Appuntamento al Buio...pesto Peruviano.

di AdhoMu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo Atto. ***
Capitolo 2: *** Secondo Atto. ***
Capitolo 3: *** Terzo (ed ultimo) Atto. ***



Capitolo 1
*** Primo Atto. ***


1. Primo Atto.
 
«Ma come ti permetti?! Oppugno!» 
Nell'innaturale silenzio della Sala Comune del Grifondoro risuonò distintamente il suono di due schiaffi ben assestati; dopodiché, uno stormo contundente fatto di matite, penne d'oca acuminate, gomme, temperini sguainati, calamai, polverosi libroni da un quintale l'uno e rotoli di pergamena volò in formazione compatta verso Cormac McLaggen.
 Il ragazzo si diede alla fuga, tentando invano di difendersi con qualche debole Protego dalla flottiglia di oggetti di cancelleria inferociti. Quindi, raggiunta in tutta fretta la scala a  chiocciola dei dormitori maschili, girò l'angolo e scomparve, risalendo di corsa i gradini smussati.
Gli studenti presenti in Sala, disturbati dal trambusto, alzarono le teste da libri e quaderni; era maggio inoltrato, epoca di estenuanti ripassi e studio matto e disperatissimo (cit. Leopardi).
«Che succede, Demelza?» Ginny Weasley si avvicinò titubante alla compagna di squadra, che era rimasta in piedi, ansimante, la bacchetta ancora puntata in avanti.
«Quell'idiota di McLaggen!!» urlò Demelza Robins, tremando d' indignazione. 
«Che cosa ti ha fatto?» chiese Hermione Granger, facendosi loro incontro. Il rumore e le urla l'avevano irrimediabilmente distratta dai suoi preziosissimi schemi di ripasso. Tanto valeva, quindi, tentare di rendersi utile nel suo ruolo di Prefetto. 
"Che seccatura, questo McLaggen. Che Morgana ce ne scampi" non poté fare a meno di pensare la ragazza. Lei stessa era miracolosamente sopravvissuta ad un catastrofico appuntamento con lui, avvenuto giusto alcuni mesi prima. Un assoluto disastro, che le aveva procurato settimane di notti inquiete. Davvero una siuazione da incubo.
«Lezioni private di volo... a me!» si stava lamentando Demelza a gran voce, stringendo convulsamente la mano intorno alla bacchetta. 
«Oh, beh... conoscendo il soggetto temevo qualcosa di peggio... »
«È che non hai sentito quello che ha detto. ...» la ragazza schiumava di rabbia «Tutta una serie di inqualificabli allusioni a scope, manici, cavalcate e oscenità simili. Ha avuto il coraggio di dirmi: Robins... »
«Va bene, va bene! Basta così, Demelza» l'interruppe precipitosamente Hermione, che non voleva ascoltare una parola di più. Per esperienza personale sapeva che, quando c'era in gioco McLaggen, era meglio evitare di apprendere più dello stretto necessario.

 
*

«Sei proprio un cretino, Cormac».
«Tu non puoi capire, Bell».
McLaggen, seduto sul letto, sbirciò di sottecchi la sua amica Katie, che lo guardava accigliata dal riquadro della porta. I due erano coetanei, conterranei e amici d'nfanzia e, loro malgrado, si consideravano quasi parenti; per questo motivo, a Katie Bell era consentito trattarlo con un grado di confidenza che qualsiasi altra ragazza avrebbe giudicato quantomeno temerario.
«Ma certo che non lo capisco! Te l'ho ripetuto mille volte: tu-non- puoi-approcciarti-così con le ragazze!» gli urlò dietro Katie, sbuffando. Poi, addocchiando il colorito paonazzo delle guance dell'amico, si addolcì leggermente. «Tieni, mettiti su queste. Hai l' aspetto di un gambero bollito» aggiunse, lanciandogli un paio di pezze gelate.
«Facile per te parlare» la provocò lui, afferrando al volo i pannicelli e massagiandosi le spalle, ripetutamente colpite dagli oggetti che Demelza gli aveva scatenato contro.
«Tu, al contrario di me, le tue valvole di sfogo ce le hai».
«Che valvole di sfogo?! »
«Non fare tanto la santerellina, Bell. Proprio tu! Che quando torni al castello dopo aver passato le giornate con Baston a Hogsmeade, trasudi sesso da tutti i pori! »
 Katie lo guardò allibita, sgranando gli occhi. 
«Ma tu, ogni tanto, ti rendi conto di quello che blateri, o parli solo perché hai la bocca?» lo rimbeccò, esterrefatta.
«A chi credi di darla a bere?» le rispose lui inarcando un sopracciglio e puntandole contro l’indice. «Guarda che ho una sensibilità speciale per queste cose, io».
« Ma piantala, razza di fanfarone...»
«Dammi ascolto» McLaggen increspò le labbra in un sorrisetto allusivo e  assunse quell'inconfondibile aria di chi la sa lunga. «Per tua informazione io, su certi argomenti, ho il fiuto più aguzzato di quei cani molecolari delle serie poliziesche babbane. Sai, quelli che chiamano “il naso con il cane intorno”? »
«Diciamo semplicemente che hai il chiodo fisso» tagliò corto Katie, che non sapeva nulla né di programmi televisivi babbani né di cani, meno ancora se molecolari. E che, definitivamente, preferiva rimanere all'oscuro circa le competenze di segugio di Cormac. Nonostante tutto, però, la ragazza non riuscì a trattenere le risate. McLaggen era talmente assurdo da risultare disarmante; una specie di esilarante genio del male. Era sempre stato così, fin da bambino.
Lui rimase in silenzio e, stranamente, non si unì a lei nella risata, limitandosi a scuotere la testa color del miele e a sbuffare fuori l'aria. Raddrizzò faticosamente la schiena dolorante e si diede una rassettata alle pieghe del kilt. 
«Vuoi saperla la verità, Bell?» disse improvvisamente all'amica. Lei lo fissò, vagamente preoccupata dal suo tono serio, che non era da lui.
«Sputa il rospo».
«Papale papale: ho bisogno di una ragazza. Gli ormoni mi stanno uccidendo. Non ce la faccio più».
«Una ragazza... una fidanzata, vuoi dire?»
«Ragazza, fidanzata, chiamala come vuoi. L'importante è che sia una che mi faccia fare una bella e sacrosanta. .. »
«Basta così!» strillò Katie, mettendosi le mani nei capelli. «Forse dovresti invitarne una ad uscire con te» aggiunse poi, giusto per dire qualcosa e già sapendo di stare pronunciando una tremenda ovvietà.
«Vuoi scherzare? Ho messo su una specie di Piano Quinquennale a riguardo, con tabelle e statistiche e tutto. Le sto invitando fuori a tappeto. E se una mi dice di no, ci riprovo almeno dieci volte. Di solito ci riproverei venti volte, ma sai com'è: il tempo stringe...».
Katie alzò gli occhi al cielo.
«Cormac, non è così che funziona!...»
«Effettivanete, le cose non vanno... ehm, molto bene, su questo fronte. Sembrano sempre un po' scocciate quando le metto alle strette nei corridoi» ammise il ragazzo, meditabondo.
«Chissà poi come mai?!» esclamò lei, sarcastica.
«Non riesco proprio a spiegarmelo» replicò McLaggen, scuotendo la testa.
«Ma sei fuori?! È logico che, con questi tuoi modi da troll, le fai scappare a gambe levate!...»
«È l'unico modo che conosco».
«Forse potresti provare ad essere più... delicato» suggerì Katie, incoraggiante.
«Mi risulta che alle donne piacciano i tipi decisi e i metodi spicci».
Lei incrociò le braccia, incredula.
«Devi assolutamente cercare di correggere il tiro, amico» affermò infine, scuotendo la testa.
«Giusto: correggere un po' il tiro per poi poter dare due colpi come si deve».
«Sei proprio un caso disperato, McLaggen» strepitò lei, sconfitta. 

 
*

Di ritorno al dormitorio che condivideva con le sue compagne del settimo anno, Katie si imbattè in una scena decisamente bizzarra. Eloise Midgen, mezza svestita, snocciolava a voce alta una serie di aggettivi poco lusinghieri e faceva su e giù per la stanza, i nervi a fior di pelle e le membra contratte. Leanne, seduta sull'ampio parapetto della finestra, la osservava allarmata. 
«Sfacciato. Sfrontato. Spavaldo. Impudente. Spudorato. Svergognato. Scellerato!» la ragazza era fuori di sé.
«Eloise...»
«Arrogante. Tracotante.  Insolente. Impertinente. Inopportuno. Indiscreto. Indecente!
»
«Eloise!...»
«Ma di chi sta parlando?» chiese Katie a Leanne, prendendo posto accanto a lei.
«Siamo in piena crisi di Mclaggite acuta» rispose quella, scuotendo la testa.
«Mclaggite... » Katie fece tanto d'occhi. «Non mi vorrai dire che a Eloise... piace Cormac?!»
«Ha cominciato lo scorso inverno, mentre tu eri ricoverata». (Katie aveva trascorso quasi sei mesi al San Mungo, a seguito di una terribile maledizione provocata da una collana di opali intrise di magia oscura).
«E non siamo ancora arrivate alla parte degli apprezzamenti»  continuò Leanne, divertita dall'espressione sbigottita dell'amica «"Così bello,  attraente, irresistibile!... Così alto e biondo e ben piantato!”»  ridacchiò, ripetendo a memoria le parole che Eloise le propinava un giorno sì e l’altro pure.
«Per non parlare di quelle gambe sbalorditive, muscolose che gli fanno capolino fra le pieghe del kilt...» chiosò quella, evidentemente ispirata.
Katie si lisciò la gonna della divisa scolastica e rimase in silenzio per qualche tempo, assorta. Si trattava davvero di una notizia sbalorditiva. Poi, però, ripensò alla breve conversazione tenuta con Cormac poco prima. E gli ingranaggi della sua testolina cominciarono lentamente a girare.
Lui aveva bisogno di una ragazza.
A lei piaceva lui.
A + B = C.
In men che non si dica, fece due più due.
«Ellie, non puoi andare avanti così» disse infine, per sondare il terreno. «Devi prendere il toro per le corna e farti avanti».
Leanne annuì, con fare di approvazione.
«Fosse facile , ragazze» sospirò Eloise, spalancando gli intensi occhi celesti. «La storia è sempre la stessa Da anni. Io che mi struggo per lui, e lui che fa il cretino con le altre. Avete visto, dico, avete visto poco fa, con la Robins? Io... io non ne posso più ».
«Io proprio non capisco cosa ci trovi, in uno così» interloquì Leanne, facendo il broncio.  
«Al cuor non si comanda». 
«Ma perché non gli chiedi di uscire e basta?». 
«Non... non ne ho il coraggio». 
« Ma lui neppure lo sa, di piacerti». 
«Non mi vorrà mai!» gemette Eloise, con un tono melodrammatico.
«Ancora quella storia dell'acne? Ma se sono mesi che non hai neanche un brufoletto...» esclamò Leanne. 
Ormai era evidente a tutti: l'unguento di Bobotubero aveva fatto  miracoli, regalando alla ragazza una belle pelle liscia e vellutata.
«Non cambia niente» Eloise scosse la testa, facendo ondeggiare la chioma castana.
«Eloise, sei carina, simpatica e sagace» sbuffò Katie. "Anche fin troppo, per uno come lui!" pensò,  ma questo se lo tenne per sé.
«Non mi ha mai notata... ci ha provato praticamente con tutte, tranne che con me !»
«Ma la colpa è tua» buttò lì Leanne, facendo spallucce.
«Co... cosa vuoi dire?»
«Sei tu che hai imparato a renderti più invisibile della Dama Grigia nei giorni di nebbia» rispose Leanne alludendo al fatto che, nonostante le condizioni della sua pelle fossero nettamente migliorate, la compagna aveva conservato la capacità di (affinata durante gli anni) di passare del tutto inosservata.
«Colpa dell'acne, Leanne!» esclamò Eloise, con tono da ecco, appunto.
«Ma adesso l'acne non c'è più!» ribadì quella, alzando gli occhi al cielo.
«Volete sapere la verità? La verità è che quel gran bonazzo in gonnella di Cormac McLaggen non mi degnerà mai di uno sguardo...»
«"Gran bonazzo in gonnella?!"» Katie e Leanne erano rimaste a bocca aperta. «Ma come sei messa, Eloise?...»
Quella prese a camminare su e giù, scansando con agilità i bauli e i letti a baldacchino.
Ad un certo punto si fermò di scatto, girandosi lentamente verso le compagne, che la guardavano esasperate.
«Katie...»
«Dimmi».
«Tu e Cormac vi conoscete fin da piccoli, giusto?»
«Sì. Lo conosco da quando era un marmocchio. E, se proprio vuoi saperlo, è sempre stato un tipetto irritante» rispose Katie, increspando appena le labbra.
«Ma siete amici».
«Beh, diciamo di sì...»
Eloise si sporse in avanti e le prese le mani, guardandola fisso negli occhi.
«Ti prego, Katie. Aiutami tu a conquistarlo. Ti prego!»
E Katie avrebbe tanto voluto dirle: "McLaggen è mio amico, è vero, e in un certo senso gli voglio anche bene, ma francamente: è un completo cretino in fatto di donne, Eloise. Lascialo perdere!”
Poi, però, osservando l’espressione accorata di Eloise, ripensò a quanto le aveva detto Cormac proprio quel pomeriggio e alla felicità che lei stessa provava quando si trovava in compagnia del suo Oliver.
"Tutti hanno il diritto di essere innamorati e felici" concluse, risoluta. E forse, lei avrebbe potuto fare qualcosa per quei due, dando una discreta spintarella al Destino.
«Di conquistarlo, diciamo così, definitivamente, non te lo posso garantire. Ma un appuntamento con lui,credo proprio di riuscire a combinartelo» rispose seria, mentre Eloise, al colmo della felicità, le buttava al collo per abbracciarla.
*
 
Placidamente affondato in una delle migliori poltrone della Sala Comune,  Cormac McLaggen si trovava immerso nella lettura dell'ultimo e attesissimo numero di Magical Vedettes, una delle assai poco edificanti riviste di cui era fedelissimo abbonato.
In quel momento, il ragazzo stava concentrando tutti i suoi sforzi in un'analisi critico-comparativa – estremamente impegnativa, ma decisamente appagante - delle Dieci Giocatrici di Gobbiglie Più Sexy di Sempre. Certo: non riusciva a spiegarsi il fatto che qualcuno avesse avuto l'idea balzana di inserire nella lista anche una certa Eileen Prince, che a lui era parsa una gran bruttona; le altre nove ragazze, tuttavia, erano senz'altro delle indiscutibili beltà e lui, assolutamente soddisfatto, se le stava mangiando con gli occhi.
L'orologio a cucù appeso sopra il camino battè le nove. 
Era il segnale convenuto. Katie e Leanne, sedute dall'altra parte della Sala Comune, si scambiarono un'occhiata. Il momento era arrivato. 
Le due ragazze si alzarono dai divanetti sui quali erano sedute e, convergendo, si diressero verso la poltrona sulla quale McLaggen, invece di studiare per i M.A.G.O, si dedicava con tanto zelo alle sue assai discutibili letture. Gli girarono intorno come due Nargilli e sedettero ciascuna su di un bracciolo, una di qua e l'altra di là.
Leggermente sorpreso, lui tirò su la testa e le squadrò, accigliato.
«Oddio, è Natale anticipato? » fu il suo commento, nel vedersi improvvisamente attorniato da due gentili donzelle.
«Ehilà, Cormy!» cinguettò Katie, facendo ondeggiare la frangetta corvina. McLaggen strinse gli occhi, immediatamente all'erta: con lui, certe scenette non attaccavano. La conosceva troppo bene per non insospettirsi, e poi lui non era mica come quel tenerone di Oliver Baston, sempre pronto a gettarlesi ai piedi alla prima moina. Senz’ombra di dubbio, c’era sotto qualcosa; Katie ancora ancora, ma Leanne non si sarebbe MAI seduta spontaneamente sul bracciolo della sua poltrona.
«Cosa leggi di bello?» proseguì Katie, ignorando bellamente il suo cipiglio (non che volesse davvero saperlo, beninteso, ma doveva almeno fingere un certo interessamento).
Di nuovo, il ragazzo si sentì risuonare nella testa il campanello dell'Allarme Antifregatura. "Stai all'occhio, McLaggen", si disse. "Queste due ti vogliono fregare". 
Era già piuttosto seccato: gli capitava sempre, quando subodorava che la Bell aveva intenzione di abbindolarlo come un pollo. Quindi, al puro scopo di irritarla, le si rivolse con il nomignolo affettuoso che era di esclusivo appannaggio del suo fidanzato.
«Vieni al sodo, Kitty» buttò lì, asciutto.
«E va bene» gli disse lei, sorvolando diplomaticamente sulla sua malagrazia. «Cosa fai domani sera?»
McLaggen richiuse di scatto la rivista, facendo tanto d'occhi.
«Mi stai invitando ad uscire?» 
«Ti ho chiesto...» 
«E il tuo bel portierone, non ha nulla da ridire?» ridacchiò lui, ostentando una simulata spavalderia. Sotto sotto, in realtà, era un po'intimorito. Un ceffone da un tipo come Oliver Baston avrebbe mandato a gambe all'aria anche un ragazzotto massiccio come lui.
«Non ti sto chiedendo di uscire con me, idiota» replicò Katie, aggrottando la fronte.
McLaggen si girò verso Leanne, guardandola fisso.
«Ah, dunque...»
«Ma neanche per idea» lo stoppò quella, incrociando le braccia.
«Vi dispiacerebbe essere un filino più chiare, allora? Divinazione l'ho mollata due anni fa, per la cronaca» replicò lui, evidentemente scocciato.
«Beh, ecco... ci sarebbe una ragazza, molto interessata ad uscire con te...» cominciò Katie, con fare misterioso.  
«...ma, per il momento, non ti possiamo dire di chi si tratta» puntualizzò Leanne. 
Lui si strinse nelle spalle e riaprì la rivista.
«Allora niente di fatto, mi dispiace». 
«Come “niente di fatto”?»
«Io non prendo parte ad appuntamenti al buio. Ho anch'io la mia etica,  se volete saperlo».
«EticaTu? »
«Diciamo che... preferisco andare sul sicuro».
«Ne vale la pena, garantiamo noi».
«E allora ditemi chi è».
«Preferisce non rivelarsi, per ora».
«Peggio per lei» rispose lui, in tono definitivo.
Non era assolutamente questione di etica, beninteso.
Era terrore allo stato puro. Cormac McLaggen aveva smesso di partecipare agli appuntamenti al buio al seguito di un increscioso episodio avvenuto al sesto anno. In quell'occasione, si era ritrovato davanti una certa Millicent Bulstrode, un'energumena del Serpeverde alta e grossa quanto lui (il che era tutto dire), che gli era praticamente saltata addosso, tentando addirittura di sollevargli il kilt per vedere se era vero che "sotto, gli uomini scozzesi, non portano niente". Sgomento, il nostro impavido Braveheart (il cui heart, in quel momento, aveva assai poco di brave), si era dato alla fuga e aveva giurato a se stesso che mai più si sarebbe esposto a simili rischi.
Le due ragazze esitarono, colte in contropiede.
Dinnanzi alla possibilità che l'incontro con Eloise andasse a monte, e per evitare che le trattative si protraessero all'infinito, Leanne decise allora di fare ricorso alle parole magiche, quelle che lei chiamava "la stoccata finale".
«Katie, credo che Cormac abbia un po' paura» insinuò, in tono di comprensiva delusione. «Lo dobbiamo capire; non è da tutti accettare di uscire con una sconosciuta».
«Pa... paura? Io?!» esclamò il ragazzo, cercando di darsi un tono.
"Colpito e affondato" pensò Katie, con un sorrisino. Leanne aveva appena ottenuto l'ennesima riprova in favore del Teorema Universale della Manipolazione degli Spacconi, il cui enunciato così recita:
A. Prendete uno Spaccone(specialmente se maschio, specificamente se Grifondoro).
B. Mettete sottilmente in dubbio il suo coraggio.
C. Farà esattamente ciò che gli verrà richiesto.
A + B = C (sempre ed invariabilmente)
«Allora, appuntamento confermato?»
«Ora e luogo. Spara» risposeMcLaggen, con supponenza.
Che cosa ci poteva fare: lui era fatto così. 
Adorava spandere tutt'intorno arroganza e spavalderia, fare il gradasso, pronunciasi in modo lapidario, dimostrare di avere fegato da vendere. Nel giro di un secondo, però, la triste verità gli tintinnò nel cervello come il campanellino di una capretta burlona.
"Accidenti a loro, mi hanno fregato! " realizzò, schiacciandosi la mano sulla fronte e dandosi, inevitabilmente,dell'idiota.
 
Cose da sapere:
1) Questa storia è già stata pubblicata ad Aprile 2018 sull'estinto profilo AdhoMukha.
2) Su Pottermore.com, la Rowling esorta i suoi lettori a voler bene a Cormac McLaggen (“You’ve got to love Cormac”). Questa storia prende le mosse da questo spunto. L’aspetto di MacLaggen in questo contesto è 100% Movieverse, quindi non esattamente "alto e grosso come un troll" come lo definisce Ron in HP6.

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Capitolo 2
*** Secondo Atto. ***


2. Secondo Atto.
 
Cormac McLaggen era letteralmente divorato dalla curiosità. Aveva passato la notte completamente in bianco, tentando disperatamente di fare mente locale per cercare di indovinare chi fosse la ragazza con la quale si sarebbe incontrato quella sera. Schedario alla mano (sì, McLaggen possedeva uno schedario contenente informazioni utili, meticolosamente raccolte nel corso degli anni, su tutte le ragazze carine di Hogwarts), aveva revisionato le cartellette una per una considerando, soppesando, supponendo, sbuffando ed inesorabilmente escludendo. Si vantava di padroneggiare un'impeccabile metodologia scientifica, ed in un certo senso era anche vero; eppure,  nonostante i suoi encomiabili sforzi (che quell'insensibile di Katie avrebbe certamente definito insani) non era giunto a nessun risultato soddisfacente.
Alla fine, aveva dovuto capitolare e se n’era andato a letto, deluso e contrariato.
Il giorno dopo, mentre faceva colazione nella Sala Grande con gli occhi segnati da occhiaie cosí scure da fare innamorare un panda, il ragazzo non smise per un solo attimo di guardarsi intorno, scrutando con insistenza le femmine presenti alle diverse tavolate - molte delle quali, palesemente indispettite, gli indirizzarono alternativamente gestacci ed incantesimi minori.
Nessuna di loro, ahilui, gli parve eccessivamente ben disposta. Rassegnato, si alzò da tavola per recarsi alla lezione di Trasfigurazione. E, proprio in quella, accadde qualcosa.
Tre dei suoi compagni di Casa chiacchieravano davanti alle rispettive tazze di caffelatte e McLaggen, senza averne l'intenzione, captò per caso un brandello di conversazione mentre passava. 
«Studiamo insieme, stasera?» stava dicendo Harry Potter a quella graziosissima secchiona di Hermione Granger (McLaggen era ancora rammaricato per l'esito infausto del loro primo ed ultimo, disastroso appuntamento).
«Hmm... no, stasera non posso» rispose lei, imburrando un toast con la meticolosità che dedicava ad ogni cosa.
«Cos'è, Hermione... hai un appuntamento, per caso?» la pungolò Ronald Weasley, mettendo su una faccia da lumacotto imbronciato.
«In un certo senso» sorrise lei, senza raccogliere la provocazione,  ma provocandolo a sua volta. «Ho intenzione di andarmi a rilassare un po' nel bagno dei Prefetti, sapete. Ho studiato troppo, questa settimana. Sono tutta incriccata».
McLaggen non credette alle sue orecchie. Il bagno dei Prefetti era, per l'appunto, la stanza nella quale avrebbe avuto luogo il suo appuntamento al buio. Oh, per Godric Santissimo: dunque era lei, la sua pretendente segreta? E chi lo avrebbe mai detto?! 
"Hai capito, la Prefetta Perfettina?" gongolò il nostro fiero Highlander dal kilt quadrettato, ancora piuttosto incredulo. "Furbetta di una Granger... Ah, ma lascia fare al vecchio Cormac e vedrai, che rilassamento!..."
Più tardi, durante la giornata, gli parve di imbattersi in lei un numero di volte superiore al normale. Non poteva essere un caso. In un'occasione, ebbe addiritura l'impressione che Hermione gli avesse rivolto un breve sorriso. Non si era accorto che, alle sue spalle, Madama Pince l'aveva appena chiamata per consegnarle un libro che lei cercava da tempo.
 
*
 
Quel pomeriggio Katie, Eloise e Leanne si trovavano nel dormitorio delle ragazze del sesto anno, nella Torre del Grifondoro.
«Lo troverai in attesa stasera alle nove, nel bagno dei Prefetti» esordì Katie, rivolgendosi ad Eloise con aria cospiratoria.
«La parola d'ordine per entrare è Frescopino» aggiunse Leanne «Non dimenticarla, o rimarrai chiusa fuori».
«Ma... lui non sa di doversi incontrare con me, vero?» chiese la ragazza per la decima volta, avvampando al solo pensiero di rivelarsi.
«Assolutamente no» rispose Katie, esausta. McLaggen l'aveva tormentata per tutto il giorno nel tentativo di estorcerle  il segreto (a pranzo, la ragazza aveva seriamente temuto che lui avesse messo del Veritasierum nel suo succo di zucca), ma lei non aveva ceduto.
 «Oh, per Godric Santissimo. Non ce la farò mai!» pigolò Eloise, con una nota di panico nella voce.
«Ellie, per l'ultima volta: lo vuoi incontrare o no?»
«Certo che sì! Però...»
«E allora buttati-e-divertiti!» proruppe Leanne, pratica.
«Ricordati: se proprio non vorrai farti riconoscere, quando aprirai la porta dovrai subito adoperare questa» ripetè Katie, mettendole in mano un minuscolo involto di polvere Buiopesto Peruviana.
«Devi lanciare una bella manciata abbondante» le raccomandò Leanne.
«Dovrai solo giocare sul fattore sorpresa. Vedrai: sono sicura che, una volta rotto il ghiaccio, le cose fileranno alla perfezione» concluse Katie sorridendo alla compagna, che deglutì.
«Suvvia, Eloise.  Se proprio non te la senti, puoi sempre dargliela buca» la rinfrancò Leanne, tentando di buttarla sul ridere.
«Ne... neanche per idea!» mormorò la ragazza, serrando i pugni.
«Ebbrava Ellie, così mi piaci. In fin dei conti, sei una Grifondoro, non dimenticarlo mai. Ricorda i valori della nostra Casa. Coraggio. Tempra. Girl Power. Determinazione. Ericorda: se Maometto non va alla Montagna, la Montagna va a Maometto». 
E dopo aver proferito questa serie di chicche motivazionali, che Oliver avrebbe senz'altro approvato e applaudito, Katie ridacchiò soddisfatta. Era davvero orgogliosa di se stessa per come era riuscita a sistemare le cose; modestamente,  aveva pensato a tutto, incastrando i più diversi tasselli con grande maestria.
L'appuntamento fra quei due sarebbe stato un successo. Eloise avrebbe coronato il suo sogno d'amore, mentre Cormac, con un po' di fortuna, si sarebbe sistemato - e avrebbe finalmente smesso di importunare il genere femminile tutto.
In quel momento, Katie si sentiva una vera maga dello schema tattico e della strategia di gioco; ancora una volta, Oliver sarebbe stato molto, molto fiero di lei.
In quella, si udì il cigolio della porta del dormitoro che si apriva.
 «Permesso?» chiese una voce dal timbro deciso  facendo sobbalzare le tre ragazze, che saltarono indietro con aria colpevole.
Hermione Granger aveva appena fatto il suo ingresso nella stanza e le guardava incuriosita.
«Oh, ciao Hemione» la salutarono loro, strisciando i piedi sul pavimento di pietra.
«Scusate l'irruzione, ragazze» sorrise lei «Senti, Leanne, volevo chiederti: ce li hai ancora quei meravigliosi sali da bagno alla vaniglia?»
«Sì, perché?»
«Ho deciso di sparire per qualche ora nel bagno dei Prefetti, sapete» spiegò la ragazza, massaggiandosi una spalla irrigidita dalle troppe ore di studio.
«Oh, merda!» escamò Katie, presa alla sprovvista.
Hermione si voltò verso di lei, guardandola perplessa.
«Qualche problema?!»
«Katie voleva solo dire che quel bagno puzza» esclamò provvidenzialmente Leanne, prendendo in mano la situazione. «Senza contare il fatto che Mirtilla Malcontenta.... beh, adora quelle tubature. Credimi, Hermione, non ti rilasseresti affatto laggiù. Ma mi è appena venuta un'idea migliore...» continuò, con fare invitante. «Il giovedì sera, le sorelle Patil si ritrovano per fare yoga. Perché non ci uniamo a loro?»
«Sono incontri davvero sensazionali» aggiunse precipitosamente Katie, tentando di mantenere il sangue freddo.
Eloise boccheggiava, incapace di proferire parola. Per un attimo, Leanne temette che sarebbe soffocata.
«Yoga? Interessante» rispose Hermione, dopo un attimo di riflessione. «Perché no? Sempre meglio che doversi sorbire le lamentele di Mirtilla. Va bene, allora: mi unisco a voi!» E salutate le compagne, si girò per andarsene.
«Che tu sia lodata, Leanne» sospirò Katie, riprendendo fiato, dopo che la ragazza ebbe lasciato la stanza. 
«Sempre sia lodata!» le fece eco Eloise, recuperando lentamente colore. 
 
*
 
«Frescopino!» 
Si udì lo scatto della serratura e, subito dopo, la porta si aprì cigolando. Una lama di luce fendette il buio della stanza.
McLaggen fece appena in tempo a scorgere una figuretta bassa che entrava e si girava per richiudere la porta, recitando sottovoce un sommesso Colloportus. Subito dopo, il bagno dei Prefetti sprofondò nella più completa oscurità.
Ma cosa...
«Lumos!» esclamò il ragazzo, tentando invano di fare accendere le lampade.
Niente da fare: il bagno rimase nero come l'inchiostro più impenetrabile
Poco dopo, un pulviscolo sottile gli solleticò il naso, rivelandogli l'inconfondibile presenza,nell'aria, della polvere Buiopesto Peruviana.
“Acqua cheta di una Granger... non vuole farsi riconoscere! Ma oh, adesso gliela faccio vedere io" pensò, determinato. Fermamente deciso a fare leva sull'effetto sorpresa, scattò in avanti verso il punto in cui, teoricamente, avrebbe dovuto trovarsi  Hermione, protendendo le mani. E difatti, dopo pochi passi, andò a sbattere contro qualcosa che presentava la precisa consistenza di un morbido e profumato corpo femminile.
Senza spendersi in inutili giri di parole, McLaggen afferrò il viso della ragazza e prese a baciarla con metodica furia. Quella guastafeste di Katie gli avrebbe sicuramente detto che così non andava affatto bene, ma lui aveva già deciso che avrebbe preso la situazione di petto e che, questa volta, non avrebbe dato modo ad Hermione di tirarsi indietro.
In ogni caso, si sarebbe quantomeno aspettato un moto di sorpresa, oppure di sentirla proprompere in un qualche tipo di sbalordita esclamazione. Ma lei non reagì in modo avverso al suo abbordaggio cotanto improprio e risoluto, né proferì verbo. Anzi. Gli si strinse addosso voluttuosamente e rispose al suo bacio con un ímpeto tanto energico da fargli quasi mozzare il fiato.
"Ma che femmina focosa!" si stupì lui, leggermente stordito. Hermione Granger non gli era mai parsa, per così dire, una bomba di sensualità. Ma chissà: forse il senso di segretezza favorito dalle tenebre era riuscito ad allentare un po' i suoi freni inibitori. Piuttosto rinfrancato, McLaggen decise quindi di godersi il successo del suo approccio così azzardato e fece scivolare le mani verso il basso, abbracciando con forza la vita sottile della ragazza.  Se la sentì rabbrividire fra le braccia; tuttavia, lei non fece nulla per scansarlo né tentò di divincolarsi.
E lui ne approfittò per stringersi ancora un po' contro a quel corpo morbido e caldo, decisamente piacevole al tatto, mentre lei lo baciava in modo assolutamente divino, proprio come piaceva a lui, con il giusto mix di furore e dolcezza.
Eloise Midgen era rimasta impietrita quando lui le si era appiccicato addosso così, senza alcun preambolo. Passata la sorpresa del momento, tuttavia, si era immediatamente ripresa.
La ragazza non aveva mai baciato nessuno in vita sua ma, paradossalmente, sapeva benissimo come fare: nel corso degli anni, infatti, aveva studiato l'argomento con assoluto puntiglio ed estrema diligenza. 
Libercoli rosa. Fotoromanzi a puntate pubblicati sul Settimanale delle Streghe. Articoletti di approfondimento divulgati dal Settimanale dele Streghette. Una collezione di Harmony particolarmente piccanti prestatale dalla cugina Maganò durante l'estate precedente. Per non parlare di quella mezza dozzina di volumi provenienti dal Reparto Proibito della biblioteca, soffiati alla Pince con stratagemmi rocamboleschi.
A ciò, andava ad aggiungersi il fatto che era sempre stata una persona che amava agire con metodo. E di certo, ritrovarsi fra le braccia di colui che tanto le piaceva non fece che aumentare il suo desiderio di fare le cose per bene.
Cormac McLaggen, manco a dirlo, era in estasi.
La sensazione di starsene lì al buio più completo a pomiciare con una così arrendevole e passionale Hermione Granger era talmente elettrizzante che il ragazzo, incapace di pensare ad altro, si era abbandonato senza riserve al piacere del momento. Dopo una manciata di minuti, però, iniziò a rendersi conto di alcuni altri dettagli che cominciarono a lasciarlo piuttosto perplesso.
Per esempio: aveva sempre avuto l'impressione che Hermione fosse un pochino più alta e secca, decisamente meno... formosa. Non che questo fosse un difetto, anzi - figuriamoci: lui, un corpo curvilineo, non l'avrebbe mai potuto considerare una pecca.
Tuttavia, avvertì subito un certo bisogno di indagare.
Incerto, risalì con la mano lungo la schiena sinuosa della ragazza, alla ricerca dei caratteristici riccioli un po' stopposi. Le sue dita, immediatamente esitanti, indugiarono invece su di una chioma liscia, soffice e setosa, che sprigionava un soave profumo di mirtillo.
«Ma tu... ehi, tu non sei Hermione Granger! » balbettò, confuso.
«E tu non sei certo Rondald Weasley» gli rispose prontamente una voce dal timbro dolce e gioviale che, definitivamente, non-era-quella-della-Granger. Una voce che lui era sicuro di avere già udito da qualche parte ma che, lì per lì, non fu in grado di riconoscere.
«Il che, in un certo senso, ci mette alla pari, non trovi?» osservò la ragazza misteriosa con una risatina, prima di avventarglisi addosso per impossessarsi di nuovo delle sue labbra.
Lo slancio e la sorpresa gli fecero perdere l'equilibrio.
E così, con un tonfo epico - e sollevando uno tsunami di acqua aromatizzata agli aghi di abete bianco - Cormac McLaggen e Eloise Midgen caddero di schianto nella vasta e capiente piscina del bagno dei Prefetti.
 
La situazione era a dir poco surreale.
Non si vedeva assolutamente nulla; la polvere Buiopesto Peruviana  continuava ad ammantare l'aria della più completa oscurità. Ciascuno dei due udiva soltanto lo sciabordio dell'acqua, smossa dall'altro nel tentativo di rimanere a galla. McLaggen si accorse che la ragazza tossiva e si dimenava frenetica a pochi passi da lui; per un istante temette che stesse per affogare e, allarmato, si mise a cercarla.
Puntò i piedi sul fondo della vasca (che lui, a differenza di lei, riusciva a toccare senza sforzo) e le si avvicinò il più velocemente possibile, procedendo a tentoni, finché non andò letteralmente a cozzare contro di lei. Trovatala, la sollevò per tenerla fuori dall'acqua; poi, risalendo adagio sul fondale inclinato, si mise alla ricerca del margine della piscina, con lei che ancora si agitava in modo inconvulso.
Quando finalmente andò a sbattere col ginocchio contro la parete piastrellata, la issò senza sforzo e la mise seduta sul bordo, con le gambe a penzoloni. Lui rimase dentro alla vasca, in piedi davanti a lei, cercando di capire se stava bene.
Era un po' preoccupato. La ragazza tossiva e non la smetteva di sputacchiare acqua dalla bocca.
«Gra... grazie. Mi hai... huuuff» sussurrò infine lei, riprendendo fiato, quando si fu un po'calmata.
«Dimmi chi sei» le chiese subito lui.
«N-no»
«Perché no?»
«Preferisco così». 
«Ma perché hai voluto uscire con me?» insistette lui, avvicinandolesi piano piano. Si accostò alle sue ginocchia e, quando appoggiò i gomiti e gli avambracci sulle sue cosce, la sentì rabbrividire leggermente.
«Perché... beh, ma è evidente. Tu mi piaci molto, Cormac» mormorò lei dopo qualche secondo, con semplicità. Era una risposta ovvia ma lui, lì per lì, la trovò assolutamente sorprendente.
«Si direbbe che tu sia l'unica» le disse allora, con una risatina amara. Non avrebbe saputo spiegare perché, ma aveva l'impressione che il buio l'avesse messo al cospetto di se stesso, in una dimensione nella quale non era necessario adottare atteggiamenti sciocchi, superficiali e spavaldi, ma in cui era possibile, semplicemente, essere sinceri. «Le altre ragazze, di solito, scappano quando mi vedono arrivare».
«Non sanno quello che si perdono, quelle sciocche!» esclamò lei, di slancio, tendendo la mano per sfiorargli la guancia. In quella si chinò leggermente, andando a solleticargli il viso con i capelli bagnati.
«Perché dici così?»
«Perché non hanno la pazienza di voler guardare oltre la tua corazza da falso imbecille».
«Falso... ma ehi!» 
Lei ridacchiò e gli accarezzò i capelli color del miele. Non risuciva a vederli, ma era come se li avesse davanti agli occhi proprio in quel momento.
«E tu, invece, che cosa vedi?» le chiese Cormac, gustandosi la carezza.
Lei non rispose.
Scostò leggermente le ginocchia, facendogli spazio per poterlo abbracciare più strettamente. E lui, che non si aspettava quella mossa, rimase un po' interdetto. Ma non si tirò indietro e l'abbracciò a sua volta, sussultando leggermente quando lei gli appoggiò il mento sulla spalla.
Si sentiva leggermente spiazzato. 
Nessuna ragazza l'aveva mai abbracciato di sua spontanea volontà fino ad allora, men che meno dimostrandogli affetto. E la cosa gli piacque, e molto, anche.
E un po' si stupì di se stesso: in altre circostanze, se si fosse trovato fra le ginocchia di una ragazza, avrebbe certamente tentato di allungare le mani in modo indebito o, in qualche modo, di approfittarne per forzare un po' le cose.
Ma la sensazione era così bella che lui non la volle rovinare.
«Dimmi chi sei» la pregò nuovamente.
«No».
«Ma perché no?»
«Non voglio rovinare questo momento».
«Ma di cosa hai paura?»
«Di non piacerti».
«Ma è impossibile! Sono sicuro che sei bellissima».
«L'aspetto è così importante, per te?»
«Andiamo! Ma che discorsi sono mai questi? Manco fossi grassa, baffuta, strabica o che so, brufolosa...».
La sentì irrigidirsi contro di lui. In men che non si dica, lei si sfilò dal suo abbraccio e  saltò precipitosamente in piedi, lasciandolo lì ad annaspare sul bordo della vasca.
«Aspetta! Dove vai?» le urlò lui, allungando le mani per cercare di fermarla.
«Addio» rispose seccamente lei, e corse via, senza dargli la possibilità di riacciuffarla.
«Torna indietro!» la supplicò Cormac, invano. 
Ma la ragazza aveva già raggiunto la porta, l'aveva  aperta di scatto e se n'era andata, lasciandolo solo e col kilt ancora a mollo. Lui rimase lì impietrito, senza sapere bene cosa fare.
“Devo... devo assolutamente ritrovarla!”  pensò, sgomento.
Già, ma come?
Non sapeva assolutamente nulla di lei, a parte che era bassina, morbida e profumata di mirtillo. Sai che informazioni...
Mentre puntava le mani sulle piastrelle del bordo per saltare fuori dalla piscina, però, sentì qualcosa di metallico pungergli il palmo. McLaggen raccolse il piccolo oggetto per esaminarlo alla luce che, con l'effetto della polvere Buiopesto Peruviana in esaurimento, aveva ripreso a filtrare attraverso i vetri piombati delle finestre.
Era un orecchino d'argento con un piccolo ovale di corallo incastonato sopra.
Il ragazzo lo rigirò a lungo fra le dita, osservandolo perplesso.

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Capitolo 3
*** Terzo (ed ultimo) Atto. ***


3. Terzo (ed ultimo) Atto.
 
Monday you can fall apart
Tuesday Wednesday break my heart
Oh, Thursday doesn't even start
It's Friday I'm in love

The Cure
 
Il giorno dopo, com'era prevedibile, ebbe luogo una litigata epica.
Katie Bell, dinnanzi a cotanta inspiegabile stupidità (la sera prima le era toccato raccogliere i cocci di un'inconsolabile Eloise), era talmente fuori di sé che quasi lo cruciò; ma lui, testardo come uno degli arieti  magici delle Shetland che il clan dei McLaggen allevava da secoli, continuò ad assillarla a oltranza, tentando in tutti i modi di farsi rivelare il segreto della ragazza misteriosa. Alla fine, esasperata, lei esplose e si mise a urlargli contro, in piena Sala Grande:
«Sei proprio un coglione McLaggen! Mi hai rotto! Se ti azzardi a scocciarmi di nuovo, te lo giuro sul kilt da cerimonia di mio fratello Carbry, chiamo Oliver e gli dico di farti un culo così!»
Con Leanne, non ci aveva neanche provato. Sapeva di non esserle mai andato a genio e di certo, se avesse tentato di metterla alle strette,  le cose si sarebbero messe male: da quanto gli risultava, anche lei usciva con un tizio grande, grosso e particolarmente irritabile.
McLaggen non riusciva a darsi pace. L'aveva cercata in lungo e in largo, consultando febbrilmente il suo inutile schedario (che, in un pomeriggio memorabile, all'apice dello sconforto e dell'ira, aveva scaraventato ringhiando nel camino della Sala Comune) e facendo quasi impazzire tutte le ragazze dotate di fisico curvilineo, capelli lisci ed una statura al di sotto del metro e sessantacinque. Negli ultimi giorni di scuola, finì ripetutamente schiaffeggiato ed affatturato. Giunse ai M.A.G.O che era ormai un grande e biondo straccio sfilacciato, ma riuscì comunque a diplomarsi dignitosamente perché, al di lá delle apparenze, era sempre stato un alunno dal rendimento più che dignitoso.
Nonostante tutti i suoi sforzi, però, non l'aveva trovata. La fanciulla misteriosa sembrava svanita nel nulla; non sapeva, il nostro irrequieto scozzesone, che Eloise non aveva bisogno di un Mantello dell’Invisibilità per passare inosservata e che, il più delle volte, colei che si affannava a cercare con tanta concitazione si trovava, in realtà, ad una distanza di pochissimi passi.
E non sospettava che proprio l'invisibilità di Eloise, che l'aveva tenuta al riparo da quegli atteggiamenti irritanti che lui adottava con le ragazze quando voleva dare il peggio di sé, le aveva permesso di osservarlo liberamente nel corso degli anni rivelandole il suo lato migliore e portandola così, a poco a poco, ad innamorarsi di lui.

 
*

L'anno scolastico era finito e, con esso, il loro soggiorno ad Hogwarts, durato sette lunghi ed irripetibili anni.
Gli studenti del settimo anno, nonostante la comprensibile nostalgia, avrebbero potuto essere lieti ed eccitati all'idea della nuova vita che li aspettava ma, purtroppo, la tragica morte del professor Silente aveva ammantato di tenebra e di cattivi presagi la conclusione del loro iter scolastico, gettando ombre incerte sul futuro di tutti.
Per questo e per altro, il cuore di Cormac McLaggen era pesante come un macigno in quel quel pomeriggio di pioggia; l'Espresso di Hogwarts stava per arrivare a Londra e anche per lui, ben presto, le cose sarebbero inesorabilmente cambiate.
Su al Nord lo aspettavano il suo clan e le loro greggi di pecore Shetland dal Vello Magico; tutte cose che normalmente adorava ma che, in quel momento, non gli procuravano alcuna gioia.Neanche il pensiero delle sagre estive di paese ,durante le quali si era sempre divertito ad importunare le ragazze babbane, riuscì a rallegrarlo un minimo. Il treno decelerò. Il ragazzo si alzò dal sedile e si diresse a passi pesanti verso il corridoio.
Non aveva la minima voglia di spendersi in inutili convenevoli con gli ormai ex-compagni, e poi voleva sgattaiolare via dalla banchina prima di imbattersi in Oliver Baston, che qualche settimana prima gli aveva fatto pervenire una Strillettera talmente inferocita da lasciarlo atterrito.
Nonostante la pioggia scrosciante, all'interno dell'Espresso di Hogwarts faceva molto caldo. McLaggen stava passando davanti allo scompartimento nel quale Katie sedeva con alcune delle loro compagne quando, all'improvviso, udì qualcuno che diceva:
«Per Morgana, che caldo, ragazze».
Quel suono, dolce e gioviale, lo fece sobbalzare. Forse, in altre circostanze, non ci avrebbe fatto caso, ma il connubio di quella voce con il rumore della pioggia gli ricordò immediatamente quella della ragazza misteriosa con cui si era incontrato nel bagno dei Prefetti, che lui aveva sempre associato allo sciabordìo dell'acqua.
Il ragazzo si fermò davanti alla porta di vetroper dare un'occhiata fugace; ciò che vide lo lasciò di stucco. Eloise Midgen, una sua compagna di classe piuttosto carina ma così riservata da risultare praticamente invisibile (francamente, lui, la questione dell'acne non la ricordava affatto) si era tirata su i capelli con una mano e si faceva vento con la bacchetta, dalla quale faceva uscire un un minuscolo e rinfrescante vortice d'aria.
McLaggen sbattè le palpebre per vedere meglio: non credeva ai suoi occhi. Un piccolo orecchino d'argento con un inserto ovale di corallo le adornava l'orecchio delicato.
L'avrebbe riconosciuto fra mille: era il gioiello-gemello di quello che lui aveva rinvenuto sul bordo della piscina e che, da quella notte in poi, aveva rimirato e rigirato fra le dita innumerevoli volte.
Mentre la guardava a bocca aperta, con il viso e le mani schiacciate contro al vetro, ebbe l'impressione che la testa gli si riempisse di un delicato suono di cornamuse. Ma chissà, avrebbero potuto anche essere i freni del treno che, piano piano, si arrestava di fianco alla banchina del binario 9 e 3/4. Non lo sapeva. Proprio in quel momento, comunque, la ragazza alzò gli occhi e lo vide.
Dalla sua espressione, McLaggen capì che lei aveva capito che lui aveva capito. E difatti, allarmata, Eloise saltò in piedi, fece ricadere i capelli e urlò un Evanesco!, facendo sparire la maniglia della porta proprio un secondo prima che lui riuscisse ad allungare la mano per afferrarla e girarla.
Subito dopo la ragazza si smaterializzò sulla banchina, appellò il baule e scomparve fra la folla, lasciandolo là a battere il pugno contro il vetro dello scompartimento.

 
*

«Kitty».
«Dimmi, Oliver».
«Se non glielo dici tu, sarò costretto a farlo io».
«Ma non possiamo...»
«Katie, io-non-lo-sopporto-più! Se va avanti così ancora per un giorno, io non rispondo di me!»
Katie sospirò. Dopo tanti anni di attesa lei e Oliver, finalmente, abitavano insieme. Ma, paradossalmente, non avevano avuto un solo istante di pace. McLaggen era riuscito a scovarla nelle campagne dello Wiltshire (dove si trovava la casa in cui lei ora viveva con Oliver) e la tormentava da giorni, fermamente deciso a farsi rivelare dove si trovasse Eloise.
Il ragazzo aveva piantato una tenda in giardino e si rifiutava di muoversi. Neanche Oliver era riuscito a sloggiarlo, né con le buone, né con le cattive. Il Portiere del Puddlemere United aveva ormai raggiunto il limite della sopportazione, e lei non sapeva più cosa fare. Stringendosi nelle spalle, si avviò verso l'amico d'infanzia, stringendo in mano un bicchiere d'acqua.
Lui l'aspettava seduto in terra, tutto raffazzonato, con la barba lunga di una settimana.
«Smettila di insistere, Cormac. Non te lo posso dire» gli disse, scuotendo il capo.
«Tu non puoi capire, Bell».
«Capisco solo una cosa: devi levare le tende e smetterla di rompere le scatole!»
«Katie, io... quando l'ho vista e riconosciuta, ho sentito il suono delle cornamuse. Non sto scherzando».
Tale rivelazione parve colpirla come un fulmine a ciel sereno. La ragazza spalancò gli occhi e, per la prima volta, lo guardò seriamente.
«Le cornamuse?» balbettò, emozionata ed immediatamente addolcita. Anche lei le aveva sentite suonare, quando aveva conosciuto Oliver.  E pertanto sapeva che, per uno scozzese verace come McLaggen, ciò poteva significare una sola cosa.
«Ma questo cambia tutto!»
Si udì ridacchiare e poi la voce profonda di Oliver Baston che esclamava, non senza un certo sollievo:
«Oh, ma che meraviglia! Quindi ora glielo possiamo dire, Katie cara, che la Midgen abita a Radyr, nella zona suburbana di Cardiff?!»
«Oliver!»
Ci volle solo una frazione di secondo. 
L'aria immobile e arroventata della campagna di Amesbury risuonò del secco e caratteristico crack di qualcuno che si smaterializzava.

*

«Non dimenticare che il signor Hollein ti aspetta domattina alle otto per provvedere al trasferimento».
«Sì, papà. Stavo giusto per andare a sistemare le mie cose».
«D'accordo. Io vado, allora».
«Va bene. Buon lavoro, papà».
«Buonanotte, tesoro».
Eloise lo guardò sparire nel camino e si diresse verso la sua stanza, attraversando il piccolo appartamento nel quale viveva da sola con suo padre.
Da molti anni, il signor Midgen lavorava come portiere notturno al Grand Hotel Georgiano di Londra, il più lussuoso di tutta Diagon Alley. Era sempre stato un impiegato modello, riconosciuto per la sua professionalità ed estremamente rispettato. Il signor Hollein, il direttore, era stato ben lieto di accontentarlo quando lui gli aveva chiesto un lavoro per la figlia appena diplomata; aveva subito fissato un colloquio con la ragazza, che l'aveva assolutamente entusiasmato. Discreta e di bell'aspetto, Eloise era una giovane strega che sembrava avere il dono di saper capire al volo quello di cui le persone avevano bisogno, senza che ad esse fosse necessario chiedere. Una dote decisamente eccezionale per una perfetta addetta alla reception.
Il giorno dopo, quindi, la ragazza sarebbe entrata in servizio nella filiale che il Georgiano aveva appena aperto a Cape Town, in Sudafrica.
Un po' le dispiaceva, perché a lei sarebbe piaciuto continuare a studiare e specializzarsi in Cura delle Creature Magiche. Purtroppo, però, suo padre non non aveva denaro sufficiente per pagarle gli studi di Veterimagica.
“Pazienza” si disse. 
Non poteva permettersi di rimanere con le mani in mano; suo padre aveva fatto grandi sacrifici per allevarla da solo dopo la scomparsa della moglie. Rassegnata, cominciò a sistemare le sue cose, facendole levitare ordinatamente fino al baule, che solo pochi giorni prima aveva svuotato dei suoi oggetti della scuola.
Mentre si affaccendava a ripiegare gli abiti con dei precisi colpi di bacchetta, fece partire la radiolina sulla quale aveva caricato le canzoni dei Cure, un gruppo musicale babbano che piaceva molto a sua cugina Maganò.
La musica invase l'aria. Il cantante parlava delle sue pene d'amore del venerdì sera ed ed Eloise, sorridendo con un po' di tristezza, realizzò che quel giorno era proprio venerdì.
“Mi piacerebbe proprio riuscire a pensare a quel cretino un solo giorno su sette” si disse, sbuffando. Ma non c’era niente da fare. Cormac McLaggen era sempre nei suoi pensieri, che fosse lunedì, martedì, domenica o qualsiasi altro giorno della settimana.
Fra una traccia e l'altra, comunque, le parve di udire una scampanellata.
Una vera e propria gragnuola di scampanellate, per dire la verità.
Eloise si diresse verso la porta e, quando l'aprì,  si ritrovò davanti il signor Baggins, il portinaio babbano del suo condominio.
«Signorina Midgen» la investì immediatamente quello gesticolando, visibilmente alterato. «C'è giù in cortile un pazzo con una cornamusa; dice di essere amico suo. La prego, lo faccia smettere. Sta tenendo sveglio tutto il caseggiato e pare non abbia alcuna intenzione di andarsene».
Eloise sbattè le palpebre.
«Co... cornamusa?!» domandò, un po' spiazzata.
Ma subito dopo, istantaneamente raggiunta da uno speranzoso sospetto, piantò in asso il signor Baggins e corse sul balcone col cuore che le galoppava nel petto.
Non appena si affacciò, lo vide. 
Cormac McLaggen, in piedi in mezzo al cortile acciottolato, guardava verso l'alto e suonava la cornamusa. Si era vestito di tutto punto, con la camicia bianca ed un’elegante giacca grigia di lana cotta. Le prodigiose ginocchia spuntavano da sotto l'orlo di quello che aveva tutta l'aria di essere il suo kilt migliore, di lana leggera a quadretti verdi e azzurri. Si era pettinato con cura i riccioli biondi e aveva anche fatto crescere un po' la barba.
Era davvero meraviglioso, pensò Eloise, sinceramente sorpresa e assolutamente emozionata. Nessuno le aveva mai fatto una serenata prima di allora, men che meno con una cornamusa.
Non appena l'avvistò, lui le sorrise e fece comparire uno striscione giallo canarino con un colpo di bacchetta; sopra c'era scritto: “ESCI COM ME ELOISE MIDGEN!” e sotto, in piccolo; “Ti prego!”
Eloise era rimasta a bocca aperta. «McLaggen, ma... che cosa stai facendo?» esclamò, incapace di dire altro.
«Ti sto invitando ad uscire con me! » rispose lui, con aria ovvia. 
«Ma... oh, razza di scottish indiscreto... Vieni su, sbrigati. Stai dando spettacolo! » gli ulrò dietro lei, a disagio. I vicini avevano cominciato ad occhieggiare dalle finestre. Sparì dal balcone e si affrettò a raggiungere il pianerottolo dove, dopo pochi secondi, lui si materializzò alle spalle del povero portinaio, rischiando di fargli venire un infarto. 
«E quello cos'è?!» domandò Eloise, osservando sconcertata um cespuglio di rose piuttosto malconcio, mentre il signor Baggins si precipitava giù dalle scale. Il povero arbusto aveva le radici a vista e tutta l'aria di essere stato appena sradicato a forza dal giardinetto condominiale.
«È... è per te» borbottò lui, un po' imbarazzato. Il giorno prima aveva comprato cento rose rosse da regalarle, ma aveva avuto la malaugurata idea di lasciarle a prendere aria in veranda e, purtroppo, quel maledetto plesiosauro che viveva nel laghetto dei vicini gliele aveva fatte fuori tutte. Così, senza sapere dove sbattere la testa, aveva dovuto ripiegare su una soluzione d'emergenza.
Eloise fece levitare il cespuglio di rose fino al portaombrelli e lo guardò, senza sapere bene cosa dire.
 «Ehm... posso entrare?» le chiese lui dopo qualche istante.
«Uhm. Va bene». La ragazza si scostò per lasciarlo passare e poi lo condusse in cucina.
Attraverso la porta aperta del corridoio, lui scorse la sua cameretta in mezzo alla quale si trovava il baule aperto.
«Stavi facendo i bagagli?» le chiese, titubante.
«Sì».
«Ah... vai al mare in Cornovaglia?»
«Non proprio. Domani mi trasferirò a Cape Town; ho trovato lavoro alla filiale del Georgiano».
«Cooosa?!  Domani... in Sudafrica?? No!»
«È un'ottima opportunità di lavoro...» osservò lei, tentando di ostentare una certa professionalità.
«Ma tu non puoi trasferirti laggiù!»
«E perché no?!»
«Perché devi uscire con me!»
«Che sciocchezza!» rispose Eloise, abbassando gli occhi. Sapeva che McLaggen era un tipo insistente - l'aveva visto all'opera innumerevoli volte -, ma era strano (e fantastico) vederlo insistere proprio con lei.
Ne sarebbe stata più che felice, se non che la decisione era già stata presa. Fece per girarsi ed uscire dalla cucina, ma lui la fronteggiò.
«Eloise» le disse serio. «Quando sono con te, io sento il suono delle cornamuse».
Lei non sapeva che cosa intendesse dire esattamente, ma capì che doveva trattarsi di qualcosa di importante – una specie di dichiarazione d'amore tutta scozzese - perché,  in men che non si dica, lui si era chinato e l'aveva afferrata per le spalle per baciarla con circospetta delicatezza. Non si trattava di uno di quei soliti baci inopportuni con cui tante volte l'aveva visto importunare le studentesse indignate.
Era dolce e un po'esitante e vagamente... disperato.
Eloise non potè fare a meno di addolcirsi, e poi avvampò al pensiero che Cormac McLaggen volesse davvero uscire com lei, nonostante ormai sapesse che lei... era lei. Lo dimostrava il fatto che l'aveva cercata, aveva tentato di farle una sorpresa romantica e ora la stava baciando, chiedendole di non partire.
Si scostò delicatamente da lui e alzò timidamente gli occhi per guardarlo.
Così alto e biondo, Cormac McLaggen era bello come i protagonisti di quegli sciocchi romanzi rosa che tanto si divertiva a leggere con sua cugina. Cosa avrebbe fatto, in quel momento, l'eroina di una di quelle storie così inverosimili? Solo una cosa, probabilmente.
«Vieni con me» gli sussurrò, dopo un attimo di esitazione nel quale molte decisioni furono prese.
E, intrecciando le dita alle sue, lo condusse  fino alla sua stanza, facendolo sedere sul letto.
«Eloise...io non...» balbettò lui, intimidito.
Lei lo trovò assolutamente adorabile. E definitivamente irresistibile. Nessuna traccia, in quel momento, della fantomatica Spocchia alla McLaggen; nessun segnale della consueta arroganza. Tutta la sua impavida spavalderia sembrava essersi dissipata in una sorta di timorosa agitazione.
«Ti sto dando l'opportunità di convincermi a restare, sciocco» gli sorrise lei, passandogli piano l'indice sulle pieghe del kilt, che ondeggiarono come mosse dall'aria. Poi, gettategli le braccia al collo, lo spinse giù, baciandolo con foga.
“Altro che cornamusa” ebbe appena il tempo di pensare Cormac,  prima di partire per la tangente e farsi travolgere dall'entusiasmo.
Quella, gente, era l'Orchestra Reale di Edimburgo in pompa magna al Grande Concerto di Natale.

Cose da sapere:
1) Dopo quella notte, Eloise e Cormac non si sono più lasciati. Vivono a Stennes, sulle isole Orcadi, in una casa di pietra in bilico sulla scogliera. Insieme, allevano pecore Vello Magico delle Shetland, la cui lana è venduta a peso d'oro nelle più rinomate filande del Mondo Magico.

 

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