Anche i pezzi di due puzzle diversi possono combaciare, se solo insisti quanto basta

di Kuruccha
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** È buona educazione ascoltare quando chi ti sta davanti ripete... [Kondo, Shinsengumi, Otae] ***
Capitolo 2: *** Certi fantasmi si nascondono dove meno te lo aspetti [Katsura, Elizabeth] ***
Capitolo 3: *** Non era una casa molto carina, pur col soffitto e senza cucina [Hasegawa, Gintoki] ***
Capitolo 4: *** Le macchie di sangue sono le più persistenti [Takasugi, Matako] ***
Capitolo 5: *** Sta' attento a non perderti nelle tue fantasie [Jirochou/Otose] ***
Capitolo 6: *** L'importante è che se muori me lo dici prima [Yorozuya] ***



Capitolo 1
*** È buona educazione ascoltare quando chi ti sta davanti ripete... [Kondo, Shinsengumi, Otae] ***


 
È buona educazione ascoltare quando chi ti sta davanti ripete qualcosa per te



«E così, nostro malgrado, Katsura e gli altri ribelli del movimento Joui sono riusciti ad evacuare l’edificio prima che potessimo procedere all’arresto. Secondo le mie indagini è probabile che abbiano ricevuto una soffiata.»
Yamazaki piega a metà il foglio su cui ha scritto, in fittissima grafia, il rapporto della sua ultima missione. Hijikata non può fare a meno di notare che ad ogni riga di effettivo resoconto ne ha alternata un’altra in cui è ripetuto solo anpan anpan anpan, ma preferisce non ficcanasare oltre.
«Una soffiata, eh» gli risponde. «Ma questo vorrebbe dire che c’è un infiltrato all’interno della Shinsengumi.»
«Sì, vicecomandante. Ho le prove per credere che sia effettivamente così.»
«Merda» commenta, cercando l’accendino nella tasca della giacca. Si volta verso l’uomo al suo fianco. «Kondo, cosa ne pensi?»
Per un attimo, Hijikata pensa che il comandante stia fissando Yamazaki. Ma, per l’appunto, la sua idea dura solo un momento: lo sguardo di Kondo è in realtà perso nel vuoto, smarrito in chissà quale mondo.
«Kondo» lo chiama ancora. «Kondo!»
Kondo si riscuote con un tremito, poi si guarda intorno, notando subito l’evidente perplessità di Yamazaki.
«Toshi» dice poi solennemente, lo sguardo serio fisso sulla pergamena appesa alla parete. Prende fiato lentamente, con le mani strette sulle ginocchia, poi chiude gli occhi. «Non ho capito niente.»
*
«Kondo-san.»
Il viso di Kondo è rivolto al laghetto delle carpe Koi; sembra ne stia studiando la superficie, concentrato su chissà quale profondo pensiero.
«Kondo-san» lo chiama ancora Okita, e di nuovo non ottiene risposta.
«Kondo-san. Quello scemo di Hijikata ha mangiato l’ultima porzione di riso rimasta per colazione.»
Kondo sembra riemergere dalla sua catalessi. Senza dire una parola, muove piano la testa, annuendo.
«Kondo-san. Io credo che quello di Hijikata sia un gesto ignobile. Penso che dovrebbe essere condannato a fare seppuku.»
La testa di Kondo si china di nuovo in avanti. Una carpa koi guizza a pelo dell’acqua. Un ghigno soddisfatto si dipinge sul viso del capitano Okita.
«Ti ringrazio, Kondo-san» risponde, dandogli le spalle, l’intenzione omicida già leggibile nel tono della voce. «Muori, Hijikata.»
Dopo che Okita se n’è andato, la testa di Kondo scivola ancora una volta in avanti, ma molto più profondamente di prima, fino a toccare le pietre disposte sul margine del laghetto. Con un nuovo bernoccolo sulla fronte, Kondo si rimette a sedere.
«Non ho capito niente» dice, ma nessuno è lì per ascoltarlo.
*
«Non ho capito niente» ripete Kondo, e Otae sospira. Anche Shinpachi sospira, perché sono oramai tre giorni che vede quella scena ripetersi, e c’è un limite anche alla quantità di volte che gli animatori possono riutilizzare gli stessi frame in un anime a basso budget.
«Oh, Kondo-san» risponde Otae, un dolce sorriso dipinto sul volto, le mani posate in grembo. «In realtà hai capito benissimo.»
«Non ho capito niente» ribadisce lui, serio, per quanto possa essere serio un tizio appena sbucato fuori dall’armadio.
«Mi sposerò la prossima primavera, Kondo-san.»
«Non ho capito.»
«Con lo Shogun, Kondo-san. Perciò è altamente improbabile che tu possa farci qualcosa.»
«Non ho capito.»
Otae sorride ancora più gelidamente del solito. «Lo Shogun ha un sedere ancora più peloso del tuo, Kondo-san. Probabilmente è per questo che mi sono innamorata di lui.»
Otae ride coprendosi la bocca con una mano. Dagli occhi di Kondo iniziano a sgorgare calde lacrime, ma il suo sguardo rimane fisso in avanti, oltre di lei, oltre la parete del dojo e decisamente oltre il presente.
«Non ho capito niente» dice ancora.
*
«Sorella, non ti sembra di essere stata troppo crudele con le tue bugie, questa volta?» chiede Shinpachi. «Così sembra quasi che l’autore non sapesse come concludere la scena.»
«Shin-chan» risponde lei, porgendogli il piatto con sopra la sua speciale omelette. «Se in un combattimento sai come colpire dritto al cuore, non devi esitare neppure per un secondo. Soprattutto se la tua vita è una lotta continua contro gli stalker. In particolar modo se i tuoi stalker sono dei gorilla.»
«C’erano metodi meno crudeli per far sì che non venisse più al dojo.»
«Shin-chan» dice Otae, e poi sorride. «Non hai capito niente.»
*
«Io non ho capito niente» commenta Hijikata. Kondo, ancora in piena catalessi, è stato caricato a peso morto sulle sue spalle.
«Nemmeno io» commenta Okita.
«Forse questa era una di quelle puntate filler di cui si parla tanto.»
«Probabilmente sì» risponde l’altro. «Ma magari potremmo darle un senso sul finale. Che ne so, Hijikata, magari potresti provare a morire. Che ne dici? Questo darebbe tutto un altro significato all’episodio, non credi?»
«Per averne un altro, dovrebbe prima di tutto averne uno
«Meglio chiuderla qui.»
S’incamminano verso l’orizzonte; il cielo è tinto del rosso del sole al tramonto. Da lontano si sente solo la triste voce di Kondo.
«Sì, però io non ho capito niente.»

 
 


27.07.2015
Inauguro questa raccolta con già tre capitoli pronti; saranno tutti online nei prossimi giorni. :D
Questa prima storia è nata nell'ambito dell'iniziativa Drabble Midweek organizzata dalla community We are out for prompt e ha preso vita dalla traccia Gintama, Kondo, "Non ho capito niente" lasciata da Alexiel Mihawk. Io e il crack assoluto andiamo fin troppo d'accordo, dovete perdonarmi :°D
A presto con la prossima storia! o/
Kuruccha

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Capitolo 2
*** Certi fantasmi si nascondono dove meno te lo aspetti [Katsura, Elizabeth] ***



Attenzione: Lievi spoiler sul passato di Katsura.


Certi fantasmi si nascondono dove meno te lo aspetti

 
Comincia tutto con un lenzuolo steso al vento.
Gli ricorda un tempo lontano, quando ancora viveva con la nonna; alla scuola del tempio di Shouyou-sensei usavano solo i futon, estate e inverno, perché nessuno tra loro avrebbe mai avuto il modo e la costanza per dedicarsi a qualcosa di così trascurabile come lavare delle lenzuola.
Un soffio di vento più potente degli altri gonfia il lenzuolo come fosse una vela; Katsura ne osserva il movimento mentre spilucca a piccoli bocconi l’onigiri che tiene stretto in mano. (Non ha condimenti, ma solo l’alga nori all’esterno e l’umeboshi a fare da ripieno. È il tipo preferito della nonna.)
Il lenzuolo si sgonfia all’improvviso e Katsura se ne chiede il perché, visto che l’aria è ancora così forte da sollevargli i capelli e farli aggrovigliare appena sotto le orecchie. Si alza in piedi, attento a non stropicciare il bordo del kimono, e si dirige a passi brevi verso i panni stesi.
Il lenzuolo bianco ha dei buchi che non aveva notato da lontano, e il margine inferiore della stoffa è leggermente irregolare - e cosa sono quelle cose ai lati? Sembrano delle maniche, ma Katsura non ne è affatto sicuro, e non capisce, non capisce affatto, perché proprio non riesce a trovare lo spazio per far uscire le mani.
D’improvviso sente montare la rabbia. Chi l’avrà rovinato a quel modo?
Il suo pensiero, chissà perché, corre subito a Sakamoto. Conosce fin troppo bene la sua abitudine di fare tutto quanto in basso profilo e poi metterli di fronte al fatto compiuto. (Ma solo nel caso si tratti di qualcosa di assolutamente necessario, come quella volta che se n’è saltato fuori con quella stramba idea di disertare per andare a esplorare lo spazio, e loro l’hanno saputo da Gintoki il giorno dopo.) Sì, dev’essere colpa di Tatsuma, poco ma sicuro; la sua risata già gli rimbomba nella testa, così ride fragorosamente anche lui, lì di fronte al lenzuolo.
Fino a quando un paio d’occhi non lo fissa dai buchi.
«Chi sei?» gli chiede una voce da chissà dove.
«Eh?»
«No, non ti chiami Eh. Chi sei?» domanda ancora la stessa voce.
«Eh.. E… Elizabeth!» risponde lui, senza sapere neppure da dove gli sia uscito quel nome, dato che è sicuro - arcisicuro - di chiamarsi Katsura.
«No» replica quella. «Non è Elizabeth.»
«Katsura» replica lui.
«Non sono Katsura» risponde la voce. Questa volta sembra proprio provenire dal lenzuolo, di nuovo rigonfio per il vento. «Non sono Katsura. Io sono Zura.»

*

Si alza a sedere di scatto, gli occhi già spalancati nel buio della stanza. Si sente come se avesse trattenuto a lungo il fiato, così si ritrova ad ansimare senza potersi fermare.
“Tutto bene?” recita il cartello di Elizabeth, poco distante dal suo futon.
Fissa per un secondo il bianco del suo lenzuolo.
«Un incubo» risponde poi, scostandosi i capelli dalla fronte. «Solo un incubo.»
“...” è la risposta di Elizabeth.
Non lo ammetterà mai con nessuno, ma passa l’intera notte a ripetersi un’unica cosa.
«Non è Zura. È Katsura.»
 

28.07.2015
Anche questa storia è nata nell'ambito del Drabble Midweek organizzato da We are out for prompt  con l'indicazione Gintama, Il momento in cui Katsura scopre chi/cosa è realmente Elizabeth. Non so bene perché da un prompt così carino e innocente alla fine ne sia uscita questa roba stranissima e un po' nonsense, ma mi sono lasciata prendere la mano e ad un certo punto non sapevo più nemmeno io dove mi stava portando la storia. La pubblico comunque anche se è inquietante da morire perché non ho capito bene da dove mi sia uscita e ho finito per volerle più bene di quanto credessi. <3
Grazie mille per aver letto :D Il prossimo capitolo sarà di nuovo totalmente crack, vi avviso /o/
Kuruccha

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Capitolo 3
*** Non era una casa molto carina, pur col soffitto e senza cucina [Hasegawa, Gintoki] ***


 
 
 
Non era una casa molto carina, pur col soffitto e senza cucina

 
 
«Beh, a dirla tutta a me sembra abbastanza spaziosa. Guarda, lì c’è il letto.»
«Veramente, ecco...»
«E poi sei da solo, no? Ora che tua moglie ti ha lasciato non avrai più bisogno di armadi tanto grandi, ti basterà uno sgabello per posarci i vestiti alla sera. E come bagno la natura incontaminata!»
«Gin-san, io...»
«E la cucina. A chi serve una cucina? I veri uomini vivono di ramen istantaneo. Un bollitore a gas sarà più che sufficiente, e posso venderti il mio. Oh, non ringraziarmi, è già di seconda mano, l’ho trovato abbandonato sulla spiaggia.»
«Veramente, ecco… Il soffitto mi sembra un po’ troppo basso.»
«E cosa avresti intenzione di fare qui dentro, eh?! Dovrai tornarci solo per dormire, e non conosco nessuno che per dormire non stia sdraiato. O forse i Madao dormono in piedi? Eh? Dormi in piedi, per caso?»
«No, no, certo. Però non c’è nemmeno lo spazio per allungare le gambe.»
«Certo che non ti accontenti mai. E io che ti avevo perfino preparato la targa per l’ingresso.»
Hasegawa si ritrova tra le mani un pezzo di legno malamente levigato. Qualcuno ci ha scritto sopra con un pennarello a tratto grosso; legge “Hase” cancellato da una linea orizzontale e, appena dopo, la parola “Madao”.
«È di seconda mano» commenta, notando che sul retro erano stati scritti e poi cancellati anche i caratteri del nome di Gintoki.
«È simbolico. Simbolico!» insiste l’altro.
Hasegawa sospira. «Senti, non è che non mi piaccia. Cioè, è uno spazio accogliente, niente da dire, ma rimane una cuccia per cani.»
«E non è questa la chiave di tutto? Avanti, pensaci. I cani sono i padroni dei loro padroni. Si fanno preparare da mangiare, li trascinano a passeggio, fanno raccogliere loro gli escrementi di tutti i tipi, anche quelli mollicci e disgustosi. Te lo dico io, sono i cani che comandano. I cani hanno in mano il destino dell’intera Edo.»
«Sì, beh, ma...»
«Quand’è stata l’ultima volta che sei riuscito ad averla vinta su un cane? Avanti, dimmelo, se ne sei capace. Ma è inutile, inutile!, perché i cani fanno quello che vogliono. Dovresti essere felice di poter abitare in una cuccia per cani, perché sarai più simile a un cane, e comincerai a pensare come un cane, e in breve tempo diventerai tu stesso un cane. Quasi t’invidio. Anzi, ti invidio e basta. Merda, perché tu puoi essere un cane e io no?»
«Io non...»
«Sei fortunato. Tu sei un essere fortunato. Un Madao destinato a fare grandi cose nella vita.»
Hasegawa sospira ancora. Si rassegna all’idea che non l’avrà vinta, come non l’ha avuta vinta su un altro milione di cose da quando non lavora più nella Shinsengumi. Da quando era un cane del governo. Aspetta, dove l’ha già sentita questa cosa dei cani?
«Vabbè. Per lo meno non dovrò pagare l’affitto.»
«Ma che, scherzi? Come pensi che possa mandare avanti gli affari dell’Agenzia Tuttofare se non hai intenzione di sborsare dei soldi, eh?! Ma senti questo!»
«Ma… è solo una cuccia per cani!»
«È una dimora di lusso!»
«Non resterò un minuto di più!»
Hasegawa striscia fino al buco dell’ingresso, ma Gintoki lo agguanta per una caviglia e lo tira di nuovo verso il fondo della cuccia. «No, senti, non hai capito proprio un bel niente. So che va contro i miei interessi, ma qualcuno dovrà pur insegnarti come fare a non pagare mai l’affitto. Credimi, è un metodo brevettato.»
Hasegawa tende l’orecchio - perché è vero che sa che di quell’uomo non c’è da fidarsi, ma è altrettanto vero che non ha un tetto sopra la testa e che non può permettersi di buttar via nessuna occasione.
«Come faccio a crederti?»
«Ti pare che io abbia mai sborsato qualcosa a quella vecchia?»
Hasegawa ripensa alla signora dello Snack Bar Otose e a tutte le volte che l’ha vista rincorrere Gintoki in giro per il quartiere. No, non deve aver mai pagato nemmeno un affitto, poco ma sicuro.
Si rimette seduto, col capo chino per non toccare il soffitto della cuccia.
«Avanti, ti ascolto» gli dice.
«È un metodo brevettato. Per l’utilizzo ti farò pagare solo diecimila yen.»
Hasegawa, per l’ennesima volta, sospira.
 


29.07.2015
Posso giurarvi che la parte più difficile e allo stesso tempo più divertente del pubblicare questi capitoli è trovarci un titolo adatto. Non ce la posso fare XDDD
Anche questa storia è nata nell'ambito del Drabble Midweek organizzato dalla community We are out for prompt. L'indicazione da cui sono partita era questa: Gintama, Agenzia Tuttofare, Mille e uno modi per non pagare l'affitto, brevettato da Gintoki in persona!
Non avevo mai mosso il Madao prima d'ora, ma l'ho trovato particolarmente stimolante. XD
Grazie mille per essere arrivati fin qui! :D
Kuruccha

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Capitolo 4
*** Le macchie di sangue sono le più persistenti [Takasugi, Matako] ***


 
Le macchie di sangue sono le più persistenti
 
 
L’acciaio della lama che gli trapassa la spalla è caldo, quasi bollente mentre scorre nella carne. È un dolore che Takasugi conosce; porta a galla ricordi non troppo lontani di battaglie vinte e guerre perse, e l’occhio che brucia lo ritrascina alla realtà un attimo prima che l’incoscienza lo addormenti.
Bansai è distante, e l’avversario che Takasugi ha davanti non è un Amanto come quelli che è abituato ad affrontare, no; è un ronin fatto di pelle e carne e ossa e nervi, proprio come lui, e il sangue vermiglio che gli scorre dalla ferita sulla fronte non è differente da quello che la lama calda sta facendo sgorgare dalla sua spalla, infradiciando la stoffa pesante del kimono. Si chiede se ammazzare un uomo sarà poi così diverso dall’uccidere un Amanto – le stesse grida, lo stesso sibilo nella trachea trapassata dall’acciaio, gli occhi che rimangono spalancati – e d’improvviso non è più sicuro di riuscirci. La katana scivola via dalla presa delle sue dita. Il braccio ferito si fa pesante, rovente; il buco sulla spalla non pulsa più come prima, ed è come se anche l’occhio buono fosse coperto dalle bende. La testa è pesante. Il ronin ride nel guardarlo, proprio nello stesso modo in cui anche Takasugi avrebbe deriso il suo nemico se fosse stato al suo posto; sorride mentre la visione si fa meno chiara.
Un altro ferro gli sfrega la pelle del collo, ma questa volta è gelido e grezzo; scorre in un lampo sotto il suo orecchio e per un momento Takasugi ritorna cosciente. Vicino al lobo il metallo scatta con un click; Diavolerie Amanto, ha il tempo di pensare nel sentir caricare il grilletto, appena prima che la testa gli cada in avanti.
Una mano gli artiglia la spalla ancora sana; stringe la stoffa del suo kimono per tenerlo immobile.
«Vedi di rimanere sveglio» bisbiglia la voce di una donna, e la presa si fa più salda. La mano con la pistola scatta in avanti in un movimento fulmineo, e altrettanto velocemente il proiettile scivola fuori dalla canna; il ronin cade sotto il rinculo del colpo prima ancora di poter tentare un contrattacco. L’uomo crolla all’indietro e Takasugi lo guarda e pensa era facile, era così facile.
Si accorge di essersi posato a lei solo quando sente il petto della donna farsi meno rigido; un nuovo scatto dei nervi gli fa capire che anche lei deve essere ferita, ma non ha energie sufficienti per voltarsi e guardarla.
«Svegliati» gli ripete di nuovo, il fiato corto. La presa sul kimono si trasforma; la donna non sta più cercando di tenerlo dritto ma di farlo alzare. «Non andremo da nessuna parte se non sei cosciente.»
Non sente altro; il mondo si fa silenzioso, come se le bende fossero arrivate a coprire ogni altro rumore oltre a quello dei suoi pensieri. E’ di nuovo in piedi quando ricomincia a sentire; il braccio ferito è posato sul fodero della spada, quello buono attorno alle spalle della donna.
«Tu non mi conosci, Shinsuke-sama» gli dice. «Ma abbiamo un avversario in comune. O così pare.»
«Chi sei» le dice, atono, con un filo di voce. Poco lontano da loro si alzano altre grida, e lo sguardo della donna si fa più lucido nello studiare la situazione.
«Matako Kijima» gli risponde. «E non posso farcela senza di te.»

 


28.08.2015
Non abbiamo ancora notizie canoniche su come Takasugi abbia raccattato i membri principali dell'attuale Kiheitai, e ultimamente ho scoperto che la cosa mi disturba più di quanto credessi. Su questa pagina c'è però scritto che, prima di entrare nel gruppo, Matako era una dei criminali peggiori di Edo e che è stato Takasugi a volerla con sé (quando io, a dirla tutta, pensavo semplicemente che fosse stata lei ad appiccicarglisi come un koala). L'ho trovato davvero molto peculiare, e da cosa nasce cosa, e sono quindi arrivata a plottare questa specie di primo incontro. Pare comunque che io non riesca ad immaginarmi un Takasugi che non sia mezzo morto. :°D
Nel mio canon mentale è stato Bansai il primo ad unirsi a Takasugi, ma sono convinta che il gruppo sia comunque insieme da un bel po'; questo spiega perché Takasugi qui sia ancora così giovane.
Questa fanfiction ha preso vita da una specie di sfida lanciata tra me e Yumemi; il prompt che lei mi aveva assegnato è Takasugi/Matako, “You need to wake up because I can’t do this without you.” Mi sono persa per strada la parte del pairing. X°D Trovate qui la controparte scritta da lei, di certo molto più feels della mia. :D
Chiudo queste note eterne ringraziandovi per aver letto /o/ Buona giornata!
Kuruccha

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Capitolo 5
*** Sta' attento a non perderti nelle tue fantasie [Jirochou/Otose] ***




Sta' attento a non perderti nelle tue fantasie



La immagini spesso.
La sua mano ti afferra il lembo dello yukata come quando eravate ragazzi; ti tira il braccio all’indietro, fermando il pugno diretto al viso terreo del vecchio che ti sta di fronte. Per un attimo sfiori le sue dita sotto la stoffa, e la sua pelle è morbida come quella di tutte le altre donne; Otose ti guarda e avvampa e tu dimentichi le sue espressioni dure, i suoi polpastrelli callosi, e rimani immobile in quello sguardo che è per Tatsugorou, per lui e lui soltanto.

Il problema, ti dici, è tutto nell’immaginazione. Vivevi di fianco a lei e non ti bastava più; vivi e immagini e sai che quelle fantasie non ti porteranno da nessuna parte. Otose vive vicino a te, ma vive anche al fianco di Tatsugorou, e nessuno di loro due ha bisogno di immaginare.
E non è come se la sognassi, no; non oseresti, non lei, perciò la guardi da lontano. La cerchi in altri tratti, la trovi in altre donne; arriva il giorno in cui non sai più dove finisca Otose e dove cominci l’immagine che hai creato di lei. Sposi una ragazza che è il suo opposto in tutto; la ami e non riesci a spiegartene la ragione. 

Il problema, ti ripeti, è tutto nell’immaginazione.
Otose riemerge decenni dopo nei tratti duri del viso sconosciuto di tua figlia, nei polpastrelli callosi di quelle mani abituate a maneggiare una spada, e l’immagine del suo viso di ragazza si sovrappone agli occhi vuoti della persona che hai davanti. Chi sei?, ti domandi, e Sei tu, ti rispondi. Pirako ti guarda come se lo capisse, così chiudi gli occhi, e Otose ritorna.
La immagini spesso.
 


19.10.2015
Questa flashfic è stata scritta nell'ambito dell'evento La corsa delle 48 ore organizzato dal forum La torre di carta partendo dal prompt Non è meglio stare aggrappati a un sogno meraviglioso invece che rovinare tutto con la realtà? (Cinderella story, di Mark Rosman).
Ho un problema serio con le storie-loop che si richiudono su se stesse - nel senso che è una di quelle costruzioni che amo molto e che perciò torno spesso ad utilizzare. Sopportatemi anche questa volta, vi prego /o/
Grazie mille per aver letto!
Kuruccha

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Capitolo 6
*** L'importante è che se muori me lo dici prima [Yorozuya] ***




L'importante è che se muori me lo dici prima

 

C’è una cosa che Shinpachi, dall’alto della sua lunga (e travagliata) esperienza come tuttofare, può dire di aver davvero capito dal suo mestiere: che non bisogna mai fidarsi della prima impressione.

Se lo ripete spesso anche in momenti che con il suo mestiere non c’entrano niente: ad esempio, quando qualcuno lo spintona per strada (sarà di fretta, poverino, pensa), quando la cassiera del minimarket non gli dà la busta di plastica (sarà un’amante della natura, la giustifica), quando sua sorella carbonizza le uova al tegamino (ci mette tanto amore, dopotutto, si dice) quando Gintoki non lo paga per il terzo mese di seguito (abbiamo lavorato davvero poco in queste ultime settimane, ragiona, o forse no? Aspetta, cinque giorni fa abbiamo ripavimentato un intero capannone, dove sono finiti tutti quei soldi?).

Se lo ripete - o, per meglio dire, se lo augura - anche in quel preciso momento, nell’intravedere oltre la soglia dell’Agenzia la figura di Gintoki a terra, immerso in una pozza rossastra, con Kagura distesa alla sua destra e Sadaharu accucciato alla sua sinistra.

«Ed è questo l’insegnamento che voglio lasciarvi prima di morire» dice Gintoki in tono melodrammatico, e Shinpachi sente nascere in lui un istinto fortissimo a lanciargli dietro uno degli stivali che lui ha lasciato all’ingresso (fuori posto, ovviamente). «Una storia. La storia di un uomo capace di compiere imprese che nessun’altro prima di lui era riuscito a portare a termine!»

Da lì dov’è, Shinpachi non riesce a vedere l’espressione di Kagura, eppure è abbastanza convinto che sia attenta e interessata, proprio come ogni volta che Gintoki attacca con una delle sue frottole.

«La storia di un uomo capace di difendere la sua terra da qualsiasi malintenzionato» continua Gintoki. «La storia di un uomo capace perfino...»

S’interrompe inscenando una fintissima crisi di tosse, tanto per attirare l’attenzione - ma Kagura non è in grado di decifrare quel suo ovvio stratagemma, così la vede precipitarsi al suo capezzale e afferrargli la mano tra le sue. «Gintoki! Uomo essere persino capace di fare cosa?»

«Capace perfino di...» Altro crisi di tosse convulsa, persino più falsa della precedente. «Capace perfino di sconfiggere la morte!»

«La morte!» grida Kagura

«Ebbene sì, la morte! È inutile che ti dica che ho sempre ammirato quell’uomo e quella sua capacità, cioè, altrimenti non sarei affatto in questa situazione, ti pare?»

«Quindi Gintoki non essere quell’uomo di cui tu tanto parlare.»

«Purtroppo no, con grande rammarico. Però c’è una cosa che quell’uomo mi ha insegnato. Qualcosa che la sua storia mi ha svelato.»

«Quale essere questa cosa, Gintoki?»

Gintoki rimane muto per un po’, come a voler accrescere la tensione drammatica. A ben vedere, pensa Shinpachi, il suo scopo è senz’altro quello, perché dubita che quell’uomo ci abbia lasciato le cuoia solo per essere scivolato su una pozza di sciroppo alla fragola (che, tra l’altro, in tutta probabilità è stato lui stesso a versare per terra).

«Ebbene, questa è la storia di un uomo leggendario, capace di sconfiggere la morte.»

«Tu avere già detto.»

«Un uomo che ci ha lasciato un insegnamento. Un’eredità.»

«Tua storia noiosa.»

«Il racconto delle sue avventure. In quattrocentoquarantaquattro episodi. C’è da dire però che solo nella prima serie c’è un vero e proprio insegnamento, mentre da lì in avanti ci si scazzotta senza tregua, e la storia delle Sfere del Drago diventa un po’ troppo abusata.»

«Ma allora io avere già sentito questa storia!» esclama Kagura. «Io però avere una migliore da raccontare.»

«Non ho intenzione di ascoltarla.»

«È bellissima storia di uomo di gomma che diventare Re dei Pirati!»

«Senti, questo è il mio letto di morte, non cercare di rubarmi la scena. E poi in One Piece non crepa mai nessuno, perciò devi scegliere un altro anime.»

«Nessuno morire proprio perché One Piece potere sconfiggere la morte!»

«One Piece non può essere più forte di Dragon Ball!»

È in quel momento che entrambi vengono colpiti alla testa da un paio di stivali volanti. Gintoki un po’ più forte, a onor del vero. Non è ben chiaro come le calzature siano riuscite a decollare dall’ingresso; nessuno ne ha notato il movimento, e quando Gintoki e Kagura riescono a rialzarsi per andare a controllare l’atrio lo trovano deserto e silenzioso.

Di comune accordo, senza interrogarsi oltre sul perché e percome, decidono che sia molto più interessante ritornare ognuno al proprio letto di morte per continuare a litigare sugli anime della Toei.

E così Shinpachi, dall’alto della sua lunga (e travagliata) esperienza come tuttofare, può dire di aver imparato anche quel giorno qualcosa dal suo mestiere: poco importano le sfere del drago e i frutti del diavolo, perché tra i tre grandi di Shonen Jump lui sceglie di gran lunga di seguire Naruto.

 
 

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