The Most Precious Thing in the Universe di claudineclaudette_ (/viewuser.php?uid=44478)
Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Il suo nome era Rose ***
Capitolo 3: *** Smith, Jones e Tyler ***
Capitolo 4: *** La faccia di un vecchio amico ***
Capitolo 5: *** Nel tuono, nel lampo, nella pioggia ***
Capitolo 6: *** La Fabbrica ***
Capitolo 7: *** Dalek a Manhattan ***
Capitolo 8: *** A New York Story ***
Capitolo 9: *** Not with a Bang but a Whimper ***
Capitolo 10: *** Quattro cose e una lucertola ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Nota dell'Autrice: Ed eccomi che
come al solito,
non resisto. Mi ero ripromessa di scrivere almeno tutta la terza
stagione prima
di cominciare a postare, ma niente.
Sto
scrivendo il quarto capitolo e già non resisto!
Come ho cercato di spiegare nella presentazione, questa
fan fiction è
quello che tutti noi fan di Ten/Rose abbiamo voluto fare almeno una
volta nella
vita: riscrivere la terza stagione con Rose Tyler! Ne ho lette a
centinaia in
inglese e ancora non me ne sono stufata...quindi ho pensato che fosse
il
momento di scrivere anche la mia versione! A differenza di tante terze
stagioni
con Rose, qui la separazione è avvenuta davvero quindi
sarà anche un Reunion
fic!
Che altro dire...il Rating al momento è giallo
ma potrebbe salire nel corso della storia, dipende da "quanto" decido
di scendere nei dettagli. Per quanto riguarda l'angst (ci provo!) non
sarà una costante
della fan fiction ma riemergerà qui e lì nel
corso della storia quindi mi
sembra doveroso metterlo tra le avvertenze.
Ultima cosa prima di lasciarvi alla lettura, il
TARDIS è un'entità femminile, lo si percepisce in
inglese (osa che purtroppo si
perde nella traduzione) quindi di solito le do del "lei".
Prologo
There's such a
sad love, Deep in your eyes.
A kind of pale jewel, Open and closed, Within your
eyes.
I'll place the sky Within your eyes.
There's such a
fooled heart, Beatin' so fast, In
search of new dreams.
A love that will last, Within your heart.
I'll place the moon, Within your heart.
As the pain
sweeps through, Makes no sense for you.
Every thrill is gone.
Wasn't too much fun at all, But I'll be there for you
As the world falls down.
Falling.
Falling down.
Falling in love.
I'll
paint you mornings of gold.
I'll spin you Valentine evenings.
Though we're strangers 'til now, We're choosing the
path Between the stars.
I'll leave my love Between the stars.
As the pain
sweeps through, Makes no sense for you.
Every thrill is gone.
Wasn't too much fun at all, But I'll be there for you
As the world falls down.
(As The World
Falls Down – David Bowie)
“E
suppongo…che sia l’ultima occasione per
dirlo…” disse il Dottore. Faceva così
freddo, gli sembrava di congelare. Si
trovava nel TARDIS, lo sapeva: non poteva sentire il vento gelido della
Norvegia che sferzava il viso e il capelli di Rose. La sua Rose, che
non
avrebbe potuto vedere mai più, in tutta la sua vita. Non era
giusto che finisse
tutto così presto, per loro.
Anche respirare gli era difficile,
bypass
respiratorio o meno, era come se gli fosse stata tolta tutta
l’aria dai
polmoni. Fece una pausa per poterla guardare ancora
quell’ultima volta, per
cercare di memorizzare ogni piccolo dettaglio della sua faccia. I suoi
occhi,
il suo viso macchiato di mascara.
Prese un respiro. "Rose Tyler” disse “Ti amo.”
Ma lo disse a una stanza vuota. Il
collegamento
si era interrotto. Non l’aveva sentito. Non
l’avrebbe sentito mai più. Non
aveva avuto abbastanza tempo…quanto era ironico per un
Signore del Tempo?
Una lacrima gli scese lungo il
viso. Si coprì la
faccia con le mani e lasciò sfuggire un singhiozzo
disperato. “Ti amo” ripeté. L’ultimo legame con
Rose Tyler si era interrotto: se n’era andata per sempre. Le
ginocchia
cedettero sotto il suo peso e si lasciò cadere a terra, le
mani strette a pugno
sopra gli occhi, e pianse.
………¿DW?………
Un mese
prima…
“Rose!
Reggiti!”urlò con tutto il fiato che aveva in
corpo. Tese una mano verso di lei
ma sapeva di non poterla afferrare. Il terrore gli strinse i cuori in
una
morsa. Non poteva star succedendo.
La
gravità
ricominciò a tirarli verso il vuoto, più forte di
prima. Le mani di Rose erano
strette intorno alla leva. Ancora pochi secondi, bastava che resistesse
ancora
pochi secondi e tutto sarebbe andato bene. Ma le mani cominciarono a
scivolare.
“Reggiti!”
strillò ancora tendendosi verso di lei il più
possibile. Se solo avesse scelto
l’altra leva.
Ancora
pochi secondi, ma Rose capì cosa stava per succedere prima
di lui. Alzò gli
occhi e lo guardò, in essi il Dottore lesse solo una scusa
silenziosa: perché
anche quando stava per morire, Rose pensava al Dottore e al fatto che
sarebbe
rimasto solo, e non riuscì più a mantenere la
presa.
Cominciò
a
precipitare verso il Vuoto. Velocissima. Sarebbe scomparsa e lui
sarebbe
rimasto solo.
No, non
questa volta. Il Dottore prese un respiro…e mollò
la presa.
Precipitò
verso il vuoto, come lei. Riuscì ad afferrarla a
mezz’aria e continuarono a
precipitare. La abbracciò e caddero, caddero, ma erano
insieme. Insieme
finirono nel Vuoto, insieme morirono.
Per un
momento, il Dottore fu felice. Poi si svegliò.
Si tirò a sedere di
scatto. Si trovava in camera
sua, sul suo letto. Era solo un sogno.
Strinse tra le mani una camicetta
che Rose aveva
lasciato indietro, rosa, come piaceva a lei.
I ricordi degli ultimi giorni gli
precipitarono
addosso come un macigno. Balzò giù dal letto,
violentemente. Si avvicinò alla
grande scrivania a ridosso del muro, sempre con la camicetta stretta
tra le
mani e se la portò al volto. Inspirò
profondamente, aveva ancora il suo odore.
Per un solo, brevissimo, istante gli sembrò che fosse ancora
lì con lui. Poi
l’istante svanì e si trovò di nuovo
solo.
Scaraventò a terra tutto
quello che aveva sulla
scrivania con un unico gesto. Con un altro si spostò a
sinistra e strinse le
mani su una mensola. Strinse i denti e la scardinò dal muro,
lasciando cadere con
indifferenza a terra tutti i suoi libri.
“E’ colpa
mia” urlò contro il muro. “Non servi a
niente” si inveì contro. “A niente! Non
sei nemmeno in grado di salvare ciò che
hai di più importante della tua vita!”
Continuò per alcuni
minuti. Alla fine, spossato,
abbandonò la fronte contro la parete, respirando
irregolarmente con dei piccoli
rantoli, e si lasciò scivolare a terra. In quel momento
sentì il leggero canto
metallico del TARDIS riecheggiare sul fondo della sua mente mentre
cercava di
calmarlo.
Balzò di nuovo in piedi,
infilandosi le mani nei
capelli. Li tirò ossessivamente fino ad assomigliare a uno
spaventapasseri.
Aveva l’espressione di un folle.
“Vai via!” le
urlò. “Vai via! Lasciami solo!
Voglio restare solo! Tanto non ho alternative, vero? Lei se
n’è andata, non c’è
più e io sarò solo…per
sempre”.
Il TARDIS continuò,
insistente, un po’ più
convinta. Ma il Dottore non voleva saperne. Afferrò un
soprammobile di vetro da
un’altra delle mensole e lo scagliò con rabbia
contro il muro. “Vattene! Stai
zitta! Stai zitta!”
………¿DW?………
Il Dottore si svegliò di
soprassalto. Di nuovo
lo stesso sogno. La camicetta di Rose sempre accanto a sé.
Si tirò a sedere
lentamente questa volta e abbandonò il viso tra le mani.
Avrebbe continuato a
fare quel sogno per il resto della sua vita?
Sospirò.
“Perché non sono ancora morto?” disse
con voce piatta.
Chiuse gli occhi un secondo,
cercando di
raccogliere la forza per alzarsi, poi uscì dalla stanza.
La camera di Rose non era lontana,
il TARDIS
l’aveva spostata, si trovava esattamente di fronte alla porta
della propria
stanza. La porta era stata lasciata aperta, fece quei pochi passi
necessari e
vi entrò. Passava lì tutte le sue ore di veglia
ormai.
Osservò le sue cose,
erano tutte ancora lì, come
se dovesse tornare da un momento all’altro. Come se fosse
solo uscita a
prendere qualcosa e dovesse tornare nel giro di pochi secondi.
Si sedette sulla poltrona
nell’angolo. Era rosa,
erano andati a comprarla insieme. Era riuscita a convincerlo a portarla
a fare
shopping. Rimase lì a fissare la stanza, la camicetta di
Rose appoggiata in
grembo. Riusciva ancora a immaginarla addormentata nel suo letto: il
respiro
regolare di chi sta facendo sogni tranquilli, i capelli biondi sparsi
sul
cuscino, le mani che stringevano dolcemente le lenzuola, ma sapeva
benissimo
che in realtà Rose si trovava lontana da lui. In un altro
universo.
Era l’unica cosa che
poteva fare. Rimanere lì e
ripensare a quando erano ancora insieme.
Poi si ricordò una cosa.
Quando erano stati
nell’universo di Pete
insieme, le aveva spiegato che le fessure tra i due universi erano
impossibili
da trovare, se non per caso. In quel momento realizzò,
però, che in seguito
all’Invasione Fantasma forse il TARDIS sarebbe stato in grado
di trovare una
cicatrice ancora non chiusa del tutto! Afferrò la camicetta
di Rose e corse
verso la sala di controllo, la appoggiò su una balaustra
prima di cominciare a
trafficare freneticamente con i comandi del TARDIS.
I suoi occhi si spalancarono quando
trovò una
corrispondenza. “Oh, vecchia mia…è
questo che stavi cercando di dirmi!” esclamò
accarezzando dolcemente i comandi del TARDIS, che gli rispose con un
ronzio di
approvazione.
Il Dottore realizzò
subito però che non aveva
speranze di passare dall’altra parte. Si sorresse contro la
console con le
braccia tese. Non che ci avesse sperato, non veramente. Lo sapeva che
non era
possibile ma non aveva potuto fare a meno di sperarci. Non aveva potuto
fare a
meno di sperare in un miracolo.
Si chinò in avanti,
appoggiando la fronte contro
la console. Prese un respiro profondo. “Va bene, lo
sapevi” si disse. “Energia:
ci serve energia.”
Balzò in piedi e
cominciò a muoversi intorno
alla console, azionando comandi, riflettendo. “Qualcosa di
potente…qualcosa…come un sole…come un
sole che brucia…qualcosa come…un
supernova.” Si immobilizzò a metà del
movimento. Un sole…un sole era un prezzo
troppo alto per dirle addio? No, non lo era.
Doveva solo trovare il sole giusto.
Lo trovò.
Tirò ancora una leva, inserì le coordinate.
Innescò la distruzione del sole,
attivò il collegamento e contemporaneamente
cominciò a mandare un messaggio
attraverso il tempo e lo spazio. Sussurrava il suo nome, ancora e
ancora. Come
una preghiera, supplicando che arrivasse fino a lei. Rose lo avrebbe
ricevuto e
avrebbe capito, lo sapeva. L’avrebbe raggiunto nel luogo dove
la fessura era
ancora aperta. Lui credeva in lei.
Si agganciò al segnale.
Il TARDIS fu
attraversato da uno scossone e seppe che era fatta.
Intorno a lui cominciarono a
delinearsi i
contorni di un paesaggio: di un mare, di una spiaggia e, in lontananza,
Rose
Tyler.
“Almeno”
pensò, “sarò in grado di dirle
addio.”
Altra Nota dell'Autrice: Prometto,
non ce ne
saranno sempre all'inizio e alla fine. Vedrò di limitarmi!
Dunque questo è il
prologo! E' un po' breve, i prossimi capitoli tenderanno a essere un
po' più
lunghi! Pubblicherò il prossimo tra qualche giorno! Se avete qualche dubbio o
perplessità
fatevi avanti, potrei parlare di questa fic per una vita intera!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 2 *** Il suo nome era Rose ***
Capitolo
Uno:
Il suo
nome era Rose
Well I woke up
today and the world was a restless
place
It could have been that way for me
And I wandered
around, and I thought of your face
That Christmas looking back at me
I wish today
was just like every other day
'Cause today has been the best day, everything I ever
dreamed
And I started
to walk
Pretty soon I will run and I'll come running back to
you
'Cause I
followed my star and that's what you are
I've had a merry time with you
So have a good
life
Do it for me: Make me so proud Like you want me to be.
Where ever you are I'm thinking of you oceans apart
I want you to know
Well I woke up
today and you're on the other side
Our time will never come again
But if you can still dream close your eyes it will
seem that you can see me now and then
I wish today
was just like every other day
'Cause today has been the best day, everything I ever
dreamed
(Song for Ten
– Murray Gold)
“Cosa…”
“Oh?!”
“Cosa?”
“Tu chi sei?”
“Beh…”
“Dove sono?”
“Cosa…?”
“Che diavolo è
questo posto?!”
“Cosa?!”
………¿DW?………
SLAP.
Il Dottore fece un passo indietro
dopo essere
stato schiaffeggiato con una forza certo non necessaria.
Guardò Donna con gli
occhi spalancati: cominciava
a seccarsi. La curiosità andava bene ma in certi casi non
valeva assolutamente
la candela. “Perché l’hai
fatto?”
“Riportami in quella
chiesa!” gli strillò Donna
in faccia, a tutti polmoni.
Il Dottore sollevò un
sopracciglio. Benissimo.
Se era questo quello che otteneva… “Certo! Bene!
Tanto io non ti voglio qui!”
esclamò indignato cominciando a saltellare intorno alla
console del TARDIS,
azionando leve e pulsanti. Prima di liberava di questa Donna, prima
avrebbe
potuto restarsene in pace. “Dov’è questo
matrimonio?”
“Saint Mary. Heaven Road.
Chiswick.
Londra.
Inghilterra. Terra. Sistema Solare!” urlò Donna.
Non era in grado di parlare a
un volume di voce normale? Ma che importava? Se ne sarebbe liberato
subito.
“Lo sapevo” la
sentì dire. Che problema aveva
adesso? “Fai tanto l’innocente, ma non sono la
prima, vero?”
Il Dottore sospirò. Seriamente… alzò la
testa dai comandi per vedere cosa aveva tanto
Donna da strillare…e i cuori gli affondarono.
“Quante donne hai rapito
finora?” teneva in mano
la camicetta di Rose e gliela agitava davanti. Tutta la rabbia e
l’irritazione
svanirono, la bocca gli si incurvò tristemente verso il
basso.
Come poteva spiegare? Come poteva
trovare le
parole per far capire a questa sposa impazzita a chi era appartenuta
quella
camicetta? Dama Rose Tyler del Powell Estate. Il Lupo Cattivo. La
protettrice
della Terra. La donna che amava.
“Quello è
della mia amica” riuscì a dire
solamente, cercando di controllare la voce che gli uscì
comunque un po’
strozzata. Era ancora passato troppo poco tempo. Il dolore era ancora
troppo
intenso. Sarebbe mai diminuito? Sarebbe mai riuscito a tornare alla
vita di
prima, quella che aveva avuto senza di lei? In quel momento lo
dubitava.
L’unica cosa che riusciva a provare era dolore, un dolore
infinito, pungente e
profondo. E rimpianto. Avrebbe potuto amarla, realizzò.
Avrebbe potuto amarla
come meritava: come un’umana. Non l’aveva fatto
perché? Perché gli esseri umani
invecchiano e muoiono? Avrebbe potuto amarla come un uomo ama una donna
e non
avrebbe sofferto di meno quando alla fine l’universo
gliel’avesse strappata
dalle braccia.
“E ora
dov’è? Fuori, a fare una passeggiata
nello spazio?”
Il Dottore batté le
palpebre e disse l’unica
cosa che poteva dire. Ed era così tremendamente definitivo.
“Se n’è andata”.
“Andata dove?”
La fissò, poi
abbassò lo sguardo sulla
camicetta. Quella stessa camicetta che aveva tenuto con sé
per quell’ultimo
mese. Come un talismano. Come un giubbotto di salvataggio.
Perché lei se
n’era andata. Se n’era andata per
sempre: imprigionata in un universo parallelo. Riusciva ancora a
vederla…precipitare verso il Vuoto. Vedere Pete che
miracolosamente tornava a
prenderla. Riusciva ancora a sentirla strillare. Non sarebbe mai
più riuscito a
dimenticare il suo urlo disperato che si univa al proprio.
Distolse lo sguardo. Non poteva
continuare a
rivivere quell’evento.
Deglutì, cercando di
slegare il nodo che gli si
era formato in gola e ricominciò a respirare. Non si era
nemmeno accorto di
avere smesso. “L’ho persa.”
“Bene, allora sbrigati a
perdere anche me!”
Il Dottore la ignorò,
continuò a inserire le
coordinate che gli aveva strillato la sposa pochi istanti prima.
“Cosa intendi
per ‘persa’?” la sentì
domandare.
Il Dottore alzò lo
sguardo su Donna e Donna
riconobbe quello sguardo.
Gli occhi di quell’uomo,
di quell’‘alieno’ erano
spenti. Come due buchi neri: non riflettevano niente. Era lo stesso
sguardo che
aveva avuto sua madre il giorno in cui le avevano informate della morte
di suo
padre. Quello era lo sguardo che aveva una persona quando perdeva tutto.
Il Dottore non rispose, ma Donna
aveva capito.
Rimase in silenzio quando lui balzò verso di lei e le
strappo di mano la
camicetta.
“Bene! A
Chiswick!”
………¿DW?………
Ma certo. Il TARDIS doveva
scegliere proprio
quel momento per ricalibrarsi. Tutto ciò che aveva ottenuto
era farsi dare del
marziano (ancora), altre urla e uno spericolato inseguimento in
autostrada. Ora
quello, quello non
l’aveva ancora
fatto. Per forza poi il TARDIS si era messa a fumare come se avesse
bruciato
qualcosa nel forno.
Il Dottore tossì mentre
cercava di estinguere le
fiamme con un estintore, poi chiuse le porte aspettando che il sistema
di
ventilazione si occupasse del fumo.
“La cosa buffa
è che, per essere un’astronave,
non vola poi così tanto” confessò a
Donna, raggiungendola sul margine del tetto
su cui erano atterrati. “E’ meglio se le diamo un
paio d’ore per riprendersi. A
te sta bene?”
“Ormai che
importa” rispose Donna con un sospiro
rassegnato.
“Ce lo siamo
perso?”
“Già.”
“Beh, potete sempre
prenotare un’altra data”
suggerì il Dottore. Non era molto bravo a tirare su di
morale la gente. Se Rose
fosse stata lì, avrebbe saputo esattamente cosa dire.
“Certo che
possiamo.”
Il Dottore decise di provare
ancora. “Avete
ancora la luna di miele.”
“E’ solo una
vacanza, ora.”
Oh.
“Già…già…mi
dispiace” tentò.
“Non è colpa
tua.”
“Oh. Questa è
una novità.” Ma era sempre colpa
sua. Fece un sorriso tirato, ma non gli sfuggì il tremolio
nella voce. Sperò
che non lo avesse notato anche Donna. Perché era
così: era sempre colpa sua.
“Vorrei che avessi una
macchina del tempo”
scherzò Donna. “Così potremmo tornare
indietro e aggiustare le cose.”
“Sì…”
confermò il Dottore. “Ma…”
buttò uno
sguardo alle sue spalle, verso il TARDIS. Non avrebbe fatto alcun bene
dirle
quello che il TARDIS poteva fare. “Anche se ce
l’avessi, non potrei tornare
indietro sulla linea temporale di qualcuno…a quanto
pare.”
Donna gli lanciò uno
sguardo, poi andò a sedersi
sul cornicione. Il Dottore poteva sentire il vento che gli scompigliava
i
capelli. Era Dicembre dopotutto, non faceva affatto caldo, e Donna era
in un
abito senza maniche: si tolse la giacca e gliela mise sulle spalle
prima di
sedersi accanto a lei. Era il minimo che potesse fare.
“Mio Dio, come sei magro.
Questa giacca non
entrerebbe nemmeno a un ratto!”
Non che
tu
sia un giunco, pensò
il Dottore bonariamente, lanciandole un’occhiata. A Rose era
sempre andata
bene. Sospirò.
“Oh” disse poi,
quando gli venne in mente. Si
frugò per un attimo nella tasca dei pantaloni prima di
estrarre un bio-offuscatore.
Aveva decisamente l’aspetto di una vera nuziale purtroppo.
“Sarebbe meglio se
ti mettessi questo.”
“Che fai, giri il
coltello nella piaga?”
“Quelle creature possono
rintracciarti, è un
bio-offuscatore, dovrebbe tenerti nascosta.” Le prese una
mano e le infilò
l’anello alla mano sinistra. “Con questo anello, io
ti bio-offusco.”
“Nel bene e nel
male.”
Il Dottore sorrise. Non era poi
così male questa
Donna.
“Allora, cosa sarebbero
questi robot Babbo
Natale?” gli domandò sospirando.
“In pratica sono spazzini
robotici. Il vestito da
Babbo Natale e' solo un travestimento. Cercano di
mimetizzarsi” spiegò, poi gli
vennero in mente i Sycorax. “Li ho incontrati lo scorso
Natale.”
“Perché, cosa
e' successo?”
Il Dottore girò la testa
per guardarla in faccia.
Batté le palpebre confuso. Stava scherzando? “Una
grossa nave spaziale? Che
volteggiava sopra Londra?” provò, come per
rinfrescarle la memoria. “Non te ne
sei accorta?” fece poi incredulo quando Donna non fece nessun
cenno di
riconoscimento
“Mi sono presa una bella
sbronza” fu l’unica
risposta.
Ok… pensò il Dottore
voltando la testa verso la città. Lasciò vagare
lo sguardo, naturale che gli
sarebbe caduto proprio lì.
“Passavo il Natale
laggiù, al Powell Estate, con
questa...” si bloccò. Aveva una lingua
così lunga di solito, ma ora anche
trovare le parole più semplici gli veniva così
difficile! “famiglia” disse alla
fine. “La mia amica aveva questa famiglia. Beh,
loro...” anche loro se ne erano
andati. Mickey, Jackie…e Rose. “Comunque...ora non
ci sono più.” Per sempre.
Non avrebbe mai dimenticato quel
Natale. Pensò a
Rose che lo guardava, seduta accanto a lui, durante il pranzo di
Natale. Se
solo tutti gli altri giorni fossero stati come quello.
Perché quello era stato
il giorno migliore. Tutto quello che aveva sempre sognato. Non era mai
stato
così felice.
Aveva sorriso, Rose, quando
l’aveva visto sulla
porta di casa con il suo completo marrone. Perché lui era il
Dottore, anche se
era cambiato, e lei lo sapeva.
Il giorno più bello
della sua vita…e non ce ne
sarebbero stati altri. Perché lei non c’era
più.
“La tua amica...Chi
era?”
Ma non poteva rispondere. Le
parole. Le parole
erano così limitate in questa lingua. Nessuna lingua
esistente sulla Terra
sarebbe stata abbastanza per poter esprimere quello che Rose era per il
Dottore. Anche in gallifreyano avrebbe avuto difficoltà a
trovare il termine
giusto. Rose Tyler era troppo speciale per poter essere descritta con
una sola
parola.
“La domanda
e'...” cambiò argomento. “Cosa
vogliono da te questi mercenari robot travestiti?”
………¿DW?………
Non erano esattamente disperati gli
invitati
alla festa. A dirla tutta, al Dottore sembrò che se la
stessero semplicemente
spassando. C’era anche da dire che Donna se la
cavò splendidamente: finse di
scoppiare a piangere e tutti si limitarono ad abbracciarla commossi. Il
Dottore
nascose un sogghigno, cominciava seriamente a farsi piacere questa
Donna.
Si mise in un angolo, lasciando che
si
divertisse. Se lo meritava dopo tutto quello che aveva passato.
Già che c’era,
ne approfittò per fare una veloce
ricerca sulla H.C.Clemens. Restituì il cellulare preso in
prestito e si
appoggiò con la schiena contro il bancone del bar,
pensieroso.
Lasciò vagare lo sguardo
sulla folla. Subito
notò tutte le teste bionde: era così ridicolo!
Era così abituato a cercare Rose
tra la folla, per essere sicuro che stesse bene, che ormai lo faceva
senza
rendersene conto. Una bionda in particolare, al centro della sala,
attirò la
sua attenzione: fece una giravolta, poi un casquet e
un’immagine di Rose gli
balenò in mente. Di quando si trovavano
nell’ospedale di Nuova Terra e
Cassandra aveva preso il controllo del suo corpo. Di quando gli era
svenuta tra
le braccia. Che amarezza.
Non era nemmeno riuscito a danzare
con lei in
questo corpo, né tantomeno a ‘danzare’.
Cacciò subito via il
pensiero, avrebbe voluto
poter ridere di sé per quel pensiero così
stupido, ma non riusciva a fare
neanche quello. Il nodo che gli si era formato alla gola era
così stretto che
gli bruciava. Gli bruciava la gola, gli bruciava il petto, gli
bruciavano gli occhi.
Era un dolore così forte che avrebbe preferito usare altre
due rigenerazione
pur di non doverlo più sentire. Ma sarebbe mai potuto
passare veramente?
Voltò la testa di lato,
costringendosi a
deglutire, ma non servì a niente. Fece un respiro profondo,
che assomigliava
molto più a un rantolo. Rose. L’unica cosa che
sapeva era che non era più lì
con lui. Era solo.
Avrebbe voluto essere nel TARDIS.
Da solo. Se
non era con Rose allora tanto valeva non ci fosse nessun altro. Almeno
avrebbe
potuto continuare a piangere tutto il suo dolore senza doversi
preoccupare
della gente. Prese un altro respiro tremolante dalla bocca, cercando di
ricomporsi. Ciò non impedì ai suoi occhi di
riempirsi di lacrime.
Perché?
Perché l’universo non poteva dargli
nemmeno un momento di pace? Lasciarlo solo col suo dolore? No, doveva
fargli
comparire una sposa nel TARDIS, dal nulla! Perché lui non
era importante. No.
Il suo dolore non era importante. L’unica cosa importante era
che il Dottore
doveva continuare a salvare i mondi. A raddrizzare tutti i torti
dell’universo
quando l’unica cosa che voleva era avere indietro Rose. Non
gli era concesso
nemmeno il permesso di piangerla.
Ed eccoli lì questi
esseri umani, che
continuavano a danzare incuranti di tutto. Ignari del fatto che la
più
incredibile creatura di tutto il creato era rimasta imprigionata in un
altro
universo per salvare le loro vite, così insignificanti
rispetto alla sua…e per
questo l’aveva persa.
E loro continuavano a ballare e a
fare video.
Sospirò.
Aspetta
un
momento…video? strinse
gli occhi, fissando il ragazzo incaricato di fare i video del
matrimonio,
quando gli venne in mente un’idea.
………¿DW?………
“Oh, ma io non vengo da
Marte” disse il Dottore,
fissando l’imperatrice degli Araknos con uno sguardo distante.
“Allora da dove
vieni?”
Il Dottore parlò.
“Il mio pianeta natale e'
molto lontano e ormai e' scomparso da molto tempo. Ma il suo nome vive
ancora.”
Fece una pausa. Una nuova rabbia per tutte le perdite che aveva subito
gli
montava in corpo. Era l’ultimo Signore del Tempo ed era solo.
Ed era tutta
colpa sua. “Gallifrey.”
“Voi avete distrutto i
Araknos!” urlò
l’imperatrice in preda al panico.
“Ti avevo
avvertita.” Il Dottore parlò piano, ma
la sua voce riecheggiò gelida sulle pareti. Aveva il suono
di una sentenza di
morte. “E' colpa tua” aggiunse. Ma non era certo se
stava parlando con
l’imperatrice o con se stesso. Ma che importanza aveva? Lanciò in aria
i mini-robot che aveva nelle
sue tasche più grandi all’interno e
azionò il telecomando. Distrusse le
barriere che tenevano confinata l’acqua del Tamigi, che
arrivò come
un’inondazione.
L’imperatrice urlava in
preda al dolore mentre i
suoi figli venivano spazzati via.
Il Dottore restava lì a
fissarla con le fiamme a
illuminargli il viso donandogli un aspetto inumano. Perché
non era umano. Era
un Signore del Tempo. Le cose che faceva quando era con
Rose…essere
misericordioso, perdonare. Perché avrebbe dovuto farlo ora?
Cosa aveva ricevuto
in cambio? Niente! Così rimase lì, a vedere gli
ultimi esemplare di una specie
morire tra acqua e fiamme. Forse il dolore se ne sarebbe andato,
adesso. Forse
notò l’acqua che continuava a salire. Forse si
rese conto che se non se ne
andava di lì subito, non se ne sarebbe andato mai
più. Forse, però, non gli
importava.
Davanti a tutta quella distruzione,
fu Donna a
salvarlo. La segretaria. La precaria poco
importante.
“Dottore!” lo
chiamò. “Puoi fermarti adesso!”
Il Signore del Tempo si
girò a guardarla, come
destandosi da un sogno. Levò nuovamente lo sguardo
sull’imperatrice degli
Araknos ancora strillante per la morte dei propri figli…e si
rese conto di
quello che stava facendo.
“Andiamo” le
gridò. “E’ ora di portarti
fuori.”
………¿DW?………
Sconfissero gli Araknoidi,
prosciugarono il
Tamigi…e la riportò a casa. Ma non poteva passare
il Natale con lei.
Semplicemente…non poteva.
Poteva chiederle di viaggiare con
lui. Lo fece,
perché l’universo aveva bisogno
di
lui. E senza qualcuno che lo costringesse a muoversi, avrebbe passato
la vita a
piangere Rose Tyler. O, peggio, avrebbe di nuovo ceduto alla rabbia e
alla
distruzione. Lo disse anche Donna: “Quel tunnel si stava
allagando…e bruciava…e
loro morivano…e tu stavi lì come...non lo so...
un estraneo.”
Stava lì come qualcuno
che voleva morire, ma non
poteva.
Entrò nel TARDIS con una
scusa. Passare il
Natale con un’altra famiglia…no.
“Dottore!
Dottore!” urlò Donna con tutta la voce
che aveva in corpo quando il TARDIS cominciò a svanire.
Accidenti, l’avrebbe
sentita anche se fosse andato su un altro pianeta! Così
riapparve.
“Caspita, tu
sì che sai urlare!” esclamò facendo
capolino con la testa.
“Ti rivedrò
ancora?” chiese Donna. Quelle parole
lo colpirono come un fulmine, ma non lo diede a vedere. Si
limitò a mostrarle
un sorriso triste e le diede la risposta che avrebbe voluto dare a
quella
persona che, prima di lei, gli aveva posto quella stessa, identica,
domanda.
“Se sarò
fortunato.”
“Promettimi solo una
cosa. Trova qualcuno.”
La guardò. Le aveva
chiesto di venire con lui
d’istinto, perché l’aveva confortato
quando la perdita era ancora così forte
nei sui cuori e nella sua mente, ma lei aveva rifiutato. Non
l’avrebbe più
chiesto a nessun altro.
“Non ho bisogno di
nessuno.”
“Invece
sì” lo contraddisse Donna e il Dottore
sapeva che aveva ragione. “Perché a volte, credo
tu abbia bisogno di essere
fermato.”
“Già”
disse lui in un bisbiglio. Perché era un
Signore del Tempo, riusciva a vedere le linee temporali: ciò
che sarebbe potuto
essere e a volte, solo a volte, riusciva a vedere cosa sarebbe potuto
succedere
a lui se avesse compiuto scelte differenti. Se Donna non
l’avesse chiamato,
prima, sotto il Tamigi. Se non l’avesse fermato, sarebbe
morto annegato.
La presenza di Rose Tyler
l’aveva reso
migliore…ma cosa l’avrebbe potuto rendere la sua
assenza?
Inspirò bruscamente tra
i denti. “Grazie allora,
Donna. Buona fortuna.” Le sorrise. “E cerca di
essere sempre… magnifica!”
Donna rispose al sorriso.
“Penso lo sarò, sì!”
Il Signore del Tempo
entrò nel TARDIS,
chiudendosi la porta alle spalle, solo per riaprirla un secondo dopo
visto che
Donna continuava a chiamarlo indietro.
“Oh, e adesso cosa
c'è?”
“Quella tua amica. Come
si chiamava?”
Di
nuovo,
Donna. Perché continui a voler sapere di Rose? Non basta che
sia nei miei
pensieri ogni istante?
Questa volta non provò
nemmeno a nascondere il
pianto nella sua voce, le lacrime nei suoi occhi, il modo in cui le
parole gli
uscirono spezzate di bocca. “Il suo nome era Rose.”
Nota dell’autrice: Ed ecco il primo
capitolo! Basato su “The Runaway Bride/La Sposa
perfetta” che più che basato è
preso paro paro…questo perché il mio obiettivo
è di raccontare la storia
secondo l’influenza di Rose…e Rose qui non
c’è ancora e non c’è stato
niente a
influenzare gli avvenimenti che si sono svolti esattamente come
nell’episodio
della serie tv! Se avete notato che il dialogo in alcuni punti varia
rispetto a
quello sentito in tv è perché principalmente mi
baso sui dialoghi originali! Uso
quelli italiani solo se suonano nettamente meglio rispetto a quelli
inglesi per
qualche motivo! Ulteriore nota, qualche riga fa, quando Donna chiede
“Ti
rivedrò ancora?” in inglese dice “Am I
ever going to see you again?” che sono
le stesse esatte parole che gli dice Rose sulla spiaggia. Personalmente
ci vedo
un parallelismo, non so voi xD purtroppo non me ne ero mai accorta fino
a che
non ho visto la versione originale! Tanto per aggiungere un
po’ di angst all’angst!
Vediamo…altro? Ah
sì, due piccole cose: la
canzone all’inizio del capitolo è stata scritta
per l’episodio di Natale “The
Christmas Invasion” il primo con il decimo
dottore…quindi gli calza
particolarmente a pennelle. Secondo:
com’è questo
font? Perchè
se preferite il classico arial posso cambiare senza problemi!
Ottimo!
Un bacio e a lunedì prossimo con “Smith, Jones e
Tyler”!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 3 *** Smith, Jones e Tyler ***
Capitolo
Due: Smith, Jones e Tyler
Who's afraid of
the big bad wolf
Big bad wolf, big bad wolf?
Who's afraid of the big bad wolf?
Tra la la la la.
(From
“The Three Little Pigs” - Frank Churchill and
Ann Ronell)
“Squadra
Lupo Alpha. Abbiamo
immobilizzato i traditori. Passo.”
“Ricevuto
Lupo Alpha. Stiamo mandando la squadra di recupero a
prendervi.”
Rose Tyler abbassò la
radio e se la agganciò
alla cintura. Sollevò di nuovo il fucile, puntandolo contro
i prigionieri.
Lanciò uno sguardo a Mickey Smith, il suo partner sul campo,
che annuì. Aveva
sentito la comunicazione. Stavano venendo a prenderli.
Chi l’avrebbe detto che
Torchwood sarebbe
cresciuto su così ampia scala. Erano passati due anni dal
giorno peggiore della
sua vita e Rose Tyler era diventata uno dei più importanti
membri
dell’Istituto. Era stata lei, per prima, a entrare in
contatto con le forme
aliene di quell’universo. A creare un’alleanza.
Ed eccola lì, a puntare
un fucile contro i
membri corrotti della Proclamazione Ombra nel loro quartier generale.
A quanto pare, i pazzoidi
esistevano in ogni
universo. Solo due settimane prima avevano ricevuto
l’incarico dalla
Proclamazione Ombra stessa per un’investigazione
dall’interno. Era da un po’
che sospettavano qualcosa…e avevano avuto ragione. Erano
stati gli addetti alla
branca scientifica, niente po’ po’ di meno: avevano
scoperto un nuovo modo di
produrre energia. Un modo pericoloso.
Rose e Mickey li avevano catturati
all’ultimo
momento, mentre Rose puntava loro contro il fucile, Mickey era saltato
in
avanti per placcarne due. Purtroppo nessuno dei due si era accorto che
il terzo
prima di cadere in ginocchio era riuscivo ad attivare, almeno
parzialmente, il
macchinario.
Tre minuti esatti dopo la loro
cattura, infatti,
mentre attendevano la squadra di recupero…un enorme portale
si aprì sul
pavimento, tra gli scienziati e la squadra Lupo Alpha.
Rose lo guardò
intensamente e lo riconobbe
subito per quello che era: una frattura. Spalancò gli occhi
sbalordita. Quasi
terrorizzata, mentre la speranza di faceva largo nel suo cuore.
“Posso passare
dall’altra parte” realizzò in un
sussurro.
“Cosa?” chiese
Mickey accanto a lei. Non era
sicuro di aver sentito bene ma lo sospettava, a giudicare
dall’espressione
spaventata sul suo viso.
Rose distolse lo sguardo dalla
frattura e lo fissò
dritto negli occhi. “Posso passare dall’altra
parte” gli ripeté più forte,
decisa. Determinata.
“Cosa? No, Rose, sei
impazzita? Potresti morire!
Potresti finire in un universo tutto sbagliato!”
“O forse no!”
rispose lei trucemente. “Devo
tentare, potrebbe essere la mia unica possibilità!”
“Il
cannone…”
Lo interruppe. “Il
cannone” ripeté lei con
enfasi “potrebbe non riuscire mai a funzionare. È
una scommessa, come questo
varco. E si sta chiudendo!”
Lasciò cadere a terra
l’arma, le munizioni e
tutto ciò che avrebbe potuto influenzare il suo passaggio
dall’altra parte.
Tenne solo il prototipo di cacciavite sonico, su cui Torchwood aveva
lavorato nell’ultimo
anno e mezzo, e la carta psichica data in dotazione a tutti coloro che
lavoravano sotto la Proclamazione Ombra.
“Riesci a resistere da
solo fino all’arrivo
della squadra di recupero?” chiese a Mickey facendo un passo
avanti, senza
distogliere lo sguardo dalla frattura.
Mickey si lasciò
sfuggire un ghigno. “Lo sai che
posso” sospirò. “Sei sicura?”
Rose spostò lo sguardo
prima su di lui, poi di
nuovo sulla frattura. Era sicura? Voleva prendere questo rischio? Ma
qual’era
l’alternativa, aspettare la realizzazione di un cannone
dimensionale quando non
riuscivano nemmeno a creare un cacciavite sonico funzionante? Poteva
lasciare
di nuovo la sua famiglia? Respirò lentamente una, due, tre
volte e poi le
sembrò di sentirlo. Era quasi sicura che fosse solo uno
scherzo della sua
mente, ma le sembrò di sentire il canto metallico del TARDIS.
Raddrizzò le spalle e
guardò di nuovo Mickey.
“Mi dispiace, mi dispiace tanto” gli disse
asciugandosi le lacrime che avevano
cominciato a scenderle lungo le guance. “Ti prego,
di’ a mamma…dille…dille che
le voglio bene. E a papà. E a Tony. E…beh,
di’ loro tutto quello che credi.”
“Addio Rose.”
Sorrise. “Addio
Mickey.” E saltò nel varco.
Quando riaprì gli occhi
si trovava in una camera
blindata. Scosse la testa, cercando di riacquistare chiarezza. Un
rumore
assordante le ululava nelle orecchie: impiegò un secondo a
capire che era
scattato un allarme.
Si alzò in piedi e si
guardò intorno. Si trovava
ancora nel quartier generale della Proclamazione
Ombra…sì, ma di quale universo?
L’unica cosa che sapeva era che doveva andarsene di
lì… e in fretta.
Individuò il
Manipolatore del Vortice appoggiato
su una delle mensole di metallo e se lo mise al polso senza pensarci
due volte.
Riuscì a inserire le impostazioni per la Terra, ventunesimo
secolo, prima che
un Judoon le arrivasse alle spalle e cominciasse a spararle contro.
Rose si lanciò a terra,
rotolando dietro delle
casse di legno in cerca di protezione. Doveva cercare di distrarlo
mentre
attivava il Manipolatore.
Sulle casse di legno erano stati
appoggiati due
vasi. Subito ne afferrò uno e lo lanciò in faccia
(o sul muso?) del Judoon. Afferrò
l’altro per sicurezza e finalmente riuscì ad
attivare il Manipolatore del
Vortice.
Vide lo spazio cambiare intorno a
sé, un secondo
prima stava guardando negli occhi uno dei più brutti alieni
che avesse mai
visto, quello dopo si trovava davanti alle porte del Royal Hope
Hospital.
Una terribile fitta al fianco la
fece cadere in ginocchio,
il vaso che teneva ancora in mano andò in frantumi, poi
svenne.
………¿DW?………
Rose si risvegliò in un
letto d’ospedale.
Cosa
diavolo ci faccio qui? poi si ricordò tutto:
la missione per la Proclamazione
Ombra, la frattura inter-dimensionale, la faccia di Mickey mentre ci
saltava
dentro. Il Royal Hope Hospital.
Sono
svenuta. Ma certo.
Si tirò a sedere, sul comodino c’erano appoggiate
tutte le cose che aveva avuto
con sé quando era arrivata: il prototipo di cacciavite
sonico, i cocci del
vaso, il Manipolatore del Vortice e la carta psichica che, grazie
all’addestramento ricevuto a Torchwood, aveva automaticamente
procurato un ID
falso.
Allungò una mano per
afferrarla ma la mollò
subito dopo. Ma che diav…
toccando il
comodino di metallo aveva ricevuto una scossa. Riprese la carta
psichica:
“Marion Smith” diceva, più altre
informazioni chiave.
Rose sospirò,
riappoggiando la testa sui
cuscini, e una fitta improvvisa le attraversò il fianco.
Sollevò le coperte per
dare un’occhiata: una vasta ustione le ricopriva il lato
destro del busto. Il
Judoon doveva averla colpita di striscio mentre si teletrasportava.
Cos’avrebbe fatto adesso?
Ma soprattutto, come
avrebbe fatto a scoprire se si trovava nell’universo giusto?
Non vedeva
dirigibili per aria: almeno sapeva di non trovarsi più nel
Mondo di Pete.
“Miss Smith, vedo che ha
ripreso conoscenza!”
disse qualcuno entrando dalla porta. Rose non conosceva nessuno di loro
ma non
fu difficile capire che erano dottori…o aspiranti tali, si
corresse lanciando
uno sguardo ai ragazzi che seguivano l’uomo più
anziano.
“Sono il dottor
Stoker” le disse avvicinandosi a
lei e controllandole le pupille con una piccola torcia, poi si rivolse
ai suoi
studenti. “Cosa sappiamo di questa paziente?
Morgensten?”
Un ragazzo alto e biondo
cominciò a parlare,
controllando occasionalmente un blocco per gli appunti.
“Marion Smith, signore.
È stata trovata tre
giorni fa in stato d’incoscienza. E’ stata
ricoverata e curata per delle
ustioni di terzo grado sul lato del corpo. Le ferite stanno guarendo
bene, dopo
che saranno condotti gli ultimi accertamenti di routine le
sarà permesso di
lasciare l’ospedale.”
Il dottor Stoker annuì.
“Va bene, Morgensten. Ma
credo che manchi qualcosa…Jones?”
Questa volta fu una ragazza di
colore a farsi
avanti. “Dovremmo parlare con la paziente per ottenere le
informazioni che ci
mancano, dal momento che è la prima volta che la vediamo
cosciente.”
“Molto bene,
Jones!” si congratulò il dottor
Stoker. “Ma questo è un compito che lasceremo ai
vostri colleghi più anziani.”
Detto questo, uscirono dalla stanza e lasciarono Rose in compagnia di
una
dottoressa sulla quarantina che cominciò a farle un vero e
proprio
interrogatorio. Rose sospirò, pronta a far sfoggio
dell’addestramento ricevuto
a Torchwood per gestire la situazione, raddrizzò la schiena
e cominciò a
rispondere alle domande.
………¿DW?………
“Allora, mister Smith.
Buon giorno a lei. Come
si sente oggi?” chiese il dottor Stoker, continuando il giro
di visite con i
suoi studenti a seguito.
“Oh, non male”
rispose il Dottore. Ancora un
po’, sa…bleh” e fece una smorfia di
disgusto, come se quella spiegasse tutto.
“John Smith, ricoverato
ieri con forti dolori
addominali. Jones, perché non mi fa vedere cosa riesce a
trovare? Visto che è
stata tanto brava con l’altra nostra Smith, mi
sorprenda.”
Il Dottore osservò Jones
girare intorno al
lettino per prendergli il battito. “Oggi
c’è davvero un sovraffollamento di
Smith in questo ospedale” raccontò al Dottore in
tono colloquiale. “Lei è il
secondo di fila che visitiamo oggi!”
Il Dottore ghignò.
“Beh, è un cognome molto
comune.”
“E’
così” concordò Jones. La ragazza
afferrò lo
stetoscopio per prendergli il battito, ma dopo un secondo ci
ripensò e invece
afferrò la cartella del paziente. Subito una scossa le
attraversò la mano e la
lasciò cadere sul letto.
“E’ la seconda
volta che mi succede, oggi!” si
lamentò.
“A me con la maniglia
della porta” informò
Morgenstern.
“Beh,
c’è da aspettarselo” rise il dottor
Stoker
dando poca importanza al fatto. “Sta arrivando un temporale e
i fulmini sono
una forma di elettricità statica. Com’è
stato dimostrato per la prima volta
da…?”
………¿DW?………
“Accidenti” si
lamentò Rose scendendo dal letto
dell’ospedale una volta che quella noiosa dottoressa se ne fu
andata. “Sembrava
avessi rubato i gioielli della
corona per quante domande mi ha fatto!”
Raggiunse la poltrona sotto la
finestra su cui
le infermiere avevano lasciato i suoi vestiti, piegati ordinatamente.
Rose si
infilò i pantaloni neri e la maglietta rosa, sebbene con un
po’ di fatica. Anche
se la ferita stava guarendo velocemente, le tirava ancora molto la
pelle quando
si muoveva.
Buttò uno sguardo fuori
dalla finestra e
strabuzzò gli occhi. Appoggiò le mani contro il
vetro, continuando a guardare
fuori. “Oh!” esclamò notando la pioggia
che saliva verso l’alto. “Quegli
stupidi Jo…ehm…go…Quegli stupidi
rinoceronti!”
L’ospedale
cominciò a tremare, fu solo per pura
fortuna che Rose riuscì a non cadere per terra.
Sentì che la gente cominciava a
strillare. Guardò fuori della finestra: era buio.
“Sulla luna!” ululò
esasperata. Quegli idioti sarebbero arrivati da un momento
all’altro.
Finì di infilarsi la
giacca di pelle blu,
afferrò le proprie cose e uscì di corsa dalla
stanza.
………¿DW?………
Anche il Dottore nel frattempo
aveva recuperato
i propri vestiti. Finì di annodarsi la cravatta mentre
ascoltava due delle
aspiranti dottoresse che l’avevano visitato prima parlare
vicino alle finestre.
“Non farlo!”
strillò la ragazza indiana quando
Jones provò ad aprire uno degli abbaini.
“Perderemo tutta l’aria!”
“Ma non sono a chiusura
ermetica” cercò di
spiegare Jones. “Se l’aria potesse essere
risucchiata fuori, sarebbe già
successo. Ma non l’ha
fatto…com’è possibile?”
Il Dottore aprì la tenda
che lo nascondeva e si
fece avanti. “Ottima osservazione”
esclamò. “Brillante. Come ti chiami?”
“Martha.”
“Ed era Jones,
giusto?” Martha annuì. “Beh,
Martha Jones, la domanda è…come facciamo a
respirare ancora?”
“Non possiamo!”
pianse l’altra ragazza.
“Evidentemente
sì, quindi smettila” le ingiunse
seccato. Si alzò sulla punta dei piedi, cercando di vedere
meglio fuori. C’era
sicuramente qualcuno dietro a tutto questo. “Martha,
c’è un balcone su questo
piano, o una veranda o…”
“Vicino alla sala
d’aspetto dei pazienti, sì.”
………¿DW?………
Rose spalancò le porte
di una terrazza. “C’è
ossigeno” si disse guardandosi intorno. “Ok,
è strano. Ma com’è possibile?”
Strascicò un piede per
terra, seguendolo con lo
sguardo, cercando di riflettere. Si abbassò di scatto,
afferrando il pezzo
rotto di una piastrella, e lo lanciò nel vuoto.
“Campo di
forza” sbuffò quando il pezzo di
piastrella andò a sbattere contro una parete invisibile.
“E ti pareva.” Era
quello che tratteneva l’aria…ma perché
trasportarli sulla luna?
In quel momento arrivarono le
astronavi Judoon.
Atterrarono poco distante dall’ospedale e pochi minuti dopo
ne uscirono schiere
e schiere di mercenari Judoon.
Rose si batté una mano
sulla fronte. Ma certo!
Cercavano lei…ma se cercavano lei… “Il
vaso!” realizzò. Ma il vaso era rotto.
Cosa sarebbe successo se non avessero potuto riaverlo indietro?
Doveva rimetterlo insieme e doveva
farlo in
fretta.
Si frugò nelle tasche,
tirando fuori il
prototipo di cacciavite sonico.
“Forse con
questo…” borbottò a mezza voce
cambiando ripetutamente le funzioni del prototipo. “Oh, mi
stai prendendo in
giro! Hai perso una vite!” Rose guardò il
cacciavite come se le avesse arrecato
un affronto personale. “Adesso dovrò anche
ripararti!” Se lo ficcò in tasca con
un sospiro e rientrò all’interno
dell’ospedale, sperando solo di riuscir a
trovare quello che le serviva prima che fosse troppo tardi o
l’intero ospedale
sarebbe soffocato. E sarebbe stata tutta colpa sua.
………¿DW?………
Martha osservò mentre il
comandante di quei
‘Judoon’ sbatteva Morgenstern contro il muro e gli
puntava contro uno strano
aggeggio che emetteva una luce blu. “Energia Artron,
assente” lo sentì dire
prima di passare a un’altra persona. “Catalogate
tutti i sospetti.”
Il Dottore non sembrava prestare
attenzione a
ciò che stava succedendo. “Oh, guarda
laggiù! C’è un negozietto: adoro i
negozietti!”
“Lascia
perdere” lo rimproverò Martha. “Cosa
sono
i Judoon?”
“Sono come la
polizia…beh, poliziotti in
affitto. Sono
più che altro dei teppisti
interplanetari.”
“E ci hanno portati sulla
Luna?”
“Territorio
neutrale” spiegò il Dottore,
scrutando i Judoon, ben nascosto dietro le felci del secondo piano.
“ Secondo
la Legge Galattica, non hanno giurisdizione sulla Terra, quindi
l’hanno
isolata. Quella pioggia e i fulmini? Erano loro che usavano una
‘lente H2O’”
Martha roteò gli occhi.
“Che ne sai della ‘Legge
Galattica’? Da dove l’hai tirata fuori?”
Il Dottore non le rispose e si
spostò un po’ più
vicino in modo da poterli ascoltare meglio.
“Energia Artron,
assente” stava dicendo un
Judoon proprio sotto di loro.
“Se loro sono poliziotti,
siamo in arresto?”
volle sapere Martha avvicinandosi al Dottore. “Per aver
sconfinato sulla Luna o
qualcosa del genere?”
“No, ma mi piace la tua
teoria! Bel
ragionamento” si congratulò il Dottore, sempre
pronto ad alleggerire un po’
l’atmosfera. “No, sarebbe bello se fosse
così semplice. Stanno eseguendo una
catalogazione. Li hai sentiti prima stanno cercando tracce di energia
Artron,
il che è una brutta notizia per me.”
“Perché?”
“L’energia
Artron funziona allo stesso modo
delle radiazioni di fondo. Viene assorbita da coloro che viaggiano nel
tempo”
spiegò in Dottore con naturalezza.
Martha si voltò verso di
lui con gli occhi
spalancati. “Oh, mi stai prendendo in giro.”
Lui si limitò a
sollevare un sopracciglio.
“Non essere
ridicolo!” insistette Martha,
diventando seria. “Smetti di guardarmi in quel
modo.”
“Andiamo
allora.”
Salirono le scale fino al quarto
piano, in cerca
di un computer. Il Dottore cominciò subito a scannerizzarlo
con il cacciavite
sonico, senza risultato. Lo colpì con la mano.
“Che diavolo ha questo
computer?” esclamò esasperato. “I Judoon
devono averlo isolato” sospirò prima
di canticchiare una strana filastrocca che suonava molto come
“Dottori e Judoon
hanno invaso la lun””. Si passò una mano
sulla bocca mentre vagliava le
possibili alternative. “Stavo solo viaggiando nel passato, lo
giuro, sono
passati sei mesi, volevo solo un po’ di viale dei ricordi e
basta, non cercavo
guai. Davvero: è così!”
cominciò a parlare sempre più veloce.
“Poi ho notato
queste spirali di plasma attorno all’ospedale. I fulmini
erano spirali di
plasma. Si stavano espandendo da due giorni, ormai. Così mi
sono fatto
ricoverare: pensavo succedesse qualcosa all’interno,
invece…le spirali di
plasma erano generate dai Judoon, dall’alto.”
“Ma cosa stanno cercando
esattamente?” domandò
Martha, cercando di farsi un quadro generale sulla faccenda. Voleva
poter
aiutare.
“Qualcuno che viaggi nel
tempo”.
“Come te” fece
Martha divertita, stando al
gioco. “A quanto pare.”
“Come
me…” concordò il Dottore, poi si
voltò a
guardarla e specificò: “ma non me. Un agente del
tempo disertore
probabilmente.”
“Sì, ma
perché lo cercano?”
“Non lo so”
sospirò lui senza smettere di
picchiettare sulla tastiera del computer.
“Qualunque cosa abbia
fatto…non puoi
semplicemente lasciare che i Judoon lo trovino?”
“Se giudicheranno
l’ospedale colpevole di
ospitare un fuggitivo, ne ordineranno
l’esecuzione.”
Martha strabuzzò gli
occhi. Cominciava a provare
un po’ di paura. Non che si sarebbe lasciata fermare da
questo. “Di tutti
quanti?” chiese.
“Proprio così.
Ma se riuscissi a trovarlo per
primo…oh ma quanto sono stupidi!” urlò
il Dottore quando tutti i dati che aveva
recuperato sul computer cominciarono a sparire. Alzò le
braccia al cielo in un
gesto esasperato. “Sono degli idioti! Completamente idioti!
Così idioti che
hanno cancellato gli archivi! Che furbizia!”
“Cosa stiamo
cercando?” si fece avanti Martha,
pronta ad aiutare come poteva.
Il Dottore si infilò le
mani tra i capelli. “Non
lo so. Un qualunque paziente ricoverato da poco con sintomi
strani….” Si lanciò
in avanti, verso il computer. “Magari trovo un
backup…” esclamò azionando
nuovamente il cacciavite sonico. Sentì a malapena Martha
dire “Continua a
cercare. Io vado a chiedere al dottor Stoker. Potrebbe saperne
qualcosa” e
uscire dalla stanza.
Ritornò pochi minuti
dopo, proprio quando era appena
riuscito a trovare il backup. Glielo disse ma lei lo
anticipò: “Marion Smith,
stanza 221. L’abbiamo visitata questa mattina: è
stata ricoverata due giorni fa
con inspiegabili ustioni al fianco sinistro!”
“Brillante!”
esclamò abbandonando il computer.
“Portamici subito.”
Raggiunsero la stanza 221 di corsa,
ma la
trovarono vuota.
“Dove può
essere andata?” chiese Martha
guardandosi intorno, in cerca di qualche indizio. La stanza era
deserta, non ci
aveva lasciato niente dentro. Solo la tv era accesa: stava andando in
onda un
vecchio cartone animato della Disney, con i tre porcellini che
cantavano insieme
facendo il girotondo ‘Chi ha paura del gran lupo
cattivo?’
Sovrappensiero, Martha
afferrò il telecomando e
la spense.
Il Dottore si trovava ancora sotto
lo stipite
della porta. Non aveva prestato attenzione a Martha o al programma in
televisione. Aveva lo sguardo fisso davanti a sé mentre
rifletteva.
Come poteva fare a trovare questo
agente del
tempo? Cominciò a fare avanti e indietro nel corridoio,
subito fuori dalla
stanza. Martha gli si avvicinò. “Allora, come
facciamo a trovare questo…”
“Agente del
tempo” finì il Dottore per lei,
senza fermarsi. “Non ne ho idea. Potrebbe essere
ovunque.”
Martha si appoggiò
contro lo stipite della porta
mentre lo osservava camminare avanti e indietro.
“E’ questo quello che fai?”
gli chiese.
Il Dottore rallentò,
alzò la testa per
guardarla. “In che senso?”
“Girovagare e decidere
all’improvviso di
investigare se qualcosa non quadra?”
“Che
c’è di male?”
“Tutto solo intendo? Non
hai un appoggio? Avrai
pure un compagno o qualcosa del genere.”
Il Dottore sospirò.
“Io…” cominciò, ma la voce
gli si bloccò in gola. Provò a deglutire un paio
di volte. “Umani!” sbuffò alla
fine. Sarebbe stato così, d’ora in poi? Ogni volta
che avrebbe parlato con un
essere umano per più di cinque minuti gli avrebbero chiesto
di Rose? “Siamo bloccati
sulla luna, senza ossigeno, con i Judoon e un agente del tempo
disertore e tu
fai domande personali?” le fece cenno di seguirlo.
“Andiamo! Dobbiamo riuscire
a trovarla.”
“Che permaloso”
si lamentò Martha seguendolo
lungo il corridoio. “‘Domante personali’.
Ero solo curiosa. Questa agente del
tempo poi! Non sono ancora del tutto convinta se devo crederti o no.
Com’è
possibile che si possa viaggiare nel tempo?”
Il Dottore girò
l’angolo, aprì la bocca per
parlare ma non fece in tempo di dire niente.
Un Judoon saltò fuori
dal nulla e lo
scannerizzò. “Viaggiatore nel tempo”
confermò. “Consegna il Manipolatore del
Vortice e non ti sarà fatto alcun male.”
“Oh mamma, è
possibile viaggiare nel tempo”
commentò Martha sbalordita.
“Eeeeee…corriamo
di nuovo!” urlò il Dottore
afferrandola per una mano e trascinandola via. Riuscirono a girare
l’angolo
appena in tempo per evitare di essere colpiti dai colpi di fucile dei
Judoon.
Riuscirono a seminarli per
miracolo. Martha
lasciò andare un respiro di sollievo ma il Dottore non si
fermò.
“Manipolatore…Manipolatore…”
borbottava tra sé e sé. “ Non vogliono
l’agente
del tempo ma il suo manipolatore! Perché? E se ha un
Manipolatore del Vortice,
perché non se n’è andata?”
Martha gli finì addosso quando il Dottore si
fermò di
colpo. “Lo hanno bloccato! Ma certo!” si
voltò verso la ragazza e la afferrò
per le spalle, continuando a parlare velocissimo. “Se
quest’agente è abbastanza
intelligente saprà che basta una piccola modifica al
processore per potersene
andare! Ma quegli idioti Judoon continueranno a cercare
finché l’aria non sarà
esaurita!” guardò a terra facendo schioccare la
lingua con disappunto. Non
aveva mancato di notare che ormai Martha stava ansimando pesantemente e
non
solo per la corsa. L’ossigeno stava finendo.
“Come stai? Tutto
bene?”
Martha forzò un sorriso.
“Corro sull’adrenalina.”
“Benvenuta nel mio
mondo” rispose il Dottore con
un’alzata di sopracciglia.
“E i Judoon?”
domandò Martha appoggiandosi
contro una parete.
“Hanno grandi riserve
polmonari. Non avranno
problemi.” E lui aveva il bypass respiratorio, per fortuna.
Ma doveva
sbrigarsi. “Dov’è il laboratorio delle
analisi?” volle sapere. Era l’unico
posto dove l’agente del tempo avrebbe trovato tutto quello
che le serviva per
modificare il Manipolatore.
Martha si allontanò
dalla parete. “Da questa
parte” cominciò ma in quel momento i Judoon
irruppero nel corridoio gridando “
Trovate il Manipolatore del Vortice! Recuperatelo!”
Il Dottore imprecò
silenziosamente e si rivolse
urgentemente a Martha. “Stai qui! Mi serve tempo,
trattienili! Dammi il tempo
di fermare l’agente e poi portali al laboratorio.”
“Come posso
fare?” esclamò la ragazza con una
punta di panico nella voce. Ma il Dottore non aveva tempo da perdere in
spiegazioni.
“Scusami per questo,
potrebbe salvare migliaia
di vite e non significa niente, davvero niente.” La
fissò negli occhi, pregando
che capisse. Non avrebbe mai più potuto significare
qualcosa. Con nessun’altro.
Non più.
Martha annuì. Il Dottore
sapeva che non aveva
capito, ma non aveva tempo e gli bastò. Le prese il viso tra
le mani e la
baciò.
Quando Martha riaprì gli
occhi, il Dottore se
n’era andato. “Quello era niente?” aveva
il respiro affannato e questa volta
non era a causa della mancanza d’ossigeno.
………¿DW?………
Riuscì a trovare il
laboratorio seguendo le
indicazioni sulle targhette che erano state affisse lungo i corridoi.
Entrò
senza far rumore. L’agente del tempo era seduta a uno dei
tavoli, gli dava le
spalle mentre insultava pesantemente quello che sembrava essere una
sorta di
prototipo per un cacciavite sonico. Indossava una giacca di pelle blu e
aveva
dei lunghi capelli biondi che le cadevano sulle spalle. Nel complesso
aveva un
aspetto tremendamente familiare ma non ci fece caso. Tutto per lui
aveva un
aspetto familiare a questo punto. Soprattutto quell’aspetto.
Fece un passo avanti. “Ha
visto, ci sono quei
cosi!” esclamò fingendo una voce spaventata.
“Quei…” e l’agente del tempo
si
girò. Il Dottore cercò di finire la frase, di
dire ‘quei grossi rinoceronti
spaziali’ ma la voce gli morì in gola.
Rose Tyler lo stava fissando
dall’altra parte
della stanza, con degli occhiali dalla grossa montatura nera sul naso.
Si alzò
in piedi di scatto, facendo cadere per terra il prototipo di cacciavite
sonico
e un vaso, che andò in frantumi. Si tolse gli occhiali con
mani tremanti e se
li mise in tasca. Lo guardò con il cuore che le batteva a
mille. Il labbro le
tremò prima che riuscisse a trovare la voce per parlare.
“D-Dottore?!” balbettò
insicura. Fino a quel momento non era stata sicura di essersi trovata
nell’universo giusto. Gli occhi le si riempirono di lacrime.
“Rose!”
urlò il Dottore e si corsero incontro.
Si abbracciarono stretti. Nessuno
dei due
sembrava voler lasciare andare l’altro. Il Dottore
affondò il viso nei suoi
capelli riacquisendo familiarità con il suo odore, con il
calore della sua
pelle, con il battito del suo cuore, con la forma del suo corpo. Lei
stava
facendo la stessa cosa.
Erano lì, insieme. Nello
stesso universo, nella
stessa stanza, e all’improvviso tutto sembrò
tornare al suo posto. Tutto aveva
di nuovo un senso. Tutto aveva di nuovo uno scopo.
Si separarono appena il necessario
per potersi
guardare negli occhi. Il Dottore le portò le mani al viso
per tenerla ferma,
per poterla osservare in ogni più piccolo dettaglio come non
aveva potuto fare
quel giorno sulla spiaggia. Le asciugò una lacrima,
accarezzandole una guancia
con il pollice. I loro visi erano così vicini che potevano
respirare uno l’aria
dell’altro.
Rose.
Rose. Rose. Era
l’unica cosa che riusciva a pensare la sua mente ma erano in
pericolo e si
costrinse a ragionare. “Com’è
possibile?” le chiese senza lasciarla andare.
“Sei tu l’agente del tempo che stanno
cercando?” Rose.
“Ero nell’altro
universo” cominciò a spiegare
Rose. Il Dottore la abbracciò con forza e la ragazza
appoggiò la testa sul suo
petto mentre continuava a parlare, ascoltando il doppio battito dei
suoi cuori.
“Un agente operativo per Torchwood. Mickey ed io eravamo in
missione sotto
copertura per la Proclamazione Ombra presso uno dei loro stabilimenti
scientifici” Rose sospirò, stringendo le braccia
intorno al busto del Dottore.
“Alcuni dei loro scienziati avevano scoperto che creando una
fessura nel
tessuto dell’universo, questa provoca una quantità
spropositata di energia, e
stavano programmando di vendere questa scoperta al miglior offerente.
Credevamo
di averli fermati in tempo ma la fessura uscì dal loro
controllo e si allargò”
Rose alzò lo sguardo per poter guardare il Dottore negli
occhi. “E l’ho capito
subito.”
“Che cosa?” il
Dottore non si mosse di un
millimetro.
“Che era un portale per
poter tornare da te”
rispose semplicemente Rose lasciando sbucare la lingua tra i denti con
quel
sorriso che il Dottore amava tanto. Ricambiò il suo sorriso.
Non ricordava
l’ultima volta che era stato così
felice…oh, ma chi prendeva in giro. Lo sapeva
benissimo. Era stato con lei, sempre quando era con lei.
“E poi?”
“E poi mi sono
risvegliata in una camera
blindata della Proclamazione Ombra di questo universo ma un Judoon mi
ha
scoperta e ha cominciato a spararmi contro. Ho afferrato un
Manipolatore del
Vortice e gli ho lanciato contro un paio di vasi. Purtroppo uno ho
finito per
portarmelo dietro! È quello che cercano, credo. Stavo
cercando di ripararlo per
poterglielo restituire ma il mio cacciavite sonico è solo
una porcheria!”
“Oh, Rose
Tyler” esclamò il Dottore che
sorrideva così tanto da avere male alla faccia. Le prese un
polso tra le dita,
il polso con il manipolatore attaccato, e lo alzò
all’altezza dei suoi occhi.
“Non è il vaso che stanno cercando ma
questo!”
Rose spalancò la bocca
esterrefatta. Tutta
quella fatica…per il manipolatore? “Dobbiamo
restituirglielo!”
Il Dottore la prese per mano e le
sorrise.
Finalmente tutto era di nuovo come doveva andare, con la mano di Rose
Tyler
stretta nella sua. “Andiamo!”
I Judoon entrarono nel laboratorio,
seguiti da
Martha Jones, prima che potessero fare un passo e puntarono le armi
verso Rose.
Martha doveva aver spiegato loro la situazione.
Subito il Dottore fece un passo di
lato e si
mise tra Rose e i Judoon. “Aspettate! Abbiamo il
manipolatore!”
“Consegnate il
Manipolatore o verrete
giustiziati” fu la risposta lapidaria del Judoon capo.
Il Dottore vide Martha perdere
conoscenza con la
coda dell’occhio, ma avrebbe avuto tempo per occuparsene
dopo. “Sì! Sì!
Sì!”
assicurò in fretta. Si giro verso Rose, tanto le spalle ai
Judoon ma restando
sempre tra lei e le loro armi. Sganciò le cinghie del
manipolatore e si
affrettò a porgerlo ai Judoon. “Secondo
l’emendamento 37 della Proclamazione
Ombra qualsiasi assicurazione di non utilizzo della violenza da parte
dei suoi
associati rappresenta legge e potrà non essere mantenuta
solo in caso di una
grave trasgressione da parte di terze parti”
farfugliò il Dottore a cento
miglia all’ora. “Vedete? Vi restituiamo il
Manipolatore! Nessuna legge
infranta! Prendete!”
Non ci sarebbe stato il bisogno di
dire niente
perché i Judoon si limitarono a prendere il manipolatore e
andarsene. “Prova
giudiziaria per il processo numero 22113. Recuperata.”
Rose e il Dottore aspettarono che
si
allontanassero prima di lanciarsi di nuovo uno nelle braccia
dell’altro.
Rimasero così per alcuni istanti, poi furono costretti a
lasciarsi andare.
Il Dottore si accucciò
accanto a Martha, svenuta
per la mancanza di ossigeno. Si stupì della resistenza che
stava dimostrando
Rose, ma forse, ipotizzò, l’aria nel Mondo di Pete
aveva una densità diversa e
si era abituata a respirare una diversa concentrazione di ossigeno.
Sollevò
Martha tra le braccia e uscì dal laboratorio, assicurandosi
che Rose fosse
accanto a lui.
“Chi
è?” gli chiese timidamente mentre
distendeva la ragazza su uno dei lettini vuoti dell’ospedale.
Appena ebbe di
nuovo le braccia libere riprese Rose per mano. Non l’avrebbe
lasciata andare
mai più. “Martha Jones” rispose.
“Mi stava aiutando.”
Rose utilizzò la mano
libera per spostarsi una
ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“E…viaggia con te?”
“Rose” fece il
Dottore commosso. La tirò verso
di sé per poterla abbracciare ancora una volta.
“Non c’è stato nessun altro.”
Restarono di nuovo così,
non c’era davvero
nessun altro posto dove volessero essere, davanti a una delle grandi
finestre
dell’ospedale. Rose cominciava ad avere il respiro un
po’ affannato.
“Bypass
respiratorio” gli fece con un risolino.
Spostò di nuovo la testa contro il suo petto.
Sospirò. “Che invidia.”
Lui strofinò il viso
contro i suoi capelli. Non
riusciva a crederci di avere davvero Rose tra le braccia. Erano di
nuovo
insieme. Aveva avuto il suo miracolo. “Guarda” le
disse. “Piove sulla Luna”.
………¿DW?………
La prima cosa che Martha fece,
quando riacquistò
conoscenza, fu uscire da quell’ospedale ma non
andò molto lontano. Dei
paramedici la bloccarono e la fecero sedere sul retro di
un’ambulanza con una
bombola di ossigeno, come tutti gli altri. Martha conosceva bene le
conseguenze
di carenza di ossigeno e non si oppose. Anche quando ritenne di averne
avuto
abbastanza, rimase seduta lì, a fissare nel vuoto. A pensare
a cos’era
successo. L’ultima cosa che ricordava era di aver portato i
Judoon nel
laboratorio per le analisi e il Dottore che parlava con
l’agente del tempo.
“Martha!” disse
qualcuno distogliendola dai suoi
pensieri.
Martha balzò in piedi e
corse ad abbracciare la
sorella.
“Oh mio Dio, credevo che
fossi morta! Cos’è
successo? E’ stato stranissimo!” Trish
continuò a parlare dell’accaduto, di
quello che aveva cercato di fare la polizia, della loro mamma. Martha
però non
stava ascoltando. Vide il Dottore, dall’altra parte della
strada: camminava
mano nella mano con quell’agente del tempo bionda. Insieme
entrarono in una
vecchia cabina della polizia. Decise di andare a salutarli: si
girò verso Trish
per dirglielo ma quando voltò di nuovo la testa la cabina
della polizia era
sparita… e così il Dottore e l’agente
del tempo.
………¿DW?………
Il Dottore, nel TARDIS, con Rose
Tyler: proprio
come dovrebbe essere.
Si chiusero la porta alle spalle e
il Dottore
non le lasciò andare la mano nemmeno quando
cominciò ad azionare i comandi del
TARDIS per spedirla nel Vortice.
Rose lo osservò in
silenzio, un sorriso felice
che le aleggiava sulle labbra. Si sedette sul sedile del capitano per
non
dargli fastidio mentre pilotava. Corrugò le sopracciglia: si
era seduta sopra a
qualcosa. Usò la mano libera per controllare e si
ritrovò a stringere la sua
camicetta rosa, quella che aveva indossato su Nuova Terra, quella che
aveva
lasciato sulla poltrona nella sua stanza, e una confezione di aspirine.
Gli
occhi le si riempirono di lacrime davanti alle implicazioni di
ciò che teneva
in mano. Oh, Dottore…
pensò con una
fitta al cuore.
Lo tirò verso di
sé e gli abbracciò la schiena,
nascondendo il viso nella sua giacca blu. Lui si girò per
poterla circondare a
sua volta con le braccia e rimasero così, semplicemente.
Erano di nuovo così
vicini, solo pochi
centimetri l’uno dall’altro. Il respiro di entrambi
era pesante, carico di
aspettativa. Il Dottore non riuscì a impedirsi di abbassare
lo sguardo sulle
labbra di Rose.
I cuori gli cominciarono a battere
sempre più
forte nel petto mentre cercava di prendere la decisione giusta per
entrambi. Si
chinò in avanti, esitante. Ancora un centimetro e le loro
labbra si sarebbero
sfiorate. Vide quelle di Rose dischiudersi delicatamente, poteva
sentire il suo
respiro sulla pelle, ma alla fine si limitò a sospirare e ad
appoggiare la
fronte contro quella di Rose.
La ragazza lasciò andare
un sospiro. Chiuse gli
occhi, cercando di nascondere il disappunto. “Quanto tempo
è passato per te?”
gli chiese accarezzandogli il viso con la punta delle dita.
“Sei mesi, due giorni
fa” fu la risposta. “Tu?”
Rose riaprì gli occhi e
lo guardò. “Due anni”
rispose mentre la bocca le si incurvava in un sorriso triste.
“Oh, Rose…mi
dispiace. Mi dispiace tanto.”
Rose si separò la lui,
appoggiando di nuovo la
schiena contro il sedile su cui era ancora seduta, ma mantenne le
braccia connesse
con le sue, con le mani strette intorno si suoi avambracci.
“No, a me dispiace.
Se solo non avessi lasciato andare quella stupida
leva…” si morse un labbro
ripensando a quel giorno, i suoi occhi guardavano un punto distante
alle sue
spalle. Poi gli sorrise e tornò a guardare solo lui.
“Ma sono qui adesso.”
Il Dottore ricambiò il
sorriso, era sicuro che
niente avrebbe più potuto farlo smettere di sorridere.
“Per quanto tempo?”
Rose rise. Stringendo con forza le
mani intorno
ai suoi avambracci. “Per sempre” promise.
NDA: E dan dan dan! Nuovo
capitolo…mooolto più
in anticipo del previsto! xD Ma dal momento che dovevo comunque
aggiornare la
storia su Final Fantasy ho pensato di aggiornare anche questa!
Non ho molto da dire su questo capitolo se non “hurray
si sono ritrovati”. Sto pensando a qualche considerazione che
potrei fare ma
non mi viene in mente niente…se non magari che mi rendo
conto che l’inizio, con
Rose e Mickey in missione sia un po’ affrettato
ma…seriamente avrei potuto
renderlo un capitolo a parte con una storia di sei pagine e non sarebbe
fregato
niente a nessuno…quindi ci accontentiamo di quella parte ai
fini della storia! Spero
vi sia piaciuto il modo in cui la presenza di Rose ha stravolto il
capitolo! Se
vi chiedete che fine ha fatto il plasmivoro...vedendo che
l’ospedale era già
sotto controllo ha cercato di fuggire su un altro pianeta ed
è stata catturata
durante lo spostamento. Tié. Meno morti per noi! <3
Alla prossima! Nonostante
questo capitolo intermedio, credo comunque che pubblicherò
il prossimo lunedì! Un
bacio a tutti…e commentante pigroni!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 4 *** La faccia di un vecchio amico ***
Capitolo
Tre: La Faccia di un Vecchio Amico
I've been
thinkin' 'bout all the times you told me
You're so full of doubt, you just can't let it be
But I know, if you keep comin' back for more
Then I'll keep on tryin', I'll keep on tryin'
And I feel so
satisfied when I can see you smile
I want to confide in all that is true
So I'll keep on tryin', I'm through with lyin'
Just like the
sun above I'll come shinin', through
Oh yes, I'll keep on tryin', I'm tired of cryin'
I got to find a way to get on home to you
(Keep on
Tryin’ – Poco)
Quanto tempo era passato da quando
si erano
chiusi la porta del TARDIS alle spalle? Per quanto tempo erano rimasti
avvinghiati l’uno all’altro così, come
se il solo fatto di staccarsi potesse
far svanire l’altro nel nulla?
Rose aveva appoggiato la testa
contro il suo
petto, amava poter sentire i suoi cuori che battevano velocissimi
contro il suo
orecchio, per poi cominciare pian piano a rallentare: più
tempo passavano in
quella posizione e più anche le braccia che la stringevano
cominciavano a
rilassarsi.
Il Dottore affondò il
viso nei suoi capelli,
sembrava essersi molto affezionato a quella posizione. In questo modo
poteva
sentire il profumo di Rose, il suo respiro contro la pelle. Per un
momento,
pensò che si trattasse tutto di un sogno:
l’ennesimo, crudele sogno che
l’avrebbe lasciato distrutto, lacerato, quando si fosse
svegliato. Dopotutto,
non è che non gli capitasse di sognare Rose ogni volta che
chiudeva gli occhi.
A quel pensiero la strinse più forte a sé, come
se potesse inglobarla in tutto
il suo essere e non lasciarla andare mai più. Allora, Rose
ricambiò la stretta,
il Dottore aprì gli occhi e fu finalmente sicuro che non si
trattava di un
sogno.
Pur continuando a tenerla stretta,
lasciò andare
un sospiro di sollievo e si rilassò.
“Come sei
stato?” gli chiese Rose senza
muoversi.
La risposta “Bene. Sto
sempre bene io” gli morì
in gola. “Da solo.”
Si separarono quel tanto che
bastava per potersi
guardare negli occhi. Quelli di Rose erano umidi di lacrime. Si
fissarono e il
Dottore provò di nuovo l’impulso di chinarsi e
baciarla. Anche lei lo voleva,
glielo poteva leggere nello sguardo.
Come poco prima,
cominciò ad abbassarsi verso di
lei. Voleva farlo, stava per farlo, ma di nuovo qualcosa lo
fermò e questa
volta capì anche che cos’era. Si separarono del
tutto, pur rimanendo mano nella
mano.
Il Dottore distolse lo sguardo.
“Dunque” le
disse, non riusciva a guardarla negli occhi. Vedere la sua espressione
confusa
e ferita e sapere che era stato lui a provocarla. Si sentì i
cuori stretti in
una morsa ma si costrinse a continuare. “Potremmo andare da
qualche parte. Che
ne dici?”
Rose sospirò e si
stampò un sorriso sulla
faccia, sincero anche se non del tutto genuino: dopotutto era di nuovo
con il
Dottore e non c’era niente di meglio che potesse chiedere.
“Qualche posto senza guai
magari?” gli sorride.
“Un posto che sappiamo sia tranquillo ormai?”
Il Dottore le strinse la mano e si
avvicinò alla
console per impostare le coordinate. Il TARDIS tremò
violentemente e Rose fu sbilanciata in
avanti, perdendo l’equilibrio. Il Dottore si
lanciò verso di lei e la afferrò prima
che potesse cadere per terra. Rose si sorresse su di lui, con le mani
sulle sue
spalle. “Ciao” gli sorrise.
“Ciao” rispose
lui, felice. Tutto era di nuovo
come doveva essere.
Atterrarono. Rose corse avanti,
spalancò le
porte del TARDIS e si affrettò fuori. Erano atterrati in un
vicolo e pioveva a
catinelle. Rose scoppiò a ridere mentre il Dottore si
toglieva il cappotto e lo
teneva aperto sopra le loro teste per proteggerli dalla pioggia. Rose
gli si
strinse contro.
“Beh”
continuò a ridere. “Un po’ di pioggia
non
ha mai fatto male a nessuno! Dove siamo?”
“Beh, ma a Nuova nuova
nuova nuova nuova nuova
nuova nuova nuova nuova nuova nuova nuova nuova nuova New
York!” le rispose il
Dottore con un sorriso smagliante mentre correvano a rifugiarsi sotto
una tettoia.
“Cara vecchia Nuova New
York! E’ un po’ diversa
dall’ultima volta!” si lamentò lei senza
smettere di ridere. Trovava la
situazione esilarante, intossicante. Stava di nuovo viaggiando con il
Dottore,
una cosa che non avrebbe creduto di poter fare mai più.
Certo, c’erano gli
studi per il cannone dimensionale…ma gli unici che ci
avevano potuto lavorare
erano stati lei e un piccolo manipolo di scienziati che avevano
accettato di
aiutarla. I lavori erano andati decisamente a rilento. Dopotutto non
c’era nessun
motivo per il quale Torchwood avrebbe dovuto impiegare tempo e risorse
per un
progetto il cui unico scopo era quello di ‘soddisfare i
capricci dell’erede
dell’impresa Vitex’.
Non aveva più importanza
ora: erano di nuovo
insieme ed era così felice che sentiva che il cuore avrebbe
potuto scoppiarle
nel petto da un momento all’altro.
“Aspetta, diamo
un’occhiata” disse il Dottore in
risposta a ciò che gli aveva detto un momento prima. Prese
il cacciavite sonico
e lo puntò contro uno schermo disattivo che subito si
accese. Comparve
l’immagine di una donna, tale Sally Calypso, con quelle che
sembravano notizie
sul traffico, poi un’immagine del promontorio dove erano
atterrati la prima
volta.
“Il primo appuntamento
con questo te stesso”
scherzò Rose pungolandogli un fianco con il gomito.
Il Dottore non riuscì a
reprimere un sorriso.
“Questi devono essere i bassifondi” dedusse.
“Alla base della torre, una specie
di Città Sotterranea.”
“Dovremmo andare a
esplorare!” propose Rose con
gli occhi che le brillavano. “Sta anche smettendo di
piovere.”
Il Dottore la prese per mano.
“E’ così che mi
piaci Rose.” Cominciarono a camminare per le vie deserte.
“Molto più
interessante” concordò lei
prendendolo sottobraccio. Stavano velocemente ritrovando la vecchia
alchimia che
c’era sempre stata tra loro.
“Viaggiare con
te…mi è mancato tantissimo” gli
sorrise.
Il Dottore voltò la
testa verso di lei,
guardandola con un’espressione felice, finalmente.
“Anche a me. Non…non ho
viaggiato molto…da quando te ne sei andata” le
confessò. “Un paio di incidenti
di percorso magari, ma mai viaggi veri e propri. Una volta, nel TARDIS,
mi è
comparsa una sposa dai capelli rossi che strillava come una banshee. Ti
sarebbe
piaciuta!”
“Oh, non lo
dubito” commentò Rose passandogli
una mano sulla manica del completo blu. “Hai avuto tempo di
fare shopping però”
lo prese in giro.
“Si era
fatto…difficile continuare a indossare quel
completo marrone” sospirò il Dottore passandosi
una mano nei capelli.
“Dovresti rimetterlo.
Adoro come ti sta.”
Il Dottore si chinò
leggermente su di lei.
“Rose” disse, ma proprio in quel momento le
bancarelle che costellavano la
strada e che non avevano notato cominciarono ad aprirsi e le urla dei
commercianti riempirono il silenzio. Il Dottore non finì mai
quello che aveva
cominciato a dire.
“Felicità,
volte della Felicità? Felicità!”
“Clienti! Clienti!
Abbiamo dei clienti!”
“Non date loro
ascolto” continuò il primo
rivenditore. “Vi deruberanno. Volete della
Felicità?”
Il Dottore strinse con forza la
mano di Rose
nella sua, tirandola più vicino a sé con fare
protettivo. Aveva già tutta la
felicità che potesse desiderare. “No,
grazie” rispose senza la minima traccia
di gratitudine, poggiando un leggero bacio sui capelli di Rose.
“Ma cosa
vendono?” gli chiese perplessa. “Droga?”
“Credo che vendano stati
d’animo” le rispose
senza lasciarla andare.
Rose lasciò uscire
l’aria dal naso in uno
sbuffo. “E non è la stessa cosa?”
Fu la prima tra di loro a notare
una ragazza che
si stava avvicinando. Aveva un aspetto terribile, smunto, quasi malato,
e
vestiva tutta di nero, come se fosse in lutto.
“Da questa parte,
tesoro!” “Voi, da questa
parte, da questa parte!” cominciarono a chiamarla i
commercianti non appena la
videro.
“Vieni qua,
sì” disse una delle donne che
vendevano stati d’animo quando la ragazza la
approcciò. “Cosa posso darti, mia
cara?”
“Voglio comprare
Oblio” fu l’arida risposta.
“Ho dell’Oblio,
tesoro. Quanto forte? Quanto
vuoi dimenticare?”
La ragazza riusciva a malapena ad
alzare lo
sguardo per guardare la donna negli occhi. “Mia madre e mio
padre. Sono andati
sull’Autostrada.”
“Oh, che
disdetta” rispose la rivenditrice, come
se quello che le aveva appena detto la ragazza avesse un qualche senso
che Rose
e il Dottore non erano in grado di cogliere. La donna prese un oggetto
e lo
porse alla ragazza. “Prova questo…Oblio 43. Sono
due crediti.”
Il Dottore si avvicinò
alla ragazza, sempre
stringendo la mano di Rose fermamente nella sua. “Scusi
ma…aspetti un attimo.
Cos’è successo ai suoi genitori?”
“Sono andati
sull’Autostrada” rispose la ragazza spostando su di
loro i suoi occhi spenti.
Non riuscivano davvero a
capire di cosa stesse parlando questa gente. “Già,
ma…potrebbero tornare”
suggerì il Dottore con cautela.
“Tutti vanno
sull’Autostrada, alla fine. Li ho perduti ormai”
ormai la ragazza era sull’orlo
delle lacrime.
“Ma non possono essere
andati lontano, potrebbe ritrovarli!” cercò di
convincerla il Dottore.
La ragazza per un attimo
lo guardò come se avesse detto la cosa più
stupida del mondo, poi decise che la
conversazione era finita e si appiccicò sul collo qualunque
cosa gli avesse
dato la rivenditrice.
“No, no, non lo
faccia”
cercò di fermarla il Dottore, ma ormai era fatta.
L’espressione sul viso della
ragazza cambiò, si distese, si rilassò ma i suoi
occhi, notò Rose, continuavano
ad apparire spenti e senza vita.
“Scusi, cosa stava
dicendo?”
“I suoi genitori: sua
madre e suo padre…sono andati
sull’Autostrada.”
La voce della ragazza
suonò strana quando rispose. Li guardò senza
nessun segno di riconoscimento.
“Davvero? Che bella cosa.”
Rose strabuzzò gli
occhi. Non poteva essere giusto.
“Mi scusi, non la voglio
trattenere” fece la ragazza prima di allontanarsi.
“Dottore, cosa sta
succedendo qui?” domandò Rose con una punta di
allarme nella voce.
Il Dottore non sapeva cosa
rispondere, stava ancora cercando di capire mentre accarezzava
distrattamente il
dorso della mano di Rose con il pollice. In quell’istante due
ragazzi saltarono
fuori dai vapori. Il ragazzo afferrò Rose per un braccio per
trascinarla via ma
il Dottore la strattonò istintivamente verso di
sé e l’ebbe di nuovo tra le
braccia, incurante della ragazza che puntava loro contro una pistola.
Non aveva
nessuna intenzione di perderla di nuovo.
“Lasciatela
stare” urlò
loro contro minaccioso, la Tempesta Imminente che si manifestava nei
suoi
occhi. I due ragazzi si immobilizzarono sotto l’ira presente
nel suo sguardo.
Si ripresero dopo un secondo e puntarono di nuovo le pistole contro di
loro cominciando ad
avvicinarsi. “Ci
dispiace” stavano urlando. “Ma ce ne servono
tre!”
Il Dottore si spostò
davanti a Rose, ponendosi tra lei e le armi da fuoco, che
però sembrava
incredibilmente tranquilla.
“Dottore, quelle pistole
sono finte” dichiarò con voce ferma, abbastanza
alta da poter essere sentita da
tutti i presenti.
Sia il Dottore sia i due
ragazzi rimasero molto stupiti davanti a questa dichiarazione, allora
il
Dottore tese le mani in avanti, abbandonando il tono minaccioso e li
pregò di
calmarsi e di spiegarsi. “Non chiameremo la
polizia” promise. “Vi possiamo aiutare
se ci aiutate a capire cosa sta succedendo.”
I due ragazzi si
guardarono, lui fu il primo ad abbassare la pistola.
“Ecco, bravi”
disse il
Dottore in tono rassicurante, prendendole e mettendole via, lontano da
loro,
tanto per sicurezza. Fece cenno verso delle casse di legno abbandonate
in un
angolo. “Se ora vi sedete qui…”
I ragazzi si calmarono e
fecero come era stato detto loro. Lei si spinse una ciocca dietro
l’orecchio,
imbarazzata. Qualcuno doveva cominciare a parlare.
“Io sono Rose Tyler e
lui è il Dottore” fece Rose porgendo loro la mano.
Fu la ragazza a farsi
avanti. “Io sono Cheen e questo è Milo”
fece una pausa. “Ci dispiace davvero
moltissimo, lo giuro.”
“Sì, ma cosa
volevate
fare?” volle sapere il Dottore.
“Ci serviva
un’altra
persona per poter accedere alla Corsia Preferenziale”
spiegò Cheen con
vergogna. “L’avremmo rilasciata appena
arrivati.”
“Ma davvero?”
commentò
Rose appoggiandosi contro il Dottore, che le circondò la
vita con un braccio.
“Sono incinta”
continuò
Cheen. “L’abbiamo scoperto da una settimana.
Utilizzando la corsia
preferenziale saremmo arrivati a Brooklyn in appena sei anni. Dicono
che c’è
lavoro lì!”
“Continuavate a ripetere
‘ce ne servono tre’. E’ per la Corsia
Preferenziale che…?” il Dottore si
bloccò
a metà della frase. “Sei anni per arrivare a
Brooklyn? Quanto saranno…sedici
chilometri?”
“Saremmo arrivati giusto
in tempo per far andare il bambino a scuola…”
sospirò Cheen rassegnata.
Rose e il Dottore
scambiarono uno sguardo perplesso. Cosa stava succedendo su questo
pianeta?
“Dottore!”
urlò una voce
alle loro spalle. Si girarono e videro una suora gatta correre verso di
loro
con una pistola tra le mani, e quella era vera.
“Rose!” esclamò una volta che
li ebbe raggiunti. “Dottore, devi venire con me.”
Il Dottore la guardò
perplesso.
“Ci conosciamo?”
“E’ novizia
Hame” lo
informò Rose a denti stretti. “Sei di nuovo
maleducato.”
Novizia Hame sorrise,
non se l’era presa a male. “Non sei invecchiato per
niente” lanciò un’occhiata
verso Rose che capì cosa stava pensando la suora-gatta: non
poteva dire la
stessa cosa per lei, erano passati tre anni dall’ultima volta
che si erano
viste dopotutto. Sorrise. “Il tempo non è stato
così gentile con me.”
Il Dottore
l’abbracciò
per darle un po’ di conforto. “Oh, Novizia
Hame!” poi ci ripensò. “No! Aspetta,
sta lontana! L’ultima volta che ci siamo visti allevavi umani
per esperimenti!”
“Ho cercato il perdono,
Dottore…per così tanti anni…sotto la
sua guida. E se vieni con me, potrò
finalmente riscattarmi.”
“No, aspetta”
la bloccò
Rose. “Sotto la guida di chi?”
“La Faccia di
Boe” fu la
quieta risposta di Novizia Hame. “E’ stato lui a
mandarmi da voi.”
“Ottimo. Andiamo da lui,
così forse saremo in grado di capire che cosa sta succedendo
in questa città!”
esclamò il Dottore schioccando la lingua. Prese Rose per
mano pronto a seguire
la gatta dalla Faccia di Boe. “Voi due! Restate qui: non
andate
sull’Autostrada! Risolveremo tutto!”
esclamò rivolto a Cheen e Milo. “E
ora…”
girò su se stesso e corse di nuovo verso le bancarelle con i
rivenditori di
stati d’animo insieme a Rose, seguito da Novizia Hame che
cercava di farli
affrettare. “Per favore, Dottore, la situazione è
peggiore di quanto tu possa
immaginare!”
Rose la ignorò mentre
correva fianco a fianco col Dottore. Il Signore del Tempo
cominciò a battere
con forza un pugno contro le bancarelle, che in loro assenza si erano
di nuovo
chiuse.
“Non immaginavo che
sareste tornati!” esclamò la rivenditrice che
aveva venduto Oblio alla prima
ragazza. “Volete un po’ di Amore?” chiese
tutta sorridente.
“Io faccio splendidi
sconti” urlò loro il primo rivenditore che avevano
visto. “Venite da me a
comprare l’ultimo versione di Amore 14!”
“Non vogliamo comprare
niente” esclamò Rose indignata. Nemmeno quando
aveva lasciato la scuola si era
mai sognata di prendere delle droghe, certo non avrebbe cominciato
adesso.
“Un piccolo consiglio,
per tutti voi…” cominciò il Dottore
mostrando i denti. “Raccogliete i soldi,
chiudete tutto e fate i bagagli”.
I rivenditori smisero di
sorridere. “E perché mai?”
“Perché non
appena
risolveremo questa situazione, e noi risolveremo questa situazione,
torneremo
qui. E questa strada chiuderà. Stasera!”
urlò rivelando per la seconda volta la
sua voce profonda e minacciosa da Tempesta Imminente. Rose gli
accarezzò un
braccio senza proferire parola, era felice che fosse lì per
impedire che
continuassero a vendere quelle droghe.
Finalmente i due si
voltarono verso Novizia Hame, pronti a seguirla. Lei li
afferrò per le braccia
e attivò un bracciale per il teletrasporto.
………¿DW?………
“Oh” si
lamentò Rose. Le
era venuto un mal di testa terribile e il Dottore le era atterrato
sopra: per
essere così magro era decisamente pesante. “Che
teletrasporto rozzo” commentò
il Dottore aprendo gli occhi e trovandosi a pochi millimetri dal viso
di Rose
Tyler. Se non fosse impossibile per i Signori del Tempo arrossire (o
così
diceva lui), Rose avrebbe giurato che il Dottore era appena arrossito.
“Ciao” gli
disse con un ghigno,
senza avere nessuna intenzione di muoversi. Non si stava poi
così male in
quella posizione.
“Ehm…ciao”
rispose il
Dottore balzando in piedi e prendendole le mani per aiutarla ad
alzarsi. “Tutto
a posto?” le chiese abbracciandola.
“Sì”
lo assicurò. “Dove
siamo?”
Rispose Novizia Hame.
“Siamo sopra, nella Città Alta.”
“Bene! Così
puoi dire al
Senato di Nuova New York che vorrei parlare con loro!
C’è qualcosa che non va
in quell’Autostrada, le persone vengono rapite per poter
accedere a una
fantomatica Corsia Preferenziale e si impiega sei anni per percorrere
sedici
chilometri!”
“Ma siamo già
nel
Senato! Proprio ora.” Il Dottore la guardò
allibito. Novizia Hame premette un
altro pulsante sul suo bracciale e tutta la stanza si
illuminò. “Che la Dea
Santori li benedica.”
Rose rabbrividì e si
strinse più vicina al Dottore. Sì, quello era il
Senato, ma era deserto. Di
tutte le persone che erano state lì erano rimasti solo i
loro scheletri. Non
c’era più nessuno di vivo.
“Cos’è successo?”
La voce di Novizia Hame
riecheggiò per la stanza deserta. “Sono tutti
morti. La città è morta.”
Il Dottore fece alcuni
passi in avanti, per osservare meglio, stringendo Rose tra le braccia
cercando
di consolarla. La sua Rose, sempre pronta a soffrire per gli altri.
“Da quanto
tempo è così?”
“Ventiquattro
anni.”
Il Dottore si accucciò
vicino a uno degli scheletri. Si voltò verso Rose.
“Preferisci non guardare?”
Rose si strinse nelle
spalle. “Sono morti. Che li guardi o meno non fa nessuna
differenza” la ragazza
sospirò e si rivolse alla gatta. “Sono morti
tutti? Cos’è successo?”
La voce di Novizia Hame
diventò dura mentre ricordava. “Un nuovo composto
chimico, un nuovo ‘stato
d’animo’. L’hanno chiamato
‘Beatitudine’. L’hanno provato tutti, non
riuscivano
a smettere.”
Il Dottore osservò
Novizia Hame accucciarsi a sua volta e staccare uno di quei cerotti da
uno scheletro.
Era piccolo, come gli altri, ricoperto di polvere. Non importava quanti
millenni passassero, quante tecnologia scoprissero, in che modo si
evolvessero…alla fine la razza umana si rivolgeva sempre
alle stesse cose.
“All’interno
del
composto, un virus è mutato e poi si è diffuso
nell’aria. Ogni cosa è
morta…anche il virus, alla fine. Ha ucciso il mondo in sette
minuti esatti.”
Rose chiuse gli occhi
per un attimo, era così terribile quello che era successo.
Non era nemmeno in
grado di immaginare come doveva essere stato. “Come hanno
fatto a sopravvivere
quelle persone?” chiese in un mezzo sussurro. Strinse la mano
del Dottore che
le stava di nuovo accarezzando il dorso della mano col pollice, trasse
conforto
da quel piccolo gesto domandandosi se lui fosse consapevole di quello
che stava
facendo.
“C’era rimasto
solo il
tempo per chiudere i passaggi pedonali e le sopraelevate, isolando
così la
Città Sotterranea. Ormai sono milioni le persone in
quell’Autostrada. Ma non
sono intrappolate, Dottore. Non sono perdute: sono state
salvate.”
“Quindi…tutto
là sotto
sta girando in automatico?” realizzò il Dottore,
alzandosi in piedi.
“Non
c’è abbastanza
energia per tirarli fuori. Ci abbiamo provato. Ci stiamo provando da
così tanto
tempo. Abbiamo fatto tutto il possibile per impedire al sistema di
collassare.”
“Quando dici
‘noi’”
ipotizzò Rose. “Stai parlando della Faccia di Boe,
vero?”
Novizia Hame annuì.
“E’
stato lui a salvarmi. Mi ha protetto dal virus coprendomi col suo fumo.
Vi ha
aspettato per tutti questi anni…”
Rose. Dottore.
Parlò
una voce profonda nelle loro menti. Una voce gentile e antica.
Il Dottore voltò la
testa e seguì la traccia psichica. Girarono intorno a dei
drappeggi e lo
videro. Sapevo che sareste arrivati.
Rose si coprì la bocca
con una mano. Era collegato a tantissimi cavi e macchinari…
Sembrava così
stanco.
Il Dottore dette una
leggera stretta alla mano di Rose, prima di lasciarla andare, e si
accucciò
davanti alla Faccia di Boe.
“All’epoca sono
stata
nominata sua infermiera” spiegò Novizia Hame,
“come penitenza per i miei
peccati.”
“Vecchio amico”
sussurrò
il Dottore. “Cosa ti è successo?”
Sto
cedendo.
Rose si avvicinò e si
accucciò accanto a lui, rimanendo in silenzio.
Appoggiò il palmo della mano
contro il vetro che conteneva la Faccia.
“Senza nessuno che la
mantenesse, l’energia si è spenta” disse
Novizia Hame rimanendo alle loro
spalle. “La Città Sotterranea sarebbe stata
inghiottita dal mare.”
Rose fece un sorriso
triste. “Sei stato tu a salvarli.”
Il Dottore osservò i
cavi collegati alla Faccia di Boe. “Si è inserito
nel mainframe” realizzò.
“Sta usando la sua forza
vitale solo per mantenere attivo il sistema” annuì
Novizia Hame.
“Ma ci sono altri
pianeti là fuori, avreste potuto chiedere aiuto.”
Il Dottore sollevò una mano
per appoggiarla contro il vetro, come aveva fatto Rose.
Novizia Hame chiuse gli
occhi, addolorata. “L’ultimo atto del Senato
è stato dichiarare la Nuova Terra
pericolosa. La quarantena automatica dura cento anni.”
Il Dottore si voltò di
nuovo verso la Faccia di Boe e calò il silenzio per alcuni
secondi. L’ultimo
suono che si poteva sentire era il respiro arrancato della Faccia.
Rose si alzò in piedi e
andò ad abbracciare la gatta. “Siete rimasti da
soli” le disse commossa e
dispiaciuta. “Qui, da soli, per tutti questi anni.”
Il Dottore levò lo
sguardo su di loro, mentre Novizia Hame rispondeva
all’abbraccio. Rose capiva
la loro solitudine, come poteva il Dottore. Oh, cosa li aveva resi
l’universo?
“Non avevamo
scelta” fu
l’unica risposta di Hame mentre si scioglieva
dall’abbraccio.
Il Dottore si avvicinò a
quell’eroina solitaria, circondò Rose con un
braccio stringendola a sé e con
l’altro strinse la gatta su una spalla.
“Sì, invece” le disse e fu tutto
ciò
che Novizia Hame aveva bisogno di sentire. Lo guardò con
gratitudine.
Salvali,
Dottore. Implorò
la Faccia di Boe. Salvali!
Il Dottore si accorse
che Rose lo stava guardando con un sorriso triste. “So che
puoi farlo” gli
disse.
“Molto bene”
esclamò il
Signore del Tempo sfregandosi le mani, pronto a mettersi
all’opera. Balzò
vicino a uno schermo, lo attivò con il cacciavite sonico e
strabuzzò gli occhi.
“Ci sono dei Macra laggiù! Ci sono i Macra
nell’Autostrada! Ok, non è il
momento di farsi prendere dal panico.”
Afferrò un paio di cavi,
si sedette accanto al grande macchinario in fondo alla stanza e
cominciò a
collegarli. “Devo poterli connettere tra loro. Mi servono
delle guarnizioni!”
domandò senza alzare gli occhi dai cavi con cui stava
trafficando.
“Vado io” si
fece avanti
Rose. Non voleva restare con le mani in mano a guardare, voleva poter
potersi
rendere utile.
Il Dottore alzò lo
sguardo su di lei, non voleva che si allontanasse dalla sua vista e
Rose lo
sapeva, lo capiva. Gli si inginocchiò accanto e gli mise una
mano sulla
guancia. Il Dottore si appoggiò contro il palmo aperto.
“Sono stata un’agente
Torchwood negli ultimi due anni. So prendermi cura di me stessa.
È difficile
anche per me ma dobbiamo imparare di nuovo ad abbassare un
po’ la guardia” gli
sorrise incoraggiante. “Tutti e due.”
Il Dottore la guardò
ancora per alcuni istanti e alzò una mano per coprire quella
di Rose. “Hai
ragione…ma porta con te Novizia Hame…per
favore.”
“Va bene”
acconsentì
Rose alzandosi in piedi. Sorrise alla gatta e insieme uscirono dalla
stanza e
il Dottore sospirò guardandola allontanarsi.
Era
più facile amarla quando era lontana, vero Dottore? disse la Faccia di Boe
non appena le due sparirono dalla loro vista.
Il Dottore si passò una
mano sugli occhi prima di rimettersi a lavorare con i cavi.
“So che un giorno
la perderò” spiegò alla Faccia.
“Lo so e nonostante questo non la allontanerò
mai più, non potrei farlo. Ma non posso nemmeno oltrepassare
quell’ultima
barriera che ancora ci divide perché lei
invecchierà mentre io rimarrò giovane.
Sono un Signore del Tempo, il mio aspetto cambia solo quando mi
rigenero” alzò
un attimo lo sguardo sulla Faccia di Boe prima di abbassarli di nuovo
sui cavi.
“Sai, a volte già succede…quando
camminiamo insieme per le strade di un
mercato, tenendoci per mano…già ci scambiano per
una coppia, a me e Rose.” Non
vide la Faccia di Boe sorridere alle sue parole. “Cosa
succederà quando
cominceranno a scambiarci per madre e figlio? O quando la scambieranno
per mia
nonna? Ho paura che finirebbe per odiarmi per questo e non potrei
sopportarlo.”
Lei non
lo farebbe.
“Questo non lo puoi
sapere” scattò il Dottore sentendo
l’amaro in bocca.
Rose e Novizia Hame
tornarono. Il Dottore balzò in piedi e afferrò le
guarnizioni. Velocemente le
fisso in cinque differenti punti chiave. Lanciò un fascio di
cavi a Novizia
Hame. “Tienili in posizione!” Si spostò
attraverso la stanza, verso un altro
fascio di cavi, parlando tra sé e sé a mezza
voce. “Raccogliere l’energia
residua, invertirla, alimentarla con i cavi elettrici. Rose aziona
quell’interruttore!” Rose sobbalzò e
obbedì.
“Non
c’è più energia!”
urlò Novizia Hame da dove era stata lasciata.
“Oh,
c’è l’energia! Ci
sono io!” rispose arditamente il Dottore continuando a
spostarsi da una parte
all’altra della sala di corsa. “Rose, stai
laggiù!” le urlò indicando il punto
e la ragazza si spostò prontamente.
Il Dottore la ripagò con
uno dei suoi sorrisi maniacali. “Sono un genio con i
computer! Sta a guardare!”
si girò di nuovo verso la gatta indicando una determinata
sezione col
macchinario col dito. “Hame, ogni interruttore va collegato a
quel mucchio,
fino al massimo!” Subito dopo si lanciò per terra
accanto a Rose, cominciando
immediatamente a sonicizzare pannello di controllo. “Non
posso dare energia
alla città, ma quello che serve alla città, sono
le persone!”
Novizia Hame finì di
collegare gli interruttori e si rivolse al Dottore con una ritrovata
speranza
nella voce. “Allora cosa farai?”
“Ora vedrai! Rose,
aziona la leva!”
“Subito!”
obbedì Rose
imitando il suo folle sorriso, ma ci fu un calo di energia e non
successe niente.
Delusa, ma senza aver perso alcuna delle fiducia che riponeva nel
Dottore, si
allontanò dai cavi per lasciarlo libero di lavorare al suo
meglio. Sfiorò il
vetro della struttura contenitiva dentro al quale si trovava la Faccia
di Boe,
cercando di trasmettergli la sua fiducia nel Dottore.
“No! No! No! No! No!
No!” urlò il Dottore guardandosi intorno, cercando
di capire cosa era andato
storto. Si lanciò di nuovo sul pannello di controllo a
terra, il cacciavite
sonico di nuovo tra le mani. Fece schioccare la lingua sul palato con
disappunto. “I trasformatori sono bloccati, il segnale non
riesce a passare…”
Rose mormorò la Faccia di
Boe. La ragazza volse la testa verso
di lui e gli sorrise.
“Vedrai, il Dottore
sistemerà tutto” lo assicurò. Le
sembrò di vedere la Faccia di Boe ricambiare
il suo sorriso. Abbi fede in voi due
e…segui il tuo istinto.
Rose non era sicura di
quello che volesse dire, ma annuì lo stesso, sicura che
qualunque cosa
significasse, fosse importante. Seguire il suo istinto:
l’avrebbe fatto.
Faccia di Boe allora si
rivolse al Dottore, lo chiamò.
“Sì, aspetta.
Non ora”
fece lui senza smettere di lavorare.
La Faccia di Boe chiuse
gli occhi e Rose sussultò, capendo all’istante che
cosa aveva intenzione di
fare. Ti cedo il mio ultimo…
disse
infatti la Faccia, e l’energia tornò.
Il Dottore balzò in
piedi. “Hame! Occupati di lui! Non morirmi adesso vecchia
facciona! Questa la
devi proprio vedere!” e azionò di nuovo la leva
urlando “Via libera! Rose!
Vieni qui!” Tese una mano verso Rose che la
afferrò e guardò con lui dentro un
monitor. “Sono liberi!” sorrise.
“Oh!
Sì!” Il Dottore
tirò di nuovo fuori il cacciavite sonico e si
collegò al mainframe. “Mi
dispiace, niente Sally Calypso, era solo un ologramma. Io sono il
Dottore!”
“E io Rose
Tyler!” Il
Dottore le sorrise prima di continuare. “Questo è
un ordine! Tutti quanti,
guidate verso l’alto! Immediatamente! Abbiamo aperto il tetto
dell’Autostrada!
Forza! Motori al massimo. Salite!”
Rose girò su
sé stessa
per condividere il senso di vittoria con la Faccia di Boe e Novizia
Hame, ma si
accorse che qualcosa non andava. Strinse con affetto il braccio del
Dottore,
che continuava a urlare ordini nel microfono che lo connetteva alle
persone
nell’Autostrada. “Ce l’hai
fatta” gli bisbigliò vicino all’orecchio
prima di
raggiungere Hame e la Faccia.
Dopo poco, il vetro
della Faccia di Boe cominciò a incrinarsi.
“Dottore!” strillò allarmata
chiamando la sua attenzione ma non c’era niente che nessuno
di loro potesse
fare. Il vetro cominciò a incrinarsi finché si
ruppe e la Faccia di Boe cadde a
terra. Tutti si inginocchiarono intorno a lui, cercando di dargli un
ultimo
conforto prima che se ne andasse.
“Li hai
salvati” gli
disse Rose trattenendo le lacrime. Non importava quante morti avesse
visto nel
corso nella sua vita, era sempre come la prima volta. “Li hai
salvati tutti.”
La Faccia di Boe si
sforzò di sorriderle. Rosie…
ma lei
fu la sola a sentirlo. E’ bello
respirare
ancora l’aria, le confidò. Lei
sollevò una mano, non era sicura di poterlo
toccare. Guardò esitante verso il Dottore che
annuì e lei finì il gesto. “Chi
sei in realtà?” gli chiese.
La Faccia di Boe
sogghignò. Spoiler.
“La leggenda dice che la
Faccia di Boe abbia vissuto per miliardi di anni”
cercò di rispondere il
Dottore, appoggiando la mano sopra a quella di Rose. “Non
è vero? E non
mollerai certo adesso.”
C’è
un tempo per ogni cosa. La voce della Faccia
aveva un suono stanco, paziente, ma non di chi aveva rinunciato a
vivere: di
chi aveva visto così a lungo che ormai vedeva la morte solo
come un’altra parte
della vita. Tu, più di molti
altri, lo
sai, mio vecchio amico.”
“La leggenda dice
altro”
ricordò Novizia Hame. Tutti sapevano di cosa stesse
parlando, ma non aveva
importanza ormai.
“No, non
c’è bisogno”
cercò di fermarla il Dottore, ma Hame continuò.
Sentiva il bisogno di dirlo.
“La leggenda dice che la Faccia di Boe rivelerà il
suo ultimo segreto a due
viaggiatori.”
“Sì, ma non
ancora.”
Rose guardava il Dottore parlare e sentì la sua mano
tendersi a contatto con la
propria. Per quanto lo conoscesse poco non poteva perdere ancora un
altro amico
e Rose lo sapeva. “Chi ha bisogno di segreti?” lo
sentì dire.
La voce della Faccia di
Boe si faceva sempre più debole. Ho
visto
così tante cose. Forse troppe. Di tutti quelli che
conoscevo, sono rimasto solo
io. Tu sei l’ultimo della tua specie, Dottore. Sai cosa si
prova.
Sì, il Dottore lo sapeva
così bene. Intrecciò le dita con quelle di Rose.
“Ecco perché dobbiamo
sopravvivere. Entrambi. Non andartene” lo supplicò.
Devo.
Ma sappi questo, Signore del Tempo…Mi rivedrai ancora:
in un altro luogo, in un altro tempo e quando quel giorno
arriverà e saprai chi
sono davvero…sappi che sono stato felice. Posso finalmente
morire.
Contrariamente a quello che credi, Dottore, anche tu puoi essere
davvero,
completamente felice, perché adesso non sei più
solo. Non sarai mai più solo. Mentre la Faccia di Boe
parlava, il Dottore non riuscì a non guardare verso Rose,
che aveva voltato il
palmo della mano verso l’alto e aveva allacciato a sua volta
le dita con quelle
del Dottore, e le sorrise quando lei appoggiò la testa
contro la sua spalla.
Gli dissero addio e la Faccia di Boe esalò il suo ultimo
respiro.
Novizia Hame scoppiò in
lacrime accanto a loro. Dopotutto era rimasta con lui per gli ultimi
ventiquattro anni. Almeno. Chissà da quanto tempo era
rimasta al suo fianco.
Anche Rose sentiva il bisogno di piangere, ma non le sembrava giusto
nei
confronti di Hame e fece di tutto per trattenersi. Il Dottore la
avvolse con le
braccia e le permise di nascondere il viso nel bavero della sua giacca
mentre
lacrime silenziose le colavano lungo il viso.
“Forza…Torniamo al TARDIS” le
disse e insieme si incamminarono fuori del Senato.
………¿DW?………
Si chiusero le porte del
TARDIS alle spalle e Rose osservò in silenzio il Dottore lanciare il cappotto
su uno
dei sostegni di corallo e trafficare con i comandi della console,
trasferendoli
nel Vortice. Le parole della Faccia di Boe le avevano fatto pensare.
Avrebbe
voluto chiedergli così tante cose, domande che aveva sempre
avuto sin da quando
usava indossare la giacca di pelle, ma qualcosa l’aveva
sempre trattenuta. Segui il tuo istinto le
aveva detto la
Faccia di Boe. Beh, l’avrebbe fatto.
“Credi parlasse di me,
la Faccia di Boe?” chiese all’improvviso.
“Quando hai detto che non sei più da
solo?”
Il Dottore si voltò per
guardarla negli occhi, si avvicinò a lei con un sorriso
triste e le spinse una
ciocca di capelli dietro un orecchio. “Lo vorrei
tanto” le confessò.
Rose prese un respiro
profondo. “Perché non puoi aprirti con
me?”
“Io mi
apr…” cominciò il
Dottore, ma Rose lo interruppe. “Anche adesso, dopo tutto
quello che abbiamo
passato…dopo aver tanto sofferto, perché non puoi
aprirti abbastanza da stare
con me?”
“Rose, io sto
con…”
Rose fece un gesto
seccata, bloccandolo di nuovo. “Sai benissimo cosa
intendo.”
Il Dottore sospirò.
“Rose. Io resterò con te per sempre: per tutto il
tempo che potrò…per tutto il
tempo che potrai ma…questo è un ultimo passo che
davvero, DAVVERO, non posso
dare.
Rose si costrinse a
cacciare indietro le lacrime. “D’accordo”
si alzò sulle punte dei piedi e gli
si avvicinò. Il Dottore non reagì, si
limitò a fissarla con i suoi occhi
tristi. Rose si tese in avanti e gli sfiorò le labbra con le
sue.
Lui trattenne il
respiro. Chiuse gli occhi, gli sembrava che i cuori gli volessero
uscire dal
petto. Era così diverso dall’ultimo bacio che si
erano scambiati: questa era
davvero Rose. Non c’era nessuno a controllare il suo corpo.
Rose si separò da lui.
“Siamo il Dottore, nel TARDIS, con Rose Tyler.”
Il Dottore la strinse
tra le braccia, era l’unico modo che trovò per
chiederle scusa. “Ed è la cosa
migliore che ci sia” continuò Rose,
singhiozzò un’unica, singola volta. Quando
parlò, il suo tono di voce aveva solo una punta di
commozione. “Mi sei mancato
tanto.”
“Anche tu mi sei mancata.
Più di quanto sarò mai in gradi di
spiegarti.”
………¿DW?………
Il Dottore aspettò che
Rose si fosse ripresa completamente prima di lasciarla andare. Sapere
che era
stato lui, di nuovo, a provocarle quel dolore lo aveva quasi ucciso, ma
ormai
aveva preso una decisione e sapeva che era quella giusta. Per entrambi.
Quello che non sapeva è
che anche Rose aveva preso una decisione.
“Dove vogliamo andare
adesso?” le chiese, sperando di poter fare ammenda in qualche
modo mostrandole
un nuovo pianeta meraviglioso.
Rose però lo prese
contropiede. “Martha Jones” rispose. Il Dottore la
guardò confuso.
“Cosa Martha
Jones?” Stava
parlando della ragazza dell’ospedale?
“Non le hai mai offerto
il viaggio di ringraziamento.”
“Certo
che…oh” si grattò
il retro dell’orecchio. “Ecco
ero…distratto.”
Rose sorrise.
“Quindi…Martha Jones?”
“E che Martha Jones sia!
E so esattamente in che momento atterrare” esclamò
il Dottore azionando un paio
di leve.
Non era esattamente
entusiasta, Rose lo sapeva ma sospirò. Era evidente che
qualcosa tra loro era
cambiato, nemmeno prima di Canary Wharf erano stati così
intimi, vicini l’uno
all’altro, ma a quanto pare non era abbastanza per i
cambiamenti che avrebbe
voluto lei. Quei due anni di separazione le avevano insegnato a lottare
con
tutta se stessa per quello che voleva e non si sarebbe certo fermata
ora.
Avevano viaggiato da soli per un anno, solo loro due, forse quello che
doveva
fare era cambiare la dinamica esterna, prima di poter influenzare
quella
interna.
Seguire l’istinto? Lo
stava facendo.
E poi…ora che non aveva
più la sua famiglia sentiva il bisogno di qualcuno con cui
parlare di questa
sua vita pazza e meravigliosa. Basandosi su quello che le aveva
raccontato il
Dottore, questa Martha sembrava davvero un tipo in gamba.
Atterrarono in un
vicolo. Il Dottore corse avanti e tenne la porta aperta per Rose ma lei
non lo
seguì. “Vai a prenderla” gli dice.
“Io devo assolutamente cambiarmi da questi
vestiti” afferrò il bordo della giacca e la
tirò per sottolineare
l’affermazione. Il Dottore scrollò le spalle e
uscì.
………¿DW?………
Martha Jones voltò
l’angolo. Il Dottore era lì
che l’aspettava appoggiato contro la porta del TARDIS, quella
con il cartello
bianco. “Sono andata sulla Luna oggi.”
Contemporaneamente sentirono il
rumore di un
allarme che suonava. Il Dottore alzò le sopracciglia.
“E’ un po’ più tranquilla
di quaggiù” commentò.
Martha cominciò a
camminare verso di lui. “Non
mi hai nemmeno detto chi sei. E quell’agente del tempo?
Insomma cosa volevano
da lei esattamente?”
“Oh, a quanto pare aveva
preso per sbaglio la
prova determinante in un caso di omicidio. E io sono il
Dottore” rispose lui
semplicemente, come faceva sempre, come se fosse stata la cosa
più naturale del
mondo. Se Rose fosse stata lì con lui avrebbe riso e
bastò quel pensiero per
farlo sorridere perché entro pochi minuti…Rose
sarebbe davvero stata lì con
lui. Questa meravigliosa possibilità lo estasiava.
“Sei un alieno anche tu,
vero? Fin qua l’ho
capito anche io.”
Intelligente Martha Jones. Il
Dottore ghignò
interiormente, pur mantenendo un’espressione seria.
“Sono un Signore del
Tempo.”
“Giusto. Definizione per
niente pomposa.” Il
Dottore trattenne una risata. Era cambiato dall’ultima volta
che Martha l’aveva
visto…certo, se era possibile cambiare così tanto
in mezza giornata. Sembrava
più giovane, sereno… sembrava felice.
“Stavo
pensando…visto che mi hai aiutato con i
Judoon e tutta l’emergenza
all’ospedale…avresti voglia di un viaggetto di
ringraziamento?”
“Come…nello
spazio?”
“E nel tempo,
ricordi?”
Martha annuì, dandosi
mentalmente una pacca
sulla fronte. “Viaggiatore nel tempo, giusto. E questa
è la tua nave spaziale?”
domandò avvicinandosi alla cabina blu.
“Si chiama TARDIS. Tempo
e Relativa Dimensione
nello Spazio.”
Martha la toccò e
sorrise, sembrava che il
Dottore la stesse prendendo in giro metà delle
volte…e poi scopriva che era
tutto vero. “La tua navicella è fatta di
legno” si voltò a guardarlo. “Ma non
c’è molto spazio, saremo un tantino
intimi.”
In quel momento la porta del TARDIS
si aprì e
Rose ci mise fuori la testa. Sorrise a Martha, poi si rivolse al
Dottore. “Oh,
bene, l’hai trovata! Ma vieni Martha Jones, entra!”
le disse spalancando la
porta e facendosi da parte. “Dai
un’occhiata!” Martha guardò il Dottore,
poi la
porta del TARDIS, aperta per lei. Se il Dottore non fosse stato
così
concentrato su di Rose forse avrebbe notato il disappunto sulla faccia
di
Martha alla scoperta che non sarebbero stati loro due da soli.
Martha e il Dottore la seguirono ma
dopo un
secondo Martha era di nuovo fuori. “No, no, no”
bisbigliò allibita. “Ma è solo
una cabina!” esclamò mentre ci girava intorno.
Il Dottore sorrise a Rose, che si
era appoggiata
al corrimano della scala accanto a lui, e i suoi occhi caddero sui
vestiti che
stava indossando: un paio di jeans attillati, lunghi fino a
metà polpaccio, e
delle semplici scarpe da ginnastica. Indossava anche la camicetta che
aveva
indossato la prima volta che erano stati a Nuova New York, la stessa
camicetta
che il Dottore aveva tenuto con sé come un talismano per
tutto il tempo che era
stato lontano da lei. Il Signore del Tempo alzò una mano e
le sfiorò il
colletto con le dita, il viso coperto da un velo di tristezza. Rose gli
prese
la mano tra le sue e poggiò un leggero bacio al centro del
palmo aperto.
Lo lascò andare, subito
dopo Martha rientrò nel
TARDIS. “Com’è possibile?”
domandò allibita. “E’ legno.
È una cabina all’esterno
con tutto quello spazio stipati
all’interno…è più grande
all’interno.”
“Davvero?”
esclamò il Dottore fingendosi
stupito.
“Non l’avevo
mai notato!” scherzò Rose
imitandolo, usando un tono di voce sbalordito. “Tu?”
“Neanch’io,
parola!”
I due si sorrisero mentre
raggiungevano la
console. “Molto bene allora!” fece il Dottore.
“Andiamo!”
“Ma
c’è un equipaggio?” domandò
Martha curiosa.
Le sembrava ancora tutto così impossibile. Alieni sulla
luna, viaggi nel tempo…
“Tipo un navigatore o altro?”
“Solo noi”
rispose Rose sedendosi sul sedile del
capitano.
Martha le si avvicinò
per guardarla meglio. “Tu
sei quell’agente del tempo!” realizzò
con stupore. Schioccò le dita quando
riuscì a ricordarsi il nome. “Marion
Smith!”
“Quello è solo
un alias, scusa. Mi chiamo Rose,
Rose Tyler. Viaggio con il Dottore.”
Il Dottore non riusciva a smettere
di ridere
mentre trafficava con i comandi. “Allora! Un viaggio per
ringraziare e poi a
casa, d’accordo?” per quanto trovasse brillante
Martha Jones, dopo tutto quel
tempo voleva stare da solo con Rose e basta. Infatti, dire che era
confuso
dalla sua idea di invitare Martha a bordo significare sopravvalutare
estremamente il significato del termine ‘confuso’.
“Beh, sei tu che mi hai
baciata” gli fece notare
Martha tendendosi verso di lui con fare ammiccante. Al che il Dottore
si voltò
allarmato verso Rose giusto in tempo per vederla corrucciare le
sopracciglia in
un’espressione confusa, stupita. “Quello
era una contaminazione da energia Artron” si
affrettò a specificare. Non voleva
certo che si ricreasse una situazione ‘alla
Reinette’. Preoccupato com’era però
non vide il sorriso di Rose allargarsi in un ghigno divertito.
“Ma se ti metterai in un
abito più alla moda…”
continuò Martha ignara di tutto.
“Ora basta.” Il
Dottore non vide Rose ridere
apertamente dall’altra parte della stanza. Era
così preoccupato a non creare
malintesi, sull’orlo di un attacco di panico, che Rose
sentì immediatamente
svanire anche l’ultima traccia di gelosia.
“…e poi
viaggiassi per tutto l’universo solo per
chiedermi di uscire…” Martha l’aveva
seguito mentre si muoveva intorno alla
console, con un sorriso flirtante.
“Davvero,
smettila.”
Martha sospirò,
cambiando immediatamente
direzione. “…per la cronaca, non sarei
assolutamente interessata. Solo umani
per me” al che il Dottore sorrise, guardò verso
Rose e finalmente si accorse
che anche lei stava sorridendo e il fatto lo fece brillare dalla gioia.
Lei era
lì. Con lui. E gli sorrideva…sì, ma
perché le sorrideva? Non era gelosa? Anche
questo lo confuse.
La verità era che Rose
aveva osservato Martha e
aveva capito davvero in fretta che non sarebbe stata lei quella gelosa
in
quella stanza.
Peccato,
pensò:
le sarebbe
piaciuto poter essere amica di quella Martha Jones. Sospirò.
Sempre gli uomini.
La ragazza ricambiò il
suo sguardo. “E tu? Sei
un alieno anche tu?”
“Oh, no! Umana al
100%!” le assicurò Rose mentre
il Dottore saltellava intorno alla console blaterando i suoi termini
spaziali.
“Pronte?”
chiese loro inserendo il freno a mano,
cosa che non sfuggì a Rose. La ragazza roteò gli
occhi senza chiedersi perché
sapeva che il Dottore aveva
appena inserito il freno a mano invece che toglierlo.
“No!” fece
Martha in tutta sincerità ma si
vedeva che non vedeva l’ora di scoprire cosa sarebbe successo.
“Sì!”
esclamò Rose balzando giù dal sedile del
capitano e aggrappandosi alla console accanto al Dottore. Lui le
sorrise
radioso e le fece l’occhiolino. “Ti ricordi ancora
come ci si spedisce nel
Vortice?”
“Mmh…questo?”
provò Rose indicando un pulsante a
caso.
Il Dottore sollevò un
sopracciglio divertito.
Era così facile essere felice quando era insieme a Rose
Tyler. “Quello è per lo
sciacquone del gabinetto, Rose!”
La ragazza rise. “Lo so!
Allora…questo!”
riprovò.
“Perfetto! SI
VA!”
Il TARDIS cominciò a
sconquassarsi
violentemente. Rose e il Dottore finirono indietro, contro il sedile.
Come
amavano tutto quello!
Martha aveva avuto una miglior
presa sulla
console. “Accidenti, è un tantino
turbolento!”
“Benvenuta a bordo miss
Jones!” le urlò il
Dottore tendendole una mano, facendo l’occhiolino a Rose.
In qualche modo Martha
riuscì a stringerla senza
cadere. “Piacere mio mister Smith!”
NDA:
Eccolo qui come promesso! :D è ufficialmente
lunedì! ;) Questo è il brillante
esempio di come credo che la presenza di Rose possa influenzare anche
in minima
parte il corso degli eventi…anche se ricordiamo che
è Doctor Who e ci sono dei
punti fissi nello spazio e nel tempo che devono semplicemente accadere
(ahhh!
Ma che bella scusa che ci hanno dato gli sceneggiatori di Doctor Who
eh?) Altri
fluff moment tra Rose e il Dottore…un vecchio amico dal bel
faccione e gatti al
potere. Solito vecchio Dottore insomma. AH, sì…e
Martha Jones!
Spero
vi sia piaciuto nonostante non abbia rivoluzionato l’ordine
degli
eventi! Un bacione e alla settimana prossima
con…Shakespeare! (anche se ancora
non so che titolo dargli!) p.s. Lo "spoiler" della faccia di Boe non è messo a caso. Sappiatelo xD
|
Ritorna all'indice
Capitolo 5 *** Nel tuono, nel lampo, nella pioggia ***
Capitolo
Quattro: Nel tuono, nel lampo, nella pioggia
Doubt thou
the stars are fire;
Doubt that
the sun doth move;
Doubt
truth to be
a liar;
But never doubt I love.
(Hamlet
– William Shakespeare)
“La leva! La
leva!” urlò il Dottore con un
sorriso stampato sulla faccia, indicando con una mano il giusto comando
a Rose
mentre con l’altra roteava velocemente una manovella sul lato
della console.
Martha li guardava affascinata.
“Ma come fate a
viaggiare nel tempo? Cos’è che lo fa
funzionare?”
Il Dottore sollevò un
sopracciglio, contrariato.
“Vuoi togliere tutto il mistero e il divertimento? Rose, tu
non hai mai fatto
tutte queste domande!”
“Beh” rispose
Rose afferrandosi alla console con
entrambe le mani per contrastare l’ultimo scossone del
TARDIS. “Non eri
esattamente dedito alle spiegazioni quando abbiamo cominciato a
viaggiare insieme,
tu ed io, ti ricordo!”
“Tu non hai mai chiesto
però!”
Rose riuscì in qualche
modo a fare spallucce
senza perdere l’equilibrio. “Hai cominciato a
insegnarmi lo stesso però!”
rispose lei facendogli il verso.
“Anche questo
è vero. Tenetevi forte!” fece poi
il Dottore mentre il TARDIS si inclinava bruscamente di lato. Rose gli
aveva
già visto fare quella mossa almeno un centinaio di volte ed
era già pronta con
la mano sul pulsante. “Questo, vero?”
esclamò e lo pigiò senza aspettare che
rispondesse. Con un ultimo scossone il TARDIS atterrò.
Martha fu per terra ancora prima di
rendersene
conto. Rose perse l’equilibrio e si sbilanciò
all’indietro finendo contro il
Dottore che l’afferrò per le braccia e mantenne
entrambi in piedi aggrappandosi
a una delle strutture di corallo.
“Accidenti!”
esclamò Martha tirandosi in piedi
un po’ acciaccata. “Si deve superare un esame per
volare quest’affare?”
Il TARDIS fece un rumore di
disappunto per
essere stata chiamata ‘affare’ ma Martha non se ne
accorse.
“Sì e io sono
stato bocciato!” Il Dottore fece
il giro della console per afferrare il cappotto e trovò Rose
che glielo porgeva
con un sorriso sulle labbra. Il Dottore non poté fare a meno
di fissarle.
“Hai anche buttato il
manuale in una supernova” gli
ricordò lei.
“Beh, non ero
d’accordo!” Mentre prendeva il
cappotto, le sue mani sfiorarono quelle di Rose. Dovette trattenersi
dal
stringerle una mano e portarsela alle labbra per baciarla. Invece,
lasciò di
nuovo cadere gli occhi sulla camicetta che Rose stava ancora indossando
e un
velo di malinconia gli oscurò lo sguardo.
Rose se ne accorse e
realizzò che avrebbe fatto
meglio a seppellire quella camicetta nell’angolo
più profondo dell’armadio. Fu
lei a stringergli una mano. “Preferisci che mi
cambi?”
Il Dottore la fissò,
preso alla sprovvista. Non
pensava di essere diventato così facile da leggere.
D’istinto, aprì la bocca
per negare tutto ma alla fine l’unica cosa che
riuscì a dire fu: “Sì, per
favore.”
Rose gli lasciò andare
la mano e fece una corsa
verso la propria stanza. Prima di scomparire negli infiniti corridoi
del TARDIS
si voltò un secondo verso di lui e gli puntò
contro un dito. “Torno subito
mister. Potresti approfittarne per cambiarti anche tu. Ancora non mi
sono
abituata a vederti tutto in blu!”
Il Dottore sorrise prima di girarsi
a sua volta
verso Martha. “Non toccare niente!”
l’avvertì prima di addentrarsi a sua volta
attraverso i corridoi. “Non voglio finire nel medioevo!
Goditela finché puoi!
Ti ho promesso un viaggio e un viaggio soltanto!”
riecheggiò la sua voce dopo
che era scomparso.
Martha rimase lì
imbambolata per alcuni minuti,
ancora incredula che tutto quello che stava vivendo potesse essere
vero. Viaggi
nel tempo, alieni…il fatto che l’avevano mollata
lì ad aspettarli.
Rose riapparve nella sala di
controllo quasi
subito. Indossava una camicia bianca, dei jeans scuri con gli stivali e
un
blazer nero. Si guardò intorno. “Oh,
starà di nuovo perdendo ore a scegliersi
la cravatta…e poi finirà per usare sempre la
stessa” gli prese il cappotto e si
posizionò vicino alla porta per aspettarlo.
Lanciò un’occhiata eccitata verso
Martha, invitandola a raggiungerla con un cenno della testa.
“Oltre questa
porta potrebbe esserci qualunque cosa!”
“Dove siamo?”
domandò Martha nervosa.
“Non ne ho idea!
Perché non diamo un’occhiata?”
Martha spalancò gli
occhi. “Ma…possiamo?
Insomma…è sicuro?”
Rose aprì uno spiraglio
nella porta e sbirciò
fuori. “Nessuno ci sta aspettando con delle armi in mano.
Direi che possiamo
azzardarci a mettere fuori la testa” e spalancò la
porta.
Le due ragazze uscirono insieme.
Appena Martha
fu fuori le cadde praticamente la mascella a terra. “Mi stai
prendendo in
giro…”
Rose batté le mani
eccitata senza riuscire a
distogliere lo sguardo da quella strada piena di vita. “Non
sono mai stata in
questo periodo storico!”
Martha girò su se stessa
un paio di volte.
“Abbiamo davvero viaggiato nel tempo!”
In quel momento le raggiunse anche
il Dottore
nel suo vecchio completo marrone a righe e la solita cravatta.
Osservò
compiaciuto la meraviglia delle due ragazze.
Rose fece un paio di passi in
avanti, non
vedendo l’ora di andare a esplorare, mentre Martha si rivolse
al Dottore. “Dove
siamo? No, scusa, devo abituarmi a questo nuovo linguaggio: quando
siamo?”
Il Dottore invece di rispondere
balzò in avanti
e strattonò Rose per un braccio, salvandola da una pioggia
di pupù. Rose scoppiò
a ridere appoggiando la schiena contro il petto del Dottore.
“Da qualche parte
prima dell’invenzione del gabinetto scommetto!”
Si sorrisero. “Pronta per
esplorare?” le chiese
prendendola sotto braccio e cominciando a farsi strada attraverso la
città.
Martha però li bloccò. “Possiamo
andarcene in giro in questo modo?” domandò
preoccupata.
I due si voltarono a fissarla
sorpresi. “Certo
che possiamo” rispose il Dottore confuso.
“Perché chiedi?”
“Come nei film: calpesti
una farfalla e cambi il
destino della razza umana”
“Ecco
allora…non calpestare le farfalle” fu la
risposta del Dottore mentre Rose faceva di tutto per non scoppiare a
ridere.
“Cosa ti avranno fai fatto le farfalle?”
Martha li seguì quando
ripresero a camminare. “E
se…non so…e se uccidessi mio nonno?”
Il Dottore si voltò di
nuovo verso Martha, con
Rose ancora sottobraccio, camminando all’indietro per qualche
passo. “Hai
intenzione di farlo?”
“No!”
“Bene allora.”
Il Dottore fece in modo che si
voltassero di nuovo e ricominciassero a camminare dritti. Rose gli
diede
un’amichevole gomitata in un fianco, ancora trattenendo le
risate. “Smettila di
prenderla in giro” gli borbottò a mezza voce.
“Seriamente, Rose, tu non
hai mai fatto tutte
queste domande!”
Rose fece spallucce.
“C’è anche da dire che nel
nostro primo viaggio mi hai portata nel futuro, a vedere la fine della
Terra, e
ci sono quasi rimasta incenerita. Non era esattamente la mia
preoccupazione
principale” gli fece notare.
“No, ora ricordo! La tua
preoccupazione era
l’abilità telepatica del TARDIS!”
Lei sospirò.
“Come cambiano i tempi, eh?
Quindi…questa è Londra, vero?”
“Direi di
sì…più o meno
intorno…” fece un rapito
calcolo. “oh, 1599.”
“Aspettate,
aspettate!” li bloccò Martha, di
nuovo preoccupata per qualcosa. “Avrò qualche
problema? Non sarò venduta come
schiava, vero?”
Il Dottore la guardò
basito. “Perché dovrebbero
farlo?”
“Non sono esattamente
bianca, se non l’avessi
notato!”
“Io non sono nemmeno
umano! Cammina con aria di
superiorità, funziona sempre con me. Inoltre, ti
sorprenderà ma l’Inghilterra
Elisabettiana non è molto differente da vostro
tempo.”
“Ho sempre voluto
conoscere la regina
Elisabetta!” commentò Rose.
“Non ci è
andata molto bene con l’ultima regina”
le fece notare il Dottore con un sorriso, ripensando alla loro
avventura con la
regina Vittoria. Poi il suo sguardo si oscurò e il sorriso
si spense quando
ripensò anche a ciò che quella avventura aveva
generato: l’Istituto Torchwood.
Quella volta erano stati la causa della loro stessa rovina. Anche Rose
ci stava
pensando e gli carezzò dolcemente il braccio cercando di
dargli un po’ di
conforto e traendone a sua volta.
In quel momento un uomo
afferrò Rose per un
braccio. Era un prete, un predicatore o qualcosa del genere.
“La Terra verrà
consumata dalle fiamme!” minacciò. Rose
sbatté un paio di volte le palpebre,
sorpresa, prima di riprendersi il braccio e rispondere con un sorriso
smagliante. “E buona serata anche a lei!”
A quel punto si voltò
verso il Dottore alzando
un sopracciglio. “Proprio uguale ai nostri tempi,
vero?”
“Riscaldamento
globale!” ghignò lui. “E non
dobbiamo dimenticarci l’intrattenimento popolare per le
masse! Se ho ragione,
siamo esattamente accanto a…” lasciò
andare il braccio di Rose, fece scivolare
la mano nella sua e corsero insieme lungo la riva del fiume, Martha a
seguito.
“Era tanto che non
correvo più così!” gli
confidò Rose un secondo prima di voltare l’angolo
e ritrovarsi davanti al Globe
Theatre.
“Appena aperto”
spiegò alle ragazze. “Anche se,
volendo essere precisi, non è un globo. È
più un tetragono, quattordici lati. E
sai chi c’è dentro?” chiese voltandosi
verso Rose con un sorrisetto sulla
faccia e facendole quasi un balletto davanti.
“Non intenderai
mica…” fece Martha strabuzzando
gli occhi.
“Shakespeare!”
finì Rose estasiata. “Non ci
credo che andiamo a vedere Shakespeare!”
“Oh,
sì!” confermò il Dottore eccitato
quanto
loro.
“Adoro
Shakespeare!” dichiarò Rose quasi
saltellando sul posto.
“Lo so!”
esclamò il Dottore e si abbracciarono.
“Miss Jones, Dame Tyler” fece poi offrendo un
braccio a ognuna. “Posso avere
l’onore di accompagnarvi a teatro?”
Rose accettò subito il
braccio. “Con immenso
piacere, sir Dottore!”
“Volentieri, mister
Smith!” la Martha la imitò
un secondo dopo. Insieme si incamminarono verso il teatro.
“Chissà che
spettacolo staranno dando!” si
interrogò Rose. “Molto rumore per nulla esce
proprio quest’anno! È la mia
commedia preferita!” allungò la testa oltre il
Dottore, rivolgendosi a Martha.
“Quando andrai a casa
potrai dire a tutti di
aver visto Shakespeare!”
“Sì,
così poi mi rinchiudono!” rise Martha.
“Oh, non credere! Lui lo
fa tutto il tempo e
nessuno l’hai rinchiuso per questo! Beh…tranne
quella volta…” fece Rose lanciando
un’occhiata divertita al Dottore che però lui non
fu in grado di corrispondere.
Martha avrebbe potuto andare a casa e raccontare alla sua famiglia la
straordinaria avventura che stava vivendo. A chi avrebbe potuto
raccontarlo
Rose? La sua famiglia era ancora nell’altro universo. Lei era
qui con lui, sì,
ma ormai non aveva nessun altro. Il senso di colpa lo invase. Come
aveva fatto
a non pensarci fino a quel momento? Alla fine era successo veramente,
Rose
aveva perso la sua famiglia per colpa sua.
Il Dottore non si accorse che Rose
aveva
continuato a fissarlo, cercando di capire che cosa l’avesse
reso tanto triste
all’improvviso. Quello che sapeva è che non ne
avrebbe parlato lì davanti a
Martha e cercò di continuare col discorso che stava facendo.
“Per esempio”
disse a Martha sforzandosi di mantenere il sorriso sulle labbra.
“Ti ha mai
parlato del suo cappotto?”
Questo sembrò destare il
Dottore dai suoi
pensieri. “Ehi!” scattò di nuovo con un
tono gioviale. “Janis Joplin mi ha
regalato questo cappotto!”
Questa volta il sorriso di Rose fu
spontaneo.
“Vedi?”
………¿DW?………
Lo spettacolo non era
‘Molto rumore per nulla’
ma ‘Pene d’amor perdute’. Nemmeno
Shakespeare era esattamente come se l’erano
immaginato. “Sembra una rockstar!” era stato il
commento scherzoso di Rose dopo
che Martha era riuscita a farlo salire sul palco lanciando
contemporaneamente
la nuova moda di gridare “Autore!” dalla platea.
Il Dottore era stato eccitato
quanto le ragazze
di vedere Shakespeare e quando le prime parole uscite dalla bocca del
bardo erano
state “Chiudete quelle boccacce a forma di fogna”
la sua faccia fu davvero
impagabile.
Rose gli massaggiò il
braccio comprensiva.
“Nessuno dovrebbe incontrare i propri eroi.”
Ancora più sorprendenti
furono le parole che
seguirono: l’annuncio di ‘Pene d’amor
ritrovate’.
“Non sono
un’esperta ma non ho mai sentito
parlare di ‘Pene d’amor
ritrovate’” fece Martha mentre uscivano dal teatro.
“Esatto”
confermò il Dottore. “La commedia
perduta. Non esiste, solo dicerie. Viene nominata nella lista delle
opere ma
non è mai stata ritrovata. Nessuno sa
perché.”
“Ce l’avete una
videocamera o qualcosa del
genere?”domandò Martha pensierosa.
“Potremmo registrarlo e venderlo una volta
tornati a casa. Diventeremmo ricchi!”
Il Dottore si voltò a
guardarla corrucciato.
“No.”
“Sarebbe
sbagliato?” volle sapere Martha con un
sorriso. Non se l’era presa, non era stata del tutto seria
dal principio a dire
la verità.
“Già.
Già.” Il Dottore si rivolse a Rose.
“Come
mai tutti quelli che decidi di portare a bordo finiscono sempre con
qualche
idea per arricchirsi?”
Rose rise e gli rispose con una
gomitata. “Sei
di nuovo maleducato” lo rimproverò. “Era
solo un’idea. Adam ha fatto tutto di
nascosto quella volta!”
“Tu e i tuoi bei
ragazzi” sospirò il Dottore.
“Sei un bel ragazzo anche
tu adesso” lo informò
Rose.
“Sono tutto tranne un
ragazzo.”
“Lo sei eccome”
insistette Rose. “Soprattutto se
paragonato a prima. Invece…” fece cambiando
argomento. “Non vi è sembrato
strano Shakespeare lì sul palcoscenico?”
“Oh, puoi
dirlo!” scherzò Martha.
“No, ma al di
là del suo aspetto. All’inizio
sembrava che volesse aspettare per annunciare la data del
seguito…poi
all’improvviso decide che è domani?”
Il Dottore ghignò
dandole una gentile spinta con
la spalla. “Stai deducendo Lewis?”
“Credo proprio di
sì, Serge!” il sorriso di Rose
non sarebbe potuto essere più smagliante. Proprio come i
vecchi tempi.
“Molto bene! Scopriremo
che fine ha fatto ‘Pene
d’amore ritrovate!” il Dottore guardò
verso Martha. “Oh, beh. Avevo pensato di
farti fare solo un viaggetto nel TARDIS ma a quanto pare dovremo
allungare la
nostra permanenza!”
………¿DW?………
Trovarono facilmente ‘The
Elephant’, la locanda
dove soggiornava Shakespeare, e il Dottore non ebbe problemi a
introdursi e a
farsi avanti, come suo solito.
“Salve! Scusate. Non
disturbo, vero? Il signor
Shakespeare presumo!”
“Oh, no. No, no, no. Chi
ti ha fatto entrare?”
si lamentò Shakespeare trovandoselo davanti.
“Niente autografi. Non puoi farmi
un ritratto. Non chiedermi da dove prendo le mie idee. Grazie
dell’interessamento.”
Mentre Shakespeare parlava il
sorriso del
Dottore praticamente gli colò via dalla faccia. Rose
provò quasi pena per lui.
Mentre Shakespeare stava chiedendo loro, più o meno
gentilmente (ma diciamo
meno) di andarsene, il Dottore si voltò verso Rose e le
disse in tono lamentoso
“Mi hanno scambiato di nuovo per un fan!”.
Rose ridacchiò.
“Ma tu sei un fan!”
Martha si limitò a
fissare il Bardo con aria
strabiliata. Solo in quel momento Shakespeare le notò e il
suo atteggiamento
mutò radicalmente. “Ma guarda un
po’” fece adocchiando le due ragazze.
“Sedetevi accanto a me. Voi due” fece poi agli
altri due uomini seduti al suo
tavolo, “andate a cucire i costumi!”
“Forza ragazzi”
sospirò Dolly Bailey, la
locandiera, scortando fuori i due uomini. “Penso che William
abbia trovato la
sua nuova musa!”
“Dolce signora, prego
sedete.” Shakespeare si
alzò in piedi e porse la mano a Rose, aiutandola a sedersi.
“Quali inusuali
vestiti indossate, così…attillati”
aggiunse apprezzando il modo in cui i
pantaloni di Rose le avviluppavano le gambe e il sedere.
Il Dottore le si sedette accanto
con una
smorfia, lanciando una fredda occhiata verso Shakespeare.
Tirò fuori la carta
psichica interrompendolo. “Io sono Sir Dottore del TARDIS e
queste sono le mie
compagne: Dame Rose del Powell Estate e Miss Martha Jones!”
“Perché tu ti
becchi il titolo e io niente?”
borbottò Martha verso Rose. “È la
seconda volta che lo fa!”
“Siamo stati insigniti
dalla regina Vittoria!”
le rispose Rose chinandosi leggermente verso di lei.
Shakespeare spostò
l’attenzione da Rose alla
carta psichica, curioso. “Interessante”
dichiarò. “Quel pezzo di carta è
bianco.”
Il Dottore lo fissò
ammirato. “Oh, è…molto
intelligente. Questo ne è la prova. Davvero
geniale.”
Martha li interruppe confusa.
“No, c’è scritto
proprio qui: Sir Dottore, Dame Rose e Martha Jones. Dice
così!”
“E io dico che
è bianca” insistette Shakespeare
senza nessuna esitazione.
“È una carta
psichica” spiegò Rose per Martha.
“Mostra agli altri quello che vuole che vedano! Une
meraviglia. Oh, no!”
esclamò mettendosi una mano sulla bocca.
“Cosa?” le
chiese il Dottore.
“Dov’è
finita la mia? Devo averla lasciata in
ospedale. Non ci posso credere…”
Il Dottore le sorrise.
“Stai tranquilla, andremo
a recuperarla!”
“‘Psichica’?”
ripeté Shakespeare incuriosito.
“Mai sentito prima d’ora e le parole sono il mio
mestiere. Chi siete voi,
esattamente? Piuttosto, chi solo le deliziose fanciulle che vi
accompagnano?”
disse spostando di nuovo l’attenzione sulle ragazze.
“Vengono da un paese
lontano” interloquì il
Dottore, vagamente irritato, cosa che Rose non mancò di
notare. “…Freedonia.”
Rose trattenne a stento una risata.
In quel momento un uomo
entrò nella stanza. Era
il censore o, come si era definito lui, ‘sovrintendente agli
spettacoli’ che
non potendo avere immediatamente il copione vietò la
rappresentazione
dell’opera.
Dopo che se ne fu andato il
Dottore, Rose e
Martha restarono al tavolo con Shakespeare. Entrambe le ragazze erano
estremamente affascinate dal Bardo e il dottore dovette restarsene
lì a
guardare mentre ‘Will’ ci provava spudoratamente
con la sua Rose. Sì, la sua
Rose. Non si era più sentito così geloso da
quando aveva gli occhi blu e la
giacca di pelle. Più e più volte nel corso della
serata aveva provato il
desiderio di lanciarsi oltre il tavolo, afferrare Shakespeare per la
giacca e
scagliarlo contro il muro intimandogli di tenere le mani lontane dalla
sua
Rose. L’unica cosa che l’aveva fermato fino a quel
momento erano i teneri
sguardi che Rose gli lanciava dall’altra parte del tavolo che
riuscivano a
farlo sciogliere e calmare istantaneamente.
“Tutto qui?”
stava dicendo invece Martha. “Il
mistero di ‘Pene d’amor ritrovate’
è tutto qui? Pensavo ci fosse qualcosa di
più…boh…misterioso.”
Sentirono un urlo in lontananza.
Scattarono
tutti e quattro in piedi e corsero in strada. Trovarono Lynley, il
censore,
agonizzante, che vomitava quella che sembrava acqua.
“Che gli sta
succedendo?” disse Martha con gli
occhi spalancati.
“Dottore,
aiutalo!” esclamò Rose.
Martha e il Dottore si lanciarono
in avanti per
cercare d’aiutarlo che non c’era niente che
potessero fare. Un momento dopo era
morto.
“Non ho mai visto una
morte simile” mormorò il
Dottore accucciandosi accanto a Martha. “I suoi polmoni sono
pieni d’acqua. È
affogato. Non saprei come. Un…un colpo al cuore? Una lama
invisibile?” si alzò
di nuovo in piedi e si rivolse alla locandiera. “Brava donna,
questo pover’uomo
è morto per un improvviso squilibrio degli umori. Una
dipartita naturale e
sfortunata. Chiamate un conestabile, fatelo portare via.”
Rose era rimasta accanto a
Shakespeare per tutto
il tempo. Non avendo conoscenze mediche sufficienti per dare una mano,
aveva
preferito non intralciare. Guardava dispiaciuta il corpo senza vita del
censore: non era stato un uomo piacevole ma certo non meritava di
morire.
Quando Lilith, una delle cameriere
della
locanda, le passò accanto per andare a chiamare il
conestabile, notò qualcosa
di strano. I capelli della donna erano stati mossi da un vento che non
c’era.
C’era qualcosa di strano. Senza pensarci due volte, decise di
seguirla.
………¿DW?………
Martha guardò confusa il
Dottore. “Perché hai
detto così?”
“Sono ancora dei secoli
buio. Se avessi detto
loro la verità avrebbero pensato alla stregoneria!”
“Ok,
cos’è stato allora?”
“Stregoneria”
mormorò il Dottore e si alzò in
piedi. Lasciò vagare lo sguardo sulla folla.
Trovò subito Shakespeare ma non…
Sentì il sangue ghiacciarglisi nelle vene.
“Dov’è
Rose?” esclamò con voce malferma. Corse
verso Shakespeare e lo afferrò per le spalle, oh,
l’ironia. “Dov’è
Rose?” urlò.
“Era qui con te! Dov’è andata?”
Shakespeare lo fissò
negli occhi,
improvvisamente preoccupato. “Non l’ho
vista…era qui…Era ancora qui quando
Lynley è morto, ne sono sicuro.”
Il Dottore fece un passo indietro,
quasi
barcollando. Si passò le mani tremanti nei capelli. Dove
poteva essere andata?
Continuò a guardarsi intorno freneticamente sperando di
individuarla tra la
folla. Strinse le mani a pugno restando quasi con una ciocca dei suoi
stessi
capelli tra le dita. Pensa, pensa, pensa.
Doveva decidere cosa fare. Dove cominciare a cercarla. Si
stava odiando in
quel momento. Non solo l’aveva persa di vista. Persa. Di
nuovo! Ma non riusciva
nemmeno a decidere cosa fare.
“Torniamo alla
locanda” propose Martha esitante.
Non l’aveva mai visto così. “Potremmo
aspettarla lì.”
Il Dottore si voltò a
guardarla furente e Martha
indietreggiò sotto la durezza del suo sguardo.
“Potrebbe esserle successo
qualcosa. Qualcuno ha ucciso quest’uomo. Potrebbero averla
rapita!” Chiuse gli
occhi, sospirò riacquistando almeno un po’ della
sua calma. Li riaprì. “Martha:
torna alla locanda con Shakespeare. Io la vado a cercare e se per
qualche
ragione torna, come hai detto tu, allora aspettatemi. Hai
capito?” Martha
sobbalzò. Sentì le parole bloccarsi in gola. Chi
era quell’uomo? Non era l’uomo
che aveva aiutato nell’ospedale. La spaventava, aveva una
tempesta che gli
turbinava nello sguardo. “Hai capito?” le
ripeté alzando la voce.
Martha annuì
freneticamente. “Ho capito!” Guardò
il Dottore correre dall’altra parte della strada e scomparire
in un vicolo.
Lasciò andare il fiato che non si era nemmeno accorta di
trattenere.
“Vieni, Martha”
le disse Shakespeare. “Fai come
ha detto.”
La ragazza lo seguì
docilmente, stava tremando.
“Non l’avevo mai visto così. Sembravano
gli occhi di un folle.”
………¿DW?………
“Qualcuno potrebbe dire
che l’essere nel secolo
sbagliato non giustifica il perdersi nella città dove si
è cresciuti” si disse
Rose quando riuscì finalmente
a
ritrovare la strada per la locanda di Shakespeare. “Il
Dottore mi ucciderà…ma
ne è valsa la pena.”
Sentì qualcuno che la
chiamava: la voce del
Dottore che urlava il suo nome ancora e ancora.
“Dottore!”
chiamò lei a suo volta, mettendosi a
correre in direzione della voce. “Sono qui!”
Girò un angolo ed entrò in un vicolo.
Il Dottore la stava guardando dal lato opposto. La chiamò
ancora una volta
prima di cominciare a correre verso di lei. Sentire il proprio nome
sulle sue
labbra le fece salire le lacrime agli occhi. Si mosse verso di lui a
sua volta
e si incontrarono a metà strada in un violento abbraccio che
li fece cadere per
terra.
Non sapeva cosa si era aspettata ma
non che il
Dottore scoppiasse a ridere una volta che l’ebbe stretta tra
le sue braccia. Le
baciò i capelli e la strinse a sé con maggiore
forza.
“Dopo tutto questo tempo,
pensavo avessi
imparato a non andartene in giro in questo modo!”
“Amante del pericolo.
Sono io!” rispose Rose
ricambiando l’abbraccio. “Dottore, ho scoperto una
cosa importante!”
“Sono tutto
orecchie” le sorrise il Dottore
poggiandole un altro bacio tra i capelli. L’aiutò
ad alzarsi in piedi e
l’abbracciò di nuovo. Stretti ancora uno nelle
braccia dell’altro, si
incamminarono verso la locanda. Rose cominciò a parlare ma
non notò il pallore
del viso del Dottore o il velo di sudore che gli imperlava la fronte. I
Signori
del Tempo non sudano per la fatica, certo non per aver corso, Rose
avrebbe
capito che la causa di quei sintomi erano stati la preoccupazione per
lei. La
disperazione al solo pensiero di averla persa di nuovo.
“Ho trovato delle
streghe” gli disse. “Credo
siano alieni ma si comportano come streghe. Le ho seguite fino al loro
covo e
ho sentito quello che dicevano. Ha tutto a che fare con ‘Pene
d’amor ritrovate’!
Sono state loro a far anticipare la rappresentazione, ne sono sicura.
Non so
come, ma ha tutto a che fare con Shakespeare!”
“Rose Tyler, sei
brillante” le sorrise il
Dottore. Normalmente a quel punto le avrebbe perso la mano e avrebbero
corso
insieme fino alla locanda ma in quel momento non voleva altro che
continuare a
stringerla contro di sé.
………¿DW?………
Quando raggiunsero la stanza di
Shakespeare,
Rose e il Dottore si tenevano ancora stretti uno all’altro.
“Rose! Stai
bene!” esclamò Martha con un sospiro
di sollievo quando li vide entrare dalla porta. Rose le sorrise a sua
volta:
nonostante sapesse che Martha aveva dei riguardi nei suoi confronti a
causa di
una chiara gelosia che provava a causa del Dottore, le fece piacere
saperla
preoccupata per lei.
Rose raccontò anche a
loro quello che aveva
sentito dire dalle streghe. “Non devi finire di scrivere la
commedia!” concluse
guardando Shakespeare che a sua volta la fissava perplesso.
“Pensa a prima, sul
palco: non è strano il modo in cui hai deciso di anticipare
la commedia? Così,
dal nulla?”
L’uomo alzò le
spalle. “Sono un artista. Prendo
le decisioni così come mi si presentano!”
“Non me la
bevo” gli disse Martha. “E quella non
è stata l’unica cosa strana successa
oggi!”
“Ci sono stati molti
strani eventi questa notte”
acconsentì Shakespeare. “Non posso privare la mia
compagnia del lavoro in base
a delle ipotesi. Mi dispiace: non è abbastanza.”
“Per me lo
è” intervenne il Dottore.
Shakespeare si appoggiò
alla scrivania e lo
osservò. “Sì, per voi lo
è” ripeté senza distogliere lo sguardo
da quello
strano uomo che aveva davanti. Così misterioso, che aveva
mostrato un lato
della sua natura che, ne era certo, non rivelava così
spesso. “Come può un uomo
così giovane avere degli occhi così
vecchi?”
“Leggo molto.”
“Una risposta banale,
anch’io faccio così. Ma se
è vero che leggete tanto…” aggiunse
spostando per un secondo lo sguardo da lui
a Rose, poi di nuovo su di lui. “Saprete che certi amori,
così intensi, si
trovano solo nelle opere letterarie. Di solito.”
Guardò Martha. “Tu lo guardi
come se fossi stupita della sua stessa esistenza. È molto
più un mistero per te
di quanto non lo sia per me. E tu,” continuò
accennando a Rose “per te è
diverso. Tu lo guardi come lui guarda te.”
Shakespeare sospirò.
Mostrò loro la porta prima
di sedersi dietro la scrivania. “Ora andate. Ho una commedia
da finire.”
“Ti prego,
ripensaci!” insistette Rose.
Shakespeare la guardò
sornione. “Potrei, forse,
se una musa restasse a ispirarmi.”
“No” rispose
subito il Dottore. Rose invece lo
studiò per qualche secondo prima di accettare.
“Rose, non se ne
parla” intervenne il Dottore ma
Rose lo zittì con un gesto della mano.
“Sono in grado di badare
a me stessa, ricordi?”
Il Dottore chiuse gli occhi.
“Mi fido di te”
disse e uscì dalla stanza seguito da Martha. Sul
pianerottolo incontrarono
Dolly, la locandiera. “Vi ho preparato una stanza, sir
Dottore. È giusto
dall’altra parte del pianerottolo. C’è
un solo letto purtroppo ma non credo vi
servirà posto per tre questa notte”
confessò loro facendo l’occhiolino.
“Mastro
Shakespeare è un grande amatore!”
………¿DW?………
Il Dottore spalancò
violentemente la porta della
loro stanza e lasciò entrare Martha prima di sbattersela
alle spalle con un
gesto irato.
Martha accese una candela e
attraversò la
stanza. Era felice che Rose stesse bene ma non poteva impedirsi di
essere
gelosa di lei. Cosa aveva lei per meritare tutta
quest’attenzione? Prima il
Dottore, ora Shakespeare. Perché? Soprattutto il Dottore:
perché? Non stavano
insieme, l’avevano detto loro stessi…e poi aveva
baciato lei, non Rose! Invece
eccolo lì a camminare nervosamente su e giù per
la stanza, a prendersela con
oggetti inanimati.
“Non è
esattamente un cinque stelle, vero?” gli
disse sperando di distrarlo facendo conversazione.
Il Dottore alzò lo
sguardo su di lei. “Oh, ho
visto di peggio. Una volta io e Rose abbiamo dovuto dormire in una
palude
infestata dai coccodrilli perché il TARDIS era finita in un
pantano e non
riuscivamo ad aprire le porte!” poi ricominciò la
sua incessante marcia per la
stanza. Se avesse continuato così avrebbe fatto un solco nel
pavimento.
“Non ho nemmeno lo
spazzolino da denti” gli
disse ma lui si limitò a frugarsi nelle tasche e a
passargliene uno senza
neanche rallentare. Provò ancora. “Allora, come
facciamo? C’è un solo letto.”
Il Dottore si passò
nervosamente le mani nei
capelli e ci si buttò sopra, le mani appoggiate in grembo,
guardando fisso
davanti a sé con un’espressione truce.
“Ci arrangeremo.”
Martha sorrise avvicinandosi a sua
volta al
letto. Non si era aspettata un evolversi degli eventi in quel tipo di
direzione.
“Allora…magia e cose simili! Questa sì
che è una sorpresa. Sembra quasi Harry
Potter!” gli confidò, ma il Dottore non la stava
ascoltando.
Scattò in piedi.
“Basta, ci sta mettendo troppo
tempo” borbottò dirigendosi verso la porta con
delle lunghe falcate ma Martha
lo fermò.
“Rose sta cercando di
salvare la situazione,
dopotutto” gli ricordò timidamente quando il
Dottore le riservò
un’occhiataccia. “Insomma non possiamo sapere cosa
stanno facendo, non dovremmo
pensar male. E anche se fosse…ecco…Rose
è libera di fare quello che vuole, no?
Non state insieme mi sembra d’aver capito!”
“Siamo insieme”
farfugliò il Dottore dal centro
della stanza. “Ma non stiamo insieme insieme”
e ricominciò a camminare per la stanza. Martha non
poté far altro che stare lì
a osservarlo. Doveva cercare di distrarlo o avrebbe continuato
così per tutta
la notte. “È un tipo affascinante Shakespeare,
vero?” e nel momento stesso in
cui quelle parole le uscirono dalla bocca avrebbe voluto mordersi la
lingua.
Cos’era, cretina?
“Sì.
Sì, è così”
concordò il Dottore con voce
piatta. “Mettiti a dormire. Domani ti riporto a
casa.” Si lasciò cadere sulla
panca di legno davanti alla porta con un tonfo. Avrebbe aspettato
lì che Rose
tornasse.
“Bene!”
sbottò Martha e soffiò sulla candela.
………¿DW?………
“Cosa posso fare per
convincerti?” domandò Rose
spazientita per l’ennesima volta. “Delle persone
potrebbero restare ferite. Non
t’importa?”
“Mi importa, Rose. Ma
è più importante che i
miei uomini guadagnino la loro paga. Almeno finché non ne
siamo certi.”
“Ne sono certa! Le ho
sentite!”
“Hai sentito delle
streghe tramare contro di me
in una casa che non sei più in grado di
ritrovare.”
“Mi ricordo il nome della
via, circa. Era tipo
Holly Street…o Hollow
Street…”
“All Hallows
Street?”
“Quello!”
“Che ironia”
rispose Shakespeare. Voleva aiutare
questi viaggiatori ma non a discapito della sua compagnia. Si sporse
oltre la
scrivania per prendere la mano di Rose nella sua e le sfiorò
le nocche con le
labbra. Lei cercò di riprendersi la mano ma lui la trattenne
con gentilezza.
“Il Dottore non è abbastanza per te. Lo vedo come
lo guardi e vedo anche come
lui guarda te. Eppure lui non è qui. Posso consolarti
io” e si chinò per
baciarla ma Rose si tirò indietro.
“Non ho bisogno di essere
consolata. Lui è tutto
ciò che voglio” con questo liberò la
mano e si alzò in piedi. “Ti prego,
Shakespeare” provò un’ultima volta.
“Ripensaci prima che qualcun altro si
faccia male. Ho visto quelle streghe, le ho sentite, devi credermi.
Chiunque
esse siano, hanno in mente qualcosa e ha a che fare con la
rappresentazione di
domani.”
“Non posso.”
A quel punto lei sospirò
e lasciò la stanza.
Mentre faceva le scale
realizzò una cosa. Era
un’ora che lo ripeteva a Shakespeare: era lo spettacolo, non
solo l’opera. Ma
perché? Uno spettacolo, il pubblico che si infiamma. Il
teatro sarebbe
diventato una sorta di catalizzatore per qualcosa! Ma certo!
Fece gli ultimi scalini di corsa ed
entrò
silenziosamente nella stanza, nel caso Martha stesse dormendo.
Immaginò che il
Dottore fosse sveglio. Lo vide subito, stravaccato sulla panca intento
a
sonnecchiare con gli occhi semichiusi. Cercò Martha con lo
sguardo: la vide
addormentata sul letto e non poté fare a meno di provare
un’ondata di sollievo
per la distribuzione dei posti ‘letto’.
Si avvicinò al Dottore e
gli appoggiò una mano
sulla spalla per chiamare la sua attenzione. Lui sobbalzò e
aprì completamente
gli occhi. Le circondò d’istinto la vita con un
braccio. Le sussurrò vicino
all’orecchio, ancora mezzo addormentato.
“Perché ci hai messo tanto?
Cos’è
successo?”
“Io ho cercato di
convincerlo. Lui ha cercato di
baciarmi” gli disse sedendosi accanto a lui sulla panca.
“Nient’altro.”
Lui scivolò di lato per
farle spazio, senza
scioglierla dall’abbraccio. Si sedette un po’ di
sbieco, una gamba lasciata
penzolare di lato, l’altra piegata e appoggiata sulla panca
in modo che lei
potesse sedercisi in mezzo senza rischiare di cadere. Rose
appoggiò la guancia
contro il suo petto e il Dottore chinò la testa per
sfiorarle il collo con le
labbra senza nemmeno rendersene conto.
Rose sapeva che il Dottore aveva
una temperatura
corporea inferiore alla sua ma non l’avrebbe mai detto in
quel momento,
sentendo le sue labbra bollenti accarezzarle la pelle, e venne scossa
da un
brivido di piacere.
Il Dottore la strinse di
più a sé, circondandola
anche con l’altro braccio, credendo che avesse freddo.
“Mia” mormorò mentre
scivolava nel sonno. “Solo mia” e si
addormentò.
Qualunque cosa avesse da dirgli,
decise Rose,
poteva aspettare fino al mattino dopo.
………¿DW?………
Di nuovo, un urlò nella
notte li destò.
Si svegliarono di scatto. Come
Martha aprì gli
occhi e si tirò a sedere, vide Rose ancora tra le braccia
del Dottore e,
finalmente, capì. Quanto era stata stupida.
Raggiunsero di corsa la stanza di
Shakespeare. Dolly
giaceva per terra priva di sensi…o morta. Il Dottore si
chinò per verificare
mentre Rose e Martha corsero alla finestra aperta dove riuscirono a
vedere la
strega volare via a cavallo di una scopa. Senza pensarci due volte,
Rose
scavalcò il cornicione per correrle dietro.
“Le è ceduto
il cuore. È morta di paura”
diagnosticò il Dottore.
Martha lo interruppe mentre Rose
raggiungeva il
terreno e cominciava a correre dietro a Lilith. Il Dottore e Martha le
furono
subito dietro.
“È una cosa
che fa spesso?” domandò Martha con
il fiatone.
“Credevo le fosse passato
questo vizio. Oh, no,
no, no. Persa di nuovo. Non è possibile!”
esclamò il Dottore. Per un secondo
Martha lo guardò preoccupata, temendo che cominciasse a
comportarsi di nuovo
come aveva fatto prima. Quando sembrò di no lo
trascinò in uno dei vicoli dove
le sembrava di aver visto scomparire la chioma bionda di Rose. Girarono
l’angolo e la videro.
Rose e una strega, ma non Lilith,
che la stava
tenendo per il collo.
“Rose!”
strillò il Dottore correndo in avanti ma
la strega gli fece cenno di bloccarsi.
“È solo
svenuta” lo avvertì. “Ma se fai un altro
passo le apro la gola.” Il Dottore si immobilizzò.
“Vuoi essere tu il primo
a morire?”
“Beh, se stai veramente
cercando un volontario…”
cominciò il Dottore esitante mentre faceva lavorare
freneticamente il cervello.
Non erano streghe, erano alieni, questo era evidente. Ma chi? Chi?
“…solo
lasciala andare!”
“No, Dottore!”
esclamò Martha allarmata.
La strega scoppiò a
ridere. “Cosa credi di poter
fare, povero mortale? Non hai potere su di me!”
“No, ma
c’è potere nelle parole. Rose continuava
a dirlo: tutto ha a che fare con l’opera. Il teatro. Lo
spettacolo. Le parole
che lo compongono…se solo potessi trovare quella giusta. Se
capissi chi sei…”
“Nessuno sulla Terra ci
conosce!”
“È una fortuna
che sia qui, dunque. Ora…pensa, pensa,
pensa…Umanoide, femmina…ma le parole?
Perché le parole sono così importanti?
Servono a incanalare l’energia…ma
cos’hanno a che fare con Shakespeare? Cosa
sappiamo, Martha?”
La ragazza lo guardò in
preda al panico. “I
sonetti hanno quattordici versi?”
Il Dottore si voltò
verso di lei stupefatto.
“Brillante, Martha Jones! I sonetti hanno quattordici versi!
Come il Globe!
A-ah!” esclamò estasiato. “Forme e
parole per incanalare l’energia! Quattordici!
Le quattordici stelle della Configurazione Planetaria di Rexel!
Creatura, io ti
nomino…CARRIONITE!”
La strega strillò in
preda al dolore e venne
avvolta da una luce abbagliante. Il Dottore balzò in avanti
tentando di
afferrare Rose ma era troppo lontano. Quando le raggiunse la strega era
sparita
e aveva portato Rose con sé.
Si lasciò cadere in
ginocchio prendendo a pugni
il suolo. “Continua a scivolarmi dalle dita”
gemette.
Martha lo raggiunse di corsa e gli
strinse una
spalla. “Dottore, cos’è
successo?”
Il Signore del Tempo
levò lo sguardo su di lei.
Dovette fissarla per alcuni secondi prima di vederla veramente.
“L’ho nominata.
Il potere dei nomi. Una magia molto antica.”
Si sentirono chiamare. Martha si
voltò e vide
Shakespeare correre verso di loro. “È tutto vero,
dunque. Rose aveva ragione!”
“Se ci avessi dato retta
fin dall’inizio questo
non sarebbe successo!” gli urlò contro Martha.
“Dobbiamo
aiutarla!” urlò il Dottore balzando in
piedi. Era frenetico. Perché Rose continuava a sfuggirgli?
“So dove
l’hanno portata!” disse loro
Shakespeare mostrando loro una mappa. “Rose si è
ricordata il nome del luogo
dove sorge la casa delle streghe. All Hallows Street, guardate:
è qui” disse
indicandola.
Il Dottore si passò le
mani nei capelli. “Devo andare
da lei” si disse ma non riusciva a muoversi.
“Dottore?”
domandò Martha confusa.
“Se salvassi lei ma
lasciassi finire il
mondo…non me lo perdonerebbe mai. Ah!”
esclamò spazientito. “Devo pensare in
fretta. Cosa vogliono le Carrioniti? Il teatro, abbiamo detto. Il
Globe, lo
spettacolo, la commedia. A-ah!” si rivolse a Shakespeare.
“Cosa facevi dopo che
Rose se n’è andata?”
“Stavo finendo la
commedia.”
“Cosa succede
nell’ultima pagina?”
Shakespeare scrollò le
spalle. “I ragazzi
conquistano le ragazze, danzano un po’, tutto diverte e
stimola l’interesse
come sempre…a parte le ultimissime battute”
realizzò. “La cosa buffa è che non
ricordo di averle scritte.”
“Ci siamo!”
esclamò il Dottore. “Ecco a cosa
serviva la commedia! Ti hanno usato! Ti hanno dato le parole finali
come un
incantesimo, un codice! La giusta combinazione di parole, nel posto
giusto, con
la forma del Globe…è un convertitore di energia!
Bisogna fermare lo spettacolo”
realizzò e si bloccò. Se andava al teatro, non
poteva andare da Rose.
Martha si intromise. “Vai
a All Hallows Street, Dottore. Io e Shakespeare fermeremo lo
spettacolo!”
Il Dottore le sorrise.
“Molto Bene, Martha
Jones! Allons-y!”
E si separarono.
………¿DW?………
Una volta trovata la strada, non fu
difficile
individuale la casa, la cui porta si limitò ad aprirsi
davanti al Dottore,
invitandolo ad entrare. Salì di corsa le scale saltando gli
scalini due a due
fino ad arrivare alla soffitta. Scostò il telo che fungeva
da porta ed entrò:
tutto in quella stanza diceva ‘strega’. La prima
cosa che vide fu Rose che
giaceva per terra priva di sensi e le si inginocchiò
accanto, incurante di
Lilith che lo fissava dall’altra parte della stanza.
“Cosa le avete
fatto?” le urlò adirato.
Lilith sospirò con una
scrollata di spalle. “Le
parole hanno avuto minor impatto su di lei. Madre ha dovuto tanto
faticare per
trovare il suo nome. In quanto a te, sir Dottore.” La donna
gli puntò contro il
dito ghignando malevola ma non successe niente.
“Affascinante. Non c’è nessun
nome” commentò colpita, scrutandolo.
“Perché un uomo dovrebbe voler nascondere
il suo con tanta disperazione?”
“Il potere dei nomi non
ha nessun effetto su di
me” sibilò il Dottore a denti stretti.
“Ora dimmi come posso risvegliare Rose!”
Lilith non batté ciglio.
“Buffo” fu la sua unica
risposta. “È curioso come il suo nome abbia
più effetto su di te che su di lei.
Rose” provò a dire, quasi come esperimento.
Il Dottore balzò in
piedi. “Smettila. Non sei
degna di pronunciare il suo nome” le si avvicinò
minaccioso. “Le Carrioniti
sono scomparse. Dove siete andate?”
Lilith fece schioccare la lingua,
infastidita
dalla memoria. “Gli Eterni trovarono la parola per bandirci
nell’Oscurità
Profonda.”
“Come avete fatto a
fuggire?”
“Nuove parole. Nuove e
scintillanti” rispose la
strega con la sua voce sensuale. “Prodotte da una mente senza
pari.”
Il Dottore capì.
“Shakespeare.”
“Suo figlio
morì. Il dolore di un genio…un
dolore senza misura. La follia fu sufficiente per consentirci
l’accesso.”
Il Dottore osservò
l’immagine di Shakespeare che
la strega evocò nel calderone. Il dolore di un genio. La
perdita. Come gli
suonava familiare. Alzò lo sguardo su Lilith.
“Quante di voi?”
“Solo noi tre. Ma la
commedia di questa sera
riporterà indietro le altre. Poi la razza umana
sarà epurata, come la peste. E
da questo mondo, ricondurremo l’universo lungo le vecchie vie
del sangue e
della magia.”
Il Dottore si grattò
distrattamente dietro un
orecchio avvicinandolesi. “Avete un’agenda fitta di
impegni. Ma…prima…dovrete
passare sul mio corpo” dichiarò a pochi centimetri
da lei.
Lilith lasciò vagare lo
sguardo sul suo viso e
ghignò. “Oh, che gran piacere sarebbe”
rispose avvicinandosi a lui ancora di
più. Gli occhi le scintillarono quando notò
qualcosa sulla sua giacca.
“Considerando che il mio nemico ha una così
affascinante e piacevole forma.”
Gli passò le mani sulle
spalle, sensuale e
provocatoria, raccogliendo qualcosa tra pollice e indice senza che il
Dottore
se ne accorgesse. Era un capello di Rose.
Il Dottore sembrò
trattenere una risata. “Oh,
questa è una forma di magia che non funzionerà
con me.”
Lilith sorrise contro la sua bocca.
“Vediamo”
rispose passandogli una mano sugli occhi. Quando la levò e
il Dottore riaprì
gli occhi si ritrovò faccia a faccia con Rose che gli
sorrideva mentre gli
accarezzava un lato del viso col dorso della mano.
Lui deglutì. Sapeva che
si trattava di Lilith:
Rose era ancora svenuta alle sue spalle. Sapeva che era un trucco ma
non poté
impedire ai suoi cuori di cominciare a battere all’impazzata.
“Non funziona,
eh?” disse Lilith con la voce di
Rose, con le labbra di Rose, con l’aspetto di Rose. Gli
passò le mani nei
capelli, ne afferrò una ciocca e lo strattonò,
costringendolo ad abbassare la
testa, in modo che le sue labbra entrassero a contatto con le proprie.
Non era Rose, il Dottore continuava
a
ripeterselo, ma non riuscì a costringersi a non schiudere le
labbra e lasciarla
entrare. A rispondere al bacio. Sentì Rose- Lilith...
Lilith, si corresse,
sorridere contro le sue labbra.
Gli succhiò il labbro
inferiore con forza mentre
lasciava scivolare una mano contro il suo petto. Il Dottore poteva
sentire le
unghie raschiare leggermente contro il tessuto della sua camicia,
trovarono una
fessura tra un bottone e l’altro e vi si insinuarono,
continuando la loro lenta
discesa a contatto con la pelle del Dottore. Fu attraversato da un
brivido
quando la mano di Rose, che però apparteneva a Lilith,
superò la vita dei
pantaloni e continuò a scendere, appoggiandosi contro il suo
membro teso. Il
Dottore si lasciò sfuggire un rantolo, ancora contro la sua
bocca. Lei lo baciò
con forza. Erano anni che non gli succedeva, era sempre riuscito a
controllare
bene quegli impulsi. Certo, prima che arrivasse Rose.
Lei
mosse la mano, provocando quella frizione tanto temuta e desiderata, e
strinse
le dita intorno all’erezione. Il Dottore gemette. Si appoggiò in avanti, all’istintiva ricerca di un maggior contatto fisico.
“Rose” ansimò. Poi sentì un
rumore alle sue spalle, di qualcuno che si muoveva.
“Dottore?”
disse la voce di Rose. La vera Rose, che aveva cominciato a ridestarsi,
e il
Dottore si rese conto di cosa stava facendo. Allontanò
Lilith da sé con uno
spintone e si voltò di scatto. Si ricompose.
La
Carrionite riacquistò il proprio aspetto e rimase a fissarlo
con un ghigno divertito
mentre il Dottore correva da Rose per aiutarla. Solo allora il Dottore
si voltò
di nuovo verso di lei e vide che stava stringendo una ciocca dei suoi
capelli
tra le dita.
Spalancò
gli occhi sorpreso. “Perché l’hai fatto?
A cosa ti serve quella?”
“È
un souvenir” rise la strega, passandosela sulla guancia
mentre il Dottore
tendeva una mano a Rose per aiutarla a rimettersi in piedi.
“Beh, ridammela!”
Lilith
si buttò indietro, spalancando la finestra alle sue spalle e
tenendosi fuori
dalla portata del Signore del Tempo. “Questo non
vale” borbottò lui.
“Oh,
Dottore, abbiamo già avuto abbastanza scambi per questa
sera, non credi?” lo
derise la strega. “Temici, Dottore. Per le Carrioniti gli
uomini non sono altro
che marionette” ed estrasse un pupazzo da sotto la tunica,
poi cominciò a
fissargli i capelli del Dottore sulla testa.
“Puoi
chiamarlo magia ma per me è un modulo di replicazione del
DNA. Come il trucco
di prima.”
Lilith
rise. “Oh, ma non era forse uno splendido trucco? Non mi sei
sembrato poi così
contrario alla fine” gli fece sollevando un sopracciglio e
accoltellò il
pupazzo senza esitazione prima di sparire.
Il
Dottore strillò e cadde all’indietro, praticamente
sopra a Rose, che lo
afferrò. Le ginocchia le cedettero sotto il suo peso e
finì per terra
stringendolo tra le braccia.
“Dottore!”
lo chiamò dandogli dei buffetti sulle guance per farlo
rinvenire. Il Signore
del Tempo aprì gli occhi e si guardarono.
“Ciao” gli fece lei, felice che
stesse bene. Rose non sapeva come aveva fatto a finire lì ma
le era bastato
guardarsi intorno per farsene un’idea ben precisa.
Il
Dottore la fissò per qualche secondo, poi si
schiarì la gola. “Ciao” le rispose
con una voce roca e più bassa di un’ottava. Si
tirò in piedi ma venne
attraversato da una fitta al petto, urlò dal dolore. Di
nuovo, Rose lo
sostenne. “Cosa succede?” strillò
allarmata.
“Ho
solo un cuore che funziona. Come fate voi umani a resistere? Devo farlo
ripartire: colpiscimi! Colpiscimi sul petto!”
Senza
esitare Rose chiuse la mano a pugno e l’abbassò
contro il suo petto con forza.
“Ora
sulla schiena!” rantolò il Dottore chinandosi in
avanti. Rose fece come le era
stato detto. “Perfetto!” esclamò il
Dottore facendo schioccare qualche osso e
balzando finalmente in piedi.
Si
sorrisero. Rose aspettò che la stringesse in uno dei loro
classici abbracci
alla ‘stiamo tutti bene’, ma il Dottore si
limitò a prenderla per mano e a
correre con lei fino al Globe.
………¿DW?………
Sconfissero
le streghe e salvarono il mondo…di nuovo.
Il
teatro era vuoto ormai. Shakespeare se ne stava seduto sul palco
accanto a Rose
e a Martha, nel particolare un po’ troppo
all’interno dello spazio personale di
Rose.
“Shakespeare”
lo ammonì la ragazza quando lui provò di nuovo a
baciarla.
L’uomo
sorrise, accettando il rifiuto. “Il Dottore potrebbe non
baciarti mai” l’ammonì
ma Rose gli mise le mani sulle labbra e lo allontanò
gentilmente da sé.
“Ho
fatto la mia scelta. Tanti e tanti anni fa.”
“E
poi so per certo che hai una moglie in campagna!” si
intromise Martha, cercando
di dare una mano a Rose. Da quanto aveva capito come stavano le cose
tra Rose e
il Dottore, aveva deciso di aiutarla come meglio poteva. Era stata
così
stupida, come aveva fatto a non notarlo quando era stato tutto
esattamente
sotto i suoi occhi? Per fortuna se n’era accorta prima che la
sua simpatia
diventasse una cotta vera e propria.
In
quel momento comparve il Dottore da dietro le quinte. “Bel
magazzino di
attrezzi là dietro” commentò.
“Rose, guarda che cos’ho trovato!”
Rose
scoppiò a ridere. “Sembra un Sycorax!”
“Sycorax?
Bella parola. Ruberò anche questa se permettete”
commentò Shakespeare.
“Dovrei
farmi dare il dieci percento. Come va la vostra testa?”
“Fa
ancora male.”
“Ecco,
vi ho portato questo” esclamò il Dottore legando
un collarino intorno al collo
del Bardo. Le ragazze lo guardarono e scoppiarono a ridere.
Il
Dottore ridacchiò con loro.
“Comunque…è ora di andare. Ho un
bell’attico nel
TARDIS dove questa gente potrà urlare per
l’eternità.” Si chinò a
prendere la
sfera luminosa dove avevano imprigionato le streghe. Se guardava con
attenzione
poteva ancora vederle raschiare contro le lisce pareti della sfera,
senza
speranza di uscire. Rose lo osservò diventare silenzioso
mentre si rigirava la
sfera tra le mani. Era da quando avevano lasciato la casa delle streghe
che si
comportava in modo strano.
Il
Dottore si scosse. “E poi, devo riportare Martha a
Freedonia.”
“Attraverso
il tempo e lo spazio?” chiese Shakespeare con indifferenza.
Il
Dottore sollevò entrambe le sopracciglia.
“Come?”
“Voi
venite da un altro mondo, come le Carrionite, Martha viene dal futuro e
Rose…non sono molto sicuro di sapere da dove viene
Rose” spiegò pensieroso.
“Futuro”
confermò Rose “e altro universo”
aggiunse.
“Incredibile”
esclamò il Dottore meravigliato. “Voi siete
incredibile.”
“Siamo
simili in molti versi” gli confidò Shakespeare.
“Perdita. Dolore. Follia. Sono
cose che anche voi avete sperimentato, non è
così? Ma voi siete più fortunato
di me: l’unica cosa che posso fare è continuare a
vivere, a parlare, a sperare.
Devo, non sono buono a nient’altro. Ma voi? Voi avete di
nuovo una ragione per
vivere…eppure ve la lasciate scivolare dalle dita. Ancora e
ancora.”
Il
Dottore lo ascoltò, un bagliore di dolore e vergogna negli
occhi. Spostò lo
sguardo su Rose e vide che lo stava fissando. Il Dottore voleva dire
qualcosa.
Sentiva il bisogno di dirle qualcosa. Spiegare, ma non trovava le
parole.
Quando fu Rose ad alzarsi lentamente in piedi, forse per parlare lei
stessa,
due dei membri della compagnia di Shakespeare entrarono di corsa nel
Globe e
tutti si voltarono a guardarli.
“Will!
Non ci crederai mai! È qui! Si è fatta
vedere!”
“Siamo
sulla bocca di tutti! Ha sentito parlare di ieri sera e vuole che la
rappresentiamo di nuovo!”
“Chi?”
domandò Martha confusa.
“Sua
Maestà! È qui!”
Suonarono
delle trombe e la regina fece il suo ingresso nel teatro.
“La
regina Elisabetta I!” esclamò il Dottore
meravigliato. “Hai visto, Rose, che
sei riuscita a incontrarla alla fine?”
Rose
lo stava ancora fissando da prima, scura in volto. Non le interessava
se era la
regina Elisabetta o Madonna: li avevano di nuovo interrotti.
Sospirò. Stava
cominciando a diventare un’abitudine. Cacciò via
la malinconia e si voltò a
guardare la reale, permettendosi di osservarla stupita.
“Dottore!”
esclamò la donna in tono velenoso quando li vide.
Il
Dottore sembrò confuso. “Cosa?”
“E
Rose Tyler! E Martha Jones!”
“Cosa?”
ripeté lui.
“I
miei nemici giurati! Tagliate loro la testa!”
“Cosa?”
fece di nuovo il Dottore sempre più confuso.
“Lascia
perdere come!” gli urlò Rose prendendolo per mano.
“Corri!”
“Ciao
Will!” salutò Martha mentre tutti e tre si
scapicollavano fuori dal teatro. “E
grazie!”
“Fermateli!
Fermateli!”
Corsero
verso il TARDIS correndo come matti.
“Ma
io non ho mai incontrato la regina Elisabetta!”
esclamò Martha senza fermarsi.
“Neanche
noi!” rispose il Dottore guardandosi alle spalle.
“Succede
con i viaggi nel tempo!” spiegò Rose senza
lasciare andare la mano del Dottore.
“Non
vedo l’ora di scoprirlo!” rise il Dottore aprendo
le porte del TARDIS. Lasciò
entrare prima Rose e Martha, poi le seguì schivando per
miracolo una freccia
che gli passò vicino all’orecchio e si
conficcò sul TARDIS. “Oops!”
………¿DW?………
Le
due ragazze si sedettero sul sedile del capitano, cercando di
riprendere fiato.
“Che
razza di avventura” commentò Martha col sorriso
sulle labbra.
Il
Dottore lanciò il cappotto su una delle strutture di corallo
e si avvicinò alla
console. Per prima cosa mandò il TARDIS nel Vortice poi con
calma cominciò a
inserire le coordinate per la Terra. “Solo questo viaggio,
ecco cos’ho detto,
un viaggio nel TARDIS e poi a casa” disse quando Rose lo
fissò con aria interrogativa.
“Però,
Dottore” intervenne scendendo dal sedile e avvicinandoglisi.
Lui si voltò a
fissarla. Rose sorrise. “Pensavo che potremmo ampliare un
po’ la definizione.”
Il
Dottore lanciò uno sguardo veloce a Martha. “Che
cos’hai in mente?”
Rose
appoggiò il mento sulla sua spalla guardandolo negli occhi,
senza smettere di
sorridere. “Un viaggio nel passato e uno nel
futuro?” propose.
Il
Dottore la osservò, cercando di opporsi. Alla fine
sospirò e si arrese:
sapevano entrambi che gli era impossibile resistere quando lei faceva
così. “Va
bene. D’accordo! Un viaggio nel futuro…ma poi
basta!” avvertì puntando un dito
contro Martha che annuì. “Andate a riposarvi
prima. Partiremo dopo che vi
sarete fatte le vostre nove sane ore di sonno.”
“E
una doccia” aggiunse Rose. “Vieni Martha, ti mostro
un po’ in giro!”
“Nessuna
lamentela da parte mia!” assicurò Martha balzando
giù dalla sedia e seguendo
Rose verso l’interno del TARDIS.
“Il
TARDIS non è solo una macchina. È
senziente” spiegò subito Rose mostrando a
Martha alcune delle stanze principali: la cucina, la biblioteca,
l’infermeria.
“C’era anche una stanza per il karaoke ma
è un po’ che non la vedo in giro”
commentò. Aprì una porta e si trovò
davanti a un impianto per il karaoke. “Oh,
eccola. Potrebbe cambiare la disposizione per le stanze ma non
spaventarti se
ti perdi. Chiediglielo gentilmente e ti riporterà nella sala
di controllo.
Capito?”
Martha
la guardò allibita.”Devo parlare…con la
nave spaziale?”
Le
luci sopra di loro lampeggiarono offese. Rose passò
gentilmente una mano lungo
la parete del corridoio, come una carezza. “Te l’ho
detto. È senziente. Non le
piace che le venga dato della ‘nave spaziale’.
È un TARDIS” le sorrise Rose.
“Ti ci abituerai. Ora” aggiunse aprendo una porta a
caso e rivelando un’ambia stanza
da letto. “Questa è la stanza che ha scelto per
te. Se c’è qualcosa che non ti
piace e vorresti cambiare basta dirlo e farà in modo di
venirti in contro.”
“È
incredibile” esclamò Martha a bocca aperta.
“È
meraviglioso” rispose Rose. “E ora vado nella mia
stanza a farmi la doccia più
lunga degli ultimi 3 anni!” e si chiuse la porta alle spalle
con un sorriso.
Non aveva potuto far a meno di notare che l’atteggiamento di
Martha nei suoi
confronti era cambiato. Si chiedeva cosa mai avesse potuto farle
passare la
cotta per il Dottore. Non sapendo come trovare una risposta, si
limitò ad
accettare le cose positive così come le si presentavano.
Aprì
la porta davanti a sé ed entrò nella propria
stanza. Aveva avuto modo di
vederla di sfuggita prima, quando era venuta a cambiarsi, ma solo in
quel
momento si concesse di guardarla veramente. Era tutto come
l’aveva lasciato.
Esattamente come l’aveva lasciato. Ogni boccetta di profumo,
ogni foto, ogni
vestito. L’unica cosa che aveva cambiato posizione era la sua
poltrona che era
stata girata leggermente verso il centro della stanza. Sapeva cosa
significava.
Il Dottore aveva trasformato la sua camera in un santuario. Gli occhi
le si
riempirono di lacrime. “Oh, Dottore”
singhiozzò coprendosi il viso con le mani.
Più
tardi, quando uscì dalla doccia finalmente pulita e di nuovo
profumata, si
rivestì con un semplice paio di jeans e una maglietta.
Uscì dalla stanza e si
diresse verso la cucina. Nel farlo, passò davanti alla porta
aperta della
biblioteca e qualcosa catturò la sua attenzione. Era
comparso uno splendido
pianoforte a coda dall’ultima volta che era stata in quella
stanza. Entrò
lentamente e si avvicinò allo strumento. Lo
sfiorò con la punta delle dita.
Sentì
qualcuno entrare dietro di sé, si girò e vide il
Dottore che la stava
osservando. “E questo quando è saltato
fuori?” gli chiese.
Il
Dottore le rispose con una scrollata di spalle. “Ce
l’avrà messo il TARDIS” la
raggiunse e tirò via il telo che ricopriva il pianoforte. Lo
abbandonò per
terra e allungò una mano per accarezzare la superficie nera
e lucida, perso nei
ricordi.
“Lo
sai suonare?”
Il
Dottore la guardò con un sorriso divertito. Si sedette sullo
sgabello e le fece
cenno di sedersi accanto a sé. “Caso vuole, Rose
Tyler, che lo sappia!” Si
scrocchiò le dita. “Cosa vorresti
sentire?”
“La
prima cosa che ti viene in mente.”
Lui
non si mosse per qualche istante, poi sospirò. Mise le mani
sulla tastiera e
cominciò a suonare.
………¿DW?………
Dopo
un po’ anche Martha uscì dalla stanza e decise di
andare a cercare Rose e il
Dottore. Non era sicura di aver capito come funzionava la disposizione
delle
stanze, nel TARDIS, ma suppose che se avesse continuato a camminare si
sarebbe
ritrovata da qualche parte. Mentre esplorava sentì qualcuno
suonare. Seguì la
musica fino a una porta aperta: sbirciò dentro e si rese
conto di trovarsi in
biblioteca. Rose e il Dottore erano dentro e li osservò in
silenzio dalla
porta. Erano uno accanto all’altro, seduti davanti al
pianoforte, la testa di
Rose appoggiata contro la spalla del Dottore.
Martha
rimase per qualche secondo ad ascoltare rapita quella musica
tristissima. Non
era una melodia complicata ma qualcosa in essa le spezzò il
cuore e si rese
conto che stava piangendo. Si portò una mano al viso e con
la punta delle dita
sentì le lacrime che le bagnavano le guance. Si
allontanò senza fare rumore,
per lasciarli soli.
Trovò
la cucina esattamente di fronte alla porta della biblioteca e decise di
prepararsi una tazza di tè.
Dopo
qualche minuto la musica cessò e vide il Dottore emergere
dalla biblioteca con
Rose addormentata tra le braccia. Anche lei aveva pianto.
Lo
guardò chiudersi la porta della biblioteca alle spalle e
riaprirla subito dopo:
era diventata un’altra stanza: la stanza di Rose. Il Dottore
entrò e la
appoggiò sul letto. Le accarezzò i capelli poi se
ne andò, chiudendo la porta.
Entrò
in cucina anche lui e si appoggiò al bancone con le mani
lasciando andare un
sospiro un po’ instabile. Martha gli si avvicinò e
gli offrì una tazza di tè.
“Di chi è quella melodia?” gli
domandò. “Era tristissima.”
“Beh”
rispose il Dottore senza levare lo sguardo su di lei. “Mia.
L’ho scritta quando
Rose…sai…” e si fermò senza
riuscire a terminare la frase. Martha gli appoggiò
una mano sul braccio, stringendo piano, cercando di trasmettergli un
po’ di
conforto. Non sapeva cos’era successo tra i due, esattamente.
Quello che sapeva
era che il Dottore era stato solo la prima volta che lo aveva
incontrato:
nemmeno lui sapeva che avrebbe incontrato Rose quel giorno
all’ospedale. Sapeva
anche che si agitava ogni volta che Rose era lontana dal suo sguardo,
per non
parlare delle ondate di semifollia che lo travolgevano quando le
succedeva
qualcosa. Non era difficile da capire.
“Ora
è qui, no?”
Lui
sospirò. “Sì, ma per quanto?”
ed uscì dalla cucina senza neanche aver toccato
il suo tè.
NDA:
Finito! Santo cielo che epopea! Non mi aspettavo che venisse
così lungo! Dubito
che il prossimo sarà altrettanto chilometrico (anche
perché sarà tutta farina
del mio sacco=! xD Il Dottore ha delle reazioni un po’
più forti del
solito…concedetemelo xD Adoro scriverlo così.
Soprattutto se riesco a scriverlo
geloso e disperato! Presto arriveremo anche al momento in cui sono
tutti felici
però :) non preoccupatevi!
Piccola
nota: lo so che il Dottore non ha bisogno di dormire, ma possiamo
accettare i
suoi sonnellini come necessità narrativa? xD Accettiamo come
assioma che il
Dottore abbia bisogno di dormire qualche ora alla settimana e
facciamola
finita, va bene? Se lo faccio dormire vuol dire che non dormiva da
tanto :)
Ah,
importante: la melodia che il Dottore suona al pianoforte è
“Rose’s Theme” e se
non avete presente qual è…vergogna! Andate su
youtube e controllate! E facciamo
finta che l’abbia riadattata per pianoforte, ok? E se ve lo
chiedete, sì…il
Dottore compone xD spesso non bene, come possiamo notare ne
“la musica delle
sfere” ma può farlo xD e lo fa! Il pianoforte
sappiamo che lo sa suonare grazie
a Beethoven! :p Spero che vi siano piaciute le piccole scene extra che
ho
inserito e che la storia continui ad avere senso anche se ho cambiato
qualche cosa
qui e lì! Credo di aver detto tutto! Per dubbi e
perplessità scrivetemi pure! A
lunedì prossimo! Un bacio e buona Pasqua!!
p.s. Omg avete letto del cinquantesimo anniversario? Io sono tipo
terrorizzata
e al settimo cielo nello stesso tempo! Avremo di nuovo Ten e Rose
insieme!!
Speriamo solo che Moffat non faccia cacao come al solito!!
EDIT
(28/05/2013): Questo è un bellissimo disegno che mi hanno
fatto (ispirato alla
scena in cui Rose e il Dottore dormono insieme sulla panca!) <3
Macci cara,
sappi che hai e avrai sempre tutto il mio amore!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 6 *** La Fabbrica ***
Capitolo Cinque: La Fabbrica
You must
remember this
A kiss is still a kiss
A sigh is still (just) a sigh
The fundamental things apply
As time goes by
And when two
lovers woo
They still say: "I love you"
On that you can rely
No matter what the future brings
As time goes by
Moonlight and
love songs - never out of date
Hearts full of passion - jealousy and hate
Woman needs man - and man must have his mate
That no one can deny
It’s still the
same old
story
A fight for love and glory
A case of do or die
The world will always welcome lovers
As time goes by
(As Time Goes
By – Frank Sinatra)
“Rose,
si può sapere cosa stai indossando?” Il Dottore
trattenne una risata.
La
ragazza finì di stringere le spighette degli scarponi da
montagna e si alzò in
piedi. Li guardò ancora una volta e scrollò le
spalle. “È una di quelle
giornate, me lo sento.”
Martha
la guardò preoccupata. Cosa voleva dire con ‘quel
tipo di giornata’? Il Dottore
invece rise e raggiunse la console del TARDIS per inserire le nuove
coordinate.
“Allora!
Un viaggio nel passato e uno nel futuro!” esclamò.
“Che ne dite di…un altro
pianeta?”
Martha
dimenticò istantaneamente la preoccupazione per le scarpe di
Rose e si voltò
per guardare il Dottore con gli occhi che le luccicavano.
“Possiamo andare sul
tuo?”
Il
Dottore smise di muovere le mani sui comandi. Si voltò a
guardarla, il sorriso
gelatoglisi sulle labbra.
Prima
che potesse rispondere, Rose fece un passo avanti e gli prese la mano,
stringendola, come faceva sempre. Lui abbassò lo sguardo
sulle loro mani
giunte, come se ci potesse trovare nascosti i segreti
dell’universo. Ricambiò
la stretta e la lasciò andare. Rose spalancò gli
occhi sorpresa e delusa: non
era da lui fare così.
Il
Dottore sospirò e si rivolse a Martha, senza spostare lo
sguardo dalla console.
“Il mio pianeta non esiste più.”
“Cos’è
successo?” non poté fare a meno di chiedere Martha
dopo un momento.
Il
Dottore guardò Rose in una preghiera silenziosa.
“C’è
stata una guerra” rispose lei al suo posto. “La
Guerra del Tempo che i Signori
del Tempo hanno combattuto contro una razza chiamata Dalek.”
Il
Dottore non aveva distolto gli occhi dai suoi nemmeno un secondo mentre
lei
parlava, ascoltandola con quel familiare dolore nello sguardo di quando
si
parlava del suo popolo. Rose avrebbe voluto allungare di nuovo una mano
verso
di lui, stringerlo in un abbraccio, ma si trattenne. Il Dottore si era
comportato in modo strano con lei da quando avevano incontrato le
Carrioniti,
aveva cominciato a mantenere le distanze in un modo che le era
dolorosamente
familiare, anche se non riusciva a capire perché.
“Hanno perso tutti. Lui è l’ultimo
Signore del Tempo.”
Calò
il silenzio nella sala di controllo, interrotto solo dai leggero
mormorio
metallico del TARDIS che risuonava con una nota sofferente, partecipe
alla
tristezza del suo Signore del Tempo.
Martha
si maledì interiormente per la sua boccaccia mentre
osservava il dolore che
aveva indurito i lineamenti del Dottore. E cos’era quella
tensione tra quei due?
Lui aveva fissato Rose per tutto il tempo mentre lei parlava e ora che
anche
lei si era ammutolita, nessuno si muoveva più, persi
l’uno nell’altro, ma
diversamente dal solito.
Martha
li aveva osservati: quando si guardavano in quel modo sembravano sempre
sul
punto di fondersi l’uno con l’altro, come se non
fossero veramente due entità
distinte. Ma in quel momento? C’era come un muro tra di loro
e se lo poteva
avvertire lei…chissà come doveva sentirsi Rose.
“Beh”
provò, sperando di non peggiorare ulteriormente la
situazione. “Allora, cosa…”
ma non riuscì a terminare la domanda. Il Dottore
scattò, come se avesse sentito
un segnale, e cominciò a saltellare intorno ai controlli del
TARDIS. La
tristezza che Martha aveva visto nei suoi lineamenti cancellata, come
se non ci
fosse mai stata, ma sapeva che era ancora lì.
“Naah!
So io dove portarvi!” esclamò ricollegandosi alla
prima domanda che aveva fatto
Martha. Come se quel lungo silenzio non fosse mai avvenuto.
“Rose! Aziona il
regolatore elmico!”
Rose
sospirò e fece come le era stato detto. Si
allungò sulla console e ne
approfittò per disinserire il freno a mano che come al
solito il Dottore si era
‘dimenticato’ di togliere. Come risultato
riuscirono ad atterrare con molti
meno scossoni del solito ed erano ancora tutti e tre in piedi quando il
TARDIS
smise di agitarsi.
Il
Dottore fu il primo a raggiungere la porta del TARDIS. Si
infilò il cappotto e
aspettò che le due ragazze lo raggiungessero.
“Pianeta Bungtar” presentò.
“Anno
tre milioni e 46! Razza umanoide quasi del tutto simile alla vostra!
Siamo
atterrati a Myatech, la città più grande e
importante del pianeta. Vediamo, altro…?
Monarchia! Mai conosciuto regnanti più simpatici di
loro…sono stati molto
felici quando ho insegnato loro a preparare il tè!”
Spalancò
la porta e le fece uscire. Si ritrovarono in un vicolo. Tutto intorno a
loro,
dalle pareti all’acciottolato, aveva una tenue tinta
rossastra. Sarebbe stato
meraviglioso se solo l’intonaco dei muri non stesse cadendo a
pezzi e le mattonelle
per terra non fossero tutte mezze rotte. Forse il colore bizzarro della
città
sarebbe bastato ad abbagliarli con la sua bellezza ma il cielo appariva
oscurato da una nebbia grigia, scura, che donava una tinta tenue e
sinistra.
Sembrava smog.
“Mmh…non
è esattamente come me lo ricordavo.” Il Dottore
fece qualche passo e uscì dal
vicolo senza smettere di guardarsi intorno corrucciato.
“Sarà il caso di andare
a esplorare!”
Si
ritrovarono in una piazza del tutto deserta. Non era tardi, se fosse
stato
possibile vedere il sole oltre quel denso strato di smog avrebbero
saputo che
non era nemmeno il tramonto.
“Dove
sono andati tutti?” domandò Martha preoccupata.
Fecero
un giro della piazza, cercando qualche indizio. Qualcosa che potesse
suggerire
loro cosa stava succedendo. Sentirono strillare. Una giovane donna dai
capelli
biondi spuntò da una delle strade e si
immobilizzò quando vide il Dottore, Rose
e Martha. Poi ricominciò a correre, continuando
freneticamente a guardarsi alle
spalle.
“Aspetta!”
urlò il Dottore cercando di fermarla. “Cosa sta
succedendo?”
“Possiamo
aiutarti!” tentò di rassicurarla Rose.
“Le
guardie mi stanno inseguendo!” urlò la donna senza
permettersi di rallentare e
facendo loro segno di seguirla. “Presto!”
In
quel momento le due guardie in sella a delle motociclette sbucarono
dalla
stessa strada da cui era arrivata la donna. Appena li identificarono
estrassero
delle pistole e cominciarono a sparare loro contro. Per fortuna erano
ancora
troppo lontani per colpirli…per il momento.
Rose
e il Dottore si scambiarono uno sguardo, quel tipo di situazione era
fin troppo
familiare per loro: Rose afferrò la mano di Martha mentre il
Dottore quella
della donna. “Corri!” urlarono contemporaneamente.
Martha
li seguì istintivamente, stava cominciando a reagire sempre
con maggior
prontezza a quel determinato ordine. Non potevano sperare di seminare
le due
guardie e le loro moto a propulsori. Martha sarebbe rimasta affascinata
dalla
tecnologia superiore di quel pianeta, dal momento che non avevano ruote
e si
muovevano a qualche metro da terra, se non fosse stata troppo occupata
a non
farsi ammazzare. “Ci raggiungeranno!”
urlò. Si rese conto di star dicendo una
cosa ovvia ma in quel momento non gliene poteva fregare di meno. Voleva
solo
che la smettessero di spararle addosso.
Quando
uno dei colpi di pistola volò a pochi centimetri
dall’orecchio di Rose, il
Dottore lasciò andare la mano della giovane donna e fece
segnò di continuare a
correre. Rose rallentò solo per un momento prima di vedere
il Dottore estrarre
il cacciavite sonico, poi capì cosa voleva fare e riprese a
correre.
Il
Dottore puntò il cacciavite contro le moto delle guardie.
Cominciarono a
fumare, poi a rallentare e alla fine si schiantarono al suolo. I
fuggitivi
approfittarono del guasto per infilarsi in vicoli sempre più
stretti e le seminarle
le guardie.
Le
tre ragazze stavano ancora cercando di riprendere fiato quando il
Dottore
cominciò a parlare. “Dunque! Direi che adesso
è arrivato il momento delle
presentazioni! Io sono il Dottore e loro sono Rose Tyler e Martha
Jones!”
La
donna era ancora a corto di fiato. “Il mio nome è
Neithe.” Si sporse in avanti
per stringere la mano che le veniva porta.
“Neithe,
perché ti stavano inseguendo?” domandò
Rose che nel frattempo si era ripresa.
“Il
coprifuoco scatta allo scoccare della campana delle cinque!”
Neithe la guardò
stupita. “Dovreste saperlo! Nessuno osa uscire dopo le
cinque!”
Il
Dottore si strinse nelle spalle. “Veniamo da fuori.”
“E
tu allora? Cosa ci facevi in giro?” si intromise Martha
guadagnandosi uno
sguardo di approvazione da parte del Dottore.
Neithe
raddrizzò la schiena e li guardò negli occhi,
quasi volesse sfidarli. “Sono un
membro della resistenza. Sto portando delle informazioni alle nostre
guardie
sotto copertura…e adesso che vi siete messi in mezzo per
aiutarmi inseguiranno
anche voi” abbassò lo sguardo, l’aria
spavalda svanì in fretta. “Mi dispiace.”
“Nah,
staremo bene” l’assicurò il Dottore, ma
la ragazza non sembrò ascoltarlo.
Cominciò a passarsi la punta delle dita tra i capelli, come
se stesse cercando
di pettinarli, pensando freneticamente. Tra
un attimo comincerà a mangiarsi le unghie,
pensò Rose.
“No”
decise Neithe alzando la testa di scatto. “Dovete incontrare
Zahan. È uno dei
capi della resistenza: vi aiuterà a uscire dalla
città. Ormai avranno già
informato le guardie di confine.”
“Oh,
ma noi non abbiamo bisogno di uscire…”
cominciò Martha ma il Dottore la
interruppe bruscamente. “Ti siamo molto grati.”
“Bene,
seguitemi!” Neithe sbirciò dietro un angolo per
assicurarsi che la strada fosse
deserta e cominciò a guidarli attraverso i vicoli e le
strade di quella città
che sembrava quasi un labirinto.
Martha
si sporse oltre Rose, per parlare al Dottore. “Ma noi non
dobbiamo uscire dalla
città” gli fece notare sottovoce.
Fu
Rose a rispondere per lui. “L’ultima volta che
è stato qui erano tutti felici e
contenti e ora c’è una resistenza…e un
coprifuoco? Non potrebbe resistere.”
Il
Dottore le rivolse uno di quei suoi folli sorrisi. “Proprio
no, Rose Tyler.”
Neithe
richiamò la loro attenzione. Aprì una grossa
botola di metallo e li fece
scendere uno per uno.
“Fogne.
Fantastico” si lamentò Martha.
“L’avevo
detto che era uno di quei giorni” commentò Rose
con una smorfia. Camminarono in
silenzio per qualche minuto, giusto il tempo per allontanarsi dalle
entrate
principali ed essere certi che nessuno li stesse seguendo.
“Allora”
cominciò Neithe, curiosa. “Da dove avete detto di
venire?”
“Oh,
sai…fuori” rispose il Dottore, vago come al
solito. “Siamo turisti
interplanetari. Arrivati oggi.”
“È
un sacco di tempo che non ci sono turisti su questo pianeta”
commentò Neithe
con un sospiro. “Da quanto c’è stato il
colpo di stato è venuta sempre meno
gente. A volte si vedono ancora uomini d’affari, ma quelli
girano da soli. È da
quando sono piccola che non vedo una famiglia! Quale delle due
è la prima
moglie?”
Martha
la guardò sbigottita, la bocca spalancata e gli occhi fuori
dalle orbite. “Come
scusa?”
“Non
siamo sposati” rassicurò Rose. Neithe si
scusò imbarazzata per l’errore.
“Ha
detto mogli?”
ripeté Martha
incredula.
“Poco
male” le rispose Rose facendo spallucce. “Uno dei
primi alieni che ho
incontrato ha cominciato chiedendomi se ero sua moglie, poi la sua
concubina e
infine la sua prostituta.”
“E
tu?”
“Io
ho detto loro che potevano andare a impollinarsi per quel che mi
interessava.”
Martha
la guardò perplessa.
“Era
una donna albero.”
“Ah.
Questo spiega un paio di cose in effetti.”
Camminarono
ancora per un po’ di tempo. “Trentaquattro
minuti” le informò il Dottore quando
finalmente Neithe indicò una scala ed si ritrovarono nel
magazzino di una
locanda.
“Tranquilli,
i padroni di questo posto sono dalla nostra parte”
assicurò Neithe uscendo allo
scoperto. Attraversò la sala semideserta e raggiunse un
tavolo nell’angolo,
parzialmente nascosto da un paravento, e lì seduto
c’era Zahan che li stava
scrutando con un’espressione rigida. Non era alto,
probabilmente superava Rose
in altezza solo di un paio di centimetri. Aveva i lineamenti delicati,
gli
occhi verdi, freddi, e i capelli color nocciola.
Salutò
Neithe con un cenno del capo quando gli si avvicinò.
“Hai fatto tardi” le fece
notare senza perdere di vista il Dottore o le due ragazze.
“Delle
guardie mi hanno visto. Loro mi hanno aiutata a scappare.”
“E
chi sareste, voi?”
“Il
Dottore, Rose Tyler e Martha Jones” rispose prontamente il
Dottore con lo
sguardo che gli scintillava. Adorava le nuove situazioni, anche se
erano
potenzialmente pericolose.
“Vi
ringrazio per l’aiuto, dunque” fece Zahan e
alzò un braccio per fare segno al
locandiere di portare loro qualcosa da bere.
“Oh,
sai” il Dottore fece spallucce. “In cambio mi
piacerebbe proprio sapere cosa
sta succedendo su questo pianeta. L’ultima volta che sono
stato qui non c’erano
resistenze o coprifuochi.”
“Allora
è stato un bel po’ di tempo fa, Dottore. Questa
è la situazione del pianeta. Da
almeno dieci anni.”
“Cos’è
successo?” volle sapere Rose. Zahan spostò lo
sguardo su di lei e su Martha,
soprattutto su Martha, squadrandola da capo a piedi con un sorriso
mellifluo.
“Forse
Neithe potrebbe aiutarvi a trovare una stanza libera al piano di
sopra” suggerì
invece di risponderle. “Non credo sia il caso che delle
così graziose e
benvestite fanciulle si annoino con questo genere di
discorsi.”
Rose
fece un passo verso di lui, minacciosa: non sarebbe certo stato lui a
riuscire
a metterle i piedi in testa. Era così concentrata su Zahan
che non notò come il
Dottore avesse trattenuto una risata al commento del ribelle, e di come
ora la
stesse guardando con orgoglio.
“Senti,
Zahan” gli disse freddamente. “Io sono Dame Rose
Tyler del Powell Estate. Sono il
Lupo Cattivo. La Protettrice della Terra e agente Torchwood di prima
classe. Ho
lottato contro Dalek, lupi mannari e Cyberman. Non hai idea di chi e
cosa ho
affrontato.” Ormai si trovava a poco più di un
metro da lui e si interruppe per
poterlo squadrare meglio. Dopo un secondo sollevò le
sopracciglia, incredula.
“Da che pulpito poi!” sbuffò.
Girò sui tacchi e tornò da Martha. Si sedette
accanto a lei a braccia incrociate, accavallando le gambe.
“Qui stiamo
benissimo. Grazie.”
Sia
Zahan che Martha continuarono a guardarla a bocca aperta. Il Dottore
era
l’unico che sorrideva apertamente. “Molto bene.
Stavi per dirci che cosa è
successo” disse prendendo a sua volta una sedia.
Martha
guardò Rose con sguardo interrogativo.
“È una donna” le rispose lei.
Zahan
sembrò riprendersi dallo shock e cominciò a
parlare. “Un colpo di stato.
Gouther era uno dei ministri. In una notte sterminò tutta la
famiglia reale e
prese il controllo. Le cose hanno cominciato ad andare male da allora.
Noi
cerchiamo di contrastare la lenta distruzione che sta imponendo sul
pianeta.”
Zahan
e il Dottore continuarono a discutere ancora per un po’.
Rose, dopo la sfuriata
di poco prima, si limitò ad ascoltare in silenzio. Martha lo
trovava strano:
perché il Dottore non stava coinvolgendo Rose nel processo?
Passi lei,
insomma…era solo una passeggera temporanea, no? Ma Rose?
Sembrava appartenere
al TARDIS tanto quanto lui. Viaggiava insieme
a lui piuttosto che con lui.
Spesso
si comportava come lui, a volte addirittura parlava
come lui. Il Dottore di solito sembrava
saperlo…perché si stava comportando in
quel modo?
“D’accordo”
acconsentì il Dottore dopo un lungo momento. “Vi
aiuterò. Ma non combatterò. E
non provare nemmeno a chiederlo a Rose o a Martha” aggiunse
adocchiando la
sciabola e la pistola che Zahan portava spavaldamente alla vita.
Si
alzarono in piedi e seguirono la locandiera che ne frattempo aveva
preparato
loro una stanza.
“Un
solo letto. Di nuovo!” si lamentò Martha.
“È possibile che finiamo sempre in
locande con letti singoli?”
“Non
sarà un problema” commentò il Dottore
togliendosi il cappotto. “Non ho bisogno
di dormire come voi umani. Potete avere voi il letto.”
Rose
si coricò senza dire una parola, era stata silenziosa quasi
tutto il giorno ma
da quando aveva dato contro a Zahan non aveva più aperto
bocca. Certo, il
Dottore si comportava in modo strano, soprattutto con Rose, non era
certo la
prima volta che lo notava quel giorno…ma perché
lei avrebbe dovuto arrabbiarsi
tanto? Era successo qualcosa tra loro di cui non era a conoscenza?
All’inizio
pensò che fosse della semplice gelosia nei confronti di
Zahan, dopo aver
scoperto che era una donna, ma se anche quello poteva essere uno dei
fattori,
certo non era l’unico motivo.
Si
sdraiò accanto a Rose. Avrebbe voluto chiederglielo
direttamente e farla
finita, ma non era certa che avrebbe gradito. In quello stesso momento
Rose
borbottò qualcosa che suonava molto come “Ora mi
manca solo una ragazza nel
caminetto e sono a posto” prima di spegnere la luce e
mettersi a dormire.
………¿DW?………
Il
giorno dopo si rimisero in viaggio tutti e cinque e dovettero
affrontare
nuovamente una lunga attraversata delle fogne.
“È
l’unico modo sicuro per uscire dai confini della
città senza farsi individuare”
spiegò Zahan vedendo le facce contrariate di Martha e Rose.
Lasciarono
che Zahan e Neithe aprissero loro la strada. Il Dottore si
accostò alle due
ragazze. “Ci stanno portando a incontrare il loro
capo” le informò.
Rose
non disse una parola. Martha fu quasi in grado di vedere una vena
pulsarle
sulla fronte. Non poteva biasimarla: come ultima arrivata sapeva di non
avere
tutto quel potere decisionale ma avrebbe gradito essere interpellata
prima di
trovarsi catapultata in una missione potenzialmente pericolosa.
Probabilmente
avrebbe accettato lo stesso di aiutare queste persone, ma avrebbe
voluto che le
fosse stata offerta la scelta di tornare nel TARDIS e rimanere al
sicuro.
“Dal
momento che hai accettato di aiutarli” fu infatti il suo
commento e non si
preoccupò del fatto che uscì molto più
acidamente di quanto avesse voluto
all’inizio.
Il
Dottore non sembrò accorgersene. “Dopo che siete
andate a dormire ho parlato
ancora con Zahan” raccontò e Rose
sbuffò. “A quanto pare l’ex ministro non
si è
limitato a fare un colpo di stato. Dopo pochi mesi ha deciso che i
Tarakan, il
popolo di Zahan, fossero una razza inferiore e ha cominciato a
imprigionarli e
a renderli schiavi. Quelli fortunati finiscono a lavorare in case
private,
altri rischiano di diventare schiavi sessuali e di essere utilizzati
per
intrattenimento…facendoli combattere tra di loro o contro
delle bestie feroci
fino alla morte.”
Sentendoli
parlare Zahan si avvicinò. Rose cercò di non
lanciarle un’occhiata velenosa:
non era colpa sua se stava cercando di salvare il suo popolo ma tutta
quella
situazione, l’atteggiamento del Dottore, le ricordava troppo
la situazione
creatasi con Reinette.
“Silfarion
è stato il primo ad andare contro a quella pratica barbara
ed è stato mandato a
morte. Questo nonostante fosse lui stesso il primogenito di
Gouther” spiegò
Zahan parlando del capo dei ribelli. “È
così che ha perso la vista all’occhio
destro. Lui e Kir, il suo migliore amico, furono
imprigionati” ridacchiò tra sé
e sé. “È così che ci siamo
incontrato: per caso. Ho salvato i loro
aristocratici fondoschiena.”
“Poi
lui ha salvato la vita a te e non vi siete più persi di
vista” si intromise
Neithe con un sorriso.
Rose
ripensò a quando aveva incontrato il Dottore per la prima
volta, come fosse
successo lo stesso anche per loro. Avrebbe sorriso a quella memoria se
solo non
stesse provando il desiderio di prendere il Dottore a pugni sul naso.
Superate
le mura del confine sud, dopo quasi un’ora di camminata,
riemersero all’aria
aperta dove trovarono due veicoli a propulsori ad aspettarli.
“Li
abbiamo rubati alle guardie qualche mese fa”
spiegò Neithe con una nota di
orgoglio. “Abbiamo tolto i chip di identificazione e ora ce
ne possiamo andare
in giro quasi completamente in incognito! Chi sale con me?”
Martha
si fece subito avanti, con l’idea di lasciare che Rose
salisse sull’altro
veicolo insieme al Dottore. “Ottimo!” disse
però Zahan aprendo uno dei
portelloni. “Allora le tre fanciulle in una macchina. Il
Dottore con me.”
Il
Dottore sorrise alle ragazze. “Ci vediamo dopo
allora” disse rivolto a Rose.
Aspettò per qualche secondo e quando vide che non avrebbe
avuto nessuna
risposta si limitò a sedersi sul sedile del passeggero e a
chiudere la
portiera.
Rose
si morse la lingua. Sapeva cosa aveva aspettato il Dottore, che gli
rispondesse
con il suo solito ‘non se ti vedo prima io’, ma non
poteva. Era già abbastanza
difficile trattenersi dall’urlargli contro: non poteva fare
una scenata davanti
a tutti, per non parlare che l’avrebbero sentita tutte le
guardie della città.
Pensò però che, dopotutto, quando sarebbero stati
soli avrebbe anche potuto
dargli quel pugno. Salì nell’atro veicolo e si
sedette accanto a Martha che la
stava guardando preoccupata.
Fu
un viaggio silenzioso. Martha aveva passato quasi tutto il tempo a
cercare le
parole giuste da dire, le domande giuste da chiedere. Capire cosa ci
fosse
veramente tra Rose e il Dottore e che cosa stava facendo, ma sembrava
una
battaglia persa.
Verso
la fine del tragitto però fu Rose a parlare, avendo notato i
continui sguardi
furtivi che Martha aveva continuato a lanciarle.
“Perché è un codardo” le
disse
con una scrollata di spalle, rispondendo a uno dei mille interrogativi
che si
era posta Martha senza nemmeno il bisogno di sentirselo chiedere
direttamente.
“Non
riesco davvero a capire…ecco…posso chiederti una
cosa?”
Rose
scrollò di nuovo le spalle e si sforzò di
sorriderle. “Fai del tuo peggio.”
“Si
vede che vi amate” le disse allora Martha prendendo coraggio.
“Perché…sì,
perché siete ancora a questo punto?”
Rose
non si voltò a guardarla, continuò a guardare
fuori dal finestrino. “È un
Signore del Tempo, lui… e poi non so nemmeno se prova le
stesse cose per me.”
Martha
aggrottò la fronte. Aprì la bocca per dire
qualcosa ma Rose si girò verso di
lei e riprese in fretta a parlare. “Lo so che ci tiene a me
ma…non so se…è lo
stesso per lui. L'ho pensato per tanto, tanto tempo ma…beh, lo
sai. Col fatto che
è un alieno e tutto il resto. Ogni volta che ho cercato di
far evolvere le cose
tra di noi lui si è sempre tirato indietro alla fine, in un
modo o nell’altro”
sospirò e abbandonò la fronte contro il palmo
della mano.
Martha
aspettò qualche secondo, per essere sicura che avesse
finito, poi le prese la
mano, costringendola a guardarla negli occhi, e gliela strinse.
“Rose,
seriamente. L’hai visto come ti guarda? È come se
la sua stessa esistenza
dipendesse dal fatto che sei lì con lui. Non ti perde di
vista per più di
cinque minuti e se per qualche ragione ti succede qualcosa si comporta
come un
folle. Mi ha letteralmente terrorizzata quando sei scomparsa nel 1599.
Quando
siete insieme nella stessa stanza siete sempre a contatto
l’uno con l’altro: una
mano sul braccio, mano per mano, spalla contro spalla. Sembra che se
smettesse
di toccarti ti limiteresti a svanire nel nulla.”
Rose
la ringraziò con un sorriso. Era così felice che
Martha fosse lì con lei. Non
sapeva davvero cosa avrebbe fatto se avesse dovuto affrontare tutto
questo da
sola.
Il
veicolo si fermò. Erano arrivati. Rose sospirò.
La portiera del veicolo di
spalancò e il Dottore accolse entrambe con un sorriso, Zahan
era andata avanti
mentre lui aveva preferito restare ad aspettarle. “Fatto un
bel viaggio?”
chiese tendendo loro una mano per aiutarle a uscire. Anche dopo, non
lasciò
andare la mano di Rose. Martha non mancò di notarlo e quando
incrociò di nuovo
lo sguardo con Rose sollevò un sopracciglio per provare il
punto.
“Visto?”
le mimò con le labbra.
Rose
le sorrise ma le fece cenno di andare avanti con Neithe. Martha
capì e si chinò
verso Neithe per bisbigliarle qualche parola in un orecchio. La ragazza
annuì e
li lasciarono soli.
“Rose”
disse il Dottore confuso. “Cosa…?”
“Lo
sai cosa.” rispose lei freddamente senza lasciargli la mano.
Per quanto fosse
arrabbiata con lui non avrebbe mai voluto lasciare la sua mano.
“No,
io…”
“Ti
comporti in modo strano” gli disse lei senza preamboli.
“Da quando abbiamo
lasciato Shakespeare. Non ti ho più visto così da quando abbiamo
incontrato Sarah Jane
Smith. Non so cosa ho fatto e non so perché ce
l’hai con me, ma…”
“Rose”
cominciò lui.
Lei
alzò una mano, bloccandolo. “Non mi
interrompere” se si fosse fermata non
sarebbe più riuscita a dire quello che voleva.
Già così le era abbastanza
difficile. “Dovrei essere abituata a queste cose. Soprattutto
al tuo volere
tenere le distanze ma non al tuo lanciarti in situazioni pericolose
senza
pensarci. Quello a cui sono abituata è che andiamo
incontro al
pericolo insieme, è una scelta che facciamo entrambi. Ma non siamo
da soli. Hai pensato
anche a Martha?”
Il
Dottore spalancò gli occhi. Non aveva minimamente pensato a
Martha. Avrebbe
dovuto: era il Dottore, lui pensava a queste cose. Era stato
così concentrato a
riacquistare la vecchia routine con Rose, cercando allo stesso tempo di
mantenere
le distanze da lei, soprattutto dopo quello che era successo con
Lilith, che
non aveva minimamente preso in considerazione Martha. Martha, che non
voleva
avere a bordo e che aveva accolto solo per soddisfare un desiderio di
Rose. Un
desiderio che non capiva, forse, ma non era da lui mettere
deliberatamente in
pericolo le persone con cui viaggiava insieme. Cosa gli era successo?
Aprì
la bocca per risponderle, per spiegare. Rose lo stava guardando con
un’espressione aperta non volendo altro quelle risposte ma
proprio in quel
momento vennero chiamati da Zahan.
I
due si guardavano, avevano ancora bisogno di parlare, lo sapevano.
Entrambi
riuscivano a percepire la tensione che si stava creando tra di loro.
Lui le
strinse la mano: ‘più tardi’,
sembrò prometterle. Rose annuì e raggiunsero
Zahan.
………¿DW?………
“Ma
come, non ci bendate o qualcosa del genere?”
esclamò Martha stupefatta quando Zahan
e Neithe si limitarono a mostrare loro l’entrata al loro
rifugio. Una fessura
nascosta tra due rocce, praticamente impossibile da individuare senza
sapere
che era là.
Zahan
la fissò sorpresa. “Credo che tu abbia visto un
po’ troppa televisione, miss
Jones.”
Arrivarono
in quella che doveva essere la sala comune. Era gremita di gente, molta
più di
quanto Rose o Martha avessero pensato, ma non erano tutti ribelli, come
spiegò
loro Neithe. Alcuni erano i loro famigliari ma la maggior parte era
composta da
fuggitivi, persone che avevano aiutato e che ormai non avevano nessun
altro
posto dove vivere.
“Iris!”
chiamò una forte voce baritonale dall’altra parte
della sala. Si voltarono in
quella direzione e videro Silfarion. Era impossibile non notarlo con
quei
capelli rosso fuoco che teneva tirati indietro. Come li vide si
alzò in piedi.
Le sue spalle erano larghe e coperte da un lungo mantello beige
particolarmente
elaborato, decorato con rifiniture oro e argento. Il volto
dell’uomo era fine
ed elegante, eredità di un lignaggio aristocratico
probabilmente. Il naso
scendeva dritto ma senza creare una linea continua con la fronte. La
sua
espressione era serena, aperta, felice di rivedere Zahan e Neithe
tornare tutto
d’un pezzo.
Gli
andarono incontro, Martha non poté fare a meno di rimanere
affascinata
dall’intensità dello sguardo dell’uomo i
cui occhi sembravano non vedere altro
che Zahan. Il suo occhio sinistro brillava di un blu splendente mentre
l’altro
sembrava ricoperto da un velo che lo rendeva opaco. Quello,
realizzò Martha,
doveva essere l’occhio che era stato accecato dal padre.
“Rion”
disse Zahan porgendo la mano al capo dei ribelli che rise sguaiatamente
e dopo
avergliela afferrata la tirò contro di sé per
stringerla in un lungo abbraccio.
La
lasciò andare e si voltò per scrutare
attentamente i nuovi arrivati. “Allora,
che vagabondi mi hai portato?”
Fu
Neithe a rispondere. “Lui è il Dottore. Mi ha
salvata dalle guardie e ha
accettato di aiutarci!”
Silfarion
lo osservò interessato. “Stiamo cercando di
abbattere il traffico di schiavi.
Di distruggere la tirannia. Che aiuto potresti darci, tu?”
“Questo
dipende.”
“Da
cosa?”
“Da
qual è il vostro piano” rispose il Dottore
mettendosi le mani in tasca.
Silfarion
sorrise, ma non sembrava divertito. “Beh, Dottore”
gli disse accentuando l’ultima parola. “Quello che
vogliamo fare, quello che
stiamo cercando di fare da anni ormai, è distruggere la
Fabbrica. Il luogo dove
vengono tenute al sicuro le armi e le principali ricchezze di questa
tirannia e
al tempo stesso il luogo dove vengono raccolti e poi venuti i Takaran.
Per
questo lo chiamiamo ‘La Fabbrica’, è
dove viene costruita la potenza di questa
crudeltà. Quell’obbrobrio che con i suoi fumi
è riuscita addirittura ad
oscurare il cielo. Distruggendo quella il tiranno perderebbe
istantaneamente la
maggior parte dei suoi altri appoggi economici e di conseguenza anche
quelli
militari.”
“La
Città Fortificata rimarrebbe priva di protezione”
continuò Zahan. “Riuscire ad
entrare e rendere Gouther prigioniero diventerebbe un gioco da
ragazzi.”
“A
quel punto potremo introdurre un altro sistema di reggenza”
Silfarion le lanciò
un’occhiata. “Se solo avessimo un sopravvissuto
della vecchia famiglia reale
dalla nostra parte…”
Zahan
lo interruppe bruscamente. “Basterà eleggere un
consiglio provvisorio” disse
con indifferenza.
Rose
strinse gli occhi mentre li osservava pensierosa e Martha non
mancò di notarlo.
Si chinò verso di lei. “Cosa
c’è?” le chiese sottovoce.
“Zahan”
le rispose lei mantenendo la voce bassa, ma non abbastanza.
“Conosce un membro
della famiglia reale personalmente…o forse lo è
lei stessa.”
Silfarion
spostò lo sguardo su di lei, stupito. Rose non
abbassò gli occhi. Non si
sarebbe fatta intimorire da lui e dal suo atteggiamento provocatorio,
aveva
viaggiato con Jack per troppo tempo per poterne essere ancora affetta.
“Chi
hai detto che saresti, tu?” le chiese prendendole una mano e
baciandole galantemente
le nocche.
“Rose
Tyler.”
“Lupo
Cattivo. La Protettrice della Terra e agente Torchwood di prima
classe”
completò Zahan per lei senza la più piccola
traccia di sarcasmo.
Silfarion
sollevò un sopracciglio. “Oh?” fu il suo
unico commento e lasciò andare la mano
di Rose.
“Vi
aiuteremo” ripeté il Dottore, riportando
l’attenzione su di sé. “Ma non voglio
che nessuno venga ucciso.”
Silfarion
si voltò in modo da guardare il Dottore faccia a faccia.
Incrociò le braccia.
“Non posso controllare il numero delle vittime, Dottore, e
non ordinerò ai miei
uomini di restare a guardare mentre vengono massacrati. Quello che
posso promettere
è che nessuno di noi ha intenzione di commettere una strage.
Siamo qui per
salvarla la gente, non per ucciderla. Questo ti deve bastare.”
“Basterà.”
Si
strinsero la mano.
Il
Dottore si rivolse a Rose e Martha, memore della conversazione che
aveva appena
avuto con Rose. “Sarebbe meglio se voi…”
“Non
ci provare nemmeno” lo avvertì lei azzannando
l’aria.
Il
Dottore la guardò. Chiuse gli occhi e sospirò.
“Mi dispiace.” Sapeva di non
avere il diritto di prendere quel tipo di decisioni per lei,
né per Martha. Non
l’aveva mai avuto e Rose non avrebbe potuto renderglielo
più chiaro. Gli si
avvicinò e gli prese il viso tra le mani. Il Dottore la
guardò con uno sguardo miserabile.
Gli
accarezzò delicatamente una tempia con le dita e non disse
niente. Il Dottore
abbassò la testa, nascondendo il viso nell’incavo
del collo di Rose. Lei gli sfiorò
la guancia con un bacio. “Non puoi prendere decisioni senza
di me e non puoi
lasciarmi indietro. Hai visto cosa succede. Siamo più forti
insieme.”
Restarono
così ancora per un po’, incuranti di tutta la
gente intorno a loro. Quando il
Dottore sollevò di nuovo la testa la sua espressione era
serena, ogni traccia
di angoscia cancellata dal viso. La abbracciò ancora una
volta e si sorrisero.
Rose sapeva che, almeno in parte, le cose si erano sistemate.
“Dunque!”
esclamò il Dottore balzando su. “Martha
Jones…” cominciò, ma la ragazza
parlò
ancora prima che potesse finire.
“Non
lascerete indietro neanche me” lo assicurò.
Il
Dottore sorrise. “Molto bene. Un piano. Ci serve un piano!
Avete delle mappe?
Della Fabbrica e della Città Fortificata?”
I
ribelli annuirono.
“Portatemeli
allora!” esclamò lui col suo solito modo di fare.
Rose
lo osservava con un sorriso sulle labbra, non sapeva né come
né perché, ma era
come se le fosse stato tolto un peso dalle spalle. Anche Martha le si
avvicinò
sorridente. “Ho come la sensazione che vi siate
chiariti” le disse.
“Non
esattamente. Avremmo ancora tanto da parlare ma non è una
cosa che fa. Parlare
intendo. Mi basta che le cose siano tornate alla
normalità.”
“Per
oggi” finì Martha per lei.
Rose
sospirò. “Per oggi” ammise.
………¿DW?………
Un
piano fu stabilito. Si sarebbero divisi in due gruppi: i ribelli da una
parte,
il Dottore, Rose e Martha dall’altra. I ribelli avrebbero
atteso, nascosti,
fuori da una delle porte di accesso secondarie della Fabbrica mentre i
tre
viaggiatori del tempo si sarebbero occupati del lato tecnico.
Dopo
che il Dottore ebbe assicurato la sua abilità di hacker,
Silfarion spiegò loro
il punto in cui sarebbero riusciti ad accedere al sistema di controllo
elettronico della Fabbrica. Si trovava poco distante dallo stabile
stesso, in
un punto rialzato della città. Il Dottore avrebbe dovuto
infiltrarsi disabilitando
i sistemi d’allarme e togliendo
l’elettricità in posti strategici. Tutto questo
avrebbe dato alla squadra dei ribelli cinque minuti per riuscire ad
entrare e
localizzare i prigionieri e altri quindici minuti per posizionare le
cariche e
far saltare tutto in aria prima che arrivassero le guardie armate, che
sarebbero
comunque state allarmate dal calo di corrente. Per fortuna nel corso
degli anni
i ribelli erano riusciti a infiltrare alcuni dei loro tra le guardie
della
Fabbrica, in questo modo avrebbero solo dovuto drogare le altre e non
ci
sarebbero stati spargimenti di sangue.
“Perché credi
che Zahan si spacci per un
ragazzo?” domandò Martha più tardi,
davanti a del cibo e a un bicchiere di
vino.
Rose gettò
un’occhiata verso la donna. “Se è
vero che è un sopravvissuto della famiglia reale, o qualcosa
del genere, deve
essersi nascosta per tutta la vita. Forse l’ha fatto per far
perdere le sue
tracce. Ma è solo un’ipotesi.”
“Hai visto come la guarda
Silfarion?” le domandò
Martha con un sorriso. Non si sarebbe mai aspettata di poter fare
gossip in
quella situazione.
“Difficile non notarlo.
È piuttosto esuberante,
non è vero?”
“E anche bello. Non avevo
mai incontrato nessuno
che facesse parte dell’aristocrazia.”
“Hai incontrato la regina
Elisabetta I” le
ricordò Rose con una risatina.
“Già”
rispose Martha, ripensando a quel
determinato incontro. “Non è stato esattamente
quello che mi aspettavo.”
“Perché non ti
ho detto che quando abbiamo
incontrato la regina Vittoria prima ci ha insigniti e poi ci ha
esiliati!”
“Mi stai prendendo in
giro…”
Rose rise apertamente.
“Niente affatto! Chiedilo
al Dottore se non ci credi!”
“Che cosa mi deve
chiedere?” domandò il Dottore
con un sorriso, raggiungendole in quel momento.
“Che siamo stati banditi
dalla Gran Bretagna!”
rispose Rose senza smettere di ridere.
“Ah, sì.
Sì. E pensare che l’avevamo appena
salvata da un lupo mannaro.”
Martha strabuzzò gli
occhi. “Non scherzavi prima
con Zahan. Esistono davvero i lupi mannari?”
Il Dottore se sorrise.
“Esistono le
streghe…perché non dovrebbero esistere i lupi
mannari?”
“Giusto. Adesso mi dirai
che esistono anche i
vampiri.”
“Quelli ancora non li ho
incontrati. Sarebbe
interessante scoprirlo, un giorno” ammise il Dottore
alzandosi in piedi. “Siamo
pronti a muoverci se volete ancora venire.”
“Puoi
scommetterci!” esclamarono le ragazze.
Cominciarono i preparativi. Rose e
Martha
osservarono i ribelli armarsi sia con armi bianche che armi da fuoco,
sotto lo
sguardo critico del Dottore. Rose sapeva quanto fosse sensibile
all’utilizzo
delle armi, soprattutto le pistole, ma non c’era niente da
fare. Silfarion
aveva ragione: dovevano avere la possibilità di difendersi.
Vennero scortati alla loro
postazione e vennero
lasciati lì. Avevano tutti sincronizzato i loro orologi,
purtroppo da quel
momento non sarebbero più stati in grado di comunicare o
sarebbero stati
intercettati dalla polizia. Da dove si trovavano però
potevano vedere tutto
quello che succedeva fuori della Fabbrica.
“C’è
qualcosa che posso fare per aiutarti?”
domandò Rose una volta che il Dottore ebbe cominciato a
trafficare con i soliti
cavi, contatti e interruttori con il suo cacciavite sonico.
“Non
c’è niente che possiate fare, mi dispiace.
State solo di guardia, controllate che non arrivi nessuno: preferirei
che non
sparassero a nessuno oggi, soprattutto a voi.”
Rose capì che doveva
solo lasciarlo lavorare.
Raggiunse Martha un po’ più in là, che
osservava i movimenti dei ribelli. Anche
loro si erano posizionati e aspettavano solo il loro segnale di via
libera.
“Tornando al discorso di
prima…” fece Martha
dopo un po’, mentre aspettavano che il Dottore finisse di
lavorare.
“Il gossip?”
“Non
proprio…le confidenze.”
Rose sorrise, era molto
più facile ora che le
cose si erano sistemate, almeno in parte. “Hai ancora delle
domande” dedusse.
“Se non è un
problema!”
Rose le fece semplicemente cenno di
andare
avanti.
“Come vi siete incontrati
voi due?”
“Oh, nello stesso modo in
cui tutti incontrano
il Dottore. Mi ha salvato la vita.”
Così Rose
cominciò a raccontarle della sua vita
con il Dottore. Le parlò di quando lui aveva salvato la vita
a lei
trascinandola via dal suo posto di lavoro e di come lei aveva salvato
lui dalla
coscienza Nestene. Poi continuò semplicemente a parlare. Di
come lui l’aveva
riportata a casa con un anno di ritardo, dei Dalek e della
rigenerazione. Del
nuovo Dottore, di Sarah Jane Smith, di Reinette e
dell’universo parallelo.
Rose pianse lacrime silenziose a
quei ricordi.
Martha stessa non riuscì a trattenere qualche lacrima, non
era stata in grado
di immaginare nemmeno un quarto di tutto quello che quei due avevano
passato
insieme. Le venne quasi da ridere ripensando a quel principio di cotta
che
aveva avuto per il Dottore: come avrebbe potuto competere con quello
che
avevano Rose e il Dottore? Loro che rappresentavano ciò di
cui erano fatte le
leggende.
Avrebbe voluto poter trovare le
parole giuste da
dirle ma sapeva che non ce n’erano così si
limitò ad abbracciarla. Era solo
grata che nonostante il modo in cui si era comportata
all’inizio, Rose l’avesse
accettata abbastanza come amica da potersi aprire con lei. Rose
ricambiò
l’abbraccio, riconoscente.
………¿DW?………
Silfarion, Zahan, Kir, Neithe.
Erano tutti lì,
insieme ad altri dieci ribelli. Aspettavano, nascosti, solo il segnale
del
Dottore.
Videro una luce intermittente
lampeggiare dalla
collina. La porta di metallo davanti a loro si aprì con un
suono secco.
“È il
segnale!” esclamò Silfarion. “Veloci,
veloci!”
Entrarono uno dopo
l’altro. Due delle guardie
che erano dalla loro parte li stavano aspettando dall’altro
lato della porta.
Si divisero, ognuno aveva il proprio compito.
“Le porte dei prigionieri
dovrebbero essersi
sbloccate” informò Zahan correndo con una delle
guardie verso il braccio delle
celle.
“Li avrei informati prima
ma ho dovuto aspettare
che il sonnifero facesse effetto” rispose quella.
Grazie alle guardie e alle
planimetrie non
ebbero problemi a liberare i Takaran e a farli uscire dalla Fabbrica
senza
incontrare resistenza.
“Abbiamo ancora dieci
minuti” li informò Kir
distribuendo le cariche d’esplosivo.
Ancora una volta si divisero e
corsero verso le
diverse postazioni assegnate, poi di nuovo verso l’uscita.
Sentirono uno sparo. Silfarion si
girò di
scatto. Chi mancava? Dovevano essere tutti lì ormai!
“Cos’è successo?”
“Una delle guardie deve
essere arrivata prima
per il cambio del turno!” urlò Kir cercando di
trascinarlo verso l’uscita. Lui
aveva capito subito chi mancava all’appello.
Silfarion se lo scrollò
di dosso con una forza
tale che lo mandò quasi per terra. “È
Iris! Hanno colpito Iris!”
“Ormai è
perduto!” insistette Kir rimettendosi
in piedi, cercando di convincere Silfarion, afferrandolo con decisione.
Il capo
dei ribelli non ne volle sapere. Gli diede una testata che lo fece
barcollare
all’indietro, gli altri dovettero afferrarlo al volo per non
farlo finire di
nuovo per terra.
“Al diavolo! Quella
è la donna che amo!” urlò
Silfarion correndo indietro, nel corridoio da cui erano appena usciti,
per
salvarla. Le cariche a tempo stavano per esplodere.
………¿DW?………
“Perché non
sono ancora usciti?” chiese Rose
preoccupata quando videro uno a uno i ribelli e gli schiavi emergere
dalla
Fabbrica, tranne Silfarion e Zahan.
“Ho sentito uno
sparo” rispose il Dottore senza
distogliere lo sguardo dall’edificio. Anche lui era
preoccupato.
“Non potremmo correre al
TARDIS e andare ad
aiutarli?” chiese Martha in ansia. “È
una macchina del tempo dopotutto!”
Il Dottore scosse la testa.
“Nel tempo che
impiegheremmo a raggiungere il TARDIS, la Fabbrica sarebbe esplosa.
Sarebbe
come intervenire su una linea temporale prestabilita. Le conseguenza
sarebbero
tremende.”
“Andrà tutto
bene” disse Rose, più a se stessa
che a Martha.
Il Dottore le prese una mano. Non
poteva fare a
meno di immedesimarsi in quei due. Quante volte lui e Rose si erano
trovati in
quella stessa situazione? Sapeva che anche Rose provava lo stesso.
L’attesa si fece
snervante. Da un momento
all’altro le cariche sarebbero esplose. Martha cronometrava
il tempo
sull’orologio, cominciò a fare il conto alla
rovescia.
Rose strinse la mano del Dottore
fin quasi a
farsi male. Poi li videro. Silfarion corse fuori dalla Fabbrica con
Zahan tra
le braccia. Si allontanarono il più possibile
dall’edificio e pochi secondi
dopo le cariche esplosero. Tutto ciò che rimase furono
rovine.
Tutti e tre lasciarono andare un
profondo
respiro di sollievo. Rose scoppiò a ridere, lasciando andare
la tensione. “E
anche oggi siamo riusciti a far saltare per aria il posto di lavoro di
qualcuno!”
Il Dottore rise con lei.
“Ti dirò, questa volta
non mi ci sentirò in colpa neanche per un secondo.”
………¿DW?………
Tornarono al rifugio dei ribelli.
Tutti insieme.
Tutti salvi.
Silfarion e Zahan erano insieme. La
donna era
stata curata: non era una ferita grave, solo un colpo di striscio a una
gamba che
non le aveva permesso di scappare in tempo. Permise comunque a Martha
di
controllare che tutto fosse stato fatto nel modo migliore dal momento
che in
quel posto certo non disponevano delle migliori attrezzature mediche.
Erano tutti insieme: quella era la
cosa più
importante. Silfarion stringeva teneramente Zahan tra le braccia e lei
gli
lasciava fare. Qualunque cosa li avesse tenuti divisi fino a quel
momento era
svanita. Rose era così felice loro. Se poteva succedere a
quei due…allora
doveva continuare a credere che fosse possibile anche per lei.
“Portate tutti da
bere!” ordinò Silfarion con la
sua solita esuberanza. Brindarono al Dottore. “Senza di lui
non ce l’avremmo
mai fatta! Al Dottore!”
“Al Dottore!”
“Al Dottore!”
ripeterono Rose e Martha alzando i
bicchieri.
“Entreremo a testa alta
attraverso la porta
principale della Città Fortificata. Non
c’è più niente che possa
impedircelo!”
urlò Silfarion guadagnandosi urla di approvazione da parte
dell’intera sala.
“E io
accetterò il mio ruolo come ultimo membro
della famiglia reale” informò Zahan. “Se
mi vorranno. Dopotutto sono la figlia
che il principe ereditario ha avuto con una cortigiana.”
“Ma certo che ti
vorranno” la rassicurò
Silfarion. “Io ti vorrò sempre! Certo, forse ora
che sei una principessa sarai
tu a non voler sposare il figlio ripudiato di un tiranno
caduto!”
Naturalmente tutti i presenti non
erano andati
oltre alla parola ‘sposare’. Rose e Martha stavano
guardando Zahan cariche di
aspettativa. Lei però scoppiò a ridere e lo
spintonò affettuosamente.
“Mi hai appena chiesto di
sposarti? Come sei
retrò, Rion! Davvero un aristocratico!” gli
passò una mano tra i capelli e lo
guardò dritto negli occhi senza smettere di sorridere.
“Vorresti fare di me una
donna onesta? Non dovresti corteggiarmi prima?”
“Beh” rispose
lui unendosi alla risata. “In
situazioni normali ti avrei adocchiata in chiesa. Dopo tre mesi ti
avrei
chiesto di poterti riaccompagnare a casa e dopo altri tre ti avrei
chiesto di
uscire. Alla fine dopo un anno di corteggiamento con chaperon ti avrei
chiesta
in moglie. Ma chi vuole aspettare?”
Zahan non riusciva a smettere di
ridere. Alla
fine gli buttò le braccia intorno al collo e lo
baciò. “Sposiamoci allora, se
ci tieni tanto!”
………¿DW?………
Vennero invitati al matrimonio
naturalmente. La
strada da percorrere era ancora lunga: il giorno dopo avrebbero
affrontato
Gouther. Solo e abbandonato da tutti ormai. Si sarebbe arreso. Poi
avrebbero potuto
cominciare a ricostruire la città, poi la nazione.
“Non sarà
facile ma non ci arrenderemo mai”
promisero Zahan e Silfarion quando si salutarono.
Il Dottore, Rose e Martha si
incamminarono verso
il TARDIS. Solo dopo un po’ il Dottore si accorse che Rose lo
stava guardando
con gli occhi che le scintillavano.
“È uno di quei
giorni” gli fece notare.
Lui le sorrise e corse ad
abbracciarla. “Tutti
vivono!” la strinse così forte che la
sollevò da terra e la fece dondolare un
po’ a destra e a sinistra prima di rimetterla per terra. Le
prese una mano e
corsero insieme verso il TARDIS senza smettere di sorridere radiosi uno
all’altro.
Martha sorrise e
cominciò a seguirli. Sembrava
che tutto tra loro fosse finalmente tornato alla normalità.
NDA: Di nuovo un capitolo lungo!
Meno lungo di
quello di Shakespeare (questo supera di poco le 12 pagine). Non so
nemmeno come
sia possibile. E quindi…tensioni e chiarimenti in questo
capitolo. Rose e il
Dottore non sono stati esattamente loro stessi qui…colpa di
Lilith e di
Reinette o meglio il ricordo di lei (se avete qualche dubbio
è sempre colpa di
Reinette). Invece mi piace il nuovo ruolo di Martha Jones, come amica e
confidente di Rose. Spero che vi sia apparsa un po’
più vivace dell’altra
volta!
A essere del tutto sincera non sono molto
convinta di questo capitolo. Sarà che mi ero abituata ad
avere lo scheletro
della storia già pronto? Tra una cosa e l’altra mi
sono ritrovata a riscrivere
metà capitolo mentre lo correggevo! Spero tanto che vi sia
piaciuto anche se
non mi sono basata sul genio creativo degli scrittori di Doctor Who ;)
E
parliamo un secondo della difficoltà di tradurre in italiano
lo “Stuff of
Legends” con cui il Dottore definisce se stesso e Rose ne
“L’abisso di Satana.”
Ho fatto il meglio che ho potuto, sorry!
Il prossimo è il capitolo con i Dalek! Non so
ancora quanto lungo verrà ma se mi voglio basare sugli
ultimi due…ho la quasi
certezza che dovrò dividerlo in due (così come
hanno fatto nella serie tv.
All’inizio avevo pensato di mettere tutto insieme ma non
voglio rifilarvi 20
pagine alla volta!...e poi magari invece sarà il capitolo
più breve di tutta la
storia ahah! Vedremo!)
Un’ultima nota su questo capitolo. Silfarion e
Zahan sono miei personaggi ma non sono esattamente originali. Facevano
parte di
una storia che avevo cominciato a scrivere tanti e tanti anni fa e che
poi ho
abbandonato (si chiamava “Il capo dei
ribelli”)…così ci ho fatto una specie
di
crossover! Ahah Ma sono sempre personaggi miei! Questo è
anche il motivo per il
quale Zahan si faceva passare da uomo senza apparente motivo (il motivo
era
effettivamente quello di volersi nascondere ma l’evento
mancava della dovuta
introspezione). Per un secondo avevo quasi pensato di lasciarlo uomo e
darmi
alla gayness ma non amo il genderswap quindi quello ce lo lasceremo per
la
prossima volta! E come sempre un grande grazie a Amy, Erianthe e Mars88
che mi
commentano sempre! Un bacione!
p.s. c’è anche una piccola citazione presa da
“Sette
spose per sette fratelli” chi la individua vince una
bambolina (o uno spoiler
se preferite xD)
|
Ritorna all'indice
Capitolo 7 *** Dalek a Manhattan ***
Capitolo
Sei: Dalek a Manhattan
New York, New
York, so good they named it twice,
New York, New York, all the scandal and the vice, 1
love it!
New York, New York, now isn't it a pity
What they say about New York City
(New York, New
York (So Good They Named It Twice) –
Gerard Kenny)
“Il Dottore ha lasciato
qualcosa per te prima” fu
la prima cosa che Rose si sentì dire quando entrò
in cucina. Rivolse un sorriso
a Martha, che le aveva appena passato una tazza di tè, e
finì di legarsi i
capelli in una coda. Si avvicinò al tavolo al centro della
stanza e vide il
proprio prototipo di cacciavite sonico appoggiato sopra a un biglietto.
Lo
prese e lo lesse. Sorrise: il Dottore le prometteva di sistemarglielo
al più
presto.
Si sedette e cominciò a
sorseggiare il tè.
“Dormito bene?” domandò a Martha.
“Cosa sono tutti quei libri che hai lì?”
Martha si voltò e
buttò un’occhiata sul tavolo.
“Libri di anatomia” spiegò.
“Non voglio rimanere indietro col programma. Anche
se il Dottore può riportarmi indietro pochi minuti dopo che
siamo partiti non
voglio rischiare di dimenticare qualcosa.”
Rose si allungò sul
tavolo e girò verso di sé il
primo volume della pila. Gli buttò una rapida occhiata e lo
rimise a posto.
“Non è esattamente la mia materia”
scherzò. “Anche se a Torchwood naturalmente
ci hanno tutti insegnato le tecniche di primo soccorso. La mamma non
era
contenta che continuassi ad avere a che fare con un posto dove
ritenevano
necessario conoscere le tecniche di primo soccorso. Dopo tutti quegli
anni
passati a viaggiare con il Dottore diresti che l’avrebbe
trovato normale.”
“Non parlarmi di madri
oppressive” rise Martha
prendendo le tazze di entrambe e appoggiandole nel lavandino. Insieme
si
alzarono e si incamminarono verso la sala di controllo.
“Pensa che una volta…”
………¿DW?………
Come sentì le due
ragazze entrare nella sala di
controllo, ridendo una alla battuta dell’altra, il Dottore
scivolò da sotto la
console e balzò in piedi, riservando un sorriso smagliante a
Rose nel suo
completo blu. Si girò verso Martha.
“Molto bene, Martha
Jones” le disse azionando
alcuni comandi del TARDIS. “Quando preferiresti arrivare a
casa? Mattina,
pomeriggio o sera?”
Rose e Martha si scambiarono uno
sguardo.
“Stavamo
pensando…” cominciò Martha.
“Visto che
abbiamo a disposizione tutto il tempo e lo spazio forse
potremmo…” guardò verso
Rose a corto di parole ma riprese subito. “Non lo so, fare
una piccola
deviazione?”
Il Dottore ricomparve
dall’altro lato della
console e guardò verso Rose, che a sua volta lo stava
osservando con le
sopracciglia inarcate, divertita e piena di aspettativa.
“Non esattamente un altro
viaggio, più…”
insistette Martha, cominciando a rilassarsi.
“Il giro lungo”
finì il Dottore per lei,
continuando a guardare Rose che non aveva ancora smesso di sorridere. “La via
panoramica” aggiunse lei.
Il Dottore sospirò.
“Eh va bene. Una sola
deviazione, poi a casa!”
Impostò le coordinate,
fece suonare un
campanello, per quale motivo Rose non ne aveva idea, e si
smaterializzarono.
………¿DW?………
Martha fu la prima a
uscire dal TARDIS. Si trovavano su uno sprazzo di terra e lontano,
oltre il
mare, c’era una città. “Dove
siamo?”
“Ah, annusa la brezza
dell’Atlantico!” rispose il Dottore. Rose si
voltò per sorridergli e vide ciò
che era alle sue spalle e gli si appese al braccio entusiasta. Martha
guardò
nella sua stessa direzione e finalmente vide anche lei la Statua della
Libertà.
“New York!”
esclamò saltellando sul posto. “Ho
sempre desiderato vedere la Statua della Libertà!”
“Anch’io!”
le rispose Rose, senza lasciare
andare il braccio del Dottore. “Ma ogni volta che abbiamo
provato a venire in
America siamo sempre finiti da qualche altra parte! Una volta doveva
portarmi a
vedere Elvis…siamo finiti a Londra, durante
l’incoronazione di Elisabetta II.
La volta che ci siamo andati più vicini è stato
quando siamo andati nel futuro:
Nuova Terra e Nuova New York!”
“Quello era
deliberato” precisò il Dottore.
“Sapevo benissimo quando ti stavo portando!”
“A proposito”
fece Martha guardando verso la
città. “Quando siamo? Perché, guardate:
l’Empire State Building non è ancora
finito.”
“Lavori in
corso” rispose il Dottore fissando
l’edificio. Rose chiamò Martha con un gesto e le
mostrò il giornale che aveva
trovato su una panchina lì accanto. “Devono fare
ancora un paio di piani e se
conosco la storia vuol dire che la data si aggira intorno
al…” continuò intanto
il Dottore.
“Primo novembre
1930” lesse Martha dal giornale.
“Brava Martha!”
esclamò il Dottore
impressionato. “Vedo che ci stai prendendo la mano. Rose, mi
sorprende che dopo
tutto questo tempo…” disse voltandosi a guardarle
e notò il giornale. “Come non
detto.”
Martha continuò a
fissare la data. “È quasi
ottant’anni fa. È buffo, vedi quei vecchi
documentari, tutti in bianco e nero,
come se fosse un sacco di tempo fa ma eccoci qui. È vero ed
è adesso.”
Il Dottore le prese il giornale
dalle mani e
cominciò a leggere la prima pagina corrucciato.
“Cos’hai
visto?” gli chiese Rose sporgendo la
testa.
Il Dottore sospirò.
“Credo che la nostra
deviazione si sia appena allungata” rispose serio e le
mostrò l’articolo.
“Il mistero di
Hooverville si infittisce” lesse
Rose a voce alta e guardò il Dottore con aria interrogativa.
“Sembra quasi di essere
in una puntata de ‘La
signora in giallo’ con voi” scherzò
Martha. “Ovunque andiamo succede sempre
qualcosa.”
“Non è sempre
così” la rassicurò Rose. “Non
sei
stata fortunata, ecco tutto.”
“Cos’è
Hooverville comunque?” domandò la ragazza
tornando in argomento.
“Venite.” Il
Dottore mise via il giornale e si
incamminò verso il molo per aspettare il traghetto che li
avrebbe portati a
terra. “Herbert Hoover, trentunesimo Presidente degli Stati
Uniti. È stato eletto
un anno fa. Fino ad allora New York era in pieno boom: i ruggenti anni
Venti. E
poi…”
“Il crollo di Wall
Street” realizzò Martha
sedendosi su una delle panchine all’imbarcadero.
“Quando è stato…1929?”
“Già,
l’intera economia
distrutta in una notte. Migliaia di persone disoccupate.
All’improvviso, la
gente che non può pagarsi una casa si raddoppia. Quindi sono
finiti a Central
Partk.”
“Che è dove
stiamo
andando adesso” dedusse Rose osservando il traghetto
avvicinarsi al molo.
“Yep” rispose
il Dottore
facendo scoppiare la ‘p’ finale sulle labbra con un
‘pop’.
“Ma come, vivono nel
parco?” domandò sbalordita Martha mettendosi in
fila per salire sul traghetto.
Il Dottore si limitò ad alzare un sopracciglio e
andò a pagare il viaggio.
Rose si appoggiò a una
dei parapetti a tribordo per godersi gli ultimi raggi prima che il sole
tramontasse. Martha le si accostò. “Ma non usa mai
soldi veri?”
“È scomodo.
Tanti
pianeti ed ere diverse, ognuno con la propria valuta. Neanche io ho
portato
soldi con me per anni. Immagina di cercare di pagare qualcuno in
Francia con
una valuta futuristica inglese durante la Guerra dei
Cent’anni.”
Martha annuì.
“Capisco
il punto.”
“Poi di solito non
facciamo spese considerevoli…solo lo stretto
indispensabile.”
Il Dottore le raggiunse
e si appoggiò con la schiena contro il parapetto, accanto a
Rose, e rimasero
spalla contro spalla per tutto il tragitto.
………¿DW?………
Hooverville era un posto
terribile “Si viene a Hooverville solo quando non
c’è altro posto dove andare”
aveva detto il Dottore e Rose non tentava a crederlo. Tutte quelle
persone
ammassate intorno a barili usati per accendere il fuoco. Tutto quello
sporco.
Persone comuni, pronte ad ammazzarsi per un pezzo del pane.
C’era un uomo però,
tra di loro, non un capo ma qualcuno con la capacità e la
volontà di guidarli.
Il Dottore si rivolse a lui per avere delle domande sul
‘mistero di
Hooverville’ e delle persone scomparse.
“Purtroppo è
vero”
rispose l’uomo prendendo il giornale e invitandoli nella sua
tenda.
“Ma cosa vuol dire
‘scompaiono’” chiese il Dottore
seguendolo. “La gente va e viene di continuo da
questo posto, non credo ci sia un registro.”
“Questo è
diverso.”
“In che senso?”
domandò
Rose sedendosi accanto al Dottore.
“Qualcuno li prende. Di
notte. Sentiamo qualcosa, qualcuno chiama aiuto ma quando arriviamo
sono
spariti. Come se fossero svaniti nel nulla.”
Il Dottore appoggiò il
mento sul palmo della mano e lo osservò, pensieroso.
“E sei sicuro che sia
qualcuno a prenderli?”
“Dottore, quando non si
ha praticamente niente ci si aggrappa al poco che si ha: un coltello,
una
coperta… te li porti via. Non si lascia del pane non
mangiato o un fuoco
acceso.”
“Siete stati alla
polizia?” chiese Martha.
“Sì, abbiamo
provato. Un
altro straccione scomparso, hanno detto.”
Il Dottore si grattò
distrattamente un orecchio, lo sguardo perso nel vuoto.
“Quindi la domanda è…chi
li rapisce e perché?”
“Solomon!”
chiamò un
ragazzo fuori dalla tenda, interrompendoli. “Solomon,
c’è il signor Diagoras.”
Si alzarono e seguirono
il ragazzo fuori, in mezzo alla baraccopoli. C’erano tre
uomini, tutti vestiti
bene, in completo gessato e il cappello. “Mi servono uomini,
volontari” stava
urlando l’uomo al centro, il signor Diagoras. “Ho
un lavoretto per voi. E
sembra proprio che i soldi vi possano fare comodo.”
“Di quanti soldi stiamo
parlando?” volle sapere il ragazzo che li aveva chiamati.
“Un dollaro al
giorno.”
Salomon si fece avanti
tra la folla. “Qual è il lavoro?”
“Un viaggetto nelle
fogne. Un tunnel è crollato, bisogna ripulirlo e sistemarlo.
Qualche
volontario?”
La folla era restia. “Un
dollaro al giorno è una paga da schiavi” fece
notare Solomon per tutti quanti.
“E chi lavora per lei spesso non ritorna, vero?”
“Gli incidenti
capitano.”
“Che vuol dire? Che tipo
di incidenti?” chiese il Dottore. Rose capì al
volo che aveva fiutato una
traccia e sospirò, sapeva benissimo quale sarebbe stata la
loro prossima meta.
Un secondo dopo infatti il Dottore se ne stava lì con la
mano alzata. Lo imitò
subito. Martha lanciò loro uno sguardo velenoso, alzando la
mano a sua volta.
“Vi uccido. Nelle fogne due volte su due? Sembra che lo
facciate apposta.”
Le sorrisero: quella era
la vita nel TARDIS. La migliore che ci fosse.
Scesero nei tunnel in
cinque, alla fine: loro tre, Solomon e Frank, il ragazzo che era venuto
ad
avvertirli dell’arrivo di Diagoras.
“Girate e sinistra,
proseguite
per circa mezzo miglio, seguite il tunnel 273. Il crollo è
là davanti, non vi
sfuggirà” furono le indicazioni
dell’uomo dopo che vennero date loro delle
torce e qualche pala.
“Quando avremo il nostro
dollaro?” chiese Frank.
“Quando tornerete
su.”
Il Dottore fissò
l’uomo
freddamente. “E se non torniamo su?”
“Allora non
avrò nessuno
da pagare” rispose Diagoras altrettanto freddamente.
“Non si preoccupi,
torneremo” assicurò Solomon con una promessa che
assomigliava di più a una
minaccia.
“Speriamo”
commentò
Martha cominciando a seguire Solomon. Dopo alcuni passi si
girò verso Rose, che
si stava guardando le scarpe con malinconia, e le sorrise.
“Niente scarponi
questa volta?” la prese in giro.
“Sapevo di dovermi
mettere gli scarponi di gomma. Ora le dovrò
buttare” le rispose laconicamente.
In quel momento si accorse che il Dottore era rimasto indietro a
fissare
Diagoras. Lasciò andare avanti Martha e lo raggiunse. Gli
prese la mano. Lui si
voltò a guardarla e le sorrise.
Cominciarono a
camminare. Davanti a loro c’erano Martha e Frank, intenti a
chiacchierare, che
seguivano Solomon.
“Dottore?”
“Sì,
Rose?”
“Fino a quando
sarà
necessaria l’esistenza di Hooverville?”
Il Dottore le strinse la
mano. “Tra qualche anno l’economia si
riprenderà, la gente ricomincerà a
trovare lavoro. La Hooverville di Central Park verrà
abbattuta nel 1933 ed
entro il 1940 saranno scomparse anche tutte le altre.”
“Sempre troppo
tardi.”
Rose sospirò. “Di cosa credi che si
tratti?”
“Le sparizioni?”
Rose annuì.
“Non mi
piace quel Diagoras” confessò.
“Nemmeno a me. Per questo
mi sono offerto volontario.”
Lei gli sorrise.
“L’avevo intuito.”
Fecero qualche rapido
balzo in avanti, superando Frank e Martha e si accostarono a Solomon,
che
apriva la strada. “Questo tizio, Diagoras, chi
è?” domandò il Dottore senza
lasciare andare la mano di Rose.
“Fino a un paio di mesi
fa, era solo un operaio. Ora sembra che diriga mezza
Manhattan.”
“Com’è
possibile?” si
intromise Rose.
“Questi sono giorni
folli, ragazza. Un uomo può passare da re della collina a
rifiuto della società
in una notte. Immagino che per alcuni valga anche
l’inverso.”
“Woa!”
interruppe il
Dottore puntando la torcia a terra, illuminando una strana creatura
gelatinosa
simile a una medusa. La cosa brillava di una luce fluorescente quando
colpita
dal fascio delle torce.
“È radioattivo
o
qualcosa del genere?” esclamò Martha chinandosi in
avanti.
“Qualunque sia
è andata”
dichiarò Rose tappandosi il naso quando il fetore che
emanava quella cosa le
raggiunse le narici come un pugno nello stomaco. Martha si
coprì la bocca con
una mano, come per trattenere un conato di vomito.
Il Dottore si accucciò
per osservarla meglio e inforcò gli occhiali.
“E tu devi proprio
prenderla in mano?” si lamentò Martha quando il
Dottore infilò le mani in
quella specie di muco col quale era ricoperta la cosa.
Rose si chinò accanto a
loro con una smorfia. “Ringrazia che non lo stia
leccando.”
Il Dottore le ignorò.
“Facci passare la luce attraverso”
istruì indicando con un cenno della testa la
torcia che aveva abbandonato a terra. Rose la raccolse e fece come le
era stato
detto. “Materia organica composta” dedusse il
Dottore passando ripetutamente le
mani sulla parte a cupola, non per questo meno viscida.
“Qualche opinione?”
“Fa schifo”
rispose
Rose. “È l’unica cosa che posso dire.
Martha magari ha un opinione medica?”
La ragazza si lasciò
scappare una risatina sarcastica. “Non è umana,
questo lo so.”
“No. Infatti. E vi
dirò
un’altra cosa” aggiunse tirandosi in piedi. Tese
una mano a Rose per aiutarla
ad alzarsi ma lei lo guardò con aria scandalizzata.
“Cosa?” le fece il Dottore
confuso.
Lei alzò un sopracciglio
e continuò a fissargli la mano, ancora ricoperta di quella
sostanza gelatinosa.
“Giusto”
realizzò il
Dottore pulendosela sull’orlo del cappotto ma ormai sia Rose
che Martha erano
in piedi. “Dobbiamo aver camminato per un chilometro, io non
vedo segno di
crollo e voi? Allora perché il signor Diagoras ci ha mandato
quaggiù?”
“Avevamo immaginato fin
dall’inizio che avesse qualcosa a che fare con le
sparizioni” borbottò Rose
puntando la luce della torcia sulle pareti, perfettamente integre.
“Dove siamo adesso? Cosa
c’è qui sopra?” si chiese Martha.
“Beh” rispose
il Dottore
con un breve calcolo mentale. “Siamo proprio sotto
Manhattan.”
Rose fece qualche passo
in avanti, sbirciando dietro un angolo. “Che facciamo?
Continuiamo?”
Solomon la superò, fece
qualche altro passo e si fermò. Arrivò fino alla
grata successiva. “Abbiamo
fatto quasi un chilometro. Non c’è nessun
cedimento, niente.”
Rose fece schioccare la
lingua con disappunto. “Lo sapevo che non c’era da
fidarsi di quel Diagoras.”
“Mentiva
quindi?” chiese
conferma Martha.
Il Dottore raggiunse
Solomon alla fine del corridoio. “Così
sembra.”
“Allora perché
vuole che
la gente venga qui sotto?” domandò Frank, aprendo
bocca per la prima volta da
quando avevano trovato quella creatura coi tentacoli.
“La gente
sparisce…” gli
ricordò Rose, citando una frase del giornale.
Il Dottore si girò per
guardarli tutti in faccia. “Solomon, riporta indietro Martha
e Frank. Saremo
più veloci in due.”
Rose sentì il cuore
scoppiarle di gioia. Il Dottore non aveva provato a mandarla via, non
l’aveva
neanche suggerito, anzi, la voleva lì con lui.
Chinò la testa appoggiandola
contro la sua spalla in un piccolo gesto di affetto. Il Dottore stava
per
aggiungere qualcos’altro quando sentirono uno strano rumore
provenire da uno
dei corridoi.
Rose si guardò intorno.
“Avete sentito anche voi?”
Il Dottore dovette
trattenersi dallo stringerla ancora più vicino a
sé. “Che diavolo era quello?”
“C’è
nessuno?” chiamò
Frank, facendo echeggiare la voce sulle pareti. Martha lo
zittì. “E se fosse
uno di quelli dispersi?” le fece notare allora Frank.
“Sarebbe spaventato a
morte da solo, qui sotto.”
“Non credo,
Frank” gli disse
Rose dispiaciuta.
Il Dottore si voltò
verso il ragazzo. “Credi che siano ancora vivi?”
“Non abbiamo visto
cadaveri,
qui sotto” rispose lui. “Forse si sono solo
persi.”
Lo stesso rumore di
prima risuonò nella galleria.
“Non ho mai sentito
nessuno fare un suono simile” esclamò Solomon
guardandosi intorno agitato.
“Non lo so”
commentò
Rose facendo alcuni passi verso dove le era sembrato provenisse il
suono. “Non
vi sembra quasi il verso di un animale? Tipo…”
provò Rose cercando di
concentrarsi mentre i suoni sembravano farsi sempre più
vicini.
“Sembra che ce ne sia
più di uno” commentò Frank.
“Da questa
parte” chiamò
il Dottore da uno dei corridoi alle spalle di Rose.
“No, da quella
parte”
fece Solomon indicando un'altra direzione.
Martha e Rose erano
immobili, una accanto all’altra. Rose fece alcuni passi in
avanti, tenendo la
torcia fissa davanti a sé. Martha cercò di
trattenerla ma la ignorò.
“Dottore”
chiamò allora
la ragazza, terrorizzata.
C’era una strana
creatura accovacciata in un’alcova, pochi metri da Rose che
si fermò sotto la
luce naturale fornita da una grata sul soffitto, non osando avvicinarsi
di più
senza sapere con chi aveva a che fare.
“Ti sei perso?”
Frank
provò a parlare alla creatura con voce tremante, con troppa
paura per
avvicinarsi. “Riesci a sentirmi? Pensavo alla gente persa
quaggiù…”
“Va tutto bene. Stai
indietro” ordinò il Dottore avanzando lentamente
verso Rose. “Vedi qualcosa?”
domandò quando le fu accanto.
“È troppo
buio. Dovrei
avvicinarmi di più. È sicuro?”
“Stai dietro di
me” le
disse e insieme camminarono verso la creatura, molto lentamente. Il
Dottore si
assicurò di rimanere sempre tra Rose e
quell’essere. “Non ha torno però il mio
amico Frank. Odierei stare qua sotto, tutto da solo.”
La creatura non rispose,
si limitò a fare uno strano verso.
Rose e il Dottore erano
a pochi passi ormai. “Noi sappiamo come uscire. La luce del
sole, se vieni con
noi…” Il Dottore si accucciò davanti
alla creatura, senza finire la frase. “Oh,
ma che cosa sei? Rose, ti ricordi il che il verso ti ricordava quello
di un
animale?”
La ragazza si accucciò
accanto al Dottore, osservando la creatura più da vicino.
Sembrava avere il
corpo di un uomo e la testa di… “oh…un
maiale” fece lei affranta.
Solomon era allibito.
“Cos’è quella? Una specie di maschera di
Carnevale?”
“Credimi, è
vera” gli
rispose Rose senza poter distogliere lo sguardo. “Dottore,
cosa gli hanno
fatto?”
“Non lo so” il
Dottore
si rivolse alla creatura. “Mi dispiace” gli disse,
“ma ascoltami. Ti prometto
che ti aiuterò. Puoi parlare? Chi ti ha fatto
questo?”
“Dottore”
chiamò Martha
alle loro spalle, allarmata. “Rose. Credo sia meglio che
torniate qui.”
I due balzarono in
piedi. Subito il Dottore spinse Rose dietro di sé,
proteggendola col proprio
corpo, quando da uno dei corridoi alle loro spalle sbucarono altre
creature
come quella che avevano appena trovato, avanzando minacciosi verso di
loro.
“In
effetti…bella idea”
commentò cominciando ad arretrare.
“Dottore, ci stanno
seguendo” gli fece notare Rose a denti stretti.
“L’ho notato,
grazie.” Il
Dottore li fece indietreggiare fino al punto in cui si incrociavano tre
corridoi, senza abbassare la guardia o distogliere lo sguardo da quegli
uomini-maiale. “Bene, allora…Rose, Martha, Frank,
Solomon…”
“Cosa?”
esclamò Martha
esasperata.
“Ehm…praticamente…”
“Correre?”
suggerì Rose
con urgenza.
“Correre!”
urlò il
Dottore spingendoli nel corridoio e afferrando la mano di Rose. Gli
uomini-maiale cominciarono a inseguirli. Martha apriva la strada, Rose
e il
Dottore in coda alla fila.
“Da che parte
andiamo?”
strillò Martha terrorizzata quando raggiunsero un nuovo
crocevia.
“Di qua!”
ordinò il
Dottore superandola e trascinando Rose con sé.
“C’è una scala! Presto!”
Il Dottore balzò in
avanti, cacciavite sonico pronto in mano, e aprì la
guarnizione di una botola.
Fu il primo a uscire, afferrò Rose per un braccio e la
tirò fuori un secondo
dopo. Aiutò Martha, seguita da Solomon. Aspettarono Frank.
“Andiamo!” lo
chiamò
Solomon tendendo le mani, insieme al Dottore, cercando di aiutarlo.
“Andiamo!”
Gli uomini-maiale li
raggiunsero e afferrarono Frank per le gambe. Il Dottore
riuscì a prenderlo per
una mano. “Ti tengo. Andiamo! Andiamo!” Ma le
creature erano troppo forti e
strapparono il ragazzo dalla presa di Solomon e del Dottore.
“Frank! No!” Il
Dottore
si tese, cercando di riafferrarlo ma un uomo-maiale aveva cominciato a
salire
la scala. Solomon diete uno spintone al Dottore facendolo cadere di
lato e
richiuse la botola.
“Non possiamo
aiutarlo”
gli disse, sigillandola.
“Non possiamo lasciarlo
così!” strillò Rose indignata.
Il Dottore si lanciò
verso la botola. “Devo tornare giù! Non posso
abbandonarlo!”
“No!”
urlò Solomon
afferrandolo per le spalle e scuotendolo. “Non
perderò nessun altro! Quelle
creature vengono dall’inferno. Dall’inferno! Se gli
andiamo dietro, ci
prenderanno tutti! Non possiamo fare più nulla. Mi
dispiace…” disse con un
singhiozzo.
Rose si spostò verso
Martha, che li guardava da un angolo, terrorizzata. Le passò
un braccio intorno
alle spalle, rassicurandola, ma non ebbe tempo di dire niente
perché si ritrovò
a fissare la canna di una pistola.
“Va bene
allora” disse
loro una donnina biondo platino puntando loro contro il vecchio modello
di una
pistola. O almeno, vecchio per loro. “In alto.”
Martha fu la prima ad
alzare le braccia. Rose e il Dottore si limitarono a guardare la donna
a bocca
aperta.
“Mani in alto!”
ripeté
lei caricando il colpo. “E niente scherzi.”
Tutti si affrettarono a
obbedire.
“E adesso ditemi,
farabutti…Che
ne avete fatto di Laszlo?”
Rose era ancora più
confusa. Martha le lanciò un’occhiata: non ci
stava capendo più niente. “Chi è
Laszlo?” riuscì a chiederle.
“Laszlo è il
mio fidanzato”
rispose la donna. Li costrinse a seguirla fino a uno camerino e si
sedette
davanti alla toletta per il trucco di scena. Avevano impiegato poco
tempo a
capire che si trovavano nel retro di un teatro.
Martha non mancò di
notare che il Dottore non aveva fatto altro che porsi come scudo tra
Rose e
qualunque pericolo stessero affrontando. Anche adesso sembrava pronto a
prendersi una pallottola per lei.
“Era il mio fidanzato,
finché non è sparito, due settimane fa. Nessuna
lettera, nessun addio, niente
di niente” raccontò loro la donna facendo roteare
la pistola davanti a sé, come
se stesse impugnando una spazzola. “Ed io non sono stupida.
Lo so che alcuni
uomini sono maiali ma non il mio Laszlo. Cioè, chi ti chiede
di conoscere sua
madre giusto prima di darsela a gambe?”
“Già…”
Il Dottore cercò
di fermare quel fiume di parole. Alzò un braccio con
cautela, indicando la
pistola. “Aiuterebbe…aiuterebbe molto se quella la
mettessi giù.”
“Ah?” fece la
donna,
come se si stesse chiedendo di cosa stesse parlando. Poi
guardò la pistola,
come realizzando in quel momento di averla in mano. Roteò
gli occhi. “Oh,
certo.” La lanciò su una poltrona. Gli altri si
ritrassero, temendo che potesse
partire un colpo.
La donna ridacchiò.
“Oh,
su, non è mica vera: è solo un oggetto di scena.
O quella o una lancia”
commentò inarcando le sopracciglia.
Il Dottore sollevò un
sopracciglio a sua volta, lanciando un’occhiata a Rose.
“Cosa
c’è?” fece lei
spalancando gli occhi. “Non mi sono mica specializzata in
armi da fuoco. Non ho
mai visto un’arma di quest’epoca!”
“Cosa credi che sia
successo a Laszlo?” si fece avanti Martha.
“Vorrei tanto saperlo.
Un minuto è lì e l’attimo
dopo… zip! Sparito.”
Il Dottore fece un passo
verso di lei. “Ascolta…come hai detto che ti
chiami?”
“Tallulah. Tre elle e
un’acca.”
“…giusto.
Possiamo
provare a cercare Laszlo ma non è l’unico. Ogni
notte qualcuno sparisce.”
“E ci sono
creature…”
aggiunse Solomon ancora profondamente scosso. “Certe
creature…”
Tallulah lo guardò
sospettosa. “Cosa intendi con
‘creature’?”
“Senti,
ascolta” le
disse il Dottore cercando di riportare l’attenzione su di
sé. “Fidati di me e
basta. Siamo tutti in pericolo.”
Si infilò una mano nella
tasca del cappotto. Tirò fuori la medusa gelatinosa che
avevano trovato nelle
fogne e la mostrò alla donna. “Devo scoprire
esattamente cos’è questo. Perché
così saprò contro cosa stiamo
combattendo.”
“Non ci credo che te lo
sei messo in tasca!” esclamò Rose schifata,
facendo una faccia quasi identica a
quella di Tallulah.
Il Dottore girò la testa
per guardarla. “Perché? Lo sai che sono
più grandi dentro”
“Adesso saranno tutte
ricoperte di quella sostanza viscida!”
Il Dottore roteò gli
occhi e aspettò una risposta da Tallulah.
“Va bene” fece
lei. “Che
cosa ti serve?”
“C’è
un magazzino con
pezzi di ricambio o cose simili?”
“È tutto
là dietro da
dove siete venuti” indicò Tallulah con un gesto
della mano. “Tra i costumi di
scena e gli attrezzi dell’elettricista. Accomodatevi pure, io
devo finire di
cambiarmi.”
Il Dottore si mosse
nella direzione che gli era stata indicata, seguito da Rose e Solomon.
“Io resterò
qui con
Tallulah” avvertì Martha. “Se va bene.
Tanto se non sono apparecchiature
mediche non ci capisco niente.”
Rose si fermò un attimo.
“Sicura di stare bene?”
“Sono un poco
scossa” le
confessò Martha. “Ma sto bene. Ci si sta un
po’ per abituarsi, non è
così?”
Si sorrisero e Rose
raggiunse il Dottore.
“Ok. Rose, Solomon,
portatemi tutte le cose elettroniche che riuscite a trovare”
istruì il Dottore
togliendosi il cappotto e appoggiandolo su uno scaffale per poter
lavorare
meglio.
Solomon annuì e
cominciò
a frugare tra le cose di un magazzino, che più che a un
magazzino assomigliava
a una discarica.
Rose si accostò al
Dottore, che aveva trovato quella che sembrava essere la base da cui
avrebbe
cominciato a costruire. “Cosa stai cercando di
fare?” volle sapere.
“Una specie rilevatore
di DNA artigianale per questa bestiolina. Passami quei cavi, ti
dispiace?”
“Questi?”
chiese lei
allungandogli un ammasso di fili.
Il Dottore li prese e
ricominciò a trafficare. “Se riesco a fare una
lettura dei cromosomi sarò in
grado di dire da dove viene.”
Rose lo osservò
lavorare. “Cosa credi che sia successo a Frank?”
gli chiese quando Solomon
tornò da loro con una vecchia radio tra le mani.
“Oh, proprio i
condensatori di cui ho bisogno!” esclamò il
Dottore invece di risponderle e
tornò a lavoro.
Solomon non si mosse,
rimase a guardare Rose. Lei se ne accorse solo dopo alcuni secondi.
Alzò la
testa e ricambiò lo sguardo.
“Avevo paura”
le disse
lui. Lei si limitò a fissarlo senza dire niente.
“Hanno preso Frank per colpa
mia. Gliel’ho lasciato prendere
perché…avevo così tanta
paura.”
“Nessuno ti giudica per
questo, Solomon” lo assicurò Rose dispiacendosi
per la sua pena. “Anch’io avevo
paura.”
“Ma non
l’avresti
lasciato lì sotto. Vi ho visti: tu e il Dottore eravate
pronti a ributtarvi
nelle fogne per cercare di salvarlo.” Sospirò
pesantemente. Chiuse gli occhi
per un secondo. “Devo tornare a Hooverville” decise
quando li riaprì. “Con
queste creature in giro dobbiamo proteggerci. Perché nessun
altro ci aiuterà.”
“Buona fortuna”
gli
augurò Rose quando ormai era sulla porta.
Solomon si girò e le
annuì. “Spero che troviate quello che state
cercando. Per il bene di tutti
noi.” E se ne andò.
Rose sospirò. Prese una
sedia e si sedette accanto al Dottore, aspettando che finisse di
lavorarci.
“Stai meglio
adesso?” le
chiese lui dopo un po’.
Rose lo guardò confusa,
poi capì di cosa stava parlando. “Non ho mai
veramente paura quando sono con
te” fece una pausa mentre decideva se continuare a parlare o
no. “C’è solo una
cosa di cui ho paura.”
Lui smise di lavorare al
macchinario e girò la testa per poterla guardare in faccia,
apprensivo.
“Che ancora adesso non
ti permetti di essere felice” gli disse lei alla fine. Lui
non disse niente, si
limitò a guardarla mestamente. “Ti conosco, lo so
che è così. Per questo ho
paura che mi allontanerai di nuovo. Protocollo di emergenza numero uno
e
affini.”
Il Dottore si alzò in
piedi le si avvicinò. Lei balzò subito su e si
ritrovarono faccia a faccia.
“Rose, il programma di emergenza uno non esiste
più. L’ho cancellato tanto,
tanto tempo fa.” Alzò una mano e
gliel’appoggiò su un lato del collo,
carezzandola dolcemente col pollice. “Due volte ti ho mandata
via, tre volte
sei tornata. Non voglio correre il rischio che un giorno tu possa non
trovare
più la strada per tornare da me…o che tu non
voglia farlo.” Sospirò. “Sono
migliore quando sono con te e farò tutto il possibile per
non perderti di
nuovo.”
In quel momento, Rose
giurò che la stava per baciare. Le guardò le
labbra, si chinò leggermente in
avanti, verso di lei. Stava per farlo, ne era certa. Poi il Dottore
chiuse gli
occhi, sospirò, e si limitò a stringerla a
sé in un abbraccio strettissimo.
Rose aveva la sensazione
che se avessero continuato così avrebbe finito per limonarlo
all’improvviso,
davanti a tutti, e al diavolo le conseguenze.
Si separarono. Il
Dottore la prese per mano e con l’altra afferrò il
marchingegno per il DNA.
“Ho bisogno di
riflettori funzionanti” le spiegò.
“Dobbiamo spostarci in galleria. Il secondo
piano è chiuso al pubblico per dei lavori in
corso.”
Appoggiò il macchinario
sul pavimento, ricoperto da moquette rossa.
“Rose, collega la
spina”
chiese mentre puntava il riflettore dritto sulla medusa gelatinosa. Si
distese
sul pavimento accanto al marchingegno, aspettando che la luce si
surriscaldasse
a sufficienza da far funzionare i ricettori del DNA, e
inforcò gli occhiali.
Rose gli si sdraiò accanto.
“Già in mente
la nostra
prossima destinazione?” gli chiese in tono colloquiale.
“Londra, 2007”
la
informò immediatamente. “Dobbiamo riportare Martha
a casa, ricordi?”
“Giusto”
rispose lei
demoralizzata.
Il Dottore si tolse gli
occhiali e la fissò. “Rose, perché vuoi
tanto che Martha viaggi con noi nel
TARDIS?”
Era il momento giusto.
Rose lo capì subito. Doveva dirglielo, ora.
Perché sei tu che non vuoi stare con me. Perché
la mia famiglia non c’è più e
lei è la prima amica che ho avuto da quando ho cominciato a
viaggiare con te.
Perché mi hai chiamata ‘tua’?
Perché non puoi permetterti di amarmi? Dillo. Diglielo!
“È
complicato” disse
alla fine e in quello stesso istante provò
l’intenso desiderio di prendersi a
pugni da sola. Non era una codarda, non lo era mai stata. Non era una
che aveva
paura…tranne quando si trattava del Dottore. Aveva paura
dell’ennesimo rifiuto.
Tu puoi
passare il resto della tua vita con me ma io non
posso passare il resto della mia con te.
Perché alla fine il
problema era sempre quello, non è così?
Lui la guardò
intensamente,
come se volesse aggiungere qualcosa, ma non disse niente.
Rose sospirò e si
alzò
in piedi. Sentiva gli occhi che le bruciavano, doveva allontanarsi un
attimo.
Si appoggiò al parapetto e guardò giù,
verso il palco. Respirò profondamente
una, due volte.
“Oh, guarda: sta
cominciando lo spettacolo di Tallulah” esclamò
quando fu sicura che avrebbe
avuto la voce ferma. Si voltò verso il Dottore e
sollevò un sopracciglio.
“Vorrei che la smettessi di accarezzarlo come se fosse un
cucciolo” commentò vedendo
come il Dottore continuava a passare le mani sulla parte a cupola della
creatura aliena.
“È
artificiale” ribatté
il Dottore osservandola ancora più vicino. Aveva tirato
fuori lo stetoscopio e
lo stava usando per analizzare la creatura. “Ingegneria
genetica. Chiunque sia
stato…oh, quanto è intelligente” si
umettò le labbra, concentrato. “DNA basale
di tipo 467/989…” borbottò.
“Però!
È brava!”
commentò Rose alle spalle.
“Chi?”
“Tallulah!”
rispose la
ragazza che intanto stava guardando lo spettacolo.
“467/989…”
ripeté il
Dottore cercando di capire perché quei dati gli erano
così familiari. “989…
Aspetta, vuol dire che il pianeta di origine…” la
realizzazione lo colpì come
un fulmine.
“Ehi, ma cosa sta
combinando Martha?” esclamò Rose. Si
girò di scatto verso il Dottore,
realizzando che si era ammutolito, poi vide la sua faccia.
“DNA basale di tipo
467/989” ripeté. “Significa che il
pianeta di origine è Skaro.”
Rose spalancò gli occhi
e sbiancò, rispecchiando alla perfezione
l’espressione di orrore che aveva il
Dottore. Scattarono in piedi e corsero verso il palco e sentirono
strillare.
“Martha stava facendo qualcosa di strano sul palco. Deve aver
visto qualcosa!”
urlò Rose mentre scendevano a precipizio le scale.
Raggiunsero Tallulah,
circondata dal resto delle ragazze vestite da diavolesse.
“Dov’è? Dov’è
Martha?” esclamò il Dottore.
“Non lo so! È
corsa via
dal palco!”
La sentirono strillare e
corsero in direzione della sua voce. Si ritrovarono di nuovo nel
magazzino con
la botola per le fogne ma di Martha nessuna traccia. Il Dottore
afferrò il
cappotto che aveva abbandonato su uno scaffale e se lo
infilò in fretta,
preparandosi a tornare nelle fogne. Si girò per dire
qualcosa a Rose ma lei lo
fermò prima che potesse aprir bocca.
“Hai promesso”
gli
ricordò.
“Lo so” le
strinse la
mano per un momento e scesero di nuovo nelle fogne.
“Dottore, sono i Dalek,
vero?”
Il Dottore la prese di
nuovo per mano, questa volta non la lasciò andare.
“Ho paura di sì.”
“Li odio. Come fanno a
sopravvivere? Perché sopravvivono sempre?”
“Non lo so, Rose. Non
smetterò mai di chiedermelo.”
“E ora hanno preso anche
Martha!”
Sentirono un rumore e si
immobilizzarono. Sulla parete davanti a loro comparve
un’ombra, la sagoma
dell’ultima creature che entrambi avrebbero voluto
incontrare. Indietreggiarono
velocemente, cercando un posto dove nascondersi ma non sembrava
essercene
nessuno. Il Dottore vide un’alcova semi nascosta da un
vecchio telo
abbandonato. Ci spinse dentro Rose e aspettarono.
La premette contro la
parete, coprendola col proprio corpo. Lei rimase lì,
schiacciata tra lui e i
freddo cemento della galleria. I loro visi erano a pochi centimetri
l’uno
dall’altro e, nonostante il pericolo, a Rose
sembrò di andare a fuoco.
Il Dottore poteva
sentire il respiro accelerato di Rose contro il viso e non
poté fare a meno di
pensare al bacio con Lilith, cercando allo stesso tempo di controllare
il tipo
di reazione spontanea che il suo corpo avrebbe voluto avere a quella
memoria,
soprattutto in quel momento che la vera Rose era premuta contro di lui.
Il Dalek passò alle loro
spalle ed entrambi smisero di respirare, aspettando che passasse. Il
Dalek non
si fermò. Li superò e continuò il suo
percorso.
Il Dottore si staccò da
Rose, avvertendo un dolore quasi fisico quando perse la sensazione del
suo
corpo contro il proprio, del suo calore a contatto con la propria pelle
fresca.
Rose si rese conto solo
in quel momento di star tremando, con immagini di Canary Wharf che le
affollavano la mente. I Dalek, il vuoto e una parete bianca che
sembrava una
prigione. Ancora in quel momento non poteva sopportare di stare in una
stanza
con tutte le pareti bianche. La prima volta che le era successo dopo
essere
rimasta imprigionata nel Mondo di Pete, era corsa fuori per andare a
vomitare.
Il Dottore notò il suo
turbamento ma non sapeva cosa fare per aiutarla. Non in quel momento,
quando
lui stesso stava tremando di rabbia trattenuta. Fece l’unica
cosa che poteva
fare: corse da lei e l’abbracciò più
stretta che poté. Rimasero così a lungo,
col Dottore che le accarezzava dolcemente la base della schiena.
Furono interrotti da una
voce alle loro spalle. “E quello cos’era?”
Si voltarono e videro
Tallulah, avvolta in un lungo cappotto nero per coprire il costume di
scena,
che li aveva seguiti.
“Tallulah, cosa ci fai
qui?” la interrogò il Dottore a denti stretti. In
quel momento gli mancava solo
una soubrette alla ricerca del fidanzato.
“Vi ho seguiti. Chiunque
abbia preso Martha può aver preso anche Laszlo!
C’entra qualcosa quel coso di
metallo?”
“Si chiama
Dalek”
rispose il Dottore azzannando la parola. “E non è
solo metallo. È vivo.”
Tallulah fece qualche
altro passo verso di loro. “Mi prendi in giro,
vero?” Vide le sue facce pallide
e sconvolte e capì al volo che non stavano scherzando.
Il Dottore la afferrò
per un braccio e cominciò a trascinarla verso
l’uscita. “Non sto scherzando e
tu non puoi restare qui. Non avresti dovuto seguirci, se avessi
incrociato quel
Dalek a quest’ora saresti morta. Ti riporto indietro,
subito.”
Girarono in un corridoio
laterale e si trovarono faccia a faccia con uno di quegli
uomini-maiale.
Tallulah strillò e l’ibrido balzò
indietro, nascondendosi dietro una
colonna.
“Dov’è
Martha? Cosa le
hai fatto?” urlò il Dottore balzando in avanti e
puntandogli addosso la luce
della torcia.
“Non l’ho presa
io”
rispose l’uomo-maiale. Parlava e si nascondeva, quello non
era il comportamento
tipico di quelle creature, ne avevano avuto sufficienti dimostrazioni
quel
giorno. Rose fece qualche passo verso di loro quando un pensiero la
colpì e si
bloccò, a metà strada tra Tallulah e il Dottore.
“Ti ricordi come ti
chiami?” chiese il Signore del Tempo.
“Non…guardatemi”
supplicò l’uomo-maiale.
Tallulah inclinò la
testa, ascoltando attentamente, e fece qualche passo in avanti. Rose
capì che i
suoi timori erano fondati: la donna aveva riconosciuto la voce.
“Sai dove si
trova?” chiese la donna facendo qualche passo in avanti.
“Stai
indietro!” pregò
l’uomo nascondendosi il viso con le mani. “Non
guardarmi.”
“Cosa ti è
accaduto?”
domandò il Dottore.
“Mi hanno trasformato in
un mostro.”
“Chi è
stato?”
“I padroni”
rispose
l’uomo-maiale con disprezzo.
“I Dalek”
corresse il
Dottore. “Perché?”
“Avevano bisogno di
schiavi. Avevano bisogno di schiavi per rapire altra gente, quindi
hanno creato
noi. In parte animali, in parte umani” spiegò con
voce spezzata. “Sono scappato
prima che arrivassero al mio cervello… ma… era
comunque troppo tardi.”
“Sai
cos’è successo a
Martha?” domandò di nuovo il Dottore, questa volta
con tono di voce più pacato.
L’uomo-maiale
sospirò.
“L’hanno presa. È colpa mia, stava
seguendo me.”
“Eri tu in
teatro?”
esclamò Tallulah appoggiandosi una mano sul petto, cercando
di fermarne i
tremori.
“Io
non…” cominciò
l’uomo-maiale. Fece una pausa.
“Sì.”
“Perché?
Perché eri là?”
“Non avrei mai voluto
che mi vedessi così.”
“Perché
io?” insistette
la donna cercando di negare quello che aveva saputo nel preciso momento
in cui
lo aveva sentito parlare la prima volta. “Che cosa
c’entro io con questo?” Fece
un altro passo in avanti. “Mi stavi seguendo?
Perché eri là?”
L’uomo-maiale se
voltò,
permettendole di vederlo in volto per la prima volta. Non era come le
altre
creature. Non sembrava più umano ma aveva mantenuto molti
dei suoi caratteri
facciali originari. Gli occhi, soprattutto, erano ancora quelli di un
uomo.
“Sì” le rispose.
Tallulah lo guardò a
bocca aperta. Osservò le orecchie da maiale, il grugno, le
zanne che gli
spuntavano dalla bocca e, infine, gli occhi. E lo guardava negli occhi
quando
gli chiese “chi sei tu?”
“Mi sentivo
solo.”
“Chi sei tu?”
ripeté lei
con voce rotta.
Anche la voce
dell’uomo-maiale tremò. “Avevo bisogno
di vederti.”
“Chi
sei…tu?” chiese
Tallulah ancora una volta, sull’orlo delle lacrime. Ormai
solo pochi passi
separavano l’uno dall’altro.
“Mi dispiace”
rispose
lui e le diede le spalle.
“No, aspetta”
lo chiamò
Tallulah e lo afferrò per un braccio. “Lascia che
ti guardi.” Gli passò le mani
sulle spalle, gli sfiorò il collo con le mani. Lo costrinse
a indietreggiare, e
lo mise sotto la luce. Lo riconobbe. “Laszlo?” gli
sorrise esitante. “Il mio
Laszlo?”
Lui annuì.
“Cosa…cosa ti
hanno
fatto?” chiese Tallulah senza riuscire a trattenere le
lacrime. Gli accarezzò
il viso e cominciò a sistemargli nervosamente il colletto
della tuta da lavoro
che stava indossando.
“Mi dispiace. Mi
dispiace così tanto.”
Il Dottore e Rose si
scambiarono uno sguardo. Per quando fosse doloroso, non avevano tempo
da
perdere. La ragazza raggiunse Tallulah, mettendole un braccio intorno
alle
spalle, cercando di tranquillizzarla, mentre il Dottore si rivolse a
Laszlo.
“Puoi farmi vedere dove sono?” gli chiese.
“Ma ti
uccideranno!”
“Se non li fermo,
uccideranno tutti quanti” rispose il Dottore. Sembrava
invecchiato di colpo.
Rose lasciò Tallulah e lo abbracciò. Non avevano
tempo: lo sapeva lei, lo
sapeva il Dottore. Lo stesso, non potevano fare a meno di cercare
conforto
l’uno nell’altro. Soprattutto quando dovevano
affrontare, ancora una volta,
quel nemico tanto terribile.
Anche Laszlo doveva
averlo percepito. Guardò verso Tallulah ancora una volta e
annuì. “Allora
seguitemi.”
Camminarono dietro a
Laszlo per alcuni minuti, tenendosi per mano, quando finalmente
sentirono i
versi degli schiavi-maiali alla fine del corridoio. Non ebbero nemmeno
il tempo
per decidere che cosa fare quando arrivarono due Dalek. Si nascosero.
“Questi
sono campioni forti” li sentirono dire. “Saranno utili alla causa dei Dalek. A che
stadio è l’Esperimento Finale?”
“Il
Dalekanium è in posizione. Il conduttore di energia
è completato.”
“Allora
sceglierò i prigionieri per la selezione.”
L’ultimo Dalek ad aver
parlato cominciò a scannerizzare uno per uno gli umani messi
in fila, compresi
Martha e Frank.
“Vengono divisi in due
gruppi” spiegò Laszlo mantenendo la voce a un
sussurro. “Intelligenza superiore
e intelligenza inferiore. Quelli con scarsa intelligenza vengono presi
per
diventare schiavi maiali, come me.”
“Non è
giusto!” si
lamentò Tallulah a voce più alta del dovuto.
“Tallulah!
Shh!” le
ricordò Rose allarmata.
“Sei il ragazzo
più
intelligente con cui sia mai uscita” continuò lei
sottovoce.
“E gli altri?”
si
intromise il Dottore.
“Vengono portati al
laboratorio.”
Il Dottore si sporse
oltre l’angolo. “Perché? Per fare
cosa?” si chiese, cercando di capire quale
fosse il loro piano.
“Non lo so”
ammise
Laszlo afflitto. A differenza di Rose e del Dottore che cercavano di
vedere,
cercavano di capire, Laszlo non osava nemmeno buttare un occhiata in
quella
direzione. “I padroni lo chiamano solo
l’Esperimento Finale.”
I Dalek finirono di scannerizzare
la gente e cominciarono a muoversi attraverso il corridoio nella loro
direzione, seguiti da coloro che erano stati catalogati con
un’intelligenza
acuta.
“Attenti, si
spostano”
avvertì il Dottore nascondendosi dietro una sporgenza.
Laszlo e Tallulah
cominciarono a correre verso l’uscita quando si accorsero che
Rose e il Dottore
non si erano mossi.
“Cosa fare?”
chiamò
Laszlo allarmato. “Muovetevi!”
“Io non vengo”
informò
loro il Dottore. “Mi è venuta un’idea.
Andate!”
“Spero per te che sia
una buona idea” lo minacciò Rose prendendolo per
mano.
“Lo sono
sempre” gli
rispose lui con un sorriso impertinente.
Rose ricambiò.
“Non è
vero.”
“No, però di
solito
funzionano lo stesso. Ce la fai?”
“Certo.”
Rose voltò la testa e
guardò Laszlo mandare via Tallulah. Li avrebbe aiutati.
Lasciarono passare i
Dalek e la prima schiera di schiavi maiali. Il Dottore
aspettò il momento giusto
e si infilò nella fila dei prigionieri, trascinando Rose con
sé. Laszlo li
avrebbe seguiti insieme agli schiavi maiali.
Si posizionarono dietro
a Martha. “Continua a camminare” la
avvertì il Dottore.
“Oh, sono così
felice di
vedervi!” esclamò la ragazza con sollievo.
“Sì, beh, puoi
baciarmi
più tardi. Anche tu, Frank, se ti va.”
“E io no?”
chiese Rose
con tono fare innocente. Martha rise sotto i baffi.
“Quando vuoi”
rispose il
Dottore con una voce un po’ più alta del solito
che né Rose né Martha poterono
fare a meno di notare.
Attraversarono diversi
corridoi fino ad arrivare a una zona che era stata ripulita e
ricostruita di
recente. Doveva essere il laboratorio di cui aveva parlato Laszlo.
Si ritrovarono al
cospetto di quattro Dalek.
“Rapporto!”
disse il primo.
“Dalek
Sec sta entrando nell’ultima fase dell’evoluzione.”
“Scansionatelo.
Prepararsi alla nascita.”
“Evoluzione?”
ripeté il
Dottore incredulo.
“Io credevo che i Dalek
non…” cominciò Rose, altrettanto
sbalordita.
Martha era più
interessata a uno dei Dalek, tale Dalek Sec, che aveva cominciato a
emettere
fumo. “Cos’ha che non va l’amico
laggiù?”
“Ora glielo
chiedo”
decise Rose facendo un passo in avanti. Il Dottore però la
afferrò per un
braccio e la costrinse a tornare nascosta in mezzo agli altri
prigionieri.
“Perché
no?” volle
sapere contrariata.
“Sei Rose Tyler: hai
ucciso il loro imperatore. Ti riconoscerebbero. Stesso motivo vale per
me, non
posso rischiare di essere notato. Martha, chiediglielo tu.”
La ragazza fece un
respiro profondo e si fece avanti. “Dalek”
chiamò a voce alta. “Chiedo che mi
si spieghi che cos’è questo…Esperimento
finale?”
I Dalek si girarono
verso di lei. Uno di loro le si avvicinò più
degli altri.
“Rapporto!”
insistette
Martha, tremando dalla testa ai piedi.
“Voi
sarete tutti testimoni” fu la risposta del Dalek.
“Di cosa?”
“Questa
è l’alba di una nuova era.”
Martha guardò verso Rose
e il Dottore, confusa, poi tornò a rivolgersi al Dalek.
“Cosa vuol dire?”
“Noi
siamo gli ultimi quattro Dalek esistenti. Quindi la specie si deve
evolvere. Una vita fuori dal guscio. I figli di Skaro devono camminare
di
nuovo.”
I Dalek indietreggiarono
e si raccolsero intorno a Dalek Sec., il cui guscio cominciò
ad aprirsi. Un
attimo dopo si ritrovarono davanti una nuova creatura.
“Che
cos’è?” domandò
Martha con orrore.
“Io sono un Dalek umano.
Io sono il vostro futuro!” si annunciò Dalek Sec.
Aveva il corpo di un uomo, e
il completo da uomo d’affari che avevano visto indossare al
signor Diagoras. Le
sue mani erano diverse, la testa soprattutto ricordava il corpo dentro
al
guscio dei Dalek. Un solo occhio al centro della fronte e una serie di
tentacoli dove sarebbero dovute esserci le orecchie.
Sec avanzò verso i
prigionieri.
“Questi umani diventeranno come me”
dichiarò.
Il Dottore approfittò
per scivolare di lato, nascondendosi dietro a dei macchinari che lo
avrebbero
coperto alla vista.
“Dove diavolo stai
andando?” gli chiese Rose notandolo.
“Aspettami qui”
le fece
lui e sparì.
“Preparateli per
l’ibridazione!” ordinò Sec agli schiavi
maiali che li spinsero in avanti, verso
il centro della stanza. Sentirono una musica suonare nella stanza.
“Cos’è
questo suono?”
volle sapere Sec agitato.
“Ah, beh, sarei
io”
esclamò il Dottore uscendo allo scoperto con una radio in
mano. “Salve.
Sorpresa!” La appoggiò su un tavolo e si fece
avanti. “Buh! Eccetera.”
“Dottore?”
esclamò Dalek
Sec stupito. Ma non lo attaccò. Lo guardò con un
misto di sospetto e di
interesse. Rose fece qualche passo avanti, affiancando il Dottore. Non
le
interessava che fosse lui il Signore del Tempo o che potesse gestire la
situazione senza aiuto. Non l’avrebbe lasciato da solo.
“E Rose Tyler” aggiunse
Sec quando la vide.
“I
nemici dei Dalek!” disse un altro dei membri del
culto di Skaro.
“STERMINARE!”
“Aspettate!”
ordinò
Dalek Sec.
“Ma guarda un
po’”
commentò il Dottore osservandolo. “Una nuova forma
di Dalek. Affascinante. E
molto intelligente.”
“Il Culto di Skaro
è
sfuggito al vostro massacro” ringhiò Dalek Sec.
“Come siete finiti nel
1930?”
“Trasferimento temporale
d’emergenza” rispose Sec guardandolo con sfida.
Il Dottore rise. “Oh.
Deve aver arrostito i vostri accumulatori di energia, eh?
C’è stato un tempo in
cui quattro Dalek avrebbero potuto conquistare il mondo” fece
notare
deridendoli. Li guardò uno per uno e passeggiò
con indifferenza per la stanza,
facendo capire a Rose di avvicinarsi a Martha e di tenersi pronta.
“E invece vi
aggirate furtivamente, nascosti nell’oscurità,
facendo esperimenti… Il cui
risultato finale…sei tu!” esclamò
fissando con meraviglia Dalek Sec.
“Io sono un Dalek in
forma umana!”
“Ma cosa si
prova?”
insistette il Dottore. “Puoi dirmelo, Dalek
Sec…è Dalek Sec, il tuo nome,
giusto? Hai un nome, un cervello tutto tuo…dimmi a cosa stai
pensando, adesso.”
“Io…provo…sentimenti
umani.”
“Bene”
esclamò il
Dottore, stupito. “Questo è un bene.”
“Io…provo…tutto
quello
che desideravamo ottenere dal genere umano. Ambizione, odio,
aggressività. E
guerra! Un grande ingegno per la guerra!”
Il Dottor scosse la
testa. “No. Essere umani non significa questo.”
“Io credo di
sì! Nel
profondo questa specie somiglia molto ai Dalek.”
Il Dottore sospirò.
“Va
bene! Allora cos’hai ottenuto con questo esperimento finale,
eh? Niente!” lo
schernì rabbiosamente. “Perché posso
mostrarti cosa ti manca, con quest’affare.
Una semplice piccola radio” dichiarò dandole una
leggera pacca con la mano.
“A
cosa serve quel dispositivo?” chiese uno dei Dalek.
“Ecco, esattamente.
Riproduce musica. E a che serve?” sbuffò il
Dottore. “Oh, seguendo la musica
puoi…ballare. Cantare. Innamorarti”
continuò e su quell’ultima parola non
poté
fare a meno di guardare verso Rose e i loro sguardi si incrociarono,
solo per
un attimo. Il Dottore ricominciò a parlare, un po’
più velocemente di prima
mentre a Rose, per un attimo, sembrò che le avessero
risucchiato l’aria dai
polmoni.
Il Dottore si infilò una
mano in tasca. “A meno che tu non sia un Dalek,
certo…” estrasse il cacciavite
sonico e lo puntò contro la radio. “In tal caso
è solo rumore!” urlò
azionandolo. L’alta frequenza emessa dal dispositivo
mandò in tilt il sistema
dei Dalek quanto bastava per debilitarli e dare loro il tempo di
scappare.
“Correte!”
urlò il
Dottore.
NDA: Fine prima parte!
Alla fine è stato assolutamente necessario dividere in due
questa storyline o
sarebbe stata davvero troppo lunga. Dunque…non ho molto da
dire qui. Mi
dispiace che la presenza di Rose non abbia cambiato di molto gli
avvenimenti di
questa prima parte (diciamo niente, a parte qualche
battuta)…alla fine è risultato
un po’ noioso ho paura (e una Martha così inutile
non si era mai vista.
Dimmelo, Martha: ce l’hai con me?) e non ho potuto nemmeno
tagliare molte delle
parti rimaste intatte. Nella seconda parte vedremo una maggiore
influenza da
parte di Rose comunque ;)
Se tutto va bene
pubblicherò la seconda parte già
giovedì, così non dovrete aspettare troppo per
il continuo (e così non mi vorrete troppo male quando
cominceranno le sessioni
d’esami e io aggiornerò una volta al mese se siamo
fortunati). Spero che vi sia
piaciuto lo stesso. Un bacio alla prossima.
EDIT (18/04/13): Sorry a quanto pare è stata una settimana infernale...non credo che riuscirò ad aggiornare questa settimana...forse nemmeno lunedì! :( Appena avrò un po' di tempo mi metterò sotto però, promesso!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 8 *** A New York Story ***
Capitolo
Sette: A New York Story
Start spreading
the news
I am leaving today
I want to be a part of
it
New York, New York
These vagabond
shoes
They are longing to
stray
Right through the very
heart of it
New York, New York
I want to wake
up in
that city
That doesn't sleep
And find I'm king of the
hill
Top of the heap
(New York, New
York –
Frank Sinatra)
Corsero attraverso le
fogne ancora una volta. Più veloce che poterono, senza
fermarsi.
“Forza! Muoversi!
Muoversi! Muoversi!” continuava a incitarli il Dottore. Se i
Dalek li avessero catturati
di nuovo non sarebbe finita bene per nessuno di loro.
“Tallulah!”
strillò Rose
quando ci andarono quasi a sbattere contro. “Che ci fai
ancora qui?”
“Corri!” le
urlò il
Dottore senza fermarsi.
“Cos’è
successo a
Laszlo?!” cerco di scoprire la donna ma la trascinarono via
con loro senza
risponderle.
Potevano sentire gli schiavi
maiale avvicinarsi. Riuscirono a ritrovare la botola per il magazzino
del
teatro di Tallulah. Si arrampicarono il più velocemente
possibile e se la
richiusero alle spalle.
Tornarono a Hooverville
dove trovarono Solomon e tutti gli abitanti del posto pesantemente
armati.
Sia il Dottore che Rose
fecero una smorfia vedendo quella distesa di fucili. La ragazza lo
afferrò per
una manica. “Dottore…se i Dalek ci
attaccano…quelle armi non potranno niente.
Sarà un massacro.”
“Hai ragione”
annuì il
Dottore cercando Solomon tra la folla. Gli raccontarono dei Dalek,
cercando di
fargli capire perché fosse una pessima idea quella di far
loro guerra.
Solomon li ascoltò in
silenzio. “Questi…Dalek. Sembrano essere il
prodotto di un incubo. E vogliono
riprodursi?”
“Si stanno fondendo con
dei corpi umani” ripeté il Dottore incrociando
le braccia. “Se ho ragione hanno un allevamento
di bestiame proprio qui,
a Hooverville. Dobbiamo fare uscire tutti.”
Solomon incrociò le
braccia. “Hooverville è l’ultimo posto
in cui un uomo possa finire, non esiste
un altro rifugio.”
“Verranno qui”
insistette Rose. “Non potete difendervi da loro. Non con quei
fucili.”
“Mi dispiace, Solomon,
ma dovete disperdervi!” Il Dottore alzò la voce e
si accigliò. Era sempre così:
perché gli umani non potevano dargli ascolto?
“Andate in un posto qualunque, seguite
la ferrovia, attraversate lo Stato, basta che lasciate New
York.”
Solomon scosse la testa,
restio ad abbandonare tutto quello che gli era rimasto. Anche se non
era niente.
“Deve esserci un modo per ragionare con questi
esseri.”
“Non è
possibile, è
questo il punto!” esclamò Rose esasperata.
“Sanno solo conquistare e
distruggere. E odiare. Non sanno cos’è la
pietà. Non puoi ragionare con esseri
del genere.”
Frank si avvicinò.
“Tu
non li hai visti, capo.”
“I Dalek sono sempre un
brutto affare ma in questo momento sono vulnerabili”
spiegò il Dottore. “E
questo li rende più pericolosi che mai.”
Solomon sospirò. Si
passò una mano sul viso, cercando di prendere la decisione
migliore per tutti.
Rose si voltò di scatto.
“Avete sentito?” domandò guardandosi
intorno. Sentirono un fischietto, il
segnale che erano sotto attacco.
“Stanno
arrivando!” urlò
infatti un uomo correndo nella loro direzione.
“Una sentinella deve
aver visto qualcosa” disse Solomon vedendolo avvicinarsi.
“Sono qui! Li ho visti!
Sono dei mostri!”
Il Dottore non si mosse.
“È cominciata.”
Rose gli strinse la
mano. “Ormai è tardi per fuggire. Dovremo
affrontarli. Insieme?”
Il Dottore ricambiò la
stretta. “Insieme. Stiamo uniti, restiamo al centro.
Finché ci sono solo gli
schiavi maiale potremmo ancora farcela.”
Videro gli uomini
correre a prendere le armi. Qualcuno tentò di scappare e li
sentirono urlare
quando gli schiavi maiale li catturarono e cominciarono a trascinarli
via.
“Dobbiamo fuggire dal
parco!” esclamò Martha spaventata.
“Non possiamo. Siamo
circondati” urlò il Dottore vedendo i maiali
stringerli in un cerchio. “Stanno
raccogliendo tutti in un unico posto.”
“Siamo in
trappola” si
lamentò Tallulah.
Solomon imbracciò il
fucile. “Allora restiamo uniti!” urlò,
scrutando intorno a sé, pronto a colpire
gli schiavi maiale a vista. Uno di loro si fece troppo vicino e
partì il primo
proiettile. Cominciò una sparatoria.
Martha afferrò un
bastone e se lo rigirò tra le mani, più e
più volte. Si ferì con le schegge ma
non le importava. “Possiamo trattenerli finché non
sarà giorno!” esclamò
speranzosa e spaventata allo stesso tempo.
Il Dottore non si voltò
a guardarla, fissava un punto sopra le loro teste. “No,
Martha, questa è solo
la fanteria.”
Rose seguì il suo
sguardo e lo vide, un Dalek che levitava alcuni metri sopra di loro.
Chiuse gli
occhi. Contò cinque secondi, poi li riaprì.
Sospirò. Fece un passo in avanti e
prese la mano del Dottore.
“O mio Dio”
imprecò Martha.
“È il
diavolo!” urlò un
uomo terrorizzato. “Il diavolo in cielo! Che Dio ci salvi!
È la dannazione.”
Frank alzò il fucile,
rabbioso. “Ah, sì? Lo vedremo!”
urlò e fece fuoco. Il proiettile rimbalzò sulla
corazza dei Dalek con un ‘cling’ metallico senza
scalfirla minimamente.
Il Dottore fece un balzo
in avanti e lo costrinse ad abbassare la canna del fucile.
“Non serve a
niente!”
Si immobilizzarono tutti
quanti, in attesa di vedere quale sarebbe stata la prossima mossa del
Dalek. Il
Dottore si guardò intorno, controllando che sia Rose che
Martha fossero al
sicuro dietro di lui
Martha gli affondò le
dita nel braccio. “Ce n’è più
di uno” mormorò quando videro un secondo Dalek
affiancarsi al primo. I Dalek girarono il loro unico occhio verso gli
abitanti
di Hooverville. Un attimo dopo aprirono il fuoco sulle tende e le
capanne. La
gente urlò, cercò di scappare ma i Dalek
continuarono ad attaccarli con una
precisione inesorabile.
Il Dottore non poteva
far altro che restare a guardare, impotente, tanta distruzione. Rose
avrebbe
fatto qualsiasi cosa per non fargli attraversare di nuovo una cosa del
genere.
I Dalek guardarono verso
il piccolo gruppo armato che si era riunito intorno al Dottore.
“Gli umani si arrenderanno!”
“Lasciateli in
pace!”
strillò il Dottore avanzando di un passo. “Non vi
hanno fatto niente!”
Il Dalek si limitò a
fissarlo e smise di sparare. Almeno momentaneamente.
Solomon avanzò a sua
volta, affiancando il Dottore. Rose dilatò gli occhi.
“Cosa vuoi fare?” esclamò
balzando in avanti, cercando di trattenerlo.
“Solomon, stai
indietro!” Il Dottore lo afferrò per un braccio.
L’uomo ignorò
entrambi.
“Mi è stato riferito che mi sto rivolgendo ai
Dalek, giusto? Da quello che
sento, anche voi siete dei reietti.”
“Smettila”
insistette il
Dottore a denti stretti.
“Dottore, questa
è la
mia comunità. Rispetterai la mia
autorità” gli mise una mano sul petto e lo
fece indietreggiare. “Fammi fare un tentativo.”
Il Dottore scosse la
testa, ma indietreggiò. Rose non poté fare a meno
di fare un passo in avanti: quella
situazione non andava bene per niente.
“Dalek…”
invocò Solomon.
Appoggiò il fucile a terra e tenne le braccia aperte davanti
a sé come segno di
apertura al dialogo. Rose si morse un labbro, glielo avevano detto che
non si
poteva parlare con i Dalek…perché non voleva dar
loro retta? “…non siamo
uguali? Sotto la superficie, non siamo fratelli? Perché,
vedete…proprio oggi ho
scoperto che l’universo di Dio è migliaia di volte
più grande di quello che
pensavo. E questo mi spaventa, mi fa scendere il gelo nelle viscere, ma
sicuramente questo deve darmi speranza. Speranza che, forse insieme,
possiamo
creare un domani migliore” fece una breve pausa.
Deglutì un paio di volte,
cercando di rimediare alla gola secca. “Quindi vi prego: se
c’è della
compassione nei vostri cuori, allora vi unirete a noi e metterete fine
a questa
lotta.”
Il Dalek mosse l’occhio
a destra e a sinistra, senza rispondere.
“Ebbene? Cosa ne
dite?”
insistette Solomon.
Era abbastanza, decise
Rose. Fece alcuni passi in avanti verso Solomon per dirgli di lasciar
perdere:
quella era la dimostrazione che non si poteva discutere con i Dalek. Il
Dottore
la guardò allarmato.
“STERMINARE”
Rose non ebbe nemmeno
tempo di battere ciglio, si lanciò in avanti senza pensare
alle conseguenze e
trascinò Solomon a terra con sé. Lo stesso, non
era stata abbastanza veloce.
Solomon era stato colpito: giaceva a terra, agonizzante, ma non era
morto.
“Rose!”
gridò il Dottore
balzando verso di lei.
“Sto bene!”
allungò un
braccio verso la folla. “Martha! È ancora vivo,
dobbiamo aiutarlo!”
Martha non esitò e la
raggiunse in un secondo cercando di trattenere un singhiozzo.
“Gli hanno
sparato. Hanno cercato di ucciderlo e basta.”
Rose spostò lo sguardo
verso il Dalek ma si trovò davanti la figura del Dottore,
ancora una volta
pronto a mettersi tra lei e qualunque pericolo. Scattò in
piedi e lo affiancò.
“Rose
Tyler. Il Lupo Cattivo, distruttore dell’imperatore”
disse il
Dalek puntando contro di lei il braccio armato.
Il Dottore la afferrò
per un braccio e la costrinse a spostarsi dietro di sé.
“Non osare! Non osare!”
urlò con tutto il fiato che aveva in corpo. “Non
le farete del male! Prima
dovrete passare sul mio corpo.”
Il Dalek lo analizzò,
identificandolo. “Condizione
accettata.
Io sarò il distruttore del nostro più grande
nemico!”
Rose lo afferrò per le
spalle. “Non puoi farlo! Non per me! Dottore!”
Il Dottore la guardò,
cercando di memorizzare ogni tratto del suo viso. “Vale la
pena morire per te”
le afferrò il viso tra le mani e la baciò. Un
breve contatto di labbra contro
labbra, poi la lasciò andare e si girò per
affrontare il Dalek.
“STER-MI-NA…”
cominciò prima di bloccarsi. “Non
capisco. È il Dottore!” lo sentirono
dire. Sembrava di
ascoltare soltanto metà di una conversazione. “Il bisogno di uccidere è troppo forte”
un’altra pausa. “Io…obbedisco.”
Rose e il Dottore si
scambiarono uno sguardo confuso. Potevano ancora cavarsela?
“Cosa succede?”
urlò lui.
“Tu
mi seguirai.”
“Dottore” lo
avvertì
Rose, allarmata.
“No!”
urlò Martha,
ancora accucciata accanto a Solomon. “Non puoi
andare!”
“Devo andare. I Dalek
hanno appena cambiato idea.”
“E i Dalek non cambiano
mai idea” finì Rose per lui con un sospiro
tremante. Era spaventata quasi
quanto Martha.
“Che ne sarà
di noi se
vai?” domandò Martha con le lacrime agli occhi.
Il Dottore si rivolse di
nuovo al Dalek. “Una condizione! Se io vengo con te,
risparmierai le vite di
tutti quelli che sono qui, mi hai sentito?”
“Gli
umani saranno risparmiati. Dottore…seguimi.”
Rose gli prese la mano.
“Vengo con te.”
Il Dottore la guardò e
gliela
strinse, senza dire niente.
Martha li fermò.
“E io?”
“Fai quello che ti
riesce meglio. Salva Solomon e aiuta i feriti. Solo tu puoi
farlo.”
La ragazza annuì e fece
un passo indietro, lasciandoli passare. Rose e il Dottore si fermarono
pochi
metri più in là. Sembrarono dirsi qualcosa, Rose
tornò indietro da Martha e l’abbracciò.
“Te lo prometto,
andrà
tutto bene” le disse riuscendo a infilarle la carta psichica
in una tasca dei
pantaloni, di nascosto dai Dalek. Si voltò e prese di nuovo
per mano il Dottore,
insieme seguirono i Dalek.
………¿DW?………
“È tutto a
posto”
assicurò Martha finendo di fasciare l’ultimo di
una lunga serie di feriti.
“Starai bene, non è che un taglio. ”
“Grazie” disse
l’uomo
prima di allontanarsi. Tallulah prese il suo posto.
“Come sta
Solomon?”
volle sapere Martha appena la vide. Aveva dato istruzioni di avvertirla
se ci
fosse stato anche il minimo cambiamento.
Lei scrollò le spalle.
“Come prima. Credi che sopravvivrà?”
Martha si abbandonò
sulla sedia lasciata vacante dall’ultimo ferito che aveva
curato. “È possibile.
Non ho mai lavorato in queste condizioni e non sono ancora un medico a
tutti
gli effetti. C’è poco che possa fare.”
Tallulah si accucciò
accanto a lei e le appoggiò una mano sulla schiena.
“Allora, che ne sarà di
noi? Cosa facciamo adesso?”
Martha tirò qualcosa
fuori da una tasca e lo mostrò alla donna. “Mi
hanno dato questo. Deve esserci
un motivo.”
Tallulah osservò
incuriosita la carta psichica. “A cosa serve?"
“Ti fa entrare
ovunque…palazzi
e cose simili. Ma non so che fare. Immagino voglia che vada da qualche
parte,
ma dove? Non mi sono mai trovata in una situazione simile. Cosa dovrei
fare? In
situazioni come questo il Dottore si rivolge sempre a Rose.”
“Deve avere molta
fiducia in te se ha pensato che ne fossi in grado. Se no avrebbe fatto
rimanere
qui Rose.”
Martha sorrise,
rigirandosi ancora una volta la carta psichica tra le mani.
“Non credo sia stata
esattamente una scelta da parte sua. Non credo sia in grado di
separarsi
veramente da lei” il sorriso si affievolì e
scomparve. Sospirò. “Infatti non mi
vuole veramente a viaggiare con loro, nel TARDIS. È Rose che
mi permette di
rimanere. Fosse per lui mi avrebbe già scaricata un bel
po’ di tempo fa.”
“Oh, tesoro. Sono certa
che si sarebbe reso conto di quanto sei speciale anche senza Rose.
Pensa a
quello che hai fatto questa sera. Tante di queste persone sarebbero
morte senza
il tuo aiuto.” Balzò in piedi e batté
le mani. “Lascia che ti aiuti dolcezza.
Cosa posso fare?”
Martha si guardò
intorno, in cerca di qualche ispirazione, e vide una catasta di
giornali
abbandonata in un angolo della tenda. “Sfogliamo
quelli” indicò. “Potremmo
trovare qualche notizia utile!”
Tallulah si mise subito
all’opera. Martha camminò su e giù per
la tenda, sbattendo pensierosa la carta
psichica sul palmo della mano, cercando di farsi venire una qualche
idea. Non
riusciva a stare ferma. “Aspetta un attimo!”
esclamò arrestandosi. “Giù nelle
fogne, i Dalek hanno parlato di questo…conduttore di
energia.”
Tallulah la fissò,
speranzosa. “Cosa significa?”
Martha rimase a bocca
aperta per un secondo, cercando di riordinare i pensieri.
“Non…non lo so. Forse
è come un parafulmine o…Dalekanium!”
esclamò davanti alla realizzazione. “Hanno
detto che il Dalekanium era in posizione” spiegò a
Tallulah.
“In posizione,
dove?”
domandò lei esasperata.
“Frank potrebbe
saperlo”
decise Martha quasi correndo verso la tenda dove avevano ricoverato
Solomon.
Sapeva che Frank sarebbe stato al suo capezzale.
Lei e Tallulah entrarono
silenziosamente, non volendo disturbare il sonno del ferito. Martha gli
si
avvicinò e gli controllò il polso e la
temperatura, semplicemente poggiandogli
una mano sulla fronte. Purtroppo non aveva nessun vero strumento medico
con sé.
Sospirò, non sembrava peggiorare.
“Se riesce a superare la
notte le probabilità che riesca a sopravvivere si
raddoppieranno” assicurò
sottovoce. “Frank?” disse poi rivolgendosi al
ragazzo. “Ho
bisogno di parlarti. Vieni un attimo
fuori.”
Il ragazzo si alzò e la
seguì. Martha si fermò solo quando furono
abbastanza lontani da non disturbare
Solomon. “Quel signor Diagoras, era una specie di
faccendiere, vero? Vi
procurava lavori ovunque?”
“Sì e riusciva
sempre a
guadagnarci.”
“Ma dove, esattamente?
Che tipo di cose?”
Frank scrollò le spalle.
“Qualunque cosa ti venga in mente. Ci serviva così
tanto un lavoro che
speravamo solo che Diagoras ci scegliesse per qualcosa di
buono” sospirò. “Il
lavoro nell’edilizia era quello che pagava di
più.”
Martha lo prese per
mano, cercando di incoraggiarlo. Era ancora molto scosso per quello che
era
successo a Solomon e lo capiva, ma aveva bisogno del suo aiuto.
“Ma che tipo di
lavoro nell’edilizia?” lo spronò.
“Per lo più
per
costruire quello” rispose Frank indicando qualcosa dietro di
sé. Martha alzò
gli occhi e vide l’Empire State Building.
………¿DW?………
Rose si appoggiò contro
uno dei tavoli del laboratorio e osservò Dalek Sec e il
Dottore lavorare
insieme. Aveva mostrato loro dei corpi di essere umani, quasi cadaveri
ormai,
che avrebbero fatto parte della nuova razza Dalek, una volta riempiti
quei
gusci vuoti con una nuova coscienza. Una razza che sarebbe stata
più umana,
secondo il volere del loro nuovo leader, e che sarebbe andata alla
ricerca di
un nuovo pianeta solo per loro. Il Dottore aveva accettato di aiutarli:
per
fare quello che volevano i Dalek serviva un’enorme
quantità di energia e
l’Empire State Building avrebbe fatto da conduttore con la
più grande eruzione
solare da un millennio a quella parte. “Dobbiamo tornare alla
carne e al cuore”
questo aveva detto Dalek Sec.
Il Dottore era stato
incredulo per un po’. “Cambiare tutto quello che
rende Dalek un Dalek.”
“Voglio modificare la
sequenza genetica” aveva spiegato Dalek Sec.
“Per renderli ancora
più
umani?”
“Gli umani sono i grandi
sopravvissuti. Abbiamo bisogno di questa
capacità.”
C’era poco che Rose
potesse fare, se non osservarli. Sperando che, forse, finalmente
avevano
trovato il modo di liberarsi dei Dalek. Non distruggendoli, come sia
lei che il
Dottore avevano provato a fare, ma cambiandoli e trovando loro una
nuova casa.
Uno dei Dalek le passò
accanto e Rose non poté fare a meno di fare un passo di lato
per allontanarsi
da lui. Per sbaglio urtò Dalek Sec.
“Scusa” disse
automaticamente.
“Rose Tyler.”
Sec la
guardò ma continuò a lavorare.
La ragazza cercò di
capire cosa stava facendo, con poco successo, e per la prima volta si
concesse
un momento per osservare senza timore quel Dalek umano.
Spostò di nuovo lo
sguardo sul banco da lavoro, anche se non sapeva esattamente cosa
stavano
facendo, grazie all’addestramento a Torchwood era in grado di
riconoscere la
maggior parte degli strumenti scientifici presenti in quella stanza.
Gli unici
che non aveva mai visto erano tre strani aggeggi metallici, tondi,
simili a
delle tenaglie.
“Cosa sono
quelli?”
chiese prima di rendersene conto.
Con sua grande sorpresa
fu Dalek Sec a risponderle. “Fanno parte del sistema di
emergenza. Non ne
avremo bisogno.”
………¿DW?………
Martha, Frank e Tallulah
usarono la carta psichica per intrufolarsi nei piani superiori
dell’Empire
State Building, fino a uno degli ultimi piani costruiti.
“Guardate questo
posto”
esclamò Tallulah meravigliata. “La cima del
mondo.”
Martha non perse tempo.
Notò immediatamente dei grafici di lavoro, degli schemi di
costruzione, su un
sostegno e corse a prenderli. “Ok, ora, questo sembra
utile.”
Frank le si affiancò.
“Guarda, è la data di oggi”
indicò l’angolo in basso a destra del primo
foglio.
“Devono averli aggiornati all’ultimo
minuto.”
“Dici che i Dalek hanno
cambiato qualcosa?”
“Potrebbe
essere.”
Martha afferrò i
progetti e li sparse per terra. “Qui la data è
più vecchia” esclamò indicando
uno dei fogli. “Qualunque cosa abbiano cambiato, deve essere
sul primo foglio
ma non su questo. Dobbiamo confrontarlo con gli altri.”
Sentirono tuonare in
lontananza. Frank si alzò in piedi e indicò
distrattamente la porta. “Vado a
controllare fuori, voglio che sia sicuro qui: non voglio che ci
interrompa
nessuno.”
Tallulah prese il suo
posto. “Sta arrivando un temporale.”
Martha sbuffò,
afferrando l’ennesimo progetto uguale al precedente.
“Come vorrei che Rose e il
Dottore fossero qui. Saprebbero certamente cosa cercare!”
Tallulah incrociò le
braccia. “Spiegami una cosa. Loro due…chi sono
veramente?”
“Perché lo
chiedi?”
“Sembrano
diversi”
spiegò Tallulah con una scrollata di spalle.
“Voglio dire, tu sei
straordinaria…per come hai curato quelle persone a
Hooverville e tutto il resto
ma sembri…normale.”
“La loro vita
è diversa
dal la nostra. Queste cose…il pericolo, gli alieni, sono
cose normali” raccontò
Martha senza distogliere gli occhi dai piani di costruzione.
“Loro viaggiano. Sono
stati insieme per anni, viaggiando solo loro due. Sono rimasti
separati, per un
po’, ma ora sono di nuovo insieme.”
“Ma stanno insieme insieme?”
“No. Credo sia anche per
questo che Rose continua a farmi rimanere. La uccide essergli
così vicino pur
senza essere mai veramente con lui.”
“Ma che
peccato!” si
lamentò Tallulah accucciandosi accanto a Martha con uno
sbuffo. “La adora: si
vede! È la sua famiglia vero? Classi sociali
differenti?” si accigliò,
sospettosa. “Non è che è uno di quelli
a cui piacciono i musical, magari?”
“Non
è…cioè, direi di
no. È solo…diverso.”
Tallulah le fece
l’occhiolino. “È un uomo
tesoro…che ti aspetti?”
“Solo…mi
dispiace per
lei. Sai, all’inizio mi ero persa una sbandata per
lui…ma è passata in fretta.
Siamo diventate amiche e… mi dispiace vederla
soffrire.”
“Pensa che
c’è chi sta
peggio” le sorrise Tallulah. “Pensa a me e Laszlo.
Almeno loro hanno ancora
tempo.”
“Oh” fece
Martha,
addolorata e sentendosi un po’ in colpa per essersi
completamente dimenticata
di Laszlo. “Ascolta, se è insieme al Dottore,
è probabile che riesca a
scappare.”
Tallulah fece una
smorfia. “E poi? Non diciamo follie. Non esiste alcun futuro
per me e lui. Quei
Dalek me l’hanno portato via. Era l’unica cosa
buona nella mia vita e me
l’hanno distrutta” si alzò in piedi,
lentamente, e si allontanò andando a
piazzarsi sul ciglio del piano, per poter guardare lo skyline di New
York.
“Guarda! Ho trovato
qualcosa!” la richiamò indietro Martha un secondo
dopo. “Là. Sull’antenna:
quelle piccole linee…sono nuove! Hanno aggiunto qualcosa,
vedi?”
“Aggiunto cosa?”
Si guardarono.
“Dalekanium!” esclamarono contemporaneamente.
………¿DW?………
Il Dottore si muoveva per il
laboratorio sempre
più freneticamente man mano che l’eruzione solare
si avvicinava. Rose, non
potendo aiutare, si era avvicinata senza farsi notare a Laszlo, che a
sua volta
si era introdotto nel laboratorio mimetizzandosi insieme agli altri
schiavi-maiale.
“Le
linee
di flusso sono pronte” riferì uno dei
Dalek.
“Allora tutti gli
impianti stanno per partire”
esclamò il Dottore senza fermarsi.
Dalek Sec stava analizzando i dati
da uno
schermo sul muro. “L’eruzione solare è
imminente. La radiazione raggiungerà la
Terra in pochi minuti.”
“E noi saremo pronti!
Quel composto permetterà
ai legami genetici di riconfigurarsi in una nuova struttura. Date
energia!
Rose, vieni qui!”
Rose lanciò uno sguardo
a Laszlo, che si stava
limitando ad eseguire gli ordini dei Dalek, e raggiunse il Dottore.
“Ecco la
soluzione genetica” le spiegò quando videro il
liquido a cui aveva lavorato
fluire attraverso dei tubi, verso i corpi degli umani. Sembrava che
tutto
andasse come previsto, poi scattò un allarme.
“Che
cos’è?” volle subito sapere il Dottore,
allerta.
Sec si rivolse agli altri Dalek.
“Che succede?
C’è un malfunzionamento?”
I Dalek si limitarono a puntare su
di lui i loro
occhi metallici.
Il Dottore balzò verso
il macchinario
principale. “No, no, no! Il flusso genetico! Stanno
interferendo col flusso
genetico!”
“Impossibile! Non possono
disobbedire agli
ordini!”
“Il
Dottore si allontanerà dai comandi”
ordinò uno dei Dalek tenendolo sotto
tiro.
“Fermatevi. Voi non
sparerete!” urlò Sec ma il
Dalek non esitò. Il Dottore fu costretto a indietreggiare
fino al centro della
stanza con Rose e Sec, circondati dai Dalek e dagli schiavi-maiale.
“Il
Dottore è un nemico dei Dalek. E anche tu.”
“Io sono il vostro
comandante. Io sono Dalek
Sec!”
“Tu
hai
perso la tua autorità!”
“Tu
non
sei più un Dalek!”
“Cosa avete
fatto?” si intromise il Dottore.
“Che succede al flusso genico?”
“I
nuovi
corpi saranno Dalek al 100%”
“Schiavi
maiale, trattenete Dalek Sec! E il Dottore!”
“Lasciatemi!”
urlò Sec quando gli schiavi maiale
lo trattennero tenendolo per le braccia. Laszlo si buttò
davanti agli altri e
fu il primo a raggiungere Rose e il Dottore e afferrarli.
Cominciò a suonare un
ulteriore allarme. “Eruzione solare
imminente” annunciarono
i Dalek voltandosi verso il macchinario. “Prepararsi
a intercettarla.”
“C’è
un ascensore” fece notare Laszlo non appena
i Dalek smisero di tenerli d’occhio.
“Rose” disse il
Dottore facendo un cenno con la
testa dietro di sé.
“Pronta!”
assicurò lei. Si voltarono di scatto e
ci si buttarono dentro.
“Il
Dottore sta scappando! Fermatelo! Fermatelo!”
Il Dottore estrasse il cacciavite
sonico e fece
chiudere le porte appena in tempo, prima che gli schiavi maiale
riuscirono a
fermarli.
“È solo una
questione di minuti prima che i
raggi gamma raggiungano la Terra. Dobbiamo arrivare in cima
all’edificio.”
“Dottore!”
chiamò Rose, sostenendo Laszlo per un
braccio. Sembrava non riuscire a stare in piedi da solo.
“Non è
niente” assicurò lui, all’improvviso era
senza fiato. “Mi manca il respiro, tutto qui.”
“Non possiamo fare
niente?” Rose lo guardò con
uno sguardo supplicante.
“Non qui”
rispose lui. “Non ora.”
Laszlo si tirò in piedi
con grande sforzo.
“Siamo riusciti a sfuggire. È tutto ciò
che conta.”
Rose e il Dottore scambiarono uno
sguardo:
avevano sentito tutti quello che Dalek Sec aveva detto sugli schiavi
maiale: “Sono
solo bestie. La loro aspettativa di vita è limitata. Nessuno
è sopravvissuto
per più di qualche settimana.”
Le porte si aprirono e si
ritrovarono davanti a
Martha, Frank e Tallulah.
“Dottore!
Rose!” esclamò Martha appena li vide.
“Primo piano:
profumeria” scherzò il Dottore
prima di raggiungere la ragazza. Rose perse un secondo per guardare
Tallulah e
Laszlo che si ritrovavano e sorrise.
“Ci siamo arrivati,
sappiamo cos’hanno fatto!”
stava spiegando intanto Martha. “Il Dalekanium è
sull’antenna! Bello vedervi
comunque!”
Il Dottore la strinse in un
abbraccio. “Oh,
vieni qui!”
Le porte dell’ascensore
si chiusero. “No, no,
no! Vedi? Mai sprecare tempo con gli abbracci!” il Dottore
cerco di bloccarle
con il cacciavite sonico ma ormai erano andate. Sbatté una
mano sul muro.
“Chiusura ermetica. Non posso fermarlo!”
Martha lo guardò
mortificata. “Dove sta
andando?”
“Dai Dalek. Non ci
lasceranno in pace, quassù.
Rose che ore sono?”
Rose, prima di rispondergli, gli
diede un
leggero pugno sul braccio.
“Ouh! Perché
l’hai fatto?”
“Oltre che maleducato,
sei anche ingrato!” lo
rimproverò lei accennando a Martha e al modo in cui le aveva
appena parlato.
Lui la guardò contrito. “Le undici e un quarto,
comunque.”
“Mancano sei
minuti” calcolò il Dottore
velocemente. “Devo togliere il Dalekanium prima che i raggi
gamma lo
colpiscano.”
Martha lo afferrò per
una manica e lo portò sul
ciglio della costruzione: l’unico modo per salire era
arrampicarsi usando le
impalcature.
“Oh…è
alto” commentò il Dottore guardando
giù.
“Accidenti se è alto!”
Rose deglutì,
ringraziando di non soffrire di
vertigini. “E dobbiamo salire ancora più in alto,
immagino.”
Martha annuì e
indicò sopra le loro teste.
“Quella è l’antenna, guardate. Dobbiamo
togliere tre pezzi di Dalekanium dalla
base.”
“Niente noi”
corresse il Dottore. “Devo farlo
io.”
“E io” aggiunse
Rose. “Può non essere il
migliore sul mercato, ma anch’io ho un cacciavite sonico. I
tempi sono già
abbastanza stretti, non abbiamo tempo di discutere!”
“Se saremo ancora
lassù quando i raggi gamma
colpiranno, potresti morire!” insistette il Dottore.
“Anche tu. In due faremo
prima e non ci saranno
problemi!” Rose non attese risposta e cominciò a
salire velocemente la scala a
pioli.
“Aspettate! Non potete
lasciarmi qui a guardare
con le mani in mano!” pregò Martha.
“No, avrai le mani
impegnate comunque” sospirò
il Dottore prendendola per le spalle. “Mi dispiace, Martha,
ma dovrai
combattere!”
Rose si voltò per
guardarla. “Tutto ok?” le
chiese.
“Ce la posso fare. Andate
ora!”
Rose ricominciò a
salire, il Dottore subito
dietro di lei.
Le impalcature li portarono in
alto, fino
all’ultima piattaforma in legno che circondava
l’antenna. Il Dottore fu il
primo ad arrivare e subito tese una mano a Rose per aiutarla
nell’ultimo
tratto. Per tutto il tragitto non aveva fatto altro che chiedersi come
aveva potuto
farsi convincere da lei.
“Ancora quattro
minuti!” urlò cercando di farsi
sentire oltre il rumore del vento. Estrasse il cacciavite e
cominciò a
sonicizzare la prima placca di Dalekanium. “Comincia da
quella!”
Rose gli si affiancò,
prototipo in mano, e
cominciò a lavorare sulla placca che le era stata indicata.
Era molto più lenta
del Dottore ma era meglio che lasciarlo lavorare da solo.
“Presto, presto,
presto” borbottò quando sentì la
tempesta avvicinarsi.
Il Dottore riuscì a
staccare la prima placca
mentre lei era ancora alle prese con la prima. “Ricorda che
hai promesso di
sistemarmelo quando torneremo al TARDIS!” gli disse riuscendo
finalmente ad a
mollare il primo dei due perni.
Il Dottore cercò di
sorriderle ma era troppo
teso. Rose riuscì finalmente a staccare la sua placca, la
afferrò e la gettò
lontano dall’antenna.
“Meno di un
minuto!” urlò il Dottore a denti
stretti cercando di fare il più velocemente possibile. Rose
si concentrò sul
secondo perno dell’ultima placca. Mentre si stava spostando,
a gattoni per non
rischiare di cadere, al Dottore scivolò di mano il
cacciavite sonico. Rose
cercò di afferrarlo senza risultato e lo videro scomparire
al piano di sotto.
Si guardarono col panico negli occhi. Tutto ciò che restava
loro era un
prototipo di cacciavite sonico malfunzionante.
“Rose, dammi il
cacciavite e scendi!” ordinò il
Dottore.
“Non ci penso
nemmeno” ritorse Rose senza
smettere di lavorare. Dopo un secondo il secondo perno di
staccò. Ormai ne
mancava solamente uno. “Non ti lascio qui a farti arrostire.
Cerca di
allentarlo con le mani mentre lo sonicizzo. Forse faremo
prima.”
“Mancano pochi
secondi!” urlò il Dottore
cercando di aiutarla come lei aveva suggerito.
“Dieci…” contò.
“Nove…”
L’ultimo perno venne via.
Rose esultò, aiutò il
Dottore a staccare il Dalekanium dall’antenna e ad
abbandonarlo per terra.
Cominciarono a scendere dalla piattaforma il più velocemente
possibile.
Avevano quasi raggiunto il piano di
sotto ma non
avevano abbastanza tempo. Quattro secondi…tre
secondi…e sarebbero stati colpiti
entrambi. Il Dottore balzò in avanti, afferrò
Rose per un braccio e la lanciò
verso il piano, facendole saltare diversi metri…e il fulmine
colpì l’edificio.
Rose riaprì gli occhi
con un rantolo. Aveva
smesso di respirare, ne era certa. Quanto tempo era passato? Qualche
minuto?
Qualche secondo? Scattò in piedi appena si
ricordò cos’era successo prima che
perdesse conoscenza e vide il Dottore. Era caduto quasi sopra di lei
dopo
essere stato colpito in piena dal fulmine. Si gettò in
ginocchio accanto a lui.
“No, no, no, stupido alieno. Non osare rigenerarti! Non puoi
baciarmi e poi
morirmi tra le braccia.”
Il Dottore gemette e
riaprì gli occhi. Alzò un
braccio tremante e le accarezzò una guancia col dorso della
mano. “Grazie al
cielo, Rose. Stai bene” le sorrise beato. Si tirò
faticosamente a sedere e Rose
lo colpì su un braccio, come aveva fatto solo poco prima, ma
con molta più
forza.
“Perché
l’hai fatto?” squittì il Dottore
massaggiandosi
il braccio e guardandola incredulo.
“Quello che hai fatto
lì?” disse lei indicando
l’antenna dell’edificio. “Quello era
l’equivalente idiota del protocollo di
emergenza uno. Non provarci mai più a morirmi sotto il naso,
capito? O ti
prendo a calci fino alla prossima rigenerazione.”
Rose stava tremando dalla rabbia.
Il Dottore
intrecciò le dita con le sue. “Farei qualunque
cosa pur di tenerti in salvo,
Rose. Anche farmi prendere a calci da te.”
“A me basta che tu ci sia
per farti prendere a
calci.”
Si abbracciarono.
“Stiamo bene!”
urlarono poi quando si sentirono
chiamare dal piano inferiore. Si alzarono in piedi, aiutandosi uno con
l’altro,
ancora scossi. Rose si chinò per recuperare il cacciavite
sonico del Dottore e
glielo infilò nella tasca del cappotto con un sorriso.
Si ritrovarono con gli altri.
“Ce l’abbiamo
fatta!” esclamò Rose con un sorriso smagliante.
“Voi state tutti
bene?” chiese il Dottore.
Martha annuì.
“Il fulmine ha neutralizzato gli
schiavi maiale.”
“Cosa facciamo
adesso?” volle sapere Tallulah
stretta tra le braccia di Laszlo.
“Dobbiamo distruggere il
laboratorio del Dalek”
informò il Dottore trucemente. “Non possiamo
rischiare che trovino un nuovo modo
per dare vita ai Dalek umani” guardò verso Martha.
“C’è un altro ascensore?”
“Noi siamo saliti con
quello di servizio.”
“Bene, allora.
Allons-y!”
………¿DW?………
Il Dottore fece entrare tutti
nell’ascensore che
li avrebbe condotti al laboratorio, purtroppo era l’unico
accesso disponibile.
Lungo la strada avevano raccolto delle cariche esplosive dal cantiere e
ognuno
ne stringeva una in ogni mano. “Proprio non resisti a far
saltare in aria i
posti di lavoro della gente, eh?” scherzò Rose
mentre il Dottore gliene passava
una.
Le sorrise. “Mi
conosci.” Premette il pulsante
per il laboratorio e si rivolse agli altri, ripetendo il piano per
l’ennesima
volta. “I Dalek saranno lì. Io li
distrarrò mentre voi piazzerete le cariche.
Appena avrete fatto allontanatevi subito: le cariche non sono
abbastanza
potenti da tirare giù il piano ma quanto basta per farvi
male se resterete
troppo vicini.”
L’ascensore
arrivò al piano sotterraneo con un ‘ding’.
Da un momento all’altro le porte
si sarebbero aperte. Il Dottore strinse Rose in un abbraccio veloce.
“Buona
fortuna” le disse prima di lasciarla andare e uscire. Gli
altri uscirono subito
dopo di lui, Rose e Frank a sinistra, Martha, Tallulah e Laszlo a
destra.
Il Dottore avanzò
lentamente, in mezzo alla
stanza. I tre Dalek si stavano guardando intorno, confusi, senza capire
perché
il loro piano non aveva funzionato.
“Il
Dottore!” esclamò uno dei Dalek appena
lo vide.
“Il
Dottore! Il Dottore!” ripeterono gli altri due.
“Hai
ostacolato i nostri piani per l’ultima volta, Dottore. ora
morirai e con il
grande nemico dei Dalek sconfitto, finalmente riusciremo a creare Nuova
Skaro
sulla Terra.”
Il Dottore mosse la testa di lato,
con stizza.
“Oh e che mondo sarebbe. In cui ogni deviazione dalla norma
verrà trascinata
nel fango. Quello è Dalek Sec!” esclamò
indicando il Dalek umano, costretto a
rimanere inginocchiato per terra, con le braccia incatenate al muso.
“Ve lo
ricordate?”
Anche Rose lo notò e
scivolò verso di lui,
stando ben attenta a rimanere nascosta dalla vista dei Dalek. Estrasse
il suo
prototipo di cacciavite sonico e cominciò a sonicizzare le
manette di Sec. In quel
momento ringraziò il cielo che una delle tante funzioni che
il suo prototipo
non riusciva a emulare dell’originare era quella sorta di
ronzio che emetteva
quando era all’opera.
Il Dottore capì subito
cosa stava cercando di
fare e si spostò a destra di qualche passo, costringendo i
Dalek a seguirlo con
lo sguardo, per evitare che la vedessero. “Il Dalek
più intelligente di sempre!
E l’avete incatenato a un muro, come un animale. È
questo il vostro nuovo
impero? Sono queste le basi della vostra nuova
civiltà?” con la coda
dell’occhio vide Martha, Tallulah, Frank e Laszlo finire il
loro lavoro e
allontanarsi, aspettando nascosti dietro una colonna la
possibilità di entrare
nell’ascensore senza essere notati.
Anche Rose riuscì a
liberare Dalek Sec e gli fece
cenno di seguirla. Il Dottore non riuscì a sentire
ciò che si dissero ma vide
Sec fare cenno a Rose di allontanarsi senza di lui. La ragazza
guardò verso il
Dottore con uno sguardo interrogativo. Lui annuì con un
leggerissimo cenno
della testa, per non farsi notare dai Dalek e la guardò
camminare, accucciata,
lungo il perimetro del laboratorio solo per ricomparire al suo fianco.
Nel frattempo Dalek Sec era
riuscito ad alzarsi
in piedi e aveva afferrato due di quella specie di tenaglie che Rose
aveva
notato l’ultima volta che era stata nel laboratorio.
Guardò Dalek Sec posizionarsi
silenziosamente alle spalle dei Dalek, che non avevano distolto
l’attenzione
dal Dottore nemmeno per un secondo.
“Miei Dalek. Se scegliete
morte e distruzione,
allora morte e distruzione sceglieranno voi.”
“Errato”
rispose uno di loro voltandosi per guardarlo. “Noi
sopravviviamo sempre!”
“Non questa
volta!” urlò Sec azionando i due
dispositivi che aveva in mano e attaccandoli alla corazza dei Dalek
come se
fossero una calamita. Sembrarono attraversati da una scossa rossa e un
secondo
dopo la spia luminosa all’interno degli occhi dei due Dalek
si spense. Erano
morti.
Era rimasto un solo Dalek. Dalek
Caan. “Spiegare! Spiegare!”
ordinò
indietreggiando.
“Sistema di
emergenza” ghignò Rose.
“STERMINARE!”
disse Dalek Caan e sparò contro Dalek Sec che
stramazzò a terra, ma non era
ancora morto. Respirava a fatica e cercò di attaccare il
terzo dispositivo su
di lui con le ultime forse che gli erano rimaste.
Dalek Caan fu più
veloce. “Trasferimento temporale
d’emergenza!” disse e scomparve.
“No!” urlarono
Rose e il Dottore facendo un
balzo in avanti, ma ormai il Dalek era scomparso. Corsero da Sec per
cercare di
aiutarlo. Gli si accucciarono accanto.
“È
morto” stabilì il Dottore con un sospiro.
Rose chiuse l’occhio senza vita di Dalek Sec con le dita.
Si rialzarono in piedi e si
abbracciarono.
Gli altri andarono loro in contro.
Frank e
Tallulah sorreggevano Laszlo tenendolo per le braccia. Respirava sempre
più a
fatica.
“Dottore!”
chiamò Martha con urgenza. Lui e Rose
si separarono e corsero loro incontro. “Sta male!”
spiegò loro la ragazza.
Laszlo rantolò e lei,
Frank e Martha lo
aiutarono a distendersi per terra. Tallulah si accucciò con
lui lo prese tra le
braccia. Il Dottore gli si accucciò accanto.
“È il suo
cuore” continuò Martha sentendogli le
pulsazioni sul collo. “Corre all’impazzata. Non ho
mai visto niente di simile.”
“Cos’è,
Dottore?” gemette Tallulah, pallida
dalla paura. “Che cos’ha? Lui dice che non
può respirare. Cos’ha?”
Laszlo alzò lo sguardo
su di lei. “È arrivato il
momento, tesoro” ansimò.
“Quale momento? Di cosa
stai parlando?”
“Nessuno degli schiavi
sopravvive a lungo. Molti
di loro sono vissuti solo per poche settimane. Io sono stato
fortunato.”
Il Dottore strinse le mani in una
morsa e se le
appoggiò sulla bocca, fissandoli. Rose gli mise una mano
sulla spalla. Il
Dottore gliela strinse.
“Ho resistito
perché avevo te” continuò Laszlo
facendo fatica a tenere gli occhi aperti. “Ma
adesso… sto morendo, Tallulah.”
A ragazza singhiozzò.
“No, non è vero. Non
adesso, dopo tutto questo. Dottore, non c’è niente
che tu possa fare?”
“Oh, Tallulah, con tre L
e un’H…sta a guardare!”
esclamò balzando in piedi. Si tolse il cappotto e lo
passò a Rose che lo prese
al volo con un sorriso. “Cosa mi serve? Oh, non
saprei… forse un grane
laboratorio di genetica?” fece un giro su sé
stesso indicando intorno a sé.
“Oh, ma guarda. Eccone uno! Laszlo, tu resisti!”
urlò cominciando a lavorare
freneticamente. “Non ti lascerò morire: ti
salverò e poi faremo saltare in aria
questo posto. Tallulah, fuori dai piedi” estrasse lo
stetoscopio dalla tasca
della giacca. “Il Dottore riceve.”
………¿DW?………
Il Dottore, Rose e Martha scesero
dal traghetto
e si ritrovarono di nuovo su Liberty Island.
“È stato in
gamba Frank” stava commentando
Martha.
“Sì, non
c’è stato nemmeno bisogno che Solomon
aprisse bocca per convincere la gente di Hooverville ad accogliere
Laszlo”
ammise Rose facendo dondolare spensieratamente avanti e indietro la
mano che
aveva intrecciata con quella del Dottore.
Martha buttò un ultimo
guardo alla città. “Credete
che funzionerà per quei due?”
“Non lo so”
rispose il Dottore seguendo il suo
sguardo. “In qualunque altro posto dell’universo mi
preoccuperei per loro, ma
New York? Questo è quello che la città fa alla
grande. ‘Datemi le vostre
stanche, povere masse affollate’” citò.
“…e forse anche lo strano, vecchio,
schiavo maiale-ibrido-mutante di Dalek.”
Martha rise. “Il maiale e
la showgirl!” guardò
verso Rose e il Dottore, ancora per mano. “Questo dimostra,
credo…che per tutti
c’è qualcuno.”
Il Dottore continuò a
guardare la città in
lontananza e non disse niente ma Rose sentì che, per un
breve istante, le aveva
stretto la mano con più forza. Guardò verso
l’altra ragazza e le sorrise.
Si voltarono ed entrarono nel
TARDIS. Solo
allora il Dottore lasciò andare Rose. Si avvicinò
alla console e li spedì nel
Vortice.
“Ora vado a bruciare
questi vestiti” annunciò
Martha dirigendosi verso i corridoi. “Con tutti il tempo che
ci ho passato
nelle fogne, non credo di volerli indossare mai
più.” Prima di scomparire si
girò verso il Dottore. “Volevo solo
dire…mi dispiace.”
“Per cosa?”
“Solo…perché
quel Dalek è scappato. So cosa
significa per te. Credi che lo rivedrete di nuovo?”
Il Dottore si accigliò
“Oh, sì” rispose. “Un
giorno.”
Martha si girò di nuovo
e si allontanò. Rose e
il Dottore rimasero da soli. La ragazza passò una mano sulla
console e gli si
avvicinò. “Beh, è andata bene,
dopotutto.”
Lui scrollò le spalle.
Rose gli sorrise, lasciando
spuntare la lingua
tra i denti. “Credo che abbiamo ancora qualcosa in
sospeso.”
“Vuoi che ti aggiorni il
cacciavite sonico?”
“Anche. Ma mi sembra pure
che tu abbia accennato
a un bacio, prima.”
Lui non osò alzare lo
sguardo e continuò a
trafficare con i comandi della console. Rose non poteva definirsi
un’esperta a
riguardo ma era abbastanza sicura che quel set di comandi avesse a che
fare con
il sistema di irrigazione della serra. “Ah,
sì” balbettò lui.
“Quello…quello
era... Tecnicamente io…”
“Tecnicamente”
ripeté lei. Gli prese il viso tra
le mani e lo baciò.
Il Dottore chiuse gli occhi facendo
un respiro
profondo, riempiendosi del profumo di Rose, sentendo il sapore del suo
bacio
sulle labbra. Così diverso da quello di Lilith o da quello
di Cassandra. Stava
per stringere Rose tra le braccia quando lei si staccò e i
suoi cuori gli
mancarono un battito. Si ricordò di respirare. Lei aveva
ancora le mani sul suo
viso. Gli accarezzò una guancia e attese.
Lui la guardò,
guardò le sue labbra. Gli
sembrava ancora di sentirne il contatto contro la bocca.
Rose rimase ferma davanti a lui,
osservandolo,
lasciandosi guardare, chiedendogli silenziosamente di ricambiare il
bacio. Pregando
che questa volta fosse lui a farsi avanti.
Il Dottore deglutì e
alzò una mano per spingerle
una ciocca di capelli dietro l’orecchio, trattenendo la mano
sopra la sua
tempia più a lungo del necessario.
“Credo” le
disse, senza riuscire a evitare che
la parola gli si incastrasse in gola. “Ah… di
averti promesso un nuovo
cacciavite sonico.”
Lei lo fissò per diversi
istanti, poi sospirò.
Lasciò cadere le braccia lungo i fianchi e fece un passo
indietro. “Credo di
sì.” Tirò fuori il prototipo dalla
tasca della giacca e lo appoggiò sulla
console. Girò sui tacchi e lasciò la stanza.
Appena scomparve dalla sua vita, il
Dottore si
passò una mano tremante sul viso, dove poteva ancora sentire
la traccia
incandescente lasciata dalle dita di Rose. Si coprì gli
occhi col palmo della
mano, cercando di ricomporsi, cercando di convincersi che sarebbe stata
una
pessima idea seguirla.
Sarebbe mai finita
quell’agonia? Ma voleva
veramente che finisse?
Si appoggiò alla console
con tutto il peso.
Sospirò e impostò le nuove coordinate.
NDA: I’m sorry,
I’m so sorry, per citare il
nostro caro Ten. Questa settimana è stata un inferno fatto e
finito e non sono
assolutamente riuscita a finire il capitolo entro giovedì.
Adesso è
mezzanotte…è appena cominciata domenica 21
aprile…fatemi gli auguri che oggi
invecchio! :D (sempre che riesca a pubblicare il capitolo entro oggi.
Devo
ancora rivedere alcune cose)(Sì, alla fine è
già lunedì…amen! Ancora sorry per
il ritardo!) Se ci sono di nuovo errori di battitura comincerò seriamente a dubitare delle mie capacità di rilettura, comunque.
Come promesso questo capitolo ha sviato un po’
dal copione originale…spero vi siano piaciuti i cambiamenti!
Inoltre piccolo aggiornamento riguardo il
prossimo capitolo “The Lazarus
Experiment”…probabilmente ci vorrà un
po’. Non
troppo, credo che riuscirò comunque a farlo uscire entro la
fine del mese ma
non ho ancora lavorato per bene alla trama (so solo come iniziarlo)
quindi
abbiate un po’ di pazienza!
Spero di non starvi frustrando troppo con tutta
questa tensione tra Rose e il Dottore…ci sarà un
piccolo bonus apprezzamento
del prossimo capitolo (ispirato dalla cara Amy Tennant, quindi
ringraziate lei,
probabilmente non ci avrei pensato da sola :-P). Poi
arriverà un nuovo capitolo
originale “Quattro cose e una
lucertola”…credo possiate immaginare di cosa
tratterà! :D Un bacione a presto!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 9 *** Not with a Bang but a Whimper ***
Capitolo
Otto: Not with a bang but a whimper
There's no time
for us
There's no place for us
What is this thing that builds our dreams, yet slips
away from us
Who wants to
live forever
There's no chance for us
It's all decided for us
This world has only one sweet moment set aside for us
Who wants to
live forever
Who dares to love forever
Oh, when love must die
But touch my
tears with your lips
Touch my world with your fingertips
And we can have forever
And we can love forever
Forever is our today
Who wants to
live forever
Forever is our today
Who waits forever anyway?
(Who Wants to
Live Forever – Queens)
Rose entrò nella sala di
controllo quasi
correndo, stringendo convulsamente il manico di una tazza. Solo che
mancava la
tazza.
“Potevi avvertirmi che
stavamo per atterrare” si
lamentò col Dottore. “Mi è finito tutto
il tè sul soffitto!”
“E anche la
tazza” le fece notare lui
adocchiandone i resti con un sorriso.
La ragazza sembrò
accorgersi solo in quel
momento di star ancora stringendo in mano quel che ne rimaneva.
Grugnì e
raggiunse il cestino sotto la console per gettarlo via.
“Buongiorno!”
esclamò allora notando Martha per
la prima volta, che se ne stava seduta sul sedile di bordo.
“Buongiorno”
rispose Martha abbattuta.
Rose si accigliò.
“Cosa mi sono persa?” domandò
voltandosi verso il Dottore ma non ebbe bisogno di una risposta.
Capì al volo.
Si diresse velocemente verso le porte del TARDIS e le
spalancò. I suoi timori
furono subito confermati quando si ritrovò in un piccolo
appartamento
londinese.
Rose si voltò per
tornare nel TARDIS ma Martha e
il Dottore l’avevano seguita fuori.
“Casa”
spiegò Martha rassegnata.
“La mattina dopo che
siamo partiti” confermò il
Dottore fiero di sé. “Ce ne siamo andati solo per
dodici ore. Dodici ore
precise!” disse ancora rivolgendosi a Rose, certo che lei
avrebbe tirato fuori
quella volta in cui l’aveva riportata a casa 12 mesi dopo,
invece che dodici
ore. Lei però lo stava guardando con
un’espressione più scura di quella di
Martha.
Il Dottore sbatte le palpebre
confuso. Perché
Rose non era contenta? Non voleva che fossero di nuovo loro due da
soli? Meglio
in due, non è così? “Tutto dovrebbe
essere com’era stato lasciato” continuò
lui
sperando di riuscire a strapparle un sorriso. “Libri,
cd…bucato” finì prendendo
tra indice e medio l’intimo di Martha per sottolineare il
concetto. La ragazza lo
afferrò nascondendoselo dietro la schiena senza dire niente.
“Ma è ancora
presto!” si lamentò Rose. “Ci sono
ancora così tanti posti che potremmo mostrarle!
Barcellona!” esclamò con un
gesto spazientito della mano. “Non siamo mai andati a
Barcellona! Il pianeta,
non la città” aggiunse notando lo sguardo confuso
dell’altra ragazza. Rose non
voleva perdere la buona amica che era diventata Martha. Senza di lei
sarebbe
già impazzita…da sola, col Dottore e le sue
eterne indecisioni. E potevano
davvero essere eterne visto quanto a lungo poteva vivere. Le parole
dette e
quelle non dette aleggiavano pesanti su di loro…come quel ti amo che lei gli aveva detto sulla
spiaggia e che non aveva mai
avuto una risposta. Non una che contasse quantomeno. Il Dottore poteva
far finta
di essersene dimenticato, o addirittura che non fosse mai successo, ma
lei no.
Gesti e azioni accennati ma mai portati a termine che rimanevano a
separarli,
come una tortura.
Quanto le mancava Jack in quei
momenti, avrebbe
fatto di tutto per far sì che lui fosse ancora lì
con loro. Jack avrebbe saputo
cosa fare. Jack avrebbe saputo dire la cosa giusta. Anche prima,
però, quando
aveva cercato di convincere il Dottore a tornare nel Cinquantunesimo
secolo per
salutarlo o salutarlo, il Signore del Tempo non ne aveva voluto sapere,
oppure
aveva accettato ma non erano riusciti nemmeno ad avvicinarsi alla data
o al
luogo di destinazione. Rose si accigliò ulteriormente a quel
ricordo e si
ripromise di sollevare di nuovo l’argomento…una
volta risolto questo.
Il Dottore si grattò
nervosamente dietro a un orecchio
pensando a cosa rispondere.
Salvato
dal telefono,
pensò quando questo cominciò a suonare. Un attimo
dopo partì la segreteria.
“Ciao,
non
ci sono. Lasciate un messaggio” fece una
registrazione con la voce di
Martha.
“Scusate” disse
la ragazza. I due si limitarono
ad annuire.
“Martha,
ci sei?” fece la voce di una donna, intenta a
lasciare un messaggio. “Rispondi,
dai.”
“È mamma,
può aspettare” assicurò la ragazza,
nervosa.
“Ok
allora, fai pure finta di non esserci, se ti va” continuò
ignara la donna
dall’altra parte del telefono. “Ho
chiamato solo per dirti che tua sorella è in televisione.
Pensa un po’, al
telegiornale! Pensavo ti potesse interessare. Ciao.”
“Tish? In
televisione?” esclamò Martha afferrando
il telecomando e premendo il tasto di accensione. “Come ha
fatto a finire al
telegiornale?” si domandò.
Rose distolse per la prima volta lo
sguardo dal
Dottore e lo rivolse verso lo schermo: la sorella di Martha si trovava
in piedi
davanti a uno stuolo di giornalisti e telecamere.
“Ha un nuovo lavoro. Fa
la PR per qualche
laboratorio di ricerca” spiegò Martha.
Accanto a Tish c’era un
uomo anziano, intento a
tenere un discorso. “I dettagli sono
top
secret” stava dicendo. “Ma
posso
assicurarvi che stasera vi mostrerò una macchina. Premendo
un solo bottone,
cambierò il significato dell’essere
umani.”
Martha scrollò le spalle
e spense la
televisione. “Scusate. Stavate dicendo?” disse
voltandosi a guardare i suoi
ospiti, ma adesso Rose stava sorridendo. Stava guardando il Dottore in
attesa
di qualcosa.
“Sì,
dicevo…che dobbiamo andare. Vero, Rose? Sì,
dobbiamo proprio andare.”
Rose non disse niente e
continuò a ghignare.
“Cosa?” fece
lui.
Lei sospirò e
appoggiò il peso su un fianco.
Continuò a guardarlo.
“Che cosa?”
Rose fece un cenno verso la
televisione. Il
Dottore seguì il suo sguardo. “Cosa?”
insistette.
Rose ridacchiò, e
ripeté il gesto.
“Rose! Martha!”
esclamò il Dottore realizzando
qualcosa. “Non ha appena detto che avrebbe cambiato il
significato dell’essere
umani? Dobbiamo assolutamente andarci!”
Rose si voltò verso
Martha e le fece un
occhiolino.
“Immagino significhi che
la partenza è
rinviata!” esclamò Martha entusiasta. Si rivolse
al Dottore. “Il ricevimento è
questa sera…cosa farai nel frattempo? Non immagino che si
possa prendere il
TARDIS e tipo…non so…riapparire tra sette
ore.”
Il Dottore stava già
scuotendo la testa. “Non
posso spostarmi su una linea temporale di cui ormai faccio
parte!”
“E poi” si
intromise Rose allegramente “almeno
quattro di quelle ore ci serviranno per scegliere il vestito e
prepararci,
vedrai! È giunto il momento di farti conoscere le meraviglie
e le delizie del
guardaroba del TARDIS!” dichiarò prendendo Martha
sottobraccio e conducendola
all’interno della cabina. “Poi
immagino…” aggiunse lasciandola andare e
rivolgendosi al Dottore, improvvisamente timida. “Visto che
siamo a Londra…non
potremmo fare un salto al Powell Estate? Scoprire
cos’è successo alle nostre
cose da quando…beh, lo sai…”
Il Dottore annuì,
percorse la distanza che li
separava e l’abbracciò. Restarono così
per alcuni istanti prima che Rose lo
lasciasse andare e si dirigesse sorridente verso il guardaroba insieme
a
Martha, con l’aria di chi ha appena intrapreso una sacra
missione.
………¿DW?………
“Il Powell Estate
è il posto dove sono
cresciuta” spiegò Rose a Martha, dopo che questa
si riprese dalla visione che
le veniva presentata. “È un quartiere popolare ma
è sempre stata la mia casa: mia
e di mamma. Anche se nel mondo di Pete vivevo nel lusso e venivo
trattata come
una ricca ereditiera…” scrollò le
spalle, selezionando ancora un altro vestito
e lanciandolo sul mucchio insieme agli altri.
“Hai voglia di
parlarne?” domandò Martha,
cominciando timidamente a passare in rassegna il suo angolo di
guardaroba. Rose
le aveva assicurato che qualunque abito avesse scelto sarebbe
certamente stati
della sua misura.
“Ti ho già
raccontato di Pete. Ci è voluto così
poco perché ci accettassimo uno come parte della famiglia
dell’altro…” cominciò
Rose e le raccontò della grande villa, delle imprese Vitex,
dei dirigibili, di
Torchwood e di tutte quelle differenze che le ricordavano ogni giorno
di non
trovarsi nel suo universo.
“Più dei
dirigibili?” ridacchiò Martha che per
nulla al mondo poteva immaginarsi un cielo pieno di dirigibili.
“Beh, non è
che uno giri sempre con il naso per
aria” scherzò Rose sollevando due vestiti e
comparandoli tra di loro con occhio
critico. “Per farti un esempio…lì non
abbiamo la monarchia. Alla fine
dell’Ottocento il popolo è insorto in una
rivoluzione contro la famiglia reale
accusando i membri di essere diventati dei demoni e li hanno uccisi
tutti.
Adesso c’è un presidente.”
Martha fece una smorfia.
“Un esempio più allegro
e meno truculento non ce l’avevi?”
Rose rise.
“Mmm…” fece pensandoci su.
“Brad Pitt
è ancora felicemente sposato con Jennifer Aniston!”
“Lo sapevo che da qualche
parte erano ancora la
coppia perfetta!” esclamò Martha trionfante.
Scelsero gli abiti, le scarpe e i
gioielli e
Rose portò le sue cose in camera sua in modo che fossero
lì ad aspettarla per
la serata.
Quando le due ragazze emersero,
trovarono il
Dottore che le aspettava nella sala di controllo trafficando come suo
solito
infilato sotto la console. Appena le sentì arrivare
balzò in piedi e andò loro
incontro con un sorriso. “Pronta ad andare?”
domandò a Rose.
Martha fece passare lo sguardo da
uno all’altro e
uscì dal TARDIS, stringendo contro al petto il vestito viola
che aveva scelto.
“Io mi occuperò di alcune faccende
intanto…e comincerò a prepararmi”
annunciò
lasciandoli soli.
Rose le fece un cenno di saluto con
una mano
mentre l’altra era intrecciata con quella del Dottore.
Inserirono le coordinate
e si smaterializzarono.
………¿DW?………
Fece quasi male uscire dal TARDIS,
che il
Dottore aveva parcheggiato lì, nel cortile, come aveva
sempre fatto. Senza
lasciarle la mano, il Dottore la accompagnò fuori dal
TARDIS, attraverso il
cortile, su per le scale, fino alla porta del piccolo appartamento dove
aveva
vissuto per diciannove anni.
Rose non ebbe tempo per farsi
prendere dai dubbi
o dalla paura perché il Dottore aveva già aperto
la porta e la stava tenendo
per lei. La ragazza deglutì e varcò la soglia.
Il respiro le si bloccò
in gola. “È tutto
esattamente come l’avevamo lasciato” disse con un
rantolo. Guardò verso il
Dottore. “Com’è possibile?”
Lui si stava passando con finta
nonchalance una
mano sulla nuca, guardando ovunque tranne che verso di lei.
“Beeeeh….può essere
che…beh, potrebbe…che sia venuto qui
a…ecco… a continuare a pagare l’affitto
in
modo che nessuno toccasse la vostra casa” confessò
imbarazzato.
Rose lo abbracciò
d’impulso, nascondendo il viso
contro il bavero della sua giacca. Lui la consolò,
accarezzandole i capelli,
dandole tutto il tempo di cui avesse bisogno. Rose sospirò.
Perché lui non
riusciva, non poteva o non voleva darle certe cose, dirle certe
cose…ma non
avrebbe mai dimenticato tutte quelle cose che il Dottore era disposto a
fare
per lei. Quello che aveva fatto per
lei e che avrebbe continuato a fare. Poteva non dirlo…ma
ormai Rose sapeva di
essere amata con la stessa intensità con cui lei amava il
Dottore.
Si staccò da lui con
rammarico. “Forza” disse,
più a se stessa che al Dottore. “È
tempo di liberare questo posto.”
Il Dottore la seguì in
silenzio mentre lei si
aggirava per l’appartamento raccogliendo tutto ciò
che le ricordava sua madre e
la loro vita insieme. Gli album di fotografie, un vecchio e orrendo
canovaccio
tutto bruciato che era stato testimone del primo tentativo culinario di
Rose,
il servizio da tè di cui sua mamma andava tanto fiera. Di
questo tipo di cose
stava riempiendo lo scatolone che le aveva offerto il Dottore
(più grande
all’interno!), dopotutto tutto ciò che era
appartenuto a Rose era già stato
trasferito nel TARDIS tanti e tanti anni prima.
Mentre Rose aggiungeva sempre
più cose alla
scatola (“Tanto è più grande
dentro!” “Sì, ma pesa
uguale!”) il Dottore si
limitava a osservarla con la schiena appoggiata contro un muro.
“Ti mancano?
Jackie…Mickey…la tua famiglia?”
“Ogni giorno”
rispose lei senza levare lo
sguardo.
Lui aprì la bocca per
dire ancora qualcosa, ma
Rose lo bloccò con un gesto deciso della mano.
“Non scusarti”
gli ordinò, sapendo cosa avrebbe
voluto dire. “Non dire che ti dispiace. A me non dispiace e
sono sicura che in
realtà non dispiaccia nemmeno a te.”
Alzò lo sguardo e lo fissò decisa.
“Sono
esattamente dove voglio essere e cioè con te. Tutti lasciano
casa alla fine e
io l’ho fatto tanto tempo fa. Te l’ho
già detto quel terribile giorno, anche se
continui a volerlo dimenticare. Nulla è cambiato per me. Mi
mancheranno, mi
mancheranno per sempre: come dici tu, erano la mia famiglia. Sono la
mia
famiglia. Tu sei la mia casa.”
Il Dottore le si
inginocchiò accanto e la
abbracciò. “Parlami di loro” le disse
appoggiando la bocca vicino all’orecchio,
facendola sedere con sé sul divano. Quel divano
così dolorosamente familiare,
dove avevano passato insieme così tante ore durante le
visite a sua madre, e
l’odore di Jackie ancora permeava quei cuscini. Rose glielo
disse e cominciò a
raccontare anche a lui quello che aveva detto a Martha solo poche ore
prima e
molto di più.
Mentre parlava, il Dottore si
limitò ad
ascoltarla in silenzio, dandole tutta la sua attenzione, accarezzandole
dolcemente il dorso della mano col pollice.
“…un anno dopo
è nato Tony” gli stava raccontando
Rose. “Più cresceva e più diventava la
copia sputata di Pete. Hanno gli stessi
capelli rossi! Fa uscire mamma di testa ma infondo lei ne è
così contenta! È
così intelligente Dottore, lo avresti adorato…e
lui avrebbe adorato te!”
………¿DW?………
“Rose!”
esclamò il Dottore bussando alla porta
della ragazza. “Rose, se non ti spicci faremo
tardi!”
“Macchina del
tempo!” ribatté lei scherzosa
finendo di applicarsi un rossetto rosso fuoco.
“Linee
temporali!” la rimbeccò lui prontamente,
sorridendo. Si aggiustò il farfallino dello smoking.
“Oh, credo che quello
ricada esattamente sotto
la definizione di ‘trucchetto’!” Rose
ripose il rossetto nella borsetta,
controllò che l’acconciatura fosse fissa e
uscì dalla camera.
Il Dottore restò
letteralmente a bocca aperta
quando la vide. Indossava un vestitino nero, semplice, ma con un decoro
di
pizzo a coprirle le spalle e il decolleté. Senza riuscire a
spiccicare una
parola, le offrì galantemente un braccio, con i tacchi era
alta quasi quanto
lui.
Incontrarono il Martha fuori dal
TARDIS e
insieme presero un taxi per raggiungere il ricevimento.
“Perché un
taxi?” volle sapere Martha alla fine
della corsa. “Perché non andare col
TARDIS?”
“Scienziati”
rispose il Dottore con una smorfia.
“Non mi fiderei mai di parcheggiarla incustodita vicino a
loro!” si aggiustò i
gemelli ai polsi, offrì di nuovo il braccio a Rose, che lo
accettò volentieri,
e si incamminarono per l’ultimo tratto.
“Oh, vestito
nero” si lamentò il Dottore. “Ogni
volta che la indosso succede sempre qualcosa di brutto.”
Rose ridacchiò.
“E tutte le volte che indossi il
completo marrone allora?”
“Secondo me non
è il completo” confermò Martha.
“Sei tu. Comunque, secondo me ti dona…vero Rose?
Fa molto James Bond!”
“James Bond?”
ripeté il Dottore lanciando
un’occhiata a Rose e, vedendo la sua espressione allegra,
sorrise a sua volta.
“Davvero?”
“Oh,
sì” confermò Rose.
“Anche i nostri vestiti
però sono spettacolari”
continuò Martha senza riuscire a nascondere un ghigno.
“Il TARDIS ha fatto
davvero un lavoro fantastico. Rose, quel pizzo è strepitoso.
Non lo credi anche
tu, Dottore?”
“Oh,
sì!” esclamò lui entusiasta. Martha lo
fissò sbalordita...era forse riuscita a tirargli fuori una
reazione genuina?
“La dichiarazione d’indipendenza!”
dichiarò il Dottore tirando una pergamena
fuori da una delle tasche. “Credevo di averla persa!
Ah…Tomas Jefferson, lui si
che era uno spasso. Oh, guardate: quello deve essere
l’ingresso principale.”
Martha roteò gli occhi.
Ovviamente no. Ma Rose
stava ridendo…quindi probabilmente andava bene lo stesso.
“Oh! Guarda:
stuzzichini!” dichiarò il Dottore
non appena ebbero messe piede nel salone principale. “Io
adoro gli
stuzzichini!” Ne afferrò una manciata e ne porse
uno a Rose, premendolo
delicatamente contro le sue labbra. Lei lo accettò e si
sorrisero. Le dita del
Dottore si trattennero un momento più a lungo contro le
labbra di lei prima di
ritirarsi.
“Almeno per una volta
facciamo parte degli
ospiti invece che del personale di servizio”
commentò Rose con il suo tipico
sorriso con la lingua tra i denti.
In quel momento spuntò
la sorella di Martha.
“Tish!”
esclamò Martha abbracciandola.
“Oh, ma stai
benissimo!” disse Tish adocchiando
il vestito della sorella. Martha e Rose si fecero
l’occhiolino. “Allora, cosa
ne pensi, impressionante, no?”
“Molto!”
“E sono due sere fuori di
fila…sei
pericolosamente vicina a una vita sociale!”
Martha sbatté la
palpebre. Giusto, erano stati
via solo dodici ore. “Starò attenta o
finirò sui giornali scandalistici.”
“Dovresti davvero tenere
d’occhio i fotografi…e
la mamma: viene anche lei e si porta dietro Leo.”
Martha sollevò un
sopracciglio, poco convinta.
“Leo? In completo? Questa la devo proprio vedere.”
Tish notò Rose e il
Dottore, che si erano
limitati ad osservare in silenzio il loro scambio di battute, e
lanciò uno
sguardo interrogativo verso la sorella.
“Oh, certo” si
riprese Martha. “Questi sono Rose
e il Dottore.”
“Salve!”
risposero entrambi stringendo a turno
la mano a Tish.
“Sono con te?”
volle sapere Tish con un sorriso
tirato.
“Ehm…sì.”
“Ma non sono sulla lista.
Come hanno fatto ad
entrare?”
“Sono il
mio…più-uno” spiegò Martha
imbarazzata.
Tish incrociò le
braccia. “Uno” rimarcò seria.
Rose sospirò e
tirò fuori un tesserino magnetico,
aveva pensato spesso di poter ricorrere a questo espediente per
giustificare la
sua presenza o la sua stessa esistenza, visto che ufficialmente era
morta, ma
aveva sperato di non essere mai costretta a usarlo. Lo
mostrò a Tish. “Istituto
Torchwood” dichiarò con quel tono di voce
professionale che aveva utilizzato
così spesso negli anni passati. “Sono stata
mandata per supervisionare
l’evento.”
Tish la guardò, presa
alla sprovvista. Non
avevano mai avuto a che fare direttamente con Torchwood
all’agenzia ma lei la
sapeva lunga sull’istituto. Dopotutto sua cugina ci aveva
lavorato e non era
mai più tornata indietro.
Prima che la ragazza potesse
prendere in mano il
tesserino per analizzarlo bene il Dottore si intromise tra di loro.
“Allora,
questo Lazarus. È il tuo capo?”
“Il professor
Lazarus” specificò Tish
distogliendo l’attenzione da Rose, che si affrettò
a rimetterlo via, “sì.
Faccio parte del suo staff esecutivo.”
“Fa parte del
dipartimento PR” disse Martha.
“Sono il capo del
dipartimento PR, a dire il
vero” la corresse Tish impettita.
Martha la guardò
allibita. “Stai scherzando?”
“L’ho
organizzata io questa cosa.”
“Allora, sai cosa
farà il professore, stasera?”
domandò il Dottore cercando di riportare il discorso su un
argomento più
interessante. “Quello sembra un manipolatore sonico a
micro-raggio.”
Tish sbuffò divertita.
“Ha il bernoccolo della
scienza, avrei dovuto saperlo. Torno al lavoro ora. Ci vediamo
più tardi.” Si
allontanò.
Il Dottore si cacciò in
bocca un altro
stuzzichino. “Bernoccolo della scienza? Cosa voleva
dire?” domandò curioso.
“Che sei ossessivamente
entusiasta riguardo la
scienza” spiegò Martha con un ghigno.
“Uh! Bello!”
commentò il Dottore con un sorriso.
Rose rise. “Non voleva
essere esattamente un
complimento da parte sua, quello.”
“Sono ancora sexy
però!” le rispose il Dottore facendole
l’occhiolino. Rose arrossì ma prima che potesse
rispondere qualunque cosa una
donna si avvicinò chiamando Martha per nome. Rose riconobbe
subito la voce
sentita in segreteria quella mattina.
La ragazza affiancò il
Dottore per farsi
spiegare meglio qual’era lo scopo di quel manipolatore sonico
e per lasciare a
Martha e a sua madre un po’ di privacy.
“Sei sparita
l’altra sera” sentirono dire dalla
madre di Martha dopo un po’ e non poterono fare a meno di
girarsi. La donna li
aveva adocchiati e li stava guardando con fare sospettoso.
Martha scrollò le spalle
cercando di apparire
disinvolta. “Sono solo andata a casa.”
“Da sola?”
“Questi sono due miei
amici” rispose la ragazza,
cedendo sotto la pressione dello sguardo della madre. “Rose e
il Dottore.”
“Dottore come?”
volle sapere la donna alzando un
sopracciglio.
“No, è solo
‘il Dottore’” spiegò Martha
scuotendo la testa. “Abbiamo lavorato un po’
insieme.”
Rose e il Dottore strinsero la mano
prima a Leo,
il fratello di Martha, poi alla donna.
“Incantato, signora
Jones” disse il Dottore. “Ho
sentito molto parlare di lei.”
“Davvero? E cosa ha
sentito?” domandò la donna
senza prestare la minima attenzione a Rose.
“Beh, sa…che
è la madre di Martha e…” il Dottore
fece una pausa. Deglutì cercando di prendere tempo, sperando
che gli venisse in
mente qualcosa sulla donna. Qualunque cosa. Alla fine si arrese.
“No, in realtà
è più o meno tutto” confessò.
“Occupati? A fare cosa, esattamente?”
Rose roteò gli occhi: la
capacità del Dottore di
mettersi nei guai con le madri rasentava il ridicolo. Decise di farsi
avanti
prima che le cose precipitassero e il Dottore si beccasse un bello
schiaffo,
anche se dubitava che sarebbe stato immeritato.
“Signora Jones”
chiamò attirando la sua
attenzione, facendo di nuovo suoi i modi e gli atteggiamenti da alta
società
che aveva acquisito come erede della Vitex. “Abbiamo
conosciuto sua figlia
durante l’emergenza al Royal Hope Hospital ed è
stata di grande aiuto durante
l’intera situazione. Come diceva il Dottore, purtroppo siamo
stati piuttosto
impegnati e abbiamo avuto poco tempo per chiacchierare ma sua figlia
non ha
certo mancato di parlarci dei suoi studi di artistici e della sua
attività
organizzativa presso il Tate Modern!” Rose scoccò
un’occhiata ammonitrice in
direzione del Dottore, che stava per dire qualcosa a riguardo, che si
zittì
all’istante. “Davvero interessanti, mi piacerebbe
sentirne parlare più nel
dettaglio da lei un giorno” concluse con un sorriso
smagliante.
La madre di Martha la
fissò per un momento, poi
ricambiò il sorriso e le strinse di nuovo la mano, placata e
colpita dai modi
della giovane donna. Stava per aprire di nuovo la bocca per chiedere
cosa ci
facevano loro
all’ospedale ma venne
interrotta dal tintinnio di un bicchiere. Le luci si offuscarono e il
professor
Lazarus cominciò il suo discorso d’apertura.
Il professore stesso
entrò nella macchina. Quando
essa ebbe delle complicazioni e andò in sovraccarico la vita
del professore fu
salvata solo dall’intervento del Dottore, che
riuscì a spegnerla prima che
saltasse in aria con l’intero edificio. Pochi secondi dopo il
professor Lazarus
ne usciva...quarantanni più giovane. Le rughe erano
scomparse, il capelli
bianchi erano tornati al loro originale color dorato. “Il mio
nome è Richard
Lazarus” disse spalancando le braccia con fare teatrale.
“Ho 76 anni e sono
rinato!”
Rose e il Dottore si scambiarono
un’occhiata
perplessa e decisero di avvicinarglisi.
Il professore si stava ingozzando
di
stuzzichini. “Sto morendo di fame!” aveva appena
dichiarato a sua moglie, Lady
Thaw.
“Deficit
d’energia” gli spiegò il Dottore,
arrivandogli alle spalle. “Succede sempre in questo tipo di
processi.”
“Lei parla come se ne
vedesse di tutti i giorni,
signor…”
“Dottore. E beh, no, non
tutti i giorni, ma ho
una certa esperienza con questo tipo di trasformazioni.”
“Non me ne
parlare” commentò Rose a mezza voce,
roteando gli occhi. Il Dottore fu l’unico a sentirla e le
lanciò un’occhiata
divertita prima di far tornare l’attenzione su Lazarus.
“È
impossibile” lo derise il professore.
“Usare onde sonore
ipersoniche per creare uno
stato di risonanza? È geniale” fece il Dottore
guadagnandosi un'altra alzata
d’occhi da parte di Rose. “Non può fare
a meno di mettersi in mostra” disse lei
a Martha, che ridacchiò con lei.
Il professore sollevò un
sopracciglio davanti
alla spiegazione del Dottore. “Lei capisce la teoria,
allora?”
“Abbastanza per sapere
che non ha potuto tener
conto di tutte le variabili.”
“Nessun esperimento
è interamente privo di
rischi.”
“Quell’affare
è quasi esplosa! Tanto valeva
entrare in un frullatore.”
“Lei non ha le qualifiche
per commentare” disse Lady
Thaw indignata.
“Se non
l’avessi fermato, sarebbe esploso!”
“Allora la ringrazio,
Dottore” disse Lazarus
riprendendo in mano le redini del discorso e concludendolo.
“Ora ho delle cose
di cui occuparmi. Addio, Dottore.”
Cominciò ad allontanarsi
con la moglie prima di
girarsi, prendere la mano di Rose nella sua e poggiarci sopra un umido
baciamano.
Il Dottore lo guardò
male per tutto il tempo.
“Ha fatto il passo più lungo della
gamba” commentò dopo che se ne fu andato.
“Non ha idea del danno che avrebbe provocato.”
“Quindi cosa facciamo
ora?” domandò Rose che si
stava fissando la mano come se fosse stata mangiata da un coccodrillo.
Il Dottore ispirò
bruscamente. “Ora? Beh,
quest’edificio deve essere pieno di laboratori. Io dico di
fare i nostri test
personali visto che il caro professore non sembra per niente
preoccupato delle
conseguenze del suo esperimento.”
“E come pensavamo di
farli questi test? L’ultima
volta che ho dovuto distrarre qualcuno per te sono quasi finita a
fuoco, ti
ricordo.” Rose abbassò la mano contro il bordo del
vestito per pulirsi il dorso
della mano ma Martha le afferrò il polso e la
fermò.
“Ma qui qualcuno di noi
ha appena raccolto un
campione di DNA, giusto?” disse Martha con un ghigno.
Gli occhi del Dottore brillarono di
ammirazione.
“Oh! Martha Jones, sei una stella!”
………¿DW?………
Non fu un problema raggiungere i
laboratori.
Erano tutti incustoditi e le serrature elettroniche non erano mai state
un
problema per loro. Quello che scoprirono, però, non fu
rassicurante. Il DNA del
professor Lazarus era diventato profondamente instabile. Addirittura,
mutò
proprio davanti ai loro occhi, mentre lo analizzavano. Qualcosa nel DNA
del
professore si era attivato e non lo lasciava stabilizzare.
“Qualcosa cerca di
cambiarlo” spiegò il Dottore.
Rose lanciò a lui e a
Martha un’occhiata
confusa. Tra tutti, lei era quella che ci capiva di meno su quel tipo
di
argomento. “Cambiarlo in cosa?” volle sapere.
“Non lo so”
fece il Dottore “ma dobbiamo
scoprirlo.”
………¿DW?………
Tornarono nella sala del
ricevimento, sperando
di trovare subito il professore e riuscire a parlargli.
“Ehi, tutto bene
Martha?” chiese Leo andando
loro incontro. “Penso che mamma ti voglia parlare.”
“Mm…sì,
più tardi andrò a cercarla. Senti...hai
visto Lazarus da qualche parte?”
“Beh, stava prendendo
confidenza con Tish un
paio di minuti fa.”
Rose sollevò un
sopracciglio al commento e si
rivolse a Martha e al Dottore. “Con Tish? Come facciamo a
sapere che non abbia
già cominciato a cambiare?”
“Non lo
sappiamo” rispose il Dottore guardandosi
intorno allerta. “Hai visto il DNA, non era stabile. Il
processo richiede
energia, hai visto come divorava tutto il cibo che gli capitava davanti
prima.
Forse quando quello non sarà abbastanza si
trasformerà…o forse passerà a un
nuovo tipo di alimentazione.”
“Sai dove sono andati
Tish e Lazarus?” fece
fretta Martha.
“Di sopra,
credo” rispose Leo con un’alzata di
spalle. “Perché?”
Il Dottore scambiò uno
sguardo con le due
ragazze. “Dobbiamo trovarlo, non sappiamo ancora quanto
può essere pericoloso”
disse e scattò verso l’ascensore urtando nel
processo la madre di Martha, che
si era avvicinata per parlargli.
Rose lo maledì
interiormente e si fermò davanti
alla donna. Le toccò delicatamente un gomito e le sorrise in
segno di scusa.
“Desolata signora Jones. È un gran maleducato ma
non è cattivo. Stiamo
svolgendo un’indagine interna in questo momento ma appena
avremo finito sarà un
piacere fare quattro chiacchiere con lei” disse velocemente
prima di correre a
raggiungere Martha e il Dottore, che la aspettavano tenendo aperte le
porte
dell’ascensore.
“Indagine?”
ripeté la signora Jones confusa.
“Indagine per cosa?”
Leo porse alla madre un nuovo
bicchiere di
champagne, visto che il precedente era stato rovesciato dal Dottore.
“Tish ha
detto che lavora per Torchwood.”
………¿DW?………
“Lascia perdere mia
mamma” si scusò Martha
imbarazzata.
“Non preoccuparti per
questo” l’assicurò Rose.
“Mia madre era ancora peggio. La prima volta che ha
conosciuto il Dottore l’ha
schiaffeggiato.”
Il Dottore sospirò e si
portò una mano sulla
guancia. “A volte mi sembra di sentire ancora le sue dita
sulla faccia.”
Rose lo ignorò.
“È bello avere qualcuno a casa
che ti aspetta e si preoccupa per te. È una seccatura
metà delle volte ma è
sempre una bella sensazione.”
Le porte dell’ascensore
si aprirono. Per prima
cosa controllarono lo studio del professor Lazarus, dove trovarono Lady
Thaw,
sua moglie, morta. Assomigliava a una vecchia mummia rinsecchita.
“Ecco dove ha trovato la
sua nuova fonte di
energia” commentò Rose acremente.
“Dobbiamo
sbrigarci!” esclamò
Martha correndo di nuovo in ascensore
per continuare a cercare lui e la sorella. Li trovarono sul tetto, ad
ammirare
lo skyline di Londra e Lazarus…ci stava provando con Tish.
La costrinsero ad
allontanarsi giusto in tempo per vedere il professore trasformarsi in
un
mostro.
“Correte!”
strillò il Dottore e senza
esitazione, scapparono il più velocemente possibile, di
nuovo verso il
ricevimento.
“Dobbiamo far evacuare
l’edificio!” esclamò
Rose. In quel momento partì tutta una serie di allarmi. Sicurezza Uno continuava a ripetere una
voce elettronica. Si era
attivato un blocco di emergenza che tagliava quasi tutta
l’energia, fermava gli
ascensori e bloccava le uscite: veniva causato da
un’intrusione, come spiegò
Tish.
“Questo vuol dire che gli
ospiti non possono
uscire!” urlò Rose correndo giù per le
scale insieme agli altri.
Raggiunsero di nuovo il salone
principale e Rose
estrasse immediatamente il tesserino di Torchwood e lo tenne alto sopra
la
testa in modo che potessero vederlo tutti. “Questa
è un’emergenza. Vi preghiamo
di dirigervi velocemente ma in ordine verso le uscite! Vi
ringrazio!” aggiunse
quando vide che tutti facevano come aveva detto. Cosa non faceva un
documento
ufficiale.
“Da come lo sventoli in
giro sembra che tu non
abbia fatto per tutta la tua vita!” commentò il
Dottore sollevando un
sopracciglio. Afferrò il cacciavite sonico e
cominciò a lavorare per riaprire
le porte.
“Gli alieni non esistono
solo in questo mondo,
mio caro Signore del Tempo. La mia squadra ed io ci siamo trovati in
questo
tipo di situazione più volte di quanto tu possa
immaginare!”
Con un ‘clang’
le porte si sbloccarono e il Dottore
le spalancò permettendo agli ospiti di cominciare a scappare
fuori proprio
quando Lazarus raggiunse il salone a sua volta. Riuscì ad
agguantare un ospite
con quella specie di pungiglione che gli era cresciuto sulla schiena e
lo
ridusse come aveva ridotto Lady Thaw.
Rose rimase vicino alle porte per
aiutare la
gente ad allontanarsi mentre il Dottore corse a distrarre il mostro.
Pochi
secondo dopo Rose venne raggiunta da Martha che aiutava Tish a
sorreggere il
fratello.
“Cosa fa il
Dottore?” domandò Tish vedendolo
scomparire seguito da Lazarus.
“Cerca di farci
guadagnare del tempo” fu la
secca risposta di Martha. “Cerchiamo di non
sprecarlo.” Lei e Rose si
scambiarono un’occhiata silenziosa e annuirono, poi Rose
corse via nella stessa
direzione in cui era sparito il Dottore.
“Leo, guardami”
ordinò Martha. “Concentrati su
di me: fammi vedere gli occhi. Ha una commozione cerebrale”
soffiò tra i denti,
preoccupata. “Mamma, devi aiutarlo ad andare di
sotto.”
Prese del ghiaccio, lo mise in un
tovagliolo e
lo porse alla madre. “Questo limiterà il
gonfiore” disse prima di muoversi per
seguire Rose.
La madre la fermò
inorridita. “Non puoi andare!
Hai visto cosa ha fatto quella cosa! Ti ucciderà!”
Martha scosse la testa.
“Non mi importa. Devo
aiutarli!”
“È il Dottore,
non è vero? Lui e quella ragazza”
ringhiò la donna. “Lavora per Torchwood! Non ti
ricordi di tua cugina Adeola?
Anche lei lavorava per loro e non è mai tornata
indietro!”
“Ma loro erano
lì, mamma!” gridò Martha
esasperata. “A Canary Wharf, sono stati loro a fermare i
Cyberman!”
“Ci stanno facendo
guadagnare tempo” si
intromise Tish. “Tempo per fare uscire anche te!”
“Non posso
abbandonarli!” dichiarò Martha
girandosi e correndo di nuovo dentro l’edificio. Dopo pochi
minuti andò a
sbattere contro Rose e il Dottore.
“Come hai fatto a
trovarci?” esclamò il Dottore
riprendendo subito a correre. Stano scappando da Lazarus, di nuovo.
“Ho seguito le
esplosioni!” rispose
semplicemente Martha andando loro dietro. “Cosa avete
fatto?”
“Abbiamo fatto scoppiare
Lazarus!” urlò Rose col
fiatone.
“Beh, non mi sembra che
abbia funzionato!”
“È servito
solo a farlo arrabbiare!” strillò il
Dottore.
Tornarono nella hall, nella stanza
col
macchinario di Lazarus. Dopo un secondo il Dottore ci si
infilò costringendo
Rose e Martha a seguirlo. Vi si chiusero all’interno.
“Ci stiamo
nascondendo?” domandò Martha
spaventata, cercando di trovare la giusta posizione per poter respirare
senza
avere il gomito di Rose conficcato nel fianco. Rose per contro stava
cercando
di non affondare il naso nel collo del Dottore. C’era davvero
poco spazio.
“No, sa che siamo qui, ma
questo è il suo
capolavoro” rispose il Dottore sottovoce.
“Scommetto che non lo distruggerà,
nemmeno per arrivare a noi.”
“Ma siamo in
trappola!”
“Tanto per
cambiare” sbuffò Rose, ma per il
momento sembrava più divertita che spaventata. Preoccupata,
certo, ma non
spaventata.
“Beh, sì,
questo è un piccolo problemino.
“Vuoi dire che non hai un
piano?” volle sapere
Martha, guardando verso Rose in cerca di una vera risposta. La ragazza
si
limitò a scimmiottare il Dottore mentre rispondeva
“Sì, il piano era quello di
entrare qui dentro.”
“I piani a lungo termine
non sono una delle sue
caratteristiche” spiegò Rose con un sorriso
vagamente irritato.
“E quindi?”
domandò Martha che digrignò i denti
sentendo la nota isterica presente nella sua voce.
“E quindi è il
momento di un altro piano”
rispose il Dottore cercando di recuperare il cacciavite sonico
dall’interno
della giacca.
Rose arrossì.
“Non credo che lo troverai lì
dentro il cacciavite” confessò. Il Dottore
trattenne il respiro e abbassò lo
sguardo, realizzò inorridito di aver infilato la mano
profondamente nella
scollatura di Rose. Alzò lo sguardo su di lei e la
fissò intensamente. La
ragazza vide che guardandola, i suoi occhi erano diventati quasi del
tutto
neri, tanto gli si erano dilatate le pupille.
Divincolandosi, Rose
riuscì a recuperare il
proprio cacciavite e glielo passò. Solo allora il Dottore
distolse lo sguardo dai
suoi occhi e cominciò ad abbassarsi verso il fondo del
macchinario scivolando
contro il suo corpo.
Una volta in ginocchio, le
circondò una gamba
con il braccio per mantenersi in equilibrio. Lo stesso, Rose non
riuscì a
trattenere un rantolo.
“Ancora non capisco da
dove sia uscite quel
coso” disse Martha mentre il Dottore lavorava con i cavi e i
cavetti del
macchinario. “È alieno?”
“No. Per una volta
è di origine rigorosamente
umana.”
“Umano? Come
può essere umano?”
“Forse deriva da geni
dormienti nel DNA di
Lazarus. Il campo di energia deve averli attivati. Ora sembra che
stiano
diventando dominanti.”
“Quindi è una
regressione.”
“Una qualche opzione che
l’evoluzione ha
respinto quaranta milioni di anni fa. Ma il potenziale è
ancora lì, chiuso nei
vostri geni. Dimenticato, finché Lazarus non l’ha
liberato per errore.”
Rose sospirò.
“È come un vaso di Pandora.”
“Esattamente. Belle
scarpe, comunque” le rispose
il Dottore. “Ma sono altissime. Come fai a camminarci?
Meglio, come hai fatto a
correrci per tutta la sera?”
“Chiedimelo domani
mattina” si lamentò lei.
“Questa doveva essere una serata tranquilla.”
Il Dottore sbuffò.
“Ho indosso il completo nero
della sfiga, c’era da aspettarselo.”
“Quello che non mi sarei
aspettata è che in
tutto il tempo e lo spazio non abbiano ancora inventato una scarpa che
abbia il
tacco ma che sia anche comoda” ritorse Rose.
“C’è
a dire il vero” disse il Dottore senza
smettere di smanettare freneticamente, dato che Lazarus
all’esterno si stava
facendo sempre più impaziente. “Gesia 14, anni
30227. Scarpe che possono
convertirsi da alte a basse semplicemente battendo i tacchi.”
Rose ridacchiò.
“Come Dorothy?”
“Come Dorothy”
rispose il Dottore ricambiando il
sorriso.
“C’è
qualche valido motivo per il quale non ne
ho già l’armadio pieno?”
“Ehm…”
“Sarà il primo
posto dove ci porterai a fare
shopping dopo questa sera. Chiaro?”
“Chiaro”
confermò il Dottore riuscendo
finalmente ad attivare il macchinario come voleva. Questo
rilasciò un’onda
simile a quella che aveva ringiovanito Lazarus ma al di fuori. Il
mostro cadde
a terra con un tonfo e tornò al suo aspetto umano di Richard
Lazarus.
Il Dottore si tirò su in
piedi, reggendosi con
un braccio intorno al fianco di Rose. Ci era mancato un pelo che il
raggio
colpisse loro invece che Lazarus. Appoggiò per un secondo la
fronte contro la
spalla di Rose e respirò a fondo, sentendo il profumo
confortevole della
ragazza invadergli le narici. Sospirò ancora una volta e la
lasciò andare.
Uscirono dal macchinario. La prima
cosa che
Martha fece fu controllare che Lazarus fosse davvero morto prima che il
coroner
lo portasse via. Seguirono la portantina fuori dall’edificio
e guardarono
portarlo via. Mentre se ne stavano lì in silenzio, sulle
scalinate ricoperte da
un tappeto rosso, Rose prese la mano del Dottore nella sua.
“Hai mai pensato
come sarebbe stato?”
“Che cosa?”
“Se quel macchinario
fosse stato davvero in
grado di far star giovane una persona” rispose la ragazza
senza il coraggio di
guardarlo negli occhi.
Il Dottore però si
voltò a fissarla. Stava
parlando di lei, di loro, questo lo sapeva. “Rose”
la chiamò e la costrinse a
guardarlo. “Non è di perderti che ho
paura” le disse criptico, stringendole la
mano.
Prima che nessuno dei due potesse
aggiungere
nient’altro arrivarono Tish e la signora Jones, nel
particolare, sul piede di
guerra.
“Voglio una
spiegazione” dichiarò minacciosa.
“Cos’è successo là dentro?
Qualcuno me lo spieghi. Immediatamente! E perché
deve sempre esserci in mezzo questo maledetto Torchwood?”
“Mamma,
calmati!” esclamò Martha indignata per
la scenata.
Rose fece un respiro profondo, si
calò ancora
una volta la maschera da ereditiera della Vitex e si fece avanti.
“Signora
Jones, la prego, lasci che le spieghi” disse in un tono che
il Dottore stentava
a riconoscere.
L’aveva già
percepito prima, durante il
ricevimento, come se lei non si potesse sentire più a suo
agio di così in un
ricevimento di quella portata. Anche adesso, con quel tono
professionale che
riusciva ad adottare con tanta naturalezza. Una realizzazione lo
colpì davvero
per la prima volta: Rose aveva avuto una vita nel Mondo di Pete. Un
mondo in
cui era l’ereditiera della Vitex, figlia di una delle
famiglie più ricche
d’Inghilterra. Un mondo in cui non solo aveva lavorato per
Torchwood ma in cui
aveva avuto addirittura una squadra sotto il suo comando.
Razionalmente l’aveva
sempre saputo: gliel’aveva
detto lei stessa che aveva cominciato a lavorare per Torchwood. Sapeva
che le
era nato un fratellono di nome Tony e tutta una serie di altri piccoli
dettagli. Quanto aveva passato a pensare a come stava passando al vita
senza di
lui…solo non l’aveva mai realizzato a pieno fino a
quel momento.
Sbatté le palpebre. Rose
nel frattempo era
riuscita a placare la signora Jones, che aveva cominciato a convincersi
che
tutto quello che avevano cercato di fare era stato in buona fede.
Si strinsero la mano prima di
andare ognuno per
la propria strada.
“Volete che vi
riaccompagniamo a casa?” si offrì
Rose.
“Meglio di no”
rispose Tish ridendo. “Troppe
emozioni per una sola sera.”
“Io non sono ancora del
tutto convinta su di voi
comunque, tenetelo a mente!” avvertì la signora
Jones con una smorfia. Rose e
il Dottore sorrisero, nonostante le parole della donna la tensione era
quasi
del tutto scomparsa.
“Allora dovremo darle
prova del contrario!”
dissero prima di dirigersi verso casa di Martha.
“Che serata!”
esclamò la ragazza chiudendosi la
porta d’ingresso alle spalle.
“Un’altra cosa
che ci è scappata un po’ di mano,
no?” rispose il Dottore con un ghigno. Si schiarì
la gola. “Allora…un altro
viaggetto?”
“Dottore!” si
intromise Rose. “Non credi che si
sia guadagnata i privilegi di una viaggiatrice abituale? E poi hai
promesso di
portarci a fare shopping!”
“E non si può
ritirare una promessa di shopping
col TARDIS, vero?” disse lui senza smettere di ghignare.
“Ohhh, e va bene!
Allons-y!”
Una volta chiusa la porta del
TARDIS alle
spalle, il Dottore cominciò immediatamente a saltellare
intorno alla console,
premendo pulsanti e inserendo coordinate. Rose ne sapeva abbastanza per
capire
che non si stavano limitando ad andare nel vortice.
La ragazza gemette, togliendosi le
scarpe e
appoggiandole ordinatamente in un angolo. Il TARDIS subito le
sostituì con un
paio di comode di ciabatte e la ragazza le mandò un
ringraziamento silenzioso.
“Qualunque cosa tu stia facendo, smettila”
ordinò al Dottore, che aveva
cominciato a borbottare a mezza voce riguardo un pianeta dove tutti i
colori
erano invertiti. “In questo momento non desidero
più camminare per il resto
della mia vita” sospirò lasciandosi cadere sul
sedile del capitano e chiudendo
gli occhi.
“Attenta a quello che
desideri…” disse il
Dottore.
Rose aprì un occhio e lo
guardò divertita.
“Perché potrebbe esserci un genio del
ventiquattresimo secolo pronto ad
avverarlo?”
Lui scoppiò a ridere e
si allontanò dalla
console, lasciando il TARDIS comodamente parcheggiata nel soggiorno di
Martha.
“Beh, ma di quello ce ne siamo già occupati, no?
Credo che sia finito su un
pianeta disabitato e sia intento a far contenti dei porcellini
d’india…”
Martha, che pure si stava togliendo
i tacchi,
quasi cadde per terra, e guardò gli altri due allucinata.
“Roma”
spiegò Rose chiudendo di nuovo gli occhi.
“Nel 140 d.C. abbiamo trovato un genio della lampada
proveniente dal futuro.”
“Come risultato adesso al
British Museum c’è una
statua di Rose che impersona la dea Fortuna!”
esclamò il Dottore entusiasta e
cominciò a raccontare a Martha di quella particolare
avventura e della Rose di
pietra. Nel frattempo la Rose in carne e ossa si addormentò
beatamente sul
sedile.
Una volta terminato il racconto, il
Dottore le
si avvicinò e la prese in braccio, lasciando che la testa di
lei gli
ciondolasse su una spalla. Si avviò verso la sua stanza
prima di girarsi ancora
una volta verso Martha. “Tutto a posto con te?”
La ragazza annuì,
facendogli cenno di portare
pure Rose nella sua stanza. “Ne approfitterò per
portare un paio di cose nel
TARDIS…poi andrò anch’io a letto. Sono
esausta!”
………¿DW?………
Il Dottore raggiunse la camera di
Rose solo dopo
diversi minuti dal momento che il TARDIS non
l’aveva spostata per rendergliela più vicina.
L’adagiò delicatamente sul
copriletto beige, facendo attenzione che non si svegliasse, e si rese
conto per
la prima volta di quanto era cambiata la stanza rispetto a prima.
Non c’era più
quella tinta rosa dappertutto
sebbene rimanesse comunque presente nei dettagli. Era più
ordinata, anche se di
poco: almeno il pavimento non era più coperto da mucchi di
vestiti.
Sulla toletta notò,
vicino allo specchio, due
foto in cornice. La prima era di lei con la sua famiglia: con Pete
Tyler e un
bambino di un anno con i capelli rossi era vero che assomigliava
incredibilmente al padre. Un vero Tyler. La foto doveva essere rimasta
piegata
in una tasca per lungo tempo a giudicare dai segni più
chiari che la
attraversavano. Nell’altra foto invece c’erano loro
due, a Natale, dopo la
sconfitta degli Sycorax. Si trovavano sotto il vischio (chi poteva aver
scattato la foto? Mickey probabilmente) ancora le coroncine di
cartapesta
calate sulla fronte. Rose era rossa come un pomodoro: ci aveva sperato
tanto,
lo sapeva. E anche lui, in quel momento aveva realizzato quanto volesse
baciarla.
Questa reincarnazione era diversa
dalle altre,
l’aveva capito subito. Non che prima non avesse voluto
baciarla ma era così
difficile trattenersi adesso. Spesso provava desideri allo stesso modo
e con la
stessa intensità di un essere umano, che amava Rose come un
uomo ama una
donna, così
come un Signore del Tempo
non sarebbe stato in gradi di fare, mai… ma dopotutto
l’aveva sempre saputo che
morendo si era ricreato apposta per lei. In modo da essere perfetto per
lei:
più giovane, più simile a tutti quei ragazzini
che continuava a portare a
bordo. Aveva addirittura cambiato accento per lei! E quel giorno di
Natale
aveva voluto baciarla con tutto se stesso, il sangue che gli pulsava
nelle
orecchie… e da codardo qual’era non fece niente di
quello che avrebbe voluto
fare. Non l’aveva presa tra le braccia premendola contro di
sé, sentendo ogni
curva del suo corpo contro il proprio, reclamandola come sua,
baciandola con
passione. No, si era limitato a chinarsi in avanti e a sfiorarle
castamente un
angolo della bocca con le labbra sussurrandole “Buona Natale,
Rose Tyler.”
Anche ora, mentre la guardava
dormire, provava
gli stessi desideri di quel giorno. Rassilion, da quando era tornata da
lui poteva
contare sulle dita di una mano i momento in cui non
li aveva provati.
Le si sedette accanto, spostandole
i capelli dal
viso. Il sentimento che provava per lei sembrava volergli esplodere nel
petto.
Le accarezzò una guancia con le nocche della mano. Come
aveva fatto il rossetto
a restarle perfetto, intatto sulle labbra nel corso di tutta la serata?
Ma se
ci avesse dormito al risveglio se lo sarebbe ritrovato su tutto il
cuscino.
Le passò il pollice sul
labbro inferiore.
Cosa
sto
facendo?
Lo stesso, però, si
alzò per prendere un
batuffolo di cotone dalla toletta e cominciò a pulirle il
viso: sapeva che
quando dormiva nemmeno un bombardamento sarebbe stato in grado di
svegliarla. E
per una volta non era una metafora visto che era
stata in grado di dormire durante un bombardamento.
Una volta finito le
accarezzò la guancia
un’ultima volta e fece per andarsene quando gli occhi gli
caddero sul vestito
che ancora stava indossando. Le si
stropiccerà tutto fu il pensiero che gli
balenò in testa. Fece per
allungare una mano verso la spallina prima di ritirarla velocemente,
come se si
fosse bruciato, per nasconderci il viso. Sono
un pazzo. Cosa sto facendo?
Pensò al corpo sotto
quei tessuti, lo stesso
corpo che era stato premuto contro il suo quando erano rimasti
imprigionati nel
macchinario di Lazarus, quel corpo che combaciava così
perfettamente con il
suo…d’altra parte si era ricreato per lei.
Così come le loro mani trovavano il
loro posto perfetto l’una stretta intorno
all’altra, perché non avrebbero
dovuto farlo i loro corpi?
Guardò ancora una volta
la figura di Rose
addormentata e si chinò su di lei per premere duramente le
labbra contro le sue
per un breve, doloroso secondo. Poi si alzò e
scappò dalla stanza praticamente
correndo.
Nota
dell’autrice: A volte ritornano! Innanzitutto non so come
scusarmi dei lunghi
mesi di attesa! Sapevo che per maggio-giugno non sarei stata in grado
di
scrivere ma per motivi di forza maggiore non sono riuscita a scrivere
nemmeno
per buona parte di aprile! Chiedo venia! Spero di essermi fatta
perdonare con
questo capitolo (sembra che mi si fisicamente impossibile scrivere un
capitolo
meno corto di 10 pagine. La quantità di volte in cui ne
saltano fuori 13 è
inquietante! Ci sarà un qualche messaggio nascosto che non
riesco a cogliere?).
Comunque
eccomi, sono tornata! Al momento non me la sento di darvi una data di
uscita
per il prossimo capitolo perché: a) devo seriamente mettermi
d’impegno e finire
‘Il mio maestro’ che va avanti da così
tanti anni che mi sento in imbarazzo a
dirlo, e quindi deve avere la priorità; b) ho perso
l’esercizio! Prima della
pausa riuscivo a scrivere per ore e ore al giorno mentre adesso per
scrivere
questo capitolo ci sono stata più di una settimana! Quello
che posso
assicurarvi è che di certo non farò passare mesi;
c) dei prossimi capitoli uno
sarà inventato di sana pianta mentre gli altri tre/quattro
si baseranno solo a
grandissime linee sugli episodi della stagione e ci vorrà un
gran bel lavoro di
tramaggio dietro!
Alcune
considerazioni:
1) Ho
fatto riferimento a un’avventura passata con un genio del
24esimo secolo…si
riferisce a uno dei libri pubblicati della BBC ‘The Stone
Rose’ che vede come
protagonisti, appunto, Rose e il Dottore.
2) Non
avevo idea di come chiamare questo capitolo e quindi mi son buttata su
una
citazione di Eliot
3) Come
avrete notato ho saltato tutta l’ultima parte
dell’episodio perché…sì.
Diciamocelo: era inutile. Era già inutile
nell’episodio (che nel suo insieme
non era particolarmente brillante dal momento che i personaggi si
limitavano a
correre avanti e indietro e basta) figuriamoci in una riscrittura. Non
valeva
nemmeno la pena di citarlo in stile ‘riassunto’
come faccio quando gli eventi
non cambiano quasi per nulla rispetto alla serie originale.
4) quanto
accidenti è lunga questa nota?
5) Fate un
salto a dare un’occhiata al capitolo con Shakespeare (Nel
tuono, nel lampo,
nella pioggia) verso la fine: mi hanno fatto una bellissima fan art
della scena
con Rose e il Dottore sulla panca! <3
6) Un paio
di persone in questo mesi di hiatus mi hanno scritto preoccupati che
avessi
abbandonato la storia…non credo proprio che
succederà ma caso voglia…vi
avvertirò. Non mi limiterò a smettere di
aggiornare e basta! Purtroppo sono
davvero piena di impegni e ci sono anche lunghi periodi di tempo in cui
non ho
davvero tempo per scrivere, per quanto lo voglia! Abbiate pazienza per
favore e
non dimenticatevi di me!
(Seriamente,
quanto è lunga questa nota??)
Dubbi,
perplessità o semplicemente apprezzamenti…non
mancate di scrivermi! Un bacione
a tutti! Prossimo capitolo: Martha farà suoi i desideri e le
speranze di voi
povere lettrici, prenderà il Dottore per il collo e gli
darà una bella
scassata, urlandogli contemporaneamente in un orecchio. Go Martha, go!
|
Ritorna all'indice
Capitolo 10 *** Quattro cose e una lucertola ***
Capitolo
Nove: Quattro cose e una lucertola
All
I ever wanted was to be what you needed
cause something so
strong it could never be wrong.
And all I can promise is to say
what I'm feeling
We've made it so long.
(Bleed
for me – Saliva)
Martha
entrò nella cabina di pilotaggio. Rose era seduta sul sedile
del
capitano insieme al Dottore.
“E
poi Micky è saltato fuori dalla torta urlando e lanciando
fumogeni
per tutta la stanza” stava finendo di raccontare. Se ne
stavano
seduti uno vicino all’altro, con i piedi sollevati e
appoggiati
contro la console e la testa reclinata all’indietro, ridendo
fino
alle lacrime.
Martha
si avvicinò in silenzio, lentamente, con
un’espressione di shock
sul viso. Rose e il Dottore smisero istantaneamente di ridere e la
fissarono preoccupati.
“Ehm…
tutto bene?” provò Rose.
Martha
sollevò lo sguardo e Rose realizzò con sollievo
che più che shock,
la sua espressione era soprattutto imbarazzata. Martha a quel punto
spostò lo sguardo sul telefono che stringeva ancora in mano
e
corrugò la fronte.
“Mia
mamma ci ha invitati tutti a prendere il tè da lei questo
pomeriggio.”
Rose
si lasciò scappare un risolino di sollievo.
“Martha, non puoi dare
così certe notizie” le disse accasciandosi contro
lo schienale del
sedile. “Sarai un dottore, se parli così alle
persone penseranno
tutti di star morendo di cancro.”
Il
Dottore non disse niente e si limitò a fissare entrambe le
ragazze a
turno con aria orripilata.
“Mi
dispiace, mi dispiace” si lamentò Martha mettendo
via il telefono.
“Sono giorni che ci invita a cena o a colazione o a fare
shopping…
da quando le ho raccontato che non hai più la famiglia non
ha più
mollato il colpo” lanciò un sorriso di scusa verso
Rose. “Non ho
più scuse da inventarmi. Poi mamma è convinta che
siate a Londra
solo per qualche altro giorno e sta diventando sempre più
insistente.”
Il
Dottore aveva un’espressione sempre più inorridita
e Rose scoppiò
a ridere. “Su Dottore, non è così
tragico!”
“Ma
Rose…madri!”
La
ragazza incrociò le braccia divertita.
“Sì, e te la sei sempre
cavata benissimo con la mia.”
Lui
le lanciò un’occhiataccia.
“Beh,
questo te
almeno.”
Rose
non gli lasciò il tempo di mettere su il broncio, si
limitò a
scuotere la testa divertita e a spingerlo giù dal sedile,
costringendolo ad alzarsi.
Il
Dottore borbottò qualcosa a mezza voce mentre lei lo
indirizzava
verso i comandi.
“A
meno che tu non voglia che provi io a portarci tutti a casa di
Martha” minacciò lei sollevando un sopracciglio.
“Ti consiglio
di cominciare a smanettare con i comandi” continuò
avvicinando la
mano alla leva più vicina.
Il
Dottore allora scattò in azione e le fermò la
mano con un sospiro.
“Martha, le coordinate di casa di tua madre?”
Quindici
minuti dopo le due ragazze si trovavano davanti al portone di
ingresso di casa Jones, dal momento che il Dottore si era rifiutato
di mettere piedi fuori dal Tardis. Restarono ferme a fissare il
campanello per un lungo minuto, nessuna delle due sembrava voler
prendere l’iniziativa. A quel punto la porta si
aprì da sola e si
ritrovarono davanti Francine che le fissò con un
sopracciglio
alzato.
“Pensavate
di entrare?” chiese facendosi da parte per lasciarle passare.
Rose
seguì Martha fino al soggiorno. In quel momento Rose
sembrò
scattare in azione ed entrò in piena modalità
Tyler. Altro
che Torchwood,
pensò con tenerezza. Un quarto delle sue missioni erano
state
portate a termine solo con le abilità imparate da Jackie
Tyler.
Sorrise.
“Martha
mi ha raccontato della tua famiglia. Che cosa terribile, e
così
giovane!” Francine le passò una tazza di
tè, richiamando la sua
attenzione.
“Non
c’è molto da dire” commentò
Rose prendendo un sorso. “Mio
padre è morto quando ero piccola. La battaglia di Canary
Wharf ha
fatto il resto.” Scrollò le spalle.
“Anche io risulto nella
lista dei caduti e Torchwood ne ha approfittato per assegnarmi tutta
una serie di delicate missioni sotto copertura. È un
problema solo
quando cerco di prendere in prestito un libro dalla
biblioteca”
scherzò per alleviare la tensione e sperando di trovare un
modo per
cambiare discorso.
Francine
la fissò con un sorriso. “Ma come fai a viaggiare
senza
passaporto?” le chiese all’improvviso.
Rose
si chinò verso di lei come per svelarle un segreto.
“Vie
governative” le sussurrò.
A
quel punto Martha si intromise cambiando completamente discorso, con
grande gioia di Rose, che non aspettava altro. Il resto
dell’ora
passò in modo decisamente più piacevole: tra
chiacchiere e aneddoti
divertenti.
Francine
le accompagnò alla porta. “Torna a trovarmi quando
vuoi” disse a
Rose. “E anche tu Martha, fatti vedere un po’
più spesso.”
“Ciao
mamma” la salutò Martha con un abbraccio.
Si
allontanarono lungo il vialetto verso il Tardis. Il Dottore le stava
aspettando dall’altra parte della strada, dondolandosi sulla
punta
dei piedi. Appena le vide cominciò a muoversi verso di loro
con un
sorriso. Erano a pochi metri di distanza quando…una creatura
alta
mezzo metro e lunga uno tagliò loro la strada.
Si
bloccarono con gli occhi spalancati.
Martha
fu la prima a parlare. “Quella era… una lucertola
gigante?”
Il
Dottore fece tre grandi passi verso di loro e le prese sotto braccio.
“Quella è una lucertola
gigante…aliena!” esclamò con gli
occhi che gli brillavano e cominciò a correrle dietro,
costringendo
le ragazze a seguirlo. “Si chiama Zhuras. E se
c’è uno Zhuras
vuol dire che ci sono anche…” si
arrestò di botto in mezzo alla
strada e si guardò intorno. “Le sue
uova!”
Riuscirono
a vedere solo di sfuggita la coda del lucertolone sparire in una
specie di portale dai colori arancioni. Martha pensò fosse
straordinario che nessuno dei tre trovasse l’evento
particolarmente
bizzarro.
“Scommetto
che c’è un ‘ma’”
commentò Rose alzando gli occhi al cielo
divertita.
“Molto
perspicacie Rose Tyler!” esclamò il Dottore
lasciando andare le
loro braccia e piazzandosi di fronte a loro con le mani in tasca.
“Dopo essere state depositate le loro uova hanno
l’aspetto di
semplici sassi per un anno intero!”
“Ah!”
urlò Martha puntando un dito verso il Dottore.
“Come le sfere del
drago!”
Il
Dottore le lanciò un’occhiata. “Tra un
anno le uova si
schiuderanno e lo Zhuras tornerà per cominciare la
migrazione!”
“Beh
se torna a prendersele che problema
c’è?”
“No,
aspetta” si intromise Martha alzando una mano.
“Come fanno a
tornare?”
“Hai
visto quel varco dove è sparito un momento fa?”
fece il Dottore
indicando dietro di sé. “Gli Zhuras sono in grado
di creare dei
mini varchi spazio-temporali e ci si infilano dentro. Sono
l’unica
specie nell’intero universo in grado di farlo, naturalmente.
State
attente a non finirci dentro per sbaglio perché posso
assicurarvi
che non uscireste vive dall’altra parte.”
“Non
ho ancora sentito il ‘ma’”
commentò Rose giocando
distrattamente con un orecchino.
“Il
‘ma’ è che di solito questa razza non
viene a nidificare sulla
Terra! Chiedetemi perché!”
“Perché?”
chiesero Rose e Martha in coro.
“Perché
la Terra è già il terreno di schiusa di
un’altra razza aliena: i
Phlegyas – oppure gli Shumelke (dipende da che dialetto usi)
–
sono simili a degli uccelli. Si sono trasferiti qui da secoli
ormai.”
“Ok,
adesso mi stai prendendo in giro” fece Martha mettendosi le
mani
sui fianchi. “Cosa siamo, la meta turistica preferita di
tutte le
creature aliene dell’universo?”
“Beh,
no, sarebbe assurdo, non credi?” le rispose il Dottore.
“Solo di
queste due. E di altre tre. Beh, quattro… beh…
cinque.”
“E
immagino che entrerebbero in conflitto l’una con
l’altra”
commentò Rose col tono di una che la sapeva lunga.
“Esatto
Rose Tyler!” esclamò il Dottore saltellando da un
piede all’altro.
“Gli Shumelke attaccherebbero gli Zhuras… e gli
Zhuras si
difenderebbero nell’unico modo che conoscono.”
Rose
e Martha si scambiarono un’occhiata. “Non sono
sicura di voler
saperlo” le confessò Martha.
“Provocando
scosse sismiche!” concluse il Dottore annuendo deciso.
Rose
socchiuse gli occhi e cominciò a massaggiarsi le tempie,
cercando di
seguire il suo farneticare. “Quello che ci sta
dicendo”
ricapitolò cominciando a contare gli eventi sulle dita,
“è che
tra un anno le uova delle lucertole si chiuderanno,
comincerà la
migrazione. A questo punto verranno attaccate dagli uccelli alieni e
per difendersi queste scateneranno dei terremoti?”
“Esatto!”
“Utili
i terremoti contro creature che sanno volare”
commentò Martha
caustica. “E immagino che adesso l’unica cosa che
possiamo fare
sia andare avanti nel tempo e salvare la città dalla
distruzione?”
“Esatto!”
ripeté il Dottore. “Oppure possiamo aspettare
pazientemente e
tornare qui tra dodici mesi…”
I
tre per un attimo si scambiarono un’occhiata e scoppiarono a
ridere.
Tornarono
di corsa al Tardis e cominciarono i preparativi.
“Non
vogliamo ferirli quindi ci serviranno delle frecce con dei dardi
tranquillizzanti” spiegò il Dottore accucciandosi
per frugare
sotto la console. “Meglio portare anche degli
archi” aggiunse
passando i dardi a Rose e gli archi a Martha.
Rose
si mise le mani nei capelli. “Non ci credo” Si
guardò intorno.
“Siamo quasi dall’altra parte della
città!”
Il
Dottore si grattò la nuca. “Beh, nessuno
è perfetto.” Lanciò
un’occhiata al Tardis, parcheggiato in un vicolo.
“Immagino che
potremo prendere il Tardis e...”
“Oh,
no mister!” lo interruppe Marta e si guardò
l’orologio. “Con
la precisione che ti ritrovi rischiamo di arrivare a cosa fatta. E
siamo già in ritardo. La migrazione inizierà tra
venticinque
minuti”
Senza
aspettare una risposta lo superò e chiamò un taxi
sulla strada
principale.
Rose
lanciò un’occhiata al Dottore e gli sorrise.
“Come crescono in
fretta” scherzò.
Il
Dottore scosse la testa senza cercare di mascherare il sorriso e
insieme salirono sul taxi.
“Allora...”
disse il tassista appena Martha gli ebbe dato l’indirizzo.
“Voglio
sapere cosa ci fanno tre ragazzi come voi in pieno centro di Londra
con arco e frecce?”
Rose
si sporse in avanti. “Oh, facciamo parte di un gruppo di
rievocazione storica. Dobbiamo provare un numero per il mese
prossimo!”
L’uomo
rise. “Sono andato a un paio anche io da giovane.
Principalmente
era una scusa per bere sidro.
“Abbiamo
anche il sidro, non lo negherò”, disse Rose con
aria cospiratoria.
Qualche
minuto dopo e una lunga e strana descrizione di battaglia con le
spade da parte del Dottore, finalmente il taxi accostò.
Martha fu la
prima a scendere.
Rose
scese un secondo dopo e corse verso Martha. Il Dottore rimase
indietro, gli occhi fissi su di lei. Martha, che lo stava osservando,
lo vide perdersi nei suoi pensieri e roteò gli occhi.
Quando
anche il Dottore stava per muoversi verso di loro una voce lo
fermò.
“Dottore!
Dottore! Dottore!” Una ragazza si precipitò fuori
da un negozio,
una libreria. Era pallida, con dei lunghi capelli biondi e gli occhi
scuri.
“Salve!”
la salutò il Dottore. “Scusa, vado un
po’ di fretta. Sta
succedendo una cosa, è abbastanza importante
impedirla.”
La
ragazza lo guardava a bocca aperta. “Mio Dio,”
spostò lo sguardo
su Rose e Martha, poi di nuovo sul Dottore. “Sei tu. Sei
proprio
tu.”
Il
Dottore la guardò confuso. Lanciò
un’occhiata a Rose che si
limitò a scrollare le spalle.
“Oh,
non ti ricordi di me, vero?” continuò la ragazza.
“Dottore!”
chiamò Martha tornando sui suoi passi insieme a Rose.
“Non abbiamo
tempo, la migrazione è iniziata!”
Il
Dottore annuì. “Senti, scusa, ho una vita un
po’ complessa. Le
cose non mi accadono sempre in ordine. Confonde un po’ a
volte,
soprattutto ai matrimoni. Faccio schifo ai matrimoni.”
Rose
alzò gli occhi al cielo e lo chiamò, prima che si
distraesse e si
lanciasse in qualche strano racconto di strani matrimoni…
come
quella volta in cui con Jack…
La
voce della ragazza la richiamò alla realtà.
“Oh mio Dio. Certo,
siete dei viaggiatori del tempo. Non vi è ancora successo!
Niente, è
ancora tutto nel futuro!”
Rose
la guardò incuriosita. Sollevò una mano per
giocare con uno dei
suoi orecchini a cerchio. “Cosa non è
successo?” le chiese.
“Rose!
Non anche tu!” Martha alzò le braccia al cielo
esasperata.
“Mancano venti minuti alla schiusa delle uova! Dobbiamo
sbrigarci!”
La
ragazza in quel momento sembrava non prestare attenzione né
a Rose,
né a Martha però. Si guardava le mani sbalordita.
“Ero io,”
chiuse gli occhi. Sospirò. Sorrise. “Oh, per
l’amor di Dio, sono
sempre stata io. Hai saputo tutto da me!”
“Saputo
cosa?”
“Ok,
senti. Un giorno rimarrete bloccati nel 1969” gli porse una
cartella blu. “Assicurati di avere questo con te. Ne avrai
bisogno.”
“Rose!”
chiamò Martha per l’ennesima volta, che ormai
aveva rinunciato ad
attirare l’attenzione del Dottore. Rose guardò
l’orologio e
sobbalzò. “Dottore è
tardissimo.”
Il
Dottore la guardò. “Sì!”
Tornò a rivolgersi alla ragazza,
parlando velocissimo. “Ascolta, ascolta, devo scappare.
Stanno
succedendo delle cose. Beh, quattro cose. Beh, quattro cose e una
lucertola.”
La
ragazza lo guardò immobile per tre secondi buoni.
“Ok, nessun
problema, vai,” lo guardò correre via e sorrise.
“Ci vedremo in
giro, un giorno” aggiunse.
“Come
ti chiami?” le chiese Rose.
La
ragazza la guardò. “Sally Sparrow”.
“Piacere
di conoscerti, Sally Sparrow. Io sono Rose.”
“Lo
so.”
Tutti
e tre si fissarono per un lungo momento. Un ragazzo uscì dal
negozio
e si fermò a Sally, guardandoli con gli occhi spalancati.
Sally non
gli disse niente, lo prese per mano. “Addio,
Dottore” disse.
“Addio, Rose.”
Si
girò e tornò nel negozio. Sull’insegna
c’era scritto “Sparrow
& Nightingale.”
Il
Dottore e Rose si guardarono. Il Dottore le prese la mano, poi si
girarono e corsero via verso Martha che li aspettava.
“Sally
Sparrow” disse il Dottore ad alta voce. “Non vedo
l’ora!”
………¿DW?………
“Sembra
solo a me” commentò Martha aprendo la porta del
Tardis con la sua
chiave, “o il Dottore pensa che troviamo divertente
riportarlo in
braccio fino al Tardis ogni volta?”
Il
Dottore era in effetti svenuto e in quel momento Rose lo stava
sorreggendo da sola con un braccio intorno alle spalle, impedendogli
di cadere per terra. Dopo un momento, Martha tornò ad
aiutarla e
insieme lo portarono dentro al Tardis, che chiuse loro la porta alle
spalle.
Rose
sollevò lo sguardo al soffitto.
“Grazie,” le disse.
Cominciarono
a camminare verso l’infermeria.
“Non
ti sembra di esagerare? Quante volte sarà successo?
Una?”
“Questa
sarà almeno la quarta.”
“Ricordo
solo quella volta con gli Hanar.”
“Due
volte con gli Hanar, la seconda volta quando siamo andati a vedere un
olo-film di Blasto e un bambino lo ha fatto rotolare giù per
le
scale.”
Rose
rise, ricordandosi la scena. “Ne è valsa la pena
per vedere la sua
faccia poi quando gli abbiamo raccontato cosa è
successo.”
Anche
Martha sorrise, in effetti era stato esilarante e avevano continuato
a riderne per giorni.
“Poi
c’è stata quella volta su quella colonia
umana… Eden Prime.”
“Oddio,
l’avevo completamente rimosso.” Rose si
batté la fronte con il
palmo della mano. “Oh, eccoci arrivati. Alla tua
destra”.
Entrarono
nella stanza e lo adagiarono su uno dei lettini
dell’infermeria.
Martha
incrociò le braccia, preoccupata.
“Starà bene?”
“Ma
sì, l’hai sentito.” Rose alzò
le spalle. “Qualche ora di
sonno rigenerativo e sarà come nuovo.”
“Vorrei
solo che avesse aspettato di tornare nel Tardis con le sue gambe
prima di svenire.”
Martha
guardò Rose che si sporgeva sul lettino del Dottore e gli
accarezzava le basette. Martha sospirò. “Vado a
prepararci una
bella tazza di té, credo che ce la siamo meritata.”
“Mhm”
le rispose Rose distratta.
Martha
lasciò Rose in infermeria e cominciò a cercare la
porta della
cucina. Mise l’acqua in un bollitore e tirò fuori
una tazza per
entrambe, sapeva che per quanto fosse stanca, Rose non avrebbe
lasciato il Dottore da solo in infermeria.
Martha
sospirò e appoggiò la fronte sul bancone: stava
di nuovo per
ripetersi quel tipo di interazione che avevano sempre quando uno dei
due era incosciente, poteva scommeterci. Proprio come il Dottore
l’altro giorno con Lazarus. Oh, sì. Aveva visto
come se l’era
data a gambe dalla stanza di Rose. Martha non sapeva precisamente
cosa fosse successo ma poteva ben immaginarlo.
La
teiera cominciò a fischiare. Martha scosse la testa e
cominciò a
versare l’acqua nelle tazze, solo pensare a quei due le
faceva
venire il mal di testa.
Quando
tornò in infermeria con le tazze, ancora prima di varcare la
soglia,
vide che Rose si era addormentata sul lettino col Dottore. Lui invece
era sveglio. Senza pensarci Martha fece un passo indietro, oltre la
porta, per non farsi vedere. Appoggiò le tazze per terra e
si sporse
per osservarlo di nascosto.
Vide
il Dottore circondarla con le braccia per impedirle di cadere. Le
mise un braccio dietro il collo, uno intorno alla vita, e la strinse
a sé. Chiuse gli occhi e affondò il viso contro
il suo collo.
Sospirò, strofinando dolcemente la guancia contro la sua
pelle.
Martha
trattenne il respiro. Indietreggiò attenta a non far nessun
rumore,
si accucciò per riprendere le tazze e tornò verso
la cucina.
Attraversò un paio di corridoi, poi si accigliò
in una smorfia che
non riuscì a controllare. Abbassò lo sguardo
sulle tazze che ancora
stringeva tra le mani ed ebbe l’improvviso impulso di
lanciarle
contro una parete e di prendersela con qualcuno.
Distolse
l’attenzione dalle tazze e spalancò gli occhi
sorpresa quando
realizzò che le era comparsa davanti la porta della cucina,
molto
più vicina di quanto non fosse stata prima.
“Sei
stufa anche tu, vero?” chiese rivolgendosi al soffitto,
trovando
per la prima volta così semplice rivolgersi a questa
entità che
aveva ancora difficoltà a comprendere.
Entrò
in cucina e si sedette su uno sgabello, rivolta in direzione della
porta. Incrociò le braccia e cominciò ad
aspettare.
Dopo
alcuni secondi il libro che stava leggendo in quei giorni e che aveva
lasciato sul suo comodino, le comparve accanto al gomito. Martha lo
afferrò con gratitudine e cominciò a leggere.
Passo
poco più di un’ora, Rose stava ancora dormendo
serenamente tra le
braccia del Dottore. Lui le passò una mano tra i capelli
una, due
volte, prima di cominciare a districarsi dall’abbraccio,
facendo
attenzione a non svegliarla. Prese una coperta da uno degli scaffali
e la coprì, poi uscì dall’infermeria e
andò a cercare Martha.
La
trovò in cucina, intenta a leggere un libro. Accanto a
sé aveva due
tazze.
Non
appena Martha si rese conto della sua presenza alzò gli
occhi e
chiuse il libro di scatto. Lo fissò per alcuni secondi.
“Stai
meglio?” gli chiese brusca.
“Guarito
tutto! Metabolismo superiore da Signore del Tempo!”
Martha
sbuffò. “Superiore un corno.” La ragazza
si alzò in piedi, si
spostò dall’altra parte del tavolo e vi si
appoggiò con la
schiena.
Il
Dottore si sentì preso contropiede. “Qual
è il problema?”
Martha
si accigliò ancora di più e incrociò
le braccia. “Per essere un
Signore del Tempo con il suo intelletto superiore e tutto, a volte
sei proprio tardo.”
Il
Dottore si passò una mano sul dorso del collo.
“Riguarda Rose?”
“Sì,
riguarda Rose!” Martha alzò le braccia al cielo
esasperata. “Si
può sapere cosa stai facendo?”
Passarono
alcuni secondi. La sua espressione si indurì. “Non
sto facendo
niente.”
“Appunto!
O siete solo amici o non lo siete. Forse, quello che dovresti fare
è scegliere per un verso o per un altro. Così la
fai solo
soffrire.”
Martha
stava osservando il Dottore come un falco e lo vide guardare in
direzione della porta, come se stesse pensando di darsela a gambe.
Ecco però che la porta scomparve. Martha sentì
l’impulso di
battere il cinque in aria. Era bello avere il Tardis dalla propria
parte per una volta.
“La
tieni così, in sospeso” riprese senza battere
ciglio, ora che il
Dottore sapeva di essere intrappolato aveva di nuovo tutta la sua
attenzione. “In una specie di limbo degli uomini indecisi. Ma
tu
sei così, vero? Non sei contento finché non sei
miserabile. Temi di
essere solo ma fai di tutto per essere solo per davvero.”
Martha
sospirò e si guardò un attimo la punta dei piedi
prima di
continuare. “Sai, lei adesso è come la mia amica
Bethany, solo che
nel tuo caso è ancora peggio perché non sa a che
punto sta con te.
Per ora è ancora qui, ma un giorno potrebbe decidere di
averne
abbastanza. Se ne tirerà fuori e sarà solo,
completamente colpa
tua. Deciderà che chiunque altro potrebbe darle quello che
vuole e
non sarà perché non sei stato in grado,
perché tu sei tutto quello
che lei desidera!”
Il
Dottore aprì la bocca per ribattere ma Martha
alzò una mano per
bloccarlo. “No, non venire da me a dire che è
troppo giovane per
sapere veramente cosa vuole” sbuffò.
“Insomma, è di Rose che
stiamo parlando. Come la conosco io la conosci tu, mille volte
meglio, e sappiamo entrambi che cosa ha fatto nella sua vita. Sa
benissimo cosa vuole, quindi quando la perderai sarà solo
perché
non hai voluto” fece un passo verso di lui e gli
puntò un dito
contro il petto, senza però toccalo. “Cosa farai
allora?”
Il
Dottore non emise un suonò, fissava la parete, muto. Martha
sentì
il desiderio di stringergli le mani intorno al collo. Era quasi sul
punto di farlo quando il Dottore borbottò qualcosa.
“Come
scusa?”
Lui
si schiarì la gola. “Ho detto: hai
ragione” si grattò il lobo
di un orecchio, distogliendo lo sguardo. “La
porterò in un
posto...e allora...l’ultima volta l’ho portata a
vedere il
tramonto dei cinque soli sul pianeta delle manti volanti. Abbiamo
passato il pomeriggio a vedere quei giganti volare in circolo sopra
le nostre teste” sospirò. “Ha promesso
che sarebbe rimasta con
me per sempre. Tre giorni dopo eravamo a Canary Wharf a combattere
contro i Cyberman e lei è scomparsa in un universo
parallelo. Per
sempre.”
Il
volto del Dottore si deformò in una smorfia di dolore e per
un
attimo Martha lo vide perdersi nei ricordi. “Se lei non fosse
stata
la meravigliosa, coraggiosa, brillante donna che è, che
è riuscita
a fare quello che nemmeno ho potuto.” Fece una nuova, lunga
pausa.
“Ma io…” Tirò su col naso e
si appoggiò con la schiena sul
bancone della cucina. “Lo farò…e
allora...”
Prima
che potesse finire la frase, Rose entrò in cucina dalla
porta che
era ricomparsa senza che nessuno dei due se ne accorgesse.
“Non
ho mai avuto tanta difficoltà a trovare la cucina”
commentò Rose
confusa. “Avrò girato per dieci minuti prima di
riuscire a trovare
la porta.”
Rose
si avvicinò a Martha e al Dottore e notò come
entrambi avessero
un’espressione strana. “Tutto bene?”
Il
viso del Dottore si aprì in un sorriso radioso che Rose non
poté
fare a meno di ricambiare. “Hai pensato a qualche meta
interessante?” gli chiese.
“Terra”
rispose lui raggiante. “XVIII secolo… Carnevale di
Venezia!”
Non
so cosa dire se non...mi dispiace tantissimo. Non ho mai pensato di far
passare così tanto tempo ma altre priorità si
sono messe in mezzo. <3 E se qualcuno di voi è ancora
qui dal 2014, allora sappiate che questo capitolo è tutto
per voi.
|
Ritorna all'indice
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=1683799
|