Il bicchierino della staffa!

di cin75
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prima Parte ***
Capitolo 2: *** Seconda parte ***



Capitolo 1
*** Prima Parte ***


"Ehi!! Dean!!" fece il giovane barista mingherlino non appena vide entrare Dean nel modesto locale. "Solita birra??!"

Sam, da dietro il bancone, si voltò non appena sentì quel nome.

Sorrise timidamente e si fece avanti.

Studiò il nuovo avventore e increspò appena le labbra in una chiara espressione di disappunto.

"No, amico. Questa è decisamente una faccia da qualcosa di più forte di una semplice birra." e dopo essersi scambiato un fugace sguardo di intesa con il giovane collega di bar, questi si interessò dei clienti di Sam e Sam scivolò di fronte a Dean.

Lo guardò comprensivo per quella stanchezza che gli vedeva in volto. Ma non disse niente.

Prese una bottiglia di scotch , due bicchieri. Versò prima nel suo e poi in quello di Dean. Posò la bottiglia ma senza riporla via. Prese il suo bicchiere e lo alzò aspettando pazientemente che Dean lo imitasse.

Il ragazzo lo guardò, sorrise stanco e finalmente prese il bicchiere in mano e lo alzò fino a farlo tintinnare contro quello di Sam.

"E bravo Dean!!!" esclamò soddisfatto il barista. "Questo...” indicando il bicchiere: “... per buttare giù questa giornata di merda. Tutti gli altri che verranno ...solo per il gusto di bere!!" brindò.

"Mi piace questa filosofia!" convenne il biondo.

"Non ne conosco altre!!!" replicò Sam, finendo il suo scotch e riempendosi il secondo bicchiere e subito dopo anche quello di Dean.

 

I due stettero per un po' in silenzio, annuendo appena a chissà quale pensiero sembravano condividere solo con lo sguardo. Poi fu Sam, da bravo barista, a parlare.

"Allora ? Giornata pesante?"

Dean sospirò pesantemente e mise insieme la risposta più diplomatica che riuscisse a trovare. "Diciamo...infernale!" e lo era stata davvero dopo aver fatto fuori tre demoni decisamente duri a morire.

Sam alzò le sopracciglia, sorpreso ma anche preoccupato per quella scelta di parole di Dean.

“Senti, so che non dovrebbero essere affari miei ma , credimi, Dean, hai davvero una faccia che fa paura. Da quanto non ti fai una bella dormita? Hai decisamente un aspetto sfinito per non dire di merda!” disse sincero.

“Tranquillo, Sam. Ho dormito qualche ora...” e rimase in silenzio come se stesse cercando di ricordare quando aveva “dormito qualche ora”.

“Dean, saranno giorni che non chiudi occhi e si vede. Quindi non cercare scuse. Esci di qui e vattene a casa a farti una bella dormita!” fece con tono autoritario.

 

Dean sentì qualcosa alla bocca dello stomaco quando Sam lo “rimproverò” in quel modo. Gli mancava. Gli mancava davvero, ma non poteva fare niente contro quello che stavano vivendo adesso.

 

“OK! Basta che me dai un altro!” fece remissivo alzando il bicchiere.

“Si può fare! Ma questo è il bicchierino della staffa!” acconsentì l’altro e versò sia a lui che nel proprio bicchiere.

 

Qualche altro scambio di battuta su argomenti disparati e poi Dean, decise di obbedire a “quell’ordine” impartito.

Battè il palmo della mano sul bancone. Lasciò la solita banconota da dieci sotto l’ultimo bicchiere bevuto. Salutò l’altro barista e si alzò dal suo sgabello, pronto ad andare via.

“Ci vediamo Sam!” disse mesto mentre si girava e si avviava verso l’uscita.

A Sam fece quasi pena vederlo andare via così.

Da quando lavorava lì, Dean entrava spesso in quel bar, si sedeva, beveva con lui, parlavano delle assurde giornate di lavoro, lo ascoltava sperando di poterlo aiutare meglio che poteva, anche perché aveva capito, e a volte il ragazzo stesso glielo aveva accennato in modo “leggero”, che stava vivendo un momento, o meglio vivendo mesi, davvero duri da affrontare.

 

“Ehi….. Dee!” lo richiamò cordiale venendo fuori da dietro il bancone.

 

Dean, a quel richiamo, a quel nome, non riuscì a girarsi subito. Nessuno al mondo lo avrebbe potuto chiamare così, se non suo fratello.

Dovette respirare a fondo, deglutire la miriade di sensazioni che gli stavano attanagliando lo stomaco. Chiuse per un solo attimo gli occhi come a voler resettare tutto.

Solo dopo si voltò.

“Sì, Sam?!” chiese come se niente fosse anche se , senza rendersene conto, contrasse la mascella, vedendo il bastone con cui Sam si aiutava per compensare la gamba con cui zoppicava vistosamente.

 

Sam gli sorrise comprensivo. E poi gli fece quella domanda che ormai da settimane, quasi ogni sera, gli faceva.

“Hai trovato tuo fratello? O almeno sei riuscito a scoprire altro su che fine abbia fatto?!” chiese apprensivo a quel suo amico che , da qualche mese, sembrava aver trovato in lui un appiglio amichevole.

 

Circa quattro mesi prima….

Agente Page...agente Page!” fu il richiamo rivolto verso Dean, versione FBI.

Che succede sceriffo Thomanson!?….altre novità sul caso del...” chiese Dean vedendo la preoccupazione su quello sceriffo che ignorava la sua vera identità e soprattutto su che cosa nascondesse davvero il caso su cui stava “indagando con l’FBI”.

No, ma credo che siano comunque pessime notizie!” fece avvicinandosi a lui.

Che cosa succede?!”

Mi dispiace...ma ho cattive notizie!” continuò. “Anche per lei!” precisò amareggiato.

Per me? Ma cosa significa?!” replicò Dean, mentre nel suo stomaco l’ansia che fosse stato scoperto cominciava a procurargli un certo disagio.

L’auto di servizio su cui viaggiavano il mio vice e il suo collega, l’agente Plant, ha avuto un brutto incidente.”

Cosa?!” sbottò Dean, già in panico.

Erano sull’interstatale per quei controlli sul luogo del delitto, hanno visto qualcuno fuggire, si sono messi all’inseguimento, ma a quanto pare una ruota è scoppiata. Il vice sceriffo ha perso il controllo e la macchina è uscita fuori strada cappottando per la scarpata!” riportò.

No..no..no.. dove sono? Dove li hanno portati?!” fece ansioso Dean, mentre si avviava di corsa verso l’uscita dell’ufficio dello sceriffo.

Al Memorial Trauma Center. Sono messi male!”
 

Quando il cacciatore arrivò in ospedale, chiese immediatamente informazioni.

Dov’è l’agente Plant ? Ha avuto un incidente stradale. Lo hanno portato qui meno di un’ora fa. Come sta? Che gli è successo? Che ferite ha riportato? E’ cosciente ? E’...” tempestava di domande la povera infermiera alla reception del Pronto soccorso.

Sentendo quell’agitazione, si avvicinò una dottoressa.

Agente?” lo richiamò poggiandogli una mano sulla schiena contratta dalla preoccupazione. “Lei è il collega dell’agente Plant?”

Dean si voltò di scatto

Sì...sì...come sta? Lui come sta?”

E’ vivo ma non so se posso darle altre informazioni. Non è di famiglia, ma forse vuole chiamare qualcuno che...”

Mi ascolti dottoressa. Sam, l’agente Plant, non è solo il mio collega, è anche mio fratello. Mio fratello minore. Io, sono la sua famiglia!” rivelò deciso.

Ma i vostri nomi , non...”

Esigenze di lavoro. Solo lavoro!” si volle giustificare Dean.

La dottoressa annuì e lo invitò a seguirla nel suo ufficio.

Allora? Quali sono le condizioni di mio fratello? Perché non posso vederlo?”

Lo stanno finendo di visitare e devono concludere alcuni esami che il neurochirurgo ha ritenuto necessari. Ha numerose ferite da impatto dovute al cappottamento della macchina. Una gamba è rotta in tre punti e il chirurgo ortopedico,purtroppo, dispera che possa ritornare al cento per cento...”

Dean l’ascoltò. Ascoltò ogni parola che quella dottoressa stava dicendo , leggendo dalla cartella clinica che aveva tra le mani. Ma per una strana sensazione sapeva che non era tutto e che il colpo finale doveva ancora arrivare.

Era sempre così per loro, il peggio arrivava alla fine della storia.

Ok! Queste sono cose che mio fratello affronta ad occhi chiusi ogni giorno della sua vita a causa del nostro lavoro. Ora mi dica il resto.” asserì certo che quel “resto” gli avrebbe spezzato il fiato.

E’ stato notato qualcosa mentre suo fratello veniva soccorso. All’inizio pensavamo fosse una confusione dovuta allo choc dell’incidente , ma poi...”

Un attimo...un attimo….ha detto neurochirurgo. Perchè un neurochirurgo?!”

Suo fratello ha un subito un forte trauma alla base del capo. Gli abbiamo fatto una TAC e una risonanza. È stato riscontrato un ematoma subdurale che preme su quella parte di cervello che è addetto alle funzioni mnemoniche di lunga e breve scadenza.”

Dean sentì una goccia di sudore scivolargli lungo la schiena. Aveva davvero davvero un brutto presentimento.

Che sta cercando di dirmi?!”

Abbiamo fatto dei test e ne faremo ancora. Non sappiamo se questa situazione sia momentanea o definitiva. E non potremo saperlo nemmeno dopo che avremo agito chirurgicamente sull’ematoma, ma...”

Quale situazione?!” quasi sussurrò Dean.

Almeno per il momento, quello che noi credevamo uno stato di choc, si è rivelato essere una grave forma di amnesia da post trauma.”

Mi sta dicendo che Sam, che mio fratello, non ricorda niente di quello che gli è successo?!”

Non solo. Da quello che risulta dai test, Sam non ricorda nulla affatto.”

 

Ed ecco: il fiato gli si spezzò e fu talmente forte il colpo , che Dean, credette che sarebbe morto soffocato.
 

I giorni, le settimane passarono tra le varie operazioni alla gamba e la riabilitazione. A Sam fu spiegata la sua situazione “mentale”. Dean, su consiglio dei medici, divenne almeno per il momento, “solo” colui che lo aveva tirato fuori da quella macchina.

La giustificazione fu che, per Sam, sapere di avere un fratello, rendersi conto che non si ricordava di lui o della sua famiglia o della sua intera vita, poteva creare dei sensi di colpa che ne avrebbero ritardato la guarigione. Se guarigione poteva esserci.

E Dean, anche se a malincuore, assecondò quella specie di terapia e divenne il ragazzo che ogni tanto la sera entrava in quel bar, a pochi chilometri dal loro bunker, in cui era riuscito a farlo assumere, in attesa che ricordasse tutto e tutti. Che ricordasse lui.

Fu così strano vedere Sam passare accanto all’Impala e non degnarla nemmeno di uno sguardo. Sedersi al posto passeggero senza borbottare di non poter mai guidare e non fare una piega quando alla radio passò Bieber invece che uno dei loro amati pezzi rock.

Il resto del tempo, quello che non passava cacciando, quello che non passava al bar con Sam, Dean lo passava a cercare di rintracciare Castiel, sperando che almeno lui, la sua magia, il suo tocco angelico, potessero restituirgli suo fratello.

La sua famiglia.

L’unica che aveva mai avuto.

L’unica che aveva mai voluto.

 

Ora, di nuovo in quel bar…...

Sam gli sorrise comprensivo. “Hai trovato tuo fratello? O almeno sei riuscito a scoprire altro su che fine abbia fatto?!” chiese apprensivo per quel suo giovane amico che da qualche mese sembrava aver trovato in lui un appiglio amichevole.

Dean trattenne il fiato. Guardò di sfuggita l’altro barista alle spalle di Sam.

“Non ancora, Sam. Ma non mi fermerò fin quando non riuscirò a riportarlo da me.” disse convinto.

“E quel tuo amico...quel Cast….Cassiel?….o qualcosa del genere?” domandò ancora.

“Castiel. Il suo nome è Castiel anche se io lo chiamo sempre Cass. Credo di avere una mania per i nomignoli.” fece Dean.

“Già! Cass.” convenne, Sam, con un po’ di vergogna per quella sua mancanza

“Sì, sto cercando di mettermi in contatto con lui, ma a quanto pare , ovunque lui sia, non è raggiungibile. Ma riuscirò a mettermi in contatto con lui. Tranquillo!!” fece sforzandosi di sembrare rassicurante.

“D’accordo. Ma chiama se hai bisogno ...non lo so...anche solo di parlare, ok?!” fece il barista. “Mi hai tirato fuori da quella macchina e anche se non lo ricordo, beh!! in verità non ricordo niente, ma so che ti devo comunque la vita!”

“Ok!” e non resistendo oltre, perché in quel momento, oltre alla sua mente, anche lui voleva gridare:

Ti prego!! Ti prego, Sammy. Ricordati di me. Sono giorni, mesi, che ti parlo, che vengo qui, che ridiamo insieme, beviamo insieme e io ogni volta spero che tu mi guardi e mi dica finalmente “So chi sei, Dean!!” Dio...ti prego...ti prego ...ricordati di me. Ricordati di noi!!”, uscì dal bar.

 

Prima che riuscisse ad infilarsi nell’Impala, sentì dei passi correre verso di lui. Si girò verso quei passi.

“Dean?!”

“Ehi, Garth!?, grazie amico per quello che stai facendo!” disse non appena il “giovane barista mingherlino” si fermò di fronte a lui.

“Non dirlo nemmeno per scherzo. Quando mi hai chiamato e mi hai detto quello che era successo e di cui avevi bisogno, io e Bess non ci abbiamo pensato due volte a venire qui e darti una mano. Era il minimo dopo l’aiuto che tu e Sam ci avete dato con quegli esaltati del Ragnarok!!”

“Ringrazia Bess da parte mia!”

“Lo farò anche se non ce ne sarà bisogno. Comunque... “ e poi si fece serio. Forse preoccupato. “Come stai, Dean?!”

“Bene!” rispose subito. “Alla grande!!”

“Seh! Come no!!!” replicò ironico. “Come stai?!” chiese ancora, più apprensivo.

Dean sospirò davvero stanco. Che senso aveva mentire? Garth li conosceva bene e sapeva cosa legava lui e Sam e perciò sapeva che quel “Bene!...alla grande.” era una stronzata colossale.

“Non ce la faccio , amico! E’ tutto...tutto così..assurdo e ..e...svilente. Entro lì dentro e vedo mio fratello che è mio fratello che però non lo è. Non più. E lui mi guarda e io so che quello che lui vede non è altro che un tipo incasinato con un lavoro incasinato che il più delle volte alza il gomito dopo l’ennesima giornata incasinata.”

“Situazione incasinata! Chiaro come concetto!” convenne Garth, battendogli amichevolmente la mano sulla spalla. “Ma pensa a questo, Dean: Sam è vivo!” asserì con decisione l’amico mannaro. “Tu stesso mi hai detto di aver visto la macchina da cui lo hanno tirato fuori e che è stato un miracolo che ne fosse uscito vivo.”

Dean annuì e sentì un lieve tremore al solo ripensare a come era accartocciata quella macchina e a ricordarsi che il vice sceriffo, purtroppo non ce l’aveva fatta. Il poverino non era arrivato nemmeno in ospedale.

“Sì, è vivo. Ma...”

“Ma riuscirai a rintracciare Castiel e lui rimetterà le cose a posto, testa e gamba compresa. E voi tornerete ad essere Batman e Robin!” cercò di rassicurarlo.

“E se non trovassi Cass? Se lui, anche con il suo potere non riuscisse a guarirlo? Se..” ma Garth lo fermò.

“E se Bess non mi avesse trovato ? E se non mi avesse insegnato a controllarmi? E se non si fosse innamorata di me? E se il mondo finisse? E se il cielo cadesse...” ironizzò. “Dean!!! sei un cacciatore, e nessuno più di te sa che di cose assurde a questo mondo ce ne sono e ne possono accadere. Ma sai anche , che a volte i miracoli accadono, quando meno te lo aspetti.”

Dean strinse le labbra in un sorriso stentato. Come se volesse , per forza, accettare ciò che Garth gli aveva appena detto.

“Grazie, Garth! Grazie davvero!” disse abbracciandolo forte.

Garth ricambiò e ridendo: “Ehi!! Ehi!! sono io quello che prendevate in giro perché ero uno da abbracci!! Non rubarmi il lavoro!!!”

I due si salutarono dopo il solito : “Chiamami se succede qualcosa!” di Dean e il solito: “Sì, tranquillo. E nel frattempo tu arrivi, io tiro fuori le zanne!!”

 

Quando Dean fu nel bunker, quell’enorme, vuoto, tranquillo, fastidiosamente silenzioso bunker, nemmeno si fermò nella grande sala come di solito faceva con Sam , quando rientravano da uno delle loro tante missioni di caccia. Andò direttamente nella sua stanza, ignorando a forza, la dolorosa amarezza che provò quando passò davanti alla porta chiusa della camera del fratello.

Una volta in camera sua , posò il borsone, si sedette sul bordo del letto. Prese il telefonino e digitò quel numero che ormai da mesi chiamava e che da mesi non rispondeva o risultava irraggiungibile.

Il numero di Cass.

Uno squillo...due….tre...cinque….otto...e poi come al solito si arrese e decise di mettere giù. Come ogni volta.

Ma quella volta…

Dean?!” fu la voce dall’altro capo del telefono.

Dean non poteva crederci. Castiel aveva risposto, finalmente aveva risposto.

Si mosse piano, come se muoversi più veloce avesse potuto causare una qualche perdita di segnale.

“Castiel? Cass? Sei tu?” chiese , rendendosi conto della domanda stupida. Cosa che però non gli passò l’angelo.

“Dean, mi hai chiamato tu, al mio numero, ho risposto io, quindi , sì, sono io!”

“Dove diavolo sei finito, Cass? Sono mesi che cerco di mettermi in contatto con te!” sembrò rimproverarlo il giovane.

“Dean, ho tenuto sotto controllo le notizie e non mi sembra che sia successo qualcosa che tu o tuo fratello non potevate gestire senza di me e non credo che tu mi abbia chiamato solo per sapere quello che sto facendo. Che succede?”

“Sammy.” disse solo, Dean. “E’ successo qualcosa a Sammy.”

Non ci furono altre domande, o altre richieste di spiegazione.

Mi metto in viaggio adesso. Domani mattina sarò al bunker!” e mise giù.

 

Dean era incredulo.

Quasi senza rendersene conto, mandò un messaggio conciso a Garth: “Ho trovato Castiel.”, poi spense il telefonino.

Solo una notte. Un’altra sola notte da solo, senza fratello.

E poi , forse, l’incubo sarebbe finito.

Forse Garth aveva ragione , dopo tutto:“I miracoli avvengono quando meno te lo aspetti.”

 

La mattina arrivò e con lei anche Cass. Non appena , l’angelo mise piede nel bunker, trovò Dean già pronto a spiegargli tutto. A raccontargli del caso che stava seguendo con Sam, dell’incidente e delle conseguenze assurde di quell’incidente.

Il giovane si mise in contatto con Garth e prese appuntamento per fare in modo che anche Sam fosse presente.

Nel bar, non appena tutti furono presenti, arrivò anche Sam.

“Ehi, Dean!!” fece il giovane non appena lo vide. “Tu, qui...di mattina?! Un po’ presto per il solito bicchierino della staffa.” scherzò e poi si fece più serio quando vide la presenza davvero seria al fianco del giovane.

“Devo parlarti, Sammy? c’è una cosa che devi sapere.”

Sam per una strana ragione non riusciva a non smettere di fissare curioso, il modo strano con cui quel nuovo ospite continuava a fissarlo.

 

E anche quella strana sensazione quando quel Sam era diventato Sammy.

 

“E l’ispettore Colombo, qui, fa parte della...cosa?” chiese ironico, indicando l’abbigliamento di Castiel

“Decisamente.” rispose Dean.

Poi gli andò più vicino , rimanendo tra il fratello e l’angelo. “Sam...lui, lui è Castiel. Ricordi? Te ne ho parlato.”

“Castiel?” ripetè sorpreso. “Il tizio che avrebbe dovuto aiutarti a trovare tuo fratello?!”

“Sì. Lui.”

“E c’è riuscito? Lo avete trovato?!” chiese ansioso sperando che quel suo “strano, ma incasinato amico”, avesse trovato quello che voleva.

“Sì, Beh!...in realtà io ho trovato mio fratello da parecchio!” confessò stranamente in imbarazzo.

“Come?” fece stranito Sam. Forse deluso per quella bugia. “Ma l’altra sera, quando te l’ho chiesto mi hai risposto che ancora non sapevi niente di tuo fratello e adesso mi dici che ...”

“Sam, ascolta!” lo fermò Dean. Fece un respiro profondo e parlò di nuovo. “Ok! Niente più giri di parole. Tu...Sammy. Tu , sei mio fratello. Sei tu quel fratello che sto cercando da mesi!”

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Capitolo 2
*** Seconda parte ***


Sam sgranò gli occhi. Sorpreso. Confuso. Sbalordito.

“Dee...” e poi, subito dopo. “Dean….” come per fare in modo che quel nome, senza nomignolo alcuno, potesse e dovesse mettere, all’improvviso, distanza tra loro. “Mi hai tirato fuori da quella macchina e io te ne sarò sempre riconoscente. Posso anche capire che non trovando tuo fratello, tu abbia potuto vedere in me….”

“No, no...” fece Dean. “Non è così! Tu sei mio fratello.”

“Dean io non ricordo niente, è vero. Ma un fratello….cavolo!! un fratello non si dimentica. Qualsiasi cosa accada. Un fratello è un legame di sangue che non può andare via con un colpo di spugna sul cervello...”

“Esatto!! perché credi io ti abbia messo in questo bar ?, che ti abbia tenuto sotto controllo?, che sia venuto tutte le volte che potevo e ...”

“Tu hai fatto cosa?” fece a questo punto anche un po’ preoccupato di quello che stava venendo a sapere.

Dean, sospirò.

Non pensava sarebbe stato facile, ma nemmeno difficile!!

“Perchè speravo che vedendomi, giorno dopo giorno dopo giorno, tu , potessi ricordare. Che potessi ricordarti di me. Ascolta..” disse poi, indicando Castiel. “ Cass può aiutarti a riavere tutti i tuoi ricordi, ma non può farlo se tu non sei pronto e ….disponibile alla guarigione.”

“Pronto e disponibile alla guarigione!?” esclamò basito. “Dean ma che stai dicendo? Mi fai quasi paura. Mi sembri uno di quegli esaltati che...”

“Castiel è un angelo!” esordì Dean, bloccando in gola le parole di Sam.

“Un...cosa?”

“Un angelo. Uno vero. Che va e viene dal Paradiso. Uno di quelli che può guarire le persone. Che può fare miracoli.” continuava ad elencare come se farlo potesse convincere Sam.

“Beh!!!, miracoli, io non...” cercò di intervenire Castiel, volendo precisare la cosa.

“Non ora, Castiel!” lo rimproverò , il cacciatore.

“Oddio!” esclamò Sam, poggiandosi meglio sul bastone. “Non pensavo che tu fossi uno di quelli fissati con il soprannaturale!”

Dean rise nervosamente a quell’uscita del fratello ignaro. “Noi siamo cacciatori, Sammy.”

“Cosa?”

“ Cacciatori di esseri soprannaturali.” continuò.

“Ma che...”

“Eravamo a caccia quando hai avuto quel dannato incidente che ti ha resettato la memoria.”

“Tu sei pazzo, Dean!” sbottò , a quel punto, Sam.

“No, e nemmeno tu lo sei. Noi diamo la caccia ai mostri, ai demoni, ai vampiri...”

“Cosa???” quasi gridò l’altro. “Mostri, vampiri….ora mi dirai che esistono anche i lupi mannari!!” replicò con ironia.

“Noi preferiamo il termine : licantropo. Fa meno film di paura!” intervenne Garth appena dietro Sam.

Il cacciatore smemorato si girò verso quello che era , fino a qualche ora prima, il suo collega.

Ma qualcosa lo sconvolse profondamente. Anzi, lo terrorizzò.

Garth era sempre Garth, ma i suoi occhi erano gialli, quasi luminescenti, la forma delle sue iridi strana, i suoi denti erano aguzzi e sporgenti, perfino i suoi lineamenti sembravano leggermente indefiniti.

“Oh cazzo!!!” gridò, facendo un maldestro salto indietro , a causa della gamba lesa. “Che diavolo…..ma che cazzo sta succedendo??” imprecò ora , davvero spaurito ed era così strano per Dean, vedere il suo coraggioso e impavido fratellino, reagire con così tanta paura.

“Sammy..” provò a richiamarlo per calmarlo.

“Chi sei tu?” fece rivolto a Garth , che ora aveva di nuovo le sue sembianze. “Chi siete voi!?” fece agli altri due che avanzavano piano verso di lui, mentre Sam, invece, continuava ad indietreggiare, fino a quando non si ritrovò spalle al bancone del bar.

 

Dean, non sopportava di vederlo in quelle condizioni. Era Sam, ma allo stesso tempo non lo era affatto.

 

“Ragazzi, per favore...” fece rivolto agli altri due. “Potete lasciarmi da solo con lui?!” e i due obbedirono.

“Sto’ per morire?!” sussurrò tremante Sam, immobile , schiena al bancone. “Volete ucc….”

“No!!” lo fermò Dean. “Non stai per morire e di certo nessuno di noi vuole ucciderti, anzi, ti stupirebbe sapere che tutti quelli qui dentro, morirebbero per te.”

“Ma loro..” alludendo all’aspetto di Garth e a quello che doveva essere Castiel.

“Io stesso sono morto per te, Sammy!” esordì quasi in un sussurro, il maggiore.

“Cosa?”

“Storia lunga, lasciamola per un’altra volta!” rispose, sorridendogli amichevolmente.

Per un po’ Dean non disse niente. Ma fece esattamente quello che faceva Sam ogni volta che lo vedeva entrare in quel bar.

Lasciò che Sam si calmasse da solo e quando lo vide che , piano, si sedette su uno degli sgabelli, allungò una mano dietro al bancone e afferrò la solita bottiglia di scotch che in quelle numerose sere, era Sam , a prendere per lui.

Riempì due bicchieri e ne porse uno al minore.

“Dean….che succede?!”

“Il tuo nome è Sam Winchester e non Smith. Sammy, solo per me. Io sono tuo fratello Dean. Dee, come mi chiamavi quando eri piccolo!” iniziò in modo calmo e pacato. “Alcuni mesi fa, come sai, hai avuto un incidente che ti ha fottuto la memoria. Hai dimenticato chi sei, chi sono io….” disse mettendogli davanti quelle foto che nei momenti estremamente duri delle loro vite, riuscivano sempre a riportare equilibrio. “…. il nostro lavoro, la nostra missione. La nostra storia.” e a quelle foto, aggiunse, il diario di John.

Il giovane guardò quegli oggetti, li osservò con cautela, lesse qualcosa tra quelle pagine ingiallite, rovinate dal tempo e dall’usura causata dalle mani che mille volte le avevano sfogliate con scrupolosa attenzione e cautela.

“Quando ti hanno dimesso, non riuscivo ad accettare il fatto che non ricordassi niente. I dottori si erano limitati a dire che dovevi recuperare da solo. Ma non potevo permetterlo. Il tuo coraggio, la tua volontà, la tua forza, la tua genialità, tutta la tua conoscenza non potevano rimanere in quel limbo in cui è adesso.”

“Conoscenza?...genialità?...ma cosa….”

“Sam , quando si tratta di eliminare il male dalla vita di qualche innocente, tu sei un genio. Hai una conoscenza del soprannaturale, di quel male che si nasconde nella notte, da fare invidia al più valido dei cacciatori. Hai un coraggio pari a nessuno.” lo adulò Dean, sapendo di non esagerare in quelle sue parole.

Sam lo ascoltava , ascoltava ogni parola anche se quelle rivelazioni ancora lo sconvolgevano.

 

Il soprannaturale? Il male? Mostri , demoni, vampiri e compagnia bella? Lui che li combatteva? Lui , che dalle parole di Dean, sembrava quasi un eroe?

Lui che aveva un fratello? Un fratello che non si era arreso mai un giorno pur di rimetterlo in sesto? Che gli era rimasto accanto nonostante non fosse riconosciuto?

Cavolo, aveva un fratello che gli aveva perfino messo un lupo mannaro a fargli da guardia , pur di tenerlo al sicuro.

 

Sam deglutì. Passò le dita tremanti sui visi impressi su quelle foto e Dean non potè non sorridere.

“E gli angeli?” sussurrò, il più giovane.

“Non tutti sono come quelli delle cartoline di Natale. Alcuni sono dei veri stronzi!!” rispose Dean. “Ma Castiel….Cass è un tuo amico. E’ come un fratello per noi. Ha rischiato la vita non so quante volte per salvare la nostra. In questo momento, sta cercando di mettere ordine in un caos davvero immenso, sta provando a salvare questo mondo e quell’altro eppure ha mollato tutto non appena ha saputo quello che ti era successo.” riferì, compiaciuto di quell’amico celeste.

“Hai detto che non può aiutarmi se io non voglio essere aiutato!” fece il biondo.

“Sì, è così. Vedi! Cass ha davvero la possibilità di sistemare le cose, ma per funzionare, chi riceve il suo aiuto deve voler ….come dire...guarire.”

Sam lo guardò e poi lentamente si alzò dal suo posto.

“Ti ho ascoltato, Dean. Lo giuro, l’ho fatto. Ma…”

“Ma cosa?!”

“Se io non volessi guarire?”

 

“Cosa?!” e questa volta fu quasi un sussurro. Gli occhi lucidi. Lo sguardo confuso.

 

“Cerca di capire. Io sono qui, servo drink, birre, qualche panino. A volte flirto con qualcuna. A volte , nonostante tutto...” fece , indicandosi la testa e la gamba malandata. “..mi va bene. E’ tutto semplice, tranquillo. E tu? Tu invece vieni qui, mi spiattelli in faccia questo casino, la vita assurda che avrei fatto fino a qualche mese fa. Mi dici che non ci penserei due volte a farmi fare a pezzi da chissà quale mostro orrendo per un emerito sconosciuto e ti aspetti che dica di sì. Che permetta al tuo assurdamente vero amico alato di ributtarmi in quella mischia con un semplice tocco della sua mano.” gli spiegò con un certo risentimento il minore.

“Ma Sammy...è la tua vita. E’ quella che hai sempre vissuto!” cercò di fargli presente Dean, anche se dentro, quelle parole appena proferite dal fratello, gli avevano causato un non indifferente dolore.

“Mi dici che sei mio fratello….”

“E’ così. Lo sono!!” rispose con decisione.

“E allora perché vuoi farmi questo?!” e Dean sentì la sua gola contrarsi a quella domanda. “Perchè vuoi riportarmi in quella vita così pericolosa quando invece qui sarei più che al sicuro? Quale persona vuole una vita simile per il proprio fratello?!” ed era così deciso in quelle sue domande.

Quelle parole colpirono ancora e ancora l’animo di Dean. La sua mente andò nel panico.

 

Hai ragione e io sono un maledetto figlio di puttana. L’ho fatto a Stanford, l’ho fatto a Kermit, l’ho fatto ogni dannatissima volta che credevo di averti perso e ora, da quell’egoista che sono, sto cercando di farlo di nuovo. Ma cazzo, Sammy!, mi sono venduto la mia stramaledettissima anima per te, per il bene che ti voglio e non riesco ad accettare che tu non sappia che hai e avrai sempre un fratello, me, che ti guarda le spalle.

 

Ma ciò che invece venne fuori dalle sue labbra fu ben altra cosa.

“Ok! Hai ragione! Se è questo quello che senti...che vuoi….questa volta, a quanto pare, devo lasciarti andare davvero. Ti chiedo scusa. Perdonami. Ti sto chiedendo di fare una scelta che non vuoi fare. Hai ragione. Non posso costringerti ad una vita che non vuoi. Non posso legarti ad una famiglia di cui non senti più di fare parte.” si alzò anche lui dal suo posto e fu così difficile non mostrare la fatica che fece per alzarsi, schiacciato da quella presa di coscienza. “Non voglio che tu soffra per causa mia. Mi basta averti detto la verità, averti chiesto di scegliere, di pensarci almeno. Ma se avere questo...” fece indicando il bar e quello che avevano intorno. “...è quello che ora vuoi e che ti fa star bene, beh!!, io non sono nessuno per costringerti a vivere una vita che non vuoi!” e si avviò verso l’uscita.

Si fermò solo un attimo, appena superò l’altro. “Dirò a Garth che può tornare dalla sua famiglia. Che non hai più bisogno di un babysitter! Che qui, hai quello che vuoi e di cui hai bisogno ormai. Che starai bene, che infondo è quello che volevo.” fece con una certa amarezza. “Addio, Sammy!” e continuò per uscire dal locale.

 

 

“Dee!!”

Di nuovo quel nome. Detto in quel modo. Con quella intonazione così familiare. Da quella voce così familiare.

Di nuovo quel dolore al centro del petto.

 

Dean si voltò piano. Ma non disse niente. Si limitò a fissare il fratello che di rimando, fissava lui.

“Chiama Castiel!” fece Sam e sorrise alla timida confusione che apparve sul volto del più giovane.

“Castiel?”
“Sì. Hai detto che solo lui può rimettere a posto il casino che ho nella testa, no?” e Dean ritrovò ad annuire. “Così...chiamalo!”

Dean gli si avvicinò quasi timidamente. Era davvero confuso. Non capiva.

“Ma tu hai...hai appena detto che non volevi essere guarito, che non volevi la tua vecchia vita e tutto il resto. Cosa...”

Sam fece un altro passo zoppicante verso il ragazzo. “Tu vieni qui e mi racconti questa specie di favola dell’orrore. Mi parli di mostri, di male, di pericolo. Mi dici che ero in gamba in quello che facevo, che quello che conosco e che so fare aiuta..salva la vita delle persone..”

“Sì, è così!” ammise orgoglioso Dean.

“Ma non ti ho mai sentito dire che avrei dovuto farmi ...aggiustare..da Castiel, perché è quello che tu vuoi. Perchè ti manco e vivere questa vita non è la stessa cosa se non la vivi come l’hai sempre vissuta. Con me.”asserì quasi deluso, il giovane.

“E mai lo dirò, Sammy.” lo sorprese e poi lo sorprese ancora. “Riaverti accanto è quello che voglio? Diamine se è così. Mi manchi? Ogni ora, ogni giorno. Sono stanco di vederti dietro quel bancone a servire birre mentre so che hai salvato questo schifo di mondo più di una volta? Cazzo, se lo sono.” ammise con decisione, replicando a quel sottile rimprovero da parte di Sam. “Ma ho commesso l’errore di scegliere per te troppe volte e tutte le volte ne pagavamo entrambi le conseguenze. Ho imparato la lezione qualche anno fa e da allora ti ho sempre chiesto di scegliere con coscienza la strada che volevi prendere. Sempre. Tutto ciò che ti dicevo era : Non puoi stare con due piedi in una scarpa. Decidi e io accetterò!” gli disse Dean. “E tu hai sempre scelto!” fece ancora, con un certo imbarazzo per non dire palesemente “Hai sempre scelto me!

“ E anche adesso lasci a me la scelta. Quindi….”

“Quindi ?”

“Chiama Castiel e rimettiamo questo treno sul giusto binario!” ironizzò.

 

Dean sorrise. Sorrise davvero di cuore, come non faceva da mesi, ormai.

 

 

Qualche minuto dopo, Castiel, di fronte al giovane amico, gli imponeva un paio di dita sulla fronte e gli poggiava la mano sulla gamba lesa.

“Sei pronto?!” fece l’angelo.

“Ricorderò tutto?”

“Sì. Tutto.”

“Anche quello che ho vissuto adesso, cioè, da dopo l’incidente?!”

“Sì, è comunque parte della tua vita!”

“D’accordo!” disse in un respiro profondo. “Facciamo ciò che deve essere fatto!” ma un attimo prima che Castiel chiudesse gli occhi per concentrarsi…

“Sammy, aspetta!!” li fermò Dean.

“Che c’è?!”

“Sei davvero sicuro?”

“Cosa...”

“Non devi farlo per me. Se vivere una vita diversa da quella che avrai di nuovo una volta che Castiel ti avrà guarito, è ciò che vuoi, fermati. Non farlo.”

“Non lo faccio per te o per me. Lo faccio per noi. Perché adesso so...no, sento, che quello che abbiamo noi, che quello che ci lega è qualcosa del tipo...io e te contro il mondo. E non lo voglio perdere. Voglio riavere tutto quello che avevo. Il bello e il brutto. Il buono e il cattivo. Ora so che ho un fratello e beh!!,..rivoglio mio fratello.” lo rassicurò Sam.

Dean annuì grato e sollevato e poi guardò Castiel che non aspettava altro che un cenno da i due.

Fu Dean a dare quel cenno.

“Vai Castiel. Riporta qui Sammy!”

 

 

 

Quella sera stessa, Sam e Dean, rientravano al bunker. Insieme. Da fratelli.

“Non posso credere che tu mi abbia lasciato mesi a servire birre e panini in quella bettola, da solo!!” fece deluso il minore.

“Non eri da solo. C’era Garth con te e io venivo spesso a vedere se tutto era a posto!” sembrò giustificarsi Dean che comunque se la rideva.

“Garth!! Capirai. Non faceva altro che parlare di Bess, della voglia di avere una nidiata di figli o nel suo caso una bella cucciolata!!!” ironizzò sull’amico licantropo.

“Beh!! ora niente più birre o panini. O per lo meno non dovrai più servirle, al massimo dovrai mangiarli!!”

“Ehi!! non sfottere ...fesso!!” lo rimbeccò Sam.

A quel nomignolo, Dean, si fermò sul posto e si ritrovò a fissare il minore di fronte a lui.

“Che c’è?!” chiese Sam.

“Mi è mancato.”

“Cosa?!”

“Questo, il sentirmi chiamato così da te...” e poi, finalmente. “Tu.”

Sam , solo con lo sguardo ricambiò quella sorta di malinconia, che ora come ora, non aveva più motivo di esistere.

“Allora ti sono mancato!!” asserì senza voler sembrare presuntuoso.

E Dean annuì soltanto.

“E perché non mi hai costretto a scegliere?!” chiese Sam.

“Stavo per farlo, sai? Stavo per cedere e costringerti a scegliere di nuovo noi e la caccia , anche a darti una botta in testa per farti guarire senza che ti opponessi, quando Castiel ha detto quella cosa prima di guarirti.” rispose.

“Cosa?!”

“Che avresti ricordato sia il prima che il dopo l’amnesia. E io avevo paura che se ti avessi costretto a decidere di ricordare tutto, una volta guarito , avresti potuto odiarmi, perché ti avevo di nuovo buttato in questa vita. Costretto a questa vita.”

“Non lo avrei mai fatto!” lo rassicurò Sam.

“Come puoi dirlo?”

“Perchè tu sei mio fratello e io sceglierò sempre te, prima di ogni altra cosa al mondo. Te l’ho detto già una volta e te le ripeterò finché avrò fiato in gola!”

 

Dean inspirò ed espirò profondamente, come se un macigno gli avesse appena lasciato libero il petto.

“Io e te contro il mondo?!”

“Io e te contro il mondo, fratellino!” e poi, dopo avergli battuto una pacca fraterna sulla schiena, esclamò : “Che ne dici, Sammy!? Bicchierino della staffa?!”

“Puoi giurarci!” fu d’accordo il minore. “Ma prima levami un’ultima curiosità!” fece ancora , fermandolo , mettendogli una mano sulla spalla.

“Spara!”

“Che cavolo ci facevo io in quella macchina e non nella nostra macchina?!” domandò, perplesso.

Dean, sorrise.

“Avevamo entrambi bisogno della macchina quella mattina. L’ho vinta io a carta, sasso, forbice!” spiegò in breve , il maggiore.

“Tu? Hai vinto? A carta sasso forbice? Contro di me?” disse incredulo Sam.

“Già!!!!” rispose orgoglioso Dean.

“Gioco del cavolo!” sbuffò sconfitto, Sam.

“Non era così “del cavolo” quando ero io a perdere!!” lo punzecchiò il maggiore, mentre prendeva da bere.

 

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