rinascita

di nausicaa_00
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo Uno ***
Capitolo 2: *** Capitolo Due ***
Capitolo 3: *** capitolo tre ***



Capitolo 1
*** Capitolo Uno ***


Il sole era tramontato da molto, e la luna brillava alta nel cielo. Selene aprì lo sportello della piccola auto rossa e scese. Il padre, al volante, la raggiunse pochi istanti dopo. La ragazza sorrise -Da quanto tempo non vedo questo posto?Non è cambiato per niente- L'uomo rivolse uno sguardo alla costruzione-Perchè dovrebbe esserlo?-Il venticello di quella fresca sera estiva  accarezzava la spalla di Selene, che il suo largo e smunto maglione lasciava scoperta, e le sottili gambe, coperte solo da una vecchia e poco pratica gonna bianca, erano più pallide del solito. La ragazza aprì il bagagliaio,e tirò fuori la sua valigia rosa, la stessa con cui era partita alla volta della capitale. Avrebbe dovuto trascorrere una settima di riposo, assieme alla sua famiglia, che non vedeva da tempo. L'addestramento era così durò che aveva visto suoi coetanei, all'apparenza svegli e robusti, piangere per intere notti al pensiero di aver lasciato la propria famiglia. A tratti, si sentiva in colpa per non essersi sentita così quando se n'era andata: non ci aveva pianto sopra nemmeno una sola notte o un solo giorno. Ora che era tornata a casa, cosa che molti ragazzi le invidiavano, sentiva già la mancanza di Londra. Il cancello della grande villa si aprì, e il padre della ragazza mosse i primi passi verso la casa -Forza, Selene.  Entra, sono certo che manchi anche ad Annette- Selene guardò l'asfalto sotto le sue scarpe da ginnastica: era certa che la madre non avesse risentito per nulla della sua assenza. Forse per questo, sentì il bisogno di restare lì, ferma. 
-Andiamo, Sel. Sbrigati- La ragazza mosse un piccolo e riluttante passo, ma appena posò il piede, un urlo femminile squarciò il silenzio della notte -Pa'? Cosa è stato?- L'uomo non rispose subito -Era la voce di Margot, la cameriera- la voce era cupa -Selene, prendi il tuo arco- La ragazza annuì, poi prese prontamente dal bagagliaio ancora aperto arco e faretra, e corse incontro al padre. Il cortile era scarsamente illuminato, ma si intravedeva una figura umanoide correre verso di loro: un Lilim, un demone figlio di Lilith.Nonostante Selene avesse compreso la specie dell'essere, sperò di essersi sbagliata-Cos'è?- Il padre guardò negli occhi la ragazza, poi scosse la testa -Non è possibile-  l'essere si avvicinava sempre di più, sempre più veloce, producendo un verso stridulo, simile al pianto di un neonato. Selene non si era sbagliata. Il cuore della giovane batteva forte, e le sembrava che le gambe le tremassero. Il padre della ragazza si voltò verso di lei -Scappa nel bosco. Ci penso io- Lei scosse il capo -Scappa, Selene.- -No- -Ti ho detto di scappare, Selene- Il Lilim era inciampato, producendo un tonfo sordo. Selene si voltò, fece qualche passo verso l'altro lato dell'isolata strada di campagna, ma non resistette e guardò indietro: il padre aveva tirato fuori una pistola -Papà...-  -Non guardarti indietro. Corri-  Lo stridere di un gufo, poi un urlo. Selene corse e non si voltò.
"Scappa, Selene, scappa" era l'unica cosa che la ragazza riusciva a pensare. Aveva perso l'arco, era coperta di ramoscelli e piena di graffi, ma non le importava. Continuava a correre, non riusciva a pensare ad altro: il padre, il demone, le urla. Erano tutti pensieri confusi e dolorosi, che le ferivano l'anima come una pioggia di frammenti di vetro. Solo di una cosa era sicura:lei era tornata





 

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Capitolo 2
*** Capitolo Due ***



Il corpo dilaniato giaceva dinanzi al cancello, e chinato su di esso vi era una creatura. Rebecca impugnò la sua balestra e la freccia che ne partì colpì il demone al centro della schiena. Con un rantolo di dolore, questo crollò sul corpo che stava mangiando. La ragazza si avvicinò ai due cadaveri: il demone era un Lilim, come quelli che aveva visto solo in orride illustrazioni. Era simile a un grosso neonato demoniaco, incredibilmente sottile. Dalla schiena partiva quella che sembrava l’attaccatura di un paio di ali, grandi non più di un pugno, inutili e malformate, e la pelle era di un grigio violaceo. Rebecca calciò via la carcassa del Lilim, che rotolò poco distante. Gli occhi del demone erano grandi e completamente neri, e dalla bocca usciva una bava nera e densa. Le dita, con grandi artigli giallognoli, erano girate e gonfie. La ragazza guardò il cadavere dell’uomo che la creatura aveva ucciso: aveva esattamente le stesse ferite dell’altra vittima, la cameriera della famiglia Heddard.Il viso era contorto in una orribile espressione di terrore, la maglia strappata e il torace aperto, rivelando budella e pezzi di carne strappata.
-Tutto ok, Becca?- La sorella della ragazza corse verso di lei
–Oh. Vedo che hai trovato il padre di Emma e Noah. -
Rebecca annuì –Ora dobbiamo trovare Selene-
-Dici che è morta anche lei?- Rebecca scosse la testa
-Dubito, Ruth: Il demone non è entrato nel bosco, come se qualcosa lo trattenesse qui-
                                                                                                                ************
 
Selene si accovacciò sotto un albero, stremata dalla corsa. I polmoni le bruciavano, e ogni respiro le sembrava un chiodo che le si fissava nel petto. Gli occhi erano umidi, e una lacrima le scorreva su una guancia. Possibile che il padre, un uomo così ben addestrato, fosse stato ucciso? Aveva visto solo nelle illustrazioni di un antico libro come sono i corpi delle persone uccise da un Lilim: il torace squarciato, il viso in una contorta smorfia di terrore. Selene si sentiva così stanca che le palpebre le cadevano pesanti sugli occhi, così pesanti che l’unica cosa che riuscì a fare fu dormire, nonostante il dolore.

La donna accarezzò la guancia di Selene. Il bosco era illuminato dalle prime luci dell’alba, e la vegetazione era di un verde più intenso. La ragazza alzò gli occhi per vedere chiaramente la persona dinanzi a lei: era una stupenda donna, di un pallore etereo. I suoi occhi erano di ossidiana, vividi e penetranti. I lunghi capelli di carbone le scivolavano sui fianchi, sino a toccare con le punte il terreno, e il corpo, slanciato e sinuoso, era coperto da un lungo abito di seta nera, che sembrava fatta di pura oscurità, con i bordi che sfumavano nelle numerose ombre del bosco, come se la donna fosse tutt’uno con il buio
-Sappilo ora, e non ricordarlo mai più. Ti ho generata perché tu facessi discendere le tenebre sul mondo, non perché tu facessi risplendere la luce. Porta a termine la tua missione, e regnerai con me. Ignorami, e sprofonderai, figlia di luce e di ombra- 
Le parole della donna erano così poco chiare. Selene riuscì a sbiascicare solo poche parole
-Figlia di luce di ombra? -  La donna che stava guardando sorrise, quasi con amore
-Capirai, Selene, capirai. Sei l’unica che è giunta fino a questo punto, della mia progenie. Per quanto possa aver amato gli altri, tu sei l’unica che vuole e intende, Selene-
Solo allora la ragazza si accorse delle grandi ali nere della donna.
- Su una cosa hai ragione, figlia di luce e ombra. Sono tornata-

La donna si dissolse fra le ombre del bosco, quasi sciogliendosi. Solo allora Selene realizzò: aveva appena parlato con Lilith
 

                                                                                                          ************
Rebecca mosse il primo passo nel bosco: il sole era sorto da poco e tutto sembrava calmo e tranquillo. Si incamminò, evitando radici che spuntavano dall’erba e buche. Camminò per poco più di dieci minuti, cercando di carpire un suono, una voce, che indicassero la presenza di un essere umano, ma nulla. Se la ragazza che stava cercando era ancora viva, doveva essersi spinta nel folto del bosco. Rebecca sbuffò, quasi seccata: trovare un altro cadavere sarebbe stato incredibilmente deludente, ma trovare una ragazza ben addestrata e probabilmente armata e terrorizzata sarebbe stato abbastanza pericolosa. Insomma, se Selene avesse tentato di attaccarla, era certa che non sarebbe sopravvissuta.Camminò per altri dieci minuti, fino a giungere in uno sprazzo di erba verde. Si guardò intorno, sospettosa, muovendosi a piccoli e silenziosi passi, fino a quando non notò, poco distante da lei, un arco: non sembrava un modello molto recente, al contrario, doveva essere abbastanza antico. Quando lo toccò, provando a raccoglierlo, lo lanciò via: la mano le bruciava terribilmente, come se mille piccoli aghi si fossero insinuati nella sua pelle, infilzandola.  

Rebecca imprecò sottovoce, scuotendo la mano come per cercare di spegnere il fuoco che le sembrava le si fosse acceso sottopelle: l’arco doveva essere stato maledetto in modo da poterlo far prendere solo al suo legittimo proprietario. L’arco doveva essere caduto di mano a Selene, visto che era abbastanza sicura che nei giorni precedenti non ci fosse nulla, in quel punto. Rebecca continuò a camminare, inoltrandosi fino quasi ai margini del bosco, che ormai conosceva come i palmi delle sue mani. Aveva quasi voglia di tornare indietro, quando vide, poco lontano da lei, un corpo rannicchiato sotto un albero.
                                                                                                    *********
 
Un raggio di sole penetrò fra le foglie degli alberi, colpendo il viso di Selene. Nel sonno, una ciocca di capelli neri le era caduta sul viso. Il suo risveglio fu’ di certo più dolce del modo in cui si era addormentata. La ragazza si guardò intorno, poi si mise a sedere. Nella sua mente il sogno di quella notte era vivido, quasi si trattasse di un vero ricordo. Le sembrava che la testa stesse per esplodere per il lancinante dolore che provava. I pensieri turbinavano nella sua mente: il Lilim, suo padre morto, la donna del sogno. Selene si mise a sedere, posando il capo sulla ruvida corteccia dell’albero. A pochi metri da lei, c’era una ragazza dai lunghi capelli nocciola, in posizione d’attaccò

 

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Capitolo 3
*** capitolo tre ***


Rebecca mosse cauta un passo: La ragazza si era svegliata e si era seduta, premendo la schiena contro il tronco dell’albero sotto il quale era. Aveva una ferita alla testa, che sembrava essere profonda
  -Non ho intenzione di farti del male-                                                                                                                                                                                                                           
fece un altro piccolo e misurato passo, tenendo però ben stretto il suo sottile pugnale dal manico intarsiato.
Selene sentiva la ruvida corteccia del tasso che le premeva sulla schiena. Il viso della ragazza le era famigliare, ma non riusciva ad associarla a nessuno che conoscesse realmente. I capelli castani e il fare sicuro le erano così vicini, eppure così lontani                                                                                                                   
    –Chi sei?-                                                                                                                                                                                                                                                                     
Fu l'unica cosa che la ragazza riuscì a chiedere.L'altra sembrava quasi confusa da quella domanda, ma rispose ugualmente                            
 -Rebecca, Rebecca Faithlord-                                                                                                                                            
  in quel momento, alla mente di Selene riaffiorarono centinaia di ricordi,troppi per un solo minuto : risate, giochi da bambini, corse nei prati. Troppi ricordi per un solo attimo. Assieme, però, alla gioia dell’infanzia, tornò anche una donna che non ricordava di aver mai visto: la scrutava da un albero nei prati, la cullava nella notte, la accarezzava mentre piangeva
-Lei ci osserva- sussurrò. Poi il silenzio.
 
 Ruth era seduta sul pavimento della sua stanza, e sembrava star consultando un grande e antico  tomo. Le pagine, sottili come foglie secca, le scorrevano sulla punta delle dita , e ogni foglio sembrava spezzarsi al solo contatto con l’epidermide. Appena la giovane ebbe trovato la pagina che le interessava, spalancò il libro: vi era l’illustrazione di un essere femminile, con grandi ali nere come il carbone e due grandi occhi ancora più scuri. La ragazza sospirò, e iniziò a leggere silenziosamente. Dopo una decina di pagine, giunse al punto che più le interessava:
è documentato e provato che, attorno all’anno mille, il demone Lilith ascese sulla terra portando caos e distruzione, morti e pestilenze. Risiedette sulla terra per oltre seicento anni, indebolendosi lentamente, lasciandosi infine sconfiggere dai suoi stessi figli, alleati con altri mezzosangue. Sta a loro (ai mezzosangue), ora rimasti in pochissimi, la protezione della terra dalla loro stessa madre.
Segni dell’ascesa :
-comparsa dei demoni Lilim, figli del Demone meno fortunati dei loro fratelli e sorelle, che seguono la loro madre sulla terra e solo in soltanto in quell’occasione
A Ruth bastò quello per scoppiare in lacrime. Era terrorizzata, provava paura, forse il sentimento più umano del mondo. Se avessero perso, la terra sarebbe stata distrutta, gli umani sterminati e la loro mente ottenebrata delle tenebre, e il buio avrebbe trionfato. Se, invece, avessero vinto o anche solo provato a combattere, molti sarebbero morti, interi territori distrutti dalla forza di schiere di eserciti demoniaci che bruciano e riducono in polvere ogni cosa. E lei non sarebbe più potuta essere una normale adolescente, avrebbe dovuto combattere, e certamente sarebbe morta. La ragazza si portò una mano al viso: il mascara era colato, e il rossetto aveva macchiato il contorno del labbro. Ruti respirò, poi prese uno specchietto e alcune salviettine dalla scrivania di pesante legno scuro. Nello specchietto, vedeva i suoi occhi viola come fiore notturno arrossati, gonfi. Con tutta la calma del mondo, si ritruccò fino a quando lo squillare del telefono non la fece sobbalzare: era Rebecca
-Ruti, mi serve una mano-
-Cosa è successo, Becca?-
-Niente di che. Porta bende e… suppongo disinfettante,sì, decisamente anche quello-
-Becca, sei ferita?- La sua voce si fece tremolante
-Oh, non io. Ti aspetto all’albero cavo, fa’ presto-

La donna davanti a Judith era seduta su una poltrona rossa che sembrava incredibilmente antica e preziosa. I suoi singhiozzi erano forti e rumorosi, e tra di loro si intravedeva qualche parola sconnessa appena conprensibile. Judith cercava di parlare, ma le sembrava di non venire ascoltata. Si guardò intorno, e solo allora notò un ragazzino che la stava fissando, in piedi davanti a una porta                                                                 -Cosa è successo? Perchè mia madre sta piangendo?- il ragazzo si passò una mano sugli occhi, cerchiati da due pesanti occhiaie                                                                                                                                                                Judith sospirò e si avvicinò al ragazzo -Senti...-  
-Noah,mi chiamo Noah-                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                             -Senti, Noah: perchè non vieni a sederti e non ne parliamo con calma?- 
Noah annuì, si avviciò e si mise a sedere su di un'altra poltroncina rossa. Judith si guardò intorno, cercando di pensare a cosa dire. Non aveva mai dato una notizia del genere a un ragazzino che non fosse un altro mezzo demone: questo, in particolare, sembrava fragile con un filo d'erba, sottile e slanciato, come se stesse per spezzarsi da un momento all'altro.                                                                                                                                -Allora?-  Il ragazzo sembrava terribilmente preoccupato: non faceva che passarsi la mano tra i capelli di un biondo candido.                                                                                                                                                                    Juith sospirò, e concentrò la sua attenzione su un quadro rappresentante una graziosa donna in abiti ottocenteschi, dai grandi occhi azzurri e dalla pelle palida, che si scontrava con i suoi capelli neri come la pece         -Mi dispiace, Noah. Cercherò di essere il più veloce possibile. Potrei sembrarti cinica e distaccata, ma ci tengo a dirti che non voglio dare quell'impressione-                                                                                                           -Voglio solo sapere cosa cazzo è successo e perchè mia madre sta piangendo su una poltrona mentre la nostra vicina di casa la conforta-                                                                                                                                                   Judith inghiottì la sua stessa saliva -Tuo padre è morto, Noah. Devi comunicarlo anche alle tue sorelle, visto che, come vedi, tua madre non è pronta a farlo-                                                                                                           
Noah si era portato le mani al viso, coprendo gli occhi. Un altro singhiozzo arrivò dalla donna seduta poco lontano. 

Le voci erano chiare nella testa di Selene. Doveva star sognando, altrimenti non si sarebbe spiegata perché fosse sdraiata su un letto morbido, che profumava di lenzuola pulite
-Dovevi riportarla indietro senza ferite- era una voce adulta, diversa da quella di Rebecca
-Judith, non l’ho colpita! È svenuta appena le ho detto il mio nome, e ha detto qualcosa su…-
Il cigolio di una porta che si apre
-Dicevo, ha detto qualcosa di strano - L’altra donna tacque per un po’
-Judith, mi senti? -
-Sì,sì. Cosa ha detto? - La voce sembrava vagamente preoccupata
La voce di Rebecca si affievolì –Che lei ci osserva. -                
Spazio autrice Mi dispiace non aver aggiornato per due settimane ma sono stata senza wi-fi, quindi... ecco a voi un capitolo di passaggio totalmente inutile e mal scritto!

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