Holocron quest

di fmartinuz
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il sogno di Anakin ***
Capitolo 2: *** Piani imperiali ***
Capitolo 3: *** Il fallimento di Yoda ***
Capitolo 4: *** Holocron ***
Capitolo 5: *** Reliquia dal passato ***



Capitolo 1
*** Il sogno di Anakin ***


Il trasporto da Mustafar era stata un’esperienza mistica. Un limbo di dolore nel quale sottili cartilagini lo trattenevano ancorato alla vita. La vasca di bacta in cui era stato immerso dopo il duello leniva appena le sofferenze della carne e i suoi occhi socchiusi, cerchiati da pesanti bruciature, si muovevano pigramente come alla ricerca di un appiglio tra i fluidi del medicamento. Ruotando lo sguardo verso destra vide che gli mancava buona parte del braccio ed eseguendo lo stesso movimento verso sinistra scoprì che anche l’arto gemello aveva subito la stessa sorte. Questa nuova consapevolezza lo riempì di disgusto verso sé stesso e gli fece provare un odio sordo e implacabile verso il suo maestro. Verso colui che pazientemente lo aveva condotto lungo le vie della Forza e lo aveva così abilmente addestrato prima di abbandonarlo inerte e sanguinante ai bordi di un fiume lavico: Obi-Wan Kenobi. Una rinnovata furia gli squarciò il corpo e la mente e l’impatto fu talmente potente sui suoi nervi da fargli perdere i sensi.
 
*
 
- Maestro, cosa ha intenzione di fare? – esclamò allarmata Ahsoka Tano estraendo la spada laser.
Anakin Skywalker lanciò uno sguardo alla sua giovane padawan prima di guardarsi attorno. Si trovavano all’interno di un’arena ovale circondata da spalti ascendenti gremiti di gente, anche se Anakin non riusciva a capire a quale razza appartenessero. Vedeva delle figure indistinte dai confini informi che avrebbero benissimo potuto essere dei coruscantiani come anche dei mandaloriani. Inoltre non si ricordava come avevano fatto, lui e la sua allieva, a trovarsi in quella situazione. Stava riflettendo sul motivo della loro presenza quando una scarica di laser si abbatté sul masso roccioso dietro il quale si stavano nascondendo. L’offensiva, ebbe modo di appurare, proveniva da un gruppo di droidi da guerra separatisti che stavano incessantemente avanzando verso la loro posizione.
- Maestro! – urlò la padawan con una punta di agitazione nella voce come per richiamarlo violentemente dal mulinello di pensieri in cui era stato trascinato.
- Ho capito Ahsoka! Non starmi troppo addosso! Dobbiamo fuggire da questa arena visto che siamo in netta minoranza. Sul lato opposto a dove ci troviamo ho visto un portone di metallo che potremo facilmente aprire con il laser delle nostre spade – disse Anakin. – Il modo migliore per raggiungerla è adottare una manovra elusiva accerchiante…
- Quindi li attacchiamo, Maestro? – chiese Ahsoka confusa.
- No. Intendo dire che dobbiamo stare rasenti i muri dell’arena e seguirli fino a che non ci troveremo dall’altra parte. Non attaccare i droidi. Limitati a respingerne i colpi con la spada laser. Io prendo a destra e tu a sinistra. Ci vediamo dall’altra parte, va bene? – spiegò Anakin
Ahsoka annuì e senza dir nulla seguì le indicazioni del maestro. Anakin fece lo stesso e iniziò a percorrere di gran carriera il terreno che costeggiava il muro mentre i droidi, essendosi accorti del movimento dei jedi, avevano iniziato a sparare loro contro mancando il bersaglio. Le ottime doti di agilità di Ahsoka e Anakin permisero loro di eludere il blocco droide e di ricongiungersi come stabilito di fronte al portone metallico. Anakin estrasse la spada laser e fece penetrare la lama nel morbido metallo iniziando a tracciare un cerchio mentre Ahsoka gli copriva le spalle respingendo il fuoco dei blaster. Stava per chiudere il cerchio, aprendo una via di fuga, quando, girandosi verso la sua padawan, Anakin vide che al suo posto c’era Padmè.
- Padmé! Cosa ci fai qui? Che fine ha fatto Ahsoka? Tu non… -
I contorni dell’arena cominciarono a distorcersi dietro le spalle di Padmè e i droidi si squagliarono come fossero stati immersi in un lago bollente. Tutto intorno ad Anakin cominciò a girare e il jedi sentì mancare il terreno sotto i piedi. Iniziò a precipitare e a precipitare come risucchiato nello spazio profondo e nell’infinita caduta la spada laser gli sfuggì dalle mani perdendosi nell’indistinto buio in cui era intrappolato. All’improvviso vide attorno a sé bagliori di fuoco che si mischiavano a scariche elettriche. Una spada laser verde brillò nel buio e subito dopo si spense inondando lo spazio intorno ad Anakin di un costante brusio. Un tonfo e fu tutto ancora più buio.
 
*

Anakin riaprì gli occhi e si trovò disteso su un prato verdeggiante; gli occhi rivolti verso un cielo azzurro che trasmetteva pace e rilassatezza. Guardò alla sua destra e, inginocchiata tra i fiori che punteggiavano il pendio erboso, vide la dolce figura di sua moglie Padmè. Alle sue spalle sorgeva imponente e maestoso un palazzo che rifletteva quasi con fierezza la luce del sole e Anakin capì di trovarsi su Naboo.
Inondato da una formicolante sensazione di gioia chiamò a se Padmè che, alzandosi, rivelò il gonfiore della pancia e, vedendo la felicità negli occhi del marito, accennò in risposta un sorriso compiaciuto e complice, come se il bambino che portava in grembo fosse l’esito di una qualche loro scappatella proibita. Lentamente attraversò il prato e raggiunse Anakin baciandolo non appena lo ebbe a portata di labbra.
- Hai già pensato al nome, Ani? – chiese divertita Padmé.
- Siamo già arrivati a quel punto? – domandò a sua volta Anakin.
- Ormai non manca tanto al parto, direi che sarebbe opportuno che ci pensassimo. -
- Sinceramente, Padmè non ci ho ancora pensato…è tutto così strano in realtà. -
- Cosa è strano Anakin? – chiese sulle spine la senatrice.
Anakin tacque un momento. – Tutto questo è strano. È come se non fosse reale. –
- Così mi spaventi, tesoro. Come puoi pensare una cosa simile – disse Padmè mordendosi le labbra nervosa – Cosa c’è di più reale di questo? Ci sono io, c’è il palazzo dietro di me, c’è l’intero pianeta di Naboo a dimostrarti che è tutto vero. E poi c’è il bambino…toccalo. -
Anakin guardò con timore negli occhi Padmè, poi con estrema lentezza, quella stessa mano che fino a poco prima non gli era sembrata altro che un moncherino bruciato, si mosse in direzione della pancia della donna che, dopo sua madre, più aveva amato nella sua vita. Quella stessa donna per la quale avrebbe mosso mari e monti e per cui avrebbe distrutto l’intera Repubblica pur di proteggerla. Non appena la punta del suo dito indice sfiorò l’evidente gonfiore di Padmè, il mondo si stravolse ancora una volta. Il volto di lei lasciò spazio ad un viso incorniciato da una familiare barba marrone…
- Tu! Dovresti essere morto per mano mia! Cosa ci fai qui? – sbraitò Anakin tastando il terreno alla ricerca della spada laser della quale tuttavia non c’era traccia. In un batter di ciglia l’elegante e sensuale abito di fine seta di Padmè lasciò spazio ad una tradizionale veste jedi di tela bianca grezza e da sotto il cappuccio alzato fece capolino il volto beffardo di Obi-Wan Kenobi.
- Sei tu che mi hai portato qui Anakin, io non ho chiesto di presenziare al banchetto dei tuoi rimorsi – esordì Obi-Wan.
- Non so di cosa tu stia parlando – risposte Anakin.
- Mio malgrado sto parlando proprio di te. Sei pieno di rimpianti e di rimorsi e non te ne accorgi nemmeno. Ti conosco bene Anakin, c’è ancora del buono in te. Probabilmente in questo momento è l’Anakin che ho sempre conosciuto, quello buono e altruista, che ti sta parlando assumendo le fattezze del tuo maestro. Abbandona la via del Lato Oscuro, lascia Darth Sidious e rifonda l’Ordine dei Jedi; io sarò al tuo fianco. Non lasciare che la Galassia finisca nelle mani di un tiranno malvagio disposto a sacrificare miliardi di vite per i propri interessi. Recupera la via del Lato Chiaro, Anakin. -
- È troppo tardi. –
- Ma tu sei il Prescelto – disse Obi-Wan.
- Smettila con questa storia del Prescelto, è un’invenzione di voi jedi – lo aggredì a parole Anakin.
- La profezia non mente. Sei il prescelto, colui che riporterà l’equilibrio nella Forza – insistette Obi-Wan.
- Ci sarà equilibrio quando io ti ucciderò! E lo farò, dovessi rincorrenti fino al limite ultimo dell’Orlo Esterno della Galassia. –
- Non sei nelle condizioni di farlo. Sei un cyborg morente attaccato ad un respiratore. –
- Questo è tutto da vedere – disse Anakin contraendo la bocca in una smorfia che mescolava odio, disgusto e desiderio di vendetta. Anakin serrò le dita e sferrò un pugno in pieno volto a Obi-Wan che si dissolse in una nuvola di vapore lasciando Anakin con il braccio teso a mezz’aria. Non appena alzò gli occhi verso l’alto vide che il palazzo non c’era più. Il prato su cui fino a poco prima si era trovato fianco a fianco con Padmè si era trasformato in una indistinta distesa di cemento. Si alzò da terra e una fitta pioggia cominciò a battere sulla dura superficie e sul suo corpo. Anakin si accorse che le gocce che venivano a contatto con la pelle lasciavano delle piccole bruciature in corrispondenza del punto in cui erano cadute. La pioggia iniziò a disintegrare le vesti del jedi che si trovò ben presto alla mercè delle intemperie, a petto nudo sotto una pioggia acida e corrosiva che lo stava deturpando. Anakin iniziò a correre su quella arida spianata alla ricerca del più vicino riparo possibile, mentre l’intensità della precipitazione aumentava e le stille di pioggia gli scorticavano la pelle esposta. Nessun riparo, nessuna nicchia, nessuna grotta o tettoia venne in suo soccorso e Anakin, stremato dalla corsa e dal picchiettare distruttivo della pioggia, appesantito dal ricordo di Ahsoka e Padmè, infiacchito dall’odio cieco verso Obi-Wan, si trovò disteso sul terreno. Chiuse gli occhi, abbandonandosi alla tormenta distruttiva, aspettando che la pioggia consumasse il suo corpo…
 
Riemerse dal sonno con un sussulto e, nel breve momento che seguì, riuscì a vedere solo una maschera nera e scura calare sopra il suo volto.
 
 
 

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Capitolo 2
*** Piani imperiali ***


II. PIANI IMPERIALI
 
Passarono diversi giorni prima che Anakin potesse acquistare il controllo del suo nuovo corpo bionico. La consapevolezza di essere chiuso all’interno di un involucro nero e di essere attaccato ad un respiratore lo mandava su tutte le furie. Faceva fatica ad abituarsi alle limitazioni che la sua nuova condizione gli imponeva: i giunti meccanici delle ginocchia gli impedivano di correre speditamente, le mani bioniche dovevano ancora entrare a pieno regime, il respiratore necessitava di ulteriore rodaggio e gli causava forti dolori al petto. Per diverse notti, cercando invano di prendere sonno, Anakin si era ritrovato a rimpiangere quelle che fino a poco tempo prima aveva ritenuto essere delle ovvietà: l’abbraccio di Padmè, la destrezza nell’impugnare la spada laser, ormai perduta chissà dove su Mustafar, spiccare salti con agilità, sorseggiare del buon vino. Tutto irrimediabilmente perduto. Darth Sidious, nelle tormentose giornate che avevano seguito il trasferimento da Mustafar, aveva discusso con insistenza con Vader della necessità che lui abbandonasse quei rimpianti e quei brutti pensieri per intraprendere il cammino dei Sith. Al posto di crogiolarsi nei ricordi del passato, Vader avrebbe dovuto incanalare l’immensa mole di rabbia e di frustrazione per accrescere il potere del Lato Oscuro.
Il processo di riabilitazione durò diverse settimane fino a che, una mattina, una guardia di palazzo comunicò ad Anakin che era stato convocato personalmente dall’Imperatore e che avrebbe dovuto raggiungerlo nella sala da ricevimento al più presto possibile.
 
Dopo aver consumato da solo una frugale colazione, Anakin si incamminò negli sfarzosi corridoi del palazzo alla volta della sala da ricevimento. La sua presenza non passava inosservata e ogni volta che la sua nera mole faceva involontariamente mostra di sé, i senatori, gli inservienti, gli ambasciatori e i banchieri distoglievano lo sguardo e si allontanavano tra bassi brusii che aumentavano sensibilmente il suo disagio e la sua angoscia. La Repubblica era morta e nel frattempo l’Impero Galattico era sorto. Il passaggio politico doveva ancora compiersi definitivamente ma le prime conseguenze erano visibili a tutti: l’apparizione di alcuni schiavi, prima banditi da Coruscant, l’incremento di cloni a tutti i livelli del palazzo per incrementare la sicurezza, il viavai sonnecchiante di senatori, molti dei quali avevano abbandonato il Senato facendo rotta verso il proprio pianeta natio, e, soprattutto, la roboante assenza dei Jedi. Nessuna spada laser all’orizzonte. L’ordine dei Jedi annullato. E lui ne era diretto responsabile.
 
Ad ampie falcate Anakin raggiunse la porta di accesso alla sala. Due cloni si spostarono per lasciarlo passare e in quel mentre Anakin percepì distintamente il tono accesso di una discussione.
- Cancelliere, come sarebbe a dire che ha ordinato la dismissione degli impianti di produzione di Kamino? – disse la senatrice Halle Burtoni, sbattendo i pugni sul tavolo d’acciaio e allungando il suo lungo e grinzoso collo verso Palpatine.
-  Innanzitutto la forma, mia cara. Imperatore, non più Cancelliere. Come lei sa, è stato necessario superare il sistema farraginoso e burocratico della Repubblica Galattica e approdare a lidi politici…più veloci ed efficaci – risposte Palpatine con sicurezza.
- Fatico ad adattarmi ai “cambiamenti di forma”, signore. Soprattutto mi riesce difficile accettare la questione dello smantellamento delle nostre fabbriche. È inutile che le ricordi che buona parte della ricchezza di noi kaminoani deriva dalla produzione di cloni. Se questa venisse arrestata, il mio popolo potrebbe trovarsi di fronte alla possibilità di una crisi economica – ribatté la senatrice.
 
- Comprendo il suo punto di vista, senatrice, ma la mia decisione è irreversibile. Sottoporrò la mia proposta di legge alla ratifica del Senato Galattico durante il prossimo consesso e non credo ci saranno voti contrari. La Guerra dei Cloni ha dissanguato le casse della vecchia Repubblica, i popoli del nuovo Impero, di cui gli attuali senatori sono rappresentanti, sono stanchi; sfiancati da anni di conflitto che hanno distrutto vite innocenti, devastato villaggi e piantagioni. Alcuni pianeti sono diventati invivibili a causa delle battaglie che vi si sono svolte. È ora che tutto ciò finisca. Non si è chiesta che senso avrebbe mantenere gli attuali livelli produttivi dopo che la minaccia rappresentata dalla Confederazione dei Sistemi Indipendenti è stata disinnescata? – spiegò Palpatine.
- Capisco le sue argomentazioni, signore, ma col dovuto rispetto credo che l’Impero avrà sempre necessità di nuovi soldati e di nuove truppe. Nemici sconosciuti potrebbero comparire da un momento all’altro e a quel punto come potrà reagire il potente Impero? Dismettere le linee produttive di Kamino sarà un errore fatale per la stabilità dell’Impero. Senza considerare che non disponiamo nemmeno più dei cavalieri Jedi e come pensa di… - la sua arringa fu bruscamente interrotta.
- L’ordine dei Jedi, che le piaccia o no, è estinto. Hanno cercato di rovesciare la Repubblica e hanno pagato cara la loro insubordinazione. Ora dobbiamo contare sulle nostre forze e le ripeto, come ho già ampiamente avuto modo di spiegarle all’inizio di questo confronto, che in tempo di pace la produzione di un esercito è perfettamente inutile e dannosa per il bilancio imperiale. Credo di essere stato sufficientemente esaustivo, senatrice. – concluse Palpatine voltando il capo e accorgendosi della presenza di Anakin che aveva assistito all’intero scontro verbale restando fermo vicino alla porta.
 
- Oh generale Skywalker, non mi ero accorto di Lei – accennò l’Imperatore nella direzione di Anakin - Entri, entri, non stia lì sulla porta. Non è un trattamento degno per un eroe di guerra, giusto? Si avvicini. La discussione con la senatrice Burtoni non ha più motivo di continuare. Se vuole scusarci, senatrice, avremmo da discutere importanti affari di sicurezza interna. –
Con un lieve cenno del capo la senatrice salutò sia l’Imperatore che il nuovo arrivato e, a passi lenti e strascicati, abbandonò la sala, lasciando che maestro e allievo si ricongiungessero.
- Trovo deplorevoli le insulse richieste di quell’essere, mio apprendista, e ancor di più detesto essere costretto a passare ancora per quell’obbrobrio politico che ci ostiniamo a non cancellare. Il Senato Galattico è un organismo inutile, un freno spiacevole al mio potere. – esordì l’Imperatore, quasi parlando più a se stesso che rivolgendosi ad Anakin.
- Comprendo il tuo disappunto, maestro. A che punto siamo con l’annientamento degli ultimi pianeti ancora fedeli alla causa separatista? – domandò Anakin.
- Siamo a buon punto, Vader, le ultime sacche di resistenza saranno presto soffocate dai battaglioni di cloni che abbiamo inviato. Il colpo del nostro martello calerà così forte e così violentemente da dissuadere qualsiasi pianeta appartenente all’Impero anche solo a pensare di chiedere la secessione. L’Impero deve restare unito, a tutti i costi. – disse l’Imperatore. – Ma non è per discutere della feccia separatista che ti ho convocato stamattina, mio allievo. –
Darth Vader, che stava osservando il panorama godibile dall’ampia finestra di vetro della sala da ricevimento dell’Imperatore, voltò la testa verso Sidious.
- Ho un piano, perché i Sith possano tornare a controllare la Galassia. Ma per portarlo a termine ho bisogno di qualcosa. Un oggetto che, allo stato attuale delle cose, può essere recuperato da una sola persona del nostro universo. – disse Darth Sidious rivolgendo un sorriso compiaciuto al suo allievo.
- Comandi, maestro. -

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Capitolo 3
*** Il fallimento di Yoda ***


CAPITOLO III – IL FALLIMENTO DI YODA
 
Diverse settimane prima su Coruscant.
 
- Dove la devo portare, maestro Yoda? Coruscant non è più sicura per voi Jedi – disse Bail Organa manovrando lo speeder biposto.
- Prima di fuggire, una cosa importante devo fare, senatore. Le chiedo di portarmi al Tempio Jedi – rispose cortesemente Yoda.
Bail Organa gettò un’occhiata verso la piccola creatura verde che sedeva al suo fianco, non chiedendo per quale motivo volesse raggiungere un luogo che era diventato tanto pericoloso e insicuro per un membro dell’Ordine. Organa aveva da tempo rinunciato a comprendere le strane logiche e le bizzarrie di maestro Yoda e perciò, tacendo, direzionò lo speeder verso il Tempio.
Il senatore accostò alla banchina e Yoda, con un balzo felino, scese dallo speeder dirigendosi a piccoli passi verso l’ingresso dell’imponente struttura di mattoni che per generazioni era stata la casa dei Jedi. Yoda aveva ancora bene impressa in mente la scia di cadaveri di giovani padawan che Anakin si era lasciato alle spalle e l’orrore che ancora albergava nella sua veneranda mente lo spronò a compiere ciò per cui in quel momento si trovava lì. Rivolse un fugace pensiero a Obi-Wan, probabilmente ancora in viaggio, cercando di costruire con lui un legame di Forza ma la distanza era troppo grande perché potesse sentirlo o anche solo percepirlo. A quel punto si incamminò verso l’entrata. La porta automatica si aprì silenziosamente e di fronte a sé Yoda vide, stesi sul pavimento di un corridoio tirato a lucido, decine di corpi inermi e senza vita di giovani Jedi che nulla avevano potuto contro la furia omicida del Prescelto. Passò loro accanto accarezzandoli con lo sguardo e confidando nel fatto che la riuscita della sua personale missione potesse evitare che in futuro si ripetesse una tale carneficina. Raggiunse con il cuore appesantito dalla tristezza la biblioteca del Tempio e da lì imboccò il corridoio che conduceva alla Torre degli Holocron. Yoda sapeva che solo un maestro Jedi poteva entrare in quell’edificio dal contenuto tanto prezioso e sperava in cuor suo che la sua abilitazione all’accesso fosse ancora valida. Avvicinò l’occhio al lettore retinico e, confidando nel fato, attese che gli eventi facessero il loro corso. Il portale di metallo si schiuse aprendo il passo al vecchio maestro, che non perse tempo ed entrò.
 
Di fronte a sé vide comparire un grande parallelepipedo verticale interamente composto e ricoperto da piccoli cubi blu emananti una leggera luminescenza dello stesso colore. Yoda si avvicinò al pannello posto alla base della struttura che, nella sua luminosa altezza, toccava il soffitto, inserì le proprie credenziali d’accesso e digitò velocemente la propria richiesta. Un improvviso e basso ronzio si levò alle spalle del maestro. L’abitudine gli aveva insegnato a non allarmarsi: era semplicemente il droide addetto al recupero dei cubi posti più in alto nella torre e dunque irraggiungibili. In pochi secondi, l’Holocron che cercava era nelle sue mani. Rigido ed elegante baluginava bluastro tra le verdi e grinzose mani del vecchio Jedi.
“Troppo importanti sono, le informazioni che questo Holocron contiene. Se cadesse nelle mani di Darth Sidious il destino della Galassia per millenni dall’egemonia dei Sith sarebbe segnato. L’Ordine dei Jedi sarà anche distrutto, ma fino a che anche un solo padawan crederà nel Lato Chiaro della Forza, mai i suoi principi moriranno” pensò Yoda stringendo l’Holocron nella mano destra. Era consapevole dell’enorme rischio che stava correndo entrando nel Tempio Jedi e quindi si precipitò fuori serrando con maggiore forza nel pugno l’artefatto. Fece al contrario il percorso che lo aveva condotto alla porta della Torre degli Holocron e si trovò nuovamente nel corridoio della morte dei giovani allievi. Nel tentativo di raggiungere la porta di uscita, prestò molta attenzione a evitare di toccare o sfiorare anche solo per sbaglio i corpi dei padawan morti. Ciò lo rallentò.
- Ehi tu, cosa fai qui? – esclamò una voce.
Yoda alzò gli occhi e si trovò di fronte, a pochi metri di distanza, due cloni in assetto da battaglia. Quello che aveva parlato gli puntò contro il blaster e gli intimò di fermarsi.
- Salve, soldati. Non mi riconoscete? – domandò Yoda
- Non faccia un passo in più, maestro Yoda – gli intimò il secondo clone alzando la propria arma verso il Jedi.
- Da ciò capisco che riconosciuto mi avete. Un po’ mi consola – rispose ridacchiando Yoda – Che fate di bello da queste parti? –
I due cloni tentennavano. Da un lato, al pari di tutti gli altri soldati, erano chiamati ad applicare l’ordine 66, ma erano sufficientemente intelligenti da capire che le loro speranze di vittoria, contro uno dei più potenti esseri in grado di manipolare la Forza, erano ben misere. Temendo che la situazione potesse volgere a loro sfavore il secondo clone, con gesti lenti e senza staccare gli occhi da Yoda, avvicinò il dito al comunicatore per chiedere rinforzi.
 
Nel frattempo maestro Yoda era caduto nel dubbio. Per scappare dal Tempio non avrebbe potuto solamente sfuggire alle due guardie; quella sarebbe stata una formalità; avrebbe dovuto ucciderle per evitare che dessero l’allarme generale e per impedire che Darth Sidious venisse a sapere immediatamente, non tanto della sua presenza, quanto del furto dell’Holocron. Yoda aveva bisogno di tempo per attuare il piano che aveva in mente e non poteva permettere al nemico di mettersi sulle sue tracce in tempi brevi. Tuttavia, si arrovellava il Jedi, uccidere in quel modo lo avrebbe fatto deviare dalla via del Lato Chiaro. Una brutale violazione dei principi dell’Ordine dei Cavalieri Jedi. E in più il contenuto dell’Holocron sarebbe stato a rischio.
 
Il polpastrello del clone si appoggiò all’interruttore del comunicatore e una spia rossa si illuminò. Comunicazione avviata. Yoda prese la sua decisione.
Lanciò in aria l’Holocron disegnando un arco destinato a passare sopra le teste dei cloni i quali alzarono lo sguardo sorpresi. Nel brevissimo momento di distrazione dei soldati, Yoda liberò la lama verde della spada laser e con un salto in avanti si portò a pochi centimetri di distanza dalla loro gambe. La lama saettò impietosa a destra e sinistra tagliando loro le gambe. I due caddero urlando sui moncherini sanguinanti di ciò che restava dei loro arti lasciando cascare per terra i blaster da uno dei quali partì accidentalmente un colpo che sfiorò l’orecchio destro di Yoda. Il Jedi non perse tempo e decapitò i due cloni facendo danzare elegantemente la lama mortale nell’aria prima di recuperare il cubo luminoso allungando la mano. Fece rientrare la lama e nel lungo e ampio corridoio illuminato dall’ultimo sole che penetrava dalle finestre laterali, scese un silenzio sinistro. Altri due cadaveri si erano aggiunti alla scia di sangue che aveva imbrattato quelle sacre pareti.
 
Per la prima volta in vita sua, Yoda percepì fisicamente il peso dei suoi anni. Era sempre stato consapevole della sua età e spesso gli capitava di ringraziare la Forza per avergli regalato un’esistenza tanto lunga, ma stavolta la consapevolezza si fece più concreta che mai trasformandosi in un macigno difficilmente sopportabile. Yoda percepiva in sé un profondo senso di colpa. Era sempre stato sicuro di sé, si era sempre imposto come guida e mentore per decine di generazioni di Jedi, aveva condotto armate di cloni in battaglia. Ma alla fine aveva fallito e ora si trovava a fare i conti con le proprie responsabilità: aveva permesso che il potere di un Signore dei Sith si accrescesse giorno dopo giorno grazie all’inganno e alla manipolazione; aveva lasciato che il Lato Oscuro seducesse il Prescelto; era stato manovrato come una marionetta nella Guerra dei Cloni in cui aveva mandato a morire migliaia di soldati; non aveva fatto nulla per impedire il massacro dei giovani padawan e non era riuscito a sconfiggere Sidious soffocando sul nascere l’ascesa di Palpatine. Non aveva scuse, né attenuanti. Aveva fallito su tutta la linea. Era convinto che la Forza avesse illuminato i suoi passi con la luce della conoscenza; invece era stato miope e aveva peccato di vanagloria. Provò anche un profondo senso di vergogna per aver violato in modo tanto plateale il rigido codice di comportamento dei Jedi finché non percepì un improvviso tremolio nella Forza. Fu un momento. La già flebile luce del giorno si incupì perdendo la sua patina dorata e gettando la sala in un’inquietante penombra che ricoprì i cadaveri come un velo scuro, dando a Yoda l’impressione di trovarsi in un mausoleo sepolcrale. Il leggero tremore che aveva percepito si tramutò in una scossa per poi crescere progressivamente d’intensità trasformandosi in uno strappo netto, una lacerazione palpabile a tal punto nitida da costringere Yoda ad inginocchiarsi sul freddo pavimento di marmo. Capì subito che qualcosa nella Forza si era spezzato, che una rottura era avvenuta e pensava di sapere anche dove quello strappo fosse stato generato.
 
L’accaduto gli diede una repentina scossa di adrenalina che gli permise di lasciarsi alle spalle i corpi dei cloni e uscire dal Tempio Jedi. In lontananza, sulla banchina, scorse Bail Organa che lo aspettava. Si affrettò verso lo speeder e vi montò sopra esattamente come era sceso.
- Ha fatto quello che doveva, maestro? – chiese il senatore guardandosi attorno in modo guardingo prima di immettersi nel traffico di Coruscant.
- La mia missione ho compiuto…ma quale prezzo ho pagato… - rispose Yoda.
- Cosa intende? –
- Uscendo dal Tempio due cloni ho incontrato. Mi hanno sbarrato la strada – disse Yoda guardando fisso davanti a sé.
- E cosa ha fatto a quel punto? – chiese Organa.
- Eliminarli dovuto ho. Mi hanno riconosciuto e stavano per chiamare rinforzi, non potevo permettere che questo il mio piano mandasse a monte. Ma fiero, ahimè, non ne vado. Violato i valori Jedi io ho, perciò è meglio scappare altrove – disse Yoda.
- Mi perdoni, maestro, ma vedendo le ferite inferte da una spada laser, penseranno che ci sia un Jedi dietro l’attacco. Non potrebbero risalire a voi? In fondo non sono rimasti tanti del vostro Ordine, qui nella capitale. – fece notare il senatore.
- Astuto lei è, senatore Organa. Con merito occupa la sua carica in Senato. Alla sua domanda risponderò. Lei non ha visto cosa c’era nel nostro Tempio: una schiera di giovani Jedi morti. Stesi per terra, uccisi come carne da macello. Almeno questa visione le è stata risparmiata. Le guardie che si accorgeranno dei cloni morti la responsabilità di ciò ai giovani padawan attribuiranno e il caso chiuso sarà. Almeno fino a che non si accorgeranno che qualcosa di strano successo è; a quel punto però sufficientemente lontani da Coruscant sarò. – rispose Yoda.
Bail Organa guidò per un qualche minuto senza dire una parola e Yoda fece lo stesso, osservando la città illuminarsi con l’avvio della serata e scivolare via, placida e all’oscuro di tutto.
- Mentre lei era nel Tempio ho ricevuto una comunicazione dal maestro Obi-Wan Kenobi che mi chiedeva di potersi mettere in contatto con voi – disse Organa rompendo il silenzio che si era venuto a creare. Yoda valutò che il fatto che Obi-Wan fosse vivo poteva significare un’unica cosa ed era questa cosa ad aver provocato lo strappo nella Forza.
- Bene. Da dove vi ha contattato? – chiese Yoda nascondendo tra le pieghe del proprio viso indecifrabile un rigurgito di tristezza.
- Le coordinate combaciano con una qualche zona del pianeta di Mustafar. Si trovava lì, a quanto pare. Non mi ha spiegato il perché della sua presenza sul pianeta, mi ha solo domandato di voi e in più mi ha trasmesso le seguenti coordinate chiedendovi di fornirvele al più presto. Permettono di raggiungere il rendez-vous di cui avevate discusso. Almeno così ha detto prima di chiudere la trasmissione. – spiegò Organa.
- La ringrazio, senatore, la sua collaborazione e la sua discrezione, in tempi duri come questi, preziose virtù sono. Verso lo spazioporto dirigerci dobbiamo, una nave da prendere abbiamo – disse Yoda.
- “Abbiamo”? – esclamò stupito Organa, non capendo perché il Jedi si riferisse anche a lui.
- Esatto, senatore, noi due una nave che ci attende abbiamo. Se le mie intuizioni corrette sono, lei in questa storia un grande ruolo avere potrebbe. Più importante di quanto pensi, in realtà. Lei la senatrice Amidala a cuore ha? – chiese infine Yoda.
- Certamente! Così mi allarma! Che le è successo? – domandò il senatore visibilmente più agitato.
- Mi segua e lo scopriremo – rispose Yoda.

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Capitolo 4
*** Holocron ***


IV. HOLOCRON
 
Le porte di acciaio dell’ascensore si aprirono senza fare rumore e Darth Vader entrò nella cabina vuota. Si sistemò al centro e selezionò il piano da raggiungere. L’ascensore si chiuse, isolandolo dal resto dell’edificio. In quel breve viaggio Vader ebbe la possibilità di ritornare con la mente al colloquio che poco prima aveva avuto con Darth Sidious. Al motivo per cui adesso si stava dirigendo al desolato Tempio Jedi.
 
- Comandi, maestro – disse Darth Vader.
- Prima di cominciare, devo chiederti una cosa. Tu sai cos’è un Holocron, vero Anakin? – chiese Sidious.
- Certamente maestro; è un cubo in grado di contenere migliaia di informazioni che solo un maestro Jedi è in grado di aprire – la voce gli usciva distorta e filtrata dal respiratore che lo teneva in vita – Diverse volte mi è capitato di accedere alla Torre degli Holocron, benchè non fossi ufficialmente un membro del Consiglio dei Jedi. –
- I Jedi non hanno mai compreso il tuo vero potere! Hanno avuto addirittura l’ardire di escluderti dal loro Consiglio per tanto tempo e ti hanno ammesso, senza che tu avessi la carica di Maestro, per cercare di controllarti. Illusi, miopi ed egoisti! Ma, come vedi, hanno pagato con la vita la loro presunta superiorità. Ma questa è storia passata… –
- Cosa ha in mente per il futuro, maestro? – domandò Vader.
L’Imperatore si staccò da Anakin e iniziò a passeggiare per la stanza preparandosi, da consumato oratore qual era, a spiegare il piano che aveva architettato all’allievo più potente che avesse mai avuto tra le mani. Altro che Darth Maul! Il figlio di Dathomir, pur avendo espresso ottime potenzialità, era riuscito a farsi sopraffare da un novellino come Obi-Wan Kenobi. Ma adesso la bilancia pendeva a loro favore; l’equilibrio nella Forza si era spezzato e il gigante nero, che rimaneva fermo a contemplare Coruscant nell’attesa del discorso del suo nuovo maestro, era la chiave di tutto.
 
- Vedi, mio allievo, la Torre a cui accennavi ospita, tra la miriade di inutili cubi, un Holocron particolarmente prezioso. Esso contiene un lungo elenco di tutti i bambini sensibili alla Forza che vivono nella Galassia. Se noi riuscissimo a mettere le mani su quella lista, potremmo allevare una nuova generazione di Sith – spiegò accalorato l’Imperatore.
- Perdoni se la interrompo, ma se ciò avvenisse, se crescessimo nuove reclute Sith, la Regola dei Due istituita da Darth Bane verrebbe meno – fece notare Darth Vader.
Darth Sidious fermò il suo vagabondaggio per la stanza e guardò Anakin dritto negli occhi.
- Le regole sono interpretabili per loro natura e in più Bane aveva una visione miope. Che senso ha applicare una Regola che impedisce l’esistenza di eserciti di guerrieri Sith, solo perché nell’intera Galassia possono esistere solo un Maestro e il suo apprendista? Non funziona, è una visione di corto respiro. –
- Quindi ha intenzione di rompere la Regola di Bane? –
- Si, ho intenzione di infrangerla. Pensa a come potremmo utilizzare le nuove reclute: li inizieremmo alle vie del Lato Oscuro, li trasformeremmo in dominatori della Galassia e li utilizzeremmo come nostro braccio armato in tutti gli angoli dell’Impero. A quel punto, se anche qualcuno cercasse di ripristinare l’Ordine dei Jedi, noi saremmo talmente forti da schiacciarlo nuovamente, soffocando sul nascere qualsiasi velleità. Capisci l’importanza del contenuto di quell’Holocron? È la chiave per inaugurare la nuova Era dei Sith. Un’epoca di prosperità e di potere. – concluse Darth Sidious congiungendo le dita delle mani ossute, rese irrimediabilmente grinzose dallo sforzo sostenuto per uccidere Mace Windu.
 
- Il suo piano mi è chiaro, maestro, ma credo ci sia un impedimento… - disse Darth Vader.
- Credo di comprendere a cosa tu ti riferisca. Hai dei dubbi sull’apertura dell’Holocron, giusto? – domandò retoricamente Darth Sidious.
- Esatto. So che esistono due tipologie di Holocron: quelli dei Jedi e quelli dei Sith. Essi possono essere schiusi solo da membri appartenenti al relativo Ordine. Solo un Jedi può aprire un Holocron Jedi e solo un Sith può aprire un Holocron Sith. Il Tempio custodisce soltanto artefatti dei Jedi e quindi noi non siamo nella condizione di aprirli, essendo Sith. – spiegò Darth Vader.
Sidious si avvicinò al suo allievo e serrò la mano ossuta attorno al braccio di plastica di Anakin.
- A dispetto di quanto pensi, siamo nella condizione di aprire gli Holocron dei Jedi. Semplicemente perché una parte di te Anakin, quella tua fastidiosa bolla di luce che ancora alberga in te, quella che ti costringe a fare i conti con i tuoi stupidi rimorsi, è ancora legata al Lato Chiaro. Tu, in fondo, sei ancora un Jedi e lo percepisco molto nitidamente – disse l’Imperatore lasciando la presa sul braccio di Vader – Non ti posso nascondere che questo tuo attaccamento al Lato Chiaro mi infastidisca…tuttavia la tua debolezza potrà permetterci di raggiungere il nostro obiettivo. Recupera l’Holocron per me e consegnamelo. A quel punto avremo la Galassia alla nostra mercè! –
- Come desidera, maestro –
 
La cabina dell’ascensore si assestò con un tonfo e un paio di trilli metallici gli comunicarono che era arrivato a destinazione. Le porte davano su un enorme piazzale dove alcuni cloni stavano scaricando delle casse da velivoli militari. Vader uscì dall’ascensore e prese a destra percorrendo un tragitto che gli era ben familiare. Quante volte aveva fatto quella strada con a fianco Obi-Wan, o maestro Yoda o la sua padawan Ahsoka! Ma non c’era tempo per il ricordo; doveva compiere la missione che il suo maestro gli aveva affidato e, una volta che avesse portato a termine il compito, avrebbe dovuto estirpare quei ricordi, schiacciare rimpianti e rimorsi e donarsi al Lato Oscuro. Con il mantello nero che sventolava alle sue spalle, mosso dal vento che batteva senza sosta il piazzale, giunse ai piedi del Tempio. Si fermò un attimo a contemplare la facciata dell’edificio lasciando scorrere lo sguardo, con una punta di fastidiosa nostalgia, sulle superfici levigate e sulla sua maestosa verticalità. Dal basso riusciva a malapena a scorgere alcune delle guglie delle torri che circondavano la loro sorella più alta: la Torre del Consiglio dei Jedi. La porta di entrata del Tempio era presidiata da due cloni con il blaster incrociato sul petto; non appena si accorsero che Darth Vader si stava dirigendo verso di loro fecero un leggero inchino col capo e si spostarono di lato lasciandolo passare.
 
Darth Vader si trovò nello stesso punto in cui qualche settimana prima erano stati trovati due cloni decapitati. Anakin tornò con la memoria a quel giorno di diverso tempo prima, quando aveva compiuto la carneficina; i due soldati erano stati uccisi da una spada laser ma Anakin non ricordava che fossero presenti durante il massacro. Cominciava a dubitare che fosse stato lui stesso, completamente immerso in uno stato di sanguinosa trance, ad ucciderli e ad abbandonare lì i loro corpi. Era davvero tanto pericoloso quando la sua parte più animale e oscura prendeva il sopravvento? La risposta in realtà la sapeva già. Darth Sidious era stato molto chiaro su chi dovesse ricadere la responsabilità diretta della morte di Padmè. Lui l’aveva uccisa. Ciò che amava di più al mondo si era dissipato tra le grinfie della sua ira e della sua brama di onnipotenza, precludendogli la strada della felicità e condannandolo ad una vita da cyborg. Ricalcò, senza saperlo, i passi di maestro Yoda e, giunto a metà del corridoio, un lampo accecante gli esplose davanti agli occhi. La testa cominciò a pulsare violentemente come se un’ape cercasse di uscirne sbattendo disperata il suo corpicino peloso sulle impenetrabili pareti della scatola cranica. Vader si prese istintivamente la testa fra le mani e fu colto dall’improvviso impulso di togliersi quel fastidioso casco, gettarlo a terra e respirare a pieni polmoni. Ma represse quel gesto perché significava morte. Quando l’intensità del dolore iniziò a scemare, Vader alzò la testa e vide che il corridoio si era rabbuiato.
“È impossibile” – pensò tra sé – “Era tarda mattina quando ho lasciato Darth Sidious per venire qui. Non è possibile che sia già sera”.
Un leggero brivido gli corse lungo la schiena quando cominciò a intuire che ciò che aveva di fronte a sé non era la realtà, ma l’ennesimo incubo ad occhi aperti.
 
Si trovava al centro del corridoio e intorno a lui c’era un gruppo di bambini. Il più grande della piccola compagnia non avrà avuto più di tredici anni, stimò a occhio Darth Vader e cercava con difficoltà di mettersi a capo del gruppetto. Il terrore che albergava nei loro cuori era palpabile; lo sforzo dei più grandi di dissimulare la paura era commovente, ma insufficiente a rassicurare i bambini più piccoli che stavano piangendo.
- Alzatevi! – gridava il tredicenne con la lama della spada laser già pronta all’azione – Non è il momento di piangere, adesso. Dobbiamo combattere! Più saremo e… -
Fu bruscamente interrotto e Vader vide il corpo del giovane ragazzo levitare lentamente, alzandosi dal suolo come in assenza di gravità. Il padawan lasciò andare la spada laser, che cadde con un tonfo metallico sul pavimento, e si portò le mani al collo mentre l’aria faticava ad entrargli nei polmoni. Le mani disperate graffiavano una morsa invisibile che sembrava via via farsi sempre più stretta, finchè la vita abbandonò quel giovane corpo che venne gettato come un fantoccio ai piedi di uno dei padawan.
I pianti dei più piccoli si trasformarono in grida di puro terrore, un suono più vicino all’animalesco che all’umano. Vader vide emergere dall’oscurità una figura incappucciata che brandiva una spada laser azzurra e si dirigeva come un automa verso le inermi figure che gli si paravano davanti. La lama lucente tracciò sinuosi ed eleganti archi nell’aria. Tagliò corpi, tranciò arti e sfigurò volti innocenti. Il corridoio, prima ricolmo di grida di supplica e di aiuto, risuonò del vibrante ronzio della spada fino a quando nessun rumore si udì più. A quel punto Vader, che era rimasto fermo in mezzo al corridoio, si trovò faccia a faccia con sé stesso. Di fronte a sé il viso spavaldo e trasfigurato dalla rabbia di Anakin, di ciò che lui era stato fino a poco tempo prima, gli apparve con nitidezza. Il peso del rimorso era tutto lì, in quegli occhi da ragazzo che aveva ripudiato i Jedi per unirsi ai Sith. Incapace di sostenere lo sguardo di Anakin, Vader abbassò gli occhi e, quando li rialzò, vide che tutto era tornato alla normalità.
 
La nuova visione lo aveva lasciato a corto di fiato e soprattutto lo aveva obbligato a fare i conti con la sua mostruosità. Chissà come avrebbe reagito Padmè, se avesse saputo dell’orrenda carneficina che aveva perpetrato. Ma quello era il passato, doveva dimenticare e proseguire per la sua strada, come Darth Sidious gli aveva ordinato. Riprese a camminare, giunse alla biblioteca e infine alla porta che apriva sulla Torre degli Holocron. Le guardie di sorveglianza gli aprirono la porta e, una volta dentro, Vader si diresse verso lo schermo per selezionare l’Holocron che gli serviva. Osservò con impazienza il piccolo drone salire verso l’alto per recuperare il cubo e con immenso stupore lo vide ridiscendere a mani vuote.
- Dov’è il mio Holocron, pezzo di ferraglia? – domandò irritato Vader.
- Bzz, signore, bzz, l’Holocron non è disponibile. È già stato prelevato – rispose diligentemente il droide.
- E da chi? –
- Dovrei controllare gli ultimi accessi, bzz –
- Beh fallo, e anche alla svelta. Devo sapere chi lo ha preso – disse con veemenza Vader.
- Dal database risulta che l’ultimo Jedi ad aver prelevato quell’Holocron, bzz, corrisponde al nome di Maestro Yoda – ebbe modo di concludere il droide prima che Darth Vader lo scagliasse contro il muro riducendolo a pezzi.
 

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Capitolo 5
*** Reliquia dal passato ***


V. RELIQUIA DAL PASSATO
 
Quel che restava del corpo meccanico del droide volò fuori dalla stanza della Torre degli Holocron e si schiantò al suolo lasciando attonite le due guardie posizionate all’ingresso. I cloni si scambiarono uno sguardo sorpreso e con timore si voltarono verso l’interno. Darth Vader uscì e i due temettero per un attimo che potesse riversare la propria ira su di loro ma il Sith li ignorò e si diresse verso la biblioteca. Doveva fare rapporto a Darth Sidious.
“Si spiega tutto!” pensò rabbioso Vader “Ecco chi è l’assassino dei due cloni. Non sono stato io a ucciderli, almeno questo lo ricordavo bene. È stato maestro Yoda. Deve essersi infiltrato nel Tempio Jedi mentre ero su Mustafar per conto del maestro a eliminare i capi separatisti, maledetto!”
 
In brevissimo tempo Anakin si trovò nuovamente al cospetto di Darth Sidious che si apprestava a iniziare il suo pasto. Quando vide Vader percepì una forte sensazione di rabbia nel suo allievo e poggiò sul tavolo le posate.
- Percepisco delle turbolenze in te, mio allievo – esordì l’Imperatore.
- L’Holocron che cercavamo è stato trafugato dal Tempio – tagliò corto Vader.
Il viso rugoso dell’Imperatore si contrasse in un’espressione di iroso disappunto che mise in mostra le gengive rossastre.
- Questo non l’avevo previsto. Hai già scoperto chi è l’autore del furto? –
- Il droide addetto ha controllato la cronologia dei prelievi e ha scoperto che l’Holocron è stato recuperato da Yoda –
- Quel maledetto Jedi! – sbraitò Darth Sidious ribaltando con una manata il piatto e spargendo cibo tutto attorno.
– Non pensavo fosse tanto temerario da infiltrarsi nella tana del lupo, ma a quanto pare il nostro servizio di guardia si è dimostrato totalmente inaffidabile. Sarebbe opportuno capire quando è successo –
- Dovremmo verificare le registrazioni del Tempio Jedi, maestro – propose Vader.
- È esattamente ciò che ho intenzione di fare –
 
Sidious premette un pulsante posto sul bracciolo destro del proprio scranno e il tavolo si accese, emettendo una fioca luminescenza bluastra, trasformandosi in uno schermo touch. Il Signore dei Sith si chinò sul tavolo e iniziò a digitare password e selezionare cartelle di file finché non giunse alla sezione in cui erano state archiviate tutte le registrazioni effettuate dalle telecamere interne del Tempio Jedi. Sidious cominciò controllando quelle del giorno precedente non trovando traccia di nulla di anomalo. Proseguì, analizzando quelle della settimana e di quella ancora precedente senza alcun risultato. Vader sentì montare in Sidious una tumultuosa impazienza che si aggiungeva alla fastidiosa consapevolezza di essere stati ingannati da Yoda. Dopo vari tentativi l’Imperatore riuscì a trovare quello che cercava: la registrazione risaliva a diverse settimane prima, per esattezza…al giorno del loro duello in Senato!
- Quel pestifero Jedi si è introdotto qui dopo che mi aveva indebolito, ha sfruttato la mia temporanea fiacchezza per sottrarre l’Holocron. È stato abile, glielo concedo. Colpire il nemico nel momento in cui non se lo aspetta. – disse Sidious.
- Pensa che abbia preso l’Holocron perché aveva previsto il piano? – chiese Vader.
- Questo lo escludo categoricamente. Da tempo sognavo di perseguirlo, certo, ma non avevo rivelato le mie intenzioni a nessuno. Tu sei stato il primo e l’unico con cui l’ho condiviso. Tuttavia Yoda, che non è uno sprovveduto, avrà pensato che quella lista nelle nostre mani potesse essere pericolosa e perciò l’ha presa, prima ancora che potessimo muovere un passo. –
A questo punto Palpatine alzò gli occhi dallo schermo e guardò Vader.
- Devo affidarti una missione di recupero, mio allievo. Tu sei l’unico che può riprendersi l’Holocron, soprattutto perché sei il solo in grado di fronteggiare un Jedi del livello di Yoda – disse Darth Sidious.
- Quello che lei ordina, maestro, per me è legge ma un guerriero senza la sua arma non è un guerriero – rispose Vader.
- Hai ragione, Anakin, per un attimo avevo scordato che avevi perduto la tua spada laser su Mustafar, ma, credimi, è una difficoltà che possiamo superare molto facilmente –
- Non avrà intenzione di separarsi dalle sue spade laser! –
- No, infatti. Perciò ti invito a seguirmi, ho qualcosa da mostrarti – concluse Sidious.
L’Imperatore pigiò nuovamente il pulsante sul bracciolo in modo da spegnere lo schermo e poi girò attorno alla scrivania metallica avvicinandosi a Darth Vader. Lo superò e si diresse verso la porta. Anakin lo seguì senza proferir parola osservando il cibo distribuito disordinatamente sul tappeto della stanza. Darth Sidious, uscendo dalla sala, ordinò alle guardie imperiali, che nel frattempo avevano dato il cambio ai cloni, di scortarli e i due armigeri iniziarono a seguire la coppia di Sith.
Darth Sidious li precedette lungo il corridoio che costeggiava l’aula del Senato fino a quando non giunse di fronte alle porte dell’ascensore. Il piccolo drappello vi entrò e l’Imperatore premette il pulsante che li avrebbe condotti nei sotterranei del palazzo. Quando le porte si aprirono, di fronte a loro si materializzò un muro di oscurità talmente fitto che Anakin pensò potesse essere tagliato con un coltello. Sebbene Anakin avesse trascorso anni a Coruscant e potesse affermare di conoscere l’edificio del Senato come le sue tasche, non aveva mai visto quel posto. Una strana sensazione lo colse in quel mentre e percepì un formicolio al braccio destro. Palpatine estrasse le sue spade laser e si incamminò nell’oscurità che gli si parava dinnanzi rischiarando il cammino con la luce rossastra delle lame sguainate. Anakin si guardò intorno cercando di distinguere qualche dettaglio che potesse fargli capire dove si trovasse; alla sua destra intravide una struttura in metallo composta da sbarre verticali e orizzontali che si intrecciavano a formare delle croci apparentemente indistruttibili…Anakin capì che si trattava di una prigione e prese lentamente coscienza di trovarsi nelle segrete del palazzo del Senato. Maestro Yoda, durante uno dei loro abituali colloqui, gli aveva confidato di essere convinto che, sotto l’edificio che più di tutti rappresentava i principi più alti della democrazia repubblicana, si celasse un terribile segreto. Qualcosa che era riuscito solo a percepire, ma mai a trovare. Ora Anakin aveva involontariamente scoperto cosa intendeva il maestro Jedi.
 
Camminarono per diversi minuti lungo un corridoio costeggiato da entrambi i lati da centinaia di celle dalle quali emanava un pungente e fastidioso odore di aria viziata e miasmi umani. Anakin, grazie al respiratore, percepiva solo lontanamente l’olezzo che invece aveva raggiunto il naso delle due guardie che manifestavano un evidente disagio. Per un attimo Anakin si trovò inaspettatamente a benedire di essere tenuto in vita da una macchina. Ad un certo punto si arrestarono davanti ad una porta di acciaio piena di macchie e solcata da escrescenze di muffa. L’Imperatore premette un pannello polveroso posto sulla destra della porta e questa scattò verso l’alto, sparendo e liberando il passaggio. Si trovarono così, i due Sith e i due armigeri, all’interno di una sala circolare, illuminata dalla fioca luce sparsa intorno da un vecchio lampadario che, notò Anakin, oscillava curiosamente nell’aria, sebbene nella sala non spirasse un alito di vento. Lungo la circonferenza della sala erano state ricavate delle nicchie che a fatica venivano illuminate. Anakin infatti provò a distinguerne il contenuto, ma invano.
 
Darth Sidious gli fece cenno di seguirlo e si diresse senza attendere risposta verso una delle nicchie poste sulla destra della sala. Vader si avvicinò e l’imponenza della sua armatura nera si frappose tra il globo luminoso e l’oggetto che Palpatine stava prendendo in mano, oscurando tutto.
- Questo oggetto lo hai già incontrato, vero Anakin? – domandò mellifluo l’Imperatore umettandosi le labbra con la lingua come un viscido serpente.
Anakin abbassò il volto verso il suo basso interlocutore e prese tra le mani l’oggetto che Sidious gli stava porgendo. Sebbene il suo tatto non fosse più sensibile ed efficiente come lo era in passato, Anakin non fece troppa fatica a capire di cosa si trattava. Il formicolio che lo aveva accolto alla vista del buio corridoio si era trasformato in una tollerabile, ma fastidiosa scarica elettrica. Solo una volta aveva maneggiato quell’oggetto e tanto era bastata. La sua forma arcuata ed elegante, così diversa da quelle che era abituato a conoscere, si adattava perfettamente alla sua mano: la spada laser del conte Dooku. Gli tornarono subito in mente i dolorosi istanti vissuti su Geonosis quando Darth Tyranus gli aveva amputato il braccio destro e riecheggiò nella sua mente l’ordine che Palpatine gli impartì sulla nave di Grievous: uccidilo! Uccidi il mio allievo, ora sarai tu il mio apprendista!
- Ho già avuto modo di maneggiarla, questa spada laser –
- Oh me lo ricordo molto bene, mio apprendista. Devo a te e a quella lama la mia vita – disse Palpatine – Credo che possa servirti bene, almeno fino a quando non andrai su Dantooine a recuperare il tuo primo cristallo Sith. A quel punto potremo completare il tuo percorso. –
Maestro e allievo tornarono sui loro passi raggiungendo le guardie imperiali che si erano tenute in disparte cercando di respirare il meno possibile l’aria insalubre che avvolgeva quei luoghi.
- Penso che il tempo sia giunto, Darth Vader. Hai una missione da compiere: trova Yoda, scopri dove ha nascosto l’Holocron e portamelo qui su Coruscant. Ma non dimenticare di mantenere viva in te quella fiammella di Lato Chiaro che ancora possiedi; se si affievolisse, l’Holocron sarebbe inutile e il nostro piano fallirebbe. Sai come agire… - disse Darth Sidious.
Darth Vader fece un cenno di assenso col capo, attivò la spada laser di Dooku e da solo si incamminò nel buio corridoio.

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