Silenziosa possibilità

di Felpato__
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ritorni ***
Capitolo 2: *** Abbracci, pensieri e sorrisi ***
Capitolo 3: *** Principessa sul... giornale ***



Capitolo 1
*** Ritorni ***


SILENZIOSA POSSIBILITÀ

1.Ritorni

Nel momento in cui aprì la porta tutto cambiò. Ogni certezza, ogni convinzione, ogni sicurezza che aveva con un attimo svanirono, e la sua testa fu inondata di dubbi e confusione. Lei era lì, bella come mai prima, e lui, a quella bellezza, proprio non sapeva resistere. I suoi capelli castani scendevano sulle spalle, facendo da cornice ad un sorriso mozzafiato, i suoi occhi verdi splendevano di una luce brillantissima, e il suo sorriso, beh, il suo sorriso era senz’altro la cosa più bella che avesse mai visto. Eva era lì, e Marco non ci stava già capendo più nulla. La prima cosa che gli venne in mente fu di prendere Marta, che non vedeva da molto tempo e che aveva una gran voglia di stringere forte a sé, anche perché era l’unico modo plausibile per spezzare il ghiaccio. Eva entrò, e per uno strano scherzo del destino la prima persona che vide dentro casa Cesaroni era una, per lei, estranea: Maya. I loro sguardi si incrociarono e ci fu un attimo di gelo, prima che Eva, avanzando, le porse la mano. “Tu devi essere Maya” disse, “sono molto felice di conoscerti”. “Il piacere è tutto mio” rispose la principessa. Entrambe mentivano, e lo sapevano benissimo, ma per il momento andava bene così.

Fortunatamente in cucina c’erano Giulio, Lucia, Ezio e Stefania, che non appena sentirono le voci di Eva e Marta si precipitarono a salutarle, sciogliendo la tensione che si stava creando. Lucia per poco svenne dalla felicità nel rivedere sua figlia e sua nipote, ed anche Giulio era felicissimo. Del resto le due erano andate via già da parecchio tempo e non erano più tornate; i due nonni erano dunque entusiasti di rivedere quella nipotina che si erano goduti così poco. “Ma cosa ci fate qui?” esclamò piena di gioia Lucia. “È una lunga storia” rispose, non altrettanto sorridente, Eva. “Ci spiegherai più avanti” disse così Giulio, “ora entrate dai, che vogliamo sapere tutto di te, e soprattutto della nostra nipotina preferita”. “Anche perché è l’unica” disse Ezio con il suo fare scherzoso; “noi vi lasciamo, che avrete senz’altro molto da raccontarvi” aggiunse Stefania, e così i coniugi Masetti andarono via. Tutti risero, ed Eva si chiuse la porta alle spalle, entrando per l’ennesima volta in quella casa che tanto le era mancata.

Nel frattempo Marco, dopo aver lasciato Marta, era rimasto praticamente immobile, come dopo uno shock – cosa che effettivamente era stata per lui – e Maya se ne accorse. “Beh potevi almeno dire qualcosa, sei stato tutto il tempo in silenzio” disse la ragazza. “Ha…Hai ragione scusami, è che proprio non me l’aspettavo”, rispose balbettando Marco. “MARCOO, volete venire sì o no?!” fortunatamente, per la seconda volta, furono i grandi a smorzare la tensione, e così i due fidanzati si avviarono in cucina, dove Eva stava dialogando con i suoi genitori.

“Ma tutti gli altri? Dove sono Rudi e Alice? E Mimmo? E dov’è Cesare? Con la nonna ci siamo già sentiti per telefono. Non vedo l’ora di rivederli tutti” stava chiedendo a Giulio. “Calma Eva” rispose l’oste sorridendo, “i ragazzi sono a scuola e Cesare è in bottiglieria, dopo li vedrai tutti. Anzi scappo anche io in bottiglieria che sennò mi fratello m’ammazza. Ci vediamo dopo” e così Giulio andò via. Nel frattempo un’ancora incredula Lucia incalzava Eva chiedendole per quanto si sarebbe fermata. “Non lo so mamma, poco comunque. Sono qui perché il mio giornale di Parigi sta per aprire una sede a Roma e mi hanno mandato a dare un’occhiata, essendo di casa. Pochi giorni e poi torno subito in Francia”. “Ma quindi tornerai a Roma quando apriranno la sede?” chiese una felicissima Lucia, che già si era immaginata di riavere sua figlia in casa tutti i giorni. “No mamma, non tornerò” rispose la figlia, spezzando sul nascere tutte le sue fantasticherie “assumeranno nuovi giornalisti di qui, mi hanno già detto che mi lasceranno a Parigi”.

Queste ultime parole avevano suscitato una serie di reazioni in tutti i presenti in cucina. Lucia chiaramente ci rimase male, ma era felice per la carriera che sua figlia stava intraprendendo. Maya invece, che già si era preoccupata e che, ovviamente, vedeva Eva come una possibile minaccia, fece un piccolo sorriso. Ma la reazione più strana fu quella di Marco, perché non appena Eva pronunciò la parola Parigi, un’espressione triste si posò sul suo volto. Per sviare, e per non farsi vedere da Maya, usò la più vecchia delle scuse. “Scusate, vado un attimo in bagno” e salì di corsa le scale.

Sorrisi finti e una tensione che si tagliava con il coltello aleggiavano in cucina, tristezza e forza nel trattenere una lacrima vibravano in bagno. Queste le reazioni che il ritorno di Eva aveva suscitato in casa Cesaroni, ma lei sapeva benissimo che questo era soltanto l’inizio. Doveva soltanto trovare il coraggio di dirlo.    

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Capitolo 2
*** Abbracci, pensieri e sorrisi ***


1.Abbracci
 Lucia sarebbe rimasta a parlare con sua figlia per ore, ma aveva promesso a Stefania di accompagnarla in un posto, e così dovette, a malincuore, andar via. “Sarà uno dei loro soliti casini” pensò Eva, abbozzando qualcosa tendente ad un sorriso. Era stanca, e non soltanto per il viaggio. L’ultimo periodo era stato molto travagliato, e tenersi tutto dentro non aveva fatto altro che appesantire una situazione che pesante lo era già di suo. “Supererò anche questa” si continuava a ripetere, ma ogni volta era sempre meno sicura. “Stavo pensando di uscire un po' con Marta, se per te non è un problema” le aveva detto Marco poco prima, “così magari ti riposi anche un po'”. “Certo che mi va bene, figurati”, aveva risposto lei, “dove la porti di bello?” “Pensavo al parco, così Maya ne approfitta per fare qualche foto” ‘Ah viene anche lei, ovviamente’, avrebbe voluto rispondere, ma riuscì, non senza difficoltà, a tenerlo per sé. “Il parco certo, bellissimo. A Marta piacerà sicuramente” si sforzò di dire. “Beh, tale madre…” le disse Marco salutandola. Non seppe rispondere. Non si sarebbe mai aspettata un’uscita del genere dal fratellastro, considerando soprattutto che ad aspettarlo davanti la porta c’era la sua fidanzata. ‘Mi ha sorpreso un’altra volta, come al solito’, pensò; però aveva ragione, lei amava i parchi. Amava i colori degli alberi quando si avvicinava la primavera, con i primi fiori e le foglie che cominciavano a darsi alla luce e a farsi ammirare in tutta la loro bellezza. Amava il profumo dell’erba, specialmente dopo che aveva piovuto. Amava sdraiarsi sotto un albero, con un libro in mano, e perdersi nelle trame dei romanzi. Amava stare all’aperto, e questo Marco lo sapeva bene.
Per fortuna ci pensarono Rudi ed Alice a svegliarla da quel torpore in cui si era adagiata. “Ma allora è vero” urlò Alice aprendo la porta e trovando sua sorella in cucina, “quanto mi sei mancata!!” le disse andandole incontro e abbracciandola. Questa volta, dopo i primi mezzi sorrisi abbozzati, quello che si stampò sul viso di Eva era un sorriso vero, forte, di quelli che nemmeno ricordava più. Abbracciò sua sorella con tutta la forza che aveva dentro, “anche tu mi sei mancata Alice”, deglutì, “anche tu”. Sarebbero rimaste avvinghiate per ore e probabilmente avrebbero cominciato anche a piangere dalla gioia, se non fosse stato per Rudi. “Ciao Eva, sono contento di rivederti” esordì con fare scherzoso, “vedo che anche tu sei molto felice di rivedermi, mi fa davvero piacere” continuò ironicamente. “Ah ah ah” ghignò Eva “il solito simpaticone” le disse ridendo, “Ciao Rudi, sono contenta di rivederti, davvero” e corse ad abbracciare anche il fratellastro più piccolo. “Dai sedetevi, raccontatemi tutto di voi” disse Eva “Ehm, ve…veramente…” balbettò Alice, “dai, diglielo te” si rivolse a Rudi, colpendolo sul fianco “si ecco, vedi Eva, siamo tornati soltanto per salutarti” disse dispiaciuto, ma sempre con il suo tono scherzoso, “sai, dobbiamo andare a casa di Jole e Budino a studiare, domani abbiamo il compito di matematica” “Si Eva scusaci davvero, ma quest’anno abbiamo la maturità, non possiamo sbagliare nulla” disse Alice, ma con un tono molto più dispiaciuto, “però se tu non vuoi io resto qui eh” aggiunse. “Ragazzi ma tranquilli, cos’è questo tono?” rispose una sorridente Eva, “io per qualche tempo starò qui, mica vado via, avremo tutto il tempo. Vorrà dire che mi racconterete domani; anzi correte, che la matematica vi aspetta”. Salutò così i ragazzi, e per la seconda volta nel giro di pochissimo tempo rimase da sola. Del resto non aveva detto a nessuno del suo ritorno, e non poteva di certo pretendere che tutti annullassero i loro impegni per lei; e poi un po' di silenzio e di solitudine non poteva farle che bene, pensò. Silenzio e solitudine che durarono poco, perché sentì di nuovo aprire la porta, e così si avvicinò all’entrata. Davanti si trovò un ragazzino di una quindicina di anni, alto e magro, e per un attimo rimaste esterrefatta, non potendo credere a quello che vedeva: davanti ai suoi occhi c’era Mimmo, ma non di certo il Mimmo che ricordava lei. Ricordava un poco più che bambino, piccolo e paffutello, mentre ora c’era un adolescente nel pieno della sua età. “Ben tornata sorellona” le disse, andando verso di lei abbracciandola. “Grazie Mimmo, ma come sei cresciuto. Per un attimo quasi non ti riconoscevo” rispose Eva. Anche questo abbraccio fu però interrotto presto. Alla porta infatti si affacciò un sudato e affannato Cesare, che evidentemente aveva corso per andare a salutare quella nipote con cui aveva sempre avuto un bellissimo rapporto. “Cesare!!!” esclamò Eva, felicissima di vederlo. “Nipotina bella, ma come stai?! Ben tornata” rispose l’oste, che ancora stava riprendendo fiato. Ancora un abbraccio dunque, e ancora molto affettuoso. Rimase però nuovamente sola. Cesare le spiegò infatti che era venuto a prendere Mimmo perché doveva accompagnarlo agli allenamenti, e così scapparono di corsa. Pensando che con i saluti ormai aveva finito – Gabriella l’aveva sentita per telefono, mentre Pamela e Matilde le avrebbe viste l’indomani, così come detto da Cesare – decise di fare un giro della casa. Era così strano il silenzio in quella casa, dove la confusione e il caos la facevano da padrona. Fece un breve giro di tutte le stanze, e ognuna di esse rievocava in lei quantità inimmaginabili di ricordi, tutti scanditi perfettamente nella sua mente. Si fermò davanti la mansarda, che fu la stanza che più la colpì.  In quella stanza aveva coltivato i sogni di una vita felice, di una famiglia vera, di un matrimonio con Marco; e in quella stanza aveva versato le lacrime più amare, si era sentita sporca e umiliata per via di un tradimento che le aveva spezzato il cuore e l’aveva portata via, lontana dai suoi cari e da tutto ciò che in quei pochi anni romani aveva costruito. Si sentiva così stupida a pensare che, dopo che il destino si era messo in moto per farle rincontrare Marco e per dare ad entrambi una seconda possibilità, lei aveva rovinato tutto, tradendo a sua volta l’uomo che amava e tutta la sua famiglia. Come se avesse fatto cadere la prima tessera di un domino, un vortice di pensieri si attivò nella sua testa, ripensando a Jean, al periodo parigino e a tutto quello che aveva vissuto negli ultimi mesi. Un altro pensiero però le fece spuntare un sorriso. Quel giorno era stato caratterizzato da molti abbracci, qualcosa che le era profondamente mancato in Francia, e fu proprio in quel momento che capì: adesso sarebbe stato tutto diverso, adesso con lei c’era la sua famiglia.
Una foto appesa sulla parete ruppe quel vortice: Marco e Maya sorridenti guardano verso l’obiettivo. Come le aveva spiegato Lucia, dal suo arrivo quella era stata la stanza della principessa; ma adesso sarebbe tornata ad essere sua e di Marta, perché, per una strana coincidenza, proprio quel giorno Maya aveva fatto rientro a castello per degli impegni istituzionali improrogabili. Varcò la soglia della mansarda e guardò la foto, per un istante pensò di farla a pezzi, ma il rumore della porta la fece desistere. Stavano tornado tutti, e non vedeva l’ora di cenare nuovamente insieme alla sua famiglia.
Per il resto, tutto il resto, ci sarebbe stato tempo. 

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Capitolo 3
*** Principessa sul... giornale ***



Era a Roma ormai da una settimana. Marta piano piano stava scoprendo Roma, mentre lei, lei quella città l’aveva sempre amata. Le piaceva ogni cosa di Roma. Amava perdersi tra i vicoli di Trastevere, che regalavano emozioni anche nei pomeriggi più grigi; amava camminare e scoprire ogni giorno nuovi pezzi di storia; amava leggere un libro a Villa Pamphilj, oppure guardare il panorama dal Gianicolo, con la sua doppia vista sulla città religiosa e su quella “laica”. Il nuovo ambientamento a casa Cesaroni era stato semplice, anche perché praticamente nulla era cambiato. Giulio, Cesare ed Ezio continuavano a creare i loro casini, e Lucia e Stefania continuavano a tirarceli fuori. I ragazzi erano cresciuti, ma avevano sempre i loro problemi e le loro storie, soltanto con qualche anno in più. Aveva notato qualcosa di strano tra Rudi e Alice, era come se in loro due rivedeva gli stessi sguardi che si scambiavano lei e Marco anni prima, ma forse si sbagliava. Marco, ecco, Marco era l’unica cosa differente rispetto agli anni precedenti. In questi primi giorni dal suo ritorno il loro rapporto era stato pressoché nullo, limitandosi a scambiarsi due parole soltanto per ciò che riguardava Marta. Questo le dispiaceva e non poco, ma lo capiva benissimo e rispettava la decisione di Marco di evitarla. Anche se ci avrebbe giurato che in lui vedeva qualcosa di strano. Era come se appena la vedesse non ci capisse più nulla e cercasse di cambiare discorso o di andare via; come se la presenza di Eva in qualche modo lo turbasse. Di certo non era semplice trovarsi in giro per casa colei che aveva amato alla follia e che le aveva spezzato il cuore, soprattutto ora che aveva occhi soltanto per un’altra ragazza. Ma tant’era, e ci si sarebbe dovuto abituare.

Scendendo per colazione scoprì che proprio Marco era in partenza per Berlino, dove avrebbe passato qualche giorno di relax con Maya. Stava andando via quando Eva notò qualcosa di strano nel giornale che il fratellastro teneva in mano. “Scusa Marco, ma quella non è Maya?” chiese Eva. “Quella chi scusa?” rispose Marco guardandosi intorno in cerca della sua fidanzata. “No, non qui, lì, sul giornale” incalzò la Cudicini, indicando la pagina del giornale che teneva sotto il braccio. Col senno di poi probabilmente si sarebbe fatta gli affari suoi, perché fare del male a Marco era l’ultima cosa che avrebbe voluto fare, anche se in realtà questa volta lei non aveva fatto nulla, ma ormai il dado era tratto. Giulio difatti, sempre seduto a capotavola, prese il giornale e lo aprì sul tavolo. “La famiglia reale in visita in Italia” recitava il titolo, e lì, stampata davanti gli occhi di tutti c’era proprio lei, Maya, in mezzo ai due genitori, tutti in abiti regali. Leggendo l’articolo si scoprì dunque che Maya non era affatto una fotografa inglese di nome Smith, come a tutti aveva fatto credere, ma una nobile, già promessa sposa ad un principe austriaco. Nemmeno una giornalista brava come Eva avrebbe potuto descrivere lo stupore che caratterizzava i volti dei partecipanti alla colazione di quella mattina. In fondo la ragazza era stata accolta come una figlia, e tutti le si erano affezionati, e sapere che aveva mentito a tutti non fu una bella notizia. Chiaramente il più “deluso”, per usare un eufemismo, fu Marco. “Ma di chi mi sono innamorato io?”, furono le sue uniche parole, prima di salire le scale per chiudersi in camera. Non sarebbe più partito.
Dopo circa mezz’ora, nella quale tutti i membri di casa Cesaroni avevano provato a parlare con Marco, fu il turno di Eva, che come al solito, fu anche l’unica a riuscirsi. Era da quando avevano diciassette anni che si ripeteva il solito copione: Marco in stanza, triste per qualche casino, ed Eva pronta a consolarlo, sempre con la parola giusta. Prese Marta e scese in cucina. “Mamma ma che cos’ha papà?” chiese dolcemente la bambina. “Tesoro papà ha male al pancino, ma ora lo facciamo stare meglio, ti va?” “Siii”. E così madre e figlia presero un vassoio e lo riempirono con tante cose buone da mangiare e da bere; poi Eva prese un foglio e scrisse, a nome della bambina, una semplice frase, ma dal potere di far cedere anche il più duro degli uomini: Ti voglio bene papà. Salirono dunque in camera, Eva aprì la porta, e immediatamente si udì “non voglio vedere nessuno, per favore lasciatemi stare”. ‘Ma sta piangendo’ pensò Eva, e per lei fu come una coltellata al cuore, perché subito pensò che probabilmente era stato in questo stato anche quando lei lo lasciò. “Papà ti abbiamo portato la colazione a letto, così ti passa la bua”. La voce dolcissima della bambina ebbe l’effetto che Eva sperava. Marco, steso con la faccia sul cuscino, si girò di scatto, e non appena vide la bambina la fece venire verso di sé, per poi prenderla, posare il vassoio e abbracciarla fortemente. Lentamente entrò anche Eva, che si avvicinò al letto. “Scusaci, ma voleva venire da te” gli disse Eva, mentendo leggermente, “ora vi lascio”. “Puoi restare” le disse Marco, la voce ancora singhiozzante. Lei si fermò, e tornando indietro si sedette sul letto; Marta continuava ad abbracciare il papà. Fu un attimo, e gli sguardi dei due fratellastri si incrociarono, gli occhi pieni di lacrime di Marco contro quelli bellissimi e sempre pieni di speranza di Eva. Eva gli fece un sorriso, e quasi involontariamente mise una mano sulla coscia di Marco, vicino alla sua di mano, che altrettanto involontariamente si avvicinò a quella della sorellastra. “Vedrai, andrà tutto bene” disse a quel punto Eva.

Nel frattempo, all’aeroporto di Fiumicino, Maya aspettava il suo fidanzato, palesemente in ritardo, e provava insistentemente a chiamarlo, senza però ricevere risposta. Stava cominciando a preoccuparsi e così, per calmarsi, si sedette su una panchina. Vicino a lei un signore leggeva il giornale. Quasi svenne nel momento in cui vide la foto. Tutto il suo mondo crollò; fu come aver preso un pugno alla bocca dello stomaco, uno di quelli che ti lascia senza fiato e ti fa pensare che morirai da un momento all’altro. Era stata scoperta, ed era avvenuto nel modo peggiore possibile. “Marco” fu l’unica parola che riuscì a dire.

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