Agoràs - L'Adunata dei Cavalieri dallo Spazio

di telesette
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

Tisifone crollò in ginocchio, il colpo infertole dall’avversario era veramente duro. Un’istante dopo sentì la bile salirle in gola e la bocca riempirsi di sangue; tossendo violentemente, cercò tuttavia di rialzarsi in piedi e rispondere all’attacco.
L’uomo di fronte a lei, un misterioso cavaliere senza nome con indosso un’armatura impossibile da distinguere a causa della notte, si limitò ad osservarla con indifferenza.

- Non voglio ucciderti, Sacerdotessa dell’Ofiuco - esclamò l’uomo, con voce fredda e profonda. - Ma se insisti nel voler lottare contro di me, andrai incontro alla tua stessa sorte…
- Taci - urlò Tisifone, recuperando velocemente la guardia. - Pensa a difenderti, piuttosto!
- Non capisco la tua reazione - osservò l’uomo perplesso. - Ti ho solo rivolto una domanda semplicissima: voglio sapere dove si trova il Cavaliere di Pegasus e perché non è al Grande Tempio!

Per tutta risposta, Tisifone decise di puntare tutto sulla velocità e la sorpresa e preparò il suo colpo.

- Cobra Incantatore !!!

L’attacco di Tisifone fu rapido e micidiale, tuttavia gli artigli del Cobra Incantatore furono “bloccati” con un semplice gesto; l’avversario non dovette neanche spostarsi, tale fu infatti la facilità con la quale aveva reso vano il suo colpo più potente.

- Ma cosa… ?!?
- Ti avevo avvertita - rispose l’altro impassibile.

Tisifone non ebbe il tempo di rendersene conto che si ritrovò scaraventata all’indietro da una forza micidiale. Un turbine di vento la avvolse completamente, investendo la sua armatura fino a distruggerla parzialmente; alla fine la sacerdotessa crollò a terra immobile.

- Chi… Chi è costui ? - si domandò lei, alzando la testa faticosamente. - Non può essere un semplice cavaliere, non… non ho mai visto una simile forza, nemmeno in un Cavaliere d’Oro!

I passi del nemico risuonarono lievi sulle pietre smosse dell’arena. Tisifone lo vide avvicinarsi, incapace di reagire, e sovrastarla con la sua inquietante ombra.

- Ti concedo un’ultima possibilità - esclamò lui, spazientito. - Dimmi dove si trova Pegasus e ti risparmierò la vita!
- Mai - rispose lei decisa.

Senza battere ciglio, l’uomo si limitò a spezzarle il braccio col piede. Tisifone lanciò un urlo straziante ma, prima che perdesse conoscenza, costui la afferrò violentemente per i capelli e la sollevò, tenendola alta davanti a sé. Tisifone gemette, stringendo i denti per il dolore; anche a prezzo di indicibili sofferenze, non avrebbe mai potuto tradire Pegasus… preferiva morire, piuttosto che mettere in pericolo l’uomo che amava.

- La tua ostinazione è ammirevole, ma non ti servirà a nulla!
- Ah… Aaah!

La voce di Tisifone si trasformò in un rantolo soffocato. Il suo avversario sollevò il pugno verso il cielo e richiamò a sé una quantità di energia spaventosa: non si trattava di un microcosmo qualunque, sembrava piuttosto un qualche potere incommensurabile, proveniente dalle profondità più remote dell’universo. Malgrado il braccio rotto, Tisifone cercò di sfruttare le ultime forze per lanciare un attacco disperato, ma era troppo tardi… Con un lampo accecante, la coraggiosa sacerdotessa venne sollevata in aria e ricadde al suolo con uno schianto; dell’arena non rimase altro che un enorme cratere distrutto e, al centro, il corpo di Tisifone giaceva lì immobile. La maschera che le nascondeva il volto era caduta ai piedi del nemico ma, in quelle condizioni, non poté fare a meno di pensare che sarebbe morta ben presto. Il cavaliere misterioso sollevò il pugno, pronto a infliggerle il colpo di grazia. Gli occhi di Tisifone si riempirono di lacrime e, prima di chiuderli, costei riuscì a pronunciare alcune parole in un soffio.

- Pegasus… perdonami

Uditola, il cavaliere fermò il proprio pugno. Dunque era come pensava: la donna conosceva Pegasus e, se era disposta a morire per lui, ciò significava solo una cosa. Per alcuni secondi l’uomo fissò Tisifone priva di sensi, dopodiché si chinò a raccogliere la maschera di quest’ultima e in silenzio prese una decisione.

- Se è come penso, non avrò bisogno di cercare il Cavaliere di Pegasus… Sarà lui a cercarmi!

 

( continua )

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


- Tisifone!

Pegasus si svegliò di soprassalto. Gli ci volle un attimo per rendersi conto che si era trattato di un sogno, ciononostante avvertì una profonda sensazione di disagio. Fuori dalla finestra la luna splendeva alta nel cielo, diffondendo il suo chiarore insieme alle altre stelle, e tutto era pace e silenzio.

- Ultimamente non faccio che ripetere lo stesso sogno - mormorò il ragazzo tra sé. - E se non fosse un semplice sogno… Possibile che quello che ho visto sia successo realmente? No, Tisifone è un cavaliere come me, non può essere sconfitta così facilmente!

Cercando di scacciare quell’idea assurda dalla testa, Pegasus si coricò nuovamente. Tuttavia il pensiero che potesse essere accaduto qualcosa a Tisifone gli fece venire un forte dubbio.

 

***

 

Il mattino seguente, Pegasus si alzò di buon ora per il suo allenamento quotidiano. Tuttavia, mentre fendeva l’aria con i suoi pugni poderosi, non poté fare a meno di scrollarsi di dosso la spiacevole sensazione dell’altra notte. Era talmente assorto nei propri pensieri che non si accorse nemmeno della presenza di Sirio, se non quando questi gli rivolse la parola.

- Ti vedo turbato, Pegasus - esclamò. - C’è qualcosa che non va?

Pegasus si voltò di scatto, asciugandosi il sudore dalla fronte con il dorso della mano.

- Ciao Sirio! No, non preoccuparti… Ho solo dormito male, ecco tutto!

Sirio strinse gli occhi, tuttavia annuì.

- Capisco!
- Ti va di allenarti, oggi ? - domandò Pegasus con un sorriso, cercando di cambiare discorso.
- A dire la verità, ero venuto a cercarti per un altro motivo: Lady Isabel vuole parlarti, pare che sia accaduto qualcosa di molto strano al Grande Tempio!

Come ebbe sentito menzionare il Grande Tempio, Pegasus bloccò il pugno a mezz’aria e impallidì sconvolto.

- Come dici ?
- Purtroppo non so molto della faccenda, ma so che è stata Castalia ad avvertirci della possibilità di un pericolo imminente!

Senza perdere altro tempo, Pegasus raggiunse di corsa le stanze di Lady Isabel. Qui trovò lei e gli altri cavalieri riuniti, tutti con le facce segnate da un’evidente preoccupazione.

- Eccomi, sono corso appena ho saputo… Ditemi dunque, che cosa è accaduto di tanto grave?

Lady Isabel ricambiò lo sguardo del giovane con la sua solita espressione imperscrutabile, tuttavia decise che non era il caso di attendere oltre nel metterlo al corrente della situazione.

- Prima devo pregarti di mantenere la calma, non è una cosa facile da spiegare e…
- Milady, mi dica subito cos’è successo, la prego!
- Cerca di stare calmo, Pegasus - esclamò Sirio alle sue spalle. - Non è con l’agitazione che risolveremo la faccenda!

Malgrado tutto, Pegasus fu costretto ad ammettere che l’amico aveva ragione. Dapprima gettò un’occhiata interrogativa verso i suoi compagni, inutilmente, dopodiché spostò nuovamente l’attenzione verso Lady Isabel.

- La prego - ripeté il giovane, sforzandosi di rimanere tranquillo.

Lady Isabel chinò leggermente il capo e iniziò il suo racconto.

- Secondo le notizie che ci sono giunte. - esclamò lei. - Pare che qualcuno abbia sferrato un potente attacco, nello stesso luogo dove hai combattuto per ottenere le sacre vestigia di bronzo, e l’impatto è stato devastante!
- In che senso, ci sono state vittime?
- Pegasus - intervenne Andromeda. - L’Arena dei Duelli non esiste più…
- Cosa ?!? - Pegasus non riusciva a credere alle proprie orecchie.
- E’ così, purtroppo - confermò Lady Isabel. - Chiunque sia stato l’artefice di un simile gesto, possiede un potere a dir poco terrificante: coloro che sono giunti sul luogo dello scontro, hanno rinvenuto soltanto un cratere di dimensioni gigantesche!

Pegasus rimase sconcertato dalla notizia. Le rovine di Grecia erano considerate sacre ai cavalieri, e nessuno mai avrebbe osato macchiarsi di un simile gesto.

- Purtroppo c’è anche un’altro grave problema - proseguì Lady Isabel. - La notte in cui è avvenuto tutto questo, Castalia e Tisifone avevano entrambe avvertito una minaccia incombere nelle vicinanze del Grande Tempio! Tisifone è corsa subito a indagare di persona ma, quando Castalia è giunta a darle man forte, di lei non era rimasta altro che questa…

Così dicendo, sollevò la maschera della sacerdotessa, in modo che tutti potessero vederla. Pegasus riconobbe subito l’oggetto che Milady teneva in mano, non poteva sbagliarsi, troppe volte aveva visto quella maschera sul volto di Tisifone… La stessa maschera, sporca e graffiata, davanti a lui in quel momento.

- Non è possibile - esclamò il giovane sgomento. - No, non può essere, mi rifiuto di crederlo…
- Infatti, c’è dell’altro!
- Come?
- Vicino al cratere, dove Castalia ha raccolto la maschera, qualcuno aveva lasciato scritto un messaggio!
- Che genere di messaggio?
- Poche parole purtroppo, e anche piuttosto vaghe, tuttavia l’ultima parte dice espressamente questo: “La luce dell’Ofiuco continuerà a brillare ancora per poco, solamente tre giorni decideranno il suo fato, se prima di allora Pegasus non sarà ritornato al Grande Tempio!
- E’ senza dubbio una trappola - osservò Crystal. - Chiunque abbia sconfitto Tisifone in realtà mira a Pegasus, questo è chiaro!
- Per quanto ne sappiamo, lei potrebbe essere già morta - fece eco Phoenix, con noncuranza.
- Che cosa hai detto?

Accecato dall’ira, Pegasus afferrò il compagno, stringendolo per il bavero, tuttavia Phoenix lo guardò senza fare una piega.

- Non fare lo stupido - rispose l’altro, liberandosi dalla sua stretta. - Cosa pensi di risolvere con la tua rabbia? Ho solo detto la verità, non possiamo sapere con certezza se Tisifone sia ancora viva o meno!
- Tisifone è viva !!!
- Tutti noi ce lo auguriamo, Pegasus - intervenne Andromeda. - Ma…
- Niente “ma” - tagliò corto Pegasus. - Ovunque si trovi adesso, la cercherò! Partirò per il Grande Tempio oggi stesso e…
- Aspetta - ordinò Lady Isabel. - Posso capire che tu sia preoccupato, ma non posso permetterti di agire alla cieca: qualunque cosa si nasconda dietro la scomparsa di Tisifone, dobbiamo studiare un piano che ci permetta di scoprire chi sono i nostri nemici, e soprattutto che intenzioni abbiano!

Pegasus si fermò sulla soglia, senza voltarsi.

- Mi dispiace, Milady - esclamò. - In circostanze diverse vi avrei obbedito, ma… ma questa volta no, mi dispiace!
- Pegasus, aspetta…

Nonostante il richiamo di Andromeda e degli altri cavalieri presenti, Pegasus uscì dalla stanza, chiudendo la porta dietro di sé.

- Dannato testardo - brontolò Crystal. - Deve fare sempre tutto di testa sua!
- Non ha tutti i torti, però - mormorò Phoenix.
- Fratello, che vuoi dire ?
- E’ semplice: ammesso che Tisifone sia ancora viva, come dice il messaggio, ogni secondo potrebbe essere prezioso!
- Dunque tu pensi che non si tratti di un inganno? - domandò Sirio.
- Non ho detto questo - precisò Phoenix, infastidito. - Dico solo che, finché non abbiamo la “certezza” che Tisifone sia caduta in battaglia, non possiamo certo pretendere che Pegasus agisca diversamente; tutti noi sappiamo com’è fatto!

Tutti annuirono in silenzio.

- Purtroppo non abbiamo scelta, se vogliamo aiutare Pegasus, dovremo muoverci anche noi…
- Sì, credo che tu abbia ragione - ammise Lady Isabel. - In ogni caso, la chiave del mistero per ora si trova al Grande Tempio, perciò è da lì che cominceremo!

 

( continua )

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Tornato nuovamente in terra di Grecia, Pegasus poteva ora osservare con i suoi occhi il luogo dove anni prima si era battuto per ottenere le sacre vestigia di bronzo… O per meglio dire, ciò che ne rimaneva!
Dove un tempo sorgeva un’arena imponente, non era rimasto altro che un gigantesco cratere deserto. Il cavaliere si chinò a raccogliere un frammento di roccia, stringendolo nella mano con rabbia; il pensiero di non aver potuto far niente per impedire tutto questo lo faceva sentire terribilmente in colpa, ma ancora di più sapere che Tisifone era in pericolo a causa sua; il messaggio che il misterioso aggressore aveva lasciato era ancora inciso nella pietra con caratteri scritti a fuoco.

- Pegasus - mormorò appena Castalia, avvicinandosi per porre una mano sulla spalla del suo allievo di un tempo.

Il cavaliere sollevò il capo, cercando di ricacciare le lacrime di frustrazione sul suo volto.

- Dimmi, Castalia - esclamò. - Che cosa è accaduto “realmente” in questo luogo?

La sacerdotessa non rispose.
Dato il suo silenzio, Pegasus doveva dunque temere che ci fosse qualcosa che Lady Isabel non gli aveva detto?
Possibile che le immagini del suo sogno corrispondessero a drammatica verità?
Perché Castalia esitava nel rispondere, forse temeva di dargli un dolore troppo grande da sopportare?
Pegasus ripeté ancora la sua domanda e di nuovo non ottenne alcuna risposta. Castalia rimase dritta e immobile, col volto nascosto dalla sua inespressiva maschera, ed era impossibile capire a cosa stesse pensando. Per un istante le dita di Pegasus artigliarono il terreno; incapace di sopportare oltre quel dannato mutismo, il giovane esplose in un urlo rabbioso e si voltò di scatto verso di lei.

- Castalia !!!

La sacerdotessa chinò appena il capo, quel tanto per non dover guardarlo negli occhi, ma comprendeva bene che non poteva tacere oltre.

- Siamo tutti addolorati per la scomparsa di Tisifone, tanto quanto te…
- Al diavolo - esclamò Pegasus sconvolto, chiudendo gli occhi. - Un guerriero misterioso appare dal nulla, distrugge uno dei luoghi più sacri di tutta la Grecia e nessuno ha visto nulla ?!?
- Solo Tisifone potrebbe rispondere alla tua domanda - ammise Castalia tristemente. - Il problema è che non sappiamo dove si trovi adesso!
- Ma è possibile che nessun’altro fosse qui quella notte?

Pegasus non riusciva a credere che nessuno fosse stato testimone di un così tragico evento… Soprattutto considerato che dentro di lui si faceva più forte il dubbio che le immagini del suo sogno fossero qualcosa di assai più grave: la sconfitta di Tisifone, il cavaliere misterioso, l’Arena dei Duelli completamente distrutta… Era tutto troppo nitido alla sua mente perché si trattasse di semplice coincidenza. No, non si trattava di un sogno, lui aveva “sentito” il potere di un cosmo spaventoso e aveva percepito chiaramente il dolore di Tisifone come se fosse il suo; aveva provato il terrore dell’impotenza, vedendo la deflagrazione dell’Arena distrutta, e ora parte di quell’immagine era concreta davanti ai suoi occhi. La verità era che lui sapeva cos’era successo, ma ugualmente voleva la conferma che ciò che aveva visto non fosse un’illusione bensì la realtà.

- Tutto quello che posso dirti è che, quando sono arrivata, ho trovato questo luogo così come lo vedi… L’unica cosa che era rimasta di Tisifone era la sua maschera, graffiata e sporca di sangue, il resto purtroppo lo ignoro!
- Io no, invece…
- Come?

Logicamente Castalia non poteva indovinare cosa stava passando per la testa di Pegasus in quel momento, anche se comprendeva benissimo il suo stato d’animo. La mente del cavaliere stava correndo a fatti e avvenimenti molto lontani, all’epoca di tutte le battaglie e gli scontri insieme ai suoi compagni. Ma ancora più chiaro era il ricordo dell’ultima volta in cui lui e Tisifone si erano visti, prima che il giovane ripartisse per Nuova Luxor al termine della sua ultima difficile vittoria…

 

***

 

Tisifone era in piedi ad osservare il tramonto, il viso nascosto dietro alla sua maschera da sacerdotessa, ciononostante dalle fessure intorno agli occhi si vedeva sgorgare chiaramente un sottile filo luccicante, a dimostrazione della grande tristezza che il suo cuore era costretto a sopportare. Per anni si era imposta di rinnegare tutti i sentimenti di debolezza, i quali mal si addicevano alla guerriera dura e spietata che preferiva apparire per non sentirsi inferiore ad alcun maschio, eppure non poteva ugualmente negare l’affetto che nutriva verso Pegasus. Anche se all’inizio era convinta di detestarlo, in realtà era la paura di essere giudicata “debole” che le fece nascere il desiderio di uccidere il cavaliere con le sue mani. All’epoca del suo apprendistato, una volta indossata la maschera della guerriera, le era stata imposta una durissima regola: quella di compensare il suo essere donna col rinunciare per sempre a comportarsi come tale… Tuttavia Pegasus era riuscito ad infrangere quella maschera, non con la forza bensì con la purezza e l’ingenuità del suo animo; Tisifone era rimasta profondamente colpita dalla bontà con cui il giovane le aveva fasciato il polso ferito alcuni anni addietro e, prima di rendersene conto, il suo cuore aveva compreso l’enormità di ciò a cui avrebbe dovuto rinunciare per diventare un cavaliere in un mondo maschile. Non era stato il Fulmine di Pegasus a rivelare la sua vera natura, ciononostante lei aveva preferito convincersi del contrario, così da avere un motivo per continuare a vedere Pegasus come un nemico da abbattere e non come il ragazzo che era riuscito a farla arrossire per la prima volta con la sua grande sensibilità.
Molto tempo era passato da allora e Tisifone era in grado di vedere le cose con maggiore chiarezza. Lei voleva bene a Pegasus, non perché fosse “obbligata” a farlo ma perché lo amava realmente, e non c’era regola al mondo in grado di stabilire se il suo amore fosse giusto o sbagliato. Combattendo al fianco del cavaliere, Tisifone aveva compreso che l’amore puro, ovvero quello disinteressato e altruista che non pretende nulla per sé stessi, era in grado di conferire una grande forza. Era questo il segreto di Pegasus e compagni ( loro infatti non combattevano né per la gloria o per l’onore ma per difendere la vita dei propri cari ) e Tisifone lo aveva capito fin dalla prima volta in cui aveva dato ascolto al suo cuore, proteggendo il suo innamorato a rischio della vita. Durante l’ultima battaglia con Nettuno, quando Tisifone si fece colpire dalla freccia d’oro del Sagittario, lo stesso Pegasus si era reso conto dei suoi veri sentimenti verso quella donna coraggiosa e non poté trattenersi dal confessarle quanto cara gli fosse la sua vita. Ogni goccia di sangue versato per proteggerlo corrispondeva in egual misura alle lacrime che il giovane aveva versato per lei; Tisifone non desiderava nulla, all’infuori della salvezza del giovane, e fu proprio questa sua abnegazione a renderla ancora più affascinante agli occhi di Pegasus; il cavaliere comprese di amarla in quello stesso istante e, stringendola forte a sé, le parole che pronunciò gli vennero direttamente dal cuore.
Purtroppo il destino dei cavalieri è soggetto al servizio della causa cui sono votati. Pegasus non poteva esimersi dal giuramento fatto ad Atena e, ora che la pace era finalmente tornata, doveva fare ritorno con lei a Nuova Luxor insieme ai suoi compagni. I Cavalieri D’Oro si erano riuniti al Grande Tempio, per rendere omaggio a Lady Isabel e congratularsi personalmente coi suoi cinque valorosi eroi, tuttavia Tisifone preferiva non farsi vedere da Pegasus in quella circostanza; anche con indosso la maschera infatti, temeva che le lacrime per la sua partenza sarebbero state notate e non poteva permettersi una simile debolezza davanti a tutti; malgrado la sua indiscutibile forza come combattente, le era sempre risultato difficile nascondere le proprie emozioni… Perciò in passato aveva preferito rigettarle completamente piuttosto che imparare a dominarle come Castalia. In quello probabilmente l’Aquila del Grande Tempio era sempre stata molto più forte di lei come carattere perché, invece di rinnegare i sentimenti che rendono “debole” una donna, aveva imparato a trarne forza e coraggio per essere una persona completa. Naturalmente ora anche Tisifone stava ricominciando a costruire la sua vita sullo stesso percorso ma, anche se le occorreva ancora del tempo per imparare a controllare le lacrime, ormai non voleva più fingere di non provare sentimenti per sentirsi al pari con gli uomini.

- Mi mancherai, Pegasus - mormorò rivolgendosi a sé stessa.

In quella però, una voce alle sue spalle la fece voltare di scatto.

- Pensavi davvero che me ne sarei andato via così, senza neanche salutarti ?
- Pegasus - esclamò Tisifone stupita.

Il cavaliere si avvicinò a lei, con il suo solito sorriso e l’espressione irriverente dipinta sul volto. Da principio Tisifone non seppe come reagire poi però, temendo che lui potesse notare le gocce sulla maschera, distolse lo sguardo quel tanto che bastava per non guardarlo negli occhi.

- Dovresti essere coi tuoi compagni - lo rimproverò la sacerdotessa.
- Accidenti, come sei cordiale - fece l’altro scherzosamente. - L’ultima volta che me ne sono andato da Atene, per poco non ci lasciavo le penne… Te lo ricordi ?

Tisifone rimase in silenzio.

- Andiamo, stavo scherzando - si affrettò a dire Pegasus, temendo di averla offesa. - Non prendertela, dispiace anche a me di andarmene questa volta ma…
- E chi ti dice che a me dispiaccia, invece ?!?

Lo scatto rabbioso della fanciulla era dettato più che altro dal suo modo goffo e incapace di esprimere con chiarezza i propri sentimenti. Nella tensione del combattimento, quando il corpo si abbandona ai sensi e all’istinto, si può arrivare ad essere tremendamente e dannatamente sinceri… Non altrettanto però a livello “cosciente”, quando si cerca di convincersi che certe cose sono state dette in un impeto di follia. Più o meno era questo che spingeva Tisifone a mantenere quella facciata di ostilità, più che altro per abitudine, tuttavia non era più una nemica e questo Pegasus lo sapeva bene ormai.

- Apri bene le orecchie, ragazzino - puntualizzò Tisifone, allungando minacciosamente il dito nella sua direzione. - Qualunque cosa ti abbia detto, non cambia il fatto che anch’io sono un cavaliere di Atena; ho una dignità da difendere e non tollero di essere presa in giro da nessuno, tantomeno da te!
- Ehi, rilassati - disse il giovane, sollevando le mani in segno di resa. - Non era mia intenzione prenderti in giro, davvero…
- Allora che aspetti a partire con gli altri ?
- Eh no, non sia mai detto che il sottoscritto lasci le cose a metà!

Così dicendo, Pegasus ridusse ulteriormente la distanza tra loro. D’istinto Tisifone provò ad indietreggiare ma, prima che se ne accorgesse, la mano del cavaliere le afferrò dolcemente il polso. Lo sguardo di Pegasus era limpido e sereno, quasi come la prima volta in cui lo aveva conosciuto da bambino, e ciò le fece venire un leggero singulto.

- Non posso andarmene, senza prima salutarti come si deve!
- Non… Non essere sciocco - ribatté lei, ritraendo la mano stizzita. - Non c’è alcun motivo per cui tu debba per forza salutarmi…
- Sì, invece!

Tisifone si ritrovò le sue mani sulle spalle e, sollevando il capo, si ritrovò inevitabilmente a guardarlo negli occhi.

- Pegasus…
- Ti prego, Tisifone - esclamò lui, senza smettere di fissarla. - Lascia che io veda il tuo volto, prima di partire, poiché questo è forse il ricordo più caro che tutta la terra di Grecia sia in grado di offrire!

Il pugno tremante lungo il fianco di Tisifone si rilassò improvvisamente e la mano della sacerdotessa si sollevò a rimuovere l’unico oggetto in grado di nascondere la sua espressione agli occhi del giovane. Non appena Pegasus poté vedere nuovamente i delicati lineamenti della fanciulla, che tanto aveva rischiato e sofferto per amor suo, dentro di lui provò una gioia immensa. Tisifone era bellissima, anche con quello sguardo così triste, e non vi era alcun dubbio su per chi stesse piangendo adesso. Nessuno dei due parlò, le parole non servivano a rendere meno dolorosa la loro separazione, tuttavia entrambi sapevano benissimo ciò che provavano l’uno per l’altra. Socchiudendo gli occhi, Pegasus si chinò a sfiorare le labbra di lei e nello stesso momento Tisifone si abbandonò al piacevole calore di quel gesto. Rimasero così abbracciati per alcuni istanti, incapaci di staccarsi, cercando di godere appieno quel momento così breve ed intenso della loro intimità. Erano ambedue cavalieri, devoti ad Atena e alla causa della giustizia certo, ma erano anche un uomo e una donna innamorati; e dove le loro menti restavano fedeli alla dea, i loro cuori battevano all’unisono. Fu in quello stesso momento che Pegasus e Tisifone suggellarono il loro amore e si scambiarono la muta promessa di rimanere fedeli l’uno all’altra per sempre…

 

***

 

Pegasus sentiva il suo animo bruciare assai più del cosmo ardente della sua costellazione; non riusciva a darsi pace per non essere riuscito a salvarla, proprio nel momento di maggior bisogno, quando lei invece era sempre accorsa in suo aiuto; il solo pensiero lo tormentava come una ferita aperta.

- E’ colpa mia - esclamò il cavaliere sottovoce.
- Cosa dici ?
- Io sapevo che Tisifone era in difficoltà, l’ho vista: ho visto colui che l’ha sconfitta, ho avvertito un cosmo di potenza inaudita, ho percepito la costellazione dell’Ofiuco soccombere davanti a un avversario con poteri incredibili… E nonostante questo, non ho potuto aiutarla!
- Non puoi sentirti responsabile per lei, Pegasus - provò a ribattere Castalia inutilmente. - Quando tutto questo è successo, tu eri a Nuova Luxor, troppo lontano per correre in suo aiuto; anche ammesso che sia come dici, non saresti potuto arrivare in tempo comunque…
- Ma non ho nemmeno tentato!

La rabbia di Pegasus era tale che, malgrado la persona che aveva di fronte fosse la sua maestra verso la quale doveva profondo rispetto, non fu ugualmente capace di trattenersi dal gridare a voce alta tutta la sua frustrazione.

- Quando io stesso ero sul punto di morire, e già i miei occhi contemplavano la nera mietitrice scendere inesorabile con la sua falce, ogni volta Tisifone è intervenuta per sottrarmi a sì triste destino! E cosa ho fatto io, invece, per ricambiare il suo sacrificio? Cosa ho fatto per ripagare il mio debito, verso colei che non ha esitato un istante nel mettere a repentaglio la propria vita per proteggere la mia? Niente!

Subito dopo aver pronunciato l’ultima parola, lo schiaffo di Castalia si abbatté duro e inesorabile come una folgore a ciel sereno. Pegasus lo accettò senza obiettare, con occhi colmi di lacrime e lo sguardo assente.

- Cerca di svegliarti, Pegasus - lo rimproverò lei. - Non sei più un bambino ora, non puoi attribuirti colpe inesistenti dicendo simili sciocchezze!
- Ma Castalia, io…
- Pensi che Tisifone sarebbe fiera di sentirti parlare in un modo così assurdo? Se è arrivata al punto da sacrificare sé stessa pur di difenderti, è solo e unicamente dovuto alle circostanze; non nego l’importanza del suo gesto né tantomeno il suo profondo interesse nei tuoi confronti ma, continuando a tormentarti con responsabilità che non sono tue, rechi soprattutto offesa a lei e al suo coraggio!

Subito Pegasus si diede mentalmente dello stupido. Ancora una volta stava commettendo lo sciocco errore in cui era caduto più volte, dimenticando che Tisifone era donna e cavaliere allo stesso tempo, Castalia aveva ragione rimproverarlo. “Preferirei che tu mi considerassi un uomo”… Così gli aveva detto Tisifone il giorno del loro ultimo scontro come nemici, poco prima che Aiolia, Cavaliere D’Oro del Leone, giungesse ad affrontarlo per obbedire agli ordini del Sommo Arles. In realtà ciò che Tisifone desiderava era che lui fosse in grado di “rispettarla” come cavaliere e guerriero, tanto quanto la considerava dolce e attraente come donna. A lungo Pegasus non riuscì a comprendere fino in fondo il vero motivo dietro all’atteggiamento aggressivo di Tisifone, rifiutandosi ostinatamente di vederla per ciò che si sforzava di essere con tutta sé stessa. Solamente quando tempo dopo la vide strapparsi la freccia d’oro del Sagittario dalla schiena, riuscì a vedere chiaramente il proprio coraggio di cavaliere riflesso negli occhi di lei. Fu in quel momento che imparò a guardarla come combattente senza bisogno di alcuna maschera; non era necessario alcun paramento per colui o colei capace di dimostrare sul campo il proprio valore… E Tisifone si era senza dubbio guadagnata non solo il rispetto di Pegasus ma anche il suo affetto.

- Hai ragione, scusami - si affrettò a dire Pegasus, chinando il capo con imbarazzo e massaggiandosi il livido sulla guancia.
- Non serve che tu ti carichi di altre sofferenze, rispetto a quelle che hai già - spiegò Castalia, in tono molto più addolcito. - Se ciò che ritieni di aver visto è davvero così importante, è tuo dovere concentrarti e riflettere su particolari utili, solo in questo modo potrai offrire un aiuto concreto a Tisifone!
- E’ vero, come al solito sai essere molto più saggia di me nelle situazioni difficili, ti ringrazio…

Prima che potesse terminare la frase, un improvviso boato si levò nell’aria e la terra fu come scossa da un’onda di terremoto. Sia Pegasus che Castalia rimasero del tutto impreparati, tanto che gli ci volle un po’ per rendersi conto che il fenomeno proveniva dalle dodici case dello zodiaco: qualcuno aveva appena sferrato un attacco proprio al cuore del Grande Tempio, e non occorreva certo una grande immaginazione per capire di chi potesse trattarsi.

- E’ lui - esclamò Pegasus, con gli occhi sbarrati. - Riconosco perfettamente la grande intensità di questo cosmo, è lo stesso che ho sentito nel mio sogno, non posso sbagliarmi sono sicuro!
- E’ spaventoso - mormorò Castalia con un filo di voce. - Una simile energia non può appartenere ad un cavaliere… E’ assurdo!
- E’ lui, ti ripeto - Pegasus strinse ansioso il pugno, pronto a lanciarsi verso lo scontro ormai imminente. - Devo andare!
- Pegasus, aspetta!

L’avvertimento di Castalia non fu sufficiente a fermare il suo impulsivo ex-allievo. Desideroso com’era di vedere in faccia colui che era stato capace di battere Tisifone, Pegasus sembrava non essersi reso conto della sua vera forza. Ma la sacerdotessa invece, per quanto impossibile da credere, aveva chiaramente distinto un’aura negativa perfino superiore a quella di molti Cavalieri D’Oro messi assieme… E la cosa più impressionante era che tale aura proveniva da un unico cosmo individuale.

 

( continua )

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


- No… Non è possi… bile…

Aiolia si rese conto della propria sconfitta, strabuzzando gli occhi per lo stupore. Le sacre vestigia d’oro del Leone nulla avevano potuto, contro il misterioso avversario davanti a lui, e il cavaliere della Quinta Casa per la prima volta dovette inchinarsi. L’altro lo osservò senza battere ciglio, avvolto in un’armatura sormontata da strane iscrizioni runiche, e i suoi occhi esprimevano chiaramente il forte disprezzo che provava per il nemico costretto in ginocchio.

- Voi cavalieri siete avvezzi a peccare d’orgoglio, quasi quanto gli dei stessi - esclamò. - Uno dei motivi per cui l’Adunata porrà fine alla vostra smisurata arroganza!
- Ma tu… chi sei ?!? - domandò Aiolia a denti stretti.

Mai, in nessuna delle sue battaglie, Aiolia del Leone aveva incontrato avversario capace di ridurlo a sì tale stato di impotenza. Il cosmo che scaturiva dall’armatura dell’avversario era diverso da quello di qualsiasi cavaliere: la sua essenza non traeva fonte da stelle e pianeti, bensì da immensità galattiche senza nome; solo a vederlo, Aiolia aveva l’impressione di trovarsi davanti a centinaia di migliaia di pianeti e costellazioni… E tutto ciò risiedeva incredibilmente nel potere cosmico di un unico uomo, lo stesso che lo aveva appena sconfitto con una facilità inaudita. Costui non rispose alla sua domanda ma, storcendo le labbra per via della luce negli occhi dell'altro, investì il cavaliere d’oro con uno schiaffo al volto. Aiolia venne scaraventato all’indietro, come un bambino rimproverato dal genitore, e si ritrovò disteso tra le macerie della sua casa semidistrutta.

- La tua presunzione è intollerabile - sbottò il nemico. - Un gesto della mia mano è bastato a sconfiggerti clamorosamente e, nonostante la tua palese inferiorità, osi ancora sollevare lo sguardo! Accetta la tua condizione di “vinto” piuttosto e apprendi una volta per tutte cosa significa l’umiltà…

In quel momento qualcuno giunse davanti alla soglia della quinta casa, correndo come un dannato. Il cavaliere misterioso voltò lo sguardo nella sua direzione e, riconoscendo il cosmo che proveniva dalla sua armatura, si dimenticò completamente di Aiolia per concentrarsi sul nuovo arrivato.
Vedendo il nobile Aiolia a terra, riverso sulla schiena e immobile, Pegasus temette per la sua vita. Aiolia era stato per lui amico e maestro, tante erano le volte che lo aveva incoraggiato, eppure ora il cavaliere d’oro giaceva sul pavimento della sua stessa casa come un cane bastonato. Nel vedere quella scena, Pegasus si sentì bruciare di rabbia; prima Tisifone e adesso Aiolia, entrambi a lui tanto cari; ignaro della reale minaccia dell’avversario lì presente, tutto il suo corpo gridava ora vendetta!

- Sei stato tu a distruggere l’Arena dei Duelli e la Quinta Casa di Leo? - domandò Pegasus all’uomo impassibile che aveva di fronte.

Costui non fece alcuna piega ma, tenendo i suoi occhi fissi in quelli del ragazzino furioso, si limitò ad annuire in tono calmissimo.

- Sono io - rispose. - E prima che tu ponga la prossima domanda, Cavaliere di Pegasus, ti consiglio di placare la tua rabbia… in caso contrario, subirai le conseguenze di qualsiasi tuo gesto sconsiderato!
- Taci, maledetto - esclamò Pegasus tra i denti. - Dopo quello che hai osato fare, sarà già tanto se sopravviverai alla mia collera! Il sangue di persone a me care e la dignità profanata di Atena stessa indicano dove indirizzare il mio pugno… Fulmine di Pegasus!

Nello stesso istante, il colpo del cavaliere si abbatté sul nemico misterioso. Tuttavia l’energia splendente delle sue tredici stelle scivolò addosso a quest’ultimo senza recargli danno alcuno; perfino i capelli o il mantello rimasero immobili, come se nemmeno la lieve brezza autunnale fosse scaturita dal pugno del cavaliere di bronzo; Pegasus sbarrò gli occhi incredulo, non appena si rese conto che la sua arma più potente non aveva alcun effetto contro di lui.

- Cavalieri - mormorò l’altro, con evidente fastidio. - D’oro, d’argento o di bronzo, l’unica cosa che vi accomuna è la convinzione di stringere il potere assoluto nelle vostre mani: mai vi ha sfiorato neppure l’idea che esista un limite a ciò che vi è concesso; mai vi ha sfiorato il pensiero che il dono della vostra forza sia qualcosa di più grande della semplice devozione, verso una divinità o un’altra! Qualunque sia il vostro dio da servire, finite ugualmente per commettere azioni che vanno a danno di coloro che non possono difendersi in alcun modo… e ciò è intollerabile, per questo l’Adunata porrà termine al caos che avete creato!

Così dicendo, il potente avversario sollevò la mano e dalle sue dita scaturì una massa luminosa di colore bianco che investì Pegasus in pieno petto. Il cavaliere di Atena sperimentò la stessa forza che poco prima aveva sconfitto Aiolia ma, date le minori capacità delle vestigia di bronzo, gli effetti per lui furono ancora più devastanti. Il corpo di Pegasus venne sollevato in aria, lo sguardo spento e la schiena inarcata all’indietro, dopodiché ricadde a terra con una violenza incredibile.
Con il sangue che gli colava dalle numerose ferite, le labbra irrigidite dal dolore e dalla sorpresa, Pegasus riuscì a mormorare qualcosa di appena udibile.

- Chi… Chi è costui, la… la cui forza supera a… addirittura quella dei cavalieri d’oro ? E’ forse egli un dio, che il mio Fulmine non è nemmeno riuscito a sfiorarlo… No, un dio non esiterebbe a rivelarsi ad alcuno… Ma allora chi è mai questo cavaliere che, con un semplice gesto, di ogni mia forza mi ha letteralmente privato ?!?
- La risposta alle tue domande non è lontana da ciò che i tuoi occhi hanno visto, Pegasus - rispose l’altro, avanzando lentamente verso di lui. - L’unico problema è che, nel tuo sconfinato orgoglio, non sei in grado di distinguere o riconoscere ciò che noi Cavalieri Galattici invece abbiamo visto molto chiaramente!
- Ca… Cavalieri Galattici ?!?

Per la prima volta, Pegasus udì pronunciare quel nome.

- Alfadiplòs è il mio nome, cavaliere di Agoràs e guardiano delle galassie - si presentò dunque l’individuo, portandosi una mano al petto. - Ho provato ad incontrarti in circostanze diverse ma, data la scarsa collaborazione ottenuta per sapere dov’eri, ho preferito ricorrere ad altri metodi per attirarti qui senza perdere troppo tempo!
- E solo per incontrarmi, sei arrivato a distruggere i luoghi sacri agli dei e ai cavalieri ?
- Ti sorprende, forse? Ciò che voi cavalieri ritenete “sacro”, per i vostri Dei ha lo stesso valore di polvere e cenere! Sei un ipocrita se neghi di avere profanato tu stesso dei luoghi sacri alle divinità, in nome della tua causa…
- Bada a te, Alfadiplòs - tuonò improvvisamente una voce alle sue spalle.

Il cavaliere galattico si voltò per vedere Aiolia, ferito e sanguinante eppure in piedi, intimargli di stare in guardia.

- La lezione non ti è bastata, Cavaliere della Quinta Casa? - domandò l’altro, per nulla impressionato dalla minaccia. - Ora che Pegasus è qui, non ho più bisogno di te!
- Insolente - sussurrò Aiolia tra i denti. - Non so di quali poteri tu disponga ma, quant’è vero che Atena regna su tutti noi cavalieri, giuro che non lascerai vivo questo luogo!
- Non essere ridicolo - lo incalzò Alfadiplòs, stringendo gli occhi severo. - Paragonato al mio, il tuo cosmo equivale a meno di una puntura di zanzara…
- La vedremo - rispose coraggiosamente Aiolia, caricando il pugno alla velocità della luce. - Per il Sacro Leo!

Il fascio di colpi lanciati da Aiolia era come un fitto intreccio di raggi solari eppure, proprio come il Fulmine di Pegasus alcuni attimi prima, l’energia del cavaliere d’oro non sortì l’effetto desiderato e scivolò lungo l’armatura dell’avversario come acqua scintillante su una colonna di marmo. Alfadiplòs era completamente illeso, nemmeno un graffio aveva scalfito la sua armatura istoriata di rune, e il suo sguardo esprimeva chiaramente tutto il suo disappunto.

- Ti avevo avvertito, Aiolia - esclamò. - Stavolta sei andato troppo oltre…

Ancora un globo di luce bianca, una massa incommensurabile di energia stellare, e il cavaliere d’oro si ritrovò tempestato di colpi ovunque. Perfino le vestigia d’oro cedettero e si incrinarono, sotto l’immenso potere dell’avversario; nel momento in cui questi cessò il suo attacco, Aiolia crollò veramente privo di sensi e incapace di muoversi.

- Sciocco - commentò Alfadiplòs impassibile. - Ringrazia che non intendo macchiarmi del tuo sangue, ma se solo osi un’altra volta…
-
Yayyyyyy !!!
- Cosa ?!?

La sorpresa negli occhi del cavaliere galattico, nell’attimo in cui Pegasus fece partire il pugno in direzione del suo volto, fu pari solo alla velocità di quell’attacco. L’unico danno che Alfadiplòs riportò da quel gesto sconsiderato fu una lievissima e impercettibile ammaccatura sull’elmo. La sua reazione tuttavia non si fece attendere e, tracciando un gesto nell’aria, gli sferrò un pugno poderoso proprio alla bocca dello stomaco; Pegasus tossì e sputò un fiotto rossastro dalla bocca, prima di accasciarsi lungo il braccio teso dell’avversario che lo teneva sollevato da terra con noncuranza.

- Da non crederci - fece Alfadiplòs, tastando l’ammaccatura sul proprio elmo. - E’ riuscito a violare le mie difese per un istante, mai nessuno prima d’ora c’era riuscito!
- Chi… Chi è che ha peccato di orgoglio stavolta, cavaliere di Agoràs? - esalò appena Pegasus in un soffio, mostrando perfino un debole sorriso ironico.

Alfadiplòs gli scoccò un’occhiata di fuoco e, con un gesto stizzito, lo scaraventò al suolo con tale forza da sbriciolare la pietra sotto di lui. Pegasus emise un urlo soffocato ma, prima ancora di sentire dolore, il piede dell’avversario gli premette con forza la guancia per impedirgli di rialzarsi.

- Non considerarmi alla stregua di tutti i tuoi avversari, Pegasus - ringhiò furibondo. - Anche Aiolia, che ti è superiore per forza e potenza, ha imparato cosa significa sfidarmi; e anche Tisifone…
- Ti… Tisifone!

 

***

 

Una volta sconfitto Nettuno, gli eroi feriti necessitavano di cure adeguate: Crystal aveva perso un occhio, Sirio aveva dei tagli profondi dappertutto, oltre allo squarcio della freccia d’oro sul petto, e anche Tisifone perdeva sangue abbondantemente dalla schiena per lo stesso motivo…

- Ah - gemette lei, sforzandosi di sopportare il dolore lancinante.

Vedendola in ginocchio, Pegasus si preoccupò subito di aiutarla.

- Tisifone, come ti senti ?

Tuttavia la sacerdotessa dell’Ofiuco respinse la mano di Pegasus con uno schiaffo e, premendo l’altra mano contro la ferita, si rimise faticosamente in piedi.

- Tisifone…
- Non… mi serve il tuo aiuto - rispose lei. - Pensa ai tuoi compagni, piuttosto, Dragone sta molto peggio di me!

In effetti le condizioni di Sirio erano molto gravi ma, conoscendo la tempra con la quale l’amico era capace di sopportare qualsiasi dolore fisico, Pegasus non lo riteneva così debole da necessitare aiuto oltre a quello dei compagni. Ancora una volta, seppur involontariamente, capì di aver urtato la sensibilità di Tisifone per via dei famosi pregiudizi che lei tanto odiava; il fatto di essersi battuta al pari di tutti gli altri cavalieri e sentirsi trattare con particolare riguardo, solo perché ferita in modo meno grave di un altro, la umiliava profondamente… Possibile che Pegasus non riuscisse proprio a vederla come qualsiasi altro guerriero, a seconda delle situazioni ? No, ogni volta sembrava vedere in lei una “fragile donnetta indifesa”. In verità Pegasus era semplicemente preoccupato dalla quantità di sangue che stava perdendo, solo per questo si era offerto di aiutarla.

- Non essere testarda, Tisifone - provò a convincerla Pegasus, alludendo al sangue che la fanciulla stava perdendo a fiotti. - Lascia che ti aiuti a…
- Ti ho detto che sto bene!
- Oh, per l’amor del… Basta con questa storia!

Ignorando le sue proteste, Pegasus l’afferrò saldamente per impedirle di muoversi e la sollevò tra le braccia.

- Che cosa stai facendo? Mettimi giù… Mettimi giù, ho detto!
- Ti metterò giù, quando ti sarai fatta medicare quella ferita - rispose Pegasus secco. - E se insisti a non voler ragionare, peggio per te: uomini o donne che siano, io non lascio mai “i compagni” che si battono assieme me, ficcatelo in testa una buona volta!

Nel sentire le sue parole, Tisifone ammutolì di colpo. Pegasus poteva dire: “non lascio mai le persone che si battono assieme a me”, invece aveva usato la parola “compagni”… Che dunque intendesse veramente trattarla come compagno e non come donna? Questo Tisifone non poteva saperlo con esattezza, poteva solo sforzarsi di capire Pegasus e accettarlo per come era fatto. Certo aveva molti difetti: era arrogante, irriverente, impulsivo e sfacciato… Ma il suo pregio più grande era senza alcun dubbio la sua sincerità. Da quando lo aveva conosciuto, Tisifone aveva imparato che Pegasus non era capace di mentire in alcun modo; a costo di risultare leggero, persino maleducato a volte, diceva sempre e soltanto ciò che pensava; per questo ogni volta che le diceva qualcosa, sia scherzando che seriamente, Tisifone aveva l’assoluta certezza che non si trattava di una bugia.
Una volta raggiunto Kiki e il materiale medico da lui portato, Pegasus adagiò Tisifone delicatamente e le porse un bianco asciugamano di spugna.

- Tieni - esclamò. - Copriti con questo, mentre controllo la tua ferita!
- Cosa? - esclamò lei, arrossendo.
- Se vuoi essere trattata “come un uomo”, ebbene come tale mi occuperò di medicare e fasciare le tue ferite… Ma, dal momento che rispetto il tuo pudore fisico ( che non ha nulla a che vedere con una maschera ), ritengo tu debba coprirti almeno!

Tisifone si ritrovò spiazzata e confusa. Già in passato Pegasus si era occupato di medicarle una ferita, ma questa volta era diverso; a parte Cassios, che si era preso cura di lei all’epoca in cui era stata ferita da Aiolia, non si era mai tolta gli indumenti in presenza di un uomo; tuttavia, non senza una certa esitazione, si convinse a slacciarsi il corpetto e le protezioni metalliche sotto l’armatura.
Il piccolo Kiki fece astutamente finta di coprirsi gli occhi con le mani ma, con la coda dell’occhio, Pegasus si accorse che teneva le dita aperte a ventaglio.

- Ahio - gemette il furbetto, non appena Pegasus gli assestò un buffetto sulla nuca. - Si può sapere che ti prende ?
- Lo sai benissimo, furbone… E ringrazia il cielo che sei solo un moccioso!
- Ma… Ma io, veramente…
- Niente scuse, e vergognati piuttosto, non si spiano le ragazze!
- Senti chi parla…
- Cosa ?!?

Offeso dall’illazione, Pegasus agitò minacciosamente il pugno contro Kiki tuttavia questi se la diede subito a gambe levate.

- Ma tu guarda, che razza di bricconcello!
- Guarda che eri così anche tu, alla sua età - sottolineò Tisifone, posando a terra gli indumenti e coprendosi il seno con l’asciugamano. - Ricordo che Castalia mi ha raccontato che ti costrinse a fare mille flessioni sui pollici, quando tentasti di spiarla di nascosto…
- Ah, beh ecco… Si… Si era trattato di un malinteso, te lo assicuro!
- Ma certo, ci mancherebbe - tagliò corto lei, con indifferenza.

Tossendo nervosamente, Pegasus si concentrò invece sul profondo squarcio sulla sua schiena. Era una ferita molto brutta: la freccia aveva lacerato la carne  in profondità e, nell’estrarla di colpo, Tisifone aveva di sicuro peggiorato le cose; anzitutto era necessario disinfettare bene, onde evitare il rischio di un’infezione, ma il medicamento non era certo meno doloroso della ferita in sé.

- Mgh - gemette Tisifone a denti stretti.
- E’ doloroso, lo so, ma è necessario - spiegò Pegasus, cercando di essere più delicato possibile.

Nel sentire le mani di lui che accarezzavano la sua pelle nuda, Tisifone provò una strana sensazione. Era simile alla sensazione provata tempo addietro con Cassios ( quando quest’ultimo si occupò di medicarla ed assisterla, con tutto l’affetto e l’amore che aveva sempre provato per lei ), la stessa pace e sicurezza che le infondeva nell’animo, ma allo stesso tempo diversa; il pensiero dell’uomo che amava, lo stesso uomo per il quale era stata pronta a sacrificarsi due volte e che adesso stava curando le sue ferite, le faceva battere forte il cuore come mai prima d’ora. Perché per una donna era tanto difficile mostrarsi calma e distaccata di fronte ai propri sentimenti ? Non c’era lussuria nel tocco di Pegasus, non c’era bramosìa alcuna nelle sue mani, eppure ciò la turbava ugualmente. Per quanto sembrasse assurdo perfino a lei, dopo tante volte che aveva chiesto a Pegasus di considerarla un uomo, adesso desiderava invece che il cavaliere la considerasse come una qualsiasi donna.

- Ho quasi finito - esclamò ad un tratto Pegasus, prendendo delle garze e un lungo rotolo di bende. - Adesso però devi darmi una mano, devi passartela davanti ma allo stesso tempo la fasciatura dev’essere sufficientemente stretta!

Tisifone annuì leggermente e, mentre le mani di Pegasus le passavano sistematicamente il rotolo di garza da avvolgere attorno al seno, in quel momento si rese conto di non essere del tutto onesta con sé stessa. La verità era che le attenzioni di Pegasus le erano gradite più che quelle di chiunque altro tuttavia, per rispetto della sua dignità di sacerdotessa-guerriera, si rifiutava di ammetterlo apertamente.

- Come ti senti, adesso? - Le domandò il cavaliere, non appena ebbe finito di assicurare la fascia dietro la schiena.
- M… Meglio, grazie - rispose lei semplicemente.

Pegasus sorrise. Come ebbe voltato le spalle per permetterle di rivestirsi, Tisifone si rese conto della sua profonda correttezza. Un altro al suo posto avrebbe forse approfittato della situazione ma non lui… Pegasus era troppo leale per venire meno alla parola data e, a parte questo, era ovvio che i suoi sentimenti verso Tisifone andassero oltre il semplice rispetto. Gli ultimi avvenimenti avevano chiarito molte cose, soprattutto su che tipo di rapporto esisteva tra loro, ma in particolare avevano messo fine una volta per tutte alle loro passate incomprensioni.

- Io non mi considero affatto superiore a te, Tisifone!
- Come?
- E’ la verità, credimi - insistette lui, guardandola seriamente negli occhi. - Oggi abbiamo combattuto insieme per la stessa causa, abbiamo lottato insieme ed eravamo pronti a morire insieme… Puoi anche fraintendere le mie parole ma, sia come donna che come cavaliere, resta il fatto che la tua vita mi è assai cara!
- Pegasus…

L’espressione dura della sacerdotessa si addolcì, al punto che non fu più capace di nascondere la sua immensa gioia. Con quelle parole, Pegasus le aveva appena confermato ciò che più di ogni altra cosa desiderava al mondo. Il fatto che tenesse a lei a tal punto infatti, era più di quanto osasse sperare…

 

***

 

Con l’immagine di Tisifone ancora davanti agli occhi, Pegasus pose la propria mano sul piede che lo costringeva a terra.

- Non so chi tu sia, Alfadiplòs - esclamò deciso, richiamando a sé l’energia delle sue tredici stelle. - Né da dove vieni, né di che razza di poteri disponi; l’unica cosa che so è che hai attaccato i miei amici e offeso Atena… Anche se il prezzo da pagare fosse la vita stessa, io continuerò a combattere per loro, e questa è la mia promessa!

Incollerito dal suo atteggiamento Alfadiplòs spinse ancora di più il suo piede, tanto che le ossa del cranio di Pegasus cominciarono quasi a scricchiolare.

- Prima di promettere, cavaliere, faresti bene a renderti conto che le tue parole non hanno nulla a cui aggrapparsi… Chiunque osi affrontarmi è destinato a perdere, perché l’Adunata non conosce ostacoli, desisti dunque dalla follia e riconosci la tua sconfitta!
-
Catena di Andromeda!
- Hm ?!?

Nell’attimo in cui la catena attraversò rapidissima la Quinta Casa, Alfadiplòs sollevò la testa per bloccarne la corsa solo con lo sguardo. Andromeda rimase sorpreso, nel vedere la propria arma inspiegabilmente ferma a mezz’aria, ma non era l’unico ad essere giunto in aiuto di Pegasus…

- Polvere di Diamanti!
- Colpo Segreto del Drago Nascente!

Crystal e Sirio attaccarono entrambi nello stesso momento e, mentre i loro attacchi puntavano inesorabili sul bersaglio comune, una terza sagoma si stagliò sopra di loro per investire il cavaliere galattico con la sua potente aura fiammeggiante.

- Ali della Fenice!

Il ghiaccio, la cascata, e il fuoco… la forza di questi tre elementi combinati puntò dritta verso Alfadiplòs il quale, fermo e impassibile, attese che questi gli si abbattessero contro. Quando la nuvola di polvere successiva all’impatto si diradò, costui era ancora in piedi come se niente fosse.

- Non è possibile - esclamò Sirio.
- Ma come avrà fatto? - fece eco Crystal.
- Comincio ad essere stanco di queste continue interruzioni - disse Alfadiplòs, in tono piatto. - La mia pazienza è grande, ma fino a un certo punto, e fino ad ora è stata messa fin troppo alla prova…
- Basta così !!!

Nello stesso istante, i quattro cavalieri d’oro rimasti al Grande Tempio ( Mur, Aldebaran, Shaka e Milo ) comparvero insieme accanto al corpo privo di sensi del loro compagno Aiolia.

- Chiunque tu sia, straniero - esclamò Milo, lasciando trasparire la propria collera nella voce. - Preparati ad incorrere nell’ira di Atena!

Alle parole del Cavaliere di Scorpio, gli altri cavalieri d’oro si strinsero accanto a lui pronti allo scontro. Ma anche solo, contro tali e numerosi avversari, Alfadiplòs non lasciò intendere nulla in lui che esprimesse la benché minima preoccupazione. I quattro invocarono ognuno i favori derivanti dalla propria costellazione ma, giusto un attimo prima di colpire, tutti loro avvertirono la straordinaria potenza che aveva visto Aiolia. Il cavaliere galattico da solo sprigionava un’energia inimmaginabile, tale da mettere in ginocchio persino un esercito di cavalieri d’oro, e i suoi occhi si accesero di rabbia.

- Adesso sono stufo!

 

( continua )

 

ANGOLO DELL'AUTORE:
Solo un breve e affettuoso saluto a  Lady Aquaria, picciottina75, EDVIGE86, nueblackcrowfriend,  
Good Old Charlie Brown e a tutti quelli che continuano a leggere e ad apprezzare questa storia... A tutti voi, GRAZIE !!!

DADO

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


I quattro Gold Saint ( Mur, Aldebaran, Shaka e Milo ), stretti attorno ad Aiolia ferito, avvertirono con stupore la straordinaria potenza del loro avversario. Alfadiplòs emanava un cosmo di proporzioni mai viste, come se da solo possedesse la forza di un intero esercito di Cavalieri d'Oro, eppure non riuscivano a credere che ciò fosse possibile.
Anche i Cavalieri di Bronzo non riuscivano a spiegarsi in che modo costui fosse riuscito a sconfiggere da solo sia Pegasus che Aiolia ( e presumibilmente anche Tisifone ) tuttavia, non essendo loro abitudine indietreggiare davanti ad alcuno, tutti loro si misero in guardia pronti ad attaccarlo nuovamente.

- Non lasciamoci impressionare - esclamò Crystal. - Se uniamo le nostre forze, con l'aiuto dei Cavalieri d'Oro, potremo sconfiggerlo certamente!

Un sorriso malvagio comparve sulle labbra del misterioso Cavaliere Galattico.

- Il vostro coraggio è pari solo alla vostra stoltezza. - esclamò Alfadiplòs, sollevando l'indice della mano destra all'altezza del volto. - Se anche riusciste a disporre del potere congiunto di tutti e dodici i cavalieri delle Case dello Zodiaco, con questo mio solo dito, la vostra sorte non sarebbe diversa da quella di Aiolia di Leo!
- Che cosa ?!?

Nell'udire quelle parole oltraggiose, sia i Cavalieri d'Oro che i Cavalieri di Bronzo furono incapaci di reprimere il proprio sdegno.
Mai nessuno, per quanto forte e potente, poteva permettersi di ostentare una simile sicurezza davanti al fior fiore dei guerrieri devoti ad Atena. Un simile affronto non poteva restare impunito, ne andava del loro onore di cavalieri.

- La tua lingua è assai coraggiosa, straniero - commentò Milo di Scorpio, cercando di mantenersi il più calmo possibile. - Sconfiggere un Cavaliere d'Oro è impresa della quale pochi guerrieri possono fregiarsi... Ma pretendere di sfidare il cosmo congiunto di tutti insieme equivale ad una bestemmia!
- Chiunque offenda la sacralità del Grande Tempio merita la morte - fece Shaka impassibile, ponendosi di fianco al compagno, sottolineando la sua ferma intenzione di punire lo sconosciuto.
- Bada a te, cavaliere - intervenne dunque Phoenix, sollevando il pugno con rabbia. - Lascia andare subito il nostro compagno, se non vuoi incorrere nella nostra ira!

Alfadiplòs sorrise ancora più sfacciatamente ma, sollevando il proprio piede dal corpo immobile di Pegasus, si rivolse ai suoi nemici ostentando ancora più sicurezza.
Pegasus gemette appena, segno che era ancora vivo, tuttavia non aveva neppure la forza sufficiente ad aprire gli occhi. Alfadiplòs lo aveva ridotto addirittura peggio del povero Aiolia ( date le minori capacità delle bronzee vestigia ), e solo la sua grande forza di volontà lo aveva salvato da sicura morte.

- In Nome della Sacra Dea Atena - mormorò Alfadiplòs, con evidente sarcasmo. - Ogni volta che vi appellate a questa specie di formula, siete convinti che nulla possa fermare la vostra mano... Ebbene io Alfadiplòs, Cavaliere Galattico al servizio del Sommo Agoràs, vi mostrerò oggi una verità superiore: la verità che i vostri Dei, sciocchi e presuntuosi, vi hanno tenuto nascosta per secoli e secoli di storia!
- Hai parlato anche troppo, maledetto - ruggì Crystal, espandendo il suo cosmo per eseguire il suo colpo più potente.

In quello stesso momento però, Mur dell'Ariete avvertì con orrore la potenza di Alfadiplòs aumentare vertiginosamente. Paragonato al cosmo del Cavaliere Galattico, i loro poteri sembravano come goccioline d'acqua contro un oceano sconfinato. D'istinto il Cavaliere d'Oro lanciò un grido, nel tentativo di fermare il giovane Cavaliere del Cigno, ma era troppo tardi...

- Crystal - urlò. - Non farlo!
- Aurora del Nord !!!

 Come la furia dei ghiacci si scaricò in direzione del suo volto, Alfadiplòs rimase immobile ad aspettare che il colpo scivolasse senza danno lungo la sua armatura istoriàta. Gli altri cavalieri osservarono la scena increduli ma, prima che potessero fare o dire qualcosa, le rune dell'armatura di Alfadiplòs iniziarono a brillare minacciosamente. In quel momento tutti si resero tragicamente conto della vera potenza del loro avversario: l'energia che aveva colpito sia Aiolia che Pegasus si concentrò sulla punta del dito del Cavaliere Galattico, sotto forma di un globo di luce accecante; Alfadiplòs puntò dunque l'indice contro il mucchio dei suoi avversari e, mentre le pareti e le colonne della Quinta Casa crollavano miseramente, anche i Cavalieri d'Oro rimasero sbalorditi al cospetto di quell'aura micidiale.

- Rivoluzione Galattica!

L'urlo di Alfadiplòs, unito alla potenza inarrestabile del suo cosmo, generò un globo di luce bianca che investì in pieno tutti i suoi nemici. Gli occhi dei cavalieri erano sbarrati dall'incredulità e, mentre la Quinta Casa di Leo veniva completamente distrutta, tutti loro caddero al suolo sotto il peso di un'energia che neppure i Gold Saint uniti erano assolutamente in grado di contrastare.
Quando la luce si dissolse, Alfadiplòs era l'unico ad essere ancora in piedi.
La Quinta Casa non esisteva praticamente più, ad eccezione di una specie di cratere fumante; i cavalieri giacevano a terra sconfitti, a malapena in grado di respirare; e tutto era avvolto dal silenzio e dalla polvere della terribile deflagrazione.

- Il mio compito qui è concluso - esclamò Alfadiplòs, sollevando solenne lo sguardo sul mucchio degli sconfitti.
- Ma... Maledet... to!
- Hmh ?!?

Malgrado le ferite e l'ingente perdita di sangue, Pegasus fu il primo a riprendere sufficiente conoscenza. Alfadiplòs si chinò a guardarlo, il volto privo di emozione, tuttavia non sembrava intenzionato a sferrargli il colpo di grazia.
Pegasus raccolse tutto ciò che restava delle sue energie e, versando rosse gocce scarlatte al suolo, riuscì miracolosamente a rialzarsi in piedi. Nonostante il dolore e lo sfinimento del suo corpo, il suo animo si rifiutava ostinatamente di accettare la sconfitta. Troppi suoi compagni erano caduti vittime di quel dannato: Aiolia, Mur, Aldebaran, Shaka, Milo, Sirio, Crystal, Andromeda, Phoenix... e anche Tisifone!
Non poteva cedere, non poteva cedere assolutamente, per lui ma soprattutto per loro.

- Me la pagherai - sussurrò Pegasus a denti stretti, guardando Alfadiplòs con occhi colmi di sfida. - Giuro sul sangue dei miei compagni, e sul mio stesso onore di cavaliere, che ti sconfiggerò!
- La collera deve averti ottenebrato il cervello - commentò Alfadiplòs in tono piatto. - Ad ogni modo, ora che ti ho finalmente trovato, non c'è più ragione perché io perda altro tempo!

Così dicendo, Alfadiplòs si mosse repentinamente e, con un pugno ben assestato alla bocca dello stomaco, riuscì a tramortire Pegasus senza il minimo sforzo. Il giovane cavaliere ferito sbarrò gli occhi per un attimo, sputando violentemente un leggero fiotto di sangue, dopodiché si accasciò privo di sensi sul braccio del suo nemico.

- E' incredibile come sia riuscito a colpire la mia armatura - osservò Alfadiplòs, passandosi le dita sull'ammaccatura alla base del proprio elmo. - Mai nessuno prima d'ora c'era mai riuscito... Il Sommo Agoràs aveva visto giusto: questo giovane è sicuramente il Prescelto di Atena!

Anche gli altri cavalieri, seppur quasi in fin di vita, riuscirono ugualmente a rialzarsi in piedi. La straordinaria potenza di Alfadiplòs non era certo sufficiente a piegare il loro spirito guerriero; anche se non avevano la benché minima possibilità contro un simile avversario, non avevano alcuna intenzione di arrendersi esattamente al pari di Pegasus.

- Non hai ancora vinto, cavaliere - esclamò Phoenix, perfettamente consapevole tuttavia di quanto fossero inutili le sue parole.

Tutte le armature dei cavalieri, comprese le Sacre Vestigia d'Oro, erano state gravemente danneggiate nell'esplosione. Alfadiplòs era davvero ciò che affermava di essere: un guerriero in possesso di poteri a loro immensamente superiori... Forse superiori perfino ad Atena stessa.
Ma quale cavaliere poteva disporre di una simile forza?

- Neanche ad un passo dalla morte riuscite ad accettare la vostra sconfitta - replicò Alfadiplòs, mantenendo però il controllo di sé. - Comunque il momento è vicino: ben presto l'Adunata metterà fine al vostro orgoglio, e anche la vostra cosiddetta Dea sarà costretta a chinare la testa con rispetto, davanti a Colui che ha stabilito tutto ciò!
- Ma di che diamine stai parlando - intervenne dunque Sirio, tenendosi il braccio ferito. - Chi è Agoràs e che cos'è questa Adunata?
- Non ho alcun bisogno di rispondere alle tue domande - tagliò corto Alfadiplòs seccamente. - Il mio compito consisteva nel trovare il Cavaliere di Pegasus e condurlo al cospetto del Sommo Agoràs!
- Questo è quello che pensi tu - fece dunque Andromeda, parandoglisi davanti. - Catena di Andromeda!

Di nuovo la punta della catena sfrecciò dritta verso l'obiettivo, per poi fermarsi incredibilmente a mezz'aria e ricadere al suolo come un pezzo di ferro qualsiasi. 

Badate bene - esclamò Alfadiplòs gelido. - Se solo avessi voluto, avrei potuto sbarazzarmi tranquillamente di voi già con quel colpo; ma poiché non siete in grado di costituire un problema, non vi è motivo per cui io debba privarvi delle vostre miserabili esistenze... Sarà Agoràs in persona a decidere della vostra sorte!

Subito il Cavaliere Galattico tracciò un gesto nell'aria e, davanti allo sguardo incredulo dei cavalieri, alle sue spalle comparve una specie di oscura breccia dimensionale.

- Rammentate bene queste mie parole, Cavalieri di Atena - disse Alfadiplòs, caricando il corpo esanime di Pegasus sulla propria spalla. - Il tempo dell'orgoglio per voi è finito: l'Adunata rimetterà ordine ed equilibrio, laddove Dei e Cavalieri presuntuosi hanno abusato di ciò che a loro è stato concesso!

Ciò detto, Alfadiplòs attraversò la porta dimensionale, assieme a Pegasus svenuto. Sirio e gli altri provarono naturalmente a fermarlo ma, nello stesso istante in cui Pegasus fu inghiottito dall'oscurità, il varco si richiuse dietro di lui senza lasciare traccia.

 

( continua )

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


Quando Lady Isabel ebbe modo di vedere coi propri occhi ciò che restava della Quinta Casa di Leo, nonostante la sua calma e l'apparente freddezza, rimase sconvolta nell'apprendere dai cavalieri cos'era accaduto. Sia i Cavalieri di Bronzo che quelli d'Oro, seppure unendo le loro forze, non erano riusciti ad avere ragione di un unico avversario. Alfadiplòs li aveva praticamente messi in ginocchio, da solo e senza il benché minimo sforzo, con un potere talmente elevato da farli sentire impotenti e ridicoli al confronto.
Una tale sconfitta era assai dura da accettare, soprattutto per i Cavalieri d'Oro.
Mai prima d'ora si era vista una cosa del genere: il cosmo riunito dei Sacri Cavalieri di Atena, Dea della Giustizia, nulla aveva potuto contro il colpo micidiale del nemico; con un solo unico attacco, Alfadiplòs aveva fatto conoscere ai suoi avversari ben più che l'amaro sapore della sconfitta; tutta la fiducia che i cavalieri avevano nelle loro armature, e nei poteri derivanti dal loro cosmo, era scomparsa nel momento in cui Alfadiplòs li investì con solo una parte dei suoi poteri.
Perfino Phoenix tremava, al pensiero di come un solo avversario avesse avuto la meglio su tutti quanti loro.
Crystal aveva gli occhi sbarrati e il capo chino verso il suolo, incapace di sostenere lo sguardo di Lady Isabel.
Andromeda non sapeva assolutamente cosa dire.
E Sirio sentiva il proprio morale a pezzi, come e più della sua stessa armatura danneggiata.

- Ancora non riesco a crederci - mormorò il Cavaliere del Dragone, più che altro a sé stesso. - Abbiamo attaccato insieme, unendo il nostro cosmo con quello dei Cavalieri d'Oro, mentre al nostro avversario è bastato solo un gesto per batterci tutti contemporaneamente...
- E' assurdo - esclamò dunque Crystal. - Semplicemente assurdo!
- Per quanto dure e difficoltose le nostre battaglie, paura e timore non si sono mai fatte strada nella nostra mente - fece eco Phoenix, socchiudendo gli occhi. - Eppure oggi la Fenice ha tremato, di fronte al nemico contro cui le sue ali si sono infrante...

Nel frattempo Aiolia, malgrado le ferite e lo stato di debolezza nel quale versava, si era appena ripreso tra le braccia del Grande Mur dell'Ariete. Toro di Aldebaran, Shaka e Milo quasi non credevano che le loro corazze avessero subito dei danni così devastanti. Dall'elmo agli schinieri, le Sacre Vestigia d'Oro presentavano infatti crepe e spaccature che logica riteneva "impossibile" potessero presentare.
Aiolia poteva confermare quello che i suoi compagni temevano ma, egli stesso sconvolto da una simile consapevolezza, le sue labbra erano incapaci di proferire parola.
Oltretutto c'era anche un altro grave problema da risolvere.
La sorte di Pegasus, rapito dal guerriero misterioso e scomparso oltre chissà quale varco dimensionale, lasciava adito a nuovi interrogativi.
Chi era Agoràs?
Chi era realmente Alfadiplòs, e da dove veniva la sua incredibile forza?
Che cos'era l'Adunata, più volte menzionata dal suddetto cavaliere?
Ove aveva inteso portare lo sfortunato Pegasus e perché?
Queste e altre domande ronzavano ora nella testa dei guerrieri di Atena, senza tuttavia trovare alcuna risposta, e l'unica cosa certa era lo stato di impotenza nel quale tutti loro erano piombati dal momento in cui Alfadiplòs se ne era andato.

- Dobbiamo scoprire cosa è successo - dichiarò dunque Sirio. - Ovunque si trovi ora Pegasus, il nostro dovere è quello di raggiungerlo e salvarlo!
- Sono d'accordo - intervenne dunque Andromeda. - Non possiamo lasciarlo nelle mani del nemico, dobbiamo trovare il modo di aiutarlo...
- Sempre ammesso che ciò sia possibile - osservò Phoenix.
- Che cosa vuoi dire - scattò subito Crystal. - Intendi forse abbandonarlo ?!?

L'occhiata che Phoenix scoccò al compagno, dura e severa come non mai, esprimeva fin troppo chiaramente il suo pensiero. Prima che Crystal potesse accusarlo di qualcosa, l'altro rammentò a tutti la triste situazione che avevano sperimentato sulla propria pelle.

- Apri gli occhi, bamboccio - ruggì Phoenix, fulminando il Cavaliere del Cigno con lo sguardo. - Anche ammesso che riusciamo a trovare un modo per raggiungere Pegasus, pensi veramente che saremmo in grado di salvarlo, così come siamo? Pensi che abbiamo anche una sola possibilità di riuscire, quando perfino i nostri poteri riuniti non hanno avuto il benché minimo effetto? O magari hai già una vaga idea di CHI sono i nostri nuovi nemici e COME dovremmo combattere contro di loro?

Crystal tacque, stringendo le labbra con disappunto.
Prima che potesse replicare, Andromeda gli pose una mano sulla spalla, trovandosi chiaramente d'accordo col ragionamento di suo fratello. Phoenix non aveva alcuna intenzione di abbandonare Pegasus al suo destino, come nessuno di loro del resto; ma non poteva nemmeno illudersi che, anche combattendo insieme, potessero avere una qualche possibilità di spuntarla contro l'invincibile Alfadiplòs o altri guerrieri par suo...
Era una situazione difficile da accettare, ma innegabile allo stesso tempo.
Non avevano alcuna indicazione, nessun ragguaglio su come estendere ulteriormente i loro poteri, e di fatto non sapevano nulla di ciò che dovevano affrontare questa volta.

- E' grave - esclamò dunque il Grande Mur, aiutando Aiolia a rialzarsi. - Se neppure noi Cavalieri d'Oro siamo riusciti a sostenere la potenza di quel singolo attacco, dubito che la soluzione stia alle nostre umane conoscenze!

Gli altri Cavalieri d'Oro annuirono.

- Alfadiplòs ha detto di essere un Cavaliere Galattico - riferì Aiolia, tenendosi la mano premuta contro il petto dolorante. - Non ci è di molto aiuto, ignorando a quale cerchia divina appartengano costoro, e l'unica traccia che abbiamo è il nome di questo Agoràs!
- Non penso si tratti di una divinità del nostro mondo - rifletté Shaka.
- Non è una divinità, infatti - esclamò d'un tratto una rauca voce familiare. - Ciò che avete affrontato ha origini molto più antiche delle divinità... E il suo nome va oltre tutto ciò che l'uomo sia anche solo in grado di comprendere con la propria mente!

Sorpresi e confusi dal suono di quella voce, Lady Isabel e i Cavalieri si guardarono attorno di stucco.
Proprio dinanzi a loro, seduto tranquillo in cima all'unica colonna della Quinta Casa rimasta integra, l'anziano Dohko di Libra sembrava essersi materializzato magicamente dal nulla.

 

( continua )

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


- Maestro - esclamò Sirio, sbarrando gli occhi per lo stupore.

L'arzillo vecchietto ricambiò lo sguardo perplesso del suo allievo, e quello degli altri cavalieri presenti, con un'espressione calma ed imperscrutabile. Le sue parole erano oscure, tanto quanto Alfadiplòs e le ragioni per cui costui aveva rapito Pegasus, tuttavia nessuno osava mettere in discussione la parola del più saggio tra tutti loro. Dohko di Libra aveva sviluppato nel tempo il dono della "conoscenza" ( dote che, anche agli uomini più assennati, è limitata in funzione di un ciclo vitale troppo breve! ), ottenendo così di apprendere molto di più sull'universo e sui segreti persino precedenti la creazione del mondo conosciuto. Egli senza dubbio sapeva rispondere alle loro domande, o almeno a buona parte di esse, ma le sue parole sembravano sottolineare quanto la faccenda fosse effettivamente complessa.

- Che cosa significa? - domandò il Grande Mur dell'Ariete. - Esiste forse qualcosa di più antico delle forze che muovono l'universo?
- L'universo stesso - fu la risposta secca e sintetica dell'altro. - I poteri che contraddistinguono Dei e cavalieri sono indubbiamente frutto di un'energia straordinaria, un'energia tale da mutare il corso degli eventi onde poterli plasmare diversamente; ma come i fiumi sfociano nel mare, perfettamente integrati nella vastità della cosa in sé, ogni fiume ha la sua origine... E quella origine ha un nome, anche se molti ne ignorano l'esistenza e tantomeno il significato!
- Esiste dunque una forza superiore alle divinità? - esclamò incredulo Shaka di Virgo.
- Mi sembra impossibile - fece eco Milo di Scorpio.

In quella Lady Isabel si fece avanti e interrogò il Maestro, ponendo lei stessa la domanda cui tutti temevano di ascoltare la risposta.

- Il nome è forse quello di Agoràs?

Il Maestro sospirò, socchiudendo brevemente gli occhi prima di risponderle.

- Agoràs è solo uno dei nomi con cui è possibile chiamarlo - spiegò. - Il termine in questione deriva dal greco arcàico agorà, ossìa "raccogliere" o "riunire"; perché ogni cosa, viva o inanimata che sia, ha un'origine ben definita che la ricollega all'universo: ogni sasso, ogni granello di polvere, ogni atomo; così nel mondo che conosciamo, come nell'immensità dei pianeti che sfuggono alla nostra limitata concezione... E al vertice di ogni pensiero, di ogni idea e di ogni immaginazione possibile, Agoràs è la fonte da cui tutto ha origine!
- Intendete dire come una sorta di Dio Superiore, Maestro? - chiese Sirio.
- No, è esattamente il contrario - puntualizzò l'altro. - Anche il concetto stesso di divinità ha un'origine, in quanto esse create con uno scopo e una missione ben precisa, mentre Agoràs stabilisce il piano dell'esistenza materiale senza esigere alcuna venerazione... E' un concetto molto più esteso e complesso, rispetto a ciò che contraddistingue uomini e Dei, e temo sia necessaria una parentesi per approfondire questo discorso!

 

***

 

IL RACCONTO DEL MAESTRO DEI CINQUE PICCHI

Ciò che in natura coesiste con infinità di altre cose, nel mistero galattico cui nessun uomo possiede tutte le risposte, è la prova che ogni cosa assume grandezza e magnificenza come il tassello di un mosaico ancora più grande. L'universo non ha memoria di ciò che accade, in quanto la nostra non è neppure lontanamente equiparabile, e non è possibile calcolare il principio e la fine di una linea senza estremi.
Perché ciò esiste?
Perché ciò è stato creato?
Perché al giorno segue la notte?
Questo e altro l'uomo ha provato a domandarsi, nel constatare la limitata quantità di informazioni in suo possesso, e tante risposte sfuggono tuttora alla sua portata.
Non potendo oltrepassare i limiti della propria conoscenza, l'uomo vi ha attribuito sempre maggiore importanza ed è diventato sempre più arrogante e presuntuoso, elevando come risposta su ogni interrogativo perenne la propria ignoranza.
All'origine del mistero, troppo grande per essere svelato agli occhi dei mortali, gli Dei avevano il compito di salvaguardare e proteggere l'equilibrio di ciò che era loro affidato. Purtroppo però, venendo sempre più a contatto con il modello di comportamento umano, la consapevolezza dei loro poteri ha accresciuto principalmente i "difetti" piuttosto che i "pregi"...
Come l'uomo è solito applicare la legge del più forte, imponendo la sua volontà su chi è nettamente più debole, esseri superiori hanno inteso adottare lo stesso tipo di atteggiamento: hanno preteso rispetto, venerazione e obbedienza incondizionata; sovente hanno accresciuto la bellicosità e la violenza dell'essere umano, spingendolo a lottare per soddisfare i capricci della vanità e dell'egoismo; e come se non bastasse hanno finito per dimenticare le loro origini, inebriati a tal punto dai loro stessi poteri, facendo sì che i Cavalieri combattessero per loro anziché per la causa cui erano destinati all'origine.
Più potere acquisivano, più desideravano ottenerne.
Templi e idoli non erano mai sufficienti, per soddisfare la sete di grandezza.
Il potere corrompe chi lo possiede, secondo l'esempio umano, e di conseguenza l'equilibrio si è "spezzato" incontrovertibilmente.
Agoràs aveva dato un'origine, lasciando che divinità e cavalieri stabilissero l'ordine delle cose, ma gli Dei hanno dimenticato il loro compito dimostrandosi indegni.
Evidentemente, nel tempo, l'umano concetto di onnipotenza ha finito per corrompere tutte le Divinità-Custodi... Di conseguenza Agoràs avrà inteso creare nuovi e più potenti Cavalieri, per ristabilire l'ordine di un disegno che non doveva essere compromesso!

 

***

 

- Tutto ciò è incredibile - fu il commento di Sirio.
- Può darsi - osservò il Grande Mur. - Ma ha un senso: in questo modo infatti, si spiega il perché non siamo riusciti a sconfiggere Alfadiplòs; i nostri poteri derivano da singole costellazioni, mentre lui attinge forza direttamente dalle galassie... Probabilmente la stessa Via Lattea non è che una goccia d'acqua, paragonata alle mirìadi di galassie presenti in un unico cosmo superiore!
- Ma vi rendete conto di cosa significa questo ?!? - fece Andromeda, esprimendo sgomento ad alta voce il suo pensiero. - Anche unendo tutte le nostre forze, siamo senza difese contro un simile nemico!
- Questo perché l'Adunata dei Cavalieri di Agoràs segna effettivamente la caduta delle divinità che li hanno preceduti - proseguì dunque l'anziano Maestro. - E' duro ammettere la propria impotenza, soprattutto quando ci si convince di essere superiori a tutto e a tutti, ma la realtà è che nessun uomo o Dio può pretendere di assumere la guida di ciò che in natura esiste prima e dopo di lui... L'universo non aveva controllo, solo esistenza, e così doveva continuare ad essere!
- Ma Pegasus che cosa c'entra in tutto questo? - domandò dunque Crystal. - Perché rapirlo?
- In effetti è strano - mormorò Phoenix. - A quanto ho capito, Alfadiplòs mirava a Pegasus fin dall'inizio... Ma a pensarci bene, ciò non ha molto senso!

Silenzio.
Neppure il Maestro dei Cinque Picchi pareva in grado di rispondere a questa domanda.
Per quale motivo Pegasus doveva essere così importante, risultando anch'egli sconfitto dalla forza incommensurabile di Alfadiplòs?

 

( continua )

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


- Pegasus... Pegasus... Rispondi, Pegasus!

Malgrado la voce giungesse lontana alle sue orecchie, Pegasus cominciò a riprendere i sensi.
Le sue palpebre tremarono leggermente e, aprendo piano gli occhi, intravide una dolce sagoma familiare china su di lui. Il volto stanco e l'espressione sofferente, Tisifone lo stava osservando con preoccupazione mista a sollievo. A Pegasus ci vollero diversi istanti per mettere a fuoco le immagini, e altrettanti per rendersi conto di dove entrambi si trovavano, tuttavia grande era l'emozione di rivedere la sacerdotessa ancora viva.

- Ti... Tisifone - esclamò con un filo di voce. - Tisifone, sei... Ah!

Il dolore si propagò lancinante ad ogni parte del suo corpo, rammentandogli il doloroso scontro sostenuto con il Cavaliere Galattico Alfadiplòs, e Pegasus si ritrovò impossibilitato perfino a sedersi.

- Non ti sforzare - mormorò Tisifone. - Sono ore che sei privo di conoscenza e, anche se le tue ferite non sono molto gravi, non sei nelle condizioni di rialzarti subito!
- Dove... Dove ci troviamo adesso?
- Nella Torre di Axiologìseis - rispose lei con amarezza. - La "Fortezza dei Giudizi", una prigione galattica, oltre i confini dell'universo a noi conosciuto!

In quella Pegasus gettò uno sguardo più attento all'ambiente: la stanza in cui si trovavano era senza dubbio una cella, anche se apparentemente senza mura né sbarre, dove le pareti erano una fitta coltre di oscurità impenetrabile; non fosse stato per le fioche masse di luce stellare che brillavano sopra la sua testa, Pegasus non avrebbe saputo distinguere le pareti dal pavimento su cui giaceva, con l'impressione di trovarsi assieme a Tisifone nel bel mezzo dello spazio aperto.
Improvvisamente lo sguardo del giovane cadde sui segni e sui lividi presenti sul corpo della fanciulla, in particolare sulla fasciatura che costei presentava sul braccio destro.

- Che cosa ti è successo, Tisifone? - domandò. - Chi è stato a ferirti in quel modo?

Non osando neppure alzare lo sguardo, Tisifone si limitò a coprirsi l'arto fratturato con la mano sinistra.
Quel braccio rotto era il simbolo della sua sconfitta, ennesima umiliazione per il suo orgoglio di sacerdotessa, e non osava ammettere di essere stata incapace di proteggere il giovane che amava.

- Ti prego, perdonami - sussurrò lei.

Pegasus sbarrò gli occhi perplesso.

- "Perdonarti" ma... Non capisco, di che cosa dovrei perdonarti ?!?
- Della mia debolezza - rispose lei, piangendo lacrime di rabbia. - Non ce l'ho fatta a difendere il Grande Tempio e, oltre a soccombere miseramente, sono stata anche la causa della tua sconfitta... Se fossi morta subito, invece di lasciarmi sfuggire il tuo nome dalle labbra, Alfadiplòs non ti avrebbe trovato!
- Ma che stai dicendo, Tisifone?
- E' la verità - insistette lei, serrando a pugno l'unica mano sana all'altezza del volto. - E' colpa mia, Pegasus... Io ti ho tradito!
- Non dirlo neppure - sbottò il giovane adirato. - Con un solo gesto della sua mano, Alfadiplòs ha sconfitto me, i miei compagni e i Cavalieri d'Oro; si è rivelato un avversario al di sopra della portata di tutti noi insieme... Di quale "colpa" potresti esserti macchiata, nella sconfitta? Cosa posso rimproverare a colei che ha rischiato la propria vita pur di proteggere la mia, quando dovrei essere io a maledirmi mille volte per ogni goccia di sangue versata dalle tue ferite ?!?

Tisifone tornò a guardare Pegasus, gli occhi pieni di piccole gocce luminose, tanto era commossa di udire le sue parole.
Malgrado il dolore evidente, Pegasus sollevò ugualmente la mano e accarezzò Tisifone per una spalla.

- Temevo... che non ti avrei più rivista - mormorò lui con un sorriso. - Il mio... Il mio rammarico è di non aver combattuto al tuo fianco, proprio nel momento di maggiore bisogno: sono io a doverti chiedere scusa, Tisifone; è Pegasus a implorare il tuo perdono, per ognuno dei colpi che a lui erano destinati; e se Atena mi ha concesso il dono di ritrovarti, grande è la mia gioia nell'osservare la calda vita radiante nei tuoi occhi, anziché una maschera di gelida morte...

Purtroppo Pegasus non fece in tempo a finire di parlare che, ancora duramente provato dalla battaglia sostenuta precedentemente, il suo corpo vacillò e crollò svenuto tra le braccia della sacerdotessa.

- Pegasus - gridò Tisifone, stringendolo amorevolmente.

Anche se svenuto, Tisifone poteva ugualmente sentire il battito del suo cuore.
Incerto era il destino di entrambi, sconosciute le risposte alle loro domande, e nulla poteva dirsi certo in quella cella di oscurità siderale che probabilmente stava ora avvolgendo il loro ultimo abbraccio.
Qualunque cosa essi avrebbero dovuto ancora affrontare però, nella buona e nella cattiva sorte, l'avrebbero affrontata insieme.

 

( continua )

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Frattanto Atena e i cavalieri rimasti sulla Terra, ancora sconvolti per l'accaduto, pendevano tutti dalle labbra del Maestro dei Cinque Picchi. Il saggio vecchietto sembrava l'unico in grado di fornire loro spiegazioni sui Cavalieri Galattici, anche se il motivo del rapimento di Pegasus gli era comunque ignoto, e l'espressione sul suo volto non prometteva niente di buono.

- Qualunque cosa si celi dietro ai suoi piani, Agoràs non invierebbe mai uno dei suoi emissari nel nostro mondo senza una ragione più che precisa - osservò gravemente il Maestro. - Possiamo solo supporre che, dietro al suo rapimento, Pegasus abbia un ruolo ben definito da qui all'Adunata!
- Pegasus ha bisogno di noi - esclamò Sirio affranto. - Non possiamo lasciarlo al suo destino, lui non lo farebbe mai al nostro posto!
- Piuttosto si farebbe uccidere - fece eco Crystal.

Il Maestro sospirò fortemente.

- Dubito che la vita di Pegasus possa dirsi in pericolo, almeno per il momento - rifletté il vecchio con voce calma e controllata. - Alfadiplòs poteva tranquillamente distruggervi tutti, se solo avesse inteso concentrare la propria energia cosmica a tale scopo, ma non lo ha fatto... Dunque il disegno dev'essere per forza un altro!
- E' dura sentirsi così impotenti - mormorò Andromeda, ancora memore dell'energia tremenda cui egli stesso era stato testimone assieme ai compagni e ai Cavalieri d'Oro. - Tutti noi daremmo volentieri la vita, se ciò servisse a salvare quella di Pegasus, ma che speranze abbiamo contro nemici di tale incredibile potenza?
- Non mi è mai piaciuta l'idea di starmene con le mani in mano - sottolineò Phoenix con rabbia. - Accettare così la sconfitta, senza neppure avere modo di combattere... E' assurdo!

Tutti chinarono il capo in silenzio.
Gli stessi Cavalieri d'Oro, avendo sperimentato sulle proprie armature la forza incommensurabile di Alfadiplòs, non avevano la più pallida idea di quale cosmo potesse avere ragione di un simile nemico. La situazione era tanto disperata quanto incontrovertìbile: nessuno dei combattenti al servizio di Atena poteva anche solo "sperare" di sconfiggere il rapitore di Pegasus; non sapevano neppure dove fosse il loro compagno, o in che modo raggiungerlo, e ciò di per sé era mille volte peggio della cocente sconfitta subita.
Ciononostante, come in risposta alle parole di Phoenix, Dohko di Libra sollevò improvvisamente lo sguardo.

- Il varco per accedere oltre l'estremo dell'universo conosciuto, ovvero nella dimensione presidiata dai Cavalieri di Agoràs, può essere aperto anche dalla nostra parte: i Cavalieri d'Oro hanno potere sufficiente per questo, anche se tenerlo aperto impedirebbe loro di oltrepassarlo!
- Dite sul serio, Maestro ?!?

Sirio non riusciva a credere alle sue orecchie.
Il vecchio annuì, anche se con uno sguardo privo di emozione, ma ciò che disse dopo fece crollare ogni illusione dell'allievo.

- L'ostacolo che vi separa da Pegasus non è tanto la distanza, quanto la forza smisurata di nemici ben oltre la vostra portata - spiegò il Maestro con voce solenne. - Tuttavia esiste un modo per estendere i vostri poteri, onde permettervi perlomeno di avvicinarvi al livello dei vostri avversari... ma il prezzo da pagare è senza dubbio il più alto questa volta!

 

( continua )

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


I Cavalieri non riuscivano proprio a capire ciò che intendeva il Maestro.
In passato avevano già sostenuto battaglie durissime, accettando di buon grado di sacrificare le loro armature e le loro vite in nome di Atena, di conseguenza non riuscivano ad immaginare qualcosa di ancor più rischioso dell'ombra della morte che già li aveva sfiorati in più di un'occasione.
Quale prezzo avrebbero dovuto pagare questa volta?
Cos'altro poteva esser loro richiesto, oltre allo spirito di abnegazione e alla totale devozione?
Dohko di Libra tuttavia era serissimo.

- Anche se rinunciaste alle vostre vite, liberando il potere ultimo racchiuso nel cosmo di ciascuno, certo non avreste ragione sui vostri nuovi avversari - affermò gravemente il vecchio. - Un Cavaliere Galattico è superiore tanto alle divinità quanto ai cavalieri ad essa devoti: né armatura né settimo senso possono sopperire a tale indiscusso divario di forze; come anche il fiero ruggire del vento, sia pur nella furia di una tempesta e degli elementi in subbuglio, nulla può sulla saldezza incrollabile della montagna contro cui è destinato a placarsi; così finché dio e cavalieri resteranno separati, ognuno facendo appello sulla singola forza che li contraddistingue, il vostro nemico sarà sempre e comunque superiore sotto ogni aspetto...
- Ma allora cosa dobbiamo fare, Maestro? - domandò Sirio spazientito.

Il vecchio sbarrò gli occhi, passando rapidamente lo sguardo da uno all'altro dei giovani stretti attorno ad Atena, e dentro di sé maledisse il frutto della propria saggezza e conoscenza. Ovviamente lui sapeva l'unica possibile soluzione ma, essendo egli stesso Cavaliere di Atena e votato a difendere la propria dea sulla base di vincoli sacri ed infrangibili, tale rivelazione era pesante quanto il corpo del drago sulle gracili spalle di un uomo.
Tuttavia non poteva tacere.
Atena stessa gli imponeva di assolvere al suo compito, mostrando ai cavalieri la via da seguire, perciò era obbligato a rispondere seppure a malincuore.

- La soluzione risiede in un sacrificio che solo Atena può dirsi pronta a compiere - sentenziò il vecchio, guardando Lady Isabel con occhi tristi e pieni di amarezza. - Nel mettere a repentaglio le vostre vite e le vostre esistenze, la dea che vi sostiene deve condividere assieme a voi tale destino: concentrando tutta la sua essenza spirituale, essa ha il potere di scindersi in cinque gocce da affidare ad altrettanti combattenti; le "Lacrime di Atena" conferiscono assai più della forza di un qualunque microcosmo, affiancando i poteri di tutte le costellazioni esistenti a coloro che le possiedono; ma per elargire questo dono, diventando un tuttuno con voialtri, le vite di tutti dipenderanno inevitabilmente da uno solo; se anche uno solo di voi dovesse cadere in battaglia, Atena cesserebbe di esistere nello stesso istante assieme a tutti gli altri... ed avendo riversato sé stessa nelle Lacrime, non le sarà concesso reincarnarsi in alcun modo!
- Ma è assurdo - scattò subito Crystal.
- Questo non è un prezzo - fece eco Sirio, serrando il pugno all'altezza del volto. - E' pura follìa!

La soluzione di cui parlava il Maestro era semplicemente inaccettabile, persino i Cavalieri d'Oro stentavano a crederci.
Rimettere l'esistenza stessa di Atena, simbolo di ordine e giustizia, nella sorte di un misero cavaliere a lei devoto. Non che i Cavalieri temessero di perdere la propria vita sul campo di battaglia, erano consapevoli e più che disposti ad accettare tale rischio per sé stessi, ma la loro dea...
Perdere la vita di un singolo cavaliere in quel modo, oltre che a segnare la sorte di tutti gli altri, significava privare il mondo della sua unica luce e speranza.
Atena non poteva, non doveva esporsi ad un simile rischio, la sola idea era semplicemente inaccettabile.
Nessuno dei cavalieri a lei fedeli avrebbe mai permesso una cosa simile, anche a costo di diventare tutti carne da macello per garantire la sua sopravvivenza, ma la realtà andava ben oltre le regole e i vincoli che conoscevano.
Lady Isabel realizzò immediatamente qual'era il prezzo da pagare e ciò che esso poteva comportare per lei, rischiando di annientare non solo la sua vita ma anche di cancellare la sua intera esistenza dal mondo e dallo spazio, e tuttavia doveva decidere che cosa fare affinché i suoi Cavalieri avessero almeno una possibilità di affrontare gli invincibili combattenti di Agoràs.
Sotto lo sguardo sconcertato e l'espressione attonita dei presenti, Atena sollevò fieramente il capo e lasciò intendere fin troppo bene la decisione presa.

- Se devo essere io a decidere della mia sorte - esclamò lei solenne. - Come coloro che combattono nel mio nome, anch'io rimetterò tutta me stessa in questa battaglia... succeda quel che deve succedere!

 

( continua )

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


- No, Milady, non potete farlo - obiettarono subito i cavalieri.
- Siete troppo importante - sottolineò Sirio. - Le nostre vite sono sacrificabili, perché siamo tutti votati alla stessa causa, ma non possiamo permettere che voi...
- Ci deve pur essere un altro sistema - fece eco Crystal.
- Certo che c'è - intervenne dunque Mylock, piantando ottusamente uno dei suoi soliti capricci.

Il fido maggiordomo di Lady Isabel, avendo giurato eterna devozione a lei e al compianto Alman di Thule, non poteva neanche concepire che la sua signora intendesse esporsi ad un simile rischio. Subito infatti si frappose tra lei e i cavalieri e cominciò a snocciolare un patetico quanto imbarazzante monologo, mostrando altresì di non comprendere affatto la gravità della situazione.

- Lasciare che Milady rimetta la sua preziosa vita nello stesso destino che potrebbe occorrere a ciascuno di voi... Ciò equivale nondimeno che ad una bestemmia!

Sia i Cavalieri d'Oro che quelli di Bronzo, incapaci di replicare alla suscettibilità di quel fanatico, si limitarono a lasciare che costui si sfogasse in tutta la sua gestualità e collera a dir poco teatrale. Mylock era sempre stato parecchio ingenuo, sia pur in buona fede il più delle volte, e difficilmente era in grado di recedere dalle proprie convinzioni.

- Combattere per proteggere il mondo è compito vostro - proseguì ancora Mylock, con la testa pelata talmente rossa da farlo rassomigliare ad un grande polipo lesso. - Che razza di difensori siete, se permettete che la vostra Dea Atena rischi di morire sul campo di battaglia? Non permetterò una simile eresìa, dovessi spolverarvi la zucca a suon frustate, e se vi azzarderete ancora a proferire un'idea del genere...
- Basta così, Mylock - lo interruppe bruscamente Lady Isabel.
- Milady, ma io...

La fanciulla gli rivolse una fredda occhiata severa, allorché il maggiordomo non poté fare altro che stringersi nelle spalle.

- La prego, Lady Isabel - esclamò ancora Crystal. - Dia ascolto a Mylock!
- Cerchi di capire, non possiamo lasciarle correre un simile rischio - intervenne dunque Andromeda. - Che ne sarebbe del mondo, se l'idea stessa di giustizia scomparisse assieme a voi e alla vostra essenza spirituale?
- E a che cosa vi servirebbe combattere, senza le armi adeguate per farlo ?!? - ribatté la dea. - So perfettamente cosa questo comporta ma, proprio in quanto Dea della Giustizia, non posso tirarmi indietro per paura di ciò che potrebbe accadermi; qualunque cosa accada, dobbiamo sottrarre Pegasus dalle mani di Agoràs... e ci sarò anch'io al vostro fianco, questa volta!

Malgrado le suppliche e le proteste dei cavalieri, Lady Isabel si dimostrò irremovibile.
Solo l'anziano Maestro dei Cinque Picchi pareva comprendere il suo coraggio e spirito di sacrificio, per quanto lui stesso fosse sconvolto al pensiero delle possibili conseguenze, cosicché scelse di chiudersi in silenzio.
Anche i Cavalieri d'Oro, una volta resisi conto che non sussisteva altra soluzione, chinarono tutti il capo e mestamente si sforzarono di accettare la volontà della loro dea. Atena sapeva ciò che faceva, poiché in essa albergavano la bontà e l'altruismo, e nessuno poteva permettersi di andare contro la sua decisione.
Ciò che lei si accingeva a fare non riguardava Pegasus, non solo lui almeno, ma era necessario per impedire ad Agoràs di realizzare il suo piano. Con la caduta delle divinità, sia buone che malvage, il mondo avrebbe perso ogni ideale o speranza per il futuro: le istituzioni sarebbero crollate, il disordine e il caos avrebbero preso il sopravvento, e gli esseri umani avrebbero finito inevitabilmente per distruggersi uno contro l'altro...
E questo Atena non poteva assolutamente permetterlo.
Come Dea della Giustizia, era suo dovere fare in modo che non accadesse, anche a costo di sacrificare sé stessa nel tentativo.
In fondo i Cavalieri credevano in lei, perché avevano fede nella sua luce e nella sua guida.
Non poteva abbandonarli.

- Io sono Atena - disse solennemente. - E come voi siete pronti ad affidarmi le vostre vite, io rimetterò me stessa in voi e nelle vostre armature!

Così dicendo, Lady Isabel sollevò le braccia al cielo e chiuse gli occhi per concentrare al massimo la propria aura.
La luce dorata della divinità, sotto gli occhi stupiti dei presenti, sprigionò la stessa intensità radiante di cinque colori dell'arcobaleno.
Il volto della fanciulla era rigido, bello come sempre ma apparentemente privo di emozione, e tuttavia alcune gocce luccicanti presero a scaturire dal filo sottile delle sue palpebre.
Le Lacrime di Atena, fondendosi assieme ai colori della sua aura, presero dunque la forma di altrettante piccole sfere preziose.
Cinque minuscoli gioielli, ognuno recante in sé parte della divinità, si materializzarono all'improvviso.
I Cavalieri quasi non riuscivano a credere ai propri occhi.
Le gemme stavano fluttuando a mezz'aria e, come se irresistibilmente attratte dal cosmo degli eroi, ognuna andò al giovane cui era destinata.
Sirio Dragone ricevette quella verde.
Crystal del Cigno invece impugnò quella azzurra.
Andromeda si ritrovò destinato alla gialla.
Mentre a Phoenix toccò quella arancione.
Rimaneva solo la gemma rossa e, nel riversare in essa l'ultima parte del suo spirito, Lady Isabel vacillò e cadde priva di sensi tra le braccia robuste del Cavaliere del Dragone.

- Milady - esclamò il giovane preoccupato. - Milady, come vi sentite?
- Rispondete, per l'amor del cielo!
- Non può sentirvi - spiegò il Maestro. - Ora che le Lacrime sono apparse, l'essenza stessa di Atena risiede suddivisa nei cinque frammenti spirituali che vedete!

Ciò detto, le gemme brillarono ancor più vivide.
Anche l'ultima gemma, quella rossa, pareva ardere di una fiamma ancor più intensa del giovane cui era destinata.

- Maestro - fece dunque Sirio, alludendo alla gemma rimasta. - Anche Pegasus dunque è destinato a ricevere il potere ultimo di Atena?
- Per questo dovete fare in modo di raggiungerlo prima possibile - ammonì il vecchio. - Se Pegasus dovesse malauguratamente morire, prima o dopo avere ricevuto la gemma del potere, voialtri e Atena stessa non avreste scampo... Tutti quanti cessereste di esistere nello stesso istante, come gli anelli di una catena spezzata, e di voi non rimarrebbe altro che il nulla!

Sirio annuì gravemente.
Poiché Lady Isabel non era in grado di parlare né muoversi, essendo altresì scivolata nelle tenebre della più totale incoscienza, i Cavalieri non potevano fare altro che affidarla alle cure del povero Mylock. Il maggiordomo pianse sommessamente, ricevendo il corpo inerte della sua signora dalle braccia di Sirio, e il suo dolore era più che percepibile.
Le Lacrime di Atena andarono ad incastonarsi nelle armature, fondendosi assieme al metallo ed infiammando gli animi di nuove e spaventose energie. Mai prima d'ora Sirio e gli altri avrebbero immaginato di poter racchiudere in loro un potere pari a quello dell'intero universo. La forza di Atena, unita al coraggio e alla determinazione di ognuno, era come un immenso fuoco d'artificio che attendeva solo di esplodere con un grande spettacolo pirotecnico.
Con un gesto, Sirio allungò la mano verso l'ultima gemma rimasta.

- Succeda quel che succeda, Pegasus avrà la sua gemma - esclamò, stringendo nel pugno il rosso frammento di luce per custodirlo in vece del suo compagno. - Non ci faremo sconfiggere, mai e poi mai, e porteremo a termine con successo la nostra missione anche questa volta!
- Atena è con noi - fece eco Crystal.
- Ben detto - sorrise Phoenix.
- Dobbiamo vincere ad ogni costo - concluse Andromeda.

Poiché la decisione era ormai presa, ai Cavalieri d'Oro non rimaneva altro che fare la propria parte, nell'aprire il varco in grado di condurre gli eroi di Bronzo nella dimensione di Agoràs. I quattro si posero dunque dinanzi all'ingresso, osservando spavaldamente le oscure viscere dell'ignoto, dopodiché si scambiarono un'occhiata d'intesa e scomparirono oltre.
Dohko di Libra intonò dunque una muta benedizione, raccomandando le anime di Atena e dei suoi valorosi alla benevolenza del fato, mentre con lo sguardo fissò tristemente il corpo addormentato di Lady Isabel.

 

( continua )

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Tisifone si strinse al corpo sfinito di Pegasus, infondendo in lui l'energia residua del suo cosmo... e di tutto il suo amore.
Gli occhi dell'eroe prediletto di Atena erano chiusi ma, accostando l'orecchio contro il petto, la sacerdotessa percepiva che non era in pericolo di vita. Il passaggio dimensionale, specie dopo quella terribile sconfitta, lo aveva privato di ogni energia fisica e mentale. Anche lei era rimasta incosciente per ore, dopo aver conosciuto la forza del Cavaliere di Agoràs, e dunque il sonno di Pegasus era più che comprensibile.
D'istinto avrebbe voluto baciarlo ma, dal momento che era così privo di conoscenza, non lo trovava giusto. Già una volta si era detta "indegna" di essere amata da Pegasus, pur avendo messo più volte a repentaglio la propria vita per proteggere la sua, e ancora non aveva il coraggio di aprire gli occhi per rendersi conto della realtà.
Non era più il tempo di rivalità e rancore tra loro.
Pegasus stesso aveva dimenticato quella storia già molto tempo fa, rispettando il coraggio di Tisifone ed ammirando la grande forza e determinazione di lei. Anche se in quel momento era svenuto, incapace di parlarle, Tisifone era consapevole del suo affetto e dei suoi sentimenti.
Ma era davvero amore?
Poteva forse Tisifone affermare con certezza assoluta che ciò che provava per Pegasus fosse da lui ricambiato?
Solo Pegasus avrebbe potuto rispondere a questa domanda, e non certo con un bacio rubato nel sonno bensì con un bacio autentico e desiderato da entrambi. Tisifone non avrebbe mai osato prendere alcuna iniziativa, troppo innamorata per fargli un torto così grave, e preferiva continuare ad amarlo in silenzio piuttosto che "prendere" dal giovane addormentato qualcosa che non le spettava.

- Tisifone!

Convinta che si trattasse di un'allucinazione, Tisifone drizzò il capo di scatto. Pegasus era sveglio, gli occhi fissi stancamente su di lei e il sorriso benevolo dipinto sulle labbra. Incapace di sostenerne lo sguardo, la sacerdotessa chinò istintivamente il proprio volto. Tuttavia le braccia di Pegasus, il nido che il suo cuore di donna aveva sempre desiderato, la cingevano amorevolmente invece di respingerla.
Non era un'allucinazione.
Pegasus la stava abbracciando, con un calore e una tenerezza che non si sarebbe mai sognata possibile. Le tredici stelle della sua costellazione, mai così vive, parevano illuminare a giorno quell'angolo di oscurità siderale. Tisifone si abbandonò a quella piacevole sensazione, mormorando il nome di colui che amava, e desiderando ardentemente che lui la ricambiasse.

- Tisifone, amore mio - sussurrò Pegasus, carezzandole il volto.
- Oh, Pegasus - disse lei, quasi piangendo. - Se io fossi stata più forte, se fossi stata abbastanza forte, tu ora non ti troveresti certo in questa situazione...
- Non dirlo nemmeno, tu hai fatto tutto quanto era in tuo potere, lo sappiamo entrambi; vedrai che, insieme, troveremo un modo per tornare a casa!
- Pensi che sia possibile - disse ancora lei gravemente. - Pensi che, anche unendo le nostre forze, saremo mai in grado di sconfiggere Agoràs e i Cavalieri che presiedono la sua dimora? Non cercare di consolarmi, Pegasus, non sono così debole come tu sembri ritenere a volte!
- Non si tratta di debolezza - rispose l'altro. - Ora che ti ho ritrovata, non ho intenzione di attendere qui il compimento del fato: qualunque avversario si parerà davanti, qualunque sfida ci troveremo di fronte, noi combatteremo insieme; non sarà un nemico a prendersi le nostre vite, perché noi lotteremo per difenderle, e torneremo a casa sani e salvi... Te lo prometto, Tisifone!
- Non fare promesse che non sei in grado di mantenere, Cavaliere di Pegasus!

Sorpresi dal suono di quella voce, Pegasus e Tisifone drizzarono il capo di scatto.
Alfadiplòs, l'invincibile guerriero inviato da Agoràs sulla Terra, stava ora in piedi dinanzi alla soglia della prigione. Tisifone avvertì di nuovo una fitta dolorosissima al braccio, segno che non era assolutamente in grado di combattere in quelle condizioni, cosicché Pegasus si disse deciso ad affrontarlo ottusamente da solo.

- Non fare lo sciocco - sorrise Alfadiplòs, leggendo chiaramente le intenzioni del giovane nei suoi occhi pieni di rabbia. - Non hai la benché minima possibilità contro di me, ormai dovresti averlo capito!
- Pegasus, calmati - gemette Tisifone, più preoccupata per lui che per sé stessa. - Rifletti: anche attaccandolo insieme, non abbiamo speranze; il suo potere non deriva da un cosmo qualsiasi, ma da concentrazioni di energia stellare a dir poco inimmaginabile... Se decidesse di combattere sul serio, ci annienterebbe in un attimo come se niente fosse!
- Balle - ribatté Pegasus, serrando forte le dita nel pugno. - Anche l'avversario più forte deve avere un punto debole!
- No, Pegasus, non è come pensi...

Alfadiplòs ridacchiò divertito.

- Se ne sei davvero convinto, perché non provi di nuovo ad usare quel tuo... come si chiama... Fulmine?
- Maledetto - fece Pegasus tra i denti. - Ti farò scomparire per sempre quel sorriso dalla faccia, Cavaliere, preparati ad incorrere nella mia ira!
- Tremo tutto - rispose Alfadiplòs tranquillo, tenendo le braccia incrociate sul petto.

Nonostante le suppliche accorate di Tisifone, Pegasus chiamò a sé l'energia bruciante della sua costellazione. Le tredici stelle del bianco cavallo alato, disegnate nell'aria con gli ampi movimenti delle braccia, riversarono ancora una volta il fascio di luce necessario a dare forza al suo pugno. Per un attimo gli occhi del giovane si accesero, brillando vividi come se due fiamme stessero ardendo nelle pupille, e l'attimo seguente il suo braccio destro spinse avanti tutta la propria energia come un'onda in linea retta.

- Fulmine di Pegasus !!!
- Povero ragazzino, hai la testa più dura del marmo - commentò Alfadiplòs beffardamente, senza neppure muoversi per evitare quel colpo.

L'armatura del Cavaliere Galattico si ritrovò tempestata di colpi, tuttavia nessuno di questi riuscì anche solo ad intaccarla.
Pegasus continuò in modo cocciuto a cercare invano una breccia, un punto ove il suo pugno potesse arrecare anche solo il minimo danno, ma l'espressione del suo avversario era come quella di un adulto che si diverte a giocare con un bambino ribelle.

- Basta così, moccioso - esclamò Alfadiplòs, levando il dito davanti a sé con noncuranza. - Credo proprio tu abbia bisogno di un'altra lezione!

Ciò detto, dalla punta del suo indice scaturì fuori un cono di luce gialla che andò ad investire duramente Pegasus proprio in pieno petto.

- Ma... Ma cosa...
- Rilassati, bimbo!
- No, non è... possibile!

Con un dito.
Con un solo dito, Alfadiplòs aveva scagliato un colpo energetico così forte da estinguere completamente la fiamma negli occhi di Pegasus. L'eroe di Atena vacillò all'indietro, il petto sconquassato dalla violenza dell'impatto, e un sottile rivolo di sangue prese a scorrergli all'angolo sinistro della bocca.

- Pegasus, nooo!

Malgrado il suo urlo disperato, Tisifone non poté far altro che sorreggere il compagno per evitare che picchiasse duramente la testa al suolo. Il colpo non lo aveva tramortito, Alfadiplòs si era comunque trattenuto, motivo per cui il giovane sentiva ora un dolore indescrivibile estendersi ad ogni parte del suo corpo.

- Pegasus - gemette ancora Tisifone, preoccupata che il colpo avesse avuto in lui un effetto letale. - Stai bene?
- Glòak!

La risposta dell'altro fu un lieve rigurgito rossastro, gli occhi sbarrati e il corpo in preda a violenti spasmi.
Alfadiplòs abbassò l'indice, guardandolo con indifferenza, e ciò che disse esprimeva la sua più totale freddezza.

- Hai già dormito abbastanza - esclamò. - Spero che la lezione ti sia bastata, perché Agoràs vuole conferire con te... adesso!

Poiché l'altro non era in grado di rispondere, Alfadiplòs spostò lo sguardo in direzione di Tisifone.

- Aiutalo ad alzarsi - esclamò. - L'ordine di Agoràs è che entrambi siate condotti al suo cospetto!

 

( continua )

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Alfadiplòs guardò Pegasus con un misto di divertimento e aria di sufficienza tuttavia, nel passarsi meccanicamente il dito sull'incrinatura sotto la gorgiera dell'elmo, non poté fare a meno di incollerirsi per l'indiscutibile smacco inflittogli proprio da quello sciocco ragazzino insolente.
Non fosse stato per gli ordini ricevuti dal Sommo Agoràs, il possente Cavaliere Galattico avrebbe senza dubbio inteso risolvere la faccenda a modo suo.
Mai, prima di allora, vi era stato avversario in grado di penetrare la sua guardia né tantomeno di intaccare la sua invincibile armatura. Gli stessi Cavalieri d'Oro di Atena, pure unendo le loro forze, avevano constatato quanto deboli fossero se paragonati a lui. Ciononostante, Pegasus era riuscito a scalfìre la superficie istoriàta delle vestìgia sacre ad Agoràs, laddòve innumerevoli avversari prima di lui avevano fallito.

- Dannato moccioso - pensò Alfadiplòs, facendo strada affinché Tisifone potesse seguirlo nel trascinare il corpo del giovane semisvenuto.

Con l'ultimo colpo ricevuto, Pegasus pareva convinto di essere stato "schiacciato" dal peso dell'intero universo.
Né le forze di: Arles, Poseidon o di Apollo messi assieme potevano dirsi anche solo lontanamente paragonabili al dolore di un simile pugno. Alfadiplòs aveva investito Pegasus con una parte infinitesimale della sua immensa aura, trattenendo di proposito al minimo i propri poteri, e anche così la differenza tra i loro livelli di combattimento era semplicemente palese.
Alfadiplòs sembrava perfettamente in grado di distruggere l'universo intero, se solo avesse voluto, e tuttavia la sua devozione ad Agoràs gli impediva di agire autonomamente ma solo e soltanto per eseguire la volontà del suo signore.

- Pegasus - mormorò Tisifone, preoccupata dal sangue che il suo compagno perdeva ad ogni passo. - Ce la fai a camminare?
- Non... Non preoccuparti... Tisifone - rispose lui, gli occhi sbarrati, nel tentativo di contenere l'immane dolore che avrebbe steso chiunque altro al suo posto.

Alfadiplòs si fermò di scatto, voltandosi verso Pegasus, con apparente freddezza e distacco negli occhi fermi ed inespressivi.
Sulle prime, vedendolo sollevare la mano, Tisifone temette che costui volesse porre fine alle loro sofferenze. Invece, con suo grande stupore, il Cavaliere Galattico si limitò a concentrare parte della sua energia per risanare sia il suo braccio offeso che le ferite del giovane eroe di Atena. La sacerdotessa rimase sbalordita, nel constatare la propria completa guarigione, e anche Pegasus smise di incespicare.

- Confido che non farete più niente di stupido - osservò Alfadiplòs atono. - Agoràs intende parlarvi, e questo mi impone un occhio di riguardo per la vostra salute, ma non sarò più "tanto tenero" se insisterete a fare i cocciuti... Quel dolore era per voi un semplice monito, nient'altro!

Ciò detto, il gigante riprese a camminare come se niente fosse.
Non potendo far altro, tenendo occhi e orecchie bene aperte, Pegasus e Tisifone si accinsero dunque a seguirlo.
La Fortezza dei Giudizi, situata in una dimensione fuori dal tempo e dallo spazio umanamente conosciuto, non risiedeva ad alcuna distanza "reale" dalla dimora del Sommo Agoràs. Seguendo Alfadiplòs passo passo, i due cavalieri di Atena si ritrovarono dunque a percorrere un lungo corridoio fiancheggiato da altre celle siderali del tutto identiche a quella che avevano appena lasciato.
Quivi, volgendo lo sguardo in giro, entrambi percepirono la presenza di un cosmo familiare ma appena percettibile.
Gran parte delle celle erano vuote ma, gemendo sommessamente attraverso le sbarre, un uomo vi si trovava rinchiuso in catene, con la schiena addossata ad una fredda parete di marmo nero e il corpo segnato dalla fame e dagli stenti. D'istinto, sia Pegasus che Tisifone guardarono a quel poveretto con un moto comprensibile di pietà e commiserazione. Guardandolo più attentamente però, in particolare i rossi capelli fiammeggianti e gli inconfondibili occhi color del cielo, i due stentarono quasi a riconoscere, nell'aspetto miserabile del prigioniero, il sommo Dio Apollo... signore dei Guerrieri Scarlatti e fratello di Atena.
Costui, un tempo forse la più orgogliosa ed arrogante delle divinità, al pari di suo zio Poseidone, giaceva ora meschino ed affamato come il più debole e vulnerabile degli uomini mortali che tanto disprezzava.

- Andiamo, non indugiate - esclamò Alfadiplòs seccamente.
- Apollo - chiamò Pegasus, accostandosi con foga alle sbarre. - Dio Apollo, riesci a sentirmi ?

Nonostante l'aspetto pallido ed emaciàto, il volto così crudelmente segnato ed infossàto al punto da farlo sembrare l'ombra di ciò che era, Apollo parve destarsi al suono squillante e familiare di quella voce. I suoi occhi stanchi si incrociarono per un attimo con quelli di Pegasus, cercando di ricostruire i contorni del volto che pure gli appariva confuso, allorché le sue labbra secche e screpolate emisero un soffio appena udìbile.

- A... A... cqu... a...

Pegasus vide dunque un piccolo recipiente con dentro il prezioso liquido, subito dietro le sbarre e fuori dalla portata del prigionero, cosicché si chinò a roccoglierlo e fece per accostarlo alla bocca disidratata dell'altro. Apollo quasi sentì la fresca vicinanza dissetante di quelle poche limpide gocce, senonché Alfadiplòs rovesciò il recipiente dalle mani di Pegasus con un gesto carico di stizza.

- Ma che stai facendo ?!? - ruggì Pegasus, incapace di accettare una simile crudeltà, anche se nei confronti di un essere come Apollo.
- E' la giusta pena di costui, ora che la divinità gli è stata tolta - spiegò duro il Cavaliere Galattico. - Chi non ha rispetto per la natura di un qualsiasi essere vivente, schiacciando i più deboli senza pietà, merita di conoscere fino in fondo ciò che ha sempre irrìso o disprezzato!

Pegasus non riusciva neanche a concepire una cosa del genere.
Anche se, in passato, l'odio e il risentimento per le sue azioni lo avevano spinto a detestare Apollo con tutto sé stesso, riteneva comunque una simile sorte troppo crudele persino per lui.

- Non morirà, se ti interessa saperlo - puntualizzò Alfadiplòs. - Un giorno, quando il ricordo si sarà radicato profondamente in lui, la sua pena verrà commutata e tornerà ad essere un dio migliore di quanto non sia mai stato!

Fu allora che, ascoltando meglio il lugubre lamento che riecheggiava nella fortezza, Pegasus capì di cosa si trattava.
Il pianto dei superbi e degli arroganti, condannati a subire lo stesso destino di Apollo, era l'esito di un giudizio inappellàbile. Apollo non poteva né doveva morire, per espiare tutti i suoi peccati, e così anche tutti gli altri. Tutti i potenti e i padroni dell'universo, forti e spietati verso i più deboli, relegati al ruolo più umile che nulla ha a che vedere con le loro origini divine.
Pure malvolentieri, non potendo fare o dire nulla per porre fine a tutto ciò, Pegasus non poté far altro che seguire Alfadiplòs lungo il corridoio e lasciare Apollo in balìa del destino che egli stesso si era tracciato.  

 

( continua )

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Pegasus non riusciva a cancellare quella terribile immagine dalla mente.
Apollo era un suo nemico giurato, cinico e spietato oltre ogni dire, ma anche così il giovane Cavaliere di Atena non riusciva ad accettare che una simile tortura si addicesse ad un qualsiasi essere vivente. Dopo aver visto Apollo in quello stato, il corpo orrendamente e crudelmente segnato dalla fame e dalla sete, Pegasus si era scoperto anzi a provare pietà per colui che pure non aveva esitato nell'infliggere dolori e sofferenze indicibili a lui e ai suoi compagni.
Tisifone pareva comprendere il suo disagio, essendo rimasta anche lei sconvolta dalla rivelazione, ma non sapeva che cosa fare o dire.
Giunti dinanzi alla porta dimensionale, ordinando loro di seguirlo, Alfadiplòs stava già per oltrepassare il varco. In quella però, cedendo all'impulso più logico ed umano del suo carattere, Pegasus diede aria alla bocca e gli intimò di aspettare.

- Aspetta, Cavaliere - esclamò.

Tisifone sbarrò gli occhi, preoccupata di ciò che sarebbe potuto accadere, fortunatamente però Alfadiplòs non sembrava più intenzionato a procedere fisicamente contro l''irruenza giovanile dell'eroe di Atena. Incuriosito dal tono spavaldo di Pegasus, il Cavaliere Galattico si voltò a guardarlo con la sua solita espressione fredda ed imperscrutabile.

- Perché avete inteso infliggere ad Apollo una simile condanna?
- Mi stupisce la tua domanda, Cavaliere di Pegasus - osservò Alfadiplòs beffardamente. - Tu, più di chiunque altro, dovresti conoscere la natura perversa ed arrogante di costui...
- Certo, ma non capisco lo stesso - protestò vivamente l'altro. - Apollo può essere molte cose: un essere crudele e spietato, capace di disprezzare la vita umana come si disprezza una mosca, ma infliggergli una tortura del genere è cosa indegna per chiunque osi definirsi Cavaliere!

Silenzio.
Alfadiplòs sostenne lo sguardo acceso di Pegasus, opponendo ai suoi occhi fiammeggianti la calma e la sicurezza che lo contraddistinguevano.

- Dimmi, Pegasus - mormorò. - Da dove pensi che abbiano origine i poteri che alimentano il cosmo di voi Cavalieri... Ammesso che tu ne abbia coscienza?
- Che cosa intendi dire?
- L'universo esiste da molto prima che voi e le vostre divinità vi affacciaste alla vita, e pure continuerà ad esistere, malgrado il cinismo e l'ottusa megalomanìa dei vostri continui "giochi di potere"; il punto è che Agoràs, unico vero Signore di tutto, è stanco di vedere l'uso improprio che gli Dei stanno facendo dei poteri da lui concessi; è inammissibile che degli esseri divini non sappiano o non si rendano conto di ciò che la loro posizione comporta: Poseidon, Apollo... Ognuno ha smarrito la propria via, scatenando guerre assurde e abusando ampiamente di ciò che Agoràs ha dato loro, per questo la punizione deve essere proporzionata alla gravità del peccato stesso!
- E hai il coraggio di definire "proporzionato" che un uomo soffra a quel modo?
- CHI CAUSA DOLORE DEVE SENTIRLO IL DOLORE - ruggì Alfadiplòs. - Chi provoca dolore agli altri, caricandolo quasi come suo diritto, vive convinto che simili angosce non possano e non debbano neanche sfiorarlo; nessuno è intoccabile, quando si tratta di pagare il fìo delle proprie colpe, ed è questa la differenza tra lo scudo di una forza divina e l'applicazione della "vera" giustizia!

Pegasus si bloccò.
C'era del vero, in effetti, nelle parole di Alfadiplòs. Quel cavaliere gli assomigliava in un certo senso e, pur non potendo condividere una linea di giustizia così diversa da quella benevola della misericordiosa Atena, non poteva comunque negare le atrocità commesse da Apollo e la necessità che egli fosse punito per il suo disprezzo della debole condizione umana.

- Basta tergiversare, adesso - tagliò corto Alfadiplòs, indicando il varco d'accesso alle stanze del Sommo Agoràs. - Se ancora le mie parole non ti convincono, Agoràs risponderà alle tue domande!
- Perché? - fece Pegasus perplesso. - Perché Agoràs dovrebbe parlare proprio con me?
- E' inutile che sia io a risponderti, tanto non mi crederesti - commentò il Cavaliere Galattico con una smorfia. - Ti renderai conto da solo di CHI è Agoràs, non appena lo incontrerai... Coraggio, Cavaliere!

Pegasus inghiottì a fatica, esitando sulla soglia di luce del passaggio dimensionale, ma Tisifone gli sorrise rassicurante stringendogli la mano nella propria. Entrambi si guardarono un momento, scambiandosi un muto cenno d'intesa reciproca, dopodiché fecero un passo avanti e scomparvero oltre l'accesso alla dimora di Agoràs.

***

Il passaggio fu breve, più o meno quanto un battito di ciglia appena percettibile, e un attimo dopo Pegasus e Tisifone si trovavano nel bel mezzo di una lunga sala rettangolare riccamente decorata ovunque con motivi in oro e argento. Alfadiplòs li precedette, facendo loro cenno di seguirlo, ed insieme si diressero verso due grandi porte presiedute da altrettanti guardiani con indosso delle armature quasi del tutto identiche a quella del Cavaliere Galattico.

- Chiedo il permesso di entrare - esclamò Alfadiplòs, portandosi la mano al petto.

I due cavalieri si fecero dunque da parte, chinando il capo verso Pegasus e Tisifone.

- Agoràs vi attende - informò loro il più alto dei guardiani, un biondo cavaliere con indosso delle vestìgia istoriàte di un bianco splendente.
- Grazie, Gamàscos - fece Alfadiplòs, spingendo le pesanti porte con incredibile facilità. - Avanti, Pegasus, è il momento che voi v'incontriate!

Come Pegasus entrò dunque al cospetto di Agoràs, aspettandosi di trovare chissà quale Dio forte e possente, rimase alquanto stupito dall'immagine di colui che sedeva sul trono del comando. Che fosse quello o meno il suo vero aspetto, Agoràs appariva infatti come un vecchio barbògio dall'aria innocua. L'anziano individuo sorrise da sotto la lunga barba, scrutando gli ospiti coi suoi grandi occhi grigi e luminosi, alzandosi dal trono e facendo cenno ad Alfadiplòs di mettersi da parte e lasciare che i Cavalieri di Atena potessero avvicinarsi a lui senza alcuna rèmora.
Dentro di sé, Pegasus stava quasi per accettare quell'atmosfera di calma in cui era stato appena introdotto.
Tuttavia non poteva dimenticare ciò che aveva preceduto quell'incontro: l'attacco al Grande Tempio, il rapimento di Tisifone, il ferimento di Aiolia e di tutti i Cavalieri suoi compagni...
Ai suoi occhi, più che Alfadiplòs, l'unico vero responsabile di tutto questo era quel vecchio che pure sorrideva tranquillo come se niente fosse.
Non poteva passare sopra il dolore e la sofferenza dei suoi amici, della sua amata Tisifone, ma soprattutto non riusciva a togliersi dalla mente l'immagine raccapricciante di Apollo rinchiuso in quella cella e ridotto ad implorare almeno una goccia d'acqua per placare la sua sete.

- Non m'importa chi accidenti sei - mormorò Pegasus rabbiosamente, caricando il pugno all'indietro. - Sarai anche più forte di tutti noi Cavalieri messi assieme, non m'interessa, quello che voglio è solo fartela pagare per il male che hai fatto ai miei amici...
- Pegasus, che fai - strillò Tisifone allibìta. - Sei pazzo ?!?
- Fulmine di Pegasus !!!

Il lampo carico di energia stellare, la forte scia luminosa dei colpi sferrati alla velocità del suono, si abbatté dunque in direzione del vecchietto impassibile.
Probabilmente, dopo aver visto quanto inutile si era dimostrato il suo pugno contro Alfadiplòs, Pegasus stesso immaginava che Agoràs lo avrebbe fermato senza il benché minimo sforzo.
Invece, con sommo stupore suo e di Tisifone, Agoràs accusò in pieno la forza del Fulmine e si ritrovò scaraventato a terra come un fragile vecchio pensionato avvolto in una veste troppo più grande di lui.

- Come osi, piccolo disgraziato - tuonò Alfadiplòs, già pronto a trucidare Pegasus per quell'oltraggio.
- Fermati, Alfadiplòs, lascialo stare!

Pur con evidente difficoltà nel rialzarsi, Agoràs pareva tuttaltro che adirato.

- Ma, Sommo Agoràs, io...
- Va tutto bene, ripeto, non preoccuparti - sorrise il vecchio con noncuranza, malgrado il grosso livido dal contorno violàceo che spiccava ora evidente sul volto. - Il ragazzo ha carattere, come mi aspettavo del resto, e non posso certo biasimarlo per questo suo pugno più che legittimo... Dico bene, giovane Pegasus?

Sia Pegasus che Tisifone rimasero letteralmente a bocca aperta.
Che razza di Dio poteva mai essere costui, ammettendo poi che lo fosse?
Di sicuro, non assomigliava per niente a nessuna delle divinità che tutti loro conoscevano. Qualunque altro Dio, infatti, avrebbe inteso punire Pegasus per un affronto del genere. Invece Agoràs diceva di non poter... "biasimarlo" ?!?

- Suppongo di essermelo meritato - sorrise il vecchietto, sfregandosi il labbro, facendo mostra di una calma ed una tranquillità a dir poco sconcertante. - Se tuttavia potessi alleggerire i tuoi pugni, nel caso te ne scappasse un altro, lo apprezzerei davvero molto... Insomma, ho una certa età: quattrocentoventinovemila miliardi di anni non sono cosa da poco! 

 

( continua )

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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Proiettati nell'immensità dello spazio aperto, sulle tracce del compagno rapito, i quattro eletti dalle Sacre Vestigia di Bronzo si erano già messi in viaggio.
Le Lacrime di Atena avevano risvegliato in ciascuno di loro un potere enorme, neanche lontanamente paragonabile alla forza riunita dei singoli microcosmi, tanto che gli stessi Cavalieri d'Oro avrebbero fatto fatica a seguire la scia lucente che sprigionava ora dalle loro armature.

- E'... E' incredibile... Se quello è già il confine del nostro Sistema Solare, significa che stiamo addirittura superando la velocità della Luce!

Andromeda non riusciva a credere ai propri occhi.
Nell'attimo che si erano già lasciati alle spalle l'ormai familiare Via Lattea, il loro cosmo aveva preso a bruciare con l'intensità di quattro comete abbaglianti. Le armature non erano più le stesse, dal momento che l'essenza stessa di Atena si era fusa assieme al metallo, e ognuno dei quattro eroi percepiva chiaramente l'enorme differenza.
Se Andromeda era perplesso, gli altri non erano certo da meno.
Pur senza richiamare a sé l'energia derivante dalla propria costellazione, Sirio sentiva infatti che il suo corpo vibrava per via della nuova grande potenza cosmica in suo possesso. Anche Crystal, stringendo la brezza siderale nel proprio pugno, sentiva di poter dominare perfettamente non solo lo zero assoluto ma anche le temperature più rigide di pianeti nati dal ghiaccio dove le leggi della fisica andavano oltre l'umana concezione...
Improvvisamente però, oltrepassando la linea spazio-temporale della loro dimensione precedente ed entrando nelle zone più ignote dell'universo, si ritrovarono a fronteggiare una fitta pioggia di meteoriti e frammenti di stella infuocati.

- Attenti - urlò Andromeda, ergendo la sua catena come scudo protettivo per deviare la traiettoria di quelle solide masse incandescenti. - Catena di Andromeda !!!

Guizzando come un serpente vivo, la catena distrusse tutti quei proiettili di media grandezza, lasciando che si dissolvessero nel nulla. Ma il Cavaliere non ebbe tempo di gioire che, dall'ombra delle fiamme appena estinte, una meteora di dimensioni ciclopiche stava appunto per abbattersi inesorabilmente contro di loro.

- Ali della Fenice !!!

Lo stesso Phoenix non credeva di poter spingere il suo colpo migliore fino a tal punto.
L'energia del suo cosmo, elevatasi come mai prima, sembrava aver innescato un processo termico pari forse a quello presente all'interno del nucleo solare. Il Cavaliere inarcò la schiena, inebriato dalla fiamma stellare di circa sei milioni e mezzo di gradi centigradi, e tale forza prese a scorrere come un flusso lungo le sue braccia scaricandosi sul bersaglio attraverso i suoi pugni.
Del gigantesco meteorite non era rimasto nulla, ad eccezione di una polvere finissima.

- Grandioso - esclamò Phoenix eccitato, nel mentre che il pulviscolo scivolò innocuo sulla sua armatura. - Questa è la fine che farà anche quel bellimbusto, non appena me lo ritroverò davanti...

I quattro sorrisero.
Niente e nessuno poteva fermarli, o almeno così credevano, e la loro forza attuale era semplicemente spaventosa. Se singolarmente erano capaci di simili prodezze, sprizzando pura energia da tutti i pori, chi mai avrebbe potuto arrestare la loro avanzata verso il dominio sconosciuto di Agoràs?

- Coraggio, acceleriamo - propose Crystal, lasciando tutti indietro per un istante.
- Ah, non montarti la testa, biondino - fece Phoenix con una smorfia, lanciandosi subito alle sue calcagna.
- Aspettate - protestò subito Andromeda. - E' pericoloso, dobbiamo restare uniti...
- Sì, buonanotte - sospirò Sirio. - Ti conviene chiudere la bocca e muoverti, o ti lasceranno davvero per ultimo!
- Ma io... Oh, accidenti a voi, non è giusto!

Ilarità a parte, tutti loro avevano ben presente la gravità della situazione e l'importanza del proprio compito.
Morire non costituiva una soluzione, questa volta: ognuno di loro doveva restare assolutamente vivo e vegeto, per permettere ad Atena di sopravvivere, e Pegasus doveva entrare a tutti i costi in possesso della quinta ed ultima gemma.
Una volta riuniti, tutti sotto il potere incommensurabile della Sacra Atena, sarebbero stati di nuovo in cinque a combattere... E a quel punto, ne erano sicuri, Alfadiplòs e i Cavalieri Galattici non avrebbero avuto scampo.
Già altre volte avevano combattuto, ciascuno mettendo a repentaglio la vita per permettere agli altri di andare avanti, ma stavolta gli era richiesto di mettere in atto tuttaltra strategia.
Nessuno di loro poteva permettersi di morire questa volta, se non appunto condannando gli altri e Atena stessa al medesimo destino, e tutti insieme dovevano assolutamente vincere uno scontro titanico con le origini misteriose di tutto l'universo.
Che cosa avrebbero trovato, una volta giunti a destinazione?
Sarebbero riusciti nel loro intento, anche questa volta?
Domande difficili, in effetti, e ancor più difficili le risposte.
Tutto ciò su cui potevano contare erano i loro nuovi poteri, lo spirito di squadra che sempre li accompagnava, e il desiderio di vincere misto alla volontà di non arrendersi mai di fronte a niente e a nessuno.

- Pegasus, resisti - mormorò Sirio. - Non temere, amico mio, stiamo arrivando!
- Tranquillizzati, Dragone - replicò Phoenix. - Tu e Pegasus avete la stessa testa dura, considerato come vi siete battuti la prima volta l'uno contro l'altro!
- Già - osservò Crystal. - Anche il tuo Maestro ritiene ci siano ottime probabilità di sopravvivenza per Pegasus e Tisifone!
- Proprio così - annuì Andromeda con un sorriso fiducioso.

Sirio si disse d'accordo.
Il ricordo di quello scontro ormai lontano con Pegasus, la sconfitta che ancora gli bruciava un po', ed ogni singola battaglia combattuta fianco a fianco...
Tutti loro sapevano che non era facile piegare il loro compagno, tanto che persino la morte aveva fatto marcia indietro più volte, dunque non avevano dubbi di trovarlo vivo e vegeto nonché pronto a battersi fino all'ultimo.

- E' ancora qui con noi - esclamò Sirio, tendendo il pugno in avanti, quasi che il cosmo del compagno fosse ancora vicino a loro. - Per te, Pegasus!
- Sì - fece eco Crystal, ponendo a sua volta il braccio sopra quello di Sirio. - Non sarà la sconfitta a prendersi le nostre vite, né il fato avverso, ma la galassia che saluterà il nostro trionfo!
- Per Atena - aggiunse Andromeda, unendosi agli altri. - Dea nostra, protettrice di tutti noi Cavalieri, simbolo di sapienza e di giustizia!
- I nostri corpi e un animo solo - puntualizzò Phoenix, siglando il patto col braccio possente e con la promessa di lealtà assoluta che lo legava a Pegasus e a tutti i suoi compagni. - Combatteremo insieme, nel nome di ciò che intendiamo proteggere, e vinceremo!
- Vinceremo!

La voce di tutti e quattro, già di per sé, era piena di convinzione.
Ma accanto a loro, nel fascio luminoso di desideri e speranze ivi riunite, una quinta presenza si accompagnava al grido unanime dei Cavalieri di Atena.
Un giovane eroe, dal cuore rampante e fiamme nello sguardo, votato nel corpo e nella mente a difendere la sua causa. Nel cosmo riunito dei prediletti di Atena, lo spirito di Pegasus Cavaliere accompagnava anch'esso il viaggio dei suoi fidi compagni.

- VINCEREMO !!!

 

( continua )

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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


Possibile - mormorò Pegasus ancora incredulo. - Questo vecchio dall'aria così innocua, che il mio Fulmine è riuscito a colpire, è veramente colui che vige e regna a capo dell'intero universo?

Davanti a Pegasus, vi era un'immagine di assurdità e smarrimento totale.
Non riusciva assolutamente a concepire una cosa del genere.
Alfadiplòs, da solo, aveva sconfitto lui e i suoi compagni con una facilità irrisoria. Agoràs, invece, era crollato miseramente sotto l'impeto sonico del Fulmine di Pegasus. Come una foglia secca, spinta dal forte vento di autunno, così il Sommo Signore delle Galassie altri non era che un debole e gracile nonnetto in età da pensione...
Assurdo!
Semplicemente assurdo.
Pegasus non riusciva ad accettarlo, e come lui anche Tisifone stentava a credere alle proprie orecchie. L'evidenza dei fatti avvalorata dall'atteggiamento servile del possente guerriero Alfadiplòs, che pure si affrettò a sorreggere il debole vecchietto con grazia e rispetto, non permetteva tuttavia alcun margine di dubbio.
Agoràs era ciò che sosteneva di essere, niente di più niente di meno.
Una realtà che non mancava però di stupire i due giovani consacrati ad Atena, ancora perplessi dal tono garbato e colloquiale con cui il vecchio aveva "pregato" Pegasus di colpirlo solo un po' meno violentemente... come se ciò fosse davvero possibile, che Agoràs potesse davvero essere preso a pugni, e che in ogni caso Alfadiplòs non doveva intervenire in alcun modo.
Una cosa inconcepibile, del tutto priva di logica, eppur dimostrata dal grosso contorno violàceo sul volto del vecchio sorridente.

- Alfadiplòs, per cortesia - mormorò Agoràs, congedando il guerriero. - Lasciami conversare con questo giovanotto, il tempo necessario di spiegare la situazione a lui e alla sua compagna, altrimenti non ne verremo mai a capo!
- Come desideri, Sommo Agoràs - brontolò il gigantesco guerriero, obbedendo rassegnatamente.

Alfadiplòs si ritirò dalle stanze del Sommo, chinando il capo con deferenza, e si chiuse le porte dietro le spalle lasciando Pegasus e Tisifone soli col loro anziano ospite.

- Ahio - gemette Agoràs, tastandosi il livido con il pollice. - Dovrei avere ancora i cerotti, da qualche parte... Oh, beh, pazienza!

Sia Pegasus che Tisifone ammutolirono, mentre grosse gocce di stupore comparvero sui loro volti.

- Ma prego, accomodatevi - esortò loro il vecchio, indicando due comode poltroncine disposte a cerchio proprio davanti al trono. - Il viaggio attraverso le dimensioni non è affatto facile per gli esseri umani, me ne dimentico continuamente, ma un'ulteriore distorsione del tempo e dello spazio comporta sempre disagi alle creature che abitano questa parte del cosmo... Allora, com'è stato il viaggio, tranquillo spero?

Silenzio.
Entrambi si sedettero, nel mentre che Agoràs prese posto di fronte a loro, incapaci di nascondere gli sguardi tristi a causa degli eventi cui erano stati appunto testimoni e vittime. 

- Hmm... Dalle vostre espressioni, posso solo immaginare che Alfadiplòs non ha optato per il metodo "gentile" di persuasione; eppure lo avevo raccomandato, accidenti, è veramente un ragazzo difficile!
- Co... Come ?!?
- Ops, sì, scusate... Volevo dire che mi dispiace, naturalmente: Alfadiplòs ha un concetto totalitario dell'obbedire agli ordini, anche se ho provato più volte ad istruirlo sull'importanza dei compromessi e della buona creanza in ambito umano; mi auguro che abbia lasciato in piedi almeno qualcosa del Grande Tempio, contato quanta fatica si è resa necessaria per costruirlo... Ma se vi ha condotto qui, vuol dire che si è trattenuto, proprio come gli avevo espressamente chiesto di fare!

La calma e la tranquillità con cui il vecchio parlava, a tratti rivolgendosi ai propri interlocutori e a tratti mormorando sommessamente tra sé, era a dir poco sconcertante.
Parlava della forza incommensurabile di Alfadiplòs, come del comportamento di un bimbo solo un po' troppo vivace.
Se costui era stato capace di radere al suolo la Quinta Casa e stendere in un sol colpo ben cinque Cavalieri d'Oro, semplicemente "controllandosi", sia Pegasus che Tisifone non avevano il coraggio di immaginare cosa avrebbe potuto fare se privo di raccomandazioni circa il controllo della propria forza.
Agoràs sorrise.
Un sorriso sardonico, con l'aria saccente di un tipico vecchio saggio, ma completamente diverso dall'espressione imperscrutabilmente seriosa che era invece caratteristica del vecchio Maestro di Sirio.

- Posso offrirvi qualcosa - domandò. - Un té, un biscotto?
- Er... no, grazie!
- Scusate, non per essere maleducato ma le vostre armature avrebbero bisogno di un'aggiustatina... Punto di vista mio, eh, niente di che!

In effetti, nemmeno aveva finito di dirlo, le crepe e le venature sulle vestigia bronzee di Pegasus e su quelle argentee di Tisifone stavano allargandosi a vista d'occhio.

- Se permettete, posso sistemarvele io - si offrì Agoràs garbatamente. - Non sono bravo quanto Mur, che è semplicemente impeccabile nel suo lavoro, ma avendole costruite io...
- Che cosa?
- Perché ti stupisci, Pegasus - fece il vecchio, sbattendo più volte le sopracciglia. - Va bene che sono trascorsi migliaia dei vostri anni ma, diamine, me lo ricorderò: Zeus e gli altri non avevano ancora smesso di portare il pannolino, che già volevano aiutarmi col mio lavoro; ficcavano sempre il naso dappertutto, non stavano mai fermi, e così ho pensato di regalare loro quelle corazze colorate per farli star buoni...
- "Corazze colorate"... le nostre armature ?!?
- Beh, tieni conto che erano pur sempre dei giocattoli - spiegò Agoràs candidamente. - O almeno lo erano, finché quei birbanti dei vostri dèi non hanno pensato bene di ritoccarle a modo loro: pensavo che le avrebbero usate a fin di bene, che avrebbero insegnato altri ad usarle secondo una retta via... Eh, che vuoi che ti dica? Anche il sottoscritto può commettere sbagli, a volte persino più gravi di quanto lo si vorrebbe, e non posso certo tenere da solo sotto controllo tutto l'universo nello stesso momento!

Pegasus e Tisifone sbarrarono gli occhi.
Evidentemente era difficile capire e somatizzare la verità dietro alle Sacre Armature dello Zodiaco.
Le vestigia di bronzo, quelle d'argento e anche quelle d'oro, intese in origine come niente di più che dei semplici giocattoli...
Agoràs scosse la testa comprensivo.

- Ho detto forse qualcosa che non andava?
- N... No - balbettò appena Pegasus con un filo di voce. - E' solo che... Ecco, insomma, non pensavamo...
- Ma certo, è naturale - osservò il vecchio. - Dopotutto, venite da una concezione di "sacralità" eccessiva, riguardo l'immagine delle divinità; è normale che la storia delle armature vi sia stata insegnata diversamente!
- Posso... Posso farle una domanda?

Agoràs annuì, l'ombra di un sorriso beffardo all'angolo della bocca.

- Una soltanto, sei sicuro?
- Beh...
- Scherzo, puoi chiedermi quello che vuoi, figliolo - tagliò corto con un cenno discorsivo della mano. - Tu e la tua amica siete stati condotti qui con la forza, anche se non doveva essere così, dunque è vostro preciso diritto quello di chiedere e di sapere! 

Il pettorale dell'armatura di Pegasus si staccò con uno schianto e cadde a terra con un secco clangòre metallico.

- Forse però, prima, è meglio dare un'occhiata a queste vostre corazze malridotte - esclamò dunque Agoràs rimboccandosi le maniche. - Lo sai, Pegasus, ho una capretta che si chiama Mur, proprio così: fa un latte delizioso tutte le mattine, ci mette l'anima nel suo lavoro, proprio come il vostro amico Mur; però, ahimé, è pur sempre e solo una capretta, non posso mica pretendere di più da lei... Che ne capisce una capra di armature, non sei d'accordo?

Pegasus e Tisifone, sempre più perplessi, si scambiarono un'occhiata reciproca.

 

continua )

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


Pegasus e Tisifone deposero le proprie armature ai piedi del vecchio, osservandolo attentamente.
Agoràs prese pian piano a levigare la superficie incrinata e danneggiata delle corazze, strofinandovi sopra più e più volte i pollici delle mani, e queste tornarono lucide e pressoché nuove nel giro di qualche minuto. Senza infondervi dentro alcuna energia vitale, o almeno così sembrava dal momento che Pegasus non percepiva alcun flusso di potere dalle mani del vecchio, l'armatura del bianco Cavallo Alato e quella dell'Ofiuco erano ritornate magicamente a posto senza neppure una incrinatura.

- Dovreste avere più cura delle vostre cose, ragazzi miei - rimproverò bonariamente Agoràs, soffiando sopra il metallo lucente dell'armatura appena sistemata. - Distruggere è facile, senza dubbio, ma non tutto si può mettere a posto senza la solidità delle cose importanti...

Pegasus ammutolì, non sapendo appunto cosa replicare.
Agoràs sembrava essersi già dimenticato del pugno col quale il giovane lo aveva spedito gambe all'aria, lasciandogli oltretutto un gran bel livido gonfio, e pure si comportava come un perfetto ospite cercando di mettere i due giovani a proprio agio.
Ma il "perché" di tale comportamento, per quanto Pegasus continuasse a domandarselo, rimaneva comunque un mistero.
Non aveva senso!
Assolutamente nessun senso logico: era come prendere a sberle il tizio che apre la porta di casa... per poi farsi offrire una tazza di té dallo stesso, con sorrisi e battutine amichevoli.
Chi era Agoràs, veramente?
Un uomo?
Un dio?
Oppure un'entità così totalmente fuori degli schemi da non poter essere inquadrata mediante i parametri umani della solennità assoluta o della condizione sociale più umile...
Difficile a dirsi.
A vederlo, sembrava solo un povero vecchio malandato, pure se aveva appena riparato due armature delle stelle in modo impeccabile. La cosa che più stupiva di lui era il sorriso e l'espressione imperturbabile. Aveva un modo di parlare totalmente pieno di spensieratezza, come se si trovasse ai giardini pubblici, e non mostrava assolutamente di fare alcuna distinzione tra sé e il proprio interlocutore.
Tutto il contrario di Poseidon e Apollo, giusto per fare un esempio.
Non aveva battuto ciglio, quando Pegasus gli si era avventato contro, e la sua gentilezza era troppo limpida e naturale per nascondere anche solo lontanamente qualcosa di losco. Anche Tisifone percepiva la sincerità del vecchio, sorprendendosene tanto quanto Pegasus, e pure quando Agoràs ebbe finito di riparare le armature entrambi rimasero incerti sulle domande da porgli.
Il vecchio si appoggiò con la schiena al trono, sospirando di stanchezza, tuttavia sorrise rassicurante li esortò a parlare senza timore.

- Eh, sto diventando vecchio - mormorò. - Certo, se i giovani fossero un po' più responsabili... Ma sto dicendo banalità, come al solito, non ci fate caso!
- Che cosa significa tutto questo? - domandò Pegasus senza tanti giri di parole.
- Questo cosa?
- Voglio dire... Che cosa vuole da noi, come abbiamo fatto a ritrovarci qui e soprattutto... perché?
- Vedo che sei pratico, giovanotto, e sai come arrivare subito al punto - osservò Agoràs, aggrottando le sopracciglia in modo serio. - Potrei stare qui a rispondere tranquillamente ad ogni tua domanda, sui misteri e i segreti dell'universo, e sicuramente non verremmo a capo di nulla per... Bof, duecento anni, almeno! Ma, dal momento che sei partito con la domanda più spontanea ed immediata, credo che ce la sbrigheremo assai prima!

Ciò detto, Agoràs si alzò dal trono e si avviò piano verso il centro della sala.

- Allora, venite? - esclamò, facendo chiaro cenno agli altri due di seguirlo.

Mentre camminava, Pegasus lo vide incespicare. Tisifone fu subito pronta ad afferrarlo per il braccio, onde evitargli di cadere, allorché il vecchio la ringraziò affabilmente.

- Sei molto gentile, figliola - disse riconoscente. - Hai un animo sensibile, anche se la paura del giudizio altrui, in un certo senso, ti indebolisce... Ma la tua forza risiede sia nel tuo essere guerriera che nella tua gentilezza!

Tisifone arrossì imbarazzata.

- Non devi vergognarti, davvero - la tranquillizzò l'altro, scostandosi garbatamente da lei e tracciando un ampio cerchio nell'aria. - Avrò anche i miei annetti sul groppone ma una bella ragazza la riconosco anch'io... E che diamine!

Pegasus stava quasi per ribattere, chiaramente alterato, tuttavia si acquietò subito quando vide le pareti bianche della stanza scomparire attorno a lui e ritrovarsi magicamente in un luogo del tutto diverso.

- Cosa diavolo...

Il giovane si guardò attorno stupefatto, con Tisifone stretta al suo fianco, cercando invano di raccapezzarsi su come una bianca sala piena di luce si fosse ad un tratto trasformata in un vasto pianoro verdeggiante. L'aria era pregna del profumo di erba e di fiori, ovunque affiancato dal melodioso gorgogliare di acque fresche e scintillanti, mentre animali e creature di vario genere si aggiravano pacifiche per quell'immenso territorio senza fine.

- Che luogo è questo?
- Oh, potete chiamarlo tranquillamente come preferite - rispose Agoràs con noncuranza. - Paradiso, Eterna Ricompensa, Aldilà, Nirvana... Molti hanno inteso chiamarlo nei più svariati modi, specie quando ho inteso condurre qui dei visitatori, ma tutti vi hanno sempre visto solo e soltanto ciò che volevano vedere anziché ciò che rappresenta realmente!
- E che cosa rappresenta? - chiese Pegasus, sempre più confuso.
- Quello che non si può creare - ribatté l'altro sottovoce. - All'origine di tutto, "questo" è ciò che era e che è sempre rimasto: la Vita, in ogni sua forma e in ogni sua specie, miracolo che va oltre qualsiasi volontà e qualsiasi desiderio... Anche oltre me stesso, immagino!

Pegasus sbarrò gli occhi.
Le affermazioni di Agoràs suonavano come se tutto quello spettacolo meraviglioso fosse indipendente da lui, come se non gli riguardasse, eppure era impossibile che tutto ciò non avesse grazia divina a sostegno dell'intero sistema. Una coppia di giovani coniglietti bianchi, sbucando fuori dal nulla e zampettando allegramente sul prato, si fermarono ad annusare i piedi di Pegasus e Tisifone coi tondi e teneri musetti color cotone. Pegasus esitò incerto, temendo di farli scappare inavvertitamente, ma le due dolci creaturine si lasciarono accarezzare sia da lui che dalla sua bella compagna.

- Rilassati, giovane Pegasus - gli disse dunque Agoràs. - Il concetto di "morte" qui non esiste, come non esiste la possibilità di interrompere la vita in modo violento; nessuno riuscirebbe ad uccidere nessuno, anche volendo, perciò nessuno ha da temere nessuno, a prescindere dalla differenza di forza pressoché evidente!

Ora Pegasus cominciava a capire.
Per questo Alfadiplòs non lo aveva ucciso, malgrado la potenza incommensurabile dei suoi colpi, né il Fulmine di Pegasus era riuscito a nuocere in modo serio al corpo gracile e malandato del vecchio.
Ma a quale scopo?
Non sarebbe stato più semplice proteggere il proprio corpo con scudi e aura divina?

- Non si tratta di semplicità, Pegasus, bensì di egualità... Immagino tu conosca il significato di questa parola!

Sapeva dunque leggergli nel pensiero.

- Se io avessi fermato il tuo colpo - spiegò Agoràs con grande calma e pacatezza nella voce. - Tu avresti ancora il cuore carico di odio ingiustificato, Alfadiplòs il braccio stanco per la volontà di punirti, e io ora non avrei modo di farmi ascoltare da te e dalla tua graziosa compagna!
- Ma voi siete...
- No, non sono un dio, Pegasus - sottolineò. - Anche se li ho creati io, sbagliando è vero, ma con una concezione assai diversa da quello che credi tu!
- Io... Io non riesco a capire, insomma... Che cosa vuole da me?

Agoràs sospirò.

- Niente - rispose. - Solo che tu mi ascolti, nient'altro, dopo sarai tu a decidere se credere alle mie parole o meno!

 

continua )

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


Lo so, lo so, avete ragionissima di essere incazzati/e, de sputamme 'n faccia, quello che volete... Mi scuso!
Sono anni che tengo questa fanfiction in sospeso e, senza tenere conto dei miei impegni vari ed eventuali, posso dire comunque che non mi aspettavo di dovermi ritrovare alle prese con più di ottocentosedici storie MUTILATE delle immagini che, avendo pazientemente caricato una ad una, sto cercando di restaurare dal 2015 a questa parte... Niente da fare!
A quanto pare il sito non regge più i "copia e incolla" dell'editor - quale che sia il motivo, non lo so e non voglio discuterne! - Lo dico giusto per spiegarvi che, dietro a questi tre anni abbondanti di silenzio, tra imprecazioni e bestemmie varie, ho quantomeno "cercato" di ri-caricare le mie storie esattamente come erano, trascorrendo pomeriggi interi sull'Editor e... Nulla, vedo che i miei sforzi non servono ad una beneamata, perciò mi vedo costretto a rinunciare alle illustrazioni - quelle vecchie e nuove! - dunque proviamo ad aggiornare almeno il testo, ammesso che sia leggibile e che tale rimanga!
Mi dispiace per il ritardo con cui giungono questo capitolo e i successivi - perché sì, Agoràs verrà COMPLETATA - grazie a tutti/e per il sostegno ed il supporto fino a questo punto e, come sempre...

BUONA LETTURA !!!

***

- E' strano - esclamò uno dei Cavalieri Galattici, osservando distrattamente le sofisticate apparecchiature che monitoravano costantemente i movimenti e le oscillazioni di potere da ogni angolo del cosmo. - Il passaggio dimensionale di Alfadiplòs dalla Terra era l'unico segnale in grado di destabilizzare la linea di concentrazioni energetiche in quell'angolo della galassia... Eppure il rilevatore segnala che almeno altre quattro entità superiori hanno lasciato la Via Lattea e puntano dritte nella nostra direzione!
- Impossibile - fece un altro, accostandosi al monitor. - L'apparecchio dev'essere guasto: non esiste alcuna sorgente di tale potere in quella zona!
- Allora devono essersi guastati tutti gli strumenti della Sala di Controllo - ribatté il primo seccato. - Perché segnalano tutti insieme la stessa cosa!
- Storie!
- Mi stai forse dando del bugiardo, Gamàscos?
- No, Betàmos, ma se gli apparecchi non funzionano come dovrebbero è segno che qualcuno non li controlla come si deve... E non sarebbe la prima volta!

L'ultima frase, non senza un tono accusatorio ben marcato, suonò alle orecchie di Betàmos come un'offesa.
Subito il Cavaliere si accigliò, serrando le braccia conserte sul petto e lasciando che il compagno si accingesse a fare tutte le verifiche di controllo al suo posto. Gli strumenti però funzionavano tutti a dovere, l'anomalìa non era dovuta ad alcun guasto, e ciò significava solo che "effettivamente" quattro entità superiori stavano sfrecciando attraverso i confini dell'universo ad una velocità ben quattro volte superiore quella della luce.

- Se non lo vedessi con i miei occhi, non ci crederei - mormorò Gamàscos con una nota di stupore nella voce.
- Guarda i rapporti - lo schernì Betàmos. - Muoio dalla voglia di vedere come lo spiegherai ad Alfadiplòs!
- Perché non glielo spieghi tu, invece?
- Oh no, davvero, non ti priverei mai di questo piacere...
- Sai che piacere - osservò Betàmos preoccupato. - Ogni volta che c'è qualche rogna, mal che vada, Alfadiplòs tende sempre a scaricare la responsabilità su noialtri... Non mi va di farmi dare ancora dell'imbecille!

In quella, il gigantesco Alfadiplòs entrò nella stanza.
Gli altri due Cavalieri si zittirono di colpo, lasciando che lo stesso Alfadiplòs si accostasse ad osservare le anomalìe sullo schermo e sui rilevatori di controllo, tuttavia il braccio destro di Agoràs non sembrava affatto preoccupato.

- Da dove è partito il segnale? - domandò.
- Dalla Terra - si affrettò a rispondere Betàmos. - Per quanto sembri incredibile...
- Allora ho capito - tagliò corto Alfadiplòs impassibile. - Solamente i Gold Saint della Terra hanno capacità sufficienti per creare portali... Devono aver aperto un varco per consentire ai compagni di Pegasus di intraprendere il viaggio dimensionale!
- Ma starai scherzando - intervenne dunque Gamàscos. - Quattro misere nullità in possesso di un cosmo tale da fare impazzire i rilevatori ?!?
- Avranno usato qualche trucco per incrementare la loro forza di base - ipotizzò dunque Alfadiplòs. - Non è poi così strano: sono pur sempre dei Cavalieri e, come tali, vincolati a servire la propria divinità... Avrei dovuto prevedere una simile seccatura da parte loro!
- Come dobbiamo comportarci, allora? - si informò Betàmos. - Credi sia il caso di informare il Sommo Agoràs sul da farsi...
- No - rispose l'altro atono. - In questo momento Agoràs ha questioni molto più serie a cui pensare, non ha tempo per simili sciocchezze!
- Ma allora...
- Gamàscos - esclamò brusco Alfadiplòs. - Preparati ad andare loro incontro: puoi assicurargli che ai loro compagni non verrà torto un capello, se è questa la loro preoccupazione, ma assicurati che non procedano oltre!
- Sembrano piuttosto ostinati, però... E se non volessero darmi ascolto?

L'occhiata gelida e tagliente che Alfadiplòs scoccò al compagno fu più eloquente della risposta stessa.

- D'accordo, ho capito - sospirò Gamàscos rassegnato, indossando l'elmo e i paramenti che completavano la sua armatura runica istoriata. - Peccato, mi ero fatto in programma di spennare Betàmos a carte!
- Sognalo - mormorò Betàmos infastidito.

Senza replicare alcunché, Gamàscos chiamò a sé i poteri derivanti dalle innumerevoli costellazioni del suo cosmo e il suo corpo fisico assunse la forma di una specie di cometa lucente che sfrecciò via nello spazio pronta ad assolvere la sua missione. A differenza di Alfadiplòs, che come sempre non poteva fare a meno di ostentare la propria incrollabile sicurezza, Betàmos non riusciva a nascondere una certa perplessità in merito alla questione.

- Avremo fatto bene a mandarlo da solo?
- Ma certo - disse Alfadiplòs uscendo dalla stanza. - Un Cavaliere Galattico di Agoràs è sempre troppo per quei mocciosi, il punto è che Agoràs non deve essere disturbato prima di aver spiegato a Pegasus in cosa consiste il nostro progetto, dopo non avrà più importanza qualunque cosa il terrestre decida di fare... Dopo però, non prima!

***

Nel frattempo Agoràs, intento a mostrare a Pegasus e Tisifone le meraviglie del suo operato in materia di "ricreazione della vita", era troppo preso dalle sue spiegazioni per rendersi conto del tempo che passava. I due giovani lo ascoltavano, sbalorditi ed affascinati allo stesso tempo, quasi increduli al pensiero che, praticamente all'altro capo dell'universo, potesse davvero esistere una struttura sociale dove il forte non aveva alcun modo di prevaricare ingiustamente il più debole.

- Questo mondo è... è... Incredibile, sul serio, non avrei mai immaginato che...
- Che un leone possa chiudere la bocca su un coniglio senza masticarlo? - osservò Tisifone, alludendo a ciò che entrambi stavano appunto vedendo.
- Anche se lo volesse, non potrebbe farlo - spiegò Agoràs. - E' proprio questa la concezione che dovrebbe reggere l'intero universo, almeno per quanto mi riguarda, il problema è che il libero arbìtrio non coincide precisamente con tutto ciò!

Pegasus e Tisifone non poterono far altro che annuire.

- Beh, certo non lo si può negare: il libero arbìtrio è anche violenza gratuita, io pure ne so qualcosa, ma...
- "Ma" il punto Pegasus, scusami se insisto, è che soprattutto la vostra specie umana persiste nel giustificare l'ingiustificabile!

Così dicendo, Agoràs trasse fuori dalla veste una quantità enorme di giornali e riviste in tutte le lingue possibili ed immaginabili e, nel mentre che si faceva aiutare dai due ragazzi a sorreggerli, passò velocemente in rassegna i titoli e gli articoli di maggiore rilevanza.

- Stragi e vittime, in nome della speculazione edilizia e delle corruzioni sugli appalti, soldati chiamati a morire sui campi di battaglia mentre i loro governanti sorseggiano thé freddo seduti su morbide poltrone, professori e prepotenti che istigano dei ragazzini al suicidio... Ma vi sembra normale tutto ciò?
- E' quello che succede ogni giorno - mormorò ingenuamente Tisifone.
- Appunto questo - ribatté Agoràs. - Anni fa, perlomeno, chiunque conveniva che la crudeltà fosse una costante inevitabile, ma non per questo si affannava a negarla! Oggi, invece, soprattutto le generazioni più giovani, esprimono delle teorie che mi lasciano a dir poco esterrefatto: secondo la più moderna ed autorevole analisi di pensiero, volgere l'attenzione dell'umanità verso la giustizia e i buoni sentimenti altro non è che ipocrisìa dettata da un riprovevole e disgustoso "moralismo di comodo"... Il termine dispregiativo più usato, almeno quello che leggo qui, è la parola buonismo!

Pegasus e Tisifone tacquero.

- Certo, posso capire il diritto all'opinione, se riferito a ciò che è "opinàbile" - puntualizzò Agoràs, mettendo via i giornali. - Non voglio criticare il bambino che dice le parolacce, l'incivile che butta la carta per terra, o men che meno il tizio che lascia la macchina posteggiata in seconda fila e poi si allontana fregandosene degli altri... Questi sono tutti concetti opinàbili, beninteso secondo il metro "umano", ma quando un uomo spara un colpo in testa ad un bambino perché questo gli ha disegnato di gesso colorato il fianco dell'automobile... Eh no, dire che le opinioni valgono anche qui mi sembra un po' troppo!
- In che senso?
- Ma come si può incitare la gente a dividersi e a polemizzare su fatti inequivocabili verso un'unica direzione? - Agoràs si fece terribilmente serio. - Il senso del libero arbìtrio è totalmente stravolto, qui e non solo, la gente è seriamente convinta di poter esprimere opinioni divergenti su tutto... Tutto, capite? La settimana scorsa per esempio, mentre curiosavo sul vostro Facebook, ho letto il commento di un tizio che sostiene che John Lennon era un moralista del ca*** e che meritava ciò che gli è successo! Ma nel vostro mondo, seriamente, simili persone hanno davvero il diritto di opinione?

Silenzio.
Pegasus rivolse a Tisifone un'occhiata interrogativa. La ragazza si limitò ad allargare le braccia, allorché il giovane si ritrovò costretto ad improvvisare.

- Ecco no, normalmente no - provò a spiegare Pegasus. - Cioé, ci sono... Esistono i deficienti, questo sì, però...
- Già, a proposito, hai fatto bene a ricordarmelo perché giustappunto ho qui una lista di cose che ti riguardano!

Ciò detto, Agoràs inforcò un paio di spessi occhiali dalla curiosa montatura triangolare e tirò fuori di tasca un lunghissimo rotolo di pergamena scritto interamente a mano. Sul retro del foglio vi era riportata la dicitura: "MINCHIATE DI PEGASUS"... solo che il rotolo superava abbondantemente i dieci metri di lunghezza.

- Dunque, vediamo - tossicchiò Agoràs, schiarendosi la voce e leggendo. - A quattro anni, stando a tua sorella Patricia, bagnavi ancora il tuo materasso, a cinque ti divertivi a nascondere la parrucca della maestra, a sei anni invece...

Pegasus arrossì violentemente dalla vergogna, Tisifone scoppiò quasi a ridere, mentre Agoràs continuò a leggere imperturbabile.

- Al Grande Tempio poi, quando facevi finta di allenarti, in realtà ti piaceva sbirciare la tua maestra mentre si faceva il bagno e...
- Lo sapevo che era vero - sentenziò Tisifone con una smorfia. - Pervertito!
- BASTA - scattò Pegasus furioso. - Brutto vecchio impiccione, si può sapere dove vuole arrivare?

Agoràs smise di leggere, si tolse gli occhiali e, sorridendo affettuosamente, pose la mano sulla spalla di Pegasus.

- Mio caro ragazzo, come vedi, ti conosco fin troppo bene - esclamò calmissimo. - Ho seguito tutta la tua storia, nei pregi come nei difetti, so perfettamente come sei fatto: sei testardo ed impulsivo, avventato e sbruffone, trasandato e disordinato, hai preconcetti sulle ragazze anche se poi queste ti suonano come un tamburo; ma sei anche generoso ed altruista, hai buon cuore, ti preoccupi più degli altri che di te stesso e, anche se c'è in gioco la tua stessa vita, non ti tiri mai indietro... Come vedi non sei "perfetto", ma nemmeno peggiore di tanti altri, sei un bravo ragazzo e questo mi è sufficiente per chiederti se vuoi accettare o meno la mia richiesta!
- Ancora con questa storia - sbuffò il giovane spazientito. - Vuole dirmi di che si tratta, una volta per tutte?
- Ecco vedi, dovendo scendere nei dettagli, sarebbe un po' troppo lungo ma in sintesi come dire... Ti andrebbe di prendere il mio posto, per aiutarmi a riscrivere il Nuovo Ordine dell'Universo?

 

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***


Mentre oltrepassavano i limiti dell'universo conosciuto, come quattro meteore lucenti dai colori dell'arcobaleno, Sirio, Crystal, Phoenix e Andromeda non immaginavano neppure che Gamàscos fosse già in movimento per arrestare la loro corsa. I legami di amicizia, insieme alla lealtà verso Atena e alla preoccupazione per il destino ignoto di Pegasus e Tisifone, non avrebbe potuto motivare maggiormente la loro corsa attraverso lo spazio.
Durante il viaggio, sentivano la loro energia spirituale crescere anziché diminuire, senza dubbio grazie alla presenza delle Lacrime di Atena nelle armature, ed era una sensazione talmente elettrizzante come non l'avevano mai provata prima di allora. L'energia bruciante del microcosmo, unita all'essenza stessa di colei che infondeva anima e cuore alle bronzee vestigia, era giunta al culmine: un livello di perfezione assoluta, sconosciuta forsanche agli stessi Cavalieri d'Oro, dove i limiti della condizione umana parevano lontani anni luce.

- E' incredibile - commentò Phoenix, contemplando l'aura bruciante rossa sulla sua mano. - Percepisco una forza immensa lungo il mio braccio, nonostante i miei poteri siano ancora al minimo!
- Allora non mi ero sbagliato - fece Sirio di rimando. - Il Maestro ci aveva detto che le armature avrebbero amplificato il potere del microcosmo in modo spropositato... Ma non avrei mai immaginato fino a tal punto!
- Voi che dite - esclamò Andromeda preoccupato. - Saremo in grado di confrontarci alla pari con i Cavalieri di Agoràs?
- Questo non lo sappiamo - osservò Crystal. - Certo la nostra forza è aumentata spropositatamente, su questo non ci piove, ma abbiamo visto tutti ciò che Alfadiplòs ha fatto alla Quinta Casa di Leo... E con un unico colpo!

Tutti tacquero.
L'entusiasmo generale parve smorzato dalla consapevolezza del potere dei loro avversari, ciononostante non potevano assolutamente tirarsi indietro.
Le vite di Pegasus e Tisifone erano appese ad un destino incerto.
Non solo la vita di Lady Isabel ma l'esistenza stessa di Atena rischiava di scomparire assieme a loro.
Attraversare i confini dell'universo era l'unico modo che avevano per scongiurare la tragedia di una simile eventualità.
Tutti e quattro sapevano benissimo a cosa stavano andando incontro, così come erano consapevoli della straordinaria forza dei loro nuovi nemici, ma il risveglio della nuova energia pareva averli galvanizzati a sufficienza.
Quando l'aura di Gamàscos si fece vicina, così spaventosamente grande da far sembrare le loro quasi delle fiamme di candela al confronto, un brivido gelido attraversò loro la schiena.
Non si trattava di paura, naturalmente, erano più che pronti a combattere ma il ricordo del Cavaliere Galattico, della sua micidiale potenza e di come era riuscito a stendere i Cavalieri d'Oro con l'onda d'urto di un singolo colpo, era ancora vivo nelle loro menti...
E il cosmo del guerriero che stava arrivando era spaventosamente simile a quello di Alfadiplòs.
Gamàscos si parò dinanzi ai quattro cavalieri di bronzo, lo sguardo serio e impassibile, con le braccia conserte e gli occhi che li fissavano da sotto l'elmo lucido e istoriato di rune.

- Arrestate la vostra corsa insensata, Cavalieri di Atena - esclamò il guerriero dall'armatura color notte, con una voce atona dal vago suono metallico. - Se il vostro pensiero è quello di soccorrere i vostri due amici, posso assicurarvi che né al cavaliere di Pegasus né alla sacerdotessa dell'Ofiuco sarà fatto alcun male!
- Come possiamo credere alle tue parole? - sbottò Crystal, levando il pugno minaccioso davanti a sé. - E' stato uno di voi ad attaccare il Grande Tempio e a rapire i nostri amici...
- I vostri amici torneranno a casa prima di quanto immaginiate - replicò Gamàscos gelido. - Il Sommo Agoràs doveva conferire con loro di questioni importanti, purtroppo non vi era altro mezzo, il punto è che nessuno di voi può essere ammesso al cospetto del Creatore Assoluto di tutte le galassie!
- Come sarebbe a dire? - chiese Phoenix.
- Che lo vogliate o no, non vi è consentito procedere oltre, dovete tornare indietro!
- Questo mai - fece Sirio categorico. - La nostra dea Atena ha rimesso in noi la sua stessa vita, per consentirci di riportare a casa i nostri amici sani e salvi, non possiamo voltare le spalle adesso!

Gamàscos scosse la testa.

- E' rara tanta dedizione, specialmente nei terrestri, ma la volontà di Atena qui è del tutto insignificante!
- Come hai detto ?!?

Crystal fece per avventarsi sul cavaliere, senonché Andromeda lo trattenne per impedirgli di fare mosse avventate.

- Andiamo, calmati - sussurrò Andromeda, tenendolo fermo da dietro le spalle.
- Ha osato insultare la nostra dea!
- Vi sto solo offrendo una resa sensata, a fronte di una battaglia inutile che non potreste mai vincere - spiegò Gamàscos. - Comunque potete scegliere: o tornate indietro, ad aspettare pazientemente che i vostri amici facciano ritorno, oppure Pegasus e Tisifone dovranno aspettare per incontrarvi di nuovo nel Paradiso dei Cavalieri... La scelta è comunque vostra!
- La "scelta", dici - osservò Phoenix con disprezzo. - Beh, questa è la mia risposta... Ali della Fenice !!!
- Tzk!

Il cosmo di Phoenix esplose come una sfera di energia incandescente, quasi pari alla massa del Sole, tuttavia Gamàscos non ebbe neppure bisogno di bloccare il colpo. Il pugno della Fenice si scaricò a vuoto, come un ruscello in un fosso, e il Cavaliere Galattico rimase perfettamente immobile, come se niente fosse, con le braccia incrociate sul petto.
Phoenix impallidì.

- N... Non può essere - gemette.
- Era un pugno, quello? - domandò Gamàscos, con evidente sarcasmo, giungendo il pollice e l'indice della mano sulla fronte dell'altro. - D'accordo, allora, cercherò di non farti troppo male!

E con quello che doveva essere solo un leggero buffetto, il Cavaliere Galattico scaraventò Phoenix all'indietro con la stessa facilità con cui avrebbe potuto scacciar via una zanzara.
Phoenix si sentì come se la testa gli fosse quasi schizzata via dalla base del collo, tanto aveva accusato il colpo, tuttavia si sforzò di non vacillare e scoccò all'avversario uno sguardo carico di odio. Gli altri furono subito al suo fianco, pronti ad unire le forze, ma anche attaccando tutti quanti insieme non avevano comunque molte speranze.

- Ho un brutto presentimento - mormorò Sirio. - Questa potrebbe davvero essere la nostra ultima battaglia!

 

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 ***


Nel frattempo, soli nella grande stanza che era stata preparata appositamente per loro, Pegasus e Tisifone rimuginavano attentamente sulle parole che Agoràs aveva detto loro.
Nessuno tuttavia riusciva a proferire parola: Pegasus giaceva sdraiato sul letto, con le braccia incrociate dietro la nuca e gli occhi incollati verso il soffitto, mentre Tisifone sedeva ai piedi del letto con il coniglietto tutto contento accoccolato sulle sue ginocchia.

- Ancora non riesco a crederci - mormorò Pegasus. - L'ordine dell'intero universo nelle mani di un uomo... Mi sembra follia anche solo pensarlo!
- Credo che Agoràs parlasse seriamente - commentò Tisifone con gli occhi socchiusi, senza smettere di carezzare il coniglio lungo la schiena dal pelo morbido. - Un Cavaliere è chiamato a difendere la giustizia, per questo la sua armatura viene consacrata in nome di un ideale!
- D'accordo, va bene d'accordo, ma qui la faccenda va ben oltre il compito di un Cavaliere, non ti sembra?

Pegasus scattò improvvisamente a sedere, scuotendo il polso davanti a sé con veemenza.
Ciò che Agoràs gli stava chiedendo di scegliere se accettare o meno era il compito di ristabilire, proteggere e preservare l'ordine naturale della vita non solo sulla Terra ma anche nell'intero universo. Un compito arduo, già per le stesse divinità, e come poteva un essere umano prendersi a cuor leggero una simile responsabilità?

- Io non so nulla di mondi, universi, "proto-galatti-cosi"... o come accidenti si chiamano!
- Lo so benissimo - fece Tisifone con un sorriso tranquillo. - Castalia non ha mai fatto mistero della tua ignoranza come allievo!
- Ehm... Non intendevo questo
Pegasus divenne rosso in volto per l'imbarazzo.
- Capisco cosa intendi, ti stavo prendendo in giro - lo tranquillizzò lei, baciandolo sulla guancia. - Tu temi di non essere all'altezza del compito per via dell'enormità che esso comporta!
- E non ho ragione, forse?
- Da un punto di vista umano, sì - osservò Tisifone, scuotendo piano il coniglietto appisolato per farlo atterrare al suolo con un salto. - Ma per come ha detto Agoràs, neppure egli stesso può pretendere la perfezione assoluta di un disegno che si porta avanti autonomamente da sempre!
- Sono confuso Tisifone, davvero, non so cosa fare... E' da quando Agoràs ci ha mostrato quell'armatura che non riesco a capire più nulla!

***

Agoràs non parve assolutamente risentito dal silenzio stupito dei due giovani.
Era prevedibile che, messi di fronte ad una simile scelta, il loro cuore umano sarebbe subito andato in confusione con i loro stessi scrupoli di coscienza. Nessun Cavaliere avrebbe mai potuto reclamare un simile impegno di sua spontanea volontà e, se lo avesse fatto, il peccato di superbia lo avrebbe reso comunque indegno di tale compito. Tuttavia c'era ancora qualcosa che il Sommo Creatore dell'universo non aveva ancora mostrato agli occhi sbigottiti dei due terrestri.
Senza aggiungere altro, invitò Pegasus e Tisifone a seguirlo presso la Sala del Comando. Questa era una stanza antica, ricavata da quello che doveva essere uno squarcio dimensionale ( o più semplicemente una "finestra" multipla affacciata contemporaneamente sui mondi ), le cui mura e colonne sembravano attingere linfa vitale da ogni angolo possibile dell'universo. Al centro vi era una specie di scultura ma, come ebbero avuto modo di guardare più da vicino, questa era in realtà un'armatura vera e propria incastonata sul suo piedistallo da tempo immemorabile.

- Questa - spiegò Agoràs. - E' l'armatura principale, ovvero quella da cui hanno avuto origine le armature galattiche fino a quelle minori delle costellazioni, le Sacre Vestigia mai indossate da alcun Cavaliere!
- Non posso crederci - esalò Pegasus.
- L'Armatura delle Armature - fece eco Tisifone.
- A dire la verità, quest'armatura è nata indipendentemente dal mio volere - aggiunse Agoràs. - E' vero che io ho infuso la vita e l'energia delle stelle, nelle corazze da voi conosciute, ma questa è diversa: ogni singolo frammento che la compone, ogni atomo, ogni particella minuscola ed infinitesimale testimonia la volontà e il desiderio di giustizia dell'intero universo... Axia, "valore", il primo ed ultimo tra i tesori... Il Cavaliere che la indossa, oltre a rappresentare il proprio ideale, incarna dentro di sé gli ideali di ogni essere e di ogni specie vivente!
- Non capisco, perché ci sta dicendo questo? - domandò Tisifone perplessa.
- Se come dite quest'armatura non ha mai avuto un degno custode, non potrà mai essere indossata da nessuno - fece eco Pegasus.
- Guardate meglio - aggiunse Agoràs con un sorriso amabile dipinto sul volto. - L'armatura di Axia non ha mai attinto al soffio vitale di nessuno ma, da che siete giunti qui, ha cominciato a svegliarsi per la prima volta!

Di nuovo Pegasus e Tisifone osservarono le Sacre Vestigia con maggiore attenzione.
Era vero!
Lo spesso metallo istoriato che rivestiva l'elmo all'altezza della visiera brillava innegabilmente di un lieve riflesso bluastro, come se l'immenso potere dell'armatura stesse lentamente affiorando dalle profondità imperscrutabili del cosmo.

- Axia ha percepito la presenza di un cosmo adatto - esclamò Agoràs convinto. - Il potere del Cavaliere è ancora latente, perciò non si è ancora risvegliata del tutto, ma quando egli ne sarà del tutto consapevole l'armatura lo riconoscerà come primo e vero custode dell'intero universo!

***

- Non ti sembra assurdo?

Pegasus ancora non riusciva a convincersi. Malgrado le spiegazioni di Agoràs e la sincerità con cui Tisifone insisteva nel sottolineare le sue indubbie qualità, proprio non riusciva ad accettare il fatto che l'Armatura delle Armature fosse da sempre riservata a lui e a lui soltanto.

Era troppo!
Un onore troppo importante, troppo grande per chiunque, il potere di guidare e controllare la vita su ogni angolo remoto dell'universo.

- Qualunque essere umano impazzirebbe all'idea di reclamare per sé un simile potere - esclamò il giovane inorridendo all'idea. - Cosa mai avrei dunque di diverso da tutti gli altri ?!?
- Pegasus, non si tratta solo di purezza e rettitudine - ribatté dunque Tisifone. - Agoràs ce lo ha spiegato: un simile potere non può appartenere ad un cuore empio, ma nemmeno ad una mente fredda ed incapace di provare compassione!
- Certo ma...
- Tu sai cosa significa essere compassionevoli, a prescindere dai tuoi difetti che non sono pochi, è questo che Agoràs ha visto in te... E, a quanto pare, anche l'Armatura sembra percepirlo!

Pegasus sospirò.

- Non lo so - gemette. - Non ne sono sicuro, mi sembra così assurdo...

Tisifone si avvicinò a lui per baciarlo amorevolmente. Le loro labbra si schiusero, pronte ad accogliersi reciprocamente, ma tutt'a un tratto Pegasus si bloccò.

- Io sono un Cavaliere di Atena - disse. - Dal suo amore e dalla sua misericordia le azioni di noi Cavalieri vengono guidate, ella è la nostra guida e la nostra luce, e dovrei dunque io possedere una forza ed un potere a lei superiore? No è inutile, non potrei mai accettarlo, è più forte di me!

Anche Tisifone parve scuotersi, al suono di quelle parole.
Cosa stavano facendo?
Come potevano rinnegare la loro stessa fede, pure in nome di un'ideale apparentemente più grande?
Che Agoràs li stesse forse mettendo alla prova, insinuando il seme del dubbio nelle loro menti, e che tutto quello che avevano visto fosse solo frutto di una semplice illusione?

- Pegasus - fece Tisifone tremante. - Possibile che noi... stavamo davvero per rinnegare Atena?
- Mai - rispose l'altro a denti stretti. - No questo mai, morirei piuttosto, prima di macchiarmi di un simile peccato!

 

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