How can it feel, this wrong?

di StClaire
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


How can it feel so wrong?

- Prologo - 

*

Caldo. Troppo caldo per essere vero.
Hermione si alzò di scatto tra le coperte rosse del suo letto. Le sue compagne di stanza erano tutte profondamente addormentate, come giusto che fosse, data la tarda ora della notte. Fuori era ancora buio.
Si scostò i capelli dalla fronte imperlata di sudore. Anche questa notte non riusciva ad addormentarsi serenamente.
Cosa le stava accadendo?
Quella maledetta sensazione di nodo alla gola non riusciva a togliersela. Aveva bisogno di aria. Vera aria.
E così fece quello che non si sarebbe mai aspettata da sé stessa. Indosso velocemente una felpa sulla maglia che utilizzava come pigiama e calzò velocemente gli stivaletti.
Non era da lei lasciare di notte la sua sala comune per infrangere la più basiliare delle regole.
Fuori dal dormitorio, di notte.
Aveva bisogno di aria. Ne aveva davvero bisogno.
Dopo quella fatidica notte al Ministero della Magia, dopo la morte di Sirius, si era ritrovata diversa. Sentiva che qualcosa si era spezzato in lei, in Harry, in Ron, in tutti.
Non aveva mai visto la morte. Non l’aveva mai incontrata, mai cercata, mai pensata, mai realizzata. Fino a quella notte.
Le mancava Sirius. Quel suo sorriso triste e dolce allo stesso tempo. Quanto dolore aveva quel sorriso.
Le mancava tantissimo e le sembrava tutto così triste.
Aveva realizzato per la prima volta di avere avuto paura. Quando era finito. Giorni e giorni dopo quello che era successo.
Come era strana e affascinante la mente umana, come era subdola.
Si era resa conto che aveva paura. Dopotutto quello che aveva passato, dopo tutto quello che aveva affrontato.
Sospirò.
Non si era neanche resa conto che era arrivata ormai al cortile del castello.
Si strinse nella felpa e inspirò profondamente, lasciando che l’aria pungente della notte le entrasse nei polmoni, riempiendoli.
Socchiuse gli occhi e si abbandonò al silenzio, continuando a respirare piano e a fondo.
«Trenta punti in meno a Grifondoro».
Una voce secca e bassa la fece sobbalzare, costringendola a tapparsi la bocca e a voltarsi indietro.
«Professor Piton!», esclamò Hermione spaventata, portandosi una mano al petto, percependo il suo cuore battere forte per lo spavento. Quanto aveva accelerato quel muscolo negli ultimi mesi?
«Signorina Granger», biascicò l’uomo guardandola dall’alto, «Sapevo che prima o poi avrebbe ceduto anche lei all’irresistibile richiamo dell’infrazione delle regole».
Hermione si ricompose, «Non è come sembra, professore», rispose cercando di elaborare una scusa velocemente.
«Ah», l’uomo la guardò, «No?».
«No», ripetè Hermione, «A-avevo solo bisogno di aria», balbettò in preda a un brivido di freddo. Le gambe nude iniziavano a reclamare il caldo letto della sua camera.
Piton continuò a fissarla, «Lei è a conoscenza, vero, di quelle strutture architettoniche chiamate finestre?», mormorò ironicamente.
Hermione incrociò le braccia assumendo uno sguardo offeso, «Certo che conosco le finestre, professor Piton», rispose piccata, «Non riuscivo a dormire e avevo bisogno di aria e…», sospirò, «Di aria e di spazio e di…», lasciò morire la frase scuotendo la testa.
Piton assottigliò lo sguardo concentrandosi sulla ragazzina infreddolita che gli si parava davanti.
La Granger non era tipo da infrangere così stupidamente le regole. Soprattutto dato che al momento non erano presenti quei due babbei di Potter e Weasly.
Hermione si sentì arrossire, si sentiva studiata dal suo professore. Di solito i suoi sguardi erano carichi di disprezzo e spesso, come aveva orgogliosamente notato, pieni di odio per non poterla disprezzare più del dovuto, per colpa della sua diligenza.
Abbassò lo sguardo, incapace di tenere ancora i suoi occhi i quei buchi neri, che sembravano ancora più profondi.
Notò l’uomo chiudere gli occhi emettendo un debolissimo e impercettibile sospiro.
«Torni a dormire Granger», disse improvvisamente Piton, «E… per quanto possibile, provi a non pensarci più», continuò, per poi congedarsi, senza aspettare una risposta, con il lieve fruscio di mantello che Hermione aveva imparato a riconoscere ovunque.
Hermione rimase lì, in piedi, sorpresa.
“Provi a non pensarci più”.
Era così un libro aperto?

*

Hello!
Buongiorno, stamattina mi sono svegliata con questa meravigliosa volgia di scrivere una fanfiction su Hermione e Severus. Ed è anche la prima volta che scrivo una ff a tema Harry Potter!
Quindi ecco qui un piccolissimo prologo, giusto per motivarmi e per non abbandonare il tutto come solito.
Grazie a chi leggerà, sarà di compagnia!

StClaire

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

 
 
Hermione si guardò allo specchio e sgranò gli occhi notando quanto fossero palesi le sue occhiaie. La notte proprio non riusciva a riposare.
Aveva, dopo il gelido incontro con il professor Piton, abbandonato l’idea delle escursioni notturne. Ovviamente Piton era stato di parola, la mattina dopo mancavano proprio quei trenta punti che lui aveva decantato. Non poteva permettersi di perderne altri.
Sospirò guardando il proprio riflesso allo specchio. A volte invidiava le sue coetanee, sempre carine e sistemate. Lei a volte se ne dimenticava proprio, era come se dimenticasse il suo apparire. Scrollò la testa e afferrò la borsa sempre più pesante del normale. Nella giornata avrebbe incontrato il Professor Piton e dopo quella notte non aveva proprio voglia, non riusciva a scrollarsi di dosso l’imbarazzo provato alla pronuncia di quelle parole.
“Provi a non pensarci”.
Magari fosse stato così facile. Chissà se esisteva una pozione che bloccava i ricordi.
«Hermione!».
Una voce cristallina attirò la sua attenzione.
Era arrivata alla Sala Grande e aveva superato Harry e Ron senza accorgersene.
«S-scusate», mormorò imbarazzata, «Ero sovrappensiero», aggiunse sedendosi e afferrando un calice e versandosi della colorata spremuta di arancia.
«Ultimamente ti succede spesso», biascicò Ron con la bocca piena di uova strapazzate.
«Tutto bene Herm?», le domandò Harry.
Hermione sorrise, guardando gli occhi verdi di Harry, «Si tutto bene, sono solo piena di compiti».
Il ragazzo annuì, ma non ne era convinto. Ultimamente aveva visto un cambiamento nei comportamenti della sua migliore amica. Sembrava sempre più giù e la cosa che lo colpiva veramente tanto era la sua mancata frenesia per i compiti che ormai li coprivano fino alla testa.
La vedeva svolgere i suoi compiti senza passione, e per quanto riguardava lui e Ron, Hermione si limitava a farli copiare direttamente, senza cercare di far capire veramente cosa stavano facendo.
Nei cinque anni precedenti non era mai successo.
Improvvisamente l’attenzione dei tre fu catturata dalla figura nera e imponente del professor Piton che si fermò proprio di fronte a loro.
Hermione alzò lo sguardo con difficoltà, pronta alla prossima presa in giro dell’uomo ma il professore si limitò a guardarla intensamente, così intensamente che Hermione si sentì avvampare, e poi proseguì il suo cammino, ignorando completamente Harry e Ron.
«Ma che gli è preso?», domandò allarmato Ron, «Dobbiamo temere qualcosa?».
Hermione si strinse nelle spalle, «È sempre il solito Piton», disse raccogliendo i libri e avviandosi a lezione.
 
*
 
Era stata distratta tutta la lezione, presa completamente dall’ignorare Piton. Neanche capiva perché si sentiva così, ma sentiva perennemente il suo sguardo addosso, come se l’uomo la stesse studiando. Era passato un paio di volte tra i banchi, chiuso nel solito ansiogeno mutismo, rotto solo per deridere qualche Grifondoro di tanto in tanto e lodare qualche Serpeverde.
Sospirò chiudendo stancamente il libro di testo che fece un gran tonfo cadendo a terra.
Quel rumore la fece rinsavire, cosa diamine stava combinando? Aveva preparato lo zaino e la lezione non era ancora terminata! E in più aveva fatto cadere tutto!
«Granger!», la richiamò Piton, «Cosa sta esattamente facendo?», sibilò avvicinandosi alla riccia, «Forse pensa che questa lezione non sia all’altezza del suo genio? Vuole lasciarci prima e dedicare le sue preziose ore a qualche altra cosa?», domandò sprezzante.
«C-certo che no professore», balbettò Hermione, una forte sensazione di ansia la stava invadendo, «N-non stavo andando via, m-mi è solo caduto il libro. Mi scusi», mormorò affrettandosi a recuperare il libro da terra. Si sentiva tremare, la testa le girava e l’abbassarsi velocemente non l’aiutò di certo.
Si sentiva osservata da mezza classe, era convinta che Harry e Ron avessero sussurrato qualcosa preoccupati del suo comportamento. Neanche lei si riconosceva.
Ebbe un mancamento nell’alzarsi, la stanza le girava tutta intorno, barcollò per un attimo, finché una stretta ferrea al braccio non la fece ritrovare l’equilibrio.
Hermione alzò gli occhi incontrando di nuovo quelli di Piton, scuri e profondi come sempre, di nuovo scrutatori. Non resse più di una manciata di secondi, aveva bisogno di aria e sentiva che stava per scoppiare a piangere, e non capiva il perché.
Mormorò qualcosa di inudibile e scappò via dalla classe.
Piton saettò lo sguardo su Harry e Ron, «Riferite alla signorina Granger che è in punizione. Sabato, alle otto precise. Nel mio studio», disse, per poi voltarsi e proseguire la lezione come se nulla fosse e senza dare il tempo e Harry o Ron di controbattere.
 
*
 
Hermione inspirò profondamente e poi imboccò l’angusto corridoio che l’avrebbe portata all’ufficio di Piton.
In punizione, non poteva pensarci. Lei non era mai stata in punizione. Il ticchettio delle sue scarpe scandivano i passi che la portavano inesorabilmente allo studio di Piton.
Non aveva nessuna voglia di stare con quell’uomo. Sentirlo farsi beffe di lei, già sapeva, non avrebbe retto e la situazione sarebbe peggiorata.
Inspirò di nuovo, ancora più lentamente, e bussò.
«Avanti», la forte voce di Piton l’invitò a entrare e così Hermione girò con lentezza estrema la maniglia.
Piton era seduto alla scrivania del suo studio, buio, freddo, pieno di librerie, ampolle, vetri che riflettevano quelle strani luci mischiate, che rendevano il viso del suo professore ancora più incomprensibile.
«Prego», Piton sibilò indicando la grossa sedia di legno intagliata davanti alla sua scrivania alzandosi.
Hermione chiuse la porta alle sue spalle, sentiva improvvisamente di nuovo freddo, molto freddo. Avanzò lentamente, tenendo gli occhi bassi e alzando lo sguardo solo per incrociare il proprio riflesso in uno specchio lucido. Era pallidissima.
Si sedette dove Piton aveva indicato, mentre l’uomo, con veloce fruscio del mantello, girò intorno alla scrivania e iniziò a camminare, in silenzio.
Piton la guardò.
Occhi bassi.
No. Non era da lei. Stupida e fiera Grifondoro.
Ma la morte, si sa, cambia le persone. Lui questo lo sapeva bene.
«P-professore?»
«Si?»
Hermione inspirò, «Cosa devo fare?».
Piton cessò il suo girare per la stanza.
«Bene signorina Granger», Piton ritornò alla sua sedia di fronte alla scrivania, «Inizi pure a pulire questo scaffale», disse, indicando elegantemente lo scaffale alla destra di Hermione.
Piton la vide annuire impercettibilmente. Spenta, le sembrava così spenta. Mai aveva visto quella insopportabile ragazzina così priva di energia. La studiò, percorrendo le spalle minute, la chioma indomabile castana e il profilo elegante.
Alla fine, come i suoi maldestri amici, era solo una ragazzina, ma lei era molto più matura di quei due scapestrati, aveva realizzato troppo velocemente cosa stesse succedendo.
Piton fermò lo sguardo sulle ciglia folte della ragazza. Erano nere e tantissime. E umide.
Continuò a girare meccanicamente le pagine di un libro, buttando ogni tanto uno sguardo alla ragazza. Lei continuava a fare il suo lavoro, diligente e meticolosa come sempre.
Piton aspettò un paio di minuti, per essere sicuro che la Granger non volesse chiedergli niente e poi chiuse gli occhi.
“Legilimens!”
 
 
 
 
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2

 
 
Un camino acceso, vivo, scoppiettante. Una risata roca di sottofondo, felice.
 
«Hermione, non è possibile che tu non abbia mai provato il Whiskey Incendiario!», la voce roca di Sirius tratteneva a stento le risate, di fronte all’espressione sconvolta di lei.
«Sirius! Nel mondo babbano l’alcol è vietato ai minori!»
«Il mondo babbano è un mondo stupido», brindò l’uomo.
«Sirius», Hermione rise, «Anche nel mondo magico è vietato l’alcol ai minori!»
Sirius la guardò socchiudendo gli occhi, «Ah», esclamò schioccando la lingua, «Ops», continuò versando del whiskey in un altro bicchiere vuoto, «Che sarà mai, Hermione?», domandò lui porgendo il bicchiere alla ragazza.
«Sei un completo irresponsabile», scherzò Hermione, con la sua risata cristallina che a Sirius piaceva tantissimo e che colpì Piton in modo particolare.
 
Adesso che ci pensava, Piton non l’aveva mai vista ridere. Era sempre così impegnata a rispondere a essere seria, che mai, in sei anni che ormai era sua allieva, aveva mai sentito quel suono. Più la guardava più sembrava non conoscerla.
 
«Alla fine ti manca poco per essere maggiorenne, no?», domando Sirius facendo un sorso del suo whiskey.
«Già», annuì Hermione, «Nel mondo magico si è maggiorenni a diciassette anni, un anno prima».
«Tanto l’età non conta, lo sai questo vero?».
«Credo di sì», rispose titubante Hermione.
Sirius inspirò, «Quello che hai affrontato, quello che avete affrontato, alla vostra età, non è da tutti. Lo sai vero?».
Hermione annuì appena. Cosa riservava il futuro? Voldemort era tornato, davvero questa volta, ed era un’incognita sempre più grande.
«Quindi», Sirius continuò, «Io so per certo, come dicono tutti, che tu sei la strega più brillante», Hermione arrossì divertita a quel complimento, «E che quindi sopravvivrai a un po’ di whiskey incendiario», concluse indicando il bicchiere di Hermione ancora pieno.
Hermione rise mordendosi il labbro inferiore, prese un gran respiro, e buttò giù tutto il liquido ambrato.
«Oh, dannati troll!», esclamò strabuzzando gli occhi, «Sto piangendo!», esclamò asciugandosi le lacrime.
Sirius rise, un latrato roco felice, poi di scattò si voltò verso una parete.
«È mezzanotte passata», mormorò Sirius, «Auguri di Buon Natale Hermione», disse alzando il bicchiere a mo’ di brindisi.
Anche la ragzza guardò vero l’orologio.
 
Piton si accorse di come le gote fossero rosse dal fuoco del whiskey, gli occhi davvero lucidi per via dell’alcol e vide un sorriso aprirsi, sincero e infantile.
 
«Auguri di buon Natale anche a te, Sirius!», sussurrò abbracciandolo.
 
La scena gli svanì intorno.
«P-professore?».
L’Hermione del presente lo stava guardando.
«Si?», domandò Piton con il solito tono scocciato. Guardandola adesso le sembrava così diversa dai suoi ricordi.
Il volto era più scavato, gli occhi spenti, il sorriso inesistente.
«Avrei finito, professore».
Piton guardò gli scaffali della libreria. Perfetti.
«Bene», sentenziò Piton, ­«Si accomodi».
Hermione esitò per un attimo. Doveva accomodarsi?
Inspirò e poi si sedette di fronte al suo professore, che continuava a sfogliare sempre lo stesso libro.
Piton non le rivolgeva la parola e neanche uno sguardo. Meglio così. Ultimamente le sembrava impossibile reggere quel vuoto nero. Guardò le mani del suo professore, che sfogliavano elegantemente il libro. Hermione aveva sempre notato l’innata grazia che il suo professore sfoggiava nel muoversi, anzi, l’aveva sempre ammirata. Lei che si sentiva sempre così sgraziata e impacciata. Soprattutto tra quei calderoni tra i quali invece Piton sgusciava tranquillamente. Odiava come il calore e il vapore di quei pentoloni le increspava i capelli.
Ritornò di nuovo alle mani eleganti e curatissime di Piton. Non aveva mai notato quanto fossero belle. Si guardò le sue. Fortunatamente era riuscita a controllarsi dal mangiarsi le unghie e quindi poteva ritenersi abbastanza soddisfatta.
Il rumore del libro chiuso con un pesante tonfo la fece rinsavire. Piton adesso la guardava diritto negli occhi e la cosa la imbarazzò tantissimo, tanto da sentirsi arrossire in modo spropositato.
«Signorina Granger», Piton pronunciò il suo nome con quella solita voce melliflua.
«S-sì professore?», mormorò la riccia alzando lo sguardo e incrociando quello dell’insegnante.
«Mi parli di cosa è successo», disse lui semplicemente.
«C-cosa è successo? Quando?».
«Al Ministero della Magia».
Hermione sentì perfettamente il battito mancato del suo cuore. E poi subito quello strano muscolo riprese a battere, veloce, come per riprendere quel passo mancato.
«L-lei sa benissimo professore cosa è successo…», mormorò.
«Voglio saperlo da lei, signorina Granger», continuò impassibile.
Hermione lo guardò, fisso negli occhi neri. Era impossibile riconoscere l’iride dalla pupilla.
«M-ma lei sa quello che è successo», ripetè Hermione.
«Voglio sapere cosa è successo a lei», sentenziò Piton giungendo le mani.
Hermione dovette sbattere un paio di volte le palpebre. Cosa significava quella domanda? Piton, Severus Piton era davvero interessato a quello che era successo. A lei?
«A me?», chiese Hermione con un filo di voce.
«Sì, signorina Granger. Non sono un uomo stupido. E, per quanto mi costi dirlo, lei è sempre stata la mia migliore alunna», Hermione sentì le sue gote prendere fuoco. Piton non aveva mai ammesso una cosa del genere, mai.
«Ma», riprese Piton, «Ultimamente il suo rendimento è calato. Certo, è sempre fastidiosamente al di sopra della media, e nettamente una spanna superiore ai suoi stupidi amici, ma», Piton continuò a guardarla intensamente, «È decisamente meno fastidiosa del solito».
«Come affermavo prima, non sono un uomo stupido, sono certo che il suo repentino cambiamento sia dovuto agli eventi successi al Ministero. Eventi, che per qualcuno, tra cui lei, possono definire tragici», cantilenò.
Hermione al sentire quelle parole strinse i pugni, «La morte di Sirius è stata un evento tragico».
Piton rimase impassibile.
«Cosa è successo al Ministero della Magia, signorina Granger?», ripeté Piton.
 
Hermione correva per quei lunghissimi corridoi, tutti uguali. Diavolo, Ginny lanciava fatture troppo potenti, avrebbe potuto ucciderli tutti.
Scansò le lucenti sfere che si sfracellavano a terra rilasciando nubi argentee e le sembrava di intravedere figure umane che sussurravano, labili, qualcosa.
Si fermò di botto, giusto in tempo per evitare un guizzo di luce rossa che le sfrecciò accanto.
«Sirius!», esclamò. L’uomo stava combattendo ferocemente con un Mangiamorte, guizzi e scintille sembravano impazzite, finché con un’abile gesto, rispedì al mittente una maledizione, che lo colpì in pieno.
«Via!», urlò Sirius prendendola per mano e scappando, «Corri!».
Corsero come dei forsennati finchè Sirius non si fermò di colpo, «Qualsiasi cosa succeda. Qualunque», disse stringendole le spalle, «Voglio che tu ti metta in salvo, intesi?», la guardò negli occhi, «Intesi?»
 
Hermione si rese conto di essersi completamente assentata davanti al suo professore.
«È successo… è successo…», mormorò senza terminare la frase.
Piton la guardò senza esprimere opinioni, «Si alzi», ordinò.
Hermione non capiva, ma eseguì lo stesso, «Mi segua», continuò il professore.
Attraversarono tutto il castello ormai vuoto, doveva essere tardi se tutti gli studenti erano già nelle loro sale comuni.
Hermione seguiva silenziosa l’imponente figura di Piton, scura ed elegante come sempre. Camminava dritto, sicuro e silenzioso e lei lo seguiva, curiosa, come forse non si sentiva da un po’ di tempo.
 
«Quando James e Lily sono morti», riprese Sirius, «È stato come se una parte di me si fosse spezzata, irrimediabilmente. Credo che sia stato così per tutti», continuò giocando con il riflesso del liquido ambrato nel suo bicchiere, «Ero contento sai?», sorrise amaramente, «quando credevo di aver ucciso Peter. Mi sentivo meno in colpa».
«Non è certo tua la colpa», mormorò Hermione.
«Non puoi sapere come ci si sente Hermione, e ti auguro di non saperlo mai».
 
Arrivarono fin in cima della torre di Astronomia, Hermione neanche si era resa conto di quanta strada avessero percorso.
«Sa una cosa, signorina Granger», iniziò Piton voltandosi verso di lei, «Quando le ho chiesto cosa fosse successo al Ministero, non intendevo parlare di quello che sappiamo tutti».
Hermione si sentiva incatenata allo sguardo di quell’uomo, «Intendevo chiederle cosa è successo a lei, perché qualcosa le è successo, e può negarlo a sé stessa forse, d’altronde è così facile e consolatorio, ma non può nasconderlo a me».
 
Hermione guardò il suo professore da sopra il suo libro. Non le era mai capitato di incontrarlo al di fuori del castello, ma adesso Piton stava beatamente passeggiando negli immensi giardini di Hogwarts. Hermione lo guardò meglio. Alla luce del sole in realtà il suo incarnato era normale, certamente pallido, ma non strano come le sembrava da piccola. Forse anche lei giù nelle aule di Pozioni aveva la pelle grigia. Sperava proprio di no.
Nonostante tutto, Piton aveva un bel profilo. Bah! Ma cosa andava a pensare!
 
La ragazzina lo guardò. Sembrava avere quasi paura. In realtà quello sguardo sembrava seguirlo ovunque. Non riusciva neanche a capacitarsi di perché stesse dando tutte quelle attenzioni a quell’insopportabile-so-tutto-io. Ma forse era proprio quello sguardo spaurito. Gli ricordava tanto quello che aveva lui da bambino, quello che si era trasformato in dolore e poi in pietra e ancora dopo in disprezzo.
Inspirò impercettibilmente, «Qui, è molto meglio del cortile, se mai avesse bisogno di nuovo di aria», riferì risoluto, «Buona notte signorina Granger», disse congedandosi, scomparendo nel buio della notte.


_

Scusate il mega ritardo!
Ma sopratutto grazie delle vostre belle parole, non sapete quanto mi abbiano rallegrato!
Hermione e Severus sono due dei miei personaggi preferiti in assoluto, soprattutto Sev, nel mio cuore always!
So che è una coppia strana, io in primis ho trovato pochissime ff su di loro, e ne volevo talmente leggere una che alla fine ho deciso di scrivermela da sola!
Quindi sono molto di parte!
Sono andata un po' in panico nella parte legata al Legilimens, ma spero mi perdoniate.
Un bacio e grazie ancora!
Alla prossima!
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3

*

Sentiva di star migliorando nella concentrazione.
Era stata felice di quel consiglio del professor Piton, la Torre di Astronomia sembrava sempre magicamente vuota ogni qualvolta sentiva il bisogno d’aria. L’unica figura che incontrava in quelle notti silenziose era quella ancora più silenziosa del suo professoree ogni volta che si incrociavano restavano per una manciata di secondi a guardarsi finché l’uomo non svaniva dal buio dal quale era uscito. Hermione si sentiva studiata, seguita e sorvegliata, ma in un modo strano che non riusciva a spiegarsi. Aveva la sensazione che il suo professore si sincerasse delle sue condizioni, ma era davvero impossibile.
Scrollò la folta chioma, cosa andava mai a pensare!
Da quella famosa sera in punizione che aveva lasciato Harry e Ron meravigliati e a bocca aperta
per la mancanza di soprusi, ovviamente lei non aveva raccontato tutto,  si era resa conto che il suo professore presenziava troppo spesso nei suoi pensieri.
Sbuffò con un moto di stizza. Che assurdità!
Hermione si fermò di botto lungo il corridoio silenzioso della biblioteca. Incredibile.
Il professor Piton si ergeva in tutta la sua statura, davanti una delle teche, leggendo un libro, lì in piedi nella sezione delle pozioni.
«Che c’è Signorina Granger?», domandò con la voce simile a un lamento senza staccare gli occhi dal libro.
Hermione si guardò intorno, «N-niente», mormorò lei imbarazzata, «Ero qui solo per leggere un libro…», continuò contorcendo le mani.
«Ovviamente», Piton chiuse di scatto il libro, «Come posso aiutarla, signorina Granger?».
Hermione lo guardò, «Aiutarmi?».
«Si, signorina Granger, le faccio notare, nel caso la sua lucida testa non lo abbia ancora realizzato, che siamo nella sezione Pozioni e Distillati, e che, senza ombra di dubbio alcuno, io abbia una certa, come dire, esperienza in questo campo», con un gesto elegante della mano il libro che Piton stava leggendo ritornò al suo posto, «Quindi, se la sua mente è riuscita a fare questo piccolo calcolo, come posso aiutarla?», sillabò le ultime parole con un tono quasi diverso dal solito.
Hermione guardò la figura nera. La giacca a collo alto era ben curata e di un bellissimo nero, intenso, scuro come gli occhi del suo possessore, da cui si intravedeva il colletto in contrasto bianchissimo. Lentamente alzò lo sguardo verso quello del suo professore, «La ringrazio professore, ma davvero, ero qui solo per leggere, per curiosità…», sussurrò imbarazzata.
L’uomo la guardò assottigliando lo sguardo, le gote sembravano più accese rispetto all’ultima volta. 
«Non stava mica pensando di ricorrere a qualche pozione per stimolarle il sonno?», Piton cercò di non muovere nessun muscolo in modo da non tradire il fatto che avesse di nuovo vagato per la testa della sua alunna. Era forse impazzito?
Sbuffò mentalmente. Ovviamente la sua alunna l’aveva già preparata quella pozione, al secondo anno. Complimenti, come al solito.
Hermione abbassò di scatto lo sguardo imbarazzato.
«Quindi deduco di aver ragione anche se penso che forse non abbia bisogno affatto del mio aiuto, non per questo», continuò Piton avanzando e superandola, venendo investito dal suo profumo, «Arrivederci signorina Granger».
Andò diritto verso le sue stanze, ignorando chiunque incontrasse per la sua strada. Una volta dentro chiuse tutte le finestre, tirando le tende e lasciandosi cadere sulla poltrona di pelle nera davanti al camino ancora spento. Doveva togliersi quella ragazzina dalla testa. Ovviamente non ne era ossessionato, non lo avrebbe mai ammesso, ma c’era qualcosa in lei, che non riusciva proprio ad allontanarsi dalla sua testa. E Severus non riusciva a capire cosa.
Forse era semplicemente la sensazione di similarità delle loro esperienze. Severus conosceva il dolore e soprattutto, sapeva riconoscerlo.
 
*
 
Hermione passò il resto del pomeriggio libero rintanata nel corridoio della biblioteca a leggere. Aveva provato a riconoscere il libro che Piton stava leggendo quando era arrivata, ma senza successo. Aveva dovuto scuotere più volte la testa per cercare di scacciare il pensiero, ormai fisso, del suo professore. Emise un piccolo urletto di disperazione chiudendo il libro. Cosa avrebbe fatto se anche quella notte non avrebbe preso sonno? Piton, chissà come aveva fatto, l’aveva capito subito. Beh, di certo doveva essere un acuto osservatore e sicuramente, al contrario di quello che sostenevamo Harry e Ron, non era uno stupido. Per niente.
Aveva sempre ammirato la sua tecnica nel preparare le pozioni, erano sempre perfette, anche quelle più difficili. Avrebbe potuto fare qualsiasi cosa, perché aveva deciso di rimanere ad Hogwarts a insegnare? Non le dava davvero l’idea di un uomo con la passione dell’insegnamento, palesemente.
Quanti anni doveva avere? Trentaquattro? Trentacinque? L’età di Sirius più o meno.
Sospirò chiudendo gli occhi.
 
*
 
«Promettimi che farai il bravo», lo ammonì Hermione dall’altro capo del divano sistemandosi il plaid verde e morbido che Sirius le aveva portato.
L’uomo rise, con la sua risata simile a un latrato, «Non posso prometterti nulla, Prefetto».
Anche Hermione rise, «Non lo dico da Prefetto, lo dico da persona preoccupata, sei un agitato, svitato, impulsivo…»
«Hey, hey, hey», Sirius la bloccò, «Grazie tante, davvero, non le merito tutte queste parole di affetto!».
Hermione rise ancora, Sirius la faceva sempre ridere, «Lo dico per te, davvero», mormorò lei mentre Sirius si sedeva vicino.
«Ci provo», disse lui guardandola, «Ma tu promettimi che in estate ritornerai qui, con me».
 
*
 
«Ecco dov’eri!»,
La voce di Ron la svegliò dai suoi pensieri, «M-mi cercavi?».
«Certamente!», esclamò il rosso, «È quasi ora di cena, sei scomparsa tutto il giorno, ero preoccupato», continuò sedendosi di fronte Hermione.
«Devi copiare i compiti?».
«Mi fai così meschino?», domandò offeso Ron.
Hermione rise, «Scusa, scusami, ma non ti sei mai spinto fino a questo punto della biblioteca».
«Ah, ah, ah», Ron imitò una risata senza sentimento, «Hai già saltato il pranzo, sono preoccupato, Harry è preoccupato, siamo tutti preoccupati».
Hermione abbassò lo sguardo, «Scusatemi, davvero, sono solo molto presa dai compiti, lo studio, le lezioni», mormorò gesticolando, «Andiamo a mangiare?», domandò per scappare via dall’imbarazzo di quella conversazione, «Ho fame», e un po’ era vero.
«Certo», annuì il rosso rispondendo al sorriso di lei.
Camminarono verso la Sala Grande parlando del più e del meno, Ron riusciva sempre a farla ridere.
Quando entrarono Hermione cercò di scacciare la sensazione di fastidio. Aveva notato, ultimamente, che i posti affollati le creavano disagio, quell’ammassare di voci, rumori, risate, sembravano tutti amplificati.
Camminò dritta, tra i tavoli di Grifondoro e Corvonero, cercando di allontanare la sensazione di fastidio, poi incrociò gli occhi del suo professore.
Piton la stava guardando, dritto, negli occhi. Rallentò di poco il passo, come se quello sguardo le bloccasse ogni modo di pensare, di dire, di fare. Continuò così, a camminare guardando negli occhi il suo professore. Perché non distoglieva lo sguardo? Perché lui la guardava? In quel modo.
Sentiva il suo respiro accorciarsi, avrebbe voluto scappare, ma finalmente l’uomo distolse lo sguardo, riportando l’attenzione al professor Vitious.
Hermione si sedette, versandosi subito un po’ d’acqua. Si sentiva in fiamme e la bocca secca.
 
*
 
Per tutta la cena aveva pensato a quello che era successo al suo ingresso. Piton continuava a tormentarle i pensieri con l’ingombrante nera presenza. Pochi minuti prima, quando si era alzata, era fuggita via con una scusa, cercando di non voltarsi indietro, ma Piton era già scomparso.
Camminò in solitaria per il castello, sembrava vuoto, non uno studente, non un professore, un fantasma, anche Mrs. Purr doveva essere ancora al banchetto.
Le piaceva la sensazione che le dava il castello vuoto e silenzioso, le sembrava quasi di essere in un altro posto. Si allontanò dagli spazi comuni, scendendo sempre di più verso i sotterranei.
Perché lo stava facendo? Non sapeva dirlo, anche se un’idea le batteva per la testa, ma lei cercava di soffocarla.
Si guardò intorno, i sotterranei erano sempre bui, ma adesso le sembravano ancora più neri, se fosse stato possibile, anche più stretti. Si fermò nel bel mezzo di un corridoio sospirando, «Stupida», borbottò per poi voltarsi indietro e raggelarsi sul posto.
«Signorina Granger, è quasi in tempo per farsi sottrarre altri preziosissimi punti», la voce annoiata di Piton la colpì forte, ma reagì.
«È ancora presto!», ribatté dandosi un contegno, «Non può togliere punti», precisò, «Professore», si affrettò ad aggiungere.
«E allora può darmi una valida spiegazione al suo muoversi furtivamente al di fuori dell’orario delle lezioni qui, nei sotterranei? Devo forse pensare che il suo intento era rubare qualcosa dal magazzino dell’aula oppure sabotare il mio studio?».
La voce di Piton era sempre così monotona, ma mai fastidiosa. Come era possibile?
«Assolutamente nulla di tutto ciò! Lo sa benissimo anche lei che non sono il tipo!», ribatté accaldandosi.
«Fortunatamente per lei, si, lo so», ammise, per gioia di Hermione, «Ma adesso può gentilmente dirmi che cosa ci fa qui?».
Hermione abbassò lo sguardo, «Beh, sì, ammetto che volevo entrare in aula a preparare una pozione per dormire», inventò al momento, «Ma avrei comunque usato le mie cose!», esclamò.
Piton non cambiò espressione di un millimetro, ma alzò solo un braccio come a invitarla a precederlo verso il suo studio.
«D-devo camminare?», domandò stranita Hermione.
«Il mio studio, conosce la strada», disse semplicemente l’uomo.
«Sono in punizione?», mormorò.
«No, ma se si incaponisce a non muoversi non ci metterò troppo a cambiare idea».
Hermione saltò sul posto e seguì le indicazioni di Piton, avanzando verso lo studio.
Una volta dentor, Piton le indicò la poltrona sulla quale accomodarsi e poi sparì in una stanza attigua. Era forse l’entrata alle sue stanze personali? Hermione si era sempre chiesta come fosse vivere da professore nel castello. Era mai capitata una relazioni tra docenti? E i figli? Come funzionava?
Fu destata dalle sue domande da quella che sembrava essere una risatina appena accennata, uno sbuffo, proveniente proprio dal suo professore. Si immobilizzò. Impossibile, Piton non rideva, non sapeva ridere. Non lo aveva mai visto ridere.
L’uomo ritornò nella stanza con due grosse tazze fumanti, «Prego», disse porgendone una a Hermione, che la prese tra le mani interdetta, guardando Piton sedersi nella poltrona di fronte alla sua, con un’identica tazza tra le mani.
Cosa stava succedendo?
Rimasero così per una manciata di secondi. Piton perfettamente calmo e lei che fissava lui, ma godendo del torpore che quella tazza le procurava. Anche la poltrona era comodissima.
Quando Piton fece il primo sorso, Hermione si decise a imitarlo, anche per il semplice fatto di fare qualcosa, si sentiva troppo imbarazzata.
Assaggiò il liquido ambrato, simile a tè, e cercò di capire quali ingredienti avesse utilizzato il suo professore, «È liquirizia?», domandò dopo un po’.
«Anche», annuì Piton, «Che altro?», domandò vedendo gli occhi della sua allieva illuminarsi. Niente da fare, era più forte di lei. Doveva mettersi alla prova, dimostrare le sue capacità.
Hermione assaggiò ancora, concentrandosi come le succedeva di fare a lezione, «Tiglio», mormorò guardando da sopra la sua tazza il suo professore che annuì ancora, «C-camomilla?».
Piton le aveva preparato una camomilla?
«Tiglio, Camomilla, Passiflora, Escolzia e Liquirizia», spiegò Piton, «È una semplice tisana, signorina Granger, non ha riconosciuto gli altri tre perché troppo presa dal pensare cosa ci fosse un qualcosa di magico qui dentro, ma è solo una semplice tisana».
Hermione arrossì, «Una semplice tisana, già», mormorò, «Buona però», aggiunse.
«Non c’è bisogno di una pozione, le cose naturali sono sempre le migliori», disse Piton continuando a sorseggiare la sua tisana, «Deve solo liberare un po’ la mente, rilassarsi, bere una tisana e non incolparsi troppo».
Per poco Hermione non soffocava. Come faceva quell’uomo a capire sempre ciò che le passava per la testa?
«Dovrebbe parlarne. Perché non ne parla con Potter e Weasley?», continuò lui.
Hermione scosse il capo.
«Non posso, hanno già tanti problemi, Harry soprattutto e…», si fermò. Perché ne stava parlando con Severus Piton?
«Mi sta analizzando?», domandò stupita e imbarazzata allo stesso momento.
Piton sbuffò, «Certo che no, non sono uno psichiatra signorina Granger. Le sto solo dicendo, come ho cercato già di dirle durante la sua punizione», sottolineò, «Che dovrebbe parlarne con i suoi amici, se sono suoi amici».
«C-cosa intende con “se sono suoi amici?”».
«Non metto in dubbio la patetica lealtà che c’è nel vostro terzetto», incominciò, «Ma se sono suoi amici, non deve aver paura né di disturbarli, né di essere di troppo, né di rivangare ricordi dolorosi».
Hermione abbassò lo sguardo, Sirius a Natale le aveva detto una cosa simile, esortandola a confessare le sue ansie verso il futuro, la scuola o tutto con i suoi amici.
«Finito?», domandò l’uomo poi indicando la tazza ormai fredda tra le mani di Hermione, che annuì.
Piton si alzò prendendole la tazza di mano e Hermione cercò di calmarsi quando sfiorò le mani del suo professore. Una sensazione, simile a una scossa l’aveva percorsa tutta. Sperò di non essere arrossita, ma sembrava che fortunatamente il suo professore non se ne fosse accorto.
E invece Piton se ne era accorto eccome, la cosa l’aveva lasciato quasi stupito. Sentiva come un formicolio alla mano che aveva toccato quella della sua alunna. Cercò di scacciare via quella sensazione facendo scomparire le tazze con un gesto rapido.
«Non la facevo tipo da tisana, onestamente», disse tanto per dire, «Non che ci sia qualche problema, adoro le tisane, e questa era particolarmente buona», mormorò imbarazzata quando Piton si voltò alzando un sopracciglio.
«Mi fa piacere che l’abbia gradita signorina Granger», Piton guardò l’ora, «Adesso può anche scomparire, prima ce sia troppo tardi e che io sia sfortunatamente costretto a punirla».
Hermione si guardò intorno, incrociando anche lei lo sguardo sull’orologio. Quasi mezzanotte! Si alzò di scatto dalla comoda poltrona, «G-grazie ancora professor Piton è stato… è stato…», non sapeva che dire.
«Buona notte signorina Granger», la congedò Piton guardandola negli occhi, con un tono diverso da quello scocciato di sempre che Hermione percepì subito.
«Buona notte professor Piton», mormorò quasi impercettibile cercando di staccare a forza lo sguardo da quello di lui, «Grazie ancora», ripeté finalmente rinvenendo e muovendosi verso l’uscita.
Una volta fuori si lasciò andare a un profondo sospiro, quasi sorridendo, ignara, che dall’altra parte della porta, Piton stesse facendo lo stesso.

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Sorry, sorry, sorry per il mega ritardo! Ma vengo da settimane di fuoco e non ho avuto neanche un attimo per rileggere il tutto. Ovviamente quando l'ho fatto mi sono resa conto di tutti gli errori e le ripetizioni che c'erano e forse ci sono ancora.
Ma vi voglio davvero ringraziare per le bellissime recensioni, davvero! Non me lo aspettavo, davvero questa cosa era nata così, per distrazione ma le vostre parole mi rendono davvero felice!
Spero che questo capitolo, (se vi sembra forzato perdonatemi, ma non è facile scrivere di Severus, è così complicato!), vi piaccia e che sia all'altezza delle vostre aspettative.
Grazie ancora!

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4
 
Si era completamente dimenticata della gita a Hogsmeade! Doveva far qualcosa per migliorare la sua concentrazione. Non aveva mai trovato così difficile seguire le lezioni.
Harry e Ron la guardavano sempre in attesa di qualcosa. Forse avrebbe dovuto dar ascolto sia al suo professore che a Sirius e liberarsi di quel peso con loro, ma non ci riusciva.
Era come se avesse paura di mostrarsi debole o impaurita. Si sentiva così stupida.
Passò la notte rigirandosi nel letto, tra il sonno e la veglia. Quando ormai si era finalmente addormentata, era già ora di alzarsi.
Era sicura di aver sognato il suo professore, Piton.
Scese dal letto scrollando la sua indomabile chioma. Quanto avrebbe voluto dimenticare tutto.
Guardò fuori dalla finestra, una pioggerellina cadeva leggera ma costante, sperava che spiovesse prima di dover uscire. Si guardò allo specchio, gli zigomi sporgevano pronunciati sul viso pallido. Trasalì guardando il suo viso spento, i capelli ancora più incomprensibili. Sospirò profondamente, raccogliendo dallo schienale della sedia il mantello della sua divisa.
Un profumo particolare catturò la sua attenzione. Avvicinò il mantello al viso e inspirò.
“Tiglio, Camomilla, Passiflora, Escolzia e Liquirizia”, la voce profonda di Piton risuonò forte nei suoi pensieri. Il pensiero di quel momento, quasi intimo, di alcune settimane fa la fece imbarazzare. Hermione non si sapeva spiegare perché, mai avrebbe sognato di aprirsi con Piton, ma lui sembrava saper leggere i suoi stati d’animo meglio di chiunque altro.
Decise di darsi una mossa. Indossò un caldo maglione bianco a collo alto e scese di corsa le scale. Era tardi, i suoi compagni erano già scappati verso l’ingresso. Era sempre stata felice delle gite a Hogsmeade. Cambiare aria dopo tutto non le avrebbe fatto di certo male. Avrebbe preso una bella Burrobirra insieme ai suoi amici e magari, chissà, avrebbe trovato il coraggio di parlare con loro.
La neve era bianchissima, si guardò intorno alla ricerca di Harry e Ron ma non li vedeva. Dovevano essere usciti veramente presto.
Si strinse bene nel suo cappotto, faceva veramente freddo. Il vociare dei suoi compagni di scuola iniziava a risultarle veramente fastidioso. Entrò di corsa ai Tre Manici di Scopa, un po’ per il freddo un po’ per cercare i suoi amici. Guardò le teste di tutti i presenti, alcune nascoste da caldi cappelli, ma non riconobbe i suoi amici. Notò però Neville e si avvicinò a lui.
«Neville!», Hermione alzò un po’ la voce per farsi sentire nel trambusto, «Hai visto Harry e Ron?».
«Ciao Hermione», la salutò Neville, per poi guardarla un po’ perplesso, «Harry e Ron sono in punizione…», mormorò, «Non ricordi?».
Hermione sgranò gli occhi.
Si era completamente dimenticata della punizione che la McGranitt aveva dato ai suoi amici.
«Oh», Hermione pensava di star per prendere fuoco, «G-giusto», borbottò, «S-scusa, devo andare!», e così scappò senza neanche dar a Neville la possibilità di risponderle.
Si precipitò fuori, allontanandosi il più possibile dalla folla di studenti che riempiva tutte le strade del villaggio
«Stupida, stupida, stupida», sussurrò a sé stessa aggrappandosi alla staccionata di legno vecchio che la divideva dalla Stamberga Strillante. Inspirò profondamente stringendo le mani così forte attorno al legno che si tagliò.
«Ahi!», una scheggia di legno faceva bella mostra di sé, scura nella pelle bianca. Hermione la staccò con cura, ma il rosso del suo sangue si sostituì al nero del legno marcio.
«Ci voleva solo questa», imprecò. Ormai le sembrava che tutto andasse a rotoli.
Si voltò di scatto quando avvertì una presenza a lei abbastanza conosciuta.
«Dia qui», il professor Piton si era come materializzato alle sue spalle, e cacciò, con la sua solita e innata eleganza, la bacchetta da sotto il mantello nero.
L’uomo afferrò la sua mano e Hermione rabbrividì. Non sapeva se per il freddo o per quel secondo contatto quasi intimo con il suo professore. La mano di Piton era calda, le sue dita le stringevano il palmo con grazia. Le stava controllando la mano, ma Hermione aveva la stessa sensazione di calore di quando si riceve una carezza.
Alzò gli occhi dorati verso quelli neri dell’uomo, era sicura di essere diventata rossa, in forte contrasto con il bianco della neve gelida che li circondava. Si specchiò in quei pozzi neri che la guardavano fissa e poi una sensazione di calore la portò a distogliere lo sguardo.
La sua mano era perfettamente liscia, come se non si fosse mai tagliata.
“Un incantesimo non verbale, ovvio”, pensò, la mano ancora stretta in quella del professore.
«G-grazie Professore», balbettò, troppo imbarazzata per aggiungere altro.
«Prego», rispose Piton, la voce grave come sempre, ma meno annoiata del solito, «Vuole comprare casa?», domandò.
«C-come scusi?», ribatté Hermione confusa, poi capì la battuta, non era abituata, «Sa una cosa?», domando a sua volta.
Piton alzò il sopracciglio, «Cosa?».
«Al terzo anno, Malfoy incolpava ingiustamente Harry di essere a Hogsmeade…», iniziò.
«Ingiustamente, certo…», ripeté con fare sarcastico Piton.
«E mi ricordo», riprese Hermione, «Che lei aveva sgridato Harry, perché secondo Malfoy era stato qui, ma c’ero anche io, e le assicuro che Harry non c’era», mentì, «Ma ricordo quello che disse a Harry “Che cosa ci faceva la tua testa a Hogsmeade, Potter? La tua testa non ha il permesso di andare a Hogsmeade. Nessuna parte del tuo corpo ha il permesso di andare a Hogsmeade”».
Hermione nascose una risata nel collo alto del suo maglione, «Mi ha sempre fatto ridere questa cosa».
Piton la fissò, immobile, ma Hermione aveva notato un angolo della sua bocca incurvarsi.
«Signorina Granger, fa troppo freddo qui. Lei è di un bianco cadaverico, le consiglio di andare a riscaldarsi da qualche parte».
Hermione si strinse nel cappotto, più che potette, «Credo che tornerò al castello professore».
«I suoi simpatici amici?», domandò con voce secca Piton.
«In punizione».
«Che novità», commentò Piton, «Si beva qualcosa di caldo».
Hermione annuì imbarazzata. Da dove l’era saltata fuori tutta quella confidenza? Era sorpresa che il Professore non le avesse tolto dieci punti per la sua insolenza!
Piton indietreggiò di un passo e le fece segno con il braccio di precederlo.
Hermione non aveva mai fatto caso a quanto fosse un galantuomo.
«Professore, posso domandarle una cosa?», chiese Hermione mentre lentamente risalivano la strada per il villaggio e per il castello poi.
«Certo, mi sembrava strano che non avesse aperto bocca per più di due minuti», disse secco Piton.
«Si», Hermione si schiarì la gola, un po’ per il freddo un po’ per l’imbarazzo, «Volevo chiederle, sa, della tisana dell’altra volta», Piton la guardò, sempre camminando, con le braccia dietro la schiena, «Era veramente buona e anche veramente efficace», in effetti Hermione ricordava di aver dormito particolarmente bene.
«Quindi?», l’incalzò Piton.
«E quindi volevo sapere se potesse dirmi dove recuperare gli ingredienti», disse la ragazza tutto in un fiato.
Piton sembrò pensarci un su. Non sapeva cosa risponderle. Si era trovato troppo spesso a pensare alla sua alunna migliore. Quanto gli costava ammetterlo!
«Sono tutte piante e radici che cresco personalmente, non sono facilissime da trovare nel mondo magico», esordì finalmente, «Se proprio vuole, posso dargliene un po’ dalla mia scorta personale».
«Oh», Hermione era sorpresa da tanta gentilezza, «Se non disturbo…».
Hermione si sentiva così piccina affianco a quell’uomo!
«Non disturba più di quanto non già faccia a lezione», ribatté Piton.
«Ecco», Hermione scrollò i capelli selvaggi nascondendo una risatina. Da quando Piton la faceva ridere?
S’incamminarono insieme lentamente verso lo studio di Piton, in silenzio. Era strano, Hermione non sembrava provare imbarazzo per quel silenzio e Piton le sembrava perfettamente a suo agio. Piton era sempre silenzioso, ma le dava la precedenza quando c’era da darla a una donna, e si muoveva sempre elegantemente. Hermione si sorprese. Come aveva fatto a ignorare tutti questi aspetti ammirevoli del suo insegnante?
Una volta nell’ufficio del professore, Piton si tolse da dosso il pesante mantello. Hermione fece lo stesso, liberandosi dal suo cappotto umido di neve, ma si perse a seguire con gli occhi la figura del suo professore. Le spalle larghe, chiuse in una camicia nera dalle maniche larghe. Non lo aveva mai visto senza mantello.
Piton sentiva gli occhi curiosi della sua alunna piantati nella sua schiena. Era una sensazione strana. Si voltò e accese il camino con un tocco di bacchetta, «Dia qua», disse prendendo il cappotto della Granger, l’asciugò insieme al suo mantello, con un gesto secco di magia.
La Granger lo guardava, imbarazzata, si poteva notare da miglia di distanza, le braccia incrociate, «Se ha freddo, può avvicinarsi al camino», fece avvicinare una poltrona al fuoco.
«G-grazie», mormorò Hermione.
Piton sparì nella stanza secondaria al suo studio. Hermione ne approfittò per guardarsi intorno.
L’ufficio di Piton come insegnante di Difesa contro le Arti Oscure era decisamente più accogliente di quello di Pozioni ormai di proprietà di Lumacorno.
I mobili erano di legno scuro, pesanti, lucidi. Pieni di libri grossi, rilegati con copertine dure, incise in oro. Erano molto più piacevoli dei barattoli con arti, occhi e cose strane che si trovavano nei sotterranei.
Si avvicinò per leggere bene i nomi di quei tomi. Quanto le piacevano i libri! Dalla quantità di volumi nella stanza anche Piton doveva essere un gran lettore.
Un tomo nero, dalla copertina rigida e con lettere scarlatte e lucide attirò la sua attenzione, Storia delle Arti Oscure.
Doveva essere interessante!
«Ecco», Piton fece ritorno nello studio, in mano un sacchettino pieno di piccoli fiori secchi, radici, e foglioline.
«Grazie», Hermione si avvicinò al suo professore e gli liberò le mani. Piton notò che con il calore del camino la sua alunna aveva ripreso un po’ di colore, che le donava certamente di più del bianco che aveva fuori a Hogsmeade.
«Si accomodi», Piton le indicò la poltrona accanto al camino, Hermione si sedette, quasi come se glielo avessero ordinato. Si sentiva imbarazzata ma allo stesso tempo tranquilla.
Due tazze fumanti li raggiunsero lievitando calme, a mezz’aria, in modo da non far cadere il loro contenuto ambrato sul pavimento.
Hermione colse con delicatezza la sua, godendo del calore che ne portava alle mani. Fuori continuava a nevicare.
«Allora signorina Granger», esordì Piton dopo un po’, «Ha seguito il mio consiglio o è troppo saccente per accettarne uno?»
Hermione sospirò, il calore della tazza che la riscaldava, «Non ancora Professore», confessò, «Ma non per saccenza, come dice lei», ancora un sospiro.
«Mi sta dicendo forse che a una Grifondoro come lei manca proprio il coraggio?», Piton ghignò nascosto dal fumo della sua tazza.
Hermione si sentì un po’ piccata, «Non ho detto che sia così!».
«E allora perché?», l’incalzò Piton, «Ha paura di deludere qualcuno? Se stessa? I suoi stupidi amici?».
«Harry e Ron non sono stupidi!», contestò Hermione.
Piton osservò la sua alunna. Si era animata solo per difendere i suoi amici, ma si vedeva, lui lo vedeva, la paura di deludere.
«Signorina Granger», riprese Piton con solito tono scocciato, «Si lasci consigliare da chi ha più esperienza di lei. So che le può sembrare difficile, non dico che non lo sia, ma come lei ha appena difeso i suoi amici dalle mie, chiamiamole, illazioni, loro farebbero, suppongo se sono veramente suoi amici, lo stesso. Che lei abbia paura di parlare con loro o meno».
«Il signor Potter e il signor Weasley credono molto in lei, anzi, azzarderei che le devono molto, se sono riusciti ad arrivare al sesto anno nonostante la pigrizia e le loro limitate facoltà mentali».
«Professore!», esclamò Hermione.
«Dicevo», riprese Piton alzandosi e afferrando la tazza della sua allieva, «Con lei si sono salvati innumerevoli volte. Non ho esitato un attimo a capire chi fosse stato così intelligente da superare il mio indovinello al primo anno, al secondo anno ha capito da sola cosa si aggirasse nella scuola e come lo facesse», aggiunse ancora Piton riferendosi al Basilisco, «Potrei continuare, ma tessere le sue lodi va contro la mia politica», disse con voce bassa e quasi scocciata per Hermione, «Quello che vorrei dirle è che i suoi amici dipendono anche da lei, non può crollare, non deve farlo ma soprattutto per se stessa».
Hermione rimase seduta sulla poltrona mentre il Professor Piton scompariva nell’altra stanza.
Piton non aveva tutti i torti. Inspirò, avrebbe tanto voluto avere il coraggio di confessare tutto a Harry.
Prese il sacchettino con le erbe secche che Piton le aveva preparato. Le piacevano quei piccoli fiori, secchi, ma sempre bellissimi.
 
Hermione alzò la mano ancora, e ancora e ancora, ma per Piton sembrava non esistere.
Abbassò la mano guardando con rancore il suo professore. Se fosse stata una Serpeverde sarebbe stata la sua preferita, ne era certa!
Piton ricambiò il suo sguardo, nero e impassibile come sempre.
 
“Quella insopportabile so-tutto-io!”, pensò Severus. Insopportabile! Gli bruciava ammettere che purtroppo, per lui, sarebbe stata una risorsa preziosa per la sua casa.
 
Piton rientrò nella stanza principale. Hermione stava guardando il sacchettino che le aveva preparato e sorrideva, cosa che lasciò Severus molto perplesso. Perché diamine stava sorridendo quella ragazzina?
Hermione si accorse della presenza del suo professore e si raddrizzò sulla sedia. Si sentiva improvvisamente in imbarazzo. Avevano chiacchierato, avevano gustato la tisana, era forse arrivato il momento di andare?
Si alzò indecisa dalla sua poltrona, stringendo il sacchetto, «Beh, professore, grazie», mormorò.
Piton fece ancora qualche passo nella stanza, guardando bene la sua allieva.
Aveva ripreso finalmente un po’ di colore in viso, quel rosa velato le donava certamente, ma non si era mai accorto che quella ragazzina avesse le lentiggini, chiarissime.
«Prego», rispose solamente lui.
«Posso chiederle un’altra cosa?», azzardò Hermione.
Piton le fece gesto di continuare, «Quel libro che è nella libreria», continuò Hermione, «Storia delle Arti Oscure».
«Ficcanaso come sempre dunque…», mormorò Piton.
«Non ho ficcato il naso! È in bella vista!».
«Quindi?», esortò Piton.
«Volevo chiederle, non l’ho mai visto in Biblioteca quel volume».
«No, infatti, è nella Sezione Proibita».
«Perché?»
«Perché potrebbe ispirare cose che non dovrebbero essere fatte», cantilenò Piton, una nota carezzevole nella voce, «Vuole leggerlo?».
Hermione esitò un attimo, «Posso?».
«Non al di fuori di questo ufficio», rispose Piton, «Se vuole leggerlo, può farlo, ma qui, sotto la mia supervisione».
«Se non la disturbo», mormorò Hermione.
Severus l’aveva vista, la scintilla nei suoi occhi, la curiosità, la sua stessa sete insaziabile di sapere. Quella che aveva reso prima lui il miglior studente e adesso lei, la strega più brillante della sua età.
«Può venire qui la sera, dopo cena e rientrare nella sua Sala Comune prima del coprifuoco».
Hermione non voleva, ma sentì nascere un sorriso sulle sue labbra.
«Grazie professor Piton, grazie».
«Ovviamente alla fine della lettura mi aspetto un tema dettagliato sugli argomenti affrontanti dal testo», ghignò, «Deve recuperare la poca attenzione che sta dimostrando in classe, Signorina Granger».
«Lo farò professore», affermò Hermione, «E cercherò di affrontare le mie paure, come ha detto lei».
«Bene, adesso vada. Mi ha già rubato troppo tempo oggi. Buon proseguimento Signorina Granger».
«Grazie professore, buon proseguimento a lei».
Hermione uscì dall’ufficio di Piton in qualche modo più leggera, con un’irrefrenabile voglia di leggere quel libro e un’inspiegabile voglia di tornare su quella poltrona.
Severus guardò uscire la sua alunna e poi si lasciò cadere sulla poltrona di fronte a quella che poco fa era occupata da Hermione. Sospirò, passandosi una mano fra i capelli neri e fissò il vuoto della poltrona, ripensando agli avvenimenti di quella mattina.
Non riusciva a capacitarsi di tutte quelle attenzioni rivolte a quella ragazzina. O forse sì, forse voleva che qualcuno non ripetesse i suoi errori.
Se avesse avuto il coraggio di parlare sinceramente, sarebbe cambiato qualcosa nella sua vita?

-

Salve a tutti!
Scusate se sono scomparsa per mesi/anni, ma è stato un periodo davvero particolare.
Spero che stiate tutti bene, nonostante il momento storico che stiamo vivendo.
E spero anche che la storia vi piaccia e vi incuriossica.
Grazie a tutti quelli che hanno letto, recensito, preferito, ricordato e seguito!
Grazie!

 
 
 
 

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


 
Capitolo 5
 
«Harry!», lo richiamò Hermione, «Dovresti stare attento!».
Hermione guardò il libro vecchio e malconcio che Harry leggeva avidamente. Se si fosse impegnato così tanto negli anni precedenti l’avrebbe superata in tutte le materie!
«Hermione, sei pazza?», s’intromise Ron, «Avessi avuto io la fortuna di beccarmi quel libro adesso sarei un genio delle Pozioni! La solita sfortuna…».
Hermione scrollò il capo contrariata, «Devo ricordare proprio a te», chiuse il libro che stava leggendo, puntando il suo sguardo su Ron, «Cosa è successo l’ultima volta che qualcuno ha preso ordini da un mucchio di pagine?».
«Hermione hai fatto tutte le ricerche che potevi», esordì Harry, gli occhi verdi arrossati dal troppo leggere, «Non hai trovato nulla sul Principe. Cosa dovrebbe esserci di male? Sarà solo un vecchio studente molto bravo in pozioni!».
«Non so», Hermione si massaggiò le tempie, «Non mi fido!».
«Sei solo gelosa che il Principe sia più bravo di te!», la schernì Ron.
Hermione sbuffò a quell’accusa. In quel preciso periodo chiunque sarebbe stato più bravo di lei!
Guardò fuori dalla finestra, il tempo era freddo, ma almeno non nevicava come il giorno della gita a Hogsmeade. Era riuscita fortunatamente a evitare le domande dei suoi amici e non farsi scoprire sul fatto che si era dimenticata completamente della loro punizione.
Aveva deciso di passare più tempo con loro, aveva deciso di smettere di scappare dai suoi amici.
Non sempre era facile, spesso si sentiva come oppressa in quella falsa compagnia che dava.
Gli occhi di Harry spesso si erano fermati nei suoi, lei leggeva in quegli occhi la domanda a cosa stesse succedendo.
Quanto avrebbe voluto parlare con lui, con Ron, ma ogni volta qualcosa le bloccava il petto.
La voce di Harry la riportò alla sala comune.
«Vieni con noi al campo dopo cena allora?», Harry la guardava, gli occhi verdissimi.
Hermione buttò di nuovo un occhio al cielo nero, carico di nubi, «No, grazie. Sento freddo già solo a guardare fuori».
Scesero verso la Sala Grande discorrendo del più e del meno, e cenarono in tranquillità. Hermione quasi si godette la cena dopo tanto tempo. Combatteva con se stessa per non guardare verso il tavolo dei professori, per non cercare Severus Piton.
Non si era più presentata alla sua porta, dopo la gita a Hogsmeade. Bruciava dalla voglia di leggere quel libro ma non riusciva a capire perché avesse paura di ritornare nell’ufficio di Piton.
Salutò Harry e Ron che si dirigevano verso gli allenamenti e poi si lasciò andare a un sonoro sospiro. Si guardò intorno e si senti improvvisamente sola. Il vociare dei suoi compagni le metteva molta malinconia addosso, le fiammelle delle candele era sfocate. Cercò di guardare verso il tavolo dei professori senza farsi accorgere. Stupidamente viveva con l’idea che Piton la controllasse ovunque.
Lui non c’era. Doveva già essere andato via.
Si alzò di scatto e iniziò a incamminarsi verso l’ufficio di Piton. Mentre saliva le scale pensava a cento cose. Cosa avrebbe detto al suo professore per giustificare la sua mancanza di rispetto? Il suo professore l’aveva invitata a leggere un libro della Sezione Proibita e lei era sparita per giorni! Si fermò una volta davanti la porta. Inspirò e si lisciò le pieghe della gonna. Non sapeva perché aveva fatto quel gesto. Non le era familiare. Si pettinò i capelli dietro le orecchie e finalmente bussò.
«Avanti».
La voce di Piton, grave come sempre, l’invitò a entrare.
Aprì la pesante porta di legno ed entrò, trattenendo il respiro.
«Buonasera professor Piton», esordì, cercando di dare un tono tranquillo alla sua voce, ma si sentiva tremare.
«Signorina Granger», Piton alzò lo sguardo dalle carte che aveva sulla scrivania, «Si accomodi», aggiunse indicando una delle due sedie di fronte.
Hermione attraversò la stanza e si sedette, lo sguardo basso, «Professore, mi dispiace non essere venuta prima e non averla avvisata», disse tutto in un fiato.
In risposta Piton rimase immobile, «Non c’è bisogno che si scusi, certo un biglietto avrebbe fatto comodo», Hermione si morse un labbro, «Ma non mi aspettavo tanto. Come ha passato queste sere, signorina Granger?».
Hermione rimase un attimo senza risposta. Il tono di Piton era sempre il solito, cantilenante, secco, scocciato.
Come avrebbe dovuto rispondere a quella domanda?
«Per facilitarle le cose, vedo che il suo livello di apprendimento è veramente calato», riprese Piton beffardo, «Ha parlato con i suoi amici?».
«Avevo capito perfettamente», rispose Hermione piccata, «Ho parlato sì, ma non come voleva lei», mormorò infine.
«Io non voglio niente signorina Granger», rispose Piton, «Il mio è solo un consiglio. Prima parlerà con i suoi amici, prima si libererà di quella morsa che le stringe il petto».
«Adesso», riprese Piton, «Vuole o no leggere quel libro?».
Hermione alzò finalmente gli occhi per guardare il suo professore, «Si certo».
«Bene», Piton le indicò la solita poltrona, dove Hermione si accomodò, poi, con uno schiocco secco delle dita il pesante tomo levitò dalla libreria a lei.
Hermione l’afferrò e subito un brivido eccitato, la percorse. Era sempre felice di leggere un libro. E quello sembrava davvero promettente.
Si sistemò al meglio sulla poltrona, quel libro era veramente pesante, girò la prima pagina.
Piton era tornato alla sua scrivania, ai compiti che stava correggendo. Alzò impercettibilmente lo sguardò spiando la sua studentessa. La guardò illuminarsi appena aveva iniziato a leggere, toccando con le punta delle dita la sottile grana delle pagine di quel libro che lui conosceva molto bene. La Granger aveva delle mani piccole e delicate. I capelli mossi e indomiti le accarezzavano il volto. Severus raschiò la propria gola, per riprendersi. La Granger era così immersa nella sua lettura che neanche se ne era accorta.
Meglio così.
Ritornò a concentrarsi sui temi dei suoi alunni da correggere, sorpreso, che la presenza della Granger non lo disturbasse per nulla.
 
*
 
«Si può sapere dov’è che scompari tutte le sere?».
La voce di Ron la fece sobbalzare facendole sparpagliare il succo di frutta per tutta la tavola. Lo fece scomparire con un secco gesto della bacchetta, «Che urli di prima mattina?», domandò seccata Hermione.
Ron e Harry le si sedettero vicino, «È tutta la settimana che dopo cena scompari!».
«Ginny sostiene che forse hai una relazione!», continuò Ron.
«Una COSA?», Hermione era sbigottita.
«Beh! Sparisci nel nulla! Sei misteriosa! Non dici a nessuno dove vai!», ribatté Ron.
Hermione scrollò il capo, «Non ho nessuna relazione Ron, e se anche l’avessi, avrei tutto il diritto di mantenere la mia privacy!».
«E allora dov’è che scompari?», chiese Harry. Ingenuo come sempre. Agli occhi di Hermione Harry era veramente ingenuo, ma nel senso buono e tenero del termine.
Non aveva avuto il coraggio di confessare ai suoi amici dove andava tutte le sere. Pensava che evitare la discussione sarebbe bastato, ma si sbagliava palesemente.
Sospirò, «Vado semplicemente a leggere in un luogo più calmo», affermò, cercando di sembrare convincente.
Le faceva sempre male mentire ai suoi amici e non riusciva a capire il perché di quel segreto!
Sospirò, guardando verso il tavolo dei professore. Piton era lì, impassibile, come sempre.
Alzò lo sguardò in un secondo, e Hermione incrociò gli occhi neri e profondi del suo Professore.
Hermione si agitò così tanto da far cadere una seconda volta il suo calice, “Stupida, stupida, stupida!”, pensò mentre ripuliva tutto. Cercò di mantenere lo sguardo fisso sul suo piatto, mentre Harry e Ron la guardavano con fare interrogativo. Hermione tentò un sorriso, che ricordava più una smorfia, «Mi sono ricordata solo adesso di alcuni compiti da rivedere!», mentì, ignara, che dall’altro capo della sala, Piton stava ghignando e si stava alzando per raggiungerla.
Lo capì solo poco dopo, quando le risate dei suoi compagni di tavolo cessarono di botto.
Hermione inspirò e cercò di trovare il coraggio di alzare lo sguardo verso Piton.
«Signorina Granger», esclamò Piton, la voce bassa, trascinata, «Mi dispiace dirle che stasera non potrò accoglierla nel mio studio», un ghigno gli apparve in viso, alla vista dei suoi amici sorpresi da quell’affermazione, «Ho un altro impegno. Le farò sapere quando sarò di ritorno».
Hermione lo guardò, gli occhi lucidi, «V-va bene professore», rispose, «Grazie».
Le lacrime gli bruciavano gli occhi, quel “tradimento”! L’aveva capito subito. Appena si era avvicinato. Lui sapeva. Lui sapeva che non aveva ancora detto niente ai suoi amici. Così l’avrebbe costretta. Guai a fidarsi di quell’uomo.
Piton lasciò la Sala Grande, il mantello ondeggiava, il ticchettio dei suoi passi che l’accompagnò fino al suo studio.
Lo sguardo della sua alunna gli aveva lasciato una strana sensazione addosso. Una specie di turbamento. Si sedette alla sua scrivania, lanciando un’occhiata al tavolino vicino al camino, dove il tomo Storia delle Arti Oscure lasciato dalla Granger era ancora lì.
Qualcuno bussò alla porta, «Avanti», mormorò scocciato.
Gli occhi azzurri e la lunga barba lucente di Silente fecero il loro ingresso nel suo ufficio.
«Preside», Severus si alzò, «Poteva mandarmi a chiamare, sarei venuto io da lei».
Silente alzò una mano, fermandolo, «Non ti preoccupare Severus. Cambiare aria mi fa solo bene», l’uomo avanzò ancora nell’ufficio, la mano ferita adagiata sopra la mano sana, verso la poltrona, «Allora», esordì, «dove eravamo rimasti?».
 
*
 
Hermione non si era mai sentita tanto imbarazzata come in quel momento. L’aria pungente del parco per sua fortuna le ghiacciava le lacrime, che altrimenti sarebbero scese copiose sul viso.
 
*
 
Sirius le stringeva la mano così forte da farle quasi male, ma l’adrenalina, mista alla paura del momento, erano più potenti. Pensava che il cuore le sarebbe esploso come aveva visto esplodere tutte quelle sfere nelle altre stanze del ministero. Sirius si fermò di colpo, Hermione andò a sbattere contro la schiena dell’uomo. Lui si girò, abbozzando un sorriso nervoso, le sistemò velocemente i capelli dietro l’orecchio e le prese il viso tra le mani, «Pronta?», le domandò sussurrando. Hermione annuì impercettibilmente.
Mentì.

Non si sentiva affatto pronta.
 
*
 
La voce di Harry la ridestò dai suoi pensieri.
«Hermione?», l’amico la guardava, sinceramente interessato.
«Harry», Hermione tirò su col naso, «Non ti avevo sentito arrivare».
«Cosa succede?», domandò Harry, gli occhi fissi in quelli della sua amica. Erano giorni, anzi, settimane, se non mesi che la vedeva combattuta, «Sono preoccupato, anche Ron. Cosa succede?».
Hermione scrollò la testa, «N-niente», balbettò.
«Perché ci hai nascosto questa storia con Piton?», domandò ancora Harry.
«S-storia?», Hermione si mise dritta, «Nessuna storia», mormorò, «Mi ha solo permesso di leggere un libro, estremamente affascinante, ma devo leggerlo nel suo studio».
«Perché?»
«Beh, perché fa parte della sezione proibita!», esclamò.
Harry, inaspettatamente rise, una risata sincera.
«Che hai da ridere?», sorrise a sua volta Hermione.
«Perché adesso ti riconosco», disse Harry, «Quando parli di libri i tuoi occhi si illuminano, e soprattutto quando fai una cosa proibita, lo dici candidamente, come se nulla fosse!».
Hermione gli diede un leggero pugno alla spalla, «Non è vero! Sono sotto la supervisione di un professore. Non è illegale!»
«E Piton non dice niente?», domandò curioso Harry.
Hermione scosse il capo, «No. Solitamente lui corregge i compiti o altro, e io leggo».
«Come è che nata questa cosa?».
«In biblioteca», Hermione mentì, di nuovo, «In biblioteca», ripeté.
Piton l’avrebbe scoperta sicuramente.
 
*
 
Hermione si sentiva un po’ meglio, dopo quella chiacchierata con Harry. Certo, ancora non aveva affrontato i suoi demoni, ma proprio con Harry non ce la faceva. Lui aveva perso il suo padrino, l’unica persona che poteva definire la sua famiglia.
Lei? Lei chi aveva perso? Un amico? Un confidente? Cosa?
Non lo sapeva neanche lei.
Fuori era ancora freddo. I prati erano ancora coperti di una spessa coltre bianca. Avrebbe voluto tanto andarsi a sedere sotto una delle querce vicino al lago. Sospirò, camminando per il castello. Piton ancora non le aveva fatto sapere se poteva tornare nel suo ufficio. Fuori dalle lezioni sembrava scomparso.
Hagrid aveva raccontato di aver visto Piton e Silente litigare, ai confini della Foresta Proibita. A Hermione era sembrato tutto così strano, Silente aveva sempre difeso Piton da tutti gli attacchi che negli anni Harry e Ron avevano fatto verso il professore ma anche Piton le era sembrato sempre estremamente devoto al Preside. Quei due le avevano sempre fatto pensare che la fiducia cieca tra le persone potesse esistere.
Nelle sere passate a leggere nell’ufficio di Piton, Hermione aveva più volte sorpreso se stessa a guardare con attenzione l’uomo seduto alla scrivania. Era buffo, pensava, lo aveva sempre visto come il suo professore e le faceva strano adesso rendersi conto che il suo professore fosse un uomo.
Ne seguiva con attenzione le mani, il loro movimento leggero ed elegante mentre Piton correggeva i compiti. Seguivano le braccia, le sembravano forti, avvolte nelle camice curate, bianche o nere, dalle maniche larghe. Su quelle braccia, pensava, doveva esserci il Marchio Nero. Lo guardava intensamente. Una volta quell’uomo, il suo Professore, era stato uno degli uomini fedeli di Voldemort.
Voldemort. Quante vite aveva rovinato quel pazzo?
Sospirò profondamente. Era arrivata alla Sala Comune. Sperava che non ci fosse troppo casino. Entrò e il chiacchiericcio la colpì immediatamente. Con tutto quel rumore non riusciva a pensare. Si stava già irritando quando una ragazzina del primo anno le si avvicinò.
«Per te», disse imbarazzata, porgendole un biglietto, «Il professor Piton», continuò, rabbrividendo al solo pronunciare quel nome. Adesso Hermione capì perché le sembrava tanto terrorizzata.
Hermione afferrò il bigliettino, sorpresa sia dal biglietto stesso che dalla quella piccola scintilla di emozione che si era risvegliata nel suo petto.
 
“Oggi pomeriggio. 4pm.”
 
Severus Piton
 
Le venne da ridere. Quel telegramma era veramente come il suo professore. Stringato.
Le ore passarono veloci, Harry e Ron erano ad allenarsi al campo di Quidditch e lei era rimasta nella Sala Comune, un po’ leggendo, un po’ chiacchierando con le sue compagne di corso e riprendendo i ragazzini del primo anno che erano troppo chiassosi.
Allo scoccare delle 4 del pomeriggio, Hermione era già nel corridoio dell’ufficio del suo professore.
Lo trovò fuori alla porta.
«Signorina Granger», disse a mo’ di saluto, con la voce bassa, come un tessuto, un velluto pesante ma comodo e caldo.
La voce di Piton era diversa da quella di Sirius, quella di Sirius era roca, come un latrato.
Piton la guardava, Hermione arrossì, «Salve professor Piton».
Piton sembrò annuire, e poi, sempre con modi eleganti, invitò Hermione a precederlo, «Camminiamo», disse.
Hermione si stupì. Camminare? Dove avrebbero dovuto camminare?
Hermione si sentiva improvvisamente in imbarazzo, aveva l’impressione che la lingua si fosse attaccata al palato. Camminavano in silenzio, uno accanto all’altra, senza proferire parola.
«Allora», Piton improvvisamente parlò, scuotendo Hermione dai suoi pensieri, «Spero che lei abbia fatto qualche passo avanti».
Hermione si guardò intorno nervosa, «In che senso?», erano diretti alla Torre di Astronomia.
Piton emise uno sbuffo divertito, «Sa benissimo di cosa parlo».
«No», ammise Hermione, «Ancora no. Ci hi provato, ma non riesco».
Piton si fermò di colpo, sulle strette scale a chiocciola della torre. La guardò, intensamente, molto intensamente, «Cos’è che la spaventa così tanto, signorina Granger?».
Hermione lo guardò, perdendosi in quegli occhi neri come la notte, «Io non ho paura», affermò, «Io… io…», ripeté, cercando le parole giuste, ma non le trovava. Sentiva invece un groppo in gola, ingoiò a vuoto, gli occhi le pizzicavano. Distolse lo sguardo da quello di Piton.
«I-io…», balbettò, mentre la vista si offuscava, «I-io, i-io… mi sento in colpa!», confessò, ad alta voce, quasi urlando.
Nascose il viso tra le mani, lo sentiva bagnato, caldo dalle sue stesse lacrime. I singhiozzi le scombussolavano il corpo. Si voleva calmare, ma più diceva a sé stessa di calmarsi, più il corpo non le rispondeva. Si sentiva così stupida a piangere, tra le scale, di fronte al suo professore.
Improvvisamente si sentì al caldo. Il viso poggiava su un tessuto fresco, asciutto che sapeva di buono. Un abbraccio la stava accogliendo. Hermione chiuse gli occhi, lasciandosi a quell’abbraccio.
«Shh…», soffiò Piton, «Non è colpa sua Granger, non è colpa di nessuno», mormorò, continuando ad abbracciarla. La Granger le sembrava piccolissima nel suo abbraccio, non sapeva cosa stesse facendo, gli era venuto così naturale. Aveva riconosciuto quel dolore, quel senso di colpa, anche se non poteva spiegarsi quello della Granger, ma conosceva il suo, «Black sapeva cosa faceva, lo avrebbe fatto comunque per salvarvi», continuò, «Non vorrebbe sicuramente che lei si incolpasse di questa cosa. Sono sicuro che non vorrebbe».
Hermione ascoltò in silenzio le parole del suo professore, il tono della sua voce calda, non si era accorta ma stava ricambiando l’abbraccio, il volto appoggiato al petto del suo professore, che respirava calmo, tranquillo, quasi ipnotizzante. Piton poggiava il mento sulla testa della sua alunna, il profumo di vaniglia che invadeva le sue narici, i capelli che accarezzava erano morbidi. Stringeva quel corpo singhiozzante che piano piano andava a calmarsi. Sentiva che la camicia era bagnata, lì, dove la sua alunna si era rifugiata, ma non gli dava fastidio. Mai avrebbe pensato di trovarsi in una situazione simile prima in vita sua.
Ma in quel momento stava bene. Lì, sulle scale, abbracciato alla sua alunna si sentiva bene, di nuovo umano.
Hermione strinse l’abbraccio ancora un po’. Le lacrime avevano finito di scendere. Un certo torpore la invadeva. Mai avrebbe pensato di potersi trovare abbracciata al suo professore. A Severus Piton poi. Ma aveva bisogno di quel calore, quel calore che le era così tanto mancato. Stava bene in quel momento.
Stavano bene.
 
 __

Salve! 
Spero di non aver corso troppo con la storia, è così difficile scrivere di Severus e Hermione!
Mi dispace pubblicare una volta ogni mille anni, ma  vi ringrazio per i bellisismi messaggi e recensioni che mi avete scritto.
Grazie davvero!
Spero che la storia continui a piacervi.
Un abbraccio!
StClaire

 
 

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