Just a little bit of your heart

di _Fire
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The guy with the blue hair ***
Capitolo 2: *** Magnus Bane ***
Capitolo 3: *** A nightmare dressed like a daydream ***
Capitolo 4: *** A rainstorm and an house of cards ***
Capitolo 5: *** Friday night ***
Capitolo 6: *** Aprire gli occhi ***
Capitolo 7: *** La cerimonia del diploma ***
Capitolo 8: *** Questioni in sospeso ***
Capitolo 9: *** Coming back ***
Capitolo 10: *** Jar of hearts ***
Capitolo 11: *** Kiss me goodbye ***
Capitolo 12: *** Scelte ***
Capitolo 13: *** Surprise ***
Capitolo 14: *** Sunday morning's sweetness ***
Capitolo 15: *** Passi in avanti ***
Capitolo 16: *** Something is going to happen ***
Capitolo 17: *** This is how the story went ***
Capitolo 18: *** Guai in vista ***
Capitolo 19: *** Sunny, rainy and stormy weather ***
Capitolo 20: *** Da mi basia mille ***
Capitolo 21: *** Errore ***
Capitolo 22: *** The darkness in our hearts ***
Capitolo 23: *** All out of love ***
Capitolo 24: *** Just a little bit of your heart ***
Capitolo 25: *** Prom ***
Capitolo 26: *** Future and past ***
Capitolo 27: *** You know I want you ***
Capitolo 28: *** All of your heart ***



Capitolo 1
*** The guy with the blue hair ***





 


Alec tirò un sospiro di sollievo quando uscì dalla scuola, respirando finalmente aria fresca.
Era al suo primo anno, e in quella giungla era praticamente una nullità.
Non aveva amici, e non c’erano nemmeno i suoi fratelli con lui: Jace e Isabelle erano più piccoli di lui di un anno.
In realtà Jace era stato adottato, ma viveva con loro da quando erano bambini, perciò era come se ci fosse davvero un legame di sangue…anche se, a volte, Alec desiderava che non ci fosse.
Aveva solo quattordici anni, quindi la considerava una fase, ma era innamorato di Jace. Non lo sapeva nessuno, come nessuno immaginava che fosse – forse – gay.
Non gli piaceva etichettarsi. Non gli era mai piaciuto e non ne sentiva alcun bisogno.
Attraversò il cortile in silenzio, senza essere notato, come sempre, con gli occhi azzurri rivolti verso il basso e le mani infilate nelle profonde tasche del cappotto. Decise di fare il giro passando per il campo sportivo, in modo da evitare la calca di studenti diretti alla fermata dell’autobus.
Di solito il posto era vuoto, quindi si soprese quando notò, sotto il canestro, una figura rannicchiata, con le gambe strette al petto e la testa sulle ginocchia.
Alec riuscì a notare solo il ciuffo colorato con sfumature di blu.
La maggior parte delle volte, tendeva ad evitare le persone il più possibile, ma quel giorno non lo fece.
C’era qualcosa di singolare in quel ragazzo dai capelli blu.
Camminò piano verso di lui, mentre le voci nella sua testa gli dicevano di fermarsi e cosa stai facendo?
Arrivato davanti a lui, si schiarì la voce tossendo. L’altro allora alzò lo sguardo, mostrando un paio di occhi tra il verde e l’oro, pieni di lacrime e piuttosto rossi.
Alec non disse niente; si limitò a cercare in fretta un fazzoletto nel suo zaino. Poi, lo porse al ragazzo.
Lo osservò afferrarlo con mano tremante, quasi come se non si fidasse.
«È più grande» pensò Alec. «Sarà del terzo anno.»
Lo sconosciuto si soffiò il naso, gli sorrise e si alzò.
«Grazie, piccolo.» mormorò, prima di allontanarsi, lasciando Alec con le guance bollenti anche nel freddo di Dicembre.

 
***

Alec era al suo terzo anno, ed era abbastanza sicuro che la sua popolarità non fosse aumentata nemmeno di una virgola.
Ora però almeno aveva vicino Jace e Izzy, nonostante loro avessero un altro gruppo di amici.
Jace usciva con una ragazza rossa del primo anno, una certa Clary. In tutta sincerità, non gli piaceva. E non credeva che fosse solo per la sua cotta per il ragazzo: Clary gli sembrava davvero stupida. In ogni caso, Isabelle si univa spesso a loro, solitamente quando c’era il migliore amico di Clary, Simon.
Alec chiuse l’armadietto, e si avviò con i suoi libri verso il laboratorio di chimica. Gli piacevano le scienze, anche se non aveva mai un compagno.
Si gettò sullo sgabello in fondo all’aula. Poco dopo, arrivarono tutti gli altri, alcuni dei quali in ritardo, chiacchierando con i loro compagni, con grande disappunto del professore.
Alec sobbalzò quando sentì qualcuno sedersi vicino a lui. Si girò di scatto, e incontrò lo sguardo magnetico di un paio di occhi ambrati.
Osservò a lungo il suo compagno di chimica, chiedendosi chi gli ricordasse quel ragazzo dai capelli blu.






 

Allora.
Non lo so nemmeno io che ho fatto. O perché.
So semplicemente che mi è venuta questa idea di Magnus!Badboy - che non si distacca nemmeno poi tanto dal suo vero carattere - e continuava a tartassarmi finché non l'ho scritta.
Così, here we are.
Il prossimo capitolo dovrebbe arrivare tra una/due settimane, il tempo di finire la scuola, e poi vorrei provare ad aggiornare ogni settimana.
Spero di avervi incuriosito almeno un po' con questo prologo, e ringrazio in anticipo tutti coloro che leggeranno e ancor più coloro che si fermeranno a lasciarmi un parere, positivo o negativo che sia.
Un ringraziamento speciale va ad Alice, una persona fantastica che mi sprona continuamente con i suoi modi gentili e pacati.
Ora la smetto di vaneggiare e me ne torno nel mio angolino a vergognarmi per questa cosa.
A presto - si spera,


 

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Capitolo 2
*** Magnus Bane ***


 


 


 
Chi è, chi è, chi è.
Alec avrebbe giurato di aver già visto quel ragazzo – i suoi occhi e i suoi capelli non si dimenticavano facilmente.
Gli avevano sempre detto di avere una buona memoria, dato che imparava velocemente le strade ed anche le nozioni a scuola, ma in quel momento ne dubitò seriamente.
Continuò a fissare il ragazzo, che intanto si era tranquillamente seduto accanto a lui, beandosi delle sue attenzioni, piuttosto che esserne infastidito. L’esatto opposto di come sarebbe stato per Alec.
Il professore cominciò a parlare, illustrando un complicato esperimento di chimica che avrebbero dovuto svolgere quel giorno e che avrebbe costituito buona parte del voto finale. Perciò Alec provò seriamente a concentrarsi, anche se la vicinanza del ragazzo accanto a lui non gli rendeva la cosa per niente facile. Si chiese anche come mai non l’avesse mai visto prima nel suo corso: era ripetente? Si era appena iscritto per crediti extra? 
Scartò l’idea di chiederglielo perché era meglio iniziare. Si schiarì la voce, come per prendere in mano la situazione, ma alla fine si ritrovò solo con le guance bordeaux mentre apriva il libro per seguire le istruzioni. Mentre lo metteva al centro del tavolo, in modo che entrambi potessero leggere, quasi faceva cadere una serie di provette.
«Attento, piccolo.»
Quell’appellativo lo fece sobbalzare.
Sapeva chi era quel ragazzo.
«Tu- noi ci siamo già incontrati.» mormorò, a bassa voce per non farsi sentire dal professore, guardandolo finalmente negli occhi.
«Davvero?» chiese l’altro, piegando la testa di lato. Sembrava ancora di più un gatto in quella posizione.
«Sì…ma è comprensibile se non ti ricordi di me. È stato per poco, qualche anno fa, eravamo nel cortile della scuola e ti ho dato un fazzoletto.»
«Non mi ricordo proprio, piccolo, mi dispiace. Ma sei sicuro che fossi io? Due occhi come i tuoi non li scorderei facilmente.»
Alec arrossì leggermente per il complimento sottinteso e poi rispose: «Mi- mi sembra di sì, ma potrei anche sbagliarmi.»
Eppure avrebbe giurato di aver visto qualcosa accendersi negli occhi del ragazzo un attimo prima.
«Mmh, potremmo sempre incontrarci qualche altra volta per rimediare.» disse, ammiccando e sporgendosi verso di lui.
Alec rimase interdetto. Ci stava provando con lui?
«Io non sono- mi piacciono le ragazze.» mentì, ma non poteva proprio rischiare che un perfetto sconosciuto rivelasse a tutti il suo segreto – e non gli sembrava nemmeno un tipo molto affidabile, in tutta sincerità.
Il ragazzo ridacchiò. «La cosa nei tuoi pantaloni mi dice un'altra cosa - a meno che tu non ti sia infilato in tasca una provetta molto lunga.» 
"Imbarazzo" non era sufficiente a descrivere lo stato d’animo di Alec. Arrossì fino alla punta dei capelli. 
«Non sai nemmeno il mio nome.»
Il ragazzo aprì il suo libro all’indice. «Alexander Gideon Lightwood.» lesse. «Hai davvero un bellissimo nome.»
Alec avrebbe voluto prendersi a schiaffi. «Non dirlo a nessuno, ti prego.»
«Non lo farò, se accetti di uscire con me.»
«Ma...»
«Niente ma»
«Okay» sospirò Alec. «Non pensi che dovrei sapere anche io il tuo nome, ora?»
Il sorriso dell’altro si allargò. «Magnus. Ora possiamo procedere con l’esperimento, Alexander.»
«Alec.»
«Come?»
«Chiamami Alec.»
Magnus assunse di nuovo la sua espressione maliziosa, con l’angolo destro della bocca sollevato, e gli si fece più vicino. «Vuol dire che siamo intimi, ora?»
«Sai che ti dico? Chiamami come preferisci.»
Magnus spostò la sua mano sulla coscia di Alec. «Non trattarmi male, Alec.»
Sarebbe stata un’ora decisamente lunga.
 

***
 
Una volta fuori dall’aula di chimica, Alec tirò un sospiro di sollievo.
L’esperimento non era andato male, ma sarebbe potuto andare meglio se Magnus – e la sua dannata mano – non lo avessero distratto tutto il tempo.
Fortunatamente era l’ultima lezione, quindi andò subito a casa, salendo dritto nella sua camera.
Era solo, Isabelle e Jace solitamente si trattenevano un po’ a scuola, così ne approfittò per stendersi sul letto.
Il suo cellulare squillò dopo un po’. Sbuffò, pensando che non si sarebbe fatto convincere in nessun modo ad andare a prendere Max, suo fratello minore, quel giorno, dato che non era il suo turno.
I suoi genitori erano entrambi fuori per lavoro, facevano i commercialisti, così lui e i suoi fratelli avevano dei turni per svolgere le faccende domestiche, andare a fare la spesa o, appunto, a prendere Max.
E quel giorno era il suo giorno libero.
Un altro bip.
Prese contro voglia il telefono dalla tasca dello zaino ai suoi piedi. Aggrottò le sopracciglia: un numero sconosciuto. Lo sbloccò per leggere i messaggi.
 
15.10, Numero sconosciuto Hai mangiato?
15.11, Numero sconosciuto Okay, non mi interessa. Quando posso passare a prenderti?
 
Dal primo messaggio sarebbe anche potuto essere Izzy – col pericolo che avesse deciso di cucinare – ma il secondo gli suscitò diversi dubbi.
 
15.13, Alec Chi sei?
 
La risposta arrivò in fretta, lasciando Alec a metà tra lo stupore e il dovevo aspettarmelo.
 
15.13, Numero sconosciuto Magnus, ovviamente
15.13, Numero sconosciuto Non avrai mica altri spasimanti?
15.15, Magnus Non so come interpretare il tuo silenzio, piccolo.
15.16, Alec Ti stavo salvando in rubrica.
15.16, Alec E potresti smetterla di chiamarmi piccolo?
15.17, Magnus Ti ho salvato anch’io, piccolo
15.17, Magnus Ops
15.17, Magnus Sì, potrei, ma non voglio 8)

15.18, Alec Cosa dovrebbe essere?
15.18, Magnus Una faccina, ovviamente. Girala, sarà un tipo con gli occhiali che sorride 8) 8) 8)
15.19, Alec Continuo a non capire cosa c’entri.
Comunque, come hai fatto ad avere il mio numero?
15.19, Magnus Non dovresti scrivere tutte le tue informazioni sul libro di chimica
15.20, Alec Ci tengo a quel libro
15.20, Magnus Parlando di cose importanti
Sabato alle nove va bene per te? Vorrei portarti in un posto
 
Il cuore di Alec cominciò a battere all’impazzata. Non era mai uscito con nessuno, e ora stava per farlo, per di più con un ragazzo.
 
15.21, Magnus Ricordati il nostro patto
15.21, Alec Il tuo ricatto, vorresti dire
15.21, Magnus Sei eccitante quando ti arrabbi
15.22, Alec
15.22, Magnus Ho voglia di vederti
Dimmi di sì
 
Non aveva molta scelta dopotutto, no?
 
15.23, Alec Sabato alle nove va bene.
15.23, Magnus Ci vediamo in giro allora, piccolo
 
Alec gettò indietro la testa sul cuscino, lasciando cadere il cellulare sul comodino accanto al letto.
In che guaio si era andato a cacciare?
 

***
 
«Alec, posso prendere il tuo libro di chimica?» gridò Isabelle dal piano di sopra.
«È nello zaino!» rispose Alec, continuando a sbocconcellare il suo pollo. Tutta la storia di Magnus gli aveva persino fatto passare l’appetito.
Da quando lui usciva con dei ragazzi, perfetti sconosciuti, per andare in posti che non conosceva?
Tutto questo solo per fare in modo che nessuno venisse a sapere che era gay.
Sbuffò, lasciando il piatto lì dov’era.
Aprì la porta del salone per guardare un po’ di televisione, ma gli si parò davanti uno spettacolo raccapricciante.
Jace era sul divano, impegnato a baciare – anche se Alec avrebbe usato il termine slinguazzare – Clary.
Si affrettò ad uscire quasi con un conato di vomito.
Si diresse verso la sua camera, pensando che almeno lì avrebbe avuto un po’ di pace.
Ma si sbagliava.
«Perché il numero di Magnus Bane è sul tuo libro di chimica?!» sbottò Isabelle vedendolo entrare.
Alec arrossì, cercando una buona scusa. «Io-»
«Alec, ci sono molti altri ragazzi più carini, su!»
Notò che la sorella non aveva detto ragazze. Izzy dovette notare il suo sguardo confuso, perché abbassò la voce.
«Credevi che non lo sapessi? Sono tua sorella, Alec, capisco certe cose.»
«E» deglutì. «Ti va bene?» parlò finalmente Alec, con il timore di sentire ala risposta.
«Certo. Cosa me ne importa di chi ti piace? Io ti voglio bene comunque, Alec.»
Lui provò ad abbracciarla, ma lei si allontanò. «No! Prima devi spiegarmi perché hai il numero di quello.»
«Lo conosci?» chiese Alec, sinceramente curioso.
Non capiva perché alla sorella interessasse tanto. Escludendo l’episodio di due anni prima, a lui il nome Magnus Bane non diceva nulla.
«Come si vede che non spettegoli» sbuffò Isabelle. «Magnus Bane ha frequentato la nostra scuola per i primi tre anni. Usciva con una certa Camille Belcourt: lui la amava sul serio, mentre lei si divertiva solamente. Era uno dei tanti. E quando Magnus l’ha scoperto, gli si è spezzato il cuore. In più, Camille era la più popolare della scuola, quindi tutti gli studenti lo prendevano in giro.
Così è andato in un’altra scuola.
È tornato solo all’inizio di quest’anno, perché ormai Camille si è diplomata. Ha messo al loro posto tutti quelli che l’hanno trattato male, e ora nessuno osa parlar male di lui.
Ora lui è Camille.
Capisci cosa voglio dire? Per questo non voglio che tu abbia il suo numero. Potresti restarci davvero male.»
«Non preoccuparti Izzy, io non lo conosco. Sarà stato qualcuno che voleva farmi uno scherzo.»
Isabelle annuì, anche se non sembrava molto convinta. «Lo spero, Alec. Tu ti meriti di meglio.» disse con sguardo triste, prima di uscire dalla stanza.
Alec chiuse la porta, buttando fuori l’aria.
Si prese la testa tra le mani. Dopo la storia che gli aveva raccontato Izzy non aveva certo voglia di uscire con Magnus, ma pensò che se l’avesse rifiutato sarebbe stato preso in giro da tutta la scuola, proprio come lui al suo terzo anno.
E poi la sua famiglia avrebbe scoperto che era gay.
Decise che sarebbe uscito con Magnus comunque. Tanto era una volta sola, no?
Lo conosceva appena, e non sarebbe successo niente.
Non si sarebbe mai innamorato di Magnus Bane.





 

Buona sera! 
Mi scuso se sono un po' in ritardo con la pubblicazione, ma l'arrivo dell'estate mi aveva stranamente tolto l'ispirazione. Poi un bel giorno ho scritto tutto il capitolo di getto. Ah, l'ispirazione.
Ma bando alle ciance (e ciance alle bande) questo capitolo è più lungo, come vi avevo promesso. Spero che vi abbia soddisfatte e che vi piaccia il "nuovo" Magnus che ho introdotto. Fatemi sapere le vostre impressioni, positive o negative che siano!
Ci tengo infine a ringraziare Alice, che mi sostiene in continuazione, anche quando sono insopportabile.
E ringrazio tantissimo anche tutte le persone che hanno avuto fiducia in me e in questa storia - solo dopo il prologo! - e l'hanno messa tra le ricordate/preferite/seguite. Un grazie commosso a scarlett_midori, kalisi81_, Baranjok, Newtmas, Life before his eyes, sakura kudo e stella 13 che si sono anche fermate a recensire.
Comunicazione di servizio: ispirazione permettendo, cercherò di aggiornare regolarmente tutte le settimane, precisamente il lunedì.
Un bacio grande e alla prossima!


 

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Capitolo 3
*** A nightmare dressed like a daydream ***


 


 


 
Alec si asciugò le mani sudate sul jeans per la… quarta volta.
Fortunatamente, a casa non c’era nessuno, così sarebbe dovuto semplicemente tornare a casa prima delle dieci, in modo da fingere di aver passato tutta la serata lì. La sua scusa era anche abbastanza credibile, dato che solitamente il suo sabato sera lo trascorreva leggendo.
Era terribilmente agitato. Non era mai uscito con nessuno, non aveva mai dato un bacio, non si era mai innamorato... gli mancavano tante prime volte.
In più, il primo ragazzo con cui andava fuori era Magnus Bane, a quanto diceva sua sorella, il peggiore in circolazione.
Alec fece un profondo respiro quando vide una motocicletta avvicinarsi al suo portico.
Per quanto non gli piacesse, doveva ammettere che Magnus aveva stile. Era incredibilmente bello tutto vestito di pelle nera, con solo la maglietta rosso sangue a dare colore. I capelli erano acconciati in una bassa cresta con un po’ di brillantini, e nella riga inferiore dell’occhio c’era della matita nera. Alec si sentì improvvisamente a disagio nei suoi semplici jeans e maglietta blu.
Magnus scese dalla moto, andandogli incontro con il suo solito sorriso. «Buonasera, Alexander» gli soffiò nell’orecchio, accarezzandogli la curva del mento.
Alec rabbrividì sotto il suo tocco, ringraziando il cielo che i suoi fratelli fossero entrambi fuori. «Ciao» balbettò.
Magnus si appoggiò con grazia alla moto, fermandosi per osservare Alec, che arrossì immediatamente.
«Il blu ti fa risaltare gli occhi» osservò diplomaticamente. «Prova una sciarpa.»
Alec annuì, dondolandosi sui talloni. La serata iniziava bene.
Dopo qualche secondo, Magnus rise. Lo stava prendendo in giro?
«Allora, Lightwood, vieni?» gli chiese, indicando il veicolo alle sue spalle con il mento.
«Certo» rispose Alec, facendo appello a tutto il suo autocontrollo. Salì sulla moto dietro Magnus, non sapendo cosa fare.
Senza voltarsi, Magnus disse: «Faresti meglio a tenerti, piccolo, vado piuttosto veloce.»
Lentamente, quindi, le sue braccia si strinsero attorno alla vita dell’altro, mentre i loro corpi erano sempre più vicini.
Magnus partì, fendendo l’aria – effettivamente correva molto.
Alec si schiarì la voce, per farsi sentire sopra il frastuono della strada. «Dov’è che stiamo andando, esattamente?»
«È una sorpresa! Vedrai, ci divertiremo.»
Eppure, il tono con cui l’aveva detto non fece intuire ad Alec nulla di buono.
 
 
***
 
 
Magnus lasciò la moto in un ampio parcheggio, pieno di veicoli simili e grandi macchine. Davanti a loro c’era un locale piuttosto ampio, con grandi scritte luminose in alto, che recitavano Under.
Era chiaramente un locale, o quanto meno una discoteca.
Una discoteca gay, suggerì una vocina nella sua testa.
«Oh mio Dio…» sussurrò Alec, pensando seriamente di tornare indietro.
Magnus lo prese per mano, trascinandolo fino all’ingresso, dove presentò due documenti falsi per entrare – quell’uscita andava contro tutti i suoi principi morali!
«Magnus…» iniziò.
«Tranquillo, piccolo.» disse il ragazzo, facendo sedere Alec su uno sgabello davanti al bancone. «Due specialità della casa» ordinò poi al barista.
Alec intanto si guardò intorno: il locale era pieno di ragazzi – alcuni dei quali anche mezzi nudi – che ballavano in pista, bevevano, o si davano da fare sui divani posti sui lati.
Quando l’uomo gli mise davanti il bicchiere, riservandogli anche un occhiolino che lo fece rabbrividire, Alec mandò giù un sorso. Non voleva ubriacarsi, ma credeva sinceramente che senza un drink non sarebbe sopravvissuto a quella serata.
Magnus intanto continuava a scambiarsi occhiate con un ragazzo dai capelli ricci castani e gli occhi nocciola.
Alec tossì. «Sembra che io possa andare…»
Magnus concentrò immediatamente la sua attenzione su di lui, girando lo sgabello in modo da stargli faccia a faccia.
Si chinò verso di lui, sorridendo. «È gelosia quella che sento, piccolo?»
«Certo che no, ti conosco appena…» ribatté lui arrossendo.
«Non preoccuparti, lo trovo alquanto eccitante»
Magnus scolò il suo secondo bicchiere, obbligando Alec a fare lo stesso. Poi lo condusse in pista, cominciando a ondeggiare sensualmente intorno a lui. Alec iniziò a barcollare, dato che non era abituato all’alcol.
Magnus ne approfittò per spingerlo sul divano alle sue spalle. Si sedette a cavalcioni su di lui, cominciando a baciargli il collo. «Te l’avevo detto che ci saremmo divertiti…»
Alec soffocò un gemito. Avrebbe voluto alzarsi ed andarsene, ma l’alcol e la lingua di Magnus glielo impedirono.
Il ragazzo continuò a scendere, fino allo scollo della maglietta. Quando però Magnus cominciò ad infilare le mani sotto i suoi indumenti, Alec spalancò gli occhi, rosso come un pomodoro.
Scostò Magnus – e nemmeno tanto gentilmente – e corse via dal locale.
Una volta fuori, sbollentò un po’ grazie all’aria fredda. Si prese la testa tra le mani.
Cosa ho fatto?
Cosa sto facendo?
Magnus lo raggiunse poco dopo. «Piccolo, stai bene?»
«Voglio andare a casa.»
«Ma andava tutto bene…» sussurrò Magnus, avvicinandosi di nuovo.
«Ti prego.» disse Alec, fissandolo con i grandi occhi azzurri. «Lasciami andare.»
Magnus dovette restare davvero colpito dal suo stato, perché gli fece un cenno col capo, e Alec corse via.
Si girò indietro una volta, sola, giusto per vedere Magnus rientrare, mentre il ragazzo castano di prima lo aspettava.
Alec si disse che sarebbe andato avanti, fingendo che quella serata non fosse mai esistita, ma continuava a vedere la bocca di Magnus sul suo collo.
Distaccato. Sii distaccato, continuò a ripetersi.
Sfortunatamente però, continuò anche a pensare a Magnus.
 
 
***
 

Erano quasi le dieci quando Alec rientrò, sperando che i suoi fratelli fossero ancora fuori. 
Purtroppo per lui, li trovò entrambi in salone, occupati a vedere un programma su Mtv.
Provò a filarsela in camera sua senza farsi sentire, ma non fu abbastanza svelto.
«Alec!» lo salutò allegra Izzy. «Ti siedi con noi?»
«In realtà sono molto stanco, se non vi dispiace…» fece per andarsene, ma quando passò davanti ai due Jace lo fissò.
«Hai qualcosa sul collo» osservò.
La mano di Alec guizzò immediatamente al collo. Stupido. «Cosa?»
«Sembra il segno di un morso» continuò Jace, mentre Isabelle si accigliava. «Cosa hai fatto fuori?»
«Niente, avevo solo bisogno di aria fresca.» concluse Alec, ancora rosso come un peperone, avviandosi in corridoio.
«E sei stato morso da un vampiro?» chiese il fratello, sorridendo.
«Sono caduto»
«Sul collo?»
Fortunatamente Alec aveva già lasciato la stanza.
Izzy però lo seguì fin dentro la sua camera.
«Jace sarà anche un cretino – o semplicemente non gli importa perché è troppo impegnato a messaggiare con Clary, ma io non la bevo.» sussurrò lei, con le mani sui fianchi.
Alec si passò una mano sulla fronte, sedendosi sulla sedia davanti alla scrivania. Non aveva intenzione di parlare di quello che era successo con nessuno.
Ma Isabelle non era stupida. «Sei uscito con Magnus Bane, non è vero?»
«No.»
«L’hai fatto! Oh mio Dio, Alec, con tanti bei ragazzi proprio lui?»
«Ti ho detto di no!»
La sorella piego la testa di lato – cosa che gli ricordò incredibilmente Magnus – e lo guardò sbattendo le palpebre, scettica. «E io non ti credo.»
«Izzy!»
«Izzy niente. Quando vorrai parlare, sono qui.»
Alec sospirò, gettando la testa all’indietro, come per manifestare che era stanco di quella discussione.
Isabelle se ne andò, ma prima di uscire si girò verso di lui per mimargli un ti tengo d’occhio con gli occhi socchiusi.
 
***
 

Il lunedì iniziò in modo del tutto normale.
Sveglia alle sette, colazione con i fratelli, accompagnare Max, andare a scuola e seguire le lezioni.
Andò tutto bene fino all’ultima ora; quando stava per andarsene, però, incrociò Magnus in corridoio – e pensò che non fosse un semplice caso.
«Ti sei ripreso da sabato?» chiese lui, beffardo, appoggiandosi al muro accanto a lui.
Alec arrossì lievemente. «Sto benissimo, grazie»
Chiuse l’anta dell’armadietto, credendo di aver messo fine alla conversazione.
«Allora possiamo riprovarci» gli sussurrò Magnus nell’orecchio, e Alec riuscì ad avvertire il sorriso che gli increspava le labbra.
«Magnus, non saprei…»
«Dai, piccolo» soffiò, facendo rabbrividire Alec.
Decise che avrebbe rifiutato, decisamente, ma le parole che disse furono leggermente diverse. «Ti farò sapere.»
«Uh, facciamo i misteriosi» Magnus si era allontanato, e ora si apprestava ad uscire. «Mi piace»
Alec cercò di ignorare tutte le sensazioni che gli provocava Magnus, anche se diventava alquanto difficile.
«Dovresti mettere davvero una sciarpa» rise Magnus. «Ti ho lasciato dei segni abbastanza visibili.»
«Ora devo andare.» concluse Alec, rosso in volto. «Ci vediamo, Magnus.»
«Lo spero proprio, Alexander» rispose lui, dandogli una pacca sul sedere prima di andare via.
Okay, adesso era sicuramente bordeaux. Magnus era un incubo.
Un incubo vestito da sogno.






 

Come promesso, sono riusciuta ad aggiornare oggi - mi stupisco di me stessa!
In ogni caso, spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto e che sia riuscita a mantenere Magnus almeno un po' IC, qui che c'è stato di più. Da questo punto ovviamente apparirà sempre più spesso, e in futuro ci saranno anche suoi pov.
La parte del morso sul collo è una chiara citazione di Città di Cenere, ma quella scena mi sembrava troppo azzeccata e ho voluto metterla.
Ora mi prendo un momento per ringraziarvi tutti per il sostegno. Non pensavo che qualcuno avrebbe messo le storie tra le ricordate/preferite/seguite, invece siete anche un bel po'! Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate, anche perché le recensioni sono il miglior modo per migliorare. (Ugh, che brutta ripetizione)
A questo proposito mando un bacio e un biscotto a stella13, Trislot, Baranjok, kalisi81_, MalecForever, Life before his eyes, Cannellina, effie_394 e Newtmas che hanno recensito lo scorso capitolo  
Infine, vi ricordo che potete trovarmi qui nella mia pagina autore per spoiler e aggiornamenti.
A lunedì prossimo!





 

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Capitolo 4
*** A rainstorm and an house of cards ***




 




«Allora, hai pensato alla mia proposta?»
Alec sospirò. Era il terzo giorno che Magnus lo aspettava all’intervallo – si chiedeva dove avesse preso il suo orario.
Certo che ci aveva pensato. Non faceva altro da quando glielo aveva chiesto.
Magnus voleva uscire di nuovo con lui, e gli aveva promesso che non l’avrebbe più portato all’Under, nonostante avesse aggiunto che comunque sarebbe stato romantico perché era il luogo del loro primo appuntamento. Sempre che quello si potesse definire un appuntamento.
«Magnus, devi smetterla di seguirmi» mormorò Alec, sentendosi tutti gli occhi degli altri addosso.
«Non hai risposto alla mia domanda.» lo rimproverò lui, puntandogli un dito contro.
Alec alzò gli occhi al cielo. Non era male passare del tempo con Magnus, doveva ammetterlo, nonostante i suoi modi da diva e le frasi maliziose, ma non era sicuro di potersi fidare. In più, Isabelle gli stava praticamente col fiato sul collo dalla settimana precedente.
Il dito di Magnus si spostò sul suo petto, risalendo fino alla spalla. «Dai, Alexander»
«Quando vuoi qualcosa non ti arrendi, eh?» chiese Alec, nascondendo il rossore e chiudendo l’armadietto. «Guarda l’ora, devo andare a lezione. Mi fai sempre perdere l’intervallo.»
«Ma dai, io lo rendo interessante, ti distinguo da tanti altri studenti tutti uguali.»
«Oh, come sono fortunato» ribatté lui sarcastico.
Magnus sorrise. «Mi piace parlare con te.»
«Noi non parliamo» lo apostrofò Alec. «Tu mi tormenti e io cerco di evitarti»
Si scambiarono uno sguardo e poi scoppiarono a ridere insieme.
«Ci vediamo a mensa, okay?» chiese Magnus, quando suonò la campanella.
«Non ti prometto nulla.»
«Tanto non puoi resistermi, Lightwood!» gli urlò dietro, mentre Alec si allontanava verso l’aula di storia.
 
***
 
 
«Un panino, grazie» disse Alec alla signora della mensa, allungandole il vassoio.
«Uno anche per me» chiese una voce femminile.
Isabelle era in piedi accanto a lui. Non l’aveva vista prima e, da come la guardavano tutti gli altri ragazzi della fila, Alec immaginò che avesse usato il suo fascino per passare. In particolare, notò che un ragazzo con i capelli ricci e gli occhiali non le staccava gli occhi di dosso.
Adesso che ci pensava, lo conosceva: era Simon Lewis, l’amico nerd di Clary.
Alec l’avrebbe volentieri incenerito con lo sguardo – così come avrebbe fatto con tutti quelli che puntavano la sua sorellina – ma Isabelle cominciò a parlare.
«Ti ho visto con Magnus Bane, oggi.»
«E allora?»
«E allora, voglio sapere che stai combinando con quello lì. Vi ho visti…ridere.»
Alec alzò le spalle. «Siamo compagni a chimica. Tutto qui. E poi…lui non è così male come fai sembrare-»
«Oh mio Dio, ti piace!»
Le sue guance si colorarono immediatamente di rosso. «Izzy! Smettila.»
«Almeno ti è passata quella cosa per Jace.» disse lei, abbassando la voce,
Alec dovette appoggiarsi al bancone della mensa per non svenire. «Come?» chiese, con voce strozzata.
«Alec, non fare il finto tonto. Speravo che me l’avresti detto tu, ma…»
«Cosa avrei potuto dirti, Isabelle? Sei l’unica che sa della mia omos- di me. Sai che mamma e papà non lo accetterebbero mai, e Jace… non lo so.»
Izzy gli poggiò una mano sulla spalla. «Senti, Alec, a me quel Magnus non piace. Non me la conta giusta. Ma se vuoi provarci...»
«Stiamo bloccando la fila» borbottò Alec, scostandosi. «E comunque, oggi dovevamo pranzare insieme, ma non mi piace farmi vedere troppo con lui. Non voglio che la gente inizi a parlare.»
Isabelle scosse la testa. «Comincia a pensare più a te stesso.»
«È quello che sto cercando di fare. Secondo te dovrei uscire con lui?» chiese Alec, mentre arrossiva leggermente. Di solito non parlava di queste cose, però forse gli avrebbe fatto bene confidarsi con Izzy.
«Non lo so, Alec. Ma so una cosa: i cuori si spezzano. E non tornano mai come prima.»
 
***
 
Alec uscì dall’istituto, quel giorno un’ora e mezza dopo del solito per via delle lezioni di pianoforte.
«Ti sembra il caso di farmi aspettare così tanto?» si sentì dire da dietro, mentre passava per il campo sportivo.
«Magnus, sei preoccupante
Cercò di sembrare scocciato, ma in realtà sorrideva. Nessuno si era mai interessato tanto a lui: di solito tutti gli sguardi erano riservati ai suoi fratelli.
«L’hai detto tu, io non mi arrendo.»
Alec si girò verso di lui. Magnus indossava come sempre la sua giacca di pelle nera, su dei jeans scuri e una camicia nera. Gli occhi risaltavano grazie alla matita nera che li contornava.
«E avevo ragione, vedo»
Magnus si appoggiò al muro, con le braccia incrociate sul petto. «Non può piacerti tuo fratello.»
Alec provò a parlare, ignorando il rossore alle guance e le ginocchia che tremavano, ma Magnus lo zittì.
«Oggi, a mensa, ti ho visto. Ho visto come lo guardavi.»
Le labbra di Magnus ora erano chiuse in una linea sottile, e non erano più incurvate nel suo tipico sorriso.
«È- è complicato» boccheggiò.
«Adoro il complicato.» fu la laconica risposta di Magnus.
«Non so cosa provo per lui, okay? Non sono mai stato innamorato di nessuno, non so nemmeno come ci si sente. Però ho sempre avuto questa sorta di cotta nei suoi confronti e- oh Dio, non so nemmeno perché lo sto dicendo a te.»
«Perché sai che non ti giudicherò.» Magnus finalmente tornò a sorridere, e Alec si sentì un po’ meglio. «Senti, Alec, forse dovresti cominciare a guardarti intorno. Ci sono tanti ragazzi… ragazzi che potrebbero ricambiare i tuoi sentimenti.»
Lui annuì, mentre sentiva gli occhi pizzicargli.
«Adesso non diventiamo troppo sentimentali, però» si riscosse Magnus. «C’è altro che preferisco al parlare.»
«Davvero? Non si direbbe» ribatté Alec, beffardo.
«Mi stai prendendo in giro, piccolo?»
Magnus lo afferrò per il colletto della giacca, portandolo tanto vicino che i loro nasi si sfioravano.
Ma non lo baciò.
Ribaltò le loro posizioni, spingendolo con le spalle contro il muro: ora Alec era schiacciato tra la pietra e il corpo di Magnus – era decisamente eccitante.
Magnus infilò le mani sotto la stoffa della sua maglietta. Le sue dita erano gelide per il freddo, mentre la pelle di Alec era bollente.
Mentre la bocca del più grande si poggiava alla base del collo, le sue mani raggiungevano i capezzoli.
Alec afferrò Magnus per i fianchi, travolto improvvisamente da una sensazione che non aveva mai sentito prima.
I loro bacini si scontrarono, mentre si strusciavano l’uno sull’altro.
«Alexander» mormorò Magnus nel suo orecchio, con voce rauca, mentre lui gemeva.
Proprio allora il suo telefono squillò, risvegliandolo dallo stato in cui era caduto da quando Magnus si era avvicinato.
Alec si allontanò, sventolandosi con la mano per cercare di raffreddarsi.
«Pronto?»
«Alec? Dove sei?»
«Sono a scuola» disse, cercando di mantenere un contegno.
«Hai l’affanno. Cosa stavi facendo?»
«Nulla, nulla di nulla. La lezione è durata di più, così sono corso fuori per tornare a casa.»
Isabelle sembrò pensierosa dall’altro capo del telefono, dal silenzio che seguì. «Uhm. Ti aspettiamo a casa, abbiamo preso qualcosa da mangiare tornando.»
«D’accordo, a tra poco.»
Chiuse la chiamata, e osservò Magnus che si sistemava i capelli sbuffando. «Ci hanno interrotti sul più bello.» si lamentò.
«Io non avrei dovuto farlo…» mormorò Alec.
«Tu vuoi farlo»
«Hai sentito, devo andare» cambiò argomento, ancora rosso in viso.
«A venerdì, allora.»
«Come?»
«Venerdì, quando usciremo insieme.»
«Non ti ho mai detto sì» obbiettò Alec, prendendo la sua roba.
«Vorresti dirmi che non ti interesso? No, perché non ci crederei.» disse Magnus, con un sopracciglio sollevato, sbattendo le palpebre.
«A venerdì» borbottò Alec e, nonostante corse via subito dopo, fu sicuro di sentire Magnus ridere.
 
***
 
Mentre tornava a casa non fece altro che pensare a lui.
Magnus era uno di quei tipi dai quali aveva messo in guardia Izzy da sempre; il classico “cattivo ragazzo”.
Uno da cui di solito Alec si sarebbe ritrovato a correre via – o meglio, non si sarebbe mai avvicinato. Eppure, ora che si trattava di Magnus, aveva la sensazione che non sarebbe riuscito ad andare lontano.
Gli sembrava quasi che ci fosse un campo di attrazione intorno a lui, come la forza che esercitano i pianeti sugli altri corpi celesti, al quale non riusciva a sfuggire.
Ogni volta che decideva di andarsene, ricominciava tutto da capo. Inevitabilmente.
Quando Magnus si avvicinava, così tanto da toccarlo, da sentire il suo respiro sulla pelle, il suo cervello dimenticava di ricordargli che era una cattiva idea.
Per lui era davvero strano; era sempre molto riservato, e non si apriva spesso con le persone, ma sembrava che con Magnus non servisse a nulla.
Qualsiasi suo sforzo veniva spazzato via.
E quel giorno Magnus era stato così vicino che Alec aveva temuto che potesse leggere i suoi pensieri.
Che lasciasse perdere tutto, che l’avesse baciato, lì, in quel momento, su quel marciapiede, portando via il dolore.
I suoi occhi verde ambrati lo ipnotizzavano, ed era come se ogni volta che sorrideva volassero scintille – anzi, glitter.
Ed era sempre così.
Gli sarebbe piaciuto odiare tutto questo: come parlava, come lo guardava, come lo toccava, come lo provocava, ma Magnus faceva sembrare tutto terribilmente bello.
Semplicemente, non sapeva resistergli.
Avrebbe ceduto, perché Magnus era una tempesta, e lui un castello di carte.
 
 
Just keep on keeping your eyes on me:
it’s just wrong enough to make it feel right.”


 
 
 
 
 
 
 


Scusatemi per il ritardo, ieri è stata una giornata infernale: non ero a casa e non sono riuscita a prendere i pass del Giffoni per il M&G con Darren Criss. (Piango ancora.)
Anyway, questo capitolo si è scritto da solo, quindi non ne sono sicura al cento per cento, ma spero che vi sia piaciuto. Ogni parere/consiglio è sempre ben accetto!
A questo proposito ci tengo a ringraziare di nuovo tutti quelli che leggono – più di quanti avrei mai immaginato! E in particolare mando un abbraccio a Trislot, kalisi81_, LisaJackson, Newtmas, Genim Hale Stilinski, stella13, nephilim_herondale, Baranjok, Atena95 e Life before his eyes, che hanno recensito lo scorso capitolo 

Uh, quasi dimenticavo, visto che l’America ha legalizzato i matrimoni tra persone dello stesso sesso in tutti e cinquanta stati?
Infine, vi ricordo che potete trovarmi qui nella mia pagina autore per spoiler e aggiornamenti.
Alla prossima - sperando di essere puntuale,

 

 

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Capitolo 5
*** Friday night ***






Alec aveva appena finito di abbottonarsi la camicia nera, infilata nei jeans.
Aveva pettinato i capelli – evento piuttosto raro, a quanto diceva Isabelle – e adesso si guardava allo specchio.
Certo, non era bello come i fratelli, o come Magnus, ma non era malaccio.
«Jace se n’è andato!» gli urlò Izzy dal piano di sotto. Alec fece un bel respiro e scese.
«Wow. Che bel lavoro che ho fatto.» applaudì la ragazza, entusiasta.
Nonostante tutti gli sforzi di Alec per tenere segreta l’uscita con Magnus, sembrava che Isabelle avesse occhi e orecchie dovunque.
All’inizio aveva manifestato ampiamente la sua disapprovazione, ma poi era scattato qualcosa nei suoi occhi, quando aveva visto Alec ridere ad uno dei messaggi di Magnus. Allora aveva deciso di coprirgli le spalle.
Quella sera – erano quasi le nove – lei aveva finto di non sentirsi bene, in modo da evitare di andare al Pandemonium, la loro discoteca preferita, con Jace, Clary e Simon. In questo modo, sarebbe rimasta a casa con Max e lui sarebbe uscito.
«Non male Izzy, devo ammetterlo.»
«Non male?! È un capolavoro, Alec. Vedrai, Magnus saprà apprezzarlo sicuramente più di te.»
Alec alzò gli occhi al cielo. «Se lo dici tu»
Mentre aspettavano Magnus, Max arrivò dalla sua camera, probabilmente disturbato dal baccano che proveniva dal salone.
«Dove vai, Alec?» gli chiese.
Di solito era sempre Alec a restare con lui il sabato sera, e vedevano film di fantascienza o leggevano.
«Esco» rispose il più grande, evasivo.
«Va a studiare a casa di Magnus» intervenne Isabelle, mentre Alec la fulminava con lo sguardo. Era del parere che fosse meglio divulgare meno informazioni possibili.
Max rimase fermo dov’era, scrutandoli dietro i grossi occhiali. «E chi è Magnus?» Era sempre stato un bambino curioso.
«Un…ragazzo» disse Alec, arrossendo.
«Un ragazzo molto cattivo.» aggiunse Isabelle, con una punta di malizia, sghignazzando.
A quel punto, rosso come un peperone, il ragazzo si fiondò fuori. «A più tardi!»
La risata di Isabelle fu così forte da sentirla fin fuori la porta.
 
* * *
 
Magnus arrivò poco dopo, con qualche minuto di ritardo. Sembrò sorpreso quando lo vide sul patio ad aspettarlo.
«Eri impaziente di vedermi?» chiese, scendendo dalla solita moto.
Alec provò a rispondergli ma venne zittito dalla mano di Magnus sul suo sedere.
«Mi piacciono questi pantaloni» affermò, sempre con tono diplomatico.
Un grazie fuoriuscì strozzato dalla gola di Alec.
«Dove andiamo stavolta?  Un altro locale pieno di pervertiti?»
Magnus rise. «Ehi, io adoro quel posto.»
«Infatti sei un pervertito anche tu»
«Nessuno me l’aveva mai detto» ribatté, invitandolo a seguirlo sui veicolo.
«Stento a crederci»
«Sei perspicace, piccolo.» 
E rieccoci col piccolo. Alec avvampò.
«Comunque, pensavo di portarti da Taki’s. È un normale ristorante non tanto distante da qui, e da quel che mi ricordo non ci sono così tanti pervertiti.»
«Meglio così»
Alec allacciò le mani alla vita di Magnus, mentre lui partiva.
Accelerò sempre di più, e lui doveva tenersi abbastanza stretto. Magnus gli spinse le mani più in basso, ridacchiando.
«La prossima volta andiamo a piedi.» concluse Alec, togliendo le mani.
 
* * *
 
 
Taki’s era un locale piuttosto piccolo. Magnus lasciò la moto su un marciapiede e proseguirono a piedi nella stradina dove il ristorante si affacciava.
L’interno era arredato con tavolini, divanetti e sgabelli. Alle pareti c’erano dei quadri dei luoghi più caratteristici della città.
Magnus scelse un posto in fondo alla sala, nel punto più nascosto, e Alec non poté che esserne contento. Si sedettero, uno di fronte all’altro, in attesa di ordinare.
Sul menù c’erano piatti di vario genere, dal dolce al salato, da portate per la colazione a quelle per la cena.
«Cosa mi consigli?» domandò Alec.
Magnus lo guardò da dietro il menù, che gli copriva metà della faccia, lasciando visibile solo dagli occhi in su. Aveva degli occhi davvero belli.
«A giudicare dal tuo sguardo, direi me.»
Alec arrossì e tornò a guardare il fascicolo tra le sue mani. «Prenderò il pollo.»
Dopo aver ordinato – Magnus aveva scelto della carne rossa – Alec sentì un trillo provenire dalla sua tasca.
Si scusò con un cenno del capo e prese il cellulare.
 
21.30, Isabelle: Come va la serata?
21.31, Alec: Abbiamo appena ordinato, ci sentiamo dopo
 
Alec ripose il telefono.
Un altro trillo.
«Si può sapere chi ti contatta mentre sei a cena con me?» sbottò Magnus.
Lui non poté trattenersi dal ridere. A quanto diceva Isabelle era uno a cui importava solo andare a letto con più ragazzi – e ragazze – possibile, quindi non pensava che potesse essere geloso, se davvero non metteva in ballo i sentimenti.
«Cosa ridi?»
«Nulla, nulla. Non sono abituato alla gelosia» buttò lì Alec.
Magnus sembrò per un attimo spiazzato, poi si riprese immediatamente. «So essere molto possessivo, con ciò che voglio, Alexander. Mi auguro lo imparerai presto»
Alec tornò rosso, per il tono roco con cui Magnus aveva pronunciato quella frase. Era tra l’inquietante e il provocante.
Il suo telefono squillò di nuovo.
Magnus lo guardò con la testa inclinata, sollevando un sopracciglio. «Allora?»
«È mia sorella» ammise Alec, dicendo addio al divertimento.
«Isabelle Lightwood. Giusto, come ho fatto a non collegare prima?»
«La conosci?»
«Credi che io sia l’unico su cui girano delle voci?» sorrise serafico Magnus. «Ho sentito parlare di lei. La rubacuori.»
Alec si era sempre ritenuto superiore ai pettegolezzi, ma se si trattava di sua sorella… «La chiamano così?»
Magnus intrecciò le dita e ci appoggiò il mento. «Tua sorella è di certo bellissima. E ha molti, molti corteggiatori. Anche se non si impegna mai con nessuno. Ma di questo dovresti parlarne con lei, no?»
«Sì…hai ragione.»
Alec mise il silenzioso al telefono, gli andava di parlare d’altro.
«Allora… questo è il tuo ultimo anno, ed è quasi finito. Cosa farai dopo?»
Magnus sembrò apprezzare la domanda – dopotutto, gli piaceva parlare di sé. «Ad essere sincero, piccolo, non saprei. Mi piacerebbe aprire un locale tutto mio.»
«Sarebbe un bel po’ di lavoro»
«Già, ma almeno sarebbe un lavoro che mi piacerebbe fare. E tu?»
«Entrerò nell’azienda di famiglia. I miei sono commercialisti.»
«Anche questo non è facile, e non credo ti piacerebbe.»
«Effettivamente… ma non so cos’altro potrei fare. Non sono particolarmente bello, o particolarmente bravo in qualcosa.»
«Potresti fare sport. Scommetto che hai una buona resistenza, magari potrei allenarti io.»
Magnus non nascose la malizia nella sua voce.
Poi gli prese le mani.
Alec rimase immobile, mentre l’altro gliele girava tra le sue, osservandole.
«Sono delle belle mani. Scommetto che suoni bene il piano»
«Me la cavo»
«Sarebbe un onore avere te che suoni, nel mio locale»
Alec rise. «Vedremo»
Un cameriere con i capelli rossi gli portò i piatti, soffermandosi più a lungo del dovuto a guardare Magnus, cercando di comunicare in qualche modo con lui.
Alec fece cadere la sua forchetta. «Ops. Potrebbe portarmene un’altra?»
Il ragazzo lo incenerì con gli occhi verdi, prima di allontanarsi.
Lui sorrise soddisfatto, non senza sorprendersi della sua reazione. Di solito non era geloso, anche perché era abituato a non essere importante per nessuno.
Sentì lo sguardo di Magnus e alzò gli occhi su di lui.
Magnus aveva il suo stesso sorriso. «Amo quando sei geloso» sussurrò, allungando una gamba verso la sua, iniziando ad intrecciarle.
Quella serata si stava rivelando più interessante del previsto, e Alec doveva ammettere che era sempre più curioso di andare fino in fondo.
 
* * *
 
«Mi sono divertito stasera» disse Alec, una volta tornati a casa sua.
«Sì? Ne sono felice» sussurrò Magnus, avvicinandosi. «Forse sarebbe il momento di passare alla fase due…»
Le sue mani si artigliarono sul colletto della camicia di Alec, e cominciò a sbottonargli i primi bottoni.
«Ci sono i miei fratelli dentro…»
Magnus si guardò intorno, stringendo gli occhi, e squadrò il territorio circostante.
Poi afferrò il polso di Alec e lo trascinò verso il garage, sul retro della casa.
«Davvero?»
In risposta, Magnus sorrise, ridacchiando degli occhi sbarrati e della guance rosse del ragazzo.
«Tu pensi troppo»
Entrarono nello spazio buio, chiudendosi il portellone di metallo alle spalle.
Alec sapeva che la cosa giusta era tornare dentro, ma ogni fibra del suo corpo gli urlava il contrario. Quindi provò semplicemente a lasciarsi coinvolgere da quelle sensazioni, e lasciarsi finalmente andare.
Dopotutto, con Magnus non era così male.
Venne spinto contro il muro, e nell'oscurità riusciva solo a vedere gli occhi di Magnus, brillanti e accesi dal desiderio, avvertendo il suo respiro.
Magnus gli prese il volto tra le mani, cominciando a mordere dal lobo delle orecchie al collo. Scese piano più giù, sbottonando la camicia, fino a tirarla poi fuori dai pantaloni.
Si soffermò con la lingua sui capezzoli e sull’ombelico.
Alec fremeva, si sentiva bollente sotto le dita e la bocca dell’altro.
Magnus gli slacciò i pantaloni, lì abbasso, e fece la stessa cosa con i boxer.
Ora Alec era nudo davanti al suo sguardo, e la sua faccia era interamente rossa. Deglutì, ed era sicuro che Magnus si fosse accorto del suo imbarazzo. Infatti, il più grande alzò gli occhi su di lui, mentre era inginocchiato, e sorrise.
«Tranquillo, piccolo» sussurrò, vicinissimo al suo basso ventre. «Mi piace quello che vedo»
Il suo imbarazzo non diminuì, ma il pensiero fu spazzato via quando Magnus passò alla fase successiva.
Alec gemette, passando le mani tra i capelli dell’altro, cosa che sembrò piacergli.
Magnus continuò.
Alec gettò la testa all’indietro.
Il suo corpo aveva fatto decisamente la scelta giusta.
 
 
* * *
 
«Okay, Alec, ci vediamo allora» disse Magnus, di nuovo davanti alla sua porta. «Direi che questa serata è andata bene»
«Direi anch’io» ammise con un sorriso.
Si spinse in avanti, come per baciare Magnus – anche se non sapeva da dove cominciare. Ma lui sembrò improvvisamente a disagio, spostandosi leggermente.
La bocca di Alec finì sulla sua guancia, vicino all’orecchio.
«Buonanotte» sussurrò Alec, temendo di aver sbagliato qualcosa.
Magnus gli sfiorò la guancia, e quello lo rassicurò un po’. «Buonanotte, piccolo»

 
 




 



*si nasconde*
Dovete sapere che io sono tremendamente in imbarazzo quando scrivo scene come quella presente in questo capitolo, ed è questo il motivo per cui la storia è arancione e non rossa.
Ma comunque, passando ad altro: sono riuscita ad aggiornare in tempo, e ne sono molto contenta.
Questo capitolo è il più lungo fin'ora, e spero vi sia piaciuto - e che i personaggi non vi siano sembrati troppo OOC- , anche perché da qui gli eventi cominceranno a prendere una piega interessante, ma non vi anticipo nulla.
Mi farebbe molto piacere conoscere il vostro parere, positivo o negativo che sia.
Ringrazio tutte le persone che leggono dal profondo del cuore, perché cavolo, non me l'aspettavo. Ringrazio come sempre kalisi81_, Baranjok, stella13, effie_394, Trislot e Newtmas che si sono fermate a recensire ;w;
A lunedì!


 
 

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Capitolo 6
*** Aprire gli occhi ***






 
Alec guardò Magnus uscire dal bagno, sistemandosi i pantaloni.
Lo raggiunse al tavolo dove l'aveva lasciato, sorridendo come se andasse tutto bene.
Gli prese la mano, e Alec deglutì, sentendo quasi il bisogno di ritrarla.
Provò ad ignorare quella sensazione, ma quella si faceva strada dentro il suo cuore sempre più velocemente.

 
* * *

«Stasera. Taki's. Tu ed io.» disse Magnus seneramente, come se parlasse del meteo, dopo essere sbucato da dietro un armadietto.
«Ehm, non dimentichi nulla?» domandò Alec, guardandolo con le sopracciglia aggrottate.
«Oh, certo, hai ragione. Passo a prenderti alle otto.»
Alec alzò gli occhi al cielo, scuotendo la testa. «Non mi riferivo all'ora, ma al fatto che hai dimenticato di chiedermelo
«Hai intenzione di dirmi di no?» 
Magnus lo guardò con l'aria di chi la sa lunga, alzando le sopracciglia, mentre i suoi occhi felini diventavano più grandi, scrutandolo. 
«Non ho detto questo» ribatté Alec, anche se non gli andava di dargliela vinta. «Dico solo che dovresti avvertirmi quando organizzi un appuntamento.»
Magnus sembrò stranito e infastidito dall'uso della parola "appuntamento", ma si affrettò a nasconderlo.
«Allora vieni a cena con me, e la prossima uscita la organizzerai tu, okay?»
«Affare fatto.» disse Alec, contento di aver raggiunto almeno un compromesso. Era difficile vincere con Magnus: faceva in modo che nessuno potesse fregarlo, e forse dipendeva da quello che era successo con Camille. 
Non voleva che nessuno riuscisse più a ferirlo.
Forse Alec lo guardò con un po' troppa dolcezza, perché Magnus gli rivolse di rimando uno sguardo interrogativo. «Che c'è?»
Alec sorrise. «È che...calibri sempre il peso delle tue parole. Non perché sei schietto - anzi, nascondi anche delle cose a volte - ma capisci il peso della verità. È una cosa meravigliosa e terribile, e va trattata con cautela. E sai persuadere. Nell'antichità saresti stato un ottimo oratore.»
Magnus chinò la testa per manifestare la sua ammirazione. «Non ti facevo così intelligente, piccolo.»
Alec imitò l'espressione misterisa che Magnus faceva spesso. «Ho i miei segreti.»
«E non vedo l'ora di scoprirli tutti.» mormorò Magnus, con una fiamma di desiderio negli occhi. «Intanto, potrei scoprire qualcos altro.» aggiunse, mentre lo spingeva dentro al bagno.
Alec non lo sapeva, ma qualcuno era riuscito a fregare Magnus.
E quel qualcuno era proprio lui.

 
* * *

«Ci vediamo più tardi, allora» disse Magnus, strizzandogli l'occhio, mentre usciva dal bagno.
Alec aveva deciso che sarebbe uscito almeno cinque minuti dopo, in modo da non far capire che erano stati insieme. 
Da quella volta nel garage, l'episodio si era ripetuto diverse volte, ma Magnus non si era ancora fatto baciare.
Alec credeva che forse a lui non piaceva, o semplicemente non voleva baciare lui
Non capiva cosa ci fosse esattamente tra di loro - si frequentavano regolarmente da ormai un mese, e ne mancava meno di un altro alla fine della scuola. Ciò che avrebbero fatto dopo era un mistero.
Si ricordava che Magnus aveva detto di voler aprire un locale, e che lui magari avrebbe potuto suonare, ma non ci sperava troppo. Non era una cosa facile, e ci voleva grande impegno e costanza.
Alec pensò a come sarebbe stato se Magnus non si fosse seduto accanto a lui quel giorno, durante la lezione di chimica.
Sarebbe stato solo, non avrebbe mai avuto alcun tipo di esperienza. In Magnus non aveva trovato solo un amante, ma un amico. Era il primo con cui aveva potuto parlare della sua omosessualità e della cotta per Jace - che, a proposito, fortunatamente ora sembrava solo un lontano ricordo.
Magnus, al contrario, non si era mai aperto con lui, e Alec aveva fatto finta di non conoscere la storia di Camille, anche se le voci giravano tra tutti gli studenti.
Sperava che un giorno Magnus gliene avrebbe parlato di sua spontanea volontà, e soprattutto che quel giorno sarebbe arrivato, con il tempo.
Sapeva che Magnus aveva avuto una vita prima di conoscerlo, aveva amato delle persone, ma questo non voleva dire che non poteva...
No, cosa pensava? Che Magnus lo amasse? No, no. 
Persino lui si era ripromesso di non innamorarsi. Eppure Alec non riusciva a non pensare a Magnus.
Ogni sguardo era per cercarlo, ogni sorriso era perché l'aveva trovato.
Non si permise di pensarci ancora, e uscì dal bagno.
«Pensavo avessi trovato qualcun altro lì dentro» disse Magnus, tirando un plateale sospiro di sollievo quando lo vide uscire. «Non voglio avere concorrenza.»
«Non la avrai, sta' tranquillo» rispose Alec, ridendo.
«Meglio così, piccolo, tu sei mio.» sussurrò nel suo orecchio, marcando l'ultima parola con voce roca. «Ti bacerei qui, davanti a tutti»
Alec arrossì. «In questo caso» disse, allontandosi camminando all'indietro per poter continuare a guardarlo «Scappo in classe.»
Magnus alzò gli occhi al cielo. «Allora vai, ma almeno cammina bene, così almeno posso godermi la visuale del tuo culo in questi jeans.»
Alec sgranò gli occhi, e si affrettò a raggiungere l'aula il più velocemente possibile.

 
* * *

Magnus spinse il piatto con la torta al centro del tavolo.
Erano da Taki's da un bel po', e la cena era quasi finita.
Ad Alec sembrava che il tempo fosse volato. Nonostante l'imbarazzo e il fatto che tendeva sempre ad arrossire, parlare con Magnus era più semplice che parlare con chiunque altro. 
«Dividiamo» disse Magnus, porgendogli una forchetta.
Poco dopo, Alec notò che Magnus mangiava la torta in modo davvero poco convenzionale. 
Leccò la forchetta, e si passò la lingua sulla labbra sporche di panna. Il cameriere rosso della volta precendente non smetteva di fissarlo, con gli occhi verdi accesi. 
Alec cercò di non farci caso e pensare ad altro, ma non ci riusciva.
Allungò una mano sotto il tavolo, per toccare la gamba di Magnus.
Quello richiamò immediatamente la sua attenzione. «Piccolo, mi sorprendi» disse, dato che di solito Alec 
era sempre molto timido.
«Te l'ho detto, ho i miei segreti» sussurrò Alec, mentre la sua mano scendeva verso l'interno.
Lanciò uno sguardo quasi di sfida al cameriere, che tornò al suo lavoro. 
Alec fece un sorriso soddisfatto.
Scoccò un bacio sulla guancia a Magnus. «Penso sia ora di andare.»
Lui annuì. «Tu finisci la torta, io vado un secondo in bagno.»
Alec rimase un po' deluso, ma non disse nulla. 
Restò lì, solo con i suoi pensieri e i suoi dubbi, mentre i minuti passavano.
Cercò con lo sguardo un cameriere per cominciare a chiedere il conto, ma il ragazzo con i capelli rossi era sparito.
"Sarà solo una coincidenza" pensò. "Nulla di cui preoccuparsi."
Dopo qualche altro minuto, il giovane uscì dal bagno, passandosi una mano sulle labbra, per poi pulirsi con un tovagliolo.
"Non pensare male." si disse, anche se si convinceva sempre di più di quello che era successo.
Alec guardò Magnus uscire dal bagno, sistemandosi i pantaloni.
Lo raggiunse al tavolo dove l'aveva lasciato, sorridendo come se andasse tutto bene.
Gli prese la mano, e Alec deglutì, sentendo quasi il bisogno di ritrarla.
Provò ad ignorare la sensazione, ma quella si faceva strada dentro il suo cuore sempre più velocemente.
Il fatto che il rosso non smetteva di lanciare occhiate a Magnus non lo aiutava per niente. Portò loro il conto, e ad Alec sembrò di scorgere dei numeri sulla carta, mentre Magnus la prendeva.
Quel ragazzo era davvero senza vergogna.
Ormai, Alec pensava che la situazione non poteva essere più chiara. 
G
uardò l'orologio, fingendo improvvisamente di avere fretta. «Questa è la mia metà del conto. Devo proprio scappare.»
«Aspetta» lo fermò Magnus, con voce ammaliante. «Possiamo andare a casa tua insieme
«Prima devo passare a fare una cosa, ti annoieresti.» Finse un sorriso, per provare ad essere più convincente. «Ci vediamo domani»
Magnus sembrò confuso, ma come sempre nascose ogni sentimento. «Buonanotte, piccolo»
Alec uscì, lasciando che l'aria notturna lo avvolgesse. 
Come aveva potuto pensare che Magnus sarebbe cambiato? Isabelle l'aveva avvertito, ma lui era stato testardo. E ora ne pagava le conseguenze.
Aveva cercato di non provare niente, di essere superficiale, ma si era catastroficamente innamorato di Magnus.
Isabelle aveva ragione. Era stato solo uno tra i tanti, e probabilmente Magnus si era stufato di lui. 
Ma ora sarebbe dovuto andare avanti, da solo.

 
* * *

«Ormai esci tutte le sere» si lamentò Isabelle, quando Alec tornò a casa. «Oggi ho dovuto chiedere a Simon di venire qui invece che andare fuori, in modo da poter guardare Max. Dobbiamo ristabilire dei turni» 
«Non mi sembra che gli dispiaccia» rise Alec, guardando dalla soglia della porta Simon e Max sul divano a giocare a Dungeons&Dragons. 
«Non è divertente.»
Alec alzò le mani in segno di resa. «Sta' tranquilla, penso che tornerà tutto alla normalità.»
«Cosa intendi?»
«Solo che tornerò ad occuparmi io di Max.»
Isabelle lo guardò con gli occhi tristi, ma lui le sorrise, provando a rassicurarla. «Sono le undici, magari tu e Simon riuscite a fare un salto al Pandemonium, io metto Max a letto.»
La sorella annuì, e lo abbracciò. «Alec, cosa è successo?»
Lui si stava già avviando a chiamare Max, e rispose il più semplicemente possibile. «Ho aperto gli occhi.»









 

Note dell'autrice:
*sparge biscotti*
Mi dispiace davvero tanto del ritardo, ma come ho scritto anche sulla mia pagina autrice facebook, mi si è rotto il computer e l'ho riavuto solo ieri, quindi ho avuto giusto il tempo di rivedere e finire il capitolo e l'ho pubblicato. In più, non connetto ancora tantissimo dopo essere tornata dal Giffoni e aver visto Darren Criss, l'amore.
Ad essere sincera, non mi convince nemmeno molto, ma non potevo più farvi aspettare, e soprattutto era il momento che arrivasse questa svolta.
Alec ha capito che Magnus non è cambiato, ed è deciso a fare quello che avrebbe dovuto fare sin dall'inizio: respingerlo. Ma sappiamo che Magnus non si arrende facilmente.
Il prossimo capitolo sarà molto importante, e cercherò di scriverlo il prima possibile.
Mi farebbe molto piacere se mi lasciaste un parere, i consigli sono sempre molto graditi 

Grazie a tutti coloro che leggono e recensiscono, vi adoro ;w;
Infine, vi ricordo che potete trovarmi qui nella mia pagina autore per spoiler e aggiornamenti.
Alla prossima, 


 
 

 

 

 

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Capitolo 7
*** La cerimonia del diploma ***








 
 

Alec aveva evitato Magnus per tutta la settimana.
Restava in classe durante l'intervallo, e dopo le lezioni correva a casa.
Isabelle aveva anche provato a chiedergli spiegazioni su cosa avesse, ma lui aveva sviato l'argomento. Non voleva parlarne, dato che non gli andava di sentirsi dire “te l'avevo detto” per il resto della sua vita.
Preferiva continuare così, tanto Magnus si sarebbe annoiato di cercarlo molto presto – dopotutto c'era sempre il cameriere rosso – e tutti avrebbero dimenticato quella storia.
Anche lui.
...No?
Magnus era stato molto per lui, e si era quasi innamorato di quel ragazzo dal quale avrebbe dovuto stare alla larga.
Tu non sei nulla per lui” si ripeteva, ma non riusciva a convincersi che quella frase fosse la verità. Ogni volta rivedeva nella sua mente come Magnus lo
guardava, gli parlava, lo toccava.

E Alec lo odiava, lo odiava. Ma sapeva benissimo che l'opposto dell'amore non è l'odio, ma l'indifferenza.
Quindi, se lo odiava, voleva dire che ci teneva ancora.
Ci teneva troppo.
Si ripeteva di lasciar andare tutto.
Tanto siete stati 'insieme' solo un mese, sai quanti ragazzi si è fatto in un mese?” gli diceva una parte di lui, ed era sempre una pugnalata.
E poi 'cera un'altra parte di lui, quella irrazionale, che cercava sempre di reprimere, che invece gli diceva di lottare.
Lottare per Magnus. Cambiarlo.
Sarebbe stato come domare un leone feroce.
Ne valeva la pena?
Alec non era sicuro della risposta, ma era sicuro del fatto che non gli andava di farsi spezzare il cuore da Magnus.
Il suo telefono vibrò, nel bel mezzo di questi pensieri. Alec sbuffò: sapeva chi lo stava contattando.
Magnus gli aveva mandato parecchi messaggi, ma lui non gli aveva mai risposto.

(11.06 pm)
È esattamente una settimana che mi ignori.


Alec vide che Magnus stava ancora digitando, ma non gli importava. Non era dell'umore per leggere le solite cose che scriveva Magnus.
“Ho fatto qualcosa?” “C'è un altro?” “Chi è?” “Ti sei stufato di me, piccolo?”
Lo trattava come uno stupido. Pensava che lo fosse, probabilmente, altrimenti non si sarebbe fatto il cameriere proprio davanti ai suoi occhi.
Spense la luce sul comodino, per mettersi a dormire, quando il suo telefono squillò. Una telefonata.
Il nome di Magnus comparve sul display illuminato. Alec rispose, giusto per sentire cosa aveva da dirgli, ma rimase in silenzio.
«Tra qualche giorno ci sarà la cerimonia del diploma...» cominciò Magnus. Sembrava quasi imbarazzato, notò Alec sorpreso. «Mi farebbe piacere se tu venissi
Il battito di Alec accelerò. Avrebbe tanto voluto dire “Perché non inviti il cameriere?” ma si trattenne.
Era curioso di vedere dove stava cercando di arrivare Magnus.
«Partirò subito dopo.»
Questa Alec non se l'aspettava. Dovette emettere un suono di sorpresa, perché Magnus aggiunse subito: «So che non te ne avevo parlato, quando mi hai chiesto dei progetti futuri, infatti non era programmato. Catarina e Ragnor – i suoi migliori amici, si ricordò Alec – hanno organizzato un viaggio in Europa, e vado con loro.»
Alec rimase ancora in silenzio. Non sapeva cosa dire.
«Okay...» mormorò Magnus. «Spero che passerai a salutarmi, piccolo. Buonanotte.»
Magnus aspettò qualche secondo, per vedere se Alec voleva parlare, e poi riattaccò.
«...'notte.» sussurrò Alec al telefono ormai spento.
Non voleva dare a Magnus la soddisfazione di andare al suo diploma, stare al suo gioco. Ma allo stesso tempo non poteva partire senza che lui lo vedesse per un'ultima volta.
Magnus stava uscendo dalla sua vita così come ci era entrato: all'improvviso.

 

* * *

 

 

Era il giorno prima della cerimonia del diploma.
Alec era seduto alla scrivania.
L'anno era finito, e sembrava volato in un battito di ciglia, soprattutto l'ultima parte.
Vide che era tutto in disordine nella sua stanza e, pur di occupare la sua mente con qualcosa che non riguardasse lui, si mise a riordinare.
Impilò i quaderni e li mise in un cassetto, poi passò ai libri: quelli che non gli servivano più sarebbero andati in uno scatolone in soffitta, mentre quelli utili anche per gli anni a venire li avrebbe messi nella libreria e riutilizzati.
Mentre li sistemava, il libro di chimica attirò la sua attenzione.
Posò tutti gli altri e si sedette sul letto, tenendolo tra le mani. Lo aprì sulla prima pagina: proprio sotto il suo nome, c'era ancora il numero di Magnus.
Alec deglutì, ma non riuscì a mandar giù il groppo che aveva in gola.
Quel giorno non avrebbe mai detto che si sarebbe innamorato di Magnus Bane.
E che poi lui non ci avrebbe nemmeno fatto caso.
Prese una penna dalla scrivania e fece uno scarabocchio sui numeri, per cancellarli. Calcò sempre più forte, fino a bucare la pagina.
Ma non bastava.
Cominciò a strappare la pagina, mentre le lacrime scendevano sul suo volto. Avrebbe voluto urlare.
Non sopportava essere così debole.
«Ti odio» sussurrò, anche se la persona in questione non poteva sentirlo. «Ti odio...»
«Chi è che odi così tanto?»
Isabelle era entrata nella stanza. Aveva sempre avuto, fin da piccola, il brutto vizio di non bussare.
Alec non aveva voglia di parlare. «Nessuno» borbottò, girandosi di spalle.
«Dal tuo libro non sembra»
«Che ci fai qui?» chiese Alec, ignorando volontariamente l'osservazione della sorella e cambiando argomento.
Sentì Isabelle sospirare, anche se non poteva vederla. «Volevo sapere se domani verrai alla cerimonia del diploma. Una mia amica è all'ultimo anno, quindi ci vado, ma preferirei non da sola.»
«Ma non puoi-»
«E» lo fermò lei, precedendolo. «Non dirmi di andarci con Jace. Glielo ho già chiesto, e deve uscire con Clary.»
«E quel ragazzo? S...Si...»
«Simon» disse Isabelle, come se le facesse male pronunciare quel nome. «Ho scoperto che è innamorato di Clary da sempre. Io ero solo… un diversivo, credo.»
Alec si girò. Sua sorella di solito non stava mai male per i ragazzi. «Izzy, mi dispiace...»
Lei alzò una mano. «Non fa nulla.»
«Se può consolarti» disse, facendole segno di sedersi accanto a lui. «Anche io e Magns non… non ci vediamo più.»
Isabelle capì che non era il caso di fare domande e approfondire l'argomento. Poggiò la testa sulla spalla di Alec.
«I Lightwood sono più forti di queste cose.» disse, e lui annuì, vergognandosi un po' per la scena di poco prima.
«Allora… penso che non verrai.» mormorò Isabelle, alludendo alla cerimonia del diploma, alla quale sarebbe stato presente, ovviamente, anche Magnus.
Alec scosse la testa. «L'hai detto tu, noi siamo più forti. E poi non posso lasciar andare la mia sorellina da sola.»
Sorrisero entrambi.
«Metti il vestito elegante» si raccomandò Izzy, serissima, prima di uscire dalla stanza.

 

* * *

 

 

Alec soffiò in su, sperando di spostare le ciocche di capelli che gli cadevano sugli occhi azzurri. La cerimonia era stata molto bella, ma nell'auditorium si moriva di caldo.
Applaudì alla fine, e poi si catapultò all'uscita per primo, mentre invece Isabelle si avvicinava al palco per congratularsi con la sua amica.
Si fermò in corridoio, appoggiandosi ad una porta sotto la finestra, da cui arrivava un po' d'aria.
Appoggiò la testa e chiuse gli occhi. Sospirò. Magnus era stato sul palco o comunque a pochi metri di distanza da lui per tutto il tempo.
Sarebbe tanto voluto andare da lui e urlargli contro tutto quello che provava.
«Piccolo» disse qualcuno, appena arrivato. «Sei molto sexy oggi. Non riuscivo a staccarti gli occhi di dosso. Perché non mi hai detto che saresti venuto?»
Magnus era in piedi di fronte a lui, con la toga sopra i vestiti attillati, e il cappello in bilico sulla cresta bruna colorata di blu.
«Non sono venuto per te.» rispose freddo Alec.
Magnus fece una faccia triste. «Mi è sembrato di vedere tua sorella vicino ad una della mia classe. Accompagni lei?»
Alec, stizzito, annuì. Odiava come Magnus riusciva sempre a capire ed afferrare tutto, specialmente quando si trattava di lui. E allo stesso tempo, lo amava.
Magnus si avvicinò e gli accarezzò la mascella con il pollice. «Perché non andiamo a festeggiare?» sussurrò, con voce sensuale.
Alec si irrigidì sotto il suo tocco, ma, nonostante gli fosse mancato, si ritrasse.
«C'è qualcosa che non va, piccolo?»
Alec avrebbe potuto inventare un mucchio di scuse, ma decise di essere sincero, togliersi il pensiero e magari chiudere realmente quella storia. «Mh, direi nulla. Oh, tranne che ti sei fatto il cameriere nel bagno di Taki's, mentre eri ad un appuntamento con me. E per di più, di fronte ai miei occhi. Non era nemmeno così carino.»
Magnus dischiuse le labbra. Da quando l'aveva conosciuto, era la prima volta che Alec lo vedeva rimanere senza parole.
«Cosa credevi, che mi sarebbe andato bene? Io pensavo che tra noi ci fosse qualcosa...»
Magnus rise amaramente. «Ti ho fatto un paio di pompini, e allora? Questo non ti rende speciale.»
La realizzazione di quelle parole colpì Alec letteralmente come uno schiaffo. Magnus cercava solo divertimento. Solo sesso.
Ecco perché non l'aveva mai baciato. Non voleva nulla che implicasse i sentimenti.
«Io non sono un giocattolo. Non ne avevi il diritto...»
Magnus sorrideva ancora. «Ma tu stavi al gioco, piccolo.»
Alec esplose. «Io non pensavo fosse un gioco! Non sono mai stato con nessuno, e oltre a mia sorella tutti mi credono etero! Sapevo di non dovermi fidare di te, ma pensavo… pensavo che magari tu...»
«Che sarei cambiato? Mi dispiace, piccolo, io non cambio per nessuno. Ho già fatto questo errore e sono diventato lo zimbello della scuola.»
«Con Camille.» disse Alec. Ormai non c'era più nessun motivo di nascondere che lo sapeva.
Magnus non parve impressionato. «Tutti sanno la storia. O almeno, una parte.» sussurrò, allontanandosi. «Non scendere a compromessi con te stesso, Alexander, mai. Soprattutto non per chi non se lo merita.»
Alec sapeva si riferiva a se stesso, ma non riusciva a dispiacersi per lui. In quel momento si sentiva solo infuriato, ferito, e illuso. «Fai bene ad andartene!» gli gridò dietro, con tutto il fiato che aveva in corpo, mentre Magnus percorreva il corridoio. «Vattene! E fammi un favore, non tornare mai più! Mai-»
Magnus era tornato indietro velocissimo, e si era fiondato sulle sue labbra. Premette le sue su quelle di Alec, così forte quasi da fonderle.
Alec rimase immobile, mentre lui approfondiva un po' il bacio.
Magnus si staccò all'improvviso, guardandolo con un'espressione quasi colpevole. Alec aveva ancora le labbra socchiuse. Era talmente confuso che non riusciva a pensare.
Magnus toccò dolcemente le labbra che aveva appena baciato. «Non potevo andarmene senza assaggiare il sapore delle tue labbra.» sussurrò, e se andò.
Alec scivolò lungo il muro, sedendosi a terra, guardandolo andare via, mentre usciva dalla scuola, per sempre.
Quello era stato il suo primo bacio. E glielo aveva dato un ragazzo che non probabilmente non avrebbe più rivisto e che in ogni caso non lo avrebbe mai amato.
Si era preso una parte di lui che non avrebbe più riavuto, e di cui non si sarebbe dimenticato. Il ricordo era scolpito nella sua mente.
Rimase lì, con il cuore spezzato, ma che incredibilmente batteva più veloce che mai.








 

*si ripara dai pomodori*
Prima di tutto, mi scuso per il ritardo, ma come ho scritto sulla mia
">pagina autrice, sono stata fuori in vacanza per due settimane, senza computer. Ma ho scritto questo capitolo a mano, sono tornata ieri ed eccovelo qui! So di essere stata alquanto sadica, e non sapete quanto io stia soffrendo a far stare il mio Alec così. *lo coccola*
Dal prossimo capitolo la storia prenderà una svolta, ma non vi anticipo nulla. Spero di riuscire a pubblicarlo il prima possibile.
(Uh, tra poco arriverà anche quello di 
">D'amore e di morte.
Che dire, spero che non mi odiate ora, dopo questo capitolo, perché è solo l'inizio
Un ringraziamento va come sempre a tutti quelli che leggono e alle stelle che recensiscono. 

A presto,

Lu

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Capitolo 8
*** Questioni in sospeso ***








 
 

Alec era al suo ultimo anno di scuola, e non poteva esserne più felice.
Aveva sempre sentito dire che il liceo è il periodo più bello della vita di qualcuno, e che non si dimentica mai. Invece, lui non aveva fatto altro che sentirsi un insetto in una giungla, quindi non vedeva l'ora di lasciarsi tutto alle spalle e andare al college.
Aveva intenzione di concentrarsi sugli studi per tutto l'anno: voleva ottenere tutte A per la sua domanda a Yale.
Era il primogenito, e per prendere, un domani, le redini dell'azienda di famiglia voleva essere il più preparato possibile.
Inoltre, non aveva nessuna distrazione.
Jace sembrava aver messo la testa apposto, e gli sembrava che andasse tutto bene. Il suo fratellastro si stava impegnando molto di più dell'anno precedente, anche perché non perdeva più tempo a corteggiare le ragazze – Clary era una fidanzata piuttosto gelosa.
Anche se all'inizio non la sopportava, ora la riteneva in buona parte responsabile per il miglioramento di Jace.
Isabelle dava il massimo, e Alec doveva ammettere che stare con Simon l'aveva resa molto più serena e aperta rispetto ai suoi sentimenti.
Loro erano cambiati per la persona che amavano, ma Magnus gli aveva detto chiaramente che lui non l'avrebbe fatto per nessuno.
Un modo gentile per dire che Alec non ne valeva la pena.
Sul piano sentimentale, comunque, Alec non aveva più visto nessuno dopo Magnus.
Doveva ammetterlo, i primi mesi dopo la partenza di Magnus erano stati terribili. Era continuamente triste, e aveva passato tutto l'estate chiuso in casa, perché gli sembrava che dovunque si girasse c'era qualcosa che gli ricordava Magnus, in ogni angolo.
Per settimane addirittura non era nemmeno riuscito ad entrare nel garage. Si era sentito davvero patetico.
Da quel momento, però, aveva deciso che non avrebbe permesso a Magnus di incasinargli la vita – e la mente – un momento di più.
Dopo averci rimuginato per così tanto tempo, aveva capito che semplicemente lui era stato cieco a non accorgersi prima che quella relazione non poteva assolutamente funzionare. Probabilmente perché era a senso unico – dubitava che Magnus fosse mai stato innamorato di lui.
C'era solo una cosa che continuava a tormentarlo, e alla quale infatti cercava di pensare il meno possibile: il bacio.
Era stato il suo primo bacio in assoluto, e Alec pensava che una cosa del genere non si potesse dimenticare così su due piedi.
In quel momento, quando le labbra di Magnus si erano poggiate sulle sue, aveva sentito una scarica elettrica attraversargli tutto il corpo, come un fulmine.
Si era chiesto se ogni bacio fosse così, ma poi aveva deciso che non era sicuro di voler sapere la risposta.
Magnus era una capitolo chiuso della sua vita, e voleva solo vedere cosa le pagine successive gli riservassero.
I primi mesi del suo ultimo anno di liceo erano stati piacevoli. I corsi gli piacevano, e anche se non aveva tanti amici, almeno non aveva nemmeno rogne.
Alec, chiudendo l'armadietto, pensò che quell'anno sarebbe stato molto più tranquillo del precedente.
Non poteva sapere quanto si sbagliava.

 

* * *

 

Alec fece oscillare la matita di legno tra le dita, mentre pensava a cosa scrivere nel saggio di letteratura che avrebbe dovuto consegnare il giorno seguente.
Poi suonò il campanello di casa.
Sbuffò. «Izzy, puoi andare tu?»
«Certo!» ripose lei, anche se dal tono si capiva che era alquanto scocciata.
Alec non ci fece troppo caso e tornò al suo compito. Tentò di concentrarsi, ma non sentiva Isabelle parlare o la porta chiudersi, così iniziò ad essere curioso. A casa passavano solo Clary e Simon, e molto raramente i loro genitori. Che fossero loro?
Alec si alzò, lasciando il foglio bianco abbandonato a se stesso, avviandosi all'ingresso.
«Devi andartene.» stava sibilando Isabelle. «Dopo quello che hai fatto, col cavolo che ti faccio entrare in casa nostra»
Alec aggrottò le sopracciglia. Di certo non erano i loro genitori.
Ma allora…
«Isabelle, chi è?»
Sua sorella lo guardò, abbastanza allarmata, ma non fece nulla. Era palesemente combattuta. «Qualcuno che credo tu non voglia vedere» ripose, con un filo di voce.
«Che...»
Alec sentì la sua mascella staccarsi dal resto della faccia quando vide chi stava entrando dalla porta.
I suoi occhi erano luminosi come una volta, e anche il fisico era rimasto lo stesso, forse era solo diventato un po' più alto.
L'unica differenza era che i capelli non erano più blu.
«Ciao, Alexander.» disse Magnus Bane, ricomparendo nella sua vita.

 

 

* * *

 

«Magnus, muoviti, Ragnor ci sta già aspettando da mezz'ora! So che ci metti parecchio a prepararti, ma...»
Catarina si bloccò quando entrò nella camera e vide qualcosa che pensava non sarebbe mai più successo da quando Camille era uscita dalle loro vite.
Magnus era steso sul letto, immobile, con gli occhi fissi sul soffitto.
«O c'è un ragno che vuoi controllare, o qualcuno ti ha spezzato il cuore. Dimmi che il ragno è bello grosso, ti prego.»
Il ragazzo ridacchiò alle parole dell'amica.
Catarina gli era sempre stata vicina, anche quando tutti gli altri l'avevano abbandonato o deriso.
«Nessuna delle due» la rassicurò lui. «Piuttosto, io ho spezzato il cuore a qualcuno.»
Catarina si sedette accanto a lui, con espressione preoccupata. «L'hai sempre fatto, e non te ne è mai importato niente. Cosa c'è di diverso questa volta?»
«Che lui non se lo meritava proprio» rispose Magnus, sospirando.
Si tirò su, e si passò una mano tra i capelli.
Il loro viaggio era quasi finito, ma Catarina e Ragnor avevano proposto di provare a restare lì per un altro po'.
All'inizio Magnus aveva accettato – senza pensarci troppo – ma adesso sentiva di dover tornare.
Sapeva di essersi comportato da stronzo con Alec, e che probabilmente lui non avrebbe voluto più rivederlo, ma non riusciva a smettere di pensare a lui e al bacio che si erano dati prima della sua partenza.
Da allora sì, lo ammetteva, era stato con tanti altri ragazzi, ma nessuno era riuscito a cancellare il ricordo o il sapore di Alec.
Dopo Camille, si era rassegnato all'idea che l'amore non esistesse.
Credeva nelle scopate. Quelle sono oneste, e veloci.
Eppure, quando aveva incontrato Alec, qualcosa era cambiato. L'innocenza e l'onestà della sua anima l'avevano quasi spinto a credere che magari semplicemente non aveva ancora incontrato la persona giusta.
Ma poi aveva rovinato tutto, con quel cameriere nel bagno di Taki's. Era stato come se si fosse sentito in dovere di farlo. Era impossibile che un così bravo ragazzo stesse con lui.
Mi sto rammollendo” pensò. ”Sto diventando una fighetta sentimentale”
«Catarina, devo tornare a New York.»
L'amica sgranò gli occhi, massaggiandosi una tempia. «Magnus Bane che torna indietro per un ragazzo?»
«Devo chiudere quello che ho lasciato in sospeso.»








 

SCUSATEMI ç____ç
So di avervi fatto aspettare un sacco di tempo, e che questo capitolo non è nemmeno molto lungo. Ma non potevo aggiungere altro dato che è dal prossimo che ci sarà una nuova svolta.
(E come potrebbe non essere così, con Magnus che è tornato?)
Ovviamente la scena in corsivo alla fine è un flashback di Magnus prima del suo ritorno; ci saranno altri pezzi così, per spiegarvi un po' cosa è successo nel salto temporale.
Spero che in ogni caso questo capitolo non sia una totale delusione - e sentitevi liberissimi di darmi un parere.
Un grazie enorme a tutti coloro che seguono, vi adoro 

Alla prossima, 



 

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Capitolo 9
*** Coming back ***






 

«Domani sveglia almeno un'ora prima! Dobbiamo visitare il più possibile» esordì risoluta Catarina, cancellando dalla sua lista quello che lei, Magnus e Ragnor avevano già visto.
«Uhm» grugnì Magnus, distrutto, prima di salutare gli altri due con un silenzioso cenno della mano ed entrare nella sua stanza.
Neanche il tempo di entrare che si buttò sul letto, massaggiandosi le caviglie.
Chiuse gli occhi, sprofondando la testa nel cuscino.
Mosse la mano alla cieca sul comodino, tastando tutto ciò che c'era sopra in cerca del suo mp3.
Un po' di musica lo aiutava sempre a rilassarsi.
Fece partire la riproduzione casuale, e nelle sue orecchie cominciò a cantare Brandi Carlile, con “Hiding my heart”.
This is how the story went, I met someone by accident.
It blew me away, it blew me away...
Era assurdo come Magnus collegò le strofe ad Alec.
La prima volta che si erano parlati aveva detto ad Alec di non ricordarsi di lui – mentendo.
It was in the darkest of my days, when you took my sorrow and you took my pain...
Si ricordava benissimo del giorno in cui Alec – il timido, dolce, gentile Alec – gli aveva offerto un fazzoletto. Però non voleva che qualcun altro lo ricordasse.
Camille l'aveva lasciato da poco, e da allora tutti gli altri non avevano fatto che prenderlo in giro.
Tranne Alec.
Lui non gli aveva nemmeno chiesto chi fosse, o perché piangesse, aveva solo cercato di consolarlo.
And buried them away, buried them away

In quel momento, guardando gli occhi azzurri di Alec, si era quasi tranquillizzato. Aveva allungato la mano per prendere il fazzoletto, anche se tremava ancora.
Gli faceva male ricordare lo stato in cui era quel giorno. Non si ricordava nemmeno quanto tempo – forse ore – avesse pianto in quel campo.
Si era soffiato il naso e per la prima volta in quei giorni, aveva sorriso.
«Grazie, piccolo» gli aveva detto, e da allora non aveva più smesso di chiamarlo così.
Ricordò che gli venne quasi da sorridere, vedendo Alec arrossire mentre se ne andava.
Ora che ci pensava, l'aveva visto arrossire tante volte negli ultimi mesi. Gli sarebbe più successo?
Doveva semplicemente accettare che Alec era un capitolo chiuso della sua vita. Era sempre stato facile per lui lasciare andare i suoi amanti, perché non gli importava. Non sentiva nulla.
Ma con Alec era stato diverso. Forse, se non se ne fosse andato, sarebbe potuta finalmente funzionare...
No”, si disse, scuotendo la testa. “No, no, no.”
Quante volte avrebbe dovuto respingere quel pensiero per fare in modo che non lo tormentasse più?


* * *
 

Alec non sapeva come descrivere il turbinio di emozioni che lo travolsero.
Sorpresa. Ansia. Curiosità. E un'inspiegabile gioia.
«M-Magnus?» balbettò, pensando a quanto dovesse sembrare stupido in quel momento. Non riusciva a muoversi, era come paralizzato.
L'altro gli sorrise, e sembrò quasi imbarazzato.
Intanto Isabelle non si era spostata di un millimetro, restando sulla soglia con la porta aperta. «Non sei il benvenuto qui.» disse, con voce ferma.
Magnus si voltò verso di lei, e si scambiarono un'occhiata di fuoco, prima di tornare a guardare Alec. «Vorrei solo parlarti.»
Alec deglutì. Dopo tutto quello che Magnus gli aveva fatto passare, di certo non aveva intenzione di perdonarlo così su due piedi, ma allo stesso tempo la curiosità di sapere perché fosse tornato lo stava divorando.
«Ti do cinque minuti.» concesse, chinando la testa.
Magnus gli sorrise, e Alec distolse subito lo sguardo. Quel sorriso gli aveva fatto perdere la testa troppe volte.
«Alec...» sussurrò Isabelle, supplicandolo con gli occhi di lasciar perdere.
Lui sospirò, mettendole una mano sulla spalla mentre si avviava fuori dalla casa, seguendo Magnus.
Sua sorella gli scoccò un'ultima occhiata prima di chiudere la porta. Un occhiata che significava stai attento.
«Beh, tua sorella mi adora» mormorò Magnus, sarcastico, sedendosi sul portico.
«Non ha tutti i torti» rispose Alec, mettendosi accanto a lui, mantenendo però comunque una certa distanza. «Ma non siamo qui per parlare di Isabelle, no?»
«No.» ammise Magnus.
«Perché sei tornato?»
«Alexander, sono stato uno stronzo con te...»
«Dimmi qualcosa che non so»
Magnus ignorò la sua battuta, e continuò. «Non sai quanto mi costi ammetterlo, ma non sono riuscito a dimenticarti. Io non avrei voluto ferirti, è che non credo nell'amore, ecco.»
«Penso di meritarmi di più di queste stronzate. Vorrei sapere la verità.» disse Alec.
Sinceramente, stentava a credere che Magnus se ne fosse andato pensando di fargli un favore o che lui fosse la vittima di tutta quella storia.
«Mi disp
Alec lo fermò, alzando una mano, con gli occhi chiusi e le sopracciglia alzate. «So che cosa stai per dire, quindi smettila, ti prego. Sai che ti dico? Lo so cosa stai pensando, di poterti farti perdonare così. Non ho bisogno delle tue spiegazioni.» si alzò, dandogli le spalle. «Non dire niente. Fa troppo male.»
«Alexander» soffiò Magnus, quasi supplichevole.
Alec sbuffò, sentendosi chiamare con il suo nome per intero.
«Dammi un'altra possibilità. Magari tra noi potrebbe funzionare... Non puoi mandarmi via così..»
Alec si voltò, e senza pensare, abbandonandosi all'impulsività, diede un pugno a Magnus, forte.
L'altro indietreggiò, sorpreso, massaggiandosi la mascella. Cercò di fare uno dei suoi classici sorrisetti sarcastici, ma il dolore era troppo forte. «E questo per che cos'era?»
«Per avermi fatto innamorare di te.» rispose Alec, mentre sentiva gli occhi farsi lucidi. «Per avermi tradito. Per essertene andato. Oh, e per essere tornato.»


* * *
 

Alec era rientrato in casa, senza guardarsi indietro.
Non gli importava dove sarebbe andato Magnus e cosa avrebbe fatto: ormai non c'era più nessun legame tra loro.
Se l'avesse perdonato, o gli fosse corso dietro, Alec era certo che se ne sarebbe pentito, prima o poi.
Magari per i primi tempi sarebbe andata bene, perché Magnus avrebbe voluto dimostrargli di essere veramente cambiato. Ma poi avrebbe ceduto alla tentazione, di nuovo, e la fine sarebbe ricominciata.
Alec preferiva risparmiare a se stesso di rivivere quella sensazione.
Si era ripreso, era andato avanti – o almeno questo era quello che aveva sempre creduto.
Ma quando Magnus era ricomparso, era come se tutti i progressi che aveva fatto nell'anno precedente si fossero sgretolati. Una parte di lui voleva solo poter riprovare quella sensazione di completezza che sentiva ogni volta che stavano insieme. Alec però era felice che avesse vinto la parte razionale, quella che gli diceva che forse era meglio vivere a metà, che farsi spezzare il cuore.
Aveva anche provato a dare la colpa di tutto alla storia con Camille: ma allora, perché lui non era diventato come Magnus?
Lui si era chiuso. Magnus invece aveva cominciato a giocare coi sentimenti delle persone, quasi trattandole come oggetti.
Il suo cuore era circondato da un muro di pietra o era diventato pietra esso stesso?
«Va tutto bene?» la voce di Isabelle, che scendeva dal piano di sopra, lo riscosse dai suoi pensieri, e si rese conto che stava ancora in piedi, davanti alla porta.
«Sì, Izzy. Tutto bene.»
Sua sorella inclinò la testa di lato, come faceva sempre quando fiutava le bugie. Si sedette sull'ultimo gradino, battendo la mano sul legno accanto a lei.
Alec capì il gesto – spesso non c'era bisogno di parole tra loro – e la raggiunse.
«Alec, lo so che non è vero. Ti conosco meglio di chiunque.»
Lui spinse la testa all'indietro, sapendo quanto avesse ragione.
«Come hai fatto a perdonare Simon, dopo aver saputo che in realtà era innamorato di Clary mentre usciva con te?»
Isabelle abbassò gli occhi. «Non lo so. Di solito non sono una che dimentica, e non perdono chi mi ferisce. Ma Simon mi ha lasciato il mio spazio per riflettere, e sono giunta alla conclusione che valeva la pena riprovarci.»
Alec sorrise e la guardò. «Che fine ha fatto la ragazza che diceva: “I cuori si spezzano, e non tornano mai come prima.”
Izzy prima gli fece la linguaccia e poi rise di rimando. «Non lo so. Mi sento come se saltassi continuamente nel vuoto.»
«Provo la stessa cosa» sospirò Alec. «Ma sono stanco di saltare, Izzy. Soprattutto sapendo che mi schianterò.»
«Non devi perdonarlo, Alec.» Sua sorella si spostò, per guardarlo negli occhi. «Mi ricordo come stavi. Non voglio vederti di nuovo così. Sei cresciuto troppo per ricadere nelle sue braccia.»
Alec cercò di annuire, mentre sentiva che tutti i suoi rimorsi, il suo dolore, e la sua rabbia venivano fuori in quel momento. Strinse i pugni, cercando di trattenere le lacrime. «Mi ci è voluto così tanto per stare bene...» mormorò, con la voce che cominciava a spezzarsi.
Isabelle lo circondò con le braccia. «Ed è normale.» Gli prese il volto tra le mani. «Tu sei vero, Alec. Non metti su una corazza, come me e Jace.
Tu dai tutto.»
«Forse non dovrei.» rispose, riflettendoci.
Voleva solo stare bene. 

 




 
 

Note  della persona orribile dell' autrice:
So che non mi sono fatta sentire per un mese - né pubblicando né recensendo - ma in questo periodo, con l'inizio della scuola, ho avuto veramente poco tempo libero. A questo poi si è aggiunto un orribile blocco, uno di quelli dove ti ritrovi con idee e parole che vogliono uscire ma non riesci a scriverle.
Fortunamente, ne sono uscita, e sono riuscita a scrivere e concludere questo capitolo. Non è venuto come lo avevo immaginato, ma spero possa esservi piaciuto. 
A proposito, volevo fare una precisazione: finora, Alec si è sempre confidato con Isabelle, mentre Jace ha avuto un ruolo molto marginale. Non posso spoilerarvi tutto, ma vi dico solo che mi serve per la trama che Jace stia un po' in disparte, per ora, ma arriverà anche il suo momento. Sto cercando di mettere qualche accenno Sizzy qui e là perché li adoro e spero di riuscire a mettere qualche loro scena vera e propria prima o poi. **
Vbb, ora la smetto di blaterare. 
Vi lascio la mia   pagina autrice   dove potete trovare spoiler, aggiornamenti e anche qualche mio sclero, vah. O se voleste contattarmi per qualche ragione (?) Non so.
Un enorme grazie a tutti quelli che continuano a seguirmi. Grazie ç_____ç

Lu 

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Capitolo 10
*** Jar of hearts ***









 

«Stai ancora guardando il profilo di quel ragazzo?» lo rimproverò Catarina, sporgendo la testa sopra la sua spalla.
Magnus spense il telefono, sbuffando, e allontanandosi dal letto. «Lasciami stare, Cat» rispose, sulla difensiva.
Ultimamente, quando usava Whatsapp, dava sempre una sbirciatina al profilo di Alec, per vedere cosa stava facendo in quei mesi. Quando lo vedeva online, era quasi tentato di contattarlo, ma poi si ricordava quanto lo aveva fatto soffrire.
Come gli era venuto in mente di baciarlo? Aveva pensato che così sarebbe riuscito a chiudere quella storia, invece la confusione nella sua testa era solo aumentata.
Alec era stato… diverso. Nuovo, inaspettato. E nella sua vita era stato come una brezza d'aria fresca che smuove le acque di un mare fermo ed inquinato da troppo tempo.
«Penso solo che dovresti smetterla. Ho capito che non se lo meritava, ma ormai non puoi più fare nulla per lui.»
«Lo so» borbottò Magnus, odiando dover dare ragione a Catarina. «Forse però potrei provare a farmi perdonare...»
«Magnus» il tono dell'amica si fece più serio. «Ti ho visto spezzare il cuore a decine di ragazzi, e nessuno ha mai più voluto rivederti, dopo. Lascialo in pace. Non credi di dovergli almeno questo?»

 

* * *


«Potevi almeno farmi la cortesia di non venirmi a cercare a scuola. Non credi di dovermi almeno questo?» sbottò Alec, camminando con larghe falcate lontano dall'edificio, con Magnus che gli correva dietro.
«Alexander-»
«Piantala di chiamarmi Alexander» lo interruppe lui, senza nemmeno girarsi a guardarlo.
Di conseguenza, non poté vedere Magnus alzare gli occhi al cielo, ma non faticò ad immaginarlo. «Okay, Alec, credo di essermi meritato quel pugno l'altra sera, però-»
«Credi
«Potresti smetterla di interrompermi?»
«E tu potresti smetterla di perseguitarmi?»
Magnus alzò le mani, esasperato, prima di afferrare Alec per una spalla e trascinarlo in un vicolo dietro le scuola.
Una volta fermi, uno di fronte all'altro, Magnus lo guardò dritto negli occhi, con una luce che Alec non aveva mai visto. Lo stava pregando di lasciarlo parlare. All'improvviso, si sentì quasi in colpa per averlo picchiato. Quasi – non poteva negare quel minimo di soddisfazione che gli aveva dato, anche se non aveva sfogato affatto tutto il suo risentimento.
Annuì, decidendo di sentire cosa voleva tanto dirgli.. Anche perché quella era l'ultima volta in cui Alec intendeva vedere la faccia di Magnus.
«Mi manchi.»
Alec si pentì di averlo ascoltato. Ogni volta che Magnus diceva cose così – come la sera precedente – lui si sentiva preso in giro. Magnus aveva per caso dimenticato di avergli detto che per lui era stato tutto un gioco, e che Alec non voleva dire niente?
«Vuoi dirmi qualcosa di vero o abbiamo finito?»
«Santo cielo, Alec...» Magnus si passò una mano tra i capelli, strofinandosi poi le tempie. Sembrava… in difficoltà. Alec era abituato a vederlo sempre con la risposta pronta, quindi la situazione gli fece uno strano effetto. «Sono davvero dispiaciuto, cosa devo fare per fartelo capire?»
«Potresti dirmi la verità.» buttò lì, alludendo al motivo della sua partenza, e ovviamente del suo ritorno.
«Alexander...»
«Lo vedi?» disse Alec, lasciando trasparire dalla voce la tempesta che gli infuriava dentro. Da una parte avrebbe solo voluto tornare con Magnus, credendo a quel mi manchi, ma dall'altra voleva solo che sparisse. «Perché non riesci ad essere sincero con me? Come puoi chiedermi di fidarti di te, se tu prima non riesci a fidarti di me?»
Magnus boccheggiò, cercando qualcosa da dire, ma alla fine rimase in silenzio.
«Appunto.» concluse Alec, voltandosi per andare via, senza guardarsi indietro.
Era arrabbiato. Non solo con Magnus, ma anche con se stesso.
Perché non riusciva a far tacere i suoi sentimenti? Non riusciva a liberarsi di quel brivido che gli provocava Magnus quando lo guardava, quando si avvicinava troppo, quando gli faceva un complimento.
Le sue guance si coloravano subito di rosso, e il suo cuore batteva più forte.
E lo odiava.
In quel momento capì perché era sempre stato convinto di essere innamorato di Jace: con lui non si sarebbe mai dovuto mettere in gioco, perché sapeva che non l'avrebbe mai ricambiato. Non avrebbe dovuto rischiare, sperimentare, credere.
Jace era sicurezza, mentre Magnus era puro pericolo.

 

* * *


«Ti ho visto parlare con lui, oggi.» disse Isabelle, entrando in camera sua e chiudendosi la porta alle spalle.
Alec abbassò il libro che stava leggendo e gettò la testa all'indietro, contro la spalliera del letto. Ormai, per la sorella, Magnus non aveva nemmeno più un nome. O era lui o una serie di appellativi poco gentili.
«Izzy, ti ho detto che è finita. Non chiedermelo più, ti prego.»
La ragazza appoggiò le spalle alla porta, guardandosi le lunghe unghie smaltate di viola.
«Voglio solo che tu sappia che sono qui.»
«Lo so. E lo apprezzo, davvero, ma sono stanco di sentirmi quello debole.»
«Ehi, ehi» disse Isabelle, costringendolo a mettersi seduto sul letto, in modo che la guardasse. «Tu non sei debole. Se non fosse per te, io, Jace e Max non saremmo le persone che siamo adesso.
Probabilmente, io sarei una stronza, Jace in prigione, e Max un nerd senza speranze.»
Alec, suo malgrado, non riuscì a non ridere. «Stai davvero esagerando, Iz»
«Sai che voglio dire. Tu sei il nostro punto di riferimento, Alec.» Sua sorella si avvicinò e sbuffò, guardando in alto. «Guarda come mi fai diventare sdolcinata. Ti odio.»
«Dopo quello che mi hai detto due secondi fa, non ti credo nemmeno un po'» ribatté Alec, facendole la linguaccia.
Sembrava di essere tornati a quando avevano dieci e nove anni, e il problema in questione era nascondere a Maryse e Robert che avevano messo sotto sopra tutta la casa.
«Però davvero, Alec» riprese Isabelle, quando smise di ridere. «Sei sicuro che non vuoi parlarne?»
Lui scosse la testa. «Cosa dovrei dire? Non volevo, Isabelle. Non dovevo. Ma l'ho fatto, mi sono innamorato di lui.»
Alec abbassò lo sguardo, prendendosi poi la testa tra le mani. Desiderava riuscire a odiare completamente Magnus, riuscire ad ignorarlo, senza soffrire.
Izzy si accovacciò davanti a lui, mettendogli due dita sotto il mento per alzargli il viso, e portarlo alla sua altezza. «Alec, non puoi più fartene una colpa. È successo.»
Lui annuì. «Ma ora posso scegliere. Posso andare avanti.»
«Puoi fare quello che vuoi.»

 

* * *


Alec uscì dall'aula di storia, dopo aver consegnato il suo compito per primo. Subito dopo ci sarebbe stato l'intervallo, quindi ne approfittò per cercarsi un posto tranquillo dove leggere.
Prima che potesse raggiungere il cortile sul retro, però, un ragazzo castano lo raggiunse. «Sei tu Alec Lightwood?»
«Ehm… sì. Perché?»
«C'è uno di nome Magnus che ti sta cercando. È nel campo sportivo.»
Fantastico” pensò Alec. Ringraziò il ragazzo e si diresse lì. Magnus non era tornato nemmeno da una settima e già lo aspettava fuori scuola.
«Adesso arrivi addirittura a chiedere di me agli altri studenti?» disse Alec, con un tono di voce abbastanza alto, anche se stava cercando di mantenere la calma.
«Devo parlarti.»
Alec scosse la testa, ridendo. «Pensavo di essere stato abbastanza chiaro.»
«Non so che cosa mi sta succedendo, Alexander! Non riesco ad accettare il fatto che tu non voglia più vedermi- non ci riesco. So che non ti fidi di me, ma non posso lasciarti andare senza capire quello che c'è tra noi»
«Non c'è niente, Magnus, niente! Forse c'era prima, ma tu l'hai distrutto!» adesso Alec stava urlando. «E ora vorresti che io tornassi con te, solo per chiarirti le idee? Grazie, ma no. Non puoi andare in giro, e spezzare tutti quelli che vuoi-»
«Ma stavolta potrebbe essere diverso!» gridò di rimando Magnus, interrompendolo, e avvicinandosi.
Alec si ritrasse immediatamente. «Chi ti credi di essere?»
«Ti riconquisterò.» disse lui, determinato, mentre Alec si allontanava.
«Non tornare per me. Non tornare affatto. Tu vuoi solo collezionare il tuo barattolo di cuori.» 

 







 

Note dell'autrice:
So che ormai lo dico sempre, ma mi scuso per il ritardo. Durante la settimana, il mio tempo per scrivere si riduce in briciole ç_ç
Ma comunque, vi confesso che questo è il capitolo che ero più impaziente di scrivere. La scena finale è stata la prima che mi è venuta in mente, e sulla quale ho costruito tutta la storia. (Sono masochista, sì.) Quindi, sono anche curiosissima di sapere che ne pensate.
Ringrazio come sempre - mille, mille volte - tutte le persone che leggono e seguono la storia, e ovviamente a coloro che si fermano a recensire. *lancia zucchero* 


Lu
(Vi lascio la mia   pagina autrice )

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Capitolo 11
*** Kiss me goodbye ***









 

Magnus uscì dalla camera il più piano possibile, per non farsi sentire, ma Catarina e Ragnor lo stavano ovviamente aspettando.
«Spero che almeno tu ti sia divertito, dato che ci hai fatti aspettare venti minuti qui fuori mentre ti scopavi il primo che ti è passato davanti in reception.» sbottò Ragnor, alzando gli occhi al cielo. Catarina, invece, non disse nulla, ma gli riservò comunque un’occhiata di rimprovero.
«Niente male» rispose lui, tranquillamente, ignorando i due amici. Era stata proprio Catarina a dirgli di smetterla di pensare ad Alec, che "gli doveva almeno questo". Così aveva deciso di provarci, anche se significava portarsi a letto tutti i ragazzi dell’hotel – non che fosse un problema.
«Ricordami perché l’abbiamo portato con noi» disse Ragnor a Catarina, di proposito con voce abbastanza alta da farlo sentire anche a Magnus.
«Perché» si intromise lui, mettendosi tra i due, con un braccio sulla spalla di Cat e uno su quella di Ragnor. «altrimenti il vostro viaggio sarebbe stato una palla.»
«Come ha detto lui» rispose Catarina, scuotendo la testa, pur sorridendo leggermente. Conosceva Magnus da molti anni, da prima della storia con Camille, quindi sapeva che lui in realtà non era così. A volte – molto spesso, a dir la verità – sentiva la mancanza del Magnus che l’aveva conquistata con la sua simpatia, la sua eleganza e persino la sua sensibilità, fino a diventare il suo migliore amico. Si chiese che fine avesse fatto quel ragazzo, se fosse semplicemente nascosto o fosse davvero scomparso per sempre.
Forse Alec aveva provato a riportarlo alla luce, come delle ricchezze seppellite, e invece era stato travolto dalle macerie.

 

* * *

 

«Non ci credo che stai davvero per partire» disse Jace, sbirciando il riflesso di Alec da sopra la sua spalla, mentre gli annodava la cravatta. Normalmente quella situazione avrebbe messo a disagio il moro, ma da quando aveva superato la cotta per Jace riusciva a comportarsi molto più spontaneamente con lui.
«Infatti non parto» ripeté Alec, per la millesima volta, ridacchiando. «Tu e Izzy cercate di mettermi questa idea in testa solo perché volete avere casa libera»
Jace negò immediatamente, ma la sua faccia era fin troppo colpevole.
«Solo se vinco il concorso di pianoforte» continuò. «andrò per due settimane in Europa a seguire dei corsi speciali, con dei professionisti, pagati dagli organizzatori.»
«Questo, caro fratello, nel mio mondo significa partire» rispose Jace, dandogli una pacca sulla spalla, prima di allontanarsi. «Io raggiungo Izzy di sotto e la aiuto a salire in macchina – chissà che tacchi si sarà messa. Ti aspettiamo.»
«Arrivo tra due minuti»
I fratelli si erano offerti di accompagnarlo al teatro dove si sarebbe tenuta la finale del concorso. Suonare il piano era sempre stata una sua passione; Jace diceva spesso di voler imparare, ma alla fine non trovava il tempo – o la voglia, credeva Alec – di farlo. Quel viaggio gli avrebbe fatto bene, probabilmente: aveva davvero voglia di allontanarsi per un po' dalla sua scuola, dalla sua intera città. Certo, Jace, Isabelle e Max gli sarebbero mancati, ma era per poco, e poi aveva bisogno di stare da solo per poter riflettere.
Lasciare tutto quello ciò che aveva, di cui era sicuro, era qualcosa che l'aveva sempre spaventato. Il nuovo. Il cambiamento.
Solitamente preferiva restare ancorato alle sue certezze, evitando il rischio: dopotutto, non potevi bruciarti, se non ti avvicinavi al fuoco. Tutto questo era cambiato quando aveva conosciuto Magnus, che gli aveva fatto capire che il fuoco può bruciarti, ma ti dà luce e calore.
Anche se per solo due settimane, avrebbe potuto fingere di essere una persona diversa, lontano da tutto quello che frequentava e tutti coloro che lo conoscevano, indipendente, libero.
Sperava di riuscire a vincere. I suoi genitori avevano dato la loro approvazione, Isabelle e Jace avevano promesso che si sarebbero presi cura di Max e della casa…
L'unica cosa che lo bloccava era Magnus. Era in città, in quel momento, e ci sarebbe rimasto ancora per un bel po', stando a ciò che gli aveva detto. Erano passati un paio di giorni dal loro ultimo incontro, e da allora Magnus non si era più fatto vedere a scuola, dando ad Alec la concentrazione necessaria per partecipare al concorso. Gli erano arrivati dei suoi messaggi, che si era rifiutato di leggere. Alec non aveva dubbi sulla testardaggine di Magnus, però credeva che se si fosse fatto rincorrere troppo, si sarebbe stancato e l'avrebbe lasciato perdere, passando ad un altro ragazzo.
Non sapeva come avrebbe reagito, in quel caso. Sarebbe stato sollevato? Felice? Agitato? Geloso?
Se avesse vinto, sarebbe passato da lui a dirgli di persona che partiva, così non avrebbe rischiato che Magnus decidesse di andare a casa sua durante la sua assenza.
Si lisciò la giacca blu con le mani e poi scese le scale, a passi veloci.

 

* * *

 

Nel teatro non c'era quasi nessuno. La prima selezione era stata privata, e ora coloro che l'avevano superata si giocavano il viaggio. Stavolta, oltre agli organizzatori e ai giudici, potevano assistere anche le famiglie dei concorrenti: Alec avrebbe preferito andare da solo, ma Isabelle e Jace non avevano voluto sentire ragioni, trascinandosi dietro anche Max – sempre con un fumetto sotto il braccio.
«Te l'avevo detto che queste scarpe erano troppo alte» mormorò Alec all'orecchio di Isabelle, mentre i quattro fratelli entravano nel teatro. «Ci siamo solo noi e altri quattro signori»
Izzy gli scoccò un'occhiataccia. «Non esco con meno di dodici centimetri, lo sai.»
Alec stava per aprire bocca quando Jace gli fece segno di smetterla. «Noi andiamo a sederci, tu preparati a spaccare tutto.»
Dopo aver ricevuto un bacio da Isabelle e una pacca sulla schiena da Jace, Alec sistemò gli occhiali sul naso a Max e si diresse dietro le quinte. Diede un'occhiata alla lista dei concorrenti appesa sul muro: come aveva immaginato, era il quarto su sei.
Si sedette su una sedia di plastica a destra del palco, nascosta dietro il sipario, sbirciando di tanto in tanto i concorrenti, anche se preferiva semplicemente ascoltare. Erano tutti bravi, ovviamente: dopotutto, erano stati scelti tra una ventina di concorrenti in totale.
Il suo telefono vibrò. Lo prese, pensando fosse Jace, e lesse.

20.11, Numero sconosciuto: Un uccellino mi ha detto che oggi hai una gara di piano. Buona fortuna, piccolo.

Di certo non era Jace.
Anche se aveva cancellato quel numero, sapeva benissimo chi gli aveva scritto. Decise di non rispondere, come sempre, anche se non riuscì a riporre il telefono, continuando a tenerlo tra le mani.

20.12, Numero sconosciuto: Ho capito quello che mi hai detto, Alec, davvero. Per questo non sono più venuto a cercarti, voglio dimostrarti che sono sinceramente dispiaciuto, ma non pensare che mi sia arreso.

Alec non lo pensava affatto, nonostante lo sperasse. Perché, per quanto fosse sinceramente arrabbiato con Magnus, più il tempo passava, più saperlo così vicino a lui e allo stesso tempo così distante lo faceva stare male. Se Magnus avesse continuato a cercarlo, sapeva che prima o poi non ce l'avrebbe più fatta a tenerlo lontano.

20.12, Numero sconosciuto: Penso che tra noi potrebbe funzionare. Avevamo una bella chimica.
20.13, Alec: Non era chimica. Tu mi tormentavi e io cercavo di evitarti.

Le dita di Alec si erano mosse istintivamente sulla tastiera, ricordandosi di avergli detto quelle esatte parole dopo il loro primo appuntamento. Si pentì di aver risposto. Cosa stava facendo?

20.13, Numero sconosciuto: Allora hai ancora un cellulare. Pensavo di star scrivendo a vuoto. Sei disposto a darmi una seconda possibilità?
20.14, Alec: Non posso farti cambiare, Magnus, non lo faresti.
20.14, Numero sconosciuto: Le persone non cambiano.
20.14, Alec: Mi avevi detto di averlo fatto, una volta.
20.14, Numero sconosciuto: Forse mi sono solo costruito una corazza. Credi sia possibile?
20.15, Alec: Non lo so, e non sta a me capirlo. Forse avresti bisogno di un po' di tempo da solo, potresti diventare una persona migliore.
20.15, Numero sconosciuto: Potresti ispirarmi tu.

«Alexander Gideon Lightwood!»
Una voce femminile – che riconobbe come quella di una delle organizzatrici – lo fece sobbalzare. Si alzò, lasciando il telefono sulla sedia, e uscì sul palco. Individuò immediatamente i suoi fratelli seduti nella prima fila disponibile, che gli facevano cenni di incoraggiamento. Dopo aver annunciato ciò che avrebbe suonato, andò a sedersi davanti al piano. Cercò di svuotare la mente, per concentrarsi al meglio, ma le ultime parole di Magnus continuavano a risuonargli nelle orecchie. All'inizio, quando si erano appena conosciuti, per un periodo aveva davvero creduto che in Magnus ci fosse molto di più di quello che mostrava all'esterno, e che avrebbe potuto cambiarlo.
Le persone non cambiano.
Allora avrebbe davvero potuto far tornare Magnus il ragazzo che era stato un tempo? Rivide se stesso dargli un fazzoletto, quel giorno di alcuni anni prima. Era sicuro che quello fosse Magnus, anche se lui si ostinava a negarlo.
Si accorse di star perdendo tempo, quindi scosse la testa, stendendo le mani sui tasti bianchi e neri. Lui e Magnus erano così: opposti, ma se insieme nel modo giusto, potevano creare qualcosa di spettacolare.
Cominciò a suonare.
Questa volta, però, la sua mente non era concentrata sulle note o sullo spartito, bensì su quello che provava. Espresse attraverso la musica tutto quello che provava. La rabbia, il dolore, il desiderio, la paura, l'indecisione.
L'amore.
Come aveva fatto Magnus a impossessarsi del suo cuore in così poco tempo? Alec non credeva nell'amore a prima vista. E allora perché si sentiva così? Perché?
La melodia diventava più rapida, mentre l'inquietudine della sua anima cresceva.
Non avrebbe mai dimenticato Magnus. Questo doveva accettarlo. Ora, poteva o andare avanti con la sua vita, e trovare qualcun altro, o dargli un altra possibilità: doveva scegliere.
Finì di suonare.

 

* * *

 

21.37, Alec: Devo dirti una cosa velocemente. Non so dove abiti.
Magnus inviò il suo indirizzo circa un minuto dopo, aggiungendoci un ti lascio la porta aperta.
Alec ripose il cellulare in tasca, ruotando gli occhi. Probabilmente Magnus si stava immaginando tutt'altra cosa.
Una volta arrivato, spinse la porta di legno con una mano, prima piano: era sul serio aperta.
Entrò.
«Magnus?» chiese, mordendosi la lingua subito dopo. Pronunciare il suo nome era strano, dopo quello che era successo, come probabilmente lo era per Magnus sentirlo sulle sue labbra.
«Prima porta a sinistra» rispose una voce poco distante.
Alec avanzò, giungendo sulla soglia di quella che immaginò essere la camera di Magnus. Credeva che il ragazzo fosse più ordinato, invece c'erano vestiti, trucchi e cartacce sparse dappertutto. Magnus era steso sul suo letto, a due piazze, con la testa appoggiata al muro, le gambe accavallate, e fumava una sigaretta. La maglietta marrone che indossava era a maniche corte, e lasciava vedere le braccia piegate dietro la testa; il jeans, azzurro chiaro, avvolgeva le gambe lunghe e magre.
«Da quanto fumi?» buttò lì Alec, per distrarsi dalla bellezza della figura che gli si era presentata davanti. Pregò di non essere arrossito.
«Non lo faccio spesso» borbottò Magnus, buttando fuori un'ultima boccata di fumo. «Riminiscenze di tempi passati, con Camille e il suo gruppo. C'era questo ragazzo, Raphael Santiago, che fumava continuamente, e mi prendeva in giro ogni volta che rifiutavo le sue sigarette. Alla fine feci un tiro solo per dimostrargli che si sbagliava, e ci presi l'abitudine. Fortunatamente, ho smesso da un paio d'anni, dopo che tutti quegli stronzi sono usciti dalla mia vita.»
Alec si limitò ad annuire: non si aspettava tutti quei dettagli. Forse Magnus si sentiva in vena di parlare, per dimostrargli che, come gli aveva scritto, aveva messo su una corazza, e che era una persona vera, con dei sentimenti.
«Comunque, a cosa devo il piacere di averti qui, piccolo?»
«Volevo dirti di persona» cominciò Alec, nonostante l'imbarazzo e la stizza che quel soprannome continuava a provocargli. «che partirò tra due giorni. Ho vinto la competizione di piano. Ti chiedo di non passare a casa mia e di lasciar stare i miei fratelli. Intesi?»
Magnus aveva tenuto gli occhi fissi su di lui per tutto il tempo. Spense la sigaretta, scendendo dal letto, e si diresse verso Alec, a piedi scalzi. «Autoritario.» soffiò al suo orecchio, girandogli intorno.
Alec si scostò immediatamente. «Pensavo di essere stato chiaro. Basta con questi giochetti. E sono serio.»
«Come vuole.» rispose Magnus, con più freddezza, accennando un inchino provocatorio. «Ti rivedrò, quando tornerai?»
«Forse dovresti partire anche tu. Non c'è niente che ti trattiene qui.» rispose Alec. Aveva deciso che avrebbe riflettuto meglio su cosa fare durante il suo viaggio, per questo non se la sentì di rispondere a Magnus con un sì o un no. Sarebbero stati entrambi una bugia, perché non lo sapeva nemmeno lui.
Magnus sembrò ferito da quelle parole, ma fu bravo a mascherarlo. «In realtà c'è questo bellissimo ragazzo, determinato a farmela pagare, che non ho intenzione di lasciare andare.»
Alec non rispose, limitandosi ad avviarsi alla porta.
«Non-»
«Cosa?» disse Alec, fermandosi, convinto di aver sentito qualcosa.
«Nessun bacio d'addio?» soffiò Magnus, ma senza avvicinarsi.
«Come quello che mi hai dato alla cerimonia del diploma?» sibilò Alec, voltandosi, dando sfogo a qualcosa che voleva dire da tempo. Anche se avesse perdonato Magnus, non si sarebbe mai dimenticato di quel bacio, e quello che gli aveva fatto passare. Approfittando del silenzio che seguì, perché Magnus non riuscì a ribattere, Alec uscì nel freddo della sera.
Jace e Isabelle volevano portarlo a festeggiare, ma era convinto che ciò - o meglio, chi - occupava la sua mente non l'avrebbe lasciato per un po'.







 



*Distribuisce pandori e panettoni e fa auguri di Natale in ritardo*
Mi scuso tantissimo per il ritardo di oltre due mesi, non posso giustificarmi ç_ç 
Spero che da questo momento in poi potrò riprendere ad aggiornare con più costanza come facevo all'inizio. 
Per quanto riguarda il capitolo... ew. Abbiamo visto una svolta, è il momento per Alec di decidere - e vi anticipo che il viaggio sarà fondamentale. 
Ringrazio tutti quelli che hanno letto e recensito l'ultimo capitolo, e in anticipo quelli che leggeranno anche questo 
A presto - lo prometto,



{Vi lascio come sempre la mia  pagina autrice  

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Capitolo 12
*** Scelte ***









 

Perché le persone sembrano così belle quando si allontanano da te?
Magnus si fece questa domanda, osservando Alec uscire dal suo appartamento. Stava per partire: era successo tutto così velocemente.
Si buttò sul letto, prendendo un'altra sigaretta. Quella sera aveva visto qualcosa di diverso negli occhi di Alec: l'azzurro delle iridi sembrava luccicare, quando lo guardava. Sembrava che stesse finalmente pensando seriamente di perdonarlo, di tornare da lui. Magnus sperò che l'Europa aiutasse Alec ad aprire gli occhi come aveva fatto con lui.
Espirò, buttando fuori una boccata di fumo.
Doveva aspettare due settimane – era l'unica cosa che poteva fare. Il fumo si disperse nella sua stanza. Non gli era mai piaciuto fumare, l'aveva detto anche ad Alec, ma riusciva stranamente a tranquillizzarlo.
Guardò il pacchetto di sigarette mezzo vuoto tra le sue mani.
Se quello stato di agitazione fosse continuato per tutto il tempo del viaggio di Alec, avrebbe dovuto comprarne altri.

 

* * *

 

Alec aveva sempre amato New York, ma quando mise piede in Europa si sentì come rinato. Alcune cose erano molto differenti da quelle a cui era abituato, ma per la prima volta la scoperta, il cambiamento, lo fece stare meglio. A ogni boccata d'aria che prendeva, sentiva i suoi polmoni riempirsi di uno spirito nuovo. Magari quel viaggio gli avrebbe davvero portato le risposte che cercava.
Non era mai stato molto estroverso, quindi la solitudine non gli pesava affatto. Camminare per le strade con lo zaino in spalla, guardandosi semplicemente intorno, lo rilassava. Osservare gli edifici, i luoghi naturali, le persone che passavano e immaginare la loro storia. La mattina si tenevano le lezioni, mentre per il resto della giornata poteva fare ciò che voleva – tranne in alcune date che prevedevano visite guidate in luoghi che portavano in sé pezzi della storia della musica.
Molto spesso, passeggiando, sentiva la presenza di Magnus dietro, accanto, o davanti a lui. Si chiedeva se stesse percorrendo le stesse strade che aveva percorso lui, se si stesse fermando negli stessi posti in cui si era fermato lui. Con non poca stizza, si chiese anche quanti ragazzi di quelli che vedeva si era portato a letto.
Scosse la testa, allontanando quel pensiero, che non era per niente d'aiuto.
La prima tappa era Parigi, una città che Alec aveva sempre voluto visitare. Guardò l'ora: mezzogiorno.
Doveva trovarsi tra un quarto d'ora al Musée de la Musique per una visita prevista dal viaggio: in quel museo erano esposti moltissimi strumenti rarissimi, alcuni dei quali anche posseduti da importanti musicisti. Sarebbe stato un onore vederli da vicino.
Consultando la sua cartina, Alec arrivò a destinazione puntuale, dato che, essendosi trovato fortunatamente già in zona, gli era bastato prendere un autobus.
Gli organizzatori gli avevano prenotato anche una audioguida, che Alec prese volentieri: mise le cuffie, selezionò il numero 1 e cominciò a camminare per i corridoi del museo.
La voce della guida era femminile e piuttosto piacevole da ascoltare; illustrava la storia e la funzione di ciascuno strumento, indicando ad Alec il percorso da fare. Talvolta c'erano anche le registrazioni dei suoni prodotti proprio dagli strumenti della collezione.
Guardandosi intorno, notò con piacere che c'erano anche altri ragazzi come lui, non solo persone più mature, tanti giovani interessati alla storia di una delle arti più magiche di sempre.
«L'ottobasso è altissimo.» mormorò un ragazzo accanto a lui, ed Alec sembrò strano vedere interrotto il silenzio che regnava in quel posto.
Selezionò l'opzione di pausa sull'audioguida. «Già, vederlo dal vivo è tutta un'altra cosa.» rispose timidamente, sinceramente un po' sorpreso che quel ragazzo avesse rivolto la parola proprio a lui. Sembrava anche più grande di lui di un paio d'anni.
«Menomale che siamo abbastanza alti» ridacchiò, fermandosi con lo sguardo in particolare su una giovane bassina davanti allo strumento in questione.
Alec ricambiò il sorriso. Stava per riprendere la sua visita, pensando che la conversazione fosse finita, quando il ragazzo gli tese una mano.
«Jordan. Jordan Kyle.»
«Alexander Lightwood.» rispose lui, stringendogliela. «Ma puoi chiamarmi Alec.»
«Dimmi, Alec, ti andrebbe di andare a prendere un caffè appena usciti da qui?»
Quella richiesta improvvisa lo lasciò interdetto per un secondo. Non si conoscevano neanche da cinque minuti. «Ecco, io...»
«Non mordo» assicurò Jordan, sorridendo. «È che sono venuto qui da solo, e chiacchierare un po' con qualcuno non mi farebbe male.»
Alec scrollò le spalle. Si era ripromesso di provare cose nuove durante il viaggio, no? Lasciò quindi da parte per un secondo le sue ansie sociali e accettò. Lui e Jordan continuarono la visita separati, decidendo di rivedersi all'uscita.

«Ci vediamo all'uscita» comunicò Magnus ai due amici, che intanto stavano guardando uno strumento stranamente alto.
«Ma riesci a rimorchiare qualcuno in qualsiasi posto in qualsiasi momento?» chiese Ragnor, tra l'incredulo e lo scocciato.
«Se voi organizzaste delle gite divertenti non dovrei farlo» ribattè prontamente lui.
Catarina ridacchiò. «Se fosse per te staremmo facendo il giro delle discoteche d'Europa.»
Magnus fece una falsa risata, prima di voltarsi e guardarsi intorno. Ragnor e Catarina avevano voluto vedere quel museo pur non essendo tanto appassionati di musica, e lui era stato costretto a seguirli.
Riportò lo sguardo sullo strumento davanti a sé: “ottobasso” diceva la targa.

 

* * *

 

Jordan lo condusse in un bar poco distante dal museo, piccolo ma davvero carino. Si sedettero in un angolo abbastanza lontano dalla porta, accanto a una finestra.
Avevano parlato del museo per tutta la strada, e ora dovevano trovare un nuovo argomento di conversazione.
«Dimmi, Alec» fortunatamente prese Jordan l'iniziativa, dopo aver ordinato. «che ci fai qui a Parigi?»
«Ho vinto una gara di piano, e questo era il primo premio» rispose lui molto semplicemente. «E tu?»
«Sono qui per conto mio, ho sempre voluto vedere Parigi»
Per un po' di tempo ci fu un silenzio imbarazzante, perché Alec non sapeva cosa chiedergli senza andare troppo sul personale – erano sconosciuti l'uno per l'altro.
«Grazie» fu la prima parola che dissero insieme dopo qualche minuto, quando una cameriera bionda portò loro quello che avevano ordinato: caffè nero per Alec e cappuccino per Jordan.
«Devo chiedertelo» mormorò all'improvviso Alec, osservando Jordan soffiare sulla sua tazza. «Perché hai parlato proprio con me? Non credo di sembrare particolarmente interessante»
«Al contrario» Jordan sorrise. «C'era qualcosa nei tuoi occhi che mi incuriosiva.»
Alec smise di bere il suo caffè, aspettando che l'altro si spiegasse.
«Vedi...» cominciò Jordan, mostrandogli una medaglietta che portava al collo, sotto la maglietta. «Sono un membro del Praetor Lupus.»
«Non ne ho mai sentito parlare.»
«È un misto tra una casa e una clinica di riabilitazione per giovani con problemi di droga. Hanno accolto anche me, quando avevo qualche anno in meno di te. Ero in un brutto periodo.
«Non devi dirmelo» lo interruppe Alec, cominciando a sentirsi in imbarazzo per lui. Non pensava che la sua domanda avrebbe portato a tutto quello: la sua intenzione non era certo quella di obbligare Jordan a rivangare il suo passato per raccontarlo a lui.
«Va tutto bene.» lo rassicurò l'altro, rilassato. «L'ho superato, e ora collaboro con loro che per aiutare quelli che ci stanno passando.»
«È una bella cosa, ma, scusami, Jordan… Io non ho problemi di droga»
«Oh, no, lo so» rise Jordan. «Dicevo solo che ho imparato a capire quando una persona è turbata.»
«Deve essere piuttosto fastidioso» appuntò Alec, senza specificare se per lui o per le altre persone.
Jordan sembrò sorvolare. «Se c'è qualcosa che posso fare per te...»
Alec si passò le mani sui jeans. «Lo apprezzo davvero, ma ne dubito»
In parte era la verità, ma in ogni caso ad Alec non andava di parlare di ciò che lo turbava, perché riteneva la sua omosessualità il suo segreto più profondo e non se la sentiva di rivelarlo a un estraneo, soprattutto quando nemmeno suo fratello lo sapeva.
Jordan annuì. Doveva essere davvero una brava persona: una di quelle che diventano migliori dopo un passato travagliato, invece di farsi distruggere da esso.
Ed ecco che Magnus ritornava nei suoi pensieri.
Magari Jordan poteva aiutarlo senza sapere davvero di starlo facendo…
«Jordan, posso farti una domanda?»
Il ragazzo sembrò felice di poter essere utile. «Dimmi pure»
«Credi che per andare avanti bisogni dimenticare il passato?»
«No» rispose immediatamente Jordan, risoluto e convinto. «Il passato conta sempre. Non puoi dimenticare le cose che hai fatto in passato, o non imparerai mai da esse.»
«Quindi puoi scegliere?»
«La vita è fatta di scelte.»
«Anche l'amore è una scelta?» chiese istintivamente Alec, mordendosi subito dopo la lingua. Si era spinto troppo in là.
«Non credo che tu possa scegliere di chi innamorarti. Quello è oltre il nostro controllo, e spesso contro la nostra volontà. Ma una cosa possiamo farla: possiamo scegliere quanto impegnarci. Scegliere quanto dare.»
Alec lasciò che la sua mente vagasse, perché le parole di Jordan erano state la spinta che aveva cercato. Nei giorni successivi avrebbe preso una decisione definitiva su cosa fare con Magnus. Non poteva semplicemente imporsi di scegliere di non amarlo più.
«Grazie, Jordan.»
«Grazie a te, Alec. Spero di averti aiutato almeno un po'.» rispose l'altro, sorridendo.
Si scambiarono i numeri e si salutarono con una stretta di mano, prima di andare ognuno per la sua strada.
Alec diretto alla metropolitana, per recarsi in qualche spazio verde dove pensare, e Jordan in hotel.
In realtà, quella chiacchierata aveva aiutato anche lui: gli aveva fatto capire che forse non era troppo tardi e che poteva ancora ottenere il perdono della ragazza che amava, anche dopo tanto tempo, Maia.
E intanto Alec avrebbe cercato di perdonare Magnus.

 

* * *

 

«Dai, Alec! Avrai dovuto pur fare qualcosa di… trasgressivo.» disse Isabelle, socchiudendo gli occhi, con voce più profonda.
Jace rise, e lui non poté non fare lo stesso.
I due fratelli erano andati a prenderlo all'aeroporto, e avevano cominciato a tartassarlo di domande non appena aveva messo piede in macchina.
«Non vedo l'ora di tornare a casa e poter parlare con Max.» li prese in giro Alec. Nonostante fosse il fratello più piccolo, infatti, Max era molto intelligente ed Alec adorava discutere con lui di musica o di libri.
«Okay, okay, la smettiamo» disse Izzy, allungandosi dal sedile posteriore per scompigliargli i capelli. «Quindi hai solo frequentato le lezioni e visto musei e cose del genere?»
«Non è noioso come lo fai sembrare» si difese Alec.
«Ti crediamo sulla parola» intervenne Jace, con il solito sorriso sarcastico sulle labbra. «Com'è stato stare senza di noi?»
«… Tranquillo» rispose evasivo Alec, sorridendo.
Voleva davvero bene a Jace ed Isabelle, anche se la pensavano diversamente su alcune cose, ma in quelle due settimane da solo aveva potuto riflettere e pensare solo a se stesso – una cosa piuttosto rara per lui.
«Uhm» momorò Isabelle, facendo una smorfia poco convinta. «In ogni caso, l'importante è che tu ti sia divertito.»
«L'ho fatto.»
Con divertimento non si riferiva all'accezione più mondana del termine, ma lo intendeva davvero. Aveva passato giorni immerso nella musica, che lo aveva sempre aiutato a calmarsi ed esprimersi quando le parole non ci riuscivano. In più, aveva conosciuto Jordan, che si era rivelato un buon amico – avevano parlato via chat qualche altra volta, dopo il caffè. Tuttavia, la cosa più importante era che quel viaggio lo aveva aiutato a decidere.
Aveva capito che non poteva andare così, perché se non era riuscito a dimenticare Magnus fino a quel momento doveva esserci un motivo. Sapeva che probabilmente si stava mettendo nei guai con le sue stesse mani, ma doveva provarci, altrimenti non avrebbe mai saputo se poteva funzionare.
E poi, una parte di lui sperava che Magnus fosse cambiato veramente e che sarebbe andato tutto bene.
Erano le otto: avrebbe potuto incontrare Magnus anche subito, ma non sapeva cosa dire ad Isabelle e Jace. Quindi tornò a casa con loro, cenarono con quello che avevano preso da Taki's e lui raccontò tutto a Max.
«Sei l'unico che mi dà un po' di soddisfazione» commentò poi, suscitando una risata da parte del fratello più piccolo e occhiatacce dagli altri due.
Alla fine andò a dormire, perché era davvero stanco, decidendo che avrebbe parlato con Magnus la mattina seguente.

 

* * *

 

Magnus si infilò la giacca di pelle nera, prima di salire sulla moto. Alec gli aveva mandato un sms dove diceva che aveva preso una decisione, e gli chiedeva di incontrarlo alle spalle della scuola – era domenica mattina, quindi non ci sarebbe stato nessuno. Alec di certo non voleva che qualcuno li vedesse.
A Magnus piaceva far credere a tutti di non aver paura di nessuno e di niente, e di prendere tutto sottogamba, ma quella mattina sentiva il cuore battere un po' più forte, perché ci teneva veramente che Alec lo perdonasse. Sapeva che si sarebbe meritato anche molto più rancore di quello che gli aveva mostrato Alec – forse lui stesso per primo si sarebbe comportato diversamente – ma il desiderio di stare con Alec superava il suo senso di colpa.
In ogni caso, non poteva rimediare a quello che aveva fatto, poteva solo fare in modo che non succedesse più. Si sarebbe impegnato davvero con Alec.
«Buongiorno» disse, fermando la moto, vedendo Alec in piedi, con le mani infilate nelle tasche del cappotto nero.
«Ciao» rispose lui.
«Com'è andato il viaggio?»
«Bene. Mi ha aiutato a capire cosa provo.»
Magnus annuì, in attesa. Non poteva dire o fare più nulla ormai, si vedeva che Alec aveva preso una decisione e che ne era sicuro.
«Ti perdono.»
Sentendo quelle parole, Magnus si sentì più leggero, come se gli avessero tolto dalle spalle un peso che portava da lungo tempo. Però rimase immobile, perché sapeva che il peso che doveva togliersi Alec era molto più grande.
«So che non posso legarti o obbligarti a fare e soprattutto a promettermi qualcosa, non ancora almeno. Ma vorrei che mi dicessi che ci proverai. Che proverai a non spezzarmi di nuovo il cuore, perché non potrei più perdonarti. Innamorarmi di te non è stata una scelta, Magnus.» Alec accennò una risata. «Sicuramente no, probabilmente non lo volevo nemmeno. Ma stavolta io sto scegliendo di darti un'altra possibilità.»
Magnus sorrise, e fu la prima volta in cui Alec non vide malizia, un duplice fine, o qualcosa di forzato in un suo sorriso. C'era solo sincera gioia.
«Grazie, Alexander» mormorò Magnus, prendendogli una mano. Aveva ascoltato con attenzione le parole di Alec, ed era rimasto sinceramente colpito. Sembrava che Alec lo avesse capito – forse meglio di quanto si capisse lui stesso – e non poteva che confermare che fosse un ragazzo dall'animo puro e dolce. Timido e riservato, era spesso da solo, ma era una delle persone migliori che Magnus conoscesse. «Ci proverò.»
Alec sorrise, perché sapeva che quelle parole erano quanto più poteva ottenere per ora. Ed era un inizio.
La malizia tornò sulle labbra di Magnus. «Vogliamo sigillare questa scelta?»
Alec dischiuse le labbra giusto in tempo per sentire quelle di Magnus sulle proprie.
Anche se non era davvero la prima volta che si baciavano, Alec si sentì come se lo fosse. Aveva le farfalle nello stomaco, ma sapeva che Magnus adesso non sarebbe scomparso, che sarebbe rimasto con lui per un po'.
«Dio benedica l'Europa» disse Magnus, quando si separarono.
«Già.» rispose Alec, ridacchiando.
Magnus guardò i suoi occhi azzurri brillanti, le labbra un po' arrossate increspate in un sorriso timido, le guance leggermente colorate, i capelli corvini che risaltavano sulla pelle chiara.
Ripensò alla domanda che si era fatto quando Alec aveva lasciato il suo appartamento, e si diede una risposta.
Perché sono ancora più belle quando ritornano.









 

Note dell'autrice:
Buon Carnevale! *coriandoli glitterati* 

Spero che questo capitolo vi abbia resi almeno un po' contenti, e in più stranamente non sono esageratamente in ritardo. Infatti, penso che aggiornerò più o meno una volta al mese, principalmente a causa della scuola, che mi tiene davvero occupata, e della simpatica ispirazione che va e viene.
Ho un paio di appunti su questo capitolo: inizialmente doveva essere più breve, ma alla fine ho deciso di metterci tutto, quindi spero che non sia risultato troppo carico e che abbia bilanciato il precedente che era più di passaggio. Ho deciso di introdurre Jordan perché è un personaggio che mi è sempre piaciuto, e adoro la sua storia e come sia riusciuto a imparare dal suo passato. Nella storia, come avete letto, aiuta Alec a perdonare Magnus, ma le sue parole gli torneranno utili anche in futuro. Ho interpretato il Praetor Lupus come una casa di riabilitazione, spero di poter riparlarne - così come della storia di Jordan e Maia. Arriviamo quindi ai nostri Malec: credetemi, vedere Alec tenere sulle spine Magnus è piaciuto tantissimo anche a me, ma credevo che fosse il momento per Alec di smettere di evitare la situazione e di affrontarla. Fatemi sapere anche cosa ne pensate voi! 
Ultima cosa: la parte tutta in corsivo era un flashback del viaggio di Magnus in Europa; un ottobasso è una sorta di enorme contrabasso alto 3,85 m.
Okay, ora ho finito di scocciarvi con queste lunghissime note e torno ai miei affari. 
Ringrazio davvero col cuore tutti quelli che leggono la storia, ormai siete 101 ad averla tra le seguite, 15 tra le ricordate e 34 tra le preferite. Non dico questi numeri se non per ringraziarvi. 
Detto ciò, mi farebbe davvero piacere conoscere il vostro parere, quindi let me know 

Alla prossima, 


 
{Vi lascio come sempre la mia  pagina autrice  

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Capitolo 13
*** Surprise ***









 
«Buongiorno, Alexander» disse Magnus, scostandosi dalla moto alla quale era stato appoggiato per la mezz'ora precedente. Voleva fare una sorpresa ad Alec, ed era arrivato un po' in anticipo rispetto all'uscita da scuola.
«Che ci fai qui?» chiese Alec, cercando di restare il più calmo possibile.
Magnus realizzò che forse non era stata una buona idea andare a prendere il ragazzo con una moto così appariscente dove tutti potevano vederli.
«...Sorpresa» esclamò Magnus, con quanto più entusiasmo gli era rimasto, alzando le mani.
Alec sgranò gli occhi. Era tornato da pochi giorni a scuola dopo il viaggio in Europa, e lo osservavano tutti, chi per invidia e chi, in percentuale minore, per ammirazione. Ci mancava solo che un ragazzo come Magnus lo aspettasse all'uscita di scuola: non gli andava di trovarsi al centro dei pettegolezzi. All'inizio di quell'anno, aveva pensato che avrebbe finito il liceo nel più tranquillo dei modi, e che non avrebbe avuto niente o nessuno a cui dire addio quando se ne sarebbe andato. Anzi, sarebbe stata quasi una liberazione. Adesso vedeva davanti a sé una strada nuova, che non vedeva l'ora di percorrere, magari accompagnato da Magnus. Dopo anni passati a nascondere chi era veramente per paura del giudizio degli altri, a restare in silenzio per non rischiare di dire stupidaggini, a isolarsi con la convinzione di non essere all'altezza dei suoi compagni, uscito da quelle mura sarebbe cominciato un nuovo capitolo della sua vita.
«Ho capito, piccolo» sbuffò Magnus, risalendo sulla moto. «Faccio il giro e ti aspetto sul retro.»
Dopo essere arrossito per il solito appellativo, Alec gli sorrise grato e si affrettò a raggiungerlo.
«Pensi che prima della fine dell'anno riuscirai a farti vedere in pubblico con me?» lo prese in giro Magnus. Non poteva negare che fosse un po' fastidioso dover fingere davanti agli altri, ma capiva perfettamente Alec e non aveva alcuna intenzione di mettergli fretta. Avrebbe fatto coming out quando sarebbe stato pronto.
Alec fece un sorriso imbarazzato, sempre con le guance leggermente rosse. Sapeva che per uno come Magnus, fiero di chi era e non spaventato di mostrarlo, quella situazione doveva essere difficile, un po' come essere tornati indietro. «Mi dispiace»
«Sto scherzando, piccolo» rispose Magnus, dolcemente, intrecciando le dita alle sue.
«Magnus» cominciò Alec, scostandosi leggermente.
«Se hai cambiato idea su di noi–»
«No, no» si affrettò a dire il più giovane, tranquillizzandolo. «Però c'è una cosa di cui vorrei parlarti. Ti ho perdonato, questo è vero, ma vorrei comunque andarci piano, in modo da essere entrambi sicuri di volerci davvero riprovare.»
«Mi sembra ragionevole» acconsentì Magnus, ripensando a come era andata la prima volta. Poi si riavvicinò ad Alec, di profilo, strofinandogli il naso contro l'orecchio. «Quanto piano?»
Alec doveva ammettere di essere tentato di dimenticare tutto il suo discorso, ma quando decideva una cosa, difficilmente cambiava idea. «Piano tipo primo appuntamento.»
Magnus lo guardò negli occhi, quasi incredulo. «Così piano?»
Alec annuì solenne.
«Dovrò anche chiedertelo, di uscire con me? Perché la prima volta mi ci è voluto un ricatto...»
«Quello te lo risparmio» concesse Alec, ridendo.
«D'accordo. Ti passo a prendere stasera alle otto.» disse Magnus, sistemandosi la giacca di pelle nera. Lanciò un bacio ad Alec – che fece finta di niente – e salì sulla moto.
«Magnus!» lo chiamò Alec, prima che partisse. «Sorprendimi.»
«Oh, lo farò.»
 
* * *
 
«Noi andiamo! Comportatevi bene» disse Izzy, ridendo, mentre chiudeva la porta alle sue spalle, seguendo Jace.
«Finalmente» sospirò Alec, uscendo dalla sua stanza. Aveva dovuto aspettare che i suoi fratelli uscissero, perché non voleva che lo vedessero con Magnus – Jace non sapeva nemmeno della sua omosessualità, e non gli andava molto di discutere con Isabelle. Sapeva che la sorella non avrebbe approvato, e gli avrebbe ricordato quanto era stato male dopo la partenza di Magnus. Aveva deciso di vedere prima se stavolta avrebbe funzionato, e in tal caso di parlarne ai fratelli.
Si affacciò alla soglia della camera di Max.
«Sei il migliore» lo ringraziò.
«Ricordati il mio fumetto quando torni!» gli rispose il più piccolo, sistemandosi gli occhiali sul naso.
Alec sorrise e corse giù. Aveva detto a Max che doveva uscire ma che Izzy e Jace non dovevano saperlo, e lui aveva accettato di reggergli il gioco in cambio del nuovo volume del suo fumetto preferito. Alec si sentiva un po' in colpa a lasciarlo da solo, ma non sarebbe stato per più di un paio d'ore.
Uscì dalla casa e vide Magnus sul vialetto. «Finalmente!» esclamò il ragazzo. «Credevo avessi deciso di darmi buca»
Alec guardò l'orologio e notò che erano passati quaranta minuti dall'ora dell'appuntamento. «Aspettavo che i miei fratelli uscissero. Non ti avranno mica visto?»
«Non preoccuparti, mi sono nascosto più avanti»
«Scusa» mormorò Alec, passandosi una mano dietro la nuca.
«Tranquillo, piccolo. Trovo la segretezza piuttosto… eccitante.» rispose Magnus, sfoderando il suo solito sorriso.
Alec arrossì e ignorò quell'ultima osservazione. «Allora, dov'è la tua moto?»
«Moto?» ripeté Magnus, scuotendo la testa. «Non stasera.»
Prese Alec per mano e lo condusse un po' più avanti, fino ad un'elegante macchina nera.
«Tadan
Alec rise. «È davvero tua o magari scoprirò che è un auto rubata?»
«È questo che pensi di me?» chiese Magnus, facendo una faccia offesa. «L'ho noleggiata.» spiegò.
«Sono colpito»
«Sali e basta» sbuffò Magnus, ma non senza sorridere. Alec al loro vero primo appuntamento era stato estremamente timido ed impacciato, e in alcuni momenti anche sinceramente a disagio. Adesso si era sciolto con lui e ne era davvero felice.
«Non mi apri la portiera?»
Magnus lo fece immediatamente. «Ecco. Sono un gentiluomo, io.»
Durante il viaggio ascoltarono la musica di Magnus, che ogni tanto si metteva anche a cantare, cosa che sembrava divertire Alec. Il suono della sua risata era quasi più bello delle note, e gli occhi azzurri luccicavano nel buio della sera.
Magnus non volle dirgli dove andavano, e Alec non poté obiettare nulla, ricordandosi che era stato lui a chiedere una sorpresa.
Alla fine, scoprì che Magnus l'aveva portato in un piccolo ristorante italiano. Alec ne aveva sentito parlare, perché tutti dicevano che si mangiasse benissimo, ma che era sempre molto affollato. «Come hai fatto a prenotare?»
«È stato difficile, visto il poco preavviso, ma ho i miei segreti.»
Alec dischiuse le labbra, ma Magnus lo interruppe. «Non mi sono fatto nessuno. Da piccolo era amico del figlio dei proprietari, tutto qua.»
«Okay.» sussurrò Alec, sorridendo e sfiorandogli il dorso della mano, facendogli capire che gli credeva.
Si sedettero e gli portarono subito i menù.
«Di tutte le cucine che ho assaggiato nel mio viaggio in Europa la italiana è quella che mi è piaciuta di più.»
Passarono allora la serata a parlare del viaggio di Alec, e i due scoprirono con sorpresa di aver, talvolta, visitato gli stessi posti.
Quando fu il momento di tornare a casa, Alec si voltò verso Magnus, seduto al posto di guida. «Devo chiederti un favore. Puoi portarmi in fumetteria?»
Magnus prima lo guardò incredulo e poi scoppiò a ridere. «Sei serio?»
«Lunga storia» rispose Alec, ma capì che l'altro non l'avrebbe portato da nessuna parte se non l'avesse raccontata, perciò gli spiegò tutto.
«Quindi ti fai ricattare da un ragazzino?» concluse Magnus, dirigendosi verso una fumetteria aperta fino a tardi. 
«Non è cos– va bene, forse.» ammise Alec scocciato, prima di scendere dalla macchina per dirigersi verso il negozio, seguito dalla risata di Magnus.
 
* * *
 
«Spero che tuo fratello sarà contento» disse Magnus, accompagnando Alec alla porta di casa Lightwood.
Il ragazzo alzò gli occhi al cielo. «Piuttosto, io non riesco ancora a credere che tu abbia addirittura noleggiato un auto» disse, sorridendo, non potendo evitare di guardare la macchina nera di Magnus parcheggiata sul suo vialetto.
«Volevi che ti sorprendessi, e l'ho fatto. E volevo che questo secondo primo appuntamento fosse migliore del primo.» rispose lui, abbassando un po' lo sguardo. Rivide nella sua mente l'espressione quasi spaventata di Alec quando era corso via dall'Under. Persino allora, quando Alec non era altro che uno dei tanti, si era sentito in colpa per aver trascinato un ragazzo così puro in un postaccio del genere.
«Vorrei poterti dire che l'ho dimenticato, ma quel covo di pervertiti resterà nei miei incubi per sempre» ribatté Alec, cercando di mantenere un tono e un'espressione seria, ma scoppiò subito a ridere quando vide la faccia colpevole di Magnus. «Frequentavi sempre posti così?»
«Per quanto mi vergogni ad ammetterlo adesso, sì. All'inizio lo facevo semplicemente per dimenticare e per dimostrare a me stesso che anche io potevo essere forte, poi ho cominciato a prenderci gusto. È orribile da dire, ma è così che poco a poco ho accumulato autostima, distruggendo quella degli altri»
Alec gli sollevò il mento con le dita, costringendolo a guardarlo negli occhi. «Non sei più quella persona ora. So che non scendi a compromessi con te stesso per nessuno, ma magari potresti cambiare per il tuo bene. Non devi farlo per me, fallo per te
«Grazie, Alexander.» sussurrò Magnus, avvicinandosi al suo viso per baciarlo.
Alec spostò le dita da sotto il suo mento alle sue labbra. «Che fai? Ti conosco appena, è solo il nostro primo appuntamento.»
Magnus lo fulminò con lo sguardo, rassegnato. Alec sapeva essere davvero testardo. «Questa storia mi ha già annoiato.»
Alec gli sorrise, concedendogli un bacio sulla guancia. Lo divertiva poter avere il controllo, per una volta, e voleva mettere alla prova Magnus. Pensava fosse sincero quando gli aveva detto di volere una seconda possibilità, ma voleva esserne sicuro. Teneva troppo a Magnus per rischiare di perderlo come la prima volta. È vero, gli aveva spezzato il cuore, ma era stato anche il primo in grado di farlo battere.
Magnus rimase sulle scale, mentre lui rientrava in casa. Alec si girò solo un secondo, prima di chiudere la porta dietro di sé. «Buonanotte, Magnus.»  

 







 

Note dell'autrice:
Eccomi qui! L'ispirazione ci ha messo un po' a raggiungermi, forse perché l'angst mi risulta più semplice da scrivere, ma volevo dare un po' di felicità a questi due bambini. Vi prometto che proverò a non farli soffrire per più tempo possibile. (Che persona orribile che sono.)
Ho scelto un ristorante italiano perché tutti gli stranieri che vengono da noi non fanno che elogiare la nostra cucina  - giustamente -  e quindi...
Ormai sapete che sono sempre in ritardo, ma ci avviciniamo alla fine dell'anno scolastico, quindi dovrei riuscire ad aggiornare più velocemente. 
Adesso vado, e vi lascio alle vostre vacanze, con la speranza che questo capitolo vi sia piaciuto 

Fatemi sapere il vostro parere e buona Pasqua! 



PS. Quanti come me aspettano mercoledì prossimo per la 1x12 (intitolata Malec) della serie TV? *^*


{Vi lascio come sempre la mia pagina autrice

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Capitolo 14
*** Sunday morning's sweetness ***









 

11.03, Magnus: Buongiorno, piccolo.

Alec sentì il cellulare emettere il solito rumore che faceva quando gli arrivavano i messaggi, vibrando sul comodino.
Si girò e lo raggiunse muovendosi con le ruote poste sotto i piedi della sedia.

11.03, Alec: Ti sei svegliato ora? Mattutino
11.04, Magnus: Vedo che sei sarcastico anche di prima mattina
11.04, Alec: Se solo fosse davvero prima mattina…

Ridendo, Alec aspettò la risposta di Magnus. Si divertiva a punzecchiarlo quando poteva, e del resto Magnus non poteva vederlo arrossire dietro lo schermo.

11.05, Magnus: Ah ah
Che fai?

Ignorando il palese tentativo di Magnus di cambiare argomento, Alec gli rispose che stava studiando – più o meno da tre ore.

11.07, Magnus: Il solito secchione
11.07, Alec: È uno degli ultimi compiti dell'anno. Devo prendere il diploma, ricordi?
11.08, Magnus: Certo che sì. Sto già pensando alla festa da organizzarti
11.08, Alec: Non sono un tipo da feste
11.08, Magnus: Ah sì? Non l'avrei mai detto

Stavolta fu Alec a rispondere con un ah ah.
Poi rimise il telefono al suo posto, con lo schermo rivolto verso il basso, deciso a studiare.
Dopo una ventina di minuti, proprio mentre stava per cominciare il nuovo capitolo, il suo cellulare squillò, con il suono di un piano. Rispose, sapendo già che voce avrebbe sentito.
«Magnus?»
«Sono sotto casa tua. Scendi, ti porto a fare colazione.»
«Sto studiando, te l'ho de –»
«Appunto, mangiare qualcosa non ti farà male.»
Alec sbuffò, senza però riuscire a trattenere un sorriso. Non avrebbe mai pensato che un giorno avrebbe trovato qualcuno con cui andare a fare colazione la domenica mattina. Negli ultimi mesi trascorsi insieme, era stato completamente in pace con se stesso e con il mondo: Magnus era capace di donargli una serenità che non pensava essere in grado di poter provare. L'unico tasto dolente era che Jace e Isabelle continuavano a non sapere niente, nonostante Alec credesse che la sorella sospettasse qualcosa. A scuola qualche volta andava a cercarlo durante l'intervallo, ed altre volte decideva di restare a casa il sabato sera, disdicendo i suoi appuntamenti un'ora prima. Quella segretezza poteva anche essere divertente, ma dall'altra era estenuante, e Alec sapeva che non sarebbe potuta continuare a lungo. Decise che ne avrebbe parlato ad Isabelle, magari quella sera stessa o tra un paio di giorni, perché Magnus gli aveva dimostrato di essere cambiato, e Alec voleva dimostrargli di fidarsi di lui.
«Vedo cosa posso fare per evitare i miei fratelli» disse, prima di riattaccare. 
Alec si cambiò i pantaloni di tuta con dei jeans e scese. Jace, Izzy e Max erano tutti in cucina, intorno al tavolo – probabilmente i due maggiori si erano appena svegliati, data l'ora in cui si erano ritirati la sera precedente. Max, invece, si disse Alec, aveva approfittato di quel tempo per leggere i fumetti in totale tranquillità.
Isabelle, nel suo pigiama viola, si stava legando i lunghi capelli corvini in una treccia per evitare che andassero a finire nel… in qualsiasi cosa stesse cucinando. Intanto, Jace cercava palesemente una scusa per impedire alla sorella di toccare i fornelli, cercando l'aiuto di Max.
«Buongiorno» li salutò Alec, sorridendo sinceramente. I suoi fratelli erano una delle cose a cui teneva di più, e non sarebbe mai riuscito ad esprimerlo a parole. Decise quindi di dar loro una mano e, contemporaneamente, uscire con Magnus. «Che ne dite se faccio un salto al bar a prendere ciambelle e caffè?»
«Per me cioccolata calda!» esclamò Max.
Jace annuì vigorosamente, ringraziandolo in silenzio con uno sguardo – non servivano parole quando si trattava di evitare i piatti di Izzy.
La ragazza in questione guardò prima Jace e poi Alec, assottigliando gli occhi. «Fingerò di non aver capito che non volete che io cucini se mi prendi un cappuccino con doppia panna.»
«Affare fatto» sorrise Alec, e Izzy gli schioccò uno schiaffo leggero dietro la nuca, prima che uscisse.
Lui si infilò la felpa e raggiunse Magnus all'esterno.
 Il ragazzo lo aspettava un po' più avanti, stando con nonchalance appoggiato alla sua moto, come se si trovasse lì per caso.
«Mi chiedo come faresti senza questa moto» lo prese in giro Alec, raggiungendolo.
«Sopravviverei, ho abbastanza charme anche senza.» ribatté prontamente Magnus con un sorriso. «Però sono curioso, come hai fatto a svignartela?» 
«Isabelle stava cucinando – non è molto portata, ecco» spiegò. «e la mia idea di andare a prendere la colazione al bar è stata subito accolta.»
«La mia idea» precisò Magnus, alzando le sopracciglia.
«Volevi che venissi o no?»
«Guarda cosa mi tocca fare, prima la fumetteria e ora questo»
Alec sorrise. «Grazie»
Magnus gli sfiorò con le labbra una guancia che diventò immediatamente rossa. A quel punto, anche il più grande sorrise, come se avesse raggiunto il suo obiettivo, e salì sulla moto. Alec lo imitò, e come sempre fu costretto a stringersi alla sua vita.
«Quasi quasi mi manca l'auto a noleggio»
Magnus accelerò, nonostante non ci fosse fretta, obbligando Alec ad aggrapparsi più forte a lui. «A me no.»

 

* * *

 

Tre caffè, una cioccolata calda, un cappuccino con doppia panna e una scatola di ciambelle dopo, Alec si era fatto convincere da Magnus a passare al suo appartamento per fare colazione con lui prima di tornare dai fratelli.
Magnus appoggiò tutto sul tavolo, mentre Alec si guardava intorno. Era stato a casa di Magnus solo un paio di volte, tra cui quella in cui gli aveva detto “addio” prima di partire per l'Europa.
Era stato tutt'altro che un addio.
Alec e Magnus si sedettero sul piccolo divano rosso sorseggiando caffè. Ecco di nuovo la serenità a cui aveva pensato quella mattina. Ad un certo punto, mentre Alec gli raccontava del suo viaggio, Magnus scoppiò a ridere.
«Che c'è?» chiese Alec, sgranando gli occhi.
«Sei sporco di zucchero» spiegò Magnus.
Alec posò la ciambella che stava mangiando, cercando un tovagliolo.
«Faccio io» disse Magnus, con un luccichio di malizia negli occhi.
Si avvicinò a lui sul divano, con il solito atteggiamento da predatore felino. Alec rimase immobile, con il cuore che martellava nel petto. Lui e Magnus non erano ancora andati oltre i baci.
Magnus lasciò piccoli baci sul suo mento e sul contorno della bocca, sentendo il sapore dello zucchero. Poi baciò le labbra di Alec, e le trovò ancora più dolci. Le sue mani si infilarono sotto la maglietta, accarezzando la pelle appena sopra il bordo dei jeans.
Alec si sciolse sotto il suo tocco, non senza tremare. Magnus si staccò per un secondo, sedendosi a cavalcioni su di lui, e poggiando la fronte contro la sua. «Non dobbiamo–» si fermò, specchiando gli occhi verde-oro nei suoi. «Va bene così.»
Con un sorriso Alec avvicinò il viso al suo, riunendo le loro labbra. Era la prima volta che si baciavano in quel modo, in privato, senza il bisogno di andare oltre anche se avrebbero potuto. Le labbra di Alec si erano appena schiuse sotto quelle di Magnus quando il cellulare del più piccolo squillò. Alec l'avrebbe volentieri ignorato, ma sapeva di dover rispondere.
Magnus ritornò a sedersi al suo posto mentre l'altro rispondeva.
Era Jace. «Alec, si può sapere dove sei?»
Un veloce sguardo all'orologio gli fece capire che sarebbe dovuto essere a casa almeno da venti minuti.
«C'era un sacco di gente, lo sai com'è la domenica» si inventò Alec, mentre si metteva la felpa e racimolava le sue cose. «Sarò lì tra due minuti»
Anche Magnus si era preparato, nel frattempo. «Con la mia moto ci metterai davvero due minuti. Andiamo, ti accompagno.»
Prima che aprisse la porta però, Alec lo fermò e gli diede un ultimo bacio. Poi uscì in strada.
«Lightwood. Deve sempre avere l'ultima parola.» pensò Magnus, seguendolo.

 

* * *

 

«Eccomi!» esclamò Alec, entrando in casa. Chiuse la porta dietro di lui con il piede, perché aveva in mano una scatola di ciambelle e diverse bevande.
«Finalmente» ribatté Jace, con un tono sollevato. «Isabelle stava per riprendere a cucinare»
Il biondo prese un caffè dalla sua mano, sfiorandola. Se fosse successo tempo prima, Alec arrossito e l'avrebbe attraversato un brivido, ma adesso non sentiva nulla di tutto ciò. Aveva davvero superato quella specie di cotta per Jace, ed era solo merito di Magnus. Adesso che ci pensava, in realtà, non era mai stato davvero innamorato di Jace, perché non sapeva nemmeno cosa volesse dire amare.
E se ora lo sapeva, anche questo era solo merito di Magnus.
Alec seguì il fratello in cucina, riscuotendosi da quei pensieri, e appoggiò la colazione sul tavolo. «Io torno a studiare» disse poi, dirigendosi verso la sua stanza.
Mentre saliva le scale, gli sembrò di sentire Jace dire: «Le sue labbra erano stranamente rosse» e Isabelle ridacchiare. Accelerò il passo e si rinchiuse in camera sua. Doveva parlare con Izzy, anche perché era sicuro che comunque a breve sarebbe stata lei a fargli domande.

12.39, Magnus: Deve finire questa storia che il tuo cellulare ci interrompe sempre

Alec ridacchiò, arrossendo leggermente al pensiero di ciò che stava succedendo qualche decina di minuti prima. Lui e Magnus ci stavano andando piuttosto piano, soprattutto perché Alec, dopo la prima volta, voleva che le cose andassero in modo diverso.
«Ti ho fatto un paio di pompini, e allora? Questo non ti rende speciale.»
Quelle parole gli tornarono in mente, ricordandogli tutto il dolore che aveva provato quando Magnus le aveva pronunciate alla cerimonia del diploma.
Voleva stare con lui, voleva una vera relazione. Tutto.
Potevano sempre iniziare piano.

12.25, Alec: La prossima volta potrei lasciarlo a casa.

 

* * *

 

«Izzy?» chiamò Alec da fuori la porta della camera della ragazza, bussando. Si era imposto di parlarle prima di andare a dormire, perché sentiva che fosse giusto che lo sapesse.
«Entra»
Isabelle era stesa sul letto, a pancia in giù, con il computer davanti.
«Che fai?» chiese lui, sinceramente curioso.
«Sto guardando Star Wars. Me l'ha consigliato Simon.» spiegò, stoppando il film e mettendosi seduta. Passò qualche secondo in cui lei ed Alec si guardarono, lei in attesa e lui che si guardava intorno. «Allora?»
«Io e Magnus siamo tornati insieme» disse Alec il più veloce possibile, tutto d'un fiato.
«Lo sapevo» fu la risposta di Isabelle, con un tono che rispecchiava un po' la soddisfazione per aver indovinato e un po' il fatto che non approvasse. 
«Tutto qui?»
Alec si aspettava di essere rimproverato da Izzy, visto come aveva preso il fatto che uscisse con Magnus la prima volta.
«Beh, Alec, credo che abbiamo capito entrambi che le mie parole non ti terranno lontano da Magnus»
Alec arrossì, abbassando gli occhi. Quando Magnus era andato via, Izzy non gli aveva mai ricordato di averlo avvertito, o tormentato con il tipico “te l'avevo detto.” Pensava che quella situazione sarebbe bastata a fargli capire di dover dimenticare Magnus e andare avanti.
Ovviamente non aveva funzionato.
«Spero solo che non ti spezzi di nuovo il cuore» riprese Isabelle. «Anche perché, altrimenti, questa volta dovrà vedersela con me. Lo calpesterò con i tacchi 12.»
«Mi fai un po' paura» rise Alec, sedendosi accanto a lei.
«Farò paura anche a lui» ribatté la sorella, cercando di mantenere un tono minaccioso, ma si sentiva che sorrideva. «Comunque sul serio, Alec, se sei felice a me sta bene.»
«Lo sono, Isabelle, davvero.»
«Allora okay» disse lei, appoggiando la testa sulla sua spalla. «Quindi è una cosa seria?»
«Sembra di sì» rispose Alec, sentendo un sorriso disegnarglisi sul suo volto. Un anno prima non avrebbe mai pensato che lui e Magnus Bane potessero avere una relazione seria e che ci avrebbe creduto così tanto.
«Hai intenzione di dirlo a Jace?» domandò Isabelle, piano, sapendo che era un argomento delicato.
«Dovrei, non è vero?»
La sorella non rispose subito. «Se sei pronto. Sono sicura che non sarà così brutto come immagini.»
«Spero che tu abbia ragione» mormorò Alec. Voleva davvero bene a Jace, e per lui era importantissimo che il fratello lo conoscesse e lo accettasse per quello che era. Dopotutto, non poteva sapere come avrebbe reagito, dato che non gli aveva mai dato l'occasione di affrontare nemmeno lontanamente l'argomento.
«Quando mai non ho avuto ragione?»
Alec dischiuse le labbra per cominciare ad elencare un paio di esempi verificatisi durante gli anni, ma Isabelle lo fermò alzando una mano.
«Ti lascio al tuo Star Wars, dai» la prese in giro lui.
«Grazie per avermelo detto» disse Isabelle, mentre lui apriva la porta.
Alec sorrise, e poi uscì.
Adesso doveva solo dirlo a Jace.









 

Note dell'autrice:
Per la prima volta non aggiorno in super ritardo, wow! Come si sente che l'estate si sta avvicinando. 
Ah, come avrete notato ho cambiato banner, e in questo ho messo gli attori della Serie Tv, che mi sono piaciuti moltissimo nonostante amassi quelli del film. Voi che ne pensate?
In ogni caso, questo capitolo è soprattutto di passaggio, in vista di alcune cose importanti che succederanno nel prossimo, ma spero che vi sia piaciuto ugualmente. La parola chiave è ovviamente dolcezza, e ogni tanto un po' di fluff fa bene - persino a me amante dell'angst. 
Prima di andare ci tengo a ringraziare le dolcissime persone che mi hanno lasciato un parere per il capitolo precedente e tutti voi 
Un bacio 



| Per aggiornamenti e spoiler, o anche solo se vi andasse di parlare con me, vi lascio la mia pagina autrice

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Capitolo 15
*** Passi in avanti ***









 

«Sono tornato!» disse Alec, entrando in casa, con un tono piuttosto alto perché tutti lo sentissero.
Fece un respiro profondo, sapendo che di lì a poco avrebbe dovuto parlare con Jace. Durante tutte le ore trascorse a scuola aveva cercato un modo, ma non era stato capace di organizzarsi un discorso. Alla fine, avrebbe improvvisato. L'unica cosa importante, quella di cui era sicuro, era che sarebbe stato sincero, a tutti i costi. Era stanco di mentire a Jace – o meglio, di nascondersi da lui: se gli voleva veramente bene l'avrebbe accettato.
In cucina non trovò nessuno: Isabelle e Jace sembravano non essere ancora tornati, nonostante uscissero da scuola alla stessa ora, e Max non si trovava. Realizzando che era lunedì, si ricordò che era uno dei giorni in cui il più piccolo restava a scuola anche il pomeriggio, pranzando alla mensa.
Dato che doveva aspettare, e che aveva disperato bisogno di un modo per distrarsi – o almeno provarci, preparò dei toast da mangiare e apparecchiò. Mentre metteva i bicchieri sulla tavola sentì la porta di casa aprirsi.
Si affacciò e vide Izzy e Jace salutare Simon e Clary, che li avevano accompagnati fin lì. Jace aveva dato un bacio alla ragazza, tenendole il volto tra le mani, ed Isabelle aveva baciato Simon sulla guancia, lasciandolo leggermente rosso. Effettivamente, non aveva più chiesto ad Izzy come andasse tra loro: l'ultima volta che ne avevano parlato era prima della cerimonia del diploma, e la sorella gli aveva detto che Simon in realtà era sempre stato innamorato di Clary. Ma allora se erano tornati insieme, perché? Isabelle non era certo una che perdonava facilmente chi la feriva.
Pensò a come l'aveva definita Magnus. 
«La rubacuori.» 
Proprio lei fu la prima ad entrare, salutandolo.
«Ehi, Alec» la imitò poi Jace. «Hai cucinato?»
«Sì» rispose semplicemente lui, sentendo che gli stava tornando l'ansia.
«Ottimo, sto morendo di fame»
Mangiarono parlando di cose generali, per esempio di ciò che avevano fatto a scuola: per lo più parlavano Izzy o Jace – non che fosse una novità, Alec era sempre stato il più silenzioso dei tre.
Cercò di partecipare il più possibile, per non far trasparire la sua agitazione, e la sorella ogni tanto lo aiutava, sapendo a cosa stava pensando. Quando finirono, Isabelle si offrì di sparecchiare e mettere a posto, quindi Alec e Jace andarono in salotto insieme, sedendosi sul divano. Il biondo accese la TV mettendo uno di quei reality show che in altri momenti li avrebbero fatti morire dal ridere.
Alec decise di dirglielo subito, velocemente, come togliendosi un cerotto. «Jace, dovrei dirti una cosa.»
L'altro allora abbassò il volume, guardando un po' lui e un po' lo schermo. Vista la faccia del fratello, però, lo guardò negli occhi. Jace non aveva bisogno che Alec parlasse per capire che si trattava di qualcosa di importante; c'era sempre stato una sorta di forte legame tra di loro, come se sentissero quello che l'altro provava. «Alec, va tutto bene?»
«Dovrai dirmelo tu se va bene. Cioè, se ti va bene chi sono io.»
Jace assunse un'espressione seria, che aveva poche volte, e rimase in silenzio, dandogli tutto il tempo che gli serviva.
Alec espirò. «Jace, sei mio fratello e il mio migliore amico, e ti voglio bene come se fossi un'altra parte della mia anima. Ci tengo davvero al nostro rapporto, ma non posso più fingere. Quindi, posso solo sperare che mi accetterai anche dopo aver saputo che...» si fermò, sentendo un nodo allo stomaco. Pensò di fermarsi, di inventare una bugia sul momento o semplicemente di dire a Jace che era tutto uno scherzo.
In realtà, però, per quanto fosse agitato, quelle parole volevano uscire dalla sua gola. Il suo cuore voleva liberarsi dal loro peso. Lui voleva essere libero. «Sono gay.»
Un senso di sollievo lo invase dopo averlo detto. Era vero che non aveva ancora visto la reazione di Jace, ma il solo fatto di esserci riuscito significava tanto.
Jace sgranò gli occhi e scoppiò a ridere.
Alec inclinò la testa e alzò le sopracciglia, con un espressione di totale confusione. «Cosa...?»
Non sapeva davvero come interpretare la risata di Jace.
«Alec, mi hai fatto preoccupare!» disse l'altro, ancora con un sorriso. «Pensavo fosse qualcosa di grave»
«Per alcuni lo è» ribatté lui, pensando con terrore al momento in cui l'avrebbe detto a Robert e Maryse. Scacciò la loro immagine. 
«Non per me» Jace era tornato serio, capendo quanto quel momento fosse importante e lo sforzo che era costato al fratello. «Non c'è niente che mi farebbe smettere di volerti bene, Alec. Da quando sono con voi mi sono sentito parte di una famiglia, ed è stato soprattutto grazie a te. Sei sempre stato la mia roccia, c'eri sempre per me. E io ci sarò sempre per te, capito?»
Era raro che Jace – il perennemente sarcastico Jace – riuscisse a formulare un intero periodo senza una battuta, esprimendo i suoi sentimenti.
Adesso Alec provò un vero e completo sollievo. «Capito.»
Il biondo gli poggiò una mano sulla spalla, stringendola, ed entrambi sorrisero.
«Una cosa che non ho capito è perché sei scoppiato a ridere» chiese Alec a Jace, quando la tensione fu sfumata.
«Perché l'avevo già capito» rispose schiettamente l'altro. «Alec, ti conosco, non sarò intelligente come te, ma non sono così stupido» aggiunse, quando lui si mostrò sorpreso. «E dimmi… Avevi una cotta per me?»
«Eh?» Alec urlò quasi, avvampando.
Jace rise come poco prima. «Questo è praticamente un sì»
«Credevo di sì» rispose finalmente lui, decidendo che ormai era inutile negare. «Non so nemmeno spiegare perché, adesso»
«Ovviamente perché sono incredibilmente affascinante e carismatico»
«E modesto, non dimenticarlo»
Stavolta risero insieme, e Alec sentì che erano più uniti che mai.
«Lui chi è?» chiese Jace poco dopo, all'improvviso. Avevano ripreso a vedere la TV e sembrava che il discorso fosse chiuso.
«Lui chi?»
Alec non aveva pensato di dire a Jace di Magnus, in realtà, a causa della non proprio lusinghiera reputazione che aveva in giro. Tuttavia, ormai era fatta, e sapeva che Jace non avrebbe creduto alla sua uscita da finto tonto.
«Dai, Alec» disse infatti. «Non me l'avresti detto se non stessi uscendo con qualcuno»
«Okay» Il più grande sbuffò. «Magnus Bane»
Jace si voltò verso di lui, ignorando la televisione. «Non credo di aver capito.»
«Sto uscendo con Magnus Bane. Da qualche mese. Ecco, in realtà- è una storia complicata.»
«Tutto è complicato, con quello. Lo sai cosa si dice su di lui, vero?»
«Sì. Ci ha già pensato Isabelle a dirmi tutto. Ma non è così, voi non lo conoscete.»
Il suo tono, più tagliente di quanto volesse, lo sorprese. L'anno passato aveva quasi dato ragione ad Izzy, mentre adesso era fermamente convinto che si sbagliassero, e non aveva paura di difendere apertamente Magnus.
«Lo so, Alec, ma non voglio che tu diventi come tutti gli altri che sono stati con lui.»
«Non preoccuparti.»
Allora gli spiegò a grandi linee – tralasciando ovviamente determinate cose – la sua storia con Magnus.
Jace ascoltò con attenzione, e ad Alec sembrò che capisse dalle sue parole ciò che provava.
Alla fine, prima di tornare a vedere il reality, disse poche parole, ma che per Alec valsero più di mille altre.
«Spero che siate felici

 

* * *

 

«Uhm» brontolò Magnus, alzandosi dal divano al suono del campanello. Quella mattina si era svegliato tardi e aveva passato la giornata a fare praticamente nulla. Chairman Meow – il suo gatto – miagolò, quasi scocciato quanto lui, quando fu costretto a scendere dalle gambe del padrone, dove fino a due secondi prima era stato accoccolato.
Magnus guardò l'ora: erano le cinque. Non aveva appuntamento con nessuno, e di solito Alec passava più tardi. Si sistemò i capelli allo specchio e aprì la porta.
Sulla soglia invece c'era proprio Alec, con un sorriso a trentadue denti, gli occhi azzurri più luminosi che mai e le mani nelle tasche dei jeans. Era leggermente spettinato, e sembrava fosse arrivato di corsa. Magnus pensò che fosse bellissimo. Alec non sorrideva spesso, ma quando lo faceva era uno spettacolo. Era uno di quegli eventi già speciali che lo diventano ancora di più per la loro rarità.
Adesso però era curioso di conoscere la ragione di quello stato d'animo.
«Tutto bene, piccolo?»
Alec si fiondò verso di lui, poggiando le labbra sulle sue mentre chiudeva la porta alle sue spalle, lasciando fuori il resto del mondo. 
«Il compito è andato bene, immagino» bisbigliò Magnus, sorridendo maliziosamente quando si staccarono.
«L'ho detto a Isabelle» confessò Alec, e il suo tono comunicava tutto il sollievo che provava. «E a Jace.»
Magnus gli mise le mani alla base del collo, sfiorandogli la mascella e le guance. «Non eri obbligato a farlo.»
«Lo so.» rispose Alec, muovendo la testa tra le sue mani, beandosi di quel contatto. «Volevo farlo.»
«Sono fiero di te.»
Stavolta fu Magnus a baciarlo, conducendolo verso il divano.
«M- ma quello» cercò di dire Alec tra un bacio e l'altro «è un gatto?»
Chairman Meow era fermo di fronte al divano a guardarli.
Magnus si fermò e scoppiò a ridere. Alec, al contrario, sembrava inquietato. «Sembra che mi stia giudicando.»
«È così» confermò Magnus, andando ad accarezzare l'animale. «Però penso che tu gli piaccia.»
«È una cosa positiva, vero?»
«Non esco con le persone che non piacciono al mio gatto»
«Dai tutta questa importanza alla sua… opinione
«Sì, credo che abbia una sorta di sesto senso.»
Magnus coccolò un altro pochino il gatto, giusto il necessario a fargli cambiare stanza.
«Dove eravamo rimasti?» domandò poi, riavvicinandosi al divano, anche se lo sapeva benissimo.
Si mise a cavalcioni su Alec, più o meno come si trovavano la mattina del giorno prima. Sollevò la sua maglietta e cominciò a passare le dita affusolate sul suo petto.
Alec se la sfilò.
Magnus sorrise, e cominciò a disseminare baci dal suo collo fino al ventre.
«Alec...» sussurrò. Se fosse stato il Magnus dell'anno precedente non avrebbe esitato in quel momento, e avrebbe fatto quello che gli dettavano i suoi istinti, ma adesso ci teneva troppo ad Alec per forzarlo.
Sapeva quanto sforzo già gli era costato dirlo ai suoi fratelli, e sapeva anche che lo stava facendo perché adesso credeva di essere pronto, ma probabilmente non lo era.
«Io-» Alec si fermò. «Io voglio tutto questo. È solo che non sono sicuro di volerlo adesso.»
Magnus appoggiò la testa sulla sua spalla, e parlò direttamente al suo orecchio. «Se non sei pronto non fa nulla, piccolo. Abbiamo tempo.»
Gli occhi di Alec lo guardarono, ed esprimevano un sentimento che non riuscì a cogliere subito.
Quello che passava nella mente di Alec, intanto, era in realtà un pensiero piuttosto semplice. Tempo. Vuol dire che non se andrà di nuovo. Che resterà. Con me.”
«Okay» mormorò Alec, stringendolo a sé, come per dimostrare a sé stesso che quel pensiero era fondato. Che Magnus era lì, accanto a lui, e aveva appena pronunciato quelle parole.
Ripresero a baciarsi, come se nonostante le cose appena dette non fossero capaci di fermarsi. I baci non riuscivano a placare la fame che avevano l'uno dell'altro: la aumentavano.
«Sai, Alexander» cominciò Magnus, usando il suo nome per intero. «Prima del grande passo ci sono altre piccole cose che possiamo fare...»
Le mani di Magnus afferrarono il bordo dei suoi jeans, accompagnando quel movimento con la lingua.
Prima però, aspettò un cenno di Alec.
«Ho lasciato il telefono a casa» fece lui.
Magnus sorrise maliziosamente, capendo che quello era il modo di Alec di dire che poteva procedere.
E così fece.

 

* * *

 

Alec si rimise la maglietta, rivestendosi per andare via.
«Hai la zip aperta» rise Magnus, passandosi la lingua sulle labbra.
Lui – ovviamente – arrossì, mentre immagini di ciò che era appena successo gli passavano davanti agli occhi.
Era stato completamente diverso da quando era successo la prima volta, nel garage di casa sua. Stavolta non c'era fretta, non dovevano nascondersi e soprattutto i loro sentimenti erano diversi.
«È stato...piacevole»
«Oh, l'avevo capito.» rispose Magnus, con un sorriso malizioso.
«Io- Non-»
«Pessima scelta di parole, piccolo» lo rimproverò scherzosamente Magnus, avvicinandosi per lasciargli un dolce bacio sulle labbra.
Alec, ancora bordeaux, sorrise. In quella situazione doveva ammettere di essere piuttosto imbranato.
«Hai fatto un bel po' di passi in avanti oggi, eh?» disse Magnus, mentre gli passava le dita tra i capelli corvini, cercando di pettinarli un po' – li aveva accarezzati talmente tanto prima che li aveva resi un disastro.
«Penso di sì» rispose lui. «Soprattutto grazie a te.»
«Piccolo, non me lo merito.»
«È così, mi hai aiutato ad accettare quello che sono.»
Magnus sorrise. «Ne sono felice, ma la parte più dura l'hai fatta tu»
Alec lo baciò, di nuovo come solo lui sapeva fare. In quel modo un po' disordinato ma dolce.
«Devo andare.» lo salutò Alec, nonostante gli costasse sottrarsi dal suo abbraccio. «Ci vediamo domani»
«A domani.» disse Magnus, osservando Alec andare via.
Aveva sempre amato la notte, eppure in quel momento desiderò solo che passasse in fretta, perché lo separava da Alec.









 

Note dell'autrice:
Salve! 
Okay, dovete sapere che io sono un disastro con le scene anche che semplicemente si avvicinano al rosso, perché mi imbarazzo da morire ahahah 
Ma passando ad altro: mi scuso per avervi fatto aspettare un po', però in queste settimane ho avuto un compito/un'interrogazione veramente ogni giorno. Fortunatamente adesso è finita, e potrò aggiornare prima. In ogni caso, spero che l'attesa sia valsa la pena, perché sono successe due cose piuttosto importanti in questo capitolo: Alec ha fatto coming out con Jace e la sua relazione con Magnus è diventata più intima.
È stato un po' difficile scrivere questo capitolo, perché volevo rendere bene entrambe le scene. Mi farebbe piacere sapere voi cosa ne pensate.
Plus, mi sono accorta che ieri questa storia ha fatto un anno. Di già ç__ç
Grazie a tutti quelli che la seguono da così tanto tempo e che non l'hanno abbandonata, grazie di cuore 
Ora la smetto con le mie note e vi lascio la mia pagina autrice, per spoiler e aggiornamenti, o anche semplicemente se vi andasse di mandarmi un messaggio.
Alla prossima,


 
 

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Capitolo 16
*** Something is going to happen ***









 
«Alec, dobbiamo assolutamente andare a comprarti un vestito.» esclamò Isabelle, irrompendo in camera del fratello.
Il diretto interessato alzò gli occhi dal libro che stava leggendo per lanciare ad Isabelle uno sguardo interrogativo.
«Il tuo ballo di fine anno! Ovviamente io e Jace ci imbucheremo, quindi potremmo andare tutti insieme in un bel centro commerciale-»
«Ma mancano due mesi, Izzy» la interruppe Alec, tornando tranquillamente alla lettura. I rappresentanti della scuola, anche loro all'ultimo anno, avevano annunciato qualche giorno prima la data ufficiale dell'evento. In ogni caso, l'abbigliamento non gli era mai interessato, e non se ne preoccupava –  o comunque non così presto.
Sua sorella, invece, purtroppo per lui, non la pensava allo stesso modo. «Dai, Alec, sarà una serata importante. A proposito, Magnus verrà?»
 Alec chiuse il libro di botto. «Non gliel'ho chiesto.»
Isabelle, che fino a quel momento era rimasta in piedi, si sedette sul letto vicino a lui. «Lo farai?»
Ormai lui e Magnus stavano insieme da quattro mesi – seriamente insieme, non come la prima volta. «Seriamente» si ripeté nella mente. Aveva dato per scontato che la loro relazione fosse esclusiva, dopo ciò che era successo con quel cameriere...  Avrebbe dovuto dirlo esplicitamente? Si fidava di Magnus, e a maggior ragione se fosse successo di nuovo sarebbe stato ancora peggio. In ogni caso, anche se Magnus avesse accettato di andare al ballo con lui, Alec non era sicuro di farcela a ballare davanti a tutti con un ragazzo. Non sapeva se era davvero pronto per quel passo. «Non lo so. Sempre che io ci vada sul serio al ba-»
«Ci andrai!» lo interruppe Isabelle, con un tono che non ammetteva repliche, pizzicandogli leggermente una guancia.
«Vabbé, non ho comunque intenzione di comprare un vestito già ora»
«Hai ragione.»
Alec non credeva alle sue orecchie. Isabelle aveva appena rinunciato allo shopping?
«Chiedilo prima a Magnus, così magari viene anche lui e ce lo fai conoscere.»
«È una pessima idea» disse Alec, pensando che in confronto quella di andare a fare spese era stata geniale. Prima o poi avrebbe presentato Magnus ai suoi fratelli, ma non si sentiva ancora pronto.
«Prima o poi dovrai.» ribatté la sorella, dando voce ai suoi pensieri. «Inviteremo anche Clary e Simon.»
«Ecco un'altra idea che non mi entusiasma...» mormorò Alec, ma sorridendo. Era vero che i due non gli piacevano particolarmente, ma li stava accettando. Isabelle scosse la testa, ma lui la sentì ridacchiare. Dato che li avevano nominati, Alec si decise a chiedere a Isabelle come andassero le cose con Simon, dato che li aveva visti qualche volta insieme.
«Izzy, se posso chiedertelo... Tu e Simon...?»
Isabelle non si apriva facilmente, tendeva a tirare su un muro per non farsi spezzare il cuore. Le piaceva mostrarsi come una ragazza forte, a costo di essere scambiata anche per superficiale. Forte lo era davvero, ma aveva anche un gran cuore. Questo non tutti lo capivano, ma ovviamente Alec lo sapeva. Dopotutto, si trattava di sua sorella, una delle persone che amava di più al mondo. Una delle persone che era il suo mondo.
«Suppongo che ora sia il mio turno di raccontare» sorrise lei, ripensando a tutte le volte che era successo il contrario. «Dopo che mi ha detto di essere innamorato di Clary, l'ho lasciato. Te l'ho detto, non volevo essere un rimpiazzo. Da allora ci siamo un po' allontanati, anche se quando uscivo con Jace lui c'era sempre. Inizialmente pensavo fosse per stare con Clary, poi ho capito che cercava di vedere me. Alec, lo sai, non mi brucio mai con la stessa fiamma, ma ho deciso che valeva la pena riprovarci perché Simon aveva fatto qualcosa che...»
«Aveva distrutto le tue barriere.» intervenne Alec, annuendo tra sé e sé. Pensava che tra lui e Magnus fosse successa la stessa cosa. Magnus l'aveva liberato, facendogli accettare chi era e facendogli capire che poteva amare chi voleva. Aveva superato la cotta per Jace, comprendendo che in realtà aveva usato questa scusa per non esporsi. Al medesimo tempo, lui sentiva di aver superato il muro intorno al cuore di Magnus, avendogli fatto capire che poteva essere felice e concedersi più di semplice e occasionale sesso.
«Non mi ero mai sentita così. Quindi ora stiamo insieme e vediamo come va.»
«E Clary?»
«Mi ha giurato che l'ha superata del tutto, e che è anche felice per lei e Jace.»
«Su quest'ultima cosa ho i miei dubbi» rispose Alec, cercando di mantenere un tono serio, ma scoppiò a ridere non appena lo fece Isabelle.
«So che Simon non ti sta molto simpatico» disse poi lei.
«Come Magnus a te» le ricordò Alec. «Ma se ti rende felice me lo farò piacere. Se poi ti fa soffrire di nuovo, è tutta un'altra storia...»
Isabelle annuì con sguardo convinto. «Idem.»
 
* * * 
 
Alec uscì dalla metropolitana che lo aveva portato a Brooklyn. Di solito lui e Magnus si davano appuntamenti, o comunque Alec lo avvertiva quando passava a casa sua. Ma non quella volta. Aveva deciso di fargli una sorpresa.
Non sapeva perché fosse agitato: era una giornata come le altre. «Tralasciando che stai per chiarire che vuoi una relazione esclusiva.» gli ricordò una vocina nella sua testa. Cercò di calmarsi, sentendosi anche un po' in colpa. Da una parte sapeva che dopo quello che aveva passato la prima volta nessuno avrebbe potuto biasimarlo per quelle preoccupazioni, ma dall'altra Magnus gli aveva dimostrato ampiamente di aver capito i suoi errori e di non volerli ripetere. Alec aveva solo bisogno di quella piccola conferma e sarebbe stato pronto a fidarsi completamente di Magnus – anche se, in tutta sincerità, sapeva di avergli già dato il suo cuore da tempo.
Continuò a camminare, rimuginando sempre su questi stessi pensieri. Erano quasi le sette e il sole stava tramontando, ma, dato che si avvicinava l'estate, non era ancora buio. Una volta arrivato, Alec bussò. Magnus comparve sulla soglia un secondo dopo, con un'espressione alquanto sorpresa.
«Sembrava quasi che sapessi del mio arrivo, vista la velocità con cui aperto la porta, ma la tua faccia mi dice il contrario»
«Magari ti ho istallato un GPS nel telefono e non voglio fartelo capire»
«Adesso sono spaventato perché saresti seriamente in grado di farlo» ribatté Alec, tirando il telefono fuori dalla tasca e guardandolo con diffidenza.
Magnus rise. «Ti giuro che non l'ho fatto»
«Non ancora...» lo prese in giro Alec.
L'altro lo tirò dentro e gli lasciò un bacio veloce, prima di chiudere la porta.
«Credi di distrarmi così?» chiese Alec, dirigendosi verso il salone – ormai conosceva abbastanza bene la casa.
Magnus gli lasciò qualche altro bacio. «Dici che ci sto riuscendo?»
«Abbastanza»
Si lasciarono cadere sul divano, seduti l'uno accanto all'altro.
Magnus gli sfiorò i capelli dietro la nuca. «Qui crescono più lunghi.» osservò. «Ti ho mai detto quanto mi piace?»
Alec arrossì, come faceva sempre quando riceveva un complimento – soprattutto se quel complimento era da parte di Magnus Bane. Anche adesso che stavano insieme da mesi, non riusciva a evitarlo.
«Non l'hai fatto.» rispose.
«Oh.» fece Magnus, fingendosi estremamente dispiaciuto. Scese con la mano sul suo petto, segnando il contorno degli addominali sopra la maglietta. «E questo? Ti ho detto quanto mi piace?»
Alec, ancora rosso, stavolta annuì. «Qualche volta.»
Un sorriso malizioso comparve sul volto di Magnus mentre la sua mano scendeva sempre più giù, fino al basso ventre. «Di questo devo averti parlato per forza.»
Certo che lo aveva fatto. Che idiota.
Alec rimase in silenzio, il respiro trattenuto per la lieve pressione della mano di Magnus. Non era la prima volta, eppure non si sarebbe mai stancato del sorrisetto che Magnus gli riservava quando lo guardava in momenti come quelli.
Purtroppo, la sua mente decise di rovinare tutto, ricordandogli i propositi di quel pomeriggio. Tuttavia la mano di Magnus lo distrasse dai suoi pensieri.
«Allora?» domandò in un sussurro. «Non dirmi che non ti ho detto quanto mi piace.»
Alec deglutì. «L'hai fatto.»
Il sorriso di Magnus si allargò al massimo. «Bene.»
I suddetti propositi di Alec finirono decisamente all'ultimo posto delle sue priorità quando Magnus si spostò su di lui, cominciando a baciarlo piano. Quando faceva così, Alec arrivava quasi a scodarsi il suo nome.
«A che pensi?» gli chiese Magnus, mentre le sue mani armeggiavano con la zip di Alec. Aveva capito che era un po' distratto.
«A noi.» rispose schiettamente lui. «Io sono già tuo, Magnus. Nel senso che non vorrei nessun altro. Ma tu...tu puoi avere di meglio, me ne rendo conto e- e vorrei solo avere la certezza che» Alec fermò Magnus, per assicurarsi di finire di parlare, e che lui lo ascoltasse. «che tu sappia di essere mio
Alec aspettò una sua risposta, ancora con le guance colorate, perché non aveva mai detto una cosa del genere a nessuno. «E prima che tu possa dire il contrario» aggiunse. «Mi fido di te. Solo che sentivo di doverlo dire perché-»
«Lo so.» lo interruppe Magnus, sorridendogli in modo rassicurante.
«Che?»
«Che sono tuo. E, giusto per metterlo in chiaro, non voglio nessun altro nemmeno io.»
Alec sorrise, ribaltando le loro posizioni. Adesso Magnus era steso sul divano, sotto di lui. «Grazie.»
Magnus sollevò il viso per baciare Alec. «Tra parentesi, mi piaci quando sei possessivo...» mormorò, continuando quello che aveva iniziato.
E Alec non ebbe niente da obiettare.
 
* * *
 
Magnus era seduto sul divano guardando la TV, con Chairman che faceva le fusa contro le sue gambe.
Doveva ammettere di non essere rimasto sorpreso dalle parole di Alec, erano effettivamente legittime, e sperava che il ragazzo avesse capito di potersi definitivamente fidare di lui. Non l'avrebbe ferito, non di nuovo.
Qualcuno suonò al campanello, così forte da turbare il gatto, che si spostò. Si chiese chi fosse: non aspettava nessuno, e Alec era appena andato via. Forse erano Catarina e Ragnor tornati per qualche ragione dal loro viaggio, o forse semplicemente Alec si era dimenticato qualcosa lì.
Abbassò la maniglia.
Non appena la persona dietro la porta comparve, si pentì di averlo fatto.

 








 

Note dell'autrice:
Buongiorno!
Avrei voluto aggiornare prima, ma ovviamente quando c'è il tempo a scarseggiare è l'ispirazione... Nonostante i miei problemi, spero che il capitolo vi sia piaciuto. Alec e Magnus hanno fatto un altro importante passo: reso la loro relazione ufficialmente esclusiva, perché lo sappiamo che in realtà lo era già. Tanti altri passi potrebbero essere fatti, anche se, come dice il titolo, qualcosa sta per succedere... Secondo voi chi è alla porta?
Lo scoprirete nella prossima puntata nel prossimo capitolo.
Fino ad allora, vi lascio la mia pagina autrice per spoiler e aggiornamenti, o semplicemente se voleste parlare con me.
Alla prossima! 


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Capitolo 17
*** This is how the story went ***









 

«Ciao, dolcezza
Magnus sussultò al suono di quell'appellativo.
Flashbacks cominciarono a susseguirsi nella sua mente, inevitabilmente, contro la sua volontà.


* * *


Era il suo primo anno di liceo.
Iniziava un capitolo totalmente nuovo della sua vita. La sua preoccupazione principale era se sarebbe riuscito o meno o farsi qualche amico, e di non combinare disastri: bastava già la sua situazione familiare.
Suo padre l'aveva abbandonato perché lui era solo il risultato indesiderato di una relazione extraconiugale, mentre la madre era morta qualche anno dopo, ma gli aveva voluto bene. Era poi cresciuto – e viveva ancora – con sua zia. Aveva già deciso, da molto tempo, che una volta maggiorenne si sarebbe comprato un appartamento tutto per sé, a Brooklyn, con l'eredità della madre.
«Bane, stai ascoltando?» domandò il professore di arte, accorgendosi che la sua mente era altrove.
Lui si ricompose e provò a concentrarsi.
La campanella, una mezz'ora più tardi, suonò alle sue orecchie come la parola libertà.
Corse fuori in cortile, squadrando i vari gruppi di ragazzi. Si sentì a disagio da solo. In fondo al cortile, una ragazza attirò la sua attenzione: aveva i capelli, lunghissimi e lisci, completamente bianchi. Era sola anche lei. Magnus si fece strada tra le persone per raggiungerla, e si presentò.
«Mi chiamo Catarina.» rispose lei, sorridendo. Sembrava simpatica, e aveva uno dei sorrisi più gentili che avesse mai visto, di quelli che mettevano allegria.
Parlarono per tutto il tempo: anche lei era al primo anno, e in alcuni corsi sarebbero stati in classe insieme. Catarina si rivelò una ragazza molto intelligente.
«Vieni, voglio presentarti un mio amico» gli disse. Si allontanarono dal cortile, e lei lo condusse in una classe vuota, dove c'era solo un ragazzo.
«Ragnor, lui è Magnus Bane. Magnus, Ragnor Fell.»
«Piacere» disse lui, curioso. Ragnor grugnì in risposta.
«Non farci caso, fa così con tutti» lo scusò Catarina, con un sorrisetto sulle labbra. Si capiva che si conoscevano già da tempo. «È piuttosto riservato» gli sussurrò.
Magnus annuì alle parole della ragazza, ma si avvicinò comunque a Ragnor. Notò che aveva un libro in mano. «Che leggi?» gli chiese.
Il ragazzo alzò su di lui i suoi occhi, nerissimi. «Un libro
«Chi l'ha scritto?» continuò, ma anticipò la risposta di Ragnor. «No, aspetta, fammi indovinare... uno scrittore
Questo suscitò una reazione nel ragazzo, che curvò le labbra all'insù in una specie di sorriso. Magnus lo ricambiò: credeva di cominciare a capire com'era fatto l'altro e come rapportarsi a lui. Si vedeva lontano un miglio che era alquanto chiuso, ma era sicuro che dietro la sua discrezione ci fosse gentilezza, un gran senso dell'umorismo – oltre al sarcasmo provocatorio – e persino ottimismo. Bisognava solo guadagnarsi la sua fiducia.
La campanella interruppe la conversazione appena iniziata tra i tre, e stavolta Magnus non le fu grato come prima.
Salutò i due ragazzi mentre usciva dalla classe.
«Magnus!» lo richiamò Catarina. «Chiamami Cat.»
«Perché?»
«Perché gli amici mi chiamano così.»
Quella esclamazione riempì Magnus di gioia, che le sorrise. «D'accordo, Cat.»
Andando via, sentì Ragnor dirle: «Così siamo già tutti amici, eh?» e ridacchiò.
Si sentì improvvisamente più leggero: l'idea di avere qualcuno su cui contare, oltre se stesso, lo confortava.

A Magnus non era mai andata a genio l'idea di nascondere chi era veramente, soprattutto dato che ne era sicuro da tempo, ma non gli andava a genio nemmeno di diventare lo zimbello del liceo. Gli adolescenti sanno essere davvero crudeli.
Aveva confessato di essere bisessuale solo a Catarina e Ragnor, e loro due l'avevano presa bene.
«Se non puoi essere te stesso con gli amici, con chi dovresti esserlo?» aveva detto lei, scompigliandogli i capelli.
Quelle belle parole per Magnus rappresentarono l'inizio di un lungo percorso, che l'avrebbe portato a capire che era un problema degli altri se non riuscivano ad accettarlo, non suo. L'importante era che lui stesse bene con se stesso, e capì che sarebbe stato impossibile se avesse continuato a nascondersi. Al secondo anno sfoggiava fieramente la sua cresta, un filo di matita sugli occhi e vestiti di qualsiasi colore. Catarina, con il suoi capelli sempre più bianchi dopo un anno, lo guardava orgogliosa.
Comunque, purtroppo, le prime complicazioni non tardarono ad arrivare. Nei corridoi gli studenti lo guardavano e bisbigliavano tra di loro, chi con espressione scandalizzata, chi con risatine; nelle classi i professori esprimevano chiaramente il loro disappunto per il suo modo di essere. Il peggio però arrivò quando questi comportamenti si tramutarono in attacchi nei suoi confronti.
A metà anno era talmente distrutto che passò intere settimane in casa, saltando la scuola. Diceva a tutti di stare male, usando come prova qualche vecchio certificato medico. Il suo male non era fisico, purtroppo: quello si sarebbe potuto curare.
Catarina e Ragnor lo passavano a trovare qualche volta, constatando con dispiacere che la situazione era sempre la stessa.
La verità era che Magnus pensava ancora le stesse cose dei mesi precedenti, e anche ripetendosele continuamente, nulla riusciva ad alleviare il dolore che gli provocavano gli atteggiamenti degli altri.
Le prese in giro, gli insulti… Arrivarono persino a picchiarlo. Era sul retro del cortile, nel campo da basket, il luogo più appartato della scuola a quell'ora. Un ragazzo piuttosto carino, che si era dimostrato interessato a lui, l'aveva condotto lì. A Magnus non sembrava vero.
E infatti non lo era.
Appena Magnus provò ad avvicinarsi a lui per baciarlo, quello lo stese a terra con un pugno, chiamando due suo amici. Provò ad opporsi, ma capì che così l'avrebbero solo picchiato di più. Allora li lasciò fare, finché non si stancarono e se ne andarono.
Rimase dov'era caduto, con la faccia poggiata a terra. Pianse. Sentì il salato delle lacrime che solcavano uno dei tagli che aveva sulla guancia. Se Ragnor non gli avesse telefonato poco dopo, sarebbe potuto rimanere lì tutto il giorno. Il ragazzo lo raggiunse subito e lo riaccompagnò a casa. Magnus riuscì a vedere quanto era preoccupato.
«Sto bene» mormorò, facendo una sorta di sorriso. Così facendo, però, il labbro superiore finì di spaccarsi e cominciò a sanguinare.
Ragnor scosse la testa, porgendogli un fazzoletto. «Sei il solito idiota» farfugliò, voltandosi.
«È stata la tua influenza» rispose, sputando sangue a terra.
Dopo due anni insieme, aveva capito che quello era il suo modo di comunicare, e si era adattato di conseguenza.
Si appoggiò a Ragnor e lui lo sostenne.
In quel momento realizzò che non avrebbe mai abbandonato il suo migliore amico.

Magnus tornò a scuola a pochi mesi dalla fine del secondo anno, a testa alta. La sua reclusione – fatta eccezione per le visite di Catarina e Ragnor – l'aveva aiutato a metabolizzare quello che aveva passato. Era deciso a non sopportare più quelle stronzate e la merda che volevano gettargli addosso: avrebbe reagito.
Non era spaventato, ma consapevole. Sapeva che le cose non si sarebbero sistemate in un attimo, ma sapeva anche di essere coraggioso. E il coraggio era l'unica cosa che nessuno poteva portargli via.
Si ripeteva questo mentre rispondeva agli insulti, pronto anche a fare a botte. Imparò a parare i colpi e a darli, se necessario.
Ben presto l'ilarità e il disprezzo si trasformarono in un appartente rispetto. A Magnus non importava se fosse falso, non poteva combattere con la stupidità della gente per far capire loro che non era una malato, ma semplicemente se stesso. Gli bastò che non gli dessero più fastidio.
Catarina e Ragnor furono inizialmente contenti di quel cambio di atmosfera, ma poi cominciarono a rendersi conto che in Magnus c'era qualcosa di diverso. Non rideva e scherzava come prima, e prendeva le cose molto più seriamente. Si dissero che stava semplicemente crescendo, e non se ne preoccuparono. Magnus era felice – o almeno così sembrava – ed era tutto quello che sembrava.
L'estate di quell'anno fu la più bella della vita di Magnus.
Passava la maggior parte del tempo con Catarina e Ragnor, e conobbe anche alcuni ragazzi. E ragazze. Si sentiva molto più sicuro di sé adesso.
Era eccitato all'idea di iniziare il terzo anno, perché da quel momento non sarebbe più stato una matricola e avrebbe potuto relazionarsi anche con i più grandi, per i quali prima non era mai esistito.

Non appena mise piedi in corridoio il primo giorno, infatti, si sentì addosso centinaia di occhi che lo fissavano, alcuni persino con ammirazione. Chissà quante di quelle voci erano girate su di lui, sicuramente esagerate, in negativo o in positivo.
Fatto sta che, poco tempo dopo, venne avvicinato da un certo Malcolm Fade. Era un ragazzo stranamente affascinante, con il volto un po' spigoloso, i capelli talmente biondi da sembrare bianchi – sarebbero piaciuti a Catarina – e gli occhi viola grazie a delle lentine.
«Sei Magnus?»
Magnus cercò di sistemarsi dietro lo sportello dell'armadietto, prima di chiuderlo, ritrovandosi faccia a faccia con lui. «Magnus Bane.»
«Ho sentito molte cose su di te…»
«Cose buone, spero»
Malcolm fece una smorfietta da saputello. «Mi sono piaciute anche quelle cattive. Sembri uno tosto, anche se sei ancora un ragazzino»
«Guarda che ho solo un anno in meno di te-» cercò di protestare, ma l'altro lo interruppe.
«Sabato do una festa»
«Perché?» gli sembrò naturale chiedere.
«C'è bisogno di un motivo?» ridacchiò Malcolm, alzando un sopracciglio. «I miei sono fuori città»
Mi sembra di essere in un telefilm” pensò Magnus, avendo sentito quella frase in TV milioni di volte.
«Allora, ti va di venire? Ti informo che io sono di Los Angeles, e noi sappiamo come si organizzano le feste.»
«Perché no» rispose, restando sul vago. Voleva andarci, ma non aveva intenzione di sembrare disperato. «Posso portare degli amici?»
«Come vuoi, l'unica regola è niente matricole
«Chiaro»
«A sabato allora, Bane.»
Malcolm si allontanò, e Magnus lo osservò, finché non si rese conto che la ragazza verso cui si dirigeva l'altro fissava lui. Era bellissima. Fisico slanciato, con lunghi capelli biondi e dei grandi occhi verde smeraldo, il cui splendore risaltava grazie al pallore della pelle. I due poi se ne andarono insieme, e Magnus constatò che sembrava un cigno, così elegante ed aggraziata nei movimenti. Sentiva il cuore a mille per la prima volta nella vita.
Corse da Catarina e Ragnor per dirgli della festa – supplicandoli giusto un po' di accettare di accompagnarlo.
Catarina accettò, anche perché seguiva dei corsi con Malcolm e le sembrava simpatico, per quanto strambo.
Alla fine, con il supporto della ragazza, Magnus riuscì nell'impresa di portare Ragnor alla sua prima festa.
Sabato arrivò e Magnus si fece il più bello possibile.
Sperava che lei ci sarebbe stata e che, magari, sarebbe riuscito a parlarle.

«Mi sembra di soffocare qui dentro» borbottò Ragnor, mentre raggiungevano il salotto di casa di Malcolm facendosi strada tra la gente.
Magnus e Catarina si scambiarono uno sguardo prima di trascinare il ragazzo con la forza, afferrando ognuno un braccio. Con la compagnia dei suoi amici la prima parte della serata gli risultò piacevole, anche se non l'avrebbe mai ammesso e cercava di non farlo trasparire.
«Hai sorriso! Ti ho visto!» esclamò Catarina, come se parlasse di un grande successo. Si voltò verso Magnus per batterci il cinque, ma notò che i suoi occhi erano fissi al centro della pista da ballo, dove una ragazza bionda ballava, perfettamente coordinata al ritmo della musica.
«Ti piace?»
Magnus sembrò riscuotersi dal suo stato di contemplazione. «Cosa?»
La ragazza sorrise, scuotendo la testa, e persino Ragnor rise.
«Sei cotto, amico» intervenne.
«Dite che dovrei andare da lei? Ma sta ballando con Malcolm...»
Non aveva capito se i due stessero insieme o meno, e voleva evitare figuracce.
«Allora balla anche tu» ammiccò Catarina, spostandosi in pista, tirando Ragnor con sé per mano. I tre amici cominciarono a scatenarsi, persino Ragnor.
Ad un certo punto partì I Love To Love di Tina Charles, accolta con molto entusiasmo da Catarina, che riuscì a convincere Ragnor a seguire i suoi movimenti, dato che anche a lui piaceva quella canzone – sotto sotto. Muovendosi, Magnus si scontrò con qualcuno.
Si girò e si ritrovò il suo viso a cinque centimetri di distanza.
«Scusami» balbettò, tossendo poi per darsi un tono.
«Non preoccuparti, dolcezza. Non è stato così male.» sorrise, socchiudendo la labbra carnose ricoperte da rossetto rosso sangue, mostrando denti bianchissimi. Magnus notò che i suoi canini erano più appuntiti del normale, ma le donavano. Gli tese la mano pallida. «Camille Belcourt.»
«Magnus B-»
«So chi sei» lo interruppe lei, accarezzandogli una guancia e il mento con un dito. «Ti ho notato»
«Balli con me?» si buttò lui. Non voleva lasciarsi sfuggire quell'occasione, e l'adrenalina lo aiutò.
«Perché no» rispose Camille, prendendolo per mano.
Per Magnus quel gesto rappresentò l'ingresso al Paradiso. Non poteva sapere che invece l'avrebbe condotto all'Inferno.

Magnus frequentava Camille da un paio di mesi, anche se capitava che non si vedessero o sentissero per giorni. Ma non gli importava: era innamorato di Camille e pensava che anche lei ci tenesse a lui. Qualche tempo prima le aveva regalato una collana con un rubino rosso, e lei lo indossava sempre.
Inoltre, erano già entrati in intimità, poco a poco.
La trovò in cortile circondata dal suo gruppo di amici.
«Camille!» la chiamò, raggiungendola.
«Ciao, dolcezza» lo salutò, scoccandogli un veloce bacio sulle labbra. Magnus tentò di trattenerla, ma lei si scostò.
Indossava un vestito verde, scollato come sempre, ma stavolta la scollatura era nuda.
«Come mai non indossi la mia collana?»
La ragazza scoppiò a ridere, seguita dagli altri. Approfittando di quel momento d'ilarità, gli disse all'orecchio: «Non sta bene col verde.»
Magnus annuì in segno di comprensione. La sua parte razionale gli diceva che era solo una scusa – poco credibile, del resto – ma il suo cuore voleva crederle, ribattendo che era una che ci teneva al suo stile. In ogni caso, le avrebbe perdonato di tutto.
«Ho la gola secca» si lamentò, fingendo un'espressione di sofferenza, che riusciva a far allarmare Magnus anche per la minima stupidaggine.
«Ti porto dell'acqua?»
«Frizzante, dolcezza» rispose lei, dandogli una pacca sul sedere e spingendolo via. Lui annuì, strappandole prima un altro bacio.

«Come ti sei trovata quel cagnolino da compagnia?» rise una ragazza castana, rivolta a Camille, quando Magnus si fu allontanato.
«Tutto grazie al mio fascino, mia cara» si vantò lei.
L'aveva avvicinato in primo luogo perché si era sentita attratta da Magnus, ma non aveva tenuto in conto che fosse ancora piccolo. Aveva cercato più volte di arrivare al sodo, ma si erano sempre fermati a giochetti o preliminari. Ecco perché non l'aveva ancora lasciato. E poi, comunque non le dispiacevano tutte le attenzioni che Magnus le riservava. La trattava come una regina, ricoprendola di regali, compresa quella collana. La indossava solo quando sapeva che l'avrebbe incontrato, non poteva rischiare che il suo ragazzo – o meglio, i suoi ragazzi – si accorgessero che qualcuno le aveva fatto un regalo.

«Ti amo, Camille»
Magnus cominciò a prendere a pugni il cuscino del letto.
Era stato stupido. Stupido e impulsivo.
Avevano trascorso la notte insieme e lui aveva rovinato tutto.
All'inizio era stato spaventato, la lei lo aveva guidato e tutto stava andando bene finché non aveva detto quelle maledette tre parole.
Camille non gli aveva risposto, continuando semplicemente a muoversi sopra di lui, il più veloce possibile. Da quel momento non si era più curata di cosa provasse lui e, non appena si era ritenuta soddisfatta era andata in bagno, dicendogli di rivestirsi.
Lui l'aveva fatto in silenzio e poi si era seduto sul letto. Dopo un po' lasciò in pace il cuscino, comprendendo che sarebbe stato inutile aspettarla. Camille non sarebbe uscita dal bagno finché non se ne fosse andato.
Era colpa sua, ovviamente. Aveva reso tutto imbarazzante dicendo parole più grandi di lui.
Dischiuse le labbra, ma non gli venne in mente niente da dire. Ormai il danno era fatto, e doveva solo sperare che Camille pensasse che l'avesse detto in preda a quel momento ma non lo pensasse veramente. In realtà, però, era così. La amava.
«Mi dispiace» sussurrò alla porta, sperando che lei lo sentisse.
Lasciò la casa di Camille a piedi, da solo. Era buio, cosa positiva perché nessuno poteva vedere che stava piangendo.

Il giorno dopo si presentò a scuola con l'umore sotto i piedi. L'unico motivo per cui c'era andato è che se avesse cominciato a saltarla non sarebbe più tornato.
Non sentì Camille per tutta la settimana. A scuola lo evitava, e non rispondeva alle sue chiamate o ai suoi messaggi.
«Cam, per favore, richiamami.» ripeté di nuovo Magnus al telefono. Era il quinto messaggio che le lasciava.
Catarina e Ragnor lo guardarono sconsolati. Aveva raccontato loro tutto, anche se c'era voluto un bel po', perché era estremamente imbarazzato.
«Smettila» lo riprese Ragnor.
«Lasciami in pace» rispose lui brusco, lasciando l'aula senza degnare l'amico di uno sguardo.
Ragnor sospirò: ormai era abituato a quelle reazioni. Da quando aveva iniziato a vedere Camille, Magnus alternava periodi di immensa felicità a periodi di depressione. Lui e Catarina concordavano che fosse tutt'altro che una relazione sana e avevano provato più volte a farlo capire a Magnus, ma lui non voleva sentire ragioni.
Era chiaro che si fosse innamorato, tanto quanto che quel sentimento non era ricambiato. Purtroppo, lui sembrava non accorgersene.
«Non mi è mai piaciuta, ma ora ha esagerato» disse risoluto Ragnor. Si divertiva a prendere in giro Magnus, ma gli voleva veramente bene e non desiderava affatto vederlo soffrire.
«Quella stronza» mormorò Catarina, con un barlume di rabbia negli occhi. «Dobbiamo dirglielo.»
Ragnor si passò una mano sulla faccia. «Non ho il coraggio di spezzargli il cuore.»

Lo spettacolo a cui Catarina e Ragnor avevano assistito si stava ripetendo poco distante, nella prima aula vuota disponibile, e Magnus stava per diventare il pubblico.
Rassegnatosi al fatto che Camille l'avrebbe ignorato, aveva deciso di cercarla di persona. Quando la trovò, però, il discorso che si era preparato svanì dalla sua mente.
La ragazza era stesa su un banco, mezza nuda, e baciava appassionatamente un ragazzo di cui non vedeva il volto, perché coperto da spessi capelli biondo scuro che gli arrivavano alle spalle.
Sgranò gli occhi, sentendo il suo cuore spezzarsi.
«Cam?» disse, ma la sua voce era così bassa che i due non lo sentirono, impegnati com'erano. «Camille!»
La seconda volta la diretta interessata si rese conto della sua presenza. Si rimise la camicetta e si sistemò i capelli, alzandosi, mentre scostava il ragazzo: si comportava con tranquillità e naturalezza, come se fosse una situazione a cui era abituata e che non la turbava minimamente.
«E questo chi sarebbe?» domandò il biondo, fulminando Magnus con gli occhi, visibilmente infastidito. Dopo un'iniziale occhiata, però sembrò riconoscerlo e sollevò l'angolo destro della bocca in un sorriso storto. «Bane, vero?»
Magnus ignorò la domanda, era concentrato solo su Camille.
«Woo, lasciaci soli, per favore.»
Woolsey lasciò l'aula, lanciando un ultimo sguardo ai due.
«Cosa c'è, dolcezza?» chiese Camille, con espressione beffarda.
«L'altra notte… Io pensavo che-»
La risata fragorosa della ragazza lo interruppe. «Pensavi di essere l'unico? Abbiamo fatto sesso, e allora? Questo non ti rende speciale
Quelle parole furono una pugnalata. Voleva illudersi che fosse uno scherzo, ma non aveva mai visto Camille così seria. Si chiese come si potesse essere tanto crudeli. Non poteva sapere che anni dopo avrebbe ripetuto le stesse parole a tante altre persone che si sarebbero sentite proprio come lui in quel momento.
«Ma tu per me lo eri!» le gridò. «Sei stata la prima per me»
Camille non sembrò impressionata, né dispiaciuta. «Questo l'avevo capito, dato che mi hai fatto aspettare così tanto.»
Quindi si era sempre trattato solo di semplice sesso.
«E perché non mi hai lasciato prima?»
«La tua compagnia non era male.»
A Magnus tornarono subito in mente tutti i regali, i favori, le commissioni fatti per lei…
«Mi hai… mi hai usato.» sussurrò, dicendo ad alta voce la conclusione a cui era arrivato.
«Mi dispiace, dolcezza» rispose lei, avvicinandosi.
«Non chiamarmi così. E non toccarmi.» ribatté, freddo. Sapeva che mentiva: non le dispiaceva affatto, anzi, avrebbe scommesso che quella storia l'aveva addirittura divertita.
«Magnus, aspetta!» lo richiamò lei, appena prima che varcasse la soglia per andarsene.
Non voleva starla a sentire, voleva correre via, ma obbedì, come aveva fatto per i mesi precedenti.
Lei stava frugando nella sua borsa. Tirò fuori la collana e gliela lanciò. «Non mi è mai piaciuta»
Magnus se la mise in tasca e scappò via.

Si rifugiò nel campo sportivo.
Si sedette con le spalle al muro, sotto in canestro; si strinse le gambe al petto e ci appoggiò sopra la testa. Le lacrime cominciarono a solcargli le guance e continuarono al punto che Magnus non si ricordava più da quanto stesse piangendo lì.
Sentì un forte baccano provenire dal cortile principale, e capì che gli studenti stavano per tornare a casa: anche se di solito nessuno passava per di lì, non voleva rischiare di farsi vedere così. Cercò di sistemarsi, ma non aveva nemmeno un fazzoletto con sé. Quindi riabbassò la testa, sperando che così non l'avrebbero riconosciuto e l'avrebbero ignorato – anche se la sua alta cresta blu rendeva il tutto un po' complicato.
Il suo sistema sembrò funzionare, finché non sentì qualcuno tossire davanti a lui. Alzò lo sguardo, incontrando quello preoccupato di un ragazzo – probabilmente una matricola – dagli occhi color cielo. Quest'ultimo non disse una parola, semplicemente gli porse un fazzoletto, che Magnus prese con mano tremante, ancora scosso dal pianto. Si soffiò il naso e si alzò; quel gesto spontaneo di gentilezza lo fece stare un po' meglio.
Il ragazzo era la prima persona che lo guardava come se fosse uno come tutti gli altri, e Magnus capì che non gli avevano raccontanto ancora niente sul suo conto. Sperò mantenesse quella purezza che aveva notato subito in lui.
«Grazie, piccolo.» mormorò, con un sorriso.
Poi si allontanò, chiedendosi che fine avesse fatto il Magnus dei primi due anni. Quello allegro, spensierato, che era riuscito anche a riprendersi da centinaia di prese in giro. Camille gli aveva strappato una parte del cuore: niente e nessuno glielo avrebbe più restituito. Non sarebbe più stato lo stesso di prima, ed era per questo che odiava Camille più di tutto.
Un giorno avrebbe addirittura potuto perdonarle il tradimento e il dolore, ma non le avrebbe mai perdonato di averlo spezzato e cambiato per sempre.

Non ci volle molto prima che tutta la scuola venisse a sapere quello che era successo. Magnus Bane, che prima tutti conoscevano per aver sconfitto i bulli, adesso veniva visto come una ragazzina che si era illuso che Camille Belcourt lo amasse.
Magnus era sicuro che la prima a diffondere la storia era stata la ragazza stessa. Ormai non poteva neanche più passare nei corridoi senza essere seguito da risatine o frasi del tipo: «E la collana dov'è?» e «Mi hai rubato la verginità», più molte altre che non aveva mai pronunciato. Ovviamente, passando di bocca in bocca i fatti erano stati distorti e ingigantiti.
Magnus non credeva che quella situazione potesse diventare peggio dei bulli, ma fu così. Non poteva difendersi, era la sua parola contro quella di Camille, e tutti credevano a lei, vista la sua popolarità. Persino i ragazzi a cui aveva riservato lo stesso trattamento non avevano il coraggio di parlare.
Ragnor e Catarina cercavano di tirargli su il morale, con scarsi risultati. Alla ragazza poi era scappato che i due avevano visto Camille e Woolsey Scott e lui si era arrabbiato, anche se, pensando in modo razionale, poteva capire il perché. Aveva preferito addossare loro la colpa, sostenendo che se glielo avessero detto avrebbe evitato tutto, ma sapeva che non era vero. E così era riuscito ad allontanare le uniche persone che gli erano state veramente amiche.
Catarina lo cercava ancora qualche volta, però Ragnor la tratteneva. Magnus mancava anche a lui, ma capiva che non c'era niente che potessero fare per il suo cuore spezzato, e non aveva voglia di diventare un bersaglio su cui scaricare la rabbia.
Alla fine, Magnus si trasferì in un'altra scuola, deciso a cominciare da capo.
E lo fece.

Quando tornò, dopo che Camille si era diplomata, era una persona irriconoscibile.
Ben presto si accorsero tutti del suo cambiamento e nessuno osò più prenderlo in giro. Non si trattava di rispetto, ma di una lieve paura. Ragnor e Catarina ci misero un po' ad abituarsi al nuovo Magnus, ma la felicità di riaver avuto il loro amico superava ogni cosa. Poco a poco Magnus raccontò loro che aveva fatto nel tempo in cui non si erano sentiti: aveva avuto tantissime relazioni, nessuna durata più di qualche settimana, con ragazzi e ragazze; di alcuni non ricordava nemmeno più il nome. Ragnor per poco non si strozzava quando a pranzo, nella mensa, Magnus raccontava delle sue esperienze nei club.
Catarina cercò più volte di chiedergli come stava realmente, ma Magnus rideva dicendo che stava benone e cominciando a raccontare della sua ultima conquista.
I due amici avevano capito che Magnus aveva messo su una sorta di maschera, che nemmeno lui riusciva più a togliere. Solo in alcuni momenti si intravedeva il Magnus che avevano conosciuto al primo anno. Capitava solamente quando loro tre erano soli, senza che nessuno li guardasse, ascoltasse o giudicasse. Ragnor e Catarina si rassegnarono all'idea che Magnus non si sarebbe più mostrato agli altri com'era davvero, e che la cosa migliore che potevano fare era comportarsi normalmente con lui, sperando che piano piano sarebbe tornato tutto come prima.
«Ve lo finisco di raccontare più tardi» disse un giorno Magnus, interrompendo la sua storia dopo il suono della campanella. «Devo andare a chimica.»
Magnus si diresse nell'aula con calma, entrando infatti leggermente in ritardo. Il professore ovviamente lo guardò con disappunto, quindi si sedette subito in fondo all'aula, accanto ad un ragazzo con i capelli corvini che sembrava piuttosto carino. Quando si girò, Magnus vide degli occhi color cielo che riconobbe immediatamente, e l'altro sembrò fare lo stesso.
Magnus allora decise di far finta di niente. Ormai nessuno parlava più di quello che era successo con Camille, nemmeno Woolsey Scott. Se l'era portato a letto e dopo l'aveva tradito davanti ai suoi occhi, sperando che capisse come si era sentito lui quando l'aveva beccato con la ragazza. Non voleva e non poteva rischiare che quel ragazzino raccontasse che aveva visto tempo prima.
Adesso era un'altra persona: non c'era più niente in lui del Magnus che aveva pianto nel campo sportivo al terzo anno.
Sapeva che sarebbe stato meglio cambiare posto e lasciar stare quel ragazzo, ma c'era qualcosa in lui che lo attraeva pericolosamente... 

 

* * *


«Cosa vuoi da me, Camille?» rispose brusco Magnus, senza nemmeno salutarla. «Pensavo fosse chiaro che non ti volessi più rivedere.»
«Mi porti ancora rancore dopo tutti questi anni?» disse lei, con un espressione dispiaciuta e colpevole più finta delle sue extensions.
«Non sono poi così tanti.» ribatté, cominciando a chiudere la porta, ma Camille glielo impedì.
«Si può sapere cosa vuoi?» ripeté.
«Posso entrare?»
A malincuore, Magnus si spostò dalla soglia per farla passare.
Sapeva che non avrebbe dovuto farlo...








 



Note dell'autrice:
Prima di tutto, congratulazioni a chi è arrivato fin qui! Mi rendo conto che il capitolo è bello lungo, ma non volevo spezzarlo né tantomeno ridurlo, perché la storia di Magnus è davvero importante per me. A proposito di questo, vi confesso che questo credo sia stato il capitolo più difficile da scrivere fin'ora. Mi spiego: nei libri abbiamo visto tutti questi personaggi già adulti, con anni ed anni di esperienze alle spalle; di conseguenza, scrivere di un Magnus, un Ragnor e così via al liceo, all'inizio di un percorso nuovo e inesplorato della vita mi ha fatto sorgere un sacco di dubbi. Infatti sono molto in ansia e ho il terrore di essere andata proprio OOC ç_ç
Perciò fatemi sapere, un vostro parere sarebbe estremamente gradito! 
Non vi dico poi la nausea scrivendo di Magnus innamorato di Camille... odio quella donna. 
Ah, avrete notato che Camille ha detto a Magnus lo stesso "questo non ti rende speciale" che Magnus ha detto poi ad Alec alla cerimonia del diploma. Sono una brutta persona, lo so.
Okay, termino qui anche perché non credo che abbiate voglia di leggere anche le mie note.
Grazie a tutti quelli che leggono sempre, mese dopo mese, capitolo dopo capitolo. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, ci ho messo un pezzo di cuore. 
Alla prossima, 



Comunicazione di servizio: Ad Agosto sarò al mare per due settimane: cercherò di scrivere comunque, così appena torno passo tutto al pc e pubblico. Vi lascio in ogni caso la mia pagina autrice, dove potrei pubblicare spoiler e novità ogni tanto ;)
PS. Come liceale io mi rispecchio pienamente in Ragnor AHAHA

 

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Capitolo 18
*** Guai in vista ***









 

«Carino come hai arredato questo posto» commentò Camille, guardandosi intorno, una volta entrata nell'appartamento.
«La tua espressione disgustata dice il contrario.» ribatté Magnus, acido. «Ah, no. È semplicemente la tua faccia.»
«Possiamo avere una conversazione da adulti, per favore?» domandò lei, con voce irritata, alzando le sopracciglia.
«Non voglio avere alcun tipo di conversazione con te.»
«E allora perché mi hai fatto entrare?»
Magnus esitò e lei sorrise. Vinceva sempre.
Si accomodò sul divano e accavallò le lunghe gambe che uscivano dalla minigonna.
«Non ti siedi vicino a me?»
Il suo tono era civettuolo, particolare che non era cambiato nemmeno un po' dai tempi del liceo.
«Preferisco starti il più lontano possibile»
Camille alzò gli occhi al cielo. «D'accordo, stai pure lì impalato.»
Dopo un paio di minuti che la ragazza aveva passato in rigoroso silenzio a rimirarsi le unghie smaltate di un color rosso sangue, Magnus si sedette sul bracciolo del divano, ovviamente quello più lontano da lei.
«Ora vuoi dirmi cosa vuoi? Ho decisamente di meglio da fare che stare qui con te»
«In passato non avresti voluto altro»
«In passato» ripeté lui, laconico.
«Non vorresti tornare indietro?»
«A quando mi trattavi con un valletto in attesa di portarmi a letto? Ti sembrerà assurdo, ma no» rispose Magnus, con una risata sarcastica.
«Non sarebbe più così, è ovvio. Adesso siamo cresciuti-»
Le sue parole vennero interrotte dalla suoneria di Magnus: sul display comparse il nome Alec. Magnus avrebbe voluto rispondere, ma con Camille lì non gli parve il caso, così spense il cellulare.
«E chi sarebbe questo Alec?»
«Non sono affari tuoi» disse subito lui, cercando di troncare lì la conversazione. Non voleva che Camille coinvolgesse anche Alec nella sua rete di intrighi, bugie e inganni, soprattutto considerando che non gli aveva ancora raccontato la sua storia per intero.
«Oh. Ho capito.» Camille sorrise e ammiccò. «Allora le voci che ho sentito su di te sono vere. Lui è la tua ultima conquista?»
«Non sono più il Magnus di quelle voci. Ho smesso fare il puttaniere. Alec è un'altra cosa.»
«Lo dicevo anche io, qualche volta, ma stai mentendo a te stesso.»
«Te ne devi andare. Mi hai stancato.» disse Magnus, alzandosi. «Tanto ho capito che non hai intenzione di dirmi perché sei qui»
Camille lo raggiunse e si mise di fronte a lui. «Non siamo così diversi dopotutto» sussurrò, provando ad avvicinarsi alle sue labbra.
Magnus la allontanò immediatamente. «Tu potresti darmi solamente il passato – un passato che non voglio più. Alec è il mio futuro.»
Camille gli rise in faccia e gli mormorò una cosa all'orecchio prima di uscire dalla porta.

 

* * *
 

Non appena sentì il rumore della porta che sbatteva, Magnus si lasciò cadere sul divano e si prese la testa tra le mani.
Si era comportato con asprezza e strafottenza davanti a Camille, ma la verità era che il suo arrivo lo aveva profondamente turbato. Da quando era tornato, l'ultimo anno di liceo, aveva pensato di aver superato la questione e che la ragazza non gli avrebbe più fatto né caldo né freddo. Si era illuso di potersi lasciare ogni cosa alle spalle, di poter dimenticare e basta: rivederla aveva sconvolto tutte le sue certezze. Ovviamente non nutriva più alcuna attrazione o sentimento di affetto per lei, ma non le era nemmeno indifferente.
Con lei si sentiva di nuovo il ragazzino imbranato che si era illuso di essere amato, nonostante il tempo che era passato e quanto era cambiato da allora. Non riusciva a cancellare l'umiliazione a cui l'aveva sottoposto.
In più, aveva scelto un pessimo momento per tornare: il migliore della sua vita. Se fosse tornata un po' prima, sarebbero potuti addirittura andare per bar e locali insieme. L'idea lo disgustò – no, lo disgustò realizzare che per un periodo era stato quello che più aveva odiato.
Ma ora c'era Alec.
E lui aveva detto che Alec era il suo futuro. Sapeva di tenere al ragazzo, ma non aveva mai guardato veramente in faccia i suoi sentimenti in tutta la loro potenza. Certo, in parte era stato preso dal momento, e aveva voluto dire qualcosa che dimostrasse a Camille che era veramente andato avanti, ma doveva ammettere che lo sperava e lo voleva davvero. Era stato con tanti ragazzi, forse anche troppi per uno della sua età, eppure nessuno gli aveva mai fatto desiderare di trascorrere più di una notte con lui – e adesso addirittura Alec gli faceva pensare di trascorrere la vita insieme?
Gettò la testa all'indietro, poggiandola sul morbido. Chairman lo raggiunse e lui prese ad accarezzarlo, cercando di zittire la sua mente. Solo in quel momento si ricordò della telefonata del ragazzo in questione: si affrettò ad accendere il cellulare e a richiamarlo.
«Pronto?»
«Ciao piccolo. Scusa, prima ero uscito a fare la spesa e avevo scordato il telefono a casa» disse lui, cercando di sembrare il più sincero possibile. Non voleva dirgli di Camille: l'avrebbe evitata ed ignorata finché non avesse deciso di andarsene, e a quel punto tutto sarebbe tornato come prima. E poi, una volta pronto, avrebbe raccontato ad Alec la storia dall'inizio.
Dall'altro capo giunse un lieve sospiro di sollievo. Magnus sorrise istintivamente per la tenerezza, un po' colpevole. Alec si era sicuramente preoccupato e si era fatto come minimo dieci film mentali sul perché lui non aveva risposto.
«Non preoccuparti»
«Cosa volevi dirmi?»
«Uh, una sciocchezza. Possiamo parlarne domani»
«Pranziamo insieme?» propose Magnus, prendendo la palla al balzo. Uscire con Alec gli sembrava un'ottima idea per allontanare il pensiero di Camille e risollevare il suo stato d'animo.
«Certo» rispose Alec, e a lui sembrò quasi di sentirlo sorridere.
«Ti passo a prendere a scuola» aggiunse. «Ti aspetto nel cortile sul retro» specificò poi, precedendolo.
«Mi hai letto nel pensiero» ridacchiò Alec.
«Ti conosco»
«Mi conosci» confermò Alec. Si sentirono delle altre voci. «Max mi vuole, devo andare»
«Digli che mi deve una telefonata»
«Buonanotte, Magnus»
«Buonanotte, piccolo.»
Riattaccò e si diresse verso la camera da letto, ma non gli veniva sonno. Sapeva di star sbagliando: il suo rapporto con Alec si basava sulla fiducia, e in quel momento lui non era sincero. Dopotutto, però, non stava mentendo, stava omettendo dei fatti. Non era la stessa cosa, no?
Gli risuonarono in mente le parole che Camille gli aveva sussurrato.
«Gli spezzerai il cuore.»

 

* * *

 

Alec era appena uscito dalla stanza di Max, dopo che il bambino si era addormentato, e stava tornando nella sua, quando venne interrotto da Isabelle.
«Pss, Alec!» lo chiamò, a bassa voce, sporgendosi dalla soglia della sua camera da letto.
«Ma non dormivi?» obiettò lui, guardando i pantaloncini e la canotta viola della sorella.
«Ho il sonno leggero e ti ho sentito»
Il ragazzo si dovette trattenere dal ridere per non svegliare il fratello. «Raccontala a chi non ha dormito in camera con te per dieci anni»
Isabelle sbuffò. «Okay, va bene»
«Che c'è?» chiese allora Alec, sapendo che c'era qualcosa che voleva sapere e non sarebbe riuscito ad andarsene da lì finché non avesse risposto.
«Hai chiesto a Magnus del ballo?»
«Non ancora. L'avevo chiamato e non ha risposto, poi ha richiamato lui poco fa. Ha detto che era uscito e si era dimenticato il telefono.» raccontò Alec, cercando di credere a quello che diceva. In realtà, invece, quella storia non lo convinceva tanto: di solito Magnus non usciva mai senza cellulare. Scacciò questi inutili pensieri, sentendosi sciocco. Sicuramente non era nulla di che e si stava preoccupando per niente.
«Ma lo farai, vero?» insisté Isabelle, temendo che l'accaduto gli avesse fatto cambiare idea.
«Domani» rispose. «Ora posso andare a dormire?»
«Direi di sì. Buonanotte» lo salutò la ragazza, soddisfatta.
«Buonanotte» mormorò lui, tornando sui suoi passi.
Addormentarsi gli risultò complicato: continuava a pensare a un modo per chiedere a Magnus del ballo. Ormai aveva deciso che voleva davvero farlo, perché non riusciva a immaginare nessun altro al suo fianco quella sera. Inoltre, non lo spaventava più l'idea che tutti l'avrebbero visto con un ragazzo: aveva accettato la sua sessualità, e poi in ogni caso non avrebbe mai più rivisto quella scuola o nessuno dei suoi studenti. Potevano pensare quello che volevano di lui, non gli importava. 
«Sempre che Magnus dica di sì» gli ricordò una voce nella sua testa.
Alec, infatti, temeva che Magnus rifiutasse la sua proposta. Forse non voleva più saperne di licei e balli scolastici, ora…
Chissà con chi era andato lui al suo ballo scolastico. Ripensandoci, Alec sapeva davvero poco degli anni del liceo di Magnus, giusto le voci che giravano nei corridoi. Non gli aveva ancora raccontato nulla. L'avrebbe fatto, prima o poi? 









 

Note dell'autrice:
Credevo che non sarei riuscita a pubblicare prima di Settembre e invece eccomi qui! Avete trascorso delle belle vacanze? 
Come avrete intuito dal titolo, presto arriveranno i problemi - cosa poteva portare Camille, del resto... 
Spero che il capitolo, anche se breve, vi sia piaciuto. Magari fatemi sapere c;
Non so precisamente quando pubblicherò il prossimo, ma per ogni evenienza vi lascio la mia pagina autrice ♡
Alla prossima, 



PS.
Non potete capire quanto mi sono divertita a scrivere le risposte acide di Magnus nei confronti di Camille :')

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Capitolo 19
*** Sunny, rainy and stormy weather ***









 

 

Magnus tamburellava con le dita sul tavolino davanti al divano, mentre con l'altra mano si portava una sigaretta alle labbra. Era una brutta abitudine che aveva preso ai tempi del liceo: ormai aveva smesso, ma ricominciava quando era particolarmente nervoso. E cosa poteva renderlo più nervoso di Camille?
Sebbene ci avesse dormito su, la sua chiacchierata con lei continuava a turbarlo – non si accorse nemmeno che Charmain Meow reclamava le sue attenzioni.
Din.
Magnus guardò l'orologio: con Alec doveva vedersi per pranzo alle due, ed era appena l'una. Reclinò la testa all'indietro alzando gli occhi al cielo, immaginando chi potesse essere tornata ad infastidirlo.
«Non poteva aspettare almeno ventiquattr'ore» grugnì, alzandosi.
Charmain Meow scappò via quando il campanello suonò di nuovo, e Magnus avrebbe voluto fare lo stesso.
«Cosa vuoi ancora?» sbottò, aprendo la porta, convinto di ritrovarsi davanti due gelidi e sarcastici occhi verdi.
E invece, dietro la soglia, c'erano le iride azzurre di un perplesso Alec Lightwood. «Avevo pensato di farti una sorpresa e passare prima dell'appuntamento.» rispose, indietreggiando. «Ma forse non è stata una buona idea.»
Il suo tono non era nemmeno offeso o irritato, solo genuinamente confuso. Genuino. Come tutto in lui.
Magnus si diede mentalmente dello stupido. «Pensavo fosse un'altra persona, scusa» mormorò. «Entra»
«Non c'è bisogno» disse subito Alec. La sua espressione si era addolcita, ma non era del tutto serena; doveva aver notato qualcosa. Senza entrare, si avvicinò a Magnus – che intanto aveva abbassato lo sguardo – quanto bastava per stringergli saldamente una spalla. «Cosa c'è che non va?»
«Niente.» rispose Magnus, senza nemmeno pensarci. Era un riflesso: non riusciva a parlare apertamente dei suoi sentimenti.
Nemmeno con Alec? chiese una vocina nella sua testa. Per quanto andrai avanti così? Non gli avevi promesso di essere sincero? Ora ricomincerai a mentirgli?
Magnus la mise a tacere: voleva solo proteggerlo. Non voleva che avesse niente a che fare con quella vipera.
Allora fece quello che gli riusciva meglio, si inventò una scusa. «C'è un vicino che continua a bussare qui sbagliando porta e pensavo fosse ancora lui.»
«Potevi aizzargli Chairman contro» rise Alec, leggermente sollevato.
Magnus ricambiò il sorriso. «Allora che ne dici se facciamo un giro, invece di rimanere qui? Così anche se questo tipo torna, non troverà nessuno in casa.»
Così se questo tipo torna non saprai che è Camille.
«Per me va bene. È inutile chiederti di andare a piedi?»
Magnus chiuse la porta dietro di sé. «Lascerò la moto qui. Non abbiamo alcuna fretta.»
Alec sorrise e si incamminò lungo il viale. «Nessuno ci corre dietro.»
Forse non corre, ma qualcuno dietro di noi c'è eccome.
«Nessuno» ripeté Magnus.

 

«Ci vediamo questo weekend?» domandò Alec, mentre tornavano indietro. Avevano fatto una passeggiata vicino a Central Park e poi pranzato in un piccolo pub molto semplice. Era sempre stato sul punto di chiedergli di accompagnarlo al ballo, ma non trovava mai l'occasione giusta – e poi doveva ammettere che la cosa lo imbarazzava alquanto.
«Certo, ma non so dove portarti.» rispose Magnus, scrollando le spalle.
«A Magnus Bane non va di andare al suo locale preferito?» lo prese in giro lui, incredulo. Di solito lo proponeva sempre. «Hai misurato la febbre?»
«Ah ah» fece l'altro. «Voglio andare lontano per un po' – in un posto nuovo. Che sia solo nostro.»
A Magnus sembrò di sentire il sorriso di Alec ancor prima di vederlo. Credeva davvero quello che aveva detto, anche se su questa decisione influiva il voler evitare Camille.
«Se la metti così non posso dirti di no»
«Era quello che mi aspettavo» ribatté Magnus, col sorriso di uno che la sa lunga. Alec gli diede una gomitata. «Ti porto in un posto vicino ad un lago. Prepara una valigia, non troppo grande, per un paio di giorni» disse lui, dopo una pausa.
«Magnus-»
«No, voglio farlo» 
«Non intendevo quello» rise Alec. «Volevo dirti che sei tu quello che va raccomandato sul fare una valigia piccola, non io»
«Tu potresti resistere anche sempre con la stessa T-Shirt» sbuffò Magnus, però sorridendo. «Ti odio»
«Non è vero»
Magnus grugnì. «Hai ragione»
Ma tu potresti odiare me.

 

* * *

 

Alec scese dalla macchina – rigorosamente noleggiata – con cui Magnus l'aveva portato fino a lì e si ritrovò accecato dalla luce: il sole splendeva alto nel cielo e si specchiava nel lago accanto ad una piccola casetta di legno. Era insolito, in quanto non era ancora primavera; eppure quella giornata di Marzo appariva calda – forse anche per la persona che era con lui.
Magnus gli fu subito accanto: lo cinse da dietro con le braccia e appoggiò il mento nell'incavo della sua spalla.
«Come hai trovato questo posto?» sussurrò Alec.
«È della mia amica Catarina. Io, lei e Ragnor ci abbiamo passato dei bei momenti, ma è un po' che non ci veniamo più. Cat ha detto che posso venirci quando voglio» rispose Magnus, strusciando il naso contro il suo collo. «Tu sei la prima persona che volessi portarci.»
Alec si voltò e si abbandonò all'abbraccio di Magnus. Per la prima volta non gli importava che qualcuno li vedesse.
Era felice, e sentiva che niente avrebbe potuto oscurare quel sole.
Purtroppo, però, anche se non si vedevano ancora, le nuvole c'erano…

La casa non era grande, ma giusta. Magnus appoggiò le valigie in camera da letto: sarebbe stata la prima volta che lui e Alec dormivano insieme – e per la prima volta con “dormire” intendeva davvero dormire. Non voleva forzarlo a fare nulla, e a dir la verità si sarebbe sentito anche in colpa dato che gli stava nascondendo una cosa così importante come il ritorno di Camille.
Scosse la testa. Aveva organizzato quel weekend per distrarsi e godersi per qualche giorno il presente, ma il passato lo perseguitava.
«Magnus!» lo chiamò Alec dalla cucina, e la sua voce ebbe un duplice effetto: da un lato gli ricordò che qualcosa di buono nella sua vita c'era, e dall'altro che rischiava di perderlo, se continuava così. Magnus raggiunse il ragazzo e lo trovò impegnato a riempire due bicchieri. «Hai preparato un drink?»
«È coca-cola» lo corresse Alec, porgendogli un bicchiere pieno bollicine.
Magnus rise. «Cosa potevo aspettarmi da Alexander Gideon Lightwood?»
«Avresti dovuto immaginarlo» gli diede ragione Alec, arrossendo leggermente perché l'altro aveva usato il suo nome completo.
«A cosa brindiamo?»
«A noi.»
Magnus annuì, specchiandosi nelle iridi azzurre di Alec. «A noi.»



Magnus si stese accanto ad Alec, che fu percorso da un brivido quando i loro corpi si sfiorarono sotto le coperte.
«Sono abituato a dormire da solo» si giustificò Alec, con le guance rosse. «Fatta eccezione per qualche volta che da bambini Izzy aveva un incubo e veniva da me»
«Che bravo fratello maggiore» si complimentò Magnus, sorridendo e appoggiando la testa sul cuscino, vicino a quella di Alec.
Il ragazzo si girò su un fianco e lo guardò negli occhi. «Grazie per queste giornate»
La mattina dopo sarebbero ripartiti, lasciandosi alle spalle quel piccolo mondo che si erano costruiti. Alec aveva parlato ogni tanto con Isabelle, e la sorella ovviamente aveva cercato di spingerlo a parlare a Magnus del ballo, ma era l'ultimo dei suoi pensieri. Il ballo, il liceo... gli sembrava tutto incredibilmente lontano.
Avevano passato giornate di pura tranquillità, facendo tutto quello che volevano senza preoccuparsi degli altri.
Non gli andava di rompere quel clima, tanto c'era tempo. Ne avrebbero parlato una volta tornati.
«Grazie a te» sussurrò Magnus, allungandosi per lasciargli un bacio leggero sulle labbra. Alec ricambiò il bacio e cercò di approfondirlo: le loro bocche combaciavano perfettamente, come se fossero state fatte a posta per stare insieme. Quando si separarono, Alec e Magnus si scambiarono uno sguardo e si capirono subito.
«Non dev'essere ora.»
«Lo so» rispose Alec. «E ti ringrazio di star aspettando»
Magnus si sedette e guardò Alec con serietà. «Alec, non devi. Io sto con te e ti rispetto e- per me sei molto di più di una semplice notte di sesso.»
Magnus in quel momento si sentì nudo davanti all'altro: non aveva mai detto una cosa del genere a qualcuno, soprattutto se era la verità. Poteva mentire ad Alec riguardo Camille, ma riguardo i suoi sentimenti non era mai stato più sincero.
Alec rimase senza parole, in particolare perché ripensò a tutta la strada che avevano fatto. Erano passati da «Ti ho fatto un pompino, e allora?» a questo.
«Non so come rispondere» disse Alec, passandosi una mano dietro la nuca, ormai completamente rosso.
«Non devi dire nulla» rispose piano Magnus, tornando a stendersi. «Se sono qui con te oggi è solo perché sei stato talmente folle da darmi una seconda possibilità»
«Sono contento di averlo fatto» affermò Alec, con sincerità e convinzione, mentre si accoccolava sul petto di Magnus.
Alec si addormentò velocemente, senza pensarci, al contrario dell'altro. Magnus, infatti, non riusciva a zittire la vocina nella sua testa, sadicamente uguale a quella di Alec, che ripeteva sempre la stessa parola.
Bugiardo.

 

* * *

 

Erano tornati a New York da qualche giorno, e Alec stava andando a casa di Magnus per portargli una maglietta finita per sbaglio nella sua valigia – non sapeva come fosse potuto succedere, visto quanto si vestivano diversamente.
Suonò al campanello, ma nessuno aprì. Provò a spingere la porta, e stranamente era aperta.
L'odore di sandalo che veniva dal bagno era inconfondibile: Magnus doveva essere sotto la doccia.
Bussò con le nocche alla porta della stanza, sorridendo piano. «Magnus, sono Alec. Sono con Charmain in salone.»
Si aspettava di rimando una risposta maliziosa o sarcastica, ma non ottenne nessuna delle due. La cosa lo sorprese, ma nemmeno lontanamente quanto ciò che successe qualche minuto dopo.
Seduto tranquillamente sul divano, smise all'improvviso di accarezzare il gatto quando gli comparve davanti una donna coperta solo da un minuscolo asciugamano. I freddi occhi verdi di quella si posarono su di lui. «Tu chi sei?»
«Alec» rispose lui. Chi era lei, e che ci faceva lì? «Il ragazzo di Magnus.» precisò, cercando di mantenere la voce ferma, anche se cominciava a dubitare di quell' “esclusività”.
«Alec» ripeté lei, come se l'avesse riconosciuto, chinando la testa e socchiudendo li occhi, non con dolcezza, ma con pietà. «Sono Camille.» – A quel nome Alec rabbrividì – «Saprai tutto di me.» aggiunse, con finto imbarazzo.
«In realtà no» rispose Alec seccamente, cercando di non far trasparire quanto la cosa gli desse fastidio.
Camille sorrise, mormorando un piccolo “oh”, e lui notò che aveva dei denti particolarmente appuntiti.
Fece cadere l'asciugamano e cominciò a rivestirsi, tutto nel bel mezzo del salone. Alec avvampò, un po' per l'imbarazzo e un po' per la rabbia. Il solo guardarla gli faceva pensare a quello che c'era stato tra lei e Magnus.
Dopo aver indossato degli abiti attillatissimi, Camille si sedette accanto a lui. Alec si scostò istintivamente, mentre Chairman saltò
direttamente giù dal divano.
«Allora» cominciò. «Cosa ti piacerebbe sapere, Alec?»
«Alec» pronunciò contemporaneamente un'altra voce, molto più familiare.
Magnus si chiuse la porta alle spalle appoggiando delle buste a terra.
«Ho conosciuto la tua amica» disse Alec, con tono piatto, senza nemmeno guardarlo in faccia.
«Non siamo più amici da tanto tempo» ribatté lui. Lanciò uno sguardo a Camille e riaprì la porta per farle capire che doveva andarsene. La ragazza, sebbene molto riluttante, afferrò la borsa e si avviò alla soglia.
«Carino il passatempo che ti sei trovato.» mormorò passando accanto a Magnus, abbastanza forte perché anche Alec potesse sentirlo.
Alec, intanto, era pietrificato sul divano, aspettando la tempesta.

«Perché non mi hai detto che era tornata?» Alec arrivò dritto al punto: non aveva voglia di girarci intorno.
«Volevo farlo, ma non sapevo come-»
«Da quanto tempo è qui?» continuò imperterrito lui.
«Un paio di settimane.»
«E vive qui ora?»
«Certo che no!» rispose Magnus, alzando le braccia al cielo.
«Quindi semplicemente passava di qui e ha deciso di entrare a farsi una doccia?»
Magnus socchiuse gli occhi esasperato. «Non è ancora riuscita a organizzarsi bene in città e solo per stavolta le ho dato un appoggio» Si diede mentalmente dello stupido. Perché non riusciva a lasciarsela completamente alle spalle? Perché continuava ad avere potere su di lui?
«Dopo quei due giorni passati insieme pensavo davvero di essere importante per te. Di essere abbastanza.» La voce di Alec si incrinò. «Forse mi sbagliavo.»
«Tu sei importante! Tra me e Camille non c'è stato nulla, non l'ho nemmeno sfiorata»
«Magnus, non sai quanto vorrei crederti, ma– santo cielo, è uscita dalla tua doccia con il tuo asciugamano...»
«È quello che voleva, non lo vedi? Sta cercando di dividerci, è così che fa»
«Questo non posso saperlo» lo interruppe Alec, gelido. «Non mi hai mai raccontato niente di lei – anzi, adesso che ci penso, io non so niente di te.»
Stava venendo tutto a galla. «Cosa c'entra? Tutto questo, lei, è il passato. Non conta più nulla.» Magnus gli prese le mani tra le sue. «Tu conti.»
«Anche tu conti.» rispose Alec, calmandosi e ricambiando la stretta. «Ma è proprio per questo che vorrei conoscere ciò che ti ha reso quello che sei. Perché è questo il passato, Magnus: possiamo disprezzarlo, rimpiangerlo, pentircene, ma senza di lui non saremmo chi siamo.»
Magnus sospirò. Purtroppo Alec aveva ragione. «Camille mi ha spezzato il cuore.»
«Questo lo sa tutto il liceo» osservò Alec, però con dolcezza. «Ma è un inizio.»
«Ti dirò di più, ho solo… bisogno di un po' di tempo.»
«Va bene. Tanto non ho intenzione di andarmene tanto presto.»
«Menomale» sussurrò sollevato Magnus. Aveva davvero intenzione di raccontare tutto ad Alec, ma in quel momento non si sentiva ancora pronto. Affidare un pezzo della sua vita ad un'altra persona non era una cosa facile, soprattutto visto che gli importava cosa lui avrebbe pensato. Sperò che Alec gli credesse fino in fondo.
Un sorriso tornò sui volti di entrambi, e Magnus baciò dolcemente Alec all'angolo della bocca.
Sembrava che fosse tornata la calma, ma in realtà la pioggia non era ancora finita.
Era appena cominciata.









 

I'm back!
Dopo una pausa durata quattro mesi, ho ripreso in mano le redini della situazione e della storia. Come ho scritto anche sulla mia pagina, ho attraversato un periodo in cui mi risultava davvero difficile scrivere; adesso ne sono fuori e non potrei esserne più felice. Ho deciso di dedicarmi completamente a questa storia affinché non succeda più così 
– per quanto mi è possibile. Spero che il capitolo vi sia piaciuto quanto è piaciuto a me tornare a scriverlo.
Siamo arrivati al punto clou della storia, quello da cui nella mia testa è partito tutto il resto. Ci tengo a ringraziare tutti voi, recensori e lettori silenziosi e a scusarmi ancora una volta per la mia imperdonabile assenza 

Stavolta dico davvero, 
a presto.


 

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Capitolo 20
*** Da mi basia mille ***









 
Alec aprì gli occhi, avvertendo la luce del sole che entrava nella stanza da dietro le tende di velluto rosso. Dopo la pseudo-lite della sera precedente era rimasto a dormire da Magnus. Le lunghe braccia del ragazzo lo abbracciavano da dietro, e i capelli, privi del solito gel, gli solleticavano la guancia. Cercando di muoversi il meno possibile per non svegliare l'altro, Alec allungò la mano sul comodino alla ceca, cercando il suo telefono per vedere l'ora. Prese però quello di Magnus: 10.16 a.m. – ormai era ovviamente troppo tardi per andare a scuola.
Il suo sguardo cadde poi, involontariamente ma inevitabilmente, sulle notifiche dei messaggi visibili dal lockscreen. Catarina, Raphael, alcuni numeri che non conosceva e… Camille. Il messaggio era di qualche ora prima.
«Com'è finita con il ragazzino?» diceva, e poi: «Ti ho dato l'occasione perfetta per sbarazzartene»
Alec strinse la mano libera a pugno, conficcandosi le unghie nel palmo. Come si permetteva di parlare di lui come se fosse un oggetto? Era una persona, e anche una importante per Magnus. Molto di più di quanto fosse lei.
O almeno, così sperava.
Magnus si mosse e lui sobbalzò. Rimise immediatamente il telefono a posto e fece finta di niente. Alla fine era stato un caso che avesse preso il suo, di cellulare, ma comunque non gli andava che lui pensasse che lo spiasse. Voleva fidarsi di Magnus, voleva stare tranquillo, ma la verità era che Camille lo preoccupava da morire. L'aveva vista una sola volta nella vita, ma gli era bastata per inquadrare che tipo di persona fosse.
Non una buona.
«Buongiorno» mormorò a Magnus, che intanto aveva cominciato a svegliarsi.
«Buongiorno» rispose, ricevendo da Alec un bacio sulla guancia. «Che ore sono?»
«Le 10.20, più o meno»
«Salti la scuola per me?»
«Non farci l'abitudine»
Magnus si stropicciò gli occhi e sorrise. «Peccato»
«Colazione?» propose Alec. «Hai decisamente bisogno di un caffé»
In tutta risposta Magnus gli diede una cuscinata sul petto – che Alec gli restituì prontamente.
Di comune accordo decisero di fare colazione a casa: Magnus preparò effettivamente un caffé per sé e un cappuccino per Alec, e lui mise insieme qualcosa da mangiare.
«La fai mai la spesa?» lo prese in giro, dopo l'ennesimo mobile aperto e trovato vuoto.
Magnus gli rispose con una linguaccia. 

 
* * *
 
«Sei stato fuori tutta la notte» sottolineò Isabelle, non appena il fratello mise piede in casa.
«Non dovresti essere a scuola?» ribatté lui, evitando spudoratamente l'argomento.
«E tu no?» ribatté lei, con sorriso sornione.
«Mancava un professore e siamo usciti prima del previsto» intervenne Jace, arrivando dal salone e porgendo ad Isabelle una borsa.
«Ottimo, ci siamo tutti» osservò Alec. «Almeno Max è a scuola?»
«Sì» rispose Isabelle. «Ormai è l'unico Lightwood diligente rimasto»
Alec arrossì leggermente. Sapeva dove la sorella voleva andare a parare, e lo sapeva anche Jace, che infatti rideva sotto i baffi.
Si dondolò sui talloni. «Ora vado in camera mia» disse, sperando di chiuderla lì.
«Non hai dormito stanotte?» lo punzecchiò Izzy.
Jace non riuscì a trattenersi e gli scappò una risatina, anche se si arrestò dopo poco, realizzando quello che intendeva la ragazza. Alla vista della sua espressione, sarebbe stato Alec a ridere, se non fosse stato così imbarazzato.
«Ho solo dormito» disse Alec, con il tono di uno che spiega qualcosa ad un bambino.
Isabelle gli riservò lo sguardo di una che la sa lunga, e Alec seppe che avrebbe ritirato fuori quella storia ancora per un po'.
Decise di spostare l'attenzione da sé. «Voi dove andate?»
«Clary e Simon ci aspettano all'uscita di scuola per pranzare insieme» rispose Jace.
Sembrava che le relazioni dei fratelli andassero a gonfie vele, cosa che fece sorridere Alec. Poteva dire lo stesso della sua, tranne per quel piccolo dettaglio di Camille. Non ne aveva parlato nemmeno con Izzy.
«Prendo io Max da scuola, allora» si offrì Alec, come per rimediare al fatto che la sera prima non ci fosse stato. Di solito passava sempre in camera di Max prima che si addormentasse: già non lo aveva fatto per la notte che aveva trascorso fuori durante il weekend, e ora di nuovo.
«Sarà contento» disse Isabelle, quasi confermando i suoi pensieri.
«A dopo» li salutò Alec, avviandosi verso le scale.
Jace e Izzy lo salutarono in coro e uscirono.
Non appena la porta si chiuse alle loro spalle, la casa fu immersa nel silenzio.
C'erano solo Alec e i suoi pensieri.
 
Continuavano a tornargli in mente quei messaggi di Camille. Chissà cosa le avrebbe risposto Magnus.
Chissà se Magnus le scriveva.
Si disse che stava diventando paranoico. Continuando a rimuginarci, non avrebbe concluso proprio nulla, e non aveva voglia di rovinarsi la giornata per quello. Ne avevano parlato appena la sera prima e adesso voleva evitare di ritirare fuori l’argomento.
La cosa migliore che poteva fare era invece pensare ad altro. Sì, tanto tutta questa faccenda di Camille sarebbe passata – o almeno lo sperava.
E adesso che ci pensava, c’era una certa cosa che doveva chiedere a Magnus da un po’...

 
* * *
 
«Non riesci proprio a stare a casa tua, eh?» chiese Magnus sarcastico, aprendo la porta. Alec se n’era andato in mattinata ed ora, nel pomeriggio, dopo aver preso da Max da scuola e passato un po' di tempo con lui, eccolo di nuovo. Non che la cosa gli dispiacesse, anzi. Sperava che ciò significasse anche che la “discussione” della sera precedente fosse risolta.
«Qualche volta potresti venire anche tu da me» buttò lì Alec. Di solito non contemplavano neanche la possibilità, ma effettivamente ora che tutti – beh, Isabelle, Jace e Max – sapevano della loro relazione, non era più un’idea così assurda.
«Ora non potrai più rimangiartelo»
«Lo so» rise Alec.
Magnus lo fece entrare in salotto, poi andò in cucina e lo raggiunse un minuto dopo, con in mano dei biscotti che aveva tirato fuori dalla dispensa. «Ho deciso di seguire il tuo consiglio e sono andato a fare la spesa»
Alec sorrise. «Se continuerai così, non usciremo più di casa»
«Non è così male» rispose Magnus, accoccolandosi sul divano accanto a lui, con la testa sulla sua spalla.
«All'Under sentiranno la tua mancanza» lo prese in giro Alec.
Magnus si passò una mano sul volto, ridendo. «Non posso credere di aver passato tanto tempo in quel postaccio»
«Già» concordò Alec. Poi si ricordò il motivo per cui era lì.
«Che ti va di guardare?» domandò Magnus, prendendo il telecomando, ma Alec non rispose alla sua domanda.
«Vuoi venire al ballo con me?» buttò fuori all'improvviso, tutto d'un fiato. In fondo non gli stava chiedendo nulla di assurdo, ma si sentiva come se il cuore gli stesse uscendo dal petto. «So che manca ancora tanto, ma ho bisogno di togliermi questo peso, anche se dirai di no–»
«Sì» lo interruppe Magnus. Lasciò perdere la televisione, lo afferrò per le spalle e lo guardò dritto negli occhi. «Sì, Alexander, verrò al ballo con te»
Alec sgranò gli occhi. «Davvero?»
«Sì!» esclamò l'altro, quasi esasperato ma con le labbra distese in un sorriso. «Sarà il primo ballo per entrambi.»
Alec gli rivolse uno sguardo interrogativo.
«Al mio vero ballo di fine anno non sono andato, perché sono partito subito dopo il diploma con Catarina e Ragnor, come credo ricorderai» spiegò, con una punta di senso di colpa nella voce.
Certo che Alec se lo ricordava. Magnus era praticamente sparito per un anno, dopo avergli fatto credere che tra loro potesse esserci qualcosa e poi averlo liquidato dicendogli chiaramente che non era nulla di più che semplice divertimento. Gli fece male ricordarlo, ma poi guardò il ragazzo di fronte a lui e si disse che per quello che avevano adesso ne valeva la pena. Poi era felicissimo che Magnus gli avesse detto di sì, e non gli andava di rievocare quei momenti.
«Avevo un po' paura che ti saresti rifiutato di tornare al liceo» confessò Alec, abbassando lo sguardo.
«Effettivamente non è un luogo a cui lego molti ricordi felici o che mi abbia portato molte cose buone» mormorò Magnus.
«Tranne Catarina e Ragnor» suggerì lui. Anche se non conosceva la storia per intero – non ancora, preferiva pensare – sapeva che i tre si erano conosciuti al liceo, e che erano rimasti amici da allora. «Penso che loro siano per te quello che sono per me Isabelle e Jace.»
«Lo sono» confermò l'altro, con un sorriso dolce. «Ma stai dimenticando un'altra cosa»
«Cosa?»
«Tu.» soffiò Magnus, avvicinandosi al suo viso. «Anche se all'inizio non era tutto rose e fiori, se non ci fossimo incontrati prima in cortile al tuo primo anno e poi nel laboratorio di chimica al mio ultimo, ora non saremmo qui. Quindi tutto sommato un po' devo ringraziarlo, quel liceo di merda»
Alec scoppiò a ridere, appoggiando la fronte sulla spalla di Magnus. Il ragazzo glielo sollevò con due dita sotto il mento e gli sfiorò delicatamente le labbra con le sue.
«Vuoi dire che il fatto di avermi incontrato compensa tutto quello che Camille ti ha fatto passare?» sussurrò Alec, con un sorrisetto provocatorio.
«Ancora una volta stasera devo dirti sì» rispose Magnus, con una sicurezza che non si aspettava. «Camille mi ha strappato un pezzo del cuore, ma è come se tu me l'avessi restituito»
Alec afferrò il colletto della giacca di Magnus e lo attirò verso di sé, baciandolo  con forza, ancora e ancora, come se quel gesto potesse allontanare i tuoni che minacciavano la loro felicità.
 

 
“Dammi mille baci, poi cento,
poi altri mille, poi ancora cento,
poi mille di seguito, poi cento.
Poi, quando ne avremmo raggiunto molte migliaia,
le rimescoleremo, per non sapere quanti sono,
o perché nessun maligno possa gettarci il malocchio,
sapendo quanti sono i baci.”
[Catullo, Carmina, 5.



 




 

Note dell'autrice: 
Sono le 23.24 mentre scrivo queste note, quindi perdonatemi per eventuali errori di battitura :P
Btw, sono contenta di essere riuscita ad aggiornare con non troppo ritardo. Sono molto eccitata per i capitoli che verranno e spero di poter farveli leggere presto ;w;
Grazie a tutte le pazientissime persone che seguono questa storia, sia silenziosamente, sia lasciandomi qualche commento. Mi ispirate sempre a continuare. 
Se volete farmi sapere il vostro parere, o avete domande o altro potete lasciare una recensione o scrivere un messaggio privato al mio account EFP o alla mia pagina autrice  
Ora vado a dormire che forse è meglio.
Alla prossima,




PS. A scuola ho studiato da poco Catullo e me ne sono innamorata, quindi mi sono sentita di inserirlo un po' anche qui c: 

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Capitolo 21
*** Errore ***









 

Alec tornò a casa di sera inoltrata. Vide che Isabelle aveva già infornato la cena – sperando non avesse combinato guai – quindi andò direttamente nella stanza della sorella.
«L’ho chiesto a Magnus» esordì, aprendo la porta.
«Si può mettere in pausa questo gioco?» chiese Isabelle. Era seduta al centro del letto e indossava un paio di grandi cuffie. Dopo qualche secondo, disse: «Okay, allora ti richiamo dopo»
Si voltò verso Alec e rise nel vedere la sua espressione. «Parlavo con Simon su Skype. Mi stava facendo vedere un gioco chiamato League of Legends o una cosa del genere»
«Torno quando ci sarà la Izzy che conosco»
Sua sorella rise. «Dai, dimmi» lo spronò, battendo le mani.
«Ha detto di sì»
«Lo sapevo!» gridò Isabelle, alzandosi per abbracciarlo. «Non sei felice?»
«Certo che lo sono» disse subito lui, passandosi una mano dietro la nuca. «Solo che... sarà la prima volta che mi presenterò in pubblico con un ragazzo.»
«Un motivo in più per essere felice»
Alec le rivolse uno sguardo interrogativo. «Ballare con un ragazzo – che tra l’altro tutti conoscono a scuola – davanti a tutti gli studenti dell’ultimo anno?»
«Senza contare quelli degli altri anni che si infiltreranno...»
«Non hai afferrato il punto»
«Sì, invece» sbuffò Izzy. «Cercavo di sdrammatizzare. Vedrai che non sarà così male come pensi. Pensa alla tua felicità e fai tutto quello che vorresti fare.»
«Hai ragione» sospirò Alec, cerando di razionalizzare la situazione.
Quella era anche la sua serata, aveva il diritto di godersela. Voleva Magnus al suo fianco, e di certo non vi avrebbe rinunciato per paura del giudizio degli altri. Anche perché tanto, qualsiasi cosa fosse successa, non avrebbe mai più rivisto nessuna di quelle persone dopo la fine del liceo.
«Lo so» La ragazza gli fece l'occhiolino. «Ora, però, ho una partita da vincere» disse, rimettendosi le cuffie.
«Buona fortuna» fece Alec, sorridendo.
«Non mi serve!» esclamò Isabelle mentre lui usciva.

 

* * *

 

Era stata una giornata pesante a scuola. Alec aveva la testa che esplodeva.

2.13 pm, Magnus: Vuoi un passaggio a casa?
2.13 pm, Alec: Non sono dell'umore

Ripose il cellulare nella tasca, camminando nei corridoi con gli occhi rivolti verso terra. Mise a posto i libri nell'armadietto e poi uscì in cortile – passando ovviamente per il campo di basket sul retro.
«Che è successo?»
Alec si voltò di scatto. «Magnus? Ti avevo detto che potevi anche non venire»
«No» lo corresse lui. «Avevi detto di “non essere dell'umore”, e questo non ha fatto altro che spingermi a venire ancora di più» Gli prese la mano. «Volevo assicurarmi che andasse tutto bene»
«Sì» mormorò Alec, sorridendo per la dolcezza di Magnus. «Sono solo stanco»
«A questo è facile rimediare» rispose Magnus, cingendogli le spalle con un braccio e conducendolo verso la propria moto. «Andiamo a mangiare qualcosa e poi ti porto a casa come ti avevo detto»
«Perché non prendiamo qualcosa d'asporto e vieni a casa con me?» propose Alec, così su due piedi.
Fai tutto quello che vorresti fare.
«Okay»
«Okay» ripeté Alec, mentre un sorriso sbocciava sulle labbra di entrambi.


«Abbiamo portato cinese per tutti!» gridò Alec, chiudendosi la porta alle spalle. Jace e Isabelle erano tornati da poco, infatti le loro cose erano ancora sparse per il salone; Max era in camera sua – quel giorno era uscito prima.
«Abbiamo?» rispose Jace, mettendo la testa fuori dalla sua stanza.
«Io e Magnus» chiarì lui, guardando il ragazzo al suo fianco. Lo vedeva teso, e gli strinse una spalla. «Sta tranquillo» gli sussurrò, mentre si dirigevano verso la cucina, aspettando gli altri.
«Sto solo per conoscere le persone più importanti della tua vita» Magnus fece una risata nervosa. «E se mi odiano?»
«Gli piacerai» lo rassicurò. «Quasi quanto piaci a me»
Isabelle fu la prima ad arrivare. «Finalmente ti conosco» esclamò, spostando i lunghi capelli neri dietro le spalle. In realtà loro due si conoscevano già, sia perché avevano sentito ampiamente parlare l'uno dell'altro, ma soprattutto perché quando Magnus era tornato era stata proprio lei ad aprirgli la porta. Comunque, la ragazza decise di far finta di niente. «Isabelle.»
«Magnus» rispose lui, allungando una mano. «Anche se credo non ci fosse bisogno di presentazioni»
«Vedilo come un nuovo inizio» ribatté lei, stringendogliela. «Begli anelli»
«Grazie»
«Jace.» si intromise suo fratello, più distaccato rispetto ad Isabelle. Evidentemente non era ancora convinto che Magnus non avesse cattive intenzioni con lui.
«Piacere» rispose lui, stringendo le labbra in un'espressione che Alec sapeva non indicava simpatia per il suo interlocutore.
Per ultimo arrivò Max. «Tu sei il ragazzo di cui Alec e Izzy parlano?»
«Credo proprio di sì» disse il diretto interessato, sorridendo al bambino. «Alec parla spesso anche di te»
Max gli sorrise di rimando – cosa che rese Alec molto felice.
Si sedettero tutti attorno al tavolo e mangiarono insieme, chiacchierando. In particolare, Max faceva parecchie domande, mentre Isabelle e Magnus si divertivano a prendere in giro Alec velatamente. Anche Jace si lasciò un po' andare, alla fine, scoprendo che Magnus non era poi così male.
Alec gli strinse la mano sotto il tavolo. Magnus avrebbe potuto dire di no o rimandare, invece aveva accettato di conoscere i suoi familiari – che avrebbero ovviamente espresso un giudizio su di lui – senza alcun preavviso.
Dopo un po', ognuno tornò nella propria stanza, ma prima Isabelle e Magnus si scambiarono i numeri di cellulare, con un po' di preoccupazione da parte di Alec, che temeva cosa avrebbero potuto architettare quei due insieme.


«Come ti senti?» chiese Alec.
«Distrutto» rise Magnus, accomodandosi sul divano del salone. «Affrontare tre fratelli tutti in una volta è impegnativo»
«Lo so» dovette riconoscere lui. «Ma direi che te la sei cavata discretamente»
«Se non fosse stato per Jace, avresti potuto dire perfettamente»
«Conquisterai anche lui, non preoccuparti»
«L'importante è che ho conquistato te» ribatté Magnus, con un sorriso malizioso, allungandosi per dargli un bacio.
«Questo è certo» mormorò Alec.
Nel salotto c'era anche il suo pianoforte; si sedette sulla panca e cominciò a far scivolare le dita sui tasti, riproducendo la melodia dell'ultima canzone che aveva ascoltato per caso, Bonfire Heart di James Blunt.
«Adoro questa canzone» disse Magnus, riconoscendola. «Io, Catarina e Ragnor la cantavamo sempre all'inizio del liceo»
«Non ti ci vedo, sai?» ammise Alec.
«Ero un po' diverso da ora»
«Mi piacerebbe conoscere quel Magnus»
L'altro capì subito cosa Alec volesse dire, ma decise di evitare l'argomento.
«Days like these lead to» cominciò a cantare. «Nights like this leads to»
«Love like ours» continuò lui.
«You light the spark in my bonfire heart»
Le labbra di Alec si distesero un sorriso. Magnus riusciva sempre a cavarsela.
«Invece io, Izzy e Jace cantavamo spesso questa, un paio d'anni fa» disse, cominciando a suonare, ma Magnus stavolta non sembrava molto entusiasta.
«Mi ricorda un tipo con cui sono stato che era davvero terribile – o quella era un'altra, aspetta... »
Alec si irrigidì improvvisamente. «Se hai una canzone associata ad ogni ragazzo con cui sei stato direi che è meglio finirla qui con la musica»
«Che ti prende?» chiese l'altro, non aspettandosi quella reazione.
«Niente»
In realtà era infastidito, infastidito dal fatto che ci fossero così tante cose che non sapeva di Magnus mentre lui era un libro aperto.
Magnus era stato il primo per lui, in tutto, e in confronto qualche volta si sentiva uno dei tanti.
«Alec-»
«No, scusa, è che qualche volta dimentico la storia. Almeno la parte che so»
«Okay» disse Magnus, un po' più freddo. «È meglio che vada, prima che la situazione degeneri»
Alec lo fermò. «Scusa» gli disse, guardandolo negli occhi. «Non volevo»
Era sincero. Si sentiva un ragazzino sciocco: ogni volta che credeva di aver superato il problema, quello tornava a galla anche per i pretesti più banali. Si chiese per quanto sarebbe andata avanti. Finché Magnus non gli avesse raccontato tutto? Finché Camille non se ne fosse andata? O, peggio ancora, si sarebbe sentito sempre così?
«Va tutto bene» rispose l'altro, scuotendo leggermente la testa. «Ma ora devo davvero andare»
Alec annuì, sperando di non aver appena combinato un casino. «Ti accompagno alla porta»
Prima di lasciarlo andare, lasciò un veloce bacio a Magnus, sperando che capisse cosa volesse dire.
Non voglio allontanarti da me, anzi.

 

* * *

 

Alec tornò in camera corrucciato. Gli dispiaceva di essere stato così brusco con Magnus, ma cercava di giustificarsi pensando che era normale essere gelosi se il tuo fidanzato aveva alle spalle molti ragazzi – e ragazze, compresa Camille, che gli aveva sconvolto la vita. E lui non sapeva nulla.
La presenza della ragazza in città non faceva altro che peggiorare il tutto.
Ad un certo punto sentì un trillo del telefono. Cercò immediatamente il suo, pensando che magari Magnus gli avesse scritto qualcosa.
Invece, era il cellulare dello stesso Magnus, che se lo era dimenticato lì.
«Tu ti fidi di Magnus» si disse Alec, distogliendo lo sguardo dallo schermo illuminato.
Non avrebbe dovuto leggere i suoi messaggi e invadere la sua privacy così, ma questa storia di Camille lo stava divorando da giorni.
«Al diavolo» borbottò, mordendosi nervosamente un labbro. Si sedette sul letto e allungò la mano per afferrare il telefono.

3.23 pm, Camille: Quando possiamo vederci?
3.24 pm, Camille: Ci sono delle cose di cui vorrei parlare ;)
3.26 pm, Magnus: Non credo che ci sia nulla di cui parlare.

Semplice, efficace. Alec si disse che bastava cancellare i messaggi di Camille e la sua risposta e sarebbe stato tutto come se niente fosse successo.
Aveva appena cominciato a tranquillizzarsi quando arrivò un altro messaggio.

3.27 pm, Camille: Neanche di Alec?

Perché avrebbero dovuto parlare di lui? E soprattutto, cosa c'era da dire su di lui?

3.27 pm, Magnus: Non credo ce ne sia bisogno
3.28 pm, Camille: Hai ragione… soprattutto perché posso parlare direttamente con lui
3.28 pm, Camille: :) 

Alec socchiuse gli occhi, cominciando ad agitarsi.

3.28 pm, Magnus: ?

Quel punto interrogativo riassumeva bene la sua confusione.

3.28 pm, Camille: Riconosco le risposte di Magnus, e le sue non risposte
3.28 pm, Camille: Ciao, Alec :*

«Porca merda» esclamò Alec, allontanandosi dal telefono come se gli bruciasse tra le mani.
Ora cominciava a vedere quanto quello che aveva pensato di fare fosse non molto saggio – per non dire stupido.
Non poteva credere che Camille se ne fosse accorta così in fretta e così facilmente. Era estremamente astuta o forse conosceva Magnus meglio di lui?

3.30 pm, Magnus: Non voglio parlare con te
3.30 pm, Camille: Sicuro?
3.31 pm, Camille: Magari ho qualcosa che può interessarti
3.31 pm, Magnus: Non vedo cosa potrei volere da te
3.32 pm, Camille: Non vuoi sapere cosa è successo davvero tra me e Magnus?

Alec si chiese in cosa si stava cacciando.
Già aveva sbagliato a risponderle fingendosi Magnus, ora doveva chiuderla lì. Si era ripromesso di non avere niente a che fare con Camille, e adesso...

3.32 pm, Magnus: Perché dovrei fidarmi di te?
3.33 pm, Camille: Non ho niente da perdere
3.33 pm, Camille: Ti dirò tutto quello che vuoi sapere
3.34 pm, Magnus: Quando?
3.34 pm, Camille: Domani, al Central Perk alle cinque
3.34 pm, Camille: Offri tu ;)

Visualizzò ed eliminò tutti i messaggi appena ricevuti e inviati, con le dita tremule.
Che cosa aveva fatto?

 

* * *

 

Prima di tornare a casa, Magnus si era fatto un lungo giro in moto. Andare nelle strade meno affollate, quando il sole è basso nel cielo ma non ancora tramontato, con il giusto vento che ti accarezza il volto, non aveva prezzo per lui. In più, lo aiutava a riflettere. Questa situazione con Alec lo stava stressando.
Da una parte cercava di capirlo, perché per certi aspetti talvolta il suo passato poteva essere difficile da mandar giù, ma dall'altra voleva che Alec capisse che non era facile neanche per lui.
Era ovvio che volesse raccontargli tutti: voleva che tra loro non ci fossero più segreti. E poi era sicuro che se c'era qualcosa in grado di cancellare tutti i suoi sbagli e di renderlo migliore era quello che c'era tra lui e Alec.
Però…
Però non voleva che Alec conoscesse quella parte di se stesso che odiava. Sapeva che l'aveva già intravista al suo ultimo anno, prima che le cose diventassero serie, ma così sarebbe stato molto peggio.
Aveva paura che anche Alec avrebbe odiato quel Magnus che credeva di poter avere tutto, che ogni ragazzo o ragazza che gli interessava gli appartenesse.
Aveva paura che, sebbene non fosse più così, Alec non sarebbe riuscito a stare ancora con lui.
Al tutto si aggiungeva anche Camille, la cui semplice presenza nella città era riuscita a turbare entrambi.
Stava pensando talmente tanto ad Alec che gli sembrò di vederlo davanti alla porta mentre si avvicinava a casa. Si stropicciò gli occhi pensando che la sua mente aveva un'immaginazione davvero realistica. Solo quando il ragazzo cominciò ad andargli incontro si rese conto che si trattava del vero Alec.
«Magnus!» esclamò. «Stai diventando cieco?» lo prese in giro, cercando di non fare troppo caso alla faccia perplessa di Magnus.
Il diretto interessato gli sorrise, per poi dargli un pugno sulla spalla non appena lo raggiunse.«Perché sei venuto?»
«Ti sei dimenticato il telefono» rispose Alec, estraendolo dalla tasca del giubbino.
«Grazie» disse Magnus, prendendolo. «Scusa per la scocciatura di avermelo dovuto riportare.»
Alec ripensò ai messaggi e concluse che quello era appena il minimo che potesse fare.
«Nessun disturbo. Mi fa sempre piacere vederti»
Magnus gli prese la mano. «È tutto okay, vero?»
«Certo» affermò immediatamente Alec.
Se non fosse che ho usato il tuo telefono per prendere un appuntamento con Camille.

 







 

Note dell'autrice:
Comincio col dire che mi sento estremamente insicura su questo capitolo, motivo per cui ci ho messo così tanto a pubblicarlo 
La parte brutta si sta avvicinando, ma so che molti di voi se l'aspettavano già, perché il ritorno di Camille non poteva promettere nulla di buono - tanto da aver turbato entrambi i nostri Malec. 
Io, come Magnus, adoro i giri in moto, e vi posso dire che sono utili per riflettere, soprattutto se guida qualcun altro  
Comunque, spero che il capitolo vi sia piaciuto e sarei molto contenta di avere un vostro parere 

Ora torno al mio studio, che ho un po' trascurato dopo due giorni di Comicon. 
A presto,



(Vi lascio come sempre la mia pagina autrice)

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Capitolo 22
*** The darkness in our hearts ***









 

Alle cinque meno venti Alec era quasi pronto e si stava infilando una maglietta nera.
«Nera come la tua anima.» insinuò una vocina nella sua testa, ricordandogli che non stava uscendo per un appuntamento qualsiasi, ma per vedere Camille.
La ex del suo fidanzato. Quella che gli aveva spezzato il cuore.
Alec scosse la testa, uscendo dalla sua camera e dalla casa il più velocemente possibile, per non rischiare di incontrare Isabelle – non riusciva mai a mentirle seriamente, e voleva che nessuno sapesse quello che stava per fare.
Arrivò al Central Perk alle cinque in punto, e riconobbe immediatamente i voluminosi capelli biondi di Camille. La ragazza era seduta ad un tavolino per due in un angolo, con la testa china sul telefono. Alec pensò che c'era ancora tempo per tornare indietro, prima che lei lo vedesse.
Proprio mentre stava per muoversi – non sapeva ancora se in avanti o indietro – Camille alzò lo sguardo e i suoi freddi occhi verdi incontrarono quelli di Alec. Lei sollevò una mano, agitando piano le dita in segno di saluto, al che Alec sospirò e andò a sedersi di fronte a lei.
«Ti avevo sottovalutato.» disse lei, poggiando il mento sulle mani intrecciate e guardandolo fisso. «Non pensavo che saresti stato capace di agire alle spalle di Magnus.»
«Non pronunciare il suo nome.» ribatté freddo Alec, sia perché non sopportava il modo in cui la sua voce lo faceva, sia perché così si sentiva ancora più in colpa.
«D'accordo.» rispose Camille, mentre si sforzava – con scarsi risultati – di trattenere una risata. «Vuoi che cominci dall'inizio? Da quando il giovane Mag- lui si innamorò di me?»
Alec rimase un attimo in silenzio. Più quella conversazione andava avanti, più si stringeva la morsa attorno al suo cuore.
Vedendo che non parlava, Camille continuò. «Forse ti interessa direttamente la parte della rottura… beh, in mia difesa posso dire che il lui di allora era molto meno affascinante di adesso. Probabilmente ora non l'avrei lasciato, o almeno mi sarei divertita un po' più a lungo...»
«Basta.» sussurrò Alec, interrompendola. «Basta.» ripeté, stavolta a voce più alta. «Mi hai fatto venire qui per prendermi in giro?»
«Prima di tutto» obiettò Camille. «Io non ti ho fatto venire, è stata una tua scelta. Seconda cosa, ti racconterò tutto seriamente, se però farai una cosa per me.»
«Cosa?»
«Magnus mi regalò una collana, un rubino rosso. Gliela restituii dopo che ci lasciammo, ma adesso potrebbe tornarmi utile. Sotto sotto è un sentimentale, quindi penso che l'abbia ancora. Dovresti prenderla per me.»
«Mi stai chiedendo di rubare al mio fidanzato?»
«Forse sei meno sveglio di quanto pensassi...»
Forse lo era davvero. Come aveva potuto credere che Camille non avrebbe voluto nulla in cambio?
Si diede mentalmente dello stupido.
«Qui abbiamo chiuso.» disse risolutamente, alzandosi. Lasciò una banconota sul tavolo per pagare il caffè che Camille aveva ordinato prima che lui arrivasse e si avviò alla porta.
La ragazza lo seguì. «Ne sei sicuro?»
Alec continuò a camminare, ignorandola.
«Tanto venendo qui hai già tradito la sua fiducia.» sussurrò, alzando le spalle con una finta aria innocente.
«Non farò mai una cosa del genere.» rispose lui. «E soprattutto non per te
«Bene.»
Gli occhi di Camille si assottigliarono e la sua bocca si chiuse in una linea ostinata. «Grazie per essere stato un completo spreco di tempo!» gli gridò dietro, prima di andarsene.
Dopo aver camminato per un paio d'isolati, Alec si sedette su degli scalini per strada e si prese la testa tra le mani.
Gli era servito che Camille gli chiedesse di rubare per rendersi conto di quanto fosse realmente sbagliato ciò che stava facendo, quando avrebbe dovuto farlo molto prima. Come avrebbe fatto a guardare Magnus negli occhi dopo quest'incontro?
«Se lui non avesse tenuto così segreto il suo passato non sarebbe successo nulla» cercò di giustificarsi una parte di lui.
Il suono del suo telefono lo fece sussultare.

6.06 pm, Magnus: Cena a casa mia stasera? :*

L'unica cosa che aveva voglia di fare in quel momento era tornare a casa e sprofondare nel materasso del suo letto.

6.07 pm, Alec: Credo di dover rimanere con Max, scusa

Altre bugie…

6.07 pm, Magnus: Allora domani?
6.07 pm, Alec: Se con lui ci saranno Izzy o Jace…
6.10 pm, Magnus: Ho scritto ad Isabelle. Ci sarà

Alec inviò una emoticon in risposta, che esprimeva tutt'altro, rispetto al suo reale stato d'animo.

 

* * *
 

Erano quasi le nove quando Alec bussò alla porta di Magnus.
Dopo i suoi messaggi era tornato a casa e aveva provato a comportarsi con i suoi fratelli come se non fosse successo niente.
«È aperto» rispose l'altro dall'interno.
Alec entrò e trovò Magnus seduto sul divano, con in mano il cellulare. Sul tavolo brillava una pietra rossa.
Un gelo lo invase.
«Cosa...» mormorò, spostando gli occhi da Magnus al tavolino, sebbene sapesse cosa stava per succedere.
Quella collana poteva significare solo una cosa.
«Capisco la tua confusione.» cominciò Magnus, calmo. «L'ho provata anche io quando ho ricevuto questi messaggi.»
Si alzò, fermandosi di fronte ad Alec: si schiarì la gola e cominciò a leggere. Non c'era bisogno di dire chi li avesse inviati.
«Ehi, Magnus.
Hai visto o sentito il tuo prezioso Alexander oggi?
No?
Infatti era con me. Si era stufato di aspettarti ed è venuto a fare una bella chiacchierata con me per sapere qualcosa su di te.
Non credo che cose del genere siano sane in una relazione.
Comunque, era talmente curioso da aver anche accettato di sottrarti la collana che mi avevi regalato – che a proposito dovresti darmi, per ringraziarmi di averti avvertito su di lui.
Non ho sempre ragione?»
Magnus sollevò lo sguardò dallo schermo del telefono e lo posò su di lui. Fu come una coltellata. Non l'aveva mai visto così arrabbiato, non sul serio.
«Sai, quando me l'ha detto non le ho creduto. Non volevo crederle. Ma tra i tuoi messaggi evasivi di ieri e lo sguardo che hai ora, capisco che per la prima volta non è lei la bugiarda.»
Alec fece un passo verso di lui, ma Magnus si allontanò. Lo trattava come se fosse uno sconosciuto.
«Le avevo detto che non ti avrei mai rubato nulla.» fu tutto ciò che Alec riuscì a rispondere, con una voce che risultò insopportabile alle sue stesse orecchie.
«Però tutto il resto è vero? Sei davvero andato da lei?»
«Mi dispiace tanto. Io non volevo...»
«Pensavo fossi più maturo. Non potevi rispettare i miei tempi, la mia decisione?»
La voce di Magnus esprimeva rabbia, dolore e delusione.
«Me lo ha proposto lei e–»
«E come avrebbe fatto a parlare con te?»
Tanto valeva dire tutta la verità, visto che la situazione era già critica. «Le ho risposto dal tuo cellulare. Quando l'hai dimenticato a casa mia l'altro giorno. All'inizio mi sono finto te dicendole di lasciarci in pace, ma ha capito che ero io e si è offerta di raccontarmi tutto.» buttò fuori tutto d'un fiato. Da una parte confessarlo ad alta voce lo faceva sentire ancora peggio, dall'altra era quasi un sollievo non doverlo più nascondere.
Magnus rimase in silenzio per un attimo. «Non ti sei fidato di me.» mormorò. «Non l'hai mai fatto.»
«Non è vero. Ho capito che non potevo farti una cosa del genere e me ne sono andato. Non c'è stato il tempo di dire nulla.»
«Ma hai dovuto pensarci. E mi hai tenuto tutto nascosto.»
«Mi dispiace!» ripeté Alec, esasperato. «Pensavo che non mi avresti mai raccontato niente perché non mi ritenevi importante abbastanza.» Era la prima volta che lo ammetteva a se stesso. «Cosa che» continuò, cominciando ad alterarsi anche lui. «è ingiusta, perché tu per me sei sempre stato importante. Anche troppo.»
«E questo cosa vorrebbe dire?»
«Che per me tu non sei mai stato un gioco.»
Alec si stupì di quanto fosse tagliente quella frase. Magnus si era scusato innumerevoli volte per come erano andate le cose tra di loro all'inizio, e lui l'aveva perdonato – o almeno così credeva. Solo che in quel momento sentiva che tutto ciò che aveva provato allora stava tornando a galla.
«Pensavo che ci fossimo chiariti al riguardo.» rispose Magnus, palesemente poco entusiasta all'idea di rivangare il passato.
«Tu hai mai perdonato Camille?»
«Cosa c'entra questo?»
Alec non si rese conto di quanto sarebbero state forti quelle parole finché non le disse. «Tu sei stato la mia Camille.»
Poté vedere qualcosa spezzarsi dietro gli occhi di Magnus. «E allora perché siamo qui? Perché proviamo a far funzionare questa storia?» 
«Perché voglio stare con te.»
«Non ero la tua Camille?» chiese Magnus, freddo.
«Sì.» rispose schiettamente Alec. «Ma ti ho perdonato per quello.»
«Non sembra!» sbottò Magnus. «Mi menti, agisci alle mie spalle e ora mi dici questo… è una sorta di vendetta?»
«No!» ribatté Alec. «Ma sono arrabbiato anche io. So di aver sbagliato, ma se tu non ti fossi comportato così riguardo al tuo passato, chiudendomi fuori...»
«Il punto qui» lo interruppe Magnus. «è che io non posso più fidarmi di te. E palesemente tu non ti fidi di me. Ora so perché.» Il tono della sua voce si abbassò. «Non avevo mai pensato di poter essere stato per te ciò che lei è stata per me. Mi dispiace.» Magnus tornò impassibile. «Penso che come me e Camille all'epoca, anche noi adesso dovremmo smettere di vederci.»
«Magnus...» sussurrò Alec. Il suo cuore prima batteva all'impazzata, ora era quasi fermo. «Non potremmo superare anche questo?»
«Se non ci fidiamo l'uno dell'altro...non credo.»
Magnus si avvicinò alla porta, per farlo uscire. «Dopo cose come queste non è facile perdonare qualcuno anche se lo ami, penso che tu lo sappia»
Alec restò con le labbra dischiuse. Avrebbe voluto dire qualcosa, ma si bloccò. Magnus non gli aveva mai detto di amarlo. Probabilmente la prima volta sarebbe stata anche l'ultima. 
«Tu mi- Hai detto che mi ami?»
«Sì, Alexander.» Magnus lo guardò negli occhi per un secondo. «Più di quanto pensassi.» Aprì la porta. «Non che cambi qualcosa. È finita comunque.»
Alec scosse piano la testa, incapace di dire altro. Uscì nel freddo della notte in silenzio,
Alla fine, si ritrovarono entrambi avvolti dall'oscurità. Non quella della notte, ma dei propri cuori.

 







 

Note dell'autrice:

Sebbene questo capitolo non sia molto bello per i nostri Malec, io non vedevo l'ora di scriverlo. Vi sembrerà strano, ma il loro litigio è stata una delle prime cose a cui ho pensato quando ho avuto l'idea per la storia. (Il mio amore malsano per l'angst)
Comunque, nonostante ciò, spero che il capitolo vi sia piaciuto, e vi anticipo che c'è ancora molto altro che deve succedere tra Alec e Magnus ;) 
Un parere è sempre gradito, di qualsiasi tipo 

PS. Per quanto riguarda i riferimenti nel capitolo, il Central Perk è il bar della serie Friends (ho dimenticato di scriverlo nelle note dello scorso capitolo) e la scena del litigio riprende in alcuni punti, come credo vi sarete accorti, la scena della rottura Malec in Città delle Anime Perdute.
PPS. Per chi segue la serie, buon Shadowhunters Day! Non vedo l'ora di guardare la puntata domani ;w;


(Vi lascio come sempre la mia pagina autrice)

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Capitolo 23
*** All out of love ***









 
“ I’m lying alone with my head on the phone
Thinking of you till it hurts
 I know you hurt too but what else can we do
Tormented and torn apart ”
 

La coda pelosa di Chairman sotto il mento gli procurò un lieve prurito che lo spinse ad aprire gli occhi. Il sole era già alto nel cielo – e infatti era mezzogiorno, si rese conto, guardando l'ora sul telefono.
Aveva passato gran parte della notte sveglio, cosa che succedeva tutti i giorni da più di una settimana, incapace di sgombrare la sua mente dai pensieri e dalle immagini di una persona.
Non poteva credere che Alec gli avesse fatto una cosa del genere. Anche se non conosceva tutta la storia, sapeva perfettamente che Camille gli aveva spezzato il cuore e l'aveva tradito, in più di un senso.
Li immaginò insieme, mentre Camille gli raccontava la sua versione della storia… però Alec gli aveva assicurato che non si erano detti nulla.
«Ma posso fidarmi?» pensò. Dopotutto gli aveva già mentito.
A queste fitte di rabbia miste a delusione si alternavano, velocissime, visioni di Alec che gli sorrideva, lo baciava, o arrossiva alle sue parole in quel suo modo così adorabile.
Scosse la testa, impedendosi di pensarci. Era chiaro che ci avrebbe messo un po' a superare Alec. Nonostante il numero di persone – notevole – con cui era stato negli anni, il ragazzo era stato decisamente speciale.
Il primo che avesse amato.
Certo, aveva amato anche Camille, un tempo e in qualche modo, ma non con la maturità e con la consapevolezza con cui aveva amato Alec.
Con Camille c'era stata un'attrazione immediata, che aveva dato al suo cuore giovane e inesperto l'illusione di amarla dal primo momento. Aveva tenuto davvero a lei, tanto da non riuscire a rendersi conto di come lo usasse, ed era stata la sua prima vera ragazza.
Alec, invece… Alec era stata una continua sorpresa. Dopo una lunga serie di avventure di una notte, la sua prima intenzione era stata di divertirsi un po' e poi partire, come effettivamente aveva fatto. Ma poi era tornato.
Si era innamorato come ci si addormenta, prima piano piano, quasi senza rendersene conto, e poi tutto in una volta. Sebbene fosse più grande, e avesse un bel po' di esperienze alle spalle, Alec era stato qualcosa di completamente nuovo, sempre.
La sua relazione con Camille e quella con Alec avevano solo una cosa in comune, notò dolorosamente: erano finite.
C'era però ancora una differenza riguardo a questo. Dopo Camille, Magnus aveva completamente cambiato vita, spinto anche da una sorta di senso di rivincita – ripensò a Woosley, che aveva tradito sotto i suoi occhi per vendicarsi.
Mentre ora non riusciva a vedere più in là del caffè che aveva intenzione di bere. Non aveva voglia di vedere nessuno.
Come se volesse fargli un dispetto, il telefono squillò proprio in quel momento.
«Pronto?» rispose, sbadigliando.
«Stavi dormendo?» esclamò, con tono di rimprovero, una voce femminile a lui ben nota dall'altro capo del telefono.
«Mi hai chiamato solo per farmi la ramanzina, Catarina?»
«Sempre il solito.» sbuffò lei. «Comunque no, volevo dirti che sono tornata in città. Ci vediamo per un caffè?»
Nonostante il richiamo del suo letto e della solitudine, non sentiva né vedeva Catarina da un sacco di tempo, fatta eccezione per dei mesaggi, e la sua compagnia gli aveva sempre fatto bene. 
«Mi hai convinto alla parola caffé.»
La ragazza soffiò una risata. «Ti aspetto.» disse, facendogli capire che doveva sbrigarsi, prima di riattaccare.
Non c'era bisogno che dicesse dove. Dai tempi del liceo si incontravano sempre al Central Perk – gli venne in mente che una volta ci aveva portato anche Camille. Chissà se lei se lo ricordava ancora.

 
* * *
 
«Alec, vuoi uscire da quella stanza?» sbottò Isabelle, così forte che la sentì dal piano di sopra. «Ci sono le ciambelle!»
Dopo un attimo di silenzio, Jace si sentì in dovere di puntualizzare. «Non le ha fatte lei, altrimenti sarei rimasto in camera anche io.»
Anche senza sentirlo o vederlo, si figurò lo schiaffetto dietro la nuca che aspettava il ragazzo dopo quella frase.
Un sorriso gli increspò le labbra per un momento, ma svanì subito dopo.
In realtà si era svegliato molto prima dei fratelli, dopo aver dormito solo un paio d'ore, ma aveva chiuso la porta a chiave ed era rimasto steso a letto, guardando il sole alzarsi nel cielo man mano che il tempo passava.
Le parole che lui e Magnus si erano scambiati quella sera erano ancora chiarissime nella sua mente, nonostante fosse passato un po' di tempo. Si sentiva terribilmente in colpa per aver incontrato Camille, e allo stesso tempo sentiva di avere un po' ragione. Gli mancava già Magnus, gli mancava anche solo l'idea di avere la possibilità di vederlo e di parlare con lui – visto che non rispondeva né alle sue telefonate né ai suoi messaggi. 

Dopo che Isabelle ebbe minacciato di fare qualcosa contro il suo povero pianoforte, decise di alzarsi.
Mentre si metteva una maglietta pulita, pensò a cosa stesse facendo Magnus in quel momento. Più di una volta l'aveva sfiorato l'orribile idea che fosse in qualche locale – magari quell'Under dove l'aveva portato anni prima – a rimorchiare, come aveva fatto dopo la rottura con Camille.
Lui, invece, sopportava a malapena di vedere altre persone, fatta eccezione solo per i suoi fratelli, che ogni tanto riuscivano anche a tirarlo su. Quando leggeva i fumetti con Max, per esempio, o si cimentava in qualche ricetta con Jace per tenere Isabelle lontana dai fornelli. Con Isabelle, però, non stava passando molto tempo. Cercava di non rimanere mai da solo con lei, perché era sicuro che si fosse accorta che era successo qualcosa, ma, in tutta onestà, non aveva alcuna voglia di parlarne.
Era come una ferita fresca, coperta da un fragilissimo cerotto. Sarebbe bastata una parola a strapparlo via.
Una volta arrivato in cucina, gli si presentò una scena alquanto divertente, che rimase per un momento immobile davanti ai suoi occhi, come nei film, non appena i suoi protagonisti lo videro entrare.
Jace aveva le mani stese davanti a sé, come per proteggersi – invano, poteva aggiungere Alec, guardando Isabelle. Sua sorella aveva in mano una ciambella, e l'aveva appena schiacciato sula faccia di Jace, in mezzo agli occhi. Max, intanto, se ne stava dall'altro lato del tavolo, scartando il suo dolce, ridendo sotto i baffi.
La reazione istantanea di Alec fu quella di scoppiare a ridere, seguito dal resto delle persone presenti in cucina. Pezzi di glassa caddero dalla faccia di Jace sui suoi vestiti, ma il ragazzo sembrò non farci caso.
Alec pensò che anche Magnus avrebbe riso, quando gliel'avrebbe raccontato. La realizzazione che non avrebbe potuto dire proprio nulla a Magnus smorzò lentamente la sua risata.
Si allungò sul tavolo per prendere una ciambella e arruffare i capelli ricci di Max in segno di saluto, poi, dopo aver riservato uno sguardo di rimprovero misto a quanto poteva rimanergli di divertimento a Jace ed Isabelle, tornò nella sua stanza.
Mentre addentava la ciambella, si ricordò di quella domenica mattina quando lui e Magnus avevano fatto colazione insieme, e poi avevano portato qualcosa a tutti i suoi fratelli. Si sporcò di zucchero, che tolse con la mano.
Quella volta Magnus gli aveva pulito le labbra con un bacio.
 
* * *
 
«Sembra che vi siate molto annoiati senza di me.» commentò Magnus, mentre Catarina gli raccontava dell'ennesimo museo che lei e Ragnor avevano visitato dopo che lui se n'era andato, ripartendo per New York.
«Invece siamo stati benissimo.» ribatté lei, facendogli la linguaccia. «Siamo anche potuti uscire la sera senza andare in quei terribili locali dove ci trascinavi tu.»
Magnus rimase in silenzio, pensando che era tanto che non metteva più piede in un posto del genere. Da quando era tornato.
Da quando lui e Alec avevano provato davvero a stare insieme.
«Mag.» lo chiamò Catarina, vedendo il suo sguardo fisso dietro la sua spalla. «O dietro di me c'è qualcuno che ti vuoi fare o stai pensando a qualcosa.»
«Non sto puntando nessuno.» rispose sincero. «Non sono dell'umore.»
«Credi davvero che volessi raccontarti di tutti quei musei?» chiese Catarina, alzando poi una mano per fermare Magnus dopo che le rivolse un'occhiata obliqua. «Okay, forse un po' sì, anche se non sai apprezzarli, ma non è questo il punto. Volevo annoiarti abbastanza da spingerti a parlarmi di quello che ti turba.» Anche stavolta, il tentativo di parlare di Magnus fu interrotto. «E non dirmi che non c'è niente che non va, Magnus Bane, perché ti conosco da quando non eri ancora in grado di nascondere quello che provi, e lo so.»
«Okay, okay.» si arrese lui. Catarina sapeva essere dannatamente determinata quando si impegnava. «Sto pensando ad Alec.»
«Lo immaginavo.» annuì Catarina. Anche se non si erano sentiti molto, la ragazza sapeva che Magnus e Alec erano tornati insieme, ma non era a conoscenza della loro rottura. Aveva avuto proprio un bel tempismo. «Non ho mai visto nessuno coinvolgerti come quel ragazzo. Neanche Camille.» rifletté. «Lei ti aveva abbindolato, eri completamente in sua balia. Mentre con Alec hai combattuto, perché ci tenevi davvero.»
«Molto bella questa interpretazione.» fece Magnus, battendo le mani, un po' acido. «Peccato che io e Alec non stiamo più insieme.»
Allo sguardo incredulo e interrogativo di Catarina, Magnus le raccontò tutta la storia, sfogandosi per la prima volta con una persona reale, invece che con il suo gatto.
«E tu non hai intenzione di perdonarlo?» chiese Catarina, alla fine. Quando aveva sentito il nome di Camille, la sua bocca si era contratta in una smorfia di puro odio.
«Ma se non posso fidarmi di lui...»
Catarina scosse la testa. «Non dico che tu debba farlo subito.» specificò. «Pensaci, ma poi dovresti. Sai com'è Camille, è ambigua e pure perfida.»
Magnus appoggiò la testa sul tavolo. Insultare Camille era una delle attività preferite dell'amica sin dal liceo.
«Io la odiavo, Ragnor la odiava, chiunque sotto sotto la odiava. Ma non è questo il punto.» Alzò la testa di Magnus dal tavolo. «Sai che è capace di fregare alla grande le persone. L'ha fatto anche con te.»
Magnus la guardò con aria truce. «Alec ti ha assunta come avvocato?»
Catarina alzò gli occhi al cielo, poi gli prese una mano tra le sue. «Io voglio che tu sia felice, Magnus. E credo che con Alec lo fossi.»
«Lo ero.» disse istintivamente Magnus, non potendo negarlo.
«E allora!» sbottò lei. Poi guardò l'orologio. «Ora devo andare, ma passo da te stasera. Porto la pizza.»
Magnus annuì. Catarina non era solo un'ottima amica, ma era anche sempre capace di farlo ragionare.
La ragazza si alzò e gli schioccò un bacio sulla guancia. «Ci vediamo dopo.» lo salutò. «E non permettere a Camille di rovinarti la vita un'altra volta.» aggiunse, prima di uscire.
 
* * *
 
Toc, toc.
Alec era riuscito miracolosamente ad addormentarsi, dopo la colazione, ma il rumore lo svegliò immediatamente. Affondò la faccia nel cuscino. «Chi è?»
«Jace.» rispose il fratello.
Alec rimase in un attimo in silenzio. Si aspettava che fosse Isabelle, venuta a parlargli. 
«Posso entrare?» chiese lui, dall'altro lato della porta. «Sarò veloce.» promise.
«Va bene.» fece Alec, non ancora del tutto convinto. Si alzò, aprì la porta, e poi si ributtò sul letto.
Jace, una volta entrato, strinse gli occhi per la poca luce. Alec aveva chiuso le finestre, che ora l'altro si affrettò ad aprire con un «Ti sei trasformato in un vampiro?». Nel farlo, stava quasi per inciampare in un libro sul pavimento.
Alla luce del giorno, Jace poté vedere il caos che regnava nella stanza. Le lenzuola erano sradicate dal letto e pendevano a terra, alcuni libri di scuola erano caduti da una pila troppo alta sulla scrivania. La superficie di quest'ultima, poi, era ormai invisibile, dal momento che era ricoperta da penne, matite e simili, piatti delle cose che i fratelli gli avevano portato in camera in quei giorni – a stento assaggiate – e fazzoletti. In generale, il tutto puzzava anche.
«Non ho mai visto la tua stanza così disordinata.» commentò Jace. «Che ne dici se puliamo un po'?»
Questa proposta sorprese Alec, il quale, però, dopo un paio di secondi dovette accettare, dal momento che quei cibi sulla scrivania cominciavano a dargli il voltastomaco.
Dopo quasi un'ora passata a pulire, spolverare e riordinare, la stanza era come nuova.
Jace si sedette sul letto, appena fatto. «Ora ti va di dirmi che succede?» chiese, il più cauto possibile. «So che di solito è Isabelle quella a cui parli di queste cose.» aggiunse, abbassando lo sguardo.
«Ti ha mandato lei?»
«Lei mi ha detto solo che cerchi di evitarla e questo significa che c'è qualcosa che non va, tanto da non volerne parlare neanche con lei.» ammise, poi alzò le spalle. «È sempre stata più attenta di me.» mormorò, con una punta di senso di colpa. «Però ho pensato che magari potevo...»
«Jace, lo apprezzo molto» cominciò, e lo faceva davvero. «Ma non ho proprio voglia di parlarne in generale.»
Il fratello sospirò, stendendosi accanto a lui. «Allora puoi anche stare in silenzio, ma io resto un po' qui. Sai che ci sono, vero?»
Non capitava spesso che Jace esternasse dimostrazioni d'affetto, ma quando lo faceva era davvero efficace.
«Lo so.» rispose semplicemente.
«C'è qualcosa che io possa fare?»
«Non c'è niente da fare contro un cuore spezzato, soprattutto se è di qualcun altro.» sospirò, come se quella frase potesse spiegare tutto.
Jace si girò sul fianco, e lo guardò negli occhi. «Sapevo che si trattava di Magnus.»
«Avanti, puoi dirlo.»
«Che cosa?»
«Te l'avevo detto.»
Jace sospirò. «Okay, è vero, diciamo che ti avevo messo un po' in guardia… Ma avrei preferito mille volte sbagliarmi alla grande che vederti così. E sai che non mi piace sbagliare.»
Alec, suo malgrado, fece un piccolo sorriso. «Isabelle disse che se fossi stato di nuovo male per lui, lo avrebbe calpestato con i tacchi 12.» ricordò.
«Beh, allora faresti meglio a nasconderle le scarpe, perché sappiamo entrambi che ne sarebbe capace.» ribatté Jace, unendosi al suo sorriso. «Anche se non vuoi dirmi che è successo» riprese poi. «Posso darti comunque un consiglio?»
Alec annuì, non ancora pronto a parlare di Camille e di tutti i casini che si erano creati.
«Prenditi del tempo per te. Noi altri tre sopravviveremo.» Ingnorando il suo sguardo scettico, continuò. «Sono sicuro che entrambi avete delle cose su cui riflettere, e dovete farlo. Devi c
apire cosa vuoi ed esserne sicuro.»
«E poi?»
«Combattere per ottenerlo.» concluse. «Ma non tartassarlo di messaggi e telefonate.» puntualizzò. «Altrimenti 
potrei romperti il telefono.»
«Mi sembra più una minaccia che un consiglio.»
Jace rise, liquidando la sua obiezione con un gesto della mano. «Punti di vista.»
«È per un punto di vista che prima Isabelle ti ha spiaccicato una ciambella sulla fronte?»
«Può darsi...» 

 
* * *
 
Quella sera,  dopo aver pulito la sua camera, Alec cenò con i suoi fratelli, cosa che non accadeva da un bel po', e cercò di essere il più sereno possibile. Ascoltando i racconti di Max della scuola, quelli di Isabelle sui concerti di Simon a cui era stata, gli sembrò per un attimo di essere tornato alla normalità. Solo una cosa era fuori posto: Jace era più silenzioso del solito, e lo teneva d'occhio, come pronto a fare qualsiasi cosa di cui lui avesse avuto bisogno. Alec sorrise.
Dopo che Jace aveva conosciuto Clary – con la quale stava tutt'ora – i due si erano un po' trascurati, anche perché lui usciva con Magnus e Jace non sapeva ancora che fosse gay – o meglio, Alec non glielo aveva ancora confermato. Quindi ricevere tutte quelle attenzioni dal fratello all'improvviso lo faceva sentire lusingato e stranito allo stesso tempo.
Una volta finito di mangiare, Alec rimase un po' con Max prima che il bambino si addormentasse, come sempre, e poi tornò in camera sua. Entrandoci non puzzava più, pensò, soddisfatto del suo lavoro.
Prese dal comodino il suo cellulare, che aveva volontariamente lasciato lì durante la cena, per non avere tentazioni. Le settimane precedenti aveva mandato dei messaggi a Magnus, nulla di più di Ehi, Ciao e simili, e lo aveva chiamato. L'altro non aveva mai risposto a nulla.
Alec ripensò alle parole di Jace. Magnus lo faceva stare bene – magari non proprio in quel momento immediato, ma era stato felice con lui, in un modo mai provato.
Si fece coraggio.

10.49 pm, Alec: Non mi perdonerai mai?
 
Andò a lavarsi i denti, pensando che tanto Magnus non gli avrebbe risposto neanche stavolta. Ma quando controllò…
 
10.50 pm, Magnus: Non cambia niente.
 
Alec sentì improvvisamente freddo, e fu come se il mondo intorno a lui fosse diventato improvvisamente sfocato. Sentiva solo il rumore delle sue dita sulla tastiera del cellulare.
 
10.52 pm, Alec: Vuol dire che l'hai fatto?
 
Magnus non rispose più.
 
 
“ I want you to come back and carry me home
Away from these long, lonely nights
I’m reaching for you, are you feeling it too? ”








 

Note dell'autrice:

Questo potrei chiamarlo il capitolo della riflessione: Magnus con Catarina, ovviamente - amo quei due insieme - e Alec con Jace. Ci sarà anche Isabelle poi, non potrei mai non inserirla, ma mi piaceva concentrarmi una volta tanto sul rapporto Alec/Jace.  
Comunque, spero che il capitolo vi sia piaciuto sebbene, appunto, non ci fosse molta "azione", diciamo così. Grazie a tutti quelli che leggono e che si fermano a lasciarmi un parere, che mi fa sempre piacere 

Il prossimo è già pronto, in modo che potrò pubblicarlo non appena tornerò da Amsterdam - per la quale parto domenica ~
Buone vacanze a tutti,

Lù 


(Per quanto riguarda i riferimenti nel capitolo, ce ne sono alcuni a Città del Fuoco Celeste e una frase tratta da Colpa delle Stelle.)

| Per eventuali spoiler che potrei pubblicare nell'attesa, o anche solo se vi andasse di parlare con me, vi lascio la mia pagina autrice!

 
 

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Capitolo 24
*** Just a little bit of your heart ***









 
 
 
Magnus rilesse quegli ultimi messaggi con Alec, dal momento che non riusciva ancora a dormire.
L'altro l'aveva già contattato prima di allora, però non gli aveva mai risposto, credendo che così sarebbe stato più facile per entrambi andare avanti. Ma dopo aver parlato con Catarina, non era più tanto sicuro della sua decisione. Certo, era arrabbiato con Alec, però doveva anche mettere in conto come dovesse essere stato per lui vedere spuntare all'improvviso Camille, e soprattutto rendersi conto che lei aveva qualcosa che lui non aveva: il suo passato.
I suoi pensieri erano pieni di ma e di però, si rese conto, scuotendo la testa.
La verità era che aveva risposto ad Alec che non cambiava nulla solo per non ammettere né a lui né a se stesso che nel profondo l'aveva già perdonato.
Comunque, nonostante ciò, da un lato credeva davvero che non cambiasse nulla, perché finché non avesse raccontato tutto ad Alec ci sarebbe stato sempre un vuoto tra di loro. E magari, se l'avesse fatto, Alec non si sarebbe fidato di lui come prima. Pensare a queste cose lo faceva stare male, perché proprio quando aveva ricominciato ad amare gli si presentavano tutti questi casini.
Il sesso era più semplice. Ma non sarebbe riuscito a tornare al suo stile di vita passato, non dopo Alec. Si comportava come se avesse ancora un fidanzato, quando era stato lui a lasciarlo.
Aveva già vissuto una brutta rottura – quella con Camille era stata anche più che brutta – ma non si era sentito così. In quel caso dopo il dolore iniziale era arrivata la rabbia, e la voglia di rivincita. Ora, invece, era vuoto. La rabbia era svanita dopo qualche giorno, sostituita dal sapore amaro del rimpianto e della nostalgia.
«E sono passate solo tre settimane.»
Pensò di accettare la proposta di Catarina di guardare un film insieme mangiando gelato, sperando che l'avrebbe aiutato almeno un po', come si vede in TV.
Appoggiò la testa sul cuscino e chiuse gli occhi, pensando che la mattina dopo sarebbe andato al supermercato migliore che riusciva a trovare.
Gli sarebbe servito un gelato davvero buono per sentirsi meglio.
 
* * *
 
Alec scese in cucina per prepararsi un panino da mangiare mentre studiava. Sebbene gran parte della sua mente fosse ancora occupata dal pensiero di Magnus, tra meno di un mese si sarebbe diplomato, quindi si stava costringendo a concentrarsi sugli esami.
Non appena si allontanava dai libri, però, diventava più difficile. In quel momento, ad esempio, realizzò che tra meno di un mese ci sarebbe stato anche il ballo di fine anno, al quale fino a tre settimane prima era convinto l'avrebbe accompagnato Magnus.
Ora non sapeva neanche se ci sarebbe andato.
La parte più ottimista di lui lo spingeva a continuare a scrivere e a chiamare Magnus, sperando che prima o poi gli avrebbe risposto e avrebbero potuto sistemare tutto, ma l'altro continuava imperterrito nel suo silenzio.
Silenzio interrotto solo da un non cambia niente della sera precedente. 
«Invece cambia eccome.» pensò. Se Magnus l'avesse perdonato gli avrebbe potuto dare una possibilità di dialogo, anche se non fossero tornati insieme subito. Ad Alec bastava parlargli: c'erano tante cose che voleva – e doveva – dirgli.
Annunciandosi con un colpo di tosse, Isabelle entrò nella stanza. Alec si rese conto che erano soli, visto che Jace aveva portato Max in fumetteria.
Ora che ci rifletteva, dovevano essersi messi d'accordo, infatti gli era sembrato strano vedere Jace così impaziente di uscire.
Isabelle rimase in silenzio per un po', preparandosi il the. Poi si sedette su una sedia, appoggiò i gomiti al tavolo, tenendo in mano la tazza, all'altezza della bocca, ma senza bere, con gli occhi fissi su di lui.
«Pensavo che potessimo parlarne, dopo tre settimane.»
«Tre settimane da cosa?» tentò lui.
Isabelle sbuffò. «Non fare il finto tonto con me. Mi ricordo come stavi dopo che Magnus era partito, e ora stai ancora peggio, quindi c'è una sola spiegazione che mi viene in mente.»
«Ero convinto che avrebbe funzionato, stavolta.» mormorò semplicemente lui, sedendosi di fronte ad Isabelle e lasciando perdere il panino. Gli era passato l'appetito.
La sorella posò la tazza sul tavolo e la spinse verso di lui. «Non mi piace il the.» spiegò, con un piccolo sorriso.
Alec ne bevve un sorso, anche perché si sentiva la gola improvvisamente secca.
«Non devi raccontarmi niente.» disse Isabelle. «Puoi anche solo insultarlo, se ti fa sentire meglio.»
Nonostante tutto, Alec ridacchiò. Non poteva negare di essere stato tentato di sfogarsi in questo modo, qualche volta, ma non sarebbe stato giusto.
«Qualche insulto me lo meriterei anche io.» ammise.
A quel punto, spiegò a grandi linee ad Isabelle ciò che era successo, e fu come una confessione. Alla fine, la sorella assunse una strana espressione, a metà tra il divertimento e il senso di colpa, entrambe emozioni che lui non comprendeva.
«Izzy, cosa hai fatto?»
«Io ho pensato che fosse successo qualcosa di simile all'ultima volta, e ho mandato dei messaggi a Magnus dove gli chiedevo cosa ti aveva fatto e...» esitò. «beh, diciamo che non sono stata molto carina.»
Alec, all'inizio mortificato per quello sbaglio, si ritrovò a ridere sotto i baffi con la sorella.
«Cosa ti ha fatto capire che magari eri giunta ad una conclusione sbagliata?»
«Stamattina ti ho sentito registrare un messaggio in segreteria a Magnus, e ho pensato che non avresti voluto parlare con lui se ti avesse tradito.»
«Ora sai che è anche colpa mia.» mormorò Alec, tornando serio.
Isabelle gli accarezzò il dorso della mano. «Penso che il tempo delle colpe e delle accuse sia finito, mentre quello che c'era tra di voi no. Sai che non sono una incline al perdono, ma vi ho visto insieme, e per quello ne vale la pena. E poi» aggiunse, sdrammatizzando. «io non darei questa soddisfazione a Camille.»
«Hai ragione.» rispose lui, sincero. «Da quando sei diventata così saggia?»
«Ho imparato dal migliore.» ribatté lei, alzandosi. Prima di uscire dalla cucina, lo abbracciò velocemente da dietro, con la testa nell'incavo del suo collo. «E per questo so che capirai cosa fare.»
Alec sperò con tutto il cuore avesse ragione anche su questo.
 
* * *
 
«Ho comprato vaniglia, cioccolato e cookies n' cream.»
Senza esitare, Magnus le porse il barattolo di gelato al primo gusto, ricevendo un sorriso da Catarina. Sapeva che era il suo preferito dai tempi del liceo. Lui cookies n' cream e Ragnor cioccolato. Pensare all'amico gli provocò una strana sensazione.
«Dov'è Ragnor?» chiese all'improvviso.
All'inizio, preso dalla storia di Alec, non gli era venuto in mente che magari Ragnor poteva anche essere tornato. In tal caso perché non l'aveva chiamato?
«Ha deciso di rimanere in Europa.» rispose Catarina, con lo sguardo basso. «Dice che vuole esplorare tutte le opportunità che il continente può offrire.»
«Sì, sembra proprio una cosa che direbbe.» annuì Magnus, sorridendo, nonostante gli dispiacesse che l'amico si stabilisse così lontano. «Perché non me l'hai detto prima? Lo sapevi da quando sei tornata.»
«Quando ti ho visto così giù per Alec, non volevo aggiungere anche questo.»
«Ha scelto una città in particolare dove vivere?» domandò Magnus, cercando di evitare per un altro po' l'argomento Alec.
«Apertamente non ancora, ma tanto io so che sceglierà Londra.»
Nella maggior parte dei casi, Catarina aveva ragione, e Magnus stavolta era d'accordo con lei. Londra era una delle città che avevano visitato quando lui era ancora in viaggio con loro, e ricordava quanto Ragnor ne fosse rimasto entusiasta.
«Lo penso anche io.»
Dopo un po', circa a metà del film che lui e Catarina avevano scelto, si fermò con il cucchiaio di gelato in mano a mezz'aria.
«Che c'è?» domandò Catarina, stranita.
«Non mi ha salutato.» ribatté lui. «Non mi ha neanche salutato!»
Catarina sorrise di fronte al piccolo moto di rabbia dell'amico. «Non sapeva come dirtelo, aspettava che lo facessi io. Sai com'è Ragnor.» spiegò, eloquentemente. «Non voleva che le cose diventassero strane. Continua a scrivergli normalmente, come hai fatto fin'ora.»
«Dovrei far finta che non si trasferirà dall'altra parte del mondo?!»
«Se è quello che lui vuole...»
Magnus sbuffò. Sì, sapeva com'è Ragnor, e gli voleva bene, quindi l'avrebbe fatto per lui. «Okay.»
«Adesso che mi ci fai pensare, comunque» riprese Catarina. «prima di andarmene mi aveva chiesto di dirti una cosa.» si interruppe per mettere il film in pausa. «Sperava che Alec Lightwood valesse davvero la pena di perderti il viaggio, che magari sarebbe riuscito a distruggere il muro che ti eri costruito intorno al cuore.»
Magnus abbassò lo sguardo. Dannato Ragnor, ci aveva preso in pieno. Alec ci era riuscito eccome.
«Era questo il suo messaggio?»
«No.» Catarina lo guardò negli occhi. «Il messaggio era che se quel ragazzo fosse riuscito a perdonarti nonostante tutto, avresti dovuto fare qualsiasi cosa per tenertelo stretto, altrimenti saresti stato uno stupido.»
Magnus fece ripartire il film senza una parola. Forse avrebbe preferito non ricevere nessun saluto, ma sapeva che l'amico aveva ragione. Quanti l'avrebbero perdonato e si sarebbero impegnati con lui dopo quello che aveva fatto ad Alec? Lui stesso non l'avrebbe fatto.
«Sono uno stupido, Ragnor.» pensò.
 
* * *
 
Alec uscì dalla classe, riponendo disordinatamente i suoi libri nell'armadietto. Non vedeva l'ora di tornare a casa e riposarsi almeno mezz'ora, prima di riprendere a studiare. Le giornate a scuola diventavano sempre più intense, visto che mancava solo qualche settimana al diploma.
Si diresse come ogni giorno verso il campo di basket sul retro, e mentre percorreva il corridoio gli sembrò di vedere uscire dalla segreteria – più avanti sulla strada – una figura familiare.
«Impossibile.» pensò, ma accelerò il passo per raggiungerlo. Quando arrivò, si aspettava che fosse già andato via, invece lo trovò lì, appoggiato al muro, le lunghe braccia incrociate sul petto.
«Che ci fai qui?» chiese, con voce roca. Lo aveva chiamato al telefono, gli aveva scritto, aveva persino contemplato l'idea delle lettere, con tante di quelle cose da dire. Ma ora che Magnus era lì davanti a lui, bellissimo come sempre e freddo come poche volte, non ne trovava neanche una.
«Catarina doveva ritirare della documentazione per l'università, ma aveva un impegno, così sono venuto io.» Magnus liquidò la faccenda con un gesto della mano, nascondendo il fatto che in realtà era stata una sua scelta andare. «Puoi approfittarne per parlare.»
Alec gli rivolse uno sguardo interrogativo. Era rimasto per ascoltarlo?
«Pensavo volessi parlarmi.» spiegò l'altro. «Viste le tue telefonate e i messaggi. Sia tuoi sia di tua sorella. Sai che stavo per bloccarla?»
Sebbene fosse l'ultima cosa che avrebbe pensato di fare in quel momento, Alec ridacchiò. «È molto impulsiva e si era fatta una sua idea di cosa fosse successo.»
«Dalle sue parole posso immaginare quale.» rispose Magnus, anche lui, suo malgrado, con un sorriso.
«Avresti potuto non aspettarmi.» disse Alec, tornando serio.
«E tu saresti potuto andare via.» ribatté l'altro. «E non dico solo in questo momento. Perché hai continuato a cercarmi? Non eri arrabbiato con me?»
«Sì.» ammise schietto, sentendo che le parole finalmente gli venivano in mente. «Lo sono stato, però avevo torto. Ho sbagliato, e mi dispiace, davvero. Credo che tu lo sappia già, ma ti giuro che non farei mai di nuovo una cosa simile. Ma la ragione per cui l'ho fatto...» Alec si fermò e guardò Magnus dritto negli occhi. Ci aveva riflettuto per un settimane, e sapeva che quello che stava per dire avrebbe potuto o farli lasciare per sempre o metterli sulla giusta strada per sistemare le cose. «Non posso stare con te sentendo di non conoscerti del tutto. Prima non ne sapevo abbastanza dell'amore per capire come potesse essere.» sospirò, temendo che quelle sarebbero state le ultime cose che avrebbe mai detto a Magnus. «Perciò se non sei disposto ad aprirti, preferisco non stare con te. Pensavo che mi sarebbe bastato anche solo un po' del tuo cuore, invece voglio tutto. Perché tu hai sempre avuto più di un po' del mio, Magnus, molto più.»
Si aspettava che Magnus gli avrebbe risposto a tono o lo avrebbe lasciato lì, e invece un secondo dopo si ritrovò le labbra dell'altro sulle sue. Era passato abbastanza tempo dall'ultima volta, eppure si abbandonò naturalmente al bacio.
Dopo poco, Magnus si staccò brusco. Era da quando aveva visto Alec che voleva farlo, ma sapeva che non era giusto, non finché non avesse deciso cosa fare. Alec aveva ragione e lui doveva riflettere, per il bene di entrambi. Solo che quando Alec aveva cominciato a scusarsi, tutto il resto era scivolato via dal suo corpo, lasciandogli solo il desiderio di sentirsi ancora una volta come quando stavano insieme.
«Stai per partire di nuovo per l'Europa, per caso?» fece Alec, con un orribile déjà-vu del giorno del diploma di Magnus. Superata la sensazione che lo aveva travolto inizialmente, pensò che quello sarebbe potuto essere un bacio d'addio.
«Mi dispiace.» disse l'altro, riferendosi sia al bacio sia a tutto il resto. «E ti perdono, ma...»
«Non dirmi di nuovo che non cambia niente.» lo interruppe Alec, e la sua esclamazione non suonò brusca come avrebbe voluto, finendo per somigliare più ad una supplica.
«Volevo dire che devo pensarci.»
«Spero che lo farai sul serio.»
Magnus gli accarezzò la curva del mento e gli sussurrò un'ultima verità prima di andarsene.
Comunque ti assicuro che avevi più di po'  del mio cuore anche tu.










 

Note dell'autrice:
*si nasconde con le mani*
Okay, ho davvero ansia per questo capitolo, ci tenevo che venisse fuori bene perché è importante, e da qui prende anche nome tutta la storia. Mi farebbe quindi molto piacere se mi faceste sapere secondo voi com'è andata    
Passando agli avvenimenti veri e propri, come promesso c'è stato la scena Isabelle/Alec, che non può mai mancare, e in un certo senso Magnus è stato aiutato anche da Ragnor, sebbene non fosse lì in prima persona. A proposito di lui, ho scelto Londra ovviamente perché nei libri era il Sommo Stregone della città. Il confronto tra Magnus e Alec ve lo avevo in un certo senso anticipato in pagina e direi che serviva proprio ai due ;)
Ora vi lascio, con la (vana) speranza di aver reso un po' meno brutto l'arrivo di Settembre con questo nuovo capitolo.
Grazie sempre a chi segue questa storia. 

Alla prossima,



 | Per eventuali spoiler che potrei pubblicare nell'attesa, o anche solo se vi andasse di parlare con me, vi lascio la mia pagina autrice!

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Capitolo 25
*** Prom ***









 

 

«Capelli sciolti o raccolti?» chiese Isabelle, entrando nella sua camera. Non appena lo vide, però, la domanda passò in secondo piano. «Che ci fai ancora così? Perché non ti sei vestito?» esclamò, guardando quasi con orrore la vecchia maglietta marrone che indossava, steso sul letto con il telefono in mano.
«Non ho intenzione di venire.» rispose Alec, alzando le spalle. «Comunque sciolti, e stai benissimo.» aggiunse con sincerità. Isabelle era stupenda: indossava un vestito viola scuro con uno scollo quadrato che le lasciava le spalle scoperte; più lungo dietro, sul davanti le arrivava poco più in su del ginocchio.
«Grazie.» disse, un po' addolcita, mentre si toglieva le forcine liberando i lunghi e lisci capelli neri. «Staresti benissimo anche tu, se ti mettessi il vestito che ti ho comprato.» lo rimbeccò.
Alec non si mosse. «Te l'ho detto, non verrò.»
Era convinto di aver parlato con un tono che non ammetteva repliche, ma evidentemente Isabelle non era della stessa opinione. «È per Magnus, non è vero?» Non aspettò la sua risposta e continuò. «Magari ha deciso di venire per farti una sorpresa, non puoi rischiare di non esserci.»
«Come no.» sbuffò Alec, sentendo però che il cuore gli batteva più velocemente al solo pensiero. Non che quella possibilità non gli fosse venuta in mente, solo che non voleva sperarci troppo. «Non siamo in un film.» disse, più a se stesso che ad Isabelle.
Quest'ultima liquidò la sua obiezione con un gesto della mano. «Sarà comunque una bella serata ed è un peccato che tu te la perda. C'è un solo ballo di fine anno, dopotutto.»
Evitando di ribattere che non era del tutto vero, in quanto ad esempio lei ne avrebbe avuti due, infiltrandosi a questo, si limitò ad affondare la testa nel cuscino.
Isabelle uscì dalla stanza e Alec pensò per un secondo di averla avuta vinta, ma la ragazza tornò poco dopo. «Ho detto a Jace di avviarsi con Simon e Clary, così avrai il tempo di prepararti e potremo andare insieme.»
Dischiuse le labbra per difendere la sua posizione, ma la sorella lo precedette. «Mi rifiuto di lasciarti qui a piangerti addosso. Hai fatto tutto quello che potevi, ora dipende da Magnus. Quindi alza il culo dal letto e vieni con me, almeno ti distrarrai un po'.» concluse risoluta, incrociando le braccia sul petto.
Sebbene la testardaggine fosse un tratto comune a tutta la famiglia Lightwood, Isabelle lo era particolarmente.
Non senza rivolgerle un'occhiataccia, Alec si alzò dal letto e prese dall'armadio il vestito scelto.
«Sono pronto.» annunciò, qualche minuto dopo.
«Oh, Alec.» fece lei, squadrandolo da capo a piedi. Indossava una camicia grigio - argento abbinata con un completo blu, di una tonalità poco più scura dei suoi occhi. Isabelle gli sistemò il papillon dello stesso colore. «Stai davvero benissimo.» disse, con la stessa sincerità e sicurezza che c'era stata prima nella voce di lui.
«Grazie, Iz.» rispose. Poi uscì dalla stanza, dimenticandosi completamente del cellulare, e le porse il braccio. «Andiamo.»

 

* * *

 

Era da quando si era svegliato quella mattina che era particolarmente irrequieto. Mentre per gran parte delle due settimane precedenti aveva trascorso la giornata un po' sul letto e un po' sul divano, quel giorno non riusciva a stare fermo. Aveva passato il tempo principalmente andando avanti e indietro, cercando qualcosa da fare. Il motivo era che tra ormai pochi minuti sarebbe iniziato il ballo di fine anno di Alec: aveva persino messo un promemoria sul cellulare, in quanto era convinto che ci sarebbe andato anche lui.
Si sentiva come se, in un certo senso, il suo tempo fosse finito. Alec non aveva mai detto che doveva decidere entro la sera del ballo, però se non si fosse presentato – o quantomeno se non gli avesse neanche scritto – sarebbe stato naturale pensare che non aveva intenzione di tornare con lui.
E invece non era affatto così…
Magnus lo sapeva, e ne era stato sicuro quando si erano visti: voleva stare con Alec. Non era mai stato così felice come con lui, e sarebbe stata un'enorme bugia dire che non lo amava più.
Si era arrabbiato, questo era vero, e parecchio, perché Alec aveva incontrato Camille e gli aveva mentito, ma questo non aveva fatto diminuire i suoi sentimenti. Dopo tutto quel tempo, aveva perdonato il gesto del ragazzo, capendo anche le sue motivazioni. E allora cosa lo tratteneva?
La verità, probabilmente, era che aveva paura. Era consapevole di amare Alec, ma non aveva capito quanto finché non l'aveva lasciato. E ora si sentiva fragile: aveva detto la verità ad Alec, lui aveva più di un po' del suo cuore. Forse era per questo che esitava a dargli anche il suo passato. Era spaventato di esporsi così tanto.
Alec aveva fatto un salto nel vuoto, prima a uscire con lui e poi a perdonarlo, e nonostante tutte le sofferenze, nonostante fosse stato la sua Camille, voleva ancora stare con lui. Gli aveva dato tutto, anche quando non se lo meritava, e ora gli chiedeva sincerità.
Ripensò ancora una volta alle parole di Ragnor.
Il messaggio era che se quel ragazzo fosse riuscito a perdonarti nonostante tutto, avresti dovuto fare qualsiasi cosa per tenertelo stretto, altrimenti saresti stato uno stupido.
Magnus sarebbe stato uno stupido solo per la sua paura?
«No.» fu l'immediata e chiara risposta. Gli avrebbe raccontato tutto, magari non quella sera stessa, ma l'avrebbe fatto.
Dopotutto, per chi ne sarebbe mai valsa la pena, se non per Alec Lightwood?

 

* * *

 

Alec lasciò andare avanti Isabelle, a braccetto con Simon. Quest'ultimo per l'occasione aveva cercato di tenere il più in ordine possibile i suoi voluminosi capelli ricci, e portava delle lentine al posto degli occhiali. Lo sguardo che aveva intravisto sul viso di sua sorella era chiaro apprezzamento, anche se l'aveva sentita mormorargli: «Per stasera va bene, ma non credere di dover cambiare per me. Adoro il tuo fascino da imbranato.» con un sorriso.
Li seguì con gli occhi finché non entrarono nella palestra – adibita a sala da ballo – dove li aspettavano Jace e Clary, le mani intrecciate come se fosse impossibile dividerli. I quattro aspettarono un gruppo di studenti dell'ultimo anno e, mimetizzandosi tra loro, si imbucarono alla festa.
«Almeno qualcuno si godrà questo ballo.» pensò Alec, e il suo iniziale sorriso si velò di tristezza. Un mese e mezzo prima aveva immaginato quella serata in maniera completamente diversa, invece si era rivelata proprio come aveva creduto per anni, prima di incontrare Magnus, che sarebbe stata.
Aspetto un po' lì fuori, nel cortile, visto che una parte di lui continuava a sperare che Magnus si materializzasse all'improvviso, come uscendo da un portale. L'unica altra cosa che poteva fare era controllare il cellulare… che non aveva, si rese conto mentre si metteva le mani in tasca. Distratto da Isabelle e dalla fretta di uscire doveva averlo lasciato sul letto.
Sospirando, allora decise di entrare. Appena varcata la soglia, il silenzio del cortile fu sostituito da un'insieme di voci e musica del DJ, che lo lasciò frastornato per un secondo.
Fu subito raggiunto da Aline, sua amica d'infanzia, nonché organizzatrice del ballo. La ragazza sollevò la testa per guardarlo negli occhi – era abbastanza più bassa di lui – e gli indicò il pianoforte con un sorriso.
«Hai deciso di accettare la mia proposta?»
Tra lo studio e la storia con Magnus, Alec si era quasi dimenticato che Aline gli avesse chiesto di suonare qualche lento. Fortunatamente, studiando pianoforte da svariati anni, poteva farlo, se si fosse trattato di canzoni con le quali aveva un minimo di familiarità – cosa molto probabile, visto che lui ed Aline avevano sempre ascoltato la stessa musica – e se c'erano gli spartiti.
«Il DJ è bravo, ma è più di mezz'ora che mette canzoni disco, quindi mi piacerebbe fare una pausa.» continuò lei. «Ci sono cinque spartiti sul leggio, potresti suonare tre canzoni ora e due alla fine. Che ne dici?»
Alec annuì, ricevendo un bacio sulla guancia da una contentissima Aline. Si diresse verso il pianoforte: era sempre felice di suonare, e comunque non è che avesse granché altro da fare.
Non c'era nessuno con cui potesse ballare. O almeno, non l'unica persona con cui avrebbe voluto farlo.



Magnus guardò l'orologio. Il ballo era iniziato da più un'ora ormai. Aveva anche cominciato a prepararsi, ma voleva prima avvertire Alec del suo arrivo, considerato anche che non erano ancora ufficialmente tornati insieme. Allora gli aveva telefonato, gli aveva scritto dei messaggi, ai quali, però, Alec non aveva mai risposto.
A quel punto era stato assalito dai dubbi, pensando che magari Alec aveva trovato un altro accompagnatore, o che non lo voleva lì, in quella serata speciale, dopo tutto ciò che era successo, o ancora che forse credeva che intendesse lasciarlo.
«Oh, Alexander, non potresti sbagliarti più di così.» sussurrò, come se il diretto interessato potesse sentirlo.
Un miagolio lo distrasse dai suoi pensieri: era Chairman che graffiava contro la porta.
«Dici che dovrei andare lo stesso?» domandò Magnus, sorridendo, mentre lo prendeva in braccio e lo sistemava sul divano.
Il suo gatto aveva ragione. Avevano aspettato fin troppo.

 


Dopo che ebbe finito la sua parte, Alec si concesse qualcosa da bere, un ballo con Isabelle e uno in gruppo con lei, Jace, Clary, Simon, Aline ed Helen – la “migliore amica” di Aline, che Alec sapeva fosse in realtà la sua fidanzata. Poi uscì, avendo bisogno di una pausa da tutto quel rumore, sebbene dovesse ammettere che la serata si stava rivelando meno spiacevole del previsto.
All'esterno, si beò del silenzio e anche di tutto quello spazio vitale intorno a sé, che non si riusciva a mantenere nella palestra.
Mentre suonava era riuscito un po' a distrarsi, assorbito dalla musica, ma Magnus era un punto fisso nella sua mente. Certo, avrebbe anche potuto aver bisogno di più tempo e incontrarlo in un'altra occasione, ma Alec non poteva negare che non vedendolo arrivare gran parte della sua speranza era sparita. Riteneva il suo passato così terribile da privarsi del futuro?
Alec scosse la testa, dandosi dell'egocentrico. Chi diceva che fosse proprio lui il futuro di Magnus?


 

«Tu potresti darmi solamente il passato – un passato che non voglio più. Alec è il mio futuro.» aveva detto a Camille, si ricordò Magnus. E ora più che mai era deciso a dimostrare che quelle parole erano vere. Finì di abbottonarsi la camicia nera, per poi infilarsi velocemente una giacca bordeaux, che richiamava il colore di alcune ciocche del suo ciuffo di capelli. Non era il massimo dell'eleganza, ma era il meglio che fosse riuscito a trovare.
Il ballo era quasi finito, e la scuola di Alec era abbastanza lontana da Brooklyn.
Sperò che Alec gli avrebbe riservato l'ultimo ballo.


* * *


Alec aveva lasciato come ultima canzone da suonare la sua preferita tra le cinque, che tra l'altro riteneva la più adatta per concludere la serata: Save the last dance for me dei The Drifters.
Mentre muoveva le dita sui tasti, pensava alle parole nella sua mente, finché non si rese conto che Simon stava effettivamente cantando, tenendo gli occhi fissi su Isabelle. Alec sorrise, riflettendo che dopotutto questo Simon non era tanto male – e non si riferiva solo al cantare.
Verso la fine, Simon si allontanò dal piano e raggiunse Izzy, per farla volteggiare un'ultima volta tra le sue braccia. Lui terminò la melodia, sussurrando le parole conclusive, rivolgendole ad una persona in particolare.
La serata finì con un brindisi in onore dei futuri diplomati, e poi man mano tutti i partecipanti cominciarono ad andarsene.
«Ehi, non vieni?» gli chiese Isabelle, appoggiandogli una mano sulla spalla, anche per consolarlo dalla delusione che Magnus non si fosse presentato.
«Sto finendo di pulire il pianoforte, non posso lasciarlo così.» spiegò, con un gesto al suddetto strumento pieno di briciole di stuzzichini – infilate persino tra i tasti – e schizzi di bibite. «Ho detto ad Aline che avrei chiuso io la palestra.»
Sua sorella scosse la testa in risposta al suo senso del dovere, poi lo abbracciò velocemente. «Ti aspetterò sveglia, se avrai voglia di parlare.»
Alec le rivolse un sorriso e salutò Jace, Clary e Simon con un gesto della mano.
Una volta solo, si dedicò effettivamente al suo compito, nato come scusa per non dover fare la strada con le due coppiette, che però gli servì anche a distrarsi. Aveva sperato fino all'ultimo che Magnus arrivasse, e invece nulla. Il ballo era finito, probabilmente così come la loro relazione. Nonostante nelle settimane precedenti si fosse preparato ad affrontare questa eventualità, ora non sapeva cosa fare. Si sentiva un guscio vuoto.
Mentre girava la chiave nella serratura, sentì dei passi alle sue spalle, come a conclusione di una corsa, che lo fecero sobbalzare. Si voltò, afferrando la scopa del bidello lasciata lì, pronto a usarla in caso di necessità.
Con sua enorme – a dir poco – sorpresa, si ritrovò a due centimetri da un paio di inconfondibili occhi verde oro. Lasciò cadere la scopa, non sapendo cosa dire.
«Dannato traffico di Brooklyn!» sbottò Magnus, rompendo il silenzio. «Neanche con la moto sono riuscito a fare in fretta di sabato sera. L'ho lasciata un paio di isolati più indietro, credendo che magari se avessi corso sarei arrivato in tempo…»
Era evidente a entrambi che non era stato così.
«Però sei qui.» disse Alec, liquidando il suo ritardo con un gesto della mano.
«Sì.» rispose. «Sarebbe stato più facile se avessi risposto alle mie chiamate o ai miei messaggi.»
Alec lo guardò con un'espressione inizialmente confusa, che diventò quasi colpevole. «L'ho dimenticato a casa...»
«È la scusa meno originale del mondo, Lightwood.» lo prese in giro Magnus, e la sua risata fece sentire Alec un po' meglio. «Però sì, sono qui.» ripeté, sfiorando con le dita il suo papillon. «E menomale, quando mi ricapita di vederti vestito così elegante?»
Alec combatté l'impulso di arrossire. «Io pensavo che non mi sarebbe più ricapitato di vederti in generale.» ribatté. Era tipico di Magnus cercare di evitare il più a lungo possibile di parlare apertamente dei propri sentimenti, ma in questo momento era necessario.
«Ho pensato a quello che mi hai detto.» cominciò Magnus, con un sospiro, riconoscendo che l'aveva tenuto sulle spine fin troppo. «Per due settimane. In realtà ho avuto un sacco di tempo per riflettere, da quando abbiamo rotto. Alexander… Alec, hai ragione. Non è giusto nei tuoi confronti. Tu mi hai restituito qualcosa che credevo di non poter più provare, dopo Camille e dopo tutte quelle relazioni occasionali, e io ti devo la verità. Ti racconterò tutto il mio passato, se lo vuoi ancora. Se vuoi me
«Io...» mormorò Alec, a corto di parole. Aveva immaginato quel momento tante volte, da quando si erano lasciati, ma avere Magnus Bane in carne ed ossa a dire quelle parole era tutta un'altra cosa.
«Ho pensato che se volevi stare con me quanto io voglio stare con te...» Magnus si interruppe. Alec non l'aveva mai visto così agitato: sembrava improvvisamente più giovane. «So che sono io che ti ho lasciato, e che c'è tutto il mondo fuori, Alexander, lo so-»
«Non voglio il mondo.» intervenne lui. C'erano tanti ragazzi, sì, il mondo, ma Magnus era unico. Era anche rischio, lo era sempre stato, eppure questo non l'aveva mai fermato – dopotutto, aveva abbandonato la prudenza nell'istante in cui aveva accettato di uscire con lui. Dovette dare ragione a Isabelle e Jace: certi rischi vale la pena correrli. Pronunciò due semplici parole, ma non ne esistevano altre di cui fosse più sicuro. «Voglio te.»
Gli occhi di Magnus scintillarono nel buio della notte, e non per il glitter sulle palpebre. «Davvero?»
Alec allungò la mano e mise le dita a coppa sotto la sua mascella. «Davvero.» ripeté, prima di baciarlo, e tutto tornò al suo posto. Fu un bacio lento e delicato, prova del fatto che i sentimenti che provavano l'uno dell'altro non si erano affatto affievoliti.
«Mi dispiace di averti rovinato il ballo.» si scusò Magnus, quando si separarono, poi sorrise. «Però ho avuto un'idea.»
Poggiò il suo cellulare su una delle panchine del cortile e mise della musica, alzando al massimo il volume.
Poi gli si avvicinò di nuovo e allungò una mano verso di lui. «Posso avere questo ballo?»
Per tutta risposta, Alec la afferrò. Il mese e mezzo precedente cominciò a perdere importanza, mano a mano che si avvicinava a Magnus. «Sì. Sì che puoi.»
Ballarono per un po', stringendosi sempre più l'uno all'altro, e di certo non per il freddo. Magnus poi gli chiese com'era andata la vera festa, e lui gli raccontò i punti salienti.
«Deve essere stato il momento più bello della serata, amo quella canzone.» disse Magnus, quando sentì che Alec aveva suonato Save the last dance for me.
«È questo il momento più bello della serata.» affermò Alec, senza un minimo di dubbio. Non era il ballo classico che tutti sognano, ma per lui era perfetto, perché c'era tutto quello di cui aveva bisogno: spazio vitale – non c'era nessuno che potesse urtarli mentre ballavano – buona musica e, cosa più importante di tutte, Magnus. «Comunque, posso suonartela quando vuoi.»
«La prendo come una promessa di farlo in futuro.» sorrise Magnus. «Per ora, possiamo ballarla.»
La fece partire e ritornò subito tra le sue braccia, con l'intenzione di restarci per un bel po'.

 

Don't forget who's taking you home
And in whose arms you're gonna be
So darlin'
Save the last dance for me ”









 

Note dell'autrice:
Sapevo che con l'inizio della scuola il mio tempo sarebbe diminuto, quindi sono contenta di essere riuscita a pubblicare con non troppo ritardo.
È arrivato finalmente il momento che tutti aspettavamo: Alec e Magnus sono di nuovo insieme *__*  
Ci sono comunque altre cose che devono ancora accadere, e sono al lavoro al riguardo ;)
Ho amato scrivere questo capitolo perché il legame di Alec e Magnus per me è indissolubile, quindi farli chiarire nell'ultima scena è stato bellissimo ç_ç spero che vi sia piaciuto 

Ringrazio come sempre tutti coloro che seguono questa storia, silenziosi o meno ♡ 
Alla prossima, 



 
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Capitolo 26
*** Future and past ***









 
Era ormai abbastanza tardi quando smisero di ballare, ancora con il sorriso stampato sulle labbra.
«Ti accompagno a casa.» si offrì immediatamente Magnus.
«Non devi farlo per forza, sai.»
«È il minimo, dopo...» rispose lui, scrollando le spalle, non sapendo se continuare con “averti rovinato il ballo” o “averti lasciato”.  «Voglio farlo. Ho già passato abbastanza tempo lontano da te.» concluse, un po' agitato, sperando che Alec non volesse mandarlo via. Aveva paura che una volta svanita la magia del momento, del ballo, Alec potesse avere dei ripensamenti.
Fortunatamente i Lightwood erano testardi e non cambiavano facilmente idea.
Alec gli sorrise e gli prese la mano, intenzionato a non lasciarla finché non fosse stato sulla soglia di casa, infischiandosene delle persone – magari anche i suoi stessi compagni di scuola, ancora in giro a festeggiare – che potevano vederli.
«So che hai la moto non lontano da qui» disse Alec. «ma preferirei andare a piedi.»
Lui annuì e cominciarono a camminare.
Dopo un iniziale silenzio, le parole vennero naturali ad entrambi, mentre tutto tornava al suo posto, e Magnus riusciva solo a pensare a quanto gli fosse mancato ciò.
«Quanto avrei voluto vederlo!» esclamò ridendo, quando Alec gli raccontò di Isabelle che schiacciava una ciambella sulla fronte di Jace.
Alec si unì alla sua risata. «Ho pensato subito che l'avresti trovato divertente. Però credevo che non avrei potuto raccontartelo.»
«Invece puoi.» specificò subito Magnus. «Possiamo raccontarci tutto, ora.» Non ci fu bisogno di chiarire che parlava del suo passato. «La mia amica Catarina è in città.» disse invece. «Se ti va te la presento. È una parte importante della mia storia, nonché la mia migliore amica.»
«Mi farebbe molto piacere.» rispose Alec, e si capiva che era completamente sincero.
Alla fine arrivarono davanti a casa di Alec, e Magnus esitò.
«Non so come salutarti perché non voglio farlo.» mormorò, passandosi una mano dietro la nuca.
«Dimmi che ci vedremo domani.» suggerì Alec, ma quella che avrebbe voluto fosse un'affermazione suonò come una richiesta. Il suo tono era stato influenzato dal fatto che quella serata gli era sembrata un sogno, e che una parte di lui temeva che il giorno seguente sarebbe svanito tutto.
«Ci vediamo domani.» ripeté Magnus, deciso. «E il giorno dopo, e quello dopo ancora, e quello...»
Avrebbe continuato, se Alec non l'avesse interrotto poggiando le labbra sulle sue. Magnus gli mise una mano sulla spalla, portandolo più vicino a sé.
«A domani, allora.» sussurrò Alec, staccandosi lentamente, per poi aprire la porta.
 
Alec sorrideva ancora quando entrò in casa. Salì le scale il più silenziosamente possibile, credendo che tutti dormissero. Purtroppo si era dimenticato che Isabelle gli aveva detto che l'avrebbe aspettato sveglio, ecco perché gli venne quasi un infarto nel momento in cui la trovò nella sua stanza.
«Izzy!» esclamò piano.
«Credevo che avresti urlato.» lo prese in giro lei.
«Così sarebbe venuto un colpo anche a Jace e Max.» ribatté lui, acido, anche se dopo lo spavento iniziale veniva da ridere pure a lui.
«Comunque stavo cominciando ad avere paura anche io, visto che non tornavi e non rispondevi alle mie chiamate.»
«Possibile che tutti mi chiamino proprio quando dimentico il telefono?»
«L'ho trovato qui e sono rimasta.» concluse Isabelle. «Ora mi dici cosa hai fatto tutto questo tempo?»
«Ho ballato.»
Sua sorella gli rivolse uno sguardo interrogativo. «Alexander Gideon Lightwood, sei ubriaco?»
Alec rise di gusto per quella reazione. «Okay, ti racconto.»
«Non ci posso credere.» disse Isabelle, quando ebbe finito. «Sembra una scena da film.»
«Già.» concordò lui. 
Parlarne ad alta voce l'aveva reso più reale, ma sembrava ancora un sogno.
«Quindi ora state di nuovo insieme?»
«Direi proprio di sì.» rispose, rendendosi conto ancora una volta quanto la cosa lo rendesse felice. 
«Allora dovrò fare una bella chiacchierata con lui.»
«Cosa..?»
«Voglio mettere in chiaro che non deve farti soffrire di nuovo, altrimenti non sarò gentile come questa volta.»
«Giusto, ti sei limitata ad un paio di messaggi minatori...»
Isabelle gli diede un leggero schiaffo sulla spalla. «Lo faccio per te.»
«Uhm.» borbottò lui. «Fai un'altra cosa per me, lasciami dormire, sono distrutto...»
Lei gli fece un occhiolino malizioso – al quale Alec rispose con un'espressione scocciata – e poi uscì.
E per la prima volta dopo più di un mese, Alec si addormentò immediatamente, con l'ombra di un sorriso sulle labbra.
 
* * *
 
Mantenendo la parola data, la prima cosa che Magnus fece appena sveglio fu scrivere ad Alec per incontrarsi.
 
9.03 am, Magnus: Buongiorno, piccolo
9.03 am, Magnus: Dove ci vediamo?
 
Visto che Alec non rispondeva, in Magnus cominciò a sorgere la paura irrazionale che magari tutto quello che era successo fosse un sogno e aveva appena scritto ad un Alec infuriato con lui.
 
9.50 am, Alec: Dove vuoi
9.50 am, Alec: Mi basta vedere te
 
Con un sorriso e un sospiro di sollievo, Magnus stava per rispondere ad Alec, quando un altro messaggio gli diede un'idea.
 
9.51, Catarina: Colazione insieme per raccontarmi la tua serata da sogno con Alec Lightwood?
 
9.52 am, Magnus: Meglio ancora
9.52 am, Magnus: Te lo faccio conoscere ;)
 
Contemporaneamente scrisse ad Alec che sarebbero andati ad un bar con Catarina.
Mentre si vestiva, impaziente di vederlo, si chiese dove avesse trovato la forza di stargli lontano nei mesi precedenti.
 
 
«Lightwood!»
Alec si sentì chiamare da lontano da una voce inconfondibile. Si girò con già il sorriso sulle labbra.
Magnus lo raggiunse in due passi, con le sue gambe lunghe, e gli scoccò un bacio sulla guancia.
«Buongiorno anche a te.»
«Buongiorno a tutti e due!» intervenne Catarina, arrivando alle loro spalle.
Mentre Magnus la salutava, Alec capì immediatamente che fossero molto legati, e per un momento si sentì in imbarazzo. Catarina, però, lo mise subito a suo agio.
«Catarina Loss.» si presentò, allungando una mano verso di lui.
«Alexander Lightwood. Ma mi chiamano tutti Alec.»
«Lo so.» sorrise lei. «Magnus mi ha parlato molto di te.»
Lui arrossì un po', ma sapeva che non poteva essere altrimenti. «Spero bene.»
«Benissimo.» gli assicurò lei, con il tono di una che la sa lunga.
A questo punto Alec ricambiò il suo sorriso, passandosi una mano dietro la nuca, quando Magnus si mise in  mezzo a loro, prese a braccetto entrambi da un lato e dall'altro e li condusse nel bar.
Davanti a una tazza di caffè fumante e biscotti, Alec si rese conto del perché Magnus si confidasse con lei: era una di quelle persone con cui anche quelli che non sono abituati ad aprirsi non possono non farlo. Un po' come Isabelle per lui.
Magnus le raccontò, su sua richiesta, della sera precedente e ad Alec all'inizio sembrava che non parlasse davvero di lui. Alec Lightwood, un ragazzo che aveva cercato di restare lontano dall'attenzione in ogni momento, che preferiva non correre rischi se non era necessario, che metteva sempre gli altri davanti a sé, era protagonista di una storia d'amore degna delle serie tv.
“Possibile?” si chiese, sbirciando il volto di Magnus, sulla sedia accanto a lui, mentre beveva. “Con uno come quello lì, tutto è possibile.” si rispose, cercando di nascondere il sorriso che inevitabilmente si era formato sulle sue labbra.
«Il caffè qui dev'essere proprio buono, se ti fa assumere quell'espressione sognante.» notò Catarina, seduta di fronte a loro, facendo quasi strozzare Alec.
«Sì-» tossì lui. «Proprio buono.» 
La mattinata, comunque, trascorse in maniera piacevole. Alla fine Magnus e Catarina si diedero appuntamento per il giorno dopo, e lui ed Alec tornarono a casa insieme, mano nella mano.
 
* * *
 
 «Mi è sembrato che Catarina ti abbia fatto una buona impressione.» disse Magnus, con quella che voleva essere un'affermazione, ma uscì fuori con un lieve tono interrogativo. Ovviamente, dal suo punto di vista, non si poteva non adorare Catarina, ma sapeva che Alec non era proprio la persona più socievole del mondo.
«Ti è sembrato bene.» lo rassicurò lui. «Se i tuoi amici sono tutti così, potrei addirittura voler conoscerne altri.»
Stava per rispondere ironicamente “questa sì che non me l'aspettavo da te”, ma la risposta gli Alec gli fece ricordare che si era preso un impegno con lui, e l'aveva rimandato fin troppo. Ora che aveva ritrovato Alec voleva mettere una pietra sopra la causa del loro litigio il prima possibile, in modo da poter pensare al futuro che aveva tutta l'intenzione di costruire con lui.
Sperando che sarebbe stato come strappare un cerotto, veloce e indolore, invece rispose: «La maggior parte di quelli che sono stati i miei amici» cominciò, mimando delle virgolette mentre pronunciava l'ultima parola, «non potrei né vorrei presentarteli. Diciamo che… non erano esattamente delle belle persone.»
Alec si limitò ad annuire in silenzio, ma non disse niente. Era chiaro che volesse sapere, ma non se la sentiva di forzarlo, soprattutto visto che le cose tra di loro si erano ristabilite da pochissimo tempo.
“Veloce e indolore” si ripeté Magnus, e si sedette sul divano, facendo segno di fare lo stesso ad Alec, che però preferì appoggiarsi sul tavolino, per potergli stare di fronte.
«Prenditi tutto il tempo che ti serve.» mormorò, prendendogli le mani e stringendole con dolcezza.
Magnus espirò e chiuse gli occhi, e dietro le palpebre cominciarono a scorrere tutte le immagini che erano rivissute nella sua mente quando aveva visto Camille sulla soglia di casa sua. Fu proprio il pensiero di quella donna, che aveva infierito troppo nella sua vita, a dargli la spinta decisiva. Magari raccontare tutto ad Alec l'avrebbe finalmente fatta sparire.
«Era il mio primo anno di liceo...» cominciò con un sospiro.
Alec non si pronunciò per tutto il tempo, fatta eccezione per qualche insulto verso Camille e Woolsey a metà della storia e qualche parola di apprezzamento per Ragnor e Catarina.
«Poi ho incontrato te a lezione di chimica. E da qui diventi tu il coprotagonista delle mie vicende.»
Non poteva credere di essere finalmente riuscito a dire tutto. Ogni singola cosa, anche quelle che lo facevano vergognare di se stesso. In lui dominava una sensazione che non si aspettava di provare: non era triste, o stanco, o pentito di averlo fatto… si sentiva libero. Ma anche spaventato.
Aveva tenuto gli occhi bassi quasi sempre, soprattutto mentre parlava della sua prima volta con Camille e di tutti i ragazzi e le ragazze con cui era stato dopo di lei, perché non era sicuro di voler vedere la faccia di Alec in quei momenti.
«Grazie di esserti confidato con me.» disse Alec, e il suo tono spinse Magnus a guardarlo finalmente dritto nei suoi occhi azzurri, in cui lesse una tenerezza che gli scaldò il cuore.
«Grazie a te di non essere andato via.» sussurrò Magnus, ora meno agitato ma comunque non ancora tranquillo.
«Perché avrei dovuto farlo, dopo che hai rivissuto tutto questo per me?» rispose, con un piccolo sorriso, come dando per scontato che chiunque si sarebbe comportato allo stesso modo.
E invece per Magnus non era così ovvio che qualcuno volesse rimanere al suo fianco viste tutte quelle cose. «Temevo che non ti sarei più piaciuto» non riuscì allora a frenare le sue parole. «dopo aver saputo tutto quello che avevo combinato una volta rotto con Camille. Ti sembrerò una persona terribile.» concluse, tentando di simulare una risata per sdrammatizzare, ma Alec sapeva che lo temeva sul serio.
Si alzò dal tavolino e si inginocchiò davanti a lui, allungando una mano per metterla dietro la sua nuca, avvicinando i loro due visi. «Non c'è nulla di terribile in te.» ribatté Alec, con voce bassa ma ferma. «E tu non mi piaci, io ti amo.» continuò, e Magnus non seppe se il suo cuore si era fermato definitivamente o se aveva ripreso a battere. «Mi dispiace non avertelo detto quando tu lo hai detto a me.» 

 «Devo riconoscere che non fosse proprio un buon momento.» ammise, ripensando a come aveva tenuto la porta aperta per spingere Alec ad andarsene da casa sua. «E non fa niente.» gli assicurò subito. Nessuno – quantomeno nessuno che lo intendesse davvero – glielo aveva mai detto. E sentirselo dire dalla persona che amava era la cosa più bella del mondo, indipendentemente dal quando. «Me l'hai dimostrato, sempre. Lo stai facendo anche in questo preciso istante.»
Alec sorrise, senza spostare la mano.
Non l'avrebbe lasciato.
«Quindi va tutto bene tra di noi?» 
«Certo.» Alec era sincero, come sempre. «D'altra parte te l'avevo chiesto di io di raccontarmi tutto. Sapevo che non avevi alle spalle un passato di castità.» rifletté, facendo ridere Magnus. «E sinceramente non mi importa – non più – quanto sia lunga la lista delle persone con cui sei stato.»
«La lista delle persone di cui mi sono innamorato è molto più breve.» mormorò Magnus, lasciando che Alec lo abbracciasse, per poi affondare la testa nell'incavo della sua spalla. E finalmente si sentì sereno.
Si diede dello stupido per non aver raccontato tutto prima: non solo avrebbe evitato molti casini, ma avrebbe anche capito prima quello che ora era chiaro.
Aveva davanti un futuro così luminoso da poter superare qualsiasi oscurità del passato.









 

Note dell'autrice:
Eccomi finalmente! Vi confesso che ero abbastanza convinta che la pubblicazione di Novembre sarebbe saltata, e che avrei pubblicato questo capitolo direttamente durante le vacanze di Natale, viste le giornate che mi aspettano a scuola... Invece, incredilmente, ieri sera sono riuscita a riprenderlo e a finire di scriverlo, quindi ho deciso di pubblicarlo subito, dal momento che avevo già tardato abbastanza ahahah
Passando propriamente al capitolo, sono piuttosto ansiosa al riguardo, proprio perché l'ho scritto di getto e spero non sia venuta fuori una completa schifezza, anche perché non vedevo l'ora di scrivere/farvi leggere questa parte *_*
Fatemi sapere che ne pensate 
Ringrazio come sempre tutti quelli che seguono questa storia, che ormai è vicinissima alla fine ç_ç
Alla prossima, 



| Per eventuali spoiler che potrei pubblicare nell'attesa, o anche solo se vi andasse di parlare con me, vi lascio la mia pagina autrice!

PS. Come forse avrete già notato, il «Non c'è nulla di terribile in te.» di Alec è ripreso dalla serie tv ;)

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Capitolo 27
*** You know I want you ***









 

Era passato un mese da quando lui e Magnus erano tornati insieme, e Alec si sentiva rinato, dopo il periodo passato separati. Ogni giorno in cui baciava Magnus, lo toccava, o anche lo vedeva solamente faceva sbiadire il dolore che aveva provato quando non poteva fare nessuna di queste cose.
«A che pensi?» chiese Magnus, schioccandogli le dita davanti agli occhi.
Alec gli scostò la mano, ridendo, e strinse le sue dita sul tavolo. Erano seduti ad un bar a metà strada tra casa sua e l'appartamento di Magnus, comodo da raggiungere per entrambi, e che, in più, faceva dei cornetti buonissimi. Un'altra cosa positiva era che lì quasi tutti pensavano ai fatti propri e, come in quel momento, persino uno come Alec riusciva a stringere la mano del proprio ragazzo sopra il tavolo, e non di nascosto.
«A niente.» rispose.
«E allora perché continui ad avere quel sorrisetto stampato sulle labbra? Non sono abituato a vederti così allegro.» lo prese in giro Magnus.
«Ah ah» ribatté Alec, mettendo su un finto broncio, che però non riuscì a mantenere a lungo. «Se proprio vuoi saperlo, pensavo a te.»
«Sono lusingato.»
Magnus aveva usato il solito tono ironico, ma Alec, che ormai lo conosceva molto bene, aveva capito che in realtà la cosa gli faceva sul serio piacere, quindi continuò.
«A noi, in realtà. Sono veramente felice.» guardò Magnus negli occhi. «Perciò farai meglio ad abituarti a vedermi allegro, finché saremo insieme.»
«Dovrò farlo davvero» concordò Magnus.«perché saremo insieme per un bel po'.»
Magnus lasciò i soldi del conto sul conto e si alzò, invitandolo a fare lo stesso.
«Prima avevi detto di volere un succo d'arancia.» osservò lui, confuso.
«C'è una cosa che voglio di più ora.» mormorò, prendendogli la mano e conducendolo fuori.
Appena usciti, trovato un posto non troppo esposto, Magnus gli prese il volto tra le mani e lo baciò profondamente, mentre Alec stringeva le mani sulle sue spalle.
«Meglio di un succo d'arancia, no?»
«Decisamente.» annuì Alec, restandogli il più vicino possibile.
«Volevo farlo da quando hai detto che pensavi a me, e non potevo aspettare di arrivare fino a casa.»
«Eri davvero lusingato, eh?»
Per tutta risposta, Magnus lo baciò ancora, fino a quando non gli mancò il fiato.
Alec lo prese come un sì.
Pensò che se fossero stati a casa probabilmente quei baci avrebbero portato a qualcosa di più, e questa idea gli fece provare sentimenti contrastanti. Da una parte ovviamente lo desiderava – dire il contrario sarebbe stato negare l'evidenza – ma dall'altra non aveva nessuna esperienza, al contrario di Magnus.
Dopo averlo baciato ancora, gli disse che doveva tornare a casa, e Magnus si offrì di accompagnarlo, però lui rifiutò, sostenendo che camminare un po' gli avrebbe fatto bene e promettendo di scrivergli più tardi.
«Va bene, capisco.» rispose Magnus, e non si riferiva solo al tornare a casa a piedi. Magnus aveva compreso benissimo che Alec voleva pensare, che non poteva farlo con lui così vicino, e la cosa gli andava bene. Voleva che avesse una prima volta migliore della sua.
Alec lo baciò di nuovo, e Magnus sperò che non ci mettesse troppo tempo a pensare.

 

* * *

 

Una volta arrivato a casa, trovò i suoi fratelli seduti sul divano nel salone a guardare la TV, e li salutò velocemente.
«Fa caldissimo qui dentro.» disse, e spalancò tutte le finestre della stanza, prima di salire nella propria camera. In un altro momento gli sarebbe piaciuto rimanere con loro, ma ora non gli sembrava il caso.
Tuttavia comunque non riuscì a rimanere da solo, perché qualcuno lo seguì, infilandosi nella sua camera prima che riuscisse a chiudere la porta, e si sedette sulla sua scrivania, guardandolo con un sorriso sornione.
«Jace?»
«Sì?» ripose l'altro, come se fosse stato Alec a dovergli dire qualcosa.
«…perché sei nella mia stanza?»
«Me ne sono accorto addirittura prima di Isabelle. Muori di caldo quando la casa è freschissima, sei tutto rosso in volto e hai le labbra gonfie… sono tutti segnali che so riconoscere.» gli spiegò, come se fosse la cosa più logica del mondo.
«Non ti seguo.»
«Eddai, Alec, non costringermi a chiedertelo direttamente…» Esitò, ma alla fine lo fece. «Tu e Magnus avete-»
A quel punto Alec capì dove voleva andare a parare. «No, no!» lo interruppe, arrossendo. Non è che avesse tutta questa voglia di parlarne. «In realtà era proprio su questo che volevo riflettere.» Appena Jace dischiuse le labbra si affrettò ad aggiungere: «Da solo.»
Jace alzò le mani. «Non pensare che la cosa non imbarazzi un po' anche me. Però penso che preferisci parlarne con me piuttosto che con Isabelle, quantomeno per non dover pensare a lei in quel modo.»
Effettivamente, preferiva non pensare all'esperienza che Isabelle poteva avere in quel senso – era pur sempre la sua sorellina.
«Preferirei non parlarne con nessuno, in tutta sincerità.»
«Non vuoi qualche consiglio?»
Alec scoppiò a ridere. «Non penso che tu te ne intenda, a meno che tu non sia stato con un ragazzo a mia insaputa...»
Adesso fu Jace ad arrossire. «Intendevo in generale.» si corresse, cercando di recuperare.
Era vero che non voleva parlarne, ma se proprio Jace ci teneva, almeno poteva aiutarlo…
Del resto, da quando Alec gli aveva confessato la sua omosessualità, Jace – sebbene lo sospettasse già da prima – si sentiva più a suo agio a parlare e, molto più spesso, a scherzare con lui su certe cose. Inoltre, doveva riconoscergli che aveva quasi del tutto superato la sua iniziale antipatia nei confronti di Magnus, capendo quando fosse importante per Alec.
«Quando sei pronto per farlo?» gli chiese allora, abbassando un po’ la voce.
Jace rifletté giusto un secondo. «Non c'è un tempo preciso. Te lo senti, e dentro sai che per te è il momento giusto.»
Alec annuì, pensando che se lo sentiva, ma allo stesso tempo...
«Non rimuginarci troppo, anche se è quello che tendi a fare sempre.» Jace interruppe i suoi pensieri, cogliendo nel segno. «Lui ci tiene a te. Va tutto bene.»
«Grazie, Jace.» gli disse.
«Prego.» rispose, alzandosi dalla scrivania. «Sono felice di poter essere io a dare un consiglio a te, una volta tanto.»
Si avviò alla porta, ma prima di uscire lo richiamò. «Alec» sussurrò. «Se lo vuoi, se ti rende felice… fallo e basta.»

 

* * *

 

Quella sera, Alec prese la sua giacca e uscì, incoraggiato da due pollici alzati da parte di Jace e da un sorriso di Isabelle.
Parlare con Jace gli era stato più utile di quanto pensasse, perché l'aveva aiutato a capire che si stava facendo, come nella maggior parte dei casi, una marea di paranoie. L'unico modo per superarle era mettersi in quella situazione che voleva e temeva allo stesso tempo.
Solo una volta giunto davanti alla porta dell'appartamento di Magnus realizzò di non avergli scritto nessun messaggio, perciò cercò di rimediare esclamando un “sorpresa!” quando Magnus aprì.
Evidentemente funzionò: Magnus gli sorrise e lo fece entrare. «Sono felice di vederti. Vuoi qualcosa da ber-» cominciò a chiedergli, ma prima che potesse finire Alec lo baciò, stringendo le mani attorno alla sua vita, mentre le dita si infilavano sotto l'orlo della maglietta.
«Wow, okay» fece Magnus, quando si staccarono. «A cosa lo devo?»
«Ci siamo interrotti, prima, a causa mia. Però… non credo di voler interrompere ancora quello che stava succedendo.»
Magnus, ovviamente, capì cosa intendeva, e il cuore cominciò a battergli più velocemente.
«Alec...» cominciò, cauto. «Sai che ti desidero. Non è un segreto e non l'ho mai nascosto. Dio, ti desidero dalla prima volta che ti ho visto.» ridacchiò, passandosi una mano sul volto. «Ma non voglio assolutamente che tu ti senta forzato a fare qualcosa che non vuoi.» gli assicurò, parlando seriamente, mentre gli prendeva la mano.
«So che mi vuoi e io voglio te. Voglio tutto questo.» ribatté immediatamente l'altro. «È che io non so come...» riprese. «Cioè, sai che ho già fatto delle cose – noi abbiamo fatto delle cose, ma...»
«Se è questo che ti preoccupa, fin'ora stavi andando benissimo.» sussurrò Magnus.
«Okay.» mormorò Alec, e lo baciò, ancora e ancora. Non smise di farlo, se non per prendere fiato, mentre Magnus lo conduceva in camera sua, dove sarebbero stati più comodi, non senza far cadere qualcosa a terra nel percorso.
Alec cominciò a slacciarsi gli anfibi – cosa che risultò piuttosto complicata, in piedi, con una mano sola e con le labbra di Magnus sulle proprie. Stava quasi per scivolare, e Magnus rise, sostenendolo. Rimasero un secondo così, fronte contro fronte, l'uno con le mani addosso all'altro, a ridacchiare e a guardarsi negli occhi. Alec si sfilò giacca e maglietta e fece per spingere Magnus sul materasso, ma, nel tentativo di togliere l'altra scarpa, cadde lui sul letto, trascinando l'altro sopra di sé.
«Molto aggraziato.» lo prese in giro Magnus.
«Lo so, grazie.» rispose Alec, sorridendo, e riprese a baciarlo, mentre cercava di togliergli la maglietta. Magnus lo fece da solo, lasciando solo una piccola collana a brillare sul suo petto nudo. Alec gli appoggiò una mano sul cuore. «Sei bellissimo.»
Magnus si sistemò meglio su di lui e fece scivolare un dito dalla base del suo collo all'ombelico. «Anche tu.»
Le mani di Magnus si spostarono più in basso, ed entrambi si liberarono dei vestiti rimasti, annullando ogni distanza tra loro.
I loro corpi si inarcarono l'uno verso l'altro, attraversati da una scarica di piacere, forte come fuoco.


«Buongiorno.» fece Alec, con la voce ancora impastata dal sonno. Aveva deciso di dormire da Magnus dopo… la loro serata, per rimanere ancora con lui, in quella bolla perfetta che avevano creato, separata dal resto del mondo.
Era steso su un fianco, con le braccia di Magnus attorno a lui.
«Buongiorno.» soffiò l'altro, con la testa nell'incavo del suo collo, facendogli il solletico.
Alec si girò dall'altro lato, in modo da essere faccia a faccia con Magnus.
«Non mi ero mai sentito così.» sussurrò, incrociando le dita a quelle di Magnus, scontrandosi con il freddo degli anelli di metallo.
«Neanche io.»
Alec lo guardò con un sopracciglio sollevato.
«Voglio dire» si affrettò a spiegare Magnus. «l'avevo già fatto, ma è stato diverso. Avrò anche esperienza con il sesso, ma per quanto riguarda l'amore… è raro che provi quello che provo per te.»
«Ti amo anche io.» rispose semplicemente lui, ricevendo un leggero bacio.
«Comunque non mi hai detto cosa ti ha convinto a fare questo passo proprio ora» disse Magnus, sollevandosi su un gomito per guardarlo negli occhi, curioso. «Non che mi dispiaccia, ovviamente.»
«Prima di tutto tu» ribatté Alec, come se fosse ovvio, ripercorrendo il suo corpo con lo sguardo da capo a piedi, e la risposta gli fece ottenere un altro bacio. «e in realtà ci stavo pensando già da un po' di tempo. Forse ad aiutarmi a superare i problemi che mi stavo creando da solo è stato Jace.»
«Non posso credere di dover ringraziare proprio lui.» rise Magnus, dopo che Alec gli ebbe raccontato la loro conversazione. Poi, ripensando alle parole di Jace (“Se lo vuoi, se ti rende felice… fallo e basta”), aggiunse, un po' meno scherzosamente: «E… ti ha reso felice?»
«Pensavo l'avessi capito.» stavolta rise Alec. «Sì.» gli assicurò. «Sono contento che sia stato bello anche per te.»
«Ah, è stato più che bello.» ribatté Magnus, con un gran sorriso, prima di avvicinarsi di più a lui e lasciargli un bacio sul collo.
«Oh, Dio.» riuscì a mormorare Alec, prima di abbandonarsi di nuovo a Magnus.

 

* * *
 

«Sai come prendo il caffè?» chiese Alec, piacevolmente sopreso.
«Ovviamente. Non sottovalutarmi.» rispose Magnus, porgendoglielo con un occhiolino. 
Dopo essere rimasti a letto per buona parte della mattinata, anche solo a parlare, visto che Alec doveva tornare a casa, Magnus aveva deciso di accompagnarlo, ed era entrato in un bar a prendere qualcosa da bere nel frattempo.  
Con il caffè in una mano e l'altra intrecciata a quella di Alec, mentre camminava per le vie di Brooklyn, pensava che quel quartiere non gli era mai sembrato più bello. Gli era sempre piaciuto, certo, perciò aveva scelto di viverci, oltre che per la sua vita notturna, però ora lo sentiva più...suo, perché a molti posti che vedeva riusciva ad associare un ricordo con Alec. 
«Non sono pronto alle battuttine che mi aspettano da parte di Jace e Isabelle.» disse Alec, con un sospiro, quando erano abbastanza vicini alla casa.
Magnus rise. «Ce la puoi fare.»
«Uhm» fece l'altro, non molto convinto. «Forse sarebbe meglio se ci fosse qualcuno dalla mia parte.» rifletté, guardandolo.
«Mi stai chiedendo di venire a casa tua?»
«Puoi anche rimanere a pranzo se ti va.»
«Certo che mi va.» rispose subito Magnus, che stava giusto pensando a quanto lo scocciasse doversi separare da Alec proprio in quel momento. «Non so se andrà bene anche ai tuoi fratelli.»
«Sì, gli piaci. Jace non lo ammetterà mai, ma gli sei diventato più simpatico.»
«Anche lui a me, ma neanche io lo ammetterò mai.» 
«Allora direi che siete pari.» sentenziò Alec, sorridendo. «Quindi ci stai?»
«Ci sto.» affermò Magnus e sfiorò le labbra di Alec con le sue davanti alla soglia di casa. Guardò Alec aprire la porta e salutare tutti i fratelli, come poi fece anche lui, e pensò che si sarebbero abituati a stare insieme ogni tanto, visto che non aveva alcuna intenzione di farsi scappare Alec.
L'aveva già fatto, e non avrebbe commesso lo stesso errore per la terza volta. 
«Sai cucinare?» gli domandò all'improvviso Max, interrompendo i suoi pensieri. 
«Non benissimo, ma me la cavo.» rispose sinceramente Magnus. 
Max sembrò riflettere sulla sua risposta, con un'espressione che gli ricordò tantissimo Alec, e poi decise che avrebbero potuto provare a combinare qualcosa. «Ho visto dei tutorial su internet» gli spiegò. «però non mi lasciano provare molto.» aggiunse, guardando i suoi fratelli maggiori. 
«Lo terrò d'occhio io.» garantì Magnus ad Alec.
«È difficile che farete peggio di Isabelle.» rise Jace, ricevendo uno schiaffetto dietro la nuca dalla sorella. 
Alec si unì a Magnus e Max in cucina, anche per sfuggire alle battute di Isabelle e Jace, i quali, intanto, proposero di invitare anche Simon e Clary a questo pranzo improvvisato e l'idea fu approvata, così Magnus li avrebbe conosciuti e viceversa.
Quando furono arrivati tutti, dopo aver fatto le presentazioni, si sedettero a tavola e l'atmosfera non poteva essere più serena.
Alec strinse la mano di Magnus, pensando che quella fosse davvero una bella giornata.
E ce ne sarebbero state ancora tante altre così.











 



Note dell'autrice:
Eccoci! Nuovo anno, nuovo capitolo, e direi che iniziamo alla grande xD
È arrivato quel momento che probabilmente stavate aspettando, e spero di non avervi deluso – ho cercato di scriverlo meglio che potevo, anche se mi imbarazza alquanto scrivere queste scene ahahah
Passando ad altro, sono stata indecisa se far parlare Alec con Isabelle o con Jace, ma alla fine ho scelto quest'ultimo, sia un po' per cambiare, visto che la confidente di Alec è sempre Isabelle, sia per dare un po' di spazio al rapporto Alec/Jace, non molto presente neanche nei libri. Inoltre, è stato divertente, lo ammetto ahahah. Spero che non vi sia sembrato OOC!
La scena finale l'ho aggiunta all'ultimo momento perché volevo riunire tutti i personaggi, anche se non l'ho approfondita. Però ho in mente un paio di scene dove parleranno tutti insieme ;)
Dico un'ultima cosa e poi la smetto con queste note: la storia è ufficialmente alla fine, come forse avrete intuito, e manca solo un altro capitolo/epilogo ç_ç
Ne approfitto per ringraziare chi sta ancora seguendo questa storia ed è arrivato fino a qui, e ovviamente chi mi lascia un parere – il che mi rende molto felice. 
Auguro a tutti voi un fantastico 2018!

Alla prossima,

| Per eventuali spoiler che potrei pubblicare nell'attesa, o anche solo se vi andasse di parlare con me, vi lascio la mia pagina autrice!

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Capitolo 28
*** All of your heart ***







 

«Congratulazioni!» esclamò il preside, e tutti loro lanciarono in aria il cappello.
Alec credeva di essere il più felice di tutti, perché in quel momento stava ufficialmente dicendo addio al liceo: era pronto per una nuova fase della sua vita, che vedeva più splendente che mai.
A proposito di splendente… gli occhi di Magnus brillavano tra la folla, e Alec li avrebbe riconosciuti ovunque, anche tra un milione di persone. E, soprattutto, erano fissi su di lui, mentre batteva le mani, in piedi accanto ai suoi fratelli e ai suoi genitori.
Magnus aveva conosciuto Maryse e Robert da piuttosto poco, ma Alec aveva fatto sì che accadesse prima della cerimonia del diploma, perché sapeva che sarebbero stati tutti e tre presenti sicuramente.
«Tengo a tutti voi.» ricordava di aver detto. «Quindi per me è importante che riusciate ad accettare me e Magnus.»
Era seguito un momento di silenzio, e lui aveva dato ai suoi genitori del tempo. Maryse era stata la prima ad andare da lui, dicendo che un po' se lo aspettava e che voleva che lui fosse felice. Con Robert era stato più difficile – neanche ora aveva completamente accettato la cosa – ma, anche grazie all'aiuto di Isabelle e Jace, alla fine si era convinto che non era così grave. Certo, continuava a sperare che la cosa cambiasse, ma almeno non lo aveva disconosciuto – e questo per ora era abbastanza.
Il solo poter vedere Magnus accanto alla sua famiglia gli riempiva il cuore di gioia, perché ormai anche Magnus ne faceva parte.

 

* * *

 

«Quindi ora college, eh?» fece Magnus. «Sei inarrestabile, Alec Lightwood.»
«Prima vado al college prima potrò entrare nell'azienda di famiglia.» rispose Alec, ripetendo quello che gli stavano dicendo i suoi genitori da mesi. Aveva sempre saputo che, in quanto primogenito, l'avrebbe fatto, e che poi un giorno l'azienda sarebbe stata sua, oltre che di Jace e Isabelle. Il lavoro dei suoi genitori tutto sommato gli piaceva – era sempre stato bravo nelle materie scientifiche – però avrebbe voluto poter fare anche altro, magari relativo alla sua passione per il pianoforte.
«Lo so.» disse Magnus, e sembrava che non si riferisse solo alle sue parole, ma anche ai suoi pensieri. «Devo parlarti di una cosa.»
«Non preoccuparti, nessun ragazzo del college mi piacerà mai quanto te.»
«Di questo ero sicuro, piccolo.» mormorò Magnus, facendogli l'occhiolino. «Ma è comunque bello avere una rassicurazione.»
«Allora cosa volevi dirmi?» Alec cominciava a preoccuparsi.
«Vieni, entriamo.»
Magnus lo fece entrare nel primo bar che incontrarono sulla strada. Alec lo vedeva pensieroso già da un po' di tempo, ma tra gli esami e il suo diploma non gli aveva ancora chiesto nulla. Neanche il giorno prima – quello del suo diploma – avevano parlato molto, presi dai festeggiamenti.
Quella mattina Magnus gli aveva chiesto di fare una passeggiata per stare un po' insieme da soli.
«Dimmelo.» gli chiese Alec, non appena si furono seduti.
«Non abbiamo neanche ordinato...»
Dopo l'occhiataccia di Alec, Magnus si affrettò a chiedere due caffè e poi tornò da lui.
«Ci sto pensando da un po'.» cominciò Magnus. «Vederti diplomare mi ha fatto realizzare che non sono più un ragazzino – per quanto mi piacerebbe – e che è il momento di fare qualcosa.» Alec annuì per spingerlo a continuare. «Voglio aprire un locale tutto mio.»
Alec rimase un po' sorpreso, ma non troppo, perché ricordava che Magnus glielo aveva detto al loro primissimo appuntamento, ormai anni prima. «Mi avevi fatto spaventare.» disse. «Questa è una bella notizia.»
«Ci vorrà tempo. E molto lavoro.» ribatté Magnus, come se quella cosa lo tormentasse. «E non è l'impiego più stabile del mondo. La maggior parte delle persone mi avrebbe dissuaso – o comunque non mi avrebbe sostenuto in una cosa del genere.»
Alec sorrise, al pensiero che Magnus stesso si facesse molti più problemi di quanti gliene avrebbe fatti lui. «Quando mai le cose con te sono facili?» gli fece notare. «Ormai ci sono abituato.»
Magnus tirò un sospiro di sollievo. «Quindi per te non è un problema?»
«No.» gli assicurò Alec, prendendogli la mano. «Voglio che tu faccia una cosa che ti rende felice.»
«A proposito di questo...» Magnus colse l'occasione. «So che avrai tantissime cose da fare, tra il college e l'azienda di famiglia, ma… Ti andrebbe di suonare il piano nel mio locale?»
Il sorriso di Alec si ingrandì. In quel modo avrebbe potuto portare avanti la sua passione, suonare, e lavorare con la sua famiglia. «Sì, certo che sì!»
«Sono onorato.» rispose Magus, ricordandosi che a quell'appuntamento gli aveva detto «Sarebbe un onore avere te che suoni nel mio locale». La frase era ironica, ma si vedeva che era felice davvero.
Anzi, lo erano entrambi.

 

* * *

 

3 anni dopo


«Magnus!» lo chiamò Alec, entrando nel locale. Dove si era cacciato? «Stavolta non ti perdonerò.» minacciò, mentre continuava a cercarlo.
Alla fine, Magnus sbucò da dietro il bancone con aria colpevole. «Sarebbe stato un bello scherzo.» mormorò, alzando le spalle.
«Direi che me ne hai fatti abbastanza.»
Magnus scoppiò a ridere, pensando a quando, qualche giorno prima, aveva fatto prendere un colpo ad Alec saltando da dietro una pila di scatoloni appena scaricati dal rifornitore di alcolici.
«Non avrei dovuto perdonarti neanche quello.» gli disse Alec, con un finto broncio, capendo immediatamente a cosa stava pensando.
Ancora con la risata sul volto, Magnus si sporse dal bancone e baciò dolcemente Alec, sentendo le labbra dell'altro dischiudersi in un sorriso.
«Mi sono fatto perdonare?»
«Quando fai così ci riesci sempre.» rispose Alec, alzando gli occhi al cielo e scoccandogli un altro bacio. «Ma ora sbrigati» lo esortò. «altrimenti faremo tardi alla cerimonia e, non so tu, ma io non ho voglia di sentire la ramanzina di Izzy.»
A quelle parole, Magnus prese la giacca dall'attaccapanni, afferrò la sua mano e lo trascinò fuori, verso la macchina, noleggiata per l'occasione – il diploma di Jace, Isabelle, Simon e Clary.
«Comunque» disse Alec, mentre andavano. «cosa ci facevi lì dietro?»
«Controllavo che ci fossero tutti i drink per stasera.»
Alec gli strinse la spalla con dolcezza. «Stai tranquillo.»
«Certo.» fece lui, con una risata quasi esasperata. «Stasera al mio locale, sotto la mia responsabilità, si festeggerà solo il tuo ingresso nell'azienda di famiglia e il diploma di Jace e Isabelle, più i loro fidanzati. Cosa potrebbe andare storto?»
«Sarà tutto perfetto, vedrai.»
«Come fai ad esserne sicuro?»
«Ti conosco.» rispose semplicemente lui, scrollando le spalle. «Ti ricordi cosa ti ho detto quando hai aperto il locale?»
«Che non eri convinto del nome?»
Al momento della scelta, Magnus aveva affermato che voleva un nome che avesse un significato per lui, e che restasse impresso. «Penso che la frase che ho più impressa nella mente è quando tu mi hai detto che avevo più di solo un po' del tuo cuoregli aveva detto, motivando così il fatto che aveva deciso di chiamare il suo locale Just a little bit. All'inizio Alec non era stato entusiasta, poiché la sentiva una cosa personale e non gli andava a genio che diventasse addirittura il nome di un locale, che tutti potevano vedere. Comunque, con il tempo l'aveva accettato, e doveva ammettere che ora gli piaceva davvero, e un po' lo lusingava che Magnus avesse chiamato il suo locale ispirandosi a qualcosa che aveva detto lui.
Alec rise. «Sai che poi ho cambiato idea.» gli assicurò. «Comunque intendevo l'altra cosa.»
«Che il mio locale sarebbe stato il più bello di Brooklyn.» ricordò Magnus.
«Anzi» aggiunse ora Alec, ripensando a tutte le recensioni più che positive che il Just a little bit aveva ricevuto fino a quel momento. «Ora voglio azzardare, il più bello di tutta New York.»
Magnus buttò fuori il fiato e sorrise. «In tal caso sarà anche merito tuo.»

 

* * *

 

Tornare al liceo era un po' strano. Non aveva messo più piede a scuola da quando si era diplomato, salvo rare volte in cui era passato a prendere Jace e Isabelle. Non gli mancava, in tutta sincerità.
La cerimonia fu piuttosto simile alla sua, e applaudì felice per i suoi fratelli, che giungevano ad un'altra tappa della crescita, anche se lui continuava a vederli più piccoli di quanto fossero.
A proposito, si girò verso Max, che avrebbe cominciato il liceo dopo poco, e gli scompigliò i capelli esattamente come faceva sin da quando aveva sette anni. Davanti ai suoi amici gli dava fastidio, ma ora lo lasciò fare.
Era fiero di tutti loro. E anche di se stesso, doveva ammettere.

Mentre aspettavano che Jace, Isabelle, Simon e Clary salutassero tutti i loro amici, Robert chiese ad Alec se potevano fare due passi per parlare. Alec annuì, lasciando Magnus con Max e Maryse – lui e Max ormai erano amici, e con Maryse andava abbastanza d'accordo.
Alec e Robert si allontanarono, camminando fianco a fianco, all'inizio in silenzio. Alec era un po' preoccupato: suo padre non era mai stato molto presente nella sua vita, ma comunque ci teneva a lui. Dopo aver scoperto della sua omosessualità, il loro rapporto era diventato più freddo, anche se non apertamente conflittuale. Che non lo volesse più nell'azienda di famiglia? E in tal caso, perché non dirglielo prima?
Visto che Robert continuava a non parlare, decise di esprimere ad alta voce questa domanda. «Non vuoi più che entri a far parte dell'azienda?»
Robert sembrò sorpreso che avesse pensato una cosa del genere. «In realtà prima di entrare ufficialmente dovrai fare un tirocinio di almeno un anno...»
«Sai cosa intendevo.»
«No, c'è bisogno di un'altra persona, di uno come te.»
«Quindi mi ammetti perché hai bisogno di personale?» sbottò Alec, che non capiva dove il padre volesse arrivare.
«No.» ripeté Robert. «L'azienda è di famiglia, e tu sei famiglia. Quello che volevo dirti è che vorrei seguire personalmente il tuo tirocinio.» gli propose, abbassando la voce. «Se a te va bene.»
Alec non riusciva a credere alle sue orecchie. Pensava che Robert avrebbe fatto di tutto per non seguirlo, e invece…
«Va… va bene.»
Si sorrisero, sembrando due bambini che hanno appena fatto amicizia in prima elementare.
«Non pensare che non ti voglia bene.» aggiunse Robert poco dopo.
Se prima era sorpreso, ora era vicino allo shock. «Non l'ho mai fatto. Pensavo non accettassi che il tuo primogenito fosse… come me.»
Robert si passò una mano sulla barba, che cominciava ad avere dei peli bianchi tra quelli neri come i capelli suoi e di Alec. «Non posso dire che la cosa mi piacesse.» ammise. «Ma i tempi cambiano, la mentalità dovrebbe essere più aperta, soprattutto se si tratta di un padre con un figlio. Poi ho avuto tre anni – tre anni in cui ho visto che persona sei diventato, e ne sono fiero. E se Magnus ti rende felice… a me sta bene. Anche se ci ho messo tanto a capirlo.»
«Grazie.» rispose Alec, e sentiva quella parola dal profondo del cuore. «papà.» aggiunse, timidamente.
Continuarono a camminare, e Robert gli raccontò del suo migliore amico, Michael Wayland, suo primo socio quando aveva aperto l'azienda. Aveva poi scoperto che Michael era innamorato di lui, e tra loro si era creato un abisso, al punto che Michael non si presentava più al lavoro, finché un giorno non era morto, all'improvviso, per un infarto.
«Non aveva figli, nessuno, quindi ha lasciato che l'azienda diventasse tutta mia. Ho pensato molto a lui in quest'ultimo periodo, e non posso negare che mi abbia aiutato. So che lui sarebbe stato felice di vederti nell'azienda.»
Alec gli toccò una spalla e gli sorrise. Non aveva mai sentito questa storia, ma rendeva più chiara per lui la reazione di Robert: istintivo rifiuto, riflessione e accettazione, quella che non era riuscito a dare a Michael prima che morisse. Alec era felice che ora si fosse riappacificato con entrambi, in qualche modo.
«Penso che questa sia stata una delle nostre conversazioni più lunghe.» rifletté Alec.
«Avremo voglia di parlare, durante il tuo tirocinio.» rispose Robert, e sorrisero finché non tornarono dagli altri.

 

* * *

 

«Non ci credo.» disse Magnus, guardando Robert da lontano, dopo che Alec gli ebbe raccontato della loro conversazione. «È molto meno cattivo di quanto sembra.» rifletté, con un sorriso.
Alec rise. «Già. C'è ancora strada da fare, ma è un inizio.»
«Magari tra altri tre anni riuscirà a dire che gli sono simpatico.»
«Diciamo anche quattro.» ribatté Alec, guadagnandosi una gomitata da parte di Magnus, senza però smettere di ridere.
«Forza, aggiungiamoci alla festa.» lo invitò Magnus, porgendogli la mano, con il palmo verso l'altro. Alec la strinse – l'avrebbe sempre fatto – e lo seguì dagli altri. Dopo la cerimonia erano stati per un po' a casa, solo loro in famiglia, poi verso sera erano usciti per la festa. C'erano ovviamente tutti i parenti dei Lightwood, le famiglie di Clary e di Simon e alcuni amici.
«A voi!» esclamò Magnus, fornendo un drink a tutti e sollevando il proprio per brindare.
«Grazie, Magnus.» disse Isabelle, lanciandogli un bacio. «Questa festa è magnifica.»
Alec lo guardò di sottecchi, come per dire “te l'avevo detto” e Magnus sorrise.
«Non è niente.» rispose, con un gesto della mano, ma Alec sapeva quanto ci aveva lavorato ed era sempre più fiero di lui. «Anche se non pensavo che avrei organizzato feste per i diplomi.»
«Ehm» si intromise Jace. «abbiamo parlato di te e del locale ad alcuni nostri amici del terzo anno, quindi in futuro potrai ricevere qualche richiesta.»
«Grazie per la pubblicità, Jace...» mormorò Magnus, quasi sorpreso per il fatto che Jace avesse parlato bene di lui.
«Magnus, come ti organizzi per la musica?» chiese poi Simon, sbucando all'improvviso, mentre si spingeva gli occhiali più in su sul naso. Qualche volta metteva le lentine, ma trovava gli occhiali più comodi, e ormai piacevano anche Isabelle, secondo la quale facevano parte del suo look.
«Qualche volta suona Alec, altre c'è il karaoke, oppure ingaggio delle band...» rispose Magnus, un po' sospettoso. «Dipende. Perché?»
«Io ho una band.» buttò lì Simon, guardandosi intorno, come impegnato in qualche calcolo. «Diciamo che stiamo cercando un posto dove suonare, anche per guadagnare qualcosa mentre studiamo al college.»
Magnus per poco non si strozzò con il drink. «Mi stai chiedendo di assumervi?»
«Se ti fa piacere.» disse Simon, come se l'idea fosse stata tutta di Magnus, non sua. «Potremmo fare una prova stasera, e poi deciderai.»
«Va bene...»
«Eric, Kirk, Matt!» Simon chiamò i tre amici, andando verso di loro, mentre Isabelle gli faceva l'occhiolino.
«C'entri anche tu, non è vero?» sussurrò Alec all'orecchio della sorella.
Izzy rise. «Potrei avergli dato un piccolo suggerimento. Dopotutto sono bravi.» disse, cominciando ad avviarsi per raggiungere Simon.
Magnus trangugiò il suo drink. «Non mi libererò mai dei tuoi amici?» chiese ad Alec, staccandosi un po' dagli altri.
«Ho paura di no.» rispose Alec, ridendo. «Se ci sono io, ci sono anche loro.»
«Allora farò uno sforzo.» sospirò Magnus, baciando Alec sulla guancia. «Speriamo che almeno siano bravi.»
«Isabelle dice di sì.»
«Lei è un po' di parte...»
«Alec!» Simon chiamò anche lui. «Ti va di accompagnarci con il piano?»
«Certo.» disse Alec. All'inizio non stravedeva per Simon – né tantomeno per Clary – ma con il tempo li aveva conosciuti meglio e ora doveva ammettere che gli erano anche simpatici. Magnus gli sorrise, anche se non era entusiasta di rimanere da solo con Jace e Clary. Mentre si allontanava, Alec sentì Clary parlare con Magnus, capendo le parole dipingere, decorare e interni. Già, Magnus avrebbe dovuto passare un altro po' di tempo con i suoi amici.
Raggiunse gli altri nella zona destinata alle esibizioni musicali, dove Simon e gli altri lo stavano aspettando.
«Buonasera a tutti, siamo I Cacciatori di Ombre.» annunciò Simon. «Con la speciale partecipazione di Alec Lightwood.» aggiunse, il che lo fece un po' imbarazzare, ma si calmò non appena poggiò le mani sui tasti bianchi e neri.
Sapeva cosa fare e, a esibizione finita, era sicuro che fossero stati proprio bravi, come confermarono gli applausi successivi.

 

* * *

 

Normalmente, la domenica dopo la prima settimana di lavoro sarebbe rimasto a dormire fino a tardi. Ma Magnus non era dello stesso parere: lo svegliò presto, dicendo che voleva fargli fare un lungo giro in moto, ora che non faceva più freddo, e poi portarlo a fare colazione all'aperto.
«Tu mi vizi.» gli disse Alec, infilandosi la giacca, mentre lo seguiva fuori.
«Te lo meriti.» rispose Magnus, lasciandogli un lento e profondo bacio sulle labbra prima che salissero sulla moto.
Ogni stanchezza, ogni dispiacere venne spazzato via, come le foglie sulla strada che Magnus attraversava con la moto. L'aria fresca gli scompigliò i capelli, sempre più violenta, mentre acquistavano velocità, e si strinse alla schiena di Magnus.
Mentre sfrecciavano per le strade deserte di Brooklyn, quella domenica mattina, le loro risate cristalline riempirono l'aria.
«Ti amo, Alec.» gridò Magnus, sopra il rumore dell'ambiente circostante.
Alec risentì quella sensazione nello stomaco e nel petto, come la prima volta che Magnus gliel'aveva detto. «Ti amo anch'io.»
«Come la prima volta?»
Alec ci rifletté. Ne avevano passate tante, di belle e di brutte. Sapeva cosa significava perdersi e poi ritrovarsi, ancora e ancora, solo per rendersi conto di essere destinati a stare insieme. Solo per rendersi conto che non poteva essere altrimenti.
Ormai era cresciuto, era cambiato. Aveva sbagliato, aveva imparato.
E no, non amava Magnus come prima. «Di più, Magnus, ti amo di più.»
Magnus percorreva tutte le strade che voleva, perché stavolta non avevano fretta. Stavolta Alec era sicuro che sarebbero tornati a casa, quando la giornata sarebbe finita, che si sarebbero addormentati l'uno al fianco dell'altro e che il mattino dopo si sarebbe svegliato con il viso di Magnus accanto al suo, come da tre anni a quella parte.
Quindi semplicemente si strinse più forte a Magnus, beandosi del contatto con il suo corpo e della sua risata nelle orecchie.
E Alec si sentì finalmente completo, perché sì, Magnus l'aveva spezzato, ma aveva anche rimesso insieme i pezzi, meglio di quanto chiunque altro avrebbe mai fatto.
«Hai tutto il mio cuore, Magnus Bane.» disse, con sicurezza.
Magnus non esitò neanche un secondo. «E tu hai tutto il mio, Alexander Lightwood.»









 

Note dell'autrice:
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Scusate, dovevo iniziare con questa faccina perché non ci credo di aver finito anche questa long, alla quale, dopo ben 28 capitoli, sono molto affezionata. 
Mi scuso per il ritardo con cui pubblico, ma ultimamente non sono riuscita a scrivere molto, tra la scuola e la paura di non riuscire a dare un bel finale alla storia. Poi però l'ispirazione mi è tornata e spero con tutto il cuore che questo finale vi sia piaciuto 
Ho cercato di inserire tutto, anche se su questi Malec potrei scrivere altri mille capitoli, ma già erano quasi 3000 parole, quindi... magari potrei scrivere una raccolta di missing moments di Alec al college, o qualcosa sul loro futuro, non so, fatemi sapere anche voi se vi piacerebbe ;)
Comunque, ringrazio veramente di cuore chi ha seguito questa storia (per quasi tre anni) e chi mi ha lasciato un parere nel corso di questo tempo *abbraccia*.
Ora la smetto con queste note e vado a cliccare il tasto completa, lasciando come sempre un pezzetto di me.
Grazie ancora e al prossimo progetto.
Con affetto,


 
PS. Vi lascio la mia pagina autrice  per ogni evenienza :*

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