Oblitus

di Enchalott
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fulgur ***
Capitolo 2: *** Memoriae ***
Capitolo 3: *** Visio ***
Capitolo 4: *** Evocationis ***
Capitolo 5: *** Fabula ***
Capitolo 6: *** Vulnus ***
Capitolo 7: *** Invictus Amor ***
Capitolo 8: *** Vaticinium ***
Capitolo 9: *** Veritas ***
Capitolo 10: *** Vindicta ***
Capitolo 11: *** Exitium ***
Capitolo 12: *** Epilogus ***



Capitolo 1
*** Fulgur ***


Fulgur
 
“Chissà che cosa si è rotto questa volta!” esclamò Bulma, entrando con malagrazia nella gravity room e accendendo tutte le luci per procedere alla riparazione. “Siete semplicemente troppo forti per usarla! Fiato al vento con voi due testoni! L’ho lasciata attiva per Trunks e Goten, ve l’ho già ripetuto alla nausea!”
Vegeta e Goku, rientrati dal pianeta di lord Beerus dopo alcune settimane di allenamento, si erano nuovamente sfidati all’interno della stanza speciale della Capsule Corporation, con il risultato di mandarla in tilt.
Il principe dei Saiyan incrociò le braccia, irritato: “E’ colpa di Kakarott! Non è riuscito a frenarsi perché continua a espandere il ki, anziché trattenerlo!”
Goku assunse un’aria imbarazzata e colpevole, passandosi la mano tra i capelli indisciplinati: “Eh… eh, scusa, Bulma… sono troppo abituato alla vecchia maniera e Whis dice che, finché non esercito lo stato meditativo, non serve che mi alleni con lui…”
“Già e io non ho tempo da perdere” riprese Vegeta “Così gli ho permesso di provare qui con me, sperando vanamente che non creasse qualche danno!”
“Ma se possiamo dare una mano…” bofonchiò l’altro ridacchiando.
“Figuriamoci!” sbottò lei seccata.
Collegò il computer e iniziò a controllare le varie schermate diagnostiche, per individuare l’origine del malfunzionamento.
“E’ proprio arrabbiata…” borbottò Goku, dispiaciuto.
Chi! Che ti aspettavi?” ribatté il principe, parimenti imbronciato.
“Quando Chichi è adirata, io le porto sempre dei fiori per farmi perdonare… Magari funziona anche con Bulma, che dici? Però l’ultima volta, anziché placarsi, mia moglie mi ha tirato dietro i piatti, perché ho strappato le rose dall’aiuola di casa…”
“Kakarott…” sospirò Vegeta incredulo “Non puoi essere davvero così idiota!”
Nel frattempo, la scienziata stava verificando le componenti informatiche. Batté la mano sul tavolo: “Eureka!” esclamò con infastidita rassegnazione “Mi tocca tirare fuori la scatola dei chip di programmazione! Come se non avessi altro da fare…”
“E’ un guasto grave?” si informò Vegeta, scoccando al compagno un’occhiataccia.
Goku si irrigidì, impacciatissimo, grattandosi una guancia.
“No, è una semplice sostituzione, ma è noiosissimo arrivarci!”
La ragazza prese la scala, poi salì fino all’ultimo gradino, aprendo uno dei portelloni superiori, e iniziò a staccare i vari pezzi che precedevano quello da sostituire.
Vegeta corrugò la fronte. Non gli andava che sua moglie lavorasse così in alto, in equilibrio precario, senza le dovute sicurezze. Si levò in volo, raggiungendola.
“Che ne dici di agganciarti?” le disse con rimprovero.
“Subito, tesoro!” rispose lei strizzandogli l’occhio e “Lasciami solo svitare questo pannello. Intanto, tienimi questo aggeggio” aggiunse, passandogli un pesante componente meccanico.
Prima che lui potesse rinnovare la raccomandazione, Bulma aveva già insinuato il cacciavite nel varco aperto. Qualcosa fece contatto con il metallo dell’attrezzo, nonostante lei avesse scollegato il sistema: una violenta scossa elettrica si trasmise alle sue mani, sbalzandola brutalmente indietro. Urlò. Vegeta, con le braccia occupate, non fece in tempo ad afferrarla e con orrore la vide precipitare inesorabilmente dalla scala.
“Bulma!!”
Il volo da quattro metri sarebbe stato certamente letale, se Goku, con una prontezza di riflessi impagabile, non l’avesse abbrancata al volo, evitandole lo scontro con il suolo.
“Presa!” enfatizzò soddisfatto.
“Kakarott!” gridò il principe, atterrando in preda all’agitazione.
Il sollievo durò solo un istante, perché lei era innaturalmente immobile.
“Non respira!” esclamò Goku nel panico, sorreggendola con delicatezza “La scossa deve essere stata molto forte!”
Vegeta impallidì, ricevette la moglie tra le braccia e la adagiò a terra, iniziando a praticarle la respirazione artificiale, dirigendo nel contempo al suo cuore un sottile flusso di ki.
Secondi inesorabili ed agghiaccianti trascorsero senza esito, mentre il principe dei Saiyan ripeteva l’operazione una seconda e una terza volta, con crescente angoscia.
“Continua così!” fece Goku, saggiando il polso della ragazza e percependo un flebile battito “Con me ha funzionato, quando Hit mi ha messo al tappeto!”
Bulma si mosse, tossendo in cerca d’ossigeno e il principe si scostò leggermente per darle aria, ancora terribilmente preoccupato.
Lei riaprì faticosamente gli occhi per un attimo, senza dar segno di capire dove si trovasse, per poi ripiombare nell’incoscienza.
“Portiamola fuori di qui!” disse Vegeta sollevandola con cautela.
La stese con urgenza sul divano, attendendo che rinvenisse, stringendole la mano tra le sue. Respirava, ma non si riprendeva. Mantenere la lucidità in quel frangente era uno sforzo sovrumano e la tensione gli si stava riversando addosso in rivoli di freddo sudore.
Avvertendo la concitazione, arrivò di corsa anche Trunks e si raggelò nel vedere la madre priva di sensi e abbandonata tra i cuscini. Si spaventò ancora di più scorgendo l’espressione sul viso del padre, che raramente perdeva la sua imperturbabilità. Avrebbe voluto parlare, ma la voce non gli uscì.
“Che cos’ha sulle mani?” domandò Goten, osservando le falangi annerite della donna.
“Kakarott…” ringhiò Vegeta.
“Vado e torno” rispose lui, portandosi le dita alla fronte e sparendo all’istante.
“Papà…” chiamò Trunks, sempre più agitato.
La ruga tra le sopracciglia del principe valeva più di mille risposte.
In quel momento, Bulma riaprì gli occhi, sbattendo le palpebre con sforzo, come se si stesse risvegliando da un lungo sonno. Si guardò intorno, come in trance, ed emise un sospiro affaticato, focalizzando l’attenzione sul piccolo Saiyan dai capelli neri, che la fissava impensierito dal bracciolo del sofà.
“Goku…” sussurrò con fiacchezza.
Vegeta, inginocchiato accanto a lei, si rabbuiò. Un moto di stupore si dipinse sul viso di Goten, che si accostò al compagno di giochi, afferrandolo per una manica.
“Goku, cos’è successo?” domandò lei, sempre rivolta al bambino.
“Come stai, mamma…?” azzardò Trunks, agitato.
“Cos…” borbottò la ragazza, osservando il secondo ragazzino dagli occhi blu, che si era rivolto a lei in un modo che non…
Goku si materializzò a pochi passi, facendo sussultare tutti e interrompendo quel surreale scambio di battute.
“Bulma!” esclamò con vivacità “Per fortuna sei viva! Non sai che paura ci hai fatto prendere! Ti ho portato i senzu per le bruciature alle mani!”.
Lei si osservò per un istante le dita gravemente piagate e poi rivolse nuovamente lo sguardo attonito al giovane, che era comparso dal nulla.
“Ma… Goku? Tu sei Goku?! Oh, per le stelle, che ti è successo? Sei così…Ci vedo doppio!”
Il giovane Saiyan la fissò stralunato: “Beh, sì sono io… perché?”
Vegeta sentì il cuore perdere un battito. Un brivido gli corse lungo la schiena e una terrificante consapevolezza iniziò a farsi strada nella sua agile mente.
“Kakarott, maledizione…” soffiò, strappandogli dalla mano il sacchetto “Non hai capito? Lei ha scambiato Goten per te!”
“Eh? Sul serio? Ma no, Bulma… devi avere preso una bella botta… questo bambino è mio figlio Goten, mi assomiglia tantissimo, lo so…”
“Come?” si congelò lei, spalancando gli occhi “Non si chiama Gohan tuo figlio? E quanto è cresciuto in così poco?”
Il principe sbiancò ulteriormente, ma si impose la calma, estraendo velocemente un senzu.
“Questo è il secondogenito…” stava rispondendo Goku, sempre più raggelato.
“Mamma!” intervenne Trunks con la voce incrinata dalla paura “Ma non ti ricordi?”
Lei si girò e la sua espressione si rasserenò per un attimo, prima di riprecipitare nello stupore più completo. Sorrise, davanti al visetto sconcertato che la guardava.
“Piccolo, anche prima mi hai chiamata così, ma ti sbagli… non puoi essere mio figlio…”
“Prendi questo, Bulma…” la interruppe Vegeta, porgendole il fagiolo verde.
Lei lo fissò per un lungo istante, come se stesse cercando disperatamente qualcosa nella sua memoria. Il suo profumo, il suo sguardo così intenso… forse…
 
“Ti prego, non lasciarmi…”
 
“Goku, è tuo amico questo ragazzo così affascinante?” chiese, socchiudendo le palpebre.
Vegeta si sentì morire.
Le lacrime salirono agli occhi di Trunks, che le asciugò rapidamente con il palmo della mano, per non farsi scorgere. Goten gli passò di nascosto un fazzoletto e gli strinse il braccio, parimenti angosciato. Goku spalancò la bocca, frastornato.
“Ma… veramente, lui è tuo…”
“Il senzu!” ordinò il principe categorico.
“Oh, insomma!” si stizzì lei “Dammi tregua!”
Tuttavia, ingoiò il legume, scorgendo in lui un’attitudine che non ammetteva obiezioni e non solo: lesse nel nero profondo delle sue iridi un ruggito, un sussurro, una preghiera.
 
“Donna, lasciami in pace se vuoi conservare la pelle!”
“Quanto sei caparbio, finirai per ammazzarti con le tue mani!”
“Non sono affari tuoi!”
 
Un bagliore nella nebbia, che si spense inesorabilmente. Le ustioni sparirono immediatamente dalle sue mani, insieme con il senso di spossatezza, che la stava pervadendo, e con il terribile mal di testa, che le dava quasi il capogiro. Sospirò.
“Goku, ti supplico, spiegami cos’è successo…”
Vegeta strinse i pugni fino a farsi male, alzandosi in piedi e facendo all’altro Saiyan un cenno affermativo. Trunks afferrò il polso del padre, disperato.
“Dobbiamo aspettare” affermò lui pacato, prevenendo l’ovvia domanda del bambino. Ma la sua stessa risposta gli diede il tormento: la pazienza non era la sua dote più sviluppata. Le pulsazioni furibonde che avvertiva nelle orecchie, certo, non lo stavano aiutando.
“Beh…” fece Goku impacciato “Stavi aggiustando la gravity room ed è partita una scossa, così sei svenuta e Vegeta ti ha portato qui, dopo averti… ehm…rianimata…”
Bulma si voltò verso il principe: “E’ questo il tuo nome?”
Lui assentì senza parlare, con un nodo che, implacabile, gli serrava la gola”.
“Beh, a quanto pare, ti devo la vita, Vegeta…” sorrise lei.
“Ehi, Bulma…” borbottò Goku “Davvero ti ricordi solo di me? Lui è tuo marito e quello è vostro figlio, Trunks…”
“Che cosa!” gridò lei “Ti sei bevuto il cervello!? Io sono fidanzata con Yamcha!”
Chi!”
“Eh, he he he…” ridacchiò il giovane, scorgendo l’espressione omicida del principe “No! No! L’hai piantato perché – parole tue – era uno stupido cascamorto che ti mancava di rispetto. Poi sei andata da Vegeta o, meglio, lui era ospite qui da te, dopo aver cercato di ammazzarci tutti e avete fatto un figlio, che è anche venuto dal futuro per…”
“Kakarott!” gridò il principe arrossendo.
Suo malgrado, Trunks scrollò la testa a fronte dell’impiastricciato racconto di Goku: per fortuna conosceva già tutta la storia dei suoi genitori e del se stesso del futuro, che era da poco ripartito con la macchina del tempo, dopo la sconfitta di Zamasu.
“Kakarott… Cosa significa questa parola?” domandò Bulma.
“Ah! È il mio nome Saiyan!”
“Che cos’è un Saiyan?”
“Beh…” bofonchiò Goku, in crisi per la situazione più grande di lui.
Vegeta incrociò le braccia sul petto, corrugando la fronte in cerca di una soluzione che non arrivava. Più passava il tempo, più si rendeva conto che la memoria di sua moglie tardava a tornare. Se lei non avesse recuperato i ricordi… si sentì mancare la terra sotto i piedi.
“I Saiyan sono una razza guerriera che viene dal pianeta Vegeta” stava spiegando Goten con entusiasmo “Ti ricordi che mio padre, da piccolo, aveva la coda? Tutti noi ce l’abbiamo alla nascita, perché siamo alieni. Noi siamo gli unici superstiti nell’universo… e lui porta il nome del pianeta, che è scomparso, perché è il nostro principe”.
Bulma si girò verso il giovane uomo che si era posto in disparte e incrociò il suo sguardo; il cuore le diede un contraccolpo, come se fosse stato l’unico a riconoscere quel volto attraente e imbronciato, quegli occhi nerissimi e fieri, carichi di tristezza, puntati su di lei come un’arma feroce e pericolosa. Incredibilmente e inconsapevolmente seducente. La sua espressione si addolcì, mentre la guardava con calore.
“Tu… tu sei un principe?”
“Sì…”
 
“Io sono il principe dei Saiyan! Nessuno può starmi davanti!
“Tu sei ossessionato e basta!”
“Non osare parlarmi in questo modo!”
 
La ragazza si portò le mani alle tempie: sentiva rimbombare nella mente gli sprazzi di un passato perduto, che non rammentava. Avvertì una fitta di sconforto, comprendendo che le persone lì riunite erano quelle che certamente le erano care e che ora invece le apparivano estranee. Tranne Goku. Forse perché lo conosceva da quando era poco più che una bambina.
“E sei mio marito…” sussurrò, come per convincersene.
“Sì…” replicò lui, quasi con timidezza.
“Mi dispiace” mormorò lei, tormentandosi le mani “Io non…”
“Per adesso” troncò lui severamente, prima che la sua disperazione riuscisse a divenire palese agli altri, infrangendo la scorza di cui aveva imparato ad ammantarsi “Domani, se non avrai ancora recuperato la memoria, andremo da Dende. Lui ha poteri mistici di guarigione.”
“Grande idea, Vegeta!” esclamò Goku entusiasta.
“Ma certo!” interloquì Trunks infervorato “Lui è il dio della Terra, saprà come fare! Vedrai, mamma, sarai al meglio!”
Bulma sorrise al ragazzino che, a ben vedere, le assomigliava davvero tanto.
 
“Guarda, ha i tuoi occhi…”
“E la tua coda…”
“Chi!”
“Non ti arrabbiare, ti sto prendendo in giro… ha il tuo stesso sguardo, vedi?”
 
Un’altra eco lontana, proveniente dal buio del trascorso. Un vissuto che aveva il sapore di qualcosa di intenso e incrollabile. Avrebbe voluto davvero ricordare…
“Posso abbracciarti lo stesso?” le stava chiedendo il bambino, quasi con discrezione.
“Ma sicuro, tesoro” rispose, stringendolo al petto e passandogli la mano tra i capelli.
 
“Mamma! Riesco a diventare super Saiyan! Così posso aiutare papà in combattimento!”
“Speriamo che non ce ne siano più di combattimenti!”
 
Vegeta distolse lo sguardo, per non cedere, imponendosi ancora una volta il sangue freddo, mentre avrebbe voluto urlare ed esplodere di dolore, di rabbia. Strinse i denti, cercando di mantenere la mente lucida, nonostante il gelo, che gli stava imprigionando l’anima. Avrebbe fatto qualsiasi cosa per non perderla, per riavere tutto di lei, tutto di loro, senza sconti. Se un guerriero saiyan non conosce la resa, un guerriero saiyan che ama è invincibile. Sarebbe andato a scomodare a forza gli dei, se… Ma certo!
“Trunks! Goten! Ho un incarico per voi” disse perentorio “Prendete il dragon radar nel laboratorio e radunate le Sette Sfere. Se Dende non sarà in grado di aiutarla, lo chiederemo al dio drago Shen-Long!”.
“Subito, papà!” esclamò Trunks, staccandosi dall’abbraccio materno.
“Bella pensata, Vegeta!” approvò Goten con l’aria decisa.
“Questo, almeno, me lo ricordo” sospirò Bulma.
I due ragazzini uscirono di corsa dalla stanza, senza perdere un attimo.
“Non vorrai mandarli fuori adesso?!” obiettò la ragazza “E’ quasi buio!”
Il principe alzò le spalle e sogghignò, come se non gli importasse.
“Sono due bambini, è pericoloso!” continuò lei, irritandosi per l’atteggiamento arrogante che scorgeva in lui. Ma chi si credeva di essere? Possibile che avesse sposato un uomo così distaccato e altezzoso? Eppure, quella luce nel suo sguardo…
“Sì” replicò lui, facendo saettare un’occhiata ardente “Ma sono due guerrieri saiyan. Sono gli altri che li devono temere. Quei due hanno tenuto testa a un Majin”.
Ma che…? Avrebbe voluto chiedere ulteriori spiegazioni, ma venne interrotta.
“Ehi, Vegeta!” fece Goku con un gran sorriso “Ho avuto un’idea geniale!”
“Non è da te, Kakarott” ribatté lui caustico.
“Eh? Cosa vorresti insinuare?” borbottò il primo, risentito.
“Sentiamola…” concesse il secondo, già rassegnato.
“Leggendo le fiabe della buonanotte a mia nipote Pan, ho notato che alla fine c’è sempre un principe, che risolve la situazione baciando la principessa e salvandola da qualche cattivo. Perché non provi a baciare Bulma, eh? Magari succede la stessa cosa!”
“Kakarott!” gridò Vegeta, avvampando “Dici solo delle sciocchezze!”
“Uh, come sei! Che ti costa provare, potrebbe funzionare davvero!”
“Perché, invece, non vai a baciare tua moglie, visto che non l’hai mai fatto!?”
“Beh, in effetti, dovrei decidermi…”
“E’ uno scherzo?” domandò Bulma, osservandoli stupefatta e leggermente divertita.
“No, è veramente idiota come lo vedi!” esclamò il principe, seccato.
“E lui si arrabbia sempre senza motivo!” borbottò Goku mettendo il broncio.
“Sembrate me e mia sorella Tights quando litighiamo” sorrise lei.
Chi!”
“Se non altro, ti abbiamo messo di buon umore” sghignazzò Goku soddisfatto “Ragazzi, vi lascio. Tornerò domattina: se usiamo la trasmissione istantanea, è un attimo arrivare al santuario del dio della Terra! Bye bye!”.
Si smaterializzò.
Bulma si alzò: si sentiva fisicamente bene, era il buio che intrideva la sua mente a renderla inquieta e prostrata, come non era mai stata in vita sua. Osservò Vegeta, che era rimasto con lei nella stanza e pensò che, forse, anche lui stava provando lo stesso, pur non dandolo a vedere. Suo marito… un principe alieno di una bellezza straordinaria. Se era della stessa stirpe di Goku, doveva essere parimenti forte e determinato. Da non credere.
 
“Baciami ancora…”
“Maledetta donna, se ti avvicini non garantisco la tua incolumità”
“Se ti difendi è perché hai paura…”
“Chi! Sei tu che devi avere paura!”
 
Un altro flash lontano, senza collegamenti, nella nebbia densa della sua vita apparentemente impenetrabile. Il cuore batteva veloce, in allarme, come se stesse disperatamente cercando di spingerla a non negarsi nessuna possibilità per riconquistare i ricordi. O per riaverne almeno uno…
“Ehi, Vegeta…”
Lui si avvicinò, senza abbandonare l’aria severa e corrucciata, nella quale vibrava una tristezza inoccultabile. Goku aveva detto, in mezzo al suo riassunto ingarbugliato, che il Saiyan era giunto sul pianeta per sterminarli. In effetti, sembrava un uomo con cui c’era poco da scherzare. Che cos’era successo dopo!? Quegli occhi scurissimi, che riuscivano a parlarle in silenzio, la convinsero a tentare il tutto per tutto, nonostante i legittimi dubbi.
“Forse, dovremmo davvero provare…” gli disse, non senza un po’ di esitazione.
“Intendi…?” replicò lui impacciato.
“Sì. Hai detto che sono tua moglie, ti imbarazza baciarmi?”
“Beh…ecco… se tu vuoi…”
Bulma lo guardò arrossire e si sorprese per la sua reazione, così contrastante con l’aspetto orgoglioso e impassibile che aveva mostrato prima. Socchiuse gli occhi, appoggiandogli le mani sulle spalle, in attesa. Lui si avvicinò. Sentì le sue braccia scivolare su di lei e circondarla in un abbraccio leggero, ma deciso; percepì il suo respiro sul viso e le sue labbra prima sulla sua fronte, poi sulla sua guancia e poi sulla sua bocca. Rispose al bacio, che divenne rovente in un attimo, che la prese come non era mai accaduto, o meglio, come non ricordava fosse mai accaduto. Lo strinse più forte e avvertì le sue mani scendere sulla sua vita e attirarla contro il suo corpo solido, generando un calore che le salì al volto e… oh stelle!
“P-perché ti sei fermato…?” balbettò, quasi senza fiato.
“Perché ero ancora in tempo per farlo” rispose lui, altrettanto affannato.
“Nessuno mi ha mai baciata così…” sussurrò lei, rossa in faccia.
Vegeta abbassò velocemente lo sguardo, ma lei riuscì a vedere i suoi occhi d’ossidiana nera luccicare di desolazione infinita.
“Allora non è servito” mormorò lui piano “Perché noi…”
 
“Vegeta… sei vivo, amore mio, sei tornato da me…”
“Ne dubitavi?”
“Oh, smettila, dannato testone!”
“Io tornerò sempre da te, Bulma…”
 
La ragazza cedette. Le lacrime salirono implacabili, guidate da un altro baleno di memoria e trasportate dalla sua voce calma e dal suo odore, che le si era incollato addosso e le provocava una malinconia inspiegabile. Sembrava ricordarlo, lontanamente… Tutto le narrava di un amore potente, di cui non serbava traccia, se non in qualche sporadica reminiscenza.
“Andiamo” le disse il principe, scostandosi a malincuore “Hai bisogno di riposo. Magari domani riuscirai a riacquistare lucidità”.
“Sì” rispose lei, asciugandosi gli occhi “Se c’è una cosa che conosco bene di me, è che non mi arrendo!”
“Già…” confermò lui, lanciandole un’occhiata intensa “Nemmeno io”.

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Capitolo 2
*** Memoriae ***


Inizio ringraziando tutte le persone che hanno avuto la premura di lasciarmi una recensione o che mi hanno scritto qualche parola in mp. Grazie per avermi apprezzata e inserita in una lista, non riesco ad esprimere appieno la mia felicità. ^^

Memoriae
 
Vegeta volò fuori dalla Capsule Corporation, lasciandola addormentata nel loro letto. Bulma non aveva riconosciuto la camera: aveva pensato inizialmente che fosse ancora quella di quando era ragazzina, ma aveva ostinatamente voluto restare lì, piena di speranza, ritenendo che le fosse d’aiuto per ricordare, a costo di dormire con un uomo che non conosceva. Che non riconosceva più.
Si diresse verso le montagne, lontano dal mondo, e atterrò su uno sperone tra le cime aguzze, dove nessuno l’avrebbe trovato. Dove nessuno l’avrebbe visto abbandonato alla disperazione. I suoi occhi si accesero come folgori, diventando blu. I capelli corvini virarono sullo stesso colore marino, raddrizzandosi. Un’energia spirituale intensa e fluttuante vibrò come una nota d’assolo, sprigionandosi feroce e creando un enorme cratere ai suoi piedi. Il picco roccioso tremò e si crepò, infrangendosi con un rumore sinistro.
Iniziò a urlare, come non faceva da tempo, mentre il suo ki divino si innalzava nella notte buia con rabbia, con sconforto. Gridò finché ebbe fiato, si espanse per non scoppiare di dolore, per buttarlo fuori al posto delle lacrime che non venivano, per conservarsi senziente, per non impazzire.
Un’aura familiare si concretò poco distante. Il principe riprese a contenersi, abbassando l’emissione di potere.
“Che vuoi, Kakarott?” domandò senza voltarsi.
“Ah, Vegeta…” sospirò Goku con i pugni sui fianchi.
“Lasciami in pace, sei sempre fra i piedi!”
“Ho sentito il tuo ki a miglia da qui. Lo sai perché sono venuto… e perché non mi leverò affatto di torno”.
Chi! Anche se sono il tuo principe, non ti ho mai dato un ordine, Kakarott… non costringermi a farlo ora! Vattene!”
“Andiamo, lo sai che non obbedirei mai…”
Vegeta si girò, lo sguardo affilato, orgoglioso, sfidante.
“… a meno che tu non riesca a sbattermi nella polvere!” continuò Goku con un sogghigno.
Si fissarono, comprendendosi senza ulteriori parole.
“Non chiedo di meglio” ribatté il primo, ricambiando la smorfia sagace.
Goku piantò i piedi a terra, mettendosi in posizione di combattimento e, in un silenzioso respiro, anche i suoi occhi e la sua chioma arruffata diventarono azzurri. La sua aura di super Saiyan God, tramutato in super Saiyan, la forma che chiamavano Blue, si elevò spaventosamente in alto. Si studiarono per un momento, concentrandosi sulla difesa dell’avversario, sui suoi ben noti punti deboli, memori delle raccomandazioni del loro comune maestro, il tenshi Whis.
Partirono all’attacco contemporaneamente, in uno sfavillio di luci, portando a segno le mosse, senza retrocedere, parando pugni e calci in una serie di movimenti impetuosi ed eleganti, che solo loro erano in grado di cogliere. Uno stallo pari in forze, in fierezza, in assenza di rassegnazione, in cocciutaggine illimitata.
Goku si smaterializzò con la trasmissione istantanea, per ricomparire alle spalle del rivale e prenderlo in improvvisata. Vegeta si lasciò avvicinare apposta e volteggiò all’indietro in una mossa repentina, che mirava a sua volta a spiazzare l’antagonista. Questi si arrestò a mezz’aria, concentrando l’energia nelle mani, in volo radente.
“Sei scoperto!” gli gridò il principe, assestandogli un colpo nel plesso solare.
“E tu hai pensato troppo al da farsi!” rispose Goku, esalando il fiato, ma restituendogli una botta parimenti pesante nella schiena.
Finirono entrambi a terra, in una strisciata di schegge, ansimando velocemente, ricoperti di pulviscolo e di strappi sugli abiti, studiandosi reciprocamente, mentre si reggevano a stento. Si rialzarono con uno scatto fulmineo e finirono a mani intrecciate, in equilibrio, spingendo l’uno contro l’altro la propria energia spirituale. Avrebbero potuto continuare all’infinito.
“Allora?” ansò Goku ridendo “Pareggio?”
“Pareggio” annuì Vegeta, parimenti soddisfatto.
Si sedettero, schiena contro schiena, boccheggiando esausti.
“Dici che Whis ce lo passa come allenamento supplementare?” sbuffò Goku trafelato.
“No di certo. Abbiamo di nuovo sbagliato”.
Il guerriero in dogi arancio rise di gusto, rifiatando, e continuò a fissare le stelle per non mettere a disagio il compagno.
“Ehi, Vegeta… va meglio ora?”
Il principe dei Saiyan scosse la testa, nascondendo furtivamente sia il sorriso, dovuto a quella complicità maturata nel tempo, sia la tristezza che gli velava gli occhi, varcando la soglia della sua naturale resistenza.
Hah… sì”.
“Questo scompiglio è colpa mia, mi dispiace” mormorò Goku serio.
“Non è colpa di nessuno, Kakarott…” rispose Vegeta con un sospiro.
La luna piena rendeva il cielo blu cobalto e faceva ribollire il loro sangue saiyan nei ricordi, anche se non avevano più la coda che li avrebbe trasformati in oozaru.
“E’ ora che vada. Sono uscito, senza avvisare Chichi, nel cuore della notte e adesso torno a casa conciato così… mi ucciderà di sicuro!”.
“Kakarott…” sogghignò il principe, rialzandosi.
“Eh?”
“Baciala come si deve”.
 
Vegeta si posò leggero sulla grande terrazza di casa, restando a braccia conserte a scrutare nell’oscurità, con mille pensieri per compagni. La sua Bulma non ricordava nulla. Nulla di lui. I suoi meravigliosi occhi blu l’avevano fissato con interessamento, ma senza riconoscerlo e lui era precipitato in un abisso senza fine. Si era sentito catapultato in un incubo fatto di mancanze, di strade senza sbocco, di porte chiuse. Ebbene, avrebbe sfondato il muro di quel maledetto labirinto per lei. Avrebbe cacciato in un angolo l’orgoglio per parlarle di loro ogni singolo giorno. L’avrebbe fatto subito, se fosse stato capace di dare libertà a quanto era nel suo cuore, così come lei aveva sempre fatto con lui, incendiandogli l’anima d’amore. Era troppo impacciato con i sentimenti, li aveva espressi, certo… ma quasi di riflesso, con timidezza, perché per un Saiyan esulavano quasi dall’inclinazione naturale. L’aveva presa tra le braccia e l’aveva baciata con passione, perché anche le stupide fiabe di Kakarott contenevano forse un granello di verità; perché non era mai stato bravo tanto con le parole quanto con la fisicità delle emozioni. Lei si era abbandonata a quel contatto, ma lui l’aveva percepita diversa: era lei, ma non lo era interamente.
“Vegeta-chan”.
Si girò di tre quarti al suono di quella voce familiare: sua suocera lo attendeva sulla soglia, l’espressione placida e sorridente, nonostante la situazione allarmante, i capelli biondi raccolti in uno chignon, infagottata in una spessa vestaglia rosa.
“Che ne dici di un tè?” domandò gentile.
Il principe annuì e la seguì all’interno.
La donna versò l’acqua calda nei bicchieri di ceramica e le piccole foglie scure si sollevarono, danzando nel liquido, che divenne verde chiaro. I piccoli recipienti erano decorati con delicati petali di sakura sparsi al vento: gli ricordarono quelli che volteggiavano nell’aria il giorno in cui aveva chiesto a Bulma di sposarlo, quando le aveva sussurrato ti amo, facendola piangere di gioia. Aggrottò la fronte, mentre il cuore, ferito, si dibatteva.
“Prima, Bulma ha parlato nel sonno. Ha fatto più volte il tuo nome.”
Lui sollevò il viso, sorpreso, stringendo il bicchiere.
“Vegeta-chan, io sono assolutamente convinta che i ricordi di mia figlia siano custoditi in uno spicchio della sua mente. Che non siano andati perduti. O non ti avrebbe chiamato, non rammentandosi davvero di te. Basterà solo far riaffiorare il passato e riemergeranno”.
Gli occhi nerissimi di Vegeta si specchiarono nel fluido fumante, come fiamme ardenti.
La signora sorseggiò composta la sua bevanda, gustandone l’aroma. Lo guardò, serena.
“Tu sei un uomo vero. L’unico degno di lei. Il solo che Bulma abbia mai amato. Questo genere di sentimento è impossibile da cancellare”.
Il principe arrossì leggermente e bevve a sua volta, inalando la fragranza tostata dell’infuso.
“Mia figlia non lo ammetterebbe mai, ma pochi giorni dopo il tuo arrivo alla Capsule Corporation era già pazza di te… e tu di lei, certo. Io me ne sono accorta subito, sai, nonostante il vostro prolungato sfoggio di testardaggine”.
Vegeta si riparò dietro al vapore che si esalava dal tè caldo, avvampando.
“Perciò” continuò la donna “Se la sua memoria, nella peggiore delle ipotesi, non dovesse tornare, sono certa che si innamorerebbe nuovamente di te e di nessun altro. Che tu riusciresti a conquistarla in ogni luogo e tempo”.
Lui sollevò lo sguardo fiero e orgoglioso di Saiyan, rivolgendole un sorriso obliquo appena accennato. Sapendo che aveva ragione. Non si sarebbe arreso mai. Per l’amore della sua vita avrebbe lottato contro chiunque.
“Ma questo non sarà necessario, perché mi sento fiduciosa!”
Vegeta si alzò, accomiatandosi con un cenno.
“Per la stessa ragione” concluse la signora Brief “Questa notte non pensare di non avere diritto di dormire con lei. Sei suo marito, l’unico che può scuoterla”.
In realtà, ci aveva pensato, per non mettere in difficoltà Bulma e perché erano settimane che non la vedeva e sarebbe stata una tortura non poterla toccare. Sua suocera, oltre a saperla fin troppo lunga, non aveva torto. Si arrestò sulla porta della cucina.
“Grazie, Panchy” le disse.
 
“Sei sconsideratamente avventata. Seguirmi per vedere Freeza, che idea assurda!”
“Non mi è parso che ti dispiacesse la mia temerarietà”
“Mio malgrado. Sei combattiva, terrestre…”
 
Un sogno, forse. O un altro ricordo stracciato e incompleto. Lui era in tutti i suoi flash back, misterioso e affascinante. Forte, implacabile, terribilmente impavido. Lui era anche accanto a lei, poco discosto, perso nel sonno. Non si era tolto gli abiti da combattimento e non si era neppure infilato sotto le coperte, forse in segno di rispetto.
Sua madre le aveva raccontato, mentre sfogliavano gli album di fotografie nel vano tentativo di risvegliare in lei qualcosa, che lui e Goku, all’inizio, erano nemici e che, in seguito, avevano gradualmente appianato le divergenze; che avevano salvato il pianeta reiterate volte, viaggiando addirittura nel tempo e ingaggiando battaglia con le divinità che ne avevano decretato la fine. Chi l’avrebbe mai detto, che la Terra sarebbe stata difesa proprio dagli alieni che avrebbero dovuto conquistarla?
Il Saiyan dormiva su un fianco e il colorito ambrato del suo viso spiccava sul candore delle lenzuola, che erano in contrasto anche con i suoi lucidi capelli neri, ribelli alla legge di gravità. Le sue labbra erano lievemente piegate all’ingiù, come se sorridere per lui fosse un evento raro; ripensò al bacio che le aveva dato e all’emozione dirompente, che le si era scatenata in anima e corpo, chiarendole che, anche con la memoria azzerata, non poteva essere un uomo qualsiasi per lei. Gli occhi chiusi e le ciglia seguivano la linea allungata delle sue palpebre, disegnandogli ombre leggere sugli zigomi: anche nella quiete, emanava un potere straordinario, che si evinceva dal fisico asciutto e muscoloso, del quale la dogi aderente delineava le forme armoniose e perfette. Non indossava né i guanti bianchi né gli stivali che gli aveva visto portare in precedenza; un braccio, abbandonato sulle coltri, era teso verso di lei, come se, anche da addormentato, volesse percepire la sua vicinanza. Certo era in grado di farlo, come i guerrieri padroni della loro energia spirituale, come Goku, che proveniva dal suo stesso pianeta. Anche quella notizia era stata uno shock. Ma avrebbe dovuto immaginare che l’amico d’infanzia non potesse essere un terrestre.
Allungò la mano e sfiorò la sua: il principe mosse le dita, destandosi immediatamente dal sonno leggero che lo aveva avvolto e non si sottrasse al contatto, stringendola. Il suo sguardo profondo e penetrante fu su di lei e, inclemente, le diede un altro bisbiglio frammentario del passato.
 
“Perché non ti fermi qui per sempre?”
 
Vegeta la osservò, appoggiandosi su un gomito, in attesa, con il fiato sospeso. Bulma lesse con sconforto la sua domanda implicita e scosse il capo negativamente.
“Ti porto da Dende” ribadì lui “Kakarott sarà qui tra poco”.
Bulma lo osservò reagire in quel modo pratico e distaccato, ma quell’apparente impassibilità non riusciva a raggiungere gli occhi, dai quali traspariva la sua vera condizione interiore.
“Stanotte ho fatto un sogno” gli disse.
Lui la fissò più intensamente, speranzoso.
“Ero su un altro pianeta e stavo dando la caccia alle Sfere del Drago di quel luogo. C’erano con me Krilin e Goku, ma erano angosciati, parlavano di un nemico pericolosissimo e non sapevano come sconfiggerlo. Io avevo paura, ero sola, ma poi mi sono fatta coraggio e ho continuato a cercare, pur vedendo intorno a me solo morte e distruzione. C’eri anche tu, ma eri così… diverso. Sembravi spietato e disposto a tutto, anche al male”.
“Lo ero” ammise Vegeta, le iridi d’ombra che rilucevano di amarezza “Non è stato un sogno, è stato un ricordo”.
Bulma trasalì nell’ascoltare quelle parole: le immagini confuse le avevano restituito il ritratto di un uomo algido e disumano, incurante del prossimo, ambizioso e ferocemente orgoglioso. Eppure, nella nebbia in cui affondava la reminiscenza, lui l’aveva guardata dritta in volto, mostrandole una delle Sfere, e lei aveva intravisto un dolore inenarrabile, sprofondato nella sua anima più segreta.
“Ti ho incontrato lì?”
Iiah. Non su Namecc, il mondo che hai visto. Ci siamo incontrati prima, sulla Terra, dove io sono giunto per porre fine alle vostre esistenze”.
“Perché mi racconti questo? Non hai paura a fornirmi di te un’impressione tanto negativa?”
Il principe non distolse lo sguardo, così identico a quello che lei aveva scorto nella memoria: stessa tenacia benché priva d’odio, stesso orgoglio, stessa tristezza. Così diverso nell’amore infinito che traspariva.
“Non è qualcosa di cui fregiarsi, ne sono consapevole” rispose “Ma non ti ho mai mentito. Non intendo iniziare ora, rinnegando le azioni nefande di cui mi sono macchiato in passato. Non sarebbe leale. Tu ed io siamo transitati anche attraverso questa verità”.
Bulma sentiva la sua fierezza di guerriero fremere. Confessare di essere stato malvagio e di essere, evidentemente, cambiato non doveva essergli agevole. Non lo sarebbe stato per nessuno. Eppure, le parlava con il cuore in mano, onestamente, senza timore. In ciò risiedeva innegabilmente un grande valore. Quella verità ponderosa non aveva chiaramente impedito loro di restare insieme.
“Quando è successo?”
“Ormai sono passati dieci anni”
“Come mai noi terrestri siamo ancora vivi?” sorrise lei, cercando di rendere meno ostica la questione.
Vegeta esitò, ma non si tolse dall’imbarazzo.
“Kakarott mi ha sconfitto e, da idiota qual è, mi ha risparmiato la vita. Ci siamo ritrovati su Namecc, perché eravamo tutti interessati alle sue Sfere: voi per resuscitare i vostri amici, morti in seguito al nostro scontro, io per dominare l’universo. Quando il drago Polunga ci ha spediti sulla Terra, tu mi hai chiesto di rimanere alla Capsule Corporation. Il seguito lo puoi immaginare…”
La ragazza iniziò a riflettere, perché un’idea del genere era proprio da lei. Si riconobbe nella sfrontatezza del proporre ad un uomo come Vegeta di restare con lei. Il cuore le diede una pulsazione vigorosa e generò un’altra fotografia sbiadita.
 
“Vegeta-kun, perché non vieni anche tu a casa mia?”
“Come mi hai chiamato?!”
“Non fare il duro, lo so che sei stanco e non sai dove andare…”
 
“Trunks ha sette anni” aggiunse lui, intuendo il suo ragionamento.
“Abbiamo impiegato quasi tre anni per innamorarci?”
Il principe abbassò lo sguardo, arrossendo violentemente. Poi sogghignò, trafiggendola con un’occhiata sagace.
“No. Quasi tre giorni.”

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Capitolo 3
*** Visio ***


Visio
 
Il teletrasporto li lasciò sulla piattaforma marmorea del santuario del dio della Terra.
Bulma riconobbe subito Mr. Popo, il fido assistente del Kami, ma era certa di non avere mai visto il ragazzino dalla pelle verde, che avanzava sorridendo verso di loro. Lo osservò meglio: le antenne curve e sottili sulla testa calva, i canini appuntiti, le unghie lunghe, gli occhi scuri… non le sfuggì la profonda somiglianza con… oh, per le galassie!
“Ehi, Goku, com’è che il nostro dio assomiglia così tanto a quel mostro del Grande Mago Piccolo?” domandò con una certa apprensione.
“Mostro?” fece una voce compunta dietro di loro.
“Aaaaaaaah!!!!! Il Mago!!” gridò lei atterrita, osservando il gigante con il turbante, vestito di viola e bianco, che si era fermato alle loro spalle.
“Ma no, Bulma!” esclamò Goku, ridendo alla sua reazione impaurita “Questo è Piccolo junior, suo figlio! È un nostro amico, non è più il demone crudele di una volta…”
Il colosso incrociò le braccia tra l’offeso e l’incuriosito, subodorando immediatamente la stranezza della situazione e di quella visita così improvvisa.
La ragazza, intanto, si era avvicinata a Vegeta, stringendogli istintivamente il braccio. Il principe si approssimò, protettivo, squadrando i presenti con urgenza.
“Si assomigliano perché sono entrambi originari di Namecc” le spiegò “I loro poteri forse possono aiutarti a recuperare la memoria. Non c’è pericolo”.
“Namecc…” mormorò Bulma.
“Come?” domandò Dende incredulo “Ha perso i ricordi?”
Goku spiegò brevemente l’accaduto, destando nelle due creature una sincera preoccupazione, mentre il principe seguiva la scena con crescente tensione. La sua mente era già volata oltre, poiché nutriva un pessimo presentimento: se neppure Dende fosse stato in grado di aiutare sua moglie, avrebbe evocato il drago con le Sfere raccolte da suo figlio e da Goten la sera precedente. Tamburellò nervosamente con le dita sull’avambraccio.
“E’ un bel guaio” commentò Piccolo serio “Quando si tratta della funzione mnemonica, anche la guarigione mistica non è una garanzia di recupero”.
“Sicuramente ci posso provare!” disse Dende, desideroso di assistere l’amica.
“Beh…” borbottò Goku, seguendo il ragionamento di Piccolo “Io alla fine i ricordi non li ho mai più recuperati, a pensarci bene…”
“Kakarott!” tuonò Vegeta adirato “Perché non chiudi quella bocca? Il motivo è che la tua testa è completamente vuota e non c’è nulla da recuperare!”.
“Non dire così, Vegeta!” mugugnò l’altro piccato.
Piccolo sogghignò davanti all’ennesimo battibecco tra i due guerrieri e Bulma si rilassò, vedendo sorridere pacificamente quell’essere minaccioso, così differente dal nemico sanguinario che rammentava.
“C’è qualche sopravvissuto, che si è scontrato con Goku e che è riuscito a rimanere malvagio?” chiese retoricamente, con fare divertito.
“Freeza!” replicarono i due Saiyan all’unisono, serissimi.
“Almeno, su questo siete d’accordo!” rise lei.
“Dende…” chiamò il principe, indicando la ragazza, senza abbandonare l’espressione accigliata “Te la affido”.
“La tua fiducia mi onora, Vegeta” replicò il dio della Terra.
 
Il giovane Namecciano condusse la ragazza leggermente in disparte, sotto lo sguardo corrucciato del marito, mentre Goku stiracchiava le braccia dietro la testa, in stretching.
“Ehi, Vegeta…” propose allegro “Perché non facciamo un po’ di sano movimento, mentre Dende si occupa di Bulma? Possiamo andare nella Stanza dello Spirito e del Tempo, per non buttare tutto all’aria…”.
“Sarebbe meglio esercitarci su quello che ci ha indicato Whis” replicò il principe, senza staccare gli occhi dalla moglie “Se non impariamo a trattenere il ki come fa Lord Beerus, non diventeremo mai padroni della sua stessa potenza”.
“Mah… forse hai ragione…” ammise Goku, sedendosi a gambe incrociate sul pavimento “Ci provo subito”.
Chiuse gli occhi ed espanse l’energia spirituale, cercando di contenere la trasformazione a favore della quiete interiore, come aveva fatto quando Whis, servendosi del suo bastone angelico, lo aveva spedito nello strano ambiente vuoto con Vegeta.
Il principe si accomodò difronte a lui, nella stessa posa meditativa, certo di non essere affatto nelle condizioni di tranquillità intrinseca, più volte delineate dal tenshi, necessarie all’allenamento. Faticava a contenere l’aura, a non disperderla all’esterno come era stato sempre abituato a fare e i suoi pensieri slittavano più che mai altrove. Animo irrequieto… era questo in lui l’ostacolo rilevato da Whis, come quello di Kakarott era l’eccessiva rilassatezza. In un certo senso, erano complementari.
Goku perse il controllo del ki e si trasformò in super Saiyan Blue. Vegeta lo seguì pochi secondi dopo. Si guardarono.
“Uffa…!” sbuffò il giovane in arancione “Mi è successo di nuovo! Almeno tu sei giustificabile. Con Bulma così, capisco che ti sia difficile concentrarti a dovere”.
“Non sono a caccia di scusanti, Kakarott!” ribatté il secondo freddamente “Durante un eventuale scontro con un nemico, non possiamo certo batterci reciprocamente sulla spalla, piangendo sulla contingenza! Dobbiamo riuscire nonostante la tensione o la preoccupazione o quanto di peggiore possa venirti in mente!”
“Beh…” borbottò Goku, cercando di tradurre il concetto in termini semplici “Una volta imparato il meccanismo, spero sia più semplice…”
Vegeta lo fissò a braccia conserte, riconoscendosi nella sua stessa espressione determinata e nel medesimo desiderio di perfezionarsi. Con un’identica impazienza.
“Scusate, se mi intrometto” interloquì Piccolo avvicinandosi “Mi pare di capire che il problema sia l’emissione di ki, che non deve andare a favore di una trasformazione corporea, bensì di un potenziamento energetico e spirituale. Insomma, un innalzamento non fisico, ma mentale per accedere ad uno stadio superiore”.
“Bravo!” esclamò Goku entusiasta “Io non sarei riuscito a dirlo così bene!”
“Perché non partite già trasformati in Blue? Elevate l’aura al massimo e poi provate a proiettarvi oltre a livello interiore. Come potrei spiegare… ecco, per non confondervi”.
“Ma Whis non vuole che ci trasformiamo!” brontolò Goku.
“No, Kakarott. All’inizio ci ha proibito di ricorrere al super Saiyan per indirizzarci al metodo corretto… ma una volta divenuti Blue, non ci ha dato questo divieto!”
“Se è così…!” rispose il primo, riguadagnando la forma divina “Grazie, Piccolo!”
Il Namecciano sogghignò davanti a tanta risolutezza.
 
Bulma osservò a distanza i due Saiyan, ammantati di un fulgore straordinario, mutare occhi e capelli da neri in azzurri e sorrise. Goku era diventato un uomo. Aveva mantenuto la spensieratezza dell’infanzia e la candida ingenuità, che spesso lo faceva apparire uno sprovveduto. Ma la sua espressione, soprattutto quando si concentrava ed era nel suo elemento, rivelava una natura ben diversa, decisa e fiera. L’ultima immagine che aveva dell’amico era quella di lui che, giovanissimo, le presentava il piccolo Gohan. Poi, solo frammenti. Una voragine buia che le aveva rubato la storia d’amore con suo marito.
Vegeta era più riflessivo, più profondo e proiettava di sé un’immagine difficile da interpretare. Ma la rapiva ogni volta che lo scorgeva, la attirava come una calamita sia con quell’atteggiamento caparbio e regale sia con la sua delicatezza, abilmente nascosta in fondo a quello sguardo feroce. Qualcosa in lui le parlava senza ricorrere al linguaggio umano, comunicava direttamente con il suo cuore. Gli avrebbe chiesto ancora di raccontarle di loro, perché da lui aveva appreso solo pochi particolari e aveva rinunciato ad ulteriori delucidazioni, quando aveva scorto quella luce triste nel suo sguardo.
 
“Continua ad abbracciarmi, stanotte… dimmi che non sacrificherai mai più te stesso…”
“Bulma… per te io morirei ancora…”
“Vegeta, io ti darei la mia vita…”
 
Un brivido la attraversò implacabile. Parole d’indissolubilità incise a fuoco nel suo cuore.
Dende impose le mani su di lei, pronunciando una formula rituale nel suo strano idioma: uno sfavillio argentato la avvolse, pizzicandole la pelle e regalandole un senso di pace.
Il giovane Kami abbassò le braccia e le sorrise, stringendo le piccole dita nelle sue.
“Come ti senti?”
“Sto bene… ma ancora non rammento…”
“Oh… mi dispiace…” sospirò la divinità, abbattuta “Ma non demordere, non è detto che l’effetto sia immediato!”.
“Certo. Ti ringrazio…”
La ragazza spostò lo sguardo sul principe, ancora seduto a terra in piena concentrazione.
“Dende… cos’è successo su Namecc?”
“Ma…”
“Lo so, è una domanda inopportuna. Goku mi ha detto che il tuo pianeta è stato distrutto da Freeza. Non dovrei chiederti di rinnovare il dolore della perdita, però io… io desidero sapere di lui…Vegeta… continuo a scorgerlo nei miei sogni e…”
“Non preoccuparti per me, Bulma” rispose serenamente il giovane “Ho imparato da tempo ad accettare quanto è accaduto, che alcuni di noi non si sono salvati. Anche grazie a te, che ci hai accolti alla Capsule Corporation come fratelli, quando non sapevamo dove rifugiarci e grazie a Goku, che ci ha strappati alla morte. Io posso mostrarti i fatti di cui sono stato testimone, proiettandoli direttamente nella tua mente, com’è nei miei poteri. Il mio timore è un altro…”.
“Tu hai paura che Vegeta mi possa perdere, vero?” sussurrò lei.
Il Namecciano arrossì leggermente sotto la pelle verde ed assentì.
“Vegeta mi ha detto che ci siamo innamorati nonostante il suo terribile passato”.
“Oh…” fece il Kami spalancando gli occhi “Ha detto così? Lui… tuo marito è davvero cambiato da allora. Un uomo così introverso ti ha aperto il suo cuore con un’affermazione che non sarebbe mai uscita dalla sua bocca, se non fosse legato a te tanto profondamente. Nessuno avrebbe mai scommesso su di lui a quei tempi. Ma tu l’hai fatto. In questo modo, l’hai salvato da se stesso. Vegeta, per te, ha sacrificato la vita e il suo mutamento è stato frutto di una scelta, di sentimenti veri. Vedrai quello che era, non quello che è. Tienine conto e fidati di lui”.
“Non lascerò che gli errori passati sommergano il presente, falsandolo. Voglio conoscere mio marito, non giudicarlo”.
“Per questo, se mi permetti, ti mostrerò il momento in cui ha deciso di seguirti, concedendosi una chance per la prima volta nella vita; solo dopo ti farò vedere Namecc”.
“Va bene”.
Dende le posò le mani sulla fronte. Le immagini iniziarono a prodursi come un film animato.
 
La Terra era così verde e il suo cielo azzurro così sereno… l’erba era alta intorno agli alberi radi e i Namecciani si guardavano in giro spaesati, contandosi e gioendo quando ritrovavano uno dei loro cari tra i superstiti. Il bambino… sì, era proprio Gohan! L’aveva abbracciata, mentre Dende curava le ferite di Piccolo… ma Krilin non c’era, era morto su Namecc… oh cielo, perché… Anche gli alieni cercavano un gruppo che mancava all’appello, eppure il drago… Polunga… aveva esaudito il desiderio di resuscitare tutti coloro che erano stati massacrati da Freeza e dai suoi leccapiedi. Vegeta. Con le spalle contro la ruvida corteccia di un albero e gli abiti laceri, imbrattati di sangue, stava affermando, tagliente come una lama di ghiaccio, che quelli uccisi da lui non sarebbero mai tornati, poiché non era un uomo di Freeza… E Goku? Goku stava ancora combattendo e gli occhi di suo figlio s’erano levati al cielo, pieni di speranza, mentre il principe guerriero grondava rancore ed ira, perché non si era trasformato per primo in super Saiyan. Ma poi… poi le aveva detto a bruciapelo di usare la testa e le aveva suggerito di far tornare gli spiriti di Krilin e di Goku, che forse era morto, sulla Terra o sarebbero stati inutilmente resuscitati nello spazio vuoto. I suoi occhi nerissimi si erano abbassati al suolo, quasi con timidezza, mentre le parlava… aveva garantito di essere intenzionato a sfidare Kakarott, non di volerli aiutare. Non c’era minaccia nella sua voce, bensì un orgoglio portato all’eccesso e frustrato dalle circostanze. Solo, in mezzo ad esseri che lo detestavano, restava a testa alta senza cedere… e lei lo aveva guardato in volto, scoprendolo fiero e misterioso, terribilmente malinconico, ma non spaventoso. Si scorse invitarlo a casa, dicendogli che non gli avrebbe fatto pagare nulla, prendendolo in giro – Vegeta-kun -, sottolineando il fatto che non avrebbe saputo dove andare… lo vide sbarrare gli occhi, incredulo, perdere quasi l’aspetto distaccato e sprezzante, addirittura arrossire, nell’udirla affermare che, però, non avrebbe dovuto metterle le mani addosso… Le aveva dato della rozza popolana, ma l’aveva seguita e nel suo sguardo… nel profondo di quel tormento, quasi invisibile, si era acceso qualcosa…
 
“Sei pronta?” chiese Dende.
“Lo sono” rispose lei.
 
Le grida si levavano alte nel cielo smeraldino di Namecc e la sua gente pacifica fuggiva davanti alla belva che aveva attaccato il villaggio. Vegeta. Nessuna esitazione, mentre uccideva a mente fredda adulti e bambini, massacrandoli con una violenza inaudita, impartendo loro il colpo di grazia con un’esplosione immane del ki. Il male nello sguardo spietato, nel cuore crudele il desiderio di diventare l’immortale padrone dell’universo. Lunghe scie di sangue gli sporcavano gli abiti da combattimento, come lacrime di morte, le mani intrise di carminio, il volto pallido segnato da profonde occhiaie violacee. Ma gli occhi neri del suo buio inferno portavano un dolore senza pianto, come di un odio che gli divorava l’anima, come la consapevolezza di una strada obbligata, marchiata a fuoco nella sua esistenza, priva di speranza. Una Sfera del Drago tra le mani, stretta come l’unica, l’ultima occasione, con l’espressione caparbia ed egocentrica di un ragazzino che ha perduto i sogni e non può fare altro che combattere e odiare, per non soccombere, la morte come unica alleata…
 
Bulma aprì le palpebre, esterrefatta, il respiro accelerato da quanto aveva saggiato, faticando a risorgere da quell’orrore assoluto.
“Mi dispiace…” mormorò il Namecciano.
Lei scosse la testa, serrando le mani una contro l’altra, le gambe che ancora tremavano.
“Tu… l’hai perdonato?” gli domandò, deglutendo.
“Sì” replicò il Kami “Non solo perché non ha mai espresso al Drago nessuno dei desideri egoisti che aveva in mente e neppure perché sulla Terra è cambiato radicalmente e neanche perché poi ha salvato più volte l’universo…”
“Perché tutti meritano una seconda occasione, vero?” concluse lei.
Il giovane annuì e lei lo fissò.
 “L’avrei fatto anch’io…” disse.
“Bulma…” sorrise Dende “Ma proprio tu sei stata la prima a farlo…”
 
Vegeta vide da lontano la moglie rialzarsi ed interruppe l’allenamento, levandosi a sua volta in piedi. Anche Goku si riscosse e si mise eretto con una capriola, in attesa di notizie. L’espressione mortificata di Dende lasciava, tuttavia, pochi dubbi sull’esito della pratica.
La ragazza si avvicinò, lo sguardo luccicante sul principe dei Saiyan, che l’aspettava, apparentemente impassibile. Bulma giunse a un passo da lui e Vegeta scorse con stupore le lacrime che le brillavano negli occhi: ma, prima che potesse aprire bocca, lei gli gettò le braccia al collo, nascondendo il volto contro la sua spalla.
Vegeta si irrigidì, sentendosi sgradevolmente al centro dell’attenzione per via di quella pubblica manifestazione d’affetto.
“E-ehi…” balbettò, trascinandola a distanza e celandosi dietro una delle colonne del santuario, accompagnato dalla risatina goduta di Kakarott e dalle occhiate curiose degli altri.
Le sollevò il viso, lasciandosi cingere, pensando che la moglie fosse giù di morale per il tentativo non andato a buon fine.
“Piccolo sostiene che l’effetto della guarigione mistica può essere differito…” le disse.
“Lo so…” rispose lei, stringendolo più forte.
“Perché stai piangendo, allora?”
“Perché ho visto Namecc…”
Il principe sussultò e distolse lo sguardo, in preda allo sconforto. L’assassino che era stato, che non negava, ma che era morto da tempo e che tuttavia fluttuava ancora nelle memorie lontane. Una vecchia storia che faceva incredibilmente male.
“Allora perché mi abbracci? Non ne hai motivo…” mormorò con profonda mestizia.
“Perché ho recuperato una parte di te…”.
Lui le scoccò un’occhiata colma di tristezza. La parte peggiore, quella di cui si era liberato, combattendo contro se stesso, solo per amore.
“L’hai detto tu: ci siamo mossi anche attraverso il tuo passato e, nonostante ciò, ci siamo innamorati. Non posso permettermi di perdere nulla di te… ogni tuo frammento, qualunque cosa mi racconti di te, mi è prezioso”.
Gli occhi scuri di Vegeta iniziarono a splendere d’emozione, come diamanti notturni.
“Piango perché, anche se non ricordo nulla, ho capito com’è iniziata fra noi, dopo, sulla Terra… e ne sono felice”.
“Quindi, neppure questa volta hai paura di me…”
“No…Ti ho mai spiegato il motivo?”
Lui annuì e le accarezzò la guancia con le dita, la guardò, sfavillante di passione, incerto su cosa fare, per non perdere la donna che era la sua certezza, che lo ricordava solo attraverso gli occhi altrui. Bulma comprese il suo impasse.
“Se non sbaglio, mi hai detto che sono rozza e volgare…” ridacchiò.
“L’ho detto, ma…” arrossì lui impacciatissimo.
“Allora non ti stupirai di certo della mia impertinenza, considerando che, anche se siamo sposati, in questo momento è come se non ci conoscessimo…”
“Impertinenza? In merito a cosa?”.
Prima che potesse domandare altro, la ragazza si sollevò sulle punte e lo baciò sulla bocca, causandogli un brivido, che si tramutò in una stretta irruenta e priva di ritegno. Le labbra di Vegeta risposero alle sue, in un contatto intensamente cercato, nel quale il tentativo di trattenersi ebbe scarso successo, nonostante i propositi. Si arrestò, consapevole di non dover passare la misura, sollevandola tra le braccia, contro il muro. Sogghignò.
“Questo per che cos’era?” le domandò.
“Per i tuoi occhi…”
Il principe la fissò, arrossendo leggermente. Gli aveva sempre detto di essere schiava del suo sguardo, nei momenti in cui la stringeva tra le braccia e il tempo evaporava sulla loro pelle nuda e sui loro baci incandescenti, scivolando via tra le loro dita intrecciate e in mezzo ai loro respiri confusi, lasciandoli soli al loro inestinguibile desiderarsi, con la musica dei loro cuori ad accompagnarli mentre facevano l’amore ogni notte, dal primo giorno in cui si erano arresi l’uno all’altra, per sempre. Non ne avrebbe permesso la fine. A costo di pronunciare parole che di norma non gli avrebbero estorto neppure sotto tortura.
“Anche se non rammenti, non hai perso la tua abitudine di sfidarmi” le disse.
“Quindi, ero provocante con te anche dieci anni fa?”
“Parlerei più di piano perfetto” ribatté il principe piuttosto divertito “Con una differenza”
“E quale?”
“Che in passato ero più allenato a resistere, sebbene abbia sempre apprezzato in silenzio questo tuo lato insopportabilmente insolente”.
“Perché me lo confessi, invece, questa volta?”
Lo sguardo di Vegeta si fece ardente e appassionato. Serio e disperato.
“Quando mi hai sposato, lo hai fatto perché mi volevi tanto quanto io volevo te. Non mi serve nascondere ciò che ora è palese”.
Quella dichiarazione diretta e sicura la colpì allo stomaco con la forza di un maglio, non solo perché era la prima che ricordava di aver ricevuto, sebbene a posteriori, ma perché l’uomo che l’aveva proferita possedeva un orgoglio incommensurabile e lo stava ricacciando indietro per non lasciarla distante da lui.
“Mi hai visto su Namecc” continuò lui accigliato “Se sono cambiato, è stato solo perché tu mi hai amato e io ho amato te con tutto me stesso…”
Le iridi blu di Bulma sfavillarono di commozione. Lui le strinse forte la mano.
“Ora e per sempre. Ma tu…”
“Vegeta…”
“… tu non puoi obbligarti a farlo. Adesso tu per me non provi nulla, perché mi hai conosciuto ieri e non potrebbe essere diverso”.
“Vegeta, non…”
“Non negare, non voglio compassione”.
“Non sto negando! Non è vero che non sento nulla! Io… io non riesco a capire cosa provo!”
“Tu no, ma io l’ho compreso da come…”.
La ragazza si raggelò. Poi contrattaccò, dimenticando le lacrime che stavano salendo.
“Che cosa?!” esclamò “Io non ho mai baciato un uomo! Non a quel modo! L’ultimo bacio che ricordavo, prima di ieri, era quello tra due stupidi ragazzini! Hai detto bene, ti conosco da un giorno! Scusa se ti sono sembrata un po’ tesa! Non significa che tu mi sia indifferente!”
Il principe spalancò gli occhi davanti allo sfogo della donna che era sua e che riconosceva con sollievo nel tono concitato, nel tenergli testa, nel ribattere ostinatamente ogni sua dannata affermazione. Nel suo cuore affranto si riaccese una scintilla di speranza. Sganciò un sorriso di sbieco al suo indirizzo, arrestando l’indiscriminata fuoriuscita di opposizioni.
“Si può sapere cos’è quell’aria divertita?” continuò lei.
Vegeta l’afferrò nuovamente, facendola trasalire e iniettandole uno sprazzo di memoria.
 
“Vai ad allenarti nella gravity room?”
“Come ogni giorno, lo sai”.
“Non hai dimenticato qualcosa?”
Un lampo nel suo sguardo. Il viso sul suo, le mani calde sui fianchi, la bocca sul suo collo e dietro al suo orecchio, il cuore pulsante e furioso, il suo sentore sulla pelle…
“Dici che basta fino a stasera?”
 
“Sappi che, dieci anni fa, ho apprezzato anche la tua sconsiderata mancanza di misura nelle parole che mi rivolgi, nonostante le mie possibilità di tapparti seriamente la bocca” rispose.
“Indubitabile…” commentò lei, trattenendo il respiro.
“Ti aiuterò a ricordare, Bulma…Non perderò, lo giuro”.
Si guardarono per un interminabile istante.
“Andiamo” le disse, sciogliendo l’abbraccio “Dobbiamo evocare Shen-Long”.

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Capitolo 4
*** Evocationis ***


Evocationis
 
Quando Kakarott li depose alla Capsule Corporation, Vegeta ebbe un moto di fastidio, scorgendo da lontano i nuovi arrivati. Krilin non lo disturbava affatto, in verità: anzi, gli era quasi simpatico, perché sapeva essere corretto e discreto. Era una persona insicura, diversa da lui, ma al momento opportuno non mancava mai di mettersi in gioco. Yamcha, invece, riusciva a irritarlo costantemente sia per la sua mancanza di cervello sia per la sua inspiegabile presunzione: era un vigliacco, capace solo di alzare la cresta e di battersela davanti al pericolo. Non fosse stato per Bulma, che lo considerava un amico, nonostante fosse in realtà il suo ex, l’avrebbe sbattuto fuori di casa per un viaggio di sola andata. Già durante l’amichevole di baseball tra il Sesto e il Settimo Universo, si era trattenuto dal conficcargli una palla nella spina dorsale, per non essere squalificato. Gli piantò in faccia uno sguardo torvo, che non lasciava dubbi sul suo indice di gradimento e si diresse al laboratorio per prendere le Sfere del Drago.
“La notizia si è diffusa!” commentò Goku, salutando i compagni.
“Come stai, Bulma?” domandò Krilin con sincera apprensione “Tua madre ci ha raccontato dell’incidente per telefono e siamo venuti per renderci utili”.
“Dende è riuscito a guarirti?” chiese Yamcha.
La ragazza sospirò, scuotendo il capo.
“Niente da fare. Sto bene, ma non riesco ancora a rammentare. Gli ultimi ricordi risalgono a quando ancora non sapevamo nulla di Saiyan e Goku ci sembrava solo un po’ strano!”
“Come strano… Io?” brontolò il giovane, indicandosi, per nulla convinto.
Tutti risero, allentando l’atmosfera poco serena del momento.
“Accidenti, che brutta sensazione deve essere!” commentò il piccolo guerriero “Quindi, di fatto, non conosci né mia moglie C18 né nostra figlia Maron. A saperlo, le avrei portate qui. La nostra storia è un po’ movimentata, ma raccontarla potrebbe esserti d’aiuto. C18 è una cyborg, era nostra nemica una volta…”.
“Come volevasi dimostrare…” sorrise Bulma, riferendosi al fenomenale potere di Goku.
“Vegeta come l’ha presa?” continuò Krilin.
“Immagina che C18, di colpo, non riesca più a riconoscere né te né Maron e non sappia nulla di voi” ipotizzò lei “Non lo dà a vedere, ma sono certa che per lui sia un supplizio”.
“Puah! Stiamo parlando di Vegeta!” commentò Yamcha, alzando le spalle con cinismo “Non è uno a cui importa molto degli altri…”.
“Ma che dici!” lo rimproverò Krilin “Forse anni fa, ma ora non è così…”
“Bah, io credo che il lupo perda facilmente il pelo, ma non il vizio…”
Bulma corrugò la fronte: senza potersi dare una ragione, quello sparare a zero sul principe, che di fatto non conosceva, le aveva provocato un moto di collera.
 
“Io sono la moglie del principe dei Saiyan. Un uomo arrogante, caparbio e forte, che non mostra nulla di sé per orgoglio. Perché non ha bisogno di provare il suo amore davanti agli altri per accertarne l’esistenza…”
 
“Guarda che ha onestamente ammesso di avere cominciato male…” replicò seccata.
“Male?!” esclamò il giocatore di baseball, quasi soddisfatto da quell’occasione di rivalsa “Ci ha ammazzati tutti senza fare una piega, ha giurato vendetta contro Goku, non ha esitato a perseguire sempre i suoi interessi personali a discapito degli altri, ha più volte dimostrato di fregarsene di te e di Trunks… addirittura ti ha piantata in asso con il bambino appena nato per andare chissà dove! Si è persino fatto possedere da un Majin per diventare più potente e ha fatto fuori almeno duecento persone in un colpo, all’ultimo Tenkaichi… No, mi spiace, io non credo alle favole a lieto fine!”
La ragazza impallidì e sgranò gli occhi, sentendo il respiro accelerare per l’angoscia.
“Ehi, Yamcha…” borbottò Goku, piuttosto rabbuiato “Non ti sembra di esagerare un po’? Guarda che Bulma non ricorda nulla, detta così sembra che abbia sposato un mostro assetato di sangue…”
“Già. Non è corretto, soprattutto in sua assenza.” intervenne Krilin “Non hai aggiunto che ci ha salvati molte volte, una a costo della vita e l’ultima poche settimane fa, contro Zamasu. È cambiato radicalmente, ha tenuto testa al dio della Distruzione per proteggere la Terra e ci ha difesi da Freeza! Inoltre, anche se in passato si è macchiato di azioni e scelte abominevoli, non possiamo conoscerne a fondo le ragioni. Sicuramente, Bulma le sa… ehm, sapeva… oh, beh…scusami, Bulma”
La ragazza rimase immobile, raggelata dalle descrizioni appena ascoltate: una così corrispondente alle vicende di Namecc, l’altra così difficile da centrare… Vegeta non le aveva detto “Sì, ero un bastardo, ma poi vi ho salvati ripetutamente, perciò ho diritto alla cancellazione dei debiti” e neppure “Ok, ho ammazzato migliaia di persone per lavoro, ma ora non pensiamoci più, amici tutti”. Ricordava le sue parole, il suo sguardo devastato. Aveva ammesso con dolore di essere stato un assassino. Non aveva negato la responsabilità delle sue azioni passate, non aveva mentito. Le aveva confessato di essere cambiato per amore e basta. Di essere morto per lo stesso motivo. Che non avrebbe mai smesso di amarla, che avrebbe combattuto per lei, per restituirle loro due. Aveva visto come, la sera dell’incidente, aveva preso Trunks per mano, come lo aveva tranquillizzato con affetto, facendogli coraggio in silenzio. Come la guardava, senza remore, negli occhi…
“Visto che si parla di seconde occasioni” continuò Yamcha sarcastico, interrompendo le sue riflessioni “Forse il tuo vuoto di memoria ha uno scopo!”
“Macché” fece Krilin incredulo “Non puoi pensarlo davvero!”
“Di me ti ricordi, no?” chiese Yamcha.
“Mi ricordo” rispose Bulma, cercando di capire dove il suo ex stesse andando a parare.
“Beh, mi pare un indizio! Magari questa è la nostra seconda occasione, non trovi? In teoria, nel periodo a cui la tua memoria fa gli ultimi riferimenti, noi stavamo insieme!”
“Non lo dire…” borbottò Goku, battendosi la fronte col palmo.
“Di fatto, per te, noi siamo ancora fidanzati” rise come un idiota “Che ne dici, Bulma? Non potremmo riprovarci? È come se non ci fossimo mai lasciati, potremmo…”
La frase gli morì in gola. Si ritrovò sollevato a mezzo metro da terra, una mano d’acciaio che gli serrava il collo, con il pollice pericolosamente premuto sulla carotide. Vegeta. Veloce come il pensiero, silenzioso come la morte. Non era, tuttavia, la sua stretta formidabile a farlo tremare: era il suo sguardo. Fuoco e ghiaccio, furia e dolore nel nero orgoglioso delle sue iridi profonde. Le dita strinsero di più. Yamcha iniziò a rantolare e tentò vanamente di afferrargli il polso per liberarsi da quella morsa micidiale. Fu costretto ad abbassare le braccia, spasimando per un filo d’aria.
“V-Vegeta…!” balbettò Krilin terrorizzato.
Goku strinse i pugni, ma non si mosse. Negli occhi scuri un’espressione fiduciosa.
“Vegeta!” gridò Bulma atterrita “Lascialo andare!”
Il principe strizzò le palpebre, ma non allentò la presa. L’imprudente combattente terrestre divenne cianotico e sentì le forze venire meno. Restò immobile, rigido come un fuso, pervaso da un’atroce sensazione di paura.
“Vegeta!” ripetè Bulma con ansiosa urgenza.
“Se scriverai la mia biografia” sibilò il guerriero Saiyan “Ricordati di segnalare che non sono stato io ad ammazzarti. Sono bastati i Saibamen per un verme come te!”
“Ora basta, Vegeta, non vedi che non respira quasi più?” implorò Krilin.
“Silenzio!” ruggì lui implacabile, facendo saettare un’occhiata che raggelò il poveretto “Quanto al mio interesse per mia moglie e mio figlio… beh… non credo che siano affari tuoi” continuò, rivolgendosi nuovamente al primo “Ma visto che ci siamo, mi preme ricordarti che, se io non mi fossi allenato per diventare super Saiyan, rinunciando a tutto il resto, un decerebrato privo di orgoglio come te non sarebbe sopravvissuto a Cell, neppure nel buco in cui sei andato a nasconderti per non doverlo affrontare”.
Lo scaraventò a terra con violenza e il giovane prese a tossire, portandosi le mani alla gola, smaniando l’ossigeno, con le lacrime agli occhi per lo sforzo di inalare l’aria che gli mancava.
“Questo… dimostra solo…” boccheggiò “Che ho… ragione…”
“Oh, Yamcha…” sospirò Goku alzando gli occhi al cielo.
Vegeta si trasformò in super Saiyan, indirizzando il letale sguardo verde all’essere detestabile che si rotolava ai suoi piedi. Sogghignò. Krilin piombò seduto a terra con le gambe tremanti, prevedendo il peggio e interrogandosi sulla recondita motivazione che stava spingendo l’amico a bramare il trapasso, provocando il principe dei Saiyan.
“Come vuoi” concesse questi con un’espressione gelidamente divertita “Mostro, assassino, Majin… non mi interessa come mi definisci. Ma se ti trovo nuovamente a respirare troppo vicino a mia moglie o a spargere zizzania, non basterà una sua richiesta per salvarti da me”.
“Tu… sei solo un…”.
Vegeta tese la mano e caricò il Big Bang Attack. Goku scrollò la testa e continuò a non muoversi. Krilin chiuse gli occhi, attendendo l’esplosione.
“Vuoi tacere, Yamcha!?!” esclamò Bulma adirata, frapponendosi tra lui e il marito. Lo guardò severa. “È vero, ho un vuoto di oltre dieci anni, non rammento neppure la nascita di mio figlio… e questo dovrebbe farti comprendere il mio attuale stato d’animo! Non mi ricordo di Vegeta, so che non è sempre stato irreprensibile e lui non l’ha certo negato. Non so neppure perché l’ho sposato, anche se posso immaginarlo. Ciò che, invece, capisco benissimo è il motivo per cui ho lasciato uno come te!”
Il principe spalancò gli occhi, fissando la moglie e abbassò la mano, richiamando il ki; un leggero sorriso, privo di qualsiasi sarcasmo, gli si dipinse sulle labbra.
“Bulma, io…” ansimò il giocatore di baseball.
“Ricordo che ti chiamavano “iena del deserto”, Yamcha” proseguì lei “Un animale che si nutre di cadaveri. Se c’è qualcuno che non è cambiato, quello sei tu. Rimani un predone e un codardo. Mentre tutti sono venuti per aiutarmi, tu non hai fatto altro che mettere in cattiva luce l’uomo che ho scelto, cercando di rubarmi a lui in un momento in cui non ho gli estremi per darti torto. Vergognati!”.
Krilin aiutò l’amico malandato a rimettersi in piedi, squadrandolo con aria di rimprovero e tirando un sospiro di sollievo. Certo che come faceva le ramanzine Bulma… gli venne addirittura da ridere, ma si trattenne nel vedere l’espressione sconvolta del suddetto.
“E ora vattene!” sentenziò la ragazza, girandogli le spalle e allontanandosi.
Vegeta incrociò le braccia e incontrò lo sguardo d’intesa di Kakarott: il furbastro sapeva benissimo che non avrebbe fatto la pelle al pusillanime con le cicatrici, che si sarebbe limitato a farlo crepare di spavento e a scrollarlo un po’.
Chi!” soffiò, abbandonando la compagnia.
Goku si piegò leggermente, osservando i lividi bluastri che iniziavano a comparire sul collo di Yamcha: “Certo che te le vai proprio a cercare…” considerò con disapprovazione.
“Resto della mia idea!” borbottò lui.
“Sei anche libero di dare una craniata contro una roccia” aggiunse Krilin, con pari biasimo “Se C18 fosse senza memoria e tu la corteggiassi, credo che anch’io diventerei una belva, nonostante la mia indole mite”.
“Già” approvò Goku “Vegeta si è contenuto. Sei ancora vivo perché non è diventato Blue e perché è cambiato sul serio, al contrario di quanto pensi. Io non so se sarei riuscito a controllarmi come ha fatto lui, se qualcuno avesse insidiato la mia Chichi…”.
Yamcha divenne mogio, rendendosi tardivamente conto del suo pessimo comportamento.
“Pensate che Bulma non vorrà mai più vedermi?”
“Le passerà” disse Krilin allegro “Ma per un po’, è meglio che giri al largo”.
 
Vegeta si appoggiò a braccia conserte ad una delle sottili colonne del patio di pietra, prospicente al laghetto della Capsule Corporation, ancora furibondo per l’accaduto: quel brachicefalo era sempre tra i piedi e gli procurava un irrefrenabile prurito alle mani. Aveva compiuto uno sforzo immane nel contenere l’impulso di riempirlo di botte e lo avrebbe di certo fatto, pur senza ammazzarlo, se non fosse intervenuta Bulma. Sogghignò, ripassando la scena. Sicuramente, gli aveva procurato più danno lei, rovesciandogli addosso in termini poco eufemistici ciò che pensava, nel suo stile privo di mediazioni. Gli aveva impartito una lezione con i fiocchi e di certo il terrestre non sarebbe tornato tanto presto. In quanto a sé… si era sentito sollevato, anche se non aveva certo bisogno di essere difeso. Ma lei era intervenuta con rabbia, pur non ricordando nulla, e quello non poteva che essere un segnale positivo.
Le Sfere del Drago scintillavano al sole a pancia in su, mostrando le eterogenee stelle color rubino, appoggiate sul tavolo: era giunto il momento di evocare Shen-Long.
Percepì la sua presenza e si voltò, senza muoversi, lo sguardo severo e fermo su di lei.
“Se sei qui per la seconda parte della paternale, puoi risparmiartela” le disse secco.
Bulma sorrise, porgendogli una bibita fresca e si sedette all’ombra, fissando la piccola distesa d’acqua limpida. Vegeta aprì la lattina.
“Sono venuta per farti i complimenti per il self control” rispose “Il fatto che tu non gli abbia spezzato l’osso del collo dimostra che sei veramente differente dalla persona descritta da Yamcha. È venuta voglia persino a me di strangolarlo… conta che non ho mai ammazzato nessuno e neppure elaborato perfidi piani di conquista!”.
Vegeta sgranò gli occhi, stupefatto, ma si schermò dietro all’innata altezzosità.
“Non ho bisogno neppure di consolazione!” sottolineò “Quell’idiota è stato eccessivamente sintetico e soggettivo, è vero, ma non ha proferito totalmente il falso”.
La ragazza aggrottò la fronte e si avvicinò, arrestandosi a un passo dal marito, osservando la sua espressione imbronciata e apparentemente distaccata. Lo afferrò a sorpresa per la candida corazza elasticizzata, facendolo trasalire.
“E di che cosa avresti bisogno, principe dei Saiyan?”
Vegeta le rivolse un’occhiata intensa, così chiara che sarebbe stata sufficiente a spiegare tutta la loro misteriosa storia d’amore. Si liberò della mano di lei con una mossa fulminea e altrettanto rapidamente la strinse nella sua, le dita libere che si appoggiavano alla guancia di lei in una carezza incredibilmente delicata. Non rispose.
“Avresti potuto dominare la Terra e forse l’universo intero, raccogliere quelle Sfere e desiderare il ritorno dei Saiyan, diventandone di diritto il sovrano, chiedere a Shen-Long l’immortalità o semplicemente di farti ricrescere la coda. Nessuno ti avrebbe ostacolato, lo so. Mia madre mi ha riferito che Goku, l’unico che è in grado di tenerti testa, è rimasto morto per anni: avresti avuto la possibilità di realizzare tutto ciò che avevi minacciato. Invece sei restato qui, con me e Trunks e non hai mai chiesto nulla. Questa è la prima volta che chiami il Drago. Perché, Vegeta?”
Il principe fece brillare su di lei due occhi incredibilmente malinconici, ma ammantati di una ferrea sicurezza e di una sincerità priva di incertezze. La attirò lievemente a sé, stringendola contro i muscoli d’acciaio inguainati nella dogi blu. La mano destra salì tra i suoi azzurri capelli, tagliati corti, e Bulma sentì il cuore impazzire per la sua vicinanza, urlarle che quell’uomo la amava senza condizioni, anche se lei stava annaspando nell’inchiostro torbido dell’assenza del vissuto. Appoggiò il viso alla sua spalla e assaporò quel contatto legittimo, che tuttavia aveva il sentore del proibito. Chi era lui veramente?
 
“Hai osato toccare la mia Bulma? Come ti sei permesso!! Ora andrai all’inferno, non mi interessa se sei una divinità!”
 
Lo sentì prendere fiato e comprese che per Vegeta era terribile abbracciarla senza poterla toccare davvero, amarla senza poterlo esprimere, sentirla nel ki senza che fosse realmente la donna che aveva scelto per l’eternità.
“Sei tu l’unico custode dei nostri ricordi” gli sussurrò “Quelli veri, solo miei e tuoi. Ti prego…”.
Vegeta capitolò e chiuse gli occhi, contro di lei, forzandosi a parlare, perché lo aveva giurato a se stesso, perché era un Saiyan e non mancava di coraggio. Perché la amava.
“All’inizio, forse, perché non ho avuto occasione di impossessarmi delle Sfere… Poi, ho pensato che avrei preferito superare Kakarott con le mie forze, non grazie a un desiderio di facile attuazione. Se non mi fossi comportato come il guerriero che sono, ne sarebbe andato del mio onore. Ho sempre affrontato gli ostacoli combattendo, senza l’aiuto di nessuno. Ho creduto davvero che la ragione fosse puramente questa. Ma poi…”
Bulma chiuse gli occhi, ascoltando la sua voce bassa e vibrante di emozione, sentendosi rimescolare nel profondo, avvertendo, a sua volta, quella risolutezza che la convinceva più che mai a mettersi in gioco per riavere se stessa. Per riavere lui con consapevolezza e non per sentito dire.
“Poi, quando Mirai Trunks ha eliminato quel dannato Freeza, Kakarott è morto e la Terra è rimasta in pace, intorno a me si è creato un silenzio che non avevo mai sperimentato, sommerso com’ero dal clamore della battaglia e dalle grida di vendetta che rimbombavano nella mia anima. Ho riconosciuto le ombre sinistre della mia vita, le ho fissate in volto e mi sono sentito sferzare per la prima volta dal gelo che percuoteva la mia esistenza. Ero prigioniero senza rendermene conto, quello era il vero oltraggio al mio orgoglio: la scelta per eccesso, che mi aveva portato ad arrampicarmi su inutili salite e a cadere nel momento sbagliato. Mi vantavo della mia disumanità e tutte le lacrime, che non ho mai pianto, stagnavano nella mia anima, facendola marcire… ma c’eri tu, Bulma, e una parte di me ha realizzato quanto mi stavi rendendo felice, anche se all’inizio mi sono tenuto distante e ho cercato di fuggire dall’amore che mi era nato dentro. Tu non hai rinunciato, hai continuato a darmi te stessa senza pretendere niente, sei riuscita ad accettare tutto di me, mi hai perdonato quando ho fallito e persino quando sono sceso miseramente in basso…Quei desideri hanno perso di significato. Non hanno alcun senso per me”.
Il nodo alla gola della ragazza si sciolse in gocce salate: non rammentare, costringerlo a raccontare era un’urticante ingiustizia, una penitenza inaccettabile, cui si stava sottoponendo nuovamente, per amore suo.
“Sono diventato un super Saiyan dal cuore puro, ho salvato il pianeta da Majin-Bu assumendomi le mie responsabilità, ho riconosciuto Kakarott come guerriero della mia stirpe, ho liberato il presente e il futuro da Zamasu, ho raggiunto il potere divino e superato i miei limiti… ma non è stato tutto questo a farmi smettere di fremere, a darmi la quiete interiore, la serenità. È stato sufficiente un tuo bacio. Il primo che hai posato sulle mie labbra, anche te se lo confesso ora che non puoi rammentarlo”.
“Vegeta…”
“L’unico desiderio è questo: che tu ricordi quel bacio, poiché grazie ad esso io sono l’uomo che vedi. Tutto il resto non ha importanza. Non sono riuscito ad aiutarti, restituirti il passato va oltre i miei poteri. Per questo ho radunato le Sfere, per questo chiederò al Drago di riportartelo e metterò all’angolo il mio orgoglio. Solo per te”.
“Oh, per le stelle…” sospirò lei piangendo “Ti ho creduto, quando mi hai detto di non essere molto portato per i discorsi…”
Il principe sorrise, ricacciando indietro la commozione, per non ammettere la vulnerabilità che sentiva, per non lasciar trasparire l’immenso vuoto che lo stava attanagliando, per non darle un’ulteriore preoccupazione.
“La formula per evocare Shen-Long la conosci” le disse.
“Sì. Ma voglio restare ancora un istante tra le tue braccia”.
 
“Non permetterò a nessuno di distruggere questo mondo! E neppure il futuro! Dio o mortale, dovrà vedersela con il principe dei Saiyan!”
 
Goku li sorprese in quella posizione. Vegeta aveva percepito la sua vicinanza, ma non se n’era curato. Lo guardò e bastò tanto per evitargli qualsiasi commento fuori luogo.
“Ehm…” borbottò il giovane, sfregandosi la nuca “Scusatemi tanto, sono venuto a chiedervi se posso utilizzare un desiderio per far resuscitare Kai-Oh del Nord. L’ho promesso e non vorrei mancare anche questa volta alla parola data”.
“Nessuna obiezione, Kakarott” garantì il principe.
Bulma aprì le mani sulle sette Sfere e pronunciò la frase rituale.
“Appari, Shen-Long, ed esaudisci i miei desideri!”
Le Sfere divennero sette piccoli soli e levitarono in alto, componendosi in una lunga lama di luce. Nubi caliginose si radunarono da oriente e da occidente, eclissando il cielo, inghiottendo il chiarore del giorno. Il vento si alzò, soffiando dai quattro punti cardinali. Rapide folgori si abbatterono al suolo per elevarsi nuovamente, trasformandosi in una sagoma sinuosa e gigantesca. Shen-Long prese corpo, distendendo le spire ricoperte da lucide scaglie verdi, librato in aria in curve volute che scoprivano l’addome dorato. Gli occhi simili a granati si accesero di fiamme, mentre spalancava le fauci, irte di denti aguzzi, e i lunghi baffi gialli si mossero ondeggiando.
“Eccomi”.
La voce cavernosa rimbombava come un tuono ed echeggiava per la volta celeste: l’immane divinità era una visione già sperimentata, ma aveva sempre un effetto sorprendente.
“Due desideri sono già stati espressi quest’anno, ve ne rimane uno soltanto”.
“Ah, già…” borbottò Goku, memore della situazione imbarazzante di pochi mesi prima, quando una marea di gente aveva tentato di parlare al dio Drago, che se n’era andato per superamento del limite di tempo concesso “Anche questa volta Kai-Oh rimarrà deluso…”.
Bulma sollevò il viso e pronunciò a voce alta:
“Drago Shen-Long, ti prego, restituiscimi la memoria!”
La creatura gigantesca rimase immota, le fessure infuocate delle orbite rivolte al suolo, e si circonfuse di un bagliore splendente, mentre operava la magia destinata a far avverare qualsiasi tipo di richiesta da lui realizzabile.
Scosse le robuste corna ramificate, aggrottando cupo la fronte irsuta.
“Mi dispiace, non posso farlo. I ricordi che chiedi indietro sono già nella tua mente”.
“Come!?” gridò la ragazza esterrefatta “Ma io non riesco a rammentare nulla!”.
 “Cosa stai dicendo, Shen-Long!!” ruggì Vegeta fuori di sé, rivolgendosi rabbiosamente all’essere superiore, serrando il pugno verso l’alto “Che razza di storia è mai questa!? Esigo una spiegazione!”
“Questa è una situazione incomprensibile, che va aldilà dei miei poteri” replicò la divinità, abbastanza provata dalla temibile esplosione d’ira del principe.
“M-ma Shen-Long…” intervenne Goku, tentando di appianare l’insorgente conflitto “Non potresti neppure dirci come aiutare Bulma?”
“Sono desolato, ho provato anche a schiarire la sua mente, ma non è valso a nulla…”
“Quindi non servi a niente!!” tuonò il principe esasperato.
“Ehm… Vegeta, non esagerare…” pregò umilmente Goku “Shen-Long sicuramente ha tentato l’impossibile. Se dice che non riesce a ricollegare i ricordi di Bulma alla sua memoria, evidentemente il problema è più complicato di…”
“Questo è palese, Kakarott!” ribatté lui furente.
“Ora basta” ordinò Bulma con calma “Ho comunque diritto ad un altro desiderio, vero?”
“Certo, domanda pure” echeggiò il Drago, un po’ offeso.
I due guerrieri si fissarono dubbiosi, arrovellandosi su che cosa avesse in mente la geniale scienziata. Goku allargò le braccia. Vegeta aggrottò la fronte.
“Allora, ti prego, restituisci la coda a questi due Saiyan!”
Il primo pensò di avere inteso male e il secondo spalancò gli occhi, stentando a realizzare.
“Ok! Niente di più semplice!” affermò il Drago sollevato, congiungendo pollice e indice dell’affilato artiglio destro.
Prima che potesse aprire bocca, il principe avvertì una scossa lungo la schiena e uno strappo al fondo della spina dorsale: una lunga coda scimmiesca spuntò dagli aderenti pantaloni blu, causandogli un sussulto.
“Ahio!” esclamò Goku, parimenti incredulo, percependo il peso dell’appendice sull’osso sacro e tirandola su con le mani per guardarla più da vicino.
“E’ ora che vada. Addio!” proclamò Shen-Long, muovendo il corpo sinuoso.
Un’onda di luce accompagnò la scomparsa della creatura, mentre le Sfere si separavano con uno schiocco, piroettando in sette direzioni diverse, tramutate in pietre tondeggianti e inutilizzabili per dodici mesi.
Vegeta avvolse la coda intorno alla vita sottile, come era uso presso i guerrieri saiyan, e si girò verso la moglie, sollevando un sopracciglio.
“E’ un modo per tenermi a casa nelle notti di luna piena o sei curiosa di vedermi diventare oozaru?” le domandò con un sogghigno.
Goku, intanto, faceva oscillare la sua a destra e a sinistra per prendere confidenza, come quando era ragazzino, osservandone i movimenti.
“Accidenti” brontolò “Io non sono capace di controllarmi, quando divento uno scimmione! Ho combinato solo dei disastri in quella forma! E poi Chichi si arrabbierà per questa novità…”
“Idiota…” ringhiò Vegeta tra i denti.
“Avete cercato di aiutarmi in tutti i modi” spiegò Bulma “Ho voluto fare qualcosa per voi. So come ci si sente, quando ti manca qualcosa di tuo…”
Il principe incrociò le braccia e i suoi occhi divennero nuovamente tristi a quelle parole: intercettarono il riflesso del sole, rivelando la sensazione di impotenza che lo faceva ribollire nel profondo.
“E ora che si fa?” sospirò Goku “Né Dende né Shen-Long sono riusciti a cavare Bulma dall’impiccio… suggerisco di provare con gli dei Kai-Oh…”.
“No, Kakarott. È ora di finirla.” obiettò Vegeta “Andremo direttamente da Lord Beerus. Sono certo che Whis possiede la facoltà di guarire Bulma. E se così non dovesse essere, domanderemo il consenso per richiamare il Drago degli dei”.
“Oh…” fece il Saiyan in arancione, sbattendo le palpebre “In effetti è meglio evitare altre tappe intermedie. L’Hakaishin è il dio più potente che conosciamo, escluso Zen-Oh…Pensavo che non volessi portare Bulma dal Sommo Kai perché è un maniaco…”
Chi!” sbuffò il principe piccato “Pensa piuttosto a non fissare il plenilunio! Mi toccherà insegnarti a governare la mutazione in oozaru, come con i mocciosi e come se non avessi altro da fare!”
“Dai, Vegeta” rise Bulma, mentre si dirigevano tutti e tre verso gli edifici della Capsule Corporation “La luna piena è appena tramontata, hai tempo fino al mese prossimo…”
“E poi io faccio presto ad imparare!” sghignazzò Goku allegro.
“Come no! Sarà una passeggiata!” replicò il primo cupo “Inizia a non trascinare in quel modo inguardabile la coda, Kakarott!!” gridò.

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Capitolo 5
*** Fabula ***


Fabula
 
“Mamma!” esclamò Trunks, correndole incontro con un sorriso aperto “Come stai!?”
“Sto bene tesoro, ma dobbiamo avere ancora un po’ di pazienza. Domani andremo da Lord Beerus, mi hanno detto che è molto potente. Tu lo conosci?”
“Sì!” disse il ragazzino, mentre l’espressione speranzosa lasciava il posto alla delusione e alla preoccupazione “Da quando si è risvegliato, viene sempre qui ad ingozzarsi di cibo e talvolta gioca con me e Goten ai videogiochi. Quando perde, si arrabbia tantissimo…”.
“Santo cielo…” considerò Bulma disillusa, scuotendo la testa “Siamo sicuri che un personaggio del genere sia affidabile?”
“Per niente” commentò Vegeta “E’ il suo tenshi, Whis, che potrebbe avere la soluzione”.
“Mmh…” mugugnò Goku “Dovremmo pensare a quale piatto prelibato portare lassù o né lui né Whis ci daranno udienza…”
“Anche ingordo…” aggiunse la ragazza con un sospiro “A quello ci penso io, nessun problema. Preparerò un okonomiyaki da leccarsi i baffi!”
“Già…” fece Goku, poco concentrato sulla metafora “In fondo, assomiglia a un gatto, si leccherà di certo… Ah!! Ricordati di non rispondergli male e di non contraddirlo! La prima volta che l’hai incontrato, l’hai mandato al diavolo con uno dei tuoi ceffoni e lui te l’ha restituito. Vegeta si è alterato di brutto! Ho creduto che andasse in berserk, non l’ho mai visto così fuori di sé. Ha addirittura gridato “la mia Bulma!” davanti a tutti, prima di attaccarlo a rischio della pelle!”.
“Insomma, Kakarott!” esclamò il principe, arrossendo “Il concetto è chiaro!”
Bulma osservò il marito: tanto temerario e orgoglioso nel carattere, tanto timido con le esternazioni e le emozioni. Sorrise. Era così, non aveva bisogno di spiegare nulla, i suoi occhi intensissimi e le sue azioni parlavano per lui, rivelandole che stava impiegando tutto se stesso per riaverla. Il problema era in lei… avrebbe dovuto concentrarsi maggiormente per riuscire a riguadagnare la memoria. Shen-Long aveva affermato che i suoi ricordi erano in qualche modo presenti e che, dunque, per deduzione, mancava una sorta di collegamento, che era stato bruciato, non trovava un altro termine, dalla scossa elettrica che si era presa il giorno prima.
“Va bene andare a scomodare il nostro capriccioso dio della Distruzione” asserì “Ma non potrebbe essere sufficiente un’altra scarica elettrica per la mia memoria?”
Trunks sgranò gli occhi, impensierito, comprendendo che la madre non stava scherzando.
“Ma sei pazza!?” enfatizzò Goku, dimenando la coda con veemenza “C’è mancato poco che andassi a visitare il castello di re Enma!”
“E’ fuori discussione!” ringhiò Vegeta.
“Non intendo affatto lasciarci la pelle!” protestò lei, caparbia “Uno di voi due potrebbe trasmettermi un’onda di energia spirituale, sotto forma di corrente…”
“Guarda che Vegeta ci ha già provato, mentre ti stava rianimando…” tossicchiò Goku, un po’ imbarazzato dalla presenza di Trunks “Se non l’avesse fatto, saresti morta”.
“Non ha certo usato il suo Final Flash…”
Vegeta si riscosse: “Tu come fai a conoscere il mio colpo più potente?”
“L’ho visto in uno sprazzo di ricordo. Quando mi succede, tu ci sei sempre…”.
Lo sguardo del principe si velò di malinconia. Non si sarebbe accontentato di restare suo solo nel mondo onirico e chiaroscurato di quelle visioni.
Lei lo fissò con una dolcezza infinita, ripromettendosi di mettere insieme tutti i pezzi del complicato mosaico che componeva quel guerriero così affascinante e controverso. Quell’uomo che aveva sposato, che aveva condiviso con lei il cuore, raccontandole del sentimento che li legava, che lei percepiva potente in sé, pur senza riuscire a darsene ragione. O meglio. Di cui iniziava a darsi chiara ragione.
Vegeta sollevò il viso, comprendendo il motivo della richiesta, sentendosi contemporaneamente ardente e ghiacciato, fiducioso e timoroso. Sospirò.
“Non se ne parla.”
“Ma…” obiettò lei, tutt’altro che rassegnata.
“E se io sbagliassi!? Se il mio ki ti uccidesse!?” gridò, furente e disperato.
Bulma spalancò gli occhi, avvertendo l’immenso sconforto in quelle parole.
“Ci penso io!” intervenne Trunks con decisione.
“Che?” fece Goku, che aveva seguito con partecipazione il battibecco.
“Non ho voglia di scherzare, Trunks!” lo rimproverò Vegeta.
“Non intendo usare la mia energia spirituale, papà” rispose il ragazzino “Voglio solo leggere alla mamma il mio libro preferito. Ho imparato a sillabare con lei lì sopra. Contiene tantissimi ricordi. Non posso stare qui senza far nulla! Sto impazzendo!”
“Oh…” esalò Bulma commossa. Senza esserne al momento conscia, aveva messo al mondo un vero Saiyan.
Lo sguardo adirato di Vegeta si addolcì all’istante e le sue labbra si distesero in un sorriso orgoglioso, mentre ascoltava le reali intenzioni del figlio. Gli posò la mano sulla spalla.
“Talvolta trascuro il fatto che sei un guerriero e hai il mio stesso sangue” gli disse, acconsentendo con un cenno del capo.
Al complimento, il bambino assunse il suo stesso sguardo fiero e combattivo, prendendo la madre per mano.
“Poi mi racconterete perché avete di nuovo la coda…” concluse, allontanandosi.
Vegeta sogghignò, osservando la sua famiglia sparire oltre la soglia.
Goku gli si approssimò, guardandolo sottecchi, con un sorrisetto compiaciuto.
“Che altro c’è, Kakarott?”.
“Mmh… allora anche tu ti commuovi, Vegeta…” cantilenò.
Chi!”
Per tutta risposta, il principe gli rifilò un violento strattone alla coda, facendolo sobbalzare.
“Ahioooo!! Mi hai fatto male!!” urlò Goku, massaggiandosi il didietro.
“E’ chiaro perché la devi smettere di far ciondolare la coda in quel modo indegno, Kakarott?”.
 
Bulma si distese sul letto, provata dalla faticosa giornata, con il figlio acciambellato contro lo stomaco; gli accarezzò i capelli chiari, sorridendogli.
“Assomigli così tanto a tuo padre…” gli disse.
Trunks si inorgoglì, gli occhi turchesi scintillanti, il libro colorato aperto tra le mani.
Mirai Trunks, il me stesso del futuro, è identico a papà. Quando si trasformano in super Saiyan di primo livello, sembrano gemelli! Spero di diventare come lui!” rispose felice.
 
“Non è cambiato nulla nel futuro! Ora come si giustifica, Lord Beerus? Trunks sta rischiando la vita in questo momento!”.
“Basta, Bulma! Dobbiamo sbrigarci! Non sprecare il tempo che nostro figlio ci ha garantito!”
“Hai ragione, Vegeta, ma…”
“Mantieni la calma. Cerchiamo una soluzione, subito. Io tornerò laggiù a salvarlo…”
 
Passato e futuro, altre visioni avviluppate e difficili da sciogliere, altra sofferenza causata da quella maledetta folgore, dovuta a chissà quale problema della gravity room.
“Dov’è ora Mirai Trunks?”
“È ripartito per un futuro migliore, con la mia… ehm, la sua fidanzata, Mai”.
“Ho costruito una macchina del tempo, quindi…” ragionò Bulma.
“Sì, mamma, ma Lord Beerus l’ha distrutta, dopo che Zamasu è stato sconfitto. È proibito viaggiare nel tempo persino agli dei. Per questa volta l’Hakaishin ha chiuso un occhio e non ci ha puniti, perché si è sentito in colpa per aver dormito troppo, lasciandoci da soli a fronteggiare mostri come Cell e Majin-Bu. Se così non fosse, sarei già tornato indietro per impedire il tuo incidente”.
“Grazie, tesoro” sospirò lei, appoggiata su un gomito.
Il ragazzino lisciò le pagine con la mano e inizio a leggere la storia con voce chiara.
 
“C’era una volta un principe tanto valoroso da desiderare per sé il mondo. Per la sua grande forza, però, aveva chiuso il suo cuore e aveva preso a dominare i suoi sudditi con il terrore. Nessuno osava avvicinarlo e contraddirlo, poiché erano tutti timorosi di incorrere nella sua ira mortale, dunque era rimasto totalmente solo.
Un giorno, mentre era in viaggio, assetato, si fermò a bere ad una sorgente. Una delicata fanciulla gli si fece incontro per attingere l’acqua, senza alcuna esitazione. Il principe si stupì di tanto ardire e si contrariò, perché la ragazza aveva iniziato a riempire la brocca, passandogli davanti senza omaggiarlo: “Come osi, donna, presentarti al cospetto del tuo signore senza la dovuta deferenza?” le domandò.
“Chiedo venia” rispose lei senza scomporsi “Ma sono cieca dalla nascita e non potevo sapere che eravate voi, finché non avete parlato con tanta arroganza”.
Il principe si sentì a disagio per la situazione e si stupì del fatto che la fanciulla fosse stata così temerariamente sincera, ma non abbandonò l’immagine caparbia di sé, continuando:
Nonostante questo, anche quando hai saputo che ero io, hai continuato per la tua rischiosa strada. Apprezzo la tua sincerità e ti ammiro, perciò ti condurrò con me alla reggia e questa notte ti farò diventare la mia sposa.”
La fanciulla non obiettò e si lasciò caricare sul possente cavallo da guerra. Durante il tragitto, nessuno dei due proferì una parola, ma il principe tornò ad avvertire un certo imbarazzo, poiché la giovane era il primo essere umano che gli stava accanto senza paura e che si era inaspettatamente fidato di lui senza ragione. Iniziò a pensare che, forse, una tale avventatezza era dettata dal fatto che non potesse vederlo. Forse era lo stesso motivo per cui lei non aveva mai smesso di sorridere, da quando l’aveva incontrato.
Quella sera, così come aveva affermato, il giovane sovrano impalmò la ragazza, destando non poca meraviglia nel suo seguito; tuttavia, nessuno ebbe l’ardire di recriminare. Alla cerimonia era presente anche una vecchia zia del principe, forse l’unica che gli voleva ancora bene, che possedeva poteri magici. Si avvicinò per le congratulazioni e offrì come regalo di nozze ai novelli sposi un desiderio a testa.
“Desidero che tu riacquisti la vista” comandò lui “Così potrai scorgermi in tutta la mia potenza e amarmi per questo”.
Negli occhi della giovane si riaccese la luce all’istante: lo fissò e divenne molto triste.
“Desidero che tu abbia un cuore” espresse lei “Poiché senza di esso non sarai mai in grado di comprendere l’amore che ti porto”.
Il principe scosse la testa davanti a un desiderio così stolto, considerando il fatto che lui il cuore lo possedeva già e lo sentiva battere, feroce e caparbio come gli piaceva.
Ogni notte che trascorrevano insieme, la ragazza gli raccontava qualcosa di sé e ascoltava le sue imprese guerresche, sospirando e replicando con parole tanto severe, che lo lasciavano di stucco. Era saggia e misteriosa, era un dono piovuto dal cielo.
Passò un anno e venne il giorno dedicato alla consueta battuta di caccia; il principe fece sellare un destriero anche per la moglie, che portava sempre con sé, e si diresse verso la foresta. Non poteva sapere che i suoi consiglieri avevano ordito, in quell’occasione, un complotto per ucciderlo e liberarsi per sempre della sua crudeltà.
L’arciere designato al regicidio attese che il principe scendesse da cavallo per controllare la sua preda, come concordato: incoccò la freccia piumata e la fece saettare veloce. Ma, un istante prima che la quadrella raggiungesse l’obiettivo, la fanciulla si frappose e ricevette lo strale mortale in pieno petto. Crollò a terra in una scia di sangue.
Il principe impallidì e prese tra le braccia la sposa, ormai languente, bagnandole il volto di lacrime, tentando inutilmente di salvarla.
Lei lo fissò con dolcezza infinita negli occhi e gli parlò: “Se io non avessi riacquistato la vista per il tuo desiderio, tu saresti morto e se tu non avessi riacquisito il cuore grazie al mio, ora non staresti piangendo per amore. È quando scegliamo di vivere da egoisti, che la nostra esistenza non ha senso. Ho accettato di diventare tua moglie, poiché nel buio ho imparato a leggere l’anima e non l’apparenza, perciò ho percepito che la tua era triste e sola ma non malvagia. Per questo, ora che provi sulla pelle l’amore e la sofferenza della privazione, sii magnanimo e guida il tuo regno con giustizia”.
Il giovane continuò a piangere, devastato dal dolore, gridando al cielo che avrebbe volentieri dato la sua stessa vita e il suo trono per riavere l’unica cosa importante, ben conscio che sarebbe stato impossibile tornare indietro.
Invece, una fata della foresta, commossa da un amore così altruista, soffiò la vita nel corpo della fanciulla esanime, che riaprì gli occhi. Il principe, incredulo, rese grazie a tutti gli dei e prese la donna che amava tra le braccia, caricandola sul cavallo, come nel giorno in cui l’aveva incontrata. Sparì con lei per sempre, abbandonando il regno che aveva conquistato con la violenza. Tutti coloro che li incontrano affermano con certezza che stanno vivendo felici e contenti”.
 
Trunks chiuse il libro e diede il bacio della buonanotte alla madre, che si era assopita accanto a lui, ascoltando quella storia così emblematica. Il ragazzino spense la luce, lanciandole un’ultima occhiata affettuosa, come faceva lei quando era piccolo, e uscì dalla stanza in punta di piedi.
Seduto sul davanzale della finestra, celato dalla spessa tenda che ondeggiava alla brezza notturna, Vegeta diresse lo sguardo verso le stelle, mentre lasciava rifluire il ki, che aveva trattenuto per non farsi individuare dal figlio e nei suoi occhi scuri luccicarono lacrime d’amore puro.
Le nascose con la mano e scese a terra in silenzio, sfilandosi la corazza bianca e oro, gli stivali e i guanti; si avvicinò al letto e sollevò le lenzuola, coprendo la moglie con accortezza, per non svegliarla. Bulma si mosse girandosi sulla schiena.
“Mmh… Vegeta…” mormorò nel sonno profondo.
Il principe sorrise nel sentirsi chiamare e si distese accanto a lei, sostenendosi con il braccio, slegando la coda dalla vita e osservandola dormire tranquilla. Il cuore in tumulto non gli avrebbe consentito un riposo altrettanto quieto.
“Vegeta… tu… mi ami?”
Anche quella notte lui era presente nei suoi sogni.
Eieni t’iimade…” sussurrò in lingua saiyan, posando un bacio leggero sulle sue labbra dischiuse. Infinitamente sempre.
 
Bulma aprì gli occhi e fece mente locale: era riposata e serena, tutti si stavano curando di lei e si sentiva appagata da tanta benevolenza, nonostante avvertisse sempre l’artiglio spietato che le celava i ricordi. Si concentrò, respirando con regolarità, per provare a richiamare a sé qualche scheggia del passato. L’immagine giunse come una cascata.
 
Da quando hai combattuto contro Majin-Bu, sei diverso…”
“Quante storie, sono sempre io…”
“Non so come dire, Vegeta… sei più…”
Hah. Falla finita adesso…”
 
Lui era arrossito e si era girato per l’osservazione, che lo toccava sul personale, perché si trovavano in un negozio e… La memoria svanì.
La ragazza sospirò, frustrata, portandosi la mano alla fronte. Niente da fare. Non era quello il metodo evidentemente.
“Non demordere, Bulma…”
La voce pacata del principe giunse a lei, riportandola alla realtà: era rientrato nella stanza, con i capelli corvini ancora bagnati dalla doccia mattutina: gocce d’acqua trasparente scendevano dalle spalle nude sul torace, seguendo la linea sinuosa dei suoi pettorali, perdendosi sugli addominali sbalzanti sul corpo statuario. Indossava un asciugamano intorno ai fianchi e la lunga coda bruna, sciolta e tenuta a mezz’asta, risaltava netta sulla spugna celeste.
“Non lo farò…” garantì lei distratta, perdendosi nella visione della bellezza mozzafiato del marito. Non era molto più alto di lei, ma aveva un fisico perfetto e quegli incredibili occhi neri…
“Ehm…” borbottò Vegeta, avvampando sotto il suo sguardo magnetizzato “Non ho pensato che ti avrei messa in imbarazzo, è stata la forza dell’abitudine…”
“Nessun imbarazzo!” rise Bulma “E’ vero, non ricordo di essermi mai svegliata con un uomo mezzo nudo vicino al letto, ma trovo che attualmente non mi dia alcun problema. Puoi rifarlo quando vuoi!”
Il principe sogghignò divertito: la solita sfacciataggine priva di discrezione. Tuttavia, fece nuovamente per dirigersi verso il bagno, per non cambiarsi davanti a lei e la situazione gli risultò assurda, dato che erano sposati e non ci sarebbe stato nulla di male se si fosse vestito in sua presenza. Non ebbe il tempo di finire il ragionamento, che Bulma lo superò di corsa, buttando all’aria la sottoveste e rimanendo in biancheria intima.
“Mio!” esclamò infilandosi per prima nel locale, fissandolo maliziosamente dalla porta socchiusa.
Vegeta, preso in contropiede, sbarrò gli occhi e riuscì ad arrossire ulteriormente.
“Non ti scandalizzerai perché indosso solo un po’ di pizzo! Chissà quante volte mi avrai vista!” aggiunse lei, intercettando l’espressione disorientata del marito.
Chi!” fece lui, arrestandosi sulla soglia e scoccandole in cambio un’occhiata poco casta “Mi stai forse provocando?”
“Mmh…” rispose la ragazza “Forse. Sei molto attraente con quella coda!”
“Questa non l’avevo ancora sentita…” disse lui tra i denti, mentre la porta si chiudeva di scatto, lasciandolo fuori.
Si slacciò l’asciugamano e indossò l’aderente dogi blu, infilando la coda nel foro che aveva appositamente praticato. Erano anni, ormai, che non compiva quell’operazione prima così familiare. Si arrestò, guardandosi allo specchio, un pensiero che gli trapassava la mente incredibilmente acuta: un momento. La coda. Sorrise alla propria immagine riflessa.
 
Goku scese le scale, diretto alla sala da pranzo della Capsule Corporation, sbadigliando e sfregandosi gli occhi ancora assonnati; mancò poco che non inciampasse nella coda, rischiando di percorrere gli ultimi gradini in volata di testa.
“Ah, già…” bofonchiò, tirando su l’appendice pelosa.
Bulma e Vegeta erano già seduti a tavola e gli rivolsero un cenno di saluto.
“Siete sempre così mattinieri, qui?” domandò stiracchiando le membra intorpidite e prendendo posto accanto al principe.
“Sei tu che sei un tiratardi!” gli disse la padrona di casa, piazzandogli davanti una quantità spropositata di cibo “Questa mattina devo lavorare e poi preparare il cesto da pic-nic per Lord Beerus! Potreste farlo voi Saiyan, se sapeste cucinare oltre che mangiare!”.
“Uhm, io non ci sono proprio tagliato…” ammise Goku, riempiendosi il piatto di gohan “Una volta, Vegeta ha preparato i takoyaki per evitare che Lord Beerus disintegrasse la Terra e poi ha tentato con il tamagoyaki per farsi allenare da Whis, ma…” 
“Perché non ti dai una mossa, Kakarott!” sbottò questi, con un abile cambio di argomento e ripulendo rapidamente il piatto.
“Che fretta c’è? Non partiamo mica adesso…”
“C’è che Whis ci chiederà ragione della coda e io, prima di incontrarlo, voglio sapere se, oltre a provocare la trasformazione in oozaru, ha ulteriori effetti sulla nostra energia spirituale nella forma Blue”.
“Non ci avevo pensato…” fece Goku grattandosi un orecchio.
“Su questo non avevo dubbi” rimbrottò il principe “Perciò vorrei provare qualche mossa di allenamento con te qua fuori”.
“Ma certo!” esclamò con entusiasmo il giovane in arancione “Sono proprio contento, solitamente fai un mucchio di storie per addestrarti in mia compagnia…”
Chi!”
“Cercate di non creare danni, piuttosto!” raccomandò Bulma “La gravity room è ancora inutilizzabile, stamani mio padre andrà a controllare il problema servendosi di un droide”.
Vegeta la guardò con un’espressione indecifrabile, che tuttavia non riusciva a nascondere la tensione e l’apprensione nei suoi riguardi.
“Io devo ultimare un progetto al computer” specificò, per rasserenarlo senza farglielo pesare “Non me ne sarei ricordata, se non avessi controllato l’agenda, così sono in ritardo!”
 
I due Saiyan scesero in giardino, levitando a qualche metro da terra e prendendo posizione. Il loro ki raggiunse il picco in un baleno, mentre i loro occhi e i loro capelli si tingevano d’azzurro intenso. Anche la coda virò sullo stesso colore.
“Uh! Hai visto Vegeta?” ammiccò Goku, felice come un bambino, ammirando il cambiamento cromatico “Siamo intonati!”.
Il principe alzò gli occhi al cielo e poi prese a concentrarsi: non pensare troppo, non lasciare eccessivo spazio tra la strategia e l’azione, rendere le mosse di attacco e difesa quasi automatiche, evitare di restare scoperti.
“L’emissione energetica mi sembra la stessa, Kakarott…”
“Sì, anche a me. Prova ad attaccarmi, vediamo se cambia qualcosa”.
“Preparati!” ghignò Vegeta con uno slancio in avanti.
Goku parò l’assalto quasi invisibile e restituì il favore, avanzando implacabile, avvolto dall’aura celeste; il principe schivò il colpo e si abbassò, filandogli di un centimetro il naso con un calcio ben piazzato.
“Allora fai sul serio!” rise il primo, sciogliendo i muscoli e rimettendosi in posizione.
“Io faccio sempre sul serio, Kakarott”.
Vegeta caricò il pugno e descrisse una parabola ad arco, preparandosi ad attaccare dall’alto; Goku intercettò il movimento e si girò di tre quarti, per ridurre la superficie bersagliabile, alzando le braccia in una guardia perfetta. L’avversario, tuttavia, aveva altre intenzioni: all’ultimo secondo gli girò intorno e fece per prenderlo alle spalle.
“Hai già usato questa tattica l’altra volta!” esclamò Goku “Non funziona più!”
Ruotò di schiena con una mezza giravolta, lasciando che Vegeta lo superasse di slancio.
“Non direi!” esultò questi, arrestandosi e afferrando all’istante la coda ondeggiante del rivale.
“Argh! La coda no!”
“Te l’ho detto di stare attento!” rincarò il principe, facendo leva e torcendo la lunga appendice blu dell’antagonista, che tentò vanamente di strattonarla via.
“Vegetaaaaaa!”
Il principe lo fece girare tre volte come un martello olimpico e poi lo lasciò andare per aria. Goku partì come una scheggia in direzione del suolo, gridando come un ossesso e si fermò a una spanna da terra con una Kamehameha che gli fece da freno all’ultimo secondo.
“C’è mancato poco!” sbuffò trafelato “Non c’è bisogno di essere così esagerati!” borbottò.
“Tu pensi che Whis sia più indulgente di me, Kakarott? O che un vero nemico non avrebbe approfittato del tuo punto scoperto?”
“No, certo che no!” bofonchiò l’altro, avvolgendo la coda dolorante intorno alla vita.
“Vedo che ti sei deciso!” rise Vegeta.
 
Bulma, seduta all’ombra ad uno dei tavolini sulla balconata di casa, sollevò lo sguardo dallo schermo del computer. Sentiva i colpi che i Saiyan si scambiavano, ma non riusciva a vedere i loro movimenti, portati ad una velocità immane. Poteva a scorgerli solo quando si arrestavano o quando uno dei due si allontanava, rallentando, per riguadagnare la posizione di guardia. Alzò gli occhi al cielo, rassegnata, augurandosi che non disintegrassero nulla di importante e si rituffò nel lavoro, accompagnata dai tonfi e dai bagliori dello scontro.
 
Goku raccolse l’energia spirituale e si preparò ad attaccare, sollecitato dalla figura poco pregevole di pochi istanti prima. Fissò il rivale in attesa di un’esitazione, ma Vegeta lo fronteggiava senza incertezze, concentrato al massimo sul dinamico allenamento. Il principe sogghignò e partì all’attacco. Goku ricambiò e si mosse a sua volta, fulmineo, rafforzando il pugno con l’aura Blue, mentre l’antagonista si trovava ormai a pochi metri da lui.
Poi, improvvisamente, successe qualcosa di insolito. Percepì il ki di Vegeta spegnersi di botto, come se si fosse azzerato tutto in una volta.
Ma che cavolo
Incredulo e nel panico, Goku rallentò più che poté l’assalto, tentando di deviarlo, ma si stavano ormai sfiorando ed era troppo tardi per bloccarlo: la sua dirompente energia, pur arginata, si scaricò sull’avversario, senza che questi riuscisse a parare, prendendolo in pieno.
“Vegetaaa!” gridò, frenando la corsa quando era ormai troppo tardi.
Il principe fu scaraventato al suolo in un volo inarrestabile di almeno venti metri e si schiantò a terra con violenza, sollevando una strisciata di polvere, erba e roccia, finché l’irrefrenabile corsa non si esaurì, lasciandolo esanime al limite della fenditura che l’impatto aveva creato.
“Vegeta!” ripeté senza ottenere risposta.
Goku impallidì brutalmente e si fissò la mano con espressione dubbiosa, inarcando un sopracciglio senza riuscire a darsi ragione del fatto. Scese in picchiata verso il compagno.
 
Dalla terrazza, Bulma assistette alla scena spaventosa, alzandosi in piedi di scatto e rovesciando la sedia nella concitazione.
“Ma sono matti!” esclamò raggelata, trattenendo il fiato.
Vide Goku scendere di volata, chiamando l’oppositore, che giaceva a terra senza muoversi. Realizzò che doveva essere successo qualcosa di non voluto e di grave, quando scorse il Saiyan in arancio inginocchiarsi vicino al principe, tentando di risvegliarlo.
“Oh, Kami…! mormorò terrorizzata “Vegeta!!”.
Il grido le uscì dalle labbra mentre stava già infilando la porta per raggiungere il giardino.
 
Goku lo sollevò con cautela, sorreggendogli le spalle e continuando a urlare il suo nome: respirava, ma era sempre privo di sensi. Vegeta si mosse, mentre il sangue cominciava ad uscire dalle numerose ferite e gli colava lungo il viso e sugli abiti da combattimento.
“Rispondimi, Vegeta!!”
“Non strillare, Kakarott, ti sento…” rantolò lui, ancora tramortito, con un’espressione sofferente sul volto.
“Ma che cosa è successo!? Il tuo ki si è dissolto! Non sono riuscito a arrestarmi in tempo!”
“Lo so…” esalò lui con fatica, socchiudendo le palpebre.
Goku si sfilò la fascia di seta blu dalla vita e la usò per tamponare il sangue che sgorgava copioso dalla spalla del principe, nel punto in cui aveva ricevuto in pieno il ki.
“Lo sai? Come sarebbe lo sai!!?”
Vegeta emise un gemito, prendendosi il braccio destro con l’altra mano, iniziando a sudare freddo per il dolore.
“Maledizione…” ringhiò stringendo i denti.
“Perché non hai respinto il colpo, Vegeta?”
“Perché non l’ho visto…”
“Cosa!?!”
Impossibile. Goku lo fissava sconcertato, senza darsi pace e senza cogliere il motivo dell’accaduto. Poi, un sospetto iniziò a farsi strada nella sua mente. Aggrottò la fronte.
In quel momento, arrivò Bulma di corsa.
“Ma si può sapere che cosa combinate?” gridò terrorizzata
Notò il sangue, le ferite, gli abiti da combattimento lacerati e il colorito cereo del Saiyan, realizzando che doveva essersi fatto ben più male di quanto non intendesse mostrare.
“Oh stelle, Son-kun! Ti ha dato di volta il cervello? Portalo dentro immediatamente! Dobbiamo fermare l’emorragia e controllare che non abbia tutte le ossa rotte dopo quel volo”
“Non l’ho fatto apposta, Bulma!” rispose Goku altrettanto preoccupato, sollevando da terra il compagno di battaglia con estremo riguardo “Lui ha…”
La mano di Vegeta gli artigliò il polso in una morsa tenace, bloccandogli le parole in gola. Gli occhi tormentati del principe raggiunsero i suoi, in un muto ammonimento. Goku ricambiò l’occhiata con rammarico, ma dando parimenti a intendere di non essere così stupido.
“E’ responsabilità mia, Bulma…” esalò con fatica “Mi sono vergognosamente distratto. Non occorre tutta questa agitazione, sono un Saiyan. Non ho niente…”
La ragazza gli si approssimò, sfiorandogli con delicatezza il viso graffiato, con un’espressione contemporaneamente terrorizzata e incollerita.
“Fai meglio a risparmiare il fiato! Stai buttando sangue come una fontana! Non mi interessa se hai la pelle dura! Lo decido io come stai, Saiyan o meno!”
Chi! Mi hai preso per uno smidollato abitante di questo pianeta, forse? Non ho bisogno né del tuo aiuto né di quello di Kakarott. E tu, mettimi giù adesso!”
“Non ti azzardare a farlo, Son-kun!” minacciò lei furente “Non riesce quasi a tirare il fiato e vorrebbe camminare! Siete completamente pazzi, ostinati, insopportabili Saiyan!”
Il giovane in arancione fissò l’uno e l’altra, aggrottando la fronte indeciso sul da farsi: poi optò per continuare a trasportare il principe, in barba alle sue deboli lamentele, perché aveva qualcosa di fondamentale da domandargli.
“Portalo in infermeria, Goku!” ordinò categorica “Io vado a preparare l’occorrente per medicarlo. E tu, Vegeta, non ti azzardare a muoverti!”
“Non mi dare ordini!” ringhiò lui di rimando.
Goku alzò gli occhi al cielo, inquadrando perfettamente il déjà-vu dell’alterco.
Bulma corse avanti, prendendo un’altra direzione e li lasciò soli. Vegeta si divincolò dal trasporto forzato e, zoppicando, lasciò che Goku lo sorreggesse sotto la spalla sana.
“L’hai fatto apposta, vero?” borbottò questi.
“Non so di che cosa tu stia parlando” ribatté secco il principe.
“Non sarò molto perspicace nella vita, ma ti assicuro che in combattimento è difficile che mi sfugga qualcosa. Il tuo ki è sparito di colpo: quindi o hai un problema da non sottovalutare oppure l’hai azzerato volutamente. In questo caso, gradirei una spiegazione”.
“Non ti devo nessuna spiegazione” ribatté lui, confermando implicitamente la seconda opzione proposta.
“Vegeta!” intimò Goku irritato.
Il principe distolse lo sguardo, fissando caparbiamente altrove e trascinandosi con sforzo, mentre si approssimavano lentamente all’infermeria.
Come parlare al muro.
“Bene, allora dirò a Bulma che ti sei fatto colpire di proposito”.
“Dovresti impicciarti degli affari tuoi, Kakarott…”
“L’avrei anche fatto” esclamò Goku esasperato “Se tu non mi avessi coinvolto in questa farsa! Parli sempre di orgoglio, guarda che anch’io lo possiedo, seppure non ai tuoi livelli! Non mi va di essere usato così! Mi è preso un colpo prima!”
Vegeta sospirò: la questione dell’onore era un’arma di ricatto efficacissima per un Saiyan e Kakarott non aveva tutti i torti ad essere seccato.
“E va bene!” rispose con fastidio “Se hai un po’ di fantasia, puoi risponderti da solo”.
Goku lo aiutò a sistemarsi sul letto, soffermandosi sugli eventi con un semplice, ma efficace ragionamento che lo condusse all’unica soluzione possibile.
“Ah, Vegeta…” mormorò con commossa consapevolezza.
“Levati quel sorrisetto e vedi di tenere la bocca chiusa” intimò questi.

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Capitolo 6
*** Vulnus ***


Vulnus
 
Bulma gli aveva medicato la ferita alla spalla. Anzi, lo squarcio, come l’aveva definito con adirata ansia, mentre lo ripuliva dal sangue, tagliando la stoffa sbrindellata della sua divisa da combattimento. Aveva lottato contro il dolore atroce, per non mostrarlo, con la certezza che lei l’avrebbe comunque notato dietro la maschera orgogliosa e sfidante. Non aveva ben capito quali e quante ossa fosse riuscito a rompersi o incrinarsi nell’elenco concitato che lei aveva snocciolato, imprecando contro la sua follia e quella parimenti assurda di Goku, che avrebbe dovuto farsi regalare un nuovo encefalo, sempre secondo la sua indiscutibile opinione.
Se non fosse stato totalmente senza forze, Vegeta avrebbe sghignazzato nel vedere l’espressione mortificata di Kakarott, che si autoimponeva con fatica il silenzio sulla faccenda, sparendo in un borbottio di legittima protesta, quando lei l’aveva mandato dal venerabile Karin, minacciandolo di spifferare tutto a Chichi.
Non riusciva a muovere il braccio destro e la spalla gli spediva alla testa delle fitte insopportabili, pertanto comprendeva la preoccupazione di Bulma e la riconosceva attraverso le mosse febbrili delle sue mani, che gli avevano lavato con delicatezza il viso graffiato e sporco di terra e ora gli saggiavano la fronte. L’aveva scorta nei suoi occhi, luccicanti di lacrime, nella voce che a tratti si spezzava per l’angoscia e sulle sue labbra, che avevano tremato nel chiamarlo per nome quando aveva perso conoscenza e ora gli chiedevano con pari agitazione per quale motivo stesse rifiutando di ingoiare il senzu che gli porgeva.
“Potresti spiegarmi perché non lo vuoi? Ti si è fuso il cervello nell’impatto?”
“Piantala di ossessionarmi! Noi Saiyan ci riprendiamo più velocemente di voi terrestri! Ognuno di quei dannati fagioli magici è un’onta al mio orgoglio di guerriero! Non puoi capire!”
“Tu e il tuo stramaledetto senso dell’onore! A che cosa serve, se non riesci quasi a respirare! Sei un testardo arrogante! Preferisci ammuffire per giorni in un letto nella tua sconfinata ostinazione, piuttosto che alzarti e accompagnarmi da Lord Beerus come hai promesso!”
Per un attimo Vegeta vacillò, pensando di aver azzardato la carta sbagliata, ma si riprese subito, sfoggiando la sua facciata più risoluta e caparbia.
“Può portarti Kakarott con la trasmissione istantanea, se è per questo! Non manco mai alla parola data!” rispose con forzato distacco.
“Stai scherzando!? Dovrei lasciarti qui conciato in questo modo?”
“E’ una tua decisione!” ringhiò lui torvo.
Bulma lo fissò con le sopracciglia contratte in un’espressione tormentata: stentava a credere a ciò che aveva visto e non riusciva a darsene ragione logica. Goku stesso, messo alle strette, aveva biascicato imbarazzato qualcosa sul fatto che gli fosse scappata la mano durante l’addestramento, che poteva capitare, ma non l’aveva convinta. Lo conosceva bene, non era da lui commettere errori siffatti. E neppure da Vegeta, che, oltre ad essere terribilmente fiero, non sbagliava una mossa, a quanto aveva constatato.
L’unico fatto che le era stato chiaro era che si era sentita morire, quando aveva realizzato lo stato di salute del principe. Aveva pensato sul serio di perderlo e il suo cuore si era contorto nello spasimo doloroso di quella possibilità, che lasciava strascichi pesanti nel vederlo ancora languire. Perché non capiva? Forse, i Saiyan erano poco propensi all’empatia. No. La verità non era certo quella. Lo aveva guardato negli occhi, lo aveva ascoltato parlare, lo aveva abbracciato e baciato con trasporto sempre maggiore in quei due giorni e non poteva trattarsi di refrattarietà ai sentimenti. Li aveva sentiti, incrollabili, aveva avuto conferma della loro forte presenza in lui. Non rammentava, ma non era diventata insensibile o poco intuitiva. Perché allora? Perché quel rifiuto, quell’esagerata ostentazione di altezzosità e cocciutaggine?
Per gli universi, come avrebbe voluto indietro la sua memoria, ora, senza più ostacoli!
 
“Donna, non ti immischiare! Lasciami tornare all’allenamento. Devo diventare super Saiyan! Non posso fermarmi adesso!”
“Ma quale allenamento! Sei mezzo morto! Devi curarti!”
“Io sono il principe dei Saiyan, ci vuole ben altro per mettermi fuori gioco!”
“Va bene… adesso smettila, però…”
 
Maledetti, pallidi barlumi di ricordo! Sfocati e irraggiungibili. Lui, nella reminiscenza, era ferito gravemente, riverso sopra un cumulo di macerie e lei l’aveva sollevato, reggendolo tra le braccia e sentendolo terribilmente debole. I loro sguardi si erano incrociati e il mondo intero aveva perso senso…
Sbatté il senzu sul tavolino, al colmo della collera, mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime di disperazione e guadagnò l’uscita per non farsi vedere tanto affannata.
“Fai come vuoi!” gridò “E’ vero! Non ti capisco!”
 
La porta si chiuse sbattendo. Goku sussultò. Trascinò la sedia abbandonata dalla ragazza di fronte al principe e si accomodò a cavalcioni, appoggiando i gomiti allo schienale, sfoderando un’espressione di disappunto, la coda castana che dondolava con calma esasperante. Vegeta sospirò con fatica, attendendo il rimbrotto.
“Non ti ci mettere anche tu, Kakarott…”
“Mmmh…” fece lui “Sei sicuro di aver optato per la strada migliore?”
“Non sono sicuro di niente. Sto azzardando”.
“Cheee?! Mi pare un po’ tardi per tornare indietro! Perché non ingoi il senzu e la fai finire qui, Vegeta? Non hai visto quanto si è arrabbiata Bulma? Se n’è andata in lacrime, si è spaventata a morte! Era questo che volevi davvero?”.
“Me ne sono accorto da solo, Kakarott!” sbuffò lui “Tu non la conosci…Non sai come reagisce quando è adirata o preoccupata. Io sì”.
Goku fissò il soffitto, ragionando sull’incongruenza della situazione e sorridendo, perché conosceva perfettamente il motivo che aveva pressato il principe a mettere in gioco la vita.
“Facendo il riassunto…” borbottò poco persuaso “Hai azzerato il ki e ti sei lasciato colpire deliberatamente, sapendo che avresti ricevuto un danno notevole, per riprodurre la stessa situazione di dieci anni fa, quando sei quasi saltato per aria nella gravity room…”.
“Esatto. Altrimenti non mi avresti nemmeno sfiorato”.
“Tutto ciò perché Bulma, in quell’occasione, ti è rimasta accanto ed è stato il momento in cui avete realizzato senza indugio che stavate da tempo provando qualcosa l’uno per l’altra. E speri che questa recita le sblocchi la memoria per shock o per flash back…”.
“Ma quale recita!” sbraitò Vegeta “La spalla mi sta facendo vedere le stelle e non riesco a muovere un muscolo!”
“Scusami…” abbaiò Goku piccato “Se tu me l’avessi detto prima, non ci sarei andato così pesante!”
“Se ti avessi avvertito, conoscendoti, non saresti riuscito a fare un bel niente e comunque non sarebbe stato così realistico!”.
“Hai un bel fegato, Vegeta… Io non so se mi sarei spinto a tanto”.
 
Il principe serrò le palpebre. Neppure lui avrebbe mai creduto di poter osare tanto per amore della sua donna. Di essere così deciso nei sentimenti per lei, di desiderare a qualsiasi prezzo di riaverla in toto, di non ritenere nulla peggiore rispetto al vivere senza di lei. Lo aveva compreso da tempo. Il solo pensiero della sua assenza gli provocava un baratro interiore di indicibile sofferenza.
Ne aveva avuto la conferma definitiva quando si era recato nel mondo di Mirai Trunks.
In quel futuro, annientato da una strana idea di giustizia, da un folle piano di sterminio, lui era morto da anni e Bulma era stata uccisa da Zamasu; si era sacrificata per consentire a Trunks il ritorno nel passato, per garantirgli la sopravvivenza.
Lui e Kakarott avevano viaggiato avanti nel tempo, ma non erano stati abbastanza forti ed erano stati sconfitti da quell’essere spregevole e da quell’altro pazzo che si faceva chiamare Black. Si erano salvati per miracolo, ma non si erano arresi, il sangue saiyan che ribolliva di collera e di rivalsa, così avevano raggiunto un ulteriore livello di forza, anche se neppure quello era poi stato sufficiente.
Quando Zamasu e Black avevano effettuato la fusione tramite i potara, tutte le speranze si erano ridotte all’osso. Kakarott gli aveva chiesto di tentare la stessa tattica, vincendo l’attitudine individualista tipica dei guerrieri saiyan, e Kai-Oh Shin aveva messo a disposizione i suoi orecchini, ma lui aveva rifiutato categoricamente. L’aveva garantito tempo prima: non si sarebbe mai più fuso con Kakarott, a costo di rimetterci le penne. Sarebbe stato un colpo troppo duro al suo senso dell’onore e alla sua fierezza. Il compagno non aveva obiettato più di tanto, possedendo la stessa inclinazione egocentrica nella lotta ed era partito all’attacco per primo. Neppure quando avevano saputo che la fusione sarebbe durata un’ora soltanto, Vegeta era tornato sulla sua irremovibile decisione.
Ma poi era intervenuto Mirai Trunks.
Il ragazzo aveva dichiarato che avrebbe combattuto in prima persona, sarebbe toccato a lui perché quello era il suo mondo e sentiva il dovere di proteggerlo. L’avrebbe fatto per sua madre, la futura Bulma, il cui unico desiderio sarebbe stato quello di rincontrare nel passato l’uomo di cui era ancora innamorata e che le era stato precocemente strappato. Mirai Trunks aveva spiegato che la scienziata l’aveva cresciuto da sola, in mezzo alla devastazione, senza abbandonare le speranze; ma che il suo sguardo era sempre rimasto triste da quando il principe era stato ucciso. Che aveva costruito la macchina del tempo per rivederlo, più che per fuggire da quel mondo senza aspettative.
Gli occhi turchesi del ragazzo erano brillati di commozione e in quello sguardo, così simile a quello della donna che era la sua vita, Vegeta aveva riconosciuto il suo stesso dolore, la sua stessa rabbia, il suo stesso desiderio di proteggere ciò che amava. Mirai Trunks avrebbe lottato allo stremo per fare in modo che suo padre potesse tornare sano e salvo da sua madre, nel passato, per non doverla mai più sapere affranta e sola.
Vegeta aveva iniziato a fremere: il solo pensiero che un essere malvagio avesse osato levare le mani sulla sua famiglia l’aveva già portato nel futuro. Sentire bruciare sulla pelle l’assenza di Bulma, passata o futura che fosse, la terrificante possibilità della mancanza di lei… o di lui per lei… aveva fatto evaporare in un fiato tutto lo smisurato orgoglio guerriero. Perché nulla era superiore all’amore per la donna cui aveva giurato il legame eterno: su quello il tempo non aveva alcun potere.
Perciò era corso da Kakarott e gli aveva personalmente chiesto di indossare il potara, alla svelta. Per lo stesso motivo aveva detto a suo figlio di rigenerare le forze del compagno, non le sue, con i suoi nuovi poteri: affinché nessuno perdesse la vita in quel luogo dannato e le lacrime cessassero per sempre. Perché lui e Bulma potessero riabbracciarsi.
Per la stessa ragione, in quel momento, stava resistendo al dolore e aveva rifiutato caparbiamente di usare il senzu: non conosceva altro modo per riavere sua moglie.
 
“Per quanto hai intenzione di continuare?” gli domandò Goku.
“Finché non avrà funzionato… o mi renderò conto che non sta funzionando affatto”.
Goku appoggiò il mento sulle braccia incrociate e il suo sguardo sfolgorò d’approvazione.
 
Vegeta aprì gli occhi, realizzando di essersi assopito più al lungo di quanto desiderasse. Era sera ormai e Kakarott se n’era andato, probabilmente a riempirsi la pancia con le specialità sfornate dalle impareggiabili cucine della Capsule Corporation.
Bulma invece era accanto a lui, con la testa appoggiata al materasso, abbarbicata su una pila di cuscini per tatami, per non restare seduta a terra. Anche per lei il sonno era giunto inaspettato e dormiva in quella posizione scomoda, con la mano abbandonata sul letto, il viso vicino al suo per non perderlo di vista. Una scena che il principe aveva già vissuto, che gli fece salire le pulsazioni: lei non lo aveva mai lasciato solo da quando le loro vite si erano incrociate. Era con lui quando aveva rischiato seriamente di finire all’altro mondo, era stata la sua certezza quando era tornato a casa sconfitto e sconfortato, il suo amore quando era morto per davvero, col suo nome sulla bocca, quando era tornato in vita e non c’era stato bisogno di parlare, ma si erano stretti l’uno all’altra nel buio della notte.
Lui le avrebbe fatto dono di sé con altrettanta intensità.
Guardò il senzu, che era rimasto ignorato, e strinse i denti. Mosse il polso e la raggiunse, sfiorandola con le dita e socchiudendo le palpebre con tenerezza.
“Vegeta…” sussurrò lei, raddrizzando le membra un po’ anchilosate dall’immobilità.
Lui strinse più forte la mano delicata che stava trattenendo nella sua e si girò verso di lei, le iridi nere d’onice scolpita che sfavillavano come gemme.
“E’ già successo qualcosa di simile, vero?” gli domandò lei dubbiosa “Io credo di aver sognato… o ricordato che tu eri ferito gravemente e poi…io ho avuto seriamente paura per la prima volta nella mia vita…”
“Sì” rispose lui in un fiato sottile, mentre il cuore prendeva a battergli ancora più velocemente nel sentirla affermare di aver temuto per lui “Quando usavo la Capsule 3 come gravity room, c’è stata un’esplosione in cui sono rimasto coinvolto. Anche in quell’occasione tu sei rimasta con me, a vegliarmi giorno e notte”.
Bulma aggrottò la fronte, nello sforzo di mettere a fuoco i particolari che erano affiorati nella sua mente in modo disordinato e nebuloso.
“Anche allora hai rifiutato il senzu per eccesso di cocciutaggine?”
Chi!” incassò lui con dignità “Non avevamo senzu in quel momento”.
“Quanta pazienza sono stata in grado di sfoderare con te, quindi?”
“Nessuna” sogghignò Vegeta “Me ne hai dette di tutti i colori, senza preoccuparti del fatto che io fossi un guerriero saiyan con ben poca attitudine alla sopportazione e ancora più scarsa inclinazione alla clemenza. Però ha funzionato”.
“Intendi che non mi hai fatta fuori perché il mio amabile carattere ti ha conquistato?”
Il principe arrossì e spalancò gli occhi a fronte di quella deduzione così d’impatto. Tentò di sollevarsi e la ragazza obiettò con grinta, ma gli sistemò comunque il cuscino dietro la schiena, mettendosi a sua volta a sedere sul letto.
“Intendo” riprese Vegeta con uno sguardo che avrebbe fatto sciogliere contemporaneamente i poli “Che è stata l’occasione in cui entrambi abbiamo iniziato a mettere da parte l’orgoglio in eccesso”.
“Hai detto che ci sono bastati tre giorni per…”
È vero…” mormorò lui, mentre gli occhi fieri risplendevano di tristezza “Tra noi c’è stata un’attrazione immediata e potente. Ci siamo guardati e resi conto di essere innamorati l’uno dell’altra nello stesso istante. Ma lo ammetto con il senno di poi. Siamo ambedue orgogliosi, il fatto che ce ne siamo resi conto non è corrisposto al dichiararcelo apertamente. Io desideravo allenarmi e non volevo assolutamente farmi distrarre né da te né dai sentimenti che stavo sperimentando per la prima volta. E tu non volevi essere da meno o cedere davanti alla mia caparbietà. I tre giorni si sono allungati di qualche mese”.
Bulma sollevò la mano e gli accarezzò il viso, l’espressione vibrante di commozione.
“Abbiamo solo perso tempo, quindi…” sussurrò provata “Quanto mi prenderei a schiaffi…”
Vegeta esultò tra sé e trattenne la mano che lo sfiorava, baciandola alla maniera saiyan, appoggiando le labbra sulle sue dita e sul palmo, causandole un fremito.
“No. È stato necessario sia a me sia a te, credimi”.
“E mi hai conquistata così?”
“Più o meno…”.
Lei tacque per un istante, socchiudendo le palpebre con un sospiro. Lo fissò emozionata.
“Per questo ritieni che non prendere il senzu sia altrettanto necessario?”
Il principe sobbalzò, sentendosi con le spalle al muro. La donna che aveva scelto era temeraria, combattiva, orgogliosa e bellissima, ma possedeva anche un’intelligenza e una sensibilità fuori dal comune. Avrebbe dovuto tenerne maggiormente conto.
Prima che riuscisse a produrre qualche scusante credibile, Bulma si alzò, togliendolo dall’imbarazzo.
“Avrai appetito” gli disse “Vado a procurarti la cena, anche se dovrei lasciarti senza… magari potresti ingoiarlo per fame!” aggiunse indicando il fagiolo verde.
Hah…”
“Me lo dirai?” domandò, voltandosi.
“Che cosa?”
“Qual è stato il momento in cui ci siamo arresi…”
Vegeta avvampò e poi sorrise misterioso.
 
Mentre preparava gli onigiri e altre sostanziose delizie, Bulma rifletteva sulla situazione ancora irrisolta. Anzi, sull’uomo che aveva sposato: non era un terrestre e quindi era logico che avesse delle abitudini e dei modi di agire peculiari. Eppure non era quella unicità ad attrarla inesorabilmente. Era proprio lui come persona, nella sua intera essenza… nel bene e nel male, avrebbe potuto affermare, anche se del secondo non aveva scorto traccia effettiva. Vegeta era fuori dal comune e la turbava, la seduceva costantemente in ogni suo atto, non riusciva a non pensare a lui con il cuore in gola. Non le era mai accaduto… oh, invece sì che era successo, ma non lo ricordava. Maledizione!
Riempì la polpetta di gohan con il sake teriyaki e lo avvolse in un’alga nori, in un gesto automatico e si ribagnò le mani.
Non era per orgoglio che non aveva usato il senzu. Lo aveva fatto per lei, perché lo considerava assolutamente necessario; sebbene non le fosse chiaro il suo percorso mentale, era certa che si stesse comportando così per aiutarla a recuperare la memoria. Forse, riproducendo una serie di eventi che, per la loro storia, si erano rivelati fondamentali. Quale che fosse il motivo, lei aveva avvertito un calore immane in sua presenza, perciò probabilmente lui aveva ragione e la sua strategia stava sortendo qualche effetto. Un uomo così intelligente non agiva certo a caso.
Inspirò lentamente, sentendo il cuore sussultare con forza. Scolò la soba e la condì con la salsa yasai che aveva scaldato.
Non gli avrebbe consentito di passare neppure un’altra ora in quello stato, non riusciva a sopportare che soffrisse non solo nell’anima, ma anche fisicamente per colpa sua! Da quando aveva ripreso conoscenza, dopo la scossa che le aveva ottenebrato la mente, il principe non l’aveva mai abbandonata e aveva forzato il suo temperamento schivo per aprirle lo scrigno del suo passato, che custodiva gelosamente insieme con la loro storia d’amore. Non le aveva raccontato tutto. L’ultima richiesta che gli aveva rivolto lo aveva fatto arrossire e si era limitato a fissarla: i suoi occhi intensissimi avevano risposto in sua vece.
Chiuse la tazza del miso e la posò sul vassoio accanto ai giyoza.
Se solo le fosse tornato un solo piccolo indizio, lei avrebbe potuto… No. Se anche non le fosse tornato, in fondo, nonostante il buco nero che la perseguitava, la cosa veramente importante era un’altra.
 
Quando lei rientrò nella stanza, Vegeta strabuzzò gli occhi e si perse per un istante, senza degnare di considerazione il pasto luculliano che faceva bella mostra sul cabaret.
Bulma si era acconciata accuratamente i capelli, che le incorniciavano il viso d’ovale perfetto; un trucco leggerissimo metteva in evidenza i luminosi occhi turchesi, facendoli risaltare sul colorito niveo. Aveva indossato un aderente abito senza maniche color glicine, che si drappeggiava morbido sul seno e le fasciava i fianchi, lasciandole scoperte le gambe flessuose e ben tornite. Era di una bellezza sfolgorante.
“Vedo che non sei morto di fame” ironizzò al suo indirizzo.
“Ho pensato che valesse la pena aspettare” sogghignò lui.
La ragazza posò la sontuosa cena sul tavolo e il principe si costrinse a distogliere lo sguardo dal suo collo sottile, dalle sue spalle scoperte, dalla sua vita stretta e proporzionata, da tutto ciò che lo stava facendo ardere di passione e di disperazione.
“Ma questi…” disse, notando finalmente le portate della cena a misura di Saiyan.
“Scusami, non ho pensato di chiederti che cosa ti piacesse…” affermò lei sconsolata, pensando di aver cucinato qualcosa che non incontrasse i suoi gusti.
“Questi sono i piatti che preferisco” rispose lui serio, levando gli occhi nei suoi.
Bulma si smarrì nelle sue iridi nere, che le leggevano dentro, che la attraversavano con una dolcezza insondabile, che la trasportavano inesorabilmente a lui in anima e corpo.
Le cadde di mano il cucchiaio e il tintinnio metallico la fece riscuotere.
“C-cosa…? Io non… ho preparato senza far caso, in realtà…”
“E’ un buon segno” sentenziò lui.
Lo sguardo del principe era come brace, acceso di speranza e di desiderio, e lei lo avvertì dentro di sé, nel cuore, che non aveva perduto il ricordo dell’amore incrollabile per lui.
Gli sorrise di rimando, porgendogli il primo assaggio.
“Ti prego, cena con me…”
Bulma assentì. Sapeva di essere particolarmente seducente così, come era conscia del fatto che Vegeta non avrebbe mai ammesso di essere in quelle condizioni per lei: aveva scelto di giocare una carta rischiosa per la sua stessa vita e non avrebbe certo rinunciato a fronte delle sue preghiere. Sbattere la porta e alzare la voce era stato parimenti inutile, anche se lui aveva concesso che in passato, prenderlo di petto senza timore, era stato uno degli aspetti di lei che lo aveva espugnato. La differenza con il presente era che lui la conosceva molto bene e che, in quell’occasione, stava agendo per amore e non per orgoglio, il che lo rendeva fortemente risoluto.
Ma lei non era certo da meno.

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Capitolo 7
*** Invictus Amor ***


Ciao a tutti! ^^ Eccomi qui con qualche giorno di anticipo rispetto al consueto nella pubblicazione. Diciamo che alcuni/e fan della fic, che ringrazio davvero dal profondo del cuore per la fiducia, i commenti positivi e i messaggi <3, sono stati/e molto convincenti (XD), così ho pensato di fare una piccola sorpresa con il capitolo di oggi. La storia è già completa sul mio pc, finale compreso, ma non sarebbe divertente leggerla tutta insieme, così continuerò a rate, come faccio di solito. :) Oggi... bonus! Mantengo il rating verde, non ritengo di dover alzare il colore a giallo perchè scrivo in modo leggero e velato, ma se pensate sia opportuno cambiarlo, fatemelo sapere. Ancora grazie a tutte le persone che fanno in modo che per me sia bello condividere i miei racconti e continuare a scrivere. Un bacione! ^^

Invictus Amor
 
“Il problema era all’impianto di sicurezza” spiegò Bulma “Mio padre ha trovato il guasto principale, quello che ho individuato io era secondario. Ci ha rimesso due droidi, prima di riuscire a raccapezzarsi. Per questo mi sono presa la scarica elettrica, pur avendo staccato tutto a dovere! Accidenti al cosiddetto salvavita!”
Vegeta la ascoltava con attenzione, appoggiato sui cuscini che lei aveva sollevato per alleviargli il dolore: le bende bianche intorno alla fronte e al petto spiccavano sulla sua pelle olivastra, la spalla destra era fasciata stretta, il braccio dolorante abbandonato sulla coperta.
Era riuscito a malapena a mangiare e comunque aveva ingurgitato meno cibo del consueto, fatto che enunciava a chiare lettere, senza bisogno di ammissione diretta, che era ridotto piuttosto male.
“Una sorta di falso positivo…” commentò lui con rabbia.
Seduta accanto a lui sul letto, Bulma percepiva il calore del suo corpo contro il fianco con cui lo stava sfiorando, lo stesso che gli leggeva negli occhi, elevato a proteggerla in ogni momento, anche in quelle condizioni. Non aveva il potere di rilevare l’energia spirituale, ma comprendeva che suo marito era rivolto totalmente a lei.
 
“Che cosa credi di fare, dannato rifiuto! Non toccherai la mia famiglia!”
 
Un’altra momentanea lesione nelle pieghe del tempo: il principe si era interposto tra lei e il nemico… che probabilmente era Frieza… e aveva respinto l’attacco con una mano sola.
“Non importa…” asserì con un sospiro “Anche se non dovessi mai più recuperare la memoria, mi andrebbe ugualmente bene così…”
Nan… Ma che stai dicendo!?” sbottò lui stringendo i pugni, il terrore nell’anima.
“Non fraintendermi” sussurrò lei, volgendo lo sguardo sul suo volto contratto “Non ho rinunciato a lottare e mi piacerebbe davvero riavere il mio passato, ma…”
Vegeta la fissava senza capire, con un’espressione sconfortata e inquieta. Gli sorrise, posandogli la mano sulla guancia e approssimandosi a lui con un movimento leggiadro.
“Possiedo già quanto è importante per me. Non mi serve altro…”
“Cosa…”
“Sei tu, Vegeta. Sono innamorata di te”.
Lui sgranò gli occhi incredulo e, senza pensare alla fitta che gli troncò il respiro, raggiunse la sua bocca e la baciò. La sentì abbandonarsi contro il suo petto, circondarlo con le braccia e il non potersi quasi muovere duplicò la tortura. Snodò la coda dalla vita e la avvolse intorno a quella di lei, in un atto che erano anni che sognava di compiere, un gesto che per un Saiyan indicava un’assoluta intimità, che avveniva solo quando l’esistenza intera era condivisa nell’amore eterno. La trasse a sé, arrendendosi a quell’abbraccio e a quella dichiarazione che lo sconvolgeva per la seconda volta nella vita.
Percepì le sue labbra schiudersi e il bacio divenne impellente, sempre più profondo, annullò tutto il resto, perdendosi nelle palpitazioni che gli martellavano le tempie e nella stretta rovente che li legava, finché…
Finché non avvertì qualcosa di insolito. Qualcosa gli si infilò inesorabilmente in gola, qualcosa che proveniva da lei ed era troppo tardi per riuscire a… Deglutì suo malgrado, per non soffocare.
Immediatamente, fu attraversato da una sensazione di forza e tutte le sue ferite si sanarono all’istante, il braccio recuperò la sensibilità e il dolore alla spalla cessò di netto.
Il senzu. Maledetta.
Vegeta si staccò da lei e la fissò al pieno della collera, il respiro accelerato.
“Tu… tu mi hai ingannato! Mi hai fatto credere di essere davvero… Dannazione! Ci sono cascato come un idiota, avrei dovuto immaginare! Era impossibile che tu…”
Il ki si espanse come un’onda. I vetri della stanza iniziarono a vibrare rumorosamente.
Ma lei gli pose le dita sulle labbra, gli occhi lucidi di pianto. Il principe tacque, interdetto.
“No! Non posso permettere che tu soffra per me! È inaccettabile! Lo so che la mia amnesia ti sta straziando e che hai rifiutato il senzu solo per aiutarmi. Non posso lasciarti agire così, vederti in questo letto è peggio che mancare della memoria! Sapere che stai resistendo a oltranza per me, mi fa stare terribilmente male!”
Il principe aggrottò la fronte, sbollendo la furia, ma non la sensazione di essere stato preso in giro, sebbene per una nobile causa.
“Non ti ho mentito, Vegeta” continuò lei, mentre una lacrima le scendeva sulla guancia “I miei ricordi non sono così rilevanti, se tu sei con me. È di te che mi importa, di te solo. Ci ho messo meno di tre giorni per rendermene conto”.
Lui sollevò un sopracciglio e la fissò, mentre le emozioni si sprigionavano incontenibili dal cuore, raggiungendo gli occhi, che balenarono nerissimi. Si strappò le fasciature dalla fronte e dal corpo, gettandole a terra con impeto e la ribaltò sul letto, torreggiando sopra di lei, rivolgendole uno sguardo che non ammetteva ulteriori sotterfugi.
“Non mi hai illuso, allora…”
“No… Io ti amo”.
Ogni volta che la udiva pronunciare quelle parole, Vegeta le assimilava come se fosse la prima e per un istante tornava indietro al se stesso carico d’odio e di rabbia, al sé sconfitto da quella verità invincibile che li legava, al sentimento che in lui era deflagrato, più potente di tutti, e lo aveva salvato dall’oscurità.
Bruciava, il principe dei Saiyan. Bruciava di passione eterna per quella donna che aveva conosciuto il suo lato oscuro e malvagio e che era riuscita ad amare di lui anche quello, a volerlo per sempre nonostante quello. Bruciava, perché aveva provato amore solo quando l’aveva incontrata, un giorno lontano, in un lampo timido degli occhi e in una tachicardia prepotente del cuore, che avevano estinto ogni altra cosa. Aveva sperimentato una forza ben più terrificante dell’ira, più potente del rancore e l’aveva riconosciuta, perché gli era scaturita da dentro e non gli aveva dato tregua, finché non si era arreso e, alzando le braccia, aveva incontrato le sue, che erano altrettanto fuoco per l’anima. Bruciava per lei e con lei in quella pace interiore che aveva raggiunto nel cuore e nella mente, nell’istante stesso in cui l’aveva fatta sua e a lei si era dato.
La coda, ancora avvinta alla sua vita, si serrò più decisa, in una spira che la circondava ed esprimeva i suoi pensieri più profondi.
Orenaai…”
Mio amore, mormorò al suo orecchio, aleggiando su di lei per un altro bacio che non poteva arginare e fu certo che era davvero sua, che non era stato un raggiro, quando lei lo attirò a sé senza indugi, senza pensare che erano trascorsi meno di tre giorni per far accendere quella scintilla che neppure l’orgoglio, in questa occasione, era riuscito a offuscare.
“Devo saperlo” sussurrò lei “Com’è successo tra noi…”
Vegeta la trafisse con uno sguardo sfavillante e la sua bocca si piegò leggermente all’insù. Arrossì, ma si decise a raccontare.
“Noi ne eravamo consapevoli. Io non riuscivo a staccare i pensieri da te e tu da me, ma era una sfida continua per vedere chi avrebbe ceduto per primo… Beh, io sono un Saiyan, non mi sono mai tirato indietro davanti alla competizione. Però ero furibondo, perché gli allenamenti non fruttavano quanto avrei voluto e me la sono presa con me stesso, tentando di convincermi del fatto che mi stavo lasciando eccessivamente distrarre dai miei sentimenti per te. Così, mettendomi alla prova, mi sono allontanato per qualche giorno, senza dirti nulla. Quando sono rientrato, tu mi stavi aspettando nella mia camera ed eri fuori di te: eri rimasta lì ad attendermi, per ognuna di quelle notti, dormendo nel mio letto, col terrore che io potessi non tornare. Mi hai gridato che ero un insensibile, un irresponsabile, un presuntuoso egoista, che pensavo solo a me stesso. Mi hai urlato addosso che non ero in grado di stare al mondo, che ero un vigliacco pieno di paura che era fuggito per non dover affrontare la verità. Invece, io l’ho presa di petto in quell’istante, ho addirittura dovuto bloccarti le braccia per riuscire a parlare…”
“E poi…?” chiese Bulma con il cuore che scalpitava per l’emozione.
“Poi, ti ho chiesto con altrettanto furore che cosa avrei dovuto fare, secondo te. Tu mi hai risposto che avrei dovuto lasciarmi andare. E io l’ho fatto sul serio…”
“Vegeta…” pronunciò lei, guardandolo da sotto in su.
“Non ho mai smesso di abbandonarmi a te…”
Bulma gli prese il viso tra le mani, mentre gli occhi turchesi brillavano di molteplici riflessi e lo osservò in silenzio, i sentimenti non celabili dipinti nell’espressione di gioia.
“Voglio fare l’amore con te…” gli disse.
Il principe avvampò per la richiesta tanto diretta, ma in risposta il suo sguardo si incendiò.
“…ti sembrerà un’irrazionalità…” continuò lei.
“Perché?”
“Lo so che siamo sposati da anni ed è nato Trunks, ma… per me è la prima volta…Per la mia mente offuscata, non ho mai avuto un uomo…”
Vegeta la sfiorò con dolcezza. Le parti erano decisamente in continua inversione.
“Perciò vacci piano, Saiyan…”
Lui le sollevò la mano e le baciò il polso. Le sue labbra le percorsero lentamente l’avambraccio e la ragazza fu scossa da un brivido incandescente, quando si fermò per un istante a baciarle l’incavo del gomito; continuò poi a salire verso la spalla scoperta, raggiungendo il collo e facendosi nuovamente sentire con delicata urgenza.
“Oh, per le galassie…” ansimò lei.
“Troppo piano?” domandò lui con un sogghigno.
 
Le sue braccia la circondarono e tutto il creato si ridusse a quella misura.
Si era levato in volo, dimostrando come il senzu ottenesse sempre il suo effetto immediato, e l’aveva trasportata nella loro camera, perché l’infermeria non era luogo.
Non aveva addosso quasi niente, dato che fino a pochi minuti prima era coperto di ferite e medicazioni e i vestiti gli davano noia. Aveva provveduto a pareggiare i conti, abbassandole le spalline ricamate dell’abito e facendolo cadere a terra in una mossa repentina, mentre le sue labbra non si erano mai staccate da lei e poi le aveva lasciato indossare solo la pelle candida.
Bulma l’aveva seguito nei gesti, rendendosi conto di non avere mai bramato così tanto un altro essere umano, nella dolce agitazione della sua strana prima-ennesima volta. Lui le toglieva il fiato e le restituiva il respiro nel suo, mentre raggiungeva il letto e si lasciava cadere stretto a lei sulle coltri fresche.
Era buio, ma l’illuminazione esterna filtrava nella stanza e potevano vedersi chiaramente nel nudo intreccio che li univa, mentre si accarezzavano e si cercavano con desiderio sempre più impetuoso, mentre riacquisivano coscienza dei loro corpi avvinti: lui perché attendeva da settimane di riaverla e lei perché non ricordava di avere mai toccato in quel modo un uomo.
Bulma si lasciò invadere dal suo sentore maschile e dalla sua sicurezza, inalando il profumo che gli apparteneva e le iniettava delle reminiscenze lontane, concentrandosi sul suo viso, sui suoi muscoli possenti, perdendosi nei suoi occhi dalle mille irresistibili ombre.
Vegeta, anche nella massima espressione d’amore per la sua donna, restava un guerriero. Sapeva perfettamente dove colpire per infierire sull’avversario, impartendogli il massimo danno; per contro, aveva appreso altrettanto bene come ottenere l’effetto contrario… o forse lo realizzava inconsciamente con lei, strappandole un sospiro dietro l’altro, baciandola audacemente e lasciandosi sfiorare da lei con altrettanta passione. Le sue membra erano roventi contro di lei, ma le concedeva il tempo necessario per non forzarla, per consentirle di rivivere quella seconda prima volta con la personale intensità emotiva.
Si smarrì nelle sue iridi chiare, annientato dalla quella sua bellezza di cui non era mai pago, il cuore che pulsava contro il suo seno, l’aroma della sua pelle captato dall’olfatto sviluppato di Saiyan. Lei, il suo tutto, il suo amore.
La sentiva tendersi sotto di lui, percepiva il suo desiderio incontrollabile, mentre lei gli affondava le mani nei capelli corvini e le dita nella schiena, facendole scivolare fino alla base della neonata coda, procurandogli un brivido infinito e sempre più irrefrenabile.
Anche per il principe, dunque, c’era qualcosa di diverso, che gli regalava un batticuore ancora più acuto del consueto, che lo rendeva terribilmente impaziente. Avvolse delicatamente la coda alla caviglia di sua moglie e la fece salire lungo la sua gamba, causandole un fremito al contatto con quell’appendice calda e morbida, che la percorreva.
La pelle nuda e sensibile di entrambi tremava ad ogni tocco e li fece vibrare nel bisogno reciproco, finché il legame dei corpi si fuse in un amplesso che non poteva più attendere. Bulma si lasciò totalmente andare all’uomo che amava oltre il tempo, Vegeta percepì nel ki la donna che amava più di se stesso, oltre la fisicità dell’attimo e divennero realmente uno in un climax di corpo e anima, come per loro era sempre stato, fin dal momento in cui si erano incontrati e giurati amore eterno.
 
Lo aveva scorto nei sogni e nei barlumi della mente, lo aveva percepito nello scambio dei loro contatti, in quei tre giorni privi di passato. Aveva intuito chi era realmente nei battiti che il cuore le riportava come monito, aveva compreso perché si era innamorata follemente di lui, perché continuava a farlo con tutte le sue forze, perché non avrebbe mai cessato di essere sua.
Ora lo teneva tra le braccia, dormiente. Il principe guerriero che aveva sconvolto la sua vita e i suoi pensieri, il Saiyan portatore di distruzione che, invece, si era sacrificato per lei rinunciando all’orgoglio, l’uomo che aveva legato a sé con consapevolezza e che, a sua volta, le aveva promesso il suo sconfinato per sempre.
La sua caparbia combattività era stata più forte dell’oblio che le obnubilava i ricordi; il suo essere alieno e imponderabile le aveva dato la forza di lasciarsi libera di desiderarlo, nonostante l’esiguità del tempo trascorso insieme, che era privo di importanza; il suo essere introverso e passionale, feroce e struggente le aveva dato il colpo di grazia. Persa per lui, persa per la seconda volta senza ricordare la prima, persa in tutte quelle che i Kami avrebbero deciso.
Avvertiva il suo respiro regolare contro il collo e i suoi folti capelli all’insù le solleticavano il viso. Captava il calore del suo sangue nel corpo stretto al suo, nel braccio muscoloso che nel sonno le cingeva i fianchi, nella coda bruna abbandonata lungo la gamba, nella loro agognata vicinanza fisica, nell’anima immortale.
Chiuse le braccia intorno a lui con delicatezza, sentendo sotto le dita la sua schiena robusta, una solidità che rappresentava anche il suo carattere, che le dava sicurezza.
“Se mi tocchi così…” mormorò lui senza muoversi.
“Pensavo stessi dormendo...”
“Sì e no”.
Si sollevò sul gomito e le piantò addosso quegli occhi folgoranti, fatti di fuoco e tristezza.
“Non mi sento ancora così stanco da lasciarmi ghermire totalmente dal sonno profondo” sogghignò.
Bulma sorrise, non senza malizia.
“Perché i guerrieri saiyan non abbassano mai la guardia?”
Lo aveva sentito pronunciare parole simili più di una volta in quelle poche ore.
Hah”.
“Ma qui non ci sono altri combattenti, te escluso”.
Iiah” ribatté lui con un cenno di diniego, voltandosi supino e portandola sopra di sé con quel movimento fluido e privo di sforzo “Tu lo sei. Per amare me, per ben due volte, lo sei davvero”.
 
“Eh? Vegeta?” esclamò Goku sorpreso, sbattendo più volte le palpebre per accertarsi del fatto “Hai mangiato il senzu?”.
“Non proprio…” borbottò questi, visibilmente impacciato.
Trunks inarcò un sopracciglio, incrociando le braccia, in un gesto d’attesa che lo rendeva identico al principe.
Quella mattina, quando il padre e la madre erano scesi insieme, prima che lei lo raggiungesse per scoccargli un imbarazzante e sonoro bacio del buongiorno sulla fronte, il ragazzino aveva fatto in tempo a notare le loro mani unite e l’occhiata inequivocabile che si erano scambiati. Nonostante i sette anni e mezzo, Trunks era sveglio: sapeva riconoscere il sentimento che univa i suoi genitori, si era tranquillizzato, vedendo che non era diverso da quello precedente all’incidente e aveva pensato che Bulma avesse riacquistato la memoria, ma così non era avvenuto. Il che era frustrante.
Scorgendo la sua espressione inquisitoria, Vegeta gli aveva sfregato una mano sulla testa e gli aveva proposto un allenamento mattutino, ottenendo un consenso entusiasta. Non solo perché Trunks adorava misurarsi con lui, ma anche perché aveva scorto nello sguardo di suo padre un’angoscia mai vista, che lo aveva lasciato senza parole e carico di preoccupazione: se persino il principe dei Saiyan non riusciva a contenere la disperazione dietro la scorza di guerriero, significava che la situazione era infinitamente grave. Ma gli occhi di Vegeta, specchiati nei suoi, quella mattina avevano riguadagnato la speranza e in essi brillavano nuovamente la sicurezza e la calma che lo contraddistinguevano.
Trunks era corso a cambiarsi, indossando la dogi verde smeraldo e allacciandosi la fascia di seta arancio alla vita, come se avesse dovuto affrontare un vero combattimento. Era ansioso di mostrare alla madre quanto era abile e al padre che il retaggio saiyan scorreva potente nelle sue vene.
Eppure, non aveva colto appieno la sequenza degli ultimi avvenimenti.
Prima, Vegeta si era preso inavvertitamente una Kamehameha dall’avversario, dopo tutte le volte che gli aveva ripetuto che non si abbassa mai la guardia! La cosa gli puzzava un po’. Poi, aveva creato un mucchio di storie, rifiutando il fagiolo magico e facendo incavolare la moglie, quando solitamente lo sgridava di brutto se osava fare i capricci per qualcosa! Infine, per qualche recondita ragione, doveva aver cambiato idea e si era lasciato guarire durante la notte! La domanda posta da Goku interessava anche a lui, dopotutto!
“Non ho capito…” ammise Goku, grattandosi la nuca.
“Non importa” replicò Vegeta, lanciandogli un’occhiataccia “Ho pensato di portare Bulma da Lord Beerus, oggi”.
“Ah! Quindi la strategia non è andata in porto…” indagò, curiosissimo.
“Dipende dal punto di vista…” replicò il principe, distante anni luce nei pensieri “Urgh! Sei assillante, Kakarott!” aggiunse, ritornando con i piedi per terra.
“Quale strategia?” intervenne Trunks.
Prima che Goku desse fiato alla sua dannata lingua ingenua, causando un pandemonio, Vegeta prese in mano la situazione con un abile pretesto.
“E’ ora che ti prepari per andare a scuola, Trunks!” ordinò perentorio “Continueremo il nostro allenamento quando sarò tornato sulla Terra. Nel frattempo, puoi insegnare a Goten quello che hai imparato stamani”.
“E mentre mi cambio e preparo la cartella” ridacchiò il bambino furbescamente “Chiederò alla mamma della… ehm, strategia?”.
Chi!”
Malefico ragazzino perspicace che aveva ereditato i geni suoi e di Bulma! Sospirò.
“Ho pensato che tua madre potesse recuperare i ricordi, assistendo a un episodio importante per noi quando ci siamo conosciuti. Senza che lo sapesse, chiaro?”.
“Ah! Quando ti sei fatto male e lei ti ha curato. Grande, papà!”.
Hah. E ora fila!” intimò il principe.
“Vado! Salutatemi Lord Beerus!”
“Ehi, Trunks…” lo richiamò il padre, mentre levitava già a metà strada.
“Sì?”
“Tre giorni senza videogiochi per aver tentato il ricatto con me!”
“Noooo, papà…” borbottò lui con molto meno entusiasmo, allontanandosi veloce.
“Come sei severo, Vegeta…” commentò Goku divertito.
“Ma piantala!”
“Comunque non ho ancora compreso che cosa ti abbia fatto cambiare idea, se Bulma non si è ricordata un bel niente…”
“Te l’ho detto ieri. Avrei optato per il senzu se avessi notato la poca utilità della mia scelta”.
“Sì, ok. Ma mi era parso di capire che saresti stato disposto a stare in quel letto per giorni in attesa di qualche segnale! Invece vedo che hai optato molto in fretta…”
“Hai finito con l’interrogatorio, Kakarott!?” sbottò lui arrossendo violentemente “Piuttosto, sei fuggito da casa anche stavolta o tua moglie sa che stiamo per andare da Lord Beerus?”
“No no, Chichi è stata molto comprensiva, quando ha saputo di Bulma. Mi ha detto di non fare sciocchezze lassù con l’Hakaishin, ma ha aggiunto che spera di rivederla presto guarita e si scusa per non essere passata personalmente. Anzi, se ti devo dire la verità, non si è neppure adirata per la faccenda della coda, mi è sembrata addirittura contenta…”
“Vorrei ben vedere…” commentò Vegeta.
“Uh?” fece Goku perplesso.
Rifletté un istante. La coda. Chichi non si era arrabbiata ed era rimasta deliziata: lui aveva pensato che fosse perché le ricordava quando si erano conosciuti da ragazzini. Così le aveva affettuosamente circondato la vita, all’inizio per gioco e poi… beh. E dire che aveva sempre pensato ad essa come a un’appendice più debole di lui o a uno strumento da allenare per combattere e non per... Anche Vegeta aveva riguadagnato la coda. E si era mangiato in qualche maniera il senzu. Ed era più reticente del solito. Due più due faceva indubitabilmente quattro.
“Ehi, Vegeta… Ho capito!” esultò gioioso.
“Che cosa, Kakarott?”
“La coda! Stanotte…”
“Risparmiami i particolari, ti prego”.
“Ma no, dicevo, ho capito perché stanotte tu hai preso il senzu…”
“Sta’ zitto, Kakarott!!”

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Capitolo 8
*** Vaticinium ***


Approfitto dell'introduzione a questo nuovo capitolo per ringraziare tutte le persone che mi stanno seguendo in questa storia: è già tutta scritta, arriverà un po' per volta sulle mie pagine, come sempre. ^^ Grazie di cuore anche a chi mi ha lasciato un pensiero in via privata, spendendo una parte del suo tempo per dedicarlo a me. :)

Vaticinium
 
Vegeta si era cambiato gli abiti da combattimento. Indossava una dogi grigio piombo con il colletto alto, chiusa da una cerniera bordata, la parte superiore leggermente più lunga e stretta sui fianchi. I pantaloni aderenti erano infilati in un paio di stivali bianchi e oro, che replicavano lo stesso colore della corazza, più stilizzata di quella che portava normalmente. Sul lato sinistro dell’armatura elastica c’era uno strano simbolo a forma di spirale, lo stesso che campeggiava sull’uniforme arancio sgargiante di Goku. Anche lui aveva mutato leggermente l’abbigliamento consueto: portava una divisa con una casacca a scollo, che gli lasciava scoperti i solidi pettorali, serrata da una lunga striscia di seta blu mare annodata a un fianco. I calzoni, ampi e morbidi, erano trattenuti da stivali a strappo azzurri e neri.
“Come siete eleganti, ragazzi!” esclamò Bulma.
“L’Hakaishin tiene molto alle formalità” spiegò il principe.
“Fin troppo” borbottò Goku “Almeno con questa dogi mi sento a mio agio… invece, Chichi si lamenta sempre che non indosso mai altro!”
Dimenò la coda con foga, ma lo sguardo glaciale di Vegeta gli ricordò qual era la maniera onorevole di tenerla, così la avvolse intorno alla vita con aria innocente.
“Quando vuoi, Kakarott” fece lui, posandogli la mano guantata sulla spalla e stringendo la vita della moglie con l’altra.
Un gesto d’affetto, di protezione, di appartenenza. Whis, probabilmente, aveva la soluzione. Doveva avere la soluzione. Se così non fosse stato, avrebbe evocato il Drago degli dei, a costo di tornare a navigare per lo spazio, litigandosi le Super Sfere con quelli del Sesto Universo. Bulma gli aveva detto che il loro amore, quello mai spento, che era riaffiorato in lei in poco più di quarantott’ore, era importante, che del resto avrebbe potuto fare a meno. Ma Vegeta non era tipo da arrendersi. Aveva giurato.
Goku si puntò indice e medio congiunti alla fronte, concentrandosi.
 
Lord Beerus sonnecchiava tranquillamente all’ombra del suo albero preferito, russando sonoramente, quando il terzetto si materializzò sul suo strano pianeta: una sorta di piramide violacea capovolta, sormontata da un gigantesco tronco ramificato e spoglio, sulla cui cima era arroccato il palazzo dell’essere superiore.
“Mhmm, che succede?” mugolò di malumore, aprendo un occhio con ostentato sforzo.
“Salute, Beerus-sama!” l’apostrofò Goku con un sorriso cordiale.
Il dio della Distruzione si stiracchiò con uno sbadiglio, raddrizzando la lunga coda viola e le grandi orecchie feline. Sollevò un sopracciglio, scorgendo la moglie di Vegeta.
“Si vuole allenare anche lei?” domandò indicandola, alquanto seccato per l’interruzione.
Chi!” ringhiò subito il principe sulla difensiva.
“Ma no!” ridacchiò Goku “In realtà, siamo qui per via di un problema…”
“Oh, che strano!” ironizzò la divinità, scoprendo i canini appuntiti “Sono l’Hakaishin, ho un solo modo per risolvere i problemi, io!! E non vi piacerà!” sbottò.
“Suvvia, Lord Beerus, non sia così drastico” pregò Goku gentilmente.
“Drastico? Ma come ti permetti!? Sono fin troppo indulgente con voi noiosissimi Saiyan! La Terra è ancora al suo posto, no? Mi chiedo fino a quando riuscirò a impormi di sopportarvi!”.
“Certo che è al suo posto…” mugugnò Goku immusonito “L’abbiamo salvata noi, mica lei…”
La divinità scattò in piedi, fiondandosi a un centimetro dal guerriero in arancio e afferrandolo per l’orecchio, con uno sguardo offesissimo.
“Cosa vorresti insinuare, eh?! Sei uno screanzato!” gli gridò in faccia.
“Ahia!” fece Goku “Perché deve essere sempre così violento con me!?”
“Perché sei un idiota! Fastidioso, molesto, irritante!” sottolineò con un cazzotto, centrato sulla capoccia del malcapitato, che lo ricevette con un borbottio.
Bulma fissò il marito con aria stranita e Vegeta si decise a intervenire, prima che il compagno causasse l’apocalisse del Settimo Universo.
“Ci scusi, Lord Beerus. Kakarott non si è spiegato bene. Non si tratta di una minaccia al nostro pianeta. È un problema personale e siamo venuti a chiedere una consulenza”.
“Mhmm” fece il felide con calma apparente “Sono lusingato… Mi avete scambiato per l’ufficio informazioni, forse!?!” sbottò “Sono impegnatissimo! Credete che possa stare dietro alle vostre sciocchezze!?”
“Ma se stava ronfando, prima…” commentò Goku acido, massaggiandosi il bernoccolo.
L’osservazione gli valse un colpo di ki, che lo filò di un millimetro e si scaricò in aria con un botto tremendo.
“Per fortuna ho i riflessi pronti…” brontolò lui senza scomporsi.
“Non vogliamo arrecarle disturbo” continuò il principe pazientemente, scoccando un’occhiataccia a Goku “Siamo venuti a parlare con Whis, in realtà”.
“Ehi, tu…” lo apostrofò la divinità, incrociando le braccia dietro la schiena con fare mellifluo e squadrandolo sottecchi “Intendi dire che io non sono abbastanza preparato per fornirvi il vostro prezioso consiglio?”
“Certo che no…” rispose Vegeta, notando che qualsiasi parola proferita veniva piegata a loro svantaggio dal solito pessimo umore del risveglio del dio.
Bulma vide il marito fremere nello sforzo di mantenere la calma e l’atteggiamento formale.
“Temo sia colpa mia…” ammise interloquendo.
“Bizzarro che tu non fossi ancora intervenuta, con la lingua insopportabile che ti ritrovi…” disse l’Hakaishin tra i denti.
La ragazza si alterò visibilmente, ma Vegeta le prese il braccio, invitandola alla quiete, mentre Lord Beerus fiutava rumorosamente l’odorino allettante di cibo, che proveniva dall’involto voluminoso che lei aveva portato.
“E va bene!” sospirò, sedendosi sull’erba fresca a gambe incrociate “Ti ascolterò, ma solo perché ho fame! Apri immediatamente quel pacco e parla!”
Vegeta trasse un sospiro di sollievo, scambiando un cenno positivo con Goku.
Bulma iniziò a imbandire le cibarie, facendo venire l’acquolina a tutti, esponendo contemporaneamente il suo problema.
“Delizioso!” biascicò Lord Beerus ingozzandosi a piene mani “Che ci hai messo in questo okonomi… qualchecosa?”
Okonomiyaki” precisò lei elencando gli ingredienti.
“Sì, brava!” approvò la divinità “Però non posso fare niente per la tua amnesia, mi dispiace”.
“Ma come!?” saltò su lei “Non ci ha neanche provato!”
“Ehi… attenta a come parli…” la ammonì lui, ingoiando un’altra porzione e leccandosi beatamente le labbra unte di salsa.
Bulma fece scattare le mani ai fianchi, ma riuscì a non rifilargli una rispostaccia, memore del racconto di Goku e delle raccomandazioni del marito.
Vegeta contò fino a tre per farsi passare il nervoso, terminò la sua parte e intervenne nuovamente, sforzandosi di contenere la voglia di prendere a calci il divino interlocutore.
“Il maestro Whis?” domandò con noncuranza.
“Grunt!” sbuffò Lord Beerus “E’ andato alla riunione dei dodici tenshi e non tornerà prima di domattina! Ha osato lasciarmi senza cena! Morirò d’inedia, lo sento!!”
“L’avrà già mangiata tutta anzitempo, invece…” sghignazzò Goku, sollevando gli hashi dal piatto e ricevendosi quello dell’Hakaishin in piena faccia di rimando.
“Tu non sai cosa sia il rispetto!!” ruggì questi inviperito.
“Allora siamo capitati al momento giusto!” fece notare Bulma, distogliendo la divinità che tentava di torcere a terra con una mossa di catch l’impudentissimo Saiyan.
Vegeta sogghignò, cogliendo al volo il magistrale intervento della moglie. L’avrebbe sposata altre infinite volte, non una sola. Aveva trovato il modo per restare lassù fino all’arrivo di Whis, prendendo per la gola il capricciosissimo dio della Distruzione.
“Eh?” gracchiò lui, interessato.
“Io cucino benissimo, mi occuperò personalmente dei suoi pasti finché il suo assistente non sarà di ritorno, se me lo permette”.
Lord Beerus socchiuse gli occhi dorati, osservandola con interesse, perché in fondo non era così stupido e apprezzava le persone intelligenti come quella donna, che più volte l’aveva sorpreso e ospitato in modo squisito nei mesi precedenti. Rise sotto i baffi.
“Se mi garantisci che ti ricordi almeno come si cucina…”
“Ma certo!” cinguettò lei sussiegosa.
“Affare fatto” sghignazzò l’essere superiore, divertito “Ora spiegatemi immediatamente come mai vi è ricresciuta la coda!”.
“Ah! Allora l’ha notato…” fece Goku, massaggiandosi le braccia indolenzite.
“Certo che l’ho notato! Non sono mica un imbecille come te!!” Avevo troppa fame, prima, per ascoltarvi!”.
“La mia Bulma lo ha chiesto a Shen-Long” replicò Vegeta.
“Sempre a giocare con le Sfere!” ringhiò Beerus.
“In realtà, avrei voluto riavere i ricordi, ma il Drago mi ha detto di non potere nulla, così ho cambiato desiderio” spiegò lei.
“È incredibile!” esclamò la divinità.
“Vero? Che Shen-Long non ci sia riuscito…” commentò Goku.
“Che hai capito!” strepitò il felino “E’ incredibile che abbiate osato chiedere prima al dio Drago che a me! Così sono la vostra seconda scelta, eh!?”
“Terza” precisò il Saiyan “Prima siamo andati da Dende…”
Vegeta gli rifilò una gomitata nelle costole, precedendo l’atto punitivo dell’Hakaishin e salvandogli il collo.
“Vuoi morire, Kakarott?” sibilò adirato “Non abbiamo voluto incomodarla” aggiunse con un cenno rispettoso.
“Va bene, va bene…” tagliò corto il dio con un gesto della mano “Piuttosto, siete riusciti a raggiungere lo stato di contenimento del ki?” si informò.
“Ci stiamo lavorando” rispose il principe, palesemente a disagio.
“Lo sapevo! Siete dei testoni, testoni presuntuosi che pensano di risolvere tutto a manate! Dirò a Whis di mettervi in punizione! Lo sapete che Zen-Oh-sama vuole organizzare un torneo! Anche questo per colpa tua, chiaramente!” sbraitò rivolto a Goku “Non ho assolutamente intenzione di perdere! Datevi da fare!”
“Zen-chan non è così male…” affermò lui.
“Ancora con questo Zen-chan!” tuonò la divinità “Impara l’educazione! Ma basta! Basta! Prima che io vi distrugga, fatemi vedere di cosa siete capaci, adesso!”
Lo sguardo dei due Saiyan cambiò. Vegeta segnalò a Bulma di stare indietro e si diresse verso il centro del prato verdeazzurro, seguito da Goku, che stava già scrocchiandosi le mani con impazienza. Il dio della Distruzione li tallonò, con un’espressione serissima.
I due guerrieri raggiunsero in un soffio silenzioso il livello Blue e si fronteggiarono decisi, sotto gli occhi attenti e severi del loro principale spettatore. Appena si mossero, Bulma non riuscì più a vederli, ma iniziò a distinguere a tratti i bagliori saettanti e i rumori dello scontro. Pregò che nessuno si facesse male.
“Ciao!” squillò una vocina dietro di lei.
La ragazza si girò e si trovò difronte ad una insolita creatura bluette dall’aspetto allungato, con una buffa antenna sul capo, che si spostava fluttuando immersa in una boccia di vetro oblunga, fissata su un bastone giallo.
“Io sono Yogen-gyo, il pesce-oracolo”.
“Piacere mio, io sono Bulma”.
“Non mi sembri una guerriera”.
“No, infatti” rise lei “Sono venuta qui con mio marito per chiedere l’aiuto del maestro Whis”
“Oh” fece la creatura, interessata “Qual è dei due?”
“Vegeta” disse lei, gli occhi turchesi che brillavano nella direzione dello scontro.
“Il principe dei Saiyan… Devi essere una donna eccezionale, se lo hai sposato…”
Lei fece un cenno di diniego con il capo e sorrise, sempre rivolta al cielo arancio che si illuminava dei bagliori accecanti provenienti dal ki dei contendenti.
“Io non ho nulla di singolare… è lui ad essere straordinario”.
“Non lo conosco così bene” ammise Yogen-gyo “Ma se è sopravvissuto alla catastrofe del suo pianeta, è riuscito a convincere Whis ad allenarlo e a non farsi disintegrare da Lord Beerus, deve possedere delle doti notevoli a parte la forza in battaglia”.
“Già…” confermò Bulma sognante “Per questo voglio riacquistare i miei ricordi…”
Il pesce-oracolo fluttuò davanti a lei, piantandole in volto gli occhietti tondi e vivaci, con le pinne aggrappate al bordo di vetro, incuriosito.
“Come? Hai perso la memoria?”
“Purtroppo sì”.
La creatura la fissò allegra e continuò a girarle intorno con fare interessato e concentrato. Poi le si fermò difronte, increspando le labbra carnose in un sorriso cordiale.
“Capisco” le disse “I miei poteri non mi consentono di restituirti il passato. Tuttavia, posso dirti con certezza che ci sarà grande gioia per te, Bulma, nel presente e nel futuro”.
“Oh…” fece lei sorpresa “Cosa intendi…”
In quel momento, l’Hakaishin si alzò in volo, impaziente, e raggiunse il pieno dell’allenamento: lampi violacei si intervallarono all’energia blu dei contendenti, ponendo termine al duello in pochi secondi. I due Saiyan finirono contemporaneamente a terra, ansando spossati e ricoperti di polvere.
“Questo perché non vi siete addestrati a dovere!” sentenziò la divinità, arcigna.
“Lei è sempre il più forte, Lord Beerus!” ansimò Goku soddisfatto.
“Siamo comunque migliorati” constatò Vegeta, ripulendosi dal terriccio.
“Non alzate troppo la cresta! Domani ci penserà Whis a mettervi sotto! E ora… mi è tornata la fame!! Si può sapere quando si mangia?”.
“Tra poco, Beerus-sama” rispose Bulma, aprendo la scatola delle capsule hoi-poi “Giusto il tempo di allestire la tavola…”
“Bene! E tu, Yogen-gyo, mostra loro le stanze per stanotte!”.
 
“Lo sapevo, mi tocca dormire da solo!” brontolò Goku imbronciato.
“Che cosa sei, Kakarott, un moccioso che ha paura del buio!?”
“Assolutamente no, Vegeta! Solo mi avrebbero fatto piacere due chiacchiere…”
“Ma se l’ultima volta ti sei addormentato dopo un secondo, mentre ti stavo parlando!!”
“Certo, Whis ci ha sfiancati, non ne potevo più dal sonno…”
“Buonanotte Son-kun!” troncò Bulma, spingendo il marito nella loro stanza.
 
La camera era molto spaziosa e aveva una finestra, prospicente alla fitta foresta violacea del pianeta, estesa oltre le mura del palazzo. Nel cielo notturno splendevano lucenti molteplici piccole lune rosate.
“Chiudi la tenda, non vorrei diventare oozaru proprio a casa di Lord Beerus” sogghignò Vegeta, togliendosi gli stivali “E poi sono a pezzi…”
“Pensi che abbiano lo stesso potere di quella della Terra?” domandò Bulma, tirando le cortine e ammirando il grande letto a baldacchino, che troneggiava al centro dell’ambiente.
“Se emanano onde bluets, l’effetto è garantito. Ma non mi va di sperimentarlo adesso” rispose lui, levandosi la corazza con un unico movimento esperto.
La ragazza continuò l’ispezione, apprezzando l’arredamento spartano, ma di ottimo gusto.
“Vegeta, vieni a vedere!” esclamò estasiata.
Il principe oltrepassò l’arco scolpito, che divideva la camera da letto dall’ofuro, sfilandosi i guanti bianchi.
“Il dio della Distruzione si tratta bene” commentò incrociando le braccia.
La stanza da bagno era parimenti di pietra, ma al posto della vasca c’era un’enorme piscina naturale, alimentata da una piccola cascata, da cui salivano vapori odorosi di acqua calda. Una scaletta sbalzata nella roccia scendeva invitante nella polla trasparente. L’ambiente era illuminato da fiaccole e i cristalli incastonati nelle pareti riflettevano bagliori caleidoscopici sulla sottile nebbiolina che invadeva la sala.
“Ne vorrei una anch’io a casa” scherzò Bulma.
“Lo spazio ce l’abbiamo” rimandò il principe, fissandola intensamente.
Lei gli sorrise, gli occhi che splendevano nei suoi.
Vegeta riprese a svestirsi, aprendo la cerniera della casacca, che gli si scollò di dosso, lasciando scoperto il torace muscoloso. La coda bruna abbandonò la vita e scese lungo la gamba, rilassata.
“Stai abbassando la guardia o è un silenzioso invito?” domandò la ragazza con ironia, sciogliendo il foulard rosso che portava al collo, senza che il suo sguardo lasciasse quelle meravigliose iridi nere, che la trapassavano ardenti come braci.
Il principe sogghignò, agganciandola a sorpresa con la lunga appendice e costringendola dolcemente a sé.
“Ti sembro il tipo?” sussurrò sulle sue labbra, le braccia che la circondavano stretta.
“Dammi un indizio…”
Vegeta la baciò sulla bocca senza esitazione, mentre lei si liberava della corta maglietta bianca e sentiva le sue mani bruciare sulla pelle e l’assordante pulsazione del cuore che delirava per lui. Lo strinse forte e percepì il suo fremere, mentre i vestiti cadevano a terra e il getto della doccia si apriva sopra di loro, cancellando tutto l’esistente.
Bulma gli percorse con le dita i capelli corvini intrisi di schiuma e lui si lasciò sfiorare, passandole a sua volta il fluido profumato sul corpo, finché l’acqua corrente non portò via tutto il sapone e tutti i pensieri che esulavano dal loro intimo volersi.
Il principe sentiva la ruvida parete dietro la schiena e la pelle morbida della sua donna contro di sé, mentre la cingeva e la sollevava da terra, le braccia di lei aggrappate alle spalle, le labbra sul suo collo delicato, che portava ancora i segni dei baci infuocati della sera precedente. Si spostò lentamente verso la piscina, sorreggendola senza sforzo, e scese nell’acqua calda, mentre la nebbia li avvolgeva, celando il loro amore al resto del creato. Le appoggiò la fronte al petto, mentre lei gli accarezzava il dorso e lo stringeva tra i vapori fluttuanti, ed esitò in quell’abbraccio che per lui era l’unico universo.
“Era la seconda, ho indovinato?” gli sussurrò lei “Vegeta, tu…”
“Da impazzire…”
 
I riflessi dei cristalli giocavano sul soffitto, inseguendosi in un nascondino di luci e ombre. Bulma teneva suo marito tra le braccia nella silenziosa quiete dell’ofuro, lasciandosi avvolgere dalle onde concentriche del liquido tiepido in cui erano immersi.
Appoggiato al suo seno, Vegeta osservava con distrazione i colori baluginanti sulla volta di pietra, stringendo le mani affusolate che lo avvolgevano.
“Hai avuto altri flash back?” le domandò.
“Non di recente… Ma il pesce oracolo mi ha detto che sarò felice in ogni caso, anche senza memoria. Io ne sono convinta, finché sono qui con te…”
Il principe sorrise lievemente, girandosi di tre quarti e rivolgendole uno sguardo intenso.
“Yogen-gyo sbaglia raramente. Se ha usato la cortesia di rivelarti quel particolare, significa che ha letto ben di più. Ma non lo può riportare, poiché vaticina solo per gli esseri superiori”.
“Oh… allora tu pensi che riuscirò a riprendermi il passato?”
Vegeta socchiuse gli occhi d’onice profonda e, per un istante, la sua espressione si fece dura e determinata nel tremolio della foschia leggera che riempiva l’ambiente. Le previsioni del futuro erano qualcosa che aveva imparato a non sottovalutare, a partire dalle leggende del suo pianeta natale fino alla comparsa più recente del super Saiyan God, presentita proprio su quel mondo lontano. Ma avevano uno strano modo di manifestarsi e compivano percorsi assurdi oppure erano solo parte di una verità più grande. Non poteva essere sicuro di nulla.
“Se così non dovesse essere, lo farò io di persona” asserì, levandosi in piedi.
Bulma osservò il suo viso imbronciato e affascinante: il volto di un guerriero valoroso e risoluto, il volto dell’uomo che amava con tutta se stessa.
“L’unica cosa che non voglio perdere sei tu” gli disse, avvolgendosi nel soffice telo da bagno bianco appoggiato al bordo roccioso della vasca.
Il principe sogghignò e la prese tra le braccia, lo sguardo ardente, severo e deciso.
“Andiamo a letto” le disse.

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Capitolo 9
*** Veritas ***


Veritas
 
“Sembrate due mocciosi dell’asilo!” sbottò Bulma con le portate della colazione in mano, mentre Goku e Lord Beerus si litigavano l’ultimo pesciolino arrosto rimasto.
“L’ho visto prima io!” borbottò il Saiyan, agganciando le dita del rivale con gli hashi.
“Ma come ti permetti!” gridò il felino “Io sono una divinità e mangio tutto quello che mi pare! Esigo la precedenza e non tollero critiche!”
“Finirà per ingrassare, per quanto dorme!” rincarò Goku senza mollare la presa.
“Farò esercizio su di te per dimagrire!” asserì l’Hakaishin tirando dalla sua parte.
Vegeta inarcò un sopracciglio, disgustato dalla scena pietosa, e si affrettò a ripulire il piatto, prima che anche la sua razione destasse l’interesse dell’incontentabile dio della Distruzione.
“Smettila!!” strillò la ragazza, assestando una manata sulla testa di Goku, che si distrasse, consentendo al rivale di inghiottire rapidamente la preda.
“Non è giusto, Bulma!” lamentò il Saiyan, mentre Lord Beerus si batteva la pancia soddisfatto dal boccone aggiuntivo.
“Tieni! Prendi questo e piantala di recriminare!” fece lei, allungandogli il piatto dei dolci.
Si sedette vicino al principe e lo osservò mangiare di gusto.
“Succede sempre così?” gli chiese.
Vegeta alzò gli occhi al cielo, annuendo e sollevando la tazza del tè.
“Solitamente interviene Whis con una bella ramanzina”.
Bulma ridacchiò divertita.
“Avevate bisogno di me?” disse una voce compita.
Una figura alta e magra era comparsa alle loro spalle, silenziosa e leggera nella fluente veste color ciclamino, ornata da fasce scure cariche di figure geometriche. Una sorta di aureola celeste circondava il suo collo, spiccando luminosa sul colorito azzurrino della pelle e in contrasto con il ciuffo rialzato di capelli argentei; nella mano destra impugnava un lungo bastone sormontato da una sfera antracite anulata, simile a un pianeta in miniatura. Emanava potenza e grazia, saggezza e dignità contemporaneamente.
“Oh… Bulma-san…” mormorò Whis sorpreso, sgranando le iridi violette in direzione della terrestre, captando immediatamente in lei e nella sua presenza qualcosa di anomalo.
Vegeta e Goku si alzarono in segno di saluto, imitati dalla ragazza.
“Era ora!” ringhiò acido l’Hakaishin “Ci hai messo una vita, Whis!”.
“Domando venia per l’attesa, lord Beerus. Vedo che i nostri ospiti le hanno fatto compagnia”
“Seeh…” sbuffò lui con un gesto della mano “Se vogliamo dire così… Questi due testoni non hanno eseguito sufficienti esercizi di concentrazione. Anche nella forma Blue continuano a lasciar defluire troppo ki all’esterno, così ieri li ho messi in riga e ho impartito loro una sonora lezione per essere tornati qui senza aver obbedito!”
“Immagino” commentò il tenshi, il giovane volto inossidabile, osservando la polvere e gli strappi sulle uniformi dei Saiyan.
Calò il bastone e gli abiti da battaglia ritornarono perfetti.
“In realtà, ci siamo allenati” puntualizzò Goku “Siamo venuti qui in anticipo per Bulma”.
“Mhmm” vagliò l’angelo, puntando lo sguardo indagatore sulla ragazza, che non aveva ancora parlato e l’aveva salutato in modo eccessivamente formale, considerando il loro rapporto di stima e amicizia.
Notò che Vegeta, abbandonata la consueta impassibilità, le stava tenendo protettivamente una mano sul braccio, senza quasi realizzare il gesto, compiuto alla presenza di tutti. Il principe guerriero appariva teso e piuttosto nervoso; lesse estrema inquietudine nel suo ki, solitamente pulito e privo di incertezze. Doveva essere successo qualcosa di terribile.
“Bulma-san, che cosa ti ha portato qui da noi?” domandò, pressoché certo della risposta.
“Sono quasi morta a causa di una scarica elettrica e ho perso la memoria, maestro Whis” replicò lei “Ma non del tutto, mi mancano più di dieci anni, la prima parte della mia vita la ricordo perfettamente”.
A quell’affermazione, lo sguardo di Vegeta si offuscò di un dolore così palese, che persino il dio della Distruzione si soffermò a guardarlo.
“Mmmmh” ripeté il tenshi, prendendosi il mento con le dita, con fare meditativo.
“Non saremmo venuti qui a incomodarti” intervenne il principe “Ma ci è stato detto dal drago Shen-Long che, in realtà, i ricordi di mia moglie sono presenti. Lei però non riesce a visualizzarli e noi non sappiamo cosa fare. Ci serve il tuo prezioso aiuto”.
L’angelo si avvicinò a Bulma e la squadrò da capo a piedi, illuminandola con la luce chiara del suo scettro lungo e sottile; il suo viso era grave e intento, ma imperturbabile nell’essenza di creatura superiore. Sollevò il bastone, facendo un passo indietro.
“Qual è il tuo ultimo ricordo?” le chiese.
“Mi ricordo di Goku giovanissimo, che è venuto a presentarci suo figlio Gohan…”
“E dopo cos’è accaduto?” continuò Whis, rivolto al Saiyan in arancio.
“Beh, ecco…” fece Goku un po’ impreparato alla richiesta “In quei giorni, è arrivato mio fratello Radish, a rivelarmi che non ero nato sulla Terra e ha minacciato di sterminarci tutti, ma è stato sconfitto. Io sono addirittura morto durante lo scontro. Poi sono giunti sulla Terra Vegeta e Nappa, che hanno tentato di ucciderci a loro volta per prendersi il pianeta, ma ci siamo salvati. Per far resuscitare i nostri amici scomparsi, siamo andati su Namecc a cercare le Sfere originali e qui ci siamo imbattuti in Frieza, che le bramava per sé: Vegeta è andato all’altro mondo, io sono diventato super Saiyan e ho piegato il nemico, ma Namecc è esploso comunque”.
Il principe strinse spasmodicamente i pugni, le iridi nerissime che scintillavano di furore, come tutte le volte in cui quella triste storia veniva rivangata. Era una coltellata nell’anima. Sentì le dita di Bulma intrecciarsi alle sue e la collera sfumò, lasciando il posto alla tristezza. L’amore negli occhi di lei non mutò a fronte dell’ascolto di quella vicenda lontana.
“Dopodiché ci siamo ritrovati tutti vivi sulla Terra, Vegeta compreso: a questo punto, è giunto dal futuro suo figlio Trunks, per rivelarci che due cyborg crudeli, di lì a tre anni, avrebbero devastato il mondo. Avendoci messo in guardia, siamo riusciti ad affrontarli e non ci siamo tirati indietro neppure quando abbiamo scoperto che c’era una terza creatura spietata, Cell.
Io sono rimorto, ma dopo alcuni anni ho potuto tornare tra i vivi, creando un caos che non mi sarei mai immaginato: per farla breve, abbiamo risvegliato Majin-Bu ed è stata dura con lui. Vegeta ha sacrificato la vita, prima che riuscissimo a distruggerlo. Abbiamo persino accettato la fusione per vincere. Il resto lo sapete, perché al risveglio di Lord Beerus eravate presenti ai fatti, all’inopportuna resurrezione di Frieza e al terribile progetto di Zamasu e Black”.
L’Hakaishin tossicchiò imbarazzato: sarebbe stato compito suo distruggere il male, ma aveva tirato in lungo un pisolino di trentanove anni, lasciando il Settimo Universo alla mercé di quei mostri. I Saiyan avevano combattuto all’ultimo sangue perché lui si era disinteressato di tutto. I due guerrieri avevano il suo rispetto sin dal loro primo incontro. Sbadigliò con fare annoiato, per celare il senso di colpa.
Il tenshi inarcò un sopracciglio, ponderando gli eventi ben noti, che si erano susseguiti in maniera spasmodica, uno più agghiacciante dell’altro.
“Io penso che tutto questo il maestro Whis lo conosca, Kakarott” asserì Vegeta.
“Ma allora perché lo ha chiesto?” rispose Goku confuso.
“Credo che volesse sapere altro” interloquì Bulma “Ha chiesto a te perché sei mio amico da sempre e io non posso raccontare…”
“Eh? Ma io non so che altro dire…” brontolò lui.
Il principe incrociò le braccia, emettendo un sospiro e fece per intervenire, ma Bulma lo precedette, avanzando di un passo.
“Da quanto ho potuto ricostruire, l’arrivo dei Saiyan ha cambiato la mia vita. Questi eventi hanno causato sofferenza, è indubitabile, ma in essi io ho incontrato l’uomo che amo, da lui ho avuto un figlio, siamo diventati una famiglia. Ho provato il dolore della perdita e la gioia del riunirsi, sono maturata attraverso il mio amore per lui e viceversa. Sono rimasta al suo fianco in ognuna di queste prove e lo rifarei per altre mille volte, se dovesse essere necessario. Questo è ciò che mi è successo, maestro Whis, aldilà dei fatti evidenti”.
Vegeta abbassò lo sguardo, arrossendo.
“Cavoli, Bulma, che dichiarazione!” esclamò Goku ridacchiando.
“Bah…” fece Lord Beerus accavallando le gambe, osservandosi le unghie affilate con aria falsamente tediata.
L’angelo inclinò nuovamente il bastone, esaminando sotto la luce diafana la giovane donna.
È chiaro” disse sorridendo “In questi anni, quelli che non rammenti, hai subito uno shock dopo l’altro, hai avuto paura, hai visto morire i tuoi cari, il tuo migliore amico, tuo marito e persino il tuo futuro figlio. Questi eventi, che si sono poi conclusi al meglio, sono stati comunque drammatici e si sono depositati nel tuo inconscio, che ha cercato inconsapevolmente di difenderti e di preservarti, creando lentamente una barriera. È umano. Dopo la ciliegina sulla torta, cioè la questione di Zamasu, hai superato a tua insaputa il limite di tolleranza ed è bastato un altro piccolo trauma per attivare l’amnesia, che talvolta è un automatismo incontrollato, per non soccombere alla sofferenza. Tuttavia, come hai affermato, questi avvenimenti non si sono rivelati del tutto negativi. È il motivo per cui sono presenti, ma non riesci a raggiungerli. Il tuo subconscio istintivo li vorrebbe oscurare, ma la tua parte razionale ed emotiva non è d’accordo, poiché in essi hai amato e sei stata amata. Ciò motiva anche i flashback che compaiono nei momenti in cui abbassi le difese, nel sonno o quando sei rilassata. Sei come divisa a metà”.
La ragazza ascoltò la diagnosi trattenendo il fiato. Comprese che quel vuoto mentale dipendeva solo da lei, seppur involontariamente.
Vegeta sollevò lo sguardo e i suoi occhi balenarono di risoluzione e di sconforto. Avrebbe dovuto essere più presente per lei in passato, avrebbe dovuto difendere la sua donna con maggiore responsabilità, sostenerla nell’anima… invece, era sempre stata lei l’appoggio per lui: più debole di lui ma infinitamente più forte, priva di poteri nel ki ma dotata di un coraggio straordinario. Aveva mancato per orgoglio, quell’amnesia era colpa sua, della sua arroganza eccessiva, che lo aveva trascinato egoisticamente in situazioni che era in grado di affrontare, ma che avevano avuto ogni dannata volta ripercussioni su di lei.
La sua Bulma non si era mai lamentata, era stata lei la reale parte attiva nel loro rapporto, non lui: le braccia tese e pronte ad accogliere erano quelle di sua moglie e lui si era lasciato circondare, restituendole pari amore, ma non aveva mai fatto effettivamente il primo passo. Si era sorretto a lei, ma non l’aveva sorretta, non abbastanza… e quegli ultimi anni non erano nulla a confronto di tutte le volte in cui la donna che amava gli si era donata senza condizioni.
“Whis-san, puoi fare qualcosa per lei?” mormorò con voce carica di tormento.
“Mi dispiace…” replicò l’angelo scuotendo la testa “Non sono in grado di agire sulla psiche in questo modo. Ho compreso le ragioni del problema e su di esse si deve basare la risoluzione, che tuttavia deve venire da lei”.
Il principe aggrottò la fronte, per nulla convinto: rimaneva dell’idea che il tenshi potesse, al contrario, restituire i ricordi a Bulma e che li stesse mettendo ancora una volta alla prova.
Goku piantò i pugni sui fianchi, rabbuiandosi per il responso, ma non fiatò.
“Che cosa dobbiamo fare, dunque?” riprese Vegeta al limite della pazienza.
“Mmmh…” ponderò l’essere superiore “Non saprei…”
Il principe iniziò a fremere e forzò se stesso, si impose strenuamente la calma, mandò in frantumi l’orgoglio, resistette all’onta ustionante dell’umiliazione che si sarebbe inflitto, con pari ostinazione. Piegò un ginocchio a terra e chinò il capo.
Bulma sgranò gli occhi.
“Vegeta…non…” sussurrò prostrata.
Goku spalancò la bocca, sconcertato e confuso, perché lui il principe dei Saiyan in ginocchio non se lo sarebbe figurato neppure nei sogni. E non gli piacque. Serrò i pugni con forza.
“Domando formalmente il consenso per evocare il Drago degli dei” sputò fuori Vegeta, la voce che vibrava di rabbia e di oltraggio.
Whis fece aleggiare un sorriso invisibile sulle labbra violette e si rivolse all’Hakaishin.
“Lord Beerus?”
Era il dio della Distruzione a dover negare o fornire l’autorizzazione per radunare le sette Super Sfere, sparse tra i due universi gemelli.
“Ma figuriamoci!” borbottò la divinità “Richiamare il Drago supremo per una sciocchezza del genere! In più, risulterei debitore nei riguardi di mio fratello Champa, dato che le Sfere sono anche nella sua zona! Non ci penso proprio! Via, via via! Scordatevelo!”.
Gli occhi di Vegeta fiammeggiarono di sdegno e di furia incontenibile, mentre la sua fronte sfiorava quasi il suolo in quell’atto odiosamente degradante, che non avrebbe mai e poi mai compiuto, se non fosse stato perdutamente innamorato di Bulma.
“Lord Beerus, mi appello alla sua indulgenza. Ci conceda il suo permesso”.
Goku strinse i pugni fino a piantarsi le unghie nella carne e il suo sangue saiyan iniziò a ribollire come lava difronte a quell’ingiusta mortificazione.
“Ho detto di no!” strepitò il felino, battendo un piede a terra “Puoi anche sdraiarti e piangere, ma la mia risposta non cambia! Voi Saiyan credete di poter fare tutto ciò che vi pare, in barba alle leggi universali, solo perché vi ritenete più forti degli altri! Siete fastidiosamente testardi e arroganti nel vostro futile tentativo di superare gli dei! Non vi è bastata la lezione che vi è stata impartita trent’anni or sono! Vi hanno estinti e ancora non avete imparato a stare al vostro posto! E tu, che sei il principe della tua stirpe, sei il più presuntuoso di tutti! Mi ricordi tuo padre!”.
“C-cosa?” ringhiò Vegeta, reagendo all’insulto e sollevando uno sguardo furente di sfida, che non poteva più celare. Suo padre l’aveva consegnato vigliaccamente in ostaggio a Frieza. Suo padre era un sovrano solo di nome e si era fatto sminuire indegnamente senza combattere. Suo padre non era forte come lui ed era morto senza amare nessuno. Non il suo pianeta e neppure il suo stesso figlio. Non gli assomigliava per niente!
“Osi forse ribattere?” saettò l’Hakaishin alzandosi in piedi.
Una goccia di sangue scivolò dalla bocca del principe, che digrignava i denti e si mordeva le labbra per non esplodere di rabbia. Gli occhi, tuttavia, erano carichi di fierezza e forieri di tempesta, neri e tormentati come non mai. L’avrebbe ucciso per quello, dio o non dio.
“Vegeta…” pronunciò Goku con decisione “Alzati, Vegeta…”
 
Whis osservò la scena, impassibile come sempre e andò a posizionarsi vicino a Bulma, che guardava suo marito lasciarsi insolentire per lei, con le lacrime che bruciavano.
“Mia giovane amica, il dio della Distruzione sta affermando il suo ruolo, ma ciò non significa che abbia perso il rispetto che Vegeta si è guadagnato” le disse con serenità “Hanno un solo modo per asserire la loro supremazia e questa potrebbe essere… una soluzione…”.
Parole cariche di mistero sul sorriso atarassico che gli increspava l’espressione.
 
“Questo non è affatto giusto, Lord Beerus!!” stava gridando nel mentre Goku, adirato “Vegeta non merita una tale ingiuria da parte sua! Noi Saiyan siamo diversi! Siamo cambiati! A lei non costa nulla acconsentire alla nostra cortese richiesta!”
“Kakarott…” mormorò il principe, mettendosi eretto e tergendosi il sangue con la mano.
“Arrischi parlarmi in questo modo?!” tuonò la divinità “Esistono dei precetti e voi li aggirate in continuazione! Vi ho già fatto il medesimo discorso in merito ai viaggi nel tempo! Solo gli esseri superiori possono agire sulla vita o sulla morte e voi avete più volte trasgredito! E ora smettila di seccarmi, stupido scimmione, o ti distruggo!”
“Può provarci, Lord Beerus…” replicò Vegeta gelido, sogghignando minaccioso.
L’Hakaishin lo fissò e si alzò in volo, ammantato dell’aura violacea del suo immane potere. I suoi occhi dorati erano ridotti ad una fessura sottile e scintillavano di collera.
“Questa è una risposta di comodo!” gli urlò Goku, che era ormai incontenibile “Esistono delle regole, è vero, ma lei non ne è esente! Il suo sonnellino di bellezza ci è costato caro! Sarebbe stato compito suo impedire l’avvento di Cell e disintegrare Majin-Bu! Ci accusa di volerci porre sullo stesso piano degli dei, ma se non l’avessimo tentato, mettendo in gioco la vita, saremmo tutti morti! Questo non può negarlo!”
 
Ohia” fece Whis, portandosi una mano alla bocca per nascondere il sorriso “Questo sì che è un colpo basso! Lord Beerus si adirerà ulteriormente…”.
“La prego, maestro, faccia qualcosa! So che lei è l’unico che quei tre ascoltano…” pregò Bulma angosciata “Se vanno avanti così, inizieranno a combattere e…”
“E cosa? Io sono solo un modesto attendente, mia cara…” replicò lui con esiziale calma.
 
“Non vi è stato sufficiente, vero, il nostro primo scontro?” sbottò il dio della Distruzione, scoprendo i denti acuminati “Siete sempre stati eccessivi in tutto e non avete mai avuto rispetto per niente. Voi Saiyan siete vivi perché io ho scelto di lasciarvi respirare e siete in debito con me, perché non ho distrutto il vostro insulso pianeta!”.
“Siamo in vita perché ci siamo difesi, non arresi!” rispose Goku fremendo “Ho raggiunto lo stato di super Saiyan God per contrastarla, Lord Beerus! Non è detto che io abbia deciso di fermarmi qui! Se necessario, supererò anche lei!”
“Dannato arrogante…” schiumò la divinità, facendo fuoriuscire una piccola sfera d’energia dal palmo della mano e rigirandola minacciosamente tra le dita.
“Sì che lo ha distrutto!” affermò il principe glaciale, ribollendo nel profondo.
“Sei uscito di senno?!” replicò furioso l’Hakaishin.
“La Terra è il nostro luogo d’adozione. Vegeta, il nostro pianeta d’origine, è stato distrutto. Una… come ha appena detto lei? …lezione che ci meritavamo”.
“Vaneggi, è stato quel pazzo superbo di Frieza a farlo andare in pezzi!”
“Non mi prenda in giro!!” gridò Vegeta fuori di sé “Crede che io sia stupido!? Neppure quell’essere spregevole di Frieza avrebbe osato compiere una mossa del genere senza il suo consenso preventivo! O senza il suo totale disinteressamento! Quale delle due, Lord Beerus, me lo dica!”.
Goku spalancò gli occhi inorridito e iniziò a collegare i pezzi del mosaico.
 
“C-cosa…?” mormorò Bulma agghiacciata.
“Tuo marito non sbaglia” asserì Whis con un’espressione severa.
 
“Chiudi quella boccaaaaaa!!!!” esplose la divinità, espandendo il ki terrificante, che avvolse l’intero pianeta in devastanti ondulature violacee. Il suolo tremò pericolosamente.
“Quindi…” fece Goku in un sordo borbottio di rabbia.
“È vero, forse ce lo siamo meritati per i nostri eccessi, per la nostra bestiale disumanità!” continuò Vegeta furibondo “La nostra morte sarebbe stata la legittima decisione del dio della Distruzione, non il volgare atto di paura di un essere disgustoso come Frieza! Avrebbe dovuto ucciderci tutti all’istante come era suo compito fare, non disonorarci com’è avvenuto!”
“Vegeta…” mormorò Goku, lo sguardo grave e feroce di guerriero.
“Ci tieni tanto a saperlo?” sogghignò la divinità, con una freddezza spaventosa.
Goku si affiancò al principe, spalla a spalla, sollevando uno sguardo cupo al cielo in direzione dell’avversario, la coda che frustava nervosamente l’aria.
“Vegeta… se quello che hai dedotto fosse vero…”
Hah. Lo è, Kakarott”.
“E va bene. Whis” ordinò Lord Beerus con una smorfia tagliente come una lama “Mostra loro quello che hanno chiesto. Evidentemente, non è entrato a sufficienza nelle loro inutili zucche di scimmioni”.
“Subito, signore”
Il tenshi sollevò il bastone e dalla sfera scura iniziarono a defluire le immagini, proiettate a ventaglio in aria, come uno spaventoso film.

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Capitolo 10
*** Vindicta ***


Vindicta
 
 
Il pianeta era un rubino silenzioso nello spazio stellato, inconsapevole e illuminato dai due soli che gli davano vita. Ultima immagine di un mondo che si sarebbe dissolto.
Nella sua atmosfera, la nave ammiraglia di Frieza era immobile come la morte, mentre tutti i guerrieri si preparavano all’attacco. Un vile tradimento nei confronti di chi, già sconfitto, si era messo al servizio di chi aveva comunque vinto e ancora infieriva con crudele programmazione. Una doppiezza dettata dal timore. Quello che si faceva acclamare con il titolo altisonante di Imperatore del Male tremava per una leggenda, per la paura dell’avvento del mitico super Saiyan, che popolava i suoi incubi.
 
“Whis…” sussurrò Bulma trattenendo il respiro.
Vegeta aggrottò la fronte e serrò le braccia, gli occhi che balenavano di dolorosa tristezza e d’ira incontenibile, il respiro accelerato nel rivivere un’immagine già nota e ripercorsa infinite volte nella sua esistenza. Senza riuscire più a fingere che non gli facesse male.
Goku era come ipnotizzato dalla visione del suo pianeta natale, che non ricordava, e da quella fotografia che gli regalava e gli strappava al contempo le origini dimenticate.
 
Con spietata lentezza e terribile noncuranza Frieza aveva levato in aria un dito e una sfera d’energia era levitata per un istante sulla sua falange. Lui l’aveva osservata con spietata soddisfazione. Poi era bastato un lieve movimento dell’indice, aveva semplicemente additato quel mondo e il puntino splendente era diventato un fascio di potenza incommensurabile. Si era abbattuto al suolo attraverso l’atmosfera immota, trapassando la crosta rocciosa, polverizzando uomini, donne, bambini e case, aprendo una voragine nel corpo celeste, che si era contorto nell’ultimo spasimo di vita.
 
“Kakarott… non guardare…” disse il principe del pianeta estinto, senza riuscire a staccarsi da quell’inferno, stringendo spasmodicamente il bicipite del compagno fino a farlo gemere.
Gli occhi di Goku erano due pozze di sofferenza e di rabbia, velati di lacrime che non riuscivano a scendere, fiammeggianti d’orgoglio ferito e di impotenza.
“Non posso. Non posso… io devo vedere, Vegeta… O resterai l’unico a portare questo peso. Sono anch’io un Saiyan, lascia che conosca e condivida il destino che ci è stato assegnato!”
“Kakarott…”
 
Il pianeta si era crepato come un fragile guscio e la deflagrazione era venuta dal suo cuore. In un attimo tutto era finito in un’esplosione abbagliante, nella roccia cremisi che si proiettava in tutte le direzioni, nella polvere cosmica che era il loro luogo di nascita, nel nulla.
Era rimasto solo il ghigno compiaciuto di Frieza, che aveva tirato il fiato, rilassato e accomodato sul suo trono fluttuante, che aveva dato le spalle a quella fine imposta e vigliacca, rientrando impettito nella sua astronave.
“Spiacente, l’impatto con un meteorite” aveva raccontato.
Mai creduto. Mai perdonato.
 
Le lacrime rigavano il viso di Bulma, che fissava l’espressione furente di suo marito e il volto contratto e devastato di Goku, che tremava di collera e ansava pesantemente, i pugni stretti, le nocche bianche per la tensione.
L’atto era stato compiuto da Frieza, ma il mandante era…
“Era necessario fare loro questo?” domandò a Whis.
Lui sospirò, ma non fece trapelare alcunché. Sapeva che l’ordine era partito da Beerus.
 
“Ebbene?” saettò la divinità “Siete ancora decisi a sfidarmi dopo questo promemoria?”
“Non mi sono mai tirato indietro!” ribatté Goku, assumendo la posizione di attacco.
“E’ affare mio, Kakarott” disse il principe, avanzando di un passo.
“No, Vegeta! È anche mio! Entrambi abbiamo difeso la Terra con la vita. Entrambi abbiamo perso il nostro pianeta, non importa se è stato un atto di inquietante giustizia. Entrambi teniamo a Bulma. Entrambi possediamo l’orgoglio di guerrieri. Non accetto il rifiuto di Lord Beerus! È lui che ha mancato, non noi! Lascia che io ti affianchi, dunque!”.
Combattere insieme. Che razza di idea. Ma le motivazioni di Kakarott erano più che valide e il suo senso dell’onore era stato parimenti insultato. Inoltre, Bulma era più importante del suo solito individualismo.
Hah…” acconsentì il principe, fissando il nemico “Se vinceremo, Lord Beerus, lei ci permetterà di usare le Super Sfere. Mi dia la sua parola!”
L’Hakaishin sogghignò, osservandoli dall’alto in basso, desideroso di iniziare la battaglia, fremendo per scontrarsi con quei due degni avversari che aveva voluto far addestrare nel suo regno dal suo stesso maestro.
“Ma sì…” replicò allargando le braccia “Tanto morirete qui!”
 
“No, Beerus-sama! Non lo faccia!!” gridò Bulma atterrita “Maestro Whis, la prego, non permetta questo duello! Ce ne andremo via senza le Sfere! Preferisco restare priva di memoria, piuttosto che vedere mio marito e Goku farsi massacrare inutilmente!”
“Abbi fiducia, Bulma-san” replicò l’angelo, facendo scaturire dallo scettro una barriera che li avrebbe protetti dalla devastante energia dei combattenti.
 
I due Saiyan si levarono in volo e raggiunsero lo stato Blue in un baleno. Potenti onde di ki azzurro li avvolsero maestose, pareggiando l’aura divina dell’antagonista. L’intero pianeta vibrò e un vento impetuoso iniziò a piegare gli alberi.
“Potete anche attaccarmi insieme!” li sfidò l’essere superiore.
Vegeta partì alla massima velocità e iniziò a sferrare una serie di colpi micidiali e dirompenti, mosse perfette e geniali di offesa e difesa, frutto del pesantissimo allenamento imposto da Whis nei mesi precedenti.
Goku scattò in avanti a sua volta e impegnò Lord Beerus sull’altro fronte, ma questi si limitava a muovere le mani, parando con calma i loro attacchi congiunti, lanciando loro sottili frecciatine sul basso livello raggiunto.
“Così non va, Kakarott!” ringhiò Vegeta, allontanandosi per un istante dal nemico “Se la mettiamo sul piano della velocità e della forza, non riusciremo mai ad aver ragione di lui!”
“Lo so bene! Ma è difficilissimo trattenere interiormente il ki in battaglia!”
“Se non ci proviamo, a questo giro per noi è finita!”
Il Saiyan in arancio si concentrò, arginando l’energia spirituale dentro di sé, mentre il principe eseguì la stessa operazione, tentando di staccare i pensieri dalla realtà.
 
“Goku è troppo irruento e Vegeta è troppo riflessivo” commentò il tenshi a naso all’insù “Non so quante volte ho battuto su questo tasto. Sono i loro punti deboli”.
Bulma aveva il cuore in gola e pregava. Non sapeva bene quale Kami, ma pregava.
Whis sorrise, proiettando al rallentatore lo scontro, in modo che lei lo potesse seguire.
 
I due guerrieri balzarono nuovamente in avanti, portando colpi ancora più potenti all’indirizzo dell’Hakaishin, che parve mettere più impegno nelle reazioni, schivando anziché bloccare.
“Ma cosa credete di fare!” commentò, attaccando a sua volta con inaudita durezza.
La sua reazione devastante andò a segno, facendo schiantare a terra ambedue i rivali, che si sollevarono dal suolo ansimando faticosamente, senza fiato.
“Beh? Siete già stanchi? Guardate che non mi diverto, così!”
Vegeta imprecò tra i denti e Goku iniziò a borbottare tra un respiro affannato e l’altro. Si guardarono negli occhi e si accostarono, prendendo posizione e caricando i loro colpi più vigorosi, l’energia danzante intorno ai corpi tesi, lo sguardo orgoglioso e bruciante di chi detesta perdere, la ferrea volontà di chi si sente in piena ragione.
Kamehameha!”
Final Flash!”
Due fasci abbaglianti di luce azzurra scaturirono dalle mani dei Saiyan, attorcigliandosi fra loro e originando una cometa abbacinante di immane potere, diretta all’avversario. Il dio della Distruzione reagì alzando una mano sola, arrestando con uno scoppio di bagliore violaceo la corsa dell’energia spirituale nemica. Rimasero per un istante in equilibrio perfetto. Poi il lampo più scuro iniziò a guadagnare terreno, imponendosi sul doppio attacco dei guerrieri, che espansero ulteriormente il ki, nel tentativo di tenere testa alla reazione.
Fu inutile. Il potere dell’Hakaishin si abbatté nuovamente su di loro, scaraventandoli lontano, sbalzandoli sulla dura roccia e lasciandoli a terra esausti e sanguinanti.
“Pensavo foste più resistenti…” commentò Beerus sarcastico, levitando su di loro.
 
“Vegeta! Goku!” gridò Bulma disperata, tentando di oltrepassare la barriera di Whis.
“Io non lo farei…” suggerì lui, imperturbabile “Daresti loro un pensiero in più… Osserva…”
“Ma cosa…” mormorò la ragazza, riportando l’attenzione sul campo di battaglia.
 
Il principe si rialzò per primo, sputando sangue e Goku si trascinò dietro di lui, tenendosi la spalla sinistra, che pulsava dolorosamente. Nuovamente in piedi, nuovamente pronti a dare battaglia nonostante la palese inferiorità.
È vergognoso che in due non riusciate a tenermi testa neanche un minuto!” sogghignò il dio.
“Ha ragione…” fece Vegeta rivolto al compagno “Dobbiamo riuscire a trattenere il ki come ci ha spiegato Whis. Coprimi un istante, Kakarott!”
“Va bene!”
Goku si pose davanti al principe, che socchiuse gli occhi, elevando l’energia spirituale al massimo e trattenendola con estrema fatica.
L’attacco non si fece attendere e il Saiyan in arancione parò, sfoderando un Kai-Oh-ken alla massima resa, sentendo le membra bruciare nello sforzo immane, il calore che esalava dal suo corpo puntellato alla difesa.
Lord Beerus aumentò l’emissione energetica e il guerriero piantò i piedi a terra, arretrando suo malgrado, lasciando due profondi solchi nel suolo e resistendo a oltranza.
“Vegeta!”
“Ci sono!”
Il principe lo aiutò, respingendo la folgorante luce viola, mettendo tutto se stesso in quell’atto, cercando di annullare la distanza tra pensiero e azione, che lo rendeva imperfetto.
“Provaci, Kakarott! Penso di poter reggere da solo per qualche secondo!”
Goku mantenne le braccia alzate, ma soppresse il Kai-Oh-ken, che lo stava prosciugando e che, nella forma Blue, costituiva per lui un pericolo mortale. Si concentrò, innalzando il ki fino al picco massimo e iniziò a percepire il calore che aveva sfiorato quando Whis li aveva spediti lontano per l’allenamento speciale. L’obiettivo era così vicino, così lontano…
Avvertì Vegeta che indietreggiava lentamente, piagato dalla superiorità schiacciante della divinità e aprì gli occhi, che sfavillarono di luce. Aggiunse la propria aura a quella del principe e per un breve istante Lord Beerus fu costretto a ripiegare, stupefatto dalla resistenza e dalla capacità di ripresa dei due Saiyan.
L’attacco congiunto aumentò d’intensità all’improvviso, con una potenza dirompente.
“Ma cosa…” esclamò il dio della Distruzione, sentendosi sbalzare indietro.
“Adesso, Vegeta!” gridò Goku.
“Non mi dare ordini!” ribatté questi, senza distogliere l’attenzione.
Il ki di ambedue esplose furibondo.
Lord Beerus arretrò e non riuscì più ad arginare il fascio luminoso diretto al suo indirizzo. Fece una capriola all’indietro e si spostò dalla traiettoria, deviando l’onda di energia con un colpo della mano, tirando un sospiro di sollievo, la fronte imperlata di sudore per lo sforzo.
Alle sue spalle, colpita in sua vece, una delle lune scoppiò in mille pezzi.
 
“Oh, ci risiamo…” sospirò Whis, portandosi una mano alla fronte e guardando sconsolato i frammenti del corpo celeste che piroettavano per lo spazio.
Bulma rimase immobile, trattenendo il fiato e pensando che se un colpo del genere avesse centrato uno dei combattenti, questo sarebbe stato spacciato. Si sentiva inutile, inutile e responsabile, perché era per colpa della sua amnesia che l’uomo che amava e il suo migliore amico erano incorsi nelle ire del dio della Distruzione.
 
“Avevo notato che voi Saiyan eravate in grado di potenziarvi durante la battaglia” sogghignò Beerus con uno sguardo maligno “Fa un certo effetto essere il destinatario di tanta attenzione. Eppure, ciò non è ancora sufficiente per battere me!!”
La risposta dell’Hakaishin non lasciò scampo agli avversari, sfiniti dallo sforzo appena compiuto, che ricevettero in pieno il contrattacco, volando a metri di distanza, in un turbinio di terra e roccia.
“Allora, scimmioni arroganti, vi arrendete o desiderate la morte?” gridò da lontano.
Vegeta strinse un pugno di terra tra le dita e tentò invano di alzarsi, il petto che si sollevava e si abbassava velocemente, lo sguardo puntato al cielo arancio e violetto.
“Kakarott…” sogghignò con un lampo negli occhi scuri.
Goku aprì le palpebre con fatica, respirando dalla bocca, il corpo martoriato che non gli rispondeva più, fissando il compagno steso al suolo.
“Dimmi che hai un senzu…” rantolò debolmente.
“Magari…” rispose il principe stringendo i denti “E tu dimmi che riesci a rialzarti…”
“Ci posso provare. Dammi un minuto per capire quale parte di me non mi fa male”.
“Non abbiamo un minuto. Lord Beerus ci darà il colpo di grazia, se restiamo a terra” constatò il principe, voltandosi e sollevandosi a quattro zampe, gli arti che tremavano per lo sforzo.
“Ouch!” fece Goku girandosi su un fianco, trapassato da un accesso di fitte spasmodiche, puntellandosi con le ginocchia “Non siamo più neanche Blue, temo di essere a corto di idee e di energie al momento!”
Chi! Dobbiamo solo metterci in piedi e fare quello stupido balletto…” replicò Vegeta avvampando.
Goku sgranò gli occhi, pensando di aver inteso male.
“Stai parlando della danza metamor? Non ci posso credere, proprio tu che detesti la fusione con i potara mi fai una simile proposta?”
“Hai a disposizione dei potara, Kakarott?”
“Certo che no!”
“Allora getterò il mio orgoglio alle ortiche e mi rassegnerò a fondermi nuovamente con te, con quella danza idiota per giunta! Sbrigati, prima che cambi idea!”
“Sei deciso, eh!” ridacchiò Goku “Ti ammiro, Vegeta, so quanto ti costa questa decisione!”
“Me ne sto già pentendo” sibilò lui “Ascoltami, Kakarott, ho un’idea. La fusione metamor non sarà sufficiente per sconfiggere Lord Beerus. Siamo messi troppo male ora come ora”.
“E quindi?”
“Dovrai fidarti di me” rispose il principe con un’espressione astuta.
 
“Cosa stanno facendo?” domandò Bulma con apprensione, scorgendo a distanza i due Saiyan che si rialzavano penosamente.
“Non si arrendono” rispose Whis soddisfatto “Per loro è meglio la morte”.
“Lei non consentirà che questo avvenga, vero?” sbottò la ragazza, la collera che prendeva il posto dell’ansia davanti all’imperturbabilità dell’angelo “Ha detto che Lord Beerus li rispetta, perché sta provando ad ucciderli?”
“Perché sa che loro non glielo permetteranno”.
“Come fa ad esserne così certo, maestro? Perché non interviene?”
“Tutto a tempo debito, amica mia…”
 
“Allora, devo ancora aspettare molto!? È quasi ora di pranzo, la vogliamo finire!?” brontolò il dio della Distruzione, dimenando la coda viola e pestando il piede per aria con disappunto “E quello che cosa sarebbe?” aggiunse incuriosito.
I due Saiyan presero posizione equidistanti, sollevando le braccia intorpidite con una smorfia, e si avvicinarono con una serie di strani passi simmetrici. Congiunsero gli indici, piegandosi l’uno verso l’altro e pronunciando la formula della fusione. Una luce sfolgorante emanò dai loro corpi, celandoli alla vista degli spettatori.
Quando lo scintillio si dissolse, al loro posto c’era un’unica creatura dall’aspetto feroce e deciso, che assomigliava ad ambedue: sogghignò beffarda, avvolgendo la coda intorno alla vita e piantando le mani sui fianchi, con aria di sfida.
“Gogeta” rispose tra i denti.

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Capitolo 11
*** Exitium ***


Penultimo capitolo della storia! ^^ Innanzitutto, grazie a chi non si è perso neppure una riga, lasciandomi un commento pubblico o privato. In particolare, a Old Fashioned, Misatona, Shanley, Elema e Cinzia! Ma anche a chi è passato a lasciare un pensiero più sporadico, sempre molto gradito! :)
Per chi ama le sequenze movimentate, ecco l'esito (o quasi) del duello con Lord Beerus... e per chi ama più le sequenze romantiche, ecco una fondamentale interazione tra Bulma e Vegeta. I Saiyan sono guerrieri, troppo miele sarebbe stonato! ;)

Exitium
 
Il guerriero nato dalla fusione metamor dei due Saiyan rivolse uno sguardo straordinariamente arrogante al dio della Distruzione, incrociando le braccia sul petto muscoloso, a malapena coperto da un corto gilet nero e arancio. La stretta fascia azzurra che gli circondava la vita oscillò leggera lungo i morbidi pantaloni candidi; piantò un piede sul vicino frammento di un macigno, con atteggiamento provocatorio.
“E questo…” rincarò con un sorriso altezzoso “E’ super Gogeta!”
I capelli scuri divennero di un biondo splendente e gli occhi neri sfolgorarono di furia verde: il devastante ki dorato si riverberò a distanza, mandando in frantumi il pietrone su cui la creatura aveva trovato appoggio.
“Oh, sono terrorizzato…” commentò caustico l’Hakaishin, scuotendo il capo.
Gogeta partì all’attacco a velocità doppia e raggiunse l’avversario, ingaggiando immediata battaglia: la trasformazione era destinata a durare solo trenta minuti, forse meno, se fosse riuscito a raggiungere nuovamente la forma Blue, che consumava molta energia spirituale. Era essenziale gestire l’esiguo tempo a disposizione ed era certo che non ci sarebbe stata una seconda occasione per ripetere la fusione: il problema principale era quello di prendere confidenza con la nuova forma fisica, che comprendeva i pregi di Goku e di Vegeta, ma anche le loro carenze. Socchiuse le palpebre, osservando attentamente le mosse del rivale: adattarsi allo scontro era una peculiarità dei Saiyan.
 
“Interessante” commentò Whis “Ma anche rischioso…”
“Che cosa intende?” domandò Bulma, affascinata dal singolare e potentissimo essere.
“Un’idea di tuo marito, ritengo. Fondersi per sfruttare i punti di forza di entrambi è una strategia geniale, ma allo stesso tempo anche le loro debolezze potrebbero uscire allo scoperto. Sarebbe un guaio se fosse questo lato “difettoso” a prevalere”.
“Si conoscono” replicò la ragazza fiduciosa “Non accadrà”.
“Speriamo!” esclamò il tenshi con un’espressione soddisfatta.
“Non ho ancora capito per chi sta facendo il tifo lei, maestro!” borbottò la scienziata.
“Noi angeli siamo neutrali…”
 
Le mosse di Gogeta si fecero più serrate, più precise, più scaltre via via che il duello procedeva.
Lord Beerus si sentì sfiorare pericolosamente dalla sua energia e incrementò a sua volta il ki, raggiungendo quasi il suo massimo. Ma non era ancora al cento per cento dell’impegno e l’avversario talvolta mostrava inequivocabili segni di stanchezza.
“Tutto qui quello che sai fare, Go... come cavolo ti chiami?”
Il Saiyan sogghignò sfacciato e trattenne l’aura a livello interiore, rallentando la respirazione. Un’onda fiammeggiante blu mare lo avvolse implacabile e dirompente, mentre la chioma si raddrizzava ulteriormente, assumendo lo stesso colore oceanico e le iridi spudorate scintillavano più azzurre che mai.
“Gogeta… Blue!!!” gridò di rimando, avvitando l’assalto e costringendo l’antagonista a prendere sul serio la nuova trasformazione.
Alcuni colpi andarono a segno e il dio fu costretto ad arretrare, digrignando i denti per la collera, perché nessuno era mai riuscito a danneggiarlo, ma quel guerriero ostinato ci era andato vicino. Pericolosamente rasente.
“Ti piace giocare, eh!” sbraitò, sollevando entrambe le braccia e producendo una sfera di immane potenza.
La scagliò contro Gogeta, che la arrestò con ambo le mani, spingendo indietro con pari ostinazione, sentendo le forze calare inesorabilmente e il tempo scorrere tiranno.
“Non ho tempo per giocare, gattaccio!” urlò impudente, allontanando il globo violaceo, ansimando nello sforzo di mantenere la forma ultima.
Lord Beerus osservò ad occhi sgranati uno dei suoi colpi migliori andare a vuoto, trapassare l’atmosfera e disperdersi nello spazio. Lo sbarbatello arrogante aveva del talento, dopotutto. Divertente. Si grattò un orecchio con l’artiglio e puntò uno sguardo letale sull’avversario.
“Come mi hai chiamato, piccolo impudente?” ringhiò.
Gogeta grondava e aveva il fiato corto, ma il momento che attendeva non era ancora arrivato. Avrebbe dovuto resistere. Tornò a fronteggiare il nemico, tergendosi le gocce di sudore che gli colavano dalla fronte.
Il dio della Distruzione concentrò il ki su un dito e fece girare sul palmo il grumo di energia scura, raccogliendo in un movimento rapido tutto il suo devastante potere.
“Ferma questo, se riesci…” minacciò.
Gogeta sorrise beffardo.
L’onda luminosa si abbatté fulminea sul Saiyan, che restò in guardia, contenendo tutta l’aura residua, facendola rientrare e non disperdendola. Frenò il colpo e sollevò lo sguardo orgoglioso: gli occhi blu si schiarirono improvvisamente, diventando quasi trasparenti.
“C-che cosa!?” esclamò Lord Beerus scorgendo incredulo il mutamento lieve ma percettibile “Questo non è possibile! Che cosa stai…”
I due avversari si fissarono per un lungo istante: una delle divinità più potenti dell’universo e un guerriero irriducibile, nato dalla fusione di due esseri mortali.
Gogeta sogghignò senza tremare, le iridi che viravano al grigio argento, e il felino ricambiò la smorfia, appagato.
Ma poi divenne sentenza.
Hakai!” pronunciò senza scomporsi, allungando la mano tesa verso il rivale. Distruzione.
 
Ohia!” esclamò Whis, spalancando gli occhi e perdendo per un secondo il suo aplomb “Lord Beerus ha raggiunto il cento per cento del potere, non è praticamente mai successo! Ha lanciato l’attacco riservato all’Hakaishin!”
“Cosa!?!” strillò Bulma “Moriranno! Whis! Deve fermarli!”
L’angelo impugnò il bastone e fece un passo in avanti, ma poi si fermò sorpreso”.
 
La sfera potentissima, circondata da sfrigolanti anelli scuri, anziché disintegrare Gogeta, l’aveva imprigionato e sbattuto a terra, impedendogli qualsiasi contromossa, immobilizzandolo con una formidabile pressione. Non era a piena potenza o l’avrebbe ucciso immediatamente, dissolvendolo.
“Allora, ti arrendi?” sghignazzò Lord Beerus.
Il Saiyan, nella parte di Goku, aveva già subito un colpo simile e sapeva come difendersi. Nella parte di Vegeta, invece, fece scattare il piano che aveva arditamente congegnato sin dall’inizio. Volse lo sguardo al cielo.
La divinità, seccata per aver dovuto ricorrere a una tale tecnica contro un semplice umano, abbassò gli occhi al suolo e vide l’avversario immobile, serrato nella luce violetta, con lo sguardo vitreo e privo di reazioni.
“Beh?” borbottò “Che ti prende? Sei morto in piedi?”
Le onde bluets delle lune sovrastanti agganciarono lo sguardo di Gogeta, che perse in parte la connessione con la realtà, entrando in uno stato di trance. I suoi occhi attenti divennero opachi, riflettendo quella luce delicata, che sul sangue saiyan aveva un effetto sconvolgente. La coda era un’arma di cui il principe della stirpe guerriera aveva tenuto conto.
Un ringhio sordo e cupo fuoriuscì dalla gola del combattente, che iniziò a mutare aspetto con una velocità impressionante: il viso si allungò, assumendo un aspetto ferino e gli occhi divennero due granati fiammeggianti. La creatura iniziò a crescere a dismisura, lacerando i vestiti e coprendosi di folta pelliccia azzurra, dimenando l’enorme coda, travolgendo tutto ciò che si trovava nei pressi e spezzando con le robuste braccia la sfera contenitiva come se fosse vapore. Il grido bestiale che emise squarciò la volta celeste, segnalando la fine del processo inarrestabile. Era diventato un oozaru. Un oozaru Blue.
 
“È impressionante!” esclamò Whis sgomento “Il piano era questo sin dall’inizio, se non mi inganno! Mi chiedo solo se la fusione di Goku e Vegeta riuscirà a mantenere il controllo sulla forma oozaru o se dovremo correre ai ripari in modo drastico!”
Bulma fissò agghiacciata l’enorme scimmione, che era anche suo marito.
“Per tutte le galassie…” mormorò.
Ricordava la prima mutazione di Goku, che aveva ucciso inconsapevolmente il nonno adottivo: quella sembrava molto peggiore.
 
“Maledetti Saiyan!” tuonò Lord Beerus, ponendosi a distanza di sicurezza “Quando vi ho dato degli scimmioni, non pensavo che lo faceste veramente!”
L’oozaru spalancò le fauci e si preparò a caricare il colpo: gli occhi scarlatti seguivano attentamente gli spostamenti velocissimi della divinità, segno che l’essere spaventoso non aveva perso il senno e che tutto era stato perfettamente calcolato dal principe dei Saiyan, che riusciva a governare la mutazione sin da quando era un ragazzino.
Aprì le mani a ventaglio e fece partire un’onda smisurata, che saettò portentosa in direzione dell’avversario e non accennò a spegnersi.
L’Hakaishin decise di non schivare e contrattaccò, rispondendo con un frangente di energia distruttiva che fece tremare il pianeta.
Il globulo incandescente vibrò tra i due contendenti e poi sfuggì al loro controllo, schiantandosi contro un’altra delle lune e facendola esplodere. Le schegge volarono al suolo, piovendo pesantemente sulla barriera creata da Whis, che fissò la scena contrariato.
La belva si lanciò nuovamente all’attacco e Lord Beerus produsse un secondo Hakai, che venne evitato con estrema facilità dal bestione, nonostante la mole. Il colpo si riversò al suolo, spaccando la crosta erbosa e creando un’immane voragine.
Il dio della Distruzione osservò il cratere con una certa inquietudine e rivolse gli occhi dorati all’oozaru, cercando inutilmente un punto debole: l’essere era perfettamente in guardia e non accennava alla resa. Le pupille feline si dilatarono e misero a fuoco l’obiettivo.
“Facciamola finita” disse con un sorriso glaciale.
 
La terra tremava e si spaccava intorno al buco creato dall’energia, minacciando di fagocitare il pianeta in un’implosione inarrestabile.
“Maestro!” gridò Bulma, reggendosi a stento in piedi.
Whis alzò il bastone e la roccia sotto di loro si sollevò, distanziandoli di qualche passo dal suolo scosso dal terremoto, ma non accennò ad intervenire nello scontro.
 
Lord Beerus creò il terzo globo violaceo e lo lanciò contro lo scimmione a velocità supersonica: questi si scostò e fece per reagire, ma la sfera si restrinse, rallentando, e si spezzò in due, prendendo la creatura alla sprovvista.
L’oozaru si spostò, girandosi per evitare le energie gemelle divergenti e il doppio colpo raggiunse il suolo, producendo altri danni.
“Ti aspettavo…” ringhiò il dio della Distruzione tra i denti, fiondandosi implacabile alle spalle del contendente.
 
“Insomma, Beerus-sama!” si spazientì finalmente Whis “Vuole far saltare per aria il suo stesso pianeta?”
 
L’Hakaishin calò, avvolta dall’aura violacea, la mano di taglio sulla belva e le tranciò la coda di netto.
Con un ruggito feroce lo scimmione lanciò un ultimo fascio di ki, che venne respinto verso il basso con un boato assordante. Le dimensioni della creatura, urlante di rabbia, iniziarono a ridursi drasticamente verso un aspetto più umano, che andò rapidamente recuperando le fattezze di Gogeta.
Perse la forma Blue, inequivocabile segnale che la sua energia spirituale era definitivamente esaurita. Poi la fusione si sciolse: Vegeta e Goku si separarono con uno schiocco e vennero catapultati a terra a poca distanza.
Lord Beerus sovrastò i due Saiyan, una nuova sfera distruttiva tra le dita, implacabile, mentre sotto di lui il pianeta piramidale tremava e si contorceva per l’ultima botta ricevuta.
“Maledizione…” esalò il principe, nell’inutile tentativo di rialzarsi, completamente privo di forze, con il sangue che sgorgava dalla ferita alla schiena.
“Vegeta…” rantolò Goku, trascinandosi verso di lui, un’identica macchia rossa che si allargava sotto il bordo dei pantaloni laceri “Non voglio arrendermi…Non…”
“Kakarott…” ribatté lui con il medesimo sguardo invitto “Non riesco più a muovermi…”
“Neppure io…” ammise il primo, faticando anche a dare il fiato “Che dire, ce l’avevamo quasi fatta! È stato un combattimento bellissimo!”
Chi!” sbuffò il compagno “Tu sei felice anche quando perdi?”
Goku rise di gusto, portandosi una mano alle costole, che gli dolevano incredibilmente.
Vegeta sogghignò a sua volta, conoscendo bene la risposta.
“Lo racconteremo a re Enma, Kakarott”.
“Mi spiegate che cosa avete da ridere?!” sbottò Lord Beerus, preparandosi a lanciare l’attacco finale “Siete sconfitti, preparatevi alla fine!”
Il globo scuro e minaccioso si allargò nella loro direzione.
 
“Vegeta!!” gridò Bulma disperata, saltando giù dalla piattaforma di pietra, abbandonando la barriera protettiva, catapultandosi in mezzo al caos di frammenti di roccia, crepacci vibranti ed energie in ebollizione, tentando di raggiungere l’uomo che amava.
“Bulma-san!” esclamò Whis, sgranando gli occhi davanti a quell’atto di incoscienza dettato dal cuore. Poi la sua attenzione fu catturata dall’Hakaishin, che stava per sferrare la sentenza definitiva, condannando a morte i due Saiyan, ma anche il corpo celeste.
Sparì in un battito di ciglia. Riapparì alle spalle della divinità, intralciando il suo colpo ultimo con il bastone piantato di traverso.
“Non le pare di aver esagerato, Lord Beerus? Guardi lo stato pietoso in cui ha ridotto il suo pianeta! Per non parlare delle lune!”
“Mi stai ostacolando, Whis” sibilò lui.
“Non mi costringa a usare la forza”.
Il dio della Distruzione fece rientrare il ki, soffiando, mentre attorno regnava la devastazione e tutto si stava incinerando in polvere cosmica e schegge.
 
Bulma raggiunse il principe e si buttò tra le sue braccia, incurante del mondo che si stava disgregando intorno a lei e degli esseri superiori che confabulavano in aria.
 
Quante volte l’aveva perso e pianto e aveva urlato il suo dolore al vento indifferente, alle stelle lontane, ai Kami… Non lo sapeva. Gli dei non avrebbero dovuto farli incontrare, se il loro destino fosse stato poi quello di essere divisi anche solo per un istante. Sarebbe andata a sputarglielo in faccia! Si sarebbe opposta a quel fato. No, neppure la morte li avrebbe separati, era una condizione che su di loro non aveva potere. Lei avrebbe combattuto, oh, se lo avrebbe fatto, non la conoscevano bene, forse! Non aveva paura, lei, la moglie del principe dei Saiyan, riconosciuta da lui come valorosa, coraggiosa tanto da donargli il un amore immenso, tenace tanto da accettare il suo in cambio.
Il suo sì a Vegeta comprendeva anche i momenti più disperati, ne avrebbe attesi altri, per tutta la vita, soprattutto ora che lui combatteva per amore altrui e non per soddisfazione personale. Al suo fianco, senza timore, in piena fiducia, con amore eterno.
“Vegeta!”
 
Le girava la testa in quell’apocalisse abbagliante che sollevava la polvere in turbini roteanti. Si strinse a lui, la sua certezza, la sua vita.
 
“Bulma…” sussurrò il principe guerriero “Mi dispiace, non sono riuscito a mantenere la promessa che ti ho fatto e ora... ora…di nuovo…”
“Vegeta!”
 
“Io ti sposo, Bulma, consegno la mia anima alle tue mani, il mio cuore al tuo abbraccio, il mio respiro al tuo amore. Non domando, ma offro. Non stringo la vita che mi appartiene, ma accolgo la tua, alla mia la lego da oggi e per sempre…”
“Io ti sposo, Vegeta, affido il mio respiro alle tue labbra, il mio cuore al tuo essere, la mia anima al tuo eterno amore. Non chiedo, ma dono. Non esisto senza di te, a te mi congiungo da oggi e per sempre… Per sempre… Per…”
 
“Vattene da qui, Bulma! Lord Beerus ti risparmierà, non è un assassino!”.
“Vegeta, amore mio…” gli disse lei, sfiorandolo “Ti prego, lasciami morire con te…”
Lui la strinse forte a sé e la baciò, affondando il viso contro il suo collo, sentendola tremare in quell’abbraccio che era l’ultimo soffio di vita loro concesso.
“Ti amo, Bulma… questo va oltre la morte…”
La ragazza sollevò gli occhi pieni di lacrime al viso di suo marito e faticò a metterlo a fuoco attraverso le gocce salate che le offuscavano la vista.
“I ciliegi…” mormorò.
“Come?” fece il Saiyan sorpreso, volgendo lo sguardo al finimondo di frammenti fluttuanti che vorticava nell’aria “Ti inganni, non sono petali, ma particelle di materia celeste”.
“No…” bisbigliò lei, nascondendo il volto contro il suo petto nudo e graffiato “E’ l’hanami… e tu mi hai chiesto di sposarti… io ti ho detto sì, Vegeta, perché ti amo…”
Il principe spalancò gli occhi, folgorato.
I suoi ricordi.
“Bulma…”
“Non ti perderò più, Vegeta, te lo giuro…”
 
“Che aspetti a riavvolgere il tempo, Whis? Un minuto sarà più che sufficiente per evitarci lo scimmione e il suo dirompente colpo finale”.
“Veramente è lei che ha fatto il danno, Lord Beerus, molto prima dei tre minuti di recupero che mi sono concessi!” lo rimproverò il tenshi, impermalito “Non servirebbe!”
“Che nooooia! Cosa suggerisci di fare, allora!?” brontolò la divinità seccata.
L’angelo batté lo scettro a terra e placide onde luminose si allargarono intorno a loro.
 
“Non farlo, Whis!” gridò Goku con tutto il fiato che gli era rimasto “Se riavvolgi il tempo, Bulma perderà nuovamente la memoria! Si è appena ricordata tutto!”
“Cretino, preferisci morire!?” tuonò Lord Beerus esasperato.
Whis rivolse lo sguardo al principe dei Saiyan, che stringeva al cuore la sua donna e lo fissava con quegli occhi fieri, determinati e privi di paura.
“Ah…” sospirò con un sorriso “Sì, loro preferirebbero morire in effetti, piuttosto che perdere… uno scontro, un ricordo o un amore, non importa.”
“Che vai farneticando?” borbottò il felino con le mani sui fianchi.
L’angelo sollevò in aria il lungo bastone.
“Whis! No!!” urlò Goku, battendo i pugni nella polvere “Dannazione! Non riesco a concentrarmi in questo caos e non ho più energie!!”
Troppo tardi per il teletrasporto.
Vegeta si strinse alla donna che amava.

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Capitolo 12
*** Epilogus ***


Eccoci giunti all'ultimo capirolo di questa storia. Grazie a chi è rimasto con me a percorrere queste pagine, lasciandomi sempre un pensiero. A chi ha partecipato con il cuore e con le emozioni. A chi ha letto senza commentare. A chi vorrà continuare a condividere con me quello che scrivo! :*

Epilogus

 
“Non ho capito perché alla fine devo sempre rimetterci io!” si lagnò l’Hakaishin, incrociando le braccia e sollevando il naso in aria, oppositivo.
“Andiamo, Lord Beerus, non faccia i capricci!” lo rimproverò il celeste attendente.
“Già, facile parlare per te” Non sei tu che devi chiedere un favore a uno che ti sta antipatico!”
“Oh-oh-oh” rise il tenshi, la mano posta educatamente davanti alla bocca “Suo fratello Champa non è così male. E poi le deve una cortesia da quando lei ha espresso il desiderio di ripristinare la Terra del Sesto Universo”.
“Adoro quando lui è in debito con me, Whis! Così non lo sarà più!”
“E’ colpa sua. Se non si fosse ostinato a negare ai Saiyan il permesso di evocare il Drago degli dei, ora non dovrebbe richiamarlo personalmente per far sistemare il suo pianeta!”
“Umpf” grugnì la divinità, accomodandosi sul suo tronco preferito e osservando il piccolo frammento di piramide su cui erano costretti, avvolto nella barriera che li aveva risparmiati dalla disgregazione “Io devo far rispettare le regole!” ribatté poco convinto.
“Ma certo, come sempre…” lo canzonò l’angelo.
“Ti prendi gioco di me, Whis!?” ruggì “Piuttosto, sono convinto che sarebbe bastato un tuo intervento per far passare l’amnesia a Bulma. Invece, te ne sei guardato bene, per creare un’occasione speciale di allenamento per quei due scimmioni!”
“Oh-oh-oh, non può pensarlo davvero”.
“Mmmmh” mugugnò la divinità, giustamente sospettosa.
“Lei invece non li avrebbe mai uccisi, lo so bene. Ha fatto appena in tempo a scaraventarli all’interno della mia difesa spirituale. Tutta scena la sua! Ha troppa stima di quei due giovani, adora misurarsi con loro e poi si comporta esattamente come Goku!”
“Ehi!!” protestò l’Hakaishin offeso e piccato, grattandosi il naso “Comunque, mi sono divertito!”
“Sul serio? Anche con quel grosso livido bluastro sul braccio?”
“Ehm…” mugugnò lui, massaggiandosi l’arto “Il maledetto Gogeta! Non pensavo sarebbe riuscito a toccarmi, forse l’ho sottovalutato…”
“E’ successo qualcosa, prima che diventasse oozaru, l’ha notato, vero?”
“Già…” sogghignò Beerus “Ci è andato vicino”.
“Si riferisce al Migatte no Gokui? Al cosiddetto Ultra Istinto?”
“E chi lo sa… sarebbe interessante scoprirlo! Whis, ti ordino di allenare ancora quei due!”
“Come desidera, signore”.
 “Bene! Tutto questo movimento mi ha fatto venire fame. Allora, quando si mangia?!”
“Quando avremo le Sfere e quindi le cucine”.
“Uffa…” fece Beerus rassegnato, abbassando le orecchie.
 
“Mi spieghi perché hai voluto passare da Neo Namecc?” domandò Goku dubbioso, togliendosi le dita dalla fronte.
“Perché mi servono le Sfere e quelle della Terra sono inattive” replicò Vegeta, posando uno sguardo dolcissimo sulla moglie, che reggeva tra le braccia, priva di sensi.
“Ma Whis non ha riavvolto il tempo…”
“Io voglio essere certo” affermò perentorio il principe “Che quando lei riaprirà gli occhi, i suoi ricordi non siano nuovamente svaniti, come quei pezzetti di roccia vagante che ha scambiato per petali di ciliegio”.
“Lo spero con tutto me stesso” affermò Goku.
“La speranza non mi basta, Kakarott” rispose Vegeta serio.
Il Saiyan in arancio sorrise.
 
I Namecciani si avvicinarono guardinghi e poi riconobbero immediatamente i due guerrieri che avevano salvato il Settimo Universo da Majin-Bu e da Zamasu.
Si approssimarono un po’ sorpresi, ma lieti per la visita, senza più mostrare timore per Vegeta, che avevano perdonato e riconosciuto come profondamente cambiato rispetto al loro primo, tragico incontro.
“Saggio Moori” fece Goku con un gesto allegro della mano.
“Caro Goku…” rispose l’anziano capo villaggio “Principe Vegeta… Che cosa vi porta sul nostro pianeta? Non ci saranno altri problemi sulla Terra!” aggiunse, notando i brandelli di stoffa che ricoprivano a malapena i corpi dei due Saiyan.
Lo sguardo attento e gentile del mistico si spostò poi su Bulma, abbandonata tra le braccia del marito, caricandosi di preoccupazione.
“Nessun problema” lo tranquillizzò Goku “Lo so che sembriamo messi male, ma è una lunga storia: sai, veniamo da uno scontro con il dio della Distruzione, perciò…”
“Kakarott…” lo interruppe Vegeta impaziente.
“Sì, scusami! Venerabile Moori, potresti imprestarci le vostre Sfere del Drago?”
Il vecchio non si turbò davanti alla richiesta del Saiyan, sapendo che le avrebbe certamente usate per una giusta causa.
“Ma certo” rispose pacato “Non occorre neanche cercarle. Dopo gli ultimi spaventosi eventi, le teniamo sempre pronte per evocare Polunga in caso di bisogno. Usatele pure, siamo in debito con voi e con Bulma”.
Vegeta arrossì, faticando ad accettare il fatto che quelle creature pacifiche riuscissero a sentirsi in debito anche con lui.
“Quanti desideri ti servono, Vegeta?” domandò Goku.
“Uno soltanto”.
Il saggio dalla pelle verde osservò il giovane uomo con interesse: quegli occhi nerissimi emanavano una fierezza inestinguibile, quella del sangue della stirpe guerriera, ma erano intimamente differenti da come li aveva conosciuti. Mancavano della disumana crudeltà e dell’odio di una volta. Erano malinconici e carichi d’amore. Sorrise.
“Non è per me” specificò Vegeta, avvampando sotto quell’occhiata indagatrice “E’ per lei”.
Moori annuì, spostando lo sguardo sul volto placido della bella terrestre e comprese.
“Venite” li invitò cortesemente “Vi farò da interprete con il dio Drago”.
“Non è che potresti anche aggiustarci i vestiti con i tuoi poteri?” domandò Goku, ridacchiando impacciato “Se torno a casa conciato così, Chichi mi lascia fuori dalla porta…”
Vegeta alzò gli occhi al cielo.
 
“Ma perché hai chiesto una cosa del genere!?” domandò Goku incredulo.
“Non sono tenuto a spiegarti nulla, Kakarott. Ma ti ringrazio”.
“Non c’è di che, Vegeta. Saluta Bulma da parte mia, quando riprenderà i sensi. Devo andare, prima che Chichi venga a cercarmi di persona. So già che non prenderà bene la faccenda della coda tagliata…”
Chi! Ti fai sempre mettere i piedi in testa da tua moglie, sei incredibile! Questo non accadrebbe, se tu provassi a baciarla come fa un uomo!”
“Mi dovrò decidere…” rise Goku, sfregandosi la chioma arruffata “A presto, allora!”
 
Bulma strizzò lievemente le palpebre e percepì intorno a sé le braccia del marito, il suo sangue saiyan che pulsava forte in quella stretta, la testa appoggiata contro il suo cuore di guerriero. Un profumo tenue aleggiava per l’aria tiepida e le risvegliava dolcemente i sensi, riportandola alla realtà. La lama di luce che la abbagliava aveva un colore roseo e delicato. Socchiuse gli occhi.
“Vegeta…”
Il principe abbassò su di lei lo sguardo: le sue iridi scure e i suoi capelli neri erano in contrasto con lo sfondo sfocato e perlaceo che scorgeva alle sue spalle.
“Siamo vivi?” sussurrò.
Hah…”
“Dove ci troviamo?”
“A casa”.
“Ma… sulla Terra dovrebbe essere piena estate, non…”
Lui sorrise.
Migliaia di petali di sakura volavano per l’aria tersa, staccandosi morbidamente dagli alberi in piena fioritura, ingaggiando un valzer con la brezza primaverile. I ciliegi esplodevano di rosa ed erano gonfi come le nuvole dell’alba nel bosco quasi fiabesco che li avvolgeva, circonfondendoli di serenità.
“Neppure quando mi hai chiesto di sposarti, c’era una meraviglia simile…”
Il cuore del principe palpitò di gioia. I ricordi di lei erano presenti, non erano nuovamente fuggiti in un angolo segreto del suo inconscio.
“Quel giorno non avevo scomodato il drago Polunga” rispose divertito.
Bulma si sollevò, senza spostarsi dallo spazio tra le ginocchia di lui, che era seduto a terra, restando appoggiata al suo torace e gli fece scorrere le braccia al collo, avvicinando il viso al suo.
“Che intenzioni hai, principe dei Saiyan? Mi fai risvegliare nel mezzo del più romantico hanami che io abbia mai visto, usi addirittura un desiderio da Neo Namecc e indossi la corazza con lo stemma reale come nel giorno del nostro matrimonio…”
Vegeta arrossì.
“Non volevo correre il rischio che tu precipitassi ancora nel buio…” rispose grave.
“Anche in quel buio, io vedevo te…”
“Bulma…” continuò lui serio, prendendole la mano “Ho permesso che tu fossi in prima linea in tutti gli eventi rischiosi e terribili che abbiamo vissuto dal giorno in cui ci siamo incontrati. Io sono un Saiyan, un guerriero… tu no. È mia responsabilità quanto ti è accaduto, non sarebbe andata così, se non mi fossi comportato eccessivamente da arrogante in passato e ti avessi protetta come meritavi. Hai avuto paura e io non ti ho confortata, hai sperimentato il dolore e io non ti ho sorretta a sufficienza… Mi hai amato, in ogni mio difetto, nel mio orgoglio, nella mia caparbietà e io ti ho lasciato fare, senza interpretare lo stesso ruolo attivo, vivendo come di riflesso…”
“Non è vero…” mormorò lei commossa “Tu sei parte di me, cesserei di esistere se tu mancassi. Ti ho voluto fin dal primo istante e non avrei affrontato nessuna delle situazioni in cui siamo rimasti coinvolti, se non fossi perdutamente innamorata di te e non fossi certa dei tuoi sentimenti per me. Io amo anche la tua arroganza e la tua ostinazione, Vegeta, come tu ami i miei spigoli. Se così non fosse, non sarei rimasta al tuo fianco per consapevole scelta. Forse, come sostiene Whis, la mia strana perdita della memoria è stata una forma di difesa… ma non da te. Anche dentro l’assenza del passato tu eri l’unico punto fermo, ti ho percepito, questo è ciò che conta. Non sei un riflesso, sei la mia luce”.
Gli occhi del principe scintillarono di emozione, sfavillanti e feroci, pieni di passione. La baciò sulla bocca, passandole le mani tra i capelli azzurri ricoperti di petali chiarissimi, lasciandosi stringere dalla donna che neppure il nulla era riuscito a strappargli.
“Mi hai chiesto che intenzioni ho” disse lieve “Farò l’amore con te. E poi lo farò di nuovo…”
“Mi mancherà la tua coda…” gli sussurrò lei all’orecchio, abbandonandosi al suo tocco.
“Vedrò di rimediare…” rispose lui con un sogghigno.
 
“Sbaglio o sei distratto ultimamente, Vegeta…” disse Bulma, strizzandogli l’occhio.
Iiah…” ribatté lui asciutto, sollevando un sopracciglio e seguendo i gesti della moglie, che stava dando gli ultimi tocchi al make-up, per scendere alla grigliata apparecchiata in giardino “Non abbasso mai la guardia, lo sai. Specie se tra i nostri invitati c’è il dio della Distruzione”.
La ragazza trattenne una risatina e si ravviò la chioma. Poi gli si avvicinò e lo cinse.
“Eppure, secondo me, ti sfugge qualcosa…”
Vegeta la fissò interdetto. Una sensazione familiare si fece strada in lui.
Era passato più di un mese dall’incidente della gravity room e Bulma era perfettamente guarita, non aveva dato più segni di oblio. Ricordava tutto alla perfezione, ma il principe era rimasto un po’ sul chi vive, controllando a distanza il suo stato di salute. L’affermazione l’aveva messo in leggera apprensione. Espanse l’energia spirituale, com’era abituato a fare.
Ricambiò la stretta della sua donna e percepì il suo ki. Strabuzzò gli occhi.
“Tu… tu sei…”
“Sì… Sono incinta… e non mi stupisco…”.
“Per tutti gli universi…!!” rise Vegeta.
La guardò con gli occhi che brillavano come gemme nere e la sollevò da terra, prendendola delicatamente per la vita.
“Il pesce oracolo mi aveva detto che sarei stata felice, io ero certa che lo sarei stata solo con te, ma questo è…” disse Bulma commossa.
“Questo è ciò che desideravamo” concluse il principe, le labbra piegate in un sorriso, quello che era solo per lei, quando l’esistente spariva per far sussistere loro due soltanto.
La ragazza gli prese il viso tra le mani e si chinò verso di lui, che ancora la teneva in alto tra le braccia. Le iridi turchesi luccicarono di gioia.
“Vegeta, tu sei felice, allora…”
Lui la fissò, lo sguardo che bruciava d’amore per lei, il cuore che batteva forte, il ki concentrato su quello inconfondibile della sua donna, che ora riverberava la sottile energia spirituale della vita che portava dentro.
“Da impazzire…”
 
Mentre fissava i convenuti alla festa, che si complimentavano con la padrona di casa, Vegeta pensò che ci sarebbe sempre stato per lei. Quando era nato Trunks, lui era andato e venuto da casa, trascurandola ingiustamente, eccessivamente preso dagli allenamenti e dall’eccitazione della futura battaglia. Non sarebbe mai più accaduto. Neppure se il sommo Zen-Oh avesse organizzato il famoso torneo degli Universi: se fosse occorso nei giorni previsti per la nascita di suo figlio, avrebbero dovuto fare tutti a meno di lui. Tutti tranne Bulma. Sarebbe rimasto al suo fianco. Presente. Lei gli aveva consentito di andare quando voleva sul pianeta dell’Hakaishin per allenarsi, ma il principe si era posto un termine, entro il quale non si sarebbe più mosso da lì. Non perché lei l’aveva chiesto. Perché era lui a desiderarlo intensamente.
“È maschio o femmina, quindi?” gli domandò Goku, addentando un cosciotto di pollo.
“Non lo so, Kakarott. Vogliamo la sorpresa”.
“Se è un maschio, perché non lo chiamate Beerus in mio onore?” propose l’Hakaishin, strappando uno spiedino grondante di salsa dalle mani del Saiyan in arancio.
“Ma figuriamoci…” rispose Bulma inorridita.
“Ehi, stai forse dicendo che ho un brutto nome?!” brontolò il felino severo.
Vegeta corrugò la fronte e lanciò un’occhiataccia alla moglie.
“No no, Beerus-sama…” indietreggiò lei “Sarebbe un onore immeritato per noi…”
“Ecco, vorrei ben dire…” sbottò questi, riempiendosi nuovamente il piatto.
Whis sorrise placido, gustando la pietanza prelibata.
“Non vedo l’ora che nasca, così gli insegneremo le nostre mosse segrete, vero Goten?” esclamò Trunks entusiasta.
“Sì! Come il mio fratellone ha fatto con me!”
“E in caso di bisogno, ci sarebbe Piccolo! È fantastico con i bambini!” affermò Gohan.
“Così mi sono ridotto…” ringhiò il Namecciano, incrociando le braccia imbronciato.
“Calma, calma…” intervenne Chichi, alzando un dito “State tutti pensando a un maschietto. Ma se fosse una femminuccia come mia nipote Pan?”.
Vegeta diresse lo sguardo sul suo primogenito, che scorrazzava per il giardino con l’inseparabile Goten al seguito. Poi si voltò verso Gohan, che chiacchierava di ricerche universitarie con il dottor Brief. Infine, osservò Kakarott che si litigava il cibo con Lord Beerus, come al solito.
I Saiyan erano praticamente tutti maschi.
Intrecciò di nascosto le dita a quelle di Bulma e i loro occhi luccicarono nell’amore reciproco.
“Speriamo” rispose con un sogghigno.
 

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