Once Upon a Time in Hogwarts

di Vera_D_Winters
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Tutta colpa del cappello parlante! ***
Capitolo 2: *** Il Ballo del Ceppo ***
Capitolo 3: *** Tassorosso Vs Serpeverde ***
Capitolo 4: *** Notte prima degli esami ***
Capitolo 5: *** Allo scoperto ***



Capitolo 1
*** Tutta colpa del cappello parlante! ***


 La neve cadeva candida sul Lago Nero, la cui superficie ghiacciata era usata da alcuni ragazzi che si divertivano a pattinare come se fossero normalissimi babbani. Gli schiamazzi riempivano l'aria di allegria e spensieratezza nonostante il freddo pungente che arrossava le gote di quei temerari che si erano lasciati alle spalle i camini fumanti delle sale comuni per godersi quel sabato pomeriggio lontano dai libri, tuttavia vi era qualcuno il cui viso mostrava palese fastidio ed irritazione.
Per Chuuya era il terzo anno ad Hogwarts ormai, ed una piccola parte di lui si era già abituata all'atmosfera magica e ovattata del parco in inverno, tanto che nemmeno quella visione riusciva a ridargli il buon umore.
Perchè era tanto arrabbiato?
Semplice.
Stava fissando quel supponente, prodigioso e fastidiosissimo Dazai, intento a volare su quei pattini creati tramite un incantesimo, attorniato da tutti i suoi nuovi amichetti Corvonero del cavolo.
Il giovane dai capelli castani non indossava nemmeno un mantello o una sciarpa, incurante del freddo, o più probabilmente intento come il suo solito a trovare un modo teatrale per suicidarsi: Dazai riteneva sprecata la giornata se non provava a morire almeno una volta, perciò era plausibile credere che stesse cercando di prendersi una broncopolmonite fulminante conciato così a quelle temperature tanto basse. E laddove non avessero ceduto i bronchi, forse lo avrebbero fatto le gambe. O il ghiaccio su cui volteggiava. Poteva sempre aprirsi sotto di lui e lasciare che l'acqua gelida lo inghiottisse.
Dannato incosciente, conoscendolo lo sperava anche di ritrovarsi in un tale finale. 
Ma non era più un problema suo, no?
Tre anni prima il cappello parlante aveva decretato la fine della loro secolare amicizia d'infanzia, smistandoli in due case differenti: Chuuya come tutta la sua famiglia del resto, era stato assegnato agli ambiziosi Serpeverde, mentre Dazai ai brillanti Corvonero.
E non che fosse proibito ad Hogwarts fare amicizia tra membri di Case differenti, tuttavia era difficoltoso il rapporto quando si era competitivi come il rosso dagli spiritati occhi celesti. E altrettanto possessivi. E un po' arroganti.
Insomma le lezioni, i gruppi di studio, la normale routine ed il carattere criptico del castano avevano fatto si che i due amici si allontanassero sin quasi a diventare due completi estranei.
« Dazaiiiiiiiiiiiii attento stai venendo contro di me! Cretino fermati, fermatiiii!!!»  
L'urlo di Kunikida, un ragazzo occhialuto molto alto, dai lunghi capelli biondi e l'aria da professore arrivato il loro stesso anno ad Hogwarts, sferzò l'aria attirando l'attenzione dell'intero parco, mentre la bomba ad orologeria dallo spettinato caschetto del colore del cioccolato gli planava addosso dopo un passo troppo azzardato, che l'aveva portato a scivolare malamente e quindi a volare letteralmente via dalla sua traiettoria.
Il risultato fu uno schianto tremendo, che portò all'effettiva rottura del sottile strato di ghiaccio su cui stavano pattinando, e quindi al quasi annegamento dei due giovani.
Il primo riflesso del rosso fu quello di fare un passo in avanti, pronto come sempre ad andare a salvare l'amico dai guai in cui si cacciava costantemente, ma i nuovi compagni dell'altro furono più rapidi ed efficienti, e con le loro bacchette ripescarono i due pattinatori quasi già assiderati.
Ranpo, un altro corvaccio del sesto anno, poi fu velocissimo nel far comparire dei morbidi asciugamano sulle spalle dei compagni più giovani, mentre Akiko, una del quinto, già cominciava a sperticarsi in una sgridata unica.
Il movimento di Chuuya quindi si interruppe bruscamente, mentre tornava sui propri passi e voltava le spalle alla scena, il cuore in gola, sebbene in tutti i modi stesse cercando di fingere indifferenza.
«Chuuya-San, dove vai?»  
A rincorrere i suoi passi comparve immediatamente Ryonosuke, un altro Serpeverde come lui, arrivato alla scuola di magia e stregoneria in quell'anno, un amico di famiglia se così si poteva definire.
«Dentro. Mi è venuto freddo.»  
Rispose quindi seccamente alla domanda ricevuta, allungando il passo con una certa urgenza, calcando i pesanti stivali nella neve fresca, lasciando impronte frettolose come la sua andatura.
Poteva anche essere una bugia da poco, ma il compagno del primo anno gli credette, o forse semplicemente non volle fare troppe domande. Difficile dirlo, dato che il morettino non era un gran chiacchierone a prescindere dalla situazione. A Chuuya però andava benissimo così.
Erano quasi al portone principale però, quando la pronta ritirata venne arrestata da una palla di neve che colpì il rosso direttamente sulla nuca, facendolo urlare per il freddo causato dagli schizzi che gli erano entrati sotto la sciarpa ed il mantello, gelandogli immediatamente la pelle pallida.
«Ma che diavolo...?!»  
Si voltò di scatto adirato, visto che era uno che si scaldava facilmente, e fu allora che incontrò gli occhi nocciola di quell'impudente di Dazai, che sorridendo serafico con le mani quasi violacee mentre preparava una seconda palla di neve senza l'ausilio dei guanti.
 «Ma sei scemo?!»  
La domanda sorse spontanea, ma l'aprire bocca fu fatale per il Serpeverde: la seconda palla di neve lo colpì dritto in viso, con una forza tale da fargli tirare indietro la testa mentre sputacchiava.
Molti dei ragazzi che stavano passando loro accanto trattennero il fiato, mentre altri si allontanavano velocemente, consci dello scoppio che sarebbe avvenuto di lì a poco: gli amici divenuti rivali avevano ormai una certa fama nella scuola, e chiunque li conoscesse poteva immaginare il proseguo di quella scena.
«Vieni con me...»  
Ranpo in uno strano attacco di compassione prese Ryonosuke per un braccio e lo trascinò via, mentre Chuuya si preparava alla vendetta.
«TI AMMAZZO LO GIURO!»  
Lo strillo si perse nel rumore della risata di Dazai e della scarica di palle di neve che venne innalzata verso di lui con foga e rabbia. Nemmeno una mitragliatrice avrebbe potuto essere tanto veloce nel preparare quell'attacco che si abbattè con forza su quel provocatore nato che era sempre stato il castano.
Qualcuno rise, qualcun altro scosse il capo rassegnato, ed il manipolo di curiosi si disperse abbastanza velocemente, lasciando i due a darsi battaglia.
Alla fine, entrambi esausti e col fiatone, sebbene il rosso fosse decisamente più scompigliato e ansante, i due si lasciarono cadere a terra per riprendere le forze, sorridenti come due bambini. Non sentivano più il freddo di certo, e nemmeno quella tensione che li teneva costantemente separati, quasi tra di loro ormai vi fosse una distanza incolmabile. Distanza che in quel momento però, sembrava essere scomparsa.
Il primo ad alzarsi fu Dazai ovviamente e fu lui a proferire parola per primo, sporgendosi verso l'orecchio del rosso per lasciar fluire parole che dovevano essere udite da lui soltanto.
«Quest'espressione ti dona decisamente di più.»  
Stupido... stupidissimo corvaccio arrogante e incomprensibile.
Aveva corso come un matto dopo essere quasi affogato solo per prendersi la briga di farlo sorridere.
Perchè?
Perchè non diceva mai cosa pensava, cosa provava, ma poi compiva quei gesti che facevano male al cuore dell'amico di una vita intera?
Perchè?
Come sempre Chuuya non ebbe tempo di ribattere, poichè l'altro già lo aveva superato di qualche passo diretto al portone. Il rosso non poteva fare altro che osservarne le esili spalle allontanarsi, con in testa quelle domande a cui probabilmente non avrebbe mai trovato risposta.
Stupido... stupido idiota di un Dazai.
 «Sei un vero cretino!»  
Gli sbraitò dietro, causando l'ennesima risata nel compagno e rivale, che senza voltarsi lo salutò con un gesto della mano, ignaro del gestaccio che il rosso gli stava ora rivolgendo.
Le cose non sarebbero mai tornate come quando erano bambini, prima della scuola, prima della loro separazione obbligata, questo era chiaro. Ma forse... forse chissà.
Forse potevano costruirsi un'altra via.
Chuuya avrebbe messo da parte l'orgoglio affinchè ciò potesse avvenire?
E Dazai avrebbe imparato a sfilarsi la maschera per permettere all'amico di raggiungerlo davvero?
Questo solo le mura di Hogwarts col tempo lo avrebbero scoperto, poichè solo il tempo possedeva la soluzione a quel complicato cubo di Rubik dalle mille sfaccettature colorate.

// SPAZIO AUTRICE

Eccomi dopo qualche giorno passato a guardarmi intorno, a scrivere la mia prima, e spero non ultima storia, nel fandom di Bungou Stray Dogs.
Nella speranza di non andare troppo OOC anche, e  di non fare strafalcioni, mi impegnerò perlomeno a seguire i prompt di Fanwriter.it e nel frattempo vi ringrazio per aver letto questa breve one shot un po' fluff e un po' introduttiva.
A presto!
 

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Capitolo 2
*** Il Ballo del Ceppo ***


(La vicenda avviene un anno dopo la prima One Shot)

Le sorprese ad Hogwarts non mancavano mai, ma quell'anno ogni aspettativa era stata superata grazie all'avvento del Torneo Tre Maghi.
La scuola era stata in fermento sin dall'annuncio di quei particolari Giochi, e l'eccitazione era via via aumentata in un crescendo che era esploso con l'annuncio del campione di Hogwarts: Oda Sakunosuke. Ovviamente il fatto che fosse un Grifondoro il campione, non era andato giù a molti Serpeverde, ed addirittura alcuni di loro avevano preso a tifare i contendenti delle scuole avversarie.
Vi era solo una cosa che aveva messo tutti gli studenti d'accordo però, ovvero l'ansia per il Ballo del Ceppo.
Designato il giorno di Natale, il ballo era un evento imprescindibile del Torneo Tre Maghi, e l'idea di dover invitare un accompagnatore per parteciparvi senza fare brutta figura, aveva mandato in crisi un sacco di ragazzi, tanto che alcuni avevano deciso di tornare a casa per le vacanze invernali, sfuggendo a quella tortura.
Oda era stato, a ragione anche, il più agitato di tutti, poichè in qualità di campione avrebbe dovuto aprire le danze, e fino a pochi giorni prima dell'evento non aveva saputo chi invitare. Non che non fosse  stato colmo di ammiratrici che ad ogni angolo dei corridoi gli si gettavano addosso per proporsi a lui con impeto, però... non gli andava di invitare qualcuno che non avesse attirato realmente la sua attenzione.
Quando quindi le porte della Sala Grande si aprirono sui tre campioni, nessuno sapeva chi potesse essere la dama aggrappata al braccio dell'alto ragazzo dagli spettinati capelli rossi, e vi era quasi una sorta di morbosa e trepidante attesa a riguardo.
«Secondo voi chi ha invitato?»  
Domandò Dazai sporgendosi in avanti per guardare, tirando con sè involontariamente la ragazza che gli si era appesa al braccio: Gin, una Serpeverde dall'aria un po' androgina, che tuttavia ora appariva assai delicata e carina con quella cascata di lisci capelli corvini ad incorniciarle il volto non austero ed inespressivo come al solito. Non era stata poi una così cattiva idea invitarla.
Kunikida fece spallucce, tanto disinteressato alla cosa da non aver invitato nessuno poichè "nessuna ragazza di Hogwarts recava il proprio ideale di donna", e Ranpo si esibì in uno sbadiglio annoiato. Sbadiglio che tuttavia svanì non appena vide colei che con grazia camminava al fianco di Oda.
Akiko semplicemente risplendeva nel suo lungo abito nero, semplicissimo eppure elegante, che seguiva perfettamente le curve appena accennate del suo corpo, fino ad aprirsi in una morbida gonna ampia che svolazzava ad ogni suo passo. Il pallore delle spalle scoperte era risaltato dal colore scuro del vestito, e tra i suoi capelli riluceva una farfalla rossa, diversa dalla solita dorata che portava durante le lezioni anche per forma e grandezza.
«Ma che diavolo...»  
L'esclamazione venne lasciata in sospeso tra le labbra del moro, mentre Dazai scoppiava a ridere. Difficile dire se lo stesse facendo per l'assurdità di quella coppia, o per l'espressione del compagno più grande, il quale sembrava aver preso una sonora botta in testa. Molte però furono le teste a voltarsi verso di loro, tanto che Kunikida, per l'imbarazzo, portò la mano a coprire la bocca del castano, silenziando così la sua risata sgangherata.
Il grande cenone si svolse poi quasi in religioso silenzio tanto era pesante l'aria attorno a quel trio di Corvonero, e perfino Dazai aveva smesso di fare battute, limitandosi a guardare Ranpo con la curiosità di un gatto che osserva un nuovo giocattolo scintillante.
Solo un cupo borbottio veniva di tanto in tanto dal moro, qualcosa che suonava come un "come ho fatto a non accorgermene". A cosa si riferisse restava però un mistero.
Per fortuna la cena giunse al dolce e successivamente alla fatidica apertura delle danze.
Il trio di campioni e dei loro accompagnatori si posizionò in mezzo alla sala sotto gli occhi attenti di tutta la scuola e dei suoi ospiti, e la piccola orchestra composta da sei membri cominciò ad intonare le prime note. Passi incerti vennero mossi da alcuni dei ragazzi, ma non da Oda che invece con estrema disinvoltura, portò Akiko a volteggiare con sè. E lei si lasciava portare stranamente, senza imporre il suo passo, sorridendo lieta.
La canzone non era nemmeno a metà quando avvenne l'impensabile.
Ranpo aveva infatti appena invaso la pista da ballo e aveva letteralmente rubato la dama al campione, stringendosela con un certo impeto mentre i suoi passi andavano a ricalcare quelli fatti da Oda poco prima.
Esclamazioni si levarono da ogni angolo, risate, applausi, perfino frasi che inneggiavano alla rissa, mentre i professori si guardavano senza saper realmente cosa fare.
In tutto quel marasma perfino il rosso però, si ritrovò a ridere di gusto, per nulla infastidito dalla piega presa dalla cosa. Si limitò ad infilare le mani in tasca e lasciare spazio ai due, mentre la canzone cominciava a scemare per trasformarsi nel secondo brano, con il quale anche gli altri studenti poterono finalmente unirsi alla danza.
«Ranpo...»   
Ma il moro non rispondeva, limitandosi a mantenere quell'imperscrutabile espressione in viso, con quella stretta decisa sulla schiena della dama improvvisata che aveva preso per sè.
«Ranpo ti prendo a pugni se non mi rispondi!»    
Ingiunse quindi lei, cominciando a perdere il fare serafico, lasciando intravedere il suo vero caratterino deciso e autoritario.
«Cosa vuoi che ti dica?»   
Domandò quindi lui con un sibilo quasi infastidito, senza però lasciarla andare e senza guardarla negli occhi, quasi l'imbarazzo gli impedisse di farlo.
«Perchè ti stai comportando così, mi pare ovvio.» 
«Secondo te perchè?»    
«Lo sto chiedendo io a te, sciocco. Se lo immaginassi da me, non te lo domanderei. Hai perso la tua grande capacità intuitiva per caso?»    
E quelle forse furono le giuste parole per pungolarle nel profondo e spingerlo a farsi avanti. E forse lei lo sapeva benissimo.
«Se si tratta di te si. Se si tratta di te non capisco tante cose.»   
Ed allora un sorriso soddisfatto e scioccamente felice increspò le labbra di Akiko,  che si fece più vicina in quella danza che stava rallentando a ritmo della musica.
«Però adesso hai capito.»    
Il sussurro fu permesso solo perchè la giovane donna si era sporta all'orecchio di Ranpo, che aveva socchiuso gli occhi rischiando di perdere il tempo dei passi. Improvvisamente stava perdendo la presa sulla situazione, il cui comando era passato nelle mani di Akiko. Nemmeno questo avrebbe dovuto sorprenderlo, no?
«Oda mi ha regalato l'indizio più importante.»    
Ammise quindi lui, cercando di non farsi sfuggire del tutto di mano il momento, cosa che non era affatto semplice.
«Si chiama gelosia Ranpo, lo sai?»    
Ancora quel tono sibillino, accompagnato da un lieve ghigno ed un leggero bacio sulla guancia il cui schiocco venne smorzato da una nota particolarmente alta dei violini, che annunciavano la fine della canzone.
«...»   
«Ranpo?» 
«Si, adesso lo so.»    


// Angolo autrice
Questa oneshot mi è sfuggita di mano, e Ranpo e Akiko hanno scombinato i piani che avevo inizialmente, ma sono comunque contenta del finale.
Spero vi sia piaciuta, e grazie come sempre per aver letto :3

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Capitolo 3
*** Tassorosso Vs Serpeverde ***


Il cielo non era stato affatto clemente quel giorno, ed una pioggia violente e incessante inondava da ore il campo di Quidditch. Ciononostante la partita non era stata rinviata, poichè le condizioni climatiche da sempre non erano considerate una buona scusa per invalidare un incontro.
Inoltre la partita che stava per iniziare sarebbe stata relativamente facile, o almeno così credevano praticamente tutti i giocatori e  gli spettatori trepidanti sotto l'acquazzone. Atsushi Nakajima infatti era l'unico giocatore davvero promettente di Tassorosso, e sebbene spesso e volentieri il ruolo di cercatore poteva essere decisivo nella risoluzione degli incontri, Serpeverde possedeva l'attacco migliore della scuola, con Ryonosuke Akutagawa a trainare con rabbia e la giusta dose di cattiveria tutto il suo team. 
Implacabile. Così era stato definito spesso e volentieri persino dagli insegnanti. 
Ed in effetti al fischio di inizio fu proprio il giovane dalla particolare capigliatura nera e grigia a scattare per primo, la scopa che volava come una scheggia nonostante il vento che impenitente cercava di spazzarlo via. 
«Quale enorme forza di volontà Akutagawa! Nessuno è come lui!» 
Tuonava estatico il commentatore ufficiale di tutte le partite, il rosso Michizo, il cui cerotto bianco sul naso ormai era scivolato via a causa della pioggia scrosciante e della forte umidità.
Ed in effetti nessuno riuscì a fermare il morettino del terzo anno, che scartando un bolide e uno dei cacciatori avversarsi segnò il primo punto a soli cinque minuti dall'inizio del match. La pluffa era schizzata tra i cerchi con violenza e velocità inaudita, tanto che il portiere di Tassorosso nemmeno l'aveva vista arrivare.
Ed ovviamente i Serpeverde sugli spalti eruppero in grida di gioia che quasi contrastarono i tuoni.
L'atmosfera era più che infiammata nonostante la tempesta che imperversava sul campo, e la pluffa era nuovamente in mano alla squadra verde e argentea.
Il povero Atsushi intanto provava a volare più alto degli altri alla disperata ricerca del boccino d'oro, il quale era ancora più difficile da vedere con quelle condizioni atmosferiche. Cercava di non ascoltare la folla, la cronaca secondo per secondo, cercava di rimanere concentrato nella speranza di chiudere l'incontro il prima possibile. Ormai era talmente infreddolito da non sentirsi più le mani, e come tenesse la presa sul manico della scopa era un mistero persino per lui.
Un altro punto segnato da Akutagawa però, diede la spinta al giovane dai capelli argentei, che decise di darsi nuovamente una mossa.
Sfrecciò zigzagando tra gli altri compagni, superò i cacciatori avversari, scese in picchiata e poi riprese quota, sferzando la cortina di pioggia con la propria scia. 
E stava cominciando a spazientirsi quando finalmente lo vide: svolazzava con quel suo suono ronzante, oltre l'orecchio di uno dei battitori della propria squadra.
Senza esitazione Atsushi si gettò quindi in avanti, inseguendo la pallina dorata che sembrava aver intuito il suo arrivo. Il cacciatore di Serpeverde che lo tallonava dall'inizio, lo seguì a ruota, ma era troppo lento. Il giovane Tassorosso aveva già allungato il braccio, e le sue dita quasi avevano sfiorato il freddo metallo delle pomo alato. Era fatta... era...
Improvvisamente ogni cosa sembrò tacere, ed il tempo parve arrestarsi: bocche spalancate e spaventate ora si rivolgevano non più verso l'alto, verso il cercatore, bensì verso il basso, dove Akutagawa si stava per schiantare.
Il giovane dai capelli argentei non aveva visto come ciò era potuto accadere, ma non appena vide l'antagonista finire rovinosamente tra il fango e la terra, dimenticò completamente ciò che stava facendo e girò il manico di scopa esattamente dalla parte opposta.
La folla riprese allora vita con un boato, i compagni di Casata urlarono improperi, Michizo sbraitava qualcosa a proposito del Boccino, e forse qualcuno fischiò, dettando la fine dell'incontro.
Atsushi non era sicuro e nemmeno gli importava.
Atterrò malamente e subito si gettò in ginocchio su Akutagawa, disteso sulla schiena, apparentemente privo di sensi.
«Ryonosuke??? Ryonosuke!! »   
Fu con ansia crescente che il nome del moro venne chiamato, anzi urlato, sotto l'incredulità di parecchi occhi.
I due studenti erano noti per la loro rivalità. Non passava giorno in cui Akutagawa non provava in qualche modo a dare il tormento al Tassorosso, e spesso erano finiti in punizione insieme proprio per questo motivo. 
Ciò che gli altri non sapevano però, era che proprio durante quelle lunghe ore passate spalla a spalla un sentimento diverso dalla rivalità era sbocciato tra i due ragazzi, e proprio tale sentimento era quello che ora muoveva Atsushi.
Ciò che avvenne dopo il fischio di fine partita fu estremamente concitato: nonostante i Serpeverde avessero vinto l'incontro nessuno festeggiò, ed anzi molti degli studenti di quella casta cercarono di oltrepassare le barriere per correre a soccorrere il proprio campione, che però era stato preso in custodia dai professori, diretti immediatamente all'infermeria. I Tassorosso intanto erano insorti in proteste senza eguali, ed i compagni di squadra si erano riuniti attorno ad Atsushi per capire che cosa diamine gli fosse passato per la testa.
Per il giovane fu tutto estremamente difficile, poichè non sola la propria timidezza e riservatezza gli impedivano di spiegarsi a dovere, ma la preoccupazione era tale da fargli tremare follemente le gambe.
Nessuno seppe dire se accadde per la tensione, per la stanchezza, o per il maltempo che ancora imperversava su di loro, penetrando fin nelle ossa dei presenti, ma alla fine Atsushi svenne nel mezzo del cerchio che gli si era formato intorno, e non udì più nulla, se non il beato silenzio di quel fluttuare privo di sensi.
Quando si svegliò, la prima cosa che vide fu il soffitto dell'infermeria, e questo gli fece aggrottare la fronte. Il suo ultimo ricordo era Akutagawa che veniva portato via su una barella sospesa in aria... perchè c'era lui steso su di un lettino?
«Svenire per la troppa tensione... solo tu... »   
La voce strascicata e contrariata del Serpeverde raggiunse le orecchie del giovane disteso, che immediatamente si rizzò a sedere, voltandosi verso l'angolo da cui aveva udito provenire la sua voce. Il moro era lì, seduto su di uno sgabello girevole, i gomiti poggiati sulle ginocchia mentre scrutava il compagno dai capelli argentei dal taglio asimmetrico.
Sembrava stare bene visto che aveva anche la forza di fare quell'espressione infastidita, ed Atsushi, fregandosene di ogni cosa, gli buttò semplicemente le braccia addosso, rischiando di farlo cadere a terra tanta era stata la sua irruenza.
E lo strinse, lo strinse con una forza che solitamente non usava, con una decisione che non sempre gli apparteneva, con quella nota di paura che si faceva nuovamente largo in lui, causandogli un vero e proprio tremito.
«Ohi, Jinko... »   
Il nomignolo che Akutagawa gli aveva affibbiato per la sua passione per i felini risuonò risoluto alle orecchie del Tassorosso, che tuttavia non mollò la presa.
«Sto bene... »  
Sopraggiunse allora la rassicurazione a parole. Nemmeno questa però bastò a spezzare l'abbraccio. Atsushi non voleva minimamente saperne di lasciarlo andare.
«Ho avuto paura. » 
Ammise sentendosi estremamente sciocco, ma fu allora che le braccia del moro finalmente giunsero a ricambiare quel gesto iniziato poco prima, circondando le spalle dell'altro, mentre le loro guance si sfioravano, poco prima che lo facessero le loro fronti.
« Questo è perchè sei stupido.»   
Quelle parole risuonarono nel poco spazio rimasto tra i loro volti, tuttavia risultarono priva di scherno, anzi, vi era una dolcezza di fondo, come se gli avesse detto: ti voglio bene. A modo suo ovviamente, come sempre.
«No, è perchè sono innamorato. »   
Fu quindi la pronta risposta, e prima che Akutagawa potesse protestare, un bacio venne rubato con il rumore di uno schiocco e l'impronta di un sorriso sulle labbra incredule del Serpeverde.
Che li vedessero in quel momento non era importante, dopotutto la reazione di Atsushi durante la partita era stata più esplicativa di qualsiasi altra cosa, perciò perchè fingere?
Non vi era alcun motivo per farlo, mentre molti motivi esistevano per prolungare quel momento. 
E fu quello che Atsushi fece, dimenticandosi del Quidditch, delle loro Casate e del temporale che ancora imperversava oltre le mura del castello.



// Angolo Autrice
Questa oneshot è stata scritta un po' di getto lo ammetto, ma tutto sommato penso possa andare bene.
Atsushi e Akutagawa non sono tra le mie ship preferite, però credo stiano bene insieme e quindi ho voluto provare a scrivere anche di loro due. Spero comunque di averli resi al meglio ^^


 

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Capitolo 4
*** Notte prima degli esami ***


Non poteva credere che quel giorno fosse davvero giunto.
Sette anni erano trascorsi, il cerchio si era chiuso, ed un nuovo inizio si affacciava su quell'alba che stava per sorgere.
Odasaku, brillante Grifondoro, campione di Hogwarts nella fatidica edizione del Torneo Tre Maghi di due anni prima, futuro Auror dal talento incredibile, era giunto alla fine del suo percorso scolastico. L'esame più importante di tutti lo attendeva l'indomani, e l'agitazione lo stava tenendo sveglio.
Dopo essersi girato e rigirato nel letto senza requie, aveva deciso di sgattaiolare fuori dal dormitorio e calmare i nervi passeggiando senza meta, nonostante il regolamento vietasse di girare per i corridoi dopo cena. Aveva incrociato alcuni compagni nella Sala Comune, intenti a dannarsi l'anima con l'ultimo disperato ripasso generale, aveva salutato al Signora Grassa con un occhiolino galante per comprare come sempre il suo silenzio, e con passo felpato e attento si era mescolato all'oscurità dei corridoi, godendosi il silenzio della notte, gli scricchioli del legno antico che permeava le scale e le porte delle aule, l'odore delle poche e fioche lampade ad olio che illuminavano alcuni punti della scuola, ed infine era uscito nel grande parco, camminando per i prati fino a raggiungere la riva del Lago Nero, baciato dalla luna e dal lieve brillare dell'immensità delle stelle che ricoprivano il manto scuro di quella notte di primavera.
Fu con un lento sospiro che si lasciò cadere schiena a terra, lo sguardo profondo puntato proprio su quel cielo lontano, le braccia intrecciate dietro il capo e le caviglie incrociate.
Decisamente il suo io esteriore appariva molto più serafico di quanto in realtà non fosse dentro di sè, tuttavia l'aria aperta era realmente riuscita seppure per poco a calmare il suo animo.
L'agitazione ad ogni modo non era l'unico sentimento a permeare il cuore del rosso, anzi, quella era solo una piccola parte dell'intera medaglia. Ciò che davvero impediva al giovane di riposare come avrebbe dovuto quella notte era la nostalgia inesorabile che gli aveva attanagliato la bocca dello stomaco. Un sentimento dolce e amaro al tempo stesso, capace di fargli pizzicare gli angoli degli occhi leggermente lucidi e umidi.
Era elettrizzato all'idea di lanciarsi verso il proprio futuro, certo. Non vedeva l'ora di divenire Auror, e fare così realmente qualcosa di buono per il mondo, e tuttavia la prospettiva di lasciare la scuola lasciava in lui un senso di ineluttabile fine. 
Hogwarts era stata casa sua per ben sette lunghi anni.
Era stato teatro di gioia, di tristezza, di paura, delle prime cotte, dei primi errori, delle amicizie divenute inscindibili, di ricordi indelebili e incancellabili.
La spensieratezza dei primi anni tra calderoni esplosi durante l'ora di pozioni e i compiti dimenticati o finiti nel camino per sbaglio, il primo volo su una scopa, lo smistamento, il primo Halloween, la prima lezione di Cura delle creature magiche in cui era stato morso da una mandragola.
Ed ancora gli incantesimi sbagliati, la torre di Astronomia, divenuta ben presto il suo luogo preferito, le punizioni con la professoressa McGrannit, le corse tra una lezione e l'altra nei corridoi affollati, l'addormentarsi in biblioteca con la faccia sopra i libri impolverati e dalle pagine ingiallite dal tempo, la nomina a prefetto.
Come dimenticarsi poi del Torneo Tre Maghi? L'emozione di essere estratto dal Calice di Fuoco, l'adrenalina della prima prova, quando per la prima volta in vita sua si era trovato davanti ad un vero drago a dimensione naturale, il Ballo del Ceppo, il labirinto, l'incoronazione a Campione, la cotta stratosferica per la concorrente di Durmstrang che lo aveva lasciato con un bacio sulle labbra al sapore di neve e biancospino.
Come poteva chiudere davvero con quel capitolo così vasto della sua vita?
Hogwarts gli sarebbe mancata da morire ed era certo che una volta finiti gli esami, quando fosse giunto davvero il momento di lasciare tutto, una parte di lui sarebbe sempre rimasta a vagare per quei prati infiniti e per quelle torri che si stagliavano fin quasi a sfiorare il cielo. Ed una parte di quei luoghi sarebbe rimasta altrettanto dentro di lui per sempre, nonostante l'addio imminente.
Un nuovo sospiro abbandonò le labbra del giovane studente dell'ultimo anno, questa volta con un po' meno cupezza ed un po' meno rassegnazione. Anzi. Un leggerissimo sorriso gli increspò le labbra dopo che gli ultimi divertenti ricordi gli avevano acceso la mente, allentando così la morsa che gli aveva stretto lo stomaco fino a qualche secondo prima.
E rimase ancora un po' a canticchiare a bassa voce una serenata alla luna, chiedendole di portargli un po' di fortuna per l'esame del giorno seguente, ringraziandola poi per aver vegliato su di lui in quegli anni scalmanati.
Riuscì persino ad assopirsi a tratti, nonostante l'umidità portata dal lago ed il prato bagnato di rugiada sotto la propria schiena.
Ed il cielo si stava già tingendo dei colori dell'aurora quando si decise a ripercorrere quei passi che lo avrebbero ricondotto al castello.
Era pronto? Per l'esame assolutamente si, per chiudere quel capitolo decisamente meno.
E tuttavia bastava pensare che non era davvero la fine, ma solo un nuovo inizio, e così il buon umore un poco tornava.
Dopotutto il rosso sapeva guardare con fiducia alla vita, con ottimismo, sapeva sempre cogliere il lato migliore di ogni attimo, e non sarebbe cambiato.
Fu con quella convinzione che varcò la soglia, stiracchiandosi come un gatto dopo un pisolino, ed avanzando nel grande atrio che cominciava ad illuminarsi con i raggi del sole che penetravano le vetrate immense, regalando giochi davvero magici al pavimento in marmo e alle clessidre che segnavano i punti delle quattro Case, le quali sovrastavano la parte più vicina all'entrata della Sala Grande.
Inevitabilmente lo sguardo di Oda si posò sulla clessidra dai rubini scarlatti, ed il suo petto si gonfiò d'orgoglio nel vedere che ancora una volta la sua casata era avanti alle altre. Questa volta un vero largo sorriso gli si aprì sul volto, cancellando persino le occhiaie della notte insonne.
Furono però dei passi in lontananza a prendersi l'attenzione dello studente, che ricordandosi del fatto che lui teoricamente non avrebbe dovuto trovarsi lì, si apprestò a correre via diretto verso il proprio dormitorio.
E mentre correva a perdifiato lungo quelle scale a cui ogni tanto piaceva cambiare, incitato dai ritratti che seguivano le sue gesta, una risata spontanea gli percorse il petto e si librò nell'aria, accompagnandolo in quei passi veloci.
Fu liberatorio e lo fece sentire di nuovo il bambino che all'età di undici anni era giunto in quella scuola, alto come un soldo di cacio e impaurito dalla vastità di quel mondo sconosciuto.
Fu liberatorio, fu bellissimo, e rasserenò il suo cuore.
E quella era la vera magia di Hogwarts: la capacità di essere una casa sicura, che tale sarebbe rimasta anche una volta lontano da quelle mura di pietra, poichè casa era il luogo in cui il cuore abitava.
Ed il cuore di Oda sarebbe rimasto lì per sempre.

// Spazio autrice
Questa storia mi ha soddisfatto molto più della precedente, e si prende la prima posizione insieme a quella sul ballo del ceppo.
Spero possa piacervi ed emozionarvi, tanto quanto è successo a me mentre la scrivevo.
Tanto love for Oda a cui spero di aver reso giustizia.
E grazie a chiunque abbia letto fino a qui <3

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Capitolo 5
*** Allo scoperto ***


Come fosse esploso tutto quanto non era chiaro nemmeno a loro. Semplicemente ad un certo punto la rivalità era divenuta passione, il punzecchiarsi a vicenda era divenuto provocazione, ed il loro bisogno di cercarsi si era fatto più prepotente.
Inizialmente vi erano stati degli sguardi impacciati mentre entrambi cominciavano a prendere coscienza di quel cambiamento, ma poi, dopo che Dazai aveva compiuto il primo passo un pomeriggio temporalesco di qualche mese prima, le cose erano mutate velocemente e quasi in maniera incontrollata.
Quel primo bacio rubato era stato sconvolgente, sia perchè Chuuya non aveva mai baciato qualcun altro in vita sua, sia perchè nella sua frettolosità incerta era comunque sembrato la cosa più naturale del mondo, tanto che il rosso dopo un attimo di smarrimento, aveva poi afferrato il Corvonero per la cravatta, attirandolo a sè per riprendere da dove si erano impacciatamente interrotti.
Da quel momento in poi ogni scusa era stata buona per scambiarsi sguardi complici di nascosto, per trovarsi negli angoli più impensati del castello, per sfruttare ogni minuto possibile per stare insieme.
Quella sera in effetti non aveva fatto differenza: con la scusa del dover discutere una "cosa da prefetti", Dazai aveva trascinato Chuuya in biblioteca, e tra una corsia nascosta e l'altra, effusioni erano state scambiate con crescente frenesia, fino a che entrambi non si erano ritrovati entrambi con le camice sbottonate, i capelli spettinati e le labbra gonfie di baci.
E la situazione probabilmente sarebbe sfuggita loro di mano ulteriormente se un gruppo schiamazzante di studenti del primo anno in ritardo per la cena e dispersi in biblioteca a causa del loro scarso orientamento, non si fossero fatti udire, richiamando i due all'ordine.
In fretta e furia si erano rivestiti e da bravi prefetti si erano offerti di salvare i compagni più piccoli, scortandoli in Sala Grande.
Dopotutto non si viveva solo d'amore, no? Anche loro due dovevano cenare, anche se a Dazai piaceva spesso saltare il banchetto per sgattaiolare poi di nascosto nelle cucine e farsi preparare qualcosa di speciale solo per sè dagli elfi domestici, con cui poi si intratteneva in infinite chiacchierate.
Una volta giunti a destinazione comunque i due, facendo finta di nulla ed anzi calcando la loro recita rivolgendosi qualche sarcastico insulto come sempre, si recarono ognuno al proprio tavolo, ignari di un particolare che li avrebbe smascherati da un momento all'altro.
Il primo a ricevere sguardi sorpresi fu proprio il castano, che una volta seduto tra gli altri Corvonero si ritrovò addosso gli occhi stranamente spalancati di Ranpo, e quelli sconvolti di Kunikida.
 « Be? Che avete voi due? Sembra che abbiate visto un fantasma.»  
Non che poi fosse strano vedere fantasmi ad Hogwarts in effetti.
Decisamente perplesso comunque, il ragazzo si portò una mano ai capelli e ne spettinò qualche ondulata ciocca, temendo che forse qualcosa nella sua chioma disordinata avesse attirato qualche sospetto.
Non era tuttavia più lontano dalla verità.
«Hai cambiato Casa, Dazai? »  
La domanda provenne da Ranpo, in un tono a metà tra il divertito e il malizioso, e fu allora che il più giovane abbassò lo sguardo sui propri abiti, incrociando così la sagoma della cravatta sbagliata che stava indossando.
Una risata gli sfuggì quindi dalle labbra, risata però che non era nervosa come ci si sarebbe aspettati, bensì quasi liberatoria. Non vi era imbarazzo in Dazai quasi in nessuna situazione. Sembrava che in effetti non possedesse quel tipo di emozione.
E poi c'era Chuuya in realtà ad essere sufficientemente in panico per entrambi!
Se infatti al tavolo dei Corvonero la situazione era stata trattata con una certa tranquillità, non si poteva dire lo stesso di quello dei Serpeverde, dal quale si stava levando un certo brusio concitato.
Akutagawa stava additando il senpai dai capelli rossi con sguardo orripilato, e Chuuya dal canto suo balbettava infastidito, rigirandosi la cravatta blu tra le dita, nervosamente.
Come diamine avevano fatto a non accorgersi dello scambio? Certo verde e blu non erano colori così facilmente distinguibili al buio, ma una volta in corridoio sotto la luce delle lampade...
«Sembra che qui vi state divertendo!»  
La voce di Dazai risuonò improvvisamente alle spalle di colui che amava definire il proprio amante, facendolo letteralmente saltare sulla panca. Sul suo viso vi era sempre la stessa espressione serafica e dispettosa di sempre, e con la mano stava facendo sventolare la cravatta slacciata del Serpeverde, che si era prontamente tolto per restituirla al legittimo proprietario come se nulla fosse.
Akutagawa apriva e chiudeva la bocca per la prima volta senza parole, e molti altri loro compagni lo imitarono, mentre altri semplicemente scoppiarono in fragorose risate, soprattutto a causa del viso paonazzo di Chuuya, il quale che sembrava sul punto di implodere.
Con un mezzo grido tipico di lui strappò la cravatta dalla mano del giovane dai capelli castani, e con rapidità e nervosismo si apprestò a slacciare quella che invece stava ancora indossando.
« Se volevi sentire il mio profumo addosso potevi dirmelo, ti avrei donato una delle mie camicie da tenere sotto il cuscino.»  
Lo prese in giro ancora Dazai, apparentemente a suo agio in tutto quel marasma.
« Taci, imbecille!»  
Fu invece la rispostaccia del rosso, che lanciò poi la cravatta di Corvonero in testa al suo possessore, tra gli applausi e le risate generali che stavano decisamente aumentando di decibel.
Se non fossero stati nella Sala Grande, sotto gli occhi dei professori, le cose si sarebbero protratte, e Dazai avrebbe osato molto, molto di più, sia per la voglia di sconvolgere tutti ulteriormente, sia per infastidire Chuuya ancora un po'. Tuttavia nemmeno lui voleva rischiare l'espulsione, e quindi si limitò a chinarsi all'orecchio del compagno, sussurrando qualcosa che doveva essere udito solamente da lui.
«Solo tu conosci il vero modo per farmi tacere. E magari la prossima volta te lo lascerò fare. » 
Fu con quella promessa erotica che portò ulteriormente scompiglio nel Serpeverde, che il giovane appartenente all'altra Casa tornò al suo posto dove si scambiò il cinque con Ranpo, che come altri rideva di gusto per tutta la scena appena avvenuta. 
Ciò che sino a quel momento era stato segreto ora era sotto lo sguardo di tutti, eppure a nessuno sembrava importare, nessuno sembrava avere qualcosa da ridire.
Che fosse anche quella la magia di quella Scuola?
Forse. L'unica cosa certa però, era che davvero la magia più grande e potente di tutte era scoccata tra i due ragazzi, e se fossero stati fortunati, tale magia sarebbe rimasta con loro per tutta la vita, legandoli indissolubilmente per sempre.


// Spazio Autrice:
Eeeeeeeeeeeeeeeeee fine.
Questa è stata l'ultima oneshot dato che l'iniziativa di FanWriter termina il 15 e domani e dopo non avrei tempo di scrivere altro.
Ho iniziato con la Sou
koku e con la Soukoku ho concluso, e questa cosa mi piace molto. Spero di averi divertito almeno un po' con questi piccoli scritti senza pretese, con cui ho iniziato a prendere confidenza con il fandom di BSD.
Vi prometto col tempo lavori migliori, ed intanto ringrazio di cuore tutti coloro che hanno speso qualche minuto del loro tempo per leggermi.

A presto <3
- V -

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