L'eternità dei fiori di ciliegio. di _Lady Cassiopeia_ (/viewuser.php?uid=135225)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Consapevolezze. ***
Capitolo 2: *** Dove passato e futuro s'incontrano. Presente. ***
Capitolo 3: *** Di vendetta, fratellanza e rapimenti. L'inizio della fine. ***
Capitolo 4: *** Dentro il corpo di Naraku - Parte prima ***
Capitolo 5: *** Dentro il corpo di Naraku - Parte seconda ***
Capitolo 6: *** Cambiamenti. ***
Capitolo 1 *** Consapevolezze. ***
“Le
conosco, le anime come quella di Rin:
si
fanno strada
nelle tenebre del tuo cuore e nulla sembra poterle fermare.
Illuminano
tutto,
senza chiedere il permesso.
Cerchi
di
scacciarle in tutti i modi e, quando finalmente ci riesci, ti ritrovi
a non saper più che fare senza la loro luce a guidarti.
Queste
mortali
hanno più potere in una sola delle loro mani di quanto mai
potremmo
averne noi.
Sono
qualcosa di
misterioso, di incomprensibile, qualcosa di cui non siamo degni; ma
hanno scelto noi e tenercele strette deve essere il nostro scopo
nella vita.
Tienitela
stretta, Sesshomaru.
Le
anime come Rin
sono tesori così preziosi da essere
ineguagliabili.”
-Daiki-
Non
è cambiato nulla.
Sesshomaru
sgranò appena
gli occhi, stupendosi di quel suo pensiero così distorto.
Nonostante
di secoli ne
fossero passati quasi due dall'ultima volta in cui ci aveva messo
piede, il demone ammise che le terre dell'Est non sembravano essere
cambiate, restando sempre belle come le ricordava.
Belle
come le aveva rese
Lei, Regina della natura.
Tanto
potente quanto mortale, che spreco.
Chiuse
gli occhi per un solo
istante, respirando appieno il dolce profumo delicato delle centinaia
di ciliegi in fiore che circondavano il palazzo presso cui si stavano
dirigendo.
Erano
sempre state di una bellezza impossibile quelle terre, floride di
paesaggi mozzafiato e di colture sempre molto più che
abbondanti; ma
lei
aveva reso tutto ancor più bello se possibile.
Eppure,
nonostante tutto
fosse esattamente come ne aveva memoria, Sesshomaru sapeva quanto in
realtà il regno del suo più caro amico fosse
cambiato.
Due
secoli non risparmiano una vita umana, per quanto potente.
Sesshomaru
non era stupido:
nonostante a prima vista tutto sembrasse essere rimasto immobile,
cristallizzato, probabilmente erano anni che la felicità non
abitava
più nel cuore del sovrano dei Demoni Cane dell'Est.
Se
è riuscita a sopravvivere per mezzo secolo, sono almeno
centocinquant'anni che è morta.
Il
tempo era ingiusto,
crudele.
E
non risparmiava nessuno.
C'è
chi muore e chi è costretto a sopravvivere. Ancora non so
cosa sia
meglio.
Ricordava
ancora come durante il suo
dominio gli alberi dinnanzi a lui fossero costantemente in fiore,
anche d'inverno; non che la bellezza dei ciliegi fosse diminuita nel
tempo, ma essendo primavera inoltrata Sesshomaru non si aspettava
nulla di diverso; probabilmente all'abbassarsi delle temperature non
sarebbe rimasto più nulla di quello spettacolo.
Così
come non sarà rimasto nulla di lei.
Ricordava,
come fosse ieri,
quanto Daiki avesse amato guardarla passeggiare per i giardini;
quanto lui stesso fosse rimasto amaliato dalla naturalezza con cui
quell'umana provveniente da terre lontanissime riusciva, con il tocco
di un dito, a far fiorire un albero intero.
Aveva
visto l'esistenza del
suo più caro amico riempirsi di colori e gioia, lo aveva
visto
innamorato e dolce come non credeva fosse possibile per quelli come
loro. Demoni.
Com'era
possibile che una
creatura eterna come un demone si inginocchiasse dinnanzi a una
misera mortale?
Non
aveva capito, non ci era
mai riuscito almeno fino a quando non si era ritrovato a sentir il
suo cuore riempirsi dei sorrisi di un'orfanella.
E
allora tutto era cambiato.
Tutto.
Se
voltare le spalle a Daiki
e la sua donna era stato salutare, almeno era riuscito a proteggersi
dal dolore che quell'umana avrebbe portato un giorno all'amico;
scappare da Rin era praticamente impossibile.
Non
ci sono riuscito quando non sapevo ancora il suo nome, figurarsi ora.
Sentì
all'improvviso il
rumore dei piccoli passi della bambina che si portava appresso,
Sesshomaru non si voltò, conscio che presto lei l'avrebbe
sorpassato
entrando con la forza nel suo campo visivo.
Senza
chiedere il permesso, come sempre.
Fermò
il suo camminare
quando la vide saltellare un paio di volte con il desiderio di poter
afferare un ramo per annusarne i fiori, sfortunatamente però
era
ancora troppo piccola.
Nel
giro di qualche anno sarai donna. Non ti volterai più verso
di me,
non mi sorriderai più riconoscente per l'aiuto. Non avrai
più
bisogno né dell'aiuto né tantomeno di me.
Le
si avvicinò in un paio
di falcate e spezzò un piccolo rametto, posandolo sulle mani
di Rin
che si lasciò scappare un gridolino felice.
-Grazie
mille, Signor
Sesshomaru!-
Non
le rispose, non ce n'era
bisogno, eppure rimase a fissarla mentre lei, estasiata, immergeva
delicatamente il nasino tra i petali rosa dei fiori.
Gli
esseri umani, infondo, non sono diversi dai fiori di questi ciliegi.
Il
demone bianco sentì una
leggera stretta al cuore, pur non mostrando alcuna emozione, nel
guardare la bambina accostata a quei fiori.
Appassirai
anche tu in un lampo e io non potrò farci nulla. Nulla.
Aveva
già rischiato di
perderla fin troppe volte e ancora non si era perdonato per essere
stato lui l'ultimo, in ordine cronologico, ad aver posto fine alla
sua vita.
Aveva
bramato il potere fino
al punto di sacrificare tutto quello che di importante possedeva, si
era spinto fino al punto in cui aveva voltato le spalle all'unica
cosa che fosse sacra per lui.
Per
me non c'è nulla che abbia lo stesso valore della vita di
Rin.
Solo
allora aveva compreso
perchè Daiki avesse comunque deciso di stare accanto alla
donna che
amava, senza pensare al poco tempo che avrebbero avuto a
disposizione.
-Presto
morirà.-
Daiki,
gli occhi
blu segnati dal dolore, gli sorrise appena.
-Inevitabile,
Sesshomaru. Ma ne varrà la pena, vivere con lei anche se per
pochi
istanti.-
Tornò
a guardare la bambina
alle sue spalle, riprendendo poi il cammino.
Meglio
pochi istanti insieme che il rimpianto di quello che avremmo potuto
avere.
Capirlo
era un conto, ma
accettarlo era tutt'altro.
Chissà
come sarebbero
continuate le cose, chissà se lei gli sarebbe rimasta
accanto fino
alla fine.
Ruscirei
a rinunciare a lei se questo la rendesse felice?
Fortunatamente
a
interrompere quel suo dialogo interiore e a distoglierlo dal dolore
furono le parole del suo unico servitore che, oltre ad aver imparato
a tacere sulla strana natura del rapporto tra Sesshomaru e Rin,
sembrava aver imparato anche quando fosse il caso di parlare e quando
non lo fosse.
-Padrone,
possibile che il
potere di quella donna sia ancora in queste terre? Possibile che le
amasse a tal punto?-
Lui
non rispose subito,
incuriosito dalla domanda posta dal kappa.
Poteva
essere possibile?
No,
si disse, per quanto
potente la Regina era stata un'umana, una ningen. Nulla poteva
cambiare questo.
Com'è
strano il fato: donare un potere simile a una creatura destinata a
morire in poco più di mezzo secolo quando avrebbe potuto
donarlo ad
un demone che avrebbe saputo accrescerlo a dovere.
Sentì
i passi della sua
protetta farsi più veloci, più vicini e,
inconsciamente, rallentò
affinchè lei riuscisse a raggiungerlo.
Ormai
era una scena che si
ripeteva tutte le sere, ogni qualvolta fossero prossimi a trovare un
luogo dove accamparsi per la notte.
La
bimba, fin troppo
intelligente, gli sorrise riconoscente.
Incredibile
come ogni cosa stia mutando, come tutto sembra essersi messo in
movimento.
-Signor
Sesshomaru, è vero
che la regina di queste terre era umana?-
Lui
annuì. -Esatto Rin.-
-L'hai
mai incontrata,
Signor Sesshomaru?-
Il
demone bianco distolse lo
sguardo da quello castano e vispo della bambina, puntandolo verso
l'argentea luna piena quella sera più grande che mai.
La
prima volta in
cui lui, il grande Sesshomaru del casato nobilissimo e purissimo dei
Taisho, dalla notte dei tempi sovrani dei Demoni Cane delle Terre
dell'Ovest, aveva incrociato lo sguardo con una donna umana,
pensò
che Daiki, quanto di più simile ad un fratello, avesse
completamente
perso il lume della ragione.
Il
principe delle
terre dell'Est l'aiutava a camminare dato che la ningen sembrava
essere ancora debilitata dallo scontro avuto con i suoi stessi
genitori.
Aveva
una gamba
fasciata a cui era stato applicato un unguento che pareva ancora
darle fastidio nonostante fossero ormai passati diversi giorni dal
suo arrivo a palazzo, e dal finissimo kimono che la Regina le aveva
prestato si intravedevano altre fasciature.
L'amico
gli aveva
raccontato la sera precedente che la matrigna della ningen l'aveva
personalmente pugnalata nella speranza che non sopravvivesse alla
fuga dal castello di famiglia.
Sesshomaru
non se
ne era stupito così tanto, infondo anche nelle loro terre le
primogenite femmine venivano eliminate nell'attesa di ottenere un
erede maschio.
Quando
finalmente
passò ad osservare la creatura che sembrava aver rapito il
principe
di quelle terre, rimase a dir poco stupito.
Era
strana, per
essere una semplice ningen.
Sembrava
qualcosa
di ultraterreno, talmente eterea da porter sembrare una demone se non
addirittura una dea.
Era
oggettivamente bella, per quanto Sesshomaru non fosse tipo da notare
simili caratteri nelle creature mortali (o immortali) dovette
ammetterlo.
Era
gracile,
troppo magra e decisamente più alta di qualunque altra donna
orientale, aveva capelli di un biondo talmente chiaro da poter essere
scambiati per bianchi, labbra carnose, troppo carnose; ma quello che
colpiva maggiormente Sesshomaru erano gli occhi: verdi, di un verde
così acceso, intenso, da lasciare senza fiato.
Erano
brillanti,
inebrianti, magnetici.
Poteva
giocarsi
la sua immortalità: non ci sarebbe mai stata altra creatura,
anche
tra gli immortali, a possedere simili occhi.
Daiki
gliela
aveva presentata con entusiasmo, lei aveva fatto uno strano inchino,
aveva leggermente sorriso con eleganza e poi, forse ricordandosi di
non essere più nelle sue terre, aveva chinato il capo con il
rispetto che si pretendeva dalle donne giapponesi.
-Un
onore
conoscervi, Principe Sesshomaru.-
Lui
le aveva
semplicemente fatto un cenno col capo, senza dire una parola
sentendosi tradito.
Come
poteva
fargli questo, Daiki?
Come
poteva
sporcare centinaia d'anni di purezza di sangue per una misera
mortale?
Che
futuro
avrebbe dato a degli ipotetici figli se la madre nel giro di una
cinquantina d'anni fosse morta?
Non
capiva,
maledizione. Non ci riusciva proprio.
Aveva
dato le
spalle alla coppia e se n'era andato per un paio di giorni.
L'ultima
volta in
cui l'aveva guardata era rimasto stupito.
Erano
in
battaglia, i demoni gatto erano in netto vantaggio nonostante lui e
Daiki stessero combattendo al massimo della loro forza, ma il
principe di quelle terre era troppo addolorato dalla morte del padre
avvenuta misteriosamente qualche giorno prima per poter essere lucido
ed utile in battaglia.
Erano
moltissimi,
i bastardi, e lui per quanto forte, non poteva batterli tutti.
L'esercito
di
Daiki stava soccombendo, i demoni gatto sembravano non finire mai e
la Signora Madre, Yuzuki, l'unica demone che Sesshomaru avrebbe
potuto tranquillamente chiamare madre, era stata gravemente ferita.
L'umana,
obbligata a restare dentro il palazzo.
Daiki
sarebbe
morto se si fosse dovuto preoccupare anche di lei, Sesshomaru ne era
conscio.
Erano
stremati,
era ormai scesa la seconda notte di guerra e presto avrebbero ceduto.
In
un qualche
modo la mocciosa riuscì a liberarsi delle proprie guardie e
arrivò
al campo di battaglia proprio quando il compagno fù
immobilizzato a
terra, una spada puntata alla gola.
-Principe,
oggi
il tuo regno diventerà finalmente mio. Il tuo trono mi
appartiene.-
Sesshomaru
non si
mosse, intento a capire cosa poter fare nonostante fosse molto
debilitato.
Un
urlo attirò
l'attenzione di tutti i presenti.
-E
questo
bocconcino da dove salta fuori? Ha il tuo odore, lurido cane. Non
dirmi che hai osato macchiare il nome del tuo nobilissimo clan per
una donna. Un'umana.-
Risero
tutti, di
lui, di lei.
Sesshomaru
la
odiò in quel preciso istante: il suo migliore amico, demone
degno
del massimo rispetto, deriso in punto di morte per una mocciosa
umana.
Un'onta
di cui
Daiki non avrebbe mai potuto liberarsi, tantomeno da morto.
Fu
allora che la
ragazzina lo sorprese.
-Non
osate ridere
di lui.-
Il
demone gatto
ghignò. -Potrei tenerti in vita un paio di mesi, ragazzina,
strapparti gli occhi sarà un pioacere immenso. Quel tuo
orrido
ghigno di vittoria lo distruggerò a furia di spezzarti ogni
singolo
osso.-
Un
paio di
movimenti aggraziati delle sue mani e tutti, tutti i demoni gatto, si
ritrovarono legati a terra da liane improvvisamente spuntate dal
terreno.
Ne
uccise
personalmente solo uno: il bastardo che aveva osato colpire a livello
del cuore Yuzuki.
Del
resto
dovettero occuparsene lui, ma soprattutto Daiki in modo da poter
essere rispettato e accettato come nuovo re.
-Qualche
volta.-
-Era
bella?-
Sesshomaru
alzò leggermente
un sopracciglio argenteo, distogliendo lo sguardo da quello della
bambina.
Che
domanda era?
-Che
razza di domande fai,
sciocca ragazzina? Credi davvero che il Sommo Sesshomaru perda tempo
a guardare le donne umane?-
Rin
s'imbronciò appena.
-Scusate.-
Avrebbe
voluto dirle
qualcosa, in quell'istante, far sparire quell'ombra di dolore dagli
occhi della bambina ma, all'improvviso fu altro ad attirare la sua
attenzione: l'odore del vento era cambiato, stava arrivando qualcuno.
E
non è Daiki.
La
luna sparì
all'improvviso, coperta con violenza da enormi nubi cariche di
tempesta.
Lampi
e fulmini si
susseguirono per un paio di minuti, Sesshomaru prese tra le braccia
Rin mettendola poi al riparo sotto il più possente dei
ciliegi.
Se
un fulmine la colpisse..
Jaken,
Kohaku e Ah-Un si
misero vicino alla ragazzina, il drago le si accoccolò
accanto
guardando poi il suo padrone, Sesshomaru sapeva che l'avrebbe
protetta a costo della sua stessa vita.
Rin
e Ah-Un avevano un
legame particolare, era qualcosa che andava oltre il semplice
rapporto di fedeltà della bestia.
Rin,
come faceva con tutti,
si prendeva cura di quel demone a due teste con affetto e
naturalezza, quasi quella creatura non fosse un possente drago ma la
più docile e meritevole bestiola.
Qualche
albero accanto al
loro prese fuoco, Sesshomaru per non correre rischi estrasse Tenseiga
piantandola a terra. Seppur la spada fosse ormai inutile, la sua
barriera risultava essere ancora invalicabile al nemico.
Una
risata acuta, oscena,
catturò immediatamente l'attenzione del demone bianco.
Poi
il nemico, finalmente,
comparve.
Aveva
la pelle di un colore
malsano, gli occhi di un folle e un sorriso fin troppo impertinente a
sorpiargli le labbra.
Rimise
Tenseiga nel fodero
quando le scariche elettriche vennero meno e fece qualche passo
avanti.
-Levati,
tu sei debole.-
Se
Sesshomaru non rispose, i
suoi compagni di viaggio si indispettirono per lui. Forse fin troppo.
Jaken
al solito aveva
iniziato a dire cose senza senso, avesse potuto l'avrebbe ucciso lui
stesso in quel momento.
Il
nemico allungò uno dei
suoi arti fino a cercare di colpire Kohaku, la cui scheggia della
sfera sembrava essere diventata una calamita per tutte le disgrazie.
Lo
mancò, Sesshomaru
tranciò quel tentacolo con i suoi artigli.
-Te
lo ripeto, sei debole.-
L'unica
con un po' di sale
in zucca, Sesshomaru lo pensò con orgoglio, sembrava essere
Rin che
aveva preso le redini di Ah-Un e dopo aver fatto salire Jaken e
Kohaku si era alzata in volo allontanandosi lo stretto necessario per
poter essere al sicuro.
Il
nemico cominciò a
ridere. Sesshomaru capì immediatamente che stava ridendo di
lui.
-Oh
si, mi tocca ripeterlo:
sei debole. Le creature che ti seguono me lo confermano.-
Un
altro tentacolo partì
verso il cielo, il maledetto sembrava desiderare a tutti i costi la
vita dello sciocco ragazzino.
Il
suddetto genio, invece di
scansarsi, lanciò la sua arma di sterminatore colpendo il
nemico
alla tempia.
Stupido.
Bastò
uno strattone del
mostro per far cadere Kohaku da Ah-Un.
-Se
è un'emanazione di
Naraku, ora che il mio frammento è stato purificato, non
potrà
toccarmi.-
Sesshomaru
stesso rimase
sorpreso quando il ragazzino venne imprigionato dal nemico.
-Naraku?
Non osare
compararmi a quel mezzodemone.-
Quelle
parole fecero gelare
il sangue a molti dei presenti, Sesshomaru preferì non
pensare a chi
diavolo fosse quella creatura.
Il
demone bianco con un
balzo si avvicinò all'umano, quando però
allungò la mano verso di
lui si ritrovò trafitto in tre punti dell'avambraccio.
Il
veleno di quelle dannate
punte gli ustionarono il braccio, una si allungò a tal punto
da
colpire la sua mokomoko.
Ringhiò.
-Sei
debole, non smetterò
mai di ripetertelo.-
Lo
sentì ridere
sguaiatamente mentre Rin chiamava il suo nome, terrorizzata.
-Il
modo in cui quel
cucciolo d'uomo si preoccupa per te, debole, è
così tenero.-
Lo
sentì ridere
maggiormente. -E ora, il colpo di grazia.-
Sesshomaru
non si mosse, non
mostrò alcuna intenzione.
-Bastardo!-
Sesshomaru
posò lo sguardo
sul quel lurido mezzodemone che era appena giunto, solo lui avrebbe
potuto essere sempre così volgare.
Il
dannato con la sua
Tessaiga tranciò di netto il braccio del nemico, liberando
sia lui
che il moccioso umano.
Del
secondo si prese cura il
resto del gruppo di Inuyasha, appena lui toccò terra invece
si
ritrovò a fissare gli occhi scuri di Rin.
Sgranò
appena lo sguardo,
la ragazzina stava per piangere. Si fissarono pochi istanti, lei
schiuse le labbra un paio di volte ma non disse una parola.
Probabilmente
scoppierebbe a piangere, se dicesse qualcosa ora.
Non
disse nulla neppure il
demone maggiore, semplicemente annuì in silenzio vedendo la
bambina
sorridere appena.
Tutte
le emozioni che Rin
provava nei suoi confronti, il modo in cui si preoccupava sempre per
lui lo lasciavano sempre pù stupito.
Il
calore, il suo calore. Lo sento dentro.
-Chi
diavolo sei?-
Sesshomaru
puntò nuovamente
lo sguardo verso il nemico, il quale sembrava troppo intento ad
osservare la sacerdotessa cui si accompagnava Inuyasha. Gli
bastò
incrociare lo sguardo della ragazzina per un solo istante per farla
cadere a terra, priva di sensi.
-Che
le hai fatto? Allora?
Che hai fatto a Kagome?-
La
risata della creatura
fece accaponare la pelle a tutti. -Vuoi davvero sapere chi sono,
lurido mezzodemone cane? Ebbene, ti accontento, il mio nome
è
Magatsuhi.-
Poco
importava chi fosse,
quel Magatsuhi meritava solo una cosa: la morte.
E
sarebbe stato lui, il
grande Sesshomaru ad ucciderlo.
Lo
esige il mio orgoglio.
-Prendete
Kohaku e
allontanatevi da qui, siete di troppo.-
Non
guardò nessuno di loro,
poco gli interessava delle loro vite. Voltò lo sguardo un
solo
istante, verso Rin, balzando poi verso il maledetto che aveva osato
ferirlo e deriderlo.
Neancora
sai, contro chi ti sei messo.
-Sesshomaru,
i feriti gravi
non combattono. Fatti da parte.-
Come
osava quel lurido
mezzodemone? Come osava sminuirlo così, dinnanzi al nemico?
Giunti a
quel punto, la vita del solo Magatsuhi non avrebbe placato la sua
sete di sangue.
Jaken,
al solito, non riuscì
a tapparsi la bocca.-Come osi, Inuyasha? E di chi credi sia la colpa?
Se il Nobile Sesshomaru non ti avesse ceduto Meido Zangetsuha, a
quest'ora..-
-Taci,
maledetto! Non me ne
può fregar di meno.-
Sentì
il cuore battere
furiosamente, il sangue pompare con forza nelle sue vene e
Sesshomaru, a quel punto, chiuse gli occhi lasciando che, una volta
riaperti, fosse la creatura demoniaca ad avere il sopravvento.
Il
suo sguardo si tinse di
rosso, le iridi divennero azzurre mentre la bocca gli si riempiva di
veleno e i denti si affilavano.
-Un
ridicolo mezzodemone
avrebbe pietà di me? Temo mi stiate entrambi sottovalutando.-
Alzò
l'arto ferito e
ustionato, bastò una lieve tensione dei muscoli per far
sparire
completamente le ferite e a quel gesto Magaztuhi rise ancor
più
forte. -A quanto pare, ti serve un'altra lezione. La sostanza
però
non cambia: sei debole.-
I
suoi arti si allungarono
nuovamente, Sesshomaru si mosse all'ultimo e con una
velocità tale
da lasciare a bocca aperta anche l'emanazione della sfera stessa.
Ah,
adorava lasciare il
nemico senza parole.
Adorava
fossero riconosciute
le sue capacità.
Infondo,
Sesshomaru, era
vanesio quanto consapevole della sua grandissima forza.
Poteva
permettersi un simile
atteggiamento, al contrario di quel montato scarto di vita che era il
suo fratellastro.
Un
paio di movimenti
fulminei, poi una luce azzurra lo avvolse completamente e quando
tocco nuovamente terra aveva assunto la sua più magnifica
forma
demoniaca ma, soprattutto, teneva tra le fauci la testa
dell'avversario.
Fu
Inuyasha ad avvisare gli
umani di alzarsi in volo, quando dal corpo della parte malvagia della
sfera cominciò a fuoriuscire miasma micidiale.
Gli
alberi attorno a loro, i
pochi sopravvissuti, appassirono all'istante e morirono mentre quel
tremendo gas si faceva sempre più strada nelle terre del
Principe
Daiki.
-Continuate
pure,
distruggete il mio corpo. Ci rimetteranno solo quei miserabili umani
e poi, io non sento dolore. Questo è solo un corpo in
prestito.
Fatene ciò che preferite.-
Dalla
testa tra le fauci di
Sesshomaru cominciarono ad apparire altri tentacoli, così
come dal
corpo decapitato ma se i secondi furono tranciati di netto da
Inuyasha, i primi si avvolsero sempre più attorno alla
possente
figura del demone cane imprigionandolo in una morsa sempre
più
stretta.
-Sesshomaru,
fai
attenzione.-
Sentì
in lontananza la voce
di Rin, quella benedetta creatura sembrava non essere capace di
trattenere la sua preoccupazione per lui, qualunque fosse il
contesto. Non avrebbe mai ringraziato abbastanza il destino per
quello.
Una
volta completamente
avvolto dalle protuberanze di quella dannata testa parlante,
tornò
alla sua forma umanoide uscendo dal groviglio sano e salvo.
-Per
fortuna.-
Com'era
possibile che la
voce di Rin, nonostante la bimba avesse appena sussurrato, gli
risultasse sempre così comprensibile e limpida?
Sentiva
la rabbia scorrergli
nelle vene con il sangue, la sentiva corrodergli ogni maledetto
briciolo di ragionevolezza ed esausto dalle risa di scherno
tornò
all'attacco, gli artigli avvelenati come unica arma.
Finì
imprigionato
nuovamente nel giro di pochi fendenti, l'umiliazione a bruciare come
sale su ferite fresche e profonde.
Fu
il fendende di una spada
sottile ma affilatissima, leggermente ricurva, a liberarlo dalla
presa di Magatsuhi.
Che
sorpresa.
Il
demone maggiore, padrone
della spada che aveva tranciato quei tentacoli, gli si fece
immediatamente accanto.
Sesshomaru
incrociò le sue
iridi blu notte, ovviamente non ricambiò il leggero sorriso
con cui
l'altro lo salutò, ma rimase ad osservarlo per un bel po' di
tempo.
Era
cresciuto anche lui,
notò velocemente: aveva le spalle più larghe,
un'aurea demoniaca
immensa, la mokomoko nera toccava terra per almeno un terzo della sua
lunghezza ed era, se possibile, ancor più folta di quella
del demone
bianco.
Aveva
lunghi capelli blu
notte legati in una coda alta grazie ad un nastro di seta nero,
indossava un kimono nero le cui maniche sfumavano fino al grigio, ma
non aveva alcuna armatura su di sé, l'unica protezione era
un
semplice blocco metallico posto sul petto, a protezione del cuore,
fissato grazie ad una catena anch'essa metallica che gli passata
sotto il braccio e dietro il collo.
-Sesshomaru,
a furia di
attendere una tua visita pensavo sarei morto.-
-Tsk.-
Sei
solo. E così è morta davvero.
Il
demone maggiore, signore
dei cani della luce, rise di cuore.
Magatzuhi
guardò il nuovo
arrivato con interesse. -E voi, chi maledizione siete?-
Se
il demone cane appena
giunto si era mostrato tanto premuroso nei confronti di Sesshomaru,
questo non valse per nessun altro.
-Andatevene.-
L'altro
rise. -Forse non
avete capito con chi avete a che fare.-
Inuyasha,
che ancora non
capiva cosa c'entrasse quel tale con Sesshomaru, si fece avanti nello
scontro e Tessaiga si colorò di nero. -Oh, non mi crederai
così
stupido, spero, mezzodemone.-
Si
spaccò in mille e più
frammenti, circondando tutta l'area con i pezzi del suo corpo e dei
suoi tentacoli.
-Forza,
colpiscimi se ci
riesci. Vedere queste anime umane morire a causa del tuo Meido
sarà
quanto mai appagante. Su, Inuyasha, colpiscimi.-
Il
mezzodemone ringhiò,
Daiki intanto si voltò verso Sesshomaru, che se ne stava
fermo
immobile. -Che facciamo?-
Sesshomaru
lo guardò per un
solo istante. -Riuniamo i pezzi.-
Si
librarono entrambi in
aria, il demone bianco subito affiancò Ah-Un cominciando poi
a
colpire con gli artigli i vari frammenti. L'amico di una vita fece lo
stesso.
Il
bonzo si sorprese
dell'azione dei due demoni maggiori, Sesshomaru rimase però
stupito
dalla naturalezza con cui Rin gli rispose.
-Il
Signor Sesshomaru è
sempre stato gentile e premuroso.-
Sembrava
una frase a metà,
quasi Rin si fosse fermata intenzionalmente per non rivelare altro.
Daiki,
ovviamente, ridacchiò
affiancandolo. Lo fulminò con uno sguardo e l'amico
alzò le mani in
segno di resa, senza dire nulla a riguardo.
-D'ora
in avanti dovrete
proteggervi da soli.-
Daiki
sorrise. -Stai
implicitamente dicendo che tocca a me proteggerli, amico?-
Ringhiò
appena, poi con un
paio di movimenti fulminei riuscì ad evitare i vari attacchi
rivolti
a lui e alla fine si ritrovò davanti a Magatsuhi.
-Sesshomaru,
dannato, che
cosa vuoi fare?-
Lurido
mezzodemone, fossi degno di essere appellato come figlio di nostro
padre, avresti sentito questo lieve sentore. È un odore
particolare,
leggermente diverso dal tanfo pestilenziale delle carni di Naraku.
Questo, è il vero spirito di Magatsuhi.
Sfoderò
Tenseiga e tagliò
l'aria, colpendo esattamente il punto prestabilito.
Il
nemico non fece in tempo
a ridere nuovamente che davanti agli occhi di tutti apparve la vera
forma dell'emanazione malvagio della sfera: un volto orribile, cieco
ad un occhio e con delle zanne enormi.
-Maledetto,
come hai osato?-
A
protezione da Tenseiga
arrivarono i vari frammenti del corpo in prestito che crearono una
barriera sfortunatamente invalicabile per la spada del demone
bianco.
-Queste
carni non sono
tagliabili con la tua arma, mi dispiace, poiché il loro
padrone è
di questo mondo. Sei debole.-
Parte
dei tentacoli si
allungarono e in pochi istanti tutti finirono imprigionati, Daiki
incluso visto che aveva perso la spada nel tentativo di proteggere lo
stolto ragazzino umano e sua sorella.
-Signor
Sesshomaru!-
Si
voltò stupito,
quell'urlo strozzato gli congelò il sangue nelle vene. Erano
tutti
prigionieri, certo, ma a Rin il bastardo stava riservando un
trattamento differente.
La
stava stritolando,
maledetto, e presto la ragazzina sarebbe morta.
Diede
le spalle al nemico
cercando di avvicinarsi il più possibile a lei.
Daiki
e Inuyasha nel
frattempo stavano ringhiando dalla frustazione, più si
muovevano e
più venivano avvolti da quei maledetti pezzi di carne.
L'odore di
lacrime della bambina non stava aiutando nessuno.
-Sei
debole, adoro
ripeterlo.-
Mancava
poco perchè
Sesshomaru fosse vicino a Rin tanto da poterla liberare, mancava
davvero pochissimo e fu allora che Magatsuhi lo colpì.
Alle
spalle, come i vigliacchi.
Sesshomaru
fu trafitto al
torace in due punti da due enormi protuberanze le quali, ovviamente,
lo avvolsero bloccandogli pure l'uso del suo unico braccio.
Rin
dopo aver urlato il suo
nome era scoppiata a piangere a dirotto, terrorizzata di poterlo
perdere, ed era riuscita a liberare un braccio e l'aveva allungato
verso di lui.
La
guardò stringere i denti
mentre la presa sul suo fragile corpo aumentava tanto da renderle
difficile perfino respirare.
-Che
scena patetica, debole
demone.-
Si
alzò leggermente il
vento, poi successe l'impensabile.
Note.
Piccolo
esperimento che ho trovato nel computer e ho deciso di riprendere in
mano.
Non
ricordo l'ultima volta che ho pubblicato qualcosa, potrei essere un
po' arrugginita come scrittrice. Spero possiate perdonarmi.
Daiki
è il signore dei Cani dell'est, cani del giorno; Sesshomaru
è
quello dei cani dell'Ovest.
Non avrà molti capitoli questo
"esperimento", forse mi ci vorrà non poco tempo per
scrivere i prossimi ma voglio tornare a scrivere e questa storia
è
nella mia testa da moltissimo tempo.
Ovviamente
le critiche e commenti sono gradissimi!
_Lady
Cassiopeia_
|
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Capitolo 2 *** Dove passato e futuro s'incontrano. Presente. ***
Ningen,
così
limitati dalla loro mortalità da non riuscire a vedere oltre
il
proprio egoismo.
Qualunque
fato
sia destinato alla razza umana non mi riguarda e non deve riguardare
neanche te, Rin.
Tu,
infondo, sei
l'anima perfetta in una dimensione sbagliata.
Donarti
la vita
senza tempo che meriti affinché tutti possano inchinarsi
alla tua
magnificenza, sarà il mio unico scopo nella vita.
-Sesshomaru-
Comparvero
un numero
indefinito di liane, spuntarono da terra come fosse la cosa
più
naturale del mondo e cominciarono a colpire a destra e manca
liberando tutti dalla propria prigionia. Rin venne dolcemente
accompagnata a terra da una di queste e Sesshomaru tirò un
sospiro
di sollievo sgranando poi gli occhi alla visione che gli si
presentò
dinnanzi.
C'era
una donna che avanzava
in mezzo al campo di battaglia: indossava vesti leggere, di terre
lontane, di un tessuto quasi impalpabile e il suo volto era riparato
dall'enorme cappuccio del mantello grigio, di traverso sulla schiena
portava una spada demoniaca accuratamente fonderata.
Avrebbe
potuto essere
chiunque, davvero, eppure non l'avrebbe mai confusa con nessun'altra.
Questo
profumo. Possibile che..
La
donna alzò una mano in
sua direzione, le liane pronte a liberarlo si fecero sempre
più
vicine ma a quel punto tutti i frammenti di Magatsuhi lo avvolsero.
Daiki
e Inuyasha con un
balzo furono sull'agglomerato di carne cercando in un qualche modo di
liberare il demone bianco, ma i loro sforzi sembravano essere vani:
più Inuyasha tagliava e più la carne ricresceva e
il Principe Daiki
non sembrava cavarsela meglio giacchè, ogni volta che
tagliava un
tentacolo, nonostante il potere della sua spada fosse quello di
evitarne la ricrescita, questo si espandeva in laterale creando nuovi
tentacoli.
-Dannato,
non ti lascerò
morire solo perchè mi hai ceduto il Meido. Maledetto!-Urlava
senza
sosta Inuyasha nella speranza che quella foga gli permettesse di
salvare il fratello che avrebbe dovuto morire solo per sua
personalissima mano.
Sesshomaru
invece, non
sentiva dolore alcuno. Non più.
C'era
un lieve calore dentro
di sé, lo sentiva partire dal petto e irradiarsi per tutto
il corpo.
Era
forza allo stato puro,
primordiale e demoniaca.
La
sua vera essenza.
Sesshomaru
la sentiva
pulsare violentemente in ogni angolo del suo corpo e si sentiva
rinascere: non c'era più l'odio per un padre che non aveva
mai
appieno compreso e con esso erano spariti anche il desiderio di
uccidere Inuyasha e la smania per Tessaiga.
Sono
soddisfatto.
Di
me, della mia grandezza. Di chi sono.
Sono
il migliore, non devo più mostrare nulla a nessuno.
Non
sarà una spada a rendermi il Principe che sono, ora lo so.
Sgranò
gli occhi lui
stesso, stupito di poter percepire nuovamente l'arto che aveva perso
tempo addietro.
C'era
un nome nella sua
mente, la sua stessa essenza glielo stava urlando.
Bakusaiga.
Inuyasha
sgranò gli occhi
sorpreso mentre una luce comparve all'improvviso avvolgendo il cumulo
di carni, estendendosi calda e letale fino a disintegrare parte di
quell'ammasso informe.
-Signor
Sesshomaru, meno
male.-
Rin.
Sesshomaru
comparve
nuovamente, maestoso come solo lui poteva essere, mentre la luce
verde che l'aveva cullato quando era stato imprigionato in quelle
carni continuava a non abbandonare la parte sinistra del suo corpo.
Rimasero
tutti stupiti e il
sorriso vittorioso di Magatsuhi si spense irrimediabilmente. -E'
ancora..-
Non
riuscì a finire quella
frase che Sesshomaru ghignò appena, poi con un leggero
slancio
spinse tutto quell'ammasso di energia verso il proprio nemico mentre
questo cercava di attaccarlo nuovamente.
Totosai
comparve
all'improvviso, sempre identico all'ultima volta in cui l'aveva
visto.
Ora
capisco, questa è..
-Fai
quello che vuoi,
Sesshomaru, tanto questo corpo è in prestito. - La risata di
Magatsuhi si spense con la stessa velocità con cui questi
s'accorse
di non potersi più rigenerare.
-Cosa?
Come è possibile?-
I
pezzi colpiti implosero
portanto con sé, nella distruzione, anche quel poco che si
era
salvato.
Un
ultimo colpo e di quel
maledetto non rimase nulla.
Il
suo spirito se l'è data a gambe già da un pezzo.
Pagherà.
Sesshomaru
tornò a terra,
Rin e Jaken subito si fecero avanti ma se dalla ragazzina si
aspettava un pianto senza sosta, rimase deliziosamente stupito quando
invece ricevette semplicemente un sorriso orgoglioso.
Gli
occhi lucidi dal pianto
precedente la rendevano ancor più angelica. -Ora il tuo
braccio sta
bene?-
Annuì
appena,
inginocchiandosi poi dinnanzi a lei.
Sembrava
stare bene
nonostante i primi lividi stessero già cominciando a
formarsi, scuri
e dolorosi, sulla pelle della bambina. Ossa rotte non ve n'erano, il
suo colorito era sano, il suo odore delizioso.
Non
c'era alcuna ferita
irrecuperabile. Nulla di grave.
Non
fosse stato per..
A
quel pensiero si voltò
verso Daiki intento a baciare il dorso di una delle mani della donna.
Un
colpo di vento più forte
fece cadere il cappuccio dal volto della misteriosa creatura che
aveva salvato tutti loro e Sesshomaru sgranò gli occhi.
-Vibeke.-
Lo
sussurrò appena, Jaken
al suo fianco fece un balzo.
-Ma
come è possibile?-
Esiste
un modo?
Questo
cambiava tutto.
Inuyasha
si voltò verso di
lui, poi puntò lo sguardo verso la donna che era di una
bellezza
incomparabile.
Lunghi
capelli ondulati di
un biondo molto simile al bianco, pelle di porcellana, labbra carnose
e due occhi di un verde brillante assolutamente impossibile per
qualunque altro essere umano.
Il
lungo abito a più strati
bianco la faceva sembrava una vestale di quelle terre lontane che un
tempo Sesshomaru aveva visitato con Daiki, il volto era lo stesso
giovane e fresco di due secoli prima. L'unica nota di colore erano
gli occhi: verdi come il suo potere.
Non
si è reincarnata.
È
lei.
Esiste
un modo.
Lei
sorrise appena.
-Sorpreso,
Principe
Sesshomaru, di vedermi ancora viva? Sono almeno duecento anni che non
ho il piacere di incontrarvi.-
Il
demone bianco non disse
nulla tornando ad osservare il sorriso divertito del suo migliore
amico.
Inuyasha
sgranò gli occhi.
-Sei un'umana, com'è possibile?-
Jaken
guardò il mezzodemone
con sdegno. -Porta rispetto, stai parlando alla Regina di queste
terre.-
La
donna sorrise appena. -Vi
prego, seguiteci al nostro castello. Saremo lieti di potervi ospitare
almeno per una notte. L'invito è valido anche per voi,
fabbro.-
Tutti
accettarono, Kagome
cominciava a dare segni di essere prossima al risveglio e sicuramente
un po' di cure non le avrebbero fatto male; Sesshomaru invece
accettò
solo per Rin.
La
vedeva dolorante, gli effetti della stretta mortale avrebbero
cominciato presto a farsi strada.
Meglio
tenerla al caldo per una notte.
La
bambina con una breve
corsetta si avvicinò alla Regina e questa la
guardò incuriosita. Si
sorrisero.
-Vi
ringrazio, Regina, per
avermi salvata.-
La
bionda sorrise e le
carezzò una guancia. -Vieni piccola, un bel bagno caldo ti
rigenererà. Mi chiamo Vibeke, tu invece?-
-Il
mio nome è Rin,
signora.-
-Cosa
ne dici di darmi del
tu, Rin? Infondo, c'è qualcosa che ci accomuna.-
Non
disse altro, la moretta
sembrò incuriosita da quelle parole ma non osò
chiedere.
Sesshomaru
invece capì fin
troppo bene.
Donne:
umane o demoni che siano, andrebbero uccise solo per la loro
maledetta linguaccia.
-
Rin
aveva sfruttato le
piscine naturali presenti nel retro del palazzo per farsi un bel
bagno caldo, la Regina in persona aveva aggiunto degli appositi sali
all'acqua in modo che potesse trovare un maggiore beneficio dai suoi
dolori.
Aveva
avuto seriamente paura
quel giorno, doveva ammetterlo: vedere Sesshomaru trafitto le aveva
bloccato il battito del cuore, vederlo trafitto alle spalle solo
perchè lui aveva cercato di liberarla l'aveva terrorizzata a
morte
ma l'aveva anche fatta sentire speciale.
Da
quando sono tornata in vita, è cambiato tutto.
Si,
il suo rapporto con il
demone cane era decisamente cambiato: erano spariti molti dei
formalismi che un tempo avevano bloccato la loro comunicazione e
soprattutto Rin aveva cominciato a dargli del tu.
Era
stato così naturale far
sparire il “voi” dopo essersi svegliata nuovamente
dalla morte e
averlo trovato li, dinnanzi a lei, intendo ad accarezzarle una
guancia , e il bel demone non ne pareva affatto dispiaciuto.
Gli
parlava di più,
rispetto ad un tempo, forse a volte lo infastidiva e non sempre
otteneva risposta, ma Rin non si offendeva mai: Sesshomaru aveva
viaggiato per secoli da solo, accompagnato dal petulante e fastidioso
Jaken senza scordare, un po' gli dispiaceva, che Sesshomaru era stato
cresciuto dalla Signora Madre.
Quella
non è una mamma, non le importa nulla di Sesshomaru.
Forse
erano fatte tutte così
le mamme demone, si disse la piccola, forse era nella natura di
quelle creature immortali non dare troppe attenzioni a chi o cosa le
circondava.
Forse
a furia di vivere per sempre si perdono i sentimenti. Ci si annoia.
Sospirò,
si lavò con cura
i capelli abbondando nell'uso dei prodotti che la Regina le aveva
prestato.
I
miei capelli non hanno mai avuto un profumo così buono.
Sorrise
felice: Sesshomaru
era diventato più forte, più potente addirittura
di suo padre e
Jaken le aveva raccontato che il Grande Generale Cane era uno dei
demoni più temuti al mondo.
La
sua spada è potentissima. Più bella di quella di
Inuyasha.
Sono
felice.
Abbandonò
quasi con
dispiacere la piscinetta, si asciugò in fretta e furia e
indossò
nuovamente il suo kimono.
Fece
per uscire dalla
stanzetta in cui aveva lasciato i suoi abiti quando la Regina in
persona entrò.
A
Rin venne naturale fare un
leggero inchino e ringraziarla per la gentilezza, la ragazza in
risposta le sorrise e le porse la mano.
-Tra
poco sarà pronta la
cena, ti piacciono le ciliegie Rin?-
Sorrise
entusiasta. -Sono i
miei frutti preferiti!-
-Allora
andiamo, queste ti
piaceranno di sicuro.-
La
bimba prese la mano della
donna e puntò i suoi occhioni sulla figura che le stava
accanto.
Com'è
bella!
-Il
Signor Sesshomaru
dov'è?-
Non
era riuscita a
trattenersi. La bionda le sorrise. -Lo stiamo raggiungendo.
È in
compagnia di mio marito. Quando iniziano a chiacchierare non smettono
più, o almeno questo vale per Daiki. Infondo sono quasi due
secoli
che non si vedono, è naturale.-
Rin
lo vide parlare con il
Re di quelle terre, Sesshomaru non aveva grandi emozioni disegnate
sul volto ma i suoi occhi, la bimba aveva imparato a leggerli,
dicevano tutto.
Era
felice. Era tranquillo.
Stava
bene e soprattutto
aveva un nuovo braccio.
Lei
sorrise maggiormente.
Fecero
un paio di gradini,
poi gli occhi dei due demoni maggiori si posarono su di loro.
Erano
strani a vederli
insieme, sembravano due facce della stessa medaglia: uno scuro,
nonostante fosse del clan dei cani della luce, l'altro bianco anche
se apparteneva ai cani della notte.
Il
Signor Sesshomaru e la Regina Vibeke si assomigliano molto.
Entrambi
bianchi, entrambi
composti e perfetti.
Non
che il Re Daiki fosse
meno bello di loro, anzi, ma a Rin quel demone blu sembrava quasi
più
umano della sua compagna.
Vibeke
sembrava una statua,
una di quelle creature troppo belle per essere vere, una delle
creature mitologiche di cui aveva sentito raccontare quando ancora
viveva in un villaggio umano.
La
donna comunque non aveva
lasciato la sua mano ma l'aveva portata con sé dinnanzi ad
un albero
enorme di ciliegio in fiore.
-E
le ciliegie?-
Si
morse immediatamente il
labbro, pentendosi dell'impertinenza della domanda ma la Regina le
sorrise.
Fu
qualcosa di magico, di
incredibile: Rin la osservò allungare una mano verso un ramo
e
posizionarla sotto un gruppo di fiori, il palmo verso l'alto quasi
dovesse raccogliere qualcosa.
I
fiori persero i petali e
pian piano rosse ciliegie cominciarono a gonfiarsi fino a diventare
enormi. Caddero da sole nella mano della loro signora.
-Come
ci riuscite?-
Se
davvero è la Regina umana di cui parlava Jaken, come
può avere
questi poteri? È impossibile!
Un
pallido sorriso piegò
appena le labbra della donna mentre distoglieva lo sguardo da quello
della bambina.
Sembrava
guardare qualcosa
di lontano, qualcosa che solo lei poteva vedere.
-E'
un dono innato, il mio.
Sono nata e tuttii fiori del giardino del castello da cui provvengo
sono sbocciati.-
Rin
accettò volentieri i
frutti che la donna le mise tra le mani e cominciò a
mangiarne
qualcuno.
Sono
così succose!
-Il
vostro papà era un re?-
Vibeke
si avvicinò al
marito, poggiando una mano sull'avambraccio del bel demone dai
capelli color della notte.
-E'
passato così tanto
tempo, ormai, da quando ero una principessa di sangue. Nevvero?-
L'uomo
le sorrise appena,
una luce malinconica a riempirgli lo sguardo. -Non abbastanza, a
quanto pare.-
Il
sorriso della donna
diventò nostalgico, quasi Rin avesse toccato un tasto
dolente.
-Mi
dispiace, Regina, non
volevo addolorarvi. Scusatemi.-
Sesshomaru
guardò Rin
mentre gli occhi di quest'ultima cominciavano a riempirsi di lacrime,
poi si voltò verso Daiki.
Fu
il demone, signore di
quelle terre, a prendere parola. -Ferma, ferma tesoro. Non
c'è
motivo per scusarsi, non succede nulla.-
Vikebe
le carezzò il volto.
-Nel modo più assoluto, Rin. Scusami. Ti va di ascoltare la
mia
storia?-
Aveva
sempre odiato le
lunghe storie, sapere i dettagli della vita degli altri le sembrava
lavoro per gli impiccioni ma quella donna con il suo sguardo, la
incuriosiva troppo.
Annuì
appena e, assieme
alla Regina, si accomodò sotto il porticato, sul pavimento,
i piedi
di entrambe a penzoloni.
Gli
occhi dei due demoni e
di Jaken fissi su di lei.
-Sono
nata poco più di due
secoli fa, in terre lontanissime da qui. Primogenita dei signori di
un lontanissimo nord, terra inospitale quanto bella e sempre gelida.
Una primogenita femmina, nelle mie terre, era considerato segno di
disgrazia quindi, quando venni al mondo, mentre i fiori del castello
sbocciavano nonostante ancora ci fosse la neve, mio padre
sgozzò
personalmente mia madre e indisse lutto per tre giorni. Non ho mai
saputo come si chiamasse la donna che mi mise al mondo, ho scoperto
troppo tardi come fossero andate le cose. Mi chiamo Vibeke,
cioè
battaglia, in onore della guerra che mio padre aveva vinto qualche
giorno prima della mia nascita, il mio secondo nome invece è
un
monito: Ulykke, per ricordarmi sempre cosa rappresento per il casato.
Disgrazia. Il nome del mio casato ormai non conta nulla, considerando
che non ne è sopravvissuto neppure uno.-
Ha
ucciso la sua famiglia?
Rin
rabbrividì appena. La
donna se ne accorse. -Forse sei ancora troppo piccina, perdonami.-
Fece
per alzarsi, Rin si
allungò fino a toccarle una mano. -La prego, continui.-
Gli
occhi verdi si
sgranarono appena. -Sei stata molto amata fin dalla nascita, vero
piccina?-
La
bimba annuì.
Pensavo
che morire di fame fosse terribile, non ho mai capito il tesoro che
avevo quando vedevo la mia famiglia sorridere.
Vibeke
continuò. -Mio padre
si risposò l'anno successivo, io ovviamente venni affidata
ad una
nutrice affinché quell'uomo non dovesse più
preoccuparsi della mia
esistenza. Avevo due anni quando nacque il mio fratellastro: ricordo
ancora come quell'uomo che avrebbe dovuto amarmi, visto che ero
sangue del suo sangue, avesse occhi solo per il suo giovane erede
maschio. L'unico che avrebbe portato avanti la discendenza, l'unico
che avrebbe preservato il potere nei confini della nostra famiglia:
io sarei dovuta andare in sposa a qualcuno, la mia dote avrebbe
dovuto essere consistente e venni sempre considerata un peso.
Inutile.-
A
Rin si strinse il cuore.
-Ma il vostro potere..-
La
bionda alzò gli occhi
verso il cielo, sorridendo amaramente. -Da bambina sapevo solo far
crescere e sbocciare fiori, Rin. E non ero neppure capace di
controllare questo mio dono. Quale utilità avrei potuto
avere?-
-Nessuno
è rimasto stupito
dal vostro potere? Nessuno?-
-La
famiglia di mio padre,
da sempre, è composta da domatori di fuoco.-
Rin
sgranò gli occhi. -Oh.-
Tutto
le sembrò più chiaro
in quel momento e l'atteggiamento freddo di Vibeke le sembrò
naturale proprio come quello di Sesshomaru.
-Capisci,
ora? Cosa poteva
farsene mio padre di una ragazzina come me quando il suo amato
figlioletto avrebbe imparato a governare il fuoco?-
La
bimba abbassò il capo.
-Ma non è giusto.-
Non
è giusto.
La
regina sospirò e prese
una mano della bambina tra le sue. -Nella vita sono pochissime le
cose giuste, piccina. Il fato sembrò girare a mio favore
quando,
ormai in età quasi da marito, il mio potere
cominciò ad aumentare
sempre più, diventando più aggressivo ma
soprattutto diventando mio
davvero. A quattordici anni finalmente avevo imparato a gestire il
mio dono e lo amai ancor di più; mentre l'amato erede si
dimostrò
incapace di far comparire anche solo una scintilla. Pensai fosse
giunto anche il mio momento per essere amata da mio padre, pensavo
che in un qualche modo la donna che si era sposato avrebbe potuto
finalmente accettarmi come parte della famiglia; ma ciò non
avvenne
mai e mio fratello, Cuor di Leone come mio padre l'aveva
soprannominato in previsione del grande re che sicuramente sarebbe
diventato, cominciò a domare il fuoco. Non riusciva a fare
grandi
cose, sia chiaro, e le sue fiamme erano piuttosto tenui e di breve
durata. Mio padre però non perse mai la speranza, mai. Ha
veramente
amato il suo erede e la sua seconda moglie, l'unico errore, a sua
detta, ero io. Ulykke, non smise mai di chiamarmi così.
Arrivò poi
il mio quindicesimo compleanno e mio fratello, fragile e debole,
cominciò a nutrire rancore per la naturalezza con cui io
riuscivo ad
usare il mio dono mentre lui per accendere semplicemente un fuoco
quasi si prosciugava le energie. Entrò in camera mia una
notte, la
luna era rossa quasi a presagire la tragedia e cercò di
soffocarmi
urlando che infondo la colpa era solo mia, io ero Ulykke. Ero io a
bloccare i suoi poteri, era la mia invidia. Fu la prima volta in cui
riuscii ad usare i miei poteri per difendermi, la prima volta in cui
comparvero delle liane e, sotto il mio assoluto controllo, quasi lo
soffocai. Non mi cambiai neppure, pensai immediatamente a scappare
lontano da tutto e da tutti, nel giro di pochi minuti mio padre
avrebbe scoperto tutto e mi avrebbe condannata a morte. Fui
sfortunata, mio padre era ancora nella sala del trono quando io vi
arrivai terrorizzata e fradicia di sudore. Mio fratello in un qualche
modo riuscì a liberarsi e ci trovò
così, fermi uno dinnanzi
l'altra. Disse che avevo cercato di ucciderlo, i segni delle mie
liane sul collo parvero una conferma inconfutabile. Non so neppure io
come sono riuscita a salvarmi dalle fiamme di mio padre,
probabilmente il mio istinto di sopravvivenza era troppo forte per
farmi perire carbonizzata. Sfondai il portone d'ingresso e corsi
fuori. La regina in persona, maledetta per l'eternità,
riuscì a
colpirmi con due pugnali alle spalle. Non mi fermai, continuai a
correre nonostante la vista stesse venendo meno e il sangue avesse
ormai inzuppato completamente la mia camicia da notte.-
La
Regina aveva il capo
basso, gli occhi brillavano colmi di lacrime di rabbia. Rin
sospirò
cercando di ingoiare il magone che le stringeva la gola quasi da non
farla più respirare.
Daiki
continuò per lei. -Fu
così che la trovai, ferita e zuppa di sangue. Stava ancora
correndo
e quando mi vide si bloccò, cercò di colpirmi
facendo allungare il
ramo di un albero ma crollò svenuta ancor prima che il legno
avesse
potuto sfiorarmi.- Il Re sorrise. -Eri già bella allora, mia
cara.
Lasciarti li, uccidere una creatura degna di essere definita dea, mi
sembrava il peggiore dei reati. Quei due pugnali sulla schiena
rafforzarono la mia tesi. Non meritavi nulla di tutto quell'odio.
Vedessero quanto bella sei diventata, quanto sei magnifica ora, si
maledirebbero per la loro stupidità.-
La
Regina sorrise, Rin fece
lo stesso.
Voglio
anche io qualcuno che mi guardi come il Re guarda la Regina.
Volse
lo sguardo verso il
suo protettore trovando quelle due magnifiche iridi d'oro intente a
fissarla con attenzione, come non ci fosse altro che lei.
Come
lei fosse stata la più
importante, come fosse una regina.
Gli
sorrise appena.
Rimane
sono una domanda: come è possibile che lei sia ancora viva?
-Com'è
possibile Voi siate
ancora in vita, Regina?-
I
due sposi si sorrisero.
-Giuro che un giorno te lo dirò, Rin. E comunque il mio nome
è
Vibeke.-
Voglio
restare anche io accanto a Sesshomaru per sempre, se c'è un
qualunque modo.
Due
donne anziane si
avvicinarono loro, inchinandosi rispettosamente dinnanzi i Reali.
-Miei signori, la cena è pronta. Abbiamo già
fatto accomodare gli
altri ospiti nella sala da pranzo.-
Daiki
annuì porgendo una
mano a Vibeke e aiutandola ad alzarsi.
Rin
attese Sesshomaru e si
avviò a seguire i sovrani solo una volta che il demone
bianco le si
affiancò. Lui la guardò per un istante, sembrava
volerla
costantemente controllare quasi temesse che l'attacco di Magatsuhi
avesse fatto più danni di quelli che si vedevano.
Gli
sorrise.
-Ho
una grandissima fame,
Signor Sesshomaru.-
Il
suo pancino brontolò in
risposta, chissà perchè ma a Rin parve quasi che
Sesshomaru fosse
divertito.
-
Vibeke
si era allontanata
subito dopo la cena, scusandosi con tutti i presenti e dicendo che
necessitava di prendere aria.
Daiki
la conosceva fin
troppo bene, conosceva il dolore negli occhi della sua donna e
nonostante fossero passati fin troppi decenni, quella luce ancora non
se n'era andata.
Sapeva
quanto quel suo
dolore ferisse il compagno, lo sapeva, ma non riusciva a cambiare le
cose.
La
lasciò uscire senza dire
una sola parola, Vibeke si sentì ancor peggio.
So
quanto ti faccio soffrire, mio Re.
Si
chiuse la porta alle
spalle, prese un bel respiro e senza dire nulla cominciò a
correre.
Aveva
bisogno di
allontanarsi, di respirare.
Di
stare sola.
Avere
il castello pieno di risa, con due bambini e un mezzodemone ha fatto
sanguinare nuovamente il mio cuore.
Corse
a perdifiato
attraverso i giardini curati del castello e si allontanò
ancor di
più fino a giungere vicino alle mura di cinta.
A
quel punto i soldati si
voltarono verso di lei, inchinandosi. -Mia Signora, non è
conveniente che usciate dalle mura a questa ora della notte.-
Lei
sorrise appena. -Non
preoccupatevi.-
Alle
sue spalle comparve
improvvisamente Sesshomaru, lasciandola a bocca aperta.
Non
era stato presente alla
cena, aveva accompagnato Rin e si era dileguato. Daiki ridendo aveva
insinuato che il Grande Demone Cane dell'Ovest dovesse riprogrammare
il suo futuro.
Vibeke
non sapeva mai fino a
che punto suo marito fosse sincero quando sghignazzava in quel modo.
I
soldati si chinarono
nuovamente dinnanzi il Principe ereditario delle terre dell'Ovest.
Il
demone non li degnò di
particolare attenzione ma le fece un lieve cenno col capo, fu lei la
prima ad avviarsi oltre il grande portone e il glaciale demone la
seguì.
Lo
attese, lasciò che la
affiancasse e si voltò a guardarlo notando che lui la stava
fissando
già da qualche secondo, gli sorrise appena mentre quell'oro
liquido
che erano le iridi del demone la studiavano.
-Non
dovresti essere qui.-
Chiunque,
al suo posto,
avrebbe interpretato quella frase in mille modi, ma non lei.
Infondo,
parliamo la stessa lingua.
-Lo
so perfettamente. Sono
umana, ma non morirò. Non finché Daiki
camminerà su questa terra.-
Se
vuoi risposte dovrai abbassarti a chiedere e lo sai.
Sesshomaru
assottigliò lo
sguardo. -Come è possibile?-
Lei
sorrise appena, si
avvicinò ad un cumulo di legno e cenere. -Quella creatura ha
decimato i miei ciliegi.-
Posò
una mano delicatamente
sopra il cumulo di detriti e una giovane piantina cominciò a
farsi
strada crescendo a vista d'occhio.
-Non
ti sei reincarnata. Sei
sempre tu.-
-Te
l'ho detto, la morte non
è contemplata finchè c'è lui. Avrei di
gran lunga preferito la
reincarnazione, almeno avrei potuto dimenticare.-
Avrei
potuto essere la compagna che Daiki meritava, se mi fossi reincarnata.
Avrei potuto non conoscere il dolore.
Il
demone non disse altro,
lei intanto fece spuntare qualche altra piantina sgranando
all'improvviso gli occhi.
Possibile?
-E'
per Rin, vero?-
Le
iridi dorate del demone
non si spostarono dai suoi occhi, rispondendo tacitamente che si, era
tutto per Rin.
E
Vibeke, con la sua
presenza contro natura, alimentava quella speranza.
-L'ho
vista subito, quella
bambina. Ha un'anima nobile, pura. Come sei riuscito a trovarla?-
-É
orfana.-
Essere
orfana è un conto, seguirti è tutt'altro.
-L'ho
riportata in vita con
Tenseiga. Era stata azzannata a morte dai lupi.-
Non
è che ha pure imparato a leggere nella mente, in questi
secoli?
Lei
sorrise e lo guardò. -E
da allora non ti ha più lasciato, vero? Quella bambina
è come il
sole, splende di luce propria ed è calda. Prova per te
qualcosa di
immenso, è bello sentirsi amati per quello che si
è.-
Sesshomaru
al solito non
mostrò alcuna emozione, lo sguardo era diventato meno
freddo, più
morbido quasi.
Rin
ti ha preso, Sesshomaru.
Vibeke
decise di sfidare la
sorte. -Credevo gli umani ti facessero schifo.-
-Rin
è Rin.-
-L'unica
eccezione
possibile.Diventerà una donna stupenda.-
Sesshomaru
ringhiò appena,
le diede le spalle e prese tra le mani un fiore da uno dei pochi
alberi sopravvissuti. Lo stritolò tra le mani artigliate.
-Sfiorirà
presto, di lei non resterà che questo.-
Lei
lo aveva affiancato e
aveva puntato gli occhi verdi sul fiore sbriciolato che Sesshomaru
ancora teneva sul palmo della sua nuova mano.
Sei
il più caro amico di mio marito, ti aiuteremo io e Daiki
affinchè
tu possa essere felice. Te lo meriti, forse anche più di me.
Posò
la mano su quella del
demone bianco, il fiore tornò alla sua originaria bellezza.
-Io
e Daiki possiamo
aiutarti a tenerla con te per sempre, potrebbe restare un fiore per
l'eternità.-
Lo
stupore diventò visibile
sul volto del Principe e Vibeke sorrise, dolcemente.
-Yuzuki,
come ben saprai,
era la signora del tempo: controllava che tutto andasse come era
previsto, che non ci fossero interferenze. Ricordi la guerra contro i
demoni gatto? Fu colpita al cuore e poco prima di spirare ci
rivelò
il segreto che mi ha permesso di non morire. Disse che aveva vissuto
abbastanza, che era giunto il tempo per lei di riunirsi al suo amato
e poi disse che mi amava come avrebbe amato la figlia femmina che mai
aveva avuto. Rendevo felice Daiki, non potevo morire.-
Sesshomaru
pendeva,
letteralmente, dalle sue labbra.
-Vorrei
poter seguire io
Rin, quando sarà il momento. Il Rito iniziale non
è semplice, i
primi mesi saranno durissimi.-
Lui
la guardò sprezzante.
-Credi non sia capace di seguirla a dovere, ningen?-
Vibeke
lo guardò torva, poi
sospirò e si arrese. Davanti a sé non vi era
Daiki, ma un
testardissimo cane dell'Est che aveva deciso di non calpestare le
terre vicine al palazzo dell'Ovest finché la loro regina
umana fosse
stata viva.
Non
poteva sperare in un
cambiamento troppo drastico.
-Tu
sarai fondamentale, ma
non è il momento di parlarne. Ora Rin deve crescere. Deve
maturare
ed essere sicura della sua scelta, dovrai farle vedere cosa esiste a
questo mondo oltre a te. Quando finalmente sarà donna,
tornate qui e
vi aiuteremo ma, fino ad allora, non posso rivelarti nulla.
C'è solo
una condizione: resterete qui, a palazzo, con me e Daiki per i primi
mesi. Non vorrai mica donarle l'eternità e poi perderla per
scelte
dettate dalla fretta, vero?-
Sesshomaru
puntò gli occhi
al cielo, Vibeke sapeva che quel silenzio in realtà era un
assenso.
-Dovrà
essere maturata,
essere donna. Il suo odore cambierà, lo sentirai.-
Il
vento soffiò
all'improvviso, con dolcezza, muovendo appena i loro capelli che alla
luce argentea della luna parevano identici.
-Ti
sei presa quello che ti
spettava, perchè continui?-
Di
che sta parlando? Continuare con cosa?
Quando
realizzò
l'argomento, i suoi occhi verdi si sgranarono dallo stupore.
-Non
cercare di capire,
Sesshomaru. Infondo, sono solo una ningen.-
Kai.
Sorrise
appena, poi gli
diede le spalle tornando verso palazzo.
-Daiki.-
Bastò
quel nome per fermare
la sua fuga dal demone bianco: quanto dolore stava procurando a
Daiki? Quanto poteva sopportare quel benedetto demone?
La
creatura più bella io abbia mai incontrato.
-Daiki
merita di meglio, io
riesco solo a farlo soffrire, lo so.-
Aveva
abbassato il capo, gli
occhi colmi di lacrime. Non si era voltata verso di lui, non si
sarebbe mai mostrata debole davanti a Sesshomaru. Mai.
-A
reincarnarsi si perde sé
stessi.-
Sesshomaru
le aveva appena
dato il colpo di grazia.
Daiki
avrebbe pianto la mia morte, avrebbe amato una donna che avrebbe
avuto la mia anima, ma non sarei mai più stata io. Io non
avrei
potuto amarlo, stargli accanto. Non sarei più stata
consapevole di
essere Vibeke. Non avrei ricordato neppure Kai.
Fu
come ricevere uno
schiaffo in faccia, l'effetto di quella rivelazione cambiò
all'improvviso tutti i suoi punti di vista. Le sue certezze caddero
all'improvviso.
Cadde
in ginocchio.
Forse
non mi avrebbe mai più amata come mi ama ora. Forse Daiki mi
avrebbe
lasciata andare non ritrovandomi più nella nuova persona che
sarei
stata.
Scoppiò
a piangere a
dirotto. Il demone bianco le si affiancò. -Infondo, sei solo
una
ningen.-
Lo
sentì andarsene con
calma, senza alcuna fretta. Divinità tra i mortali.
Non
osò guardarlo,
quell'ultima affermazione l'aveva ferita fin nel profondo, l'aveva
fatta sentire uguale a quel padre che tanto odiava.
Che
cosa sto facendo?
-
Daiki
era felice.
Incredibilmente
tale.
Se
non considero i problemi con Vibeke.
Adorava
poter avere
nuovamente tra i piedi il suo migliore amico e soprattutto adorava
come il fato fosse stato un gran bastardo con lui.
Non
che lui ne sembri poi così dispiaciuto.
Rin
era una creatura
particolare, buona d'animo e soprattutto solare ed espansiva.
Era
ancora una bambina,
probabilmente non riusciva ancora a rendersi completamente conto del
grande dono che le era stato fatto.
Non
tanto perchè un giorno avrà per le mani il cuore
di un demone
invincibile, quanto per la bellezza di quel cuore apparentemente di
ghiaccio.
Stavano
seduti l'uno accanto
all'altra, lui e Rin.
E
così anche Sesshomaru ha trovato qualcosa da proteggere, una
creatura assolutamente deliziosa.
-Forse
sarebbe meglio per te
riposare, non credi? Magatsuhi ci è andato pensante con te,
dormire
ti farà bene.-
La
bimba gli sorrise apertamente, dondolando maggiormente le gambe
sottili. -Se non Vi spiace, vorrei aspettare il Signor Sesshomaru. -
Ah,
questa ragazzina ti ha fregato Sesshomaru.
-Per
me non ci sono
problemi. Speriamo torni presto.-
-L'importante
è che torni.
Credete sia con la Regina?-
Bella
domanda.
-Non
saprei risponderti,
piccola. Vibeke sa comunque difendersi da sola, non corre alcun
pericolo. Sesshomaru ancora meno.-
Rin
sorrise rincuorata delle
sue parole.
Era
legatissima al demone
bianco, chiunque l'avrebbe capito.
Chissà
se anche Vibeke da piccola era così energica,
così viva.
Chiuse
gli occhi per un solo
istante, non ce la vedeva Vibeke a sorridere così
apertamente, a
mostrare stupore per ogni cosa, anche la più insignificante.
Vibeke
assomiglia più a..
Checchè
ne dicesse, Vibeke
somigliava fin troppo al suo migliore amico.
Gelida
all'apparenza quanto
nel cuore, aveva in realtà qualcosa dentro di magnifico e
inimitabile, qualcosa che Daiki non avrebbe mai potuto smettere di
ammirare, amare e proteggere.
-La
Regina e il Signor
Sesshomaru si assomigliano molto, vero?-
Lui
sgranò gli occhi
sorpreso voltandosi verso la bambina che gli stava accanto. La
osservò arrossire appena, poi abbassare il capo imbarazzata
ma
sempre sorridente.
-Si,
Sesshomaru e Vibeke si
assomigliano fin troppo.-
Nessuno
dei due ha lasciato andare il ricordo del padre. Nessuno dei due ha
ancora scongelato completamente il proprio cuore. Entrambi valgono
molto più di quello che mostrano.
Ricordava
Sesshomaru da
bambino, ricordava il gelo che l'aveva sempre caratterizzato e con un
po' di impegno riuscì a sostituire la figura del suo amico
con
l'immagine della donna che amava.
-Dovremo
portare pazienza,
sai piccola Rin?-
Lei
tornò a fissarlo dritto
negli occhi. -Però ne varrà la pena.-
Annuì
appena puntando gli
occhi al cielo. La luna e le stelle erano di una bellezza mozzafiato.
Si,
ne varrà la pena. Nel modo più assoluto.
-Ah!
Signor Sesshomaru sei
tornato!-
Guardò
la bambina alzarsi
in piedi di scatto, la stanchezza a cui aveva fatto resistenza fino
ad allora era completamente sparita.
Lui
annuì.
-Buona
notte, Signor Daiki.-
-Buona
notte a te, piccola
Rin.-
Sesshomaru
lo guardò negli
occhi, Daiki ebbe come l'impressione che in un qualche modo lui
stesse cercando di tranquillizzarlo.
Possibile
abbia parlato davvero con Vibeke? Possibile?
Aveva
accompagnato Vibeke a
cena e poi, certo che Sesshomaru non si sarebbe mai mescolato ai
mortali e soprattutto a quel mezzodemone del suo fratellastro, gli
aveva fatto cenno di seguirlo.
Avevano
parlato a lungo dei
suoi problemi di coppia, anzi, lui aveva parlato.
Sesshomaru
non aveva detto
nulla, ma non aveva mai distolto l'attenzione da lui.
Sapere
che le cose non sono cambiate tra di noi, che ancora mi reputi tuo
fratello, mi tranquillizza.
Non
riusciva a vedere
l'amico come un consulente per coppie in crisi, ma era l'unico a cui
avrebbe raccontato tutto.
Gli
ho parlato anche di Kai. Era giusto sapesse, nonostante siano passati
almeno una decina d'anni.
Il
dolore di sua moglie,
infondo, era tornato da quando Kai era morto.
Potessi
riportare in vita la famiglia di Vibeke per poi sterminarla
nuovamente, lo farei anche mille e più volte.
Sesshomaru
posò dolcemente
una carezza tra i capelli di Rin e l'accompagnò
personalmente verso
la sua camera dove Jaken già dormiva da un pezzo.
Sapeva
che l'amico non si
sarebbe mosso di lì, Daiki sapeva che avrebbe vegliato su
Rin per
tutta la notte senza mai distrarsi.
Come
io ho fatto con Vibeke.
Non
si stupì neppure
quando, prima di sparire dalla sua visuale, Sesshomaru posò
la parte
finale della sua mokomoko sulle spalle della bambina che aveva appena
tremato di freddo.
-A
quanto pare per ogni
Vibeke c'è un Daiki.-
Per
ogni cuore di ghiaccio
c'era un raggio di vita caldo, pronto a scioglierlo.
Daiki
si voltò
all'improvviso verso sua moglie.
Aveva
i capelli in
disordine, il kimono sporco di terra, gli occhi rossi dal pianto e le
guance fradicie di lacrime.
Per
la prima volta, in due
secoli di vita assieme, gli parve l'umana che avrebbe dovuto essere.
-Cos..-
Non
riuscì a terminare la
domanda che si ritrovò stretto dalle braccia di sua moglie,
il volto
della donna nascosto nel suo petto e le spalle, così magre,
intente
a tremare nervosamente a causa del pianto che lei ancora non aveva
smesso.
Sembri
la ragazzina che non ti sei mai permessa di essere, Vibeke.
-Perdonami
se puoi, amore
mio. Sono stata un mostro, il peggiore dei demoni. Io, sono solo una
ningen. Sono egoista. Sono una creatura orribile.-
Daiki
sospirò appena e
strinse la sua donna a sé. -Non dire sciocchezze.-
-E'
la verità, ho rovinato
tutto. Ti ho reso infelice.-
-Mai,
questo mai.-
La
donna s'irrigidì. -Non
dire sciocchezze. Da quando Kai è morto, io ho pensato solo
a me
stessa. Mi sono fatta rovinare la vita da persone che sono morte da
decenni, da persone che ho ucciso con le mie
stesse
mani.-
Daiki
sorrise appena poi
prese il volto della sua Regina tra le mani e con i pollici le
asciugò le lacrime.
-Guardami.-
Mai,
mai Vibeke aveva
abbassato lo sguardo dinnanzi a qualcuno.
Non
l'aveva mai abbassato neppure dinnanzi a mia madre.
Eppure,
in quel momento, la
bionda sfuggiva al suo sguardo guardandosi i piedi.
-Sei
umana e ti amo per
questo. Kai ha riportato a galla vecchi dolori che avevamo seppellito
assieme, ed è giusto così. Non sei egoista, sei
umana e hai un
cuore carico di emozioni che non puoi rifiutare, ti amo anche per
questo. Amo il tuo aspetto di ghiaccio e il tuo cuore di fuoco, amo
ogni singola parte di te, altrimenti non saresti Vibeke Ulykke
Wedel-Saacht e la mia vita non avrebbe senso.-
Le
baciò delicatamente le
labbra, poi le prese le mani e la condusse verso il piccolo bosco al
limitare dei giardinetti del palazzo. Aprì il cancello
incantato con
il semplice tocco della mano e la condusse per i vialetti superando
le tombe dei suoi avi, anche quelle dei suoi genitori.
Ora
siamo qui solo per Kai, renderemo omaggio ai miei genitori in un
altro momento.
Vibeke
aveva fatto nascere
dei gigli bianchissimi ad adornare e circondare la pietra in cui vi
era inciso il nome di quel bimbo di cui non erano neppure riusciti a
vedere il colore dei capelli.
Era
nostro figlio, anche se non abbiamo neppure potuto vederlo.
Già,
loro figlio.
Sembravano
passati secoli da
quando la maledizione inflitta a Vibeke da quel bastardo di suo
fratello si era adempiuta e da allora tutto era cambiato.
Tutto
è diventato grigio.
-Ti
maledisco
Vibeke Ulykke del casato dei Wedel-Saacht. Non vedrai il volto di tuo
figlio, non sentirai neppure il suo primo vagito. Ricorderai i dolori
del parto e fino alla fine dei tuoi giorni vivrai con la
consapevolezza che quel fagotto di vita morirà tra le fiamme
a causa
del tuo sangue. A causa di questo sangue che condividiamo,
sorellina.-
Aveva
temuto di perderla, di
entrare nelle loro stanze e di trovarla agonizzante. Aveva temuto si
sarebbe suicidata.
Ricordava
l'angoscia, la
paura.
Non
ho potuto fare nulla né per te piccolo, né
tantomeno per tua madre.
Perdonami se puoi.
-Mi
vedesse ora, si
vergognerebbe di avere sangue umano nelle vene.-
Lui
la guardò carezzandole
il volto, poi le sorrise e la strinse a sé.
-Questo
mai, mia amata.
Capisco il tuo dolore, è lo stesso che provo io.-
Lei
abbassò il capo,
sconfitta. -Non ti sono stata accanto come avrei dovuto.-
-Neppure
io sono riuscito ad
aiutarti. Ma è giunto il momento di lasciarlo andare,
Vibeke. Sono
sicuro che ovunque sia, mia madre e mio padre siano con lui. Sono
sicuro che sia felice, probabilmente vorrebbe solo che sua madre
tornasse a sorridere.-
La
regina del suo cuore
puntò le sue iridi verdi su di lui e sorrise appena
stringendoglisi
maggiormente contro.
Si
lasciò baciare
teneramente ma rimase stupito quando lei gli prese la mano e quasi
correndo lo portò lontano da quel luogo di eterna pace.
-Andiamo,
mio Re. Voglio
amarti come avrei dovuto sempre fare.-
Daiki
sorrise e baciò
Vibeke con passione, fregandosene di cosa avrebbe potuto dire chi li
avesse visti.
Lei
ridacchiò mentre lui,
dopo averla presa tra le sue braccia, raggiunse le loro stanze in un
paio di balzi.
Grazie,
amico mio.
Note!
Buonasera
a tutti (o forse buonanotte?).
Sono
tornata, spero la storia possa essere più chiara.
Qualche
piccola precisazione: la scena del primo capitolo (continuata nella
prima parte di questo capitolo) è quella in cui Sesshomaru
ottiene
una spada che sia finalmente sua.
Ho
scritto il capitolo guardando l'episodio, quindi se nella descrizione
trovate punti confusionari o poco chiari avvisatemi e
cercerò di
rimediare!
È
un capitolo bello lungo e i punti di vista sono diversi, spero siano
chiari.
La
frase di introduzione è un pensiero, qualcosa che
probabilmente il
“mio” Sesshomaru pensa ma non ammetterebbe mai in
modo così
spudorato.
Nel
capitolo precedente era stato apprezzato il modo in cui avevo
descritto Sesshomaru, spero possa esserlo anche questa volta
nonostante si sia trovato a svolgere un compito non proprio
“compatibile” con la sua personalità.
Vibeke
è occidentale, Ulykke significa incidente ma da qualche
parte avevo
letto che poteva avere significato di disgrazia. Sono passati anni da
quando avevo iniziato questa storia, se la traduzione è
errata
perdonatemi ma ormai nella mia testa Vibeke ha come secondo nome
Ulykke e cambiarglielo sarebbe come perdere una parte di lei.
Quando
racconta la sua storia, Vibeke dice che l'età da marito
è
quattordici anni: ebbene si, questa era la realtà medievale.
Non
prendetevela.
Le
frasi in corsivo (questa volta ho pure usato un carattere diverso)
sono i pensieri del personaggio principale dello spezzone.
Le
parti che trovate leggermente spostate verso il centro, invece, sono
sempre ricordi del passato.
Infine
grazie.
Grazie
a chi ha letto (e mi ha fatto venire il batticuore nel veder crescere
il numero di visite) ma soprattutto grazie a Aiden94
e Royai17
che
oltre al batticuore mi hanno fatta sorridere come una scema per
giorni.
Grazie.
_Lady
Cassiopeia_
|
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Capitolo 3 *** Di vendetta, fratellanza e rapimenti. L'inizio della fine. ***
La
mia più grande forza e la più distruttiva tra le
mie debolezze
porta un nome preciso, breve e ningen: Rin.
Ti
proteggerò sempre, anche a costo di dover sacrificare tutte
le mie
spade.
Perchè
ricorda: non c'è nulla per me che abbia lo stesso valore
della tua
vita.
-Sesshomaru-
Daiki
si svegliò all'improvviso, un'odore famigliare a riempire
l'aria.
Era
un'odore leggero, portato al suo castello grazie alla fresca brezza
primaverile e sicuramente il proprietario della traccia era ben al di
là dei confini delle sue terre.
Eppure..
questo
odore non dovrebbe esserci.
Sarebbe
dovuto andare a controllare nonostante i suoi confini fossero al
sicuro, probabilmente alla fine di quella traccia odorosa avrebbe
trovato Sesshomaru e dargli una mano sarebbe stato piacevole.
I
suoi piani vennero cancellati immediatamente dal corpo di sua moglie
che, ancora immersa in un sonno profondo, gli si strinse maggiormente
addosso.
Daiki
sorrise apertamente abbracciando l'umana così deliziosamente
calda,
e viva, e nuda.
Notti
del genere non si scordano.
La
notte precedente valeva un'intera vita.
Era
un po' come se si fosse innamorato nuovamente, come se dopo un lungo
viaggio fosse tornato a casa.
Quella
notte, dopo aver perso la retta via negli ultimi decenni, era
finalmente tornato a casa.
E
mai casa era stata più accogliente, e calda, e amorosa.
Fondersi
in un unico essere era sempre stato qualcosa di straordinario, di
sconvolgente e la differenza nella loro natura aveva sempre reso
tutto migliore.
Lei
era così fragile, così morbida, così
calda e accogliente dove lui
era un ammasso di muscoli, immortalità e gelo.
Affondare
in Vibeke significava abbandonare sé stessi e tutti i propri
credo
per lasciarsi rimodellare da lei e da qualunque suo desiderio.
Perdersi
in lei, nel suo corpo, significava abbandonare la propria oggettiva
superiorità e piegarsi alla sua imperfetta e orrenda
umanità.
Ningen,
così imperfettamente stupendi.
Adorava
gli umani, o meglio il loro spirito.
Destinati
a morire lavoravano senza sosta per poter vivere un po' di
più, un
po' meglio.
Sapevano
essere egoisti e violenti quando delicati e generosi.
Accoglievano
al proprio focolare gli orfani altrui ma sapevano uccidere senza
alcun rimorso.
Erano
un controsenso, eppure per qualche strano motivo Daiki li trovava
affascinanti.
Bene
e male per sempre fusi in un corpo destinato a decomporsi.
Infondo
amava Vibeke proprio per questa sua brutale dualità.
A
volte la sua volontà è inarrestabile, altre cade
preda degli
impulsi perdendo qualunque facoltà di pensiero.
La
sentì stringersi ancor più a lui, poi il suo
respirò cambiò e le
iridi verdi si puntarono dolcemente su di lui.
-Buongiorno,
mio re.-
Lui
sorrise e le baciò teneramente la fronte. -Buongiorno a te,
mia
regina. Dormito bene?-
Vibeke
sorrise e annuì, poggiando il capo sul petto del marito.
-Erano
decenni che non dormivo così.-
Lui
ridacchiò. -Non che tu abbia dormito poi così
tanto, amore. Stava
sorgendo l'alba quando abbiamo deciso di riposare.-
Lei
arrossì violentemente, Daiki sentì i battiti del
cuore aumentare.
Ti
amo.
Daiki
storse appena il naso, l'odore stava diventando più forte.
Sembra
un richiamo.
Vibeke
lo guardò. -C'è qualcosa che ti turba. Che
succede?-
Lui
sospirò e abbandonò a malincuore il futon e
soprattutto il calore e
l'odore di sesso che ancora impregnava le coperte, cominciando a
vestirsi.
-C'è
una traccia olfattiva nell'aria, non la puoi percepire. Ma non dovrei
essere capace di percepirla neppure io, a meno che Magatsuhi non
abbia deciso di scegliere la via del suicidio.-
-Sesshomaru
e suo fratello sono ancora qui?-
Daiki
scosse il capo negativamente. -No, sono partiti all'alba. Sesshomaru
è andato con il fabbro a farsi costruire un fodero per
Bakusaiga,
Inuyasha e gli altri sono partiti poco dopo. Ho preferito salutarli
da solo e lasciarti dormire, spero non sia un problema.-
La
donna sorrise delicatamente commossa. -Ti ringrazio. Vuoi che ti
aspetti per la colazione?-
Lui
ridacchiò. -Lo sai che per noi demoni non è
fondamentale mangiare,
fai colazione e non ti allontanare troppo. Magatsuhi è ben
lontano
da qui, ma evita di esporti a rischi inutili, te ne prego.-
Vibeke
annuì, si alzò dal futon a sua volta e gli si
avvicinò, ancora
nuda, baciandolo delicatamente.
Forse
i demoni avrebbero dovuto avere maggiore autocontrollo, lui stesso
che era un Demone Maggiore avrebbe probabilmente dovuto essere
inattaccabile sotto il lato istintivo, ma in quel preciso istante
avrebbe voluto rispogliarsi e non fare altro che stare tra le braccia
di Vibeke.
-Faccio
colazione da sola, ma non metterci troppo. Non abbiamo ancora
finito.-
Daiki
le passò una vestaglia, giusto per togliersi di torno i
pensieri
osceni che gli oscuravano le facoltà mentali.
-Non
preoccuparti, mia amata.-
Legò
in vita la cintura con la spada e fece per uscire.
-Fai
attenzione Daiki, potrebbe essere una trappola.-
Lui
annuì, uscì dalla stanza e dopo aver dato
indicazioni alle sue
guardie, prese il volo.
-
Erano
in un villaggio ningen, l'odore pestilenziale del loro cibo
fermentato gli faceva rivoltare le interiora.
Probabilmente
il vecchio Totosai aveva scelto quel luogo per infastidirlo.
Infondo
questo orrido luogo non ha nulla di cui il vecchio non potesse
disporre al castello di Daiki.
Avevano
parlato a lungo, lui e Daiki, la sera precedente così come
quella
stessa mattina.
-Puzzi
di ningen.-
Daiki
aveva guardato il sole sorgere e aveva sorriso sornione. -Tra un paio
di decenni potrò dire lo stesso di te.-
Sesshomaru
l'aveva fulminato con lo sguardo, l'amico di sempre aveva sorriso
maggiormente.
Nessun
altro avrebbe potuto permettersi tanto, lo sapevano entrambi.
Aveva
fatto pace con sé stesso, con suo padre e pure con Daiki.
Non
provo più rancore.
Volse
lo sguardo verso la piccola capanna dove stavano radunati Rin, Jaken
e la compagnia di Inuyasha e, in cuor suo, ammise di poter finalmente
capire il suo migliore amico.
Sarebbe
quasi arrivato a confessare di non trovare poi tanto stupida la
compagna del Sovrano delle Terre dell'Est se non fosse arrivato alle
sue narici un odore fin troppo famigliare.
L'odore
di chi merita di morire.
Magatsuhi.
Era
un tanfo insistente, arrivava ad ondate e ormai aveva catturato
tutta la sua attenzione.
Se
proprio insisti a farti trovare, non vedo perchè non dovrei
darti il
colpo di grazia.
Totosai
all'improvviso smise di lavorare e gli porse Bakusaiga foderata, la
trama dell'impugnatura perfettamente riprodotta sul fodero.
Aveva
fatto un ottimo lavoro, ma di certo non glielo avrebbe detto.
Ora,
finalmente, poteva partire.
Rin,
neanche avesse chissà quali poteri spirituali,
uscì di corsa dalla
capanna dove aveva sperato di poterla lasciare senza doverle dare
spiegazioni.
Non
ho tempo da perdere.
-Aspetta,
Signor Sesshomaru! Kohaku non si è ancora risvegliato,
dobbiamo
restare qui per un po'.-
Sesshomaru
indurì lo sguardo, aveva di cuore sperato di non doverla
salutare.
-Kohaku
resterà qui. E Rin, questo vale anche per te.-
Non
ti metterò in pericolo. Mai più.
La
traccia di Magatsuhi fu improvvisamente coperta dall'odore delle
lacrime della bambina, chiedersi se ciò fosse dovuto
dall'effettiva
concentrazione di paura in quelle gocce salate o se fosse piuttosto
l'attenzione del demone a virare su di lei sempre e indipendemente
dalla situazione, sarebbe stato inutile. E umiliante.
-Ma
perchè Signor Sesshomaru?-
Lo
sapevano entrambi che lui non le avrebbe risposto, non le avrebbe mai
spiegato il perchè delle sue azioni.
Infatti
Rin riprese poco dopo.
-No
e poi no! Voglio venire anch'io!-
Se
mai la bambina avesse voluto aggiungere altro, Jaken la interruppe.
-Ehi Rin, smettila di essere egoista! Lo sai che Padron Sesshomaru
vive per combattere, perchè mai dovrebbe continuare a
portarsi
dietro due bambini umani?-
Sesshomaru
chiuse gli occhi un solo istante, mentre l'odore delle lacrime che la
sua protetta stava trattenendo diventava più concentrato,
quasi più
amaro.
Aveva
forse paura di essere abbandonata anche da lui? Credeva davvero che
lui avrebbe potuto farle questo?
-Jaken,
resterai qui anche tu con lei.-
Se
il demone verde cominciò a protestare lui neanche ci fece
caso,
deliziato dal modo in cui la paure di Rin svanirono con la stessa
velocità con cui l'odore delle sua lacrime
s'indebolì, lasciando
solo un lieve retrogusto salato.
Sei
intelligente, hai capito.
-Aspetta
un attimo Sesshomaru. Stai andando a cercare Magatsuhi?-
Il
demone maggiore si voltò verso Inuyasha e annuì
appena.
Non
provo più nulla verso di lui, non mi interessa
più nulla. Non è
degno di nostro padre, ma non m'interessa.
-Esatto,
attualmente è lui la mia preda.-
Nessuno
mi chiama debole e scampa alla mia vendetta.
Spiccò
il volo, senza sentire le parole del mezzodemone.
Gli
parve di sentire la voce di Rin.
-Torna
presto Signor Sesshomaru. Per favore.-
Suo
padre aveva una vita indegna del suo status.
Aveva
una compagna ningen e, cosa ben peggiore, la suddetta compagna era
pure gravida.
Mancava
ancora qualche mese al parto e alla dipartita del più grande
tra i
Generali Cane.
Sesshomaru
aveva più volte cercato di riportarlo sulla retta via, gli
aveva
chiesto di ripensarci e abbandonare la ningen che al massimo sarebbe
vissuta altri trent'anni e di impegnarsi di più nella
gestione del
loro regno.
-Sesshomaru,
per cosa vivi?-
Lui
aveva ringhiato disgustato, perchè doveva finire sempre in
discorsi
filosofici?
Col
senno di poi si chiese se suo padre sapesse che il suo tempo stava
per finire.
-Noi
siamo portati alla grandezza, padre. Nasciamo per questo, abbiamo
l'eternità e una forza smisurata per percorrere questa via.-
Suo
padre, il Gran Generale Inu No Taisho, aveva riso con scherno. -La
via della grandezza può essere percorsa in mille modi. Ma
vivere
solo per la grandezza, per la smania di essere invincibili significa
vivere una vita vuota. Noi demoni non siamo destinati a morire e non
sappiamo apprezzare l'esistenza che ci è stata donata. Ma
una vita
per la grandezza è una vita vuota.-
Sesshomaru
aveva ringhiato. -La nostra stessa esistenza è un segno
magnifico.
Siamo nati forti e immortali per governare sul mondo.-
-Dimmi
Sesshomaru, per chi vuoi percorrere la via della grandezza? Per chi
vuoi diventare un Demone maggiore?-
-Io
sono già un Demone Maggiore.-
Il
più antico sospirò. -No, l'essere figlio di
Demoni Maggiori non ti
rende a tua volta uno di noi. Hai tutte le potenzialità per
diventarlo, ma devi staccarti da questa smania. Abbandona la sete di
sangue, combatti per i giusti motivi e abbandona tutto quello che
è
futile. Trova qualcuno, proteggilo e amalo. Diventa un Demone
Maggiore per lui. Per quel qualcuno.-
-Voi
sragionate, padre.-
Sarebbero
poi seguite altre discussioni, nuove lezioni impartite e poi sarebbe
anche arrivata la fine per il Grande Generale Cane, sovrano dei
Demoni Cani dell'Ovest per duemila anni.
E
poi sarebbe arrivata Rin e la voce di suo padre sarebbe tornata ogni
sera nei suoi pensieri a ripetergli che ora, con quella purissima
anima umana, tutto avrebbe avuto un senso.
Il
suo volo, durato quasi una giornata intera, venne interrotto dalla
presenza di uno degli scagnozzi di Naraku.
-Byakuya
dell'illusione.-
-Sesshomaru,
hai nuovamente un braccio sinistro. Pensavo ti fosse stato mozzato.
Sei arrivato fin qui seguendo l'odore di Magatsuhi?-
Sei
fortunato che la mia preda sia un'altra, lurida emanazione.
Il
sole stava tramontando lentamente e il cielo probabilmente aveva
colori che avrebbero fatto urlare di felicità Rin se non
fosse stato
quasi completamente coperto da nuvole nere come la notte.
-Hai
un olfatto sopraffino, principe Sesshomaru.-
Alzò
appena un sopracciglio, seccato. -Vattene, non sono qui per
chiacchierare con te.-
Byakuya
ridacchiò. -Ah, è un peccato tu sia sempre
così indisponente. E
non sei solo, a quanto pare.-
Sesshomaru
voltò lo sguardo verso il nuovo arrivato e sgranò
appena gli occhi.
Fratellanza.
Daiki
lo affiancò velocemente.
-Quest'odore
di malvagità è arrivato fino al mio castello.
L'odore di marciume
invece è dato da questo qui?-
Sesshomaru
annuì. -Esatto. Odora di Naraku.-
-Quindi
siete tutti sulle tracce di Naraku?-
Sesshomaru
la sera prima aveva annuito in direzione del suo migliore amico.
-E
precisamente cosa vuole questo mezzodemone?-
-La
grandezza. La sfera dei quattro spiriti.-
Daiki
aveva ridacchiato. -Allora è destinato a perire. Per quanto
abbia
sentito le compagne dei miei guerrieri raccontare dei poteri della
sfera, cercare la grandezza in questo modo comporta il fallimento.-
Aveva
immediatamente ricordato le parole di suo padre ed aveva anche
compreso perchè Daiki fosse un Demone Maggiore da ben
più tempo di
lui.
Poi
comparve Magatsuhi.
Il
suo odore era fortissimo, le fauci spalancate e un occhio cieco
grazie al colpo precedentemente subito a causa del demone bianco.
Mise
la mano sull'impugnatura dell'antica zanna di suo padre, la
sfoderò
e partì all'attacco.
Daiki
non sarebbe intervenuto, non avrebbe avuto i mezzi necessari.
E
l'unica spada che forse avrebbe potuto ferire qualunque demone, con
un corpo o meno, era l'antica zanna di Yuzuki che pareva aver
accettato Vibeke come effettiva padrona.
A
prescindere, il solo fatto che l'amico fosse venuto e che nonostante
il tanto tempo trascorso lontani continuasse a considerarlo degno di
fatica, lo faceva sentire un demone migliore.
-Tenseiga!-
Fu
come colpire qualcosa di imbottito, il volto di Magatsuhi si
aprì e
con la stessa velocità si richiuse senza danno alcuno.
Non
fa effetto?
Ripartì
all'attacco, ancora e ancora.
Il
risultato non cambiava.
Magatsuhi
tornava integro ad ogni suo colpo.
Non
ha senso, l'odore è quello di Magatsuhi ma Tenseiga non ha
effetto.
Daiki
gli si avvicinò. -Sesshomaru, è possibile che sia
un tranello? Il
Magatsuhi che abbiamo incontrato noi non ha mai smesso di parlare,
questo si lascia semplicemente colpire da te.-
Un
tranello.. un'illusione!
S'arrabbiò
con sé stesso, si materializzò improvvisamente
dinnanzi Byakuya e
con un colpo d'artigli disintegrò l'urna tra le mani
dell'emanazione. Un orrido pezzo di carne cadde a terra.
-Per
quanto pensavi di potermi prendere in giro?-
Il
demone dell'illusione sorrise. -Speravo di trattenerti ancora un po',
a voler essere sinceri. Sai, le anime che non riescono ad abbandonare
il corpo rimangono intrise di odore. Quel pezzo di corpo, Sesshomaru,
odorava abbastanza da attirare te e il tuo caro amico. Peccato,
abbiate capito entrambi troppo tardi il tranello. Poco importa, i
giochi non sono ancora finiti e voi dovrete restare con me ancora per
un po'.-
Sesshomaru
ghignò. -Non sai con chi hai a che fare, altrimenti sapresti
che non
basta un pugno di demoni per fermarmi. Figurarci per fermare
entrambi.-
Byakuya
ridacchiò. -Ne avevo radunati più del dovuto per
sicurezza.
Fortunatamente dovrebbero bastare a intrattenere entrambi.-
Sesshomaru
incrociò lo sguardo dorato con quello blu notte di Daiki.
Bakusaiga
e Hakai erano già pronte.
La
prima distrusse tutto quello che incontrò e
allargò i danni a ciò
che entrava in contatto con le parti danneggiate, la seconda
polverizzò gli avversari bloccando qualunque
possibilità di
rigenerazione.
Bastò
un fendente a testa per uccidere ogni avversario.
Byakuya
sgranò gli occhi, ma ebbe la decenza di sparire.
L'odore
dell'avversario, di quello vero, veniva da una zona fin troppo vicina
al villaggio che aveva abbandonato quella mattina stessa.
Rin!
Possibile
che pur cercando di tenerla al sicuro, lei finisse sempre per essere
in pericolo?
Sono
davvero un buon compagno di vita?
Daiki
gli diede un leggero colpo con la spalla e gli fece cenno col capo di
non perdere tempo.
Rin.
Non posso perdere tempo.
Si
avviarono entrambi alla ricerca del vero Magatsuhi.
-
Jaken
sospirò, Rin colpita da Magatsuhi (che si era rifugiato in
Kohaku)
era caduta in un sonno terribile. Non smetteva di dimenarsi, ma non
emetteva suono acuto.
È
come se fosse regredita e tornata muta. Padron Sesshomaru mi
ucciderà.
Rin
sentiva freddo, e aveva paura.
Sentiva
le ginocchia sbucciate bruciare, aveva dolore ad un paio di costole e
soprattutto non riusciva a tenere un occhio aperto.
Faceva
freddo, era sola.
Riuscì
a specchiarsi sulla riva di un fiume e notò che l'occhio
destro,
quello che faticava a tenere aperto, era nero e gonfio.
Era
stata picchiata?
Erano
stati gli uomini del villaggio?
Era
sola?
Ricordò
che i suoi genitori erano morti qualche mese prima a causa dei
banditi.
Era
sola?
Si,
lo era davvero.
Guardò
il suo vecchio kimono consunto, era sporco di sangue. Avrebbe dovuto
lavarlo e avrebbe dovuto lavarsi.
Non
riusciva a parlare, non sapeva neanche più come si faceva.
Aveva
mai parlato da quando era morta la sua famiglia?
Cosa
avrebbe fatto ora?
Non
aveva più nessuno, il villaggio la odiava e la picchiava.
Aveva
sempre vissuto così?
Valeva
la pena vivere così?
Il
fiume sembrava chiamarla.
Perchè
continuare a soffrire in questi modi? Perchè non chiudere
gli occhi
per sempre?
Quel
fiume le era famigliare, quando lo aveva visto? Quale particolare
episodio della sua vita?
Se
morissi, si scorderebbero tutti di me?
E
la risposta arrivò con la voce del demone che pareva aver
votato la
sua intera immortalità a salvarle la vita.
La
sentì forte e chiara nella sua mente.
Non
dire sciocchezze.
Aprì
gli occhi e sorrise, si allontanò dal fiume e
tornò a guardare il
suo kimono: quello rosa, vecchio e consumato era scomparso, ed era
tornata ad indossare quello a quadri arancioni.
Il
primo regalo di Sesshomaru.
Sesshomaru,
il demone per cui lei viveva.
L'unico
che avrebbe voluto seguire per l'eternità.
Sesshomaru.
Lo
trovo disteso sotto ad un albero, non riusciva a vederlo bene in
volto ma l'avrebbe riconosciuto ovunque.
I
brutti pensieri erano scomparsi, il dolore anche.
Si
accoccolò in posizione fetale e sentì la candida
mokomoko cingerla
e tenerla al caldo.
Chiuse
gli occhi e si addormentò con lui.
Ora
posso dormire tranquilla.
Ora
sono al sicuro.
Jaken
vide Rin smettere di agitarsi nel sonno in cui era crollata dopo il
colpo ricevuto da Magatsuhi e sospirò di sollievo.
Non
si era ancora svegliata, ma almeno era tranquilla.
A
tutto il resto avrebbe pensato Padron Sesshomaru.
-
Eccolo
qui, il vero Magatsuhi. Codardo.
Inuyasha
e la sua compagnia poco potevano fare nei confronti di quell'orrenda
creatura.
Sguainò
immediatamente Tenseiga e lo colpì alle spalle,
interrumpendo la sua
oscena risata.
-Sesshomaru!-
Adorava
il panico che animava la voce della sua preda, il suo orgoglio ferito
bruciava un po' meno ora.
Sono
così debole per te che hai fatto di tutto per tenermi
lontano.
Codardo.
Era
stato fortunato, anche Naraku sembrava essere presente.
Eliminare
oggi entrambi sarebbe magnifico.
Sfoderò
anche Bakusaiga e colpì i tentacoli dell'avversario
disintegrandoli
all'istante, alle sue spalle sentì Daiki sfoderare a sua
volta
Hakai.
Penserà
lui a Naraku, se necessario.
La
sua vista si era concentrata sulla sua preda, nulla avrebbe potuto
distrarlo dal suo intento.
Sentiva
il suo veleno demoniaco impregnargli rabbiosamente la bocca ma allo
stesso tempo, assolutamente consapevole di aver la vittoria in pugno,
la sua mente era fredda e calcolatrice.
Questa
volta non scapperai.
-Ormai
per te è finita, Magatsuhi. Hai usato Byakuya come diversivo
per
tenermi lontano. Temi fino a questo punto la mia Tenseiga?-
Sapevi
di non avere scampo se ti fossi scontrato con me, nevvero?
L'avversariò
ghignò. -Nessuna lama mi ha danneggiato finora.
Perchè ora dovrei
aver paura?-
Toccò
a Sesshomaru ghignare. -Nessuna lama ti ha ucciso perchè io
l'ho
voluto.-
Provò
nuovamente la fuga, invano.
Un
colpo con Tenseiga e il volto mostruoso di Magatsuhi scomparse,
disintegrato.
Tuttavia,
la sua essenza..
Non
aveva più forma, ma la sua voce fu forte e chiara. -Non
è ancora
finita, miei cari. Io sono immortale. Questa che voi chiamate
vittoria, in realtà, è l'inizio della vostra
disgraziata fine.-
La
sterminatrice di demoni gli si avvicinò, informandolo del
peggiore
scenario possibile.
Rin
è stata colpita dal veleno di quel bastardo.
È
nuovamente in pericolo.
Ed
è nuovamente colpa mia.
Erano
pensieri che gli riempivano costantemente la testa, si sentiva in
colpa perchè nonostante facesse l'impossibile per non
metterla in
pericolo, il solo fatto di accompagnarlo nelle sue avventure la
rendeva una preda allettante.
Sapeva
che avrebbe dovuto reinserirla nel mondo degli umani di cui tanto era
terrorizzata affinchè potesse crescere a tutto tondo,
scegliendo poi
da sé la via da percorrere.
E
lo avrebbe fatto, finita tutta la storia con Naraku l'avrebbe
lasciata alle cure della vecchia sacerdotessa, affinchè
diventasse
donna.
Imparerà
a leggere e scrivere, saprà riconoscere le erbe necessarie
per
curarsi. E, se mai sceglierà di tornare a seguirmi,
sarà Vibeke a
curare la sua istruzione al ruolo di regina.
Avrebbe
dovuto separarsene e nonostante fosse la cosa giusta da fare, un po'
gli si stringeva il cuore.
Dovessi
essere egoista, la terrei con me. L'osserverei crescere e ridere,
cantare, la obbligherei a diventare immortale per poi farle fare quel
che vuole, purchè non mi abbandoni per sempre.
Ma
Rin non meritava questo, quella bambina gli aveva donato
così tanto
che meritava solo il lato migliore di Sesshomaru.
Sarà
lei a decidere. Senza fretta o ricatti.
La
felicità di Rin sarebbe sempre venuta prima di tutto, anche
della
salvezza del mondo.
Spiccò
il volo verso il villaggio, Daiki lo affiancò immediatamente.
-Non
dovresti ficcarti in cose che non ti riguardano.-
L'amicò
sorrise. -Stai cercando di proteggermi?-
-Tsk.-
Il
Sovrano delle Terre dell'Est addolcì il sorriso. -Voglio
solo
aiutarti. Una spada in più a proteggere Rin non
farà male.-
Non
disse nulla, ma probabilmente lui non era ancora giunto al punto di
poter effettivamente ricambiare la gentilezza.
Io
per te non l'avrei fatto.
-
Vibeke
si sentiva agitata, non sapeva neanche lei perchè.
Daiki
ha combattuto orde di demoni e non è solo.
Forse
ad essere in pericolo non era Daiki, magari sarebbe potuto succedere
qualcosa a Rin o agli accompagnatori umani di Inuyasha.
Dovrei
andare a controllare.
Suo
marito l'avrebbe rimproverata, ma lei non riusciva a starsene con le
mani in mano ad attendere speranzosa il ritorno del suo re.
Scorre
nel mio sangue, l'amore per la guerra. Scorre in tutti i Wedel-Saach.
Indossò
il mantello grigio dal largo cappuccio, prese una sacca e lo
riempì
con qualunque erba o unguento curativo avesse nelle sue stanze.
Indossò
la spada di Yuzuki di traverso sulla schiena e finalmente fu pronta.
Scese
nella sala del trono e subito tutte le guardie s'inchinarono dinnanzi
a lei.
Vibeke
sorrise appena, sempre commossa dalla facilità con cui il
clan del
marito l'aveva accolta.
Mi
hanno vista sul campo di battaglia, quando i demoni gatto hanno
attentato al trono. Sanno cosa so fare.
Subito
Inukari le si avvicinò. -Vibeke, permettetemi di aiutarvi.-
Era
cugino di Daiki per via materna, senza alcuna pretesa al trono ma con
un grande senso di fedeltà e famiglia. Era il generale delle
truppe
reali, l'unico che mai avrebbe messo il proprio egoismo al di sopra
del cugino. L'unico al quale avrebbero potuto consegnare la propria
vita sapendo che non l'avrebbero mai persa.
Lei
annuì. -Devo raggiungere Daiki. Lascio a te il comando. Se
accade
qualcosa, manda subito qualcuno ad avvisare.-
-Come
desiderate. Tuttavia Daiki preferirebbe che voi rimaneste al
palazzo.-
-So
cosa preferirebbe mio marito, ma preferisco accertarmi che lui stia
bene.-
-Vuole
che raduni una piccola scorta?-
No,
queste sono questioni personali e di amicizia. Il regno deve restarne
fuori. Far combattere i soldati di queste terre per una cosa simile
sarebbe inaccettabile.
-Ti
ringrazio, ma preferisco viaggiare sola. Attirerò meno
l'attenzione.-
-Viaggerete
con il vostro cavallo alato?-
Annuì.
Poco
dopo stava già volando nella direzione presa dal marito
quella
stessa mattina, l'olfatto del suo cavallo demoniaco l'avrebbe
sicuramente portata da Daiki.
Era
un animale stupendo, con il manto e le ali dorati e le zampe candide.
Era
più alto e possente di un normale cavallo e aveva deliziose
iridi
azzurre, Vibeke l'aveva trovato accanto al cadavere della madre che
era un cucciolo e da allora lo aveva cresciuto.
Era
un animale libero, Vibeke non aveva mai voluto privarlo di una simile
bellezza e lui le si era legato maggiormente.
Pascolava
libero tra le Terre dell'Est, sempre attento a rimanere sotto la
protezione dei sovrani quanto pronto ad accompagnare Vibeke ovunque.
Stava
passeggiando tra gli enormi giardini che circondavano il Regno
dell'Est, incantata da quanto potesse essere bello risentire il
calore del sole sulla pelle dopo aver rischiato di morire per colpa
della sua stessa famiglia.
Sarebbe
tornata e avrebbe avuto la sua vendetta, li avrebbe uccisi tutti, lo
sapeva.
Era
solo questione di tempo.
Masticava
un po' di giapponese, non troppo, ma abbastanza da riuscire a
spiegare se aveva qualche dolore e chiacchierare del tempo con Daiki,
il suo salvatore.
Era
un demone, un immortale.
Nelle
terre da cui provveniva lei, Daiki sarebbe stato attaccato fino alla
morte.
Gli
esseri umani in occidente erano più crudeli, o forse
semplicemente
Daiki era troppo pacifico.
Adorava
quelle terre, le mille foreste variegate, i mille corsi d'acqua, i
piccoli laghetti.
C'era
pace, in quei luoghi.
Lo
stesso non si poteva dire della sua anima, ma ora doveva pensare a
recuperare le forze e guarire del tutto.
Una
delle ferite da pugnale infertagli sulla schiena dalla sua matrigna
era guarita, l'altra invece continuava ad infettarsi e riaprirsi.
Era
ormai giunta al limitare del Regno del suo protettore, quando
sentì
un lamento.
Era
atroce sentire un simile pianto, Vibeke molto lentamente
cominciò a
camminare nella direzione da cui i lamenti giungevano; avrebbe potuto
incontrare qualunque tipo di bestia feroce, ma non le
interessò: non
poteva di certo voltare le spalle ad un essere vivente.
E
lo vide.
Piccolo,
dorato, piangente e stretto al fianco del cadavere della madre.
Quel
piccolo puledro era stato fortunato.
Controllò
se vi fosse anche solo un barlume di speranza per la madre, ma non
potè far altro che raccogliere tra le braccia il piccolo e
allontanarsi.
Era
pesante il cucciolo, la sua ferita si riaprì nuovamente e
quando
arrivò al castello le sue vesti erano nuovamente zuppe di
sangue.
Fu
la Regina Madre, Yuzuki, ad avvicinarsi e a notare l'animale tra le
sue braccia.
-Dovrai
farti curare nuovamente, rischi di morire e sembri non voler far
nulla per riprenderti. Siete estremamente impegnativi, voi umani.-
Vibeke
aveva sorriso appena. -Vorrei tenerlo.-
-Dovresti
allora dargli un nome.-
Aveva
indicato la collana che la Signora Madre portava al collo.
-Che
colore è?-
-Kin.-
Kin,
oro.
Non
si erano più lasciati.
Arrivarono
che era notte fonda al villaggio e Vibeke posò i piedi a
terra
nell'esatto istante in cui anche suo marito e Sesshomaru giunsero.
-Ti
avevo detto di non metterti in pericolo, Vibeke.-
Lei
sorrise, carezzando Kin e accompagnandolo a bere un po' d'acqua.
-E
io ti avevo detto di non metterci troppo.-
Daiki
sospirò e le si avvicinò. -Kin ti è
troppo fedele, probabilmente
ti accompagnerebbe anche agli inferi se fosse necessario.-
-Se
tu eviti di finirci agli inferi, ti giuro che non avrò
motivi validi
per andarci.-
-Sei
dannatamente testarda, mia regina.-
Lei
ridacchiò, Daiki non era poi tanto arrabbiato.
In
caso mi farò perdonare.
C'era
calma, troppo silenzio.
Sesshomaru
sembrava cercare qualcosa. Forse qualcuno.
Rin?
-Starà
probabilmente dormendo. Noi umani ne necessitiamo.-
Sesshomaru
annuì appena in sua direzione, poi arrivò Jaken
accompagnato da
un'anziana sacerdotessa e un cucciolo di demone volpe.
-Signor
Sesshomaru, Signor Daiki, Nobile Vibeke! Rin è scomparsa,
Magatsuhi
l'ha presa con sé.-
Sesshomaru
poco lontano sospirò appena. -Sapevo che era sopravvissuto.-
La
sacerdotessa sospirò a sua volta. -Ha usato il corpo di
Miroku per
nascondersi.-
Non
disse altro Sesshomaru, semplicemente prese il volo.
Daiki
la strinse a sé e le baciò la fronte. -Se ti
chiedessi di tornare
al palazzo, cosa faresti?-
Lei
ridacchiò appena. -Ti seguirei di nascosto, mio re.-
Si
sorrisero.
-Allora
andiamo, aiutiamolo.- Le propose Daiki.
Kin
era già al suo fianco, affiancarono Sesshomaru in pochi
istanti.
Perchè
prendere Rin? Cosa ci può guadagnare?
-Non
capisco, perchè prendere Rin? È solo una bambina.-
Il
demone bianco la guardò appena. -In questo modo Naraku ha
sigillato
entrambe le mie spade.-
Finché
Rin non sarà al sicuro, tu non userai le tue armi. La tua
nuova
spada sarebbe pericolosa per Naraku, abbinata a quella di Daiki
sarebbe la fine.
-Verremo
con te, Sesshomaru.-
Resisti
Rin, stiamo arrivando.
Note:
Buongiorno
a tutti!
Come
state?
Piccole
specificazioni:
Quella
di Rin è un'illusione creata da Magatsuhi per tenere la
mente della
bambina in “coma”. Rin rivive il periodo al
villaggio, il luogo
le sembra famigliare perchè è quello in cui ha
incontrato
Sesshomaru ferito per la prima volta.
Sono
i sentimenti di Rin a creare l'immagine di Sesshomaru su cui lei si
accoccola; inconsciamente sa di non potersi liberare dal sonno di
Magatsuhi, quindi si crea un piccolo angolo di
“paradiso”.
Il
tutto prende vita nel Final Act, episodi 18/19/20 circa.
Hakai:
distruzione. Nome della spada di Daiki. Mi ha aiutata il traduttore,
non conosco il giapponese.
Sesshomaru
non ama Rin nel senso romantico del termine (almeno non
finché Rin è
una bambina, sia chiaro), è amore spirituale, platonico.
L'assoluta
consapevolezza che le loro anime siano destinate ad appartenersi al
di là dello sviluppo romantico o fisico della storia.
È amore nel
senso più puro.
Spero
vi possa piacere anche questo capitolo e, se così non fosse,
sentitevi liberi di farmi crescere come scrittrice con critiche
costruittive.
Ringrazio
chi ha commentato, messo tra le preferite e seguite la storia o
semplicemente ha deciso di passare per una letta. Grazie di cuore,
davvero.
PS:
chiedo scusa per i problemi del formato. So che ci sono stati
problemi di visualizzazione, chiedo umilmente scusa! Abbiate
pazienza, io sono un'impedita assurda ma giuro che sto cercando di
sistemare.
Grazie
di cuore a chi mi ha segnalato la cosa!
_L.
Cassiopeia_
|
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Capitolo 4 *** Dentro il corpo di Naraku - Parte prima ***
Essere
amata da un demone è qualcosa di unico, di raro.
La
loro vita è costruita sulla loro immortalità, i
loro stessi
sentimenti lo sono.
Credevo,
dalle parole di mio padre, che gli esseri immortali fossero
semplicemente creature volute da Satana per far cadere in tentazione
noi poveri cristiani.
Credevo
fossero vuoti involucri di malvagità.
Avrei
dovuto saperlo già allora, che nessuna mia convizione
sarebbe stata
eterna, ma lo avrei scoperto più tardi.
Sono
diversi da noi ningen, questi demoni, questi Yokai, e proprio questa
diversità dovrebbe renderli sacri e preziosi ai nostri occhi
di
ningen.
I
loro sentimenti sono stupendi, forti come fiumi in piena e
inarrestabili come la primavera che mi scorre nel sangue.
Hanno
secoli di vita alle spalle, sanno gestire i propri moti interiori con
maestria, ma questo non li rende insensibili.
Un
demone quando ama, lo fa per sempre.
E
ama con la stessa irruenta passione del primo istante.
Non
sono mai stata destinata ad amare un umano, ora lo so, eppure se
anche me ne fosse data la possibilità pregherei il Dio in
cui non ho
mai smesso di credere, affinchè mi permetta di restare qui,
tra le
braccia dell'unica creatura che mai potrò amare.
-Vibeke-
Erano
in volo da diverso tempo, la luna era enorme ed aveva assunto una
sfumatura sanguigna che sembrava promettere solo tragedie.
In
lontananza il cielo si stava già rischiarando, sulla linea
d'orizzonte, ma la luna rimaneva comunque spaventosa.
C'è
qualcosa di strano.
Inizialmente
aveva avuto qualche brivido, ma Vibeke li aveva collegati
semplicemente al calo delle temperature, tant'è che Daiki
l'aveva
affiancata in volo e l'aveva avvolta nella sua mokomoko.
Eppure
la coda del suo sposo non aveva portato alcun giovamento.
Non
è freddo.
Possibile
sia.. sofferenza?
Era
qualcosa che partiva da dentro, dal suo sangue.
Dipendeva
forse dalla sua natura?
Sospirò
e si strinse maggiormente nella pelliccia.
Aveva
sempre più freddo.
Poi,
d'un tratto, il respiro le si mozzò in gola mentre i brividi
si
tramutarono in spasmi di dolore.
La
natura sta soffrendo.
Siamo
quindi vicini a Naraku.
Non
era la prima volta che ne soffriva, accadeva ogni volta.
Era
successo già con Magatsuhi quando questi aveva distrutto i
suoi
ciliegi, ma questa volta il dolore era estremamente duro da
sopportare.
Sesshomaru
guardò verso di lei e poi puntò lo sguardo verso
Daiki che intanto
le si era avvicinato e le massaggiava la schiena con carezze
circolari.
-Sicura
di voler continuare? Potresti tornare a casa.-
Lei
scosse il capo verso il demone blu e sorrise. -Non è la
prima volta
che capita, lo sai. Io e la natura siamo connesse e se soffre lei,
soffro anch'io. Probabilmente siamo vicini a Naraku, il suo veleno
starà facendo morire la terra. Passerà.-
Poco
lontano da loro una montagna esplose e un'enorme nube di
malvagità
cominciò a fuoriuscire attirando presso di sé
centinaia di demoni
minori dalle forme più disparate.
-Quella
nube oscura è..-
Vibeke
venne interotta da Sesshomaru. -Quello è Naraku. Sta
sfruttando la
Sfera dei quattro spiriti. Maledetto mezzodemone.-
E
Rin è li in mezzo?
Vibeke
sperava di cuore che la bimba stesse bene, tuttavia l'odore acre che
impregnava l'aria le faceva temere il peggio.
Io
non posso più morire, ma Rin..
Scesero
a terra nella speranza di lasciar formare del tutto la nube e capire
se Naraku fosse effettivamente presente lì in mezzo,
possibilmente
con un corpo da poter fare a pezzi.
La
natura, ovviamente, era stata la prima a soffrire di quell'ondata di
malvagità uscita dal monte: c'erano uccellini morti,
coniglietti
ridotti ad ossa, alberi appassiti e nidi colmi di uova senza
più
nessuno che le avrebbe scaldate.
Morte
e desolazione, le uniche cose che il lato ascuro delle anime umane sa
produrre.
Vibeke
si attivò subito nel cercare di dare un po' di vita a quel
luogo
inospitale, s'inginocchiò e pianse qualche lacrima per tutte
quelle
creature che non avrebbe potuto rianimare e sfiorando il terreno e i
trochi morti, li fece rigermogliare.
Chissà
perchè a noi è concessa più di una
possibilità, mentre le anime
degli animali finiscono direttamente in paradiso.
Neanche
Tenseiga potrebbe riportarli in vita.
Quando
finì la sua opera, Kin stava brucando l'erba accanto a Daiki
e
Sesshomaru se ne stava immobile a fissare quella dannata massa di
malvagità.
L'ammasso
di oscurità cominciò a stabilizzarsi e l'aurea
demoniaca che ne
uscì e che oscurò completamente il sole appena
sorto, non lasciò
dubbi ai suoi accompagnatori.
-Finalmente.-
Vibeke,
sentendo l'affermazione di Sesshomaru puntò lo sguardo al
cielo e
vide che vi era un'immensa sagoma nel mezzo.
Per la
prima volta il demone bianco guardò sia lei che Daiki e fece
segno
di seguirlo.
Per
la prima volta ci considera parte di una compagnia, suoi pari.
Daiki
si assicurò che Kin fosse ben idratato, poi le si
avvicinò e
l'aiutò a montare in groppa al suo cavallo demoniaco.
-Fai
attenzione, te ne prego. Non so cosa potrà accadere, ma nel
caso in
cui finissimo separati usa la spada di mia madre. Il miasma emesso da
Naraku non ti farà nulla, le nostre vite sono collegate.
Nonostante
questo, te ne prego, usa quella spada.-
Vibeke
l'aveva usata solo per sterminare le armate che la sua famiglia le
aveva mandato contro, i Wedel-Saach li aveva uccisi personalmente con
le sue mani, ma poi non l'aveva più usata.
Quella
spada portava distruzione, era capace di colpire chiunque
indipendentemente dal mondo da cui proveniva e lei, visto il suo
potere , odiava dover uccidere.
Ma
ora siamo in guerra, Daiki deve sapere che sarò capace di
difendermi. Non può distrarsi e rischiare la vita
perchè deve
proteggermi.
-Il
mio potere non funzionerà, vero?-
Daiki
le aveva baciato il dorso di una mano. -No.-
Gli
carezzò dolcemente il volto, poi annuì. -Va bene,
userò la spada
di tua madre. Tu fai attenzione e se anche finissimo separati,
pretendo che tu torni da me finito tutto.-
Lui
ridacchiò e le baciò nuovamente la mano, questa
volta sul palmo.
La
leggera traccia di saliva che vi lasciò, la fece arrossire.
Ieri
mattina eravano nudi a letto, ora invece stiamo per affrontare il
male.
-Kin
non lasciarla sola un attimo.-
Il
cavallo annuì, spiegò le ali e si alzò
in volo raggiungendo
Sesshomaru. Daiki comparve immediatamente al loro fianco.
La
sagoma che Vibeke non era riuscita ad identificare era nient'altro
che un enorme ragno.
Comparvero
un paio di demoni insettoforme, ma Sesshomaru le si parò
dinnanzi e
con un colpo di Bakusaiga spazzò via le loro esistenze.
Non
fosse stato per Yuzuki, avrei fatto la stessa fine di quei mostri.
Polverizzata. Morta.
-Mio
figlio ti ama.-
Vibeke
si era voltata verso la proprietaria della voce, si era leggermente
inchinata come le era stato insegnato nelle terre da cui provveniva,
poi annuì.
Yuzuki,
la Regina Madre, le girava attorno con sempre maggiore attenzione.
Vibeke aveva l'impressione che la stesse studiando, ancora non aveva
capito se la considerasse una preda, una scocciatura o semplicemente
qualcosa di assurdo.
-E
io amo lui, se vi può tranquillizzare.-
Aveva
grandi occhi blu scurissimo: ad un umano sarebbero parsi neri, si
mostravano nella loro reale colorazione solo sotto alla luce intensa
del sole di mezzogiorno o della luna piena.
-Dovrebbe
tranquillizzarmi?-
Vibeke
aveva imparato ad apprezzarne la profondità di pensiero,
nonostante
si sentisse sempre inferiore.
-Non
saprei, forse non c'è nulla di rassicurante nei miei
sentimenti
considerando la differenza nelle nostre nature. Cosa debba pensare
una madre mi è sconosciuto, dato che non ne ho mai avuta
una.-
La
demone sorrise appena e le carezzò delicatamente una guancia.
-Ammettere
così chiaramente i propri limiti è segno di
grande intelligenza. I
ningen che ho conosciuto prima di te, non ne sono mai stati capaci.
Alcuni perchè ancora incapaci di parlare, altri
perchè troppo pieni
di sé.-
-Sono
lieta che abbiate questa considerazione di me.-
La
Regina sorrise. -E sono lieta che i sentimenti di mio figlio siano
ricambiati, noi demoni amiamo per l'eternità. Poco importa
se chi
scegliamo come compagno viva con noi in eterno o marcisca nel giro di
qualche decennio.-
Nevicava
fittamente, presto tutte le terre del Giappone avrebbero assunto il
colore dell'innocenza.
-Quindi
lui continuerà ad amarmi anche quando sarò morta?-
Yuzuki
sorrise e annuì, gli occhi brillavano di un dolore che
fecero
vergognare Vibeke per la sua insensibilità: il Grande
Sovrano
Akihito era morto da pochissimi giorni, il castello intero era ancora
in lutto.
-Mi
spiace, non ho pensato prima di parlare. Chiedo venia.-
-Questo
è il destino per noi immortali. Tuttavia conservo nel mio
cuore
ricordi così felici da riuscire a mitigare la sofferenza.-
Vibeke
la guardò, chiedendosi quanti anni avesse.
Aveva
un'aura potentissima e nonostante dimostrasse neanche una decina
d'anni più di lei, l'occidentale era certa di avere davanti
a sé
una delle creature più antiche esistenti.
-Quanti
anni avete?-
-Anni?
Usi una misura troppo umana, giovane Vibeke. Sono nata quando ancora
gli uomini non conoscevano parola ed erano completamente in balia
della natura; incapaci quasi di camminare eretti e di coltivare un
terreno. Al contrario di mio marito, io sono una dea, lo sai.-
Vibeke
annuì.
La
madre di Daiki era la Signora del Tempo, protettrice dell'ordine
naturale delle cose. Il suo compito era controllare che tutto andasse
come doveva. Conosceva il presente ed il passato, al momento
opportuno le veniva reso noto anche il futuro.
Più
volte aveva chiesto come funzionasse la visione dell'avvenire, la dea
le aveva semplicemente risposto che era il futuro stesso a decidere
quando palesarsi. Lei era un mezzo, una servitrice del tempo.
Vibeke
aveva avuto poi modo di conoscerla meglio.
Erano
pochissime le divinità che avevano mantenuto la propria
forma
corporea, la maggior parte aveva preferito abbandonarla e tornare a
fondersi all'energia che avevano servito quando gli umani s'erano
inventati nuove divinità. Lei era rimasta solo per la sua
famiglia.
Non
aveva avuto una madre e un padre, era nata da un giorno all'altro.
L'amore
l'aveva imparato nel preciso istante in cui aveva messo gli occhi su
Akihito, Principe ereditario dell'Est: la passione, il piacere, la
voglia di condividere qualunque attimo di vita con qualcuno erano
arrivati solo con lui.
-Sai,
la famiglia di Akihito era contrario all'unione.-
-Cosa?
Ma Voi siete una dea! Il prestigio che avete portato alla casata
doveva essere immenso.-
La
creatura più antica rise, di cuore. -Erano tempi diversi,
allora. Si
praticava l'incesto. Si puntava alla purezza della casata, della
razza. Mia cognata si era innamorata di un principe, Demone Maggiore
del Clan dei Cani dell'Ovest, lo ricordo come fosse ieri. Si amavano
davvero. Non avrebbe dovuto esserci nulla di scandaloso, non credi?
Eppure i due sovrani decisero di uccidere rispettivamente i propri
figli. Akihito potè sposarmi, Inu No Taisho fu
immediatamente
obbligato a sposare una Demone del suo Clan in modo che i
festeggiamenti oscurassero il dolore del clan stesso per la perdita
del figlio minore del Re. Nessuno seppe mai che erano stati i sovrani
stessi a macchiarsi di un simile reato, Akihito e Inu No Taisho
strinsero un'alleanza in modo tale che nulla del genere potesse
succedere nuovamente. -
-Per
questo Daiki e Sesshomaru sono cresciuti assieme?-
La
dea annuì. -Si, fortunatamente sono coetanei. Si sono
piaciuti
immediatamente. Faranno entrambi grandissime cose.-
Vibeke
non seppe più cosa dire, sapeva che Daiki era nato per
essere un re,
tuttavia non sapeva cosa ne sarebbe stato di lei.
-Tutto
questo per dirti, Vibeke, che nonostante mio suocero probabilmente
sarebbe inorridito, io e Akihito abbiamo avuto la
possibilità di
parlare del futuro del casato. La purezza di sangue ha causato molte
morti e ha portato all'estinzione di moltissimi clan millenari.
Amiamo entrambi Daiki tanto da volerlo felice, indipendemente dalla
natura di chi gli sta accanto. Hai la mia approvazione.-
Vibeke
l'aveva abbracciata, la fitta di dolore alla schiena fu atuttito
dalla felicità del momento.
-Ho
solo una richiesta: sposatevi entro tre giorni. Io e te abbiamo un
lungo percorso da fare.-
Stava
ancora singhiozzando tra le sue braccia quando aveva annuito
accettando la sua richiesta.
Non
si era posta alcuna domanda relativamente all'ultima affermazione.
Successivamente,
inginocchiata dinnanzi alla sua tomba, Vibeke capì
perchè la dea
avesse fatto quella richiesta assurda di velocizzare le nozze senza
più piangere per la morte del marito.
Il
futuro le si era rilevato: sapeva che sarebbe morta presto.
Avrebbe
presto passato l'eternità con Akihito.
Aveva
poco tempo a disposizione per preparare mentalmente la nuora al
cambiamento di natura che non avrebbe mai potuto vedere coi suoi
occhi.
-Bella
spada Sesshomaru, con un colpo di questa potresti tranquillamente
distruggere Naraku.-
Vibeke
non l'aveva mai visto prima, quel demone, ma da come sembrava a suo
agio in quel luogo comprese che lavorava per Naraku.
-Byakuya
dell'illusione.-
Sentendosi
chiamato per nome, il nuovo arrivato s'inchinò. -Ti
ringrazio per le
presentazioni, Sesshomaru. Re Daiki, noi ci conosciamo già.
Regina
Vibeke, quel che si dice di Voi non Vi rende giustizia, siete
sicuramente la ningen più affascinante che io abbia mai
visto.-
Se
Sesshomaru aveva già la spada in mano, Daiki
sguainò la propria nel
sentire i complimenti rivolti a lei.
-Oh,
io al vostro posto metterei via le armi. A meno che non vogliate far
male alla povera bambina umana che si trova nel nuovo corpo di
Naraku.-
Rin!
Comparvero
all'improvviso il fratello mezzodemone di Sesshomaru con la
sacerdotessa umana, la sterminatrice di demoni e il monaco.
Quasi
avesse percepito che tutti i suoi avversari erano presenti, il ragno
spalancò volontariamente le proprie fauci invitando tutti ad
entrare.
Sesshomaru
guardò lei e Daiki, confrontandoli silenziosamente sul da
farsi;
Vibeke carezzò delicamente il collo di Kin e questi
partì in
direzione dell'ingresso.
Al suo
fianco, uno a destra e l'altro a sinistra, i due Inu yokai
più
potenti del Giappone.
-
Incredibile
quanto scompiglio potesse portare un mezzodemone.
Daiki
non riusciva a crederci.
Un
demone maggiore non farebbe mai nulla del genere.
L'interno
del ragno era osceno, oscuro e pieno di ragnatele.
Al suo
fianco Vibeke fingeva disinteresse, ma il disgusto che stava provando
era lampante come il sole di mezzogiorno.
Sesshomaru
aveva la mente focalizzata semplicemente sul ritrovare Rin.
Sei
un richiamo naturale per i nemici, piccola Rin. L'unica debolezza del
glaciale Sesshomaru.
All'
improvviso le pareti intorno a loro cominciarono a stringersi, poi
comparvero protuberanze da ogni angolo.
I due
demoni si ritrovarono costretti ad utilizzare i propri artigli, ma
più carne strappavano più le protuberanze si
diramavano.
Nessuno
toccherà Vibeke. Non lo permetterò.
Combattè
con più foga e Sesshomaru, accortosi del tentativo di Naraku
di
dividerli, gli fu velocemente accanto.
Il
bastardo vuole allontanarci dalla mia Vibeke.
Kin
tuttavia pareva tranquillo, evitava qualunque colpo e se necessario
staccava a morsi qualunque cosa provasse a toccare la sua padrona.
Fiducia
e rispetto. Non ho mai visto un rapporto simile tra due creature
così
belle.
D'un
tratto tutto divenne luce e calore, pace.
Daiki
ne fu inizialmente spaventato, quel genere di potere avrebbe potuto
portarlo alla morte in pochissimi istanti, fortunatamente essa
colpì
solo l'avversario: ogni protuberanza si sciolse e scomparve mentre le
pareti tornavano ad allargarsi, cercando di allontanarsi il
più
possibile da tutta quella purezza.
Nè
lui, né Sesshomaru riuscirono a nascondere il proprio
stupore
dinnanzi quell'ondata purificatrice emanata da Kin, il magico cavallo
dorato di Vibeke.
Vibeke
sorrise e abbracciò il cavallo.
-Non
avresti dovuto usare così la tua energia, sarai esausto!
Dover poi
regolarti per non ferire i nostri amici deve averti prosciugato le
forze. Grazie Kin, sei stato stupendo.-
Se
avesse voluto avrebbe potuto purificarci entrambi, incredibile.
Si
rilassarono tutti fin troppo velocemente, Daiki si sarebbe poi dato
dello stupido per questo ma quando comparve una nuova protuberanza a
strappare Vibeke dalla loro compagnia, nessuno riuscì a
reagire in
tempo. Neppure Kin.
Daiki
tirò un pugno alla nuova parete formatasi dove prima vi era
stata
sua moglie.
Non
è possibile. Vibeke!
-Sa
badare a sé stessa.-
Lui si
voltò verso Sesshomaru e annuì. -Ne sono
perfettamente consapevole,
ciò non significa che non preferirei averla avuta sotto la
mia
protezione per tutto il tempo dello scontro.-
Il
demone bianco annuì, stranamente comprensivo.
Per
quanto Vibeke sia immortale, potrebbe comunque restare ferita. Lo
capisci anche tu, ora, cosa significa avere qualcosa da proteggere,
Sesshomaru?
-Trovala.-
Daiki
sgranò gli occhi, il Sesshomaru di un tempo gli avrebbe
detto di
smetterla con i piagnistei e di tornare a combattere.
-Vuoi
che ci dividiamo?-
L'altro
annuì. -Trova Vibeke. Io cerco Rin.-
Non
possiamo dividerci. Qui tutto è irreale e manovrabile,
dobbiamo
restare insieme.
Il
demone dell'Est sospirò e scosse il capo negativamente.
-L'hai detto
tu stesso, Vibeke sa proteggersi. Dividerci ci farà solo
perdere
tempo. Troveremo Rin e Vibeke, e lo faremo insieme. Non ho intenzione
di girare intorno a vuoto per far felice un mezzodemone.-
L'amico
annuì, poi arrivò alle loro narici l'odore di
sangue umano.
La
sacerdotessa che si accompagna ad Inuyasha?
Presero
il volo immediatamente, quell'odore era l'unica cosa familiare che
avevano a disposizione, tanto valeva seguirlo e trovare anche
Inuyasha.
Restare
fermi non li avrebbe aiutati, girare a vuoto anche meno.
-Tuo
fratello non è con lei.-
Sesshomaru
lo fissò con sufficienza. -Non l'ho mai considerato mio
fratello. E
no, non è con lei.-
La
trovarono velocemente, senza alcun attacco da parte del nemico.
Giaceva
a terra, senza sensi e con la camicetta intrisa di sangue.
Era
stata ferita da artigli di demone, l'odore che ne fuoriusciva
indicava che essi appartenevano ad un demone cane.
-Un
altro demone completo?-
Sesshomaru
scosse il capo. -Inuyasha. È solo un mezzodemone,
probabilmente è
stato inghiottito dall'oscurità. Quando perde la
lucidità diventa
una sorta di demone completo.-
-Stai
dicendo che la sua parte umana si addormenta?-
-Direi
che viene incatenata dal demone che è in lui. Ha l'anima di
un umano
ma l'istinto di un demone, quando si sente minacciato l'istinto di
sopravvivenza prende il sopravvento.-
Daiki
annuì. -Ma il suo istinto non riesce a riconoscere gli amici
dai
nemici, che tristezza.-
Il
demone bianco lo guardò incuriosito. -Per noi gli umani sono
prede.
Fosse stato figlio di un demone minore, probabilmente non avrebbe mai
perso la lucidità.-
Ma
considerando che il padre è uno dei più forti
demoni mai esistiti e
che la nostra natura considera gli umani come prede, non c'è
nulla
di strano nel suo comportamento. Tuttavia, mi sembra che perdere
sé
stessi e attentare alla vita di chi si ama sia una punizione ben
peggiore dell'essere esiliati da entrambe le razze di appartenenza.
-Se
non fosse stato chi è, non avrebbe mai compiuto molte delle
grandi
cose che ha fatto. Si parla molto di entrambi, in società.
Tuo padre
ne sarebbe orgoglioso, di entrambi intendo.-
-Tsk.-
Inu
no Taisho mi è sempre piaciuto.
Daiki
s'aggirava spesso per le Terre dell'Ovest, a volte con la scusa di
vedere Sesshomaru, altre semplicemente perchè lì
i tramonti erano
migliori.
Sesshomaru
era sparito da un paio di mesi per allenarsi presso qualche monte,
sotto la guida di qualche demone indegno di essere definito civile.
Conosceva
l'amico a sufficienza da sapere che non sarebbe tornato sui suoi
passi neanche se suo padre fosse stato in punto di morte, eppure non
riusciva a comprendere appieno la sua posizione.
Sapeva
che il sovrano aveva una concubina ningen e alle ultime feste si
chiacchierava che questa fosse addirittura incinta, ma non riusciva a
capire come questo potesse addirittura portare Sesshomaru a smettere
gli allenamenti con il padre, ad eliminarlo completamente dalla sua
vita.
Capiva
la rabbia, l'umiliazione anche.
Ma
suo padre restava uno dei pochi demoni da cui l'amico avrebbe potuto
imparare qualcosa.
Venne
distratto dai suoi pensieri dalla percezione di un'aurea fortissima,
Daiki sorrise appena chinando il capo.
Il
Sovrano delle Terre dell'Ovest si fece avanti sorridendo e lo
abbracciò con fare paterno. -Daiki, come stai?-
-Molto
bene, signore. Vi ringrazio.-
Il
vento soffiò all'improvviso, portando con sé
l'odore di pioggia che
presto sarebbe caduta e di ningen.
Non
una ningen a caso, ma una principessa a sentire il profumo di olii e
pulizia.
-Non
serve che la nascondiate, dico sul serio.-
Inu
no Taisho lo guardò con orgoglio e allungò una
mano in direzione di
un albero poco lontano.
Dovette
attendere qualche secondo, poi la donna umana si fece avanti
raffinata ma affaticata.
Incinta.
Per
un solo istante, Daiki riuscì a vederla con gli occhi del
grande
demone che gli stava dinnanzi e la trovò bellissima.
Aveva
lunghissimi capelli d'ebano e gli occhi orientali erano enormi e
brillanti, felici.
Era
giovane, molto a sentirne l'odore.
Sarebbero
riusciti a vivere una vita serena? Sarebbe riuscita a morire
naturalmente o qualcuno avrebbe presto attentato alla sua vita?
Come
sarebbe cresciuto quel cucciolo mezzosangue? Avrebbe trovato la
felicità?
Invidiò
e compatì la coppia.
-Ti
presento Izayoi. Izayoi, incontra Daiki. Migliore amico di mio figlio
Sesshomaru nonché mio pupillo.-
Tornò
a puntare lo sguardo sulla ragazzina umana che ancora restava priva
di sensi e sospirò.
Ovunque
tu sia, Vibeke, usa la spada di mia madre.
Era
ovviamente preoccupato, ma era un demone maggiore e questo comportava
il poter gestire più sentimenti in contemporanea.
Rabbia,
dolore, preoccupazione.
Naraku
non era particolarmente interessato ai poteri di sua moglie, al
massimo era affascinato dalla sua figura e questo giocava a loro
favore.
Non
tenterà di ucciderla.
Si
sarebbe concentrato su Inuyasha e Sesshomaru probabilmente.
Vibeke
sarebbe rimasta a girovagare a vuoto.
O
almeno lo spero con tutto il cuore.
Quando
la Sacerdotessa finalmente aprì gli occhi, si
stupì nel trovarli al
suo fianco ma confermò i sospetti di Sesshomaru.
E
così Inuyasha ha davvero perso sé stesso.
-
Rin!
Sesshomaru
e Daiki, con al seguito anche la sacerdotessa ningen, arrivarono
finalmente dinnanzi la giovane Rin nel preciso istante in cui la
spada di Vibeke si scontrò con gli artigli di Inuyasha.
Il
demone bianco ossservò la sua protetta e
ringraziò chiunque
l'avesse protetta, pareva spaventata ma non aveva alcuna ferita.
Il
fato deve essere dalla mia parte.
Ringraziò
il cielo che anche Vibeke fosse illesa e puntò lo sguardo
verso
l'amico, vedendolo finalmente sereno.
La
bimba sorrise lieta. -Signor Sesshomaru, finalmente!-
Aumentò
la velocità di volo per poterla raggiungere, conscio che non
sarebbe
mai stato del tutto tranquillo finchè non l'avesse avuta
vicina
abbastanza da poterla proteggere.
C'è
qualcosa di strano in Inuyasha.
C'era
uno strano odore nel mezzodemone, oltre a quello tipicamente
demoniaco.
Non
ci credo, ancora lui. Magatsuhi.
Rin
corse immediatamente in sua direzione, ma fece solo un paio di passi
prima che le carni su cui poggiava si aprissero risucchiandola.
Se
ti accadesse qualcosa, stavolta, non tornerei neppure io dal mondo
degli inferi.
Aumentò
ancor di più la velocità di volo lasciandosi alla
spalle anche
Daiki.
Vibeke
accortasi di cosa stava accadendo fu colpita da un fendente di
Inuyasha e cadde a terra mentre il mezzodemone si frappose tra la
bambina e Sesshomaru.
Non
vuoi che la salvo. Potrei ucciderti, anche se non sei in te.
Daiki
ringhiò e sopraffatto dalla rabbia lo raggiunse, Inuyasha
tuttavia
riuscì a rallentarli entrambi.
Il
demone bianco ringhiò a sua volta, ormai Rin era stata
risucchiata
fino al busto, un altro paio di secondi e non avrebbe potuto
salvarla.
Fu
Vibeke la prima a raggiungere la bambina, sfruttando il fatto che
Inuyasha avesse cambiato avversari; prese la mano della più
piccola
tra le sue e cominciò a spingere verso di sé, ma
fu vano.
Quella
ferita procuratati da Inuyasha sanguina troppo.
Entrambe
le umane finirono risucchiate dal corpo di Naraku, l'unica
consolazione dei due Demoni Maggiori fu che erano insieme.
-Ora
che Naraku finalmente ha tolto le scocciature dal campo di battaglia,
perchè non vi concentrate su di me, Grandi Demoni Cane?-
Inuyasha
sfoderò finalmente Tessaiga, a lui e a Daiki non rimase
altro da
fare che assecondare la volontà di Magatsuhi nella speranza
di
poterlo finalmente eliminare del tutto.
Hai
scelto il corpo sbagliato da possedere, presto ne pagherai le
conseguenze.
Note!
Buongiorno
a tutti, come state?
Ecco
qui un nuovo capitolo, parte 1 di 2 o 3 (ancora precisamente non so).
Ero
partita con l'idea di non scrivere troppi capitoli, ma la storia
continua ad allungarsi.
Numero
effettivo di capitoli? Sinceramente non lo so più!
Non
dovrebbero più esserci problemi per la lettura dei capitoli,
ho
sistemato anche il primo ed il secondo.
Grazie
a tutti quelli che leggono, commentano e seguono questa storia.
Vi
devo il mondo, letteralmente!
_Lady
Cassiopeia_
|
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Capitolo 5 *** Dentro il corpo di Naraku - Parte seconda ***
“Sono
nata ningen ed ho vissuto in un villaggio umano per tutti gli anni
della mia prima vita, felice di quel poco che avevo e ritenendomi
fortunata nell'avere una famiglia numerosa e unita nonostante le
difficoltà.
Gli
Yokai?
Erano
bestie dalle forme orrende che attaccavano i villaggi alla ricerca di
carne umana, solitamente bastava la presenza di una sacerdotessa a
tenerli lontani dalle case.
Da
piccola non mi facevano più paura di un cane randagio, a
voler
essere sincera.
Avevo
sempre creduto che il mondo demoniaco non avrebbe mai avuto
particolare importanza nella mia vita, infondo ero semplicemente una
bambina ningen. L'ultima di chissà quanti bambini.
Nulla
per cui valesse la pena fermarsi, non per un demone.
Avevo
con me mio papà e i miei fratelli, le persone più
coraggiose del
mondo. Che senso aveva averne paura?
Persi
tutto all'improvviso, anche la voce.
E
la cosa più assurda è che a distruggere tutta la
mia felicità sono
stati gli umani, la razza a cui io stessa appartengo, per nulla
più
di qualche chilo di patate e pesce. Per egoismo.
Non
ho più trovato un ningen capace di volermi anche solo un po'
di bene
per molti anni e forse inconsciamente non ho mai voluto cercare
affetto da chi mi aveva tradita così profondamente.
Che
senso aveva cercare qualcosa che il cuore umano troppo spesso non
conosce quando avevo ricostruito la mia intera esistenza colorandola
dell'oro delle sue iridi demoniache?
Sesshomaru
per me è tutto.
É
stato rinascita, guida e crescita; é stato
libertà e ricostruzione.
Gli
appartengo?
Si,
esattamente come lui appartiene a me.”
-Rin-
Stavano
precipitando nel vuoto più assoluto e soprattutto, per la
prima
volta da quando era entrata nel corpo di Naraku, Vibeke
realizzò di
avere paura.
Era
entrata con l'assoluta convizione di non dover temere nulla, forte
dell'appoggio di due dei più potenti Inuyokai esistenti e
nonostante
inizialmente si fosse illusa di poter trovare un modo per utilizzare
le sue doti, l'aver visto il potere distruttivo di Naraku aveva
definitivamente sepellito qualunque speranza di poter non impugnare
la spada di Yuzuki.
Era in
una situazione di svantaggio non indifferente ma non poteva mollare,
non poteva cedere alla paura; doveva trarre in salvo Rin e tutto
quello che la bambina rappresentava per lei, per Daiki. Per il
futuro.
I suoi
nervi avevano retto anche quando Naraku l'aveva strappata da Kin,
allontanandola quindi da Daiki e Sesshomaru in un battibaleno e
spingendola a scontrarsi con un Inuyasha posseduto per proteggere
quella bambina che aveva conosciuto solo per una sera.
Aveva
d'instito impugnato la spada demoniaca che portava di traverso sulla
schiena e la lama aveva fatto tutto da sé, guidandola ed
infondendole una calma e una freddezza che altrimenti non avrebbe
avuto.
Ma
ora, ora che effettivamente stavano precipitando nel vuoto, la paura
era tornata e impregnava ogni singolo centimetro del suo essere.
Daiki,
ti prego, aiutaci!
Chiuse
gli occhi e per un solo istante pregò quel Dio a cui suo
padre
l'aveva battezzata affinché suo marito comparisse e
l'accogliesse
tra le sue braccia eternamente possenti, giurandole che non l'avrebbe
mai più lasciata sola.
Chissà
poi se Dio ascolta anche le preghiere di chi si è
volontariamente
sottratto all'ordine naturale delle cose che Egli stesso ha fissato.
Aveva
perso la presa sulla bambina non appena era stata completamente
risucchiata dalle carni di Naraku, troppo gracile per poter sostenere
Rin troppo a lungo, ma fortunatamente la caduta le stava
riavvicinando.
Ho
paura.
Non
sapeva quanto tempo aveva ancora a disposizione prima che Naraku
facesse comparire qualche spuntone per ucciderle o semplicemente
cercasse di dividerle, doveva agire in fretta.
Cosa
posso fare?
Non
riusciva a ragionare e più ripeteva a sé stessa
di avere sempre
meno tempo a disposizione, più il battito del suo cuore le
rimbombava violento in testa.
Ho
paura di morire.
Era
una cosa stupida, probabilmente la più stupida che avesse
mai
elaborato, eppure teneva seriamente per la sua vita anche se sapeva
di non poter più morire.
Infondo
nasciamo per morire, noi umani. Nonostante i secoli passino ed io non
invecchi, la mia anima sarà per sempre convinta di dover
abbandonare
questo corpo.
Prese
un bel respiro profondo, la distanza tra lei e la bambina stava
gradulamente diminuendo e fu allora che sentì la spada di
Yuzuki
pulsare.
Voleva
essere impugnata? Le avrebbe aiutate?
Ti
prego, aiutaci tu.
Si
abbandonò completamente alla volontà della lama
per la prima volta
da quando ne era entrata in possesso e percepì un'ondata
deliziosa
di calore diffondersi in tutto il suo corpo: la calma si
propagò
dall'elsa fino alla sua anima e finalmente l'intenzione della spada
le fu chiara.
-Rin,
afferra la mia mano!-
La
bimba aprì gli enormi occhioni e fece come le era stato
detto dalla
maggiore.
Bastò
un piccolo sforzo da parte di entrambe per far finire il corpo
tremante e zuppo di terrore della minore tra le braccia della Regina.
Grazie
Eien, senza di te non ce l'avrei mai fatta.
Era la
prima volta che formava nella sua mente il nome della lama e Vibeke
si rese conto di essere sempre stata una stupida nel volerla tenere a
distanza, troppo spaventata da un eventuale rifiuto da parte del dono
di Yuzuki.
Infondo
era stata forgiata con il sangue della Dea del Tempo e le era
appartenuta fino alla fine dei suoi giorni, come potevo sperare di
poter essere accettata come sua nuova padrona? Essere rifiutata
avrebbe significato un rifiuto da parte del sangue di Yuzuki e quindi
anche della Dea stessa. Non l'avrei sopportato.
Vibeke
abbandonò i suoi pensieri, felice del legame che sentiva
rafforzarsi
con l'arma demoniaca e sospirò di sollievo: non potevano
ritenersi
salve ma almeno non sarebbero state divise senza possibilità
di
opporsi.
Piantò
Eien sulla parete di carni che aveva vicino con tutte le forze che
aveva e scivolarono ancora per qualche metro, poi fortunatamente
incontrarono qualcosa di più solido e la discesa
s'arrestò.
Vibeke
non era stupida, sapeva che la situazione in cui si trovavano non era
affatto ottimale: erano strette l'una all'altra, l'unico loro
appiglio era la spada e sotto ai loro piedi non c'era alcuna
sporgenza che potesse aiutarle.
Non
posso durare così in eterno.
Aveva
passato la notte a viaggiare, non aveva avuto alcun modo di riposare
e nonostante i molti allenamenti l'occidentale aveva sempre puntato
sullo sviluppare le sue doti, sottovalutando la possibilità
che
queste diventassero inutilizzabili.
Non
sarebbe stata capace di reggere a lungo neanche sé stessa,
con il
peso della bambina non c'erano dubbi sul fatto che presto avrebbero
ricominciato a precipitare.
Non
perderò Eien, quando non ce la farò
più userò le mie ultime forze
per disincastrarla da queste carni.
-Regina
Vibeke, grazie! Voi mi avete salvata!-
La
bionda guardò appena la bambina. -Non dire sciocchezze Rin,
se ti
avessi salvata avresti i piedi poggiati su una superfice piana e
sicura.-
La
protetta di Sesshomaru sorrise nonostante le lacrime le rigassero
ancora le guance.- Voi vi siete fatta risucchiare da Naraku per non
perdermi. Nessun essere umano aveva fatto mai una cosa simile per me,
Vi ringrazio.-
La
Regina delle terre dell'Est sospirò e annuì. -Hai
perso un po' di
troppa fiducia nell'umanità, piccina.-
L'altra
annuì appena. -Gli esseri umani sono cattivi. Non tutti, ma
la
maggioranza.-
La
Vibeke di un paio di secoli prima, ferita nel corpo e nell'orgoglio,
avrebbe concordato su tutta la linea con la bambina che teneva tra le
braccia; la Vibeke del presente invece sapeva che la razza umana a
cui loro stesse appartenevano aveva tante sfaccettature, molte delle
quali orrende, ma alcune sorprendentemente stupende.
Avevo
suggerito a Sesshomaru di farti crescere in un villaggio umano
perchè
ho visto cosa vi lega, affinché tu potessi prendere la tua
scelta
conoscendo tutte le possibilità che ti erano offerte. E
proprio per
darti questa massima libertà di scelta, chiederò
a Sesshomaru di
farti nuovamente integrare nel mondo ningen di cui tanto hai paura.
Un
leggero sibilo in lontanza le fece irrigidire e nonostante la Regina
dell'Est fosse ancora sotto l'effetto calmante della sua spada
sentì
un groppo alla gola renderle più difficile la respirazione.
Daiki,
dove sei?
La
bionda si guardò attorno freneticamente ma si accorse del
pericolo
del miasma che saliva dal fondo quando ormai la nube era giunta poco
sotto i loro piedi, troppo tardi ormai per pensare a qualcosa da
fare.
Daiki!
Sesshomaru! Vi prego!
Sarebbero
morte?
Sarebbe
morta così Rin, la cui presenza avrebbe reso tutto diverso?
Sospirò
esausta.
É
questo il destino di tutte le nostre speranze? La morte è
davvero il
nostro ultimo destino? Possibile che Yuzuki si sbagliasse? Non
abbiamo alcuna speranza di felicità? Possibile che mio padre
abbia
avuto ragione a chiamarmi Ulykke?
Udirono
la sua risata prima ancora di vederlo comparire e quando finalmente
Naraku apparve dinnanzi a loro, con le labbra piegate in un sogghigno
maligno e gli occhi colmi di perfida soddisfazione, Vibeke si
sentì
minuscola e umiliata.
Daiki!
Sesshomaru! Per favore!
-Umane
che si accompagnano a Demoni Maggiori non curandosi d'intaccare il
loro sangue purissimo e le loro invicibili forze. Dovreste
vergognarvi di voi stesse. Se esiste una categoria di ningen peggiore
delle altre, sicuramente questa è la vostra. Meritereste di
morire
esattamente come l'ha meritato quella maledetta di Kikyo che ha osato
andare contronatura. I mortali non dovrebbero mescolarsi ai demoni.-
Rin
nascose il volto nell'incavo del suo collo, Vibeke guardò il
nuovo
arrivato con disprezzo. -Ti compatisco, mezzodemone. Probabilmente tu
stesso sei nato da una donna come noi.-
Naraku
rise di gusto. -Vi siete intromessa in una battaglia che non vi
riguarda, Regina Vibeke. Avreste dovuto farvi spiegare meglio la
storia, se proprio non siete capace di farvi gli affari vostri.-
Lei
tacque.
Non
è nato da una relazione mista?
Sgranò
gli occhi, orripilata.
Non
può essere. Nessuno sarebbe così folle.
-Sei
un umano.-
L'altro
rise di gusto. -Non dite sciocchezze, non lo sono.-
Ti
sei venduto ai demoni. Hai lasciato che loro prendessero possesso del
tuo corpo e si nutrissero della tua anima lasciandone nulla
più che
qualche frammento. Amavi quell'umana, vero? Amavi Kikyo. Come hai
potuto lasciare che i demoni toccassero il tuo cuore, trasformando i
tuoi sentimenti per lei in rancore?
Vibeke
sospirò, quando parlò la nota di pietà
nella sua voce era
inconfondibile. -Lo sei stato.-
Sei
diventato immortale per lei? Credevi che sarebbe bastato quello per
far in modo che lei ti amasse? Hai mai amato davvero?
-Siete
intelligente, non c'è che dire. Riesco persino a capire gli
istinti
del giovane Sovrano dell'Est.-
Lei lo
guardò schifava.
-Oh,
non guardatemi così. Giudicare le mie scelte sarebbe
assurdo, Voi
stessa siete un'immortale.-
Daiki,
dove sei?
-I
processi che ci hanno portato alla vita eterna sono completamente
diversi, Naraku. Non confondere il dono fattomi da un demone
innamorato con la tua smania di possedere un'umana.-
La
risata sguaiata dell'avversario le fece venire i brividi. -Il
risultato non cambia.-
Vibeke
tacque.
Io
non ho perso me stessa, sono sempre Vibeke Ulykke Wedel-Saacht; tu
invece? Ti chiamavi Naraku anche prima? C'è ancora qualcosa
di
quell'umano? Forse hai ragione, il risultato in concreto non cambia
ed entrambi possiamo vivere in eterno, ma cambia chi siamo.
-Non
avete intenzione di rispondere? Poco importa, non sono qui per
disquisire con Voi di queste sciocchezze. Mi serve la bambina e Voi
siete di troppo.-
Strinse
la presa su Rin e la bimba fece lo stesso, ma nulla poterono fare
contro la forza di Naraku e del suo corpo mutaforma.
Vibeke
si maledisse quando la bambina finì urlante e disperata tra
le
braccia del mezzodemone.
Daiki,
ti prego. Trovaci.
-Voglio
vedere se siete davvero eterna, giovane Regina. Nulla di personale.-
Lo
vide farle una leggera riverenza ed un brivido le percorse la
schiena, poi due enormi protuberanze di carne sbucarono dalla parete
su cui lei stessa aveva pianta Eien e le trappassarono il busto.
Urlò
disperata, il dolore era insopportabile e si diffondeva ad onde
sempre più intense in tutto il corpo; perse la presa su Eien
e urlò
ancor di più sentendo gli squarci allargarsi ora che il suo
intero
peso corporeo gravava interamente sulle protuberanze che l'avevano
trafitta.
La
nube di miasma, fin prima immobile ai suoi piedi, s'alzò
all'improvviso e l'avvolse: inizialmente pensò fosse innocua
visto
che ne percepiva in bocca semplicemente il gusto amaro; poi pian
piano cominciò a perdere lucidità mentre il
bruciore delle ferite
aumentava. Era diverso questo miasma, più concentrato, e
corrodeva
le sue carni ferite senza pietà, come fosse acido.
Il suo
fattore rigenerante s'attivò in quel preciso istante,
ricostruendo
tutto ciò che il miasma scioglieva ma non potendo chiudere i
due
squarci sul busto, visto che Naraku non aveva alcuna intenzione di
liberarla dalla presa delle sue carni.
Le
forze stavano venendo meno mentre il sangue usciva copioso e nero,
demoniaco come quello dell'uomo a cui era legata per
l'eternità.
Percepiva
le urla disperate di Rin ma ormai le palpebre le si stavano
chiudendo.
Sto
morendo?
Ti
prego Daiki, voglio solo vederti almeno per l'ultima volta.
Naraku
rise. -Ora tocca a te, piccola Rin. Gli umani sono sempre stati
crudeli con te e ora morirai per mano di una di loro. Sango sta
arrivando.-
Appena
aveva riaperto gli occhi dopo il lunghissimo rituale, era scoppiata a
piangere per le orrende cose che era stata costretta a fare e a
subire.
Daiki
che non aveva mai abbandonato il suo capezzale, le fu subito accanto
e la strinse a sé depositando poi un tenero bacio sulla sua
fronte
mandida di sudore.
-Va
tutto bene, Vibeke. Qualunque cosa sia accaduta, è finita.-
Lei
lo aveva guardato e l'aveva abbracciato con forza.
Ci
sarebbero voluti decenni per accantonare i ricordi, le sofferenze, ma
ce l'avrebbe fatta.
Era
umana, era fatta per rompersi e ricominciare.
-Sapevi
che tua madre ci sarebbe stata?-
Daiki
aveva annuito appena. -Non ne ero completamente sicuro, ma le
probabilità erano altissime. Io dovevo restare qui o il rito
non
sarebbe mai stato completato. Sapevo che non ti avrebbe mai lasciata
percorrere questa strada sola, me lo aveva promesso.-
Yuzuki
era stata la sua guida, la sua forza.
-Si
è assicurata che io imparassi la strada, mi ha aiutata a
memorizzare
tutto quello che mi servirà per tornare.-
Daiki
l'aveva guardata stupito. -Tornare?-
-Non
so molto a riguardo. Mi ha lasciata con un nome.-
La
madre di suo marito era stata vaga, aveva sorriso e le aveva
confessato che sarebbe arrivata la felicità anche per loro.
Inizialmente
aveva creduto quel nome fosse quello della loro futura figlia, poi
alla nascita di Kai aveva capito che quel nome rappresentava qualcosa
di più di un semplice erede, quel nome indicava una svolta.
Indicava
felicità.
Rin.
Yuzuki
l'aveva ripetuto più volte con il sorriso, assicurandosi che
Vibeke
non lo scordasse.
La
comparsa di Rin nelle loro vite avrebbe indirettamente portato
felicità e tranquillità.
Yuzuki
le aveva promesso che Rin sarebbe rimasta con loro per
l'eternità se
Vibeke l'avesse accompagnata verso l'immortalità.
Sesshomaru
cominciava ad essere seriamente preoccupato, anche se non l'avrebbe
mai dato a vedere.
Il
fatto che Vibeke sia sparita con Rin non comporta che Naraku non le
abbia divise.
Si
scostò verso sinistra evitando il colpo d'artigli di
Inuyasha e
attaccò il fratellastro con la stessa arma.
Non
voglio usare Bakusaiga finchè non trovo Rin. Non voglio
metterla in
pericolo.
Il
mezzodemone evitò il colpo, Magatsuhi rise di cuore.
-Che
spreco, un demone del tuo genere che si autolimita per un cucciolo
umano.-
Sesshomaru
riattaccò, sempre utilizzando gli artigli.-Tsk, forse
semplicemente
non sei degno delle mie lame.-
Scansò
l'ennesimo attacco del fratello, poi udì un urlo: la
sacerdotessa
era caduta nel recuperare Tessaiga.
Stupida.
Se morirai, te la sarai cercata.
Daiki
attaccò il mezzodemone sfruttando la distrazione offertagli
dalla
caduta della sacerdotessa ma l'unico risultato che ottenne fu la
risata divertita di Magatsuhi.
-E
così un mezzodemone riesce a tener testa a due sovrani
Inuyokai?-
Non
è esattamente così che stanno le cose. Sono stato
io a chiedere a
Daiki di non intromettersi, se non strettamente necessario.
L'amico
infatti, dopo aver sfruttato quell'attimo, tornò al suo
posto:
lontano dallo scontro.
Sfoderò
Tenseiga e si preparò allo scontro reale.
Senza
Tessaiga, Inuyasha non può farmi nulla. Tanto vale
cominciare
dall'eliminare quella feccia di Magatsuhi.
Il
mezzodemone, ormai completamente soggiogato, afferrò con le
mani la
lama che Sesshomaru gli puntò contro e ridacchiò.
-Ah Sesshomaru,
non starai mica provando compassione per il tuo fratellino?-
Non
ho mai considerato Inuyasha come mio fratello minore. Non è
degno di
possedere la metà del sangue che ha in corpo.
-Finchè
sarò nel corpo del tuo fratellino, non potrai farmi nulla.
Lo sai,
Sesshomaru?-
Non
potrai restare in quel corpo per sempre, lo sappiamo entrambi.
Inaspettatamente
l'odore dell'aria cambiò.
Sangue?
Lui e
Daiki si voltarono immediatamente verso la sacerdotessa che si era
salvata piantando la spada su una parete, fermando così la
sua
caduta e riaprendo la ferita causata dagli artigli demoniaci di
Inuyasha.
La
macchia cremisi sulla camicetta ricominciò ad espandersi ed
Inuyasha
reagì immediatamente a quell'odore riprendendo pian piano
coscienza
di sé.
Sesshomaru
lo osservò piuttosto stupito mollare la presa sulla spada
taumaturgica.
Ningen.
Hanno su di noi un effetto inspiegabile.
Sarebbe
stato quello il destino per tutti i demoni puri?
Si
sarebbero davvero estinti tutti, inginocchiandosi dinnanzi creature
tanto orrende quanto fragili, giurando loro eterno amore?
Sesshomaru
preferì non pensarci troppo per il momento, conscio che il
suo
orgoglio ancora non avesse accettato del tutto quel futuro a cui non
si sarebbe mai ribellato.
Rin?
-Kagome,
sei ancora li? Passami Tessaiga!-
La
sacerdotessa sacrificò sé stessa usando tutte le
sue forze per
liberare la spada e passarla al compagno, lasciandosi poi cadere nel
vuoto.
Nè
lui, né tantomeno Daiki si mossero per salvarla.
Non
è affar nostro, il destino di quella ningen.
Il
mezzodemone, ripreso pieno controllo di sé, si
lanciò
immediatamente verso Kagome.
Ormai
è la fine, Magatsuhi.
Daiki
osservava tutto in lontananza, incrociarono gli sguardi e poi
entrambi balzarono nel vuoto per prendere Magatsuhi.
Esiste
un codice specifico tra Demoni Maggiori del nostro calibro, stare
fuori il più possibile dagli scontri tra familiari
è una delle
tante regole. E so che Daiki, a meno che io non stia morendo,
rispetterà questa mia volontà.
-Il
controllo sul mezzodemone sta risultando più difficile del
previsto,
nevvero?-
Magatsuhi
rise appena. -Sei sicuro di voler che io abbandoni il corpo di
Inuyasha, Sesshomaru?-
Se
abbandona Inuyasha, ha solo un corpo da poter possedere.
Inuyasha
si avvicinò a Kagome controllando che stesse bene.
Stupido.
-Allontanati.-
A
quelle parole di Sesshomaru, Inuyasha parve capire le intenzioni di
Magatsuhi e si allontanò da lei ma ormai era troppo tardi:
l'umana
era stata immobilizzata e da come il suo odore era cambiato,
probabilmente una parte dell'emanazione della sfera era già
in lei.
Se
tu ci fossi arrivato prima..
Fu
Tessaiga a stupire tutti, assumendo il suo aspetto con scaglie di
Drago.
Il
vortice demoniaco di Inuyasha è molto più simile
al mio di quel che
pensavo.
Che ci
fosse qualche punto di forza anche nei mezzodemoni?
Sciocchezze..
Qualunque
traccia di Magatsuhi fu risucchiata dai corpi di Inuyasha e Kagome e
fu immobilizzata dal vortice demoniaco del mezzodemone.
-Cosa?
Ma non è possibile!-
Sesshomaru
impugnò Tenseiga e fu allora che Magatsuhi
realizzò che la fine era
arrivata e questa volta per sempre.
Ingannato
dalla sua stessa stupidità e da un mezzodemone.
Perire
a causa mia è un onore che non meriteresti.
-Tenseiga!-
Balzò
sul nemico e con un fendente ben mirato lo tagliò a
metà.
Questa
volta, finalmente, lo scontro era giunto al termine.
Fece
giusto in tempo a riporre la spada che l'aria gli portò al
naso
odore di lacrime.
Rin!
L'odore
era forte e pungente, quasi irrespirabile.
Non
è paura, è disperazione..
Ringhiò
furioso, qualunque cosa fosse successa alla bambina sarebbe solo
stata colpa sua.
Avrei
dovuto lasciarti al villaggio.
Soffiò
all'improvviso una leggera brezza e l'odore acido delle lacrime della
sua protetta venne coperto da un nuovo profumo.
Era
qualcosa di strano, floreale ma anche ferroso.
Sesshomaru
inizialmente non capì.
È
l'odore di Vibeke ma è più concentrato,
più ferroso. Sangue?
Sentì
il ringhio furioso di Daiki e si voltò ad osservarlo mentre
questi
assumeva il suo aspetto demoniaco con iridi rosse, segni demoniaci
sul volto più marcati e zanne cariche di veleno mortale.
Sgranò
gli occhi, stupefatto ma anche preoccupato.
L'odore
di sangue sembrava intensificarsi sempre più, Vibeke
sembrava essere
seriamente in difficoltà.
Daiki
partì immediatamente verso l'apertura da cui proveniva
l'odore della
moglie e Kin lo seguì, spiegando le ali nervosamente.
Sesshomaru
balzò immediatamente al loro fianco.
Se
succedesse qualcosa a Vibeke, sarebbe comunque colpa mia.
Era
notte fonda ed erano fuggiti da palazzo senza avvisare nessuno, come
due ladri di bassa lega.
Vibeke
era euforica e tratteneva a stento il divertimento per la situazione
in cui si trovavano.
-Non
pensavo avrei mai fatto nulla di simile per nessuno, figurarsi per
una ningen.-
A
quel punto la bionda ridacchiò civettuola. -Non sono una
ningen a
caso, Demone Cane, sono tua moglie.-
Daiki
sorrise a sua volta e poggiò per un solo istante le labbra
sulla
fronte della ragazzina che portava tra le braccia.
Sua
moglie.
Erano
sposati da appena qualche giorno eppure, se non considerava il fatto
che dormivano assieme, era la prima volta che la rivedeva dal giorno
dei festeggiamenti visto che sua madre la stava sottoponendo a
lunghissime sedute di combattimento e focalizzazione.
Stavano
compiendo una follia, Daiki lo sapeva, eppure non gli interessava.
Voleva renderla felice e sapeva cosa mancava alla loro vita di
sposini.
Vibeke
era cresciuta a ovest, terre molto affascinanti e che avevano subito
uno sviluppo non indifferente negli ultimi decenni ma sopratutto che
erano governate dal credo cristiano.
Voleva
renderla felice, l'amava davvero.
Voleva
farle capire che non doveva cambiare credo o personalità per
lui.
Atterrarono
dinnanzi ad una piccola costruzione in pietra di modeste fattezze,
una piccola croce ad indicare che quello era un luogo di culto
straniero.
Sapeva
che la sua immortalità non era contemplata tra le cose
benedette e
di conseguenza non si era neanche scomodato a trovare un celebrante,
ma voleva giurare al Dio in cui credeva Vibeke che l'avrebbe amata e
protetta per l'eternità.
La
ragazza, in piedi al suo fianco, sgranò gli occhi e sorrise
mentre
lui apriva la porta e la trascinava dentro.
S'inginocchiò
dinnanzi al piccolo altare e giuro, alla sua sposa commossa e a Dio,
che l'avrebbe amata, rispettata e protetta per sempre.
Daiki
era così furioso che non riusciva neppure a combattere con
lucidità,
troppo spaventato dall'idea di poter perdere la sua compagna di vita.
L'odore
di sangue è intenso, troppo intenso.
Non
aveva mai avuto così tanta paura in tutta la sua esistenza,
non si
era mai sentito così inutile e vulnerabile.
Non
può morire.
Continuava
a ripeterselo senza sosta, cercando di ricordarsi che era stato lui
stesso a toglierle qualunque possibilità di morte.
Eppure..
Aveva
paura.
Continuo
a pensare a lei come una ningen quando ormai è
più simile ai demoni
di quanto si possa immaginare.
Sesshomaru
al suo fianco usò la frusta di energia per eliminare un
altro
tentacolo e gli si avvicinò, bastò un'occhiata
tra i due perchè
Daiki capisse il messaggio.
Devo
concentrarmi. Vibeke è vicina e qualunque cosa sia accaduta,
la
sistemeremo.
Utilizzò
gli artigli per eliminare l'ennesimo tentacolo posto a bloccargli la
via, Kin al loro fianco continuava a sciogliere con la sua aurea
purificatrice qualunque spuntone sbucasse da dietro.
Avrebbe
dovuto lasciarla al castello, protetta dal cugino Inukari e da tutta
la scorta reale. Lontana dai pericoli, da questioni che non la
coinvolgevano direttamente, lontana dal sangue e dalla morte.
Lontana
dal dolore, soprattutto quello fisico.
Sarebbero
tornati gli incubi relativi alla sua famiglia a causa delle nuove
ferite? Sisarebbe ripresa del tutto? Avrebbero continuato quella
nuova vita felice che avevano appena cominciato ad assaporare?
Se
la luce nei tuoi occhi si spegnesse di nuovo, non ne uscirei vivo.
D'un
tratto la parete davanti a loro tremò e si aprì,
lasciando
intravedere un gruppo di persone di cui Daiki riconobbe solo Byakuya
e la sterminatrice che viaggiava con il fratellastro di Sesshomaru.
-Non
sei migliore di chi combatti, Sango. Tu hai deciso che una vita
valesse più di un'altra, avresti ucciso Rin per salvare il
tuo amato
Miroku.-
Le
parole del demone delle illusioni ghiacciarono il sangue nelle vene
di Daiki.
Rin
è..
Guardò
Sesshomaru avvicinarsi ad un ragazzino che dava loro le spalle e
stava in groppa ad un drago a due teste e con molta attenzione il
Sovrano dell'Est riuscì a intravedere Rin.
Era
priva di sensi ma respirava.
É
viva.
Guardò
l'amico carezzare il capo della bambina, poi l'ennesima ondata di
ferro e fiori invase la zona e Kin corse subito verso la sua padrona,
nascosta da una fittissima nube di miasma che sono il cavallo
potè
spazzare.
Vibeke!
Volò
subito da lei e Sesshomaru arrivò immediatamente dopo.
Che
cosa ti è stato fatto?
La
visione che gli si presentava davanti agli occhi era orrenda, nessuno
avrebbe dovuto permettersi di fare qualcosa di simile ad una creatura
come Vibeke.
Nonostante
tutti i miei sforzi, c'è sempre qualcuno che riesce a
ferirti.
Era
priva di coscienza e aveva le vesti zuppe di sangue, il busto era
stato trapassato in due punti e il fattore di rigenerazione era
semplicemente riuscito a contrastare l'effetto acido del miasma.
Eien
brillava poco distante, sopra il capo di Vibeke, piantata
profondamente nella parete.
Hai
lottato, vero?
Chissà
quante volte hai chiamato il mio nome.
Con un
colpo di spada staccò la sua sposa dalla parete, la sua
mokomoko
l'afferrò prima che potesse cadere nel vuoto e con decisione
estrasse i due spuntoni dal busto della donna ricavandone un gemito
di dolore che gli spezzò il cuore e gli annebbiò
la vista.
Strinse
a sé Vibeke e poi la stese sulla groppa di Kin, certo che il
suo
potere purificatore avrebbe facilitato la sua guarigione.
Non
mi lasciare, ti prego.
Pochi
istanti dopo l'umana aprì gli occhi e Daiki
lasciò cadere qualche
lacrima, troppo emozionato per pensare alla sua dignità.
L'occidentale
allungò una mano in sua direzione e riuscì ad
accarezzargli il
viso, seppur tremolante. -Ci hai trovate, sono felice.-
Prese
quella stessa mano tra le sue e poi ne baciò il palmo.
-Nonostante
io stesso ti abbia donato l'eternità, ho temuto il peggio.
Senza di
te non avrebbe avuto senso continuare a vivere.-
La
compagna sorrise debolmente, le ferite si erano già richiuse
ma era
comunque debole. Daiki le mise una mano sulla spalla, trattenendola
dal sedersi. -Rin dov'è?-
Il
drago a due teste affiancò Kin e Rin sorrise sollevata.
-Sono qui,
Regina Vibeke. Voi come state?-
-Ora
finalmente sto bene, ho solo bisogno di recuperare un po' di forze.-
Una
piccola, fragilissima magnifica guerriera. La mia guerriera.
Sesshomaru
guardò in loro direzione e nonostante il volto fosse
inespressivo,
le iridi brillavano soddisfatte e determinate: nessuno avrebbe
più
toccato le loro umane.
Uscì
l'ennesima ondata di miasma, il corpo in cui si trovavano pareva
quasi prossimo al collasso e probabilmente lo scontro finale era a
poca distanza.
La
sterminatrice di Demoni donò la propria maschera protettiva
a Rin e
s'avviò a gran velocità lasciandosi alle spalle i
propri limiti.
Deve
essere un bravo spirito, infondo.
Probabilmente
Sesshomaru la pensava allo stesso modo, dato che non la
seguì per
decapitarla.
Noi
stessi siamo disposti a tutto, pur di proteggere chi amiamo.
Ora
che le loro protette erano con loro, non c'era più motivo
per
trattenersi dall'usare le spade.
Bakusaiga
e Hakai vennero sfoderate.
Presto
tutto questo sarà finito.
Ciao
tutti!
Sono
leggermente in ritardo, ma questa volta ho dovuto scrivere,
riscrivere e riscrivere ancora.
Spero
ne sia valsa la pena e che il nuovo capitolo sia di vostro
gradimento.
Ringrazio
chi legge, segue e ha messo la storia tra le preferite.
Un
grazie in particolare a Aiden94 che trova sempre il tempo per
recensire!
In
questi capitoli relativi al corpo di Naraku, l'aspetto sentimentale
è
lasciato da parte perchè preferisco curare la parte
d'azione, ma non
disperate!
Nel
prossimo si arriva allo scontro finale, poi Rin comincerà a
crescere
e ci saranno un bel po' di aspetti introspettivi da analizzare!
Ho
sempre scritto molto fin da piccina e l'ho fatto sempre con il
sorriso, tornare a scrivere dopo anni signfica per me far tornare
quel benedetto sorriso sulle mie labbra.
Grazie,
sul serio.
_Lady
Cassiopeia_
|
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Capitolo 6 *** Cambiamenti. ***
Incredibile
come i nostri desideri possano spingerci a oltrepassare ogni nostro
limite, permettendoci di compiere gesta estramamente grandiose o
orrendamente vili.
-Rin.-
Il
grande corpo di Naraku stava cominciando a cedere probabilmente sotto
i colpi combinati dei due Inuyokai e del gruppo di Inuyasha, ma Rin
poteva tranquillamente ammettere di non avere più paura.
La
stretta allo stomaco e la voglia di vomitare erano completamente
spariti nel preciso istante in cui, aprendo gli occhi, aveva
avvertito sulla guancia la dolce carezza della mano artigliata di
Sesshomaru.
Ora
tutto andrà per il meglio.
Poco
distante da lei volava la Regina Vibeke stesa sulla groppa del
proprio cavallo alato e perfettamente guarita dagli enormi squarci,
ma ancora debole da non riuscire a star seduta.
Aveva
seriamente temuto il peggio per l'occidentale. Vibeke rimaneva umana
nonostante fosse eternamente legata a Daiki e Rin era abbastanza
sicura che nessuno avesse mai testato fino a che punto
l'eternità
della Regina si potesse spingere.
A
voler essere sincera, la bambina aveva seriamente creduto che la
bionda sarebbe morta.
Vederla
sveglia e sana, seppur distesa ed esausta, le riempiva il cuore di
gioia.
Le
voglio bene.
Non
smetteva mai di restare sorpresa da quell'umana tanto diversa da lei,
non poteva fare a meno di ammirarla: la sua famiglia le aveva voltato
le spalle e l'aveva maledetta, ma lei ne era uscita più
bella e
forte di prima.
Sperava
di cuore di poterla trattenere, almeno un po', nella sua vita per
poterla conoscere meglio.
L'ennesimo
lembo di corpo di Naraku si staccò e cadde verso di loro,
Vibeke ne
sarebbe stata schiacciata se Sesshomaru non avesse usato la sua
Bakusaiga.
Rin
sorrise, quel demone bianco aveva il cuore più bello che
avesse mai
visto.
Guardò
la Regina e sospirò, pareva nuovamente prossima a svenire e
il suo
colorito già candido stava via via assumendo sempre
più una
sfumatura malsana.
Poverina
è esausta.
Avrebbe
voluto fare qualcosa, poterla aiutare in un qualche modo, ma sapeva
che c'era ben poco da fare.
Quando
sarà finito tutto accenderemo un grande fuoco per tenerla al
caldo e
l'aiuterò a lavarsi i capelli, così
potrà dormire meglio. E se
vorrà, io e Jaken andremo a caccia per lei.
-Come
state, Regina Vibeke?-
L'altra
si sforzò inutilmente di sorridere ma le sue labbra si
piegarono in
una smorfia poco rassicurante. -Alla fine starò bene, ne
sono certa.
Tuttavia, finchè il miasma di Naraku continuerà a
distruggere il
paesaggio esterno, la sofferenza della natura sarà anche la
mia.-
Sente
il dolore della natura?
Aveva
senso, a ben pensarci.
-C'è
qualcosa che possiamo fare per aiutarla?-
Sentì
la braccia di Kohaku stringerla appena nel tentativo di bloccare il
suo eccessivo sbilanciamento verso la bionda, Rin gli sorrise appena
e tornò a concentrarsi sulla Regina, la quale le sorrise
appena
prima di chiudere gli occhi e accasciarsi.
Daiki
le era accanto e la teneva sotto controllo, ma pareva essere
consapevole di non poter far nulla per aiutare la compagna se non
uccidere definitivamente Naraku.
Sesshomaru
continuava con la sua magnifica Bakusaiga a far strada a tutti,
sgretolando con i suoi fendenti ogni possibilità di
rigenerazione
del corpo in cui si trovavano.
Era
maestoso e tronfio, bello come nessun altro.
Il
demone bianco puntò per un solo istante le iridi d'oro su di
lei e
Rin non riuscì a trattenersi dal sorridergli nonostante
indossasse
la maschera anti-miasma di Sango.
Il
demone maggiore parve intuire la piega delle sue labbra e per un solo
istante a Rin parve di vederlo sorriderle di rimando. Sgranò
gli
occhi, meravigliata.
Non
era stato di certo un sorriso pieno, di quelli che solitamente gli
dedicava lei con tutti i denti in mostra e le fossette ben incise,
non sarebbe stato da Sesshomaru lasciarsi andare in quel modo. Era
stato piuttosto un leggero rilassamento di tutto il volto, come se
per qualche istante fossero stati seduti in una radura e non nel
mezzo di uno scontro.
Tuttò
andrà per il meglio, alla fine.
Nel
profondo delle iridi d'oro del Grande Demone Cane che l'aveva accolta
sotto la sua protezione, Rin aveva notato la presenza di sentimenti
così violenti e intensi che il solo pensarci la metteva in
allerta.
Non
riesci più a nasconderli.
Nel
profondo del suo cuore di bambina, Rin sapeva.
La
morte di Naraku avrebbe portato cambiamenti nelle vite di tutti
quelli che lo stavano combattendo e Rin sapeva che quei cambiamenti
avrebbero investito anche la sua esistenza.
E
non potrò ribellarmi.
Il
fragore dell'ennesimo ammasso di carne che collassava su sé
stesso
la ridestò dai suoi pensieri: tutto attorno a loro il corpo
del
ragno era colto da spasmi violentissimi e Sesshomaru e Daiki non
parevano intenzionati a smettere di danneggiarlo.
Ormai,
è la fine.
Dopo
l'ennesimo fendente del Sovrano delle Terre dell'Est, finalmente
arrivarono dinnanzi al loro nemico e Rin sorrise quando
sentì Kohaku
sospirare sollevato: Inuyasha era già arrivato e Kagome,
Sango e
Miroku stavano bene.
-Eccovi
qui, tutti insieme.-
Rin lo
guardò bene e per la prima volta provò disgusto
per quello che era,
per cosa rappresentava.
Il
lato oscuro dell'umanità.
Così
concentrato sul proprio egoismo da aver perso sé stesso.
Vibeke
aveva riaperto gli occhi e per la prima volta da quando il suo
fattore rigenerante era entrato in funzione pareva essere vigile e
pronta a lottare, se necessario.
Nessuno
dei presenti riuscì a fare molto prima che Naraku e la sfera
diventassero una cosa sola.
E
adesso?
Rin
era stata sicura che dinnanzi al nemico, sarebbero bastati un paio di
colpi di Sesshomaru per porre fine allo scontro.
Che la
Sfera dei Quattro Spiriti fosse così cattiva, la bambina non
avrebbe
mai potuto immaginarlo.
Naraku
cambiò completamente aspetto, abbandonando qualunque
caratteristica
lo avesse reso simile ad un demone o ad un umano: era orrendo con
capelli argentei, occhi rossi e un corpo spigoloso e marrone, a Rin
pareva fatto di legno.
Arrivò
presto anche il miasma, concentrato in ammassi violacei velocissimi.
Sesshomaru
e Daiki non permisero a nessuno di questi di oltrepassare la loro
persona, ma Rin comprese quanto questo veleno fosse diverso da quello
precedente.
È
più forte persino di quello che aveva avvolto e sciolto le
carni
della Regina Vibeke.
Fortunatamente
indossava la maschera di Sango, eppure questa pareva non aver effetto
alcuno: Rin percepiva il gusto amaro di quel gas sulle labbra e i
suoi polmoni erano ormai colmi del suo odore acre.
Sesshomaru
si avvicinò loro.
Non
separiamoci.
-Jaken..-
Non
separiamoci.
-Dite,
Padron Sesshomaru.-
Per
favore, non separiamoci.
-Uscite
di qui.-
Rin
sospirò per nulla felice della scelta dello Inuyokai ma non
osò
dire nulla, l'occhiata attenta di Sesshomaru non le permise di farlo.
So
che lo fai per me, eppure..
Jaken
aveva aspettato quel comando di Sesshomaru fin da quando aveva deciso
di entrare, lo sapevano tutti, quindi la bambina non riuscì
a
stupirsi della velocità con cui il piccolo demone
eseguì.
Lei si
voltò a guardare nuovamente Sesshomaru e sorrise nel vedere
che gli
occhi di lui non l'avevano abbandonata neanche per un istante.
-Fate
attenzione Signor Sesshomaru.-
Il
cavallo alato di Vibeke li affiancò velocemente e Rin
pensò che
quella fosse infondo la scelta migliore.
Aveva
cominciato a seguire il demone bianco appena questi, dopo averle
salvato la vita, aveva ripreso il suo cammino senza mai voltarsi
indietro.
Aveva
imparato dal piccolo servitore che si portava appresso (e che
inizialmente aveva chiesto di farsi chiamare Rispettabile Jaken) che
il demone bianco era il Principe Ereditario delle Terre dell'Ovest e
che portava un nome da guerriero.
Sesshomaru.
Nessuno
poteva eguagliare la sua forza, nessuno osava guardarlo direttamente
negli occhi preferendo chinare rispettosamente il capo in sua
presenza ed avere la vita salva.
Rin
sapeva di aver già infranto la maggior parte delle regole di
comportamento richieste di fronte ad un Principe Demone, ma il suo
essere un cucciolo di ningen probabilmente la salvava da qualunque
possibile punizione.
Avevano
iniziato a camminare che il sole era alto nel cielo e oramai le prime
stelle stavano cominciando a spuntare timide quando Padron
Sesshomaru aveva arrestato la sua camminata.
-Jaken,
procurale del cibo.-
Il
piccolo demone verde aveva annuito, anche se contrariato, ed era
sparito a cercarle del cibo dopo aver acceso un piccolo falò
(-per
tenere al caldo il cucciolo ningen- si era giustificato Jaken).
Sesshomaru
allora aveva puntato le sue iridi dorate su lei e Rin, nonostante le
mille raccomandazioni, non riuscì ad abbassare lo sguardo,
troppo
affascinata dalla creatura che aveva dinnanzi.
-Quale
è il tuo nome?-
Aveva
allora sentito un leggero sfarfallio alla gola mentre il cuore
scoppiava di felicità, irradiando tutto il suo corpo di
caldo
affetto.
Non
era più riuscita a parlare da quanto aveva visto la sua
intera
famiglia venir uccisa, ma non poteva tacere dinnanzi una creatura
simile.
-Rin.-
Il
primo tentativo uscì basso e roco, lei stessa
faticò a comprendere
cosa avesse appena detto.
Si
schiarì la gola e puntò lo sguardo dritto in
quello del demone.
-Rin,
il mio nome è Rin.-
Lui
l'aveva guardata senza dire nulla, la bambina allora prese coraggio.
-Il
Vostro nome?-
-Mi
pare tu lo sappia.-
Rin
ridacchiò. -Avete ragione, ma vorrei che ci presentassimo
personalmente.-
L'immortale
l'aveva studiata per qualche istante, poi si era voltato verso il
fuoco che scoppiettava poco distante.
-Sesshomaru.-
Non
aveva usato titoli, nel presentarsi a lei.
-Signor
Sesshomaru, è davvero così strano per un Demone
portarsi dietro una
bambina umana?-
C'era
innocenza nella sua domanda, sul serio.
Conosceva
il punto di vista dei ningen perchè lei stessa lo era e
più volte
aveva ascoltato le vecchie del suo villaggio d'origine raccontare di
come fossero perfidi i demoni.
Mescolarsi
coi demoni, secondo la società umana, significava macchiarsi
irrimediabilmente.
Erano
trascorse già tre stagioni da quando avevano iniziato a
camminare
assieme e Rin si era accorta di potersi permettere confidenze che
nessun altro avrebbe potuto avere.
Lei
si era sempre impegnata a non infastidirlo imparando a cacciare,
pescare e a non fare domande sulle sue azioni; Sesshomaru l'aveva
ricambiata con un nuovo kimono, protezione assoluta e cedendole
Ah-Un.
Il
dono più gradito? Quando il tramonto si colorava dei colori
più
belli, il giovane demone le permetteva di camminargli accanto e ogni
tanto rispondeva alle sue curiosità.
Lui
la guardò in quel preciso istante, incuriosito dalla domanda.
-Intendo
dire, gli umani condannano la cosa. Ma nella società dei
Demoni, è
davvero terribile?-
Jaken
era allora intervenuto, rimproverandola per la stupidità
della
domanda e sottolineando il fatto che era praticamente incomprensibile
il perchè una creatura immortale dovesse perdere tempo con
qualcuno
che si sarebbe consumato in un battito di ciglia.
Non
era cattivo, il piccolo kappa, semplicemente non conosceva la
delicatezza richiesta per trattare con un cucciolo.
Sesshomaru
allora aveva messo a tacere il suo servitore con un'occhiata e poi
aveva posato una mano sul capo di Rin.
-Ha
davvero importanza?-
Rin
allora aveva sorriso, negando con il capo.
Se
a loro andava bene così, perchè preoccuparsi
degli altri?
La nausea era ormai insopportabile e il sangue
sembrava bollirle, tanto
era il dolore che percepiva fisicamente.
Aveva
accettato di uscire dal corpo del ragno perchè sapeva che
sarebbe
solo stata un peso per la battaglia e non voleva dar a Naraku altri
vantaggi su di lei, inoltre necessitava di ripristinare il naturale
equilibrio del paesaggio se voleva recuperare le forze e la
lucidità.
Aprì
gli occhi nel preciso istante in cui avvertì l'aria nei
polmoni
diventare fresca e pulita, poi puntò lo sguardo verso il
paesaggio
circostante e quasi ebbe un mancamento tanto era diventato tutto
irriconoscibile.
Desolazione
assumeva un nuovo significato a partire da quel giorno, si disse
Vibeke.
Aveva
sempre pensato che morte e distruzione fossero quelli che lei aveva
lasciato nel castello dei Wedel-Saacht, ma ora che aveva davanti agli
occhi quello di cui era stato capace Naraku, Vibeke si trovò
a dover
ricalibrare il suo metro di paragone.
L'erba
era sparita in tutta la vallata, gli alberi erano appassiti e alcuni
si erano addirittura accartocciati su sé stessi, i piccoli
animaletti che non erano riusciti a fuggire giacevano a terra e di
loro era rimasto appena qualche osso.
Il
terreno stesso aveva assunto un colore grigio impensabile, segno di
un'infertilità che senza il suo intervento non sarebbe stata
curabile.
Sentiva
il dolore comprimerle il capo e la nausea pareva aumentare sempre
più
mentre la natura sfigurata urlava senza sosta una richiesta d'aiuto.
L'enorme
ammasso di carni e veleno si stava spostando ed ogni lembo di corpo
che si staccava precipitava a terra solidificandosi e diventando un
blocco di miasma puro.
Se il
gas all'interno del corpo era stato terribile, quello che Naraku
aveva emanato all'esterno sembrava essere ancor peggiore.
Vibeke
sgranò gli occhi sorpresa quando i massi velenosi
cominciarono a
colpire terreni coltivati, spaventando gli umani di un piccolo
villaggio.
Non
vorrà davvero..
Naraku
voleva distruggere Musashi, ormai il suo piano pareva evidente.
Vibeke
non poteva capire il motivo di quella scelta, ma non poteva far altro
che provare con tutte le sue forze a salvare il salvabile visto che
tutti i combattenti più forti si trovavano ancora
all'interno del
corpo e non potevano sapere quale folle indea avesse il mezzodemone.
Tocca
a me.
Guardò
Rin e fece segnò a Jaken di alzarsi maggiormente in volo,
certa che
presto il miasma sarebbe fuoriuscito anche da dove si trovavano loro.
Prese
un grosso respiro, si accertò di avere Eien con
sé e poi chiese a
Kin di portarla a terra.
Il
cavallo parve capire immediatamente le sue intenzioni perchè
scese
in picchiata e, dopo averla lasciata a terra, si diresse verso la
sacerdotessa umana del villaggio e attivò la sua aura,
proteggendo
tutti gli umani che lo circondarono.
-Regina
Vibeke, è pericoloso! Venite via!-
Non
prestò attenzione a Rin, in quel preciso istante non poteva.
Piantò
Eien a terra in modo da poter godere della sua protezione, poi si
concentrò e alzò le mani al cielo.
Per
gli umani presenti fu come assistere ad un miracolo: Vibeke
cominciò
a far rinascere ogni pianta sacrificata dalla cattiveria umana e
così
erba, alberi e colture spuntarono inizialmente timidi dal terreno e
poi crebbero più alti e floridi che mai.
La
vista di Vibeke si stabilizzò, il capo smise di pulsare e
finalmente
le tornarono la forza e la determinatezza di cui tanto necessitava.
Non posso distruggerti ma posso rovinare
il tuo piano, Naraku.
Le
liane di cui si serviva solitamente partirono da lontano, dai fianchi
dei monti circostanti il villaggio; Vibeke stessa diede loro la forza
di crescere e allungarsi ed inspessirsi per provare poi a circondare
il corpo del ragno.
Sapeva
che al solo contatto con il corpo le liane sarebbero rinsecchite
quindi per ognuna di esse che cresceva, ve n'era già una che
spuntava nuova e pronta a sostituirla.
A
noi due, mezzodemone.
La
prima serie di liane si alzò e andò a circondare
il ragno,
riuscendo per pochi istanti a fermarne l'avanzata; Vibeke sperava di
poterne far ricrescere le punte mozzate dal miasma ma il gas pareva
sgretolarle fin dalle radici.
Stava
usando tutte le sue forze e nonostante l'aver sistemato la
maggioranza del paesaggio le avesse dato nuove forze, il costante
cadere di blocchi di miasma stava distruggendo tutto di nuovo.
Presto
il corpo cadrà.
Strinse
i denti e piantò saldamente i piedi a terra, poi
alzò nuovamente le
mani e centinaia di liane braccarono il ragno.
Tra
poco usciranno anche gli altri, devo solo tener duro un altro poco.
Il
millenario palazzo dei Wedel-Saacht stava crollando completamente
avvolto dalle fiamme.
I
padroni di quel magnifico edificio avevano perso la vita ben prima
che il palazzo fosse arso dalle fiamme e la consapevolezza che di
loro non sarebbe rimasto nulla le allietava l'anima.
Vibeke
Ulykke dei Wedel-Saacht stava seduta sul pendio di una collina poco
lontana ed ammirava estasiata la sua opera migliore.
Erano
morti tutti.
Aveva
vinto.
Avrebbe
portato con sé in eterno il ricordo di come suo padre avesse
sgranato gli occhi quando si era accorto di essere prossimo alla
morte.
Ghignò
soddisfatta.
Sapeva
che i ricordi non sarebbero cambiati, ma aver cancellato per sempre
la propria casata dalle terre del nord la rendeva estramente
euforica.
Tutto
sarebbe stato più facile ora, anche la guarigione della
propria
anima.
-Spero
di non disturbare le tue preghiere.-
Vibeke
si era voltata stupita verso suo marito, poi aveva puntato nuovamente
gli occhi sul grande incendio.
-Non
ho alcun motivo per pregare. Non mi pento di quello che ho fatto.-
-Non
è peccato, uccidere?-
Vibeke
sorrise appena e annuì, ma non disse altro.
Aveva
atteso quella rivincita da tutta una vita e l'euforia del momento la
rendeva incapace di pensare a quanto il suo gesto fosse
cristianamente punibile.
Bruciare
all'inferno, dopo quello che aveva fatto, sarebbe stato un piacere a
cui non si sarebbe sottratta neanche in punto di morte.
Daiki
sospirò e poi puntò lo sguardo verso il castello
a sua volta.
-Avresti potuto avvisarmi, ti avrei accompagnata.-
Lei
annuì, poi allungò una mano e strinse quella di
suo marito.
-Lo
so, ma questa era la mia battaglia. Dovevo farlo da sola.-
Il
demone annuì e le si sedette accanto.
Stettero
seduti sul pendio di quella collina tutta la notte con gli occhi
fissi su quel fuoco, segno di distruzione e di rinascita, ma
abbracciati. Uniti.
Fu
come essere colpiti da un fulmine, tanto fu violento lo scossone che
lo colpì al cuore dopo aver visto i suoi occhi verdi.
Era
possibile per un demone innamorarsi a prima vista di una creatura che
probabilmente non avrebbe superato la notte e di cui non sapeva
nulla?
Doveva
salvarla.
L'aveva
presa tra le braccia nel preciso istante in cui era svenuta,
sopraffatta dalla perdita di sangue e dal veleno.
Chi
aveva osato ridurre una simile bellezza in quelle condizioni?
Aveva
disinfettato le ferite e le aveva trattate con erbe medicinali
demoniache ma Daiki sapeva di doverla portare assolutamente a corte.
Non
conosceva la sua identità, ma non voleva rischiare di
affidarsi ad
un curatore locale incapace quando a corte avrebbe potuto godere dei
migliori trattamenti.
Considerando
la quantità di sangue sulle vesti, Daiki comprese di non
avere molto
tempo a disposizione quindi la prese tra le braccia e volò
via,
sotto forma di sfera di energia, arrivando in pochissimo tempo presso
il magnifico Castello dei Sovrani dell'Est.
Suo
padre, Re Akihito, gli si sedette accanto mentre i servitori di
palazzo cercavano in tutti i modi di salvare quella sfortunata
mortale.
-Viene
da molto lontano, quella ningen.-
Lui
annuì.
-Avresti
potuto dirmelo, non ti avrei diseredato.-
Guardò
suo padre negli occhi e ridacchiò sprezzante. -Non ti ho
nascosto
nulla, non so neppure il suo nome. Eppure..-
Si
portò una mano al petto ed il padre parve capire
immediatamente la
situazione, tant'è che posò una mano sulla sua
spalla e gli rimase
accanto per tutta la notte.
Daiki
uscì dal corpo di Naraku accanto a Sesshomaru, certo che
ormai non
vi fosse più nulla da fare.
Ora
è una battaglia tra anime, tocca alla sacerdotessa porre
fine alla
storia.
Ripose
la spada nel fodero e sospirò esausto ma quando si
voltò a guardare
lo scempio che era il corpo del ragno, maledisse sua moglie e
cominciò a cercarla freneticamente.
Nonostante
apparisse come una demone, la sua anima era rimasta colma di
sentimenti umani e la predisposizione a mettersi nei guai era un
tratto assolutamente ningen.
Infondo,
l'amava anche per quello.
Nonostante
tutto quello che hai subito, trovi sempre il coraggio per difendere
gli innocenti.
La
trovò frapposta tra il villaggio umano e il corpo in
decadenza, con
le braccia alzate al cielo ed intenta a governare una
quantità
infinita di vegetali per cercare di evitare il disastro.
Daiki
la fissò ammaliato: con i capelli scompigliati e sporchi, le
vesti
occidentali colme di sangue nero e la pelle lucente di sudore era una
visione al dir poco sublime.
Gli
occhi poi, brillanti e determinati, erano quanto di più
bello avesse
mai visto.
Adorava
Vibeke in qualunque sua forma e apprezzava la regalità che
mostrava
nel muoversi elegante e silenziosa a palazzo, ma era sul campo di
battaglia che ella dava il meglio di sé e diventava la
creatura
degna di venerazione che era.
Determinata.
Colma di vita.
Vibeke,
battaglia. Forse tuo padre non ha sbagliato a donarti un simile nome.
Atterrò
al suo fianco, pronto a prenderla tra le braccia e salvarla nel caso
in cui le fossero mancate le forze e poco dopo vennero raggiunti
anche da Inuyasha e la sacerdotessa ningen.
-Appena
Vi darò il segnale, lasciate andare il corpo e mettetevi in
salvo.
Ci penseranno le mie frecce.-
Sua
moglie aumentò il numero di vegetali cercando di bloccare
l'avanzata
dell'ammasso di carni per dare tempo a Kagome di individuare il
bersaglio da colpire.
Avanti,
mocciosa ningen.
-Lasciatelo
andare, ora so dove colpire.-
Ogni
singola liana si ritirò, sparendo alla loro vista con una
velocità
inaudita e Vibeke cadde in ginocchio incapace quasi di riprendere
fiato.
Daiki
si alzò in volo con la bionda tra le braccia e
portò con sé anche
l'arma che un tempo era stata di sua madre.
-Sei
stata stupenda, mia regina.-
La
sentì rilassarsi completamente mentre un leggero sorriso
soddisfatto
le piegava le labbra piene.
-È
tutto finito?-
Il
demone guardò verso terra mentre la sacerdotessa purificava
l'intero
ammasso di miasma, ormai collassato a terra.
Le
baciò con devozione il capo. -Si, è tutto finito.-
Naraku
è morto.
-Quel
monaco non capisce nulla, Signor Sesshomaru.-
Il
demone aveva guardato la bambina con interesse, spingendola a
continuare.
-Intendo
dire, io vi seguo perchè lo voglio.-
Sesshomaru
annuì appena, consapevole che la bimba dicesse la
verità.
-Secondo
voi, perchè quel monaco ci teneva tanto a tenere distanti
umani e
demoni?-
Jaken
aveva sbuffato scocciato ed era intervenuto. -Ovviamente
perchè voi
ningen siete un peso per noi demoni, inoltre il tempo scorre in modo
diverso. Quando tu sarai vecchia, il Signor Sesshomaru probabilmente
non sarà invecchiato di un anno nell'aspetto.-
Rin
aveva allora abbassato il capo. -Signor Sesshomaru, potrò
seguirvi
anche quando sarò vecchia?-
Il
demone bianco anticipò il kappa ed annuì. -Se
sarà un tuo
desiderio, potrai.-
La
bambina aveva sorriso mentre Jaken aveva stampata in volto l'aria
più
scioccata che avesse mai visto. Lo spedì a prendere Ah-Un
per
salvarlo dalla sua ira.
-Terrete
sempre conto della mia volontà?-
L'aveva
guardata dritta negli occhi senza dubbi riguardo alla risposta. -Lo
giuro.-
Lei
sorrise felice, poi poggiò il mazzo di fiori che teneva in
mano
davanti ad una piccola pietra che portava il nome di una donna.
-Quando
morirò, voi vi dimenticherete di me?-
Lui
aveva sgranato gli occhi, colpito dal pensiero che quella bambina
presto sarebbe cresciuta, invecchiata e morta.
Non
aveva mai collegato la natura ningen di Rin all'idea della morte, ma
in quel preciso istante la consapevolezza del poco tempo che avevano
a disposizione lo spinse a giurare a sé stesso che avrebbe
trovato
un modo, qualsiasi modo, per tenerla con sé per
l'eternità.
-Non
dire sciocchezze.-
Sesshomaru
conosceva da sempre quei sentimenti ma ora che sapeva dar loro un
nome, gli pareva quasi di viverli più intensamente.
Dolore,
timore di perdere qualcuno a cui si tiene.
Perdita.
Era
inevitabile e non si sarebbe opposto, ma il solo pensiero di dover
lasciare Rin in un villaggio umano gli gelava il petto.
Era la
cosa migliore da fare.
La
bambina doveva crescere, imparare a fare pace con la sua specie e
soprattutto capire quali e quante possibilità la vita le
avrebbe
donato, oltre a Sesshomaru.
Quando
il tempo verrà, sarà lei a decidere.
I
festeggiamenti per la morte di Naraku si erano prolungati per quasi
tutta la notte, al villaggio di Musashi, nonostante Inuyasha e Kagome
fossero spariti nel Meido.
I
ningen infondo sono egoisti, ora che sanno di essere salvi non
gl'importa d'altro.
Rin,
nonostante fosse stata invitata più volte a sedere attorno
al grande
falò e a mangiare con gli altri bambini, era stata tutto il
tempo
attaccata alla sua mokomoko e si era nutrita solo quando Vibeke, dopo
una bella dormita, le aveva messo sotto il naso un piatto fumante e
colmo di carne, riso e pesce.
Aveva
riso, cantato e mangiato tanto da scoppiare ma non aveva mai lasciato
il suo fianco.
Rin
sapeva, non vi erano dubbi.
Aveva
faticato a farla entrare nella capanna della vecchia sacerdotessa per
farla riposare e quando la sua protetta aveva mostrato le prime gemme
di lacrime, Sesshomaru aveva dato la sua parola di principe che al
suo risveglio lui sarebbe stato lì, esattamente dove era
ora, in
piedi con la schiena poggiata alla capanna della Miko.
Puntò
lo sguardo al cielo e sospirò, la luna crescente quella
notte non
era particolarmente attraente.
Ha
la stessa forma del Meido di quell'impiastro. Chissà se lui..
Bloccò
immediatamente qualunque pensiero avesse cercato di formarsi nella
sua testa e ringraziò chiunque avesse deciso di uscire dalla
capanna
per la distrazione data.
Vibeke..
L'umana
sorrise appena e chinò leggermente il capo, in segno di
rispetto.
Il
demone la osservò con attenzione e notò subito
come avesse
completamente riacquisito le forze ed un colorito sano; non
potè
tuttavia impedirsi di alzare un sopracciglio al grezzo kimono che era
stata costretta ad indossare.
Vibeke
era nata principessa, nel sangue e nell'aspetto, e avrebbe meritato
solo gli abiti migliori; vederla indossare un tessuto così
modesto
era quasi un'onta che avrebbe meritato di essere lavata col sangue.
-Oh,
non guardarmi così. Le donne del villaggio si sono adoperate
con
tutte le loro forze per trovarmi un kimono decente. Manderò
loro
stoffe pregiate, una volta tornata al palazzo.-
Il
demone bianco non disse nulla.
L'umana
gli si avvicinò. -Rin si è addormentata e Jaken
con lei. Era
esausta, povera piccola.-
L'immortale
annuì appena, la Regina delle Terre dell'Est sorrise.
-La
lascerai qui?-
Lui
annuì nuovamente, distogliendo lo sguardo.
-Starà
bene, crescerà bene.-
Crescerà
lontana da me.
Non
aveva voglia di sentire chiacchiere inutili, la scelta era stata
fatta e lui sapeva che era la migliore in assoluto ma parlarne,
esternare quello che aveva dentro, era qualcosa che era assolutamente
incapace di fare.
E non
aveva intenzione di cominciare quella sera con una ningen, in un
villaggio di ningen.
Decise
allora di vertere l'attenzione dell'umana verso il futuro, verso il
rito che ella stessa si era impegnata a compiere su di Rin se questa
avesse deciso di stargli accanto.
-Il
rito. Come funziona?-
Vibeke
si coprì velocemente le labbra con una mano, sbadigliando
con
delicatezza.
-Non è
ancora giunto il tempo per parlare di questo ma ti prometto che
quando potrò dirti tutto, lo farò. So che non ti
è chiaro perchè
io mi sia proposta senza remore, ma un giorno tutto sarà
ovvio. Fino
ad allora, lasciamola crescere serena e felice, senza preoccupazioni
inutili. Dovrà scegliere con sincerità e
dovrà essere convinta con
tutta sé stessa che quella sia l'unica strada per lei
percorribile.
Strade come quella che ho percorso io ti divorano il cuore se vi
è
anche solo un accenno di tentennamento.-
Non
ha intenzione di dire altro, per il momento. Va bene così,
per ora.
La
osservò rientrare nella piccola capanna con più
dubbi di quanti ne
avesse prima.
Cosa
dovrà subire?
Che
strada dovrà percorrere?
Vale
la pena tormentarle il cuore invece di accettare la sua natura
ningen?
Sarebbe
presto sorta l'alba ma si augurò che il sole ritardasse
almeno un
po' la sua salita, lasciandolo lì un po' di più,
a percepire il
respiro sereno della piccola ningen che aveva accolto sotto la sua
ala.
Non
era mentalmente pronto a dire addio a quel piccolo ammasso di carni
mortali, tanto colmo di amore, e gioia, e vitalità da averlo
inizialmente stordito e poi deliziato.
Avrebbe
ripreso a viaggiare con Jaken e le sue domande troppo curiose, senza
più canzoni e filastrocche ad alleggerire la tensione,
avrebbe
dovuto dire addio anche ai mille e più mazzetti di fiori di
campo
che la bambina coglieva e gli dedicava, niente più risa
genuine a
fargli staccare la mente dalle sue strategie militari.
Nessun
cucciolo di ningen per cui cacciare o a cui portare qualche frutto
dopo una lunga battaglia, nessuna bambina fradicia di neve da
avvolgere nella mokomoko dopo i suoi giochi infantili.
La
vita, senza Rin, pareva più grigia e triste di quel che
ricordava.
Il
primo raggio di sole apparve timido, cominciando a scaldare il colore
del cielo.
È
arrivato il momento.
Poco
dopo una piccola testolina fece capolino dalla spessa tenda che
riparava l'uscio della modesta abitazione, gli occhioni assonnati ci
misero qualche istante prima di metterlo a fuoco e poi Rin sorrise,
rasserenata.
-Avete
mantenuto la promessa, buongiorno Signor Sesshomaru.-
-Vieni
Rin, dobbiamo parlare.-
Era
sveglia, la piccola ningen.
Lo era
abbastanza da concedergli di allontanarsi di qualche passo dal
villaggio, prima di anticiparlo.
-Volete
lasciarmi qui, Sesshomaru?-
No.
-Si.-
Gli
occhi della bambina si riempirono immediatamente di lacrime dal
profumo acre, più disperate di quelle piante nel corpo di
Naraku.
-Avevate
promesso di rispettare la mia volontà.-
La
cosa giusta non corrisponde a quello che vuoi, un giorno capirai.
Un
giorno, se vorrai, ci riuniremo.
-Non
sto infrangendo quel giuramento.-
-No?-
La
fulminò con lo sguardo, quel tono inquisitorio non gli
piacque
neanche un po'.
Lei,
realizzando lo sbaglio commesso, chiuse gli occhi e lo
abbracciò con
forza singhiozzando tanto forte da non riuscire quasi a respirare.
-Mi
dispiace per come vi ho risposto, Signor Sesshomaru. Ho forse
sbagliato qualcosa? Sono diventata un peso?-
Le
carezzò appena una guancia, asciungandole un paio di lacrime.
-Voglio
solo che tu impari a stare coi tuoi simili, Rin. Non ti sto
abbandonando.-
-E se
io non volessi?-
Sesshomaru
si lasciò scappare un sospiro. -Quello che vuoi e quello che
è
giusto sono attualmente due cose ben distinte.-
Lei si
strinse maggiormente a lui, stringendo tra i pugni il suo kimono e
scoppiando in un pianto anche peggiore.
-Non
sto rompendo il mio giuramento.-
La
bambina a quelle parole sgranò gli occhi e lo
fissò stupita. -Sul
serio?-
Lui
annuì. -Tornerò quando sarai più
grande. Imparerai a leggere e a
scrivere, imparerai a stare tra gli umani e quando il tempo
sarà
giusto, sceglierai cosa fare della tua vita.-
Lei
sorrise. -Potrò tornare a viaggiare con voi, Sesshomaru?-
Quella
è la mia unica speranza.
-Se lo
desidererai, si.-
Rin
sorrise e si asciugò le lacrime con la manica del kimono.
-Verrete a
trovarmi, qui al villaggio?-
Distese
le labbra, sereno. -Tutte le volte che potrò.-
La
bambina lasciò la presa sul suo kimono e lui si
rialzò, pronto ad
andarsene.
Le
diede le spalle a malincuore, ma non poteva avere ripensamenti.
Le
necessità di Rin verranno sempre prima delle mie.
Sapeva
che la vecchia sacerdotessa l'avrebbe accolta volentieri, aveva dato
il compito a Jaken di parlarci e lei si era assunta l'incarico senza
problemi, già colma di affetto per quel cucciolo.
-Signor
Sesshomaru?-
Voltò
appena il capo in direzione della bambina che ora sorrideva, anche se
addolorata.
-Potrò
seguirvi anche quando sarò vecchia?-
Si
lasciò andare ad un sorriso sincero, rivolto solo a lei.
-Se
sarà un tuo desiderio, potrai.-
La
osservò ridacchiare emozionata.
-Venite
a trovarmi presto, Signor Sesshomaru! Mi mancherete.-
Mi
mancherai anche tu.
Spiccò
il volo con il piccolo kappa attaccato alla mokomoko, sicuro che
quella temporanea separazione avrebbe dato frutti stupefacenti.
Aveva
un paio di avversari da sistemare e poi sarebbe tornato a corte,
pronto a prendere le redini di un regno che gli spettava ma che per
troppo tempo aveva lasciato nelle mani di sua madre.
Rin
sarebbe cresciuta, sarebbe maturata e avrebbe avuto la
libertà che
meritava per sviluppare lo spirito.
Sarebbe
diventata stupenda.
Non
sapevamo cosa ci avrebbe riservato il futuro, ma di una cosa eravamo
entrambi indissolubilmente certi: ci saremo rivisti.
E
quel pensiero ci bastò.
-Rin-
Eccomi
di nuovo, sono tornata!
Come
state?
Questo
capitolo è stato una faticaccia mostruosa ma ne sono molto
soddisfatta.
Pronti
a vedere cosa riserverà il futuro ai nostri amati?
Volevo
spendere qualche istante a ringraziare tutti quelli che dedicano il
loro tempo a leggere questa storia, recensirla e metterla tra le
seguite/preferite.
Le
vostre parole e la vostra presenza significano così tanto
per me,
sul serio.
Vi
adoro!
Alla
prossima!
_Lady
Cassiopeia_
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