L'eternità dei fiori di ciliegio.

di _Lady Cassiopeia_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Consapevolezze. ***
Capitolo 2: *** Dove passato e futuro s'incontrano. Presente. ***
Capitolo 3: *** Di vendetta, fratellanza e rapimenti. L'inizio della fine. ***
Capitolo 4: *** Dentro il corpo di Naraku - Parte prima ***
Capitolo 5: *** Dentro il corpo di Naraku - Parte seconda ***
Capitolo 6: *** Cambiamenti. ***



Capitolo 1
*** Consapevolezze. ***


Le conosco, le anime come quella di Rin:

si fanno strada nelle tenebre del tuo cuore e nulla sembra poterle fermare.

Illuminano tutto, senza chiedere il permesso.

Cerchi di scacciarle in tutti i modi e, quando finalmente ci riesci, ti ritrovi a non saper più che fare senza la loro luce a guidarti.

Queste mortali hanno più potere in una sola delle loro mani di quanto mai potremmo averne noi.

Sono qualcosa di misterioso, di incomprensibile, qualcosa di cui non siamo degni; ma hanno scelto noi e tenercele strette deve essere il nostro scopo nella vita.

Tienitela stretta, Sesshomaru.

Le anime come Rin sono tesori così preziosi da essere ineguagliabili.”

-Daiki-



Non è cambiato nulla.

Sesshomaru sgranò appena gli occhi, stupendosi di quel suo pensiero così distorto.

Nonostante di secoli ne fossero passati quasi due dall'ultima volta in cui ci aveva messo piede, il demone ammise che le terre dell'Est non sembravano essere cambiate, restando sempre belle come le ricordava.

Belle come le aveva rese Lei, Regina della natura.

Tanto potente quanto mortale, che spreco.

Chiuse gli occhi per un solo istante, respirando appieno il dolce profumo delicato delle centinaia di ciliegi in fiore che circondavano il palazzo presso cui si stavano dirigendo.

Erano sempre state di una bellezza impossibile quelle terre, floride di paesaggi mozzafiato e di colture sempre molto più che abbondanti; ma lei aveva reso tutto ancor più bello se possibile.

Eppure, nonostante tutto fosse esattamente come ne aveva memoria, Sesshomaru sapeva quanto in realtà il regno del suo più caro amico fosse cambiato.

Due secoli non risparmiano una vita umana, per quanto potente.

Sesshomaru non era stupido: nonostante a prima vista tutto sembrasse essere rimasto immobile, cristallizzato, probabilmente erano anni che la felicità non abitava più nel cuore del sovrano dei Demoni Cane dell'Est.

Se è riuscita a sopravvivere per mezzo secolo, sono almeno centocinquant'anni che è morta.

Il tempo era ingiusto, crudele.

E non risparmiava nessuno.

C'è chi muore e chi è costretto a sopravvivere. Ancora non so cosa sia meglio.

Ricordava ancora come durante il suo dominio gli alberi dinnanzi a lui fossero costantemente in fiore, anche d'inverno; non che la bellezza dei ciliegi fosse diminuita nel tempo, ma essendo primavera inoltrata Sesshomaru non si aspettava nulla di diverso; probabilmente all'abbassarsi delle temperature non sarebbe rimasto più nulla di quello spettacolo.

Così come non sarà rimasto nulla di lei.

Ricordava, come fosse ieri, quanto Daiki avesse amato guardarla passeggiare per i giardini; quanto lui stesso fosse rimasto amaliato dalla naturalezza con cui quell'umana provveniente da terre lontanissime riusciva, con il tocco di un dito, a far fiorire un albero intero.

Aveva visto l'esistenza del suo più caro amico riempirsi di colori e gioia, lo aveva visto innamorato e dolce come non credeva fosse possibile per quelli come loro. Demoni.

Com'era possibile che una creatura eterna come un demone si inginocchiasse dinnanzi a una misera mortale?

Non aveva capito, non ci era mai riuscito almeno fino a quando non si era ritrovato a sentir il suo cuore riempirsi dei sorrisi di un'orfanella.

E allora tutto era cambiato. Tutto.

Se voltare le spalle a Daiki e la sua donna era stato salutare, almeno era riuscito a proteggersi dal dolore che quell'umana avrebbe portato un giorno all'amico; scappare da Rin era praticamente impossibile.

Non ci sono riuscito quando non sapevo ancora il suo nome, figurarsi ora.

Sentì all'improvviso il rumore dei piccoli passi della bambina che si portava appresso, Sesshomaru non si voltò, conscio che presto lei l'avrebbe sorpassato entrando con la forza nel suo campo visivo.

Senza chiedere il permesso, come sempre.

Fermò il suo camminare quando la vide saltellare un paio di volte con il desiderio di poter afferare un ramo per annusarne i fiori, sfortunatamente però era ancora troppo piccola.

Nel giro di qualche anno sarai donna. Non ti volterai più verso di me, non mi sorriderai più riconoscente per l'aiuto. Non avrai più bisogno né dell'aiuto né tantomeno di me.

Le si avvicinò in un paio di falcate e spezzò un piccolo rametto, posandolo sulle mani di Rin che si lasciò scappare un gridolino felice.

-Grazie mille, Signor Sesshomaru!-

Non le rispose, non ce n'era bisogno, eppure rimase a fissarla mentre lei, estasiata, immergeva delicatamente il nasino tra i petali rosa dei fiori.

Gli esseri umani, infondo, non sono diversi dai fiori di questi ciliegi.

Il demone bianco sentì una leggera stretta al cuore, pur non mostrando alcuna emozione, nel guardare la bambina accostata a quei fiori.

Appassirai anche tu in un lampo e io non potrò farci nulla. Nulla.

Aveva già rischiato di perderla fin troppe volte e ancora non si era perdonato per essere stato lui l'ultimo, in ordine cronologico, ad aver posto fine alla sua vita.

Aveva bramato il potere fino al punto di sacrificare tutto quello che di importante possedeva, si era spinto fino al punto in cui aveva voltato le spalle all'unica cosa che fosse sacra per lui.

Per me non c'è nulla che abbia lo stesso valore della vita di Rin.

Solo allora aveva compreso perchè Daiki avesse comunque deciso di stare accanto alla donna che amava, senza pensare al poco tempo che avrebbero avuto a disposizione.


-Presto morirà.-

Daiki, gli occhi blu segnati dal dolore, gli sorrise appena.

-Inevitabile, Sesshomaru. Ma ne varrà la pena, vivere con lei anche se per pochi istanti.-


Tornò a guardare la bambina alle sue spalle, riprendendo poi il cammino.

Meglio pochi istanti insieme che il rimpianto di quello che avremmo potuto avere.

Capirlo era un conto, ma accettarlo era tutt'altro.

Chissà come sarebbero continuate le cose, chissà se lei gli sarebbe rimasta accanto fino alla fine.

Ruscirei a rinunciare a lei se questo la rendesse felice?

Fortunatamente a interrompere quel suo dialogo interiore e a distoglierlo dal dolore furono le parole del suo unico servitore che, oltre ad aver imparato a tacere sulla strana natura del rapporto tra Sesshomaru e Rin, sembrava aver imparato anche quando fosse il caso di parlare e quando non lo fosse.

-Padrone, possibile che il potere di quella donna sia ancora in queste terre? Possibile che le amasse a tal punto?-

Lui non rispose subito, incuriosito dalla domanda posta dal kappa.

Poteva essere possibile?

No, si disse, per quanto potente la Regina era stata un'umana, una ningen. Nulla poteva cambiare questo.

Com'è strano il fato: donare un potere simile a una creatura destinata a morire in poco più di mezzo secolo quando avrebbe potuto donarlo ad un demone che avrebbe saputo accrescerlo a dovere.

Sentì i passi della sua protetta farsi più veloci, più vicini e, inconsciamente, rallentò affinchè lei riuscisse a raggiungerlo.

Ormai era una scena che si ripeteva tutte le sere, ogni qualvolta fossero prossimi a trovare un luogo dove accamparsi per la notte.

La bimba, fin troppo intelligente, gli sorrise riconoscente.

Incredibile come ogni cosa stia mutando, come tutto sembra essersi messo in movimento.

-Signor Sesshomaru, è vero che la regina di queste terre era umana?-

Lui annuì. -Esatto Rin.-

-L'hai mai incontrata, Signor Sesshomaru?-

Il demone bianco distolse lo sguardo da quello castano e vispo della bambina, puntandolo verso l'argentea luna piena quella sera più grande che mai.


La prima volta in cui lui, il grande Sesshomaru del casato nobilissimo e purissimo dei Taisho, dalla notte dei tempi sovrani dei Demoni Cane delle Terre dell'Ovest, aveva incrociato lo sguardo con una donna umana, pensò che Daiki, quanto di più simile ad un fratello, avesse completamente perso il lume della ragione.

Il principe delle terre dell'Est l'aiutava a camminare dato che la ningen sembrava essere ancora debilitata dallo scontro avuto con i suoi stessi genitori.

Aveva una gamba fasciata a cui era stato applicato un unguento che pareva ancora darle fastidio nonostante fossero ormai passati diversi giorni dal suo arrivo a palazzo, e dal finissimo kimono che la Regina le aveva prestato si intravedevano altre fasciature.

L'amico gli aveva raccontato la sera precedente che la matrigna della ningen l'aveva personalmente pugnalata nella speranza che non sopravvivesse alla fuga dal castello di famiglia.

Sesshomaru non se ne era stupito così tanto, infondo anche nelle loro terre le primogenite femmine venivano eliminate nell'attesa di ottenere un erede maschio.

Quando finalmente passò ad osservare la creatura che sembrava aver rapito il principe di quelle terre, rimase a dir poco stupito.

Era strana, per essere una semplice ningen.

Sembrava qualcosa di ultraterreno, talmente eterea da porter sembrare una demone se non addirittura una dea.

Era oggettivamente bella, per quanto Sesshomaru non fosse tipo da notare simili caratteri nelle creature mortali (o immortali) dovette ammetterlo.

Era gracile, troppo magra e decisamente più alta di qualunque altra donna orientale, aveva capelli di un biondo talmente chiaro da poter essere scambiati per bianchi, labbra carnose, troppo carnose; ma quello che colpiva maggiormente Sesshomaru erano gli occhi: verdi, di un verde così acceso, intenso, da lasciare senza fiato.

Erano brillanti, inebrianti, magnetici.

Poteva giocarsi la sua immortalità: non ci sarebbe mai stata altra creatura, anche tra gli immortali, a possedere simili occhi.

Daiki gliela aveva presentata con entusiasmo, lei aveva fatto uno strano inchino, aveva leggermente sorriso con eleganza e poi, forse ricordandosi di non essere più nelle sue terre, aveva chinato il capo con il rispetto che si pretendeva dalle donne giapponesi.

-Un onore conoscervi, Principe Sesshomaru.-

Lui le aveva semplicemente fatto un cenno col capo, senza dire una parola sentendosi tradito.

Come poteva fargli questo, Daiki?

Come poteva sporcare centinaia d'anni di purezza di sangue per una misera mortale?

Che futuro avrebbe dato a degli ipotetici figli se la madre nel giro di una cinquantina d'anni fosse morta?

Non capiva, maledizione. Non ci riusciva proprio.

Aveva dato le spalle alla coppia e se n'era andato per un paio di giorni.




L'ultima volta in cui l'aveva guardata era rimasto stupito.

Erano in battaglia, i demoni gatto erano in netto vantaggio nonostante lui e Daiki stessero combattendo al massimo della loro forza, ma il principe di quelle terre era troppo addolorato dalla morte del padre avvenuta misteriosamente qualche giorno prima per poter essere lucido ed utile in battaglia.

Erano moltissimi, i bastardi, e lui per quanto forte, non poteva batterli tutti.

L'esercito di Daiki stava soccombendo, i demoni gatto sembravano non finire mai e la Signora Madre, Yuzuki, l'unica demone che Sesshomaru avrebbe potuto tranquillamente chiamare madre, era stata gravemente ferita.

L'umana, obbligata a restare dentro il palazzo.

Daiki sarebbe morto se si fosse dovuto preoccupare anche di lei, Sesshomaru ne era conscio.

Erano stremati, era ormai scesa la seconda notte di guerra e presto avrebbero ceduto.

In un qualche modo la mocciosa riuscì a liberarsi delle proprie guardie e arrivò al campo di battaglia proprio quando il compagno fù immobilizzato a terra, una spada puntata alla gola.

-Principe, oggi il tuo regno diventerà finalmente mio. Il tuo trono mi appartiene.-

Sesshomaru non si mosse, intento a capire cosa poter fare nonostante fosse molto debilitato.

Un urlo attirò l'attenzione di tutti i presenti.

-E questo bocconcino da dove salta fuori? Ha il tuo odore, lurido cane. Non dirmi che hai osato macchiare il nome del tuo nobilissimo clan per una donna. Un'umana.-

Risero tutti, di lui, di lei.

Sesshomaru la odiò in quel preciso istante: il suo migliore amico, demone degno del massimo rispetto, deriso in punto di morte per una mocciosa umana.

Un'onta di cui Daiki non avrebbe mai potuto liberarsi, tantomeno da morto.

Fu allora che la ragazzina lo sorprese.

-Non osate ridere di lui.-

Il demone gatto ghignò. -Potrei tenerti in vita un paio di mesi, ragazzina, strapparti gli occhi sarà un pioacere immenso. Quel tuo orrido ghigno di vittoria lo distruggerò a furia di spezzarti ogni singolo osso.-

Un paio di movimenti aggraziati delle sue mani e tutti, tutti i demoni gatto, si ritrovarono legati a terra da liane improvvisamente spuntate dal terreno.

Ne uccise personalmente solo uno: il bastardo che aveva osato colpire a livello del cuore Yuzuki.

Del resto dovettero occuparsene lui, ma soprattutto Daiki in modo da poter essere rispettato e accettato come nuovo re.


-Qualche volta.-

-Era bella?-

Sesshomaru alzò leggermente un sopracciglio argenteo, distogliendo lo sguardo da quello della bambina.

Che domanda era?

-Che razza di domande fai, sciocca ragazzina? Credi davvero che il Sommo Sesshomaru perda tempo a guardare le donne umane?-

Rin s'imbronciò appena. -Scusate.-

Avrebbe voluto dirle qualcosa, in quell'istante, far sparire quell'ombra di dolore dagli occhi della bambina ma, all'improvviso fu altro ad attirare la sua attenzione: l'odore del vento era cambiato, stava arrivando qualcuno.

E non è Daiki.

La luna sparì all'improvviso, coperta con violenza da enormi nubi cariche di tempesta.

Lampi e fulmini si susseguirono per un paio di minuti, Sesshomaru prese tra le braccia Rin mettendola poi al riparo sotto il più possente dei ciliegi.

Se un fulmine la colpisse..

Jaken, Kohaku e Ah-Un si misero vicino alla ragazzina, il drago le si accoccolò accanto guardando poi il suo padrone, Sesshomaru sapeva che l'avrebbe protetta a costo della sua stessa vita.

Rin e Ah-Un avevano un legame particolare, era qualcosa che andava oltre il semplice rapporto di fedeltà della bestia.

Rin, come faceva con tutti, si prendeva cura di quel demone a due teste con affetto e naturalezza, quasi quella creatura non fosse un possente drago ma la più docile e meritevole bestiola.

Qualche albero accanto al loro prese fuoco, Sesshomaru per non correre rischi estrasse Tenseiga piantandola a terra. Seppur la spada fosse ormai inutile, la sua barriera risultava essere ancora invalicabile al nemico.

Una risata acuta, oscena, catturò immediatamente l'attenzione del demone bianco.

Poi il nemico, finalmente, comparve.

Aveva la pelle di un colore malsano, gli occhi di un folle e un sorriso fin troppo impertinente a sorpiargli le labbra.

Rimise Tenseiga nel fodero quando le scariche elettriche vennero meno e fece qualche passo avanti.

-Levati, tu sei debole.-

Se Sesshomaru non rispose, i suoi compagni di viaggio si indispettirono per lui. Forse fin troppo.

Jaken al solito aveva iniziato a dire cose senza senso, avesse potuto l'avrebbe ucciso lui stesso in quel momento.

Il nemico allungò uno dei suoi arti fino a cercare di colpire Kohaku, la cui scheggia della sfera sembrava essere diventata una calamita per tutte le disgrazie.

Lo mancò, Sesshomaru tranciò quel tentacolo con i suoi artigli.

-Te lo ripeto, sei debole.-

L'unica con un po' di sale in zucca, Sesshomaru lo pensò con orgoglio, sembrava essere Rin che aveva preso le redini di Ah-Un e dopo aver fatto salire Jaken e Kohaku si era alzata in volo allontanandosi lo stretto necessario per poter essere al sicuro.

Il nemico cominciò a ridere. Sesshomaru capì immediatamente che stava ridendo di lui.

-Oh si, mi tocca ripeterlo: sei debole. Le creature che ti seguono me lo confermano.-

Un altro tentacolo partì verso il cielo, il maledetto sembrava desiderare a tutti i costi la vita dello sciocco ragazzino.

Il suddetto genio, invece di scansarsi, lanciò la sua arma di sterminatore colpendo il nemico alla tempia.

Stupido.

Bastò uno strattone del mostro per far cadere Kohaku da Ah-Un.

-Se è un'emanazione di Naraku, ora che il mio frammento è stato purificato, non potrà toccarmi.-

Sesshomaru stesso rimase sorpreso quando il ragazzino venne imprigionato dal nemico.

-Naraku? Non osare compararmi a quel mezzodemone.-

Quelle parole fecero gelare il sangue a molti dei presenti, Sesshomaru preferì non pensare a chi diavolo fosse quella creatura.

Il demone bianco con un balzo si avvicinò all'umano, quando però allungò la mano verso di lui si ritrovò trafitto in tre punti dell'avambraccio.

Il veleno di quelle dannate punte gli ustionarono il braccio, una si allungò a tal punto da colpire la sua mokomoko.

Ringhiò.

-Sei debole, non smetterò mai di ripetertelo.-

Lo sentì ridere sguaiatamente mentre Rin chiamava il suo nome, terrorizzata.

-Il modo in cui quel cucciolo d'uomo si preoccupa per te, debole, è così tenero.-

Lo sentì ridere maggiormente. -E ora, il colpo di grazia.-

Sesshomaru non si mosse, non mostrò alcuna intenzione.

-Bastardo!-

Sesshomaru posò lo sguardo sul quel lurido mezzodemone che era appena giunto, solo lui avrebbe potuto essere sempre così volgare.

Il dannato con la sua Tessaiga tranciò di netto il braccio del nemico, liberando sia lui che il moccioso umano.

Del secondo si prese cura il resto del gruppo di Inuyasha, appena lui toccò terra invece si ritrovò a fissare gli occhi scuri di Rin.

Sgranò appena lo sguardo, la ragazzina stava per piangere. Si fissarono pochi istanti, lei schiuse le labbra un paio di volte ma non disse una parola.

Probabilmente scoppierebbe a piangere, se dicesse qualcosa ora.

Non disse nulla neppure il demone maggiore, semplicemente annuì in silenzio vedendo la bambina sorridere appena.

Tutte le emozioni che Rin provava nei suoi confronti, il modo in cui si preoccupava sempre per lui lo lasciavano sempre pù stupito.

Il calore, il suo calore. Lo sento dentro.

-Chi diavolo sei?-

Sesshomaru puntò nuovamente lo sguardo verso il nemico, il quale sembrava troppo intento ad osservare la sacerdotessa cui si accompagnava Inuyasha. Gli bastò incrociare lo sguardo della ragazzina per un solo istante per farla cadere a terra, priva di sensi.

-Che le hai fatto? Allora? Che hai fatto a Kagome?-

La risata della creatura fece accaponare la pelle a tutti. -Vuoi davvero sapere chi sono, lurido mezzodemone cane? Ebbene, ti accontento, il mio nome è Magatsuhi.-

Poco importava chi fosse, quel Magatsuhi meritava solo una cosa: la morte.

E sarebbe stato lui, il grande Sesshomaru ad ucciderlo.

Lo esige il mio orgoglio.

-Prendete Kohaku e allontanatevi da qui, siete di troppo.-

Non guardò nessuno di loro, poco gli interessava delle loro vite. Voltò lo sguardo un solo istante, verso Rin, balzando poi verso il maledetto che aveva osato ferirlo e deriderlo.

Neancora sai, contro chi ti sei messo.

-Sesshomaru, i feriti gravi non combattono. Fatti da parte.-

Come osava quel lurido mezzodemone? Come osava sminuirlo così, dinnanzi al nemico? Giunti a quel punto, la vita del solo Magatsuhi non avrebbe placato la sua sete di sangue.

Jaken, al solito, non riuscì a tapparsi la bocca.-Come osi, Inuyasha? E di chi credi sia la colpa? Se il Nobile Sesshomaru non ti avesse ceduto Meido Zangetsuha, a quest'ora..-

-Taci, maledetto! Non me ne può fregar di meno.-

Sentì il cuore battere furiosamente, il sangue pompare con forza nelle sue vene e Sesshomaru, a quel punto, chiuse gli occhi lasciando che, una volta riaperti, fosse la creatura demoniaca ad avere il sopravvento.

Il suo sguardo si tinse di rosso, le iridi divennero azzurre mentre la bocca gli si riempiva di veleno e i denti si affilavano.

-Un ridicolo mezzodemone avrebbe pietà di me? Temo mi stiate entrambi sottovalutando.-

Alzò l'arto ferito e ustionato, bastò una lieve tensione dei muscoli per far sparire completamente le ferite e a quel gesto Magaztuhi rise ancor più forte. -A quanto pare, ti serve un'altra lezione. La sostanza però non cambia: sei debole.-

I suoi arti si allungarono nuovamente, Sesshomaru si mosse all'ultimo e con una velocità tale da lasciare a bocca aperta anche l'emanazione della sfera stessa.

Ah, adorava lasciare il nemico senza parole.

Adorava fossero riconosciute le sue capacità.

Infondo, Sesshomaru, era vanesio quanto consapevole della sua grandissima forza.

Poteva permettersi un simile atteggiamento, al contrario di quel montato scarto di vita che era il suo fratellastro.

Un paio di movimenti fulminei, poi una luce azzurra lo avvolse completamente e quando tocco nuovamente terra aveva assunto la sua più magnifica forma demoniaca ma, soprattutto, teneva tra le fauci la testa dell'avversario.

Fu Inuyasha ad avvisare gli umani di alzarsi in volo, quando dal corpo della parte malvagia della sfera cominciò a fuoriuscire miasma micidiale.

Gli alberi attorno a loro, i pochi sopravvissuti, appassirono all'istante e morirono mentre quel tremendo gas si faceva sempre più strada nelle terre del Principe Daiki.

-Continuate pure, distruggete il mio corpo. Ci rimetteranno solo quei miserabili umani e poi, io non sento dolore. Questo è solo un corpo in prestito. Fatene ciò che preferite.-

Dalla testa tra le fauci di Sesshomaru cominciarono ad apparire altri tentacoli, così come dal corpo decapitato ma se i secondi furono tranciati di netto da Inuyasha, i primi si avvolsero sempre più attorno alla possente figura del demone cane imprigionandolo in una morsa sempre più stretta.

-Sesshomaru, fai attenzione.-

Sentì in lontananza la voce di Rin, quella benedetta creatura sembrava non essere capace di trattenere la sua preoccupazione per lui, qualunque fosse il contesto. Non avrebbe mai ringraziato abbastanza il destino per quello.

Una volta completamente avvolto dalle protuberanze di quella dannata testa parlante, tornò alla sua forma umanoide uscendo dal groviglio sano e salvo.

-Per fortuna.-

Com'era possibile che la voce di Rin, nonostante la bimba avesse appena sussurrato, gli risultasse sempre così comprensibile e limpida?

Sentiva la rabbia scorrergli nelle vene con il sangue, la sentiva corrodergli ogni maledetto briciolo di ragionevolezza ed esausto dalle risa di scherno tornò all'attacco, gli artigli avvelenati come unica arma.

Finì imprigionato nuovamente nel giro di pochi fendenti, l'umiliazione a bruciare come sale su ferite fresche e profonde.

Fu il fendende di una spada sottile ma affilatissima, leggermente ricurva, a liberarlo dalla presa di Magatsuhi.

Che sorpresa.

Il demone maggiore, padrone della spada che aveva tranciato quei tentacoli, gli si fece immediatamente accanto.

Sesshomaru incrociò le sue iridi blu notte, ovviamente non ricambiò il leggero sorriso con cui l'altro lo salutò, ma rimase ad osservarlo per un bel po' di tempo.

Era cresciuto anche lui, notò velocemente: aveva le spalle più larghe, un'aurea demoniaca immensa, la mokomoko nera toccava terra per almeno un terzo della sua lunghezza ed era, se possibile, ancor più folta di quella del demone bianco.

Aveva lunghi capelli blu notte legati in una coda alta grazie ad un nastro di seta nero, indossava un kimono nero le cui maniche sfumavano fino al grigio, ma non aveva alcuna armatura su di sé, l'unica protezione era un semplice blocco metallico posto sul petto, a protezione del cuore, fissato grazie ad una catena anch'essa metallica che gli passata sotto il braccio e dietro il collo.

-Sesshomaru, a furia di attendere una tua visita pensavo sarei morto.-

-Tsk.-

Sei solo. E così è morta davvero.

Il demone maggiore, signore dei cani della luce, rise di cuore.

Magatzuhi guardò il nuovo arrivato con interesse. -E voi, chi maledizione siete?-

Se il demone cane appena giunto si era mostrato tanto premuroso nei confronti di Sesshomaru, questo non valse per nessun altro.

-Andatevene.-

L'altro rise. -Forse non avete capito con chi avete a che fare.-

Inuyasha, che ancora non capiva cosa c'entrasse quel tale con Sesshomaru, si fece avanti nello scontro e Tessaiga si colorò di nero. -Oh, non mi crederai così stupido, spero, mezzodemone.-

Si spaccò in mille e più frammenti, circondando tutta l'area con i pezzi del suo corpo e dei suoi tentacoli.

-Forza, colpiscimi se ci riesci. Vedere queste anime umane morire a causa del tuo Meido sarà quanto mai appagante. Su, Inuyasha, colpiscimi.-

Il mezzodemone ringhiò, Daiki intanto si voltò verso Sesshomaru, che se ne stava fermo immobile. -Che facciamo?-

Sesshomaru lo guardò per un solo istante. -Riuniamo i pezzi.-

Si librarono entrambi in aria, il demone bianco subito affiancò Ah-Un cominciando poi a colpire con gli artigli i vari frammenti. L'amico di una vita fece lo stesso.

Il bonzo si sorprese dell'azione dei due demoni maggiori, Sesshomaru rimase però stupito dalla naturalezza con cui Rin gli rispose.

-Il Signor Sesshomaru è sempre stato gentile e premuroso.-

Sembrava una frase a metà, quasi Rin si fosse fermata intenzionalmente per non rivelare altro.

Daiki, ovviamente, ridacchiò affiancandolo. Lo fulminò con uno sguardo e l'amico alzò le mani in segno di resa, senza dire nulla a riguardo.

-D'ora in avanti dovrete proteggervi da soli.-

Daiki sorrise. -Stai implicitamente dicendo che tocca a me proteggerli, amico?-

Ringhiò appena, poi con un paio di movimenti fulminei riuscì ad evitare i vari attacchi rivolti a lui e alla fine si ritrovò davanti a Magatsuhi.

-Sesshomaru, dannato, che cosa vuoi fare?-

Lurido mezzodemone, fossi degno di essere appellato come figlio di nostro padre, avresti sentito questo lieve sentore. È un odore particolare, leggermente diverso dal tanfo pestilenziale delle carni di Naraku. Questo, è il vero spirito di Magatsuhi.

Sfoderò Tenseiga e tagliò l'aria, colpendo esattamente il punto prestabilito.

Il nemico non fece in tempo a ridere nuovamente che davanti agli occhi di tutti apparve la vera forma dell'emanazione malvagio della sfera: un volto orribile, cieco ad un occhio e con delle zanne enormi.

-Maledetto, come hai osato?-

A protezione da Tenseiga arrivarono i vari frammenti del corpo in prestito che crearono una barriera sfortunatamente invalicabile per la spada del demone bianco.

-Queste carni non sono tagliabili con la tua arma, mi dispiace, poiché il loro padrone è di questo mondo. Sei debole.-

Parte dei tentacoli si allungarono e in pochi istanti tutti finirono imprigionati, Daiki incluso visto che aveva perso la spada nel tentativo di proteggere lo stolto ragazzino umano e sua sorella.

-Signor Sesshomaru!-

Si voltò stupito, quell'urlo strozzato gli congelò il sangue nelle vene. Erano tutti prigionieri, certo, ma a Rin il bastardo stava riservando un trattamento differente.

La stava stritolando, maledetto, e presto la ragazzina sarebbe morta.

Diede le spalle al nemico cercando di avvicinarsi il più possibile a lei.

Daiki e Inuyasha nel frattempo stavano ringhiando dalla frustazione, più si muovevano e più venivano avvolti da quei maledetti pezzi di carne. L'odore di lacrime della bambina non stava aiutando nessuno.

-Sei debole, adoro ripeterlo.-

Mancava poco perchè Sesshomaru fosse vicino a Rin tanto da poterla liberare, mancava davvero pochissimo e fu allora che Magatsuhi lo colpì.

Alle spalle, come i vigliacchi.

Sesshomaru fu trafitto al torace in due punti da due enormi protuberanze le quali, ovviamente, lo avvolsero bloccandogli pure l'uso del suo unico braccio.

Rin dopo aver urlato il suo nome era scoppiata a piangere a dirotto, terrorizzata di poterlo perdere, ed era riuscita a liberare un braccio e l'aveva allungato verso di lui.

La guardò stringere i denti mentre la presa sul suo fragile corpo aumentava tanto da renderle difficile perfino respirare.

-Che scena patetica, debole demone.-

Si alzò leggermente il vento, poi successe l'impensabile.












Note.

Piccolo esperimento che ho trovato nel computer e ho deciso di riprendere in mano.
Non ricordo l'ultima volta che ho pubblicato qualcosa, potrei essere un po' arrugginita come scrittrice. Spero possiate perdonarmi.
Daiki è il signore dei Cani dell'est, cani del giorno; Sesshomaru è quello dei cani dell'Ovest.

Non avrà molti capitoli questo "esperimento", forse mi ci vorrà non poco tempo per scrivere i prossimi ma voglio tornare a scrivere e questa storia è nella mia testa da moltissimo tempo.

Ovviamente le critiche e commenti sono gradissimi!

_Lady Cassiopeia_


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Capitolo 2
*** Dove passato e futuro s'incontrano. Presente. ***


Ningen, così limitati dalla loro mortalità da non riuscire a vedere oltre il proprio egoismo.

Qualunque fato sia destinato alla razza umana non mi riguarda e non deve riguardare neanche te, Rin.

Tu, infondo, sei l'anima perfetta in una dimensione sbagliata.

Donarti la vita senza tempo che meriti affinché tutti possano inchinarsi alla tua magnificenza, sarà il mio unico scopo nella vita.

-Sesshomaru-




Comparvero un numero indefinito di liane, spuntarono da terra come fosse la cosa più naturale del mondo e cominciarono a colpire a destra e manca liberando tutti dalla propria prigionia. Rin venne dolcemente accompagnata a terra da una di queste e Sesshomaru tirò un sospiro di sollievo sgranando poi gli occhi alla visione che gli si presentò dinnanzi.

C'era una donna che avanzava in mezzo al campo di battaglia: indossava vesti leggere, di terre lontane, di un tessuto quasi impalpabile e il suo volto era riparato dall'enorme cappuccio del mantello grigio, di traverso sulla schiena portava una spada demoniaca accuratamente fonderata.

Avrebbe potuto essere chiunque, davvero, eppure non l'avrebbe mai confusa con nessun'altra.

Questo profumo. Possibile che..

La donna alzò una mano in sua direzione, le liane pronte a liberarlo si fecero sempre più vicine ma a quel punto tutti i frammenti di Magatsuhi lo avvolsero.

Daiki e Inuyasha con un balzo furono sull'agglomerato di carne cercando in un qualche modo di liberare il demone bianco, ma i loro sforzi sembravano essere vani: più Inuyasha tagliava e più la carne ricresceva e il Principe Daiki non sembrava cavarsela meglio giacchè, ogni volta che tagliava un tentacolo, nonostante il potere della sua spada fosse quello di evitarne la ricrescita, questo si espandeva in laterale creando nuovi tentacoli.

-Dannato, non ti lascerò morire solo perchè mi hai ceduto il Meido. Maledetto!-Urlava senza sosta Inuyasha nella speranza che quella foga gli permettesse di salvare il fratello che avrebbe dovuto morire solo per sua personalissima mano.


Sesshomaru invece, non sentiva dolore alcuno. Non più.

C'era un lieve calore dentro di sé, lo sentiva partire dal petto e irradiarsi per tutto il corpo.

Era forza allo stato puro, primordiale e demoniaca.

La sua vera essenza.

Sesshomaru la sentiva pulsare violentemente in ogni angolo del suo corpo e si sentiva rinascere: non c'era più l'odio per un padre che non aveva mai appieno compreso e con esso erano spariti anche il desiderio di uccidere Inuyasha e la smania per Tessaiga.

Sono soddisfatto.

Di me, della mia grandezza. Di chi sono.

Sono il migliore, non devo più mostrare nulla a nessuno.

Non sarà una spada a rendermi il Principe che sono, ora lo so.

Sgranò gli occhi lui stesso, stupito di poter percepire nuovamente l'arto che aveva perso tempo addietro.

C'era un nome nella sua mente, la sua stessa essenza glielo stava urlando.

Bakusaiga.


Inuyasha sgranò gli occhi sorpreso mentre una luce comparve all'improvviso avvolgendo il cumulo di carni, estendendosi calda e letale fino a disintegrare parte di quell'ammasso informe.

-Signor Sesshomaru, meno male.-

Rin.

Sesshomaru comparve nuovamente, maestoso come solo lui poteva essere, mentre la luce verde che l'aveva cullato quando era stato imprigionato in quelle carni continuava a non abbandonare la parte sinistra del suo corpo.

Rimasero tutti stupiti e il sorriso vittorioso di Magatsuhi si spense irrimediabilmente. -E' ancora..-

Non riuscì a finire quella frase che Sesshomaru ghignò appena, poi con un leggero slancio spinse tutto quell'ammasso di energia verso il proprio nemico mentre questo cercava di attaccarlo nuovamente.

Totosai comparve all'improvviso, sempre identico all'ultima volta in cui l'aveva visto.

Ora capisco, questa è..

-Fai quello che vuoi, Sesshomaru, tanto questo corpo è in prestito. - La risata di Magatsuhi si spense con la stessa velocità con cui questi s'accorse di non potersi più rigenerare.

-Cosa? Come è possibile?-

I pezzi colpiti implosero portanto con sé, nella distruzione, anche quel poco che si era salvato.

Un ultimo colpo e di quel maledetto non rimase nulla.

Il suo spirito se l'è data a gambe già da un pezzo. Pagherà.

Sesshomaru tornò a terra, Rin e Jaken subito si fecero avanti ma se dalla ragazzina si aspettava un pianto senza sosta, rimase deliziosamente stupito quando invece ricevette semplicemente un sorriso orgoglioso.

Gli occhi lucidi dal pianto precedente la rendevano ancor più angelica. -Ora il tuo braccio sta bene?-

Annuì appena, inginocchiandosi poi dinnanzi a lei.

Sembrava stare bene nonostante i primi lividi stessero già cominciando a formarsi, scuri e dolorosi, sulla pelle della bambina. Ossa rotte non ve n'erano, il suo colorito era sano, il suo odore delizioso.

Non c'era alcuna ferita irrecuperabile. Nulla di grave.

Non fosse stato per..

A quel pensiero si voltò verso Daiki intento a baciare il dorso di una delle mani della donna.

Un colpo di vento più forte fece cadere il cappuccio dal volto della misteriosa creatura che aveva salvato tutti loro e Sesshomaru sgranò gli occhi.

-Vibeke.-

Lo sussurrò appena, Jaken al suo fianco fece un balzo.

-Ma come è possibile?-

Esiste un modo?

Questo cambiava tutto.

Inuyasha si voltò verso di lui, poi puntò lo sguardo verso la donna che era di una bellezza incomparabile.

Lunghi capelli ondulati di un biondo molto simile al bianco, pelle di porcellana, labbra carnose e due occhi di un verde brillante assolutamente impossibile per qualunque altro essere umano.

Il lungo abito a più strati bianco la faceva sembrava una vestale di quelle terre lontane che un tempo Sesshomaru aveva visitato con Daiki, il volto era lo stesso giovane e fresco di due secoli prima. L'unica nota di colore erano gli occhi: verdi come il suo potere.

Non si è reincarnata.

È lei.

Esiste un modo.

Lei sorrise appena.

-Sorpreso, Principe Sesshomaru, di vedermi ancora viva? Sono almeno duecento anni che non ho il piacere di incontrarvi.-

Il demone bianco non disse nulla tornando ad osservare il sorriso divertito del suo migliore amico.

Inuyasha sgranò gli occhi. -Sei un'umana, com'è possibile?-

Jaken guardò il mezzodemone con sdegno. -Porta rispetto, stai parlando alla Regina di queste terre.-

La donna sorrise appena. -Vi prego, seguiteci al nostro castello. Saremo lieti di potervi ospitare almeno per una notte. L'invito è valido anche per voi, fabbro.-

Tutti accettarono, Kagome cominciava a dare segni di essere prossima al risveglio e sicuramente un po' di cure non le avrebbero fatto male; Sesshomaru invece accettò solo per Rin.

La vedeva dolorante, gli effetti della stretta mortale avrebbero cominciato presto a farsi strada.

Meglio tenerla al caldo per una notte.

La bambina con una breve corsetta si avvicinò alla Regina e questa la guardò incuriosita. Si sorrisero.

-Vi ringrazio, Regina, per avermi salvata.-

La bionda sorrise e le carezzò una guancia. -Vieni piccola, un bel bagno caldo ti rigenererà. Mi chiamo Vibeke, tu invece?-

-Il mio nome è Rin, signora.-

-Cosa ne dici di darmi del tu, Rin? Infondo, c'è qualcosa che ci accomuna.-

Non disse altro, la moretta sembrò incuriosita da quelle parole ma non osò chiedere.

Sesshomaru invece capì fin troppo bene.

Donne: umane o demoni che siano, andrebbero uccise solo per la loro maledetta linguaccia.


-


Rin aveva sfruttato le piscine naturali presenti nel retro del palazzo per farsi un bel bagno caldo, la Regina in persona aveva aggiunto degli appositi sali all'acqua in modo che potesse trovare un maggiore beneficio dai suoi dolori.

Aveva avuto seriamente paura quel giorno, doveva ammetterlo: vedere Sesshomaru trafitto le aveva bloccato il battito del cuore, vederlo trafitto alle spalle solo perchè lui aveva cercato di liberarla l'aveva terrorizzata a morte ma l'aveva anche fatta sentire speciale.

Da quando sono tornata in vita, è cambiato tutto.

Si, il suo rapporto con il demone cane era decisamente cambiato: erano spariti molti dei formalismi che un tempo avevano bloccato la loro comunicazione e soprattutto Rin aveva cominciato a dargli del tu.

Era stato così naturale far sparire il “voi” dopo essersi svegliata nuovamente dalla morte e averlo trovato li, dinnanzi a lei, intendo ad accarezzarle una guancia , e il bel demone non ne pareva affatto dispiaciuto.

Gli parlava di più, rispetto ad un tempo, forse a volte lo infastidiva e non sempre otteneva risposta, ma Rin non si offendeva mai: Sesshomaru aveva viaggiato per secoli da solo, accompagnato dal petulante e fastidioso Jaken senza scordare, un po' gli dispiaceva, che Sesshomaru era stato cresciuto dalla Signora Madre.

Quella non è una mamma, non le importa nulla di Sesshomaru.

Forse erano fatte tutte così le mamme demone, si disse la piccola, forse era nella natura di quelle creature immortali non dare troppe attenzioni a chi o cosa le circondava.

Forse a furia di vivere per sempre si perdono i sentimenti. Ci si annoia.

Sospirò, si lavò con cura i capelli abbondando nell'uso dei prodotti che la Regina le aveva prestato.

I miei capelli non hanno mai avuto un profumo così buono.

Sorrise felice: Sesshomaru era diventato più forte, più potente addirittura di suo padre e Jaken le aveva raccontato che il Grande Generale Cane era uno dei demoni più temuti al mondo.

La sua spada è potentissima. Più bella di quella di Inuyasha.

Sono felice.

Abbandonò quasi con dispiacere la piscinetta, si asciugò in fretta e furia e indossò nuovamente il suo kimono.

Fece per uscire dalla stanzetta in cui aveva lasciato i suoi abiti quando la Regina in persona entrò.

A Rin venne naturale fare un leggero inchino e ringraziarla per la gentilezza, la ragazza in risposta le sorrise e le porse la mano.

-Tra poco sarà pronta la cena, ti piacciono le ciliegie Rin?-

Sorrise entusiasta. -Sono i miei frutti preferiti!-

-Allora andiamo, queste ti piaceranno di sicuro.-

La bimba prese la mano della donna e puntò i suoi occhioni sulla figura che le stava accanto.

Com'è bella!

-Il Signor Sesshomaru dov'è?-

Non era riuscita a trattenersi. La bionda le sorrise. -Lo stiamo raggiungendo. È in compagnia di mio marito. Quando iniziano a chiacchierare non smettono più, o almeno questo vale per Daiki. Infondo sono quasi due secoli che non si vedono, è naturale.-

Rin lo vide parlare con il Re di quelle terre, Sesshomaru non aveva grandi emozioni disegnate sul volto ma i suoi occhi, la bimba aveva imparato a leggerli, dicevano tutto.

Era felice. Era tranquillo.

Stava bene e soprattutto aveva un nuovo braccio.

Lei sorrise maggiormente.

Fecero un paio di gradini, poi gli occhi dei due demoni maggiori si posarono su di loro.

Erano strani a vederli insieme, sembravano due facce della stessa medaglia: uno scuro, nonostante fosse del clan dei cani della luce, l'altro bianco anche se apparteneva ai cani della notte.

Il Signor Sesshomaru e la Regina Vibeke si assomigliano molto.

Entrambi bianchi, entrambi composti e perfetti.

Non che il Re Daiki fosse meno bello di loro, anzi, ma a Rin quel demone blu sembrava quasi più umano della sua compagna.

Vibeke sembrava una statua, una di quelle creature troppo belle per essere vere, una delle creature mitologiche di cui aveva sentito raccontare quando ancora viveva in un villaggio umano.

La donna comunque non aveva lasciato la sua mano ma l'aveva portata con sé dinnanzi ad un albero enorme di ciliegio in fiore.

-E le ciliegie?-

Si morse immediatamente il labbro, pentendosi dell'impertinenza della domanda ma la Regina le sorrise.

Fu qualcosa di magico, di incredibile: Rin la osservò allungare una mano verso un ramo e posizionarla sotto un gruppo di fiori, il palmo verso l'alto quasi dovesse raccogliere qualcosa.

I fiori persero i petali e pian piano rosse ciliegie cominciarono a gonfiarsi fino a diventare enormi. Caddero da sole nella mano della loro signora.

-Come ci riuscite?-

Se davvero è la Regina umana di cui parlava Jaken, come può avere questi poteri? È impossibile!

Un pallido sorriso piegò appena le labbra della donna mentre distoglieva lo sguardo da quello della bambina.

Sembrava guardare qualcosa di lontano, qualcosa che solo lei poteva vedere.

-E' un dono innato, il mio. Sono nata e tuttii fiori del giardino del castello da cui provvengo sono sbocciati.-

Rin accettò volentieri i frutti che la donna le mise tra le mani e cominciò a mangiarne qualcuno.

Sono così succose!

-Il vostro papà era un re?-

Vibeke si avvicinò al marito, poggiando una mano sull'avambraccio del bel demone dai capelli color della notte.

-E' passato così tanto tempo, ormai, da quando ero una principessa di sangue. Nevvero?-

L'uomo le sorrise appena, una luce malinconica a riempirgli lo sguardo. -Non abbastanza, a quanto pare.-

Il sorriso della donna diventò nostalgico, quasi Rin avesse toccato un tasto dolente.

-Mi dispiace, Regina, non volevo addolorarvi. Scusatemi.-

Sesshomaru guardò Rin mentre gli occhi di quest'ultima cominciavano a riempirsi di lacrime, poi si voltò verso Daiki.

Fu il demone, signore di quelle terre, a prendere parola. -Ferma, ferma tesoro. Non c'è motivo per scusarsi, non succede nulla.-

Vikebe le carezzò il volto. -Nel modo più assoluto, Rin. Scusami. Ti va di ascoltare la mia storia?-

Aveva sempre odiato le lunghe storie, sapere i dettagli della vita degli altri le sembrava lavoro per gli impiccioni ma quella donna con il suo sguardo, la incuriosiva troppo.

Annuì appena e, assieme alla Regina, si accomodò sotto il porticato, sul pavimento, i piedi di entrambe a penzoloni.

Gli occhi dei due demoni e di Jaken fissi su di lei.

-Sono nata poco più di due secoli fa, in terre lontanissime da qui. Primogenita dei signori di un lontanissimo nord, terra inospitale quanto bella e sempre gelida. Una primogenita femmina, nelle mie terre, era considerato segno di disgrazia quindi, quando venni al mondo, mentre i fiori del castello sbocciavano nonostante ancora ci fosse la neve, mio padre sgozzò personalmente mia madre e indisse lutto per tre giorni. Non ho mai saputo come si chiamasse la donna che mi mise al mondo, ho scoperto troppo tardi come fossero andate le cose. Mi chiamo Vibeke, cioè battaglia, in onore della guerra che mio padre aveva vinto qualche giorno prima della mia nascita, il mio secondo nome invece è un monito: Ulykke, per ricordarmi sempre cosa rappresento per il casato. Disgrazia. Il nome del mio casato ormai non conta nulla, considerando che non ne è sopravvissuto neppure uno.-

Ha ucciso la sua famiglia?

Rin rabbrividì appena. La donna se ne accorse. -Forse sei ancora troppo piccina, perdonami.-

Fece per alzarsi, Rin si allungò fino a toccarle una mano. -La prego, continui.-

Gli occhi verdi si sgranarono appena. -Sei stata molto amata fin dalla nascita, vero piccina?-

La bimba annuì.

Pensavo che morire di fame fosse terribile, non ho mai capito il tesoro che avevo quando vedevo la mia famiglia sorridere.

Vibeke continuò. -Mio padre si risposò l'anno successivo, io ovviamente venni affidata ad una nutrice affinché quell'uomo non dovesse più preoccuparsi della mia esistenza. Avevo due anni quando nacque il mio fratellastro: ricordo ancora come quell'uomo che avrebbe dovuto amarmi, visto che ero sangue del suo sangue, avesse occhi solo per il suo giovane erede maschio. L'unico che avrebbe portato avanti la discendenza, l'unico che avrebbe preservato il potere nei confini della nostra famiglia: io sarei dovuta andare in sposa a qualcuno, la mia dote avrebbe dovuto essere consistente e venni sempre considerata un peso. Inutile.-

A Rin si strinse il cuore. -Ma il vostro potere..-

La bionda alzò gli occhi verso il cielo, sorridendo amaramente. -Da bambina sapevo solo far crescere e sbocciare fiori, Rin. E non ero neppure capace di controllare questo mio dono. Quale utilità avrei potuto avere?-

-Nessuno è rimasto stupito dal vostro potere? Nessuno?-

-La famiglia di mio padre, da sempre, è composta da domatori di fuoco.-

Rin sgranò gli occhi. -Oh.-

Tutto le sembrò più chiaro in quel momento e l'atteggiamento freddo di Vibeke le sembrò naturale proprio come quello di Sesshomaru.

-Capisci, ora? Cosa poteva farsene mio padre di una ragazzina come me quando il suo amato figlioletto avrebbe imparato a governare il fuoco?-

La bimba abbassò il capo. -Ma non è giusto.-

Non è giusto.

La regina sospirò e prese una mano della bambina tra le sue. -Nella vita sono pochissime le cose giuste, piccina. Il fato sembrò girare a mio favore quando, ormai in età quasi da marito, il mio potere cominciò ad aumentare sempre più, diventando più aggressivo ma soprattutto diventando mio davvero. A quattordici anni finalmente avevo imparato a gestire il mio dono e lo amai ancor di più; mentre l'amato erede si dimostrò incapace di far comparire anche solo una scintilla. Pensai fosse giunto anche il mio momento per essere amata da mio padre, pensavo che in un qualche modo la donna che si era sposato avrebbe potuto finalmente accettarmi come parte della famiglia; ma ciò non avvenne mai e mio fratello, Cuor di Leone come mio padre l'aveva soprannominato in previsione del grande re che sicuramente sarebbe diventato, cominciò a domare il fuoco. Non riusciva a fare grandi cose, sia chiaro, e le sue fiamme erano piuttosto tenui e di breve durata. Mio padre però non perse mai la speranza, mai. Ha veramente amato il suo erede e la sua seconda moglie, l'unico errore, a sua detta, ero io. Ulykke, non smise mai di chiamarmi così. Arrivò poi il mio quindicesimo compleanno e mio fratello, fragile e debole, cominciò a nutrire rancore per la naturalezza con cui io riuscivo ad usare il mio dono mentre lui per accendere semplicemente un fuoco quasi si prosciugava le energie. Entrò in camera mia una notte, la luna era rossa quasi a presagire la tragedia e cercò di soffocarmi urlando che infondo la colpa era solo mia, io ero Ulykke. Ero io a bloccare i suoi poteri, era la mia invidia. Fu la prima volta in cui riuscii ad usare i miei poteri per difendermi, la prima volta in cui comparvero delle liane e, sotto il mio assoluto controllo, quasi lo soffocai. Non mi cambiai neppure, pensai immediatamente a scappare lontano da tutto e da tutti, nel giro di pochi minuti mio padre avrebbe scoperto tutto e mi avrebbe condannata a morte. Fui sfortunata, mio padre era ancora nella sala del trono quando io vi arrivai terrorizzata e fradicia di sudore. Mio fratello in un qualche modo riuscì a liberarsi e ci trovò così, fermi uno dinnanzi l'altra. Disse che avevo cercato di ucciderlo, i segni delle mie liane sul collo parvero una conferma inconfutabile. Non so neppure io come sono riuscita a salvarmi dalle fiamme di mio padre, probabilmente il mio istinto di sopravvivenza era troppo forte per farmi perire carbonizzata. Sfondai il portone d'ingresso e corsi fuori. La regina in persona, maledetta per l'eternità, riuscì a colpirmi con due pugnali alle spalle. Non mi fermai, continuai a correre nonostante la vista stesse venendo meno e il sangue avesse ormai inzuppato completamente la mia camicia da notte.-

La Regina aveva il capo basso, gli occhi brillavano colmi di lacrime di rabbia. Rin sospirò cercando di ingoiare il magone che le stringeva la gola quasi da non farla più respirare.

Daiki continuò per lei. -Fu così che la trovai, ferita e zuppa di sangue. Stava ancora correndo e quando mi vide si bloccò, cercò di colpirmi facendo allungare il ramo di un albero ma crollò svenuta ancor prima che il legno avesse potuto sfiorarmi.- Il Re sorrise. -Eri già bella allora, mia cara. Lasciarti li, uccidere una creatura degna di essere definita dea, mi sembrava il peggiore dei reati. Quei due pugnali sulla schiena rafforzarono la mia tesi. Non meritavi nulla di tutto quell'odio. Vedessero quanto bella sei diventata, quanto sei magnifica ora, si maledirebbero per la loro stupidità.-

La Regina sorrise, Rin fece lo stesso.

Voglio anche io qualcuno che mi guardi come il Re guarda la Regina.

Volse lo sguardo verso il suo protettore trovando quelle due magnifiche iridi d'oro intente a fissarla con attenzione, come non ci fosse altro che lei.

Come lei fosse stata la più importante, come fosse una regina.

Gli sorrise appena.

Rimane sono una domanda: come è possibile che lei sia ancora viva?

-Com'è possibile Voi siate ancora in vita, Regina?-

I due sposi si sorrisero. -Giuro che un giorno te lo dirò, Rin. E comunque il mio nome è Vibeke.-

Voglio restare anche io accanto a Sesshomaru per sempre, se c'è un qualunque modo.

Due donne anziane si avvicinarono loro, inchinandosi rispettosamente dinnanzi i Reali. -Miei signori, la cena è pronta. Abbiamo già fatto accomodare gli altri ospiti nella sala da pranzo.-

Daiki annuì porgendo una mano a Vibeke e aiutandola ad alzarsi.

Rin attese Sesshomaru e si avviò a seguire i sovrani solo una volta che il demone bianco le si affiancò. Lui la guardò per un istante, sembrava volerla costantemente controllare quasi temesse che l'attacco di Magatsuhi avesse fatto più danni di quelli che si vedevano.

Gli sorrise.

-Ho una grandissima fame, Signor Sesshomaru.-

Il suo pancino brontolò in risposta, chissà perchè ma a Rin parve quasi che Sesshomaru fosse divertito.


-


Vibeke si era allontanata subito dopo la cena, scusandosi con tutti i presenti e dicendo che necessitava di prendere aria.

Daiki la conosceva fin troppo bene, conosceva il dolore negli occhi della sua donna e nonostante fossero passati fin troppi decenni, quella luce ancora non se n'era andata.

Sapeva quanto quel suo dolore ferisse il compagno, lo sapeva, ma non riusciva a cambiare le cose.

La lasciò uscire senza dire una sola parola, Vibeke si sentì ancor peggio.

So quanto ti faccio soffrire, mio Re.

Si chiuse la porta alle spalle, prese un bel respiro e senza dire nulla cominciò a correre.

Aveva bisogno di allontanarsi, di respirare.

Di stare sola.

Avere il castello pieno di risa, con due bambini e un mezzodemone ha fatto sanguinare nuovamente il mio cuore.

Corse a perdifiato attraverso i giardini curati del castello e si allontanò ancor di più fino a giungere vicino alle mura di cinta.

A quel punto i soldati si voltarono verso di lei, inchinandosi. -Mia Signora, non è conveniente che usciate dalle mura a questa ora della notte.-

Lei sorrise appena. -Non preoccupatevi.-

Alle sue spalle comparve improvvisamente Sesshomaru, lasciandola a bocca aperta.

Non era stato presente alla cena, aveva accompagnato Rin e si era dileguato. Daiki ridendo aveva insinuato che il Grande Demone Cane dell'Ovest dovesse riprogrammare il suo futuro.

Vibeke non sapeva mai fino a che punto suo marito fosse sincero quando sghignazzava in quel modo.

I soldati si chinarono nuovamente dinnanzi il Principe ereditario delle terre dell'Ovest.

Il demone non li degnò di particolare attenzione ma le fece un lieve cenno col capo, fu lei la prima ad avviarsi oltre il grande portone e il glaciale demone la seguì.

Lo attese, lasciò che la affiancasse e si voltò a guardarlo notando che lui la stava fissando già da qualche secondo, gli sorrise appena mentre quell'oro liquido che erano le iridi del demone la studiavano.

-Non dovresti essere qui.-

Chiunque, al suo posto, avrebbe interpretato quella frase in mille modi, ma non lei.

Infondo, parliamo la stessa lingua.

-Lo so perfettamente. Sono umana, ma non morirò. Non finché Daiki camminerà su questa terra.-

Se vuoi risposte dovrai abbassarti a chiedere e lo sai.

Sesshomaru assottigliò lo sguardo. -Come è possibile?-

Lei sorrise appena, si avvicinò ad un cumulo di legno e cenere. -Quella creatura ha decimato i miei ciliegi.-

Posò una mano delicatamente sopra il cumulo di detriti e una giovane piantina cominciò a farsi strada crescendo a vista d'occhio.

-Non ti sei reincarnata. Sei sempre tu.-

-Te l'ho detto, la morte non è contemplata finchè c'è lui. Avrei di gran lunga preferito la reincarnazione, almeno avrei potuto dimenticare.-

Avrei potuto essere la compagna che Daiki meritava, se mi fossi reincarnata. Avrei potuto non conoscere il dolore.

Il demone non disse altro, lei intanto fece spuntare qualche altra piantina sgranando all'improvviso gli occhi.

Possibile?

-E' per Rin, vero?-

Le iridi dorate del demone non si spostarono dai suoi occhi, rispondendo tacitamente che si, era tutto per Rin.

E Vibeke, con la sua presenza contro natura, alimentava quella speranza.

-L'ho vista subito, quella bambina. Ha un'anima nobile, pura. Come sei riuscito a trovarla?-

-É orfana.-

Essere orfana è un conto, seguirti è tutt'altro.

-L'ho riportata in vita con Tenseiga. Era stata azzannata a morte dai lupi.-

Non è che ha pure imparato a leggere nella mente, in questi secoli?

Lei sorrise e lo guardò. -E da allora non ti ha più lasciato, vero? Quella bambina è come il sole, splende di luce propria ed è calda. Prova per te qualcosa di immenso, è bello sentirsi amati per quello che si è.-

Sesshomaru al solito non mostrò alcuna emozione, lo sguardo era diventato meno freddo, più morbido quasi.

Rin ti ha preso, Sesshomaru.

Vibeke decise di sfidare la sorte. -Credevo gli umani ti facessero schifo.-

-Rin è Rin.-

-L'unica eccezione possibile.Diventerà una donna stupenda.-

Sesshomaru ringhiò appena, le diede le spalle e prese tra le mani un fiore da uno dei pochi alberi sopravvissuti. Lo stritolò tra le mani artigliate. -Sfiorirà presto, di lei non resterà che questo.-

Lei lo aveva affiancato e aveva puntato gli occhi verdi sul fiore sbriciolato che Sesshomaru ancora teneva sul palmo della sua nuova mano.

Sei il più caro amico di mio marito, ti aiuteremo io e Daiki affinchè tu possa essere felice. Te lo meriti, forse anche più di me.

Posò la mano su quella del demone bianco, il fiore tornò alla sua originaria bellezza.

-Io e Daiki possiamo aiutarti a tenerla con te per sempre, potrebbe restare un fiore per l'eternità.-

Lo stupore diventò visibile sul volto del Principe e Vibeke sorrise, dolcemente.

-Yuzuki, come ben saprai, era la signora del tempo: controllava che tutto andasse come era previsto, che non ci fossero interferenze. Ricordi la guerra contro i demoni gatto? Fu colpita al cuore e poco prima di spirare ci rivelò il segreto che mi ha permesso di non morire. Disse che aveva vissuto abbastanza, che era giunto il tempo per lei di riunirsi al suo amato e poi disse che mi amava come avrebbe amato la figlia femmina che mai aveva avuto. Rendevo felice Daiki, non potevo morire.-

Sesshomaru pendeva, letteralmente, dalle sue labbra.

-Vorrei poter seguire io Rin, quando sarà il momento. Il Rito iniziale non è semplice, i primi mesi saranno durissimi.-

Lui la guardò sprezzante. -Credi non sia capace di seguirla a dovere, ningen?-

Vibeke lo guardò torva, poi sospirò e si arrese. Davanti a sé non vi era Daiki, ma un testardissimo cane dell'Est che aveva deciso di non calpestare le terre vicine al palazzo dell'Ovest finché la loro regina umana fosse stata viva.

Non poteva sperare in un cambiamento troppo drastico.

-Tu sarai fondamentale, ma non è il momento di parlarne. Ora Rin deve crescere. Deve maturare ed essere sicura della sua scelta, dovrai farle vedere cosa esiste a questo mondo oltre a te. Quando finalmente sarà donna, tornate qui e vi aiuteremo ma, fino ad allora, non posso rivelarti nulla. C'è solo una condizione: resterete qui, a palazzo, con me e Daiki per i primi mesi. Non vorrai mica donarle l'eternità e poi perderla per scelte dettate dalla fretta, vero?-

Sesshomaru puntò gli occhi al cielo, Vibeke sapeva che quel silenzio in realtà era un assenso.

-Dovrà essere maturata, essere donna. Il suo odore cambierà, lo sentirai.-

Il vento soffiò all'improvviso, con dolcezza, muovendo appena i loro capelli che alla luce argentea della luna parevano identici.

-Ti sei presa quello che ti spettava, perchè continui?-

Di che sta parlando? Continuare con cosa?

Quando realizzò l'argomento, i suoi occhi verdi si sgranarono dallo stupore.

-Non cercare di capire, Sesshomaru. Infondo, sono solo una ningen.-

Kai.

Sorrise appena, poi gli diede le spalle tornando verso palazzo.

-Daiki.-

Bastò quel nome per fermare la sua fuga dal demone bianco: quanto dolore stava procurando a Daiki? Quanto poteva sopportare quel benedetto demone?

La creatura più bella io abbia mai incontrato.

-Daiki merita di meglio, io riesco solo a farlo soffrire, lo so.-

Aveva abbassato il capo, gli occhi colmi di lacrime. Non si era voltata verso di lui, non si sarebbe mai mostrata debole davanti a Sesshomaru. Mai.

-A reincarnarsi si perde sé stessi.-

Sesshomaru le aveva appena dato il colpo di grazia.

Daiki avrebbe pianto la mia morte, avrebbe amato una donna che avrebbe avuto la mia anima, ma non sarei mai più stata io. Io non avrei potuto amarlo, stargli accanto. Non sarei più stata consapevole di essere Vibeke. Non avrei ricordato neppure Kai.

Fu come ricevere uno schiaffo in faccia, l'effetto di quella rivelazione cambiò all'improvviso tutti i suoi punti di vista. Le sue certezze caddero all'improvviso.

Cadde in ginocchio.

Forse non mi avrebbe mai più amata come mi ama ora. Forse Daiki mi avrebbe lasciata andare non ritrovandomi più nella nuova persona che sarei stata.

Scoppiò a piangere a dirotto. Il demone bianco le si affiancò. -Infondo, sei solo una ningen.-

Lo sentì andarsene con calma, senza alcuna fretta. Divinità tra i mortali.

Non osò guardarlo, quell'ultima affermazione l'aveva ferita fin nel profondo, l'aveva fatta sentire uguale a quel padre che tanto odiava.

Che cosa sto facendo?


-


Daiki era felice.

Incredibilmente tale.

Se non considero i problemi con Vibeke.

Adorava poter avere nuovamente tra i piedi il suo migliore amico e soprattutto adorava come il fato fosse stato un gran bastardo con lui.

Non che lui ne sembri poi così dispiaciuto.

Rin era una creatura particolare, buona d'animo e soprattutto solare ed espansiva.

Era ancora una bambina, probabilmente non riusciva ancora a rendersi completamente conto del grande dono che le era stato fatto.

Non tanto perchè un giorno avrà per le mani il cuore di un demone invincibile, quanto per la bellezza di quel cuore apparentemente di ghiaccio.

Stavano seduti l'uno accanto all'altra, lui e Rin.

E così anche Sesshomaru ha trovato qualcosa da proteggere, una creatura assolutamente deliziosa.

-Forse sarebbe meglio per te riposare, non credi? Magatsuhi ci è andato pensante con te, dormire ti farà bene.-

La bimba gli sorrise apertamente, dondolando maggiormente le gambe sottili. -Se non Vi spiace, vorrei aspettare il Signor Sesshomaru. -

Ah, questa ragazzina ti ha fregato Sesshomaru.

-Per me non ci sono problemi. Speriamo torni presto.-

-L'importante è che torni. Credete sia con la Regina?-

Bella domanda.

-Non saprei risponderti, piccola. Vibeke sa comunque difendersi da sola, non corre alcun pericolo. Sesshomaru ancora meno.-

Rin sorrise rincuorata delle sue parole.

Era legatissima al demone bianco, chiunque l'avrebbe capito.

Chissà se anche Vibeke da piccola era così energica, così viva.

Chiuse gli occhi per un solo istante, non ce la vedeva Vibeke a sorridere così apertamente, a mostrare stupore per ogni cosa, anche la più insignificante.

Vibeke assomiglia più a..

Checchè ne dicesse, Vibeke somigliava fin troppo al suo migliore amico.

Gelida all'apparenza quanto nel cuore, aveva in realtà qualcosa dentro di magnifico e inimitabile, qualcosa che Daiki non avrebbe mai potuto smettere di ammirare, amare e proteggere.

-La Regina e il Signor Sesshomaru si assomigliano molto, vero?-

Lui sgranò gli occhi sorpreso voltandosi verso la bambina che gli stava accanto. La osservò arrossire appena, poi abbassare il capo imbarazzata ma sempre sorridente.

-Si, Sesshomaru e Vibeke si assomigliano fin troppo.-

Nessuno dei due ha lasciato andare il ricordo del padre. Nessuno dei due ha ancora scongelato completamente il proprio cuore. Entrambi valgono molto più di quello che mostrano.

Ricordava Sesshomaru da bambino, ricordava il gelo che l'aveva sempre caratterizzato e con un po' di impegno riuscì a sostituire la figura del suo amico con l'immagine della donna che amava.

-Dovremo portare pazienza, sai piccola Rin?-

Lei tornò a fissarlo dritto negli occhi. -Però ne varrà la pena.-

Annuì appena puntando gli occhi al cielo. La luna e le stelle erano di una bellezza mozzafiato.

Si, ne varrà la pena. Nel modo più assoluto.

-Ah! Signor Sesshomaru sei tornato!-

Guardò la bambina alzarsi in piedi di scatto, la stanchezza a cui aveva fatto resistenza fino ad allora era completamente sparita.

Lui annuì.

-Buona notte, Signor Daiki.-

-Buona notte a te, piccola Rin.-

Sesshomaru lo guardò negli occhi, Daiki ebbe come l'impressione che in un qualche modo lui stesse cercando di tranquillizzarlo.

Possibile abbia parlato davvero con Vibeke? Possibile?

Aveva accompagnato Vibeke a cena e poi, certo che Sesshomaru non si sarebbe mai mescolato ai mortali e soprattutto a quel mezzodemone del suo fratellastro, gli aveva fatto cenno di seguirlo.

Avevano parlato a lungo dei suoi problemi di coppia, anzi, lui aveva parlato.

Sesshomaru non aveva detto nulla, ma non aveva mai distolto l'attenzione da lui.

Sapere che le cose non sono cambiate tra di noi, che ancora mi reputi tuo fratello, mi tranquillizza.

Non riusciva a vedere l'amico come un consulente per coppie in crisi, ma era l'unico a cui avrebbe raccontato tutto.

Gli ho parlato anche di Kai. Era giusto sapesse, nonostante siano passati almeno una decina d'anni.

Il dolore di sua moglie, infondo, era tornato da quando Kai era morto.

Potessi riportare in vita la famiglia di Vibeke per poi sterminarla nuovamente, lo farei anche mille e più volte.

Sesshomaru posò dolcemente una carezza tra i capelli di Rin e l'accompagnò personalmente verso la sua camera dove Jaken già dormiva da un pezzo.

Sapeva che l'amico non si sarebbe mosso di lì, Daiki sapeva che avrebbe vegliato su Rin per tutta la notte senza mai distrarsi.

Come io ho fatto con Vibeke.

Non si stupì neppure quando, prima di sparire dalla sua visuale, Sesshomaru posò la parte finale della sua mokomoko sulle spalle della bambina che aveva appena tremato di freddo.

-A quanto pare per ogni Vibeke c'è un Daiki.-

Per ogni cuore di ghiaccio c'era un raggio di vita caldo, pronto a scioglierlo.

Daiki si voltò all'improvviso verso sua moglie.

Aveva i capelli in disordine, il kimono sporco di terra, gli occhi rossi dal pianto e le guance fradicie di lacrime.

Per la prima volta, in due secoli di vita assieme, gli parve l'umana che avrebbe dovuto essere.

-Cos..-

Non riuscì a terminare la domanda che si ritrovò stretto dalle braccia di sua moglie, il volto della donna nascosto nel suo petto e le spalle, così magre, intente a tremare nervosamente a causa del pianto che lei ancora non aveva smesso.

Sembri la ragazzina che non ti sei mai permessa di essere, Vibeke.

-Perdonami se puoi, amore mio. Sono stata un mostro, il peggiore dei demoni. Io, sono solo una ningen. Sono egoista. Sono una creatura orribile.-

Daiki sospirò appena e strinse la sua donna a sé. -Non dire sciocchezze.-

-E' la verità, ho rovinato tutto. Ti ho reso infelice.-

-Mai, questo mai.-

La donna s'irrigidì. -Non dire sciocchezze. Da quando Kai è morto, io ho pensato solo a me stessa. Mi sono fatta rovinare la vita da persone che sono morte da decenni, da persone che ho ucciso con le mie

stesse mani.-

Daiki sorrise appena poi prese il volto della sua Regina tra le mani e con i pollici le asciugò le lacrime.

-Guardami.-

Mai, mai Vibeke aveva abbassato lo sguardo dinnanzi a qualcuno.

Non l'aveva mai abbassato neppure dinnanzi a mia madre.

Eppure, in quel momento, la bionda sfuggiva al suo sguardo guardandosi i piedi.

-Sei umana e ti amo per questo. Kai ha riportato a galla vecchi dolori che avevamo seppellito assieme, ed è giusto così. Non sei egoista, sei umana e hai un cuore carico di emozioni che non puoi rifiutare, ti amo anche per questo. Amo il tuo aspetto di ghiaccio e il tuo cuore di fuoco, amo ogni singola parte di te, altrimenti non saresti Vibeke Ulykke Wedel-Saacht e la mia vita non avrebbe senso.-

Le baciò delicatamente le labbra, poi le prese le mani e la condusse verso il piccolo bosco al limitare dei giardinetti del palazzo. Aprì il cancello incantato con il semplice tocco della mano e la condusse per i vialetti superando le tombe dei suoi avi, anche quelle dei suoi genitori.

Ora siamo qui solo per Kai, renderemo omaggio ai miei genitori in un altro momento.

Vibeke aveva fatto nascere dei gigli bianchissimi ad adornare e circondare la pietra in cui vi era inciso il nome di quel bimbo di cui non erano neppure riusciti a vedere il colore dei capelli.

Era nostro figlio, anche se non abbiamo neppure potuto vederlo.

Già, loro figlio.

Sembravano passati secoli da quando la maledizione inflitta a Vibeke da quel bastardo di suo fratello si era adempiuta e da allora tutto era cambiato.

Tutto è diventato grigio.


-Ti maledisco Vibeke Ulykke del casato dei Wedel-Saacht. Non vedrai il volto di tuo figlio, non sentirai neppure il suo primo vagito. Ricorderai i dolori del parto e fino alla fine dei tuoi giorni vivrai con la consapevolezza che quel fagotto di vita morirà tra le fiamme a causa del tuo sangue. A causa di questo sangue che condividiamo, sorellina.-


Aveva temuto di perderla, di entrare nelle loro stanze e di trovarla agonizzante. Aveva temuto si sarebbe suicidata.

Ricordava l'angoscia, la paura.

Non ho potuto fare nulla né per te piccolo, né tantomeno per tua madre. Perdonami se puoi.

-Mi vedesse ora, si vergognerebbe di avere sangue umano nelle vene.-

Lui la guardò carezzandole il volto, poi le sorrise e la strinse a sé.

-Questo mai, mia amata. Capisco il tuo dolore, è lo stesso che provo io.-

Lei abbassò il capo, sconfitta. -Non ti sono stata accanto come avrei dovuto.-

-Neppure io sono riuscito ad aiutarti. Ma è giunto il momento di lasciarlo andare, Vibeke. Sono sicuro che ovunque sia, mia madre e mio padre siano con lui. Sono sicuro che sia felice, probabilmente vorrebbe solo che sua madre tornasse a sorridere.-

La regina del suo cuore puntò le sue iridi verdi su di lui e sorrise appena stringendoglisi maggiormente contro.

Si lasciò baciare teneramente ma rimase stupito quando lei gli prese la mano e quasi correndo lo portò lontano da quel luogo di eterna pace.

-Andiamo, mio Re. Voglio amarti come avrei dovuto sempre fare.-

Daiki sorrise e baciò Vibeke con passione, fregandosene di cosa avrebbe potuto dire chi li avesse visti.

Lei ridacchiò mentre lui, dopo averla presa tra le sue braccia, raggiunse le loro stanze in un paio di balzi.

Grazie, amico mio.




Note!

Buonasera a tutti (o forse buonanotte?).

Sono tornata, spero la storia possa essere più chiara.

Qualche piccola precisazione: la scena del primo capitolo (continuata nella prima parte di questo capitolo) è quella in cui Sesshomaru ottiene una spada che sia finalmente sua.

Ho scritto il capitolo guardando l'episodio, quindi se nella descrizione trovate punti confusionari o poco chiari avvisatemi e cercerò di rimediare!

È un capitolo bello lungo e i punti di vista sono diversi, spero siano chiari.

La frase di introduzione è un pensiero, qualcosa che probabilmente il “mio” Sesshomaru pensa ma non ammetterebbe mai in modo così spudorato.

Nel capitolo precedente era stato apprezzato il modo in cui avevo descritto Sesshomaru, spero possa esserlo anche questa volta nonostante si sia trovato a svolgere un compito non proprio “compatibile” con la sua personalità.

Vibeke è occidentale, Ulykke significa incidente ma da qualche parte avevo letto che poteva avere significato di disgrazia. Sono passati anni da quando avevo iniziato questa storia, se la traduzione è errata perdonatemi ma ormai nella mia testa Vibeke ha come secondo nome Ulykke e cambiarglielo sarebbe come perdere una parte di lei.

Quando racconta la sua storia, Vibeke dice che l'età da marito è quattordici anni: ebbene si, questa era la realtà medievale. Non prendetevela.


Le frasi in corsivo (questa volta ho pure usato un carattere diverso) sono i pensieri del personaggio principale dello spezzone.

Le parti che trovate leggermente spostate verso il centro, invece, sono sempre ricordi del passato.

Infine grazie.

Grazie a chi ha letto (e mi ha fatto venire il batticuore nel veder crescere il numero di visite) ma soprattutto grazie a Aiden94 e Royai17 che oltre al batticuore mi hanno fatta sorridere come una scema per giorni.

Grazie.

_Lady Cassiopeia_


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Capitolo 3
*** Di vendetta, fratellanza e rapimenti. L'inizio della fine. ***


La mia più grande forza e la più distruttiva tra le mie debolezze porta un nome preciso, breve e ningen: Rin.

Ti proteggerò sempre, anche a costo di dover sacrificare tutte le mie spade.

Perchè ricorda: non c'è nulla per me che abbia lo stesso valore della tua vita.

-Sesshomaru-




Daiki si svegliò all'improvviso, un'odore famigliare a riempire l'aria.

Era un'odore leggero, portato al suo castello grazie alla fresca brezza primaverile e sicuramente il proprietario della traccia era ben al di là dei confini delle sue terre.

Eppure..

questo odore non dovrebbe esserci.

Sarebbe dovuto andare a controllare nonostante i suoi confini fossero al sicuro, probabilmente alla fine di quella traccia odorosa avrebbe trovato Sesshomaru e dargli una mano sarebbe stato piacevole.

I suoi piani vennero cancellati immediatamente dal corpo di sua moglie che, ancora immersa in un sonno profondo, gli si strinse maggiormente addosso.

Daiki sorrise apertamente abbracciando l'umana così deliziosamente calda, e viva, e nuda.

Notti del genere non si scordano.

La notte precedente valeva un'intera vita.

Era un po' come se si fosse innamorato nuovamente, come se dopo un lungo viaggio fosse tornato a casa.

Quella notte, dopo aver perso la retta via negli ultimi decenni, era finalmente tornato a casa.

E mai casa era stata più accogliente, e calda, e amorosa.

Fondersi in un unico essere era sempre stato qualcosa di straordinario, di sconvolgente e la differenza nella loro natura aveva sempre reso tutto migliore.

Lei era così fragile, così morbida, così calda e accogliente dove lui era un ammasso di muscoli, immortalità e gelo.

Affondare in Vibeke significava abbandonare sé stessi e tutti i propri credo per lasciarsi rimodellare da lei e da qualunque suo desiderio.

Perdersi in lei, nel suo corpo, significava abbandonare la propria oggettiva superiorità e piegarsi alla sua imperfetta e orrenda umanità.

Ningen, così imperfettamente stupendi.

Adorava gli umani, o meglio il loro spirito.

Destinati a morire lavoravano senza sosta per poter vivere un po' di più, un po' meglio.

Sapevano essere egoisti e violenti quando delicati e generosi.

Accoglievano al proprio focolare gli orfani altrui ma sapevano uccidere senza alcun rimorso.

Erano un controsenso, eppure per qualche strano motivo Daiki li trovava affascinanti.

Bene e male per sempre fusi in un corpo destinato a decomporsi.

Infondo amava Vibeke proprio per questa sua brutale dualità.

A volte la sua volontà è inarrestabile, altre cade preda degli impulsi perdendo qualunque facoltà di pensiero.

La sentì stringersi ancor più a lui, poi il suo respirò cambiò e le iridi verdi si puntarono dolcemente su di lui.

-Buongiorno, mio re.-

Lui sorrise e le baciò teneramente la fronte. -Buongiorno a te, mia regina. Dormito bene?-

Vibeke sorrise e annuì, poggiando il capo sul petto del marito.

-Erano decenni che non dormivo così.-

Lui ridacchiò. -Non che tu abbia dormito poi così tanto, amore. Stava sorgendo l'alba quando abbiamo deciso di riposare.-

Lei arrossì violentemente, Daiki sentì i battiti del cuore aumentare.

Ti amo.

Daiki storse appena il naso, l'odore stava diventando più forte.

Sembra un richiamo.

Vibeke lo guardò. -C'è qualcosa che ti turba. Che succede?-

Lui sospirò e abbandonò a malincuore il futon e soprattutto il calore e l'odore di sesso che ancora impregnava le coperte, cominciando a vestirsi.

-C'è una traccia olfattiva nell'aria, non la puoi percepire. Ma non dovrei essere capace di percepirla neppure io, a meno che Magatsuhi non abbia deciso di scegliere la via del suicidio.-

-Sesshomaru e suo fratello sono ancora qui?-

Daiki scosse il capo negativamente. -No, sono partiti all'alba. Sesshomaru è andato con il fabbro a farsi costruire un fodero per Bakusaiga, Inuyasha e gli altri sono partiti poco dopo. Ho preferito salutarli da solo e lasciarti dormire, spero non sia un problema.-

La donna sorrise delicatamente commossa. -Ti ringrazio. Vuoi che ti aspetti per la colazione?-

Lui ridacchiò. -Lo sai che per noi demoni non è fondamentale mangiare, fai colazione e non ti allontanare troppo. Magatsuhi è ben lontano da qui, ma evita di esporti a rischi inutili, te ne prego.-

Vibeke annuì, si alzò dal futon a sua volta e gli si avvicinò, ancora nuda, baciandolo delicatamente.

Forse i demoni avrebbero dovuto avere maggiore autocontrollo, lui stesso che era un Demone Maggiore avrebbe probabilmente dovuto essere inattaccabile sotto il lato istintivo, ma in quel preciso istante avrebbe voluto rispogliarsi e non fare altro che stare tra le braccia di Vibeke.

-Faccio colazione da sola, ma non metterci troppo. Non abbiamo ancora finito.-

Daiki le passò una vestaglia, giusto per togliersi di torno i pensieri osceni che gli oscuravano le facoltà mentali.

-Non preoccuparti, mia amata.-

Legò in vita la cintura con la spada e fece per uscire.

-Fai attenzione Daiki, potrebbe essere una trappola.-

Lui annuì, uscì dalla stanza e dopo aver dato indicazioni alle sue guardie, prese il volo.


-


Erano in un villaggio ningen, l'odore pestilenziale del loro cibo fermentato gli faceva rivoltare le interiora.

Probabilmente il vecchio Totosai aveva scelto quel luogo per infastidirlo.

Infondo questo orrido luogo non ha nulla di cui il vecchio non potesse disporre al castello di Daiki.


Avevano parlato a lungo, lui e Daiki, la sera precedente così come quella stessa mattina.

-Puzzi di ningen.-

Daiki aveva guardato il sole sorgere e aveva sorriso sornione. -Tra un paio di decenni potrò dire lo stesso di te.-

Sesshomaru l'aveva fulminato con lo sguardo, l'amico di sempre aveva sorriso maggiormente.

Nessun altro avrebbe potuto permettersi tanto, lo sapevano entrambi.


Aveva fatto pace con sé stesso, con suo padre e pure con Daiki.

Non provo più rancore.

Volse lo sguardo verso la piccola capanna dove stavano radunati Rin, Jaken e la compagnia di Inuyasha e, in cuor suo, ammise di poter finalmente capire il suo migliore amico.

Sarebbe quasi arrivato a confessare di non trovare poi tanto stupida la compagna del Sovrano delle Terre dell'Est se non fosse arrivato alle sue narici un odore fin troppo famigliare.

L'odore di chi merita di morire.

Magatsuhi.

Era un tanfo insistente, arrivava ad ondate e ormai aveva catturato tutta la sua attenzione.

Se proprio insisti a farti trovare, non vedo perchè non dovrei darti il colpo di grazia.

Totosai all'improvviso smise di lavorare e gli porse Bakusaiga foderata, la trama dell'impugnatura perfettamente riprodotta sul fodero.

Aveva fatto un ottimo lavoro, ma di certo non glielo avrebbe detto.

Ora, finalmente, poteva partire.

Rin, neanche avesse chissà quali poteri spirituali, uscì di corsa dalla capanna dove aveva sperato di poterla lasciare senza doverle dare spiegazioni.

Non ho tempo da perdere.

-Aspetta, Signor Sesshomaru! Kohaku non si è ancora risvegliato, dobbiamo restare qui per un po'.-

Sesshomaru indurì lo sguardo, aveva di cuore sperato di non doverla salutare.

-Kohaku resterà qui. E Rin, questo vale anche per te.-

Non ti metterò in pericolo. Mai più.

La traccia di Magatsuhi fu improvvisamente coperta dall'odore delle lacrime della bambina, chiedersi se ciò fosse dovuto dall'effettiva concentrazione di paura in quelle gocce salate o se fosse piuttosto l'attenzione del demone a virare su di lei sempre e indipendemente dalla situazione, sarebbe stato inutile. E umiliante.

-Ma perchè Signor Sesshomaru?-

Lo sapevano entrambi che lui non le avrebbe risposto, non le avrebbe mai spiegato il perchè delle sue azioni.

Infatti Rin riprese poco dopo.

-No e poi no! Voglio venire anch'io!-

Se mai la bambina avesse voluto aggiungere altro, Jaken la interruppe. -Ehi Rin, smettila di essere egoista! Lo sai che Padron Sesshomaru vive per combattere, perchè mai dovrebbe continuare a portarsi dietro due bambini umani?-

Sesshomaru chiuse gli occhi un solo istante, mentre l'odore delle lacrime che la sua protetta stava trattenendo diventava più concentrato, quasi più amaro.

Aveva forse paura di essere abbandonata anche da lui? Credeva davvero che lui avrebbe potuto farle questo?

-Jaken, resterai qui anche tu con lei.-

Se il demone verde cominciò a protestare lui neanche ci fece caso, deliziato dal modo in cui la paure di Rin svanirono con la stessa velocità con cui l'odore delle sua lacrime s'indebolì, lasciando solo un lieve retrogusto salato.

Sei intelligente, hai capito.

-Aspetta un attimo Sesshomaru. Stai andando a cercare Magatsuhi?-

Il demone maggiore si voltò verso Inuyasha e annuì appena.

Non provo più nulla verso di lui, non mi interessa più nulla. Non è degno di nostro padre, ma non m'interessa.

-Esatto, attualmente è lui la mia preda.-

Nessuno mi chiama debole e scampa alla mia vendetta.

Spiccò il volo, senza sentire le parole del mezzodemone.

Gli parve di sentire la voce di Rin.

-Torna presto Signor Sesshomaru. Per favore.-


Suo padre aveva una vita indegna del suo status.

Aveva una compagna ningen e, cosa ben peggiore, la suddetta compagna era pure gravida.

Mancava ancora qualche mese al parto e alla dipartita del più grande tra i Generali Cane.

Sesshomaru aveva più volte cercato di riportarlo sulla retta via, gli aveva chiesto di ripensarci e abbandonare la ningen che al massimo sarebbe vissuta altri trent'anni e di impegnarsi di più nella gestione del loro regno.

-Sesshomaru, per cosa vivi?-

Lui aveva ringhiato disgustato, perchè doveva finire sempre in discorsi filosofici?

Col senno di poi si chiese se suo padre sapesse che il suo tempo stava per finire.

-Noi siamo portati alla grandezza, padre. Nasciamo per questo, abbiamo l'eternità e una forza smisurata per percorrere questa via.-

Suo padre, il Gran Generale Inu No Taisho, aveva riso con scherno. -La via della grandezza può essere percorsa in mille modi. Ma vivere solo per la grandezza, per la smania di essere invincibili significa vivere una vita vuota. Noi demoni non siamo destinati a morire e non sappiamo apprezzare l'esistenza che ci è stata donata. Ma una vita per la grandezza è una vita vuota.-

Sesshomaru aveva ringhiato. -La nostra stessa esistenza è un segno magnifico. Siamo nati forti e immortali per governare sul mondo.-

-Dimmi Sesshomaru, per chi vuoi percorrere la via della grandezza? Per chi vuoi diventare un Demone maggiore?-

-Io sono già un Demone Maggiore.-

Il più antico sospirò. -No, l'essere figlio di Demoni Maggiori non ti rende a tua volta uno di noi. Hai tutte le potenzialità per diventarlo, ma devi staccarti da questa smania. Abbandona la sete di sangue, combatti per i giusti motivi e abbandona tutto quello che è futile. Trova qualcuno, proteggilo e amalo. Diventa un Demone Maggiore per lui. Per quel qualcuno.-

-Voi sragionate, padre.-

Sarebbero poi seguite altre discussioni, nuove lezioni impartite e poi sarebbe anche arrivata la fine per il Grande Generale Cane, sovrano dei Demoni Cani dell'Ovest per duemila anni.

E poi sarebbe arrivata Rin e la voce di suo padre sarebbe tornata ogni sera nei suoi pensieri a ripetergli che ora, con quella purissima anima umana, tutto avrebbe avuto un senso.


Il suo volo, durato quasi una giornata intera, venne interrotto dalla presenza di uno degli scagnozzi di Naraku.

-Byakuya dell'illusione.-

-Sesshomaru, hai nuovamente un braccio sinistro. Pensavo ti fosse stato mozzato. Sei arrivato fin qui seguendo l'odore di Magatsuhi?-

Sei fortunato che la mia preda sia un'altra, lurida emanazione.

Il sole stava tramontando lentamente e il cielo probabilmente aveva colori che avrebbero fatto urlare di felicità Rin se non fosse stato quasi completamente coperto da nuvole nere come la notte.

-Hai un olfatto sopraffino, principe Sesshomaru.-

Alzò appena un sopracciglio, seccato. -Vattene, non sono qui per chiacchierare con te.-

Byakuya ridacchiò. -Ah, è un peccato tu sia sempre così indisponente. E non sei solo, a quanto pare.-

Sesshomaru voltò lo sguardo verso il nuovo arrivato e sgranò appena gli occhi.

Fratellanza.

Daiki lo affiancò velocemente.

-Quest'odore di malvagità è arrivato fino al mio castello. L'odore di marciume invece è dato da questo qui?-

Sesshomaru annuì. -Esatto. Odora di Naraku.-


-Quindi siete tutti sulle tracce di Naraku?-

Sesshomaru la sera prima aveva annuito in direzione del suo migliore amico.

-E precisamente cosa vuole questo mezzodemone?-

-La grandezza. La sfera dei quattro spiriti.-

Daiki aveva ridacchiato. -Allora è destinato a perire. Per quanto abbia sentito le compagne dei miei guerrieri raccontare dei poteri della sfera, cercare la grandezza in questo modo comporta il fallimento.-

Aveva immediatamente ricordato le parole di suo padre ed aveva anche compreso perchè Daiki fosse un Demone Maggiore da ben più tempo di lui.


Poi comparve Magatsuhi.

Il suo odore era fortissimo, le fauci spalancate e un occhio cieco grazie al colpo precedentemente subito a causa del demone bianco.

Mise la mano sull'impugnatura dell'antica zanna di suo padre, la sfoderò e partì all'attacco.

Daiki non sarebbe intervenuto, non avrebbe avuto i mezzi necessari.

E l'unica spada che forse avrebbe potuto ferire qualunque demone, con un corpo o meno, era l'antica zanna di Yuzuki che pareva aver accettato Vibeke come effettiva padrona.

A prescindere, il solo fatto che l'amico fosse venuto e che nonostante il tanto tempo trascorso lontani continuasse a considerarlo degno di fatica, lo faceva sentire un demone migliore.

-Tenseiga!-

Fu come colpire qualcosa di imbottito, il volto di Magatsuhi si aprì e con la stessa velocità si richiuse senza danno alcuno.

Non fa effetto?

Ripartì all'attacco, ancora e ancora.

Il risultato non cambiava.

Magatsuhi tornava integro ad ogni suo colpo.

Non ha senso, l'odore è quello di Magatsuhi ma Tenseiga non ha effetto.

Daiki gli si avvicinò. -Sesshomaru, è possibile che sia un tranello? Il Magatsuhi che abbiamo incontrato noi non ha mai smesso di parlare, questo si lascia semplicemente colpire da te.-

Un tranello.. un'illusione!

S'arrabbiò con sé stesso, si materializzò improvvisamente dinnanzi Byakuya e con un colpo d'artigli disintegrò l'urna tra le mani dell'emanazione. Un orrido pezzo di carne cadde a terra.

-Per quanto pensavi di potermi prendere in giro?-

Il demone dell'illusione sorrise. -Speravo di trattenerti ancora un po', a voler essere sinceri. Sai, le anime che non riescono ad abbandonare il corpo rimangono intrise di odore. Quel pezzo di corpo, Sesshomaru, odorava abbastanza da attirare te e il tuo caro amico. Peccato, abbiate capito entrambi troppo tardi il tranello. Poco importa, i giochi non sono ancora finiti e voi dovrete restare con me ancora per un po'.-

Sesshomaru ghignò. -Non sai con chi hai a che fare, altrimenti sapresti che non basta un pugno di demoni per fermarmi. Figurarci per fermare entrambi.-

Byakuya ridacchiò. -Ne avevo radunati più del dovuto per sicurezza. Fortunatamente dovrebbero bastare a intrattenere entrambi.-

Sesshomaru incrociò lo sguardo dorato con quello blu notte di Daiki.

Bakusaiga e Hakai erano già pronte.

La prima distrusse tutto quello che incontrò e allargò i danni a ciò che entrava in contatto con le parti danneggiate, la seconda polverizzò gli avversari bloccando qualunque possibilità di rigenerazione.

Bastò un fendente a testa per uccidere ogni avversario.

Byakuya sgranò gli occhi, ma ebbe la decenza di sparire.

L'odore dell'avversario, di quello vero, veniva da una zona fin troppo vicina al villaggio che aveva abbandonato quella mattina stessa.

Rin!

Possibile che pur cercando di tenerla al sicuro, lei finisse sempre per essere in pericolo?

Sono davvero un buon compagno di vita?

Daiki gli diede un leggero colpo con la spalla e gli fece cenno col capo di non perdere tempo.

Rin. Non posso perdere tempo.

Si avviarono entrambi alla ricerca del vero Magatsuhi.


-


Jaken sospirò, Rin colpita da Magatsuhi (che si era rifugiato in Kohaku) era caduta in un sonno terribile. Non smetteva di dimenarsi, ma non emetteva suono acuto.

È come se fosse regredita e tornata muta. Padron Sesshomaru mi ucciderà.


Rin sentiva freddo, e aveva paura.

Sentiva le ginocchia sbucciate bruciare, aveva dolore ad un paio di costole e soprattutto non riusciva a tenere un occhio aperto.

Faceva freddo, era sola.

Riuscì a specchiarsi sulla riva di un fiume e notò che l'occhio destro, quello che faticava a tenere aperto, era nero e gonfio.

Era stata picchiata?

Erano stati gli uomini del villaggio?

Era sola?

Ricordò che i suoi genitori erano morti qualche mese prima a causa dei banditi.

Era sola?

Si, lo era davvero.

Guardò il suo vecchio kimono consunto, era sporco di sangue. Avrebbe dovuto lavarlo e avrebbe dovuto lavarsi.

Non riusciva a parlare, non sapeva neanche più come si faceva.

Aveva mai parlato da quando era morta la sua famiglia?

Cosa avrebbe fatto ora?

Non aveva più nessuno, il villaggio la odiava e la picchiava.

Aveva sempre vissuto così?

Valeva la pena vivere così?

Il fiume sembrava chiamarla.

Perchè continuare a soffrire in questi modi? Perchè non chiudere gli occhi per sempre?

Quel fiume le era famigliare, quando lo aveva visto? Quale particolare episodio della sua vita?

Se morissi, si scorderebbero tutti di me?

E la risposta arrivò con la voce del demone che pareva aver votato la sua intera immortalità a salvarle la vita.

La sentì forte e chiara nella sua mente.

Non dire sciocchezze.

Aprì gli occhi e sorrise, si allontanò dal fiume e tornò a guardare il suo kimono: quello rosa, vecchio e consumato era scomparso, ed era tornata ad indossare quello a quadri arancioni.

Il primo regalo di Sesshomaru.

Sesshomaru, il demone per cui lei viveva.

L'unico che avrebbe voluto seguire per l'eternità.

Sesshomaru.

Lo trovo disteso sotto ad un albero, non riusciva a vederlo bene in volto ma l'avrebbe riconosciuto ovunque.

I brutti pensieri erano scomparsi, il dolore anche.

Si accoccolò in posizione fetale e sentì la candida mokomoko cingerla e tenerla al caldo.

Chiuse gli occhi e si addormentò con lui.

Ora posso dormire tranquilla.

Ora sono al sicuro.


Jaken vide Rin smettere di agitarsi nel sonno in cui era crollata dopo il colpo ricevuto da Magatsuhi e sospirò di sollievo.

Non si era ancora svegliata, ma almeno era tranquilla.

A tutto il resto avrebbe pensato Padron Sesshomaru.


-


Eccolo qui, il vero Magatsuhi. Codardo.

Inuyasha e la sua compagnia poco potevano fare nei confronti di quell'orrenda creatura.

Sguainò immediatamente Tenseiga e lo colpì alle spalle, interrumpendo la sua oscena risata.

-Sesshomaru!-

Adorava il panico che animava la voce della sua preda, il suo orgoglio ferito bruciava un po' meno ora.

Sono così debole per te che hai fatto di tutto per tenermi lontano. Codardo.

Era stato fortunato, anche Naraku sembrava essere presente.

Eliminare oggi entrambi sarebbe magnifico.

Sfoderò anche Bakusaiga e colpì i tentacoli dell'avversario disintegrandoli all'istante, alle sue spalle sentì Daiki sfoderare a sua volta Hakai.

Penserà lui a Naraku, se necessario.

La sua vista si era concentrata sulla sua preda, nulla avrebbe potuto distrarlo dal suo intento.

Sentiva il suo veleno demoniaco impregnargli rabbiosamente la bocca ma allo stesso tempo, assolutamente consapevole di aver la vittoria in pugno, la sua mente era fredda e calcolatrice.

Questa volta non scapperai.

-Ormai per te è finita, Magatsuhi. Hai usato Byakuya come diversivo per tenermi lontano. Temi fino a questo punto la mia Tenseiga?-

Sapevi di non avere scampo se ti fossi scontrato con me, nevvero?

L'avversariò ghignò. -Nessuna lama mi ha danneggiato finora. Perchè ora dovrei aver paura?-

Toccò a Sesshomaru ghignare. -Nessuna lama ti ha ucciso perchè io l'ho voluto.-

Provò nuovamente la fuga, invano.

Un colpo con Tenseiga e il volto mostruoso di Magatsuhi scomparse, disintegrato.

Tuttavia, la sua essenza..

Non aveva più forma, ma la sua voce fu forte e chiara. -Non è ancora finita, miei cari. Io sono immortale. Questa che voi chiamate vittoria, in realtà, è l'inizio della vostra disgraziata fine.-

La sterminatrice di demoni gli si avvicinò, informandolo del peggiore scenario possibile.

Rin è stata colpita dal veleno di quel bastardo.

È nuovamente in pericolo.

Ed è nuovamente colpa mia.

Erano pensieri che gli riempivano costantemente la testa, si sentiva in colpa perchè nonostante facesse l'impossibile per non metterla in pericolo, il solo fatto di accompagnarlo nelle sue avventure la rendeva una preda allettante.

Sapeva che avrebbe dovuto reinserirla nel mondo degli umani di cui tanto era terrorizzata affinchè potesse crescere a tutto tondo, scegliendo poi da sé la via da percorrere.

E lo avrebbe fatto, finita tutta la storia con Naraku l'avrebbe lasciata alle cure della vecchia sacerdotessa, affinchè diventasse donna.

Imparerà a leggere e scrivere, saprà riconoscere le erbe necessarie per curarsi. E, se mai sceglierà di tornare a seguirmi, sarà Vibeke a curare la sua istruzione al ruolo di regina.

Avrebbe dovuto separarsene e nonostante fosse la cosa giusta da fare, un po' gli si stringeva il cuore.

Dovessi essere egoista, la terrei con me. L'osserverei crescere e ridere, cantare, la obbligherei a diventare immortale per poi farle fare quel che vuole, purchè non mi abbandoni per sempre.

Ma Rin non meritava questo, quella bambina gli aveva donato così tanto che meritava solo il lato migliore di Sesshomaru.

Sarà lei a decidere. Senza fretta o ricatti.

La felicità di Rin sarebbe sempre venuta prima di tutto, anche della salvezza del mondo.

Spiccò il volo verso il villaggio, Daiki lo affiancò immediatamente.

-Non dovresti ficcarti in cose che non ti riguardano.-

L'amicò sorrise. -Stai cercando di proteggermi?-

-Tsk.-

Il Sovrano delle Terre dell'Est addolcì il sorriso. -Voglio solo aiutarti. Una spada in più a proteggere Rin non farà male.-

Non disse nulla, ma probabilmente lui non era ancora giunto al punto di poter effettivamente ricambiare la gentilezza.

Io per te non l'avrei fatto.


-


Vibeke si sentiva agitata, non sapeva neanche lei perchè.

Daiki ha combattuto orde di demoni e non è solo.

Forse ad essere in pericolo non era Daiki, magari sarebbe potuto succedere qualcosa a Rin o agli accompagnatori umani di Inuyasha.

Dovrei andare a controllare.

Suo marito l'avrebbe rimproverata, ma lei non riusciva a starsene con le mani in mano ad attendere speranzosa il ritorno del suo re.

Scorre nel mio sangue, l'amore per la guerra. Scorre in tutti i Wedel-Saach.

Indossò il mantello grigio dal largo cappuccio, prese una sacca e lo riempì con qualunque erba o unguento curativo avesse nelle sue stanze.

Indossò la spada di Yuzuki di traverso sulla schiena e finalmente fu pronta.

Scese nella sala del trono e subito tutte le guardie s'inchinarono dinnanzi a lei.

Vibeke sorrise appena, sempre commossa dalla facilità con cui il clan del marito l'aveva accolta.

Mi hanno vista sul campo di battaglia, quando i demoni gatto hanno attentato al trono. Sanno cosa so fare.

Subito Inukari le si avvicinò. -Vibeke, permettetemi di aiutarvi.-

Era cugino di Daiki per via materna, senza alcuna pretesa al trono ma con un grande senso di fedeltà e famiglia. Era il generale delle truppe reali, l'unico che mai avrebbe messo il proprio egoismo al di sopra del cugino. L'unico al quale avrebbero potuto consegnare la propria vita sapendo che non l'avrebbero mai persa.

Lei annuì. -Devo raggiungere Daiki. Lascio a te il comando. Se accade qualcosa, manda subito qualcuno ad avvisare.-

-Come desiderate. Tuttavia Daiki preferirebbe che voi rimaneste al palazzo.-

-So cosa preferirebbe mio marito, ma preferisco accertarmi che lui stia bene.-

-Vuole che raduni una piccola scorta?-

No, queste sono questioni personali e di amicizia. Il regno deve restarne fuori. Far combattere i soldati di queste terre per una cosa simile sarebbe inaccettabile.

-Ti ringrazio, ma preferisco viaggiare sola. Attirerò meno l'attenzione.-

-Viaggerete con il vostro cavallo alato?-

Annuì.

Poco dopo stava già volando nella direzione presa dal marito quella stessa mattina, l'olfatto del suo cavallo demoniaco l'avrebbe sicuramente portata da Daiki.

Era un animale stupendo, con il manto e le ali dorati e le zampe candide.

Era più alto e possente di un normale cavallo e aveva deliziose iridi azzurre, Vibeke l'aveva trovato accanto al cadavere della madre che era un cucciolo e da allora lo aveva cresciuto.

Era un animale libero, Vibeke non aveva mai voluto privarlo di una simile bellezza e lui le si era legato maggiormente.

Pascolava libero tra le Terre dell'Est, sempre attento a rimanere sotto la protezione dei sovrani quanto pronto ad accompagnare Vibeke ovunque.


Stava passeggiando tra gli enormi giardini che circondavano il Regno dell'Est, incantata da quanto potesse essere bello risentire il calore del sole sulla pelle dopo aver rischiato di morire per colpa della sua stessa famiglia.

Sarebbe tornata e avrebbe avuto la sua vendetta, li avrebbe uccisi tutti, lo sapeva.

Era solo questione di tempo.

Masticava un po' di giapponese, non troppo, ma abbastanza da riuscire a spiegare se aveva qualche dolore e chiacchierare del tempo con Daiki, il suo salvatore.

Era un demone, un immortale.

Nelle terre da cui provveniva lei, Daiki sarebbe stato attaccato fino alla morte.

Gli esseri umani in occidente erano più crudeli, o forse semplicemente Daiki era troppo pacifico.

Adorava quelle terre, le mille foreste variegate, i mille corsi d'acqua, i piccoli laghetti.

C'era pace, in quei luoghi.

Lo stesso non si poteva dire della sua anima, ma ora doveva pensare a recuperare le forze e guarire del tutto.

Una delle ferite da pugnale infertagli sulla schiena dalla sua matrigna era guarita, l'altra invece continuava ad infettarsi e riaprirsi.

Era ormai giunta al limitare del Regno del suo protettore, quando sentì un lamento.

Era atroce sentire un simile pianto, Vibeke molto lentamente cominciò a camminare nella direzione da cui i lamenti giungevano; avrebbe potuto incontrare qualunque tipo di bestia feroce, ma non le interessò: non poteva di certo voltare le spalle ad un essere vivente.

E lo vide.

Piccolo, dorato, piangente e stretto al fianco del cadavere della madre.

Quel piccolo puledro era stato fortunato.

Controllò se vi fosse anche solo un barlume di speranza per la madre, ma non potè far altro che raccogliere tra le braccia il piccolo e allontanarsi.

Era pesante il cucciolo, la sua ferita si riaprì nuovamente e quando arrivò al castello le sue vesti erano nuovamente zuppe di sangue.

Fu la Regina Madre, Yuzuki, ad avvicinarsi e a notare l'animale tra le sue braccia.

-Dovrai farti curare nuovamente, rischi di morire e sembri non voler far nulla per riprenderti. Siete estremamente impegnativi, voi umani.-

Vibeke aveva sorriso appena. -Vorrei tenerlo.-

-Dovresti allora dargli un nome.-

Aveva indicato la collana che la Signora Madre portava al collo.

-Che colore è?-

-Kin.-

Kin, oro.

Non si erano più lasciati.


Arrivarono che era notte fonda al villaggio e Vibeke posò i piedi a terra nell'esatto istante in cui anche suo marito e Sesshomaru giunsero.

-Ti avevo detto di non metterti in pericolo, Vibeke.-

Lei sorrise, carezzando Kin e accompagnandolo a bere un po' d'acqua.

-E io ti avevo detto di non metterci troppo.-

Daiki sospirò e le si avvicinò. -Kin ti è troppo fedele, probabilmente ti accompagnerebbe anche agli inferi se fosse necessario.-

-Se tu eviti di finirci agli inferi, ti giuro che non avrò motivi validi per andarci.-

-Sei dannatamente testarda, mia regina.-

Lei ridacchiò, Daiki non era poi tanto arrabbiato.

In caso mi farò perdonare.

C'era calma, troppo silenzio.

Sesshomaru sembrava cercare qualcosa. Forse qualcuno.

Rin?

-Starà probabilmente dormendo. Noi umani ne necessitiamo.-

Sesshomaru annuì appena in sua direzione, poi arrivò Jaken accompagnato da un'anziana sacerdotessa e un cucciolo di demone volpe.

-Signor Sesshomaru, Signor Daiki, Nobile Vibeke! Rin è scomparsa, Magatsuhi l'ha presa con sé.-

Sesshomaru poco lontano sospirò appena. -Sapevo che era sopravvissuto.-

La sacerdotessa sospirò a sua volta. -Ha usato il corpo di Miroku per nascondersi.-

Non disse altro Sesshomaru, semplicemente prese il volo.

Daiki la strinse a sé e le baciò la fronte. -Se ti chiedessi di tornare al palazzo, cosa faresti?-

Lei ridacchiò appena. -Ti seguirei di nascosto, mio re.-

Si sorrisero.

-Allora andiamo, aiutiamolo.- Le propose Daiki.

Kin era già al suo fianco, affiancarono Sesshomaru in pochi istanti.

Perchè prendere Rin? Cosa ci può guadagnare?

-Non capisco, perchè prendere Rin? È solo una bambina.-

Il demone bianco la guardò appena. -In questo modo Naraku ha sigillato entrambe le mie spade.-

Finché Rin non sarà al sicuro, tu non userai le tue armi. La tua nuova spada sarebbe pericolosa per Naraku, abbinata a quella di Daiki sarebbe la fine.

-Verremo con te, Sesshomaru.-

Resisti Rin, stiamo arrivando.








Note:

Buongiorno a tutti!

Come state?

Piccole specificazioni:

Quella di Rin è un'illusione creata da Magatsuhi per tenere la mente della bambina in “coma”. Rin rivive il periodo al villaggio, il luogo le sembra famigliare perchè è quello in cui ha incontrato Sesshomaru ferito per la prima volta.

Sono i sentimenti di Rin a creare l'immagine di Sesshomaru su cui lei si accoccola; inconsciamente sa di non potersi liberare dal sonno di Magatsuhi, quindi si crea un piccolo angolo di “paradiso”.

Il tutto prende vita nel Final Act, episodi 18/19/20 circa.

Hakai: distruzione. Nome della spada di Daiki. Mi ha aiutata il traduttore, non conosco il giapponese.

Sesshomaru non ama Rin nel senso romantico del termine (almeno non finché Rin è una bambina, sia chiaro), è amore spirituale, platonico. L'assoluta consapevolezza che le loro anime siano destinate ad appartenersi al di là dello sviluppo romantico o fisico della storia. È amore nel senso più puro.

Spero vi possa piacere anche questo capitolo e, se così non fosse, sentitevi liberi di farmi crescere come scrittrice con critiche costruittive.

Ringrazio chi ha commentato, messo tra le preferite e seguite la storia o semplicemente ha deciso di passare per una letta. Grazie di cuore, davvero.


PS: chiedo scusa per i problemi del formato. So che ci sono stati problemi di visualizzazione, chiedo umilmente scusa! Abbiate pazienza, io sono un'impedita assurda ma giuro che sto cercando di sistemare.

Grazie di cuore a chi mi ha segnalato la cosa!


_L. Cassiopeia_

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Capitolo 4
*** Dentro il corpo di Naraku - Parte prima ***


Essere amata da un demone è qualcosa di unico, di raro.

La loro vita è costruita sulla loro immortalità, i loro stessi sentimenti lo sono.

Credevo, dalle parole di mio padre, che gli esseri immortali fossero semplicemente creature volute da Satana per far cadere in tentazione noi poveri cristiani.

Credevo fossero vuoti involucri di malvagità.

Avrei dovuto saperlo già allora, che nessuna mia convizione sarebbe stata eterna, ma lo avrei scoperto più tardi.

Sono diversi da noi ningen, questi demoni, questi Yokai, e proprio questa diversità dovrebbe renderli sacri e preziosi ai nostri occhi di ningen.

I loro sentimenti sono stupendi, forti come fiumi in piena e inarrestabili come la primavera che mi scorre nel sangue.

Hanno secoli di vita alle spalle, sanno gestire i propri moti interiori con maestria, ma questo non li rende insensibili.

Un demone quando ama, lo fa per sempre.

E ama con la stessa irruenta passione del primo istante.

Non sono mai stata destinata ad amare un umano, ora lo so, eppure se anche me ne fosse data la possibilità pregherei il Dio in cui non ho mai smesso di credere, affinchè mi permetta di restare qui, tra le braccia dell'unica creatura che mai potrò amare.

-Vibeke-



Erano in volo da diverso tempo, la luna era enorme ed aveva assunto una sfumatura sanguigna che sembrava promettere solo tragedie.

In lontananza il cielo si stava già rischiarando, sulla linea d'orizzonte, ma la luna rimaneva comunque spaventosa.

C'è qualcosa di strano.

Inizialmente aveva avuto qualche brivido, ma Vibeke li aveva collegati semplicemente al calo delle temperature, tant'è che Daiki l'aveva affiancata in volo e l'aveva avvolta nella sua mokomoko.

Eppure la coda del suo sposo non aveva portato alcun giovamento.

Non è freddo.

Possibile sia.. sofferenza?

Era qualcosa che partiva da dentro, dal suo sangue.

Dipendeva forse dalla sua natura?

Sospirò e si strinse maggiormente nella pelliccia.

Aveva sempre più freddo.

Poi, d'un tratto, il respiro le si mozzò in gola mentre i brividi si tramutarono in spasmi di dolore.

La natura sta soffrendo.

Siamo quindi vicini a Naraku.

Non era la prima volta che ne soffriva, accadeva ogni volta.

Era successo già con Magatsuhi quando questi aveva distrutto i suoi ciliegi, ma questa volta il dolore era estremamente duro da sopportare.

Sesshomaru guardò verso di lei e poi puntò lo sguardo verso Daiki che intanto le si era avvicinato e le massaggiava la schiena con carezze circolari.

-Sicura di voler continuare? Potresti tornare a casa.-

Lei scosse il capo verso il demone blu e sorrise. -Non è la prima volta che capita, lo sai. Io e la natura siamo connesse e se soffre lei, soffro anch'io. Probabilmente siamo vicini a Naraku, il suo veleno starà facendo morire la terra. Passerà.-

Poco lontano da loro una montagna esplose e un'enorme nube di malvagità cominciò a fuoriuscire attirando presso di sé centinaia di demoni minori dalle forme più disparate.

-Quella nube oscura è..-

Vibeke venne interotta da Sesshomaru. -Quello è Naraku. Sta sfruttando la Sfera dei quattro spiriti. Maledetto mezzodemone.-

E Rin è li in mezzo?

Vibeke sperava di cuore che la bimba stesse bene, tuttavia l'odore acre che impregnava l'aria le faceva temere il peggio.

Io non posso più morire, ma Rin..

Scesero a terra nella speranza di lasciar formare del tutto la nube e capire se Naraku fosse effettivamente presente lì in mezzo, possibilmente con un corpo da poter fare a pezzi.

La natura, ovviamente, era stata la prima a soffrire di quell'ondata di malvagità uscita dal monte: c'erano uccellini morti, coniglietti ridotti ad ossa, alberi appassiti e nidi colmi di uova senza più nessuno che le avrebbe scaldate.

Morte e desolazione, le uniche cose che il lato ascuro delle anime umane sa produrre.

Vibeke si attivò subito nel cercare di dare un po' di vita a quel luogo inospitale, s'inginocchiò e pianse qualche lacrima per tutte quelle creature che non avrebbe potuto rianimare e sfiorando il terreno e i trochi morti, li fece rigermogliare.

Chissà perchè a noi è concessa più di una possibilità, mentre le anime degli animali finiscono direttamente in paradiso. Neanche Tenseiga potrebbe riportarli in vita.

Quando finì la sua opera, Kin stava brucando l'erba accanto a Daiki e Sesshomaru se ne stava immobile a fissare quella dannata massa di malvagità.

L'ammasso di oscurità cominciò a stabilizzarsi e l'aurea demoniaca che ne uscì e che oscurò completamente il sole appena sorto, non lasciò dubbi ai suoi accompagnatori.

-Finalmente.-

Vibeke, sentendo l'affermazione di Sesshomaru puntò lo sguardo al cielo e vide che vi era un'immensa sagoma nel mezzo.

Per la prima volta il demone bianco guardò sia lei che Daiki e fece segno di seguirlo.

Per la prima volta ci considera parte di una compagnia, suoi pari.

Daiki si assicurò che Kin fosse ben idratato, poi le si avvicinò e l'aiutò a montare in groppa al suo cavallo demoniaco.

-Fai attenzione, te ne prego. Non so cosa potrà accadere, ma nel caso in cui finissimo separati usa la spada di mia madre. Il miasma emesso da Naraku non ti farà nulla, le nostre vite sono collegate. Nonostante questo, te ne prego, usa quella spada.-

Vibeke l'aveva usata solo per sterminare le armate che la sua famiglia le aveva mandato contro, i Wedel-Saach li aveva uccisi personalmente con le sue mani, ma poi non l'aveva più usata.

Quella spada portava distruzione, era capace di colpire chiunque indipendentemente dal mondo da cui proveniva e lei, visto il suo potere , odiava dover uccidere.

Ma ora siamo in guerra, Daiki deve sapere che sarò capace di difendermi. Non può distrarsi e rischiare la vita perchè deve proteggermi.

-Il mio potere non funzionerà, vero?-

Daiki le aveva baciato il dorso di una mano. -No.-

Gli carezzò dolcemente il volto, poi annuì. -Va bene, userò la spada di tua madre. Tu fai attenzione e se anche finissimo separati, pretendo che tu torni da me finito tutto.-

Lui ridacchiò e le baciò nuovamente la mano, questa volta sul palmo.

La leggera traccia di saliva che vi lasciò, la fece arrossire.

Ieri mattina eravano nudi a letto, ora invece stiamo per affrontare il male.

-Kin non lasciarla sola un attimo.-

Il cavallo annuì, spiegò le ali e si alzò in volo raggiungendo Sesshomaru. Daiki comparve immediatamente al loro fianco.

La sagoma che Vibeke non era riuscita ad identificare era nient'altro che un enorme ragno.

Comparvero un paio di demoni insettoforme, ma Sesshomaru le si parò dinnanzi e con un colpo di Bakusaiga spazzò via le loro esistenze.

Non fosse stato per Yuzuki, avrei fatto la stessa fine di quei mostri. Polverizzata. Morta.


-Mio figlio ti ama.-

Vibeke si era voltata verso la proprietaria della voce, si era leggermente inchinata come le era stato insegnato nelle terre da cui provveniva, poi annuì.

Yuzuki, la Regina Madre, le girava attorno con sempre maggiore attenzione. Vibeke aveva l'impressione che la stesse studiando, ancora non aveva capito se la considerasse una preda, una scocciatura o semplicemente qualcosa di assurdo.

-E io amo lui, se vi può tranquillizzare.-

Aveva grandi occhi blu scurissimo: ad un umano sarebbero parsi neri, si mostravano nella loro reale colorazione solo sotto alla luce intensa del sole di mezzogiorno o della luna piena.

-Dovrebbe tranquillizzarmi?-

Vibeke aveva imparato ad apprezzarne la profondità di pensiero, nonostante si sentisse sempre inferiore.

-Non saprei, forse non c'è nulla di rassicurante nei miei sentimenti considerando la differenza nelle nostre nature. Cosa debba pensare una madre mi è sconosciuto, dato che non ne ho mai avuta una.-

La demone sorrise appena e le carezzò delicatamente una guancia.

-Ammettere così chiaramente i propri limiti è segno di grande intelligenza. I ningen che ho conosciuto prima di te, non ne sono mai stati capaci. Alcuni perchè ancora incapaci di parlare, altri perchè troppo pieni di sé.-

-Sono lieta che abbiate questa considerazione di me.-

La Regina sorrise. -E sono lieta che i sentimenti di mio figlio siano ricambiati, noi demoni amiamo per l'eternità. Poco importa se chi scegliamo come compagno viva con noi in eterno o marcisca nel giro di qualche decennio.-

Nevicava fittamente, presto tutte le terre del Giappone avrebbero assunto il colore dell'innocenza.

-Quindi lui continuerà ad amarmi anche quando sarò morta?-

Yuzuki sorrise e annuì, gli occhi brillavano di un dolore che fecero vergognare Vibeke per la sua insensibilità: il Grande Sovrano Akihito era morto da pochissimi giorni, il castello intero era ancora in lutto.

-Mi spiace, non ho pensato prima di parlare. Chiedo venia.-

-Questo è il destino per noi immortali. Tuttavia conservo nel mio cuore ricordi così felici da riuscire a mitigare la sofferenza.-

Vibeke la guardò, chiedendosi quanti anni avesse.

Aveva un'aura potentissima e nonostante dimostrasse neanche una decina d'anni più di lei, l'occidentale era certa di avere davanti a sé una delle creature più antiche esistenti.

-Quanti anni avete?-

-Anni? Usi una misura troppo umana, giovane Vibeke. Sono nata quando ancora gli uomini non conoscevano parola ed erano completamente in balia della natura; incapaci quasi di camminare eretti e di coltivare un terreno. Al contrario di mio marito, io sono una dea, lo sai.-

Vibeke annuì.

La madre di Daiki era la Signora del Tempo, protettrice dell'ordine naturale delle cose. Il suo compito era controllare che tutto andasse come doveva. Conosceva il presente ed il passato, al momento opportuno le veniva reso noto anche il futuro.

Più volte aveva chiesto come funzionasse la visione dell'avvenire, la dea le aveva semplicemente risposto che era il futuro stesso a decidere quando palesarsi. Lei era un mezzo, una servitrice del tempo.

Vibeke aveva avuto poi modo di conoscerla meglio.

Erano pochissime le divinità che avevano mantenuto la propria forma corporea, la maggior parte aveva preferito abbandonarla e tornare a fondersi all'energia che avevano servito quando gli umani s'erano inventati nuove divinità. Lei era rimasta solo per la sua famiglia.

Non aveva avuto una madre e un padre, era nata da un giorno all'altro.

L'amore l'aveva imparato nel preciso istante in cui aveva messo gli occhi su Akihito, Principe ereditario dell'Est: la passione, il piacere, la voglia di condividere qualunque attimo di vita con qualcuno erano arrivati solo con lui.

-Sai, la famiglia di Akihito era contrario all'unione.-

-Cosa? Ma Voi siete una dea! Il prestigio che avete portato alla casata doveva essere immenso.-

La creatura più antica rise, di cuore. -Erano tempi diversi, allora. Si praticava l'incesto. Si puntava alla purezza della casata, della razza. Mia cognata si era innamorata di un principe, Demone Maggiore del Clan dei Cani dell'Ovest, lo ricordo come fosse ieri. Si amavano davvero. Non avrebbe dovuto esserci nulla di scandaloso, non credi? Eppure i due sovrani decisero di uccidere rispettivamente i propri figli. Akihito potè sposarmi, Inu No Taisho fu immediatamente obbligato a sposare una Demone del suo Clan in modo che i festeggiamenti oscurassero il dolore del clan stesso per la perdita del figlio minore del Re. Nessuno seppe mai che erano stati i sovrani stessi a macchiarsi di un simile reato, Akihito e Inu No Taisho strinsero un'alleanza in modo tale che nulla del genere potesse succedere nuovamente. -

-Per questo Daiki e Sesshomaru sono cresciuti assieme?-

La dea annuì. -Si, fortunatamente sono coetanei. Si sono piaciuti immediatamente. Faranno entrambi grandissime cose.-

Vibeke non seppe più cosa dire, sapeva che Daiki era nato per essere un re, tuttavia non sapeva cosa ne sarebbe stato di lei.

-Tutto questo per dirti, Vibeke, che nonostante mio suocero probabilmente sarebbe inorridito, io e Akihito abbiamo avuto la possibilità di parlare del futuro del casato. La purezza di sangue ha causato molte morti e ha portato all'estinzione di moltissimi clan millenari. Amiamo entrambi Daiki tanto da volerlo felice, indipendemente dalla natura di chi gli sta accanto. Hai la mia approvazione.-

Vibeke l'aveva abbracciata, la fitta di dolore alla schiena fu atuttito dalla felicità del momento.

-Ho solo una richiesta: sposatevi entro tre giorni. Io e te abbiamo un lungo percorso da fare.-

Stava ancora singhiozzando tra le sue braccia quando aveva annuito accettando la sua richiesta.

Non si era posta alcuna domanda relativamente all'ultima affermazione.

Successivamente, inginocchiata dinnanzi alla sua tomba, Vibeke capì perchè la dea avesse fatto quella richiesta assurda di velocizzare le nozze senza più piangere per la morte del marito.

Il futuro le si era rilevato: sapeva che sarebbe morta presto.

Avrebbe presto passato l'eternità con Akihito.

Aveva poco tempo a disposizione per preparare mentalmente la nuora al cambiamento di natura che non avrebbe mai potuto vedere coi suoi occhi.



-Bella spada Sesshomaru, con un colpo di questa potresti tranquillamente distruggere Naraku.-

Vibeke non l'aveva mai visto prima, quel demone, ma da come sembrava a suo agio in quel luogo comprese che lavorava per Naraku.

-Byakuya dell'illusione.-

Sentendosi chiamato per nome, il nuovo arrivato s'inchinò. -Ti ringrazio per le presentazioni, Sesshomaru. Re Daiki, noi ci conosciamo già. Regina Vibeke, quel che si dice di Voi non Vi rende giustizia, siete sicuramente la ningen più affascinante che io abbia mai visto.-

Se Sesshomaru aveva già la spada in mano, Daiki sguainò la propria nel sentire i complimenti rivolti a lei.

-Oh, io al vostro posto metterei via le armi. A meno che non vogliate far male alla povera bambina umana che si trova nel nuovo corpo di Naraku.-

Rin!

Comparvero all'improvviso il fratello mezzodemone di Sesshomaru con la sacerdotessa umana, la sterminatrice di demoni e il monaco.

Quasi avesse percepito che tutti i suoi avversari erano presenti, il ragno spalancò volontariamente le proprie fauci invitando tutti ad entrare.

Sesshomaru guardò lei e Daiki, confrontandoli silenziosamente sul da farsi; Vibeke carezzò delicamente il collo di Kin e questi partì in direzione dell'ingresso.

Al suo fianco, uno a destra e l'altro a sinistra, i due Inu yokai più potenti del Giappone.


-


Incredibile quanto scompiglio potesse portare un mezzodemone.

Daiki non riusciva a crederci.

Un demone maggiore non farebbe mai nulla del genere.

L'interno del ragno era osceno, oscuro e pieno di ragnatele.

Al suo fianco Vibeke fingeva disinteresse, ma il disgusto che stava provando era lampante come il sole di mezzogiorno.

Sesshomaru aveva la mente focalizzata semplicemente sul ritrovare Rin.

Sei un richiamo naturale per i nemici, piccola Rin. L'unica debolezza del glaciale Sesshomaru.

All' improvviso le pareti intorno a loro cominciarono a stringersi, poi comparvero protuberanze da ogni angolo.

I due demoni si ritrovarono costretti ad utilizzare i propri artigli, ma più carne strappavano più le protuberanze si diramavano.

Nessuno toccherà Vibeke. Non lo permetterò.

Combattè con più foga e Sesshomaru, accortosi del tentativo di Naraku di dividerli, gli fu velocemente accanto.

Il bastardo vuole allontanarci dalla mia Vibeke.

Kin tuttavia pareva tranquillo, evitava qualunque colpo e se necessario staccava a morsi qualunque cosa provasse a toccare la sua padrona.

Fiducia e rispetto. Non ho mai visto un rapporto simile tra due creature così belle.

D'un tratto tutto divenne luce e calore, pace.

Daiki ne fu inizialmente spaventato, quel genere di potere avrebbe potuto portarlo alla morte in pochissimi istanti, fortunatamente essa colpì solo l'avversario: ogni protuberanza si sciolse e scomparve mentre le pareti tornavano ad allargarsi, cercando di allontanarsi il più possibile da tutta quella purezza.

Nè lui, né Sesshomaru riuscirono a nascondere il proprio stupore dinnanzi quell'ondata purificatrice emanata da Kin, il magico cavallo dorato di Vibeke.

Vibeke sorrise e abbracciò il cavallo.

-Non avresti dovuto usare così la tua energia, sarai esausto! Dover poi regolarti per non ferire i nostri amici deve averti prosciugato le forze. Grazie Kin, sei stato stupendo.-

Se avesse voluto avrebbe potuto purificarci entrambi, incredibile.

Si rilassarono tutti fin troppo velocemente, Daiki si sarebbe poi dato dello stupido per questo ma quando comparve una nuova protuberanza a strappare Vibeke dalla loro compagnia, nessuno riuscì a reagire in tempo. Neppure Kin.

Daiki tirò un pugno alla nuova parete formatasi dove prima vi era stata sua moglie.

Non è possibile. Vibeke!

-Sa badare a sé stessa.-

Lui si voltò verso Sesshomaru e annuì. -Ne sono perfettamente consapevole, ciò non significa che non preferirei averla avuta sotto la mia protezione per tutto il tempo dello scontro.-

Il demone bianco annuì, stranamente comprensivo.

Per quanto Vibeke sia immortale, potrebbe comunque restare ferita. Lo capisci anche tu, ora, cosa significa avere qualcosa da proteggere, Sesshomaru?

-Trovala.-

Daiki sgranò gli occhi, il Sesshomaru di un tempo gli avrebbe detto di smetterla con i piagnistei e di tornare a combattere.

-Vuoi che ci dividiamo?-

L'altro annuì. -Trova Vibeke. Io cerco Rin.-

Non possiamo dividerci. Qui tutto è irreale e manovrabile, dobbiamo restare insieme.

Il demone dell'Est sospirò e scosse il capo negativamente. -L'hai detto tu stesso, Vibeke sa proteggersi. Dividerci ci farà solo perdere tempo. Troveremo Rin e Vibeke, e lo faremo insieme. Non ho intenzione di girare intorno a vuoto per far felice un mezzodemone.-

L'amico annuì, poi arrivò alle loro narici l'odore di sangue umano.

La sacerdotessa che si accompagna ad Inuyasha?

Presero il volo immediatamente, quell'odore era l'unica cosa familiare che avevano a disposizione, tanto valeva seguirlo e trovare anche Inuyasha.

Restare fermi non li avrebbe aiutati, girare a vuoto anche meno.

-Tuo fratello non è con lei.-

Sesshomaru lo fissò con sufficienza. -Non l'ho mai considerato mio fratello. E no, non è con lei.-

La trovarono velocemente, senza alcun attacco da parte del nemico.

Giaceva a terra, senza sensi e con la camicetta intrisa di sangue.

Era stata ferita da artigli di demone, l'odore che ne fuoriusciva indicava che essi appartenevano ad un demone cane.

-Un altro demone completo?-

Sesshomaru scosse il capo. -Inuyasha. È solo un mezzodemone, probabilmente è stato inghiottito dall'oscurità. Quando perde la lucidità diventa una sorta di demone completo.-

-Stai dicendo che la sua parte umana si addormenta?-

-Direi che viene incatenata dal demone che è in lui. Ha l'anima di un umano ma l'istinto di un demone, quando si sente minacciato l'istinto di sopravvivenza prende il sopravvento.-

Daiki annuì. -Ma il suo istinto non riesce a riconoscere gli amici dai nemici, che tristezza.-

Il demone bianco lo guardò incuriosito. -Per noi gli umani sono prede. Fosse stato figlio di un demone minore, probabilmente non avrebbe mai perso la lucidità.-

Ma considerando che il padre è uno dei più forti demoni mai esistiti e che la nostra natura considera gli umani come prede, non c'è nulla di strano nel suo comportamento. Tuttavia, mi sembra che perdere sé stessi e attentare alla vita di chi si ama sia una punizione ben peggiore dell'essere esiliati da entrambe le razze di appartenenza.

-Se non fosse stato chi è, non avrebbe mai compiuto molte delle grandi cose che ha fatto. Si parla molto di entrambi, in società. Tuo padre ne sarebbe orgoglioso, di entrambi intendo.-

-Tsk.-

Inu no Taisho mi è sempre piaciuto.



Daiki s'aggirava spesso per le Terre dell'Ovest, a volte con la scusa di vedere Sesshomaru, altre semplicemente perchè lì i tramonti erano migliori.

Sesshomaru era sparito da un paio di mesi per allenarsi presso qualche monte, sotto la guida di qualche demone indegno di essere definito civile.

Conosceva l'amico a sufficienza da sapere che non sarebbe tornato sui suoi passi neanche se suo padre fosse stato in punto di morte, eppure non riusciva a comprendere appieno la sua posizione.

Sapeva che il sovrano aveva una concubina ningen e alle ultime feste si chiacchierava che questa fosse addirittura incinta, ma non riusciva a capire come questo potesse addirittura portare Sesshomaru a smettere gli allenamenti con il padre, ad eliminarlo completamente dalla sua vita.

Capiva la rabbia, l'umiliazione anche.

Ma suo padre restava uno dei pochi demoni da cui l'amico avrebbe potuto imparare qualcosa.

Venne distratto dai suoi pensieri dalla percezione di un'aurea fortissima, Daiki sorrise appena chinando il capo.

Il Sovrano delle Terre dell'Ovest si fece avanti sorridendo e lo abbracciò con fare paterno. -Daiki, come stai?-

-Molto bene, signore. Vi ringrazio.-

Il vento soffiò all'improvviso, portando con sé l'odore di pioggia che presto sarebbe caduta e di ningen.

Non una ningen a caso, ma una principessa a sentire il profumo di olii e pulizia.

-Non serve che la nascondiate, dico sul serio.-

Inu no Taisho lo guardò con orgoglio e allungò una mano in direzione di un albero poco lontano.

Dovette attendere qualche secondo, poi la donna umana si fece avanti raffinata ma affaticata.

Incinta.

Per un solo istante, Daiki riuscì a vederla con gli occhi del grande demone che gli stava dinnanzi e la trovò bellissima.

Aveva lunghissimi capelli d'ebano e gli occhi orientali erano enormi e brillanti, felici.

Era giovane, molto a sentirne l'odore.

Sarebbero riusciti a vivere una vita serena? Sarebbe riuscita a morire naturalmente o qualcuno avrebbe presto attentato alla sua vita?

Come sarebbe cresciuto quel cucciolo mezzosangue? Avrebbe trovato la felicità?

Invidiò e compatì la coppia.

-Ti presento Izayoi. Izayoi, incontra Daiki. Migliore amico di mio figlio Sesshomaru nonché mio pupillo.-


Tornò a puntare lo sguardo sulla ragazzina umana che ancora restava priva di sensi e sospirò.

Ovunque tu sia, Vibeke, usa la spada di mia madre.

Era ovviamente preoccupato, ma era un demone maggiore e questo comportava il poter gestire più sentimenti in contemporanea.

Rabbia, dolore, preoccupazione.

Naraku non era particolarmente interessato ai poteri di sua moglie, al massimo era affascinato dalla sua figura e questo giocava a loro favore.

Non tenterà di ucciderla.

Si sarebbe concentrato su Inuyasha e Sesshomaru probabilmente.

Vibeke sarebbe rimasta a girovagare a vuoto.

O almeno lo spero con tutto il cuore.

Quando la Sacerdotessa finalmente aprì gli occhi, si stupì nel trovarli al suo fianco ma confermò i sospetti di Sesshomaru.

E così Inuyasha ha davvero perso sé stesso.


-


Rin!

Sesshomaru e Daiki, con al seguito anche la sacerdotessa ningen, arrivarono finalmente dinnanzi la giovane Rin nel preciso istante in cui la spada di Vibeke si scontrò con gli artigli di Inuyasha.

Il demone bianco ossservò la sua protetta e ringraziò chiunque l'avesse protetta, pareva spaventata ma non aveva alcuna ferita.

Il fato deve essere dalla mia parte.

Ringraziò il cielo che anche Vibeke fosse illesa e puntò lo sguardo verso l'amico, vedendolo finalmente sereno.

La bimba sorrise lieta. -Signor Sesshomaru, finalmente!-

Aumentò la velocità di volo per poterla raggiungere, conscio che non sarebbe mai stato del tutto tranquillo finchè non l'avesse avuta vicina abbastanza da poterla proteggere.

C'è qualcosa di strano in Inuyasha.

C'era uno strano odore nel mezzodemone, oltre a quello tipicamente demoniaco.

Non ci credo, ancora lui. Magatsuhi.

Rin corse immediatamente in sua direzione, ma fece solo un paio di passi prima che le carni su cui poggiava si aprissero risucchiandola.

Se ti accadesse qualcosa, stavolta, non tornerei neppure io dal mondo degli inferi.

Aumentò ancor di più la velocità di volo lasciandosi alla spalle anche Daiki.

Vibeke accortasi di cosa stava accadendo fu colpita da un fendente di Inuyasha e cadde a terra mentre il mezzodemone si frappose tra la bambina e Sesshomaru.

Non vuoi che la salvo. Potrei ucciderti, anche se non sei in te.

Daiki ringhiò e sopraffatto dalla rabbia lo raggiunse, Inuyasha tuttavia riuscì a rallentarli entrambi.

Il demone bianco ringhiò a sua volta, ormai Rin era stata risucchiata fino al busto, un altro paio di secondi e non avrebbe potuto salvarla.

Fu Vibeke la prima a raggiungere la bambina, sfruttando il fatto che Inuyasha avesse cambiato avversari; prese la mano della più piccola tra le sue e cominciò a spingere verso di sé, ma fu vano.

Quella ferita procuratati da Inuyasha sanguina troppo.

Entrambe le umane finirono risucchiate dal corpo di Naraku, l'unica consolazione dei due Demoni Maggiori fu che erano insieme.

-Ora che Naraku finalmente ha tolto le scocciature dal campo di battaglia, perchè non vi concentrate su di me, Grandi Demoni Cane?-

Inuyasha sfoderò finalmente Tessaiga, a lui e a Daiki non rimase altro da fare che assecondare la volontà di Magatsuhi nella speranza di poterlo finalmente eliminare del tutto.

Hai scelto il corpo sbagliato da possedere, presto ne pagherai le conseguenze.












Note!

Buongiorno a tutti, come state?

Ecco qui un nuovo capitolo, parte 1 di 2 o 3 (ancora precisamente non so).

Ero partita con l'idea di non scrivere troppi capitoli, ma la storia continua ad allungarsi.

Numero effettivo di capitoli? Sinceramente non lo so più!

Non dovrebbero più esserci problemi per la lettura dei capitoli, ho sistemato anche il primo ed il secondo.

Grazie a tutti quelli che leggono, commentano e seguono questa storia.

Vi devo il mondo, letteralmente!


_Lady Cassiopeia_


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Capitolo 5
*** Dentro il corpo di Naraku - Parte seconda ***


Sono nata ningen ed ho vissuto in un villaggio umano per tutti gli anni della mia prima vita, felice di quel poco che avevo e ritenendomi fortunata nell'avere una famiglia numerosa e unita nonostante le difficoltà.

Gli Yokai?

Erano bestie dalle forme orrende che attaccavano i villaggi alla ricerca di carne umana, solitamente bastava la presenza di una sacerdotessa a tenerli lontani dalle case.

Da piccola non mi facevano più paura di un cane randagio, a voler essere sincera.

Avevo sempre creduto che il mondo demoniaco non avrebbe mai avuto particolare importanza nella mia vita, infondo ero semplicemente una bambina ningen. L'ultima di chissà quanti bambini.

Nulla per cui valesse la pena fermarsi, non per un demone.

Avevo con me mio papà e i miei fratelli, le persone più coraggiose del mondo. Che senso aveva averne paura?

Persi tutto all'improvviso, anche la voce.

E la cosa più assurda è che a distruggere tutta la mia felicità sono stati gli umani, la razza a cui io stessa appartengo, per nulla più di qualche chilo di patate e pesce. Per egoismo.

Non ho più trovato un ningen capace di volermi anche solo un po' di bene per molti anni e forse inconsciamente non ho mai voluto cercare affetto da chi mi aveva tradita così profondamente.

Che senso aveva cercare qualcosa che il cuore umano troppo spesso non conosce quando avevo ricostruito la mia intera esistenza colorandola dell'oro delle sue iridi demoniache?

Sesshomaru per me è tutto.

É stato rinascita, guida e crescita; é stato libertà e ricostruzione.

Gli appartengo?

Si, esattamente come lui appartiene a me.”

-Rin-


Stavano precipitando nel vuoto più assoluto e soprattutto, per la prima volta da quando era entrata nel corpo di Naraku, Vibeke realizzò di avere paura.

Era entrata con l'assoluta convizione di non dover temere nulla, forte dell'appoggio di due dei più potenti Inuyokai esistenti e nonostante inizialmente si fosse illusa di poter trovare un modo per utilizzare le sue doti, l'aver visto il potere distruttivo di Naraku aveva definitivamente sepellito qualunque speranza di poter non impugnare la spada di Yuzuki.

Era in una situazione di svantaggio non indifferente ma non poteva mollare, non poteva cedere alla paura; doveva trarre in salvo Rin e tutto quello che la bambina rappresentava per lei, per Daiki. Per il futuro.

I suoi nervi avevano retto anche quando Naraku l'aveva strappata da Kin, allontanandola quindi da Daiki e Sesshomaru in un battibaleno e spingendola a scontrarsi con un Inuyasha posseduto per proteggere quella bambina che aveva conosciuto solo per una sera.

Aveva d'instito impugnato la spada demoniaca che portava di traverso sulla schiena e la lama aveva fatto tutto da sé, guidandola ed infondendole una calma e una freddezza che altrimenti non avrebbe avuto.

Ma ora, ora che effettivamente stavano precipitando nel vuoto, la paura era tornata e impregnava ogni singolo centimetro del suo essere.

Daiki, ti prego, aiutaci!

Chiuse gli occhi e per un solo istante pregò quel Dio a cui suo padre l'aveva battezzata affinché suo marito comparisse e l'accogliesse tra le sue braccia eternamente possenti, giurandole che non l'avrebbe mai più lasciata sola.

Chissà poi se Dio ascolta anche le preghiere di chi si è volontariamente sottratto all'ordine naturale delle cose che Egli stesso ha fissato.

Aveva perso la presa sulla bambina non appena era stata completamente risucchiata dalle carni di Naraku, troppo gracile per poter sostenere Rin troppo a lungo, ma fortunatamente la caduta le stava riavvicinando.

Ho paura.

Non sapeva quanto tempo aveva ancora a disposizione prima che Naraku facesse comparire qualche spuntone per ucciderle o semplicemente cercasse di dividerle, doveva agire in fretta.

Cosa posso fare?

Non riusciva a ragionare e più ripeteva a sé stessa di avere sempre meno tempo a disposizione, più il battito del suo cuore le rimbombava violento in testa.

Ho paura di morire.

Era una cosa stupida, probabilmente la più stupida che avesse mai elaborato, eppure teneva seriamente per la sua vita anche se sapeva di non poter più morire.

Infondo nasciamo per morire, noi umani. Nonostante i secoli passino ed io non invecchi, la mia anima sarà per sempre convinta di dover abbandonare questo corpo.

Prese un bel respiro profondo, la distanza tra lei e la bambina stava gradulamente diminuendo e fu allora che sentì la spada di Yuzuki pulsare.

Voleva essere impugnata? Le avrebbe aiutate?

Ti prego, aiutaci tu.

Si abbandonò completamente alla volontà della lama per la prima volta da quando ne era entrata in possesso e percepì un'ondata deliziosa di calore diffondersi in tutto il suo corpo: la calma si propagò dall'elsa fino alla sua anima e finalmente l'intenzione della spada le fu chiara.

-Rin, afferra la mia mano!-

La bimba aprì gli enormi occhioni e fece come le era stato detto dalla maggiore.

Bastò un piccolo sforzo da parte di entrambe per far finire il corpo tremante e zuppo di terrore della minore tra le braccia della Regina.

Grazie Eien, senza di te non ce l'avrei mai fatta.

Era la prima volta che formava nella sua mente il nome della lama e Vibeke si rese conto di essere sempre stata una stupida nel volerla tenere a distanza, troppo spaventata da un eventuale rifiuto da parte del dono di Yuzuki.

Infondo era stata forgiata con il sangue della Dea del Tempo e le era appartenuta fino alla fine dei suoi giorni, come potevo sperare di poter essere accettata come sua nuova padrona? Essere rifiutata avrebbe significato un rifiuto da parte del sangue di Yuzuki e quindi anche della Dea stessa. Non l'avrei sopportato.

Vibeke abbandonò i suoi pensieri, felice del legame che sentiva rafforzarsi con l'arma demoniaca e sospirò di sollievo: non potevano ritenersi salve ma almeno non sarebbero state divise senza possibilità di opporsi.

Piantò Eien sulla parete di carni che aveva vicino con tutte le forze che aveva e scivolarono ancora per qualche metro, poi fortunatamente incontrarono qualcosa di più solido e la discesa s'arrestò.

Vibeke non era stupida, sapeva che la situazione in cui si trovavano non era affatto ottimale: erano strette l'una all'altra, l'unico loro appiglio era la spada e sotto ai loro piedi non c'era alcuna sporgenza che potesse aiutarle.

Non posso durare così in eterno.

Aveva passato la notte a viaggiare, non aveva avuto alcun modo di riposare e nonostante i molti allenamenti l'occidentale aveva sempre puntato sullo sviluppare le sue doti, sottovalutando la possibilità che queste diventassero inutilizzabili.

Non sarebbe stata capace di reggere a lungo neanche sé stessa, con il peso della bambina non c'erano dubbi sul fatto che presto avrebbero ricominciato a precipitare.

Non perderò Eien, quando non ce la farò più userò le mie ultime forze per disincastrarla da queste carni.

-Regina Vibeke, grazie! Voi mi avete salvata!-

La bionda guardò appena la bambina. -Non dire sciocchezze Rin, se ti avessi salvata avresti i piedi poggiati su una superfice piana e sicura.-

La protetta di Sesshomaru sorrise nonostante le lacrime le rigassero ancora le guance.- Voi vi siete fatta risucchiare da Naraku per non perdermi. Nessun essere umano aveva fatto mai una cosa simile per me, Vi ringrazio.-

La Regina delle terre dell'Est sospirò e annuì. -Hai perso un po' di troppa fiducia nell'umanità, piccina.-

L'altra annuì appena. -Gli esseri umani sono cattivi. Non tutti, ma la maggioranza.-

La Vibeke di un paio di secoli prima, ferita nel corpo e nell'orgoglio, avrebbe concordato su tutta la linea con la bambina che teneva tra le braccia; la Vibeke del presente invece sapeva che la razza umana a cui loro stesse appartenevano aveva tante sfaccettature, molte delle quali orrende, ma alcune sorprendentemente stupende.

Avevo suggerito a Sesshomaru di farti crescere in un villaggio umano perchè ho visto cosa vi lega, affinché tu potessi prendere la tua scelta conoscendo tutte le possibilità che ti erano offerte. E proprio per darti questa massima libertà di scelta, chiederò a Sesshomaru di farti nuovamente integrare nel mondo ningen di cui tanto hai paura.

Un leggero sibilo in lontanza le fece irrigidire e nonostante la Regina dell'Est fosse ancora sotto l'effetto calmante della sua spada sentì un groppo alla gola renderle più difficile la respirazione.

Daiki, dove sei?

La bionda si guardò attorno freneticamente ma si accorse del pericolo del miasma che saliva dal fondo quando ormai la nube era giunta poco sotto i loro piedi, troppo tardi ormai per pensare a qualcosa da fare.

Daiki! Sesshomaru! Vi prego!

Sarebbero morte?

Sarebbe morta così Rin, la cui presenza avrebbe reso tutto diverso?

Sospirò esausta.

É questo il destino di tutte le nostre speranze? La morte è davvero il nostro ultimo destino? Possibile che Yuzuki si sbagliasse? Non abbiamo alcuna speranza di felicità? Possibile che mio padre abbia avuto ragione a chiamarmi Ulykke?

Udirono la sua risata prima ancora di vederlo comparire e quando finalmente Naraku apparve dinnanzi a loro, con le labbra piegate in un sogghigno maligno e gli occhi colmi di perfida soddisfazione, Vibeke si sentì minuscola e umiliata.

Daiki! Sesshomaru! Per favore!

-Umane che si accompagnano a Demoni Maggiori non curandosi d'intaccare il loro sangue purissimo e le loro invicibili forze. Dovreste vergognarvi di voi stesse. Se esiste una categoria di ningen peggiore delle altre, sicuramente questa è la vostra. Meritereste di morire esattamente come l'ha meritato quella maledetta di Kikyo che ha osato andare contronatura. I mortali non dovrebbero mescolarsi ai demoni.-

Rin nascose il volto nell'incavo del suo collo, Vibeke guardò il nuovo arrivato con disprezzo. -Ti compatisco, mezzodemone. Probabilmente tu stesso sei nato da una donna come noi.-

Naraku rise di gusto. -Vi siete intromessa in una battaglia che non vi riguarda, Regina Vibeke. Avreste dovuto farvi spiegare meglio la storia, se proprio non siete capace di farvi gli affari vostri.-

Lei tacque.

Non è nato da una relazione mista?

Sgranò gli occhi, orripilata.

Non può essere. Nessuno sarebbe così folle.

-Sei un umano.-

L'altro rise di gusto. -Non dite sciocchezze, non lo sono.-

Ti sei venduto ai demoni. Hai lasciato che loro prendessero possesso del tuo corpo e si nutrissero della tua anima lasciandone nulla più che qualche frammento. Amavi quell'umana, vero? Amavi Kikyo. Come hai potuto lasciare che i demoni toccassero il tuo cuore, trasformando i tuoi sentimenti per lei in rancore?

Vibeke sospirò, quando parlò la nota di pietà nella sua voce era inconfondibile. -Lo sei stato.-

Sei diventato immortale per lei? Credevi che sarebbe bastato quello per far in modo che lei ti amasse? Hai mai amato davvero?

-Siete intelligente, non c'è che dire. Riesco persino a capire gli istinti del giovane Sovrano dell'Est.-

Lei lo guardò schifava.

-Oh, non guardatemi così. Giudicare le mie scelte sarebbe assurdo, Voi stessa siete un'immortale.-

Daiki, dove sei?

-I processi che ci hanno portato alla vita eterna sono completamente diversi, Naraku. Non confondere il dono fattomi da un demone innamorato con la tua smania di possedere un'umana.-

La risata sguaiata dell'avversario le fece venire i brividi. -Il risultato non cambia.-

Vibeke tacque.

Io non ho perso me stessa, sono sempre Vibeke Ulykke Wedel-Saacht; tu invece? Ti chiamavi Naraku anche prima? C'è ancora qualcosa di quell'umano? Forse hai ragione, il risultato in concreto non cambia ed entrambi possiamo vivere in eterno, ma cambia chi siamo.

-Non avete intenzione di rispondere? Poco importa, non sono qui per disquisire con Voi di queste sciocchezze. Mi serve la bambina e Voi siete di troppo.-

Strinse la presa su Rin e la bimba fece lo stesso, ma nulla poterono fare contro la forza di Naraku e del suo corpo mutaforma.

Vibeke si maledisse quando la bambina finì urlante e disperata tra le braccia del mezzodemone.

Daiki, ti prego. Trovaci.

-Voglio vedere se siete davvero eterna, giovane Regina. Nulla di personale.-

Lo vide farle una leggera riverenza ed un brivido le percorse la schiena, poi due enormi protuberanze di carne sbucarono dalla parete su cui lei stessa aveva pianta Eien e le trappassarono il busto.

Urlò disperata, il dolore era insopportabile e si diffondeva ad onde sempre più intense in tutto il corpo; perse la presa su Eien e urlò ancor di più sentendo gli squarci allargarsi ora che il suo intero peso corporeo gravava interamente sulle protuberanze che l'avevano trafitta.

La nube di miasma, fin prima immobile ai suoi piedi, s'alzò all'improvviso e l'avvolse: inizialmente pensò fosse innocua visto che ne percepiva in bocca semplicemente il gusto amaro; poi pian piano cominciò a perdere lucidità mentre il bruciore delle ferite aumentava. Era diverso questo miasma, più concentrato, e corrodeva le sue carni ferite senza pietà, come fosse acido.

Il suo fattore rigenerante s'attivò in quel preciso istante, ricostruendo tutto ciò che il miasma scioglieva ma non potendo chiudere i due squarci sul busto, visto che Naraku non aveva alcuna intenzione di liberarla dalla presa delle sue carni.

Le forze stavano venendo meno mentre il sangue usciva copioso e nero, demoniaco come quello dell'uomo a cui era legata per l'eternità.

Percepiva le urla disperate di Rin ma ormai le palpebre le si stavano chiudendo.

Sto morendo?

Ti prego Daiki, voglio solo vederti almeno per l'ultima volta.

Naraku rise. -Ora tocca a te, piccola Rin. Gli umani sono sempre stati crudeli con te e ora morirai per mano di una di loro. Sango sta arrivando.-


Appena aveva riaperto gli occhi dopo il lunghissimo rituale, era scoppiata a piangere per le orrende cose che era stata costretta a fare e a subire.

Daiki che non aveva mai abbandonato il suo capezzale, le fu subito accanto e la strinse a sé depositando poi un tenero bacio sulla sua fronte mandida di sudore.

-Va tutto bene, Vibeke. Qualunque cosa sia accaduta, è finita.-

Lei lo aveva guardato e l'aveva abbracciato con forza.

Ci sarebbero voluti decenni per accantonare i ricordi, le sofferenze, ma ce l'avrebbe fatta.

Era umana, era fatta per rompersi e ricominciare.

-Sapevi che tua madre ci sarebbe stata?-

Daiki aveva annuito appena. -Non ne ero completamente sicuro, ma le probabilità erano altissime. Io dovevo restare qui o il rito non sarebbe mai stato completato. Sapevo che non ti avrebbe mai lasciata percorrere questa strada sola, me lo aveva promesso.-

Yuzuki era stata la sua guida, la sua forza.

-Si è assicurata che io imparassi la strada, mi ha aiutata a memorizzare tutto quello che mi servirà per tornare.-

Daiki l'aveva guardata stupito. -Tornare?-

-Non so molto a riguardo. Mi ha lasciata con un nome.-

La madre di suo marito era stata vaga, aveva sorriso e le aveva confessato che sarebbe arrivata la felicità anche per loro.

Inizialmente aveva creduto quel nome fosse quello della loro futura figlia, poi alla nascita di Kai aveva capito che quel nome rappresentava qualcosa di più di un semplice erede, quel nome indicava una svolta. Indicava felicità.

Rin.

Yuzuki l'aveva ripetuto più volte con il sorriso, assicurandosi che Vibeke non lo scordasse.

La comparsa di Rin nelle loro vite avrebbe indirettamente portato felicità e tranquillità.

Yuzuki le aveva promesso che Rin sarebbe rimasta con loro per l'eternità se Vibeke l'avesse accompagnata verso l'immortalità.


Sesshomaru cominciava ad essere seriamente preoccupato, anche se non l'avrebbe mai dato a vedere.

Il fatto che Vibeke sia sparita con Rin non comporta che Naraku non le abbia divise.

Si scostò verso sinistra evitando il colpo d'artigli di Inuyasha e attaccò il fratellastro con la stessa arma.

Non voglio usare Bakusaiga finchè non trovo Rin. Non voglio metterla in pericolo.

Il mezzodemone evitò il colpo, Magatsuhi rise di cuore.

-Che spreco, un demone del tuo genere che si autolimita per un cucciolo umano.-

Sesshomaru riattaccò, sempre utilizzando gli artigli.-Tsk, forse semplicemente non sei degno delle mie lame.-

Scansò l'ennesimo attacco del fratello, poi udì un urlo: la sacerdotessa era caduta nel recuperare Tessaiga.

Stupida. Se morirai, te la sarai cercata.

Daiki attaccò il mezzodemone sfruttando la distrazione offertagli dalla caduta della sacerdotessa ma l'unico risultato che ottenne fu la risata divertita di Magatsuhi.

-E così un mezzodemone riesce a tener testa a due sovrani Inuyokai?-

Non è esattamente così che stanno le cose. Sono stato io a chiedere a Daiki di non intromettersi, se non strettamente necessario.

L'amico infatti, dopo aver sfruttato quell'attimo, tornò al suo posto: lontano dallo scontro.

Sfoderò Tenseiga e si preparò allo scontro reale.

Senza Tessaiga, Inuyasha non può farmi nulla. Tanto vale cominciare dall'eliminare quella feccia di Magatsuhi.

Il mezzodemone, ormai completamente soggiogato, afferrò con le mani la lama che Sesshomaru gli puntò contro e ridacchiò. -Ah Sesshomaru, non starai mica provando compassione per il tuo fratellino?-

Non ho mai considerato Inuyasha come mio fratello minore. Non è degno di possedere la metà del sangue che ha in corpo.

-Finchè sarò nel corpo del tuo fratellino, non potrai farmi nulla. Lo sai, Sesshomaru?-

Non potrai restare in quel corpo per sempre, lo sappiamo entrambi.

Inaspettatamente l'odore dell'aria cambiò.

Sangue?

Lui e Daiki si voltarono immediatamente verso la sacerdotessa che si era salvata piantando la spada su una parete, fermando così la sua caduta e riaprendo la ferita causata dagli artigli demoniaci di Inuyasha.

La macchia cremisi sulla camicetta ricominciò ad espandersi ed Inuyasha reagì immediatamente a quell'odore riprendendo pian piano coscienza di sé.

Sesshomaru lo osservò piuttosto stupito mollare la presa sulla spada taumaturgica.

Ningen. Hanno su di noi un effetto inspiegabile.

Sarebbe stato quello il destino per tutti i demoni puri?

Si sarebbero davvero estinti tutti, inginocchiandosi dinnanzi creature tanto orrende quanto fragili, giurando loro eterno amore?

Sesshomaru preferì non pensarci troppo per il momento, conscio che il suo orgoglio ancora non avesse accettato del tutto quel futuro a cui non si sarebbe mai ribellato.

Rin?

-Kagome, sei ancora li? Passami Tessaiga!-

La sacerdotessa sacrificò sé stessa usando tutte le sue forze per liberare la spada e passarla al compagno, lasciandosi poi cadere nel vuoto.

Nè lui, né tantomeno Daiki si mossero per salvarla.

Non è affar nostro, il destino di quella ningen.

Il mezzodemone, ripreso pieno controllo di sé, si lanciò immediatamente verso Kagome.

Ormai è la fine, Magatsuhi.

Daiki osservava tutto in lontananza, incrociarono gli sguardi e poi entrambi balzarono nel vuoto per prendere Magatsuhi.

Esiste un codice specifico tra Demoni Maggiori del nostro calibro, stare fuori il più possibile dagli scontri tra familiari è una delle tante regole. E so che Daiki, a meno che io non stia morendo, rispetterà questa mia volontà.

-Il controllo sul mezzodemone sta risultando più difficile del previsto, nevvero?-

Magatsuhi rise appena. -Sei sicuro di voler che io abbandoni il corpo di Inuyasha, Sesshomaru?-

Se abbandona Inuyasha, ha solo un corpo da poter possedere.

Inuyasha si avvicinò a Kagome controllando che stesse bene.

Stupido.

-Allontanati.-

A quelle parole di Sesshomaru, Inuyasha parve capire le intenzioni di Magatsuhi e si allontanò da lei ma ormai era troppo tardi: l'umana era stata immobilizzata e da come il suo odore era cambiato, probabilmente una parte dell'emanazione della sfera era già in lei.

Se tu ci fossi arrivato prima..

Fu Tessaiga a stupire tutti, assumendo il suo aspetto con scaglie di Drago.

Il vortice demoniaco di Inuyasha è molto più simile al mio di quel che pensavo.

Che ci fosse qualche punto di forza anche nei mezzodemoni?

Sciocchezze..

Qualunque traccia di Magatsuhi fu risucchiata dai corpi di Inuyasha e Kagome e fu immobilizzata dal vortice demoniaco del mezzodemone.

-Cosa? Ma non è possibile!-

Sesshomaru impugnò Tenseiga e fu allora che Magatsuhi realizzò che la fine era arrivata e questa volta per sempre.

Ingannato dalla sua stessa stupidità e da un mezzodemone.

Perire a causa mia è un onore che non meriteresti.

-Tenseiga!-

Balzò sul nemico e con un fendente ben mirato lo tagliò a metà.

Questa volta, finalmente, lo scontro era giunto al termine.

Fece giusto in tempo a riporre la spada che l'aria gli portò al naso odore di lacrime.

Rin!

L'odore era forte e pungente, quasi irrespirabile.

Non è paura, è disperazione..

Ringhiò furioso, qualunque cosa fosse successa alla bambina sarebbe solo stata colpa sua.

Avrei dovuto lasciarti al villaggio.

Soffiò all'improvviso una leggera brezza e l'odore acido delle lacrime della sua protetta venne coperto da un nuovo profumo.

Era qualcosa di strano, floreale ma anche ferroso.

Sesshomaru inizialmente non capì.

È l'odore di Vibeke ma è più concentrato, più ferroso. Sangue?

Sentì il ringhio furioso di Daiki e si voltò ad osservarlo mentre questi assumeva il suo aspetto demoniaco con iridi rosse, segni demoniaci sul volto più marcati e zanne cariche di veleno mortale.

Sgranò gli occhi, stupefatto ma anche preoccupato.

L'odore di sangue sembrava intensificarsi sempre più, Vibeke sembrava essere seriamente in difficoltà.

Daiki partì immediatamente verso l'apertura da cui proveniva l'odore della moglie e Kin lo seguì, spiegando le ali nervosamente.

Sesshomaru balzò immediatamente al loro fianco.

Se succedesse qualcosa a Vibeke, sarebbe comunque colpa mia.


Era notte fonda ed erano fuggiti da palazzo senza avvisare nessuno, come due ladri di bassa lega.

Vibeke era euforica e tratteneva a stento il divertimento per la situazione in cui si trovavano.

-Non pensavo avrei mai fatto nulla di simile per nessuno, figurarsi per una ningen.-

A quel punto la bionda ridacchiò civettuola. -Non sono una ningen a caso, Demone Cane, sono tua moglie.-

Daiki sorrise a sua volta e poggiò per un solo istante le labbra sulla fronte della ragazzina che portava tra le braccia.

Sua moglie.

Erano sposati da appena qualche giorno eppure, se non considerava il fatto che dormivano assieme, era la prima volta che la rivedeva dal giorno dei festeggiamenti visto che sua madre la stava sottoponendo a lunghissime sedute di combattimento e focalizzazione.

Stavano compiendo una follia, Daiki lo sapeva, eppure non gli interessava. Voleva renderla felice e sapeva cosa mancava alla loro vita di sposini.

Vibeke era cresciuta a ovest, terre molto affascinanti e che avevano subito uno sviluppo non indifferente negli ultimi decenni ma sopratutto che erano governate dal credo cristiano.

Voleva renderla felice, l'amava davvero.

Voleva farle capire che non doveva cambiare credo o personalità per lui.

Atterrarono dinnanzi ad una piccola costruzione in pietra di modeste fattezze, una piccola croce ad indicare che quello era un luogo di culto straniero.

Sapeva che la sua immortalità non era contemplata tra le cose benedette e di conseguenza non si era neanche scomodato a trovare un celebrante, ma voleva giurare al Dio in cui credeva Vibeke che l'avrebbe amata e protetta per l'eternità.

La ragazza, in piedi al suo fianco, sgranò gli occhi e sorrise mentre lui apriva la porta e la trascinava dentro.

S'inginocchiò dinnanzi al piccolo altare e giuro, alla sua sposa commossa e a Dio, che l'avrebbe amata, rispettata e protetta per sempre.


Daiki era così furioso che non riusciva neppure a combattere con lucidità, troppo spaventato dall'idea di poter perdere la sua compagna di vita.

L'odore di sangue è intenso, troppo intenso.

Non aveva mai avuto così tanta paura in tutta la sua esistenza, non si era mai sentito così inutile e vulnerabile.

Non può morire.

Continuava a ripeterselo senza sosta, cercando di ricordarsi che era stato lui stesso a toglierle qualunque possibilità di morte.

Eppure..

Aveva paura.

Continuo a pensare a lei come una ningen quando ormai è più simile ai demoni di quanto si possa immaginare.

Sesshomaru al suo fianco usò la frusta di energia per eliminare un altro tentacolo e gli si avvicinò, bastò un'occhiata tra i due perchè Daiki capisse il messaggio.

Devo concentrarmi. Vibeke è vicina e qualunque cosa sia accaduta, la sistemeremo.

Utilizzò gli artigli per eliminare l'ennesimo tentacolo posto a bloccargli la via, Kin al loro fianco continuava a sciogliere con la sua aurea purificatrice qualunque spuntone sbucasse da dietro.

Avrebbe dovuto lasciarla al castello, protetta dal cugino Inukari e da tutta la scorta reale. Lontana dai pericoli, da questioni che non la coinvolgevano direttamente, lontana dal sangue e dalla morte.

Lontana dal dolore, soprattutto quello fisico.

Sarebbero tornati gli incubi relativi alla sua famiglia a causa delle nuove ferite? Sisarebbe ripresa del tutto? Avrebbero continuato quella nuova vita felice che avevano appena cominciato ad assaporare?

Se la luce nei tuoi occhi si spegnesse di nuovo, non ne uscirei vivo.

D'un tratto la parete davanti a loro tremò e si aprì, lasciando intravedere un gruppo di persone di cui Daiki riconobbe solo Byakuya e la sterminatrice che viaggiava con il fratellastro di Sesshomaru.

-Non sei migliore di chi combatti, Sango. Tu hai deciso che una vita valesse più di un'altra, avresti ucciso Rin per salvare il tuo amato Miroku.-

Le parole del demone delle illusioni ghiacciarono il sangue nelle vene di Daiki.

Rin è..

Guardò Sesshomaru avvicinarsi ad un ragazzino che dava loro le spalle e stava in groppa ad un drago a due teste e con molta attenzione il Sovrano dell'Est riuscì a intravedere Rin.

Era priva di sensi ma respirava.

É viva.

Guardò l'amico carezzare il capo della bambina, poi l'ennesima ondata di ferro e fiori invase la zona e Kin corse subito verso la sua padrona, nascosta da una fittissima nube di miasma che sono il cavallo potè spazzare.

Vibeke!

Volò subito da lei e Sesshomaru arrivò immediatamente dopo.

Che cosa ti è stato fatto?

La visione che gli si presentava davanti agli occhi era orrenda, nessuno avrebbe dovuto permettersi di fare qualcosa di simile ad una creatura come Vibeke.

Nonostante tutti i miei sforzi, c'è sempre qualcuno che riesce a ferirti.

Era priva di coscienza e aveva le vesti zuppe di sangue, il busto era stato trapassato in due punti e il fattore di rigenerazione era semplicemente riuscito a contrastare l'effetto acido del miasma.

Eien brillava poco distante, sopra il capo di Vibeke, piantata profondamente nella parete.

Hai lottato, vero?

Chissà quante volte hai chiamato il mio nome.

Con un colpo di spada staccò la sua sposa dalla parete, la sua mokomoko l'afferrò prima che potesse cadere nel vuoto e con decisione estrasse i due spuntoni dal busto della donna ricavandone un gemito di dolore che gli spezzò il cuore e gli annebbiò la vista.

Strinse a sé Vibeke e poi la stese sulla groppa di Kin, certo che il suo potere purificatore avrebbe facilitato la sua guarigione.

Non mi lasciare, ti prego.

Pochi istanti dopo l'umana aprì gli occhi e Daiki lasciò cadere qualche lacrima, troppo emozionato per pensare alla sua dignità.

L'occidentale allungò una mano in sua direzione e riuscì ad accarezzargli il viso, seppur tremolante. -Ci hai trovate, sono felice.-

Prese quella stessa mano tra le sue e poi ne baciò il palmo. -Nonostante io stesso ti abbia donato l'eternità, ho temuto il peggio. Senza di te non avrebbe avuto senso continuare a vivere.-

La compagna sorrise debolmente, le ferite si erano già richiuse ma era comunque debole. Daiki le mise una mano sulla spalla, trattenendola dal sedersi. -Rin dov'è?-

Il drago a due teste affiancò Kin e Rin sorrise sollevata. -Sono qui, Regina Vibeke. Voi come state?-

-Ora finalmente sto bene, ho solo bisogno di recuperare un po' di forze.-

Una piccola, fragilissima magnifica guerriera. La mia guerriera.

Sesshomaru guardò in loro direzione e nonostante il volto fosse inespressivo, le iridi brillavano soddisfatte e determinate: nessuno avrebbe più toccato le loro umane.

Uscì l'ennesima ondata di miasma, il corpo in cui si trovavano pareva quasi prossimo al collasso e probabilmente lo scontro finale era a poca distanza.

La sterminatrice di Demoni donò la propria maschera protettiva a Rin e s'avviò a gran velocità lasciandosi alle spalle i propri limiti.

Deve essere un bravo spirito, infondo.

Probabilmente Sesshomaru la pensava allo stesso modo, dato che non la seguì per decapitarla.

Noi stessi siamo disposti a tutto, pur di proteggere chi amiamo.

Ora che le loro protette erano con loro, non c'era più motivo per trattenersi dall'usare le spade.

Bakusaiga e Hakai vennero sfoderate.

Presto tutto questo sarà finito.









Ciao tutti!

Sono leggermente in ritardo, ma questa volta ho dovuto scrivere, riscrivere e riscrivere ancora.

Spero ne sia valsa la pena e che il nuovo capitolo sia di vostro gradimento.

Ringrazio chi legge, segue e ha messo la storia tra le preferite.

Un grazie in particolare a Aiden94 che trova sempre il tempo per recensire!

In questi capitoli relativi al corpo di Naraku, l'aspetto sentimentale è lasciato da parte perchè preferisco curare la parte d'azione, ma non disperate!

Nel prossimo si arriva allo scontro finale, poi Rin comincerà a crescere e ci saranno un bel po' di aspetti introspettivi da analizzare!

Ho sempre scritto molto fin da piccina e l'ho fatto sempre con il sorriso, tornare a scrivere dopo anni signfica per me far tornare quel benedetto sorriso sulle mie labbra.

Grazie, sul serio.


_Lady Cassiopeia_

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Capitolo 6
*** Cambiamenti. ***


Incredibile come i nostri desideri possano spingerci a oltrepassare ogni nostro limite, permettendoci di compiere gesta estramamente grandiose o orrendamente vili.

-Rin.-




Il grande corpo di Naraku stava cominciando a cedere probabilmente sotto i colpi combinati dei due Inuyokai e del gruppo di Inuyasha, ma Rin poteva tranquillamente ammettere di non avere più paura.

La stretta allo stomaco e la voglia di vomitare erano completamente spariti nel preciso istante in cui, aprendo gli occhi, aveva avvertito sulla guancia la dolce carezza della mano artigliata di Sesshomaru.

Ora tutto andrà per il meglio.

Poco distante da lei volava la Regina Vibeke stesa sulla groppa del proprio cavallo alato e perfettamente guarita dagli enormi squarci, ma ancora debole da non riuscire a star seduta.

Aveva seriamente temuto il peggio per l'occidentale. Vibeke rimaneva umana nonostante fosse eternamente legata a Daiki e Rin era abbastanza sicura che nessuno avesse mai testato fino a che punto l'eternità della Regina si potesse spingere.

A voler essere sincera, la bambina aveva seriamente creduto che la bionda sarebbe morta.

Vederla sveglia e sana, seppur distesa ed esausta, le riempiva il cuore di gioia.

Le voglio bene.

Non smetteva mai di restare sorpresa da quell'umana tanto diversa da lei, non poteva fare a meno di ammirarla: la sua famiglia le aveva voltato le spalle e l'aveva maledetta, ma lei ne era uscita più bella e forte di prima.

Sperava di cuore di poterla trattenere, almeno un po', nella sua vita per poterla conoscere meglio.

L'ennesimo lembo di corpo di Naraku si staccò e cadde verso di loro, Vibeke ne sarebbe stata schiacciata se Sesshomaru non avesse usato la sua Bakusaiga.

Rin sorrise, quel demone bianco aveva il cuore più bello che avesse mai visto.

Guardò la Regina e sospirò, pareva nuovamente prossima a svenire e il suo colorito già candido stava via via assumendo sempre più una sfumatura malsana.

Poverina è esausta.

Avrebbe voluto fare qualcosa, poterla aiutare in un qualche modo, ma sapeva che c'era ben poco da fare.

Quando sarà finito tutto accenderemo un grande fuoco per tenerla al caldo e l'aiuterò a lavarsi i capelli, così potrà dormire meglio. E se vorrà, io e Jaken andremo a caccia per lei.

-Come state, Regina Vibeke?-

L'altra si sforzò inutilmente di sorridere ma le sue labbra si piegarono in una smorfia poco rassicurante. -Alla fine starò bene, ne sono certa. Tuttavia, finchè il miasma di Naraku continuerà a distruggere il paesaggio esterno, la sofferenza della natura sarà anche la mia.-

Sente il dolore della natura?

Aveva senso, a ben pensarci.

-C'è qualcosa che possiamo fare per aiutarla?-

Sentì la braccia di Kohaku stringerla appena nel tentativo di bloccare il suo eccessivo sbilanciamento verso la bionda, Rin gli sorrise appena e tornò a concentrarsi sulla Regina, la quale le sorrise appena prima di chiudere gli occhi e accasciarsi.

Daiki le era accanto e la teneva sotto controllo, ma pareva essere consapevole di non poter far nulla per aiutare la compagna se non uccidere definitivamente Naraku.

Sesshomaru continuava con la sua magnifica Bakusaiga a far strada a tutti, sgretolando con i suoi fendenti ogni possibilità di rigenerazione del corpo in cui si trovavano.

Era maestoso e tronfio, bello come nessun altro.

Il demone bianco puntò per un solo istante le iridi d'oro su di lei e Rin non riuscì a trattenersi dal sorridergli nonostante indossasse la maschera anti-miasma di Sango.

Il demone maggiore parve intuire la piega delle sue labbra e per un solo istante a Rin parve di vederlo sorriderle di rimando. Sgranò gli occhi, meravigliata.

Non era stato di certo un sorriso pieno, di quelli che solitamente gli dedicava lei con tutti i denti in mostra e le fossette ben incise, non sarebbe stato da Sesshomaru lasciarsi andare in quel modo. Era stato piuttosto un leggero rilassamento di tutto il volto, come se per qualche istante fossero stati seduti in una radura e non nel mezzo di uno scontro.

Tuttò andrà per il meglio, alla fine.

Nel profondo delle iridi d'oro del Grande Demone Cane che l'aveva accolta sotto la sua protezione, Rin aveva notato la presenza di sentimenti così violenti e intensi che il solo pensarci la metteva in allerta.

Non riesci più a nasconderli.

Nel profondo del suo cuore di bambina, Rin sapeva.

La morte di Naraku avrebbe portato cambiamenti nelle vite di tutti quelli che lo stavano combattendo e Rin sapeva che quei cambiamenti avrebbero investito anche la sua esistenza.

E non potrò ribellarmi.

Il fragore dell'ennesimo ammasso di carne che collassava su sé stesso la ridestò dai suoi pensieri: tutto attorno a loro il corpo del ragno era colto da spasmi violentissimi e Sesshomaru e Daiki non parevano intenzionati a smettere di danneggiarlo.

Ormai, è la fine.

Dopo l'ennesimo fendente del Sovrano delle Terre dell'Est, finalmente arrivarono dinnanzi al loro nemico e Rin sorrise quando sentì Kohaku sospirare sollevato: Inuyasha era già arrivato e Kagome, Sango e Miroku stavano bene.

-Eccovi qui, tutti insieme.-

Rin lo guardò bene e per la prima volta provò disgusto per quello che era, per cosa rappresentava.

Il lato oscuro dell'umanità.

Così concentrato sul proprio egoismo da aver perso sé stesso.

Vibeke aveva riaperto gli occhi e per la prima volta da quando il suo fattore rigenerante era entrato in funzione pareva essere vigile e pronta a lottare, se necessario.

Nessuno dei presenti riuscì a fare molto prima che Naraku e la sfera diventassero una cosa sola.

E adesso?

Rin era stata sicura che dinnanzi al nemico, sarebbero bastati un paio di colpi di Sesshomaru per porre fine allo scontro.

Che la Sfera dei Quattro Spiriti fosse così cattiva, la bambina non avrebbe mai potuto immaginarlo.

Naraku cambiò completamente aspetto, abbandonando qualunque caratteristica lo avesse reso simile ad un demone o ad un umano: era orrendo con capelli argentei, occhi rossi e un corpo spigoloso e marrone, a Rin pareva fatto di legno.

Arrivò presto anche il miasma, concentrato in ammassi violacei velocissimi.

Sesshomaru e Daiki non permisero a nessuno di questi di oltrepassare la loro persona, ma Rin comprese quanto questo veleno fosse diverso da quello precedente.

È più forte persino di quello che aveva avvolto e sciolto le carni della Regina Vibeke.

Fortunatamente indossava la maschera di Sango, eppure questa pareva non aver effetto alcuno: Rin percepiva il gusto amaro di quel gas sulle labbra e i suoi polmoni erano ormai colmi del suo odore acre.

Sesshomaru si avvicinò loro.

Non separiamoci.

-Jaken..-

Non separiamoci.

-Dite, Padron Sesshomaru.-

Per favore, non separiamoci.

-Uscite di qui.-

Rin sospirò per nulla felice della scelta dello Inuyokai ma non osò dire nulla, l'occhiata attenta di Sesshomaru non le permise di farlo.

So che lo fai per me, eppure..

Jaken aveva aspettato quel comando di Sesshomaru fin da quando aveva deciso di entrare, lo sapevano tutti, quindi la bambina non riuscì a stupirsi della velocità con cui il piccolo demone eseguì.

Lei si voltò a guardare nuovamente Sesshomaru e sorrise nel vedere che gli occhi di lui non l'avevano abbandonata neanche per un istante.

-Fate attenzione Signor Sesshomaru.-

Il cavallo alato di Vibeke li affiancò velocemente e Rin pensò che quella fosse infondo la scelta migliore.



Aveva cominciato a seguire il demone bianco appena questi, dopo averle salvato la vita, aveva ripreso il suo cammino senza mai voltarsi indietro.

Aveva imparato dal piccolo servitore che si portava appresso (e che inizialmente aveva chiesto di farsi chiamare Rispettabile Jaken) che il demone bianco era il Principe Ereditario delle Terre dell'Ovest e che portava un nome da guerriero.

Sesshomaru.

Nessuno poteva eguagliare la sua forza, nessuno osava guardarlo direttamente negli occhi preferendo chinare rispettosamente il capo in sua presenza ed avere la vita salva.

Rin sapeva di aver già infranto la maggior parte delle regole di comportamento richieste di fronte ad un Principe Demone, ma il suo essere un cucciolo di ningen probabilmente la salvava da qualunque possibile punizione.

Avevano iniziato a camminare che il sole era alto nel cielo e oramai le prime stelle stavano cominciando a spuntare timide quando Padron Sesshomaru aveva arrestato la sua camminata.

-Jaken, procurale del cibo.-

Il piccolo demone verde aveva annuito, anche se contrariato, ed era sparito a cercarle del cibo dopo aver acceso un piccolo falò (-per tenere al caldo il cucciolo ningen- si era giustificato Jaken).

Sesshomaru allora aveva puntato le sue iridi dorate su lei e Rin, nonostante le mille raccomandazioni, non riuscì ad abbassare lo sguardo, troppo affascinata dalla creatura che aveva dinnanzi.

-Quale è il tuo nome?-

Aveva allora sentito un leggero sfarfallio alla gola mentre il cuore scoppiava di felicità, irradiando tutto il suo corpo di caldo affetto.

Non era più riuscita a parlare da quanto aveva visto la sua intera famiglia venir uccisa, ma non poteva tacere dinnanzi una creatura simile.

-Rin.-

Il primo tentativo uscì basso e roco, lei stessa faticò a comprendere cosa avesse appena detto.

Si schiarì la gola e puntò lo sguardo dritto in quello del demone.

-Rin, il mio nome è Rin.-

Lui l'aveva guardata senza dire nulla, la bambina allora prese coraggio.

-Il Vostro nome?-

-Mi pare tu lo sappia.-

Rin ridacchiò. -Avete ragione, ma vorrei che ci presentassimo personalmente.-

L'immortale l'aveva studiata per qualche istante, poi si era voltato verso il fuoco che scoppiettava poco distante.

-Sesshomaru.-

Non aveva usato titoli, nel presentarsi a lei.




-Signor Sesshomaru, è davvero così strano per un Demone portarsi dietro una bambina umana?-

C'era innocenza nella sua domanda, sul serio.

Conosceva il punto di vista dei ningen perchè lei stessa lo era e più volte aveva ascoltato le vecchie del suo villaggio d'origine raccontare di come fossero perfidi i demoni.

Mescolarsi coi demoni, secondo la società umana, significava macchiarsi irrimediabilmente.

Erano trascorse già tre stagioni da quando avevano iniziato a camminare assieme e Rin si era accorta di potersi permettere confidenze che nessun altro avrebbe potuto avere.

Lei si era sempre impegnata a non infastidirlo imparando a cacciare, pescare e a non fare domande sulle sue azioni; Sesshomaru l'aveva ricambiata con un nuovo kimono, protezione assoluta e cedendole Ah-Un.

Il dono più gradito? Quando il tramonto si colorava dei colori più belli, il giovane demone le permetteva di camminargli accanto e ogni tanto rispondeva alle sue curiosità.

Lui la guardò in quel preciso istante, incuriosito dalla domanda.

-Intendo dire, gli umani condannano la cosa. Ma nella società dei Demoni, è davvero terribile?-

Jaken era allora intervenuto, rimproverandola per la stupidità della domanda e sottolineando il fatto che era praticamente incomprensibile il perchè una creatura immortale dovesse perdere tempo con qualcuno che si sarebbe consumato in un battito di ciglia.

Non era cattivo, il piccolo kappa, semplicemente non conosceva la delicatezza richiesta per trattare con un cucciolo.

Sesshomaru allora aveva messo a tacere il suo servitore con un'occhiata e poi aveva posato una mano sul capo di Rin.

-Ha davvero importanza?-

Rin allora aveva sorriso, negando con il capo.

Se a loro andava bene così, perchè preoccuparsi degli altri?



La nausea era ormai insopportabile e il sangue sembrava bollirle, tanto era il dolore che percepiva fisicamente.

Aveva accettato di uscire dal corpo del ragno perchè sapeva che sarebbe solo stata un peso per la battaglia e non voleva dar a Naraku altri vantaggi su di lei, inoltre necessitava di ripristinare il naturale equilibrio del paesaggio se voleva recuperare le forze e la lucidità.

Aprì gli occhi nel preciso istante in cui avvertì l'aria nei polmoni diventare fresca e pulita, poi puntò lo sguardo verso il paesaggio circostante e quasi ebbe un mancamento tanto era diventato tutto irriconoscibile.

Desolazione assumeva un nuovo significato a partire da quel giorno, si disse Vibeke.

Aveva sempre pensato che morte e distruzione fossero quelli che lei aveva lasciato nel castello dei Wedel-Saacht, ma ora che aveva davanti agli occhi quello di cui era stato capace Naraku, Vibeke si trovò a dover ricalibrare il suo metro di paragone.

L'erba era sparita in tutta la vallata, gli alberi erano appassiti e alcuni si erano addirittura accartocciati su sé stessi, i piccoli animaletti che non erano riusciti a fuggire giacevano a terra e di loro era rimasto appena qualche osso.

Il terreno stesso aveva assunto un colore grigio impensabile, segno di un'infertilità che senza il suo intervento non sarebbe stata curabile.

Sentiva il dolore comprimerle il capo e la nausea pareva aumentare sempre più mentre la natura sfigurata urlava senza sosta una richiesta d'aiuto.

L'enorme ammasso di carni e veleno si stava spostando ed ogni lembo di corpo che si staccava precipitava a terra solidificandosi e diventando un blocco di miasma puro.

Se il gas all'interno del corpo era stato terribile, quello che Naraku aveva emanato all'esterno sembrava essere ancor peggiore.

Vibeke sgranò gli occhi sorpresa quando i massi velenosi cominciarono a colpire terreni coltivati, spaventando gli umani di un piccolo villaggio.

Non vorrà davvero..

Naraku voleva distruggere Musashi, ormai il suo piano pareva evidente.

Vibeke non poteva capire il motivo di quella scelta, ma non poteva far altro che provare con tutte le sue forze a salvare il salvabile visto che tutti i combattenti più forti si trovavano ancora all'interno del corpo e non potevano sapere quale folle indea avesse il mezzodemone.

Tocca a me.

Guardò Rin e fece segnò a Jaken di alzarsi maggiormente in volo, certa che presto il miasma sarebbe fuoriuscito anche da dove si trovavano loro.

Prese un grosso respiro, si accertò di avere Eien con sé e poi chiese a Kin di portarla a terra.

Il cavallo parve capire immediatamente le sue intenzioni perchè scese in picchiata e, dopo averla lasciata a terra, si diresse verso la sacerdotessa umana del villaggio e attivò la sua aura, proteggendo tutti gli umani che lo circondarono.

-Regina Vibeke, è pericoloso! Venite via!-

Non prestò attenzione a Rin, in quel preciso istante non poteva.

Piantò Eien a terra in modo da poter godere della sua protezione, poi si concentrò e alzò le mani al cielo.

Per gli umani presenti fu come assistere ad un miracolo: Vibeke cominciò a far rinascere ogni pianta sacrificata dalla cattiveria umana e così erba, alberi e colture spuntarono inizialmente timidi dal terreno e poi crebbero più alti e floridi che mai.

La vista di Vibeke si stabilizzò, il capo smise di pulsare e finalmente le tornarono la forza e la determinatezza di cui tanto necessitava.

Non posso distruggerti ma posso rovinare il tuo piano, Naraku.

Le liane di cui si serviva solitamente partirono da lontano, dai fianchi dei monti circostanti il villaggio; Vibeke stessa diede loro la forza di crescere e allungarsi ed inspessirsi per provare poi a circondare il corpo del ragno.

Sapeva che al solo contatto con il corpo le liane sarebbero rinsecchite quindi per ognuna di esse che cresceva, ve n'era già una che spuntava nuova e pronta a sostituirla.

A noi due, mezzodemone.

La prima serie di liane si alzò e andò a circondare il ragno, riuscendo per pochi istanti a fermarne l'avanzata; Vibeke sperava di poterne far ricrescere le punte mozzate dal miasma ma il gas pareva sgretolarle fin dalle radici.

Stava usando tutte le sue forze e nonostante l'aver sistemato la maggioranza del paesaggio le avesse dato nuove forze, il costante cadere di blocchi di miasma stava distruggendo tutto di nuovo.

Presto il corpo cadrà.

Strinse i denti e piantò saldamente i piedi a terra, poi alzò nuovamente le mani e centinaia di liane braccarono il ragno.

Tra poco usciranno anche gli altri, devo solo tener duro un altro poco.



Il millenario palazzo dei Wedel-Saacht stava crollando completamente avvolto dalle fiamme.

I padroni di quel magnifico edificio avevano perso la vita ben prima che il palazzo fosse arso dalle fiamme e la consapevolezza che di loro non sarebbe rimasto nulla le allietava l'anima.

Vibeke Ulykke dei Wedel-Saacht stava seduta sul pendio di una collina poco lontana ed ammirava estasiata la sua opera migliore.

Erano morti tutti.

Aveva vinto.

Avrebbe portato con sé in eterno il ricordo di come suo padre avesse sgranato gli occhi quando si era accorto di essere prossimo alla morte.

Ghignò soddisfatta.

Sapeva che i ricordi non sarebbero cambiati, ma aver cancellato per sempre la propria casata dalle terre del nord la rendeva estramente euforica.

Tutto sarebbe stato più facile ora, anche la guarigione della propria anima.

-Spero di non disturbare le tue preghiere.-

Vibeke si era voltata stupita verso suo marito, poi aveva puntato nuovamente gli occhi sul grande incendio.

-Non ho alcun motivo per pregare. Non mi pento di quello che ho fatto.-

-Non è peccato, uccidere?-

Vibeke sorrise appena e annuì, ma non disse altro.

Aveva atteso quella rivincita da tutta una vita e l'euforia del momento la rendeva incapace di pensare a quanto il suo gesto fosse cristianamente punibile.

Bruciare all'inferno, dopo quello che aveva fatto, sarebbe stato un piacere a cui non si sarebbe sottratta neanche in punto di morte.

Daiki sospirò e poi puntò lo sguardo verso il castello a sua volta. -Avresti potuto avvisarmi, ti avrei accompagnata.-

Lei annuì, poi allungò una mano e strinse quella di suo marito.

-Lo so, ma questa era la mia battaglia. Dovevo farlo da sola.-

Il demone annuì e le si sedette accanto.

Stettero seduti sul pendio di quella collina tutta la notte con gli occhi fissi su quel fuoco, segno di distruzione e di rinascita, ma abbracciati. Uniti.




Fu come essere colpiti da un fulmine, tanto fu violento lo scossone che lo colpì al cuore dopo aver visto i suoi occhi verdi.

Era possibile per un demone innamorarsi a prima vista di una creatura che probabilmente non avrebbe superato la notte e di cui non sapeva nulla?

Doveva salvarla.

L'aveva presa tra le braccia nel preciso istante in cui era svenuta, sopraffatta dalla perdita di sangue e dal veleno.

Chi aveva osato ridurre una simile bellezza in quelle condizioni?

Aveva disinfettato le ferite e le aveva trattate con erbe medicinali demoniache ma Daiki sapeva di doverla portare assolutamente a corte.

Non conosceva la sua identità, ma non voleva rischiare di affidarsi ad un curatore locale incapace quando a corte avrebbe potuto godere dei migliori trattamenti.

Considerando la quantità di sangue sulle vesti, Daiki comprese di non avere molto tempo a disposizione quindi la prese tra le braccia e volò via, sotto forma di sfera di energia, arrivando in pochissimo tempo presso il magnifico Castello dei Sovrani dell'Est.

Suo padre, Re Akihito, gli si sedette accanto mentre i servitori di palazzo cercavano in tutti i modi di salvare quella sfortunata mortale.

-Viene da molto lontano, quella ningen.-

Lui annuì.

-Avresti potuto dirmelo, non ti avrei diseredato.-

Guardò suo padre negli occhi e ridacchiò sprezzante. -Non ti ho nascosto nulla, non so neppure il suo nome. Eppure..-

Si portò una mano al petto ed il padre parve capire immediatamente la situazione, tant'è che posò una mano sulla sua spalla e gli rimase accanto per tutta la notte.



Daiki uscì dal corpo di Naraku accanto a Sesshomaru, certo che ormai non vi fosse più nulla da fare.

Ora è una battaglia tra anime, tocca alla sacerdotessa porre fine alla storia.

Ripose la spada nel fodero e sospirò esausto ma quando si voltò a guardare lo scempio che era il corpo del ragno, maledisse sua moglie e cominciò a cercarla freneticamente.

Nonostante apparisse come una demone, la sua anima era rimasta colma di sentimenti umani e la predisposizione a mettersi nei guai era un tratto assolutamente ningen.

Infondo, l'amava anche per quello.

Nonostante tutto quello che hai subito, trovi sempre il coraggio per difendere gli innocenti.

La trovò frapposta tra il villaggio umano e il corpo in decadenza, con le braccia alzate al cielo ed intenta a governare una quantità infinita di vegetali per cercare di evitare il disastro.

Daiki la fissò ammaliato: con i capelli scompigliati e sporchi, le vesti occidentali colme di sangue nero e la pelle lucente di sudore era una visione al dir poco sublime.

Gli occhi poi, brillanti e determinati, erano quanto di più bello avesse mai visto.

Adorava Vibeke in qualunque sua forma e apprezzava la regalità che mostrava nel muoversi elegante e silenziosa a palazzo, ma era sul campo di battaglia che ella dava il meglio di sé e diventava la creatura degna di venerazione che era.

Determinata. Colma di vita.

Vibeke, battaglia. Forse tuo padre non ha sbagliato a donarti un simile nome.

Atterrò al suo fianco, pronto a prenderla tra le braccia e salvarla nel caso in cui le fossero mancate le forze e poco dopo vennero raggiunti anche da Inuyasha e la sacerdotessa ningen.

-Appena Vi darò il segnale, lasciate andare il corpo e mettetevi in salvo. Ci penseranno le mie frecce.-

Sua moglie aumentò il numero di vegetali cercando di bloccare l'avanzata dell'ammasso di carni per dare tempo a Kagome di individuare il bersaglio da colpire.

Avanti, mocciosa ningen.

-Lasciatelo andare, ora so dove colpire.-

Ogni singola liana si ritirò, sparendo alla loro vista con una velocità inaudita e Vibeke cadde in ginocchio incapace quasi di riprendere fiato.

Daiki si alzò in volo con la bionda tra le braccia e portò con sé anche l'arma che un tempo era stata di sua madre.

-Sei stata stupenda, mia regina.-

La sentì rilassarsi completamente mentre un leggero sorriso soddisfatto le piegava le labbra piene.

-È tutto finito?-

Il demone guardò verso terra mentre la sacerdotessa purificava l'intero ammasso di miasma, ormai collassato a terra.

Le baciò con devozione il capo. -Si, è tutto finito.-

Naraku è morto.



-Quel monaco non capisce nulla, Signor Sesshomaru.-

Il demone aveva guardato la bambina con interesse, spingendola a continuare.

-Intendo dire, io vi seguo perchè lo voglio.-

Sesshomaru annuì appena, consapevole che la bimba dicesse la verità.

-Secondo voi, perchè quel monaco ci teneva tanto a tenere distanti umani e demoni?-

Jaken aveva sbuffato scocciato ed era intervenuto. -Ovviamente perchè voi ningen siete un peso per noi demoni, inoltre il tempo scorre in modo diverso. Quando tu sarai vecchia, il Signor Sesshomaru probabilmente non sarà invecchiato di un anno nell'aspetto.-

Rin aveva allora abbassato il capo. -Signor Sesshomaru, potrò seguirvi anche quando sarò vecchia?-

Il demone bianco anticipò il kappa ed annuì. -Se sarà un tuo desiderio, potrai.-

La bambina aveva sorriso mentre Jaken aveva stampata in volto l'aria più scioccata che avesse mai visto. Lo spedì a prendere Ah-Un per salvarlo dalla sua ira.

-Terrete sempre conto della mia volontà?-

L'aveva guardata dritta negli occhi senza dubbi riguardo alla risposta. -Lo giuro.-

Lei sorrise felice, poi poggiò il mazzo di fiori che teneva in mano davanti ad una piccola pietra che portava il nome di una donna.

-Quando morirò, voi vi dimenticherete di me?-

Lui aveva sgranato gli occhi, colpito dal pensiero che quella bambina presto sarebbe cresciuta, invecchiata e morta.

Non aveva mai collegato la natura ningen di Rin all'idea della morte, ma in quel preciso istante la consapevolezza del poco tempo che avevano a disposizione lo spinse a giurare a sé stesso che avrebbe trovato un modo, qualsiasi modo, per tenerla con sé per l'eternità.

-Non dire sciocchezze.-



Sesshomaru conosceva da sempre quei sentimenti ma ora che sapeva dar loro un nome, gli pareva quasi di viverli più intensamente.

Dolore, timore di perdere qualcuno a cui si tiene.

Perdita.

Era inevitabile e non si sarebbe opposto, ma il solo pensiero di dover lasciare Rin in un villaggio umano gli gelava il petto.

Era la cosa migliore da fare.

La bambina doveva crescere, imparare a fare pace con la sua specie e soprattutto capire quali e quante possibilità la vita le avrebbe donato, oltre a Sesshomaru.

Quando il tempo verrà, sarà lei a decidere.

I festeggiamenti per la morte di Naraku si erano prolungati per quasi tutta la notte, al villaggio di Musashi, nonostante Inuyasha e Kagome fossero spariti nel Meido.

I ningen infondo sono egoisti, ora che sanno di essere salvi non gl'importa d'altro.

Rin, nonostante fosse stata invitata più volte a sedere attorno al grande falò e a mangiare con gli altri bambini, era stata tutto il tempo attaccata alla sua mokomoko e si era nutrita solo quando Vibeke, dopo una bella dormita, le aveva messo sotto il naso un piatto fumante e colmo di carne, riso e pesce.

Aveva riso, cantato e mangiato tanto da scoppiare ma non aveva mai lasciato il suo fianco.

Rin sapeva, non vi erano dubbi.

Aveva faticato a farla entrare nella capanna della vecchia sacerdotessa per farla riposare e quando la sua protetta aveva mostrato le prime gemme di lacrime, Sesshomaru aveva dato la sua parola di principe che al suo risveglio lui sarebbe stato lì, esattamente dove era ora, in piedi con la schiena poggiata alla capanna della Miko.

Puntò lo sguardo al cielo e sospirò, la luna crescente quella notte non era particolarmente attraente.

Ha la stessa forma del Meido di quell'impiastro. Chissà se lui..

Bloccò immediatamente qualunque pensiero avesse cercato di formarsi nella sua testa e ringraziò chiunque avesse deciso di uscire dalla capanna per la distrazione data.

Vibeke..

L'umana sorrise appena e chinò leggermente il capo, in segno di rispetto.

Il demone la osservò con attenzione e notò subito come avesse completamente riacquisito le forze ed un colorito sano; non potè tuttavia impedirsi di alzare un sopracciglio al grezzo kimono che era stata costretta ad indossare.

Vibeke era nata principessa, nel sangue e nell'aspetto, e avrebbe meritato solo gli abiti migliori; vederla indossare un tessuto così modesto era quasi un'onta che avrebbe meritato di essere lavata col sangue.

-Oh, non guardarmi così. Le donne del villaggio si sono adoperate con tutte le loro forze per trovarmi un kimono decente. Manderò loro stoffe pregiate, una volta tornata al palazzo.-

Il demone bianco non disse nulla.

L'umana gli si avvicinò. -Rin si è addormentata e Jaken con lei. Era esausta, povera piccola.-

L'immortale annuì appena, la Regina delle Terre dell'Est sorrise.

-La lascerai qui?-

Lui annuì nuovamente, distogliendo lo sguardo.

-Starà bene, crescerà bene.-

Crescerà lontana da me.

Non aveva voglia di sentire chiacchiere inutili, la scelta era stata fatta e lui sapeva che era la migliore in assoluto ma parlarne, esternare quello che aveva dentro, era qualcosa che era assolutamente incapace di fare.

E non aveva intenzione di cominciare quella sera con una ningen, in un villaggio di ningen.

Decise allora di vertere l'attenzione dell'umana verso il futuro, verso il rito che ella stessa si era impegnata a compiere su di Rin se questa avesse deciso di stargli accanto.

-Il rito. Come funziona?-

Vibeke si coprì velocemente le labbra con una mano, sbadigliando con delicatezza.

-Non è ancora giunto il tempo per parlare di questo ma ti prometto che quando potrò dirti tutto, lo farò. So che non ti è chiaro perchè io mi sia proposta senza remore, ma un giorno tutto sarà ovvio. Fino ad allora, lasciamola crescere serena e felice, senza preoccupazioni inutili. Dovrà scegliere con sincerità e dovrà essere convinta con tutta sé stessa che quella sia l'unica strada per lei percorribile. Strade come quella che ho percorso io ti divorano il cuore se vi è anche solo un accenno di tentennamento.-

Non ha intenzione di dire altro, per il momento. Va bene così, per ora.

La osservò rientrare nella piccola capanna con più dubbi di quanti ne avesse prima.

Cosa dovrà subire?

Che strada dovrà percorrere?

Vale la pena tormentarle il cuore invece di accettare la sua natura ningen?

Sarebbe presto sorta l'alba ma si augurò che il sole ritardasse almeno un po' la sua salita, lasciandolo lì un po' di più, a percepire il respiro sereno della piccola ningen che aveva accolto sotto la sua ala.

Non era mentalmente pronto a dire addio a quel piccolo ammasso di carni mortali, tanto colmo di amore, e gioia, e vitalità da averlo inizialmente stordito e poi deliziato.

Avrebbe ripreso a viaggiare con Jaken e le sue domande troppo curiose, senza più canzoni e filastrocche ad alleggerire la tensione, avrebbe dovuto dire addio anche ai mille e più mazzetti di fiori di campo che la bambina coglieva e gli dedicava, niente più risa genuine a fargli staccare la mente dalle sue strategie militari.

Nessun cucciolo di ningen per cui cacciare o a cui portare qualche frutto dopo una lunga battaglia, nessuna bambina fradicia di neve da avvolgere nella mokomoko dopo i suoi giochi infantili.

La vita, senza Rin, pareva più grigia e triste di quel che ricordava.

Il primo raggio di sole apparve timido, cominciando a scaldare il colore del cielo.

È arrivato il momento.

Poco dopo una piccola testolina fece capolino dalla spessa tenda che riparava l'uscio della modesta abitazione, gli occhioni assonnati ci misero qualche istante prima di metterlo a fuoco e poi Rin sorrise, rasserenata.

-Avete mantenuto la promessa, buongiorno Signor Sesshomaru.-

-Vieni Rin, dobbiamo parlare.-

Era sveglia, la piccola ningen.

Lo era abbastanza da concedergli di allontanarsi di qualche passo dal villaggio, prima di anticiparlo.

-Volete lasciarmi qui, Sesshomaru?-

No.

-Si.-

Gli occhi della bambina si riempirono immediatamente di lacrime dal profumo acre, più disperate di quelle piante nel corpo di Naraku.

-Avevate promesso di rispettare la mia volontà.-

La cosa giusta non corrisponde a quello che vuoi, un giorno capirai.

Un giorno, se vorrai, ci riuniremo.

-Non sto infrangendo quel giuramento.-

-No?-

La fulminò con lo sguardo, quel tono inquisitorio non gli piacque neanche un po'.

Lei, realizzando lo sbaglio commesso, chiuse gli occhi e lo abbracciò con forza singhiozzando tanto forte da non riuscire quasi a respirare.

-Mi dispiace per come vi ho risposto, Signor Sesshomaru. Ho forse sbagliato qualcosa? Sono diventata un peso?-

Le carezzò appena una guancia, asciungandole un paio di lacrime.

-Voglio solo che tu impari a stare coi tuoi simili, Rin. Non ti sto abbandonando.-

-E se io non volessi?-

Sesshomaru si lasciò scappare un sospiro. -Quello che vuoi e quello che è giusto sono attualmente due cose ben distinte.-

Lei si strinse maggiormente a lui, stringendo tra i pugni il suo kimono e scoppiando in un pianto anche peggiore.

-Non sto rompendo il mio giuramento.-

La bambina a quelle parole sgranò gli occhi e lo fissò stupita. -Sul serio?-

Lui annuì. -Tornerò quando sarai più grande. Imparerai a leggere e a scrivere, imparerai a stare tra gli umani e quando il tempo sarà giusto, sceglierai cosa fare della tua vita.-

Lei sorrise. -Potrò tornare a viaggiare con voi, Sesshomaru?-

Quella è la mia unica speranza.

-Se lo desidererai, si.-

Rin sorrise e si asciugò le lacrime con la manica del kimono. -Verrete a trovarmi, qui al villaggio?-

Distese le labbra, sereno. -Tutte le volte che potrò.-

La bambina lasciò la presa sul suo kimono e lui si rialzò, pronto ad andarsene.

Le diede le spalle a malincuore, ma non poteva avere ripensamenti.

Le necessità di Rin verranno sempre prima delle mie.

Sapeva che la vecchia sacerdotessa l'avrebbe accolta volentieri, aveva dato il compito a Jaken di parlarci e lei si era assunta l'incarico senza problemi, già colma di affetto per quel cucciolo.

-Signor Sesshomaru?-

Voltò appena il capo in direzione della bambina che ora sorrideva, anche se addolorata.

-Potrò seguirvi anche quando sarò vecchia?-

Si lasciò andare ad un sorriso sincero, rivolto solo a lei.

-Se sarà un tuo desiderio, potrai.-

La osservò ridacchiare emozionata.

-Venite a trovarmi presto, Signor Sesshomaru! Mi mancherete.-

Mi mancherai anche tu.

Spiccò il volo con il piccolo kappa attaccato alla mokomoko, sicuro che quella temporanea separazione avrebbe dato frutti stupefacenti.

Aveva un paio di avversari da sistemare e poi sarebbe tornato a corte, pronto a prendere le redini di un regno che gli spettava ma che per troppo tempo aveva lasciato nelle mani di sua madre.

Rin sarebbe cresciuta, sarebbe maturata e avrebbe avuto la libertà che meritava per sviluppare lo spirito.

Sarebbe diventata stupenda.



Non sapevamo cosa ci avrebbe riservato il futuro, ma di una cosa eravamo entrambi indissolubilmente certi: ci saremo rivisti.

E quel pensiero ci bastò.

-Rin-





Eccomi di nuovo, sono tornata!

Come state?

Questo capitolo è stato una faticaccia mostruosa ma ne sono molto soddisfatta.

Pronti a vedere cosa riserverà il futuro ai nostri amati?

Volevo spendere qualche istante a ringraziare tutti quelli che dedicano il loro tempo a leggere questa storia, recensirla e metterla tra le seguite/preferite.

Le vostre parole e la vostra presenza significano così tanto per me, sul serio.

Vi adoro!



Alla prossima!

_Lady Cassiopeia_







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