Le fiabe oscure

di Riflessi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo Le fiabe di Beda il Bardo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 Il caso Belby ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 L'Unicorno Bianco ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 La soffiata agli Auror ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 Il quadro maledetto ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 Una decisione importante ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 La stanza segreta di Villa Malfoy ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 L'aiuto di Draco ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 Un mazzo di fiori per Hermione ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 Niente più differenze ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 Scommettiamo? ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 Zuccotti di zucca ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 Dagli elfi domestici, a Draco Malfoy ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 Schiaffi indelebili ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 Il solito, cinico, bastardo ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 Bella come un giorno di sole ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 L'alba del Wiltshire ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 La potenza del sangue ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 Godric's Hollow ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 Ministero della Magia ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 Quella maledetta voce ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 Collaborazione fra case ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22 Un milione di donne sulla faccia della terra ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23 La casata dei Malfoy ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24 Dopo secoli di perfezione... ***
Capitolo 26: *** Capitolo 25 Le donne erano creature folli ***
Capitolo 27: *** Capitolo 26 L'opinione del mondo ***
Capitolo 28: *** Capitolo 27 La bizzarra benedizione di Potter ***
Capitolo 29: *** Capitolo 28 Quella sera, Ron divenne adulto ***
Capitolo 30: *** Capitolo 29 Toby l'elfo ***
Capitolo 31: *** Capitolo 30 Follia ***
Capitolo 32: *** Capitolo 31 Pollicino ***
Capitolo 33: *** Capitolo 32 I doni della morte ***
Capitolo 34: *** Capitolo 33 Un banalissimo Wingardium Leviosa ***
Capitolo 35: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo Le fiabe di Beda il Bardo ***


Note importanti:
 
PERCHE' DRACO/HERMIONE...
Quando mi appassionai alla saga di Harry Potter ero piccola, e Draco Malfoy, dal mio punto di vista fanciullesco, era semplicemente il bulletto bastardo ed antipatico che metteva i bastoni tra le ruote ai tre protagonisti, che faceva saltare i nervi quando prendeva in giro Hermione o quando faceva i dispetti. Anni dopo mi capitò di riprendere in mano i libri, e rilessi l'intera storia con mentalità adulta: il risultato è stato l'aprirsi di un altro mondo, l'accorgermi di sfumature più profonde nei caratteri dei personaggi, gesti e comportamenti dettati da motivazioni serie, situazioni intricate, argomenti molto più attuali e reali rispetto al solo scenario da favola per bambini... ed in tutto questo, rientrava anche un soggetto all'apparenza così banale e prevedibile come Draco Malfoy. Lui era un ragazzino complicato, con seri problemi a relazionarsi agli altri, che non capiva il significato profondo dell'amicizia, e tendeva a nascondere le sue mancanze dietro lo snobismo e l'odio... fino ad arrivare al punto di sottomettersi al gioco di Voldemort, anche se con grande sofferenza nell'ultimo periodo.
Io ho sempre avuto come la sensazione che anche proprio ma proprio alla fine, Draco potesse fare qualcosa per riscattarsi completamente da tutti  quegli anni di oscurità... purtroppo non è stato così o, per lo meno, il suo redimersi non è stato così palese come quello di Severus Piton. La situazione di Draco purtroppo, da "Il Principe Mezzosangue" in poi, si era compromessa a tal punto che, nonostante la terribile voglia di tirarsi indietro da tutta quella follia omicida, era diventato impossibile scappare, a meno di volerci rimettere la vita. Per comprendere e riscattare la figura del serpeverde ho dovuto leggere fra le righe, captare alcune sue piccole azioni, minimi gesti, impercettibili atteggiamenti: il non denunciare Harry, Ron ed Hermione a Malfoy Manor, il pianto disperato di fronte lo specchio del bagno, l'incapacità di uccidere Silente, o la sua titubanza nel finale, quando raggiunse controvoglia suo padre ed i mangiamorte sullo sfondo di una Hogwarts semidistrutta.
È per tutti questi motivi che ho cominciato a rivalutare Malfoy come personaggio.
PERCHE' NON RON/HERMIONE...
A questo punto delle spiegazioni, nel mio immaginario, era inevitabile affiancare Draco Malfoy ad una donna del calibro di Hermione... perchè la realizzazione della storia d'amore fra lei e Ron, coronata dal famoso bacio nella camera dei segreti, non mi ha dato quella soddisfazione completa, quella della spettatrice di fronte alla coppia preferita che finalmente si dichiara amore eterno. Il "tutti vissero felici e contenti" stonava troppo, c'era qualcosa di sbagliato... nella mia personalissima visione, una donna del suo stampo, così intelligente, caparbia, coraggiosa, intraprendente, generosa, e tante, tante altre cose, avrebbe dovuto avere vicino un uomo con un lato più misterioso, per scontrarsi con lui ogni giorno, amarlo e maledirlo al tempo stesso. Ad Hermione, per mantenere costantemente viva la fiamma, serviva un uomo più tormentato, con il bisogno di essere guidato per mano verso la luce... e chi, se non lui, poteva rivestire questo ruolo?
L'idea di Hermione e Ron nel futuro mi trasmetteva la brutta sensazione di quelle relazioni incentrate sull'abitudine, basate piuttosto sull'affetto, che sulla passione travolgente. Lei meritava un amore più vivace, più travagliato anche, un amore da film! Dove lui, nonostante l'oscurità che lo avvolge, alla fine capisce di amarla più della sua stessa vita. Io poi ho sempre voluto credere che Draco, nel suo atteggiamento di esagerato disprezzo, abbia sempre nascosto un pizzico di interesse verso di lei...
OOC o IC?
Credo che in una fanfiction, fare di Draco ed Hermione una coppia, renda questi due personaggi... come dire... automaticamente Out Of Character! Mi spiego meglio: Draco ed Hermione hanno caratteri talmente diversi che trovare a tutti i costi un modo per farli innamorare, equivale a farli deviare forzatamente dal loro abituale e naturale modo di comportarsi. La Dramione è una ship molto delicata, si rischia facilmente di scivolare nei cliché e nella banalità; cercherò il più possibile di evitarlo, anche se è difficile.
AVVERTIMENTI...
Non stravolgerò il carattere di Hermione facendola letteralmente buttare fra le braccia del mangiamorte solo perchè dopo dieci anni lo incontra per strada e si accorge che è diventato bellissimo... o almeno non lo farò in questa storia, perchè è così che voglio! Non trasformerò Ron in un giovane cattivo e violento, solo per dare ad Hermione la possibilità di lasciarlo con la coscienza pulita (Ron è un ragazzo così buono che non si merita di diventare un orco in questa storia. Forse mi capiterà di farlo in un'altra, chissà). Draco, invece, che ha pagato i suoi errori attraversando un lungo e buio periodo, non diventerà d'improvviso un eroe buono senza macchia e senza paura, pronto a gettarsi nelle fiamme per gli altri, perchè il suo lato codardo cercherà costantemente di riemergere! Affronterà però, un percorso molto difficile per diventare finalmente un uomo migliore: molte volte cadrà, si rialzerà, maledirà se stesso e il suo infame orgoglio ma poi... credo che, alla fine, su di lui farò splendere il sole!
AMBIENTAZIONE...
"Le fiabe oscure" è ambientata nove anni dopo il 1998 e mi sono basata sulle informazioni che la nostra amata J.K. Rowling ci ha dato sul futuro di ogni personaggio: per cui Harry è divenuto capo Auror, Hermione dirige l'ufficio per l'applicazione della legge sulla magia (è ancora lunga la strada per la poltrona da primo Ministro), Ron lavora al negozio di scherzi, Ginny fa crescere James, mentre Draco Malfoy condurrà la sua vita da aristocratico che studia l'alchimia, con la passione per i manufatti oscuri, di cui fa collezione...
Ed è proprio da quest'ultimo punto che ho trovato l'idea per far incrociare le strade di Draco e di Hermione. Nel periodo in cui è narrata "Le fiabe oscure", lei si sta occupando della traduzione de "Le fiabe di Beda il Bardo" (il cui titolo fa in parte riferimento) ed insieme ad Harry tentano di risolvere uno strano omicidio. Da quel momento cose misteriose cominceranno a capitare alla ragazza, e la storia si tingerà a tratti di toni vagamente horror...
Il prologo invece, è una breve escursione di un anno avanti rispetto alle vicende della storia, racconta infatti il momento in cui Hermione Granger, al banco del Ghirigoro, presenta il libro già tradotto e stampato.
 
Tutti i personaggi sono di esclusiva proprietà di J.K. Rowling, e la fanfiction è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
 
Buona lettura...

 
Le fiabe oscure...
 
Prologo
< Maggio 2008 >
 
"In un giardino incantato chiuso da alte mura e protetto da potenti magie, in cima ad un colle scorreva la fonte della buona sorte.
Una volta all'anno, tra l'alba e il tramonto del giorno più lungo, un solo infelice aveva il privilegio di intraprendere il viaggio alla fonte, bagnarvisi e ricevere buona sorte per il resto della vita..."
 
La voce limpida e calma di Hermione Granger giungeva alle orecchie della gente lì assiepata come una dolce cantilena, una musica che aveva il magico potere di ammaliare le menti e far scendere il silenzio all'interno del locale. Harry Potter si mosse sulla sua sedia, come in fermento, "Le fiabe di Beda il Bardo" non le aveva mai amate particolarmente, gli ricordavano troppo i giorni bui in quella sudicia tenda alla ricerca degli Horcrux; ora che ci pensava, si era inconsciamente rifiutato pure di raccontarle a suo figlio James che, nonostante ciò, sgambettava continuamente per casa parlottando di pentoloni salterini e cuori pelosi... opera di Ginny sicuramente! Ron, alla sua sinistra, si stava infilando un dito nel naso ed Harry, distrattamente, tornò a guardare Hermione seduta dietro il bancone del Ghirigoro; d'improvviso però, sgranando gli occhi, realizzò l'assurdità della scena precedente: Ron intento a rovistare nel suo naso! Con sguardo inceneritore gli rifilò una violenta gomitata nelle costole; l'amico borbottò qualcosa di incomprensibile a bassa voce e si scambiarono un paio di battute nervose fra loro, finché quel piccolo screzio destò l'attenzione di un altro ascoltatore, seduto rigidamente alla loro destra: Draco Malfoy. Il ragazzo, al contrario di Harry e di Ron, stava seguendo attentamente la lettura di Hermione Granger perciò, infastidito, intimò il silenzio ai due farfugliando qualcosa che Harry recepì come un molto, molto probabile: "Cretini!".
 
..."Ora, Messer Senzafortuna, come il cavaliere era conosciuto nelle terre fuori dalle mura, si avvide che quelle erano streghe e, poiché non possedeva alcun potere magico, né particolare abilità a giostrare o a tirare di scherma, né alcunché che lo distinguesse, era certo di non aver speranza di battere le tre donne nella corsa alla fontana..."
 
Non era stato particolarmente difficoltoso per Hermione tradurre "Le fiabe di Beda il Bardo" dall'originale in rune antiche perchè aveva già letto dieci anni prima quel libro, per uno scopo ben preciso. Nel mondo magico quelle favole per piccoli maghi erano già universalmente conosciute e tramandate dai genitori ai figli, eppure, nonostante questo la sua edizione aveva avuto un discreto successo: forse, sospettava, per la notorietà che aveva acquisito come eroina di guerra o probabilmente, per la curiosità che invece destavano le accurate considerazioni del defunto Albus Silente in calce ad ogni favola (concesse dagli Archivi di Hogwarts), e pubblicate nel suo libro. Fatto sta che quel giorno al Ghirigoro, erano giunte davvero molte persone, ed Hermione Granger, con la sua versione de "Le fiabe di Beda il Bardo" aveva superato di gran lunga il record di presenze ottenuto dal vecchio Gilderoy Lockhart, il professore di difesa contro le arti oscure che, nel pieno dei suoi anni d'oro, aveva presentato dietro lo stesso bancone: "Magicamente Io".
La sua voce calda proseguiva melodica:
 
... "e così le tre streghe e il misero cavaliere si inoltrarono per il giardino incantato."
 
Molly Weasley se ne stava in piedi, appoggiata ad un muro laterale del negozio tenendo in braccio James addormentato, ed ascoltava Hermione con quella sua espressione materna e compiaciuta di sempre, quella che riservava ad ogni suo figlio, compreso Harry, quando faceva qualcosa di veramente lodevole. Minerva McGonagall, abbandonata la scuola per qualche ora, rimirava la sua ex studentessa con un orgoglio che a stento riusciva a trattenere, rimettendosi a posto gli occhiali continuamente in un gesto automatico che sapeva più di vizio che di necessità; Ginny era scappata pochi minuti prima, per evitare che Albus, appena nato, cominciasse a piangere disperato per la fame, mentre il ministro Shacklebolt, seduto in prima fila, si era girato per confabulare con quel troppo famoso Capo-Auror dagli occhiali rotondi...
 
... "La fonte scintillava davanti a loro, tra le erbe e i fiori più rari e più belli che avessero mai visto. Il cielo era infiammato di rosso ed era ormai tempo di decidere chi tra di loro si sarebbe bagnato alla fonte..."
 
Hermione Granger alzò un momento gli occhi dalla pagina ed incrociò uno sguardo chiarissimo, insistentemente fisso su di lei: Draco Malfoy aveva un'espressione così seria da far paura, le sue sopracciglia erano leggermente aggrottate, le braccia incrociate e la posa estremamente rigida; per un momento si chiese cosa diavolo ci facesse lui lì se la presentazione di un libro lo indisponeva così tanto, poi... le labbra dell'uomo si alzarono in un piccolo sorriso sghembo, fino ad aprirsi in qualcosa di più incoraggiante. Quando furbescamente le strizzò l'occhio in segno d'intesa, Hermione si imbarazzò e perse tragicamente il filo della lettura. 
"Ehmm... scusatemi!" Riprese a leggere.
 
..."Ma prima che potessero giungere ad una decisione, la fragile Asha cadde a terra. Esausta per lo sforzo di scalare la vetta, era in fin di vita..."
 
***
 
Dieci anni erano passati dal 2 maggio del 1998, il cammino di ognuno di loro era stato a tratti semplice, come se fosse stato diretto dal destino stesso, a tratti così complicato da lasciare spazio all'autodistruzione, alla commiserazione, alla depressione...
Nessuno era rinato subito a nuova vita, perchè quella era stata una vittoria con un retrogusto troppo amaro per esser festeggiata senza riflessioni. I sorrisi della gente furono sorrisi falsi per molti mesi ancora a venire, e tutti coloro che avevano "vissuto sulla propria pelle" non ebbero mai il coraggio di confidare al prossimo quella vergognosa (ma purtroppo legittima) invidia verso chi, per un puro colpo fortuna, era sopravvissuto al posto di un familiare.
Hermione Granger aveva sofferto in modo intenso ma razionale, un dolore muto che l'aveva fatta piangere silenziosamente, finché non aveva realizzato all'improvviso che, insieme alla fine di Lord Voldemort, era finita anche l'adolescenza. Si scoprì finalmente donna: la ragazzina che correva per Hogwarts dietro ai mantelli dei suoi amici spericolati, era sparita con l'ultimo incantesimo fatto contro i mangiamorte.
Così, raccolse i cocci della propria vita e decise che non avrebbe mai più pianto. Mantenne fede alla promessa: le lacrime non solcarono mai più le sue gote, la sua vita iniziò a scorrere placidamente, ed arrivarono le soddisfazioni, per la sua gioia e quella dei suoi genitori babbani. Portò aria di cambiamento all'interno del Ministero della magia: al dipartimento per la regolazione e il controllo delle creature magiche continuò il suo lavoro per i diritti degli elfi domestici e gli esseri svantaggiati, e in generale si distinse così tanto per l'intelligenza e la perseveranza che alla fine, ottenne una promozione importante all'interno dell'ufficio per l'applicazione della legge sulla magia, dove ancora lavorava e collaborava con Harry Potter, a capo della squadra di Auror.
Altrettanto bene non era andata in materia d'amore e, purtroppo, Hermione era costretta a farsene una colpa: quando aveva subito il brusco cambiamento svegliandosi donna, semplicemente Ronald Weasley aveva cominciato ad andarle stretto. Si era convinta che, restando insieme a Ron, avrebbe condotto una vita mediocre; con un pizzico di presunzione pensava di possedere un cervello più sviluppato del suo: lui era un uomo semplice, privo di ambizioni, poco passionale, schiavo di gelosie immotivate, un poco tonto e buono fino all'esasperazione; lei invece era un concentrato di astuzia, intelligenza, intraprendenza, voglia di emergere, caparbietà... doti che come è ovvio, contrastavano enormemente con la personalità del ragazzo. Talvolta veniva assalita dall'ansia al pensiero di un ipotetico futuro come moglie di uno che gestiva in società un negozio di scherzi a Diagon Alley.
L'anno che Hermione Granger trascorse ad Hogwarts da sola per conseguire i M.A.G.O. fu provvidenziale per il definitivo allontanamento, e Ronald Weasley, conscio di un amore che non era mai definitivamente decollato, guardò altrove liberandola dal pesante fardello della totalità delle colpe. Per qualche tempo furono impacciati nel relazionarsi ma poi, l'estrema ingenuità di Ron e la sua rassegnazione, insieme al fatto che aveva cominciato a frequentare qualche ragazza, li aiutò a ricucire la loro antica amicizia. La famiglia Weasley non era mai venuta a conoscenza di un vero e proprio fidanzamento fra loro perciò, ignari degli eventi, attribuirono la colpa del mancato amore ai cambiamenti dell'età adulta... anche se a volte Molly Weasley ancora ci sperava, insoddisfatta delle donne che suo figlio le portava a casa.
 
***
 
..."Buon signore, siete voi a dovervi bagnare, in ricompensa della vostra cavalleria disse a Messer Senzafortuna. Così il cavaliere sferragliò negli ultimi raggi del tramonto e si bagnò nella fonte della buona sorte, esterrefatto di essere stato scelto tra centinaia e stordito dalla propria incredibile fortuna."
 
Draco Malfoy non staccava ancora i suoi stupefacenti occhi azzurri da Hermione Granger. Accanto a lui, il capo degli Auror aveva smesso già da un pezzo di studiare il modo di vendicarsi di quell'appellativo che Malfoy gli aveva borbottato contro poco prima: si rese semplicemente conto che, in effetti, non aveva avuto tutti i torti a chiamarli cretini e comunque lo vedeva troppo preso dalla lettura de "La fonte della buona sorte" per distrarlo al solo fine di punzecchiarlo. In realtà, a Draco Malfoy non fregava un emerito cazzo di quelle favolette e, se coloro che lo circondavano erano convinti che la sua espressione concentrata fosse un omaggio a Beda il Bardo, che lo credessero pure. Lui nel frattempo era impegnato ad analizzare la lettrice: la sua voce, il movimento delle labbra, gli scatti rapidi delle pupille sulle pagine del libro, la mano che di tanto in tanto rimetteva dietro l'orecchio una ciocca del suo particolare castano chiaro ramato, le leggerissime efelidi quasi nascoste dal trucco... Che assurdità il destino: era seduto lì, al Ghirigoro, ad ascoltare una nata babbana leggere le "Le fiabe di Beda il Bardo", ad osservarla con attenzione e ad irritarsi con il suo vicino di sedia (niente meno che Harry Potter) solo perchè faceva trambusto insieme al suo compare, distraendolo.
Draco Malfoy faceva parte della schiera di persone il cui cammino, già tracciato da quella potenza superiore che non ci è dato conoscere, invece di dirigerli subito sulla via della guarigione, li aveva fatti deviare e perdere per lunghissimo tempo tra i vicoli dell'autodistruzione. I suoi rimorsi di adolescente furono devastanti, i sensi di colpa lo rosero dentro, portandolo a schifare se stesso e ad annegare nella depressione; divenne più cupo e più maledetto ancora, evitò i luoghi affollati per la stramaledetta vergogna di imbattersi in coloro che erano stati piegati dal razzismo dei mangiamorte, che erano stati bullizzati da lui e dalla sua cerchia, torturati da chi loro sostenevano con tutte le forze. Come spiegare a tutta quella gente che quello che aveva tentato di fare alla fine, lo aveva fatto perchè voleva salvare la famiglia? Che sì! Era veramente un gran codardo. Che sì! Da ragazzino adorava gli ideali che suo padre gli metteva in testa. Che sì! Si era approfittato della sua potenza contro i più deboli, ma poi... poi si era reso conto del tremendo errore, ma quando ormai purtroppo, la follia cieca di Voldemort aveva raggiunto livelli inaccettabili anche per i suoi stessi seguaci. E nonostante l'immenso tormento interiore dovuto a quella rivelazione, fu costretto in seguito a continuare a sbagliare, pena la sua stessa vita.
In alcuni casi non basta il semplice e puro pentimento per rimettere le cose sulla giusta strada: questo aveva scoperto Draco Malfoy in quegli anni di espiazione.
Poi si svegliò dal torpore, e si accorse pure lui, come gli altri, di essere diventato uomo, allora, decise di diventare anche una persona migliore: non avrebbe mai amato una donna però, no! Troppi peccati da pagare, troppa sofferenza interiore per poter anche solo pensare di far felice un'altra persona... fu proprio in quel periodo che decise di rifiutare la nobile Astoria Greengrass. Divenne un buon amministratore per i suoi possedimenti e le sue ricchezze, e si appassionò agli studi alchemici: non per ottenere la vita eterna come Flamel, ma per il senso più  profondo di quella scienza, per gli insegnamenti filosofici e metafisici, capaci di guidare la mente umana verso la sua evoluzione, il suo miglioramento psichico e fisico...
Gli oggetti maledetti posseduti per secoli dalla sua famiglia, continuarono ad intrigarlo: girò tutto il mondo magico per trovarne altri, più rari e più letali. Divenne un esperto di manufatti oscuri, ma non ne fece mai più uso, tendoli invece chiusi in teche di vetro e custodendoli in una stanza isolata della sua immensa casa; si rese conto con ironia che la sua smania di collezionarli nascondeva inconsciamente il desiderio di renderli innocui perchè, se al sicuro sotto il suo controllo, nessuno avrebbe più potuto utilizzarli per fare del male. Era un modo un po' contorto di scontare forse la colpa nei confronti di Katie Bell, la ragazza che anni prima aveva quasi ucciso ad Hogsmade, rifilandogli una collana maledetta, in realtà destinata ad Albus Silente.
E alla fine, pure Draco Malfoy aveva trovato un suo piccolo posto nel mondo, anche se alcune cose ancora mancavano per renderlo davvero un uomo felice, o forse no...
 
..."Le tre streghe e il cavaliere scesero insieme dal colle, a braccetto, e tutti e quattro vissero a lungo felici e contenti, senza mai sapere né sospettare che l'acqua della fonte non possedeva alcun incantesimo."
Fine
 
Hermione chiuse il libro, sorrise raggiante e spiegò che avrebbe pubblicato "Le fiabe di Beda il Bardo" anche nel mondo babbano nel dicembre dello stesso anno, e che il ricavato delle vendite sarebbe andato ad una fondazione per bambini malati. Un applauso si levò nel negozio e molti ragazzini vennero messi in fila per l'autografo, mentre il fracasso di sedie spostate copriva le domande che un paio di giornalisti tentavano di fare.
Hermione Granger in quei dieci anni aveva avuto il tempo di maturare al punto di diventare una bella donna con lineamenti perfetti ed accattivanti, non particolarmente formosa anzi, forse un tantino magra, ma fine ed aggraziata; occhi penetranti e scuri, capelli finalmente domati, naso dritto e un sorriso abbagliante. Era una donna sobria ed elegante anche nel vestire, infatti pure in quell'occasione si stava distinguendo per l'impeccabilità del suo completo nero: pantaloni stretti, una bella maglia aderente e un pochino scollata, scarpe aperte col tacco e infine una giacca bianca.
Quando la folla al Ghirigoro iniziò a diradarsi, Hermione andò incontro ad un gruppo di persone rimaste in piedi  ad aspettarla: salutò Minerva McGonagall, snobbò Draco Malfoy, abbracciò Harry e Ron con calore, e fece un paio di smorfiette stupide a James Potter ormai sveglio. Poi, come ricordandosi di qualcosa, si voltò di scatto alterata:
"Tu!!! Si può sapere perchè avevi l'espressione da Ungaro Spinato prima?"
Draco Malfoy, sententosi tirato in causa, alzò un sopracciglio, seccato: "Chiedilo ai tuoi amici! Fanno casino come se stessero ancora ad Hogwarts!"
Ron, con le orecchie rosse, si affrettò ad annunciare che era tempo per lui di ritornarsene al negozio e, gradualmente, il gruppo si disperse. Draco Malfoy invece rimase piantato lì, con il solito sguardo enigmatico da uomo sprezzante, ma impeccabile nel suo abbigliamento, composto da pantaloni grigi e camicia bianca. Hermione rimase sulle sue, sollevando il mento con aria di sfida e aspettando che le dicesse qualcosa, invece lui si avvicinò in silenzio ed allungò un braccio, afferrandole la mano. Prese ad accarezzarle il dorso con il pollice, senza cambiare minimamente espressione, ed aspettò, fino a quando vide il viso di Hermione abbandonare la tensione e sciogliersi in un caldo sorriso; solo allora, anche gli angoli delle sue belle labbra finalmente si incurvarono. Era una scena di una strana dolcezza: loro erano due persone piuttosto timide nell'affrontare sentimenti che poco conoscevano, rappresentanti di due versanti opposti che avevano lottato contro la disperazione per ritornare a galla e, a distanza di tutto quel tempo, ancora raccoglievano qualche coccio sparso. Si stavano rapportando con molta cautela, per paura di osare troppo con una parola o un gesto impulsivo, e tenendo sotto stretto controllo l'eccessivo ardore per non spaventare l'altro fino a farlo scappare. Hermione, che sorrideva ancora, gli strinse le dita, riempiendosi la vista della sua bellezza signorile: gli occhi erano così chiari da spiazzare chiunque lo guardasse, le labbra erano carnose ed il naso dritto; la pelle era divenuta un poco più rosea rispetto ai suoi ultimi e sofferenti anni di scuola, merito forse del cambiamento di vita dopo la guerra ed i suoi orrori, mentre i capelli, di quell'assurdo colore tendente al platino, si erano scuriti un poco, dandogli qualche sfumatura di un biondo più caldo. Hermione aveva avuto modo anche di notare che stava diventando leggermente stempiato, ma era una cosa che non stonava nel complesso aveva stabilito ironicamente già da qualche tempo, perchè si addiceva alla sua condizione di aristocratico!
Draco Malfoy finalmente aprì bocca e, guardandosi prima intorno, le disse in tono serio: "Ti sto rovinando la reputazione..."
Hermione seguì  il percorso del suo sguardo, notando una decina di persone che cercavano palesemente di fingere interesse per qualunque cosa non fossero loro due, poi piantò di nuovo gli occhi in quelli azzurri di lui e delusa rispose: "Smettila Draco... è pura idiozia questa! Non sei uno scarto della società, ficcatelo bene in testa!" Socchiuse gli occhi, dubbiosa: "Forse sei tu che hai paura di macchiarti la reputazione con una nata babbana?"
Sciolse l'intreccio delle loro mani e si allontanò di un passo, mentre si stava già pentendo della sciocchezza detta; sapeva perfettamente che Draco aveva sofferto abbastanza e si era auto punito anche troppo, chiedendo perdono perfino per ciò che non aveva fatto. Hermione ne era consapevole, e si sarebbe presa a schiaffi da sola per ciò che le era uscito di bocca. Lui la guardò mortificato, si infilò una mano in tasca e la estrasse subito dopo, mettendole davanti agli occhi un sacchettino di velluto rosso. La frase che gli aveva rivolto la ragazza lo aveva ferito profondamente, facendo riemergere nel suo animo paure e turbamenti che aveva già dovuto affrontare un milione di volte e che, come uno stupido, riteneva fossero acqua passata, almeno con lei; invece si rese conto con dispiacere che probabilmente non avrebbero mai smesso di rimbeccarsi su certe questioni, forse anche per tutta la vita.
"Volevo darti questo. Ma sai, credo sia inutile, purtroppo. Ho ragione quando dico che le cose non cambieranno mai... nonostante gli sforzi che compio." Le disse ciò con voce sconfortata, distogliendo un momento lo sguardo. Le depositò il sacchetto tra le mani, sorrise amareggiato scrutandola con i suoi straordinari e indimenticabili occhi azzurri, e poi si voltò per andarsene.
 
Continua...

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 Il caso Belby ***


 
 
 
 
Capitolo 1
(otto anni prima)
 
La cella cupa di Azkaban, con la sua misera fenditura che si affacciava sul mare tempestoso, di certo non poteva essere agevole o abbastanza grande per contenere l'irruenza incontrollabile di un lupo mannaro: Fenrir Greyback, in quel momento, era ipnotizzato dal chiarore lunare e premeva, attratto dall'astro perfettamente tondo, la sua faccia contro le sbarre della finestrella. Gli occhi erano stravolti e dei rivoli di bava cominciavano a bagnargli il mento peloso, i denti gialli e sporchi si erano già allungati a dovere, ed un forte strappo annunciò che gli stracci puzzolenti che normalmente portava addosso erano saltati via. La voglia forsennata che aveva Fenrir di sangue umano non si era mai placata una volta nella sua vita, neanche in prigione; l'ex soldato del Signore Oscuro infatti, non aveva accettato l'aiuto che gli era stato mandato dal Ministero ed aveva cacciato per tre volte di seguito il vecchio Damocles Belby, il pozionista divenuto famoso per aver inventato la pozione antilupo. Greyback rifiutò categoricamente di bere il filtro e l'ultima volta che Belby gli fece visita, urlò furiosamente che preferiva morire, piuttosto che domare con la forza di una pozione la sua natura animalesca.
Azkaban aveva cambiato politica dalla morte di Lord Voldemort: per ordine del Ministro della Magia Kingsley Shacklebolt, i dissennatori non infestavano più il penitenziario, ed in linea di massima si tentava di mantenere un tenore di vita accettabile per i detenuti. La particolarità del caso di Fenrir Greyback, aveva anche fatto si che la sua camera fosse ampliata di due metri quadrati, rispetto ai claustrofobici quattro di regolamento, per via dei disagi della trasformazione, ma nonostante ciò, il lupo mannaro aveva continuato a dare del filo da torcere.
Un ruggito disumano squarciò la quiete notturna del carcere più sicuro del mondo magico: un enorme lupo raspava il tavolo staccando pezzi di legno vecchio mentre tremava di selvaggia rabbia repressa. Lanciò una sedia che andò ad infrangersi contro le barriere protettive delle pareti ed innavvertitamente si graffiò un braccio per il contraccolpo. La goccia di sangue che ne sgorgò fece impazzire del tutto la bestia che, in astinenza dal giorno in cui era stata arrestata, iniziò ad annusare l'aria come un segugio, cercando ansiosamente l'origine dell'amato odore ferroso: quando lo individuò, prese a leccarsi la ferita come un folle. La sua mente annebbiata smise totalmente di funzionare, morse la sua stessa carne, strappò brandelli di muscoli e nervi, scoprì il biancore dell'osso... Il dolore arrivò con qualche secondo di ritardo e con un ululato atroce colpì ripetutamente la testa contro il muro, senza una reale coscienza di ciò che faceva. 
Fenrir Greyback morì quella notte, in un lago di sangue, vittima della sua stessa natura animale...
 
Inizio della storia
 
Un anno prima l'uscita de "Le fiabe di beda il Bardo"
 
I tacchi rimbombavano fragorosamente nel corridoio del secondo piano, Hermione correva come potevano permetterglielo le sue dannate scarpe, mentre imprecava mentalmente contro i suoi dipendenti idioti. Svoltò a destra, poi a sinistra, tenendo premuta una mano sull'addome, in corrispondenza della milza, da cui proveniva una fitta acuta: purtroppo non era mai stata un granchè atletica, e maledì la sua pigrizia...
Una settimana prima il suo ufficio aveva catalogato come "non particolarmente urgente" la lettera che la Sign.ra Belby aveva mandato al Ministero, in cui raccontava di fatti alquanto strani e misteriosi che accadevano in casa sua da un paio di mesi a quella parte. Oberati di lavoro com'erano, il suo collega Dorren aveva messo il caso nella non breve lista d'attesa per i controlli degli Auror. In effetti, pensandoci, era stata un tantino idiota anche lei a non sentire puzza di bruciato in quella storia ma, a loro discolpa, c'era pur sempre il fatto che lettere come quelle ne arrivavano a centinaia al dipartimento per l'applicazione della legge sulla magia e quindi, prendere con carattere d'urgenza ogni singola denuncia di quel genere, equivaleva a togliere tempo a casi palesemente gravi, oltre che a farli diventare tutti pazzi.
La targa dorata sull'ultima porta che recitava "Quartier generale degli Auror" le annunciò di aver raggiunto la meta, così Hermione rallentò la corsa riprendendo fiato ed accorciando bruscamente i passi; rischiò addirittura di cadere in avanti, ma per fortuna riuscì appena in tempo ad appoggiarsi con entrambi i palmi al legno del portone. Spalancò l'uscio e venne improvvisamente accolta da un tremendo caos, un atrio dal quale si dipartivano altri corridoi, altre porte, altri uffici... e gente: tanta gente che si scambiava fogli, informazioni, articoli del Profeta, pozioni indefinibili. Hermione gonfiò i polmoni e sputò a voce forte: "Ho bisogno urgentemente di Harry Potter! Ora! C'è stato un assassinio in casa Belby, ad Hogsmade!"
Un Auror alto e magro le si avvicinò di qualche passo: "Buongiorno Hermione Granger! Mi dispiace, ma devo informarti che il nostro Capo è uscito per con tre dei nostri per una retata a Camden Town, sai... per quella storia di maghi che inscenavano sedute spiritiche con tanto di magia, per impaurire babbani creduloni".
Hermione si irritò: "Cosa?! Il vostro Capo-Auror perde tempo con una banale truffa a danno di poveri babbani idioti? E cosa ci stanno a fare i tirocinanti, se non per casi come questo?!"
La sua voce stridula aveva trapassato le orecchie dei presenti, che si erano inevitabilmente voltati a guardarla. Sbuffò e poi, in tono autoritario, ordinò all'Auror con cui aveva parlato di andare con lei sul luogo del delitto per aiutarla negli eventuali interrogatori.
 
***
 
La sua dimora, dopo i terribili fatti del 1998, poteva definirsi una dimora molto tranquilla, dove non si urlava, né si rideva troppo e probabilmente neanche ci si divertiva... ma andava bene così per Draco Malfoy, convinto che era pur sempre meglio la quiete, che la paura fottuta di aprire la bocca o fare un passo falso dentro la propria casa come ai tempi bui di Lord Voldemort.
Villa Malfoy era solitaria e silenziosa esattamente come il suo padrone, eppure, c'era una stanza nell'ala più lontana dal corpo centrale che era, se possibile, ancora più silenziosa del resto della casa; un locale semibuio, pieno di oggetti all'apparenza assurdi e senza un filo conduttore ad unirli: c'erano libri, gioielli, teste di animali impagliate, ritratti, addirittura abiti; per certi versi, ricordava vagamente la stanza delle cose nascoste ad Hogwarts solo che, nella sua, Draco Malfoy vi collezionava i suoi preziosi manufatti oscuri... Il ragazzo se ne stava spesso lì a leggere volumi antichi scritti in latino, a recitare formule incomprensibili che spesso provocavano sugli oggetti reazioni curiose se non proprio agghiaccianti: essi si libravano in aria senza alcun Wingardium Leviosa, facevano tremare le teche in cui erano custoditi, emanavano energie negative palpabili, gli procuravano malessere... sembravano vivi.
Draco tolse gli occhiali da vista poggiandoli sul tavolo, si passò una mano fra i capelli e chiuse nell'armadietto di vetro un mazzo di carte all'apparenza innocuo, ma su cui aveva dovuto lavorare dieci giorni per riuscire ad eliminarvi una maledizione molto potente che faceva impazzire chi lo usava. Sospirò.
Il suo pensierò volò altrove, riportandolo con la mente alla Gringott, dove il giorno prima aveva incontrato per caso Hermione Granger. Gli angoli delle labbra involontariamente si incurvarono all'insù. Lei era... non sapeva come definirla esattamente, una donna inarrestabile forse era il termine esatto. Decisa e forte. Tutto quello che non era lui. Lo aveva salutato, rivolgendogli così la parola per la prima volta dai tempi della scuola, spiazzandolo totalmente; camminava verso l'uscita della banca quando aveva alzato il bel faccino da alcuni fogli che i Goblin le avevano rilasciato e, trovandoselo proprio davanti, gli aveva incredibilmente fatto un sorriso: "Ciao!"
Draco era rimasto per un momento imbambolato a guardarla, con un'espressione stupefatta in volto, anche se, ad essere onesti, stava tentando più che altro di nascondere l'imbarazzo e di prendere tempo per capire cosa fare. Non se l'era aspettato che proprio Hermione Granger lo salutasse cordialmente. Beh... in verità, parecchie volte nelle vie trafficate di Diagon Alley l'aveva scorta, ma quando lei tentava un minimo cenno, prima che questo si realizzasse concretamente, lui voltava la sguardo o si fingeva impegnato a rovistare nelle sue tasche.
Lo faceva con tutti, da anni ormai, era il senso di colpa ad agire per lui, lo sapeva perfettamente: un soffocante ed angosciante senso di colpa, unito probabilmente ad una buona dose di vergogna mai superata. Draco Malfoy era forse l'unico a non essere ancora guarito a quasi dieci anni di distanza dalle ferite della guerra, perchè nessuno lo aveva mai sinceramente perdonato rassicurandolo, dicendogli che aveva fatto quegli errori perchè all'epoca era stato soltanto un ragazzino viziato ed egocentrico, pieno di idee errate trasmesse da persone adulte di cui lui si fidava ciecamente. Nessuno gli aveva teso concretamente la mano e lui, che tra l'altro non aveva mai avuto un carattere determinato (bisognava ammetterlo), era caduto nell'oblio ed era stato costretto a rimanerci senza avere nemmeno la soddisfazione di sfogarsi, perchè lui stesso aveva capito di non poter biasimare coloro che avevano deciso di ignorarlo e di condannarlo senza possibilità di assoluzione.
Draco sentiva il peso dei morti sulla sua coscienza, i peccati degli altri come fossero suoi, tutto l'odio del mondo sulle sue fragili spalle. Col tempo era diventato paranoico, vedeva sguardi sprezzanti dove nemmeno c'erano, un po' scorbutico, schivo e taciturno, mentre, ironia della sorte, al contrario di quel suo carattere sempre più cupo e disgustoso, la sua bellezza esteriore era aumentata sfiorando la perfezione.
Ad ogni modo, aveva deciso di rispondere al saluto di Hermione Granger, ma solo perchè la sua educazione aristocratica glielo imponeva... Mmmm, a dire il vero, più tardi aveva realizzato di aver ricambiato il saluto perchè si era stupidamente scoperto felice che qualcuno gli avesse sorriso in modo così spontaneo e dolce!
Però in quel momento fu freddo, distaccato: "Ciao." E basta così.
Ricordò di averla vista perdere immediatamente la luce cordiale e il brio con cui l'aveva onorato; Draco se ne era rammaricato stranamente perciò, senza che il suo dannato cervello lo approvasse, aveva agito d'impulso, e prima che lei riprendesse il suo cammino dandogli le spalle, aveva borbottato un: "Ti...ti trovo bene." Tutto ciò mentre si infilava un dito nel colletto della camicia blu, nel gesto di allentare nervosamente la cravatta.
L'aveva vista riprendere l'espressione affabile, rispondendo: "Grazie! Anche te. Sei... cambiato molto! E... mi ha fatto piacere che tu abbia risposto al mio saluto, Malfoy. Ci tenevo. Davvero! Beh... devo scappare, ci vediamo!" Ed era fuggita via verso l'uscita principale della Gringott.
Draco, riemerso da quello strano ricordo, si ritrovò seduto su una sedia, i gomiti poggiati alle ginocchia e un sorriso ebete stampato in faccia.
Quando odi una persona con tutto te stesso e quella persona, invece di schiaffeggiarti, porge l'altra guancia... fa sempre un certo effetto! Senza contare che erano anni ormai, che aveva ammesso a se stesso che tutto l'odio che provava nei suoi confronti, nascondeva buona parte di una folle invidia: per l'intelligenza, l'estremo coraggio, la forza spirituale, l'indomabilità, il sentimento autentico di amicizia con quegli altri due idioti, e infine per la bravura con cui si faceva scivolare di dosso i pesanti insulti che le rivolgeva. Hermione Granger e il suo smisurato orgoglio lo avevano sempre messo al tappeto, provocandogli un risentimento che credeva eterno ma che si era invece trasformato, da qualche tempo a quella parte, solo in una cocente vergogna per tutto il male che le aveva procurato, volontariamente e involontariamente.
E poi era anche bella... dannazione! Si era fatta donna! Scoppiò a ridere al pensiero fatto, ma dell'iniziale ironia, rimase via via solo una sorta di amarezza inspiegabile, come di cose impossibili, di cose che non puoi avere o anche solo contemplare: per la tua inettitudine, i tuoi errori da scontare fino alla morte e in generale per il tuo essere sbagliato in tutti i modi possibili e immaginabili.
Si alzò dalla sedia, uscì dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle ed andò a cena.
 
***
 
 
La giornata era stata tremendamente pesante ed Hermione si tuffò sul divano di casa con una tazza di latte in mano decisa a rilassarsi; guardò alcuni fogli sparsi sul tavolinetto di fronte e vi buttò un'occhiata: era rimasta a metà della traduzione de "Lo stregone dal cuore peloso", una delle Fiabe di Beda il Bardo, e tanti scarabocchi si sovrapponevano nel tentativo di migliorare il senso di qualche frase. Non era semplice a volte interpretare una parola dal runico, perchè capitava che essa non avesse una traduzione esatta per l'inglese. Aveva intenzione di pubblicare la sua traduzione delle Fiabe aggiungendo al libro i preziosissimi commenti del suo adorato Preside, Albus Silente; commenti che la professoressa di trasfigurazione Minerva McGonagall le aveva fatto leggere con commozione qualche mese prima, quando era andata a trovarla ad Hogwarts. Prese al volo una penna babbana, cancellò una riga e sopra vi scrisse:
Lo stregone era certo di essere oggetto di immensa invidia da parte di chiunque lo osservasse nella sua emarginazione volontaria...
No! Hermione sbuffò contrariata, poi riprese a scrivere.
Contemplasse la sua splendida solitudine!
Si... così andava meglio, quindi:
Lo stregone era certo di essere oggetto di immensa invidia da parte di chiunque osservasse la sua splendida solitudine perciò, un giorno che sentì per caso due dei suoi lacchè parlare di lui, fu colto da rabbia e da dolore...
Mentre scriveva furiosamente, Pepper le svolazzò una volta davanti al foglio.
Il primo lacchè stava esprimendo pietà per il padrone che, con tutta la sua ricchezza...
Pepper le ripassò un'altra volta davanti. Hermione chiuse un secondo le palpebre per scacciare l'irritazione e premendo più forte la penna sul foglio proseguì la traduzione:
 ...e tutto il suo potere, non era comunque amato da nessuno.
Alla terza volta, Hermione sbattè la penna sui fogli e rimproverò Pepper che le ciondolava davanti, evidentemente affaticata da qualcosa che teneva in mano: "Si può sapere che hai stasera?"
Pepper era un Cornish Pixie di venti centimentri, blu elettrico e con piccole ali trasparenti sulla schiena. Hermione l'aveva raccolta tre anni prima quando ancora lavorava per l'ufficio regolazione e controllo delle creature magiche: era piccolissima all'epoca e l'aveva trovata quasi morta di fame in una gabbia dello scantinato del Serraglio stregato. Ricordava di essere andata lì quel giorno perchè doveva controllare che le forniture di animali fossero legali, che ogni creatura venduta fosse in salute, certificata e ben trattata; purtroppo succedeva spesso che specie magiche come puffole pigmee, gufi postini e kneazle fossero allevati in scarse condizioni igieniche e senza rispettare le leggi a tutela della loro dignità di esseri viventi.
Hermione si domandava ancora oggi per quale motivo le avesse fatto così tenerezza Pepper, lei stessa in più di un'occasione aveva sopraffatto i Pixies per liberarsene: come a scuola, quando il Professor Lockhart li aveva portati in classe per la sua prima lezione di difesa. Quei maledetti folletti oltre ad essere infestanti, erano anche antipatici, dispettosi, invadenti, dai visetti appuntiti e per niente gradevoli, con vocette penetranti e incomprensibili. Il problema era che, beh... non ne aveva mai visto uno cucciolo e indifeso. Era stato quello a fregarla! Ed ora si ritrovava un Pixie domestico, anzi una Pixie domestica che le gironzolava per casa e che non ne voleva sapere di andarsene. Per fortuna Pepper era abbastanza docile per gli standard e le si era affezionata. Certo... a volte era irritante ed invasiva, le scappava qualche dispettuccio quando proprio non riusciva a domare la sua natura, ma poi puntualmente cercava di farsi perdonare attaccandosi ad un braccio o a una gamba di Hermione in segno di premura.
La piccola Pepper sbatteva le ali rapidamente per cercare di rimanere a mezz'aria, appesantita dal carico che reggeva tra le mani: un bel bracciale d'oro con tre pietre rosso sangue incastonate. Fece il gesto di offrirlo alla strega, mentre sorrideva soddisfatta. Hermione sgranò gli occhi: "E dove diavolo lo hai preso questo?" Disse, con tono sospettoso.
Il bracciale sembrava di buona fattura e, dopo che la ragazza le chiese dove lo avesse trovato o piuttosto rubato, Pepper cominciò a mimare la scenetta di un omicidio, di qualcuno che prendeva appunti ad arrestava un uomo.
La ragazza si alzò di scatto dal divano, le strappò il bracciale dalle minuscole mani ed alzò la voce furibonda: "Pepper! Lo hai preso in casa Belby non è verooo? Quante volte ti ho detto di non seguirmi di nascosto al lavoro? Lo hai rubato sulla scena del delitto, maledizioneee!"
Quella giornata era iniziata male e sarebbe finita peggio, si convinse Hermione...
Quando quello stesso pomeriggio si era smaterializzata ad Hogsmade insieme all'Auror raccattato al quartier generale, aveva trovato in casa Belby una situazione a dir poco surreale: la signora Anne, colei che aveva mandato la lettera al Ministero la settimana prima, le era corsa incontro con sguardo allucinato farfugliando di spiriti malvagi, mentre suo figlio Marcus Belby, lo stesso ragazzo che un tempo aveva frequentato Hogwarts con lei e partecipato alle cene esclusive di Lumacorno, versava in stato confusionale, in piedi accanto al corpo senza vita del nonno Damocles Belby, il famoso pozionista. Il ragazzo non aveva fatto altro che tenersi la testa fra le mani, dondolare con il corpo e dire che non era stato realmente lui ad uccidere suo nonno, che non avrebbe voluto e che non ricordava nulla.
Il Legilimens di Hermione aveva confermato il disordine mentale e l'amnesia, mentre l'Auror si accertava della precisa causa di morte del vecchio: strangolamento, niente bacchetta, niente maledizioni. La mamma di Marcus venne interrogata sui fatti misteriosi di cui aveva accennato precedentemente, ed affermò che da circa due mesi suo figlio si comportava in modo bizzarro, che la casa sembrava posseduta e che la notte si udivano strani versi e ringhi provenire dal nulla. Venne fuori che il vecchio Damocles non parlava da anni con la nuora e il nipote ma si trovava in casa loro solo perchè il suo Alzheimer (malattia tipicamente babbana) era arrivava a livelli per cui era impossibile lasciarlo solo; perciò non si poteva escludere del tutto l'ipotesi di dissapori familiari, come movente del delitto! Tolsero il cadavere, portarono un disperato Marcus Belby ad Azkaban e pregarono la signora Anne di rimanere a disposizione per le indagini.
Mentre riconsiderava gli avvenimenti del pomeriggio, Hermione era rimasta per tutto il tempo a guardare quello strano ed intrigante bracciale e poi, spinta da una forza ignota, lo indossò. Era stato un gesto inspiegabile, come se qualcuno l'avesse guidata, qualcosa di arcano, e provò per un attimo una leggera sensazione di nausea al contatto con esso, sostituita subito dopo da un bizzarro moto di soddisfazione, una soddisfazione non realmente sua però, ma quasi proveniente dal bracciale stesso...
Si riprese dal turbamento e lasciando il gioiello al polso afferrò al volo Pepper per un'ala, rimproverandola di nuovo: "La prossima volta che ti infili nella mia borsa e mi segui al lavoro di nascosto, almeno non rubare nulla, soprattutto sulle scene del delitto, stupida Pixie della Cornovaglia!" Il folletto si dimenò. "E non azzardarti a mordermi per farmi dispetto, ti ricordo che sei velenosa, mi manderesti al San Mungo in un quarto d'ora! Poi vai a spiegarglielo ai guaritori per quale cazzo di motivo ti tengo in casa come un gattino, invece di infilarti in una bella gabbietta e rispedirti al Serraglio Stregato una volta per tutte!"
Pepper se ne volò via indispettita ed Hermione, sospirando drammatica, riprese la traduzione de "Lo stregone dal cuore peloso"...
...Ma il suo compagno ridacchiava, chiedendo come mai un uomo che possedeva tanto oro e un castello così principesco non fosse stato capace di innamorarsi attirare una moglie.
Lo stregone dal cuore peloso era un uomo votato alla solitudine, all'emarginazione volontaria, e che si beava della sua superiorità vivendo grazie alle sue immense ricchezze. Non aveva amici, non aveva parenti oltre ai suoi genitori, non amava una donna. Hermione, mentre mangiucchiava il tappo della Bic pensò, per associazione d'idee, a Draco Malfoy; lui era esattamente il prototipo di stregone dal cuore peloso: isolato nel suo castello, scontroso con il mondo intero, ricco e privo della compagnia di una moglie. Per lo meno era questo che era venuta a sapere di lui in quei nove anni, anche se sospettava ci fosse dietro qualcosa di più, come probabilmente un certo scoraggiamento dovuto agli sbagli che egli stesso sapeva di aver fatto, ed un volersi escludere il più possibile dalla società per non dover incappare costantemente in persone che gli riversavano stupidamente addosso il rancore di cose passate. Hermione disprezzava l'odio, e il sapere che c'era ancora qualcuno in giro che provava avversità, nonostante questa fosse rivolta solo ai colpevoli della guerra, la faceva irritare oltre ogni dire. Lei per prima non era mai riuscita ad odiare davvero, nel più profondo del cuore, Draco Malfoy: si... forse nei primi anni di scuola, poco più che bambina, la ripugnanza era stata un tantino più intensa come reazione spontanea al comportamento deplorevole di lui, ma poi la sua innata intelligenza l'aveva portata molto presto a ragionare e, infine, a perdonare.
Ovviamente non poteva sapere fin dove si era spinta davvero la prostrazione di Draco Malfoy che, sommerso dai sensi di colpa, aveva perso ogni ideale, ogni certezza, ogni banalissimo punto di riferimento, addirittura la fiducia in se stesso, entrando nel tunnel buio della depressione all'età di diciotto anni, quando invece un ragazzo dovrebbe pensare alle aspirazioni per il futuro, al divertimento e al sesso. Non poteva essere a conoscenza Hermione, del fatto che lui aveva passato mesi interi a rigirarsi la bacchetta fra le mani, a guardare il marchio nero sul suo braccio e pensare, dopo tutto ciò che era successo, se meritasse davvero di vivere ancora... e non poteva avere idea che, a distanza di nove anni, non era ancora del tutto certo di esser guarito definitivamente.
Fu naturale per Hermione rievocare l'incontro avuto con lui alla Gringott il giorno prima quando, miracolosamente, dopo innumerevoli tentativi di approccio educato, finalmente lui aveva ricambiato il suo saluto. Hermione finì di bere il latte e sorrise, asciugandosi come una bambina le gocce rimaste sulle labbra, passandoci il dorso della mano. Aveva deciso di smetterla di ignorare Draco Malfoy, perchè non era costruttivo, perchè voleva che anche lui la smettesse di odiarla, perchè voleva fargli capire che oramai avevano quasi trent'anni e gli screzi di ragazzini non potevano più essere portati avanti solo per pura ripicca, e infine perchè, doveva ammettere, un po' gli faceva pena. Sì. Hermione non era una stupida, e lo aveva capito da un bel pezzo che Draco Malfoy evitava la gente, ma in particolare lei ed Harry, perchè si vergognava di sé stesso, e beh... non lo trovava giusto! Albus Silente diceva sempre che tutti meritano una seconda possibilità e se il vecchio preside non fosse morto, gliel'avrebbe data anche lui un'altra opportunità a quel ragazzo, nonostante tutto.
Ripensò a come l'aveva guardata, alla sua sorpresa, al disagio evidente nel risponderle. E diamine... lei voleva un mondo dove tutti fossero trattati alla stessa maniera, quindi era impensabile che un uomo, palesemente pentito dei suoi errori nel più profondo dell'anima, dovesse ancora lottare contro i fantasmi del passato e contro il disprezzo di gente che si vantava di essere stata fra i giusti.
Ad Hermione, di quell'incontro inaspettato, rimase indelebile nella mente lo stupore di quegli occhi grigio-azzurri spalancati: occhi che non aveva mai visto sul viso di nessun altro! E se li ricordava pure da ragazzina così insoliti e penetranti quegli occhi, ma certamente molto meno spettacolari, colpa forse dell'altezzosità di cui una volta si nutrivano.
Alla Gringott aveva trattenuto il respiro un momento per via di quello sguardo intenso, talmente chiaro da non poter quasi essere umano. Lo avrebbe ricordato per un bel pezzo sicuramente...
A mezzanotte e venti Hermione capì che non ci sarebbe stavo verso di impegnarsi seriamente nella traduzione de "Lo stregone dal cuore peloso", così rimirò un'ultima volta il bracciale che aveva indossato, gentile regalo (rubato) di Pepper, e per un attimo considerò che fosse giusto riconsegnarlo alla mamma di Marcus Belby; nonostante ciò, quando provò ad avvicinare le dita al fermaglio, una strana sensazione glielo impedì. Aggrottò le sopracciglia stranita, allontanò la mano dal bracciale e finalmente si decise a spegnere la lampada del salotto per andare a dormire.
 
Continua...

 
 
 
Precisazioni:
-Per correttezza, devo precisare che J. K. Rowling, per quanto riguarda il futuro di Draco, non parla di una vera e propria stanza a Malfoy Manor, ma menziona soltanto una "collezione di manufatti oscuri", nulla di più. L'idea della stanza è nata da me, prendendo spunto un po' dalla stanza delle necessità ad Hogwarts, e un po' dalla storia vera dei coniugi Warren, due importantissimi ricercatori del paranormale divenuti famosi per la saga cinematografica "The Conjuring". La Rowling inoltre, chiarisce che Draco colleziona questi oggetti, ma non ne fa più uso! Io ho lavorato di fantasia, volendo aggiungere che, oltre a non utilizzarli più, cerca addirittura di combatterli, distruggendo le maledizioni.
 
-Inizialmente Pepper era una fatina! Ma poi ho scoperto che la fata, nel mondo di Harry Potter, è una creatura stupidissima e vanitosa... Ed affiancarla ad Hermione non sarebbe stato il massimo! Così ho scelto un Pixie della Cornovaglia. Potevo scegliere tra decine di animali fantastici lo so, ma cercavo una creatura particolare, di quelle che normalmente non si addomesticano.
-Non ho letto da nessuna parte che il morso di un Pixie della Cornovaglia sia velenoso, è stato un mio errore: questo perchè ho avuto seri problemi a distinguere Pixie e Doxy, (sono questi ultimi ad essere velenosi!), e pensavo stupidamente che fossero la stessa creatura. Quando l'ho capito, quello che avevo scritto ormai mi piaceva troppo per cancellarlo, e così ho lasciato tutto com'era...

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 L'Unicorno Bianco ***


 
 
 
Capitolo 2
 
 
Un brusio insistente riempiva la sala del teatro "L'Unicorno Bianco" mentre le leggiadre note di un pianoforte facevano da sfondo, nell'attesa che lo spettacolo iniziasse; in platea, tre ragazzi cercavano di prendere posto, ostacolati dalle decine di persone che volevano parlargli, stringergli la mano o anche solo salutarli. Le uscite pubbliche funzionavano sempre così per loro, che ne erano tristemente abituati, e non importava che avessero scelto la quinta fila per non stare al centro dell'attenzione, bastava semplicemente che qualcuno li riconoscesse per scatenare la curiosità di tutti gli altri. Quando l'interesse della gente diminuì quel tanto da permetterle finalmente di sedersi, Hermione Granger esclamò sfiancata: "Merlino, che faticaccia!" E si sventolò il viso con una mano.
"Ehi... Parla per te, a me piace!" Le rispose Ron, che infilò le mani in un sacchetto di gelatine tuttigusti e poi, prima di ficcarsene una in bocca, aggiunse con aria soddisfatta: "Grazie a questa massa di impiccioni, guadagno un sacco di galeoni al negozio! Tu non hai neanche idea di quanta gente entra a comprare qualche sciocchezza solo per parlarmi! Ragazze sopratutto! Tante ragazze!" Aveva l'aria sognante, su quest'ultimo punto.
Harry Potter si aggiustò il colletto dello smoking: "Piuttosto Ron, perchè non hai portato un paio di monocoli ghignanti per ammazzare il tempo, dato che stasera si morirà di noia?"
Hermione lanciò un'occhiataccia ad entrambi: "Cosa sarebbero questi monocoli ghignanti adesso? Vi ricordo che siamo invitati ufficialmente come ospiti d'onore, comportatevi seriamente. Non vorrete mica ritrovarvi domani mattina sulla Gazzetta del Profeta criticati per i vostri atteggiamenti da cretini!"
Un euforico Ron tirò fuori un monocolo per passarlo al suo compare che lo ringraziò con una strizzatina d'occhi, poi si rivolse alla ragazza indispettita che stava in mezzo a loro due, regalandole un sorriso innocente: "Hermione, la vuoi una gelatina tuttigusti+1?"
"Vaffanculo Ron!"
"Ok..." Le rispose lui, facendo spallucce.
Hermione si girò verso Harry e gli riferì alcuni dettagli del caso Belby, cambiando discorso.
"In effetti è un omicidio molto strano Hermione, Legilimens e Veritaserum non riescono a penetrare la mente di Marcus o piuttosto, non contraddicono in alcun modo quello che lui continua a riferirci sotto interrogatorio. Ha buchi di memoria parecchio lunghi, e non si riesce a capire cosa abbia fatto, detto o pensato in quei momenti. E' estremamente confuso. Per il momento il Wizengamot ha spostato il processo a data da destinarsi visto che gli elementi sono troppo incoerenti per giudicarlo, e poi qui c'è qualcosa che non quadra: la madre Anne non ha mentito sugli strani episodi che succedevano in casa loro e, oltretutto, sembra proprio che da quando il vecchio Damocles è stato ammazzato, abbiano cessato di manifestarsi!"
Altra gente continuava a sedersi e rialzarsi dalle poltrone, le balconate erano gremite e mancavano appena dieci minuti all'inizio dello spettacolo.
"A proposito Harry, come è andato il blitz a Camden Town? Eri lì, quando io sono venuta a chiamarti per il caso Belby!"
"Ah... Si! Li ho messi nel sacco quei due stronzi!" Si scompigliò i capelli e riprese a parlare: "La gente ne inventa una più di Voldemort per tormentare i babbani! Da non credere Hermione, avevano organizzato un programma di finte sedute spiritiche dove utilizzavano qualche piccola magia per spaventare la gente e convincerla della loro serietà. Sai... qualche Wingardium Leviosa su sfere di cristallo, un paio di Depulso per far schizzare lontano gli oggetti, un Ventus per ricreare l'atmosfera, insomma, incantesimi di scena! Hanno ammesso pure di aver evocato dei fantasmi perchè, testuali parole: quando lo facevano, i babbani creduloni li pagavano ancora di più..."
Hermione strabuzzò gli occhi: "Un momento! Fermati! Mi stai dicendo che hanno evocato dei fantasmi? Ma è illegale, Harry! Non possono disturbare le anime di quei poveracci, non si fa! E poi, per Merlino... l'evocazione intenzionale di un'anima tormentata, richiede l'aiuto della magia oscura. Hanno praticato magia oscura di fronte non ad uno, ma a decine di babbani, ma sono pazzi?!" La sua voce, seppur bassa, era divenuta leggermente isterica.
"Calmati Hermione, non agitarti per così poco, li abbiamo portati ad Azkaban! E dovranno rispondere di almeno quattro reati!" Harry Potter iniziò ad elencare con le dita della mano: "Uno, truffa a danno di babbani! Due, utilizzo della magia di fronte ad essi! Tre, evocazione e disturbo illegale di spiriti dannati! E quattro, uso improprio della magia oscura in generale!"
Hermione annuiva silenziosamente ad ogni punto, adocchiando di tanto in tanto il palco vuoto per controllare se stesse iniziando la presentazione. "Chi sarebbero i due fenomeni da baraccone che hanno messo in scena queste porcate, Harry?"
"Oh... dovresti conoscerli. Ti dicono niente i nomi: Harper e Warrington?" Hermione fece una faccia perplessa ed Harry aggiunse: "Frequentavano Hogwarts, e giocavano entrambi nella squadra di Quidditch di Serpeverde; Harper era cercatore: la prima volta sostituì quel testa di cazzo di Malfoy che al sesto anno era troppo indaffarato con l'armadio svanitore. Ti ricordi? L'altro invece era un battitore e, tra parentesi, faceva schifo."
"Beh... sinceramente non è che i Serpeverde mi siano mai interessati tanto, Harry. Di sicuro però non erano del nostro anno altrimenti, volente o nolente, li avrei ricordati!"
Una risata mal trattenuta li interruppe e si voltarono infastiditi verso Ron, che aveva il monocolo ghignante premuto sull'occhio destro: "Ragazzi, guardate un po' chi c'è?" E riprese a ridere asciugandosi le lacrime con il polsino della giacca.
Hermione si guardò attorno ed individuò la causa dell'ilarità di Ron: Draco Malfoy si stava sedendo in platea, insieme a sua madre, due file avanti rispetto a loro. Il ragazzo era vestito con un completo scuro; era molto serio, forse nervoso, e aveva risposto ad un paio di saluti con cenni brevi del capo.
Ronald Weasley riprese la parola: "All'età di ventisette anni il signorino va ancora in giro attaccato alla gonna sua madre... Miseriaccia! Ma secondo voi quello lì scopa, qualche volta? Harry, prova a guardarlo con il monocolo ghignante, è un vero spasso!"
Hermione stava per aprire la bocca nell'atto di ammonire Ron sulla sua mancanza di tatto ma poi cambiò idea, strappandogli stizzita il monocolo dalle mani e portandoselo all'occhio. La scena che le si parò davanti era folle: Draco Malfoy aveva un grande ciuccio azzurro in bocca ed un bavaglino al posto della cravatta, mentre sua madre gli sventolava davanti un giocattolo con i sonagli che si illuminava alternando vari colori. Cominciò a ridere a crepapelle, seguita da Harry, che aveva visto la stessa immagine nel suo monocolo magico, evidentemente opera malefica di George Weasley. Era tutto così divertente che si dimenticò perfino di redarguire la sfacciataggine e la volgarità di Ron.
Ridacchiavano ancora tutti e tre quando la voce profonda del direttore del teatro chiamò sul palco la signorina Hermione Granger: "... Eroina di guerra, ambasciatrice delle creature magiche svantaggiate, rappresentante dei pari diritti tra maghi purosangue e nati babbani, responsabile dell'ufficio per l'applicazione della legge sulla magia al Ministero, nonchè attualmente strega più dotata del mondo magico. Un applauso!"
Hermione si riscosse, gettando malamente il monocolo sulle gambe di Ron, ed imprecò a bassa voce: "Devo fare il discorso, maledizione! Me ne sono quasi dimenticata per colpa di Draco Malfoy e delle stronzate che ti porti appresso dal negozio, Ron!"
Uno scroscio di applausi che sembrava non volesse finire la fece quasi sprofondare di vergogna mentre raccoglieva lo strascico del vestito blu notte e saliva i gradini del palco. Pronunciò un Sonorus e prese parola: "E' con immenso onore che ho accettato di inaugurare questo splendido teatro che, spero, da oggi in poi allieterà le serate di tutti i maghi d'Inghilterra. Un teatro era forse l'unica cosa che mancava a Diagon Alley, faticosamente rinata dopo la distruzione della guerra. Nel mondo babbano il teatro è un luogo di svago, dove si può perdere la propria mente nei meandri della fantasia, volare in posti sconosciuti, credere nelle favole... e noi, con l'aiuto della magia, lo renderemo ancora più suggestivo!"
Era davvero molto bella quella sera: i morbidi capelli raccolti, l'abito profondamente scollato sulla schiena, una gamba quasi totalmente scoperta dallo spacco laterale. Crescendo, Hermione aveva avuto modo di accorgersi finalmente del suo essere donna, e da qualche anno si prendeva cura del suo aspetto con gusto e soddisfazione; non sarebbe mai diventata vanitosa, però: secondo lei la frivolezza andava a braccetto con la stupidità, e lungi da lei dare l'impressione di essere superficiale e capricciosa.
Hermione proseguiva il suo discorso appagata, guardando la gente seduta di fronte a lei; era felice di ciò che era diventato il mondo magico dopo la morte di Lord Voldemort: un posto sereno, senza ombra di paure, dove poter uscire a fare compere in un'atmosfera di pace. Nove anni di prosperità, tolleranza e solidarietà tra uomini... poteva sembrare una sciocchezza tutto ciò, ma per loro era il paradiso!
Posò gli occhi su Harry e Ron, e sorrise calorosamente, vide il Ministro Shacklebolt in prima fila che annuiva con la testa, tanti personaggi di spicco che la ascoltavano con solennità, da lontano Ginny (a cui non era stato riservato il posto accanto a loro) aveva alzato timidamente la mano in un cenno di saluto e Neville Longbottom sulla balconata centrale le sorrideva così affettuosamente che sembrava più soddisfatto lui, di lei.
"Da stasera, avremo davvero la possibilità di viaggiare con il pensiero, commuoverci, gioire, soffrire, adorare, vedere con i nostri occhi tutte le meraviglie del mondo grazie ai più complessi incantesimi d'illusione e di trasfigurazione. La magia è un dono che ci è stato fatto da qualcosa o qualcuno lassù, che ci ha voluto rendere speciali. Purtroppo in passato è stato impiegato per fini non molto lodevoli e quindi, ecco... Adesso è ora di utilizzare questo dono per rendere il nostro mondo un posto più bello. L'idea di costruire un teatro magico è stato un grande passo per elevare la nostra comunità, avvicinarla all'arte, alla cultura, alla fratellanza anche, sperando che tutto questo ci porti alla definitiva consapevolezza che soltanto con l'armonia possiamo essere maghi migliori." Hermione lasciò passare qualche secondo di silenzio per dare modo alle persone lì presenti di assimilare il senso più profondo del discorso.
"Vi ringrazio di cuore per esser giunti qui stasera per inaugurare insieme a noi la stagione teatrale magica più strabiliante dell'intero paese!" Fece un breve inchino ad una platea festante, ed attese che tornasse la calma per presentare finalmente lo spettacolo. "Maghi e streghe di tutta Inghilterra, a questo punto, sono lieta di presentarvi: Le tormentate notti di luna di un mago senza amore!"
Quando Hermione Granger raccolse di nuovo lo strascico dell'abito per tornare al suo posto in quinta fila, si trovò a passare di fianco all'oggetto delle sue precedenti risate. Fu inevitabile per la sua innata curiosità guardarlo un attimo, e si accorse seccata che Draco Malfoy la fissava con un piglio severo, come se fosse risentito; probabilmente il discorso non gli era andato particolarmente a genio! Nonostante poi si fosse accorto che lei lo aveva beccato nell'atto di esaminarla, continuava imperterrito a puntarle addosso i suoi grandi occhi azzurri. Furono attimi infiniti finchè lui, senza alcuna espressione a modificargli il volto, sollevò il mento in un cenno di saluto: breve, sbrigativo, ma pur sempre un saluto. Hermione tentò di soffocare la sorpresa ricambiando il suo cenno con un gesto cordiale della mano ed un piccolo sorriso involontario; proseguì lungo il corridoio centrale, trovò la sua fila ed andò a sedersi riflettendo sulla bizzarria cronica di quell'uomo, che a volte la evitata come la peste, a volte la salutava, contemplandola sfacciato.
Ronald Weasley aveva appena spostato di lato le gambe per farla passare che si piegò al suo orecchio sussurrandole, ironicamente sconcertato: "Hai salutato Draco Malfoy? E da quand'è che saluti quel disadattato sociale?"
"Beh... a dire il vero Ron, è lui che mi ha salutata!"
"Ok, Hermione... allora da quand'è che quel disadattato sociale ti saluta?" Insistè lui, pronto a burlarsi di lei.
Il teatro nel frattempo si era completamente trasformato, la musica travolgente di un'orchestra invisibile teneva gli spettatori con il fiato sospeso, ed una scena favolosa si apriva ai loro occhi: una cascata d'acqua occupava tutto il lato destro del palcoscenico ed un lago lo riempiva totalmente, mentre un bosco verdeggiante aveva messo radici spingendosi fin nella platea, sulle balconate, sul soffitto. Dei cervi saltellavano lungo le passerelle, facendosi accarezzare dagli spettatori, un gruppo di fate volava sulle loro teste ed un uomo apparso su di una roccia al limitare dello specchio d'acqua, aveva fatto la sua apparizione iniziando un monologo triste.
"Ma che ne sò Ron, Malfoy deve avere qualche rotella fuori posto!" Sussurrò Hermione.
"Qualche? Tutte, vorrai dire!" Rafforzò il concetto il ragazzo, poi a bassa voce si intromise anche Harry, ridacchiando: "Ron, dovresti regalare a Malfoy quella pozione aiuta-amicizia che vendi agli studenti di Hogwarts del primo anno...!"
Ron sgranò gli occhi, fintamente scandalizzato: "Ma dico, vuoi mandarmi fallito fratello? Non basterebbe un calderone pieno di quell'intruglio, per far acquistare a Malfoy un'aria solo leggermente più amabile rispetto a quella che ha adesso!"
I due ragazzi presero a sogghignare, con le schiene ricurve, mentre Hermione sbuffava, lì lì per spazientirsi.
"Psss... Harry!" Riprese Ron continuando a sussurrare divertito: "Io propongo di spedirgli a casa una strega gonfiabile, lo stavo appunto dicendo prima che, secondo me, quello lì per rilassarsi avrebbe bisogno di qualche sana scop..." Un ceffone violento lo colpì sulla nuca arrossandogli immediatamente il collo, poi Hermione, viola d'imbarazzo, partì inarrestabile con la sua predica, bisbigliando più forte che poteva: "Ronald Weasley, finiscila di fare il deficiente! Somigli ogni giorno di più a quello scriteriato di tuo fratello. Licenziati da quel maledetto negozio, se George ti influenza a tal punto!"
Per fortuna la platea era semibuia e non poteva di certo notarsi il rossore evidente sulle gote della ragazza, che ne fu sollevata. Finita la paternale ad uno, si voltò dall'altra parte e ricominciò con l'altro, puntandogli l'indice al petto: "E tu Harry, smettila di alimentare le sue idee cretine mettendo altra legna sul fuoco, sei il capo Auror più giovane del mondo magico, almeno nelle occasioni ufficiali come questa sii all'altezza del tuo ruolo, per Merlino! Ma è possibile che quando non c'è Ginny a tenerti sotto controllo, diventi più stupido di tuo cognato?"
Hermione, ancora arrabbiata, si lisciò con movimenti scattanti il tessuto dell'abito come a volersi dare un contegno ed infine, espirando tutta l'aria dal naso, terminò con un: "E adesso state zitti, per piacere! Voglio vedere la rappresentazione!" 
 
***
 
Un parapiglia impressionante all'ingresso de L'Unicorno Bianco sanciva evidentemente la fine dello spettacolo ed impediva anche l'accesso ai giornalisti, che erano stati tenuti fuori durante tutto lo svolgimento, per evitare ai personaggi importanti quelle spiacevoli scene di insistenza pressante e domande inopportune. Un fragoroso rumore di smaterializzazioni, schiamazzi, gente che si spintonava per uscire dal teatro erano forse l'unica pecca di una serata altrimenti perfetta, ma d'altronde, era pressocchè impossibile far defluire la massa di gente in maniera silenziosa e composta. Ginny Potter cercava di tirare via il piccolo strascico di Hermione Granger da sotto le suole di maghi e di streghe imbranati che lo calpestavano indifferenti, mentre quest'ultima aveva il viso contratto dal fastidio delle gomitate nelle costole. Ronald Weasley a sua volta si faceva largo fisicamente per aiutare l'amica e la sorella, intimidendo con la sua faccia famosa, chi si girava intenzionato a ribattere. Harry Potter invece, dietro sua moglie, chiudeva il gruppo, evitando di guardarsi troppo intorno per non farsi riconoscere dalla gente e sentirsi rivolgere le solite frasi, come: "Oooh, Harry Potter, Buonasera! Ti ricordi di me? Sono quello che quattro mesi fa è venuto al Ministero a richiedere lo stato di famiglia magico, per fare domanda di un mutuo alla Gringott, che ti ha incrociato fortuitamente nell'ascensore, che ti ha chiesto l'autografo per i suoi figli, che ti ha parlato della partita Chudley Cannons-Falmouth Falcons finita a schiaffi, quello che poi tu hai salutato perchè scendevi al dipartimento catastrofi e lui al secondo livello..."
Draco Malfoy in tutto quel caos invece, manteneva la sua spettacolare indifferenza dimostrando un sangue freddo invidiabile. Solo se qualcuno si fosse preso la briga di osservarlo bene, probabilmente avrebbe notato un sopracciglio leggermente alzato in segno di insofferenza, per il resto, nel suo completo nero, sembrava una statua di cera; avanzava tenendo una mano posata sulla schiena della madre come a proteggerla dalla baraonda, cercando di raggiungere il prima possibile l'uscita e smaterializzarsi a casa. Procedendo a piccoli passi si ritrovò al fianco di Hermione Granger che, in quel momento, fu sgarbatamente spinta in avanti, facendo infuriare un uomo sulla sessantina che si trovava esattamente davanti a lei. Il mago, dalla faccia grassoccia e rubiconda, la insultò dandole della screanzata, brandendo la bacchetta minacciosamente. Quando la ragazza alterata aprì bocca per rispondere, un'altra ondata la sospinse ancora verso il signorotto, e prima che questo ricominciasse a sbraitare, Draco Malfoy, senza dire una parola, la afferrò maldestramente per un braccio e se la tirò vicino, spingendola poi a mettersi davanti a lui per garantirle riparo. Di certo, l'espressione impassibilmente fredda che mantenne il ragazzo anche dopo aver soccorso la giovane, non aiutò a svelare alcuno dei suoi pensieri, né a Harry e Ginny Potter che si accorsero del movimento, né alla madre rimasta di stucco. Hermione si voltò un attimo a guardare il giovane e lo ringraziò sbrigativa, vedendo un viso decisamente troppo tempestoso per essere il viso di qualcuno che gentilmente l'aveva protetta. Se ne turbò, domandandosi intimamente cosa passasse per la testa di quel sociopatico che le porgeva un aiuto assolutamente non richiesto e poi, come se lei avesse gli fatto qualcosa di sbagliato, si infuriava. In fin dei conti però, rientrava tutto nell'ordine naturale delle cose, ragionò: era una vita intera che lui la incriminava per tutto, anche di cose di cui non aveva colpa perciò, decise di non prendersela troppo...
Draco Malfoy non rispose al breve ringraziamento di lei, anzi, non parlò mai per tutto il tempo, mantenendosi imperturbabile e gettando solo di tanto in tanto qualche occhiataccia alla sinuosa schiena scoperta della ragazza, rigida di fronte a lui. Quando l'aveva afferrata per il braccio, aveva notato uno strano bracciale d'oro con tre pietre rosso sangue allacciato al suo esile polso; era troppo avvezzo Draco Malfoy agli oggetti maledetti per non riconoscerne uno, e la cosa lo impensierì stranamente: non riusciva a spiegarsi perchè Hermione Granger indossasse un manufatto di chiara magia oscura che vibrava di vita propria al solo guardarlo. Lei lo sapeva o non era a conoscenza di ciò che portava addosso? Si torturò il cervello per quei pochi minuti che ancora l'ebbe vicina, valutando se aprire bocca e chiederglielo sfacciatamente, lanciarle una battutina per studiare la sua reazione o lasciar perdere. Osservando intensamente la sua nuca scoperta, la pelle liscia e nivea della schiena, il boccolo che le era sfuggito cadendo sulla spalla e la linea flessuosa (ma non troppo) dei fianchi, sospirò di qualche sensazione indefinita, che non seppe spiegarsi neanche lui: forse risentimento, repulsione, disprezzo per lei, oppure sdegno nei confronti di sé stesso, frustrazione per l'idiozia che l'aveva pervaso ogni volta... perchè, nonostante tutto, Hermione Granger non sembrava minimamente così sporca come lui l'aveva sempre definita, anzi, sembrava anche troppo pura, incorrotta dal male, bella della bellezza inavvicinabile dei virtuosi, e questo lo innervosì. Alla fine, quando raggiunsero l'uscita del teatro e la vide tendere la mano ai suoi amici per smaterializzarsi, decise che non avrebbe detto nulla riguardo il bracciale: Hermione Granger, per fortuna o purtroppo, non era cosa che lo riguardasse... 
 
Continua...
 

 
Precisazioni:
-Ovviamente l'Unicorno Bianco è una mia invenzione.
-Il bracciale maledetto di Hermione inizialmente può ricordare un Horcrux... ma non lo è.

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 La soffiata agli Auror ***


 
 
 
 
 
Capitolo 3
La soffiata agli Auror
 
 
-"Ministero della magia, abbiamo un mandato di perquisizione!" L'anziano elfo tremò vistosamente abbassando le orecchie come un cagnolino impaurito; guardò dal basso i due giovani Auror in divisa che aspettavano nell'immenso atrio dell'antica dimora. Si strofinò le mani nodose sullo straccetto consunto che gli faceva da tunica e pregò gli uomini di aspettare un minuto, giusto il tempo di andare ad avvisare il suo padrone.
Villa Malfoy era una grandiosa manifestazione della ricchezza e del potere di tutta la stirpe magica che vi si era succeduta nel corso del tempo fino all'ultimo ed attuale proprietario. Splendido esempio di stile elisabettiano, costruita nel XVI secolo, aveva mantenuto pressocchè intatta la struttura esterna color ocra, con numerose finestre eccezionalmente ampie, una fila di colonne a sorreggere il portico del corpo centrale, e l'ultimo piano rifinito con tetti appuntiti e guglie, che andavano ad incupire un poco l'aspetto elegante e classico della facciata. I due Auror si guardavano intorno esterrefatti da tanta magnificenza: di fronte ai loro occhi si apriva un'imponente scalinata che portava alle sale del primo piano, i pavimenti in marmo erano coperti qua e là da tappeti color panna mentre i tendaggi voluminosi, rigorosamente intonati al resto della tappezzeria, davano un senso di regalità che li intimorì quasi, abituati com'erano ai loro appartamenti londinesi vicino al Paiolo Magico. Stavano guardando a bocca aperta uno scorcio di prato perfettamente curato visibile dalla finestra dell'atrio, quando il padrone di casa scese le scale con le mani in tasca, l'espressione scura e il volto teso. Sempre impeccabile nell'abbigliamento e nei modi da signore, Draco Malfoy strinse la mano ai due Auror e chiese spiegazioni.
"Abbiamo ordine di perlustrare la vostra casa, ci è giunta una soffiata secondo la quale possedete ancora oggetti di dubbia provenienza... manufatti oscuri precisamente. Le ricordo che secondo la legge è illegale possederli, e dopo i fatti del 1998 sono state aumentate considerevolmente le pene per i trasgressori!"
"E sentiamo..." Rispose il ragazzo, facendo trapelare una nota di nervosismo nella voce: "Chi è che avrebbe riferito questa informazione al Ministero?"
"Purtroppo gli informatori sono protetti dalle nuove leggi sulla Privacy, non possiamo comunicarglielo Signor Malfoy, sono desolato." Rispose uno dei due, che poi riprese: "Beh, procediamo. La sua bacchetta, prego!" E tese la mano per farsela consegnare.
Con un moto di stizza, Draco Malfoy sfilò la bacchetta dalla tasca posteriore dei pantaloni e la depositò nel palmo dell'Auror. Quest'ultimo, quasi per vendicarsi della scontrosità dell'uomo, fece una battuta che non piacque per nulla al padrone di casa: "Sà Signor Malfoy, l'Auror Potter raccomanda sempre di non tenere la bacchetta nelle tasche posteriori, possono saltare le chiappe per sbaglio da un momento all'altro!"
Un bagliore di sdegno passò negli occhi di Draco Malfoy, che stava quasi per aprire la bocca con le narici dilatate dal nervosismo, quando i due uomini gli passarono davanti diretti ai piani superiori, e lui fu costretto ad inghiottire furiosamente la rispostaccia.
 
 
***
 
 
Dopo aver fatto le pulizie di casa, Hermione chiuse la finestra della cucina e prese posto sulla sedia, sparse alcuni fogli sul tavolo e, dizionario runico alla mano, ricominciò a lavorare di nuovo sulla traduzione della parte finale de "Lo stregone dal cuore peloso" prima di andare al lavoro.
 
"Davanti agli occhi inorriditi degli ospiti, lo stregone gettò via la bacchetta ed afferrò una daga d'argento. Dichiarando che mai sarebbe stato schiavo del proprio cuore, lo recise dal petto."
 
Per qualche minuto l'unico rumore all'interno della stanza fu lo sfregare della penna, il bracciale dei Belby al polso che sbatteva ad intervalli regolari sul tavolo, e la pentola in cui sobolliva il minestrone di verdure. Non passò molto tempo però, perchè Hermione perse leggermente la concentrazione, travolta da un forte giramento di testa; si passò una mano fra i capelli e si accorse di esser sudata, di avere la fronte calda e degli strani brividi che la convinsero a stringersi nella felpa che indossava. Tentò di riprendere la stesura. Non ci riuscì, perchè subito dopo fu colpita improvvisamente da un odore forte di carne marcia, sangue, sudore, forse pipì e qualcosa che non riuscì a definire... furono due secondi, e poi quella puzza sparì come era arrivata. Allarmata, respirò profondamente l'aria pulita più volte, cercando di capire se quel fetore l'avesse solo immaginato oppure fosse reale; incolpò addirittura il minestrone sul fuoco, ma si costrinse a scartare l'ipotesi: delle verdure bollite di certo non potevano avere un odore così nauseabondo, pensò. Con un colpo di bacchetta spense comunque il fuoco e riprese a scrivere, nonostante il leggero malessere che persisteva.
 
"Per un istante, lo stregone si inginocchiò trionfante, con un cuore in ogni mano, poi cadde sul corpo della fanciulla e morì."
 
Un forte schiocco proveniente dal piano superiore la fece saltare dalla sedia: "Pepper! Cosa stai combinando?" Hermione ruotò gli occhi al cielo, esasperata dalle marachelle della sua Pixie.
"Pepper?" Un altro rumore, stavolta più soffocato... si alzò rapidamente dalla sedia ma, prima di uscire dalla cucina, il suo sguardo fu catturato dalla sagoma di Pepper fuori dalla finestra, che se ne stava a mezz'aria con le manine poggiate sul vetro e l'espressione interrogativa: era uscita in giardino durante le pulizie, ricordò Hermione! Perciò... 
Realizzò in quel momento che i rumori al piano di sopra non poteva averli prodotti la folletta e, preoccupata, si affrettò a farla entrare. Un terzo botto le sorprese entrambe: Hermione afferrò al volo la bacchetta, e con la Pixie impaurita ed accucciata alle sue spalle, si diresse cautamente verso le scale del piano superiore...
"Homenum Revelio!"
 
 
***
 
 
In una stanza al secondo piano del Ministero, due voci concitate tentavano di sovrastarsi, ognuna per avere la meglio sull'altra.
"Non mi interessano le dannate e stupide leggi del Ministero: io non pratico la magia oscura da dieci anni, Potter!"
"Malfoy! Vedi di calmarti, questo atteggiamento arrogante non giova alla tua situazione. La legge dice che non si possono conservare oggetti maledetti, e dal resoconto dei miei Auror, tu ne possiedi parecchi: questo non puoi negarlo! Quindi... per quanto tu possa argomentare le tue tesi, andrai comunque incontro a sanzioni penali. Chiuso il discorso."
Era da parecchio tempo che Harry Potter, nel suo ufficio, discuteva animatamente con Draco Malfoy. Il ragazzo si era precipitato lì dopo la perquisizione avvenuta la mattina stessa in casa sua, ed era evidente che questa non fosse andata affatto bene...
"I miei interessi e le mie collezioni non sono affari che riguardano il Ministero, maledizione!"
Quando i due Auror avevano trovato e perlustrato da cima a fondo la stanza isolata di Villa Malfoy, erano incappati negli oggetti più inquietanti che avessero probabilmente mai visto in tutta la loro vita e così, dando per buona la soffiata pervenuta al Quartier Generale, in fretta e furia avevano sigillato magicamente la porta d'entrata ed avevano compilato un resoconto approssimativo dei risultati della perquisizione, chiedendo inoltre al proprietario di casa di attendere giudizio, senza tentare fughe o botte di testa che non avrebbero fatto altro che peggiorare ulteriormente la sua situazione già compromessa.
Draco Malfoy non aveva nessuna intenzione di fuggire, gli venne quasi da ridere all'affermazione di quell'Auror da due soldi; era già fuggito per una vita intera ai suoi doveri, alle sue paure, alla soggezione che aveva nei confronti di coloro che erano migliori di lui, ed era stanco. Già... E poi stavolta, dannazione, non poteva fuggire, perchè non aveva fatto nulla di male e non poteva rimetterci una volta di più la reputazione già sporca, per accuse non veritiere. Aveva espiato abbastanza le sue colpe passate, forse anche troppo in proporzione dei sui peccati di adolescente; aveva pagato così tanto che non ne era ancora uscito fuori, e ricominciare daccapo per qualcosa senza fondamento lo faceva imbestialire.
Quel giorno fu costretto ad inghiottire l'orgoglio, a superare la sua maledetta vergogna e presentarsi di fronte al Capo degli Auror, Harry Potter, per tentare di chiarire la sua posizione. Draco Malfoy averebbe preferito volentieri sbattere la testa contro il muro a più riprese fino a farsi uscire il sangue, chiudersi le orecchie nel forno come faceva il suo vecchio elfo domestico (non ricordava neanche il nome, qualcosa come Dobby), o farsi male in mille modi sadici, piuttosto che trovarsi ancora di fronte a lui in una situazione di torto. Erano nove anni che cercava di evitarlo per il tremendo imbarazzo di vedergli stampata in faccia la compassione, e per la paura di vedersi rinfacciare silenziosamente i suoi errori. Il pentimento di Draco era stato profondo si, ma... purtroppo, profondo era pure l'amor proprio, che gli aveva sempre impedito di fare pubblica ammenda. Per tutti quagli anni aveva preferito piuttosto isolarsi dal mondo, sottrarsi all'umanità e rifuggire da qualsiasi contatto, limitandosi a saluti superficiali o brevi discorsi di cortesia.
"Potter, voi mi state giudicando troppo sommariamente. Ho il diritto di difendermi prima di essere sbattuto ad Azkaban senza nessun tipo di indulgenza!" Il ragazzo aveva il viso congestionato e la sua rabbia era percepibile dal tono di voce, che stentava a mantenere basso.
Harry Potter si accomodò sulla sedia, sospirando: "Malfoy... ascoltami! Purtroppo, visti i precedenti della tua famiglia, è facile per la legge non crederti e punirti senza ascoltare le spiegazioni che hai da dare. E francamente, all'apparenza la situazione è ambigua!"
Si guardarono negli occhi con una tensione evidente, poi Harry cedette e riprese a parlare: "Io ho avuto ottimi insegnanti nella vita, ed ho imparato da loro a credere sempre che ci sia del buono in ognuno, Malfoy. E nonostante i trascorsi non troppo rosei, non dimentico che, alla fine, ci siamo salvati la vita a vicenda. Quindi facciamo così: nessuno ti sbatterà ad Azkaban perchè tieni custoditi degli oggetti di dubbio gusto in una stanza isolata della tua dimora. Faremo delle indagini più approfondite, verrò a vedere personalmente questi oggetti, ascolteremo le tue dichiarazioni e cerceremo delle prove. In base a tutto ciò, si vedrà il da fare."
Il giovane annuì, leggermente sollevato, e continuò ad ascoltare le parole di Harry. "Comunque il tuo caso non è di esclusiva competenza degli Auror: dovremo interagire pure con l'ufficio per l'applicazione della legge sulla magia, e credo tu sappia che è coordinato da Hermione Granger! Quindi... dovremo vedere anche cosa ne pensa lei!"
Draco si passò una mano sul viso con viva preoccupazione, e considerò penosamente che le sue sciagure non avrebbero mai avuto fine: come poteva obiettivamente contare sull'indulgenza di una donna che aveva pesantemente insultato, denigrato, maltrattato per tutta l'adolescenza? Ecco che il suo razzismo, come ogni cosa, veniva a bussare per chiedergli il conto...
Chiuse gli occhi affranto, tenendosi la fronte con una mano.
"Malfoy, devi essere consapevole che un cognome come il tuo non agevola! Comunque Hermione è una persona corretta, e non si farà influenzare dagli episodi spiacevoli di quando si era tutti solo dei ragazzini! Perciò, se in questa incresciosa questione non sei in torto marcio, puoi dormire sereno. Io, personalmente, voglio davvero credere in quello che dici! Non deludermi, però."
Harry Potter si alzò dalla sedia e con un muto gesto di fiducia riconsegnò al ragazzo la bacchetta confiscata la mattina dai suoi Auror, poi... allungò una mano di fronte a sé. Draco, dopo un attimo di incertezza, allungò la sua e se la strinsero vigorosamente.
Un bussare concitato li fece sobbalzare entrambi, e prima che Harry Potter aprisse bocca per far entrare il visitatore, questi si precipitò dentro tutto trafelato senza permesso, rivelandosi essere proprio Hermione Granger. Draco le buttò un'occhiata apparentemente indifferente e si aggiustò i polsini della camicia grigia in un gesto svogliato, mentre lei, presa dall'ansia, lo ignorò di proposito. "Harry, devi venire a vedere subito. Stanno succedendo cose strane in casa mia..." Era evidente che la donna fosse estremamente nervosa, e le parole che aveva pronunciato destarono finalmente l'interesse di Draco, che la guardò stupito. Era bianca come uno straccio e sembrava tutta scompigliata nonostante l'impeccabilità dell'abbigliamento e la bellezza del suo viso; notò solo questo prima che la donna si piegasse in due, vomitando tutto ciò che aveva nello stomaco.
Spossata, ansante, e con gli occhi gonfi per lo sforzo, la ragazza riuscì comunque a ripulire tutto con la bacchetta, prima di svenire. Draco la prese al volo per le braccia e la lasciò scivolare sulla poltroncina dove era seduto lui pochi minuti prima; fu in quel momento che, toccandola, una forza oscura lo sovrastò come volesse scacciarlo: turbato, posò lo sguardo sul bracciale che lei aveva al polso, lo stesso che indossava la sera dell'inaugurazione dell'Unicorno Bianco.
Non se ne era ancora liberata...
Ripensò al volo alla frase che lei aveva pronunciato entrando di corsa nell'ufficio del collega ed aggrottò le sopracciglia. Draco aveva già capito che quel gioiello era maledetto, in più lei aveva appena detto che le stavano capitando cose strane. Ma cosa esattamente? Di certo Hermione Granger non l'avrebbe mai raccontato a lui...
Harry Potter nel frattempo era corso alla porta e chiamava a gran voce soccorsi; Draco gli buttò un'occhiata rapida e, senza pensare, agì. Fissò lo sguardo sugli occhi chiusi di Hermione Granger ancora priva sensi, si piegò alla sua altezza poggiando le mani ai braccioli della poltroncina, e per non farsi sentire dall'Auror, susurrò a fior di labbra un incantesimo più potente del Legilimens, imparato nei suoi solitari anni di studio, e che gli avrebbe permesso di entrare liberamente, nonostante lo svenimento.
La mente della donna gli si aprì come un libro, e Draco ebbe visione di tante immagini movimentate, più o meno interessanti. Capì subito di aver penetrato un animo complesso, affascinante, intrigante, ed onestamente gli sarebbe piaciuto perdersi di più in ogni singolo ricordo: per curiosità, o magari per comprendere i segreti della sua tenacia ed impararli a sua volta. Tra le tante fotografie della sua vita, Draco ne individuò perfino qualcuna dove c'era lui, e il suo desiderio di sapere si fece morboso, tanto che provò ad invadere rapidamente quei flashback, sfondandone la barriera protettiva quasi inesistente visto lo stato di incoscienza in cui la donna versava. Desiderava ardentemente vedere, ora che per puro caso ne aveva l'opportunità, violentare i pensieri di quella donna e tentare di capire. Sapere finalmente cosa provava quando lui la insultava: se soffriva, o se lo snobbava nel modo più assoluto... ed improvvisamente Draco realizzò che non voleva più saperlo. Si ritirò subito, rimproverandosi di non avere il tempo necessario per ficcare il naso, o forse perchè, codardo com'era, aveva paura di leggere, attraverso i meandri di quei ricordi, pensieri negativi e brutte opinioni che lo riguardavano e che, chissà perchè, lo avrebbero fatto star male.
Era tutta una questione di secondi prima che Harry Potter si voltasse e tornasse vicino a loro due, così indirizzò sbrigativamente la sua mente ai ricordi più recenti e vi si intrufolò...
 
 
***
 
 
"Homenum Revelio!"
Hermione salì le scale con la bacchetta tremante puntata di fronte a sé, l'incantesimo fatto però non aveva rivelato nessuna presenza umana all'interno della casa, e lei non sapeva se definire questo una buona o una cattiva cosa. L'aveva colta, strada facendo, una nausea inspiegabile, e la testa tornò a girarle. Si poggiò al corrimano, inspirando a fondo, poi riprese a salire. Quando arrivò in cima, scoprì un comodino catapultato fuori dalla camera da letto, i cassetti aperti e gli oggetti contenuti in essi rovesciati sul pavimento.
"Chi c'è?" Non rispose nessuno naturalmente, e quando varcò la soglia della sua stanza, soppresse un urlo, trovandosi sulla parete di fronte tre enormi graffi che avevano strappato via la carta da parati. Udì un rumore soffocato, come di un animale che annusa il terreno, un ansimare roco e poi, in un ultimo schiocco, il silenzio totale. Hermione si portò una mano alla bocca, e crollò inginocchiata a terra. Quando si riprese dallo spavento qualche minuto dopo, decise di lasciare tutto com'era e, fra i brividi di febbre mischiati a paura, pronunciò tutti gli incantesimi di protezione che conosceva da una vita:
"Cave inimicum... Protego Maxima... Protego Totalum... Repello Babbanum... Salvio Hexia!"
 
 
***
 
 
Draco Malfoy uscì precipitosamente dalla testa di Hermione Granger con un sussulto, appena in tempo prima che un gruppo di persone accorresse verso di loro; si rialzò rimettendosi in posizione eretta ed ebbe una fugace visione della donna mentre riapriva gli occhi e lo guardava innocente, poco prima che lui, come al solito poco avvezzo ad avere tanta gente intorno e timoroso della compagnia degli esseri umani, si defilasse silenziosamente dall'ufficio e dal Ministero della Magia.
 
Continua...
 
 
 
Precisazioni:
-La descrizione di Villa Malfoy (a parte il lavoro di fantasia fatto per gli interni), prende spunto da Hardwick Hall, la residenza nobiliare del Derbyshire, utilizzata realmente per le scene de "I doni della morte".
 
-Narcissa e Lucius vivono ancora a Malfoy Manor, anche se verranno nominati molto poco, specialmente Lucius: i genitori di Draco non sono e non saranno mai rilevanti in questa storia!

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 Il quadro maledetto ***


 
 
Capitolo 4
Il quadro maledetto


 
 
 
 
"Credo proprio che questo possa interessarti, leggilo!" Il Capo-Auror lanciò sulla scrivania di Hermione Granger un fascicolo fittamente scritto. Erano passati quattro giorni dal malore dell'amica e fortunatamente non si erano più verificati eventi spiacevoli. Harry e Ron erano rimasti impressionati dal racconto che lei gli aveva fatto, oltre che da ciò che avevano visto in casa sua, a Wallingford. Sbigottiti, l'avevano aiutata a rimettere in ordine la stanza e a riparare con la magia la carta da parati squarciata; Harry aveva potenziato gli incantesimi di difesa intorno all'abitazione, stabilendo un contatto magico con il quartier generale nel caso in cui un intruso malintenzionato avesse penetrato le barriere, ed infine decisero di comune accordo di aspettare qualche giorno, per capire se si fosse trattato un episodio isolato o di qualcosa di destinato a ripetersi.
Hermione afferrò i fogli che le aveva portato l'Auror, dando un ultimo sorso al suo caffè americano: "Di che si tratta?"
Harry la delucidò subito: "Ti ricordi il caso delle sedute spiritiche?" La ragazza annuì, iniziando a leggere distrattamente qualche riga qua e là. Lui riprese a spiegarle: "Questo è il resoconto completo dell'interrogatorio fatto ad Harper e Warrinton, e ti sorprenderai di trovarci invischiato anche il nome di Marcus Belby!" Hermione sollevò lo sguardo dai fogli con aria interrogativa: "E che c'entra Marcus Belby con quei due?" Harry la squadrò con un sorrisetto e le spiegò molto brevemente che i due prigionieri, al momento di fare i nomi dei complici, avevano raccontato agli Auror che, inizialmente, era coinvolto nella truffa anche un certo Marcus Belby. Proprio QUEL Marcus Belby... Dopo le prime sedute spiritiche però, per un motivo apparentemente ignoto, se n'era tirato fuori adducendo la scusa di avere problemi familiari e situazioni strane da risolvere.
"Tutto questo, poco più di due mesi fa, Hermione! Pensaci: coincide perfettamente con la data che riferisce la signora Anne Belby sull'inizio delle stranezze in casa loro, prima dell'omicidio del nonno Damocles!"
"Oh..." Hermione non seppe dire altro, e decise di tuffarsi nella lettura dell'interrogatorio per avere le idee perfettamente chiare prima di procedere. Harry decise di lasciare la collega a studiare il caso con calma e si avviò verso la porta, ma mentre abbassava la maniglia, si ricordò improvvisamente di qualcosa, e sbattendosi una mano sulla fronte, ritornò indietro.
"Hermione! Quasi dimenticavo! Devo parlarti urgentemente del caso di Malfoy! Mi è passato di mente con tutto quello che è successo in questi giorni!"
"Il caso di Malfoy???" Disse Hermione, lasciando cadere il fascicolo sul tavolo, sbigottita: "Che ha combinato il gran signore adesso?"
"A seguito di una perquisizione dei miei Auror è uscito fuori che in casa sua c'è stanza dove nasconde una collezione molto nutrita di oggetti maledetti! Io personalmente non l'ho ancora vista, ma lui è venuto a lamentarsi nel mio ufficio dicendo che siamo prevenuti e che non gli stiamo dando il beneficio del dubbio. Sostiene che quei manufatti siano innocui, e la maggior parte di essi disattivati da lui stesso nel corso del tempo!"
Hermione sollevò un sopracciglio, scettica: "Ah si? E tu cosa gli hai risposto?"
Harry fece spallucce: "Che valuteremo bene il caso, lo interrogheremo, ed analizzeremo ogni arnese, ogni cianfrusaglia, ogni più piccolo articolo presente in quella stanza e se è davvero innocente, non deve aver timore di nulla! In ogni caso, ora è sigillata per impedirgli l'accesso e manomettere alcunchè." Si fermò un secondo e poi riprese, assorto: "Però mi sembrava abbastanza sincero mentre si discolpava... chissà!"
La ragazza riflettè un momento: "E' per questo motivo che Draco Malfoy era nel tuo ufficio quando sono svenuta, vero?"
"Già..." Annuì il Capo degli Auror, mentre Hermione si grattava la testa, confusa: "Mah...!!! Voi invece come facevate a sapere che Malfoy possedeva una stanza simile? Qualcuno ha fatto una soffiata al Ministero?"
-"Si! Ovvio!" Affermò Harry: "Un certo Augustus Jenkins, un sessantenne che abita a Godric's Hollow, ci ha mandato una lettera dove raccontava di volersi disfare di un quadro che aveva scoperto essere maledetto, quando Malfoy si è presentato a casa sua per comprarlo..."
Hermione si fece pensierosa: "Augustus Jenkins. Augustus Jenkins... lo conosco Harry!" Si illuminò: "Quel vecchio è un intrigante imbroglione, ficca sempre il naso in affari non propriamente legali: traffico di pozioni stupefacenti, riciclaggio di galeoni sporchi, forse anche sfruttamento delle donne nei locali di Nocturn Alley! Purtroppo riesce sempre a salvarsi il culo in extremis... fortuna immagino! O Felix Felicis... boh! Ma posso assicurarti che non è  un anziano da pantofole, pipa e Gazzetta del Profeta sulle ginocchia. Sono quasi certa che abbia avuto il suo tornaconto personale nel denunciare Malfoy!"
Harry Potter fischiò di meraviglia: "Per Merlino! Intraprendente il vecchio!" Si tirò su gli occhiali scivolati verso il naso e, con un altro tono, stavolta più serio, riprese: "Ascolta Hermione, per quanto riguarda Malf..." Hermione alzò una mano per zittirlo: "Non c'è bisogno che tu mi dica nulla, lo sò già cosa stai per dirmi, e sono d'accordo! Se ci dovessimo accertare che Malfoy non ci fa nulla di male con quella robaccia oscura che possiede, archivieremo il caso!"
L'Auror sorrise e ripensò al vecchio Albus Silente, che sarebbe stato sicuramente orgoglioso di loro. Hermione captò i suoi pensieri e sorrise di rimando, traendo un respiro profondo: "Harry... saremo entrambi pazzi ma, anche a me quel ragazzo fa così pena! Lo so che ha sbagliato tanto nella vita, che è stata la persona più odiosa e cattiva che ho conosciuto in vita mia, un bastardo razzista che mi ha rovinato gli anni più belli di scuola! Questo non lo dimenticherò mai, però..." Hermione iniziò a gesticolare: "In fondo lui era convinto di ciò che faceva, era certo di essere nel giusto; è nato e cresciuto in un ambiente che lo ha condizionato, che gli ha insegnato il razzismo, e... beh, ad undici anni nessuno ha la testa per farsi un'opinione propria del mondo! Secondo me, adesso, il suo volersi isolare e fuggire dalle persone, è una prova della mia teoria. Credo che lui si senta tremendamente in colpa, e che provi una cocente vergogna per gli errori che ha compiuto!"
Harry Potter aveva le mani ficcate nelle tasche della divisa quando annuì pensieroso al discorso della collega: "Lo penso anch'io, Hermione! Pero'... come dicono i babbani? Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio! Sarò io personalmente a sbatterlo ad Azkaban, nel caso in cui venga fuori la sua malafede. Per il momento voglio credergli e studieremo bene la questione. Lo scopriremo se Draco Malfoy è serio, o se invece ci sta prendendo per il culo ed è rimasto fino in fondo un gran figlio di puttana!"
Hermione, alzandosi dalla sua scrivania, rise e decretò chiuso il discorso; si avvicinò ad Harry e gli poggiò una mano sulla spalla per trasmettergli sicurezza e l'implicita conferma che averebbero sempre risolto tutto quanto, insieme.
Un brillio dorato, proveniente dal suo polso, catturò l'attenzione dell'Auror: "Hermione? Chi ti ha regalato quel bracciale? Non te l'avevo mai visto! E' nuovo?"
La ragazza osservò per un momento il suo gioiello, distrattamente: "Ah... questo, si. Pepper, me l'ha regalato Pepper."
Sbigottito, Harry farfugliò: "Pepper? Adesso i folletti della Cornovaglia possono permettersi pure di regalare dei bracciali d'oro? Ma sei sicura?"
Hermione si estraniò qualche secondo, con una inspiegabile sensazione di disagio invaderla da capo a piedi. Insospettito, Harry la stuzzicò: "Non è che l'avrà rubato a qualcuno?" E strinse le palpebre, da dietro i suoi famosi occhiali rotondi.
-"Si. No, cioè no!" Hermione si impappinò, a disagio, tornando alla realtà: "Oooh... lo so che non sopporti la mia Pixie, ma non puoi dubitare di ogni azione che fa!" Arrossì, sentendosi in colpa. Harry si inalberò: "Hermione, io sarò pure prevenuto nei suoi confronti ma a differenza tua, non mi sono dimenticato la natura dispettosa ed arrogante di quegli esserini diabolici. Ma dai, su... neanche Hagrid ne terrebbe uno! Io mi fiderei più di Norberto, figurati! Ha ragione Ron quando dice che ti servirebbe un uomo accanto, per deciderti a buttare fuori di casa quel mostriciattolo!"
La collega lo guardò in cagnesco, pronta a sbraitare con le guance in fiamme, quando lui decise al volo di cambiare aria: "Per oggi ho finito! A domani Hermione!" E, di corsa, si chiuse la porta alle spalle.
Hermione rimase lì, ferma, a fissare il suo bracciale, totalmente estraniata dalla realtà: erano ormai passati una decina di giorni da quando Pepper l'aveva seguita ad Hogsmade rubando il gioiello sulla scena del delitto in casa Belby, e lei non si capacitava di come fosse possibile che nonostante la sua rigidità morale, questo fosse ancora allacciato al suo polso. Solo e soltanto in una circostanza aveva avuto il rimorso di coscienza nei confronti dei legittimi proprietari, eppure, quando aveva preso la decisione riconsegnarlo, qualcosa le aveva detto di non farlo, una sensazione forte e assolutamente negativa che continuava ancora adesso a dirle che quel bracciale doveva tenerlo lei...
 
 
***
 
 
"Hermione Granger non è affare che mi riguarda..." Continuava a ripetersi Draco Malfoy, con i dubbi che lo assalivano ogni cinque minuti, mentre scandiva i passi fra le pozzanghere dell'acciottolato sconnesso di una stradina di Matlock, nel Derbyshire. Pioveva a dirotto e a poco serviva il mantello che nervoso tentava di stringersi addosso, senza contare poi le folate di vento che regolarmente gli piegavano l'ombrello; purtroppo non poteva usare alcun incantesimo per il rischio di insospettire i babbani ed imprecò a voce neanche troppo bassa, infilandosi nel primo pub della via. Lo accolse un calore piacevole, il rumore di gente che parlava e stoviglie che cozzavano fra loro in cucina; si tolse sbrigativamente sciarpa e mantello ed ordinò una birra, sedendosi al tavolino più appartato che trovò, di fronte alla finestra.
I terreni, i vari cottage e le residenze signorili che possedeva la sua famiglia nel Derbyshire lo portavano spesso in quella contea per incassare entrate, regolare eventuali problemi e gestire gli affitti. Con i suoi edifici di pietra ed i tetti in ardesia, Matlock era un paese veramente delizioso, nonostante fosse un agglomerato quasi esclusivamente babbano. In quel momento, Draco fissava fuori dalla finestra, perdendosi ad osservare le gocce di pioggia che rotolavano sul vetro, e forse fu il maltempo, o il clima freddo di metà ottobre... che realizzò ancora una volta, stringendo i denti, di essere un uomo tremendamente solo. Ne soffriva, ma non poteva fare a meno di mantenersi isolato il più possibile dalla società, per non dover vedere la compassione o la sufficienza negli sguardi della gente. Era troppo orgoglioso. Si era pure accorto di essere diventato un po' scontroso col tempo ma, ormai, era poco avvezzo ai contatti umani e non credeva sarebbe più cambiato, invecchiando. Sorseggiò la birra e pensò a sua madre che, esasperata, cercava di convincerlo a sposarsi, o almeno a trovarsi una donna, impaurita dalla sua indifferenza nei confronti del genere femminile. Inghiottì rumorosamente un altro sorso di birra e scosse il capo, stressato.
L'ultima volta che Narcissa aveva tentato di intraprendere il discorso l'aveva gelata, rimproverandola burberamente: "Non mi manca la compagnia di una donna fra le lenzuola se è quello a cui alludi, mamma! Puoi dormire serena, non amo sollazzarmi con gli uomini."
Lei si era indignata profondamente per la sfacciataggine ma, perlomeno, la battuta tagliente era servita ad assicurarsi che per un bel po', sua madre non sarebbe ripartita all'attacco. Sbuffò di esasperazione al solo ripensarci.
Osservò con attenzione i rivoli di schiuma che scendevano all'interno del bicchiere fino a depositarsi di nuovo sulla birra chiara, pensando a tutto e a niente, e così... finì per darsi del deficiente, seduto lì in un angolo di Inghilterra che non gli apparteneva, a sprecare il suo tempo da solo come un cane bastonato, depresso, arrabbiato col mondo intero, mentre poteva avere qualcuno vicino a tenergli compagnia, a rallegrarlo, magari a farlo sorridere, ad amarlo...
Forse chiedeva l'impossibile in una donna, ecco perchè non riusciva a trovarne una: desiderava che fosse istruita, con un'intelligenza ed un'educazione appropriata al rango che le sarebbe spettato prendendo il suo cognome. E poi raffinata ed elegante, per mantenere alta la nobile reputazione che distingueva la sua famiglia. Ovviamente bella: perchè lui non poteva di certo accontentarsi di un viso mediocre. Ed infine, pacata e modesta. No, no, no! Non poteva prendere in giro anche se stesso, era assurdo! Scosse la testa. Lui non si era mai innamorato: ecco qual era il problema! Non aveva mai conosciuto il sincero turbamento dei sensi, e quello che lo preoccupava era la paura di esser divenuto talmente arido da non avere nemmeno più la capacità di distinguere il vero amore in mezzo alla confusione dei sentimenti umani. Cosa avrebbe fatto se, nel suo ostinato isolamento volontario, si fosse fatto sfuggire l'amore della sua vita? Se nel rifiutare categoricamente le ragioni del cuore e le persone in generale, avesse scaraventato fuori dalla sua esistenza pure l'unica donna capace di superare lo scoglio della sua ostilità, per amarlo comunque sia? Probabilmente era già successo, e lui non se n'era nemmeno accorto.
A quel punto, pensò che fosse meglio cambiare la direzione dei pensieri, altrimenti la sua malinconia avrebbe raggiunto livelli mostruosi...
L'immagine di un bracciale maledetto al polso di una ragazza ricominciò a turbarlo ancora, e dilatò le narici con irritazione, ripetendosi: "Hermione Granger non è affare che mi riguarda..." Purtroppo però, i ricordi che aveva osservato nella sua mente lo sopraffecero, rammentandogli di nuovo che la donna era in pericolo senza saperlo. 
"Hermione Granger non è affare che mi riguarda..." Sbuffò, stringendo fra le dita la base del naso, come a voler riflettere. "Hermione Granger non è affare che mi riguarda..."
Draco non era riuscito a scoprire come lei si era impadronita di quel bracciale, perchè il tempo che aveva avuto per infilarsi nella sua mente e cercare ciò che lo interessava era stato troppo poco. Harry Potter si era allontanato solo un attimo dal capezzale dell'amica, quindi era risultato impossibile per lui approfondire ogni dettaglio della vicenda senza farsi scoprire.
Al diavolo! Aveva deciso cosa fare... Svuotò il bicchiere, pagò e si lasciò il pub alle spalle, con la pioggia fitta che lo inzuppava di nuovo dalla testa ai piedi.
 
 
***
 
 
Bussò due volte sul portoncino di legno di un'abitazione trasandata, in un vicoletto stretto di Godric's Hollow. Non seppe esattamente perchè, ma Hermione aveva deciso di sbrogliare subito la vicenda Malfoy, mettendo da parte il caso Belby, la truffa delle sedute spiritiche, le scartoffie d'ufficio, tutto...
Era stata una decisione presa d'impulso perchè, nonostante tutto, voleva aiutarlo. Aveva sempre voluto aiutarlo. Ma non aveva mai avuto fino a quel momento, l'occasione per farlo. In nove anni dalla fine della guerra l'unica crepa nella barriera dell'isolamento doloroso di Draco Malfoy era stato un saluto e due parole di cortesia, fra loro due. Hermione non era come tutti gli altri che facevano spallucce ed ignoravano il ragazzo solo perchè lui ignorava loro. Non funzionava così! Il disinteresse non avrebbe cambiato il mondo, e non avrebbe aiutato le persone a fuggire dai propri fantasmi.
Si trovò davanti un anziano brizzolato, leggermente panciuto, con la pipa in bocca. "Salve! Augustus Jenkins, vero?" Egli annuì sospettoso, riconoscendola. "Posso entrare?" L'uomo si spostò e con disagio evidente la fece accomodare nel suo salottino pieno di cianfrusaglie. Hermione non perse tempo: "Vedo che ha capito chi sono! Bene! Avrei soltanto bisogno che mi raccontasse nel dettaglio i fatti che ci ha descritto nella sua lettera. Lo sa che con il suo aiuto abbiamo incastrato il signor Malfoy?"
Negli occhi di Augustus Jenkins passò un brillio di soddisfazione. Hermione Granger aveva un piano ben preciso: ingraziarselo, fingendo riconoscenza. "Le vostre informazioni sono state veramente preziose! Ma per procedere al meglio contro il colpevole dobbiamo sapere i particolari!" Accavallò intenzionalmente le gambe scoperte e riprese a parlare: Quando Draco Malfoy si è presentato in casa sua ha detto qualcosa di interessante? Ha rivelato, pure involontariamente, il motivo per cui necessitava del suo quadro? Mi racconti tutto dal principio!" E gli sorrise incoraggiante, con lo sguardo un poco seducente.
Augustus Jenkins imbastì una storia molto singolare partendo proprio dalla descrizione del dipinto maledetto, oggetto su cui ruotava l'episodio. Disse di averlo acquistato sei mesi prima al mercatino dell'usato nella Londra Babbana, per poche sterline. La didascalia sul retro della tela lo faceva risalire al 1972 e raffigurava un bambino biondo al fianco di un'angosciante bambola dalle orbite vuote. La cosa che lo aveva però colpito di più era stato lo sfondo: una grande finestra nera come la notte, sul cui vetro stavano poggiate tante mani; gli venne spiegato che quella finestra rappresentava la porta dell'aldilà, mentre quelle mani gli spiriti che vi si trovavano all'interno. Ne fu talmente affascinato che se lo riportò a casa senza pensarci, indicando con un dito ad Hermione Granger il punto esatto dove era stato appeso, prima che Draco Malfoy se lo portasse via.
"Per quale motivo ritenne che il quadro fosse maledetto, signor Jenkins?" Il racconto, fino a quel momento, era stato abbastanza credibile, ma Hermione non poteva dimenticare la natura infida ed ingannatrice di quell'uomo che, ignaro dei pensieri della sua interlocutrice, fu felice di riprendere: "Oh... era terrificante signorina Granger! Trovavo la bambola in posizioni sempre diverse! A volte stringeva una bacchetta nelle mani, come a voler minacciare il bambino di fianco a lei. La finestra che vi era dipinta si apriva, si chiudeva... l'ultima notte trovai la sagoma del ragazzino fuori dal quadro: rimasi talmente sconvolto che persi i sensi per alcuni minuti. Decisi che non potevo più tenerlo, ma non sapevo come fare per sbarazzarmene e la prima cosa che mi venne in mente beh... fu proporlo a Borgin&Burke, che però disse di non vederci nulla di strano. Probabilmente fu il negoziante, che con Malfoy credo sia in combutta, a spifferarglielo. Così me lo sono ritrovato in casa!" Hermione si mosse sulla sedia e non potè fare a meno di rispondere: "Le supposizioni le lasci fare a me! Continui..."
Il vecchio si rese conto di aver forzato la mano e falsamente innocente, ricominciò: "Mi disse che collezionava oggetti oscuri e ne studiava le affascinanti potenzialità, ed il mio quadro, se davvero faceva quello che raccontavo, poteva essere un buon collegamento tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Lo voleva a tutti i costi, aveva negli occhi una brama accecante, tanto da preoccuparmi! Alla fine glielo lasciai, ero troppo ansioso di liberarmene..."
Fu da quel momento che Hermione cominciò a trovare le prime imperfezioni a quel racconto; socchiuse gli occhi e decise di metterlo in difficoltà: "Mi scusi, ma perchè non ha contattato il Ministero per farsi aiutare? Le ricordo che gli Auror, oltre a scovare i criminali e i maghi potenzialmente pericolosi, sanno rendere inoffensivi i manufatti oscuri, e se ne sarebbero occupati volentieri!"
Augustus Jenkins divenne rosso come un peperone, iniziando a balbettare: "I-Io beh, ecco... sa signorina, n-non navigo nell'oro e... e avevo p-pensato di farci qualche galeone, vendendolo ad un appassionato!" Hermione lo guardò con aria di sufficienza, dicendogli una cosa che lo sorprese: "Lo sa che il Ministero tiene sotto controllo Borgin&Burke accertandosi costantemente di chi ne entra e di chi ne esce? E le posso assicurare che Draco Malfoy non rientra nella lista di coloro che si servono lì!" Disse questo con voce acida. "Per cui, credo sia impossibile che quest'ultimo sia venuto a conoscenza del quadro tramite una chiacchierata con il proprietario del negozio!"
L'uomo iniziò a sudare e ad aspirare nervosamente dalla pipa, cambiando ripetutamente posizione sulla sedia; capì che quella maledetta donna stava cercando di metterlo in difficoltà. "B-beh... questo pero' n-non toglie il fatto che le mie indicazioni si sono rivelate esatte, signorina Granger... E' grazie a me che avete incastrato Draco Malfoy, giusto? Giusto? O no?"
Hermione ghignò impertinente: "Non deve preoccuparsi di Draco Malfoy, signor Jenkins! Lui e la condanna che gli spetterà non devono interessarle minimamente. Si preoccupi soltanto di rispondermi in modo esauriente." Augustus Jenkins rimase a bocca aperta: non avrebbe mai pensato che un racconto semplice e lineare come il suo potesse avere così tanti controsensi. Hermione Granger era estremamente furba, e con poche frasi lo aveva messo al muro. Ingoiò saliva, ed ebbe improvvisamente paura che la famosa strega sapesse qualcosa dei suoi traffici...
"Glielo dico io Jenkins perchè non ha chiamato subito il Ministero quando si è accorto delle stranezze del suo quadro!" Hermione poggiò i gomiti sul tavolino, guardando soddisfatta il suo interlocutore: "Lei ha una paura fottuta degli Auror! In fondo... un uomo che ha un giro di prostituzione, spaccio di pozioni illegali, scambi illeciti di vario genere, non le ama le istituzioni, che siano esse magiche o babbane! Borgin&Burkes in questa storia poi, non c'entra assolutamente nulla, perchè sappiamo per vie traverse che lei ha avuto più di una volta da ridire con il negoziante e quindi non sarebbe mai e poi mai andato a chiedere consiglio lì; inoltre presumo, e credo proprio di non sbagliare, che quando lei ha acquistato il quadro al mercatino babbano, sapeva benissimo cosa stava portandosi a casa, solo che ne aveva sottovalutato la reale pericolosità!"
Augustus Jenkins sembrava vittima di un Pietrificus Totalus ma Hermione, impietosa, sputò ancora: "Rivendendo il quadro nel mondo magico sperava di farci un bell'affare vero? Certo, non voglio negare che durante il periodo in cui l'ha tenuto a casa, siano successe davvero cose terrificanti, la sua paura era sincera mentre raccontava quella parte di storia; circostanze talmente spaventose che se ne preoccupò seriamente! Purtroppo però era nella condizione di non poter chiamare il Ministero per i motivi già elencati, quindi divenne urgente trovare un acquirente il prima possibile! Quando finalmente, tramite svariati agganci è riuscito a contattare Draco Malfoy... ha tentato comunque di spillargli più soldi che poteva, conoscendo per esperienza diretta la potenza oscura del quadro! Lo sa signor Jenkins che il traffico di manufatti oscuri è illegale, e perseguibile a norma di legge?"
L'uomo sbiancò e tentò di reagire: "Stupefic..." Ma Hermione Granger fu più veloce e sfoderando la bacchetta, prima lo disarmò con un Expelliarmus, poi gli scagliò un Incarceramus, facendolo crollare di nuovo sulla sedia.
"Sto cercando di capire una cosa, Jenkins..." Riprese Hermione, come se non fosse successo niente: "Perchè ha deciso di denunciare il suo facoltoso acquirente? Mmmh... vediamo, vediamo... forse lei stava cominciando a sparare cifre troppo alte e Draco Malfoy non voleva stare ai suoi giochetti? Probabile!"
Hermione manteneva la bacchetta puntata contro l'uomo: "Lei credeva davvero che il Ministero non si fosse mai accorto dei suoi traffici illegali? Lo stavamo tenendo sotto controllo da un po', in attesa dell'errore più clamoroso! Ha sbagliato a volersi vendicare di Draco Malfoy per una mera questione economica. Le si è ritorto contro..."
Augustus Jenkins non aveva più la forza di replicare ed il suo volto congestionato parlò per lui, mostrando alla donna tutta la rabbia, l'odio per il Ministero, la vergogna di esser stato scoperto, e sicuramente anche un certo rancore per Malfoy che, seppur involontariamente, l'aveva danneggiato.
"Non avete prove!" Tentò di difendersi.
Hermione Granger ruotò gli occhi al soffitto: "Ma per piacere, Jenkins... Legilimens!"
Hermione non ebbe bisogno di molto tempo per scrutare le memorie dell'uomo, in fondo, sapeva già a grandi linee tutte le azioni ed i misfatti che aveva compiuto; non volle però approfondire dettagliatamente i ricordi della sua vita, era già nauseata da quel poco che aveva visto, e fortunatamente non c'era bisogno di andare oltre per avere il materiale adatto ad arrestarlo. La storia del quadro si era rivelata esattamente come l'aveva immaginata lei e, correndo veloce nei dedali di quei brutti ricordi, cercò l'unica scena utile prima di abbandonare definitivamente la testa di Augustus Jenkins: l'incontro fra lui e Draco Malfoy.
La trovò presto...
Cadde esattamente al centro della scena e si ritrovò nello stesso salotto squallido pieno di tappeti e puzza di fumo, vicino a due uomini in piedi rivolti verso un quadro appeso al muro di fronte. Augustus Jenkins parlava frenetico, raccontando a Draco Malfoy gli episodi che si erano verificati in casa sua, mentre il ragazzo, pensieroso, fissava la bambola dipinta sulla tela incriminata. Hermione istintivamente si avvicinò al biondo, studiandone l'espressione: sembrava preoccupato, sconvolto addirittura... nulla però che somigliasse alla brama cocente di possedere il quadro, come invece aveva affermato il vecchio. Mentre Hermione lo osservava rapita, i due iniziarono a contrattare il prezzo, e come lei aveva già sospettato, Jenkins sparò una cifra a dir poco assurda, scaturendo il nervosismo del suo acquirente.
La voce di Draco Malfoy risultò alterata: "Jenkins, è inutile che continui ad elencarmi le potenzialità oscure del dipinto solo per aumentarne il valore a tuo piacimento. Qui stiamo parlando di magia nera a livello così avanzato che dubito fortemente che oltre me, qualcuno avrebbe il coraggio di impossessarsene!"
Hermione sgranò gli occhi, delusa dalle parole del ragazzo perchè, nonostante la fiducia che avevano voluto accordargli lei ed Harry, era divenuto evidente ormai che lui ancora si dilettava con la magia oscura: la scena a cui stava assistendo ne era una prova concreta. Si passò una mano sul viso, esasperata, e lo guardò scuotendo il capo.
Improvvisamente, la bambola nel quadro ruotò la testa come a volerli fissare attraverso le sue orbite vuote; le numerose mani che si intravedevano all'interno della finestra dipinta si mossero, sparirono, ricomparvero attaccandosi al vetro, mentre un'anta iniziò a cigolare sinistramente aprendosi di poco: Jenkins retrocesse spaventato, Hermione emise un urletto che naturalmente nessuno sentì, e Draco sobbalzò sfoderando la bacchetta in direzione del quadro: "Arresto momentum!" Corse poi a sfilare il lenzuolo che foderava la poltroncina lì accanto, e lo utilizzò per coprire rapidamente la tela. Attesero con il fiato sospeso e fortunatamente non successe più nulla. Dopo un minuto, il ragazzo si voltò sbigottito verso Augustus Jenkins, aggredendolo con voce preoccupata:
"Tu... tu ancora cerchi di negoziare il prezzo di questa mostruosità? Ma sei pazzo! Questo quadro è pericoloso, per Merlino! Mi stupisco di come non ti sia ancora successo niente di brutto." Malfoy era agitato, tanto che la bacchetta gli tremava nella mano; Hermione fu catturata dai suoi occhi chiari spalancati, e si domandò perchè voleva acquistarlo se anche lui ne aveva paura.
"Ti dò cinquanta galeoni, né uno zellino in più né uno in meno! E ringrazia Merlino che hai trovato qualcuno che se lo porti via, idiota!" E di nuovo lo sguardo di lei si fissò sugli occhi troppo trasparenti di Draco Malfoy, che sembravano allarmati, pensierosi.
Non era colpa sua considerò Hermione, se ogni volta che lo incontrava, veniva calamitata dagli occhi del ragazzo: erano strani... tanto bizzarri da non riuscire a definirli belli o brutti. La limpidezza delle iridi era tanto intensa che faceva quasi male a guardarli; vacqui e profondi allo stesso tempo, sprezzanti e tristi, a volte curiosi, altre volte indifferenti. Un enigma.
Hermione si accigliò cercando invano di afferrare il comportamento incoerente di Draco Malfoy, che andava a caccia di manufatti oscuri, eppure non si comportava come un qualsiasi appassionato che si sfrega le mani soddisfatto dell'acquisto. L'ultima frase che sentì prima di essere risucchiata nella realtà, fu pronunciata da Augustus Jenkins: "Sai, Malfoy... mi hanno riferito di questa tua mania di studiare e rendere innocuo tutto ciò che è pregno di magia nera! Mi domando perchè poi, data la spiccata predilezione che invece la tua famiglia ha sempre avuto per le arti oscure! Mah... andrà a finire che ci rimetterai la pellaccia a combattere questi oggetti!" Sputò mentre soppesava, estremamente contrariato, il sacchetto troppo leggero di galeoni che il mago biondo gli aveva lasciato sul tavolo.
"Fatti i cazzi tuoi vecchio!"
 
 
In un un vortice fulmineo, Hermione tornò alla realtà, sorridendo maligna ad Augustus Jenkins, che era stato così sciocco da denunciare un uomo solo per ripicca e brama di denaro... Avesse avuto almeno l'intelligenza di inviare quella lettera in forma anonima, probabilmente Azkaban non lo avrebbe ospitato ancora per un bel po'.
Tornò poi a riflettere sull'ultima frase che aveva captato nel ricordo dell'uomo, una frase che cambiava decisamente le carte in tavola, favorendo la versione che andava spergiurando Draco Malfoy sulla sua presunta innocenza.
Ma perchè acquistare oggetti maledetti per combatterli? A quale scopo? Quello era un lavoro di esclusiva competenza degli Auror!
Determinata a parlare con il ragazzo appena ne avesse avuto tempo, afferrò Jenkins per un braccio, smaterializzando entrambi al Ministero. 
 
 
Continua...
 


 
Precisazioni:
-In realtà, nella storia ufficiale, Damocles Belby è lo zio di Marcus.
-Augustus Jenkins è l'unico personaggio creato dalla mia fantasia, gli altri nomi che avete trovato e troverete nella storia, fanno tutti parte della saga di Harry Potter: chi in modo più decisivo, chi in ruoli secondari, chi solo come apparizione.
 
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 Una decisione importante ***


 
 
Capitolo 5
Una decisione importante

 
 
Era appena andato via dal Ministero facendo un buco nell'acqua: gli avevano riferito che il Capo degli Auror aveva lasciato l'ufficio mezz'ora prima, così Draco Malfoy si era avviato a Diagon Alley, approfittando del momento per passare da Madame Malkin e ritirare un paio di giacche. Erano le cinque del pomeriggio dell'ultimo giorno di ottobre, il cielo si era già fatto scuro, gli operai della manutenzione magica stavano accendendo i lampioni con vari incantesimi Incendio, illuminando la strada affollata di passanti e venditori ambulanti pieni di chincaglierie stregate. Camminava con le mani nelle tasche del cappotto nero, evitando infastidito i poveri che gli chiedevano insistentemente qualche zellino, con altri pensieri per la testa. Le zucche di Halloween galleggiavano spettrali all'entrata di ogni negozio e doveva schivare le ragnatele finte, ogni volta che passava davanti ad una vetrina. Era trascorsa una settimana da quando l'ufficio degli Auror gli aveva messo sotto sequestro la sua stanza oscura e Draco fremeva d'impazienza: c'erano oggetti lì dentro che ancora doveva studiare ma, sopratutto, c'era un quadro che aveva bisogno di essere domato. Non era tranquillo nel sapere che quella tela maledetta era lì dentro senza alcun controllo, libera di agire a suo piacimento e sprigionare qualsiasi entità avesse voluto attraversare il portale rappresentato dalla finestra dipinta.
Nei suoi ventisette anni aveva già avuto a che fare con molti oggetti nefasti, suppellettili apparentemente innocue, bambole possedute, libri neri ma... di fronte al quadro di Augustus Jenkins era rimasto allibito: si trattava di qualcosa che andava oltre il controllo umano, qualcosa che forse soltanto gli Indicibili dell'Ufficio Misteri ne potevano comprendere la reale portata. 
Mentre camminava assorto, alzò un momento gli occhi dai ciottoli del marciapiede e vide di sfuggita Harry Potter che usciva dai Tiri Vispi Weasley con il figlioletto di due anni in braccio. Affrettò il passo e gli si parò davanti, cogliendo l'occasione al volo: "Potter..."
Harry lo guardò, sistemandosi meglio James tra le braccia, che gli sfuggiva da tutte le parti: "Malfoy, buonasera!"
"Ti ho già cercato nel tuo ufficio, dovrei parlarti!" Draco tentava di nascondere il nervosismo, stringendo i pugni nelle tasche del cappotto, con gli ultimi residui di dubbio a farlo tentennare. Harry lo bloccò, alzando una mano: "Malfoy, se è per la storia del sequestro, se ne sta già occupando Hermione. Quando sarà il momento di interrogarti verrai chiamato al Ministero, allora potrai tentare di spiegare tutto ciò che vorrai. Per il momento, qualsiasi discussione è inutile!"
Draco Malfoy si sdegnò immediatamente, ma inspirò forte dilatando le narici, e cercò di calmarsi: l'atteggiamento scontroso e facilmente irritabile che possedeva per natura non l'avrebbe aiutato, non con Harry Potter almeno...
"Non si tratta del mio caso, Potter!" Harry fece una faccia stupita e chiese implicitamente spiegazioni, aspettando che l'uomo riprendesse. "Si tratta della tua amica. Ho notato una cosa strana, e posso dirti che la faccenda non mi piace per niente." Non sapeva nemmeno lui cosa lo avesse spinto ad interessarsi dei problemi di una donna che aveva odiato praticamente per metà della sua vita. Era stato un impulso irrefrenabile, forse l'intima ambizione di farsi perdonare, addirittura un timida ed impulsiva voglia di fare, di aiutare qualcuno, per poter dire: ci sono anch'io, anch'io posso fare qualcosa, anch'io voglio essere utile. Oppure, ancora più preoccupante, l'inconscio e profondo desiderio di attirare l'attenzione di lei, anche se onestamente non ne capiva il motivo, o forse... era ancora troppo presto per capirlo.
Harry Potter era a dir poco sconcertato: "Ma stai parlando di Hermione, Malfoy?"
"Già..."
Così, dopo giorni di timori e dibattiti con se stesso, Draco Malfoy raccontò delle sensazioni strane provate a contatto con il bracciale di Hermione Granger la sera dell'inaugurazione del teatro, dei dubbi che lo avevano assalito, della certezza che si trattava di un manufatto oscuro... e alla fine confessò ad Harry Potter anche dell'incantesimo che aveva scagliato alla ragazza quando era svenuta, e che gli aveva permesso di vedere con gli occhi della mente cosa le era successo quel giorno in casa.
Si lasciarono mezz'ora dopo, dirigendosi ognuno verso le rispettive dimore, con pensieri diversi e contrastanti ad invadergli la testa. Draco Malfoy, pur convinto di essersi finalmente tolto un pensiero, continuò a rimuginare sui pro ed i contro dell'aver esposto così chiaramente le sue idee al riguardo e inoltre, il timore di essersi complicato la vita invischiandosi in faccende che non lo riguardavano, lo appesantì di un nuovo fardello. Harry Potter invece, mentre se ne tornava a Grimmauld Place n 12 rimproverando James per le bizze che stava facendo, rifletteva dubbioso sull'episodio: era combattuto tra il dimenticare totalmente quelle che all'apparenza sembravano un mucchio di assurdità, o credervi. Se quella folle storia fosse stata vera, la sua amica correva un enorme pericolo, ma onestamente la possibilità che l'uomo avesse inventato quel racconto per ingraziarsi lui ed Hermione a favore del caso degli oggetti maledetti trovati nella sua villa, non era da escludere. Draco Malfoy era sempre stato, già da ragazzino, un ingannevole, sleale doppiogiochista, bugiardo traditore, capace di mandare gli innocenti al patibolo per salvarsi le chiappe; e quindi non ci sarebbe stato da meravigliarsi se ancora una volta avesse imbastito tutto per il suo tornaconto personale.
Quella sera, dopo la cena, Harry aspettò che Ginny se ne andasse in cucina a sistemare le stoviglie per raccontare l'episodio a suo cognato:
"E' una storia assurda Ron... ed io non so se prenderla sul serio!"
Ronald Weasley comprendeva pienamente le perplessità dell'amico: "Harry, per me è già assurdo il solo fatto che in quest'ultimo periodo si tiri fuori il nome di Malfoy almeno una volta al giorno!" Mandò giù un pezzo di torta alla melassa e dopo aver ragionato silenziosamente per qualche istante, riprese parola: "Probabilmente Malfoy sta gonfiando tutto per fare il galletto con voi ed ottenere l'indulgenza sulla sua vicenda, però pensaci... se per assurdo avesse ragione, si spiegherebbe cosa che è successo ad Hermione! E questa cosa non è proprio da sottovalutare!"
Si guardarono senza più dire una parola, combattuti se dar credito o meno alle parole di un uomo che per tutta la vita non aveva fatto altro che cercare di danneggiarli; e così decisero di fare quello che già avevano stabilito giorni prima: aspettare, e vedere se fosse successo qualcos'altro per agire con sicurezza.
 
 
***
 
 
 
Il ticchettio di un orologio scandiva lo scorrere del tempo, e nulla si sentiva oltre quello, a parte di tanto in tanto il fruscio d'ali di Pepper che si muoveva da una stanza all'altra. La casa era semibuia, placida e quasi addormentata mentre Hermione, sdraiata sul divano del salotto, si rileggeva con calma la bozza de "Lo stregone dal cuore peloso", finito di tradurre prima di cena.
La lampada ad olio posta sul basso tavolinetto di vetro si spense con uno spostamento d'aria e la ragazza rimase al buio. Si alzò di scatto, perplessa, tastò più volte i cuscini del divano finchè trovò il suo sottile bastoncino di legno e riaccese la lampada. Al primo bagliore di luce, vide un'ombra imponente sparire dalla sua visuale nel giro di un secondo, lasciandola sconvolta. Hermione strinse convulsamente la bacchetta senza accorgersi del dolore che si stava procurando alle dita e si irrigidì tutta, incapace di emettere voce. Un rumore forte giunse alle sue orecchie e, spostando lo sguardo, vide alcuni suoi libri cadere e rimbalzare giù dalle scale, fino a depositarsi a terra, ammaccati e spiegazzati. Pepper arrivò allarmata dalla cucina, e poggiando i piedi sul pavimento, si avvicinò con cautela ad uno di essi ma, come tese la mano per raccoglierlo, una forza invisibile la scagliò violentemente all'indietro. Hermione andò a recuperarla stringendosela addosso e, tremando da capo a piedi, sputò con un filo di voce:
"Homenum Revelio!"
Anche questa volta, come l'altra, l'incantesimo non sortì alcun effetto e allora Hermione comprese al volo che gli incantesimi posti da Harry per avvisare il quartier generale in caso di intrusioni, non sarebbero mai scattati. Si trattava di qualcosa di non umano... deglutì, accorgendosi però di non avere più saliva.
Un potente ruggito le mandò il cuore in gola, la lampada si spense di nuovo ed il buio pericoloso l'avvolse per la seconda volta. Sentì dei passi, dei sospiri pesanti, cigolii, trambusto di sedie spostate, un annusare forte simile a quello di un cane che fiuta, e poi una risata cavernosa che le gelò il sangue nelle vene. Infine, un fetore intenso ed indecifrabile investì le sue narici per qualche attimo, qualcosa che sembrava sudore, carne marcia, pipì.
"Lumos!" Strillò Hermione, quel tanto almeno che il terrore le permise di sputare fuori, ma qualcosa le abbassò la bacchetta, scagliandola a terra. Le mancò il fiato per qualche secondo, la paura la paralizzò totalmente, la confusione la investì, la realtà si confuse con l'immaginazione... Tremava, per l'impotenza di essere immersa nel buio completo, senza sapere verso dove muoversi, cosa fare. E svenne.
Si svegliò un'ora dopo a terra, grazie a Pepper che preoccupata la tirava per la manica del maglione da chissà quanto tempo. Hermione si guardò attorno, ma un silenzio surreale invadeva la sua casa e per un attimo pensò di aver sognato tutto; poi vide i libri ancora malamente gettati ai piedi della scala e dissipò ogni dubbio. Si assicurò che la sua folletta stesse bene e raccattò la bacchetta per illuminare a giorno il salotto: non voleva stare al buio. Non voleva starci più. Si sentiva terribilmente stanca, aveva la nausea, il mal di testa, forse la febbre, ma non ebbe il coraggio di salire al piano superiore per andare a letto, così crollò distrutta sul divano.
 
 
***
 
 
"Questo è un filtro d'amore, tesoro! Tutto lo scaffale che hai davanti espone pozioni, dolcetti, profumi, e candele magiche che provocano sentimenti passionali!" Ron elencava ad una bella ragazza la mercanzia del suo negozio, adulandola: "Ma tu sei talmente carina che qualsiasi uomo cadrebbe ai tuoi piedi, se solo lo volessi!"
Ronald Weasley, a ventisette anni, era un ragazzo genuino, allegro, apparentemente spensierato ed amante delle belle donne. Grazie al lavoro e al contatto stretto con il fratello George, aveva a poco a poco abbandonato il suo vecchio carattere impacciato e, finalmente, riusciva a provarci con una donna senza subire i traumi psicologici di dieci anni prima.
Quella mattina se ne stava appoggiato con un gomito alla mensola dello scaffale, sfoderando un'aria da seduttore buono quando la sua migliore amica entrò nel negozio salutando mestamente. Aveva un'espressione stravolta, il viso pallido e un accenno di occhiaie: Ron capì al volo che qualcosa non andava e con uno rapido sguardo, lasciò intendere al fratello di provvedere alla ragazza che stava servendo.
Vedere Hermione Granger gli faceva stringere sempre un po' il cuore: erano anni che si era definitivamente arreso con lei!  La parentesi avuta durante la guerra era stata così breve che oggi se n'era quasi dimenticato. Quando lei aveva deciso di allontanarsi da lui l'anno dei M.A.G.O ne era stato tremendamente amareggiato ma, a dire la verità, non ne aveva sofferto molto o, per lo meno, non ne aveva sofferto come solitamente soffre chi viene scaricato senza un perchè. All'epoca era poco più che un bambino, non si era reso conto di aver perduto la ragazza che aveva amato da sempre, forse troppo preso dagli esiti devastanti della guerra, da un'adolescenza sconvolta dalla consapevolezza di quanto odio potesse esserci fra gli uomini, e da tutte le relative perdite, a partire da quella che gli aveva fatto più male: Fred. Con il passare del tempo, era rimasto in Ron Weasley solo un certo retrogusto amaro per l'occasione mancata, mentre vedeva Hermione crescere e fiorire ogni giorno di più, diventare donna, fare carriera. A volte gli capitava d'immaginare come sarebbe potuta essere la sua vita insieme a lei ma, chissà perchè, non ne usciva mai niente di buono. Si rendeva semplicemente conto che Hermione era troppo per uno come lui, che invece viveva di cose semplici: aveva un'altro modo di vedere la vita, era ambiziosa, combattiva, determinata ed intelligente oltre il normale. Ron sapeva perfettamente che non sarebbe mai riuscito a domare uno spirito ribelle come il suo, lei non sarebbe stata una di quelle mogli che ti aspettano a casa per prepararti la cena, non sarebbe mai stata una dolce casalinga, pronta a sfornarti amorevolmente sette figli, come aveva fatto sua madre Molly... ma sopratutto, Hermione Granger non si sarebbe mai accontentata di un marito che lavorava in un negozio di scherzi a Diagon Alley per tirare a campare...
"Che succede, Hermione?"
La donna iniziò a parlare così rapidamente che Ron fu costretto a fermarla, la portò nel retrobottega, le fece bere un bicchiere d'acqua con due gocce di pozione rilassante e le disse di ricominciare con calma.
"Oh, Ron! Stanotte è successo di nuovo..." Gli raccontò per filo e per segno ciò che era accaduto, afferrandogli nervosamente le mani. "Sono preoccupata. L'allarme al quartier generale che Harry aveva attivato non è scattato, sai cosa significa questo?" Ron scosse il capo, perplesso.
"Significa che non si tratta di una presenza umana, Ronald!" Era impaurita, e si vedeva da come muoveva gli occhi. Hermione però, non disse al suo amico che appena si era svegliata quella mattina, distrutta dalla nottata sul divano, aveva tentato di fare alcune ricerche; quando aveva provato ad aprire il libro "Spiriti e fantasmi: come trattarli od allontanarli", una sensazione indefinibile ed arcana l'aveva investita, inducendola a richiudere meccanicamente il volume e riporlo nella libreria, quasi come se qualcosa, in lei, le avesse impedito di approfondire la faccenda: esattamente come adesso le impediva di raccontarlo a Ron... Purtroppo si era accorta che, negli ultimi dieci giorni, le capitava sempre più spesso di estraniarsi, di abbandonare all'improvviso un'idea che le era venuta, interrompere un'azione quando invece un secondo prima era stata decisa a compierla.
Come se qualcun'altro prendesse il controllo sulla sua volontà...
Hermione, nella sua vita, si era costantemente vantata di avere la capacità di ottenere sempre ciò che più desiderava, con una cocciutaggine ed una determinazione che andavano oltre il normale e quindi, perdere così improvvisamente il dominio della propria fermezza, della tenacia, della sua proverbiale forza di volontà... addirittura per una sciocchezza come il voler togliere un bracciale e non poterci riuscire, beh: la stava destabilizzando, provocandole a tratti una perdita di contatto con la realtà, ed una rabbia repressa nei confronti di quell'invisibile energia che la contrastava e le impediva perfino di scoprire come liberarsene.
Hermione non si sentiva più completamente padrona del proprio corpo e della propria mente: era questo che la stava mandando fuori di testa, non la stupida paura di un comodino che volava da solo per la stanza o una risata spettrale che si divertiva a spegnere la luce del salotto. Quelle erano sciocchezze, al confronto!
"Ron?" Hermione sventolò una mano sugli occhi persi del ragazzo. "Ron, ci sei?"
Ron si riprese: "Si! Si, certo! E'... è che questa storia è assurda, Hermione. Parlane con Harry appena arrivi in ufficio, mi raccomando. E non tornare a casa da sola, per sicurezza! Stasera ne parleremo tutti insieme e vedremo il da fare, ok?"
Quando la donna lasciò il negozio di scherzi, Ron crollò sulla sedia della cassa, rievocando quello che Malfoy, giorni prima, aveva riferito ad Harry riguardo un pericolo che Hermione correva. Fu costretto ad ammettere, anche se faticava ad accettarlo, che Draco Malfoy aveva ragione, ma loro, poco propensi a credergli, avevano scioccamente sottovalutato il problema per mancanza di fiducia.
 
 
Continua...
 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 La stanza segreta di Villa Malfoy ***


 
 
 
Capitolo 6
La stanza segreta di Villa Malfoy
 
 
Quel giorno al lavoro si occuparono del caso di Draco Malfoy: lei ed Harry decisero che fosse giunta l'ora di togliere i sigilli alla stanza che avevano sequestrato al loro ex compagno di scuola, ed iniziare ad analizzare gli oggetti oscuri rinvenuti lì dentro. Con il passare delle ore, Hermione si era gradualmente allontanata dal pensiero di ciò che era successo in casa sua quella notte, e dopo averlo raccontato al suo amico, decisero di discuterne con calma a cena da Molly Weasley.
 
Quando giunsero quel pomeriggio stesso a Malfoy Manor, Hermione, decisamente nervosa, si stupì invece di trovare una dimora completamente diversa, anche se perfettamente uguale a com'era allora... Non sapeva spiegarselo: forse, il brutto ricordo che ne aveva, era stato scaturito solo dal terrore e dalla sofferenza delle torture inflittale da Bellatrix. Aveva memoria di una casa semibuia, tetra, angosciante, addirittura fredda e invece, nonostante fosse rimasta a grandi linee la stessa di prima, non le trasmetteva più quel senso di oppressione al petto.
Ruotò più volte su se stessa, meravigliata dalla bellezza sontuosa del maniero, come se lo vedesse per la prima volta; si ritrovò addirittura con il naso all'insù, perdendosi ad osservare gli enormi lampadari di cristallo, i drappeggi lussuosi delle tende che sfioravano dolcemente il pavimento di marmo, gli specchi maestosi che le rimandavano l'immagine di una donna vestita elegantemente di nero, con gli occhi sgranati dallo stupore ed un sorriso incredulo stampato in viso. Si domandò inaspettatamente come potesse essere vivere in quella casa così dispersiva, così regale, così importante. Poi, attraverso lo specchio, Hermione vide scendere lentamente le scale un silenzioso Draco Malfoy, e tutti gli altri sciocchi pensieri svanirono, mentre realizzava che, da quella prospettiva, lui appariva soltanto come un giovane uomo distinto e straordinariamente bello...
Si voltò di scatto, facendo sparire dal volto quell'aria da bambina sognante che gira per i corridoi della reggia del principe, e tornò alla sua posa professionale. Mosse qualche passo, ed il rumore rimbombante dei suoi tacchi la fece quasi vergognare mentre Draco salutava Harry rigidamente. Superati i convenevoli, il padrone di casa lì guidò attraverso vari ambienti, diretto alla stanza sequestrata; durante il tragitto, Hermione si soffermò più volte a contemplare sbalordita i soffitti lavorati o le pareti bianche alternate all'oro degli stucchi, ma fu solo quando si bloccò ad ammirare una sala affrescata, che Draco Malfoy tornò indietro per raggiungerla, lasciando il capo degli Auror ad aspettarli più avanti.
"La mia casa è stata costruita nel XVI secolo, Granger: le generazioni che vi si sono succedute l'hanno costantemente arricchita, per questo motivo puoi trovare un arredamento sfarzoso ed opere d'arte di tale livello!"
Hermione si voltò a guardarlo dritto nelle pupille, leggendovi l'enorme sforzo che aveva fatto per parlarle. Aveva gli occhi profondi, spiazzanti, di un grigioazzurro chiarissimo, simile a quello cristallino dell'acqua. Ed erano seri, troppo seri per essere occhi di un ragazzo di nemmeno trent'anni. Bastava esaminargli lo sguardo per capire i tormenti interiori che lo affliggevano, ed Hermione ebbe voglia improvvisamente di scuoterlo con nervosismo dal suo isolamento e di dirgli, una volta per tutte: Smettila di auto-punirti, maledizione! Rialzati e vivi, Malfoy! Vivi come stiamo vivendo tutti, perchè la tua vita non è meno importante di quella di qualsiasi altro essere umano!
 
Era giusto pagare per gli errori commessi, ma il caso di Draco Malfoy era singolare, e tutti avevano concordato che l'unica colpa da attribuire al ragazzo, era stata più che altro l'eccessiva codardia, la maleducazione, il disprezzo e l'alterigia che lo avevano contraddistinto tra l'infanzia e l'adolescenza. Tutto quello che aveva combinato dopo invece, era stato solo il naturale modo di agire di un ragazzo di sedici anni impaurito dalle minacce di un mago oscuro senza scrupoli, il più pericoloso degli ultimi cinquant'anni.
Spesso Hermione si domandava cosa avrebbe fatto lei se, invece di trovarsi catalogata come sanguesporco, fosse stata cresciuta da una famiglia di maghi ricchi e purosangue. Avrebbe avuto, ad undici anni, l'acutezza di capire da sé che era tutto tremendamente sbagliato? Avrebbe avuto, appena adolescente, la forza di ribellarsi al proprio amato padre e alla propria adorata madre per mettersi contro Lord Voldemort? No! Perché, con molta probabilità, nascere e crescere con quegli ideali, non le avrebbe permesso di porsi il minimo dubbio sulla loro correttezza!
Con il tempo, tante cose avevano portato Hermione ed Harry a far si di perdonare Draco Malfoy, ed una di queste era stata proprio il mettersi nei suoi panni. Non avrebbero mai dimenticato quella piccolissima prova di coraggio, rispetto alla sua proverbiale codardia, quando si era rifiutato di riconoscerli al Manor, evitando a tutti e tre la morte certa; ed anche se meno degno di lodi, pure il gesto di abbassare la bacchetta di fronte a Silente aveva decretato in fin dei conti la sua totale incapacità di uccidere o di fare davvero del male ad un essere umano.
Ecco: era tutto questo che aveva distinto Draco Malfoy da un vero Mangiamorte, ed era tutto questo che aveva consentito ad Hermione Granger di non odiarlo più... 
Poi, vederlo a distanza di quasi dieci anni, tormentarsi ancora per gli sbagli compiuti a tal punto da chiudersi completamente in se stesso, evitare il contatto umano e tenere lo sguardo basso fra la gente, le dispiaceva terribilmente.
 
"Come fai a vivere con disinvoltura in una casa così... così maestosa?" Gli aveva chiesto Hermione a voce bassa, dopo essersi ripresa dalle sue elucubrazioni. Draco aveva fatto spallucce, fermandosi a studiare le sensazioni che lei gli aveva provocato: aveva tentato di asciugarsi le mani sudate sul tessuto dentro le tasche del pantalone e di sopportare il prurito sotto le ascelle, tipico di quando era nervoso...
Lui non la odiava più Hermione Granger. No. Forse per inerzia ancora odiava Harry Potter, ma ormai aveva capito che si trattava più che altro di una stupida antipatia protratta nel tempo, senza un reale motivo. Per lei invece, che era diventata piacevolmente donna, provava un sentimento di vergognoso pentimento che lo annientava e lo turbava (anche per altri motivi, a dire il vero)... Non era facile poi, trovarsi di fronte alla persona che aveva bullizzato per anni e che, alla fine, gli aveva dato lo schiaffo morale di vincere la guerra e di fargli capire di essere sempre stato in torto. Tutto ciò, aveva minato alle fondamenta il suo incredibile orgoglio che, da quel giorno, era crollato pezzo dopo pezzo, lasciando solo un mucchio di macerie a testimonianza di quel suo glorioso passato da gran testa di cazzo.
Irritandosi con se stesso, Draco tornò per un momento il ragazzino cattivo di Hogwarts e, forse credendo di annichilire quelle sensazioni di disagio miste all'inconscia ammirazione per Hermione Granger e il suo nuovo corpo di donna, la liquidò dando il meglio del meglio di un Draco Malfoy versione tredicenne: "Sono abituato a vivere qui... come probabilmente tu sei abituata a vivere in un asfissiante monolocale babbano, fra il sozzume di Londra!" E le diede le spalle, riprendendo il cammino verso la stanza sequestrata.
 
 
***
 
 
Quando avevano sciolto i sigilli della stanza, Harry ed Hermione avevano trovato un luogo misterioso, pieno di oggetti ben catalogati, chiusi in teche di vetro e pieno di libri scritti in latino e runico. L'ambiente era in penombra e vi aleggiava un odore che non era piacevole, ma neanche sgradevole: un'idea di chiuso, un vago sentore di fumo di candela, carta, antichità...
Harry Potter, che aveva studiato più approfonditamente l'occulto e la magia oscura per diventare Auror, si occupò di analizzare le molte cianfrusaglie, pronunciando formule che risultavano incomprensibili perfino ad Hermione che, invece, si stava guardando intorno alla ricerca di qualcosa di preciso. Camminava lentamente, posava la bacchetta su ogni scaffale, avvicinava il naso alle sfere di cristallo guardandoci dentro, aggrottava le sopracciglia quando individuava un aggeggio inspiegabile, finché si fermò di fronte ad un quadro coperto da un lenzuolo bianco, appeso alla parete poco più lontana.
L'aveva trovato: il dipinto maledetto che Augustus Jenkins aveva venduto a Draco Malfoy per cinquanta galeoni. Tese la bacchetta di fronte a sé, si avvicinò con cautela e nervosismo, quasi immaginando la bambola voltarsi verso di lei, o il bambino saltare fuori dalla tela... e così il cuore cominciò a batterle più forte nel petto. Deglutì, facendo tremare un po' la bacchetta, e quando le sue dita furono ad un soffio dal togliere il lenzuolo che teneva celato il dipinto, una mano le apparve improvvisamente davanti, immobilizzandole il polso.
"Ooh, Merlino!" sussultò Hermione terrorizzata, e respirò profondamente quando, un secondo dopo, si accorse che quella mano elegante apparteneva a Draco Malfoy.
"Questo non devi toccarlo!" La rimproverò lui con voce bassa e profonda.
Hermione, stizzita, si scrollò la mano del ragazzo dal polso, irritata per aver fatto trapelare la paura, ma sopratutto ancora offesa dalle parole cattive che lui le aveva riservato prima: ne era rimasta profondamente delusa, perché non credeva di dover affrontare ancora, dopo anni, il suo disprezzo. Tutto ciò che aveva ponderato nel corso del tempo, come le scusanti, la pietà, il perdono... evidentemente non erano serviti a nulla.
"Io rappresento il Ministero, Malfoy! Ho il diritto ed il dovere di toccare ciò che voglio, qui dentro!"
Draco chiuse gli occhi per un momento, prima di avere di nuovo la forza di parlare: "Potrei essere d'accordo con te, se solo questo quadro non fosse così letale! Ancora non sono riuscito ad annullare il potere oscuro che sprigiona... Quindi, non puoi toccare una cosa di cui non conosci il pericolo!"
Hermione, con impeccabile professionalità, ma anche leggermente indispettita, prese una cartella con il timbro ministeriale ed iniziò a scrivere furiosamente, tanto che a Draco, per un attimo, ricordò spiacevolmente la Professoressa Umbrige.
"Malfoy? Tu sostieni che non utilizzi più la magia oscura da quasi dieci anni, giusto?"
"Nel modo più assoluto."
"Ci hai riferito che quello che collezioni qui dentro è il frutto di un lavoro costante, basato sulla raccolta di tali oggetti, sul loro studio e poi sull'annientamento delle maledizioni di cui sono impregnati! Confermi?"
Hermione aveva deciso di smetterla di provare ad avere un rapporto civile e cordiale con Draco Malfoy, perché non ne valeva la pena e, per quanto lui fosse pentito, evidentemente non era poi così pronto a fare un passo indietro.
Draco incrociò le braccia ed annuì in silenzio poi, con voce bassa, le disse, fintamente scocciato: "Ti preferivo poco fà, con quell'aria da scolaretta meravigliata mentre giravi per la villa!" Hermione lo guardò stralunata, finendo per ad arrossire di rabbia: "Beh, io invece ti preferisco quando non fai lo stronzo. Cioè mai!" E gli diede le spalle, appuntando ancora qualche informazione sulla cartella.
In Draco Malfoy montò una furia cieca, il respiro gli si fece pesante, le dita si strinsero a pugno fino ad evidenziare i tendini irrigiditi, e strinse i denti. Ma il bello era che... non era irritato con lei! No! Si era irritato con se stesso: si detestava con tutta l'anima per non essere capace di relazionarsi cortesemente con una donna, era più forte di lui: per un passo avanti che faceva, tornava indietro di due. Non esisteva niente di più devastante dell'odio verso il proprio io, e volle provare, per la prima volta, a combatterlo:
"Scusa..." Fu un sussurro strozzato, quasi incomprensibile.
Hermione s'immobilizzò sul posto, sconcertata. 
Scusa.
Scusa.
Scusa.
La parola le rimbombò più volte nella testa. Non credeva di poter mai sentire, in tutta la sua vita, quel termine uscire dalle labbra di Draco Malfoy. Fece quasi per aprire la bocca e dire una sciocchezza, ma poi preferì tacere e gustarsi il piacere momentaneo di quella piccola vittoria. Hermione era certa che quella parola nascondesse di più che il semplice chiedere perdono per aver pronunciato una frase infelice. No... racchiudeva molte altre cose, e allora, seppe che non si era sbagliata a credere nel suo pentimento, anche se per lui non era facile guardare in faccia la realtà ed affrontarla a testa alta; quelle sue ricadute scaturivano probabilmente più dal desiderio di non perdere totalmente la faccia di fronte a lei, che per reale disprezzo.
Hermione si voltò a guardarlo, abbozzò un sorriso timido ed abbandonò finalmente quella spiacevole aria da impiegata del Ministero, parlandogli con tono più dolce: "Perché lo fai, Draco? Intendo... perché ti occupi di svolgere un lavoro simile? E' rischioso! Ci sono gli Auror per questo! Ma non ti ricordi a scuola quante cicatrici aveva Malocchio Moody per aver passato la vita a combattere le maledizioni?"
Lui, bianco come uno straccio per aver osato affrontare una benedetta volta il suo stupido orgoglio, spalancò improvvisamente gli occhi stanchi, meravigliato di sentire il suo nome fra le labbra di Hermione Granger. Non si infuriò come ci si poteva aspettare da uno come lui, non aggredì la ragazza per la maleducazione di essersi presa una libertà che non le aveva concesso, ma anzi... il fatto gli provocò solo uno strano dolore al petto, come quando si prova un'emozione violenta.
Harry Potter sopraggiunse prima che lui potesse formulare una risposta esauriente alla domanda della donna. "Hermione! Qui dentro ci sono un migliaio di oggetti, ne ho analizzati solo una cinquantina purtroppo, ma ne è emerso che tutti sono stati colpiti in passato da incantesimi oscuri, tra i più svariati: anatemi mortali, maledizioni dolorose, sortilegi di memoria, possessioni e via dicendo. Nonostante ciò, tutti, in questo momento, risultano annullati!" Si voltò verso il padrone di casa: "Malfoy, sembra che tu non ci abbia raccontato idiozie! Ovviamente dovrò tornare per terminare il lavoro, ma..."
Draco Malfoy lo interruppe: "Potter, qui dentro gli unici oggetti che contengono ancora poteri oscuri sono quella bambola laggiù, chiusa nella vetrina!" Fece un breve cenno con il capo per mostrargliela. "E poi questo quadro coperto dal lenzuolo!" Lo indicò con un dito. "Ci stavo appunto lavorando sopra, quando mi avete sequestrato tutto!"
Harry annuì pensoso e si allontanò per osservare la bambola di pezza, che sembrava assolutamente innocua con quegli occhioni così grandi e dolci, i capelli rossi, il vestitino, e le calze a righe come quelle di una bambina. "Il problema Malfoy, è che per la legge non importa se questi oggetti li tieni chiusi a chiave e cerchi di distruggerli! Li possiedi, e tanto basta. Per il Ministero è sufficiente per sbatterti ad Azkaban e gettare la chiave in mare!" L'Auror si voltò a guardarlo, prima di riprendere, pensieroso: "Dovrò chiudere un occhio, probabilmente, e fingere che quella bambola con il quadro non esistano..."
Hermione aveva finito di scrivere il resoconto del caso, omettendo naturalmente la presenza di quei due oggetti mentre lanciava un'occhiata d'intesa ad Harry, e poi aveva riposto la cartella nella borsa, sorvolando sul piccolo momento di debolezza avuto prima: "Verrai chiamato al Ministero per rispondere di altre domande, per il momento credo che Harry rimetterà di nuovo sotto sequestro la stanza, per terminare il lavoro. Se può farti piacere, posso dirti che ho sbattuto il tuo accusatore ad Azkaban, per via di alcuni traffici illeciti di cui si occupava!"
Draco ragionò, finché in lui si fece strada un sospetto: "Era Augustus Jenkins, vero?"
Hermione non rispose chiaramente, ma quello che disse fu sufficiente per fargli capire: "Le leggi sulla privacy in teoria non mi permettono di dirtelo! Diciamo che questa informazione mi è CASUALMENTE sfuggita!" Gli sorrise, complice... e Draco venne trapassato al petto da un dolore piacevole, lo stesso di quando lei l'aveva chiamato per nome.
 
 
***
 
 
"Non puoi tornare a dormire a casa tua, maledizione!" Ron Weasley sbraitava da oltre dieci minuti, cercando di convincere la sua amica a restare alla tana, dopo i fatti che le erano capitati la notte prima in casa. Harry invece, fissava silenzioso il bracciale di Hermione, continuando a pensare alle parole di Malfoy, che lo aveva avvisato del pericolo giorni e giorni prima. In quel momento la ragazza era tutta scarmigliata, ed aveva le gote arrossate di esasperazione: "Per Merlino, Ron! So difendermi da sola!" 
"Certo! Come no! Ho visto come sei riuscita a difenderti quando quella cosa ha scaraventato la tua bacchetta per terra!"
"Mi ha colta impreparata!"
Ron alzò la voce: "Ovvio che ti ha colta impreparata, secondo te uno che vuole farti del male aspetta che sei pronta a difenderti!?!"
"IO VOGLIO TORNARE A CASA MIA!"
Ron si girò verso il cognato, allibito: "Harry! Dille qualcosa a questa pazza!"
Molly Weasley si affacciò dalla cucina e, domandando se andasse tutto bene, portò il dolce di fine pasto. Ginny era andata a stendere le gambe sul letto della sua vecchia stanza, per riprendersi delle nausee di una nuova gravidanza mentre da qualche parte della tana, si sentiva il signor Arthur dire cose stupidissime al piccolo James.
Harry, senza scomporsi minimamente, sollevò la schiena dal divano e poggiò i gomiti sulle ginocchia, guardando intensamente l'amica. Se Draco Malfoy avesse avuto ragione, le cause di quegli episodi erano da attribuire allo strano gioiello che lei portava al polso: "Hermione, posso vedere quel bracciale?"
Ron, comprendendo al volo cosa passasse per la testa di Harry, rimase in silenzio ad aspettare la risposta. Hermione non capì il motivo per cui, apparentemente, il discorso era deviato su di un altro argomento, ma si sentì subito a disagio, come se non volesse che la loro attenzione si fosse puntata al bracciale d'oro. A dire il vero, percepì una ritrosia non sua a parlare del gioiello: le dava quasi fastidio.
"Cosa c'entra adesso il bracciale?" Ed ebbe l'istinto di coprirlo, poggiandoci sopra l'altra mano.
Harry notò il gesto, cominciando ad impensierirsi: "Hermione! Fammelo vedere ho detto!"
"No."
"Perché no? Che problema c'è?"
"HO DETTO DI NO!"
Harry tirò fuori la bacchetta, innervosito dal comportamento di Hermione, pronto ad immobilizzarla per strapparglielo di dosso: anche con la forza, se necessario. Ogni minuto che passava, si convinceva sempre di più che quel maledetto di un Malfoy ci aveva visto giusto. Negli occhi di Hermione Granger passò un barlume di profondo odio, ed il ragazzo ne rimase scioccato. Si fronteggiarono in silenzio, lasciando Ron imbambolato nel mezzo.
Hermione intanto sentiva il cervello esplodergli di una grande confusione, una forza sconosciuta che cercava a tutti i costi di farle dire cose che la sua coscienza invece non approvava. Un rancore violento la voleva misteriosamente sopraffare e, guardare Harry negli occhi, diventava ogni minuto più difficile, improvvisamente sentiva di odiarlo, senza motivo... alla fine riuscì a vincere la battaglia contro quella parte oscura della sua mente e, per evitare di fare sciocchezze, prese al volo la borsetta dall'appendiabiti e scappò via, smaterializzandosi nel campo di grano appena fuori dalla tana, distrutta dal dispiacere.
 
Continua...

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 L'aiuto di Draco ***


Capitolo 7
L'aiuto di Draco
 
 
Finalmente, l'incubo con il Ministero era finito: Draco aveva tirato un sospiro di sollievo quando Harry Potter aveva tolto i sigilli dalla sua stanza, scagionandolo di fatto da ogni accusa, anche se l'Auror gli aveva fatto sottilmente capire di aver chiuso un occhio, come si diceva tra i babbani, e che insieme ad Hermione Granger, avevano voluto accordargli fiducia facendo sparire dalla lista dei manufatti oscuri la bambola ed il quadro maledetto. Poi Harry si era premurato di ammonirlo, chiedendogli di fare attenzione, e soprattutto di non farli pentire della scelta fatta.
E allora Draco si chiese perchè Hermione Granger avesse deciso di dargli quella chance... ne era stupefatto, lui al suo posto non l'avrebbe mai fatto! Come accordare fiducia ad un uomo che ti ha odiata ed offesa per tutta l'adolescenza? Era una pazza: lui in passato le aveva sputato addosso le parole più infamanti, il primo anno di scuola l'aveva denunciata alla Professoressa McGonagall spifferandole che lei e i suoi amici nascondevano un cucciolo di drago dentro i confini di Hogwarts, poi le aveva addirittura scagliato addosso un'incantesimo che le aveva fatto crescere i denti fino al pavimento, senza contare che durante l'assedio della scuola l'avrebbe fatta morire bruciata dall'ardemonio dentro la stanza delle necessità senza farsi alcuno scrupolo!
Hermione Granger era a dir poco sorprendente per il suo altruismo...
Si riscosse dai quei pensieri: "Ti ringrazio, Potter."
Draco pronunciò quelle parole con evidente sforzo, quasi obbligandosi a sputarle fuori dalla gola; purtroppo... gliele doveva. Era molto seccato dalla piega che avevano preso gli eventi nell'ultimo periodo, si era trovato a dover interagire per forza di cose con le persone che più avrebbe evitato al mondo, quasi che il destino avesse voluto giocargli un brutto scherzo. L'immaginaria bolla dentro il quale si era rinchiuso da nove anni e che l'aveva protetto ed isolato dal disprezzo della gente, si era miseramente frantumata, lasciandolo a boccheggiare indifeso ed impaurito. Le conseguenze di ciò erano state pesanti per il suo ego: nel giro di qualche giorno si era sentito in dovere di chiedere scusa ad Hermione Granger per il suo atteggiamento strafottente e maleducato, ed esprimere gratitudine ad Harry Potter: inaudito!
"Dovresti ringraziare anche Hermione, Malfoy! Sono certo che le farebbe piacere!"
"Lo farò." Gli rispose serio, lapidario, stringendo i pugni dentro le tasche dei pantaloni, così da reprimere il malumore che la richiesta di Potter gli provocava. Harry invece, dopo aver fatto il gesto di andarsene prendendo l'uscita del grande portone di Villa Malfoy mentre abbottonava la sua giacca fin sotto il collo, si voltò improvvisamente, con un'espressione alquanto indecisa sul viso: "Sai... avevi ragione, Malfoy! Riguardo il bracciale di Hermione intendo! C'è davvero qualcosa che non va, in esso..."
Draco chiuse gli occhi in un cenno silenzioso di assenso, investito in pieno dal pensiero di quella donna, e poi parlò, senza minimamente sospettare che da lì a qualche secondo, avrebbe pronunciato una frase... una frase che sarebbe stata come una sterzata violenta che fa deviare il viaggiatore da un percorso dritto e monotono fino a portarlo su una strada forse più difficoltosa, ma sicuramente più entusiasmante. Quelle parole avrebbero cambiato per sempre la sua misera e solitaria vita:
"Beh... Se la situazione della tua amica dovesse prendere una brutta piega, fammelo sapere Potter. Posso aiutarvi, se serve! In fondo, vi devo un favore."
L'Auror annuì, e stavolta andò via sul serio, lasciando un Draco molto pensieroso, ancora una volta combattuto fra la sua naturale antipatia, e quel sentimento difficile da comprendere verso Hermione Granger...
 
 
***
 
 
Aveva sbattuto per terra una ventina di libri con rabbia, senza curarsi dei danni, e già soltanto questo poteva far supporre lo stato di prostrazione di Hermione, che mai e poi mai avrebbe osato trattare così i suoi manuali magici, i trattati, i romanzi, i preziosi saggi contenuti nella libreria di casa.
Era disperata per ciò che era successo alla tana, non riusciva a capacitarsi del suo comportamento, lei non voleva reagire in quel modo. Aveva lottato con tutte le forze per contrastare quella dannata forza misteriosa che tentava in ogni modo possibile di sopraffarla e di farle fare cose che la sua coscienza non approvava. Era da quella sera che provava e riprovava a fare delle ricerche per scoprire cosa le stava succedendo, ma l'entità del bracciale glielo impediva, portandola a richiudere qualsiasi libro che potesse contenere informazioni... Quando cercava di parlarne con Harry o con Ron, la voce le moriva in gola, le parole si confondevano nella sua testa, i pensieri svanivano e lei era costretta a cambiare discorso. E poi stava male fisicamente: le nausee erano aumentate, i giramenti di testa si erano fatti più frequenti, talvolta la temperatura corporea aumentava, facendola ardere. Sentiva in casa una presenza invisibile che camminava, colpiva, graffiava le pareti, talvolta emetteva ringhi bassi. Hermione avrebbe tanto voluto piangere, e lo avrebbe fatto se non fosse stato per una vecchia promessa che aveva fatto a sé stessa nove anni prima, quando dopo la guerra, aveva deciso di non cedere più alla debolezza delle lacrime...
Gli unici momenti in cui riusciva ad essere totalmente padrona del suo corpo e della sua mente erano le ore in cui si dedicava al lavoro, oppure alla stesura della traduzione de "Le fiabe di Beda il Bardo", o a qualsiasi cosa frivola, come fare compere e guardare un film.
Hermione si accasciò sulla scrivania e posò gli occhi su una cartellina di plastica verde, con un'etichetta che portava su scritto: Caso Belby. L'aprì, sospirando pesantemente, e prese a leggere controvoglia l'ultimo interrogatorio al ragazzo, effettuato ad Azkaban.
 
"...Ho perso i sensi, o forse più che perdere i sensi, è stato come se qualcuno avesse preso il controllo del mio corpo e della mia mente; quando ho riaperto gli occhi, ho visto le mie mani che piano lasciavano la presa dal collo di mio nonno. Lui aveva il viso completamente viola e l'espressione terrorizzata. Ho realizzato dopo qualche secondo che era morto strozzato, mentre stringeva fra le dita il bracciale che io portavo al polso. Con uno scatto mi liberai dalla sua morsa ferrea, probabilmente dovuta all'irrigidimento post-mortem, ed il bracciale si sganciò dal mio arto, finendo a terra. Fu in quel preciso istante che mi sentii improvvisamente libero, come se il peso che avevo portato addosso da due mesi a quella parte fosse finalmente svanito, l'oppressione al petto dissolta, la mia coscienza di nuovo padrona di sé. Sono sicuro che la forza misteriosa che mi aveva posseduto per tutto quel tempo, fosse andata via proprio in quel momento..."
 
Hermione si agitò, cambiò posizione sulla sedia, poi aggrottò la fronte, ed il cuore cominciò a batterle più rapidamente nel petto: il bracciale... C'erano troppe similitudini tra il racconto di Marcus e la sua situazione. Sfogliò febbrilmente alcune pagine, e tornò indietro ai racconti della madre del ragazzo, Anne Belby.
 
"Sentivamo qualcosa che si muoveva in casa, annusava forte, a volte ruggiva; sembrava una presenza animale perchè nelle notti di luna piena, si sentiva ululare. Trovavamo graffi profondi sulle pareti, troppo grandi per essere di un cane ma troppo piccoli per essere stati fatti da un essere umano. Marcus era strano, capitava che si isolasse improvvisamente da tutto, oppure si arrabbiava in modo eccessivo, diceva cose senza senso, sembrava quasi che lottasse internamente contro qualcosa..."
 
Hermione rimase scioccata dalla testimonianza, pensando a tutte le cose successe a lei... prese ad osservare il bracciale allacciato al suo polso e ricordò che il gioiello proveniva proprio da casa Belby: la sua folletta della Cornovaglia, Pepper, l'aveva rinvenuto sulla scena del delitto, portandolo via. Provò ad alzarsi dalla sedia, nella testa l'impellente bisogno di andare ad Azkaban per interrogare Marcus sulla questione ma, improvvisamente, sentì quella forza oscura travolgerla di nuovo, come un'onda particolarmente violenta che ti fa sprofondare in acqua, lasciandoti senza respiro. Perse qualsiasi volontà di dirigersi al carcere, o di provare per l'ennesima volta a togliersi il gioiello dal polso... Ogni suo proposito di vederci chiaro fu messo a tacere, e lo spirito invisibile tornò ad invadere la sua psiche. Hermione provò a combattere con tutte le forze, ingaggiando una lotta disperata per mantenere almeno un attimo il controllo sul suo intelletto. Riuscì, dopo enormi sforzi mentali, ad afferrare un pennarello e a scrivere, con mano tremante, una frase sulla cartellina del Caso Belby:
 
AIUTO. QUI CI SONO INDIZI. DA SOLA NON RIESCO.
 
 
***
 
 
 
La bacchetta si muoveva in modo armonico, svolazzando in aria con determinazione e leggiadria, mentre quella che sembrava una litania sussurrata, erano in realtà una serie di incantesimi avanzati, probabilmente a portata di pochi maghi, ovviamente quelli più esperti... Una bambola di pezza con i capelli rossi vibrò paurosamente, staccandosi dal tavolo su cui era poggiata, poi subì uno scossone violento mentre si librava in aria, sotto lo sguardo attonito di Draco che continuava a tenere ferma la bacchetta nella mano, assorto. Qualcosa di indefinibile abbandonò il corpo del pupazzo, galleggiando di fronte al mago che tentava di nascondere il nervosismo dietro la concentrazione. Sembrava una sostanza, o semplicemente un agglomerato informe di energia, di colore scuro, che pulsava avvicinandosi al ragazzo, come se volesse entrargli dentro. Strinse i denti, ringhiando feroce: i tendini della mano si erano tesi, le nocche erano bianche, la bocca stretta. La bacchetta tentò di sfuggire alla sua salda presa quando un vento improvviso si scagliò contro di lui, spezzandogli il respiro, e Draco seppe di stare ad un passo dal perdere la lotta contro lo spirito maligno che fino a poco prima abitava il corpo inerte della bambola.
Non poteva. Non poteva, maledizione! Non ora che... che... Non lo sapeva neanche lui. L'energia si espanse, emanando un fumo nero pronto ad avvolgerlo ed impossessarsi di lui.
 
Il viso dolce di una donna si formò d'improvviso nella sua mente: Hermione Granger.
 
Gemette, e proprio quando la materia oscura toccava il suo petto, lui ebbe la forza di scaraventarla lontano con la bacchetta e farla sparire con un incantesimo antichissimo.
Quella si disintegrò sfrigolando, e la bambola di pezza rimasta per tutto il tempo a fluttuare a mezz'aria, ricadde sul tavolo a peso morto. Draco rimase qualche secondo immobile, poi prese ad inspirare ed espirare pesantemente, per riprendere fiato.
Aveva vinto.
Si tolse gli occhiali da vista, e passò il dorso della mano sulla fronte, asciugandosi il sudore; poi sorrise mestamente riponendo la bambola oramai innocua nella sua teca di vetro. Voleva capire per quale strano motivo la sua coscienza gli aveva messo davanti agli occhi il volto di quella donna proprio in un frangente che tutto richiedeva, tranne distrazioni... e crollò sulla sedia lì a fianco.
 
Hermione Granger... non capiva perchè improvvisamente fosse diventata il suo tormento personale, gli balzava alla mente nei momenti più disparati, e il suo viso delicato gli lasciava sempre una strana amarezza addosso, come quando qualcosa ti sfugge dalle mani e sai di non poterla afferrare.
Provava un'intima e vergognosa riconoscenza per lei, che lo aveva aiutato con la storia del sequestro dei manufatti oscuri, e Draco aveva passato l'intera giornata a lambiccarsi il cervello per trovare un modo di ringraziarla senza perdere dignità e cadere nel ridicolo: purtroppo non l'aveva ancora trovato. Ed ogni giorno che passava, per un motivo o per l'altro, il pensiero di Hermione Granger si faceva sempre più pressante...
 
 
***
 
 
Era giunto dicembre, e le campagne fuori Londra si erano già coperte di un leggerissimo strato bianco di ghiaccio, dal quale spuntavano i coraggiosi fili d'erba; il sole era tiepido, i piccoli pettirossi cercavano il loro cibo ignorando il freddo, le foglie secche rotolavano inermi alle folate di vento invernale, un vento che portava con sé il brutto tempo e forse le primissime nevicate dell'anno. Hermione era caduta in uno stato di profonda malinconia, ancora in lotta con quel qualcosa che non sapeva spiegare, quella non voglia di fare, di non scoprire, di tentare di capire cosa le succedeva. Aveva lottato con le unghie e con i denti contro l'oscura presenza che aveva deciso di invadere la sua casa e soprattutto la sua mente: purtroppo si era dovuta arrendere, perchè ogni stramaledetta volta che provava a confidarsi con qualcuno o a fare qualcosa di concreto, lo spirito maligno la sopraffaceva, evitandole di fatto di riuscire a liberarsene. Sapeva che tutto ciò aveva a che fare in qualche modo con il bracciale dei Belby e ringraziava Dio, Merlino, la Madonna e tutti i santi dei Cristiani se, nonostante l'evidente impedimento a sfogarsi, Harry e Ron avevano capito ugualmente che qualcosa in lei non andava, ed era certa avrebbero indagato. Hermione non poteva sapere (e non l'avrebbe saputo ancora per molto) che in realtà era stato Draco Malfoy ad accorgersi della pericolosità dal bracciale, e sempre lui ad avvisare Harry di fare qualcosa. Un giorno l'avrebbe ringraziato dal più profondo del cuore per averle salvato la vita con quel piccolo avvertimento, anzi... l'avrebbe baciato sulla bocca mille volte per ciò ma, purtroppo, anche questo Hermione non poteva ancora immaginarlo.
Il capo degli Auror aveva tentato più volte di forzarla a raccontare ciò che la turbava, e nonostante lei si fosse sempre rifiutata di spiegare, comportandosi in modo alquanto anomalo ed aggressivo per il suo carattere abituale, Harry provava comunque sul suo gioiello i più svariati e potenti incantesimi di liberazione; a volte lei si rifiutava di collaborare, perchè lo spirito maledetto tentava di controllarla, e allora Ron la immobilizzava, permettendo al cognato di operare le contro-fatture. Alla fine, con evidente sconcerto, i suoi amici avevano appurato che il gioiello non ne voleva sapere di sfilarsi dal suo polso, sia con la magia che con la forza fisica, lasciandoli completamente impotenti e preoccupati. La maledizione che affliggeva il bracciale di Hermione era qualcosa di più potente di un semplice incantesimo di magia oscura, ed Harry Potter dovette cedere alla fondatezza dei moniti di Draco Malfoy: per un momento, gli passò addirittura per la mente di chiedergli un consulto, dopo aver visto, con i suoi stessi occhi, la mole di oggetti maledetti che lui aveva annientato con le sue sole forze e conoscenze, ma poi aveva rinunciato dandosi del pazzo... Mettere Hermione nelle mani di un uomo che la odiava da una vita e che avrebbe solo gioito nel vederla in quello stato, era pura follia.
 
 
***
 
 
Quel giorno, Harry lasciò il Ministero della magia uscendo dalla cabina telefonica dei visitatori e, affiancato da Ron, si smaterializzò a Wallingford, il paesino dell'Oxfordshire dove abitava la sua migliore amica...
"Ron, vai ad acciuffare Pepper, per favore!" Disse Harry con aria contrariata ma decisa. Hermione era rivolta verso i fornelli della sua cucina e faceva svolazzare la bacchetta per versare il tè nelle tazze di ceramica degli ospiti. Si voltò sospettosa: "Cosa vuoi da Pepper, Harry?"
"Tranquilla, devo solo farle un paio di domande!"
Dopo pochi minuti fece ritorno l'amico, con le guance rosse ed il fiatone, mentre teneva per le ali la Pixie infuriata, che si dimenava come un'ossessa, stringendo i pugnetti ed urlando con la sua vocetta stridula parole assolutamente incomprensibili per le loro orecchie. Harry si avvicinò, puntandole contro la bacchetta: "Ron, tu tienila ferma!"
"Ti pare facile, Harry! Questo folletto del cazzo tenta di mordermi in continuazione!" Si arrabbiò l'amico: "Ma perchè non posso pietrificarla? Miseriaccia!" E con l'altra mano afferrò Pepper per le gambette, evitando così di farla scalciare.
"Forse perchè ci serve cosciente ed attiva, amico!?!" Si inalberò Harry.
"Ma volete farla finita tutti e due e spiegarmi cosa volete dalla mia Pixie?" Si intromise Hermione, scioccata dalla scena a cui stava assistendo. Harry la guardò con superficialità e poi tornò a voltarsi verso l'iroso folletto blu: "Bene, Pepper! Adesso tu mi dici dove diavolo hai preso il bracciale che hai regalato ad Hermione! Perchè lo so che gliel'hai regalato tu! Me lo ha detto lei!"
Seguì un momento di silenzio, dove tutti presero a guardarsi, in attesa...
I folletti della Cornovaglia erano famosi in tutto il mondo magico per il loro animo profondamente dispettoso, adoravano fare scherzi, amavano prendersi gioco degli esseri umani e quando venivano trattati male, si vendicavano furiosamente. Pepper aveva capito da tempo che Harry e Ron non l'avevano in simpatia; ogni volta che mettevano piede in casa la guardavano con sospetto, sempre pronti a sguainare la bacchetta per difendersi dai suoi presunti dispetti. E così, con il trascorrere degli anni, fra loro era irrimediabilmente sorta un'evidente avversione...
Alla domanda pressante di Harry, Pepper si era fermata per qualche istante dal suo dimenarsi furioso, e dopo un fugace momento di speranza, in cui tutti si erano convinti che la Pixie stesse per rispondere in qualche modo, questa incrociò improvvisamente le braccia al petto, voltando la testa di lato, stizzita. 
"Pepper, maledizione! E' importante!" Tuonò Harry, ottenendo l'effetto contrario; l'animaletto infatti prese a contorcersi di nuovo per fuggire dalla presa di Ron, che ricominciò a faticare: "Cazzo! Vuoi stare ferma, stupida Pixie? Uuufff... Sarei proprio curioso di sapere se il Doxicida funziona anche su di te, sai?"
"Oooh, io credo che funzioni eccome!" Sbraitò Harry, proprio un secondo prima che Hermione esplodesse, sbattendo la sua tazza di tè sul tavolino: "MA VOLETE LASCIARLA IN PACE, BRUTTI IDIOTIII!?!"
Ci fu un momento di panico generale, in cui l'Auror iniziò ad inveire contro tutte le creature magiche d'Inghilterra, Ron ad imprecare per la fatica, Pepper a gracchiare con la sua vocetta insopportabile, Hermione ad alzare la voce nel tentativo di placare gli animi.
Alla fine, un urlo acuto ruppe il caos e tutti fecero silenzio: Pepper aveva morso a sangue il dorso della mano di Ron, che in tre secondi si fece bianco come uno straccio. Cominciò a balbettare:
"Ooh M-m-erlino.. e ades-so? Hermioneee miseriaccia aiutami! Oh... cazzooo!" Si staccò a forza Pepper dalla mano già gonfia e bluastra, poi con rabbia si rivolse a suo cognato, urlando: "HARRY! GIURO CHE SE MUOIO AVVELENATO DA UN MERDOSO FOLLETTO DELLA CORNOVAGLIA, TI AMMAZZOOO!"
Hermione ruotò gli occhi al soffitto, sbuffando: "Ma stai zitto, Ron!" E si preparò a smaterializzare il suo amico al San Mungo per l'antidoto, mentre il capo degli Auror, esasperato, si passava una mano sul volto e prendeva coscienza del fatto che con la Pixie della Cornovaglia non avrebbe cavato un ragno dal buco...
Harry era consapevole che il problema di Hermione era molto più grave di quanto poteva sembrare in superficie; le sue conoscenze in ambito di magia oscura erano elevate, da anni ormai studiava per combatterle, eppure... eppure dovette ammettere che, questa volta, non riusciva a trovare una soluzione. Si era preso gioco di se stesso, auto-convincendosi che il non accettare l'aiuto di Draco Malfoy fosse soltanto un modo per proteggere la sua amica dal presunto odio del ragazzo, mentre in realtà, non aveva voluto semplicemente confessare che lui, il capo Auror più giovane della comunità magica inglese, avesse bisogno delle competenze del suo eterno rivale.
Fu così che Harry Potter prese la decisione che avrebbe cambiato per sempre la vita di Hermione Granger...
Chiuse gli occhi ruotando su se stesso, ed il vortice della smaterializzazione lo travolse, trascinandolo via. Quando riaprì le palpebre, si ritrovò sotto il cielo luminoso del Wiltshire, lungo un sentiero alberato che portava ad un maestoso cancello in ferro battuto, oltre il quale si intravedeva l'imponente dimora dei Malfoy.
 
Continua...
 
 
 
Precisazioni:
 
-Il paesino di Wallingford esiste davvero e si trova nell' Oxfordshire.  
-Il morso di un Pixie, in realtà, non credo sia velenoso, ma si tratta di una mia "licenza poetica"!!!
 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 Un mazzo di fiori per Hermione ***


 
 
 
Capitolo 8
Un mazzo di fiori per Hermione
 
 
"E con quale cazzo di scusa dovrei presentarmi in casa di Hermione Granger, Potter? Sentiamo!"
Draco Malfoy allargò le braccia, facendo una faccia sarcastica, una faccia di quelle che Harry avrebbe preso a pugni fino allo sfinimento.
Il Capo Auror aveva fatto un sospiro enorme prima di bussare alla porta di Malfoy con l'intento di implorare aiuto riguardo la situazione di Hermione, perchè, nonostante le sue approfondite conoscenze in materia di difesa contro le arti oscure, aveva fallito: ogni incantesimo avanzato, ogni controfattura, ogni pozione si erano rivelati inutili di fronte al misterioso bracciale che la sua amica indossava. Harry aveva meditato molto sulla possibilità di chiedere un supporto ad altri Auror, o addirittura agli Indicibili, ma aveva la strana sensazione che se lo avesse fatto, avrebbe messo Hermione nei guai: lei occupava un posto troppo importante all'ufficio applicazione della legge sulla magia, e non voleva neanche immaginare lo scandalo, se fosse iniziata a circolare la notizia che l'eroina del mondo magico possedeva un oggetto intriso di magia nera: Perchè lo aveva? Chi glielo aveva dato? Cosa ci faceva? A che scopo lo utilizzava? E se Hermione Granger non era così pura come voleva far credere? La facciata di altruismo e di bontà serviva a nascondere qualche scheletro nell'armadio?
Harry già vedeva sulla Gazzetta del Profeta, in prima pagina, il titolo enorme dell'articolo di apertura:
I SEGRETI OSCURI DI HERMIONE GRANGER: EROINA O INGANNATRICE? A GRAN VOCE LE SUE DIMISSIONI.
Così, a malincuore, aveva deciso di accettare l'offerta di Malfoy, avvertendolo però di non azzardarsi a divulgare alcuna notizia sulla faccenda, pena: il ritrovarsi con il suo vecchio caso dei manufatti oscuri riaperto.
 
Draco Malfoy era l'unico a comprendere i profondi meandri della magia nera, a saperne cogliere ogni sfumatura, a riconoscerne l'odore, la potenza incontrollabile; ed era anche per questo motivo che Harry, dopo essersi fritto il cervello nelle sue reticenze, si era persuaso, ammettendo la maggiore esperienza del suo eterno rivale! Perchè, in fondo... solo chi aveva praticato le arti oscure, sapeva veramente come affrontarle.
 
"Non ne ho idea Malfoy, ma per quanto io possa spiegarti dettagliatamente i fatti, devi comunque vedere con i tuoi occhi. Succedono cose sconvolgenti in casa di Hermione, e lei stessa si comporta in modo bizzarro!"
A Draco sfuggì un sorrisetto infido, prima di rispondere: "Beh... Hermione Granger E' una donna bizzarra, non c'era bisogno di un bracciale maledetto per capirlo!"
Dopodichè, ignorando l'occhiataccia che Potter gli aveva rivolto, si alzò dalla poltrona dell'immenso salotto di Villa Malfoy, e prese a riattizzare con svogliatezza il fuoco del grande camino in marmo; poi si girò a guardare l'Auror, seduto sul divano a schiena rigida, e ricominciò a parlare, con fare tremendamente ironico:
"Data la mia profonda amicizia con Hermione Granger, Potter... affiatamento che tra l'altro risale ai tempi di scuola, non avrò problemi ad andare a prendere il tè delle cinque a casa sua, farmi raccontare dove cazzo ha pescato quel bracciale ed aiutarla a liberarsene! Giusto?"
Harry si grattò la testa pensieroso, cercando una soluzione che permettesse a Malfoy di vedere Hermione, per studiare lei ed il suo caso. Si rese conto però che l'ironia sfacciata del giovane aristocratico, per una volta, non era totalmente fuori luogo considerando l'odio primordiale che lo univa alla sua migliore amica. E così prese a ridere sommessamente, immaginando Draco Malfoy seduto nella cucina babbana di Hermione a mangiare biscotti al cioccolato e parlarle civilmente. Si posò la mano sulla fronte, sbuffando. No. La cosa non era fattibile.
"Troveremo un modo, Malfoy. Parlerò anche con Ron, magari si farà venire un'idea!"
Draco alzò un sopracciglio, scettico: "Weasley!?!" Stava per aggiungere qualche commento poco gradevole, spinto dai residui dell'adolescente screanzato che era ancora latente in lui, ma poi decise di non dire niente, all'improvviso svuotato di ogni presunzione, o forse poco desideroso di ricominciare quell'eterna ed inutile battaglia...
Harry non vi badò, preso da altri pensieri: si illuminò per un momento, come folgorato da un'intuizione, ma poi si afflosciò sul divano, scuotendo il capo per le idiozie che la sua mente stava partorendo, e non avendo di meglio da dire, ribadì:
"Hermione non deve sospettare che ti abbiamo contattato per la faccenda del bracciale! Sai, ogni volta che tentiamo di fare qualcosa su quel cazzo di gioiello, lei non si lascia aiutare, come se non volesse liberarsene..."
"O forse non può..." Aggiunse Draco, facendo annuire silenziosamente Harry, che riprese, dopo essere stato interrotto: "Devi riuscire ad avvicinarla senza farle capire il reale motivo, così sarai più libero di lavorare, senza i suoi impedimenti..."
A quel punto del discorso, Draco si accigliò pericolosamente, guardandolo in tralice: "Ed io ti ripeto ancora una volta, Potter... con quale cazzo di scusa dovrei approcciarmi ad Hermione Granger? Onestamente, non so se per lei sia peggio farsi avvicinare da me con l'inganno, o semplicemente il farsi avvicinare da me e basta!" Poi sospirò: "Per Merlino! La cosa non mi entusiasma per niente." E si passò le dita fra i capelli, evidenziando un attimo quella leggera stempiatura per cui già da un paio d'anni si dannava, finchè le ciocche bionde gli ricaddero sulla fronte, oscurando di nuovo il suo piccolo problema.
"Non ti azzardare a mollarmi proprio adesso, Malfoy! Non fare il codardo come al solito, perchè lo so che sei migliore di quello che vuoi far credere! E poi, se proprio tu non volessi collaborare..." Harry sogghignò, con lo sguardo improvvisamente furbo: "Potrei sempre decidere di riaprire la faccenda dei manufatti oscuri, e far spostare la residenza delle tue nobili chiappe ad Azkaban!"
Il vecchio serpeverde a quelle parole, gonfiò i polmoni trattenendo tutta l'aria, poi socchiuse le palpebre fino a coprire il baluginio rabbioso dei suoi occhi azzurri e, passati i famosi dieci secondi, riuscì ad espirare profondamente senza dire una parola.
Harry gli sorrise sincero, contento finalmente che il suo antico rivale fosse diventato un uomo tanto maturo da accettare le critiche e tenere a bada l'impulsività: "Studieremo un sistema, fammici soltanto pensare un paio di giorni, Malfoy! Intanto...  beh... potresti ringraziare Hermione per averti aiutato con Augustus Jenkins ed aver falsificato il resoconto della nostra perquisizione a casa tua!!! Perchè immagino che tu non l'abbia ancora fatto, vero?"
Draco sgranò gli occhi, immobile, infuriato, imbarazzato per essere stato colto in castagna: no, non l'aveva fatto. Aveva passato giorni interi a spremersi le meningi per trovare un modo di ringraziarla senza cadere nel ridicolo. Che poi... per quale motivo si rischiava di cadere nel ridicolo a ringraziare qualcuno di un piacere?
Si vergognava, ecco... si vergognava di guardarla negli occhi e dirle grazie; aveva paura di leggerle nello sguardo la repulsione, la pena che gli faceva, di scoprire che lei gli aveva fatto quel favore solo per sottolineargli la sua superiorità... e questo, il suo orgoglio non lo accettava. No. Non voleva vedere il disgusto pure sul viso di Hermione Granger, perchè lei era sempre stata, per lui, quel sentimento di odio misto a quel qualcosa che non riusciva a definire ma che aveva sempre avuto il sapore amaro dell'invidia, dell'ammirazione, della gelosia furiosa, nell'inavvicinabilità.
 
"Hermione ha raggirato le istituzioni solo per aiutarti! Ringraziarla è il minimo che puoi fare, Malfoy!" Ci fu un minuto di silenzio imbarazzante. Poi...
"Vattene, Potter!" Sputò Draco con una voce che voleva essere cattiva, ma che tradiva invece la confusione e l'imbarazzo; questo Harry lo capì: non era particolarmente furbo ma non era nemmeno uno stupido e, fino a prova contraria, lui era sempre stato l'unico a capire fino in fondo Draco Malfoy, già dai tempi di scuola. La persona di cui Harry comprendeva maggiormente la complicata psicologia (dopo Lord Voldemort), era proprio lui, quasi come se fossero sempre stati legati da un filo invisibile... tanto quanto Hermione sapeva comprendere i sentimenti, le paure e le involontarie mancanze dei suoi amici.
Si alzò dal divano senza fare il minimo rumore e, prima di andarsene definitivamente, Harry tentò la sorte: "Hermione abita a Wallingford, nell'Oxfordshire, Norries Street 22. Sai... nel caso in cui ti venisse un'idea prima di noi..."
Sorrise e se ne andò, lasciandolo solo a rimuginare.
 
 
***
 
 
Che idiota. Che odioso, stupido, ridicolo idiota. Era calata la sera, per fortuna, così se fosse arrossito furiosamente per la gran figura di merda, lei non se ne sarebbe accorta: che magra consolazione! Aaah... maledetto il giorno in cui aveva deciso di collezionare quegli oggetti oscuri, maledetta la stanza che li custodiva e maledetto Augustus Jenkins che gli aveva rifilato quel quadro terrificante. Non avrebbe voluto essere lì, di fronte alla porta di casa di Hermione Granger, per nessun motivo al mondo! Era tutta colpa di una serie di sfortunati eventi se lui in quel momento se ne stava impalato ad aspettare che lei aprisse la porta; sperduto in un paesino babbano dell'Oxfordshire, davanti ad un villino discretamente carino si, ma... tremendamente piccolo ed anonimo per i suoi standard di magnificenza. Quello che stava per fare, rientrava nella lista delle circostanze che Draco riteneva, per la sua vita, altamente improbabili, per non dire impossibili da verificarsi.
Come spiegare quella sensazione di profondo disagio proprio di quando le situazioni, il caso o le persone ti costringono a fare una cosa che non vuoi assolutamente fare? E ti ritrovi a muoverti come un automa, sperando soltanto che finisca tutto nel più breve tempo possibile.
Diciamo che a spingerlo all'azione era stata ufficialmente la voglia di sbrigare quell'incresciosa faccenda, tanto per limitare i contatti con quei tre al minimo indispensabile: Potter per l'avversione che nonostante tutto gli scatenava, Ronald Weasley perchè, Merlino santissimo, era così tremendamente infantile che avrebbe fatto saltare i nervi pure ad una puffola pigmea; ed Hermione Granger perchè... perchè... cazzo! Provava verso di lei un profondo imbarazzo, e l'unico modo per non farglielo percepire, era risolvere il suo caso il prima possibile (soprattutto prima che Harry Potter si facesse venire qualche idea strampalata), e tornare ad ignorarla. Beh... il discorso con lei era un po' più complesso a dire il vero, e risaliva ad almeno quindici anni prima, quando erano poco più che adolescenti: quell'odio assoluto nascondeva una gelosia devastante per la purezza d'animo della giovane grifondoro, per l'intelligenza e l'amore per le cose giuste. E più crescevano, più il suo disprezzo aumentava, perchè oltre a quei pregi già elencati, si aggiungeva il graduale fiorire della femminilità di lei, e Draco... Draco ad un certo punto era stato costretto ad ammettere con stizza che Hermione Granger tutto era, tranne sporca come invece lui, bugiardo, andava professando a gran voce!
Nessuno aveva mai saputo nulla delle sue battaglie interiori di ragazzino, e Draco Malfoy continuava a tenerle per sé, come se quei pensieri fossero roba di cui vergognarsi, rivelazioni scomode da mantenere segregate nei meandri della sua psiche. Quando Potter si era presentato a casa sua per chiedergli aiuto, era successa una cosa strana dentro di lui: la sua mente aveva cominciato a lavorare febbrilmente, ed i suoi pensieri ad azzuffarsi fra loro stessi. Il suo terribile e scandaloso inconscio aveva saltellato di frenesia per prendere il sopravvento e spingerlo ad accettare la scusa del bracciale maledetto per potersi avvicinare ad Hermione Granger e togliersi lo sfizio di osservarla da vicino, dopo una vita di finta e rancorosa indifferenza ma... proprio quando Draco aveva immagazzinato l'idea, prendendola per cosa buona e giusta, si era invece affacciata la sua coscienza morale, e l'infame si era messa in mezzo bloccando tutto come una transenna babbana con divieto d'accesso a dimensioni titaniche, litigando con l'inconscio per evitare di fargli commettere cazzate. Non si potevano buttare al vento anni di ferreo orgoglio, di sdegnoso snobismo, di ideali  all'apparenza radicati; era ridicolo farlo, quella donna era fuori portata, e bla bla bla. Mentre il suo cervello fumava, in lotta con i suoi stessi pensieri, Potter aveva cercato di convincerlo... e diamine: era stato tremendamente bravo a ricattarlo (neanche troppo velatamente), obbligandolo a salvare Hermione Granger dalla sua inesauribile capacità di ficcarsi nei guai.
Così... alla fine si era deciso! Ed ora se ne stava fuori casa sua come un idiota, a guardare il campanello con la targhetta dorata che recitava: HERMIONE GRANGER.
Prima di andare da lei, aveva trascorso un'ora buona a scegliere la scusa adatta per non sembrare troppo fesso, ripetendosi che sarebbe parsa cosa lecita ed innocente, come gli aveva suggerito Potter, il volerla ringraziare! Già... Ma come si faceva però a ringraziare una donna? Soprattutto quella! Dannazione. Perchè Draco beh... in realtà non era esattamente avvezzo ad avere a che fare con il gentil sesso. Di tanto in tanto se ne portava a letto qualcuna (non proprio tutte quelle che desiderava, purtroppo) ma non si era mai soffermato a cercar di capire di loro qualcosa in più; l'isolamento volontario post-guerra aveva intaccato la sua capacità di esprimersi liberamente: sempre attento a non lasciarsi andare, sempre cauto sulle parole che usava, sui discorsi che affrontava. Su tutto, con tutti. In quei nove anni si era trasformato sempre più nello stregone dal cuore peloso, quello descritto nella fiaba di Beda il Bardo; e chissà se magari qualcuno aveva già fatto il paragone...
Aveva chiesto evasivamente a sua madre che cosa fare quando si doveva ringraziare qualcuno per un favore ricevuto. "Un uomo o una donna?" Gli aveva chiesto Narcissa.
E lui, scemo... scemo come mai era stato in tutta la sua vita, aveva commesso l'errore madornale di confidarle con superficialità che si trattava di una donna. A Narcissa Malfoy avevano brillato gli occhi per un solo secondo, e Draco si era pentito della leggerezza commessa solo davanti alla porta di casa della giovane strega.
"Fiori, Draco! Che domande... Non vorrai mica passare per un incivile..."
Allora si era portato appresso quel piccolo mazzo di fiori, tanto per avere la fantastica possibilità di imbarazzarsi ancora più del dovuto... Il cretino!
No, maledizione! No che non era necessario portare dei fiori, probabilmente era opportuno sì, ma di certo non obbligatorio, eppure sua madre lo aveva fatto passare come un gesto doveroso, forse perchè, intimamente rallegrata dalla presenza di una misteriosa ragazza, voleva che il figlio facesse un gesto romantico. Chissà se la sua felicità malcelata sarebbe perdurata, nel sapere che la giovane in questione era la nata babbana che li aveva umiliati? Rise sommessamente. Purtroppo, si era reso conto troppo tardi dello squisito doppio fine di Narcissa Malfoy, che aveva viaggiato troppo velocemente con la fantasia quando aveva sentito menzionare una presenza femminile. Ormai Draco aveva già suonato il campanello, impalato di fronte al portoncino verde, con i fiori stretti nella mano sudata, in attesa che lei gli aprisse la porta. Meditò di gettare quel piccolo mazzetto (il cui puzzo gli rammentava quello di un cimitero) nella siepe di bosso lì accanto, maledicendo il vizio che aveva di dar retta a sua madre... Quando una lama di luce colpì i suoi occhi.
La porta si era spalancata.
Era fottuto.
I fiori erano rimasti nella sua mano.
Draco alzò lentamente lo sguardo, e la figura delicata di Hermione Granger sulla soglia di casa lo colpì di un turbamento a metà tra il piacere e l'imbarazzo. I suoi occhi sgranati, di quell'intenso grigio-azzurro che abbagliava, andarono a scontrarsi con quelli di lei, che lo guardava con la stessa espressione allibita di un babbano che vede un fantasma.
"E tu che ci fai qui?"
 
Continua...

 
 
 
 
 

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 Niente più differenze ***


 
 
Capitolo 9
Niente più differenze...

 
 
 
"E tu che ci fai qui?"
Hermione era sbalordita, e per un momento non pensò... o forse pensò talmente tante cose tutte insieme, che il cervello le andò in cortocircuito, lasciandole un brutto vuoto in testa. Si portò freneticamente i capelli dietro le orecchie in un gesto automatico, tipico di quando era nervosa o imbarazzata... ed in quel momento era tutt'e due le cose. Aveva lo sguardo che trasmetteva chiaramente la sorpresa e l'irritazione, e non riusciva a decidere quale tra i due sentimenti l'avesse travolta maggiormente dopo aver messo a fuoco la figura piazzata fuori dalla porta di casa. Aveva sbattuto le palpebre, sperando in un errore, poi aveva stabilito definitivamente che quello sì, era proprio Draco Malfoy: biondo, lineamenti aristocratici, abbigliato in modo costoso, bello... gli occhi che mandavano scintille, ed un mazzo di fiori in mano. Un mazzo di fiori in mano? No. Qualcosa non quadrava, era ovvio. E così, senza farsi notare, Hermione strinse forte la bacchetta nella mano, allarmata, pronta ad ogni evenienza. Merlino santissimo, o quell'uomo era decisamente impazzito, o qualcuno sotto polisucco si stava apprestando a farle uno scherzo davvero molto poco divertente.
Se una vecchietta con un cagnolino a guinzaglio fosse passata di lì per la sua passeggiata, avrebbe creduto in una scenetta romantica e forse avrebbe anche sorriso, ripensando alla sua gioventù; un ragazzetto sfacciato invece, non si sarebbe fatto sfuggire l'occasione di fischiare nella loro direzione, lanciando una battutina neanche tanto velata sul finale della serata. La mente umana poteva essere ingannata davvero con poco, perchè la realtà era ben diversa dall'apparenza, e l'uomo in attesa sul suo uscio, non era il corteggiatore infatuato che spera in un sì; al contrario... i suoi modi di fare e sopratutto il tono di voce che utilizzò, lasciarono invece trapelare il malumore, il risentimento quasi:
"Dovevo ringraziarti per aver archiviato il procedimento contro di me e la mia collezione di oggetti oscuri... Tutto qui."
Draco parlò evitando gli occhi di Hermione, dopodichè strinse i denti e, disperato, soffermò lo sguardo su altri punti del suo viso, come il naso fine, le labbra disegnate, i capelli morbidi... e non si rese neanche conto che, preso dal nervosismo, ancora impugnava i fiori nella mano destra, senza averglieli offerti.
Hermione lo guardò, sollevando un sopracciglio scettica, smettendola una buona volta di toccarsi i capelli. Ogni secondo che passava era sempre più turbata, anche se, grazie a quella squallida spiegazione, seppe per certo che si trattava di Draco Malfoy in carne ed ossa. Solo lui poteva parlarle con quel tono contrito, nervoso, riluttante, in una parola: odioso. Si domandò disorientata cosa lo avesse spinto a fare quel gesto se il malumore che trapelava dalla sua voce, dal suo sguardo e da tutto il suo essere era così palese, e allora gli rispose: "N-non dovevi disturbarti a venire fin qui... cioè... non ce n'era bisogno. Sopratutto se farlo ti è costato così tanto, Malfoy! Non è che me ne faccia granchè di un ringraziamento a denti stretti."
Draco incassò il colpo in silenzio, senza sbraitare, senza incazzarsi, senza attaccarla... consapevole di essere un idiota. Senza nemmeno volerlo, riuscì finalmente a posare i suoi occhi in quelli di lei, e ci vide la sorpresa, la confusione, forse l'imbarazzo (possibile che Hermione Granger fosse imbarazzata da lui?) e un pizzico di umorismo. Merda... ma perchè la vita doveva averlo messo di fronte ad una prova simile? Era da poco passata l'ora di cena, la sua serata tipo sarebbe stata di fronte ad una generosa dose di ogden stravecchio, magari a rimbeccarsi con suo padre su questioni finanziarie, oppure a togliersi certi pruriti... Invece si trovava sperduto in un paesino babbano dell'Oxfordshire, col desiderio di sprofondare sotto terra per la mossa a dir poco avventata (ora se ne rendeva davvero conto) di presentarsi all'indirizzo di Hermione Granger ed avere la maledetta pretesa di scoprire, con la stessa facilità di un colpo di bacchetta, che tipo di maleficio avesse colpito il suo bracciale, risolvere la questione, scappare a gambe levate, e rifugiarsi di nuovo sano e salvo nella sua campana di vetro, isolata, protetta... intoccabile.
Si era accorto di aver utilizzato, nel rivolgersi a lei, un tono non propriamente carino, scontroso a dire il vero... beh, proprio burbero in effetti! Eppure cazzo, doveva solo ringraziarla, era una cosa semplicissima, no?! E allora per quale motivo l'aveva ringraziata con quell'aria così indisponente? Ooh... già! Lo sapeva benissimo il motivo: aveva paura di cadere nel ridicolo a comportarsi educatamente con lei, perchè la sua proverbiale altezzosità ne sarebbe stata compromessa.
Erano passati anni ormai da quei fatti orribili e dalla travagliata adolescenza ad Hogwarts: che diavolo c'era di male in quello che stava facendo adesso? Perchè se ne doveva vergognare? Chissà quanti uomini, in quello stesso momento, in tutta Inghilterra, stavano parlando con una donna in modo carino, mentre lui ne stava facendo un dramma. Gli altri uomini e le altre donne però, non si chiamavano Draco Malfoy ed Hermione Granger. Era questa la differenza. Era questa l'assurdità della cosa.
Per un fugace istante pensò di girare i tacchi e di andarsene, fottendosene di tutto... ma come ad ammonirlo, apparve alla sua mente la faccia da schiaffi di Harry Potter. E ricordò che l'Auror lo aveva ricattato! Ecco perchè era andato lì, se n'era dimenticato forse? Per Merlino, l'avrebbe pagata cara quel testa di cazzo, per averlo costretto ad interessarsi al bracciale della Granger! Sospirò, abbassando le palpebre. Ok... Doveva risolvere il problema di quella donna! Si trovava lì per quello in fondo, e solo a quello doveva pensare! Prima che potesse fare o dire qualsiasi altra sciocchezza però, lo sorprese la voce della ragazza, stavolta stranamente timida:
"Immagino questi siano per me..." Lei puntò lo sguardo sul piccolo mazzo di fiori che Draco aveva vergognosamente dimenticato e che, nervoso, stringeva fra le dita. Hermione aveva notato una vaga indecisione in lui, e non capiva se questa fosse scaturita dal ribrezzo o dal pudore; fu colta però dalla certezza che Draco Malfoy doveva aver fatto un enorme sacrificio per suonare alla sua porta e venire a ringraziarla di persona. Immaginò pure che prima di smaterializzarsi, il ragazzo avesse combattuto qualche battaglia interiore contro l'orgoglio e che avesse preso a martellate l'immaginaria bolla di vetro dentro la quale era solito isolarsi dal resto del mondo, per presentarsi da lei. Non era molto lontana dall'immaginare la realtà...
In fondo, poteva dire di conoscerlo abbastanza bene nonostante il loro vecchio odio adolescenziale, ed era per questo che aveva deciso di aiutarlo a sbloccarsi dalla turbata immobilità che lo aveva colto.
Hermione non aveva mai amato particolarmente i fiori, li riteneva galeoni sprecati, innanzi tutto perchè erano destinati a marcire tristemente, e poi perchè il loro odore intenso le ricordava i tiepidi pomeriggi invernali a passeggiare nei sentieri scricchiolanti fra le lapidi di marmo. Certo, non sapeva che un giorno gliel'avrebbe detto ridendo che un mazzo di fiori non era il regalo adatto a lei: Draco si sarebbe offeso, poi avrebbe sorriso e l'avrebbe baciata, borbottando qualcosa contro le madri dal romanticismo vecchio stampo...  
Lui sussultò impercettibilmente a quella voce così delicata, e si risvegliò dai pensieri negativi che stava partorendo, accorgendosi solo allora che stava facendo una magra figura a starsene impalato di fronte a lei senza più dire una parola. La mano in cui stringeva il mazzo era sudata, con un guizzo nervoso perciò, si sbrigò a porgerle i fiori, tentando di rimediare alla sua scontrosità.
Fu quasi un miracolo, ma nell'esatto momento in cui Draco superò quello scoglio, tutto si fece più facile, e si sentì libero dalla vergogna che l'aveva oppresso per ore. Un po' come quando si ha paura di affrontare una situazione e poi, quando la situazione la si vive, il panico svanisce: perchè il tutto sta nell'attesa, è l'attesa che logora l'animo... Fu così anche per lui.
Il peggio ormai passato, Draco si accorse con una certa riluttanza che gli faceva quasi piacere vedere Hermione Granger sorridergli, e di rimando anche lui le sorrise timidamente, guardandola negli occhi:
"Si, sono per te!"
Le labbra della donna si incurvarono ancora di più e Draco pensò due cose contemporaneamente, due cose che lo lasciarono senza fiato, come una secchiata d'acqua gelata sulla schiena: Hermione Granger era molto bella, ed il cuore, dopo anni, gli sbatteva forte dentro il petto per qualcosa di diverso dalla paura.
 
 
***
 
 
Due violenti colpi provenienti dall'interno della casa li fecero sobbalzare entrambi, rompendo il precario equilibrio che in quei pochi minuti avevano faticato a costruire. Hermione sgranò gli occhi impaurita, guardando Draco con indecisione, e lui aggrottò le sopracciglia perplesso, notando come il suo bel viso fosse improvvisamente sbiancato.
"I-io... c-credo sia caduto qualcosa al piano di sopra. Beh... ti ringrazio per i fiori, Draco, davvero. Vado a vedere, ora. Ci vediamo presto!" Ma quando Hermione provò a chiudere il portoncino sotto il naso del ragazzo, lui vi posò il palmo della mano, esercitando una leggera pressione. Si era accorto del turbamento di Hermione Granger, del panico che l'aveva colta quando si era voltata verso l'interno della casa, ed era chiaro che avesse avuto paura, quindi non lo convinceva per niente il fatto che si fosse affrettata a congedarlo.
Lottarono in silenzio sull'uscio della porta, lui per entrare e lei per mandarlo via, finchè sentirono distintamente un raspare di grossi artigli, e videro la luce del salotto saltare due volte. Hermione tremò, spalancò la bocca in un grido silenzioso e poi, guardando il ragazzo con occhi disperati gli disse: "T-ti prego. Ti pregooo, Draco. Va via!" E con un ultimo filo di voce gli ripetè: "Va via..."
Draco vide l'angoscia sul pallido viso di Hermione, e nonostante non fosse mai stato un grande conoscitore dell'animo umano, riconobbe, in quello sguardo e in quella voce impaurita, tutta la stanchezza della donna. Sapeva che da almeno due mesi lei lottava contro quella presenza malefica, glielo aveva detto Potter, ma vedere con i suoi stessi occhi come la situazione la stesse distruggendo dentro, ebbe il potere di turbarlo infinitamente. E seppe all'improvviso che non doveva più aiutare Hermione Granger per l'infame ricatto di Harry Potter, ma perchè  lo voleva! Perchè aveva bisogno di farlo, perchè gli dava fastidio vederla così abbattuta, sfiancata, disperata, ma soprattutto tanto piegata dagli eventi. Non era da lei. Lei non lo era mai stata, così cedevole, così arrendevole; neanche dopo quei sei lunghi anni di disprezzo fra loro due, ad Hogwarts: perchè ad ogni colpo basso, ad ogni insulto che lui le rivolgeva, lei alzava il mento, lo combatteva fieramente, e lo vinceva, facendolo dannare.
E diamine... se non c'era riuscito lui in tutto quel tempo a piegare il suo spirito indomabile, non doveva azzardarsi nessun altro!
Draco approfittò dell'attimo di debolezza di Hermione per entrare in casa, mentre con un ultimo tremolio la luce in soggiorno tornava, e un'ombra enorme spariva dalla loro vista, in un ruggito terrificante.
La situazione era molto più complicata di quanto Potter gli avesse fatto intendere...
Hermione chiuse malvolentieri la porta, girandosi arrabbiata verso di lui: "Non avresti dovuto vedere quello che hai visto, Draco. Ti avevo chiesto di andare via, maledizione! Perchè non l'hai fatto? Eh?" Aveva alzato progressivamente la voce, stringendosi nel giacchetto nero che indossava sopra la canottiera scollata. Draco la guardò atterrito, spalancando quegli occhi tanto chiari che, ogni volta, tramortivano Hermione per la loro intensità. Non sapeva cosa dire, o cosa fare. Sapeva solo che sarebbe stato difficile uscire da quel frangente con la dignità intatta. Boccheggiò un paio di volte senza avere idea di ciò che inventare, poi inveì: "Vuoi farmi credere che sei abituata a quello che succede qui dentro? Ma sei pazza o cosa?" E si tolse il cappotto, restando con un maglioncino scuro.
Hermione si infuriò di rimando: "Non sono cose che ti riguardano! Anzi, gradirei che non ne facessi parola. Non ti ho di certo invitato io ad entrare, sai?!"
Draco arrossì appena, ma il leggero colorito che assunsero le sue gote sempre pallide, si confuse con la rabbia che montò in lui: "Allora vai a farti fottere, Hermione Granger. Volevo solo essere educato, ma a quanto pare non è necessario con i babbani come te!"
La ragazza ebbe un moto di profondo stupore, e partì alla carica: "Sei un... un... " Ma in quel momento il pavimento iniziò a tremare vistosamente, i suppellettili sopra i mobili oscillarono, un vaso di vetro cadde andando in mille pezzi, la porta della cucina sbattè e i due ragazzi, cercando un appiglio per non cadere, videro Pepper apparire dalle scale e venire poi trascinata per tutto il salotto da una forza invisibile: il folletto strillava nella sua incomprensibile lingua, dimenandosi per sfuggire ad una presa inesistente.
Hermione urlò: "Stupeficium!"
Puntò di nuovo la bacchetta: "Incarceramus!"
Non successe nulla. Provò e riprovò ancora, verso un punto indefinito, cercando di seguire Pepper e puntando in prossimità di essa: "Impedimenta!" Era disperata: "Arresto Momentum! Oh Merlino ti pregooo, Bombarda Maximaaa!" La poltrona vicino al camino esplose, spargendo dappertutto i pezzi di stoffa ed imbottitura.
Draco era caduto a terra dopo il violento terremoto ed era rimasto inginocchiato sul pavimento, allibito dalla scena; voleva fare qualcosa, davvero, perchè vedere lei così prostrata gli aveva fatto scattare un istinto di protezione mai provato per nessuno in vita sua, escludendo i suoi genitori. Il folletto, che lui conosceva tramite i racconti di Potter, era stremato, ed Hermione continuava a scagliare un'infinità di incantesimi, nella vana speranza di individuare l'entità e farla sparire.
 
Draco era cresciuto molto, e non era più quel maledetto bambino dal carattere vigliacco ed il vizio di nascondere le sue paure dietro l'arroganza, pur di apparire più coraggioso! Era cambiato: l'esperienza al fianco dei Mangiamorte e di Lord Voldemort stesso lo avevano forgiato, e da quando aveva deciso, dopo la guerra, di studiare gli oggetti oscuri per distruggere ogni maleficio, ogni demone che si nascondeva in essi, era migliorato anche sotto il punto di vista umano, si era fatto più vicino al comprendere la vita, la differenza il tra bene e il male, e più volte aveva avuto modo di ammettere a sé stesso che il suo  furioso ed instancabile combattere le arti oscure era un modo di scontare  le sue colpe e pareggiare i conti con la coscienza. Nonostante ciò però, Draco non era di certo diventato un eroe senza macchia e senza paura pronto a sacrificare la sua vita per qualcun'altro: un uomo può correggere i suoi difetti, rivedere gli errori fatti, maturare e curare le sue carenze, ma in fondo al cuore resta pur sempre un residuo del suo carattere primordiale.
 
In quel momento, di fronte ad Hermione Granger ed il mistero terrificante della sua casa, la codardia innata di Draco provò a rispuntare fuori e lui dovette forzare sé stesso per azzittire il bambino vigliacco che era nel suo animo. Dopo qualche tentennamento però, ci riuscì, e con la determinazione nello sguardo, si rialzò dal pavimento gridando:
"Spiritus revelium!"
Finalmente, un'ombra vaga ma imponente apparì e Pepper venne lasciata di botto; Hermione ricominciò a lanciare spasmodicamente una serie di maledizioni in direzione dell'eterea figura ma senza ottenere risultati, finchè il lampadario del salotto dondolò, e il buio li avvolse ancora...
All'improvviso, tutto si fece silenzioso. Troppo silenzioso. Tranne che per il ticchettio di un orologio appeso alla parete.
Dalla finestra proveniva la tenue luce di un lampione, e Draco riuscì ad individuare, grazie a quel bagliore aranciato, la ragazza con la bacchetta tesa al centro della stanza.
"Hermione... non ti muovere, resta lì!"
La vide annuire e mantenere la posizione d'attacco, immobile e terrorizzata, mentre lui realizzava con trepidazione di averla chiamata per nome con molta naturalezza; era qualcosa di insolito, quasi sbagliato, come una nota stonata nel mezzo di una melodia altrimenti perfetta. Eppure non stava scritto da nessuna parte che non potesse farlo, era solo la sua mente che si metteva da sola troppi paletti!
Ci fu uno schianto, e Draco tornò a posare di scatto gli occhi su Hermione: la donna era stata scaraventata addosso al mobile del soggiorno, e si era accasciata toccandosi una spalla. Montò in lui una furia cieca, una rabbia che gli fece dimenticare completamente la sua codardia e così, dopo aver di nuovo localizzato lo spettro, urlò a pieni polmoni uno strano incantesimo, incomprensibile all'apparenza; uno di quelli che usava per i suoi manufatti oscuri, che non era certo risolutivo ma che sperò funzionasse almeno per un breve periodo.
L'ombra tentennò, e in un vortice rapidissimo sparì, entrando nel bracciale che Hermione portava al polso.
La luce tornò ad illuminare la stanza.
Draco riprese fiato ed aspettò che la folata d'aria scaturita dal vortice si placasse, poi si inginocchiò di fronte a lei, che stringeva gli occhi per il dolore. Delicatamente le fece spostare una mano dalla spalla ferita e vide due profondi graffi che sanguinavano oltre il tessuto del giacchetto, in quel punto completamente strappato. Fece apparire un mucchietto di stracci puliti e senza dire una parola iniziò a tamponare il sangue, sporcandosi le mani. Non gli importava più nulla di chi fosse Hermione Granger, non gli importava più nulla delle differenze di ceto, degli ideali... anche perchè, erano state quelle cose a rovinargli metà dell'esistenza, e non aveva di certo intenzione di farsi rovinare la restante metà ed oltre. Con una piccola smorfia di dolore, Hermione gli sorrise e Draco si fermò, imbarazzato.
Divenne serio: "Ci vorrebbe del dittamo."
"Ho finito le scorte qualche giorno fa... ed ho dimenticato di procurarmelo!" Sospirò Hermione.
"Ti porto al San Mungo, allora."
"NO!" Hermione si agitò subito perchè non aveva la più pallida idea di cosa inventare con i guaritori, quando le avrebbero chiesto chi l'avesse ferita. Non poteva dirlo. Sapeva di non poter rivelare nulla di ciò le stava succedendo, altrimenti il mostro che abitava la sua mente le avrebbe fatto male, molto male.
Draco aggrottò le sopracciglia: "Perchè no?"
"Ooh... lascia stare. Ecco, n-non me la sento di stare ad aspettare ore ed ore in una corsia prima di essere curata. Ahi!!! Fai piano!" Draco allentò la pressione, poi pronunciò qualche piccolo incantesimo e riuscirono malamente a restringere gli squarci, diminuendo anche un poco la profondità di essi.
"Ferula!" Una benda si avvolse intorno al braccio e fin sulla spalla della donna, infine, con un Reparo, Draco gli sistemò il giacchetto strappato. Erano ancora inginocchiati per terra: sapevano che se si fossero alzati, ognuno avrebbe dovuto riprendere il suo posto e tutto sarebbe tornato alla normalità.
 
Hermione intanto, stava lentamente cambiando la percezione che aveva di Draco Malfoy: era la prima volta forse che lo osservava davvero, da che si conoscevano, e si accorse di dettagli mai visti prima, dettagli che lo rendevano tutt'altra persona rispetto a quella quasi immaginaria che lei aveva costruito nella sua mente, sopratutto più umana. Si trattava di banalità, come un neo appena sotto la mascella, la ricrescita a stento percepibile della barba, due piccole rughe ai lati degli occhi... 
"Draco... io..."
Lui non disse nulla, rimase ad aspettare che lei continuasse a parlare, con il fiato sospeso ed una tremenda voglia di andarsene via, perchè si stava accorgendo che il suo inconscio voleva cose impossibili, mentre la sua coscienza invece voleva solo tornare ad odiare.
"Grazie..." Gli disse infine con un sospiro, e con un colpo di bacchetta Hermione fece sparire il sangue che aveva sporcato le mani di Draco. Sorrise timidamente. Si scambiarono uno sguardo silenzioso, e quello sguardo non ricordò a nessuno dei due le occhiatacce furiose che si lanciavano in classe durante l'ora di pozioni, o le sfide implicite fra i lunghi tavoli della sala grande, no... ma era qualcosa di nuovo e difficile da catalogare.
Dopo qualche secondo, gli occhi di Hermione lasciarono quelli di Draco per andare a perdersi oltre le sue spalle, in un punto indefinito, fino a divenire tristi...
E lui capì che la situazione era tutta, completamente, irrimediabilmente sbagliata. Era lecito che lei rimettesse le giuste distanze fra loro, ne aveva tutto il diritto! Draco Malfoy non meritava la comprensione di Hermione Granger, e nonostante l'irritazione che lo travolse, fu comunque pronto ad accettarlo.
"I fiori, Draco... si sono rovinati tutti! Che peccato..."
Draco si stupì e, guardando finalmente nella direzione in cui puntava lo sguardo di Hermione, vide a terra il piccolo mazzetto di fiori che le aveva portato, semi-distrutto dal caos avvenuto prima. Capì. E fu così stramaledettamente sollevato all'idea che lei si fosse turbata soltanto per i fiori, che iniziò a ridere sommessamente, liberandosi a poco a poco del peso al petto che lo aveva oppresso, seguito subito dopo dalla risata più delicata della donna.
Risero insieme, finchè Draco lanciò un Reparo al mazzo di fiori, si alzò, ed andò via da quella casa così scombussolato da non riuscire neanche a congedarsi da lei in modo appropriato.
 
Continua...

 
 
 

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 Scommettiamo? ***


Capitolo 10
Scommettiamo?
 
 
"Ron? Ultimamente stai frequentando qualche ragazza?" Harry stava ficcando il naso in uno scaffale ingombro di cianfrusaglie assurde, totalmente incomprensibili, targate Tiri Vispi Weasley. Quando terminava il suo turno al quartier generale, passava sempre dal cognato prima di ritornare a casa a sentire le lamentele di Ginny, che sbuffava ogni tre passi per via della gravidanza. Ron affondò le mani in un sacchetto di calderotti e si voltò a guardare il cognato con un sopracciglio sollevato: "Beh, si! Cioè, no... non proprio frequentando. Frequentando in senso che ogni tanto, ecco... umf... vabbè, devo scendere nei dettagli?"
"No no, grazie! Non ce n'è bisogno. Ho capito cosa intendi dire!" Harry, allora, ripensò sconcertato al mazzo di fiori che aveva trovato quella mattina in bella mostra sul tavolo del salotto della sua amica. Chi diavolo poteva essere stato?! Ricordava che, stranamente, Hermione si era affrettata a digli di farsi gli affari propri...  
"Perchè mi hai fatto questa domanda?" Ron si grattò la testa, perplesso: Harry non era solito fargli domande così personali.
L'Auror tolse il sacchetto di calderotti dalle mani dell'amico e ne pescò uno, infilandolo in bocca: "Mmm, niente. Così, per sapere!" Cominciava ad avere qualche sospetto in realtà, ma l'ipotesi era talmente assurda, che la sua parte razionale si rifiutava di crederci. Ci pensò su un momento, poi decise di togliersi definitivamente lo scrupolo: "Senti Ron, tagliamo la testa al ghoul! Sei stato tu a mandare un mazzo di fiori ad Hermione?"
Ron quasi si strozzò con un pezzo di calderotto, e dopo due colpi di tosse ben fatti, guardò Harry sconvolto: "Ma sei matto? Io portare un mazzo di fiori ad Hermione?! Se solo lo facessi, quella sarebbe capace di venirmi ad appiccare l'ardemonio in casa! La questione fra noi è stata chiusa nove anni fa Harry, ormai mi sono arreso! Dovresti averlo capito, miseriaccia!"
Harry non commentò, mentre il sospetto che aveva maturato in quelle ore si concretizzava sempre un po' di più: Draco Malfoy. Possibile? No, non era possibile.
Ron intanto scuoteva la testa, guardando il cognato con una faccia perplessa, finchè un pensiero incredibile si fece strada in lui: "Scusa Harry... se non sono stato io a mandare un mazzo di fiori ad Hermione, allora chi è stato?"
Harry rise, perchè... era a dir poco pazzesca la faccia di Ron mentre si puntava il dito sul petto con l'espressione sbalordita di uno che non sa cosa sta succedendo intorno a lui.
"Chi è che ha il coraggio di fare la corte a quell'arpia, Harry? Dobbiamo trovarlo, per le mutande di Merlino! Quel poveraccio ha il diritto di sapere a cosa va incontro... Anzi, io lo avviserei pure che quella pazza tiene in casa un Pixie della cornovaglia!" Sventolò davanti agli occhi di Harry la mano destra ancora lievemente gonfia per il morso del folletto, e continuò: "Dobbiamo salvare quest'uomo dalle grinfie di Hermione!"
"Ma dai! Smettila di dire stronzate, Ron!"
Esplosero entrambi in una risata inarrestabile, e mentre Ron continuava bonariamente a prendere in giro la loro amica, Harry pensò con sollievo che se Draco Malfoy aveva davvero trovato da solo un modo per avvicinare Hermione, allora lui aveva un problema in meno da risolvere...
 
 
***
 
 
Quanti giorni erano, ormai, che provava quel senso di oppressione al petto? Aveva smesso di contarli... Da quanto tempo stava male? Nausee continue, debolezza, lividi sulle gambe, sulle braccia ed infine quel profondo graffio sulla spalla, che per fortuna si stava rimarginando bene. La casa, poi: la casa sembrava viva! Un mostro che la perseguitava, terrorizzandola... Non poteva neanche scappare, andarsene a stare alla tana, o a Grimmauld Place, perchè ogni stramaledetta volta che, esausta, buttava qualche maglione in una valigia decisa a fuggire da lì, la presenza oscura glielo impediva, invadendo la sua mente senza permesso; così Hermione era costretta a riporre gli abiti nell'armadio e, molte volte, finiva addirittura per dimenticarsi di aver anche solo pensato di abbandonare la casa!
Dal suo ufficio al secondo piano del Ministero, la donna guardò con tristezza in direzione della finestra: quel giorno gli addetti della manutenzione magica avevano deciso di far piovere, ed ogni suo proposito di essere allegra almeno al lavoro era andato a farsi benedire...
C'era da dire però, che Hermione non si stava arrendendo al destino, no. No davvero! Non esisteva neanche in un universo parallelo che Hermione Granger lasciasse agli eventi negativi di fare il loro corso. Stava solo aspettando... come un felino che, acquattato nell'ombra, attende il fatale passo falso della preda. Così lei aveva costantemente i sensi all'erta, pronta a balzare avanti alla prima distrazione del suo "carceriere" per poter agire e chiedere apertamente aiuto. Aveva ripreso le speranze qualche tempo prima, quando era riuscita a combattere lo spirito per una manciata di secondi e lasciare un indizio sulla cartellina del caso Belby. Certo... non sapeva se qualcuno l'avrebbe mai trovata, ma era comunque un passo avanti.
Sbuffò, sistemandosi un paio di ciocche di capelli che erano sfuggite alla sua pettinatura semi raccolta, poi si alzò dalla scrivania e con un colpo di bacchetta rimise tutti i fogli in ordine, catalogandoli caso per caso, prima di andarsene. Cominciava a sentir freddo, e non capiva se la colpa fosse dei riscaldamenti mal funzionanti o del fatto che quella mattina aveva deciso di mettere la gonna grigia, quella sopra il ginocchio, per abbinarla alla camicetta chiara. Le calze la riparavano poco, e gli operai del Ministero, che erano stati avvisati già due volte, ancora non si erano degnati di venire a controllare il guasto. Rabbrividì, prese in mano il cappotto ed uscì dall'ufficio proprio mentre un uomo le passava davanti...
 
 
***
 
 
"Come fai a sapere che sono andato da lei, Potter?" Draco parlò a denti stretti, con nervosismo: essere scoperto dal suo nemico numero uno a presentarsi in casa di Hermione Granger, era talmente imbarazzante che avrebbe preferito essere rapito e portato in una comunità di giganti in mezzo alle montagne dell'Europa centrale, piuttosto che farsi deridere da lui.
 
Quando Harry Potter lo aveva mandato a chiamare al Ministero per parlargli di "una faccenda della massima importanza" Draco, che non era uno sciocco, non aveva avuto dubbi in merito all'argomento che avrebbero affrontato. Era arrivato al quartier generale degli Auror con rassegnazione, e la consapevolezza che, chissà per quale motivo, il destino gli voleva male, e non ci sarebbe mai stata una fine ad suo doversi sempre trovare fra i piedi Potter, Weasley e la Granger...
 
"Lo so e basta. E se pensi sia stata lei a dirmelo, ti sbagli di grosso! Hermione non ha detto una parola sul vostro incontro... Ora, se non ti spiace, vorrei parlare di cose più serie!" Harry preferì non menzionare il mazzo di fiori visto in casa dell'amica la mattina precedente, perchè sapeva che se lo avesse fatto, Draco Malfoy sarebbe diventato ancora più scontroso del normale...
"Sei un maledetto ficcanaso, Potter. Lo sai?" Rispose il ragazzo, mentre sistemava con stizza il colletto del maglione nero. Harry ruotò gli occhi al soffitto ed ignorò il commento. "Vediamo di andare al sodo Malfoy: cosa hai scoperto sul bracciale di Hermione, ora che l'hai vista?"
Draco sbuffò, poi finalmente si decise a riferire al capo degli Auror tutto quello che era successo a casa di Hermione Granger. Parlarono per molto tempo, con serietà, senza rendersi conto che piano piano stavano abbandonando tutti i motivi per cui si erano sempre odiati; vagliarono diverse possibilità, studiarono soluzioni da provare, si scambiarono opinioni sull'origine del bracciale e della maledizione, infine si lasciarono, decisi a risolvere il problema: l'uno per la profonda amicizia che lo legava alla donna, l'altro per l'interesse controverso che nutriva per lei, ma che cercava di nascondere dietro il dovere e l'obbligo di un ricatto che, ormai, non aveva più molto senso.
 
Il giovane lasciò l'ufficio di Harry Potter con le mani nelle tasche dei suoi costosi pantaloni beige, mentre guardava pensieroso il pavimento. Erano passati due giorni dalla sera in cui aveva suonato alla porta di Hermione Granger e per colpa della confusione scaturita da quell'incontro, non aveva più voluto vederla, nonostante sapesse perfettamente che il pericolo in cui lei incorreva richiedeva un aiuto urgente. Draco si era come gelato di fronte ai suoi stessi turbamenti, non li capiva, o non voleva capirli; non voleva continuare a provarli, non voleva più rimuginarci sopra... Merlino santissimo... non voleva che il suo cervello andasse in pappa per lei. Ecco qual era il problema. Cazzo!
Proseguì lungo il corridoio del secondo piano, deciso a tornarsene alla Villa il prima possibile e magari mandare giù un paio di bicchieri di Whisky incendiario.
 
"Sei un maleducato, te l'hanno mai detto?"
Draco sussultò voltandosi di scatto, e si trovò di fronte agli occhi l'oggetto dei suoi pensieri più contorti: Hermione Granger era bella di una bellezza delicata e per niente appariscente, quella che normalmente viene ignorata dalla maggior parte degli uomini. Un fascino contenuto, una grazia umile, il viso pulito ed un corpo affatto prorompente; di certo la strega più dotata del mondo magico non era famosa per il suo aspetto esteriore, e a Draco venne il dubbio che fossero soltanto i suoi occhi a percepirla così meravigliosa. O forse era stato il desiderio represso da adolescente, a portarlo ad idealizzare quella donna più del dovuto? Non sapeva dare una risposta precisa a questo... fatto stava però, che la vedeva così maledettamente irraggiungibile, che Draco maledì il destino per avergliela messa di nuovo davanti. In tutti quegli anni di volontario isolamento, aveva vissuto bene, senza mai pensare a lei o al rimescolio che gli procurava a scuola, all'invidia cocente, al fiorire del suo corpo.
 
"Ciao Granger... non ti avevo vista. " E riprese a camminare, provando ad ignorarla. Hermione lo guardò sbalordita allontanarsi e, nonostante il malessere ed i brividi di freddo che aveva dalla mattina, affrettò il passo per seguirlo, mettendosi rapidamente al suo fianco.
"Mio Dio... ma come sei scontroso, Draco Malfoy!"
Lui la guardò in faccia allibito: "Ti ho salutata! Cosa vuoi di più?!"
"Magari sorridere? Non è mai morto nessuno per aver sorriso a qualcuno! E poi... mi aspettavo che un uomo che si presenta alla mia porta con un mazzo di fiori in mano, poi si comportasse in modo più galante, sai?!" Hermione incrociò le braccia e rise sotto i baffi, mentre cercava faticosamente di mantenere il passo nonostante i tacchi. Draco schivò uno dei bigliettini volanti che sfrecciavano lungo il corridoio del secondo piano e poi parlò, con voce tremendamente irritata: "Immagino vorrai ricordarmi di quel maledetto mazzo di fiori ogni volta che ci incontreremo, vero?" Le gettò uno sguardo cattivo e riprese controvoglia: "Come stai?"
 
Hermione aveva l'espressione stralunata, non si aspettava tutto quel veleno da lui, almeno non dopo quella sera! Era ovvio che lei non sapesse nulla dei crucci interiori di Draco Malfoy, che la trattava male di proposito per scacciare l'inquietudine generata dal trovarsela sempre intorno. Lui sembrava fissarla a volte scocciato, altre volte indifferente, con quegli occhi troppo azzurri, o troppo grigi, non riusciva a capire... il fatto era che il suo colore cambiava continuamente sfumatura, in base alla luce del sole. Erano stupendi, ma allo stesso tempo enigmatici. Occhi che sembravano quasi dirle: non ti avvicinare! Anzi no! Avvicinati. Avvicinati, ma non troppo. No, ora sei troppo vicina! Adesso troppo lontana! Comprendimi, ma non farlo troppo a fondo! Accetta quel che posso darti, ma non chiedere altro...
C'era da diventar pazza con quell'uomo, ed Hermione lo mandò mentalmente a farsi fottere, sperando che la sua espressione non fosse troppo esplicita. "Come sto, dici!? Bene, grazie." Gli rispose con quanta più acidità le fosse possibile e poi affrettò il passo per superarlo.
 
"Non è vero!"
Hermione si fermò interdetta, e voltandosi gli rispose: "Non è vero cosa?"
"Non è vero che stai bene. Io sarò un maleducato, ma tu sei una bugiarda!"
"Ma... Ma cosa ne sai tu?" Si arrabbiò lei.
Draco la guardò con aria di sufficienza, piegando leggermente il capo da una parte: "Hai le occhiaie, tremi, e sul viso hai la stessa cera della Dama Grigia!" Draco però non avrebbe mai aggiunto a voce alta il pensiero che ne seguì, e cioè che era bella, nonostante il pallore, le labbra asciutte e l'ombra scura sotto gli occhi. Raggiunsero gli ascensori in silenzio, e dopo una breve corsa, l'Atrium del Ministero della Magia si aprì ai loro occhi. Hermione non aveva più aperto bocca durante tutto il tragitto anzi, ad esser precisi, non l'aveva neanche più guardato; infilò il cappotto e raggiunse rapidamente il primo camino libero, percependo ancora dietro di sé la presenza conturbante di Draco Malfoy. D'improvviso un piccolo giramento di testa la fece fermare ma nonostante ciò, prese un respiro profondo e si smaterializzò.
Mentre vorticava veloce su sé stessa, sentì distintamente una mano forte afferrarla per il polso...
 
 
***
 
 
Sbucarono direttamente nel camino di casa Granger, ad ottanta km da Londra, nel verde paesino di Wallingford. Draco si staccò immediatamente dalla ragazza, lanciando il mantello sporco di fuliggine sullo schienale del divano. Non aveva idea del perchè l'avesse seguita fino all'Atrium del Ministero, non aveva idea del perchè avesse continuato a fissarle la schiena mentre gli camminava davanti, non capiva perchè fosse così preoccupato... solo che oltre al rimescolio indefinibile che gli provocava, si era accorto pure del malessere della ragazza, e quando si era fermata con incertezza prima di sparire, l'aveva afferrata al volo automaticamente.
Appena mise piede sul pavimento, ad Hermione tornò la nausea, e fu costretta ad appoggiarsi ansante al ripiano in marmo del camino, in attesa che quell'ondata di sofferenza sparisse. Si voltò a guardare il ragazzo e debolmente gli chiese:
"Perchè mi hai seguito?"
"Perchè stai male! Siediti." La afferrò maldestramente per un braccio e la spinse sul divano. Hermione non ebbe la forza di rispondergli e si accomodò sui cuscini in silenzio, togliendo le scarpe col tacco. Chissà perchè lo sguardo le cadde sulla mano sinistra di Draco, attratta dal bagliore argenteo del suo anello, quello con il serpente inciso, che lui portava da quando era un bambino. Agrottò le sopracciglia, pensierosa: "Porti ancora quell'anello?"
"Cosa?!"
Lui non si aspettava quella domanda... in realtà, non immaginava che lei si fosse accorta di un dettaglio così insignificante come il suo anello. Draco se lo rigirò intorno al dito, con sguardo corrucciato: "Mah... In realtà, sono abituato ad indossarlo, ormai mi identifica! Mi ricorda la mia casa di Hogwarts, e poi..." Sospirò, prima di finire: "Non mi permette di dimenticare chi sono... un infido serpente, no?!"
Un ronzare insistente per fortuna li distrasse, e dal piano superiore scese Pepper volando; aveva un lombrico fra le mani e tentava di infilarlo in bocca, lottando contro il suo viscido contorcersi. La folletta notò la brutta cera della sua padrona e ritenne giusto rinunciare al suo pasto per offrire affettuosamente il verme ad Hermione. Draco guardò la Pixie schifato, con la sua tipica faccia da schiaffi, ed ascoltò la donna affaticata parlare a quello che lei definiva un dolce animaletto domestico: "Oh... Pepper ti ringrazio, ma non ho fame. E poi i lombrichi non sono il mio piatto preferito, lo sai!" Poi Hermione appoggiò il capo al bracciolo, e dopo essersi accucciata, crollò sfinita. Pepper se ne tornò mestamente al piano superiore in un frullio d'ali e Draco rimase a guardare immobile la ragazza, in piedi, come congelato. Non aveva idea di cosa fare, aprì e richiuse la bocca, senza però emettere alcun suono. Si sentiva un deficiente, e la cosa peggiore era che solo Hermione Granger aveva il potere di farlo sentire così, come nessuna donna era mai riuscita.
La sua eterna croce... comodamente rannicchiata sul divano, a riposare beatamente, mentre lui moriva dentro!
Non gli restò altro da fare se non guardarla qualche momento dormire, poi le si avvicinò piano, e per la prima volta in vita sua, vide i dettagli del suo volto.
Una spruzzata di efelidi le copriva un poco il naso, ma erano piccole macchie delicate, tanto che Draco aveva dovuto piegarsi in ginocchio e mettersi davanti al suo viso per vederle bene. Ed improvvisamente, si accorse di esserle talmente vicino, da percepire il suo respiro. Le poggiò una mano tremante sulla gota, le sfiorò le labbra socchiuse con il pollice... e poi si staccò di scatto, rimettendosi in piedi.
Inspirò a fondo, passandosi una mano fra i capelli, e si avviò verso quella che sembrava la cucina, per bere almeno un bicchiere d'acqua. Per il resto del tempo, vagò per quella piccola casa dell'Oxfordshire: non riusciva ad immaginare come potesse essere vivere in ambienti così limitati, circoscritti, dall'arredamento tanto semplice. Eppure quasi tutti i maghi abitavano in case di quel tipo, pensò Draco. Lui era un privilegiato. Ricordò che Hermione, quando si era presentata a Villa Malfoy con Potter per fare un sopralluogo alla sua stanza oscura, si era meravigliata dello sfarzo e della grandezza delle sale. Le era sembrata una bambina, con quegli occhi spalancati e luccicanti di fronte all'arte e alla storia che trasudavano dalle pareti di casa sua.
Sorrise al pensiero, mentre entrava in una stanza ingombra di libri, luminosa, alla cui parete frontale stava una scrivania in legno, ricoperta di fogli scritti ed articoli di giornale. 
Curioso, prese in mano una cartellina verde che spiccava sopra le altre e, mentre ancora sorrideva, lesse: AIUTO. QUI CI SONO INDIZI. DA SOLA NON RIESCO. Draco aggrottò le sopracciglia e si sedette sfogliando con curiosità il fascicolo contenuto nella cartellina.
 
Dieci minuti dopo, rialzò la testa sconvolto e con il cervello pieno di idee confuse, una più folle dell'altra: Il caso Belby era la soluzione all'enigma del maleficio che aveva colpito Hermione! Il bracciale di Marcus era lo stesso che lei portava al polso. Si ricordò inoltre che Harry Potter gli aveva spiegato che era stata proprio la folletta a regalarle il bracciale, quindi Pepper l'aveva rubato lì, sicuramente... I fatti misteriosi testimoniati dalla signora Anne Belby, erano quelli che stava vivendo Hermione in casa sua.
Draco vagliava tutte le ipotesi con frenesia, senza prendersi neanche un secondo di pausa; le immagini ed i pensieri correvano nella sua mente uno dietro l'altro, con rapidità incredibile, ma tutto coincideva perfettamente. I frequenti malesseri che aveva Hermione erano dovuti al tentativo di possessione da parte dello spirito, e se lei non riusciva a parlarne, era perchè esso glielo impediva. Con molta probabilità aveva lottato con le unghie e con i denti per lasciare quell'indizio. Ed il fato aveva voluto che lui lo trovasse...
Doveva andare ad Azkaban ad interrogare Marcus Belby, immediatamente! Tornò in salotto con l'aria sconvolta, afferrò al volo il mantello che aveva lasciato sul divano e... inciampò sull'angolo del tappeto, rischiando di cadere. "Maledizione!"
Hermione aprì gli occhi in quel momento, si guardò intorno confusa e poi si alzò di corsa, consapevole di essersi addormentata come una sciocca: "Sei ancora qui, Malfoy?!" Merlino, mi sono addormentata. Mi dispiace!" E tentò, tutta trafelata, di darsi una sistemata, lisciandosi la gonna ed i capelli, mentre si accorgeva di sentirsi molto meglio.
"Non importa, figurati. Non pretendo molto da una babbana, in materia di educazione! La cucina l'ho trovata da solo per offrirmi un bicchiere d'acqua!"
Hermione prese colorito sulle gote: "Oh... sei davvero simpatico, Malfoy! A quanto vedo è una dote che ti è rimasta, nonostante il trascorrere degli anni." Infilò le scarpe, saltellando sul posto per non cadere: "Eppure, per un momento mi era sembrato che ti fossi preoccupato per me, prima..."
"Ma non dire idiozie!" Sputò lui con risentimento.
Hermione rise con gusto di fronte alla sua faccia sdegnata, e dopo aver risistemato il tappeto che lui aveva stropicciato inciampandoci sopra, decise di prenderlo un po' in giro. Draco Malfoy era ancora un irascibile e presuntuoso uomo, ma si era accorta che, rispetto a quando era ragazzino, adesso lo era in modo buffo, almeno con lei. Anzi... forse SOLO con lei! Perchè le sue facce sprezzanti e rancorose con tutti gli altri le aveva mantenute, ooh se le aveva mantenute! Harry andava ogni giorno spergiurando che, presto o tardi, lo avrebbe preso a schiaffi.
"Avrei detto addirittura che ci stessi provando con me!" Hermione ammiccò verso il mazzo di fiori ancora sul tavolino, e ricominciò a ridere.
Draco divenne rosso come un pomodoro, e gettandosi il mantello sulle spalle con rabbia, le sbraitò contro: "Tu sei completamente pazza!"
Hermione si piegò in due: "E' il fascino proibito del sangue sporco che ti attrae, ammettilo!"
"Ma neanche se finisse la magia nel mondo, Granger!"
Hermione tornò seria, il gioco che lei stessa aveva voluto iniziare non gli piaceva più, perchè dovette ammettere fra sé e sé che le risposte ricevute l'avevano punta nell'amor proprio! Non che le importasse più di tanto cosa pensasse Draco Malfoy della sua persona eh: non le era mai importato, e di certo non avrebbe iniziato a crucciarsi proprio adesso! Però sentire con le proprie orecchie quanto un uomo potesse avere ribrezzo di lei, beh... ovviamente non poteva farle piacere! Sapeva di non essere una bellezza mozzafiato già da quando era diventata donna, e più esattamente quando lo shock di scoprire quelle macchioline scure sulle mutandine le aveva fatto vedere il mondo con altri occhi. La comprensione improvvisa del ciclo della vita e dei suoi equilibri l'avevano portata a guardarsi allo specchio con uno sguardo finalmente consapevole, e quindi aveva notato  la banalità delle sue iridi nocciola, il crespo dei capelli, le rotondità poco prosperose del suo corpo. Si era accettata con il tempo, fino al punto di apprezzarsi... e di certo non sarebbe arrivato un Draco Malfoy qualunque a distruggere il lavoro che aveva fatto su sé stessa per tutti quegli anni.
Per cosa avrebbe dovuto offendersi poi? Lui disprezzava tutti, quindi non c'era da meravigliarsi se schifava anche lei! Da nove anni a quella parte non l'aveva mai visto al fianco di una ragazza, non aveva mai sentito nessun pettegolezzo su di lui, mai una fidanzata... ora che ci pensava, neanche ad Hogwarts era solito corteggiare le ragazzine, preso com'era tutto il tempo ad odiare lei, Harry e Ron. Ricordava una certa Pansy Parkinson stargli sempre appiccicata... ma non le risultava che lui le desse tanta più importanza di un elfo domestico!
Hermione giunse a due conclusioni: Draco Malfoy era un misogino. E magari aveva proprio altri gusti! Oh cielo, ma che andava pensando? L'idea però era tremendamente buffa, anche se le dava leggermente fastidio il pensiero di ciò... Decise di provocarlo, col sorriso:
"Dici? Invece io scommetto che un giorno ti innamorerai perdutamente di me, Draco Malfoy!"
La rabbia di Draco divenne pericolosamente gelida quando, con voce bassa e controllata, pronunciò: "Ascoltami bene, piccola intrepida presuntuosa..." Ma non potè terminare la frase, perchè Hermione scoppiò a ridergli in faccia, e lui allargò le narici per il nervosismo, dato che non gli piaceva per niente essere deriso.
Prima di sbranarla definitivamente con le parole più cattive che le avesse mai rivolto, la sua coscienza però fece capolino, ricordandogli tutte le volte che l'aveva sbeffeggiata lui... e Draco fu trafitto dalla vergogna, perchè sicuramente Hermione Granger, all'epoca, si era sentita come si stava sentendo lui ora. Un idiota. Un verme. Un buono a nulla.
E poi... la possibilità che potesse davvero innamorarsi di lei, lo imbarazzava così tanto che la rabbia cieca che lo aveva pervaso era stata provvidenziale per nascondere l'insensato turbamento. "Misurati la febbre, Granger. E' evidente che stai male. Vaneggi!"
Hermione si ricompose, cercando di non fargli notare l'arietta ironica che ancora aleggiava sul suo volto, poi lo guardò, e si accorse dello sguardo sfuggente di lui, che era uno sguardo un po' imbarazzato, oltre che arrabbiato. E Mentre Draco si aggiustava nervosamente i polsini del maglione, gli occhi di Hermione corsero ancora all'anello d'argento che lui portava all'anulare sinistro, con il serpente inciso sopra. "Mi regalerai il tuo anello, se vincerò la scommessa! Così, ricorderò per sempre di aver domato il tuo spirito da serpente!"
"Finiscila!"
Draco era esasperato. Non sapeva che fare. Doveva infuriarsi, scappare, ridere? Si stava vergognando come mai in vita sua. E si odiava... si odiava per non essere capace di un briciolo di autoironia, per non essere in grado di lasciarsi andare. Voleva piangere di frustrazione. Merlino... La vita era molto più facile di come la prendeva lui, perchè non poteva semplicemente stare al gioco e farsi una risata? Hermione Granger lo stava mettendo con le spalle al muro. 
"Allora Draco! Scommettiamo?"
"ANCORA!" Draco la fulminò, e sputò di getto: "Non ho problemi a scommettere, dato che il fatto non si verificherà mai, né in questa vita, né nell'altra." Poi si abbottonò il mantello sotto il collo e spalancò la porta d'entrata.
Era nero. Voleva vendetta. L'idea gli balenò all'improvviso e, prima di uscire, si voltò a guardarla con un sorrisetto cattivo: "La perderai questa scommessa Hermione Granger, ed io ti umilierò pubblicamente."
La ragazza aggrottò le sopracciglia: "Che intendi dire?"
"Conosco un paio di giornalisti alla Gazzetta del Profeta, sai? Ci vorrà poco a far circolare la voce che la strega più potente del mondo magico ha provato a farmi una corte disperata, ma quando io l'ho rifiutata, lei ha finito per chiudersi in un cocente dolore!"
Hermione spalancò gli occhi esterrefatta, iniziando a sbraitare rabbiosa: "Cooooosa? Tu sei pazzo... Non ti azzardare, Draco Malfoy! Altrimenti ti ammazzooo..."
"La guerra è guerra, Granger. E comunque, questa stronzata l'hai iniziata tu...!" Ed andò via sbattendo la porta.
 
 
Continua...

 
 
 
 

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 Zuccotti di zucca ***


 
 
Capitolo 11
Zuccotti di zucca
 
 
Prigione di Azkaban
"Ti prego, Harry! Fa qualcosa... io non volevo uccidere mio nonno! Non ero nemmeno cosciente mentre lo facevo.... dannazione! Ho ripreso il controllo della mia mente quando lui era già morto. Io non so chi o cosa sia stato, ma si è come impossessato di me... lo giuroooo, Harry!"
Malcus Belby piangeva a dirotto mentre pregava Harry Potter, che era giunto a fargli visita insieme ad un altro uomo, un uomo che a Marcus sembrava familiare, anche se non riusciva a riconoscerne con precisione l'identità. Si trovavano nella grande stanza adibita agli interrogatori: Marcus seduto da un lato del tavolo, gli altri due dall'altra parte. Gli metteva sempre parecchia soggezione essere interrogato, soprattutto perchè nessuno mai gli credeva! Quando gli Auror lo incalzavano con le loro domande, non facevano altro che guardarlo con quelle facce sardoniche, che sembravano dirgli: Si si certo... non sei stato tu!
 
E così... in quei tre mesi di carcere Marcus Belby era dimagrito visibilmente, il suo viso era pallido, le speranze lo avevano abbandonato, e la sua salute psicologica era peggiorata al punto di essere caduto irrimediabilmente nella depressione. Non faceva che sbraitare le stesse cose dalla mattina alla sera: NON SONO STATO IO! Fino a crollare distrutto sul lettino della sua cella.
Quando aveva visto entrare il Capo degli Auror con l'intenzione di metterlo sotto torchio per la prima volta da che lo avevano arrestato, credette sinceramente che ci fosse una speranza, o almeno che fosse subentrato qualche nuovo elemento nel suo caso! Altrimenti, pensò, non si sarebbe di certo scomodato Harry Potter in persona, a fargli visita!
 
"Non me ne frega un cazzo dei tuoi piagnistei, Belby! Ci interessa quello che hai da dire sul bracciale che indossavi quando hai ammazzato tuo nonno!"
Non era stato Harry a parlare, ovviamente. Draco Malfoy aveva sputato queste parole senza un briciolo di rispetto, perchè non sopportava più tutte quelle perdite di tempo! Aveva fretta di scoprire cosa stava succedendo ad Hermione Granger, e soprattutto di scoprire di chi fosse la colpa... per fargliela pagare amaramente. Il suo corpo era tutto un fremito, mentre aspettava che Belby parlasse. E preferì non pensare al reale motivo per cui in cuor suo già odiava quel cretino con la divisa da prigioniero...
Gli dava così fastidio ripensare al terrore di Hermione, alla sua stanchezza, ai malesseri, o a come lo spirito oscuro la opprimesse, tanto da ferirla pure nel corpo, oltre che nella mente. Erano pensieri che Draco manteneva per sé, troppo assurdi perfino per lui. Si odiava per avere la sfacciataggine di formularli, e di conseguenza odiava anche gli altri: odiava Harry Potter per averlo costretto in quella situazione, odiava sua madre per avergli messo un mazzo di fiori in mano quel maledetto giorno, odiava Augustus Jenkins perchè era stato lui a denunciarlo agli Auror provocando una catena d'eventi inimmaginabile, odiava la sua collezione di manufatti oscuri perchè era stata colpa di quella se la sua vita era andata ad incrociare quella di Hermione Granger, ed odiava Hermione Granger perchè... gli piaceva, da morire. Ecco. Quest'ultima poi, era una cosa che andava ad aggiungersi alla lista dei motivi per cui Draco Malfoy si sentiva un verme, e anche alla lista dei motivi per cui doveva tornare al più presto a rinchiudersi nella sua isolata quotidianità. Lo doveva fare per proteggersi, per non cadere nel ridicolo, per evitare il disprezzo che lei gli avrebbe rivolto, se solo si fosse accorta di una simile debolezza da parte sua.
 
"Malfoy, datti una regolata per Merlino!" Si incazzò Harry, che senza attendere risposta, si rivolse a Belby in tono più incoraggiante: "Marcus, c'è un piccolo dettaglio nella tua storia che potrebbe avvalorare l'ipotesi della tua innocenza, ma tu devi dirmi tutto quello che sai sul bracciale che indossavi quando tuo nonno è stato ucciso!"
A Marcus Belby brillarono gli occhi di una fantastica speranza nel sentire la parola innocenza, ma ci mise poco ad intristirsi di nuovo, dato che poco o nulla sapeva del gioiello, e soprattutto cosa diavolo potesse avere a che fare con l'omicidio: "Non so... non so cosa dire, Harry! Non so cosa c'entra il bracciale con tutto questo! Cavolo... non era neanche mio!" Marcus era confuso, si vedeva dalla sua espressione. "Faceva parte dell'eredità di mio nonno. Lui era malato di Alzheimer, sapete cos'è? Beh... è una malattia che colpisce in particolare i babbani, fa dimenticare le cose, ecco! Ultimamente era peggiorato, così l'avevamo trasferito a casa nostra, ed essendo il suo unico nipote, ho ereditato lo scrigno dei suoi ori. Il bracciale era lì, sopra a tutti gli altri gioielli! Mi piaceva. Io odoro collezionare oggetti vecchi, e quel bracciale era così... così..."
"Antiquato!" Finì per lui Draco Malfoy, con la faccia schifata. Harry annuì, perchè in fin dei conti, era la stessa cosa che aveva pensato lui dopo averlo visto al polso di Hermione!
"S-Si!" Affermò Marcus, con voce incerta. Poi riprese: "Mia madre mi ha raccontato che ne possedeva uno identico anche mia nonna, che è morta quindici anni fa. Il suo di bracciale è rimasto con lei nella tomba, mentre mio nonno ha continuato ad indossarlo fino a quando si è ammalato, ed è stato in quel momento che, per sicurezza, gli è stato tolto e messo nello scrigno. Praticamente è rimasto lì finchè l'ho preso io."
Harry sentì, accanto a lui, il suo ex nemico muoversi inquieto sulla sedia e borbottare qualcosa che gli era sembrato somigliare molto ad un: "Bravo deficiente!"
Alzò gli occhi al cielo, maledicendo la fantastica idea che aveva avuto di portarsi dietro Malfoy ad Azkaban: aveva deciso di coinvolgerlo nel problema di Hermione? Adesso si teneva le conseguenze! E non poteva neanche lamentarsi, perchè lo conosceva bene e doveva immaginarlo che non sarebbe stato per niente facile collaborare con lui! Draco Malfoy da ragazzino era scontroso, perfido, irritante... adesso era le stesse cose di prima, solo con l'aggiunta di una certa dose di amarezza che peggiorava il tutto.
Tornò ad ascoltare Marcus Belby...
"E poi non so più niente, purtroppo..." Marcus si era accorto che le informazioni che aveva dato non erano granchè utili, e dell'iniziale euforia, in lui rimase solo molta tristezza.
Draco gli avrebbe volentieri spaccato la faccia a Belby, e la vista immaginaria del suo sangue che colava sul collo, lo stava eccitando come un leone quando sbrana la gazzella. Nonostante la rabbia che gli stava montando dentro però, ebbe l'intuizione di chiedergli: " Riuscivi a toglierti facilmente quel cazzo di bracciale, Belby?"
Marcus non afferrò bene la domanda, ed Harry gli andò incontro, fulminando Draco: "Dopo aver indossato il bracciale per la prima volta, riuscivi facilmente a toglierlo o avevi difficoltà?"
"Beh... in realtà l'ho tolto parecchie volte. Quando facevo la doccia ad esempio, per non rovinarlo!"
Harry e Draco si scambiarono un'occhiata quasi disperata, perchè era evidente che l'interrogatorio non stava dando i frutti sperati. Ne sarebbero usciti più confusi che mai. L'Auror batteva ritmicamente il piede per terra, Draco cercava di nascondere la preoccupazione dietro la scontrosità, Marcus rifletteva.
"Però..."
"Però cosa?" Si precipitò a dire Draco.
"Non so se può essere importante, ma mi ricordo che dopo circa sei mesi dal giorno in cui l'ho messo al polso, qualcosa è cambiato!" Marcus si illuminò e cercò di essere più chiaro possibile: "In quel periodo io, Harper e Warrington avevamo avuto un'idea per fare un po' di galeoni, mettere in scena delle sedute spiritiche per ingannare babbani!"
"Me li ricordo, ad Hogwarts, quei due cretini... Erano nella mia casa." Commentò Draco.
Harry rammentò di essere stato proprio lui, tempo addietro, ad arrestare i due ex Serpeverde a Camden Town, cogliendoli in flagranza di reato proprio mentre abbindolavano un gruppetto di dodici babbani con i loro Wingardium Leviosa. Prima che il prigioniero riprendesse il racconto però, Harry non riuscì a trattenersi e, sogghignando, lanciò una frecciatina all'altezzoso biondo: "Mai cretini quanto Crabble e Goyle, comunque..."
"Vogliamo parlare di Weasley, Potter?"
"Ma certo, Malfoy! Ron Weasley. Era il 1995 quando grazie lui, vincemmo la coppa di Quiddich, umiliando i Serpeverde! Perchè Weasley è il nostro re! Che ricordi..."
Draco era viola: "No. Io mi riferisco a quando gli ho fatto vomitare lumache per due ore di seguito." Poi, tornò a guardare irritato Marcus: "Ora finisci di parlare, Belby..."
Marcus finalmente capì chi era l'uomo al fianco di Harry Potter: l'erede dei Malfoy non era cambiato di una virgola in fondo, a parte l'aria matura e i capelli di un biondo sicuramente più normale rispetto alla sfumatura platino che avevano in adolescenza! Riprese il racconto: "Avevamo allestito una stanza con un tavolo rotondo ed una sfera di cristallo, e quando la gente entrava, spegnevamo le luci; poi iniziavamo ad impressionarli facendo levitare qualche oggetto, scagliando un paio di Pietrificus, Depulso, Accio, e dei Ventus per far sbattere le porte, insomma... roba stupida, per farceli credere."
Harry Potter però, si innervosì: "Marcus, i tuoi compari sono al fresco, per questa faccenda! Ti rendi conto si, di quello che avete combinato? Nel caso in cui risultassi innocente per l'omicidio di tuo nonno, sappi che qualche altro mesetto ad Azkaban non te lo toglierà nessuno per questa storia qui!"
Marcus Belby abbassò il capo, e Draco lo incalzò: "Continua!"
Controvoglia, il prigioniero parlò ancora: "Nell'ultima seduta spiritica a cui ho partecipato, Harper ha avuto l'idea di evocare un fantasma con la magia oscura. Lui già sapeva come fare e ci aveva assicurato che non era pericoloso! Funzionò... e quel giorno i babbani sborsarono un sacco di sterline, finalmente convinti di aver contattato i loro cari defunti. Io invece, da quel momento, cominciai a non sentirmi molto bene; così abbandonai tutto. Ora che ci penso... è stato proprio dopo l'ultima seduta spiritica che non ho più tolto il bracciale, anzi... che non ci sono più riuscito! Sembrava incollato, si! Dapprima ho provato a sganciarlo, forzandolo con le dita, poi ho provato qualche incantesimo, ma niente! Alla fine non me ne sono più preoccupato... perchè avevo altri problemi da affrontare. La mia casa all'improvviso sembrava posseduta, la notte sentivo dei passi, la mattina trovavo mobili spostati, graffi sulle pareti, e dopo un po' di giorni avevo cominciato ad avere nausee, febbre, brividi, ed infine... la sensazione che qualcuno mi controllasse, che controllasse la mia mente."
Marcus aveva di nuovo gli occhi lucidi: "E' finito tutto quando mio nonno è morto. E' stato in quel preciso istante che ho avuto la sensazione di essere stato liberato dalla presenza oscura che mi opprimeva." Sgranò gli occhi di improvvisa consapevolezza e riprese: "Il bracciale! Il bracciale si è sganciato proprio in quel momento, Harry! L'ho visto cadere a terra!"
Poi scoppiò a piangere.
Draco Malfoy invece si alzò di scatto, la testa che gli scoppiava di idee, di supposizioni, dubbi, agitazione. L'adrenalina della scoperta cominciò a scorrergli prepotente nella vene: "Per me basta così, Potter."
Forse Draco Malfoy aveva trovato una pista da seguire, ma per esserne certo doveva andare dove da anni non metteva più piede: Borgin&Burkes. Harry Potter lo guardò confuso e lui chiuse la faccenda con voce decisa:
"So cosa fare..."
"Bene. Marcus ti ringrazio per le informazioni, e stai tranquillo, forse ti tirerò fuori di qui! Malfoy! Tu vieni con me, andiamo a Diagon Alley! Anche Ron è preoccupato, mi spiegherai tutto da lui, così avremo anche un posto tranquillo per parlare."
Draco storse la bocca infastidito. Non era nelle sue maggiori aspirazioni entrare ai Tiri Vispi Weasley. Riflettè con amarezza che era tremendamente vero il detto secondo il quale "c'è sempre una prima volta per tutto" ma, purtroppo, la situazione era tanto seria da dover imporsi di soprassedere al piccolo, insignificante dettaglio che lui odiava i fratelli pezzenti...
 
 
***
 
 
Hermione aveva deciso di trascorrere il suo giorno libero fuori di casa perchè, per una volta, voleva starsene tranquilla. Così, dopo aver tolto dal forno e messo in una bustina venti zuccotti di zucca appena fatti, era uscita portandosi dietro Pepper, che l'aveva seguita docilmente, terrorizzata di rimanere sola in quelle quattro mura maledette.
Ormai era arrivato gennaio, faceva un freddo cane in Inghilterra, a Londra c'era la neve, le strade erano piste di ghiaccio e Diagon Alley non era accogliente più di quanto poteva esserlo Covent Garden. Hermione si era infilata un paio di scarponcini sul suo abbigliamento finalmente casual dopo la settimana stressante fatta di tacchi ed ufficio ma, dopo aver rischiato di ritrovarsi con il naso premuto sui ciottoli di Diagon Alley pieni di neve pistacciata, si era arresa, e trascinandosi appresso la sua Pixie domestica, era entrata in fretta e furia ai Tiri Vispi.
Si era rannicchiata in un angolino della cassa mentre Ron dava il resto ai suoi clienti e George volava da una parte all'altra del negozio per controllare i nuovi ordini da fare. Hermione si sentiva a casa lì, i fratelli Weasley erano la sua famiglia, non aveva bisogno neanche di parlare per fargli capire di aver bisogno di compagnia. E loro l'avevano capita, come sempre...
Quando era entrata nel negozio, aveva ammonito Pepper di starsene buona senza infastidire nessuno, in particolare Ron (che era diventato ancora più restio a farci amicizia, in seguito all'episodio del morso), poi si era rifugiata lì dietro il bancone, vicino a Ron, ed aveva aperto il dizionario di rune antiche per riprendere la traduzione delle fiabe di Beda il Bardo.
Dopo un paio d'ore di scrittura intensa e fruttuosissima, Hermione venne piacevolmente interrotta dall'odore di cioccolata calda. Ron era uscito sotto la neve per andarla a comprare al bar di fronte: "Così facciamo merenda con tuoi zuccotti, Hermione!"
La ragazza alzò lo sguardo dai suoi appunti e guardò l'amico con un'espressione di profonda gratitudine. Allora, si alzò dallo sgabello e lo strinse in un abbraccio soffocante, mettendoci dentro tutte quelle cose che a parole non riusciva a dirgli: tutti i grazie, tutta la forza del suo affetto, tutta la sicurezza dovuta alla loro amicizia.
Il campanello sopra la porta suonò, ma i ragazzi non si accorsero dei due uomini che entrarono nel negozio proprio in quel momento...
 
 
***
 
 
Draco Malfoy rimase pietrificato sul posto, analizzando con fredda razionalità la fitta nel petto che l'aveva trapassato alla vista di Hermione Granger che abbracciava stretto Ronald Weasley.
Per qualche secondo non era riuscito quasi a respirare, ed inizialmente gli fu pure difficile capire cos'era quel ribollire interno, quella voglia di sbattere al muro l'amico di Potter, quell'odio cieco verso la donna. Poi, tutto gli fu chiaro: semplicemente, il tarlo della gelosia aveva cominciato a rosicchiare ogni angolo del suo muscolo cardiaco, scavando nella carne pulsante, creando voragini profonde e dolorose. E Draco sperimentò, per la prima volta in vita sua, il sentimento infame della rivalità amorosa...
Aprì e chiuse la bocca due volte, ma la voce non uscì fuori. Draco aveva paura che la battuta velenosa impigliata sulla sua lingua avrebbe lasciato trapelare quello che in realtà il suo cuore sentiva, e non poteva permetterselo. No! Si vergognava della sua gelosia, e poi non poteva, obiettivamente, permettersi di provare qualcosa per Hermione Granger, così pura e lontana dal suo mondo fatto di tenebre... senza contare che lei ne avrebbe soltanto riso, prendendolo per pazzo. Per quanto Ronald Weasley fosse un poveraccio di mente ed un poveraccio di portafoglio, dovette ammettere con rabbia che la meritava molto più di quanto potesse meritarla uno come lui.
 
Face un passo indietro e guadagnò la porta del negozio: sarebbe andato subito da Borgin&Burkes a cercare informazioni sul bracciale! In fondo... trattare gli oggetti maledetti era l'unica cosa che sapeva fare. La magia oscura sarebbe sempre stata, in un modo o nell'altro, una costante della sua esistenza, purtroppo. Draco Malfoy era un uomo perduto, un uomo che aveva sbagliato tanto, e tanto avrebbe pagato. Le cose belle non avrebbero mai sfiorato la sua persona, ed Hermione Granger, nonostante il sangue babbano che le scorreva nelle vene, era troppo perfetta e giusta per essere contaminata da lui.
 
Harry si era avvicinato ai suoi amici rubando uno zuccotto, senza accorgersi del gelo calato sul volto del ragazzo. Nel mentre Ron sorrideva ignaro. Hermione invece, che era sempre stata più attenta all'animo umano, notò una certa esitazione negli occhi vibranti di Draco, anche se non comprese realmente a cosa fosse dovuta. Credette fosse piuttosto l'imbarazzo di trovarsi nel negozio di Ron, con loro tre tutti assieme, quattro con George, che per fortuna lo stava semplicemente ignorando... Beh... non proprio! Anzi, proprio per niente! Con un ghigno sarcastico, il deficiente si era piazzato in bella vista a rimpinzare un espositore di caramelle: Marchi neri commestibili!
Hermione sospirò. Avrebbe voluto schiantarlo! Poi però, si accorse che Draco Malfoy non si era neanche accorto della presenza di George, ma fissava rancoroso ora lei, ora Ron.
E non... non poteva pensare che... no! Arrossì al solo credere che... che... ma certo che no! Stupida. E poi perchè si era sentita euforica? Come se l'idea che lui potesse essere geloso fosse piacevole. Hermione di certo non aveva mai pensato a Draco Malfoy in quel modo: da ragazzina le aveva fatto anche abbastanza ribrezzo, con quei capelli spalmati di gel, e la puzza sotto il naso. Aveva sempre avuto un'aria pallida e malaticcia che, onestamente? Avrebbe fatto scappare pure un'acromantula! Hermione non capiva neanche cosa ci trovava all'epoca quella ragazzina di Serpeverde, Pancy Parkinson, per stargli sempre così appiccicata. Soltanto il tempo, e lo sviluppo, lo avevano cambiato... e a diciott'anni, la sua voce da fanciullo irritante era stata sostituita da un timbro più profondo e strascicato; in più era cresciuto d'altezza in maniera impressionante, e finalmente doveva essersi reso conto che i suoi capelli biondi erano molto più carini senza la leccata di troll. Certo... niente di tutto questo poteva comunque servire a definire Draco Malfoy "un ragazzo". Per Hermione, lui era una specie di essere asessuato che esisteva solo per fare da elemento disturbante; l'elemento indispensabile nella vita di ognuno: chi è che, nella sua adolescenza, non ha mai avuto a che fare con un Draco Malfoy? I vari Draco Malfoy nascevano apposta per ricoprire il mestiere di "importunatore d'esistenze". Però...
Però, da qualche tempo a quella parte, Hermione vedeva una luce diversa nascondersi negli occhi grigio-azzurri di lui. Era diventato adulto, e si vedeva dal suo corpo, non muscoloso ma sicuramente più definito; dall'ombra di barba che accarezzava il mento, le mascelle, il collo, o dai lineamenti aristocratici, dalla voce matura e seria, dalle sue mani: mani di uomo.
Ed il cambiamento faceva effetto! Eccome! Quella bellezza che c'era già dall'infanzia ma non era riuscita mai a sbocciare ora invece faceva impressione per come d'improvviso era fiorita. Lasciava a bocca aperta. Hermione si domandava come era possibile essere sempre la stessa persona, ma cambiare in una tale maniera. Draco aveva la stessa bocca, lo stesso naso perfetto, gli stessi occhi, lo stesso profilo... eppure, rispetto a dieci anni prima, era di una meraviglia sconvolgente. E dovette ammettere che gli piaceva quella bellezza, anche se le era difficile accettarla, dato che spesso, guardandolo, il viso dell'uomo si confondeva amaramente con il ricordo del suo viso da fanciullo.
 
"Potter! Io me ne vado. Ho da fare a Nocturn Alley. Ti farò avere informazioni nel caso in cui scoprirò qualcosa." Draco aveva parlato con voce fredda, e prima di chiudersi la porta alle spalle, si congedò con studiata calma: "Buona serata a tutti."
Harry non aveva fatto in tempo neanche a dirgli che dovevano discutere meglio delle informazioni ottenute da Marcus Belby che se lo vide sparire sotto il naso; George aveva abbandonato deluso l'espositore di caramelle vedendosi sfumare la possibilità di prenderlo per il culo, e Ron invece era rimasto sconvolto, balbettando a nessuno in particolare: "C-come Malfoy va a Nocturn Alley? E lo dice così? Come niente fosse!? Di fronte ad un Auror? Ma... ma Harry! Non gli dici niente!?"
"Sta andando a Nocturn Alley con la mia autorizzazione! Poi ti spiego meglio Ron!" Ed Harry fece al suo amico un gesto muto per fargli capire di fare silenzio, perchè la faccenda riguardava il bracciale.
Hermione era rimasta imbambolata a guardarlo andarsene, mentre dalle vetrine del caldo negozio di Ron si vedevano i fiocchi di neve cadere fuori, leggeri e bianchissimi sui ciottoli di Diagon Alley. Alla fine, ancora pensierosa, uscì fuori impulsivamente, cercando il ragazzo con gli occhi.
 
"Draco! Aspetta un attimo!"
Hermione gli si avvicinò con difficoltà, rischiando di scivolare sulla poltiglia nevosa della strada, e lui le andò incontro afferrandola per un braccio, evitando così di ritrovarsela spalmata a terra.
"Draco! Perchè non sei rimasto?"
"Ho da fare." Era nervoso, non aveva voglia di parlare e se n'era andato perchè desiderava non dover più vedere la faccia di Hermione Granger che sorrideva dolcemente ad un uomo che, per ovvi motivi, non poteva essere lui.
Hermione gli porse un sacchettino: "Prendi! Sono zuccotti di zucca. Li ho fatti io stamattina!" E poi, come se gli avesse letto nel pensiero, gli rivolse un sorriso luminoso e caldissimo.
E Draco pensò di morire. Non riuscì neanche a ricambiare, troppo sconvolto dall'evento e forse pure dalla bellezza delicata del viso di lei, che in quel momento veniva accarezzato da qualche sporadico fiocco di neve. Afferrò il sacchetto di zuccotti e la guardò intensamente con i suoi occhi chiari, occhi che si sposavano perfettamente con il cielo nevoso di quella giornata gelida...
Hermione perse improvvisamente il sorriso, troppo imbarazzata per l'aria seria di lui; pensò di aver fatto un grosso errore a cercare di comportarsi normalmente con Draco Malfoy, di far finta che fosse un uomo come tutti gli altri, e soprattutto che loro due avessero un rapporto civile, come lei lo aveva con il resto del mondo magico. In passato, non aveva funzionato cercare orgogliosamente di tenergli testa, ora non stava funzionando cercare di essere gentile... forse, per loro due non avrebbe mai funzionato e basta!
Ma proprio mentre Hermione seguiva i suoi ragionamenti, Draco sorrise impercettibilmente, lottando contro la sua coscienza, che tentava di mettergli di fronte divieti, paletti, ostacoli, ragioni imprescindibili per cui allontanarsi più in fretta possibile da quella babbana.
"Grazie. Li mangerò più tardi!"
Hermione lo guardò teneramente: "E di che!" Poi, senza pensare, gli passò una mano fra i capelli biondi, cercando di togliergli i fiocchi di neve che vi si erano impigliati. Muoveva le dita con delicatezza, concentrata su quel piccolo compito, avanti e indietro.
Draco rimase senza fiato, tremando dentro. Pensò per un attimo di scappare ma, Merlino santissimo... era così dolce perdersi in quel viso! Non sarebbe mai più successo, e quindi voleva assaporare ogni sensazione, per tenerla chiusa a chiave in qualche cassetto nascosto della sua mente, fino al giorno della sua morte. Era così maledettamente vicino il momento in cui sarebbe tornato a rinchiudersi nella sua armatura fatta di ghiaccio e cinismo, che desiderava aggrapparsi con tutte le forze al sorriso timido che quella donna gli stava rivolgendo adesso. Per poterlo conservare nei pochi ricordi belli della sua esistenza tetra.
Hermione sentì il cuore scaldarsi di un sentimento che non capì appieno, ma seppe che era piacevole vederlo per una volta con gli angoli delle labbra rivolti all'insù. Così tante volte in vita sua lo aveva visto arrabbiato, sprezzante, disperato addirittura...
Bastava un sacchetto di zuccotti per farlo sorridere? Bastava davvero accarezzargli i capelli per domare la bestia feroce che viveva in lui? Oh... Se solo lo avesse saputo prima!
Era così triste...
Era così solo...
Era così bello...
E lei era così inspiegabilmente attratta.
"Ho sentito che devi andare a Nocturn Alley, Draco!"
Lui annuì, senza però aggiungere altro, per paura di tradire il motivo per cui vi si stava recando. Non poteva certo dirle che, dopo dieci anni, avrebbe varcato di nuovo la porta della bottega di Borgin&Burkes per lei! Per cercare informazioni riguardo il suo bracciale maledetto...
"Beh... Stai attento, allora!" E togliendo le dita dai suoi capelli, Hermione sfiorò il viso di Draco in una carezza leggera. Lui rise sommessamente, stupito dell'assurdità della situazione: l'eroina di guerra che diceva al Mangiamorte di stare attento ad attraversare i vicoli di Nocturn Alley! Poi il riso si tramutò in qualcosa di amaro e a Draco rimase soltanto la consolazione del tocco caldo di lei che gli aveva sfiorato la gota.
Hermione rabbrividì di freddo, strofinandosi le braccia.
"Rientra dentro, Hermione. Si gela!" Le disse, preoccupato. 
La ragazza annuì guardandolo ancora e, prima di scappare in fretta dentro il negozio, gli stampò un bacio sulla guancia.
E Draco pensò che, stavolta, sarebbe morto davvero.
 
Continua...
 


 
 

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 Dagli elfi domestici, a Draco Malfoy ***


Capitolo 12
Dagli elfi domestici, a Draco Malfoy
 
 
"HERMIONE! Cazzo... hai dato tutti gli zuccotti di zucca a Malfoy! Ma sei scema?!"
Ron la guardò allibito rientrare in bottega, e la donna lo fulminò con una sola occhiata: 
"Tutti?! Ma se più della metà li hai mangiati tu, Ron! Ne volevi ancora? Fai schifo, te l'ho mai detto?" Hermione chiuse il discorso, e si riposizionò immediatamente dietro il bancone del negozio a lavorare sulla traduzione de "Il mago e il pentolone salterino", ignorando ogni perplessità dell'amico.
 
Harry corrugò le sopracciglia, consapevole che stava succedendo sicuramente qualcosa di strano alla sua amica, anche se la sua zucca vuota non voleva ammetterlo apertamente, censurando ogni dubbio. Ma non era facile scacciare l'immagine adocchiata prima, attraverso la vetrina dei Tiri Vispi. Per quei pochi attimi si era rassomigliato ad Argus Filch, il custode di Hogwarts, mentre allungava il collo spiaccicando il naso sul vetro, per distinguere Hermione in mezzo alla strada, da qualche parte fra la gente. Per completare il quadretto gli era mancata soltanto Mrs Purr fra i piedi ed un pastrano marrone, logoro e sporco gettato malamente sulle spalle. Quando era riuscito ad individuarla, l'aveva vista accarezzare i capelli biondi di Draco Malfoy che, nel frattempo, le sorrideva dolcemente.
 
Malfoy. Che sorrideva dolcemente ad Hermione.
 
"STUDENTI! STUDENTI FUORI DAI LETTI! STUDENTI FUORI DAI LETTI!"
 
L'Argus Filch che era in lui, aveva fatto scattare l'allarme dentro la sua testa, e dopo aver sbattuto gli occhiali sul vetro nel tentativo di spiare meglio, Harry si era trovato costretto a ritirarsi di scatto, perchè Hermione si era voltata per rientrare.
 
Diamine! Draco Malfoy non poteva provare qualcosa per la sua amica: non era possibile, non era ammissibile. Soprattutto: Hermione non poteva buttare alle ortiche tutti quegli anni di odio totale per avvicinarsi a lui e cambiare radicalmente opinione! No! No no no no no. Si stava sbagliando. Forse era tutto un equivoco... e la sua migliore amica cercava solo di comportarsi con il biondo in modo gentile. In fin dei conti, lei aveva sempre avuto quella mania di aiutare i più deboli, i più denigrati, i più soli.
 
Dagli elfi domestici, a Draco Malfoy.
 
Ecco... era solo questo il punto, si!
Le nobili intenzioni di Hermione non potevano essere messe in discussione, Harry ne era sicuro; il problema a quel punto riguardava solo Malfoy! Era lui, a dargli una certa apprensione... Era sempre stato un ragazzo enigmatico oltre tutte le altre cose che lo rappresentavano; un ragazzo che agiva senza che se ne potesse comprendere il reale scopo. Nessuno aveva mai veramente capito come ragionasse, ed era per questo che Harry ne aveva timore, specialmente ora, che aveva notato in lui quel brusco cambiamento. Un cambiamento che però, effettivamente, era avvenuto solo nei confronti di Hermione, perchè con tutti gli altri, Malfoy continuava a comportarsi nel solito modo sprezzante ed acido. Gli balenò per la mente un pensiero scomodo, ed iniziò a sudare freddo:
Che avesse davvero ragione il caro e inimitabile professor Albus Silente?
Gli uomini cambiano, gli uomini hanno bisogno di possibilità, e di fiducia...
E di amore.
L'amore muove il mondo, sposta le montagne. Ma può essere potente al punto di far diventare un altro uomo anche un'anima perduta come Draco Malfoy?
Allora Harry si voltò a guardare Hermione, che in quel momento se ne stava a scrivere furiosamente col capo basso sui suoi preziosi fogli, e le vide sul volto un sorriso mal trattenuto, un sorriso emozionato.
E seppe, anche se a malincuore, che la risposta era si...
 
Decise di tenersi per sé ogni dubbio, ogni sensazione, ogni paura anche... nella speranza che quegli indizi sparsi, non fossero per forza da attribuire ad un sentimento nascente. O almeno se lo augurava. Non era sicuro che Hermione potesse essere felice con un uomo simile. Troppo diversi: loro erano come il giorno e la notte. Era così difficile perfino immaginarseli, insieme! Hermione Granger e Draco Malfoy.
Eppure, se ci rifletteva... erano diversi come all'epoca erano stati diversi sua madre e Piton.
Lily e Severus. Un amore travagliato, un amore maledetto, contrastato. Profondo, ma segnato dagli eventi. Tanto sbagliato che era finito male. L'oscurità che permeava la vita di Piton aveva distrutto ogni cosa buona. Era stato inevitabile. E non era bastato il pentimento, non era bastata la promessa di amore eterno, non era bastato il desiderio di dedicare la propria vita alla redenzione, per tornare ad essere felici.
Harry aveva tanta paura che anche Hermione finisse per soffrire alla stessa maniera di sua madre, per colpa delle tenebre che rivestivano volontariamente o involontariamente, la vita di Draco Malfoy!
Forse sarebbe andata a finire tragicamente. O forse invece, sarebbe andata a finire bene. Chissà!
Trent'anni prima, per Lily e Severus non era stato possibile amarsi liberamente, perchè i giorni erano stati troppo bui per sfidare le convenzioni sociali... Ora invece, i tempi erano sicuramente più maturi per la felicità, e se perfino un uomo come Draco Malfoy aveva deciso di mettere da parte qualsiasi discriminazione, allora c'era ancora una speranza!
Certo, non era esattamente raggiante al pensiero che il suo vecchio, acerrimo nemico di scuola, potesse innamorarsi di Hermione. Gli ci sarebbero voluti mesi, anni, sopportazione, bocconi amari da inghiottire per abituarsi all'idea, ma l'avrebbe fatto. A volte invidiava Ron per la sua estrema ingenuità: lui ancora non aveva capito nulla di quei due, ed Harry preferiva non metterlo al corrente, almeno non adesso che ancora non ne aveva la completa sicurezza.
 
Al momento, l'unica certezza assoluta di Harry, era che Draco Malfoy avrebbe dovuto proteggere ed amare Hermione Granger con tutta l'anima, altrimenti gli avrebbe spaccato la faccia a calci, mandandolo direttamente all'altro mondo.
Era una promessa...
 
 
***
 
 
 
Draco entrò nella bottega di Borgin&Burkes venendo investito da una valanga di ricordi, ricordi di bambino: quando girava per gli scaffali polverosi insieme a suo padre, quando osservava affascinato le potenzialità oscure di ogni oggetto, di ogni libro fittamente scritto. Quando, terrorizzato, vi aveva acquistato la collana destinata a Silente... Ed infine, con un dolore al petto che rischiò di sopraffarlo, ricordò il terrore con cui vi era entrato per vedere l'armadio svanitore.
La puzza di vecchio, di polvere, cera, di pozioni misteriose, gli invase le narici andando a stimolare ancora quella parte di mente adibita alla memoria, e i suoi occhi chiari si fecero lucidi. Non fu per il piacere di rivivere scene della propria adolescenza, ma per la tristezza conseguente agli sbagli che sapeva di aver fatto, proprio a cominciare da lì dentro. Sentì il marchio nero pizzicare sotto il maglione, ed i ricordi così si fecero anche tattili, oltre che visivi ed olfattivi. Sapeva, Draco, che il marchio non gli stava davvero facendo male, che non era obiettivamente possibile, ma era piuttosto la sensazione di disagio ad ingannare il suo cervello, facendogli credere che bruciasse di nuovo. La psicologia umana era contorta.
 
Hermione.
Era lì solo per lei, e Draco realizzò con meraviglia che, nonostante anni prima avesse deciso di non metter mai più piede in quel negozio maledetto, l'amore ve lo aveva fatto tornare...
L'amore.
 
All'epoca non poteva immaginare che un giorno avrebbe amato! La sua vita era stata così arida e tormentata, che credeva fosse impossibile che un giorno il suo cuore avrebbe ripreso a sbattere furiosamente nel petto per qualcosa di diverso dalla paura. Era una sensazione che tendeva a scaldarlo, a renderlo quasi euforico. E gli piaceva, si.
Ovviamente sapeva che non ci sarebbe stata alcuna probabilità di essere ricambiato, soprattutto sapendo a CHI era rivolto il suo amore! Draco era maledettamente consapevole che il lungo percorso della sua espiazione non poteva contemplare la felicità più pura, quindi si accontentava delle piccole cose, come un uccellino che in pieno inverno trova per terra una briciola di pane.
Draco era sbagliato. Draco era il buio più nero e misterioso. Hermione Granger era la luce. L'equilibrio. La giustizia. Si sarebbe accontentato di guardarla da lontano, ringraziando Merlino, Dio e tutto ciò che poteva aver creato il mondo, per avergli dato almeno la possibilità di capire vagamente cosa potesse essere l'amore e la bellezza.
Non avrebbe mai preteso che lei lo amasse di rimando: Draco era tante cose brutte, ma non era uno stupido! E sapeva che lei non poteva innamorarsi di lui... Sarebbe stato come sovvertire l'ordine naturale dell'universo. Ma almeno, voleva provare a rimediare all'odio, chiederle scusa in qualche contorto modo per ciò che le aveva fatto in passato; magari senza farlo in modo clamoroso, ma utilizzando uno stratagemma...
Voleva riscattarsi. E forse così si sarebbe sentito finalmente in pace con sé stesso.
 
Draco si avvicinò al vecchio decrepito che se ne stava dietro il bancone e che, appena era entrato, aveva tradito una fugace espressione di stupore nel ritrovarselo davanti dopo tutti quegli anni.
"Ho bisogno di conoscere tutto quello che sa sul bracciale di Damocles Belby. E non mi muoverò da qui, finchè non uscirò con tutte le informazioni che mi servono, vecchio!"
 
Dopo il racconto che Marcus Belby aveva fatto ad Azkaban, Draco aveva già capito a grandi linee cosa poteva esser successo, ma aveva bisogno di conferme. Conferme che, per fortuna, non sbagliò a voler trovare proprio da Borgin&Burkes...
 
 
***

 
Del bracciale ne esistevano due copie esattamente identiche, come aveva già riferito Marcus sotto interrogatorio, copie che il nonno del ragazzo aveva fatto costruire molti anni or sono.
Il vecchio pozionista era molto innamorato di sua moglie, tanto che avevano deciso entrambi di rimanere vicini pure se uno dei due fosse morto. Così, Damocles Belby si era recato da Borgin&Burkes per operare una magia oscura sui due bracciali, un incantesimo estremamente potente che avrebbe permesso a chi li indossava, di rimanere spiritualmente in contatto nonostante l'impedimento della morte, una sorta di portale di comunicazione.
Draco si era imbattuto una sola volta in questa procedura, durante i suoi anni di studio sulla magia nera, e gli era capitato per caso studiando un libro antichissimo; ricordava che l'incantesimo, oscuro e complicato, veniva più spesso definito: Incanto Amethystus, in richiamo alle proprietà dell'ametista. Alla pietra infatti, veniva attribuita proverbialmente la conoscenza di una realtà oltre la materia, la rinascita della mente, il potere dell'illuminazione, la trasformazione spirituale...
Questo tipo di magia in sé non era pericolosa, né per i diretti interessati, né per chi, accidentalmente, fosse venuto in possesso del manufatto incantato. Ciò era possibile perchè l'incantesimo veniva sigillato con il sangue dei coniugi, in modo che solo ed esclusivamente loro potessero mantenere il contatto. Così, il sangue del signor Damocles Belby e quello della moglie erano stati mescolati e messi all'interno di tre pietre incastonate in ogni gioiello, con un rituale abbastanza lungo. I due bracciali erano entrati in funzione alla morte della signora Belby, ed avevano svolto il loro compito egregiamente, senza che nessuno lo sapesse. Neanche i familiari.
 
Questo, era tutto ciò che il vecchio negoziante seppe riferire a Draco, che unì tutte le informazioni ottenute, ricreando precisamente la dinamica dei fatti: Marcus Belby aveva detto che il bracciale del nonno era stato riposto, dopo l'avanzare della sua malattia babbana, in uno scrigno, fino al giorno in cui lui, ignaro, l'aveva indossato. Per molti mesi, Marcus non aveva avuto problemi, e questo perchè, in effetti, il gioiello non creava nessun problema a coloro che non facevano parte dell'Incanto Amethystus. Anzi, agli occhi del mondo esterno, restava un comune e banalissimo gioiello.
Il problema si era presentato però, quando Marcus aveva partecipato a quelle maledettissime sedute spiritiche con Harper e Warrington. Praticamente, evocando i fantasmi tramite la magia oscura, si era riaperto, nel bracciale, il canale di comunicazione tra il mondo dei vivi e l'aldilà... Ed evidentemente, un'entità malvagia si era attaccata al gioiello tramite il sangue contenuto nelle pietre del gioiello, sangue che, com'era risaputo, era un perfetto conduttore per incantesimi e maledizioni. Era da scartare a priori che quello fosse lo spirito della nonna di Marcus Belby, lei non avrebbe mai fatto del male a suo nipote o desiderato di uccidere il marito, quindi gli restava da capire solo alcune cose: chi era quell'entità, perchè aveva ammazzato il vecchio Damocles Belby tramite Marcus, e soprattutto cosa ne sarebbe stato di Hermione...
 
Mentre rifletteva, sentì il vecchio negoziante parlargli con la sua voce tremolante ed affaticata:
"Dimmi, giovane Malfoy. A chi sta creando problemi questo bracciale?"
Draco rimase interdetto: "C-cosa? Che diavolo ne sa lei?"
Una certa paura lo invase... Il suo istinto a non fidarsi, purtroppo, non si era mai sopito del tutto, nonostante la guerra fosse finita da un pezzo.
"Beh! Sono cinquant'anni che lavoro per questa bottega. Non ho bisogno di saperle le cose... le deduco!"
E Draco, dopo vari tentennamenti, decise di capitolare, certo che solo quel vecchio rattrappito poteva aprirgli qualche strada in più. Fece della storia un racconto breve, impersonale, omettendo ovviamente l'identità di Hermione in un moto spontaneo di protezione nei suoi confronti. Avrebbe fatto a pezzi il mondo intero se qualcuno si fosse azzardato a metterla ancor più nei guai di quanto già non fosse. Hermione Granger era diventata il suo fiore prezioso, intoccabile da tutti... perfino da lui. Purtroppo.
Terminò il racconto passandosi come di consueto una mano fra i capelli poi, guardando negli occhi il negoziante, sbuffò: "Non so davvero cosa fare!"
Il vecchio sorrise, mostrando i denti spezzati e gialli, e derise apertamente Draco: "Sono nove anni che studi e combatti la magia oscura, ragazzo! Esattamente dal 1998. Non dovrei essere io a dirti cosa fare. Non trovi?"
Gli occhi di Draco si fecero paurosamente temporaleschi, mentre la sua faccia cambiava espressione di colpo. La rabbia ed il sospetto montarono in lui con la velocità di un boccino in volo. Il tono che usò fu irritato, sconcertato, minaccioso:
"Come fa a sapere tutte queste cose di me?"
Il vecchio non smise mai di ridere sotto i baffi: "Non preoccuparti ragazzo, io so sempre tutto di tutti, ma non per questo devo essere pericoloso! Ora, torniamo a noi..." Gli puntò un dito nodoso e tremante al petto e riprese: "Se vuoi aiutare questa persona, intanto trova un modo per evitarle il contatto diretto con il bracciale."
Il giovane aggrottò le sopracciglia, allontanandosi impercettibilmente dall'unghia sporca del vecchio, che gli solleticava l'elegante cappotto grigio di panno.
"Il calore umano, giovane Malfoy! Lo spirito che si è impossessato del bracciale, sicuramente si nutre di calore umano! Quindi: se tu frapponi qualcosa tra la pelle del polso ed il bracciale, isolerai il gioiello dalla sua fonte di sostentamento! Non risolverai il problema, ma di certo lo attenuerai almeno per il tempo utile a trovare la soluzione definitiva."
Draco si poggiò la mano sulla fronte, pensando di essersi bevuto il cervello. Per quale cazzo di motivo non ci aveva pensato da solo? Bastava così poco per alleviare le sofferenze di Hermione, e lui non ci era arrivato!
Il vecchio intanto, era sparito tra gli scaffali polverosi, ma ne riuscì fuori poco dopo con un tomo vecchio e rovinato. "Prendi questo. Potrà esserti utile!"
 
Terribilis possesionem. Cura et scientia.
 
Draco l'afferrò al volo, lasciando sul bancone un sacchetto pieno di galeoni, senza preoccuparsi di aver sborsato troppo per un solo libro. Poi si appoggiò in fretta il mantello sulle spalle e sparì dal negozio, facendo tintinnare il campanello dell'uscio.
 
 
Continua...

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 Schiaffi indelebili ***


 
 
Capitolo 13
Schiaffi indelebili

 
Harry e Ron l'avevano pregata per l'ennesima volta di restare a dormire da uno di loro, ma come sempre Hermione aveva rifiutato, decisa a tornarsene a casa con la scusa che non voleva essere schiava di nessuna paura. In realtà, odiava dover dipendere da qualcun'altro, ma soprattutto creare disturbo a Molly, o peggio a Ginny, che aveva da accudire il piccolo James. E poi, se quegli episodi misteriosi fossero iniziati a succedere alla tana o a Grimmauld Place per colpa della sua presenza, non se lo sarebbe mai perdonato.
Così, Hermione aveva riacciuffato Pepper e si era smaterializzata nell'Oxfordshire, rientrando a casa dopo quasi dieci ore di assenza. Si affrettò ad accendere il caminetto, infilò una tuta calda, tirò su i capelli e sprofondò sul divano, mentre la sua folletta svolazzava davanti al fuoco scoppiettante, tendendo le manine gelate.
La traduzione de "Il mago e il pentolone salterino" era a buon punto e sinceramente, per quel giorno almeno, Hermione era stanca di interpretare rune antiche. Sospirò ed appoggiò il capo allo schienale del divano.
 
Era bello il silenzio di casa, riflettè.
 
Poi, come a voler confutare questo pensiero, si sentì una risata sommessa rimbombare tra le pareti di casa, e provenire da un punto imprecisato. Una risata roca e terrificante.
Hermione si alzò di corsa dal divano, in allarme.
"Le Fiabe di Beda il Bardo" poggiate sul tavolo si aprirono di colpo, e le pagine iniziarono a sfogliarsi da sole, rapidamente. Hermione scattò, afferrando la bacchetta. Al piano di sopra, il rumore di una porta sbattuta la convinse a prendere coraggio, e corse su per le scale, accendendo tutte le luci.
Entrò in camera da letto con la bacchetta spianata, passò nella stanza più piccola, nel ripostiglio, poi nel bagno, ma non trovò nulla. E di nuovo quel puzzo atroce di carne marcescente, lo stesso che aveva sentito settimane fa, le si infilò nelle narici, fino a farle venire una nausea incredibile. Ridiscese al piano inferiore con i conati di vomito ad accompagnarla. Un raspare continuo la attirò verso il salotto, e vide con terrore il tavolo di legno pieno di graffi. Pepper si era andata a nascondere dietro le tende, se ne vedeva la sagoma blu dalla trasparenza del tessuto. Deglutì, infastidita da un fischio continuo dentro le orecchie, colpa del sangue che circolava impetuoso nelle vene, pompato dal cuore impazzito. Con la coda dell'occhio, Hermione captò un'ombra enorme schizzare verso la cucina, e da quel momento un tremolio rumoroso si impossessò della casa, facendo dondolare i lampadari, i libri, le cornici magiche, le stoviglie. E lei, si chiese disperata perchè! Perchè tutto quello. Perchè proprio a lei... Fu colta da disperazione.
 
Tre colpi sulla porta d'ingresso la fecero saltare di spavento, ma con il respiro reso pesante dal terrore, Hermione li ignorò e provò a lanciare un incantesimo alla cieca, dirigendosi in cucina, nella speranza di colpire in qualche modo l'entità. La bacchetta le saltò dalle mani, e un'ombra inconsistente le si piazzò davanti, ringhiando inferocita. Era enorme. Indietreggiò di due passi, puntando alla finestra: tanto era inutile urlare per chiedere aiuto, non sarebbe servito a nulla. Doveva solo scappare. Altri colpi provennero dalla porta, un bussare concitato... lei non lo sentì stavolta, e quando tentò la fuga scattando verso l'apertura della finestra, due mani invisibili la afferrarono per le spalle, sollevandola piano piano dal pavimento.
Hermione urlò con tutto il fiato che aveva in gola, scalciando l'aria, mentre il campanello di casa aveva preso a suonare impazzito...
 
 
***
 
 
Draco Malfoy aveva deciso di recarsi nell'Oxfordshire, perchè aveva capito troppe cose riguardo Hermione Granger, una di queste era che, nonostante la loro incompatibilità, non riusciva ad ignorarla. Non era MAI riuscito ad ignorarla! Non completamente...
Non aveva molta voglia di analizzare il sentimento violento che provava per lei, troppo assurdo e troppo sbagliato per potergli dare un senso. Hermione era, per lui, come un pianeta lontanissimo, da guardare solo con un potente telescopio. Era inutile cercare di interpretare la carezza che gli aveva fatto quel pomeriggio a Diagon Alley, il bacio sulla guancia, o le sue dita fra i capelli, perchè, se si fosse soffermato a decifrare forzatamente quei gesti, avrebbe finito per vederci cose che VOLEVA disperatamente vederci. E si sarebbe fatto solo del male... come se, in vita sua, non si fosse già fatto del male abbastanza.
Lui era un masochista: nella sofferenza ci sguazzava. Gli piaceva. Forse pure perchè non era abituato ad altre emozioni, oltre quella! La sofferenza la sapeva gestire, l'amore no. Neanche la felicità, l'euforia, l'esaltazione in generale. Sapeva di non poter pretendere da lei nulla in cambio, se non al massimo un po' di pietà, però continuava a desiderare la sua presenza, nonostante le pugnalate al petto che inconsapevolmente gli sferrava.
 
Draco aveva passato le ultime ore a studiare il libro che il vecchio negoziante di Nocturn Alley gli aveva dato, mangiucchiando due dei zuccotti di zucca di Hermione, finchè aveva alzato gli occhi verso l'orologio del suo ufficio nell'ala sud della villa, e si era accorto che erano appena passate le nove. Tolse gli occhiali da lettura e si alzò, deciso ad andare da lei. Infilò un maglione pesante sopra il pantalone comodo della tuta e le scarpe sportive, si pettinò con le mani i capelli scompigliati e poi, afferrando al volo il giubotto, uscì di casa per smaterializzarsi. Si convinse che lo faceva solo perchè non sopportava di vederla star male, perchè come esperto di arti oscure aveva il dovere di alleviarle le sofferenze causate dall'oppressione dello spirito malvagio, senza altro fine se non quello. Ma non era esattamente così... Draco non si stava adoperando per puro spirito d'altruismo. Lui non era un uomo altruista! Aveva sempre uno scopo ben preciso per agire: che poi fosse uno scopo nobile o meno, non è che a lui importava molto... Nel caso di Hermione, era la voglia di farsi perdonare, di farle vedere che anche lui era un uomo, con i suoi difetti si, ma anche con i suoi pregi. Non avrebbe mai fatto capire a nessuno però, la sua debolezza per lei: era già tanto che, dopo mille dibattiti con la sua coscienza, lo avesse ammesso a sé stesso!
 
Bussò tre volte alla porta di casa della donna, senza ottenere risposta. Poi, captò degli strani rumori provenienti dall'interno, e la sua mano scattò a bussare di nuovo, stavolta più forte.
All'improvviso, Draco la sentì urlare disperatamente e, con frenetica impazienza, si mise a suonare il campanello senza staccare il dito dal bottoncino dorato. Decise che avrebbe sfondato la porta di Bombarde se lei non gli fosse venuta ad aprire entro cinque secondi!
 
 
***
 
 
Hermione, dopo essere rimasta sospesa in aria per qualche secondo, cadde sul pavimento, mentre l'entità si dileguava, il sisma si placava ed ogni cosa tornava ad immobilizzarsi al suo posto. Si rialzò tremando, e guardandosi attorno stranita, capì che era stato il suono insistente del campanello di casa ad aver scacciato lo spirito, almeno per il momento. Si precipitò verso l'ingresso, pensando che chiunque fosse venuto a disturbarla a quell'ora, era stato a dir poco provvidenziale.
 
Quando spalancò la porta e si trovò di fronte Draco Malfoy, fu tremendamente sollevata, e qualcosa nel suo petto saltellò di contentezza, facendola sorridere con gli occhi e con la bocca. "Ooh santo Merlino, sei tu! Menomale!" E si buttò incosciente addosso a lui, abbracciandolo stretto.
 
Quella fu la fine, per Draco Malfoy: la fine di tutti i buoni propositi di restare impassibile, di non importunarla, di correre ad isolarsi ancora dal mondo, di aiutarla senza chiederle nulla in cambio. Impossibile non crollare, non arrendersi sventolando bandiera bianca di fronte alla donna che lo turbava da quando erano due ragazzini. Il suo autocontrollo stava cadendo per pezzo per pezzo mentre Hermione lo stringeva forte e poggiava il mento sulla sua spalla... troppo vicino al collo.
Come faceva a fingere ancora disprezzo, dal momento che si era buttata fra le sue braccia in cerca di protezione? La protezione di un Mangiamorte pentito, tra l'altro!
Draco non ascoltò più nessuna ragione, non capì più niente, si ribellò alla coscienza, e seguì per una volta i suoi impulsi: avvolse Hermione tra le braccia, e strinse forte, premendosela addosso.
Oh... Si! Avrebbe conservato per sempre il ricordo del contatto caldo dei loro corpi! E sarebbe stato forse il ricordo più piacevole della sua vita solitaria. Draco Malfoy, finalmente, aveva compiuto il primo gesto veramente coraggioso della sua vita.
Hermione aveva il corpo esile, e tremava mentre si teneva accucciata contro il suo petto. E se quell'emozione violenta che Draco percepiva era l'anticamera dell'amore... almeno avrebbe saputo, un giorno, cosa cercare esattamente in una donna, per desiderare di tenersela accanto fino alla fine dei suoi giorni.
 
"Che cosa è successo?"
Hermione scosse il capo un paio di volte, senza riuscire a parlare, ancora troppo sconvolta da ciò che era successo; stavolta però non era stato lo spirito malvagio ad impedirle di far uscire le parole, ma il terrore intenso che l'aveva travolta. Si accoccolò ancora di più addosso a lui, in cerca di calore.
"I-io non... Non ce la faccio più! Sono... Sono così stanca di tutto questo!"
E Draco sospirò pesantemente, incapace di darle torto, ma nello stesso tempo, troppo emozionato dalle mani febbrili di Hermione che gli stringevano il maglione all'altezza delle spalle.
"Lo risolveremo prima o poi, tranquilla! Ora entriamo!"
 
Chiusero la porta, e Draco si affrettò a pronunciare una serie di incantesimi sconosciuti per allontanare qualsiasi forza oscura poi, in silenzio, fece apparire una lunga benda bianca, afferrò il braccio di Hermione e gliel'avvolse intorno al polso. Voleva provare subito l'efficacia del consiglio dato dal vecchio negoziante di Borgin&Burkes, nella speranza che isolare il bracciale dal calore della pelle, funzionasse davvero.
Hermione si accigliò, prendendolo per pazzo, ma nonostante ciò lo lasciò fare, guardandolo lavorare in silenzio, e cercando anche di studiare le emozioni tumultuose che stava provando. Le dita di Draco lavoravano veloci, ed il tocco leggero dei suoi polpastrelli sul braccio le provocarono pure qualche leggero ed inspiegabile brivido.
Lo scintillio argenteo del suo anello con lo stemma a forma di serpente, la calamitò al punto che non si accorse subito che l'uomo le aveva fatto scorrere il bracciale sopra la fasciatura appena terminata. Dopodichè, aveva fatto apparire un'altra benda, e con questa, le aveva fasciato pure il bracciale stesso, facendolo sparire sotto gli strati di cotone.
Finalmente, Draco alzò lo sguardo su di lei e la fissò in silenzio per qualche secondo, come in attesa.
 
"N-Non capisco cosa hai fatto! Perchè mi hai fasciato il polso?" Gli chiese Hermione, confusa.
Lui pregò con tutto il cuore che non fosse stata una manovra inutile: "Te ne accorgerai presto. O almeno lo spero! Ho isolato il bracciale, in modo che non stia a contatto con la pelle. E' il calore che sprigioni a nutrire lo spirito e a facilitargli il controllo della tua mente! Come è successo pure a Marcus Belby! Finchè non troviamo un modo per togliertelo di dosso, cerchiamo almeno di limitare i danni che può causarti. Ovviamente non so se questa manovra potrà attenuare anche le manifestazioni in casa, ma..."
Non potè finire la spiegazione, perchè Hermione lo tempestò di domande con la voce leggermente alterata dell'isteria:
"Aspetta, aspetta, aspetta! Cosa stai dicendo? I-Io non ti ho mai parlato di come lo spirito tenti di controllarmi! Come diavolo fai tu a saperlo?"
"Beh, perchè..." Draco provò a risponderle, ma lei lo sovrastò ancora con la sua voce nevrotica:
"E poi perchè hai parlato al plurale? Troviamo, cerchiamo... ma di chi parli? Eh? Se non fosse per il fatto che ho davanti agli occhi Draco Malfoy in persona, penserei che tu sia in combutta con Harry e Ron! Solo loro sanno quello che sto passando!"
"Posso spiegar..."
"Hai pure nominato Belby, Draco! Come fai a sapere che il bracciale è dei Belby?"
Draco, dopo aver tentato più volte di aprire bocca si arrabbiò, alzando la voce: "La smetti di interrompermi?! E che cazzo!"
Hermione si zittì di botto, arrossì ed incrociò le braccia al petto, guardando il ragazzo di traverso. Lui fece finta di non notare la sua furia e le spiegò brevemente di aver trovato, per pura fatalità, l'indizio che lei aveva lasciato sulla cartellina verde del caso Belby e quindi, insieme ad Harry, si erano recati ad Azkaban per avere altre informazioni da Marcus. Per il momento preferì non rivelarle che lui era stato il primo ad accorgersi della maledizione del bracciale quella lontana sera all'inaugurazione dell'Unicorno bianco! Non voleva dare troppe spiegazioni, non era da lui.
 
Hermione sapeva che prima o poi qualcuno avrebbe trovato l'indizio, in fondo lo aveva lasciato con tanta fatica proprio con l'intenzione di essere aiutata, solo che non avrebbe mai immaginato che quel qualcuno sarebbe stato proprio Draco Malfoy! Era talmente assurda l'idea, che rise dolcemente:
"Quindi, sei veramente in combutta con Harry?"
Draco borbottò qualche parola inintelligibile: "Mh... Em... Già... In un certo senso, ecco... diciamo di si!" E si toccò il naso, imbarazzato.
D'un tratto Hermione si accorse della leggerezza che l'aveva pervasa gradualmente, da quando cioè Draco le aveva fasciato il polso. Riusciva a ragionare autonomamente, aveva addirittura parlato del bracciale senza essere bloccata dallo spirito. La sua coscienza tornò ad essere la sovrana incontrastata del suo corpo, e quella serenità che da qualche tempo le era mancata riapparve, permettendole di vedere di nuovo il mondo con positività e grinta.
"Ha funzionato!" Disse euforica, guardando ora il suo polso, ora l'uomo di fronte a lei.
"Avevi ragione! Mi sento... libera! Oooh, devo mettermi subito al lavoro. SUBITO! Devo cercare una contro-fattura per liberarmi di quest'affare. Prima non potevo farlo perchè lo spirito mi contrastava!"
Hermione iniziò a parlare rapidamente, senza quasi riprender fiato: "Poi devo capire a chi appartiene quest'entità. E distruggerla, potrebbe fare del male a qualcun'altro, oltre me. Si! E poi devo avvisare Harry, lo devo informare che bisogna riconsiderare l'innocenza di Marcus, perchè credo che abbia ragione ad affermare che non sia stato davvero lui ad ammazzare suo nonno, e..."
Draco l'afferrò per le spalle, zittendola:
"Calmati! Ci sto già lavorando io alla soluzione, insieme ai tuoi amichetti! E non preoccuparti per Belby... Potter sa già che potrebbe essere davvero innocente!"
La guardò, puntandole addosso i suoi occhi chiarissimi, e non riuscì a trattenere un sorriso un po' canzonatorio: "Sei arrivata tardi stavolta, Miss Granger! Cinque punti a Serpeverde!"  
Hermione rimase senza parole, ma non capì se il fiato le era mancato perchè aveva scoperto che Draco Malfoy stava cercando di aiutarla senza doppi fini, o perchè i suoi occhi cristallini erano i più belli che avesse mai visto al mondo.
Seguì un breve silenzio impacciato.
"Perchè lo stai facendo, Draco?" Sussurrò Hermione, con le gote leggermente arrossate.
Lui non seppe rispondere, ma continuò in silenzio a stringerle le spalle, senza staccare lo sguardo dal suo viso. Deglutì, infastidito dal martellare insistente del cuore che, stronzo, gli sbatteva concitato dentro il petto, rischiando di farsi sentire. Cosa avrebbe mai dovuto risponderle? Non ne aveva idea! Doveva forse dirle che era una vita intera che cercava di capire cosa diavolo gli prendesse ogni volta che la vedeva? Doveva dirle che il disprezzo che le aveva riversato addosso in passato, era un modo di proteggersi da sentimenti che la sua mente rifiutava di ammettere? Draco poi, non era abituato ad avere a che fare con le donne, a parte un po' di sporadico sesso: erano troppi anni che se ne stava rinchiuso nella prigione dorata della sua villa, isolato dal mondo e da chi lo odiava. Non conosceva l'amore, né tutte le sue sfumature.
Come defilarsi da una situazione simile senza rendersi un fesso? Maledizione! Aveva scelto la donna peggiore di cui innamorarsi... Si vergognava così tanto nei suoi confronti per colpa dei torti fatti che, Merlino santo, in quel momento avrebbe preferito fare la corte ad una Maride urlante, piuttosto che rivelare a lei i suoi turbamenti di uomo! Ma che cazzo gli diceva il cervello?! Andare a perdere la testa per Hermione Granger...
In quel lasso di tempo però, si era aggiunto un'ulteriore problema al dilemma della risposta da darle: e cioè che Hermione si era avvicinata. Troppo. E gli aveva poggiato i palmi delle mani sul petto, continuando a scrutarlo con un'angelica aspettaviva.
E Draco, guardandola fisso negli occhi, allentò la presa dalle sue spalle per afferrarla delicatamente alla vita. In fin dei conti, pensò... non aveva molta voglia di soddisfare la domanda che lei gli aveva fatto! Non ne sarebbe stato capace, comunque. Non avrebbe saputo cosa dirle, né come comportarsi nel caso in cui le avesse rivelato qualcosa che NON poteva rivelare.
 
Però, la bocca schiusa di Hermione era tanto vicina, che Draco valutò di rispondere in un altro modo...
 
I loro respiri già si toccavano, mischiandosi in un unico soffio, e lui inspirò forte per prendere coraggio, convinto che di lì a poco, si sarebbe beccato lo schiaffo più sensazionale di tutto il mondo magico e babbano. Sicuramente più potente di quello che lei stessa gli aveva rifilato esattamente nel 1994! Perchè Draco non aveva dimenticato NIENTE di quel giorno, né il rumore secco della sua mano sulla guancia, né la furia che lei aveva negli occhi mentre gli strillava contro: "Non osare mai più dire che Hagrid è patetico! Tu, mostro... Tu, razza di brutto..." Ma non aveva mai terminato l'insulto, perchè i suoi amichetti l'avevano trascinata via, più sconvolti di lui per quello che Hermione aveva avuto l'ardire di fare.
 
E la baciò...
Poggiando piano le labbra sulle sue.
Un secondo.
Due secondi.
Tre secondi.
Non arrivò nessuno schiaffo, così il cuore euforico di Draco lo spinse a premere più forte sulla bocca morbida di Hermione, restandoci poggiato con trepidazione. Fecero schioccare un paio di volte le labbra, finchè alla fine fu lei a staccarsi, allontanandosi di poco. Sembrava emozionata, gli occhi marroni le brillavano di una strana luce; lui invece tremava quasi, con il respiro pesante ed entrambe le mani che, chissà quando, erano finite ad avvolgerle il viso in una carezza delicata. Draco era combattuto tra la voglia di fuggire o di baciarla ancora, ancora e ancora. Eppure aveva paura: l'incertezza cronica che lo caratterizzava da ormai troppi anni lo fece tremare dentro, oltre la convinzione radicata che la felicità, per lui, era preclusa.
 
"Dimmi che non mi hai baciato solo perchè ti faccio pena, Hermione!" Sussurrò disperato sulle sue labbra.
 
Continua...



 
 

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 Il solito, cinico, bastardo ***


 
 
Capitolo 14
Il solito, cinico, bastardo
 
 
"Dimmi che non mi hai baciato solo perchè ti faccio pena, Hermione!" Sussurrò disperato sulle sue labbra.
 
Lei lo guardò senza parlare, come a prender tempo per riflettere, e proprio quando Draco stava per allontanare le dita dal suo viso, deluso da quel silenzio, Hermione lo baciò impetuosamente, mettendoci tutta la forza di cui disponeva.
Le loro labbra si schiusero, in cerca di un contatto più profondo, e Draco cercò la sua lingua, le invase con prepotenza la bocca, si inseguirono con focosità, si toccarono, si assaporarono eccitati, si morsero a vicenda...
Un paio di volte provarono a staccarsi, facendo schioccare le labbra umide e gonfie, ma si accorsero che era difficile farlo, un po' per il desiderio di restare attaccati, e in parte pure per il forte imbarazzo di ritornare con i piedi per terra... Cosa avrebbero dovuto dirsi? Fosse stato per Draco, non l'avrebbe mollata un attimo. Così tanti anni a credere di odiarla per non ammettere di esserne perversamente attratto, che ora, stringerla tra le braccia senza neanche averlo meritato, era qualcosa che nemmeno in altre cinque o sei vite, avrebbe mai potuto sperare.
Fu Hermione a porre fine all'idillio stupito del giovane, scostando la bocca di qualche centimetro:
"Tu sei pazzo!" Sussurrò, sorridendo timida: "Ma come ti viene in mente che io possa baciare un uomo solo perchè mi fa pena?" Hermione gli accarezzò dolcemente i capelli. "Se dovessi farlo per compassione, mi ritroverei a baciare tutti i clochard di Diagon Alley, Draco!"
Lui chiuse gli occhi un momento e piegò il capo di lato, per andare incontro alle carezze che Hermione gli stava facendo; poi sospirò e, ridendo sommessamente, cambiò discorso: "Erano buoni gli zuccotti di zucca!"
"Davvero? Grazie!"
La strinse più forte nel suo abbraccio, ma poi Hermione tornò a porgergli una domanda scottante:
"Perchè l'hai fatto, Draco? Intendo... Perchè mi stai aiutando? Io e te non... non... beh, non ci siamo mai stati particolarmente simpatici!"
 
Draco strinse i denti, sospirando pesantemente; era riuscito ad evitare di rispondere la prima volta, ma non sarebbe riuscito ad eludere il quesito una seconda. Di certo, non aveva intenzione di dirle che lei l'aveva fatto uscire fuori di testa con il suo essere donna... o che il suo animo arido, come la terra bruciata, si era screpolato piano piano mentre prendeva coscienza del fatto che tutto l'odio che le aveva riversato addosso, era servito solo a celare un sentimento diverso, ma altrettanto violento: l'attrazione.
 
Andò a sedersi sul divano, poggiando i gomiti sulle ginocchia, e guardando pensieroso il pavimento, decise almeno di raccontarle tutto quello che poteva. Partì inarrestabile: iniziando dal momento in cui aveva notato il bracciale maledetto all'inaugurazione del teatro, fino a quando, con Harry Potter, si erano recati ad Azkaban per interrogare Marcus Belby.
 
"Ho riflettuto molto prima di andare da Potter a spiegargli che il tuo bracciale aveva qualcosa di strano, e che tu eri in pericolo." La guardò un secondo, e riprese: "Sai? Il tuo amichetto Grifondoro non è che mi abbia proprio creduto quando gliel'ho raccontato!" Draco sollevò le sopracciglia, in un'espressione che voleva quasi dire: Che novità... non essere creduto da Potter! "Comunque... gli ho consigliato qualche contro-fattura, incantesimi che di norma utilizzo anche io per annullare gli effetti delle maledizioni sugli oggetti oscuri. Poi, un giorno, Potter si è presentato a casa mia, dicendomi che la tua situazione era più grave di quello che sembrava all'apparenza e, nonostante le sue competenze di Auror, non era riuscito a liberarti dall'entità. Mi ha riferito pure che tu eri ogni giorno più strana, che stavi male, non ti confidavi, la tua casa sembrava posseduta, e ogni volta che qualcuno provava a parlarti del problema, ti infuriavi..."
"Quindi sei stato tu a capire che quello che mi succedeva era legato al bracciale?" Gli chiese Hermione, piacevolmente stupita. Draco annuì e lei alzò gli angoli della bocca in un sorriso impercettibile, incrociando le braccia al petto mentre continuava a fissarlo, standosene in piedi di fronte a lui.
"Dopo... che cosa è successo, Draco?"
"E' successo che Potter voleva il mio aiuto!" Disse il ragazzo con espressione ironica: "POTTER voleva che IO aiutassi TE! Mi ha addirittura ricattato, dicendomi che se non ti avessi aiutata, avrebbe riaperto il caso della mia collezione di manufatti oscuri, regalandomi un biglietto di sola andata per Azkaban!"
 
Hermione però, dopo aver ascoltato quest'ultima parte, perse improvvisamente il sorriso, diventando, nel giro di un secondo, una maschera di cera. La sua mente aveva iniziato ad elaborare pensieri, scuse, giustificazioni, ma... nulla. Dopo aver passato qualche momento a ragionare, il risultato fu questo: lui l'aveva aiutata solo per non finire in carcere.
Aveva voluto credere con tutto il cuore che Draco Malfoy si fosse interessato a lei per motivi che... che... no! No, no, no. Era lei che, cretina, vedeva il mondo sempre migliore di ciò che era in realtà. Aveva perfino ceduto al suo fascino pericoloso. Ma andiamo! Pensò Hermione: ma di chi era la colpa se si intestardiva ogni volta a voler trovare del buono anche in Voldemort in persona? Fin dai tempi di Hogwarts, era proverbiale che Draco Malfoy facesse le cose solo se vi trovava un proprio tornaconto! E stavolta aveva superato sé stesso. Non avrebbe mai immaginato che dopo tutto ciò che era successo anni fa, lui riuscisse a combinare qualcosa di ancora più grosso: si era letteralmente approfittato di lei, per evitare che Harry gli facesse fare un bel giretto ad Azkaban. Ed Hermione pensò che tutti gli insulti che da ragazzino lui le aveva riservato, al confronto di questo terribile inganno, ora sembravano complimenti.
Divenne rossa di rabbia e, con un'amara delusione ad incrinarle la voce, gli disse quasi urlando:
"Tu... tu sei... s-sei... il solito cinico bastardo, Draco Malfoy! Non sei cambiato di una virgola!"
Draco spalancò gli occhi, confuso.
"Sei venuto ad importunarmi solo perchè Harry ti ha ricattato! Eh? Beh... Potevi pure risparmiartelo, per quanto mi riguarda!"
Improvvisamente, il giovane capì il malinteso e si precipitò a spiegarle: "Ma che cosa vai a pens..."
"ESCI IMMEDIATAMENTE DA CASA MIA!" Hermione spalancò violentemente la porta con un colpo di bacchetta. "E sparisci dalla mia vista per altri dieci anni, almeno. Idiota che non sei altro!"
 
Il primo impulso di Draco fu andarsene davvero. Lui non era mai stato un ragazzo risoluto, si era sempre abbattuto facilmente, nascondendo questa sua intima debolezza dietro l'aggressività. Sembrava, esteriormente, un tipo tutto d'un pezzo, di quelli che prendevano il drago per le corna ed affrontavano i problemi, ma in realtà non era così! Lui aveva passato l'intera adolescenza nell'inettitudine, e la vita adulta nel tormento delle sue colpe. E le apparenze, in quella circostanza, non gli davano ragione. Sarebbe stata solo un'umiliazione gratuita, il piegarsi a chiederle scusa!
Ma perchè le aveva detto di essere stato ricattato? Che stupido! Purtroppo però, Draco non era abituato ad avere a che fare con le donne, che per natura erano sempre troppo sospettose e propense a vedere il marcio dappertutto trasformando l'ingenuità degli uomini in un'arma a loro favore. Gli sembrava assurdo di essersi fregato così, da solo, come un cretino! Lui, così calcolatore in tutto quello che faceva! Ora, qualsiasi spiegazione le avesse dato, non avrebbe retto, a meno di volerle rivelare chiaro e tondo di amarla! Ma questa era un'opzione neanche lontanamente contemplabile. 
Se si fossero trovati a scuola, come dieci anni fa, probabilmente Draco si sarebbe rintanato dietro il suo solito disprezzo per salvarsi in extremis, e le avrebbe detto qualcosa come: "Ma stai zitta, schifosa sanguesporco!" Poi, sarebbe partita una serie di fatture da entrambe le bacchette, e magari con un pizzico di fortuna, Draco sarebbe riuscito pure a mandarla con il culo per terra... Dopodiché, via di corsa! Con l'onore ancora intatto! Era sempre stato bravo a nascondere la codardia dietro questo suo atteggiamento prepotente, e per fortuna ci avevano creduto tutti... beh, quasi tutti. Tranne qualcuno. Tre, per l'esattezza. Ed era per questo motivo in realtà, che quei tre, Draco li aveva odiati così tanto...
 
Si alzò sconvolto dal divano, pensando che era ovvio fosse finita così, con lei. Lo sapeva già. Proprio per questo aveva vissuto quell'attimo di felicità cercando di tenere a mente ogni dettaglio del suo viso, ogni sapore, emozione, ogni battito di cuore, per conservarlo nei pochissimi ricordi felici della sua vita.
Non potè evitare però, di fermarsi davanti a lei con il volto stravolto dal dispiacere: "Non è così, Granger..."
Hermione fu turbata dall'espressione così mesta di lui. Si calmò un poco, respirando intensamente, e lo rimproverò ancora, stavolta con voce modulata, ma ancora delusa: "Ah no? Non è così, dici?"
"Non sono un mostro... non più."
Hermione sospirò, mettendosi a posto qualche ciuffo di capelli caduto sul viso: "Ma dai... Se Harry non ti avesse ricattato, tu mi avresti lasciata in balia di... di questo spirito, di questo bracciale e di questa maledizione senza muovere un dito!"
 
"Non è vero!" Draco si innervosì, riprendendo la grinta che aveva perso; lo infastidiva essere giudicato male solo sulla base dei pregiudizi passati, soprattutto se era lei a farlo. "Non è vero, maledizione!"
Il sangue cominciò a ribollirgli nelle vene, e d'un tratto, buttò fuori tutta la sua rabbia repressa, quasi urlandole addosso: "Perchè devi pensare questo? Eh? Ma che cazzo ne sai tu di quello che ho combattuto dentro di me, prima di andare a parlare con il tuo amichetto? Ho rischiato di passare per pazzo raccontandogli del bracciale, ho rischiato di passare per quello che voleva ingraziarsi il Capo degli Auror! E tutto questo solo perchè TU eri in pericolo! Harry Potter ha DOVUTO ricattarmi. Sai perchè? Perchè IO mi VERGOGNAVO di venirti ad IMPORTUNARE!"
Draco aveva il volto congestionato dalla collera, ma nonostante l'imbarazzo di rivelare pensieri intimi continuò, inarrestabile, con la voce alterata: "Mi vergognavo di presentarmi a casa tua ad aiutarti, dopo tutto quello che ti avevo fatto passare a scuola! Dopo tutto il male che avevo procurato a te e agli altri con le mie stupide azioni!"
Calò un pugno violento sul tavolo del salotto, a pochi passi da Hermione. Poi riprese, con gli occhi pieni di rabbia: "PER MERLINO! E' morta gente nella battaglia di Hogwarts, ed il pensiero che sia anche colpa mia, non mi fa ancora dormire la notte, a distanza di nove anni. Che cazzo credi, eh? Che ogni sera io stappi una bottiglia di Champagne per festeggiare le stronzate che ho combinato?"
Inspirò forte, come a volersi dare un contegno, e finì per ridere amaramente: "Ma in fondo... cosa ne può sapere la grande Hermione Granger del senso di colpa di un Mangiamorte? Eh?!"
Improvvisamente, la sua collera si placò, e dopo un imbarazzante silenzio, tornò a guardarla fisso, con lo sguardo terribilmente avvilito:
"Pensi sia stato facile per me guardarti in faccia senza sentirmi un vermicolo?"
 
Hermione aprì la bocca più volte, come un pesce che boccheggia muto nell'acqua, ma non trovò le parole per rispondere. All'inizio, quando aveva visto Draco esplodere di una furia disperata, aveva pensato di recuperare la bacchetta, nel caso in cui lui avesse cercato di metterle le mani addosso, ma poi, Hermione si rese conto che non l'avrebbe fatto... No. Non capiva da dove le veniva quella certezza, forse dal profondo del cuore, però sapeva che era così. Indubbiamente. Draco Malfoy non le avrebbe mai più fatto del male! E si sentì così imbarazzata per aver pensato tutte quelle cose brutte di lui, che realizzò di non essersi mai sentita tanto colpevole in tutta la sua vita.
Draco prese a camminare per il salotto, con le mani in tasca e l'aria stanca: "Ho messo da parte le mie insicurezze per venire ad aiutarti! Nonostante tutto! Nonostante quello che, evidentemente, ancora credi di me."
Si era messo le mani nelle tasche solo per non farle vedere la tensione delle dita contratte; non riuscì a nasconderle gli occhi lucidi però, quando terminò il suo monologo: "Ma sappi, Hermione Granger, che se Harry Potter non mi avesse ricattato, forse ci avrei messo più tempo si, ma sarei venuto comunque ad avvisarti. Perchè ce l'ho anch'io una coscienza, sai? Anche se non sembra! Ce l'ho anch'io uno stupido, stupido cuore..."
Poi, Draco Malfoy le diede le spalle, dirigendosi verso la porta d'ingresso spalancata. All'ultimo momento, la voce tremolante di Hermione lo richiamò:
"Draco, aspetta... Torna indietro."
Lui si voltò, e vide il profondo rimorso su quel viso dolce e tanto desiderato. Le rispose in tono basso ed amareggiato: "Me ne sto andando perchè mi hai cacciato tu, Hermione..."
"Scusami! Oh... Scusami, scusami tanto." Sospirò lei: "Non andartene... Non andartene così! Ti prego..."
"Così come?" Draco respirava pesantemente.
"Così arrabbiato."
"N-on... non sono arrabbiato. Sono..." Sbuffò, facendo svolazzare una ciocca bionda sulla fronte: "Sono solo stanco. Stanco del fardello che mi porto appresso da tutti questi anni." Draco aveva gli occhi arrossati: "E'... difficile. E' così maledettamente difficile tentare di vivere una vita normale, quando sai che nessuno può perdonarti!"
Hermione non trovò più le parole, tremava soltanto.
"Draco..."
Fece qualche passo per raggiungerlo: "Non andartene, ti prego!" Gli sussurrò, prima di aprire le braccia e tornare a stringerlo di nuovo a sé, più forte di prima.
Draco crollò come un castello di carte. Ed effettivamente, proprio come un castello di carte lui si era tenuto in piedi per tutto quel tempo: per miracolo. Si lasciò abbracciare da Hermione mettendo da parte ogni perplessità, ogni antico tormento, ogni differenza di ceto, come un bambino che cerca conforto dopo essersi sbucciato il ginocchio. Le affondò la faccia nell'incavo fra la spalla ed il collo, facendosi solleticare il naso dai suoi capelli castani, che non erano più gonfi ed ingestibili come li aveva a scuola, ma le scendevano morbidi sulla schiena, malamente legati in una coda. Inspirò il suo profumo, che non sapeva di né fragola, né di pesca, né di qualsiasi bagnoschiuma, ma solo dell'odore della sua pelle, semplice e puro.
I suoi tremiti si placarono a poco a poco, a contatto con il corpo caldo e confortante di Hermione; aveva seguito i battiti del cuore di lei per uniformarvi i suoi, tenendo fra le dita il tessuto della sua felpa. Perchè non poteva morire adesso? Adesso che si sentiva felice? Sarebbe stato molto più bello cedere al sonno eterno con l'anima appagata! Già...
Le loro labbra ripresero a strofinarsi fameliche, i denti a mordere e le lingue a rincorrersi oscene, guizzando da una bocca all'altra, con una violenza che sembrava voler recuperare gli anni spesi in quello stupido disprezzarsi. Non passò molto però, che Draco si staccò a forza:
"Hermione..."
"Che c'è?"
"Il tuo folletto domestico..." 
Poi riprese, indignato: "Ci sta spiando!" 
Hermione si voltò controvoglia e trovò la Pixie seduta sul tavolino, che li guardava con un sopracciglio alzato e l'aria furbetta. Incrociò le braccia al petto: "Cos'è questa faccia da schiaffi, Pepper?"
Quella si buttò a pancia in sotto e cominciò a ridere, sbattendo i pugnetti sul legno del tavolo, suscitando il disappunto di Draco che esclamò, poco propenso all'ironia (specialmente quando ad essere deriso era lui): "Ma guarda un po' se devo farmi prendere per il culo da un folletto della Cornovaglia!" E sbuffò.
Hermione invece scoppiò in una risata cristallina, indecisa se fosse più divertente l'espressione di Draco, o Pepper che li prendeva in giro.
Gli occhi dell'uomo mandavano lampi: "Se non la finite di ridere, vi pietrifico!" Ed ecco il lato burbero del Serpeverde uscire fuori, puntuale come l'espresso per Hogwarts.
La ragazza si asciugò gli angoli degli occhi e diede a Draco un veloce bacio sulla guancia, poi afferrò Pepper, e portandosela all'altezza del viso l'ammonì, fintamente seria: "La prossima volta che scopro TE a fare gli occhi dolci ad un Pixie della Cornovaglia, ti faccio vergognare, sappilo!" La folletta le fece un versaccio, e si liberò dalla presa di Hermione per andarsene di sopra.
Così, i ragazzi rimasero da soli a guardarsi impacciati, senza sapere davvero che fare; l'intimità che si era creata prima era stata spezzata da Pepper, ed ora, riavvicinarsi sembrava quasi ridicolo. L'imbarazzo era tornato prepotente, e l'idillio di qualche minuto fa sembrava lontano, anche se ardentemente desiderato.
 
"Beh... Io... T-Ti ringrazio, Draco!" Hermione indicò timidamente il polso fasciato, e riprese: "Mi sento molto meglio! Non mi sembra quasi vero di avere la mente libera, mi sono tolta un enorme peso dal petto. Posso anche aiutarvi nelle ricerche per sconfiggere lo spirito, adesso! Anzi, no... almeno tu, non preoccuparti più per me, non mi va di disturbarti ulteriormente. Hai già fatto troppo!"
Lui non pronunciò parola, guardandola di traverso e mantenendo una posa molto rigida, che preoccupò un poco Hermione: "Comunque ora è tardi, credo sia meglio andare a dormire. Domani mattina mi metterò subito a studiare un paio di libri su entità e spiriti, prima di andare in ufficio!"
Draco la fulminò, decidendosi ad aprire bocca, innervosito: "Forse tu non hai capito realmente il pericolo in cui incorri, Hermione Granger. La fasciatura che ti ho fatto per isolare il bracciale dal calore della pelle, è un rimedio MOMENTANEO. Non ho la più pallida idea di quanto tempo potrà proteggerti... e poi, nonostante lo spirito non possa invadere la tua mente, non sò se impedirà pure che si manifesti in casa."
"Beh! Ma tu non preoccuparti... So difendermi!" Gli sorrise lei, con convinzione.
"Io non credo proprio!"
"Certo che si, Draco! Sono perfettamente in grado di..."
Ma non la fece finire, iniziando a parlargli sopra, alterato: "Infatti! Ho visto come sei stata in grado di proteggerti quando lo spirito ti ha squarciato la spalla, o quando ti ha disarmata, o quando ti ha sollevata per aria come un foglio di pergamena!"
"Si, però ora è diverso! Ho la fasciatura al polso che lo isola!"
"MA SMETTILA!"
"Ma che cosa vuoi che faccia, Draco? Eh? Non ce l'abbiamo la soluzione a portata di bacchetta!"
"Oh, certo che ce l'abbiamo! Verrai con me. Senza fiatare."
"C-Cosa?"
"Hai sentito benissimo. Quindi non lo ripeterò solo per darti la sciocca soddisfazione di ribattere!"
 
Continua...




 

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 Bella come un giorno di sole ***


 
 
Capitolo 15
Bella come un giorno di sole

 
 
Hermione si rigirava nelle coperte, senza la minima intenzione di addormentarsi; la sua mente galoppava talmente veloce che era impossibile chiudere gli occhi... aveva cose a cui riflettere che c'era da stare svegli per tre giorni almeno. Il suo sguardo vagò per tutta la stanza, fiocamente illuminata dal fuoco del camino. Poche parole per descriverla: sontuosa, enorme, bellissima.
 
Draco l'aveva costretta ad andare alla villa, e lei, con un broncio evidente, l'aveva seguito, portandosi dietro Pepper... "Non posso lasciarla da sola a casa!" gli aveva detto. Hermione doveva ammettere però, che lui non aveva fatto molte storie, a parte ruotare gli occhi al cielo, esasperato. Poi, Draco l'aveva rassicurata sul fatto che non avrebbe incontrato i suoi genitori, perchè Lucius e Narcissa, ormai da tre anni, abitavano l'ala nord del grande Manor, lasciando il resto della casa a lui, che si era sistemato nella parte a sud.
Appena arrivati, un elfo aveva rassettato la camera, acceso il fuoco e messo sopra il comodino una brocca d'acqua e della frutta fresca: "Se durante la notte avete fame o sete, signorina!" Poi si era inchinato ed era sparito, suscitando la curiosità di Pepper (che conosceva poco quelle creature), ed il leggero imbarazzo di Hermione, ancora restia ad accettare il ruolo servile che per natura gli elfi assumevano nei confronti dei maghi.
"La mia stanza è esattamente di fronte la tua. Per qualsiasi motivo, chiamami! Non importa se sto dormendo." Detto questo, Draco l'aveva lasciata, augurandole la buonanotte, e quando Hermione aveva fatto un timido passo verso di lui, sperando forse in un congedo diverso, il ragazzo era sparito turbato, chiudendosi la porta alle spalle.
 
 
Cambiò ancora posizione fra le coperte, riflettendo a quanto era successo fra loro... Ed il lecito timore che stessero sbagliando tutto la travolse, spegnendo l'esaltazione che aveva provato baciandolo e facendosi stringere possessivamente da lui poche ore prima. A cosa sarebbe servito cedere ad una passione irresistibile se tanto non era destinata a durare? Forse per questo Draco si era affrettato ad andarsene dalla sua stanza? Aveva capito anche lui l'errore? Loro due erano come il giorno e la notte, assurdo solo pensare ad una relazione.
Non sarebbero mai andati d'accordo Hermione Granger e Draco Malfoy: caratteri differenti, passioni differenti, vite completamente diverse, nessun punto in comune... A parte forse un'inaspettata attrazione fisica, ma quella non bastava da sola a far reggere una storia.
Beh... a dire il vero, molti affermavano di si! Che era proprio l'attrazione fisica a legare due persone indissolubilmente, che senza il sesso, il resto contava poco.
Chissà qual era la verità... Lei comunque non poteva conoscere la portata della loro, di attrazione fisica, dato che non era successo nulla! Ma soprattutto: avrebbe voluto andarci, a letto con lui? Merlino! D'improvviso l'idea di fare l'amore con Draco Malfoy, le sembrò talmente assurda che provò ribrezzo. Ricordò i suoi capelli impomatati, tutti tirati indietro, la faccia eternamente scazzata, schifata, l'antipatia che trasudava da ogni poro, la cattiveria, e anche la codardia. Si, perchè Draco era un pavido: tanto vile da scappare perfino quando lei, una femmina, aveva avuto l'ardire di schiaffeggiarlo! Tanto piagnone da girare per il castello giorni e giorni con una fasciatura al braccio solo perchè Fierobecco l'aveva graffiato. No, Hermione realizzò che era meglio non pensare più al passato, le avrebbe inevitabilmente rovinato il presente. Lei ci vedeva un altro uomo ora, in lui... Un uomo maturo, pentito, riflessivo, serio, posato, ed intelligente anche. Erano queste di cose che l'avevano attratta, oltre al mutamento fisico. Draco Malfoy era diventato straordinariamente bello, e sul suo viso dai lineamenti perfetti e mascolini l'unica caratteristica ad esser rimasta invariata, erano quegli occhi grigioazzurri che lasciavano senza fiato!
Allora, provò ad immaginare le mani di lui aggrappate alla sua schiena, la lingua accarezzarle la pelle, la bocca succhiarle i seni, i respiri pesanti che si mescolavano, le spinte modulate, i loro corpi nudi che si allacciavano, impigliandosi alle lenzuola; e no... non le faceva così schifo l'idea di andare a letto con Draco Malfoy. Solo che si sarebbe schiantata da sola, piuttosto che confidarlo a qualcuno! 
Provava un pizzico di intima delusione però: si era aspettata che lui quella notte tentasse di rimanere con lei! Ma in quel caso, cosa avrebbe fatto? Non lo sapeva. Troppo presto per saperlo con sicurezza. Non che Hermione avesse i classici dubbi della ragazzina che deve ponderare se sia giusto concedersi dopo un solo appuntamento, o se sia immorale fare sesso con un uomo che non si conosce... Le sue incertezze vertevano più che altro sul fatto che l'uomo in questione fosse Draco Malfoy: il bulletto infame che l'aveva distrutta con la sua cattiveria, ed ora... Quasi le chiedeva il permesso per baciarla.
 
Hermione sbuffò, girandosi sull'altro fianco, e poi mandò quell'uomo a farsi fottere: era stata mezz'ora a rotolarsi nel letto e a domandarsi come avrebbe reagito, se Draco avesse provato a sfilarle le mutande; ma era stato tempo sprecato, dato che lui non l'aveva fatto! E anzi... a quell'ora della notte, probabilmente dormiva beato nella camera di fronte. 
Purtroppo gli uomini non erano un argomento facile per lei, che aveva sempre brillato in ogni ambito, tranne quello amoroso. Dopo la violenta cotta per Ron ad Hogwarts, spenta nel giro di un bacio, nel corso di quei nove anni aveva avuto qualche ragazzo, ma l'infatuazione iniziale non si era mai trasformata in quell'amore appassionato che le aveva descritto spesso Ginny o le sue colleghe ochette del Ministero. Hermione poi, riteneva il sesso una buona cosa, ma non capiva l'esaltazione delle altre donne che ne parlavano tra loro almeno una volta al giorno, tutte eccitate. Alcune volte... le era capitato addirittura di pensare ai grattacapi del lavoro mentre un ragazzo le stava sopra; così aveva finito per arrendersi, preferendo restare sola, senza l'impiccio di uomini che tentavano puntualmente di trasferirsi a casa sua.
 
Hermione decise di cambiare la direzione dei suoi pensieri: mandò all'aria le coperte, infilò un giacchetto di lana sopra la camicia da notte, afferrò la bacchetta ed uscì dalla stanza. Il corridoio di Villa Malfoy era buio e freddo: "Lumos!" Sussurrò, poi gettò un'occhiata alla porta della camera di Draco e se ne allontanò. Aveva pensato improvvisamente che voleva tornare a vedere il quadro maledetto, quello che il vecchio Augustus Jenkins aveva venduto a Malfoy per cinquanta galeoni. Quando lei ed Harry erano venuti alla Villa per fare i controlli nella stanza degli oggetti oscuri, Hermione aveva cercato la tela, incuriosita dalla potenza che sprigionava, ma Draco l'aveva fermata proprio un secondo prima che lei togliesse il lenzuolo che la copriva, dicendole di non avvicinarsi, perchè troppo pericoloso.
La luce fredda che emanava la bacchetta proiettava ombre inquietanti mentre la ragazza svoltava ora a destra, ora a sinistra. Alcuni ritratti la guardavano incuriositi, bisbigliando con i rispettivi vicini, poi... Hermione perse l'orientamento. Si sforzò di ricordare il percorso che aveva fatto Draco quando ce li aveva accompagnati, e pregò con tutte le forze che quella maledetta stanza non si trovasse nell'ala nord, quella in cui vivevano i genitori di Draco... Non osava immaginare cosa sarebbe potuto succedere se Lucius Malfoy l'avesse beccata a girare per casa sua al buio, con la bacchetta sguainata e la camicia da notte addosso. Avrebbe dovuto aspettarsi una maledizione Cruciatus, come minimo.
Attraversò una magnifica sala affrescata... e seppe che era sulla strada giusta. Dopo cinque minuti trovò la porta che cercava, camuffata nella parete.
"Alohomora!"
 
 
***
 
 
Draco se ne stava con gli occhi sbarrati e le braccia incrociate dietro la nuca a contemplare il soffitto della sua camera, domandandosi ogni due minuti se ciò che aveva fatto fosse stata o no la stronzata più grossa della sua vita: baciare Hermione Granger. Dove sarebbe andato a finire tutto il lavoro di autocontrollo e di rigidità morale nei confronti del mondo e dei sentimenti umani, se poi era bastato un viso dolce per distruggere tutto?
Loro due non erano fatti per condividere l'amore, era scritto nel destino. L'attrazione non bastava da sola a tenere in piedi una relazione che, in ogni momento, sarebbe stata bombardata da critiche, insulti, cattiverie, pettegolezzi.
Il mangiamorte e la ragazza pura? No...
La convivenza tra loro la immaginava come un campo minato: ad ogni passo il rischio di saltare in aria! Il solo camminare fianco a fianco sarebbe stato faticoso, rischioso, pieno di paure.
A lui non importava granchè di provare queste cose, ci viveva da anni nel baratro... Ma non era opportuno per lei, che era buona e giusta! Non avrebbe mai creduto Draco, che un giorno sarebbe diventato tanto altruista da mettere il bene di una persona prima del suo. Beh, un momento! In realtà, lui continuava ad essere un irrimediabile egocentrico, solo che si stava accorgendo che con lei poteva fare un'eccezione.
 
Draco sentì un leggerissimo rumore fuori dalla camera e tese le orecchie: percepì un sussurro, una porta che si chiudeva piano e dei passi ovattati allontanarsi lungo il corridoio. Si alzò si scatto, afferrò al volo il giacchetto della tuta e se lo infilò sopra la t-shirt bianca ed il pantalone grigio del pigiama...
Si affacciò nella camera di Hermione, e si accorse che era vuota, a parte il leggero russare di Pepper, rannicchiata su una poltrona. Draco sospirò passandosi una mano sul viso, esasperato dall'intraprendenza della donna, e decise di andarla a cercare.
 
 
***
 
 
Con un gesto secco, Hermione tirò via il lenzuolo che oscurava il quadro maledetto e rimase, per qualche secondo, affascinata ad osservare la scena dipinta, grazie al debole Lumos della sua bacchetta.
C'era un bambino biondo raffigurato nella tela, aveva gli  occhi piccoli, i lineamenti del viso seri, quasi rigidi, e non sembrava affatto felice; accanto a lui invece, c'era una bambola, con un vestitino celeste e le orbite vuote, terribilmente inquietanti. Dietro di loro, c'era dipinta una portafinestra, che dava su uno sfondo completamente nero.
Non ci sarebbe stato nulla di particolarmente strano nel quadro, a parte forse l'atmosfera tetra, se non fosse stato però che sui vetri della portafinestra, stavano poggiate tante mani... E ad un certo punto, parve ad Hermione che qualcuna di queste addirittura si muovesse. Avvicinò di più la punta della bacchetta, illuminando meglio quella porzione di tela, e si accorse di non avere affatto le allucinazioni: i palmi premevano sui vetri, si staccavano, bussavano, apparivano da un'altra parte, sembravano voler disperatamente uscire fuori. Quando allontanò il viso da quel particolare, la figura del bambino era sparita.
Le uscì un flebile gemito dalla gola, ed un brivido le corse su per la schiena; Hermione strinse forte la bacchetta, fece un passo indietro e decise di andarsene.
L'indomani mattina Draco Malfoy si sarebbe dovuto aspettare una lavata di capo peggiore di quelle di Minerva McDonagall quando Harry e Ron non facevano i compiti. Di sicuro! Ma che gli diceva la testa per tenersi in casa una roba simile? L'avrebbe sentita, oh si che l'avrebbe sentita!
Quando si voltò per tornarsene in camera, trattenne a stento un urlo: il bambino, in carne ed ossa al centro della stanza, era in piedi di fronte a lei e la guardava con un sorriso cattivo, piegando di lato il capo.
 
E successe tutto nel giro di una manciata di secondi.
 
Hermione scagliò una Confringo, il bimbo sparì in uno schiocco rumoroso ritornando dentro la tela, l'incantesimo andò a finire dritto dritto contro uno scaffale, che esplose schizzando in aria tutti gli oggetti che vi erano sistemati sopra, ed un uomo venne travolto, sbattendo la testa nella caduta...
 
Draco Malfoy era giunto di corsa nella stanza, sicuro di trovare Hermione Granger lì, ma ebbe soltanto il tempo di vedere la sagoma del bambino rientrare nella tela ed uno scaffale crollargli addosso. Poi... il buio.
 
Il boato del mobile che crollava e degli oggetti che cadevano in tonfi e tintinnii fragorosi si spense dopo un tempo che ad Hermione sembrò non finire mai. Quando il caos si placò, si rese conto che l'uomo steso a terra, semi-coperto da cocci e pezzi di scaffale, era svenuto.
"Draco!"
Hermione si portò le mani alla bocca, poi corse ad inginocchiarsi a terra, liberando il ragazzo da tutto quello che gli era crollato addosso. Pregò con tutte le forze che quell'enorme trambusto non avesse svegliato i signori Malfoy: se uno dei due fosse entrato lì ed avesse visto la scena, Hermione non ne sarebbe uscita viva! Draco aveva un taglio abbastanza profondo che gli squarciava la fronte, tanto che alcune ciocche di capelli si erano appiccicate di sangue, ed il colorito del viso si era fatto più pallido del normale. Si piegò sopra di lui per sentire se respirava, e provò con un Innerva: lui si agitò piano come a volersi svegliare, mosse le palpebre, piegò il capo, ma poi, tornò immobile. Hermione gli prese delicatamente il viso fra le mani e sussurrò:
"Draco, svegliati!"
Si ritrovò così ad accarezzargli la fronte, le gote, a spostargli i capelli dalla ferita, a scaldargli le mani con le proprie. "Ti prego, Draco! Apri gli occhi!" Continuava a sussurrare. Alla fine, il ragazzo riprese i sensi, spalancando i suoi meravigliosi occhi sul viso preoccupato di lei. Hermione sospirò di sollievo e non riuscì ad impedirsi di poggiargli, un solo attimo, le labbra sulle sue.
 
Con una smorfia di dolore, Draco si sollevò mettendosi seduto, e ordinò ad Hermione, senza troppo garbo, di correre a rimettere il lenzuolo magico sulla tela. Poi riuscì ad alzarsi, tutto dolorante, e la spinse con impazienza fuori dalla stanza, che sigillò con un incantesimo.
"Draco! Scusa... io, non credevo che.."
"Stai zitta!"
Draco zoppicava leggermente, tenendosi una mano dietro la schiena.
"D-Dove... Dove ti fa male?!"
"Ho detto: STAI ZITTA!" La guardò con occhi gelidi, ed Hermione si sentì tremendamente in colpa. Non avrebbe mai pensato di scatenare una serie di eventi simili solo per la curiosità di osservare un quadro. Una vocina nella sua testa però, le suggerì che il quadro non era un quadro normale, e già una volta Draco l'aveva avvisata della sua pericolosità! Cocciutaggine tipica di Grifondoro...
Con difficoltà, arrivarono di fronte alle proprie stanze e l'uomo, senza dire una parola, si chiuse nella sua camera sbattendo la porta.
 
 
***
 
 
Draco aveva avuto così paura quando aveva visto il bambino fuori dalla tela, di fronte ad Hermione, che per un momento aveva pensato al peggio. Ed era arrabbiato con lei! Tremendamente arrabbiato perchè, nonostante gli ammonimenti, Hermione non lo aveva ascoltato, vinta dalla sua maledetta curiosità. Respirava ancora pesantemente per il terrore che le fosse potuto accadere qualcosa di brutto, e di certo, stavolta, il senso di colpa non gli avrebbe permesso di sopravvivere. Potevano passare i torti fatti in gioventù, le morti involontarie sulla coscienza, l'aver scelto il lato oscuro in guerra ma... vedere Hermione Granger rischiare la vita per colpa della sua passione ambigua per la magia nera, non era più una sua aspirazione. Da tempo, ormai. Ammise con stupore che preferiva di gran lunga perire lui stesso, pur di non permettere che a lei venisse torto un capello. Draco ebbe improvvisamente un timore pazzesco di questa consapevolezza, perchè nascondeva sentimenti forse troppo grandi, per poterli accettare serenamente.
Sentiva la schiena a pezzi, un dolore pulsante dietro la nuca in corrispondenza di un bernoccolo, e la fronte che gli pizzicava da morire. Quando si accostò allo specchio appeso alla parete per controllare la ferita, la donna entrò nella sua stanza senza chiedere il permesso, piazzandoglisi davanti con un'aria determinata e quasi strafottente.
"Fammi vedere la ferita, sciocco!"
Draco espirò tutta l'aria dal naso, frustrato, ma le si avvicinò senza fiatare. Chiuse gli occhi, tirò indietro i capelli per liberare la fronte, e subito dopo percepì i polpastrelli di Hermione sfiorargli il taglio, poi toccarlo più forte in alcuni punti, finchè la sentì sussurrare impercettibilmente qualche incantesimo, ed il bruciore sparì del tutto.
"Bene. Ora puoi andartene." Le disse lui in modo troppo brusco.
Hermione si indispettì, e nascondendo un pizzico di delusione, lo rimproverò: "Puoi stare tranquillo, non mi tratterrò nella camera da letto di un uomo che mi sta cacciando! Ho una dignità! Esigo solo sapere PERCHE' ti ostini a voler combattere tu stesso quegli oggetti maledetti. Già una volta ti feci questa domanda, ma tu l'hai elusa. Adesso te la rifaccio, e non osare rispondermi che non sono affari che mi riguardano, perchè ti ricordo che lavoro al Ministero, ho il diritto ed il dovere di saperlo!"
Tutto rimase silenzioso...
"Draco! Allora?"
Il ragazzo la guardò con uno sguardo stanco, le diede le spalle ed iniziò a zoppicare verso il letto, sul quale poi si sedette con fatica. Non aveva la forza di spiegarle proprio adesso, i motivi che lo avevano portato, col tempo, ad ingaggiare quella personale battaglia contro le arti oscure: l'intima voglia di rimediare in qualche modo agli errori compiuti in passato, il senso di colpa verso Katie Bell, Ron Wealsey addirittura... Era un argomento troppo complicato ed intimo, per sbandierarlo così. Si vergognava anche un po' a spiegarglielo, a dire il vero. Chiuse gli occhi, e con un tono stavolta basso e supplicante, le disse: "Ti prego. Non me la sento di dirtelo. Almeno non ancora, Hermione. Non insistere. Lo farò. Ma non adesso." Draco aprì gli occhi stanchi, e la guardò: "Pensi di poter aspettare?"
Hermione trattenne il fiato, ascoltando la supplica dell'uomo, e non potè far altro che annuire. Lo avrebbe fatto, certo che lo avrebbe fatto! In fondo, Draco non era più una cattiva persona, e sapeva che non era pericoloso per la comunità magica il fatto che possedesse ancora qualche manufatto oscuro in casa. Dalla tasca del suo giacchetto di lana Hermione tirò fuori un tubetto, e si avvicinò al letto, dove lui se ne stava ancora seduto.
"Che roba è?!" Le chiese lui.
"Una pomata per gli ematomi! Roba babbana, Draco."
"E dove l'hai presa?"
"A casa mia... Incantesimo di appello!" Sorrise Hermione.
"Da questa distanza? E quando l'hai fatto?"
"Beh... Non sono mica la strega più dotata del mondo magico per nulla! E comunque l'ho fatto prima di entrare nella tua stanza! Ora avanti, fammi vedere il bernoccolo dietro la testa!" E sedette accanto a lui, aspettando che girasse il capo.
Dopo avergli spalmato con delicatezza la crema mentre lui si lamentava per il dolore, avvitò con troppo impegno il tappo al tubetto, intimidita, e quando rialzò gli occhi, si ritrovò improvvisamente le labbra incollate a quelle di Draco. Colta di sorpresa.
La pomata cadde sulle lenzuola con un piccolo tonfo attenuato.
Non si aspettava che lui, dopo il comportamento brusco che aveva tenuto prima, la sorprendesse così. Quell'uomo era probabilmente l'essere più enigmatico del mondo ma, analizzando le sensazioni strane ed intense che le faceva provare, ad Hermione andava bene così. E si lasciò andare.
Draco le spalancò la bocca, infilandole la lingua tra le labbra, cercò la sua con movimenti veloci, poi lenti; la morse piano, la strinse forte tra le braccia, le schiacciò i seni sul suo torace. Gemette.
Hermione Granger era bella. Morbida. Calda.
Draco si staccò un momento, facendo schioccare tra loro le labbra gonfie ed umide, tremava, reso pazzo dallo slancio irrazionale che aveva avuto, cosciente del fatto che starle lontano diventava ogni ora più difficile... La guardò negli occhi. Vide nel suo sguardo luccicante qualcosa che somigliava al piacere, perciò, con un'emozione sconosciuta, strinse ancora di più la presa, sdraiandosi sul letto e trascinandosela sopra. Gli scappò un piccola smorfia quando poggiò la nuca sul cuscino, ma se ne infischiò, concentrato a sentire piuttosto il calore di Hermione, adagiata sopra di lui. Riprese a baciarla con ardore, ignorando il fiatone ed il cuore martellante, le fece scorrere le mani sui fianchi, le solleticò il collo con la punta del naso, le succhiò la pelle, e la sentì ansimare.
Cosa aveva fatto di buono per meritarsela? Non credeva ancora possibile che Merlino, Dio o qualsiasi divinità del cielo e della terra, gli avesse dato la possibilità di sentire da così vicino l'odore di quella donna, di sfiorarle la pelle, morderle le labbra, soffocarla nella stretta virile delle sue braccia. E magari, farci l'amore.
Non era possibile che a Draco Malfoy fosse riservata un po' di felicità... Allora il giovane uomo pensò due cose: o era un sogno dal quale l'indomani si sarebbe svegliato, oppure il destino gli stava giocando un tiro mancino, facendogli assaporare un briciolo di beatitudine, per poi farlo ricadere a picco nella sofferenza.
Ma non gli importò niente, fu sordo e cieco ad ogni avvertimento, ad ogni dubbio che la mente elaborò; perchè il limite ormai era stato superato, ed ora... Voleva assolutamente il ricordo di Hermione nel suo letto. Lo voleva ad ogni costo, per tornare a vivere la sua vita solitaria almeno con un ricordo bello, un ricordo che potesse definire con la parola: amore. Quello che non aveva mai conosciuto in prima persona.
Continuò ad invaderle sfacciato la bocca, mischiare la saliva, cozzare con i denti, leccarle la punta della sua lingua timida. Poi, sospirando, le toccò la schiena, fino a scendere ad accarezzarle il sedere. Borbottò di disappunto, ed Hermione si staccò, guardandolo confusa, senza capire cosa c'era all'improvviso che non andasse. Draco sogghignò, dopodichè le afferrò indispettito la stoffa della camicia da notte e gliela sollevò, scoprendole le natiche: tornò a toccarla, mentre la guardava con una punta di malizia, ed affondò le dita nella morbidezza dei suoi glutei, spingendo di riflesso il bacino contro il suo.
 
Fu costretta a poggiare i palmi sul materasso Hermione, per non crollargli addosso, e nel frattempo sgranò gli occhi di sorpresa, percependo contro di sé l'invadente erezione dell'uomo. Le uscì un flebile gemito, ma si precipitò a baciarlo ancora e ancora, ondeggiando lentamente su di lui.
Hermione non aveva ben chiaro quello che provava esattamente per Draco Malfoy, o forse era troppo presto per catalogare le emozioni che le suscitava ma, guardare il suo bel viso trasformato dal piacere, lui che normalmente mostrava invece solo il fastidio, il disappunto, il disprezzo... Era una sensazione che le provocava euforia! C'era qualcosa, in lui, ad attirarla. Eccome se c'era! Un turbamento strano, un pensiero costante, il batticuore.
Hermione si portò dietro l'orecchio una ciocca di capelli che era scivolata in avanti, cadendo sul viso di lui, e sorrise, vedendo la sua smorfia di fastidio. Draco le passò una mano dietro la nuca, e le sussurrò ironico sulle labbra: "Questi maledetti capelli, vuoi farmi morire soffocato? Dilla la verità!" Hermione rise, e la sua risata leggera e bisbigliata si infranse sul viso di Draco, provocandogli una scarica di emozioni bella quanto tutti i colori dell'arcobaleno.
"La mia intenzione sarebbe quella di ucciderti, infatti! Ma sto scegliendo ancora le modalità, Malfoy!" E tornò a baciarlo, premendosi addosso a lui, che le toccava delicatamente il seno con le dita.
"Allora ti conviene approfittarne adesso, dato che in questo momento ho le difese basse!" E mentre diceva ciò, Draco le sfiorò il collo avanti e indietro con il naso, respirando il suo odore di donna. Hermione lo guardò gemendo, perdendosi nei suoi occhi profondi, vedendoci tutte le cose che non vi aveva mai visto prima. E capì che c'era un impulso involontario in lei, in lui, in loro due insieme, che superava la rivalità del sangue e il disprezzo di una volta.
"Ma stai zitto!" Fu un sussurro roco e pieno di emozione quello che uscì dalla bocca di Hermione che si inarcò, incitata dalla sua prepotenza maschile. Non lo aveva mai avuto il desiderio di vederlo morire, neanche quando da ragazzini gliel'aveva augurato lui con i peggiori insulti. La morte non si augura neanche al peggio nemico, a parte Voldemort. E Draco non era mai stato il suo peggior nemico, quindi perchè desiderare di vederlo sparire dalla faccia della terra?!
Se tutti i peggiori nemici avessero posseduto davvero un'anima come quella di Draco Malfoy, ognuno di essi avrebbe inesorabilmente abbassato la bacchetta di fronte alla possibilità di procurare morte, ed il mondo... sarebbe stato un posto migliore! Sicuramente.
La vita, imprevedibile e assurda, la stava mettendo di fronte all'occasione di conoscere un uomo che prima non era mai riuscita a capire; non le sembrava neanche reale il viso di lui così vicino al suo, né le mani che premevano febbrili sul suo corpo, quelle lenzuola, il letto, la stanza, la villa.
Lei, Hermione Granger, stretta a Draco Malfoy.
Da quale magia, o piuttosto da quale maleficio era stata colpita se da un momento all'altro, provava una gioia folle nel pensare a lui, o una tristezza infinita nel vederlo sofferente, o addirittura un'emozione inspiegabile al saperlo geloso di Ron? Al diavolo l'odio, al diavolo la sua antipatia, la condizione di sangue, i litigi stupidi, i suoi capelli impomatati ad Hogwarts, la merda che si erano gettati addosso: Draco Malfoy era bello, e chissà per quale scherzo del destino, a lei piaceva, e lui a quanto pare, la desiderava.
"Oh... Draco..." Gemette.
 
Avevano perso il contatto con la realtà. C'era solo un tremendo calore nei loro corpi, la voglia di soddisfazione, l'umidore delle bocche, i respiri pesanti, le mani che premevano, accarezzavo, stringevano. L'eccitazione saliva ad ondate violente, assecondata dal movimenti che si facevano frenetici: un dondolio costante che si generava dal contatto energico dei loro bacini.
Draco le spinse giù gli slip, con la classica foga tutta maschile di provare piacere, poi le tirò via la camicia da notte e si accorse, respirando con affanno, che Hermione aveva i seni già liberi dalla biancheria intima. Mentre continuava sfacciato a spingerle contro l'erezione, lei lo aiutò a sfilarsi il giacchetto della tuta e la maglietta, restando incastrata nella morsa delle sue braccia.
Draco non volle più pensare a nessun senso di colpa, a nessun errore, a nessun turbamento... non ce la faceva: non poteva farcela con lei che gli ondeggiava sopra, a labbra schiuse e gonfie di baci. Le spalancò le cosce, ansimando. Perdendosi nell'assurdità di volerla a tutti i costi.
Era così dannatamente bella...
Scese ad accarezzarle l'intimità, ed Hermione si irrigidì un momento guardandolo ad occhi sgranati, poi lui prese a baciarla dolcemente toccandole piano le labbra: voleva morire nella sua bocca.
Mosse le dita tra le sue cosce aperte, sfiorandola, correndo veloce, massaggiandola con decisione. Non riusciva più a tenerla ferma. Si agitava su di lui ansiosamente, lo baciava mordendogli le labbra, lo guardava con trepidazione. Chiedeva di più.
Draco la afferrò facendola distendere sul letto, e decise che non era il caso di guastare il momento accarezzandosi lascivamente fino a sfinirsi: aveva fretta. Magari per quello un giorno ci sarebbe stato tempo. Forse. O forse no... Il suo cuore sbatteva impazzito, aveva il fiatone, aveva urgenza, e la virilità... se solo lei l'avesse sfiorata sarebbe esplosa. Si spogliò del tutto e le entrò dentro spingendo con un pizzico di ardore che, all'inizio, la fece debolmente protestare. Così deglutì, per lo sforzo di placare il desiderio focoso, ed affondò con calma, ritraendosi con altrettanto garbo.
E finalmente, esplose quel calore che è proprio dell'amore, nel petto di Draco: saggiò con la pelle, con il cuore, e con le labbra la violenza di un sentimento che tanto era decantato dal mondo ma a cui lui, fino ad ora, scettico ed asettico, non aveva creduto.
Possedere una donna pensando anche lei, oltre che a sé stesso; accarezzarla per darle piacere e non per darsi piacere, guardarla dritta negli occhi e sorridere con garbo, per trasmetterle sicurezza, e tranquillizzarla sul fatto INDISCUTIBILE che è solo con lei che vuoi stare in quel momento, e che non sarebbe sufficiente una qualsiasi altra donna perchè, semplicemente, qualsiasi altra donna, non è lei!
L'amore. Prepotente, violento, impetuoso, improvviso, soprattutto imprevisto...
Non si accorse esattamente QUANDO tutto iniziò ad essere più fluido, ma Draco si ritrovò ad ondeggiarle sopra con frenesia, accompagnato dai movimenti di Hermione, che gli andava incontro con una sensualità timida, ma non per questo meno eccitante. Le allargò di più le gambe, spingendosì disperatamente dentro di lei, pregando con tutte le forze riuscire a resistere il più possibile.
Il viso di lei era bello come un giorno di sole...
E non gli importava di quanto gli facesse ancora male la schiena per l'urto contro lo scaffale nella stanza degli oggetti oscuri, Draco non riusciva a calmare la foga di volerla dentro di sé, accaldata ed umida. Era la prima volta che la sottometteva in un modo del tutto diverso da come era solito fare dieci anni fa, quando la zittiva con le sue parole avvelenate, e dovette ammettere che questo era molto più soddisfacente.
Se solo lo avesse saputo prima...
Ma cosa avrebbe fatto? Considerò con amarezza che, forse, se si fosse accorto anni prima della meravigliosa perfezione di Hermione Granger, sarebbe stato anche peggio: i tempi non erano quelli giusti per permettersi di abbattere i muri, ed avrebbe inevitabilmente finito per trincerarsi ancora di più, angosciarsi il doppio, odiarla in modo ancora più estremo per l'impossibilità di avvicinarla.
Le leccò il collo, le baciò una spalla, le succhiò il seno, e continuò con impeto ad ancheggiarle sopra, stringendo il lenzuolo con una mano, e afferrandole un ginocchio con l'altra, per tenerle le cosce ben aperte. Ed intuì che era tutto assolutamente giusto così come era andato, che il destino non sbaglia a toglierti e a donarti ogni cosa a suo momento... c'è sempre una ragione profonda. Sempre. Anche per quello che stava succedendo a loro due nel disordine di quel letto.
 
Hermione all'improvviso si spinse spasmodicamente verso l'alto, incapace di gestire i movimenti, e spalancò la bocca in un gemito prolungato, che soffocò contro la pelle bollente della spalla destra dell'uomo. Un orgasmo intenso l'aveva travolta, interrompendo ogni briciolo di pensiero razionale, chiudendo la sua mente per pochi meravigliosi secondi, dove non esistette altro che la percezione dei sensi: la vista di lui, il tocco di lui, l'odore di lui, e il rumore affannato di lui. Quando la ragione tornò ad essere padrona assoluta, Hermione venne soverchiata dalla consapevolezza di aver donato il suo corpo a Draco Malfoy. Draco Malfoy. Non c'era niente di più confidenziale, e di più intenso, di un simile atto, e lei aveva finito per farlo proprio con lui. Ma se questo poteva essere un modo di perdonarsi a vicenda per tutto quello che c'era stato, non se ne sarebbe pentita.
Si accasciò con la testa sul cuscino, cercando la sua bocca con dolcezza.
Draco non ebbe più motivo per combattere contro la soddisfazione del suo corpo teso, e dopo un paio di movimenti rapidi e decisi esplose, tirandosi indietro di scatto con un gemito, sporcandole il ventre.
 
 
***
 
 
Nessuno dei due sapeva cosa sarebbe realmente cambiato fra loro, dopo quella notte: probabilmente avrebbero continuato a starsi cordialmente sulle palle; forse sarebbero finiti a letto insieme ancora qualche altra volta, fino ad accorgersi che il loro rapporto era divenuto troppo intimo per andare avanti senza pagarne le conseguenze... Oppure, si sarebbero odiati ancora più profondamente di come avevano fatto in passato. Chissà.
In quel momento si guardarono senza parlare, decisi a calmare i loro respiri pesanti prima di fare il minimo movimento. Draco la baciò con prepotenza, senza però invaderle la bocca, e lei gli andò incontro facendo schioccare di nuovo le loro labbra. Si sorrisero, complici.
Hermione portò gli occhi sull'ombra scura del marchio nero che deturpava l'avambraccio sinistro dell'uomo, ma non se ne turbò: non aveva più importanza ormai, o forse, su di lui quel simbolo non ne aveva mai avuta. Draco, quella specie di tatuaggio, l'aveva accettato per paura, ed anche per la sua spavalderia incosciente di ragazzino. Non c'era bisogno che glielo spiegasse: lo sapeva. Lo sapeva perchè lei aveva sempre avuto quell'incredibile capacità di sapere tutto di tutti. Hermione SAPEVA che era così, e basta.
 
Alla fine, con una smorfia, Draco si accasciò sul letto passandosi una mano fra i capelli, cercando di sopprimere un gemito di dolore, proveniente dalla schiena. La botta presa contro quello scaffale, che poi gli era crollato addosso, era stata bella forte. L'aveva quasi dimenticato mentre facevano l'amore, ora però era tornato prepotente ad infastidirlo e dovette sdraiarsi di fianco per ridurre la sofferenza, dandole le spalle. Hermione lo abbracciò da dietro, timidamente, portando i palmi delle mani sul suo petto.
"Scusa... è colpa mia se ti sei fatto male! Scusa scusa scusa!" Gli sussurrò, prima di lasciargli un bacio fra le scapole. Lo sentì ridere sommessamente, e per lei fu così bello ascoltare quel suono uscire dalla sua bocca, che venne travolta da una piccola fitta di emozione al petto.
"Non fa niente! Ma non ti azzardare mai più a togliere il lenzuolo dal quadro. Intesi?"
"Ok..."
Draco sorrise, tirò su le coperte ed allacciò le dita a quelle di Hermione, che ancora lo stringeva da dietro: "Dormi, adesso! E' mostruosamente tardi."
 
Continua...

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 L'alba del Wiltshire ***


Capitolo 16
L'alba del Wiltshire

 
 
Erano le sette e cinque minuti: Hermione si stringeva nel giacchetto, un po' infreddolita dalla temperatura della camera che nella notte era gradualmente scesa insieme al fuoco del camino, ora ridotto ad un mucchietto di cenere grigia. Osservava, fuori dalla finestra, il cielo coperto e l'immenso giardino di Villa Malfoy, senza riuscire a trovare le parole adatte a descrivere quello che i suoi occhi avevano davanti: il prato verde si estendeva a perdita d'occhio, le siepi perfettamente tagliate creavano sentieri intricati e viali ampi e lunghissimi, una fontana faceva zampillare allegramente i suoi getti d'acqua, e gli alberi... erano tanti e maestosi, pieni di uccellini che, a quell'ora del mattino, si tuffavano fra le loro fronde o ne uscivano per spiccare il primo volo della giornata. Era un po' stizzita da tanto sfoggio di ricchezza Hermione, ma l'armonia di quel paesaggio lasciava senza fiato, ed era tanto perfetta che sarebbe stato un sacrilegio trovarle difetti a tutti i costi.
In quel momento, la giovane strega si trovò daccordo con chi era solito dire che la bellezza andava ammirata in silenzio.
...Non c'era proprio niente da dire di fronte allo spettacolo mattutino del giardino di Villa Malfoy che si svegliava lentamente dopo una fredda notte...
Hermione voltò il capo verso l'interno della camera, e prese ad osservare l'uomo che ancora riposava sereno nel letto. Dormiva di fianco, con una mano sotto il cuscino, ed i capelli biondi che gli ricadevano scomposti sulla fronte. Rimaneva stupita ogni volta dal fascino di quel viso perfettamente aristocratico, il naso dritto, le labbra piene, e gli occhi grigioazzurri ora nascosti dalle palpebre abbassate. Perfino la ricrescita della barba, che faceva ombra sulle mascelle e sulla gola era bella, in Draco Malfoy!
Sospirò di una sensazione indefinita, a metà strada fra il desiderio che aveva di lui e la paura invece di sbagliare. Tornò a voltare il capo verso lo scorcio di prato. Era così difficile sapere qual era la cosa giusta da fare! Hermione aveva sempre avuto la risposta ad ogni cosa, e quando non l'aveva, la cercava sui libri. Sempre. Ma cosa avrebbe cercato in questo caso? Qualcosa del tipo: Come capire se può durare l'amore con un Mangiamorte? Oppure: come riconoscere i segnali dell'amore, e scoprire se l'uomo che ti ha sempre odiata, fa sul serio? Come può un uomo con il cuore peloso ed il sangue più puro d'Inghilterra, desiderare la babbana che lo ha umiliato dimostrandosi, in ogni maledetta occasione, migliore di lui? Sospirò e poggiò la fronte sul vetro, ma i suoi pensieri vennero interrotti dalla vista di due pavoni bianchissimi che passeggiavano lentamente sulla ghiaia sotto la finestra; li osservò beccare qualcosa a terra e poi spalancare maestosamente la coda: la ragazza mandò un impercettibile gemito stupito, meravigliata da quello spettacolo.
 
"Che c'è?" Qualcuno sussurrò al suo orecchio. Hermione sussultò, ma subito sorrise senza voltarsi, gustandosi il leggero bacio che Draco le depositò sul collo.
"I tuoi pavoni... Sono meravigliosi!"
Lui la cinse da dietro, abbracciandola stretta in cerca di calore, ed allacciando le mani alle sue.
"Quegli uccellacci, dici? Non fanno altro che lasciare merda dappertutto!" Risero piano, ed Hermione girò appena il capo per baciargli le labbra.
"In che parte del Wiltshire siamo, Draco?"
"In aperta campagna, a circa tre chilometri da Castle Combe!"
"Castle Combe?! Davvero? So che è uno dei borghi medievali più belli d'Inghilterra, Draco!"
"Beh... Si! Niente male per essere un paesino schifosamente babbano!"
Hermione socchiuse gli occhi, alterata: "Che vuoi dire con questo, Malfoy?"
"Squisitamente! Volevo dire: squisitamente babbano. Mi sono confuso!" E la strinse più forte a sé, per non farla sgusciare fuori dalla sua stretta, mentre sogghignava apertamente.
"Idiota!" Gli rispose. Hermione chiuse gli occhi, lasciandosi andare con la schiena contro il suo petto: "Non mi dispiacerebbe visitarlo, un giorno!" Poi, con le dita iniziò a giocare con l'anello di Draco, e si ricordò improvvisamente la scommessa stupida che avevano fatto qualche tempo prima...
 
"Scommetto che un giorno ti innamorerai perdutamente di me, Draco Malfoy!" E scoppiò a ridergli in faccia.
"Misurati la febbre, Granger. E' evidente che stai male. Vaneggi!"
"Mi regalerai il tuo anello se vincerò la scommessa, Draco! Così ricorderò per sempre di aver domato il tuo spirito da serpente!"
"Finiscila!"
"Allora? Scommettiamo?"
"ANCORA!" Draco la fulminò, e sputò di getto: "Non ho problemi a scommettere, dato che il fatto non si verificherà mai, né in questa vita, né nell'altra."
 
Hermione tornò alla realtà con un turbamento pazzesco... E se fosse successo davvero? E se quella sciocca scommessa avesse avuto un fondamento di verità?
Seguì con il polpastrello la linea flessuosa del serpente inciso sull'anello, e il cuore iniziò a martellarle prepotente nel petto, per la paura delle conseguenze che un evento simile potesse provocare a lei, a lui, alle persone care, e al mondo magico!
Ma no, certo che no! Non era innamorata di lui... poteva star tranquilla! Provava per Draco Malfoy più un sentimento di attrazione fisica prepotente, una sensazione di dolcezza incredibile quando lo guardava, e la voglia forsennata di salvarlo dalle sue tenebre personali per vederlo sorridere! Aveva il desiderio di proteggerlo dal disprezzo del mondo magico che ancora non lo perdonava per i suoi errori giovanili, baciargli mille volte l'avambraccio sporcato da quel marchio maledetto, per fargli capire che a lei non importava più niente di tutto quello che era successo! Stringerlo fra le braccia e rimanerci finchè lui avesse deciso di cacciarla.
Ma allora... tutte queste cose che altro potevano rappresentare, se non il fiorire dell'amore? Anche Ginny gliel'avrebbe detto, con la sua aria di benevola superiorità, sollevando un sopracciglio; ma Hermione non volle ascoltare quelle vocine insistenti, certa che l'amore vero comprendesse anche il desiderio di costruirci un futuro, con l'uomo per il quale si perdeva la testa! A lei invece faceva così ridere il pensiero di trasferirsi in quella casa immensa a fare la signora, a servire il tè alla suocera, ed aspettare suo marito tornare da un impegno. Ma era da pazzi! No! Assolutamente!
E se invece si stesse innamorando lui, di lei? LUI? Rise fra sé e sé... ma figurarsi! Probabilmente quella notte si era tolto un prurito, spegnendo l'ossessione che hanno tutti gli uomini di sottomettere una donna fra le lenzuola quando non riescono a farlo in altri modi! Ed era risaputo che Draco Malfoy non c'era MAI riuscito in altre maniere con Hermione Granger, perciò aveva scelto la strada del sesso per ottenere almeno una piccola vittoria su di lei. Beh, non tanto piccola a dire il vero: non esisteva miglior strategia per piegare una donna ai propri voleri se non aprendole le gambe e lasciarla sotto di sé, priva di difese.
 
"Ci andremo, prima o poi!" La voce bassa e mascolina di Draco la risvegliò dal turbine di quei pensieri.
"Eh?! Cosa? Dove?"
"A Castle Combe. Ci andremo, prima o poi!"
"Oooh... si!" 
Hermione sorrise senza farsi vedere, ma le venne il dubbio che le cose fra loro stessero andando come non sarebbero mai dovute andare: perchè c'era il serio pericolo di rompere certi equilibri, sconvolgere il corso naturale delle cose, pentirsi amaramente per qualcosa che sapeva già essere un errore madornale. Forse stava sbagliando tutto: perchè aveva ceduto alla sue attenzioni, se non poteva accettarle completamente? Possibile che la sola attrazione fisica mandasse in tilt la razionalità e l'intelligenza di una persona a tal punto? Si sarebbe fatta soltanto del male con Draco Malfoy... Diamine, non le era bastata tutta la sofferenza che le aveva fatto patire anni fa? Lui non poteva essere cambiato tanto da volerla, volerla realmente. Hermione si aspettava che da un momento all'altro le dicesse, con la sua solita faccia schifata: vattene, lurida schifosa sanguesporco!
No! Doveva mettere un freno a quel loro desiderarsi, doveva farlo per il bene di entrambi, perchè era contro natura che Draco Malfoy ed Hermione Granger si amassero. Non ne sarebbe uscito nulla di buono da loro due insieme, e anzi, più si sarebbero ostinati a frequentarsi, più avrebbero finito per schifarsi con intensità e violenza. 
 
 
 
***
 
 
Draco mandò giù un boccone di steak pie mentre guardava imbambolato la pietanza senza parlare, perso in ragionamenti così complicati che gli stavano togliendo a poco a poco la capacità di comportarsi come un essere umano dotato di intelligenza. Come aveva fatto ad innamorarsi? Non se n'era neanche accorto, tanto era stata graduale la comprensione di ciò. Per anni aveva cercato di capire cosa non andasse in lui, che rimaneva sempre troppo freddo e distante dai sentimenti umani; spesso si era anche preoccupato di doversi arrendere alla certezza dell'eterna solitudine, per colpa di quel carattere scorbutico che si ritrovava. Le donne non gli procuravano più da tempo quell'emozione nel petto, erano tutte troppo superficiali, e Draco decideva di rovesciarne qualcuna su di un letto ogni tanto giusto per togliersi lo sfizio del sesso. Ma ora che il suo cuore si era risvegliato come la natura in primavera, cosa poteva ottenere dall'amore, un uomo perduto come lui?
 
"Vorrei sapere come mai Hermione Granger ha dormito a casa nostra stanotte, Draco!"
Il ragazzo, spiazzato, sollevò gli occhi dal cibo senza sapere cosa dire, e nemmeno da dove cominciare. Narcissa poggiò la forchetta al lato sinistro del piatto, guardando fisso suo figlio, e notò subito un evidente imbarazzo in lui, che di solito era sempre fin troppo rigido ed impenetrabile. Era davvero curiosa la signora Malfoy, forte inoltre della gelosia tipica di una madre, e del desiderio di sapere cosa facesse il figlio della propria vita. Forse fu proprio questo a lasciare basito il ragazzo, perchè se Narcissa avesse lasciato trapelare dalla voce il disprezzo, o tutto lo schifo che le poteva fare il fatto che una sanguesporco avesse dormito in casa sua, sarebbe stato tutto più normale.
 
"Come fai a saperlo, mamma?"
"Stamattina presto ti ho visto accompagnarla fuori dal cancello per farla smaterializzare, Draco!"
Lui si irrigidì tutto, rielaborando nella mente la scena di loro due che uscivano in giardino percorrendo il viale, e poi rilassò impercettibilmente i muscoli, non ricordando alcun atteggiamento che sua madre potesse fraintendere; non potè fare a meno di dire però, con voce preoccupata: "Papà l'ha vista?" Tanto si vedeva già dagli occhi sgranati, il timore che serpeggiava nel suo animo! Inutile nascondere.
"No, stai tranquillo. Allora? Vuoi che ti tiri fuori le parole con la bacchetta?"
Il ragazzo bevve un sorso d'acqua, poggiò il bicchiere sul tavolo e decise di dire una parte di verità; prese un respiro profondo e rispose alla madre nel tono più falsamente mellifluo del suo repertorio:
"Harry Potter ha scoperto la mia collezione di manufatti oscuri!"
Narcissa si portò le mani alla bocca: "Oh, Merlino! Ma gli avrai spiegato che non c'è pericolo, vero? Gliel'hai detto che sei a posto, no? Ti ha creduto, spero!"
Draco continuò a fingere indifferenza per l'argomento, prendendo una forchettata di purea di patate: "L'ha capito, si... ma ha rivoltato comunque la questione a suo favore! Ha archiviato il mio caso, a patto che lo aiutassi in una questione delicata. Un ricatto, in poche parole."
"E cosa c'entra in tutto questo Hermione Granger, scusa?"
"E' LEI la questione delicata, mamma!"
"Che intendi dire?"
Draco si sforzò di essere neutrale, cercando anzi di ripescare nei meandri delle sue memorie quegli atteggiamenti infami di una volta, tipici di quando sparlava della ragazza... ma senza molto successo: "Che quella cretina si è ficcata nei guai."
"Che novità!" Esclamò sua madre, sollevando un sopracciglio.
Draco riprese: "Per sbaglio è entrata in possesso di un bracciale maledetto, e Potter da solo non riesce a risolvere il problema; non vuole chiedere aiuto al Ministero per paura di pettegolezzi e fraintendimenti, quindi ha interpellato me, sicuro del mio silenzio di comodo! Hermione Granger ha dormito qui perchè casa sua ormai è infestata e stiamo disperatamente cercando una soluzione. Ti prego di mantenere il riserbo, mamma!"
Narcissa annuì pensierosa, terminando il suo pranzo in silenzio; suo figlio invece chiuse un attimo gli occhi, ringraziando Merlino per essere stato breve, conciso e deciso, senza cadere nella trappola infame del nervosismo.
Ma Draco non aveva figli, quindi non poteva leggere fra le righe come fa un genitore, avere la sua onniscenza, il suo fiuto, la sua preveggenza (che non era magia e nemmeno divinazione, ma soltanto la conoscenza profonda di una madre nei confronti della propria creatura).
E Narcissa aveva capito che la questione non era così semplice come lui le aveva raccontato: non che avesse visto qualcosa di particolare quella mattina, ma il solo guardarli camminare affiancati le aveva dato quella certa comprensione dei fatti, fatti che forse neanche loro stessi avevano ancora realizzato...
La signora Malfoy si pulì la bocca con un delicato tovagliolo damascato, ed in tono piuttosto tranquillo si rivolse al figlio: "Stamattina non mi è sembrato che per te Hermione Granger fosse soltanto un ricatto di Harry Potter, o una questione delicata da risolvere! Non cercare di ingannare me, Draco!"
Lui strinse i denti, perdendo tutta la sicurezza che era riuscito a dimostrare fino ad un secondo prima: "Che idiozie vai dicendo, mamma?!"
Narcissa si alzò dal tavolo: "Non lo so se si tratta solo di idiozie, Draco... Non lo so." Ed andò via, lasciando il figlio a bocca aperta.
 
 
***
 
 
"Hermione, io devo partire per l'Irlanda con alcuni miei uomini, dobbiamo sedare una rivolta di Pooka! Quelle creature sono così strane... tanto sfuggenti quanto crudeli! Comunque mancherò un paio di giorni al massimo. Per qualsiasi cosa manda un gufo, un Patronus, quello che vuoi. Mi raccomando!"
"Harry, stai tranquillo! E poi c'è sempre Ron!" Hermione scartabellava i documenti del caso Belby, non curandosi troppo delle raccomandazioni dell'amico, che invece ricominciò a parlare: "La fasciatura che ti ha fatto Malfoy al polso per isolare il bracciale sembra funzioni! O sbaglio?"
Harry aveva nominato di proposito Malfoy per scrutare la reazione di Hermione, voleva capire se i dubbi che erano sorti in lui fossero semplice immaginazione o avessero invece un fondo di verità; l'amica sembrò non prendere molto in considerazione l'ultima parte di dialogo però, anzi, abbassò lo sguardo e continuò a leggere il documento che aveva sulla scrivania, per poi rispondere in tono sfuggente: "Si Harry, sembra funzioni! Infatti voglio approfittarne per fare qualche ricerca appena torno a casa! Ora devo concentrarmi sugli interrogatori di Marcus, voglio vedere se c'è qualcos'altro che coincide."
"Hermione! Io e Malfoy ci siamo già fatti dire tutto da Marcus l'altro giorno, ma quel ragazzo non sa nient'altro del bracciale. E' tempo sprecato! Comunque... se dovesse succederti qualcosa in questi giorni, chiamalo immediatamente!"
"Chi dovrei chiamare?" Hermione gettò la cartellina del caso Belby sulla scrivania, con un moto di esasperazione.
"Devi chiamare Malfoy!"
"Ah. Ehm... Si. Ok."
E la ragazza finse di scartabellare altri documenti, per evitare ulteriori domande.
Harry sospirò e si arrese all'evidenza: aveva già capito che c'era qualcosa di non detto fra quei due, uno strano gioco di attrazione/repulsione... già da quando erano ragazzini, quando cioè non facevano altro che respingersi come i poli uguali di una calamita; solo che adesso un polo di quella calamita sembrava essersi invertito, ed un intenso magnetismo li stava facendo inesorabilmente avvicinare. Harry si maledì, perchè quello che stava cambiando tra Hermione Granger e Draco Malfoy, in buona parte era colpa sua, che aveva spinto l'uomo ad interessarsi del bracciale maledetto. Anche se... chi era lui per stabilire cosa fosse giusto e cosa sbagliato? La sua amica era intelligente abbastanza per saper valutare, e se avesse ritenuto degno di totale ed incondizionato perdono un uomo come Draco Malfoy, lui non poteva obiettare. Harry incamerò quanta più aria possibile nei polmoni, e senza più esitare decise di dare implicitamente il suo benestare all'amica, perchè sapeva perfettamente che, se non le avesse fatto capire che era felice per lei in qualsiasi caso (anche se il caso in questione era Malfoy), Hermione si sarebbe torturata l'anima fino alla fine dei suoi giorni, per paura di deludere i suoi amici.

 
"Hermione... voglio che tu sappia che io non ho più niente da ridire su Malfoy. Si sta dimostrando una persona nettamente migliore rispetto al deficiente che era, quindi stai tranquilla!"
La giovane donna si voltò di scatto a guardarlo, scioccata dalle parole che le aveva rivolto l'amico. Come faceva Harry ad aver capito cose che nemmeno lei aveva ancora afferrato completamente? Non era possibile! Del loro gruppo, era sempre stata lei a capire prima di tutti le varie sfumature nei comportamenti delle persone, a fiutare i cambiamenti impercettibili, i tormenti silenziosi di qualcuno di loro... non Harry, non Ron. Hermione. Solo Hermione.
Forse, pensò, era la sua mente a giocarle brutti scherzi, per la paura che qualcuno potesse accorgersi del cambiamento avvenuto in lei, avvenuto in Malfoy, avvenuto in entrambi... La sua mente era saltata subito a conclusioni affrettate, captando il doppio senso in una frase semplicemente poco chiara. Doveva essere così, senz'ombra di dubbio! Si impose di rilassarsi, perchè in fondo non c'era niente di strano nel suo comportamento abituale, tanto da far insospettire Harry su ciò che le stava succedendo con Draco Malfoy.
L'Auror sorrise bonariamente, poi la punzecchiò: "Certo, c'è rimasto quel suo carattere di merda a renderlo ancora terribilmente irritante, sgradevole ed odioso ma, in fondo..." Fece spallucce e pronunciò la battuta che aveva conservato per la fine del discorso: "Il problema non mi riguarda! Non devo mica starci insieme io!" E se ne andò dall'ufficio di Hermione, lasciando l'amica irrigidita dallo stupore, e da un tremendo imbarazzo.
 
 
***
 
A Draco Malfoy.
Qui a casa è tutto tranquillo, non c'è niente di sospetto, tutto è rimasto come l'avevo lasciato ieri sera. Anche Pepper, che è stata tutto il giorno chiusa dentro, mi ha accolta senza turbamenti... quindi direi che il tuo espediente della fasciatura ha funzionato. Dormo a casa mia, non ho intenzione di approfittarmi ulteriormente della tua disponibilità. Non preoccuparti. Ti avviso, se dovessi avere problemi. Grazie mille per l'aiuto.
Hermione.
 
Draco lesse la missiva che Hermione Granger gli aveva appena spedito via gufo, dopodichè, l'accartocciò nella mano destra con nervosismo crescente. La ragazza era stata telegrafica, impersonale: "Non ho intenzione di approfittarmi ulteriormente della tua disponibilità..." Non aveva capito che lui l'aveva accolta perchè desiderava farlo!?! E poi... "Grazie mille per l'aiuto." Punto. Nient'altro. "Ti avviso, se dovessi avere problemi!" Cosa diavolo stava a significare? Che se non li avesse più avuti i problemi, non si sarebbero più cercati? Più parlati? Più visti?
Era stato solo un fottuto imbecille a perdersi nel corpo di quella donna, cercando in lei e nelle sue delicate carezze, quella pace che gli mancava da anni... Aveva sperato stupidamente che il turbamento che aveva provato stringendola, baciandola, possedendola, fosse lo stesso che aveva sentito lei. Invece, Draco realizzò di essere di nuovo al punto di partenza con quella donna tremenda, quasi come se quello che avevano fatto quella stessa notte non fosse contato niente.
Che maledetta stronzata l'amore...
Il biglietto che conteneva quelle parole fredde e distaccate, divenne una pallina di carta tutta raggrinzita, nel suo palmo ormai sudato; Draco la tirò violentemente dentro il camino acceso, e questa bruciò andando in fumo, come in fumo era andata la dolce illusione di qualcosa di bello, in mezzo alla rovina della sua solitaria vita. Ed in quel momento odiò lei tanto quanto odiò sé stesso, per aver aggiunto alla vasta collezione dei suoi personali fallimenti pure la beffa di Hermione Granger, che lo aveva circuito fino a portarselo a letto, e poi l'aveva scaricato senza alcuno scrupolo.
Se ti comportati male, prima o poi verrai ripagato con la stessa moneta...
Fu un pensiero improvviso ed alquanto indesiderato, ma concreto, veritiero: doveva ammetterlo. Quindi, era questo il prezzo da pagare per essersi comportato da schifo con lei per tutti quegli anni? Merlino, si! Ed era pure giusto! Aveva forse dimenticato che al secondo anno, quando la camera dei segreti era stata riaperta, aveva addirittura espresso il desiderio di vederla morta? MORTA. Hermione.
 
"San Potter, l'amico dei sanguemarcio. Lui è un altro che non tiene al suo buon nome di mago, altrimenti non se ne andrebbe sempre in giro con quella sanguemarcio della Granger. E pensare che la gente crede che l'erede di Serpeverde sia lui!"
"Ma tu avrai sicuramente un'idea di chi c'è dietro tutto questo..."
"Lo sai che non ce l'ho Goyle, quante volte devo ripetertelo?" Sbottò. "E mio padre non vuole dirmi niente sull'ultima volta che la camera è stata aperta. [...] Una cosa però la so: l'ultima volta un sanguemarcio è morto. Perciò scommetto che è soltanto questione di tempo: anche questa volta uno di loro ci rimetterà la pelle... spero proprio che sia la Granger!" Concluse tutto soddisfatto.
 
Draco rabbrividì, al ricordo di cosa fosse uscito dalla sua bocca quel lontano anno, quando il fervore per il possibile ritorno in pompa magna di Lord Voldemort scaldava gli animi degli ex Mangiamorte e della sua famiglia, convinta di chissà che cosa, se quel bastardo fosse davvero risorto. Erano stati bravi ad educarlo con i loro ideali razzisti, lui che in fin dei conti era un bambino, facile da modellare a loro piacimento, dato che a quell'età è naturale prendere per oro colato quello che i grandi dicono. E se n'era accorto Draco, ad un certo punto, di quanto tutto fosse terribilmente sbagliato, ma quando lo aveva capito, si era accorto pure di starci dentro fino al collo e per quanto avrebbe voluto fuggire, o restare a combattere CON Howarts e non CONTRO Hogwarts, non era un eroe coraggioso che sfidava la morte a testa alta lui, non era Potter...
Aveva avuto paura. Draco Malfoy aveva sempre avuto paura: di non essere all'altezza di contrastare Harry Potter, di essere deriso da lui e dai suoi amici, paura di Voldemort, paura di uccidere, paura di morire, di perdere i suoi genitori. Infine, paura dell'oblio, della solitudine, del disprezzo della comunità magica, paura di qualsiasi cosa.
Era un codardo.
Draco era un codardo, ma era anche esageratamente orgoglioso, e la palese indifferenza di Hermione Granger, dopo quella notte passata insieme, non riusciva a perdonargliela. Lei non lo voleva. Punto. Perchè doveva dannarsi per una donna che non lo desiderava?
Ma in fondo, cosa si aspettava da lei? Un bigliettino dolce quanto un succo di zucca? Frasi romantiche per ringraziarlo del sesso che avevano fatto? O una dichiarazione in cui gli rivelava di essersi presa una sbandata colossale per lui? 
Non poteva esigerlo, era ovvio. Hermione Granger non avrebbe mai potuto abbassarsi a fare una sciocchezza simile, non per un uomo che non aveva fatto altro in vita sua che ribadirle di odiarla.
Lei non poteva amarlo...
Era un sogno troppo assurdo anche solo per assaporarlo nell'intimità della sua mente, Draco lo sapeva, ma si era incazzato lo stesso perchè, dopo averle sfilato le mutande, credeva che almeno quella certa freddezza fra loro si fosse sciolta, e che lei si sarebbe lasciata andare a un po' di fiducia, per considerarlo finalmente un uomo degno di esser chiamato tale, e non il ragazzino cretino e cattivo di tanto tempo fa. Dannazione! Possibile che, intelligente com'era, non aveva capito che se lui avesse avuto la minima intenzione di farle del male, avrebbe approfittato di almeno una decina di possibilità per farglielo?
Sorrise amaramente. Hermione Granger forse si era semplicemente vendicata dei torti subiti in passato, approfittando della debolezza che aveva scorto in lui, per giocarci e poi gettarlo in un angolo: lo sapevano tutti che l'unico modo per piegare un uomo e distruggerlo, era imbambolarlo con il sesso!
Il vecchio Draco aveva fatto bene per tutti quegli anni a chiudersi nel suo mondo oscuro, a non volere nessuno intorno a lui, nessuno ad invadergli la vita, perchè... nel momento stesso in cui aveva abbassato la guardia provando a lasciare uno spiraglio ad una donna, questa si era affrettata a pugnalarlo alle spalle!
L'avrebbe aiutata comunque a liberarsi del bracciale maledetto, perchè per quanto ne dicesse, l'amava, e lo infastidiva saperla in pericolo... ma non voleva più cedere di fronte alla sua presenza, non voleva più assaporare quella felicità sfuggente, se ogni volta poi sarebbe stato così male dentro, consapevole di non poterla avere davvero. Fino in fondo.
 
Continua...

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 La potenza del sangue ***


 
 
 
Capitolo 17
La potenza del sangue

 
 
Negli incantesimi, specialmente in quelli di magia oscura, il sangue rappresenta un elemento fondamentale per sigillare e rendere la magia operata, durevole nel tempo. Il sangue umano serve per rigenerare, guarire, mettere in contatto anime, maledire, uccidere. Tramite il liquido organico utilizzato per una fattura, si possono ricavare informazioni estremamente utili per risalire a chi l'ha operata, ai destinatari dell'incantesimo, ai mutamenti, alla sua evoluzione, oltre a conoscere nei dettagli il patrimonio genetico dell'essere umano a cui è stato prelevato il sangue... ma qui si sconfina nella babbanologia, più precisamente nelle loro scienze mediche che, però, noi non tratteremo in questo libro.
Terribilis possesionem. Cura et scientia
 
 
Un temporale violento rompeva la quiete di quel tardo pomeriggio, e mentre un tuono forte disturbava i suoi timpani, Draco chiuse di scatto il libro che gli aveva dato il vecchio negoziante di Burgin&Burkes, arricciando disgustato il naso, per la polvere che se ne era sollevata.
 
Il sangue era la chiave di tutto.
 
Poteva essere un buon inizio quindi, analizzare il sangue contenuto nelle pietre del bracciale di Hermione per scoprire qualcosa in più, oltre a ciò che Marcus Belby aveva già raccontato. L'incanto Amethystus che Damocles Belby aveva fatto fare sui due bracciali per continuare a mantenersi spiritualmente in contatto con la moglie morta, era innocuo e non rilevabile da nessuno esclusi i diretti interessati, e quando il vecchio pozionista si era ammalato e la sua famiglia gli aveva tolto il gioiello dal polso, quest'ultimo aveva semplicemente smesso di funzionare.
Però... il sangue era pur sempre un elemento potente ed imprevedibile.
Il gioiello non aveva creato alcun problema a Marcus quando aveva deciso di indossarlo, fino al giorno però, in cui aveva iniziato a partecipare a quelle stupide sedute spiritiche con Harper e Warrington: le entità che avevano richiamato per infinocchiare i babbani, probabilmente erano state attirate dal potente sangue del bracciale, un sangue intriso di magia, e soprattutto capace di fungere già di per sé da canale di comunicazione tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Era evidente a quel punto che un'entità malvagia era riuscita ad attaccarvisi... ed ora si nutriva di Hermione, come prima si era nutrita di Marcus.
 
Draco aveva già esposto qualche giorno prima la sua ipotesi a Potter che, stranamente, aveva annuito toccandosi il mento.
Guardò fuori dalla finestra del suo studio, perso a seguire la traiettoria rapidissima delle gocce di pioggia ed i lampi luminosissimi che squarciavano il cielo nero, mentre rifletteva che l'unica cosa da fare, era però anche la cosa più difficile: prelevare il sangue dalle pietre del bracciale, per analizzarlo e provare a scoprire se in esso ci fosse qualche traccia che li potesse aiutare ad identificare lo spirito. Draco si alzò infilandosi le mani in tasca, e si avvicinò alla finestra grondante d'acqua; aveva l'espressione più cupa e temporalesca del cielo del Wiltshire: avevano già provato decine e decine di incantesimi su quel maledetto bracciale, ma non erano mai riusciti a romperlo né a toglierglielo. Peggio di un Horcrux. Peggio... perchè almeno ora, dopo la vicenda del signore oscuro, Potter gli Horcrux li conosceva, e sapeva come distruggerli! Ma in un caso come questo però, non potevano usare né l'ardemonio né il veleno di basilisco, perchè rischiavano di ferire Hermione in modo permanente, o addirittura...
Sospirò profondamente.
Doveva trovare un'altra soluzione, a costo di non dormire per tre notti di seguito.
A dire il vero, Draco doveva trovare una soluzione a tante cose... anche al fatto che lui era disperatamente a pezzi perchè amava Hermione Granger, e questo già di per sé era un problema più grosso di tutti quelli avuti nella sua vita.
 
 
 
***
 
 
Com'era bella la biblioteca di Hogwarts... l'odore di libri vecchi, il legno, il silenzio, lo scalpiccio degli studenti, la pioggia che batteva sulle vetrate. Hermione socchiuse gli occhi, riassaporando nostalgiche emozioni. Stava camminando lungo il corridoio con passo elegante, rendendosi conto che l'unica differenza, tra il mare di dettagli che aveva impressi nella memoria, stava nelle dimensioni di quell'aula meravigliosa: era molto più piccola rispetto all'idea che ne aveva conservato... Ma questo succedeva per ogni cosa! Tutti da bambini hanno una visione più imponente di ciò che li circonda! Ed una volta che si diventa grandi poi, ci si accorge che tutto è molto più a portata d'uomo. Non che la biblioteca di Hogwarts fosse diventata improvvisamente piccola... ma i suoi occhi di adolescente l'avevano resa così grandiosa che ora le veniva quasi da sorridere nel trovarsi davanti un ambiente molto più raccolto.
I libri però... i libri erano un'infinità proprio come ricordava, su questo la sua mente non l'aveva ingannata! Scaffali stracolmi fino al soffitto, tomi di ogni dimensione e volume, corridoi interi di storia della magia, creature fantastiche, erbologia, incantesimi, babbanologia.
Minerva McGonagall le aveva fatto un regalo bellissimo, dandole l'autorizzazione per fare le sue ricerche con i libri della scuola. E si emozionò Hermione, quando si imbattè nel suo angoletto preferito, quello più appartato e silenzioso, che le aveva permesso in tutti quegli anni di studiare in santa pace, tranne ovviamente le volte in cui arrivavano Harry e Ron tutti trafelati per raccontargli quello che combinavano in giro per il castello, i segreti che scoprivano, e le litigate furiose con Malfoy...
Draco Malfoy.
Hermione cercò di reprimere il piccolo sorriso salito alle labbra automaticamente, proprio mentre il cuore, invece, dava un colpo più forte. Le si rovesciarono addosso una valanga di flashback, dove il bagliore azzurro di un paio d'occhi freddi come il marmo furono protagonisti, o meglio antagonisti della sua vita da ragazzina. E non erano ricordi piacevoli, perchè ovunque la sua mente spaziasse... la rabbia, il risentimento, ed il disgusto la facevano da padrone incontrastato.
Per Hermione, Draco era croce e delizia...
 
 
"Mi chiedo come Madama Pince, che è così intransigente, possa permettere che una sanguesporco insozzi i libri di Hogwarts con le sue luride mani! Eh, Granger?"
Hermione aveva sobbalzato per la sorpresa, troppo immersa nello studio per accorgersi che quell'infido Serpeverde le stava alle spalle.
"Sei un imbecille, Malfoy!" Gli rispose, rossa d'ira, e lui se n'era andato tutto soddisfatto, con quel suo eterno ghigno malefico stampato in faccia.
 
 
Hermione si svegliò da quel piccolo momento di trance rievocativa, rivivendo le impressioni spiacevoli che lui le aveva trasmesso quando vivevano sotto lo stesso tetto, lì al castello. Non sapeva, il signor Draco Malfoy, che un giorno lontano le luride mani della sottoscritta, mani di sanguesporco, mani di donna... lo avrebbero toccato, in ogni modo possibile: conficcando le unghie nella sua schiena, appoggiando i palmi al suo torace largo, affondando le dita nelle sue gambe, afferrandogli le braccia, intrecciando le mani alle sue, accarezzandogli il viso, i capelli... tutto. Tutto.
L'amore che avevano fatto, persi fra le lenzuola di una camera di Villa Malfoy, era stato così illogico, folle, e inammissibile, se paragonato al rapporto pessimo che li aveva legati da tutta la vita; però ad Hermione Draco era sembrato molto diverso dal bambino capriccioso e cattivo di allora: era diventato un uomo, ovvio. Parecchio tormentato, anche. Problematico, soprattutto. Circondato da un alone di oscurità, che stavolta non era dovuto alla magia nera, ma soltanto ad un carattere schivo, taciturno, solitario, sofferente. Colpa della guerra magica, e dei rimorsi.
Ora si vergognava così tanto di essere esplosa gemendo di piacere sotto i movimenti decisi e regolari di Draco Malfoy... Ma che le aveva detto la testa, maledizione? Così facendo gli aveva dato un potere non indifferente su di lei: gli aveva aperto il suo cuore, la sua anima, gli aveva donato il suo corpo senza timore, permettendogli di usufruirne a suo piacimento; lui avrebbe potuto farle del male in qualsiasi istante, avendola così fiduciosa ed indifesa sotto di sé...
Ma non l'aveva fatto. Non. L'aveva. Fatto. Ed un angolo neanche troppo remoto della sua mente, sapeva che non gliel'avrebbe più fatto, del male. Ne aveva avuto la certezza quando quel mattino Draco l'aveva abbracciata da dietro, promettendole di portarla a visitare il paesino babbano vicino Malfoy Manor, nel cuore del Wiltshire.
Ma allora qual era il problema?
Era la paura del futuro a preoccupare Hermione, perchè non era normale un comportamento simile in Draco Malfoy! Cosa doveva aspettarsi da lui? Forse gli errori della guerra lo avevano segnato a tal punto che aveva visto in lei un mezzo di riabilitazione personale! Doveva essere così, si! Forse lei neanche gli piaceva, sicuramente non la amava, e non era interessato in alcun modo romantico a lei, ma piuttosto... era allettato dall'idea del riscatto attraverso di lei! Cercando conforto nelle sue braccia, probabilmente Draco Malfoy voleva purificare il suo spirito dannato. Probabilmente farsi perdonare da colei che rappresentava la parte lesa della follia di un gruppo di pazzi criminali e dei loro ideali, era un modo per darsi finalmente pace!
Ed Hermione non poteva permettere a Draco Malfoy di usarla come mezzo per riconciliarsi col mondo! Lei non era una crocerossina... o almeno non lo era fino a questo punto!
Doveva allontanarsi da lui ad ogni costo, perchè se avesse indugiato ulteriormente, avrebbe finito per restare così coinvolta dal suo fascino enigmatico e dalla profondità dei suoi occhi chiari, da innamorarsene totalmente ed incondizionatamente, senza via di scampo. Il sentimento insolito che provava adesso per lui era ancora abbastanza gestibile per potersi permettere di troncarlo. O lo sperava...
 
Hermione si diresse con passo deciso verso il reparto proibito della biblioteca di Hogwarts: doveva trovare una pista da seguire per risolvere il caso del bracciale dei Belby! Solo così si sarebbe liberata definitivamente di Draco Malfoy. Lui non avrebbe più avuto una scusa per cercarla, e lei non avrebbe più dovuto straziarsi il cuore nell'indecisione di desiderarlo, o mandarlo via.
Per tre ore non badò ad alcun rumore intorno a sé, né degli studenti che vagavano spostando sedie e sussurrando di continuo, né alla bibliotecaria che rimproverava tutti a destra e a manca.
Era euforica Hermione: riuscire a sfogliare le pagine di un libro per trovare da sola la soluzione al suo problema, era un gesto che le era stato precluso per troppo tempo; l'entità malvagia che si era attaccata a lei l'aveva incessantemente ostacolata, finendo per renderla incapace di combattere, di prendere decisioni autonome, o di chiedere aiuto addirittura.
Era stata così destabilizzante la sensazione di non avere il controllo della sua mente, che la paura avuta da ragazzina nei confronti dei Mangiamorte e di Voldemort era a dir poco ridicola in confronto. Combattere un nemico in carne ed ossa, studiarne le abitudini e le mosse, era sicuramente più facile che opporsi alla propria psiche persa, confusa, alterata da un'invasione esterna. E se ora aveva ripreso il pieno comando di sé, doveva ringraziare proprio Draco Malfoy, colui che in quella stessa biblioteca, anni e anni fa, l'aveva tormentata fino allo sfinimento.
 
Finalmente trovò un paragrafo interessante in un libro sulle controindicazioni da magia oscura ed Hermione presagì di essere vicina ad un grande indizio; divenne irrequieta per la foga febbrile di fare qualcosa, in fondo non voleva più coinvolgere nessuno nelle sue personali difficoltà, Harry aveva troppi grattacapi in quel periodo: il suo lavoro, il figlio piccolo, Ginny in stato interessante... e poi Ron, che aveva il negozio di scherzi sulle spalle ed una vita ancora da costruirsi: era stato anche fin troppo buono e comprensivo con lei in quei quindici anni d'amicizia! Ma soprattutto, Draco. Hermione doveva muoversi a trovare la soluzione per chiudere tutti i ponti con lui e tornare alla normalità, quella che viveva prima che lui arrivasse per sconvolgerla come un uragano tempestoso, facendo crollare ogni muro di convinzioni, ogni protezione dal buio ignoto.
 
 
Le entità malvagie trovano diversi sistemi per attaccarsi agli esseri umani, anche se c'è una netta differenza di modalità, tra babbani e maghi. E' universalmente risaputo che i babbani sono molto più deboli e quindi più soggetti a possessioni; uno spirito con cattive intenzioni proveniente dall'aldilà, ha maggiori possibilità di attaccare un babbano, che tende ad esporsi a questo pericolo il più delle volte inconsapevolmente, tramite la frequentazione di cimiteri, visite a luoghi maledetti, ricorso a medium, ecc. Nel caso di maghi però, il discorso è più complesso: un uomo che possiede il dono della magia è molto forte spiritualmente per cui, nel corso della sua vita, le probabilità di avere direttamente a che fare con un'anima tormentata che cerca un corpo da occupare, sono quasi nulle. Quasi. Quasi perchè esistono delle eccezioni, che si verificano molto di rado: il richiamo VOLONTARIO dell'entità, tramite complessi incantesimi, oppure un richiamo INVOLONTARIO.

 
Hermione saltò il capitolo che trattava i richiami volontari ed iniziò a leggere invece con interesse la parte dei "richiami involontari":
 
Per verificarsi un richiamo involontario, ci deve essere sempre qualcuno nelle vicinanze che sta operando un richiamo volontario. Sempre. L'entità viene attirata da una persona diversa da colui che l'ha evocata nel caso in cui è presente lì attorno un catalizzatore pregno di magia, sia esso sangue, capelli, o qualsiasi elemento organico che normalmente viene utilizzato nella magia oscura.
 
Sangue.
 
In effetti Draco le aveva detto che le pietre del suo bracciale contenevano il sangue di Damocles Belby e di sua moglie, usato per attivare l'incanto Amethystus.
Riprese a leggere:
 
Ci deve essere però anche un motivo più profondo per far si che l'entità riesca ad insinuarsi all'interno di un catalizzatore organico. Un'affinità particolare...
 
Cosa significava? Che l'entità che si era attaccata al sangue contenuto nel bracciale aveva un legame con Damocles Belby o con sua moglie? Si, certo... significava questo! Hermione giunse alla conclusione di doverlo analizzare, per trovare tutte le risposte.
Impulsivamente tolse la fasciatura superiore che copriva il bracciale, lasciando però al suo posto quella inferiore, che isolava la pelle dal contatto diretto con il gioiello. Analizzò le pietre rosse, provò qualche incantesimo per romperle, tentò per l'ennesima volta di toglierselo con la magia, poi forzò con le dita, e finì per spezzarsi un'unghia facendo pressione sul gancetto. Si innervosì così tanto Hermione, che perse totalmente la calma: non ce la faceva più. Strinse i denti nel tentativo di sfilare il bracciale, mentre l'unghia rotta dell'indice pulsava violentemente, e le passarono per la testa una serie di pensieri sconnessi, uno dietro l'altro, senza sosta: la magia era inutile, lei era una buona a nulla, non ce l'avrebbe mai fatta, quella storia non sarebbe mai finita, lo spirito l'avrebbe avuta vinta e lei non sapeva neanche più perchè si stava arrendendo a quel modo, proprio lei che non l'aveva MAI fatto. In quel momento sembrava Ron, quando aveva abbandonato la tenda nel cuore della foresta di Dean, stufo di cercare gli Horcrux! Afferrò con prepotenza e nervosismo la bacchetta, iniziando a scagliare tutti gli incantesimi che le passavano per la mente: provò dolore al braccio, si bruciò la pelle, si procurò escoriazioni, ma il bracciale restò intatto al suo posto. Hermione digrignò i denti ancora una volta e con furia riprese a massacrarsi, fino al momento in cui, accecata dalla rabbia della sua evidente impotenza, pronunciò un Diffindo... e tutto tornò alla calma, una calma sospetta.
Perchè l'incantesimo appena fatto aveva tranciato di netto la benda che Draco le aveva girato attorno al polso... ed il bracciale era tornato ad appoggiarsi, malefico, sulla sua pelle.
 
Lo spirito oscuro si inebriò del calore del suo corpo, e l'animo di Hermione tornò docile a farsi controllare.
 
Continua...


 

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 Godric's Hollow ***


 
 
Capitolo 18
Godric's Hollow

 
 
Quando i giardini furono deserti, da un buco tra le radici del ceppo uscì un vecchio coniglio robusto e baffuto, che stringeva una bacchetta tra i denti. Baba Raba saltellò fuori dai giardini e andò molto lontano, la statua d'oro della lavandaia sorse sul ceppo d'albero e da allora in quel regno mai più una strega o un mago furono perseguitati.
Fine
Baba raba e il ceppo ghignante
 
 
Hermione mise un punto all'ardua traduzione di quella fiaba in un tiepido pomeriggio di febbraio, sospirando di tristezza. Era tornata ad avvolgerla una strana apatia da qualche giorno, come se il sole si fosse spento, e tutta la grinta che l'aveva sempre animata, fosse andata a nascondersi chissà dove. Lavorava incessantemente, quasi per evitare di pensare ad altro; passava le ore cercando in ogni modo di mantenersi occupata! Evitava Harry mandando gli Auror a parlare con lui quando un caso spinoso richiedeva il suo aiuto; se le capitava di passare per Diagon Alley invece, salutava Ron attraverso la vetrina del negozio senza entrare dentro, fingendo di andare di fretta...
Non era da lei.
Non era lei!
Era possibile odiare sé stessi? Si, probabilmente si. Perchè era questo che provava Hermione, nei confronti del suo io che non voleva più rispondere alle sue volontà. Lo spirito era tornato prepotente a gestire la sua vita da quando involontariamente aveva tagliato la benda che la proteggeva dalla violenza oscura del bracciale. E non c'era verso di riprendere in mano la sua proverbiale determinazione: quando si trattava di compiere qualsiasi gesto avesse a che fare anche lontanamente con la maledizione dei Belby, Hermione si afflosciava come una foglia in autunno. Si era arrabbiata, aveva provato a combattere, a contrastare con le unghie e con i denti quella sensazione che le si opponeva. Ma niente da fare.
Erano giorni che Hermione oramai viveva in una tremenda irrequietezza, quasi pronta ad esplodere di rabbia repressa, consapevole per la prima volta di essere totalmente impotente.
Raccolse tutte le pergamene che aveva sparso sulla panchina e le infilò in borsa, perdendosi poi a guardare un babbano col suo cane che passeggiavano nel parco comunale di Wallingford. Era stata una giornata un poco più calda rispetto alle precedenti, il sole tiepido aveva illuminato piacevolmente i prati verdi, gli alberi, le facciate delle case e rallegrato i bambini, che Hermione sentiva ridere in lontananza.
Un peso le si depositò di blocco sulla spalla sinistra facendola saltare di spavento, e riprese a respirare regolarmente solo quando si accorse che si trattava di un gufo. Il pennuto lasciò cadere sulle sue ginocchia una lettera, ed Hermione si guardò attorno per controllare che nessuno se ne fosse accorto.
 
Ho alcune novità riguardo il bracciale, forse ho trovato qualcosa che ci può aiutare, ma dovrei parlartene... Se non ti da troppo disturbo, potrei passare in ufficio da te domani pomeriggio.
Draco Malfoy
 
Non seppe definire bene l'emozione che avvertì leggendo il suo nome... chissà perchè, in quei giorni l'aveva quasi dimenticato. Draco Malfoy, strano pure a dirsi, era riuscito nella folle impresa di farle battere il cuore un po' più velocemente rispetto al normale, lì dove gli altri uomini avevano puntualmente fallito. Ed era sicura Hermione che non fosse perchè lui era più bello, o più affascinante, o più ricco degli altri, ma piuttosto perchè aveva fatto un percorso ammirevole per cambiare sé stesso. In fin dei conti, era lusinghiero essere apprezzata da un uomo che l'aveva odiata con tutte le forze! La luce riflessa nei suoi occhi chiari l'aveva fatta smarrire abbattendo tutti i residui di pregiudizio, le mani calde sul suo corpo le avevano di colpo abbassato tutte le difese, la bocca affamata aveva bruciato i suoi freni inibitori...
Le loro carni congiunte, avevano abilmente cancellato il passato.
Ricordava di aver deciso di allontanarlo, forse per paura di innamorarsene davvero, o probabilmente per timore di essere "usata" da lui come mezzo di redenzione. Hermione aveva visto un mare di emozioni sul viso di Draco quando avevano passato la notte insieme: tenerezza, sensibilità, timore, turbamento, incertezza, poi passione, voglia incontrollata, smania di raggiungere il piacere... ma non poteva dire di conoscerlo così a fondo da poter escludere del tutto la falsità dal suo essere! Da ragazzino era stato così maledettamente doppiogiochista che Hermione non se la sentiva di fidarsi completamente di lui e della sua buonafede. In caso di sconfitta rischiava di perderci la faccia, di perderci il cuore, di perdere la fiducia dei suoi amici, di essere derisa da tutto il mondo magico per la sua ingenuità. Immaginava perfettamente le parole che avrebbero usato i giornalisti sul settimanale delle streghe:
 
Hermione Granger perde la testa per un ex mangiamorte! Dimentica della sofferenza, dei dolori della guerra, e di ciò che il suo eterno rivale le ha fatto, cede alle sue infide lusinghe, e ne esce a testa bassa. Forse Draco Malfoy, che in tutti questi anni ha covato un profondo risentimento, si è voluto prendere una rivincita facendo cadere ai suoi piedi l'eroina del mondo magico, per poi metterla alla porta una volta raggiunto il suo scopo... In tal caso, vorremmo sapere cosa è successo al brillante intelletto di Hermione Granger, per cadere tanto in basso!
 
Oh... Merlino! Sarebbe stato distruttivo.
Rilesse la lettera che teneva ancora fra le mani: parlava del bracciale, di informazioni, di un possibile passo avanti nelle ricerche. Quando capì appieno il senso di quella breve frase, di colpo un rancore non suo si impossessò di lei; qualcosa prese il sopravvento distruggendo quel barlume di euforia che le si era affacciato alla mente.
 
Nessuno doveva intromettersi nella storia del bracciale. Nessuno.
 
Ma non era lei a pensarlo, no! Non era lei, maledizione! Non sapeva bene cosa stava per fare, le sembrava quasi di essere guidata come le macchinine telecomandate dei bambini babbani, ed era una sensazione terrificante. Il suo braccio, autonomo, si sporse ad afferrare una penna, e sul retro della stessa lettera speditale da Draco, la sua mano si mosse indipendente, accompagnata dalla forza spirituale di quell'entità infame:
 
Non ho voglia di vederti, e non mi interessano le tue novità. So cavarmela da sola.
Hermione Granger
 
Il gufo di Malfoy spiccò il volo con la risposta nel becco, ed Hermione cadde in ginocchio stringendo violentemente l'erba del parco fra le dita, disperata per ciò che aveva scritto contro la sua volontà.
 
 
***
 
 
"Malfoy? L'hai trovata?" Sussurrò Harry con la bacchetta sollevata in un tenue Lumos.
"No!" Rispose Draco sullo stesso tono basso di voce, continuando a guardarsi intorno.
Si erano intrufolati nel cimitero di Godric's Hollow alla ricerca della tomba della moglie di Damocles Belby, per portare a termine una missione a dir poco rivoltante: riesumare il cadavere della donna dopo quindici anni dalla sua morte.
 
Quando Draco si era presentato al quartier generale per mettere il Capo degli Auror al corrente della possibilità che il sangue nelle pietre del bracciale potesse contenere tracce ed informazioni importanti per arrivare ad una soluzione, si videro costretti a gettare la spugna, consapevoli dell'impossibilità di rompere o manomettere in alcun modo il gioiello. Ma dopo troppo tempo speso a ragionare inutilmente, Harry era stato folgorato da un'intuizione proprio mentre rievocava l'interrogatorio di Marcus ad Azkaban: la nonna del ragazzo possedeva lo stesso bracciale del marito Damocles Belby, per via dell'incantesimo a cui erano legati, e vi era stata seppellita alla sua morte. Il sangue dei coniugi era stato mescolato per attivare la magia... quindi, potevano prelevare quello del bracciale della signora Belby in alternativa a quello di Hermione. E allora avevano deciso di agire il più presto possibile.
 
Proseguivano tra le stradine buie del cimitero adocchiando tutti i nomi, illuminando fiocamente le lastre di pietra con i loro Lumos, tesi più per l'atmosfera lugubre che per qualsiasi eventuale pericolo.
Ron Weasley inciampò in una lapide imprecando a bassa voce, e prese a saltellare di dolore, dopo aver raccolto la bacchetta che gli era sfuggita di mano.
Harry si voltò a guardarlo con aria colma di rimprovero: "Ron, ma ti sembra il caso di imprecare in un cimitero di notte?"
Ron si irritò: "Perchè... di giorno invece? Si può?"
"Per le mutande di Merlino Ron, era tanto per dire!"
"Beh Harry, allora auguro a te di sbattere il mignolo contro l'angolo di una lapide di marmo!"
Draco Malfoy sbuffò sonoramente alzando gli occhi al cielo, poi li richiamò entrambi, puntando la luce della sua bacchetta sulla superficie liscia di una tomba:
ELIZABETH CASSEN IN BELBY
"Eccola!"
Zittirono improvvisamente, e si guardarono tutti e tre negli occhi, terrorizzati da un'implicita domanda: chi di loro avrebbe riesumato il cadavere? Non ci avevano ancora pensato. Ci fu un minuto di silenzioso panico generale, finchè lo sguardo dei più furbi, naturalmente, si posò sul più ingenuo...
"Ehi ehi ehi... non guardate me, maledetti!" Sussurrò Ron più forte che potè. "Non sono il vostro becchino. Io sono venuto solo per coprirvi le spalle nel caso qualcuno si avvicinasse al cimitero!"
"Ma Ron, pensaci!" Gli rispose Harry, ghignando: "Io sono il Capo degli Auror, se qualcuno mi scoprisse rischierei il posto di lavoro, ed ho moglie e figlio, più uno in arrivo! Mentre Malfoy, beh... lui non è neanche amico di Hermione, non è giusto che si prendi una responsabilità simile. Quindi..."
Anche alla luce dei Lumos le orecchie di Ron apparvero di un intenso rosso fuoco, e dopo un incomprensibile borbottio, il ragazzo diede nervosamente le spalle agli altri due e si inginocchiò sbuffando sulla lapide della signora Belby.
 
Lui non è neanche amico di Hermione...
 
Le parole di Potter colpirono Draco come una pugnalata nel petto, anche se dovette ammetterne la verità, purtroppo. Lui ed Hermione Granger non erano amici, non stavano neanche insieme, non erano assolutamente NIENTE. Quando Draco aveva ricevuto tramite gufo la risposta breve e concisa della donna, qualcosa si era irrimediabilmente rotto in lui, come un bicchiere che esplode ad una brusca variazione di temperatura, ed ogni aspettativa che la luce potesse tornare ad illuminare la sua vita, che l'amore potesse farlo rinascere dalle ceneri, che anche per lui ci fosse speranza... erano andati in frantumi. Quando aveva letto quelle parole spietate, aveva quasi sentito il fragore dell'esplosione nel petto, e la lettera tra le sue mani, aveva preso fuoco di magia involontaria.
Sapeva, per sentito dire, che erano le donne a patire maggiormente per amore, ma non era così: anche gli uomini potevano soffrire per l'irragionevole passione nei confronti della persona amata. La differenza però, stava nel fatto che lui era capace di chiudersi a riccio facendosi scudo, dissimulando, e nascondendo il tormento dietro un muro altissimo di falsa indifferenza ed altezzosità. In fondo, Draco Malfoy era un maestro nell'occultare i sentimenti: era sufficiente solo tornare a farlo!
Ma che maledetto stupido idiota, però! Era bastato aprire il cuore un breve momento per restare infinocchiato... Forse, era quella cosa che i babbani chiamavano Karma. Aveva passato talmente tanto tempo a disprezzare Hermione Granger che ora il destino gliene stava chiedendo il conto, facendolo soffrire per la sua indifferenza. Draco si arrese all'evidenza che, per lui, non ci sarebbe davvero mai stata pace.
 
 
"Malfoy? Ci sei? Hai sentito quello che ti ho detto?"
Quando Draco tornò lucido, richiamato dal mormorio sommesso di Harry Potter che lo chiamava, per poco non svenne: uno scheletro rattrappito giaceva a terra, coperto da stracci ammuffiti, che probabilmente erano stati abiti di buona fattura. Una massa informe di capelli copriva il cranio e... Merlino, brandelli di quella che sembrava pelle erano ancora attaccati alle ossa. Sbiancò di botto, preso da un giramento di testa. Ron Weasley, con la faccia schifata ed una mano premuta su naso e bocca, si rivolse al cognato, mentre guardava Draco di sottecchi:
"Harry, lascialo perdere! Non vedi che la donnicciola sta per perdere i sensi? Credo sia meglio che lo prenda tu il bracciale! E fa in fretta, miseriaccia! Comincio a sentirmi male anch'io!"
Mentre Harry toglieva il gioiello dal polso scheletrico della signora Belby e Ron si affrettava a rimettere le spoglie al suo posto, Draco vomitava tutta la cena, inginocchiato accanto ad una lapide poco lontana.
 
 
***
 
 
Nel momento esatto in cui Draco rimetteva i suoi succhi gastrici nel cimitero di Godric's Hollow, Hermione invece si svegliava di soprassalto nel letto di casa sua, stravolta dai brividi:
Aveva sognato di mordere a sangue Lavanda Brown. Per fortuna si era destata di colpo, poco prima che i suoi denti affondassero nella carne della ragazza.
Sul letto sfatto, Hermione tentò di togliersi dal viso le ciocche di capelli appiccicate di sudore, mentre i polmoni le si riempivano e svuotavano spasmodicamente alla ricerca affannosa d'aria. Buttò le coperte di lato, e scese a piedi nudi per andare a bere un enorme bicchiere d'acqua, nella speranza di dimenticare quell'incubo.
Perchè Lavanda Brown?
Il silenzio della casa era totale a quell'ora di notte, tanto che Hermione sentì il suo stesso sospiro con l'intensità di un boato. Si poggiò di schiena al ripiano della cucina e trangugitò l'acqua fresca di frigo come se non bevesse da giorni. Non aveva molta voglia di analizzare quel sogno, troppo orripilante... soprattutto per i sentimenti che l'avevano animata mentre osservava Lavanda svenuta a terra: il desiderio ardente di morderla, l'eccitazione che le faceva battere il cuore rapidamente, l'euforia della violenza, la fame...
La fame?
Fame di cosa, maledizione?
Aprì il frigorifero per riporre la bottiglia d'acqua, decisa a tornarsene a letto, quando l'occhio le cadde su una ciotola che conteneva una bistecca cruda. Hermione l'afferrò impulsivamente e rimase imbambolata a guardare il rigagnolo di sangue che si era accumulato sul fondo del contenitore...
Fu assalita dalla stessa sensazione che aveva provato mentre si chinava sul corpo di Lavanda Brown. Era la stessa fame.
Bagnò un dito nel sangue, senza avere davvero la volontà di farlo, e se lo avvicinò alle labbra, infervorata. In quei terribili secondi le passarono per la testa così tanti pensieri che non ne capì neanche il senso; fiutava quell'odore ferroso invasa da ricordi appaganti che Hermione però, non riconobbe per suoi... scene di violenza, carni strappate, malvagità. Riuscì con sofferenza a riappropriarsi di sé e si precipitò a buttare la carne nel cestino della spazzatura, lavandosi le mani tre volte per cancellare definitivamente l'odore del sangue sulle sue dita.
 
Quella notte, c'era la luna piena...
 
 
Continua...




 
 
 
 

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 Ministero della Magia ***


 
 
Capitolo 19
Ministero della Magia

 
 
 
Nell'ora di punta, il pavimento nero e lucido dell'atrio del Ministero veniva calpestato da centinaia e centinaia di piedi; gli aereoplanini di carta incantati sfrecciavano alla velocità della luce per infilarsi in ogni corridoio, ogni porta, ogni ascensore; i camini lavoravano incessantemente sputando o risucchiando maghi; voci metalliche e monotone davano informazioni generiche ai visitatori o ai dipendenti... insomma: il caos regnava incontrastato. Draco Malfoy registrò la sua bacchetta al banco dell'accettazione, guardandosi intorno con crescente nervosismo: non amava stare a contatto con tutta quella gente, ed ultimamente gli stava capitando spesso! Troppo spesso! Aveva messo piede al Ministero più volte negli ultimi mesi che in tutta la sua vita!
 
"Ho un appuntamento con il Capo degli Auror."
Pronunciò con voce svogliata, in direzione dell'uomo di mezza età seduto dietro la scrivania, che annuì riconsegnandogli la bacchetta. Draco se la rinfilò nella tasca interna della giacca e gli diede le spalle, senza neanche darsi la pena di ringraziarlo. Non era mai stato particolarmente garbato con nessuno Draco, ma la confusione di maghi che correvano, si urtavano, cianciavano con voce alta, o ridevano, lo stava innervosendo ancora di più, lui che era abituato da anni al silenzio della sua solitudine volontaria... E poi lo guardavano, e questo lo mandava in bestia più di ogni altra cosa: lo osservavano di sottecchi, come fosse una bestia curiosa, gli lanciavano fugaci occhiate malevole, come per fargli capire che non era gradito, alcuni addirittura si erano dati delle gomitate sussurrando tra loro.
 
Aveva l'aria truce mentre schivava la gente per dirigersi spedito al secondo piano, dove lo aspettava Potter con i risultati delle analisi effettuate sul sangue del bracciale della signora Belby. Si trattava di informazioni fondamentali, che con altissime probabilità gli avrebbero permesso di avvicinarsi alla soluzione, e Draco pregò con tutte le forze che fosse vero, per poter mettere finalmente un punto ad una situazione che stava diventando, per lui, imbarazzante, deprimente, sgradevole, dolorosa perfino...
Quando alzò lo sguardo, vide Hermione immobile di fronte a lui, che lo guardava anch'essa con gli occhi sgranati di sbigottimento. Stringeva la sua ventiquattrore in una mano, aveva i capelli sciolti portati su una spalla, ed era meravigliosa. Non era obiettivamente la donna più bella del mondo, Draco ne aveva viste parecchie di bellezze statuarie, anzi, a dire il vero qualcuna se l'era perfino portata a letto, per attrazione! Come tutti gli uomini possono essere attratti dalla sensualità prorompente di una femmina formosa e scaltra. Ma era quell'attrazione che ti tiene con i piedi ben piantati per terra, che non ti fa perdere la testa come un cretino, che non ti fa innamorare. Ecco. Perchè per l'amore serviva ben altro...
L'amore non guarda la taglia di un seno, o la sensualità sfacciata che viene usata per piacere a tutti i costi! Per amare basta perdere lo sguardo nei suoi occhi, imbambolarsi ad ascoltare il cuore fare le capriole, guardare i lineamenti puliti e perfetti di un viso, sorridere ai gesti timidi e impacciati di lei che si imbarazza per tua presenza. Esattamente quello che Hermione gli stava procurando in quel momento.
Purtroppo però, perse all'istante ogni slancio, ricordando come l'avesse allontanato dopo che lui, come une un idiota, l'aveva amata senza freni, senza nascondersi, buttando alle ortiche tutte le difese che aveva eretto negli anni attorno alla sua persona. Trattato come una scarpa vecchia, dopo essere stato manipolato. E pensare che di norma erano gli uomini ad approfittarsi delle donne!
Fu tentato di darle le spalle e cambiare direzione: a Draco, ormai deluso, faceva male pure solo averla davanti. Un'ondata di gelo intenso lo pervase da capo a piedi, come se il sangue avesse smesso di circolargli nel corpo, i polmoni congelati non volessero riempirsi d'aria, come se uno schianto all'altezza del cuore avesse frantumato ogni suo equilibrio.
 
"Draco..." Hermione stentò a parlare, emozionata suo malgrado dalla sorpresa di ritrovarselo vicino.
Non volle ascoltarla, non volle perdersi di nuovo a guardare il suo viso bellissimo che in quel momento esprimeva stranamente tenerezza e pudore, ed allora la sorpassò diretto all'ascensore, senza dire una parola. Non poteva diventar pazzo dietro Hermione Granger: non poteva permetterselo, dannazione! Lo aveva fatto innamorare come un ragazzino, e poi gli aveva detto chiaro e tondo di non aver bisogno di niente. Cosa cazzo voleva da lui, adesso?
Hermione si affrettò a seguirlo, non sapendo neanche perchè lo stava facendo. Era stato un impulso naturale, e si intrufolò nell'ascensore prima che questo si chiudesse definitivamente. Aveva il fiatone.
"Che cosa vuoi, Granger?!" Le disse in modo piuttosto sgarbato, a bassa voce, per non farsi sentire da un dipendente del Ministero che occupava anch'esso l'ascensore in corsa.
"Sapere come stai..."
Glielo chiese con voce tremante, consapevole del danno che involontariamente aveva fatto spedendogli quella risposta sgarbata tramite gufo. Hermione voleva tanto dirgli che non era stata lei, o meglio, che non era stata la sua volontà a farle scrivere quelle parole, ma non riusciva a parlare, bloccata ancora una volta da quel maledetto qualcosa che le metteva costantemente i bastoni fra le ruote. Ed ora, le stava rovinando anche i rapporti che aveva con lui.
Draco sollevò un sopracciglio, allargando leggermente le braccia in un gesto annoiato: "Sono qui e sono in piedi, ovvio che sto bene!" E proseguì a guardare dritto di fronte a sé, senza mai incrociare gli occhi della ragazza.
 
"LIVELLO SETTE: UFFICIO PER I GIOCHI E GLI SPORT MAGICI" La voce metallica di una donna scandì lentamente le parole, e l'ascensore si fermò di botto, lasciando uscire il mago frettoloso, per poi riprendere la sua corsa sfrerragliando.
Hermione sospirò frustrata, consapevole di dover combattere una bella battaglia, e cercò di avvicinarsi a Draco che, senza farsi notare, aveva stretto i denti, a disagio. Quella donna gli aveva sempre procurato sentimenti intensi, incontrollabili, anche se anni prima quegli stessi sentimenti aveva preferito catalogarli con il termine: disprezzo. Aveva lo sguardo ostinatamente rivolto da un'altra parte quando sentì improvvisamente un calore intenso nella sua mano sinistra: lei gli aveva afferrato delicatamente le dita, allacciandole alle sue. Chiuse un attimo gli occhi, e mentre inspirava profondamente, Draco non potè fare a meno di ricambiare la stretta.
"Draco, io... vorrei dirti... non riesco a..."
Hermione voleva gridare, chiedergli aiuto, fargli capire che non era più lei. Ancora, di nuovo. Che come una cretina aveva tagliato le bende che le proteggevano la pelle dal bracciale, così l'entità maledetta aveva ripreso possesso della sua mente, e lei non riusciva più a fare niente. Draco non poteva neanche indovinarlo da sé il problema, perchè il suo polso era coperto dal maglioncino bianco che indossava, e non c'era verso di tirarsi su la manica per farglielo vedere: l'idea le era stata prontamente bloccata sul nascere dalla forza di quello spirito infame.
Hermione, dopo la notte passata insieme, aveva più volte meditato di troncare con Draco, per mille motivi, tra cui la paura di innamorarsene, o di essere usata solo come mezzo di redenzione e forse addirittura sfruttata come trampolino di lancio per una totale riabilitazione in società: da Draco Malfoy ci si poteva aspettare di tutto in fondo, ma... Tutta la tensione, l'evidente nervosismo, il non volerla guardare negli occhi, rivelavano qualcosa di diverso nell'animo tormentato del giovane.
La delusione.
Negli occhi di Draco si palesava un evidente dispiacere, ed Hermione credette di sentirsi male, quando venne investita in pieno dalla scoperta di ciò. Così, tutte le riflessioni fatte sulla sua slealtà, l'ipocrisia, il doppiogiochismo, fallirono miseramente di fronte alla concreta possibilità che lui, quella volta, l'avesse amata per motivi diversi dai suoi interessi personali.
Lo baciò impulsivamente, sollevandosi con le punte dei piedi alla sua altezza, e lui spalancò gli occhi, senza reagire.
Non ebbe la cognizione esatta del tempo che passò, ma Draco si ritrovò all'improvviso a ricambiarla di slancio, cercando la sua lingua con movimenti dolci e lenti. Aveva capitolato, buttando all'aria il proposito di odiarla, solo perchè lei adesso lo stava febbrilmente toccando. Le afferrò il viso con entrambe le mani, premendo più che potè la bocca sulle sue labbra rosse, respirandole sulla pelle, attaccandosela addosso. Il contatto con la sua carne gli era mancata terribilmente, tanto che era bastato il mescolarsi della loro saliva, e lo strofinio delle lingue, a caricarlo d'eccitazione incontrollabile. Era così bella ai suoi occhi... ed intuì con amarezza che sarebbe stata lei la donna della sua vita, quella che lui avrebbe scelto gettandosi pure nel fuoco, se solo però, non si fosse chiamata proprio Hermione Granger. Troppo lontana da lui, dal suo modo di vivere, troppo giusta, troppo pura, troppo virtuosa per permetterle di sporcarsi con la sua oscurità, con le sue colpe orribili. Condividendo la vita avrebbero avuto sempre qualcosa da rimproverarsi vicendevolmente purtroppo, ed il loro rapporto sarebbe marcito in breve tempo. O forse era già marcio prima ancora di iniziare. Draco sapeva che, alla nascita, non era stato baciato dal fato. Era un dato di fatto.
Si separò dalle sue labbra con uno schiocco più forte degli altri, e l'allontanò con garbo: non voleva turbarla con la sua erezione, per fortuna non ancora irreparabilmente evidente. E poi doveva lasciarla andare. Per il suo bene: non erano destinati ad essere felici, o piuttosto, lei non sarebbe mai stata felice con lui....
Si era accorto con amarezza di essere diventato altruista. Lui. Altruista. Draco Malfoy. Sbalorditivo. No, certo che no! Non era improvvisamente divenuto buono e leale con il resto degli esseri umani, ovvio! Lui era, e sarebbe sempre stato, un cinico egoista bastardo che tendeva a proteggere solo ed esclusivamente chi amava. Solo che adesso, semplicemente, alla lista delle persone care si era aggiunta Hermione, oltre a sua madre e suo padre... E lei non meritava ulteriore sofferenza per mano sua, che gliene aveva procurata in abbondanza già ai tempi di scuola.
Fu riscosso dalla voce impacciata della donna, e dal leggerissimo rossore delle sue gote:
"Draco, ti... ti andrebbe di vederci, più tardi?"
I suoi occhi grigio azzurri la fissarono con intensità ed Hermione tremò intimamente, colpita come ogni stramaledetta volta, dalla bellezza di quello sguardo chiarissimo e spiazzante.
 
"LIVELLO UNO: UFFICIO DEL PRIMO MINISTRO" Li disturbò di nuovo la voce monotona.
Draco corrugò le sopracciglia: "Ma come UFFICIO DEL PRIMO MINISTRO?"
Borbottò fra sé e sé per aver mancato il secondo livello, e si preparò a rifare il percorso inverso per raggiungere Harry Potter.
Quando l'ascensore si aprì sul corridoio che portava al quartier generale, Draco sospirò, e mentre usciva senza guardare in faccia Hermione, si decise a rispondere alla sua domanda con un tono di voce che provò con tutte le forze a far apparire distaccato, nel tentativo di non farle capire la sua disperata lotta interiore:
"Mi dispiace Hermione. Ho da fare. Non posso."
 
 
***
 
 
 
Harry Potter lo aveva aspettato con le mani in tasca, guardando fisso fuori dalla finestra del suo studio da Capo Auror. Gli operai della manutenzione magica quella mattina avevano installato un paesaggio Newyorkese, che ora volgeva all'imbrunire. Quando sentì bussare alla porta, si voltò con sguardo pensieroso ed accolse Draco Malfoy senza dire una parola; poi afferrò il referto cartaceo ottenuto dal campione di sangue contenuto nel bracciale della signora Elizabeth Belby e lo depositò neanche troppo delicatamente sulla scrivania, di fronte al ragazzo che si era appena seduto. Con un'occhiata silenziosa, Harry lo incitò a leggere da sé e Draco, colpito dall'atteggiamento troppo serio dell'Auror, corrugò le sopracciglia, apprestandosi ad analizzare con preoccupazione il referto.
 
Dal campione, emerge che il sangue non è di un'unica persona, bensì due, unite da un incanto Amethystus. Un uomo e una donna.
Dalle magie effettuate, si evince inoltre che l'uomo è deceduto da pochi mesi, mentre la donna è morta presumibilmente fra i quindici e i sedici anni fa. Non è affiorato nulla di particolarmente importante, se si esclude il fatto che la donna, in vita, abbia sofferto di licantropia.
*Allegate in seconda pagina, le comuni analisi babbane, che riguardano la composizione precisa del sangue.
 
Draco sollevò gli occhi dai fogli e guardò Harry, tremendamente confuso: "La signora Belby era un lupo mannaro, Potter?"
Harry sospirò, scompigliandosi i capelli neri: "A quanto pare si... E noi ci siamo ritrovati involontariamente a scoprire un curioso segreto!" Prese posto sulla sedia, e non nascose le sue perplessità: "Ma siamo rimasti al punto di partenza, Malfoy! Abbiamo fatto analizzare il sangue per scoprire se ci fosse traccia di altre maledizioni che potessero indirizzarci alla soluzione del problema. Invece, a parte la licantropia della signora Belby, non è emerso un emerito cazzo!" Harry sul finale alzò la voce, mostrando tutta la sua frustrazione. Draco riprese irrequieto a leggere il referto, quasi sperando che dopo un'altra lettura, saltasse magicamente fuori un indizio che facesse al caso loro. Alla fine si arrese, sbattè il plico sulla scrivania e si alzò di scatto, portandosi una mano alla fronte e camminando avanti e indietro teso, pensieroso. Sbuffò, palesemente angosciato, ed Harry, nonostante l'apprensione che stava annichilendo anche lui già da qualche ora, non potè non notare il coinvolgimento emotivo di Draco. Fu quasi sul punto di dire qualcosa di sciocco, come: Malfoy, non mi dire che ti stai preoccupando per la mia amica ora?
Ma Harry sapeva che Malfoy si sarebbe irritato nel giro di mezzo secondo, trasformandosi in un avvicino inferocito, così... l'idea di punzecchiarlo sulla sua evidente sbandata per Hermione, lo abbandonò subito. Vederlo così ansioso lo stava confondendo. Aveva capito da parecchio che le cose fra loro erano cambiate, ma "sperimentare" con i suoi occhi gli effetti di quei cambiamenti, non era proprio come fare una passeggiata, ecco! Ci sarebbe voluto tempo per metabolizzare la situazione, abituarsi al fatto che scene di quel tipo sarebbero state sempre più frequenti, per adattarsi perfino a vederli insieme, prima o poi...
Certo, sarebbe arrivato il giorno in cui Harry avrebbe fatto un bel discorsetto a Draco Malfoy per aprirgli le orecchie e mettergli in chiaro alcuni punti, a costo di lanciargli un Pietrificus! Gli avrebbe intimato di comportarsi bene con Hermione, di non azzardarsi neanche lontanamente a trattarla come aveva fatto in passato, ma al contrario prendersene cura anche meglio di qualsiasi altro uomo, per scontare i suoi infami precedenti; adorarla, metterla sopra ogni cosa, strisciare ai suoi piedi, farla felice, tagliarsi perfino un arto, se solo lei ne avesse avuto bisogno...
Ma quello non era il momento adatto: Harry era perfettamente consapevole del fatto che l'amore fra loro aleggiava nell'aria ma, purtroppo (o per fortuna), non lo avevano ancora capito appieno, ed una simile sparata da parte sua lo avrebbe fatto passare solo per un pagliaccio molto poco simpatico.
Merlino santissimo! Cosa aveva fatto di male Harry per dover vedere, durante il corso della sua vita, prima il mago oscuro più potente del mondo uccidere i babbani, e poi Draco Malfoy innamorarsi di Hermione Granger?
 
"Damocles Belby, Potter!"
"Cosa, Malfoy?" Si riscosse l'Auror, ed i pensieri di prima svanirono dalla sua mente come fumo, facendolo tornare alla realtà.
"Damocles Belby, dico... è stato uno dei più grandi pozionisti degli ultimi tempi, no?"
"Si, Malfoy!" Harry però non capiva cosa volesse dirgli.
"E' stato lui ad inventare la pozione anti-lupo per annullare gli effetti della licantropia!" Draco si sfregò il mento e riprese a parlare, concentrato: "Sono certo che l'abbia fatto per curare sua moglie!"
Harry sgranò gli occhi: "Caspita! Hai ragione Malfoy! Maledettamente ragione!" Sbattè un pugno sulla superficie piana della scrivania: "Però... Purtroppo questa cosa non ci aiuterà a risolvere il problema di Hermione." E si afflosciò sullo schienale della sedia, con aria affranta.
"E' una cosa curiosa, comunque..." Riflettè Draco, che poi parlò ancora: "Ho come... come la sensazione che questo segreto, affiorato proprio adesso, non sia solo una coincidenza." Si toccò il mento e le guance pungenti di barba meditando ogni ipotesi, vagliando anche quella più improbabile: "E se l'entità che si è insinuata nel bracciale durante la seduta spiritica operata da quei deficienti, fosse proprio quello della signora Belby?"
Harry negò lentamente con la testa: "No, Malfoy. Ricordati che lo spirito ha ucciso il vecchio Damocles, e tormentato per mesi Marcus! Che motivo avrebbe avuto Elizabeth Belby di provocare la morte del marito, se si amavano? O di far del male a suo nipote? No... l'ipotesi non regge."
Draco sospirò, sconsolato: "Già... è vero!" Dopo qualche attimo di silenzio poi, deviò leggermente il discorso: "Non pensi sia il caso, a questo punto, di scagionare Marcus Belby? Ormai è evidente che non sia lui il vero colpevole!"
Harry tossì brevemente, prima di spiegare: "Per il momento non posso, Malfoy! Per farlo, dovrei rendere pubblica la storia del bracciale, e rischierei di compromettere Hermione. Mi duole per quel ragazzo è ovvio, ma purtroppo dobbiamo risolvere prima il problema. E poi, qualche altro mesetto di carcere gli spetta in ogni caso! Ti ricordo che la questione delle sedute spiritiche per truffare i babbani è reato, ed i suoi vecchi compari Harper e Warrington, sono ancora dentro per questo! Perciò, non mi sento troppo in colpa!"
Draco non rispose, annuì brevemente con il capo e chiuse la questione con un'ultima domanda: "Cosa facciamo adesso?"
Harry lo guardò, sconvolto: "Non ne ho la più pallida idea, Malfoy! Siamo nella merda..."
 
Continua...





 
 

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Capitolo 21
*** Capitolo 20 Quella maledetta voce ***


Capitolo 20
Quella maledetta voce

 
 
Erano ormai passati cinque mesi da quel lontano giorno in cui Draco Malfoy, al teatro l'Unicorno bianco, si era ritrovato al fianco di Hermione Granger ed aveva scoperto la maledizione del suo bracciale. Allora, si era trattato di un episodio apparentemente di poco conto, come tante altre cose che gli capitavano durante il corso della propria vita: l'incontro casuale con un anziano amico di suo padre, una piccola discussione con qualche affittuario che tardava a pagare, i profitti delle sue tenute che a volte non quadravano ma poi rifacendo i conti si accorgeva che aveva sbagliato un'operazione, o sua madre che lo tartassava convinta che lui dovesse uscire da quello stato di apatia e deprimente solitudine per trovarsi una donna...
Invece, quella sera era stata diversa, profondamente diversa rispetto ogni altro banale avvenimento che aveva scandito il ritmo delle sue giornate: la serata all'Unicorno bianco aveva sancito il lento ed irrecuperabile cambiamento del suo io più profondo, portandolo a scoprire lati di sé che non avrebbe mai immaginato di possedere. Aveva assaporato il desiderio di aiutare qualcuno e di sentirsi quasi felice nel farlo, aveva scovato nei recessi della sua anima quel briciolo di altruismo che era sicuro gli mancasse totalmente, aveva abbattuto il muro spesso del disprezzo per esporsi ai sentimenti più sinceri senza imbarazzo, aveva saggiato l'emozione del proprio cuore che batteva di un sentimento finalmente diverso dalla paura...
 
Draco Malfoy aveva scoperto che l'amore era l'emozione più violenta che un essere umano potesse provare. Più forte perfino dell'odio... e lui lo sapeva bene.
E finalmente, alla soglia dei trent'anni, Draco era riuscito a capire che Lord Voldemort era stato tanto spietato, semplicemente perchè non aveva mai conosciuto la potenza incontrollabile dell'amore più profondo. E finalmente, Draco ebbe pure la comprensione più completa di ciò che Albus Silente, in vita, aveva tentato incessantemente di spiegare: che solo l'amore poteva sconfiggere il male, che solo l'amore dava la forza per andare avanti, che solo l'amore rendeva migliori...
Stava cambiando? Forse si. Ma perchè?
 
Il viso pulito e regolare di Hermione Granger apparve a tradimento nella sua mente, dandogli quella risposta che non avrebbe mai voluto pronunciare a voce alta.
 
Stava calpestando i marciapiedi della città, in una rara quanto incomprensibile escursione nel centro di Londra. Nel suo completo totalmente nero, si faceva accarezzare il viso ed i capelli biondi dal venticello frizzante di metà marzo, osservando serenamente i lampioni di Regent Street che si erano appena accesi per l'approssimarsi dell'imbrunire. Superò una vetrina piena di peluches dagli occhioni dolci, e si fermò di botto, tornando indietro. Rimase a guardarli assorto, senza pensare a nulla di particolare, o piuttosto, facendo FINTA di non pensare a nessuno in particolare! Entrò nel negozio, con la sua aristocratica eleganza, facendo voltare i clienti: lo osservarono un paio di donne, incantate dalla sua bellezza fredda, e lo osservarono anche tutti gli altri, semplicemente perchè la sua figura stonava nella vivacità dell'ambiente.
Ne aveva fatte tante di stronzate nella sua vita Draco, e considerò che questa non sarebbe stata né peggiore né più compromettente delle altre, e comunque aveva ammesso già da un pezzo che il suo cervello bruciato se n'era andato in vacanza! Afferrò per le orecchie un orsacchiotto marrone, e pensò a come (chissà perchè) tutte le donne adorassero quei cosi pelosi che si riempivano puntualmente di polvere. Lo gettò poi sul bancone, e guardò la cassiera con aria di sfida, come a dirle: Cosa c'è? Non posso comprare un pupazzo, forse? Ma Draco non era un babbano, e non sapeva che alla commessa non importava proprio nulla di cosa lui stesse comprando.
 
"E' un regalo, vero?" La voce disinteressata della commessa lo meravigliò non poco, lui che era già pronto a rispondere con quanta più acidità gli fosse possibile.
Rimase interdetto: "S-si." Balbettò.
Draco la osservò poi trafficare con l'orsacchiotto, allacciargli alla vita una scatolina di cioccolatini, farci un bel fiocco, e riconsegnarglielo sotto il suo sguardo sbigottito.
N-non... non poteva, no... cioè... era ridicolo... I cioccolatini no... Il fatto era che...
"Sono trenta sterline, grazie!" La voce della cassiera lo svegliò dalla trance.
Come? Cosa? Draco tornò subito con i piedi per terra, riprendendosi dai suoi scompigli mentali. Trenta sterline? Maledizione, aveva dimenticato di trovarsi nella Londra babbana... e lui in tasca aveva solo Galeoni! Ma come diavolo aveva fatto a dimenticarsi una cosa del genere? Era diventato più tonto di Neville Longbottom ai tempi di scuola!
 
Ma la giovane improvvisamente cambiò espressione, i suoi occhi si fecero vacui, assenti, e sorridendo come un automa, ringraziò quel bizzarro cliente dai capelli troppo biondi, augurandogli buona giornata. Draco sorrise beffardo, allentando la presa dalla bacchetta, poi afferrò la busta ed uscì dal negozio, riprendendo a camminare per Regent Street.
 
Essere un mago, aveva sempre i suoi notevoli vantaggi...
 
 
***
 
 
Toc toc toc.
Erano le undici del mattino di una soleggiata domenica di marzo. Tre colpi leggeri sulla porta dello studio di Grimmauld Place n 12 disturbarono i due occupanti, intenti silenziosamente a trovare possibili soluzioni al loro caso più complicato, e soprattutto più preoccupante a livello emotivo. Harry lasciò Draco Malfoy a riflettere, invitando sua moglie ad entrare nella stanza. Ginny si affacciò, facendo dondolare la fulgida chioma rossa tipica della razza Weasley, e la sua figura appesantita dalla gravidanza si fece un poco avanti, attirando l'attenzione:
"Vorrei sapere se avrò il dispiacere di averti anche per pranzo, Malfoy! Sai... per prepararmi psicologicamente!"
Ma nonostante l'aria sarcastica, Ginny alla fine sorrise, ammorbidendo l'asprezza delle parole. Era sempre stata un po' troppo peperina, ma la saggezza dell'età adulta aveva bilanciato naturalmente quel suo eterno istinto all'insolenza. E poi, si era accorta anche lei dell'impercettibile cambiamento di Malfoy, che negli ultimi anni era quasi totalmente sparito dalla circolazione rifugiandosi nella sua enorme villa, per isolarsi dal disprezzo che suscitava nella gente. E all'inizio ne era stata pure tremendamente soddisfatta Ginny, che aveva pensato mille volte a come gli stesse bene a quell'infame, codardo, malvagio ed altezzoso, di rimanere solo come un cane a leccarsi le ferite, maltrattato, criticato e schifato da tutto il mondo magico, così che finalmente capisse quanto dolore potesse provocare il razzismo su di una persona. Poi però, col tempo, era subentrata la maturità, la tendenza al perdono, la bontà e l'altruismo tipico della famiglia Weasley... e Draco Malfoy aveva cominciato a farle quasi pena.
Qualche giorno prima, Harry le aveva raccontato cosa stava succedendo ad Hermione, e Ginny aveva deciso definitivamente di provare con tutto il cuore a non odiare più Draco Malfoy che, o per ricatto o per reale senso del dovere, aveva deciso comunque di aiutare suo marito a salvare la loro amica da quel bracciale e dallo spirito malvagio che vi abitava. E così, Ginevra aveva inghiottito l'ultimo boccone amaro, rinchiuso a doppia mandata i deboli residui d'astio, per dare una chance a quello che, per tutti loro, era stato prima il bulletto della scuola, e poi il nemico che aveva fatto entrare i Mangiamorte ad Hogwarts.
 
"Allora, Malfoy?" Lo sollecitò, per farsi dare una risposta.
Draco Malfoy non si era offeso per il sarcasmo, o forse non lo diede a vedere, ma si voltò a guardare Ginny Potter con sguardo serio, perdendosi ad osservare la rotondità prominente del suo ventre. Raramente aveva avuto a che fare con una donna incinta, e non poteva negare che fosse uno spettacolo strano, vedere un corpo alterato in una tale maniera: un essere umano che conteneva e proteggeva un altro essere umano! Disturbante, quasi. Non gli piaceva molto a dire il vero! Però, un pensiero traditore si affacciò rapido alla sua mente, dicendogli che no, in realtà non poteva disturbarlo la visione di una donna con la pancia tesa ed il corpo trasformato dalla gravidanza! Gli sarebbe piaciuta eccome, se solo quella donna fosse stata... beh... un'altra, ecco! E se quel ventre gonfio fosse stato opera sua...
 
"Ti ringrazio per il desiderio dimostrato nel volermi avere a pranzo a tutti i costi, ma avevo già altri programmi, Signora Potter! Spero di non farti morire di dolore per il rifiuto!"
Draco la guardò con l'espressione sarcastica, e Ginny scoppiò a ridere. "Tranquillo Malfoy, andrò subito ad ingurgitare una pozione antidepressiva!" E a quel punto, anche Draco rise sommessamente, mentre Harry invece sospirava, rilassando finalmente i muscoli tesi delle gambe e delle braccia.
Quando sua moglie era entrata parlando a Malfoy con la sua aria strafottente, un rivoletto di sudore freddo gli aveva attraversato la schiena, convinto che nel giro di un minuto avrebbe dovuto mettere mano alla bacchetta per sedare gli animi. Aveva immaginato le solite parole forti uscire dalla bocca di entrambi; si era figurato Malfoy allargare le narici per il nervosismo e sputare il suo veleno, Ginny sogghignare soddisfatta per la sua vittoria tutta femminile... ed invece non era successo nulla. Non era successo assolutamente nulla.
Ed improvvisamente, Harry fu travolto dalla pesantezza degli anni che si erano succeduti uno dietro l'altro, dal tempo che era passato da quei giorni lontani, dai miglioramenti avvenuti in tutti loro. Erano cambiati: era diventato più assennato lui, era diventata più adulta Ginny, era diventato più serio e composto Ron, era diventato più malleabile Malfoy, si era liberata dalla sua estrema rigidità anche Hermione... Ma soprattutto, si era INNAMORATA del suo vecchio nemico, Hermione! E Malfoy aveva una luce diversa nei suoi occhi chiari, una luce che Harry non gli aveva mai visto prima.
 
Si alzarono dalle poltroncine della scrivania, e si diressero tutti al piano inferiore. Draco, in realtà, non aveva nessun impegno, nessun altro programma per quel giorno ma, restare a pranzo a casa di Harry Potter, gli era sembrato veramente troppo, da sopportare.
Mentre si congedavano nell'ingresso però, suonò il campanello, e Ginny aprì la porta in un gesto istintivo. Rimasero tutti a guardarsi senza pronunciare parola per una decina di secondi abbondanti. C'era Hermione Granger sull'uscio spalancato, che posava il suo sguardo dall'uno all'altro alternativamente, con l'aria stupefatta e la tentazione di dire qualcosa come: Cosa ci fa Draco Malfoy a casa di Harry Potter? Infatti aprì bocca un paio di volte, indecisa, ma l'idea di parlare la abbandonò quando il piccolo James arrivò di corsa dalla cucina, sbandando con la sua camminata ancora un po' incerta, ed abbracciarle affettuosamente le gambe.
 
"Beh... Ciao Hermione! Che fai sulla porta!?! Vieni, entra!" Ginny spezzò così l'imbarazzo generale, e le sorrise sincera, mentre Hermione prendeva in braccio il bambino, baciandolo dappertutto. Harry le fece l'occhietto, e Draco invece la guardò di sfuggita, indeciso su come comportarsi, troppo a disagio per l'imprevisto di ritrovarsela davanti.
"Sono passata per vedere come stai Ginny!" Hermione fingeva di giocare col piccolo James, anche se gli occhi non potevano fare a meno di fuggire di tanto in tanto dal visetto rotondo del pupo per soffermarsi rapidi sul volto di un uomo troppo serio...
 
"Io vi saluto. Grazie per l'accoglienza, Potter!" Disse Draco con fare piuttosto rigido, poi sollevò il capo anche in direzione di Hermione, per non fare la figura del maleducato. Tanto era inutile pensare e ripensare mille volte al giorno a come comportarsi con lei, a cosa dirle, a cosa fare; se lasciarsi andare o lasciarla andare! Con lei si vergognava come un ragazzino quando un adulto gli offre le caramelle! Ogni buon proposito svaniva nel nulla, il cervello gli andava in fumo, ed una sirena cominciava a suonare l'allarme per avvisarlo di scappare.
Draco era diventato una contraddizione vivente in quei pochi mesi: pregava costantemente di riuscire a dimenticarsi l'amore per lei, due minuti dopo invece, desiderava la sua bocca; tornava ad odiarla, poi comprava un maledetto orsacchiotto pensando a lei, e si vergognava a darglielo. Voleva parlarle, per chiarire qualche punto sul loro strano rapporto, e quando l'aveva davanti, fuggiva. Esattamente quello che stava facendo adesso.
 
Ma le cose non andarono come al solito. Successe qualcosa di diverso, e successe nel giro di pochi attimi...
 
Hermione, improvvisamente, perse il contatto con la realtà, vedendo tutto sfocato di fronte a sé. Una rabbia cieca ed assolutamente non sua la invase; ebbe l'impressione che qualcosa volesse usarla per comunicare. Parlò senza avere la percezione di ciò che diceva, quasi che non fosse davvero lei a pensare. Ed in effetti NON era lei a pensare.
L'entità malvagia era riuscita a superare lo scoglio della sua incredibile forza spirituale, prendendo il controllo della sua mente. Da quando sbadatamente aveva tolto la fasciatura, era precipitata di nuovo nel baratro. Guardava Draco fisso negli occhi, e lo vedeva diverso, come se lo stesse osservando dal punto di vista di un'altra persona. Dalla gola la sua voce sbucò fuori  roca, quasi maschile, e più profonda del normale, mentre lei invece lottava disperatamente per impedirle di uscire:
"Il signorino è riuscito a sfangarla, a quanto vedo! Troppo nobile per essere sbattuto ad Azkaban come tutti gli altri, vero? Piccolo, lurido codardo. Sei un infedele: ecco cosa sei! Tu e la tua famiglia, avete sempre agito secondo il vento che tirava!" Sputò Hermione, che aveva il viso congestionato dall'ira dello spirito, ma soprattutto dallo sforzo di combatterlo. James, che era ancora tra le sue braccia, scoppiò a piangere disperato, urlando impaurito.
 
Draco rimase scioccato.
Quella voce...
Quella maledetta voce gli ricordava qualcuno. E non era affatto un ricordo piacevole. Lo investirono sensazioni moleste, memorie dolorose, amare, insopportabili. Gli mancò l'aria, faticò a riempire i polmoni; l'angoscia lo annichilì al punto di fargli quasi scoppiare il cuore nel petto. Ma non riuscì a capire a chi appartenesse quella voce. Nei recessi più oscuri della sua mente ne conosceva il proprietario, ma la sua coscienza non riusciva a tirarlo fuori dal nascondiglio. Ansimò violentemente, alla ricerca affannosa di ossigeno, lottando contro l'impressione che i suoi organi di respirazione si stessero accartocciando su se stessi; iniziarono a fischiargli violentemente le orecchie per la pressione prepotente del sangue, gemiti strozzati uscirono dalla sua gola nel tentativo di riprender fiato, tremiti incontrollabili gli scossero il corpo... finchè vide tre cose insieme: Harry Potter accorrere in sua direzione puntandogli preoccupato la bacchetta sul viso, Ginny scattare impaurita per riprendersi James viola di pianto, ed il bracciale di Hermione Granger brillare sul suo polso, libero dalla fasciatura protettiva che lui gli aveva fatto tempo prima...
 
 
Continua...
 
 
 
 

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Capitolo 22
*** Capitolo 21 Collaborazione fra case ***


 
 
Capitolo 21
Collaborazione fra case

 
 
Quando Draco si riprese dal violento attacco di panico, si accorse di essere seduto su una sedia della cucina di Grimmauld Place, mentre il volto serio e preoccupato di Harry Potter dominava la sua visuale. La moglie ed il figlio dell'Auror erano spariti, probabilmente rintanati ai piani superiori.
"Malfoy! Ti senti meglio?" Harry gli allungò un bicchiere d'acqua che l'uomo però, rifiutò. Si guardò invece attorno, febbrilmente: "Dov'è? Dov'è andata?"
L'Auror sospirò pesantemente, comprendendo al volo a chi lui si riferisse: "L'ho dovuta schiantare, Malfoy. E' di là, in salotto!"
 
Quando raggiunsero la stanza, Hermione stava aprendo gli occhi, confusa e tramortita dal colpo ricevuto. Ma non ebbe nemmeno il tempo per riprendersi, perchè Draco si precipitò davanti a lei con il volto alterato dal nervosismo, ed anche da una certa dose d'ansia che Hermione però, ingenuamente, non captò. L'uomo diede uno scossone maldestro alla manica del maglioncino della donna, e questo, abbassandosi fino al gomito, gli rivelò l'assenza della fasciatura intorno al bracciale maledetto.
 
"Dimmi per quale cazzo di motivo ti sei tolta le bende, Hermione!" Gli occhi di Draco mandavano scintille rabbiose, e le mani gli tremavano incontrollabilmente, mentre si affrettava, con un incantesimo, a farne apparire di nuove. La donna provò più volte a sfuggire alla sua presa, perchè lo spirito malvagio aveva capito di star per essere sottomesso di nuovo, ma Harry corse ad immobilizzarla e Draco, per la seconda volta, isolò il bracciale dalla pelle di Hermione.
Si allontanò subito dopo, passandosi pensieroso una mano sulla fronte, andandosi poi a piazzare davanti alla finestra del salotto. Guardò in silenzio la strada trafficata: un paio di signore affrettarsi con le buste della spesa in mano, un cane fare la pipì alla base di un lampione, un ciclista sorpassare un pedone, un bambino sfrecciare con lo skateboard. Osservò quello stralcio di vita quotidiana per tentare di calmarsi, per placare la rabbia, soffocare la paura fottuta che aveva avuto scoprendo che lei, chissà per quale assurdo e stupidissimo motivo, si era tolta la fasciatura, esponendosi di nuovo al pericolo. Quando si voltò, trovò Harry Potter seduto con le mani conserte a guardare fisso Hermione che, ringraziando Merlino, era tornata perfettamente in sé.
Solo allora si riavvicinò, con le mani in tasca e l'espressione accigliata: "Quindi? Vuoi dirmi che cazzo ti è passato per la testa?" Il minuto di silenzio che Draco aveva osservato per quietarsi, purtroppo non era servito a molto. L'ansia lo dominava incontrollabile, senza possibilità di pace.
Hermione si alzò di scatto dal divano: "Non l'ho fatto intenzionalmente!"
"Ti avevo avvisata che era rischioso, Hermione!" Draco alzò la voce. "Sei più cocciuta di un troll di montagna!"
"E io ti ho detto che non l'ho fatto apposta, Draco! Lo vuoi capire, si o no?"
L'uomo, profondamente alterato, le puntò l'indice al petto: "TU SEI PAZZA! Tu... hai bisogno di essere legata ad una sedia quando ti lascio da sola! Forse solo così eviti di fare stronzate!"
"STAVO FACENDO DELLE RICERCE, STAVO CERCANDO UNA SOLUZIONE! STUPIDO!"
"TU, SEI UNA STUPIDA! TU, E LA TUA FISSA PER LE RICERCHE DEL CAZZO!" Draco abbassò un po' la voce: "Pensi che io fino ad adesso sia stato con le mani in mano, eh?"
"Non ho detto questo, Draco! E' che... è che io stavo provando alcuni incantesimi, e mi è scappato un Diffindo, MALEDIZIONE!" Le gote di Hermione si arrossarono di agitazione.
L'uomo sgranò gli occhi, sconcertato: "Ti è scappato?! Ti è scappato??? E lo dici così?" Draco si portò le mani fra i capelli e riprese: "Ti è scappato! Che razza di giustificazione è questa? Tu... tu così mi fai prendere un infarto!" Era infuriato, e le si avvicinò così tanto da soffiarle sul viso il suo respiro caldo.
Harry invece, in un angoletto del salotto, aggrottò le sopracciglia, chiedendosi da quanto tempo, quei due si chiamavano per nome... Gli era sfuggito! Ebbe così la certezza assoluta del sentimento contorto che provavano l'uno per l'altra. E poi, avevano una confidenza tale che già litigavano come moglie e marito: tra quei due doveva essere successo qualcosa! Si vedeva dalla familiarità che avevano nel parlarsi, dall'eccessiva preoccupazione di Malfoy, dal febbrile bisogno di Hermione di giustificarsi con lui, e dal suo palese dispiacere nel vederlo arrabbiato.
 
Harry Potter credette di sentirsi male...
 
"IO ME NE VADO A CASA, HARRY!" Gli si rivolse Hermione quasi urlando, e lui non potè far altro che annuire debolmente, con la faccia pallida di uno che sembrava aver visto il leggendario Gramo. A dire il vero avrebbe voluto rispondergli qualcosa tipo: Ma fate un po' come vi pare! Non mi intrometto nelle litigate di due pazzi! Ma ovviamente non lo disse, consapevole che in quel momento, il rischio di essere affatturato era terribilmente alto.
 
"TU NON VAI DA NESSUNA PARTE... ANZI, VIENI CON ME. VIENI CON ME E ZITTA!" Detto questo, Draco Malfoy l'afferrò per il polso, voltandosi anch'esso verso un Harry dalla faccia allibita:
"Potter, scusa il trambusto! Domani verrò da te in ufficio, dobbiamo discutere della situazione, ma ora non mi sembra il caso. Buona giornata!"
"Ehm... Ok, va bene. M-Mi raccomando, se hai problemi chiamami. Ci... ci vediamo domani, Malfoy." Ed Harry li sentì bisticciare qualche altro secondo sull'ingresso, prima che uscissero dalla porta per smaterializzarsi.
 
Finalmente, la pace tornò al numero 12 di Grimmauld Place, e dopo qualche minuto, i passi un po' pesanti di Ginny che scendeva le scale, risvegliarono il Capo degli Auror dallo shock.
"Harry?" Lo chiamò dolcemente.
"Si, Ginny!"
Sua moglie lo guardò confusa, senza parlare. Anche lei aveva sentito la lite furiosa, e anche lei aveva capito più cose di quante Draco Malfoy ed Hermione Granger avessero voluto far capire di loro. "Hermione è tornata in sé?"
Harry annuì: "Si. Aveva accidentalmente tolto la protezione intorno al bracciale, e lo spirito stava tentando di sopraffarla. Ora l'abbiamo isolato di nuovo!" Poi scosse la testa più volte, parlando forse più con se stesso che con Ginny: "Credo che bisognerà prenderci l'abitudine, prima o poi. A loro due, intendo! E' assurdo, ma è così..."
La donna si accarezzò pensierosa la pancia e dopo aver riflettuto, sorrise furbescamente: "Beh... anche se in ritardo di dieci anni, si può dire che finalmente Malfoy si sia deciso a seguire il consiglio di Silente e della McGonagall!"
Il marito la guardò, sollevando un sopracciglio: "Ossia?"
"La collaborazione fra case!" E Ginny rise, gustandosi la faccia divertita di Harry, che le rispose: "Credo però che Malfoy si stia applicando un po' troppo per recuperare!" La moglie assunse un'espressione birichina, ma poi, tornando seria, tirò fuori i suoi dubbi: "Tesoro! T-tu non hai paura di... di... non so neanche come dirlo! Ecco... che non sia una buona cosa per Hermione?"
Harry incrociò le braccia al petto, sospirando: "L'ho pensato anch'io, Ginny. E sono anche preoccupato. Ma sono entrambi adulti, e se ritengono che il passato possa essere messo da parte, chi siamo noi per impedirglielo? Sto frequentando Malfoy abbastanza per poter dire che gli eventi lo hanno segnato. Non è diventato improvvisamente buono ed altruista ovvio, ma non è più neanche il lurido infame di allora. Nonostante ciò, le possibilità che Hermione possa uscire distrutta da un'ipotetica relazione con lui, sono maledettamente alte..." Sospirò, e poi riprese: "In tal caso, vorrà dire che le staremo vicino! Come abbiamo sempre fatto quando uno di noi passava un brutto periodo!"
Ginny annuì sorridendo, e lui decise di far cadere il discorso:
"Ho una fame che sarei in grado di ingurgitare più cibo di tuo fratello Ron!"
"Mmm... Anch'io, sai? Però non mi va di cucinare, andiamo alla tana!"
 
 
***
 
 
"BENE! Da questo momento in poi, puoi scordarti di rimanere da sola. Sono stato chiaro?" Draco parlava con tono terribilmente basso e minaccioso, mentre stringeva un po' troppo forte il braccio di Hermione. Si erano appena smaterializzati fuori dall'imponente cancello in ferro battuto di Villa Malfoy e percorrevano il grande viale in ghiaia che portava verso l'ingresso principale.
Hermione aprì la bocca per ribattere e Draco la fulminò con lo sguardo, avvicinandosi al suo naso: "Fai silenzio, Hermione! Per l'amor di Dio... fai silenzio!" Il suo tono di voce cambiò, fino a divenire preoccupato: "Se vuoi salvarti la pelle ed evitare di farmi schiattare d'ansia, ti prego di fare quello che ti dico io! Puoi farlo? Dimmi che puoi farlo!"
Draco, per l'ennesima volta, aveva mandato all'aria i suoi propositi di tenersi lontano da Hermione Granger per salvarsi il cuore, e per salvare lei dal disprezzo che le sarebbe ricaduto addosso, se solo si fosse saputo di loro. Era un masochista: lui nella sofferenza ci sguazzava, e quasi gli piaceva.
Quando aveva visto di nuovo il bracciale nutrirsi del calore di lei per possedere la sua mente e farle del male, si era sentito morire dentro; aveva udito uno strappo all'altezza del petto, e Draco aveva mandato definitivamente a fanculo il residuo del ragazzino egoista che viveva ancora nascosto in lui, per difendere Hermione con le unghie e con i denti. E al diavolo quello che sarebbe successo dopo, e al diavolo tutto: se fossero riusciti a distruggere la maledizione rimettendo tutte le cose a posto e lei avesse preferito tornare alla sua vita senza di lui, pazienza! Draco voleva vivere il presente, perchè era ADESSO che non riusciva a starle lontano, che non riusciva a non toccarla, a non stringerla, a non proteggerla...
Quando tutto avrebbe avuto una fine, Draco sarebbe potuto tornare ad essere il solito stronzo, continuare a disprezzare il mondo intero, ad essere scorbutico, diffidente, e solo... ma almeno avrebbe conservato il ricordo bello di un viso dolce, in mezzo alla desolante inutilità della sua vita.
 
Hermione, immobile in mezzo all'enorme tenuta dei Malfoy, lo guardò con un'aria confusa, a metà fra lo stupore, la tenerezza, e quel pizzico di ribellione che le si leggeva dal brillio degli occhi marroni:
"Draco..."
Non stava più urlando, non lo stava più sfidando, non voleva più discutere, anzi... gli parlò quasi sottovoce, dolcemente, come fa qualsiasi donna quando scopre le debolezze di un uomo: "Ti sei preoccupato per me?"
Lui sobbalzò impercettibilmente, turbandosi per quella verità sbattuta in faccia senza girarci attorno. Ma in fondo... non poteva nascondere per sempre l'angoscia di non saperla al sicuro. L'aveva portata a casa sua apposta per proteggerla, per difenderla! Che senso aveva negarlo?
Arrossì tenuemente, borbottando un: "Certo che si, stupida!"
"Mi dispiace tanto! Scusami..."
Lui sorrise debolmente: "Non prendere più questo tipo di iniziative, però. Ok?"
Hermione non gli rispose, ma spostò lo sguardo dai suoi occhi grigio-azzurri, facendo vagare i propri verso il vasto giardino perfettamente curato, che sembrava non avere fine. Le bassi siepi squadrate delimitavano ogni vialetto, e quel meraviglioso prato verde era sorprendentemente soffice sotto le sue scarpe alte, tanto che Hermione fece qualche altro passo ancora, per gustarne la morbidezza.
 
Era una calda e soleggiata mattinata di marzo, e si sentivano gli uccellini cantare sui grandiosi tassi, sugli abeti più lontani, fra le fronde delle querce secolari... ed era così difficile in mezzo a tutta quella serenità, immaginare che fino ad una decina d'anni prima, lì vi aveva vissuto l'orrore più nero, che lì vi aveva messo piede il male puro, e che lei stessa vi aveva urlato di dolore sotto i colpi di una maledizione senza perdono. Se ora si fosse girata a guardare la bellezza perfetta dell'uomo che era proprietario di tutto ciò, avrebbe ricordato pure il SUO di volto, fra le facce di coloro che quel giorno non avevano fermato la follia di Bellatrix Lestrange.
Hermione chiuse gli occhi, godendosi per un momento la brezza leggera che si era sollevata scompigliandole i capelli. Aveva deciso di non pensare più a quelle cose, soprattutto da quando Draco Malfoy non era più, per lei, QUEL Draco Malfoy. Avevano condiviso troppe cose per tornare ad essere due estanei, avevano mescolato i loro corpi irreparabilmente, avevano fuso le loro anime in modo indissolubile anche se si era trattato di pochi, intensi attimi. 
Si voltò a guardarlo, rimettendosi una ciocca dietro l'orecchio, sfregandosi poi le braccia per il freddo: "Non avrai mica intenzione di tenermi prigioniera nella tua casa per controllarmi, Draco!?"
"Esatto!" Le rispose lui in tono d'ovvietà.
"No! Toglitelo dalla testa!"
"Non puoi impedirmelo!" Pronunciò il ragazzo con l'aria sarcastica.
"Non sono tua moglie, Draco! Con che diritto pretendi che io faccia quello che vuoi tu, eh?"
Lui sbuffò, sollevando i capelli biondi sulla fronte: "Possibile che tu sia così testarda da non capire che DEVI ascoltarmi, per il tuo bene?"
"Io lo capisco perfettamente, invece! Il punto è che non mi piace di essere trattata come una bambina! Perchè lo fai, Draco!? Eh? Che c'è... Magari sei diventato così protettivo per rimediare ai pessimi comportamenti che hai sempre avuto con me? Beh, se si tratta di questo, rilassati! Non serve a niente, ok?"
 
Draco ci rimase male, tanto quanto poteva rimanerci male un uomo a cui viene sbattuto in faccia un passato di cui si vergogna profondamente, un passato per cui non ha fatto altro che dannarsi, autopunirsi, disperarsi. Un passato dal quale ancora non riusciva a distaccarsi completamente, per provare a vivere senza il suo pesante fardello.
La voce gli uscì amara dalla gola, mentre negava con il capo: "Non hai capito un cazzo, Hermione Granger. Non hai capito un cazzo, se credi che stia facendo tutto questo per diventare una specie di eroe e riabilitare il mio nome. Sei fuori strada. E forse io sono solo un cretino, a credere che tu possa... andare oltre, e... perdonare quello che ho fatto, per vedermi come un uomo qualunque. Un uomo normale."
 
Hermione sentì la sua anima spaccarsi nel momento esatto in cui aveva detto quelle parole stupide, e lo sapeva che erano state dettate solo dal suo eterno spirito di ribellione, dal suo maledetto istinto a primeggiare su tutto e tutti. Semplicemente, lei non voleva che nessuno la proteggesse perchè era sempre stata lei quella che proteggeva gli altri! Lei era una donna forte, e le donne forti non avevano bisogno di nessuno: questa era una concezione che Hermione aveva radicata fin da quando era un'adolescente, e le era servita per non cedere mai alla debolezza, alla sofferenza, al dolore. La corazza di invincibilità l'aveva aiutata a superare tanti momenti bui, ed ora che Draco aveva abbattuto quella corazza, pregandola di appoggiarsi a lui e lasciarsi aiutare, si era sentita vulnerabile, perduta.
Ed aveva reagito male.
Le parole di Draco la colpirono come una freccia che ti si conficca nello stomaco, lasciandoti senza fiato. Gli occhi le si inumidirono, pronti a bagnarle le gote, ma Hermione lottò con tutte le forze per non piangere. La promessa di non cedere alle lacrime, era ancora valida da quando era finita la guerra! Non l'avrebbe più fatto. E di certo non l'avrebbe fatto per lui. Era così sciocco, in fondo, piangere per un uomo! No! Non poteva...
 
"Comunque..." Riprese Draco, con tono ancora amareggiato: "Ti ho tolto la bacchetta, non te la ridarò per un po'! Quindi non puoi neanche smaterializzarti. Sei nel cuore delle campagne del Wiltshire, se esci dal cancello non troverai nulla per almeno tre chilometri."
Hermione si sentì improvvisamente andare a fuoco e ricacciò indietro quelle stesse lacrime che fino a due secondi prima aveva faticato a reprimere: "COSA? NO! NO NO NO... TU SEI UN FOLLE!"
Draco fece spallucce, ed aggiunse afflitto: "Odiami quanto ti pare Hermione Granger. Arrivati questo punto, ormai... odiarmi un po' di più o un po' di meno, non fa tutta questa differenza."
Hermione inspirò rabbiosamente e lo piantò in asso, dirigendosi a grandi passi verso la casa.
 
 
***
 
 
Draco rimase in giardino fino a quando il vento frizzante gli gelò le ossa, solo allora osservò la facciata imponente di casa sua, immaginando dove fosse andata a rintanarsi Hermione Granger. Lei l'aveva lasciato lì da solo come un cretino, dandogli le spalle e scappando dentro. Aveva avuto una sensazione stranissima guardandola entrare dalla porta d'ingresso, una scena che gli era parsa familiare... come se fosse stato assolutamente naturale che Hermione si trovasse a Villa Malfoy, che passeggiasse per la tenuta e poi, infreddolita, rientrasse in casa.
Gli aveva scaldato il cuore arido, il pensiero che lei potesse davvero vivere lì, con lui, per sua volontà...
Draco aveva camminato a lungo, seguendo i sentieri abilmente curati dagli elfi, si era fermato a guardare la grande fontana di fronte alla facciata, la ghiaia bianca sporcata da qualche sporadica foglia vecchia, mentre tentava di penetrare i suoi ricordi e far affiorare alla mente il volto del proprietario della voce roca uscita dalle labbra di Hermione quando lo spirito l'aveva posseduta. La conosceva quella voce, ne era sicuro, ma gli sfuggiva come un pesce tra le mani. Gli aveva messo addosso anche una certa angoscia, la stessa maledetta angoscia che l'aveva sfibrato, prostrato, distrutto dieci anni prima: quando la sua vita era stata in bilico tra la vita e la morte, quando i suoi sensi di colpa lo avevano roso dentro, quando i sotterranei di casa sua avevano ospitato di continuo prigionieri, quando il suo meraviglioso salone di rappresentanza era stato usato per decidere delle sorti di mezzosangue e babbani, quando i cieli del Wiltshire erano sempre, costantemente coperti da strati di nubi cariche di pioggia, ed i dissennatori volavano indisturbati...
Il respiro provò a mancargli ancora, facendolo annaspare alla ricerca d'ossigeno, ma Draco si affrettò a togliersi quei ricordi dalla testa, per concentrarsi su qualcosa di sciocco. Lo sguardo gli cadde su uno dei pavoni bianchi che ciondolavano sul prato, allora l'aria tornò a riempirgli con calma i polmoni e si riprese del tutto, rievocando una scena di lui bambino che correva dietro a quegli uccellacci per strappargli le piume.
Decise di rientrare.
I suoi passi rimbombarono sul marmo dell'immenso atrio, tanto sfarzoso che sembrava l'interno di una reggia; proseguì spedito sulla maestosa scalinata, diretto al lato sud della villa, dove aveva i propri alloggi. Venne però fermato sui gradini da un elfo domestico, che lo chiamò irrequieto.
"Padrone! Padrone... ho trovato signorina carina dentro i suoi appartamenti! Quella di volta scorsa. Non sapere che fare. Devo cacciare?"
Draco lo guardò con un sopracciglio sollevato e l'aria annoiata, mentre quello si stringeva freneticamente la tunica nei pugnetti, in evidente stato di agitazione.
"Guarda che ce l'ho portata io signorina carina qui! Quindi no, tu non cacciare." E riprese a salire le scale, domandandosi fra sé e sé perchè diavolo il suo linguaggio si uniformava a quello degli elfi, quando ci parlava!
"Quindi devo servire pranzo anche a signorina?"
Draco sollevò gli occhi al soffitto: "Si, Toby!"
 
Quando arrivò nei suoi appartamenti, Draco non trovò nessuno. Era vuoto il salotto, era vuoto il suo studio, il bagno, la biblioteca, la sala da pranzo... non c'era nessuno neanche affacciato ad uno dei numerosi balconi panoramici. Quando aprì la porta della sua camera però, trovò Hermione seduta sul letto, a gambe incrociate, che si rigirava un orsacchiotto fra le mani...
 
Continua...




 
 
 

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Capitolo 23
*** Capitolo 22 Un milione di donne sulla faccia della terra ***


 
 
Capitolo 22
Un milione di donne sulla faccia della terra

 
 
Nel momento esatto in cui Draco vide Hermione seduta a gambe incrociate sul letto della sua camera con l'orsacchiotto fra le mani, meditò seriamente di richiudere la porta ed andare nella stanza più lontana a battere la testa contro il muro per autopunirsi come un elfo domestico quando sa di aver combinato qualcosa di stupido.
Deglutì... un po' per la vergogna, e un po' per stizza verso se stesso. Aveva comprato quell'orsacchiotto per uno slancio indefinibile, sentendosi per un attimo un uomo comune, che vede qualcosa di carino e pensa alla propria donna. Gli era pure piaciuta quella sensazione, lo aveva terribilmente esaltato, peccato che pochi minuti dopo la realtà lo aveva rimesso con i piedi a terra, ammonendolo rigidamente per la cazzata che aveva commesso: Hermione non era la sua donna innanzi tutto, e poi Draco non poteva sapere i suoi gusti e... e non poteva permettersi di fare una figura di merda simile! Ne andava del suo orgoglio, della sua vanità, del suo autocontrollo e della reputazione di freddezza che si era costruito in tutto quel tempo. Così si era infuriato, per aver ceduto alla debolezza di quel gesto tanto normale... normale per qualsiasi uomo, ma non per lui! E allora aveva sbattuto l'orsacchiotto sul comodino della sua camera da letto, lì dove sua madre o suo padre non mettevano mai i piedi, e ce l'aveva lasciato convinto che prima o poi l'avrebbe fatto buttare nella spazzatura.
 
"Cosa ci fai qui dentro?"
Era stato più forte di lui, perchè quando l'imbarazzo si impadroniva del suo corpo, non riusciva a fare a meno di diventare scontroso. Lei si voltò a guardarlo sorpresa, rimettendosi seduta in maniera più composta.
"Non sapevo che fare, Draco!" E fece spallucce.
"E quando non sai che fare, entri in una camera da letto? Potevi andare in biblioteca!"
La donna fece una piccola smorfia: "In mezzo ai libri ci passo la maggior parte del mio tempo. Ti può sembrare troppo strano se per una volta non ho voglia di leggere? E poi... La biblioteca è un territorio troppo neutro per scoprire qualcosa di più sul suo strambo proprietario!"
Draco sussultò: "Che vuoi dire?"
Hermione sospirò pesantemente: "Mentre eri fuori ho osservato le tue foto magiche, quelle appese alle pareti..."
 
Non sapeva se irritarsi per quell'invasione di privacy, o mettersi a ridere come un cretino; preferì lasciarla parlare. Ed Hermione indicò un quadretto in particolare, dove Draco se ne stava in piedi, tutto impettito, con la spilla della squadra d'inquisizione di Dolores Umbrige, affiancato da Crabble, Goyle, Parkinson, Bulstrode e Montague. "Bei tempi eh, Draco?!" Gli fece lei, con una punta di sarcasmo.
Draco pensò seriamente di buttarla fuori, ma Hermione ignorò la sua evidente collera per riprendere, sorridendo: "Eri odioso oltre ogni ragionevole limite!" E prese a ridere da sola, mettendosi una mano sulla bocca. "E poi... e poi fattelo dire: eri orribile, Draco! Credo che quella, sia stata la tua fase peggiore in assoluto! Ma che diavolo di capelli portavi?!"
 
L'uomo avanzò nella stanza, con le gote leggermente più colorate del normale: "Hai finito di prendermi per il culo?" Hermione gli indicò un'altra foto. Lì aveva circa cinque anni e rideva sgambettando per il giardino, provando a dare calci ad una palla. "Però eri adorabile da piccolo, con quegli occhioni!"
Alla fine, puntò lo sguardo sull'ultima immagine, che era molto più grande delle altre, ma non si muoveva. Lì, sembrava essere stato fotografato a sua insaputa, ed Hermione capì che era abbastanza recente, per via degli stessi lineamenti seri ed adulti che possedeva adesso. Se ne stava seduto su una poltrona a leggere la gazzetta del profeta, concentrato, e... bello. Che poi, bello lo era sempre stato, solo che ai tempi di scuola Hermione lo aveva odiato troppo, per accorgersene!
 
"Lì invece? Che cos'ho che non va? Sono troppo compassato? Troppo stupido? Troppo poco divertente? Brutto? Cosa? Eh?"
Hermione strinse a sé il peluche, e senza guardarlo gli rispose, stavolta con voce più bassa, come a disagio: "No, Draco... niente di tutto questo. Sei... ecco, stai bene in quella foto!" Lui ammutolì, a disagio, poi si piazzò davanti la foto della squadra d'inquisizione, fingendo di osservarla attentamente, anche se era stato solo un modo per darle le spalle e non farle notare il turbamento.
 
"Era la tua fidanzata?"
Draco voltò brevemente il capo verso di lei, confuso: "Chi?"
"Pansy Parkinson!"
Lui tornò a fissare la foto, guardando Pancy che, con infida soddisfazione, toccava la spilla. Quella fotografia magica se ne stava appesa sul muro da talmente tanti anni che ormai era diventata parte integrante della parete, senza neanche più un motivo concreto per occupare quel posto. Così, d'istinto, la sganciò dal chiodino e la buttò in un cassetto, lasciando sulla carta da parati, la sagoma più chiara del quadretto.
 
"Vuoi sapere se Pancy era la mia ragazza? No! Non lo era. O non proprio... diciamo che le sarebbe piaciuto, ecco."
 
Hermione non glielo aveva domandato per gelosia, troppi anni erano passati per provare invidia nei confronti di una ragazzina infatuata, ma lo aveva fatto per curiosità, perchè era una cosa che si era sempre chiesta. E poi, anche se fosse, era evidente che quella specie di amore passeggero non aveva avuto un seguito, visto che Draco viveva in solitudine come lo stregone dal cuore peloso, quello della fiaba di Beda il Bardo, nella sua prigione dorata.
Hermione tornò ad accarezzare distratta l'orsacchiotto, ed una domanda spuntò automaticamente fra i suoi pensieri: chi glielo aveva regalato? Un uomo non poteva comprarsi da solo un peluche e metterlo sul comodino di fianco al letto! Era ridicolo... Quindi chi poteva essere stato? Una fidanzata, un'amante, un'amica? C'erano pure dei cioccolatini, legati alla pancia del peluche, quindi si doveva trattare per forza di un regalo recente. Fu in quel momento che una fitta di gelosia irrazionale le si abbattè addosso, e allora strinse più forte la presa sul pupazzo peloso. Non poteva, obiettivamente, permettersi della gelosia. Dopotutto, lei stessa aveva desiderato allontanare Draco da sé per non rischiare di rimanere troppo coinvolta. Solo che non credeva di essere stata rimpiazzata così rapidamente.
In fondo però, quel filo sottilissimo che li aveva legati, pur se per un breve periodo, si era tranciato di netto quando lo spirito maledetto aveva ripreso possesso della sua mente e le aveva fatto scrivere quel biglietto infame, contro la sua volontà, in cui diceva a Draco di non volerlo più vedere. Cosa pretendeva se adesso lui frequentava un'altra donna? Ecco spiegato pure perchè quel giorno, nell'ascensore del Ministero, lui era rimasto impassibilmente freddo, ed aveva rifiutato anche la sua proposta di uscire insieme.
Hermione si rese conto di sapere così poco di lui, e della sua vita...
Immaginò un'ipotetica donna, bella, raffinata ed elegante, sdraiata su quello stesso letto che tempo prima Draco aveva condiviso con lei. Ed Hermione si sentì, come mille altre volte in vita sua: inadeguata, brutta, scialba... Perchè il suo indomito orgoglio, la sua presunzione innata, la sua superiorità conclamata, erano sempre stati una corazza costruita apposta per nascondere le insicurezze.
Draco, inutile negarlo, era un bell'uomo: dal portamento aristocratico, gli occhi grigioazzurri, i capelli biondissimi, il naso dritto, le labbra carnose, l'atteggiamento serio e l'aria dannata che attrae le donne. Hermione era troppo banale, troppo anonima, troppo normale per uno come lui.
Le sue mani erano contratte sul peluche, tanto che i tendini si erano sollevati sotto la pelle, ed il cuore aveva aumentato il ritmo; ma Hermione si impose la calma. Era da pazzi far capire a Draco Malfoy la sua violenta ed inspiegabile gelosia, perchè lui non avrebbe fatto altro che deriderla per tutta la vita, massacrandola ad ogni occasione.
"E'... è... molto carino questo orsacchiotto, Draco!" Finse indifferenza mentre lo diceva.
Lui la guardò scioccato, convinto di non aver capito, perchè in effetti l'altra opzione era troppo ottimistica per prenderla in considerazione: le piaceva davvero quell'orsacchiotto? Forse non era stato così idiota a comprarglielo, allora.
"Ti piace sul serio?"
Hermione sorrise, simulando un'allegria che non possedeva minimamente: "S-si... molto! E' dolce!"
"E' tuo!"
Ecco, glielo aveva detto. Che stupido. E al diavolo tutti i crucci mentali. Draco preferiva sparire dalla faccia della terra, pur di evitarsi la reazione di Hermione! Così strinse la bacchetta nella tasca posteriore dei pantaloni, pronto ad obliviarla nel caso in cui lei l'avesse rifiutato, magari dicendogli qualcosa tipo: Ti ringrazio Draco, ma non vorrei tu fraintendessi la situazione! Non sei il mio tipo...
Ma la fortuna voleva che fosse un mago, e quindi poteva rimediare in un battito d'ali di boccino alla figuraccia che si apprestava a fare, altrimenti avrebbe fatto i bagagli e sarebbe andato a vivere in Romania in mezzo ai Draghi.
 
"No, Draco!"
Ecco... appunto! Il suo cuore sembrò fermarsi un attimo e allora, deluso, sfilò lentamente la bacchetta senza farsi vedere.
"Non puoi regalarmi una cosa che ti è stata già regalata a tua volta, non si fa!"
L'uomo aggrottò le sopracciglia: "Cosa?! Scusa ma... che vuoi dire?!"
Hermione ruotò gli occhi al soffitto: "Che è evidente che qualcuno ti ha regalato quest'orsacchiotto! E tu non puoi rigirarlo a me! Non è giusto! E poi, io non voglio gli scarti degli altri!"
Draco, dopo essere rimasto in silenzio per qualche secondo, sbalordito dall'apprendere che lei aveva travisato tutto, scoppiò a ridere mascherando il sollievo nell'ilarità, mentre rinfoderava la bacchetta. Poi si diresse verso la porta della stanza e la lasciò da sola, non prima di averle detto:
"E' tuo, stupida! L'ho comprato per te ieri!"
 
 
***
 
 
Draco scuoteva il capo sorridendo, mentre camminava lungo il corridoio, sollevato dalla reazione della donna. Poi però, realizzò che NON DOVEVA essere così stupidamente felice, perchè non c'era niente di positivo in loro due, dannazione! Per tutta una serie di motivi che si era ripetuto nella testa decine e decide di volte. Ma il cuore era così maledettamente irrazionale quando si trattava dell'amore, che Draco non ci riusciva ad essere obiettivo.
Aprì una porta-finestra ed uscì su un piccolo balcone di pietra che si affacciava verso il giardino posteriore della Villa, e si appoggiò con i gomiti alla balaustra, assorto. 
 
Hermione invece, era rimasta immobile sul letto, con gli occhi sgranati e le guance in fiamme, cercando di darsi una spiegazione sensata, che non comprendesse per forza un interesse sentimentale di lui, per lei. Perchè non era credibile che Draco provasse qualcosa... non poteva... dopo tutto quello che le aveva detto, che le aveva fatto, dopo tutto l'odio! Non... no! Possibile che avesse fatto l'amore con lei perchè...? Oddio, perchè cosa? Per sentimento? Ma andiamo! E poi lei, nonostante l'emozione incontrollata che l'aveva colta, non amava Draco Malfoy, quindi perchè preoccuparsi di cosa lui provasse o non provasse nei suoi confronti? Però, l'idea di non essere così scialba ed anonima come credeva, la scaldava tutta. E pure il pensiero che, per assurdo, lui l'avesse guardata come sia giusto che una donna venga guardata da un uomo, non le dispiaceva!
Passò una mano sulla coperta, e ricordò come lui quella notte l'avesse posseduta, e maledizione... o Draco Malfoy era un ottimo amante, che sapeva muoversi tanto abilmente da trasmettere a qualsiasi donna la sensazione di essere unica, oppure i suoi gemiti passionali, la sua espressione coinvolta, il suo sorriderle emozionato avevano avuto un altro significato. Un significato chiaro, che lei però, poco avvezza alle questioni d'amore o forse troppo prevenuta nei suoi confronti, non aveva voluto capire.
I battiti cardiaci le rimbombavano nelle orecchie. Hermione ebbe paura. Paura delle conseguenze sconvolgenti di ciò. C'erano milioni di donne sulla faccia della terra, perchè lui aveva scelto proprio lei? Loro due, insieme, non potevano esistere. Scosse la testa.
E se invece fosse stato tutto un piano per raggirarla e vendicarsi? In fondo, si erano odiati così tanto in passato, che l'ipotesi era del tutto plausibile. Draco Malfoy era sempre stato un tipo vendicativo ed infido; magari aveva affinato così bene le sue doti recitative che Hermione ci era cascata come una pera cotta!
Ricordava ancora la scommessa che avevano fatto quel lontano giorno, quando Draco l'aveva seguita a casa...
 
 
"Eppure, per un momento, mi era sembrato che ti fossi preoccupato..."
"Ma non dire idiozie!" Sputò lui con risentimento.
"Avrei detto addirittura che ci stessi provando con me!" 
Draco divenne rosso come un pomodoro, e gettandosi il mantello sulle spalle con rabbia, le sbraitò contro: "Tu sei completamente pazza!"
Hermione si piegò in due: "E' il fascino proibito del sangue sporco che ti attrae, ammettilo!"
"Ma neanche se finisse la magia nel mondo, Granger!"
"Dici? Invece io scommetto che un giorno ti innamorerai perdutamente di me, Draco Malfoy! E mi regalerai il tuo anello, se vincerò la scommessa! Così ricorderò per sempre di aver domato il tuo spirito da serpente!"
"Finiscila!"
"Allora? Scommettiamo?"
"ANCORA! " Draco la fulminò, e sputò di getto: "Non ho problemi a scommettere, dato che il fatto non si verificherà mai, né in questa vita, né nell'altra." Poi si abbottonò il mantello sotto il collo e spalancò la porta d'entrata.
"La perderai questa scommessa Hermione Granger, ed io ti umilierò pubblicamente."
La ragazza aggrottò le sopracciglia: "Che intendi dire?"
"Conosco un paio di giornalisti alla Gazzetta del Profeta, sai? Ci vorrà poco a far circolare la voce che la strega più potente del mondo magico ha provato a farmi una corte disperata, ma quando io l'ho rifiutata, lei ha finito per chiudersi in un cocente dolore!"
 
 
Possibile che Draco Malfoy fosse così sleale e spietato, da prendersi gioco di lei al punto di farle credere di essersi infatuato, solo per rifarsi di quella scommessa tanto sciocca?
Si.
La risposta era si. Era da lui, in fondo. Draco non si era mai fatto passare nessun affronto sotto il naso, senza vendicarsi in ogni modo possibile... anche il più subdolo.
Scese dal letto di corsa, scalza, decisa ad andargliene a cantare quattro. Se lui pensava di fare fessa Hermione Granger, aveva capito male!
Percorse tutto il corridoio, cercando febbrilmente la sua figura con lo sguardo, finchè notò una portafinestra aperta, e l'uomo affacciato al balcone. Affrettò l'andatura, incurante del pavimento gelato a contatto con le piante dei piedi. Indignata. Irritata. Delusa. Pronta a sputargli addosso qualcosa tipo: "Puoi infilartelo nel culo quell'orsacchiotto, Draco Malfoy! Lo so che stai cercando di farmi finire nella tua trappola, ma io non cadrò nel ridicolo davanti a tutto il mondo magico per essermi innamorata di te! E tu non avrai MAI la soddisfazione di scaraventarmi fuori dal tuo letto, deridendomi per la mia ingenuità!"
Ecco... gli avrebbe detto così. Si.
Quando uscì sul balcone però, pronta ad esplodere di rabbia, le parole le morirono in gola, scioccata dal panorama che si ritrovò dinanzi gli occhi. Quella finestra si affacciava sulla parte posteriore del giardino di Villa Malfoy, e sul resto della sua immensa tenuta. Viali, alberi maestosi, cespugli posizionati a regola d'arte, fontane, statue... qualcosa che Hermione aveva visto solo nei libri di storia, o nelle residenze d'epoca adibite a musei. All'orizzonte i terreni si incurvavano dolcemente in colline verdeggianti, spruzzate qua e là da alcuni boschetti e dalla vegetazione tipica della campagna iglese. Le parve di vedere addirittura una volpe sfrecciare da qualche parte.
Rimase a bocca aperta, quasi dimenticando il motivo per cui era andata da lui; si limitò soltanto ad arricciare le dita dei piedi, per il freddo contatto con il marmo... finchè una mano l'afferrò per il braccio.
 
Draco se la strinse addosso in un moto istintivo. E la baciò di getto, cercando le labbra di Hermione con slancio, premendole contro le sue, calde e affamate.
 
 
Continua...

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Capitolo 24
*** Capitolo 23 La casata dei Malfoy ***


 
 
Capitolo 23
La casata dei Malfoy

 
 
 
Draco la baciò con l'irrazionalità tipica di un uomo innamorato, senza pensare alle conseguenze, né tanto meno alla volontà di lei. Se la strinse addosso, avvertendo sul petto il tenue calore che emanava; incollò le labbra alle sue, chiuse gli occhi, e sentì, per un momento, solo il canto degli uccellini che svolazzavano sugli alberi della tenuta. Aprì leggermente la bocca per farsi spazio in quella di Hermione: la percepì schiudere le labbra bagnate, piegare di più il collo, cercargli la lingua e...
E finalmente tutto andò a posto, credette Draco. Come un puzzle che viene completato dopo tanta fatica. Respirava pesantemente, infrangendo l'aria dei suoi polmoni sul viso accaldato di Hermione, che aveva chiuso gli occhi. Lui sorrise delicato, fra i baci umidi e prepotenti che gli stava dando. Era irragionevole. Arrogante. Imperioso. E irresistibile.
Lei si mosse un poco fra le sue braccia, e Draco, nel suo impellente bisogno di maschio, serrò di più la presa, guardandola negli occhi, e facendola perdere nel cielo immenso del suo sguardo serio.
 
Ma lei lo spintonò all'improvviso. E nella testa di Draco, quel puzzle che aveva appena finito di completare saltò di nuovo in aria, costringendolo a ricominciare daccapo, più confuso e scoraggiato che mai.
L'espressione scombussolata di Hermione era la prova evidente che troppe cose andavano ancora spiegate per permettersi di pensare che tutto potesse filare liscio come l'olio, anche se... Draco non capiva cosa dovesse ancora fare per persuaderla della sua buona volontà di voler cambiare!
 
"Non ti azzardare mai più, Draco Malfoy!" Hermione si spostò una ciocca di capelli caduta sulla guancia, rossa di rabbia e di vergogna.
Lui la fissò smarrito, con decine di punti interrogativi che galleggiavano nella mente, perso a chiedersi perchè adesso lei non lo voleva più: forse si era offesa per il rifiuto di qualche giorno prima nell'ascensore del Ministero, o forse semplicemente si era accorta che loro due insieme non avrebbero mai funzionato! Tutte spiegazioni plausibili sì, ma nessuna che poteva fargli scivolare di dosso la prepotente delusione di essere stato respinto:
"Che c'è? All'improvviso ti faccio schifo?" Buttò fuori Draco, forse troppo arrogante.
Lei prese a scuotere il capo, stizzita:
"Io so cosa vuoi da me, Draco! Pensi sia stupida?" Gli puntò l'indice al petto, assumendo la sua miglior aria di rimprovero: "Se tu pensi che... che... Se solo tu pensi che io mi faccia abbindolare da te, per poi darti la soddisfazione di vantarti in giro per avermi sedotta e poi scacciata in malo modo, beh... sappi che non ci casco, e tu sei un cretino! Me la ricordo bene la scommessa che abbiamo fatto tempo fa. Ti sarebbe piaciuto festeggiare la vittoria, vero Draco Malfoy?"
Draco spalancò gli occhi, sperando di aver capito male. Non c'era nessun un senso a tutto quello che lei gli stava sputando contro! Perchè mai avrebbe dovuto scacciarla e poi vantarsene? E con chi poi? Lui era una vita che se ne stava per affari propri: sollevare polveroni di gossip sulla sua vita privata sinceramente era l'ultimo dei suoi desideri.
"Ma di che scommessa stai parlando?"
E la faccia sinceramente confusa di Draco fece traballare le convinzioni di Hermione, che balbettò senza riuscire a dire nulla di sensato.
 
Un vago ricordo si fece strada nei pensieri del ragazzo, ricordi di una conversazione particolare, di lui che si arrabbiava, del suo anello con il serpente inciso sopra, Hermione che rideva impertinente e gli diceva che un giorno si sarebbe innamorato di lei; e poi uno strano rimescolio in petto, l'imbarazzo, il disagio e la sua risposta cattiva. Dopo aver aggrottato le sopracciglia pensieroso, rilassò il viso sull'ultima cosa che gli tornò in mente, e tutto si fece chiaro: quello stupido giorno, nascondendo il disagio dietro un finto rancore, lui aveva accettato la scommessa che lei gli aveva proposto, dicendole che, in caso di vittoria, l'avrebbe derisa dinanzi a tutto il mondo magico!
Una risata cristallina esplose dalla sua bocca. Era una risata di liberazione, una risata rilassata, quasi gioiosa. Lei era convinta che lui avesse ordito un piano per affascinarla e poi scaraventarla fuori dal suo letto per beffarsi della sua ingenuità davanti a tutta la società magica!
Il problema era solo questo? Draco si portò una mano al viso, sollevato.
E pensare che lui si era pure dimenticato, di quella scommessa...
Hermione non potè evitare di notare i lineamenti improvvisamente distesi di Draco, che contrastavano con l'immagine di un uomo al quale sono saltati tutti i piani, smascherato sul più bello! Non sembrava affatto turbato, né cercava di giustificarsi, e non si era nemmeno messo sulla difensiva aggredendola verbalmente come faceva a scuola quando non aveva altro modo per vendicarsi.
Draco riprese a ridere con più garbo, per non turbarla: "Ma che diavolo vai a pensare! Rischi solo di farti esplodere il cervello, così..."
Poi si accorse che Hermione stringeva le dita dei piedi, perchè il pavimento di marmo, lì fuori sul balcone, era gelato come una lastra di ghiaccio. Così, prima che lei potesse anche solo dar fiato alla bocca per rispondergli in modo piccato, Draco la prese in braccio con accortezza, rientrando dentro.
Allegramente, la sfidò: "Facciamo che la scommessa è ancora aperta, Hermione Granger! Mi sento magnanimo... Ti do qualche altra settimana per provare a vincerla!" E prese a ridere sommessamente, perdendosi nei suoi occhi dalle sfumature nocciola, guardandola come un ragazzino di fronte alla turbolenta scoperta che le femmine non sono esseri inutili come aveva sempre creduto. Continuò a tenerla in braccio con dolcezza e possessività. Hermione scosse il capo, falsamente esasperata, finchè un sorriso timido incurvò pure le sue di labbra, insieme a quelle di Draco.
"Stupido!"
E rise piano, rilassandosi fra le sue braccia, pensando che sarebbe stato troppo assurdo per lei vincere davvero la scommessa. "Comunque... Grazie per l'orsacchiotto, è meravigliosamente tenero!"
Lui le sfiorò la punta del naso con la propria.
Hermione si fece seria di colpo, ricordandosi che doveva dirgli una cosa importante: "Draco?"
"Mh..." Il ragazzo stava ancora percorrendo il corridoio, sorreggendo il suo peso.
"Il biglietto che ti avevo mandato tempo fa... quello in cui, beh... ti dicevo che non volevo più vederti, ecco... sai... è stato lo spirito a costringermi a scriverlo! Io ho cercato con tutte le forze di contrastarlo, ma non ci sono riuscita. Io non volevo mandartelo!" Gli allacciò le braccia dietro al collo e gli sussurrò: "Io... NON volevo NON vederti più..."
Draco la guardò dritta negli occhi, senza rispondere, continuando a camminare con il suo corpo tra le braccia. Poi, parlò a voce bassa, senza tentennamenti: "L'avevo capito Hermione... l'avevo capito a casa di Potter, quando ho scoperto che non avevi più la fasciatura al polso. Ho capito che lo spirito ti aveva controllato in tutte le cose strane che avevi fatto negli ultimi giorni..." Sospirò, e riprese: "Così, mi è pure passata la rabbia."
La voce emozionata di lei, gli accarezzò la pelle del viso: "Eri arrabbiato, vero?"
"Un po'..."
E la baciò delicatamente, appoggiandosi sulle labbra di Hermione come timoroso di essere rifiutato, anche se stavolta lei non lo fece anzi, chiuse gli occhi, assaporando la morbidezza della bocca di lui e del suo respiro caldo sulla pelle.
 
"Padrone, pranzo pronto!"
Sobbalzarono entrambi prima di capire che la voce proveniva dall'elfo domestico di casa, fermo in mezzo al corridoio, davanti a loro, che si strofinava le mani sporche di sugo su di una pezza stropicciata.
"Sì, va bene!" Rispose Draco con l'aria mezza scocciata, poi riportò gli occhi sulla donna che teneva stretta a sé... e si beccò un sonoro scappellotto sulla nuca.
"DEVI ESSERE GENTILE CON I TUOI ELFI DOMESTICI, DRACO MALFOY!"
 
 
***
 
 
"Mamma, puoi passarmi l'olio?" Si rivolse Percy a sua madre, per non alzarsi dal tavolo.
"Molly tesoro, per piacere potresti riempire la caraffa dell'acqua? E' terminata, miseriaccia!" Arthur non aveva neanche alzato gli occhi dal piatto.
Ginny tentava senza successo di infilare nella bocca di suo figlio qualche cucchiaio di pappetta: "James, vuoi mangiare sì o no? Tu non hai capito, amore di mamma, che io non posso diventare pazza dietro di te!"
George invece si informava, sbuffando tra un boccone e l'altro: "Harry, cosa si dice al Ministero? L'hanno legalizzata la polvere di papavero rallegrante? Mi serve per le mie nuove merendine, maledizione!"
"Mamma, mi dai il sale? Lo spezzatino è insipido, cavolo!" Ron si lamentò.
 
"EHI, VOI! MA LA FINITE DI DARMI ORDINI? NON SONO UNA SCHIAVA!"
Molly si alzò in piedi, mettendo le mani sui fianchi, come era solita fare quando doveva riprendere qualcuno.
In quel momento, il piccolo James sputò tutta la minestrina in faccia alla madre facendola urlare, mentre Harry Potter, esasperato dalle continue insistenze di George che tutti i giorni gli rompeva le palle sulla questione della polvere di papavero rallegrante, allargò le braccia e pronunciò un sonoro: "NO! Santo Merlino, George... NOO!"
 
Di certo, i pranzi domenicali alla tana non potevano definirsi noiosi: il chiacchiericcio continuo, a volte allegro, alle volte nervoso, caratterizzava la famiglia Weasley da quando Harry aveva messo piede alla tana ad undici anni. Afferrò svogliatamente la bacchetta per far sparire i pezzetti di pastina appiccicati alla faccia furiosa di sua moglie, poi iniziò a ridere a crepapelle. Ron, timoroso, tolse il cucchiaio dalle mani di Ginny e fece un paio di facce buffe a suo nipote, provando a farlo mangiare di nuovo.
"Ecco, vedi Ginny? Con me mangia alla grande!" E Ron, dopo aver fatto ingurgitare a James il suo boccone, gli ripulì la bocca con il bavaglino. "Secondo me è la tua brutta faccia che gli fa passare l'appetito, sorellina!"
"A si, tu dici Ron? Bene, allora tutte le volte che avrò problemi, e cioè ogni santo giorno... chiamo te, ok?" E Ginny, stizzita, abbassò la faccia sul suo piatto, inforchettando lo spezzatino. Ed il pranzo proseguì tranquillo, fra i ruttini di James e le sciocchezze di George.
Mezz'ora dopo, Molly faceva svolazzare la bacchetta guidando i piatti nell'acquaio, Arthur seduto in poltrona faceva saltare in aria suo nipote, e Percy se n'era andato frettolosamente, borbottando di relazioni ministeriali da scrivere e registri da controllare.
 
Mentre Ron affondava i denti in una fetta di torta al cioccolato, si accostò al cognato con aria cospiratoria: "Harry... Sei più riuscito a scoprire chi aveva regalato quel mazzo di fiori ad Hermione, tempo fa?"
Il Capo degli Auror fece cadere il suo pezzo di torta un secondo prima di morderlo, e cercò sbrigativamente di ripulirsi il maglione dallo zucchero a velo. "Ehmmm.."
Tossì nervosamente. La faccia da schiaffi di Draco Malfoy apparve alla sua mente, ma lo scacciò di corsa, perchè in fondo non era così sicuro di voler dare un'informazione simile a Ron. "N-no Ron, non l'ho scoperto!"
Ginny lo guardò di sottecchi, Harry ricambiò l'occhiata, poi riprese la fetta di torta che era caduta ribaltandosi nel piatto e, con aria innocente, prese a mangiarla.
"Mah..." Sospirò Ron: "Il corteggiamento non credo sia andato a buon fine, comunque!" Affermò il ragazzo con sicurezza.
"E cosa te lo fa pensare Ron, scusa?" Gli disse Ginny, con un sopracciglio sollevato.
"Beh, non c'è nessuno che ronza attorno ad Hermione! La frequentiamo solo noi: io, te, Harry... e Malfoy, per via del bracciale!"
Nel preciso istante in cui suo fratello aveva fatto il nome di Malfoy, Ginny aveva lanciato l'ultima penetrante occhiata al marito prima alzarsi dal tavolino con falsa indifferenza, ed iniziare a sparecchiare. Harry si affrettò ad imitarla, lasciando un ingenuo Ron a sbranarsi la sua terza fetta di torta...
 
 
***
 
 
Genealogia Familiare, la casata dei Malfoy
 
Il cognome "Malfoy" deriva dalla lingua francese e significa: malafede. Il suo lignaggio risale al tempo dell'invasione normanna...
 
Hermione sfogliò le pagine di un libro vecchio, stampato circa quarant'anni prima, leggermente ingiallito, e con qualche macchia scura qua e là. L'aveva sfilato da un ripiano della biblioteca di Draco, giusto per ingannare il tempo, perchè lui, dopo un pranzo abbastanza silenzioso, l'aveva lasciata sola per sbrigare un affare urgente.
 
Il primo Malfoy ad arrivare in Gran Bretagna fu Armand Malfoy, al seguito di William il conquistatore, come parte dell'esercito normanno. Egli, nella sua scaltrezza, rese servigi sicuramente magici ed oscuri a Guglielmo I così, gli viene regalato un pezzo di terreno nel Wiltshire. Fu lì che Armand fece costruire il suo grande palazzo, quello che per i secoli a venire fu costantemente ampliato, modificato, arricchito, fino a divenire la splendida residenza che possiamo ammirare oggi...
 
Raddrizzò la schiena, accavallò le gambe, e si apprestò a tuffarsi nella storia degli antenati di Draco Malfoy, l'uomo che Hermione aveva scoperto fosse il più misterioso, complicato, oscuro ed inavvicinabile essere vivente che avesse avuto la sfortuna, o forse... la fortuna, di conoscere! Questo doveva ancora capirlo bene.
 
Armand possedeva già molte delle qualità che poi hanno contraddistinto i Malfoy delle generazioni future: era attaccato alla reputazione, era altezzoso, amante del potere, delle ricchezze e con la convinzione della sua superiorità rispetto ai babbani.
 
Hermione sollevò un sopracciglio, dandosi una spiegazione più completa a quel disprezzo così radicato in Draco... un razzismo risalente praticamente a secoli prima. Cambiò pagina e riprese a leggere:
 
In centinaia di anni i Malfoy riuscirono ad accrescere le loro ricchezze e ad espandere i propri domini ben oltre il Wiltshire, facendo si che non ebbero mai bisogno di lavorare.
Nonostante la loro naturale insofferenza per la popolazione non magica, nel corso del tempo intrattennero rapporti con molti babbani, sebbene solo di ceto alto, per questioni politiche e di potere, fino all'entrata in vigore dello statuto di segretezza nel 1692: fu da allora che decisero di troncare definitivamente la fraternizzazione con loro, voltandogli la faccia a tal punto da rinnegare che avessero mai intrattenuto rapporti o addirittura sposato babbani... 
E' da questo momento in poi che i Malfoy si focalizzarono sulla dottrina del sangue puro...
 
In passato perciò, avevano contratto eccome, matrimoni di convenienza con i babbani! Hermione era a dir poco indignata: che razza di famiglia! Non c'era da meravigliarsi se Draco fosse cresciuto così maledettamente snob, razzista, ed approfittatore. Non era neanche colpa sua, in fin dei conti. Quel loro vantare a destra e manca un albero genealogico puro come l'acqua cristallina che sgorga da una sorgente era totalmente ridicolo, quindi! Le venne da ridere.
 
La ricchezza della famiglia Malfoy gli garantì sempre una notevole influenza presso il Ministero della Magia, anche se nessuno di loro aspirò mai a diventare direttamente Primo Ministro, preferendo tenere le redini del potere dall'ombra, dietro il trono.
Si dice della famiglia Malfoy: non ne troverai mai uno sulla scena del crimine!
 
Ed era verissimo, pensò amaramente Hermione. Lucius Malfoy, nonostante l'influenza economica, il carisma e quel pizzico di scaltrezza, aveva sempre preferito MANIPOLARE, piuttosto che uscire allo scoperto, e... quando le cose si mettevano male, riusciva sempre a defilarsi senza conseguenze troppo gravi.
Scosse il capo, chiuse il libro e sospirò, godendosi il silenzio.
 
"Draco, sei qui?"
Hermione sussultò a quella voce inaspettata, mentre un uomo entrò nella biblioteca senza attendere risposta; e lei rimase paralizzata, riconoscendo, nei tratti invecchiati del suo volto pallido, proprio Lucius Malfoy.
 
 
Continua...




 
 
 
 
Precisazioni:
-Il libro "Genealogia familiare" che Hermione legge alla fine del capitolo, ripropone semplicemente i pezzi dell'articolo sulla famiglia Malfoy pubblicata in Pottermore.

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Capitolo 25
*** Capitolo 24 Dopo secoli di perfezione... ***


 
 
Capitolo 24
Dopo secoli di perfezione...


 
 
Hermione rimase attaccata alla sedia senza respiro, mentre Lucius Malfoy, impalato sulla porta della biblioteca, provava ad aprire bocca nel tentativo di far uscire una frase di senso compiuto. Era evidente la totale e comprensibile confusione dell'uomo nel trovarsi davanti la donna che aveva sempre disprezzato, e che aveva anche provato ad ammazzare, esaltato dall'influenza del Signore Oscuro e dagli eventi di dieci anni prima.
 
"T-Tu!" La indicò balbettando. "C-che cosa ci fai in casa mia?"
Il signor Malfoy in realtà, era anche piuttosto spaventato, oltre che scioccato.
I processi contro i Mangiamorte, che si erano svolti nell'arco di un anno dopo la battaglia di Hogwarts, erano stati severi, ed i colpevoli puniti rigidamente. Azkaban ospitava ancora adesso centinaia di fedelissimi di Voldemort, ma Lucius Malfoy per fortuna, era riuscito ad evitare il carcere, per merito della sua scaltrezza, del suo pentimento di comodo, ed in parte anche grazie a sua moglie e suo figlio, che durante la guerra, nel loro piccolo avevano aiutato Harry Potter a salvarsi la pelle.
Purtroppo però, il perdono che il Wizengamot aveva concesso a Lucius Malfoy, era stato così violentemente messo in discussione dalla comunità magica, che lui per rabbonire gli animi aveva deciso di tenersi lontano il più possibile dalla sfera sociale, almeno fin quando le acque si fossero placate del tutto. Eppure, nonostante gli abbondanti anni trascorsi, ancora oggi l'intima paura di essere rimesso sotto i riflettori per essere punito come meritava davvero, non l'aveva abbandonato. E vedere Hermione Granger, il capo dell'ufficio applicazione della legge sulla magia in casa sua, a scartabellare fra i libri della loro biblioteca, aveva riacceso in lui il terrore mai sopito di vedersi chiudere le sbarre di Azkaban in faccia...
 
"I-Io... ecco..." Hermione tremava impercettibilmente, maledicendo Draco in tutte le lingue del mondo per averla privata della bacchetta: senza di essa si sentiva inerme, nuda, esposta. Lucius Malfoy avrebbe potuto cruciarla, ammazzarla, pietrificarla, schiantarla, fare di lei tutto ciò che avrebbe voluto. Ed in effetti, le stava appunto puntando contro il suo sottile bastoncino di legno, con l'aria totalmente stravolta, le narici dilatate e gli occhi grigio-azzurri spalancati.
Gli stessi, identici, magnetici, chiarissimi occhi di Draco.
 
"Le ripeto la domanda: che cosa ci fa in casa mia? Che cosa vuole? Che cosa cerca?"
Hermione stringeva i braccioli della sedia, pregando alternativamente Dio e Merlino, di uscirne illesa. "Io... io non voglio niente, Signor Malfoy! S-stia tranquillo!"
"Che cosa ci fa con la Genealogia familiare dei Malfoy sulle ginocchia, allora? Cosa deve scoprire?" Non accennava ad abbassare la bacchetta che aveva preso a tremare nella sua mano agitata. "Ha almeno il mandato di perquisizione del Ministero? In caso contrario, la butto fuori immediatamente!"
 
La donna aprì bocca interdetta, consapevole che tentare di spiegare a quell'uomo i reali motivi per cui si trovava nella sua casa, equivaleva a fargli prendere un infarto fulminante. Il suo cervello impazzito aveva elaborato in due secondi scarsi la scena apocalittica di lei che diceva qualcosa tipo: -Signor Malfoy, mi perdoni se l'ho spaventato ma non si preoccupi, mi trovo qui perchè Draco mi ha invitata a restare qualche giorno insieme a lui!- L'immagine di Lucius Malfoy che diventava rosso d'ira e stramazzava al suolo maledicendo il suo degenere figlio si materializzò nella sua mente ma, nonostante ciò, il suo brillante ingegno non la aiutò a cavarsi d'impiccio come invece faceva sempre. La realtà, era che si stava vergognando come mai le era successo in tutta la sua vita. Si affrettò a dire, impacciata: "Oh... ecco, i-io... stavo solo leggendo! E'... è un libro interessante. Mi è capitato fra le mani per caso, e l'ho aperto!"
Lucius Malfoy sussultò, poi abbassò un poco le palpebre, sospettoso, marcando le rughe tipiche dell'avvicinarsi della vecchiaia. Era cambiato molto rispetto all'ultima volta che Hermione l'aveva visto, circa otto o nove anni prima: non aveva più il portamento fiero ed eretto, ma le sue spalle si erano leggermente incurvate, gli occhi sprezzanti si erano fatti vacui ed un po' tristi; i segni del tempo sul suo volto si erano evidenziati, e quei singolari capelli biondi ora, tendevano ad un inconfondibile bianco.
 
"Mi faccia capire signorina Granger: lei entra nella mia abitazione di soppiatto, preleva un libro sulla storia della famiglia, la colgo sul fatto, e senza vergogna si giustifica dicendomi che quel libro è INTERESSANTE?! Vorrebbe farmi credere che si è introdotta nella mia biblioteca per ammazzare il tempo leggendo? Non insulti la mia intelligenza, per piacere!"
 
 
"Papà!"
Una voce allarmata fece spostare lo sguardo dei due sulla figura preoccupata del ragazzo appena arrivato, che di sfuggita aveva posato i suoi occhi sgranati su Hermione, visibilmente terrorizzata.
"Siete già rientrati dal vostro viaggio? Dovevate tornare stasera, o sbaglio? Mamma dov'è?" Si informò Draco, fingendo una calma che non possedeva minimamente.
Lucius Malfoy guardò il figlio con l'espressione incredula, stupito dall'indifferenza di Draco alla presenza di Hermione Granger. Anzi... per un fugace attimo, gli parve di scorgere addirittura negli occhi del figlio un barlume di insofferenza nei SUOI di confronti, per l'imprevisto di ritrovarselo davanti senza preavviso.
 
"Tua madre è andata nelle sue stanze a riposare, ed io ero venuto ad informarti del rientro anticipato Draco. Ma a quanto pare..." Si voltò a guardare Hermione, che non si era mossa di un millimetro, e finì di parlare con la sua tipica voce strascicata: "Ho avuto una bella sorpresina! Da quanto ho potuto notare, tu ne eri a conoscenza, dato che non hai battuto ciglio! Quindi, vorrei essere ragguagliato sul motivo della sua presenza qui!"
Draco stette qualche secondo in silenzio, toccandosi nervosamente un bottone della camicia blu.
 
Un elfo domestico passò per caso davanti la porta della biblioteca, e sparì rapidamente, comprendendo che la situazione spinosa richiedeva un intervento immediato...
 
"Allora?"
Il tono di Lucius lasciava trasparire la confusione più totale. Draco guardò Hermione di sottecchi, poi parlò con voce neutra, sperando di cavarsela: "Non preoccuparti, papà. La signorina Granger è qui perchè ce l'ho portata io, abbiamo degli affari da discutere. E sempre io le ho dato l'autorizzazione per intrattenersi in biblioteca, mentre attendeva che io sbrigassi un'altra faccenda."
Suo padre rimase interdetto, ed abbassò completamente la bacchetta, facendo sì che Hermione potesse finalmente rilassare i suoi nervi tesi.
"Affari, dici! Di c-che affari devi discutere con Hermione Gran..." Non fece in tempo a terminare la frase però, che Narcissa sopraggiunse tutta trafelata con l'elfo domestico attaccato alla gonna...
"Lucius!"
La signora Malfoy posò lo sguardo preoccupato su tutti i presenti, cogliendo al volo la paura della ragazza, il disagio del figlio e lo shock del marito. Pochi attimi prima, l'elfo di Draco era corso nella sua camera avvisandola in modo confusionario di una situazione a dir poco incresciosa: aveva balbettato di signor Malfoy con bacchetta sguainata, di giovane ragazza impaurita, e di padroncino sconvolto... Narcissa aveva afferrato al volo l'identità della donna, ed era corsa ai ripari.
Cercò di essere quanto più possibile distaccata e seria: "Salve signorina Granger. Draco, buongiorno!" Seguì un attimo di impacciato silenzio, poi Narcissa afferrò suo marito per un braccio: "Andiamo, Lucius!"
E se lo trascinò via...
 
 
Narcissa, con la sua naturale intuizione di madre, aveva compreso da tempo il delicato e controverso interesse di Draco per Hermione Granger. Da quella mattina in cui li aveva visti uscire insieme dalla tenuta, si era accorta che l'atteggiamento di suo figlio era cambiato: era più pensieroso del solito, a volte gli angoli delle sue labbra si incurvavano all'insù senza un apparente motivo, spariva da casa senza avvisarla (cosa che non era mai successa), e gli occhi gli brillavano di una luce diversa...
Aveva riflettuto molto la Signora Malfoy nel silenzio dei suoi appartamenti, ma non era riuscita a dare né una spiegazione razionale a tutto ciò, né un giudizio completo. Non sapeva se doversi disgustare per la possibilità di una loro concreta relazione amorosa, o se invece gioirne. L'unica cosa che sapeva con certezza però, era questo: se Draco era giunto al punto di rompere il suo doloroso e forzato isolamento per una donna, per QUELLA donna, voleva dire che, in qualche modo, ne valeva la pena!
E lei si fidava di suo figlio...
Sarebbe stato lungo, il tempo per adattarsi all'idea di vederli insieme, e forse Narcissa non si sarebbe mai abituata completamente, ma l'avrebbe accettato. Anzi... l'aveva già accettato in fondo. Perchè vedere suo figlio riaprirsi alla vita, al mondo, e all'amore, dopo gli anni di buio totale, la rendeva magnificamente felice. E non importava se la ragazza che era riuscita a prenderlo per mano e a tirarlo fuori dal baratro, fosse stata in passato proprio colei che più avevano disprezzato, una babbana senza un briciolo di sangue puro e nobile a scorrergli nelle vene; se lei avesse amato Draco dal più profondo del cuore, Narcissa l'avrebbe accolta. Era un discorso terribilmente egoistico, di quell'egoismo tipico di una madre che vuole vedere il figlio felice a tutti i costi... ma non le fregava niente.
Il suo cuore, in tutti quegli anni, si era lacerato tante di quelle volte per la sofferenza straziante di vedere suo figlio disperato, impaurito, arrabbiato col mondo, isolato, odiato da tutti per aver commesso lo sbaglio di finire dalla parte sbagliata della guerra, che questo piccolo spiraglio di sole nell'esistenza di Draco, le stava scaldando l'anima. Sperava soltanto che non fosse tutta un'illusione... che le cose sarebbero andate come dovevano andare, e che quella ragazza non si stesse approfittando nelle debolezze di suo figlio per sferrargli invece il colpo letale, vendicandosi di tutte le pesanti angherie subite da lui in gioventù.
 
Trascinò il marito verso l'ala nord della villa, quella che tempo prima avevano deciso di occupare per lasciare il resto della casa al figlio, e lo fulminò con lo sguardo:
"Il mondo è cambiato, Lucius! E tu devi cominciare a farti gli affari tuoi! Draco non è più un ragazzino. Lascialo vivere!"
"Ma..."
"Non discutere, ti prego!"
Lucius Malfoy rimase senza parole, perchè fu in quel preciso istante che realizzò la vera portata di ciò che aveva visto in biblioteca. Non erano stati dei discutibili -affari da sbrigare- a portare Hermione Granger in casa loro, ma qualcosa di diverso. Qualcosa che c'entrava sicuramente con lo strano comportamento che negli ultimi tempi aveva adottato suo figlio.
Tra quei due, l'ascia da guerra era stata indubbiamente sepolta, per far spazio ad un altro modo di rapportarsi... Ed anche Narcissa, evidentemente, l'aveva capito.
Lucius abbassò le palpebre, sfiancato dal dover accettare forzatamente i rapidi cambiamenti della loro società, e conscio che sua moglie, purtroppo, non era in errore nell'affermare che Draco aveva bisogno di tornare a vivere, dopo tutto ciò che aveva passato.
Solo che... fra migliaia di streghe, suo figlio doveva scegliere proprio Hermione Granger, dannazione!?!
Gli costò un grande sforzo, ma alla fine Lucius Malfoy accettò il fatto ineluttabile che il suo albero genealogico, dopo secoli di perfezione, si sarebbe sporcato un po'...
 
E mentre pensava a quanto triste potesse essere tutto questo...  Narcissa, contro qualsiasi aspettativa, stava silenziosamente pregando con tutte le sue forze, che Hermione Granger fosse davvero la donna speciale che, con il suo amore, avrebbe salvato la vita di suo figlio Draco.
 
 
***
 
 
Rimasero a guardarsi per qualche secondo, impacciati, nervosi, ed anche preoccupati dalla situazione fastidiosa in cui si erano venuti a trovare. Fu Hermione la prima a scuotersi dall'immobilità: gli abbondanti secondi di quiete trascorsi, le avevano permesso di tornare lucida e di ragionare sullo sbaglio commesso dal ragazzo nel portarla a casa sua.
 
"Fammi tornare a casa, Draco!" Lo supplicò Hermione, spezzando quella finta calma.
Draco sgranò gli occhi, e cominciò a negare impercettibilmente con il capo, quasi come se l'idea che lei volesse andarsene, gli mettesse addosso un'ansia incontrollata. Lanciò pure un fugace sguardo alla fasciatura sul polso della donna, per accertarsi che non fosse di nuovo uscita di testa per colpa dello spirito, e ricominciò a scuotere il capo, deciso a non lasciarla andare.
La reazione eccessiva di Draco stupì un po' Hermione, ancora troppo scettica sul reale interesse che lui aveva per lei. Ed improvvisamente si sentì soffocare, impensierita da quel volere a tutti i costi tenerla al riparo ma, sopratutto, sotto controllo. Probabilmente quell'atteggiamento scaturiva da un strano e complicato senso di responsabilità che Draco Malfoy sentiva nei suoi confronti, ormai troppo coinvolto dalla storia del bracciale dei Belby. Certo NON perchè l'amava...! E le dava fastidio essere dipendente da un uomo solo perchè esso si sentiva in obbligo di ripararla, per dovere, per convenienza, per coinvolgimento, forse pure per ringraziarla implicitamente del favore che lei gli aveva fatto quando aveva archiviato il caso dei suoi manufatti oscuri.
No. Doveva andarsene. Chiudere quella specie di storia, di vincolo, o legame, non sapeva neanche come chiamarlo. Ci aveva ragionato più e più volte eppure, come un'idiota, finiva sempre per ricascarci. Una voce furiosa nella sua testa le urlò: Hermione!!! Fra voi non può essere, lo vedi da sola, cazzo! Ma tu insisti, insisti, insisti. A che scopo? Il giorno non può fondersi con la notte, maledizione!
Esasperata, buttò fuori: "Perchè neghi con il capo, Draco?! Ma non capisci?! Io non posso stare qui! Non è casa mia, e non sono la benvenuta, lo hai visto pure tu!"
 
Draco inspirò profondamente, cercando di controllare l'angoscia che era salita prepotente al petto quando aveva capito che lei voleva andarsene. Non comprese bene il motivo di quella reazione interna, ma credette fosse la paura dell'abbandono. Hermione Granger era diventata il suo tenue raggio di sole nel tunnel buio della sua vita, in un modo talmente impercettibile che non se n'era reso mai davvero conto, fino a quel momento.
Non voleva precipitare di nuovo nelle tenebre, e rischiare di impazzire:
"Smettila di dire idiozie! Sei a casa mia, e quindi sei benvenuta!"
"Oddio Draco, finiscila!" Hermione allargò le braccia, spazientita: "Tuo padre... ecco, tuo padre..." Non sapeva che dire, per timore di offenderlo: "Ooh... ma andiamo! Non posso restare! Non posso restare e basta! Cerca di comprendere!"
Qualcosa scattò in lui, forse un istinto alla conservazione, il desiderio di tutelare la sua famiglia, garantire quel residuo di onore al suo cognome: "Mio padre cosa? Sentiamo!"
Hermione lo guardò negli occhi con sdegno, realizzando con amarezza che stava per litigare con Draco Malfoy per colpa dei suoi genitori. Riflettè qualche istante, ma seppe che la verità restava sempre la cosa migliore da dire, e allora capitolò:
"Tuo padre mi odia, ecco cosa c'è!"
Le sue gote erano diventate dello stesso colore di una fragola matura, ma non se ne curò: "Stava per rimanerci secco quando mi ha trovata qui dentro, e beh... " Hermione si scostò concitatamente i capelli dal viso: "Forse anch'io avrei reagito così, se fossi stata al suo posto!"
"Mio padre ha avuto solo paura, Hermione!"
"PAURA? Mi ha puntato la bacchetta contro, maledizione! Ed avrebbe potuto farmi qualsiasi cosa!"
"Istinto! Non ti avrebbe fatto niente!" Draco fu sopraffatto dall'agitazione e dalla rabbia, ma continuò affannosamente, cercando di spiegarle qualcosa che, probabilmente, lei non avrebbe mai capito del tutto:
"Tu non sai cosa abbiamo passato dopo la guerra! Pensi che l'assoluzione accordata a mio padre dal Wizengamot lo abbia liberato totalmente dalla colpa? Beh... No, cara mia! Mio padre paga ancora in silenzio le stronzate che ha fatto, come d'altronde le pago io! Penso tu sappia che noi non siamo più liberi di uscire alla luce del sole come Potter, o passeggiare tranquilli per Diagon Alley come te, o provare a stringere intese, o relazioni amichevoli, o accordi economici, come invece fanno tutti i maghi d'Inghilterra. Non ci è più permesso, sai? Il disprezzo della gente ci ha isolato a tal punto che provare a frequentare ancora la società, sarebbe soltanto un inutile porsi come bersaglio di critiche, provocazioni, pregiudizi, facce schifate, e a volte anche colpi bassi."
Gli occhi di Draco mandavano lampi, ma non si fermò: "Siamo costantemente sospesi sul filo del rasoio... e non te lo sto dicendo perchè cerco la tua compassione, non la voglio! Te lo sto dicendo perchè vorrei soltanto che capissi il gesto di mio padre, impulsivo certo, ma dettato dalla preoccupazione. So che non ti avrebbe fatto niente. Ne sono certo."
Sulle ultime parole, Draco la guardò con l'espressione implorante, accorgendosi di colpo di quanto la sua vita fosse cambiata. Cambiata al punto di pregare Hermione Granger di credergli, al punto di aver paura di essere abbandonato da lei, di volere la possibilità farsi amare, di permettergli di continuare a proteggerla.
 
Hermione rimase a lungo in silenzio, riflettendo su tante cose, con l'anima in subbuglio, pensando che mai le era successo di essere così tremendamente indecisa. Ma la decisione da prendere era già stata stabilita, forse prima ancora che tutto quello succedesse. Doveva andare così, in fondo. Doveva per forza andare così...
"Mi dispiace tanto, Draco... Voglio andare a casa. Ti prego. Non posso restare."
Lo guardò con la morte nel cuore, e Draco cedette. Non mostrò dispiacere, non lasciò trasparire il dolore, non tolse la sua maschera di ghiaccio, e si mantenne impassibilmente distaccato. Tanto, il fragoroso boato che si era generato nel suo petto e che aveva frantumato tutto il buono che aveva trovato al suo passaggio, non l'avrebbe mai sentito nessuno. Fu atono, quasi meccanico nel pronunciare la sua risposta: "Va bene."
 
Sfilò la bacchetta di Hermione dalla tasca posteriore del pantalone, restituendogliela senza guardarla, poi fece un gesto muto col capo per farle intendere di seguirlo; così uscirono dalla biblioteca, scesero le scale, attraversarono l'immenso atrio e Draco l'accompagnò fuori, fino al cancello della tenuta, per permetterle di smaterializzarsi.
Hermione tremò impercettibilmente per tutto il tragitto, concentrata a mantenere il controllo sui suoi occhi umidi che, maledetti, volevano cedere. Mai era stato così complicato allontanare qualcuno da sé, o così devastante. L'eventualità che stesse sbagliando tutto la stava distruggendo.
Quando, prima della guerra, aveva colpito i suoi genitori con l'Oblivion ad esempio, ne era stata tremendamente addolorata, ma la certezza che stesse facendo la cosa giusta le aveva dato la forza per non soccombere alla disperazione più totale... Ma adesso?
Adesso non aveva quella stessa sicurezza che l'aveva animata allora, non c'era neanche un piccolo appiglio per poter dire di essere assolutamente convinta. Erano così valide le mille paturnie mentali che si era fatta nel corso di quei mesi? Oppure erano solo muri che lei aveva eretto attorno a sé per paura? L'antico disprezzo di lui, la questione del sangue, gli ideali diversi, le vite lontane... potevano seriamente ostacolare il loro perdonarsi?
 
"Siamo fuori dai confini di casa mia. Puoi smaterializzarti, adesso..."
Sussultò, alla voce profonda di un Draco apparentemente indifferente, che aveva spezzato il silenzio teso solo per mandarla via. Aveva mantenuto il proposito di non guardarla, infatti i suoi occhi penetranti fissavano qualcosa di indefinito dietro di lei, e la sua espressione dura sembrava volerle quasi dire: vattene.
Hermione annuì scoraggiata e, sospirando, tentò di visualizzare la sua villetta nell'Oxfordshire. Inaspettatamente però, la prospettiva di non averlo più fra i piedi a prendersi gioco di lei, a baciarla con impeto, ad arrabbiarsi, o a volerla convincere di cose impossibili, la fece sentir male... Le mancò il respiro.
"Draco..."
"Che vuoi?"
Con la determinazione tipica che l'aveva sempre contraddistinta, Hermione lo strattonò tirandoselo contro, e poi si smaterializzò a casa trascinandoselo dietro...
 
 
Continua...

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Capitolo 26
*** Capitolo 25 Le donne erano creature folli ***


Capitolo 25
Le donne erano creature folli


 
 
"Si può sapere perchè mi hai trascinato a casa tua?"
Hermione aprì il portoncino, e guardò Draco senza particolari espressioni, nell'attesa che si decidesse ad entrare. Era stata impulsiva a smaterializzarsi portandoselo dietro, e capiva pure il malumore di lui, dato che cinque minuti prima gli aveva fatto sottilmente capire che, per loro due, non c'era molto da fare: la discussione avuta alla villa per colpa di Lucius Malfoy ne era stata l'ennesima prova. Ma alla fine, nonostante tutto, proprio non ce l'aveva fatta a lasciarlo andare... Che follia: Hermione Granger che non riusciva a lasciar andare Draco Malfoy!? Roba da matti, davvero. Ma forse, matta ci stava diventando sul serio per essere così coinvolta da un uomo che l'aveva psicologicamente distrutta proprio nella fase della vita in cui una persona è più fragile: l'adolescenza. Sperava con tutto il cuore che il suo brillante intelletto non le stesse facendo prendere un'enorme cantonata; la sua perspicacia l'aveva costantemente accompagnata nelle scelte più ardue, e sempre, sempre, sempre si era rivelata un'ottima consigliera. Non poteva sbagliarsi proprio adesso! E provò a fidarsi ancora una volta...
"Ma io ho detto che volevo andare a casa, Draco! Non ho detto che volevo scappare da te!"
Draco aggrottò le sopracciglia, perso ad osservare il sorriso birichino di lei, poi... mentre realizzava il senso di quelle parole, si rilassò gradualmente, fino a sogghignare. Prese a scuotere la testa canzonatorio, tenendo le mani in tasca, liberandosi di un peso che era divenuto schiacciante sul suo petto quando aveva creduto che Hermione volesse liberarsi di lui per l'ennesima volta. Certo, ci stava facendo la figura del fesso a farsi influenzare dall'umore instabile di una donna! Fino a qualche tempo prima avrebbe schiantato senza se e senza ma chiunque gli avesse detto che un giorno sarebbe stato succube di una femmina!
 
Hermione continuava a sorridergli, quasi imbarazzata, con gli occhi che le luccicavano d'aspettativa, le gote colorate e le labbra schiuse. E Draco, guardandola, seppe che era tutto vero quello che raccontavano i vecchi maghi: le donne erano creature folli, dispettose, complicate, a volte odiose, capaci addirittura di renderti una bestia feroce ma... quando chiamavano, non c'era verso di resistere. Si diceva che era nel destino di tutti gli uomini, doverne sopportare almeno una! Perchè in fondo, il tanto decantato potere delle donne non era altro che la loro attrattiva sessuale, e contro quella, c'era davvero poco da fare: l'uomo non poteva far altro che capitolare.
 
Se ne stava ancora immobile a ragionare Draco, quando Hermione gli allacciò le braccia al collo, per farsi baciare come lui l'aveva sempre baciata: autoritario, arrogante, irresistibile. Lo voleva con un'intensità tale da farle tremare le mani, e stavolta Hermione non aveva la minima intenzione di lasciarlo andare, perchè stava iniziando a far pace con se stessa e soprattutto con i sentimenti contorti che lui le scaturiva. Era grande e vaccinata in fin dei conti, e se un giorno il destino avrebbe voluto farla soffrire per la scelta sbagliata di aver perdonato e creduto a Draco Malfoy, beh... l'avrebbe affrontato, come aveva affrontato ogni cosa brutta della sua vita! E di certo non sarebbe stato peggio, o più doloroso, o più devastante di veder morire Fred, Lupin e Tonks, quando aveva ancora diciannove anni. Una delusione amorosa era ben poca cosa rispetto agli orrori operati da Voldemort e vissuti in prima persona!
 
Hermione lo abbracciò cercando calore, beandosi dell'urgenza delle mani di lui che strinsero possessive i suoi fianchi per premersela addosso. Gli sfiorò il naso, ed osservò da vicino i suoi occhi chiari, occhi che in quell'istante avevano preso una sfumatura di grigio intenso, molto diversa dal celeste che solitamente acquistavano alla luce del sole. Ogni stramaledetta volta che gli occhi di Draco cambiavano colore, lei rimaneva senza parole! Anche quando era piccola e lo disprezzava, aveva notato quelle sue iridi dal colore delle nuvole cariche di pioggia, e le avevano fatto pure uno strano effetto a dire il vero, ma di quell'effetto conturbante ed inspiegabile percepito da una ragazzina che ancora non comprende le faccende degli adulti. Ma era stato meglio così, in fondo... Se da ragazzina avesse scoperto cosa nascondeva Draco Malfoy dietro al suo sguardo di ghiaccio, si sarebbe persa. E probabilmente non avrebbe più retto al suo disprezzo, come invece aveva sempre egregiamente fatto.
 
Draco le schioccò un bacio violento, mischiando la saliva alla sua, succhiandole il labbro inferiore, spingendole la lingua dentro la bocca. Il loro impatto fisico fu prepotente, incontenibile, e tradì l'urgenza che avevano represso in tutti quei giorni. Lui però, si scostò un poco, desideroso di chiarire una faccenda troppo importante:
"Hermione?"
"Mmh... Dimmi!"
Ebbe un attimo di esitazione Draco, prima di iniziare a parlare.
"Ascoltami..." Poi, prese fiato per poter proseguire senza intoppi: "Io ti giuro... ti giuro che nessuno ti farà più del male in casa mia! Te lo giuro sul mio onore. Ma tu... ti prego, tu... tu fatti passare la paura di mio padre e mia madre, perchè non potrò farteli evitare per sempre. Cerca di capire!"
Sulle prime Hermione si indignò, trovando la richiesta estremamente imperiosa, ma osservando lo sguardo quasi supplicante di Draco, provò a cercare un significato diverso a quello che apparentemente le aveva chiesto, e cominciò a batterle più forte il cuore per le implicazioni di quell'affermazione. Forse si stavano lentamente dirigendo verso qualcosa di meraviglioso se lui le aveva addirittura chiesto di accettare i suoi genitori. Il significato recondito delle parole di lui la travolse lasciandola senza fiato, e con un'emozione incontrollabile gli sfiorò le labbra, tentando di tornare a respirare normalmente.
Non sarebbe stato facile mettere da parte ciò che era successo dieci anni prima in uno dei grandi saloni di villa Malfoy, dimenticare le sue stesse urla, o cancellare dalla mente il dolore intenso delle Cruciatus; avrebbe dovuto perdonare Lucius Malfoy e Narcissa Black per essere stati spettatori consenzienti della sua tortura, e... No! Merlino... No. Hermione non credeva, onestamente, di potercela fare. Aveva perdonato loro figlio, vero! Ma lui era un discorso diverso: Draco non era nato nella famiglia Weasley, dove tutti erano buoni, generosi e liberi dai pregiudizi razziali. Draco non aveva avuto vicino uomini come Silente, Sirius, Lupin o il signor Arthur ad insegnargli cosa è il bene e cosa il male. Draco non era cresciuto fra i Grifondoro. Draco, in tutta la sua gioventù, non aveva fatto altro che subire l'influenza negativa dei Mangiamorte che lo circondavano. E non era la stessa cosa! Ciò che avevano fatto i suoi genitori, era stato fatto con la capacità assoluta di intendere e di volere, con la mente adulta e capace di ragionare autonomamente. Come giustificare ciò?
 
Hermione sospirò, ma preferì tenere per sé tutti i suoi dubbi; la maturità l'aveva portata ad essere meno impulsiva rispetto all'Hermione di Hogwarts, quella che diceva ciò che pensava a costo di litigare con i suoi amici. Così, nel tentativo di essere diplomatica e di non farcelo rimanere male, gli disse in un sussurro:
"Ho bisogno di tempo Draco... Puoi pazientare?"
Lui annuì in silenzio, senza aggiungere altro: lo sapeva che non sarebbe stato affatto facile! La risposta di Hermione però era stata anche troppo giudiziosa, rispetto a ciò che qualsiasi altra persona gli avrebbe urlato contro, ad una simile, assurda richiesta. Draco realizzò ancora una volta di aver a che fare con una donna fuori dal comune, e non capì, onestamente, cosa aveva fatto per meritarsela.... Proprio lui, che aveva vissuto di tenebre per tutta la vita, che aveva tentato di ammazzare la gente nel tentativo di compiacere un pazzo, che portava ancora sul braccio il segno indelebile del male, che si era nutrito d'odio, di disprezzo, di vigliaccheria.
E non è che poi era così tanto cambiato! Sempre maledetto era, sempre fondamentalmente vigliacco era rimasto, sempre sprezzante restava con chi gli era inferiore! Ma allora perchè? Perchè Hermione Granger lo aveva guardato diversamente? Perchè la donna che tutto il mondo magico venerava per il suo coraggio nel combattere i Mangiamorte, proprio un Mangiamorte aveva finito per volere?
Forse Hermione stava diventando irrimediabilmente pazza ma, in fin dei conti, a lui cosa importava? Quella pazzia gli andava più che bene se li aveva fatti arrivare a quel punto...
Così, in uno slancio d'euforia e senza più pensare, Draco la prese in braccio, con l'intenzione di portarla al piano di sopra, possederla, e farsi possedere come se non ci fosse un domani.
L'amore che gli scatenava Hermione era qualcosa di così travolgente, che l'intensità con cui in passato aveva odiato, o avuto paura, non erano minimamente paragonabili alla violenza con cui il cuore gli rimbombava ora nel petto...
Non pensava che le avrebbe mai detto una cosa del genere, però: questi erano pensieri che andavano tenuti chiusi a chiave nell'anima; l'amore era un sentimento capace di farti volare come fa una scopa su di un campo da Quiddich, e poco dopo farti cadere a terra procurandoti decine di fratture scomposte.
 
Rimasero qualche momento sulle scale a spogliarsi, con la furia di voler sentire la pelle strusciarsi e sprigionare calore. Draco respirò pesantemente quando ripese a baciarla e, poco attento, le infilò di nuovo la lingua in bocca, senza curarsi di esser delicato. Il fatto era che non ce la faceva più ad aspettare, ad aspettarla... Spinse Hermione contro la ringhiera di legno, ruotando la lingua fra le sue labbra gonfie, leccandola, mordendola.
Non era mai stato un tipo particolarmente romantico, non sapeva come muoversi per essere certo di far sentire una donna al centro del suo mondo, non si era mai interessato di denudarla con malizia, o di mettere le mani nel posto giusto al momento giusto. Lui era tutto istinto, prepotenza, passione; e si era accorto che con Hermione la sua veemenza peggiorava, al punto di aver quasi paura di farle male. Avrebbe desiderato ardentemente guardarla in modo più sensuale, o calmare la sua foga irragionevole, o sussurrarle nell'orecchio qualche parola dolce, come facevano tutti gli uomini prima di sbattere una donna su di un letto e possederla fino a sfinirla. Ma lui non ne era capace, almeno non ancora! Si augurò con tutte le forze di impararle un giorno, tutte queste cose, altrimenti avrebbe rischiato di perderla per la sua incontenibilità, la troppa gelosia, o perchè magari sarebbe diventato troppo soffocante, finendo per esasperarla.
Il cuore gli martellava nel petto a ritmo forsennato mentre si schiacciava addosso ad Hermione, e fu certo che l'ardore travolgente che l'aveva investito non era semplicemente una reazione naturale agli impulsi sessuali, ma era dovuta piuttosto all'emozione di sapere che si trattava di LEI. Lei che non si stava curando della veemenza con cui la spogliava, o la toccava, o la mordeva, ma anzi... sembrava quasi assecondarlo mentre premeva con il bacino contro il suo corpo irrequieto, provocandolo tanto da farlo uscire di senno. La guardò allungare il collo all'indietro, socchiudere gli occhi, spalancare la bocca in un ansimo profondo e cercare febbrilmente la cintura dei suoi pantaloni. 
Draco scavò nella memoria, e mentre le leccava la pelle, sfiorando in punta di dita la rotondità di un seno scoperto, rivisse alcune scene di loro da ragazzini. Rievocò con profondo rimorso gli insulti rabbiosi che le aveva rivolto, e tradusse quel dolore interno, cercando di farla godere più di quanto allora le avesse fatto male. Quel "lurida sangue sporco" pronunciato decine e decine di volte e marchiato a fuoco nei suoi ricordi, lo fece gemere di frustrazione, lo fece pentire come un condannato che comprende i suoi errori in punto di morte. Così, si spinse più forte ancora contro il corpo di lei, diede sollievo momentaneo alla sua tensione esplosiva, e strinse gli occhi.
Doveva farle dimenticare tutto: Draco voleva che Hermione si scordasse tutto il male che lui le aveva fatto. E giurò su Dio che se un giorno Hermione Granger avesse pianto per lui, sarebbe stato di felicità...
Le sue mani attraversarono ogni curva, ogni piega; poi si soffermarono, strinsero, afferrarono, infine scesero sulla pancia, sempre più giù, fino a bloccarsi. La spogliò, e si perse a muovere le dita dappertutto, facendola inarcare, ondeggiare, ritrarsi, schiudere le gambe per il bisogno di sentirlo dentro. E Draco la sconvolse, trovando il suo accesso caldo e spegnendo il grido eccitato di lei con la propria bocca, sconquassandola di piacere.
Era una danza antica quanto il mondo quella che stava per consumarsi in quella casa, e non c'era niente di sbagliato, niente di sconveniente, niente di cui pentirsi, anche se poi, sicuramente, lei l'avrebbe allontanato come al solito.
Di colpo, Draco si staccò da lei, cercò di riprender fiato, e la guardò negli occhi. Quello che vide lo frastornò un poco: non era abituato a vedere le gote di Hermione Granger accaldate di piacere, e non era avvezzo neanche ad essere destinatario del suo sorriso timido ma carico di desiderio.
Ansimava leggermente Draco, e dall'espressione smaniosa di lei almeno, fu sicuro che quello che le stava facendo le piaceva. Si liberò dei pantaloni, dando sollievo alla sua tensione, poi tornarono a baciarsi ondeggiando con i corpi, ed Hermione lo accarezzò impudica, costringendolo, dopo qualche momento, ad allontanarle bruscamente la mano, per non fare la figura dell'adolescente in preda agli ormoni.
Il tragitto verso la camera fu lungo, persi com'erano a toccarsi dappertutto ma, alla fine, riuscirono a crollare sul letto, seminudi, accaldati, ansimanti.
Tornò a circondarli la bellezza pura di un atto intenso e passionale, capace di far dimenticare ogni cosa: il passato, il presente, il futuro; capace di annullare ogni pensiero razionale, per far perdere la mente in un posto lontanissimo ed irraggiungibile.
Hermione si concesse con più disinibizione della prima volta, sicura di ciò che voleva, ma soprattutto di ciò che lui le stava facendo provare. Separò le gambe, si inarcò voluttuosa, lo accolse in lei sospirando forte, poi intrecciò le gambe alle sue ed iniziò a muoversi.
Fra le coperte sfatte, si amarono in molti modi, stringendo le lenzuola fra le dita per non gridare, abbandonando la frenesia iniziale per far spazio alla dolcezza e ai movimenti lenti, rigirandosi decine di volte, trattenendo il piacere. Hermione si voltò di schiena, spingendoglisi contro con lascivia, poi si rialzò sedendosi su di lui, e muovendosi con calma studiata; gli sfiorò il torace con il seno, tornò a sdraiarsi di nuovo, e lui riprese il comando, inginocchiandosi davanti alle sue gambe dischiuse per sprofondare nel suo calore. Più volte si bloccarono per non permettere che tutto terminasse troppo presto; allora si strofinavano, Draco le scivolava addosso con gentilezza, poi riprendevano a baciarsi, a leccarsi smaniosi, fino a ricominciare tutto daccapo.
Alla fine, decisero di arrendersi... e con tutti i muscoli in tensione per l'approssimarsi dell'esplosione più dolce che esistesse al mondo, Hermione scattò in alto, quasi come se ciò le permettesse di sentirlo di più, mentre Draco invece si muoveva frenetico e le mordeva delicatamente una spalla, liberandosi finalmente di tutta la passione trattenuta.
L'estasi di quei secondi meravigliosi si irradiò nei loro corpi donandogli la pace, così tutto si fece nero e colorato nello stesso tempo, luminoso ed oscuro. E le loro menti, sprofondarono del baratro del nulla appagante.
 
 
***
 
 
Riaprire gli occhi dopo tutto l'amore provato, fu quasi doloroso, perchè li costrinse a rimettere i piedi per terra e tornare a pensare ai loro dubbi, alle incertezze, ai motivi per cui per tutti quegli anni non si erano mai ritrovati. Draco crollò sul materasso riprendendo fiato, passandosi una mano fra i capelli leggermente scompigliati, e guardando fisso il soffitto.
Nel silenzio della camera si sentiva soltanto il ticchettio di un orologio ed il ronzio lontanissimo di Pepper che, probabilmente, vagava per il piano inferiore. 
Hermione raccattò le mutandine e se le infilò rapida, lanciando qualche occhiata di sottecchi a Draco, che aveva un'espressione enigmatica e leggermente corrucciata. Respirò senza fretta, riempiendosi i polmoni e buttando fuori l'aria contando i secondi, fino a rallentare il battito cardiaco; era una tecnica di rilassamento che aveva imparato dalla psicologia babbana. Tornò furtivamente a scrutare Draco, e si rassegnò al fatto che la sua maschera accigliata e pensosa nascondeva qualche ragionamento contorto.
Ed Hermione giurò su Merlino che se lui, di lì a qualche minuto, si fosse alzato dal letto per vestirsi in silenzio e lasciare la stanza senza una parola, lei avrebbe preso la bacchetta e gliel'avrebbe infilata su per il naso. Lo sentì prendere un sospiro forte, e si preparò a buttarlo fuori da casa a calci, per non subire l'umiliazione di essere abbandonata da un uomo.
Draco non la guardò neanche in faccia, quando le disse, con voce fin troppo seria:
"Perdonami, Hermione..."
 
 
Continua...

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Capitolo 27
*** Capitolo 26 L'opinione del mondo ***


 
 
Capitolo 26
L'opinione del mondo

 
 
"Perdonami, Hermione..." Le disse Draco con un tono disperatamente afflitto. Prima di parlare era rimasto per lunghi istanti ad osservare il soffitto, perso a soffocare i sensi di colpa che, prepotenti, erano tornati a sopraffarlo, dopo l'attimo di passione irrazionale.
Il fatto era che Draco era arrivato al punto di amarla così tanto che spesso tendeva a dimenticarsi di chi era e, soprattutto, di chi era stato. Quando la guardava negli occhi, lui si perdeva nella sua dolcezza e crollava come un castello di carte. E tornava ad essere prepotente, a pensare che non gliene fregava un cazzo del suo essere maledetto: la voleva, ad ogni costo!
Draco era sempre stato un gran vigliacco, ma principalmente un grande egoista, quindi, il desiderio di tenere legata a sé Hermione Granger, pure se questo avrebbe voluto dire trascinarla nell'ombra insieme a lui, a volte prendeva il sopravvento su ogni pensiero onesto ed imparziale. Poi però, si riscuoteva, ragionava, si dannava, e capiva che non era giusto... Non era più un bambino viziato che deve ottenere tutto. Probabilmente, se avesse avuto ancora sedici anni, lo avrebbe preteso ma, a ventotto, poteva davvero continuare a sbattere i piedi per terra ed impuntarsi senza prendere in considerazione il bene degli altri, solo per la sua soddisfazione personale?
Il mondo, per Draco, era sempre stato qualcosa di troppo inferiore a lui, e sì! Valeva la pena continuare a cercare il suo benessere personale a scapito degli altri, ma... non a scapito di Hermione. Lei gli era entrata nell'anima, gli scorreva nelle vene, si era infilata nella sua testa, lo accompagnava in ogni gesto, in ogni azione che compiva. E nel profondo egoismo del suo essere, dopo sua madre e suo padre, Hermione era l'unica a cui tenesse tanto da sacrificarsi per lei. Tutti gli altri potevano continuare ad andare a farsi fottere. Come sempre.
Non provò neanche a guardarla in faccia mentre le chiedeva perdono per tutto ciò che era stato, per CHI era stato e per cosa aveva fatto. Si vergognava da morire, ma si sforzò di farlo, perchè lei lo meritava. Era devastante la paura di far scivolare anche Hermione nelle tenebre che lo circondavano: già era difficile cercare di risalire in superficie da solo! Portarsi appresso anche lei, avrebbe significato farla precipitare insieme a lui in fondo al baratro. Hermione non aveva fatto nulla di male per doversi accollare i suoi problemi, condividere un'esistenza squallida e solitaria con lui, o affrontare il disprezzo della società, per colpa sua!
Era giusto metterla al corrente di ogni cosa, di ogni sfumatura del suo essere, di ogni difficoltà della sua vita: perchè non voleva che lei si bruciasse ogni possibilità di successo, che si negasse la felicità di un amore spensierato solo per la testardaggine di voler stare accanto ad un uomo dannato.

Hermione strinse i denti con rabbia, respirando lentamente per calmare il battito furioso del suo cuore addolorato. Era già pronta ad ascoltare qualche buffonata, di quelle che gli uomini normalmente rifilavano alle donne per dirle che sì, era stato tutto bello, ma... grazie e tanti saluti! Gli avrebbe infilato la bacchetta su per il naso e poi gli avrebbe dato una ginocchiata nelle palle: l'avrebbe fatto, oh sì che l'avrebbe fatto! Guardandolo di sottecchi dal suo lato di letto, le era già montato dentro un odio cieco, simile a quello che l'aveva animata a scuola, quando lui la imitava saltellando sulla sedia con la mano alzata, per prenderla in giro della sua mania di rispondere a tutte le domande dei professori.
Osservò con delusione crescente il suo profilo perfetto rivolto al soffitto, e chiuse gli occhi, nel momento esatto in cui lui riprese a parlare, col suo tono contrito, angosciato:
"Perdonami per tutto, Hermione. Io... Io sono un indegno. Perdonami per tutto quello che ho combinato, per tutto il male che ho procurato, per tutto l'odio ingiustificato. Maledizione!" Draco si portò entrambe le mani al volto, disperato.
 
Hermione sgranò gli occhi, puntandoli anch'essa al soffitto, finalmente cosciente di ciò che lui voleva dire, e ne rimase così scioccata, da non riuscire a pronunciare parola.
La voce spezzata dell'uomo la raggiunse ancora, destabilizzando la sua anima come un terremoto violentissimo:
"Tutto ciò che ho fatto... Non riesco a dimenticarlo. Non riesco ancora ad accettarlo, né riesco più ad accettarmi. Dimmi solo come fai a farti toccare da me, quando io stesso mi accorgo di essere più riprovevole di un verme?"
Si voltò a guardarla, ed Hermione vide i suoi occhi chiari lucidi di lacrime. Si sollevò sul gomito coprendosi il seno con il piumone, e gli si fece vicina iniziando a passargli dolcemente una mano fra i capelli, per tranquillizzarlo.
 
Dopo sedici anni da quel primo "lurida sangue marcio", Draco le stava chiedendo scusa. E non solo per i dispetti ed il disprezzo che le aveva rivolto contro, ma per ogni singola cosa che aveva fatto in quegli anni di oscurità.
Hermione aveva sperato così tanto che lui un giorno lo facesse: e cioè ogni volta che la guardava con l'espressione schifata, ogni volta che le faceva lo sgambetto per i corridoi, ogni volta che le augurava le peggiori sciagure! Ci aveva sempre timidamente sperato nel suo pentimento. Non perchè a quei tempi provasse qualcosa per lui ovvio, ma piuttosto per il suo radicato senso di giustizia. Vero che, con il passare del tempo, il suo concetto di perdono si era trasformato, facendosi più arduo. Erano subentrate faccende molto più gravi del solo essere presa in giro per razzismo: c'entravano i morti, i tradimenti, la guerra. Un conto era perdonare Draco Malfoy per gli sgarbi che le aveva fatto in classe, un altro era perdonare un ragazzo che in piena coscienza di sé, aveva compiuto azioni abominevoli, distruttive, mortali.
C'era stato un periodo di risentimento intenso nel suo cuore, un periodo terribile, dove Hermione aveva sinceramente creduto di non poter perdonare più niente e nessuno. Quella era stata la fase post-Voldemort, la più brutta della sua esistenza, in cui aveva versato, disperata, tutte le lacrime che aveva negli occhi. Ringraziando il cielo però, non aveva ceduto allo scoraggiamento, e si era faticosamente rialzata, gettandosi alle spalle l'acredine, il dolore, la paura.
Gli anni trascorsi dal 1998 erano stati utili ad Hermione per metabolizzare gli eventi, per accettare la vita, afferrare le ragioni di ognuno, ed aveva capito pure che la posizione di Draco era stata molto delicata nel frangente della guerra. Aveva scoperto molte cose su di lui, nonostante non l'avesse più visto per tanto tempo, ed aveva indovinato prima di qualsiasi altra persona che quel ragazzo si stava ancora autopunendo per tutto ciò che aveva fatto, chiudendosi in se stesso, isolandosi dal mondo, soffrendo di una malinconia devastante. Per questo aveva creduto che Draco Malfoy avesse bisogno di un'altra occasione, e quando lei ed Harry erano venuti a conoscenza della sua collezione di oggetti oscuri, avevano voluto guardare oltre l'apparenza che lo condannava, preferendo aiutarlo. Perchè era CONVINTA che Draco Malfoy potesse diventare un uomo migliore! Anzi, ne era CERTA.
 
Sollevò all'insù gli angoli delle labbra, mentre continuava a passargli piano le dita fra i capelli biondi, in un gesto che voleva trasmettergli almeno un po' di calma.
Cosa c'è di più bello di una persona che ti chiede scusa con le lacrime agli occhi?
Hermione sentì il cuore riempirsi di tenerezza e di commozione, ma non provò ad analizzare razionalmente i sentimenti che provava per lui, come magari avrebbe fatto in qualsiasi altra situazione. Non ce n'era bisogno: voleva prendere tutto come veniva, perchè per certe cose non c'erano regole. Gli sussurrò con amore:
"Io ti ho già perdonato, Draco! Da tanto tempo..."
Poi gli afferrò il volto con entrambe le mani baciandolo a fior di labbra, e quando si staccò, riprese a parlare sottovoce, vicino alle sue labbra. "Però ti prego, tu... tu non continuare a chiedere perdono per ogni singola cosa è successa." Gli accarezzò il viso: "Non farti carico di tutto, perchè gli errori più grossi, di certo non li hai commessi tu!"
 
Draco si sollevò a sedere mentre il piumone scivolava scoprendogli il petto, e prese a scuotere il capo, frustrato. Non trovò neanche il coraggio di tornare guardarla, mentre i suoi occhi rossi rischiavano di farlo assomigliare ad un bimbo che cade e poi piange per farsi consolare:
"Ogni. Singola. Persona. E' morta per i miei errori... Silente, Piton, Crabble, Lupin, e la cugina di mia madre. Il gemello Weasley. E una marea di gente..."
Era disperato, e stringeva le lenzuola nei pugni per sfogare la tensione: "Ho fatto entrare IO i Mangiamorte nel castello! Cazzo! Come faccio a non... a non..."
"DRACO BASTAA!"
Hermione alzò la voce arrabbiata, e gli afferrò il mento tra le dita costringendolo a guardarla in faccia:
"Stammi a sentire, sciocco. Pensi davvero che se non ci fossi stato tu, Voldemort non avrebbe trovato un altro modo per far crollare le difese di Hogwarts? Eh? Dimmi!? Beh, ti rispondo io: SI! Sì che l'avrebbe trovato. TU. ERI. UN. RAGAZZINO. Un ragazzino facilmente influenzabile. E sei uno scemo, se credi davvero di essere l'unico responsabile di una guerra assurda. Tu... Tu eri solo un mezzo, una pedina nelle sue mani, una marionetta. Lo capisci, sì o no? Mh? Tutti lo eravate!"
Fece una breve pausa, poi riprese: "Nessun mangiamorte si è mai pentito davvero dei suoi gesti, e davanti al Wizengamot hanno dichiarato il pentimento solo per convenienza. Tu invece, tu i tuoi errori li hai capiti veramente, e li hai pure pagati, Draco! Abbondantemente. Quindi, non credi sia che ora di accettare il passato e tornare a vivere decentemente?"
 
Lui rimase a guardarla, senza parole, colpito dal fervore che lei aveva sprigionato nel tentativo di tirarlo fuori dalla profondità della sua malinconia. E riprese ad ascoltarla, mentre lei sorrideva di nuovo, parlandogli stavolta con estrema dolcezza.
"Basta con tutto questo affliggerti, Draco! Tu ora devi solo perdonare te stesso! Perchè io l'ho già fatto! L'ha fatto anche Harry. E pure Ron. L'abbiamo fatto tutti, e... e se in giro c'è ancora gente che ti disprezza, semplicemente prova a tollerarlo! Non puoi farti carico pure dei pregiudizi di una massa di ebeti. Non è affare che ti riguarda! In fondo, non si può mica piacere a tutti, sai?! Ad esempio, credi che tutta la popolazione magica d'Inghilterra, ami Harry Potter? Molti pensano che sia un fanatico che si è approfittato degli eventi per assicurarsi immeritatamente la carica di capo degli Auror!"
Draco inarcò sarcasticamente un sopracciglio, lanciandole un'occhiata eloquente, intanto che prendeva a sogghignare come un idiota. Era una cosa che aveva pensato anche lui a dire il vero... anche se poi, suo malgrado, si era visto costretto a ricredersi, quando aveva iniziato a frequentarlo per la storia del bracciale.
Si beccò un pugno sulla spalla, ma scoppiò a ridere di gusto, liberandosi all'improvviso di tutto il nervosismo accumulato. La voce rassicurante di Hermione aveva avuto il potere di scaldargli il petto, e anche se non sarebbe mai realmente riuscito a fottersene davvero dell'opinione nel mondo, gli occhi lucenti di lei placarono almeno l'angoscia che l'aveva pervaso. Tornò a sdraiarsi sul letto, e socchiuse gli occhi, mentre Hermione, sorridente, gli passava le dita sul viso, disegnava il suo profilo, si soffermava a distendergli le sopracciglia aggrottate.
Draco le baciò il polpastrello quando lei ebbe l'ardire di passarglielo sulle labbra chiuse e, facendola ridere, glielo morse con delicatezza.
"Draco?" Lo chiamò piano.
"Sì?"
Hermione si accoccolò sul suo petto, facendosi abbracciare forte. "Dimmi la verità, stavolta..." Inspirò rumorosamente ed avvinghiandosi ancora di più al suo corpo virile, parlò con calma: "L'ho capito ormai, che tu hai iniziato a studiare la magia oscura e a combattere gli oggetti maledetti per rimediare in qualche contorto modo, ai tuoi sensi di colpa! Vero? Per... Per quello che avevi fatto a Katie Bell... per l'idromele avvelenato di Ron...!!! Ti sei sentito così colpevole da desiderare di riscattarti! Così... cerchi ancora di annientare il potere di ogni manufatto intriso di magia nera, per evitare che procuri altro male alle persone!"
 
Lui non le rispose subito, si perse ad accarezzarle la pelle nuda della schiena tornando a fissare il soffitto, pensieroso. Non aprì bocca, non aveva granchè da dire, semplicemente. Era vero, ovvio che era vero! Aveva indovinato tutto, Hermione. Glielo aveva già domandato tempo fa il perchè fosse così ossessionato dalla lotta ai manufatti oscuri, ma Draco allora si era vergognato troppo per rivelarle una cosa così intima...
Si sentì tremendamente sollevato dal fatto che lei fosse giunta alle corrette conclusioni senza bisogno di aiuto: in questo modo si era risparmiato tante spiegazioni imbarazzanti. Si limitò ad annuire sospirando, e fu grato pure del fatto che Hermione si accontentò della sua silenziosa ammissione, senza fare altre domande.
 
 
***
 
 
Provarono entrambi un piacere immenso a restare fra le coperte senza più parlare, incastrati nell'intreccio dei loro corpi nudi, a percepire i battiti leggeri, le carezze involontarie generate dai movimenti impercettibili, l'odore della pelle, il calore intenso nei punti in cui si toccavano, e i respiri che si infrangevano sul viso dell'altro. Era intimo, e forse, per assurdo, più intimo del fare sesso: perchè c'era una confidenza in quel loro restare abbracciati pelle contro pelle, che era più profonda di qualsiasi altra cosa.
Ma Hermione, che non era avvezza al silenzio ed amava parlare, spezzò l'incanto, per colpa della sua mania di definire sempre tutto, di ragionare, di trovare un senso ad ogni questione poco chiara:
"Adesso cosa facciamo, Draco?" Gli domandò, con una voce sussurrata e timorosa che tradiva l'incertezza della loro situazione.
"Cosa intendi dire esattamente?"
"Intendo... noi due. Cosa siamo io e te?"
Draco sospirò pesantemente. In realtà... Non lo sapeva neanche lui. E di certo tutti i dubbi, tutti i tormenti che lo avevano animavano da mesi, non erano spariti solo perchè ora l'aveva ripresa fra le braccia! Tutto ciò che era accaduto, non cambiava niente. Neanche l'aver ammesso a se stesso che l'amava, poteva cambiare l'impossibilità di un legame stabile. Non era pronto per trascinarla con sé nel buio: l'amore l'aveva fatto diventare altruista, maledizione! 
"Non lo so, Hermione. Non lo so. E' che... E' che ci sono tante di quelle cose in mezzo..."
Però si voltò a baciarla con impeto, come a voler rendere più tollerabile le parole ambigue che aveva pronunciato. Hermione tornò a sollevarsi un poco, e chiudendo gli occhi, poggiò la fronte su quella di Draco. Le uscì un bisbiglio spezzato:
"Queste cose che sono in mezzo a noi... sono tante. Forse troppe... Non sarà facile, vero?"
"Già..."
"Sì, ma prima o poi dovremmo prenderle di petto, Draco! Almeno per provare a capire se vale la pena affrontarle, o se è meglio lasciar stare..."
 
Draco le sfiorò il naso con il proprio, pensando che sarebbe stato bello andarsene dall'altra parte del continente, portarla con sé, e tenersela accanto per tutta la vita, in un mondo dove nessuno disprezzava il suo nome e soprattutto dove lui non aveva mai fatto nulla di male. Ma non era possibile. Hermione Granger non poteva andarsene, sparire e far perdere le proprie tracce; non poteva chiederle di rinunciare a tutto ciò che era, alla sua fama, alla carriera, ai suoi affetti, e condannarla ad un'esistenza anonima e squallida insieme a lui.
Si limitò a fare l'unica cosa che POTEVA fare: si portò su di lei, sovrastandola col suo corpo, e la baciò fino a farle mancare il respiro. Poi, controvoglia, si decise a risponderle:
"Lo faremo. Ma dobbiamo risolvere la faccenda del bracciale, prima! In questo momento non devi pensare ad altro. Sei in pericolo... ed è inutile fingere che non sia vero. Abbiamo tutto il tempo del mondo per affrontare il resto, ma per la maledizione dei Belby... il tempo non c'è."
Sulle ultime parole le accarezzò una gota, ed Hermione annuì, inspirando forte. Forse non era del tutto sbagliato il ragionamento di Draco: magari il suo era anche un modo per prendere tempo, però era vero pure che miseri dettagli sentimentali non potevano esser posti al di sopra della battaglia contro lo spirito malvagio. Non doveva dimenticarsi in fondo, che quell'entità aveva spinto Marcus Belby ad ammazzare suo nonno...
Ed Hermione capì che forse era la cosa migliore, affrontare tutto dopo aver risolto il caso, così da liberarsi dalla confusione mentale, e capire in tutta serenità se Draco Malfoy poteva davvero far parte della sua vita, o se la sua era stata solo una perversa attrazione.
"Sì. Va bene."
Lo disse senza sapere come sarebbero andate le cose dopo quella specie di compromesso, se l'accettarlo, avrebbe cambiato qualcosa nel loro precario equilibrio. Se quel "sì, va bene" significava implicitamente: ok, fermiamoci qui e restiamo lontani fino al giorno in cui riusciremo a spezzare la maledizione, poi vederemo! Sempre se ci fossero riusciti poi, a liberarla dal bracciale, o se questo invece fosse stato tanto potente da farla uscire pazza come Marcus... o peggio, sotto terra come Damocles Belby.
 
Hermione scese lentamente dal letto, ed in silenzio si infilò il maglioncino, tirando fuori i capelli che vi erano finiti dentro; poi andò a specchiarsi per farsi una coda morbida, e provò a cercare i pantaloni in giro per la stanza. Glieli lanciò Draco, che si stava rivestendo anche lui dalla sua parte di letto, ma questi le finirono dritti dritti in faccia. 
"Questa immensa gentilezza deriva della tua educazione aristocratica?"
Lui rise sotto i baffi: "Ovvio! Lo dice il galateo!"
Hermione scoppiò a ridere e, incredibilmente, Draco fece lo stesso, liberando una risata genuina che sapeva di spensieratezza, di serenità, di cose belle. Non gli  sembrava quasi vero di ridere CON Hermione Granger e non DI Hermione Granger. La vita spesso riservava strane sorprese! Forse magari c'era pure la possibilità che quel marchio nero sul suo avambraccio perdesse significato, un giorno lontano!
Era così rischioso essere ottimisti? Era così rischioso abbandonare per un attimo, il proprio, consueto, fatalismo?
 
"Draco! A proposito del bracciale dei Belby..."
Hermione aveva fatto il giro del letto scalza per sedersi di fianco a lui, e mentre Draco finiva di vestirsi, lei decise di raccontargli quello che aveva scoperto il giorno in cui era andata a fare le sue ricerche fra i libri della biblioteca di Hogwarts, prima che si strappasse le bende dal polso:
"Ho letto che un'entità malvagia ha bisogno di essere richiamata da qualcuno, e che questo qualcuno, può farlo volontariamente o involontariamente! Uno spirito non può trasferirsi nella nostra dimensione quando e come vuole. Solo i fantasmi fanno eccezione a ciò: per loro il discorso è diverso, si tratta di anime che, dopo la morte, non sono riuscite ad effettuare il passaggio per colpa di avvenimenti troppo cruenti nella loro vita, ed è il tormento a bloccarli nel nostro mondo. Invece uno spirito proveniente dall'oltretomba, ha bisogno che qualcuno stabilisca un canale di comunicazione per poter passare, altrimenti è raro, se non impossibile, che esso si impossessi di un mago. Nel caso del mio bracciale credo si sia trattato di un richiamo involontario, e deve esser successo durante la seduta spiritica che Marcus Belby ha fatto insieme ai suoi compari. Purtroppo non si sono resi ben conto di quello che stavano facendo! Ma soprattutto, Marcus non sapeva che il bracciale di suo nonno conteneva sangue lavorato con la magia oscura e questo, non volendo, ha fatto da catalizzatore. Perciò, credo che il canale di comunicazione si sia aperto così, durante una delle sue sedute spiritiche per truffare i babbani, e ciò ha dato la possibilità allo spirito di affacciarsi nel nostro mondo, e di rimanervi pure, grazie alla potenza oscura del sangue contenuto nel gioiello!"
 
Draco l'aveva lasciata parlare, restando in silenzio. Lui aveva scoperto le stesse cose leggendo il libro che gli aveva dato il vecchio negoziante di Nocturn Alley; con Potter e Weasley erano andati pure a trafugare la tomba della signora Elizabeth Belby per prelevare il sangue dal bracciale ed analizzarlo, nella flebile speranza di trovare qualcosa d'interessante. Purtroppo però, non erano andati molto lontano nella spasmodica ricerca della soluzione... A parte l'inutile scoperta della licantropia della moglie del pozionista!
Non aveva ancora avuto il tempo Draco, di informare Hermione di questi dettagli, e così si preparò a spiegare, già rassegnato alla predica che si sarebbe sorbito dopo che le avrebbe narrato del trafugamento del povero corpo innocente della Signora Belby. Già se la stava immaginando, tutta rossa di stizza mentre gli sbraitava contro che non era normale, non era legale, non era nemmeno morale aprire una tomba in piena notte, disturbare un cadavere che riposava in pace, e violarlo, profanarlo, manometterlo, derubarlo e bla bla bla... bla bla bla... bla bla bla... Oh Merlino! Che palle! Draco ebbe un momento di incertezza, in cui si chiese se farsi i cazzi suoi sarebbe stato forse più costruttivo...
"Draco?!"
"Sì!?"
"Mi stai ascoltando?"
"Perchè? Che hai detto?"
Hermione assottigliò lo sguardo: "Non mi stavi ascoltando! Ed io ti stavo dicendo una cosa importante!"
Draco borbottò un: "Riflettevo, scusa!"
Lei incrociò le braccia sotto il petto, nella posa tipica di quando, da ragazzina, si indispettiva se un professore ignorava la sua mano alzata in classe. Gli venne quasi da ridere, ma si trattenne per evitare di farla adirare ancora di più: "Beh? Su, ti ho chiesto scusa! Cosa stavi dicendo?!"
Hermione lo guardò male, ma poi ricominciò a parlare: "Stavo dicendo che c'è un problema!"
"Quale?"
"Che il sangue pregno di magia oscura è sì, un potente catalizzatore, ma il sangue, da solo, non basta per far in modo che uno spirito vi si attacchi!"
Draco sollevò un sopracciglio, sconcertato: "Che significa?"
"Significa che lo spirito deve percepire un'affinità particolare con quel sangue! Altrimenti non può impossessarsi di niente e di nessuno."
"Continuo a non capire!"
"Un'affinità, Draco!" Sbuffò Hermione, dall'alto della sua saccenteria: "Qualcosa di simile, un'analogia che leghi lo spirito al sangue di cui si nutrirà!"
Improvvisamente, Draco divenne pallido.
Un'affinità.
Con il respiro accelerato, si alzò di scatto dal letto, travolto da una serie di terribili certezze. Nel giro di qualche secondo tutti gli indizi andarono ad incastrarsi paurosamente nella sua testa sconvolta, dandogli una soluzione tragica. Pregò Dio di sbagliarsi ma, nello stesso tempo, ebbe la sicurezza di ogni maledetta cosa. Perchè se c'era bisogno di un'affinità, e la Signora Belby era un lupo mannaro... Allora Draco aveva pure un nome, per quella voce distorta a lui terribilmente familiare, uscita dalle labbra di Hermione a Grimmaul Place, da Potter:
FENRIR GREYBACK.

 
Continua...

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Capitolo 28
*** Capitolo 27 La bizzarra benedizione di Potter ***


 
 
Capitolo 27
La bizzarra benedizione di Potter

 
 
Solo un lupo mannaro poteva essere attirato dall'odore, e dal sangue, di un altro lupo mannaro...
 
FENRIR GREYBACK.
 
Fenrir Greyback si era approfittato del canale di comunicazione aperto durante la seduta spiritica, e si era attaccato al bracciale di Marcus trovando un'affinità con il sangue della signora Belby, che era infetto dalla licantropia come lui!
 
Draco si passò una mano sul volto, in stato di shock, rivolto verso la finestra della camera per non far notare ad Hermione l'evidente sconvolgimento del suo essere. Realizzò con disperazione che Fenrir Greyback viveva nel bracciale da mesi, mesi e mesi, influenzando Marcus, facendogli uccidere suo nonno, possedendo la mente di Hermione, occupando la sua casa...
E lui, non l'aveva capito.
Stavano per cedergli le gambe per l'enormità di quella scoperta.
 
"Draco? Qualcosa non va?" Azzardò Hermione.
Lui sussultò, e si voltò rapido a guardarla, notando la confusione nello sguardo incerto della donna. Non poteva dirle nulla, però. No! Non poteva. Neanche per sogno. In alcuni casi la verità è meglio ometterla, perchè non è assolutamente vero che essa è sempre preferibile alla menzogna. Ci sono circostanze in cui la verità fa troppo male, o è troppo brutta, o troppo assurda per sconvolgere una persona al solo fine di rivelargliela a tutti i costi.
Draco, nonostante l'inquietudine, maturò in un solo istante la decisione di proteggerla da quella scoperta terrificante, perchè non voleva che lei restasse sconvolta dall'idea che Fenrir Greyback vivesse nel suo corpo! I Mangiamorte le avevano già sufficientemente rovinato la vita: ricordava fin troppo bene come il lupo mannaro fosse stato fra il gruppo di Ghermidori che l'aveva catturata portandola a villa Malfoy, quasi dieci anni fa. Quel giorno era stato fra i più agghiaccianti per l'animo ancora troppo giovane di Draco; l'aveva segnato forse più di quanto avesse segnato Hermione Granger con i Crucio di sua zia, e lo sfregio "SANGUESPORCO" sul braccio. Fu proprio quel lontano giorno che lui capì definitivamente, dopo mesi di conflitti interiori, turbamenti e sospetti, che Lord Voldemort era un pazzo, e che loro erano più pazzi di lui, a tentare di assecondarlo! Anche sua madre e suo padre l'avevano capito, e si erano pure ravveduti su tutto ciò che avevano fatto, ma... il problema era che pure il Signore Oscuro si era accorto che i Malfoy si erano pentiti, ed era per questo che loro avevano continuato debolmente a compiacerlo:
Per non morire.
Al male non c'era mai una fine...
Quando?! Quando avrebbero finito di soffrire per colpa di Voldemort e degli strascichi della sua esistenza? Anche da morto continuava a creargli problemi... E Draco, si convinse che gli incubi non erano necessariamente quelli che si facevano dentro un letto durante la fase più profonda del sonno, ma potevano essere toccati con mano, vissuti ad occhi aperti tutti i giorni, in qualsiasi momento, forse per tutta la vita...
 
Probabilmente, un giorno non lontano, Hermione l'avrebbe odiato per averla tenuta all'oscuro dell'identità dello spirito, ne era convinto! E fra loro, quel già precario equilibrio, sarebbe franato inesorabilmente. Hermione l'avrebbe odiato, odiato e cacciato via! Ma Draco aveva promesso: dopo tutta la sofferenza che le aveva procurato in passato... Lui, per lei, non sarebbe stato più fonte di nessun tipo di dolore, o paura, o notizia funesta, o qualsiasi altra cosa brutta che la vita potesse riservare.
 
"Draco? Stai bene? Sei strano..."
Si riscosse da quei pensieri, tornando a guardarla: "Sì, va tutto bene."
"S-sei sicuro? Non è che devi dirmi qualcosa?"
Seguì un breve silenzio, che lui spezzò poco elegantemente: "Devo pisciare..."
Hermione sollevò un sopracciglio, stupita: "C-Che? Beh... S-Sì. Certo. Ok. Il bagno è dall'altra parte del corridoio."
Draco la sorpassò senza degnarla di uno sguardo.
"Tu non me la racconti giusta, sai?" Provò ad infastidirlo lei, nel tentativo di farsi dire cosa diavolo gli stava succedendo, ma lui borbottò qualcosa di poco chiaro, qualcosa che Hermione decifrò come un: "Ma cosa ti dice la testa?"
Poi, lo vide uscire frettolosamente dalla stanza.
 
Quando Draco si chiuse in bagno, si precipitò a bagnarsi il viso con l'acqua gelata, e a scrutare il pallore cadaverico della pelle. Avrebbe dovuto trovare una scusa valida per l'atteggiamento enigmatico che aveva assunto davanti a lei. Hermione Granger non era una stupida, e Draco l'aveva visto bene, il suo sguardo sospettoso e turbato. Purtroppo però, per quanto fosse bravo a nascondere i suoi sentimenti, la scoperta della presenza di Greyback era stata una botta troppo violenta per restare impassibile, e se non le rifilava immediatamente un'eccellente menzogna per scusare quel suo comportamento bizzarro, rischiava di allarmarla al punto di farla indagare sulla questione. E lei non doveva indagare! Per il suo stesso bene! Non doveva!
Di fronte allo specchio, Draco si puntò la bacchetta sulla tempia: in fondo, la spropositata perspicacia di quella donna poteva essere contrastata solo dalla sua natura di doppiogiochista...
Così, un silenzioso incantesimo gli si infranse addosso, e Draco vomitò nel lavandino. Si risollevò spossato, debole, nauseato; si sciacquò la bocca con il collutorio acciuffato sopra un mobiletto di legno, e poi uscì, intimamente soddisfatto. Tornò in camera, e si buttò sul letto, più pallido di quando ne era uscito. Hermione, che era rimasta nella stanza ad aspettarlo a braccia conserte, lo guardò, aggrottando le sopracciglia:
"Che diavolo hai fatto?"
"Non lo so... credo di sentirmi male. Ho pure vomitato!"
Hermione si sedette sul bordo del letto, e gli sfiorò la fronte con il palmo della mano.
"Hai la febbre, Draco!"
E gli occhi della donna tornarono sereni, facendole sparire dal volto quell'espressione dubbiosa che aveva mantenuto negli ultimi minuti. Lui invece li chiuse, gli occhi, sospirando. Si rese conto di non provare più quella soddisfazione insaziabile di quando da ragazzino si prendeva gioco degli altri con i suoi astuti stratagemmi! Fosse stato ancora ad Hogwarts, sicuramente da bravo Serpeverde se ne sarebbe andato in giro tronfio, per aver ingannato quella Grifondoro da strapazzo! Invece, ora...
 
Suo malgrado, si complimentò silenziosamente per la riuscita dell'incantesimo. Certo: non era affatto piacevole procurarsi l'influenza solo per togliere i sospetti dalla testa di una donna, ma in fin dei conti, sarebbe durata appena qualche ora. Poteva sopportarlo.
La voce dolce e premurosa di Hermione lo raggiunse, nella spossatezza dei sintomi influenzali:
"Scendo in cucina, Draco. Cerco una medicina per la febbre, e poi ti faccio un tè!"
Lui sgranò gli occhi: "MEDICINE?"
"Sì! Perchè?"
"Non la voglio la tua roba babbana!"
"Scherzi, vero?" Si irritò lei.
"No che non scherzo!" Gli rispose Draco, impaurito dalla prospettiva di dover ingurgitare qualche pasticca enorme, di quelle che gli si piazzavano di traverso nella gola, rischiando di farlo strozzare. Perchè sì, una volta ci aveva provato a prenderne una, ma... non si sarebbe mai abbassato a dire ad Hermione che c'era mancato poco a morire soffocato.
 
"Guarda che in casi come questo, le medicine sono più efficaci delle pozioni!"
"Non mi interessa. Non le voglio!"
"Dioo come sei ottuso, Draco!" Esclamò esasperata Hermione.
Lui la guardò malissimo, e poi si girò di fianco, dandole le spalle. Non passò molto però, che la sentì ridacchiare piano, e sinceramente ci fu un momento in cui venne da ridere pure a lui, solo che si mantenne impassibile giusto per non darle soddisfazione. Non gli dispiaceva affatto essere accudito da Hermione, era una sensazione appagante vederla preoccuparsi per lui. Dopo qualche silenzioso istante, si sentì accarezzare i capelli premurosamente... e gli piacque così tanto, che desiderò non smettesse mai.
Arrivarono i primi brividi di freddo, insieme alla febbre e alla nausea, e Draco maledì se stesso per non aver trovato altro modo oltre il procurarsi l'influenza, per giustificare il cambiamento d'umore dovuto alle rivelazioni su Greyback. Quell'incantesimo del cazzo avrebbe dovuto impararlo a scuola, piuttosto... Quante lezioni della McGonagall si sarebbe risparmiato!
Hermione lo baciò sul collo, appellò una coperta e gliela mise addosso, poi, mentre gli accarezzava la schiena, gli sussurrò nell'orecchio: "Almeno il tè posso fartelo? O è troppo babbano pure quello?
Draco sorrise debolmente e si voltò con il capo, per guardarla negli occhi: "Sì, grazie! Però..." La pelle del suo viso assunse improvvisamente una sfumatura verdastra.
"Però?" Gli rispose lei.
"Però, prima di andare, potresti far apparire un secchio? Devo vomitare di nuovo..."
 
 
***
 
 
"Allora! Eccoci qui!" Harry spalancò la porta di una stanza poco illuminata, asettica e senza finestre, la cui unica funzione era quella di accogliere le migliaia di scartoffie burocratiche ormai archiviate del Ministero della Magia. Quando si trovò dinanzi agli occhi lunghi corridoi pieni di armadi e di scaffali stracolmi di cartelle, la determinazione rischiò di abbandonarlo per un momento. Si riprese immediatamente però, dandosi forza: "Beh... al lavoro!" E si sistemò gli occhiali che, come al solito, erano scivolati sul naso.
Dopo due minuti di vagabondaggio, trovò un'indicazione all'imbocco della decima corsia, un piccolo cartello dorato che recitava a caratteri rossi:
SETTORE MANGIAMORTE E COMPLICI
Lo imboccò al volo.
"Vediamo di fare presto!" La punta della sua bacchetta iniziò a scorrere veloce sui ripiani degli scaffali, saltando le lettere che non erano di suo interesse: "A, B, C, D, E, F..." Si fermò: "G! Eccola qua!"
Uno schedario balzò fuori di scatto, facendo sussultare Draco Malfoy, che se ne stava rigidamente in piedi di fianco a lui.
"GA... GE... GH... GI..." Le dita di Harry si muovevano frettolose fra gli schedari, alla ricerca di un nome preciso. "GR! Eccolo! L'ho trovato, Malfoy! Vieni a dare un'occhiata!"
GREYBACK FENRIR
Rimise in ordine il resto, ed aprì il fascicolo che conteneva il resoconto delle sue attività illecite da Ghermidore, della condanna, e del periodo passato ad Azkaban. Draco invece, inspirò profondamente appoggiandosi ad un armadietto di ferro, travolto da un breve ma intenso giramento di testa. Harry lo guardò di sfuggita, e sollevò un sopracciglio con aria interrogativa: "Ti senti bene Malfoy?"
Lui gli rispose con voce infastidita: "No. Ma non importa, muoviamoci!"
 
Draco non si era ancora ripreso completamente dalla febbre che si era autoprocurato la sera prima, e gli strascichi della nausea ogni tanto si riaffaciavano, fastidiosi. Al risveglio, si era lavato e vestito di fretta, senza ascoltare Hermione che gli fracassava i timpani: "Dove diavolo vai, in giro con l'influenza? Ma è possibile che di qualunque impegno si tratti, non possa essere rimandato? Rischi di ammalarti ancora di più, se non te ne stai a letto!"
Lui l'aveva bellamente ignorata, mugugnando qualche contrarietà, ancora insonnolito e poco propenso ai dialoghi di prima mattina, e poi... se n'era andato. Si era smaterializzato a Londra, aveva passato i controlli all'accettazione del Ministero della Magia, e si era infilato nello studio di Potter senza neanche attendere il permesso per entrare. Dopo un quarto d'ora trascorso a riferirgli ciò che aveva scoperto, tra dubbi e riflessioni, avevano deciso di recarsi proprio lì: all'archivio ministeriale, per analizzare l'ultimo periodo di vita del lupo mannaro, morto da ormai otto anni, e vedere se fossero riusciti a scoprire qualcosa di interessante.
 
Mentre Harry sfogliava le pergamene riguardanti Greyback, gli occhi di Draco vagarono per tutto lo scaffale, strisciarono su ogni lettera dell'alfabeto, si soffermarono sulle cartelle più grandi, lessero nomi importanti: Nott, Goyle, Lestrange, Carrow. Lo investì una sensazione di disagio crescente, qualcosa che gli ricordava la sua vita passata... Crouch, Black, Dolohov, Rosier, Yaxley. Ed il malessere interiore lo soverchiò, facendolo impallidire... Travers, Mcnair, Karkaroff. Malfoy.
MALFOY
Era lì, il suo cognome, in mezzo a tutti gli altri, e sembrava scritto a caratteri cubitali, spiccava come a voler farsi notare. Quasi a dire: "Eccomi, sono qui! Guardatemi!" E la disperazione di quegli anni da adolescente si mescolarono alla vergogna tremenda che ora ne provava. La sua famiglia sarebbe stata condannata per l'eternità: era inutile cercare di rimediare, le loro colpe erano state trascritte e lasciate alla memoria cartacea di una pergamena catalogata con cura dentro l'archivio giudiziario del Ministero della Magia! Digrignò i denti e staccò gli occhi a forza.
Fai del bene, e tutti lo scorderanno. Fai del male, anche per una sola volta, e non lo dimenticherà mai nessuno....  
 
"Malfoy, senti qui cosa si dice!"
Draco sussultò, e tornò con i piedi per terra, avvicinandosi a scrutare i documenti che Potter aveva in mano. Harry allora, iniziò a leggere il paragrafo che parlava degli ultimi giorni di vita di Greyback:
"Fu rinchiuso ad Azkaban il 16 novembre del 1998, con la gentile concessione di una cella più spaziosa, per contenere i disagi delle sue trasformazioni notturne. Rimase in carcere per due anni, senza mai dare segno di essersi pentito dei suoi reati. Non ricevette mai visite da parenti, o conoscenti, non chiese mai di vedere nessuno, ma passava le giornate ad osservare il mare ed il cielo fuori dalla finestra; si cibava di carne cruda..."
 
Draco chiuse gli occhi, nel tentativo di scacciare il fastidio che gli procurava il sentir parlare di quell'animale. Ne aveva sempre avuto una terrificante paura, ed anche se all'epoca dei fatti sapeva che Greyback non si sarebbe mai azzardato a toccarlo, ciò non impediva a Draco di tremare ogni volta che il Ghermidore era a pochi passi da lui, con la sua presenza pestilenziale, raccapricciante, pericolosa. Aveva uno sguardo, quell'essere... Uno sguardo che la diceva lunga su cosa gli sarebbe piaciuto fare, se non fosse stato frenato dal timore reverenziale verso il suo oscuro padrone. E poi, Draco sapeva che Greyback sapeva! Sì... Greyback, a quei tempi, era stato l'unico a fiutare il suo pentimento, e quindi lo fissava spesso, da lontano, con sguardo minaccioso; a volte gli passava accanto di proposito, lasciando dietro di sé la sua puzza da bestia selvatica, e con un ringhio basso ed ostile, gli intimava di stare attento a come si comportava...
I ricordi pian piano sbiadirono, e la voce di Potter, che prima si era confusa fino a sparire del tutto, riprese gradualmente consistenza nella sua testa, e le sue orecchie tornarono a capire il senso di ciò che l'Auror leggeva.
 
"... durante il corso di quei due anni di carcere, Damocles Belby, il famoso pozionista, fece visita pù volte a Fenrir Greyback, per convincerlo a bere la pozione antilupo e limitare in questo modo gli effetti devastanti delle sue trasformazioni. Il lupo mannaro si rifiutò categoricamente, ed in questi frangenti, ebbe discussioni violente con il vecchio Belby. Nessuno seppe mai cosa si dissero, e Greyback morì qualche tempo dopo, durante una notte di luna piena, sotto forma di licantropo, per essere uscito fuori di testa mordendo le sue stesse carni."
"Merlino santissimo..." Esclamò Draco con la faccia schifata. "Potevi pure risparmiarti di leggere questi dettagli, Potter!"
Harry non rispose, preferì innanzi tutto rimettere il fascicolo al suo posto poi, sospirando, si voltò a guardarlo:
"Ci deve essere un motivo, per cui Greyback ha ammazzato Damocles Belby servendosi del corpo di suo nipote!"
"E allora?" Gli rispose il biondo con sufficienza.
"Hai sentito cosa ho letto, no?! Hanno avuto delle discussioni private durante le visite che il pozionista gli faceva ad Azkaban..."
Ma Draco finì per innervosirsi di colpo, e non si premurò nemmeno di tentare di nasconderlo. La vena curiosa e l'indole investigativa dell'Auror lo avevano mandato in bestia, perchè interessandosi dei segreti di Belby, si allontanavano dal loro problema principale, facendogli perdere tempo. Lo rimproverò, con tono stizzoso:
"Potter... ti vorrei ricordare che a me non importa chi, come, dove, quando e perchè Belby è crepato! Il punto della questione, resta sempre HERMIONE GRANGER! A me interessa solo scoprire come levarle di dosso quel cazzo di bracciale e finirla con questa storia! Gli altri possono andare tutti a fare in culo, ammazzarsi, impazzire, marcire in galera... NON MI INTERESSANO. CHIARO?"
E Draco girò i tacchi, dirigendosi verso l'uscita.
 
Harry rimase imbambolato a bocca aperta, scioccato dalla strigliata subita, e per la prima volta in vita sua, si ritrovò ad ammettere a se stesso che Malfoy, per certi versi, aveva ragione! Perchè era vero che si era fatto prendere la mano dagli indizi trovati, e per un momento, un solo maledetto momento, aveva quasi accantonato le difficoltà della sua amica! Si sentì un verme, ma nello stesso istante si sentì pure frastornato dalla reazione accalorata di Malfoy che, forse non rendendosene neanche conto, aveva svelato qualcosa di più su se stesso, e su ciò che era diventata Hermione per lui...
Boccheggiò, arrendendosi definitivamente all'evidenza di doverli vedere insieme, prima o poi... Quei due. Era una cosa che un po' gli faceva male, perchè non era del tutto convinto che Draco Malfoy potesse essere il finale felice di Hermione. Onestamente non capiva neanche cosa potesse trovarci lei, di bello, in un uomo con un carattere tanto difficile, sprezzante, egoista, sgarbato, che soffriva di vittimismo, magro, assurdamente biondo, pallido come un morto, e che per di più, in passato le aveva augurato le peggiori sventure. Le donne erano davvero degli esseri complicati...
Harry fece qualche passo per andare incontro al suo vecchio nemico, e nonostante l'elevato rischio di essere affatturato, decise una volta per tutte di aprire il discorso che gli ronzava per la testa già da un po' di tempo, ma che aveva deciso di rimandare nella speranza che i suoi sospetti fossero infondati:
"Malfoy! Aspetta!"
Il ragazzo si girò controvoglia e si ritrovò la bacchetta dell'Auror puntata contro, a mò di minaccia.
"Ascoltami bene!" Gli disse Harry, che inspirò come a prendere coraggio: "Non azzardarti a farla soffrire. Altrimenti ti spacco la faccia e ti strappo le palle, intesi?"
Draco sollevò un sopracciglio, fingendo di non aver capito a chi stesse alludendo l'Auror che, di rimando, sollevò gli occhi al soffitto.
"Non fare la parte di quello che cade dalle nuvole Malfoy, sai perfettamente di chi sto parlando." Poi, Harry riprese con ancora con più vigore: "Devi amarla più di te stesso. Portarla sul palmo di una mano. Stenderle il tappeto rosso ovunque poggi i piedi... E perfino tagliarti una gamba, se per caso un giorno dovesse servire a lei! Chiaro?"
L'uomo guardò il Capo degli Auror con un'espressione strafottente, derisoria, altezzosa: la stessa faccia da schiaffi di quando si incrociavano tra i corridoi della scuola. Lentamente, con un solo dito, Draco spostò bacchetta ostilmente puntata contro il suo petto, e si rivolse ad Harry in tono mellifluo:
"Altro, Potter?"
"Sì! Lasciala in pace se non hai intenzioni serie, Malfoy! Hermione non merita di soffrire ancora per mano tua! Ok? Bene... ora sì che non ho nient'altro da aggiungere!"
"Non ti sembra di esagerare con le richieste?"
No, non esagero Malfoy. Per niente!"
Draco si indispettì, e non perchè le parole di Potter avevano colpito nel segno... No. In fondo neanche lui voleva più vedere Hermione Granger star male; ma lo disturbava enormemente il fatto che nessuno si fidasse di lui! Che qualsiasi situazione, o cosa, o persona gli venisse affidata... per opinione comune doveva necessariamente fare una brutta fine.
Con accento alterato, e pronto ad andarsene, Malfoy lo provocò:
"Hermione Granger è perfettamente capace di intendere e di volere, Potter! Se si è buttata fra le braccia del suo nemico numero uno, chi sei tu per intrometterti? Suo padre forse?" Le labbra di Draco si sollevarono in un piccolo sorriso sarcastico, prima di dare il colpo finale: "Prenditela con lei, se la cosa non ti garba!"
Harry divenne viola: "Attento a come parli, Malfoy!"
Draco si mise a ridere sommessamente, ma qualche istante dopo, l'ironia sfacciata fece gradualmente posto all'amarezza. Si rese conto che era inutile ormai negare l'evidenza e poi, anche se dietro la minaccia di ammazzarlo di botte, in ogni caso Potter gli aveva dato il suo bizzarro benestare.
Parlò in tono pacifico, ma flemmatico: "Comunque... stai tranquillo, Potter! La tua amichetta sta a cuore ad entrambi... E non ho più intenzione di maltrattarla, in nessun modo. Quello che le ho fatto passare da ragazzini può bastare. Non ho voglia di sentirmi più verme di quanto già lo sia."
Harry lo guardò di sottecchi, ancora poco convinto, ma annuì pensieroso. Rimasero per un po' in religioso silenzio.
"E' devastante..." Ricominciò Draco di punto in bianco, tradendo una punta di dolore: "Quando la guardo negli occhi... Mi vergogno ancora come un cane." Fece un sospiro forte, che sembrò quasi rimbombare dentro quello stanzone immenso: "E sai qual è la cosa peggiore, Potter?! E' che non so se questa sensazione passerà mai del tutto..."
 
Harry provò un leggero imbarazzo, e non trovò neanche più le parole per ribattere. Non avrebbe mai immaginato che un giorno gli sarebbe capitato di ascoltare i turbamenti di un Draco Malfoy con gli occhi vaqui, delusi, persi nella sua sofferenza interiore.
Lo vide riprendere a camminare, diretto verso la porta d'uscita, e poi fermarsi di colpo, come se avesse dimenticato qualcosa d'importante. Infatti Malfoy si girò, e con voce determinata gli disse:
"Mi è ancora difficile ammetterlo, Potter... Però, Hermione Granger è diventata una delle mie poche ragioni di vita." Poi, cambiando il tono, che si fece aspro e minaccioso, concluse definitivamente: "Ma tu non azzardarti a dirglielo! Non azzardarti, Potter! Per nessuna ragione al mondo. Altrimenti sono io che ti spacco la faccia, e ti faccio dire addio alla tua misera virilità. Sono stato chiaro?"
Harry sorrise. E lo fece con il cuore. "Sono felice di sentirti dire queste cose!"
Avrebbe dovuto abituarsi gradualmente, al pensiero di un Draco Malfoy che amava Hermione più della sua stessa vita! Represse il brivido di ribrezzo che gli faceva immaginare quei due scambiarsi effusioni, ma dovette pur ammettere che lo faceva stare più tranquillo l'idea che la sua migliore amica, finalmente, avesse trovato un uomo disposto a difenderla, a sostenerla, e che parlava di lei con lo sguardo che luccicava. Il dubbio era solo questo: Malfoy sarebbe stato veramente in grado di proteggerla? Ma questo soltanto il tempo avrebbe potuto rivelarlo... ed Harry non aveva la facoltà di stabilire per gli altri cosa fosse giusto e cosa fosse sbagliato. Neanche per se stesso aveva mai avuto l'assoluta sicurezza delle sue scelte, quindi perchè ostinarsi ad ostacolare quello strambo, strambissimo amore?
 
"Non so quanto tu possa meritarla una come Hermione, Malfoy! Ma... Se l'ami davvero come dici, beh... almeno saprò che ci sarai tu con lei, qualsiasi cosa accada!"
L'uomo biondo represse a forza il sorriso di sollievo che stava spuntando sul suo viso, e così gli uscì fuori un mezzo ghigno, che però non ingannò nessuno dei due.
"E' una specie di benedizione la tua, Potter?"
"Diciamo di sì, Malfoy!"
Stavolta Draco non nascose la sua espressione divertita, e se ne andò dal Ministero fischiettando un motivetto che aveva sentito cantare a Diagon Alley.

 
 
Continua...

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Capitolo 29
*** Capitolo 28 Quella sera, Ron divenne adulto ***


 
 
 
Capitolo 28
Quella sera, Ron divenne adulto

 
 
 
"Come va con la traduzione delle fiabe di Beda, Hermione?"
"Oh... Molto bene Ron! Ho quasi finito anche la storia dei tre fratelli. Conto di pubblicare per maggio. Ho già preso contatti con il Ghirigoro per la presentazione, sai?!"
Erano quasi le otto di sera, Ronald Weasley era passato a trovare la sua amica prima di rientrare alla tana, ed in quel momento se ne stava comodamente seduto su una sedia della cucina a chiacchierare, mentre Hermione apriva sportelli, trafficava con le padelle, prendeva uova, formaggio, faceva svolazzare la bacchetta, tagliava verdure...
"Scusa Hermione, ma..." Ron la osservò con espressione confusa: "Mi hai sentito quando ti ho detto che non posso rimanere a cena?"
L'amica si girò sorpresa: "Certo che ti ho sentito Ron! Non sono mica sorda!"
"E allora perchè stai cucinando tutta quella roba?!"
Hermione arrossì lievemente, immobilizzandosi di colpo: "E-ecco... Emh..."
 
Ma un rumore forte in salotto, come di qualcosa che ruzzolava, li distrasse improvvisamente a vantaggio della donna, che non aveva avuto il coraggio di dire altro, oltre ad un incomprensibile borbottio: Ron Weasley non aveva capito ancora nulla di lei e di Malfoy, e nessuno si era preso la briga di informarlo. Perciò, quando alle sette e mezza di sera, si era ritrovata l'amico davanti all'uscio di casa, Hermione aveva pregato con tutto il cuore che lui non accettasse il suo doveroso invito cena, e non perchè non ce lo voleva, ma perchè non si sentiva ancora pronta ad esporsi al suo giudizio. In realtà, non si sentiva pronta a sbandierare niente ad anima viva. Non si sentiva pronta e basta.
Evidentemente però, il fato si era deciso a smascherarla, e la risposta alla domanda che Ron le aveva rivolto prima, si presentò dinanzi a loro in carne ed ossa: Draco Malfoy era apparso sulla soglia della cucina, passandosi ripetutamente le mani sulla camicia grigia, nel tentativo di togliere gli eventuali residui della cenere del camino. Quando sollevò gli occhi gelidi, piantandoli in quelli di Ron Weasley, alzò un sopracciglio, ma non disse nulla.
 
Hermione era rimasta paralizzata, vedendo concretizzarsi tutte le scene che aveva immaginato appena qualche minuto prima, allora si preparò psicologicamente a subirsi la ramanzina dell'amico, che l'avrebbe rimproverata fino allo sfinimento, accusandola di essere una pazza, una scriteriata, una che si era bevuta il cervello; che quello era un uomo da cui stare lontano almeno due chilometri, e bla bla bla, bla bla bla. La cosa brutta era che non poteva nemmeno permettersi di ribattere: Hermione era consapevole che Ron avrebbe avuto solo una sacrosanta, fottutissima ragione!
Sospirò pesantemente chiudendo gli occhi, e decise di voltarsi di nuovo verso la cucina, per finire di preparare la cena. Era un modo per estromettersi dalla realtà perchè, per una volta, Hermione non aveva voglia né di vedere, né di sentire cosa sarebbe successo tra quei due...
 
"Ma tu entri in casa degli altri in questa maniera?" Esclamò Ron, sbalordito.
Draco non si degnò neanche di rispondere, e con espressione di sufficienza, gli diede le spalle e se ne andò in soggiorno. Hermione invece, gettò all'amico un'occhiata rapidissima, per poi tornare a fingere di rimestare le verdure nella padella.
"Hermione... Ma tu non gli dici niente?"
"E cosa dovrei dirgli, Ron?" Era diventata rossa come un peperone, e non capiva se lui fosse davvero così tonto, o lo stesse facendo apposta per metterla in imbarazzo.
"M-ma... Ma..." Ron balbettò confuso, poi fece silenzio qualche istante, ed un lampo di comprensione gli attraversò gli occhi: "Hermione... Tu... Lo hai invitato a cena!!! E' per questo che hai cucinato tutta quella roba, vero?"
Lei annuì guardando il pavimento. Ron scoppiò a ridere, ma poi si fece immediatamente serio, e le si accostò, sussurrando per non farsi sentire: "Ma ti fidi a farlo entrare a casa tua? Stai attenta Hermione, tieni la bacchetta a portata di mano finchè non se ne va! Io capisco che sei buona, altruista e propensa al perdono, ma addirittura invitarlo a cena solo perchè ti sta dando una mano con la faccenda del bracciale è esagerato! Esagerato e pericoloso. Ma ti rendi conto?"
 
La donna lo guardò con tanto d'occhi, perchè per un momento aveva davvero creduto che Ron avesse capito tutto, liberandola così dal peso di una confessione complicata ma, niente... Il suo cervello non era riuscito a spingersi oltre! Era irritante la sua ingenuità, a volte!
Ma Hermione aveva torto. Aveva torto perchè Ron non era un completo cretino... Semplicemente, la sua mente si rifiutava di vederli insieme: per lui era talmente assurdo, che diventava automaticamente impossibile.
 
Non ebbero modo di continuare a parlare però, perchè Draco rientrò in cucina, sedendosi con spavalderia di fronte a Ron. Per un paio di minuti si limitarono a guardarsi come due Ungari Spinati pronti a sputare fuoco, ma alla fine il biondo decise di tentare un approccio pressocchè educato, e lo fece per Hermione. Lo sapeva che ci sarebbe rimasta tremendamente male se si fosse messo a litigare con il suo migliore amico, e lui non desiderava più vederla sconfortata per colpa sua. Era strano fare qualcosa per lei, ma allo stesso tempo lo faceva sentire appagato.
 
L'amore, era un sentimento stupefacente...
 
"Weasley... Come vanno gli affari nella tua baracca?" Gli chiese Draco con aria annoiata. 
Ron rimase per un attimo interdetto, soppesando la domanda di Malfoy, indeciso se considerarlo un insulto, o un poco garbato modo di iniziare una conversazione.
"Per tuo dispiacere vanno a gonfie vele, Malfoy!" Gli rispose il ragazzo con una punta di orgoglio nella voce.
"Per mio dispiacere?" Esclamò stupito Draco. "Guarda che non sono mica geloso dei tuoi guadagni, Weasley!"
"Ma se sei sempre stato geloso di tutto, Malfoy!"
Draco fece una risata bassa e sarcastica: "Ti ci vorrebbero almeno dodici vite per accumulare le mie stesse ricchezze... Di cosa dovrei essere geloso, sentiamo?"
Hermione alzò gli occhi al cielo, mentre tagliava a spicchi una frittata, ed ascoltò Ron rispondere: "I soldi da soli non fanno la felicità, Malfoy. Te l'hanno mai detto?"
 
A quel punto, Draco perse di colpo la sua aria spavalda, riflettendo che sì... in fondo, Ronald Weasley aveva ragione. La ricchezza non era tutto, e lui non era stato esentato dalla sofferenza, dalla malinconia e dal disprezzo del mondo, solo perchè aveva i suoi bei sacchi di Galeoni stipati alla Gringott. Rimase in silenzio, e prese ad osservare pensieroso la donna muoversi con grazia intorno alla cucina.
 
All'improvviso però, senza un apparente motivo, Ron iniziò ad agitarsi nervosamente sulla sedia ed Hermione, per un attimo, pensò che Draco gli avesse lanciato qualche fattura non verbale. "Ron? Che ti succede?" Gli domandò preoccupata, ma non ricevette risposta.
Stava per aprire bocca e rimproverare Draco per la presunta colpevolezza, quando si accorse che in cucina aveva fatto la sua apparizione Pepper, e allora...
Capì al volo il disagio di Ron: non correva buon sangue tra lui e la sua folletta, e da quando la Pixie l'aveva morso mandandolo al San Mungo, la situazione era, se possibile, peggiorata. Quest'ultima nel frattempo, con la sua arietta indisponente, si era andata a sedere sulla spalla di Draco, guardando storto Ron.
"P-Perchè il t-tuo folletto mi guarda m-male, Hermione?" Le sue orecchie si erano fatte rosse come ciliege mature.
"Che ne so, Ron! Le hai detto niente di male ultimamente?"
"No, certo che no! Non ci tengo a farmi azzannare di nuovo, non sono mica scemo!"
 
Draco Malfoy, che si era impercettibilmente irrigidito sentendo il peso della folletta sulla spalla, ascoltò con interesse lo scambio di battute, e si accorse del tremore che aveva preso a scuotere le mani di Weasley. Sorrise malignamente: "Hai paura di un Pixie della Cornovaglia, stupido?"
Ron lo guardò con espressione offesissima: "Dannazione Malfoy, l'avresti anche tu se ti ritrovassi al reparto avvelenamenti del San mungo per colpa sua!"
Draco, che era sempre stato furbo, oltre che un grande stronzo, si approfittò di quella scoperta per fare quello che in vita sua gli era sempre riuscito meglio: deridere.
"A me non sembra così pericolosa, Weasley! Guarda quanto è tenera!" Insinuò, alzandosi dalla sedia e facendo qualche passo per avvicinarsi al ragazzo sempre più terrorizzato. In realtà, Draco la temeva quanto lui, ma l'occasione di prendere per il culo quello straccione era troppo succulenta per rinunciarvi...
Hermione prese a scuotere il capo esasperata. Ron invece, facendo stridere rumorosamente le gambe della sedia sul pavimento, si alzò di scatto, avvicinandosi alla donna in cerca di protezione, poi si affrettò a cambiare discorso, fingendo che Pepper non esistesse, almeno finchè se ne fosse rimasta seduta buona buona sulla spalla di Draco Malfoy. Un Draco Malfoy che nessuno però, sapeva essere a sua volta sudato fradicio, preoccupato e teso, per l'avversione di sentirsi addosso il peso di quell'esserino orrendo.
 
"B-Beh... Allora come va con il bracciale di Belby, Hermione? Avete fatto progressi?" Disse Ron, cercando di normalizzare la discussione.
La ragazza sospirò sconsolata: "Non molti... E' più difficile di quanto pensassimo, purtroppo. Stiamo tenendo a bada lo spirito solo grazie alla fasciatura intorno al polso!"
Mentre discutevano, Pepper tirava fuori la lingua e faceva le pernacchie in direzione di Ron, che cercava di ignorarla come meglio poteva.
"Per le mutande di Merlino!" Il ragazzo sospirò, abbandonandosi ad un po' di sane invettive: "Maledetto Belby, maledette sedute spiritiche, maledette fatture, e maledetto spirito oscuro che non se n'è rimasto a fanculo nell'aldilà..."
 
Draco era tornato a sedersi, con le bracia incrociate e gli occhi bassi, ma quando sentì la parola "aldilà" sollevò di colpo lo sguardo, facendosi pensieroso. Si estraniò dalla realtà per qualche secondo, la sua espressione si fece vacua, e la sua mente iniziò ad elaborare un'idea folle...
 
"Draco?" Hermione aveva preso a chiamarlo, sventolandogli la mano davanti al viso, e lui tornò in sé per un momento: "Che c'è?"
"Niente... Volevo solo sapere se le patate le preferisci fritte!"
Ma Draco Malfoy non rispose, perchè si perse di nuovo nei suoi pensieri complicati...
 
L'aldilà. L'aldilà poteva contenere informazioni preziose su Fenrir Greyback; forse qualcuno che lo conosceva poteva sapere cosa fare, forse qualche spiegazione ne sarebbe uscita fuori. Forse sarebbe stato rischioso... Ma che alternative aveva, in fondo? Erano mesi e mesi che lui e Potter cercavano una disperata soluzione, trovando solo porte chiuse ogni volta che un indizio gli faceva imboccare una  strada nuova. Erano rimasti fermi dinanzi ad un muro insormontabile, senza poter andare né avanti né indietro; Fenrir Greyback era morto otto anni prima e nessuno di loro sapeva perchè aveva litigato con Damocles Belby, o perchè si era servito di suo nipote per ucciderlo ma, soprattutto, nessuno di loro era riuscito a rimandarlo da dove era venuto.
E non c'erano più alternative oltre a quella che gli era balenata per la testa ora, se non aspettare che il corso degli eventi sopraffacesse Hermione Granger al punto di... Ma era qualcosa che lui non voleva neanche immaginare. Gli saliva una rabbia bestiale all'idea che fosse tanto impotente da non riuscire a proteggere l'unica cosa bella che gli era capitata nella vita. Draco aveva passato l'intera esistenza a nascondersi dietro gli altri, codardo e meschino come il peggior farabutto d'Inghilterra, e proprio ora che Hermione gli aveva dato un motivo valido per essere una persona migliore, non era in grado di dimostrarsi un uomo?
 
Si alzò di scatto, ignorando le domande ingenue che Hermione, all'oscuro dei suoi pensieri, gli rivolgeva. Hai fame? La frittata la preferisci fredda? Acqua naturale o frizzante? Il formaggio ti piace? Domande banali, domande semplici, domande che si fanno quotidianamente in una casa. Pepper, al gesto brusco di Draco, era scivolata dalla sua spalla, cadendo sul tavolo, e così se ne era andata via svolazzando più offesa che mai.
 
Draco si passò una mano sul viso, trattenendo la disperazione: proprio quando tutta la "normalità" che aveva desiderato era stata a portata di mano, doveva voltarle le spalle. Aveva sognato per così tanto tempo di trovare una donna che lo amasse incondizionatamente senza aver paura del suo passato!
Prima non c'era mai riuscito: un po' perchè si era isolato dal mondo, un po' perchè era diventato scontroso, difficile, maledetto, ed un po' perchè quando l'aveva trovava quella disposta a stargli al fianco, l'aveva ignorata. Era successo quattro anni prima: Astoria Greengrass era una ragazza di buona famiglia, ricca, carina ed intelligente; ma lui, a quel tempo per niente disposto ad uscire dal suo eremitaggio angoscioso, l'aveva rifiutata per paura di trovarsi invischiato in un amore tiepido, che non gli avrebbe mai dato quella vitalità, quella grinta adatta per uscire dalla bolla che si era creato attorno come protezione dal disprezzo del mondo. Draco aveva sempre pensato che la donna dalla sua vita doveva essere in grado di fargli abbattere le barriere della malinconia e dei sensi di colpa e, se non vi fosse riuscita, allora significava semplicemente che non ne valeva la pena. Poi... proprio quando si era rassegnato ad una vita solitaria e senza amore, era arrivata Hermione Granger e, a quelle stesse barriere, lei gli aveva scagliato una Bombarda, mandandole in frantumi, polverizzandole, e lasciando lui esposto, indifeso, ma finalmente libero. Onestamente non capiva com'era possibile che proprio lei, tra tutte, fosse riuscita nell'impresa di svegliarlo dal torpore, e di tendergli la mano per aiutarlo a risalire dal baratro...
Lo dicevano tutti che Hermione Granger era una donna straordinaria, ma lui, idiota, non ci aveva mai voluto credere, preferendo trincerarsi nell'odio e nel falso disprezzo pur di non ammettere la verità. Quella verità che poi l'aveva travolto come un fiume in piena, per fortuna! Draco si era dannato, quando aveva realizzato di amarla di un amore che non aveva mai provato in vita sua, e l'aveva tenuta a distanza, per il terrore che se ne accorgesse; poi aveva sognato di tenersela accanto fino alla fine dei suoi giorni, ed aveva compreso nello stesso tempo, l'impossibilità dei suoi desideri... Ma lei, inaspettatamente, gli aveva permesso di toccarla, stringerla, baciarla, e... quelle pazzie immaginate dalla sua mente folle, erano diventate terribilmente reali. Hermione aveva accettato le sue scuse, l'aveva perdonato, gli si era donata anima e corpo, l'aveva consolato, gli aveva dato un motivo per vivere...
 
Maledisse il bracciale dei Belby, così come aveva ingenuamente fatto poco prima Weasley, ma maledisse pure Fenrir Greyback, per aver trovato il modo di terrorizzarlo anche da morto. Poi fu travolto dalla consapevolezza che era stato proprio quel gioiello a dargli la possibilità di ritrovare Hermione Granger, di riscoprirla in una maniera totalmente differente...
Un immaginario pugnale gli si conficcò dritto dritto nel petto, al pensiero che se quel fottuto lupo mannaro non si fosse impossessato di Marcus Belby, lui non avrebbe mai  rincontrato lei, non avrebbe mai scoperto l'amore, non si sarebbe trovato a casa sua, nella sua cucina, ad aspettare come un uomo qualunque che lei finisse di preparargli la cena.
Se il gioiello maledetto non fosse mai stato creato, Draco Malfoy avrebbe continuato banalmente a vivere la sua squallida e solitaria vita, immerso nei suoi manufatti oscuri, a tentare come sempre di sconfiggere la magia nera per attenuare i sensi di colpa che lo soffocavano ogni giorno. Niente amore, niente vita, niente Hermione.
Draco Malfoy allora, maledì e benedì Fenrir Greyback allo stesso tempo, e decise che spettava a lui distruggerlo. E sarebbe stato il suo primo, vero, sincero atto di coraggio, anche se forse sarebbe stato l'ultimo...
Non c'era nessun'altra alternativa: tornare a vivere senza l'amore, o morire per salvare il suo amore.
Scelse lei. Scelse lei senza batter ciglio. Draco Malfoy, finalmente, scelse il bene di qualcun'altro, prima del suo.
 
 
***
 
 
"Devo andare! Ho da fare, Hermione. I-Io, avevo dimenticato u-un affare urgente..."
Lei lo guardò sbigottita, con gli occhi che tradivano una delusione intensa, mentre teneva fra le mani una ciotola d'insalata: "Ma che cosa dici, Draco? Stai scherzando, spero!"
"No, non scherzo. Scusami. Ho da fare. Davvero."
Ma..."
 
Ronald Weasley li scrutava in silenzio, con le sopracciglia corrucciate, spostando lo sguardo rapidamente dall'uno all'altra, senza capire, senza riuscire a dare una spiegazione razionale a quel loro parlarsi così confidenziale, a quel loro chiamarsi per nome.
 
Hermione, a bocca aperta, vide Draco andarsene dalla cucina, poi lo sentì sbattere la porta di casa e smaterializzarsi sul portico, e lei si chiese, sofferente, cosa potesse avergli detto di male, o cosa potesse aver fatto di sbagliato tanto da indurlo scappare con quell'aria tempestosa e preoccupata.
 
I suoi occhi afflitti, mentre zitta zitta riponeva la cena nel frigo, non sfuggirono a Ron, che per la millesima volta, non si capacitò di ciò che aveva visto. Forse fu proprio in quel momento che il suo caro amico divenne finalmente un uomo, e che cominciò a comprendere le complesse dinamiche della vita, dell'amore, dei sentimenti assurdi che potevano legare persone apparentemente distanti, dei cambiamenti prodigiosi che sapeva operare il tempo...
 
Ronald Weasley, quella sera, aprì improvvisamente gli occhi, svegliandosi per la prima volta nel mondo degli adulti; e lo fece precisamente nell'esatto attimo in cui realizzò con certezza che Hermione Granger, si era innamorata di Draco Malfoy...
 
 
***


 
 
Una nuvola di polvere si sollevò in aria, quando con un colpo secco, Draco tolse il lenzuolo che copriva il quadro maledetto. Gli tremavano le dita, mentre fissava il bambino raffigurato sulla tela, ed un terrore primordiale si impossessò del suo corpo.
Nell'ala a sud di Villa Malfoy, dentro una stanza semibuia piena di oggetti oscuri, l'unico rumore percepibile era lo schianto ritmico del suo cuore contro la cassa toracica, alimentato forsennatamente dalla violenza della sua angoscia. Il padrone del maniero non era un tipo coraggioso... e mai sarebbe stato capace di affrontare un rischio mortale, con la stessa spavalderia di Harry Potter quando sfidava Lord Voldemort.
Draco si vergognò della sua paura, strinse le mani a pugno odiando se stesso per non avere in circolo un briciolo di ardore, di valorosità... Si sentiva un vermicolo senza spina dorsale. Draco Malfoy, l'ex Mangiamorte, non sarebbe mai diventato un eroe, e certamente qualcuno lo avrebbe ricordato soltanto come un giovane pavido, vigliacco, doppiogiochista e depresso.
 
La bambola del dipinto voltò lentamente la testa verso di lui, guardandolo con le sue angosciose orbite vuote...
Il quadro maledetto che gli aveva venduto Augustus Jenkins era uno degli oggetti più oscuri che Draco avesse mai avuto la sfortuna di possedere. Ne aveva compreso la funzione da tempo... Quella tela era un portale capace di mettere gli uomini in comunicazione con un mondo parallelo, un mondo senza luce, una zona senza spazio e senza tempo, dove gli spiriti più arditi erano in grado di vagare, ma sopratutto, dove un essere vivente poteva esserne risucchiato fino a perdere energia, fino ad abbandonare il contatto con la realtà, confondendosi in quel luogo, divenendone parte, dimenticandosi della vita...
 
Il bambino con i pantaloncini azzurri, che era guardiano di quel luogo di tenebre, si mosse, sorridendo malignamente a Draco. Aveva nello sguardo una luce perversa: era da tanto che aspettava che quell'uomo cedesse alla tentazione di entrare per scoprire cosa si celasse al suo interno. Avevano combattuto per mesi, e Darco Malfoy si era accanito, nella speranza di distruggerlo... ma quello però, l'aveva sempre vinto, e così aveva preso a perseguitarlo, a disturbare il suo sonno, a provocargli allucinazioni, ad esasperarlo lasciandogli trovare animali morti nella stanza, oggetti fuori posto, e facendosi sorprendere lui stesso fuori dal quadro. Fino a quando Draco era riuscito a bloccarlo temporaneamente coprendolo con un grande pezzo di stoffa incantato, in grado di contenere, ed isolare, la magia oscura.
Con le membra irrigidite dalla paura, Draco pensò ancora una volta, e forse per l'ultima, ad Hermione Granger, ed un calore luminoso si infiltrò piano piano nella sua pelle, iniziò a scorrergli nelle vene, e si diffuse in ogni più piccolo anfratto del suo corpo, dandogli lo stimolo per spingersi verso l'ignoto, per provare a scoprire qualcosa su Fenrir Greyback e su come fermarlo.
Magari Draco Malfoy, sul finale della sua vita... sarebbe stato capace di tirare fuori quel coraggio che gli era sempre mancato.
 
"Fammi entrare, pezzo di merda." Sputò Draco con rabbia rivolgendosi al bambino, che si affrettò a chinarsi, allungando un braccio verso di lui:
"Con molto piacere..." Rispose quest'ultimo, sorridendo con cattiveria.
Draco afferrò la mano che gli veniva tesa, e in un attimo venne risucchiato dentro il quadro, sotto gli occhioni sgranati del suo elfo domestico, che era entrato silenziosamente nella stanza per chiedergli se avesse bisogno di cenare...
 
 
Continua...




 

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Capitolo 30
*** Capitolo 29 Toby l'elfo ***


Capitolo 29
Toby l'elfo

 
 
Draco Malfoy,
esigo una risposta! E' la quinta missiva che ti mando in due giorni. Ovviamente non pretendo nulla da uno come te, dato che ho avuto modo per l'ennesima volta di capire che razza di uomo sei, ma per lo meno abbi la decenza di scrivermi tre righe per dirmi che non ti è successo niente! L'altra sera te ne sei andato con l'aria di uno che voleva buttarsi da una scopa. Sono seriamente preoccupata. E non me ne frega un cazzo se non vuoi più vedermi, se hai cambiato idea su di noi, o se semplicemente mi hai preso per il culo tutto questo tempo. VOGLIO SOLO SAPERE SE STAI BENE. Non mi sembra di chiedere troppo, per essere una donna che è stata scaricata senza un motivo.
Hermione
 
Il quinto gufo, come era prevedibile, tornò nell'Oxfordshire a zampe vuote ed Hermione, con il cuore in gola e la mente annebbiata da un'irrazionale angoscia, decise impulsivamente di andare a spaccargli la faccia di persona...
 
 
***
 
 
Il vento fresco gli sferzava la faccia, mentre volava rapido sui campi intorno alla tana. Era aprile, i raggi del sole iniziavano a scaldare piacevolmente l'aria, permettendo finalmente a tutti di abbandonare i tanto odiati maglioni. Ronald Weasley stringeva forte il manico della scopa e di tanto in tanto si voltava, per vedere se il suo amico lo stesse seguendo. Non c'era nessuno sulla sua visuale, neanche un puntino in lontananza, a parte qualche uccellaccio gracchiante, e Ron si illuminò per un secondo, convinto di esser diventato talmente veloce da aver superato il più grande cercatore della storia di Hogwarts.
 
"Che fai impalato a guardare l'orizzonte, Ron?"
Il ragazzo dai capelli rossi, con un pizzico di delusione, si voltò verso Harry Potter che, chissà quando, lo aveva superato senza che lui se ne accorgesse, ed ora lo guardava con la faccia interrogativa, mentre faceva qualche piroetta con la sua Firebolt nuova.
 
"Niente, Harry! Ammiravo il panorama..." Rispose Ron, frustrato.
 
I due amici approfittavano sempre delle domeniche di sole, quando nessuno dei due aveva il lavoro a cui pensare e potevano dedicare quindi qualche ora ai passatempi che avevano sempre amato. Giocavano a Quiddich, mangiavano gelatine tuttigusti+1, oppure Harry provava ad insegnare le regole del calcio a lui, Arthur e George, mentre a volte, come adesso, volavano. Volavano semplicemente, per il puro gusto di sentire l'aria accarezzargli i capelli, per essere liberi di pensare, di ricordare i vecchi tempi, le cose belle e le cose brutte.
"Harry..." Lo chiamò Ron dopo qualche minuto, con una voce stranamente riflessiva.
"Dimmi Ron!"
Avevano ripreso a volare fianco a fianco con un'andatura pacata e rilassante, andando incontro al sole alto e splendente.
"Boo, non so come spiegarti Harry, è tutto così strano..." Il ragazzo ebbe qualche momento di incertezza.
"Di cosa parli?"
"Hermione..." Gli occhi azzurri di Ron si piantarono in quelli verdi dell'amico d'infanzia, facendolo sospirare. Non pronunciarono più alcuna parola per qualche minuto, ognuno perso nei suoi ragionamenti complicati. Virarono lentamente fino a riprendere in silenzio la direzione della tana, e solo allora Ron riaprì bocca:
"Sai, Harry..." Inspirò a fondo, e poi ricominciò: "Credo di aver capito chi le regalò quel mazzo di fiori, tempo fa."
 
Il ragazzo con la cicatrice a forma di saetta, ancora ben visibile sulla fronte, rimase spiazzato per un paio di secondi, fissando dritto di fronte a sé. Harry si era accorto da tanto tempo di ciò stava succedendo alla loro amica, ed aveva già avuto modo di metabolizzare lo shock, assimilare gli eventi, prepararsi psicologicamente al momento forse neanche troppo lontano, in cui li avrebbe visti insieme, Hermione Granger e Draco Malfoy... magari mano nella mano, a sussurrarsi qualcosa di cui lui e Ron non sarebbero stati più partecipi come una volta.
Dopo un tempo che sembrò lunghissimo, Harry sorrise, dapprima in modo impercettibile, poi sempre più apertamente, fino a che quello stesso sorriso si trasformò in una risata genuina, e gli occhi iniziarono a lacrimargli: "Buongiorno, Ron! Ci sei arrivato finalmente!"
L'amico lo guardò con occhi sgranati di stupore, iniziando a balbettare:
"T-Tu lo lo s-sapevi, Harry?"
L'Auror annuì, tornando serio.
"Maledetto infame! Ma che razza di amico sei? Eh? Da quanto lo sapevi?" Ron era indeciso tra il mettersi a ridere pure lui, o mantenere il punto.
"Beh... Da abbastanza tempo per invidiare la tua ingenuità!"
"Che vuoi dire, Harry?"
"Che quando sono stato travolto dalla consapevolezza, mi sono quasi sentito male, maledizione! E allora ti ho invidiato, perchè non ti eri ancora accorto di nulla. Tu vivevi serenamente, senza sapere che cosa assurda stava accadendo sotto i tuoi occhi, mentre io non facevo altro che pensarci e ripensarci rovinandomi le giornate!"
Ron scuoteva il capo, perplesso: "Ma come è potuto accadere..."
"Non ne ho idea, Ron. Non ne ho la più pallida idea..."
 
Harry Potter accelerò l'andatura, per raggiungere più in fretta la tana ed andare a rifugiarsi tra le braccia della moglie, che sicuramente lo stava aspettando seduta sotto la veranda ad accarezzarsi il pancione enorme. Aprì bocca, poi si fermò, indeciso, infine parlò:
"Ho capito soltanto una cosa, Ron... Che il tempo cambia gli uomini. Guarisce le ferite, apre strade impensabili, e permette anche alle anime tormentate come Malfoy, di rinascere, come una fenice dalle sue ceneri."
 
Ron assimilò quelle parole con una saggezza che non gli era mai appartenuta, accettandole con serenità, stupendosi per primo della sua reazione matura. Non era esattamente raggiante al pensiero, un giorno non troppo lontano, di vedere la sua migliore amica soffrire d'amore per Draco Malfoy! Perchè era questo che sarebbe successo, altrochè... Ma cosa poteva mai fare lui, contro una donna adulta e le sue pazze decisioni? Ron non era mai riuscito a domarla neanche quando avevano undici anni, figurarsi ora! Nessuno però avrebbe potuto negargli di prendere Malfoy per il colletto della camicia e minacciarlo di morte, nel caso in cui si fosse preso gioco dei sentimenti di Hermione:
"Sia ben chiaro Harry, non sono affatto felice. Ed ho intenzione di fargli un bel discorsetto a quel viscido cacasotto!"
"Oh... per quello stai tranquillo Ron, ci ho già pensato io! Gli ho promesso di spaccargli la faccia e di strappargli le palle, ma... se vuoi esser sicuro che abbia abbastanza terrore di ritorsioni, ti do carta bianca! In fondo, non sono mai troppe le minacce, quando si tratta di Malfoy!"
 
Iniziarono ad abbassarsi di quota, vedendo la sagoma sempre più vicina della tana, mentre Ron borbottava instancabilmente una litania di insulti verso un unico destinatario, una nenia infinita che faceva più o meno così:
"Codardo. Bastardo doppiogiochista, ti faccio sputare lumache pavido piccolo uomo. Arrogante, altezzoso, vigliacco, leccapiedi di Voldemort, traditore. Presuntuoso aristocratico con la puzza sotto il naso! Mi domando che cazzo ci ha trovato Hermione di bello in te, brutto essere mezzo albino, pallido come un morto, con quel ghigno schifato che hai eternamente stampato su quella tua faccia di merda..."
 
Quando poggiarono i piedi al suolo, videro Ginny farglisi incontro affaticata, sventolando tra le mani una lettera. Sembrava allarmata.
"Harry! E' di Hermione, leggi! Devi aiutarla, è urgente... Malfoy è scomparso da due giorni."
 
 
***
 
 
Quando Hermione era giunta a villa Malfoy, l'elfo domestico di Draco l'aveva accolta tirandosi le orecchie: "Aspetti qui, signorina. Chiamo subito padrona!" Ed era sparito tutto nervoso, lasciandola sola nell'ampio salone d'ingresso, senza darle il tempo di rispondergli che no, non cercava la signora, ma solo il figlio. Hermione si era agitata, cercando disperatamente di lisciarsi la gonna davanti ad uno specchio enorme; poi con un colpo di bacchetta aveva sciolto i capelli ed aumentato il tacco delle scarpe, maledicendo il vizio di uscire sempre di corsa.
Pepper era improvvisamente sbucata dalla sua borsetta, porgendole un rossetto.
"Ma quando la smetterai di venirmi appresso di nascosto, Pepper?" E quella aveva sorriso birichina, mentre Hermione scuoteva il capo esasperata.
 
Narcissa Malfoy si era presentata dopo qualche minuto, con passo rigido ed elegante, guardandola con malcelata curiosità.
Si era sentita analizzata in ogni minimo dettaglio Hermione, anche se il piglio concentrato della signora, non le permise di capire l'esito del suo accurato studio. Seppe solo di essere arrossita.
"I-io cercavo suo figlio, signora Malfoy. N-non volevo disturbarla, mi scusi. Il vostro elfo deve aver capito male!"
Ma Narcissa, invece di domandarle, schifata, cosa desiderasse da Draco una come lei, aveva sollevato un sopracciglio, confusa: "Mio figlio non è a casa, signorina Granger... Pensavo fosse con lei!"
A quel punto, Hermione aveva rischiato sinceramente di svenire. "L-Lei... pensava fosse con me? Oh, Merlino..." La sua voce si era fatta sottile, il viso pallido: "Io... Io non lo vedo da due giorni, Signora Malfoy! Non risponde neanche alle mie lettere..."
 
Così, avevano rovistato in ogni angolo di quell'immensa casa, con il cuore in gola, senza trovare alcuna traccia, o segnale, o indizio, che potesse guidarle verso una destinazione. Tutte le lettere che Hermione gli aveva spedito, se ne stavano accatastate sul davanzale della finestra del suo studio, ancora perfettamente sigillate.
A quel punto, si erano viste costrette a chiedere aiuto al capo degli Auror...
 
 
***
 
 
"Ron, muoviti!"
"Ho fatto Harry!" Ron finì di legare un rotolino di pergamena alla zampa del gufo reale di casa Malfoy, e lo liberò seguendone il tragitto. Rimasero tutti con il fiato sospeso, guardando la direzione che l'uccello avrebbe preso. Narcissa se ne stava seduta su una poltroncina con le mani sul volto, trattenendo il pianto, Hermione invece era ammutolita da mezz'ora, senza più alcuna buona idea, con Pepper che, triste, le dava piccole pacche sulle spalle.
 
Come Harry aveva già sospettato, il gufo vagò sopra il vasto giardino, disorientato, poi tornò inesorabilmente da dove era partito, rientrando nello studio di Draco in un frullo d'ali. Si guardarono tutti alternativamente, senza dire una parola, mentre Toby l'elfo, sbatteva la testa contro la libreria, provocando tonfi ritmici e fastidiosi.
Tum. Tum. Tum.
"Se il gufo è rientrato, Malfoy deve essere qui. I gufi non sbagliano mai!" Riflettè l'Auror.
Tum. Tum. Tum.
"Abbiamo cercato dappertutto Harry..." Sussurrò Hermione, disperata.
Tum. Tum. Tum.
Narcissa Malfoy si alzò di scatto dalla poltrona: "TOBY ADESSO BASTA!"
La creaturina, con gli occhioni spalancati, si inginocchiò, iniziando a lamentarsi: "Io fedele. Io fedele a padrone. Io non posso. Non posso. No no no no." E ricominciò a tirarsi le orecchie fino al pavimento.
Ron lo guardò male. "Ma che cazzo dice quest'elfo? E' esaurito... parola mia!"
 
"Io promesso di non dire mai niente di quello che succedeva dentro stanza. Perchè pericoloso. Io fedele. Sì!"
 
Narcissa, che all'improvviso credette di capire lo strambo discorso di Toby, gli si avvicinò lentamente con gli occhi ridotti a due fessure... "Tu sai dov'è Draco, vero?" E lo disse a voce bassa, quasi minacciosa.
Toby singhiozzò, poi si lanciò verso il muro correndo, fino a spiaccicarglisi contro... e fu il panico: il gufo reale iniziò ad agitarsi volando per tutto lo studio, Ron trotterellò dietro l'elfo nella speranza di tenerlo fermo da quel suo disperato autopunirsi, Harry saltellava per riacciuffare il pennuto, Pepper schizzava da una parte all'altra della stanza incuriosita da tutto quel caos, Narcissa Malfoy ordinava furiosa di essere portata immediatamente da suo figlio.
Per qualche momento tutto fu confuso, poi...
 
"INCARCERAMUS!" Gridò Hermione, che per tutto il tempo aveva osservato la scena in silenzio. L'elfo domestico venne avvolto da una corda spessa, e smise di agitarsi.
Tutto si placò.
La ragazza aveva uno sguardo determinato, furioso quasi, mentre a passo di marcia si era andata a piazzare di fronte a Toby: "Tu adesso mi dici dove è finito Draco Malfoy, o giuro su Godric Grifondoro che farò in modo di farti cacciare da questa casa, e sarai costretto a vagare senza un padrone da servire. Ed io lo so, che non c'è disgrazia peggiore di questa, per un elfo domestico. Te lo ordino Toby, in nome del Ministero della Magia!"
Ron sgranò gli occhi, mormorando un "Caspita!" a mezza bocca.
 
Il piccolo Toby gridò disperato, diviso tra la fedeltà al suo signore, e la legge. Ma qualcosa gli disse che ciò che aveva visto due giorni prima, era stato completamente diverso dal consueto, e che il padrone era veramente in pericolo di vita. Se si fosse intestardito a rispettare i vecchi ordini, riguardo il non rivelare mai nulla di quello che succedeva dentro la stanza degli oggetti oscuri, con molta probabilità Draco Malfoy non sarebbe mai più uscito da quel quadro...
Allora, con voce folle, sputò di getto queste parole:
"PADRONE ENTRATO IN QUADRO. SPARITO. BAMBINO LO HA FATTO ENTRARE!" E Toby si accasciò sul pavimento, piangendo.
Hermione svenne.
 
 
***
 
 
Nessuno aveva capito di cosa stesse parlando l'elfo domestico, che aveva proseguito a piagnucolare per dieci minuti buoni, singhiozzando parole strane, che comprendevano bambole, portali, bambini infernali, padrone intrappolato, e spiriti cattivi.
Hermione Granger era stata l'unica a capire il significato di quella frase incomprensibile, e dopo esser rinvenuta, si alzò di scatto dal divanetto su cui l'avevano adagiata, precipitandosi fuori dallo studio con Pepper alle calcagna.
 
"Hermione!" La richiamò l'amico, seguendola.
"Non ho tempo da perdere, Harry!" Gli rispose lei, affaticata dalla corsa.
Poi si accodò pure Ron, mentre Narcissa, rimasta più indietro, li invitava ad aspettarla, con tono autoritario: "Voglio sapere cosa sta succedendo, dannazione! Si tratta di mio figlio! Volete rendermi partecipe, sì o no?"
 
Terminarono la lunga corsa davanti la porta della stanza oscura di Draco, che ormai Hermione conosceva fin troppo bene; l'aveva perlustrata anche un'ora prima, nella spasmodica ricerca del ragazzo, ma non vi aveva trovato nulla, a parte un lenzuolo gettato malamente a terra, ed il quadro maledetto privo di protezione... Quel dettaglio lo aveva giudicato strano, specialmente  ricordando la premura con cui Draco teneva sempre ben coperta la tela ma, Hermione, come una sciocca, aveva deciso di ignorare quell'anomalia per non perdere la concentrazione sulla ricerca di lui, che in quel momento aveva ritenuto più importante di qualsiasi altra faccenda.
Si bloccarono tutti e tre davanti al quadro, senza parlare. Si sentiva soltanto il ronzio di Pepper che svolazzava intorno alla sua padrona, ed il respiro accelerato di Narcissa Malfoy che li aveva appena raggiunti, dopo un estenuante inseguimento.
 
"Draco è qui dentro, Harry..." Hermione spezzò il silenzio, pronunciando quella frase in tono afflitto, e con voce bassa. Si portò una mano alla bocca, disperata, trattenendo quelle lacrime che da dieci anni non riempivano più i suoi occhi, divenuti aridi per tutto ciò che avevano visto.
"Ne sei certa?" Rispose Harry, titubante. L'amica annuì, inspirando profondamente per farsi coraggio e non piangere. Non doveva farlo, se lo era ripromesso dopo la fine della guerra: basta lacrime.
"Era l'unico manufatto oscuro che gli era rimasto da distruggere, lo stava facendo impazzire! Il bambino maledetto di cui ha parlato Toby, quello biondo raffigurato vicino alla bambola, beh... ecco... l'ho visto muoversi anch'io, Harry! Una notte, fuori dal quadro! Faceva paura solo a guardarlo..."
 
L'Auror si avvicinò alla tela con la bacchetta tesa davanti a sé, analizzò ogni dettaglio, studiò la scena che vi era dipinta, osservò attentamente tutte le mani che se ne stavano poggiate sul vetro della finestra, e percepì un'energia sinistra propagarsi indubbiamente da quel quadro. Si accostò di più, risistemando gli occhiali scivolati sul naso, e fu allora che vide la bambola con il vestitino celeste ruotare la testa impercettibilmente, allora si allontanò di scatto, scioccato. Si guardò attorno, piantò gli occhi su Ron intento a lanciare occhiate intimorite a Pepper, poi si voltò verso Narcissa Malfoy, bianca come uno straccio, impegnata a piangere silenziosamente per la scomparsa del figlio... e capì che nessuno sembrava essersi accorto di nulla. Gli venne il dubbio di averlo immaginato, probabilmente troppo suggestionato dal racconto terrificante che aveva fatto l'amica.
 
"Ora che hai intenzione di fare, Hermione?" Harry si era spostato ulteriormente, riportando l'attenzione sulla ragazza sconvolta.
"Devo andarlo a cercare..."
"Ma almeno sai cosa c'è lì dentro?" Gli fece lui, impensierito.
"No..." Mormorò lei, triste.
"E allora dove cazzo vuoi andare? Eh?" Si intromise Ron, spaventato.
Hermione lo guardò con furia, alzando la voce: "E cosa vuoi che faccia, Ron? Lasciarlo lì dentro?"
"Non puoi rischiare la tua vita, stupida!"
I toni si erano accesi.
"Ma che cazzo pretendi, Ron? Eh? Che io adesso me ne torni a casa a farmi il tè delle cinque fischiettando?"
Harry si intromise, nervoso: "Hermione, non capisci. Il problema è che facendo così, rischiate inutilmente la vita in due... Se quello che c'è oltre il quadro non è così pericoloso, Malfoy riuscirà ad uscirne da solo! In caso contrario... non ne uscirete entrambi."
 
A quelle parole, Narcissa Malfoy esalò un gemito, accasciandosi sulla prima sedia che trovò.
 
"ADESSO TI CI METTI PURE TU, HARRY?" Strillò Hermione, furibonda. "Io non posso! Non posso aspettare a braccia conserte che accada qualcosa, maledizione!!!"
"Hermione cerca di capire, ti prego! Sei troppo coinvolta per ragionare lucidamente! Dai retta a noi!"
"NOOO!" Gridò lei, con le gote in fiamme per l'indignazione. "SIETE VOI CHE DOVETE CAPIRE!"
Rimasero tutti in un silenzio scioccato... Poi, con un sussurro afflitto, Hermione ricominciò a parlare, balbettando, bloccandosi, singhiozzando. "Non lui... N-non lui, Harry! Lui deve tornare. P-Perchè io... Non può finire così, no. Non posso abbandonarlo. N-non proprio adesso."
Ron scosse il capo: "Hermione stai dando fuori di testa, non costringerci a lanciarti un Pietrificus!"
"PROVACI, RONALD WEASLEY! E IO GIURO CHE TI AMMAZZO!" Lo minacciò la donna, puntandogli la bacchetta ad un centimetro dal naso. Hermione aveva ripreso in un attimo la sua grinta accusatoria: "Sapete qual è la verità? Eh? Eh? La verità è che a voi non ve ne frega un cazzo! Perchè dentro quel quadro maledetto, c'è finito Draco Malfoy! Questo è il punto! Perchè se si fosse trattato di Ginny, o George, o del piccolo James, o di uno di noi... vi sareste buttati lì dentro senza neanche pensarci! Brutti stronzi!"
 
Harry boccheggiò, sbalordito, riflettendo con un imbarazzo tremendo che Hermione aveva ragione. Loro tre non si erano mai preoccupati di sfidare la morte pur di rimettere le cose a posto. Spesso si erano gettati nelle braccia del pericolo totalmente incoscienti, animati dalla loro sete di giustizia, e lui stesso aveva scelto di morire pur di mettere al sicuro le persone che amava. Cosa era cambiato da allora? Forse tutto, o forse niente. Di certo la maturità lo aveva portato a ragionare più lucidamente, e a fargli evitare le botte di testa tipiche della gioventù. Ma quello che non era cambiato, e che non poteva essere cambiato, era l'altruismo del suo essere, perchè nonostante i suoi ventott'anni, il lavoro e la famiglia, beh... se qualcuno che amava fosse finito nei guai, lui sarebbe tornato a vestire i panni dell'adolescente spericolato, pronto a sfidare draghi, lupi mannari, basilischi, Grami, Mangiamorte e Voldemort, per salvare le persone importanti della sua vita.
Però... dopo le parole amareggiate della sua amica, Harry era stato investito improvvisamente dalla consapevolezza di essere anche un egoista, oltre tutte le cose buone che lo caratterizzavano.
Harry Potter era un grande egoista, perchè non aveva sentito il bisogno di aiutare Draco Malfoy, che aveva l'unica colpa di non rientrare nella lista delle persone a lui care. La freddezza con cui aveva accolto poco prima l'idea che egli potesse rimanere intrappolato dentro un oggetto oscuro, lo aveva impaurito, facendogli scoprire un lato di sé che forse ancora non conosceva: l'indifferenza.
Si vergognò incredibilmente per aver anche solo pensato di ritornarsene a casa con quel peso sulla coscienza, o di andare a dormire beato nel suo letto sapendo che un uomo che POTEVA ESSER SALVATO, era stato lasciato invece a morire in un'altra dimensione con la scusa che tanto non lo amava nessuno, o quasi. Quasi, perchè effettivamente, c'erano due donne dentro quella stanza, che avrebbero dato la vita per Draco Malfoy! E guardando l'espressione disperata di Hermione, Harry capì che avrebbe dovuto fare qualcosa, almeno per lei. Perchè lasciare quell'imbecille lì dentro avrebbe significato veder soffrire indicibilmente una persona che nella sua lista delle persone amate, occupava il terzo posto, dopo Ginny e James.
 
Ronald Weasley, nel frattempo, si stava pizzicando la pelle delle braccia, nella speranza di svegliarsi improvvisamente da un incubo. A differenza di Harry, che aveva avuto già modo di vedere con i propri occhi il cambiamento dell'amica e l'amore nello sguardo cristallino di Draco Malfoy, Ron era la prima volta che si trovava davanti all'irruenza di quel sentimento. Ne rimase spiazzato, destabilizzato, confuso, ed una leggera nausea si impossessò di lui, mentre si ripeteva nella testa che non era possibile. Non era possibile che Hermione si fosse davvero innamorata di Malfoy, ma soprattutto, che Malfoy si fosse innamorato di lei... L'idea gli fece anche un tantino schifo, ad essere onesti. Perchè gli aveva fatto sempre una certa impressione immaginarsi la sua migliore amica in atteggiamenti intimi con un uomo, ed ora, il pensiero di doverla vedere con QUELLO in particolare, gli fece contorcere le budella. Draco Malfoy era un viscido, ed un codardo. Ron pensò che se fosse nato donna anzichè uomo, non sarebbe andato a letto con lui neanche se gli avesse offerto ventimila galeoni! Hermione di certo, non poteva aver perso la testa per il suo carattere: quell'uomo aveva la simpatia di un dissennatore, l'allegria del barone sanguinario, la meschinità di Peter Pettigrew, l'arroganza del padre e... mille altri difetti. E di certo non poteva neanche essersi fatta sedurre dal suo aspetto fisico, che era simile a quello di un cadavere, sempre pallido, gli occhi cerchiati, i capelli troppo biondi, il fisico magrolino.
Aaaah le donne... Non le avrebbe mai capite!
Ron represse l'ultimo moto di ribrezzo, guardò la sua amica negli occhi, e da quello sguardo infelice, capì di doversi arrendere all'evidenza che l'amore rendeva davvero ciechi così come dicevano i babbani... perchè nonostante l'insulsaggine di Draco Malfoy, era innegabile che lei fosse persa di lui.
Un giorno se lo sarebbe fatto dire da Hermione, cosa avesse visto di attraente in quel cretino, ed avrebbe dovuto dargli anche una spiegazione soddisfacente, altrimenti avrebbe inoltrato per lei una domanda di ricovero al reparto malattie mentali del San Mungo! Parola sua!
Per il momento, si limitò a sospirare, e decise di fare ciò che aveva sempre fatto da quando aveva undici anni, cioè rimboccarsi le maniche ed aiutare chi si trovava in difficoltà. Non lo fece per Draco Malfoy ovviamente, perchè di lui gli importava ben poco, ma lo fece per lei, per non dover vedere il suo bel viso distrutto dal dolore della perdita.
 
"Avanti, Hermione. Vengo con te! Andiamo..." E mentre diceva questo, Ron le sorrise.
"Ci sono anch'io!" Affermò Harry, con convinzione.
Narcissa Malfoy li guardò stupefatta, mentre le si accendeva un briciolo di speranza nel cuore.
 
Hermione abbracciò di slancio i suoi amici, mettendoci tutta la forza di cui disponeva: lo fece perchè, anche stavolta, nonostante tutto, loro avevano scelto di aiutarla, e poi lo fece per ringraziarli di aver capito silenziosamente tutto quello che c'era da capire, e per non averla giudicata!
Sapeva che sarebbe stato un brutto colpo per Harry e Ron scoprire che Draco Malfoy aveva occupato un posto importante nel suo cuore... E Dio solo sapeva quanto Hermione avrebbe voluto risparmiargli quel dispiacere se solo avesse potuto farlo! Mai avrebbe desiderato spiattellargli in faccia quella realtà in modo tanto diretto e forte, ma purtroppo era andata così. Hermione non aveva avuto il tempo materiale di pensare a come mettere i suoi amici, poco per volta, al corrente di quel cambiamento stupefacente, perchè in fin dei conti, era stato un evento inaspettato perfino per lei...
Aveva avuto un grande timore dell'eventualità che Harry e Ron la prendessero per pazza, o che incominciassero ad offendere lui, ritirando fuori dal repertorio i vecchi insulti... Se fosse successo, lei non avrebbe avuto la forza di metterli a tacere, perchè avrebbe dovuto dire di Draco cose troppo personali: come avrebbe fatto a spiegare che l'amore va oltre le apparenze? Che l'amore scava negli animi, che si intestardisce a voler trovare il buono anche negli uomini più dannati, che illumina il cammino dei colpevoli riportandoli sulla giusta strada? Non poteva rivelare ai suoi amici che Draco Malfoy le aveva chiesto scusa con le lacrime agli occhi, o che ancora si dannava per gli sbagli commessi, o che quando si baciavano, il passato si dissolveva in fumo. Possibile che nessuno vedesse quella scintilla di bontà nei suoi occhi chiari? Eppure era così evidente, così abbagliante...
Ma Harry e Ron non avevano giudicato. Harry e Ron avevano accettato senza dirle nulla, probabilmente a malincuore, ma l'avevano fatto, ed Hermione ringraziò Merlino per avergli mandato degli amici così straordinari...
 
 
***
 
 
"Devo andare da sola, ragazzi. Non posso coinvolgervi. Non sarebbe giusto!" Disse con enfasi.
"Ma... Hermione!"
"No, Harry! Prima lo hai detto anche tu che da lì dentro si potrebbe non uscire affatto, e..." Hermione sorrise, prima di riprendere: "Voi non potete rimetterci la pelle per lui, diamine! Harry Potter e Ronald Weasey che si sacrificano per Draco Malfoy?! Naaaah... Non si può sentire!"
Sorrisero tutti, spezzando un po' la tensione, poi Ron, che era sempre stato il più spontaneo ed innocente disse, mentre si grattava la testa:
"Non che sarebbe la prima volta!" E sospirò, ricordando: "L'Ardemonio ci sfiorò la punta della scopa, dentro la stanza delle necessità!"
Hermione lo guardò dolcemente: "Ma ora le cose sono cambiate. Io ho qualcosa da andarmi a riprendere dentro quel quadro e, restando qui ad aspettare, rischierei solo di perderlo! Voi, invece? Lascereste troppe persone a piangere, nel caso in cui non riuscissimo a tornare indietro."
 
Rimasero in silenzio, fissando il pavimento e ragionando che, in fondo, Hermione aveva ragione. Hermione aveva sempre avuto ragione. Così, la lasciarono fare, mentre lei li rassicurava del fatto indiscutibile che non le sarebbe successo nulla, perchè era una tipa tosta e, se non era riuscito Voldemort a farla fuori, difficilmente ci sarebbe riuscito qualcun altro.
Sotto lo sguardo attonito di tutti, il bambino dipinto sulla tela prese vita, chinandosi in avanti per tendere la mano ad Hermione e lasciarla entrare.
Lei chiuse gli occhi, l'afferrò, e venne risucchiata dentro...
 
Continua...
 
 
 

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Capitolo 31
*** Capitolo 30 Follia ***


 


 
Capitolo 30
Follia

 
Draco Malfoy aveva vagato a lungo in quel posto desolato, solo come un cane, e si era guardato attorno febbrilmente, senza però vedere altro che buio. Un buio totale e sconfinato. Soltanto il rumore secco dei passi ed il respiro nervoso dei suoi polmoni, lo avevano accompagnato in quel viaggio misterioso, al punto che la totale mancanza di qualsiasi riferimento visivo lo aveva perfino fatto dubitare della realtà, facendogli credere che fosse tutta un'illusione... e che magari, da un momento all'altro, si sarebbe svegliato nel letto di casa sua, alle sei del mattino, disturbato dal canto insistente e gioioso dei fringuelli.
 
Passarono molte ore, anche se lui non ebbe mai la percezione di ciò, e quando si rese conto che quel cieco vagabondaggio non lo avrebbe portato da nessuna parte, Draco si fermò in mezzo al nulla, cercando di placare il battito furioso del cuore. Si guardò le mani con la punta della bacchetta illuminata, muovendo le dita freneticamente, per assicurarsi della concretezza del suo corpo, della sua effettiva esistenza...
Purtroppo, c'era il serio pericolo di impazzire, lì dentro. Draco sapeva per certo che quel luogo senza spazio e senza tempo portava la psiche umana a perdere gradualmente la ragione, a dimenticare la vita, a desiderare di rimanere per sempre all'interno di quella dimensione folle: era il prezzo da pagare per chiunque volesse varcare quel portale. Già... Perché Draco Malfoy, molto tempo prima, aveva scoperto che il quadro maledetto non era altro che un accesso verso un mondo surreale, creato ad arte da un mago sicuramente molto potente ed abile nelle più complicate arti oscure; un luogo dove uomini e spiriti potevano accedere e mettersi in contatto, abbattendo così quel muro che, dalla notte dei tempi, aveva sempre separato il mondo dei vivi da quello dei morti.
Ma nonostante l'atto di coraggio insolito per uno come lui, Draco aveva un terrore disperato di rimanere intrappolato in quella dimensione, di perdere il senno e, soprattutto, di dimenticarsi chi era. Fino ad una manciata di mesi prima forse, avrebbe anche potuto cedere, lasciarsi andare a quella specie di oblio, immergersi in quel nulla assoluto e morirci... anzi, forse gli avrebbe fatto pure comodo: sparire così, senza lasciar traccia. Ma adesso? Adesso che aveva trovato la ragione più profonda per cui continuare a respirare, per cui continuare a lottare contro il disprezzo del mondo, onestamente gli faceva rabbia dover abbandonare la vita in un modo così sciocco. Non poteva. Non ora. Non più.
 
Respirava con affanno, ruotando su se stesso con la bacchetta spianata in un tenue Lumos, pronto a scorgere qualcosa in quelle fitte tenebre, quando un vuoto improvviso si allargò nella sua mente. Aggrottò le sopracciglia, confuso: aveva di colpo dimenticato il motivo per cui era entrato lì dentro. Cosa ce lo aveva spinto? Come aveva fatto? Doveva esserci per forza una ragione! Per forza! Ma Draco, sulle prime, non la ricordò. E ne fu terrorizzato, perchè ebbe la certezza che gli effetti negativi della permanenza in quel mondo oscuro e silenzioso, avevano iniziato a farsi sentire.
 
Si portò la mano libera sul volto con agitazione, strofinandosi la pelle, cercando nella sua testa un'immagine, un suono, qualsiasi cosa che fosse capace di riportarlo alla completa percezione di sé. Allora si inginocchiò al suolo, stringendo le mani sulle cosce, e cominciò a pensare, a sforzare la mente, a tornare indietro con i ricordi e... la prima cosa che gli apparve, fu il viso dolce di Hermione Granger. Sorrise scuotendo la testa, e tutto tornò chiaro. Sì!
Draco Malfoy aveva deciso di superare il portale ed entrare in quel mondo illusorio, effimero ed oscuro, solo per trovare l'anima di Damocles Belby, nella speranza che egli riuscisse a spiegargli la magia che impregnava il bracciale, chiarirgli i lati misteriosi del suo omicidio, ma soprattutto la strana connessione con Fenrir Greyback.
 
 
***
 
 
"Ti stai divertendo?"
Una vocetta fastidiosa rimbombò dentro quello spazio vuoto, infilandosi nel cervello di Draco, che voltò di scatto la testa, scorgendo poco lontano da sé il bambino biondo che lo aveva fatto entrare nel quadro. Un tremito neanche tanto impercettibile gli scosse il corpo e, in un gesto automatico, puntò la bacchetta verso il piccolo guardiano:
"Che cazzo vuoi?" Gli disse, con evidente agitazione.
 
Il ragazzino rise. Rise di una risata squillante e malvagia mentre Draco, ancora inginocchiato per terra, ormai tremava visibilmente, confermando a se stesso di essere un irrimediabile codardo.
 
"Io? Io niente! Sei tu che vuoi qualcosa! Altrimenti non mi avresti chiesto di poter entrare nel varco!"
Draco lo guardò di sottecchi, la fronte madida di sudore: "V-Voglio..." Poi deglutì, prima di riprendere: "Voglio vedere Damocles Belby!"
Il bambino sollevò un sopracciglio, cambiando tono: "Innanzi tutto abbassa la bacchetta!" Ed attese che l'ordine fosse eseguito, prima di ricominciare a parlare: "Potrei farlo, sì. Ma tu cosa mi dai in cambio? Sai... per ottenere dei favori, bisogna sempre pagare un pegno!"
 
Draco rimase zitto, scioccato dal ricatto. Il giovane guardiano invece, infilò le mani nelle tasche dei suoi pantaloncini azzurri e prese a camminare disinvolto, guardandosi attorno. Poi esclamò, d'improvviso:
"Dammi la tua donna, Draco Malfoy! Potrei divertirmi un mondo a vederla impazzire qui dentro!" E si girò ad osservare la sua reazione.
"NO!" Sputò di getto lui, che prese a scuotere il capo disperato e poi, con la sua proverbiale espressione schifata, gridò con rabbia: "SCORDATELO!"
Il bambino, anziché replicare, sparì improvvisamente, volatilizzandosi nel nulla.
Ci fu qualche secondo di angoscioso silenzio, dopodiché Draco percepì un leggero spostamento d'aria, uno schiocco impercettibile, ed il ragazzino riapparve alle sue spalle, sussurrandogli all'orecchio:
"Mai... MAI far capire al nemico quanto ami una persona! Gli metti su di un piatto d'argento i tuoi punti deboli!"
 
L'uomo sussultò con violenza e si spostò terrorizzato, maledicendo se stesso per aver avuto la malsana idea di gettarsi volontariamente in quella specie d'inferno. Cosa aveva creduto di fare con quel gesto? Lui non era un tipo coraggioso, perspicace, in grado di gestire situazioni pericolose ed uscirne a testa alta! Gli eventi passati in fondo, avrebbero dovuto fargli da esempio... Invece, si era infiammato per lo stupido sogno di essere migliore, senza però sapere che contro la propria natura, non si può combattere.
Doveva ammetterlo: il motivo più profondo per cui aveva agito in quel modo, era stato il folle desiderio di uscire gloriosamente da lì dentro con in mano la soluzione per distruggere il bracciale, e dimostrare così ad Hermione Granger che anche lui poteva essere un eroe, come lo era Potter.
Che pena che si faceva...
Draco bestemmiò contro la sua codardia, invocando il nome di Dio e di Merlino, chiedendogli invano che senso aveva la vita di un uomo come lui.
 
Intanto, il piccolo guardiano se n'era andato allontanandosi nel fitto buio: probabilmente aveva capito che si stava prendendo gioco di un uomo già disperato di suo; infatti c'era voluto davvero poco, a fargli perdere il senno. O forse chissà, Draco il senno l'aveva già perso anni prima, durante una guerra troppo grande per lui...
 
Scoppiò a ridere irragionevolmente, commiserando se stesso, ed accorgendosi nello stesso istante che il seme della pazzia si stava impadronendo del suo corpo, che quel luogo maledetto stava iniziando ad avere effetto sulla sua psiche. Invece di ricomporsi però, Draco rise più forte ancora, finché il suo viso si trasformò gradualmente in una maschera d'infelicità. Si sdraiò a terra a guardare fisso verso il nulla, riflettendo che, in fin dei conti, lui valeva così poco come essere umano, che restare lì a crogiolarsi per l'eternità non sarebbe stata una cosa così brutta! Chi avrebbe pianto per Draco Malfoy? Chi avrebbe ricordato Draco Malfoy per qualcosa che andasse oltre ciò per cui era diventato tristemente noto, ai tempi di Lord Voldemort? Nessuno avrebbe avuto neanche l'accortezza di pronunciare la classica frase di circostanza: "Poverino, era una brava persona!" Perché, obiettivamente, non lo era. Come biasimarli?
Forse, magari, Hermione Granger si sarebbe fugacemente turbata, dedicando a Draco Malfoy un pensiero di appena qualche secondo in più, per pregare affinché il suo animo dannato trovasse quella luce che in vita non era riuscito a scorgere. Poi, sarebbe andata avanti come sempre... senza di lui, che poco o nulla aveva fatto per farsi amare così tanto da lasciare in lei il suo ricordo struggente.
Si insinuò nel suo animo l'idea che Hermione si fosse lasciata desiderare, toccare e baciare, solo per compassione ed altruismo, per regalare qualche attimo felice ad un uomo che si era accorta essere disprezzato dalla società, e che viveva in solitudine, ed era immensamente triste... Praticamente lo stesso altruismo che la spingeva a difendere con le unghie e con i denti i diritti delle creature più deboli ed indifese.
 
Sul suo viso apparve un ghigno schifato, e Draco mandò la sua vita a farsi fottere: era così sublime starsene disteso per terra a braccia aperte in quel nulla appagante, senza il peso di dover piacere al mondo, di dover ottenere un'assoluzione che sapeva non sarebbe mai arrivata, di dover scalciare per farsi spazio, di dover combattere per l'amore di una donna che era troppo pura per potersi corrompere con lui...
 
 
***
 
 
"Mi cercavi, Draco Malfoy?"
All'improvviso, una voce.
Il ragazzo voltò la testa piano, e vide un anziano signore, in piedi accanto a lui, che lo guardava bonariamente. Non si alzò, non cambiò posizione, ma rimase invece steso con le braccia e le gambe spalancate, inebriandosi di quella gradevole sensazione di pace dei sensi mai sperimentata in vita sua, immerso nel buio.
Con un'espressione apatica sul volto, Draco gli domandò: "Sei Damocles Belby, vero?" 
Il vecchio annuì ed aggiunse: "So perché sei qui, ragazzo..."
Draco rise sommessamente: "Non credo che abbia più molta importanza, Belby!"
"Certo che ha importanza!" Lo contraddisse quello energicamente.
Lui fece una smorfia annoiata: "No... Davvero. E comunque voglio rimanere qui, perché non serve a niente tornare indietro. Lasciami in pace! Non mi ricordo più nemmeno per quale motivo ti cercavo!"
 
Damocles Belby, con le sue mille rughe a segnargli il viso, scosse il capo e poi, con voce forte, ammonì il ragazzo: "Svegliati, Draco Malfoy! Questo posto malvagio ti sta facendo impazzire, non cedergli! Sii più forte!"
 
Draco scoppiò a ridere per la seconda volta, facendo trapelare tutta l'amarezza. "Io forte? Io???" Inspirò, puntando lo sguardo nel nulla, ed una scintilla di vitalità lo rianimò per un brevissimo attimo: "Io che non ho mai avuto neanche il coraggio di scegliere da che parte stare, dovrei essere forte?! Io che ho sempre avuto paura pure di aprire bocca? Io che per sfogarmi della mia inettitudine, mi facevo grande con i più deboli? Non mi faccia ridere, Belby!"
 
Seguì un momento di silenzio, poi Draco ammise a voce alta la cosa per cui più si stava rammaricando, e lo fece con voce spenta:
"Non ho avuto neanche l'audacia di dire ad una donna che l'amo, solo perché sono troppo codardo per accettare il suo rifiuto..."
 
Infine, chiuse gli occhi e sospirò, tornando a crogiolarsi nell'oblio. E mentre cedeva di nuovo alla magia soporifera ed infame del luogo, Draco dimenticò ancora una volta dove si trovava, come ci era arrivato, chi era l'uomo che aveva a fianco... ed i suoi ricordi più emozionanti furono oscurati da quella specie di apatia indotta.
 
Il signor Belby, con molta fatica, si inginocchiò vicino a lui, e decise di raccontargli la sua storia, indifferente al fatto che il giovane si era chiuso in se stesso e teneva ostinatamente lo sguardo celato:
"Mia moglie era bellissima, sai? Ed io l'amavo di un amore che, a quei tempi, ero convinto fosse unico! Nessuno poteva amare una donna come io amavo Elizabeth!" Si fermò un momento, sperando di catturare l'attenzione del ragazzo: "Lei però... era affetta da licantropia, ed io studiai anni, solo per trovare un modo di curarla. Inventai la pozione antilupo, ed ottenni la fama, per questo! Quando divenimmo anziani decidemmo di usare un incanto Amethystus sui nostri bracciali. Era un modo per rimanere in contatto spirituale se uno dei due fosse morto. Non era un grande incantesimo a dire il vero, però mi ha permesso di percepirla più vicina, di sentire di tanto in tanto la sua voce che mi rassicurava, o di sognarla..."
 
Damocles Belby sorrise a quei ricordi, poi, inspirando profondamente, decise di arrivare al dunque, per provare a svegliare Draco Malfoy dalla sua apatia:
"Fu lei, in una bruttissima notte di luna piena, a mordere istintivamente Fenrir Greyback quando era solo un bambino, e non si perdonò mai per questo... Così, quando lui finì ad Azkaban per i reati commessi come servitore di Lord Voldemort, sono andato spesso a trovarlo per alleviare almeno le sue sofferenze con la pozione antilupo. Ma lui l'ha sempre categoricamente rifiutata, urlandomi contro che non se ne faceva niente di una poltiglia medicamentosa e del mio senso di colpa. Il resto lo conosci: mio nipote indossò il bracciale con l'incanto Amethystus, partecipò ad una seduta spiritica, e l'anima tormentata di Greyback, riconoscendo il sangue di mia moglie dentro le pietre del gioiello, ne sfruttò la magia, e vi si insinuò. Gli fu facile farlo, poiché loro erano compatibili per via della licantropia di cui erano affetti entrambi. Quel maledetto lupo mannaro ha perseguitato per mesi mio nipote, fino ad indurlo ad ammazzarmi a mani nude... ma prima di esalare l'ultimo respiro, sono riuscito a strapparglielo dal polso perché, in quel momento, Greyback era così intensamente concentrato nell'atto di uccidermi, da perdere momentaneamente il rigido controllo che operava sul gioiello."
 
Damocles Belby ebbe il forte dubbio di non aver smosso nulla nell'animo di Draco Malfoy, che continuava a restarsene disteso a terra a guardare il vuoto. Tentò l'ultima carta:
"Dopo la mia morte, venne una dipendente del Ministero ad indagare sul luogo del delitto e, chissà per quale motivo, con lei c'era un piccolo folletto della Cornovaglia. La creatura forse fu attratta inconsapevolmente dalla potenza del bracciale, o forse invece fu proprio lo spirito di Fenrir ad attirarla infidamente; fatto sta che lo raccolse, ingenua, e lo donò alla sua padrona."
 
Draco aprì lentamente gli occhi e guardò Damocles Belby con una tremenda stanchezza sul volto, come se quel discorso avesse risvegliato in lui qualcosa di molto lontano. Si limitò a sussurrare, quasi affaticato:
"E poi? Come è finita la storia?"
Il vecchio lo guardò sorridendo: "Il finale è ancora da scrivere, giovanotto. E sarai tu, a farlo!"
"Io?" Gli rispose lui, corrugando leggermente la fronte: "Cosa c'entro io con un bracciale maledetto e lo spirito di un lupo mannaro?"
 
Draco stava dimenticando la sua vita ad una velocità preoccupante...
Damocles Belby provò di nuovo a scuoterlo dal torpore: "C'entri eccome, ma stai cominciando a lasciarti travolgere dall'oscurità di questo posto! E non va bene. Rischi di non ricordarti più niente se resti qui ancora per un po'! Non cedere alla follia. Alzati e combatti!"
 
Draco socchiuse gli occhi, annoiato, e poi gli disse: "Ah sì? E sentiamo... per cosa dovrei combattere?"
"Ti dice niente Hermione Granger?"
 
Draco cambiò di colpo espressione, sicuro che quel nome non gli fosse del tutto sconosciuto; allora con fatica provò a ragionare, e dopo appena qualche secondo, un sorriso genuino si aprì sul suo viso: "Hermione!"
I suoi straordinari occhi grigio-azzurri vennero attraversati da un bagliore di determinazione:
"Ero venuto qui per chiederti come liberarla, Belby! Puoi aiutarmi?"
 
"Certo che posso..."
 
 
***
 
 
"Flagramus!"
Una grande croce rossa apparve nel buio, ed Hermione se la lasciò alle spalle, proseguendo il suo cammino. Non vedeva assolutamente nulla, a parte il candore delle sue mani, debolmente illuminate dal Lumos della bacchetta. Quel posto misterioso era la tenebra più pura, ove solo il ritmico rimbombare dei suoi tacchi si poteva udire. Pepper se ne stava accucciata sulla sua spalla, con gli occhioni neri spalancati dal timore: Hermione aveva provato a rimproverarla, ma la sua folletta non aveva voluto sentire ragioni, ed aveva scelto di accompagnarla dentro il quadro maledetto nonostante i possibili rischi.
 
Pronunciò un altro Flagramus e l'ottava croce illuminò di rosso l'oscurità. Era lo stesso incantesimo che aveva usato dieci anni prima nel labirinto dell'Ufficio Misteri per segnare le porte che aveva già aperto. Hermione aveva pensato bene di riutilizzarlo anche adesso, per ritrovare più tardi la via d'uscita, un po' come aveva fatto Pollicino con le briciole di pane nella favola babbana.
Poi si domandò, disperata, cosa ne fosse stato di Draco in quel posto surreale, cosa avesse fatto nel buio più nero, come si fosse orientato... ma soprattutto, cosa diamine fosse venuto a cercare di tanto importante per infischiarsene dei pericoli.
 
Ad ogni cieco passo, Hermione perdeva stranamente le forze, ed una tristezza infinita si faceva strada nel suo essere... come se piano piano stesse prendendo coscienza che la vita era poca cosa, rispetto all'oscurità dell'infinito. Il cuore cominciò a pomparle più forte nel petto perché la sensazione che fosse quel posto in particolare, a farle formulare certi pensieri negativi, divenne gradualmente una certezza. Ne ebbe paura: per sé, ma soprattutto per Draco, che era psicologicamente più debole rispetto a lei, più propenso a cedere alla malinconia. Lui era troppo tormentato e disprezzato dal mondo, per avere la grinta necessaria a combattere gli effetti di quel luogo e tornare alla realtà. Ed Hermione pensò che erano già due giorni che lui vagava lì dentro: non osava immaginare come fosse ridotto.

Affrettò istintivamente il passo per l'urgenza di trovarlo, e cominciò a guardarsi attorno febbrilmente, dirigendo il raggio del suo Lumos in ogni parte, senza però vedere altro che fitte tenebre. Proseguì per molto tempo, lottando senza tregua contro l'oblio che le causava il luogo, mentre pensava costantemente alle cose belle della sua vita, per non soccombere. Era lo stesso effetto che facevano i dissennatori: portare via tutta la felicità dall'animo di un uomo. Evocò infatti il suo Patronus con un elegante sventolio di bacchetta, ma la lontra argentea non fece molto, oltre a saltellarle attorno e spandere il suo tenue bagliore.
Hermione, ad un certo punto, capì che quello spazio vuoto senza tempo, era di certo una creazione umana: non si trattava dell'aldilà, o quello che avrebbe dovuto esserci dopo la morte, no... Quello era solo un luogo fittizio, creato apposta per far impazzire gli uomini. Magia oscura. Senza alcun dubbio.
 
In lontananza finalmente, le parve di scorgere qualcosa, e pochi attimi dopo, lo stesso bambino che l'aveva fatta entrare nel quadro, prese forma facendolesi incontro con molta calma.
Hermione strinse spasmodicamente la bacchetta fra le dita, senza però puntargliela palesemente addosso, mentre invece Pepper le piantava le unghiette nel collo, terrorizzata. Quando il piccolo personaggio le fu abbastanza vicino, la curiosità della donna vinse sulla paura, e la sua voce stridula ruppe brutalmente quel silenzio angoscioso:
"Ma si può sapere chi sei? Un demone? Uno spirito? Un fantasma? Cosa?"
 
Il ragazzino lasciò trasparire una certa noia, nella risposta: "Sono un guardiano!" Poi riprese, con tono più furbo: "Ma posso fare anche molte altre cose. Cose cattive..."
Rimasero a scrutarsi, sull'attenti, nel frattempo che Hermione valutava in silenzio come comportarsi.
Con le mani nelle tasche del pantaloncino azzurro, il piccoletto riprese: "Il tuo fidanzato mi sta facendo davvero spassare, sai? E' da un bel pezzo che ride senza motivo!"
Poi sogghignò, malefico: "Comunque non credo voglia tornare indietro con te! Mi pare addirittura che abbia detto a Damocles Belby che qui si trova bene e... e che non vuole combattere, o qualcosa del genere."
 
Hermione era rimasta ad ascoltarlo perplessa, non aveva compreso sulle prime cosa lui le volesse dire. Però poi si stupì, quando sentì nominare Damocles Belby... e fece la sciocchezza di non nascondere la sorpresa:
"Damocles Belby??? Che c'entra lui?"
 
Il piccolo guardiano sollevò le sopracciglia, fingendo palesemente di cadere dalle nuvole:
"Oooh... Quindi Draco Malfoy non ti ha detto il motivo per cui è venuto qui?"
 
Lei non gli rispose, ed il bambino ghignò ancora, felice di aver colto nel segno:
"Te lo dico io, allora! Draco Malfoy mi ha pregato di fargli incontrare l'anima di Damocles Belby, quello che si dice sia stato un ottimo pozionista, in vita. Doveva chiedergli se poteva aiutarlo con la storia del tuo bracciale, e come poteva fare per contrastare lo spirito di Fenrir Greyback che tenta di possederti da mesi!"
 
Hermione perse un momento la presa sulla bacchetta, e rischiò addirittura di crollare al suolo.
 
"Ops! Non ti aveva detto neanche questo?" Ed il ragazzino prese a ridere, di una risata perversa, insinuandosi nelle sue orecchie, quasi trapanandole il cervello.
 
Fenrir Greyback.
Fenrir Greyback.
Fenrir Greyback.
 
Hermione cominciò a respirare con affanno, al pensiero che il lupo mannaro fosse l'entità che l'aveva controllata per tutto quel tempo. Come aveva fatto a non capirlo? L'aveva dominata, guidata, aveva scavato nella sua mente, le si era infiltrato nell'anima. E all'improvviso ricordò quei sogni inspiegabili, in cui si vedeva china su Lavanda Brown, o le notti tormentate in cui c'era luna piena, o l'effetto strano che gli faceva vedere il sangue colare dalla carne cruda conservata in frigorifero. Un brivido forte la scosse, e il suo stesso corpo le fece ribrezzo. Avrebbe voluto strapparsi la pelle pur di far sparire la vergogna d'esser vissuta, e di vivere ancora, in simbiosi con Fenrir Greyback. Di colpo non si sentì più se stessa.
Dio... Perché? Perché? Credette di impazzire, e strinse i denti, reprimendo la necessità di vomitare.
Il cuore mandava colpi dolorosi, scontrandosi violento contro la sua cassa toracica, il cervello perse il contatto con il suo corpo, rifiutandosi di ammettere la verità, e tutto si fece insopportabile e crudele.
 
Hermione Granger smarrì la fiducia, perse la grinta, dimenticò la felicità.
 
E Draco Malfoy sapeva ogni cosa...
 
Lo odiò con tutta l'anima, lo maledisse con ogni residuo di forza rimasta, senza rendersi conto che lui l'aveva fatto per proteggerla.
 
Il piccolo guardiano, che fino ad ora era rimasto ad osservarla in silenzio gustandosi tutte le emozioni violente che le avevano attraversato il volto, decise di richiamare la sua attenzione:
"Sei arrabbiata, vero? Puoi abbandonarlo qui il tuo fidanzato, se vuoi! Ti do la possibilità di tornartene indietro illesa, se mi lascerai lui come pegno!"
Hermione, che aveva la sensazione orrenda che la testa stesse per scoppiargli da un momento all'altro, alla domanda del guardiano rispose urlando di rabbia e di delusione:
"NON E' IL MIO FIDANZATO, MALEDIZIONE!"
 
Draco Malfoy era soltanto un gran testa di cazzo! E nulla avrebbe mai cambiato questo fatto, né il tempo, né i cambiamenti, né lo sventolio di bandiere bianche in segno di pace. Sarebbe stato così finché i respiri li avrebbero tenuti in vita, ed anche oltre. Per l'eternità.
 
"Eh già... Non si è comportato bene, con te!" La vocetta sarcastica del bambino la derise sottilmente: "Ti ha tenuto nascosta la verità. Che cattivo! Ma in effetti, è pur sempre un Mangiamorte! E... come si dice?! Il lupo perde il pelo, ma non il vizio! Giusto?"
 
Hermione desiderò per un fugace istante di andarsene, e di lasciare Draco lì dentro ad arrangiarsi da solo. Poi boccheggiò, sconvolta: era stata investita da un'ondata d'odio che non aveva mai provato in tutta la sua vita, un odio che non conosceva e non riconosceva minimamente. E capì, all'improvviso, che era tutto un effetto di quel posto orrendo, perché santo cielo... non poteva desiderare davvero di lasciarlo lì, lei che era sempre stata così generosa, buona, pronta ad aiutare sempre tutti! Nonostante lui fosse un infame doppiogiochista, era pur sempre un essere umano!
Certo, non gli avrebbe più rivolto la parola se solo fossero riusciti ad andarsene da lì, e stavolta non sarebbero bastate le sue patetiche e disperate scuse, a farle cambiare idea sul suo conto! Quella mancanza di sincerità non gliel'avrebbe mai perdonata. Aveva confermato a se stessa, per l'ennesima volta, che Draco Malfoy non era la persona adatta a lei, però si fece forza, e giurò mentalmente di uscire da quel posto in sua compagnia, almeno per quell'umanità e quell'altruismo che l'avevano sempre caratterizzata.
 
Hermione decise così di ingannare quel piccolo demone, sperando in cuor suo di recitare bene la parte della donna vendicativa:
"Affare fatto, te lo lascio! Ma... prima di andarmene voglio vederlo, il bastardo!"
 
Il bambino annuì vittorioso poi, con un dito teso, le indicò un punto lontano ed Hermione, finalmente, scorse Draco, seduto nel nulla, con la testa poggiata sulle ginocchia...


 
Continua...

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Capitolo 32
*** Capitolo 31 Pollicino ***


 
Capitolo 31
Pollicino


 
Appena Hermione aveva scorto Draco in mezzo alle tenebre di quel luogo, si era diretta a passo di marcia verso di lui che, al contrario, se n'era rimasto seduto per terra senza dare minimamente segno di aver notato la sua presenza. Era furiosa, ma prima di sommergerlo di rimproveri, voltò indietro la testa, per accertarsi che il bambino malefico se ne fosse andato.
 
"Malfoy! Alza il culo ed andiamocene da qui dentro! Dobbiamo fare in fretta!"
 
Il piccolo guardiano era sparito completamente, lasciando lei e Draco da soli in mezzo al nulla, nel buio fitto, dandogli l'illusione di averli risparmiati dalla sua cattiveria...
 
"Ehi, mi hai sentito? Forza, sbrigati!" E si inghinocchiò vicino a lui, scrollandolo maldestramente per le spalle. Solo allora Draco sollevò il capo, disturbato dal suo stato di riflessione, ma quello che Hermione vide nei suoi occhi vacui, o meglio, quello che non ci vide, la lasciò senza parole: egli aveva un'espressione inebetita stampata sul volto, un sorriso da sciocco, l'aria frastornata ed i capelli scompigliati.
Sconvolta, si portò automaticamente una mano sulla bocca quando realizzò che era arrivata troppo tardi per salvarlo. Draco Malfoy aveva già ceduto alla follia di quel posto maledetto: non era stato abbastanza forte da resistervi.
Il respiro le mancò, e con disperazione prese a scuoterlo violentemente, nella pazza speranza che, facendo così, lui si risvegliasse dal torpore.
"DRACO! DRACO! T-Ti prego Draco! Nooo! Dio ti supplico, fallo riprendere. Draco! Draco svegliati! SVEGLIATI, MALEDIZIONE!!!"
Lo schiaffeggiò, lo prese a pugni, lo maltrattò, ma lui continuò ad osservarla spaesato ed Hermione si pentì di aver anche solo pensato, pochi minuti prima, di lasciarlo a marcire lì dentro. Si vergognò pure dell'odio che l'aveva invasa quando aveva saputo di Fenrir Greyback, e pregò con tutte le forze che quella condizione di infermità mentale, fosse reversibile nel caso fossero riusciti ad abbandonare quel posto. Perfino Pepper, che era rimasta fino ad ora aggrappata al suo collo, si staccò da lei per andare a sventolare le manine davanti al viso di Draco.
Hermione boccheggiò, senza sapere che fare, cercò solo di trattenere le lacrime, e per fortuna vi riuscì, ancora troppo decisa a mantenere quall'antico patto che aveva fatto con se stessa dopo la fine della guerra: non piangere mai più, qualsiasi cosa fosse successa. Però, il tremore violento delle sue mani no... quello non riuscì a placarlo, e mentre guardava Draco ancora intontito, realizzò che tutto quel dolore, tutta quella disperazione che stava provando, erano generati dall'amore che sentiva per lui. Un amore sconvolgente, devastante, totale...
 
Hermione Granger, era perdutamente innamorata di Draco Malfoy.
 
E lo scoprì dentro quel luogo tetro, solitario e silenzioso, come lo era quell'uomo biondo. Ed Hermione ammise la portata del suo sentimento senza timore alcuno, perché si rese conto di aver accettato già da parecchio tempo Draco per quello che era, con i suoi pregi, e soprattutto con i suoi troppi difetti. Difetti che l'avevano reso, ai suoi occhi di donna, ancora più speciale.
Sorrise timidamente riflettendo che, in fondo, lui non sarebbe mai stato Draco Malfoy senza il suo lato oscuro, senza il suo marchio nero, senza i suoi tormenti, senza la sua aria maledetta... ma anzi, si sarebbe confuso nella massa. E gli uomini ordinari, banali, monotoni, non l'avevano mai attratta fino al punto di desiderare spendere seriamente il suo prezioso tempo con loro.
Hermione Granger era una donna fuori dal comune: la normalità non aveva mai fatto parte della sua vita, ed anche in amore, come in tutti gli altri aspetti, aveva bisogno di eccellere! Aveva bisogno di sentirsi viva, di combattere, scontrarsi con un uomo al suo pari, e mantenere costantemente accesa la fiamma della sfida! Lei aveva sempre creduto, forse peccando di superbia, di essere degna di un amore vivace, travolgente, da romanzo; di meritare un uomo con cui non annoiarsi mai... anche di litigarci, maledirlo, odiarlo, per poi tornare ogni volta da lui più innamorata di prima. Era per questo forse, che con Ronald Weasley non era andata a buon fine: perché colui che ora era tornato ad essere il suo migliore amico, rappresentava tutta quella semplicità che lei non voleva in una relazione!
Forse il destino sapeva già che un giorno l'avrebbe fatta rifugiare nelle braccia di Draco Malfoy, che non sarebbero state le braccia più forti, protettive, coraggiose e sicure del mondo, però sarebbero state quelle adatte a lei. L'incastro perfetto, dopo anni di sciocche incomprensioni.
Ed egli non poteva certo esser definito un uomo monotono, così pieno com'era di lati misteriosi, di problemi da risolvere, con un temperamento impetuoso, una natura difficile, l'indole orgogliosa e polemica, sempre pronto allo scontro, uno che non ammetteva mai la sconfitta! Draco era ciò che lei cercava e che aveva sempre avuto davanti agli occhi, anche se c'era stato bisogno di tempo per far sì che entrambi maturassero, e soprattutto che lui si pentisse, e le sue braccia virili l'accogliessero finalmente con amore, per tenerla stretta a sé anche in caso di dubbi.
 
Hermione si risvegliò improvvisamente da quelle riflessioni, e tornando a guardare l'espressione assente di Draco, decise di portarlo fuori da lì, a costo di trascinarlo per i capelli.
"Dobbiamo andarcene, Draco!" La sua voce era ferma, i suoi occhi determinati.
L'accolse il silenzio, come risposta. Un inquietante silenzio. Poi, l'uomo sorrise, e ad Hermione crebbe dentro la speranza, che crollò immediatamente quando lo sentì parlare:
"Dove dovremmo andare, scusa?" Le disse Draco con tono annoiato. "Qui si sta così bene! Anzi... rimani anche tu!" E sospirò, rilassato.
 
Hermione spalancò gli occhi, impaurita, sentendo quel barlume di speranza che le si era acceso dentro affievolirsi sempre di più, fino a morire. Fu tentata di accasciasi accanto a lui, stringergli la mano, e lasciarsi trasportare dalla stessa pace, dalla stessa sensazione di quieto nulla. Cosa ci sarebbe stato di male? La sua mente si sarebbe gradualmente svuotata di ogni peso, di ogni pensiero brutto, di qualsiasi ricordo doloroso, lasciandola in una specie di meditazione eterna, dove non ci sarebbe più stato Voldemort, i Mangiamorte, il cruccio di essere una maledetta sanguesporco. Dove non ci sarebbe stata più la costante, opprimente sofferenza per la perdita di Fred.
 
Pepper, all'improvviso, le diede un calcio violento sulla faccia, ed Hermione si svegliò da quella malsana fantasticheria massaggiandosi una guancia. La folletta si era accorta dello sguardo inespressivo della sua padrona, ed era corsa ai ripari senza indugio, per evitare di vedere impazzire pure in lei.
 
Così, insieme, sollevarono di peso il corpo poco collaborativo di Draco.
 
"Avanti, dai! Dobbiamo andare via Draco!" Ricominciò Hermione, con la voce affaticata.
Lui sbuffò: "Ma perché ti ostini a volermi portare via? Ma che vuoi da me?"
La ragazza preferì ignorarlo, e prese invece a trascinarselo dietro, sostenuta da Pepper che, ogni qualvolta l'uomo si fermava, prendeva a tirargli i capelli.
 
Furono le croci rosse di Pollicino, piazzate da Hermione in mezzo al buio, ad indicare allo strano gruppetto, la via d'uscita.
 
 
***
 
 
"Dove credete di andare? Fermi tutti!"
L'ingresso del portale si era fatto miracolosamente vicino, quando il piccolo e malvagio guardiano li sorprese con quelle parole. Hermione deglutì e si fermò di colpo, stringendo la bacchetta senza farsi notare troppo.
 
"Non siete onesti! No! Per niente! Io vi ho fatto parlare con Damocles Belby, e voi in cambio non mi state dando niente!" Si imbronciò il bambino.
 
Hermione chiuse gli occhi, sospirò, e quando li riaprì, spinse bruscamente in avanti un restio Draco, ignorando di proposito le parole del guardiano. La strega però, non aveva fatto i conti con il giovane Malfoy, che si liberò della sua presa e puntò i piedi. Lo guardò incredula, mentre Draco, inebetito, negava con il capo, per farle intendere che voleva restare. Poco dopo infatti, lui stesso si voltò verso il bambino con aria innocente, e gli disse:
"Io veramente preferivo rimanere! Le ho detto che poteva lasciarmi qui, ma lei non vuole sentire ragioni!" E sollevò una spalla, come per dire che non era colpa sua.
 
Hermione venne investita dalla voglia forsennata di prendere Draco a calci in culo... aveva percorso tutto il tragitto trascinandolo con la forza, sbuffando, litigandoci per convincerlo ad uscire da lì, invece lui, con quella frase cretina, mandava tutto a puttane proprio a due passi, A DUE MALEDETTI PASSI dal varco! Hermione poteva vedere la stanza di Villa Malfoy dall'altra parte: la luce, i libri, il pavimento, le pareti, gli scaffali stracolmi di oggetti, Harry e Ron che discutevano gesticolando, Narcissa che camminava avanti e indietro di fronte al quadro...
 
La prese una frenesia intensa:
"Andiamo, Draco! Andiamo cazzo! Muoviti, idiota!"
Insieme a Pepper ricominciarono a tirarlo con disperazione, senza però riuscire a farlo spostare di un centimetro. Purtroppo lei sapeva che il comportamento assurdo di Draco era dettato dalla follia di quel posto, che il fatto di averci trascorso due interi giorni lo aveva debilitato sia fisicamente che mentalmente, riducendolo ad un automa. Hermione raccolse tutte le sue energie, consapevole che se non fosse riuscita a portarlo via, i sensi di colpa l'avrebbero accompagnata fino alla fine della sua esistenza.
 
"Lascialo qui con me, Hermione Granger!" Le disse il ragazzino, con voce persuasiva.
"SCORDATELO!" Gli urlò contro lei.
"Te l'ha detto anche lui che preferisce restare, quindi perché ti ostini a volerlo portare via?"
"Perché non è in sé! Perché la colpa è di questo posto, che gli ha risucchiato completamente il senno!" Gemette Hermione, sull'orlo della disperazione.
Il piccolo guardiano incrociò le braccia, si beò della sofferenza della donna, e poi decise di giocarsi l'ultima carta, nella speranza che le desse il colpo di grazia:
"Lo sai che lui rimarrà in queste condizioni anche fuori di qui, vero? Non si ricorderà più di niente. Neanche di te, sai? Ormai è troppo tardi!"
"NON E' VEROOO!" Si arrabbiò lei, sputando quelle parole con le gote rosse ed i capelli sul viso. Afferrò con furia il braccio di Draco e lo tirò più forte che potè.
Nulla...
Lui non si muoveva. Allora, Hermione si voltò a guardarlo intensamente negli occhi, sconfortata. Aveva tanta paura che quel demone le avesse detto la verità: che Draco non si sarebbe davvero più ricordato di nulla, continuando a vivere per sempre in quello stato vegetativo.
E credette di sentirsi male...
Però si fece forza. Per amore. Quell'amore assurdo, incomprensibile, violento. Con la speranza che il bambino malefico le avesse detto una bugia solo per convincerla ad abbandonare Draco.
 
Accarezzò il viso pallido del ragazzo, scostandogli un ciuffo biondo dalla fronte, e si perse per un attimo ad osservare la sua bellezza delicata. Poggiò piano la bocca sulla sua, assaporando la morbidezza che incontrò, ma se ne staccò quasi subito, temendo qualche strana reazione da parte di lui. Tenendogli il volto spaesato tra le mani, Hermione gli sussurrò con voce afflitta: "Draco... vieni via con me! Ti prego, amore mio..."
 
Amore mio.
 
L'eroina di guerra che aveva combattuto il male, aveva finito per innamorarsi proprio di un mangiamorte...
 
Draco la fissò con gli occhi cristallini colpi di stupore, quasi come se qualcosa si fosse d'improvviso risvegliato in lui, ed Hermione tremò d'aspettativa.
Lui sospirò.
Lei pregò silenziosamente.
Alla fine, sbuffando, Draco le disse: "D'accordo... Andiamo!"
 
Il macigno sul petto di Hermione sparì di colpo, lasciandola tremendamente leggera, ma senza perdere tempo a gioire della vittoria, si affrettò a scaraventare il ragazzo fuori dall'ingresso, per poi seguirlo subito dopo.
 
 
***
 
 
Ruzzolarono sul pavimento della stanza di Villa Malfoy sotto gli sguardi dapprima increduli, e poi gioiosi dei presenti.
"Hermione!" Gridò Harry: "State bene?"
La ragazza si sollevò da terra con fatica: "S-Sì, credo di sì Harry!"
 
La signora Malfoy si portò una mano sul cuore, sospirando sollevata, mentre il figlio, ancora a terra, cercava di mettersi seduto.
 
"Che cosa è successo lì dentro?" La interpellò Ron ansioso, ma Hermione scosse il capo, affrettandosi a rispondere che avrebbe raccontato ogni cosa più tardi. Non aggiunse nient'altro, ma corse però ad inginocchiarsi vicino a Draco, con l'espressione terribilmente preoccupata, il cuore in affanno, ed una speranza che non voleva morire.
Non le importava nulla di quello che era successo in quel posto maledetto, non le interessava se lui fosse riuscito a parlare con Damocles Belby, se avesse trovato una soluzione per toglierle il bracciale dal polso, o se ci fosse un modo per scacciare lo spirito di Fenrir Greyback... Non le fregava più niente nemmeno del fatto che era stata tenuta all'oscuro di tutto! Lei ora voleva soltanto che Draco tornasse in sé. E lo voleva così tanto, che pregò Dio con tutto il cuore, come non aveva mai fatto in vita sua.
 
Furono momenti terrificanti e lunghissimi, nell'attesa che lui dicesse qualsiasi cosa per spezzare il suo silenzio confuso.
"Draco... dì qualcosa!" La voce di Hermione tremò, mentre lo guardava con ansia, senza toccarlo. "Come ti senti?"
 
L'uomo aggrottò le sopracciglia e si portò una mano sulla fronte, sfregandosi le palpebre come a voler scaricare la tensione. Prese a scuotere il capo, e poi inspirò forte; era visibilmente stanco, aveva gli occhi cerchiati, era pallido, stressato, anche frastornato... colpa della permanenza prolungata in quel luogo oscuro. Alla fine però, sollevò con fatica lo sguardo su Hermione, e sussurrando, riuscì a dirle:
"Me la sono vista brutta, maledizione! Stavo per rincoglionirmi del tutto, lì dentro!"
 
Il cuore di lei mancò un battito per il sollievo. Si sentì di colpo così leggera, che le sembrò quasi di essersi sollevata da terra. Sospirò con il sorriso sulle labbra, e pensò che avrebbe pagato oro per precipitarsi tra le sue braccia, stringerlo forte e baciarlo sulla bocca, se solo non avessero avuto spettatori intorno. Ripiegò allora sul rimprovero bonario:
"Non ti azzardare mai più a fare una cosa del genere! Senza avvisare nessuno poi... Ma che ti dice la testa?! Sei un cretino, Draco Malfoy!" Ed incrociò le braccia al petto, fingendo di essere contrariata, mentre in realtà si sentiva felice come una bambina la mattina di Natale.
 
Lui sorrise, intimamente compiaciuto di averla fatta preoccupare e beandosi, nello stesso tempo, della sua bellezza soave e discreta. Tornò a domandarsi come avesse fatto a non averla vista DAVVERO in tutti quegli anni; e si accorse di quanto stupido era stato, e soprattutto di quanto tempo aveva perso ad inseguire quelle cazzate sul sangue, le tradizioni, l'orgoglio...
 
Sollevò una mano per accarezzarle il viso, incurante della presenza di sua madre. Non gli importava più nulla di nessuno. Probabilmente si sarebbe beccato un bel cazzotto in bocca da Weasley ed un'occhiataccia disgustata da Potter ma, tutto sommato, cose che avrebbe potuto accettare senza fiatare. Però si fermò di colpo, poco prima di sfiorarle la gota con i polpastrelli perché lei... aveva letteralmente cambiato faccia. Ritirò la mano di fretta, scottato dalla sensazione, o più che altro dalla paura, che Hermione non volesse esporsi al giudizio dei suoi amici.
 
Draco non poteva ancora sapere che la ragazza in realtà, non si era allontanata per rifiutarlo, ma piuttosto perché era stata appena travolta dal panico...
Hermione si era accorta, in quel preciso momento, che mancava qualcuno all'appello, sfuggito nella confusione. Infatti subito dopo, con il terrore negli occhi, guardò Draco e disse, sotto shock:
"O mio Dio, Draco... Dov'è Pepper? Dov'è?"
 
 
***
 
 
Fu Ron il primo a sollevare lo sguardo verso il quadro e, sgranando gli occhi azzurri, lo indicò con un dito, balbettando:
"C-Che... che... che diavolo sta succedendo lì dentro, per Merlino?!"
 
Quando tutti si voltarono a guardare, videro Pepper intrappolata al di là della tela battere disperatamente i pugnetti per uscire, mentre il bambino biondo, che era il custode del portale, sorrideva maligno in segno di vittoria. Non ebbero neanche il tempo di realizzare la scena e pensare di intervenire, che la folletta si disintegrò davanti ai loro occhi sconvolti.
 
Hermione urlò con tutto il fiato che aveva in gola, ansimando violentemente.
 
Pepper era morta: il piccolo guardiano si era preso il suo pegno.
 
Tutto si fece confuso, ovattato, irreale, mentre la ragazza gridava disperata ed i suoi amici cercavano di stringerla in un abbraccio consolatorio che, comunque, non sarebbe mai servito a nulla.
Draco Malfoy era rimasto ammutolito, di fronte al dolore cocente di Hermione, e provò anche ad avvicinarsi, per dirle che poteva contare su di lui, che le sarebbe stato vicino come Potter e Weasley; che Pepper era stata una vittima innocente sì, ma non era morta invano, perché in fondo, era morta per salvare loro.
Nell'istante in cui le toccò la spalla però, lei si voltò come una furia, e guardandolo con occhi colmi d'odio, lo schiaffeggiò violentemente.
 
 
***
 
 
Lucius Malfoy entrò nella stanza proprio in quel momento, trovando una scena quasi folle: sua moglie respirava affannosamente con una mano sul petto, sconvolta come poche volte l'aveva vista, lei che era sempre così austera ed abile a nascondere le emozioni; poi c'era Harry Potter con l'espressione interdetta, il figlio di Arthur Weasley che si grattava la testa in imbarazzo, e Draco soccombere sotto la violenza di Hermione Granger. Si domandò, boccheggiando, perché diavolo tutta quella gente fosse lì ma, soprattutto, come aveva osato quella donna mettere le mani addosso a suo figlio.
 
Intanto, al rumore secco del manrovescio, il tempo parve fermarsi, per Draco... o forse, tornò addirittura indietro come per effetto di una giratempo, ricordandogli la prima volta che Hermione l'aveva schiaffeggiato, esattamente quindici anni prima: per colpa di un ippogrifo, e del guardiacaccia mezzogigante di Hogwarts.
 
Rimase fermo sul posto, con il volto girato per il colpo ricevuto, gli occhi socchiusi colmi d'imbarazzo, e la guancia sinistra arrossata, mentre lei lo accusava a raffica di essere un deficiente, un bastardo, un egocentrico, un bugiardo che l'aveva tenuta all'oscuro della presenza di Greyback. La voce squillante di Hermione gli si stava infilando dolorosamente nelle orecchie, e non era il tono alto ad infastidirlo, ma le insinuazioni amare che gli stava vomitando addosso, insinuazioni che lo fecero improvvisamente sentire come si era sempre sentito, almeno fino qualche mese prima: codardo, stupido, debole, vile, egoista. Un uomo che non valeva niente.
 
"SE TU NON FOSSI ENTRATO NEL QUADRO PER GIOCARE A FARE L'EROE, PEPPER NON SAREBBE MORTAAA!!! IMBECILLE CHE NON SEI ALTRO!!!" Continuava urlando Hermione, mentre Potter, a bassa voce, le consigliava di calmarsi, perché stava a dir poco esagerando.
 
Ma Draco, nonostante la sofferenza profonda dovuta a quelle accuse, la lasciò sfogare, senza rispondere. Perché, in fin dei conti, non voleva opporsi alla rabbia di una donna ferita, una donna che lui amava più della sua stessa vita. L'avrebbe fatta sbraitare ancora, si sarebbe preso altri mille schiaffi, avrebbe subìto volentieri anche tre o quattro Stupeficium a raffica, e poi... l'avrebbe lasciata andare, per stringersela addosso solo quando sarebbe stata pronta a riaccoglierlo.
 
Fu Lucius Malfoy invece, scioccato, ad interrompere la sequela di improperi diretta al figlio, con la sua voce profonda ed alterata:
"Non ho la più pallida idea del motivo per cui lei sia di nuovo qui signorina Granger, né di cosa stia succedendo, ma... Se ne vada da casa mia. ADESSO!"
 
Hermione sobbalzò, sbalordita da quella presenza inquietante, che davvero troppo aveva di Draco... sia nei lineamenti, che nella freddezza glaciale degli occhi. Una freddezza che ebbe il potere di farla boccheggiare, e poi ammutolire. Si vergognò terribilmente per essere stata rimproverata in quel modo, e non trovò neanche le parole per replicare, dato che era in torto marcio: appena il suo palmo era calato violentemente sul volto pallido di Draco infatti, si era resa conto della reazione spropositata che aveva avuto.
 
Dopo lunghissimi e silenziosi attimi, in cui ognuno era rimasto congelato nell'ultima posa che aveva assunto prima della comparsa di Lucius Malfoy, Ron fu il primo a muoversi. Con timore ed un pizzico di imbarazzo, afferrò il lenzuolo magico ammonticchiato in un angolo del pavimento, e vi coprì diligentemente il quadro maledetto, per assicurarsi almeno momentaneamente che il piccolo guardiano non facesse altri danni; la seconda a sbloccarsi fu Narcissa, che face un paio di passi in direzione del marito, con l'intenzione di spiegargli la situazione; infine... si mosse Hermione, che uscì di corsa dalla stanza a testa bassa.
Nessuno ebbe la forza di richiamarla, né di andarle dietro. Harry fu tentato di accusare Lucius Malfoy di indelicatezza, maleducazione e cattiveria, però... alla fine, non lo fece. In fondo, egli era il padrone di casa, ignorava i fatti, e l'unica cosa che aveva visto era Hermione colpire suo figlio come una furia. Almeno per una volta il suo comportamento sgarbato era pienamente giustificato!
Così, Harry fece semplicemente un cenno a Ron, per fargli intendere che per loro fosse ora di levare le tende. Prima di muoversi però, gettarono un'occhiata al loro vecchio nemico di scuola, e lo videro passarsi ripetutamente una mano fra i capelli, distrutto dal dolore; i due ragazzi ne ebbero quasi compassione e allora, guardandosi un momento negli occhi, ci ripensarono e decisero di restare.
 
L'amore, poteva ridurre gli uomini in uno stato davvero pietoso...
 
Lucius Malfoy, durante tutto quel tempo, era rimasto sull'uscio della porta, col volto girato nella direzione da cui Hermione era sparita, senza muovere un muscolo. Infine, come risvegliandosi da uno shock, si era voltato lentamente, e con un sopracciglio sollevato e l'espressione scandalizzata, aveva redarguito il figlio:
"D-Draco! Ti sei fatto schiaffeggiare da una donna!?! Ti sei fatto schiaffeggiare da una donna senza dire una parola!?! Ma che cazzo ti dice la testa?"
Il figlio lo guardò solo per un momento, con occhi stanchi, sbuffando sfinito:
"Papà... per favore, non mettertici pure tu!" E non aggiunse altro.
 
L'uomo dai capelli lunghi lasciò la stanza in un rimbombare di tacchi, estremamente irritato dalla risposta, mentre la moglie si affrettava a seguirlo per spiegargli una buona volta quello era successo, e sperare di calmarlo... Sapeva perfettamente che fargli capire il rapporto fra Draco ed Hermione Granger sarebbe stato arduo, ma Narcissa conosceva Lucius meglio di chiunque altro, ed aveva imparato che dietro il suo involucro di ghiaccio e cattiveria, c'era solo un uomo di mezza età che, oramai, desiderava solo ed esclusivamente vedere suo figlio felice. E se la felicità di Draco fosse stata davvero quella ragazza ordinaria, insignificante, sgraziata e, oltretutto, piuttosto presuntuosa beh... alla fine, l'avrebbe accettato.
 
 
***
 
 
"Malfoy..."
Dopo un lungo silenzio, Harry si era azzardato a chiamare Draco, per svegliarlo dall'apatia; la sofferenza che traspariva dal volto del ragazzo non riusciva a lasciarlo indifferente, nonostante i vecchi rancori e gli eventi passati. Perfino Ron, che era quello ad avere più titubanze sul rapporto che legava il giovane aristocratico alla sua migliore amica, aveva finalmente compreso il cambiamento impercettibile operato dall'amore.
 
"Che vuoi?" Gli rispose invece Draco, in tono fin troppo brusco. Purtroppo aveva ancora l'infame abitudine di trattar male gli altri per proteggersi, di schernire le persone per mantenere intatto l'orgoglio, di fingere cattiveria per non soccombere.
L'Auror stranamente, non vi badò, e proseguì a parlare con calma: "Non affliggerti Malfoy, Hermione è soltanto arrabbiata, deve metabolizzare il fatto."
Draco allora rise amaramente, stanco di lottare: "Sì sì, certo..."
 
Lasciarono così il disagio ad insinuarsi nella stanza, dove solo i loro respiri, e sospiri impotenti, la fecero da padrone per molti minuti.
 
Poi... Ronald Weasley, come risvegliandosi da una trance, si rivolse improvvisamente a Draco con una profonda curiosità nella voce:
"Piuttosto, Malfoy... Si può sapere cosa sei andato a fare dentro il quadro? Una gita di piacere per caso?!"
A Draco brillarono gli occhi di stizza, quando rispose a Ron con aria vagamente disgustata: "Certo che no, idiota! Sono andato a cercare Damocles Belby!"
Harry spalancò la bocca per la sorpresa, e si avvicinò di corsa, ansioso, chiedendo con tono febbrile: "Cosa? Damocles Belby? Quel Damocles Belby? Il nonno di Marcus? M-ma è... è morto! Cioè... C-come hai potuto pensare di andare a cercare un uomo morto?"
All'espressione strafottente e vittoriosa che assunse Draco però, Harry ammutolì, sconcertato:
"Malfoy! N-non dirmi che l'hai trovato..."
La risposta fu breve e concisa:
"Sì!"
 E allora l'Auror inspirò pesantemente prima di chiedere, colmo di aspettativa:
"E che cosa ti ha detto?"
Draco, prima di rispondere, guardò prima Harry e poi Ron, come per accertarsi che fossero abbastanza attenti:
"Come distruggere il bracciale!"

 
 
Continua...





 

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Capitolo 33
*** Capitolo 32 I doni della morte ***


 
Capitolo 32
I doni della morte


 
 
C'erano una volta tre fratelli che viaggiavano lungo una strada tortuosa e solitaria al calar del sole. Dopo qualche tempo, i fratelli giunsero ad un fiume troppo profondo per guadarlo e troppo pericoloso per attraversarlo a nuoto. Tuttavia erano versati nelle arti magiche, e così bastò loro agitare le bacchette per far comparire un ponte sopra le acque infide.
 
Hermione ricordava ancora il giorno in cui Xenophilius Lovegood, con la sua espressione bizzarra e vagamente timorosa, aveva raccontato a loro tre la storia dei Fratelli Peverell. Erano i giorni della caccia disperata agli Horcrux, del terrore di vedere Voldemort trionfare, ed il mondo andare in rovina.
 
Ne avevano percorso metà quando si trovarono il passo sbarrato da una figura incappucciata. E la morte parlò loro.
 
La morte.
Perfida puttana che non mancava mai di ricordare la sua presenza. Perfino Pepper si era portata via. Maledetta...
 
La Morte finse di congratularsi con i tre fratelli per la loro magia e disse che ciascuno di loro meritava un premio per essere stato tanto abile da sfuggirle.
 
I doni della morte.
La bacchetta, la pietra, il mantello...
Quante persone innocenti erano state uccise per quegli oggetti nefasti nel corso dei secoli?
Tante. Troppe. Fin quando lei, Harry e Ron avevano messo fine a quel massacro lasciando la stecca di sambuco fra le mani ormai decomposte del suo ultimo degno proprietario, e gettando la pietra nel fitto sottobosco della foresta proibita.
 
Ovviamente si sarebbero portati quel segreto fino alla tomba: l'avevano giurato tanto tempo fa... I tre fratelli Peverell avevano fatto nascere la leggenda sfidando la morte, tre amici l'avevano conclusa.
 
Solo dopo anni dalla fine della guerra, Hermione aveva elaborato la perfezione di quella coincidenza. E sentì che la loro profonda e sincera amicizia, era stata voluta da qualcosa di soprannaturale, o dal destino, o da qualunque cosa reggesse i fili dell'umanità. Harry e Ron erano la sua carne, il suo sangue, la sua mente. La sua vita. Come fossero stati anch'essi tre fratelli.
 
Così il fratello maggiore, che era un uomo bellicoso, chiese una bacchetta più potente di qualunque altra al mondo.
 
Draco Malfoy aveva posseduto quella bacchetta...
 
Draco Malfoy, per qualche tempo, era stato il proprietario dell'arma più potente e terribile che fosse mai stata creata. E non l'aveva mai saputo. NESSUNO l'aveva mai saputo, ed Hermione ringraziò Dio e Merlino per questo. Altrimenti, egli sarebbe stata un'altra vittima innocente, immolata a causa della ricerca dei doni.
 
Il secondo fratello, che era un uomo arrogante, decise che voleva umiliare ancora di più la morte e chiese il potere di richiamare altri, dalla morte.
 
Quante volte Silente aveva detto che non esisteva NULLA al mondo che potesse davvero riportare indietro i defunti?
Neanche la sua Pepper sarebbe mai tornata indietro, qualunque cosa Hermione avesse fatto.
 
Sorrise debolmente, ricordando le sue marachelle, l'innata propensione per i guai, i versacci che faceva quando veniva rimproverata, ed il morso violento che aveva dato a Ron mesi prima.
 
Si sdraiò sul letto, esausta, e tirò giù le maniche del maglioncino arrotolate sui gomiti, per coprirsi le mani fredde. Poi riprese a leggere la traduzione delle fiabe di Beda che aveva terminato pochi giorni prima, sperando di non perdere di nuovo il filo e smarrirsi così negli episodi dolorosi della sua vita, od indugiare ancora su quello che era successo la mattina stessa a villa Malfoy.
 
Il fratello più giovane [...] chiese qualcosa che gli permettesse di andarsene senza essere seguito da lei. E la Morte, con estrema riluttanza, gli consegnò il proprio mantello dell'Invisibilità.
 
Il mantello dell'Invisibilità... l'avevano avuto tra le mani per anni! Avevano percorso tutti i corridoi di Hogwarts nascondendovisi sotto; si erano tirati fuori dai guai, avevano compiuto buone azioni, erano CRESCIUTI sotto di esso, fino a non entrarci più in tre! Eppure... non si erano mai domandati nulla circa la sua straordinaria magia.
 
Il primo fratello [...] andò a cercare un mago con cui aveva da tempo una disputa. Armato della bacchetta di sambuco, non potè mancare di vincere il duello che seguì. Lasciò il nemico a terra, morto, ed entrò in una locanda dove si vantò a gran voce della potente bacchetta [...]. Quella stessa notte, un altro mago si avvicinò furtivo al giaciglio dove dormiva il primo fratello, ubriaco fradicio. Il ladro rubò la bacchetta e per buona misura tagliò la gola al fratello più anziano.
Fu così che la Morte chiamò a sé il primo fratello.
 
Hermione sospirò, poi afferrò l'orsacchiotto che le aveva regalato tempo prima Draco Malfoy e se lo strinse addosso, mentre lanciava uno sguardo sul comodino, dove faceva bella mostra di sé una foto magica, in cui lei salutava verso l'obbiettivo, e Pepper le svolazzava attorno.
 
Il secondo fratello [...] estrasse la pietra e la girò tre volte nella mano. Con sua gioia e stupore, la figura della fanciulla che aveva sperato di sposare prima della di lei prematura morte gli apparve subito davanti. Ma era triste e fredda, separata da lui come da un velo. [...] Alla fine il secondo fratello, reso folle dal suo disperato desiderio, si tolse la vita per potersi davvero riunire a lei.
E fu così che la Morte chiamò a sé il secondo fratello.
 
Quella storia conteneva una morale indiscutibile: che non ci si poteva sottrarre alla morte. Si poteva rimandare, ma MAI davvero sfuggirgli. Come, alla fine, non era riuscito a scappare Voldemort, che più di tutti ci aveva provato, sperato, lottato...
 
Un giorno sarebbe morta anche lei, come tutti coloro che aveva già perso, e forse il dolore si sarebbe fatto finalmente meno intenso, i suoi sentimenti più sfocati, lontani, mentre il suo corpo sarebbe diventato parte dell'universo, e non avrebbe più distinto dove iniziava lei e dove cominciava il mondo. Altri uomini ed altre donne avrebbero vissuto al suo posto, e le emozioni violente di Hermione Granger, che ora vibravano nel cosmo, si sarebbero spente per far posto a quelle degli altri. In un ciclo infinito.
 
Giocherellò per un po' con il manoscritto del libro che si apprestava a pubblicare, perdendo lo sguardo sulla sua stessa grafia piccola ed ordinata. Hermione aveva tradotto le fiabe di Beda con così tanta passione e minuzia, da averci speso la bellezza di sette mesi! E quel lavoro certosino, si rese conto, lo aveva iniziato proprio nello stesso periodo in cui erano incominciate le sue sciagure con il bracciale dei Belby e lo spirito di Greyback che, a loro volta, avevano scatenato un susseguirsi di eventi inaspettati... come la tumultuosa ricomparsa di Draco nella sua vita.
 
Sospirò affranta, ripensando a ciò che era successo qualche ora prima: era scappata da villa Malfoy come una ladra, a testa china, senza guardare in faccia nessuno, chiusa nel dolore della perdita di Pepper. La folletta per lei aveva rappresentato il cambiamento, la vita dopo la scuola, la maturità, e soprattutto la quotidianità. Perchè... nonostante il suo caratterino impossibile, Pepper era l'unica che l'aspettava sempre quando faceva tardi al lavoro, che le faceva compagnia nella solitudine di casa, che si sedeva sulla sua spalla quando capiva che qualcosa la turbava, e che la faceva perfino ridere quando provava ad offrirle generosamente i suoi schifosissimi vermi, convinta che piacessero pure a lei.
 
Ed ora non ci sarebbe stata più...
Punita da quel suo ostinato vizio di seguirla ovunque.
 
Ma sebbene la Morte avesse cercato il terzo fratello per molti anni, non riuscì mai a trovarlo. Fu solo quando ebbe raggiunto una veneranda età che il fratello più giovane si tolse infine il Mantello dell'Invisibilità e lo regalò a suo figlio. Dopodichè salutò la Morte come una vecchia amica e andò lieto con lei, da pari a pari, congedandosi da questa vita.
 
Fine
 
Hermione poggiò il manoscritto sul comodino, poi chiuse gli occhi stanchi, afflitta da un terribile mal di testa, e finì per addormentarsi così, senza neanche coprirsi, abbracciata al suo orsacchiotto, mentre fuori il sole ancora non tramontava.
 
 
***
 
 
Draco Malfoy raccontò ad Harry Potter e Ronald Weasley di come l'anima del vecchio Belby gli avesse rivelato che, per scacciare Greyback, non avrebbe dovuto far altro che somministrare la pozione antilupo ad Hermione. Il filtro l'avrebbe aiutata a combattere il potere che il lupo mannaro esercitava sulla sua mente, indebolendolo tanto da permettere a loro di toglierle una volta per tutte il bracciale. Semplice. Gli effetti della pozione infatti, avrebbero annientato la resistenza che Greyback faceva per proteggere il gioiello, e a quel punto, lontano dal polso della donna, sarebbe stato facile da distruggere.
 
"Mi chiedo come cazzo ho fatto a non pensarci da solo..." Sospirò infine Draco, seduto scompostamente sulla prima sedia che aveva trovato nei paraggi. Poi si era portato una mano sul viso e l'aveva passata fra i capelli, riprendendo: "Ho rimuginato mesi e mesi per trovare le soluzioni più complicate, e invece... era tutto così stupidamente chiaro! Avevo la risposta sotto gli occhi e non me ne sono accorto, maledizione!" Concluse con tono stizzito.
 
"Non rimuginiamoci troppo sopra, Malfoy. Ormai è andata così..." Gli rispose Harry, sconsolato.
 
L'uomo lo guardò di traverso, per poi ribattere, in tono irritato: "Certo, Potter! Tu la fai facile. Non è a TE che la tua amichetta porterà il muso per il resto dei tuoi giorni, convinta che la colpa della morte del suo folletto del cazzo, sia tua!"
 
Harry si strinse nelle spalle, accettando il rimprovero di Malfoy; Ron invece, che aveva ascoltato in silenzio lo scambio di battute, se ne stava semplicemente a braccia conserte, appoggiato con la schiena ad uno scaffale ingombro di libri, per la maggior parte proibiti, che il padrone di casa utilizzava per studiare la magia oscura ed annientare maledizioni (o almeno questo era quello che diceva lui: Ron non era ancora riuscito a convincersi del tutto dell'improvvisa santità di Malfoy!).
Comunque, nonostante l'aria funerea che serpeggiava nella stanza, Ron pensò che la fine di Pepper, almeno per lui, non era stata tutta questa gran tragedia, memore forse dei suoi dispetti e del morso micidiale che l'aveva mandato dritto dritto al San Mungo! Ma ovviamente evitò di esternare il pensiero a voce alta. E poi era abbastanza sicuro che pure Harry non poteva essere così pensieroso solo per la prematura dipartita di un folletto della Cornovaglia, con la pressante preoccupazione di Greyback tornato dall'aldilà per tormentarli ancora... e di certo non lo era neanche Draco Malfoy, la cui disperazione a malapena trattenuta, derivava con molta più probabilità alla furia che Hermione gli aveva, e gli avrebbe ancora, riversato contro.
 
Improvvisamente, tornando a ragionamenti meno complessi e più alla sua portata, Ron ammise a se stesso che non avrebbe voluto essere nei panni di quel pallido biondino nemmeno per cinquantamila Galeoni sonanti, per la barba di Merlino!
Affrontare Hermione Granger incazzata era decisamente peggio che scappare da Aragog e tutto il suo clan di acromantule affamate. E allora esclamò, fin troppo ingenuamente:
"Caspita! Hermione te la farà pagare davvero cara, Malfoy! La conosco bene, accidenti! Ti farà pentire pure di essere nato!"
 
Harry lanciò a Ron un'occhiataccia silenziosa, colma di esasperazione. Purtroppo il suo amico aveva sempre avuto la delicatezza di un elefante, e per quanto fosse maturato con l'età, quel lato tremendamente infantile del suo carattere se lo sarebbe portato appresso fino alla tomba.
 
Draco rise appena, di una risata amara, piena di sconforto:
"Per quello non c'è problema... E' già da un bel pezzo che mi sono pentito d'esser nato!"
 
E quella fu la prima volta forse, che Ron Weasley si vergognò di aver pronunciato parole poco delicate nei confronti di Draco Malfoy, anche se, ironia della sorte, quella era stata anche la prima volta che gli si era rivolto senza alcun malefico doppio senso.
 
Rimasero tutti in un silenzio impacciato, incapaci di glissare, cambiare discorso, o riprendere una conversazione quanto meno costruttiva. Perchè, in fondo... era inutile negarlo: nonostante quella specie di tregua, quei tre non sarebbero mai stati capaci di condividere davvero qualcosa, capirsi, o diventare amici... In mezzo a loro purtroppo, malgrado i cambiamenti ed il tempo trascorso, avrebbe sempre aleggiato lo spettro del passato a ricordargli costantemente chi erano stati, con quanta intensità si erano odiati, e tutto il male che era scaturito dai loro comportamenti.
 
"Bene. Io vado al Ministero! Vedo di rimediare una pozione antilupo!" Disse Harry improvvisamente, scattando verso la porta.
 
"Aspetta, Potter!" Lo fermò Draco, agitato: "C'è un problema!"
"Quale?" Fecero in coro sia Harry che Ron, preoccupati.
Malfoy li guardò con un'espressione tremendamente seria, e poi parlò:
"Il problema è che possiamo distruggere il bracciale, ma non lo spirito di Greyback! Gli spiriti non si possono uccidere, sono già morti... Quindi, senza più un corpo o un oggetto da occupare, Greyback ovviamente tenterà di impossessarsi di qualcos'altro..."
 
"Miseriaccia..." Esclamò Ron, che aveva assunto la stessa faccia orripilata di quando, al quarto anno di scuola, Malocchio Moody aveva tirato fuori un ragno per la sua prima lezione di difesa.
Harry però, fece spallucce: "Beh, vorrà dire che lo rimanderemo all'inferno! Ci sarà senz'altro un modo per farlo, giusto!?"
 
Ron si rabbuiò, guardando male l'amico: "Sì, e come? Facciamo tipo quei film babbani da quattro soldi dove chiamano un prete, leggono un versetto della Bibbia con il crocifisso in mano, urlano, si dimenano, e il demone sparisce per miracolo? Sono tutte stronzate quelle, Harry!"
 
All'Auror, nonostante la serietà della situazione e la faccia cupa degli altri due, scappò una sghignazzata ironica: "Quindi... VADE RETRO GREYBACK pensi non funzionerà Ron?!"
 
Weasley allentò l'espressione accigliata: "Ma vaffanculo, Harry!" E presero a ridere sommessamente, sdrammatizzando sulla circostanza delicata, come in fondo erano stati sempre abituati a fare, anche da adolescenti... quando si buttavano a capofitto incontro al pericolo e alla morte, senza comprendere realmente la portata delle loro azioni.
 
Draco Malfoy però, li guardò perplesso per un momento, senza capire di cosa stessero parlando, finchè si alterò gradualmente: "Si può sapere che avete da ridere? Qui c'è da trovare una soluzione il prima possibile. Idioti!"
 
I due amici smisero immediatamente, tornando composti. Poi Harry scosse il capo più volte: "Malfoy! Cercheremo un modo, non devi preoccuparti. O pensi forse che noi non desideriamo aiutare Hermione quanto te? Sei pazzo, se lo credi! Però non puoi pretendere che io, così su due piedi, possa sfoderare al volo un'idea geniale per rispedire Greyback all'altro mondo! Sono un cacciatore di maghi oscuri, non un medium o un esperto di relazioni diplomatiche con entità e fantasmi!"
 
Si guardarono male per qualche attimo, poi Ron attirò l'attenzione con una frase che voleva essere una battuta, ma si rivelò proprio quell'intuizione che andavano cercando:
"Perchè non intrappoliamo Greyback dentro il quadro?"
 
Ci fu un lungo silenzio, in cui ognuno di essi elaborò l'idea, giudicandola dapprima folle, poi difficile da mettere in atto, forse pazza, o fattibile, infine... brillante.
"Ron! Sei un fottuto genio, lo sai?!" Gli disse Harry, con un sorriso che gli prendeva tutta la faccia, mentre il cognato gonfiava il petto, come faceva ogni volta che lasciava i suoi amici a bocca aperta per aver concepito una trovata utile.
"Grazie, amico!" Gli rispose Ron, che non perse tempo a dire: "Beh, ora che abbiamo la soluzione... muoviamoci, no?! Tu allora vai a frugare tra le scorte del Ministero per la pozione antilupo, io intanto vado da Hermione, le spiego tutto, e vedo come sta..."
 
Draco Malfoy, che fino a quel momento era rimasto zitto con le mani in tasca, affilò pericolosamente lo sguardo, e fermò Ron con tono minaccioso:
"Dov'è che vorresti andare tu?"
"Da Hermione!" Gli rispose lui candidamente. E a quella risposta, Draco sollevò un sopracciglio, con una tempesta di nervi che gli imperversava dentro: "Fammi il piacere Weasley... Vai a casa tua!"
"C-Cosa? Ma scherzi, spero!"
"Vattene a casa, ho detto. O dove ti pare, tranne che da lei!" Sputò lui con disappunto.
"Tu sei pazzo... E' la mia migliore amica, Malfoy! E io faccio quello che mi pare!" Si alterò il ragazzo.
 
Il Capo degli Auror sfoderò discretamente la bacchetta, in allarme, e si avvicinò con molta cautela:
"Calmi, calmi! Non agitatevi per questa sciocchezza. Ron?! E' meglio se tu vieni con me!"
 
Harry non condivideva per niente la sparata arrogante di Malfoy, però aveva capito che il suo era soltanto un modo contorto per far intendere che, da Hermione, doveva e voleva andarci lui; in fondo quei due avevano da chiarire un grosso malinteso... Purtroppo però, quelle sottigliezze erano poco comprensibili all'ingenuo Ron, al quale si doveva sempre parlar chiaro, senza giri di parole. E quindi Harry si era visto costretto ad intervenire, per calmare gli animi e dissuadere il suo amico dall'invadere l'intimità di un rapporto amoroso ancora troppo instabile. Gli stava costando uno sforzo enorme a dire il vero, perchè... per quando avesse ormai preso atto di quella specie di relazione, per lui rimaneva ancora qualcosa di osceno, inammissibile, folle. Immaginare Draco Malfoy ed Hermione Granger insieme, gli faceva venire la pelle d'oca... E chissà se un giorno questa sensazione di ribrezzo gli sarebbe passata, oppure, se vedendoli davvero l'uno accanto all'altra, mano nella mano, abbracciati, sorridenti, la repulsione gli sarebbe solo aumentata...
 
I suoi pensieri scomodi per fortuna, furono interrotti dalla voce antipatica del suo vecchio rivale, impegnato a battibeccare con Ron. Così, per forza di cose, Harry tornò d'improvviso alla realtà che lo circondava.
 
"Allora? Che aspetti a levarti dalle palle, Weasley!? Su, forza! Vai con Potter!" Se ne uscì Draco, tutto baldanzoso, mentre il ragazzo dai capelli rosso fuoco rimase a guardarlo allibito, boccheggiando senza riuscire a pronunciare più niente di sensato.
 
"I-Io... Io lo ammazzo, Harry!" Disse infine Ron, rivolgendosi al suo amico: "Per l'amor di Merlino! Toglimelo da davanti, altrimenti sarai costretto a sbattermi ad Azkaban per omicidio!"
 
 
***
 
 
Hermione, accucciata su di un fianco e stretta al suo orsacchiotto, dormiva ancora quando Draco si sedette silenziosamente sul bordo del letto.
Rimase a guardarla per molto tempo, senza muoversi, sorridendo come un cretino, pensando a quant'era bella e a quanto non gli fregasse più un cazzo di status sociale, linea di sangue, tradizioni e ideologie.
Poggiò, delicato, una mano sul braccio di lei, accarezzandola piano. E realizzò con improvvisa lucidità che, se non ci fosse stato Greyback, o più semplicemente Belby col suo bracciale, lui avrebbe continuato a vivere la squallida vita di sempre: rinchiuso al Manor, concentrato a perdersi nella sua malinconia, a disprezzarsi per il suo passato vergognoso, e cercando in tutti i modi di evitare la gente, per paura di vedere l'accusa nei loro occhi; senza mai accorgersi della perfezione discreta di Hermione Granger, e senza scoprire che pure lui era destinato ad amare, come qualsiasi altro essere umano.
Si domandò se fosse il caso di chiederle di provare a stare insieme: insieme davvero. Ma Draco aveva così dannatamente paura della risposta, che si convinse a scartare l'ipotesi. Hermione aveva un nome troppo conosciuto ed importante nel mondo magico, per potersi permettere di gettare alle ortiche la reputazione per uno come lui. Come poteva, la strega che aveva affrontato i Mangiamorte senza paura, e che era emersa da eroina fra le macerie di Hogwarts... mischiarsi proprio con colui che aveva rappresentato la parte marcia della guerra? Come poteva, l'Hermione Granger che aveva sacrificato gli affetti, l'adolescenza e la tranquillità sull'altare della giustizia... rinnegare tutto improvvisamente e rotolarsi tra le lenzuola di un seguace di Voldemort?
Non poteva chiederle di fare un passo simile, l'avrebbe inevitabilmente trascinata nel baratro, fino a farla diventare una reietta come lui. Draco l'amava troppo e non era più il meschino egoista di prima! No, cioè... lo era ancora, ma non quando c'era lei di mezzo!
 
Improvvisamente, la sentì sussultare sotto la sua mano, e quando tornò a guardarla in viso, la trovò con gli occhi aperti: si era svegliata.
 
"Ciao..." Disse Draco, a voce bassa.
"Ciao." Rispose lei, in tono contrito.
Ad Hermione non era ancora passata la rabbia... ma Draco, al quale ancora bruciava lo schiaffo rifilato, non aveva intenzione di chiedere scusa per quello che era successo a Pepper, perchè non era da lui pregare qualcuno per ottenere clemenza: l'aveva già fatto, qualche tempo fa, per farsi assolvere da tutto il male che le aveva procurato in passato, e gli era costato così tanto, che aveva sentito l'orgoglio cadere a pezzi e finire sotto le suole delle scarpe. Non aveva per niente voglia di ripetere l'esperienza! E poi perchè, stavolta, riteneva di non aver fatto nulla di male. Anzi, forse questa era stata l'unica volta nella sua squallida esistenza, in cui aveva compiuto un gesto davvero lodevole. Non era colpa sua se quel folletto della Cornovaglia era morto, maledizione! Lui aveva attraversato il portale per una buona causa. Lui era entrato nel quadro solo per salvare la vita a lei. Non per una gita di piacere o per fare l'eroe da quattro soldi. E comunque, tanto per la cronaca, lo avrebbe rifatto altre mille volte, pur di vederla finalmente libera dallo spirito opprimente di Fenrir Greyback. Cazzo!
 
Hermione teneva ostinatamente gli occhi puntati sulla sveglia del comodino, pur di non guardare l'uomo seduto sul suo letto. Allora, dopo molto tempo, fu Draco a spezzare il silenzio, sospirando di stanchezza, e lasciando intuire la sua resa: "Stasera ti libereremo dal bracciale, Hermione! Damocles Belby mi ha detto come fare."
 
La ragazza chiuse gli occhi stringendo forte l'orsacchiotto, però continuò a starsene zitta, elaborando mentalmente la notizia. In realtà, un mare di emozioni la stavano attraversando, anche se non trapelò nulla dall'espressione impassibile del viso.
Hermione aveva trascorso sei mesi insieme alla presenza di Fenrir Greyback che l'aveva posseduta, controllata, debilitata, guidata nelle scelte. E lei aveva lottato con disperazione per liberarsene, fino al punto di arrendersi. Poi... era arrivato Draco Malfoy, come una tempesta tropicale, imponendole il suo aiuto e stravolgendole la vita più di quanto avesse fatto il bracciale maledetto.
Erano cambiate così tante cose dal giorno in cui era andata ad Hogsmade per indagare  sull'omicidio di Damocles Belby! Ed ora finalmente, sarebbe tutto finito... Tutto finito grazie all'uomo che, per ironia della sorte, fino dieci anni prima l'aveva disprezzata come solo un aristocratico purosangue può disprezzare la più modesta tra le babbane. Draco Malfoy, dietro il suo sguardo sprezzante e freddo come il ghiaccio, dietro il suo carattere odioso, dietro la sua maschera di marmo, aveva tenuto nascosto per lungo tempo un cuore palpitante che invece sapeva emozionarsi, battere veloce, amare, preoccuparsi, e perfino essere coraggioso.
 
Hermione doveva assolutamente ed unicamente gioire per la fine di quella disavventura, eppure... c'era qualcosa che la rendeva triste. E non era la morte di Pepper, o almeno non solo quella!
Ma allora cos'era?
Era la paura del dopo. Semplicemente.
Cosa sarebbe successo quando tutto sarebbe tornato alla normalità? Si domandò con ansia. Ognuno avrebbe ripreso in mano la sua esistenza, ed ogni cosa sarebbe tornata a scorrere placida e monotona, esattamente come prima: come prima che tutto questo fosse successo.
E Draco? Anche lui sarebbe tornato a chiudersi nella sua enorme residenza da signore? A disprezzare il mondo, ad isolarsi dalla società, a vivere da nobile schivo come aveva fatto negli ultimi dieci anni dalla fine della battaglia contro Voldemort?
Se lui fosse di nuovo sparito, cosa ne sarebbe stato del loro strano rapporto? 
Che cretina che era... Certo che lui avrebbe ripreso la sua vita di prima! Per quale motivo avrebbe dovuto cambiare le sue abitudini? Per lei forse?! Ma andiamo... E comunque, non sarebbe stato meglio così? In fondo, perchè intestardirsi su cose impossibili? Era immorale essere innamorata di Draco Malfoy! Era controproducente, e ridicolo, e inutile. Quindi era giusto che tutto finisse. Per il bene di entrambi...
 
"Hai intenzione di dirmi qualcosa, o rimarrai in silenzio finchè non me ne vado?" Si innervosì Draco, che era rimasto zitto tutto il tempo a guardarla posare gli occhi dappertutto, fuorchè su di lui.
Hermione allora, lo guardò quasi senza vederlo e, per una volta, fu a corto di risposte, troppo confusa dal pensiero del futuro.
E rimase a fissarlo imbambolata nel suo ostinato mutismo, incapace di digli cosa stava provando.
 
"Bene." Sputò Draco, che strinse forte i denti, mentre nei suoi occhi chiari passava un lampo di tristezza mista a rassegnazione. Si alzò dal letto di scatto, con l'aria cupa e l'intenzione di andarsene... poi però, si voltò rapido, la guardò come impazzito, si chinò su di lei, e la baciò delicatamente sulle labbra. Fu un contatto breve. Andò via subito dopo, senza aggiungere altro, arrabbiato con se stesso per la sua imbecillità.
Hermione rimase fiato, immobile sul letto. Con addosso il sapore dolce delle labbra di lui.
 
Continua...



 
 
 
 
Riflessioni:
Quando ho cominciato a scrivere il prologo, l'idea di far approcciare Draco ed Hermione per me era strana, ma nello stesso tempo intrigante. Poi andando avanti, mi sono resa conto che era così naturale scrivere di loro, che ora penso, forse con un pizzico di presunzione, a quante cose belle si sia persa J.K Rowling a non aver dato un'opportunità amorosa a questi due personaggi!
Il piccolo mondo di chi è appassionato di Dramione è un mondo a parte, lo so... ma credo che esso abbia perfettamente senso e, chi ama queste storie, credo le legga perchè adora l'idea delle tenebre che si mescolano alla luce, dell'antieroe che si redime grazie alla bella eroina; perchè è affascinante l'idea dell'uomo che, dopo tanto disprezzare, si accorge della perfezione di colei che aveva tanto odiato...
Per tutto questo, ed anche per altre ragioni, penso che Draco ed Hermione, insieme, non siano poi così assurdi, a dispetto di chi invece è fermamente convinto che loro due non abbiano assolutamente nulla in comune, e che lei meritava davvero la monotonia di una relazione duratura con Ron! E ci tengo a precisare che io non dico ciò perchè odio il personaggio di Ronald Weasley: tutt'altro! E' uno dei miei preferiti, ed è proprio per questo che immaginarmelo a vivere una vita intera all'ombra di Hermione, che è più intelligente di lui, più intraprendente, più coraggiosa, e che primeggia in tutto oscurandolo completamente, mi fa tenerezza. Ron ha molte buone qualità da tirare fuori, tipo la schiettezza, la spontaneità, l'innocenza, la generosità; doti che.... accanto a lei, appaiono insignificanti, azzarderei quasi comiche.
E' ovvio che chi ama le Romione, ha mille altri buoni motivi per spiegare il perchè, invece, essi siano perfetti insieme, così come li ha immaginati la Rowling.
Non ho mai avuto modo, fino ad adesso, di intraprendere un discorso con qualcuno che preferisce Ron ed Hermione... magari se c'è qualcuno che ama entrambe le coppie, ed ha voglia di aprire il dibattito, potrà farmi cambiare idea, o magari vedere le cose in maniera diversa! Mi farebbe piacere!
 
A giovedì prossimo

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Capitolo 34
*** Capitolo 33 Un banalissimo Wingardium Leviosa ***


Capitolo 33
Un banalissimo Wingardium Leviosa

 
 
Villa Malfoy era dolcemente silenziosa alle dieci e mezza di quella sera di fine aprile, il venticello frizzante accarezzava le fonde delle querce secolari che adornavano il parco, e la luna rischiarava tenuemente la facciata, la siepe, le fontane e le statue in marmo, proiettando sul prato ombre fantasiose.
Nulla lasciava presagire che quella sarebbe stata una notte difficile per il padrone di casa...
 
I ragazzi avevano deciso di riunirsi ancora nella stanza degli oggetti maledetti, in modo da avere il quadro a portata di mano, per esser pronti così a rinchiuderci Greyback quando Hermione fosse stata libera dal bracciale. Formavano un bizzarro gruppo a dire il vero, un gruppo che apparentemente non aveva nulla in comune se visto dall'esterno: un Auror, un venditore di scherzi, un'impiegata del Ministero ed un aristocratico snob...
 
***
 
 
"Devi bere la pozione, Hermione! Poi, ti toglieremo le bende intorno al polso e... e... beh, staremo a vedere cosa succede! Che Merlino ce la mandi buona!"
Fu Harry a parlare, tenendo in mano un'ampollina trasparente che dopo non poche esitazioni, si decise a consegnare alla sua amica. Essa la vuotò in un solo sorso, poi Ron le sciolse la fasciatura protettiva, lasciando che il bracciale tornasse ad appoggiarsi sulla pelle del polso, dopodichè... presero ad aspettare. Ad aspettare che succedesse QUALSIASI cosa.
 
Draco Malfoy nel frattempo se ne stava poco lontano da loro, in piedi, con le braccia conserte. Era più silenzioso di quanto già lo fosse normalmente, e ciò poteva solo tradursi in un completo mutismo. Fissava Hermione con uno sguardo incomprensibile, dal quale si captava a volte un bagliore di preoccupazione, a volte rabbia, delusione, paura, confusione.
 
Per qualche irreale momento non successe nulla, e l'attesa fu estenuante, mentre gli occhi di tutti correvano ad incrociarsi irrequieti; perfino quelli di Draco e di Hermione si incontrarono un paio di volte, anche se le loro furono occhiate imbarazzate, timorose. Se fossero usciti illesi da quella nottata infernale, avrebbero avuto certo da chiarire parecchie questioni, e decidere una buona volta se fingere che non fosse successo nulla fra loro, oppure provare ad intraprendere un percorso diverso, magari insieme... Quest'ultima cosa però, era poco probabile, se non addirittura impossibile ma, Draco, dopo aver tanto sofferto, non voleva buttare alle ortiche la sua unica chance di essere felice per paura di un rifiuto. In tal caso, il rimpianto per non averci provato l'avrebbe accompagnato fino alla morte e, onestamente, non poteva permetterselo, dato che di rimpianti da portarsi dentro la tomba ne aveva fin troppi...
 
Trascorse qualche minuto, poi all'improvviso, squarciando il silenzio teso, Hermione scoppiò a ridere. Rise di una risata strana, quasi folle, mentre si avvicinava ad Harry e lo fissava con occhi spalancati, alienati, sconvolti da qualcosa che le lottava dentro per poter uscire fuori:
"Harry Potter! Che onore rivedere l'eroe del mondo magico... Sarai contento suppongo, di averci fatto marcire tutti ad Azkaban!"
 
Ed ecco di nuovo quella voce distorta e profonda uscire dalle labbra di Hermione, come la prima volta a Grimmauld Place, mentre lei si faceva violacea in volto, per lo sforzo di combattere contro lo spirito di Greyback che parlava al suo posto. Dopo aver sputato queste parole accusatorie, la giovane afferrò l'amico per le spalle, stringendolo spasmodicamente ed affondando le unghie nella carne, fino a fargli uscire dalla bocca un gemito di sofferenza. Nessuno si capacitò della rapidità con cui il lupo mannaro si era impadronito della mente della ragazza appena le bende erano cadute, e tutti ebbero sinceramente paura che la pozione non avesse affatto funzionato: in quel caso, la situazione si sarebbe rivelata irrecuperabile. La ragazza intanto, totalmente soggiogata, si dimostrò soddisfatta del dolore procurato ad Harry, così lo lasciò di botto, lo spinse via ed iniziò ad ansimare pesantemente guardandosi attorno. Con un movimento rapido del braccio, scaraventò a terra una vetrinetta piena di libri ed oggetti bizzarri, lanciò contro Ron una sedia di legno evitandolo per un soffio, e spaccò in mille pezzi uno specchio dall'aria antica, che si infranse sul pavimento.
 
Una rabbia estranea si era impossessata del suo corpo, ed Hermione stavolta ebbe una difficoltà smisurata a controllarla come aveva fatto tutte le altre volte. Sembrava che lo spirito fosse ancora più furioso, più combattivo, più determinato a sopraffarla. Forse perchè, semplicemente, il lupo mannaro aveva capito che stavano provando a mandarlo via...
 
Draco, nonostante il terrore di risentire quella voce tanto odiata, una voce che gli ricordava un passato troppo vergognoso e sofferto, ingoiò il panico facendosi coraggioso, e così scattò afferrando la donna da dietro, per cercare in qualche modo di immobilizzarla. Lo fece NON perchè lei gli stava distruggendo la stanza... in fin dei conti se ne fotteva Draco, di tutta la sua collezione di oggetti oscuri di fronte all'agonia straziante di Hermione. Doveva farla calmare. Solo e soltanto questo era importante. Perchè non ce la faceva proprio a vederla totalmente annientata, lei che aveva combattuto con la grinta di cento uomini, per far regnare la pace e l'uguaglianza nel mondo magico. Non c'era riuscito Voldemort a piegarla, non c'era riuscita sua zia Bellatrix, e non c'era mai riuscito neanche lui stesso in sei lunghi anni di soprusi pesantissimi, perciò... non doveva riuscirci neanche Greyback! E non l'avrebbe fatto, giurò fra sé e sé.
 
Ma Hermione prese a scalciare, a strattonare, a strillare... e lo fece a volte con la sua voce, a volte con quella terrificante dello spirito.
"LASCIAMI, FOTTUTO FIGLIO DI PUTTANA!"
Draco invece se la strinse addosso con più forza e gli rispose, sussurrandole nell'orecchio:
"Hermione, torna in te! Non lasciarlo vincere. Puoi farcela..."
"Ma come osi mettermi le mani addosso, lurido verme!? Erede di una razza di codardi! Mangiamorte di convenienza!" Sputò lei con cattiveria.
E allora il ragazzo lasciò la presa, come scottato... con il dubbio che, quelle parole, non fosse stato Greyback a pronunciarle, ma la coscienza di Hermione ormai priva di freni inibitori. Draco fu quasi tentato di andarsene, lasciar perdere ogni cosa, tornare ad isolarsi da tutto e tutti, visto che era inutile insistere su qualcosa che non sarebbe mai cambiato, però inspirò a fondo, incerto sul da farsi. Nel frattempo, Harry e Ron avevano preso il suo posto, tentando a fatica di tenere buona la loro amica invasata, mentre lui fissava un punto imprecisato, rimuginando su quei pensieri.
 
Inaspettatamente però, lo riscosse Ron Weasley, che prese a rimproverarlo aspramente, senza mezzi termini:
"Malfoy! Non vorrai mica dar retta a quello che ha detto, vero? Sei un deficiente! E' Greyback quello che ti sta insultando! Hermione quelle cose non le pensava neanche dieci anni fa! Figurati se può pensarle adesso! Perciò non fare l'adolescente offeso e vieni a darci una mano nel tenerla buona, dato che la pozione ancora non fa effetto!"
 
Lui sollevò lo sguardo, stupefatto, ma prima che potesse fare anche solo un passo, Hermione, ringhiando rabbiosamente, provò a mordere il braccio ad Harry; così Draco tirò fuori la bacchetta di corsa e pronunciò un Incarceramus. Delle grosse funi si avvinghiarono silenziosamente intorno al corpo della donna stringendola forte, e tutto tornò in apparenza alla tranquillità.
 
Hermione, per qualche minuto abbondante rimase ferma, e nei suoi occhi passò un bagliore di sofferente lucidità... guardò Ron sorridendo debolmente, come a dirgli che ce l'avrebbero fatta anche questa volta, poi spostò lo sguardo su Harry chiedendogli implicitamente aiuto, infine puntò gli occhi in quelli grigi di Draco, provando a spiegargli in silenzio tante di quelle cose, che ebbe paura fossero troppe, per fargliele capire tutte insieme.
Hermione sentiva dentro di sé lo spirito di Greyback che provava letteralmente a muoversi, farsi spazio, provare ad uscire... e ne ebbe ribrezzo. Le passarono diverse ondate di brividi al pensiero che quell'animale fosse dentro di lei, a scrutare fra i suoi pensieri, fra i suoi ricordi, a nutrirsi delle sue energie! Paragonò tutto ciò ad una vera e propria violenza fisica e psicologica, perpetuata, come se non bastasse, da una bestia immonda. E si sentì sporca, profanata, calpestata come uno straccio vecchio, privata della sua dignità di donna, brutalizzata...
Ma mentre ragionava sul sopruso subito, si ritrovò in un attimo sbattuta al muro dalla forza oscura dello spirito; rimase senza fiato, per l'impatto contro la parete, tutto si fece nero davanti ai suoi occhi, poi cadde a terra in malo modo e sentì un dolore tanto intenso da non riuscire ad identificarne la provenienza: aveva soltanto la percezione di milioni di spilli che le trafiggevano la carne, le ossa, gli organi, ed il sospetto che dei pugni la colpissero dappertutto... pugni che qualcuno le assestava dall'interno. Apparvero infatti sul suo corpo una decina di lividi, concentrati sull'addome, la schiena e le cosce, nel frattempo che lei continuava ad urlare di dolore, contorcendosi quasi fosse sotto l'effetto della già sperimentata Maledizione Cruciatus.
 
Draco Malfoy rimase scioccato a guardare la donna stringere gli occhi per la sofferenza, divincolarsi da qualcosa di invisibile, strillare senza sosta, e lottare contro Greyback che, a sua volta, stava subendo gli effetti della pozione antilupo. Gli venne la nausea per lo strazio di rivivere uno scenario già vissuto una decina d'anni fa... quando per motivi diversi, era stato comunque impossibilitato a muovere un muscolo. Era questo il suo destino? Essere costretto a vedere Hermione Granger soffrire senza poter mai fare qualcosa? E per ironia della sorte, sempre in casa sua, oltretutto! Maledizione!
 
Ron si portava spasmodicamente le mani fra i capelli, terrorizzato dalla scena che aveva davanti, e provò a parlare più volte, rintrovandosi a deglutire saliva, e balbettare senza senso. 
"C-Che... che c-cazzo le sta su- succedendo? Miseriaccia!?"
Harry Potter era mortalmente pallido ma, all'apparenza, sembrava in ogni caso più lucido degli altri, e così fu lui a rispondere, atono:
"La pozione sta iniziando a fare effetto. E Greyback ovviamente sta lottando. Spero solo che non duri troppo. La sta distruggendo..."
 
Draco si girò di scatto a guardare l'Auror con uno sguardo assassino e l'espressione irritata che lo caratterizzava da sempre, eppure, sapeva perfettamente che la colpa non era di nessuno: il fatto di incolpare il prossimo di ciò che a lui non piaceva o che gli creata disturbo, sofferenza, e perfino stizza, era un modo per sfogare la rabbia.
Rimasero tutti e tre a guardarla impotenti, finchè le urla di Hermione si trasformarono gradualmente in gemiti, i sussulti si fecero meno violenti, e la pelle del suo corpo non potè più accogliere altri lividi per mancanza di spazio.
La pozione, finalmente, aveva placato lo spirito del mannaro...
 
Harry corse ad inginocchiarsi vicino alla sua amica che respirava a malapena, e sciolse le funi che l'avvolgevano. Eppure, nonostante l'urgenza di sapere come stava, prima di farle qualsiasi domanda sul suo stato di salute si premurò di strapparle il bracciale dal polso. Questo, dopo sette mesi di ricerche intense e tentativi infruttuosi, e dopo aver rovinato ad Hermione parte dell'esistenza, compromesso la sua quotidianità, ucciso indirettamente Pepper, fatto rischiare la morte a lei e Draco Malfoy dentro lo spazio irreale del quadro maledetto... finalmente si sganciò, scivolando a terra in un tintinnio che risultò fortissimo, nel ritrovato silenzio della stanza.
 
Rimasero tutti senza fiato, mentre Hermione chiudeva gli occhi per il sollievo, ringraziando Dio per essere stata liberata dal gioiello dei Belby.
"Ce l'abbiamo fatta! Ce l'abbiamo fatta, cazzo!" Ripetè Ron, come avesse bisogno di dirlo più volte per esserne totalmente sicuro. Non gli sembrava vero. Harry invece sorrise, accarezzando delicatamente una guancia di Hermione ancora accasciata a terra, troppo debole per muovere un solo dito, cercando di infonderle sicurezza.
La pace però, durò qualche secondo in tutto purtroppo, perchè all'improvviso si sentì un lamento spezzato dall'altra parte della stanza, ed Harry si staccò immediatamente da lei per voltarsi a guardare...

 
Draco Malfoy era stato scaraventato contro una libreria, e delle mani invisibili lo stringevano per il collo impedendogli di respirare. Annaspava alla ricerca d'aria, piegando le gambe ed il corpo in modo innaturale, mentre il volto si faceva sempre più viola per lo sforzo. L'Auror lasciò l'amica nelle mani di Ron e si precipitò, con la bacchetta spianata, a contrastare Greyback che, evidentemente, perso il potere su Hermione e sul bracciale, aveva deciso di uscire allo scoperto per attaccare qualcun altro.
Una puzza di marcio, pipì, e sangue rappreso investì le narici di Harry, ricordandogli spiacevolmente che quello sì, era proprio l'odore nauseabondo del lupo mannaro: lo aveva sentito anni prima quando erano stati catturati nella foresta e portati a Villa Malfoy, al cospetto di Bellatrix Lestrange.
Lo animò una rabbia folle nel constatare che Voldemort ed i suoi leccapiedi non riuscivano a lasciarli in pace neanche da morti, e allora si scagliò contro la presenza invisibile di Greyback, cercando di assorbire il suo spirito con la bacchetta, in un incantesimo sconosciuto ai più. Non funzionò perfettamente: Harry se ne accorse quando sentì una risata alla sue spalle, ed un frammento appuntito dello specchio rotto prima da Hermione, schizzare come un proiettile verso Malfoy che, ignaro, riprendeva fiato dopo esser stato liberato dalla morsa micidiale dello spirito. Harry lo fermò appena in tempo con un Arresto Momentum, ed il pezzo di vetro cadde a terra, innocuo.
 
Draco tossiva spasmodicamente, toccandosi il collo pieno di segni rossastri, e ringraziò brevemente Harry con la voce roca. Sopraggiunse il silenzio, un silenzio inquietante, ed entrambi si guardarono attorno allarmati, certi che qualcos'altro sarebbe successo.
 
Fu Ron Weasley a spezzare la falsa quiete, piagnucolando mentre indicava Hermione che veniva sollevata in aria dall'ombra sfuggente di Fenrir Greyback.
L'adrenalina tornò a scorrere impetuosa nelle loro vene, il cuore si schiantò nel petto, il respiro si spezzò. Ron intanto provò ad afferrarla, e perfino a riportarla giù con un incantesimo, ma senza ottenere risultati. Harry deglutì, anche lui senza sapere più cosa fare.
 
Draco Malfoy invece, desiderò morire, per non essere costretto a vedere il colpo letale che Greyback avrebbe inferto ad una Hermione già provata. Ed iniziò a tremare visibilmente, pregando Dio per la prima volta da che era nato.
L'aveva odiata così tanto quella donna, che ora era arrivato ad amarla con la stessa intensità. Pregò Dio affinchè gli desse una mano, promettendogli pure, come un bambino, che se l'avesse aiutato, lui da quel momento in poi l'avrebbe protetta per sempre, a costo della vita. Disse a Dio che era disposto a rinunciare all'amore di lei, in cambio della sua sopravvivenza. Cosa voleva di più l'onnipotente? Voleva portarsi lui nell'aldilà, al posto di Hermione?! Se pretendeva questo scambio, l'avrebbe seguito senza protestare...
Con mani tremanti e respiro affannato, ma soprattutto senza un apparente motivo, Draco allora si mise improvvisamente a cercare con frenesia il bracciale dei Belby caduto per terra, in mezzo alla confusione di oggetti rotti e scaraventati in ogni parte della stanza. Era stato un pensiero repentino, una sorta d'illuminazione che l'aveva colto nel bel mezzo delle sue preghiere, scaturito non sapeva neanche lui dove. Forse, era stato proprio l'aiuto della divina provvidenza...
Lo trovò sotto uno scaffale e, senza esitazioni, ruppe con decisione una delle tre pietre che vi erano incastonate. Fu facile farlo perchè, a differenza di tutte le altre volte, il gioiello ora non era più protetto dalla potenza dello spirito. Non aveva idea Draco, di cosa sarebbe successo con esattezza, ma aveva capito soltanto che la magia non sortiva alcun effetto su Greyback, quindi doveva provare ad ingannarlo, per far sì che lasciasse in pace Hermione.
 
Doveva attirarlo verso qualcos'altro. 
E non c'era niente di più potente del sangue umano, per distrarre un lupo mannaro...
 
Il sangue dei coniugi Belby fuoriuscì infatti dalla pietra rotta, sporcando il pavimento di liquido vermiglio, mentre un Draco Malfoy disperato, guardava la sua donna sollevata ad un metro da terra, che respirava a fatica e tremava di paura.
Furono secondi lunghissimi, in cui il tempo sembrò fermarsi su quell'assurda scena nell'attesa che succedesse qualsiasi cosa, finchè l'ombra terrificante del lupo mannaro attraversò rapidamente la stanza per precipitarsi verso quelle piccole gocce di sangue.
 
L'espediente aveva funzionato.
 
Draco ruggì di soddisfazione, ed anche se Hermione precipitò verso il suolo, venne afferrata al volo da Ron prima che cadesse a terra; Harry invece, si affrettò a puntare la bacchetta su Greyback e sul bracciale, gridando istruzioni a Draco:
"Il quadro, Malfoy! Il quadro! Apri il varco, sbrigati! Dobbiamo rinchiudercelo. ORA!!!"
 
Draco, che era rimasto per un secondo immobile ad ascoltare il respiro roco del mannaro che annusava il sangue, si riscosse e, con il corpo dolorante, corse a togliere il lenzuolo che proteggeva il quadro maledetto di Augustus Jenkins.
Il piccolo guardiano biondo gli sorrise infidamente come al solito, tanto che a Draco si rizzarono i peli delle braccia. Non poteva più vederlo quel quadro, gli procurava una nausea incredibile!
Il bambino intanto continuava a fissarlo trasmettendogli il malessere tipico della magia oscura, allora Draco si riprese e pronunciò, con voce falsamente risoluta: "Apri il passaggio, ragazzino! Ti mandiamo un ospite!"

 
Quest'ultimo si illuminò di una luce malvagia, e spalancò la finestra che dava sulle tenebre, aspettando fiducioso.
 
Harry Potter si mosse rapido, e con un movimento secco del braccio, portò a termine il compito...
 
 
***
 
 
Era bastato un Wingardium Leviosa per liberarsi di Fenrir Greyback, un semplicissimo e banalissimo Wingardium Leviosa.
Perchè Harry, beh... aveva fatto semplicemente levitare il bracciale scaraventandolo dentro il varco aperto, ed il lupo mannaro, che certo non aveva mai brillato d'intelligenza, aveva seguito il percorso del gioiello sporco di sangue, troppo ottenebrato dal suo odore e dal suo sapore, per rendersi conto di quello che gli succedeva attorno.
Così, finalmente, avevano visto la sua ombra sparire, risucchiata dal quadro, dopodichè si erano affrettati a ricoprirlo con il lenzuolo magico, e la quiete era tornata a regnare sovrana nella stanza, ma soprattutto nei cuori di ognuno di loro.
 
Era tutto finito.
 
Era tutto finito in una maniera tanto banale che risultava incredibile. Si erano liberati di uno spirito malefico grazie ad una pozione antilupo, un Wingardium Leviosa ed un quadro comprato da un trafficante di oggetti oscuri...
 
Si guardarono senza parlare, troppo stupiti dall'assurdità di ciò che avevano visto, e rimasero fermi per un tempo che sembrò lunghissimo, intenti a metabolizzare la vittoria.
Alla fine fu Hermione, ancora inginocchiata a terra, a sollevare lo sguardo per incontrare quello di Harry, e lui la rassicurò con un sorriso che gli prendeva tutta la faccia: "E' finita, Hermione! E' finita!"
 
Le parole rimbombarono nella stanza, svegliando tutti dallo shock.
La giovane annuì piano, poi sospirò, sfinita. Socchiuse le palpebre, cercando di ingoiare il dolore che percepiva in ogni parte del corpo, e quando le riaprì, trovò Draco inginocchiato al suo fianco, con l'espressione corrucciata e scossa.
Il primo pensiero che colpì Hermione, nonostante la sofferenza, nonostante la mente ancora sconvolta, i lividi e l'orrenda nottata, fu che era giunto il momento di decidere cosa fare della loro... conoscenza.
 
Draco Malfoy. Il suo nome ed il suo cognome erano troppo pesanti per esser messi da parte: per mille motivi, oltre al fatto che era stato un mangiamorte.
 
Intanto, lui continuava a scrutarla con un turbamento evidente, ed i suoi occhi, grandi e brillanti, lasciarono trapelare qualcosa che Hermione fu sicura di aver visto solo negli occhi di Harry quando guardava Ginny. E quella fu una rivelazione sconcertante per il suo animo indeciso tra la fiducia e la paura. Paura che lui fosse rimasto l'opportunista di sempre.
 
Un piccolo mancamento le impedì di continuare a rimuginare, ed Hermione si accasciò involontariamente contro il petto accogliente di Draco, sopraffatta dalla stanchezza. Percepì le sue braccia avvolgerla, ed un calore tranquillizzante pervaderla; vi si abbandonò completamente, sedotta dalla sua stretta protettiva... e, prima di crollare, volle domandarsi cos'è che provava LEI, per lui, oltre tutti i dilemmi a cui rifletteva da mesi.
Come sarebbe andata la sua vita, se avesse deciso di riprenderla esattamente dal momento precedente in cui Pepper le aveva regalato il bracciale dei Belby?
Lui non ci sarebbe stato! Ovvio.
Draco Malfoy avrebbe ricominciato ad essere una figura sfuggente ed irrilevante, e se qualcuno, un giorno, avesse fatto il suo nome per caso all'interno di una discussione, Hermione avrebbe fatto un gesto noncurante della mano, ricordandolo soltanto come il fastidioso ragazzino che ad Hogwarts la chiamava sangue sporco con aria di disgusto e come l'essere bizzarro che viveva da eremita nella sua villa, intento ad espiare gli errori compiuti in passato!
Se tutto questo non fosse successo, non avrebbe avuto, Hermione, la possibilità di vedere OLTRE l'apparenza, non avrebbe mai visto Draco Malfoy piegarsi fino al punto di presentarsi di fronte alla porta di casa sua con un mazzo di fiori in mano, non avrebbe mai visto Draco Malfoy piangere senza pudore chiedendole perdono per tutto il male che le aveva fatto; non avrebbe mai avuto la possibilità di vederlo cambiare, rischiare la sua vita per aiutarla a liberarsi da uno spirito, desiderarlo, baciarlo, farci l'amore.
 
Le aumentò considerevolmente il battito cardiaco, al pensiero che d'ora in poi si sarebbero persi di vista, ognuno preso dai propri problemi, dalla propria quotidianità, dall'amore di altre donne e di altri uomini.
No! Su quell'ultima osservazione, il respiro si spezzò, ed Hermione sollevò il capo, scontrandosi con gli occhi grigi dell'uomo, occhi di una splendida sfumatura azzurra, che la lasciava sempre senza fiato. Perchè da quel colore cristallino... affioravano tutte le emozioni che ormai lo caratterizzavano: dolore, rimorso, sofferenza, tristezza, ma anche passione, voglia di riscatto, orgoglio, e forse un pizzico di sentimento.
Così, Hermione gli sorrise timidamente e si smarrì nelle sue iridi lucenti. Ne rimase talmente affascinata che dimenticò tutto ciò che avrebbe voluto dirgli, ma ebbe solo la forza di sussurrare, con un po' di fatica:
"Hai degli occhi meravigliosi, Draco!"
 
Lui sorrise felice, con il cuore pieno d'amore, e mentre la guardava con tutta la tenerezza del mondo, se la strinse addosso come se non volesse più farla fuggire.
"Sei tu che sei meravigliosa!" E dopo aver detto questo, le sfiorò le labbra con quanta più delicatezza possibile. Restarono uniti per qualche secondo, poi... vinta dalla stanchezza e dalla sofferenza, finalmente Hermione crollò sfinita, e lui la sollevò con garbo da terra, facendo attenzione a non farle male.
 
Ronald Weasley, che aveva seguito tutta la scena ed era rimasto in piedi dietro di loro, si voltò a guardare Harry con la faccia sconvolta, mentre l'amico, in risposta, sollevò le spalle in un gesto di amara rassegnazione. Era difficile per Ron guardare con indifferenza i gesti delicati e premurosi di un uomo che, in vita sua, non aveva fatto altro che procurare dolore ad Hermione. Difficile accettare che il razzismo innato di quella specie di nobile decaduto, fosse davvero venuto meno, sconfitto dall'amore. Gli sembrava tutto così assurdo, irreale quasi...
"Ehi! Malfoy..." Lo richiamò allora di slancio, mentre stringeva nervosamente la bacchetta nella mano destra, ma senza però riuscire ad aggiungere altro. Forse quell'esclamazione era stata solo una reazione spontanea al turbine di quei pensieri per lui ancora troppo indigesti.
Draco lo guardò male, piccato dal tono poco fiducioso del ragazzo, ma si affrettò a tranquillizzarlo, anche se mantenne un tono leggermente alterato:
"La sto solo portando a letto! Deve riposare."
Ron rimase zitto come un cretino... infine, con un leggero imbarazzo, decise di chiudere la questione con una vaga minaccia, sperando che Malfoy la recepisse:
"Sappi che ti ammazzo a mani nude e senza bacchetta, se la stai prendendo per il culo. Hai capito? L'hai già maltrattata abbastanza in passato. Non merita di soffrire di nuovo per colpa tua e della tua cattiveria!"
Draco lo guardò senza particolari espressioni, con la donna ancora fra le braccia; poi sospirò di stanchezza e, con la sua tipica espressione schifata, gli rispose: "Non ho bisogno dei tuoi ammonimenti, Weasley! Lo so perfettamente che il tempo di giocare è finito."
 
Rimasero a fissarsi in cagnesco, senza dire una parola, finchè un gufo entrò attraverso la finestra aperta, e lasciò cadere una lettera di un pericoloso rosso fuoco.
Sbigottiti, abbandonarono ogni controversia, per chiedersi silenziosamente chi diavolo aveva bisogno di inviare una strillettera alle due di notte in casa Malfoy! Non dovettero attendere molto però, perchè la carta, quasi impaziente, si aprì da sola ed iniziò a gridare con la voce furiosa di Molly Weasley:
 
"HARRY POTTER! SI PUO' SAPERE CHE FINE HAI FATTO? TUA MOGLIE STA PER PARTORIRE!!!"
 
Harry sbiancò di colpo: "Oh cazzo!"
E corse via come un fulmine, seguito da Ron che, prima di sparire, non potè fare a meno di lanciare un'ultima occhiata minacciosa a Malfoy, come a fargli intendere che l'avrebbe tenuto sotto controllo.
 
Nel silenzio ritovato di casa sua, Draco invece sorrise finalmente di serenità, stringendosi al petto Hermione addormentata. E fu una sensazione bellissima, quella leggerezza dell'anima, l'emozione trepidante del suo cuore... una sensazione che aveva atteso di provare da anni ormai, tanto che era arrivato quasi al punto di non sperarci più.
 
 
Continua...


 
 
 
 

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Capitolo 35
*** Epilogo ***


 
 
Epilogo
 
 
Scagionato Marcus Belby!!!


Il nipote del famoso pozionista Damocles Belby è stato rilasciato dopo sette mesi di prigionia ad Azkaban! L'accusa di omicidio nei confronti del nonno, è caduta dopo lunghe ed accurate indagini effettuate personalmente dal Capo Auror: Harry Potter. Il pozionista sarebbe stato ucciso, secondo le indiscrezioni del Ministero, dallo spirito di Fenrir Greyback, il lupo mannaro che fu seguace di colui-che-non-doveva-esser-nominato, e morto otto anni fa in una notte di luna piena! I dettagli non sono ancora pervenuti, ma pare che durante una seduta spiritica, Greyback si sia insinuato all'interno di un bracciale, ed abbia posseduto la mente del giovane Marcus, spingendolo ad uccidere suo nonno.
Il ragazzo è uscito di prigione ieri mattina, ed è apparso subito pallido, emanciato, smarrito e provato psicologicamente. Il Ministero però, fa sapere che Marcus Belby non verrà risarcito economicamente per l'errore giudiziario, in quanto i sette mesi di carcere gli sono stati conteggiati per un altro reato:
Pare infatti che la seduta spiritica capace di aprire il passaggio al lupo mannaro, sia stata operata proprio dall'inconsapevole Marcus Belby che, probabilmente, ignorava i pericoli del gesto. Il ragazzo, insieme a due vecchi compagni di scuola (Harper e Warrington, anch'essi appena scagionati) aveva messo in piedi una piccola organizzazione truffaldina a danno di poveri babbani creduloni che pagavano fior di sterline, nella convinzione di parlare con i propri cari defunti. Forse i tre cialtroni avevano dimenticato che il codice giudiziario magico punisce severamente l'esposizione della magia di fronte ai babbani, l'evocazione di spiriti per scopi non nobili e la truffa in generale!!! Marcus Belby ovviamente, non ha voluto rilasciare dichiarazioni, mostrandosi però alquanto sollevato per esser finalmente uscito di cella...
 
 
Draco Malfoy fece una smorfia annoiata, e richiuse la Gazzetta del Profeta gettandola incurante sul divano. Nel suo studio regnava un silenzio assoluto, rotto soltanto dal ticchettio di orologio a pendolo e dal cinguettio di un paio di fringuelli proveniente dal giardino.
 
Era stata una settimana pesante quella appena conclusa, Draco aveva girato tutta l'Inghilterra per recuperare gli affari che aveva lasciato indietro a causa di quella storia assurda che, per fortuna, era finita senza grandi tragedie. La sua routine quotidiana aveva ripreso il ritmo di sempre, alleggerita pure di un ulteriore pensiero: qualche giorno prima infatti, Harry Potter, accompagnato da alcuni Auror, era venuto a liberarlo dal quadro maledetto di Augustus Jenkins, per portarlo in tutta segretezza al Ministero e collocarlo definitivamente nell'ufficio misteri, sotto il controllo degli Indicibili. Quella era stata la prima volta, forse, che lui non si era opposto ad un'idea di Potter, ma anzi... si era sentito così sollevato all'idea di separarsi da quel manufatto oscuro, che era riuscito addirittura a pronunciare un ringraziamento a denti stretti.
 
Si avvicinò ad uno specchio dalla cornice dorata, appeso sul muro accanto alla finestra, e si lisciò il colletto della camicia bianca perfettamente stirata dagli elfi; aggrottò le sopracciglia, maledicendo mentalmente i suoi capelli un po' troppo radi sulle tempie, poi si massaggiò le gote, la mascella ed il mento, soddisfatto della rasatura.
 
Era un po' nervoso Draco, perchè doveva andare a Diagon Alley, e la cosa non gli piaceva per niente... Stare in mezzo ad una marmaglia di maghi che lo guardavano male, non rientrava nei suoi piani. Ma dopo anni di isolamento volontario, la vita lo aveva costretto ad esporsi di nuovo alla società, ed anche se avrebbe preferito di gran lunga restarsene per affari propri, sapeva che tutto ciò prima o poi sarebbe successo. Doveva farsene una ragione. Tempo fa, una donna gli aveva detto che doveva fottersene del giudizio degli altri, che per andare avanti avrebbe dovuto perdonare soltanto se stesso, ed accettare con rassegnazione gli errori che aveva commesso in passato, imparando da essi.
 
Sorrise impercettibilmente, ed una pace mai provata prima avvolse il suo animo tormentato da troppi anni; era una sensazione nuova ed incredibilmente piacevole, che lo scaldava da capo a piedi e gli faceva credere che potesse esserci del buono anche in un uomo marcio come lui. Quell'emozione avvolgente però, derivava da un sentimento nuovo, un sentimento che con l'odio, l'arroganza, e l'orgoglio che lo avevano sempre caratterizzato, non c'entrava più niente...
 
Erano quasi le undici, il sole di maggio già splendeva alto nel cielo, e Draco sospirò, consapevole di non poter più indugiare, altrimenti avrebbe fatto tardi alla presentazione di un libro, deludendo le aspettative di una ragazza: una ragazza caparbia, che di certo non l'avrebbe perdonato facilmente, per il ritardo.
Prima di andare però, con un gesto risoluto che nascondeva ore ed ore di riflessioni assillanti, Draco si sfilò l'anello che portava al dito, quello che indossava da quando era un ragazzino; un gioiello che per lui aveva sempre avuto un valore simbolico, più che materiale: il sinuoso serpente d'argento che vi era intarsiato rappresentava la sua casa di Hogwarts oltre alle caratteristiche distintive del suo essere. Osservò la sua stessa mano, e si soffermò sul leggero segno che l'anello gli aveva lasciato sull'anulare spoglio e, senza rimpianti, realizzò il fatto che d'ora innanzi forse, non l'avrebbe più indossato...
 
Tuffò l'anello dentro un sacchettino di velluto rosso, strinse i lacci e se lo infilò in tasca, poi... mise i piedi nelle fiamme verdi del camino, lasciandosi risucchiare dal vortice della metropolvere, diretto al Ghirigoro.
 
 
***
 
 
"In un giardino incantato chiuso da alte mura e protetto da potenti magie, in cima ad un colle scorreva la fonte della buona sorte.
Una volta all'anno, tra l'alba e il tramonto del giorno più lungo, un solo infelice aveva il privilegio di intraprendere il viaggio alla fonte, bagnarvisi e ricevere buona sorte per il resto della vita..."
 
La voce limpida e calma di Hermione Granger giungeva alle orecchie della gente lì assiepata come una dolce cantilena: una musica che aveva il magico potere di ammaliare le menti e far scendere il silenzio all'interno del locale.
 
Harry Potter si mosse sulla sua sedia, come in fermento, "Le fiabe di Beda il Bardo" non le aveva mai amate particolarmente, gli ricordavano troppo i giorni bui in quella sudicia tenda alla ricerca degli Horcrux; ora che ci pensava, si era inconsciamente rifiutato pure di raccontarle a suo figlio James che, nonostante ciò, sgambettava continuamente per casa parlottando di pentoloni salterini e cuori pelosi... opera di Ginny, sicuramente. Ginny che, qualche minuto prima, si era vista costretta ad abbandonare il Ghirigoro in fretta e furia, per andare ad allattare il piccolo Albus che aveva iniziato a piangere disperato nel bel mezzo della presentazione.
 
Draco Malfoy invece, se ne stava rigidamente seduto alla sua destra, le braccia conserte ed un'espressione molto seria in volto. Non si erano scambiati molte parole fino a quel momento, a parte un saluto frettoloso per non risultare maleducati... però Harry aveva capito di esser finalmente riuscito a raggiungere una sorta di equilibrio con il suo vecchio nemico di scuola: un equilibrio fatto di tolleranza, ed un pizzico di matura indifferenza. Tutto ciò nascondeva pure un inaspettato rispetto reciproco, basato sull'accettazione dell'esistenza ingombrante ed ineluttabile dell'altro, e sull'amore che provavano nei confronti della stessa persona, anche se si trattava di due tipi di amore differenti.
 
Mentre Harry rifletteva su ciò, intorpidito dalla voce melodiosa di Hermione che leggeva alcuni stralci delle fiabe, si accorse che, alla sua sinistra, un Ron distratto ed annoiato, si stava infilando le dita nel naso. Allora il giovane Capo degli Auror si riscosse dalla sonnolenza e si affrettò ad allungare al suo amico una violenta gomitata nelle costole: quello sobbalzò, borbottando qualcosa di incomprensibile, lamentandosi della noia mortale e criticando Hermione per la sua somiglianza al vecchio Professor Ruf, che faceva addormentare tutta la classe quando spiegava storia della magia. Litigarono per un po' a bassa voce, finchè Malfoy, fissandoli con uno sguardo inceneritore, li zittì dandogli dei cretini.
 
A Draco naturalmente, non fregava un emerito cazzo di quelle favolette e, se coloro che lo circondavano, compresi Potter e Weasley, erano convinti che la sua espressione concentrata fosse un omaggio a Beda il Bardo, beh... che lo credessero pure. Lui, in realtà, era semplicemente impegnato ad analizzare la lettrice: la sua voce, il movimento delle labbra, gli scatti rapidi delle pupille sulle pagine del libro, la mano delicata che di tanto in tanto rimetteva dietro l'orecchio una ciocca di capelli che le scivolava davanti...
 
La vita gli aveva riservato un destino assurdo: dopo tanto dannarsi per inseguire ideali di purezza e di superiorità, ora era seduto lì, al Ghirigoro, ad ascoltare una nata babbana leggere un libro di favole magiche, ad osservarla con attenzione morbosa preso da un sentimento matto e disperatissimo, e ad irritarsi con il suo vicino di sedia solo perché faceva trambusto insieme al suo compare, distraendolo dal minuzioso studio. Perché se era vero che Draco Malfoy aveva imparato a sopportare stoicamente la presenza al mondo di Harry Potter e Ronald Weasley, giudicandoli quasi tollerabili se presi singolarmente, la stessa cosa non si poteva dire quando i due facevano comunella. Sentirli parlottare, sogghignare, o litigare come due ragazzini, gli faceva risalire l'avversione di un tempo. Non aveva potuto fare a meno, quindi, di ammonirli impulsivamente, con tono basso e minaccioso:
"Fatela finita... Cretini!"
E poi era tornato a fissare Hermione con l'espressione ancora furiosa, dovuta al rancore che quei due gli avevano scatenato.
Fu in quel preciso momento che la donna sollevò il viso dalle pagine del libro, ed i loro sguardi si incrociarono per un breve ed intenso attimo. Gli occhi chiarissimi di Draco la fissarono con insistenza, e pur se per qualche manciata di secondi, si isolarono dal resto del mondo, come se in quel posto ci fossero solo loro due. Poi Draco sollevò gli angoli delle labbra in un piccolo sorriso sghembo, che si allargò sempre di più, fino a diventare un sorriso incoraggiante. Quando infine le strizzò l'occhio in segno d'intesa, lei divenne rossa d'imbarazzo, e balbettò delle scuse alla platea, per aver interrotto la lettura senza motivo.
 
..."Le tre streghe e il cavaliere scesero insieme dal colle, a braccetto, e tutti e quattro vissero a lungo felici e contenti, senza mai sapere né sospettare che l'acqua della fonte non possedeva alcun incantesimo."
Fine
 
Hermione chiuse il libro, sorrise raggiante e spiegò che avrebbe pubblicato "Le fiabe di Beda il Bardo" anche nel mondo babbano nel dicembre dello stesso anno, e che il ricavato delle vendite sarebbe andato ad una fondazione per bambini malati. Un applauso si levò nel negozio e molti ragazzini vennero messi in fila per l'autografo, mentre il fracasso di sedie spostate copriva le domande che un paio di giornalisti tentavano di fare.
 
Più tardi, quando la folla al Ghirigoro iniziò a diradarsi, Hermione andò incontro ad un gruppo di persone rimaste in piedi  ad aspettarla: salutò Minerva McGonagall che si era presa un permesso da scuola per venire a vederla, snobbò Draco Malfoy che se ne stava zitto con le mani infilate nelle tasche dei suoi costosi pantaloni grigi, abbracciò Harry e Ron con calore, e fece un paio di smorfiette stupide a James Potter in braccio a sua nonna Molly.
Poi, come ricordandosi di qualcosa, si voltò di scatto alterata:
"Tu!!! Si può sapere perché avevi l'espressione da ungaro spinato prima?"
 
Draco Malfoy, sentendosi tirato in causa, alzò un sopracciglio, seccato: "Chiedilo ai tuoi amici! Fanno casino come se stessero ancora ad Hogwarts!"
 
Ron, con le orecchie rosse, si affrettò ad annunciare che era tempo per lui di ritornarsene al negozio e, gradualmente, il gruppo si disperse. Draco invece rimase piantato lì, con il solito sguardo enigmatico da uomo sprezzante, immobile nella sua innata eleganza, a guardare Hermione che aveva sollevato il mento con aria di sfida.
 
Dopo tutto quello che era accaduto in quei mesi difficili, Draco sapeva che erano giunti ad un punto che non ammetteva più esitazioni, o scuse per rimandare i chiarimenti, o altro tempo ancora per capire cosa dovessero fare del loro strano rapporto. Era ormai una settimana che si evitavano con cura, entrambi occupati apparentemente a rimettere in piedi la propria vita, ma in realtà impauriti l'uno dell'altra. Hermione, la mattina dopo la battaglia contro Greyback (svegliata dal canto degli uccellini fuori la finestra della camera), era letteralmente scappata da Villa Malfoy, e Draco... come un idiota, gliel'aveva lasciato fare senza fermarla, senza pronunciare alcuna parola.
Sarebbe stato così facile dirle: "Non andartene. Resta con me..." Ma la sua voce era rimasta bloccata in gola, troppo annichilito dalla paura di apparire patetico.
 
Era dalla sera in cui l'aveva incontrata per caso all'Unicorno Bianco, ormai otto mesi prima, che qualcosa si era lentamente ma inesorabilmente insinuato nell'animo dannato di Draco.
 
Hermione lo aveva riportato alla luce passo dopo passo, senza neanche accorgersene pienamente, ed egli aveva perso la ragione, reso folle da un amore così intenso che faceva quasi male.
 
Il contenuto di quel sacchetto rosso intanto, gravava nella tasca dei suoi pantaloni come un macigno, e non era il peso materiale dell'anello a preoccuparlo, ma il significato recondito che quel gioiello si portava appresso. Era tremendamente difficile per lui, esprimere a voce alta ciò che provava per Hermione, e allora aveva deciso di regalarle il suo anello, convinto che quello sarebbe stato il compromesso migliore, per spiegarle cose che altrimenti, a parole, non sarebbe mai stato in grado di chiarire...
 
Così, tremando impercettibilmente, Draco le si avvicinò in silenzio, ed allungò un braccio, afferrando la mano delicata della donna. Prese ad accarezzarle il dorso con il pollice, senza particolari espressioni, ed aspettò, fin quando vide i lineamenti di Hermione abbandonare la tensione e sciogliersi in un caldo sorriso; solo allora, anche gli angoli delle sue labbra finalmente si incurvarono.
Era una scena di una strana dolcezza perché, in fin dei conti, erano entrambi piuttosto timidi nell'affrontare quel sentimento che poco conoscevano. Draco Malfoy ed Hermione Granger erano il perfetto emblema dei due versanti opposti della guerra, anche se avevano lottato allo stesso modo contro la disperazione, per ritornare a galla! E, a distanza di tutto quel tempo, ancora raccoglievano qualche coccio sparso. Lui per un motivo, lei per un altro.
 
Hermione gli strinse le dita, riempiendosi la vista della bellezza appariscente di lui: gli occhi grigio chiaro che a volte sfumavano nell'azzurro, le labbra carnose, il naso dritto, la pelle candida, i suoi inconfondibili capelli biondi. E pensò che era stato un miracolo ciò che era capitato a loro due, che neanche le più rosee previsioni di una veggente avrebbero potuto svelare quello che si era inaspettatamente verificato.
Ma tutto ciò, poteva essere AMORE?
Ci pensò un po', e stabilì che sì... lo era. Almeno per lei, ovvio! Il suo era un amore irrazionale, illogico, travolgente, qualcosa che non aveva mai provato prima. Lo era. Lo era perché, altrimenti, non si sarebbe MAI sognata di andare a perdere il senno proprio per lui, ex-mangiamorte ed erede di una delle famiglie purosangue più ricche e conservatrici del mondo magico...
 
L'idillio però, fu tanto intenso quanto breve. Draco infatti, dopo quel silenzio carico di aspettative, aprì bocca e, guardandosi prima intorno, le disse in tono turbato: "Ti sto rovinando la reputazione..."
 
Hermione, non capendo, seguì  il percorso del suo sguardo, e notò una decina di persone dentro il Ghirigoro, che cercavano palesemente di fingere interesse per qualunque cosa non fossero loro due; così, piantò di nuovo gli occhi in quelli di lui e, tremendamente delusa, rispose:
"Smettila di dire stronzate Draco... è pura idiozia questa! Cosa vuol dire che mi stai rovinando la reputazione, eh?! Guarda che non sei uno scarto della società, ficcatelo bene in testa!" Inspirò, furiosa: "Ed oltretutto non me ne frega un cazzo di quello che gli altri pensano di te!"
 
Poi Hermione socchiuse gli occhi, con il dubbio che si insinuò rapido nel suo animo: "Forse sei tu invece, che hai paura di macchiarti la reputazione con una sanguesporco!"
 
E sciolse l'intreccio delle loro mani allontanandosi di un passo, mentre si stava già pentendo della sciocchezza detta. Sapeva perfettamente che Draco aveva sofferto abbastanza e si era autopunito anche troppo, chiedendo perdono perfino per ciò che non aveva fatto, facendosi carico delle colpe dell'intero esercito di Voldemort, piangendo calde lacrime di rimorso. Hermione era consapevole di ogni maledetta cosa, e si sarebbe presa a schiaffi da sola per ciò che le era uscito di bocca. Ma ormai il danno era fatto. Draco infatti, la guardò mortificato per molto tempo, fino al momento in cui lo vide infilarsi una mano in tasca, per estrarla subito dopo e metterle davanti agli occhi un sacchettino di velluto rosso.
 
 
***
 
 
La frase che Hermione gli aveva rivolto, lo aveva ferito profondamente, facendo riemergere nel suo animo paure e turbamenti che aveva già dovuto affrontare un milione di volte e che, come uno stupido, riteneva fossero acqua passata, almeno con lei. Invece si rese conto con dispiacere che, probabilmente, non avrebbero mai smesso di rimbeccarsi su certe questioni, forse anche per tutta la vita.
Valeva la pena a quel punto, insistere con quella donna? Forse la loro era stata solo una piacevole parentesi, avvenuta in un momento in cui entrambi avevano avuto bisogno di sentirsi meno soli. Draco aveva sulle spalle un fardello troppo pesante da portarsi appresso, e probabilmente lei non ce l'avrebbe fatta ad aiutarlo nell'impresa di sostenerne il peso.
 
La questione del sangue, a lui era parso un argomento morto e sepolto: invece non aveva capito purtroppo, che per Hermione forse non era affatto così, e le ferite che le aveva inferto dieci anni prima, non si erano ancora cicatrizzate.
Poteva bastare il suo amore a guarirla definitivamente? Non ne aveva la più pallida idea Draco, però sapeva con certezza che, per stare insieme, bisognava amare in due, perchè l'amore di uno solo, non era certo sufficiente per entrambi.
 
Sospirò di rassegnazione, di dolore, e di una malinconia che, si accorse, non se n'era mai andata davvero. E parlò:
"Volevo darti questo, Hermione. Ma sai, credo sia inutile, purtroppo. Ho ragione quando dico che le cose non cambieranno mai... nonostante gli sforzi che compio."
 
Draco disse ciò con voce sconfortata, distogliendo un momento lo sguardo; poi le depositò il sacchetto tra le mani, e sorrise amareggiato, scrutandola con i suoi straordinari ed indimenticabili occhi grigio-azzurri.
 
La donna rimase interdetta, soppesando il sacchetto nel palmo aperto:
"Cos'è?" Gli chiese, con un filo di voce.
 
Draco nel frattempo, aveva raggiunto la porta e l'aveva aperta svogliatamente facendo tintinnare le campanelle. Si voltò un attimo a guardare Hermione, con un'intensità tale da procurarle una fitta di dolore nel petto. E la lasciò sola nel negozio ormai quasi vuoto, dopo averle risposto con tono basso e addolorato:  
"Una vecchia scommessa, Granger. Solo una vecchia, sciocca scommessa che avevo preso sul serio..."
 
Hermione lo vide sparire oltre la porta a vetri del Ghirigoro, risucchiato dalla folla caotica di Diagon Alley, mentre lei rimase paralizzata sul posto, senza respiro.
 
Una vecchia scommessa.
 
Un vortice di ricordi ancora perfettamente vividi la travolse, facendole battere il cuore ad un ritmo forsennato; ed anche se all'improvviso capì cosa conteneva quel sacchetto di velluto rosso, lo aprì lo stesso, con dita tremanti, solo per averne conferma.
 
...E così, l'anello d'argento di Draco cadde nel suo palmo, rendendo tutto fin troppo reale, ed Hermione boccheggiò, portandosi l'altra mano alla bocca. Credette quasi di svenire, mentre la scena di mesi prima le tornava alla mente, precisa in ogni dettaglio...
 
 
***

 
 
"Mi era sembrato che ti fossi preoccupato per me, prima..." Lo provocò Hermione.
"Ma non dire idiozie!" Sputò Draco con risentimento.
Lei rise con gusto di fronte alla sua faccia sdegnata, e decise di prenderlo un po' in giro:
"Avrei detto addirittura che tu ci stessi provando!" Hermione ammiccò verso il mazzo di fiori ancora sul tavolino, e ricominciò a ridere.
Draco divenne rosso come un pomodoro, e gettandosi il mantello sulle spalle con rabbia, le sbraitò contro: "Tu sei completamente pazza!"
"E' il fascino proibito del sangue sporco che ti attrae, ammettilo Malfoy!"
"Ma neanche se finisse la magia nel mondo, Granger!"
Chissà perché, all'improvviso lo sguardo di Hermione cadde sulla mano sinistra dell'uomo, attratta dal bagliore argenteo del suo anello, quello con il serpente inciso sopra, che lui indossava da quando era un bambino...
Poi, ricominciò a punzecchiarlo: "Dici? Invece io scommetto che un giorno ti innamorerai perdutamente di me, Draco Malfoy!"
La rabbia di Draco divenne pericolosamente gelida:
"Misurati la febbre, Granger. E' evidente che stai male. Vaneggi!"
Hermione si ricompose, cercando di non fargli notare l'arietta ironica che ancora aleggiava sul suo volto, poi lo guardò, e si accorse dello sguardo sfuggente di lui, che era uno sguardo un po' imbarazzato, oltre che arrabbiato. E Mentre Draco si aggiustava nervosamente i polsini del maglione, gli occhi di Hermione corsero ancora al bizzarro serpente d'argento  che lui portava al dito.
"Mi regalerai il tuo anello, se vincerò la scommessa! Così, ricorderò per sempre di aver domato il tuo spirito da serpente!"
"Ma finiscila con queste stronzate, Granger!"
"Scommettiamo?"
 
***

 
Mi regalerai il tuo anello, se vincerò la scommessa...

 
Hermione si accasciò contro il bancone del Ghirigoro, stringendo fra le dita l'anello che Draco le aveva donato, con gli occhi lucidi ed il cuore che le martellava violento nel petto.
 
Aveva sentito dire, da qualche parte, che l'amore non vive di parole, né può essere SPIEGATO a parole. E se era veramente così, allora Draco Malfoy aveva trovato un modo davvero sublime, per raccontarle silenziosamente che l'amava...
 
Tutte le frasi romantiche esistenti, in tutte le lingue del mondo, sussurrate in ogni angolo della terra, pronunciate da ogni persona, di ogni paese, di ogni nazionalità, d'ora in poi sarebbero state poca cosa, se confrontate alla profondità del gesto di quell'uomo.
 
Hermione boccheggiò, cercando il fiato che aveva perso da qualche parte nell'anima, e chiuse le palpebre, pensando, fra le lacrime che minacciavano di rigarle il volto, che una dichiarazione d'amore come quella, valeva per tutti gli anni spesi ad odiarsi disperatamente. 
 
Aveva giurato a se stessa, molto tempo fa, che non avrebbe più pianto. Che dopo gli orrori della guerra, niente e nessuno avrebbe più avuto il potere di farle rotolare lacrime salate dagli occhi: per dieci lunghi anni infatti, aveva inghiottito bocconi amari, represso la sofferenza, aggirato abilmente il bisogno di sfogarsi per tutto ciò che di brutto le capitava. Ma in quel momento però, Hermione Granger FINALMENTE infranse la promessa... e mentre sorrideva, fra i singhiozzi e le lacrime che le inondavano il viso, si infilò l'anello al dito, adattandolo alla sua misura con un colpo di bacchetta. Poi si precipitò fuori dal negozio, e venne investita dalla marea di maghi e di streghe che, come formiche impazzite, si affrettavano da una parte e dall'altra della strada, per fare la spesa, andare alla Gringott, sbrigare commissioni, riunirsi in gruppetti, rincorrere i figli.
Si guardò febbrilmente attorno, con gli occhi ancora appannati di lacrime, cercando di scorgere tra la folla una chioma inconfondibilmente bionda, ma si rese conto di aver perso troppo tempo a rimuginare e, con molta probabilità, Draco se n'era già andato. Percorse con furia Diagon Alley in direzione del Paiolo Magico, spintonando un paio di signore grassocce alle quali chiese scusa frettolosamente, imprecando contro l'ora di punta e facendo un sacco di sciocchezze di cui non si rese neanche conto. Ma all'improvviso, proprio mentre perdeva definitivamente la speranza di trovarlo ancora lì, lo vide: di spalle, intento ad osservare pigramente la vetrina di "Accessori per il Quiddich", con le mani nelle tasche.
 
 
***
 
 
A dire il vero, Draco ne aveva avuto di tempo a disposizione, per lasciare Diagon Alley e sparire dove più gli fosse piaciuto, ma... aveva indugiato di proposito, nella tenue speranza che lei venisse a cercarlo per dirgli qualcosa, una cosa qualsiasi. Gli andava bene tutto, purché lei reagisse: un insulto, una richiesta di spiegazioni, una risata di scherno, perfino un altro schiaffo...
 
Erano minuti che smaniava per tornare indietro, ma si era imposto di non farlo, perché riteneva di essersi esposto anche troppo per il suo carattere orgoglioso, umiliandosi al punto di farle capire in modo fin troppo palese che l'amava, quindi... se lei non si era fatta ancora vedere, semplicemente era indifferente, o perfino infastidita dai sentimenti che le aveva confessato. E allora a cosa sarebbe servito tornare al Ghirigoro? Solo per sentirsi dire che era stata una bella parentesi, ma che d'ora innanzi ognuno avrebbe ripreso la propria strada? Che, nonostante l'attrazione inspiegabile, lei ricopriva un ruolo troppo importante nella comunità magica per distruggersi la reputazione insieme a lui? No. No no no no... ancora gli rimaneva un po' d'orgoglio!
 
Secondo Draco, dire ad una donna di essere innamorato di lei, equivaleva a perdere ogni briciolo di autorità, e divenire schiavo dei suoi capricci per tutta la vita. Eppure, dopo tanti anni di solitudine e di chiusura verso i sentimenti umani, pure lui era inciampato, come tutti gli altri, nell'ostacolo dell'amore; ed aveva dovuto arrendersi all'evidenza di non poterlo contrastare, perché quando esso ti travolgeva, non c'era modo di scappare. Ma Draco era divenuto un uomo maturo, e sapeva pure che non poteva incolpare Hermione Granger per averlo fatto innamorare come un ragazzino; lei non aveva fatto nulla per incoraggiarlo verso quel sentimento, non aveva assunto alcun comportamento atto fargli credere che la loro frequentazione potesse divenire qualcosa di più importante, non aveva mai pronunciato promesse, o frasi riguardanti un eventuale futuro.
 
Fin da quando erano crollati la prima volta sul letto della sua camera a Malfoy Manor, stropicciando le lenzuola e rotolandosi con ardore, Draco ed Hermione erano sempre stati bravi a non sbilanciarsi mai, a deviare i discorsi imbarazzanti, ad ignorare cosa fossero diventati l'uno per l'altra. E questo era andato anche bene fino a poco tempo fa, quando erano troppo occupati a risolvere il mistero del gioiello maledetto dei Belby... ma adesso non più.
 
Mentre osservava gli oggetti esposti nella vetrina del negozio "Accessori per il Quiddich", Draco aggrottò le sopracciglia, colto da una sensazione inspiegabile, un turbamento misterioso, un istinto primitivo, che lo spinse a voltarsi verso la strada trafficata...
E davanti a lui, c'era Hermione. Che piangeva silenziosamente.
 
Se ne stava impalata sui ciottoli del marciapiede, ed ignorava la gente che la sorpassava spintonandola, troppo presa a singhiozzare e a fissare lui. Le lacrime le rigavano le gote arrossate, le facevano brillare i meravigliosi occhi cioccolato, la rendevano più fragile di quanto lui l'avesse mai vista fino ad ora.
 
Per un attimo, qualcosa si spezzò nell'animo di Draco, facendolo soffrire di uno strazio che non aveva mai provato malgrado ciò che gli era capitato durante il corso della sua disgraziata vita. Impallidì, per quanto potesse impallidire il suo volto già smunto: Perchè Hermione piangeva?
 
Draco credette di aver sbagliato a non affrontare il discorso limpidamente, nascondendosi dietro il dono dell'anello ed il suo significato. Aveva fatto il passo più lungo della gamba, ed ora non sapeva come fare a spiegarle che, nonostante la sua muta dichiarazione d'amore, preferiva un netto rifiuto, piuttosto che un un tiepido sentimento di riconoscenza.
 
"Perché piangi?" Le disse, attonito.
 
Lei lo guardò con un'espressione indecifrabile, provando a dire qualcosa, ma le uscirono solo una serie di singhiozzi, e Draco si disperò. Coprì la distanza che lo separava da lei con due falcate, e le si fece vicino, anche se evitò di toccarla, per paura di scatenarle reazioni indesiderate. Con sguardo addolorato, tornò a sussurrarle:
"Non piangere per me! Non ne vale la pena..."
 
Quando Draco aveva capito di amarla, aveva giurato a se stesso che non l'avrebbe mai più fatta piangere come faceva a scuola, e se per assurdo un giorno lei lo avesse fatto, sarebbero state lacrime di gioia, non di dolore. Promessa vana, ovviamente. Perché anche questo proposito, come tutti gli altri, era andato a farsi fottere, pensò.
 
E Draco Malfoy si sentì un viscido vermicolo senza spina dorsale.
 
Quanti altri danni avrebbe fatto? Quanta altra sofferenza avrebbe procurato alle persone?
Digrignò i denti per la delusione, pronto a dare le spalle ad Hermione per andarsene via e sparire dalla sua vita, come avrebbe dovuto fare subito: e cioè da quando si era accorto di essersene innamorato. Prima di voltarsi però, un barlume argenteo sull'anulare della donna attirò la sua attenzione, ed uno smarrimento totale si impadronì di lui, quando riconobbe l'anello.
 
Hermione l'aveva indossato.
 
"Sto piangendo perché sono felice, stupido!" Rispose all'improvviso Hermione, che aveva preso un grosso respiro prima di parlare, ed ora si stava asciugando gli occhi con le mani, mentre un sorriso enorme gli attraversava la faccia arrossata dal pianto.
 
Fu il sorriso più emozionante che Draco ebbe modo di vedere sul viso di una persona: talmente bello, che lo avrebbe ricordato per il resto della sua vita.
Così, tutte le inquietudini, tutte le incertezze, i problemi, le difficoltà... sparirono di colpo, e mentre quel doloroso peso nel petto finalmente lo abbandonava, alleggerendolo di un fardello preoccupante, Draco sorrise di rimando, consapevole che qualcosa di meraviglioso gli stava accadendo.
Hermione piangeva di gioia e, quella gioia, incredibilmente, gliela stava regalando lui, a dispetto di tutto ciò che di crudele, meschino e vergognoso le aveva fatto in passato.
Rise di sollievo anche lui, mentre realizzava che la vita, finalmente, gli stava donando qualcosa di buono; e si permise di allargare le braccia, nell'attesa che lei raccogliesse l'invito...
 
Senza badare né al luogo, né a tutta la gente che li circondava, né alla curiosità morbosa che avrebbero scatenato, Hermione si gettò contro il suo petto, e lui se la strinse addosso in un abbraccio possessivo, che sapeva di tante cose ma, soprattutto, di felicità.
Rimasero fermi sul marciapiede di Diagon Alley per molto tempo, avvinghiati l'uno all'altra, senza staccarsi, senza parlare, ignorando la gente che gli passava davanti, gli strilloni che vendevano Il Cavillo, i gufi che sfrecciavano in tutte le direzioni con la posta attaccata alle zampe.
 
"Amore mio..." Gli sussurrò Hermione sul collo, e a lui parve di non aver mai sentito, prima di allora, parole più belle di quelle. Sorrise emozionato, ancora incapace di credere davvero a quello che gli stava succedendo.
 
Certo, Draco non sapeva se sarebbe mai stato capace di diventare un sentimentale, o di annullarsi completamente per esaudire ogni minimo desiderio di Hermione, o moderare il suo carattere scorbutico e tendente al cinismo per non farla arrabbiare; non sapeva neanche se sarebbe mai stato in grado di farsi piacere cose, ideali, e persone che per natura non sopportava, o scendere dal suo piedistallo di superiorità per mischiarsi ai comuni mortali, ma... una cosa soltanto sapeva: l'avrebbe amata con tutto se stesso, e se solo l'avesse fatta soffrire ancora, avrebbe chiesto a Potter di lanciargli un Avada Kedavra, come giusta punizione!
 
La baciò delicatamente sulle labbra senza strafare, anche se l'istinto gli chiedeva di spingere, affondare, sovrastare, spogliare, fare tutto ciò che un corpo affamato esige. Ma Draco non voleva dare spettacolo, almeno non più di quello che già stavano dando in quel momento!
Hermione ridacchiò contro il suo petto, conscia degli sguardi sbalorditi di qualche mago che li aveva riconosciuti, e Draco riprese a baciarla, infischiandosene per una volta dell'opinione della gente. Aspettò di esaurire il fiato per staccare le labbra da quelle di lei, e sussurrarle a qualche millimetro dalla bocca:
"Come diavolo hai fatto?"
E lei aggrottò le sopracciglia, confusa: "Come ho fatto a fare cosa?"
Draco era tornato improvvisamente riflessivo: "A farmi rincretinire così!?! Mi hai strappato il cuore dal petto e te lo sei preso, maledetta strega!"
 
La sua espressione seria contrastò con la risata genuina di Hermione, che lo strinse più forte a sé, nascondendo la faccia contro di lui.
"Rivuoi forse indietro il tuo anello, Malfoy?" Lo sfidò con tono furbetto, ma la risposta che ottenne, lasciò Hermione completamente senza fiato...
"No, Granger!" La voce di Draco si fece bassa e profonda: "Puoi tenerlo. Puoi tenerlo tutto il tempo che vorrai... anche tutta la vita, se lo desideri."
 
Hermione finì per seppellire ancora di più il viso nel petto del ragazzo, presa da un'emozione impetuosa che le fece arrossare di nuovo gli occhi, mentre lui la stringeva più forte ancora.
 
"E non ricominciare a piangere, Hermione! Per favore, non lo sopporto... Smettila. Non sai quanto mi fa male, vederti farlo!" Poi le afferrò il mento e la guardò negli occhi, beandosi della sua bellezza semplice e discreta, pensando a quanto era stato stupido da ragazzino, e a quanto invece era fortunato ora, per aver rimediato all'errore.
Poi... Draco sospirò profondamente, prima di dar voce ad un pensiero assillante:
"Lo sai che non farò mai amicizia con Potter e Weasley solo per farti contenta, vero?" Le chiese, colto improvvisamente dall'ansia: "Lo sai che, nonostante tutto, non diventerò mai un uomo buono ed altruista?! E pure che non libererò il mio elfo domestico in nome della tua fissazione per le creature magiche sfruttate!? Devi saperlo, Hermione! Devi saperlo perchè io non voglio illuderti di qualcosa che non esiste! Io in fondo, sono lo stesso di sempre..."
 
Aveva lo sguardo allarmato mentre pronunciava quelle parole, ma Hermione lo guardò con occhi dolci, per tranquillizzarlo:
"So perfettamente chi sei, Draco! Non devi dirmi nulla. E non pretendo niente di tutto questo, da te! Sarei una pazza a cercare di cambiarti a tutti i costi. A me vai bene così come sei. Davvero. Anzi, chissà... forse se non fossi stato tanto scorbutico, menefreghista, asociale, arrogante, altezzoso e perfido, non mi sarei neanche innamorata di te!"
 
Draco sollevò un sopracciglio, falsamente offeso: "Grazie per i complimenti, eh!"
 
E di nuovo, la risata cristallina di Hermione si insinuò nell'uomo, raggiungendo il suo cuore fino a sconquassarlo di felicità. Stavolta lui la baciò con trasporto tenendole il viso con entrambe le mani, le fece dischiudere le labbra invadendole la bocca senza timore, l'assaporò con ardore, poi prese a lambirla piano, per ascoltare il suo respiro delicato, il rumore che facevano le loro labbra unite, ed i battiti veloci dentro il petto.
 
Separarono le labbra solo quando dei mormorii scandalizzati raggiunsero le loro orecchie...
 
Quella lì... ma non è Hermione Granger? E quel ragazzo... Oh Merlino, è Malfoy!
Malfoy? Malfoy chi? Il figlio di Lucius? Quel ragazzo pallido e sempre triste?
Sì! Non lo riconosci? Draco Malfoy, quello che era invischiato nelle faccende oscure dei Mangiamorte! Proprio lui!
Che cosa assurda! E da quant'è che Hermione Granger frequenta l'erede dei Malfoy? Quella ragazza è fuori di testa! Farà rivoltare tutta la comunità magica...
 
Draco sbuffò irritato e, con amarezza, le disse a bassa voce:
"Sei sicura della stronzata che stai facendo, Hermione? Avrai una vita diffic..." Ma lei si affrettò a mettergli un dito sulla bocca, per zittirlo: "Ssshhh... Basta, Draco! Non dire più niente. Ti scongiuro!" Poi, con lo stesso dito, aveva finito per accarezzargli le labbra chiuse, senza fretta, facendo scivolare il polpastrello sul mento, fino al pomo d'Adamo. Tornò a guardarlo con amore, aggiungendoci un pizzico di malizia:
"Sarai tu piuttosto, ad avere vita difficile con me, sai?! Ho paura che non ce la farai a sopportarmi!" E gli poggiò le mani sul petto, assaporando il calore che sprigionava: "Dicono tutti che sono tremendamente cocciuta, saccente, intrepida e presuntuosa!"
 
Draco sollevò gli angoli delle labbra, in un piccolo sorriso rincuorato, ed inarcò scherzosamente un sopracciglio:
"Ma daii... Non l'avrei mai detto! A scuola eri così modesta e riservata! Non hai mai tentato di metterti in mostra, MAI! Neanche una volta! Non eri mica come quella ragazzina riccia che si indispettiva perchè il professore di pozioni ignorava la sua mano alzata! Quella che si divertiva pure prendere a schiaffi i Serpeverde..." Terminò il discorso fingendo poi di riflettere: "Com'è che si chiamava? Non mi ricordo..."
 
"Sei un idiota!" Ridacchiò Hermione.
 
Nel frattempo, alcuni passanti si erano fermati ad un paio metri da loro con la scusa di guardare le vetrine, e più di una volta Draco si era ritrovato a fulminarli con sguardo gelido, quando il loro curiosare si faceva troppo palese.
 
"Un'ultima cosa..." Le disse lui estremamente serio. Era appena tornato a prestarle completa attenzione dopo che, con la sua espressione rabbiosa, aveva fatto scappare a gambe levate una vecchietta pettegola.
Hermione affilò lo sguardo, convinta che Draco stesse per ricominciare con i suoi dubbi, le sue incertezze, e le paure generate dall'opinione maligna della gente: "Cosa vuoi dirmi, Draco?"
 
Lui cambiò inaspettatamente il tono, che da serio si fece piuttosto ironico: "Devo avvisarti che sto diventando pericolosamente stempiato! Quindi, beh... dillo subito se la cosa non ti garba, perchè non ti permetterò di lamentartene più avanti, intesi?!"
 
Hermione, che scoppiò di sollievo all'idea che lui non avesse ripreso con le solite titubanze, spalancò la bocca, fingendo di essere terribilmente scioccata dalla notizia: "Ooh Merlino santissimo!!!! Non me n'ero mai accorta, sai?! E me lo dici solo adesso?"
Lo sguardo le si fece ridente quando, con una mano sul cuore, riprese in tono falsamente drammatico: "Ahimè... Dovrò farmene una ragione!" Poi scoppiò a ridere, contagiando anche lui.
 
Finalmente si baciarono con foga, senza badare più a niente: Draco l'afferrò per i fianchi spingendosela contro, ed Hermione gli allacciò le braccia dietro il collo, immergendo le dita fra i capelli biondi e lisci. Una frenesia impaziente si appropriò dei loro corpi giovani ed impetuosi, ed anche se fu difficile separarsi, Hermione alla fine, riuscì a staccarsi dalle labbra di Draco quasi a forza, mentre lui emetteva un lamento indispettito e provava a baciarla di nuovo. Gli si negò sorridendo e poi, sfiorandogli la punta del naso con il proprio, gli sussurrò in tono roco, impaziente, quasi eccitato: "Andiamo via, Draco!"
 
Lui allora inspirò soddisfatto, intanto che un calore fin troppo conosciuto andava ad insinuarglisi fra le gambe: "Dove, amore mio?" Le domandò soffiandole nell'orecchio con una sfumatura provocante nella voce. A lei brillarono gli occhi di piacere mentre rispondeva sottovoce: "A casa!"
 
Non ci fu bisogno di specificare nient'altro... perchè CASA, significò per entrambi una maestosa villa immersa nel cuore del Wiltshire, dove i passi rimbombavano sui pavimenti in marmo, dove i pavoni bianchi passeggiavano nei giardini, dove lo sguardo si perdeva nel grande parco, e le querce secolari davano rifugio agli uccellini che, la mattina, cantavano allegri vicino le finestre.
 
Draco le afferrò una mano, e la guidò rapidamente sui ciottoli sconnessi, diretto senza esitazione al Paiolo Magico per uscire da Diagon Alley e smaterializzarsi via.
 
Non sapeva quanto sarebbe durata tutta quella pace, tutta quella passione, tutto quell'ardore che li aveva pervasi, visto che Draco aveva imparato molto presto e a sue spese, che la felicità era effimera, illusoria... che per ogni attimo di spensieratezza, erano in agguato delusioni, sciagure, pentimenti e dolori. Però, era pur vero che lui aveva passato tanto di quel tempo ad aspettare un raggio di sole nel buio delle sue giornate solitarie, che ora non voleva rinunciare alla sua intensa luminosità solo per paura di rimanere scottato. Voleva bearsi finalmente di quella luce, scaldarvisi, perfino bruciarsi, per morire un giorno con la soddisfazione di aver provato, anche per un solo attimo, un po' di vero amore.
 
Trascinò via Hermione proprio mentre il rumore di un flash fotografico li sorprese con le mani intrecciate e l'aria di chi non voleva finire sui giornali di gossip.
Ma non importava! A Draco non importava più se qualcuno avesse parlato male dell'erede dei Malfoy sulla Gazzetta del Profeta. Per il momento era felice, e questo gli bastava.
E poi, aveva qualcosa di molto più interessante da fare ora, a casa con lei...
 
 
***

 
 
La vita, chissà perchè, gli aveva offerto un'opportunità per essere felice, ed anche se era ancora convinto di non meritarla, ma soprattutto di non essere all'altezza del candore, della bellezza e della luce eroica che emanava Hermione Granger, Draco volle provare ad afferrare questa occasione, per scoprire se anche dal suo animo tormentato, potesse venirne qualcosa di buono.
Ma c'era una cosa però da puntualizzare...
Malgrado avesse deciso di donare il suo cuore all'amore, ed il resto della sua esistenza alla completa devozione di quella donna che per troppo tempo aveva dolorosamente disprezzato, Draco, in fondo in fondo, sarebbe rimasto per sempre un gran maleducato, un egocentrico, un arrogante, ed un altezzoso uomo. Come Hermione alla fine, avrebbe continuato per sempre a maledirlo, a litigarci, a detestarlo, a fargli dispetto... a difenderlo, adorarlo, desiderarlo, ed amarlo più della sua stessa vita.
 
 
"L’amore è, per definizione, un dono non meritato! Anzi, l’essere amati senza merito, è la prova del vero amore… Quanto è più bello sentirsi dire: sono pazza di te sebbene tu non sia né intelligente né onesto, e sebbene tu sia bugiardo, un egoista, e un mascalzone..."
Milan Kundera
 
 
Fine


 
 
 
 
 
 
E' stato davvero facile liberarsi del quadro maledetto trasferendolo all'ufficio Misteri sotto il controllo degli Indicibili!
Fin troppo facile... O no???
"Le fiabe oscure" continua con "Il cacciatore di maledizioni"

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