La storia ispirata: capolavoro di Sara Anijira

di Claireroxy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: l'idea ***
Capitolo 2: *** L'incipit ***
Capitolo 3: *** La protagonista ***
Capitolo 4: *** La situazione iniziale ***
Capitolo 5: *** L'intreccio (aka come scrivere un interesse amoroso) ***
Capitolo 6: *** Far conoscere il romanzo ***
Capitolo 7: *** Gli ostacoli (dello scrittore) ***
Capitolo 8: *** Il momento adatto per scrivere ***



Capitolo 1
*** Prologo: l'idea ***


Quella sarebbe stata una grande giornata per Sara Anijara. 
Era già sera, e non era accaduto nulla di diverso dal solito. Mentre già si pregustava il quinto caffè a casa, Sara si fermò al semaforo rosso delle 22:07. Di fronte a lei passò una ragazza nera in tacchi e cortissima gonnella (si poteva chiamare così quel fazzoletto che a malapena la copriva? Eh, chi se ne importava) che, mani nelle tasche della felpa attillata, si stava dirigendo verso la zona più buia della città.
Poverina, essere costretta a fare un lavoro così sporco e putrido... con che coraggio quella donna affrontava la vita?
Fu in quel momento che la mente di Sara fece il suo dovere e creò un collegamento stupefacente.
Il semaforo diventò verde, alle 22:08 come al solito, e per poco non lo perse. Inserì furiosamente la seconda marcia e schizzò, ignorando i clacson degli accodati. La sua mente aveva compiti più urgenti da fare, come espandere e articolare l'idea che le era venuta.
E se quella donna non fosse stata una prostituta? Massì, magari era solo la sua religione o abitudini varie che la facevano vestire così, e ogni volta che qualcuno lo portava in discussione si irritava. Oppure la sua impressione era stata giusta ed era una prostituta: non lo avrebbe mai saputo, perché non l'avrebbe mai più rincontrata!
Tutto questo pensare bidirezionale era una deformazione professionale. Sara era una promossa correttrice di bozze, quella conosciuta in gergo come "editor". Infatti, anche quel giorno aveva letto testi su testi: manuali scritti da gente che non sapeva neanche l'italiano, poesie talmente ermetiche che forse avrebbero avuto più senso se al contrario, romanzi pieni della solita minestra riscaldata, e come al solito le era venuto il prurito alle braccia. Tutti i giorni, Sara leggeva e correggeva, leggeva e correggeva, disgustandosi di fronte alle banalità che vi trovava scritte e trovando la sua unica ragione di vita nelle pause caffè. Che non cancellavano l'odio per quegli imbratti di scribacchini poco esperti, sia chiaro.
Insomma, lei che aveva una laurea magistrale, ridotta a correggere testi ebeti di gente che faceva milioni da quelle porcate! Sara li disprezzava, e disprezzava l'industria per cui lavorava, che non sapeva apprezzare il vero talento.
"Se solo avessi una buona idea. Quella giusta, che sfondi!" diceva ai colleghi, e ripeteva a sè stessa. "Allora sì che queste cose si rivelerebbero per quello che sono: carta straccia, neanche buona per pulirci il culo!"
E lì, a un semaforo alle 22:07:30 di una sera come tante, Sara aveva trovato la sua Musa. Quella donna, passando di lì per caso, avrebbe ispirato il suo capolavoro!
"E perché dovrei limitarmi a raccontare solo una delle due versioni?" continuava a lavorare imperterrito il cervello di Sara. "Perché non raccontarle entrambe?! Sarà un libro con punti di vista alternati, una personificazione della donna in un capitolo e l'altra in quello dopo, e il lettore dovrà sforzarsi di capire quale delle due versioni sia la vera. E poi, nel finale, scoprirà che entrambe potevano essere vere, dipende a quale ha creduto! O qualcosa del genere. E, ovviamente, toccherà temi importanti! Il femminismo, la questione della prostituzione, razzismo, ma senza cadere nel retorico! Sarà un punto di vista fresco ed eccitante, che rinvigorirà i dibattiti mondiali!"
Quasi si dimenticò di frenare quando arrivò di fronte a casa. Afferrò la borsa e aprì la portiera con un gesto solo, per poi chiudere a chiave l'auto all'ultimo minuto e fiondarsi dentro.
Aveva già in mente il programma. Una cena veloce, magari solo una tazza di tè, infilarsi nella sua vestaglia relax e mettersi di fronte al computer, e lasciare che l'ispirazione la guidasse. Perché lei, dopotutto, non avrebbe scritto ciofeche come quelle con cui si ritrovava a contatto ogni giorno, no: lei avrebbe scritto una storia con la S maiuscola, che si sarebbe tramandata nei tempi e avrebbe fatto riflettere milioni e milioni di lettori. Perché lei aveva qualcosa che tutti quei romanzetti non avevano: la vitalità, l'immaginazione, l'ispirazione a guidarla in quel glorioso cammino che era la Scrittura!
 
Angolo Autrice
Ehila! Felice che siate qui, non mi aspettavo che qualcuno arrivasse così lontano! Gradite qualcosa? Tè, caffé, biscotti? :3
Un piccolo chiarimento: se avete il dubbio che la storia sia rivolta a qualcuno in particolare che la stia usando per offenderti, non è così! È principalmente una cosa che faccio per autoironia, sul modo in cui gestisco le storie più serie e poi le abbandono. Dopotutto, come dicono, se non ti riescono le cose serie prova con qualcosa di più spensierato, no?
Beh, ho finito, ci vediamo al prossimo capitolo!

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Capitolo 2
*** L'incipit ***


Aveva deciso che la cena seduta al tavolo era sopravvalutata. Con in mano una tazza d'acqua scaldata al microonde, in cui aveva fiondato tutte le bustine di tè trovate, Sara si fiondò davanti al computer alle 22:15. In perfetto orario, programmato due secondi fa! Quantomeno era facile da rispettare.
Preso un sorso dalla tazza, quasi dimenticandosi di deglutirlo, Sara scrocchiò le dita e si mise a scrivere la frase d'apertura, seguendo la sua dea Ispirazione.
"La sera a Downtown Abbey era sempre percossa da un vento invisibile"
Agrottò le sopracciglia. Uhm, non era esattamente quello che aveva in mente per un buon incipit. E poi, perché l'ambientazione a Downtown Abbey?
Sara scrollò le spalle. Era stata l'Ispirazione a suggerirle quel nome... e in fondo aveva una buona cadenza, e un sapore esotico. Inoltre, tutti sanno che le vere Storie avvengono solo in Inghilterra e nei paesi anglofoni! Pertanto, lo avrebbe tenuto.
Il problema era proprio la frase d'inizio. Doveva essere qualcosa di affascinante e arditamente formulato, altrimenti non avrebbe catturato l'attenzione e la curiosità del lettore. E, sebbene avesse delle nuove premesse, sembrava anche il tipo di frase che avrebbe scritto una quattordicenne malinconica nel suo diario. Magari era proprio quello il problema, la formulazione? In fondo, non aveva mai sentito l'espressione "percossa dal vento".
"Beh, tentar non nuoce!" pensò Sara. Mani alla tastiera, delicate come se si stesse mettendo a ricamare (una volta ci aveva provato. Si era bucata tutta la mano con l'ago e vi aveva rinunciato senza rimpianti) modificò la frase.
"La sera, a Downtown Abbey, era sempre scossa da un vento invisibile"
Già meglio. Quelle due virgole rendevano decisamente più alto e malinconico il tutto.
Eppure, Sara non era ancora convinta. Quando mai era la sera ad essere scossa? Piuttosto, la città?
Irritata per la perdita di tempo, Sara tornò indietro a correggere un'altra volta.
"La sera, Downtown Abbey era sempre scossa da un vento invisibile"
Mmm... no, quella strana sensazione le restava ancora. Forse non raccontava le cose dal punto di vista gius...
La Madonna! Il punto di vista! Ovvero la ricetta per rendere una storia altrimenti banale un Capolavoro!
Convinta che quella sarebbe stata l'ultima modifica, Sara si avventò sui tasti.
"Avevo sempre freddo, la sera a Downtown Abbey. Come se un vento invisibile passasse sulla mia pelle
passasse sotto la mia pelle
strisciasse sotto la mia pelle
strisciasse nel ventre della mia anim..."
"NO, NO E NO! Così non va! Ora non sembro il diario di una quattordicenne, ora sono il diario di una quattordicenne. Pretenziosa, per lo più!"
Con un ringhio a malapena trattenuto, Sara cancellò tutto quello che aveva appena scritto. Chi l'aveva detto che gli incipit dovessero essere così ardimentosi o affascinanti, comunque? Perché non poteva essere una semplice frase, un pezzo di benvenuto prima che Sara si perdesse nei suoi ragionamenti e costrutti. Una boccata d'aria prima del tuffo nella sua mente. Dopotutto, aveva un intero libro in cui esercitare i suoi voli pindarici!
Eccola. Era apparsa e scomparsa in un baleno, ma era lì. La perfetta frase d'inizio, un semplice antipasto prima che tutto precipitasse in una spirale da flusso di coscienza.
Con revenziale timlre da monaca, Sara digitò.
"La sera a Downtown Abbey era sempre percossa da un vento invisibile"
"Buona stella dell'Ispirazione, sapevo che non mi avresti abbandonato!" gioì Sara, con un altro sorso di tè. Era ancora più schifoso di come se lo ricordasse, e questa volta non si preoccupò di trattenersi dallo sputare.
 
Angolo Autrice
Risalve a tutti! Curiosità della settimana: sapevate che scrivere sul bus ammazza i tempi morti e rende il tragitto più divertente? Io lo so, visto che è l'unico posto in cui riesco a scrivere.
Chiacchere a parte, forse questo capitolo è un po' più corto di quanto vi aspettavate, ma è perché il prossimo parlerà di un argomento davvero enorme, quindi restate sintonizzati! 
Come dite?  Avete ancora qualcosa da dire, ma non sapete come esprimerlo? Non preoccupatevi, la sezione "Suggerimenti di recensione" è qui per aiutarvi! (Ispirato a quelli di JustGoogleIt)
I suggerimenti di oggi contegno:
 
"Dove sono i biscotti? L'altra volta c'erano!"
 
"Sono senza parole di fronte a questo inusitato obbobbrio. Tu copi, marrano." 
 
"Cos'hai contro i paesi anglofoni? :P"
 
"Sono il diario di una quattordicenne pretenziosa, e mi sento offeso"
 
"Sono il diario di una quattordicenne non pretenziosa, e mi sento ugualmente offeso!"
 
"Ehi! Io mi chiamo Sara! Lol"
 
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 3
*** La protagonista ***


"Mi riparai di più nella mia felpa, e continuai imperterrita a caminare sui tacchi"
La stella dell'Ispirazione continuava a dettarle parole su parole, ma Sara si fermò. Un protagonista non poteva semplicemente apparire così sulla pagina! Doveva essere ben ponderato, con in mente tutta la sua storia e i suoi conflitti, altrimenti come avrebbe fatto l'Autrice a passare l'importantissimo messaggio? Che a dire la verità doveva ancora delineare per bene, ma un passo alla volta.
Sara salvò quanto aveva scritto finora (due pagine e mezzo sui palazzi e le foglie di Green Lane Road, che considerava molto poetici) e aprì un nuovo documento. Decise che, almeno per il primo capitolo, avrebbe tratteggiato la protagonista come se fosse stata una persona normale, e in quello dopo avrebbe fatto uscire la prostituta.
A proposito di protagonista, serviva un nome. Doveva risaltare, far passare qualcosa pieno di significato.
E, ancora una volta, l'Ispirazione le venne in aiuto.
Sorridendo fra sé e sé, Sara scrisse nome e cognome: Hope Gebedaiah. Non poteva di certo chiamarla Smith dopotutto!
Per l'aspetto fisico non vi sarebbero stati problemi, la ragazza che aveva visto l'aveva ancora in mente. O forse era meglio deviare dal modello? Avrebbe potuto incorrere in qualche guaio legale?
La pancia le borbottò. Sara diede un'occhiata all'ora: 23:17. Già così tardi? Ecco perché iniziava a percepire la mancanza di idee! Avrebbe finito di ideare il personaggio e sarebbe andata a letto.
Entrò in cucina, si dimenticò di accendere la luce e per poco non sbattè il pollice contro il tavolo. A tentoni, raggiunse la credenza e l'aprì, afferando la prima cosa che trovò sotto mano: un pacchetto di biscotti ai cereali. Sara se ne ficcò uno in bocca e sgranocchiando osservò, nella cucina mezza al buio, la foto della modella sulla confezione. Sorrideva a trentaquattro denti, mentre teneva sulla mano il prodotto reclamizzato, accanto alla scritta "Fatti con tanto amore da veri contadini!".
"Non sanno cosa inventare ancora per vendere" sbuffò Sara. "Sul serio, quand'è l'ultima volta che non ho visto una donna attraente in pubblicità? E sono sempre uguali: bionde, o rosse, con gli occhi azzurri... potrebbero invertire i colori, per una volt..."
Si bloccò. 
Lì, alle 23:19:49, nella cucina in penombra di casa sua, ebbe quella che, se fosse stata religiosa, avrebbe chiamato estasi mistica.
Era lì. Hope Ivy Gebediah era davanti a lei, e la osservava coi suoi occhi rossi. Si lisciava la corta gonna, splendente sulla pelle scura come l'ebano. Aprì la bocca dalle verdi labbra per parlare.
"Scrivimi" le ordinò, la voce calda e soffusa, eppure decisa. Sì, Hope Jay Ivy Gebediah era una ragazza dolce ma ferma, e ciò derivava dalla sua triste storia... un padre che non l'aveva mai amata, una madre che la picchiava, un fratello maggiore che abusava di lei, una zia che voleva venderla al mercato nero, un nonno che la voleva investire con il trattore! Oh, come si dilatava il suo cuore di fronte a quella triste storia! Così particolare, così unica nei confronti di tutte le protagoniste di tutto mondo, eppure così credibile! Magari ci avrebbe pure infilato il tema della perfidia umana, già che c'era.
E Hope la guardava, comprendendo tutto con la sua empatia, ma senza dir nulla.
Questa era la ragione per cui, disperata e bisognosa d'amore, aveva scelto la così oscura strada della prostituzione? (Che in realtà non aveva scelto, perché questa versione di Hope Ivy Jay Jebediah non lo era. Ma poteva fare l'assistente sociale e aiutare queste ragazze, in modo da mostrare entrambi i lato dello stesso problema. Oh, sì che questa scelta le avrebbe accaparrato il premio Nobel!)
"Scrivimi" ripeté la ragazza, scuotendo la testa su cui brillavano i capelli blu elettrico naturali.
Sara non poteva attendere. Un personaggio così rivoluzionario non poteva rimanere solo nella sua testa, doveva descriverlo subito!
Anzi, non doveva descriverlo: doveva lasciare che la sua bocca fosse solo un mezzo di espressione per quell'alta creatura, nata dai più sacri anfratti della mente. Doveva sentirsi come lei, parlare come lei, essere come lei!
Mentre pensava tutto ciò, Sara era corsa di nuovo in salotto (il pc aveva la batteria scarica, fregacazzi, Hope Jay Jeremiah era più importante) e aveva preso a premere con forza i tasti, quasi da non riuscire a farli risalire.
Aveva riaperto il vecchio file, e digitava senza sosta.
"Io sono Hope Faith Jaymediah. Ho 27 anni, e non sono quella che pensate che sia..."
 
Angolo Autrice
Quasi quasi abbandono la carriera di semi-scrittrice e mi metto a fare la semi-creatrice di slogan. È così facile trovarne d'impatto, dopotutto, come il mio testimonia.
Stavolta vado di fretta e non ho granché da dire, se non grazie per essere ancora qui e spero che il capitolo sia venuto, apparizione di protagonista compresa. Quasi quasi mi metto a fare la semi-character designer, va'. Ora devo scappare, ciao! 

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Capitolo 4
*** La situazione iniziale ***


"...E il premio va alla signorina Anijara, per il suo toccante racconto Inserire nome qui! Un bell'applauso!"
Sara salì sul palco. Indossava il suo vestito di seta blu e i tacchi alti, che per poco non la fecero inciampare.
Trattenne a stento le lacrime e aprì bocca, per ringraziare tutti quelli che l'aveano sostenuta fino ad allora, cioè nessuno perché erano capre selvatiche, e forse il paragone era pure offensivo per le capre, ma non importava perché finalmente aveva dimostrato quanto valesse e nessuno l'avrebbe potuto negare!
"Sara... stai bene?"
"Gbh."
Giustamente, se qualcosa le andava per il verso giusto era un sogno ad occhi aperti.
Puntò lo sguardo su Andrea, che l'aveva appena chiamata. Il suo collega teneva in mano uno spropositato numero di fotocopie.
"Ci sono dei manuali da controllare... ma mi pari stanca, vuoi un caffè?"
"No, grazie" disse lei, alzandosi e togliendogli i fogli dalle mani. "Mi sono solo... persa un minuto, ecco."
Altro che minuto!
Ieri sera, aveva finito di descrivere Hope Faith Jaybediah alle due. Senza neppure ricontrollare, aveva salvato ed era andata a dormire. Peccato che non avesse chiuso occhio!
Perché, un secondo prima di abbandonarsi alle braccia di Morfeo, un problema comune a tutti gli scrittori le si era affacciato alla mente.
"Ok. Ora ho un personaggio. In che cazzo di situazione lo ficco?"
In fondo al suo tenero cuore d'artista, Sara sapeva che Hope stava camminando nel cuore della notte a Green Lane Road. La domanda era: perché?
Poteva forse riallacciarsi al suo lavoro di assistente sociale, che cercava di salvare ragazze? In questo caso, avrebbe avuto un'inizio tragico, ma Sara non era sicura che fosse quella la direzione che volesse intraprendere. Forse era meglio iniziare con un tono più allegro, prima di mostrare il vero lato oscuro (fantascienza? Cosa ci faceva nei suoi pensieri? Lei era più in alto di quella robaccia popolare che esprimeva solo sentimenti a buon mercato!) nei capitoli successivi? In tal caso, avrebbe potuto buttarla sul ridere, facendola scambiare per una vera prostituta da qualcuno... eh, non sarebbe stato più tragicomico così?
Decisa a distogliere l'attenzione da questo assurdo problema, Sara si concentrò sul manoscritto che stava editando, qualcosa di fantasy. Non era il suo genere e pertanto non si era concentrata troppo sulla trama.
Annoiata, riprese a far scorrere lo sguardo sullo schermo.
"È qui" disse Flaisen. Con un cenno della mano mostrò il buco nella montagna. "È qui che si nasconde. Sarai in grado di affrontarlo?"
Annuì, anche se in realtà temevo per la mia vita, e entrai nella caverna con la spada bene in vista.
"Grande drago che solchi i cieli, sono una Guida e richiedo il tuo aiuto in questo momento di grande pericolo. Vieni fuori!" urlai all'oscurità.
Per un po', nessuno mi rispose. Poi, alla mia destra sentì una voce roca che diceva: "Guida?"
Mi voltai, e per poco non svenni dall'emozione. Era la vera voce del Grande Drago Ignis! Quello che cavalcava Oder, il Grande Dominatore. Era ancora vivo, dopo tutti questi anni?
"È da tanto tempo che non vedo una guida... o qualcuno che finga d'esserlo."
Mi ripresi dalle mie emozioni. Era la mia grande occasione, e non l'avrei sprecata.
Avanzai verso l'oscurità, e sollevai la manica della mia camicia. Sotto, il marchio incominciò a risplendere di una delicata luce blu.
"Questo è il simbolo del mio potere" dissi al drago, che ancora non avevo visto in viso... o muso. "Questo dimostra che io sono quello che dico di essere. Puoi tu dire lo stesso?"
Un enorme tonfo. Le pareti tremarono, e roccia cadde mentre i tonfi continuarono.
Per la prima volta vidi gli occhi del Grande Drago. Erano azzurro intenso, come un lago di montagna, e privi di palpebre. Non distolsi lo sguardo, poteva essere una di quelle prove di fiducia di cui Flaisen mi aveva avvertito.
Dopo poco, udì il drago emettere un enorme sospirò di sollievo.
"Sì, sei davvero una Guida. Finalmente ho ritrovato il mio compagno di vita."
Ci mancavano solo i draghi da compagnia. Cioè, l'idea dell'animale legato al protagonista non era un'idea malvagia, fu costretta ad ammettere Sara, se sviluppata bene avrebbe potuto portare a risvolti originali. L'idea di avere una qualche metà di te a fianco, che condivideva tutte le tue avventure, ma in modo completamente diverso dal tuo poteva dar vita ad audaci scontri, e discussioni su cosa fosse migliore, e...
E Sara ormai non stava più pensando a quel fantasy. Stava osservando Hope, la sua Hope, portare in giro in cane. A tarda notte, perché la vescica del cane non conosceva orari.
Lei camminava, e meditava- perché era una ragazza intelligente e sensibile, ovvio- quando sentiva qualcuno dietro di lei urlare "Bob!".
Si girava, ma non c'era nessuno e...
Ed era troppo buono per non metterlo giù!
Completamente ignorando il manoscritto fantasy, Sara aprì una nuova mail e nello spazio bianco incominciò a buttare le sue idee, gongolando e ringraziando la dea Ispirazione per questo dono dal cielo (che aveva fatto solo a lei, soltanto a lei!).
Sara che, prima di girarsi, rifletteva sui nomi e su cosa rappresentassero, novella Giulietta (e pensava anche alla morte, perché ogni riflessione sulla morte innalzava di almeno tre punti la qualità della storia).
Sara che si girava, ma a parte lei, il suo cane e un uomo che le correva incontro non c'era nessuno.
Il misterioso straniero che si gettava ad accarezzare il cane, il cane che per il terrore gli mordeva la faccia, Hope che spiegava che il suo tenero pastore tedesco si chiamava Regilianus e non Bob, la profonda connessione fra la padrona e il suo animale... Con una sequenza di eventi normali, credibili e plausibili la storia poteva finalmente iniziare!
Sara ticchettava furiosamente mentre le immagini le frullavano nella testa e le facevano ignorare il lavoro davanti a sé.
 
Angolo Autrice
Buonsalve! 
Innanzitutto, mi dispiace aver saltato un lunedì, non era mia intenzione. Il fatto è che domenica sono tornata a casa alle cinque e non avevo ancora il capitolo pronto. Non riuscendo ad adattarmi ad altri giorni, ho preferito saltare una settimana. Mi scuso per il disagio.
E per chiarire, nulla contro i Fantasy: se trovate la parte scritta su di esso poco originale, sappiate solo che non mi sono concentrata troppo a scriverla bene. In fondo, abbiamo le Fantomatiche Avventure/Sogni Ad Occhi Aperti della protagonista ad attenderci!
Vi saluto, alla prossima!

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Capitolo 5
*** L'intreccio (aka come scrivere un interesse amoroso) ***


"... ma di certo l'interesse per i paracadutisti è andato scemando nell'ultimo secolo. Finito!"
Erano le 11:57 quando Sara salvò la mail e andò prendere una boccata d'aria. Dopo due ore di intensa scrittura, più un quarto d'ora scarso di editing, aveva bisogno di una pausa. E cosa c'era di meglio di un giro attorno all'edificio per schiarire la mente e far fiorire nuove idee? Insomma, venti pagine spese a parlare di cura per cani, tristezza della vita e paracadutismo erano buone, ma non poteva continuare per sempre. Avrebbe dovuto far muovere la storia, collidere  i due personaggi in una situazione diversa da quella... ma come? Farli andare a prendere un caffè? Troppo classico, accadeva dall'Illuminismo. Fargli guardare assieme l'alba? Non sapeva, Hope Jaybedaiah non era una tipa così notturna (l'aveva deciso ora. Dannato cane che non tratteneva la sua vescica, che le deturlava il suo sonno di bellezza!)
Un enorme camion le sgommò davanti, e lo smog le entrò in gola.
"Ora capisco perché nessuno esce mai a fare una passeggiata!", rifletté mentre tossiva. Non erano illegali certe attività in città? Accanto al suo posto di lavoro, poi! Avrebbe dovuto chiamare la polizia e denunciare l'attentato alla Grande Artista! Se lo immaginava già, un bel poliziotto prestante che veniva ad aiutarla...
Sara sapeva che l'idea dell'Ispirazione colpiva nei momenti più impensati. Non quelli in cui ti concentravi sulla storia bevendo un tè disgustoso o cazzeggiando al lavoro, ma gli altri. Quando ascoltavi Don't Stop Me Now, versione telefonica mentre aspettavi di connetterti alla polizia, ad esempio.
Ma, proprio come ieri sera e la sua Hope, la soluzione le apparve davanti agli occhi, tra lo smog e la nebbia.
Un modo per far progredire la storia in maniera ardita, inaspettata, che avrebbe costretto il lettore a porsi moltissime domande.
Una relazione! Con un poliziotto! Che era Bob! E quella sera era uscito perché faceva il poliziotto! Bob! Che uomo!
Lei avrebbe avuto così tanto spazio per dilungarsi sui temi della criminalità, della giustizia, dei rapporti tra uomo e donna! C'erano nel piano iniziale? Chi se ne importava, erano arrivati e dovevano essere trattati!
"Salve, Dipartimento di polizia, come possiamo..."
"Silenzio! Siete dei geni!"
Sara riattaccò il telefono e si mise a correre. Doveva ritornare, il Capolavoro Che Avrebbe Cambiato La Storia Del'Umanità  (troppo lungo come titolo) non poteva attendere!
 
Angolo autrice
Ancora una volta, mi ritrovo a salutarvi, miei affezionati lettori. Pure stavolta un capitolo corto, ma conto che il prossimo sarà almeno il quadruplo più lungo. Forse.
Non l'ho ancora scritto, e sono piuttosto occupata in questi giorni, quindi se il prossimo lunedì non uscirà non preoccupatevi: lo farò uscire pochi capitoli dopo.
A presto!
Claire

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Capitolo 6
*** Far conoscere il romanzo ***


Avrebbe dovuto saperlo. Erano le 12:21, l'orario più temuto in tutto l'ufficio. E lei, sempre attaccata all'orologio, non avrebbe dovuto andarsene in giro con così tanta disattenzione.
Ma l'entusiasmo era stato troppo, e, con la testa piena di battute fra Bob e Hope ("No" "Sì" "Forse" "Ah, magari!") non aveva guardato dove metteva i piedi, e sbattuto contro di lui.
"Anijara?"
"Vicedirettore!" Nonché erogatore del mio stipendio, avrebbe voluto aggiungere, ma non sarebbe stato professionale. "Mi scusi, ero..."
"... immersa nel lavoro?" completò l'uomo, squadrandola da capo a piedi con un occhiata scettica. "Buffo. Non vedo il suo computer, né un qualche manoscritto. E stamattina non mi è arrivato niente da lei."
Sara incominciò a sudare freddo. C'era una ragione per cui era temuto da tutti e quando usciva per la pausa pranzo ci si rifugiava in bagno! Quasi sbattè la testa contro il muro, ricordandosi i pettegolezzi che si stava perdendo in quel momento, quando il vicedirettore la riportò a terra. "Neppure un avanzamento sul libro fantasy. Si può sapere a cosa sta lavorando?"
"Ma certo!" proruppe Sara, senza riflettere. La bugia le venne in automatico. "Sto lavorando allo scritto di una giovane promessa. È sorda!"
"Sorda?" fece il vicedirettore, accarezzandosi il mento. 
"Sordomuta!" aggiunse Sara "Mi è arrivato per e-mail da una cugina in Sicilia! È una sua conoscente, sa... Avrei dovuto avvertirlo, è vero, e mi scuso per la disattenzione, ma ci ha sempre detto di incominciare a editare con tranquillità in questi casi, che un mercato si troverà sempre!"
"È vero" concordò il vicedirettore. "Anche se in realtà pensavo a cose più d'impatto, come una cieca o un'immigrata... mi dica, di cosa parla il romanzo?"
A quel punto, erano le 12:30. Di solito, il vicedirettore ritornava nel suo ufficio in quel momento, e pertanto tutti uscivano dai bagni. Alla vista di lui e dei suoi folti baffi, però, quell'enorme massa si era bloccata, guardando ora, tremanti, il vicedirettore ora, stupiti, Sara. In silenzio, attendevano l'inizio dello scontro. Umiliazione? Rivincita? Nemmeno lei sapeva come sarebbe andata a finire.
Tutto ciò che sapeva, era che aveva un pubblico. Molto più di quanto certi giovani artisti si potessero permettere! E con capacità sufficienti ad analizzare e apprezzare il suo lavoro, per giunta.
Certo, non avrebbe potuto reclamare il suo faticoso lavoro, ma andava bene così: ci lavorava assiduamente da un giorno e mezzo, ed era molto meglio di certi libri scritti in un mese, ma il suo bambinello non era ancora pronto per essere mostrato al mondo! E poi, ogni pubblicità andava bene. Doveva solo trovare un nome e una storia credibile per la sua conoscente, non sarebbe certo stato quello a farle perdere la Speranza!
Rassicurata, quasi come se sentisse il suo personaggio vicino a proteggerla, parlò:
"Il romanzo è un ritratto emotivo di una generazione di donne perdute, che non sanno più dove voltarsi e..."
"Parli come mangi, Anijara."
Come se fossero telecomandati, tutti i colleghi iniziarono a ridere sonoramente, e si fermarono solo dopo uno sguardo del vicedirettore.
Ma Sara si limitò a stringere le labbra. Poteva essere un genio del marketing e di comunicazione, ma non avrebbe MAI avuto la sensibilità di scrivere una storia come la sua! L'avrebbe riempita di battute sulle pizzette, se fosse riuscito a far concentrare il suo neurone abbastanza.
Tuttavia, ora come ora non poteva schiacciarlo, e si limitò ad obbedire.
"Parla di due donne, uguali per aspetto fisico ma ma completamente diverse. Una lavora ai servizi sociali, l'altra è... una donna perduta, senza nessuno." (Non che si vergognasse a parlare in pubblico della sua geniale idea, è che... non sarebbe stato professionale. Già. Non voleva certo creare problemi alla sua conoscente immaginaria!) "Entrambe fanno un incontro che le cambierà la vita: Bob." Nota mentale a sé stessa: dare a Bob nome più significativo. "Attraverso questo incontro, si metteranno a riflettere sulla loro vita, su tutto ciò che le riguarda, e alla fine si incontreranno e... e..."
Attese che la dea dell'Ispirazione le suggerisse un finale, ma a quanto pare aveva richiesto troppo i suoi servigi. Non venne, e Sara rimase come un pesce lesso davanti al vicedirettore, senza che avesse nulla da dire.
"Così su due piedi, pare una cazzata" si pronunciò il vicedirettore. Buttò un'occhiata all'orologio e sospirò. "Taglia di almeno metà i toni melodrammatici e forse ne ricaviamo qualcosa." Preso da una fretta improvvisa, camminò verso le porte a vetri dell'ufficio senza smettere di parlare. "E mi raccomando, advertiser-friendly! Ora lavora al fantasy, puoi pensare domani all'altro" aggiunse prima di uscire.
Sara lo osservò. Intanto, il mondo attorno a lei si rianimava: la gente tirava sospiri di sollievo e si invitava a un caffè per lo scampato pericolo con la stessa serietà con cui ci si invitava a ballare nell'Ottocento.
Nessuno parlava della sua storia. Nemmeno una battuta o un commento.
E Sara sapeva perfettamente perché. Non era per il sommario generico, i pochi elementi su cui basarsi o (per la Dea!) che la storia non gli avesse colpiti.
No.
Chiaramente, il vicedirettore aveva compreso subito il suo enorme potenziale e, dal tono sottovoce e semi-incomprensibile della Grande Autrice Lei Medesima, che lei tenesse a quell'opera. Forse troppo, aveva ragionato lui, e ciò poteva distrarla dal lavoro, cosa che lui non poteva permettersi (chi avrebbe potuto sostituirla, dopotutto? Giulio, Andrea, Marianna... in effetti potevano farlo, ma non era il momento di pensarci), pertanto si era messo subito a demolirla! Ora sì che era tutto chiaro e con un perfetto senso logico!
Sara non sapeva se essere infuriata per quel primo parere completamente sbagliato o emozionata per aver il suo primo hater. Anzi, meglio chiamarlo anti-fan, suonava meglio.
"Sara." Andrea la picchettò sulla spalla. "Sei ferma in questo punto da cinque minuti... tutto a posto?"
"Certo!" si riscosse subito lei. Se c'era una cosa buona in quel posto, era avere Andrea sempre sul pezzo e pronto ad aggiornare gli altri. "Stavo solo pensando... a quello che mi aveva detto lui. Per migliorare tutto e simili. Dannazione, Nuvole di drago!"
"Che?"
"Il manoscritto. Fantasy. Nome stupido, vero? Non ho tempo adesso di parlare, ci vediamo dopo!"
Pienamente a conoscenza del tempo che scorreva sempre più in fretta, Sara scivolò via nella calca. Il vicedirettore poteva aver vinto la battaglia, ma non la guerra! Da quando era una guerra? Da adesso. Chiaro.
E mentre lei marciava, le parole del collega si disperdevano fra stampanti e chiacchiere.
 
Angolo Autrice
Sì, sono riuscita a pubblicare. Probabilmente sul filo del rasoio 
per i miei standard, ma ehi, è ancora lunedì ed è un capitolo lungo, quindi spero mi perdonerete. Potrei tuttavia andare in pausa per Pasqua e saltare una nuova settimana, staremo a vedere.
Vi lascio con un importante messaggio: non disprezzate le battute sulle puzzette. Sono una delle colonne portanti del nostro paese.
... Mi vergogno e mi defilo.

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Capitolo 7
*** Gli ostacoli (dello scrittore) ***


Erano le 21:00 precise quando Sara mise piede nell'appartamento. Per una volta, era riuscita a non incastrarsi con del lavoro in più (e doveva ringraziare lui per questo. Per essere un anti-fan, era utile) e a tornare a casa a un orario decente. Troppo tardi per cucinare un pasto decente, al massimo una pasta ("Finalmente ho provato la battuta, sì!"), ma l'orario era buono.
Eppure non era il momento di pensare a cose così futili quanto il cibo. 
Dopotutto, era arrivata a un momento importante della sua storia: Hope aveva guardato Bob-nome-provvisorio negli occhi, e stava per scegliere se chiederlo di incontrarla il giorno dopo, importante metafora sull'accettazione delle persone per come sono. Dopotutto, lei non faceva niente a caso! Ed erano tutte informazioni importanti, ecco perché aveva dovuto rimandare l'alter ego della prostituta solo per un capitolo. Ci avrebbe lavorato dopo, di certo.
Ma Bob non sarebbe riuscito ad accettare subito, sarebbe stato troppo semplice. E quando mai la vita, musa della Musa dell'Ispirazione, lo era? 
Doveva creare un ostacolo.
Senza attendere oltre, mise nel microonde un piatto precotto (non aveva più pasta) e accese il pc. Mentre ingoiava la sua cena, ricopiò tutto quello che aveva scritto durante il giorno e riprese a digitare:
Ne ero certa. Bob-nome-provvisorio è un'anima a a me affine per pensiero e morale. Non esiterò: gli chiedo subito se ci ritroveremo, un giorno di questa breve e lunga vita! ("Sdrammatizzare i toni? Ti faccio vedere io, se devo sdrammatizzare i toni!" pensò Sara. Per poi pentirsene: ci si scherzava sugli anti-fan, non si doveva arrabbiare) Senza esitare, aprì la mia bocca al profumo di rose per fare la proposta, e attesi la risposta di Bob-nome-provvisorio, guardandolo coi miei occhi pluricolore lievemente umidi per via di una goccia che voleva cadere.
Bob-nome-provvisorio mi guardò di rimando. Rex (il cane si chiamava così, giusto? Eh, non voleva controllare) abbaiò. Pareva un momento particolarmente propizio, in cui nulla poteva andare storto...
"E invece tac! Ecco l'ostacolo" esclamò Sara, finendo di digitare e attendendo l'Ispirazione.
Nessuno rispose.
"C-come?" meditò. "Le idee... già finite?"
Non poteva essere. Lei era destinata a grandi cose, vincere un premio Nobel, entrare nella letteratura mondiale, diventare famosa! No, non si sarebbe fermata a un piccolo imprevisto come questo. Sapeva come fare con queste crisi.
Guardò il computer fino a farsi bruciare gli occhi. L'ispirazione non veniva, e quelle righe bianche la guardavano accusatoria. Pregavano di essere riempite di parole che avrebbero fatto vivere i suoi personaggi (cioè Hope e Bob-nome-provvisorio) e riscaldato i cuori di tutti i futuri lettori, ma lei non aveva niente. Niente di niente.
"Dannazione!" Sbattè i pugni sulla tastiera. Era tutto colpa dello stress al lavoro, era tutta colpa del vicedirettore!
Sì. L'aveva mentalmente fatta a pezzi, ridotta in ginocchio, per solo interesse personale. Lui era la persona da imputare, lui e nessun altro! Se solo avesse avuto un modo per vendicarsi...
Ora, si deve sapere che Sara disprezzava chi inseriva elementi autobiografici nelle sue storie, soprattutto se non erano collegati in alcun modo alla trama e venivano usati solo per far esprimere opinioni all'autore. Non erano sbagliati in sè, pensava lei: ma questi momenti, nelle mani di scribacchini, si trasformavano in pure colate d'odio che duravano pagine e pagine senza scopo. E Sara poco sopportava che una grande arte come la letteratura venisse infangata in questo modo.
Eppure, riconosceva che, nelle mani di geni, questi momenti potevano addirittura essere un'aggiunta. E che in molti avevano usato: Dante, Hesse, Stephen King! Bastava descrivere il tutto con occhio ironico e distaccato.
Ovviamente, lei faceva parte di quest'ultima categoria, quindi se avesse preso spunto da persone che conosceva l'avrebbe fatto in un modo così sottile che nessuno se ne sarebbe accorto. Anzi, l'avrebbero lodata per la verosimiglianza dei personaggi!
E, finalmente, percepiva dentro di lei le fiamme dell'Ispirazione. Scottavano. Ma non l'avrebbero fermata!
Prima che Bob aprisse la sua bella bocca e confermasse il mio invito, una voce stridula e fastidiosa arrivò alle mie orecchie. "Bob-nome-provvisorio, testa di minchia! Cosa fai fermo qui?" 
Mi sporsi dietro la spalla del mio conversatore. Vidi a malapena l'uomo dietro, perché era basso. E grasso. E aveva l'abito cattivo, un vestito sgualcito e logoro, e sembrava una palla di lardo che non ha la minima idea di cosa sta succedendo e non lo saprà mai. E i brutti baffi a manubrio non aiutavano.
"Sto aiutando questa gentil donzella, Horace."
"Frega nulla. Lavora! E non lavorare aiutando lei! Sono intelligente, fidati! Ahahahahaha!"
Non sapevo dire perché, ma quel pseudo-barbone non mi stava simpatico.
Sottile come sempre, si complimentò Sara. Nessuno avrebbe mai identificato quell'uomo col vicedirettore!
 
Angolo Autrice 
Ce l'ho fatta. Ho scritto il capitolo letteralmente un'ora prima di pubblicarlo, mi scuso dunque se vi sono cose strane. Mi auguro non errori. Per le battute chiedo scusa in anticipo. E per aver associato Stephen Kingston a Dante (entrambi bravi autori, ma scrivono per motivi diversi, quasi opposti)
E come sempre... non prendete quel che è scritto nel capitolo per oro colato. È satira. Credo. Non so. Sono stanca.
Ci vediamo il prossimo lunedì, scusate il ritardo con questo capitolo.
Claire

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Capitolo 8
*** Il momento adatto per scrivere ***


Lo ammetteva. Questa storia l'aveva preso talmente tanto che aveva sballato i suoi orari. Un pochino. Neanche troppo.
Aveva descritto la cattiveria del poliziotto-collega-di-Bob per sette ore, quarantasette minuti e venticinque secondi, backstory piena di malvagità compresa, e poi era andata a letto. Solo cinque ore e sessantadue minuti in più del solito. I calcoli erano giusti. Giusto. 
Era a lavoro da due ore e aveva bisogno del suo quinto caffè.
"Ma davvero non posso rimproverarmi" pensò Sara, allontanandosi da Nuvole di Drago (era riuscita a editare un capitolo quella mattina. Brava lei). "È stata l'Ispirazione a chiamarmi. Quando chiama, non c'è nulla da fare, bisogna seguirla. Chi non vorrebbe bere dal fiume della giovinezza, dopotutto? Era così l'espressione? C'entrava qualcosa? Oh, caffè."
Per il momento, Sara aveva raggiunto il suo obiettivo, e nient'altro contava. Osservava affascinata il liquido marrone polvere scorrere nel bicchiere, e non appena sentì il bip di completamento lo afferrò con mani tremolanti, e lo ingoiò senza neppure sorseggiarlo. Più caldo era meglio era.
Avrebbe dovuto fare una scena sul caffè, nel suo capolavoro. Quel liquido era il succo della vita.
Ma ora non poteva: dopo la scenata col vicedirettore era tenuta d'occhio, e non osava mettersi sotto le luci un'altra volta. Era una tipa timida, riservata e attenta ai pericoli lei!
Quindi, si limitò ad annotare su un taccuino l'idea, sebbene non volesse fare altro che mettersi a digitarla. Dopotutto, sapeva bene che la passione non sarebbe potuta durare per sempre: si sarebbe annoiata del suo capolavoro, e l'avrebbe messo da parte per dedicarsi a qualcos'altro. E tornarci forse dopo parecchi anni. Ed essere disgustata dal suo lavoro, ricominciarlo da capo, e abbandonarlo di nuovo.
Ma la fama l'attendeva, con la sua storia non poteva essere altrimenti, e non poteva correre questo rischio del mestiere! Avrebbe dovuto dare tutta sè stessa in questi pochi giorni, anche a costo del sonno. 
Era previsto: come tutti gli artisti, lei era incostante come una foglia in tempesta, ma vigorosa come un tornado quando si decideva ad agire.
Non sapeva bene perché, ma sentiva che quel giorno ci fosse qualcosa di terribilmente sbagliato con le sue parole.
Ma non dovette pensarci su a molto, perché nonostante i caffè si addormentò.
 
Angolo Autrice
Pure stavolta ho scritto e pubblicato il capitolo in zona cesarini. Eh, spero non diventi un'abitudine, ma è una cosa di cui dubito.
In ogni caso, grandi notizie per voi, miei fedeli undici lettori: non dovrete leggere ancora a lungo.
Potenzialmente, questa storia serviva a farmi tornare le mani sulla scrittura, ma non è qualcosa su cui voglio rimanere impantanata più del dovuto, magari rischiando di perdere qualità. Ho altre idee su cui vorrei buttarmi, ed essendo questa il banco di prova e non volendo dedicarmici troppo a lungo, ho deciso che ne scriverò al massimo venti capitoli. Questi otto compresi.
Non riuscite a digerire la notizia? Nessun timore: avrete due settimane per farlo, visto che l'aggiornamento del prossimo lunedì salterà! Sono via tutta la settimana e non ho tempo d'aggiornare. So che questo è un capitolo corto ma spero vi sarà sufficiente (a dire il vero è uno che mi sono divertita molto a scrivere, e di cui faccio quotidianamente esperienza in prima persona, quindi credo sia un buon segno).
A fra due lunedì,
Claire.
 
 
 
 
P.s: se ve lo state chiedendo, le metafore di Sarà sono sbagliate apposta. Se non ve lo stavate chiedendo, ora almeno lo sapete.

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