Melanie Jack e il Prigioniero di Azkaban

di xela182
(/viewuser.php?uid=87765)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte I ***
Capitolo 2: *** Parte II ***
Capitolo 3: *** Parte III ***
Capitolo 4: *** Parte IV ***



Capitolo 1
*** Parte I ***


NdA: Manco da EFP direi... da secoli ormai. Ho perso smalto, ritmo e allenamento. 
Ma non la voglia e la fantasia per scrivere.
Mi cimento della prima storia con personaggi originali che è dentro il mondo di Harry Potter ma che ne porta tanto del mio.
Ogni suggerimento è bene accetto, così come ogni critica.
Mi scuso per eventuali refusi, ho controllato più volte ma come ho già detto, sono fuori allenamento e sono certa che qualcosa sia sfuggito sia a me che a word.
Buona lettura, sperando di non deludervi
P.S.: Grazie ad Andrea per la revisione





1 Novembre 1981

 
Le prime luci dell’alba disegnavano lunghe ombre sul vialetto di casa; non appena la sagoma ebbe sorpassato il cancello, le tende della finestra accanto alla porta si ricomposero ordinate e quando l’uomo varcò l’uscio e si abbassò il cappuccio del mantello il viso tirato, pallido e insonne fu visibile anche dalla donna.
- Cos’è successo? Dove sei stato?
La voce tremula e apprensiva solitamente non era nelle sue corde, ma l’evidente stato emotivo in cui versava ne erano la causa, anche se in quel momento lui parve non accorgersene.
- Ho avuto… ehm, - l’uomo fece una smorfia passandosi la mano sul viso – da fare…
La donna lo squadrò attentamente sentendosi salire le lacrime agli occhi.
- Sei ferito? Hai del…
- Sto bene, - tagliò corto lui – Ma quando me lo sono trovato davanti, io…
- Hai fatto bene! – disse lei in fretta, posandogli le mani sul braccio per sfilargli il mantello – Ti ha tradito! Vi ha tradito! Dovevi…
- Ma adesso sono ricercato! – urlò - Quando si verrà a sapere… - il volto era una maschera di terrore.
Gli occhi iniettati di sangue dell’uomo incrociarono quelli della donna, ma fu solo un attimo, prima che la rabbia prendesse il sopravvento.
- Io non posso rimanere qui!
Sfoderando la bacchetta illuminò a giorno la casa e prese a riempire febbrilmente la prima borsa che gli era capitata a tiro.
Le lacrime rigavano ormai il volto della donna che si accasciò sommessamente contro la porta, nonostante l’ingombrante pancione.
L’istante dopo, il piccolo caotico salotto fu invaso dagli Auror.
 

 

Melanie Jack
e il Prigioniero di Azkaban

 
 

 

I was cryin’ when I met you
Now I’m tryin’ to forget you
Love is sweet misery
I was cryin’ just to get you
Now I’m dyin’ cause I let you

(Aerosmith - Cryin’)
 

 
Le urla invadevano la stanza, mentre le ossa scricchiolavano come cracker.
Le candide mani venivano sostituite da lunghi artigli e la bocca contorcendosi mostrava una nuova aguzza dentatura canina.
Gli occhi iniettati di sangue volgevano al cielo in una supplica senza risposta.
Il dolore era insopportabile e con un ultimo ululato disperato, il ragazzo lasciava il posto ad una bestia enorme che desiderava solo ricongiungersi con la luna, splendente nel cielo terso.
Con un balzo feroce si liberò dalle quattro mura alla ricerca della prossima vittima tra le strade semideserte e quando la fanciulla sentì il suo respiro affannoso dietro di lei era troppo tardi; il licantropo le era già addosso famelico.
- Melanie! – esclamò una giovane donna alle sue spalle.
“Accidenti!” pensò la ragazzina che, veloce come un fulmine, balzò dal divano cercando a tastoni il telecomando e una volta ritrovatoselo miracolosamente tra le mani, spense la televisione.
Si voltò lentamente con stampato in volto un ghigno misto tra la consapevolezza di essere stata colta sul fatto e la malcelata soddisfazione di aver infranto le regole.
La donna sospirò e si avvicinò alla finestra; era una soleggiata giornata di fine luglio, di quelle che i turisti non immaginano possa esserci nella capitale inglese, famosa per la nebbia e la pioggia, ma sua figlia non poteva certo saperlo, dato che tutte le tapparelle erano abbassate.
Ogni tanto Claire faticava a comprenderla.
Non che sua figlia avesse qualcosa che non andasse, ma pur sapendo essere solare e spiritosa, tendeva sempre a isolarsi, a creare attorno a sé un mondo impenetrabile.
- Ancora quei film? Non ne avevamo già parlato?
Melanie, nel frattempo, aveva preso pigramente a sistemare il salotto, piegando la copertina sul divano e rimettendo nella custodia la videocassetta che stava guardando; diede una fugace occhiata alla madre che s’affrettava a sistemare la spesa in cucina così lei ne approfittò per sgattaiolare in camera sua senza dire una parola.
Una volta entrata, fece una smorfia alla luce accecante che proveniva dalla finestra e fu sufficiente alzare il braccio verso gli occhi per adombrare la stanza.
Si guardò attorno in cerca di ispirazione (non c’è molto da fare a undici anni se vivi in città e i tuoi amici sono in vacanza) tamburellandosi le gambe con le mani.
Era ancora troppo presto per tentare nuovamente di catturare il tramonto (gli album impilati alla sua destra erano la prova dei numerosi tentativi fatti fino a quel momento) quello che per Melanie era il momento migliore della giornata, l’alba di una nuova misteriosa e fresca serata.
Adocchiò i libri sparsi sul pavimento; si era appena decisa a riordinarli quando udì bussare alla porta, ma scrollò impercettibilmente le spalle come se stesse rispondendo ad una domanda nella sua testa, mentre i volumi le saltavano in mano.
Poco dopo però fece capolino dalla porta sua madre con un’aria piuttosto seria.
- Melanie… è una visita per te… per noi… insomma, vieni subito di là.
 
******
 
Melanie viveva da sempre con la madre.
Da che si ricordava erano sempre state solo loro due.
Non aveva sorelle, né fratelli e i nonni abitavano piuttosto lontano, a Cardiff e li vedeva soltanto un paio di volte l’anno.
Suo padre se n’era andato prima della sua nascita, sua madre era stata avara di dettagli; Melanie non aveva neanche idea di chi fosse, cosa facesse e neanche quale fosse il suo aspetto.
Sembrava che Claire avesse deciso di dimenticarlo forzatamente sotto una coltre di rancore e trascinasse anche la figlia in questa fuga dai ricordi.
 
- Tu devi essere Melanie Jack. – disse sorridendo incoraggiante l’uomo in piedi accanto al divano.
Aveva la mascella marcata e dei folti capelli scompigliati, che gli ricadevano sul viso.
Ma ciò che colpì Melanie era l’abbigliamento; sopra un completo marrone indossava un mantello viola.
- Il signor Podmor è qui per…ehm… - Claire tossicchiò nervosamente incerta su come terminare la frase.
Dopo averle stretto gentilmente la mano, cosa che di rado facevano gli adulti con lei, pensò Melanie, ed essersi presentato, le fece cenno di accomodarsi.
- Signorina Jack, sono qui per darle il benvenuto a nome della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts!
Lo disse con una tale enfasi da far ridacchiare la ragazzina.
- Mi scusi, signor Podmor. - disse quando l’uomo parve adombrarsi, tentando di rimanere seria – Come fa a sapere che so muovere gli oggetti? – chiese poi arricciando le labbra.
- Oh, mia cara, tu non sai solo muovere gli oggetti, tu sei registrata ad Hogwarts dalla nascita. Sei una strega!
Il mago sorrise incoraggiante ad entrambe che però non parvero condividere la bellezza della notizia.
Erano passati sei anni e mezzo dalla memorabile festa di compleanno per la quale Claire aveva lavorato un’intera giornata per creare una favolosa torta crema e cioccolato di tre piani; Melanie dopo anni e anni ancora non riusciva a capacitarsi di cosa fosse accaduto.
Tutto ciò che ricordava era di essere in piedi sulla sedia davanti alla tavola imbandita di ogni leccornia e di avere intorno tutti i suoi amici e compagni che le cantavano “Tanti Auguri” mentre il cuore le batteva all’impazzata, le mani sudavano copiose e la vista cominciava a traballare.
Un istante più tardi la torta che Claire stava posando delicatamente sul tavolo era esplosa in mille pezzi inondando tutti gli invitati.
Da quel momento in diverse occasioni Melanie era riuscita a spostare gli oggetti col pensiero, prima inconsciamente, poi via via consapevolmente, anche se non sempre quello che riusciva a fare era esattamente come lo aveva pensato; come quella volta che in gita in campagna voleva aprire il cancello per vedere da vicino una mucca, invece aveva fatto sparire quello del toro che sbuffando aveva preso la rincorsa verso la scolaresca.
E in quel momento un tizio dall’aspetto insolito le stava spiegando che non era solo telecinesi, ma che aveva capacità magiche ben oltre quello.
Melanie era appassionata di letteratura quanto bastava per credere che la magia esistesse solo nei libri.
- Non sempre la magia è ereditaria, - stava spiegando il bizzarro signore – Ci sono numerosi casi di maghi nati da Babb… ehm, voglio dire da famiglie non magiche.
Melanie tentava di prestare attenzione a ciò che le veniva spiegato, ma sembrava che ad ogni parola pronunciata il suo cuore battesse più forte, come se dentro di lei sperasse che ciò che lo strano signore le stava dicendo fosse vero.
Claire d’altro canto non proferiva parola e dall’espressione, Melanie era certa che stesse meticolosamente registrando ogni cosa nella sua mente.
Ad una prima occhiata pareva più propensa lei a credere che la figlia fosse una strega.
Quando un paio d’ore più tardi il signor Podmor lasciò la casa con le istruzioni su come raggiungere il mondo magico e un suo recapito in caso di necessità, Melanie sentiva di avere solo bisogno di una bella dormita; probabilmente il mattino dopo si sarebbe convinta che era davvero tutto un sogno.
 
- Melanie! Ti vuoi alzare? Abbiamo un mondo di cose da fare, non puoi stare a poltrire!
Parlando come una macchinetta, Claire aveva alzato la tapparella e aperto la finestra, radunato jeans e maglietta per la figlia, posato un piatto con uova e salsicce sulla scrivania e reggendo in mano un rossetto andava dirigendosi verso il bagno.
Ancora sonnecchiando, la ragazzina scese dal letto e si vestì intervallando ogni indumento con un boccone di colazione e ciondolando andò verso il bagno.
Quando ne uscì, meno trasandata ma ancora assonnata, trovò la madre già pronta all’ingresso.
- Posso sapere dove siamo dirette con tutta questa fretta? – chiese sbadigliando mentre terminava di allacciarsi una scarpa.
- A Diagon Alley. – rispose con un occhiolino.
- E sai come arrivarci?
- Non ne ho la più pallida idea.
Finalmente una risata affiorò sul suo viso.
- E andiamo!
 
Giungere a Diagon Alley non fu così semplice; dopo aver sbagliato per due volte la fermata della metro, entrarono nel locale sbagliato (sebbene Melanie avesse espresso le sue perplessità) ossia “Il Diavolo Magico”, salvo poi scoprire che si trattava di merchandising sportivo babbano e quando infine entrarono al “Paiolo Magico” toccarono la parete sbagliata innescando il movimento della parete per la cantina e ritrovandosi così incastrate tra i barili di birra.
Quando finalmente raggiunsero la via corretta, rimasero incantate da ciò che videro: maghi e streghe, liberi di sfoggiare la magia, alle prese con incantesimi e fatture per mostrare i loro prodotti, gufi che svolazzavano in pieno giorno sul paese e oggetti misteriosi nelle vetrine.
Secondo le indicazioni, la prima cosa da fare era cambiare i soldi alla Gringott; una volta spinta la porta d’argento si ritrovarono dentro la banca che in quel momento non ospitava nessun altro; avere tutti gli occhi dei folletti addosso mise a disagio Melanie che si avvicinò alla madre.
Una parte di Melanie si aspettava di vedere il trucco che muovesse tali creature e faticò non poco a credere alla loro esistenza.
- Allora 29 zellini fanno una falce e 17 falci… - una volta alla luce del sole Claire stava rimandando ciò che le era stato insegnato.
- È inutile, Ma', non ho ancora capito il sistema delle sterline, dubito che riesca a ricordarmi questo…
Per prima cosa si diressero a comprare un baule; la lista di Hogwarts era talmente dettagliata che non sarebbero mai riuscite a trasportare tutto quanto a mano; Melanie ne vide uno con rifiniture d’argento e grosse farfalle stampate su, ma Claire si diresse sicura verso un baule verticale dove appendere le divise a sinistra e suddividere nei vari cassetti a destra gli altri oggetti, sperando che così fatto potesse rimanere in ordine nonostante Melanie.
Le successive tappe furono l’acquisto del calderone e degli altri strumenti di lavoro, le divise e l’abbigliamento da Madama McClan, dove Claire insistette per prendere anche una veste da strega (“Che non si sa mai”), per poi dirigersi in un delizioso localino a mangiare, dove Melanie era tentata di ordinare una decina di dessert.
Camminando verso la libreria incrociarono il negozio dei manici di scopa (“Eh, no, è espressamente vietato nella lista!”) e quello dei giochi dove il lato infantile di Melanie prese il sopravvento e si ritrovò a implorare la madre per un set di Gobbiglie (inutilmente).
Uscirono comunque con un pacchetto, fu chiaro quando Melanie prese a saltellare vivacemente, contenente una piccola macchina fotografica con il rullino magico.
Dopo pochi passi misero piede al Ghirigoro.
Mentre Claire sceglieva attentamente piume e inchiostri, Melanie sfogliava avidamente le pagine dei libri, portandone in cassa ben più di quelli previsti.
- Melanie!
- Me l’hai detto tu, Mamy, che devo provare e integrarmi, no? E come faccio a integrarmi se non so nulla di questo mondo?
Lo disse sfoderando un sorriso candido e falsamente sincero corredato da ritmico battito di ciglia.
Claire scrollò la testa, ma la verità era che i libri erano anche la sua passione e non vedeva l’ora di acquistare quei particolari e originali tomi.
L’ultimo negozio era la bottega di Olivander e l’acquisto della bacchetta magica; con il suo tipico atteggiamento misterioso, l’anziano fabbricante prese le misure di Melanie e le chiese con quale mano avrebbe impugnato la bacchetta.
Nonostante scrivesse con la destra, Melanie indicò vigorosamente la sinistra.
- Peculiare questa scelta, - commentò l’uomo – Usare entrambe le lateralità indica creatività ma anche stabilità… uhm… melo e peli di unicorno, nove pollici, rigida: la provi!
Con un forte groppo in gola, Melanie prese la bacchetta con una delicatezza che non le apparteneva e seguendo le istruzioni di Olivander la agitò; un piccolo sbuffo di fumo uscì dalla punta della bacchetta e null’altro.
- Mmm, no, troppo fiacca. Proviamo quest’altra; ciliegio e piuma di fenice, undici pollici, elastica. Avanti!
Melanie non aveva ancora afferrato saldamente la bacchetta che questa scagliò un incantesimo contro la pila di bacchette sul tavolo da lavoro, tanto che la ragazzina quasi la lanciò letteralmente al vecchio artigiano.
- D’accordo, d’accordo, vediamo questa, acacia e pelo di unicorno, dieci pollici, flessibile.
Claire fece un impercettibile passo indietro tenendo la mano appoggiata delicatamente sulla spalla della figlia.
Socchiudendo gli occhi, sufficientemente terrorizzata, Melanie prese la bacchetta la quale compì uno strano formicolio nella mano e delle scintille colorate dalla punta.
L’ansia accumulata era sparita e ciò che sentiva Melanie era solo calma e curiosità.
- Direi che questa bacchetta ti ha scelto, signorina.
Finalmente un sorriso sul volto di Olivander che incartò deliziato l’oggetto dando istruzioni a Melanie sulla manutenzione e pulizia della bacchetta.
Il sole stava cominciando a calare quando fecero ritorno al Paiolo Magico.
Nel viaggio in metro che ne seguì Melanie era così assonnata che appoggiò la testa contro la spalla della madre, che dovette scuoterla al momento di scendere.
 
*****
 
- Chissà da chi ho preso i geni magici… - si domandò ad alta voce Melanie una volta a casa, apparecchiando la tavola – Magari sono come gli occhi azzurri, - ridacchiò – saltano qualche generazione e poi spuntano fuori! Come alla cugina Miriam! Lei ha gli occhi chiari e io sono una strega!
A Claire sfuggì il coltello con cui stava affettando e si fece un minuscolo taglio.
- Tutto bene, Ma? – chiese Melanie, sbirciando l’entità della ferita – Preferivi che avessi io gli occhi azzurri?
- No, Mel, - sospirò la donna – Non è da qualche strano antenato che arriva la magia… è… tuo padre.
Melanie non era certa di aver compreso bene; l’argomento “papà” era sempre stato bandito in casa.
Alla sua espressione interrogativa, Claire sfoderò un sorriso di circostanza.
- Sì, Melanie; tuo padre è un mago.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Parte II ***


NdA: Ciao a tutti. Eccoci al secondo capitolo. Si tratta ancora di un capitolo introduttivo, ma spero piacevole.
Grazie a chi ha letto, chi ha corretto, chi ha recensito. Buona lettura!



 
La stanza era sommersa nell’oscurità fatta eccezione per uno spicchio di raggio di luna che penetrava obliquo illuminando parzialmente Melanie, abbarbiccata alla finestra, con la fronte contratta a contatto del vetro.
Non era ancora sicura di cosa provasse nel sapere di essere una strega; l’euforia di sentirsi speciale e scoprire un mondo nuovo l’aveva travolta e adesso tutto ciò che sentiva era un senso di vuoto.
La porta si aprì piano, ma il passo di Claire era deciso.
Delicatamente si sedette accanto alla figlia.
Scoprire che la magia era il filo che la legava al padre aveva spento tutta la curiosità e il fremito di imbarcarsi in qualcosa di nuovo per lasciare posto ad un desiderio infantile di ribellione.
- Nessuno ti obbliga a partire se non vuoi, Melanie. Ma la magia è dentro di te e sarebbe carino riuscire a controllare i tuoi poteri.
La voce era ferma, mentre la mano titubante le accarezzava i capelli.
- Ma io non voglio usarli!
La risposta infantile le era uscita di bocca prima ancora di rendersene conto.
- Non puoi non usarli se non sai come fare. Lì ti insegnano come usarli o come non usarli, vedi tu. – sorrise e le schioccò un bacio sulla guancia – Va’ a letto, che la notte porta consiglio!
Si alzò lesta e le offrì la mano per tirarsi su; Melanie la strinse forte e senza dire una parola s’infilò il pigiama, pigolando solo “Buonanotte”.
Una volta da sola, accoccolata al cuscino, chiuse gli occhi e deglutì più volte; doveva ammettere almeno a se stessa che non era l’utilizzo della magia a impaurirla, né la distanza dalla mamma, sebbene fosse un ostacolo non da poco, ma il legame che la univa ai suoi poteri: suo padre.
Inconsciamente per anni aveva covato un risentimento crescente verso la figura paterna; se fosse morto, sua madre non avrebbe avuto remore a parlarne, ma il fatto che l’argomento fosse tabù, la indusse a credere che fosse vivo, che sapesse della sua esistenza ma che, evidentemente, non avesse mai voluto contattarla.
Nel tempo Melanie aveva cercato di non assomigliare a lui, di rimuovere ogni possibile connotazione collegata a lui e adesso, il dover condividere un dono così speciale la faceva star male.
Si addormentò molto tardi e si alzò quando Claire era già al lavoro: si guardò distrattamente attorno e il suo spirito di ribellione si accese posati gli occhi sulla tv.
Sì, quella era la giornata giusta per una maratona horror.
 
*****
 
- Melanie! Stai seriamente pensando di perdere il treno, per caso?
Claire era accanto alla porta, con indosso il soprabito, la borsa alla spalla, la mano sinistra sulla maniglia, la mano destra appoggiata al grosso baule.
- Maaa! Dove hai messo lo scuba? – gridò in tutta risposta la ragazzina.
Claire scrollò la testa. Non aveva idea di che cosa stesse parlando.
- Io non ho messo via niente… e poi cos’è lo scuda?
- Lo scuba, mamma! L’orologio!
- L’hai messo tu nel baule per non dimenticarlo, ricordi?
- Davvero? – la testa di Melanie fece capolino dalla camera – Allora sono pronta!
 
Per recarsi alla stazione di King’s Cross avevano preso un taxi, il tragitto era piuttosto breve, una ventina di minuti dalla loro casa in Craven Road, ma il traffico avrebbe reso più lungo il viaggio e Claire ne approfittò per fare le ultime raccomandazioni.
Melanie annuiva annoiata e guardava la città scorrere dal finestrino; Londra non le era mai sembrata tanto diversa; ora che doveva andarsene aveva una luce innaturale che la mostrava nuova, differente.
Anche il celebre museo delle cere di Madame Tussauds non si presentava come al solito, la locandina stessa anziché le celebrità riprodotte aveva solo dei mucchi di pietre.
Quando da lontano scorse la stazione il cuore prese a battere più velocemente e Melanie prese a strofinarsi le mani sui pantaloni per asciugarsi il sudore.
 
- Vai prima tu!
Melanie si era arrestata davanti al pilastro del Binario 9 e ¾ che secondo le istruzioni di Sturgis Podmor si sarebbe aperto attraversandolo.
Claire si era già avviata a passo spedito quando sentì alle sue spalle una voce maschile.
- Io non lo farei, se fossi in lei, signora!
Claire e Melanie si voltarono verso la voce; apparteneva ad un uomo alto, con lunghi capelli bianchi, disordinati sulle spalle che indossava un’eccentrica veste da mago verde mela.
Accanto a lui c’era una ragazzina più o meno dell’età di Melanie, dai morbidi capelli biondi e l’aria stralunata.
- Mi scusi, - proseguì lo sconosciuto sorridendo - Non volevo spaventarla, ma i Babbani possono passare solamente accompagnati da un mago, o ci ritroveremmo al binario mezza Londra.
- Come fa a dire che sono, ehm, sì, Babbana?
L’uomo fece cenno al foglio che Claire reggeva in mano.
- Ha le istruzioni con sé.
Claire e Melanie si scambiarono un’occhiata di intesa e sorrisero imbarazzate per poi procedere con le presentazioni.
Fecero così la conoscenza di Xenophilius Lovegood e di suo figlia Luna, che avrebbe iniziato il secondo anno ad Hogwarts.
Il gruppo arrivò compatto al Binario 9 e ¾ e le famiglie si separarono quel tanto che consentisse l’ultimo attimo di privacy per i saluti e le ultime raccomandazioni.
Melanie saettava lo sguardo alla ricerca dei futuri compagni pur mantenendosi ancorata alla madre.
Claire le passò il braccio intorno alle spalle dirigendosi alle porte del treno per caricare il baule e ancora una volta fu aiutata dal signor Lovegood che con un leggero colpo di bacchetta e una strizzatina d’occhio sistemò il bagaglio a bordo.
Claire sorrise riconoscente e pescò dalla borsa una piccola confezione di Api Frizzole che mise in mano a Luna, la quale si prodigò in mille ringraziamenti.
Melanie nascose il suo disappunto in un risolino (era evidente che erano destinate a lei) e accettò di buon grado la Cioccorana che le diede la madre.
Le ragazzine si misero in uno dei primi scomparti, ancora vuoto, e con i nasi appiccicati al vetro salutarono i genitori mentre il treno si allontanava sbuffando dalla stazione.
Luna cominciò a chiacchierare e a fare domande per sapere tutto di Melanie che d’altro canto era tremendamente curiosa rispetto a ciò che avrebbe dovuto affrontare una volta a Hogwarts.
La nuova amica le stava giusto descrivendo le caratteristiche delle Case quando un ragazzino dai capelli scombinati aprì delicatamente la porta e chiese di potersi accomodare.
Le fanciulle si strinsero incoraggianti e il nuovo arrivato sistemò sicuro il baule sul portabagagli e si tolse elegantemente il mantello. Indossava abiti babbani, ma al contrario della capigliatura erano molto curati: pantaloni eleganti, camicia bianca candida corredata di cravatta e un gilet coordinato.
Quando prese posto si accorse di avere gli occhi delle ragazze puntati addosso.
- Mi chiamo Garrick Newbourne. Vengo da Everton, questo sarà il mio primo anno ad Hogwarts. Devo dire che è stato piuttosto bizzarro scoprire di essere un mago, sì sono un Nato Babbano, - disse d’un fiato anticipando la domanda di Luna che aveva aperto la bocca per parlare – Ma non del tutto inaspettato; voglio dire che ho cominciato fin da piccolo a fare, ehm, magie.
Melanie cercò sostegno nello sguardo della compagna, ma Luna sorrideva tranquilla.
- Piacere, Garrick Newbourne. Io sono Luna Lovegood. Spero che tu ti sia tutelato da Nasomini, Garrick, quest’anno c’è una vera invasione di queste creature. Lo sapevi?
Garrick strabuzzò gli occhi e si voltò verso Melanie apparentemente intenta a studiare la didascalia della figurina delle Cioccorane riguardante Cassandra.
- Non devi temere il loro attacco, Garrick, - proseguì seria Luna – È sufficiente utilizzare del bambù per tenerli lontani.
Garrick, nonostante avesse studiato a fondo “Animali fantastici dove trovarli”, non aveva idea di cosa fossero i Nasomini, ma si sentiva ancora troppo inesperto del mondo magico per contraddire la ragazzina.
Il resto del viaggio proseguì con gli aneddoti sull’utilizzo della magia da piccoli, i giochi del nuovo numero de “Il Cavillo”, rivista di cui il sig. Lovegood era direttore, fino a che Melanie e Garrick discussero animatamente di Quidditch, chiedendo avidamente a Luna i dettagli e scoprendo che la ragazza, essendo poco interessata allo sport, non ne sapeva più di loro.
Quando la signora del carrello passò nel loro scompartimento passarono in rassegna tutte le leccornie, scegliendo infine una mini confezione di gelatine “Tutti i gusti + una”; Luna ne prese una all’aroma di minestrone, Melanie tossì violentemente dopo aver assaggiato quella al pepe, mentre Garrick ne scelse una che si rivelò una squisita “frutti di bosco”.
Erano quasi arrivati quando il treno perse velocità; i ragazzi tacquero all’istante nel momento in cui si arrestò.
La luce andò via, una coltre ghiacciata coprì il vagone e una sensazione di angoscia s’impadronì di Melanie. Gocce di sudore freddo le incorniciavano il viso, ma vide che anche gli altri erano inchiodati impotenti ai sedili: Luna si era rannicchiata in un angolo, tenendo la testa tra le ginocchia, mentre Garrick era scivolato a terra con lo sguardo vacuo verso il finestrino.
Improvvisamente tutto ritornò come prima; il peso al petto svanì, il calore tornò a regnare nel vagone e la luce riprese a illuminare la scena.
Dopo pochi minuti la porta dello scompartimento si aprì e un uomo alto, scarno e leggermente allampanato inquadrò la situazione; sorrise affabile a tutti e controllò uno per uno i ragazzi.
- Salve ragazzi. Tutto bene qui?
Annuirono tutti incerti e Melanie si sentì sollevata dallo sguardo benevolo dello sconosciuto, che tirò fuori una tavoletta di cioccolato e ne distribuì a tutti un pezzetto.
Il treno ripartì fischiando e quando rimasero soli, i ragazzi ripresero a parlare, accavallando le voci e provando a spiegarsi l’accaduto.
- Che cosa diavolo è successo? – chiese seccata Melanie.
- Potrebbe essere la conseguenza dell’azione di un Glaocondo o…
L’espressione dura di Garrick la fece tacere e tutti e tre rimasero per un po’ in silenzio.
 
All’arrivo si dovettero separare; Luna salutò entrambi calorosamente augurandogli di essere smistati nella sua Casa, a Corvonero.
 
Seguendo Hagrid verso le barche, Melanie si trovò dietro a due ragazzine che si spingevano e si scambiavano spallate tanto forti da finire più volte sul ciglio della riva.
Dopo un paio di volte in cui Melanie rischiò di cadere, travolta, nel lago, decise di afferrare la ragazzina più mingherlina che continuava a ridacchiare e far ondeggiare i mozziconi di codini corredati da nastri colorati.
- La volete smettere voi due? – sibilò Melanie a denti stretti.
- Guarda che quella è mia cugina! – cantilenò l’altra dimenandosi per liberarsi facendole una linguaccia.
Melanie la lasciò andare titubante, mentre sul volto le si dipingeva una smorfia.
- E questo ti autorizza ad affogarla nel lago?
La ragazzina avvicinò sprezzante il viso al suo, per poi scoppiare in una fragorosa risata.
- Forza, voi laggiù! Avanti! – ruggì Hagrid spronandoli ad accelerare il passo.
Il viaggio in barca fu terribilmente sinistro agli occhi di Melanie; il grande Lago Nero, dal quale sembravano provenire schizzi e risatine, sembrava una distesa di inchiostro dove neanche la luna voleva specchiarsi.
Le luci in lontananza del castello parevano finestre infuocate e la fanciulla avvertì un inquietante brivido lungo la schiena.
Si guardò rapidamente attorno e incrociò lo sguardo di Garrick, anche lui teso come una corda di violino e gli sorrise grata.
 
*****
 
La professoressa McGranitt stava scortando tutti gli alunni del primo anno verso la Sala Grande, dopo il discorso di benvenuto di rito.
Quando giunsero a percorrere il corridoio tra i tavoli, la vista di Melanie era già offuscata e il cuore le batteva forte; la voglia di scappare via lontano era incontenibile, tanto che incespicò un paio di volte sui suoi passi, prendendo così una sfumatura scarlatta in volto.
Nel momento in cui la professoressa McGranitt dipanò la pergamena e incominciò a leggere i nomi, tutto ciò che udì Melanie era un rimbombo in cui riusciva a distinguere solo il proprio battito cardiaco.
Riconobbe però la prima ragazzina, quella che aveva bloccato dallo spintonarsi, tale Tabitha Bainbridge, che trotterellò verso un vecchio cappello a punta.
Sembrava perfettamente a suo agio sullo sgabello e faceva ondeggiare piano le gambe impaziente di conoscere la propria Casa.
Il Cappello dopo qualche istante gridò: “Serpeverde” e la ragazzina trotterellò ridacchiando verso il tavolo alla sua destra, accolta da un applauso.
Anche Bulstrode Victoria e Burke Diezel ebbero la stessa sorte, mentre Fawley Eugene, che fino a quel momento aveva ridacchiato con un ragazzino dai lucenti capelli biondi, venne decretato Tassorosso e il suo amico, Tyrell Felton, finì nuovamente a Serpeverde, insieme alla cugina pestifera di Tabitha Bainbridge, Astoria Greengrass.
Le gambe di Melanie si fecero via via sempre più molli, mentre Russel Grint veniva accolto con uno scroscio di applausi a Grifondoro.
Era vicina allo svenimento quando la professoressa McGranitt lesse il suo nome.
Con il respiro mozzato, a piccoli passi raggiunse lo sgabello, sentendosi come se il corpo non fosse il suo.
Vedere tutta quella folla con gli occhi puntati su di lei non fece che peggiorare la situazione, così chiuse gli occhi mentre le veniva posato il Cappello sulla testa.
- Mmmm… vediamo… vedo una dose massiccia di orgoglio, mista ad una gran voglia di emergere… e del talento… direi… SERPEVERDE!”
Nel momento in cui la professoressa la liberò dal Cappello, Melanie deglutì e il groppo che aveva in gola si sciolse nell’applauso del tavolo alla sua destra.
Quando raggiunse il suo posto, la ragazzina pestifera, Tabitha Bainbridge le gettò le braccia al collo.
- Che bello! Sei così divertente!
Melanie era sofferente all’espansività di Tabitha e fu sollevata quando si sedette di fronte a lei Garrick.
Mentre Paul Pittsbourgh e Jocelyn Quark si dirigevano verso il tavolo Corvonero e David Radcliff e Demelza Robins venivano smistati a Grifondoro, Melanie si guardò attorno per studiare i nuovi compagni: vide diversi ragazzi robusti, molto più grandi di lei, un paio di ragazze decisamente snob che bisbigliavano e indicavano gli altri tavoli ridacchiando, un ragazzo carino biondo in mezzo a due ragazzi ingrugnati dalla stazza di due gorilla.
Fu interrotta dall’arrivo di Atchinson Travers che con Brogan Rosier chiudevano la classe Serpeverde del primo anno, quando Romilda Vane ed Eleonor Watson erano le ultime Grifondoro.
Il banchetto stava per cominciare quando un brusio sempre più concitato faceva il nome di Harry Potter che entrava nella sala in quel momento: Melanie si allungò per vederlo, avendo letto il suo nome in uno dei compendi di storia della magia contemporanea, ma la distanza le impedì di distinguerlo.
 
Il banchetto ebbe inizio e il tavolo si riempì di ogni genere di leccornia.
Melanie dovette ammettere che Tabitha non era male come compagnia; aveva smesso di stuzzicare la cugina (che sembrava prediligere le due ragazze “snob”) e intratteneva Melanie e Garrick con aneddoti divertenti.
Inoltre Melanie aveva piacevolmente scoperto che l’uomo misterioso e gentile del treno sarebbe stato il suo insegnante di Difesa contro le Arti Oscure.
Al momento del dolce Tabitha aveva iniziato a illustrare a Melanie e ad un attentissimo Garrick, tutte le sue conoscenze sui Serpeverde.
- Vedete quello laggiù? – indicando il ragazzo accompagnato da quelli che Melanie nella sua testa chiamava “i gorilla” – È Draco Malfoy. Praticamente intoccabile. Meglio non contraddirlo mai apertamente se volete vivere tranquilli.
Melanie le lanciò un’occhiata scettica, ma la ragazza proseguì.
- E quella ragazza con i ricci e la faccia schiacciata è di una cattiveria unica, state alla larga. – accennando con la forchetta a Millicent Bulstrode.
- E immagino che Victoria sia della stessa pasta… - bisbigliò Garrick in merito alla nuova studentesse del loro anno.
Tabitha fece una smorfia. – È anche peggio, è la sorella minore.
- Persone normali con cui parlare senza rischiare una fattura, ce ne sono? – domandò Melanie un po’ scocciata da quel benvenuto, non esattamente come si aspettava.
La risata di Tabitha fece voltare mezza tavolata e contagiò molti altri studenti.
- Ah! Sei troppo divertente, Mellie! – esalò tra le lacrime.
Melanie aveva gli occhi ridotti a due fessure.
- Non chiamarmi “Mellie”, - le disse forse troppo sprezzante – Per favore. - aggiunse sforzandosi di essere gentile.
Tabitha si riprese e annuì sorridendo.
- Vedete quel ragazzo di fronte a Malfoy? Quello è Blaise Zabini. È un tipo pittosto gentile.
- Come fai a conoscere tutti quanti? – chiese Garrick, servendosi di una seconda fetta di torta di cannella.
Tabitha lo imitò e solo quando fu a metà del bis del dolce rispose.
- Mia cugina, Astoria, è la sorella di Daphne, che è al terzo anno. E poi le famiglie purosangue si conoscono un po’ tutte.
- Quindi io e Garrick siamo gli unici Nati Babbani a Serpeverde? – domandò Melanie incrociando le braccia ben poco convinta dei suoi nuovi compagni.
- Tu non sei Nata Babbana! – esclamò il ragazzo, rischiando di soffocarsi con un sorso di succo di zucca – Sei Mezzosangue, tuo padre è un mago, hai detto.
- Fa lo stesso. - tagliò corto lei.
- Comunque no, - rispose sempre sorridendo Tabitha – La madre di Malcolm Baddock è Babbana e lavora al Ministero Babbano; Natalie Johansson anche è Mezzosangue, Daphne dice che è appassionata di… ehm, quello sport Babbano in cui devi colpire una pallina piccola… - Tabitha si stava grattando il naso cercando di ricordarsi.
- Tennis. – dissero all’unisono Garrick e Melanie e ancora una volta Tabitha prese a ridere e i due ragazzi con lei.
 
Solo quando scesero le scale del sotterraneo per recarsi nei dormitori, Melanie si rese conto di quanto fosse stanca.
Nonostante ciò non potè trattenere un gridolino di gioia, che fece sorridere gli studenti più grandi, una volta fatto l’ingresso nella Sala Comune; la rese ancora più estasiata la vista dei dormitori, con le onde del lago che si infrangevano sui grandi oblò creando ammalianti giochi di luce.
Tabitha prese posto accanto al suo letto, Astoria e Victoria di fronte a loro.
Nonostante il proposito di attendere di avvistare qualche sirena, a Melanie fu sufficiente toccare il cuscino per cadere nel sonno.
 
*****
 
La prima settimana di lezione trascorse in un lampo, ma Melanie ebbe la sensazione di essere stata al centro di un frenetico caleidoscopio.
Se per arrivare alla Sala Grande per la colazione, Melanie optò per seguire i gruppi più grandi, giungere nelle corrette aule si rivelò inizialmente ben più arduo.
Fortunatamente scoprì che l’ambizione dei Serpeverde era tale da superare le barriere dell’età: non di rado studenti senior si offrivano di accompagnare il gruppo del primo anno affinchè imparassero i percorsi più brevi.
Garrick si distinse subito nel corso di Trasfigurazione, dove la professoressa McGranitt lo premiò due volte di seguito per il lavoro svolto; Melanie non voleva essere da meno e alla prima lezione di Erbologia si lanciò nella descrizione della Dionaea muscipula sanguinum (sfogliando Mille erbe e funghi magici aveva notato l’illustrazione della pianta straordinariamente simile a quelle che i Babbani usavano nei film horror) guadagnando 5 punti e altri 5 nella lezione di Difesa contro le Arti Oscure riguardante i Poltergeist.
Era evidente che Melanie prediligesse quella materia, o meglio, l’insegnante; il fatto che Lupin non perdesse mai la calma, fosse sempre sorridente e non usasse il sarcasmo per la ragazza era il modo migliore per insegnare qualcosa.
Alla lezione del professor Vitious, la grazia naturale di Tabitha risultò essere la chiave per l’efficacia dell’incantesimo Wingardium Leviosa; Melanie tentò inutilmente di imitarla con risultati imbarazzanti, tanto da doversi esercitare a lungo a spese del povero Garrick.
Un capitolo a parte era Pozioni; Piton era noto prediligesse i Serpeverde, pertanto consentiva loro di lavorare in tranquillità suggerendo tra i denti qualora ci fossero degli errori nella lavorazione degli infusi.
Melanie non aveva guadagnato nessun punto aggiuntivo, ma le era sufficiente vedere il docente annuire impercettibilmente davanti al suo calderone.
Ma la lezione più disastrosa per Melanie era Astrologia; non solo faticava a studiare i movimenti dei pianeti, ma anche a ricordare tutte le specifiche tecniche; per Storia della Magia invece, dopo aver conosciuto il professor Ruf, Melanie e Garrick optarono per prendere annotazione solo di qualche nome e sopperire alle informazioni con l’ausilio dei libri della biblioteca.
Ed è proprio in biblioteca che si erano imbattuti nel registro degli studenti di Hogwarts; Garrick ne aveva approfittato per studiare il caso di Sirius Black, il famigerato assassino evaso qualche settimana prima.
- È stato arrestato il primo novembre 1981… ha consegnato i Potter a Tu-sai-chi e ha ucciso Peter Minus… dopodichè è finito dritto ad Azkaban…
Melanie rabbrividì.
- Dev’essere un tipo senza scrupoli… - commentò laconica.
Garrick alzò lo sguardo con un sorriso storto.
- Hai detto che l’unica cosa che tua madre ti ha detto di tuo padre è che se n’è andato poco prima che tu nascessi… e Sirius Black è stato arrestato tre mesi prima della tua nascita… Ed è evaso proprio quando tu cominci Hogwarts… non è strano?
Melanie squadrò l’amico.
- Non è mio padre. Se ti fosse sfuggito si chiama “Black” non “Jack”!
- Tua madre potrebbe aver cambiato il cognome dopo aver scoperto che era un assassino! – suggerì Tabitha sedendosi al tavolo con loro.
- Non è mio padre! – insistette Melanie.
- Ci devi dare una spiegazione convincente… - ridacchiò il ragazzo, scambiandosi il pugno con Tabitha.
 
*****
 
Non c’era angolo della Sala Comune e dei dormitori che Melanie non avesse fotografato con le diverse luci del giorno; aveva saltato persino il pranzo, un giovedì, per poter catturare la luce filtrata dall’acqua del lago.
Il suo soggetto preferito rimaneva il tramonto e grazie alle lezioni di volo aveva scoperto che il miglior punto per fotografarlo era il campo di Quidditch; se non aveva lezione non di rado era sgattaiolata fuori da castello per immortalare quello spettacolo di luci che si stagliavano contro il castello che pareva infuocato.
Una sera Melanie, Garrick e Tabitha avevano occupato un angolo della Sala Comune tappezzando il tavolino di fotografie; Melanie voleva scegliere le più belle da inviare a Claire per poterle mostrare la scuola.
Stavano discutendo su quale espressione del Barone Sanguinario fosse più inquietante quando si avvicinò Malfoy, sprezzante e falsamente sofferente per via del braccio al collo che doveva portare a seguito di una lezione particolarmente avvincente di Cura delle Creature Magiche.
I ragazzini si zittirono e trepidanti seguirono i suoi gesti mentre prendeva una foto particolarmente precisa dell’Ippogrifo che lo aveva attaccato.
- Scusa, - disse piano con la sua tipica voce strascicata – Tu sei… ?
- Melanie. Melanie Jack. – rispose. Non era una fan di Draco Malfoy, sapeva benissimo che l’arto era guarito da giorni, ma sapeva che scatenare una scenata non sarebbe stata una buona idea e cercò di seguire i consigli di Tabitha.
- Beh, Jack, - aggiunse Malfoy - Non sei male come fotografa. – ne prese una con Garrick a bordo di una scopa che finalmente riusciva a staccarsi da terra più di venti centimetri – Potresti fare delle foto alla squadra alla prossima partita.
Melanie sorrise; non era affatto una brutta idea. Aveva già fatto le foto a giocatori in movimento quando Claire l’aveva portata a vedere il Chelsea.
- D’accordo, Malfoy.  – rispose – Mi allenerò per il tuo ritorno. – aggiunse con una punta di sarcasmo.
Il Cercatore Serpeverde fece finta di niente e si allontanò altezzoso com’era arrivato.
I ragazzi ridacchiarono e stavano per tornare a concentrarsi sulle foto, quando il Caposcuola arrivò trafelato convocando tutti nella Sala Grande.
 
Era decisamente strano ritrovarsi tutti insieme di notte nei sacchi a pelo; a Melanie la cosa non dispiacque, in fondo le sembrava in tutto e per tutto un pigiama party.
- Ti rendi conto che siamo qui perché Sirius Black è nel castello? – la ammonì Garrick.
Tabitha stranamente non diceva nulla ma posizionò il suo sacco a pelo attaccato a quello di Melanie.
Al passaggio di Silente, quando tutte le luci si spensero un sussurro la raggiunse.
- Ho paura, Mel…
Melanie le strinse forte la mano. – Non preoccuparti, non accadrà nulla.
Garrick fece capolino dalla sua spalla. – È venuto a trovarti. Sirius Black, Mel.
- Giusto! – fece eco Tabitha improvvisamente ispirata – Vuole conoscere sua figlia!
Melanie stava per ribattere quando il loro Prefetto richiamò il silenzio e i ragazzi fingendo di dormire caddero davvero nel sonno.
Nell’oscurità Melanie aprì gli occhi: il groppo in gola sembrava un macigno.
Forse Sirius Black era veramente suo padre.
Il che faceva di lei la figlia di un assassino.
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Parte III ***


Tutta la scuola ne parlava.
Dopotutto era da sempre la sfida più attesa.
Ma quel weekend non si sarebbe giocata la classica Serpeverde contro Grifondoro; Draco Malfoy era ancora infortunato a seguito dell’incidente con l’ippogrifo Fierobecco e la squadra era riuscita a rimandare il match.
Si sarebbe svolta la partita Grifondoro vs Tassorosso e Melanie ne avrebbe approfittato per esercitarsi nelle riprese fotografiche.
I pensieri di Garrick erano invece rivolti costantemente a Sirius Black e dedicava ogni minuto libero alle ricerche sul suo conto.
- Sirius Black, della “nobile e antichissima” dinastia dei Black…
- Non-è-mio-padre. – sillabò a denti stretti Melanie.
- È nato il 3 novembre 1959 a Londra… - continuò imperterrito Garrick.
- Mmm… la madre di Melanie è di Cardiff… - osservò Tabitha.
- Ha studiato qui a Hogwarts ed era uno dei migliori studenti Grifondoro, particolarmente dotato in Incantesimi…
- E va bene! – sbottò Melanie – Anche ammesso che sia mio padre, cosa vuoi che faccia, Rick? È un assassino! Pensi davvero che gli getterei le braccia al collo?
Nel parlare, Melanie aveva spinto indietro la sedia e sbattuto le mani sul tavolo; gli occhi pieni di lacrime indussero il ragazzo a lasciar cadere l’argomento.
Il pesante silenzio che ne seguì fu interrotto da Tabitha.
- Dai, ragazzi, abbiamo ancora il tema di Erbologia sul Tranello del Diavolo da terminare…
Melanie smise di tremare e ricacciò indietro le lacrime.
- Come al solito? – chiese, sforzandosi di sorridere a Garrick.
- Tabitha al libro di testo, io a quello della biblioteca e tu – ridacchiò indicando Melanie – Al mix!
- Come al solito! – rise Melanie.
- Siamo una squadra! – si unì Tabitha.
 
Nonostante l’incessante pioggia battente e le sferzate di vento, le gradinate del campo di Quidditch erano gremite.
Melanie era schiacciata tra i suoi due amici, Tabitha che manteneva un grosso ombrello per tentare di ripararli tutti e tre e Garrick che si dondolava sui talloni per il freddo.
Nonostante i numerosi tentativi, Melanie non riusciva a inquadrare nulla che non fosse foschia anche ripulendo di continuo l’obiettivo della macchina fotografica.
Era pronta a rinunciare quando Garrick sfilandosi la bacchetta da sotto al mantello colpì la fotocamera con un incantesimo.
- Impervius! – pronunciò attendo ritmicamente i denti, sistemandosi nuovamente bacchetta e braccia sotto al mantello.
Tabitha si voltò stupita e Melanie accigliata.
- Ma non potevi farlo prima! – esclamarono all’unisono.
Il ragazzo rispose con una leggera scrollata di spalle e indicò con la testa i giocatori che facevano il loro ingresso in campo.
Melanie prese a scattare alcune rapide foto generiche, per poi concentrarsi sui capitani, Oliver Baston per Grifondoro e Cedric Diggory per Tassorosso e sul famigerato Harry Potter, il cercatore rosso oro.
Era evidente quanto anche per i giocatori non fosse facile gareggiare in quelle condizioni atmosferiche; ben presto l’aria si fece più cupa e rarefatta che mai e Melanie avvertì la stessa sgradevole sensazione provata sull’Espresso per Hogwarts.
Si sentì invadere da sudore freddo e la vista divenne più annebbiata, mentre una sensazione di abbandono sembrava non volesse lasciarle il cuore.
Alla sua sinistra Tabitha scivolava lentamente verso il basso e alla sua destra Garrick aveva smesso di tremare, ma rimaneva inebetito sotto alla pioggia battente.
Melanie si aggrappò con la mano destra alla ringhiera che le stava davanti e fu allora che vide una massa di esseri neri che fluttuavano sul campo; tentò di metterli a fuoco con la macchina fotografica e riuscì a vedere in velocità il corpo di Harry Potter che precipitava a terra.
La sensazione di pericolo la risvegliò dal torpore permettendole di lanciare un grido: nel tumulto generale vide il Preside, Silente, che visibilmente alterato, puntava la bacchetta verso il cielo.
Anche attraverso il temporale fu ben visibile una fenice argentea che volando tra le creature oscure le dissipava.
Inconsciamente Melanie si portò la macchina fotografica al viso e catturò il volo dell’incantevole animale.
 
- Odio quei cosi! – sentenziò Tabitha mentre l’orda di studenti, stanchi e fradici, si trascinava verso il castello.
- Sono Dissennatori, “quei cosi”. – disse sprezzante una voce dietro di lei e le arrivò una piccola sberla sulla nuca.
Melanie riconobbe di sfuggita la ragazza.
- Ciao Daphne, non sarà troppa tutta questa gentilezza? – non riuscì a trattenersi e guadagnandosi a sua volta uno scappellotto mentre il gruppo Serpeverde svoltava per i sotterranei.
- Io pensavo che i Dissennatori stessero ad Azkaban… - pigolò Astoria, rivolgendosi alla sorella che ridacchiando non smetteva di tormentare la cugina.
- Sono qui per catturare Black. – disse sprezzante Blaise Zabini facendosi largo per raggiungere il gruppo di Malfoy.
Melanie si bloccò di colpo.
I Dissennatori avrebbero preso Black. Suo padre, forse. E per la prima volta provò pena per lui.
 
*****
 
Era appena terminata la lezione di Difesa Contro le Arti Oscure e Melanie stava sistemando la borsa con deliberata lentezza per lasciare che la classe sfollasse dall’aula. Garrick era stato il primo a uscire e a richiamare Pix che facendo il suo tipico baccano, aveva attirato più velocemente gli studenti nella sua direzione.
Tabitha si assicurò che non vi fosse più nessuno quando diede il segnale a Melanie e si lasciò la porta della classe dietro di sé.
 
Melanie trasse un profondo sospiro e si avvicinò alla cattedra.
Il professor Lupin stava risistemando i suoi appunti nella borsa, ma si accorse di lei e la guardò gentilmente invitandola a parlare.
- Professore, posso disturbarla un attimo?
Melanie era sicura che le sarebbe venuto il singhiozzo. O le sarebbe colato il naso.
- Certo, Melanie, dimmi pure. Riguarda la lezione? Mi sembra che il tuo Expelliarmus sia migliorato decisamente in questa settimana…
- Oh… ehm, grazie, no, non riguarda la lezione. – Melanie stava cercando di ricordare di cosa volesse parlargli e di respirare nel mentre (cosa che le risultava alquanto difficile).
- Bene, - Lupin le fece un largo sorriso - Se posso esserti d’aiuto…
Melanie respirò impercettibilmente.
- Ecco, durante la partita Sil… ehm, il Preside ha fatto un incantesimo… questo. – tirò fuori lesta dalla tasca le foto che aveva scattato allo stadio di Quidditch.
Lupin le guardò non nascondendo l’ammirazione per come aveva immortalato la scena.
La guardò negli occhi e affabilmente prese la parola.
- Si tratta dell’Incanto Patronus. È una sorta di scudo contro i Dissennatori. Viene evocato concentrandosi sui ricordi felici, sensazioni che riescono a vincere l’azione dei Dissennatori.
- Beh, è davvero molto spettacolare… - disse Melanie guardando le argentee ali della fenice sbattere sinuosamente verso il buio.
Prima che Lupin potesse ribattere Melanie s’illuminò e parlò a raffica nuovamente.
- È sempre un animale? Si può scegliere? Deve avere le ali?
Lupin si lasciò andare ad una risatina.
- Sì, è sempre un animale. È una sorta di famiglio, ma non necessariamente deve avere le ali. E, purtroppo, - terminò quasi in un sussurro distogliendo lo sguardo – Non si può scegliere.
- Ecco. Appunto. – borbottò la ragazzina. – Scommetto che il mio sarà un coccodrillo!
Lupin rise fragorosamente facendola trasalire.
- Perché… - esalò quasi alle lacrime – Perché proprio un coccodrillo?
- Perché odio i coccodrilli. Mi terrorizzano… – sorrise Melanie – Preferisco tenermi un Dissennatore allora!
- Beh, per quanto ne so e per la mia esperienza, i Patroni sono quasi sempre animali con cui si ha una familiarità, legati alle proprie, ehm, origini, – fece una smorfia – Se ti spaventa è improbabile che possa proteggerti.
Melanie annuì, sperando di aver superato la sua fobia per gli alligatori prima di evocare un Patronus.
Salutò ringraziando il professore e si accinse a lasciare l’aula, quando Lupin la richiamò indietro.
- Melanie, devo dire che hai fatto un ottimo lavoro con queste fotografie. Non sono un esperto, ma dubito che ci siano delle riprese così nitide di un Patronus. Secondo me avresti buone possibilità per partecipare al concorso che ha organizzato la Gazzetta del Profeta.
- Quale concorso?
 
- Wow! Ti dedicherebbero un articolo sulla Gazzetta del Profeta! – esclamò Tabitha.
- Wow! Cento sterline! – proruppe Garrick.
Le ragazze lo guardarono storto.
Melanie roteò gli occhi, poi sorrise agli amici.
- Dai, scegliamo la migliore.
 
*****
 
 
La neve che aveva ricoperto i giardini di Hogwarts rendeva lento l’esodo verso la stazione di Hogsmeade.
Melanie, Garrick e Tabitha erano particolarmente malinconici quella mattina; si conoscevano da poco più di tre mesi ma sembravano uniti da una vita e l’imminente separazione li rendeva irrazionalmente tristi.
Dentro Melanie si svolgeva una vera e propria battaglia tra la gioia di rivedere finalmente la madre e la nostalgia di passare un paio di settimane senza i suoi amici.
Inoltre aveva ammesso, almeno con se stessa, che la figura paterna era sempre più presente nei suoi pensieri e si accavallava con il nome di Sirius Black.
All’arrivo alla stazione di Londra Claire aveva preparato una sorpresa; una confezione di dolci fatti da lei per ognuno dei suoi nuovi amici e un invito per la serata di Capodanno.
Era quello che Melanie più di tutto adorava di lei; le sapeva leggere nel pensiero e le organizzava sempre delle sorprese.
Non ultima quella che non sarebbero tornate a casa, ma presero un altro treno diretto a Cardiff.
Erano a metà del viaggio quando Melanie esaurì i racconti della vita a Hogwarts; stava guardando il paesaggio innevato quando una domanda le salì alla gola.
Guardò la madre che alzò gli occhi dal giornale e le sorrise.
Melanie prese coraggio.
- Mamma… c’è qualcosa che mi puoi dire su mio padre?
Claire tentò di non smorzare il sorriso, ma non potè fare a meno di stringere gli occhi e una ruga apparve sulla fronte.
- Ho conosciuto tuo padre un paio d’anni prima che tu nascessi. La società per la quale lavoravo era una fornitrice del Museo delle Cere e ci incontrammo là. Mi disse che lavorava per il Dipartimento dei Beni Culturali e io gli credetti. Solo al momento del suo arresto seppi davvero chi era… e cosa aveva fatto. – s’interruppe e deglutì per sciogliere il nodo alla gola.
- Mamma, - Melanie aveva ormai gli occhi pieni di lacrime – Mio padre non era una brava persona?
- È stato arrestato poco prima che nascessi. – mormorò Claire guardando il finestrino come fosse uno schermo con il triste film vissuto dodici anni prima – Mi aveva confessato qualche giorno prima che era un mago, ma non fu questo a turbarmi; inizialmente aveva continuato a farmi credere di lavorare davvero per il Ministero, solo quello magico. Poi mi disse che un suo amico lo aveva tradito e che sarebbe dovuto scappare perché tutti lo ritenevano colpevole… era il giorno dopo Halloween… la polizia magica irruppe a casa nostra e mi dissero ciò che aveva fatto.
Le lacrime rigavano il volto di entrambe.
Melanie si appoggiò al sedile e chiuse gli occhi.
- Immagino che tu abbia letto i giornali e del fatto che adesso è in libertà.
Melanie annuì in silenzio.
Sì, sapeva tutto di Sirius Black.
 
*****
 
I genitori di Claire abitavano alle porte di Cardiff, in un piccolo sobborgo immerso nel verde, che nella stagione invernale si mostrava come una cartolina di Natale.
Melanie fu lieta di rivedere i nonni; li adorava e si divertiva sempre con loro. Per questo non aveva il coraggio di confessare che non apprezzava affatto il nomignolo che le avevano dato.
Nonna Josephine, sapendo del suo arrivo e del suo trasferimento a Hogwarts, le aveva preparato tutte le cose che sapeva le piacessero; nonno Albert aveva organizzato le uscite per i giorni seguenti.
- I castori hanno costruito una diga che sembra la Muraglia Cinese, Mellie! Hai portato le scarpe per andare nel bosco?
A Melanie piaceva passeggiare con il nonno; era paziente, la stava a sentire nei suoi sproloqui, ma soprattutto conosceva tantissime cose strane.
- Ehi, lo vuoi vedere un cagnolino con due code? Si nasconde sempre nel giardinetto sul retro della vecchia casa dei Lupin!
- Ma sei proprio un vecchio bacucco! – rise la nonna mentre sbatteva le uova – Non ci abitano più i Lupin lì!
Melanie non aveva fatto caso al cognome. – I Lupin?
- Sì, era una famiglia che abitava nella casa in fondo alla strada, quella con quei bei rododendri… ah, - si fermò con il frustino in mano sorridendo – Era davvero una bella famiglia. Il signor Lupin era un signore distinto ma molto simpatico e socievole; sapeva sempre tirare fuori battute divertenti. La signora invece aveva uno sguardo angelico! E il bambino!
- Era un monello quello! – intervenne il nonno rubando una fetta di pane tostato.
- Ma cosa dici?? – rispose scandalizzata la moglie – Era un bambino educatissimo e gentile!
- Si chiamava “Remus”? – domandò Melanie riempiendosi il piatto di bacon.
La nonna si mise a pensare, ma Melanie sapeva che i nomi non erano il suo forte.
- Sì, lo chiamavano tutti “Remie”, - intervenne Claire togliendo dal piatto della figlia il bacon in eccesso – La bocca sotto al naso ce l’hanno tutti, Mel. – la redarguì – Mi ricordo che giocavamo insieme a volte.
Melanie sospirò divertita. Sua madre aveva conosciuto il suo professore.
“Accidenti!” pensò “Non poteva essere lui mio padre?”.
 
Il giorno della Vigilia di Natale, Melanie stava aiutando Claire a terminare il dolce per il giorno dopo quando entrò in cucina nonna Josephine.
- Visto che non è una giornata particolarmente fredda, potremmo andare alla Messa di mezzanotte, eh, Mellie?
La ragazzina non se la sentiva di contraddirla; dopotutto erano mesi che non vedeva i nonni e da quattro apparteneva al mondo magico e l’idea di riabbracciare le tradizioni di famiglia dopotutto le scaldava il cuore, specialmente dopo la scoperta dell’identità di suo padre.
 
Imbacuccati dalla testa ai piedi, quella notte, si stiparono nella vecchia DB2/4 verde acqua del nonno, diretti alla chiesetta dietro la collina.
Le luci della cappella bruciavano gli occhi di Melanie, provata dalla stanchezza, ma i ricordi dei precedenti natali le affioravano alla mente avvolgendola in una bolla di dolcezza.
Sulla via del ritorno, particolarmente ispirata si divertì a ripetere le carole, seguita da Claire che faceva la doppia voce, mentre il nonno provava a star loro dietro, sbagliando le strofe e la nonna le interrompeva per riprenderlo.
Una volta a casa, Melanie si lanciò verso la sua calza appesa al caminetto che strabordava di regali.
Con sua enorme sorpresa trovò un pacchetto da parte di Garrick, incartato di verde e argento, che conteneva una piccola scacchiera da viaggio, di quelle utilizzate dai maghi.
Un pacchetto più piccolo, ricoperto da una sfavillante carta gialla, celava un set di Gobbiglie da parte di Tabitha.
- Non posso crederci! Io le ho regalate a lei! – rise una volta strappato l’involucro.
Poi fu la volta del regalo della nonna, un pacco piuttosto voluminoso.
- Wow! – trillò Melanie, estraendo piccoli volumi nipponici e americani – Tutta la collezione di fumetti che mi sono persa in questi mesi!
Si alzò di scatto e gettò le braccia al collo della donna che ridendo e cercando di non farsi vedere dalla figlia, le mise in tasca anche una banconota.
- Con questa ti ci compri quello che vuoi! – le bisbigliò.
Il nonno aveva insistito per farglielo a parte; si era fatto mandare dalla figlia il catalogo del Ghirigoro e aveva scelto meticolosamente due quaderni in pergamena rilegati, con tanto di copertina incisa a mano, due piume dal pennino particolarmente morbido, in grado di trattenere l’inchiostro più a lungo e una lunga serie di inchiostri, da quello verde Serpeverde a quello cambiacolore.
Infine Melanie scartò il regalo di Claire e non potè non lanciare un gridolino alla vista del giubbotto viola in pelle di drago, che aveva sfilato dall’ultimo pacco.
- Grazie Mamma! Grazie! – Melanie saltellava infilandoselo freneticamente.
- Piano, Mel! Non romperlo subito! – l’ammonì Claire.
- Mellie! Ma non metterlo adesso! Tienilo da conto per quando sarai grande! – gemette la nonna.
- Ma cosa dici! Tra qualche anno le andrà bene al naso!
- Ma taci, tu! Mellie, fa freddo! È leggero!
 
*****
 
Il giorno dopo Capodanno, sull’Espresso per Hogwarts, Melanie, Garrick e Tabitha non facevano altro che ridacchiare ricordando la memorabile serata di San Silvestro, decidendo se l’episodio più divertente fosse Tabitha che, non conoscendo bene le usanze babbane, aveva masticato con disinvoltura le decorazioni di plastica che Claire aveva messo sul dolce, o Garrick e il nonno Albert che avevano quasi dato fuoco alla casa scambiando un candelotto magico con una normale stella filante.
All’ora di pranzo di servirono dal carrello e Tabitha, oltre alle cibarie, prese anche in prestito una copia della Gazzetta del Profeta.
Il balzo dal sedile che fece poco dopo, mise in allarme gli amici.
- Mel, hai vinto! Hai vinto!
- Ma di cosa stai parlando? – chiese Melanie con la bocca piena.
- Il concorso! Il concorso di fotografia! – sorridente le mostrò l’articolo prima di intonare un inno strampalato insieme a Garrick.
 
Fu Piton ad accoglierli al castello e quando puntò gli inquietanti occhi neri su Melanie, la ragazza si sentì tremare le gambe.
- I miei complimenti, signorina Jack. La vittoria del concorso di fotografia con lo scatto del Patronus del nostro Preside vale dieci punti per Serpeverde.
Melanie fece un rapido cenno con la testa abbozzando un sorriso; non era abituata a simili commenti da parte del professore.
 
La vittoria le diede comunque un po’ di celebrità, Silente in persona si complimentò per l’impresa e l’emozione fu tanta che Melanie si dimenticò di respirare per tutto il tempo del discorso del Preside.
La Gazzetta del Profeta aveva richiesto loro una foto da pubblicare sul giornale e fu chiaro come per Melanie era decisamente più semplice immortalare che essere immortalata.
Diventò la fotografa ufficiale della squadra di Quidditch, con grande soddisfazione di Malfoy, e anche il professor Lupin si congratulò con lei.
In quel frangente avrebbe anche voluto chiedergli se si ricordava della madre, durante la permanenza a Cardiff, ma le era sembrato di varcare un confine troppo intimo ed era rimasta zitta.
Un sabato mattina, durante la colazione, un gufo rossiccio dalle lunghe ali depositò una lettera tra le mani di Melanie.
La ragazza, convinta che fosse una lettera della madre, la scartò senza tanti preamboli, ma perse via via colore mano a mano che leggeva.
- Cosa succede, Mel? – chiese Garrick posandole una mano sulla spalla.
Melanie si sentiva pizzicare gli occhi.
- È di… mio padre. – sussurrò. E passò il biglietto ai suoi amici.
 
Cara Melanie,
è stata una gioia per me ritrovarti dopo così tanto tempo.
Ti ho riconosciuto dalla foto sul giornale, anche se ci siamo separati che eri molto piccola, non posso sbagliarmi: sei il ritratto di tua madre.
Mi piacerebbe tanto incontrarti, al momento ho da fare al Londra, ma conto di liberarmi per il tuo rientro a casa.
Con affetto, ti abbraccio
Papà
 
- Beh, è stato carino! – disse Tabitha.
Gli altri la guardarono in tralice.
- Hai dimenticato che è un assassino? – sibilò Garrick.
Melanie balzò in piedi e corse via più veloce che poteva dalla Sala Grande. Nel corridoio prima dei sotterranei batté contro qualcosa di solido.
- Ehi, Melanie, frena! – le disse il professor Lupin afferrandole un braccio.
- Mi scusi, professore, non l’avevo vista. – biascicò accertandosi di mantenere lo sguardo basso.
- Cosa ti è successo? Non è da te scappare di corsa… - le disse calmo, lasciandola andare.
Melanie però non si decideva a parlare, così, dopo essersi guardato distrattamente intorno, Lupin riprese.
- Ho saputo di tuo padre, Melanie. – la ragazzina sbarrò gli occhi e finalmente si decise a guardarlo.
Lupin sorrideva incoraggiante.
- Scommetto che non vede l’ora di rivederti… tutti quegli anni ad Azkaban, accusato ingiustamente…
Il cuore di Melanie aveva perso diversi battiti. “Ingiustamente”?
 
Il tomo con le copie della Gazzetta del Profeta aperto a pagina 7 dell’edizione del 1 Novembre 1981, piombò con un tonfo sul tavolo della Sala Comune tra Tabitha e Garrick.
- Sirius Black non fu l’unico a essere arrestato quel giorno. – esordì Melanie con un sorriso beffardo. – Morris Jack, uno Spezzaincantesimi in viaggio di lavoro in Egitto, fu arrestato perché trovato in possesso del Bracciale di Anubi, bracciale che il suo amico Richard O’Connell aveva rubato.
Sia Garrick che Tabitha si erano avventati sull’articolo di giornale, sollevati dal fatto che il padre della loro amica non fosse un pericoloso assassino.
- Non è Sirius Black mio padre. È Morris Jack.
 



NdA: Cosa ne pensate fin qui? Vi annoia? Fatemi sapere!

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Parte IV ***


La primavera a Hogwarts aveva bussato prepotentemente, le giornate prendevano ad allungarsi e gli studenti ne approfittavano per trattenersi all’esterno, per quanto il coprifuoco, imposto dopo la seconda incursione di Sirius Black, lo consentisse.
Le vacanze di Pasqua si avvicinavano e con esse l’ansia da esami cominciava a bussare alle coscienze di tutti i ragazzi, indipendentemente dall’anno.
Garrick stava pacificamente sgranocchiando una mela all’ombra di un faggio sulle rive del Lago Nero, con gli appunti di Pozioni sulle ginocchia, mentre Melanie, semisdraiata davanti a lui, appoggiata sui gomiti, sfogliava il libro di Difesa contro le Arti Oscure.
Tabitha piombò in mezzo a loro con mezza dozzina di tomi presi dalla biblioteca.
- Ancora Difesa contro le Arti Oscure, Mel? Non lo sai già a memoria quel libro?
Melanie arrossì un poco, ma cercò di mascherare l’imbarazzo fingendo noncuranza e facendo roteare gli occhi al cielo.
- Non sono molto brava con le definizioni, non sono portata per studiare a memoria…
- Lupin punta sulla parte pratica. – disse Garrick senza alzare gli occhi dai suoi scritti.
- Che cos’hai sgraffignato oggi, Taby? – Melanie cambiò argomento indicando pigramente con la piuma la pila di libri che aveva portato l’amica ben oltre il raggio della biblioteca.
Tabitha sorrise raggiante, con gli occhi che brillavano soddisfatti.
- La raccolta di Annuari di Hogwarts dal 1960 al 1969, i pezzi di pergamena indicano le pagine interessanti, Tutta la Gazzetta del Profeta 1981, i pezzi di pergamena indicano le pagine di cronaca interessanti, I processi magici del Wizengamot dal 1980 al 1985, i pezzi di pergamena…
- Indicano le pagine interessanti. – conclusero all’unisono Melanie e Garrick.
- Quindi la sessione di studio è terminata? – chiese il ragazzo allungandosi verso il tomo dei processi magici.
- Era iniziata? – chiese Tabitha accomodandosi a gambe incrociate.
 
Ridacchiando i ragazzi si divisero i libri e cominciarono la loro ricerca.
Melanie si era appropriata degli Annuari, era smaniosa di dare un volto a suo padre; la foto di un bambino straordinariamente somigliante a lei, le sorrideva dalla classe del 1963.
Una sensazione di calore, che nulla aveva a che fare col tiepido sole primaverile, la invase; finalmente poteva associare un viso alle parole che, quasi quotidianamente ormai, le davano il buongiorno scandendo le sue mattine.
Seguì la crescita del ragazzino dal viso vispo, come lei circondato dai colori verde e argento e arrivata al sesto anno scoprì con sorpresa che aveva ottenuto un encomio dalla scuola.
- “Morris Jack: Premio Speciale per servizi resi alla scuola 1968”. Peccato che non specifichi per cosa l’ha ottenuto…
 
- Conoscete un certo Gilderoy Allock? – domandò Garrick emergendo dal suo volume. – È citato come testimone del processo in cui era coinvolto tuo padre… il nome mi dice qualcosa…
- Ma insegnava qui l’anno scorso! – esclamò Tabitha guardando la foto davanti a Melanie – Mia madre è una sua grande fan…
- Allock ha testimoniato che Morris non era colpevole del furto del Bracciale di Anubi. – Garrick si grattò la testa – Allock non aveva neanche diciotto anni… come faceva ad essere a Il Cairo se frequentava Hogwarts?
 
*****
 
Nella Sala Comune non si muoveva foglia.
I sospiri si erano arrestati così come i piccoli sporadici singhiozzi, per lo più dagli studenti del primo e secondo anno.
Era incredibile come da quella mattina l’atmosfera si fosse così incupita.
Si erano alzati tutti di buon’ora, con il sorriso stampato sulle labbra, pronti a pregustarsi il trionfo.
Sapevano che il loro avversario era insidioso, ma la squadra quell’anno era davvero forte e con una gran fame di vittoria.
Qualche ora più tardi impararono che forza e astuzia, se non supportate da una buona preparazione, non portano lontano; Potter aveva preso il Boccino d’Oro con pochi millesimi di vantaggio su Draco, dopo essersi assicurato che lo scarto di punteggio dato dai gol fosse sufficiente a garantire la vittoria.
Melanie era nel mondo del Quidditch da troppo poco tempo per azzardare frasi di conforto, ma era sufficientemente esperta di sport da capire che Draco non era tagliato per fare il Cercatore.
Aveva passato la mattina a fotografare i compagni della squadra e aveva notato che Malfoy aveva un’incredibile visione di gioco e una tecnica di volo zigzagante che gli avrebbero consentito di svolgere egregiamente il ruolo di Cacciatore.
Escluso il capitano Flitt, gli altri Cacciatori erano dotati di una mira discutibile e di una stazza che li rendeva facili bersagli dei Bolidi.
 
Tabitha discese dai dormitori, dove aveva lasciato una scia di indumenti verde-argento, e fece cenno a Garrick e Melanie di seguirla al di fuori dalla Sala Comune.
Una volta raggiunto il loro faggio prediletto, la ragazza estrasse una copia di quotidiano di qualche tempo prima.
- Questo è arrivato stamattina. Ho detto a mia mamma che si trattava di una ricerca scolastica, non credo si sia insospettita.
Mise il giornale nell’erba tra di loro e sia Melanie che Garrick si sporsero per leggerne il contenuto:
 
La Gazzetta del Profeta del 02.08.1993
 
Il caso Morris Jack: confermata la scarcerazione del mago dopo 12 anni di reclusione ad Azkaban: il Bracciale in suo possesso non era autentico
Riaperta la caccia al Bracciale di Anubi
Ancora ignota la fonte che ha fornito al Ministero i dettagli sulla copia
 
Era il 1981 quando Morris Jack venne tratto in arresto da Edward Daniels, all’epoca Responsabile del Dipartimento Autor, accusato del furto del celebre Bracciale di Anubi, custodito a Il Cairo.
A nulla valse la deposizione del futuro avventuriero Gilderoy Allock che testimoniò l’innocenza di Jack […] A dodici anni di distanza Morris Jack torna ad essere un mago libero, scagionato da tutte le accuse […] dopo che il reperto si è rivelato essere un falso.
Nonostante le ricerche, l’inestimabile tesoro sembra svanito nel nulla […]
Ancora ad Azkaban Richard O’Connell che ammise da subito la sua colpevolezza […]
 
 
- Non posso credere di averti spinto a credere che tuo padre era Sirius Black, Mel.  – bofonchiò con un sorriso storto Garrick. – Puoi perdonarmi?
- Ma che discorsi! Anche io mi ero convinta che fosse Black!
Ora che la verità era stata svelata, Melanie si sentiva più leggera e desiderosa di incontrare suo padre.
- Vorrei solo sapere cos’è che lo trattiene a Londra così a lungo… - sospirò gettandosi nell’erba, lasciando vagare lo sguardo alle nuvole, che giocavano a rincorrersi sopra le loro teste
Tabitha estrasse dalla borsa il libro di Incantesimi e richiamò gli altri per riprendere il ripasso.
- Certo che così, non è affatto divertente. – si lamentò Melanie dopo aver incantato l’ennesimo filo d’erba.
- Non deve essere divertente. – specificò Tabitha, scorrendo il dito sui vari argomenti.
- E chi lo ha detto? – domandò Garrick con fare complice, strizzando l’occhio a Melanie.
Il ragazzo si avventò su una delle copie della Gazzetta del Profeta che Tabitha aveva con sé e, dopo aver strappato con cura una pagina, prese a piegarla creando un aeroplanino.
- Per Merlino! – esclamò Tabitha – Che stai facendo?
- È un aereo babbano. – spiegò Melanie. – Flotta contro flotta?
Sotto lo sguardo atterrito di Tabitha i due ragazzi presero a contendersi i fogli del quotidiano per poi scontrarsi facendoli levitare grazie all’Incanto Wingardium Leviosa.
Ogni volta che un aereo veniva distrutto, il proprietario si gettava a mani basse sulle pagine rimaste per rimpinguare la propria armata.
Melanie era in netto svantaggio; tenendo i due piccoli aerei rimasti in volo, provò a strappare la carta necessaria per costruirne un altro, ma Garrick fu più veloce e incenerì quello che rimaneva dello squadrone dell’amica.
Melanie sbuffando si lasciò andare sul prato; fece per appallottolare il ritaglio che le era rimasto in mano, quando un’immagine catturò la sua attenzione.
- Ehi! Non avevo idea che il museo delle cere di Madame Tussauds fosse magico! – esclamò, una volta messa a fuoco la foto, nonostante le stropicciature.
- Infatti non lo è! – rispose indignato Garrick – La tecnica di realizzazione ha richiesto…
- Melanie! – intervenne Tabitha – Ti sembra che i maghi esporrebbero delle opere tanto grezze?
- Grezze? – scattò in piedi Garrick – La cura con cui…
- Ehi, ehi, ehi! – Melanie si frappose in piedi tra gli amici distanziandoli con le braccia. – L’incontro Maghi contro Babbani è rimandato! – sospirò – Guardate qui; il museo delle cere è una copertura per celare ai Babbani un museo espositivo magico!
I ragazzi si avvicinarono per sbirciare, da sopra le spalle di Melanie, l’articolo.
- Come diavolo fanno a condividere un museo così famoso? – chiese Garrick arricciando il naso in cerca di risposte sul giornale.
- Maghi e Babbani vedono cose diverse; le statue sono state incantate per mostrare ai maghi ciò che celano. – spiegò Tabitha.
- Beh, tra un paio di settimane aprirà al pubblico l’esposizione delle gemme incantate più rare al mondo. Dopo quasi un anno di preparaz…
Un lampo folgorò la mente di Melanie.
- E se mio padre volesse rubarle?
- Ma se è appena uscito di prigione! – fece notare Garrick.
 
- Ehi, voi tre del primo anno! – i ragazzi sobbalzarono – Avete forse dimenticato il coprifuoco?
Lentamente si voltarono e abbassarono lo sguardo di fronte a quello severo della Professoressa McGranitt.
- Ci scusi, Professoressa, ci stavamo esercitando e abbiamo perso la cognizione del tempo. – disse in fretta Tabitha.
L’insegnante alzò scettica un sopracciglio vedendo i rimasugli della battaglia aerea sparsi sul prato.
- Abbiamo incantato degli oggetti babbani per non ferire inavvertitamente gli animali. – spiegò Melanie intuendo i dubbi della vicepreside, la quale, arricciando le labbra, passò in rassegna tutti e tre.
- 10 punti a Serpeverde per l’inventiva. – asserì asciutta.
I ragazzi strabuzzarono gli occhi e ridacchiando presero a ringraziarla senza sosta.
- Va bene, va bene, adesso filate nel castello o dovrò toglierveli per negligenza!
 
*****
 
La sera prima dell’inizio degli esami, nella Sala Comune regnava un silenzio assoluto, interrotto da qualche crisi di pianto, tra cui quelle delle sorelle Bulstrode e qualche risatina nervosa.
I ragazzini del primo anno si erano ritagliati un angolino a terra e silenziosamente osservavano Diezel Burke che orgoglioso mostrava il trucco che aveva approntato per affrontare gli esami.
- Questo è inchiostro simpatico, - alzò una boccettina intonsa di liquido trasparente - Si mostrerà solamente con l’incantesimo Revelio, quindi possiamo preparare una pergamena e…
- Le pergamene vengono fornite dai Professori e sono incantate per rivelare qualsiasi tipo di frode, così come le piume. – specificò Garrick, spegnendo il sorriso sul volto del compagno.
- Volete dire che non c’è modo di copiare? – si lamentò Tyrell – Io non ho mai letto nulla di Storia della Magia…
- Forse è meglio che cominci. – rispose laconica Astoria.
- Nelle scuole babbane si trova sempre il modo. – disse Melanie – Ora vi mostrerò come incidere indelebilmente nella memoria la pozione Scordarella.
Ridacchiò sentendosi tutti gli sguardi addosso.
- Diezel, mi serve il tuo prezioso inchiostro e Tabitha, mi occorre la tua chiara scrittura.
Sotto gli occhi stupiti dei suoi compagni, Melanie, con fare teatrale, prese a slacciarsi il polsino sinistro.
 
Il lunedì mattina, con il volto terreo, i ragazzi del primo anno si accingevano a sostenere l’esame di Pozioni; com’era prevedibile, il professor Piton indugiò a lungo presso i compagni Grifondoro con un ghigno malefico che fece andare nel panico Russel Grint al punto di fargli schizzare la pozione addosso a Tabitha che gli era accanto.
Melanie ne approfittò per verificare che i giri in senso antiorario andassero fatti dopo aver aggiunto le bacche di vischio e con un rapido colpo di bacchetta e un’occhiata veloce al braccio sinistro, ne ebbe conferma.
All’ora di pranzo, Tabitha si trascinava verso la Sala Grande tentando di eliminare i residui di pozione dalla veste, mentre Garrick, Melanie e Tyrell confrontavano i dodici usi del sangue di drago, richiesti nel test scritto.
Al pomeriggio, l’esame di Erbologia si svolse senza particolari intoppi fino agli ultimi istanti, quando la Professoressa Sprite urlò la fine della prova ed Eugene Fawley lasciò cadere, invece di posarlo sul tavolo, il vaso del Tranello del Diavolo che immediatamente si aggrovigliò alle gambe di Tabitha, che gli era accanto, trascinandola sul pavimento ricoperto di terra.
 
Il mattino seguente, nell’afosa aula di Storia della Magia, Melanie si stava scervellando per ricordare la data di stipulazione del Codice di comportamento dei Lupi Mannari grattando nervosamente con la piuma il banco; nessuno dei suoi compagni di casa le era accanto e mancava poco alla fine dell’esame.
Un bisbiglio alla sua destra catturò la sua attenzione.
- Hai bisogno? – una sorridente Romilda Vane le stava offrendo il suo aiuto e poco dopo atterrò sul banco di Melanie il bigliettino con la fatidica data.
Come al solito Garrick terminato il test incalzava con il riesaminare ogni risposta e Melanie scoprì che la risposta di Romilda non era corretta.
- Ehi, Romilda! – la chiamò dal corridoio per fermarla e raggiungerla – Mi spiace, ma la data del Codice di comportamento dei Lupi Mannari: è 1637, non 1734! Abbiamo sbagliato!
- Ah, no! – rispose prontamente l’altra – Mi sono resa conto che mi ero confusa e l’ho corretta, ma non ho fatto in tempo a dirtelo! – Romilda scrollò le spalle e con un sorrisetto stampato sul volto velocemente raggiunse le compagne.
- Che razza di… - proruppe Garrick e fortunatamente la folla coprì l’epiteto pronunciato.
Melanie incrociò le braccia accigliandosi.
- Di certo sa che questo significa guerra.
 
La prova di Difesa Contro le Arti Oscure si svolse sorprendentemente in due aule distinte: il test scritto, dove per ogni serie di immagini dovevano descrivere le creature, a quale classe appartenevano e le loro caratteristiche specifiche, ebbe luogo in Sala Professori, mentre nell’aula del corso effettuarono la prova pratica.
I banchi erano spariti e al loro posto c’erano una serie di attrezzi come fosse un’esercitazione in palestra.
Lupin li suddivise in coppie, separando, nel tentativo di non darlo troppo a vedere, le coppie di amici, in modo che la rivalità tra le Case li aiutasse ad applicare meglio le fatture.
Melanie fu sollevata nel finire in coppia con Paul Pittsbrough, da bravo Corvonero non l’avrebbe trasformata per sbaglio in un'aspidistra.
Il primo esercizio era l’incantesimo di disarmo e Melanie si galvanizzò parecchio di aver battuto sul tempo il compagno.
La sua gioia svanì a breve; nonostante fosse riuscita a eseguire anche le seguenti fatture, quelle scagliate da Paul furono più incisive e precise.
Garrick non ebbe problemi con Zacharias Smith di Tassorosso, mentre Tabitha nell’ultimo esercizio, finì sì, sul materasso predisposto alle sue spalle, ma non di schianto come prevedeva il Petrificus Totalus, bensì inzaccherata d’acqua dalla testa ai piedi.
Eleonor Watson si portò le mani alla bocca e si gettò su di lei per aiutarla ad alzarsi proferendosi in mille scuse per aver pronunciato la formula errata.
- Ma perchè sempre a me! – si limitò a sbuffare la ragazzina, tentando di ricomporsi.
Il mercoledì fu il turno di Trasfigurazione e sebbene avesse parecchie lacune sulle descrizioni, Melanie non osò scriversi nulla sulle braccia per timore della professoressa McGranitt. Per la parte pratica, si offrì di distribuire gli istrici ai compagni e con abile mossa, arrivata al banco dei Grifondoro, ne consegnò a Romilda uno in ceramica colorata che aveva preparato in tasca.
Com’era prevedibile si dissolse in mille pezzi quando provò a trasformarlo in una puntaspilli e la disapprovazione della professoressa fu udibile da qualsiasi ala del castello.
- L’hai fatto apposta, piccola schifosa! – la apostrofò una volta terminato l’esame.
- In effetti mi ero accorta che il mio portafortuna era finito nella scatola e ho provato a dirtelo, ma avevi già fatto l’incantesimo!
- Dai, lasciala perdere. – Demelza tirò via la compagna ancora infuriata.
Garrick diede di gomito a Melanie e le offrì il palmo per scambiarsi il cinque.
 
I ragazzi approfittarono del pomeriggio libero prima dell’esame notturno di Astronomia per ripassare all’aperto.
- Devo trovare un modo per andare a Londra. Voglio capire cosa sta combinando mio padre. – sbuffò Melanie sdraiandosi all’ombra del faggio.
- Non sai neanche dov’è. – tagliò corto Tabitha.
- Il fatto che invece non ci siano mezzi per andare nella capitale non ti è balenato in testa, vero? – specificò Garrick, roteando polemicamente gli occhi.
- Con la metropolvere, per esempio! – ribattè Tabitha.
- Cos’è la metropolvere? – domandò Melanie.
- È sorvegliata per Black, ricordi? – cantilenò Garrick.
- Cos’è la metropolvere? – ripetè Melanie, spostando lo sguardo tra i due ragazzi come in una partita di tennis.
- Certo, scommetto che il camino di Hagrid pulluli di Auror!
- COS’È LA METROPOLVERE? – gridò ancora Melanie stufa di essere ignorata.
- È un mezzo di trasporto che utilizza i camini magici per spostarsi. – rispose serafica Luna Lovegood – Ciao Melanie, ciao Garrick. – aggiunse sorridente andandosi poi a sedere accanto a Tabitha.
Si soffermò poi ad elencare tutte le creature che secondo lei infestavano i camini e le relative precauzioni da prendere.
Melanie sembrava essersi arresa; in fondo non aveva idea di dove cercare Morris.
- È inutile tentare di ripassare…  - bofonchiò gettandosi nuovamente nell’erba – Non riuscirò a passare l’esame di Astronomia, con quei maledetti pianeti…
- Io avevo una filastrocca per ricordarmeli! – esclamò Luna e strappò un foglio di pergamena per poi passarglielo.
Melanie si tirò a sedere e lesse ad alta voce:
 
Mercurio è caldissimo, al Sole è il più vicino,
Venere è visibile al tramonto e al mattino;
Azzurra è la Terra, come tutti sanno,
a compiere l’intera orbita impiega un anno;
Marte è il primo cugino,
lo stiamo studiando perché è il più vicino;
in totale i pianeti sono nove,
è gassoso e ha molte lune il grande Giove;
del pianeta con l’anello di ghiaccio ora è il turno,
ha 62 lune e il suo nome è Saturno;
intorno al Sole lui va molto piano,
più di 80 anni ci impiega Urano;
Nettuno è il penultimo, gelido più dell’inverno,
conclude Plutone che del sistema è il più esterno*
 
Melanie sorrise e voltandosi verso la ragazza le gettò le braccia al collo. Adorava imparare in rima.
- Tu sei un genio, Luna!
 
Era notte fonda quando le ragazze rientrarono ai dormitori dopo l’esame.
- Se solo riuscissimo a distrarre Hagrid, domani… - bisbigliò Melanie a Tabitha.
- Ancora convinta a usare il suo camino? E per andare dove? – Tabitha si grattò l’occhio visibilmente assonnata, indossando il pigiama a rovescio.
- Il Museo delle Cere. Ti dico che è al Museo delle Cere.
Quando Melanie si voltò, l’amica stava già dormendo. Sospirando le rimboccò le coperte.
- E comunque è al Museo delle Cere.
 
L’ultimo esame si svolse senza incidenti, il professor Vitious aveva la capacità di mettere gli studenti a proprio agio e non fu difficile eseguire il Tip Tap dell’Ananasso.
Nella Sala Comune, dove si erano diretti per lasciare una volta per tutte i libri per il ripasso, incrociarono i ragazzi più grandi che, come loro, avevano terminato gli esami di fine anno.
Particolarmente euforico era Malfoy, che stava sghignazzando con la sua ghenga per l’esecuzione dell’Ippogrifo che lo aveva ferito, di lì a qualche ora.
- Draco ha detto che l’esecuzione sarà al tramonto. E ci saranno i vari tizi del Ministero. Ma se noi ci andassimo a tarda sera, è probabile che troveremmo via libera. Voi mi coprite e io vado a Londra via camino!
- E secondo te, ti lasciamo andare da sola a Londra con un mezzo che tra l’altro, non hai mai utilizzato? – chiese irritato Garrick – Io vengo con te e Tabitha ci copre.
- Ah, no, scusa. – intervenne la ragazzina – Sono una terribile bugiarda, non sono in grado di coprirvi. E sono l’unica ad aver già usato la Metropolvere.
I ragazzi rimasero in silenzio a soppesare quelle informazioni.
- Forse ci occorre un piano B. Giusto nel caso che non filasse tutto liscio. – disse il ragazzo – Voglio dire, sicuramente piombare al Museo delle Cere la notte prima dell’inaugurazione per verificare che una banda di rapinatori stia effettivamente rubando le gemme, non è poi così rischioso, ma non sia mai che a uno dei ladri venga in mente di affatturarci…
- Diremo ad Astoria di lanciare l’allarme se non ci vede rientrare entro mezzanotte. – sentenziò Tabitha.
- E se facesse la spia prima? – domandò Melanie.
- E far perdere punti a Serpeverde?
Garrick deglutì a fatica.
- È confortante essere nelle sue mani, non trovate?
 
*****
 
Quella sera, dopo cena, attesero che si svuotasse la Sala Comune e tutti e tre facendo il minimo rumore possibile si recarono fuori dai sotterranei; Tabitha aveva preparato un piattino con degli stuzzichini per Mrs Purr che fece levitare dall’altra parte del corridoio.
C’era un silenzio innaturale nel castello e nessuno di ronda.
Una volta all’esterno furono inghiottiti dal nero della notte e arrivarono ben presto alla capanna di Hagrid. Si fermarono di botto quando udirono delle voci, ma Garrick fece cenno al lago, da dove provenivano.
Controllarono dalla finestra e come avevano previsto, Hagrid non era all’interno.
- Alohomora. – bisbigliò Garrick.
La porta si aprì e il grosso cane del guardiacaccia si fece avanti. Melanie prontamente tirò fuori dalla tasca dei biscotti allo zenzero che Thor parve gradire.
Tabitha trovò a tastoni la ciotola con la polvere magica e ne distribuì una manciata a testa; stava per riporre il contenitore quando Garrick estrasse un sacchetto di tela e le fece segno di rimpirlo.
- Non sappiamo se ne troveremo a sufficienza per il ritorno, meglio premunirsi.
Il ragazzo si issò velocemente dentro il camino e scandendo bene la meta svanì in una nuvola di polvere.
Melanie si sbrigò a imitarlo, nonostante l’ansia le attanagliasse lo stomaco.
- Museo delle Cere, Londra!
La polvere le finì in gola e la fece sobbalzare, ma non ebbe il tempo per riprendersi che sentì il suo corpo venire trascinato ed ebbe la sgradevole sensazione del respiro mozzato.
Chiuse gli occhi cercando di concentrarsi su spazi aperti e profumi primaverili quando un colpo al ginocchio le segnalò che il viaggio era terminato.
Garrick le tese la mano per scendere dal camino e mentre tentavano di orientarsi nell’oscurità, li raggiunse Tabitha.
Si trovavano in una delle sale dalle quali filtrava una luce blu che lasciava intravedere delle grandi teche lungo le pareti, coperte da pesanti teli scuri.
Garrick fece segno di tacere e indicò un corridoio alla loro sinistra dal quale proveniva uno stridolio.
Si avviarono procedendo lentamente in fila indiana fino a raggiungere un’altra sala, da dove penetrava una luce giallognola; il suono giungeva dall’angolo opposto a dove si trovavano loro e sembrava sempre più simile ad un suono metallico.
Tabitha si mise a quattro zampe e si avvicinò gattonando alla fonte del rumore; una volta arrivata in fondo fece cenno agli amici di imitarla.
- È un gancio metallico. – sussurrò Melanie a Garrick, che nonostante si allungasse non riusciva a vedere.
- E una catena. – aggiunse Tabitha.
- Una catena? – chiese il ragazzo – Servirà per legare qualcosa.
Melanie avvertì un brivido lungo la schiena.
- Sentite anche voi questo spiffero?
Tabitha si voltò lentamente. Nella semioscurità si stagliava una grossa creatura dagli occhi allungati e gialli come un serpente, con il muso proteso verso di loro, sbuffando fumo dalle grosse narici.
- Fo… forse le-legava que-quello!
Melanie si voltò nell’istante in cui il drago apriva le fauci in un verso stridulo e gli scagliò il primo incantesimo che le venne in mente.
Il drago chiuse gli occhi e la bocca per la sorpresa di essere colpito da un getto d’acqua e i ragazzi ne approfittarono per uscire dalla sala.
Un ululato li accompagnò mentre tentavano di fare ritorno al camino.
- È un allarme! Deve essersi innescato con il movimento del Drago! – urlò Garrick.
Nel frattempo delle sbarre erano comparse tra loro e la sala blu, impedendo loro la fuga.
- Che facciamo adesso? – Garrick era una maschera di puro terrore.
- Ho un’idea! – esclamò Melanie – Liberiamo il drago e lo indirizziamo verso questo corridoio… brucerà le sbarre!
- Oh, scusa, avrei dovuto specificare: che facciamo adesso per rimanere in vita?
Melanie gli tirò una gomitata e si mise a correre verso la sala da cui erano arrivati.
- Vi fidate di me? – chiese esortandoli a imitarla.
- No! – risposero all’unisono.
- E allora seguitemi!
Garrick scrollò la testa e si lanciò di corsa verso l’amica.
- Ma abbiamo detto “no”! – piagnucolò Tabitha lanciandosi anche lei verso il drago.
Un boato li accolse al loro ingresso nella sala.
Il drago era riuscito a liberarsi e sempre emettendo acutissimi versi si stava dirigendo verso i ragazzi.
- Diffindo! – Garrick aveva sciolto le grosse tende alle spalle dell’animale.
- Wingardium Leviosa! – Melanie le diresse verso il drago che presto fu privato della visuale.
Il drago avrebbe presto distrutto l’ostacolo, perciò i ragazzi lo oltrepassarono velocemente, cercando di passare ad una stanza successiva.
- Non c’è nessuna porta! – gridò Tabitha battendo le mani contro la parete nuda.
- C’è una botola! – esclamò Garrick - Proprio qui! Dove sedeva il drago!
- Come diavolo si apre? –Melanie stava grattando il pavimento in cerca dell’apertura.
Il drago si era liberato della tenda, bruciandola e li stava cercando nella semioscurità.
- Là! – l’urlo di Garrick sovrastò i versi del drago, mentre con il braccio proteso indicava un punto dietro Melanie.
- Ce ne sono due! – Melanie era indecisa su quale barra avrebbe azionato il meccanismo.
Il Drago era sempre più vicino, ogni suo passo faceva vibrare le teche.
- Abbassa la leva, Melanie! – implorò Tabitha.
Una cascata di acqua gelata piombò addosso ai due ragazzi.
- L’altra leva! – esalò Garrick.
Melanie obbedì e la botola si aprì di schianto.
Il trio fu lesto a saltarci dentro, tirandosela dietro, proprio nel momento in cui il drago aveva sputato una lama di fuoco.
 
La stanza celata dalla botola era illuminata da una luce verde e da centinaia di arcobaleni creati dalle gemme.
I ragazzi si rimisero in piedi a fatica, ricoperti di polvere e lividi poiché non c’era nulla a terra ad alleviare la caduta.
Melanie era ancora in ginocchio quando due mani vigorose la presero per le spalle e la tirarono su.
- Melanie? Sei tu?
 
Anche con la luce artefatta di quel luogo si riconobbero.
Melanie era finalmente davanti a suo padre.
In quel momento capì che non lo stava inseguendo da qualche mese, ma era tutta la vita che aspettava quell’istante.
- Cosa ci fai qui? – riuscì solo a dirgli.
- È complicato… - Morris prese un lungo respiro prima di posare nuovamente gli occhi sulla figlia.
- No, non direi. – Melanie si accigliò – Stai commettendo lo stesso reato di 12 anni fa!
- Ma era innocente! – intervenne Tabitha.
- No, - rispose Morris – Non direi. – sorrise.
Garrick e Tabitha si scambiarono un’occhiata.
 
- Sono un ladro. Sono sempre stato un ladro. Ma quando seppi che tua madre era incinta volevo fare l’ultimo colpo e ritirarmi, per la vostra sicurezza.
 
Nonostante di sopra il drago aveva messo letteralmente a fuoco la sala facendo scattare tutti gli allarmi collegati al quartier generale degli Auror, nella sala sottostante la quiete  era interrotta solo dalle parole di Morris e dai respiri dei ragazzi che lo ascoltavano rapiti.
- Rick e io avremmo fatto il colpo, Edward, approfittando del suo ruolo di Auror avrebbe nascosto la refurtiva e Gilderoy sarebbe stato il nostro alibi.
- Ma qualcosa andò storto… - intervenne Melanie incrociando le braccia al petto.
- Gilderoy mi propose di tenere per noi il bottino e lasciare che venissero incolpati Edward e Rick; ma io non ero d’accordo. Una volta compiuto il furto, Gilderoy ha agito di testa sua, ha fatto un Oblivion a Rick e stava per farne uno a me, ma sono riuscito a difendermi, solo che ha colpito Edward. Avevo capito che mi avrebbe teso una trappola, quindi tornai a casa per scappare per un po’ ma al mio arrivo trovai gli Auror e una copia del Bracciale di Anubi per la quale venni incolpato.
- Ma perché allora Allock al processo l’ha difesa? – chiese Garrick
- Perché era convinto che io sapessi dov’era il vero Bracciale di Anubi e voleva impossessarsene.
- E lo sapevi? – domandò Melanie.
 
L’irruzione da parte degli Auror non consentì a Morris di poterle rispondere.
- Bene, bene, bene. Cos’abbiamo qui?  - chiese un alto mago nero puntando la bacchetta verso Morris  - Jack? Morris Jack?
- No! – Melanie si frappose tra il padre e l’Auror. – Vi spiegherò ogni cosa.
 
*****
 
- Tonks?
La professoressa McGranitt si sistemò gli occhiali per essere sicura di aver visto giusto.
- Heilà, Professoressa! – risposte sorridente – Ho riportato tre fanciulli smarriti.
Melanie, Garrick e Tabitha, ancora bagnati e ricoperti di polvere fecero capolino dalle spalle della giovane, con la testa abbassata e lo sguardo inchiodato al pavimento.
- Ne hanno passate delle belle a Londra; hanno avuto la meglio su un drago! – rise Tonks. – Un giovane drago, - aggiunse vedendo il volto preoccupato della vicepreside – Charlie Weasley assicura che ha solo un paio d’anni…
- U-un, dra-drago? Per Merlino, cosa diavolo avete combinato?
- Abbiamo testato gli incantesimi di protezione del Museo delle Cere, ma le confesso che non sono un granchè. – cominciò Garrick.
- A parte la storia delle due leve… - aggiunse Tabitha.
Il cipiglio della professoressa McGranitt non poteva essere più feroce.
- Quale storia delle leve? Perché eravate a Londra?
Tonks ridacchiando si defilò, salutando la sua ex docente e i ragazzi con la mano e continuò a ridere non appena si fu chiusa la porta alle spalle.
 
Il faggio in riva al Lago Nero dondolava pigramente i rami sotto il caldo sole di giugno.
- Non posso credere che se la siano bevuta! – Garrick ruppe il silenzio.
- Non posso credere di essere sfuggita ad un drago! – esclamò Tabitha, scagliando un ciottolo a fior d’acqua.
- Non posso credere di aver lasciato là tutte quelle gemme! – sospirò Melanie.
Garrick e Tabitha la guardarono in tralice.
Melanie fece un sorriso storto e alzò le mani in segno di resa.
Garrick si alzò e ripulendosi la veste cominciò a dirigersi verso il castello.
- Chissà se l’anno prossimo sarà così avventuroso…
- Già! Dovremo trovare qualcosa di speciale da fare! – trillò Tabitha seguendolo. – Tu non vieni, Mel?
Melanie li invitò a precederla.
Una volta sola, si coricò nell’erba e mentre le nuvole giocavano nel firmamento terso, ripensò all’incontro con Morris; al fatto che per salvarlo aveva mentito agli Auror, al fatto che era stata tentata di portare le pietre preziose con sé.
E alla lettera che era arrivata quella mattina.
Si tirò a sedere e tirò fuori la busta dalla tasca.
 
Carissima Melanie,
non posso esprimere a parole la gioia che ho provato nel vederti, nel parlarti.
Quando finirà la detenzione per l’effrazione al Museo, ti raggiungerò a Hogwarts.
Ma nel frattempo, mi piacerebbe che tu incontrassi Cynthia […]
 
Melanie smise di rileggere.
La pergamena che si dimenava nella sua mano tremante.
Il cuore che batteva forte.
- Ho una sorella. – mormorò – Ho una sorella.
 
 
 
Bene, eccoci al termine di questa long…
Spero di avervi interessato, che i personaggi siano stati credibili, che la trama non fosse scontata e di non aver lasciato troppi errori.
Mi auguro che leggendo abbiate trascorso dei minuti in allegria, come me a scriverla.
Magari chissà, potrebbe anche avere un seguito… 😉
Grazie a tutti per avermi seguito fino a qui!
Alla prossima!
 
(*) Nel 1993 Plutone era ancora considerato un pianeta.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3739771