Rise again

di AudreyNiikura
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dal buio alla luce ***
Capitolo 2: *** Tra passato e presente ***
Capitolo 3: *** Proiettili ***
Capitolo 4: *** Corsa contro il tempo ***
Capitolo 5: *** La caccia, la preda, la resa ***
Capitolo 6: *** Parole e ricordi ***
Capitolo 7: *** Niente Panico...Respira ***
Capitolo 8: *** Scivolare ***
Capitolo 9: *** Confessioni ***



Capitolo 1
*** Dal buio alla luce ***


“Dove sono?” Non ricordavo cosa fosse successo negli ultimi tempi, mi sentivo confusa, terribilmente stanca, volevo solo tenere gli occhi chiusi. Tutto sommato mi sentivo bene, me ne stavo sdraiata in un posto sconosciuto, al caldo, il mio corpo era come anestetizzato, non sentivo nulla. Dovevo essere li da un bel po’ di tempo. Ogni tanto qualcosa di molto grande e forte mi spingeva la testa sbuffando aria calda.
“Forse sono morta e questa è la sala d’attesa per l’aldilà. Se è così potete lasciarmi qui, non importa.”
Ad un certo punto qualcosa cambiò, entrò della luce e dell’aria gelida, la cosa vicino a me scatto facendo un gran rumore e nitrendo impaurito. “Cosa ci fa un cavallo qui? Oh, forse è il mio, è morto anche lui?”
-E’ morta?- la voce di un uomo.
-No, respira ancora e sento il battito. Tieni fermo quel cavallo prima che si faccia male e faccia del male a noi!-
Sentii delle mani toccarmi e spostarmi i capelli dal viso, poi qualcuno mi sollevò, mi portò fuori e poi mi fece sdraiare in quello che poteva essere il retro di un’auto. “Quindi sono viva, ma dove mi state portando?”
Sentii la macchina partire, poi più nulla.
 
Non saprei dire quanto tempo passò, rimasi in uno stato semincosciente a lungo; ogni tanto sentivo delle voci attorno a me, sia maschili che femminili.
-Come sta oggi?-
-Non ancora bene, ci vorrà ancora del tempo prima che riprenda conoscenza. Per fortuna ci sono dei segni di miglioramento, il battito è più regolare, la temperatura è salita e il colorito migliora di giorno in giorno-
La donna che si prendeva cura di me era sempre molto delicata, la sentivo sfiorami di tanto in tanto la fronte, tastarmi il polso e sussurrare al mio orecchio:
-Forza, inizi a stare meglio. Ce la puoi fare.-
Tutto questo si alternava, qualcuno entrava, chiedeva qualcosa, qualcuno rispondeva. Un giorno penso pure di aver sentito il pianto di un bambino piccolo, doveva essergli successo qualcosa. Un bambino! Era tantissimo che non ne vedevo uno, fin da quando ero partita prima che cominciasse l’apocalisse.
Passarono i giorni, poi una mattina, come fosse la cosa più normale del mondo, aprii gli occhi; me ne stavo in un letto d’ospedale, ma non ero in un ospedale, la stanza dove mi trovavo sembrava il salotto di una casa, con quadri appesi ai muri, tende semi trasparenti alle finestre, qualche libreria colma di libri. Da fuori filtrava una bella luce brillante, doveva essere una bella giornata, sentivo persino gli uccellini cinguettare. Cercai di mettermi a sedere, ma l’unica cosa che ottenni furono delle vertigini spaventose, quindi mi limitai a girare la testa per studiare la stanza.
Dopo qualche tempo si aprì una porta e comparve una ragazza robusta, bionda con un paio di occhiali sottili, quando vide che ero sveglia si illuminò e venne verso di me:
-Sei sveglia! Benissimo! Come ti senti?- mi posò una mano sulla fronte, riconobbi subito il suo tocco, era lei che si era presa cura di me per tutto questo tempo.
-Mi sento bene, però mi gira la testa.- sorrisi, ero felice, non sapevo dov’ero, non sapevo con che persone fossi capitata, ma il mio istinto mi rassicurava, forse ero capitata nel posto giusto.
-E’ normale, quando ti hanno trovata eri molto disidrata, quando sei arrivata qui eri in acidosi metabolica, eri a digiuno da molto tempo, per non parlare della temperatura…-
-I miei reni funzionano ancora? L’acidosi ha lasciato danni permanenti?-
La donna mi scrutò un po’ sorpresa, poi si sistemò gli occhiali e chiese:
-Come fai a sapere queste cose?-
-Sono…ero una specializzanda in cardio chirurgia al quarto anno. Sono un medico.-
Si illuminò nuovamente, prese uno sgabello e si sedette di fianco al mio letto.
-Allora siamo state proprio fortunate ad incontrarci. Comunque io sono Denise, tu chi sei?-
-Sono Ashlee. Piacere di conoscerti Denise. Posso sapere dove mi trovo?-
-Sei ad Alexandria, un posto sicuro. Ma non spetta a me farti le presentazioni del posto e chiederti informazioni sul tuo conto. Dovremo aspettare Rick, è il nostro leader. Ora vado ad avvisarlo, torno tra poco.- Si alzò dallo sgabello, prese la giacca da un appendi abiti poco distante e si diresse vero la porta d’ingresso, poco prima di uscire si voltò verso di me e disse:
-Comunque bentornata tra i vivi e benvenuta tra di noi!- uscì e chiuse la porta alle sue spalle.
Era strano ritrovarsi in un posto sicuro dopo tanto tempo, soprattutto era strano aver trovato delle persone che sembravano normali.
Rick non tardò a comparire sull’uscio, accompagnato da Denise e da altre 2 persone.
Entrarono tutti assieme, e vennero verso di me, Rick prese posto sullo sgabello su cui prima si era seduta Denise. Era decisamente un bell’uomo, ora che potevo osservarlo da vicino, gli occhi azzurri risaltavano in maniera splendida sul viso incorniciato dai capelli castani e la barba incolta.
-Io sono Rick, questa che vedi è parte della mia famiglia. Hai già conosciuto Denise. Lei è Michonne. – indicò una donna di colore con dei lunghi dreadlocks e un fisico da fare invidia ad un’atleta, lei mi fece un cenno con una mano.
-Loro due sono Daryl e Glenn.- Indicò due uomini che se ne stavano un po’ più indietro, Daryl aveva l’aria un po’ burbera, se l’avessi incrociato per strada non so se mi sarei fidata, sembrava un motociclista uscito da una gang, anche se devo dire che aveva un non so che di intrigante, avvolto nel giubbino di pelle, i capelli ribelli e gli occhi azzurro ghiaccio che ricordavano due lame affilate. Glenn invece sembrava una persona molto pacifica, a occhio e croce poteva essere Koreano o Giapponese, il fisico minuto forse poteva ingannare, ma nonostante tutto trasmetteva una forte sensazione di sicurezza.
Rick mi prese una mano e continuò:
-Tu ti chiami Ashlee giusto?-
Annuii.
-Ti abbiamo trovata quasi due settimane fa, eri in una specie di baracca abbandonata ad una ventina di miglia da qui. Eri quasi morta quando vi abbiamo trovato. Ah! Il tuo cavallo sta bene, l’abbiamo portato qui con noi, ora è al sicuro in una stalla improvvisata, mangia molto e sembra stare bene. E’ anche grazie a lui che sei ancora viva, ti ha tenuta al caldo.-
-Duke è vivo!? Pensavo di averlo perso…non immaginavo che sarebbe sopravvissuto. A dir la verità non ci contavo nemmeno su me stessa.- abbassai lo sguardo e la voce finendo la frase.
-Siete stati fortunati, sia a trovare quella baracca, sia a trovare noi. Vorrei chiederti tante cose, però immagino che tu sia stanca, quindi dimmi tu se ti va di parlare o meno.
-Ti racconterò quello che vuoi, però prima vorrei provare a mangiare qualcosa, l’alimentazione parenterale non offre molte energie.-
Rick mi scrutò, poi guardò Denise, la quale, risistemandosi gli occhiali sul naso disse:
-E’ un medico, per la precisione è un chirurgo specializzando.-
Rick tornò a guardarmi emettendo un lungo fischio:
-Wow! Di sicuro riuscirai a renderti utile qui da noi. Denise, puoi portare qualcosa da mangiare ad Ashlee?-
-Certo! Torno subito.-
Gli altri nel frattempo si erano accomodati qua e la per il salotto, Michonne mi parlò un po’ di come avevano convinto Duke a mangiare, all’inizio non si fidava molto, aveva annusato per molto tempo quello che gli avevano portato e, nonostante il suo stomaco brontolasse, non aveva mangiato per un altro giorno abbondante da quando ci avevano trovati.
-Ora però mangia tranquillamente, penso che abbia capito che non vogliamo fargli del male.-
-Duke è sempre stato sospettoso, non si fidava nemmeno di me all’inizio. L’ho comperato 4 anni fa, nonostante i mille impegni che comportava la mia specializzazione, ho sempre desiderato un cavallo mio. Da allora siamo sempre stati insieme, ancor di più da quando è scoppiato il finimondo.-
Rick colse la palla al balzo:
-A proposito di questo, da dove vieni? Come hai vissuto fino ad oggi?-

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Capitolo 2
*** Tra passato e presente ***


Presi un profondo respiro, raccontare e ricordare quello che era successo nei primi tempi dell’apocalisse mi rendevano cupa, gli zombie, i morti, le persone impazzite…era tutto come in un grande incubo.
-Quello che facevo prima di tutto questo lo sapete già, ero una specializzanda di cardio chirurgia al quarto anno al Washington Memorial, subito prima di tutto questo disastro ero in vacanza con il mio ragazzo e alcuni amici, avevamo preso i nostri cavalli ed eravamo in trekking nel Jefferson National Forest, nei dintorni di Hot Springs. Avevamo organizzato un trekking di due settimane, con i cavalli e le tende. Eravamo a metà del percorso quando ci siamo resi conto cosa fosse successo, per qualche giorno abbiamo vagato nei boschi, poi anche quelli sono stati invasi dai vaganti. Erano ovunque. Dopo circa un mese, abbiamo raggiunto un posto vicino a Norwood, li c’era una clinica privata, siamo riusciti a stabilirci li per qualche tempo. C’erano viveri e medicinali, la clinica era nuovissima, probabilmente non era mai entrata in funzione, aveva addirittura alcune cose ancora sigillate.
Trovammo posto per i cavalli e noi riuscimmo ad accamparci in maniera decente, li intorno riuscimmo a saccheggiare qualche casa che ancora non era stata violata e qualcuno iniziò a cacciare come poteva. Rimanemmo li per un mese, forse due, poi arrivò una mandria e in breve dovemmo sbaraccare e ripartire prima di avere delle perdite. Grazie ai cavalli riuscimmo a distanziare i vaganti, però in ogni posto andassimo non potevamo fermarci a lungo. Siamo rimasti insieme fino a sei mesi fa, circa.
Eravamo poco più a nord di Washington, quando siamo finiti in un’imboscata. Noi eravamo solo in sei, mentre loro erano molti di più e decisamente molto armati.
Cercarono di prendere i cavalli con la forza, non riuscimmo a fermarli, due di noi vennero uccisi a sangue freddo, gli altri, tra cui Robert, il mio ragazzo, sono stati presi…- mi fermai un attimo, rividi il volto di Robert mentre lo tenevano a terra con un fucile puntato contro che mi urlava di andar via -…nella confusione sono riuscita a scappare nella boscaglia con Duke, l’ho spinto al galoppo e abbiamo corso fino allo stremo, fino a quando non fui sicura di non averli alle spalle. Non so davvero che fine abbiano fatto Robert e gli altri due, ma ormai ho perso le speranze di ritrovarli vivi, quella gente non sembrava propensa a scendere a compromessi.-
Daryl guardò Rick:
-Potrebbero far parte del gruppo di quelli che ho fatto saltare con il lancia razzi.-
-Molto probabile.-
Poi Daryl guardò me, con i suoi occhi penetranti e molto serio disse:
-Come hai fatto a fuggire? Intendo, come hai fatto a sopravvivere solo tu?-
-Ero rimasta indietro a ispezionare un posto vicino alla strada, ho visto da lontano quegli uomini che li bloccavano, quando li avevo quasi raggiunti spararono in testa ad una mia amica e stavano trascinando gli altri a terra, puntando le armi contro di loro. Spararono al migliore amico di Robert, che tentò di ribellarsi.
Ero quasi da loro, quando Robert mi vide e mi gridò di correre via…subito rimasi immobile, poi quando uno degli assalitori mi notò, girai Duke e scappammo.- Iniziai a piangere dalla rabbia, poi guardai dritto negli occhi Daryl – Mi sento male al pensiero di essere andata via così, ma cosa potevo fare, non avevo armi, ero totalmente impotente…cosa avrei dovuto fare?- tremavo e continuavo ad osservarlo, in attesa di una risposta. Lui si limitò a stare in silenzio, aveva sussultato un momento quando lo avevo preso in causa, forse si era sentito in colpa per aver insinuato che li avevo abbandonati come la più crudele delle traditrici.
Rick si voltò verso Daryl e gli toccò un braccio, come per dirgli che era tutto ok, non serviva agitarsi più del previsto, poi si voltò nuovamente a guardarmi con la calma negli occhi:
-Hai ragione, non avresti potuto fare molto, probabilmente se avessi tentato di salvarli saresti morta con loro. In ogni modo ora sei qui con noi, appena sarai in forze potrai renderti utile per questo nuovo gruppo se vorrai rimanere con noi, in cambio ti daremo protezione e ti insegneremo a difenderti, in questo mondo è facile trovarsi nei guai.- Detto questo mi strinse una mano, poi si alzò per dirigersi verso la porta.
-E’ ora di andare, ti lasciamo riposare, ci vediamo nei prossimi giorni.-
Mi salutarono tutti e uscirono, l’unico ad indugiare sulla porta fu Daryl, che prima di andarsene si scusò con un filo di voce, borbottando:
-Scusami, non volevo…- e scomparve dietro la porta.
L’unica rimasta era Denise, oltre a lavorare in quel posto, ci viveva anche, infatti quello dove ero sistemata non era altro che il salotto della casa che le era stata assegnata.
Si sedette accanto a me con due tazze di tè fumanti, me ne diede una, poi sorridendo dolcemente mi disse:
-Per quanto possa valere sei stata brava a sopravvivere la fuori da sola, e non ti preoccupare, qui ti troverai bene, quando starai meglio ti sistemerai in una casetta poco lontano da qui, dove hanno ricavato anche un box per Duke. Starai bene.- dicendo queste ultime parole mi strinse una mano.
Due giorni dopo, con l’aiuto vigile di Denise, uscii per la prima volta a vedere Alexandria. Non era per niente male come posto, aveva un che di idilliaco se si evitava di guardare le alte mura di cinta e il piccolo cimitero. Le case erano in buonissime condizioni, nonostante il recente incidente con i vaganti di cui mi aveva parlato Denise, sembrava quasi di vivere nel passato, prima dell’apocalisse che ci era toccata. Procedemmo lentamente, visto che non mangiavo come si deve da parecchio tempo, le mie gambe ogni tanto tremavano e mi sentivo terribilmente debole. Fuori, nonostante fossimo in autunno inoltrato, si stava bene, il sole era alto nel cielo azzurro. Pian piano raggiungemmo una villetta lilla:
-Eccoci, questa, se vorrai, sarà la tua nuova casa e qui – disse Denise portandomi verso la basculante del garage - è dove è stato ricavato il box per Duke.-  prese delle chiavi che erano appese al muro e le infilò nella serratura della porticina accanto alla basculante. Entrammo nel garage, era stato rimodernato per assomigliare ad una scuderia, con tanto di scaffali e ganci per i finimenti, nel lato di fronte all’ingresso, era stato costruito un box in legno, da dove mi osservava un Duke un tantino curioso.
Il cuore mi si riempì di gioia nel vedere che stava bene:
-Duke! Tesoro mio!- mi avvicinai quasi in lacrime. Anche Duke era felice di vedermi, iniziò ad allungarsi verso di me con la sua testona bianca e marrone, per annusarmi ed essere davvero sicuro che fossi io. Lo abbracciai forte affondando il viso nella criniera bianca e lui strofinò il suo muso sulla mia schiena, era il nostro saluto. Rimasi qualche momento così, respirando l’odore del mio cavallo.
Poi mi staccai e lo osservai bene, aprii il box ed entrai iniziando a controllare che fosse tutto intero; fortunatamente ad eccezione di qualche piccola escoriazione, il suo bel manto pezzato bianco e marrone era perfetto.
-Sei più in forma di me, si vede che ti hanno trattato bene. Poi guarda qui, nemmeno a casa avevi un posto così bello tutto per te! Mi sei mancato ciccione!-
Denise mi osservava contenta, se ne stava in disparte, in attesa.
-Vieni Denise, facciamo le presentazioni ufficiali.- le feci segno di avvicinarsi – Se vuoi lo puoi accarezzare, è buono ed educato, non ti morderà, a meno che tu non gli dia un motivo valido.- dissi ridendo.
Denise allungò la mano verso il muso di Duke, quando vide che lui rimaneva immobile, lo accarezzò delicatamente vicino al naso.
-E’ morbido come il velluto. Ciao Duke, io sono Denise.- Duke sbuffò.
-E’ il suo modo per dire “piacere di conoscerti”-.
Rimanemmo qualche momento ancora, poi tornammo verso casa di Denise, la debolezza iniziava a farsi sentire, era meglio stendersi di nuovo, prima di crollare a terra come un sacco di patate.
Una volta a casa, Denise preparò uno spuntino per tutte e due, non era ancora ora di pranzo, ma visto che c’eravamo, mangiammo in anticipo. Mentre mangiavamo entrò Carl, un ragazzino di circa quindici anni, con una vistosa benda sull’occhio destro, in parte coperti da dei foltissimi capelli castani.
Rimase un attimo sulla porta della cucina, poi si avvicinò:
-Ciao, io sono Carl, piacere.-
-Piacere mio Carl, sono Ashlee-
-Lui è il figlio maggiore di Rick- intervenne Denise – Vieni Carl, siediti con noi mentre finiamo di mangiare, poi diamo un’occhiata agli esercizi di fisioterapia che ti ho dato l’altro giorno.-
Il ragazzo si accomodò su uno sgabello vicino a noi, rimase in silenzio per qualche attimo poi disse:
-Hai un cavallo bellissimo.-
-Grazie – sorrisi – Se vorrai appena mi rimetto in sesto, te lo farò montare, ti va?-
-Si può fare.-
Rimanemmo in silenzio per il resto del pranzo, poi Denise portò Carl in salotto e controllò i progressi di Carl, la perdita di un occhio comporta molte difficoltà nel ritrovare la coordinazione occhio-braccio, soprattutto perché si perde gran parte del senso di profondità che invece si ha con la visione binoculare.
Mi raccontarono di come aveva perso l’occhio, e di come non fosse stata la prima ferita da arma da fuoco per lui. Era così giovane, eppure aveva vissuto così tante esperienze shockanti da renderlo un uomo.
Mi metteva quasi soggezione ora che conoscevo parte della sua storia.
Una volta che Carl se ne fu andato, Denise controllò i miei parametri vitali per vedere se stavo migliorando:
-Direi che ci siamo, la pressione è buona e il battito è regolare. Devi riprendere ancora un po’ di forze, ma per il resto potresti essere dimessa.-
-Per fortuna…grazie mille Denise.- le sorrisi – Però ho una richiesta da fare.-
-Dimmi-
-Ho bisogno di fare una doccia. Ho il permesso?-
Denise scoppiò a ridere, ridemmo insieme come due cretine, poi quando riuscimmo a fermarci, asciugandosi le lacrime disse:
-Certo che puoi, non ti serve il mio permesso. Mi sono fatta portare un po’ di vestiti per te qualche giorno fa, li trovi nel mobiletto che c’è in bagno sulla sinistra. Fa come fossi a casa tua.-
 
La doccia. Incredibile come una cosa così semplice scontata, ora sembrasse la spa più bella del mondo. Non appena sentii l’acqua calda scorrere sulla mia pelle, un brivido mi percorse la schiena, che bella sensazione. Rimasi qualche tempo sotto l’acqua senza muovermi, assaporando il tepore che mi circondava, poi iniziai a lavarmi. Quando finii, uscii dalla doccia e mi ritrovai a fissarmi nello specchio.
Era tantissimo che non riuscivo ad osservare la mia figura, ero dimagrita, e avevo delle vistose occhiaie che mi segnavano il volto, i miei capelli erano davvero cresciuti molto, ormai mi arrivavano oltre la metà della schiena e notai con piacere che avevano ripreso la sfumatura rossa che avevo quando ero bambina.
Tutto sommato non ero messa così male, ok, non ero nella forma migliore, però pensavo di essere in condizioni peggiori, visto come avevo vissuto gli ultimi tempi.
Mi vestii con gli abiti che mi aveva procurato Denise, un paio di pantaloni grigio scuro simili a dei jeans, una maglietta bianca a maniche lunghe e una morbida felpa con il cappuccio. Riutilizzai i miei vecchi scarponcini, mi ci ero affezionata e ormai erano diventati comodi come delle pantofole. Dopo essermi risistemata scesi nuovamente in salotto.
-Come è andata la doccia?- chiese Denise sollevando gli occhi dal libro che stava sfogliando.
-Divinamente, non ricordavo fosse così bello fare una doccia calda. Che stai leggendo?-
-Sto studiando delle procedure di pronto soccorso, dopo la scuola di medicina ho scelto psicologia, quindi non ho tantissima esperienza in materia.-
-Se vuoi posso darti una mano, ho fatto molti turni in pronto soccorso al Memorial- mi sedetti accanto a lei sul divano e sospirai – Come mi sembrano lontani quei tempi…quasi mi mancano i turni massacranti che ci facevano fare. Comunque, non pensiamoci troppo, dimmi da dove vuoi iniziare e partiamo.-
-Non aspettavo altro!-

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Capitolo 3
*** Proiettili ***


 
Dopo qualche giorno ancora di degenza in casa di Denise, finalmente mi spostai nella mia nuova casa.
Era molto grande per me da sola, però era davvero accogliente, senza contare il box extra lusso per Duke; ispezionai con calma i due piani di cui era composta, non c’era nulla di strano, una semplice casetta accogliente, un posto che davvero potevo chiamare casa.
Scesi nel garage e fissai Duke per un attimo, il mio povero amicone non usciva da parecchio a fare una passeggiata come si deve, Michonne lo aveva portato a fare quattro passi quasi tutti i giorni per sgranchirsi le zampe intorno ad Alexandria, però era abituato a molto lavoro in più, quindi dovevo rimediare.
-Oggi facciamo un bel giro, torno subito!-
Uscii dalla porticina del garage e andai verso casa di Rick, fortunatamente lo trovai sull’uscio, intento a chiudere la giacca.
-Hey Rick!- lo salutai con una mano e andai verso di lui.
-Ashlee! Finalmente sei tornata in pista, ti vedo in forma.-
-Grazie mille! Io avrei una richiesta da fare…- lo guardai con un’espressione implorante, cercando di rabbonirlo prima della mazzata -…vorrei uscire fuori Alexandria con Duke per farlo correre un po'. Posso andare?-
Rick mi guardò serio, poi scoppiò a ridere come un matto. Di contro lo guardai un po' perplessa, cosa c’era di così divertente nella mia richiesta?
-Rick…tutto bene?-
-Si si. Mi fa ridere che tu venga a chiedere il mio permesso per uscire, quando Carl, che è ancora un ragazzino, prende e va, fregandosene altamente.- si Asciugò le lacrime e tirò un lungo sospiro, poi continuò –Puoi uscire quando vuoi in realtà, però prima vorrei essere sicuro che tu sia in grado di difenderti. Per questo oggi io e Daryl verremo con te.-
-Wow! Addirittura le guardie del corpo!-
-Prendere o lasciare. Io e Daryl dobbiamo uscire per controllare un posto a mezz’ora di strada da qui, ti seguiremo a piedi, poi quando saremo arrivati, potrai scatenare un po' Duke, laggiù c’è una radura molto aperta, da dove si vedono bene eventuali nemici. Ci stai?-
Lo guardai nuovamente in faccia, sembrava davvero convinto di quello che diceva, e a quanto pare non avevo altre opzioni. Duke aveva davvero bisogno di una bella galoppata, non potevo fare la schizzinosa.
-Ok, posso essere pronta in un quarto d’ora.-
-Ottimo! Ti aspettiamo al cancello.-
Corsi a casa, presi il mio vecchio giubbino di pelle, poi tornai da Duke, lo sellai alla velocità della luce, poi con un gesto quasi solenne, presi il piccolo telecomando per aprire la basculante e al grido di:
-Verso l’infinito e oltre!- schiacciai il pulsantino. Niente. Riprovai. Niente. MI venne il dubbio che non ci fossero le batterie. Aprii il telecomando e confermai il dubbio, poi pensai: certo che sono proprio sveglia, come potevano esserci le batterie!
-Duke fermo qui.- lasciai Duke tutto bardato ad aspettare in fondo al garage, poi presi le chiavi ed aprii la basculante utilizzando l’interruttore accanto al muro. E si aprì.
Portai Duke all’aperto, controllai di aver stretto il sottopancia e montai. Che bella sensazione quella di essere nuovamente a cavallo, era una delle poche cose che mi faceva rilassare davvero.
Quando arrivai al cancello Daryl e Rick mi stavano aspettando, erano tutti e due ben armati, e avevano un’aria vagamente minacciosa. Rick mi salutò di nuovo e accarezzò il muso di Duke, mentre Daryl lo squadrò da cima a fondo, come se potesse essere un potenziale pericolo.
-Non ti piacciono i cavalli?- chiesi con calma.
Mi guardò cercando di capire se stessi scherzando, poi tornò a guardare il mio cavallo:
-Non proprio, diciamo solo che l’ultima volta che sono salito su uno di quegli affari ci ho quasi rimesso le penne.- detto questo si voltò per aprire il cancello.
Rick mi fece cenno di passare.
Rimanemmo in silenzio per un po’, poi Rick iniziò a parlare:
-Duke è di razza? Non sono un esperto di cavalli, però devo dire che è proprio un bell’esemplare.-
-Non è di razza pura, è un incrocio, papà Mustang e Mamma Paint. Cavalli piccolini, ma molto resistenti e intelligenti.- diedi una pacca sul collo di Duke, che rispose sbuffando –Lui mi ha salvato la vita in qualche occasione mentre vagavamo da soli. Un giorno siamo finiti in mezzo ad un grande gruppo di vaganti e non capivo da dove uscirne, erano davvero tanti e molto vicini, ma Duke sapeva il fatto suo. Ha tirato un po’ di doppiette qua e la, io l’ho lasciato fare. In breve si è aperto un varco e appena ha potuto l’ha infilato al galoppo.-
Rick e Daryl mi guardarono un po’ sorpresi, forse non riuscivano ad immaginare che quel cavallino potesse essere un’arma contro i vaganti.
-Quindi gli devi al vita…- Daryl alzò la testa, incrociando i miei occhi.
-Sicuro.-
Camminammo per quasi mezz’ora su una strada asfaltata circondata da una fitta boscaglia, non c’erano molti vaganti in giro, i miei compagni di viaggio ne uccisero tre o quattro che si erano avvicinati un po’ troppo a noi. Ad un certo punto raggiungemmo un varco nella vegetazione, dove una specie di sentiero conduceva ad una grande radura aperta. Sul fondo, verso sinistra, c’era una vecchia casa diroccata. Tutto attorno era deserto, si sentiva qualche uccellino cinguettare ogni tanto, ma nessun movimento importante.
-Siamo arrivati. Io e Daryl dobbiamo ispezionare quella casa, l’ultima volta che siamo stati da quelle parti abbiamo visto qualcuno la dentro, però stava calando il sole, quindi non siamo andati a controllare.-
Guardai quella casa, e non mi fece una gran bella impressione, il tetto sembrava dover crollare da un momento all’altro. Chissà chi si nascondeva la dentro. Fui portata alla realtà da Daryl che mi diede una pacca sullo stivale con un pugno:
-Sfogati pure con il tuo cavallo, noi entriamo. Però non andare troppo lontano, non sei armata.-
-Daryl ha ragione, cerca di rimanere nelle vicinanze. E se succede qualcosa, torna subito qui e chiamaci.-
Rick mi fissò negli occhi per accertarsi che avessi capito, e non potei fare altro che annuire, sapeva essere molto convincente anche solo con lo sguardo. E lo stesso il suo compare.
-Ok, rimango abbastanza vicina. Ci vediamo tra un po’, buona fortuna con l’ispezione.-
Rimasi a fissare i due uomini che entravano in quel rudere, poi, dopo averli visti sparire all’interno, partii al galoppo.
Senza dubbio era una delle sensazioni più belle, galoppare leggeri in quel prato sconfinato, il vento tra i capelli, il respiro di Duke, il rumore degli zoccoli sul terreno…mi sembrò quasi di rinascere. Eravamo felici tutti e due in quel momento, era da molto che non potevamo correre spensierati, senza doverci preoccupare di sopravvivere o di fare attenzione a chi ci circondava. Libertà.
Mentre facevo quei pensieri, venni interrotta da uno sparo proveniente dalla casa. Ci fermammo di colpo, tutti e due in allerta, poi altri quattro colpi ravvicinati, poi altri due. Qualcosa era andato storto.
Girai Duke e partimmo di corsa verso la casa, Daryl e Rick erano nei guai, dovevo fare qualcosa.
In poco tempo raggiungemmo la casa, lascia Duke fuori sotto il portico, estrassi dalla cintura il coltello che era stato la mia unica arma per tutto il tempo che avevo vagato da sola ed entrai lentamente.
All’interno era tutto distrutto, c’era sporcizia ovunque e nell’aria aleggiava un fortissimo odore di muffa. Notai delle scale in fondo a quello che doveva essere il salotto e mentre mi avvicinavo, sentii Rick gridare dal piano di sopra:
-Dimmi chi sei! Che cosa vuoi?-
Senza pensarci troppo salii le scale e mi ritrovai Rick di fronte, puntava la sua pistola alla testa di un uomo sdraiato a terra.
-Se non mi dici cosa vuoi, ti apro la testa. E credimi, non sto scherzando.-
L’uomo a terra rimase immobile come una statua, non batteva nemmeno le palpebre, poi si girò a guardare Rick e con un ghigno rispose:
-Ammazzami pure, tanto sanno già dove siete.-
-Chi sa dove siamo? Cosa vuoi dire? Non ho tempo per gli indovinelli.- Rick era sempre più arrabbiato, poi sollevo lo sguardo verso di me:
-Ashlee vai di sotto, questo stronzo ha sparato a Daryl, è in cucina, vai a vedere come sta.-
Senza farmelo ripetere due volte, corsi al piano inferiore, entrai in cucina e vidi Daryl sdraiato a terra in una pozza di sangue. Corsi verso di lui, era ancora cosciente, molto debole, ma ancora cosciente.
-Daryl, parlami.-
Daryl mi fissava, incapace di parlare, aveva gli occhi sbarrati per lo shock e per il dolore. Iniziai a controllare le sue condizioni, aveva una sola ferita, però bastava a ridurlo in condizioni critiche. Il proiettile era penetrato nel torace, poco sotto il cuore, non c’erano fori d’uscita, il che non era propriamente un buon segno. Lo feci sdraiare e provai ad auscultare appoggiando l’orecchio al suo petto. C’erano dei gorgoglii, con molta probabilità il polmone sinistro era perforato e si stava riempiendo di sangue. Mi guardai intorno, non c’era nulla che potessi usare per cercare di tamponare un po’ la perdita di sangue. Mentre ero indaffarata a cercare anche uno straccio da legargli attorno, sentii uno sparo.
Non avevo più sentito parlare i due uomini al piano di sopra, ero troppo presa ad occuparmi di Daryl, non sapevo cosa stesse accadendo. Trattenni il fiato per un attimo osservando le scale, poi vidi arrivare Rick, illeso.
-Come sta?-
-Non bene, ha una bruttissima ferita, sta perdendo molto sangue e forse ha un polmone perforato. Dobbiamo cercare di tamponare un po’ l’emorragia e poi dobbiamo portarlo indietro. Se non troniamo alla svelta morirà.-
-Merda…- Rick fissava Daryl immobile.
-Dammi la tua camicia!- indicai a Rick di togliersi la camicia. Me la passò, la arrotolai sull’asse delle maniche e ne ricavai una specie di laccio. –Aiutami a passargliela attorno al petto. Bene. Ora faccio un nodo. Daryl, sentirai male, ma devo farlo assolutamente, poi mi ringrazierai.- strinsi il nodo e Daryl gridò con tutto il fiato che aveva.
-Ok, va tutto bene. Rick, ora devi darmi una mano a caricarlo su Duke, è il modo più veloce per riportarlo a casa.-
Montai in sella a Duke e in quel momento mi sentii cadere nello sconforto: come potevo fare in modo che Daryl rimanesse cosciente per tutto il tempo e non cadesse dal cavallo mentre correvamo a casa?
Guardai Daryl negli occhi:
-Ascoltami, è molto importante. Ora Rick ti aiuterà salire dietro di me, voglio che ti attacchi e che non mi molli mai. Se senti che stai perdendo i sensi dimmelo. Ok?-
Con molta fatica Rick lo aiutò a salire, Daryl soffriva molto e avrebbe sofferto per tutto il viaggio, la ferita era molto grave e il proiettile era ancora conficcato dentro di lui, chissà dove. Prima di partire mi venne un’idea:
-Rick, sgancia il pettorale a Duke, ci sono i moschettoni ai lati.-
-Cosa vuoi fare?-
-Mi basta il sottopancia per tenere ferma la sella, con quello voglio legare Daryl a me.-
Rick ci legò come gli avevo detto, poi ci salutò e partimmo al galoppo alla volta di Alexandria.(

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Capitolo 4
*** Corsa contro il tempo ***


Mentre correvamo verso Alexandria, non mi resi conto di ciò che mi circondava, nella mia testa stavo cercando possibili scenari su cosa avrei trovato una volta arrivata a destinazione e su come sarei potuta intervenire. Speravo solo che non fosse grave come immaginavo, non avevo a disposizione tutto quello che si trova in un ospedale.
Quando vidi le mura di casa, iniziai a sventolare il braccio sinistro:
-Aprite! E’ ferito!-
Michonne era sulla torre di guardia, quando ci vide capì subito che la questione era molto seria:
-Glenn apri il cancello! Daryl è ferito!-
Il cancello si aprì appena in tempo, lo oltrepassai al galoppo diretta da Denise.
-Denise! Ho bisogno di aiuto!-
Arrivò Glenn ad aiutarmi a sostenere Daryl, lo portammo dentro e lo stendemmo sul letto.
Nel frattempo Denise ci raggiunse e rimase un attimo interdetta nel vedere Daryl in quelle condizioni, senza contare che eravamo entrambi coperti di sangue.
-Oh Dio…cos’è successo?-
-Gli hanno sparato, è molto grave. Dobbiamo aprirlo, il proiettile è ancora dentro e non sono sicura dei danni. Potrebbe avere un polmone perforato.-
Mentre aggiornavo Denise, mi preparavo ad intervenire, mi legai i capelli in qualche maniera, mi lavai le mani e mi avvicinai a Daryl per vedere se era ancora cosciente e prendere i parametri vitali.
-E’ ancora cosciente, ma è tachicardico, non so quanto ancora resisterà.-
Nel frattempo Denise si era ripresa e aveva recuperato il necessario per operare.
Mi avvicinai al volto di Daryl, gli scostai i capelli dalla fronte madida di sudore, stava soffrendo molto, ma nonostante tutto era ancora cosciente.
-Daryl…- aprì gli occhi per guardarmi – ora devo tagliare, devo togliere il proiettile e bloccare l’emorragia. Farà molto male, probabilmente perderai i sensi. Però non ti azzardare a mollarmi ok?- non mosse un muscolo, si limitò a fissarmi, ma quello sguardo mi assicurò che ce l’avrebbe messa tutta.
Chiesi a Glenn di legargli le gambe al letto con un lenzuolo e di tenerlo fermo.
-Ok, iniziamo. Se le cose si mettono male e non svieni, ti diamo la morfina. –
Guardai Denise negli occhi, eravamo pronte.
Quando iniziai ad incidere la ferita, Daryl gridò, mi vennero i brividi nel sentirlo, ma non mi potevo fermare per nessun motivo. Iniziò a sgorgare molto sangue, il che non mi facilitò le cose. Appena la breccia fu abbastanza larga, infilai le dita alla ricerca del proiettile e dell’origine dell’emorragia, fortunatamente Daryl perse i sensi in quel momento.
Con l’aiuto di Denise individuammo sia il proiettile, che il danno che aveva causato.
-Ecco! E’ qui…ok, è meno peggio del previsto, il polmone non è danneggiato, c’è una lesione abbastanza estesa, ma posso ripararla, ce la devo fare.- Le ultime parole furono più una specie di incoraggiamento per me stessa.
Mi sembrarono momenti infiniti, ero così concentrata su Daryl, che non mi resi conto nemmeno dell’arrivo di Rick e Carl.
Quando terminai fu come se mi fosse crollata addosso la stanchezza di giorni di cammino, ero sfinita.
-Denise, puoi fasciarlo tu? Devo sedermi…- non feci in tempo a finire la frase che mi ritrovai con il sedere per terra, non mi sentivo più le gambe.
Glenn corse ad aiutarmi:
-Stai male?-
-No, è solo la tensione. Non sono abituata ad operare in queste condizioni, è come essere in guerra. In sala operatoria è tutta un’altra cosa.-
Rick si inginocchiò accanto a me:
-Se la caverà?-
-Se si trattasse di qualcun altro, avrei dei forti dubbi, ma per lui sono abbastanza tranquilla, non mollerà facilmente…e poi mi deve insegnare a cacciare.- accennai un sorriso stanco – Oggi e stanotte lo terrò d’occhio di persona, se passa queste ventiquattro ore ce la farà di sicuro.-
Rick scoppiò in lacrime e mi abbracciò.
-Grazie.-
Glenn mi diede una mano a rialzarmi, il momento di debolezza era passato. Denise nel frattempo aveva fasciato il torace di Daryl e gli aveva messo una flebo con liquidi e antibiotico, poi mi guardò e disse:
-Prima di montare la guardia per il nostro paziente, forse è meglio se vai a farti una doccia.-
La guardai un po’ sorpresa, poi controllai il mio stato: in effetti era meglio, avevo sangue ovunque, misto a polvere e fango.
-Ok, vado a casa a fare una doccia e poi torno.-
Mentre facevo la doccia, sentii il mio stomaco brontolare paurosamente, l’ora di pranzo era passata da un bel po’.
Tornai da Denise armata di coperta e cuscino per la notte.
Daryl stava dormendo, Denise gli aveva fatto una dose di morfina perché aveva iniziato a lamentarsi nel sonno. Probabilmente soffriva parecchio. I parametri erano buoni, aveva un fisico molto forte, chiunque avesse passato quello che aveva passato lui, non sarebbe nemmeno arrivato ad Alexandria.
Presi lo sgabello e mi accomodai di fianco a lui. Osservandolo notai certe cose che non avevo mai notato finora, forse perché non mi sarei mai azzardata a fissarlo con molta attenzione, mi metteva soggezione in certi momenti. Aveva una serie di cicatrici qua e la, alcune piccole, altre molto vistose, come quella che poteva essere di un altro proiettile o di una freccia sul fianco. Il viso ora era molto rilassato grazie ai farmaci, altra cosa non facile da vedere in Daryl. Da quando ero arrivata, lo avevo visto sereno solo in pochissime occasioni. Era sempre all’erta, come un bravo cacciatore. Era una persona misteriosa per me, molto più di tutti gli altri, e forse proprio per questo sentivo la voglia di sapere di più, di scavare nel profondo per capire chi fosse davvero Daryl Dixon, l’arciere che mi aveva salvato la vita assieme a Rick e a Michonne.
Appoggiai la fronte al letto per riposare un po’, non mi accorsi di essermi addormentata fin quando non sentii Denise mettermi la coperta sulle spalle.
-Ti ho svegliata, scusami.-
-Non ti preoccupare- mi misi a sedere diritta e sgranchii il collo –Ho avuto un momento di cedimento.-
-Se vuoi ho preparato la cena, vuoi mangiare di qui?-
-Si grazie, ma vieni anche tu di qui, almeno ceniamo in compagnia.-
Poco dopo stavamo mangiando un buon piatto di zuppa calda sedute sul divano. La cosa era divertente, per un attimo mi tornò in mente quando lo facevo nella mia casa a Washington, capitava spesso, visto i ritmi accelerati, di dover conciliare studio, svago e pasti.
-Lo facevo spesso prima di tutto questo…intendo mangiare sul divano. Io e la mia coinquilina avevamo ritmi di lavoro allucinanti, e quasi sempre non coincidevano con gli orari dei comuni mortali. Quindi per riuscire a sfruttare il tempo in maniera utile, mangiavamo direttamente in salotto sul divano davanti alla tv.-
-Doveva essere divertente.-
-A volte si, anche se mi sarebbe piaciuto mangiare seduta al tavolo ogni tanto.-
Dopo la cena rimanemmo un po’ a chiacchierare sottovoce per non disturbare Daryl, poi Denise mi salutò per andare a dormire.
Accesi la piccola lampada da tavolo che c’era su un mobile di legno vicino alla finestra, così da poterci vedere in caso fosse servito aiutare Daryl, poi spostai il divano vicino al letto e mi distesi in modo da poter vedere il mio paziente in volto.
-Sarà una lunga notte, un po’ come ai vecchi tempi della specializzazione.-
La mattina seguente mi sentivo uno straccio, avevo dormicchiato per una mezz’oretta, ma poi avevo rinunciato, non riuscivo a prendere sonno come si deve con il pensiero di Daryl su quel letto, la sua vita dipendeva da me. Saranno state più o meno le otto, a giudicare dalla luce, quando Denise scese per la colazione. Anche stavolta mangiammo sul divano, bisbigliando per non svegliare o disturbare Daryl. Poco dopo arrivò Rick:
-Buongiorno ragazze, come va? Ashlee, cosa succede? Hai una faccia terribile.-
-Daryl sta bene, ancora qualche ora di attesa per dire che è tutto ok. Per quanto riguarda la mia faccia, è quella di ogni specializzando che fa il turno di notte a sorvegliare i pazienti.-
Mi sorrise, un sorriso che avrebbe sciolto chiunque. Rimasi un attimo inebetita, forse complice il sonno, poi ricambiai il sorriso.
-Io ora devo sistemare un po’ di cose, tu cerca di dormire un po’. Ti può sostituire Denise ora, ormai ci siamo quasi no?-
-Si, Rick ha ragione, ora dormi un po’. Rimani sul divano se preferisci, però dormi. Ora posso pensarci io.-
Accettai di buon grado la proposta, in effetti ero davvero esausta e volevo essere sveglia nel momento in cui Daryl si sarebbe svegliato, volevo occuparmene io. Mi sdraiai sul divano e mentre chiudevo gli occhi, un pensiero mi balenò nella testa: non sono più al Washington Memorial, non devo più battagliare con gli altri specializzandi per seguire un caso, eppure, non volevo mollare con Daryl…forse stavo facendo il grosso errore di affezionarmi troppo. Ma era davvero un errore in questa occasione?
Crollai in un sonno così profondo che non mi accorsi di nulla, né dell’incessante temporale che infuriava fuori, né del risveglio di Daryl.
Quando riaprii gli occhi era tardo pomeriggio, fuori era molto buio. Mi misi a sedere strofinandomi gli occhi e facendo scrocchiare il collo in maniera a dir poco rumorosa.
-Hey, vacci piano.- nel sentire la voce di Daryl scattai in piedi come una molla.
-Sei sveglio?- mi avvicinai per vedere se stesse bene, era un po’ caldo, probabilmente aveva un po’ di febbre, ma per il resto sembrava ok.
-Sono sveglio da un paio d’ore…mi sento una merda.- fece una smorfia molto vicina ad un sorriso.
-E’ normale che tu ti senta così, le tue ultime ventiquattro ore non sono state propriamente una passeggiata di salute. Hai dolore?-
-Un po’, ma stringo i denti, non abbiamo molte scorte di farmaci qui. Te ne sarai accorta.-
-Sicuro, però il tuo è un caso per cui si può fare un’eccezione, quindi non fare troppo l’eroe.-
A quella frase mi guardò un po’ contrariato, come se avessi ferito il suo orgoglio di uomo vissuto, poi si rilassò, probabilmente era ancora troppo debole per controbattere.
-Ora ti controllo la ferita, devi portare un po’ di pazienza.-
Gentilmente lo sfasciai per controllare che fosse tutto a posto, fortunatamente non c’era niente di preoccupante, andava tutto bene. Dopo averlo fasciato nuovamente lo coprii con la coperta, per essere a fine Ottobre faceva già molto freddo. Mentre gli sistemavo la coperta, Daryl afferrò la mia mano e la strinse.
-Tutto ok?-
-Si…- annuì – volevo solo ringraziarti per avermi salvato la vita, se non ci fossi stata tu, non avrei mai rivisto Alexandria vivo. E grazie anche per essere stata sveglia tutta la notte a controllarmi-
Il mio cuore sobbalzò un momento a quelle parole, non so perché, ma non pensavo mi avrebbe ringraziata, o quanto meno non così, magari a modo suo, bofonchiando un grazie appena udibile. Gli strinsi la mano a mia volta e lo guardai negli occhi:
-Non potevo certo lasciarti morire in quel porcile. E poi non volevo perdere il mio futuro istruttore di tiro!- sorrisi per mascherare l’imbarazzo di aver detto una cosa così idiota. Ma cosa cavolo stavo dicendo? Il mio futuro istruttore di tiro?? Ma evidentemente a Daryl non sembrò una cosa così assurda, perché mi guardò un attimo e poi disse:
-Si può fare.-

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Capitolo 5
*** La caccia, la preda, la resa ***


Passarono tre giorni, durante i quali non feci altro che trasferirmi in continuazione da casa mia a casa di Denise, passando anche qualche ora in giro con Duke. Daryl migliorava a vista d’occhio, quindi non aveva necessità di avere una sorveglianza continua. Fuori iniziava a essere molto freddo, l’inverno era alle porte e tutta la natura attorno ad Alexandria era pronta al letargo. All’alba del quarto giorno mi organizzai con Rick e Michonne per uscire con loro a caccia. Preparai Duke come sempre, mi infagottai per bene con una pesante mantella di lana e mi avviai verso il cancello.
C’era solo MIchonne, Rick probabilmente doveva ancora arrivare.
-Ciao Ashlee, ciao Duke!- Michonne accarezzò il muso di Duke, le piaceva molto e ogni tanto veniva a portargli qualche fascio di erba medica come regalo. Dal canto suo Duke adorava chiunque gli portasse del cibo, quindi era contento anche lui di vederla.
-Fa freddo oggi, ormai dovremmo essere in Dicembre, giusto?- chiesi a Michonne sfregandomi le braccia nel tentativo di generare un po’ di calore.
-Penso di si, a giudicare dalle temperature direi proprio di si. Pronta per la battuta di caccia?-
Annuii, in realtà la caccia non era la mia attività preferita, però dovevamo pure mangiare anche qualche proteina. Quando Rick mi aveva chiesto di andare con loro la sera prima, ero rimasta un po’ sorpresa, e lo era anche Daryl, che costretto al riposo dalla sottoscritta, smaniava dalla voglia di uscire da quella casa. Smaltita la sorpresa iniziale accettai, sottolineando che non ero molto abile nel cacciare.
-Non ti preoccupare, sarai molto utile con Duke per tagliare la strada alle prede.- detto questo salutò ed uscì. Ecco come mi ero ritrovata a prendere parte a quella battuta di caccia.
Dopo qualche minuto, mentre io e Michonne stavamo chiacchierando del più e del meno, arrivarono Rick e Glenn.
-Buongiorno signore! Freddino?- Rick sogghignò nel vedermi infreddolita, poi si voltò verso Glenn, che a giudicare dalla postura, nemmeno lui se la cavava molto bene con il freddo. – Ci scalderemo strada facendo.-
Ci spostammo di qualche chilometro, il freddo mi stava letteralmente facendo cadere il naso, l’aria era davvero gelida, sembrava fatta di spilli. L’unico che davvero sembrava divertirsi in quel clima infame, era Duke. Dopo una mezz’oretta arrivammo al limitare del bosco, io e Glenn rimanemmo allo scoperto, pronti a tagliare la strada ad eventuali prede fuggitive, mentre Rick e Michonne rimasero nel bosco alla ricerca di prede da stanare.
Per un po’ di tempo non successe nulla, tutto fin troppo tranquillo, silenzioso. Duke si annoiava a stare fermo ed iniziò a scalpitare, mentre Glenn era sul punto di diventare un ghiacciolo.
-Vuoi scaldarti un po’?- domandai. Glenn si voltò a guardarmi, aveva le mani ben infilate nelle tasche del giaccone, la sciarpa tirata fin sopra il naso ed il berretto di lana, a vederlo così sembrava dovesse partire per il Polo: -E come faccio? Mi metto a correre qui intorno?-
Ridacchiando scesi da cavallo e feci cenno a Glenn di avvicinarsi.
-Abbraccia Duke, è molto caldo.-
-Abbracciare Duke? Mi prendi in giro?- sgranò gli occhi.
-Non ti prendo in giro, fidati, abbraccia Duke. L’ho fatto tantissime volte, funziona.-
Riluttante si avvicinò al cavallo e lo abbracciò passando le braccia attorno al collo.
Dopo qualche secondo mi guardò e concordò: -Avevi ragione, è come abbracciare una stufa!-
Poco dopo un rumore proveniente dal bosco attirò la nostra attenzione.
Risalii a cavallo cercando di fare il meno rumore possibile, mentre Glenn imbracciò il fucile pronto a sparare.
Mi avvicinai lentamente alla vegetazione, non sentivo più alcun rumore, ma proprio mentre stavo per rinunciare, saltò fuori un grosso cinghiale molto arrabbiato.
Duke sobbalzò per la sorpresa, scattando di lato come se lo avessero pizzicato, ma fortunatamente non perse il controllo e tornò quasi subito calmo. Il cinghiale raspò per terra a testa bassa, aveva intenzione di caricare, voleva tentare la fuga a tutti i costi. Mi stavo preparando a scansarlo, quando contro ogni previsione, si lanciò in una corsa disperata nella direzione di Glenn. Molto probabilmente non si era accorto della sua presenza e finì per andargli incontro.
-Glenn attento!- la mia voce venne dispersa dal boato di un fucile. Rick era spuntato da dietro al cinghiale e lo aveva abbattuto prima che investisse Glenn, il quale era rimasto pietrificato sul posto e solo dopo qualche secondo alzò gli occhi per dire: -Potevi uccidermi!-
-Non dire sciocchezze…- rispose il cacciatore avvicinandosi alla preda.
Il cinghiale era morto sul colpo, Rick era riuscito a colpirlo in pieno. Decidemmo di utilizzare Duke come mezzo di trasporto, il cinghiale era troppo pesante perché uno di noi potesse trasportarlo agevolmente fino a casa. Così, tolta la sella, legammo il nostro bottino sulla schiena di Duke e ci avviammo a piedi sulla strada del ritorno.
Quando arrivammo ad Alexandria scaricammo il cinghiale e portai subito Duke a fare un bagno veloce, puzzava di cinghiale in una maniera indegna, senza contare tutto lo sporco e il sangue che gli era rimasto attaccato al pelo. Lo lavai bene, poi cercai di asciugarlo il più possibile con un vecchio asciugamano da doccia che avevo recuperato proprio per lui.
-Sei stato bravissimo oggi, più tardi ti porto qualcosa di buono da mangiare- gli schioccai un bacio sul muso morbido e lui rispose borbottando.
Dopo essermi sistemata, mangiai qualcosa di veloce e mi diressi a vedere come stava il mio paziente.
Non appena misi piede in casa di Denise, venni accolta da un Daryl alquanto insofferente:
-Finalmente! Puoi dire a Denise che non sto morendo e che non serve più che stia inchiodato a questo letto? Sono passati quattro giorni da quando mi hai operato, sto bene!-
Daryl se ne stava seduto sul letto, aveva gli occhi fuori dalle orbite, non ne poteva davvero più di stare chiuso in quella stanza, oltretutto costretto a letto.
-Dici di star bene? Vediamo.- mi avvicinai a lui, lo guardai negli occhi in segno di sfida –Forza! Scendi dal letto e fammi vedere come stai in piedi.-
Mi fissò un attimo perplesso, sembrò quasi indeciso. Osservandolo si poteva quasi vedere quello che stava accadendo nella sua testa, fin quando si decise e si alzò in piedi.
-Visto? Sto in piedi.- disse guardandomi e allargando le braccia.
-Ok, fin qui va bene. Fai quattro passi.-
Daryl iniziò a camminare spavaldo su e giù per il salotto, continuando a ripetere: visto che ci riesco, non devo stare a letto, posso uscire benissimo e tornare alla mia cazzo di vita.
Mentre diceva questo iniziò a diventare pallido e a sudare.
-Ne sei sicuro?- sapevo già cosa sarebbe accaduto, ma volevo vedere fino a quanto la sua testardaggine l’avrebbe portato verso il limite.
-Che domande sono?- in quel momento roteò gli occhi e svenne. Peccato che scelse il posto peggiore per svenire e finì dritto dritto con la testa contro la maniglia della porta d’ingresso sradicandola dalla sua sede. Fece così tanto rumore che Denise, che era al piano di sopra a fare una doccia, aprì la porta è gridò: -Che succede?-
Sul momento rimasi shockata, sapevo bene che sarebbe svenuto, non ero intervenuta perché pensavo che si sarebbe semplicemente accasciato a terra. Invece era riuscito, chissà come, a centrare l’unica cosa potenzialmente pericolosa nell’arco di tre o quattro metri.
Superato quell’attimo, risposi: -Nulla…Daryl ha deciso che devi cambiare maniglia del portoncino.-
Mi avvicinai per vedere che fosse tutto a posto, mentre mi accucciavo vicino a Daryl per aiutarlo, lui riprese conoscenza. Dovette sbattere le palpebre qualche volta per mettermi a fuoco, poi con un’espressione da cane bastonato mi guardò e disse:
-Non ti azzardare a dire una parola o giuro che ti ammazzo.- Lo guardai negli occhi, in quegli occhi che di solito mi facevano palpitare, e non resistetti alla tentazione…scoppiai a ridere come una cretina.
Scoppiai senza ritegno, non riuscivo nemmeno a stare dritta, me ne stavo accartocciata affianco alla testa di Daryl con le lacrime agli occhi e i convulsi.
-Ma mi prendi in giro?- Daryl sembrava spazientito dalla cosa, ma nonostante il suo sguardo sembrava volesse dilaniarmi sul posto, non riuscivo a smettere di ridere.
-Smettila di ridere!-
-Sc..scu…scusa…- tirai un profondo respiro e mi ricomposi in qualche maniera, poi tornai a osservare Daryl che nel frattempo si era messo a sedere con la schiena appoggiata alla porta d’ingresso.
-Scusami, non volevo ridere così. Però devi ammettere che la scena è stata comica.-
-Comica un corno!- rispose contrariato Daryl, si stava massaggiando la testa nel punto dove aveva sbattuto contro la maniglia –Penso anche di essermi fatto un taglio-
-Fammi vedere…- mi avvicinai per controllare la testa, effettivamente aveva una bel taglio, ma con qualche punto sarebbe andato tutto a posto. Lo aiutai a tirarsi su e lo accompagnai sul divano.
-Adesso fermo qui, ti rattoppo la testa.-
-Sé…come vuoi.- sprofondò nello schienale del divano socchiudendo gli occhi.
Poco dopo ci raggiunse Denise, quando vide cosa era successo alla porta, non riuscì a credere che fosse stato Daryl con il suo testone. Continuava a fare la spola tra la porta e il divano, per cercare di capire come avesse potuto combinare un danno simile.
Mi sedetti sullo schienale del divano, mettendo le game ai lati della schiena di Daryl, così da avere una buona visuale della sua testa.
-Che cavolo fai seduta li?-
-Stai tranquillo, e fermo! Da qui riesco a vedere bene la ferita, non farti strane idee.- mentre dicevo quella frase un brivido caldo mi percorse la schiena. Magari ero io a non dovermi fare strane idee, effettivamente non era una posizione consona al lavoro, però non avevo trovato alternative pratiche. Sospirai per scacciare le sensazioni che mi dava avere Daryl così vicino e poi iniziai. Era davvero difficile concentrarsi in quelle condizioni, ogni giorno che passava, provavo sensazioni sempre più forti nei suoi confronti, dovetti arrendermi all’idea che aveva fatto davvero colpo su di me. Porca miseria, mi stavo innamorando di lui!
-Ecco, ho finito.- scesi dalla spalliera del divano e andai a sistemare tutto quello che avevo preso per suturare. Daryl si alzò, facendo attenzione stavolta a non fare movimenti bruschi, poi si avvicinò a me e iniziò a fissarmi.
Per un attimo pensai che stesse male, poi la sua espressione si fece strana, una via di mezzo tra il “ti ammazzo” e il “ti prego”:- Daryl tutto ok? Ti senti male?-
-Sono ok, però ti prego….ti prego- disse unendo le mani in segno di preghiera –Fammi uscire di qui! Non ce la faccio più a stare in casa con Denise.- l’ultima frase uscì come un sussurro mentre si avvicinava sempre più con il suo viso al mio.
Deglutii rumorosamente e probabilmente cambiai colore, era davvero tanto vicino. Mi ripresi un attimo e mi spostai lateralmente per lasciare un po' più di spazio tra noi.
-Vedrò cosa posso fare, non mi fido ancora a lasciarti andare a zonzo da solo, visto la prodezza di poco fa.- dissi indicando la maniglia ancora a terra.
-Quello non accadrà più, sono stato un po' troppo spavaldo, lo ammetto. Però ti prego, portami dove vuoi, però non voglio più stare qui. Prometto  che starò in casa ancora qualche giorno, però non qui!-
Lo osservai, era davvero disperato, chissà cosa aveva combinato Denise per renderlo così insofferente. Ci pensai su un attimo, poi dissi una cosa che non avrei mai pensato potesse uscire dalle mie labbra:
-Ok, potrai trasferirti da me, così ti posso tenere d’occhio. Prendere o lasciare.- Oddio…ma perché l’ho detto?
Daryl rimase un po' sorpreso, forse nemmeno lui si aspettava che potessi dire una cosa del genere, poi fece un mezzo sorriso e contrattò:
-Ok, però non più di tre giorni di reclusione. E dovrai portarmi fuori a fare quattro passi almeno una volta al giorno…-
-Come un cane?-
-Ma che cazz…Dio sei perversa! Hai capito cosa intendo. Ci stai?-
Feci finta di pensare, ma in realtà avevo già deciso, avrei avuto Daryl a casa mia per qualche tempo, così lo avrei tenuto d’occhio…o forse lo volevo da me perché desideravo da morire stare da sola con lui. Non necessariamente per portarmelo a letto, ammesso e non concesso che potessi anche solo entrare nei suoi pensieri, ma semplicemente perché volevo bearmi della sua presenza.
-Ok, affare fatto. Ti do una mano a prendere le tue cose e andiamo.-
-Grazie.-

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Capitolo 6
*** Parole e ricordi ***


Una volta arrivati a casa, aiutai Daryl a sistemarsi nella stanza di fronte alla mia, fortunatamente non aveva molte cose con se. Preparai il letto, mi assicurai che avesse asciugamani puliti e poi mi girai verso di lui per avere conferma che gli andasse bene.
-Mi pare sia tutto a posto. Se ti serve qualcosa chiama, io esco un momento a prendere qualcosa da mangiare per Duke, torno tra poco.-
Daryl non disse nulla, si limitò a fare un cenno del capo per farmi capire che aveva capito e si buttò sul letto con un sospiro. Rimasi un secondo a guardarlo, non capivo se stesse bene o se semplicemente avesse bisogno di riposare un po'.
-Tutto ok?-
-Mmh..- mi guardò con gli occhi socchiusi, poi continuò –Tutto ok, sono solo un po' stanco e ho mal di testa.-
Allarmata dalla confessione mi avvicinai per controllarlo.
-Ma che fai? Toglimi le mani dagli occhi!- mi bloccò i polsi con una stretta solida e sicura.
-Mi hai detto che ti senti stanco e che hai mal di testa, vista la botta di prima, volevo assicurarmi che non ci fossero altri problemi.- mi liberai dalla sua presa e mi sedetti sul letto accanto a lui. – Sai, i colpi alla testa, per quanto possano sembrare stupidi, possono essere molto pericolosi. – distolsi lo sguardo dai suoi occhi blu, improvvisamente imbarazzata da quello che stavo per dire –Sono solamente preoccupata che ti possa succedere qualcosa di male.-
Il silenzio imbarazzante che venne a crearsi sembrò durare un’eternità, riuscivo a sentire solamente il battito accelerato del mio cuore e il mio respiro. Improvvisamente Daryl mi prese una mano per farmi voltare verso di lui: -Credimi, sono più resistente di quello che immagini, non sarà certo la maniglia di quella porta del cavolo a mettermi fuori gioco. Ora vai, Duke avrà fame, ci vediamo più tardi.- detto questo si sistemò meglio sul cuscino e chiuse gli occhi, facendomi cenno con la mano di andare.
Sospirai scuotendo la testa, ero ancora preoccupata, ma non avevo altra scelta se non quella di lasciarlo riposare un po' ed occuparmi di Duke.
Uscii nuovamente nell’aria gelida, l’inverno era proprio arrivato, il vento iniziava a crescere d’intensità e portava con se un pungente odore di neve. Mi incamminai verso quello che era diventato il deposito di fieno e mangime per Duke, li dentro si era creato un bel tepore, dovuto alla fermentazione del fieno stesso, ed entrarci mi creò una sensazione di sollievo non indifferente: il caldo, il profumo del fieno secco, il profumo dell’erba medica che avevo raccolto qualche tempo prima con Glenn…sembrava che tutto fosse normale li dentro. Mi ritrovai inevitabilmente a ripensare al mio passato, a come vivevo prima dell’apocalisse, a Robert. Dio se mi mancava, mi mancava tantissimo e ancora non mi davo pace per come me ne ero andata, lasciando lui e gli altri in balìa di quegli uomini. Mi sedetti a terra, appoggiando la schiena ad una balla di fieno e mi lasciai andare in un pianto disperato. Non piangevo da chissà quanto, dovevo buttare fuori tutto quello che mi ero tenuta dentro per mesi, senza contare gli ultimi avvenimenti. Era tutto così diverso, ma non potevo farci nulla, ora era quella la mia vita e dovevo rassegnarmi. La porta del fienile improvvisato di aprì di colpo, sussultai spaventata.
-Ashlee! Che succede?- Glenn si avvicinò, avevo provato a coprire il viso, per non fargli vedere che stavo piangendo, però mi risultò impossibile.
-Nulla…io…- ma non riuscii a fermarmi e scoppiai di nuovo in lacrime. Glenn rimase un attimo bloccato, poi si accomodò al mio fianco e mi mise un braccio attorno alle spalle.
-Sfogati, ne abbiamo bisogno tutti.-
Rimanemmo qualche minuto in quella posizione, Glenn in silenzio rispettoso e io abbandonata al mio pianto. Appena riuscii a calmarmi mi spostai un po', mi asciugai gli occhi in qualche maniera e poi guardai Glenn con un sorriso appena accennato:
-Scusami, non volevo farmi vedere così, di solito qui non viene mai nessuno.- sospirai –Non mi ero ancora sfogata davvero per tutto quello che è successo negli ultimi mesi. Quando sono entrata qui, il profumo del fieno mi ha fatta tornare indietro, è stato come uno schiaffo. Ho ripensato ai miei amici, a Robert, alla mia vecchia vita e mi sono sentita persa.-
-E’ perfettamente normale, non ti devi preoccupare. Anche a me ogni tanto capita, però man mano che passa il tempo, la sensazione è sempre più simile ad un sogno. Oltretutto qui ho una nuova famiglia, siamo tutti molto legati, credimi, è solo questione di tempo e troverai anche tu la tua pace qui.-
 Glenn si alzò e mi tese una mano per aiutarmi a rialzarmi.
-Se hai bisogno di parlare non farti problemi, puoi parlare con tutti noi….ecco forse non con Daryl, è di poche parole.-
-Ho notato, sarà strano averlo in casa per un po' di tempo, ma ci farò l’abitudine.- mentre dicevo questa frase iniziai a smembrare una balla di fieno per portare la cena a Duke e non mi accorsi della faccia di Glenn.
-A casa tua? Che mi sono perso?-
-Nulla.- mi voltai a guardarlo –Da Denise non si trovava bene e non è ancora in forze per rimanere da solo. Quindi abbiamo contrattato: o da Denise o a casa mia.-
Glenn si mise a ridere come un matto, poi mi mise una mano su una spalla e mi disse:
-Avevamo davvero bisogno di una come te qui, ma forse più di tutti ne aveva bisogno Daryl. Ne sono sicuro. Beh ora ti lascio ai tuoi lavori, io torno ad aiutare Michonne e Rick con quel cinghiale. Quando avrò la tua razione te la allungo.-
Rimasi a fissare Glenn mentre se ne andava e richiudeva la porta del fienile dietro di sé, non potevo fare a meno di chiedermi cosa intendesse con la frase che aveva appena detto.
Andai a portare il fieno e un po' di erba medica a Duke, il quale mi accolse sbuffando impaziente. Lo coccolai un po' mentre mangiava come se non ci fosse un domani, era talmente assorto nel mangiare, che non si accorse nemmeno quando gli presi le orecchie tra le mani per rompergli le scatole.
Ridacchiando tra me e me lo salutai e tornai in casa.
Il piano terra era deserto, probabilmente Daryl stava dormendo, quindi ne approfittai per leggere un po' i manuali di medicina che avevo trovato a casa di Denise. Alcuni volumi erano interessanti, probabilmente il medico che c’era ad Alexandria aveva una specializzazione in chirurgia generale, infatti molti di questi libri riguardavano procedure chirurgiche generiche che avevo solamente visto eseguire e fatto di rado, vista la mia specializzazione. Era un buon passatempo. Mentre ero assorta nella lettura, intenta ad immaginare i vari passaggi dell’intervento che stavo studiando, sentii Daryl gridare dal piano di sopra.
Mollai il libro istantaneamente e corsi nella sua stanza.
Aveva gli occhi chiusi e si muoveva agitato nel letto, era sudatissimo e sembrava non riuscisse a svegliarsi:
-No, ti prego no! Non farlo!-
-Daryl! Svegliati, è solo un incubo!-  provai a scuoterlo posandogli le mani sulle spalle.
-Daryl, calmati!-
Improvvisamente aprì gli occhi gridando un nome a me sconosciuto: -Beth, no!-
-Daryl, era un sogno. Stai bene?- mi guardò con gli occhi annebbiati dal sonno, sembrava non fosse ancora del tutto sveglio, mi scrutò per capire chi fossi.
Preoccupata, mi inginocchiai di fianco al letto prendendogli un mano:
-Daryl, tutto ok?- avevo il cuore che batteva all’impazzata. – Chi è Beth?-
Quando pronunciai quel nome, sembrò tornare alla realtà, sembrava si sentisse imbarazzato da quella situazione, lasciò andare la mia mano e borbottò: - Nessuno…- poi si voltò dall’altra parte.
Credendo volesse dormire ancora, mi alzai e mi avviai verso la porta, sulla soglia indugiai un momento, poi fu lui a richiamare la mia attenzione:
-Ash…vieni qui.-
Andai da lui, senza dire nulla mi prese una mano e mi tirò verso di sé, mi guardò per un momento in silenzio, poi disse:
-Non dire a nessuno di questa cosa, quando sarà il momento forse ti spiegherò.- dopo di che chiuse gli occhi nuovamente e mi lasciò andare.
 
Tornai al piano di sotto, un po' scossa e sempre più confusa. Quando arrivò Glenn con la mia parte di cinghiale fui tentata dal chiedergli qualcosa, però decisi di mantenere il segreto come mi aveva chiesto Daryl. Glenn dal canto suo notò che c’era qualcosa di strano:
-Tutto ok? Daryl ti sta dando filo da torcere?-
-Eh…no, Daryl è di sopra a risposare, tra un po' preparo la cena e vado a svegliarlo. Sono solo un po' scombussolata e un po' stanca, una notte di sonno mi farà bene.- sorrisi.
-Ok, ricordati tutto quello che ti ho detto prima nel fienile, se hai bisogno sai dove trovarmi e ricordati anche che sei nel posto giusto.- detto questo aprì la porta ed uscì.
Sospirai rumorosamente, poi mi diressi verso la cucina a preparare qualcosa. La scelta non era molta, ma quanto meno avevamo qualcosa. Visto il freddo, preparai l’ennesima zuppa di cereali e legumi, prima o poi mi sarei stancata di quella cosa. Una volta messa a cuocere la zuppa, con un’enorme fatica, mi convinsi a salire le scale per andare a svegliare Daryl e dirgli che in mezz’ora sarebbe stata pronta la cena. Ad ogni scalino sentivo salire l’ansia, come quando si scende in una piscina fredda e si sente il fiato mancare; arrivai di fronte alla porta della camera, aspettai qualche secondo poi decisi di bussare. Mentre stavo per bussare la porta si aprì e mio ritrovai di fronte Daryl. Gridai dallo spavento e di rimando gridò anche Daryl, nessuno dei due si aspettava di ritrovarsi l’altro a un centimetro dal naso!
-Ma mi vuoi uccidere!?- Daryl fece un passo indietro guardandomi come se avesse visto un fantasma.
-Io? Dici sul serio?- lo guardai stizzita, poi mi girai per tornare al piano di sotto e gli gridai: -Tra mezz’ora è pronto in tavola!-
Cenammo in silenzio, a giudicare dalla velocità con cui aveva spazzolato il piatto di zuppa, Daryl stava guarendo bene. Io finii con calma la mia porzione, poi alzai gli occhi per chiedergli se ne voleva ancora e, con sorpresa, lo trovai a fissarmi.
-Che c’è?-
-Niente, stavo cercando di immaginarti con il camice bianco e non ci riesco proprio.-
-Cosa? Perché mai ti vengono in mente queste cose?-
-Non prenderla come un’offesa, sei un bravo medico mi pare, però non ti vedo in un ospedale, ma piuttosto ti vedo lavorare in un campo militare, te la sei cavata davvero bene in questi giorni.-
Rimasi un po' spiazzata da quella confessione, non sapevo cosa rispondere, insomma era un complimento, però il fatto che fosse stato Daryl a farlo, mi sembrava strano.
Balbettai un grazie, probabilmente arrossendo e cambiai discorso:
-Vuoi ancora zuppa?-
-Si, grazie.- mi passò il piatto guardandomi dritto negli occhi, con quello sguardo che solo lui poteva fare, quello sguardo che ti legge fin dentro allo stomaco. Mi alzai e andai a prendere un’altra porzione di zuppa.
Stavolta fui io a fissare Daryl mentre mangiava la zuppa, più lo osservavo e più mi sentivo strana, era un personaggio particolare, burbero, a volte impenetrabile, eppure lo sentivo così vicino. Così vicino che avrei voluto perdermi in un suo abbraccio per sentire che sensazione avrei provato. 

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Capitolo 7
*** Niente Panico...Respira ***


La mattina seguente mi alzai di buon’ora, scesi a preparare un caffè d’orzo e ne assaporai il profumo penetrante. Una volta non l’avrei mai bevuto, ero una drogata di caffè e l’orzo mi sembrava una presa in giro, ma grazie all’apocalisse, e alla conseguente penuria di caffè vero, avevo imparato ad apprezzare anche questo surrogato.
Con la tazza fumante mi avvicinai alla finestra del salotto, era così presto che Alexandria era totalmente deserta e il cielo era ancora buio; mi accoccolai su una poltroncina li vicino, arrotolata in vecchia coperta di lana e iniziai a sorseggiare il liquido caldo e scuro dalla mia tazza. Improvvisamente mi tornò in mente la scena del pomeriggio precedente, quando Daryl aveva gridato quel nome e rividi il suo volto sconvolto. Avrei voluto saperne di più, Beth doveva essere qualcuno di importante, ma nessuno aveva ancora accennato a quel nome da quando ero arrivata, chissà chi era. Magari era sua sorella, o una sua amica…o addirittura la sua ragazza o moglie. Continuavo a rimuginare, senza trovare una risposta alle mie domande:
-Ashlee smettila di pensare a queste cose!- dissi a me stessa ad alta voce.
-A cosa pensi?- la voce di Daryl mi risposa dal fondo delle scale.
Scattai così violentemente da rovesciarmi addosso l’orzo bollente, scattai in piedi per sfuggire al calore insopportabile, ma mi scordai totalmente di essere avvolta in una coperta e finii a pancia in giù sul pavimento.
Daryl corse verso di me:
-Ti sei fatta male? Ma cosa diavolo fai?-
Nel frattempo avevo iniziato a dimenarmi come un pesce preso nella rete per liberarmi dalla coperta impregnata di orzo.
-Porca miseria se scotta! Dillo che mi vuoi morta!- scattai in piedi tipo molla, cercando di tamponare i vestiti con la parte di coperta ancora asciutta. Daryl recuperò la tazza da terra e andò a posarla sul tavolo della cucina, poi tornò con uno straccio e me lo porse:
-Tieni, forse questo funziona meglio.-
-Grazie.- in quel momento tornai alla realtà e iniziai a metabolizzare quello che era appena accaduto. Da fuori doveva proprio essere stato divertente. Alzai gli occhi verso Daryl, ci fissammo in silenzio per qualche secondo e poi scoppiammo a ridere tutti e due.
-Ti rendi conto che hai fatto tutto da sola vero?-
-Non sarebbe successo nulla se non mi avessi spaventata in quella maniera!-
Daryl tornò serio:
-Spaventata? Ma se ho parlato a bassa voce!-
-Non ti ho sentito arrivare, ero assorta nei miei pensieri e credevo dormissi ancora.- raccolsi da terra la coperta e la portai nel cesto della lavanderia, poi tornai in salotto. –Se vuoi c’è dell’orzo caldo, quello che avrei voluto bere anche io invece di versarmelo addosso. Prendilo se vuoi, io vado a fare una doccia.-
Daryl annuì sogghignando, si diresse verso la cucina e mentre spariva dalla mia vista, disse:
-Sei uno spasso Ash, tutto il contrario di Denise.-
Tornai sui miei passi e lo raggiunsi in cucina, lo osservai mentre si versava una tazza di orzo, poi si voltò verso di me con aria interrogativa:
-Non dovevi farti una doccia?-
-Si, ora vado. Volevo solo vedere se eri davvero stato tu a dire quella cosa. Mi ha fatto molto piacere- sorrisi, conscia che l’avrei messo in imbarazzo, lui e le dimostrazioni di affetto a quanto pare non andavano propriamente d’accordo.
-Beh…è vero, sei più divertente di Denise. Ho solo detto la verità.- iniziò a far vagare lo sguardo qua e la.
-Allora grazie. Vado in doccia.- sorrisi nuovamente, poi mi diressi verso la doccia.
La giornata proseguì in maniera abbastanza anonima, portai da mangiare a Duke, uscimmo a fare un breve giro per sgranchirci tutti e due e rientrammo per pranzo.
Rientrata in casa trovai Glenn, Rick e Carl, se ne stavano spaparazzati sul divano con Daryl.
-Ciao Ashlee, fatto un bel giro?-
-Ciao ragazzi, nulla di che, sono rimasta abbastanza vicina. Voi che ci fate qui?- dissi togliendomi la giacca e la sciarpa.
-Siamo venuti a vedere come sta il tuo paziente – disse Rick sorridendo – Lo vedo in forma!-
-Si sta riprendendo bene. Così bene da tentare di uccidermi!- dissi ridendo e guardando Daryl.
-Ancora con questa storia!- Daryl sprofondò nel divano coprendosi il viso con le mani.
-In che senso scusa?- chiese Rick con espressione preoccupata.
Raccontammo l’accaduto di quella mattina e in breve ci ritrovammo tutti a ridere come matti, i due che ridevano più di tutti eravamo io e Daryl, visto che avevamo vissuto quella situazione in prima persona.
Glenn fu il primo a riprendere il controllo:
-Adesso capisco perché hai preferito venire qui. E’ meglio della tv!-
-Ci puoi giurare!- rispose Daryl mentre ridacchiava ancora.
I nostri amici ci salutarono poco dopo, dovevano tornare ai loro compiti. Nel momento in cui Glenn stava uscendo mi tornò in mente il perché ero assorta quella mattina e il discorso che mi aveva fatto lui il giorno prima:
-Glenn! Posso chiederti una cosa?-
Glenn si fermò sull’uscio:
-Dimmi.- mi volta un attimo verso Daryl per vedere se stesse ascoltando, ma fortunatamente era distratto con qualcosa in cucina. Ne approfittai ed uscii sul portico socchiudendo la porta.
-Ieri pomeriggio Daryl ha nominato una persona che non conosco, era nel dormiveglia, sembrava stesse avendo un incubo. Era molto agitato.- dissi a voce bassa per non farmi sentire da orecchie indiscrete. –Ecco, non te lo chiedo per farmi gli affari suoi, o meglio…mi sono preoccupata perché sembrava soffrisse molto e quando gli ho chiesto chi fosse ha evitato il discorso.-
Glenn si incupì un momento e la cosa mi fece preoccupare. Con una mano sulla spalla mi accompagnò verso la fine dei quattro gradini di casa, poi con un breve sospiro mi rispose:
-Penso di sapere che nome abbia pronunciato senza che tu me lo dica. Non posso dirti chi fosse, o meglio, non posso dirti chi fosse lei per Daryl, sappi però che era una persona importante, faceva parte della nostra famiglia ed era la sorella di Maggie.-
Impallidii, non mi aspettavo che quella rivelazione mi avrebbe sconvolta così.
-Comunque non preoccuparti troppo, te ne parlerà lui quando e se si sentirà pronto a parlartene. Da quando è morta non l’ha più nominata. Però magari con te è diverso, mi sembra che andiate molto d’accordo, quindi può essere che con te riesca ad aprirsi, dagli tempo.- Glenn sorrise, mi salutò e raggiunse gli altri.
Tornai in casa rabbrividendo per il freddo.
 
Il giorno seguente, venni chiamata da Denise in ambulatorio, una ragazzina amica di Carl si sentiva male e non riusciva a capire cosa potesse essere.
Entrai in ambulatorio, trovai Denise che teneva la mano della ragazza tentando di calmarla il più possibile:
-Enid cerca di stare tranquilla. E’ arrivata Ashlee, vedrai che si sistema tutto.- si voltò a guardarmi con la preoccupazione disegnata sul volto.
Mi avvicinai al lettino: Enid se ne stava raggomitolata sul fianco destro, si teneva la pancia con le mani e il suo viso, rigato dalle lacrime, era contorto in una smorfia di dolore.
-Ciao Enid, adesso vediamo cosa sta succedendo. Devo visitarti, ce la fai a stenderti sulla schiena?-
Denise la aiutò a girarsi, doveva avere molto dolore.
Iniziai a palpare l’addome.
-Le fa male tutto il fianco destro e il dolore si irradia dall’inguine fino alla gamba. Potrebbe essere appendicite?-
-Potrebbe, adesso vediamo. Enid, hai avuto problemi a fare pipì di recente?-
-Un po'.-
-Mettiti seduta, leggermente piegata in avanti.-
La ragazzina obbedì, con non poca fatica si posizionò sul bordo del lettino.
-Bene, adesso tesoro mio dovrai portare un po' di pazienza, dovrò fare una manovra per vedere se si tratta di calcoli renali o di qualcos’altro. Pronta?-
Mi sentivo una mentitrice ogni volta che dovevo fare la manovra di Giordano, anche quando ero una specializzanda ai primi anni. La manovra è utile per capire se è in atto una colica renale ed è alquanto subdola e dolorosa.
Guardai Denise, la quale aveva capito le mie intenzioni e rinsaldò la sua presa sulla ragazza. Caricai il braccio e sferrai un colpo secco con il bordo della mano sulla sede renale.
La ragazza gridò a pieni polmoni.
-Ok – dissi, facendola stendere nuovamente – Enid, hai una colica in corso, quindi ora dobbiamo cercare di capire se riusciamo a far uscire quei calcoli da soli o se dobbiamo ricorrere ad un piano B.-
Enid mi guardò a metà tra l’odio e la disperazione.
-Mi dispiace di averti fatto male, però è l’unico modo possibile per capire in questo momento, fossimo stati in un ospedale, avrei optato per altri metodi. Ma ora vediamo di sistemare tutto ok? Tra poco il dolore dovrebbe calmarsi un po'.-
-Cosa facciamo ora?- chiese Denise.
Ci allontanammo un po' dal lettino:
-Dobbiamo controllarla per almeno ventiquattro ore: bisogna controllare se riesce ad urinare, se è presente del sangue e se i calcoli o la renella vengono espulsi. Se I calcoli sono grandi e ostruiscono le vie urinarie…bisognerà intervenire chirurgicamente, altrimenti svilupperà una brutta infezione renale, perderà l’uso del rene e Dio solo sa cosa faremo dopo.-
-Vuoi intervenire chirurgicamente? E cosa vuoi fare?- disse Denise sempre più preoccupata.
-Shh…è solo nell’eventualità di un’ostruzione. Non avrò molte scelte, visto che non siamo propriamente un ospedale. Speriamo si risolva tutto in queste ore. Se continua a stare così male, diamole qualche antidolorifico, so che ne abbiamo pochi, ma questi dolori sono davvero forti. Non voglio farla star male inutilmente.-
Tornai al lettino, Enid era madida di sudore. Le presi una mano e mi sedetti sul lettino assieme a lei.
-Adesso dobbiamo aspettare un po' di ore per vedere se si muove qualcosa, dovrai bere acqua, poco alla volta e provare a camminare un pochino, qualche passo. Quando poi dovrai andare in bagno, dovrai fare pipì su delle garze, non ti dimenticare mi raccomando, dobbiamo vedere se esce qualcosa. Ok?-
-Ok.-
Passai da casa per preparare un pranzo veloce e per vedere come se la passava il mio altro paziente:
-Daryl? Sono tornata.-
Entrando non lo vidi subito, se ne stava stravaccato sul divano con uno dei libri di anatomia che avevo preso in prestito aperto sulle gambe.
-Oh, ciao. Tutto bene? Stavo dando un occhio a questa roba, ma davvero siamo fatti così?- mi guardo con gli occhi sbarrati.
La scena aveva dell’irreale, lo guardai per qualche secondo incredula, poi mi avvicinai per vedere cosa avesse visto di così straordinario. Presi il libro e vidi che era aperto sulle tavole destinate all’apparato cardiocircolatorio, sulle due tavole c’era rappresentato il cuore, in tutta la sua bellezza.
-Ebbene si, il nostro cuore è proprio così, pensavo che non ti avrebbe stupito così tanto, con tutte le volte che hai sventrato animali e vaganti.-
Mi riprese il libro dalle mani sbuffando:
-Quando vado a caccia non faccio tanto caso ai particolari. Quello che si mangia lo tengo, il resto lo elimino, non devo certo sapere per filo e per segno come è fatto dentro ogni animale.-
Risposta più che ovvia. Sorrisi e annuii: -Hai ragione. Per questo ci sono i medici e i veterinari- gli feci una linguaccia e mi diressi verso la cucina.
-Visto che si parla di mangiare e di caccia, mangiamo un po' di cinghiale? Più tardi devo tornare da Denise, Enid non sta affatto bene e voglio tornare a controllare come va.-
Daryl chiuse il libro e mi raggiunse in cucina:
-Enid sta male? Che cos’ha?- disse preoccupato.
-Per ora ha solo dolore molto forte, ha una colica renale in corso.- iniziai a dire mentre prendevo il cinghiale che avevo cucinato il giorno prima dal frigo – Adesso dobbiamo aspettare e vedere se i calcoli o la renella, una specie di sabbia, vengono espulsi o meno. Se non escono dovremmo operare…e spero sinceramente che non accada.- mi voltai a guardarlo, in quel momento sentii salire la paura. Non avevo mai fatto un intervento di chirurgia urologica da sola, mentre facevo la specializzazione in chirurgia ne avevo visti, avevo partecipato a trapianti, ma avevo fatto raramente interventi da primo operatore in urologia. Mi ero dedicata anima e corpo al cuore, e ora mi sentivo spaesata.
-Ashlee…tutto ok?-
-No. Non è tutto ok.- Mi sedetti su una sedia, appoggiando la teglia del cinghiale sul tavolo, sconsolata. –Gli interventi di urologia non sono il mio forte, conosco le procedure, ma non ho esperienza sufficiente in quello…ho paura.- iniziai a sentire il cuore battere come un pazzo, mi mancava l’aria e iniziò a girarmi la testa. Fantastico! Ci mancava solo un attacco di panico!
Daryl mi venne in soccorso, molto probabilmente aveva già visto qualcuno stare così, perché prese un sacchetto di plastica da freezer, lo aprì e me lo porse:
-Respira qui dentro. Tieni.-
Presi il sacchetto con entrambe le mani ed inizia a respirare li dentro, cercando di controllare il ritmo.
Daryl si sedette affianco a me e, inaspettatamente iniziò ad accarezzarmi la schiena con movimenti circolari.
-E’ capitato anche a me in passato, quando ero piccolo. Mi succedeva spesso, poi all’improvviso non mi è più successo.-
Lo guardai negli occhi, mentre cercavo di mantenere il respiro regolare, e iniziai a calmarmi. Tolsi il sacchetto dal vivo e respirai profondamente una volta, per eliminare anche l’ultimo sentore di panico.
-Grazie.-
-E di cosa? Tu mi hai salvato la vita.- i nostri occhi rimasero incollati per qualche secondo, nessuno dei due sembrava voler interrompere quel momento. Senza rendermene conto presi una mano di Daryl e la strinsi, accarezzando le sue dita ruvide. Rimanemmo così per qualche altro secondo, poi Daryl tolse la mano e si alzò.
-Io avrei fame, mangiamo?-

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Capitolo 8
*** Scivolare ***


Dopo pranzo tornai da Denise, Enid stava dormendo, probabilmente il dolore l’aveva sfinita.
-Ciao, si è addormentata poco fa, sembra che il dolore sia diminuito molto, è un buon segno no?- Denise mi venne incontro sistemandosi la coda.
-Si, sembrerebbe di si. Vediamo quando si sveglia se riesce ad andare in bagno, sarò tranquilla solo dopo aver visto che è davvero tutto a posto.-
Ci sedemmo sul divano a chiacchierare sotto voce. Di solito parlavamo di medicina, ma stavolta sviai il discorso sull’argomento che mi crucciava più di tutti dopo la salute di Enid.
-Denise, da quanto conosci Daryl?-
-Vediamo, saranno 4-5 mesi. E’ arrivato ad Alexandria assieme a Rick e il suo gruppo.-
-Da dove arrivano?-
-Atlanta.-
-Cosa?- sgranai gli occhi -Hanno fatto un sacco di strada!-
Denise annuì, poi mentre si aggiustava il collo ampio del maglione prese a fissarmi:
-Come mai ti interessa sapere da dove viene Daryl?-
Arrossii. Cercai di mascherare il turbinio di emozioni che aveva scatenato quella domanda, poi, con molto self control risposi: -Beh…chiedevo perché l’altro giorno è successa una cosa strana che mi ha incuriosita. Ha nominato una persona nel sonno e volevo sapere se la conoscevi.-
-Sicura?-
-Si…-
-Non penso di sapere chi fosse, non conoscevo il suo gruppo e sono arrivati qui da soli. Non posso esserti d’aiuto. Magari puoi chiedere a Glenn.-
-Già fatto. Ho ricevuto una risposta che mi ha messo ancora più dubbi, ha nominato la sorella defunta di Maggie.-
Denise mi fissò spaesata, poi, come nulla fosse cambiammo discorso.
Un paio di ore dopo Enid si svegliò, sembrava decisamente più rilassata. Riusciva a stare sdraiata senza problemi e aveva ripreso il suo solito colorito roseo, il che mi fece ben sperare che fosse tutto passato.
-Ciao Enid, ti senti meglio?-
-Si, va molto meglio, non mi fa più male, mi sento solo indolenzita.-
Mi avvicinai a lei per controllarla, sembrava davvero tutto a posto, ora mancava solo la prova del nove.
-Bene, adesso andiamo verso il bagno, e assicuriamoci che sia finita davvero.- le sorrisi, improvvisamente libera da un grosso peso che mi portavo dentro dalla mattina.
Fortunatamente andò tutto come previsto, Enid stava bene.
-Grazie Ashlee, ero spaventata a morte.- Enid mi abbracciò forte e non potei fare a meno di ricambiare.
Era una ragazzina minuta, ma a dispetto della sua corporatura, aveva fegato e forza da vendere; era sopravvissuta ai suoi genitori durante un attacco di alcuni vaganti, e come me era stata trovata da sola ed era stata portata ad Alexandria. Da allora aveva trovato una nuova famiglia ed una nuova casa, una famiglia decisamente allargata, visto che comprendeva tutti gli abitanti di Alexandria, ma molto unita.
Dopo aver salutato Enid e Denise, ed essermi raccomandata di non strafare, tornai a casa.
Daryl era fuori sul portico a fumare.
-Cosa diavolo stai facendo?- mi avvicinai a lui a lunghi passi e gli levai la sigaretta dalla bocca. -Sei impazzito? Ti stai riprendendo da un trauma toracico e hai il coraggio di fumare?-
Sorpreso e contrariato si alzò di scatto, sovrastandomi. Era così vicino al mio viso che dovetti allontanarmi un attimo per poter mettere a fuoco.
-Tu cosa diavolo stai facendo? Ma ti sembra normale urlare così per una sigaretta?-
-Si!- sembrò ridicola anche a me la risposta, ma dovevo far valere le mie motivazioni -Si, è normale…è normale perché sei un mio paziente e non faccio fumare i miei pazienti in convalescenza!-
-Beh sarò anche un tuo paziente, ma non ho mai visto un medico incazzarsi e urlare in questa maniera.-
Respirai profondamente, non dovevo perdere le staffe del tutto, anche perché aveva davvero ragione e la cosa mi dava sui nervi. Il mio orgoglio stava lottando più di una tigre in gabbia. Alzai gli occhi incontrando il suo sguardo e mi mancarono le parole. I suoi occhi blu, taglienti come lame, mi osservavano in cerca di una risposta e io…e io ero partita per il mondo delle nuvole a cuoricino, degli unicorni e delle farfalle nello stomaco.
-Allora? Non dici nulla?.- Daryl aspettava una risposta.
-Ehm…io…io…lascia perdere.- abbassai il volto appena due secondi prima di sentirmi avvampare e corsi su per le scale per tornare in casa.
-Hey! Dove vai? Torna qui, non abbiamo finito.- mi afferrò per un braccio e senza volerlo mi fece inciampare sull’ultimo scalino. Non riuscii a stare in piedi e planai come una pera cotta sul pavimento in legno, con Daryl al seguito che si era sbilanciato per fermarmi.
-Cazzo! Scusa!- Daryl scattò in piedi di colpo e mi risollevò come fossi stata una bambola di pezza. -Ti sei fatta male?- iniziò a controllarmi per vedere se avevo qualche ferita, finchè non notò un taglio sulla tempia.
-Merda…stai sanguinando.-
-Sto bene, è solo un taglietto.- dissi toccandomi la testa -E’ tutto ok, devo solo disinfettare e…- vertigini. Mi afflosciai tra le braccia di Daryl -…e mi devo sdraiare o crollo di nuovo a terra.
Daryl mi prese in braccio, mi portò in casa e mi fece accomodare sul divano, poi si inginocchio di fianco a me e preoccupatissimo chiese nuovamente se fossi sicura di stare bene.
-Più o meno. La botta forse è un po' più forte del previsto, ma nulla di grave. Ho un po' di vertigini.-
-Posso fare qualcosa? Vado a chiamare Denise?-
Ci pensai su, era la prima volta che prendevo una botta del genere, non mi sentivo malissimo, ma in effetti le vertigini erano molto forti, forse era meglio dare una controllatina.
Annuii in silenzio, seria. In tempo record Daryl uscì dalla porta e ricomparve poco dopo in compagnia di Denise.
-Santo cielo! Ma com’è successo?- Denise squadrò prima me e poi Daryl – Che le hai fatto?-
-Non le ho fatto nulla! E’ stato un incidente!- Daryl mi guardò – Diglielo Ash!-
-E’ stato un incidente, è tutto a posto.- sorrisi forzatamente, ora la testa iniziava davvero a far male.
Denise sbuffò, poi iniziò a medicarmi e a controllarmi. Come pensavo non era così grave, il colpo non era stato così violento, però probabilmente aveva colpito un mio punto debole.
-Bene, ho finito, ora però mi devi promettere che oggi e domani stai a riposo. Ok?-
Controvoglia, come una bambina a cui viene negato di giocare, acconsentii, sapevo bene che non era il caso di scherzare con questo tipo di traumi, anche se lievi.
Quando Denise se ne fu andata, Daryl, senza dire nulla mi prese in braccio per portarmi in camera mia:
-Cosa fai?-
-Ti porto nel tuo letto, almeno stai più comoda che sul divano e puoi riposare.-
-Posso camminare, non è necessario che mi porti tu.- iniziai a dimenarmi per farmi mettere a terra.
-Stai ferma…o rischi di cadere di nuovo, così poi Denise mi ammazza senza nemmeno chiedere stavolta.-
Mi fermai e lo fissai mentre ci dirigevamo verso camera mia, nei miei confronti è sempre stato molto premuroso e non capivo come mai, visto che per ogni volta che si dimostrava così premuroso, ce n’erano altrettante in cui litigavamo o ci scontravamo.
Dopo avermi posata sul letto fece per andarsene, ma lo bloccai:
-Daryl…resti un po' qui?-
Rimase un attimo fermo, dandomi le spalle, poi si voltò in direzione di una sedia che c’era in camera, la sistemò vicino al letto e si accomodò.
-Che succede?-
-Come che succede? Io ho preso una botta in testa, cosa succede a te?-
-Se hai voglia di litigare non è il momento, mi sento già abbastanza in colpa.-
Sorrisi istintivamente, poi gli presi una mano e dissi:
-Non voglio litigare, volevo solo che mi facessi un po' di compagnia.-
Rimase a fissarmi per dei lunghi attimi senza rispondere, poi mugugnò qualcosa che non capii e mi fece segno di spostarmi più in là.
-Fammi spazio, se resto seduto su questo aggeggio a lungo rischio di rimanerci.-
Ridacchiando mi spostai di lato per fargli posto. Daryl si sdraiò accanto a me con la grazia di un elefante, poi chiuse gli occhi e disse:
-Forza, dormi un po'.-
-Non posso, ho appena preso una botta in testa, se avessi qualche danno più grave potrei non svegliarmi.-
Si voltò a fissarmi:
-E meno male che hai preso una botta in testa! Rompi le palle più di Denise in questo momento…-
-Cosa?! Questo non lo accetto!- mi alzai di scatto e me ne pentii esattamente un secondo dopo a causa delle vertigini e della nausea che mi assalirono violentemente.
-Ecco, visto cosa succede ad arrabbiarsi? Dai, mettiti giù.- si voltò di lato per potermi vedere bene, poi, sempre brontolando, disse: -Di cosa vuoi parlare?- 

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Capitolo 9
*** Confessioni ***


Daryl Dixon che mi chiedeva di cosa volessi parlare, era l’ultima opzione che mi ero immaginata, sgranai gli occhi e poi azzardai una risposta:
-Parlami di te.- dritta come un siluro. Così diretta che lui non riuscì a schivarla e, come fosse stato messo con le spalle al muro, abbassò lo sguardo.
-Non ho nulla di interessante da raccontarti, dovresti averlo intuito.-
-Non so assolutamente nulla di te.-
-E a cosa ti servirebbe?- mi guardò con aria di sfida.
-Mi servirebbe per capire come mai ti comporti in certe maniere, per sapere cosa ti fa arrabbiare o meno…per capire che cosa ti fa soffrire quando sogni Beth.- ok, l’avevo detto, era uscito dalle mie labbra e ora ero davvero nella merda. Non potevo scappare da nessuna parte, anche perché se ci avessi provato, non avrei fatto tanta strada.
Daryl si era irrigidito, aveva stretto i pugni, stava lottando con se stesso, indeciso se parlare o meno. Aveva distolto lo sguardo dai miei occhi e stava cercando qualcosa nella direzione della porta, forse anche lui meditava di battere in ritirata: poi, contro ogni aspettativa, iniziò a parlare.
-Non ho mai fatto nulla di speciale nella mia vita, sono cresciuto in un quartiere di periferia in mezzo a gente che sarebbe stato saggio evitare, mio fratello compreso. Mio padre era il classico alcolizzato violento che picchia i figli, e mia madre una povera donna depressa. Ero una persona poco raccomandabile, ma poi, con l’apocalisse è cambiato tutto. All’inizio non mi andava a genio, mi dava sui nervi…-
-Parli di Beth?-
Annuì guardandomi nuovamente negli occhi.
-Era una ragazzina, figlia di un veterinario e cresciuta in campagna. Non aveva mai visto la vita vera, non si era mai scontrata con nulla di crudele e terribile. Pensavo non sarebbe sopravvissuta così a lungo. Quando siamo dovuti scappare dalla sua fattoria invasa dai vaganti, pensavo che non ce l’avrebbe fatta. Invece mi ha stupito. Si è data da fare, a modo suo, ha dato il suo contributo al nostro gruppo.-
-Cosa le è successo?-
-Avevamo un rifugio sicuro in una prigione in Georgia, eravamo protetti da reti in acciaio e alti cancelli, eppure qualcuno è riuscito a distruggere tutto, ci hanno attaccati con armi rubate all’esercito e nella confusione siamo dovuti scappare e ci siamo separati dagli altri. Siamo rimasti io e lei. Abbiamo vagato per giorni e lei non faceva altro che ripetere che avremmo ritrovato gli altri, che sarebbe andato tutto a posto e io non lo sopportavo, non riuscivo a sopportare questa sua innocenza, ma non perché la trovassi stupida, ma perché sapevo che non potevo garantirle quello che sperava, l’avrei delusa sicuramente….e non potevo deluderla.- fece una pausa, si sdraiò sulla schiena e iniziò a fissare il soffitto.
-E’ stato in quel momento, in quei giorni in mezzo ai boschi e ai vaganti, che mi sono reso conto che non era solo la ragazzina innocente e spensierata. Per me era qualcosa di molto più importante ed è stato per questo che l’ho trattata duramente, sono stato un codardo, ho avuto paura di essermi innamorato di una persona così bella e limpida come lei.-
Mi si strinse il cuore a sentire quelle parole, sentivo che Daryl soffriva e sapevo per certo che erano parole sincere, avevo ancora inciso nella mente il suo sguardo di quando aveva avuto quell’incubo. Era ancora innamorato di lei.
-Se non vuoi continuare…- provai ad interromperlo.
-Shh…hai voluto sapere, ora ascolti fino alla fine.- mi fulminò con lo sguardo.
-Ok.-
-Abbiamo trovato una casa poco distante da un cimitero, era perfettamente pulita, c’erano provviste e porte solide che si chiudevano. Abbiamo passato una notte la dentro, una notte in cui mi sono addormentato cullato dalla sua voce mentre cantava. La sera seguente stavamo mangiando, Beth parlava come sempre ed eravamo arrivati ad un punto critico di una discussione. Mi aveva chiesto che cosa mi avesse fatto cambiare idea sul fatto di ritrovare gli altri. Stavo per dirle tutto quello che pensavo, stavo per dirle che era lei che mi aveva fatto cambiare idea, stavo per dirle che…che ero innamorato di lei. E non ci sono riuscito. Poco dopo siamo stati attaccati, dei vaganti sono entrati in casa per una cazzata che ho fatto, ero riuscito a metterla in salvo, poi, quando sono uscito dalla casa per scappare con lei…non c’era più. L’avevano rapita.-
Si voltò a guardarmi, aveva gli occhi lucidi, colmi di rabbia e rimorso. Avrei voluto abbracciarlo, ma avrebbe potuto prenderla male, quindi lo lasciai stare e lo lasciai proseguire.
-L’ho cercata a lungo, anche con gli altri appena ci siamo ritrovati. Dovevo trovarla e non mi sarei fermato. Quando finalmente ero riuscito a capire dove fosse ed eravamo ad un passo dal liberarla, è successo un casino. Stavamo facendo uno scambio di ostaggi, due dei loro per Beth e un altro ragazzo. Beth era quasi arrivata vicino a me, mi guardava negli occhi, l’avrei abbracciata davanti a tutti, non me ne sarebbe fregato nulla. Ma lei decise di fare l’eroina per liberare quel ragazzo, cercò di accoltellare la donna che la teneva prigioniera, ma sbagliò mira, ferendola solamente di striscio. La donna aveva una pistola in mano e…le sparò in testa. Crollò a terra davanti a me, il suo sangue schizzò sulla parete bianca.-
Iniziò a piangere silenziosamente, un misto di rabbia e tristezza lo stavano divorando dall’interno da molto tempo e finalmente si stava sfogando.
-L’ho portata fuori in braccio, inerme, ancora calda…l’ho portata a sua sorella. Abbiamo pianto insieme sul suo corpo e poi l’abbiamo dovuta lasciare in una macchina per evitare che venisse sbranata dai vaganti. Non sono riuscito a proteggerla, dovevo almeno evitare che diventasse carne da macello.-
Si raggomitolò di fianco a me e iniziò a singhiozzare disperatamente. Rimasi impietrita nel vederlo così, non mi sembrava reale vederlo in quelle condizioni. Lo abbracciai e lui non cercò di impedirmelo. Rimanemmo così a lungo, lasciai che si sfogasse come meglio credeva. Pianse fino ad addormentarsi.
 
Non ricordavo di aver chiuso gli occhi e quando mi svegliai alle prime luci dell’alba, notai che Daryl era ancora affianco a me, dormiva tranquillo, sembrava che gli avesse fatto bene sfogarsi. Cercai di alzarmi senza svegliarlo, per andare a bere un po' d’acqua, ma fallii miseramente nel mio intento. Mentre lo scavalcavo mi ritrovai a pochi centimetri dai suoi occhi che mi scrutavano nella penombra.
-Dove vai?-
-Buongiorno. Vado a prendere dell’acqua.- Scesi dal letto.
-Ma tu devi stare a riposto, torna a letto. Scendo io a prendere l’acqua.- si mise a sedere strofinandosi gli occhi.
-Guarda che riesco a stare in piedi, sto bene.-
-Mi ricorda qualcosa questa frase…e mi ricordo anche che, dopo averla detta, sono svenuto contro la porta di Denise. Forza, a letto e non discutere.- mi indicò il letto con fare perentorio, non ammetteva discussioni.
Senza dire altro tornai a sdraiarmi nel letto. Mi limitai ad osservarlo.
Lui scosse la testa accennando un mezzo sorriso e quando fu sulla porta, senza guardarmi, disse:
-Grazie.- 

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