Rose rosso sangue

di Oniro
(/viewuser.php?uid=542429)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** rose rosso sangue ***
Capitolo 2: *** la verità delle rose ***



Capitolo 1
*** rose rosso sangue ***


Edwin mirava la sorella. Era lontano da lei. Una distanza incolmabile ormai.
 La guardava.
Probababilmente lei lo aveva dimenticato da tempo.
Erano trascorsi anni da quando l’avevano portata via da lui.
Lo aveva dimenticato, lo sapeva.
Sospirò voltandosi ripensando a ciò che era accaduto.
Il primo ricordo che si formò riguardava un armadio. Era anche l’ultimo.
L’armadio[1] di mogano brunito a forma di bara, troppo grande per contenere solo vestiti. Era stato allestito a terrario dove venivano coltivate rose rosse come i tramonti e le albe. Silenziosi spiragli di quiete di un rosso brillante. Edwin amava coltivarle per regalarle alla sorella.
La rimembranza felice si sfaldò in un attimo, mentre la mente lo portava lontano. Troppo vicino, sempre all’armadio.
Quattro anni prima. Ellen aveva presentato a lui e ai genitori un tizio nerboruto con il cervello di uno scoiattolo idiota di nome Guy Fox. Una sorta di scimmia da circo boriosa su un monociclo che si esibiva ingioellandosi dinnanzi a un pubblico febbricitante. Quel pubblico, in quel caso, era formato da quattro persone. Edwin, Ellen, Robert e Lilian, rispettivamente fratello, sorella e genitori.
Il primate sembrava aver raggiunto lo scopo. Il circo è in città signori, udite, udite! Sembrava scandire la sua presenza.
L’unico a non averne subito il fascino era Edwin che mirava la scena scuro in volto ed evitava lo sguardo speranzoso della sorella.
Lo scimpanzé gli si avvicinò sgomitandogli sul fianco per attirare la sua attenzione. Disse qualcosa senza essere ascoltato. Parlava. Ciarlava del vuoto. Un vuoto pregno di nulla. Chi non lo ascoltava alzò per un momento il capo incrociando gli occhi bruni di una ragazza. Sospirò dentro di se.
Ascoltò i rigurgiti di quella sorta di primate da circo. Amava la sorella, e non voleva deluderla, ma più andava avanti quella conversazione, più si chiedeva cosa l’avesse l’attirata di quell’individuo …
Tirò un calcio a una lattina frenando i ricordi. Il viso di Ellen tornò a fargli visita e con esso il litigio di qualche giorno dopo l’incontro con Fox.
La sorella stava tessendo le lodi di quell’imbecille. Raccontandogli di dove la portava, delle cose che le diceva, di come la soggiogava. La rabbia di Edwin cresceva. Non capiva come quello pseudo umano da circo potesse essere descritto come l’uomo più retto e intelligente mai esistito.
Fu quando lei prese, inebriata da quella conversazione, a parlare dei baci, di come la facesse sentire, che lui scoppiò.
Furibondo si avventò su quelle immagini come una creatura famelica distruggendole una alla volta. Disintegrando quelle lodi tessute nell’aria.
Terminò tutto con lei in lacrime che fuggiva dalla stanza e lui, avvilito e contrito, che si sedeva di peso sul letto.
Ha ragione lei, si disse. In fondo, lui non aveva prove di ciò che aveva insinuato, eppure … non si era immaginato la boriosità con cui lui si muoveva o parlava, come dinnanzi a un palcoscenico. Una parte ripetuta all’infinito che non aveva nulla di autentico.
Detestava se stesso per aver infranto le aspettative di Ellen, ma più che mai odiava quel Guy Fox …
Girò un angolo e si ritrovò dinnanzi al parco. Un po' sinistro di notte, pensò mirando le luci bianche che allungavano le ombre facendole sembrare dita nere inerpicavate per agguantarlo.
Avanzò ripescando dagli anfratti della mente ciò che aveva fatto. Per Ellen.
Dopo la feroce lite. Edwin prese a seguire Guy, convinto più che mai di dimostrare la propria tesi.
Per tre giorni lo vide fare le stesse cose. Andare a lavoro. Passeggiare. Farsi una corsa. Recarsi in palestra e di sera al bar. Rideva e a volte parlava di sua sorella.
 Avreste dovuto vederla com’è credulona, aveva detto una volta.
Non mi stacca gli occhi di dosso e mi segue come un cagnolino con il padrone, aveva sostenuto un’altra volta. Le parlava alle spalle come se lei fosse un oggetto di cui vantarsi. Una conquista vacua e momentanea.
L’odio di Edwin montò come un mostro. Avrebbe voluto entrare lì dentro e picchiarlo fino a quando non avrebbe implorato pietà.
Non lo fece. Era la sua parola contro quella di Fox, e sapeva che la sorella avrebbe dato ragione a quest’ultimo. Strinse i pugni fino a ferirsi il palmo con le unghie.
Il giorno dopo lo vide incontrarsi con una donna. Era bella. Avvenente.
 Li ascoltò di nascosto.
La adulava schifosamente. La inebriava incastrandola nella sua trama di parole vuote. La accarezzò facendola tremare di piacere per quel contatto. La baciò persino …
Il ricordo  si interruppe dinnanzi sulla panchina sul quale erano seduti all’epoca quei due. La guardò sperduto nel tempo.
Se solo la sorella l’avesse ascoltato.
Se solo …
Ellen, però, non aveva mai sentito ragioni. Lo accusò persino. Lo diseredò. E quando, qualche giorno dopo lui le offrì una di quelle rose che le piacevano tanto che le facevano comparire un sorriso così luminoso e dolce da placare le fatiche del cuore lei la prese e distrusse.
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Proseguì lasciandosi alle spalle la panchina, ma non i ricordi.
Furibondo decise. Avrebbe affrontato Fox.
Uno di quei pomeriggi in cui si dilettava a intrattenere le sue relazioni, Edwin balzò fuori. Sfidò Guy con lo sguardo aspettandosi una reazione che non ci fu.
-Posso aiutarti per caso?- il tono dell’altro era calmo, come se non conoscesse chi aveva dinnanzi. Ciò ebbe l’effetto di un uragano in Edwin e l’odio montò come una furia scura e sanguinolenta. Dalle fauci ghignanti e dagli occhi come pozzi.
Non era più il fratello di Ellen quello che l’altro si trovò davanti, bensì un uragano vero e proprio
Con furia il primo si scagliò sull’altro ancora seduto facendolo ruzzolare. La ragazza scappò inorridita.
In un frastuono di pugni sferrati, calci al costato e nocche insanguinate, Fox lo scherniva. Scherniva l’amore che lui provava per la sorella. Si prendeva gioco di lui e soprattutto di lei.
Il mostro ruggì feroce.
 Bramava il sangue.
Bramava la morte.
Ora a Edwin non interessava più il pentimento. Ora voleva fracassare quel volto ghignante. Spappolare le sue ossa, le sue viscere e spargere quel sangue come veleno lì dove si trovava.
Gli assestò un colpo poderoso tramortendolo.
 Sovrastava l’infame, sorridendo con un sorriso innaturale e sadico, mentre mille immagini gli si formavano nella mente.
Condusse a casa quel corpo inerme. Lo legò e aspettò che si svegliasse.
Da sveglio gli tagliò i testicoli mentre l’altro urlava e lui rideva. Passò allo stomaco. Lo aprì disseminando il contenuto sul pavimento come una borsa. Lo mantenne vivo fino a quel momento, godendosi ogni istante. Le lacrime. Le urla. Il dolore e quel sangue schifoso.
In fine lo sfregiò producendo un taglio profondo dalla bocca fino all’occhio.
Lo lasciò dissanguarsi osservandolo mentre la vita lo abbandonava.
Almeno servirà a qualcosa il tuo sudicio corpo. Gli disse, poi lo seppellì dentro l’armadio dove sorgevano le rose. Sotto la terra avrebbe dato vigore a quelle stesse rose che la sorella aveva così malamente calpestato …
Un fremito di trionfo lo accolse ricordando come aveva seviziato quella scimmia da circo boriosa. Respirò a fondo l’aria della notte, inebriato dal sangue. Quel momento non durò a lungo. Ciò che accadde dopo lo colpì in sequenza come un schiaffo poderoso.
Ellen era distrutta. Non voleva più mangiare né uscire. Non voleva neanche lui. Per parte sua, Edwin si sforzava di starle il più vicino possibile offrendole quelle rose che tanto lei adorava, senza che sortissero effetto.
Qualcuno, però, cercava Guy Fox e non ci volle molto prima che gli agenti giungessero alla loro abitazione parlando della scomparsa dell’uomo.
Edwin aveva rizzato le antenne e ascoltava ogni conversazione che avveniva. Nessuno aveva assistito al litigio tra di loro. Nessuno poteva testimoniare ciò che era accaduto.
Il mondo crollò quando proprio chi amava lo tradì.
Ellen sostenne che lui non era mai stato in buoni rapporti con Guy e quando trovarono una macchia di sangue su di una rosa il sogno si sgretolò come un castello di carte.
Infine trovarono il corpo.
Non solo quello.
Ne aveva uccisi altre sette prima di Fox.
Tutto dettato da quell’attaccamento morboso per quella sorella che amava così profondamente.
Ora, tuttavia, lei non cercava i suoi occhi. Lui si.
L’avrebbe dimenticato, lo sapeva. Probabilmente lo stava già facendo. Entro uno o due anni lui sarebbe stato alla stregua di un’ombra insignificante dentro quell’armadio che profumava di rose rosso sangue.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** la verità delle rose ***


Cinquant’anni pensò. Erano passati cinquant’anni dall’ultima volta che aveva visto Edwin. Lo aveva dimenticato per molto tempo. Un’ombra vacua e inesistente che si perdeva nel gelo della notte. Era mio fratello dopotutto. Già, dopotutto lo era sempre stato. Si mirò le mani callose e raggrinzite. Mani da vecchia aggiunse una voce. Dopo tutto quel tempo, si era svegliata un giorno e lo aveva ricordato, come se quel tempo di oblio non fosse mai avvenuto. Chissà dove è ora. Mi starà pensando? Si ricorderà di me? Si chiese. Era ovvio, era lei ad aver dimenticato, non lui, tanta era la sua ossessione. Eccolo guizzare, come un pesciolino felice che torna al mare. Un ricordo. un ricordo d’infanzia … Edwin era in piedi dinnanzi ad alcuni bimbi. Per molti, quello che facevano era solo gioco. Un gioco sadico e perverso in cui il fratello torturava gli altri. Li guardava combattersi per il cibo che lui gli aveva sottratto e li punzecchiava, talvolta, con forchette o bastoni acuminati. I bambini presi di mira erano sempre amici di Ellen. Se lo ricordava. Ricordava Sam Readcliffe che piangeva nel bagno con il braccio contuso dal quale fuoriuscivano piccoli rivoli di sangue da una ferità con pezzi di legno conficcati. John Marsh in infermeria in attesa di una sorta di lavanda gastrica per aver ingoiato due rospi velenosi nel rettilario. Adam Baker con il volto contuso e irriconoscibile per le botte prese. Teneva in mano un tozzo di pane. Era tutto quella che era riuscito a ottenere da quella sorta di follia. Edwin era sempre trionfale. Si divertiva come un matto, sfoderando quel volto ghignante e mostruoso. Seduta sulla sedia, Ellen prese a dondolare facendo frusciare lo scialle di lana. Già, suo fratello, in fondo, era questo. Un mostro. Una creatura difforme e distorta dalle fattezze umane. All’epoca, tuttavia, nessuno ne aveva idea. Erano solo giochi, dicevano. Ovviamente, qualcuno si era lamentato, ma mai con troppo interesse per una causa che coinvolgeva bambini … La prima rosa era comparsa il giorno che aveva avuto le sue prime mestruazioni. Era rossa, di un rosso intenso e vivo. Non come quel colore troppo scuro che si era trovata nelle mutande per circa una settimana. Le piaceva quel fiore. Le ricordava il tramonto. Quando il sole scendeva e il cielo si dipingeva di mille colori mentre le nuvole si tingevano di quell’arancio-rosso così vivo e pulsante. Alla prima rosa, ne erano seguite altre. Lui amava quel sorriso e lei adorava regalarglielo. Giunse, poi, la prima cotta. Un ragazzino di nome Norman Kale, bruttino con le lentiggini e i denti quasi cariati, ma la faceva ridere. Possedeva quell’assurda facoltà di raccontare barzellette così orrende da rendere impossibile non riderci sopra. Edwin, naturalmente, non l’aveva mai trovato né divertente, né tantomeno adeguato a lei. Così ebbero la loro prima lite. Lui insinuava che lui voleva approfittare di lei, che la lusingava troppo, solo per farsi bello. Dopo quasi un mese- se lo ricordava- Norm svanì nel nulla. Sembrava sparito nell’oblio. Non si fece più vedere a scuola e persino i genitori si disperarono quando la polizia dichiarò chiuso il caso per mancanza di prove. Era assurdo allora pensare che suo fratello avrebbe potuto fare qualcosa del genere. Fu in quel frangente, poco prima che Norman scomparisse che l’armadio troppo grande a forma di bara fece la sua troneggiante comparsa. Che rimembranza felice era quella delle rose. Erano talmente belle … sempre di più … Edwin conobbe in successione: Edward Schein, Clark Mad, George Montag, Edmund Ellis, Robert Carter e Josh Hein Di tutti e sei, forse aveva ragione solo su di uno. Clark, infatti, era manesco, irriverente e crudele oltre che borioso e ossessivo. L’aveva manipolata in molti modi, fino a metterla persino contro il fratello. Lui, per parte sua, non accennò mai di desistere sulle proprie convinzioni. Alla fine Clark svanì dopo meno di un mese. Come tutti, anche se con tempi diversi. Sempre nessuna traccia. Sempre nessuna pista. Clark Mad e gli altri cinque erano semplicemente … evaporati. Ellen sospirò pensando come l’atto di Edwin, per quanto orribile fosse, l’avesse salvata dalle grinfie di Mad. Per gli altri? Gli altri erano solo vittime sfortunate capitate sotto le mani di un carnefice ossessivo. Erano ragazzi gentili che le volevano bene, forse qualcuno l’amava persino. Sospirò. Nella sua mente si formò l’ultimo e il primo ricordo che riguardava Guy Fox. L’Armadio … Guy era entrato nella sua vita un mattino gremito di libri. Si erano scontrati nella biblioteca dove lei lavorava. Avevano sparso alcuni volumi per terra e lui, imbarazzato, l’aveva aiutata a raccoglierli. La sua distrazione, aveva osservato lei, era data da ciò che teneva sottobraccio. Una copia delle lettere di Seneca. Lo incontrò altre volte tra i grandi scaffali. A volte si sorprendeva a spiarlo. Leggeva Marco Aurelio una volta. Goethe un’altra. Ovidio un’altra ancora. Le piaceva quell’uomo. Le piaceva conversare con lui. Era brillante, intelligente, comprensivo e a volte distante, come se si trovasse su di un altro pianeta. Diversa fu la visione che ebbe Edwin quando lo incontrò. A lui sembrò che l’altro fosse una sorta di approfittatore borioso. Una scimmia da circo, per citare le sue parole. Dopo il violento litigio. Guy la tranquillizzò asserendo che era normale e che avrebbe tentato di parlare con il fratello. Ogni tentativo andò a vuoto. Edwin prese persino a seguirlo, ad ascoltarlo, talvolta inventando ciò che diceva. Fox lo sentiva a volte, parlava tra sé farfugliando cose mai accadute. Quando arrivò la cugina di Guy andò ancora peggio, finchè lui non svanì. Il resto della storia non la voleva neanche ricordare. Era atroce ciò che era accaduto. Ciò che lei aveva visto. Guardò fuori dalla finestra. Non l’aveva dimenticata, no. Era lì fuori che la mirava come un mostro in agguato.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3746319