And Remember

di topazio
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prefazione ***
Capitolo 2: *** Primo Atto ***
Capitolo 3: *** Intervallo ***
Capitolo 4: *** Secondo Atto ***
Capitolo 5: *** Sipario ***



Capitolo 1
*** Prefazione ***


And Remember

 

 

 

Prefazione.

 

 

 

 

La gente parla delle premonizioni come se fossero qualcosa di strano. Non lo sono. Sono solo ricordi che vengono dalla direzione sbagliata.

– Doctor Who

 
 

 

 

 

 


 

Novembre, 1998

 

Beth capì di essere diversa un martedì mattina d’inverno. Aveva solo cinque anni quando nel giardino soleggiato dell’asilo si avvicinò a Ellie Gilbert.

«Mi dispiace per tuo padre» sussurrò soltanto. Ellie scosse i codini, aggrottando le sopracciglia scure. Appariva confusa, mentre domandava a Beth Greene una spiegazione alle sue buffe parole. Beth sollevò le spalle senza dire nulla. Perché non sapeva nemmeno lei cosa rispondere. Era convinta che Ellie sapesse.

Quattro giorni dopo Jason Gilbert morì in un incidente sul lavoro. E Ellie non parlò mai più con Beth.

 

 

 

Settembre, 2001

 

Hershel Greene comprese che sua figlia fosse diversa la notte in cui corse nella camera di Beth. Era stato svegliato dalle urla disperate. La trovò stesa sul letto, in un groviglio confuso di lenzuola e coperta. Piangeva, e quando lo vide allungò le piccole mani verso il padre. Trafelato si sedette accanto a Beth, tentando di calmarla.

«Salvali, papà» piagnucolò aggrappandosi alla sua maglia. «Salvali, ti prego.»

«Era solo un brutto sogno, Bethy» tentò di calmarla.

«No, papà. Non lo era.» Lo guardò con i suoi grandi occhi blu. «Salvali, stanno gridando»

«Chi, Beth? Chi?»

«Gli uomini nelle torri alte.»

Solo pochi giorni dopo, Hershel Greene si fermò davanti al televisore pietrificato. Beth sedeva sul divano della fattoria, accanto a lui. Ricambiò lo sguardo del padre, ma non disse nulla.

 

 

22 settembre, 2001 

 

Annette Greene si sedette accanto a sua figlia in quel tardo pomeriggio. Il marito Hershel era troppo nervoso per riuscire a fare lo stesso.

«Come lo sapevi?» le domandò sua madre, mentre Beth lasciava cadere il pastello giallo con cui stava disegnando il sole su un foglio.

«Non lo so» confessò, improvvisamente a disagio. Non fu necessario per Annette fornire alla figlia più dettagli riguardo alla domanda che le aveva posto. «Lo sapevo e basta.»

Non le fecero più domande.

 

 

Dicembre, 2002

 

Passò più di un anno prima che parlassero nuovamente dei sogni di Beth. Hershel parlò a lungo con il parroco della sua chiesa, per chiedere aiuto, consiglio, conforto. Pensò persino di rivolgersi a uno psichiatra quella volta in cui Beth giunse da lui nel cuore della notte per comunicargli che il cavallo di Patricia e Otis aveva bisogno del suo aiuto.   

Due giorni dopo, Otis corse dallo uomo per dirgli che la sua giumenta stava per partorire.

 

 

Maggio, 2003

 

Di nuovo, di nuovo quel sogno. La piccola Beth Greene si svegliò tra le urla. Era ricorrente, e vivido, reale, tangibile quasi.

«Che c’è?» domandò la voce di sua madre, accanto al letto. Era stata svegliata dalle grida. «Cosa hai sognato?»

«Niente» mentì. «Non ricordo.»

Non dormì quella notte. Ripercorse soltanto quelle immagini nella mente. Morte, morte ovunque.

 

 

14 Marzo, 2004

 

Quando Beth Greene corse dal padre per dirgli che doveva andare all’ospedale, Hershel Greene si sentì quasi mancare.

«Cosa c’è?» domandò preoccupato come mai prima di allora. «Cosa sta per succedere?»

«Niente, papà» assicurò la bambina. «Ma devo andare all’ospedale»

«Perché, Bethy?» insistette l’uomo.

«Perché…» mi salverà. «Devi andare a prendere gli esami, ricordi? Vengo con te.»

Quell’anno sua madre aveva acceso dieci candeline sulla sua torta di compleanno. E nonostante fosse una bambina, Beth possedeva una parlantina sorprendentemente sciolta, ma non fornì al padre nessun’altra informazione.

 

***

 

La mano di Beth era saldamente stretta a quella del padre, mentre lo guidava verso l’ascensore e premeva il tasto numero quattro. Quando le porte si aprirono, la bambina scivolò fuori, lasciando la presa sulla mano del padre.

«Aspetta qui» lo avvertì la bambina.

Passò in mezzo a due signore anziane, prendendo a muoversi per il lungo corridoio con una sicurezza tale da far pensare che sapesse esattamente dove fosse diretta.

«Beth, aspetta!» ignorò il rimprovero del padre, girando l’angolo e sparendo dalla sua visuale.

Si strinse nel cappottino nero, mentre si passava una mano tra i capelli biondi, stranamente nervosa. Non bussò prima di entrare nella stanza, vi entrò tranquillamente, sperando che suo padre impiegasse un po’ prima di riuscire a trovarla.

«Ciao» disse, attirando l’attenzione del ragazzo seduto sulla scomoda sedia gialla. La stanza era vuota, il letto accanto al quale attendeva era disfatto, in attesa del ritorno del paziente. Era vestito leggero nonostante le basse temperature di fine inverno. Gli occhi azzurri come il ghiaccio la raggiunsero non appena entrò nella stanza, fulminandola. Beth si sentì arrossire senza alcuna motivazione.

«Ti sei persa, ragazzina?» domandò quel ragazzo con i corti capelli castani.

Beth scosse la testa, agitando i capelli biondi. «Sono dove devo essere»  fece un passo avanti, raccogliendo ogni briciola di coraggio che possedeva. «Merle starà bene, vedrai.»

L’uomo assottigliò lo sguardo, staccando la schiena dalla sedia. «Non ti hanno mai detto che non si deve origliare?» forse stava tentando di spaventarla, convinto che in questo modo l’avrebbe spinta a tornare in qualunque posto fosse saltata fuori.

«Non ho origliato» assicurò Beth accennando un sorriso. Sapeva che non le avrebbe creduto, nessuno le credeva mai la prima volta.  L’uomo inclinò la testa, irritato.

«Cosa vuoi?» domandò scortese.

«Tra sette anni a partire da ora, io morirò» il sussurrò della bambina giunse chiaro e distinto alle orecchie dell’uomo, che assottigliò lo sguardo e non riuscì a impedirsi di mostrare un’espressione sorpresa. Beth fece un passo avanti, senza mostrare il minimo rumore. Non lasciò il tempo all’uomo di ribattere. E lui continuò a scrutarla senza dire nulla, domandandosi forse come una bambina così piccola potesse pronunciare frasi tanto strane. E tanto allarmanti. Doveva aver visto troppa televisione.

«Nel 2011» proseguì. «una donna mi sparerà un colpo alla testa al quinto piano di questo ospedale.» L’uomo guardò gli occhi blu della bambina velarsi di un sottile strato di lacrime. «Ti prego salvami, Daryl.»

Cosa? Guardò interdetto quella ragazzina minuscola davanti a lui.

«Come fai a sapere il mio nome?» Fu l’unica cosa che riuscì a dire, troppo confuso. Nella sua testa non sembrava essersi formulato nessun pensiero razionale. Guardava quella bambina, e non capiva. Aprì la bocca per porre un’altra domanda, una a cui l’avrebbe costretta a rispondere.

Che cazzo stai dicendo?

Ma un uomo si presentò alla porte, profondamente a disagio.

«Santo cielo, ti ho cercata ovunque!» disse, entrando e prendendo per mano quella ragazzina. «La stava importunando?»

Daryl scosse la testa dopo un istante di confusione. Era un uomo dallo sguardo gentile, con i capelli nevati di una striatura grigiastra.

«Mi scuso per mia figlia, a volte è incontrollabile» poi guardò la bambina. «Andiamo tesoro, si è fatto tardi.»

Con la mano stretta in quella grande e gentile dell’uomo, la ragazzina venne trascinata fuori dalla stanza. Daryl la guardò ipnotizzata muovere quei pochi passi fino a raggiungere la porta della stanza d’ospedale. Ma un istante prima di sparire, quella ragazzina si voltò, certa che avrebbe avuto addosso gli occhi dell’uomo.

«Stai attento» lo avvertì in un sussurro. «E ricorda.»

 

 

Ottobre, 2005

 

Si svegliò all’improvviso. Non trovò sua madre accanto a sé, né suo padre. Non aveva gridato, questa era l’unica spiegazione. Ancora quel sogno, così vivido e reale da poterlo quasi toccare. E per la piccola Beth Greene quando le cose apparivano così nitide e intense nella sua testa, significava che non potevano essere in alcun modo evitate.

Non aveva idea di come lo sapesse, né del perché quei sogni e visioni tormentassero lei. Sapeva solo che quello che vedeva era reale, lo sarebbe diventato. E solo un’altra visione era apparsa nella sua mente così reale. Solo un’altra. Che appariva come un punto fermo nell’universo, qualcosa di immobile, inevitabile. Inutile tentare di fare qualcosa, di scappare, di avvertire. Lo sapeva che non sarebbe cambiato niente. In un modo o nell’altro lei si sarebbe ritrovata in quel corridoio d’ospedale. Eppure aveva tentato. Si era avvicinata a quell’uomo che per lei non era altro che uno sconosciuto, ma che Beth sapeva di conoscere profondamente.

Ogni persona al mondo viveva giorno per giorno, senza chiedersi mai quando e come morirà. Ma lei lo sapeva. Lo sapeva. Il suo appuntamento con la Morte. Aveva avuto il privilegio più grandi di tutti – un privilegio che per lei non era altro che una maledizione.

Sapeva esattamente quanto tempo aveva. Beth era già nata vecchia, già cresciuta, già adulta. Come se un enorme timer dentro di lei contasse i suoi istanti. Secondo dopo secondo.

Si rigirò tra le coperte, consapevole che entro cinque anni la tua vita e quella di tutti sarebbe stata completamente stravolta. Cercò di cancellare dalla sua testa quelle immagini, ma erano come incise a fuoco nelle sue palpebre. L’epidemia sarebbe scoppiata, e lei non avrebbe potuto fare niente.   

 

 

Novembre, 2008

 

Sapevano che aveva ragione, Beth ce l’aveva sempre. Poteva scrutare, prevedere, intuire. Spesso lei stessa non capiva. Spesso erano solo frammenti quello che percepiva. Puri scorci spezzettati di un futuro solo meramente possibile. Ma quanto più quelle visioni erano nitide, tanto più erano precise.

Avvertì comunque suo fratello di non partire per Atlanta in quell’estate del 2008. Il cielo era limpido, eppure Beth era certa che presto sarebbe si sarebbe scatenata una intensa pioggia. E così era accaduto. Ma non aveva idea che avrebbe forato la settimana successiva mentre tornava da Atlanta. Tre miglia a piedi prima di trovare segnale per chiamare a casa.

E quando in autunno Beth Greene disse al padre che non avrebbe avuto senso andare a votare, suo padre aprì la bocca e la richiuse senza dire nulla. Posò le chiavi della macchina nel portaoggetti e si tolse il giubbotto. Non andò a votare. Nessuno di loro lo fece. Venne eletto un presidente democratico. Ma Beth non disse a nessuno che non avrebbe finito il mandato.

 

 

Maggio, 2009

 

L’autobus l’aveva lasciata a mezzo miglio dalla sua destinazione. Aveva camminato stringendosi addosso il cappotto leggero. Nonostante fosse pieno giorno, non si sentiva al sicuro in quel quartiere. Non aveva idea del perché fosse lì. Voleva solo dare un’occhiata, probabilmente. E arrivarci era stato piuttosto semplice in confronto alla fatica fatta per trovare il posto. Alla fine si era fatta praticamente guidare dall’istinto. Lo seguiva ciecamente, ormai.

Fu certa di essere arrivata nel posto giusto. Non perché avesse guardato il numero civico, ma lo sentiva semplicemente. Le tende erano tirate, e Beth osservò quella vecchia casa malandata dall’altra parte della strada. I bidoni della spazzatura rovesciati, la grondaia spiovente, le tracce di un vecchio incendio.

Rimase lì ferma per un tempo incredibilmente lungo, eppure questo passò in un batter d’occhio. Si diede mentalmente della sciocca. Cosa si aspettava? Di vederlo uscire da quella porta? Che lui la vedesse? Che la riconoscesse magari?

Scosse la testa Beth. Mentre tornava verso la fermata dell’autobus. Un solo pensiero riuscì a consolare quel tragitto di ritorno a casa. Non ancora. È troppo presto

 

***

 

Solo qualche mese dopo, nel mezzo di una tranquilla cena Beth pronunciò quella frase che fece rimanere Hershel Greene con la forchetta ferma a mezz’aria.

«Come?» domandò, certo di non aver capito bene.

«Dovremmo costruire un recinto» ripeté la ragazza.

«Ma perché?» domandò Shawn, perplesso quanto il padre.

«Dovremmo e basta.»

Erano abituati alle frasi sconnesse che lei pronunciava da tutta la vita. Qualche anno prima aveva anche tentato di spiegare il perché uscissero fuori dal nulla. Era puro istinto. Un pensiero nato dal nulla, del tutto scollegato dl resto. Come quando si sceglie qualcosa senza alcun ragionamento logico. Era soltanto istinto.

Ognuno lo chiamava in modo diverso, ogni membro della famiglia Greene aveva un modo tutto suo per vedere quello strano fenomeno. Shawn lo chiamava sesto senso, Maggie intuito femminile. Per Hershel era semplicemente un dono. Ma per Beth era solo una maledizione.

Poter vedere, percepire, intuire, prima degli altri, prima di chiunque. La sua famiglia le stava vicina, come nessuno avrebbe fatto mai. Ma non erano in grado di comprendere, non fino in fondo. Spesso si limitavano a scambiarsi cupe occhiate tra di loro, senza mai lasciarsi sfuggire un commento, e un borbottio perplesso. Le credevano, ma in qualche modo erano intimoriti da quello che Beth poteva percepire. Come se fossero totalmente ciechi, e lei fosse l’unica a poter vedere oltre.

Così fecero come lei aveva detto. Hershel Greene costruì un recinto attorno alla sua proprietà. Installò un generatore indipendente di energia. Comprò un secondo fucile. E poi anche un terzo l’anno successivo.    

Ma il pensiero intrappolato nella testa della ragazza era uno soltanto.

Non basta.

 

 

                                                                        ҉

 

 

 

Ecco il primo capitolo. Sono cinque in tutto, già completi, quindi non dovrete attendere molto per leggere il seguito. È solo un assaggio, ma spero davvero che vi sia piaciuto e siate curiosi. Fatemi sapere se vi va, mi sarebbe piacere.

La ff percorrerà  la storia fino al tremendo episodio Coda, e la coppia principale sarà ovviamente Bethyl, con qualche riferimento a un’altra che amo particolarmente. Il prossimo capitolo Primo Atto, parte con l’arrivo di Rick e del suo gruppo alla fattoria, e sarà quasi totalmente su Beth e Daryl.

Note:

– Elezioni del 2008. La Georgia è una roccaforte Repubblicana, quindi ho presunto che la famiglia Greene avrebbe votato in questo senso. Le elezioni sono state poi, storicamente, vinte dai Democratici, per questo Beth dice al padre che non avrebbe avuto senso andare a votare.

– Sono stata  molto indecisa se fare il riferimento all’11 settembre, prendetelo per quello che è, solo un riferimento, spero di non aver urtato la sensibilità di nessuno.

 

Alla prossima, Topazio ♥

 

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Capitolo 2
*** Primo Atto ***


And Remember

 

 

Primo Atto

 

 

 

 

Dio offre ad ogni mente la scelta tra verità e riposo. Scegli quella che preferisci. Non potrai mai averli entrambi.

– Ralph Waldo Emerson

 




 

 

Luglio, 2010

 

Sapeva che sarebbe successo presto, e quando un uomo corse attraverso il cortile della fattoria con un bambino tra le braccia, Beth sapeva che ora cominciava il primo giorno del resto della sua vita. Osservò in silenzio suo padre controllare le condizioni di quello che avrebbe scoperto essere Carl.

Fu una giornata lunga, Beth fece il thè per tutti mentre Patricia assisteva suo padre. Rick Grimes camminava senza pace, mentre ascoltava le parole di Hershel Greene. Otis sembrava dimagrito all’improvviso, le mani tremavano e l’uomo di nome Shane sembrava sul punto di voler tirare un pugno contro il muro.

Beth si avvicinò a Shawn nella confusione.  

«Devi andare con loro» gli disse soltanto.

Shawn non capì. Un momento dopo però Otis comunicò a Patricia che sarebbe andato insieme a Shane a cercare un respiratore alla vecchia scuola. Il ragazzo scambiò un’occhiata con Beth e chinò il capo annuendo. E uscì lasciando tra le mani della ragazza la propria tazza di thè.

Partirono, e Beth li guardò allontanarsi.

Posò la tazza sul lavabo, oltrepassando Jimmy, e scambiando un’occhiata con Maggie. Sembrava preoccupata quanto Rick.

«Andrà tutto bene» tentò di rassicurarla.

«Ne sei certa?» domandò la sorella di rimando.

Beth si bloccò. No, avrebbe voluto dire. Ma può andare peggio.  

 

***

 

Rick Grimes era chino sul capezzale del piccolo Carl. Sembrava invecchiato di dieci anni. Beth si avvicinò a lui silenziosamente.

«Starà bene» gli disse soltanto, in un sussurro. «Si rimetterà e diventerà forte.» Lui la guardò, senza vederla davvero. Non le credeva, nessuno lo faceva mai la prima volta. «Anche più di te.»

Ma avrebbero avuto tempo, molto tempo per conoscersi. Beth uscì dalla stanza, così come era entrata. Lasciò sul comodino il vassoio con il panino alla marmellata che aveva preparato. Non le serviva alcun dono per capire che Rick non avrebbe toccato cibo.

 

***

 

Shane tornò quando ormai stava albeggiando. Shawn sanguinava, Otis non c’era. Beth abbracciò il fratello, assicurandosi che stesse bene. Non c’era riuscita. Qualcosa era andato storto quella notte e Beth aveva rischiato che suo fratello ne pagasse il conto e che l’unico a tornare fosse Shane.

Non lo dissero a Patricia, non quella notte. Beth rimase a fissare la carta da parati a fiori per quella che parve un’eternità, nella stessa immobilità di Rick. Otis era morto comunque. Credeva di poter cambiare le cose, di poter intervenire e salvare… qualcuno. Qualcuno di loro. Con Shawn c’era riuscita. Sua madre era nel fienile, ma Shawn no. Era ancora lì con lei.

E quella notte capì. Non poteva salvarli tutti.

 

***

 

Shane non rimase a lungo. Uscì di nuovo, immediatamente. Doveva condurre lì il resto del gruppo. Hershel indurì i tratti del volto, i suoi famigliari conoscevano bene quell’espressione carica di disapprovazione. Avrebbe aiutato il ragazzo, ma non voleva che quegli estranei si avvicinassero alla sua proprietà. Era un cristiano, credeva nell’ospitalità. Ma il mondo era cambiato.

«Papà» Beth si avvicinò al padre. «Va tutto bene.» L’uomo la guardò, mentre Rick Grimes assisteva a quello scambio d’occhiate. E Hershel annuì.

 

***

 

Beth osservò il loro arrivo dalla finestra della sua camera. Il cuore batteva talmente forte che sapeva che se fosse scesa, se si fosse avvicinata, le sue gambe non avrebbero retto. Guardò il vecchio camper parcheggiare sotto gli alberi davanti a casa. Il vecchio alla guida, l’asiatico e la donna bionda. Shane, e un’altra donna che correva verso casa. La motocicletta scura e il suo guidatore. Sentì il cuora balzarle alla gola.

Scese al piano inferiore solo dopo un tempo lunghissimo. Lo osservò dalla finestra, passo dopo passo, con la balestra stretta in mano, mentre si guardava attorno e scrutava. Per un momento desiderò che Daryl ricambiasse il suo sguardo.

Non lo fece, non guardò su, verso quella ragazzina bionda che aveva aspettato quel giorno per tanti anni. Non si sarebbe avvicinata. Non era ancora il momento.  

 

***

 

Carl stava migliorando. Beth e Maggie aiutavano Patricia ed Hershel gestire l’improvviso aumento di popolazione all’interno della proprietà Greene. Fu solo dopo mille ripensamenti e titubanze che si avvicinò all’uomo che stava sellando il cavallo di Shawn.

Il vento soffiava rendendo piacevole il calore dell’estate morente. La balestra era tenuta di trasverso sulla schiena. Fu solo a un paio di metri da lui che Beth pensò che mancasse qualcosa proprio lì in quel punto. Come se guardando il tessuto di quella camicia marrone senza maniche, avesse la sensazione che non doveva essere così.

«Non dovresti andare» disse.

Daryl si voltò lentamente verso di lei. Ma non si prese nemmeno la briga di rispondere. Tornò a guardare il cavallo, per sellarlo.

«Non dovresti andare» ripeté Beth. «E non lo stai sellando nel modo giusto.»

Fece un passo avanti, affiancandosi a lui per poter posizionare correttamente la sella. Sentì gli occhi di Daryl su di sé, mentre compiva i movimento che aveva fatto mille volte.

«Shawn non sarà contento se prendi il suo cavallo.»

«Se ne farà una ragione» mormorò, allontanandosi da lei e montando in sella, con una precisione che Beth stessa non credeva di avere.

«Stai andando a cercare lei?» domandò, quasi gridando, mentre Daryl faceva voltare il cavallo. «Non la troverai là fuori.»

Beth trattenne il fiato. Perché quella frase era uscita dalla sua bocca? Voleva dire che quella bambina che cercavano era… morta? Guardò gli occhi di Daryl fulminarla, quasi volesse incenerirla.

«Invece è là fuori» disse con durezza. «E la riporterò a sua madre.» Non attese alcuna risposta. Il cavallo di Shawn partì al galoppo verso il recinto della fattoria. E Beth rimase lì a guardarlo, a guardare quell’uomo che aveva atteso per tutto quel tempo andare alla ricerca di una ragazzina morta.

Non la troverai là fuori. Lo aveva detto senza pensarlo, così come aveva detto mille altre cose senza logica o cognizione di causa. Ma aveva sempre avuto ragione. E Beth ora ne era certa. Era morta, e ora sapeva anche che non era in quei boschi. Mentre la figura di Daryl spariva tra gli alberi oltre la radura, la ragazza gettò solo una breve occhiata al fienile silenzioso. Sellò un secondo cavallo e si apprestò a seguirlo.

Non avvertì suo padre, nemmeno i suoi fratelli.  Vide soltanto Jimmy gridare qualcosa al suo passaggio, ma Beth non se ne curò.

 

***

 

Non aveva detto nulla. Era rimasto in silenzio per tutto il viaggio di ritorno. La camicetta di Beth era macchiata di sangue, schizzi provenienti dal cranio del vagante che stava attaccando un Daryl non completamente lucido. Era caduto da cavallo, ferendosi, perdendo i sensi.

Non l’aveva ringraziata, non le aveva chiesto cosa ci facesse lì. Tra le mani stringeva una bambola di pezza. Beth non gli fece domande, sapeva già che si era ferito per prenderla. Del cavallo di Shawn non c’era alcuna traccia.

Solo quando i contorni della fattoria avevano iniziato a mostrarsi davanti ai loro occhi, Beth aveva compreso di dover agire in fretta.

«Devi vedere una cosa» aveva detto soltanto, voltandosi appena per incontrare il suo sguardo. La feriva il modo in cui la guardava, la feriva vedere quanto freddo e distante poteva essere. Beth sapeva quanto quegli occhi sarebbero diventati importanti per lei, in quelle iridi aveva trovato conforto e calore, ma era accaduto soltanto nei suoi sogni, in ricordi che si mescolavano con avvenimenti non ancora accaduti. Era doloroso specchiarsi in quegli occhi e avere davanti una persona che ancora non la conosceva.

Si voltò, incapace di prolungare ancora quella tortura psicologica, che solo lei poteva comprendere del tutto. Si incamminò passo dopo passo verso la meta finale, sapendo che Daryl la seguiva a breve distanza. In mano stringeva ancora quella bambola.    

 

***

 

Imprecò, incapace di trattenersi. Beth guardò il profilo dell’uomo, la tensione dei muscoli, il modo in cui stringeva la bambola di Sophia. Attese che si voltasse verso di lei, e Beth contava i secondi, come attendesse lo scatenarsi di una tempesta.

«Che cos’è questa storia?» sibilò, furente di rabbia, incredulo. «Perché cazzo tenete dei vaganti in un fienile?»

Beth abbassò le palpebre. «Mio padre crede che siano malati, che possano guarire. Quando uno di loro viene trovato nei dintorni Otis lo porta qui. Mia madre è quella accanto alla porta. Credo sia per lei che mio padre non riesce a comprendere. Non riesce a lasciarla andare.» Nessuno di noi può. Fece un passo in avanti. «Sophia è quella vicino alla colonna» sussurrò, piena di dispiacere.

Guardò Daryl di sottecchi, incapace di voltarsi verso di lui, quasi volesse lasciargli un mimino di riservatezza in quell’istante di intenso dolore. Lo vide trattenere il fiato, un istante di tensione di ogni muscolo che sembrò protrarsi in eterno.

«Mi dispiace, Daryl» trovò il coraggio di sussurrare, ma non quello di allungare una mano verso di lui per sfiorargli la mano.

«Da quanto lo sai?» domandò infine, senza distogliere lo sguardo da quella creatura che pochi giorni prima era soltanto una bambina.

«Da quando ti ho detto che non era là fuori» sussurrò voltandosi verso di lui. Solo in quel momento di voltò verso di lei, e in quello sguardo Beth lesse tutta la sua confusione.

«Che vuol dire?»

«Non capiresti» Beth distolse lo sguardo, incapace di prolungare oltre quel contatto.

«Non importa» sbottò l’uomo, dopo qualche istante di silenzio. E si voltò, deciso a non guardare oltre quell’orrore dentro al fienile. Si avvicinò alla scaletta usata per salire lassù.

«Aspetta!» disse Beth all’improvviso, avvicinandosi a lui. «Non puoi dirlo agli altri.»

«Perché?» si rivolse a lei con rabbia. «Carol deve saperlo.»

«Non puoi, non ora» supplicò.

«E quando allora?» Daryl si domandò perché stesse continuando ad ascoltarla, invece di voltarsi e andare via, lontano da quel maledetto fienile.

«Non puoi dirglielo comunque. Non è pronta.»

«È sua figlia!» gridò quasi, ma poi abbassò la voce, ricordando quanto vicini fossero quei vaganti. «Non lo sarà mai! Non sarà mai pronta nel sentirsi dire che Sophia è morta.»

Beth fece un respiro profondo, e si avvicinò a lui. «È troppo presto, Daryl.» sussurrò. «Ci sono altre cose che devono succedere prima.»

Daryl la scrutò per un momento, domandandosi nuovamente perché la stesse ascoltando, perché in effetti tutti quanti sembravano non poter fare a meno di ascoltarla.

«Di che parli?» domandò assottigliando lo sguardo. E per la prima volta, Beth Greene sembrò davvero in difficoltà. Parlò lentamente, come soppesando il significato di ogni sillaba che usciva dalle sue labbra.

«Nessuno di loro è pronto. Questo evento… l’apertura del fienile, cambierà tutto.» Faticava a mantenere il contatto visivo, mentre Daryl non riusciva a distoglierlo. Solo in quel momento si rese conto di quanto quella ragazzina fosse effettivamente vicina a lui. «Shane si mostrerà per quello che è in realtà… Carol cambierà radicalmente… mio padre capirà che non sono malati, che non possono guarire… Rick deve comprendere la verità su ciò che a volte è necessario fare e Carl perderà la sua amica. Glenn e Maggie devono…» si interruppe, mordendosi il labbro inferiore in un gesto di nervosismo. «Questo… cambierà tutto.»

Quando quel monologo si esaurì, Beth scrutò gli occhi di Daryl e in essi vide soltanto confusione e… sospetto. Si sentì annegare. Non avrebbe capito.

«Ma di cosa stai parlando?» chiese, con maggiore frustrazione.

«Devi aspettare!» parlò con urgenza. «O questo potrebbe spingervi ad andarvene. E Glenn e Maggie non staranno mai insieme, mio padre non cambierà mai, vi manderà via. Ci sono degli eventi stabiliti che non accadranno!»

Solo in quel momento Daryl compì un passo indietro, sentendosi soffocare dalla vicinanza di quella ragazzina. Non comprendeva le sue parole, non aveva senso quello che stava dicendo e senza il minimo tatto disse ad alta voce quello che aveva pensato dal primo incontro ravvicinato avuto con lei, solo un paio di ore prima.

«Stai parlando come una pazza.»

Questo, sorprendentemente, non sembrò scalfire la determinazione di Beth, al contrario, la animò. E con orrore, Daryl capì che era qualcosa che si era già sentita dire. E riconobbe in quelle limpide iridi azzurre la stessa rabbia che aveva provato lui fin da piccolo, la stessa reazione scaturita da parole che ferivano, ma che si portava dietro da tutta la vita.

«Io le ho viste, le cose che devono ancora succedere» disse Beth con lentezza. « Le conosco, forse non tutte, forse non chiaramente. Ma devi aspettare o moriremo tutti, se ve ne andrete. Posso provarti che dico la verità, Daryl. Posso provare che vedo cose che non sono ancora successe, che conosco cose che non dovrei sapere.»

Daryl compì un altro passo indietro. Deglutì, senza distogliere lo sguardo. Per quanto potesse provare una qualche sorta di empatia per quella strana ragazza, non poteva andare contro il suo buonsenso.

«Sei pazza» sibilò, ma non riuscì a dirlo con cattiveria, non questa volta. Incredibilmente, Beth Greene sorrise, un bel sorriso il suo.

«Il tuo nome è Daryl Dixon, tuo fratello si chiama Merle. Rick lo ha legato in cima a un tetto ad Atlanta. Chiedi agli altri, nessuno mi ha dato queste informazioni.»

«Puoi averlo ascoltato» disse sospettoso, nascondendo lo stupore. Ma Beth scosse il capo, e con un’incredibile tranquillità disse ciò che aveva tenuto dentro per anni interi.

«Ci siamo già incontrati. In un ospedale, nel 2004. Merle era ricoverato per un incidente in moto. Hai visto una bambina entrare nella sua stanza… Quella bambina ero io» lo guardò, come forse non aveva mai guardato nessuno. «Lo ricordi? Ti ho… ti ho detto delle cose, le ricordi Daryl?» sussurrò, come se la sua intera vita dipendesse da quella risposta.

Ed era così.

«No» nonostante avesse pronunciato immediatamente quella risposta secca, questa arrivò con un certo ritardo a Beth, come se il suo cervello non fosse in grado di registrarla, come se non riuscisse a capacitarsene. Deglutì a vuoto, mentre il sorriso sulle sue labbra si spegneva lentamente davanti gli occhi di Daryl.

«Oh» disse soltanto, dopo qualche secondo di silenzio mortifero. «Non… non importa. Ma ti ho detto la verità. Devi aspettare.»

«Non puoi chiedermelo» non lo disse con rabbia, Daryl aveva colto quell’improvviso cambiamento nella ragazza davanti a lui, e questo lo aveva turbato e confuso più di quanto riuscisse ad ammettere. «Non puoi. Cosa dovrei fare? Fingere di andare a cercare Sophia nei boschi? O smettere di farlo e basta?»

Beth aprì la bocca per parlare, ma la richiuse. A questo non aveva pensato. Non trovò nemmeno la forza per ribattere. Sembrava che ogni suo sforzo, ogni sua speranza di fosse consumata come neve al sole, sciolta, dissolta, da quel calore gelido se suonava simile a un secco No.

«Merle è vivo» disse soltanto, lasciando andare quella confessione.

Daryl la guardò un ultimo istante, Beth non ricambiò il suo sguardo. Sapeva che non le credeva. L’uomo si girò e scese dalla scala a pioli con la quale erano saliti. Non si era reso conto di aver stretto ancora tra le mani la bambola di pezza di Sophia.

 

***

 

Con un peso sulle spalle che aveva solo poche volte percepito sulle spalle, Daryl si avviò verso il camper senza guardarsi indietro. Sentiva su di sé lo sguardo di Beth Greene, e questo bruciava contro la sua schiena. Aveva un passo pensante, mentre si domandava come avrebbe potuto rivelare a Carol quella verità che mai avrebbe voluto sentirsi dire, mentre si chiedeva come poteva quella ragazza bionda essere la stessa bambina che così tanti anni prima si era presentata in quella camera d’ospedale. Non aveva idea del perché le avesse mentito, perché non se la fosse sentita di dirle che ricordava quello strano incontro.

Non importava, in quel momento. Strinse più forte quella bambola, come per ricordarsi ciò che stava per fare. Il camper era vuoto, c’era arrivato più in fretta di quanto avrebbe voluto, senza nemmeno il tempo di riflettere o pensare a cosa dire. Quando chiese di Carol a Dale, l’uomo gli indicò la casa.

«In cucina con Lori, credo» disse.

Solo quando fu a pochi metri dalla veranda, Daryl udì la voce di Maggie Greene, seduta su una delle ampie sedie bianche. Stava ridendo. Fece per passare oltre, sarebbe entrato dalla porta secondaria, per non passarle davanti. Non aveva voglia di parlare con qualcuno, non dopo quello che era successo. Avrebbe dovuto rispondere a delle domande, e l’unica a meritare delle risposte era Carol.

«Beth invece?» era stato Glenn a parlare, l’interlocutore di Maggie che Daryl, dalla sua posizione, non riusciva a scorgere. Al sentir pronunciare quel nome, si bloccò, la bambola ancora stretta tra le dita.

«Quasi diciassette» la risata di Maggie si era spenta, aveva pronunciato quelle parole quasi a fatica. Probabilmente Glenn doveva averle lanciato un’occhiata interrogativa, perché la ragazza proseguì. «Ma non chiederglielo mai.»

«Perché?» domandò Glenn.

Seguì un silenzio che si prolungò più del necessario, quasi Maggie si stesse chiedendo se rispondere  o meno. «Beth è sempre stata… diversa» spiegò in un sussurro, quasi vergognandosi.

«Che intendi?» trovò la forza di chiedere Glenn.

«Fin da piccola» spiegò Maggie, abbassando la voce. « Non piangeva mai, non faceva mai capricci, è sempre stata una bambina silenziosa. Perfetta, nella sua anormalità. Pensa che la sua storia preferita era quella dell’uomo di Damasco…»

«Gusti bizzarri per una bambina» commentò Glenn. Daryl non aveva idea di che storia fosse quella di cui parlavano.

«Già… Era come se… come se fosse già adulta. Già vecchia. Faceva domande che i bambini non dovrebbero fare» si interruppe, quasi soppesando le conseguenze di quello che stava per aggiungere. «Conosceva cose che non avrebbe dovuto conoscere.» Daryl, senza riuscire a trattenersi, fece un passo indietro. Nascondendosi come un ladro tra i cespugli di avvicinò alla veranda, per ascoltare meglio.

«Non l’ho mai vista spaventata, o rabbiosa, o agitata. Ai miei occhi è sempre sembrata perfetta, imperturbabile. Con una sensibilità e una gentilezza che oscuravano tutto quanto il resto.» Glenn ascoltava rapito, più incantato da Maggie che da quello che diceva. Mentre Daryl non si perdeva una parola. «Ma ho sempre intravisto la sua fragilità, anche se è bravissima a nasconderla. E ogni volta che qualcuno le domandava quanti anni avessi, Beth ha risposto allo stesso modo, per tutta la vita. Diciotto, ho diciotto anni.»

Probabilmente sia Glenn che Daryl avevano la medesima espressione confusa. Ma quest’ultimo non poteva attendere ancora a lungo, nascosto all’ombra di quel cespuglio. Si mosse, un passo dopo l’altro, diretto verso la porta della cucina, senza però dimenticare la parole che aveva ascoltato.

La bambola che stringeva, non gli era mai sembrata così pesante.

 
 

҉

 

 

Ecco il secondo capitolo. Vi ringrazio tantissimo per l’accoglienza che ho avuto, mi avete incoraggiata tanto. Un ringraziamento speciale a chi mi ha lasciato una recensione e spero che questo nuovo capitolo non vi deluda. Fatemi sapere se vi va.

Note:

·         Il riferimento alla schiena di Daryl, di qualcosa che secondo Beth mancava, ovviamente riguarda il fatto che ancora non possiede l’iconico giubbotto con le ali disegnate.  

·         Ho dimenticato di scrivere nel capitolo precedente che i resti di un incendio che Beth nota nella casa di Daryl, sono un riferimento al racconto che fa lui a Carl ai tempi della prigione. Credo di ricordare che gli avesse raccontato che la madre era morta in quel modo.

Per quanto riguarda la storia nominata da Maggie 'L'uomo di Damasco', avrete un spiegazione più avanti, e in quell'occasione chiarirò anche da cosa ho preso spunto.
A presto,

 

Topazio♥

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Capitolo 3
*** Intervallo ***


And Remember

 

 

Intervallo


 

 

 


 

 

Nel tempo dell'inganno universale dire la verità è un atto rivoluzionario.

– George Orwell

 

 

 

 

Le grida si alzarono improvvise sulla veranda.

«No, no, no» gridò una donna. «È sempre stata lì!»

«Carol.»

«Sapevano dov’era e non l’hanno detto!» la voce di Carol si spezzò mentre attraversava il cortile diretta verso il camper. Rick con Lori al suo fianco, si precipitarono sulla veranda. Beth uscì dalla cucina e Maggie scese le scale.

«Che cosa succede?» domandò brusco Rick, rivolto a Daryl, che guardava la figura di Carol sparire all’interno del camper. La porta era rimasta aperta.

Daryl si voltò, si fermò a guardare per un lungo momento gli occhi di Beth, che zitta e immobile rimaneva in silenzio dietro lo sceriffo. Poi rispose.

«Devi vedere una cosa.»

Si incamminò, prima ancora che a Beth potesse venisse concesso il tempo di gridare il suo nome. La ragazza rimase pietrificata mentre osservata il suo incubo tramutarsi in realtà.  Vide Daryl guidare Rick al fienile. Non doveva succedere, non così, non in quel momento. E poi anche Shane, Glenn, T-Dogg. Beth corse, come Maggie.

Accadde esattamente come aveva immaginato. Le porte vennero aperte da Shane, mentre Daryl diceva all’uomo cosa c’era là dentro. Vide suo padre gridare, Carol avvicinarsi e lasciare che le braccia di Daryl la trattenessero. Vide Rick alzare la pistola. Andrea sparò per prima. Jimmy era pietrificato, Shawn sembrava sul punto di crollare.

Beth sentì le lacrime rigarle il volto, mentre uno dopo l’altro i vaganti cadevano il suolo. Era tutto come nella sua testa, come nei suoi incubi. Riconobbe gli abiti di quell’uomo gentile che abitava alla fine della strada, Jim Benson e i capelli rossi di sua moglie Charlotte. E vide sua madre crollare. Accasciarsi al suolo mentre un altro colpo veniva sparato.

«Sophia!» quel grido squarciò l’aria, e nessuno di loro avrebbe dimenticato quello che avevano visto uscire da quel fienile. Sophia cadde a terra, silenziosa come gli altri.

Hershel Greene era in ginocchio e non fece nulla per impedire a sua figlia di fare un passo avanti, e poi un altro ancora. Jim Benson era pesante da spostare, ma Beth riuscì a farlo, solo per trovare lì sotto il volto putrefatto e deformato di sua madre.

Udì qualcuno gridare quando questa aprì gli occhi all’improvviso. Poi capì di essere stata lei a urlare. Braccia forti la avvolsero all’improvviso, trascinandola indietro, ma questo non le impedì di vedere il fucile di Shane sfondare il cranio della donna che aveva amato così tanto. Gridò, divincolandosi tra quelle braccia, il volto rigato da quelle lacrime che non riusciva a fermare. Urlò, mentre tutto intorno c’era solo silenzio.

Quasi non si accorse che era stato Rick ad allontanarla dalle fauci di quella che un tempo era sua madre.

Hershel era immobile, pietrificato dall’orrore al punto da non comprendere quanto Beth fosse stata in pericolo. Maggie piangeva in silenzio. Carol era a terra, ancora stretta a Daryl. Shane aveva sugli abiti gli schizzi di sangue della madre.

Rick non la lasciò ancora fino a quando Beth non smise di divincolarsi. E poi, all’improvviso, senza alcun preavviso, come se qualcuno avesse premuto un interruttore, smise di piangere. Rick la lasciò andare e Beth non ebbe alcuna difficoltà nel reggersi in piedi e dirigersi verso casa.

Il suo sguardo incontrò quello di Daryl e per un lungo istante non ci fu nient’altro. Ma Beth passò oltre, c’era una cosa che doveva fare, ora lo sapeva con chiarezza. Conosceva la mossa successiva. Si fidava al punto di sé stessa, del suo potere, che era pronta a farlo.

La grande casa era vuota e silenziosa quando entrò. Si diresse in cucina con lenti passi meccanici, lo sguardo fisso verso il bancone. Sentì la porta aprirsi alle sue spalle, non controllò chi fosse, non importava. Non potevano fermarla.

Dal pianto incontrollato, comprese che si trattava di Carol. Sentì la porta sbattere nuovamente mentre afferrava il coltello sul bancone della cucina. Lo mosse velocemente, sapeva che avrebbe fatto male. Ma non sentì nulla. Non subito.

La carne venne recisa in modo singolarmente preciso,  e il sangue cominciò a zampillare all’improvviso, copioso e vermiglio. Il coltello cadde a terra provocando un rumore assordante che attirò l’attenzione di ogni singola persona in quella casa. Beth si strinse il polso, stava sporcando il pavimento.

«Beth!» Maggie, il volto ancora rigato di lacrime, gridò quel nome con disperazione.

Lei alzò lo sguardo solo per ritrovarsi impietrita davanti agli occhi di ghiaccio di Daryl. Entrò in cucina in un istante, strinse il suo polso sottile, tentando di fermare la fuoriuscita di sangue.

«Che cazzo hai fatto?» le disse contro. Era appena un sussurro, pronunciato senza nemmeno guardarla, ma per Beth era stato come sentirlo gridare. Premette forte un canovaccio contro la sua pelle, mentre udivano Maggie gridare di nuovo.

«Papà! Papà devi venire, devi venire subito!»

Non era così che doveva andare, Beth pensò soltanto questo mentre un uomo che sembrava solo l’ombra di suo padre le ricuciva in silenzio il polso. Si sentiva debole, svuotata. Forse era a causa del sangue che aveva perso, o del pianto che l’aveva consumata. Sapeva solo che quel fienile non doveva essere aperto, non così presto. Non erano pronti, nessuno di loro lo era.

Rick, ancora convinto che i vaganti fossero la reale minaccia. Carol, troppo debole per poter solo guardare negli occhi un uomo. Suo padre, che credeva che sua moglie fosse morta quel giorno, e non tanto tempo prima.

Beth non ebbe il coraggio di incontrare gli occhi ancora velati di lacrime del padre quando questi finì di cucirle il polso. Seppellirono Sophia e Annette all’ombra di un grande albero, quel pomeriggio. Qualcuno provò a dire qualcosa, forse Dale, forse Rick. Beth non ascoltò, rimase in piedi, con la testa che girava a guardare la tomba di sua madre. Carol si allontanò per prima, incapace di reggere ancora. E poi uno ad uno la imitarono.

Poi iniziò a piovere.

Erano tutti lì, tutti riuniti in quella casa. Nessuno voleva stare la fuori. Non dopo quello che era successo. Regnava un silenzio assoluto, interrotto dai respiri irregolari di Carol. Beth era in piedi a soppesare i danni. Shawn era seduto in fondo alle scale, nel più ostinato mutismo. Andrea puliva il sangue in cucina, in silenzio. Carl dormiva, tormentato da incubi e demoni senza volto. O forse un volto lo avevano, quello di una ragazzina che un tempo era sua amica. Hershel Greene era solo nella veranda. Daryl era più silenzioso che mai. Shane sembrava sul punto di esplodere, per il solo fatto di aver trovato vaganti in quel fienile.

E Maggie. Maggie che esplose davvero.

«Perché lo hai fatto?» la voce di Maggie le giunse improvvisa alle orecchie. Parecchie teste si voltarono. «Perché hai fatto una cosa del genere a papà, a tutti noi?»

Beth aprì la bocca. Come poteva spiegarlo? Spiegarlo a Maggie che meno di tutti aveva compreso quello che lei era in grado di fare?

«Io l’ho visto» sussurrò soltanto, come se potesse essere una spiegazione sufficiente. Ma non lo era affatto, non per Maggie, non quel giorno. Il volto della sorella si contorse di rabbia, sofferenza e incredulità, mescolando il tutto e prima che potesse rendersene conto stava sta urlando.

«L’hai visto? L’hai visto!» disse, poi parve calmarsi abbastanza da riprendere il controllo della sua voce.

«È così che doveva andare» sussurrò Beth, come se quella fosse una conversazione privata, ma non poteva esserlo, non in una casa così silenziosa. Erano tutti in ascolto, forse persino loro padre. «L’ho visto, io l’ho solo… fatto accadere.»

Lo schiaffo arrivò improvviso e calò sulla guancia di Beth con violenza. Voltò il capo lentamente mentre sentiva la pelle andare a fuoco e incontrò gli occhi di Maggie pieni di rabbia, lacrime e odio. Non l’aveva mai vista così.  

Shawn si alzò arrivando accanto alle sorelle.

«Maggie…» sussurrò Beth, mentre un lampo illuminava a giorno la notte che era calata sulla fattoria Greene. Quel sussurro, così supplichevole, quasi offeso, sembrò adirare ulteriormente la sorella e questa alzò di nuovo la mano, pronta a colpirla di nuovo. Rick si alzò, pronto a fermarla. Daryl e Glenn fecero lo stesso. Ma fu Shawn a bloccarla.

«Calmati!» le intimò, con rabbia, stringendo il polso di Maggie. Lei si liberò di quella presa con uno strattone.

«No!» gridò, incurante di Carl che dormiva e di suo padre ancora nella veranda. «Questa storia deve finire!» Guardò Beth, piena di rabbia. «Ti sei tagliata le vene perché credi di averlo visto? Cos’era uno dei tuoi sogni e allucinazioni?! Hai pensato alle conseguenze di quello che hai fatto? Eh?»

Beth guardò la sorella come se non la riconoscesse, incapace di parlare.

«Morire per cosa, Beth? Per cosa?» continuò lei, mentre una lacrima solcava il suo viso.

«Maggie, basta» le intimò Shawn, cercando di allontanarla da Beth. Sentirono la porta aprirsi, Hershel guardò i figli.

«Smettetela» intimò, la voce infinitamente stanca, non era mai apparso tanto vecchio. «Beth… perché?» Beth sentì le lacrime pizzicarle gli occhi. Non doveva andare così. «Ti abbiamo sempre assecondata, anche se non capivamo, ti abbiamo sempre appoggiata e creduta. Ma questo…» Rick spostò lo sguardo da Hershel a Beth, nessuno di loro capiva. «Questo non dovevi farlo.»

«Dovevo, invece» trovò la forza di dire, in un sussurrò. La guancia andava ancora a fuoco, come se si fosse improvvisamente gonfiata, ma di certo toccandola l’avrebbe trovata perfettamente normale. «Papà, io l’ho già visto. Questo…» alzò il polso fasciato. «Il fienile… il dopo. Io lo so già.»

«Di cosa state parlando?» fu Rick a porre la domanda che tutti loro – osservando la famiglia Greene – si stavano ponendo.

«Non ora, Rick» disse Hershel. «Questa è una faccenda di famiglia.»

«No» asserì l’uomo avvicinandosi. «Non lo è se riguarda quei vaganti nel fienile. Perché li tenevate là?»

«Li avete uccisi.» Hershel guardò intensamente Rick, con un rimprovero muto, incapace di esprimere a parole.

«No, papà» intervenne Beth. «Il fienile andava aperto. Quello che hai visto, doveva accadere.»

«C’era tua madre là dentro, Beth!» disse, senza urlare, perché non ne aveva bisogno.

«Lei era morta da molto tempo!» gridò, senza riuscire a trattenersi. «È morta e sarebbe morto anche Shawn se non fossi intervenuta! Li ho visti uscire entrambi da quel fienile, insieme a quella bambina!»

«Sophia?» domandò Rick, senza riuscire a capire niente di quello che si stavano dicendo padre e figlia. «Che vuol dire che li ha visti uscire dal fienile?»

«Sapevi che era lì?» la voce di Carol sovrastò la domanda di Rick, nonostante avesse parlato con voce molto più bassa. «Sapevi che la mia bambina era lì dentro? Che era così?» Era in piedi, ma sembrava ci riuscisse appena. Non piangeva, sembrava che il suo dolore fosse aldilà delle lacrime. Beth sentì gli occhi bruciare, lo stesso bruciore che percepiva nel petto. Incontrò lo sguardo di Daryl, sembrava profondamente contrariato, e forse confuso.

«Sì» lo disse in un sussurro appena udibile, ma questo non impedì a chiunque di sentirlo. Prima ancora che Dale cominciasse a parlare, che Carol potesse dire altro o che Andrea o T-Dogg potessero lasciarsi sfuggire chissà quale imprecazione, Beth proseguì. «L’ho capito quando Daryl è uscito stamattina.»

«Come?» domandò Carol, sull’orlo della disperazione. «Come potevi saperlo?»

«Lo sapevo e basta» disse, incapace di spiegarsi ancora una volta. «Ho visto quel fienile aprirsi, ma non doveva succedere così. Non doveva essere Daryl a portarvi lì.»

«Di cosa stai parlando?» la incalzò Shane con impazienza. Beth tacque, abbassando lo sguardo. Guardò suo padre, quasi per cercare una conferma, una rassicurazione. Ma Hershel scosse lievemente la testa. Beth serrò le labbra.

«Sono stata io a dire a Daryl del fienile» disse. «Perché stava per morire a cercarla là fuori. Non doveva dirvelo» confessò, incapace di guardarlo.

«Perché?» esordì Lori all’improvviso, allontanandosi da Carl. «Perché farla soffrire ancora?» Si avvicinò a Carol, avvolgendola in un abbraccio. Beth sentì il cuore battere così forse da sentirlo rimbombare nelle orecchie. Alzò lo sguardo verso quelle persone che sapeva che sarebbero rimaste con lei fino alla sua morte, quelle che un giorno avrebbe considerato parte della famiglia. Ma non in quel salotto si sentì improvvisamente sola.

«Non eravate pronti» sussurrò, guardandoli ma senza vederli realmente. «Nessuno di voi lo è adesso. Perché è successo troppo presto.»

«Di che cazzo stai parlando?» Shane fece un passo avanti.

«Non siete pronti. Nessuno di voi lo è» sbottò Beth, al limite delle forze. Il polso doleva, gli occhi pizzicavano. «Rick crede ancora che i vaganti siano il problema, Shane è una bomba a orologeria. Daryl, che trattate come un lebbroso, ma non sapete quanto importante diventerà per tutti noi» li guardò uno ad uno. «Carol, non ha idea di quanto diventerà forte, più di tutti noi. E tu, papà, che credi ancora che siano soltanto malati.»

«Ma che cazzo dici?» sbottò Shane, incapace di trattenersi. Fece un altro passo avanti, con una foga tale che Shawn pensò che volesse aggredirla. Si avvicinò alla sorella, frapponendosi tra loro.

«Calmatevi» l’invito di Hershel Greene riuscì in qualche modo a sedare gli animi. «Beth… lei… lei è sempre stata diversa.» Guardò la figlia per ogni parola che andò a pronunciare, alla ricerca della sua approvazione per ciò che stava per dire.

«Lei può vedere le cose prima che accadano» intervenne Maggie, la cui voce non tremava come quella del padre. «Conosce cose… cose che non potrebbe sapere.» Gli sguardi si alternavano tra lei e la sorella minore. «Non lo sappiamo neanche noi come sia possibile, come ci riesca. Ma tutto quello che dice si rivela sempre vero.»

Quando la voce di Maggie si spense, si diffuse un silenzio che riempì tutta la casa. Ma non durò a lungo.

«Stronzate» esordì Shane, guardandoli incredulo, quasi offeso da quello che avevano detto.

«Non è possibile, sono tutte cazzate» disse T-Dogg.

Shane guardò Beth, ferma e silenziosa. Lori osservava con la bocca socchiusa. Non poteva credere a tutto questo. «Ci stanno prendendo per il culo» disse. «Sono pazzi! Quella ragazzina è pazza. Avevano un fienile pieno di vaganti!» Quel bruciore agli occhi sembrò arrivare fino al petto e Beth pregò che la sua voce non si spezzasse. «Ha tentato il suicidio questo pomeriggio!»

Shane guardò Rick. «Quante volte abbiamo visto adolescenti con queste crisi?» si rivolse poi a Hershel. «Quella ragazza ha dei seri problemi.»

«I morti tornano in vita» disse Beth, raccogliendo tutte le forze che aveva. «Perché non potrebbe essere vero anche questo?»

«Dove sono le prove?» la voce di Daryl arrivò all’improvviso alle sue orecchie. Beth si voltò, per rimanere bloccata sotto il getto di quello sguardo.

«Tu lo sai già» disse soltanto e Daryl sentì un brivido gelido lungo la schiena.

«Sapevi di Sophia ma questo non significa niente» disse lui, ignorando la pelle d’oca.

«Tu lo sai già, ma non è ancora successo. Mi crederai, Daryl» assicurò, gelando l’uomo. Ma forse per me, sarà troppo tardi. Lui la guardò, come se cercasse di capire qualcosa di estremamente ovvio che non riusciva a cogliere. E lei lo osservava nella speranza che capisse, che vedesse quello che era stato davanti ai suoi occhi fin dal suo arrivo alla fattoria.

Guardami, Daryl, supplicò. Guardami, non puoi aver dimenticato.

«Sono tutte stronzate» l’esclamazione di T-Dogg interruppe il contatto visivo tra Beth e Daryl, riportando entrambi alla realtà. «Non… non può essere vero.»

«Non lo è, infatti» disse Shane. «Dobbiamo andarcene, Rick.» Beth guardò Rick, rimasto in rigoroso silenzio e all’improvviso, l’ostinazione di Shane, la confusione di Daryl, il dolore di Carol, non la preoccuparono più. Perché era Rick a decidere.

E lui alla fine decise.

«Ce ne andiamo» sentenziò, scuotendo Beth come se qualcuno all’improvviso avesse sbattuto la porta. «Ce ne andremo domattina.» Fece per voltarsi.

«No!» gridò Beth, muovendo un passo verso di lui. «Non potete» sapeva di suonare disperata la sua richiesta e di aver perso tutta la sua credibilità nel momento in cui i suoi occhi si riempirono di lacrime. «Non potete, dobbiamo rimanere insieme!»

«È meglio se tieni a bada tua figlia, Hershel» suggerì Shane, già accanto alla porta.

«Rick» non voleva che la sua voce sembrasse così disperata. «Rick, ti prego» si avvicinò ancora a lui, così vicino da poterlo sfiorare solo allungando il braccio. «Dobbiamo restare insieme.» abbassò la voce. «Siamo tutti infetti.»

Gli occhi chiari di Rick si spalancarono leggermente, ma a sufficienza da permettere a chiunque da capire quanto quelle parole potessero averlo colpito.

«Che cosa hai detto?» mormorò, a bassa voce. «Come… come fai a…?» non completò la frase.

«È quello che fa.» Maggie fece un passo avanti. «Lei conosce cose che non dovrebbe sapere. Qualunque cosa significhi per te quella frase, ora sai che lei non mente.»

«Cosa significa?» domandò debolmente Lori, rivolta al marito. «Che vuol dire che siamo tutti infetti?»

Rick guardò Beth, i suoi occhi azzurri pieni di innocenza e inconsapevolezza. Non conosceva la risposta a quella domanda. «È quello che ha detto Jenner» prese a dire. «Lo ha detto prima di che ne andassimo.» Si voltò a guardare il resto del gruppo. «Siamo tutti infetti.»

Andrea si mosse a disagio. «Che… che significa?» domandò.

«Se muori, diventi come loro» spiegò Rick, guardandola.

«Credevamo… credevamo fosse solo per i morsi» commentò sottovoce Dale, incapace di dire altro, fissando il pavimento.

Calò un lugubre silenzio, spezzato soltanto dal rumore della pioggia.

«Questo non cambia niente» intervenne all’improvvisamente Shane. «Avresti dovuto dircelo, Rick.»

«Non sapevo se fosse vero o no» disse Rick.

«In ogni caso, quello che ha detto la ragazza non cambia niente» continuò l’uomo. «Ce ne andremo.» Fece per muoversi verso la porta.

«No!» gridò Beth, nel vedere T-Dogg e Andrea che lo imitavano. «Non possiamo separarci! Dobbiamo rimanere insieme.»

«Insieme?» domandò con tono di scherno che di certo non era adatto per rivolgersi a una ragazzina. «Insieme a una manica di pazzi e a una visionaria?»

Beth ingoiò quelle parole come fossero veleno. Deglutì, cercando di non farsi sopraffare dalle lacrime che minacciavano di travolgerla.

«Puoi chiamarmi come preferisci» lo guardò, con gli occhi limpidi e puri, ma la voce ferma e tono di sfida. «Ma io ho visto quello che verrà, non tutto, solo frammenti.» Shane assottigliò lo sguardo, facendo uno sbuffo di derisione. «Ho visto un posto, con mura alte e un grande prato e dei cancelli. E ho visto anche voi in quel posto.» Alcuni.

«Beth» l’intervento allarmato di Maggie la fece voltare. Il suo bel volto era deformato dalla preoccupazione. «Un posto…? Che-che posto? Non rimarremo qui?»

Beth batté le palpebre un paio di volte.

«No» disse soltanto, in un soffio ben udibile. 

«Cosa? Perché?» ogni persona in quella stanza osservò Hershel Greene avvicinarsi alla figlia più piccola, le sopracciglia contratte, gli occhi velati di una densa preoccupazione. Il modo in cui fissava Beth, li colpì, era completamente convinto che stesse dicendo la verità.

«Beth» anche Shawn si avvicinò a lei. «Chi hai visto? Noi…» non riuscì a trovare le parole, ma poi aprì nuovamente la bocca. «Noi ci siamo, vero?»

«Io…» esitò. «Ho visto Rick, e Daryl. Carol, Maggie e Glenn.»

«Basta?» domandò tremante. «Ne-nessun altro?»

«Non ricordo altri» confessò lei, in un sussurro.

«E Carl?» la voce di Lori risultò incredibilmente acuta. «Lui c’è, vero? Lui starà bene?»

Shane guardò la donna accigliando, sconvolto che stesse ponendo quelle domande. Rick fissò la moglie e poi Beth.

«Non me lo ricordo» sussurrò Beth, piena di dispiacere.

«Lori, non puoi crederle» Shane si avvicinò alla donna, che si irrigidì. «Si sta prendendo gioco di noi.» Poi si voltò verso Rick, quasi per trovare un appoggio in lui. «Rick, non puoi darle corda. È fuori di testa.»

«Non ti permetto di parlare così di mia figlia» Hershel fece un passo avanti. «Se non le credi, vattene. Non vi voglio nella mia casa.»

«Papà…» tentò di dire Beth, ma venne zittita da un gesto dell’uomo.

«Non ci ha dato alcuna prova, Hershel» disse Shane, moderando il tono. «Questo è un dato di fatto.»

«Perché? Perché non ti ricordi di Carl?» continuò Lori, incapace di trattenersi. «Dove siamo tutti noi?»

«Non lo so» confessò Beth, più in difficoltà che mai. «Non me lo ricordo, non ricordo nessun’altro.»

«Come fai a non ricordarti se c’è o no tuo padre? Tuo fratello?» incalzò lei, troppo preoccupata per il figlio da riuscire a controllare i tremori nella voce. Beth non riuscì ad articolare alcuna risposta. Perché non ricordava? Dov’era suo padre? E Shawn?

«Tu c’eri?» quella voce arrivò improvvisa da un angolo del soggiorno. Beth impiegò un istante per capire che apparteneva a Daryl. Molti voltarono verso di lui, ma lui non distolse lo sguardo dalla ragazza. Sembrava una domanda molto sciocca, così stupida e scontata, eppure…

«Non lo so» disse, portando tutti i Greene di quella casa tremare e scambiarsi un’improvvisa occhiata. Beth non sapeva che luogo fosse, quando ci sarebbero andati, quanto a lungo sarebbero rimasti. Erano informazioni che le sfuggivano.

Daryl fece un passo avanti, i suoi occhi rimanevano incollati a quelli della ragazza, che sentiva i polmoni svuotarsi ad ogni movimento di lui.

«Quanti anni hai?» domandò, e nessuno fu in grado di capire la portata di quella domanda, all’infuori della famiglia Greene.

«Diciotto» Beth rispose senza pensarci, come aveva fatto altre mille volte in vita sua.

«No!» Maggie gridò, avvicinandosi alla sorella come una furia. «Non ne hai diciotto, non li hai mai avuti!» Ora non sembrava più arrabbiata, come se per la prima volta avesse compreso il significato di quella risposta. Era terrorizzata.

«Quanti anni hai davvero?» la incalzò Daryl, distraendo Beth dalla rabbia della sorella.

«Perché continui a dire così?» domandò a sua volta Hershel. «Perché, Beth?»

«Che diavolo importa?» sbottò T-Dogg.

Lei guardò il padre, come se fosse sul punto di mettersi a piangere. Non riuscì a dire niente, incapace di articolare alcuna risposta. Così guardò Daryl e lui, all’improvviso, capì. Beth lesse la consapevolezza sul suo volto.

«Ora hai capito?» sussurrò lei. E Daryl non disse nulla. Ma per lei era una risposta sufficiente. Ora ricorda.

«Beth…» la richiamò suo padre, sfinito, bianco come un lenzuolo. Calò un lungo silenzio, e Beth, consapevole di avere tuttora lo sguardo di tutti addosso, chiuse gli occhi, incapace di dire niente. Quando li riaprì sapeva cosa fare.

«Posso farlo» mormorò. Tutti la guardavano, ma lei parlò con uno soltanto. «Rick, posso darti la prova che cerchi, così saprai che non ho mentito, che ho sempre detto la verità.» Senza aspettare il cenno di nessuno di loro, Beth sparì nello studio del padre, accanto al salotto. Tornò immediatamente con un foglio bianco e una penna.

«Scrivi il tuo nome» disse, porgendo entrambi gli oggetti a Rick. Lui la guardò senza capire. «Scrivi il tuo nome» ripeté e Rick obbedì, senza capire, confuso dall’animosità della ragazza. Quando ebbe finito, Beth prese il foglio e lo passò a Lori, invitandola a fare lo stesso.

«Scrivete qualcosa, quello che vi pare» li invitò, mentre passava il foglio a Glenn. «Tutti quanti.»

«Non ha un cazzo di senso» sbottò Shane, quando il foglio arrivò nelle sue mani. Non scrisse nulla e lo passò a Dale. «Cosa credi di poter dimostrare?»     

Solo quando tutti ebbero finito, Beth prese il foglio tra le mani e scrisse a sua volta, al centro, con un colore differente, un nome. Piegò il foglio con cura, affinché non si leggesse.

«Qui dentro c’è il nome che Carl darà al bambino che Lori porta in grembo.»

Tutto sembrò bloccarsi, nessuno sembrava in grado di respirare. Guardavano Rick, Beth, il foglio che lei gli porgeva.

«Come fai a saperlo?» domandò Lori, in un sussurro.

«Perché l’ho visto» disse Beth con semplicità. «In primavera avrai un bambino e qui» agitò il foglio. «C’è scritto il nome che darete al bambino. Non guardare, Rick» lo avvertì. «Lo farai quando sarà il momento.»

«Non…» Rick non sembrava in grado di articolare una frase, mentre allungava la mano verso il foglio. «…ha senso.»

«Lo avrà, te lo prometto» assicurò Beth, lasciando andare quel foglio.

«Come fai a saperlo?» domandò Lori, avvicinandosi a lei. «Come puoi sapere… nessuno… nessun’altro lo sa.» Solo Beth si accorse che la donna non stava più guardando lei, ma un punto alle sue spalle. Verso Shane.

«L’ho visto» disse soltanto.

«No, devi… devi averci spiato!» Lori sembrava in preda a una crisi isterica. Guardava Rick, in cerca di aiuto, e Beth, come se volesse attaccarla, come se la ritenesse una sporca bugiarda, e anche Shane, come se comunicargli qualcosa che nemmeno lei sapeva. «Come… come ti sei permessa?»

Beth fece un passo indietro, del tutto esposta e impreparata a quell’attacco della donna.

«Basta Lori, calmati» intervenne Rick, ancora stringendo il foglio ripiegato.

«No! Ci sta ingannando! Sta mentendo, ci ha spiato» fece Lori, alzando la voce.

Beth fece un altro passo indietro, la testa piena di pensieri e voci e sussurri spezzati.

Li sentì trascinare i piedi sul terreno fangoso.

Alzò lo sguardo su Rick ancora intento a parlare con la moglie, Lori gli urlava contro, puntando il dito contro Beth.

Affondavano mentre la pioggia martellava le membra putrefatte e penzolanti.

Non riusciva nemmeno più a sentire quello che si dicevano, vedeva soltanto le loro bocche muoversi, mentre Dale si faceva andanti per tentare di calmare la donna e Shane cominciava a parlare a sua volta.

Stavano dicendo qualcosa, ma lei non li sentiva. C'era troppo rumore. Basta, basta smettetela di litigare, non riuscì a dirlo, Beth era senza fiato. Non riesco a sentire, non riesco a capire.

Maggie urlò, per richiamare all’ordine tutti quanti, ma non ottenne altro che spingere Hershel e Andrea a chiederle di smettere di gridare.

Beth premette le mani contro le orecchie, mentre il ricordo di un sibilo assordante tornava prepotente a scuoterla. No, non era un ricordo. Uno schizzo di sangue, in un corridoio bianco e asettico. Una testa che scatta all’indietro.

No, no, è il frammento sbagliato, pensò con disperazione.

Lori urlò più forte, questa volta contro Dale, o Andrea. Non importava, non in quel momento.

«Beth.»

Ignorò tutti quei rumori, premendo più forte le mani contro le orecchie. Doveva ricordare, doveva cercare di capire.

Piedi, pioggia, fango.

Cercò di recuperare quei frammenti, ma questi scivolavano tra le sue dita come acqua corrente. Si stava confondendo.

E schizzi di sangue sulle labbra di Daryl.

No, si stava confondendo di nuovo.

Pioggia, lampi. L’uomo con la benda.

No, no, no. Perché non ci riusciva? Perché era così difficile?

«Stanno arrivando» disse, quelle parole lasciarono le sue labbra incontrollate. Nessuno stava ascoltando.

«Beth.»

Si guardò le scarpe. Chi la stava chiamando? Non importa, non importa. Stanno arrivando. Chi? Quando? Nessuno la guardava, nessuno faceva caso a lei.

«BETH!»

Poi ci fu silenzio. Alzò lo sguardo. Tutti guardavano lei, le mani premute contro le orecchie. Le lasciò cadere.

«Stanno arrivando» disse, e tutti ascoltarono. «Stanno arrivando.»

Vaganti.

Fu Shawn a muoversi per primo, si avvicinò alla finestra e prese a scrutare l’esterno, e Rick fu subito al suo fianco.

«Non c’è niente» sussurrò il fratello, carico di aspettative e timore.

«Non si vede niente» lo corresse Rick. Così aprì la finestra e l’odore e il rumore della pioggia invase la casa. Puntò il raggio di luce della torcia nell’oscurità. «Non c’è niente» confermò, dopo un istante, forse deluso. Tornarono a guardarla.

«Beth, ne sei certa?» sussurrò suo padre, la voce carica di preoccupazione.

«Stanno arrivando» ripeté lei, alzò gli occhi. E incontrò lo sguardo di Daryl. Non aveva mai smesso di guardarla. In un istante capì che era stato lui a chiamarla. Beth socchiuse le labbra, perdendosi in quelle iridi. «Sono qui.»

Rick Grimes venne percorso da un brivido nell’udire quelle parole. Immediatamente un lampo illuminò la notte e poté vedere. Prima ancora che si udisse il tuono, si era già mosso.

«Vaganti!»

 

҉

 

 

Terzo capitolo. I ricordi che confondo Beth sono un riferimento a quello che succederà al Grady Memorial – il sangue sulle labbra di Daryl, la testa che scatta all’indietro. Ma si confonde con un altro frammento, l’uomo con la benda all’occhio. Credo che non sia necessario spiegare a chi mi riferisco. 

Spero vi piaccia, fatemi sapere se vi va, e grazie infinite per le recensioni e chi ha inserito la storia tra preferite/seguite.

A presto, topazio♥

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Capitolo 4
*** Secondo Atto ***


And Remember

 

 

Secondo Atto



 

 

 


 

Volevi cambiare il mondo, hai cambiato solo un uomo. 

– J-Ax e Fedez, Meglio Tardi che Noi

 

 

 

Beth osservò la strada vuota senza vedere realmente le foglie, l’asfalto consumato, la macchia di sangue al centro della carreggiata. Aveva addosso lo stesso odore che avevano tutti quanti. Sudore, pioggia, sangue. Morte.

«Lo sapevi» la voce di Rick la strappò da un’intricata rete di pensieri confusi. «Sapevi che erano lì fuori.»

Lei non disse nulla, era troppo stanca per poter dire. Sentiva l’opprimente bisogno di piangere o gridare. Rannicchiarsi a terra e rimanere lì per sempre, in un eterno limbo tra sonno e sogni. Perché il prezzo questa volta, era stato troppo alto. La ferita sanguinava, troppo fresca e dolorosa per riuscire anche solo pensare al domani, quando il presente è costellato soltanto da sofferenza e mancanza. Avrebbe continuato a sanguinare ancora per molto tempo, tutti loro l’avrebbero fatto.

Non c’era stato tempo per le lacrime, o la debolezza. Erano solo corsi via, nella notte, sotto la pioggia battente e incessante. E alcuni – troppi – erano rimasti indietro.

«Le persone moriranno, Rick» sussurrò, in modo così lieve che solo l’uomo fu in grado di sentire quel sussurro all’interno di quel salotto fatiscente in cui si erano rifugiati. Beth lo guardò. E lui guardò lei, il volto così puro e giovane, il corpo ancora acerbo. Ma gli occhi, quegli occhi riflettevano la vecchiaia della sua esistenza, costellati dai fantasmi del passato, e del futuro. «Non sarò sempre in grado di impedirlo.» Non ci riesco quasi mai. «E a volte…» la sua voce tremò, sotto il peso di quelle parole. «A volte, non sono in grado di cambiare quello che vedo.»

«Siamo usciti da lì, perché ci hai avvertiti quando erano ancora ai confini del recinto» Rick si chinò verso di lei, nel tentativo forse di scusarsi senza dirlo, o di consolarla senza toccarla. Beth Greene appariva bianca come un lenzuolo, fragile come un ramoscello. L’uomo si chiese che aspetto potesse mai avere lui.

«Non sono usciti tutti.» Beth abbassò lo sguardo, per poi alzarlo a guardare quello che rimaneva. Un esiguo gruppo di persone che condivideva il poco che rimaneva. Sentì un bruciore insistente alla base della gola. Deglutì, senza osare dire altro. Andrà sempre peggio, Rick. Non osò dirlo, non quella notte. Non in quel momento con quella ferita ancora aperta.

 

 

Marzo, 2011.

 

Lori si muoveva lentamente, mentre scendeva dalla macchina. Il ventre era così gonfio da sembrare sul punto di esplodere. Aveva dormito in macchina, per essere più comoda. Beth si guardò intorno, i cancelli, il prato verde, la note di Parting Glass risuonavano ancora in quello spazio deserto.

Camminò sotto lo sguardo freddo di Carol, che si massaggiava le spalle doloranti a causa della dormita sul terreno accidentato. Camminò, oltrepassando suo padre, Carl, e Shawn. Nessuno la fermò, sapevano bene – ormai – riconoscere quello sguardo in quegli occhi così limpidi e antichi. C’era un ampio spazio piano davanti a lei, illuminato dal sole nascente.

È un bel posto, pensò, per un tomba.

Si voltò. Maggie era accanto a Glenn, si guardavano in un modo così intenso da far sentire chiunque fuori posto. Anche Rick guardava Lori così, un tempo. Le cose erano molto cambiate tra loro, Rick era cambiato. Come Beth aveva previsto.

Tornò indietro, verso l’uomo che ancora una volta stava ripetendo il piano per entrare dentro il cancello e riuscire a rendere sicura quell’area.

«Beth, Carl, Lori e Hershel rimangono qui» sentenziò Rick, alla fine. «Beth?» si rivolse a lei, non per chiederle se le andasse bene, ma perché ora le credeva, le credeva davvero.

«State attenti» disse soltanto. Ci sono delle persone là dentro, pensò. Ma non glielo disse. Non era ancora il momento.

 

***

 

Rick stesso annunciò che c’erano dei detenuti all’interno della prigioni, rimasti intrappolati all’interno per tutto quel tempo. Avrebbero avuto una zona tutta loro, senza che venisse loro permesso di sconfinare nel blocco che si erano guadagnati.

«Devo vederli» la voce di Beth spezzò il silenzio nato dallo sgomento della notizia.

«Sono pericolosi, Beth?» domandò suo padre in un sussurro carico di apprensione. Il viso di suo padre era paonazzo. Beth per un momento valutò la risposta da dargli. La scelta di impedire a Hershel Greene si perdere la gamba, ma aveva quasi ucciso T-Dogg. C’era forse un equilibrio nell’Universo che faceva in modo che ogni azione compisse, la portasse poi a non poter comunque salvare chi sapeva essere condannato?

Aveva avvertito l’arrivo dei vaganti diversi minuti prima che arrivassero alla fattoria, mesi prima. Ma Jimmy era stato comunque troppo lento. Patricia era morta sotto i suoi occhi. Andrea era scomparsa nella notte. Shane aveva fatto una fine ben diversa.

Se avesse lasciato che quei detenuti vivessero, molto sangue sarebbe stato versato.

«Non tutti» disse allora, sotto lo sguardo di Rick.

«Chi di loro è pericoloso?» domandò Carol, con un tono di voce molto diverso da quello che avrebbe usato molti mesi prima.

«Devo vederli» disse.

«No!» Hershel si alzò in piedi, allontanandosi da T-Dogg, ancora incosciente. «Non puoi portare mia figlia là dentro.»

«Non le accadrà niente» intervenne all’improvviso Daryl, evitando lo sguardo sorpreso di Beth. Non avevano avuto molte occasione per parlare dopo la fattoria. E Beth sospettava che non fosse qualcosa di casuale. Daryl aveva fatto apposta a non trovarsi mai da solo con lei. Forse aveva paura di quello che lei gli avrebbe detto, di quell’incontro all’ospedale avvenuto molto anni prima.

«E se sono davvero una minaccia, allora sarà comunque in pericolo» intervenne Rick.

«Rick!» Lori si era avvicinata al marito, lo sguardo pieno di apprensione. Ma quello dell’uomo rimaneva freddo e distante. «Che cosa avete intenzione di fare a quegli uomini?»

Lui non rispose, si voltò e uscì dalla cella.

 

***

 

C’era uno schizzo di sangue sul suo volto. Non se n’era accorta, non l’aveva nemmeno visto arrivare. Sarebbe dovuta rimanere in disparte, aspettare fuori, lontana da quella carneficina, come Shawn e Glenn, che avevano chiuso gli occhi e stretto i denti. Rick non voleva che lei vedesse, ma si era sporta quel tanto che bastava per scorgere i corpi a terra. Perché non aveva potuto non udire le grida, lo sgomento, le suppliche. Persino le lacrime.

«Come fa a sapere i nostri nomi?» questo aveva domandato Axel, sgomento, orripilato, guardando quella ragazzina dai capelli biondi. Le era bastato pronunciare due nomi e tutti gli altri erano morti. Beth si era voltata ed era uscita. Qualcun altro avrebbe spiegato ad Axel e Oscar perché loro erano ancora vivi. Lei era troppo stanca per farlo.

 

***

 

Rick Grimes aveva conservato quel foglio per nove mesi, nove lunghissimi mesi in cui questo era rimasto sepolto nella tasca dei suoi calzoni, ripiegato come Beth glielo aveva dato. Non lo aveva mai aperto, nonostante la tentazione. Era rimasto lì, quasi ad aspettare quel giorno maledetto.

Erano sporche di sangue le mani. Tremavano senza controllo, anche lui tremava. La gola secca, le lacrime gli occhi, un prepotente senso di vuoto che riempiva ogni cosa. Fu in un  giorno di fine marzo che Rick Grimes aprì quel foglietto. Il giorno in cui Lori morì.

Macchie vermiglie comparvero attorno al nome che lei aveva scritto tanti mesi prima. Tanti di quei nomi appartenevano a persone che non c’erano più.

Era morta urlando, Lori, pregando che Hershel tirasse fuori il bambino. Ma era girato, e non c’era possibilità di farlo nascere in modo naturale. La lama aveva reciso la carne e presto c’era stato solo sangue dappertutto.

Beth aveva ascoltato da lontano, mentre Lori moriva. Uccidere i carcerati non era bastato. E mentre le grida si spegnavano, un pianto si diffuse. Una vita, per un vita.

E al centro di quel foglio pieno di nomi, ce n’era uno soltanto che Rick non aveva sentito. Lo stesso che aveva suggerito Carl, molte ore dopo la morte della madre. Lo carezzò con le dita macchiate di sangue secco, mentre con le labbra assaporava quel suono sconosciuto.

Judith.

 

***

 

T-Dogg morì il quattro giorni dopo. Era uscito una mattina come mille altre volte e non era più tornato. Daryl riportò alla prigione il suo corpo. Venne seppellito in quella pianura ricoperta di erba e margherite. Beth posò accanto alla croce rudimentale un fiore strappato vicino alla recinzione. E in silenzio si domandò chi avrebbe ospitato la tomba che aveva visto accanto a quella di T-Dogg.

 

***

 

La risposta non si fece attendere molto a lungo. Seppellirono Dale in un caldo pomeriggio, l’ultimo giorno di pace che assaporarono prima che l’uomo con la banda all’occhio entrasse nelle loro vite. Naturalmente, all’epoca, non aveva ancora quella benda.

Beth assistette da lontano, testimone silenziosa degli eventi. Osservò, stringendo al petto una bambina non sua, passando ogni giorno a curare ferite che non guarivano mai, ancora aperte e sanguinanti. Un bambino orfano, costretto a crescere troppo in fretta, la rabbia di un uomo che non era riuscito a salvare sua moglie, la fragilità di una donna cui era stata tolta l’unica cosa che la rendesse umana.

E poi c’era Daryl. Inarrivabile, distante. Sempre irraggiungibile, eppure a volte sorprendentemente vicino. Come nel giorno in cui Axel si avvinò troppo a lei.

Si ritrovò con due dita rotte, le stesse con cui aveva osato toccarla.

Beth e Daryl si guardarono per un momento che parve eterno, e poi lui se ne andò, come faceva sempre. Non andava mai troppo lontano, ma abbastanza da essere inavvicinabile. Beth era consapevole che la stava tenendo d’occhio, perché sapeva. Ora ricordava quella bambina dell’ospedale. E a quel punto, non poteva più tornare indietro.

 

***

 

«Non rispetterà nessun patto.»

«Lo so» disse Rick, osservandola con quell’ombra nello sguardo che non sarebbe mai andata via. Era calata su di lui come un velo invisibile, leggero come un battito d’ali, scuro come la morte. Gli occhi di un uomo che ha perso troppo, le cui mani sono sporche di sangue.

Beth lasciò che quegli occhi chiari la guardassero, che scrutassero il suo viso alla ricerca di un qualche segno di cedimento. Ma non ne trovò. Non ne trovava mai. Rick Grimes la guardava spesso, sempre senza malizia, secondi fini, o cattiveria. La guardava per capire, per imparare, forse.

La guardava e non capiva come potesse resistere, come facesse a non mostrare mai un segno di cedimento o debolezza. Non piangeva mai, non urlava mai, non si arrabbiava mai. Viveva da tutta la vita con le voci di mille vite spezzate e interrotte nella testa, con pensieri non suoi, ricordi e avvenimenti mai accaduti che si accavallavano nella sua testa senza sosta.

Ma rimaneva sempre lucida. Era di una gentilezza abbagliante, di una dolcezza commovente. Sosteneva sulle spalle il peso che nessuno dovrebbe sostenere, prigioniera di un potere che nessuno dovrebbe possedere. Eppure lei lo aveva, e lo gestiva con una maturità che Rick ammirava, e che in fondo invidiava.

Lui, schiavo di sentimenti troppo forti da poterli gestire, di una rabbia lo consumava piano piano, costretto a sopportare un fardello che si era posto da solo sulle spalle e che a volte tollerava appena. E mentre ira e dolore prendevano il sopravvento sulle sua mente debole, spingendolo sull’orlo di un precipizio senza fondo, mentre il sangue, la morte e la rabbia lo consumavano, era apparsa lei.

Con la sua gentilezza, la sua innocenza e purezza. Aveva preso tra le braccia la sua bambina, nutrita e accudita. E poi, senza chiedere nulla in cambio, aveva preso per mano lui e Carl. E li stava facendo rialzare a poco a poco. Un passo alla volta, un giorno alla volta. Silenziosa, gentile, pura. Abbagliante. Più vecchia di quanto in realtà non fosse.

Convinta di aver già vissuto più di quanto poteva ancora vivere.

 

 

Aprile, 2011.

 

Primavera. La stagione in cui tutto nasce. Il sole scaldava la pelle, le nuvole fuggivano i raggi. I fiori avevano appena iniziato a germogliare nei prati della prigione. Fu allora che i loro petali vennero inondati di sangue e lacrime. Beth non lo aveva visto arrivare. L’attacco fu improvviso e imprevedibile, persino per lei.

Un corpo cadde a terra, silenzioso, mentre grida che non riconobbe nacquero dalla sua gola. Sentì qualcosa afferrarla e portarla dove il sole non poteva più scaldarla. Era sparito, tutto il calore del mondo sembrava svanito, inghiottito dal suono di uno sparo. Un braccio le stringeva la vita, impedendole di muoversi, di correre verso quel corpo a terra. Una pozza purpurea si stava allargando attorno alla sua testa, come una macabra aureola rossa.

Era morto prima ancora di toccare terra, in un battito di ciglia, non c’era più.

Udì appena l’odore della polvere da sparo, il rumore dei colpi, gli ordini che Rick Grimes le sussurrava all’orecchio. Ferma, non gridare. Calmati. Ordini semplici, eppure Beth non riusciva più ad avere il controllo del proprio corpo. Delle proprie lacrime, delle proprie grida.

Il primo atto si era consumato. Un attacco fulmineo, insensato, crudele. Il Governatore aveva mietuto un’altra vittima. E mentre il sole calava, le nuvole tornavano, i fiori appassivano, qualcosa moriva.

Era Primavera, ma qualcosa era morto.

Il resto si consumò in fretta. Beth vagava di cella in cella, alla ricerca di una pace che non poteva trovare in alcun luogo. Consapevole della richiesta che il Governatore aveva fatto a Rick. Rick che per la prima volta l’aveva vista crollare, sovrastata, distrutta, spezzata, da un dolore che lui provava ogni giorno.

Michonne. Lui voleva Michonne.

Beth lo sapeva, e per un momento non le era importato. Non le importava più niente. Ma sapeva cosa sarebbe costato a Daryl se non avesse fatto nulla. Lui, che era riapparso proprio nel momento più buio. Sapeva che sarebbe tornato, lo aveva sempre saputo. E ora non era più solo.

Così andò da lui, quella mattina. Il volto consumato dalle lacrime, gli occhi gonfi, messaggeri di un dolore che andava oltre le parole.

«Merle morirà domani.» Erano nel locale caldaie, un luogo dove nessuno li avrebbe ascoltati. Lontano dalle celle, lontano dalle tombe. Adesso sapeva a chi apparteneva quella accanto a T-Dogg. «Proverà a portare Michonne dal Governatore, ma la lascerà andare. E morirà.»

Lui la guardò. Non le domandò come sapesse cosa volesse il realtà il Governatore, era una domanda superflua. Non disse nulla, in realtà. Così Beth si voltò, per uscire dal locale caldaie.

«Beth» la voce le arrivò più vicina di quanto si era aspettata. Daryl si era avvicinato a lei. «Mi dispiace per Shawn.»

Trasalì, nel vedere gli occhi della ragazza riempirsi di lacrime. Una ferita ancora fresca, pulsante, infetta. E stava mandando in cancrena tutto il suo corpo.

«Le persone muoiono. Anch’io morirò e non sarai mai pronto per questo. Io cerco di esserlo, ma non posso» sussurrò, senza guardarlo. «Credo che lo abbia detto Rick. O forse non l’ha ancora fatto.»

I loro sguardi si incrociarono. Beth socchiuse le labbra.

«Tu non morirai» le disse Daryl. E per un momento, Beth lo credette davvero.

«L’ho visto» sussurrò. «Era vivido, tangibile e reale. Accadrà.»

«Magari ti sbagli» ribatté Daryl. «Incapace di trattenersi. Non saresti venuta da me quando eri piccola se non avessi creduto che ci fosse una speranza.»

«Avevo dieci anni, non avevo idea di come funzionasse» si giustificò, quasi arrossendo.

«E allora com’è che funziona?» sbottò lui, più sgarbato di quanto volesse apparire in realtà. Ma la verità era che non comprendeva. Non aveva mai capito quella sorta di potere che Beth Greene possedeva oltre ogni ragionevole dubbio.

Beth lo osservò per un momento lunghissimo.

«Non si può smettere di pensare, mai» sussurrò Beth. «E la mia testa è piena di pensieri. Non miei. Ricordi, azioni, cose non ancora avvenute. Ed è tutto mescolato ma a volte, qualcosa è più chiaro, definito. Gli avvenimenti più sono sfocati, più è possibile modificarli. Sono solo una possibile evoluzione degli eventi, delle scelte. Probabile, possibile, ma modificabile.» Si interruppe un istante. « Ma ci sono cose che vanno oltre la mia capacità di intervenire, in cui la visione è talmente vivida da sembrare reale, priva di contorni sfocati o di un’interpretazione diversa da quella che è in realtà. Ci sono stati soltanto due eventi così. Tangibili, vividi, sicuri. Eventi che vanno aldilà di ogni intervento umano, che avvengono e basta, senza possibilità di modificarli.» Lo guardò per un momento prima di parlare. «Lo scoppio dell’epidemia e la mia morte.»

Daryl la guardò per un istante così lungo che Beth temette che non avrebbe detto niente.

«Allora perché sei venuta da me quando eri una bambina?» domandò infine. Beth si morse l’interno della guancia, percepiva gli occhi di Daryl scrutarla e si sentì scottare.

«All’epoca non avevo idea di come funzionasse» ripeté. «Ero confusa e spaventata. Non volevo morire» confessò a mezza voce.

«E ora?» la incalzò lui, all’improvviso aggressivo. «Adesso vuoi morire?»

«No! Certo che no!» sbottò lei. «Ma ora ho capito come vanno le cose. E ho accettato la mia sorte da molto tempo.» Si guardarono negli occhi, un contatto che bruciava e faceva sentire Beth a disagio, mentre un indeterminato miscuglio di emozioni si agitavano nel suo stomaco.

«Sono puttanate!» disse infine lui. «Sei una stupida se pensi che qualcuno di noi ti permetterà mai di morire.» La guardò per un lungo momento, ansimando come se avesse corso. «Io non lo permetterò.»

Daryl osservò il volto di Beth Greene, i suoi grandi occhi colmi di sorpresa e infine le sue labbra, rosate, calde, socchiuse. Labbra che vide con sorpresa curvarsi in un sorriso sfumato di tristezza. Non capì, non comprese quel gesto. Si trovò spiazzato da quella dolcezza e dal gesto che la vide compiere.

«Ti mancherò così tanto quando non ci sarò più, Daryl Dixon» sussurrò Beth, il viso schiacciato contro il petto dell’uomo, le braccia sottili che lo circondavano in un abbraccio a senso unico. Il calore di un corpo schiacciato contro il suo, lo sentiva espandersi dentro di sé. Ma questo non riuscì a contrastare i brividi di freddo che l’affermazione di Beth Greene gli aveva provocato.

 

 

Giugno, 2010.

 

Estate. Il sole cominciò a scaldare la pelle, la prigione divenne più rumorosa e affollata. Judith cresceva giorno dopo giorno. C’era serenità tra quelle mura, una serenità che non credevano avrebbero più provato. Ma molte cose erano cambiate, loro erano cambiati.

Rick non indossava più armi e portò Carl a comportarsi come un ragazzino della sua età. Guardavano quella bambina ogni giorno, accudita da braccia diverse di quelle di Lori Grimes. Soffrivano entrambi, in silenzio, e non smettevano mai. Maggie e Glenn si erano sposati. Sorridevano tutti quel giorno, tranne Beth. Si era sforzata di fingere, ma il vuoto che si portava dentro oscurava del tutto la felicità che provava per la sorella.   

Merle era sopravvissuto. Shawn no. Un fratello per un fratello. Era come se l’Universo avesse preteso un pegno, come se avesse voluto stabilire una qualche sorta di equilibrio che Beth aveva sconvolto molti mesi prima quando aveva impedito che lui divenisse una creatura mostruosa chiusa in un fienile.   

L’epidemia quasi li uccise, quell’estate. Beth assistette da lontano, stringendo al petto una bambina non sua. Non l’aveva vista arrivare, perché qualcosa di peggiore li attendeva, oscurando del tutto i suoi sensi.

Arrivò in agosto il compleanno di Beth. Il diciottesimo. Non festeggiarono, troppo occupati a raccogliere e seppellire cadaveri. Osservò suo padre parlare con Rick e Daryl quel giorno, Glenn osservava da lontano, ancora debilitato. Sapeva di cosa stavano parlando.

L’orologio aveva scoccato il suo ultimo rintocco. L’ora era scattata, il conto alla rovescia finito.

 

***

 

Successe pochi giorni più tardi. Era pomeriggio, un assolato pomeriggio di fine agosto. Beth non mangiò quel giorno, c’era qualcosa che le pesava sullo stomaco come un macigno. La osservarono fissare il vuoto per ore intere, alla ricerca di qualcosa, di qualche dettaglio dimenticato. Stava per succedere qualcosa, lo sapeva, lo sentiva. Ma non ricordava. Forse lo aveva già visto, in un sogno lontano. Ma non riusciva a riconoscere i dettagli.

Stava ancora fissando il vuoto muro della sua cella quando sentì una voce.

«Beth» Carl era davanti a lei. Il cappello da sceriffo calato sui capelli troppo lunghi. «Stai bene?»

«Sì» No.

«Stai piangendo.»

Si portò una mano al viso. Guardò confusa le dita umide. Quando aveva cominciato a farlo? Guardò l’orlo della canottiera. Era bagnato. Piangeva da ore e non se n’era accorta.

«Perché piangi?» domandò il ragazzo, facendo un passo verso di lei. «Stai male?»

«No» soffiò in un sussurro. «Sono triste.»

«Perché?» la voce di Carl giungeva ovattata alle sue orecchie, come provenisse da un luogo lontano. Perché piangeva? Perché c’era tanto dolore nel suo cuore? E poi un lampo esplose nella sua testa.

Oh. Ora lo sapeva, ora ricordava.

«Mio padre morirà oggi.»

 

 

҉

 

 

Credo sia il mio capitolo preferito, finora. Perdonatemi, ma non ho potuto non mettere un minimo accenno Rick-Beth, una coppia che amo profondamente, che compete soltanto con la Bethyl. Nella mia testa non esiste la Rick-Michonne, mi dispiace, ma li odio insieme.

Qualche piccola nota:

·        È un bel posto per una tomba, in riferimento al fatto che quando la prigione viene attaccata da uno dei carcerati, quando Lori muore, T-Dogg viene seppellito, e accatto a lui si sarebbe dovuta seppellire Carol, scomparsa e poi riapparsa qualche episodio dopo.

Ma l’attacco non avviene mai in questa storia, Beth lo impedisce, sentenziando la condanna per tutti i carcerati tranne Axel e Oscar. Questo impedisce la dipartita di T-Dogg (per un po’), ma non salva Lori, che muore comunque di parto, nonostante l’assistenza di Hershel. Non mi sento particolarmente in colpa nell’averla fatta fuori. La odiamo tutti.  

·        D’altra parte, ho salvato Merle. Un personaggio che mi è sempre piaciuto, e in segreto ho tenuto in vita Shawn per fargli in qualche modo prendere il posto di Merle. Un fratello per un fratello.

Sì, questo è decisamente il mio capitolo preferito. Rick e Beth e Daryl, tutti insieme. In mezzo a morte e disperazione. Spero che vi sia piaciuto tanto quanto è piaciuto a me scriverlo.

Il prossimo capitolo è l’ultimo, il più lungo, completamente incentrato su Daryl e Beth.

A presto,

Topazio♥

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Capitolo 5
*** Sipario ***


And Remember

 

 

Sipario

 

 

 

 

Ormai io se penso al mio passato, mi sembra di essere nata solo il giorno in cui l'ho conosciuto. Prima la mia vita non la ricordo più neanche.

Sandra Mondaini

 


 

 

 

 

 

 

 

Piangeva, incapace di controllarsi. La lacrime le offuscavano la vista, impedendole di vedere dove correva. Daryl la guidava in mezzo alla foresta e le indicava dove andare. Pianse anche quando si fermarono.

Non riusciva a parlare, non riusciva a respirare. Si sentiva annegare, nel dolore, nelle lacrime. Il silenzio veniva interrotto solo dal rumore di passi e dai versi mostruosi delle creature dietro di loro. Un ostinato mutismo era quello che accomunava entrambi.

Daryl la osservava paziente, mentre la lacrime correvano sul suo volto. Avrebbe voluto gridarle di smettere, che non avevano acqua, che si sarebbe solo disidratata più in fretta. Ma non poteva farle questo. A loro non rimaneva altro che il loro dolore. Tutta la loro vita era stata spazzata via.

«Dovremmo allontanarci dai boschi» sussurrò Beth all’improvviso. Non piangeva più, ma il suo volto rimaneva umido. «Qui siamo troppo esposti.»

Daryl non rispose, lasciò che fosse lei a guidarlo tra gli alberi, come se sapesse esattamente quale direzione prendere. In qualche modo, averla con sé, sapere cosa fosse capace di fare lo rassicurava. Anche se temeva che la morte del padre avesse compromesso profondamente il suo giudizio.

«Tu lo sai dove sono gli altri?» domandò Daryl all’improvviso, dopo ore di cammino.

«No» Beth scosse il capo. Aveva uno schizzo di sangue sulla guancia, secco, scuro, rappreso. Il sangue di Zach. Daryl per un momento pensò di toglierlo dalla faccia, di cancellare quel segno, sperando potesse alleviare il dolore di entrambi. Si trattenne, sapendo di aver alcun diritto di toccarla. «Ma so che Maggie è viva.»

Stranamente la notizia non servì in alcun modo a dare un po’ di luce a quello sguardo spento. Daryl aggrottò le sopracciglia, confuso, ma non fece domande. «Merle? Rick?» chiese invece.

Beth abbassò il capo, senza smettere di camminare. Cercava di ricordare, di sentire dentro di sé se c’era una risposta a quella domanda. «Non so niente di Merle» si trovò costretta ad ammettere. «Ma Rick è con Carl. Stanno bene, ma hanno bisogno di tempo.»

Daryl annuì, senza smettere di guardarla, nonostante lei non ricambiasse. Avanzarono ancora, all’erta. Silenziosi, pensierosi. Daryl alla ricerca di un piano d’azione per riuscire a trovare gli altri, Beth immersa in ricordi, pensieri che non riconosceva come suoi.

«Glenn è con qualcuno che non riconosco» mormorò dopo interi minuti di silenzio. «Cercherà Maggie e lei sta cercando lui.»

«Cerca anche te» rispose Daryl, scavalcando un grosso ramo sul terreno.

«No» disse semplicemente, con una sicurezza che ancora sapeva sorprenderlo. «Non cerca me.» La voce di Beth era incolore, non lasciava trasparire alcuna tristezza e risentimento. Non sta cercando la sorella. La crede morta, realizzò Daryl. «Per lei sarebbe del tutto inutile cercarmi.»

Quelle parole erano uscite da sole dalle sue labbra, senza che Beth potesse impedirlo. Non rivedrò più Maggie. Si fermò all’improvviso, in mezzo agli alberi, lui la oltrepassò. Il vento le scompigliò i capelli arruffati. Daryl la stava guardando, la balestra stretta in mano, qualcosa nel suo sguardo la fece rabbrividire.

«Cosa vuoi dire?» domandò, con una durezza nella voce che lo aveva sentito usare poche volte.

«Niente» si affrettò a dire. «Non lo so» mentì. Lo raggiunse attenta non incrociare nuovamente il suo sguardo, e lo sorpassò. «Carol sta bene, era tornata alla prigione» proseguì, cercando di distrarlo. «Tyresse è con lei.»   

Non si sentiva molto tranquilla al pensiero di quell’unione. Non sapeva il perché, c’era qualcosa che non andava. Ma sapeva che se la sarebbero cavata, sarebbero stati bene. Eppure non riusciva a tranquillizzarsi. C’era qualche dettaglio che le sfuggiva. Che fosse per quello che aveva fatto Carol?

«Io so cosa ha fatto» confessò Beth in un sussurro. «Durante l’epidemia. E so che Rick te lo ha detto, ed è per questo che l’ha mandata via.» Non si voltò verso Daryl. «Sarebbero morti comunque, ha impedito che contagiassero molti altri.» Non le aveva impedito in alcun modo di agire, sapeva che era così che doveva andare. Guardò l’uomo. «Starà bene, non preoccuparti. La rivedrai presto» Non riuscì a impedire che una morsa stringente le contraesse lo stomaco. Sapeva bene quanti importante fosse Carol per Daryl, quanto profondo fosse il loro legame. Lo sapeva da anni, era destino che andasse così. Che lei rimanesse sullo sfondo a osservare, a guardarli avvicinarsi. Non le serviva alcun potere soprannaturale per capire quello che il suo cuore già sapeva.

«Lo avevo detto che sarebbe diventata forte, più di tutti gli altri» continuò Beth. «Vi salverà tutti.»

Riuscì a vedere distintamente Daryl irrigidirsi al sentir pronunciare quelle parole. Vi salverà. Vi, non ci. Si scrutarono per un momento lungo un’eternità. Aveva capito, Beth sapeva che lui aveva compreso. Lei non si sarebbe salvata, sarebbe morta nel corridoio di un ospedale. Il tuo tempo si stava esaurendo ormai, ne erano consapevoli entrambi.

Lo guardò aprire la bocca, pronto a dire chissà cosa, forse per inveirle contro o per chiederle quanto tempo avevano ancora. Un minuto, un’ora, una notte soltanto. Ma il verso che udirono li distolse dai quei pensieri. Si voltarono appena in tempo per vedere un vagante oltre un cespuglio. E dietro, altri ancora.

Ripresero a correre ancora, senza sosta, senza fiato. Non c’era tempo per le domande, non ancora.

 

 

***

 

 

Era piccola, sporca, angusta. Ma in qualche modo, Beth si sentì quasi al sicuro in quel posto.

«Come sapevi di questo posto?» domandò, mentre osservava Daryl sbarrare la sola finestra di quella casa malmessa.

«L’ho trovato per caso quando girovagavo–»

«Con Michonne» lo interruppe Beth, senza riuscire a trattenersi. Daryl si voltò a guardarla, mentre recuperava la balestra dal pavimento. «Scusa, a volte mi rendo conto tardi di sapere già la risposta alle mie domande.»

«Deve essere bello, sapere già tutto» Daryl si avvicinò alla porta, cercando di metterla in sicurezza.

«Se sapessi tutto non saremmo qui» mormorò. Saremmo alla prigione, o magari alla fattoria. E ci sarebbe mio padre, mio fratello, mia madre. Ci sarebbero tanti altri. Lui si voltò verso di lei. «Non è bello, a volte è irritante. A volte le persone scambiano la mia mancanza di domande per disinteresse. Non immaginano che io sappia già per risposte alle mie domande. Almeno per Zach era così.»

Daryl abbassò lo sguardo, improvvisamente a disagio. La realtà era che non sapeva mai come comportarsi con Beth Greene. Soprattutto quando la conversazione si spostava sul tipo di capacità che possedeva.

«Mi dispiace per Zach» disse soltanto, incapace di sostenere la lungo il contatto visivo con la ragazza. Si aspettava che si mettesse a piangere, ma Beth non batté ciglio.

«Doveva morire al supermercato, il giorno in cui gli ho detto di non seguirti» confessò lei. «Ha avuto più tempo di quanto gli era stato concesso.»

Daryl la scrutò. Ricordava quel giorno, e ricordava ancora meglio il bacio che li aveva visti scambiarsi. Lui non voleva darle ascolto, non voleva sentirsi dire da lei cosa poteva o non poteva fare. Le aveva rubato un bacio sotto la luce del sole prima di dirigersi verso Daryl, pronto a uscire.

Si erano guardati, Daryl e Beth. Lui imperscrutabile, lei supplichevole. Negli occhi chiari c’era una muta richiesta d’aiuto. Zach non era venuto con loro quel giorno, non era uscito, ed era sopravvissuto. Daryl glielo aveva impedito, aveva accolto e assecondato Beth Greene. Ma per un attimo, un momento soltanto, aveva esitato. Il perché non sapeva spiegarselo nemmeno lui. Forse trovava irritante che qualcuno la contraddicesse, prendendosi gioco delle sue preoccupazioni. Forse voleva mostrargli quello che tutti loro avevano compreso a poco a poco, ovvero che Beth non sbagliava mai.

«Non glielo hai mai detto? Quello che sai fare» domandò Daryl, senza osare compiere un passo verso di lei. Non aveva mai preso nemmeno in considerazione che a infastidirlo fosse stato quell’insignificante gesto d’affetto che lo aveva visto scambiarsi con lei.

«No» confessò Beth.

Zach non la conosceva, non sapeva niente di lei, si ritrovò a pensare Daryl. Quella notizia lo rincuorò, sapere di essere a conoscenza di qualcosa di cui molti altri erano all’oscuro. Beth non permetteva alle persone di avvicinarsi a lei. Parlava con tutti, sempre gentile, sempre disponibile, ma il sorriso che rivolgeva a loro – alla sua famiglia – era diverso. Più caldo, più vero.

Più triste.  

«Avevi ragione» proseguì la ragazza. «Non potevamo fare nulla per lui.»

Era il caos, spari, e vaganti dovunque. La prigione era caduta, il Governatore era tornato e si era portato via le loro vite. Beth era tornata indietro, cercava i bambini, sapeva di dover cercare i bambini. Ma non c’erano, non c’era più nessuno. Judith era sparita, ed era suo compito prendersi cura di lei. Doveva proteggerla, ma quando ne aveva avuto bisogno, Beth non c’era, era altrove. E ora la bambina era persa, perduta.

Zach era apparso accanto a lei, intimandole di seguirlo, di uscire, scappare. Avevano visto Daryl, all’esterno. Ed era stato un attimo. Il vagante era apparso dal nulla, strisciava per terra e non lo avevano visto arrivare. Aveva affondato i denti nella carne e Zach aveva urlato. La freccia aveva trapassato il cranio del vagante, ma la caviglia del ragazzo non sarebbe guarita.

Aveva tentato di aiutarlo, avevano tentato entrambi. Ma era infetto, zoppo, e li rallentava. Dovevano scappare, in fretta. «Scappa, Beth!» aveva gridato appena prima di spingerla lontana da un altro vagante. Questo aveva affondato le zanne nel collo di Zach.

Ma Beth si era fermata, lo sguardo rivolto quel ragazzo condannato. E un braccio caldo le aveva avvolto la vita, si era divincolata mentre Daryl la portava lontano, trascinandola via.

«Dobbiamo aiutarlo, dobbiamo portarlo con noi!» urlava, mentre lacrime che non si erano mai fermate le rigavano le guance.

«Non possiamo fare niente per lui» la voce dell’uomo era giunta calda e vicina. Un sussurro all’orecchio, la barba le solleticava la pelle. L’aveva spinta e trascinata. Le urla dietro di loro si acuirono, e poi, mentre oltrepassavano il recinto, si spensero.

Zach era morto, suo padre era morto. Molte altre persone non c’erano più.

«È colpa mia» sussurrò Beth all’improvviso, mentre il ricordo di quelle urla si spegneva. «Quello che è successo è colpa mia.» Dirlo ad alta voce non alleggerì in alcun modo il peso che percepiva sulle spalle. Non piangeva, non ce n’era bisogno. Daryl vedeva il suo dolore, lo stesso che sentiva lui, un dolore che andava aldilà delle lacrime.

«Non è vero» riuscì a dire solo questo. Non compì alcun passo verso di lei, non conosceva alcun modo per consolarla, non ne era in grado.

«Dovevo vederlo arrivare.»

«Lo hai fatto.»

«Quando era troppo tardi!» non voleva alzare la voce, ma non riuscì a impedirselo. «Quando mio padre era già stato preso, quando Michonne era già nelle sue mani! Non è servito a niente, tutto quello che ho visto, tutte le cose che ho fatto, non sono servite. Le persone che dovevo salvare sono morte comunque.»

«Hai salvato Merle.»

«Ma potrebbe essere morto!» Beth tornò a guardarlo negli occhi.

«Non lo è, grazie a te» disse. «La colpa non è tua.» Ci fu qualcosa in quelle parole che portò la ragazza a guardarlo. Non lo aveva mai sentito parlare con quel tono di voce. Era come se dietro le parole ci fosse qualcosa che non voleva che lei capisse. Senza riuscire a trattenersi lei fece un passo verso di lui. I suoi piedi si mossero, strisciando contro il pavimento impolverato.

«Beth» Un avvertimento, una supplica. Non avvicinarti. Le labbra della ragazza si socchiusero, in un’espressione di improvvisa consapevolezza. Aveva capito.

«Credi sia colpa tua» intuì la ragazza. «Credi che quello che è successo sia a causa tua. Perché non lo hai trovato.» Lo ha cercato per mesi, senza sosta. La mascella di Daryl si irrigidì, nel sentirla. Strinse forte la balestra, fino a far diventare bianche le nocche. Fece un passo indietro, sentendosi soffocare da quella vicinanza. «Perché hai continuato? Perché ti ostinavi a metterti in pericolo? Ti avevo detto che non avresti trovato.» 

Daryl non rispose, si irrigidì ulteriormente. Incapace di continuare quella battaglia di sguardi – quello di Beth inquisitorio, limpido, pulito; il suo torbido, sulla difensiva, degno di un animale braccato – le girò le spalle, con la scusa di posare la balestra alla parete.

«Oh» la sentì dire, in un soffio di consapevolezza. «Non per quello che stava per fare a Merle. Per Shawn.» Beth sentì le lacrime pungerle gli occhi. Sperò che la sua voce rimanesse salda. «Perché mio fratello è morto e il tuo no.» Non ci riuscì.

Per me, realizzò. La consapevolezza di quella rivelazione la colpì con la potenza di un fulmine. Osservò le ali disegnate sulla schiena di Daryl. Gli sembrò più ingobbito, più stanco, più vecchio.

«Daryl…» prese a dire, non sapendo bene come concludere quella frase.

«Non è servito a niente» lo sentì dire, in un ringhio di rabbia che più che sorprenderla, la rattristò. Ma non era solo questo, un tremore nelle spalle, nelle mani, nella voce. Una fragilità e un dolore che Beth non riusciva a immaginare. «Se… se non mi fossi arresto… magari tuo padre, lui…»  

Dio, sospirò Beth, sconvolta oltre ogni immaginazione. Sta piangendo. Si mosse senza pensare, senza l’intenzione di fermarsi. Lo abbracciò da dietro, come se quello fosse il gesto più naturale che le venisse in mente. Lo strinse, forte di quel calore che percepiva, che emanava Daryl. Lui tremò, scosso da quel gesto, e dai propri tremiti.  

C’era solo silenzio in quella baracca abbandonata in mezzo al bosco, un silenzio interrotto solo dal loro respiri. A poco a poco, Daryl si calmò, cullato da quell’abbraccio. Per un momento tentò di ricordare quante altre persone avessero compiuto quel tipo di gesto nei suoi confronti. Non era una lista tanto lunga, comprendeva solo Carol oltre a Beth.

Beth, la stessa ragazza che tanti anni prima lo aveva incontrato in una stanza d’ospedale. La stessa ragazza perfetta, buona, gentile, silenziosa che li aveva protetti, scavando dentro ricordi e visioni contenute dentro la sua testa. L’aveva osservata per tanto tempo, per mesi, mentre la vedeva crescere, rimanendo però pressoché immutata. Dopo quello che aveva rivelato loro alla fattoria, dopo aver capito che non mentiva, lui e Rick non l’avevano mai persa di vista.

Avevano imparato a riconoscere ogni sfumatura sul suo volto, il sorriso gentile, lo sguardo sperso, la tristezza celata in esso. Le sue frasi sconnesse, il suono della voce mentre canticchiava da sola, le grida che provenivano dalla sua cella in piena notte. Svegliava tutti, e li aveva spaventato a morte la prima volta. Le notti a seguire era andata meglio, nessuno era più accorso armi in mano nella sua stanza. E in seguito, più di una volta Daryl era passato vicino a lei nel cuore della notte, anche durante i suoi turni di guardia per controllarla, per vegliare sul suo sonno agitato.

Solo in quei momenti gli era parso di vederla per quello che era davvero, una ragazza sola, molto più giovane di quanto tradissero le sue parole, i suoi occhi e i suoi gesti. E aveva sulle spalle una responsabilità enorme. Poteva salvarli tutti, ma un errore di valutazione, una dimenticanza, poteva creare una strage.

Sembrava conoscere tutti, ognuno di loro, profondamente. E cosa più sorprendente, Beth Greene non sembrava spaventata da lui, o da Merle. Si era avvicinata a entrambi i fratelli Dixon quando nessun’altro sembrava intenzionato a dar loro fiducia. Daryl alla fattoria, Merle alla prigione. Era riuscita a mostrare a tutti la gentilezza di Merle, la dedizione e fedeltà di Daryl. E il resto del gruppo alla fine si era avvicinato a loro, Maggie per prima. Era persino riuscita a far convivere pacificamente Rick e Merle.

E piano piano, era riuscita a far risollevare tutti. Era stata accanto a Lori nelle sue ultime ore, rassicurandola. Era con Rick nel suo momento peggiore, con Carl quando si sentiva più solo. Con Carol, guidandola verso la luce, alla scoperta di un forza che non credeva di possedere. Con suo padre, afflitto, e sfiduciato. Con Michonne, estranea e diffidente. Con Maggie, piena di dubbi e confusa riguardo i suoi sentimenti. Con Glenn, quando si sentiva insicuro e non all’altezza. Con Merle, reietto, e pieno di rabbia.

E con Daryl, ora che si sentiva perso.

Mentre sentiva il proprio respiro calmarsi, le lacrime fermarsi, in un lampo di lucidità in mezzo a tutta quella sofferenza, Daryl si domandò come avrebbero fatto tutti loro quando Beth Greene non ci fosse stata più.

 

***

 

Il portico era silenzioso come la foresta attorno a loro. Era la prima volta che Beth lo notava in modo tanto lampante. Non c’erano grilli, o il ronzio del insetti. Nemmeno il fruscio del vento. Solo i loro respiri interrompevano quel nulla. Stringeva tra le mani il barattolo pieno di alcol che avevano sorseggiato a turno.

Daryl sembrava un altro, aveva lasciato dietro di sé tutta la rabbia, la frustrazione, la sofferenza. Quello che aveva davanti non era un guscio vuoto, come Beth aveva temuto. Era un uomo nuovo, lo stesso che aveva imparato a conoscere, lo stesso a cui si era affezionata, in un modo così profondo che un po’ se ne vergognava. Sentì il proprio stomaco contrarsi quando lui alzò lo sguardo su di lei. E non era a causa della fame.

«Perché non lo hai mai detto a Zach?» era poco più che un sussurro, ma lei lo udì comunque distintamente, nel silenzio di quella notte. Quella domanda la lasciò interdetta per un momento.

«Non lo so» rispose con sincerità, ma sapeva che non gli sarebbe bastata quella risposta. «Forse… forse temevo di non essere capita.»

«Non lo hai mai detto a nessun’altro? Nessuno all’infuori di noi?»

Beth si domandò perché all’improvviso gli fosse venuta tutta questa curiosità. Ma non si scompose. «No. Forse sapevo che sarebbe stato inutile espormi tanto, perché la mia famiglia eravate soltanto voi

Daryl la scrutò, perso in pensieri che Beth non poteva esplorare. All’improvviso sentì la propria gola pizzicare, come se si stesse preparando a trattenere le lacrime. Quando parlò, ogni parola pronunciata dall’uomo fu come una coltellata in pieno petto.

«Non hai mai legato davvero con qualcun altro.» Nemmeno con Zach, pensarono all’unisono, non per davvero. «Per un momento avevo pensato che fosse perché non volessi affezionarti a qualcuno che probabilmente sarebbe morto, ma non sapevi che la prigione sarebbe caduta. Ora capisco che non volevi che fossero loro ad affezionarsi a te.»

Per un momento, tutto sembrò fermarsi. Beth trattenne il fiato, combattendo contro l’impulso di scoppiare a piangere.

«Il mio tempo si sta esaurendo, Daryl» pronunciò quelle parole a fatica, lentamente. «Lo sento, e non riesco a fermarlo perché mi sfugge tra le dita senza che io riesca a impedirlo.»

L’ombra dell’uomo distrutto sembrò calare nuovamente su di lui, abbassò lo sguardo incapace di guardarla.

«Quanto tempo ti rimane?» tornò a guardarla a fatica, voleva essere certo che non mentisse.

«Non lo so» Beth assottigliò le labbra, in un gesto che lasciava trasparire tutto il suo nervosismo. Come poteva sentirsi una ragazzina a vivere fin dalla nascita con una spada di Damocle sopra la testa?

Ma a Daryl non poteva bastare quella risposta. E prima ancora potesse parlare però, Beth lo interruppe.

«Conosci la storia dell’uomo di Damasco?» domandò.

Daryl rimase interdetto, e ricordò di aver già sentito nominare quel racconto, da Maggie. Sembrava passata una vita intera da allora. Scosse la testa.

«Un uomo è seduto al tavolo di una taverna a Damasco, alza gli occhi dal suo vino e vede la Morte, che lo fissa attraverso la stanza» cominciò a raccontare Beth. L’aveva sentita farlo spesso alla prigione, i bambini la adoravano e adoravano ascoltare i suoi racconti. «L’uomo grida: “Ma non può essere arrivata la mia ora.” Così fugge da Damasco, cavalca sul suo cavallo veloce attraverso il deserto diretto a Samarra.» Daryl ascoltò con attenzione. «Quando arriva è assetato. In piedi davanti a lui accanto al pozzo c’è la Morte. Sta annuendo. Vedendo la Morte per la seconda volta, l’uomo le grida: “Non può essere, perché io ti ho già sfuggita a Damasco.” E la Morte appoggia la sua mano sulla spalla dell’uomo e dice: “Anch’io mi sono stupita di vederti a Damasco, perché il mio appuntamento con te è sempre stato accanto a questo pozzo, a Samarra.”»

Beth lo guardò per un lungo momento. «Per quanto si tenti, è impossibile sfuggire al proprio destino. Lo capisci?»

«Quanto tempo ti rimane?» ripeté, più arrabbiato di prima, mentre una paura che non comprendeva a pieno si allargò nel suo petto. «Settimane? Mesi?» la incalzò, sporgendosi verso di lei. Appariva ancora più piccola appoggiata alla colonna di quel portico, stringeva ancora il vasetto pieno d’alcol. Sembrava così fuori luogo quell’oggetto tra le sue mani.

Beth lasciò passare un momento prima che la verità uscisse dalle sue labbra. «Ore. Giorni al massimo.»

Ogni parola sembrò colpire Daryl come una pugnalata. E Beth fu certa che se fosse stato lui ad avere il barattolo tra le mani, lo avrebbe lanciato via. Invece si alzò, con uno scatto repentino.

«No» disse soltanto, mentre la prendeva per il polso facendola alzare a sua volta. «Ce ne andiamo.»

«Cosa?» sospirò Beth, cercando di gestire quell’improvvisa vicinanza. Nell’alzarsi gli era quasi andata addosso. «Dove?»

«Il più lontano possibile da Atlanta.»

 

 

***

 

 

La colonna di fumo era ancora visibile da quella distanza. Avevano camminato tutta la notte, guidati dalla luce della luna. Il fuoco che avevano appiccato alla vecchia casa fatiscente avrebbe attirato tutti i vaganti dei dintorni, lasciando a Beth e Daryl la possibilità di allontanarsi senza incontrare pericoli nella notte.

Daryl non aveva più parlato, sembrava assorto in pensieri che Beth non poteva scrutare. Solo dopo intere ore di cammino lui si era voltato verso di lei, deciso a chiederle quello che gli ronzava nella testa da molto.

«La donna» esordì. «La donna che…» si interruppe. Ma Beth sapeva quali parole si era trattenuto dal pronunciare. «Proverà a ucciderti. Com’è?»

La ragazza lo guardò, si erano fermati in una radura tra le fronde. Ricordò che solo in un’occasione gli aveva detto chi le avrebbe sparato, ed era stato in quell’ospedale, tanti anni prima. Lo ricorda, si ricorda davvero quello che gli ho detto.

«Magra, giovane, capelli castani raccolti» sussurrò lei, gli occhi velati, come se non lo vedesse realmente, ma come se scrutasse qualcosa aldilà. Parlò lentamente, cercando di ricordare ogni dettaglio di quel sogno ricorrente che l’aveva tormentata per anni. «Ha una divisa.»

«Una divisa?» domandò Daryl, assorto.

«Da poliziotto» aggrottò le sopracciglia, nel tentativo di ricordare, di capire di più.

«Ricordi altro?»

«Ricordo… il bacio di Rick» non sembrò accorgersi del lampo negli occhi di Daryl. «Tra i capelli, la sua mano sulla nuca.» Beth si sfiorò il capo, e quasi riuscì a percepire il calore su quell’impronta tra le ciocche bionde.

«Rick è lì?» non riuscì a controllare il proprio tono di voce.

«Ricordo il modo in cui mi hai toccato il braccio, mi spingi verso la porta, lontano da lei» Beth non dette nemmeno segno di averlo sentito. Daryl inghiottì un boccone amaro, era – sarà – lì anche lui. Accanto a lei, in quel corridoio, pronto a portarla via.

«E poi?»

«E poi sono di nuovo davanti a lei» Beth sembrò riscuotersi da quella sorta di trance, tornò a guardarlo, gli occhi vividi, lucidi. Perché sarebbe tornata da lei? Che cosa l’avrebbe spinta davanti alla Morte? Quel dettaglio, in tutti gli anni, non lo aveva mai compreso.

«Perché ti lascio andare?» domandò Daryl.

«Non lo fai, sono io che mi allontano» sussurrò appena. «Il colpo è preciso, mi colpisce alla fronte» proseguì, alzando le dita tremanti fino a toccare la pelle dove sarebbe apparso il foro. «È veloce, indolore forse. Sono morta prima ancora di toccare terra.»

Poi abbassò il capo, si guardò le mani come se potesse vedere qualcosa aldilà della pelle. «Il mio polso è ingessato. C’è qualcosa di freddo, a contatto con la pelle» lo sfiorò, ricordando il peso e il dolore che provava nei suoi ricordi. «È sporco di sangue» inclinò il capo. «Non è mio» rassicurò. Poi Daryl la vide portarsi le mani al volto. «Le cicatrici… Ho dei segni sulla faccia. Qui» toccò la guancia. «E qui» la tempia. «Non andranno mai via. E i lividi…» si sfiorò il voltò, gli occhi ora pieni di rabbia. «Ho dei lividi. Credo… credo di essere stata picchiata.»

Sentì Daryl trattenere un ringhio. «Stava per…» la sentì dire, ma Beth si bloccò. «Ma gli ho impedito di toccarmi.»

Questo fu troppo per lui, coprì con un paio di falcate la distanza che li separava. Non ricordava di averla mai vista così fragile. Sentiva l’improvviso bisogno di toccarla, ma non osò farlo.

«Chi ti ha fatto questo?» domandò e Beth alzò lo sguardo su di lui. Non si era accorta che si fosse avvicinato tanto. Per un momento desiderò che lui l’abbracciasse, ma sapeva che non avrebbe mai compiuto un gesto simile.

«Loro, quelli dell’ospedale» rispose. «Io voglio ucciderla» confessò lei, in un sussurro. «Per questo mi allontano da te.» Ma mancava qualcosa, lo sapeva. Mancava un qualche dettaglio sconosciuto. «Voglio che lei muoia. Per quello che mi ha fatto… per quello che mi ha fatto fare.»

«Non permetterò che ti prendano.»

E per un momento, Beth ci credette davvero.

 

 

***

 

 

Zoppicava mentre si avvicinava alla cucina. Le aveva consegnato la balestra in mezzo al bosco, ma era comunque riuscita a ferirsi alla caviglia, troppo concentrata a seguire le istruzioni che lui le aveva sussurrato incredibilmente vicino al suo orecchio.

Riesci a vedere più in là di chiunque, ma sei riuscita mettere il piede in una trappola per orsi, Daryl aveva trovato la forza per scherzarci su, prendendola in giro. E di questo Beth gli era stata immensamente grata. Quando poi si era offerto di portarla di peso attraverso il cimitero abbandonato, lei lo aveva fissato allibita. Ma quella volta non stava scherzando. Si era domandata se potesse sentire quanto forte battesse il suo cuore, nonostante gli strati di vestiti a separarli.

Poi aveva visto quella tomba in mezzo a mille altre. Beloved Father. Era scesa, zoppicando verso la lapide. Erano gialli i fiori che Daryl aveva posato lì davanti e Beth gli aveva stretto la mano, aggrappandosi a lui, e domandandosi in silenzio dove l’avrebbero seppellita. Quel pensiero, unito al rumore dei suoi ultimi rintocchi di vita, la colpì più violentemente di uno schiaffo. Pensare al suo corpo senza vita, alla decomposizione sotto terra, ai vermi, alla puzza… una lacrima sfuggì al suo controllo, rigandole il volto.

Non voglio morire, pensò con forza. Non voleva che di lì a qualche giorno la sua intera esistenza venisse spazzata via con un solo colpo, in un battito di ciglia lei sarebbe sparita. Inghiottita da un’oscurità prepotente e avvolgente. Forse, però, in quel nulla avrebbe trovato una pace che non era mai riuscita ad assaporare. E avrebbe potuto abbracciare nuovamente quel fratello e quel padre tanto amato che mancavano con l’aria.

Il male alla caviglia si era affievolito ora dopo ora. Sapeva che erano altre le ferite che la aspettavano. Quasi sovrappensiero si sfiorò la guancia, le sembrò quasi di poter percepire lividi e cicatrici sulla pelle.

«Patatine, coca cola, gallette» Beth non poteva credere al piccolo tesoro che avevano trovato negli scaffali di quella cucina. Si mise sulle punte per poter vedere meglio, mentre Daryl continuava a frugare nella stanza. «Zamponi, biscotti, barrette, cracker. Oh, Daryl! Cioccolata! Riesci a ricordare l’ultima volta che hai mangiato della cioccolata? E le patatine sono alla paprika, non riesco a–» si bloccò all’improvviso. «Sono nel container.»

Anche Daryl si interruppe, lasciando un armadietto aperto a metà. «Che cosa hai detto?» Beth si voltò verso di lui tremante e scosse la testa, quasi faticasse a ricordare quello che aveva appena detto. «Loro chi?»

«Non lo so…» mormorò. «Gli altri, credo.»

«Sai come raggiungerli?»

«No, ma li troverai, so che lo farai» Beth accennò un sorriso, ma non c’era alcuna allegria sul suo viso. Un pensiero la colpì all’improvviso, senza aspettare che Daryl dicesse alcunché, gli passò accanto e aprì un cassetto, sapendo che vi avrebbe trovato dentro quello che cercava.

«Cosa fai?» le domandò, guardandola stringere un foglio e una penna. «Vuoi scrivere un biglietto di ringraziamento?»

«Una lettera» Beth si sedette davanti a lui, e subito la penna cominciò a scorrere sulla carta. «Per Maggie.» Non alzò lo sguardo nel dirlo, doveva pensare a cosa scrivere, voleva che la sorella avesse almeno un pezzo di carta cui aggrapparsi. Con papà e Shawn non aveva avuto questa possibilità. Sperò solo che potesse esserle di un qualche conforto. «Vorrei che tu gliela dessi, quando la vedrai.»

«Dagliela tu.»

Beth si bloccò. Il gelo nella voce di Daryl la spinse ad alzare lo sguardo, e per un momento ebbe paura della rabbia che percepiva. Lasciò cadere la penna, aveva scritto solo due parole. Cara Maggie. Non le rimaneva molto tempo, non voleva sprecarlo cercando di spiegare ancora una volta quanto ineluttabile fosse il suo destino. Doveva finire quella lettera, almeno questo lo doveva a Maggie.

«Daryl, io non rivedrò più Maggie.»

Silenzio. Solo il silenzio seguì quella frase. Daryl sentì i capelli rizzarsi sulla nuca, come se fosse stato colpito da un’improvvisa folata di vento gelido.

«Smettila» sibilò in un sussurrò. Allora fu Beth a rabbrividire. Se avesse gridato sarebbe stato meglio. «Sono puttanate. Sei così convinta che morirai che non hai mai vissuto davvero. Ogni tuo passo ti porta un po’ più vicina a quell’ospedale, e tu vai incontro a quella donna convinta che sia inevitabile, ma sei tu stessa che lo rendi reale!» Aveva il fiatone, come se avesse corso per mezzo miglio. «E alla fine lo fai soltanto per dimostrare a tutti che hai sempre avuto ragione.»

Beth non aveva distolto gli occhi da lui nemmeno per un istante. Deglutì a vuoto, sentendo le lacrime pizzicarle gli occhi.

«Sai che non è così» non seppe ribattere nulla di meglio.

«Allora dimostralo.» Ignorò la fitta che percepì nel vederla improvvisamente così fragile. Così si chinò per prendere la balestra posata a terrà. Beth si sporse verso di lui.

«Dove vai?» non voleva che la sua voce sembrasse così allarmata, ma non poté impedirsi di sentire il cuore prendere a battere.

«Esco» disse soltanto, senza guardarla negli occhi. «Faccio un giro di perlustrazione.»

Beth mormorò un ok poco convinto solo quando ormai Daryl era già fuori dalla cucina. Comprendeva la sua rabbia, era la stessa che provava Maggie, che aveva provato la sua famiglia in tutti quegli anni, vissuti nell’attesa di quel diciottesimo compleanno tanto temuto. Come se la verità fosse stata sempre davanti a loro, in attesa che qualcuno dicesse ad alta voce ciò che tutti gli altri già sapevano.

Beth guardò la lettera incompleta abbandonata sul tavolo, e serrò le labbra.

 

 

***

 

Era stata la musica ad accoglierlo al suo rientro. Ne rimane sorpreso, quasi spaventato. Ma quando vide Beth intenta a suonare il piano, tutto dentro di lui sembrò acquietarsi all’improvviso, come se fosse stato spinto un interruttore dentro di lui. La rabbia, la fame, la paura, la frustrazione, scivolarono via nota dopo nota.

La guardò, domandandosi in silenzio per quanto ancora avrebbe potuto farlo. Ore. Giorni al massimo, aveva detto. Erano già trascorse ore, e anche giorni. Sapeva che qualcosa stava per dividerli, Beth era stata in grado di comunicarglielo senza dirlo. Probabilmente nemmeno lei sapeva cosa sarebbe successo, ma Daryl era certo che lo avrebbe impedito. Che si trattasse di vaganti o uomini, non avrebbe permesso che finisse ad Atlanta.  

La ascoltò per un tempo che gli parve infinito, mentre muoveva le dita sui tasti, mentre cantava una canzone che non conosceva. Non osò avvicinarsi, quasi temesse di rompere una sorta di equilibrio, di pace, di atmosfera.

Fu lei a girarsi, e Daryl si chiese se non sapesse fin dall’inizio che lui era lì a guardarla, ad ascoltarla. Si sentì colto in fallo, come se avesse compiuto un gesto proibito.

«Mangiamo?» domandò lei, con un limpidezza nello sguardo che non lasciava trasparire la lite che era avvenuta poco prima. Daryl annuì soltanto, incapace di pronunciare alcuna parola di scuse. La guardò alzarsi e zoppicare verso di lui. Fu un pensiero improvviso, non aveva ancora finito di valutarlo che l’aveva già presa tra le braccia, sollevandola senza troppi sforzi.

Beth non protestò, avvolse le braccia attorno al suo collo, quasi accoccolandosi contro di lui. Non gli disse mai che l’avrebbe presa nuovamente in braccio, ma avrebbe trasportato un corpo inerme, morto, eppure ancora caldo.

«Potrei farci l’abitudine» disse invece, nascondendo il volto in modo che Daryl non vedesse il turbamento che vi era nato.

«Non contarci.»

Beth non ribatté. Cercò invece di immagazzinare ogni possibile dettaglio di quel percorso fino alla cucina, per nutrirsene in futuro, quando sarebbe stata sola. Mangiarono come se nulla fosse successo, come se quella cucina non fosse stata teatro di un litigio.

Solo un particolare ricordò a Daryl ciò che era avvenuto. Quando si alzò per gettare gli involucri di plastica nel sacchetto sotto il lavandino, scoprì che non era vuoto. Si voltò verso Beth nel realizzare che era stata lei a gettare quel foglio accartocciato.

 

***

 

Avevano recuperato qualche ora di sonno quel pomeriggio, riposando veramente per la volta dopo la caduta della prigione. Il materasso era morbido e grande abbastanza da accoglierli entrambi. Non si erano sfiorati, si erano semplicemente stesi ai lati opposti, completamente vestiti, alla ricerca di quel riposo che avevano sacrificato nei lunghi giorni passati nella foresta, durante i quali avevano riposato poco e male, su un letto di foglie e radici.

Quando Beth si era svegliata, aveva sentito accanto a sé il calore di Daryl. Prima di alzarsi si era concessa un momento per osservarlo dormire, il volto disteso, vide quasi l’ombra di un sorriso sulle sue labbra. Curiosamente, Beth sentì i propri occhi inumidirsi nel ripercorrere le parole che aveva usato poche ore prima.

Pensò alla lettera mai finita gettata nel bidone, e quell’altra completa, scritta di getto e umida di lacrime che invece aveva completato, nascosta in una tasca dello zaino di Daryl. Aveva approfittato di un momento di distrazione dell’uomo. Era bastato poco, era stato quasi facile far sparire un foglio e una penna. L’aveva scritta sul ripiano del bagno, nel giro di pochi minuti. Le parole nella sua testa di tramutavano in inchiostro sulla carta. E infine l’aveva messa nel suo zaino.

Forse ci avrebbe messo giorni interi prima di accorgersi di quello che aveva fatto, della prova che aveva lasciato sullo il suo naso. Nascosta per fare in modo che la trovasse.

Il mio addio a Maggie, aveva pensato scrivendola, dicendosi che le avrebbe dato una qualche sorta di conforto. Era stato inevitabile rivolgere parte di quelle parole anche a Rick e Carl. E poi anche a Judith, quando fosse stata grande abbastanza da capire. Ma non si ricorderà di me.

Con orrore aveva realizzato che l’avrebbero dimenticata, presto o tardi, non avrebbero più parlato di lei. Anche Maggie avrebbe smesso di pensare a lei. Perché doveva andare avanti. Judith non avrebbe ricordato le sue ninnenanne, Carl avrebbe dimenticato i segreti confidati, le storie che gli raccontava. Rick avrebbe scordato la ragazza strana che gli aveva consegnato un foglio pieno nomi, la ragazza che lo aveva preso per mano nel momento più buio della sua vita.

Beth Greene sarebbe diventata una fantasma. Soltanto un’altra ragazza morta.

Quel pensiero, quelle parole risvegliarono in lei una sequenza di mille altri ricordi e momenti che non erano mai accaduti. E in quel momento, con in mano una penna e il volto umido, Beth aveva pensato di scrivere qualcosa anche a Daryl. Anche lui si meritava un addio, ma anche mentre quelle parole comparivano sul foglio, Beth aveva pensato che non sarebbe bastato. Non a lui, che credeva di poterla salvare.

Ma ormai era fatta. Aveva ripiegato quella lettera piena di lacrime e parole e l’aveva nascoste dove sapeva che l’avrebbero trovata.

Addio, Daryl. Provò a dirlo ad alta voce all’uomo addormentato, come per renderlo più reale. Ma non le uscì alcuna parola. Erano bloccate in gola. La verità era che non voleva andarsene, non voleva diventare un fantasma, che si scordassero di lei. Voleva rivedere Maggie, riabbracciare Judith, sentire tra i capelli il bacio di Rick, il calore di Daryl sulla pelle. Non voleva lasciarli andare.

Li aveva attesi tutta vita. Conoscendoli prima ancora che loro conoscessero lei. La verità era che non ricordava nemmeno la sua vita prima di incontrarli.

Daryl…

Non voleva morire non sapendo cosa sarebbe potuto succedere. Beth non era abituata a non sapere. E lei voleva stargli accanto, voleva… voleva che lui potesse guardarla come lei guardava lui. E lo desiderava da così tanto tempo… voleva una possibilità, una soltanto. Per poter essere felice. Voleva quell’occasione.

Voleva vivere.

Si alzò e il materasso cigolò sotto di lei. La decisione era stata presa prima ancora che l’avesse formulata appieno. Era calata le sera. La sua ultima sera, realizzò, mentre si allontanava dalla stanza. Lo zaino era in cucina, là dove l’aveva lasciato Daryl, la lettera ancora racchiusa in quella tasca. Le tremarono le mani quando la prese.

Non voglio andare, pensò. Non andrò.

«Cosa fai?»

Beth sussultò, sorpresa. Si girò, la lettera ancora tra le mani, verso Daryl. Assonnato, arrabbiato, silenzioso. L’aveva seguita fin lì? Era sveglio quando lei aveva passato interi minuti ferma a fissarlo? Poteva intuire la risposta senza alcun bisogno di fare appello alle sue capacità.

Beth sussultò nuovamente quando lo vide puntare lo sguardo verso ciò che teneva tra le dita. Fece un passo avanti, e gliela strappò tra le dita. Non sembrava rendersi conto di quanto si fosse avvicinato a lei per compiere quel gesto pieno d’ira.

«Allora?» la incalzò Daryl, tenendo alto quel foglio pieno di lacrime e parole. Voleva una spiegazione, una spiegazione esauriente. Nel vedere quel foglio accartocciato nel bidone aveva davvero creduto che Beth ci avrebbe provato a vivere, ci avrebbe creduto che poteva farcela. Ma vederla lì, con quel foglio tra le mani, era stato come un tradimento.

«Volevo… volevo prenderla» mormorò tremante, ma poi prese coraggio. «L’avevo nascosta dopo mangiato. Ma io…» abbassò lo sguardo. «La darò io a Maggie, quando la rivedrò.»

La sua voce non tremò, era ferma e sicura. Qualcosa mutò sul volto di Daryl. Tutta la rabbia sembrò sfumare, sciogliersi come neve al sole. La guardò, e capì che adesso lei lo credeva davvero, che voleva vivere.

«Cosa ti ha fatto cambiare idea?» le domandò. E si chiese perché stesse sussurrando. Guardò Beth fare una smorfia strana, come se tentasse di non sorridere. Il cuore di Daryl mancò un battito.

«Tu» soffiò, senza alcuna paura nel dirlo, come se avesse aspettato quella risposta per tanto, tanto tempo. Voleva quell’occasione, la voleva con tutto il cuore. E così si mosse. Non dovette fare tanta strada, erano già molto vicini. Ma si avvicinò lentamente, per dare a Daryl tutto il tempo di allontanarsi, di capire cose volesse fare e rifiutarla.

Ma non lo fece, Daryl rimase fermo immobile mentre Beth si alzava sulle punte per premere le proprie labbra su quelle di lui. Solo uno sfiorarsi di pelle, non fece niente per forzarlo, ma Daryl chiuse gli occhi. Il cuore sembrava impazzito, quasi volesse uscirgli dal petto. Socchiuse la labbra, lasciandosi guidare in quella follia.

Perché non aveva senso, era completamente assurdo che Beth Greene lo stesso baciando. Con una delicatezza, una dolcezza propria di quella ragazza così forte e fragile al tempo stesso. Non riuscì a spiegarsi come le sue mani avessero raggiunto la vita sottile di lei, ma ad un certo punto erano lì, a stringerla. Le mani di Beth arrivarono al suo volto, la pelle morbida e calda, mentre lo accarezzava. E in quel momento, Daryl capì che non era poi un gesto così folle, era piacevole, assurdo, bello e dolce.

Poi accadde.

Quel suono brusco e improvviso spezzò l’incantesimo. Per un momento, tutto quanto era scomparto. I morti, i vaganti, la prigione, il Governatore. Erano stati loro soltanto, uniti in quel gesto così intimo e inaspettato. Ma era finita, erano stati riportati dolorosamente alla realtà. Si staccarono all’improvviso, come scottati dal reciproco contatto.

Non si guardarono nemmeno, fissarono l’ingresso, in rigoroso silenzio, mentre quel suono si ripeteva. Era come un raschiare contro il legno. Per un momento un pensiero sfiorò la mente di Beth. Un cane. Ma sapeva che era qualcosa di molto diverso, qualcosa di più terribile e pericoloso. E allora Beth capì. Qualunque cosa ci fosse dietro quella porta li avrebbe divisi.

Lo vide muoversi quasi al rallentatore. Daryl non afferrò nemmeno la balestra, forse troppo scosso da quello che era appena accaduto per rendersi conto del pericolo, della sciocchezza commessa. Si allungò verso di lui, lottando contro la propria lentezza.

«Dobbiamo andarcene» gli afferrò il polso, stringendo forte. «Non dobbiamo apr– » Non completò quella frase. Il raschiare divenne più intenso, e lo stesso pensiero inespresso li catturò. Vaganti.

Si mossero in fretta, come una macchina perfettamente oliata. Chiusero la porta della cucina, mettendo davanti il tavolo e le sedie, nel tentativo di bloccare la loro strada. Non c’era nessun uscita secondaria, lo sapevano. L’unica via di fuga era la finestra, ma come tutte le era bloccata da grosse assi di legno.

«Devi prima trovare gli altri, ricordalo Daryl» parole pronunciate con affanno, nel tentativo di liberarsi da quella trappola che era stato il loro rifugio. Lui parve non ascoltarla nemmeno, e Beth pensò che avrebbe fatto meglio a dirglielo prima. Ma sperò comunque che si fidasse di lei.

Spinsero, mani contro il legno, nel tentativo di liberarsi da quella trappola che era stata la loro casa per così poche ore. Quando il primo asse cadde a terra, sentirono un tremendo colpo alle loro spalle. La porta aveva ceduto. Con il cuore in gola, Beth spostò ogni possibile oggetto contro l’ingresso della cucina, nel tentativo di bloccarli.

Daryl aveva intanto eliminato il secondo asse, creando un passaggio sufficiente appena per lasciar passare Beth. Senza dirle niente la sollevò accanto al lavabo spingendola quasi attraverso la finestra. Atterrò bruscamente in un cespuglio, ma subito si rialzò per togliere almeno un altro pezzo di legno. Con il cuore in gola, le unghie raschiarono e sbatterono contro l’asse inchiodato.

Un altro rumore. I vaganti presero a colpire la porta della cucina. Tirò con ancora più foga. Daryl l’aveva spinta fuori, l’aveva messa al sicuro. Ma lui era ancora intrappolato. L’asse iniziò a cedere proprio quando la porta della cucina lasciò intravedere una mano putrida attraverso il varco che stavano aprendo.

«Daryl!» ansimò senza fiato, mentre tavolo e sedie tremarono a causa dei colpi. I chiodi lasciarono andare l’asse di legno, che quasi rovinò addosso a Beth.

«Beth!» gridò lui, guardando oltre di lei, verso qualcosa nell’oscurità. Si girò appena in tempo per vedere un vagante venirle contro, schivò d’istinto e andò alla ricerca del coltello. Lo colpì mentre Daryl oltrepassava la stretta intercapedine della finestra. Atterrò con molta più grazie di lei, portandosi dietro balestra e zaino.

I vaganti arrivarono in cucina, il cibo non ancora consumato abbandonato tra scaffali e scomparti. Beth e Daryl si voltarono e con orrore capirono che il vagante abbandonato tra i cespugli non era solo.         

«Corri» le disse soltanto. La spinse dietro di sé, prendendole il polso. L’oscurità veniva spezzata soltanto dal debole chiarore lunare. Vedevano solo vaganti e udivano solo i loro versi tutt’attorno. Daryl all’improvviso la lasciò andare, e Beth per un momento si sentì persa. Colpì uno dopo l’altro gli assalitori che si avvicinavano troppo.

«Corri!» le ripeté, nel vederla fermarsi. «Corri, Beth! Vai in strada!»   

Beth si sentì senza fiato all’improvviso. Lo guardò per un momento appena, quasi volesse dire con gli occhi ciò che a voce non riusciva a esprimere. Non ti lascio. Ma la verità era che lui aveva lasciato andare lei. E così Beth Greene si voltò, senza più paura. La sua occasione l’aveva avuta, ed era stata dolcissima. Per quanto avesse voluto, non ce ne sarebbe stata un’altra. Lo sapeva, lo accettava, così come da molto tempo aveva accettato la sua sorte. E corse come le aveva detto.

Il terreno sotto i suoi piedi divenne asfalto. Si girò all’improvviso in un volteggiare di ciocche bionde. Vide una grande luce, udì lo stridio di freni. E il mondo, che per un istante era apparso così luminoso, piombò nuovamente nella più profonda oscurità.

  

 

Oggi è il giorno in cui morirò.

Era un pensiero bizzarro, ma per Beth era come arrivare all’ultima pagina di un libro molto amato. Quel genere di racconto talmente coinvolgente da spingerla a divorare una pagina dopo l’altra, con il grande timore di arrivare fino in fondo, di leggere quel finale tanto atteso e tanto temuto. Come se quel compagno, quel racconto, che l’aveva portata e guidata fino a quel momento la abbandonasse, come se qualcosa fosse irrimediabilmente finito, estinto. Morto.

Era un libro in disordine, con pagine non numerate, che lei aveva consultato senza conoscerne la trama completa. Conosceva soltanto il finale. E la scena si era presentata davanti ai suoi occhi, esattamente come l’aveva immaginata.

Era stranamente calma, imperturbabile come lo era stata per anni, prima che i vaganti rovinassero la sua vita e quella di tutti, prima che la prigione cadesse, che suo padre, che suo fratello, che sua madre morissero.

Quella calma, che sfiorava la freddezza, si infranse nel momento stesso in cui vide gli occhi di Rick incrociare i suoi. Sembrava soltanto l’ombra dell’uomo che conosceva. E andò solo peggio quando vide Daryl.

Avevano un aspetto orribile. E fu certa che lei non fosse da meno. I lividi sul volto, i tagli profondi, il gesso al polso macchiato di sangue non suo. Sorrise quasi al pensiero di cosa avrebbe detto Daryl se avesse saputo che aveva ucciso tre persone in quei pochi giorni, ma il sorriso sarebbe morto sulle sue labbra. Osservò il viso preoccupato di Carol, il cipiglio aggressivo di Merle, l’ombra negli occhi di Sasha.

Daryl li aveva trovati, aveva trovato tutta la sua famiglia. Rick sembrava stremato, Beth si appuntò mentalmente di costringerlo a tagliarsi la barba. Ma sapeva che non ne avrebbe mai avuto l’occasione. Vedere Noah non la sorprese – non c’era nulla che potesse farlo – ma in qualche modo la turbò. Per un momento pensò di non volerlo lì. Il perché non lo sapeva nemmeno.

Daryl e Rick, dall’altra parte del corridoio, non ebbero nemmeno bisogno di guardarsi, con la coda dell’occhio seppero che lo stesso pensiero li aveva attraversati. Era la stessa rabbia, la stessa paura, lo stesso sollievo nel vederla. Viva, ma in qualche modo… danneggiata. Il volto di Beth lasciava ben trasparire il tipo di trattamento subìto in quell’ospedale. Si domandarono quanto in là si fossero spinti, quanti altri segni avessero lasciato su di lei.

Stava per… Ma gli ho impedito di toccarmi.

Daryl ricordava alla perfezione le parole usate da Beth. Le ricordava a memoria, e nel riportarle a Rick durante la loro disperata fuga ad Atlanta, aveva osservato un orrore a lui conosciuto allargarsi sul volto dell’uomo. Avevano sorvegliato l’ospedale per ore. Ma l’incontro con Noah aveva permesso loro di stabilire il piano d’azione.

E per un momento gli tornarono in mente le parole di Rick. Era un pensiero che aveva sfiorato anche lui, ma subito l’aveva cacciato. Beth morirà nel momento in cui l’andremo a prendere. Forse… forse morirà a causa nostra. Ma che altra alternativa c’era? Lasciarla là? Con persone che avrebbero lasciato su di lei solo cicatrici?

C’è qualcosa, qualche circostanza che la riporterà davanti a quella donna, aveva proseguito Rick, ripercorrendo il racconto di Daryl. Per quanto si sforzassero non riuscirono a capire cosa avrebbe potuto condurre Beth lontano da loro. Sapevano solo che non l’avrebbero lasciata andare. Avrebbero ucciso quella donna prima ancora che potesse avvicinarsi in alcun modo a lei.

Ed eccola lì, esattamente come Beth l’aveva descritta. La mano di Daryl tremò, mentre si domandava quanto gravi sarebbero state le conseguenze se le avesse sparato in quel momento stesso. Ma il pensiero sfumò nel momento in cui vide Beth avanzare verso loro. Lo scambio d’ostaggi era fatto.

La ragazza sentì il bacio caldo di Rick tra i capelli, più vivo e dolce di quanto fosse mai stato nelle immagini della sua mente. E poi guardò Daryl, sembrava non dormisse da giorni, che l’ultimo momento di riposo risalisse a quando avevano condiviso quel materasso nella casa del cimitero. Ma invece di sfiorarle semplicemente il gomito e la schiena come credeva avrebbe fatto, Beth sentì la mano di Daryl artigliarle il polso, e poi la mano.

Una carezza gentile e perentoria, come se l’avesse ammanettata a sé, con l’intento di non volerla più lasciare andare. Beth era accanto a lui, viva. Non avrebbe permesso che morisse, mai. L’avrebbe protetta.

«Ora mi serve soltanto Noah.»

Oh.

La mano di Beth tremò nella presa di Daryl. Ecco. Ecco cosa l’avrebbe uccisa. Il gelo sembrò espandersi nel corridoio, ma non contaminò lei. Era pervasa da un calore intenso, il calore della consapevolezza. Ora il quadro era completo, ora comprendeva. Si divincolò, senza ascoltare alcuna frase pronunciata da Noah, alcuna protesta da parte di Rick.

Guardò Noah, il suo amico, il suo sostegno in quell’inferno, incamminarsi verso Dawn. Si divincolò senza successo dalla presa di Daryl, allungandosi verso quel ragazzo gentile. Sentiva un’improvvisa urgenza, come se dovesse a tutti i costi avvicinarsi a Noah, o l’avrebbe perso per sempre.

Oppure sarebbe stata lei a perdersi.

«Lascia che lo saluti» disse, a nessuno in particolare. Guardò Noah, i suoi occhi sperduti. Il ragazzo che le aveva dato un pezzo di pane quando lei moriva di fame. Un ultimo strattone e la presa attorno al suo polso si sciolse. Beth si mosse in avanti, sentì appena la mano di Rick sfiorarla, nel tentativo di fermare quella folle corsa.

In un battito di ciglia era accaduto ciò che i due uomini avevano a lungo temuto. Beth non era più accanto a loro. Assurdo come fosse sparita così all’improvviso. Era troppo lontana, e all’improvviso apparve irraggiungibile. La guardarono stringere il ragazzo in un abbraccio che sapeva di addio e in esso Beth cercò di imprimere tutta la sua sofferenza, gratitudine, dispiacere.

«Sapevo che saresti tornato.»

Qualcosa sembrò bloccarsi nella gola della ragazza. Si sciolse da quella stretta con una lentezza disarmante, il cervello che lavorava frenetico. Il bacio gelido del metallo contro la pelle del suo polso la portò a domandarsi perché avesse nascosto quell’oggetto innocuo nel gesso.

Ma ora capiva, ora era tutto chiaro. Adesso Dawn era davanti a lei, e per un momento lunghissimo Beth seppe che l’istante successivo sarebbe stato decisivo, la sua prossima mossa avrebbe segnato la sua condanna a morte. Capì, vide con chiarezza per la prima volta nella sua vita. Ogni frammento, ogni sogno, ogni visione acquistò una significato del tutto nuovo.

Ecco, ecco perché aveva sempre visto così vividamente il momento della sua morte. Perché lei, sapendo di non poterle sfuggire, le era andata incontro in ogni sua decisione, inseguendola persino, totalmente accecata dalla fiducia riposta nella consapevolezza che fosse inevitabile.

«È tutto chiaro, ora» disse, abbastanza forte da farsi sentire da chiunque.

E provò una pace che non aveva mai sentito prima.

Morire o non morire. Lo avrebbe scelto in quel momento soltanto, con un semplice gesto della mano. Niente più dolore, niente più sofferenza, niente più lutti e perdite. Solo uno scoppio e sarebbe tutto finito in uno schizzo di sangue.

Addio, non lo disse. Non le piacevano gli addii. E all’improvviso realizzò che doveva essere così anche per Daryl. Non se lo erano mai detti, ma era certa che fosse così. E ora sapeva con certezza che desiderava vivere quella conversazione che non era mai avvenuta, ma che splendeva nella sua memoria come se appartenesse a un’altra vita.

Daryl, l’uomo che aveva giurato di salvarla, senza sapere di aver già mantenuto la sua promessa. Aveva sempre vissuto alimentata da frammenti di memorie e ricordi altrui, ma grazie a lui c’era stato un istante soltanto suo.  

E Beth aggrappò a quel ricordo.

Era durato tutto soltanto un battito di ciglia, ma era cerca che alle sue spalle due uomini – i più importanti che le erano rimasti – stavano per fare qualcosa di molto coraggioso. Di molto stupido. Avrebbero provato a salvarla. Avrebbero ucciso Dawn tra un istante appena. E sarebbe stata una carneficina, per lei, per loro. 

E così scelse, scelse di vivere, per sé. Per loro. Per proteggerli, per poter assaggiare un altro frammento ancora.

Prima ancora che qualcuno – Dawn, Daryl, Rick – estraesse la pistola, Beth fece un passo indietro. Dimenticò ogni memoria che aveva di quel momento, dimenticò l’esito che aveva sempre creduto inevitabile e scelse l’altra via, quella incognita, quella sconosciuta. La via che l’avrebbe tenuta ancora un momento vicina a Daryl, Rick, Maggie, Carl. Una via di cui non conosceva nulla, perché non aveva idea di cosa avrebbe trovato davanti a sé.

Quella inconsapevolezza avrebbe dovuto spaventarla, perché non aveva mai capito cosa significasse non sapere. Ma invece la esaltò, pronta ad accogliere ogni possibilità si aprisse davanti a lei.

Fece un passo indietro, un altro e un altro ancora.   

 «Addio Noah» questo lo disse, sapendo che sarebbe stato definitivo, ma il saperlo lì, per un motivo del tutto sconosciuto, la rincuorò. Forse sarebbe vissuto più a lungo in quel posto, in quella prigione che là fuori. Forse sarebbe riuscito a scappare, a tornare a Richmond, dalla sua famiglia.

«Andiamo» disse qualcuno. Beth si sentì afferrare per il braccio e capì che era stato Rick a parlare. La fece voltare, spingendola avanti a sé, pronto a farle da scudo contro ogni pericolo. Come aveva fatto in tante altre occasioni. Lo guardò per un momento soltanto, e lo trovò più invecchiato di quanto avesse notato pochi instanti prima. Beth si chiese se fosse colpa sua.

La porta si chiuse alle loro spalle, e allora capì che era successo, aveva davvero evitato ciò che aveva creduto inevitabile.

Rick la fece affiancare a Daryl che le sfiorò la schiena con improvvisa urgenza, voleva andarsene da quel posto. Merle apriva la fila, vi voltò appena verso di lei mentre scendevano le scale.

«Hai fatto prendere un bello spavento a tutti quanti, ragazzina» la rimproverò non troppo seriamente, esprimendo forse il pensiero di tutti.

«Saremmo venuti giorni fa» spiegò Carol, la voce incolore, dopo un’altra rampa di scale. «Ma sono successe delle cose.»

«Lo so» sussurrò Beth. Era strano per lei percorrere quei gradini, aveva creduto per tutta la vita che sarebbe stata trasportata. Farli con i suoi piedi le trasmetteva emozioni contrastanti. «Mi dispiace per Bob.» Osservò la nuca di Sasha annuire appena. Ad ogni passo sentiva la mano di Daryl sfiorare la sua quasi per caso.

«Ci sono persone nuove con noi, adesso» disse Rick, appena dietro di lei. «Maggie è con loro, arriveranno presto.»

«Non fidatevi del prete» suggerì soltanto. Vide Rick annuire con la coda dell’occhio.

«Accidenti!» si lasciò sfuggire Merle. «Sapevi anche del prete? Se ti avessi portata in un casinò, mi avresti reso ricco!»

Nessuno sorrise, Carol e Sasha sentivano di aver perso la capacità di incurvare le labbra. Rick e Daryl erano troppo concentrati sui movimenti di Beth, quasi temessero di vederla sparire da un momento all’altro. Improvvisamente, sentì l’impulso di dover dire qualcosa, una sorta di spiegazione per il suo comportamento.

Ma non le uscì alcuna parola. Voleva solo andarsene, vedere Maggie, Carl, Judith. E togliersi dalla testa l’immagine di sua sorella in lacrime, di lei che si accasciava al suolo, di Glenn che la stringeva mentre un corpo ancora caldo le veniva posato davanti.

E così uscirono. Beth varcò la porta della prigione. Il sole la accecò, ma scorse ugualmente il mezzo fermarsi oltre i cancelli. Quando vide Maggie scendere, si sentì quasi mancare. E quando la abbracciò, le sembrò incredibile il solo poter ancora respirare. Si sentì felice come non lo era da tempo, come se tutti i tasselli fossero tornati al loro posto. Quell’abbraccio era la pagina finale del libro, ma era sempre stata nascosta e non l’aveva mai letta. Un finale inaspettato e dolcissimo.

Ora conosceva ogni frammento, ogni ricordo, ogni visione. Tutto era andato al posto giusto. Ogni sua percezione si fermava a quel giorno, a quello sparo, a quell’ospedale dal quale era appena uscita. E ora, non aveva idea di cosa sarebbe successo.

Tra le braccia di Maggie si domandò se il suo potere si fosse estinto. Forse si era esaurito, perché lei aveva compiuto il suo percorso. Per un brevissimo momento pensò di essere finalmente libera.

«Credevo… di non vederti più» singhiozzò Maggie contro la sua spalla.

Beth non rispose, guardò Carl venirle incontro, Michonne, Judith. Rick e Daryl. E non aveva alcuna idea di cosa sarebbe successo il giorno successivo, o quello dopo ancora.

Non sono libera, realizzò con orrore. Sono completamente cieca.      

All’improvviso provò una paura mai sentita prima. Si sentì terrorizzata dal domani, come mai lo era stata fino a quel momento. Tutta l’esaltazione era scomparsa, tutta l’aspettativa era svanita come neve al sole.

«Beth.» Poi fu Rick ad abbracciarla e la sua barba troppo lunga le solleticò il viso. Si lasciò avvolgere e cullare, seppellendo il volto nel petto dell’uomo. Sentì l’impulso di mettersi a piangere o a urlare, rimpiangendo quel potere che non aveva mai desiderato, ma che ora le mancava come l’aria.

Ma poi, in quell’abbraccio caldo, capì quello che sapeva da molto tempo ormai. Non era sola. La sua famiglia era lì. Maggie, Carl, Rick e Daryl. Tutti lì, per lei. E il domani le fece un po’ meno paura.

Forse il suo potere sarebbe tornato, forse sarebbe andato tutto bene. Forse per lei e Daryl c’era una possibilità. Non lo sapeva, ma ci avrebbe provato, voleva quell’occasione.

Rick la lasciò andare e lei scivolò verso Daryl. Nessun abbraccio tra loro, lo sapeva. Ma il suo sguardo valeva più di mille gesti o parole. Lei sorrise, un gesto di scuse. Il primo vero confronto che avevano da quel bacio scambiato in quella notte lontana.   

«Stai bene?» le domandò.

«Adesso sì.» 

Forse, dopotutto, sarebbe andato tutto bene.

 

 

҉

 

 

Non fu così, ovviamente.

Ma ho volutamente lasciato un finale aperto, così che ognuno si immagini quello che preferisce. Beth riacquista il suo potere, o forse no. Lei e Daryl staranno insieme per sempre o forse no. ( INVECE SÌ ).

O forse, come nelle mie più rosee aspettative, lei, Daryl e Rick formeranno un meraviglioso trio, incentrato sul loro incondizionato amore per lei.

Aldilà dei miei vaneggiamenti, ecco qualche piccola nota finale:

–  Cosa ti ha fatto cambiare idea? Daryl non ha mai risposto. Qui il dialogo è stravolto, è Beth ad aver cambiato idea. E quel tu tanto atteso,  finalmente è arrivato. 

–  La storia sull’uomo di Damasco deriva pari pari dall’episodio La Domatrice della serie tv su Hercule Poirot, di Agatha Christie, serie che amo e che mi accompagna dall’infanzia. E il titolo Sipario, deriva proprio dall’ultimo episodio della serie.

– Noah morirà andando con il gruppo di Rick, per questo Beth crede sia meglio che rimanga lì. E ovviamente è la presenza del ragazzo che porterà Dawn a provocare Beth al punto da tentare di ucciderla.

– Merle non muore, ho deciso di tenerlo in vita, non solo perché lo apprezzo molto come personaggio, ma anche per dare la prova che il destino in questa storia non esiste. Doveva morire, e Beth lo ha impedito. È l’eccezione. Perché ogni altra persona che ha tentato di salvare è poi morta.

Non ricordo se ho altro da aggiungere, il capitolo è già abbastanza lungo di suo. Spero vi piaccia e ringrazio chi ha seguito questa mia breve avventura in questo fandom. E per chi non ne avesse già abbastanza di me, avviso che ho una lunghissima storia già in lavorazione – circa 350 pagine finora, ma la conclusine è ancora lontata. Una sorta di what if, sempre su Beth e Daryl (e altro…), che comincia dalla caduta dalla prigione, seguendo tutta la storia delle stagioni successive. Ma dovrà essere completa, o almeno avvicinarsi alla completezza prima che mi azzardi a pubblicarla. E in ogni caso, dovrò prima completare un altro progetto lasciato a metà, quindi servirà un bel po’ di tempo.

Vi lascio giù due immagini.

 

Grazie davvero a tutti, e a presto,

topazio♥


 

 

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