Amore Infedele

di mikyferro02
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Capitolo I

Aveva sempre sognato vivere in una città, avere una casetta vicino al mare soltanto per vederlo in tempesta e la possibilità di viaggiare per il mondo. Quando ebbe sei anni, Diana - Virginia Verquez ma per tutti Diana, iniziò il duro lavoro nella fattoria di famiglia che si estendeva per circa 1 ettaro. Fu ereditata dal suo bisnonno, Carlo Varquez, vissuto intorno al '700.

Ogni mattina apriva la finestra della sua umile camera e restava lì ad osservare il paesaggio. Aveva un letto con legno d'abete in un'alcova a tendaggi gialli. Sulla scrivania, vicino alla finestra, c'erano ammassati numerosi fogli e quaderni. Sul comò vicino al letto era presente, in una caraffa, un mazzolino di viole che emanava un profumo incantevole. Sul pavimento, un lungo tappeto ricopriva l'intera area della stanza. Fu un regalo di sua nonna morta qualche anno prima della sua nascita. A perdita d'occhio si stendeva la piatta campagna, e i ciuffi d'alberi e cespugli intorno alle fattorie formavano macchie di un verde cupo. L'aria di Bilbao, città situata al Nord della Spagna, era fredda ogni giorno, pure in estate.

Bibao era una città ricca di personaggi celebri. Amato era Juan Crisostomo de Arriaga, detto anche "il Mozart spagnolo", compositore nato nel 1806. Non ebbe una vita longeva visto che morì all'età di vent'anni per tubercolosi. La crudeltà della vita non ha limiti: spezzare una vita così giovane, con una mente appena matura. Altro personnaggio importante fu il filosofo Miguel de Unamuno nato nel 1864.

Diana fin da piccola adorava la letteratura e la religione. Quando ebbe dodici anni, il padre stesso l'accompagnò in città per metterla in un convento. Quel brav'uomo pensava al suo futuro fin dalla sua più tenera età. Nei primi mesi, Diana trovò il luogo divertente: giocava con le sue compagne, si dedicava alla pulizia delle stanze e si trovava bene in compagnia delle buone suore. Imparò all'età di tredici anni la lingua latina ed era molto brava in matematica. Sapeva usare qualunque dizionario e leggeva romanzi “con la pala”. Capiva il catechismo e credeva nell'esistenza di un Dio. Ogni domenica assisteva alla Santa messa, e guai a lei se si distraeva. Si confessava una volta alla settimana e a volte inventava piccoli peccati, per rimanere là più a lungo. Ogni sera, prima di dormire, leggeva qualche passo della Bibbia e prima di spegnere la luce della sua stanza fredda recitava qualche preghiera ringraziando il Signore per la giornata vissuta. All'età di quindici anni frequentava la biblioteca del convento. Si invaghì dei “Commentari reali degli Inca” di Garcilaso de la Vega o della “Ninfa del Cielo” di Luis Velez de Guevara. La sua più grande passione era scrivere poesie sulla natura e sulla società del suo tempo. La sua musa ispiratrice era una vecchia signora che aiutava le suore nella mensa del convento. Ovviamente la “madre superiore” ogni mese le dava qualche piccola somma di denaro. Era una donna sui settant'anni, con belle spalle, il naso ricurvo e portava sui capelli biondi un mollettone con un fiore rosso. Le ispirava la sua vanità e crudeltà: faceva venire i brividi persino alla “Vergine dei Miracoli”. Cantava canzoni religiose e raccontava storie di eroi e principesse ai bambini. Una domenica mattina l'anziana morì di infarto durante la messa. Infondo era quello che desiderava visto che era vedova e sola. All'età di diciasette anni la signorina Varquez cambiò radicalmente; era divenuta una donna intelligente e forte. Non aveva peli sulla lingua e decise di continuare la sua carriera religiosa. Voleva tanto diventare una suora ma tale desiderio fu infranto in seguito alla morte della madre. Pianse giorno e notte senza sosta. Sua madre era il suo punto di riferimento, il suo punto debole.

Passarono 5 mesi dalla disgrazia e Diana abbandonò definitivamente il convento e restò in campagna ad aiutare suo padre, Jaime, e i suoi fratelli. Iniziò un periodo triste e cupo: compleanni senza festeggiamenti, litigi tra i fratelli sempre più frequenti, notti a piangere nella sua stanza perché le mancava sua madre, e chi più ne ha più ne metta. A peggiorare la situazione fu una dura crisi economica che colpì la famiglia. La causa fu l'arrivo dell'inverno e della neve

Diana aveva sempre desiderato avere due bambini: un maschio e una femmina. Credeva nel vero amore e nel matrimonio; era una donna di fede e lavoratrice.

Una mattina di marzo del 1870, si recò con il padre in città verso l'ufficio dell'avvocato Romero per un piccolo furto commesso da Jaime a causa della crisi. Quello fu un giorno importante per la donna.

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


Capitolo II

La grande casa si estendeva sul limite d'un immenso prato ricco di enormi alberi di abete e di mandorlo, e si articolavano gelsomini e tulipani nell'aiuola vicino alla recinzione in legna. Accanto alla grande dimora, scorreva un lungo fiume.

All'entrata era presente un vestibolo con pavimento in marmo, il soffitto altissimo e le pareti dipinte in giallo zafferano. I suoni delle voci rimbombavano in ogni angolo della stanza. Di fronte c'era una piccola veranda che affacciava nel maestoso giardino mentre a destra era presente una scalinata diritta. Accanto alla scalinata, un lungo corridoio conduceva al salone. Sul rivestimento in legno scuro della parete del corridoio erano appesi grandi quadri dalle cornici in bronzo che raffiguravano la famiglia Romero nel 1600 circa. Il salone era molto luminoso e ricco di finestre. Come ornamento della sala, nel centro della parete la cui tinta rosa era qua e la corrosa, si vedeva un camino in pietra lavica (pietra molto moderna in quel tempo)

Questa era la villa di Salvador Romero ereditata da suo padre nel lontano 1830. Salvador era un ricco avvocato sposato con la signora Blanca Blasco di Cordova. Il 1938 per Salvador fu un anno molto triste e ricco di preoccupazioni. Se ne stava seduto per lunghe ore nel suo ufficio, senza parlare, andava a dormire tardi e beveva tanto. La causa di tanta tristezza fu la gravidanza della moglie. Credeva di non essere un buon padre. Blanca, sul principio, provò grande stupore e paura, poi ebbe voglia di partorire. Un giovedì di luglio del 1838, per i due coniugi fu un giorno importante: nacque il piccolo Conrado Romero.

Fin da piccolo fu affidato ad una balia giorno e notte. La signora Romero non sopportava quel neonato: le sue urla, la saliva che penzolava dalla bocca, i numerosi pianti durante la notte. A contrario del suo primogenito Cristobal, fratello maggiore di Conrado figlio di un altro marito della Blasco.

Gli anni volavano e Conrado passava sempre più tempo con la sua tata diventando così una sorta di “seconda madre”. A cinque anni, il bambino venne richiuso in un collegio per le buone maniere. Era capriccioso, testardo, maleducato e spavaldo. I monaci gli diedero un'educazione spartana: lo mandavano a dormire fuori al freddo, alcune sere lo lasciavano senza cibo e quando si comportava male lo rinchiudevano nei sotterranei insieme ai topi e agli scarafaggi. Con il passar del tempo Conrado divenne un perfetto signorino e imparò le buone maniere. In poco tempo divenne educato, rispettoso e studioso. Amava la storia e conosceva a memoria le date e le cause di ogni guerra precedenti al 1850: tutte le otto guerre d'Italia, la prima guerra del Nord combattuta tra il 1558 al 1583, le guerre di religione francesi in cui si opposero cattolici e protestanti nel 1560 circa, le guerre di Slesia ecc... Ma quelle che lo appassionarono di più furono le guerre napoleoniche. Ammirava Napoleone Bonaparte per le sue fantastiche strategie ed era d'accordo con le parole di Tàrle che lo definì “l'incomparabile maestro dell'arte della guerra”.

A diciott'anni lasciò il collegio per intraprendere gli studi universitari di giurisprudenza: voleva diventare un avvocato bravo come suo padre. Ogni mese sua madre gli mandava qualche somma di denaro per pagarsi gli studi e i libri di testo. Il resto che restava li usava per pagarsi l'affitto del suo appartamento nella città. Il ragazzo studiava giorno e notte senza sosta. All'esame di laurea, nel 1861, fu promosso con un buon voto. Quel giorno fu l'ultima volta che vide suo padre. L'incontro avvenne nel giardino della grande villa Romero. Conrado gli rinfacciò tutto. Il signor Romero cadde in un rigoroso pianto e supplicò il figlio di perdonarlo, ma il ragazzo voltò le spalle maledicendolo. Con sua madre e suo fratello ebbe buoni rapporti.

A trent'anni conobbe una giovane vedova, brutta e antipatica di nome Maria. La relazione durò poco meno di due mesi. In poco tempo divenne uno degli avvocati più bravi e stimati della città. Ma c'era un piccolo problema: era ancora zitello!

Una mattina di marzo si recò nel suo ufficio nel centro della città di Bilbao un vecchio fattore accusato di un piccolo furto di merci a causa di una dura crisi economica. L'uomo fu accompagnato dalla figlia, una fanciulla dalle goti paffutelle e con un sorriso meraviglioso. Indossava un abito verde acqua stretto da una cintura alla vita oro. Portava sui capelli castani un fisciù di merletto nero che le ricadeva dietro. Il giovane avvocato rimase stupito da tanta bellezza e se ne innamorò subito. La donna si chiamava Diana Varquez.

Il colloquio durò meno di mezz'ora e l'avvocato non tolse lo sguardo dalla giovane. Papa Varquez se ne accorse subito e quando la sua bella figliola uscì dall'ufficio, per recarsi dal panettiere, gli disse alcune parole.

- Ah caro avvocato, vedo che non avete tolto lo sguardo dalla mia amata figlia -

Il trentaduenne cercò di giustificarsi.

- Tranquillo! - esclamò il vecchio – Se me la chiede, io gliela do. -

Conrado pensò alle parole dell'uomo per tutta la notte, ma non conosceva per niente quella dolce fanciulla. Avrebbe voluto indagare su quella famiglia.

La domenica della Santa Pasqua, Conrado fu invitato dalla famiglia Varquez per il pranzo. I giorni passarono e la conoscenza tra Diana e Conrado si ampliò sempre di più: cenavano ogni sera insieme, uscivano a cavallo la domenica, passeggiavano per i sentieri del bosco. A rallegrare la famiglia fu una rigorosa ripresa economica. Conrado si innamorò perdutamente della ragazza. Così un martedì di maggio, egli gli fece la proposta di matrimonio e lei accettò senza esitare.

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