Cronache Bizantine

di mystery_koopa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I. Fuoco Greco ***
Capitolo 2: *** II. L'Impero è in pericolo ***
Capitolo 3: *** III. Una Donna e un Impero ***
Capitolo 4: *** V. Ricevimento ***
Capitolo 5: *** IV. Oì Nostoi ***
Capitolo 6: *** VI. Pensieri e Parole ***
Capitolo 7: *** VII. Soffio di Vento ***
Capitolo 8: *** VIII. Chryssa, Emozioni ***
Capitolo 9: *** IX. Rimorsi e Incognite ***
Capitolo 10: *** X. Lei ***
Capitolo 11: *** XI. Perdere la Trebisonda ***
Capitolo 12: *** XII. Brividi e Sguardi ***
Capitolo 13: *** XIII. Punti di rottura ***
Capitolo 14: *** XIV. Le tre verità ***
Capitolo 15: *** XV. Confronti e Risoluzioni ***
Capitolo 16: *** XVI. Due Assassini ***



Capitolo 1
*** I. Fuoco Greco ***


Dedicato a te, che mi hai sempre sostenuto.
 
I – FUOCO GRECO

 
Il porto era in subbuglio: erano in corso i preparativi per la battaglia finale, quella che avrebbe determinato le sorti dell’Impero e dell’Europa cristiana. I marinai correvano ovunque trasportando anfore e casse, le donne tessevano le bandiere per la flotta da guerra e gli artigiani consegnavano ai capitani delle navi i sifoni contenenti l’arma che avrebbe dovuto definitivamente scalfire la resistenza degli assedianti arabi, il fuoco di calce viva. Solamente un uomo restava seduto in disparte su una cassa, come se non s’interessasse di tutto ciò che stava accadendo intorno a lui: si trattava di Konstantinos Ampatis, l’ammiraglio in capo della flotta, colui che avrebbe ricevuto gli onori per una vittoria e le colpe per una sconfitta, anche se ciò non sembrava importargli in quel momento.
Dopo quasi un anno di assedio e decine di migliaia di morti, gli Arabi ancora non avevano desistito; sapevano che la conquista di quella città, Costantinopoli, il desiderio del mondo, avrebbe aperto loro le porte dell’Europa orientale. Konstantinos guardò il calendario: era l’inizio del mese di agosto, quello che prendeva il nome da un grande imperatore, dell’anno del Signore 718, e quella data sarebbe stata ricordata a lungo come quella della vittoria o della sconfitta più grande dell’Impero Romano d’Oriente, ciò che restava della più grande civiltà della storia.

Era l’ora decisiva: i rifornimenti erano stati completati e le navi erano pronte a mollare gli ormeggi, dirette verso il Bosforo, dove la grande flotta Omayyade, ormai già danneggiata da ripetuti attacchi, stanziava da mesi; quello però era l’attacco decisivo e definitivo, e Konstantinos avrebbe dovuto dirigerlo. L’ammiraglio si alzò, lentamente, dirigendosi poi verso il molo d’imbarco per salpare alla volta della battaglia ma, giunto a pochi passi dalla galea ammiraglia, sentì una voce conosciuta chiamare il suo nome:
“Mi sembrava strano che non si fosse ancora presentato...” pensò l’uomo, ironico ma teso al contempo, mentre si girava per rispondere.
Era il basileus, Leone III l’Isaurico, il generale che, dopo essersi infiltrato nelle file arabe e aver studiato attentamente la strategia nemica, aveva preso il potere e stava guidando la città al successo. Konstantinos però non lo aveva conosciuto come imperatore o comandante dell’esercito, ma vent’anni prima, come amico e compagno di accademia militare, con il quale aveva condiviso ogni momento della sua giovinezza: i migliori, ma anche quelli più bui. Leone, dopo aver preso le redini dell’Impero, aveva insistito per convincerlo a prendere il comando della flotta da guerra, abbandonando la marina mercantile, nonostante i fiorenti traffici che Konstantinos gestiva; Ampatis aveva accettato l’incarico, non per riconoscenza verso l’amico o per fame di prestigio o ricompense, dopotutto aveva tutto ciò di cui poteva aver bisogno, ma per salvare la sua patria, verso la quale si sentiva in obbligo. Leone gli si avvicinò, e iniziò a parlargli: non di guerre, strategie o battaglie, ma dell’amicizia e della fiducia che riponeva in lui; nonostante avessero un rapporto a tratti conflittuale i due erano profondamente legati, e avrebbero sacrificato anche la vita l’uno per l’altro.

L’ammiraglio ora era pronto per imbarcarsi: salutò con lo sguardo l’amico e la città e salì sulla nave, issandosi sulla plancia di comando. Dai palazzi affacciati sulla baia si poteva vedere un’immensa flotta, costituita da decine di navi da guerra battenti bandiere color porpora, dirigersi verso il largo. Il cielo era terso, e la visuale si spingeva fino alla costa asiatica di Optimatoi, nei cui pressi anche la flotta araba si stava preparando per ingaggiare il conflitto, guidata da Mohammed Ibn-Maghrib.

*

Poco dopo, le navi che guidavano i due schieramenti si erano sfiorate e la battaglia era iniziata, sotto lo sguardo degli assediati bizantini e degli assedianti islamici guidati dal generale Maslama ibn Abd al-Malik. Stormi di frecce piovevano verso le navi greche, che rispondevano con il lancio di pietre, in attesa che la loro maggiore arma fosse pronta all’utilizzo. Lo scontro sembrava risolversi nei confronti dei Romei, ma improvvisamente una freccia colpì il timoniere di una nave, comportando un cambiamento della rotta dell’imbarcazione e la conseguente rottura dello schieramento bizantino. Era l’inizio di una fase incerta dello scontro, dove le navi erano una a ridosso dell’altra ed ogni colpo andato a segno poteva essere un passo decisivo verso la vittoria finale. Anche le navi ammiraglie delle due flotte si trovavano ora in mezzo allo scontro, e gli attacchi arabi si accanivano su quella bizantina, per cercare di uccidere l’ammiraglio che guidava l’intera flotta imperiale, che senza un comando sarebbe caduta in preda al panico e sarebbe stata facilmente sconfitta.
Sotto la continua pressione, l’equipaggio era ridotto ormai allo stremo e le perdite erano numerose, ma Konstantinos si trovava ancora sulla plancia di comando a guidare la sua flotta; anche l’artificiere era morto, e la nave non poteva nemmeno difendersi col fuoco greco, perché alcuni marinai islamici stavano provando ad abbordarla e la battaglia imperversava sul ponte principale. Konstantinos capì che c’era un’unica possibilità di vittoria: scese dalla plancia e si diresse faticosamente fino alla catapulta, dove non posizionò delle pietre, ma l’intero sifone di fuoco di calce, che avrebbe dovuto lanciare verso la nave ammiraglia della flotta nemica, sulla quale l’ammiraglio Ibn-Maghrib credeva ormai certo il suo trionfo. L’esperto ammiraglio greco sapeva che c’era un solo tentativo, e che se avesse sbagliato le speranze della città di resistere sarebbero diventate quasi inesistenti, ma doveva comunque provarci prima che il bersaglio si spostasse dalla traiettoria di lancio.

 
*

Sulla terraferma la battaglia si era definitivamente fermata: i soldati di entrambi gli schieramenti stavano osservando il cruento scontro che stava avvenendo in mare e tutti gli abitanti della città si erano radunati nel porto; solo uno era rimasto chiuso nella sua abitazione: era il basileus, che non poteva accettare di vedere sia la sconfitta che la morte dell’amico. Se avesse ricevuto la notizia dell’avvenuta tragedia si sarebbe ucciso, in quanto si riteneva artefice e responsabile dell’esito di ogni battaglia e dell’intero conflitto. Era fermo, in piedi, fissando il muro, aspettando che qualcuno arrivasse ad avvisarlo sulle condizioni della battaglia; la sua spada era già sfoderata e appoggiata sulla cassettiera di mogano, posta alla sua destra.
Konstantinos intanto stava sudando freddo, le sue mani tremavano e la vista gli si stava appannando, ma cercò di concentrarsi al massimo: respirò a pieni polmoni, dilatò le pupille e tirò un fendente con la spada per tagliare la corda che bloccava la leva. Il sifone sorvolò molte delle navi coinvolte nella bolgia, dirigendosi verso l’ammiraglia nemica; il colpo sembrava troppo alto, e se avesse mancato l’obiettivo le conseguenze sarebbero state irrimediabili, ma colpì l’apice della vela maestra, che prese fuoco all’istante. Il fuoco si propagò dalla nave principale, che si trovava al centro dello schieramento, anche alle altre, che i capitani arabi avevano fatto avvicinare pensando che il fuoco si sarebbe spento al contatto con l’acqua. Ma così non fu, e l’intera flotta araba costituita da centinaia di imbarcazioni fu distrutta, tanto che alla principale base Omayyade in Siria ne sarebbero ritornate solamente cinque.

Leone, sentendo esultare la folla, si affacciò alla finestra, vedendo le navi greche tornare in porto e quelle del califfo bruciare, mentre i marinai arabi che si erano buttati in mare per provare a fuggire a nuoto verso l’Asia avevano trovato la morte per il fuoco, che continuava a divampare sulla superficie della Propontide coprendo le loro urla di dolore.. La flotta di Bisanzio aveva riportato solamente poche perdite; l’Impero aveva vinto la battaglia e la guerra: pochi giorni dopo anche l’esercito di terra di Maslama si sarebbe ritirato ed anche il secondo assedio arabo di Costantinopoli sarebbe terminato in favore degli assediati, che avrebbero mantenuto inespugnabili le mura della città fino al XV secolo, grazie soprattutto al fuoco greco, l’arma oggi perduta che la storia europea ricorda come l’ultimo baluardo che la salvò dalla conquista islamica nell’Alto Medioevo.

Konstantinos ricevette i meritati onori, ma rifiutò ogni premio che gli venne offerto, continuando la sua brillante carriera di ammiraglio per dedicarsi con tutte le sue risorse alla marina commerciale e militare del suo Impero.




SPAZIO AUTORE:
... e finalmente ecco la mia prima long! Spero di riuscire ad aggiornarla con cadenza regolare, ma gli impegni sono molti. Vi invito come sempre a recensire e a lasciare le vostre opinioni sulla trama e sullo stile di scrittura, accetterò volentieri consigli utili per migliorarmi.
Alla prossima,
mystery_koopa
EDIT: Capitolo Revisionato.

 

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Capitolo 2
*** II. L'Impero è in pericolo ***



II – L’IMPERO È IN PERICOLO

 
Konstantinos era sdraiato, fissando il basso soffitto della coperta della nave. Sentiva le onde che si infrangevano contro la chiglia e facevano leggermente oscillare l’imbarcazione, ancorata nel porto di Messina. Era passato quasi un anno dalla sua vittoria a Costantinopoli e, oltre a compiere alcuni incarichi per il governo, aveva ripreso i suoi traffici commerciali, stipulando degli accordi con la neonata Repubblica di Venezia e con i Longobardi, per poter commerciare anche lungo le ricche coste italiane. Per ricompensarlo delle sue imprese l’imperatore aveva cercato di offrirgli delle alte cariche governative e una moglie, ma l’ammiraglio aveva rifiutato ogni carica e ogni compagna: non l’aveva fatto per ingratitudine, ma perché preferiva la solitudine. Di donne ne avrebbe potute avere quante ne voleva: era un bell’uomo sulla quarantina, alto e moro, aveva la carnagione tipica degli abitanti delle coste mediterranee ed inoltre una grande intelligenza. Lui però non sfruttava queste sue doti per intrattenere rapporti con altre persone, non riusciva a sopportare di passare del tempo con qualcuno se non fosse stato necessario farlo.

I suoi momenti migliori erano quelli in cui era solo, chiuso in una stanza, a perdersi nei suoi pensieri, nella lettura o nel lavoro, senza nessuna interferenza esterna. Come avrebbe potuto vivere in pace con una persona che viveva nella sua stessa stanza! Per quanto quest’ultima potesse essere discreta e riservata sarebbe stata comunque un’interruzione del suo tentativo di raggiungere la calma piatta più totale, che, secondo lui, gli avrebbe permesso di ottenere una fermezza e una rilassatezza mentali degne di uno di quei leggendari monaci dell’estremo oriente dei quali raccontavano alcuni vecchi cantori persiani.

L’unico amico che aveva era Leone, ma i rapporti con lui si erano affievoliti nel corso del tempo, fino a quando non si erano persi definitivamente; si erano ritrovati solo anni dopo, quando ormai le loro vite erano cambiate, durante la guerra per salvare la loro patria. Ormai la solitudine era diventata un’abitudine che era parte integrante della sua vita quotidiana, e difficilmente avrebbe rinunciato al tempo che utilizzava per riordinare i suoi pensieri, che correvano nel tempo senza che lui se ne rendesse conto e potesse fermarli: tutti i ricordi affioravano uno dietro l’altro senza una connessione logica e nulla riusciva a distoglierlo da essi, neanche da quelli più dolorosi, che Konstantinos desiderava soltanto dimenticare. L’ammiraglio si alzò dal letto, si diresse verso la specchiera ed osservò la sua immagine riflessa: era lì, nudo da ogni protezione, con indosso soltanto una leggera camicia di lino; era lui, Konstantinos Ampatis, senza nessun filtro, senza niente altro. La sua immagine trasmetteva una forte stanchezza nell’animo, nonostante il suo fisico fosse ancora forte; le sue battaglie più grandi erano state quelle interiori, e dall’enorme portata delle sue battaglie navali si poteva facilmente dedurre la grandezza di ciò che accadeva dentro di lui.

 
*
 
Konstantinos aprì la cassettiera, estrasse ed indossò i suoi vestiti da giorno ed uscì dalla cabina, salendo sul ponte. Il sole di luglio era accecante, in contrasto con l’oscurità delle stanze interne; Ampatis si coprì gli occhi con una mano, scendendo dalla nave ed immergendosi nella calca del mercato del porto: aveva bisogno di distrarsi, e quello era il modo migliore per farlo. Donne e uomini urlavano da dietro bancarelle i prezzi dei loro prodotti, ingaggiando un’accesa battaglia sonora per attirare il maggior numero possibile di acquirenti, e il flusso della folla si interrompeva ogni pochi passi, intrecciandosi con le file interminabili dei banchetti del pesce. Konstantinos, mentre camminava distratto dal rumore e rasente al muro, si sentì improvvisamente afferrare alle spalle. Si rese subito conto che una persona dalla muscolatura massiccia l’aveva trascinato all’interno di un palazzo: l’uomo lo sbatté al muro, gli legò le mani e gli bendò gli occhi, costringendolo ad incamminarsi lungo degli interminabili ed intricati corridoi e fermandosi solo all’interno di una porta, dove Konstantinos venne slegato; l’ammiraglio era ansioso, ma non aveva perso la lucidità: avrebbe solamente potuto peggiorare la situazione, come un militare ben sapeva.

La stanza era enorme: tutte le pareti erano ricoperte da armadi ed al centro era collocato un grande tavolo rettangolare, lungo quasi come l’intera sala. A capotavola era seduta una donna vestita riccamente, con tessuti pregiati e preziosi gioielli: era di corporatura piuttosto esile, con la carnagione chiara, i capelli castani e un’espressione grave sul volto.
“Mi dispiace di averla prelevata in questo modo signor Ampatis, -esordì la donna- ma questo era l’unico modo che avevo per parlare con lei. Ho estremamente bisogno del suo aiuto: devo affidarle un importante incarico, ma devo essere certa di poter contare sulla sua riservatezza e sulla sua professionalità nello svolgere il compito che le darò”.
“Mi scusi, signora, ma da quando sono costretto a fare ciò che mi dice una completa sconosciuta che mi ha fatto sequestrare senza neanche sapere di cosa si tratti? Non pensa che avrei il diritto di rifiutare la sua proposta?”
La donna però riprese a parlare:
“Non penso che le convenga rifiutare signor Ampatis, dato che la cosa riguarda anche lei. Ah, non mi sono ancora presentata: io sono Chryssa Maria Aristis, reggente della qui vicina città di Naxos. Sa, sono molto conosciuta in zona, per questo ho voluto tenere segreto il più possibile questo nostro primo incontro”.
“Lieto di conoscerla, ma non capisco ancora come qualcosa potrebbe riguardarci entrambi, dato che non ci eravamo mai visti prima d’ora”, le rispose Konstantinos, che iniziava ad alterarsi.
“Iniziamo ad avviarci verso la sua nave, le spiegherò tutto lungo la strada. Non sarà una cosa sospetta, se fingerà di conoscermi” fu la conclusione della donna, che l’ammiraglio dovette assecondare.

 
*
 
I due uscirono dal palazzo e si immersero nella marea di gente che ancora affollava il mercato. Dopo alcuni minuti trascorsi in silenzio, Konstantinos parlò per primo:
“Allora, si vuole decidere a parlare?”
“Sì, certo”, rispose Chryssa, “Ciò che sto per dire riguarda la nobildonna Leonora Cazaretian, che sicuramente è una delle tue conoscenze a Costantinopoli; devi sapere che quella donna sta cercando di portarti via tutti i tuoi possedimenti in città, accusandoti davanti all’imperatore di tradimento nei confronti della patria e dicendo che i tuoi commerci sono solo una copertura per riferire informazioni riservate ai Longobardi e agli Islamici. Ebbene, devo rivelarti che quella donna è mia sorella. Vuole vendicarsi con te perché hai ucciso il suo amante, la persona alla quale teneva di più, Mohammed Ibn-Maghrib, l’ammiraglio arabo che tu sconfiggesti nella battaglia del Bosforo. Llei sperava segretamente che gli arabi prendessero la città, cosicché ibn-Maghrib l’avrebbe potuta catturare come schiava e l’avrebbe sposata: probabilmente, avevano già un accordo simile. Si erano conosciuti durante un incontro di agenzie commerciali a Djerba, dove Mohammed, che come te prima di diventare un militare era un mercante, doveva trattare un affare con nostro padre. Si erano innamorati subito, un amore di quelli che ti prende l’anima, ma nostro padre l’aveva scoperto e l’aveva immediatamente data in sposa ad un nobile armeno di Trebisonda, residente da tempo a Bisanzio, Vassilis Cazaretian, uno degli uomini più vicini all’imperatore. Nonostante ciò, ella non ha mai smesso di amare quell’infedele, e quando egli morì per mano tua iniziò a tramare la sua vendetta: senza di te al comando la flotta bizantina sarebbe più debole, e gli Omayyadi tenterebbero sicuramente un nuovo attacco. Devi agire in fretta, prima che sia troppo tardi, per salvare la tua reputazione e quella della mia famiglia, che andrebbe compromessa per sempre se si sapesse della sua cospirazione contro la città”.
“E quindi, cosa dovrei fare nell’interesse di entrambi?”
“Devi fermarla in tempo, prima che riesca ad accusarti e che si sappia della sua relazione sconveniente e delle sue macchinazioni: sono disperata, le mie spie nella capitale, che hanno scoperto tutto, non possono farcela da sole, devi andarci tu! In questa lettera ci sono i nomi e i recapiti delle persone con le quali ho dei contatti in città, parlaci il prima possibile”.

 
*
 
I due intanto erano arrivati alla fine del mercato, all’interno del porto. Konstantinos salì sulla nave, lasciando Chryssa sulla banchina del porto; l’ammiraglio scese sottocoperta, entrò nella sua cabina, si chiuse la porta alle spalle e si abbandonò sul letto. Quella notizia non lo sorprendeva più di tanto, sapeva benissimo di avere dei nemici, ma non pensava che questi fossero interni all’Impero e così vicini alla sede del potere. Appena arrivato a Costantinopoli avrebbe cercato le spie di Chryssa e ideato un modo per fermare Leonora e il suo piano, come gli aveva richiesto la donna. Ella gli faceva un effetto strano: non solo lo suggestionava, ma era anche capace di convincerlo a credere a tutto ciò che diceva nonostante ancora non si conoscessero. Era probabilmente una dote innata, un magnetismo in grado di rapire qualsiasi interlocutore, qualcosa di opposto al suo modo diretto e schivo di porsi.

Konstantinos aprì la lettera: vi erano indicati i nomi e i recapiti di due persone, non le aveva mai sentite nominare, ma le avrebbe cercate. Questo era ciò che vi era scritto:

Eccelso signor Ampatis, questi sono i miei contatti a Costantinopoli: sono persone a stretto contatto con la famiglia Cazaretian, per cui sono molto informate sugli intenti di quella donna. Spero che andrete d’accordo e sarete in grado di fermare in tempo questa minaccia. Questi sono i loro recapiti:
-Philoteos Theron: segretario privato dell’anziano padre di Vassilis Cazaretian, che risiede nello stesso palazzo del figlio ma le sue stanze, compresa quella del maggiordomo, sono situate nell’ala sinistra, mentre Vassilis e Leonora vivono nell’ala destra;
-Agata Yael: dama di compagnia di Leonora Cazaretian, che dorme nella camera attigua a quella di Philoteos: le due stanze, situate al confine tra le due metà del palazzo, sono collegate attraverso un cunicolo segreto passante per la cantina.
Vi raccomando anche di stare attento al signor Cazaretian, non so cosa sappia delle intenzioni della moglie. Ora potete partire verso la città; spero di ricevere da voi buone notizie e mi auguro di rivedervi presto,
Chryssa Maria Aristis



 
SPAZIO AUTORE:
Eccomi finalmente con il secondo capitolo di questa saga sui Romani d'Oriente; nonostante abbia già alcuni capitoli pronti penso che li pubblicherò uno per volta con cadenza bisettimanale, probabilmente il venerdì, per garantire la regolarità nella pubblicazione dato che gli impegni scolastici sono sempre più pressanti. Allora, che ne pensate di questa svolta nella trama e del personaggio di Chryssa? Fatemelo sapere nei commenti, risponderò volentieri a tutti. Alla prossima,
mystery_koopa
EDIT: Capitolo Revisionato.

 
 

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Capitolo 3
*** III. Una Donna e un Impero ***



III – UNA DONNA E UN IMPERO

 
Konstantinos chiamò a gran voce il primo ufficiale della nave, il quale chiese all’ammiraglio di cosa avesse bisogno. Egli gli rispose di radunare tutto l’equipaggio, perché la nave sarebbe dovuta partire entro un’ora: l’ufficiale rispose affermativamente all’ordine ed uscì velocemente dalla stanza. Konstantinos si spogliò di tutti gli indumenti e si lasciò cadere sul letto, stringendo ancora in mano la lettera di Chryssa; aveva gli occhi chiusi, ma non stava né dormendo né pensando a ciò che avrebbe fatto non appena fosse arrivato in città: era ritornato ai suoi vecchi pensieri, dai quali ancora non era riuscito a distogliersi nonostante gli avvenimenti di quel giorno. Anche se non ne aveva la minima intenzione la sua mente iniziò a concentrarsi su uno dei momenti più dolorosi della sua vita, un momento che gli tornava in mente spesso ma che voleva solo dimenticare. Quella separazione forzata aveva cambiato la sua vita, contribuendo in larga parte a renderlo ciò che era diventato: un uomo solitario e malinconico, che non tollerava la presenza di nessun altro nel suo stretto spazio privato. L’ammiraglio si alzò, chiuse a chiave la porta della stanza e si sforzò di pensare ad altro, tornando a sedersi sul letto.

L’unico altro pensiero che gli passava per la mente riguardava Chryssa: il loro breve incontro non gli aveva dato il tempo di poter capire la sua personalità, che probabilmente era molto complessa e con mille sfaccettature, così come la sua. Ciò la rendeva una persona interessante, ma Konstantinos rimaneva comunque abbastanza scettico nei suoi confronti. Chissà poi com’era la sorella, che prima di allora aveva a malapena sentito nominare: era veramente una grande macchinatrice come era stata descritta o solamente una sovversiva divenuta pazza per il dolore della morte dell’amato?

Mentre era steso e assorto nei suoi pensieri la nave partì, scuotendosi dopo aver risollevato l’ancora. Konstantinos, la cui concentrazione era ormai compromessa, si alzò nuovamente, osservando la sua stanza, il suo rifugio dal mondo. La porta era situata vicino alla parete opposta a quella dove era appoggiato il letto, a sinistra. Tutte le pareti, il soffitto e il pavimento, coperto da un tappeto persiano, erano in legno. Contro la parete di fronte a lui erano posti due mobili: una cassettiera in legno d’oriente e una specchiera, probabilmente francese, davanti alla quale era posizionata una poltrona rivestita in damasco. Lungo la parete di destra erano situati l’armadio e, nei pressi del letto, un comodino e un baule contenente l’armamento da battaglia dell’ammiraglio: spade, pugnali, foderi, scudi e altri utensili in legno e ferro; sopra il letto era posizionata una stampa raffigurante la città vecchia di Bisanzio, dove la sua vita era iniziata e si era sviluppata per molti anni. Konstantinos si rimise sdraiato, addormentandosi all’istante. Passò tutto il viaggio tra la sua camera ed il ponte, dove passeggiò nervosamente per intere giornate.

 
*

Dopo sei giorni di viaggio la nave giunse nella capitale. Konstantinos la affidò al primo ufficiale fino al suo ritorno e si diresse a piedi verso il palazzo della famiglia Cazaretian, che raggiunse in poco tempo. Chryssa aveva già inviato una lettera a Costantinopoli per annunciare alla sorella il suo arrivo, in modo tale che egli potesse essere accolto come ospite all’interno del palazzo. Ad aprirgli la porta si presentò infatti un cameriere, che, avendo ricevuto ordini in merito dalla Signora, condusse l’ospite nella camera che gli era stata riservata, in modo che potesse ripulirsi e cambiarsi per la cena.

L’arredamento delle sale principali del palazzo era lussuoso ed elegante, mentre quello delle camere da letto piuttosto sobrio ed essenziale. Quella che gli era stata assegnata si trovava nell’ala destra, al primo piano, tra la camera di Agata Yael, la donna che Chryssa aveva indicato come sua informatrice, e quella dei due camerieri. Konstantinos si lavò velocemente, si cambiò d’abito e scese rapidamente le scale, dirigendosi verso la sala da pranzo, dove la tavola era già pronta per la cena e si erano già accomodati gli altri commensali. Ai due capi della tavola erano seduti i due Cazaretian, padre e figlio: alla destra del primo era seduto il suo segretario personale, Philoteos Theron, mentre alla sua sinistra era seduta la dama di compagnia di Leonora, Agata; tra di lei e Vassilis vi era la sorella di Chryssa mentre tra il nobile e Philoteos c’era un posto libero, dove l’ammiraglio avrebbe dovuto sedersi.

Non appena Konstantinos si fu accomodato e i camerieri iniziarono a portare le pietanze, Konstantinos sentì un pesante sguardo addosso: era quello di Leonora, che lo fissava con grande e malcelato disprezzo. La donna non capiva come la sorella avesse potuto mandarle come ospite quell’uomo che lei tanto odiava; se fosse stato uno scherzo, era stato proprio di pessimo gusto, ma Chryssa poteva anche non aver collegato Konstantinos alla morte di Mohammed. Cosa però molto improbabile secondo la sorella che la conosceva così bene, data la sua grande attenzione ai particolari. La conversazione fu subito monopolizzata da Vassilis, che si riteneva assolutamente in dovere di informare l’ammiraglio di tutto ciò che era accaduto a Costantinopoli durante la sua assenza. Il più delle sue parole riguardava argomenti futili e per nulla interessanti, ma una cosa era molto importante: il basileus Leone, che al momento si trovava in visita ad Atene, avrebbe dovuto scegliere un nuovo consigliere dopo il ritiro del precedente, ormai anziano, e Cazaretian stesso era uno dei principali candidati. Probabilmente Leonora sperava nella vittoria dell’ingenuo marito per avvicinarsi al centro del potere ed avere una migliore occasione per colpire, pertanto, realizzò l’ammiraglio, doveva essere fermata al più presto.

Konstantinos si sentì toccare una scarpa; Philoteos gli aveva inserito un biglietto in pergamena di ridotte dimensioni all’interno della calzatura. L’ammiraglio chiese il permesso per alzarsi e un’indicazione per andare nella stanza da bagno, dove, dopo aver serrato la porta, estrasse il biglietto, leggendolo: “Stanotte, all’apice lunare, in camera della signorina Yael”. Dopo aver memorizzato le stringate indicazioni, Ampatis distrusse il biglietto nell’acqua di una tinozza e tornò alla cena, che ormai volgeva al termine. Il primo ad alzarsi fu il capofamiglia, seguito dal figlio, dal segretario e dalla nuora, che alzandosi squadrò malamente l’ammiraglio per l’ennesima volta; Agata invece, prima di alzarsi, lo guardò intensamente, mormorando una parola quasi incomprensibile. Era da non molto calato il buio completo, rischiarato solo dai lucernari: Konstantinos si ritirò nella sua stanza, preparandosi all’incontro che sarebbe avvenuto quella notte.

 
*

L’ora prefissata si avvicinava sempre di più. Konstantinos non aveva chiuso occhio, restando continuamente all’erta e fissando nervosamente il cielo, scuro e terso, finché l’astro non brillò in tutto il suo splendore, alto sull’orizzonte: l’ammiraglio indossò gli stivali ed uscì cautamente dalla stanza, cercando di produrre meno rumore possibile. Agata lo stava già aspettando davanti alla porta; i due entrarono veloci nella sua stanza, chiudendola a chiave dall’interno. La donna aprì una botola situata sotto il letto, che era stato spostato: la ragazza si calò per prima al suo interno, seguita dall’ammiraglio, che la richiuse prontamente. I due avevano raggiunto la cantina attraverso una ripida scala a pioli, dove già li stava aspettando Theron, avvolto in un ampio mantello scuro. Il locale odorava di muffa, le pareti erano umide ed il pavimento trasudava acqua… aveva proprio fatto bene ad indossare gli stivali, pensò. Lungo tutte le pareti erano addossati barili di vino e olio e al soffitto erano appesi insaccati e carcasse di animali già cotti e pronti per essere riscaldati sul braciere.

Philoteos prese per primo la parola: “Signor Ampatis, abbiamo ricevuto indicazioni dalla signora Aristis su come aiutarla. L’obiettivo finale è condurre la signora Leonora in Sicilia, in modo che possa incontrare la sorella e che esse possano accordarsi per una tregua tra due donne, tra una donna e un uomo e tra una donna e un impero”.
“Per prima cosa abbiamo studiato attentamente le abitudini della signora e abbiamo capito che il momento migliore per prelevarla è la prima parte del mattino”, continuò Agata, ”quando il marito si reca al palazzo del basileus e lei rimane sempre chiusa nella sua stanza da letto senza permettere a nessun altro di entrare: nessuno si accorgerebbe se Leonora non ci dovesse essere, e a mezzogiorno sarebbe ormai tardi: la tua nave sarebbe già salpata dal porto e sarebbe impossibile fermarla. Per evitare che qualcuno possa sospettare di te la tua partenza sarà fissata per la sera precedente: il mattino rientrerai dal retro del palazzo dove uno di noi ti starà aspettando per aprirti. Dopodiché dovrai raggiungere la stanza della signora: uno di noi due busserà dicendo che è urgentemente richiesta e, non appena uscirà, la dovrai immobilizzare e portare velocemente alla tua galea, con la quale salperai immediatamente per Messina. Dovremo aspettare un po’ di tempo prima di attuare il piano: tutto dev’essere preparato nei minimi dettagli e non ci dev’essere la possibilità di commettere neanche il minimo errore. La data non è stata ancora fissata nemmeno dalla Signora Chryssa”.
Konstantinos rispose, scettico e contrariato: “Tutto sembra teoricamente perfetto, ma nella pratica succederà per forza qualche imprevisto e dobbiamo essere pronti ad affrontare qualsiasi cosa: possiamo programmare tutto, ma il destino ha sempre altro da porci davanti”. Le due spie rimasero ammutolite, la loro stretta logica non prevedeva imprevisti ma c’era la possibilità, anche piuttosto elevata, che ne accadessero, e loro non si erano preparati.

Konstantinos se li lasciò alle spalle, tornando nella sua stanza attraverso la botola e la camera da letto della dama, furtivamente. Quei due giovani avevano ancora molto da imparare dal mondo, ma non poteva dir loro nulla, non essendo ancora riuscito a dimenticare il suo passato, che continuava a tormentarlo tutti i giorni della sua vita.




SPAZIO AUTORE:
So che avevo detto che avrei pubblicato venerdì, ma avevo troppa voglia, che ci posso fare... ;-)
Ditemi cosa ne pensate di tutti questi nuovi personaggi e di come si sta evolvendo la trama, mi fa sempre piacere ricevere e rispondere ai vostri commenti. Alla prossima,
mystery_koopa
EDIT: Capitolo Revisionato.

 

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Capitolo 4
*** V. Ricevimento ***


V – RICEVIMENTO

 
La folla si richiuse dopo il passaggio del basileus e Konstantinos ricominciò a controllare strettamente Leonora; intanto, le due giovani spie se la stavano spassando ancora sotto il porticato, facendo capire all’ammiraglio perché Chryssa ricevesse solamente un’esigua quantità di informazioni provenienti dalla capitale. La nobile, abbandonato il marito, si stava invece dirigendo verso la propria casa, ignorando chiunque le passasse accanto o la salutasse; doveva prepararsi al meglio per la nomina del giorno successivo. Konstantinos arrivò al palazzo insieme a Vassilis, mentre la signorina Yael e Theron tardarono, ovviamente.
Agata, non appena fu arrivata, diede appuntamento all’ammiraglio per quella notte, nello stesso luogo in cui era avvenuto il loro primo incontro segreto, sussurrandoglielo senza che nessuno potesse ascoltarli. Nel mentre un cameriere richiamò l’attenzione dell’ammiraglio: era arrivata una lettera per lui dalla Sicilia. Konstantinos afferrò la busta, dirigendosi immediatamente nella sua stanza per poterla leggere indisturbato. Non appena fu entrato chiuse a chiave la porta e si sedette sul letto, aprendo i fogli ed iniziandone la lettura:

 
All’Ammiraglio Konstantinos Ampatis,
finalmente riesco a scriverti per chiederti informazioni su cosa sta accadendo a Costantinopoli. So che il basileus dovrebbe nominare il suo successore proprio in questi giorni, e sono certa della vittoria di Cazaretian. Se questa mia lettera non è giunta in ritardo ti vorrei consigliare di non impedire la nomina, ma di impedire con qualsiasi espediente che possa risultare casuale un incontro privato tra Leonora e Leone, in modo che ella non possa riferirgli quelle falsità. Non penso serva che tu faccia attenzione anche al marito, perché egli non avrebbe il coraggio di dire nulla di tutto ciò senza la moglie al fianco, e non è detto che sia a conoscenza dei suoi intenti. Non cercare di rapire mia sorella, semplicemente per il fatto che verrò io nella capitale non appena ne avrò l’opportunità: per questo motivo non inviarmi nessuna risposta. Ti raccomando anche di riferire tutto alle mie spie e di distruggere questa lettera prima che venga trovata. Un cordiale e caro saluto,
Chryssa”

 
L’ammiraglio bruciò la lettera nel piccolo focolare interno e si diresse verso il salone, dove venne velocemente servito il pranzo. Dopodiché tutti si ritirarono nelle proprie stanze. Konstantinos riordinò le sue cose, vecchie lettere, fogli contabili, carte nautiche, aspettando la chiamata per la cena: non aveva nessuna voglia di uscire o di ritornare a pensare a quelle vicende di molti anni prima; piuttosto stava pensando a Chryssa ed al suo arrivo a Costantinopoli, del quale sicuramente nessun altro era a conoscenza. Quella notte avrebbe dovuto riferire della lettera agli altri due infiltrati nel palazzo e sicuramente avrebbe anche occasione di rimproverarli per la loro scadente professionalità.
La cena trascorse in completo silenzio, e soltanto il rumore dei bicchieri e delle stoviglie era udibile; infatti, nessuno parlò: tutti sembravano in ansia per ciò che sarebbe accaduto quella notte o l’indomani, tutti eccetto il vecchio, che pareva solamente annoiarsi. Ormai i giorni in cui doveva essere sempre all’erta li aveva già passati da un po’ di tempo, ma non mancavano alcune volte in cui le sue supposizioni si rivelavano esatte, come era accaduto quella mattina.

 
*

Quella notte l’incontro segreto avvenne nello stesso luogo in cui era avvenuto il primo; l’ammiraglio, durante l’attraversamento della botola, pensò che quel collegamento venisse usato sicuramente anche per qualcosa che non riguardava né lo spionaggio né lo scendere in cantina a prendere del vino, anzi… l’ambiente era ancora più umido della volta precedente e le pareti si stavano ricoprendo velocemente di muffa. Philoteos prese la parola, chiedendo all’ammiraglio se avesse scoperto qualcosa in quei giorni, dato che egli e Agata non avevano ricavato nessuna nuova informazione. Konstantinos disse che aveva scoperto della loro relazione ma che non avrebbe rivelato nulla per non compromettere la loro missione e, soprattutto, che Chryssa sarebbe arrivata a breve in città; i due si guardarono negli occhi, confusi e senza parole per entrambe le rivelazioni, mentre l’ammiraglio risalì silenziosamente nella sua stanza, nonostante sapesse benissimo che non avrebbe dormito: qualcosa nella sua mente era tornato a tormentarlo e, non appena il giorno successivo avrebbe nuovamente parlato con Leone, si sarebbe ripresentato ancora più forte.

La mattina seguente Konstantinos era a pezzi, non sentiva quasi più la schiena e la testa pareva volesse esplodergli, ma era il gran giorno; l’ammiraglio si ripulì accuratamente, indossò i suoi abiti più eleganti, uscì dalla stanza e scese l’imponente scalinata che conduceva all’ingresso, dove tutti gli uomini della famiglia erano già presenti: di sicuro Philoteos avrebbe dovuto stare sempre vicino all’anziano capofamiglia e non avrebbe potuto nascondersi con quell’altra dietro qualche colonna… quando Konstantinos pensava cose del genere capiva di essere diventato vecchio, lui che da giovane aveva fatto ben più di quello. Ambrosios Cazaretian iniziò a parlare con il figlio a bassa voce, non permettendo a nessun altro di sentire nulla, e smise solo quando Agata e Leonora entrarono nell’atrio del palazzo, scendendo dal piano superiore. I sei uscirono attraverso il portone principale e si incamminarono per le strade della grande città, diretti verso un edificio posto di fianco alla basilica di Santa Sofia, dove sarebbe avvenuta la nomina; fuori dall’edificio Heliodoros Thamen scrutava le vie cercando il rivale, con in mano un’ampia bottiglia di vino già svuotata di metà del suo contenuto.

 
***
 
Il basileus era seduto su una semplice panca, lontano dal trono sul quale avrebbe dovuto essere in quel momento. La notte non gli aveva portato nessun consiglio, avrebbe dovuto per forza scegliere Cazaretian come consigliere, seguendo i pensieri del giorno precedente nonostante i suoi forti dubbi.
Un assistente si precipitò a chiamarlo; entrambi i candidati ed i loro seguiti erano entrati nel palazzo ed il momento decisivo era giunto. Leone si alzò e si diresse lentamente verso la sala principale, adornata con stucchi dorati e preziosi marmi che ne esaltavano la regalità. Il basileus si sedette faticosamente sul trono, ordinando a un servo di aprire la massiccia porta del salone: il primo ad entrare fu Thamen, seguito da tre soldati, probabilmente ancor più ubriachi di lui, e dalla moglie, una santa donna che sopportava da anni gli eccessi spropositati del marito. Subito dopo entrò Vassilis Cazaretian, affiancato dall’altezzosa moglie e seguito dal padre con il proprio dipendente; Agata Yael chiudeva il corteo. Leone si chiese dove fosse Konstantinos e provò a guardarsi intorno, ma non trovò risposta.

 
***
 
L’ammiraglio era facilmente riuscito ad approfittare di un momento di distrazione degli altri partecipanti al corteo e, comunicandolo solamente ad Agata, si era defilato ed era salito su una balconata laterale posta sullo stesso piano del salone, il primo, ma rivolta all’esterno; da quel luogo poteva sentire tutto ciò che accadeva all’interno ed eventualmente uscire prima di chiunque altro. La cerimonia fu, per grande piacere del basileus, breve e non troppo solenne, e si concluse come tutti si aspettavano. Leonora, soddisfatta, sorrise trionfalmente in direzione del trono, mentre Thamen uscì furioso dalla sala, vanamente inseguito dalla moglie.
Non appena anche Cazaretian, dopo aver brevemente discusso con il basileus, su uscito dalla sala, accade l’inaspettato: Heliodoros si lanciò contro di lui brandendo un pugnale e cercando di colpirlo mortalmente; il nobile si spostò, ma venne colpito su un fianco, cadendo a terra. La guardia provò ad infliggergli il colpo di grazia, ma, con ancora l’arma stretta in mano, cadde rovinosamente a terra, con il cranio spaccato: qualcuno, dalla balconata, gli aveva lanciato qualcosa in testa, colpendolo mortalmente.

Konstantinos era appena rientrato nel palazzo, per poter finalmente parlare con Leone.





SPAZIO AUTORE:
Carissimi lettori, vi chiedo scusa per la qualità di questo capitolo, che credo sia minore del solito, in quanto l'ho scritto in un momento di grande stress. Spero di tornare dal prossimo a ben altri standard.
Se qualcuno se lo stesse chiedendo sì, oggi ho davvero  aggiornato due storie diverse... ;-)
Ringrazio di cuore anche tutti coloro che hanno recensito o che hanno aggiunto questa storia alle loro liste: Old Fashioned, Nina Ninetta, Saelde_und_Ehre, queenjane, Rhiannon80, Federico97 e anche coloro che, silenziosamente, ne continuano le lettura. Alla prossima,
mystery_koopa
EDIT: Capitolo Revisionato.


 

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Capitolo 5
*** IV. Oì Nostoi ***



IV – OÌ NOSTOI

 
Konstantinos avrebbe voluto sbattere la porta per il nervosismo, ma in quel modo sarebbe stato udito da tutto il palazzo, per cui la trascinò lentamente fino a chiuderla, fissandola al muro con un lucchetto. L’ammiraglio si buttò quasi a peso morto sul letto, volendo chiudere gli occhi e cedere al sonno, cosa che da giorni gli era estremamente difficile; per una volta però riuscì ad abbandonare tutti i suoi pensieri fino alla mattina seguente, quando fu svegliato dal Sole, che era ormai alto in cielo.

Konstantinos si sedette sul letto, non volendo vedere nessun altro per il resto della mattinata: teneva la schiena appoggiata al duro schienale di legno massiccio, in modo da poter scrivere: estrasse una lista contabile e iniziò a studiarla, rimanendoci per circa un’ora, quando la sua quiete lavorativa fu interrotta da Philoteos, che lo avvisò di prepararsi per il pranzo: l’ammiraglio rispose però che non avrebbe mangiato per dedicarsi al lavoro e chiese di non essere disturbato, ma le sue reali intenzioni erano altre. Non appena fu certo che il giovane si fosse allontanato si alzò dal letto, indossò i suoi vestiti da giorno e si calò dalla finestra, grazie a delle pietre sconnesse che sporgevano dal muro della costruzione. Appena arrivato in strada si immerse nella folla: quanto gli era mancata in quei mesi di commerci la sua città natale, nella quale si sentiva veramente a casa…
Camminava lentamente per le strade, assaporando tutte le sensazioni che i profumi e gli odori dell’ambiente gli provocavano; quasi senza accorgersene era arrivato fino alla sua vera casa, il porto, dove la sua nave era attraccata da solamente un giorno, ma sembrava già pronta a ripartire: quell’imbarcazione era come lui, non aveva una dimora fissa, ma Costantinopoli occupava una parte importante della sua vita, e avrebbe combattuto ancora per difenderla.

L’ammiraglio si allontanò dal porto per tornare verso il palazzo, il tempo era passato veloce, era già trascorsa metà del pomeriggio. Anche in città girava voce che il basileus sarebbe tornato il giorno seguente e avrebbe scelto il suo nuovo consigliere; Konstantinos sapeva già tutto, anche che quell’armeno inetto in balìa della moglie sarebbe stato scelto per ricoprire la carica dato che alle casse dell’impero, vuote dopo il lungo assedio, i suoi soldi avrebbero fatto molto comodo. Non che l’altro candidato fosse migliore, anzi: Heliodoros Thamen, generale della cavalleria, era noto in città per i suoi vizi materiali e per i suoi grandi sprechi di denaro; decisamente non sarebbe stato utile per risanare l’economia. Con l’imperatore sarebbe arrivata anche la posta proveniente dagli altri Themata imperiali. Chryssa aveva detto che gli avrebbe spedito una lettera: forse conteneva altre informazioni su Leonora, o forse la donna voleva solo accertarsi di come si stesse evolvendo la situazione nella capitale. Konstantinos si diresse velocemente verso il palazzo dei Cazaretian, situato nella parte meridionale della città, ne raggiunse il retro, si arrampicò fino alla finestra che aveva lasciato aperta e rientrò nella stanza: prese il campanello per chiamare il cameriere e, quando il ragazzo fu arrivato, gli disse che non avrebbe nemmeno cenato. L’ammiraglio si tolse gli abiti di dosso e si mise a letto, mentre il Sole stava tramontando; non voleva rovinare la sua giornata di ricordi, per una volta piacevoli, con la vista di quella donna.

 
*
 
Il mattino Konstantinos si svegliò di buon'ora: era affamato, non mangiava da un giorno intero. Scese subito le scale e si diresse verso la sala da pranzo. L’unica altra persona sveglia in tutto l’edificio era il padre del signor Cazaretian, che stava bevendo una tazza di grenache cipriota¹; l’uomo invitò l’ammiraglio a sedersi con lui, facendo portare al cameriere del servizio di credenza², che i due consumarono velocemente. L’anziano, il cui nome era Ambrosios, rivolse la parola al suo interlocutore: “Vede, ho capito che non c’è affinità tra lei e la moglie di mio figlio; sarò anche vecchio, ma il mio istinto non mente. Sa, quella donna non piace neanche a me, penso che ogni sua azione abbia un secondo fine”.

Konstantinos però non ebbe l’opportunità di rispondergli, perché qualcuno stava entrando dalla porta: era la signorina Yael, e presto la Signora l’avrebbe raggiunta. Konstantinos tornò nella sua stanza, aspettando che tutti fossero pronti per scendere in strada: avrebbero dovuto assistere al ritorno del basileus dalla Grecia. Circa un’ora dopo Vassilis Cazaretian, la moglie, la signorina Yael, Philoteos e l’ammiraglio stavano uscendo dal palazzo, per dirigersi verso il porto; le uniche persone a parlare erano i due giovani, mentre gli altri erano immersi nel silenzio, freddamente distaccati l’uno dall’altro. Konstantinos aveva già deciso che non si sarebbe avvicinato a Leone per salutarlo di persona, ma si sarebbe immerso nella folla per osservare Leonora da lontano: non aveva ricevuto alcuna indicazione da Chryssa, per cui avrebbe agito come meglio credeva.

Il porto era gremito di persone provenienti da ogni strato della società, che osservavano l’orizzonte, dove si stavano affacciando le prime navi della flotta imperiale. L’ammiraglio guardò in direzione dei due nobili: lui stava guardando, come tutte le altre persone, verso le navi, mentre la donna stava estraendo una piccola pergamena dalla tasca, della quale iniziò subito la lettura; nel mentre le galee stavano attraccando, e la folla si divise per creare un passaggio all’Imperatore. Konstantinos rimase diviso dalla donna, perdendola di vista, trovandosi invece vicino ai due giovani, nascosti dietro una colonna, dediti a passatempi ben poco consoni in pubblico per due persone non sposate: ah, la gioventù, l’età perduta ed irritrovabile, che per l’ammiraglio era finita da un giorno all’altro. In ogni caso, capì perché la loro attività di spionaggio fosse poco efficiente.

 
***
 
Il basileus stava scendendo dalla nave. La folla lo attendeva trionfalmente, ma lui era tutt’altro che sicuro di star assolvendo il suo compito nel modo giusto: pareva ovvio a tutti su chi la sua scelta sarebbe ricaduta, ma pressanti dubbi lo attanagliavano ugualmente. Sapeva che Cazaretian era preferibile a Thamen, ma egli non era l’uomo giusto per l’Impero: era facilmente manipolabile da praticamente chiunque ed, eccetto a quella economica, non presentava nessun altro tipo di garanzia. Da quella scelta sarebbe dipeso il destino di un già fragile Impero, e tutto era nelle sue mani.

Leone toccò terra con il piede; solamente pochi giorni trascorsi per mare a lui parevano un’eternità: chissà come faceva il suo amico ammiraglio a sopportare tutti quei giorni in balia delle onde! Aveva avuto notizia del suo rientro in città e avrebbe voluto palarci al più presto. Purtroppo, ripensò, non poteva sceglierlo come consigliere per il suo rifiuto di occupare alte cariche pubbliche, ma il suo aiuto gli sarebbe stato fondamentale in un momento difficile come quello: aveva conquistato il potere e sconfitto un invasore, divenendo noto per la sua fermezza, ma ora si sentiva completamente in balìa degli eventi.
All’interno dell’Impero infuriavano anche le lotte iconoclastiche³: lui era favorevole verso quella pratica, avendo assimilato in gioventù alcuni principi dei Pauliciani, la setta iconoclasta più influente del tempo, attiva intorno ad Erevan e Van e nella Piccola Armenia, tra Edessa e l’Isauria. Su quello non poteva chiedere un consiglio a nessuno, neanche a Konstantinos, essendo quest’ultimo lontano dalla pratica religiosa. Intanto, il corteo imperiale si era spinto fino al palazzo, dove il basileus si rifugiò per riflettere accuratamente: in questo, lui e Konstantinos si assomigliavano molto, la riflessione era una parte fondamentale delle loro vite.



 
NOTE:
-Per chi non avesse colto la citazione, il titolo è tratto dall’omonimo poema (la parola è traducibile come “i ritorni a casa”) appartenente al Ciclo Troiano; esso racconta appunto i ritorni a casa dalla guerra di eroi come Agamennone o Menelao, mentre in questo caso è riferito all’ammiraglio e al basileus;
1: la grenache era un vino leggermente speziato prodotto a Cipro, ritenuto nel Medioevo il più pregiato al mondo;
2: il servizio di credenza era una portata di pasticceria secca dolcificata con il miele, spesso servita all’inizio di ogni pasto;
3: l’Iconoclastia era una dottrina che proponeva la distruzione delle icone sacre, in quanto il loro culto era ritenuto da alcuni, gli iconoclasti, superiore di quello che era riservato alla Divinità stessa. Leone III fu il primo imperatore a supportare questo movimento.


SPAZIO AUTORE:
Ditemi se vi è piaciuto il cambio di prospettiva finale, è la prima volta che lo propongo in questa long. Alla prossima!
EDIT: Capitolo Revisionato.

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Capitolo 6
*** VI. Pensieri e Parole ***



VI – PENSIERI E PAROLE

 
Tutta la folla alzò la testa, ma la balconata era ormai deserta. Leonora si precipitò con finta preoccupazione verso il marito, mandando la signorina Yael a cercare un guaritore, mentre l’anziano padre del nobile era caduto in uno stato di shock; la moglie di Thamen, invece, si era lasciata andare contro una colonna, in un misto di disperazione e sollievo. Il corpo di Heliodoros, ora coperto da un telo, era ancora disteso a terra e l’oggetto che l’aveva colpito, un blocco della muratura, era stato riposto contro la parete dell’edificio. Il guaritore arrivò e, dopo una rapida occhiata, disse che Cazaretian avrebbe avuto bisogno solamente di una benda e di molto riposo: Ambrosios, tranquillizzatosi, si sedette su una sedia portatagli dal suo segretario.
 
***
 
Konstantinos era entrato nel grande salone, deserto, trovando il basileus seduto sul trono col viso tra le mani; gli si avvicinò, salutandolo lievemente: lui alzò la testa e l’ammiraglio poté guardarlo negli occhi, gonfi di pianto come non erano mai stati da oltre vent’anni a quella parte… Konstantinos non poteva vederlo in quello stato, la sua mente era ritornata ancora a quella buia giornata d’inverno.
“So a cosa stai pensando”, esordì Leone, “ti prego, neanche io voglio ricordarlo. Ho preso il potere su quest’Impero, l’ho salvato, lo sto ricostruendo, ma ora sembro essere ritornato il ragazzo di quel tempo, con il volto rigato dal pianto e l’incertezza che domina il mio futuro; so che fu colpa mia… non me lo perdonerò mai, non posso commettere ancora quello stesso errore…”
L’ammiraglio non gli rispose, si limitò solamente a guardarlo negli occhi: tra di loro uno sguardo riempiva una distanza maggiore rispetto a mille parole.

 
***

Le onde piatte del Mediterraneo centrale colpivano lente lo scafo della piccola galea nobiliare; Chryssa, seduta sul letto della sua stanza, osservava la parete di fronte a lei con lo sguardo spento, cercando delle risposte che nessuno, fuori dalla capitale, avrebbe potuto darle. Era impaziente di arrivare a Costantinopoli, di capire come si fosse evoluta la delicata situazione e, forse, di rivedere Konstantinos: l’aveva quasi obbligato ad agire come spia per suo conto, ma alla fine quelle azioni erano utili anche a lui; l’aveva inviato nella tana del lupo, costringendolo a convivere con sua sorella, la causa dei suoi problemi. Aveva anche proposto all’ammiraglio di tornare nel suo palazzo, che era relativamente vicino a quello dei Cazaretian, ma lui aveva rifiutato: non le sembrava possibile che un uomo non volesse stare nella propria casa.

La nobildonna sentì uno scricchiolio provenire dal pavimento di legno posto a destra del proprio letto, sotto a un baule da viaggio che aveva acquistato tempo prima ma mai utilizzato; lo spostò per vedere cosa ci fosse sotto ma, muovendolo, lo fece ribaltare. Il vecchio contenitore in legno si aprì, rivelando un vecchio quaderno di pergamena; nessuna delle sue pagine presentava delle scritte, ma esso portava un’intestazione sulla copertina, una semplice sigla in greco: T.I.

 
***

Vassilis, trasportato su un carretto trainato da un cavallo, era giunto nel suo palazzo, dove era stato portato nella sua stanza per riposarsi. Tutti gli altri occupanti, compreso l’ammiraglio, che aveva raggiunto la famiglia Cazaretian, si erano ritirati nelle proprie stanze. Konstantinos, dopo aver lasciato l’amico imperatore ed essere sceso in strada, aveva scoperto l’accaduto: pensava di sapere chi si fosse celato sulla balconata, ma non aveva nessun modo per dimostrarlo. Il Sole dell’estate mediterranea, in fase calante, splendeva fuori dalla finestra orientata verso ovest, coprendo alcuni edifici con un leggero manto arancione: tra essi c’era anche il suo palazzo, quello dov’era nato e dove aveva vissuto finché non si era iscritto all’accademia militare, per non ritornarci più a causa dei ricordi dolorosi che esso gli provocava. Non l’aveva abbandonato, pagava ogni mese una famiglia popolare perché se ne prendesse cura, ma non ci entrava da vent’anni; ricordò quando ci era entrato con lei per la prima volta: erano completamente soli, le stanze del pianterreno erano buie e una candela illuminava il loro cammino. L’ammiraglio si stese sul letto, addormentandosi all’istante con il volto rigato dalle lacrime; il suo sonno fu tormentato, ancor più di com'era sempre stato, ogni giorno.
 
***
 
Il basileus, avendo saputo dell’agguato ai danni di Cazaretian e dell’omicidio di Thamen, aveva immediatamente preso il controllo dell’indagine, nominando come responsabile di quest’ultima un suo stretto collaboratore. Non aveva avuto tempo di ripensare a ciò che lui e Konstantinos si erano detti: sapeva che, nonostante la sua colpa fosse evidente, l’ammiraglio l’aveva perdonato, ma il suo problema sarebbe stato perdonare se stesso. Lui aveva una moglie e una famiglia, mentre il suo amico, quel giorno, aveva perso ogni speranza verso il futuro; aveva reimparato a fidarsi delle persone solo dopo molti anni, ma i suoi pensieri erano praticamente impenetrabili.
 
***

L’ammiraglio si svegliò molto presto dal suo sonno tormentato, quando l’alba stava avvolgendo da poco il cielo e la città. Si tolse l’abito da notte, indossando una leggera camicia e un paio di pantaloni di lino e lavandosi la faccia nella tinozza d’acqua, cercando di togliersi la spossatezza di dosso. Si diresse poi verso la porta, tirandola a sé per aprirla, ma essa era bloccata, chiusa dall’esterno con un lucchetto che si intravedeva dalla fessura dello stipite.
Konstantinos non si trovava rinchiuso in una stanza contro la sua volontà da quel famigerato giorno, quando non aveva far potuto nulla per difendere ciò che per lui era più caro: ma questa volta non si sarebbe arreso. Uscì dalla finestra, come aveva fatto alcuni giorni prima, e, grazie alle pietre sconnesse del muro, riuscì a raggiungere il livello del terreno; percorse il perimetro dell’edificio, arrivando fino alla facciata.

Guardò all’interno del palazzo dalla finestra della sala da pranzo, rimanendo senza parole: Leonora stava discutendo animatamente con un uomo che indossava abiti di indubbia fattura araba. L’ammiraglio non si sarebbe mai aspettato che ella potesse arrivare a tanto: era di sicuro una donna meschina e dedita solamente alla vedetta e al proprio interesse, ma non avrebbe mai pensato che sarebbe potuta arrivare a tradire la sua stessa patria… Konstantinos decise di ascoltare la conversazione, ma senza entrare nella stanza: la nobile doveva essere convinta di essersi assicurata la segretezza di quel colloquio.
Leonora, visibilmente agitata, prese la parola, lanciando velate minace al suo interlocutore. Egli, tuttavia, non sembrava risentirne affatto; continuava infatti a risponderle vagamente, facendola innervosire maggiormente: la sorella di Chryssa si era alzata, intimando l’arabo e dicendogli che senza di lei il suo piano di conquista sarebbe stato irrealizzabile. Ma lui, ancora una volta, la ignorò completamente, uscendo dalla stanza e avviandosi verso il portone principale. L’ammiraglio tornò velocemente nella sua stanza, arrampicandosi sul muro e sdraiandosi a letto, fingendo di dormire. Poco dopo sentì la chiave rigirarsi nella toppa e, passati alcuni minuti, scese per fare colazione, scoprendo che nessun altro degli abitanti del palazzo si era accorto dell’accaduto. Ancora una volta, l’esito della missione dipendeva da lui; quanto sperava nell’arrivo di Chryssa…

 
***

La nobile siciliana prese il quaderno, lo ripose nella cassa da viaggio che utilizzava maggiormente e si sedette di fronte alla specchiera, guardando il suo viso illuminato da una lampada: in esso risaltavano i suoi occhi, azzurri e freddi come i ghiacci del Nord che aveva visto in passato, che si stagliavano come diamanti sul suo volto. Non aveva mai conosciuto nessun altro con quegli occhi, neanche sul continente, ma ne era quasi orgogliosa: si sentiva sì diversa, ma speciale; ciononostante nessuno ne era mai rimasto colpito. Ormai, alla soglia dei quarant’anni, Chryssa pensava che avrebbe trascorso la restante parte della sua vita da zitella, gestendo una tenuta persa nella campagna italica; questo, tuttavia, solo se sua sorella non avrebbe distrutto la reputazione della sua famiglia che, accusata di tradimento, sarebbe stata privata di ogni bene ed esiliata dall’Impero. Era per questa ragione che si stava recando a Costantinopoli, anche se, tutto sommato, non le sarebbe dispiaciuto rivedere il misterioso ammiraglio dall’ignoto passato la cui presenza tanto le aveva trasmesso nel loro unico incontro.
 

 



SPAZIO AUTORE:
Spero che abbiate colto la citazione del titolo, l'ho trovata molto adatta a questo capitolo... so che è un po' frammentato, ma doveva raccontare molti punti di vista, compreso quello nuovo di Chryssa: ditemi che ne pensate di lei! Un saluto,
mystery_koopa
EDIT: Capitolo Revisionato.

 
 

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Capitolo 7
*** VII. Soffio di Vento ***



VII – SOFFIO DI VENTO
 
Anche l’anziano Ambrosios, poco dopo l’ammiraglio, entrò nel salone da pranzo. Lentamente si andò a sedere a capotavola, e dopo aver afferrato una fetta di pane iniziò a parlare, con tono quasi confidenziale verso il più giovane ospite:
“Signor Ampatis, fa bene a essere in apprensione per il nostro imperatore, che a lei è così caro… mio figlio è, mi duole molto ammetterlo, un ingenuo completamente manovrato dalla sua subdola moglie. Deve impedire che lei governi questa città e questo impero da dietro le quinte, portandoli alla rovina! Non so come lei possa fare, e io ormai ho esaurito i miei giorni e le mie energie… mi scusi, davvero, se la opportuno con i miei deliri, ma alla mia età ormai mi sento di dire tutto ciò che penso, e non potevo esimermene vista l’importanza capitale della questione”.

Konstantinos rassicurò l’anziano nobile con poche e semplici parole e uscì velocemente dalla stanza, dicendo di avere un impegno in città. Si diresse verso Santa Sofia, la grande basilica voluta da Giustiniano; sapeva di trovarci Leone, con cui doveva terminare assolutamente la discussione del giorno precedente… non poteva permettersi di non chiarire ciò che si erano detti, Leone non doveva pensare che lui, l’amico di una vita, lo stesse colpevolizzando ancora.

 
***

Chryssa uscì all’alba dalla sua cabina privata, con il quaderno ritrovato sotto braccio; si sedette sul ponte e, ammirando le coste della Grecia in lontananza, inizio a tracciare un lieve disegno nella prima pagina. Dopo quasi un’ora di completa tranquillità osservò meglio il foglio, rimanendo molto stupita: senza pensarci, aveva disegnato un volto perso nella lieve foschia, il volto di una donna che non conosceva ma che era convinta di aver già visto, forse in uno dei suoi viaggi. Con un dito, passò superficialmente sulla copertina rilegata in pelle, ritrovando quelle due lettere: colta dall’ispirazione, iniziò a scrivere qualcosa sulla misteriosa proprietaria precedente del libretto, immaginandosela, partendo dalla sua ultima pagina:
 
“Dolce, soffio di vento,
spingi forza sull’onde.
Nevi fredde, ghiacciai
un baule su una nave:


quaderni intrisi d’ombre.

T’immagino, spirito,
libero nei venti a nord,
perso dalla dimora
in un soffio di vento.”

 
***
 
Kiev, Khaganato di Rus’

Un cavallo, spronato allo stremo, correva furiosamente verso sud, cavalcato da una misteriosa figura incappucciata di nero. Stava seguendo una via di fuga preparata da anni, un piano senza possibilità di errore, una vendetta che si sarebbe dovuta realizzare inesorabile come lo scorrere del tempo. Il gelo e la nebbia annebbiavano la sua vista, ma per nulla al mondo si sarebbe fermato.

 
***
 
Konstantinos, entrando nella basilica dalla grande cupola emisferica, vide immediatamente Leone inginocchiato a terra davanti all’altare, con le mani a coprire gli occhi. L’ambiente era straordinariamente vuoto, come non lo era mai stato: sembrava che tutto fosse stato predisposto per quell’incontro, sebbene avesse deciso di recarvisi solamente quella mattina… ma avrebbe dovuto ricordare già in precedenza che nulla rimane segreto, nella capitale.

Si avvicinò all’amico, lentamente, sfiorandogli una spalla con la mano e notando la reazione di una guardia posizionata sulla parete di fondo della navata; il basileus si girò, sorridendo.
“Sai,” gli disse, “sono diventato padre, questa mattina. Penso proprio che dovresti sposarti anche tu, ti servirebbe per dimenticare. Maria ed io ci siamo sposati per interesse, non c’è mai stato amore tra noi, ma viviamo comunque una vita serena; ho saputo che la moglie del mio nuovo consigliere ha una sorella nubile che possiede molti terreni in Sicilia, perché non provi a conoscerla? Amico, non guardarmi così, lo dico per te: so che è doloroso per te pensare di stare con una donna che non è lei, ma sono passati vent’anni, devi andare avanti. Io stesso ho avuto un figlio maschio, il mio erede, e non posso che chiamarlo Konstantinos, come un grande amico, una colonna portante del mio passato e un punto fondamentale nel mio presente.”

L’ammiraglio, che era andato dall’amico per parlargli, aveva invece ricevuto una predica a cui non sapeva veramente cosa rispondere: sicuramente non avrebbe parlato del fatto che conoscesse già Chryssa, seppur molto superficialmente…
“Sono davvero onorato che tu voglia chiamare il tuo erede come me ma, vedi, non penso di essere stato un buon amico, non ci siamo visti né scritti per molti anni e… lo sai, meglio di me.”

Leone lo guardò, quasi dolcemente, rispondendogli con una semplice affermazione e poi andandosene verso l’uscita:
“Sì, ti serve davvero una moglie”.

L’ammiraglio, con la mente svuotata e la vista annebbiata da quelle parole, rimase solo. Non aveva mai pensato a ciò, pensava che la solitudine non lo potesse abbandonare, ma forse si sbagliava: erano passate oltre due decadi, la sua vita era completamente diversa e non sapeva neanche se lei fosse ancora viva. “Va bene, dovrò pensarci, ma non Chryssa: dopotutto, per parlarmi una sola volta mi ha sequestrato…” si disse infine, sorridendo.

 
***
 
Chryssa, dopo essere ritornata nella sua camera e aver riposto il quadernetto, si sedette sulla morbida coperta in lana del suo letto, chiudendosi in se stessa. Fuori, il sole estivo era alto nel cielo del mattino, ma lei sentiva ugualmente freddo, un freddo interiore, che non sapeva giustificare. Si strinse ancora di più nella coperta, chiudendo gli occhi e abbandonandosi a un sonno calmo e vuoto.
La nave intanto aveva raggiunto le coste meridionali della Macedonia; sarebbe arrivata nella capitale il giorno seguente.

 
***
 
Il basileus, uscito dalla basilica, aveva raggiunto con un piccolo seguito il palazzo dei Cazaretian, dove l’ammiraglio non era ancora rientrato. Ad accoglierlo all’ingresso si era presentata Leonora, controllata strettamente dalla sua dama che, se la situazione fosse precipitata, non avrebbe esitato a romperle il vestito o a qualsiasi altra cosa, pur di costringerla a ritirarsi nella sua stanza per non permetterle di infangare la reputazione di nessuno: aveva accettato quell’incarico non solo per l’alto stipendio che Chryssa le versava, ma anche per l’attaccamento che provava nei confronti della propria patria, contrariamente a quella donna che a essa preferiva gli interessi personali.

Leone tuttavia ignorò la sua falsa accoglienza, lasciando il seguito al pianterreno e dirigendosi nella stanza da letto di Vassilis, che era ancora in convalescenza, soprattutto dal punto di vista psicologico, dopo l’aggressione subita. Il loro colloquio durò a lungo e a nessuno fu permesso di entrare nella stanza. Konstantinos arrivò solamente mentre il basileus stava uscendo, calmo ma risoluto. Vedendolo sull’uscio, Leone gli pose una domanda:
“Konstantinos, non ti ho mai chiesto perché alloggi in questo palazzo.”
“Chryssa Aristis ha richiesto qui la mia presenza.”
“Ma Chryssa… la sorella di Leonora, quella molto ricca?”
“Esattamente, proprio lei…”




SPAZIO AUTORE:
Un saluto a tutti. So benissimo che questo capitolo è molto corto (NOTA: con la revisione, il capitolo è stato allungato), ma volevo posticipare al prossimo l'arrivo di Chryssa... spero comunque che la lettura sia stata piacevole!
EDIT: Capitolo Revisionato.

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Capitolo 8
*** VIII. Chryssa, Emozioni ***



VIII – CHRYSSA, EMOZIONI
 
La piccola nave, la cui chiglia infrangeva le onde causate dalla lieve brezza estiva, giunse nel porto alle prime luci dell’alba del 7 agosto, attraccando al molo principale.
Chryssa uscì sul ponte principale, guardando la città che non vedeva ormai da anni: a Costantinopoli aveva trascorso alcuni dei momenti più belli della sua vita ma, dopo l’infelice giorno del matrimonio di Leonora, non ci era più tornata. Erano passati alcuni anni dall’ultima volta in cui aveva visto la sorella, al funerale della madre, dove un annoiato Vassilis Cazaretian si era anche addormentato, aumentando il pianto della moglie… Chryssa sapeva come la vita di Leonora con lui non dovesse essere facile, così come capiva i motivi per cui lei non aveva mai dimenticato Ibn, anche dopo la sua morte.

La nobile osservò la nave ormeggiata di fianco alla sua, convinta di riconoscerla: era quella personale di quello che le piaceva definire il “suo” ammiraglio, la persona che, nonostante la loro conoscenza limitata, la supportava non solo con i fatti, ma probabilmente anche con l’anima. Konstantinos Ampatis era entrato giocoforza nella sua vita, in una singola giornata, ma pareva averla stravolta: la siciliana aveva cambiato il suo modo di pensare, cercando di capire come qualcuno potesse mettere gli interessi di qualcun altro, molto lontano da sé, davanti ai propri… era sicura che il suo passato nascondesse molte fenditure oscure che sentiva di voler sapere per poter comprendere meglio quell’uomo nonostante il forte senso di colpa che ciò le provocava.
“Sì”, si disse, “dev’essergli successo qualcosa. Non potrei altrimenti capacitarmi della sua solitudine”.

Chryssa, sospirando, afferrò il suo quadernetto e si sedette, disegnando la vista che aveva di fronte; mancava ancora molto tempo al momento in cui qualcuno mandato dalla sorella sarebbe andato a prenderla per portarla al palazzo, dove avrebbe finalmente potuto constatare di persona la delicata situazione.

 
***
 
Dopo l’uscita del basileus e del suo piccolo seguito dal palazzo, l’ammiraglio rimase solo con Philoteos: tutti gli altri occupanti della residenza erano rientrati nelle loro stanze, chi per riposare e chi, come Leonora, per chiedere al marito dei particolari sulla visita di Leone. L’arrivo di Chryssa era stato annunciato per il giorno successivo, nella prima parte della mattinata: sia le spie che Leonora davano a vedere il proprio nervosismo mentre l’ammiraglio, circondato dalla sua apparente calma, sembrava nascondere ogni emozione.

Il segretario di Ambrosios gli si avvicinò, parlandogli con voce bassa e tremante:
“Scusi, signor Ampatis… volevo solo chiederle, per favore, di non rivelare né alla signora Chryssa né alla Signora Leonora di ciò che c’è tra me e Agata; sa, a prima vista potrebbe non sembrare, ma anche la signora Aristis non ha un bel carattere se le cose non vanno come vuole…”
L’ammiraglio, sorridendo, gli rispose:
“Tranquillo, ne ho fatto le spese sulla mia pelle, venendo praticamente sequestrato con la forza solo per un breve colloquio… non le rivelerò nulla ma, anche se non ho vere relazioni con una donna da molti anni, vorrei consigliarti di stare molto attento. Ti auguro di essere felice e di innamorarti, finché sei così giovane e puoi farlo; non lasciare però in disparte il lavoro che ti è stato affidato, tu sei intelligente e puoi riuscire benissimo in entrambe le cose. Te lo dico perché ci sono passato anch’io e so dirti con certezza che è la cosa migliore.”
“Grazie,” gli rispose lui, “cercherò di seguire i suoi consigli. Sa, prima che io venissi a lavorare qui la mia vita era molto difficile. Le chiedo scusa, ma ora preferirei ritirarmi.

Il giovane uscì dalla stanza, salendo le sontuose scale che conducevano alle camere da letto. Konstantinos, invece, ripensò a ciò che gli aveva detto: non avrebbe mai pensato di riuscire ad aiutare qualcuno, proprio lui che, dopo vent’anni, non era stato in grado di ricucire una ferita che ancora gli infettava l’anima.

 
***
 
Davanti al portone del palazzo iniziò a sentirsi un rumore poco definito: avvicinandosi, l’ammiraglio sentì chiaramente il calpestare di zoccoli equini e due voci femminili che gli erano familiari. Una era quella della signorina Yael, brillante e vivace, mentre l’altra, più pacata, era proprio la sua: Chryssa era finalmente arrivata. Konstantinos fece per aprire il portone, ma il colpo che ricevette da una persona in corsa proveniente dalla scalinata lo sbilanciò, facendolo cadere contro la parete; Leonora, vista la sorella dalla finestra della sua stanza, aveva percorso più velocemente che poteva i corridoi e i gradini per aprirle la porta. Era irriconoscibile, almeno per l’ammiraglio: la sua freddezza era scomparsa e fiumi di lacrime le scorrevano lungo il volto; quelle, tuttavia, erano lacrime di gioia, la gioia del rivedere una persona cara che era mancata così a lungo. Quella che l’ammiraglio, dopo quel giorno, non era più riuscito a provare; neanche quando aveva rivisto Leone, ormai salito al trono.

Konstantinos, rimessosi in piedi, uscì dalla porta accompagnando Ambrosios, che era giunto nel frattempo. Le due sorelle si stavano abbracciando, con evidente affetto: l’ammiraglio non riuscì a capacitarsi di ciò che stava accadendo davanti ai suoi occhi, di come due nemiche, nonostante fossero sorelle, provassero tanto affetto l’una per l’altra.
Imputò la colpa al suo passato e alla sua vita solitaria, come faceva ogni volta che si rendeva conto di essere una persona fredda, vuota e incapace di vivere; capiva che ciò era sbagliato, che doveva superare quel trauma… continuava a pensarci, praticamente ogniqualvolta si trovava solo, ma era incapace di metterci definitivamente una pietra sopra. Il vero problema era che i suoi ricordi non svanivano, parevano anzi rafforzarsi col passare del tempo.

Chryssa, congedata per alcuni istanti la sorella, si avvicinò all’ammiraglio, che aveva lo sguardo completamente perso nel vuoto. Pensò che ciò fosse dovuto al fatto che lei e Leonora si erano ritrovate con affetto dopo molti anni… forse era vero che Konstantinos Ampatis era completamente solo al mondo, che trascorreva ogni suo attimo in solitudine, che era sopraffatto da alcuni ricordi dolorosi fino al punto di non voler più entrare nella propria casa.

La donna, improvvisamente velata di tristezza, gli sfiorò la mano: un brivido le percorse la schiena, facendola tremare impercettibilmente. Konstantinos, sorpreso da quel contatto, sbatté le palpebre velocemente, puntando gli occhi su di lei: i loro sguardi si incontrarono per un secondo, fuggendo poi verso il basso.
“Benvenuta”, sussurrò lui, mentre lei si allontanava per salutare l’anziano Cazaretian, che rispose con un formale inchino.
“Vieni, Chryssa, ti porto a salutare mio marito, Agata ti avrà detto ciò che gli è accaduto…” disse Leonora, prendendola per mano e conducendola verso la scalinata.

Konstantinos superò la soglia d’ingresso e guardò in alto, verso il cielo. Il sole di mezzogiorno era appena stato coperto da una nuvola, come era accaduto nel momento in cui, per la prima volta, aveva visto lei, la sua… ma non riuscì nemmeno a pensare al suo nome, cadendo in un pianto liberatorio, lasciando trasparire anche la sua più recondita emozione.
Ambrosios Cazaretian gli toccò la spalla, invitandolo a rientrare: era il primo ad aver capito una sua emozione così profonda; il primo, perché la prima era stata lei… sì, lei, sotto quello stesso sole offuscato.



EDIT: Capitolo Revisionato.

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Capitolo 9
*** IX. Rimorsi e Incognite ***



IX – RIMORSI E INCOGNITE
 
Cherson, Crimea, XXX Thema

Il cavallo, stremato, arrestò il suo galoppo al tirarsi delle briglie. La persona che lo cavalcava, incappucciata di nero, scese dalla sua schiena e, tenendolo per le redini, lo condusse fino allo sconfinato porto della città: da lì navi cariche di schiavi e merci preziose salpavano a ritmo sostenuto verso le coste meridionali del Mar Nero, portando le ricchezze del Nord verso la madrepatria. “Questa volta ce la faremo Konstantinos, vedrai!” disse il fantino, accarezzando il muso dell’animale.

La figura si diresse verso una barque commerciale avvicinandosi al suo capitano, riconoscibile per l’abbigliamento decisamente più elegante rispetto a quello dei semplici marinai; gli parlò all’orecchio, con un tono di voce grave, e un attimo dopo, con il fedele cavallo, era a bordo dell’imbarcazione.

 
***
 
Gran Palazzo di Costantinopoli, tra l’Ippodromo e Santa Irene

Il basileus, entrato nella sua stanza, si sdraiò sul letto, guardando fuori dalla finestra. Ricordò il giorno in cui, poco più di un anno prima, la città era stata in pericolo a causa dell’attacco dell’Impero Omayyade e lui aveva osservato una delle battaglie decisive da quella stessa finestra.

Certo che la sua vita era radicalmente cambiata in quel breve lasso di tempo… aveva rafforzato la sua permanenza sul trono, era diventato padre di un bellissimo erede al trono e aveva visto riaffiorare dal proprio passato un evento rimasto sepolto per anni. Aveva provato a dimenticarlo e forse ci era anche riuscito ma, dopo aver rivisto Konstantinos e aver scoperto quanto gli era ancora affezionato, aveva ricordato che la colpa di ciò che era accaduto a quella ragazza era enormemente sua.
Chi aveva lasciato la porta dell’Accademia aperta tornando da una notte in città? Chi era sotto l’effetto del vino e non si era accorto che il chiavistello della porta di Konstantinos era serrato? Chi non si era accorto che c’era qualcun altro in quel corridoio, nascosto dietro a una colonna?

Leone girò la testa, sprofondandola nel morbido guanciale di velluto; forse per non guardare in faccia la realtà, che da un giorno all’altro lo aveva colto nella sua antica fragilità. Con un grande sforzo, dopo molti minuti in cui la sua mente era rimasta oscurata, il basileus si alzò: si avvicinò all’imponente armadio, ne estrasse una camicia da letto e la indossò. Sarebbe andato a fare visita a sua moglie, per provare a distrarsi; sapeva tuttavia che sarebbe stato completamente inutile: dopo meno di un’ora le sue angosce sarebbero ritornate ancor più intense di prima.

 
***

La porta della stanza del consigliere si chiuse e le due donne ne uscirono.
“È evidente come l’agguato subito l’abbia molto provato dal punto di vista psicologico, ma penso che si riprenderà presto” disse Chryssa, seguendo la sorella verso l’ampia terrazza che costituiva il tetto del palazzo.

Leonora, uscita all’esterno, inspirò a pieni polmoni l’aria fresca della sera, sdraiandosi poi a terra per godersi l’incredibile vista della città; la sorella, invece, estrasse da una sacca il suo quadernetto e iniziò a raffigurarvi il tramonto, che avanzava inesorabile meravigliando l’intera popolazione della zona. La brezza fresca proveniente da ovest le muoveva i leggeri capelli castani e la faceva sentire libera come uno spirito con la consistenza dell’aria. Chryssa si girò per osservare Leonora, che aveva chiuso gli occhi e si era rapidamente assopita. Sapeva che l’affetto che le legava era sincero perché, nonostante tutti i loro dissidi, ognuna era sempre riuscita sempre a capire per prima le emozioni e le ragioni dell’altra.

Improvvisamente, come se un fulmine avesse attraversato quel meraviglioso tramonto, un dubbio attraversò la sua mente: faceva davvero bene a dubitare della sorella? Era veramente sufficiente la voglia di vendicare un amore perduto per causare una guerra e demolire un impero?
Chryssa non avrebbe potuto saperlo, ma per Konstantinos quella sarebbe stata una ragione più che valida.

 
***
 
Leone uscì dalla stanza da letto della moglie; dopo un po’ di distrazione, come si aspettava, i suoi rimorsi erano ritornati. L’imperatore pensò che, per rimuoverli, avrebbe dovuto concentrarsi su qualcosa di molto impegnativo: decise allora di andare a visitare il comandante delle guardie imperiali, per informarsi su come stessero procedendo le indagini per scoprire il misterioso assassino di Heliodoros Thamen, il candidato perdente che aveva aggredito un inetto e incolpevole Cazaretian.

L’addetto alle indagini, Demetrios Xanthe, era quello che si sarebbe definito un uomo tutto d’un pezzo: integerrimo, probo e ligio al dovere, tutte qualità che gli avevano fatto scalare velocemente la gerarchia della guardia tanto che, a meno di trent’anni, si ritrovava a guidarla. Fisicamente, invece, non aveva praticamente alcuna caratteristica fuori dal comune: era leggermente più alto della media, con le spalle abbastanza larghe ma con il fisico ugualmente ben delineato, la carnagione mediterranea e i capelli scuri; l’unico tratto che lo distingueva dagli altri greci erano gli occhi a mandorla di colore verde, ereditati da un’antica ava tartara.

L’incontro, tuttavia, non durò a lungo: le indagini erano arrivate a un punto morto, cioè la stesura della lista con tutti i nomi dei presenti alla cerimonia, e non parevano esserci altre novità. Tutti avrebbero potuto sicuramente pensare che l’assassino aveva agito per proteggere Cazaretian, ma ad alcuni non passò inosservata la reazione della moglie del deceduto, che aveva aperto un’altra via nelle indagini parallela a quella ufficiale.
Leone si congedò velocemente, adducendo come scusa il fatto di dover partecipare a un importante consiglio. In realtà si diresse invece in solitudine verso la basilica minore di Santa Irene, dove s’inginocchiò a lato dell’altare: il basileus iniziò a pregare a occhi chiusi, stringendo tra le mani un crocifisso senza alcuna icona; pregò per se stesso, perché la sua anima non si logorasse a causa degli errori commessi, e pregò per Lei, chiedendosi se fosse ancora viva o se in quella maledetta notte il suo corpo avesse perso per sempre la fiamma della vita.

 
***
 
Konstantinos uscì sulla terrazza, avvicinandosi lentamente a Chryssa per non svegliare Leonora: sentiva assolutamente il bisogno di parlarle, di chiarire veramente chi e soprattutto cosa fossero l’uno per l’altra, se ora dovevano continuare quella missione, se le emozioni devastanti che lui aveva provato erano corrisposte anche da parte della messinese.

Chryssa non si accorse della presenza dell’ammiraglio fino all’ultimo, quando egli proiettò la sua ombra sul quadernetto: la donna, arrossendo sorpresa, lo chiuse velocemente mostrandone la copertina. Lo sguardo di Konstantinos si rabbuiò, i suoi lineamenti divennero improvvisamente più duri e un brivido gli attraversò la pelle; non riuscì a trattenere la propria ira, amplificata da un enorme sgomento. Iniziò a urlare, rosso in volto e con le lacrime che gli offuscavano la vista: “Chryssa, dove hai preso quel quaderno!”

Leonora, svegliatasi di soprassalto, sobbalzò di almeno una spanna mentre la sorella, impietrita e spaventata, riuscì a ribattere solamente con una tremante parola detta con un filo di voce: “P-p-perché?”




Note:
S-salve... so di essere qualche giorno in ritardo con la pubblicazione così, per farmi perdonare, indico un piccolo sondaggio: dovrete dirmi nelle recensioni su qule personaggio, anche secondario, di questa storia volete che io scriva una drabble/flashfic (tranquilli, li amo tutti! L'unico che non potete chiedermi di approfondire è il misterioso cavaliere del Nord, su quel tale voglio mantenere il mistero!). Sotto il prossimo capitolo ci sarà il nome del personaggio vinicitore, e sotto quello successivo (si spera) il link della storiella pubblicata. Non vedo già l'ora di buttare giù qualche riga su altri aspetti dei nostri ammiragli/nobili/imperatori/dipendenti e quant'altro ;-)
EDIT: Capitolo Revisionato.

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Capitolo 10
*** X. Lei ***



X – LEI
 
L’ammiraglio si rivolse a Leonora, chiedendole di allontanarsi; la nobildonna, impaurita, corse giù dalle scale più velocemente che poté, dirigendosi verso le proprie stanze. Solamente quando fu sicuro che se ne fosse andata, Konstantinos prese la parola:
“Chryssa, dobbiamo parlare”, disse con tono grave e malinconico, “ma, ti prego, dimmi dove hai trovato quel quaderno”.
“La nave di mio padre era troppo vecchia per affrontare il viaggio da Messina a Costantinopoli, così ne ho acquistata una nuova. All’interno della mia stanza da letto ho trovato un baule, al cui interno c’era solamente questo quadernetto con tutte le pagine bianche… l’ho preso e ci ho scritto e disegnato un po’, per ingannare l’attesa, ma è per caso tuo? L’hai perso durante uno dei tuoi viaggi?”
“No, non è mio”, le rispose lui, “questo è il regalo che feci a una persona molto importante il giorno prima che… lei…” s’interruppe, coprendosi il volto con una mano e sospirando profondamente.
“Lei chi?” chiese la siciliana, con tono delicato, come per fargli sentire la propria vicinanza.
“Lei, Theodora, Theodora Ioannis, la T.I. della copertina. Colei che ho amato con tutta la mia anima, colei che, dopo quel giorno, ha tormentato ogni mio pensiero; colei che è il mio più grande rimpianto e colei che mi ha reso ciò che sono. Non ne ho mai parlato con nessuno, non ce l’ho mai fatta, Leone sa tutto solo perché era lì, nell’Accademia, quella notte... ma ora è giunto il momento di dire a qualcuno ciò che ho sempre tenuto dentro. Dopo vent’anni, devo mettere una pietra sopra al mio passato e ricominciare”.

Le mani di Chryssa iniziarono a tremare, le sue pupille glaciali si dilatarono e il suo respiro si ridusse a un flebile sussurro. Si chiese perché Konstantinos avesse deciso di raccontare tutto proprio a lei, una donna che aveva visto sì e no tre volte, con la quale avrebbe dovuto solamente collaborare per poco tempo al fine di salvaguardare gli interessi di entrambi per poi dirle addio. In preda al dubbio, persa come non mai, gli rispose solamente con una parola:
“Raccontami”.

 
*
 
L’ammiraglio si scoprì il volto, si accomodò su un gradino poco distante e iniziò il suo racconto, proprio mente il cielo stellato di quella sera d’estate si stava tingendo di cobalto.

“Come saprai ho frequentato l’Accademia Militare di Costantinopoli: ci entrai a sedici anni, nell’ Anno Domini 696, dopo la morte di mia madre; la struttura, oltre a essere la sede dell’insegnamento della nobile arte della guerra, fungeva anche da dormitorio, pertanto inizialmente era riservata ai soli maschi.
Quell’anno, tuttavia, si svolsero anche le prime selezioni femminili per l’ingresso, dato che il basileus di allora, vista la grande instabilità interna che caratterizzava quegli anni, aveva pensato di istituire un reggimento di supporto alla fanteria composto da donne. Tuttavia, nella capitale, solamente una ragazza superò le selezioni e accedette all’Accademia: Theodora.


Mentre tutti gli altri allievi erano molto forti nel combattimento con le armi io e lei ci trovavamo più a nostro agio per mare, così legammo subito. Mio padre, infatti, era un ricco mercante e, uscito dall’Accademia, ereditai la sua attività; Theodora, invece, era figlia di un esponente della piccola nobiltà senza alcun figlio maschio: lei era la prima di cinque sorelle, e fu spinta dal padre a dedicarsi a un’attività maschile per ovviare alla mancanza di figli. Un anno dopo anche Leone, al tempo il giovane figlio di uno Strategòs¹, entrò in Accademia e, trovandosi isolato per via della sua provenienza, si unì a noi. Furono forse gli anni più belli della mia vita, nonostante la dura vita militare che ci era imposta, ma furono forse gli unici che non trascorsi in solitudine.
Fu all’età di vent’anni che capii di amarla, così come lei capì di amare me. Per assecondare i nostri primi desideri ci incontravamo nella casa che era stata di mio padre e che, appena uscito da lì, sarebbe diventata mia, uscendo di nascosto durante la notte; le promettevo che l’avrei sposata, che avremmo trascorso insieme le nostre vite fino alla fine e che avremmo avuto tanti figli che avrebbero corso per gli ampi corridoi di quel palazzo così desolato.
Ci credevamo, pensavamo che fosse possibile, ma quella notte tutto s’infranse come il vetro di uno specchio scagliato violentemente al suolo”.


Konstantinos provò senza successo a trattenersi, ma iniziò a piangere e a singhiozzare rumorosamente, con una mano sul cuore e l’altra a coprire il volto rigato dalle lacrime. Chryssa provò a toccargli la spalla, per provare a consolarlo, ma non ci riuscì: sapeva che non sarebbe servito a nulla e che un dolore così grande aveva creato un irreparabile buco nell’anima dell’ammiraglio, ma sapeva anche che un semplice gesto gli avrebbe fatto capire di non essere solo, nonostante il tempo passato da quegli avvenimenti. La messinese, tuttavia, sperava che il suo interlocutore continuasse il suo racconto: la sua curiosità sconfinata l’aveva colta impreparata, anche in un momento tragico come quello. L’ammiraglio si asciugò le lacrime con una manica e riprese, deciso ad alleggerire finalmente il peso che gli aveva tarpato così a lungo le ali della vita.

“Era il suo compleanno così, mentre stavamo tornando all’Accademia dopo la nostra ennesima scappatella notturna, le diedi questo quadernetto come regalo; Theodora era molto introversa e difficilmente si esprimeva, così pensai che questo piccolo oggetto le sarebbe servito per riordinare i propri pensieri, cosa che io dovetti fare per anni dopo la sua scomparsa. Rientrammo nel dormitorio e, all’ingresso, trovammo Leone, che ovviamente sapeva tutto di noi. Vedendomi molto stanco, si offrì di accompagnare Theodora fino alla sua stanza, situata nell’ala opposta della costruzione; fu lì che non mi accorsi del particolare che l’avrebbe salvata. L’attuale imperatore, infatti, era completamente ubriaco ed era ancora sveglio solamente perché appena tornato da una notte trascorsa in una taverna.

Mi raccontò che aveva appena lasciato la ragazza davanti alla porta della sua stanza quando, improvvisamente, un uomo lo colpì alla nuca, atterrandolo istantaneamente; vide l’aggressore afferrare violentemente Theodora e condurla via, per sempre, mentre i sensi gli sfuggivano dal corpo.
Non seppi più nella di lei, la mia amata, ma non mi rassegnai mai al fatto che fosse morta; quando fu rapita aveva questo quadernetto ancora inutilizzato nella tasca così, quando te l’ho visto in mano, ho pensato che avresti potuto dirmi dove si trovasse”.

Chryssa gli si avvicinò, appoggiando la fronte sulla sua spalla e sussurrandogli quelle poche parole che rilluminarono il suo sguardo e la sua mente: “Posso rintracciare il precedente proprietario della nave, Konstantinos, e so che la ritroveremo. Viva.”
 


Note:
1 Governatore militare di uno dei themata (plurale di thema) dell’Impero.
 


SPAZIO AUTORE:
E così la verità è venuta a galla... ma ogni cosa ha le sue conseguenze, e molti misteri sono ancora irrisolti!
Ho pubblicato ieri lo spin-off promesso: si intitola "Le campagne di Messina" ed è incentrato su Chryssa, che ha vinto il "sondaggio" con due preferenze (ma ci sono anche riferimenti a Leonora^^). Spero che sia di vostro gradimente così, nel caso, più avanti ne potrebbero arrivare altri! 
Ringrazio come sempre chi legge, anche se non recensisce, l'importante è che questa storia sia di vostro gradimento. Alla prossima,
mystery_koopa
EDIT: Capitolo Revisionato.

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Capitolo 11
*** XI. Perdere la Trebisonda ***



XI – PERDERE LA TREBISONDA
 
“Perché non ti sei dimenticato di me?”
Konstantinos si rigirò nel proprio letto, immerso in un sonno agitato.
“Mi hai desiderata per anni, e ora?”
L’ammiraglio immerse la testa nel morbido guanciale, piegandolo come per tapparsi le orecchie; ma la voce aumentava di volume, rimbombando nella sua testa.
“Non ti ha fatto bene parlare di me?”
Si girò nuovamente, mettendosi con la fronte rivolta verso l’alto: stava grondando sudore.
“Giusto. Ne hai parlato con Chryssa…”
Una lacrima gli scese lungo la guancia, lenta, come a volergli scavare via l’anima. La voce si addolcì.
“È la prima volta che speri davvero di potermi ritrovare viva, eppure… perché, perché hai sofferto per vent’anni ricordandomi? Ora, forse non sai nemmeno per cosa soffrire.”
Il corpo di Konstantinos tremò, uno spiffero d’aria entrato dalla finestra sollevò il candido lenzuolo che lo copriva.
“Non penserai veramente che possa essere stata io a sfiorarti! Konstantinos, mi manchi.”

L’ammiraglio spalancò gli occhi, sospirando rumorosamente e faticando per non urlare. Si era sollevato per un istante, ma la schiena gli ricadde inevitabilmente all’indietro, atterrando con un tonfo sul sottile materasso di lana. Fuori dalla finestra la luna piena splendeva, ma una coltre nera di nubi le passò davanti così come i dubbi malcelati riaffioravano alla mente di Konstantinos.

“Lo senti, il profumo del mare? È la tua vita, non dimenticartene.”
Le palpebre ricaddero di colpo e la luna tornò a illuminare la notte del Bosforo.

 
***
 
Il basileus si svegliò con le prime luci dell’alba, che filtravano nella sua stanza attraverso una piccola fessura tra i tendaggi purpurei, leggermente dischiusi. Leone, alzandosi lentamente, si diresse nella propria stanza da bagno, sciacquandosi il volto con l’acqua di una tinozza e osservando la propria immagine riflessa in uno specchio appeso alla parete attraverso un gancio bronzeo.

Si guardò negli occhi, malinconicamente, ma poco per volta il suo sguardo si fece sempre più duro, fino a sfociare nella collera: aveva parlato ancora una volta, il giorno precedente, con Demetrios Xanthe, ma le indagini sulla morte di Heliodoros Thamen non erano proseguite di un nemmeno un passo. Quel pezzo di muratura caduto dalla balconata non poteva essersi staccato da solo, visti il tempismo e la forza del colpo ricevuto dal candidato, ma tutti coloro che avrebbero potuto essere sospettati del delitto erano indubbiamente presenti in altri luoghi: Vassilis Cazaretian era a terra, colpito da un fendente al fianco, mentre tutto il suo seguito era intorno a lui; la moglie di Thamen osservava la scena dal corridoio, impotente, e l’unica persona presente fino a poco prima sulla balconata, Konstantinos, stava parlando proprio con lui. Sembrava non esserci via di scampo, quando la soluzione, pensò il basileus, era probabilmente al limite dell’assurda banalità.

 
***

Trebisonda, Thema Armeniakon¹

Il fruscio delle onde e la confusione del mercato portuale della città caratterizzavano i moli d’approdo, dove imbarcazioni cariche di merci e persone prevenienti da tutto il Mediterraneo e dall’Oriente sembravano volersi rubare tutto lo spazio disponibile per scaricare più in fretta i loro carichi e proseguire il viaggio in cerca di ricchezze.

In quel contesto confusionario una figura velata di nero stava lentamente scendendo da una barque carica di merci provenienti dalla Crimea, tenendo un cavallo per le briglie e mantenendo fermo con una mano il drappo che le copriva il volto, impedendo al vento di sollevarlo: nonostante il caldo torrido dell’estate anatolica, la persona avrebbe evitato a ogni costo di esporsi nonostante il fatto che, con grande probabilità, nessun frequentatore di quella città si sarebbe potuto accorgere della sua reale identità. Ma dalla sua fuga da Kiev aveva sempre mantenuto la massima attenzione perché sapeva che, nonostante la morte di Isakios, i pericoli avrebbero potuto essere ovunque.

 
***
 
Chryssa osservava la propria immagine riflessa nello specchio appeso al muro della sua camera, in silenzio; sentiva le gambe tremarle leggermente, nonostante fosse seduta, e il respiro farsi leggero, come per non farsi sentire dall’esterno. Ciò che aveva sentito la sera precedente l’aveva colpita come una pugnalata nello stomaco, ma aveva confermato le sue supposizioni, che si erano tramutate in certezze: una donna, era quello il problema del misterioso ammiraglio, una figura che a chiunque sarebbe apparsa indistinta ma che nella mente di Konstantinos continuava ad apparire, nitida ma avvolta nella nebbia di una colpa che forse non era nemmeno sua.

Chryssa non conosceva la verità, nonostante il doloroso racconto dell’ammiraglio: non sapeva che cosa fosse certo e che cosa non lo fosse, se una persona potesse davvero sopravvivere così a lungo senza mai dimenticarne un’altra; ma Theodora era viva? E se lo era, perché non si era fatta sentire? L’avrebbe sicuramente aiutato nel tentativo di provare a rintracciarla, però… come avrebbe potuto poi colmare una sua eventuale delusione?
Pensò anche a Leonora, sua sorella, colei con la quale aveva condiviso tutto per quasi vent’anni: poteva davvero continuare a dubitare di lei? La riteneva davvero capace di distruggere un impero per una vendetta personale, o non era solamente riuscita a sfogare il proprio dolore?
Chryssa si alzò in piedi, e forse si rese conto di essere lei, la persona diversa all’interno di quel palazzo.

 
***
 
Leonora si alzò faticosamente dal proprio letto, nonostante fosse già sveglia da parecchio tempo; si vestì velocemente, cercando di recuperare il tempo che aveva perso a fissare il vuoto in silenzio, e uscì silenziosamente dalla stanza, socchiudendo la porta. Fece pochi passi verso la rampa di scale, ma si fermò e si girò, dirigendosi verso la stanza dove il marito stava trascorrendo la propria convalescenza dopo l’agguato subìto.
La porta era aperta: la donna guardò all’interno ma, sorprendendosi, non vide Vassilis sdraiato a letto; certo, erano alcuni giorni che avrebbe potuto alzarsi tranquillamente dal punto di vista fisco, facendo solamente un piccolo sforzo per via del fianco leggermente ferito, ma lo shock psicologico che aveva passato era stato veramente molto forte.

Leonora non aveva mai amato il marito, ma vederlo in quelle condizioni le era ugualmente dispiaciuto, anche solo per umana compassione; era abbastanza contenta che si fosse alzato, almeno non avrebbe più dovuto stargli seduta accanto in silenzio per ore, soltanto per convincere gli altri occupanti della casa che le importasse qualcosa di lui… non che questa opinione non fosse ricambiata anche dal marito, ma Leonora teneva particolarmente alla propria immagine: non faceva nulla dal mattino alla sera, da anni ormai, e trovarsi un’occupazione, seppur frivola, l’aveva aiutata a disintossicarsi dall’opprimente quotidianità che era costretta a vivere.

“Leonora!”
La nobildonna si girò, vedendo Vassilis intento a provare a scendere le scale.
“Mi aiuteresti?”
Per la prima volta dopo anni c’era un po’ di dolcezza nella sua voce; celata, ma c’era. Leonora sorrise leggermente, dirigendosi verso di lui.
 
 


Note:
- “Perdere la Trebisonda”, nella lingua italiana, equivale a dire “perdere la bussola”: significa quindi perdere l’orientamento, ma anche perdere se stessi; il fatto che sia il titolo del capitolo è dovuto sia al fatto che i protagonisti stiano attraversando un momento di smarrimento sia al gioco di parole con l’omonima città, che è il luogo di alcune scene fondamentali ai fini della trama.
1 Trebisonda fu capitale del Thema Armeniakon (il secondo più importante dell’Impero dopo l’Anatolikon) fino alla riforma dei Themata attuata nel IX secolo.



SPAZIO AUTORE:
Salve a tutti... passo ovviamente per scusarmi della lunga attesa che vi ho costretti a sopportare per poter leggere questo nuovo capitolo; domani parto, e lasciarvi un'altra settimana ad aspettare non mi sarebbe sembrato molto corretto. Diciamo che ho avuto giusto qualche problemino di ispirazione...
Comunque, ne approfitto anche per avvisarvi che "Le campagne di Messina" è diventata una piccola raccolta di momenti passati delle due sorelle: per ora ha tre capitoli, e se non ho sbagliato i conti alla fine dovrebbero essercene sei; se siete ancora interessati, buona lettura!
EDIT: Capitolo Revisionato.

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Capitolo 12
*** XII. Brividi e Sguardi ***



XII – BRIVIDI E SGUARDI
 
Le onde s’infrangevano contro il molo, mentre il sole di quel mezzogiorno di fine agosto pareva voler incendiare la città; Chryssa s’incamminò lungo la stretta passerella di legno, percorrendola lentamente per tutta la sua lunghezza fino a giungere alla propria nave, l’ultima. La donna salì a bordo, aiutata dall’anziano capitano che, un tempo, l’aveva condotta in tutti i luoghi più belli che avesse mai visto. “Belli”, pensò, “che parola banale”; eppure, non avrebbe trovato qualcosa di più opportuno per descrivere i ghiacci, i mari e le sabbie, nulla di più simile alle colline francesi e alle distese dorate della Crimea.

La Crimea, Cherson: una luce si accese nei suoi occhi, improvvisamente, e la donna si precipitò sottocoperta, rischiando di cadere dalla stretta scala in legno.
Chryssa aprì il baule di legno in cui aveva trovato il quaderno di Theodora, tastandone con attenzione le pareti laterali e il fondo, finché un chiodo, appena sforato dalle sue dita sottili, scattò verso l’alto, colpendola al centro della fronte.
La donna, dopo essersi accertata di non avere alcun taglio, scrutò attentamente il piccolo oggetto metallico, raccogliendolo dal pavimento: non trovò nulla di interessante, ma notò che esso era di fabbricazione molto più recente rispetto agli altri che tenevano insieme la struttura del baule, essendo l’unico senza alcuna traccia di ruggine. Decise allora di controllare il punto da cui il chiodo si era staccato: al posto del piccolo oggetto metallico era rimasta una piccola fessura circolare, da cui fuoriusciva un minuscolo frammento di pergamena, probabilmente strappato a mano, con evidente fatica, da un rotolo più esteso; Chryssa lo aprì: i suoi occhi si spalancarono, il suo respiro si mozzò per un istante e il leggero suono di poche parole le uscì dalla bocca, mentre il suo corpo iniziò a tremare, attraversato da un brivido gelido: “No… no! Non può essere, lei è… no, oddio!”

 
[Aiuto, Kiev. Alakites
26/4/719, T. Ioannis
]
 
***
 
“Mi scusi signor Ampatis, ha per caso visto Philoteos Theron?”
L’ammiraglio si girò, vedendo dietro di sé Agata Yael, che pareva avere un’aria leggermente apprensiva.
“Perché? Dovrebbe essere con il signor Ambrosios”.
“Sa, a quest’ora, prima del pranzo, solitamente il signor Cazaretian dorme…” la giovane donna abbassò la voce “avevamo un appuntamento. Oltre mezz’ora fa!”
L’ammiraglio si alzò, congedandosi dalla signorina per andare a controllare le condizioni di salute dei due Cazaretian, così come gli aveva richiesto Leone. “Neanche fossi un guaritore…” pensava l’ammiraglio ogni volta in cui era costretto ad assolvere quel compito che decisamente non gli competeva, ma non poteva non fare un favore a un amico, soprattutto se quest’ultimo avrebbe potuto tranquillamente ordinarglielo. L’ammiraglio, salendo le scale, si girò di scatto.
“Posso venire con lei, vero?”

L’ammiraglio sbuffò, annuendo silenziosamente alla dama, che lo seguì a un passo di distanza.
Vassilis Cazaretian si trovava nella propria stanza da letto, dove stava parlando con la moglie. “Strano, non li ho mai visti parlare così…” disse Konstantinos, rivolgendosi ad Agata.
“Oh, sì, certo”, rispose lei, distratta, “la prego, andiamo”.

I due ridiscesero al piano terra, salendo poi al primo piano attraverso la rampa di scale secondaria che conduceva alla piccola ala privata di Ambrosios, molto più modesta rispetto allo sfarzo della parte principale del palazzo, ma ugualmente confortevole. L’ammiraglio disse alla donna di indietreggiare di qualche passo, in modo che l’anziano non potesse vederla dall’interno, e bussò alla porta, ricevendo come risposta solamente un gemito sommesso; Konstantinos provò ad abbassare la maniglia, che tuttavia non fece scattare il lucchetto: la porta era chiusa a chiave. Chiedendo l‘aiuto di Agata, nonostante la sua esigua forza, provò a sfondare il poco spesso portoncino di legno, riuscendoci dopo svariate spinte e alcune schegge conficcate nella pelle ruvida delle mani. Ciò che gli si mostrò dinnanzi agli occhi lo atterrì completamente; la signorina Yael lanciò un acutissimo urlo di terrore, svenendo istantaneamente sul freddo pavimento di pietra con le mani al petto.

Ambrosios Cazaretian era sdraiato nel proprio letto, con le mani legate alla testiera e un pugnale conficcato nello stomaco; sulle lenzuola e sul pavimento si stava espandendo lentamente un’ampia pozza di sangue scuro e, sulla finestra, era appeso un drappo nero raffigurante uno stemma: l’ammiraglio, quasi trattenendo il respiro, vi si avvicinò per osservarlo più attentamente. Era impossibile sbagliarsi: uno scudo dorato, un’aquila bianca e una corona di alloro. Quello era lo stemma della famiglia Thamen.
L’ammiraglio risentì quel gemito sommesso alle proprie spalle: Philoteos giaceva legato, bendato e imbavagliato in un angolo della stanza, con molti lividi sul corpo e in viso; l’ammiraglio si precipitò a slegarlo e, non appena il giovane vide il suo volto e ciò che era accaduto nella stanza, svenne anch’egli tra le sue braccia.

 
***
 
Sentendo le urla della dama Leonora era immediatamente accorsa nell’ala secondaria del palazzo, lasciando solo il marito. Entrata nella stanza del suocero aveva trattenuto a fatica il vomito, reggendosi in piedi contro la solida parete portante. I suoi occhi tremavano, ma il suo corpo era immobile di fronte all’orrendo.
“Rimanga qui!” le ordinò l’ammiraglio, “Devo salvare suo marito”.
Leonora si sedette a terra contro la parete, con le mani a coprire gli occhi e i due servitori senza sensi sdraiati al proprio fianco.
L’ammiraglio corse disperatamente attraverso le scale di pietra, le cucine, il corridoio del piano inferiore, il salone principale, la scalinata di marmo e il corridoio del piano superiore, giungendo nella stanza da letto del consigliere del basileus: Vassilis era disteso a terra spogliato della camicia, con la gola tagliata da un fendente di spada e uno scudo inciso sul petto. Konstantinos si sentì mancare e cadde a terra, piangendo: ancora una volta aveva fallito, ancora una volta non era riuscito a salvare la vita di coloro che avrebbe dovuto difendere a costo di annullare se stesso.

 
***
 
L’ammiraglio scese la scalinata lentamente, tra i singhiozzi disperati del pianto e una rabbia che gli stava montando dentro, esattamente come in quella notte. Non appena ebbe sceso l’ultimo gradino il portone si spalancò e una donna dai capelli castani, correndo senza più fiato, gli si fermò davanti, urlando il suo nome.
“Konstantinos!”
“Chryssa!”
“Theodora è viva!”
“I Cazaretian sono stati uccisi”.
Gli occhi ardenti di lui incontrarono quelli di ghiaccio di lei, ed entrambi si ammutolirono all’istante.




SPAZIO AUTORE:
Un capitolo un po' inaspettato, vero? Ok, ammetto che aver ascoltato "Demons" durante tutta la stesura non mi ha aiutato a mitigare un po' il contenuto, quindi... io l'avvertimento l'ho aggiunto, anche se non credo di essermi spinto troppo oltre.
Mi sa che la prossima fanfiction però sarà ancora peggio, vero Nina? ;-) 
Alla prossima a tutti!
EDIT: Capitolo Revisonato.

 

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Capitolo 13
*** XIII. Punti di rottura ***



XIII – PUNTI DI ROTTURA
 
Un’ora dopo, Palazzo Cazaretian

Demetrios Xanthe entrò a passo spedito all’interno del salone principale dell’abitazione; nonostante sapesse benissimo i motivi per cui era stato inviato lì in tutta fretta non poté fare a meno di rimanere stupito di fronte allo sfarzo che gli si parava davanti, partendo dall’immensa scalinata di marmo posta di fronte al portone fino ad arrivare ai minimi dettagli, agli arazzi appesi e alle piccole cornici dorate poste intorno alle ampie finestre.
“Degli armeni hanno avuto denaro sufficiente per fare tutto questo?” pensò, senza fare nulla per nascondere il proprio stupore a Chryssa Maria Aristis, la cognata della vittima più illustre, ovvero l’unica persona che pareva nelle condizioni di poterlo ricevere; gli fu detto che Leonora giaceva nel letto di una delle camere degli ospiti in un pessimo stato emotivo, mentre i membri della servitù presenti all’interno del palazzo erano stati allontanati e i diretti dipendenti della famiglia strettamente controllati da un guaritore.

L’uomo seguì la donna lungo i corridoi del piano terra e una seconda scalinata in pietra, molto più modesta di quella principale, fino ad arrivare alla porta della stanza dove era avvenuto il primo omicidio, che era stata sigillata in attesa del suo arrivo; Chryssa la aprì con una vecchia chiave e, subito dopo, distolse lo sguardo appoggiandosi con la schiena alla parete esterna. Tutto era esattamente come quando Konstantinos vi era entrato scoprendo il cadavere, e il maggior ufficiale della guardia imperiale iniziò a ispezionare il luogo, capendo immediatamente perché fosse stato scelto per ricoprire anche quell’incarico: quel duplice omicidio era indubbiamente collegato a quello di Heliodoros Thamen, avvenuto dopo la nomina del consigliere. Un titolo che, in quel momento, rimaneva ancora una volta senza alcun legittimo possessore.

Chryssa, chiudendo gli occhi e inspirando profondamente, pensò all’ammiraglio: non appena gli aveva consegnato tra le mani il biglietto ritrovato nel proprio baule egli era immediatamente corso fuori del palazzo, chiedendo a una guardia di comunicare l’accaduto al basileus e scomparendo poi nel nulla; aveva dovuto sapere tutto sull’accaduto da una sconvolta signorina Yael, che tra uno svenimento e l’altro riempiva pochi minuti con parole dettate unicamente dal più recondito terrore, ma non aveva avuto il coraggio di vedere di persona i due cadaveri, trovandosi improvvisamente sola.

Era ansiosa, preoccupata, dentro di lei l’angoscia cresceva sempre di più con lo scorrere del tempo: ormai non avrebbe potuto dire con certezza nemmeno di essere al sicuro, ma non poteva nemmeno mollare tutto e fuggire in Sicilia; doveva sapere, ed era l’unica cosa che importava in quel momento, più di ogni altra cosa. Ripensò per l’ennesima volta a Konstantinos, che pareva essere fuggito dopo i due omicidi: e se fosse stato lui, l’assassino? No, non poteva essere, lui era così… non sapeva come definirlo, ma solamente dopo aver accennato questi pensieri sentì una fortissima fitta allo stomaco e iniziò a sudare freddo, mentre il respiro le si affannava, sempre più veloce.

 
*
 
Quando ormai il cielo era illuminato solamente dagli ultimi bagliori del tramonto, Konstantinos ritornò al palazzo; non appena ebbe aperto il solido portone, senza nemmeno avere il tempo di richiuderselo alle spalle, Chryssa gli si era portata davanti con un’espressione che a prima vista appariva completamente sconvolta.
“Dove sei stato, dimmelo!” gli chiese lei, furente e devastata, aggrappandosi con le mani alle sue braccia e stringendole con tutta la forza che aveva in corpo.
“Non mi pare che tu sia mia moglie, tutto ciò che faccio io non ti può assolutamente riguardare!”
La strattonò via, salendo poi velocemente le scale, mentre la sua interlocutrice cadeva violentemente a terra cercando di farsi ascoltare, inutilmente, ancora una volta:
“Xanthe mi ha detto che vogliono arrestare Leonora, ma che non ha alcuna prova!”
“E non sei contenta?”
Le rispose lui, sprezzante, dalla cima delle scale.
Chryssa si portò una mano sul braccio, segnato da un taglio provocato dal primo scalino durante la caduta, e pianse amaramente, come non ricordava di aver mai fatto; non lo faceva per il dolore né fisico né interiore, ma lo faceva per lui. Forse, quasi arrivata ai quarant’anni, capiva per la prima volta che cosa potesse significare amare, senza alcuna logica e nessuna via di scampo: era vero che “l’Amore e la Fine non sono complementari né facce della stessa medaglia, sono la stessa cosa”. Capiva Leonora, davvero, e non poté fare altro che abbandonarsi alle lacrime seduta sulle scale, mentre la presenza della morte aleggiava sull’intero palazzo.

 
*

Dieci giorni dopo, sala da pranzo

I due non si erano più parlati da quel giorno, cercando solamente di evitarsi per tutto il tempo trascorso: erano praticamente costretti a convivere nello stesso, seppur immenso, edificio, ma non avevano nessuna intenzione di pestarsi i piedi a vicenda. Era forse la prima volta che si ritrovavano per più di un minuto nella stessa stanza, e solamente per un evento eccezionale come la lettura dei testamenti delle due vittime. Chryssa non si capacitava di come un rapporto di fiducia come il loro fosse terminato a seguito di un’unica frase, di un unico gesto, ma dopo tutto ciò che era venuto a galla su Theodora non avrebbe mai pensato che l’ammiraglio si sarebbe lasciato cadere ancora di più, invece di provare a combattere: lei l’avrebbe anche aiutato con tutte le due forze, pur di vederlo felice…

Chryssa si guardò intorno: Konstantinos sedeva in fondo alla sala, al fianco del basileus Leone, mentre di fianco a lei sedevano Leonora, con le mani in grembo e velata di nero, Agata Yael, Philoteos Theron e il cocchiere della carrozza della famiglia, ancora nella sua tenuta da lavoro. A leggere Demetrios Xanthe, mentre l’esterno della stanza e del palazzo era presidiato da un ampio numero di guardie vista la presenza dell’imperatore in persona. L’incaricato prese in mano la prima pergamena e iniziò a leggerla:

Testamento di Ambrosios Cazaretian
Con la presente nota da me firmata, apribile solo nel caso della mia morte, dispongo le volontà sulla suddivisione del mio patrimonio personale.
  • Lascio al mio unico consanguineo vivente, mio figlio Vassilis Cazaretian, tutte le mie proprietà terriere nel Ponto e a Trebisonda, nonché tutto ciò che non sarà destinato ad altri;
  • Lascio al mio fedele segretario Philoteos Theron una somma di 1500 solidi¹ e le mie stanze nel Palazzo dei Cazaretian a Costantinopoli, eccetto espressa rinuncia del citato soggetto.
  • Lascio il contenuto della busta allegata a Leonora Aristis in Cazaretian, mia nuora.
In fede, Ambrosios Cazaretian”
 
Demetrios consegnò a Leonora la busta di pergamena, contenente un anello decorato da un’imponente pietra incastonata sulla sua sommità. Chryssa intravide un’incisione al suo interno, ma Leonora le coprì la visuale mettendoselo al dito. Intanto, Xanthe aveva davanti anche la seconda e ultima lettera, che dichiarò valida in quanto la morte del signor Ambrosios Cazaretian era avvenuta precedentemente a quella del figlio.

Testamento di Vassilis Cazaretian
Con la presente nota da me firmata, apribile solo nel caso della mia prematura morte, dispongo le volontà sulla suddivisione del mio patrimonio personale.
Non avendo alcun figlio…”


“Si fermi!”
Leonora scattò in piedi, tremando.
“Sono incinta”.




SPAZIO AUTORE:
Passo per aggiornarvi sulla raccolta spin-off "Le campagne di Messina". Vi segnalo che è stata completata in 6 capitoli, come preannunciato, ma non ho ancora pubblicato gli ultimi tre perché ho avuto un problema di caratterizzazione di un personaggio nel quarto, che sarà il più importante per capire la vita delle due sorelle. Spero di riuscire a risolvere e pubblicare comunque il prima possibile. Un saluto!
EDIT: Capitolo Revisionato.

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Capitolo 14
*** XIV. Le tre verità ***



Doverosa premessa: sono davvero senza parole, ma non posso che scusarmi con tutti voi lettori. Ho finito oggi la revisione della seconda metà di questa long e, dopo un anno e mezzo di attesa, sono finalmente riuscito a completare questo capitolo in meno di un'ora. Mi scuso ancora, davvero. Non è la prima volta che lo dico, ma questa volta sono tornato davvero, riaggiornando la storia a cui tengo di più: non manca moltissimo alla fine, questo capitolo è una svolta che condurrà rapidamente al finale, ma non posso garantirvi niente riguardo i tempi. Vi ringrazio per esserci ancora, dopo tutte questo tempo. Prima di leggere questo capitolo, vi consiglio ovviamente di dare una veloce rilettura ai precedenti, sia per rinfrescarvi la memoria, sia perché alcuni sono stati rimaneggiati e non poco, anche se la trama non è cambiata di una virgola. Grazie di cuore,
mystery_koopa


 
XIV – LE TRE VERITÀ
 
Nella piccola saletta l’atmosfera triste e attenta della lettura del testamento si trasformò rapidamente: i presenti iniziarono a parlare rumorosamente tra loro e a lanciarsi sguardi stupiti e sospettosi allo stesso tempo, mentre Chryssa afferrò la manica sinistra dell’abito della sorella per cercare un contatto con lei. Essa, tuttavia, sembrò ignorarla e continuò a guardare davanti a sé.
“Signora Cazaretian, guardi che non è il caso… l’eredità le spetterebbe ugualmente, essendo l’unica familiare del defunto rimasta in vita…”
“Ma io sono davvero incinta, mentire non avrebbe più senso!”

“Venga di là, devo parlarle”.
A dire questa frase, rivolto a Demetrios, era stato Konstantinos, che si congedò dal basileus con un cenno del capo e successivamente si diresse verso le scale.
Chryssa si voltò nuovamente verso la sorella con un’espressione estremamente preoccupata, mentre Leonora si risedette al suo fianco: “Leonora, ma è vero? Com’è possibile! Siete sposati praticamente da vent’anni e non avete mai avuto nessun figlio e adesso…”
“Chryssa, sorella mia, sai anche tu che cercheranno in ogni modo di dimostrare che questo figlio non è di Vassilis anche se io non l’ho mai tradito, nonostante tutto. Probabilmente mi arresteranno anche, ma devi solo stare calma e fidarti di me, per una volta. Sei sempre stata la sorella forte, quella che ha ereditato tutti i possedimenti di famiglia e che ha viaggiato, ha conosciuto, mentre io non metto piede fuori da questa città dal funerale di nostra madre: eppure, questa volta devi ascoltarmi ed essere ancora più forte. È il momento, Chryssa: so che sei ancora sconvolta per quello che ti ho rivelato subito dopo l’omicidio, ma credimi, è giunta l’ora di dire tutto a quell’ammiraglio. So che ti sembrerà impossibile e non so dirti come reagirà, è una persona fin troppo solitaria per essere prevedibile… ma è il momento giusto, e non posso che dirti questo. Questa volta devi essere forte per tutte e due, ricordalo, ma so che ce la farai”.

Chryssa annuì lentamente con un’espressione indubbiamente indecisa, e proprio in quell’istante Demetrios Xanthe rientrò all’interno della stanza, chiedendo a Leonora di seguirlo all’esterno per chiederle altri particolari utili all’indagine sugli omicidi. La donna, uscendo, incrociò con lo sguardo il basileus, per un singolo istante, ma l’espressione dell’imperatore le fece capire che stava facendo esattamente la cosa giusta in quel momento.

 
***
 
Xanthe rientrò nella stanza dopo breve tempo, senza Leonora, leggendo ai presenti le ultime righe del testamento, contenenti piccole donazioni ai vari membri della servitù famigliare: oltre che al patrimonio in denaro, la moglie avrebbe quindi ereditato tutte le proprietà della famiglia Cazaretian, ma la rivelazione della sua tardiva gravidanza aveva cambiato tutte le carte in tavola.
Il capo delle guardie uscì a passo spedito non appena ebbe richiuso la pergamena, seguito da Chryssa che, tuttavia, fece solamente in tempo a vederlo salire su un carro coperto e ad allontanarsi velocemente: sopra al veicolo, fu certa di vedere anche Leonora.

La nobile rientrò velocemente nel palazzo, trovando Konstantinos davanti a sé con aria abbattuta.
“Devo parlarti”, disse, prima di richiudere il pesante portone alle sue spalle.
L’ammiraglio la seguì silenziosamente all’interno della sala da pranzo ormai svuotatasi: le sedie erano state rimesse al loro posto e i tendaggi chiusi, e nell’aria regnava incontrastato un silenzio quasi irreale, tanto da far sembrare impossibile l’eventualità che una qualsiasi parola potesse romperlo; nonostante il sole fosse alto nel cielo, la stanza era in penombra.

Chryssa si girò di scatto, appoggiandosi al tavolo con le mani e guardando il suo interlocutore dritto negli occhi; poi, con voce calma e fredda, parlò: “Leonora non è una spia”.
Konstantinos rimase paralizzato per un secondo, incapace anche solo di spostare lo sguardo; poi, dopo aver preso un respiro profondo, le rispose.
“Ti prego, dimmelo, l’hai sempre saputo, vero? L’ho capito nel primo istante che in questo palazzo niente è ciò che sembra, ma che tu mi dica che tutto ciò che ho fatto finora è stato inutile… no, non può essere vero, io l’ho sentita, l’ho vista!”
“Hai ragione, Konstantinos, sono stata troppo affrettata, ma non potevo rischiare di bloccarmi e di non riuscire a dirtelo; è vero, Leonora è una doppiogiochista, ma a favore del nostro impero: ha approfittato della sua passata relazione per convincere i mercanti arabi di essere schierata dalla loro parte, ma è sempre stata fedele al basileus. Il suo astio nei tuoi confronti è vero, sono certa che il suo amore proibito fosse sincero e che non le sarebbe importato della reputazione se solo avesse avuto la possibilità di essere felice… ma sono sempre stata dubbiosa riguardo alla possibilità che tradisse la città, e i suoi sguardi con Leone durante la lettura del testamento hanno confermato ciò che lei mi ha svelato dopo gli omicidi: è il basileus ad aver sempre saputo tutto, non io”.

L’ammiraglio si sentì mancare la forza nelle gambe, e riuscì a malapena a sedersi; Chryssa lo imitò, prendendo le sue mani tra le proprie, con lo sguardo basso.
“Non avrei mai dovuto coinvolgerti e riaprire le ferite del tuo passato, lo so… se solo lo avessi saputo prima! Ora l’impero è al sicuro, ma noi? Ci siamo ritrovati coinvolti in una spirale di omicidi, senza più alcuna certezza”.

Una lacrima le solcò la guancia, ma la mano ruvida dell’ammiraglio gliela asciugò dolcemente; la donna sollevò lo sguardo e vide che anche lui aveva gli occhi lucidi, ma la sua espressione appariva distesa: non sconcertata né colma d’ira. Forse, pensò, era la prima volta che lo vedeva così.

“Sono stato da un antiquario, non appena mi hai consegnato il biglietto che hai trovato nel tuo baule, e tutto ciò che mi ha potuto dire è che è stato scritto in questi giorni, e non oltre quattro mesi fa come riporta la data; quel biglietto non può che essere un falso scritto da qualcuno che sapeva di tutto ciò. L’ho sognata, Chryssa, ho sognato Theodora, e per la prima volta dopo tutti questi anni ho potuto vedere chiaramente il suo volto. Ne sono ormai certo, è morta e fa definitivamente parte del mio passato: non ti ho parlato in tutti questi giorni per non ferirti nuovamente, per evitare di incolparti di tutta la mia infelicità interiore che mi porto dietro da anni.

E tutto questo tempo mi è servito per riflettere, per pensare a cosa la mia vita fosse diventata… scusami se ti parlo così, senza senso e senza logica, ma era da così tanto che cercavo di aprirmi raccogliendo soltanto insuccessi… e poi ho incontrato te”.
I due si guardarono ancora una volta, sorridendo debolmente, poi Chryssa si gettò tra le braccia di Konstantinos: non era un abbraccio formale né passionale: era il contatto tra due persone che avevano visto le loro certezze crollare loro addosso, e che, ferite, stavano cercando un modo per ricominciare una nuova vita.

 
***
 
Leonora scese dal carro di fronte al palazzo del basileus, avanzando lentamente scortata da Xanthe: un soldato aprì loro l’ingresso alla sala del trono, conducendoli poi lungo un corridoio laterale che li condusse alla base di una torre.
“Signora Cazaretian, deve procedere da sola” disse il capo delle guardie, indicandole una ripida scala a chiocciola che la nobildonna, esitante, salì lentamente.

Nella stanza posta sulla sommità dell’edificio, Leone la stava aspettando in piedi, evidentemente teso.
“È vera la sua rivelazione riguardo alla gravidanza del figlio postumo di suo marito?”
“Sì”, rispose lei, alzando lo sguardo, “non avrei alcuna ragione per mentire”.
“Ne sono consapevole, ma visto ciò che è successo alla sua famiglia…”
Leone si interruppe all’improvviso, poi proseguì:
“Signora Cazaretian, sono certo della sua innocenza: anche se Ambrosios era anziano e Vassilis ancora convalescente, una donna con una corporatura esile come la sua non sarebbe mai riuscita a immobilizzare il signor Theron, per di più senza farsi riconoscere. Tuttavia ho ordinato a Demetrios Xanthe, tramite l’intervento del signor Ampatis, di arrestarla e di condurla qui per la sua sicurezza: dopo l’omicidio di Heliodoros Thamen e dell’intera linea maschile di una delle famiglie più potenti dell’impero anche lei è in pericolo, ora che ha annunciato di aspettare un erede.
Presto sua sorella ne verrà informata, ma non posso assicurarle nulla. La ringrazio solamente, perché grazie al suo intervento l’impero non rischierà di ritrovarsi ancora una volta in pericolo”.

 
***
 
Nicomedia, Thema Optimaton

Di fronte alla Propontide, il cavallo si fermò. Il viaggio da Trebisonda era stato lungo e faticoso, sia per il caldo, sia per l’esaurimento del denaro che il cavaliere era riuscito a portare con sé da Kiev, che non aveva permesso più di tre soste durante l’intero mese. Tuttavia, la sua meta era più vicina che mai.

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Capitolo 15
*** XV. Confronti e Risoluzioni ***



XV – CONFRONTI E RISOLUZIONI
 
Konstantinos e Chryssa uscirono insieme dal palazzo, entrambi diretti alla residenza del basileus: l’uno per poter finalmente parlare in solitudine con l’amico, l’altra per richiedere il permesso di incontrare la sorella, che sapeva essere trattenuta in una delle stanze dell’immenso edificio.
Durante il tragitto i due non si rivolsero quasi la parola, come se non ce ne fosse bisogno: camminarono solamente affiancati, con lo sguardo dritto e l’andatura veloce.

Non appena furono giunti alla loro destinazione, Chryssa guardò l’ammiraglio di sfuggita ed entrò per prima all’interno della sala in cui Leone riceveva le visite più importanti. Un attimo dopo Konstantinos la vide uscire scortata da una guardia ed entrò al suo posto, trovando il basileus in piedi al centro del piccolo ma sfarzoso salone, decorato alle pareti con arazzi recentemente realizzati narranti la vittoria di Adrianopoli di cui egli si era reso protagonista, alternati alle più antiche rappresentazioni musive.

“Ti stavo aspettando”, disse il suo interlocutore, alzando improvvisamente la testa con aria molto concentrata, “credo di doverti delle spiegazioni”.
L’ammiraglio accennò con la testa la sua disponibilità ad ascoltarlo, senza rispondergli direttamente, poi gli chiese se fosse possibile sedersi; i due si accomodarono presso un tavolino circolare, poi il basileus riprese a parlare.

“Chryssa in questo momento sta visitando la sorella, che si trova in una delle torri di questo palazzo: è proprio di lei che devo parlarti. So che ti è già stato accennato qualcosa, e in questo momento capisco la tua reazione: ti è sempre stato detto che Leonora ha tramato contro il nostro impero e…”
Konstantinos lo interruppe, quasi spazientito ma cercando di mantenere la calma: “Leone, perdonami, ma non posso che chiederti di evitare di ripetere ancora una volta tutte queste cose che mi sono già state dette da Chryssa: io e lei, come tutti, siamo stati ingannati dai suoi comportamenti, e sicuramente la cosa mi ha lasciato sorpreso, anche perché non credo che altrimenti sarei tornato a Costantinopoli. Quindi dimmelo, te ne prego: hai organizzato tu tutto ciò per potermi rivedere nella capitale e, soprattutto, come ha potuto una donna salvare da sola il nostro impero allo stesso modo in cui l’avevamo fatto noi due con l’aiuto di un esercito e una flotta interi?”

Leone trasse un respiro profondo.

“Hai ragione, Konstantinos, ma non riesco a credere che tu non riesca a fidarti di me tanto da pensare che io abbia organizzato questa messinscena con degli omicidi solo per trattenerti qui contro la tua volontà; è vero, non ti ho rivelato il ruolo di Leonora Cazaretian, ma allo stesso modo tu non mi hai mai parlato apertamente delle tue azioni compiute in segreto, sebbene fossi convinto di fare tutto ciò per il bene dell’impero. Non avevo idea del fatto che Chryssa si sarebbe allarmata in tal modo per la reputazione della propria famiglia da dover coinvolgere anche te; senza la tua presenza lei sarebbe giunta nella capitale molto prima e la sorella avrebbe avuto modo di raccontarle tutto, ne sono certo.

D’altra parte, amico mio, credo che tu sia l’ultima persona in grado di mettere in dubbio la forza di una donna in determinate condizioni: non so se ne sei a conoscenza, ma il reggimento femminile per cui Theodora si era arruolata vent’anni fa oggi esiste davvero, e si occupa di scortare le nobildonne della capitale durante i loro spostamenti e della sicurezza interna ai palazzi. Forse, se Vassilis Cazaretian si fosse sentito meno al sicuro avrebbe avuto anch’egli più guardie, e sarebbe ancora vivo.

In ogni caso, credo che tu abbia visto Leonora parlare con Abdallah Zaman, uno dei pochi mercanti arabi ancora attivi delle nostre città dopo la guerra e per questo padrone di un’immensa ricchezza con cui finanziare addirittura la costruzione di una nuova flotta. Le nostre spie avevano ragione di credere che fosse possibile un suo coinvolgimento nelle manovre arabe per il contrattacco, così decisi di contattare Leonora, avendo conosciuto il suo passato dal marito, chiaramente incapace di mantenere segreti o di accorgersi di ciò che stava accadendo in casa sua, pover’anima.
Il giorno stesso in cui i due Cazaretian furono uccisi ho traccia degli spostamenti di Leonora: dopo aver aiutato il marito a risalire le scale a seguito della colazione, era uscita per incontrare al porto Zaman. Lì egli l’aveva minacciata, come probabilmente ti sei accorto egli era impaziente di agire subito e lei, senza pensarci due volte, l’aveva spinto in mare…”

 
***
 
“Cosa!? Leonora, come puoi averlo fatto… hai ucciso un uomo, allo stesso modo in cui lo feci io anni fa1, e capisco che l’hai dovuto fare per proteggere anche te stessa oltre che all’impero: sai che non posso che ammirarti per questo. Ma non avrei mai creduto che tu potessi tradire così la mia fiducia… io credo nella tua innocenza, ma non voglio sentirmi in colpa per questo!”
“Chryssa, sorella mia, mi rendo conto del fatto che tu possa sentirti ferita da me, e me ne dispiace assai… ma non avrei mai potuto lasciar pensare a Konstantinos Ampatis di poter agire all’ultimo momento, rischiando così di compromettere tutto! So di averti ingannata, perdonami… non avrei dovuto nascondere quel biglietto falso nel tuo baule, e soprattutto ascoltare dal sottotetto la vostra conversazione privata in cui ti ha raccontato con così tante difficoltà del suo passato, ma era necessario, lo sai, so che tu mi capisci”.
“Aspetta, Leonora… il sottotetto…”
“Chryssa!”
“Non può che essere quello il posto in cui l’assassino di tuo marito si è nascosto: è passato dalla finestra della stanza di Ambrosios, lasciandola aperta, ed è rientrato da lì per poi dirigersi nella sua".

Chryssa si fermò di colpo, sistemandosi i capelli e guardando la sorella negli occhi torbidi e inquieti. Poi, sommessamente, riprese la parola:
“Scusami, Leonora. Non avrei dovuto parlare in questo modo, nonostante la mia intuizione potrebbe essere molto importante. Ti perdono per il tuo gesto, non potrei fare altro dopotutto, ma non era mia intenzione ferirti allo stesso modo”.
“Stai tranquilla, davvero. La morte di Vassilis mi ha molto colpita senza dubbio, ma non posso certo dirmi infelice… nonostante la mia situazione. Ho paura, Chryssa: non per me, e anche se tengo da morire a te so che sai cavartela da sola; ho paura per il mio bambino, per questa creatura che porto in grembo e che potrebbe essere uccisa con una semplice spinta ai miei danni… non posso uscire da questa stanza sorvegliata, ma non posso nemmeno stare soltanto a guardare mentre l’assassino della mia famiglia è a piede libero e potrebbe colpire ancora.
Non credo che tu debba temere il signor Theron o Agata Yael, lei non sarebbe riuscita a legarlo così bene neppure se egli fosse stato fermo e non credo che l’uomo del sottotetto possa essere un loro complice: tuttavia fai attenzione, in questo momento il palazzo è nelle tue mani e non so cosa potrebbe accadere…”

Leonora sospirò preoccupata, e la sorella l’abbracciò dolcemente.
“Abbi cura di te, Leonora: so che lotterai per me allo stesso modo in cui io lo sto facendo per te, non appena potrai, l’abbiamo sempre fatto. Non dovremmo più dubitare l’una dell’altra, oramai”.

Le due donne sorrisero, poi la minore si stese sul proprio letto vellutato mentre la sorella uscì dalla torre scendendo la rampa di scale. Alla fine di essa non trovò tuttavia la guardia che l’aveva accompagnata, ma Demetrios Xanthe in persona, apparentemente concentrato su una pergamena scritta fittamente; lo salutò velocemente e poi si diresse al palazzo, dove si era data appuntamento con Konstantinos una volta che entrambi avessero terminato le rispettive conversazioni.

 
***
 
“Konstantinos, amico mio, perdonami se te lo chiedo nuovamente, ma ora che mi hai detto di aver fatto i conti con il tuo passato e che hai concluso il compito affidatoti da Chryssa Aristis, credo che sia giunto il momento di farlo. Davvero, sei libero di rifiutare, se non te la senti, ma io ho più che mai bisogno di te: vorresti diventare il mio nuovo consigliere? È il momento di concludere le indagini per le morti di Vassilis Cazaretian e Heliodoros Thamen e di riorganizzare l’impero dopo un periodo di guerre come quello appena trascorso, e nessun altro in questa città ha la tua stessa abilità economica. Ti chiedo solo di pensarci”.

“Non ce n’è bisogno, Leone, ho già preso la mia decisione. Quando l’impero ha avuto davvero bisogno di me non ho esitato ad abbandonare i miei traffici commerciali per guidare la nostra flotta nonostante i rischi enormi, e ora non posso che farlo nuovamente: hai ragione, è giunta l’ora di abbandonare definitivamente il passato e di voltare pagina, di cambiare vita. Credo che dovrò anche tornare a vivere nel palazzo dei miei avi, dopo tutti questi anni: sarà difficile, ma non posso sfuggire per sempre alla realtà”.

“Sono felice per te”, furono le uniche parole che il basileus disse all’ammiraglio, prima di stringerlo a sé. E lo era davvero: finalmente, stava iniziando anche per lui a delinearsi un vero futuro, e non una vita scandita soltanto dai viaggi e dai ricordi strazianti.

 
***
 
Dopo essersi congedato, Konstantinos si diresse velocemente a palazzo Cazaretian per riferire a Chryssa l’esito della sua conversazione con Leone, mentre l’imperatore si spostò nella sala del trono, informato da un servitore che una persona lo stava attendendo per un’udienza.
Quasi svogliato, egli vi si diresse, per poi sedersi sul proprio trono. Di fronte a lui, una figura esile velata di nero stava in piedi, come se aspettasse un ordine. Il basileus le chiese di rivelarsi e di chiedere velocemente ciò di cui aveva bisogno, e l’individuò obbedì, abbassando il mantello dal volto e rivelando il volto di una giovane donna, meraviglioso sebbene visibilmente segnato dalle privazioni di un lungo viaggio. Vedendola, Leone ammutolì all’istante, la sua salivazione si azzerò e dalla fronte iniziò a scendere del sudore freddo, mentre un brivido gli attraversava la schiena.

“Non è possibile! No, non può essere… chi sei, dimmelo ora!” Stava quasi gridando.
“Theodora Alakites. Credo che dovremmo parlare, Autokrátor Kaísar Augustos”.2
 



 
Note:
1 Riferimento all’ultimo capitolo della raccolta “Le campagne di Messina” e alla oneshot “Gelide confessioni”, che trovate entrambe all’interno della serie “La Fenice Purpurea” in cui è inserita anche questa storia.
2 Letteralmente “Imperatore Cesare Augusto”, dal greco. Era il titolo onorifico principale degli imperatori d’Oriente.
 
 
SPAZIO AUTORE:
Fortunatamente ce l'ho fatta: questo quindicesimo capitolo esce nel giorno esatto in cui, due anni fa, uscì il prologo di questa storia, ormai prossima alla conclusione. Sono felice che alcuni di voi la stiano seguendo ancora dopo tutto questo tempo.
Non posso far altro che che ringraziarvi,
mystery_koopa

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Capitolo 16
*** XVI. Due Assassini ***


 
XVI – DUE ASSASSINI
 
Leone si alzò dal trono, avanzando lentamente verso la giovane donna scortato dal controllo vigile delle due guardie al suo fianco: non appena egli si fu avvicinato a un passo di distanza, lei si inginocchiò in segno di rispetto, rialzandosi poi velocemente.
“Theodora Ioannis è tua madre, non è vero?”
“Sì… lo era”.

“Lasciateci soli. Karolos, manda tuo figlio a chiamare l’ammiraglio Ampatis, con urgenza”. Pochi istanti dopo un ragazzino di circa dieci anni attraversò di corsa il monumentale portone d’ingresso, addentrandosi nelle strette vie della città.
“Saprai benissimo di chi si tratta, suppongo, e non solo a causa della sua schiacciante vittoria contro gli Arabi”.
“Mia madre non parlava mai del suo passato: solo una volta, sopraffatta dalla febbre, mi raccontò come era giunta a Kiev e perché aveva sposato quell’ignobile uomo che è stato mio padre”.

 
***
 
“Buongiorno, Chryssa. Non credevo che saresti tornata così in fretta… sinceramente ero convinto che Xanthe ti avrebbe lasciata parlare più a lungo con tua sorella”.
“Ci siamo dette ciò che era necessario… tra cui tutta la verità sul biglietto trovato nel mio baule e sul suo coinvolgimento nei piani del basileus per sventare un possibile contrattacco arabo. Ma saprai tutto anche tu, sono stata informata che anche Leone era a conoscenza di tutto. Capisco se continuerai a provare diffidenza nei suoi confronti, è naturale d’altronde, dopo tutto questo tempo: tuttavia, ora è necessario che tu ti fidi di lei per scoprire insieme la verità sulla morte dei Cazaretian. Konstantinos, ascoltami, non possiamo mettere a rischio anche la sua vita e quella del suo bambino…”

La voce di Chryssa fu rotta dall’emozione, ma lei continuò a parlare, sempre più velocemente. L’ammiraglio la prese tra le proprie braccia, stringendola a sé nel tentativo di aiutarla a calmarsi. La donna respirò profondamente, ancora scossa, e si impose di calmarsi, prima di riprendere il suo discorso; non fu così difficile, dopotutto, nonostante non potesse credere che fosse vero: aveva sempre compreso le ragioni di Leonora, il suo dolore nell’essere separata dall’uomo che amava e nel vederlo morire in lontananza, ma solo in quel momento sentì che ciò sarebbe potuto accadere anche a lei. Aveva trascorso la sua intera vita in solitudine, ma sapere che le uniche due persone che amava stavano rischiando la loro vita non le dava pace.
Chryssa sollevò lo sguardo, poi fece un passo indietro per staccarsi da Konstantinos e andarsi a sedere davanti alla finestra. Lui la osservò brevemente.

“Ho accettato, Chryssa. Leone mi ha nominato suo consigliere e supervisore alle indagini per le morti di Heliodoros Thamen, Vassilis e Ambrosios Cazaretian: non ci sarà alcuna cerimonia ufficiale, non la desidero. Non è possibile che non sia stato scoperta nemmeno un’esigua parte della verità, e Demetrios Xanthe non è incompetente… è sempre stato un valoroso uomo d’onore, anche se non ci ho mai lavorato a stretto contatto prima d’ora non accetto di vederlo così in balia degli eventi, e soprattutto non accetto che un assassino possa muoversi impunito per le strade di questa città”.

“Konstantinos, sono così felice per te! Per me è difficile ammetterlo, ma ho davvero paura ora. Non sono forte come ho sempre far voluto credere a tutti, nonostante le mie drastiche scelte… ma questo tu lo sai”.
“Non dire così, assolutamente no. Avere paura è una virtù, perché ci fa capire quando è necessario prestare più attenzione ai pericoli che corriamo: sei la donna più forte che abbia mai conosciuto, Chryssa, anche se mi duole ammetterlo; ma ormai è tempo di lasciare il passato da parte…”

Lei sorrise, poi, lentamente, proseguì con il suo racconto: “L’assassino di Vassilis dev’essere passato per forza dal sottotetto: uscendo dalla finestra della camera del padre è l’unica via percorribile per poter entrare all’interno della casa, dato che ciascuna porta era serrata dall’interno. Non credo che Philoteos e Agata possano essere complici dell’assassino: sono troppo deboli per essere coinvolti, troppo impressionabili per progettare un omicidio, troppo poco furbi per essere doppiogiochisti”.
“L’assassino è Demetrios Xanthe, Chryssa. Non c’è nessun’altra spiegazione: non è possibile che non abbia scoperto la verità, ma ha le capacità necessarie a nasconderla e piegarla a proprio favore…”
Chryssa tremò.
“Stai tranquilla, davvero: tua sorella non è in pericolo, nonostante sia a stretto contatto con lui. Xanthe è oculato, non uccide per il gusto di farlo ma per un solo motivo, la carica di consigliere: sono io, il suo prossimo obiettivo”.
Ma lei non sembrò tranquillizzarsi affatto.

“Signor Ampatis, signor Ampatis!”
“Kallistos, cosa succede?”
“Il basileus richiede immediatamente la vostra presenza al Palazzo… c’è una donna vestita di nero”.
L’ammiraglio salutò Chryssa con un veloce cenno della mano, poi seguì velocemente il ragazzino.

 
*
 
Chryssa, una volta rimasta sola, pensò di correre da Leonora, ma si trattenne: mettendola a conoscenza della verità sul capo delle guardie l’avrebbe messa molto probabilmente ancora più in pericolo, e quella sarebbe stata la cosa peggiore che potesse accadere.
Uscì dalla piccola stanza ed entrò nel salone principale, chiamando a sé i due giovani dipendenti della famiglia.
“Ora che Leonora è trattenuta altrove e che ogni altro membro della famiglia è morto, non credo ci sarà più bisogno di voi: vi pacherò quanto vi dobbiamo entrambe, e vi darò anche alcuni soldi in più, ma non appena la situazione sarà sicura ve ne andrete da questo palazzo in cui non siete riusciti a fare nulla di buono”.

Philoteos rimase spiazzato dalle parole della nobildonna, ma nonostante il timore decise di controbattere: “Noi abbiamo rischiato moltissime volte la vita per tutti voi, e questo è il vostro ringraziamento? Mandarci via nel momento più difficile per tutti? Sono stato legato da un assassino mentre il signor Ambrosios Cazaretian veniva brutalmente ucciso, sono stato a contatto con le persone peggiori dell’intera Costantinopoli e ho inviato missive compromettenti in Sicilia mentre un solo passo falso mi avrebbe condannato, soltanto per proteggere la vostra infida attività di spionaggio! Agata invece è stata a contatto con la signora Leonora per oltre un anno, credo sia già sufficiente dire questo”.
“Non vi permetto di parlare così dei miei familiari”. Chryssa era gelida. “Avreste dovuto proteggere la famiglia, e questo è stato il risultato, mentre come spie avete raccolto soltanto fallimenti: dovrei farmi restituire da voi tutti i soldi che ho perso a causa vostra, e invece ve ne do altri purché ve ne andiate. Non credo abbiate il diritto di dire nulla. Avete perso anche l’ultima parte della fiducia che avevo riposto in voi: prendete le vostre cose e il vostro sporco denaro e andatevene, ora!”

Philoteos si morse le labbra per non incorrere in un’ancor più rischiosa reazione, poi trascinò via Agata che aveva iniziato a urlare sconclusionatamente. Chryssa li guardò con disprezzo salire le scale secondarie e poi ridiscenderle carichi di borse: Philoteos si sbatté il portone alle spalle, mentre una giovane domestica fu incaricata di ripulire completamente le stanze dei due da ogni traccia della loro presenza. Un registro civico testimonia che i due si sposarono il giorno stesso, prendendo poi una nave per Corcira1; non furono più rivisti nella capitale.

 
***
 
Konstantinos giunse nella sala del palazzo imperiale in brevissimo tempo, dove l’amico imperatore lo accolse con espressione preoccupata. Dietro di lui c’era una giovane donna, in piedi e girata di spalle: quando, avanzando, l’ammiraglio vide il suo volto, si sentì mancare la terra sotto ai piedi. No, non era vero, non era giusto che dopo tutto il tempo passato a soffrire il suo passato si ripresentasse all’improvviso così.
“Konstantinos, lei è Theodora Alakites, la figlia di Theodora… credevo che fosse giusto anche per te venire a conoscenza di cosa accadde dopo quella notte”.
L’ammiraglio rimase immobile, quasi come rassegnato a doversi immergere per un’altra, forse davvero l’ultima, volta nei meandri dimenticati della storia della donna che più aveva amato nella sua vita; la giovane iniziò il suo racconto cautamente.

“Non conosco ogni particolare della vita di mia madre, come ho già detto in precedenza al basileus ma vi racconterò tutto ciò di cui sono a conoscenza, non una parola di meno, anche se ciò che accadde nella sua gioventù già lo sapete. Quella notte di vent’anni da mia madre fu rapita, e la colpa non fu vostra, lei non vi ha mai accusato di nulla: cosa avreste potuto fare, anche se vi foste accorti di ciò che stava accadendo, da soli contro sei uomini? L’uomo che ordinò la sua sparizione fu Isakios Alakites, un socio in affari di suo padre che, dopo essere stato estromesso dai lucrosi affari della capitale si stabilì a Kiev, e decise di vendicarsi di lui in questo modo. Mia madre fu caricata immediatamente su una nave mercantile: riuscì soltanto a lasciare un quaderno in un baule della stiva, con il nome dell’uomo che la portò via scritto in una delle pagine centrali in modo che non potesse essere notato e distrutto dalle superficiali guardie private che l’avevano prelevata”.

Konstantinos sospirò: era il quaderno di Chryssa.

“Successivamente mia madre fu costretta a sposarlo contro la sua volontà, e io nacqui meno di un anno dopo. Sebbene quell’uomo ignobile abusasse continuamente di lei, mia madre ha ripetuto per la sua intera vita che desiderava davvero avere un figlio, almeno per ritrovare una persona da amare dopo che la sua vita precedente le era stata completamente portata via. Ricordo, quando ero molto piccola, che mio padre la picchiò talmente violentemente da costringerla a letto per mesi: fu probabilmente per le continue percosse che non ebbe alcun altro figlio. Mio padre non mi ha fatto mai nulla di male direttamente, ma non dimenticherò mai ciò che fece a lei…
Mia madre è morta due anni fa, sola: non mi fu permesso nemmeno di vederla per un’ultima volta, e subito dopo il suo corpo fu dato in pasto a delle bestie selvatiche. Avevo resistito per anni perché temevo di perderla, non avrei accettato una sua morte a causa mia, ma allora non fui più in grado di resistere: uccisi mio padre, presi il suo cavallo e fuggii dal matrimonio che mi aveva combinato con un uomo come lui, dalla terra fredda e arida in cui ero stata cresciuta, dalla vita vuota e straziante che mia madre aveva vissuto. Negli ultimi tempi, ogni tanto, mi diceva ‘penso ancora a lui’ e io sapevo che parlava di te, Konstantinos, dell’uomo che aveva davvero amato e di cui una sola volta mi aveva svelato il nome”.

Konstantinos si inginocchiò a terra con le mani a coprire il volto; nessuno trattenne le lacrime.
 




Note:
1 Antico nome dell’isola di Corfù.


 

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