Di sicuro, però, lei non avrebbe passato tutte le notti in quella camera, al contrario di Ben che aveva praticamente messo le radici nel suo locale.
I loro mondi, entrati in contatto, stavano lentamente fondendosi l’uno nell’altro, sempre di più. Quello di lui non le sembrava più tanto irraggiungibile. Almeno non quel giorno.
La colazione arrivò su un portavivande spinto da un cameriere in divisa rossa e bianca. A Claire sembrava di essere in un film, o in una favola. Rimase ferma e in silenzio, le mani strette in grembo, imbarazzata dalla situazione, mentre il cameriere chiedeva dove preferivano mangiare, e Ben rispondeva che poteva lasciare tutto lì, grazie, ci avrebbero pensato loro.
Claire si chiese quale deduzione avrebbe tratto l'inserviente dal portare la colazione in camera ad un attore, il quale era in compagnia di una ragazza, entrambi in accappatoio e piedi scalzi.
In quel momento, lei come appariva agli occhi di un estraneo? Come la donna di turno? Perché Ben non glielo aveva mai detto e, probabilmente,  non ne avrebbero nemmeno mai parlato (lei no di sicuro), ma era possibile – possibilissimo, anzi quasi certo – che lui avesse già vissuto una situazione come quella: passare la notte con una ragazza. Una notte e basta. E forse, in altri alberghi del mondo, c’erano inservienti che vi avevano spettegolato sopra.
Basta con le paranoie! Gridò nella sua testa dopo aver sollevato il coperchio del vassoio, inspirando a fondo l’ottimo profumo di brioches ancora calde.
Che creda quel che vuole, è meraviglioso essere qui!
Tirò un respiro e scacciò il pensiero dalla mente. Chi se ne importava del giudizio degli estranei? A lei importava solo ciò che pensava Ben.
«Andiamo» le disse poi lui, prendendo il vassoio per portarlo in camera.
Mangiarono uno di fronte all’altra, a gambe incrociate sul letto.
«Sai, prima pensavo…» disse Ben a un certo punto, «perché non organizziamo una cena in un bel ristorante per festeggiare il Natale insieme?»
Le labbra di lei si aprirono piano in un sorriso di quelli più belli. «Mi sembra un’ottima idea!»
«Bene!»
«E dove mi porterai?»
«A dire il vero non ho ancora deciso» confessò lui. «L’idea mi è venuta qualche giorno fa e volevo prima chiedertelo, in modo da scegliere il posto più adatto»
«Andiamo ancora al LongHorn Steakhouse?»
Il LongHorn Steakhouse era il ristorante in cui avevano cenato al loro primo appuntamento.
Ben scosse il capo. «No. Per Natale ci vuole qualcosa di più»
«Giusto. Ah, però…»
«Cosa?»
Claire giunse le mani come in segno di preghiera. «Ti prego, non portarmi a mangiare lumache o molluschi strani»
Lui inghiottì un sorso di succo d’arancia, mostrando un’espressione attonita.
Claire rabbrividì. «Una volta ci sono andata e…bleah!»
Ben sorrise divertito. «Va bene, se vuoi eliminiamo i molluschi. Le ostriche sono comprese?»
«Assolutamente»
«Ok, niente amebe viscide»
«Né caviale»
«Il caviale è buono»
«No, è orrendo!»
«Non è vero!»
«Si che è vero! Lo sapevi che quando mangi caviale stai mangiando ovari di pesce?»
Lui fece una faccia schifata. «Ehm…»
«Il caviale si ottiene dagli gli ovari che vengono estratti immediatamente dopo l’uccisione dello storione»
«Claire, ti prego! Stiamo mangiando!»
«Ma è la verità» fece lei in tono tranquillo, finendo di sorseggiare il suo thé.
Ben fece un verso esasperato. «Non farmi l’animalista convinta»
«Io sono un’animalista convinta!»
«La carne la mangi, però» ribatté lui.
«Bè…» Claire aprì e chiuse la bocca. «S-sì…ma la carne è compresa nella dieta mediterranea, che centra?»
«Oh, non accampare scuse. E poi tu non la fai la dieta!»
«Non quel tipo di dieta» fece lei, picchiettandogli un dito sulla fronte.
«Ahu!»
«Con ‘dieta mediterranea’ si intende il mangiare sano. La carne e il pesce sono compresi, i molluschi equivoci no»
Ben la fissò, massaggiandosi la fronte. «Mmm…»
Lei gli lanciò un’occhiata triste. «Per favore…»
«E va bene. Vedrò di portarti in un ristorante ‘normale’, signorina animalista convinta».
Claire si allungò per baciarlo sulla guancia. «Grazie. E scusa se forse ti ho sconvolto i piani»
«Non c’è nessun problema»
Ben spostò il vassoio e l’attirò vicina. Nel movimento, le tazze tintinnarono contro i piatti.
Claire lo abbracciò, affondando il viso nella stoffa spugnosa del suo accappatoio.
«Hai fatto bene a dirmi che detesti i molluschi. Ora che lo so, eviterò come la peste ristoranti dove li servono»
Lei rise piano. I suoi pensieri si erano spostati su altro.
«Quando parti per Londra?» gli chiese all’improvviso.
Lui le passò una mano sulla schiena. «Il 23 mattina»
Claire annuì, una fastidiosa morsa allo stomaco.
Mancavano solo quattro giorni.
«E…»
Ben la guardò. «Vuoi sapere quando ritorno?»
Claire abbassò gli occhi e annuì.
Lui l’abbracciò ancora, baciandola sul capo. «Torno da te il tre gennaio»
Da te.
Torno da te…
Oh, lei lo sapeva – lo sapeva! – che non sarebbe più stata capace di fare a meno di lui ora che avevano…
Ma anche Ben pensava la stessa cosa, vero?
«Tu sai già che mi mancherai»
Lui sorrise. «Sì, lo so, bimba. Anche tu mi mancherai»
Si guardarono negli occhi per lunghi istanti, in silenzio.
Poi, Claire gli portò le mani sul viso....e tirò la pelle, allargandogli le guance fino a che lui non ebbe un’espressione ridicolissima sul viso.
«Cos’è questa faccia seria, Benjamin?»
«Ahia…»
Lei rise forte, lasciandolo andare.
Ben si massaggiò le guance, mentre si riempiva le orecchie di quel suono. Claire era un libro aperto per lui, perciò sapeva perfettamente che la sua allegria non era del tutto genuina. Lei avrebbe voluto che lui restasse, e anche lui desiderava lo stesso. Non avrebbe voluto starle lontano nemmeno per un secondo. Ed era assurdo, perché lui era sempre stato un tipo molto indipendente, e adesso, tutto a un tratto…
Spesso, quando sentiva crescere l’inaspettata ed estranea ansia che il pensiero di non poterla vedere gli provocava, si chiedeva ancora e sempre cosa Claire avesse di diverso dalle altre.
In apparenza niente.
O forse tutto.
Si stava innamorando sempre più di lei. Si stava innamorando a una velocità maggiore di quella consentitagli dalla ragione.
Chiuse gli occhi e sospirò sulle sue labbra, sentendola affondare le dita nei suoi capelli ancora umidi. Ben inspirò il profumo della sua pelle, femminile, misto a quello del bagnoschiuma per uomo che aveva usato.
Sorrise.
«Approfitti già delle mie cose?» sussurrò.
Lei dischiuse appena le palpebre, senza capire.
«Usi il mio bagnoschiuma, la mia doccia, il mio accappatoio…»
«Guarda che non è roba tua, ma dell’albergo»
«In effetti è vero» ridacchiò lui, baciandole il collo e, nel contempo, scostando l’accappatoio per accarezzarle una gamba.
Entrambi, sotto, non indossavano niente.
Claire cercò di nuovo le labbra di lui, per un bacio lento e profondo.
Con delicatezza, Ben la distese tra le coperte ancora disfatte.
Si guardarono e si sorrisero.
Claire gli accarezzò piano i capelli. «Che c’è?»
Ben prese a passare su e giù il dorso della mano sulla sua gamba, piano. «Io non so come sei abituata a gestire certe situazioni. So che non sei…»
«Molto esperta» terminò lei per lui. «Dillo, non è un segreto, anche se è vergognoso alla mia età»
«No, è solo…inusuale. Non lo è, considerato quello che hai passato. Per questo mi chiedo se non dovrei darmi un freno»
Lei scosse il capo. «Per niente»
«Se faccio qualcosa che non ti va, devi dirmelo, d’accordo?»
Claire gli riavviò la frangia umida. «Non fai nulla che non va. Non potresti mai farlo. Piuttosto sei tu che devi darmi un freno se divento troppo appiccicosa»
«Non sei appiccicosa. Sei…cuddly»
Claire sbatté le palpebre, persa. «Non ho capito la parola»
Ben rifletté, ma non poté suggerirle nulla. «Non so come si dice in italiano, mi spiace»
Poi, lei capì. «Oh, vuoi dire coccolosa?» sorrise.
Ben allontanò lo sguardo, imbarazzato. Aveva usato davvero un vocabolo simile? Lui?
Si stupì di sé stesso, del suo divenire così tenero quando stava con lei. Non che non lo fosse stato con altre ragazze, ma...
«Sì, coccolosa. Insomma, tenera, dolce»
E tante altre cose…
Ben si soffermò un momento a guardarla: stesa sul letto, l’accappatoio allentato che lasciava intravedere le spalle, le curve del seno, le gambe lunghe e snelle. Pensò di non aver mai visto niente di più dolcemente sexy.
Da dove gli era uscita quest’altra definizione? In ogni caso, era così. Non era perfetta, forse, ma era lei. Semplicemente lei.
«Anche io so essere romantico, benché tu sia largamente superiore a me»
Claire piegò leggermente il capo di lato. «In realtà io tento di frenarmi. Sono talmente melensa che sprofonderei di vergogna se ti dicessi tutto quello che vorrei»
«Forse non dovremmo parlarne, allora» disse lui, strofinandole il viso contro il collo. «Fammelo capire»
Le posò le labbra sulla gola, risalendo sulla mascella, sulla bocca.
Claire non faticò a rimanere in silenzio. Non aveva parole quando i loro respiri si mischiavano. Poteva mostrargli quello che sentiva in modo molto più semplice, e lo fece: con una carezza sul viso, facendo scivolare la mano sulla spalla, e poi sotto l’accappatoio, sul petto, sul cuore che aumentava i battiti.
Sul serio batteva così forte per lei?
Ecco quanto diventava stupida. Bastava così poco per perdere completamente la ragione: un contatto di labbra, e sarebbe rimasta tra le sue braccia per il resto della vita se lui lo avesse desiderato quanto lei.
Con estrema lentezza, Ben iniziò ad armeggiare con il nodo della cintura dell’accappatoio, sua e di Claire, quando vi fu un bussare insistente alla porta.
Ci vollero tre o quattro tentativi per convincere i due ragazzi a separarsi.
Bastardo chiunque tu sia, pensò Ben, alzandosi con un brontolio.
Claire si riallacciò l’accappatoio, mettendosi a sedere. «E adesso?»
«Tranquilla, rimani qui»
«Sarà meglio che io mi vesta»
«Non ti azzardare» l’ammonì lui.
Lei fissò divertita il dito che le puntava contro. «Ma…»
«Non ti muovere. Torno subito»
Il ragazzo attraversò di corsa la suite.
Chi diamine era proprio in un momento come quello? Forse Tyler? Ne dubitava: gli aveva chiesto di non salire prima delle undici, accampando la scusa di voler dormire un po’ di più. Poteva essere il cameriere che veniva a ritirare il vassoio, o qualche altro inserviente che passava a riordinare la stanza. In quel caso, gentilmente, li avrebbe mandai via.
Bussarono ancora e lui aprì. «Sì?»
«Ciao»
Ben rimase a fissare la ragazzina che gli rimandava uno sguardo seccato, le mani sui fianchi.
«Emily, ciao»
Emily Alyn Lind, era la bambina (anzi, ragazza, guai a chiamarla bambina) che interpretava la figlia di Katherine Heigl nel film. Adorava Ben. La prima volta che lo aveva incontrato era stato in sala di registrazione per incidere la colonna sonora del film. Nel copione era previsto che i loro personaggi cantassero una breve canzone, e lei non vedeva l’ora di girare quella scena.
«Mi avevi promesso che stamattina avremmo provato insieme la nostra canzone, Ben!» esclamò spazientita. «Sono le dieci, è tardi! Io è un’ora che ti aspetto!»
Cavolo, è vero!
«Sì, hai ragione, te lo avevo promesso. Scusami, è che ho dormito più del solito, ero stanco»
«Potevi dirmelo»
«Scusa, davvero»
«Va bè» sospirò Emily sorpassandolo. «Visto che adesso sei sveglio, ti aspetto»
Ben rimase a fissarla interdetto. «Emy, devo vestirmi prima, ci metterò un po’»
«Quanto ti ci vuole?»
«Non lo so, però…»
La ragazzina estrasse il cellulare dalla tasca dei pantaloni e si accomodò sul divano. «Fai, fai, io ti aspetto qua»
«Facciamo oggi nel primo pomeriggio, che ne dici?» propose lui.
«No. Me lo avevi promesso per stamattina»
Ben si passò una mano tra i capelli.
Adolescenza: l’età più meravigliosa e allo stesso tempo più terribile. C’erano passati tutti, ma era stupefacente rendersi conto, quando si diventava adulti, di quanto un ragazzino in piena crisi ormonale potesse essere intrattabile. Era stato così anche lui?
Emily aveva quasi dodici anni e sua madre, che l’aveva accompagnata sul set, diceva che era diventata particolarmente scontrosa da qualche tempo.
«Senti, Ben, già che sono qui posso usare il bagno?»
Lui entrò leggermente nel panico, due luoghi e una persona nella testa in quest’ordine: bagno, camera, Claire.
Però non poteva rifiutarglielo. «Ehm…sì, certo»
«Grazie» Emily schizzò dal divano all’anticamera in un nanosecondo.
Ben le corse appresso. «Frena, frena!»
«Che c’è?»
«Non sai dov’è il bagno. Ti faccio vedere»
La ragazzina gli scoccò un’occhiata. «Ci sono solo due stanze oltre al salotto. Vuoi che non trovi il bagno da sola?»
«No. Cioè sì. E’ che…» Ben stava praticamente annaspando.
Non voleva che vedesse Claire. Voleva che nessuno la vedesse. Non sarebbe stato un bene per lei. Avrebbero iniziato a circolare voci, perché si sa, le voci corrono e in fretta, soprattutto nell’ambiente dello spettacolo. E cosa ci avrebbe ricavato Claire? Solo stress. Ben non voleva che finisse nel mirino di qualche paparazzo. Forse lui non era abbastanza famoso perché ciò accadesse ma non si poteva mai sapere. Era sempre stato molto geloso della sua privacy e lei ora ne faceva parte.
Mentre pensava queste cose, la porta della camera da letto si aprì e proprio Claire apparve sulla soglia, completamente vestita. Ben, la fissò con occhi leggermente spalancati, ma lei sorrise tranquillamente, come nulla fosse.
O almeno era quello che stava provando a fare.
Quando lui era andato ad aprire, Claire era alzata dal letto e, in punta di piedi, si era accostata all’uscio della stanza da letto per capire chi fosse entrato nella suite. Aveva udito una voce di bambina, o così le era parso… Non aveva capito bene la breve conversazione tra Ben e il nuovo venuto, ma nel momento in cui le voci si erano avvicinate (troppo), l’istinto le aveva suggerito di afferrare i suoi abiti e vestirsi in tutta fretta. Chiunque fosse arrivato, non voleva la trovasse solo con indosso l’accappatoio.
Aveva anche pensato di restare lì, in silenzio, attendendo che il terzo incomodo se ne andasse. Poi, aveva cambiato idea.
Si era preoccupata del giudizio degli altri, ma adesso non le importava più. Non voleva rimanere nascosta come una ladra, facendo finta di non esistere. Dopotutto, a nessuno doveva importare se Ben aveva o non aveva una relazione con qualcuno (lei).
Così, aveva deciso di mostrarsi, con un’idea già abbastanza precisa su come affrontare la situazione.
«Ciao» disse rivolta alla ragazzina. Poi si voltò verso Ben. «Ti ho lasciato il cellulare sul comodino. Non lo dimenticare più la prossima volta»
Ben si riscosse dal momentaneo mancamento. Lui e Claire si scambiarono uno sguardo d’intesa.
«S-sì. Grazie per avermelo riportato» disse prontamente.
«Figurati» Claire sospirò pianissimo, di sollievo. Fortuna che lui aveva capito al volo e le aveva retto il gioco.
Emily guardò più volte dall’uno all’altra. «Lei chi è?»
«Sono Claire. E tu sei…?»
«Emily»
«Piacere»
«Che facevi nascosta in camera?»
Claire ebbe un fremito di nervosismo. «Non ero nascosta» sorrise ancora.
«Claire è una mia amica» intervenne Ben. «Mi ha portato il telefono nuovo che ho dimenticato a casa sua ieri sera»
«Che smemorato: prima ti dimentichi il telefono e poi il nostro appuntamento!»
A quelle parole, Claire rivolse a Ben uno sguardo divertito. «Se avevi un appuntamento con questa bella biondina potevi dirmelo»
«No, è che…»
«No?!» sbottò Emily. «Sì che lo avevamo, ma tu te lo sei dimenticato»
Ben fermò la ragazzina per le braccia quando questa provò ad assalirlo con un calcetto scherzoso. «Ti prometto che canteremo insieme oggi»
La ragazzina sbuffò «Uffa…»
«Su, vai in bagno. Poi serve a me».
Quando Emily si fu chiusa la porta alle spalle, i due ragazzi tirarono un altro lungo sospiro.
«Chi è?» chiese Claire a voce bassissima.
«Vieni». Ben la ricondusse in camera da letto. «Interpreta la figlia di Katherine nel film»
«Oh, è un’attrice anche lei? Non lo avevo capito, credevo fosse la figlia di qualcuno dello staff»
Ben accostò la porta, lasciando solo una fessura per controllare quando Emily fosse uscita dal bagno.
«Che ti è venuto in mente di comparire così all’improvviso?» bisbigliò poi. «Mi hai fatto venire un colpo!»
«E’ andata bene, dai» rispose Claire. «Se proprio non dobbiamo far sapere nulla di noi, meglio inventarsi una scusa plausibile»
«Sei stata convincente, su questo non c’è dubbio»
«Veramente? Perché non sono brava a mentire, e non mi piace»
«Non hai mentito. La storia del cellulare non è una menzogna». Ben la guardò contrariato. «Ti sei vestita» osservò.
Claire passò lo sguardo su sé stessa. «Prima o poi dovevo farlo»
Ben le appoggiò le mani sui fianchi. «Ma non te ne vai, vero? Voglio dire, non torni subito a casa»
«No, resto. Resto quanto vuoi»
Poco dopo, Emily riapparve. Non ci fu nulla da fare con lei: costrinse Ben a mantenere la sua promessa quel mattino stesso, perché era stato deciso così e punto.
Mentre lui si vestiva, lei e Claire rimasero sedute sul divano ad aspettarlo. La prima smanettava per vari social network con il suo cellulare; la seconda ne approfittò per chiamare casa.
«Sei mezza italiana?» chiese Emily, non appena Claire ebbe riattaccato.
«No, sono italiana in tutto e per tutto»
«La tua famiglia dove vive?»
«Mia madre e le mie sorelle sono in Italia. Io abito qui a Ogden con mia cugina, suo marito e la loro bambina»
«Ah, ho capito. E tuo papà?»
Claire fece un sorriso amaro. «Non ho più il papà»
Emily, che era rimasta con gli occhi puntati sul telefono per tutto il tempo, alzò finalmente lo sguardo sulla ragazza. «Scusa»
«Non ti preoccupare».
Emily mosse nervosamente un piede e tornò a occuparsi dei suoi messaggi.
«Ben ti insegna a suonare?» chiese Claire.
«No, dobbiamo provare la nostra canzone. Io canto con lui nel film, sai? Ben te ne avrà parlato»
«Me ne ha parlato, sì»
Emily parve soddisfatta «Sì, canto con lui e con Katherine. La conosci Katherine, vero?»
«Certo che la conosco»
Emily annui, tornando a fissarla. «Senti, tu sei la fidanzata di Ben?»
Claire, appoggiata al bracciolo, si raddrizzò. «N-no»
«Katie continua a dire che Ben ha una ragazza e ho pensato fossi tu»
«Sono una sua amica»
«Sì, l’ha già detto lui». Emily le sorrise. «Sei carina»
Claire ricambiò il sorriso. «Oh…bè, grazie. Anche tu lo sei»
«Secondo me gli piaci»
La ragazza trattenne un altro sorriso. «Da cosa lo deduci?»
«Da come ti guarda, è ovvio. Lo si capisce dallo sguardo quando piaci a un ragazzo»
Sveglia la bambina...
Poco dopo, Ben si presentò loro in jeans e maglione blu, i capelli perfettamente asciutti. Un look casual che gli stava divinamente.
«Andiamo, fanciulle» le invitò, prendendo la sua chitarra.
«Lei viene giù con noi?» chiese Emily, saltellando verso la porta.
«Sì, Claire resta» rispose lui, posandole una mano sulla schiena.
«Bene. Mi è simpatica». Emily li precedette lungo il corridoio.
«Avete fatto amicizia?» fece Ben con un sorriso, chiudendo la porta.
«E’ carina. Abbiamo chiacchierato qualche minuto»
«Di che cosa?»
Claire ammiccò. «Di ragazzi»
Giunsero in fondo, svoltarono l’angolo ritrovandosi di fronte l’ascensore. Ben sciaccò il pulsante di chiamata. Quando le porte si aprono, Claire, al suo fianco lo sentì imprecare sottovoce.
«Oh caz…»
«Buongiorno!» salutò una donna con un sorriso a ottanta denti.
«S-salve» salutò Ben di rimando. «Non credevo di trovarla ancora qui»
«Già, neppure io credevo di restare. Ma sai com’è: con la bufera che c’è stata stanotte non ho potututo muovermi di qui. Loro chi sono?»
Sempre con un sorriso ad arte stampato in faccia, la donna osservò con attenzione prima la bambina bionda e poi la ragazza con i capelli scuri.
«Loro sono Emily e… Claire»
«Piacere. Io sono Ruth Thompson, faccio la giornalista»
Claire osservò Ben con la coda dell’occhio.
Bene. E adesso?

 
 
 
 
Dopo una lunghissima assenza, sono tornata da voi, miei carissimi! Mi scuso sinceramente con tutti, ma ci sono stati un mucchio di inghippi: le vacanze, le ferie in cui mi sono riposata (concedetemelo) e non ultimo il mio pc, al quale è partita la scheda di rete. Andata, caput. Perciò devo rubare (letteralmente) il portatile della mia sorellastra per postare. Non mi do più una scadenza, è diventato impossibile. Vi chiedo però di restare con me e sostenermi, io ci sono sempre e la mia testa è piena di idee. E’ il tempo che mi manca, e ora anche internet…sigh sigh…
Ma veniamo ai nostri Ben&Claire! Vi sono mancati? Vi annuncio che i prossimi capitoli saranno incentrati su situazioni abbastanza tragicomiche, ahaha!!! XD Un po’ di humor ci vuole, altrimenti rischio di diventare troppo smielata e non vorrei annoiarvi. Già questo capitolo non mi convince tanto (ma che novità….).
Passiamo ai doverossisssssssssimi Ringraziamenti:
 
Per le preferite:
battle wound,  Bella_babbana, Ben Barnes,  Blackpanda96, Christine Mcranney, english_dancer, Fra_STSF, HarryPotter11, Helen_TheDarkLady, JessAndrea, jihan, Joy Barnes, Len IlseWitch, marasblood, MartaKatniss98, martimarchisio8, Medea91h, MelvyLelvy,
 Milkendy,NestFreemark, NeverendingStoryGirl, Occhi di ghiaccio, Riveer, Stefania 1409, vivis_, wolf90elliot,  _likeacannonball

 
Per le ricordate: Ben Barnes, DadaOttantotto, Fra_STSF, Halfblood_Slytherin, Hug my fears, maty98, Milkendy, NestFreemark, Suomalainen.
 

Per le seguite:  All In My Head, AmeliaRose, apologize, Ben Barnes, Catnip_Peeta_, Cecimolli, ChibiRoby, DeniAria, EmmaTom4ever, EvaAinen, Fra_STSF, Greenfrog, Halfblood_Slytherin,HarryPotter11,Helen_TheDarkLady,InTheMiddleOfNowhere,JessAndrea, JLullaby, Joy Barnes, MartaKatniss98, maty98, Milkendy, Nadie, NestFreemark, NeverendingStoryGirl, NewHope, nuria elena, Queen_Leslie, Ramos4, Sandra1990, SerenaTheGentle, silent words, soffsnix, SweetSmile, Violet A Nash, vivis_, WikiJoe, _joy, _likeacannonball,
 _LoveNeverDies_

 
Per le recensioni dello scorso capitolo: Ben Barnes, Cecimolli, Helen_TheDarkLady, marasblood, NewHope
 
 
Aspetto i vostri commenti, nella speranza che siate ancora lì (c’è nessuno?........ *modalità particella di sodio*)
Lasciatemi perdere, il caldo mi ha fuso totalmente i neuroni quest’anno.
In conclusione, vi lascio le mie pagine facebook Susan LaGentile Clara e Chronicles of Queen. Tenetele d'occhio per gli aggiornamenti e, se volete, passate pure a trovarmi ;)
Un bacio grandissimo, un abbraccio fortissimo, e un grazie urlato dal più profondo del cuore a tutti voi che mi aspettate sempre con pazienza, e mi seguite con affetto!
Vostra Susan♥

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Capitolo 23
*** 23. Secondo problema ***


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23. Secondo problema.
 
 
Ci sono tre cose che odio nella vita: i peperoni, i ragni, e le cose viscide…


 
La giornalista continuava a sorridere, lanciando sguardi perplessi prima ad Emily e poi a...Claire? Chi era Claire? La piccola Emy la ricordava benissimo, ma lei no.
Ruth scordava difficilmente un volto. L’essere perspicace e fisionomista erano le qualità che l’avevano resa la cocca del redattore di Seven Star Magazine, il giornale di gossip più in voga del momento sulla East Coast degli Stati Uniti.
Perciò, se non ricordava il volto di Claire tra quello degli attori che aveva incontrato al suo arrivo, significava che non era un’attrice. Era una semplice comparsa? Poteva essere. O magari faceva parte dello staff.
La faccenda si fa interessante…
Ben Barnes in compagnia di una ragazza sconosciuta... Poteva essere spunto per un nuovo articolo, giusto in tempo per stuzzicare i lettori durante le feste di Natale.
Il suo istinto di giornalista la spinse ad esprimere i suoi dubbi ad alta voce. Tese la mano verso la ragazza dai capelli scuri e, sempre sorridendo, disse: «Non ricordo di averti incrociata, in questi giorni. Lavori con Ben?»
Per istinto e educazione, Claire strinse la mano della donna ma non seppe cosa rispondere.
Ruth percepì immediatamente la tensione della ragazza. Mantenne il sorriso, continuando a stringerle la mano.
«Ti ha mangiato la lingua il gatto?» chiese, ridendo da sola della propria battuta. Lasciò andare Claire, la quale ritrasse la mano e guardò di nuovo Ben, perplessa.
«Allora, Ben, non mi presenti la tua…come posso dire…?»
«Ehm…lei è…» fece lui, aggottando la fronte come se stesse cercando di trovare la più difficile tra le soluzioni.
I due ragazzi presero a parlare insieme.
«Veramente io sono…»
«…la mia assistente!»
Claire ebbe un mezzo infarto. Si bloccò, le labbra incurvate a pronunciare una frase che non avrebbe mai terminato. Si voltò verso Ben, smarrita.
«Ah sì?»
«Ah sì?!» fece Emily. «Ma io credevo che fos…»
Ben le coprì la faccia con una mano. Emily si dibatté qualche minuto per riuscire a parlare, ma senza successo.
«Claire è la mia nuova assistente» riaffermò lui con nonchalance.
Claire spalancò gli occhi tanto da farseli praticamente schizzare fuori dalle orbite. Ben non la guardò. Di proposito. Se lo avesse fatto avrebbe riso: lei aveva appena sbattuto due volte le palpebre e a mo’ di gufo. L’espressione era esattamente quella.
«Ma pensa» fece Ruth in tono dubbio. «Non sapevo avessi un’altra assistente»
«Tyler non può occuparsi di tutto da solo, non le pare?»
«Certamente no»
Emily strattonò via la mano di Ben dalla propria faccia. «Oh, basta adesso! Abbiamo già perso fin toppo tempo». Diede le spalle ai tre adulti e schiacciò impaziente il pulsante di chiamata dell’ascensore. Pochi istanti dopo, le porte si spalancarono e lei vi salì senza aspettare gli altri.
«Ci diamo una mossa?»
Ruth le lanciò un’occhiata infastidita. Detestava le ragazzine impertinenti e petulanti. Spostò poi lo sguardo sulla custodia nera della chitarra che Ben stringeva nella mano destra. «Cosa andate a fare di bello tutti e tre insieme?»
«I fatti nostri» rispose Emily afferrando l’attore per un braccio, trascinandolo dentro l’ascensore.
Claire li seguì immediatamente, pigiando il pulsante con il numero 1.
Le porte dell’ascensore iniziarono a chiudersi.
«Un momento» esclamò in fretta Ruth, posandovi una mano in mezzo per fermarle. «Mi piacerebbe tanto fare ancora due chiacchiere con te, Ben. Che ne dici se ci incontriamo nella sala ristorante, quella giù al pian terreno, verso mezzogiorno?»
«Bhè, veramente io dovrei…»
«Se vuole, può venire anche la tua…emh, assistente».
Ruth ammiccò verso Claire.
Lei e Ben si scambiarono uno altro sguardo veloce.
«No, non…»
«Ma si, invece!» Ruth fece un passo indietro e salutò i tre ragazzi muovendo la mano in modo un po’ sciocco. «Ci vediamo»
Le porte dell’ascensore si chiusero con un lieve tonfo sordo. La giornalista rimase a fissarle per qualche secondo.
Dieci a zero che quella ragazza non era affatto l’assistente di Ben Barnes.
«Mi ci gioco la carriera» disse fra sé, prima di tornare in camera a pensare al suo nuovo articolo.
 
 
 
***
 
 
 
Nonostante l’imprevisto, il resto della mattina trascorse liscio e davvero piacevole. La passarono al bar del primo piano: secondo Ben, era molto più tranquillo rispetto a quelli del piano terra, e poi gli piaceva di più. Nell’aspetto era molto simile all’All the Perks, rustico ma con un tocco di eleganza in più rispetto ad esso: lampade ovali appese alle pareti spandevano una luce dorata su poltroncine rosse e divanetti a due posti, collocati attorno a tavolini rettangolari di legno lucido. In fondo alla sala, faceva bella mostra di sé uno splendido pianoforte a coda, posto su un piccolo rialzo in legno.
Emily e Ben eseguirono la loro canzone, non una ma diverse volte. La ragazzina aveva una voce davvero molto bella. In seguito, ripercorsero quasi l’intera colonna sonora del film. A Claire sarebbe piaciuto unirsi a loro ma conosceva solo una canzone, e nemmeno così bene: Southbound, così si chiamava il brano che Ben le aveva già cantato una volta all’All the Perks, un mese e mezzo prima. Si era letteralmente innamorata di quelle note.
Verso mezzogiorno, la madre di Emily entrò nel bar in cerca della figlia. Delusa che fosse già così tardi, la ragazzina si alzò dal suo posto salutando i due ragazzi, facendosi promettere di passare ancora un’altra mattina come quella. Abbracciò Ben e poi Claire, lasciando quest’ultima un po’ stupita.
«Ci vediamo a gennaio. Buon Natale e buon anno a tutti e due». Poi corse via, i capelli biondi ondeggianti sulla schiena.
Claire posò le braccia sulla sponda del divano per osservarla qualche istante ancora, fino a quando non sparì oltre la soglia. «Che carina»
«Sì, è vero» disse Ben, riponendo la chitarra dentro la custodia nera.
Claire osservò le sue mani chiudere la cerniera. «Ben?»
«Mh?»
«Dovremo davvero pranzare con quella giornalista?»
Lui la guardò un attimo soltanto, sfregandosi la barba sul mento. «Eh…»
«Mi farà un mucchio di domande, già lo so»
«No, non credo»
«Scommettiamo?»
Ben si alzò dal divano, afferrando i manici della custodia. «Un’altra scommessa?» ammiccò.
Lei storse le labbra in un sorriso incerto, alzandosi a sua volta e seguendolo fuori dal bar. Incrociò le braccia al petto, sospirando ansiosa. Ben le mise un braccio attorno alle spalle. Un gesto che, in parte, ebbe il potere di calmarla.
«Posso andare a nascondermi in camera tua?»
Lui sorrise e crollò il capo. «No, piccolina, tu veni con me»
Claire mugugnò il suo dissenso. Ben non fu certo se fosse per il ‘piccolina’ o per la prospettiva di dover pranzare con una giornalista impicciona.
«Dai, sta tranquilla. Intervisterà me, non te»
«Come faccio a stare tranquilla quando so che il suo unico scopo è quello di incastrarti? Oh, dai, non guardarmi in quel modo, lo sai che è vero. Mi ha passata ai raggi x mente aspettavamo l’ascensore, prima; sa che nascondo qualcosa. Non ha creduto a una parola, ma non la biasimo: ho la faccia da assistente, io?»
Ben ripiegò il capo di lato, osservandola con curiosità. «Perché, che faccia hanno gli assistenti?»
Lei sorrise. «Dai…»
Raggiunsero la reception, dove lui chiese cortesemente se poteva lasciare la chitarra lì all’accettazione e ritirarla più tardi. Claire si stupì un poco nel sentire il ragazzo in giacca rossa e pantaloni bianchi rispondergli con un ‘Sì, signore’. Ma era normale in alberghi a quattro stelle, anche se le suonava strano davvero.
Fu inevitabile incontrare parecchi colleghi di Ben in giro per l'hotel, visto che la maggior parte del cast e dello staff alloggiava lì. Claire aveva temuto anche questi incontri ma, a differenza di ciò che aveva temuto, nessuno le chiese nulla. Nessuno tranne Tyler, ovviamente. Tuttavia, nonostante sospettasse qualcosa (e sospettava giusto) non si mostrò invadente e sgarbato come la prima volta. Tutto ciò che fece fu dire a Ben di ‘fare attenzione’, lanciando un’occhiata eloquente a Claire.
«E’ tutto ok, non ti preoccupare» rispose un calmissimo Ben.
E lo pensava davvero. Lui era abbastanza tranquillo; peccato che lei non lo fosse affatto...
Katherine fu felice di rivederla, così come Aylie, la ragazza dai tratti asiatici che lavorava l’assistente di studio.
E fu allora che Claire trovò la soluzione ai suoi problemi.
Aylie! Ma certo…Come ho fatto a non pensarci prima?
«Aylie? Che c’entra lei con la giornalista?» fece Ben.
«Poi ti spiego, aspetta…Ciao, Aylie!»
«Ciao ragazzi!» rispose quest’ultima venendo loro incontro. «Claire, che sorpresa. Sei venuta a trovare Ben?»
«Sì. Cioè, in realtà sono venuta a restituirgli una cosa che gli serviva con una certa urgenza»
«Con questo tempaccio sarà stata una seccatura»
«No, affatto»
Aylie era una persona discreta, e anche lei, come altri, non pose domande di alcun genere. Si limitò ad annuire, poi sorrise di nuovo loro.
Ben osservò le due ragazze parlare – si erano incontrate una sola volta, eppure sembravano essere già grandi amiche – e d’un tratto iniziò a capire quale idea fosse venuta in mente a Claire.
«State andando a pranzo?»
«Già» rispose Ben. «Con Ruth Thomposn»
Aylie si sistemò gli occhiali sul naso. «Auguri!»
Claire sentì una strana e fastidiosa contrazione allo stomaco. «Perché?»
«Ha tanto l’aria di una volpe nell’ovile. Sta girando per l’hotel da due giorni a caccia di pettegolezzi, e la cosa dà un po’ fastidio a tutti. Ma d’altra parte è il suo mestiere»
Claire lanciò a Ben l'ennesima occhiata veloce e ansiosa.
Aylie si mosse verso il banco della reception. «Vi lascio andare, ora. Claire, ci vediamo ancora»
«Certo»
«E’ bloccata qui finché non smette di nevicare» precisò Ben.
«Bene. Allora avrò tempo per fare gli auguri di Natale ad entrambi, prima di partire»
«Sei già in partenza?» chiese di nuovo lui.
«Sì. Te lo annuncerebbe Ami; più tardi vuole riunire un momento il cast ma, già che sono qui…Ami ha deciso che, anche se il tempo dovesse rimettersi in sesto a breve, è inutile riprendere a girare a pochi giorni dalla pausa natalizia. Così, molti ne hanno approfittato per anticipare le partenze»
«Capisco»
«Fino a domani sera sono qui, comunque. Se la bufera non mi impedirà di prendere l’aereo, si intende»
«Speriamo di no» disse Claire.
«Già, speriamo»
«Non sia mai» fece Ben in tono scherzoso, «Aylie non può passare il Natale senza il suo fidanzato»
«Oh, smettila». Aylie divenne rossissima. «Beh, vado. Buon pranzo!»
La ragazza si allontanò con un gran sorriso stampato in faccia. Dopodiché, Claire e Ben si avviarono il più lentamente possibile verso la loro meta, con un’espressione molto meno contenta della sua.
 
 
 
***
 
 
 
L’idea di Claire consisteva in questo: se Ruth Thompson le avesse fatto un interrogatorio su come svolgeva il suo presunto lavoro, lei non avrebbe fatto altro che ripeter quello che le aveva detto Aylie il giorno in cui era andata sul set a trovare Ben. Claire era sicura di poter ricordare quasi tutto. Era pur vero che una normale assistente e una assistente di studio non fanno proprio le stesse cose; ma se si fosse trovata in difficoltà, ci avrebbe pensato Ben a venirle in aiuto. Dovevano soltanto sperare che Ruth ci cascasse, e si convincesse che Claire fosse effettivamente la sua l’assistente.
«Ci sono già passato un sacco di volte, basta smentire ogni allusione»
«Ma come ti è venuto in mente di dirle unacosa del genere?»
«Non lo so» ammise lui con aria colpevole. «E’ la prima cosa che mi è venuta in mente»
Entrarono nel ristorante al piano terra, dove sapevano che la Thompson li aspettava. La individuarono facilmente, poiché questa stava sorvegliando l’entrata da dieci minuti buoni. Appena li vide, la donna fece scattare la mano in aria per richiamare la loro l’attenzione. Non che fosse difficile per lei, con i capelli rosso mogano e il tailleur fuxia...
Claire seguì Ben al tavolo, sfoderando l’espressione più rilassata che le riuscì di esibire.
Ruth si alzò, accogliendoli con una stretta di mano. «Salve, Ben. Salve…ehm…»
«Claire»
«Certo. Sì. Claire. Un nome così semplice eppure non me lo ricordo».
Ruth le sorrise a trentadue denti. La ragazza ricambiò a labbra chiuse, tesa come una corda di violino.
Presero posto a tavola, Ben apparentemente rilassato, Claire agiatissima.
«Siamo in ritardo?» chiese lui.
«In verità sì. Io mi sarei già permessa di ordinare per me. Vi dispiace?»
«No, ha fatto bene»
La donna prese la borsetta da sotto il tavolo, armeggiando con il cellulare che, poco dopo, posò sulla tovaglia.
«Cosa vi ha trattenuto?»
«Qualche collega» rispose Ben, iniziando a rispondere alla raffica di domande che gli furono rivolte.
Ruth non si risparmiò. Non prendeva nemmeno fiato tra una frase e l’altra, tanto sembrava ansiosa di sapere questo o quello. Lasciò da parte la maschera di professionalità indossata alla prima intervista con Ben, per indossare quella che le stava meglio: la sua, quella della giornalista a caccia di gossip. E ci sapeva fare, constatò Claire. La Thompson aveva un metodo tutto suo: non rivolgeva mai domande veramente dirette, ma insinuava, scoccava fastidiose frecciatine, girava attorno ad argomenti di vario genere (quali amicizie aveva coltivato Ben sui vari set, l’ultima vacanza, l’ultimo appuntamento, ex fidanzate, presunti flirt), cercando di far si che il suo interlocutore si tradisse da solo. Purtroppo per Ruth, lui non si tradì per niente. E anche Claire fu davvero brava a non farsi scoprire. La ragazza aveva pensato al peggio, invece fu semplicissimo. Ruth le chiese da dove veniva, come si trovava a lavorare con Ben, quali erano le sue mansioni, ecc… Insomma, nulla di compromettente.
«Dunque sei italiana, ma pensa! Non ho capito bene, però: uno dei tuoi genitori è americano, o…»
«Il mio bisnonno era americano»
«Aahh. E come mai hai deciso di fare proprio questo lavoro?»
«Mi piace il cinema»
«Potevi fare l’attrice, allora»
Claire alzò le spalle. «No, non so recitare»
«Avresti potuto studiare recitazione»
«Sì, ma bisogna averlo nel sangue. Il talento, intendo. Studiare recitazione è indispensabile, però nessuno può insegnarti ad avere talento»
Ruth alzò le sopracciglia ben disegnate da uno spesso strato di matita. «Ma che filosofa. Ben, tu che dici? Passerà l’esame e diventerà una valente assistente?»
«Claire è brava in quello che fa. Ci mette impegno e dedizione»
«Senti, senti» la giornalista studiò con attenzione le loro espressioni: il sorriso che lui le rivolse, e quello più ampio che lei cercava di nascondere. «Vi conoscete da molto, voi due?»
«No» risposero a una sola voce.
Ben prese parola. «Claire è arrivata all’inizio delle riprese, è ancora in prova. E’ nuova del mestiere, dell’ambiente. Ha tante cose da imparare»
Ruth trotterellò col le unghie sul tavolo. «Sarà Tyler a decidere se dovrà rimanere?»
Ben appoggiò la schiena alla spalliera della sedia. «No. L’ultima parola spetta a me. E credo di aver già deciso».
La convinzione nelle parole di lui colpirono entrambe le due donne, ma in due modi completamente differenti.
Ruth li osservò ancora.
C’era qualcosa. Lo sapeva che c’era qualcosa in quei due, e avrebbe scoperto cos’era.
«Oh, ecco il mio pranzo» annunciò allegramente qualche attimo dopo.
Arrivò un cameriere con un piatto in una mano e due menù nell’altra: il primo lo pose dinanzi a Ruth; Ben e Claire presero il menù e ringraziarono.
«Ho anche ordinato da bere. Vino rosso va bene?»
«Sì» rispose Ben. «Claire?»
Claire deglutì, cercando di rispondere. Se ne stava lì, immobile, lo stomaco in subbuglio, gli occhi fissi sugli strani cosi rotondi posati sopra le foglie di insalata dentro al piatto della giornalista…
«Claire?» la chiamò ancora Ben.
«Io acqua. Sono astemia»
«Oh, che sciocchezza» fece Ruth, sistemandosi in grembo il tovagliolo.
«No, davvero. Acqua frizzante, grazie»
Il cameriere annotò sul suo blocchetto. «Quando avete deciso cosa ordinare, chiamatemi» disse gentilmente prima di allontanarsi.
«Dimmi, Ben» riprese Ruth, afferrando una strana pinza posata al lato del suo piatto. «Riprenderete a girare nonostante la bufera?»
«No, non credo proprio. Siamo vicini al Natale; sarebbe inutile ricominciare per due o tre giorni e interromperci di nuovo»
«Già, le feste. Le passerai in famiglia?»
«Sì» rispose lui distrattamente. Guardava Claire.
«E tu, cara? Dove passerai il Natale?» chiese Ruth.
Claire non rispose.
Ben la fissò interdetto. «Cosa?» mimò con le labbra.
Gli occhi di Claire saettarono al piatto della giornalista, a lui, poi ancora al piatto, e Ben finalmente capì cosa c’era che non andava.
Ruth aveva ordinato lumache!
«Allora?» riprese questa. «Non hai risposto alla domanda»
«Io...»
«Di dove sei di preciso? Il tuo accento è strano» Ruth afferrò la lumaca, la infilò nella pinzetta apposita e, con l’altra, mano prese una forchetta per estrarre il mollusco.
Non farlo, non farlo…
Claire chiuse gli occhi. Un disgustoso risucchio indicò che la giornalista aveva fatto uscire la lumaca dal guscio.
«Su, ragazzi, scegliete cosa mangiare. Che aspettate?» li invitò con impazienza.
Ben sfogliò il menù senza attenzione, continuando a guardare Claire con aria preoccupata. Era diventata improvvisamente pallida.
«Io non credo che mangerò» disse lei con voce strozzata.
Ruth si fece perplessa. «Non hai fame?»
«No»
«Claire, non ti senti bene?» chiese Ben.
Lei fece segno di no col capo. «Per niente»
«Oh, mi dispiace, tesoro». La giornalista alzò un braccio, schioccando le dita per chiamare un cameriere. «Sia gentile, porti qualcosa di caldo alla mia ospite. Non si sente bene»
«Ma certo. Cosa desidera, signorina?»
«Niente, grazie»
«Una tisana?»
«No, sto bene così»
«Un thè forse è meglio» suggerì Ruth.
«No»
«Magari un brodino, cara?»
«Niente!» gridò Claire, schiarendosi la gola un attimo dopo, cercando di sorridere. «Grazie. Non voglio niente»
Ben si portò la mano alla bocca, emettendo un colpo di tosse ma solo per soffocare una risata.
«D’accordo. Niente allora» fece Ruth un pò offesa. Un’ospite che rifiutava il cibo a un pranzo dove era stata invitata non era il massimo dell’educazione. Rassegnata, posò una mano sul braccio del cameriere. «Senta, già che è qui, posso ordinare il resto del mio pranzo?»
«Certo» fece quello, estraendo dalla tasca della camicia immacolata il blocchetto e una penna.
«Ben, tu hai già scelto?» chiese la Thompson.
«Faccia prima lei»
Ruth si rivoltò verso il cameriere.
Ben approfittò della momentanea distrazione della donna per dare una lieve gomitata a Claire da sotto il tavolo.
Lei si girò dalla sua parte. «Che c’è?» mormorò pianissimo.
«Smetti di fissarla con gli occhi sbarrati, sembri pazza» sibilò l’attore a sua volta.
«Ben, io sto male. Ti giuro che ora sto male»
«Non guardarla»
«E’ un po’ difficile, mi sta davanti!» Claire stinse l’avambraccio di lui in una morsa granitica. «Sta-mangiando-lumache
«Lo so, e tu mi stai distruggendo il braccio!»
Ben tentò di liberarsi dalla stretta, ma Claire mantenne la presa. Ci fu una breve e buffa lotta in cui lui ne uscì vincitore.
«Sono viscide, mollicce... Le mettono in pentola VIVE
«Sshht!»
Ruth congedò il cameriere e si voltò verso di loro, stranita. «Tutto bene?»
«Sì» disse lui.
«No» ribatté lei.
Ben le diede un’altra gomitata. Claire sbuffò dal naso.
Ma, come si dice, non tutti i mali vengono per nuocere. Con la scusa di non stare bene, poté restare in silenzio per quasi tutto il resto del pranzo. Ben continuava a lanciarle occhiate ansiose, notando il modo in cui stringeva le labbra. Nonostante la preoccupazione, però, ora che il ragazzo aveva capito la fonte del suo malessere, non riuscì a non trovare in quella situazione un non so che di divertente.
In quanto a Claire, fece davvero uno sforzo enorme per non stare male sul serio, tirando un sentito sospiro di sollievo quando il cameriere portò via il piatto delle lumache e lo sostituì con uno di verdure grigliate.
 
 
 
***
 
  
 
«E’ stato il pranzo più schifoso, orrendo – non ridere! – terrificante, rivoltante e…»
Claire si buttò sul divano della suite, rabbrividendo al ricordo, cercando altri vocaboli per descriverlo.
Avevano lasciato il ristorante in fretta e furia non appena Ruth Thompson, finito di mangiare, si era messa a commentare quanto buone fossero state le lumache, e che loro avrebbero dovuto provarle alla prossima occasione. Allora, Claire - che era appena riuscita a togliersi dalla mente quell'immagine abominevole - aveva dichiarato di sentirsi di nuovo poco bene. Dopodiché, era scapatta fuori dal ristorante, mentre Ben congedava la giornalista.
E visto che, in fin dei conti, ormai era certo che Claire non sarebbe stata male affatto, Ben poté finalmente ridere.
Claire lo guardò senza capire cosa ci trovasse di ridicolo. Era stato vomitevole! 
«La pianti di ridere?»
Lui cercò di darsi un contegno, deglutendo, alzando una mano come a dirle ‘un attimo’, continuando a sghignazzare.
Poi si schiari la gola. «Scusa. No, davvero scusa, ma a ripensarci adesso non posso farne a meno».
Claire si incupì lievemente. «Tu ridi, ma io non mi sono divertita. È stato disgustoso! Stavo per sentirmi male sul serio». Rabbrividì di nuovo da capo a piedi. 
Ben sedette con lei. «Non immaginavo ti facessero così orrore le lu…» 
«Non nominale!» gridò lei, alzando le mani per fermarlo. «Non-farlo. Ti prego». Piegò la schiena all’indietro, come per allontanarsi da qualcosa di contagioso. 
Ben pensò fosse un atteggiamento decisamente esagerato, ma non poteva biasimarla fino in fondo. Se avessero chiesto a lui di mangiare verdure bollite, probabilmente sarebbe stato ugualmente disgustato. 
«Ti fanno proprio schifo, eh?»
«Da vive no, le trovo graziose. Per il resto…»
«I miei ravioli ripieni erano buoni»
«Ecco, bravo: mi chiedo perché anche lei non abbia ordinato da mangiare un piatto di ravioli, come tutti gli esseri umani normali»
«Dai, Claire…» 
« ‘Dai, Claire’ un corno. Per colpa di quella là avrò il voltastomaco per tutto il giorno»
«Ancora non ti senti bene?»
«No, no, sto decisamente meglio adesso, grazie»
Ben le passò il dorso della mano sul viso. «Eri pallida come un fantasma. Mi ero preoccupato»
Lei tiro un sospiro, sentendo che, pian piano, il senso di nausea si attenuava. «Ad ogni modo, è andata bene. Intendo il nostro piano»
Lui sorrise. «Già. Vedi? Non c’era nulla di cui preoccuparsi»
«Per adesso»
«Non finirai su una rivista di gossip solo perché ci ha visti insieme, sta tranquilla»
«Lo spero veramente. Certo che ti ha fatto proprio un mucchio di domande inutili»
Lui piegò le labbra in un mezzo sorriso. Abbandonò la testa sullo schienale, scompigliandosi la frangia con un gesto rapido delle dita. «Ti ha dato fastidio quando ha parlato delle mie ex?»
«No». Lei era sincera. «Però non capisco cosa importi a lei di sapere quante ragazze hai avuto»
«Una richiesta del tutto normale. Tu non vuoi saperlo?»
Claire esitò. «Ehm...Diciamo che non muoio dalla voglia»
Si sorrisero. Lui si raddrizzò. «Certo che Aylie aveva ragione: è una vera volpe nell’ovile»
«Già». Claire sollevò le gambe sul divano. «Forse dovrei tornare subito a casa, che dici?»
Ben la fissò con la fronte leggermente contratta. «Perché?» 
«Non posso rimanere. Non se rimane anche lei. Se torno a casa possiamo evitare altri incontri, sia con Ruth Thompson che con altri membri del cast»
«Non è colpa tua se si è creata questa situazione» 
«In parte si». Lei si mosse, sistemandosi per potergli essere di fronte. «Pensaci: se mi vedessero uscire dalla tua stanza sarebbe un vero guaio» 
Ben la fissò per un istante senza parlare. «Mi dispiace» disse. L’aria divertita aveva ceduto il posto a una più pensosa. «Questo era esattamente ciò che volevo evitare». 
«Sono io che ti dovrei chiedere scusa, non tu.  Se ieri sera non fossi venuta, non avresti avuto tutti questi casini, oggi» 
«Se non fossi venuta, mi sarebbe molto, molto dispiaciuto» 
Lei sorrise e abbassò il capo.
Ben si avvicinò e la prese per i fianchi.«Se la Thompson fosse ripartita subito dopo l’intervista dell’altra sera, saremmo stati noi a non doverci inventare tutte queste storie» 
Claire gli circondò il collo con le braccia. «Sì, ma il fatto è che lei c’è, e se resto qui, l’unico modo che avrò per evitarla è restare chiusa in camera tua.»
«Se la eviti, potrebbe insospettirsi» insisté Ben.
«Però, se non la evito, finirà per scoprirmi. Il punto è questo: non sono credibile come assistente»
Ben sorrise alla finta espressione sconsolata di lei. Entrambi sapevano che Ruth Thompson fiutava qualcosa: lei era la volpe e loro le pecore. Inutile negarlo. Claire non aveva torto, ma lui non voleva lasciarla andare via.
«Comunque sia, al momento sei costretta a rimanere in hotel in ogni caso» 
Si voltarono ad osservare verso la finestra. Fuori, la neve cadeva ancora fitta e insistente. Quasi non si riuscivano a distinguere gli edifici dall’altra parte della strada. 
«Hai sentito ancora tua cugina?» chiese di nuovo lui, dopo qualche secondo di silenzio. 
«Si, le ho telefonato. I mezzi non funzionano. C’è solo una linea della metro, ma tu non vuoi farmela prendere» 
«No, infatti»
Claire sbuffò. «Uomo di poca fede»
«No, è inutile che insisti, non mi fido»
«Lo so, lo so…». Lei gli passò una mano tra i capelli.
«Quindi, anche se volessi, non potresti muoverti di qui, perciò ci resti» sentenziò lui con aria soddisfatta.
Claire rilasció le spalle con un sospiro a labbra chiuse. «Eh sì. Temo proprio di doverlo fare» 
«Temi?» fece Ben, guardandola con aria furba.  «Hai tanta fretta di andar via da me?» 
«Tutt’altro. Ma non posso rimanere in pianta stabile da te, come devo dirtelo?» 
«Perché no? Non mi da alcun fastidio»  
Claire gli accarezzò le spalle. Era un tesoro a dire quelle cose. «Prima di tutto, non è giusto che io approfitti di te» 
«Detto così sembra una cosa equivoca» 
Lei buttò indietro la testa. «Ma no, non in quel senso» 
Ben rise. 
«E poi non ho un cambio d’abito» continuò Claire.«Per un paio di giorni posso anche indossare gli stessi vestiti, ma ho bisogno di cambiarmi, perciò devo andare...» 
«Ah!» esclamò lui improvvisamente, separandosi da lei e facendo un salto indietro sulla poltrona. 
Claire sussultò, «Co-cosa c’è?» 
«E’ vero! Non ti sei cambiata! Che sudiciona!»
«COSA?!». Lei gli si butto addosso, iniziando a picchiarlo con un cuscino. «Ripetilo se hai coraggio, brutto disgraziato!»
Ben si fece scudo con le braccia. Le strappò il guanciale di mano e lo fece volare oltre la sponda del divano.
«Di chi è la colpa se non ho potuto andare a casa a cambiarmi?»
«Potevi mandare i vestiti giù alla lavanderia dell’hotel, furbona»
Claire si fermò un secondo. «Ah...hai ragione, non ci ho pensato. Ma non è lo stesso una buona scusa per darmi della sudiciona. Maledetto spilungone!»
Ben scoppiò in una risata fragorosa. Acciuffò alche il secondo cuscino con cui lei aveva preso a malmenarlo. «Ahia! Che donna violenta»
«Rimangiati tutto, subito!»  
Lui riuscì ad afferrarle i polsi e fermare in parte il suo assalto. Tra braccia che si muovevano senza coordinazione precisa, Ben scese con le mani sul bordo inferiore del maglione di lei, alzandoglielo sopra la pancia. 
«E adesso che stai facendo?»
«Te l’ho detto: mandiamo i tuoi vestiti in lavanderia» 
«Cos…?»
Ben tirò il maglione ancora più su, e le parole di Claire vennero soffocate dalla lana morbida che le coprì il viso.
«Aspetta, non così»
«Stai ferma» 
«Aiuto. Mi sono incastrata» 
Insieme, districarono il maglione dalla testa di lei.
Quando poté vederlo di nuovo in faccia, Claire sfoderó un'espressione di divertita perplessità attraverso le ciocche spettinate che le erano finite sul volto. «Cosa diamine combini?» 
«Ti spoglio» rispose lui con calma, scendendo ad armeggiare con i jeans. 
«Ho capito, ma...Ehi!» Claire fermò le sue mani che indugiavano sul bottone. Gli sorrise. «Ehi, frena un attimo» 
Ben si arrestò e la guardò, temendo di aver fatto qualcosa di sbagliato. Ma nello sguardo di lei non c’era rimprovero, solo stupore. 
Claire si riavviò i capelli. «Piano» mormorò con attenzione, più per paura di un’errata interpretazione da parte di Ben che per imbarazzo. 
Non conosceva ancora bene quel lato di lui. Ne aveva avuto un assaggio la notte precedente, ma era stata talmente travolta dagli eventi che aveva accettato tutto quanto le si era presentato senza riserve. Adesso, nella luce del giorno, ogni cosa acquistava una prospettiva diversa, più reale e meno parte di un sogno ad occhi aperti. Le piaceva quel Ben così appassionato ma, per quanto urgente fosse il desiderio di averlo ancora, voleva anche andare piano; godere con serenità di quei momenti, come se avessero tutto il tempo dell’universo. Come se lui non dovesse andarsene mai. 
Ben le passò le mani sulle braccia, con lentezza, guardandola dritto negli occhi. «Ho fatto…?»
Lei crollò il capo. «No. Niente. Solo…vai piano».
Ben le accarezzò il viso, studiandolo come se lo vedesse chiaramente solo ora. Nella luce del pomeriggio, anche lui vide e percepì tutto con diversità. Non certo in senso negativo. Senza l’aiuto del buio, tutto era più chiaro che mai. Claire stessa appariva diversa. La luminosità dei suoi occhi scuri era il riflesso dei suoi desideri. Non più impaurita, forse ancora un po’ insicura, ma sempre incredibilmente dolce e appassionata.
Le accarezzò i capelli, baciandola piano.
Iniziarono così i sospiri sulle guance, sugli occhi, sulla bocca.
La presa sui fianchi di lei si fece più salda. Le mani di lui vagarono sotto la maglia leggera della ragazza. Claire gli strinse il maglione blu sulle spalle, con la voglia incredibile di vederlo senza nulla addosso.
«Puoi rimanere qui tutto il tempo che vuoi» le soffiò sul viso.
Lei si prese un momento per riflettere sulla risposta. «C’è il rischio che ti stanchi di me se ti sto troppo appiccicata»
«No, non credo proprio». Le mani di lui si spostarono sulla sua nuca, infilandosi tra i suoi capelli. «Vorrei che restassi finché non parto»
Claire sfiorò il suo volto ruvido. «Ne sei sicuro?»
«Sì, sono sicuro»
«Non voglio crearti nessun problema»
Lui scosse il capo, ripetendo un no sommesso, che si perse in un altro bacio. «Dimmi che resti»
«Te lo sto dicendo» rispose lei, prendendo fiato prima di dirglielo davvero, solo con le labbra. Labbra che giocarono a rincorrersi, e giocarono bene.
Ben la prese in braccio. Sentire il fruscio degli abiti mentre cercavano un contatto sempre maggiore, fu il principio del fermarsi del tempo, del crearsi di quella dimensione tutta loro.
Lui la liberò della maglia leggera, per poi stenderla sul divano, sollevandosi un poco per non gravarle addosso col proprio peso. Avrebbe voluto toglierle ogni abito e assaporare di nuovo ogni centimetro della sua pelle.
Senza fretta” si ripeté, perché lei voleva così e, dopotutto, lui di fretta non ne aveva.
Claire gli passò le mani sotto gli indumenti e lui le sentì fresche sull’addome.
Ben le baciò il collo, la gola, lentamente ma appassionatamente.
Un tuffo al cuore fu percepire e vedere la bocca di lui scendere ad assaporarla sulle curve dei seni, alzarle il reggiseno senza slacciarglielo. Claire gli massaggiò distrattamente le spalle, la schiena, trovando poi il ritmo di una serie di tranquille e languide carezze. Lo sentì rabbrividire sotto le proprie dita quando gli accarezzò la parte bassa della spina dorsale, appena sopra i glutei, accanto al bordo dei pantaloni.
«Ben, andiamo di là»
«Un secondo»
Lei fremette quando lui si fermò a guardarla, scostandole il pizzo del reggiseno per scoprirle la dolce rotondità e posarvi le labbra aperte.
Claire ansimò e gli sollevò il maglione, invitandolo a smettere un momento per aiutarlo a toglierlo.
Ben se ne liberò volentieri. Poi le riabbassò il reggiseno, le posò un braccio dietro la schiena, l’altro sotto le ginocchia, e la prese in braccio per portarla in camera da letto.
E fu di nuovo fuoco, un continuo cercarsi per poter alimentare quel calore e tentare di spegnerlo al tempo stesso, riuscendo solo ad infiammarsi di più, e ancora.
Cercarono l’incastro perfetto, che poteva essere solo quello dei loro fianchi.
Sentirlo alle soglie di sé stessa, sentirlo entrare piano, per lei significò sprofondare senza più la voglia di riemergere.
Guardarla muoversi sotto di lui, sentire le sue braccia esili che lo stringevano forte, per lui volle dire perdere ogni ragione.
E raggiungere l’apice del piacere insieme, inarcarsi nello stesso istante, fu meraviglioso.
Claire gli circondò la testa dolcemente. Lo sentì spostarsi sopra di sé, poi sollevò il viso e incontrò la sua bocca a metà strada, delicata. 
«Allora, resti?» ansimò lui, liberando un leggero sorriso.

 
 
 
 
 
Dopo mesi e mesi di assenza, sono tornata da voi, miei carissimi lettori!!!
Che dire? Ho avuto un blocco, ma non il classico ‘blocco dello scrittore’. Le idee non mi sono mai mancate, il fatto è che ho avuto dei problemi qui su efp, non a livello tecnico ma a livello personale, e avevo quasi pensato di smettere di scrivere. Non entrerò in dettagli, perché ormai per me è storia morta e sepolta, ma ci sono stata davvero male e, se non fosse stato per tutto l’affetto che voi mi avete dimostrato, rimanendo in paziente attesa e inviandomi dolcissimi messaggi su facebook, in chat, va mail e in casella qui sul sito, non so davvero se sarei tornata. Oggi sono qui per me, ma anche per voi tutti. Siete la mia forza e non scorderò con quanto affetto mi avete incoraggiata! Per questo mi impegnerò ancora di più per farvi sognare con le mie storie.
Vi ringrazio, tutti quanti dal più profondo del cuore!!!
 
Ma parliamo un po’ del capitolo :)
Spero vivamente che vi sia piaciuto. Se pensate che la giornalista sia fuori gioco, vi sbagliate: non ha ancora fatto a Claire tutte le domande che vorrebbe ;) Intanto, per lei e Ben, taaaanto love, e nessun pensiero troppo preoccupante. Per ora… La giornalista è il preludio dei casini che andranno ad accumularsi nei prossimi capitoli.
 
Spero tanto di riuscire ad aggiornare domenica prossima. Nel caso vi avverto prima su facebbok. Ecco le mie pagine: Susan LaGentile Clara e Chronicles of Queen.
 
 
Ancora grazie a tutti! Un bacio grandissimo. A presto!
Vostra affezionatissima Susan ♥

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Capitolo 24
*** 24. Tre giorni di noi ***


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24. Tre giorni di noi.
 
 

Il resto possiamo dimenticarlo, se vuoi…  
 
 
 
Rimasero a letto per buona parte del pomeriggio. Riposarono, stanchi e appagati, per poi svegliarsi, ricominciare tutto da capo e finire a dormire di nuovo abbracciati. Fu un susseguirsi di carezze ed emozioni. Non poterono negarsi nulla, non quando avevano a disposizione del tempo così prezioso da passare insieme, solo loro, senza il pensiero che uno dei due avrebbe dovuto andarsene via.
Ben le aveva chiesto di restare e Claire aveva quasi immediatamente accettato, non solo perché era stato molto, molto capace nel convincerla, ma anche e soprattutto perché lo voleva. Non che a lui importasse molto di ricevere un ‘no’ al posto di un ‘sì’, perché quando Ben Barnes decideva di fare una cosa – Claire lo sapeva – difficilmente cambiava i suoi piani.
Una parte di lei pensava al lavoro, a come riuscire a gestire dovere e piacere; tuttavia, non era da escludere  l’ipotesi che Joseph decidesse di tenere chiuso l’All the Perks per qualche giorno. Se così fosse stato, Claire non avrebbe avuto alcun problema.
La conferma a questo dubbio arrivò tramite un messaggio di Lory: il locale sarebbe rimasto chiuso per un paio di giorni.
La fortuna pareva essere dalla sua, per una volta!
Si alzarono dal letto soltanto quando lo stomaco di lei iniziò a lamentarsi. Erano appena passate le cinque del pomeriggio e Ben, da bravo inglese, fece portare su il thè insieme a un vassoio di dolci e qualche tramezzino. Claire si tuffò su questi ultimi, affamata com’era.
«Lo credo che sei affamata, non hai pranzato» osservò lui divertito.
Mentre mangiavano, la ragazza si prese un momento per inviare un altro paio di messaggi a sua cugina, informandola della sua intenzione di restare in hotel da Ben per qualche giorno ancora.
«Cosa dice Lory?», chiese lui, sbirciando la chat sul cellulare di Claire, aspettando che lei gli traducesse le frasi scritte in italiano.
«Dice che va bene se resto», sorrise la ragazza posando il telefono. Soddisfatta e serena, allungò le gambe sopra quelle di lui. «Sarei rimasta in ogni caso, comunque, voglio che tu lo sappia».
«Ma io già lo sapevo», rispose Ben. Erano seduti sul divano: lui in biancheria e accappatoio, lei con indosso una sua maglia che le stava decisamente larga. Nonostante ciò, vi erano dei vantaggi, pensava Benjamin: la maglia le lasciava scoperte le gambe, e la manica che continuava a scendere a scoprire la spalla gli restituiva un’immagine di Claire decisamente sexy.
Ben iniziò a passarle lentamente le dita su e giù per il polpaccio. «Ti ribelli?».
«Non è ribellione: ho trent’anni, potrò fare come mi pare una volta tanto, no?».
«Assolutamente si. Però ti confesso che, dopo la scenata che ha fatto ieri al telefono, temevo che tua cugina avresse da obbiettare».
«Non escludo che lo farà quando tornerò a casa, ma non ti devi preoccupare, ormai le è passata». Claire gettò le braccia dietro la testa, emettendo un sospiro. «Cosa guardi?», chiese, sentendosi divenire le guance calde mentre gli occhi sornioni di Ben vagavano su di lei. Sotto quella maglia aveva soltanto gli slip.
«Guardo te con indosso i miei vestiti. Ci navighi dentro» osservò lui tra il malizioso e il divertito, facendole il solletico sui piedi.
Claire li ritrasse di scatto. «E’ per questo che ho bisogno dei miei vestiti, non posso indossare i tuoi».
«Appena smetterà di nevicare ti accompagnerò a casa a prendere quello che ti serve» promise lui, stiracchiandosi.
«Veramente, credo che abbia smesso» gli fece notare la ragazza.
«Sul serio?».
Si alzarono dal divano, dirigendosi verso la finestra del balcone. Faceva già buio ma la città era avvolta dal chiarore della neve che ricopriva i tetti delle case e dei palazzi di Ogden, le montagne, le strade, scintillando come un cappa di ghiaccio incantato nella sera. La bufera era passata.
Ben allacciò le braccia attorno al busto di Claire, abbracciandola da dietro. Subito, lei mise le mani sulle sue, voltando un poco la testa per guardarlo. Lasciò andare un sospiro.
«Che c’è?» chiese lui.
«Niente. Sto pensando a che è stato bello stare qui con te, oggi».
Ben appoggiò il mento sulla spalla di lei, là dove la pelle era alla sua portata. Vi posò un bacio. «Se vuoi possiamo stare chiusi in camera anche tutto domani, e dopodomani».
«Non tentarmi…».
«Perché no?». Ben le sfiorò un orecchio con le labbra. «Tanto, per quello che avrei in mente, i vestiti non sono così indispensabili».
Claire buttò la testa all’indietro, guardandolo di sotto in su. «Sei un maniaco».
Lui rise e la baciò sulla punta del naso. «A proposito, bimba: ho prenotato il ristorante per la nostra cena di Natale».
Claire si voltò tra le sue braccia. «Hai prenotato? Quando?».
Lui ammiccò. «Ho fatto tutto mentre eri sotto la doccia. Non volevo che sentissi. Sarà una sorpresa».
Lei si animò al pensiero di andare di nuovo a cena con lui. D’un tratto, però, fu assalita da un leggero senso di panico. Nella sua testa, le parole ‘vestiti’, ‘ristorante’ e ‘cena’, scatenarono una specie di campanello d’allarme che suonava tanto come: ‘io non ho un vestito adatto per andare a cena in un ristorante di lusso’.
Ben l’avrebbe sicuramente portata in un ristorante a cinque stelle, e lei nell’armadio non aveva niente di sufficientemente adeguato. Doveva acquistare un vestito. Ma dove, e quando, con tutti i negozi chiusi e le strade quasi totalmente bloccate?
Claire voleva qualcosa di speciale, un vestito favoloso, o che fosse perlomeno all’altezza della situazione. Come ci si vestiva per andare a cena con uomo come lui? Non voleva sfigurare ai suoi occhi, desiderava stupirlo. Quando una ragazza nasceva con tutte le curve nei punti giusti non doveva faticare per rendersi più attraente, ma lei non rientrava in questa categoria. Claire non si lamentava del proprio aspetto, ma non aveva poi molte curve da mostrare, e molti meno vestiti per mettere in risalto quelle che aveva.
Quando Ben l’accompagnò a casa, mezz’ora più tardi – entrambi imbacuccati fino al naso un po’ per il freddo, e un po’ per non farsi notare da giornaliste indiscrete mentre uscivano ed entravano dall’hotel – Claire si fiondò letteralmente al piano di sopra. Per prima cosa, afferrò una borsa dall’armadio dove infilò della biancheria pulita, due paia di jeans, due maglioni, una camicia da notte particolarmente carina, spazzolino, beauty case e tutto quanto conteneva. In seguito passò in rassegna ogni abito che possedeva. I più belli ed eleganti erano un abito uno abito color crema a scollo tondo, maniche lunghe e gonna appena sopra al ginocchio, uno blu scuro con il corpetto ricamato e maniche a tre quarti, e un altro nero a lustrini.
«Per me vanno bene tutti e tre» commentò Lory, che era salita in camera a darle una mano. «Il nero va bene in ogni occasione, metti quello».
Claire non era convinta. «E’ bello, ma non fa troppo capodanno?»
«In effetti sì».
La voce di Joseph giunse in quel momento dal fondo della scala.
«Claire? Ben sta aspettando!».
«Arrivo subito!». La ragazza ripiegò con cura l’abito crema dentro la borsa, riponendo gli altri due nell’armadio.
«Scegli quello?» chiese Lory, notando la sua espressione non troppo convinta.
Claire annuì. L’abito crema le stava a pennello e le piaceva, anche se non era il tipo di abito che aveva in mente. D’altra parte non aveva molta scelta. La soluzione migliore sarebbe stata davvero comprarsi un vestito nuovo di zecca.
«Se domani i negozi sono aperti andiamo a dare un’occhiata in giro», propose Lory mentre tornavano al piano inferiore. «Ricordati, però, che la cosa importante è che tu ti senta a tuo agio. E poi, se non sbaglio, qualche tempo fa avevi detto che,  anche se si tratta di Ben, non volevi essere appariscente».
Claire l’aveva detto, era vero. «Era il nostro primo appuntamento, Lory, ora è diverso. Stavolta vorrei stupirlo».
«Non ce n’è bisogno: è pazzo di te!».
Non appena le due cugine misero piede in soggiorno, Ben si alzò dal divano e andò incontro a Claire.
«Pronta?».
«Pronta».
Joseph emise un colpetto di tosse. «Tanto per sapere, Ben: hai intenzione di scappare con lei all’altro capo del globo, o per la vigilia la riporti a casa?» domandò con un sorriso sbilenco.
Claire si annodò la sciarpa troppo stretta, quasi strozzandosi, borbottando qualcosa sugli impiccioni. Ben guardò altrove, cercando di dissimulare l’imbarazzo con un colpo di tosse. Ciò che era successo tra lui e Claire era ben chiaro a tutti, ma per lui era stato ugualmente molto imbarazzante incontrare Lory e Joseph. Essenzialmente, aveva ‘rapito’ loro cugina: lei era arrivata in camera sua la sera prima e loro non l'avevano più vista. Inoltre, non aveva alcuna intenzione di restituirla. Non subito.
Non per egoismo – o magari un po’ sì – ma il fatto era che Ben voleva tenere Claire con sé ancora per tre giorni. Ora che la bufera era cessata, supponeva che le auto, i mezzi pubblici e anche gli aerei, avessero ricominciato a viaggiare, perciò, presto i suoi colleghi sarebbero partiti quasi tutti. Praticamente nessuno intorno. Non si sarebbe ripresenta facilmente un’occasione come quella nelle settimane a venire.
 Quindi, adesso.
Dovevano solo stare un po’ attenti perché, purtroppo per loro, Ruth Thompson era ancora in agguato…
«Ma non se ne torna a casa sua?» disse Claire quando tornarono in albergo.
Di nuovo, lei e Ben avevano attraversato di corsa la hole per sfuggire agli occhi attenti della giornalista, la quale si aggirava lì intorno chiacchierando con un tipo ignoto, probabilmente un fotografo. A detta di Ben,  giornalisti e fotografi ‘attaccavano’ sempre in coppia.
«Aahh, come i Velociraptor di Jurassic Park» commentò Claire, facendo ridere di gusto Ben.
«Come sei cattiva!».
«Ma è vero! Di questo passo non potremo nemmeno andare a fare una passeggiata».
«In effetti non hai tutti i torti». Ben si grattò distrattamente una guancia. «Non importa: dovremo preoccuparci di lei ancora per poche ore».
«Se ne va? Quando?» chiese speranzosa Claire.
«Certo che se ne va! Quasi tutta la troupe parte per le vacanze domani e l’hotel si svuoterà da sguardi indiscreti. Dovrà andarsene anche lei».
«Dio sia lodato!».
«Se ne va anche Tyler, per la cronaca».Ben incrociò le braccia, un ghigno sulle labbra, in attesa di un’altra reazione divertente. Claire sapeva essere veramente spassosa a volte.
Ma lei non si scompose. «Ah. Bene», disse solo, mentre la sua mente esclamava Evvai! Gioia! Gaudio!
«Tu sei contenta». Quella di lui non era un domanda.
La ragazza fece finta di nulla. «Beh, sì» mormorò appena. Nonostante Ben sapesse benissimo che lei e Tyler non si piacevano molto, non le sembrava troppo educato esternare la sua euforia al pensiero che due rompi scatole in meno erano meglio di uno...
«A proposito, restando in tema di partenze: potrei parlare con Aylie, più tardi?» chiese poi Claire.
«Perché vuoi parlare con Aylie?».
«Mi serve una cosa».
«Se hai bisogno di qualcosa, chiedi a me».
«Sì, ma è una cosa da donne».
Colto alla sprovvista da quella affermazione, gli occhi di Ben divennero più grandi e la sua bocca si aprì in una piccola ‘o’.
«Ah, ok, ho capito. Hai le…ehm…». Ben borbottò qualcosa di poco comprensibile, passandosi una mano sul collo. Lo faceva sempre quando era in difficoltà.
In realtà non aveva affatto capito. O meglio, credeva di aver capito, ma non si trattava di quel genere di cose da donne. La vera ragione per cui Claire voleva parlare con Aylie riguardava tutt’altro.
 
Per quella sera, lo staff aveva organizzato un piccolo rinfresco, con brindisi annesso, nella sala dei convegni: una cosa molto informale, un modo carino per augurarsi Buon Natale.
Claire non ci andò.
«Scusa, mi sono dimenticato di dirtelo». Ben le mostrò uno sguardo inquieto e dispiaciuto. «Sarebbe meglio che tu…».
«Va bene» disse lei. «Non fare quel muso da Basset hound, Benjamin, lo so che non posso venire».
«Il muso da cosa?!». Lui s’indignò e le voltò le spalle. «Un giorno mi vendicherò di tutte le tue prese in giro, è una promessa!».
«Mamma mia, che paura!».
Ben le fece una smorfia prima di chiudersi la porta alle spalle, felice che lei non se la fosse presa.
Sotto sotto, a Claire dispiaceva di non aver potuto partecipare a quella piccola festa, si sarebbe divertita. Pazienza, si disse,  non puoi pretendere di andare con lui dappertutto, e poi che direbbe la gente vedendoti insieme a Ben?
Così, una volta rimasta sola, attese qualche minuto e poi, sicura di non essere vista, uscì a sua volta dalla suite per andare da Aylie. Anche lei non si era recata al rinfresco, preferendo rimanere a preparare i bagagli per l’indomani.
«Ti disturbo?».
«No, figurati. Entra pure». Aylie si spostò per far passare Claire, la quale mise piede in una stanza ingombra di valigie, vestiti e oggetti sparsi un po’ ovunque. Forse per il caos, o forse perché era abituata alla suite – più simile a un mini appartamento che  a una camera d’hotel – quella stanza le apparve più piccola di quanto in realtà non fosse.
«Perdona il disordine». Aylie lanciò una giacca da un capo all’altro della stanza. «Credevo fossi tornata a casa. Come mai sei ancora in albergo?».
Claire esitò. «Ben mi ha chiesto di restare ancora un po’».
«Non sei scesa con lui al rinfresco?».
«N-no».
Aylie fece un’espressione incredula. «Ti chiede di rimanere e non ti invita al rinfresco? Poco carino, da parte sua».
«Non è che non mi ha invitata, non ci sono andata io».
«Come mai?».
Claire annaspò per qualche secondo. «Sai com’è: qualcuno potrebbe iniziare a parlare».
«E voi lasciate che parlino».
«Sì, ma io e Ben non stiamo..». Insieme.
E tu pensi che lei se la beva? Illusa…
«Quel che fate tu e Ben non sono affari miei», affermò l’assistente. «Io faccio solo il mio mestiere, i pettegolezzi li lascio ai giornalisti. D’altro canto, posso immaginare che non sia una situazione facile da gestire».
Claire non rispose.  Il suo silenzio era già una risposta.
No, non era facilissimo, pensò, ma nemmeno così terribile. In certi momenti, come adesso, si sentiva forse un po’ esclusa dalla vita di Ben. Tuttavia, a modo suo capiva le ragioni di lui e le appoggiava. Avevano deciso insieme di non dire a nessuno della loro relazione.
«Tu non vai al rinfresco, Aylie?».
«Non amo i party ad essere sincera, ci farò un salto più tardi. Intanto dimmi: come posso esserti utile?».
Claire fece una rapida arrampicata sugli specchi per riuscire a spiegare le cose senza entrare troppo in dettagli. «Vedi, Ben e io avremmo deciso di andare a mangiare fuori una di queste sere, il ventidue precisamente. Sai, per festeggiare in anticipo il Natale tra amici. Il problema è che io non ho un vestito. Cioè, ho un vestito, ma non credo sia molto adatto».
«Perché pensi che non sia adatto? E’ una cena elegante, per caso?».
«Uhm…non proprio» mentì Claire, perché lo sarebbe stata.
Aylie la fissò attentamente da dietro le lenti degli occhiali. Non era stupida, aveva capito che non era una semplice cena tra amici, glielo si leggeva in faccia, eppure non fece una piega. Era una ragazza a posto, una persona discreta come poche ed era amica di Ben – e anche un po’ sua ormai. A pelle, Claire sentiva che poteva fidarsi di lei.
«Dove ti porta a cena?» chiese ancora l’assistente.
«Non lo so, non me lo ha detto».
«Ah, sì, conosco la situazione: ti ha messa in difficoltà non dicendoti in quale tipo di locale andrete, e ora tu non sai cosa indossare».
Claire annuì. In effetti era proprio così. «Per questo ho bisogno del tuo aiuto. Quello che volevo chiederti è: mi accompagneresti a comprare un vestito?».
 
 
Così fecero.
Il mattino seguente, Claire ed Aylie,  accompagnate da Lory, si recarono al Kings Row Formal Wear*, uno dei negozi d’abbigliamento più belli di Ogden, e anche uno dei più cari. Quando vi entrarono, subito una delle due commesse si avvicinò loro con un sorriso gentile.
«Salve, posso aiutarvi?».
Lory parlò per prima. «Per ora vorremmo dare un’occhiata».
«Certo. Se avete bisogno chiamatemi».
Lory ed Aylie erano già state in quella boutique, Claire invece no. Iniziò a girare tra gli scaffali osservando con attenzione i capi d’abbigliamento e gli accessori, per avere un’idea di cosa quel negozio offrisse. Ne passò in rassegna parecchi, ma il suo sguardo continuava a cadere su un abito rosso chiaro. Era esattamente quello il prototipo di mise che avrebbe voluto indossare: non troppo sfarzoso, essenziale ma elegante, raffinato e…sì, anche sexy. Voltò il cartellino per vedere il prezzo ma quando lesse la cifra ci ripensò.
In quel momento, Aylie uscì da dietro uno scaffale a pochi passi da lei. «Hai trovato qualcosa?», chiese. Aveva notato l’interesse di Claire per l’abito rosso chiaro.
Lei scosse il capo. «Non credo di potermi permettere uno di questi vestiti, forse dovremmo cambiare negozio» disse a bassa voce per non farsi udire dalla commessa e non sembrare sgarbata. Quella boutique era fantastica, quell’abito di più, però…
«Cavolo», fece Aylie, dando a sua volta un’occhiata al prezzo. «Quattrocentotrenta dollari. Beh, quel che è certo è che hai gusto, Claire».
«Ma ho pochi soldi in tasca» ammise lei senza vergognarsene.
Dì lì a qualche secondo, Lory le raggiunse ed emise un’esclamazione di approvazione alla vista dell’abito scelto dalla cugina. «Che bello quello! Claire, ti starebbe benissimo!».
«Costa quattrocento dollari» tagliò corto lei, anche se leggermente delusa. Riappese il vestito dove lo aveva trovato e passò ad altro. Doveva esserci qualcosa alla portata delle sue tasche…
«Era splendido e ti sarebbe stato d’incanto» protestò Lory.
«Sì, piaceva anche a me, ma è troppo caro».
«Te lo regalo io».
«Cosa?».
«Regalo di Natale anticipato».
«Ma Lory…».
«Oh, zitta. Non iniziare ad ostinarti, ti avverto».
Claire non sapeva che fare. Quel vestito era indubbiamente bellissimo, la stoffa morbida e di altissima qualità, ma lei non aveva pensato di acquistare un capo d’abbigliamento così costoso. Quattrocentotrenta dollari sarebbero stati soldi spesi bene per quel vestito, indubbiamente, ma non era sicura di poterli spendere, soprattutto perché aveva già dilapidato parte dei i suoi risparmi per il regalo che aveva comprato a Ben.
Ma sua cugina fu irremovibile.
«Ogni tanto una pazzia bisogna farla» disse Lory, perentoria. «Tu inizia a provarlo, io intanto vado a parlare con la commessa per vedere se riesco a farmi fare uno sconticino». Si allontanò in fretta, in modo che Claire non avesse tempo di replicare.
Lei riprese in mano il vestito e, voltandosi verso uno degli specchi del negozio, se lo pose davanti per provare ad immaginare come le sarebbe stato indosso, scoprendosi a sorridere compiaciuta dell’immagine di sé stessa che lo specchio le rimandava.
«Forza. I camerini sono di là» disse Aylie, facendo un cenno col capo verso il fondo del negozio.
«Non credi che il rosso sia un colore troppo audace, vero?».
Aylie ridacchiò. «Claire, andiamo…Lo vogliamo stupire questo Ben Barnes, oppure no?».
 
 
 
«Dove diavolo sei stata tutta la mattina?». Il tono di Ben tradiva una sfumatura leggermene seccata.
Era rimasto malissimo quando Claire era uscita quel mattino presto, senza per giunta dirgli dove. Aveva dei piani per loro, lei non poteva buttarglieli all’aria così.
«Sono stata via solo un paio d’ore» replicò la ragazza, levandosi il cappotto.
«Hai fatto compere» osservò lui.
Claire nascose la borsa dietro la schiena. «Sì, però prometti di non sbirciare».
«Va bene». Ben le si avvicinò e la sollevò di peso.
«Ehi, che fai?».
«Non mi piace che tu sia andata in giro senza di me».
Claire lasciò ricadere la borsa sulla poltrona lì accanto, per mettergli meglio le braccia attorno a collo. La plastica produsse un suono leggero.
«Sei serio?».
«Serissimo» mentì lui. «Ti avevo detto che non ho intenzione di uscire di qui per le prossime settantadue ore, o no?».
«Sì, credo tu me l’abbia ripetuto venti volte. Ora, però, mi metteresti giù?».
«No».
«Non scappo. Giuro».
Lui la lasciò andare. «E’ già tanto se ieri ti ho fatta uscire per andare a casa, tienilo a mente, bimba».
«Addirittura? Vuoi tenermi chiusa nella torre come Raperonzolo?».
«Qualcosa del genere». Ben la riacciuffò per i fianchi e l’attirò a sé in un modo che la lasciò stupita. «Per tre giorni sei mia».
Claire lo fissò negli occhi, poi gli serrò le mani intorno al volto per attirarlo a sé e dargli un bacio degno di questo nome. Quando si allontanò vide che sul viso di lui era apparso un sorriso disteso, accompagnato da uno sguardo languido.
Ben non disse niente. I silenzi tra loro, adesso, non erano più dovuti all’imbarazzo. Le lunghe chiacchierate venivano spesso inframmezzate da baci che li tenevano impegnati senza bisogno di parlare. Ben sapeva che a Claire piacevano tenerezze come queste, o come il restare abbracciati a lungo, tenersi per mano, e che a volte non aveva bisogno d’altro. Ma se lei si appagava anche di un semplice bacio ben dato, a lui non bastava. Non sempre. Erano passate quarantott’ore soltanto da quando l’aveva avuta tra le braccia per la prima volta, da quando l’aveva finalmente vista senza inibizioni. Il suo sapore dolce, la percezione dei loro corpi vicini, della presenza di lei più viva che mai. L’aveva assaporata e ne voleva ancora, desiderando che ogni carezza e ogni contatto di labbra si trasformassero in gesti molto più intimi.
La verità, era che aveva una voglia matta di lei.
E se le prime volte c’era stato il bisogno di amarsi e nient’altro, ora si aggiungeva la necessità di conoscersi con calma, completamente, senza freni, per soddisfare ed essere soddisfatti, scoprire come raggiungere l’estasi e restarvi il più a lungo possibile, per raggiungere il confine estremo di ogni sensazione, perdersi, stringersi fino all’ultimo respiro e infine ricadere insieme in un silenzio fatto solo di respiri sottili e immobilità deliziosa.
Sarebbero stati tre giorni fantastici, fatti solo di loro. Tre giorni senza orari lavorativi da rispettare, senza regole, senza nessuno intorno; giorni in cui avrebbero dormito insieme, mangiato insieme, guardato film, suonato la chitarra, e tutto il resto...
«Però dovremmo anche uscire, non possiamo stare sempre in camera». Claire, abbracciata al cuscino, aprì gli occhi per guardare Ben.
Lui, sdraiato a pancia su con un braccio dietro la nuca, gli occhi chiusi e un leggero sorriso sulle labbra, si limitava ad ascoltare le sue idee. «Dove vorresti andate, sentiamo».
«Mi piacerebbe portarti a fare un giro della città. Ci sono un sacco di bei luoghi storici da visitare, e so a che a te piace fare un tour dei posti in cui lavori, se ti è possibile».
«E’ vero, ma chi ha voglia di uscire con questo freddo?». Ben si voltò su un fianco, tirando su il piumone per coprire entrambi.
«Io», replicò lei con voce leggera, sbadigliando subito dopo.
«Ma se muori di sonno!».
«Non è sonno. La chiamerei…fase di rimbambimento».
Lui rise. «Che sarebbe?».
«Bho. Però non trovo un altro termine adatto per definirla, quindi la chiamo così». Claire richiuse gli occhi, emettendo il più rilassato dei sospiri. «E’ rilassatezza, beatitudine, senso di pace. Dillo come vuoi, so solo che è bellissimo».
Ben si rannicchiò accanto a lei. «Bimba?».
«Eh?».
«Posso sbirciare cosa c’è nella borsa che hai nascosto sotto il letto?».
Claire aprì di scatto gli occhi. «Te lo puoi scordare». C’era la scatola con il suo abito nuovo là dentro, e anche il regalo per Ben. «Hai promesso di non farlo».
«Sono un tipo impaziente», si giustificò lui. «Dammi almeno un indizio».
Claire si mise un dito sulle labbra. «Segreto».
«Adesso mi rendi più curioso ancora».
«Lo vedrai dopodomani».
Lui emise uno sbuffo, rimettendosi disteso a pancia su, colto da un dubbio che poi tanto dubbio non era. «Dimmi solo che non mi hai preso un regalo».
Lei si sollevò sui gomiti e lo fissò. «Ovvio che ti ho preso un regalo». Ben aveva un’espressione strana, come se fosse contento di sapere di ricevere un dono da lei ma allo stesso tempo si sentisse in colpa.
«Non dovevi sentirti obbligata a farmi niente, anche se è Natale».
«Sciocchezze! Proprio perché è Natale invece! E non mi sono sentita obbligata».
«E’ solo che non volevo spendessi dei soldi per me, tutto qui».
Claire si rimise sdraiata a pancia sotto. «Già, perché sono una squattrinata e non me lo potrei permettere».
«Piantala. Non mi piace quando dici così». Ben la guardò torvo ma vide che lei sorrideva.
«Non sono messa così male, non mi hanno ancora pignorato niente».Con quella frase, lei ottenne di vederlo rasserenarsi. «Comunque, ormai è troppo tardi».
Ben si voltò di nuovo su un fianco, fissandola insistentemente in silenzio.
«Guarda che non lo posso restituire», precisò lei.
«No, non volevo dire niente del genere. Però me lo dai un indizio?».
Claire allungò un dito, posandoglielo sul naso, imitando il gesto che Ben faceva sempre con lei. «Te l’ho detto: lo vedrai. Ora posso fare un pisolino?».
 
 
Il secondo giorno, Claire la spuntò e riuscì a trascinare Ben a fare un lungo giro di Ogden e dei suoi edifici storici. Lui rimase affascinato dalla Union Station*, la vecchia stazione ferroviaria, all’interno della quale si trovavano lo Utah State Railroad Museum*, dov’erano esposte le belle locomotive d’epoca, il Browning Fireams Museum*, e l’Union Grill*, un grazioso ristorante in cui pranzarono. Andarono poi alla Bella Muse Gallery*, una splendida galleria d’arte dove Ben venne a conoscenza di un’altra passione di Claire: la pittura. Poi visitarono il Peery’s Egyptian Theater,* il quale, tutti gli anni in gennaio, insieme ad un altro teatro nella vicina Park City, ospitava il Sundance Film Festival**. E c’era moltissimo altro da vedere, ma la giornata trascorse in un volo. Si ritrovarono che erano già le sei di sera e faceva freddo da morire.
Anche il terzo giorno passò via in fretta, troppo in fretta. Tra poche ore, Ben sarebbe volato a Londra. Ma avevano ancora una serata tutta per loro e lui aveva cercato di organizzarla meglio che aveva potuto, contando il poco tempo a disposizione.
L’idea di portare Claire a cena gli era balenata in mente solo pochi giorni prima, e non era stato facile trovare un ristorante che accettasse ancora prenotazioni sotto le feste natalizie. La stessa difficoltà l’aveva riscontrata nell’acquistare il regalo per Claire: ci si era scervellato per giorni interi da quando avevano nominato per la prima volta le feste di Natale. Era stata una lotta contro il tempo, ma alla fine aveva trovato quello gli sembrava più adatto per lei. Molto meno complicato era stato ottenere uno smoking: per quello gli era bastato chiedere e le sue assistenti avevano fatto il resto. Era così che accadeva di solito, quando doveva recarsi a qualche evento mondano. Il più delle volte, l’abito gli veniva recapitato prima ancora che lui potesse preoccuparsene. Spesso non sceglieva neppure cosa indossare, erano le varie agenzie di moda che gli proponevano di pubblicizzare i loro abiti, funzionava così anche per le attrici.
Questa volta, invece, aveva scelto lui. Aveva chiesto uno smoking nero con giacca monopetto, camicia bianca a polso doppio ai cui risvolti aggiustò due gemelli, e papillon, particolare fondamentale per quel tipo di abbigliamento.
Abbigliamento che lasciò Claire senza fiato.
La sera del loro terzo giorno, alle sette e mezzo, si incontrarono nel salotto della suite. Ben l’aspettava per scendere insieme.
Quando lui udì il suono dei tacchi giungere dalla stanza da letto, si voltò e i loro sguardi si incontrarono. Rimasero ad osservarsi per qualche secondo, a pochi passi l’uno dall’altra, quasi incantati.
Lei aveva potuto vederlo così solo attraverso le fotografie, ma dal vivo era uno splendore. Il tessuto dello smoking disegnava perfettamente la sua figura alta e slanciata, si era riavviato i capelli all’indietro e il profumo muschiato del suo dopobarba permeava l’aria della stanza. Era bellissimo.
Ma Claire non era l’unica ad essere rimasta rapita.
Ben la guardava come se non avesse mai visto nulla di più bello. Claire indossava un abito rosso chiaro di seta e pizzo ricamato, che faceva risaltare i capelli castani ricadenti sulle spalle in soffici onde. La scollatura non troppo profonda lasciava intravedere le curve del seno, e la gonna corta che aderiva ai fianchi disegnava le piacevoli forme. Ben dovette tirare un respiro per ritrovare la calma persa nel guardarla.
«Sei favolosa».
Un’ombra di imbarazzo le passò sulle guance, subito sostituita da un sorriso. «Diciamo che mi sono impegnata parecchio». Claire allungò le mani per sfiorargli il risvolto della giacca. «Anche tu non scherzi».
Lui si unì al suo sorriso. «Prendi il cappotto, siamo già in ritardo».
Scesero alla reception dove lui ritirò le chiavi dell’auto che aveva noleggiato per quella sera. Claire lo aspettò all’entrata per un paio di minuti. Ben giunse davanti all'albergo con il motore acceso e lei spiccò una rapida corsa in strada per raggiungere il più in fretta possibile l’abitacolo caldo dell’automobile (il suo vestito era sbracciato, non avrebbe proprio voluto prendere un raffreddore sotto le feste). Ben scese prima che potesse afferrare la maniglia della portiera, aprendogliela lui stesso con fare galante. Un vero gentleman. Poi, partirono verso la loro meta.
Il ristorante in cui avrebbero cenato – come Claire aveva supposto – era estremamente elegante. Vennero accolti come fossero persone importanti (Ben lo era effettivamente, lei no), consegnarono i cappotti a un cameriere e seguirono il patron oltre la sala al piano terra, salendo una scala che portava su una piccolo terrazzo interno, il quale dava ai commensali una visuale completa del ristorante da una parte, e dall’altra quella della città innevata, che si poteva ammirare attraverso un’ampia vetrata.
Mentre si facevano strada tra i tavoli, Claire si sentì osservata e notò che alcune persone – uomini – si erano voltate nella sua direzione. Percepì un vago senso di disagio: non le piaceva essere fissata. Per istinto, abbassò lo sguardo sui gradini. Il tocco della mano di Ben su di lei ebbe però il potere di tranquillizzala.
Anche lui notò gli sguardi della gente, quindi le mise una mano sul fianco come a voler determinare che Claire era zona off limits per chiunque potesse pensare il contrario.
Giunti al loro tavolo, il cameriere spostò la sedia alla ragazza e lei ringraziò. Ben invece non gradì molto quella presa d’iniziativa.
«Avrei voluto farlo io», commentò quando furono da soli.
«Posso alzarmi e risedermi, se vuoi?».
«No, non importa. Lo farò alla fine». Ben studiò attento l’espressione di Claire mentre si guardava attorno. Lei era…luminosa.
Claire si sentiva una principessa: il locale era caldo, accogliente, arredato con gusto e raffinatezza: il pavimento in parquet, le pareti color ocra che sfumavano nel bianco attraverso diverse tonalità, le quali davano un calore avvolgente al locale, il tutto impreziosito da addobbi natalizi: ghirlande di agrifoglio, vischio e candele. Persino i piatti erano decorati. Il personale era di una gentilezza squisita, il servizio impeccabile e il cibo delizioso. 
«Quanto hai speso per questo posto?», non poté fare a meno di chiedergli.
Ben si sistemò il tovagliolo sulle gambe. «Non ho intenzione di dirtelo».
Claire allungò un braccio attraverso la tavola. Un attimo dopo, Ben stringeva la sua mano.
«Nessuno ha mai organizzato una serata così per me».
«Non sei mai andata a cena in un ristorante a cinque stelle?».
«No, mai. Al massimo una terza categoria».
Lui le accarezzò la mano con il pollice. «Sei tu a tuo agio?».
«Sì». Decisamente sì. «Con te sono sempre a mio agio, Ben».
Lui sorrise, soddisfatto e sereno. Metterla in difficoltà era l’ultima cosa che voleva. Non sarebbe stato strano, per una persona abituata a ben altro tipo di ambienti, sentirsi fuori posto in un luogo come quello. Ma Claire si adattava meravigliosamente, non solo perché non era nervosa o imbarazzata, ma soprattutto perché il luogo sembrava adattarsi a lei. Ben avrebbe voluto vederla sempre cenare in posti come quelli. Tempo fa si era promesso di regalarle un sogno. Forse, aveva trovato il punto di partenza per iniziare a crearlo.
Un sogno solo suo, fatto su misura per lei.
O per loro...
«Così, era quello la fonte di tanti misteri» le disse più tardi, posando uno sguardo interessato sul suo vestito.
Claire si lisciò la stoffa della gonna. «Già. A proposito…» Con una certa ansia, la ragazza aprì la borsetta prendendo una scatolina che depose in mezzo al tavolo. «Buon Natale, Ben».
Lui fissò il pacchetto regalo avvolto in carta dorata e fiocco scarlatto, provando un’improvvisa, piacevole morsa allo stomaco. «Non dovevi», commentò con un sorriso, scuotendo il capo una volta.
«Lo abbiamo già fatto questo discorso. Ora aprilo, voglio sapere se ti piacciono», lo esortò Claire.
Ben sciolse il nastro e strappò la carta, leggendo la marca Hugo Boss sul coperchio della scatolina. L’aprì, ritrovandosi a guardare una coppia di gemelli in argento con una pietra nera al centro.
«Non so se rispecchiano i tuoi gusti», disse ancora lei, leggermente nervosa.
«Mi piacciono moltissimo. Grazie, Claire» rispose Ben, togliendo i gemelli dalla scatola, levandosi quelli che indossava per sostituirli con i nuovi. «Ora sono io a chiederti quanto hai speso».
«Non si rivela mai il prezzo di un regalo». Claire osservò i suoi movimenti, provando una strana sensazione che poteva benissimo chiamare orgoglio: lui aveva apprezzato il suo regalo e questo la rese felice. In più, l’argento risaltava magnificamente sulla stoffa scura dello smoking, e l’eleganza con cui Ben indossava il tutto la emozionò in un modo che non riuscì a spiegare. Era un uomo meraviglioso. Ed era suo.
«Anch’io ho qualcosa per te», disse lui ad operazione completata. Abbassò una mano sotto il tavolo per estrarre la scatola che aveva tenuto in tasca fino a quel momento. Era grande pressapoco come quella che gli aveva dato lei.
Emozionata, Claire disfece il pacchettino scarlatto, togliendo il coperchio e rivelando un ciondolo, anch’esso in argento, a forma di cristallo di neve, ornato di luccicanti cristalli Swarosky color ghiaccio. Esalando un’esclamazione di meraviglia, lo posò sul palmo della propria mano.
«E’ bellissimo».
«Sapevo che ti sarebbe piaciuto», sorrise Ben. «Hai sempre detto che adori la neve, e quando ho visto questo nella vetrina di un negozio mi sei subito venuta in mente tu».
«Grazie, Ben, lo adoro».
Lui si alzò in piedi. «Te lo metto?».
Lei annuì e gli porse il ciondolo. Si scostò i capelli quando Ben si posizionò alle sue spalle per allacciare la catenina.
«Fatto».
«Grazie ancora», ripeté la ragazza, sfiorando il gioiello con i polpastrelli. «I gemelli ti piacciono davvero?».
«Sì, molto», ripose lui tornando al suo posto. «Il primo regalo che ti ho fatto è stata la chitarra», ricordò Ben.
«E’ vero. Poi mi hai regalato dei fiori e ora questo. Siamo tre a uno per te. Dovrò pareggiare i conti».
Lui sorrise. «Avresti mai pensato, quel giorno, che saremmo arrivati fino a qui?».
Claire lo fissò negli occhi, rivivendo insieme a lui il ricordo delle loro prime settimane insieme. Scosse il capo.
«No. Non lo pensavo proprio. Ancora adesso, ci sono momenti in cui non mi capacito di ciò che sta succedendo. E’ come vivere dentro un sogno».
Tu lo avrai un sogno, Claire.
Ben riprese la mano di lei nella sua. «Sei felice?».
Era serio adesso, lei invece continuava a sorridere. «Se mi stai chiedendo se lo sono in questo preciso momento, ti risponderò di sì. Sono immensamente felice».
«Quando sei con me».
«Sì».
«Allora vivremo questo sogno per tutto il tempo che vorrai, se servirà a renderti felice». Lui prese entrambe le sue mani premendosele contro le labbra.
«Sai cosa mi renderebbe felice, adesso?», continuò Claire.
«Che cosa?».
«Andare alla pista di pattinaggio. Come abbiamo fatto la prima volta che siamo usciti insieme».
Era una richiesta adatta a lei. Claire aveva bisogno di poco per sorridere.
Il suo sorriso…Ben si sorprese ad osservarlo con un minimo di attenzione in più per il resto della sera. Era sempre lo stesso, caldo e genuino, benché lui sapesse da tempo che quello che vedeva non era ancora il vero sorriso di Claire. Ancora no.
In quei tre giorni, Ben aveva scoperto altre sfaccettature, altri lati di lei, mentre cadevano gli ultimi resti della corazza invisibile che aveva portato e che lui, qualche volta, incontrava tuttora a sbarrargli il passaggio. Comprendeva la difficoltà di lei nello scollarsela di dosso dopo averla indossata tanto a lungo. D’altra parte, talvolta anche lui indossava una corazza.
Ma non era quello il problema.
Anche se a Ben sembrava tanto di più, non era poi molto che si conoscevano, ed era ancora meno il tempo che si frequentavano. La voglia di scoprire ogni cosa di lei era moltissima, ma non vi sarebbe stata alcuna fretta se non avesse avuto la sensazione che il tempo trascorso con con Claire corresse via troppo veloce, proprio come gli ultimi tre giorni.
 
 
Quando tornarono in albergo era quasi mezzanotte. Claire si tolse le scarpe, i tacchi avevano iniziato a farle male ai piedi. Succedeva sempre così, non era troppo abituata a portarli anche se le piacevano.
«Stanca?» le chiese Ben quando la sentì sospirare.
«Non troppo». Gli si avvicinò, ridendo segretamente di sé stessa nel stabilire la sua reale altezza a confronto con quella di lui. Con i tacchi aveva acquistato dieci centimetri buoni, ma adesso si sentiva decisamente piccola.
«Che c’è?».
«Niente. Penso a quanto è stato ingiusto il Signore a farmi così bassa».
Ben rise, allacciandole le braccia dietro la schiena per sollevarla un poco. «Cosi va meglio?».
«Abbastanza». Lei si ritrovò con i piedi a qualche centimetro da terra. Allungò le braccia per mettergliele attorno al collo e facilitargli la presa su di sé. Sospirò di nuovo e poi si sentì tremare, mentre lo sguardo di Ben si faceva più scuro.
Quando Claire aveva sospirato, lui aveva sentito il suo profumo.
Luci soffuse e il silenzio. Nient’altro eccetto loro.
Ben la rimise a terra e, senza sciogliere l’abbraccio, si premette contro di lei.
Si guardarono per attimi infiniti. Claire gli accarezzò languidamente la giacca sul petto, scendendo a slacciare il bottone e facendogliela scivolare dalle spalle.
Ben reclamò le sue labbra, delicato. Intanto, le sue mani correvano sulla schiena di lei. Pianissimo iniziò a far scendere la lampo del vestito, scoprendole la pelle liscia sulla schiena. Infilò una mano sotto l’abito, accarezzando a palmo aperto tutto ciò che poteva toccare.
Fu lei ora a premersi contro il suo corpo, sospirando di una voglia di lui irrefrenabile. Sciolse il nodo del papillon nell’attimo in cui si staccò dalle sue labbra per respirare, poi iniziò ad occuparsi dei bottoni della camicia.
Ben continuava ad accarezzarle la schiena, i fianchi, graffiandola piano, osservando estasiato le sue dita che lo spogliavano, assaporando la tenerezza delle sue mani a contatto col proprio corpo.
Dolce. Dolcissima e insieme bramosa. Un mix che lo faceva andare fuori di testa. Abbassò il volto per baciarle il collo.
«Eri un incanto stasera» sussurrò. «Semplicemente bellissima. Ma non ti serve un vestito per piacermi».
«Volevo piacerti di più» mormorò Claire.
«Tu mi piaci ogni giorno di più», disse lui sulle sue labbra, baciandola più a fondo. «Sei tu il mio vero regalo».
Vinta da quelle parole, lei gli circondò il collo con le braccia, desiderosa di sentirlo ancora più vicino. Lo accarezzò dolcemente sulle guance, prendendogli il viso in modo da condurre lei il gioco per un momento.
Ben la lasciò fare. In momenti come quelli, Claire si sentiva immensamente felice e lui lo sapeva. Voleva farla sentire così, sempre. Voleva che sentisse molto di più, tanto quanto sentiva lui. Claire ignorava di evocargli sentimenti intensamente profondi.
Le tenne il viso tra le mani per molto tempo, dandole soltanto piccoli baci sul viso, sulle labbra, la fronte, facendo scontrare i loro respiri, prolungando una dolce tortura.
Claire allungò una mano, appoggiandola soltanto sull’orlo dei suoi pantaloni, ma fu abbastanza da farlo sussultare. Quel ‘potere’ che aveva su di lui, soltanto sfiorandolo, per lei era meraviglia. Si sentiva amata, ricambiata e sicura.
Ben continuò a coccolarle la schiena, guardandola dritta in viso mentre le faceva scivolare l’abito lungo i fianchi, sulle gambe, finché si accasciò sul pavimento quasi senza far rumore.
Claire calciò leggermente indietro l’indumento, tornando ad occuparsi di lui, liberandolo della camicia candida che gli si era aperta sul petto. Gli accarezzò le spalle larghe, lasciandosi stendere sul letto.  
Ben si sbarazzò in fretta del resto dei vestiti, facendo lo stesso con la biancheria di lei. Allentò le spalline del reggiseno nero e iniziò a deporre baci lievi sul seno che Claire gli offriva. La vide chiudere gli occhi, ipnotizzata dalle sensazioni. Come aveva fatto a sopravvivere senza di lei, fino a quel momento?
Esplorarono reciprocamente ogni angolo, ogni curva dei loro corpi. Ogni tocco era voluttà pura, un gioco di carezze fatte non soltanto di mani. Nessuno dei due riusciva a capacitarsi di come il desiderio per l’altro non fosse mai pago.
Quando Ben la sovrastò, lei si aggrappò prima alle sue braccia e poi alle sue spalle, con forza sempre maggiore. Lui nascose il volto nei capelli di Claire, e i suoi respiri lunghi e tremuli gli entrarono nelle orecchie come un meraviglioso tormento. Si mosse su di lei, circondandole la testa con le braccia, causando involontariamente un incastro più profondo che per entrambi fu l’oblio.
Claire sussurrò il suo nome dolcemente nella notte.
Per lui, abbracciarla fu un riflesso istintivo, cercare le sue labbra un bisogno. Doveva guardarla negli occhi, comunicare tutto con un sguardo e con il corpo intero, perché, a parole, non riusciva ancora a dirle quanto era innamorato di lei.
 
 

  
 
*Tutti i luoghi contrassegnati con l’asterisco esistono realmente e si trovano a Ogden.
**Il Sundance Film Festival si tiene davvero ogni anno in gennaio tra Park City e Ogden.

 
 
 
E’ un piacere essere di nuovo qui!
Quanto tempo, vero? Cercavo sempre di aggiornare ma ogni volta ero costretta a rimandare, un po’ per il lavoro e un po’ perchè a casa mia non ho più nemmeno un pc che abbia internet T__T (mai 'na gioia...). D'ora in poi potrò postare andando in biblioteca, anche se mi auguro che questa situazione non duri molto. Insomma, voglio andare avanti a pubblicare Ben e Claire in tutta libertà!
A proposito di loro, cosa ne dite di questo capitolo? Non vedo l’ora di tornare a leggere i vostri commenti!!! Mi siete mancati, carissimi lettori, ma non mi dimentico mai di voi e dei ringraziamenti che vi devo.

 
Per le preferite: aNightinagale15, battle wound, Ben Barnes, Blackpanda96, Cordeliaxyx, DarkYuna, english_dancer, fran_buchanan, Fra_STSF, HarryPotter11, JessAndrea, jihan, Joy Banes, La Nuit du Chasseur, Lau The Cugi, Len IlseWitch, Maree Fish, MartaKatniss98, matimarchisiuo8, Medea91h, MelvyLelvy, Milkendy, NestFreemark, NeverendinStoryGirl, Occhi di ghiaccio, piccolo_uragano, Riveer, Stefania1409, vivis_, _ Abyss_ , _likeacannonball.
 
Per le ricordate: Ben Barnes, DadaOttantotto, DarkYuna, Fra_STSF, Hafblood_Slytherin, Hug my fears, maty98, Milkendy, Nestfreemark, Suomalainen, Bruschettina_ .
 
Per le seguite: All In MY Head, AmeliaRose, apologie, Ben Barnes, bibliofila_mascherata, Brieseide in Love, Catnip_Peeta_, Cecimolli, ChibiRoby, DarkViolet92, DarkYuna, DeniAria,  EmmaTom4ever, EvaAinen, fran_buchanan, Fra_STSF, Greenfrog, Halfblood_Slytherin, HarryPotter11, InTheMiddleOfNowhere, JessAndrea, JLullaby, Joy Barnes, MartaKatniss98, marty98, Milkendy, Mrs_Winchester, Nadie, NestFreemark, NeverendingStoryGirl, NewHope, nuria elena, piccolo_uragano, psychobhor, Queen_Leslie, SerenaTheGentle, silent words, soffsnix, SweetSmile, Violet A Nash, vivis_, WikiJoe, _Abyss_ , _Bruschettina _ , _likeacannonball, _LoveNeverDies_.
 

Per le recensioni dello scorso capitolo: Ben Barnes, Cecimolli, Jess Andrea, Joy Barnes, NeverendingStoryGirl, piccolo_uragano, Robyn98, SerenaTheGentle.
 
Un ringraziamento extra va a La Nuit du Chasseur per avermi fatto da beta tramite l’iniziatia ‘Adottami’, organizzata sul gruppo facebook di EFP. Grazie, cara!
 
PICCOLA ANTICIPAZIONE per il/i prossimo/i capitolo/i: Ben volerà a Londra per passare il Natale con i suoi, e anche Claire attende l’arrivo della sua famiglia a Ogden. Purtroppo, non saranno le uniche visite che la ragazza riceverà…
FINE.

Wahahahhahaa!!!Sono cattiva, vero? Oh sì, lo sarò!!!! Preparatevi ai  casini!
Un'altra cosa : se volete vedere gli outfit di Ben e Claire durante la cena, e i regali che si sono scambiati, eccoli qui ;) 
Ben 
Claire 
Regalo di  Ben 
Regalo di Claire  
Infine, vi lascio i link delle mie pagine facebook dove trovate gli aggiornamenti delle mie fic : Susan LaGentile Clara e Chronicles of Queen. Quest'utimo è un gruppo chiuso al quale, se volete, potete iscrivervi inviandomi una richiesta. Però avvertitemi prima qui in casella magari, così so chi siete, va bene?
Un grazie immenso e di più a chi continua a seguirmi!
 
Susan♥

 
 
 

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Capitolo 25
*** AVVISO ***


Salve, cari lettori. Mi costringo a mettere questo annuncio per avvisarvi che non so quando tornerò attiva. Ho avuto recentemente un grave lutto in famiglia. La storia non rimarrà incompleta, ho promesso a me stessa che non la abbandonero', così come tutte le altre aperte, e quelle nuove che avevo in mente. È un periodo davvero buio e difficile, cercate di capire. Vi ringrazio per la pazienza, sperando di tornare presto da voi. Buone feste a tutti. Vostra Susan.

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