CaptainSwan's Collection

di k_Gio_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La lista dell'amore ***
Capitolo 2: *** Una promessa è una promessa ***
Capitolo 3: *** Di fiori e pistole ***
Capitolo 4: *** Una prima volta...bruciacchiata ***
Capitolo 5: *** E cadeva la neve ***



Capitolo 1
*** La lista dell'amore ***


                                
                                                                            
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Si aggirava tra le corsie in modo del tutto casuale, alla cieca sperava di trovare quello che si era appuntato all'ultimo momento sulla lista della spesa. Come avrebbe fatto ad arrivare a casa tutto intero e senza perdersi qualcosa per strada era ancora un'incognita...e probabilmente non ci sarebbe riuscito se sua figlia avesse continuato a muoversi come un'anguilla tra le sue braccia.
Il suo incedere a fortuna attirava gli sguardi compassionevoli della gente che lo incrociava. Era talmente confuso in quello che stava facendo che nemmeno se ne rendeva conto di ciò che gli accadeva intorno.
Versi indecifrabili e acuti gli perforavano un timpano mentre l'altro cercava di ascoltare i pensieri che la mente cercava di elaborare. Era la prima volta che usciva a fare la spesa con sua figlia e probabilmente sarebbe stata anche l'ultima.
Finalmente , dopo aver fatto il giro del supermercato almeno cinque volte, si era trovato davanti a quel vasto scaffale che ospitava i più svariati tipi di latte in polvere e omogeneizzati di ogni tipo. Gli venne la nausea. E lui che pensava di essere riuscito nell'impresa.
Aggiustò sua figlia su un fianco prima che rovinasse a terra e cercò di ricordare quale marca gli portasse la sua vicina quando andava a fare la spesa per loro. Non ricordava niente, era tutto troppo caotico nella sua testa. Si sarebbe messo a piangere per la frustrazione, sì lo avrebbe fatto. La bambina che intanto gli tirava l'orecchio e i capelli a cui riusciva ad arrivare.

Voleva prendere quello che alla sua bambina piaceva e non sperare che andasse bene quel salto nel buio.
Senza preavviso sua figlia iniziò ad emettere gridolini e ad agitarsi verso qualcosa al suo fianco, qualcosa che ancora non lo aveva raggiunto nel suo campo visivo.
«Alice mi farai diventare sordo prima del tempo di questo passo. Stai buona per favore» la implorò. Si voltò alla sua destra, scoprendo così cosa aveva destato l'attenzione di sua figlia.
Una giovane donna, con una fluente chioma dorata in giacca rossa di pelle e jeans, si era fermata davanti allo stesso scaffale con un bambino in braccio anche lei.
La donna si voltò verso Alice e le sorrise. Il cuore di Killian perse un battito. Ci avrebbe provato spudoratamente in altre circostanze, ma anche con Alice al seguito d'altronde era risaputo che bambini e cani sono ottimi aiutanti per rimorchiare. Ma era troppo stanco mentalmente per provarci.
Al contrario di sua figlia, il bambino della donna riposava tranquillo con la testa appoggiata sulla spalla. Glielo invidiò. Sua figlia non lo faceva dormire per due ore di fila.
«Non sai cosa scegliere?» lo riportò alla realtà la donna che dopo una breve occhiata lo ebbe squadrato dalla testa ai piedi.
«Non so proprio da che parte iniziare» confessò con un mezzo sorriso appurando che non era riuscito ancora a capire cosa fare.
«Immagino, è già difficile in generale figuriamoci per un uomo» lo prese in giro lei.
«Probabilmente è vero» convenne. Se non riusciva nemmeno a controbattere per una frecciatina di prima categoria, era evidente che sua figlia lo avrebbe fatto morire single.
Intanto la donna aveva puntato ciò che le serviva e stava per andarsene ma poi venne mossa a compassione.
«Prendi questo, al mio piace.» e gli mise nella mano libera una scatola di latte in polvere.
«Grazie» disse mentre guardava la confezione, almeno sapeva che era commestibile. Alice intanto si dimenava allungandosi quanto poteva per raggiungere i capelli biondi della sconosciuta.
«Ci pensa già il mio Henry a strapparmeli piccolina» le sorrise sfiorandole la guancia paffuta «strappa quelli del tuo papà». Si scambiarono un fugace sguardo.
«Scappo prima che si svegli» e fece un cenno al bimbo che dormiva profondamente.
La guardò andare via, la bocca semi aperta. Alice iniziò a piangere sempre più forte. Scappò anche lui dal supermercato dopo aver preso altre due cose senza sapere bene di cosa si trattasse.


Due giorni dopo si ritrovava punto e a capo, era più fresco del solito così dovette imbacuccare per bene la sua piccola principessina riducendola ad un fagotto incapace di muoversi troppo. E lei ci stava bene. I grandi occhioni azzurri osservavano ciò che la circondava e ogni volta che quelle due iridi si specchiavano nelle sue, Alice emetteva gridolini e sorrisoni gengivali. Amava quella bambina. Sperava di essere abbastanza per lei.
Coperti fino al naso si precipitarono dentro al supermercato, non era proprio il luogo più caldo del mondo ma meglio dell'esterno sicuramente.
Stavolta non si perse e raggiunse il reparto che gli serviva senza troppi impedimenti. E ritrovò la donna bionda dell'ultima volta.
«Sembrerebbe che sia il destino a farci incontrare» le disse arrivandole alle spalle.
Lei non si scompose sorridendo furba « O magari sei solo uno stalker che mi pedina»
«E mi porterei una bambina al seguito?»
«Per rendere la parte più attendibile, certo.» risero entrambi.
«Il latte è stato apprezzato, Alice ci teneva a ringraziarti» scherzò.
«Ne sono contenta.» e si avvicinò per dare un buffetto alla piccola.
Killian notò che quel giorno aveva un cappotto nero pesante e degli stivali alti che le mettevano in evidenza le gambe snelle.
L'aveva vista due volte e quelle due volte gli erano bastate per mandarlo in confusione ogni volta che pensava a lei. Di cui non sapeva nemmeno il nome.
«Penso sia il momento giusto per presentarsi, Killian Jones»
«Emma Swan» le diede la mano che lui prontamente strinse.
«Immagino tu vada a festeggiare San Valentino» disse con nonchalance sondando il terreno. Quando Alice si addormentava e prima di crollare lui stesso, si era domandato chi fosse quella donna. Sicuramente aveva già qualcuno ma nessuno poteva impedire che potesse nascere un'amicizia...perlomeno avrebbe avuto qualcuno a cui rivolgersi quando non sapeva dove sbattere la testa con sua figlia. Forse si sarebbe dovuto sentire in colpa per quei pensieri da opportunista. Probabilmente avrebbe dovuto.
«Che?» si rialzò lei dopo aver messo delle pappetta dentro al carrello.
Lui la indicò, era decisamente più in tiro dell'ultima volta.
Lei scosse la testa quasi divertita.
«Il mio San Valentino prevede andare a prendere Henry da mia madre e starmene sotto le coperte a bere della cioccolata calda» guardò nel carrello «Se mi ricordo di prenderla»
Fu felice, non ne aveva motivo ma lo fu. Forse aveva qualche possibilità...una volta che il suo aspetto non fosse stato così deprimente come era.
Si buttò «Se ti va potremmo andare a prendere della cioccolata calda al locale qui dietro. Se ti va».
La vide guardarlo imbambolata, ovviamente non si era aspettata un attacco diretto come quello.
«Ma se ci siamo visti mezza volta»
«Con oggi è una volta completa» le ammiccò. «E poi sei simpatica ad Alice, non vede l'ora di strapparti i capelli, vero?» e la bimba emise qualche versetto incomprensibile,iniziò a fare le bolle con la saliva.
«Certo, non contarci, bambolina.»
«Quindi è un sì?»
«Non hai nien'altro da fare? Nemmeno mi conosci»
«Hai trovato il latte giusto, Alice è un tipo complicato. A me basta questo»
La vide pensarci e guardarsi intorno. Ci stava davvero pensando. Assurdo, magari non stava in condizioni tanto critiche come si immaginava.
«Devo prendere Henry, non posso lasciarlo ai miei» doveva essere una scusa?
«Lo prendi e porti anche lui. Mi sentirei svantaggiato con due femmine»
«Concordo» si morse il labbro inferiore.
«Va bene. Posticiperò la maratona su Netflix»
«Perfetto» era davvero contento, e sollevato. Già si sentiva solo di per sé in quel periodo, gli serviva stare in compagnia...anche se quella compagnia l'aveva appena conosciuta ed era dannatamente affascinante. Quegli occhi verdi avevano il potere di ipnotizzarlo.


Fecero come detto. Uscirono dal supermercato e Killian con Alice si diresse direttamente al locale in attesa di Emma ed Henry. Fino all'ultimo Killian pregò affinchè lei non gli desse buca. Ma così non fu. Arrivarono ed ordinarono, seduti al loro tavolino con i rispettivi bimbi sulle gambe inziarono a parlare. Emma aveva temuto che si sarebbe rivelata una mattinata sprecata e invece quell'uomo dai penetranti occchi azzurri la catturò.
A differenza di quanto si era aspettato lui, non parlarono minimamente di loro stessi. La loro conversazione si basò prevalentemente sui loro figli. Non perchè non sapevano di cos'altro parlare, ma perché semplicemente venne loro spontaneo. E risero e scherzarono come non facevano da tempo, con la complicità di quel rapporto che si ha con chi non si conosce bene e che non è vincolato dal pregiudizio. Erano liberi di parlare senza pensarci troppo.
Verso l'ora di pranzo si accorsero che si erano protratti fin troppo nel locale, ma non se ne erano minimamente accorti.
Si alzarono dandosi scherzosamente appuntamento alla prossima spesa.
Uscirono felici e più leggeri per quella sorpresa inaspettata che quel San Valentino gli aveva dato.
Non si sarebbero dichiarati amore eterno in quella giornata un po'grigia e con il freddo che pizzicava la pelle. Lo avrebbero fatto più in là. Dopo scambi di telefono, dopo inviti ad uscire al parco con i bambini, dopo chiaccherate al telefono su cosa andava bene fare in caso di varicella e altre malattie.
Ma lo avrebbero fatto.








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E con questa cosa che dovrebbe essere una ff romantica (?!) vi auguro un buon fine San Valentino ahahahahaha
Se non si fosse capito sia Alice che Henry sono poco più che due tappetti piagnucolanti che non parlano nè camminano né altro xD
E niente, volevo farli conoscere per le corsie di un supermercato già da tempo e oggi ho ripreso una bozza che già avevo iniziato e toh, ecco a voi questa cosa. Nessuna pretesa ma solo una cosina nata così senza troppe cerimonie. E poi, suvvia, ma chi non ha mai desiderato conoscere la propria anima gemella mentre si fa spesa ahhahahahaha ditemi che non sono l'unica ahhahahaah 
E con questo, ci si sente in giro bella gente! 
Alla prossima!

Gio

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Capitolo 2
*** Una promessa è una promessa ***


Una promessa è una promessa



«Killian»
«Mmh?!»
«Mantieni la calma»
«Sono calmissimo,love»
«La tua mascella contratta dice tutto il contrario»
«Lasciami fare, ho tutto sotto controllo»
«Ti stanno guardando, e non mi sembra che tu abbia sotto controllo un bel niente, sei fuori di te»
«Che guardino pure! Così imparano a non perdere la determinazione!»
«Killian! È una stupida scatola ideata per far perdere soldi! Quella pinza non riuscirà mai ad acchiappare nessuno di quei giocattoli! Non voglio che i nostri figli imparino a prendersela con uno stupido aggeggio!»
«Io prenderò quell'orsacchiotto, Emma! L'ho promesso e lo prenderò»
«Sì! Papà lo prende, mamma! Papà mantiene le promesse!»
Emma alzò gli occhi al cielo. Erano davanti a quella scatola con le lucine che si accendevano ad intermittenza da una buona mezz'ora. Hope, agitava le mani strette in due pugni per dar carica al suo papà,  non perdendo d'occhio quella pinza che veniva spostata da una parte all'altra, per prendere quel bellissimo orsetto.
«Hope, papà molto probabilmente non riuscirà a prenderlo. Non perchè non mantiene le promesse ma perchè quella pinza non è in grado di sorreggere tutto quel peso. E poi ne hai dieci di orsetti.»
Ma Hope non la stava neppure ascoltando, faceva il tifo per il suo papà. 
«Ehi, mi ascoltate?! Andiamoci a prendere un bel gelato, che ne dite? Cole a te va?». E si voltò verso un bimbetto di un anno e mezzo che le stringeva la mano mentre si succhiava il pollice dell'altra. 
Lui la guardò con gli occhioni verdi, e stirò le labbra in un sorriso, per quanto il dito in bocca glielo consentisse. Emma gli diede un bacio sui folti capelli scuri, e Cole si tolse il dito di bocca per allungare le braccia nel chiaro segno di voler essere preso in braccio. E Emma lo accontentò, avrebbe fatto di tutto per quei due esserini che la tenevano, che li tenevano, svegli la notte. Ma si era promessa che non li avrebbe mai viziati. A quello ci pensava già Killian.
Cole le si poggiò con la testa nell'incavo del collo, con il dito di nuovo in bocca e gli occhi vigili a guardare il papà mentre lottava contro quel mostro di vetro.
«Killian!»
«Swan! Ci sono quasi, non mi distrarre!»
«Sì mamma, non lo distrarre!»
«Indovina chi mangerà solo verdure questa sera, signorina?!». Hope si strinse a Killian e fece una linguaccia ad Emma.
«Dai Emma, aspetta un attimo» ma Killian era preso a cercare l'angolazaione giusta. E come per magia quella pinza riuscì a prendere un peluches. 
Emma strabuzzò gli occhi colpita. Killian esultò come un bambino. Ma l'eccitazione scemò quando si accorse che non era quello il pupazzo che aveva mirato. Hope lo prese dalla buca con lo sportello in metallo. Sorrise mesta, non era quello che voleva.
Killian vedendo la delusione di sua figlia ebbe un tuffo al cuore, era solo un pupazzo ma non voleva vederla triste nemmeno per quello. «Mi dispiace Hope,» e si inginocchiò per essere alla stessa altezza di quell'angioletto biondo di quattro anni e mezzo che gli aveva portato una nuova luce da quando era nata. « Te ne comprerò uno ancora più bello» e Killian non vide l'occhiataccia di rimprovero che Emma gli rivolse a quella promessa di un nuovo giocattolo, anche se probabilmente non si sarebbe rimangiato quanto appena detto nemmeno in  quel caso. Come avrebbe fatto ad insegnare a sua figlia che non poteva ottenere tutto così facilmente se suo marito continuava a regalarle ogni cosa con estrema facilità?!
Ma Hope li sorprese. Scosse la testa fissando quel mostriciattolo verde con un occhio solo «Va bene così papà. Ne ho tanti di orsacchiotti, questo possiamo fare finta che è un mostro dell'oceano.» e ora che iniziava ad immaginarsi le prossime avventure che avrebbe inventato con il suo papà, quel coso verde non le sembrava poi tanto male.
«Tipo un Kraken?»
«No, è troppo piccolo! Tipo un figlio del Kraken che ci vuole mangiare! E noi però siamo più forti perchè abbiamo una super nave!» 
«Noi siamo più forti di tutto amore mio» e dicendolo la prese in braccio stritolandola in un abbraccio. E la risata della sua bambina gli ripempiva il cuore di tanta gioia che ancora se ne meravigliava.
«Ora gelato mammina?» chiese con voce da birbante. Sebbene  nell'aspetto le assomigliava, nello spirito era degna figlia di suo padre. 
«Mi sembra di aver visto una linguaccia poco fa, o sbaglio?!» domandò Emma mentre si aggiustava Cole su un braccio.
«Ma sicuramente hai visto male, la mia principessina non fa le linguacce» intervenì Killian a favore di sua figlia. Anche sapendo che era molto probabile che Emma non avesse visto male.
«Io non sono un principessa! Io sono un pirata come te!» esclamò acuta.
«Io plincipe» subentrò Cole biascicando con il  dito in bocca. 
«Su questo non ci sono dubbi ragazzina, avanti, andiamo prima che cambi idea e metta te e tuo padre in castigo.» e mentre li precedeva sbaciucchiandosi quel piccolo angioletto moro che teneva tra le braccia, i due dietro di lei le fecero entrambi una linguaccia.
«Vi ho visti! Molto maturo Capitano, me ne ricorderò» disse senza voltarsi.
Killian insieme ad Hope la raggiunse e le diede un bacio sulla guancia, godendosi uno di quei bellissimi momenti di cui ora era costellata la sua vita.


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Vi è venuta una o più carie? Bene condivederemo il dentista! 
Ciao a tutti!!!!
Pensavate che vi sareste liberate di me così facilmente ma zan zaaan no, ogni tanto mi rivedrete. Quando la mia testa vorrà ovviamente. E quando avrò tempo LOL
Se trovate qualche errore passateci sopra, ho riletto ma può essere che me ne sono persa qualcuno per strada. 
Nessuna pretesa con questa roba, come mi è venuta l'ho scritta. Giusto per il gusto di generare Fluff a caso in questo mondo un po' pazzo.
Se vorrete lasciarmi un commentino mi farà solo che piacere :*
Alla prossima!!!
Gio


 

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Capitolo 3
*** Di fiori e pistole ***


Di fiori e pistole

                                                                                           


«Mamminaaa»
«Mmm» Emma aveva già intuito da quell'intonazione fin troppo cantilenante che una richiesta impossibile sarebbe arrivata alle sue orecchie. Continuò a scorrere i documenti che in quella settimana si erano moltiplicati sulla sua scrivania.
«Oggi è San Valentino vero?» 
Emma alzò finalmente lo sguardo su sua figlia. Gli occhi assottigliati a due fessure. 
«Sì Hope, perchè?» andò cauta. La vide fermarsi con il pennarello in mano e guardarla con quegli occhi azzurri come il cielo. 
«Posso avere una pistola?»
Rimase con la bocca aperta per una manciata di secondi. Cosa le aveva appena chiesto quella ragazzina di quattro anni seduta di fronte a lei?!
«No che non puoi averla Hope! Come ti viene in mente?!». Nell'infanzia di Henry lei non era stata presente ma era sicura che a Regina suo figlio non le avesse mai fatto una richiesta del genere. Glielo avrebbe raccontato sicuramente in una di quelle cene di famiglia che ormai erano un appuntamento fisso.
«Perché no? Tu ce l'hai»
«Io ce l'ho perchè il mio lavoro richiede di possederla. Tu cosa ci dovresti fare?» voleva capire cosa passasse per quella testolina. Da una come lei e uno come Killian era sicura che figli normali non sarebbero potuti uscire.
«Niente...» 
«Hope, non inizierai ora a dirmi 'niente', avrai tutta l'adolescenza per fare la ribelle. Avanti, a cosa ti serve una pistola?»
Hope sbuffò alzando gli occhi al cielo.
«Mi serve.»
«A cosa...» non poteva credere di aver generato una delinquente. No, non poteva accettarlo. 
La bimba vagò con lo sguardo sui plichi di fogli che ingombravano la scrivania di sua madre. Il cipiglio le  induriva il volto, tuttavia risultava solo più adorabile. Sbuffò di nuovo.
«Mi serve perché oggi James ha portato la sua e visto che ci ha fatto giocare a tutti tranne che a me io gli ho detto che ce l'avevo anche io»
Emma sbiancò «Hope, non era una pistola vera...giusto...?» ci mancava solo che bambini di quattro anni portassero armi a scuola. Quella sera avrebbe raccontanto a Killian di quella assurda discussione e ne avrebbe riso sicuramente. Già Killian...scacciò quel pensiero prima che si potesse arrabbiare e prendersela senza motivo con sua figlia.
«Certo che no mamma!» esclamò quasi esasperata. Perché i grandi ci mettevano sempre tanto a capire le cose!? « Sei tu lo sceriffo no?! La mamma e il papà di James mica lavorano per te. Era un giocattolo. È per questo che mi devi prestare la tua, che è vera! Così James vedrà che la mia è più bella e mi chiederà di poterci giocare.» poi aggiunse con sguardo cattivello «ma io non ce lo farò giocare. Neanche se mi chiede scusa.». 
Emma si passò una mano sul volto, era stanca e non vedeva l'ora di andare a casa, mettere i suoi figli a letto e dormire. 
«Hope, tanto la pistola non l'avrai. E poi tu e James non siete amici? Se non sbaglio è il tuo migliore amico. Non lo avrà fatto apposta no?» in ogni caso avrebbe parlato con le maestre, ci mancavano solo le armi giocattolo.
Hope incorciò le braccia al petto. 
«E invece l'ha fatto apposta eccome! Ci ha fatto giocare per prima Olive! E a me neanche una volta!  E noi siamo più amici, è stato cattivo. Papà ha detto che nessuno deve essere cattivo con me...»
Emma pensò bene a quanto le aveva detto sua figlia e un sorrisino involontario affiorò alle sue labbra. Hope era...gelosa?
«Ragazzina tuo padre sono sicura che non ti abbia detto di fare la cattiva a tua volta. Dimmi un po', prima che James ci facesse giocare Olive con quel giocattolo, tu che cose hai fatto?» la detective che era in lei non poteva fare a meno di indagare, sapeva che c'era qualcosa di più.
E infatti Hope eluse il suo sguardo, iniziando a fare la vaga. 
«Hope...»
«Ho solo giocato con Max...e James mi aveva detto che non dovevo perché loro non sono amici.»
«E allora perché non hai giocato subito con James?»
«Perché lui non mi può dire cosa non posso fare» fece ovvia.
Quella discussione stava degenerando. Sua figlia aveva quattro anni dannazione! Quella risposta era degna della figlia della Salvatrice e di Capitan Uncino ma aveva pur sempre quattro anni! Killian ne sarebbe stato comunque fiero. Ma doveva mettere qualche punto.
«Hope, allora» prese un bel respiro « tu puoi giocare con chi vuoi, se lo vuoi naturalmente, nessuno può obbligarti, e su questo vedo che non hai dubbi. Ma io non ti darò nulla che possa fare del male a te o agli altri, capito? Sono sicura che è stato solo un malinteso. Domani si sarà già scordato e sarete amici come prima» ma l'occhiata colpevole di Hope la raccontava diversmente. 
«Forse...forse non siamo più amici. Gli ho detto che non siamo più amici» e gli occhioni le si fecero improvvisamente lucidi lucidi. Emma si alzò, fece il giro della scrivania e si inginocchiò di fronte a lei.
«Dai Hope...» e l'abbraciò, di solito sua figlia correva da Killian quando era in lacrime, non che da lei non ci andasse mai ma la maggior parte delle volte erano le attenzioni del padre quelle che richiedeva. E un po' le dispiaceva. 
«Lui è il mio migliore amico, mamma. E ora» tirò su col naso « e ora non siamo più amici per colpa mia» il visetto le divenne tutto rosso mentre lo nascondeva tra la spalla e il collo di Emma. 
«Facciamo così,» le prese il volto tra le mani e con i pollici le raccolse  le lacrime che  continuavano a scendere «ora prendi un bel respirone, ti asciughi questo visetto e fai un bel disegno, così quando finisco qui passiamo a casa di James e glielo dai. Sono sicura che vorrà tornare ad essere tuo amico. Cosa ne dici?»
Gli occhioni azzurro cielo non avevano smesso di fissare i suoi neanche per un attimo. Sbattè le palbebre per fa sparire le utlime lacrime e si stropicciò gli occhi. Poi annuì. 
«Va bene. E' San Valentino, non può non perdonarmi, vero?».
«Sono sicura che andrà tutto bene«.  Emma le diede un bacio sulla fronte e tornò a sedersi mentre lei si asciugava le manine sulla gonnelina rosa e tornava ad impugnare i suoi pennarelli.
«Non posso portare nemmeno la tua spada ?»
«No Hope, no» e si guardarono sorridendo.


«Ora sei felice?» 
Avevano fatto sosta a casa di James e ora mano nella mano stavano tornando alla macchina.
«A James sono piaciuti i miei fiori, hai visto!» disse saltellando tutta contenta.
«Non potevano non piacergli, erano tutti colorati. Anche se non credo che esistano fiori a pois» 
«Certo che esistono, altrimenti non li disegnavo!» 
«Certo, scusa.» acconsentì Emma ridendo. 
«E tu mamma? Sei felice?» 
«Perchè non dovrei?»
«Prima non lo eri. E nemmeno stamattina» 
Ripensò alla giornata che ora andava concludendosi. Magari si era lasciata sfuggire qualche sguardo   deluso ma aveva cercato di non farlo notare a nessuno. Anche perché non ce ne era motivo.
«Ero solo pensierosa»
«Non è vero. È perchè papà se è andato in barca con i suoi amici vero? Anche io sono un po' triste per questo.»
Sua figlia era fin troppo sveglia, e questo un po' la spaventava.
«Ok, forse sono un po' triste per questo ma alla fine oggi è un giorno come un altro no?» in effetti era lei che di solito non alimentava queste sciocche ricorrenze, o meglio, prima di Killian rifuggiva proprio da queste stupide feste. Poi però erano diventate quasi tollerabili. Non avevano mai fatto grandi cose ma lui non era mai stato via, specie con gli amici. Alzò gli occhi al cielo. Oddio, stava diventando patetica come quelle sceme di quei film romantici da carie ai denti. 
«No non lo è! Hai visto, prima anche James per farsi perdonare mi stava preparando questo bellissimo disegno!» e glielo mostrò nuovamente come se già non lo avesse fatto i passati dieci minuti. Non erano fiori quelli disegnati certo,  ma anche pistole laser che uccidevano mostri non ben definiti erano un bel modo per chiedere scusa.
«Sì, è molto  bello» e le aprì la portiera per poi legarla al seggiolino. La sua macchina non era molto comoda in quelle situazioni. 
«Sono sicura che papà si farà perdonare» disse Hope riguardando per l'ennesima volta il suo disegno con il sorriso stampato in faccia.
«Tuo padre non ha nulla per cui farsi perdonare.» si ritrovò a dire mentre accendeva l'auto e si dirigeva da sua madre per prendere Cole.
Quando arrivarono Emma sentì fin dalle scale Neal e Cole che gridavano, probabilmente si stavano rincorrendo per il loft. E probabilmente a quel gioco stavano partecipando anche sua madre e suo padre. 
Le aprì Mary Margaret con il fiatone e un  largo sorriso sul volto tondo. 
«Ciao Emma! Ciao tesoro!» e si  sporse per abbracciarle entrambe. 
«Ciao nonna, anche io voglio giocare!» e dicendolo si divincolò dalla presa di Emma per scendere e correre dentro a giocare con suo nonno, suo zio e suo fratello. 
«Rimanete a cena con noi?» fece Mary  rimanendo però sulla porta senza scostarsi per farla entrare.
Pensò che fosse strano ma era troppo stanca per vedere draghi dove non ce ne erano. 
«No, andiamo a casa che oggi è stata una giornata fin troppo piena» disse scuotendo la testa e passandosi una mano tra i capelli. «Ma grazie» e le sorrise. Mary Margaret la guardò con uno sguardo compassionevole.
«Vedrai che andrà tutto bene, Emma»
«Va già tutto bene, è solo andato in barca con Leroy e Spugna e non mi ricordo con chi altri! Non ne farò mica un dramma« ora si stava innervosendo. Perché dovevano farle pesare qualcosa che non le pesava affatto?! 
«Va bene, va bene» alzò le mani la mora non riuscendo a nascondere un sorriso.
«Mamma possiamo rimanere a giocare?» disse riaffacciandosi sul pianerottolo Hope.
«Ma»
«Ti preeegooo»
Respirò pronfondamente. D'altronde avrebbe potuto riposare un po', magari mangiare schifezze davanti alla tv...alla fine non era poi tanto male come idea.
Guardò sua madre.
«Per noi possono restare, non ci sono problemi» rispose fin troppo allegramente. 
«E va bene. Posso almeno salutare quel ragazzino che non ha nemmeno SALUTATO SUA MADRE?!» disse alzando la voce. E a tempo di trotto sopraggiunse anche l'altra peste di suo figlio che protese le braccia per farsi prendere in braccio. 
«Oh, ti sei accorto che ci sono eh » e gli schioccò un sonoro bacio sulla guancia paffuta. Poi lo lasciò di nuovo libero di scorrazzare all'interno dell'appartamento. Era chiaro che per quella serata i suoi figli non avevano voglia di tenerle compagnia.
«D'accordo. Passo domattina a prenderli, credo che Killian arriverà anche lui in mattinata. Per ogni cosa chiamatemi»
«Certo tesoro, non preoccuparti» e stava quasi per chiudere la porta quando sembrò ricordarsi di qualcosa di molto importante.
«Ah Emma! Prima ha chiamato Killian, ha chiamato me perché il tuo telefono dice che non era raggiungibile» spiegò alla sua espressione interrogativa « e ha detto che ha scordato qualcosa al porto»
«Quell'uomo non imparerà mai a usare il telefono. Ok cosa ha dimenticato?«
«Non lo so, non me lo ha detto. Ha solo detto che lo avresti capito»
«Come siamo misteriosi. Va bene! Prima vado e prima andrò a dormire. Ci vediamo domani» diede un fugace abbraccio a sua madre, salutò con un cenno della mano suo fratello e suo padre che si erano mantenuti a debita distanza da lei, e scese velocemente le scale.
In macchina si mise a pensare a cosa Killian si potesse essere scordato. Possibile che non fosse riuscito a contattarla per quell'intero pomeriggio?!
E cosa ancora più strana era perché non aveva sentito borbottare suo padre per quella scelta da parte di suo genero di scappare proprio in quel giorno. Che razza di giornata.
Parcheggiò e si diresse al porto cercando di capire cosa cercare. Poi vide la Jolly Roger al suo posto che ondeggiava placida sulle onde con le luci accese all'interno. Il cuore le saltò in gola, che fosse successo qualcosa?! Si mise a correre cercando di rimanere lucida, se fosse successo qualcosa qualcuno avrebbe avvertito, no?! Salì la passerella di legno con lo stomaco stretto in una morsa. Il cuore che le rimbombava nelle orecchie.
E poi si arrestò non appena ebbe la visuale sull'intero ponte di coperta.  
Una piccola zona del ponte era stata delimitata con quelli che a prima aveva riconosciuto essere cuscini e coperte, circondati da una serie di lanterne accese tutt'intorno. 
Finalmente il suo stomaco si rilassò insieme alla sua faccia che si aprì in un'espressione di stupore e confusione.
«Ma cosa...?«
«Stavo iniziando a pensare che non saresti più venuta » ed eccola lì, quella voce calda e profonda sporcata da quell'ironia sempre presente, che emerse dall'oscurità della nave non illuminata dalle lanterne.
Emma si voltò trovandolo finalmente poco distante da lei, con il suo solito sorriso sghembo. Sorrise a sua volta.
«Quindi mi hai lasciato l'intero pomeriggio con tua figlia per prepararmi questa sorpresa, capitano?« e dicendolo lo aveva raggiunto, allacciandogli le braccia al collo in attesa di una spiegazione che non le serviva poi tanto.
Lui le cinse la vita, finalmente felice per averla di nuovo vicino. Poi scoppiò in una breve risatina nervosa. «In realtà doveva essere una sorpresa in grande stile. Ho chiesto Mary Margaret una ricetta per una torta, facile naturalmente, ma con Cole a farmi da assistente non abbiamo fatto proprio un bel lavoro» rise di nuovo appoggiando la sua fronte a quella di lei mentre chiudeva gli occhi divertito per quel casino che avevano combinato in cucina «Non aprire il forno dopo...e nemmeno...anzi, non entrare in cucina, ci penso io a pulire» e allora rise lei a quel punto. Gli prese il volto baciandolo dolcemente. Poi lui continuò.
«Quindi non abbiamo la torta. E ho cercato di pensare ad un posto romantico che fosse all'altezza della situazione, mi sono scervellato per cercare qualcosa di appropriato ma ogni idea che mi veniva in mente non mi conviceva. E quindi eccoci qua.»
«Quindi niente torta»
«Già. Ma abbiamo il rum, quanto ne vuoi. E anche della cioccolata calda che ha portato tuo padre un paio d'ore fa.»
« E niente posto romantico all'altezza della situazione.»
«Solo la Jolly, quest'umilissima e fantastica nave»
«Mi stai dicendo che possiamo passare l'intera serata, io e te, da soli, a bere rum e cioccolata calda sotto le stelle fino a domani mattina, senza che qualche rompiscatole alto meno di un metro possa venirci a disturbare?»
Killian sorrise più apertamente mentre si specchiava negli occhi verdi di sua moglie. «Sì, sto dicendo più o meno questo»
«Penso che lei, capitano Killian Jones sia sempre all'altezza della situazione.» e riprese a baciarlo sempre più intensamente. Si stavano spingendo verso quel giaciglio di coperte quando Killian, con faccia impertinente le disse «E il mio regalo di San Valentino?»
Per un attimo Emma impallidì, ma poi si tastò il fianco e sorrise. 
«Tieni»
«...una pistola?»
«Perché no, è stata tua figlia a darmi l'idea» ripensò a quel pomeriggio. «O preferivi una spada?» e rise guardando la faccia di Killian più perplessa di quanto si era aspettata di trovarla. «In ogni caso è un regalo temporaneo, è pur sempre la mia pistola»
Killian si passò la mano tra i capelli cercando di capire il filo logico della conversazione. Ma non lo trovò. 
«Voglio saperlo?»
«Domani te lo racconterà lei» e tornò a stringersi contro il suo petto. «In ogni caso è finita bene. I fiori hanno salvato la situazione. La salvano quasi sempre, se c'è qualcosa da salvare ovviamente».
Killian diede una veloce occhiata alla porta della sua cabina. 
«Credo che dovremo stare tutta la nottato qui  fuori allora»
Emma si scostò per guardarlo. «Perché?»
«Perchè nella mia stanza ci sono mazzi di rose rosse...ma non è perché voglio farmi perdonare per qualc-»
Emma si slanciò di nuovo verso le sue labbra per farlo stare zitto. 
Non le era mai piaciuto San Valentino, tutta quell'aspettativa che creava nelle persone la innnervosiva. Ma tutto sommato non le dispiaceva poi tanto rassegnarsi all'idea di essere un po' patetica. Patetica e tremedamente innamorata.


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E di nuovo eccomi qua con qualcosa che dovrebbe essere romantico ma non so nemmeno se ci si avvicina lontanamente ahhahahaahh
Premetto che non avevo nemmeno considerato di scrivere qualcosa per oggi, ma uan vocina nella mia testa, e sul mio cellulare, mi ha spinto a scrivere qualcosa, quindi a voi questa roba xD e sì, Smemorina sto parlando di te. Ma lo sapevi.
Ovviamente Cole è sempre l'ipotetico secondo/terzo figlio di Killian ed Emma, quindi io ce lo metto perché ormai mi ci sono affezionata u.u
Spero non sia completamente da cestinare ma ormai l'avevo scritta e quindi eccoci qua.
Non vi auguro buon San Valentino perché non sono il tipo, ma se potete ingozzatevi di cioccolato, almeno per oggi non vi sentirete in colpa ahahhahaha
Ok la chiudo qui, mi pare di aver detto anche troppo.
La foto l'ho presa da internet, non so se possa creare problemi di copyright o cose del genere.
Alla prossima!
Gio
 

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Capitolo 4
*** Una prima volta...bruciacchiata ***


  “Questa storia partecipa alla Fast Challenge:Cibo
indetta sul gruppo facebook Il Giardino di Efp
-La prima torta-





Che sua figlia fosse brava quanto lui ad ottenere quello che voleva lo sapeva fin troppo bene.
E il fatto che avesse tre anni e lo mettesse in riga come uno scolaretto la diceva lunga.
'' Papà facciamo una bella e giganteschissima torta al cioccolato per la mamma. Con la cannella''.
Come avrebbe potuto dirle di no?


«Killian?! Cos'è questa puzza di bruciato?!» quell'odore pungente l'aveva travolta.
«Sorpresa!!!» i due l'avevano raggiunta con tra le mani una precarissima torta tendente al nero.
«Ti piace mamma?»
«Scherzi? Non poteva uscirvi una prima torta più bella, ragazzina» e sorridendo li stritolò in un abbraccio.
 
 


​[ 102 parole ]
 



Salve a tutti!
Ormai nemmeno mi scuso più se sono sparita da questi schermi .-. ma con la coda tra le gambe torno con questa piccola cosetta che ho provato a creare. Non so se ne sono stata capace ma come prima drabble della mia vita non mi lamento, anzi, mi ha fatto capire che la sintesi è cosa lontana dalle mie corde xD ma va be ci si prova. Magari ci riprovo e vedo come va.
Se siete arrivati fino a qui grazie :)
Alla prossima!
Gio


 

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Capitolo 5
*** E cadeva la neve ***




Questo è per te Smemorina, in ricordo dei bei vecchi tempi.
C’è poco Killian ma tanto amore e gratitudine.
 
≈≈≈


 
La neve scendeva in grossi fiocchi soffici e gelidi, mentre Emma osservava le finestre illuminate della casa.
Per strada poche anime camminavano a passi svelti e concitati in direzione delle loro case, pronti a godersi la serata in compagnia e nella gioia condivisa tra amici e parenti. Il profumo della legna bruciata all’interno dei camini fuoriusciva dai comignoli in volute sinuose e scure. All’interno delle case ci doveva essere gran movimento ormai, le pietanze quasi pronte per essere messe in tavola, i bambini che fremevano per l’arrivo di Babbo Natale; tutti vestiti nei loro abiti migliori per celebrare quella nottata.
La neve continuava a scendere imperterrita, aveva ricoperto ogni traccia di pneumatico, ogni impronta, era incessante e si prospettava solo un aumento di intensità per l’intera notte. Si strinse nel cappotto.
Era tutto bianco, ogni cosa ricoperta da diversi centimetri di soffice neve gelata. E per un attimo il gelo attraversò anche lei. Una sensazione fin troppo familiare che le attanagliò lo stomaco e le membra, lasciandola spaesata e dannatamente spaventata. I suoi occhi le si fecero improvvisamente lucidi iniziandole a pizzicare. Si era ripromessa di non farlo più, di non piangere, di non pensarci ma inevitabilementi ci ricascava ogni volta.
Dalla finestra, oltre la tenda scorse una figura che ne rincorreva una più piccola. Sentì risate, sentì calore.
Un faccino curioso comparve da dietro la tenda, premendo le mani sul vetro freddo assottigliò gli occhi verso di lei.
Emma la osservò, il cuore che batteva, come rianimato. Si portò le mani guantate al volto togliendosi le trace di lacrime che le si stavano ghiacciando sulle guance. Tornò a guardare alla finestra ma non c’era più nessuno.
Deglutì, cercando di riprendersi, di ritornare in lei. Ma quella era già lei.
La porta d’ingresso si aprì di scatto.
«Emma! Che diavolo ci fai lì fuori impalata così?! Entra dentro che si muore di freddo!»
Ed Emma rise mentre le lacrime le ricominciavano a scendere incontrollate sulle sue guance fredde, Killian rimaneva a metà tra l’interno e l’esterno della loro casa, sul portico riccamente addobbato a festa.
L’uomo gettò un’occhiata dentro per poi prendere al volo il suo cappotto e raggiungendola. Si strofinava le braccia con il palmo nudo e l’uncino, il cambio di temperatura era impossibile da non percepire rispetto al caldo e confortevole calore all’interno della casa.
«Love, cos’hai? È successo qualcosa? Hope ti ha vista qui fuori, che succede?» era davanti a lei, con i suoi bellissimi e ora preoccupati occhi azzurri che la fissavano.
Era fortunata, sapeva di esserlo. Per un momento si era rivista adolescente e sola, a sperare in una famiglia che la amasse e che le volesse bene. Poi si era rivista donna, incapace di relazioni stabili e con la costante convinzione di non potersi fidare di nessuno. Che la gioia e quel calore umano le sarebbero per sempre stati preclusi.
E invece eccola qui, a piangere davanti a casa sua, una casa piena d’amore e di gente che amava e che l’amava. Aveva avuto paura che potesse perdere tutto. Che tutto le sarebbe scivolato via dalle mani. Per un momento si era spaventata che quello potesse essere solo l’ennesimo incantesimo, l’ennesima maledizione. Che fosse tutta una bellissima bugia perché a lei non capitavano cose belle.
Ma non era così, ogni cosa, ogni situazione che aveva passato e vissuto l’aveva portata lì, a quella felicità insperata e mai desiderata per paura di crederci troppo.
Killian ancora davanti a lei le mise mano e uncino sulle braccia, cercando di capire cosa stesse succedendo. Le sopracciglia sempre più increspate.
Scosse la testa e gli circondò la vita in un abbraccio, per poi seppellire il viso nel suo petto, che caldo emanava il profumo di casa e di qualcosa di indefinito che stavano cucinando all’interno.
«Mi devo preoccupare?» chiese alzando un sopracciglio ma ricambiando la stretta.
«No, va tutto bene» disse lei, la voce attutita nel maglione scuro di lui.
«Mi piacerebbe rimanere qui con te, abbracciati sotto la neve come in una di quelle belle e sdolcinate storie che a tua madre piace guardare in televisone, Love, ma mi sto letteralmente congelando e non sono sicuro che qualcuno sia andato a controllare la lasagna che Regina ha messo nel forno. A meno che non vogliamo scappare per l’inevitabile maledizione che scaglierà su di me se la lascio bruciare…» disse mezzo sarcastico.
Emma rise, Regina non faceva più quelle cose ormai. Forse, ma non avrebbe voluto scoprirlo in quell’occasione. Si staccò da lui, un sorriso grato che le rendeva luminoso il volto e le faceva sorridere e brillare gli occhi.
«Se mi guardi così Emma, potrei seriamente prendere in considerazione l’idea di lasciare i bambini con il resto della famiglia e portarti via di qui in questo momento.»
«Rischieresti un’altra maledizione Killian Jones?»
«Per te questo e altro Emma.»
Lei raggiunse le sue labbra, un dolce bacio che sapeva di casa.
«PAPÀ C’È DEL FUMO IN CUCINA!»
La voce squillante di Hope irruppe nella loro piccola bolla privata, facendo sì che Killian si staccasse immediatamente dalla sua bocca per correre verso la porta d’entrata. Ed Emma rise, una risata che le liberò il petto rendendola più leggera.
Sua figlia l’aspettava nel suo vestitino rosso sull’uscio, determinata ad aspettare che la raggiungesse. E mentre camminava verso di lei si chiese come il suo cuore non fosse scoppiato a tutto quell’amore di cui ora era costellata la sua vita.
«Volevi scappare dalla cena di Natale, mamma?» le domandò Hope dopo averla abbracciata.
Le accarezzò la guancia rosata «Non scappo proprio da nessuna parte, tesoro»
Hope le strinse la mano, «Bene, altrimenti Babbo Natale si porterà via i tuoi regali»
Emma rafforzò la stretta, senza farle male «Allora meglio che rientriamo ad aiutare tuo padre e a controllare tuo fratello e il resto della famiglia, assicuriamoci che non combinino guai.»
«Hai ragione, andiamo»
E rientrando Emma sapeva che non ci sarebbe stato niente e nessuno che avrebbe potuto portarle via quello che si era costruita in quegli anni, non lo avrebbe permesso e se qualcuno ci avesse provato se la sarebbe vista con lei, con Killian e con tutta la sua famiglia.
 
 


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Salve gente.
Torno su questi schermi, così, senza senso con questa one shot nata così da un prompt preso a caso su internet.
Non so se so ancora scrivere di loro, se sono ancora gli Emma e Killian che ricordo mi hanno fatto compagnia per tanto tempo. Ma ho voluto riprovarci, riprenderli con me per un momento, tornare a casa.
Spero sia stata una lettura piacevole se siete arrivati fin qui, che non sia troppo campata per aria, ma io me la sentivo così. Mi sentivo di essere grata verso questi personaggi che mi hanno lasciato tanti bei momenti e ricordi. Spero di avergli reso giustizia in questa breve e senza pretesa one shot.
Quindi nulla, spero abbiate passato buone feste e che il nuovo anno vi porti qualcosa di bello.
Alla prossima!
Gio
 

 

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