Milano

di Hiroshi84
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


«Perché non vieni qui a Milano? Lavoro ce n’è quanto ne vuoi e per giunta ti pagano profumatamente. Posso darti un consiglio appassionato? Scappa dalla Sicilia e lascia quella valle di lacrime!» così mi scrisse alcuni giorni fa Antonello, mio cugino, tramite Facebook, che vivendo da quasi dieci anni nel capoluogo lombardo, per sua fortuna è riuscito a realizzarsi alla grande e partendo da zero, o meglio armato solo di buona volontà nonché di alcuni necessari risparmi per i primi tempi.
Ad essere precisi non risulta di certo il primo a consigliarmi di fare le valigie e di andarmene da qui, forse sarebbe la soluzione migliore.
«Questa metropoli a quanto pare è considerata una sorta di Klondike dalle opportunità “d’oro!” Sarà vero?» mi domando da giorni.
 
 
Ed eccomi giunto qui a Milano pronto a esplorare la metropoli con la mia fedele Lancia Musa del 2008, per tentare di trovare un benedetto impiego.
Eh si, niente treno o aereo, decisione scaturita dal fatto che ho preferito essere automunito fin dall’inizio, nonostante l’efficienza e il valido servizio garantito dai mezzi pubblici milanesi.
Pur provenendo da una piccola città, spostarmi in una località cosi vasta non dovrebbe rappresentare un problema, a tal proposito per svariati motivi ho girato in lungo e largo città come Messina, Palermo e Catania.
Devo ammettere che Milano è Milano, caoticamente parlando lo definisco un autentico bordello, con una confusione ed una baraonda a dir poco terribile e difatti c’è mancato poco che andassi a finire addosso ad un tram.
Beh, perlomeno non mi sento come a Renato Pozzetto nel suo celebre film “Il ragazzo di campagna”, al massimo posso apparire spaesato però non vengo di certo da qualche sperduto paesino da cui non sono mai uscito.
Appena mi sarò sistemato, vedrò con calma di poter fare più avanti anche il turista, mi piacerebbe visitare il Duomo o i Navigli, ma per adesso ho ben altre importanti priorità.
La cosa che mi ha sorpreso e che il tragitto dalla Sicilia alla Lombardia, non mi ha affaticato per nulla, infatti sono arrivato nel tardo pomeriggio e stranamente non mi sento stanco, si insomma come se il viaggio fosse durato un battito di ciglia. Pensavo peggio.
Sarà l’adrenalina o forse le ottime prospettive che mi fanno sentire cosi? Una cosa è certa: ce la metterò tutta!
È quasi sera, comincio ad avere un po’ di fame, ma prima di andare a mangiare un boccone e successivamente cercarmi come alloggio provvisorio un albergo oppure un B&B, parcheggio vicino a un cantiere, prendo il cellulare utilizzando il WhatsApp, mando un messaggio a Ilaria, la mia fidanzata, in cui le scrivo che sono a Milano, che tutto va bene, che la amo e che mi manca.
Mi risponde praticamente all’istante, con emoticon strapiene di cuori, di baci e di lacrime. Mi scrive che, anche lei sente la mia mancanza, che è triste senza di me e che sarebbe stato meglio affrontare insieme questa problematica del lavoro piuttosto di partire da solo per “l’avventura”.
Il motivo di non portare Ilaria con me è stato semplicemente per preservare il suo impiego, poiché lavorando in qualità di commessa in una sanitaria della nostra città, in caso l’impresa di trovare lavoro a Milano si fosse rilevata un fallimento, non avrebbe perso inutilmente il posto.
Essere pagati con soli 500 euro è poco ma pur sempre meglio di niente, specie in un brutto periodo come questo.
A tal proposito, anch’io prima che venissi licenziato, guadagnavo lo stesso e identico salario, dopo cinque anni passati a spaccarmi il culo in una ferramenta.
Dal canto mio, non potevo fare diversamente, a seguito del licenziamento, ho fatto praticamente di tutto per trovare dalle mie parti qualcos’altro e i risultati sono stati vani, ragion per cui questo sacrificio lo reputo necessario.
I miei occhi si inumidiscono, le lacrime sono imminenti, questo provvisorio distacco fa male ad entrambi e le mando un messaggio un audiomessaggio:
«Amore mio, farò di tutto per riuscire nell’intento, una volta ingranato e costruito una solida base, ti porterò qui con me e ci sposeremo» faccio una breve pausa, in questi casi non è mai facile trovare le parole giuste «lo so, sarà dura ma sento che ne varrà la pena. Tra poco vado a cenare e stasera una volta che avrò alloggiato da qualche parte, ci sentiremo tramite una telefonata per parlare a lungo. Non vedo l’ora di sentirti, ti amo mia unica ragione di vita! »
Mi manda a sua volta altre faccine piene di lacrime e baci, ed un ultimo messaggio scritto:
«Sto male senza di te, ti prego stasera chiamami al più presto! Ti amo principe mio, non te lo dimenticare mai!»
Asciugo i miei occhi con un fazzoletto, e mando un veloce messaggio ai miei famigliari in cui comunico anche a loro del mio arrivo a Milano, e che li avrei chiamati con calma appena possibile. Ottengo risposta solo da mio padre in cui mi invita a stare attento. All’improvviso si avvicina un operaio del cantiere, visibilmente irritato, abbasso il finestrino quasi a metà e mi chiedo cosa potrebbe volere.
«Ehi pistola! Stiamo per iniziare dei lavori e qui non puoi stare mica, eh? Forza terrone levati dai maroni e tornatene nella tua bella Trinacria!” mi dice bofonchiando con una cadenza tipicamente milanese.
«Mi scusi non sapevo…» provo a scusarmi, nonostante l’atteggiamento rozzo del tipo che ho davanti.
«Va' a dar via el cu (vai a cagare)! » gridando e agitando le mani come un forsennato.
Capisco che è meglio non farlo ulteriormente incazzare e senza proferire parola, riparto immettendomi in una strada non troppo trafficata.
Durante la guida, rimango pensieroso sul singolare episodio avvenuto poco prima e mi pongo alcune domande.
Quell’operaio edile come era riuscito a dedurre del fatto che sono siciliano? Era stato il primo a parlare e non credo proprio che con i finestrini chiusi abbia sentito la mia cadenza di voce, ovvero nel momento stesso in cui stavo mandando l’audiomessaggio a Ilaria e soprattutto come mai essendo a momenti sera, dovevano iniziare dei lavori?
D’accordo che Milano è una città che non si ferma mai ed è paragonabile ad un continuo cuore pulsante, ma lavorare in un orario sicuramente non consono, mi sembra atipico; dalle mie parti quasi all’imbrunire, sbarazzano baracche e burattini.
Probabilmente qui al Nord Italia, il lavoro è gestito in maniera diversa, probabilmente in questo settore ci si lavora anche di sera e se occorre forse anche di notte. Mah? Tutto può essere!
Rifletto inoltre alle parole prive di tatto da parte di quel tizio. Cribbio, ancora esiste questo risentimento tra Nord e Sud?
Spero si sia trattato di un caso isolato, seppur provengo dalla “lontana” Sicilia sono italiano anch’io.
L’appetito si fa sempre più sentire, dopo un girovagare a caso, mi ritrovo in una zona piena di locali e per mia fortuna trovo subito un parcheggio libero per poter accostare.
Scendo dalla macchina e comincio a percorrere il marciapiede per un breve tratto, per ovvi motivi mi sento disorientato dal momento che non so come orientarmi sulla scelta di un posto in cui andare a mangiare.

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Di fronte a me, dopo le strisce pedonali, noto un locale con una bella insegna luminosa con su scritto “Rosticceria Siciliana.”
Nonostante mi trovo a Milano da pochissimo, oltre che per la mia città e per i miei affetti, sento una grande mancanza per il buon cibo siciliano e senza pensarci due volte, scelgo di entrare lì.
Mi accorgo fin da subito di come il pubblico esercizio, (abbastanza piccolo in termini di spazio) non presenta caratteristiche degne di nota.
Pareti e pavimento in legno, due tavoli ed alcune sedie spartane di colore verde, un bancone in vetro con un numero imprecisato di pezzi di tavola calda (arancini, cartocciate, pizza a taglio etc.) in esposizione e un registratore di cassa. A parte il sottoscritto non ci sono altri clienti.
Dietro il bancone un uomo, una donna di mezza età e un ragazzino, sicuramente i proprietari, praticamente un classico locale a conduzione famigliare.
«Buonasera!» esordisco educatamente «un arancino al ragù, un calzone fritto alle verdure, e una bottiglietta d’acqua frizzante per favore.» indicandoli con l’indice del dito.
«Buonasera a te, caro ragazzo! Che ci fa un siciliano a Milano? » mi chiede l’uomo bonariamente.
Anch’io faccio una domanda, precisamente a me stesso:
ce l'ho proprio scritto in fronte che provengo dalla Sicilia? Ad ogni modo intuisco che anche loro sono di origine siciliana.
«Provengo dalla provincia di Messina, dalle mie parti purtroppo lavoro non se ne trova, e sono venuto, come si suor dire, a cercare fortuna.» rispondo con umiltà e con un sorriso triste.
«Gioia, perché sei salito su a Milano? A parte che qui non è come tutti dicono, inoltre è una città cara, per viverci servono 1900 euro al mese.», mi spiega la signora con una voce dolcissima e dall’espressione materna.
1900 euro?
Perché mi ha specificato proprio questo importo? Poteva benissimo dirmi sulle 2000 euro o quasi 2000 euro.
Già, perché?
«Purtroppo è vero, nell’84 io e mia moglie quando aprimmo questo locale, ci rendemmo conto fin da subito di quanto è difficile vivere in questa grande metropoli» ammette il marito.
Non so che dire, avendo udito le loro brevi considerazioni, i miei propositi cominciano leggermente a scricchiolare.
«Salvatore ha solo 15 anni» seguita a dire l’uomo indicando il figlio «ma ha già le idee chiare, difatti spesso ci manifesta il desiderio di trasferirsi in Sicilia, una volta terminato il liceo, non gli piace stare qui. »
Il ragazzino mi guarda e mi sorride cordialmente.
Non so come spiegarmelo, queste persone a parte l’estrema gentilezza ed educazione, c’è da dire che i loro modi e le loro espressioni risultano così autentiche, così genuine e soprattutto sprigionano un indescrivibile calore umano.
«Buon appetito gioia, accomodati ad uno dei tavoli e mangia tranquillo» mi dice la donna sempre con dolcezza porgendomi l’ordinazione in un piccolo vassoio.
Mi siedo per divorare con gusto i due pezzi di tavola calda e posso davvero assicurare di non averne mai mangiati di così buoni dalle mie parti.
Se un giorno qualcuno mi dovesse raccontare di aver gustato ad Aosta il miglior cannolo siciliano alla ricotta della sua vita, giuro che gli crederò.
Mi sazio abbastanza, bevo d’un fiato tutta la restante acqua rimasta nella bottiglietta e mi alzo dal tavolo. È ora di andare.
Devo darmi una mossa, vorrei alloggiare al più presto da qualche parte, anche se in verità non mi sarebbe dispiaciuto rimanere a parlare ancora un po’ con queste persone particolarmente gentili.
«I vostri pezzi di tavola calda sono davvero eccellenti, i miei complimenti!» e pronto a congedarmi chiedo il conto.
Mi ringraziano all’unisono e i loro volti sono pieni di soddisfazione.
«Cinque euro!» mi risponde Salvatore, con il suo immancabile sorriso. Estraggo dal portafoglio una banconota da 5 e l’appoggio sopra un piattino vicino la cassa.
Li saluto cordialmente augurando una buona serata e vengo piacevolmente ricambiato.
«Non ascoltare mai gli altri, ascolta sempre e solo il tuo cuore, per il resto non ti preoccupare, si sistemerà tutto, non sei solo e mai lo sarai!» mi dice la donna prima di uscire dal locale.
Queste parole mi penetrano dentro, non hanno l’aria di essere solo di cortesia o comunque di circostanza, invece rappresentano molto di più, mi colpiscono.
«Grazie infinite, lei è molto buona, le sue sincere parole mi confortano e mi danno speranza» le rispondo e rivolgendomi al marito e al figlio «grazie anche a voi, siete proprio delle belle persone, tornerò sicuramente.» concludo e vengo salutano ancora più calorosamente di prima.
Uscito dal locale, il tempo appare completamente cambiato, c’è in atto una violenta grandinata. Comincio a correre a più non posso e raggiungo la mia macchina.
Una volta dentro, dopo essermi tolto il giubbotto ed acceso il climatizzatore in modalità aria calda con il chiaro intento di asciugarmi, mi rannicchio nel sedile. Decido di aspettare che si plachi, immettersi in strada adesso potrebbe essere pericoloso.
Mi arriva un messaggio su WhatsApp, è Ilaria.
Lo leggo subito. Mio dio, ma cosa…?
«Non ascoltare mai gli altri, ascolta sempre e solo il tuo cuore, per il resto non ti preoccupare, si sistemerà tutto, non sei solo e mai lo sarai!»
Le stesse e identiche parole della proprietaria della rosticceria.
Un brivido mi corre lungo la schiena e poggio una mano all’altezza del petto. Mi arriva un secondo messaggio.
«Svegliati amore, mio, svegliati mia unica ragione di vita!»
Svegliarmi… svegliarmi? Perché? La vista gradualmente si fa sempre più offuscata e infine i miei occhi si chiudono.

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Riapro gli occhi, non sono più in macchina bensì nel mio letto. Ma non ero a Milano? Si, certo, come no! Non mi sono mai mosso da qui, ho semplicemente sognato. Più che visitare una Milano da bere ho visitato una Milano da sogno, ironizzo tra me e me.
Ok, è stato un sogno ma oserei dire estremamente realistico, pur tradendo allo stesso tempo qualcosina di surreale.
Effettivamente mi son ritrovato nel bel mezzo della città, senza ricordare come esserci arrivato, ora si spiega del perché il viaggio non mi ha  affaticato per niente. Mi son ritrovato li e… basta!
Altri dettagli mi lasciano da pensare, come ad esempio l’operaio edile che mi ha cacciato in malo modo, i lavori serali nel cantiere oppure la storia dei 1900 euro.
Resto ancora sdraiato nel mio letto, fisso il soffitto cercando di fare mente locale e di ripercorrere dall’inizio alla fine ogni singola cosa vissuta nel sogno, fino a quando avverto il mio cellulare vibrare sul mio comodino. Lo prendo.
È Ilaria! Mi ha appena mandato il suo buongiorno con delle dolci parole e ricambio anch’io mandandole delle belle frasi con una immagine piena cuori. Decido a scriverle su WhatsApp raccontandole “l’esperienza” che ho vissuto e le mando un lungo messaggio.
«Amore mio, raccontami per filo e per segno ancora una volta il sogno che hai fatto, vorrei cercare di capirci qualcosa.» mi chiede con molta curiosità tramite messaggio vocale e io senza problemi l’accontento.
Cerco di focalizzarmi su ogni singolo aspetto e di essere più preciso possibile, senza tralasciare nulla, secondo Ilaria tutto ciò ha un senso. Parliamo praticamente solo di questo per circa mezz’ora.
«Devo andare a lavoro tesoro, stasera ne riparliamo, ricordati che, le parole che ti ho “detto” nel sogno valgono anche nella realtà, ti auguro di passare una buona giornata. Ti amo!» conclude mandandomi contemporaneamente su WhatsApp un aforisma d’amore, mentre io una quartina di una mia poesia scritta mesi fa per lei, del resto siamo più dolci di due barattoli di miele Ambrosoli.
 
Sono le venti e trenta passate, devo andare a prendere Ilaria all’uscita da lavoro ed è abbastanza tardi. Ogni sera ci organizziamo in questa maniera, è un modo come un altro per stare un po’ insieme e portarla successivamente a casa sua, in un quartiere non molto lontano.
Ho passato un intero pomeriggio in vari siti che riguardano opportunità lavorative, e come al solito non ho trovato nulla di interessante. Solo impieghi in qualità di operatore in dei call center in cui si è sottopagati peggio che in Uguanda oppure del Telelavoro che senz’altro puzza di truffa . Pazienza, domani vedrò di cercare ancora, tanto è inutile tartassarmi la testa, prima o poi a furia di insistere qualcosa uscirà fuori. Salgo in macchina, metto la chiave nel quadro e parto.
Per raggiungere la Sanitaria ‘Cento x Cento Bimbi’, impiegherò come sempre non più di cinque minuti, giusto il tempo di ascoltare ‘Kingston Town’ degli UB40 una delle mie canzoni preferite trasmessa da Radio 105 che ha sede proprio a Milano e durante il tragitto ripenso al sogno, ancora molto vivido nella mia mente.
Parcheggio nei pressi della sanitaria, Ilaria è all’esterno di una ricevitoria vicina a dove lavora e mi auguro non sia scocciata del mio ritardo. A prima vista non sembra esserlo.
Scendo dall’auto, appena riesce a scorgermi, la sua espressione diventa particolarmente euforica e comincia a correre verso di me,
«Amoreeeeeeeeeeeeeeeeee!!!!!!!!!!!!!!!!!!!» Mi abbraccia, mi stringe forte, mi bacia voracemente in ogni parte del mio viso e allo stesso tempo vociando frasi sconnesse del tipo «Si, finalmente!!!» «Che bello, no, non ci credooooo!!!»
«Tesoro che ti è successo? Oggi forse ti sono mancato più del solito?» le chiedo con stupore.
La mia fidanzata prende la mia mano e l’appoggia al suo petto, sento il suo cuore battere fortissimo come un martello pneumatico, inoltre suoi occhi sono umidi, si nota chiaramente che è visibilmente emozionata.
«Non posso dirti qui in strada la bellissima cosa che mi è capitata, anzi, che ci è capitata!» e sempre con la mano mi trascina energicamente in direzione della mia macchina dove con calma possiamo parlare.
«Hai presente il sogno che hai fatto stanotte?» annuisco sempre più stupito «ebbene sono riuscita a interpretarlo traendone dei numeri e stamattina in questa ricevitoria li giocati subito a Lotto, ho verificato i numeri in serata, precisamente alcuni minuti prima che tu arrivassi e… sono uscitiiiiiiiii!!!!!!»
«Lotto? Ma come hai fatto? Ti sei affidata alla Smorfia, il libro dei sogni?» cominciando ad entrare in sollucchero anch’io.
«No, nessuna Smorfia amore mio, i numeri li ha forniti il tuo sogno stesso: chiari, diretti ed inequivocabili!» mi risponde schioccandomi un bacio sulle labbra.
Effettivamente ora che ci penso è vero, mi ricordo ad esempio di quando la proprietaria delle rosticceria mi aveva menzionato il numero 1900, mentre il marito il numero 84. Come è giusto che sia vorrei saperne di più.
«Quali numeri sei riuscita ad azzeccare tesoro? Ti prego dimmelo!» le domando ancora con un crescendo di curiosità.
«Dal 1900 ho tratto il 19, poi 84 l’anno in cui i due rosticcieri hanno aperto il locale, 15 gli anni del ragazzino e 5 il conto o la banconota con cui hai pagato» mi dice raggiante e seguitando ad alta voce «la cosa sorprendente sai qual è? Se analizziamo la cosa e mettendo i numeri in un certo ordine, abbiamo la tua data di nascita: 15 5 1984!»

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


Caspita è vero, la mia data di nascita! Come ho fatto a non pensarci? Era cosi logico!
«Sai in quale ruota ho giocato i tuoi numeri?»
«Milano!» rispondo convinto di aver azzeccato ma a giudicare dal dito che Ilaria sta agitando mi accorgo chiaramente di aver sbagliato.
«No amore mio, i sogni si giocano a Bari, inoltre secondo una mia analisi mi viene da pensare che sia l’operaio edile dai modi scortesi, e sia i gestori della rosticceria, ti abbiano indicato Milano come la città non adatta a noi e per realizzare i nostri futuri progetti».
Resto piacevolmente sbalordito, non ho parole.  
«E poi quest’ultimi ti hanno pure consigliato non solo di tranquillizzarti» prosegue Ilaria «ma anche di non lasciarti travolgere da ciò che ti dicono gli altri ovvero di seguire il tuo cuore, parole che comunque a parte stamattina, ti avevo precedentemente sottolineato tante volte e spero finalmente che da oggi in poi tu finalmente lo capisca!» mi ammonisce simpaticamente.
Entro come in tranche, mi viene naturale di confermare sulla veridicità che secondo molte persone i sogni hanno una correlazione con la vita di ognuno di noi, un’affermazione che comunque formulo non solo per una questione di numeri da interpretare, infatti ora capisco anche del perché in quella rosticceria avvertivo una senso di serenità davvero profonda.
Forse quei tre erano angeli? Mi piacerebbe crederlo.
Ilaria mi riempie nuovamente di baci e mi abbraccia festosamente, in base ai numeri azzeccati deduco che abbiamo fatto una quartina.
«Q-quanto a-b-biamo v-into?» balbetto poiché troppo emozionato.
Il mio amore dapprima mi guarda sorridendomi e poi dalla borsetta estrae il suo smartphone digitando qualcosa.
Sento vibrare il cellulare dalla tasca, e ne conosco già in anticipo il mittente. Sul display, precisamente su WhatsApp mi appare un importo da capogiro.
Sto quasi per svenire dall’emozione, è vero, non ho effettuato io personalmente la giocata, ma indirettamente ho contribuito enormemente. Io che in vita mia ne ho visto di cotte e di crude, io che in saltuari Gratta e Vinci più di 20 euro non ho mai vinto e soprattutto in ambito lavorativo non ho mai trovato il giusto riscontro economico.
Al diavolo tutti quelli che mi hanno consigliato male, al diavolo tutti quelli che non hanno mai creduto in me, al diavolo tutti quelli che mi volevano sprofondato nell’abisso più tetro, al diavolo anche il mio ultimo datore di lavoro che dopo avermi spremuto come un limone per cinque lunghi anni ha deciso qualche mese fa di darmi un calcio in culo e al diavolo le 500 euro di merda di stipendio che a detta sua erano pure troppi e per giunta mi venivano rinfacciati. È proprio vero: le cose belle nascono all’improvviso!
Sensibile come sono i miei occhi lacrimano di gioia, Ilaria non è da meno e si lascia andare anche lei.
«Amore mio, una volta riscossa la vincita andremo a Milano!» mi annuncia con grande gaudio.
«Come a Milano? Non avevi detto che secondo una tua analisi…» non mi dà neanche il tempo do formulare la domanda che mi blocca  mettendomi due dita sulle labbra e stampandomi un bacio.
«Ma noi non andremo per abitarci ma semplicemente come turisti, non volevi visitare il Duomo e i Navigli?» mi dice con la bocca sulla mia.
Mi sento cosi felice, cosi vivo, cosi fortunato inoltre mi sento, anzi ci sentiamo al settimo cielo.
«Cucciola mia in verità già avevo fatto una cinquina a dir poco milionaria. E sai quando? Nel preciso istante in cui tu sei entrata nella mia vita rendendola bella da morire e credimi anche se non ci fosse stata nessuna vincita, il mio amore per te sarebbe rimasto immutato, anzi, sarebbe cresciuto sempre di più giorno dopo giorno!»
Le lacrime della mia fidanzata si fanno più copiose, la vedo tremare.
«Ciò che mi dici vale anche per me, non ho mai smesso di credere in te, io ti amo dal profondo del mio cuore, sei ciò che voluto sempre!» si asciuga gli occhi con un kleenex e mi dice ancora «grazie al sogno che hai fatto e soprattutto grazie a te potremo realizzare insieme tutti i nostri sogni e farli diventare realtà!»
E dopo queste parole espresse con una voce rotta dall’emozione ci baciamo appassionatamente.
Si, amore mio, da oggi finalmente tutto questo sarà possibile.        
 
 
Aneddoto e curiosità sul racconto
Quanto avete letto si tratta di un sogno che feci nel Novembre del 2016 di cui mi sono prodigato a romanzare, un sogno trascritto nella maniera più precisa possibile e che dopo averlo conservato nel mio PC come abbozzo, ne ho tratto questo racconto.
Un componimento autobiografico quindi? Certo, ma solo fino al termine del sogno poiché dopo di esso, inizia la finzione.
Purtroppo al termine di questa onirica attività mentale, cioè nella realtà, la vincita non è avvenuta seppur ci mancò davvero poco.
Il giorno dopo andai in una ricevitoria di Catania assieme alla mia ex fidanzata (che mi convinse a provare) e giocai i numeri in una ruota secca, ovvero in quella di Milano, la città in cui è ambientata la “vicenda”.
Da precisare che non gioco mai al Lotto e non sapevo che i sogni normalmente si giocano a Bari. Indovinate in quale ruota sono usciti? Ho commesso anche l’imprudenza di NON giocare su tutte le ruote, la vincita sarebbe risultata cospicua.
Ad essere precisi, la mia ex suocera mi aveva consigliato di giocare proprio su Bari, ma ahimè mi impuntai testardamente come già detto sulla ruota di Milano, quindi fui doppiamente sciagurato e ancora oggi mi mangio le mani.
Ad ogni modo non sto istigando al gioco del Lotto e neanche cerco di pubblicizzarlo, semplicemente il mio è un invito a tutti di non sottovalutare i sogni.
Ultimante su internet ho letto un certo numero di articoli riguardanti questa affascinante tematica e ho scoperto che attraverso i sogni c’è gente in cui è riuscita a prevedere situazioni, eventi, lutti etc.  azzeccandoci in pieno, qualcuno addirittura ci ha anche “guadagnato”.
In conclusione mi viene fortemente da credere che i sogni o gli incubi NON sono legati solo ed esclusivamente ai pensieri che “affollano” la mente di ogni sognatore ( turbamenti, ansie, desideri…) e di conseguenza NON soltanto associati unicamente ad una attività psichica.
A mio avviso essi rappresentano molto di più, un qualcosa di inspiegabile e che probabilmente vanno ben oltre la coscienza umana.

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