Scorrere

di Amelia Sweetedge
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dove dimora l'Infinito ***
Capitolo 2: *** La lunga strada verso casa ***



Capitolo 1
*** Dove dimora l'Infinito ***


1.Dove dimora l'Infinito
 
 
L'arte è eterna, ma non può essere immortale.
È eterna in quanto un suo gesto,
come qualunque altro gesto compiuto,
non può non continuare a permanere
nello spirito dell'uomo come razza perpetuata.
Primo Manifesto dello Spazialismo, Lucio Fontana.





 
Come si colma questo vuoto qui?
Se chiudi gli occhi mi vedi indicarmi il petto: terra nuova dove le tue labbra si sono dischiuse e hanno cantato piano. Terra libera e tua sarò, tuo questo vuoto, questa musica e l'ultima notte d'estate. L'ultima, colorata di tutte le volte che ti ho aspettato.
Come si affronta un mondo senza te?
Se ti guardi intorno vedrai gli alberi che ci hanno protetti e i sussurri dell'acqua che sapeva di noi e rideva.
Non sei mai stato un passato remoto nella mia vita: ancora prima di conoscerti vivevi già tra le righe dei miei pentagrammi, vivo nella voce di mia madre e negli occhi di mio padre, impercettibile come se ti avessi sempre saputo nella stanza accanto, chino su un libro con la fronte corrucciata. Vivo nelle storie di penombra e di pioggia.
Nessuno ha saputo cogliere il tormento silenzioso nei miei occhi, prima di te e dopo di te, quando mi sono arreso, Oliver, a quel fiume incessante. All'acqua, al fuoco e alle stelle d'estate. Alla pelle d'estate. Perché dall'altra parte delle cose c'eri tu e le novelle francesi del sedicesimo secolo che narravano di prove enormi più del coraggio: parlare. O morire.
E io, un giorno che la vita sembrava sfuggirmi come acqua dalle dita, ho scelto di salvarmi. Provare a parlare. Farlo con una voce antica di secoli, vigorosa di bronzo, plasmabile di marmo; imboccare quel sentiero tortuoso di pensieri spigolosi ed emergere al sole, graffiato e sanguinante, dove contro ogni singola previsione del mondo, tu saresti stato. Pieno di dubbi, silenzi e macigni ma come nei miei sogni più inaccessibili, avresti aperto le braccia.
Ho scambiato i battiti accelerati del mio cuore per una clessidra, un giorno. Lo sai: è l'unico motivo che mi ha spinto lì, sopra le tue labbra, dritto nella mia resa. Dritto sotto le tue mani che mi hanno accarezzato e, nel silenzio delle stanze in penombra, non smettono ancora di farlo.
Come faccio a dirti tutto quello che devo dirti, quando so già che le parole non mi basteranno mai? Sono stato dentro lo scorrere del fiume, fino a farne la mia casa, tutte le estati che ho aspettato il tuo ritorno. Il tuo ricordo. Il modo in cui lo specchio mi ha restituito il riflesso di qualcuno che non ero io, ma eri tu.
Sei e sempre sarai un imperativo intoccabile, qui, dove dimora l'infinito: il primo mio sguardo che si è posato sulla vita, quel giorno che i tuoi occhi hanno accresciuto in me germogli duraturi. Le prime parole che si sono liberate dai grovigli selvaggi dei miei pensieri senza forma, se non quella della curva miracolosa del tuo sorriso...
 
 
 

 

 

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Capitolo 2
*** La lunga strada verso casa ***


2. La lunga strada verso casa
 
 
 
Dammi il mio giorno;
ch’io mi cerchi ancora
un volto d’anni sopito
che un cavo d’acque
riporti in trasparenza,
e ch’io pianga amore di me stesso.
 
Ti cammino sul cuore,
ed è un trovarsi d’astri
in arcipelaghi insonni,
notte, fraterni a me
fossile emerso da uno stanco flutto;
 
un incurvarsi d’orbite segrete
dove siamo fitti
coi macigni e l’erbe.
da “Òboe sommerso”, in “Ed è subito sera”, Salvatore Quasimodo
 
 
 
La prima volta che sorrisi a un ragazzo sentivo il tiepido sole pomeridiano accarezzarmi il viso, senza essere invadente.
La prima volta che mio padre usò parole fredde e inumane per troncare la crescita di qualsiasi accenno di stranezza, uscii senza proferir parola dalla casa e camminai lontano, dove potevo piangere e tormentarmi i capelli stretti tra i pugni. Avevo quattordici anni e non capivo assolutamente nulla di ciò che mi si dibatteva nel petto.
La prima volta che ti toccai, attratto dalla tua pelle come fosse una calamita, provai quella rara sensazione, inaspettata e lontana come un ricordo annebbiato, di trovarmi, nel mondo, al posto giusto.
Non c'è via di ritorno, da quelle sensazioni lì; dal pomeriggio in cui ti ho accarezzato la spalla forse troppo a lungo di quanto avrei dovuto, per poi pentirmene, qualche secondo più tardi. Non mi hanno mai insegnato come funziona la chimica misteriosa di due lembi di pelle che si toccano e ti salvano. Tutto ciò che sono, è un'ombra di sensi di colpa che mi segue ovunque da quando avevo quattordici anni, e spero mi saprai perdonare, un giorno, per esserti stato lontano. Troppo lontano. Sto ancora camminando per allontanarmi da quella casa e per lungo tempo non ho visto altro, all'orizzonte, che un deserto arido di convenzioni socialmente accettabili. Tu sei stato, forse, la prima vera alba della mia vita. Ho trovato una pace insperata nella tua voce antica e giovane insieme, tutte le volte che ti ho ascoltato mentre mi parlavi di un mondo là fuori che sembravo non conoscere, prima di incontrare te. Conoscerlo attraverso gli occhi tuoi, è stato come rallentare un po'.
Mi hanno insegnato l'origine delle parole, e come usarle, per non perdermi mai. Dovevo conoscere te, perché mi facessero sentire vivo. E non sto parlando di parole che fanno male, sto parlando di parole che fanno tutto: male, bene, padre, madre, notte, giorno, primavera, estate, autunno, inverno. Ricompensa per tutte le notti di solitudine che furono e che saranno.
E spero mi perdonerai, ancora, per esserti stato lontano, ma non so frenare la paura di stare al mondo perché sto ancora camminando, il cielo solo sa verso dove. Non lo saprai mai abbastanza, ma fermarmi lungo la strada per baciarti e poter sospirare sulla tua pelle ha consolato il mio pianto, assetato la mia sete, nutrito la mia fame e finalmente dato vita ai miei giorni. Tu che sei il custode della mia innocenza, ovunque sarai, sotto il mio stesso cielo. Il mio posto felice nel mondo; il motivo per cui non sarò mai felice, Elio Perlman.
Il mio sospiro primordiale; il fiume che mi ha purificato; le lacrime che non hanno fatto più male; la lunga strada verso casa.
Il ricordo delle tue labbra che si muovono e trovando le mie, mi baciano, mi salvano.
 
 
 
 
 

 
 
 
τὸ μὴ δῦνόν ποτε πῶς ἄν τις λάθοι










 
Ciao a tutti! :) Ci terrei a ribadire ancora (come ho avuto modo di dire altrove), che queste due riflessioni sono frutto della sola visione del film. Non ho ancora avuto modo di leggere il libro, quindi soprattutto il background di Oliver è qualcosa che si basa su impressioni dettate dal film.

EDIT: nel momento in cui scrivo, ho già letto il libro da qualche settimana e dal punto di vista personale mi ha segnato profondamente, come ha fatto il film (forse un po' di più).

​Grazie a chi si è fermato a leggere, a chi mi ha fatto conoscere il proprio parere, a chi continua ad inserire queste due riflessioni tra i preferiti. Vi ringrazio davvero tanto.
Elio e Oliver mi hanno tenuto compagnia sin dal primo istante in cui li ho conosciuti e ha distanza di mesi, non smettono di farlo. So che anche per voi è così. :)
​A. S.


P.S. : nella mia pagina autore troverete il link al mio profilo twitter, sarò felice qualora voleste scambiare due parole su cmbyn/altro. :)

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