Magisterium - 1962

di Signorina Granger
(/viewuser.php?uid=864554)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Scelta OC ***
Capitolo 3: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 10 - I ***
Capitolo 13: *** Capitolo 10 - II ***
Capitolo 14: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 22: *** Caoitolo 19 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 26: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 27: *** Capitolo 24 ***
Capitolo 28: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo 

 
31 Agosto 1962, Londra


SEAN, VIENI SUBITO A METTERE A POSTO LE SCARPE CHE HAI LASCIATO IN MEZZO AL PIANEROTTOLO!”

Charlotte Selwyn in Cavendish era in piedi davanti alle scale, le mani sui fianchi mentre aspettava di ricevere una risposta dal figlio, o almeno qualche segno che l’avesse sentita.
Poco dopo dei passi sulle scale le fecero capire che il ragazzo aveva recepito il messaggio e Sean, sbuffando debolmente, fece la sua comparsa in cima alla rampa:

“Chissà perché quando qualcosa è in disordine è sempre colpa mia, mamma.”
“Sono scarpe da uomo, di chi dovrebbero essere, mie o di tua sorella forse?!”
“Va bene, scusa, le ho dimenticate! Accio.”

Il ragazzo le appellò con un pigro colpo di bacchetta, facendo sfrecciare le scarpe dritte tra le sue braccia mentre l’Auror, soddisfatta, sorrideva debolmente:

“Così va meglio. Hai finito di preparare il baule?”
“Mh, no.”
“No?! Partite domani, quando pensi di finire i bagagli?!”
“Mamma, sono le cinque, c’è tempo!”

“Io ho già finito mamma!”
Camille, che sfoggiava un sorriso compiaciuto sul volto, fece la sua comparsa sul pianerottolo e si avvicinò alla madre, che le sorrise mentre Sean, dalle scale, rivolgeva un’occhiata torva alla sorella minore:

“Brava Cami, peccato che tuo fratello sia orribilmente procastinatore.”
“Grazie per l’aiuto Cami.”
“Di nulla, se vuoi posso aiutarti con il baule!”
La ragazzina sorrise al fratello, che però non la imitò e si limitò a sbuffare debolmente mentre girava sui tacchi per tornare al piano di sopra, in camera sua:

“No, ti ringrazio.”


“Quanto scommetti che si ritroverà con l’acqua alla gola domani mattina alle nove e mezza?”
“Mamma, anche la siepe dei vicini sa che andrà così.”


*


Sussex


Con il passare degli anni, Adela Grayfall – nata Quested – aveva imparato a gestire al meglio, per quanto fosse possibile, il giorno che precedeva la partenza dei figli per la scuola: aveva avuto ben sei figli e quell’anno la quinta, Silvy, sarebbe partita per il suo ultimo anno ad Hogwarts… ciò significava che quello era uno degli ultimi anni in cui avrebbe dovuto sorbire la baraonda che caratterizzava i preparativi per la partenza, che fortunatamente quell’anno riguardavano solo i suoi due figli minori.

“CHI HA PRESO LA MIA SCARPA BLU?!”
“NON IOO!”
“IO L’HO VISTA NEL CASSETTO DI DALIA L’ULTIMA VOLTA!”
“DALIA, RIDAMMELA SUBITO!”
“QUEEN, SEI LA SOLITA SPIONA!”


Adela sedeva sul divano del salotto, una tazza di thè in mano. Pazienza, solo un altro po’ di pazienza, poi ne avrebbe dovuti gestire solo quattro. 
Quasi rimpiangeva gli anni in cui erano andati a scuola tutti contemporaneamente, o quasi. 

“MAMMA, non trovo le mie cravatte!”

La voce di Karlos, il più piccolo, la fece sospirare debolmente, appoggiando la tazza sul piattino prima di parlare:

“Dovrebbero essere in camera tua, altrimenti chiedi ad una delle tue sorelle di appellarle.”
“Silvy, non puoi portare ad Hogwarts la Pozione anti-crepo, mi serve!”
“Compratene un flacone, serve anche a me!”

“Ma tu non hai i capelli crespi!”
“Dopo averli lavati sì! Mamma, puoi dire ad India che mi serve la Pozione e che lei può comprarne un’altra a Diagon Alley?!”

“India, lasciala a tua sorella. Merlino, quanta pazienza…”
“Suvvia cara, tra poche ore sarà tutto finito anche per quest’anno.”  La voce del marito servì come sempre a rincuorarla, e Adela sorrise appena mentre sentiva dei passi avvicinarsi prima che Hector si fermasse dietro al divano e si chinasse per lasciarle un bacio su una guancia e una carezza sulla spalla:

“La tua calma zen è ammirevole, tesoro.”
“Ormai ho imparato… mi consolo pensando che al momento CeCe sarà nella mia stessa situazione, con ogni probabilità.”

“MAMMA, non hai stirato il mio maglione preferito!”
“Mamma, ho finito i calzini!”

“E il dentifricio dov’è?!”


“Hector, io ti avviso, l’anno prossimo quando Karlos partirà per il sesto anno io sarò in India a prendere il sole.”


*


“PAPÀ, puoi dire alla mamma che mi servono gli assorbenti?!”
“Ma perché queste cose non potete dirvele tra di voi invece di mettermi in mezzo?!”
“Dai! Sono in ritardo con i preparativi!”

Millie, che stava accatastando un pila di vestiti nel baule, rivolse uno sguardo implorante al padre, che come da manuale sospirò ma annuì, attraversando il corridoio per raggiungere le scale e parlare a voce alta affinché la moglie lo sentisse:

“Iphe, servono gli assorbenti!”
“A chi?!”
“A David! A chi vuoi che servano, a Millie!”
“Dille che li ho comprati ieri, glieli ho lasciati apposta in camera sua, ma qui nessuno usa gli occhi a quanto pare!”

“MILLIE, SONO IN CAMERA TUA!”
“Ma io non li trovo… mamma, ti dico che non ci sono!”


Sentendo la replica della figlia minore Iphigenia alzò gli occhi al cielo, alzandosi dal tavolo della cucina dove stava cercando di lavorare per salire le scale e raggiungere la camera della figlia a passo di marcia, certa che avrebbe impiegato 0,2 secondi a trovare gli assorbenti. 
Nel farlo s’imbatté in David, che stava gironzolando per casa con le mani in tasca e il naso per aria, senza far nulla:

“Dave, hai preparato il baule?”
“Sì.”

Il ragazzo si strinse nelle spalle e la madre, poco convinta, gli si parò davanti con le mani sui fianchi e lo sguardo inquisitorio:

“Ah sì? Fammi vedere. Anzi, prima recupero gli assorbenti per la tua sorella cieca… MILLIE, LI VEDO DA QUI, POSSIBILE CHE NON LI TROVI?!”
“Ahhh, è vero… grazie!”


Iphigenia, roteando gli occhi, entrò quindi in camera del figlio per controllare… restando di stucco quando si trovò davanti ad un baule mezzo vuoto:

“Dave, devi stare via fino a fine Giugno, non fino ad Halloween! Non puoi partire con solo quattro magliette!”
“Ma mamma, poi le lavo, a cosa serve portarne mille…”
“Ma se confondi la farina con il borotalco, che bucato vorresti fare?! Ecco, portati anche altri due pigiami.”
“Ma non li uso!”
“Se ti ammali li userai, avrai freddo.”
“Ma non mi ammalo mai!”
“Può sempre succedere! E porta roba pesante, ti ricordo che non andrai a fare un safari… ah, uomini.”


Iphigenia alzò gli occhi al cielo mentre, sfoderata la bacchetta, appellava una sfilza di camicie e maglioni pesanti che planarono nel baule del ragazzo, che dal canto suo seguì la scena con la fronte aggrottata:

“Non ho mai visto quei vestiti in vita mia.”
“Certo, perché li ho comprati io la settimana scorsa! Se non ci fosse vostra madre qui morireste tutti di fame e di sete, figuriamoci pensare ai vestiti! E ora aiuta tua sorella a trovare il suo gatto, se non trovava gli assorbenti che avevo messo sulla scrivania non vedo come potrebbe trovare Pepper!”


*


Regan Carsen se ne stava comodamente seduto sul divano con l’ultimo numero della Gazzetta del Profeta tra le mani mentre, da qualche parte all’interno della casa, sua moglie stava sgridando uno dei figli per essere in ritardo con il baule.

E il pozionista non poteva che gioie segretamente visto che, per una volta, l’oggetto dei rimproveri non era lui, ma la sua prole.
Senti dei passi alle sue spalle e un attimo dopo la sua primogenita Sì lasciò scivolare accanto a lui sul divano, rannicchiandosi sulla sua spalla mentre il padre, dopo averle sistemato istintivamente un braccio sulle spalle, le accarezzava distrattamente i capelli biondi.
Per un attimo nessuno dei due parlò e l’unico rumore fu la voce di Stephanie, poi Regan disse qualcosa a mezza voce:

“Con chi se la sta prendendo tua madre?”
“Andrew. Sostiene che sia un ritardatario cronico e che abbia preso da qualcuno…”
“Krys è pronta?”
“L’ho aiutata io.”
“Brava la mia ragazza.”

Regan si voltò leggermente per lasciare un bacio sulla nuca della ragazza, che abbozzò un sorriso prima di parlare a bassa voce mentre giocherellava con un bottone della sua camicia:

“Mi mancherai papà.”
“Anche tu tesoro. Sei davvero sicura di voler andare fin lì? Non sarà poco sicuro?”
“Papà, rilassati, andrà tutto bene, vado in una scuola, non in una foresta!”

“Beh, chiederò comunque a Sean di tenerti d’occhio.”
“Papà, sono IO che tengo d’occhio Sean, casomai!”


*


Romania 


“Tesoro, hai bisogno di una mano? … hai già finito?”

Katherine strabuzzò gli occhi quando scorse la figlia minore seduta sul suo letto, impegnata a leggere, con il baule già chiuso ai piedi del letto e la stanza completamente in ordine.
La ragazza alzò lo sguardo sulla madre e si strinse nelle spalle con noncuranza prima di parlare, annuendo debolmente: 

“È la settima volta che mi preparo per la scuola, sarebbe grave se ci mettessi molto.”
“Non farti sentire dalle tue sorelle, loro ci impiegavano secoli… Sono molto fiera di te piccola, anche se da me non hai preso.”

“Su questo non ci piove!”
Katja ridacchio al sentire la voce del padre nel corridoio, ma la madre non la imitò e si voltò invece per fulminare il marito con lo sguardo, suggerendogli caldamente di pensare ai fatti propri invece di fare commenti non richiesti.

“Pensavo di scrivere a Graham adesso… sono sicura che lui è in ritardo.”
“È figlio di suo padre dopotutto, non possiamo pretendere molto. Ah, Katja?”

Katherine stava per uscire dalla stanza della figlia quando si voltò, indugiando sulla soglia per rivolgersi un’ultima volta alla ragazza, che le rivolse un’occhiata interrogativa dal suo letto:

“… Per favore, tienilo d’occhio a scuola.”
“Farò in modo che sopravviva, non preoccuparti. Sarà divertente!”


*

Hamptons, Stato di New York


Aurora marciò fino ad una delle porte sul retro della villa per raggiungere la piscina, sul cui bordo un ragazzo stava sonnecchiando placidamente prendendo il sole. 
Ma il suo riposo non avrebbe avuto vita ancora molto lunga, a giudicare dalle intenzioni della madre, che si piantò accanto alla sua sdraio con le mani sui fianchi prima di sbraitare a gran voce:

“JOHN. Pensi di poltrire ancora per molto mentre le tue cose ti stanno aspettando sparse in camera tua come se fosse esplosa una bomba?!”
“Mamma, domani torno a scuola, mi sto godendo gli ultimi momenti di relax!”
“Ti sei rilassato abbastanza quest’estate, per fortuna ora tornerai a fare qualcosa di costruttivo… su, alzati e prepara I bagagli!”

“Non possiamo chiedere di farlo a…”
“Non sfrutterai un elfo, John. Perciò ti consiglio vivamente di alzarti e andare a mettere a posto la tua camera. Domani quando tu e Edith tornerete a scuola partiremo anche io e tuo padre per tornare a casa nel Connecticut, stiamo tutti preparando le valigie tranne te!”

“Lascialo fare mamma, deve avere un’abbronzatura impeccabile o non avrà uno stuolo di oche ai suoi piedi!”
Quando sentì la voce della sorella minore John sbuffò, levandosi gli occhiali da sole per rivolgere un’occhiata torva ad Edith, che superò madre e fratello con un sorrisetto divertito sul volto:

“Pensa ai fatti tuoi, Edith, almeno IO non sono pallido come un vampiro! Non stavi preparando la valigia?”
“Già finito, saputello.”

La ragazzina si strinse nelle spalle prima di tornare dentro casa con nonchalance, inducendo il maggiore a sospirare:
“Bene, d’accordo…” John sbuffò debolmente ma si alzò, obbedendo mentre la madre abbozzava un sorriso soddisfatto e girava sui tacchi per tornare dentro casa, seguendo la figlia’.

“Ma ti prego, non trattarmi come se stessi per andarmene di casa per la prima volta, so benissimo cosa devo fare.”

“Oh, questo lo vedo. E porta le cose pesanti che ti ho comprato e quelle che ho fatto portare da casa, non farà caldo a Durmstrang!”


*


1 Settembre, King’s Cross


“Mi raccomando, scrivici quando arrivate a Durmstrang. E se c’è qualcosa che non va faccelo sapere.”
“Rilassati mamma, andrà tutto bene.”

Virginia rivolse un sorriso allegro alla madre quando ebbe sciolto l’abbraccio, ma Evangeline non la imitò e rivolse alla figlia minore uno sguardo preoccupato mentre, dietro di lei, il primogenito le metteva una mano sulla spalla come a volerla rincuorare:

“Mamma, Vivi ha ragione, andrà tutto bene. È pur sempre una scuola!”
“Sì, ma è Durmstrang! Non saprò nemmeno dove ti troverai!”
“Mamma, ho scelto io di farlo, ok? Nessuno mi ha costretta e non sarò certo sola, ci saranno molti miei amici.”

“Tesoro, dalle retta, ormai è grande, sa quello che fa.”

Jack rivolse un sorriso gentile alla moglie e alla fine Evie annuì, sospirando prima di farle cenno di salire sulla locomotiva che sarebbe partita a breve per Hogwarts:

“Va bene, ora va’, goditi il tuo ultimo viaggio per Hogwarts. Ma tienici aggiornati, ok?!”
“Tranquilla, lo farò, promesso. Ciao ragazzi.”

Virginia sorrise ai fratelli maggiori prima di coinvolgere i gemelli in un doppio abbraccio, udendo distintamente le parole che Claude le sussurrò all’orecchio:

“Scrivi, mi raccomando, altrimenti la mamma avrà crisi di nervi ogni settimana.”
“Lo farò, te l’assicuro. Mi mancherete!”
“Ci mancherai anche tu, piccola.”

Berenice sorrise alla sorella minore e Virginia, dopo aver rivolto un ultimo sorriso anche al padre, girò sui tacchi per salire sull’Espresso per Hogwarts e raggiungere lo scompartimento dove aveva lasciato il baule poco prima con l’aiuto di Claude, affacciandosi comunque dal finestrino per salutare la famiglia un’ultima vola:

“Mi raccomando ragazzi, tenete d’occhio quei due!”
“Quei due saremmo noi, Jack?!”
“Pare di sì.”

“Già, prima o poi con le vostre assurde competizioni finirete per dare fuoco alla casa…”


*



“Voglio essere chiara. A Durmstrang non sono come ad Hogwarts, Graham, quindi vedi di non combinare scemenze e di mettersi nei guai, ho la sensazione che lì saranno molto meno clementi!”
“Va bene mamma, farò il bravo, promesso.”

“Non voglio dire che devi fare il bravo tesoro, voglio dire che se devi fare scemenze devi fare in modo di non farti beccare!”

Elena scosse il capo, guardando il figlio minore come se a volerlo ammonire di dovergli sempre insegnare tutto mentre, alle sue spalle, le figlie ridacchiavano, Gale sorrideva con aria divertita e Gabriel alzava gli occhi al cielo.

“Tesoro, forse sarebbe meglio se a Durmstrang tenesse un profilo basso e basta.”
“Sì, beh, in ogni caso impegnati e sopratutto dai retta a Katja, lei studia lì da sempre quindi fa’ come ti dice, intesi?”
“Sì mamma.”
“Bravo. E ora abbracciami.”

Graham alzò gli occhi al cielo ma non osò replicare e strinse la madre – ormai più bassa di lui di diversi cm – tra le braccia prima di incrociare lo sguardo del padre, che gli suggerì di comportarsi bene per non farla preoccupare.

“Mi mancherai!”
“Sì, mamma, anche voi…”

“Elly, tesoro, rilassati, non è più un bambino e sa il fatto suo.”
“Ma sta per andare nelle lande desolate del Nord, chissà dove, con chissà chi, chissà cosa gli faranno, se maltrattano il mio ragazzo li prendo a sassate!”

“Mamma è una scuola, non un carcere di massima sicurezza!”
“Appunto, non vado mica ad Azkaban in scambio culturale!”

“Beh, io non mi fido comunque dei crucchi.”
“Guarda che per la maggior parte non sono tedeschi…”

“Dettagli. Chiederò a Kat di dirmi tutto quello che sa su quel posto, sì, è meglio.”

Elly annuì, autoconvincendosi che fosse una buona idea mene l’ultimogenito alzava gli occhi al cielo, sperando vivamente che la “zia” tranquillizzasse la madre.

“Bene, ora vado… ci vediamo, famiglia.”

“Aspetta ragazzino, non ci saluti per bene?!”

Eleanor, la maggiore, inarcò un sopracciglio e fece cenno al fratellino di avvicinarsi, stringendolo in un abbraccio a cui si unì anche Eloise mentre Gale si limitò a dargli una pacca sulla spalla:

“Tranquillo, terremo noi tranquilla la mamma.”
“Lo spero.”
“Guardate che vi sento, non sono sorda!”

“Mamma, sappiamo che non sei ancora così vecchia!”
“VECCHIA?! Ma quanti anni pensate che abbia?! Io all’età di Ele ero già sposata e con figli, tanto perché lo sappiate!”

Di fronte alla protesta della madre Graham sfoggiò una piccola smorfia, evitando accuratamente di informarla che fin da piccolo doveva sorbirsi gli apprezzamenti dei suoi amici nei suoi confronti.

“Gale scherzava, mamma. Bene, ora devo proprio andare, vado a cercare Sean.”
“Divertiti!”
“Ma non troppo! E non farti beccare, impara dai tuoi genitori!”

“Non so quanto giusto sia questo esempio, amore…”
“Bah, se non altro noi eravamo bravi a non farci beccare!”


*


“D’accordo ragazze, ora dovete andare… comportatevi bene, seguite le regole e sopratutto finché resterà ad Hogwarts anche lui ascoltate vostro fratello.”
“Non è giusto, l’anno in cui andiamo ad Hogwarts lui va via!”

“In effetti il tempismo è pessimo, ma per i primi due mesi resterà ad Hogwarts, così vi aiuterà ad ambientarvi. Ok?”

Jade sorrise gentilmente alle figlie minori, che annuirono con aria cupa mentre Timothy teneva una mano sulla spalla di entrambe, sorridendo alle sorelline con aria incoraggiante:


“Fidatevi, alla fine sarete felici di non avermi intorno.”

“E ne abbiamo già parlato: se non finirete nella stessa Casa non importa, non fate scenate, sarà l’occasione per fare amicizia, ok?”

“Sì papà.” Megan annuì, poco convinta, alle parole del padre prima di abbracciare Thomas, imitata ben presto dalla gemella mentre Tim le osservava con affetto.

“Un po’ mi spiace perdermi il loro primo anno… ma era una bella opportunità.”
“Certo che lo è, hai fatto bene a prenderne parte. Solo, fai attenzione, ok?”

“Certo mamma.”  Tim annuì, sorridendo alla madre prima di abbracciarla, lasciando che la donna gli desse un bacio su una guancia prima di sospirare, guardandolo quasi con aria malinconica:

“Non riesco a credere che tu sia già arrivato al tuo ultimo anno, sembra ieri quando ti ho conosciuto e mi chiedevi di far volare i tuoi giocattoli. Eri così dolce.”
“Perché, ora non lo sono più?”
“No, certo, lo sei ancora.”

Jade sorrise al figlio e il ragazzo la imitò prima di suggerire alle gemelle di seguirlo sul treno per trovare posto, annunciando che sarebbe andato a cercare David prima di rivolgere un ultimo saluto ai genitori.

“Ci vediamo a Natale, credo… e tranquilli, per le prime settimane a loro penso io.”
“Grazie al cielo… com’è che quelle due sono dei tornadi e lui è molto più coscienzioso?”

“Sarà il tuo gene Jad- Ahia!”


*


“Non fare quella faccia papà, starò benissimo!”

Julie rivolse un sorriso allegro al padre mentre, accanto a lei, Conrad si lamentava del fatto che sarebbe potuto andare a scuola solo l’anno dopo e avrebbe passato altri mesi a casa da solo ed Edward e George confabulavano programmando chissà quali disastri per il banchetto d’inizio anno sotto lo sguardo sospettoso della madre, che si rivolse ad Elliott senza tante cerimonie:

“Tesoro, tua sorella passerà la maggior parte dell’anno a Durmstrang, ergo, il compito di controllare tutti gli altri spetta a te.”
“Lo so mamma… Emily è la mia sorellina e quindi è una mia responsabilità.”
“E disgraziatamente per te lo sono anche quei due scapestrati che hai per gemelli. Ma cosa avrò sbagliato con quei due…”

“Mamma, guarda che ti sentiamo!”
“Già!”
“Tanto meglio allora!”

Mentre Sarah ammoniva i due di comportarsi bene per dare il buon esempio ai fratelli minori e Emily si scambiava un’occhiata esasperata con Elliott Axel sorrise alla figlia maggiore, sistemandole i capelli scuri prima di parlare con tono dolce:

“Lo so, sei una ragazza sveglia dopotutto, e so che non ti metteresti mai nei guai.”
“Tranquillo, terremo a bada anche Graham, gli impediremo di mettersi nei guai persino oltre la Manica.”

“Non ne sarei così sicuro essendoci passato in prima persona con sua madre, ma apprezzo lo sforzo. Ti voglio bene.”
“Anche io.”







……………………………………………………………………………
Angolo Autrice:

Dopo aver scritto una storia sui figli degli OC di “Magisterium” eccomi con una che verterà sui figli dei compagni di scuola e dei Prof stessi della prima storia… in pratica, la storia si colloca tra Magisterium – 1933 e e Act II. 
La differenza è che questa volta i figli degli OC verranno creati non da me ma dalle autrici dei vecchi personaggi, se vorranno partecipare… (ovviamente possono partecipare con personaggi del tutto nuovi anche persone che non hanno preso parte a Magisterium – 1933) 
La seconda parte del Prologo presenterà anche gli altri “figli” che compariranno nella storia, intanto la lista è questa:

-    Rose Carsen
-    Graham Greengrass
-    David Maguire
-    Silvy Grayfall
-    Virginia Keegan
-    John Carrington
-    Timothy Russell
-    Alexander Parker 
-    Julie Farrel
-    Katja Smirnov 

Ovviamente in caso l’OC sia figlio di una coppia consiglio alle due autrici di mettersi d’accordo o, nel caso una delle due abbia avuto due personaggi in Magisterium – 1933, di creare il figlio/figlia dell’altro personaggio. E partecipare non è obbligatorio, in caso i personaggi citati nella lista non faranno semplicemente parte della storia.

Piccola particolarità: la storia si svolgerà per la maggior parte non ad Hogwarts, ma in Scandinavia a Durmstrang, quindi per chi volesse partecipare con personaggi ex novo potrà scegliere la scuola del proprio OC. 

E ora, come sempre, ecco le regole:

-    Potete partecipare con due personaggi (anche per le “vecchie” autrici), ma in caso gli OC devono essere di scuole diverse, a meno che non li rendiate parenti 
-    Non accetto personaggi con problemi mentali o malattie psichiche, al massimo posso accettare un disturbo nevrotico (attacchi d’ansia/di panico, fobie patologiche, disturbo ossessivo-compulsivo), ma in caso vi prego, sono problemi delicati e poneteci l’attenzione che meritano. 
-    Non accetto Lupi Mannari, mezze Veela, mezzi Vampiri et similia
-    Gli OC devono essere tutti del settimo anno
-    Le iscrizioni sono aperte fino al 30 Giugno, avete tempo fino alle 19 per mandarmi le schede. È molto tempo, quindi vi pregherei di essere puntuali, di non farmi arrivare 25 schede su 30 all’ultimo giorno  e di avvisare se non riusciste a mandarle.
-    Come sempre, se sparite per tre capitoli di fila, salvo avvisi, il vostro personaggio farà le valige.

E ora, ecco la scheda:

Nome: 
Casa: (Nel caso di Durmstrang ovviamente lasciare bianco)
PV: 
Aspetto:
Descrizione psicologica:
Provenienza (solo nel caso di Durmstrang, ricordo che la scuola comprende ragazzi provenienti dalla Scandinavia, dall’Europa centro-orientale e dai Balcani)
Ruoli:*
Stato di sangue: (a Durmstrang non sono ammessi Nati Babbani)
Materie che ama e viceversa:
Fobie/Debolezze:
Passioni/Talenti:
Cosa ama, cosa no:
Bacchetta: 
Patronus:
Quali lingue parla: (a Durmstrang parlano tedesco)
Storia e famiglia:
Amicizie/inimicizie:
Animale:* (non so quali animali siano ammessi a Durmstrang, presumo gli stessi… ma da amante dei cani aggiungo anche questi)
Relazione: 
Altro:*

Riguardo alle materie studiate a Durmstrang, tutti i corsi sono OBBLIGATORI, e le materie che vengono insegnate sono le seguenti:


-    Manipolazione (corrispettivo di Trasfigurazione)
-    Maledizioni e Fatture 
-    Uso delle Creature Magiche 
-    Arti Oscure
-    Veleni 
-    Sopravvivenza
-    Rune Germaniche (corrispettivo di Divinazione)
-    Erbe e Misture (Erbologia)
-    Superiorità della Razza magica (una sorta di Babbanologia rovesciata)
-    Tecniche Aeree (Volo)
-    Cabala e Rituali (Aritmanzia)


Per quanto riguarda i personaggi che ho brevemente presentato qui, eccoli:

    Sean Cavendish, Serpeverde, Battitore e Capitano, figlio di Charlotte Selwyn e William Cavendish
Sean
    Rose Carsen, figlia di Regan Carsen e Stephanie Noone
Rose
    David Maguire, figlio di Iphigenia Ashworth e Andrew Maguire
David
    Silvy Grayfall, figlia di Adela Quested e Hector Grayfall
Silvy
photo upload

    Katja Smirnov, figlia di Katherine Burke, studentessa di Durmstrang 
Kaja
-    John Carrington, figlio di Aurora Temple 
John
-    Graham Greengrass, figlio di Gabriel Greengrass ed Elena MacMillan
Graham
-    Julie Farrel, figlia di Axel Farrel
Julie
-    Timothy Russell, figlio di Jade Bones
Timothy
-    Virginia Elara Keegan, figlia di Evangeline Rosehealty e Jack Keegan



Prima di concludere, un ultimo consiglio: probabilmente mi ritroverò con una decina di OC provenienti da Hogwarts solo contando i personaggi sopracitati, quindi è altamente probabile che per la scuola inglese ne sceglierò solo un altro paio o giù di lì… perciò consiglio alle persone che vorranno partecipare di concentrarsi maggiormente su studenti di Durmstrang nel propormi il loro OC, avranno più probabilità di essere scelti.

È tutto, chiedo scusa per le note infinite, e come sempre se avete domande chiedete pure.
Signorina Granger 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Scelta OC ***


Scelta OC 


Buongiorno! 
Dopo un lungo mese di attesa ecco finalmente la lista dei personaggi scelti per la storia, oltre ovviamente a quelli che ho presentato nel Prologo – anche se mi duole informare che Virginia Elara, la figlia di Evie e Jack, non farà parte della storia. Mi dispiace ma l’autrice di Evangeline non mi ha mandato la sua scheda –. 
Di norma presento i personaggi in un primo capitolo vero e proprio ma questa volta ho deciso di inserire una breve introduzione dove compariranno solo gli OC di Durmstrang poiché non volevo farvi aspettare ulteriormente.
Buona lettura!





1 Settembre 1962, Norvegia


Novak Andersen varcò la soglia del castello in compagnia della sorella gemella Nerissa senza dire una parola, limitandosi ad osservare pigramente il salone d’ingresso che come sempre era scarsamente illuminato da delle torce appese alle pareti di pietra. Fuori faceva già buio, l’estate era durata ben poco e sua sorella, accanto a lui, si abbassò il cappuccio del mantello color sangue che aveva sollevato per proteggersi dal vento prima di parlare volgendo lo sguardo nella sua direzione:

“Allora… felice di essere tornato?”
“Tremendamente, l’atmosfera lugubre mi mancava. Vieni, andiamo a sistemare le nostre cose prima del banchetto.”

Con un sorriso ironico il ragazzo rivolse un cenno alla sorella e, incantati i bauli affinché si spostassero da sè, la prese sottobraccio per condurla attraverso la sala leggermente affollata e piuttosto buia. 
Del resto al freddo e all'oscurità gli studenti di Durmstrang ci erano abituati, nella scuola Scandinava era raro che si accendessero dei fuochi per scopi diversi da quelli didattici…  Novak provò quasi compassione per i ragazzini del primo anno, che si sarebbero dovuti ben presto abituare al gelo che s’impadroniva del castello a partire da ogni autunno.
Naturalmente lo stesso valeva per i loro futuri “ospiti” britannici: Novak quasi sorrise all’idea e Nerissa sembrò pensare lo stesso, perché inclinò le labbra in un sorriso divertito:

“Dici che gli inglesi sopravvivranno, Novak?”
“Ne dubito. Se non altro quest’anno avremo qualche distrazione in più.”


*


“Ragazzi, non so davvero come ringraziarvi e come scusarmi, non volevo uccidervi, lo giuro, il baule mi è sfuggito di mano e…”
Elvira Nordström scosse il capo con aria mortificata mentre seguiva Ivan e Maximilian – che le stavano portano il baule al loro Dormitorio al primo piano – su per le scale. I due si scambiarono un’occhiata in tralice ma non dissero nulla, ormai abituati agli “incidenti” della ragazza: non era la prima volta che rischiava di decapitare qualcuno con il suo baule, che dopo essersi librato a mezz’aria aveva iniziato a schizzare da una parte all’altra nel pianerottolo.
“Non fa niente Elvira, ma ti prego, lascia che te lo portiamo noi senza che tu ricorra alla Magia, è meglio.”

Ivan sorrise debolmente alla ragazza, che ricambiò con aria colpevole prima che una voce dal tono esasperato e molto familiare giungesse alle sue orecchie:

“Roba da non credere, abiti qui nei paraggi e non solo devi ancora sistemare le tue cose, ma hai già combinato danni?!”

La norvegese si voltò verso l’inizio della rampa di pietra e trillò felicemente nel scorgere la sua migliore amica, apprestandosi a raggiungerla scendendo le scale.
Ivan sgranò gli occhi con orrore – Elvira, scale e buio non erano una bella squadra – e fece appena in tempo a parlare mentre continuava a salire insieme a Maximilian, che stava imprecando a mezza voce contro il peso vergognoso del baule della ragazza:

“Elvira, attent-“



Quando Michael sentì un urletto felice seguito da dei tonfi e un urlo di ben altro genere sorrise con fare soddisfatto, apprestandosi a raggiungere il pianerottolo del primo piano con passo sicuro, certo di trovarla lì.
Quando scorse, nella penombra, la figura di una ragazza che, dandogli le spalle, era inginocchiata sul pavimento, il suo sorriso si allargò e la raggiunse. Insieme a lei, sul pavimento, stava quella che aveva tutta l’aria d’essere Elvira Nordström con un’espressione dolorante sul volto.

“Ero sicuro di trovarvi qui… Elvira, sei caduta?”
“Sì, questa poca luce è un attentato alla mia vita! Povera me… come ci hai trovate?”

Elvira, parlando con tono sofferente, rivolse un’occhiata curiosa al ragazzo mentre Natalia si voltava e, dopo avergli rivolto un largo sorriso, si alzava in piedi per abbracciarlo.

“Beh, ho seguito le tue urla e dove ci sei tu c’è anche Lia. Ciao bellissima.” 
Michael sorrise alla rossa, che ricambiò e lo abbracciò mentre Ivan e Maximilian, dopo aver lasciato il baule di Elvira in cima alle scale, si affrettavano a raggiungerli sul pianerottolo per aiutare la bionda ad alzarsi:

“Elvy, stai bene?!”
“Tranquillo Max, sono indistruttibile io, i miei fratelli dicono che ormai dopo tutte le mie cadute sono a prova d’urto!”

La bionda sfoggiò un gran sorriso e i due, poco convinti, si scambiarono un’occhiata incerta prima di proporle di accompagnarla visto che alloggiavano nello stesso Dormitorio.

“Allora ve l’affido, mi raccomando.” Natalia rise appena e salutò l’amica con un cenno prima di voltarsi e, insieme a Michael, accingersi a tornare al pian terreno:

“Non trovi che sia ingiusto?”
Michael lasciò che la ragazza lo prendesse a braccetto, conducendola nel corridoio buio mentre piegava le labbra sottili in un sorriso e abbassava lo sguardo sull'amica: “Che cosa cara?”
“Beh, le Aquile hanno il nome migliore e l’alloggio migliore, sono al primo piano! Noi invece siamo sottoterra, è orribile! E poi il nostro nome fa schifo, Orsivolanti?! Chi ha scelto questo nome fumava cose strane, gli orsi non volano! Vipererosse è sensato, Stelle infuocate poetico, Aquile nel Vento logico, Draghi di Durmstrang minaccioso… Orsivolanti è puramente ridicolo!”
“Beh… è particolare.”
“Particolare?! Certo, dici così perché il tuo è carino, non ti chiami “Orsovolante”!”

La ragazza sbuffò, pronunciando il nome della sua camerata scimmiottando la voce del Preside e facendo sorridere debolmente l’amico, che camminava tenendole un braccio sulle spalle: 

“Vuoi che chieda agli altri Draghi di adottarti?”
Natalia per tutta risposta annuì, aggrappandosi alla sua spalla e guardandolo con occhi imploranti:
“Sì, ti prego, così vivrei al pian terreno e non sottoterra, fa freddissimo, è già un miracolo che in tutti questi anni io non mi sia presa una broncopolmonite!”
“Orsetta, io ti adotterei volentieri, ma non credo si possa fare…”

Il biondo abbozzò un sorriso, pregustando la reazione dell’amica che in effetti gli sorrise dolcemente prima di parlare, uno scintillio minaccioso nei di solito allegri e caldi occhi castani:

“Mich, io ti adoro, ma chiamami ancora in quel modo e il braccio te lo spezzo.” 


*


Quando Nerissa entrò nella sua camera si ravvivò i lunghi capelli neri e sorrise alla ragazza bionda già presente nella stanza e seduta sul suo letto, che ricambiò debolmente:

“Eccoti, finalmente.”
“Io e Novak ci abbiamo messo un po’… Come stai, Kara?”

“Felice di essere tornata, a dire il vero, si prospetta un anno interessante… quando pensi che arriveranno gli inglesi?“ Karalee abbozzò un sorriso divertito, mettendosi comoda sul letto mentre la mora si stringeva nelle spalle, trascinando il suo baule verso il proprio mentre parlava:

“Non ne ho idea, ma ammetto di aspettare quel momento a mia volta. Ho idea che per loro ambientarsi qui non sarà affatto facile.“
“Probabile. E magari saranno anche carini, chissà!”

La bionda sorrise ma l’amica non lo imitò, rivolgendole un’occhiata di sbieco mentre inarcava un sopracciglio con studiata espressione di rimprovero:

“Che dici Kara, non rammenti che io sono fidanzata?”
“Sì, certo, come no…”
Karalee sbuffò debolmente, lanciando all’amica un cuscino che la mora prese al volo, unendosi a lei in una debole risata.







………………………………………………………………………………..


-    Elvira Nordström, norvegese, Aquile nel Vento, Battitrice
Elizabeth-Olsen-Images


-    Ivan Svensson, danese, Aquile nel Vento, Cacciatore 
R492becf37884287ee81d014b06a49bf7
-    Karalee Helena Ragnborg, svedese, Aquile nel Vento, Cacciatrice 

-    Maximilian Albert Johansson, svedese, Aquile nel Vento, Cacciatore

-    Michael D. O. Hoax, sloveno, Draghi di Durmstrang 
f-Ksk-Yp2-LZ8-Rsd-B9jq-HWNbt-YRBuc274-Yw-Dxod-UUkltu-Rgx-H28r39-Kg-ACLAI6qmip84y-y62-Sn-WOh-Yz9e8-QZAxp8-Z0-R6-TCVLl-F31pv
-    Natalia Nóvak, cecoslovacca, Orsivolanti, Cercatrice 
tumblr-o011av-Dm-G81tlzydqo1-500
-    Novak Andersen, danese, Aquile nel Vento, Caposcuola 
088729cbbf8d2b130662dce42e1cc430
    Sean Cavendish, Serpeverde, Battitore e Capitano
Sean
    Rose Carsen, Serpeverde, Battitrice e Caposcuola
Rose
    David Maguire, Grifondoro
David
    Silvy Grayfall, Corvonero, Capitano e Battitrice
Silvy


    Katja Smirnov, Draghi di Durmstrang, Battitrice 
Kaja
-    John Carrington, Corvonero, Cacciatore
John
-    Graham Greengrass, Grifondoro, Portiere
Graham
-    Julie Farrel, Corvonero
Julie
-    Timothy Russell, Tassorosso, Caposcuola
Timothy
Allora… come vedete non ho scelto molti personaggi, mi dispiace ma avendone già una decina non potevo sceglierne altrettanti o mi sarei ritrovata con una ventina di OC da gestire, e nessuno per Hogwarts, dovrete accontentarvi dei pargoli che già avete conosciuto, che qui sopra trovate con le informazioni “aggiornate”, con Case e quant’altro. 

Per quanto riguarda gli studenti di Durmstrang, ho preferito non inventare da me delle vere e proprie Case, ho trovato invece una curiosa suddivisione in “camerate” che si basa non sul temperamento dei ragazzi, bensì sulla loro provenienza, che ha valore solo nel Quidditch e per dividere i ragazzi nei vari dormitori, ma niente punti o Coppa delle Case: 

    Aquile nel Vento: Svezia, Danimarca, Norvegia, Islanda, Finlandia e Groenlandia 
    Orsivolanti: Germania, Olanda, Polonia, ex Cecoslovacchia
    Draghi di Durmstrang: Albania, Romania, Turchia, Bulgaria, Moldavia e ex Jugoslavia (Croazia, Montenegro, Serbia, Bosnia ed Erzegovina, Slovenia, Macedonia, Kosovo)
    Stelle infuocate: Austria, Ungheria, Cipro, Grecia
    Vipererosse: Bielorussia, Russia, Estonia, Lettonia, Lituania, Ucraina

Inoltre, vorrei sottolineare che collocare Durmstrang in Norvegia è puramente una mia invenzione, la Rowling non ha mai affermato con precisione dove essa si trovi ma, in una vecchia intervista, ha sostenuto che potesse trovarsi a nord della Scandinavia, quindi Svezia o, appunto, Norvegia, che è compatibile con la breve descrizione della scuola data da Krum, che parla di una zona montuosa, con dei laghi e dalla scarsa luce naturale.  
Detto questo ci sentiamo presto, spero, con il primo capitolo vero e proprio. 
Buona serata, 
Signorina Granger 



Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1

 
Domenica 21 Ottobre, Hogwarts


Sean Cavendish aprì la porta della sua stanza per raggiungere la Sala Comune e andare a fare colazione, ma il ragazzo – che stava finendo di abbottonarsi la camicia bianca della divisa – quasi sobbalzò quando si trovò davanti sua sorella minore, già vestita e pettinata e con una busta in mano:

“Ciao Seannie.”
“Cami! Che ci fai qui?!”
“Mamma ha mandato una lettera per te, è arrivata prima in Sala Grande, ma tu dormi sempre fino a tardi nel weekend e l'ho recuperata per te.”

La Corvonero si strinse nelle spalle con nonchalance mentre consegnava la busta al fratello maggiore, che la prese aggrottando la fronte e chiedendosi non solo che cosa avesse sua madre da recriminargli, ma anche come la sorellina fosse giunta nel suo Dormitorio:

“Intendevo come conosci la parola d’ordine.”
“Me l’ha detta Kristal Carsen. Ora vado, devo andare a studiare con Edith.”

Camille sorrise al fratello prima di girare sui tacchi e allontanarsi a passo svelto attraverso la scala a chiocciola del Dormitorio maschile per raggiungere l’amica che l’aspettava nel Salone d’Ingresso. Poco rallegrato dal fatto che la sorella sapesse come intrufolarsi nel "suo" territorio, dopo una breve esitazione Sean decise di ignorare l'accaduto per evitare discussioni e aprì la lettera di Charlotte con pochi, rapidi gesti: sarebbe partito una settimana dopo, di certo sua madre gli scriveva per quel motivo… a meno che non le fosse successo qualcosa al lavoro, certo.

Fu sollevato, in parte, di accorgersi che non erano cattive notizie sulla sua salute, anche se l’inizio della lettera – a cui la madre aveva persino dato un “titolo” – gli fece comunque aggrottare la fronte:

 
ISTRUZIONI PER FIGLIO DECEREBRATO

Ciao Sean, soprassederò sul fatto che ti fai sentire troppo poco spesso da quando sei a scuola, ma tua sorella dice che stai bene e di lei mi fido. 
Ora, ti scrivo per RICORDARTI tutto quello che devi portarti a Durmstrang, se ti accorgi che qualcosa manca fammelo sapere e io e tuo padre te lo faremo avere al più presto, viste le tue scarse doti organizzative ereditate da Mr Cavendish. 
E mi raccomando, a Nord fatti sentire una volta a settimana, altrimenti crederò che tu sia morto in una valanga e rivolterò il Ministero per scoprire la localizzazione di Durmstrang...




Tipico, sua madre lo trattava come un cretino che non sapeva badare a se stesso. Chissà perché, poi…

Raggiunta la Sala Comune, Sean stava riponendo la lettera in una tasca sbuffando debolmente quando venne raggiunto da una ragazza bionda, sorridente e decisamente familiare che lo prese sottobraccio:

“Buongiorno! Andiamo a fare colazione?”
“Certo, muoio di fame… Senti Rosie, zia Steph ti ha per caso mandato una lista delle cose da portarti a Durmstrang?”
“No, sostiene che io sia perfettamente in grado di fare da sola e di rendermi conto di cosa ho bisogno, è papà quello preoccupato.”

La bionda alzò gli occhi al cielo, pensando al modo in cui Regan l’aveva salutata alla stazione un mese e mezzo prima, stritolandola in un abbraccio come se le stesse dicendo addio definitivamente.

“Perché me lo chiedi, comunque?”
“Lascia stare, conosci mia madre.”


*


Camille Cavendish Image and video hosting by TinyPice Edith CarringtonImage and video hosting by TinyPic, Corvonero, V anno  


John Carrington scese la Scalinata Principale a passo di marcia, un'espressione determinata sul viso e tenendo qualcosa in mano mentre puntava dritto verso le scale che conducevano ai Sotterranei. Fu in quel che momento che vide Sean e Rose salirle per raggiungere il Salone d’Ingresso, e il ragazzo si apprestò a raggiungere i due compagni per rivolgersi serio all'amico:

“Sean, proprio te cercavo. Anche tua madre ti ha mandato una lista di cose da portare?!”
“Sì. Perché, anche la tua?”
In un primo momento Sean sembrò sorprendersi, spalancando gli occhi. Tuttavia, bastarono pochi istanti perchè il ragazzo si desse mentalmente dell'idiota: non c'era proprio niente di cui sorprendersi.
“Certo! Anzi, ci scommetto cinque Galeoni che l’hanno scritta insieme, quelle due… ma perché ci trattano come dei poppanti?!”

John sbuffò, rivolgendo un’occhiata piuttosto torva alla lettera che teneva in mano mentre Edith e Camille li superavano tenendosi a braccetto, parlando con un tono leggermente più alto del normale:

“Già, chissà come mai… tu hai qualche idea?”
“Non saprei, ci devo riflettere, è una domanda difficile…”

Il Corvonero si voltò per fulminare la sorellina – nonché sua compagna di casa – con lo sguardo mentre Rose, sforzandosi di non ridere, faceva cenno ai due di seguirla:

“Pensiamoci facendo colazione, vi va? Si è tutti meno oggettivi prima di aver bevuto una buona tazza di caffè, o nel vostro caso prima di strafogarvi di bacon…”

Poi la Serpeverde li prese entrambi sottobraccio e li costrinse a seguirla verso la Sala Grande: non solo non poteva perdere tempo in chiacchiere essendo stata convocata dalla McGranitt nel suo ufficio, ma aveva un gran bisogno di una tazza di caffè.


*


Mileva “Millie” Maguire, Serpeverde, VI annoImage and video hosting by TinyPic


David Maguire aveva lasciato la sua Sala Comune in compagnia di Graham Greengrass, ma ad aspettarlo davanti al ritratto della Signora Grassa aveva trovato una sorpresa, qualcuno che molto probabilmente molti suoi compagni avrebbero etichettato come “il nemico” a causa dei colori della divisa che indossava:

“Dave! Ti va di fare colazione con me?”
La più piccola delle sue sorelle gli planò letteralmente tra le braccia non appena mise piede nel pianerottolo del settimo piano, e il gran sorriso della bionda gli fece capire che non avrebbe accettato un no come risposta. 

“Certo Millie.”
“Perfetto! Ciao Graham.”   Millie sorrise a Graham, che ricambiò leggermente prima che la ragazza prendesse il fratello sottobraccio, iniziando a lamentarsi del fatto che la sua partenza fosse così vicina:

“Non riesco a credere che parti domenica prossima, mi mancherai Dave… infatti, ho deciso che questa settimana staremo parecchio insieme, così recupereremo il tempo che perderemo nei prossimi mesi.”

David non ebbe modo di parlare molto durante il tragitto, travolto nel fiume di parole della sorellina che ribadì il suo dispiacere nel dover passare gran parte dell’anno scolastico senza di lui: era la prima volta in cui non poteva contare su nessuno dei suoi fratelli mentre era ad Hogwarts e non passava tanto tempo senza nessuno di loro da quando David era andato a scuola per il primo anno.

“Millie, te la caverai benissimo anche senza di me.”
“Lo so, ma non passiamo tanto tempo separati da sei anni, sarà strano per me!”

Millie lo abbracciò di nuovo e David alzò gli occhi al cielo, trattenendosi dal farle notare quanto poco amasse il contatto fisico: di norma era sua sorella Marie, la maggiore, ad avvicinarglisi di soppiatto alle spalle per abbracciarlo, non sapeva proprio cosa fosse preso alla più giovane delle ragazze Maguire.

Graham intanto sorrideva, ben lieto di essere il più giovane in casa sua e di non avere fratelli minori di cui preoccuparsi… inoltre era molto impaziente di partire per Durmstrang: non vedeva l’ora di vedere Katja.


*


“Sono felice di partire, sarà un’esperienza molto interessante, ma non sai quanto mi infastidisce l’idea di passare fuori proprio l’ultimo anno… specie considerando che sono la Capitana e dovrò nominare un sostituto! È strano pensare che non giocherò più a Quidditch in quel campo.”

Silvy Grayfall sospirò con un che di malinconico mentre entrava in Sala Grande insieme a Julie Farrel, che abbozzò un lieve sorriso:

“Beh, io non ho un gran legame con il Quidditch, ma capisco che possa essere… spiacevole per te. Hai già deciso chi ti rimpiazzerà?”
“No, avrei scelto John ma lui verrà con noi, dannazione! Ho appena scelto il Battitore che mi sostituirà e il Cacciatore che sostituirà lui, ma per il ruolo di Capitano sono il alto mare, è una gran responsabilità!”

“Fossi in te sceglierei la persona con più esperienza. Chi gioca in squadra da più tempo, a parte te?”
“Io e John abbiamo iniziato al terzo anno e i nostri compagni di allora si sono tutti diplomati… ma quando eravamo al quarto è subentrata Amelia.”
“Allora scegli lei, è una buona Cacciatrice, no?”

Silvy annuì, un’espressione pensierosa dipinta sul volto, e dopo qualche istante di esitazione sorrise all’amica mentre prendevano posto al tavolo dei Corvonero una accanto all’altra, dandole una pacca sulla palla:

“D’accordo, non è male come opzione… grazie Julie, sei il mio Grillo Parlante personale, come dici sempre tu. Anche se non ho ben capito cosa significhi…”

Julie abbozzò un sorriso, e molto probabilmente avrebbe provato a rispiegarle a chi si riferisse se un certo ragazzo, seduto di fornite a loro, non avesse parlato con tono interrogativo tra un boccone e l’altro:

“Di cosa parli, Cap?”
“Che ne pensi di nominare Amelia come mia sostituta?”

Silvy si rivolse a John sporgendosi leggermente verso di lui, appoggiò i gomiti sul tavolo e sistemò il mento sulle proprie mani intrecciate, rivolgendogli un’occhiata inquisitoria mentre il ragazzo si stringeva nelle spalle sgranocchiando del bacon:

“Beh, Amelia è un gran bel pezzo di… Giocatrice.”
“Merlino John, non mi interessa sapere cosa pensi di lei esteticamente!”

“Sì, ho capito, penso non sia una cattiva idea. Anche se avresti nominato me se non venisse con te, vero Cap?”


John rivolse all’amica il suo sorriso più accattivante e Silvy annuì, anche se non riuscì ad evitare roteare gli occhi chiari:

“Non so quanto bene faccia al tuo ego saperlo, ma penso che sì, l’avrei fatto.”
‘Ti ringrazio, del resto so che mi adori.”
“Purtroppo hai ragione… Ma dimmi, hai deciso di esaurire tutte le provviste di Hogwarts prima di andartene?”

Silvy inarcò un sopracciglio, rivolgendo un’occhiata scettica al piatto decisamente pieno del ragazzo, che si fece improvvisamente serio e le puntò contro una fetta di bacon:

“Ehy, stiamo per migrare in terra sconosciuta e Durmstrang non ha una bella fama, devo assumere molte energie prima di partire… per quel che ne sappiamo potrebbero farci patire la fame o servirci cibi strani e immangiabili. Non si scherza su queste cose. Vero Julie?”

“Direi che John non ha tutti i torti.”
“Precisamente, dà retta al Grillo, Cap. A proposito, spieghi anche a me che significa?”


*


Timothy Russell distese le labbra in un debole sorriso una volta uscito dall’ufficio della Vicepreside, rivolgendosi a Rose Carsen dopo che la ragazza si chiuse la porta alle spalle:

“Onestamente avevo la sensazione che il motivo dell’incontro fosse questo…”
“Anche io. In pratica nomineranno altri due Prefetti Caposcuola, ma la McGranitt ci ha poco sottilmente incaricato di tenere d’occhio i nostri compagni mentre saremo a Durmstrang.”

Rose sbuffò debolmente, mormorando che detestava fare la spia mentre il Tassorosso sorrideva, divertito:

“Pensi che qualcuno si metterà nei guai? Io terrei un profilo basso, tra quelle mura, vista la fama che hanno…”
“Certo Tim, ma TU sei coscienzioso, intelligente e soprattutto maturo. A differenza di qualche individuo di mia conoscenza… scusa, vado a fare un discorso molto esplicativo a suddette persone, ci vediamo più tardi.”

Rose si allontanò dopo avergli rivolto un cenno alzando gli occhi al cielo, facendo sorridere ulteriormente il ragazzo, che ebbe la sensazione di sapere a chi la bionda si stesse riferendo. 
Tuttavia, mentre la Serpeverde si allontanava a passo svelto lungo il corridoio deserto – essendo domenica erano tutti in Biblioteca o nelle Sale Comuni – il sorriso sparì dal volto di Timothy: le parole di Rose gli avevano ricordato che anche lui aveva un certo discorso da fare a qualcuno prima di partire.


*


Londra


“Avranno ricevuto le nostre istruzioni?”
“Suppongo di sì.”
“Pensi che le seguiranno?”

“Per orgoglio ne dubito, ma se tra due settimane Sean mi scriverà supplicandomi di mandargli uno spazzolino riceverà come risposta un TE L’AVEVO DETTO a caratteri cubitali.”

Aurora abbozzò un sorriso alle parole dell’amica, guardando Charlotte portarsi la tazza di thè alle labbra con fare risoluto mentre lei invece mescolava la sua bevanda per far sì che lo zucchero potesse sciogliersi:

“Non ne dubito. Sei nervosa, comunque?”
“Un po’, devo ammetterlo… Will ripete che sono troppo protettiva con lui, ma non posso farci niente.”

“Ti capisco… sono i nostri ragazzi, dopotutto. Io ho pregato John di non sollevare polemiche a Durmstrang e di tenere un profilo basso, già mi preoccupa il fatto che abbia un cognome americano… ho scritto a Sean e a Graham Greengrass pregandoli di tenerlo lontano dalle discussioni politiche, pensa.”
“Beh, John è per metà americano, vive lì… è normale che tu sia un po’ preoccupata mandandolo a Nord, chissà dove, per giunta. Ma è un ragazzo sveglio, come sua madre, sono sicura che ragionerà prima di dire qualcosa di cui potrebbe pentirsi.”

Charlotte sorrise all’amica e Aurora annuì debolmente prima di portarsi la tazza alle labbra, sperando con tutto il cuore che avesse ragione.
Ma in fondo - come lei stessa era solita ripetere spesso - Charlotte Selwyn aveva sempre ragione, no?


*


John, Sean e Graham svoltarono l’angolo sghignazzando per qualcosa che il secondo aveva detto e che gli altri due avevano trovato particolarmente divertente quando si trovarono davanti una ragazza bionda di loro conoscenza, che li guardò con le braccia conserte e un cipiglio piuttosto serio:

“Bene bene, proprio voi tre cercavo.”
“Rosie, cosa possiamo fare per te?”

Graham sorrise alla ragazza, che non ricambiò e li osservò attentamente ad uno ad uno prima di parlare:

“Ascoltarmi. Sono appena stata dalla McGranitt e mi ha chiesto di tenerla informata sul comportamento dei miei compagni una volta a Durmstrang, voi tre siete miei amici, ma vi conosco, specialmente VOI DUE…” – e con queste parole indicò Sean e Graham, che si finsero offesi mentre John sorrideva  – “… e vi prego di non combinare pasticci. Non vorrei mettervi nei guai e sono sicura che nessuno di noi vuole vedere Minerva McGranitt contrariata. Senza contare che saremo in un ambiente sconosciuto e del tutto nuovo, per quel che ne sappiamo a Durmstrang possono essere ben più rigidi rispetto a qui.”

“Rosie, mi commuove il fatto che tu ti preoccupi per noi, davvero, ma faremo i bravi, lo giuro. E parlo a nome di tutti.”

Graham sorrise angelicamente all’amica d’infanzia e accennò ai due amici, anche se dall’occhiata che Rose gli rivolse intuì di non averla convinta del tutto.

“Lo spero davvero. E ora andate… a fare quel che dovete fare.”

La Serpeverde li liquidò con un gesto sbrigativo della mano e i tre non se lo fecero ripetere due volte, affrettandosi a superarla. Rose gettò loro un’ultima occhiata di sbieco prima di allontanarsi a sua volta, scuotendo debolmente il capo, decidendo di cercare Julie.
Aveva la vaga sensazione di avere molti mesi di babysitting davanti.


*



Megan Image and video hosting by TinyPice Carol RussellImage and video hosting by TinyPic, I anno, Grifondoro 



“Tim, prometti di scriverci!”
“Un sacco di lettere!”
“Già, siamo curiose di sapere di questa scuola, nessuno ne sa nulla!”

“Temo di non poter dire molto, in realtà, quando sarò lì… ascoltatemi, mi dispiace dovermi perdere il vostro primo anno, avremmo potuto passare insieme almeno questo… ma ormai vi siete ambientate, no? Pensate di cavarvela senza il fratellone?”

Le gemelle annuirono con decisione e Timothy sorrise, ripensando con un po’ di malinconia a quando lo inseguivano per casa gattonando o camminando a tentoni. Stentava ancora a credere che fossero ad Hogwarts con lui.

“Ok… e mi raccomando, la mamma sarà molto in pensiero, non datele motivo di preoccuparsi per voi.”
“Figurati, sarà troppo preoccupata per te… ma non sarai in pericolo vero?”
“No, certo che no Meg, starò benissimo. Me lo date un doppio abbraccio?”

Timothy allargò le braccia e abbozzò un sorriso prima che le ragazzine, come da manuale, scattassero in piedi per abbracciarlo contemporaneamente, borbottando che passavano un mucchio di tempo separati ogni anno e che avrebbero sentito molto la sua mancanza.

“Anche voi mi mancherete, piccole pesti. E fate attenzione a comportarvi bene con la McGranitt, nessuno vorrebbe quella donna come nemica.”
“Abbiamo capito che ti adora in questi due mesi, le piaceremo anche noi, in fondo sei nostro fratello.”

Carol si strinse nelle spalle e Timothy non disse niente per qualche istante, sorridendo debolmente prima di annuire e dire qualcosa a bassa voce:

“Ovviamente.”


*


Andrew Image and video hosting by TinyPice Kristal CarsenImage and video hosting by TinyPic, V e II anno, Grifondoro e Serpeverde


Kristal Carsen sorrise alla sorella quando Rose si lasciò scivolare sul divano della Sala Comune, chiudendo il libro che stava leggendo per rivolgersi a lei:

“Come è andata la giornata?”
“Stancante, sembra che ci siano mille cose da fare prima di partire… hai visto Drew oggi?” 

Kristal non fece in tempo a rispondere perché la voce del ragazzo giunse direttamente alle orecchie della sorella, che alzò gli occhi al cielo mentre il Grifondoro si spaparanzava sul divano, accanto a lei:

“Eccomi qui sorellina, mi hai chiamato? Senti già la mia mancanza?”
“Drew, tu non dovresti essere qui… e io sono una Caposcuola! Merlino, a volte odio queste responsabilità!”

Rose sbuffò debolmente e il ragazzo rise, guardandola con aria divertita:

“Rilassati, Kris mi ha detto la parola d’ordine solo per passare una serata tutti insieme, potrebbe essere l’ultima prima che tu parta, durante la settimana abbiamo sempre tutti molti impegni. E ammetto che mi mancherai, Rosie.”
“Oh, anche tu, piccolo rompiscatole rosso-oro.”

Rose sorrise e allungò una mano per scompigliare i capelli biondi del fratello, che si scostò leggermente e la guardò con aria di sfida:

“Faremo Serpeverde a pezzi quest’anno, al tuo ritorno troverai un bagno di sangue ad aspettarti.”
“Non credo proprio. Kris, tienimi aggiornata su quello che combina il signorino mentre non ci sono.”

“E cosa farai, verrai fin qui a prendermi per un orecchio e togliermi dei punti ?”

Andrew inarcò un sopracciglio, parlando con un tono ironico che però non sembrò scalfire affatto la sorella:

“Oh, no…” Rose sorrise, guardando il fratello ammutolire come se stesse già prevedendo la parte finale della frase dal suo tono mellifluo:

“Scriverò alla mamma.”
“Ma tu non odi fare la spia?”

“Con i fratelli è diverso, caro mio. E immagino che non serva che io ti dica di badare a lei in mia assenza.”
La ragazza scoccò un’occhiata d’avvertimento al fratello mentre Kristal, accanto a lei, sospirava:
“Rosie, non trattarmi come una bambina!”

“Scusa Kris, è più forte di me…”


*


Durmstrang 



“Sapete, non vedo l’ora che gli inglesi arrivino, la prossima settimana… non vedo l’ora di farvi conoscere Graham, sono certa che lo adorerete.”

Katja Smirnov sorrise allegramente mentre, insieme ad Elvira e Natalia, scendeva le scale dopo aver lasciato la Biblioteca.

“Il tuo vecchio amico?”
“Sì, io e Graham siamo cresciuti insieme, come mia madre e suo padre, sono grandi amici.” Katja annuì vivacemente prima di fermarsi nell’ampio atrio praticamente già buio, rivolgendosi alle due amiche tenendo saldamente la sua mazza in mano:

“Bene fanciulle, io vado, ho allenamento con i Draghi… quest’anno ti ridurrò in polpette, Elvy.”
“La vedremo sul campo, Kat.”

La bionda lanciò un’occhiata divertita all’amica, che ridacchiò prima di girare sui tacchi e allontanarsi, salutando le due un cenno con la mano mentre Natalia, dopo aver alzato gli occhi al cielo, si rivolgeva ad Elvira:

“Sono quasi le cinque, cosa vogliamo fare?”
“Direi che uno spuntino sarebbe l’ideale, Lia… e visto che siamo in tema “Draghi”…”

Elvira prese la rossa sottobraccio lasciando la frase volutamente in sospeso per qualche istante mentre s’incamminavano verso la Sala da Pranzo, dando così a Natalia un buon motivo per rivolgerle un’occhiata quasi preoccupata, temendo di sapere cosa stesse per dire:

“… L’hai detto a Dom?”
“… Detto cosa?”
“Che stamani uno del quarto anno ha fatto un Incantesimo al suo cane e lo abbiamo visto svolazzare fuori dal nostro Dormitorio.”
“Dici davvero?!”  Natalia spalancò gli occhi castani, rammaricata di non aver assistito alla scena mentre l’amica sbuffava, assestandole una gomitata e un’occhiata leggermente torva:
“Sì, ma non mi riferivo a questo, Lia, non fare la finta tonta!”

“Ok, glielo dirò, hai la mia parola. Non farmi pentire di avertene parlato, Elvy. E poi non capisco perché la fai tanto lunga, non so quanta differenza gli farà saperlo…”
“Dici così da un mese Lia, UN MESE, e io ho dovuto quasi estorcertelo! Sono sicura che più aspetti peggio sarà, e magari ci resterà male per tutto il tempo in cui tu glielo hai taciuto.”

Natalia annuì con un debole sospiro – non potendo, suo malgrado, che trovarsi almeno in parte d’accordo con l’amica – prima di acconsentire:

“Ok, lo farò.”
“Prima che arrivino quelli di Hogwarts.”
”Lo farò prima che arrivino quelli di Hogwarts… se ne avrò modo. Non è mai il momento giusto!”

“Beh, fossi in te farei in modo di trovarlo.”


*



“Dai Max!”
“No.”
“Ma perché non vuoi aiutarmi… ti stai rammollendo, lasciatelo dire.”

Ivan, seduto nel Dormitorio delle Aquile, rivolse un’occhiata torva al compagno che però alzò gli occhi scuri al cielo:

“Ivan, sono sempre ben felice di aiutarti, come ben sai… ma non credo che fare uno scherzo a Novak sia una grande idea!”
“E perché mai? Dormiamo nella stessa stanza, sarà facile come bere un bicchiere d’acqua.”

“Perché è un Caposcuola, tanto per cominciare, e non ci tengo affatto ad inimicarmelo!”
“Non dire assurdità Max, ci adora.”

Ivan liquidò il discorso con un pigro gesto della mano, stravaccandosi sulla poltrona di pelle mentre l’amico sospirava, scuotendo il capo:

“Certo, ma non abbiamo mai fatto niente di serio a lui!”
“Come sei noioso oggi… va bene, ci penserò da me, o al massimo chiederò una mano a Dom.”


Ivan si strinse nelle spalle senza aggiungere altro, lasciando che il silenzio s’impadronisse della stanza. O almeno finché Maximilian, poco dopo, parlò di nuovo con tono rassegnato:

“… Ok, va bene, ma niente di serio, ok? Novak è un tipo tranquillo, ma non mi va di vederlo perdere le staffe.”

L’amico sorrise, estremamente soddisfatto di aver ottenuto esattamente quello che voleva, prima di sporgersi leggermente verso di lui, i gomiti appoggiati sulle ginocchia:

“Via, vuoi forse insinuare che i miei scherzi sono crudeli, Max?”
“Talvolta.”
“È un modo sottile per ricordarmi di quando ti ho riempito il letto di insetti?”

“Tu SAI che se c’è una cosa che non tollero sono gli insetti, Ivan, non continuare a far finta di non saperlo!”
“Eravamo al primo anno, all’epoca non lo sapevo!”

“Certo, ci scommetto… d’accordo, avanti, sentiamo cosa hai pensato.”

Maximilian sospirò, facendogli cenno di parlare dopo aver chiuso il libro di Erbe e Misture mentre Ivan sorrideva, gli occhi scuri luccicanti come sempre quando aveva in mente qualcosa.


*


Natalia non vide Michael per tutto il giorno ma non se ne dispiacque, in realtà era quasi felice di aver avuto una scusa per non avergli parlato. 
A cena, però, la ragazza gli lanciò più di qualche occhiata di sbieco quando vide il ragazzo mettere piede nella Sala da Pranzo, prima che lui la raggiungesse. Mangiavano allo stesso tavolo quasi sempre e c’era un posto vuoto, accanto a lei, che nessuno occupava mai per l’abitudine di vederci Michael Hoax seduto. 


Il ragazzo era a diversi metri di distanza, fermo e in piedi accanto ad un tavolo mentre, tenendo una mano nella tasca dei pantaloni e l’altra sullo schienale della sedia, sorrideva con aria divertita e parlava con Karalee. Non poteva sentire cosa stessero dicendo, ma anche la bionda sorrideva. 

Novak, seduto al suo stesso tavolo, si accorse della distrazione della compagna e si schiarì la voce prima di parlare, ripiegando il tovagliolo per appoggiarlo accanto al suo piatto ormai vuoto:

“Va tutto bene, Natalia?”
“Come? Sì, sto solo… pensando ad una cosa. Dovrei parlare con Michael, in realtà, ma è… occupato.”

La rossa accennò con il capo a Karalee mentre tornava a guardare mestamente il suo piatto e il ragazzo si ritrovò a guardare la svedese a sua volta, che era seduta come sempre accanto a sua sorella.

“Beh, se è una cosa importante chiamalo.”
“Non fa niente, non è importante. Sai che ti dico, gliene parlerò un’altra volta, sono stanca. Ci vediamo domani.”

Natalia rivolse un debole sorriso al ragazzo mentre si alzava, lasciando sul tavolo un piatto ancora quasi pieno e ignorando l’occhiata sinceramente perplessa che Novak le rivolse, ma si allontanò prima di dargli il tempo di parlare, limitandosi a salutare sbrigativamente anche Michael quando gli passò accanto per lasciare la sala:

“Ciao Dom.”
Il biondo alzò lo sguardo sentendo la sua voce, smettendo di prestare attenzione a Kara per voltarsi verso la sua fonte e rivolgerle un’occhiata interrogativa:

“Vai già via?! Non facciamo due chiacchiere stasera?”
“Scusa, sono stanca. Ci vediamo domani…”

La rossa rivolse un cenno anche a Karalee e, dopo aver sfoggiato un lieve sorriso, si allontanò sotto lo sguardo leggermente confuso dell’amico. 


“Scusa, stavi dicendo?”
Michael si ridestò sentendo la voce leggermente impaziente di Kara e, abbassato lo sguardo, parlò con un tono vago e la fronte aggrottata:

“… Niente, buona cena.”

Dopodiché si allontanò con le mani in tasca, raggiungendo il suo solito tavolo per sedersi e cenare. 

“Non è da Lia andare via così presto, e ha mangiato a stento… ancor meno da lei, direi. Ti ha detto cos’aveva, Novak?”
Di fronte all’occhiata interrogativa che il biondo gli rivolse Novak esitò, ma poi scosse il capo, - decidendo che non erano affari suoi, di qualunque cosa Natalia dovesse parlargli - stringendosi debolmente nelle spalle:

“Credo fosse semplicemente stanca Dom.”
“Sarà…”

Michael infilzò un pezzo di carne e lo osservò brevemente con sguardo vago, indeciso se crederci o meno.





………………………………………………………………………..
Angolo Autrice:

Buonasera!
Prima di far arrivare i ragazzi a Durmstrang ho preferito scrivere un capitolo di transizione, ma nel prossimo i nostri inglesi giungeranno finalmente in Norvegia.
Un’ultima cosa che vorrei precisare visto che l’avete chiesto in molte… No, Nerissa non è una OC, la sua scheda mi è arrivata insieme a quella del gemello ma ho scelto solo lui, anche se comparirà comunque come personaggio secondario… e già che ci siamo, questo è il suo PV:
Image and video hosting by TinyPic
Detto ciò, domanda per le autrici degli studenti di Hogwarts: come prenderanno il cambiamento? Si adatteranno facilmente o meno? Anche dal punto di vista delle materie, che qui sono leggermente diverse, e le regole che sono più rigide.
Per i ragazzi di Durmstrang invece: come sarà il loro primo approccio con gli “ospiti”? Li accoglieranno con curiosità o li terranno a distanza?

A presto con il seguito, 
Signorina Granger 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 2 ***


 Capitolo 2
 
Domenica 28 Ottobre, Surrey 


Eleanor, Image and video hosting by TinyPicEloiseImage and video hosting by TinyPic e Gale GreengrassImage and video hosting by TinyPic



 Gabriel Greengrass sedeva, come ogni mattina da circa 25 anni, a capo del tavolo rettangolare della sala da pranzo più piccola, dove lui e la famiglia erano soliti consumare i pasti in assenza di ospiti. 
Alle sue spalle il camino era stato acceso circa un’ora prima dal loro Elfo Domestico e un lieve, piacevole tepore si stava diffondendo nella stanza, dove gli unici rumori erano il fruscio delle pagine del giornale che il padrone di casa stava sfogliando e il tintinnio delle posate mentre, alla sua sinistra, il figlio Gale faceva colazione. 
C’era una pace quasi surreale nella stanza, dove le tende erano state tirate per far entrare più luce possibile, e Gale indugiò con lo sguardo sul posto di fronte al suo, apparecchiato ma vuoto, prima di parlare con tono incerto:

“Dov’è la mamma?”
“Di sopra, credo che oggi non sia una buona giornata… dovremo essere pazienti.” 

Gabriel si lasciò sfuggire un debole sospiro mentre, aggrottando leggermente la fronte, leggeva un articolo su un idiota che aveva ben pensato di appiccare l’Ardemonio in casa sua. 


Il ragazzo sembrò capire perché annuì, tornando a concentrarsi sulle sue uova proprio mentre dalla porta a doppia anta aperta facevano il loro ingresso due ragazze, entrambe già vestite e sorridenti.

“Buongiorno.”

Eleanor, la maggiore, sorrise a padre e figlio, che ricambiarono distrattamente il saluto, prima di prendere posto accanto alla sedia ancora vuota della madre. Eloise, invece, fece il giro opposto del tavolo, superando Gale e, una volta raggiunto il padre, chinarsi per abbracciarlo e dargli un bacio su una guancia. 

“Ciao papà. Qualcosa di interessante?”
“Ciao tesoro. No, non direi… Com’è che siate già vestite? Di norma nel weekend vi trascinate in giro in vestaglia, al mattino.”

Gabriel ripiegò il numero della Gazzetta del Profeta inarcando un sopracciglio mentre la secondogenita raggiungeva il suo posto, accanto alla sorella, con un sorriso sulle labbra:

“Oggi vengono Ivan, Alexandra e Isaak a pranzo, papà. L’hai scordato?” 
“Vostra madre non fa che tamponarmi con la storia di Graham che parte da una settimana quindi si, l’ho dimenticato. Beh, mi fa piacere, almeno così vostra madre si distrarrà un po’. Gabrielle non viene?”

“No, credo che dovesse andare a scegliere non so quali bomboniere insieme a Casimir.”
Eleanor si strinse nelle spalle mentre imburrava una fetta di pane e, proprio in quel momento, la Signora Greengrass fece il suo ingresso nella stanza, cupa, in vestaglia e con I capelli rossicci legati sulla nuca.

“Oh, ce l’hai fatta Elly… hai elaborato il, emh, lutto?”
“Possibile che io sia l’unica ad essere preoccupata per Graham?! Chissà cosa gli potrebbe capitare!”
“Mamma, Graham sa badare a se stesso, rilassati! Vieni a mangiare qualcosa.”

Eleanor rivolse un cenno alla madre e la donna sospirò, sedendo accanto a lei mentre la sua tazza si riempiva magicamente di caffè e il marito le sorrideva con una punta di divertimento negli occhi azzurro-verdi:

“Dì un po’, hai intenzione di ricevere così i nostri ospiti, più tardi?”
“Ospiti? Quali ospiti?”

Elena sgranò gli occhi castani e, accanto a lei, le figlie alzarono gli occhi al cielo con evidente esasperazione mentre Gale ridacchiava: 

“Mamma, vengono gli Smirnov! Ho invitato Ivan e vengono anche Alex e Isaak.”
“Cielo, l’ho scordato! Devo andare a darmi una sistemata!”

Elena si alzò rapidamente come si era seduta e uscì di corsa dalla stanza mentre Gabriel sorrideva, vagamente soddisfatto:

“Eccellente, ora si distrarrà e non penserà più al suo piccolo Graham.”
“Come no, non sapere dove si troverà la farà uscire di testa, fidatevi.”


*



Hogwarts, Sala Comune di Corvonero 


Karlos Grayfall, VI anno, CorvoneroImage and video hosting by TinyPic



Silvy Grayfall, lasciato il baule sul pavimento dell’ampia stanza che era piuttosto affollata per essere domenica mattina, si rivolse con un sorriso al fratello minore, parlando con tono allegro:

“Bene, è arrivato il momento di salutarci… comportati bene e tienimi aggiornata sulla situazione del Quidditch. Ah, e tieni alto l’onore dei Grayfall in campo, ascolta Amelia e non combinare scemenze.”
“Sei tu quella più incline alle scemenze, Silvy… comunque sì, farò del mio meglio.” Il ragazzo annuì, sollevando le mani in segno di resa prima che la sorella lo stritolasse in un abbraccio, mormorando che le sarebbe mancato averlo intorno mentre Karlos roteava impotente gli occhi scuri ereditati dalla madre:

“Silvy, ci rivediamo a fine anno, è solo qualche mese….” 
“Ah, quindi io non ti mancherò?!”

Udendo quelle parole la ragazza si allontanò di scatto, mettendosi le mani sui fianchi e guardando il fratello con gli occhi chiari fiammeggianti, facendolo deglutire a fatica:
Oh oh

“N-no, certo che mi mancherai, dico solo che non è una tragedia!”

L’espressione di Silvy parve rilassarsi e Karlos si convinse di averla scampata mentre, a pochi metri di distanza, John si accingeva a salutare Edith.
Quando però il ragazzo individuò Camille, la sorellina di Sean, sembrò ricordarsi di qualcosa e si affrettò a raggiungerla, prendendola per un braccio per poi rivolgerle un sorriso forzato:

“Camille, posso parlarti un attimo?”
“Certo John.”  Camille accennò un sorriso e guardò il ragazzo con curiosità, che invece si guardò attorno come a volersi assicurare che nessuno li stesse ascoltano prima di parlare a mezza voce:

“Ecco, dovresti farmi… un piccolo favore.”
“Un favore?”
“Sì, mentre sono via potresti tenermi informato riguardo a mia sorella? Sai, come sta, lo studio visto che quest’anno avete i G.U.F.O., e…”
Camille, tuttavia, non lasciò che il giovane finisse di parlare: abbandonata l'espressione curiosa per assumere uno sguardo torvo che ricordava particolarmente quello che si poteva vedere spesso sul viso di sua madre, la ragazza incrociò le braccia al petto e si rivolse a John con aria di rimprovero:
“John, Edith è la mia migliore amica e mi stai chiedendo di avvisarti se un ragazzo dovesse girarle intorno?!”

“Non L'ho mai detto!”
John parlò spalancando gli occhi e fingendosi offeso per quell'accusa, ma Camille roteò gli occhi verdi e non accennò ad ammorbirdirsi:
“No, ma era implicito. E ti conosco… Se Sean lo facesse lo ucciderei.”
“È solo che mi preoccupo per lei, i ragazzi sono così stupidi…”

“Oh, parli per esperienza personale?”  Camille sfoggiò un sorriso angelico e John annuì, preferendo non cogliere la provocazione mentre continuava a sfoggiare la sua miglior espressione implorante:
 
“Esattamente. Allora, lo farai?”
“Va bene, ci proverò, ma solo perché voglio bene anche a te.”  La Corvonero alzò gli occhi al cielo e John sorrise, abbracciandola brevemente:
“Grazie Camille! Ora credo di dover andare, o la McGranitt ci trasformerà tutti in colibrì.”


Camille guardò il ragazzo allontanarsi per recuperare il suo baule e scosse leggermente il capo, pregando affinché il suo, di fratello, non si facesse mai venire in mente idee del genere.


*


Elliott Image and video hosting by TinyPice Emily FarrelImage and video hosting by TinyPic, IV e II anno, Tassorosso e Grifondoro 


“Emily, so che tu sei più piccola e che non dovrei chiedertelo, ma vi prego, cercate di contenere i danni di George ed Edward in mia assenza.”

Julie, in piedi nel Salone d’Ingresso con il baule e la gabbia della sua civetta accanto, sospirò mentre si rivolgeva ai due fratelli minori, guardando Emily sorriderle con leggero divertimento:

“Faremo il possibile, vero Elliott?”
“Sono quattordici anni che contengo i loro danni, non sarà troppo arduo. Non preoccuparti Julie, noi ce la caveremo.”

Il Tassorosso sorrise alla maggiore come a volerla rassicurare e ancora una volta Julie si chiese come fosse possibile che quel ragazzino e i due combina guai cronici fossero gemelli. Identici, sì, ma profondamente diversi.
 
La Corvonero ricambiò il sorriso del fratellino, annuendo prima di abbracciarlo, raccomandandogli di badare ad Emily in sua assenza a bassa voce. Poi Julie, sciogliendo lentamente la stretta, rivolse un ultimo sorriso anche alla sorella prima di guardare i due salutarla e allontanarsi, il braccio di Elliott poggiate sulle spalle della Grifondoro.

Anche Julie, mentre li guardava allontanarsi, sentì un braccio poggiarlesi sulle spalle, ma non ebbe bisogno di voltare lo sguardo per riconoscere la fonte della voce che udì un attimo dopo:

“Ti mancheranno?”
“Molto.”
“Sì, Karlos mancherà a me… e neanche John sembra così felice, chi l’avrebbe mai detto!”

Silvy ridacchiò appena e l’amica, per tutta risposta, si limitò ad abbozzare un debole sorriso mentre i suoi occhi chiari scivolavano sulla figura del compagno di casa, impegnato a parlare con Sean Cavendish. 

“Allora… La Passaporta parte tra meno di dieci minuti. Sei pronta ad addentrarti in una straniera e gelida terra, Juls?”
“Silvy, non mettermi ansia!”

“Tranquilla, ti difendo io.”  Silvy rise di nuovo e all’amica non resto che alzare gli occhi al cielo, scuotere leggermente il capo e decidere di lasciar perdere.


*


Durmstrang 


Enigma Petrovich, in quanto Vicepreside, aveva un compito preciso in quel 28 Ottobre del suo ennesimo anno di insegnamento: mantenere e assicurare l’ordine in vista dell’arrivo dei loro “ospiti” dalla Scozia.
La donna stava attraversando l’ingresso illuminato dalle torce, due per ognuna delle pareti, per recarsi nella camerata dei Draghi e assicurarsi che gli studenti fossero pronti per recarsi nella sala da pranzo, ma il suo cammino venne ostacolato da quelli che faticò ad identificare come due grossi cani a causa dell’illuminazione bassa. 

La strega, quando si vide la strada tagliata dai due animali, sobbalzò e mosse istintivamente un paio di passi indietro, confusa, prima di assumere l’espressione più arcigna del tuo repertorio e voltarsi lentamente verso le uniche due persone presenti, oltre a lei, nella sala.

“Che cosa ci fanno queste due… bestie qui?! Portatele immediatamente di sopra!”

Maximilian, così come Elvira, deglutì a fatica prima di annuire senza staccare gli occhi dal volto della donna mentre accennava ad uno dei due cani, un pastore tedesco dagli occhi chiari che scodinzolava allegro.

“Ci scusi, ci sono… sfuggiti di mano.”
“Beh, riportateli nella vostra camerata, al piano di sopra. SUBITO! E già che ci siete dite ai vostri compagni di essere puntuali, altrimenti la prima cosa a cui gli inglesi assisteranno sarà una delle nostre punizioni.”

“Certo professoressa. Saor! Vieni subito qui.”

Elvira puntò gli occhi sul suo cane lupo e usò la voce più grossa che le riuscì, ma l’animale si li limitò a smettere di giocare con Ädel, così si chiamava il Pastore Tedesco di Maximilian, per rivolgerle un’occhiata stranita, come se non avesse capito bene.
“Ädel, andiamo.”

Maximilian si diede qualche colpetto sulla gamba con un sospiro, spingendo il cane ad avvicinarglisi trotterellando mentre la Vicepreside si dirigeva verso la porta ad arco a doppia anta di mogano con incisi draghi di diverse razze su tutto il bordo. 

“Spero per loro che siano pronti, altrimenti ci sarà qualche studente in meno ad accogliere la delegazione stasera…”

Il sussurro di Maximilian fece ridere debolmente Elvira, ma la bionda non osò aggiungere altro mentre si affrettava a salire la rampa est insieme al compagno, desiderosa di uscire al più presto dalla linea di tiro della donna.


*


“QUALCUNO HA VISTO SALEM?!”  
Katja Smirnov, i capelli scuri legati in una coda disordinata e la sua preziosa, amata felpa dei Tutshill Tornados addosso, vagava per la camerata dei Draghi alla ricerca del suo gatto.
Tutti i suoi compagni erano impegnati a mettere in ordine visto che gli studenti inglesi avrebbero alloggiato lì - essendo quello il dormitorio più grande -, o almeno la maggior parte visto che Michael era comodamente seduto su una poltrona, l’inseparabile cane Achille accucciato accanto e impegnato a mordicchiare una pallina. Il ragazzo, che stava sfogliando una rivista con nonchalance, parlò con tono annoiato e senza alzare lo sguardo rivolgendosi alla compagna:

“Kat, credo che Salem sopravvivrà… e credo anche che dovresti cambiarti.”
“Cambiarmi?”
“Non fraintendermi, sei sempre deliziosa, ma ho idea che qualcuno potrebbe non gradire il tuo aspetto…”

Il biondo accennò un sorriso con le labbra, una smorfia che trasudò divertimento quando accennò con il capo alla ragazza, che solo allora parve ricordarsi di non indossare l’uniforme scolastica e si portò allarmata le mani tra i capelli scuri:

“PORCA DI QUELLA…”


“SIGNORI? La Passaporta si attiverà tra meno di dieci minuti, dovete spostarvi nella Sala del ristoro… Smirnov, che stai… Smirnov, che accidenti hai addosso?!”

Katja desiderò ardentemente di sparire quando gli occhi scuri dell’insegnante di Manipolazione la trapassarono da parte a parte, soffermandosi con evidente rimprovero sulla sua felpa molto poco consona all'arrivo della delegazione inglese.

“Smirnov. Si vada. A mettere. La divisa. Oggi non si gioca a Quidditch!”
“S-sì, certo, mi scusi, stavo solo… vado subito.”

Michael guardò la ragazza girare sui tacchi e quasi sparire alla velocità della luce con un debole sorriso, poi lasciò con un gesto pigro la rivista sul tavolino e si alzò in piedi, apprestandosi a seguire i compagni fuori dal Dormitorio con le mani in tasca.
Se non altro, sarebbe stata una serata diversa dalle altre.


*


“Cielo, ma cos’era quel baccano?”
Nerissa Anderson aggrottò leggermente la fronte mentre usciva dalla sua camera insieme a Karalee, che però si limitò a stringersi nelle spalle dopo aver lasciato la sua gatta, Rhaella, nella sua cuccetta prima di seguirla.

“I Draghi facevano un po’ di baccano, sì…”
“Un po’? Più che pulire sembrava che stessero radendo al suolo tutto…”

La mora aggrottò la fronte ma la bionda non parve farci caso, stringendosi nelle spalle mentre si ravvivava distrattamente i capelli:

“Beh, in ogni caso sono felice che abbiano deciso di sistemare gli inglesi di sotto…”
“Hanno detto che era la scelta migliore, il loro Dormitorio è più grande e trovandosi al pian terreno saranno più comodi… sono stati clementi a non metterli nel seminterrato.”

Entrambe abbozzarono un sorriso pensando agli Orsivolanti e a come si sarebbero adattati i britannici nella parte più fredda dell’intero castello quando s’imbatterono in Novak e in Elvira, che le superò di corsa borbottando qualcosa al suo grosso cane dal pelo argenteo.

“Che aveva Elvira?”
“Non ne ho idea… forse aveva lasciato il suo cane in giro.”
“Sembrava strana.”
“Elvira? Elvira è quasi sempre un po’ strana, Nerissa. Oh, ciao Novak.”

La bionda si fermò davanti al ragazzo salutandolo con tono vago, quasi annoiato, e il Caposcuola ricambiò con un cenno prima che la sorella, sorridendo appena, lo prendesse sottobraccio:

“Ivan dov’è? Non starà ancora pulendo la vostra camera!”
“Oh, no, oggi era l’ultimo giorno di penitenza. Sono stato troppo severo, secondo voi?”

Novak inarcò leggermente un sopracciglio mentre pensava ad Ivan e a Maximilian, ai quali per vendicarsi dello scherzo che gli avevano fatto il lunedì precedente aveva imposto di sistemare la loro camera senza magia per una settimana. Oltre ad impedire loro di allenarsi a Quidditch, certo, scatenando lo sdegno di tutta la squadra delle Aquile – e a niente erano falsi i tentativi di Elvira o di Karalee di dissuaderlo –.

“Beh, ammetto che avrei voluto assistere alla scena… ma sei Caposcuola fratellino, tanto vale abusare del proprio potere di tanto in tanto.”
“Parla per te, io ho dovuto fare due allenamenti senza gli altri Cacciatori, praticamente inutile!”

La bionda sbuffò e roteò gli occhi chiari, ma Novak si strinse nelle spalle e sfoggiò un sorrisetto mentre lasciavano il Dormitorio:

“Sono desolato, e voglio bene a quei due, certo, ma… stavolta meritavano una piccola punizione.”
“Quanto la fai lunga, tutto perché ti hanno chiuso sulla terrazza del quarto piano per qualche minuto…”

“Più di mezz’ora, Kara, e io soffro di vertigini! E faceva anche freddo.”


“Povero piccolo Novak…”
“Nerissa, smettila.”


*


Una volta individuata la sua migliore amica Elvira Nordström si stampò la sua miglior espressione decisa sul volto - Natalia non l'avrebbe scampata, non quel giorno! - prima di dirigersi verso il suo tavolo a passo di marcia, assestandole persino un pizzicotto sul braccio una volta che l’ebbe raggiunta:

“Ahia!”
“Natalia Nóvak, perché ho la forte sensazione che TU nell'arco di questa settimana non abbia ancora detto a Michael che sei…”
“Per l’amore del cielo, abbassa la voce! Non voglio che lo sappia tutta la scuola, grazie!”

Natalia sbuffò e costrinse l’amica a sedersi con uno strattone, guardandola rivolgerle uno sguardo seccato – o almeno sforzarcisi – mentre alcuni dei loro compagni seduti nei paraggi lanciavano occhiate stranite in direzione del loro tavolo: 

“Certo, e lo capisco, ma a lui dovresti dirlo. Siete così amici, al suo posto tu vorresti saperlo, no?”
“Certo, è ovvio.”  Natalia annuì, lo sguardo basso, ed Elvira lasciò cadere la sua espressione torva per sorriderle dolcemente, mettendo una mano sulla sua:

“Sai, penso che ti sentirai meglio quando ne avrai parlato.”
“Forse hai ragione Elvy. Ok, lo farò, al primo momento di... calma.”

Natalia respirò profondamente e annuì mentre l’amica inarcava un sopracciglio, tentata di farle notare che il suo tempismo non era dei migliori visto che stavano per arrivare gli inglesi, ma venne interrotta dalla familiare voce canzonatoria di Michael:

“Oh, scusatemi, vi state forse dichiarando amore eterno e vi interrompo?”
“Proprio così.”  Elvira annuì con un sorriso mentre il ragazzo sedeva accanto a Natalia, rivolgendole un’occhiata in tralice mentre la bionda prendeva la mano della rossa con fare drammatico:

“Ciao Lia… è tutta la settimana che mi tieni a distanza.”
“Sì, mi dispiace. C’è una cosa di cui dovrei parlarti, più tardi.”

La rossa annuì debolmente e Michael inarcò un sopracciglio sfoggiando un’espressione corrucciata, che però sparì poco dopo, distendendosi in un sorriso:

“D’accordo. Sappi però che mi hai profondamente ferito ignorandomi, bellissima.”
“Sì, certo.”  Natalia roteò gli occhi pensando a quante volte lo avesse sentito dire quelle parole  prima di alzarsi e decretare che sarebbe andata in bagno – tanto non avrebbero cenato fino all’arrivo della delegazione – ed Elvira si rivolse al ragazzo mentre si versava un bicchiere d’acqua:

“Io ci credo.”
“A cosa?”
“Che ti ha profondamente ferito sentirti ignorato da lei.”


*


“Ahia! Chi è l’idiota che mi ha dato lo spigolo del baule sul ginocchio quando siamo “atterrati”?!”
“Sean.”
“Cavendish sei sempre il solito!”
“Silvy, sei sempre di una finezza disarmante…”

“Avrò imparato da te.”

Silvy rivolse un’ occhiata velenosa all’amico mentre si massaggiava il ginocchio dolorante, e probabilmente lei e l’amico avrebbero iniziato a battibeccare come loro solito se Julie non fosse intervenuta, suggerendo caldamente all’amica di lasciar perdere e ricordandole che erano arrivati per distrarla.


“Sono i miei occhi o è… buio?”  David aggrottò leggermente la fronte e sbattè le palpebre un paio di volte mentre si guardava intorno nell’ingresso, un’ampia stanza dal pavimento e le pareti di pietra, illuminata da delle torce dall’aria antica. 
Le porte erano scure, e dalla sala partivano due rampe di scale sempre di pietra, una dalla parete alla loro destra e una in fondo a sinistra.

Timothy lasciò perdere i suoi bagagli e annuì, scrutando l’ambiente allo stesso modo dell’amico prima di parlare:

“Direi di sì. Cavoli, sono le sei ed è già così buio?”
“Credo che siano le sette, per quel che ne sappiamo potremmo essere in un altro fuso orario… Forse in un posto dove la luce dura poco.”

David si strinse nelle spalle, voltandosi per lanciare un’occhiata alle due finestre alle loro spalle, poste ai lati della grande porta chiusa che fungeva da ingresso mentre Graham invece piegava le labbra in una smorfia, passandosi nervosamente una mano tra i capelli rossi che come sempre non erano affatto in ordine:

“Ho cercato di farmi dire da Katja dove si trovasse la scuola non so quante volte negli ultimi mesi, ma niente… ma come fanno a vivere dove c’è così poca luce?”
“Abitudine, da noi piove molto ma non ci si fa caso, per loro sarà lo stesso. Credete che dovremmo…”

David accennò con il capo alla porta chiusa che avevano davanti, da dove proveniva un discreto chiacchiericcio, lasciando volutamente la frase in sospeso mentre si rivolgeva ai compagni, che però esitarono:

“Beh, non so quanto sia saggio fare irruzione…” Timothy aggrottò leggermente la fronte, indeciso, e Rose lanciò un’occhiata sbrigativa al suo orologio da polso, suggerendo che probabilmente erano in anticipo di qualche minuto.

“Come sarebbe a dire in anticipo?! Ma se la McGranitt stava per lapidarmi urlando che ero in ritardo!”

Graham aggrottò la fronte con stizza, ma non ricevette alcuna risposta poiché tutto il gruppo tacque quando il vociare proveniente da dietro la porta chiusa si attutì e, un attimo dopo, un rumore di passi presagì l’apertura della porta, le cui ante si spalancarono poco dopo.

“Bene.” John si stampò il suo miglior sorriso sul volto, assestando una pacca sulla spalla di Sean:
“Si va in scena.”


*


Katja non ascoltò una parola del discorso del Preside Johansen, troppo impegnata a tamburellare le dita sul tavolo con impazienza e a lanciare occhiate al tavolo che gli inglesi avevano occupato, desiderosa di alzarsi per andare a salutare Graham.
Era impossibile non notarlo, con i suoi capelli color carota, seduto tra un ragazzo dai capelli castani e una ragazza bionda che si sporse per mormorargli qualcosa all’orecchio, facendolo sorridere.

Poi gli occhi di Graham incontrarono i suoi e l’amico le sorrise allegramente, inducendola a ricambiare mentre accanto a lei Elvira la guardava con curiosità:

“Qual è il tuo amico?”
“Quello rosso.”
“Ce ne sono due, Kat.”
“Oh, vero, quello con un po’ di barba.”

“È carino!”

Katja si strinse nelle spalle, evitando di commentare mentre il Preside finiva di parlare e di dare il benvenuto agli inglesi nella loro lingua, tornando a sedersi e facendo cenno di iniziare la cena.

“Dite che posso alzarmi o mi fulmineranno con lo sguardo?”
“No, credo che tu ora possa farlo…”

Katja non se lo fece ripetere due volte e alle parole di Ivan quasi corse verso gli inglesi con un enorme sorriso sul volto, abbracciando Graham di spalle mentre lui ancora era seduto, rischiando di farlo sbilanciare:

“Grammy! Sono così felice di vederti, ho un sacco di cose da raccontarti, non ci vediamo da Luglio!”
“Ciao Kat… Puoi evitare di chiamatemi così, per favore?”

Graham sfoggiò un sorriso tirato mentre, accanto a lui, John e Sean ridacchiavano e si scambiavano un'occhiata per il soprannome usato dalla ragazza:

“Grammy?! Questa mi è nuova!”
“Finitela… ragazzi, lei è la mia amica, Katja Smirnov.”

“Sono felice che siate qui, sarà bello poter finalmente conoscere gli amici inglesi di Graham… Benvenuti, ovviamente.”
“Grazie, Ehm… Katja? Potremmo sapere dove siamo, esattamente?”

“Naturalmente… in Norvegia.”

Katja sorrise e Silvy la imitò, lanciando un’ occhiata trionfante in direzione di Sean:

“VISTO? Te l’ho detto che eravamo più a nord della Germania!”
“Ma voi due siete sempre in competizione su ogni cosa?!”
“Naturale Juls, altrimenti come passeremmo il tempo?”

“Ragazzi, per favore, Kat capisce perfettamente l’inglese… allora, loro sono Dave, Timothy, Julie e Silvy…”
Katja sorrise alle due, che ricambiarono con un cenno mentre Graham faceva il giro dei nomi fino ad arrivare alle altre componenti del trio, prima che Kat lo interrompesse con un sorriso:

“Oh, non dirmelo, voi siete John e Sean, tu sei John, per l’esattezza.”
“Sì, come…”
“L’accento americano ti tradisce, so come parlano gli inglesi, la famiglia di mia madre lo è. Mia madre e la tua si conoscono, credo.”

Katja si rivolse a Sean con un debole sorriso e il ragazzo annuì, allungando una mano per stringere quella che la ragazza gli porgeva:

“Sì, l’ho sentito. Dev’essere un bel tipo, tua madre.”
“Oh, lo è. Quindi tu sei Rose, dico bene?”

“Sì.” 

La bionda annuì, aggrottando leggermente la fronte come se non capisse, cosa che fece sorridere la rumena con l'aria di chi la sa lunga:

“Ci avrei scommesso, Grammy dice che sei bionda e molto carina, quindi…”

“Hai detto che sono carina?”  Rose distese le labbra in un sorriso mentre si rivolgeva al rosso, che si limitò ad annuire e ad abbassare lo sguardo, imbarazzato, mentre bofonchiava qualcosa a mezza voce:

“Sì, forse… qualcosa del genere.
Rose però non smise di sorridere, improvvisamente un po’ più allegra mentre si azzardava ad assaggiare il goulash e Katja si alzava, congedandosi con un sorriso:

“Beh, buona cena, è stato un piacere… alloggerete nel mio Dormitorio, quindi ci incroceremo spesso... e per qualunque cosa fateci sapere.” 

Quando la ragazza si fu allontanata Julie sorrise, rivolgendosi a Graham:

“È davvero carina!”
“Sì, beh, lo è sempre, a primo impatto…”

“Cosa c’è, Grammy, hai l’aria turbata…”
“NON.CHIAMATEMI.GRAMMY. Quando era piccola non riusciva a dire bene Graham e mi chiamava così, ok?”


Il rosso fulminò John e Sean con lo sguardo, ma i due continuarono a sghignazzare mentre anche David, sotto sotto, rideva sotto i baffi senza darlo a vedere.


*



Silvy si lasciò cadere sul letto, osservando il soffitto di pietra della camera che per i mesi successivi, fino a Maggio, avrebbe occupato insieme alle compagne di scuola.
Il suo gatto non sembrava felice di essere rimasto in gabbia per tutta la sera e stava soffiando per palesare tutto il suo sdegno, ma la ragazza non ci fece caso e si sollevò, piantando i gomiti sul materasso per rivolgersi alle amiche:

“Sono l’unica a pensare che faccia freddo?”
“Pensa che Katja ha detto che questo è il piano più caldo del castello, siamo stati fortunati.”

“Mia madre morirebbe, se fosse qui.” La Corvonero sospirò e si lasciò di nuovo cadere sul materasso, pensando alla sua famiglia in Inghilterra. Un po’ le mancavano, in effetti… ma erano passati appena due mesi, non era il caso di farsi prendere dalla malinconia.


“Dite che torneremo a casa per Natale?”
“Di certo non per Pasqua, sostengono che sarebbe troppo complicato farci riprendere delle Passaporte… forse per Natale sì, vedremo immagino. Sei sentimentale stasera?”

Julie sorrise all’amica mentre tirava fuori il pigiama dal baule e Silvy sbuffò debolmente, girandosi su un fianco per darle le spalle mentre borbottava qualcosa a mezza voce:

“No, vorrei solo che mia madre non pensi che sono morta assiderata. Papà dice lei ne soffriva già ad Hogwarts, figuratevi…”

“Rosie, Vivi, Silvy ha nostalgia di casa, meglio darle un abbraccio…”
Julie parlò con una risata che fece sgranare gli occhi alla compagna di Casa, che si voltò di scatto e fece per alzarsi dal letto, ma non ne ebbe la possibilità visto l’abbraccio/morsa con cui la strinsero le compagne, ignorando le sue proteste e le minacce che avevano a che fare con la sua mazza da Battitrice.


*


“Non sei curioso?”
“Curioso?”
“Sì, di conoscere i nuovi arrivati! Sarà molto interessante.”

Ivan sorrise mentre, insieme a Maximilian, raggiungeva la propria camerata salendo le scale sempre più buie del primo piano man mano che il fuoco andava spegnendosi.
L’amico si strinse debolmente nelle spalle, annuendo e parlando con tono vago:

“C’è anche ma cugina.”
“Tua cugina?”
“Sì, è la figlia del cugino di mia madre… domani te la presento, era quella bionda con i capelli piuttosto lunghi.”*

“Come si chiama?”
“Virgin- Novak, ciao, sei già qui?”

Maximilian s’interruppe e si bloccò sulla soglia della loro camera quando individuò il loro compagno, seduto sul suo letto ma ancora vestito, sfoggiando un sorriso tirato che venne emulato da Ivan. Il moro per tutta risposta si alzò e annuì debolmente, avvicinandosi ai due mentre s’infilava le mani nelle tasche dei pantaloni e gli si avvicinava con il suo incedere disinvolto ed elegante. 

“Già. E ditemi… voi avete pensato a quello che avete fatto? Pensate di ripeterlo?”

“Ehm… no. Ci dispiace, davvero…”
“È una fortuna che voi mi piacciate, davvero. Anche perché ritengo poco saggio far innervosire qualcuno che dorme nella vostra stesa stanza, chissà cosa potrebbe combinare. Detto questo… Vado a farmi la doccia.”

Novak sorrise prima di superare i due con nonchalance, permettendo a Maximilian di assestare una sberla sul retro del collo di Ivan una volta soli:

“Ahia!”
“Io te l’avevo detto, mai una volta che mi ascolti! E quanto lo hai tenuto fuori, si può sapere?”
“Credo una mezzoretta…”
“Doveva essere un quarto d’ora!”

“Lo so, ma poi mi sono fermato a chiacchierare con Elvira e Katja e mi sono dimenticato… Ahia! Smettila di percuotermi!”


*


Nel Dormitorio era tornato a regnare il silenzio, i loro “ospiti” si erano recati nelle loro stanze e Michael si stava godendo la pace ritrovata, seduto sulla stessa poltrona e Achille sempre accanto.

Quando sentì la porta aprirsi e un inconfondibile rumore di passi appena accennato si voltò e sorrise nel scorgere Natalia avvolta in una pesante vestaglia. Vedere l'amica nella sua camerata non era una sorpresa: Natalia soffriva terribilmente il freddo e spesso usava la scusa di volerlo salutare per potersi godere qualche grado in più.

“Dove stai andando cara?”
“Oh, smettila, di sotto fa freddo!”

La ragazza sbuffò debolmente mentre gli si avvicinava, accontentando Achille quando il cane le si avvicinò per una carezza prima di raggiungere il ragazzo, sedendo sulla poltrona accanto alla sua. 

“Possiamo parlare?”
“Beh, come vedi non c’è nessuno… quindi direi di sì. Che cosa ti preoccupa, splendore?”

Michael sorrise ma Natalia non lo imitò, gli occhi fissi sulla sua stessa mano appoggiata sul bracciolo più vicino all’amico prima di parlare con tono incerto:

“Ecco… Durante le vacanze sono successe delle cose, e forse avrei dovuto scriverti già allora, ma mi sono detta che sarebbe stato meglio affrontare il discorso di persona, poi però siamo tornati a scuola e non sembrava mai… il momento giusto. Forse evitare di dirlo a voce alta lo fa sembrare meno reale.”

Natalia aggrottò leggermente la fronte e Michael la guardò con curiosità crescente mentre si appoggiava al bracciolo, rivolto verso di lei, senza far trapelare nessun accenno di preoccupazione.
Per una volta non la interruppe, non disse nulla, non fece qualche commento ironico o melenso che gli avrebbe fatto guadagnare un’occhiata truce, restò semplicemente in silenzio in attesa che la ragazza confinasse, cosa che Natalia fece dopo una pausa e un sospiro:


“Mi sono fidanzata.”

Quelle parole ebbero quasi il potere di alleggerire un peso immaginario posto sullo stomaco della ragazza, ma quell’effetto ebbe vita molto breve e svanì immediatamente quando Natalia incrociò lo sguardo dell’amico. 
Vago, quasi confuso, come se si stesse chiedendo se avesse frainteso o meno.

“Fidanzata?”
“Sì.”
“Lo conosco?”
“No, è più grande.”
“Beh… congratulazioni?”

“Oh Mich, che dici, non è stata una mia idea! Io non voglio sposarmi l’estate prossima, sono troppo giovane e in ogni caso non con qualcuno che conosco appena! Capisci?”

Natalia allungò le mani per prendere quella pallida e dalle lunghe dita sottili del ragazzo, che però la fece scivolare dopo un attimo di esitazione, abbozzando un sorriso:

“Dovresti dirlo ai tuoi genitori, Lia, mancano mesi, non è detta l’ultima parola. Perché non me lo hai detto?”
“Non lo so. Forse non volevo che pensassi che sono una stupida che si lascia incastrare in un dannato matrimonio combinato.”

Natalia sbuffò debolmente e Michael invece si sforzò di sorridere, guardandola abbandonarsi allo schienale della poltrona:

“Quando arriveranno le vacanze parlerai con i tuoi genitori, ok? Non possono programmare la tua vita.”
“Tu dici?”
“Sì, certo. Per favore, l’idea di te come moglie-soprammobile mi disgusta.”

“Anche a me. E grazie per non aver fatto battute…”
“Mai su cose serie, sono un gentiluomo, io.”

“Sì, certo…”

Natalia rispose con uno sbuffo misto ad una risata prima di alzarsi, mormorare che era tardi e dargli un lieve bacio su una guancia prima di allontanarsi, suggerendogli di andare a dormire. L’indomani sarebbe iniziata una nuova settimana, dopotutto.
Michael però non si mosse, e quando Natalia fu sparita dal suo campo visivo si abbandonò allo schienale della poltrona proprio come la ragazza aveva fatto poco prima, chiudendo gli occhi mentre la sua mano destra abbandonata e penzolante dal bracciolo sfiorava il pelo del suo cane.
Achille sembrò intuire lo sconforto del padrone, perchè gli leccò affettuosamente la mano senza però che Michael se ne accorgesse, limitandosi ad osservare il soffitto con sguardo perso.
Natalia fidanzata… Natalia Nóvak, una dei suoi pochi veri amici - e probabilmente la migliore che avesse mai avuto - , che si sposava di lì a meno di un anno. Gli faceva uno strano effetto.
Del resto avrebbe dovuto farci l’abitudine … di lì a qualche mese si sarebbero diplomati e allora i suoi compagni avrebbero intrapreso le rispettive strade nella vita vera, sarebbero andati avanti.

Più quel momento si avvicinava, più per lui era difficile accettare che, a differenza loro, non aveva un futuro pieno di opportunità davanti a sè.






*: Maximilian è il figlio di Denebola, la cugina di Jack Keegan… Virginia, sua figlia, comparirà sporadicamente.


…………………………………………………………………………….
Angolo Autrice:

Buonasera!
Allora…  una sola cosetta prima di chiudere: alcuni me l’hanno già segnato nella scheda, ma mi servono i compleanni dei ragazzi.
Detto ciò a presto!
Signorina Granger 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3
 
Lunedì 29 Ottobre
 
Inghilterra


Marie Image and video hosting by TinyPice Imogen MaguireImage and video hosting by TinyPic


Iphigenia Ashworth in Maguire si chiuse la porta di casa alle spalle e si guardò intorno alla ricerca delle figlie, chiamandole a gran voce mentre si addentrava in casa sfilandosi il soprabito:

“Ragazze?!”
La donna sentì dei passi sulle scale proprio mentre si fermava sulla soglia del salotto, trovando la secondogenita seduta sul divano e impegnata a studiare. La bionda alzò lo sguardo e le rivolse un’occhiata perplessa proprio mentre la voce di Marie giungeva alle orecchie di entrambe, apparendo confusa allo stesso modo dell’espressione della sorella:

“Mamma? Che ci fai a casa?”
“Sono tornata per la pausa pranzo.”
“Alle 11?!”
“Pausa pranzo anticipata… allora? Notizie di vostro fratello?”

Iphigenia inarcò un sopracciglio mentre si sfilava la giacca, e Marie roteò gli occhi – dicendosi che avrebbe dovuto aspettarmelo – mentre Imogen annuiva accennando ad un abusata aperta lasciata sul tavolino da caffè di vetro situato di fronte al divano:

“È arrivata questa meno di mezz’ora fa, l’abbiamo aperta noi, sta bene.”
“Dice dove si trova?”

Iphigenia prese la busta e aprì la lettera, scorrendo rapidamente le poche righe che il figlio aveva scritto la sera precedente mentre Imogen tornava a studiare con una scrollata di spalle:
“Sostiene che il preside di Durmstrang li ha caldamente invitati a non rivelare la loro posizione.”

“Peccato, mi sarebbe piaciuto sapere dove si trovi quella famigerata scuola… Cosa stai studiando?”

Marie si avvicinò al divano e, appoggiate le braccia sullo schienale, si sporse per sbirciare il libro della sorella minore, che sbuffò debolmente:

“Qualcosa che tu reputeresti di certo molto noioso…”
“In effetti, ad essere onesta, preferisco di gran lunga ascoltare la mamà parlare di fisica che papà o te di Diritto e cose del genere… a proposito, mamma, vuoi che dopo venga a darti una mano in laboratorio?”

La rossa sorrise allegramente alla madre, che annuì distrattamente mentre ripiegava lentamente la lettera del figlio:

“D’accordo Marie. Beh, David dice che sono arrivati e che, a parte il freddo, va tutto bene. Spero proprio che si ambienti.”
“Certo mamma, non preoccuparti, il nostro dolce fratellino se la caverà benissimo. Mi preoccupa di più Millie, a dire il vero…”

“Ha parlato la più mite della famiglia…”

Imogen accennò un sorriso con le labbra e il suo mormorio le fece guadagnare un’occhiata torva da parte della maggiore, che le suggerì di continuare a studiare per il suo esame di Magisprudenza invece di fare la sputasentenze.

“Ragazze, non cominciate. Ora, visto che tra un po’ e ora di pranzo… Imogen, non è che prepareresti qualcosa per noi? Vostro padre tornerà stasera.”  Iphigenia sorrise angelicamente alla bionda, che chiuse il libro alzando gli occhi al cielo, ma annuì comunque mentre si alzava in piedi:
“Questo è sfruttamento, possibile che nessuna di voi sappia cucinare neanche un uovo?”

“Tesoro, tu hai preso da tuo padre e da tua nonna, cucinare non è il forte di noi Ashworth e Marie è decisamente una Ashworth, più che una Maguire.”

“Va bene, vado…”
“Per me lo stufato, grazie.”

“Non sono una chef, Marie, e questo non è un albergo!”

Imogen superò la sorella per andare in cucina me te Marie, lasciandosi cadere sul divano accanto alla madre, sbuffava debolmente:
“Che barba, come sei noiosa…”
“Ti ho sentita!”

“Ops… seriamente, mamma, secondo te come starà andando questo primo giorno a Durmstrang?”
“E chi può dirlo…”


*


Durmstrang


“Dici che sia questo il corridoio giusto?”
“No, quello è il ritratto del tizio che somiglia a Steve McQueen, siamo già passati di qui!”

David scosse il capo, sospirando mentre Timothy, accanto a lui, osservava il suddetto ritratto con la fronte aggrottata:

“Hai notato che qui i personaggi dei quadri non si muovono? Fa strano dopo essersi abituati a quello di Hogwarts… E chi è Steve McQueen?”

Il Tassorosso si voltò verso l’amico con aria curiosa, ma il rosso non ebbe modo di rispondere perché una terza voce, femminile, sconosciuta e con un discreto accento, li raggiunse:

“In effetti vorrei saperlo anche io… E quello, in realtà, è il terzo Preside di Durmstrang, se non ricordo male. Vi siete persi?”

I due si voltarono, ma non risposero subito alla domanda che una ragazza bionda e sorridente aveva rivolto loro mentre gli si avvicinava.  Fu Timothy a parlare, annuendo e schiarendosi la voce:

“In effetti sì. Sapresti dirci dov’è l’aula di… Superiorità della Razza Magica?”

Timothy accennò ad una smorfia con le labbra nel pronunciare il nome della materia e, per un attimo, il suo tono si indurì leggermente. Tuttavia solo David, che lo conosceva da quando erano piccoli, parve accorgersene, perché la ragazza annuì come se niente fosse:

“Naturalmente, vi accompagno! Sono Elvira, comunque. Elvira Nordström.”

Elvira tese allegramente la mano e strinse energicamente quelle di entrambi i ragazzi mentre David si affrettava a suggerirle di non disturbarsi tanto.

“Oh, non è un disturbo, devo andare anche io a lezione. Non che ami particolarmente quella materia, in realtà, ma qui tutti i corsi sono obbligatori. Venite.”
La bionda fece cenno ai due di seguirla e si incamminò lungo il corridoio, camminando a passo piuttosto spedito mentre David aggrottata la fronte, perplesso:

“Davvero? Noi possiamo sceglierli, o almeno una parte.”
“Siete fortunati, noi non abbiamo questo lusso… Come funziona ad Hogwarts?”

“Alla fine del secondo anno ci si iscrive a dei corsi, ma sono materie opzionali, che in ogni caso è possibile lasciare dopo gli esami del quinto anno. Ognuno può scegliere liberamente. Di sicuro io non mi sarei mai iscritto a questo corso… Sono Tim, comunque.”

“David.”
“Lieta di conoscervi, non vedevo l’ora che arrivaste, la vostra scuola mi affascina moltissimo! E non preoccupatevi, a me capitava di perdermi in continuazione… l’anno scorso solo un paio di volte, per fortuna. Hogwarts è più grande?”
“Direi di si, noi abbiamo sette piani.”
“Oh! Per me è dura già con quattro, con sette non so cosa avrei combinato… e pensare che noi siamo in molti di più, voi accogliete solo studenti dalla Gran Bretagna, noi abbiamo quasi mezza Europa, a parte quella del Sud e la Russia.”

Elvira continuò a chiacchierare vivacemente – felice di poter anche mettere alla prova il suo inglese – fino alla soglia dell’aula giusta, dove bussò alla porta prima di aprirla e rivolgere un sorriso al professore, un uomo di mezz’ora che aveva già preso posto dietro la cattedra e che le rivolse un’occhiata in tralice:

“Signorina Nordström, ci stavamo giusto chiedendo se ci avrebbe raggiunti.”
“Mi scusi signore, ma ho aiutato due dei nostri ospiti a trovare l’aula.”

Elvira si addentro nell’aula con nonchalance mentre, alle sue spalle, David e Timothy la seguivano bofonchiando delle scuse e Natalia, seduta accanto a Michael mentre Katja, alle loro spalle, aveva tenuto il posto per l’amica e le fece cenno di raggiungerla, sussurrava qualcosa all’amico:

“Dici che si era persa a sua volta?”
“Non lo escluderei, parliamo di Elvira… Ma forse si era persa tra le nuvole, più che fisicamente tra i corridoi…”. Il mormorio di Michael fece sorridere Natalia, ma lo stesso non si potè dire dell’insegnante, che rivolse ai due un’occhiata piuttosto torva:

“Nóvak e Hoax, volete condividere con noi le vostre riflessioni, sicuramente a riguardo dei Babbani e della stupida guerra che c’è in corso al momento?”
“Ad essere onesti, signore, io e la Signorina parlavamo della fortuna che i nostri ospiti britannici hanno nell’assistere a questo genere di lezioni, da quel che ne so assenti ad Hogwarts.”

Michael si stampò il suo miglior sorrisetto sul volto e Natalia, dal canto suo, fece di tutto per non ridere: entrambi detestavamo quella materia, ma non era il caso di esprimere quei pensieri ad alta voce, dopotutto.


*


“Mi sanguinano le orecchie, giuro. Non sono figlio di Babbani, d’accordo, ma è… inaccettabile! Non so proprio come possano gli studenti Mezzosangue prendere parte a quelle lezioni senza dare di matto, non mi stupisce che non accettino Nati Babbani qui. Ci pensi, dovremo ascoltare quelle cattiverie infamanti per i prossimi mesi!”

John sbuffò vistosamente , visibilmente contrariato, mentre si sistemava nervosamente la borsa sulla spalla mentre si apprestava a raggiungere la sala del ristoro insieme a Sean, che gli mise una mano sulla spalla e parlò con tono consolatorio:

“Disgraziatamente qui tutte le materie sono obbligatorie, e per rendere l’esperienza più “completa” hanno pensato bene di applicare la stessa regola anche a noi… tieni duro Johnny, e ti prego, tieni anche la bocca chiusa, non voglio vederti finire nei guai.”

“Ora sembri mia madre… non ho intenzione di mettermi nei guai, Sean, non girano belle storie sulle punizioni che danno da queste parti. Consoliamoci, almeno è ora di pranzo…”

Avevano raggiunto l’arrivo quando Sean assestò una gomitata all’amico, abbozzando un sorriso e accennando con il capo a tre ragazze che stavano chiacchierando a pochi metri di distanza, dirette a loro volta nella sala:

“Quella è l’amica di Graham... E ci sono le amiche dell’amica di Graham!”
“È doveroso da parte nostra andare a presentarci.”  John sfoggiò un sorrisetto e Sean annuì, dirigendosi con aria decisa verso le tre:
“Giusto John… Su, andiamo.”

“Ah, che fortunati Tim e David… Ehy, dici che dovremmo perderci apposta?”
“Se dovesse capitarci un Cicerone di bell’aspetto molto volentieri.”




“Sto MORENDO di fame ragazze, non ho fatto colazione!”
“Neanche noi se è per questo, è tutto perché TU russavi così forte da coprire il suono della sveglia!”

“Che colpa ne ho, è il raffreddore!”
“Silvy, dormiamo nella stessa camera da anni. Vuoi forse dirmi che hai il raffreddore da sei anni?!”

Julie inarcò un sopracciglio, sfoggiando un’espressione a dir poco scettica che fece ridacchiare Rose mentre Silvy, al contrario, liquidava frettolosamente il discorso con un rapido gesto della mano. La sua attenzione venne poi catturata da due certi ragazzi di sua conoscenza che, manco a dirlo, non avevano aspettato neanche un giorno per andare a presentarsi alle loro nuove compagne di classe.

“Oh, guardate, i due galli del pollaio fanno già… I galli del pollaio.”
“Non ci hanno pensato due volte.”

Julie aggrottò la fronte, parlando con una nota perplessa nelle voce che fece sbuffare Silvy che scosse leggermente il capo:

“Lascia perdere Juls, io e Rosie conosciamo Sean fin dalla notte dei tempi e in questi anni di convivenza ho avuto modo di conoscere molto approfonditamente anche John… non cambieranno mai, vedono una ragazza carina e non possono non ronzarci intorno. Uhm, hanno adocchiato le amiche di Katja, vedo.”  Silvy roteò gli occhi chiari, lanciando un’occhiata compassionevole alla bionda e alla rossa a cui i due stavano sorridendo mentre Julie, non diceva nulla, seria in volto, e Rose inarcava un sopracciglio, osservandoli a sua volta:
“O Katja stessa.”

“Spero che non siano così stupidi da fare le moine all’amica d’infanzia di Graham, non so quanto la prenderebbe bene.”
Silvy sfoggiò un sorriso divertito e Rose, a quelle parole, si voltò di scatto verso la mora, sgranando gli occhi azzurri:
“Perché? Pensi che a Graham lei piaccia?”
“Non saprei, ma si vede che sono molto legati. Accidenti, che fame, dite che ci sarà dello stufato?”

Tuttavia né Rose né Julie risposero, e Silvy parve non accorgersi delle espressioni tese delle sue amiche mentre facevano il loro ingresso nella sala già quasi piena.


*



Elvira prese posto come sempre accanto a Katja e Natalia, ma non sembrava del tutto soddisfatta e si stava guardando intorno con aria irrequieta, come alla ricerca di qualcosa:

“Elvy, chi stai cercando? Ivan e Ilian sono laggiù con Novak.”
“No, veramente stavo pensando che sarebbe carino da parte nostra invitare al nostro tavolo qualcuno dei ragazzi inglesi, per farli sentire a proprio agio e fargli vedere quanto siamo ospitali… insomma, il senso è anche di fare amicizie extra-culturali, no?”

“Certo, e ad alcuni è già molto chiaro, direi…”

Elvira non sembrò sentire il lieve brontolio di Natalia, che rivolse un’occhiata leggermente cupa in direzione di un ragazzo biondo che, a qualche tavolo di distanza, stava facendo ridere un paio di ragazze inglesi. La bionda, infatti, scorse David, Timothy e Graham entrare e rivolse un gran sorriso ai tre, rivolgendo loro un cenno con la mano:

“Guarda Kat, c’è il tuo amico! Ce lo presenti? Ciao ragazzi!”
“Grammy! Vi sedete con noi? Ti presento le ragazze.”

Katja rivolse un ampio sorriso a Graham, che ricambiò e fece cenno ai due di seguirlo nel raggiungere il tavolo occupato per metà dalle tre ragazze. E mentre Katja invitò il rosso a prendere posto accanto a lei con un cenno, Elvira si rivolse direttamente a David e a Timothy, sorridendogli vivacemente:

“Ciao! Avete avuto problemi a trovare la sala? Spero di no.”
“No, credo che sia l’unico posto che troveremo sempre con estrema facilità… grazie per l’aiuto di stamattina.”

Timothy sorrise quasi timidamente alla bionda, che ricambiò ben più apertamente mentre Katja le rivolgeva un’occhiata divertita prima di parlare:

“Io non mi fiderei troppo se fossi in voi, Elvira è un tesoro ma non è un’ottima guida… Graham, lei è, per l’appunto, Elvy e lei è Natalia, sono le mie migliori amiche.
“Katja parla sempre di te, è bello conoscerti, finalmente.”

“Beh, parla spesso anche delle sue amiche. Spero che parli di me in modo altrettanto positivo.”
Graham abbozzò un sorriso e Katja gli diede una gomitata, come a volergli assicurare bonariamente che non parlava mai male di lui mentre Elvira intrecciava le dita delle mani e appoggiava i gomiti sul tavolo, gli occhi azzurri luccicanti mentre si rivolgeva ai tre ragazzi: 

“Solo cose carine, te l’assicuro. Ora, perdonate ma sono curiosa, ci parlate di questa storia delle Case? Kat me ne aveva parlato ma non ricordava perfettamente tutto. Noi siamo divisi in Camerate, ma è solo per la provenienza.”
“Provenienza?”

David aggrottò la fronte mentre si riempiva il piatto di pasta al forno e Natalia annuì, giocherellando distrattamente con un pezzo di carne senza però toccare cibo:

“Sì, il raggio di Durmstrang è ben più ampio di quello di Hogwarts, sarebbe stato difficile gestirci tutti… Ognuna delle Camerate, il cui nome si ispira, in parte, ad uno dei nostri fondatori, ricopre alcune determinate Nazioni. Ognuna ha il suo dormitorio e la sua squadra di Quidditch, ma mangiamo tutti insieme, come vedete, e per le lezioni si limitano a dividerci in tre gruppi per anno, indistintamente dalle Camerate… gran parte delle vostre lezioni coincidono con la nostra classe, credo.”

“Una fortuna, avrò modo di vedere Kat a lezione! Combina molti pasticci? Mio padre sostiene che sua madre era un tornado a scuola.”
“No, la pasticciona credo di essere io, anche se in buona fede. E poi c’è Lia, ma lei è quasi sempre una brava ragazza.”

Elvira rivolse un sorriso divertito all’amica, ma la rossa non lo ricambiò con la stessa naturalezza di sempre e non rispose neppure, deludendola leggermente. L’espressione allegro di Evira scemò, chiedendosi se l’amica fosse giù di tono per il pensiero del fidanzamento, ma quando David le chiese qualcosa a proposito delle lezioni si ridestò, affrettandosi a rivolgere al rosso tutta la sua attenzione. 
Anche se si ripromise, ovviamente di parlarle una volta sole.


*


Quando Graham intercettò Rose stavano andando a lezione di Erbe e Misture e il ragazzo si allontanò leggermente da Sean e John per avvicinarsi all’amica, mettendole un braccio sulle spalle:

“Ciao, straniera! Non ci siamo scambiati due parole per tutto il giorno… che fine avevate fatti stamattina?”
“Non abbiamo sentito la sveglia, ergo niente colazione. Ho notato, comunque, che tu e gli altri Moschettieri non avete perso tempo per adocchiare le studentesse più piacenti.”

“Io? Io ho pranzato con Katja e causalmente c’erano anche le sue amiche…”
“… che i tuoi amici hanno già importunato…”

“… Ma c’erano anche Dave e Timothy! Tu piuttosto, te la ridevi con quel Michael!”
“Michael?”
“Sì, Michael, il cognome mi sfugge, quello che ha pensato bene di presentarsi facendoti il baciamano ieri sera.”

“… Ma si chiama Dom!”
“No, Michael!”
“A me si è presentato come Dom.”
“Ma Katja dice che si chiama Michael, è un suo compagno di Camerata.”

“Mah… ad ogni modo, c’erano anche Silvy e Julie, e ti ricordo che uno degli scopi di queste esperienze formative è conoscere persone di culture diverse dalle nostre. È simpatico. E non essere geloso, ti ricordo che ieri sera, quando sei ammutolito, ti ha gentilmente chiesto di non offenderti e si è proposto di fare il baciamano anche a te.”

Rose sorrise cercando di non ridere mentre Graham arrossiva leggermente e scuoteva il capo, distogliendo lo sguardo dal suo prima di mormorare qualcosa a bassa voce:

“Lo so benissimo, lo dico solo perché siamo arrivati solo ieri e non devi dare troppa confidenza a persone che non conosci… e poi lo zio Reg mi ha chiesto di occuparmi di te, ecco.”
“Mio padre dovrebbe sapere, e anche tu, che so badare perfettamente a me stessa, perciò ti prego, metti la tua cavalleria da Grifondoro da parte… Grammy.”

“Non… non chiamarmi così!”
Graham sgranò gli occhi e divenne paonazzo mentre Rose, al contrario, sfoggiò un sorrisetto divertito prima di parlare con tono canzonatorio:

“Oh, scusa, solo Katja può farlo, Grammy?”
“Rosie, non ti permettere, o scrivo allo zio Reg dicendogli che fai la civetta.”

“Io… Io non faccio la civetta!” Rose sgranò gli occhi, parlando con un che di scandalizzato nella voce mentre Graham sorrideva con aria soddisfatta di rimando:
“Ma questo lui non lo sa. Vuoi forse che entri in modalità padre-protettivo? Perché con te è parecchio protettivo, lo zio.”

“Stronzo.”
“Hai cominciato tu.”


*


“Allora, cosa ne pensi dei nostri ospiti, così, a primo impatto?”

Nerissa Andersen era in piedi davanti alla sua postazione quando, impegnata a pestare delle radici velenose con dei spessi guanti di pelle di drago addosso, si rivolse a Karalee con un piccolo sorriso sul volto pallido. 
Per tutta risposta la bionda sorrise a sua volta, facendo scorrere brevemente lo sguardo sulla Serra prima di parlare a voce abbastanza bassa da farsi sentire solo dall’amica:

“Beh, ammetto di aver spesso etichettato il cosiddetto “fascino inglese” come un’idiozia, ma devo ammettere che sono tutti piuttosto carini.”
“Senza alcun dubbio… in particolar modo quei due…”

Nerissa accennò a due ragazzi bruni che avevano occupato un banco qualche metro più avanti del loro che stavano parlottando a bassa voce e Kara annuì, tornando a concentrarsi sulle sue radici prima di parlare:

“Sì, niente male.”
“Sono arrivati sono ieri e già lì state valutando? Poveretti…”

Le due si voltarono simultaneamente verso Novak, in piedi alle loro spalle, che parlò senza alzare lo sguardo dal suo lavoro e con un tono melodrammatico che fece sbuffare debolmente la gemella:

“Non farmi la paternale Novak, come se voi non aveste già fatto le vostre valutazioni sull’aspetto delle ragazze inglesi!”
“Non credo che lo scopo di tutto questo sia trovarci un partner, Nerissa. E tu sei già impegnata, no?”

Novak alzò lo sguardo e inarcò un sopracciglio, parlando con un tono eloquente che fece digrignare i denti alla sorella, che si voltò dandogli di nuovo le spalle con un lieve sbuffo.
Kara non disse niente, limitandosi a rivolgere un’occhiata storta al ragazzo – suggerire in fretta l’argomento – prima di voltarsi di nuovo verso le sue radici e dire qualcosa a bassa voce:

“Beh, guardare non è un reato, no? Lascia perdere, non ci pensare.”
“È più facile a dirsi che a farsi, Kara. Non immagini quanto tu sia fortunata.”


Kara, per una volta, non trovò nulla di sensato da dire e non rispose, preferendo restare in silenzio alle parole dell’amica. Forse perché, infondo, sapeva che Nerissa aveva ragione.


*


“Cosa state confabulando, voi due? Devo correre ai ripari, per caso?”

Elvira si lasciò sprofondare su una poltrona di fronte ad Ivan e a Maximilian nella loro Camerata, ma il primo si limitò a rivolgerle un sorriso allegro:

“Beh, non pensi che sarebbe corretto, da parte nostra, dimostrare agli inglesi tutta la nostra… ospitalità?”
“Oh, io so essere estremamente ospitale e sono sempre ben felice di rendermi utile, ma ho come la sensazione che parliamo di cose diverse, conoscendoti.”

Le labbra della bionda si inclinarono appena in un sorriso – immaginando di cosa stesse parlando l’amico – mentre il ragazzo sorrideva con maggior vigore e Maximilian, invece, alzava gli occhi scuri al cielo:
“Elvy, corri dagli inglesi e dì loro di rinchiudersi in un bunker, ti prego.”

“Dai Ilian, saremo buoni, lo giuro! Uno scherzo può essere considerato un atto... d’affetto.”
“Oh, sì, vai a dirlo a Novak!”

“Novak ci ha perdonati, e non ci faremo beccare. Loro non conoscono il castello o noi, sarà un gioco da ragazzi. Magari la prenderanno sul ridere, ho sentito parlare di un certo humor inglese…”
“Come se i professori non sapessero che dietro a tutti i disastri che succedono qui ci siamo dietro o noi due o Elvira, o tutti e tre! E mia madre è inglese, ti ricordo, e ti assicuro che anche loro possono essere particolarmente… permalosi.”

“Ehy! Io non combino disastri, non sono come Ivan!”
Elvira incrociò le braccia al petto, rivolgendo un’occhiata leggermente torva all’amico e mettendosi sulla difensiva mentre Ivan ridacchiava e Maximilian, invece, sorrideva gentilmente all’amica, gli occhi luccicanti mentre parlava:

“Certo Elvy, hai ragione... vedi, Ivan i disastri li causa di proposito.”

La risata di Ivan si accentuò ma la bionda non lo imitò, sbuffando prima di lanciare un cuscino dritto sulla faccia del compagno.


*


“Accidenti, l’allenamento è stato massacrante, non vedo l’ora che arrivi la partita… Ciao Dom.”

Quando Katja mise piede nella Camerata dei Draghi con la borsa con il cambio in spalla venne accolta da Salem, il suo Gatto del Bengala, che le trotterello incontro e le si strusciò sulle gambe prima che la padrona lo prendesse in braccio.
Michael, seduto davanti allo scrittorio con una piuma tra le mani, le rivolse un debole cenno col capo prima di parlare con tono vago, come se avesse la mente altrove:

“Gli altri sono già rientrati, che fine avevi fatto?”
“Ho incrociato Graham e i suoi amici, mi sono fermata a salutarli e andar loro indicazioni per la Biblioteca. Beh, io sono sfinita, è stato un lunedì molto movimentato e credo che me ne andrò a letto.”

Katja superò il ragazzo con un sospiro, ma si fermò a pochi metri dalla porta che conduceva alle camere da letto quando sentì Michael chiamarla:
“… Kat?”
“Mh?”
“Tu sai… Come si chiama il fidanzato di Lia?”

Katja si voltò verso il biondo ed esitò – non sapeva che Natalia ne avesse parlato con lui – ma poi si riscosse e annuì debolmente, osservandolo con attenzione:

“Sebastian. Sebastian Seversky.”
“Ok. Grazie Kat.”

“Figurati. Buonanotte.”

Michael rispose con un cenno e Katja girò sui tacchi per lasciare la grande anticamera con Salem sempre in braccio mentre Michael esitava – gli occhi fissi sulla pergamena che aveva davanti da ormai diversi minuti senza aver ancora scritto neanche una parola –  prima di cominciare a scrivere.








……………………………………………………………….
Angolo Autrice: 

Domandina… nel prossimo capitolo – o in quello successivo, devo ancora decidere – ci sarà la partita tra i Draghi e le Aquile, chi volete che vinca? Ovviamente se il vostro OC fa parte di una delle due Camerate non potete votare. Risposte entro il 9 Agosto, per favore.

Signorina Granger 



Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4
 
Giovedì 8 Novembre 


Richard, Image and video hosting by TinyPicIndia, Image and video hosting by TinyPicDalia Image and video hosting by TinyPice Queen GrayfallImage and video hosting by TinyPic



“Ragazzi, venite subito a fare gli auguri a vostra sorella!”
“Mamma, non posso parlare molto, ho lezione tra poco e qui non si accendono quasi mai i fuochi se non è strettamente necessario o per uso didattico!”

Silvy, inginocchiata davanti al grande camino presente nella grande anticamera del dormitorio, alzò gli occhi al cielo quando vide sua madre spalancare gli occhi scuri, come shoccata dalle sue parole:

“Come?! Non accendono mai i camini?! E come diamine fate a non morire assiderati? Merlino, non ci voglio nemmeno pensare, io sarei già scappata di corsa… come possono non accenderli a Novembre in… Dov’è che siete?”
“Mamma, lo sai, non te lo posso dire!”
“A grandi linee!”
“… Ok, Scandinavia, ma non dirò altro.”

La Corvonero sospirò e vide la madre sorridere con aria vittoriosa mentre qualcuno le si avvicinava e, un attimo dopo, Silvy scorse il padre inginocchiarsi accanto alla moglie, che gli assestò un colpetto sulla spalla con fare soddisfatto:

“Thor, te l’avevo detto che era in Scandinavia!”  
“Come sempre hai ragione tu cara... ciao tesoro, tanti auguri.”

Hector sorrise teneramente alla figlia e Silvy ricambiò, guardandolo con affetto mentre la sua espressione si addolciva leggermente:

“Ciao papà… grazie. Un po’ mi mancate, devo ammetterlo.” 
“Anche a noi tesoro, e anche ai tuoi fratelli… oh, eccoli qui. Ce l’avete fatta al alzarvi dal letto, vedo, i miei complimenti.”

Adela roteò gli occhi mentre si alzava per fare spazio ai quattro figli maggiori, che un attimo dopo entrarono nella visuale della sorella sorridendole e facendo – come sempre – un gran baccano nel farle gli auguri:

“Ciao, ragazzina! Come te la passi a Nord?”
India, la maggiore tra le quattro sorelle Grayfall, sorrise allegramente alla minore facendola sbuffare debolmente, ricordandole che aveva 18 anni e non era una ragazzina.

“Io ho sette anni più di te, per me sarai sempre una ragazzina.”
“Ehy, sorellina, come sono i ragazzi lì? Carini?”

Dalia sorrise, facendo ridacchiare Queen mentre Silvy si stringeva nelle spalle, sostenendo che “non c’era male” mentre Richard, il più grande, alzava gli occhi al cielo – così come Hector alle sue spalle –.

“Non credo sia lì per trovarsi il fidanzato… com’è Durmstrang, piccola?”
“Diversa, il castello è più piccolo ma è molto più buio… lugubre, direi. Ma per fortuna ho i miei amici, quindi va tutto bene!”

“Sempre che non muoiano assiderati…”
“Mamma! Ah, quasi dimenticavo, Sean vi saluta tutti.”

“Come sta il nostro figlioccio?”
“Bene, è uno che si adatta… lui e John stanno già facendo impazzire Rosie, credo. Ora devo andare o mi uccideranno, vi saluto!” 

Silvy rivolse un cenno con la mano a tutta la famiglia, che esalò gli ultimi saluti e raccomandazioni prima che la ragazza spegnesse il fuoco magico con un pigro colpo di bacchetta. 
Non si era ancora alzata, tuttavia, quando sentì una voce femminile ormai abbastanza familiare alle sue spalle:

“Oh, non preoccuparti, lo abbiamo fatto tutti almeno una volta. Non volevo origliare, ma è il tuo compleanno?”

La Corvonero si voltò di scatto e annuì con un sorriso quando si trovò davanti Katja, impegnata a sistemarsi i bottoni della tunica rosso sangue della divisa e che teneva gli occhi chiari fissi su di lei:

“In effetti sì.”
Silvy si alzò mentre Katja, sorridendole, le faceva gli auguri in un inglese privo di accento, a differenza di tutti i suoi compagni.

“Grazie. Parli davvero bene la mia lingua, ad Hogwarts ti mimetizzeresti alla perfezione.”
“Beh, ho la fortuna di essere per metà inglese, io e i miei fratelli siamo cresciuti praticamente trilingue… dall’inizio dell’anno scorso ci hanno messi sotto con l’inglese in preparazione alla vostra permanenza qui, io ho avuto la fortuna di saperlo già parlare bene… così ho dato una mano agli altri, anche se molti di loro già lo conoscevano abbastanza bene.”
“Davvero?”
“Oh sì, tutti noi iniziamo a studiare tedesco fin da piccoli in vista di Durmstrang, ma molte famiglie abbienti insegnano ai figli anche l’inglese, essendo la lingua più veicolare.”

“Quindi tu parli inglese, tedesco, rumeno e…?”
“Russo. Mio padre è russo.”

“Ma se tua madre è inglese e tuo padre russo perché vivete in Romania?” 

Katja sorrise di fronte allo stupore e alla confusione della britannica, guardandola come se si fosse sentita ripetere quella domanda molte volte prima d’allora:

“Mia madre dopo Hogwarts è andata a vivere lì insieme a suo fratello per studiare i Draghi, mio padre viveva ancora in Russia con la sua famiglia, ma si sono conosciuti perché mio zio era fidanzato con la sorella di mio padre… e poi si sono fidanzati anche loro, ma mia madre non voleva lasciare il suo lavoro, così sono rimasti in Romania come i miei zii.”

“Capisco… storia interessante.”
“I tuoi come si sono conosciuti?”
“Oh, molto più banalmente, ad Hogwarts, sono stati amici per un sacco di tempo prima di mettersi insieme.”

Silvy si strinse nelle spalle mentre Katja, invece, sorrise mentre le due lasciavano la Camerata per andare a fare colazione:

“Che carini, come i genitori di Graham! A proposito, posso farti una domanda? Riguarda Rose, visto che siete amiche volevo chiederti… pensi che io non le piaccia? È molto gentile con me, ma sembra sempre un po’ distaccata, ecco.”

“Non credo che tu non le piaccia Katja, credo che il suo atteggiamento un po’ scostante sia dovuto ad… altro.”

“Altro?”  Katja aggrottò la fronte, guardando la Corvonero con leggera perplessità mentre Silvy annuiva, sorridendo con l’aria di chi la sa lunga mentre attraversavano l’ingresso:

“Sì, altro… Sei abbastanza intelligente da parlare quattro lingue, Katja Smirnov, sono sicura che capirai a cosa mi riferisco.”
 

*


Domenica 11 Novembre 



Novak si portò la tazza alle labbra mentre osservava, arreso, le quattro persone che sedevano al suo stesso tavolo: sua sorella, Karalee, Ivan e Maximilian quasi non avevano toccato cibo, impegnati a discutere tra loro di chissà quale strategia o schema per la partita imminente.

A lui il Quidditch non era mai interessato – soffrendo terribilmente di vertigini a malapena sopportava la vista di una scopa –, ma lo stesso non si poteva dire di sua sorella e di gran parte dei suoi compagni, che invece sembravano impazzire per quello sport… Nerissa era entrata nella squadra delle Aquile tre anni prima, quando si era liberato un posto da Battitore, com gran sconforto del fratello: sia Ivan che Maximilian erano entrati in squadra al terzo anno e il ragazzo si era arreso a dover sorbirsi infiniti sproloqui sul Quidditch per tutta la durata degli anni successivi, e così era stato.


Il Caposcuola era tentato di chiedere ai quattro di non ripassare un dannato schema per la centesima volta, ma sua sorella aveva la mazza da Battitrice pericolosamente vicina e non gli andava di irritarla, non in quel momento.
Sospirò, bevendo un altro sorso di caffè e agognando, in cuor suo, la fine di quella lunga domenica.
 

*


Ad un tavolo vicino, dove Katja e Natalia stavano chiacchierando, Elvira sedette con un gran sorriso stampato sul volto: 

“Buongiorno! Oggi sono super carica, farò faville in campo!”
“Nel senso che darai fuoco alla coda della tua scopa come l’anno scorso?”

Natalia inarcò un sopracciglio e mentre Katja ridacchiava nascose un sorrisetto dietro la sua tazza, mentre la sua migliore amica la guardava male:

“… No, non intendo in senso letterale! E ripeto che non so come sia potuto accadere! Sospetto che sotto ci sia lo zampino di Ivan, ma non ho mai trovato le prove per incriminarlo…”
“Io non se sarei tanto sicura, sei capacissima di averlo causato da sola senza volerlo…”

“Beh, il passato è passato, pariamo d’altro… Katja, sei pronta a fare i conti con i miei Bolidi?”

“Stavo per chiederti lo stesso.”

Katja ricambiò il sorriso fin troppo impostato si Elvira e a Natalia non restò che alzare gli occhi al cielo: era arrivato uno dei giorni che più odiava in tutto l’anno scolastico, ossia quello della partita tra le Aquile e i Draghi, dove giocavano – per di più nello stesso ruolo – le sue due migliori amiche. 
E alla rossa trovarsi tra l’incudine e il martello non piaceva, non piaceva affatto. 

La domanda tanto temuta, infatti, sarebbe presto arrivata: Elvira si voltò verso di lei, assottigliando gli occhi chiari e scrutandola con attenzione prima di parlare, scandendo lentamente le parole:

“Allora, Lia… Tu per chi tiferai?”

Eccola, inesorabile e inevitabile. 
Katja annuì e si voltò a sua volta, congiungendo le mani sotto il mento e sporgendosi leggermente verso di lei come la bionda:

“Sì, Lia, per chi tiferai?”

“Beh, ecco, credo che…”
Natalia appoggiò la tazza sul piattino e si schiarì la voce, cercando una via di fuga che si concretizzò in una quarta voce a lei molto familiare:

“Lei ovviamente tiferà per i Draghi, perché IO faccio parte di quella Camerata, ergo non può fare a meno di tifare per noi. Dico bene, splendore?”

Natalia sentì una mano poggiarci sulla sua spalla e, un attimo dopo, Michael sedette accanto a lei con il suo sorrisetto più strafottente stampato sul volto mentre la guardava. Natalia sorrise e annuì, voltandosi di nuovo verso le amiche e sollevando entrambe le mani: 

“Esattamente, ha ragione Dom. Scusa Elvira.”

“Bah, questa me la lego al dito!” 
“Come quella volta in cui ti sei…”

“Ok, abbiamo capito, adesso basta con i miei aneddoti!”


*


“È da parecchio che non assistiamo ad una partita, quando siamo partiti la stagione non era ancora iniziata ad Hogwarts… non vedevo l’ora.”

Sean sorrise mentre attraversava l’ingresso insieme a John e a Graham per lasciare l’edificio, seguendo il fiume di studenti verso il campo. John – che si stava sistemando la sciarpa intorno al collo – annuì alle parole dell’amico con aria allegra, di ottimo umore a sua volta:

“Io non vedo l’ora che arrivi il NOSTRO turno di giocare! Quando accadrà?”
“Credo all’ultima partita… le squadre di Durmstrang si sfideranno tra loro – e Kat mi ha detto che questa è già la seconda partita per loro, la prima e stata ad Ottobre tra le Vipere e le Stelle infuocate – e alla fine quella “vincitrice” si sfiderà con noi, a Maggio.”

“Penso che sia inutile dirvi che dobbiamo vincere, ne va del nostro onore e di quello della scuola!”
“Senza contare che le nostre sorelline ci deriderebbero a vita, Sean.”
“Esatto John, quindi sarà meglio mettersi sotto con gli allenamenti a nostra volta… e teniamo d’occhio le loro strategie, tutto può essere utile, alla fine.” 


*


“Oh, ciao Novak!”

Natalia sorrise al Caposcuola, trovandolo già seduto sugli spalti – ma non appoggiato alla ringhiera come gran parte dei loro compagni, tenendosene invece a debita distanza – quando lo raggiunse insieme a Michael. Il moro rivolse un cenno ai due, parlando con un tono cupo e senza nemmeno voltarsi, continuando a tenere le braccia conserte:

“Natalia, Dom…”
“Non pensavo di vederti, se devo essere sincera!”

Natalia sedette accanto a lui, guardandolo sbuffare con curiosità mentre Michael prendeva posto accanto a lei:

“Ne avrei fatto a meno infatti, ma gioca la mia Camerata e in particolar modo mia sorella, sono stato praticamente incastrato a venire…”
“Beh, io non me la passo meglio, oggi giocano le mie migliori amiche… Povera Elvira, le ho detto che avrei tifato per i Draghi…”

“Beh, se io giocassi tiferesti per noi, dico bene?”
Natalia si voltò verso Michael, abbozzando un sorriso prima di parlare: 

“Forse, ma tu non giochi, quindi…”
“Grazie al cielo, ci sono già troppi invasati di Quidditch da queste parti…”

“Sai, mi sono sempre chiesta perché non hai mai dimostrato interesse a giocare, in effetti.”

Natalia ignorò il commento di Novak e continuò a rivolgersi al biondo, che per tutta risposta si strinse nelle spalle con noncuranza, continuando a tenere un braccio appoggiato allo schienale della sua sedia e gli occhi fissi sul campo ancora deserto. 

“Non fa per me.”

Natalia non disse nulla, limitandosi ad osservarlo per qualche altro istante prima di voltarsi a sua volta. Forse avrebbe aggiunto qualcos’altro, ma quando spuntarono alcuni studenti inglesi decise che era meglio tacere.


*


“Io non volevo venire!”
“Juls, smettila di lamentarti, non ti lascerò fare la ragazza asociale alla nostra prima partita a Durmstrang, potrebbe essere un modo per fare amicizia.”
 
Julie alzò gli occhi al cielo mentre, accanto a lei, Silvy e Rose tenevano vigilmente d’occhio il campo per non perdersi l’inizio dell’incontro. Alla Corvonero il Quidditch non era mai interessato granché, e trovandosi in una scuola straniera, senza le familiari Case per cui tifare o meno, non trovava proprio l’utilità di assistere… peccato che le sue amiche non erano sembrate d’accordo con lei e se l’erano trascinata appresso quasi di peso.


La ragazza si rincuorò leggermnege quando scorse Tim e David avvicinarsi, guardando i due sorridere a lei e alle amiche:

“Oh, salve ragazze! È iniziata?”  David si fermò accanto a Rose e gettò un’occhiata al campo, ma la bionda scosse il capo mentre Silvy si lamentava del fatto di non avere qualcosa da sgranocchiare a disposizione per godersi maggiormente la partita.
“Ciao Dave… No, non ancora, sono ancora negli spogliatoi, ma dovrebbero uscire a momenti…”

Timothy, invece raggiunse Julie e le sorrise, appoggiando le braccia alla ringhiera tenendo le mani giunte:

“Ciao Juls… hai l’aria di una che è stata trascinata qui con la forza.”
“Beh, in un certo senso… ma nemmeno tu sei un patito di Quidditch, penso che tu capisca.”
“Oh, nemmeno Dave lo è, ma ci sembrava brutto non venire alla prima partita qui... Magari salteremo la prossima.”

Tim si strinse nelle spalle e a quelle parole Rose sbuffò debolmente, rivolgendo un’occhiata eloquente ad amica e ragazzo:
 
“Oh, credimi Tim, la nostra Julie apprezzerebbe molto di più la partita se qui con noi, a vederla, ci fosse anche qualcuno di nostra conoscenza…” 
Julie arrossì e aprì la bocca per ribattere, ma Silvy la battè sul tempo mentre tamburellava le dita sulla ringhiera, ridendo sotto i baffi:

“Potrebbe dire lo stesso di te, biondina.”


“… Dave, tu stai capendo?”
“Ehm, no, staranno parlando in un codice a noi sconosciuto…”


*


“D’accordo, credo che dovremmo uscire adesso… ci siete tutti? Ho perso di vista Elvira, ELVY?!”

“Sono qui!”  
Il Portiere e Capitano della squadra delle Aquile tirò un sospiro di sollievo quando scorse la mano della bionda spuntare dietro la spalla di Karalee, segno che la norvegese non stava combinando qualche disastro da qualche parte come l’incidente dell’anno prima.

“D’accordo, allora andiamo… buona fortuna Aquile.” 

Klaus assestò una pacca sulla spalla di Maximilian prima di dirigersi verso l’uscita dello spogliatoio collegata al campo tenendo il manico della scopa stretto in mano e i compagni al seguito. Ivan sorrise all’amico, apparentemente affatto nervoso di fronte alla partita ormai imminente:

“Pronto Ilian?”
“Beh, non gioco da mesi, speriamo vada tutto bene…”
“Ma sì, mal che vada perderemo, che vuoi che sia!”  Ivan si strinse nelle spalle, liquidando il discorso con un gesto sbrigativo della mano mentre, dietro di lui, Karalee lo fulminava con lo sguardo:

“Svensson, vai a fare lo iettatore da un’altra parte, come nello spogliatoio dei Draghi!”


*


Katja assestò una decisa stoccata al Bolide che Elvira aveva indirizzato al Cercatore della sua squadra, rimandandolo indietro e rivolgendo un sorrisetto in direzione dell’amica, salutandola persino con un cenno della mano.
La bionda che si trovava ad una ventina di metri di distanza, per tutta risposta le fece la linguaccia mentre, sopra di loro, Ivan e Maximilian si passavano la Pluffa avvicinandosi agli anelli avversari.


E sugli spalti, intanto…


“Le Aquile sono in vantaggio di venti punti, maledizione…”
Michael sbuffò, digrignando i denti mentre, accanto a lui, Novak sembrava ben lieto di conversare con John, Sean e Graham invece di dover seguire la partita.

“Ma è vero che di notte vengono liberati dei Lupi Mannari nel parco della scuola?””

“Cosa? Diamine, no, ci prendete per pazzi? Dove l’avete sentita questa?”
“Non saprei, girano un mucchio di voci su questa scuola dalle nostre parti…” Sean si strinse nelle spalle alle parole del ragazzo mentre accanto a loro, John sfoggiava un’espressione leggermnege però,essa mentre parlava con Natalia insieme a Graham:

“Ok, quindi lui è… Novak. Mentre tu sei…”
“Natalia.”
“Natalia… Novak.”

“Esattamente.”
“Cioè lui si chiama come il tuo cognome?!”
“In pratica, sì.”

Natalia si strinse nelle spalle, sorridendo di fronte alle espressioni smarrite due due ragazzi mentre il moro liquidava il discorso con un rosico gesto della mano:

“Sì, ha creato qualche confusione agli insegnanti al primo anno… e ogni volta in cui dicono “Novak” non sappiamo a chi stanno parlando.”
“Dev’essere confusionario… Mentre il vostro amico è… Michael? O si chiama Dom? Abbiamo informazioni contrastanti a riguardo e siamo abbastanza confusi.”

Graham aggrottò la fronte e Natalia sorrise – quel discorso non le era affatto nuovo – mentre Novak, accanto a lei, intuiva e roteava gli occhi chiari:

“Michael, si chiama Michael, ma in molti lo chiamano Dom.”
“Davvero? Mike non sarebbe più semplice?”

Graham inarcò un sopracciglio e la rossa si strinse nelle spalle, ormai quasi abituata a dare quel genere di spiegazioni:

“Gli piace giocare con le sue iniziali, e soprattutto gli piace confondere le persone presentandosi in mille modi diversi… si chiama Michael D. O. Hoax… D.O.M.”
“Ma una volta l’ho sentito dire di chiamarsi Michael Doax, ne sono certo!”

“È un cretino, lasciate perdere, si diverte…”
“Via Lia, mi stai rovinando tutto il divertimento!” Il ragazzo sbuffò debolmente, assetando un colpetto sulla spalla dell’amica senza staccare gli occhi dal campo e imprecando a mezza voce quando un Cacciatore mancò un anello. 


Natalia stava per ribattere, ma la sua attenzione venne catturata da qualcosa: la sua vista da Cercatrice non si lasciò sfuggire un movimento sospetto da parte del Cercatore dei Draghi e un inconfondibile scintillio dorato, che la portò ad alzarsi di scatto e ad avvicinarsi alla ringhiera:

“IL BOCCINO! DIMITRI HA VISTO IL BOCCINO!”
In un attimo Michael, John, Sean e Graham la raggiunsero, schiacciandosi contro la ringhiera per vedere meglio mentre, alle loro spalle, Novak se ne stava comodamente e seduto, ben lieto che la partita fosse – forse – quasi giunta al termine.

“Quello è il Cercatore dei…”
“Draghi, vedi il viola scuro? È il loro colore, le Aquile hanno il cobalto, le Vipere il Bordeaux, le Stelle il giallo ocra e noi il caramello.”
Spiegò rapidamente Natalia senza staccare gli occhi da quello che, molto spesso, era stato sul campo il suo avversario.

“Avanti…” Sibilò Michael in un sussurro mentre stringeva la ringhiera con entrambe le mani e gli occhi di tutti, ormai, erano fissi sul ragazzo che era quasi sparito dietro una cortina di nuvole basse.



“Oh, ma andiamo, non si vede niente! Peggio dell’acqua del Tamigi…” Silvy sbuffò, maledicendo il cielo nuvoloso e la scarsa luce mentre, accanto a lei, Julie pregava che il ragazzo prendesse il Boccino così da porre fine alla partita e Rose si sforzava di vedere qualcosa.

“Credo che lo abbia raggiunto anche l’altro… ma non vedo molto bene.”
“Altroché, qui ci vorrebbe un binocolo, ricordatemi di portarlo la prossima volta!”


Julie roteò gli occhi, evitando di dire che molto probabilmente lei alla partita seguente sarebbe rimasta al castello – anche perché non osava immaginare a quali temperature avrebbero dovuto giocare in pieno Inverno – mentre, intorno a lei, tutti trattenevano il fiato: una figura stava tornando indietro, planando verso il campo. 

“Quello è… è… Oh insomma, chi cavolo è?! Odio non conoscere i giocatori!”
Silvy sbuffò con impazienza mentre Rose abbozzava un sorriso e dava una gomitata all’amica, accennando ad un gruppo di studenti poco più in là:

“A giudicare da come stanno esultando, direi che è il Cercatore dei Draghi.”


*


“La nostra prima partita dell’anno e abbiamo perso, grandioso…”
Ivan, sprofondato in una poltrona, sbuffò con aria sconsolata mentre Elvira, seduta sul bracciolo, sorrideva con aria consolatoria:

“Beh, difficilmente vinceremo la coppa, ma non è detta l’ultima parola, ci sono altri incontri da affrontare… e i Draghi sono forti, si sa. Dico bene Ilian?”

La bionda si rivolse al moro, seduto accanto a lei e nella stessa posizione dell’amico, guardandolo annuire e stringersi debolmente nelle spalle:

“Immagino che tu abbia ragione…”
“Certo che ho ragione! Su ragazze, anche voi, non è la fine del mondo, l’anno scorso abbiamo vinto la Coppa, dopotutto, non si può vincere sempre!”

Elvira si rivolse così a Karalee e a Nerissa, sedute una accanto all’altra sul divano. Eccetto che per loro la stanza era deserta, nessuno aveva avuto molta foglia di trattenersi quella sera e tutti erano spariti nelle rispettive camere molto in fretta dopo cena.

Tuttavia né la mora né la bionda dissero niente, limitandosi a sbuffare e a mormorare qualcosa di incomprensibile in svedese – Karalee – mentre alle loro spalle Novak sopraggiungeva con la sua opinione, annuendo:

“Elvira ha ragione, non è una traged-“
“NOVAK, SPARISCI DALLA MIA VISTA O TI CHIUDO NELLA TORRE PER UN GIORNO INTERO, ALTRO CHE IVAN E MAXIMILIAN!”

“Sorellina, non serve scaldarsi tanto!”
“Tu non puoi capire, vai a dormire e non dire altro.”
“Non parlarmi così, signorina, sono tuo fratello e anche Caposcuola!”

“Mi importa quanto del fidanzato che mi hanno scelto mamma e papà… Sì, esatto, vale a dire 0.”

Nerissa fulmino il fratello con lo sguardo prima di rimettersi a sedere dritta e, intorno a lei, i compagni assistevano alla scena con gli occhi spalancati e senza osare fiatare: nessuno si rivolgeva mai in quel modo a Novak Andersen.

Lo stesso Novak che, in quel momento, indugio con lo sguardo sulla sorella – osservandola in cagnesco – prima di augurare la buonanotte a tutti e raggiungere a grandi passi la porta, sbattendosela alle spalle per poi sparire.


“Wow…”
“Già… Se gli avessi parlato IO così mi avrebbe ridotto ad una poltiglia…”

“I vantaggi di essere la sorellina adorata.”   Nerissa si strinse nelle spalle con noncuranza e Karalee ridacchiò, esprimendo a voce alta il suo rammarico di non aver immortalato l’espressione stralunata di Novak con una macchina fotografica.


*


Michael si stiracchiò sulla sua solita poltrona mentre nella stanza il caos assordante di poco prima stava iniziando a placarsi: i suoi compagni si erano dati ai festeggiamenti dopo la vittoria, o almeno finché la Vicepreside non aveva fatto il suo ingresso minacciandoli di spedirli a dormire fuori dal primo all’ultimo.

Molti non se l’erano fatto ripetere due volte ed erano corsi nelle loro stanze e Michael s’infilò una mano nella tasca della tunica mentre i membri della squadra di Quidditch ridevano e chiacchieravano sistemando la stanza messa quasi a soqquadro.
Ne estrasse una lettera ancora sigillata e se la rigirò tra le mani prima di aprirla, rompendo la ceralacca con un gesto secco: se la portava appresso da tutto il giorno, dopotutto, era arrivato il momento di aprirla e smetterla di temporeggiare.

Prima di leggerla, tuttavia, esitò, chiedendosi se non dovesse preoccuparsi della sua lunghezza abbastanza esigua: era un bene o un male? Così, su due piedi, Michael proprio non sapeva dirlo.

C’era una chiara domanda non esplicitata in quelle righe, ovvero “Perché me lo chiedi?” e Michael ripensò un’ultima volta alla lettera che aveva scritto una decina di giorni prima, composta da sole sette parole: 

Cosa sai di un certo Sebastian Seversky?







……………………………………………………………………………
Angolo Autrice: 

Buonasera! 
Allora, eccoci con il capitolo della prima partita e sì, hanno vinto i Draghi, quindi congratulazioni a Mary e a Phebe.
Ora, anche questa volta ho una domanda per voi, solo un po’ più complessa…
Ebbene sì, è arrivato il fatidico momento, se volete potete darmi (VIA MP!) le vostre preferenze per le coppie… ovviamente per il vostro OC. Io qualche speculazione l’avrei già fatta, come immagino vi sarete accorte, anche se alcune ancora non le ho palesate… vedremo se ci ho visto giusto o no. Ma ricordate che non è detto che io vi accontenti, vi prego di non prendervela in caso, ma non posso accoppiare tutti. 
Perciò, sbizzarritevi. 
Inoltre... qualche settimana fa ho creato uno “schemino” per Furia per memorizzare gli OC inglesi ma sopratutto per non fare confusione con le loro famiglie e associare più facilmente le facce ai nomi... se qualcun altro lo vuole consultare lo condivido.
A presto spero, 
Signorina Granger 

Ps. Phebe, prima che tu ti scusi come sempre, i tuoi papiri sono sempre ben accetti e molto graditi, lo stesso vale per Furia.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5
 
Venerdì 16 Novembre 


Romania 
 
Gabrielle, Image and video hosting by TinyPicIvan, Image and video hosting by TinyPicAlexandra Image and video hosting by TinyPice Isaak SmirnovImage and video hosting by TinyPic 


“Buongiorno a tutti!”

Katherine Smirnov, nata Burke, entrò nella sala da pranzo più piccola – che la famiglia utilizzava tutti i giorni, in assenza di ospiti o di occasioni particolari – con un gran sorriso sul volto, ricevendo un vago saluto da parte dei quattro figli mentre si avvicinava al marito, mettendogli le mani sulle spalle prima di chinarsi e dargli un bacio su una guancia:

“Ciao tesoro. Jaime ha fatto la tua torta preferita.” Alexei parlò senza distogliere lo sguardo dal giornale che teneva in mano, accennando ad una tortiera mentre la moglie prendeva posto alla sua destra e Alexandra, seduta ad un posto di distanza da lei, si sporgeva per darle una lettera:

“Mamma, è arrivata questa da parte di Kat.”
“Oh, grazie tesoro… Spero proprio che il nostro Graham si sia ambientato e non stia combinando guai.”

La donna aprì la lettera aggrottando la fronte, pensando alla considerevole – e comprensibile – preoccupazione di Elena nei confronti del figlio mentre Ivan, seduto di fronte a lei, prendeva la parola tra un boccone e l’altro:

“A proposito, io oggi vado a Londra a trovare Eloise, qualcuno vuole aggregarsi?”
“Non oggi, noi dobbiamo andare a scegliere i fiori… e comunque non so se verrei con te, da quando state insieme non riesco a chiacchierare con la mia amica senza che il discorso finisca su mio fratello, o senza che il suddetto fratello si metta in mezzo.”

Alexandra rivolse un’occhiata torva al gemello, che però la ignoro mentre Gabrielle, invece, seduta accanto alla madre, si voltava verso di lei senza smettere di imburrare una fetta di pane:

“Mamma, tu vieni con me e Alex a scegliere i fiori?”
“Ovviamente tesoro, la mia primogenita si sposa e io non partecipo ai preparativi? Sia mai!”

Katherine distolse lo sguardo dalla lettera della figlia più piccola per sorridere alla primogenita, che ricambiò mentre Ivan e Isaak, di fronte a loro, si scambiavano un’occhiata esasperata – e il secondo si affrettava a prenotare la sua presenza alla visita ai Greengrass pur di sfuggire ai preparativi nuziali – e Alexei roteava gli occhi azzurri da dietro il suo giornale: nessuno sapeva meglio di lui cosa volesse dire fronteggiare sua moglie e due tra le sue figlie insieme, poteva solo compatire il povero fioraio.

“Meraviglioso… e mi raccomando, vedete di scegliere quantità industriali dei fiori e delle composizioni più costosi sul mercato.”
“Tesoro, non fare il guastafeste, è il primo matrimonio di uno dei nostri figli e sarà splendido. Senza contare che finirà sui giornali di tre Stati diversi visto che non solo Gabrielle è per metà Smirnov e per metà Burke, ma sposa uno dei giocatori della Nazionale rumena… Oddio, sto parlando come mia madre!”

Katherine sgranò gli occhi chiari con orrore, sinceramente allarmata mentre Gabrielle ridacchiava e Alexandra, invece, aggrottava la fronte, sporgendosi leggermente sul tavolo per rivolgersi ai genitori:

“In effetti non ho mai capito il perché di questa tradizione dei genitori della sposa che pagano il matrimonio. Insomma, fino a qualche anno fa bisognava anche dare la dote, non era abbastanza?!”

“Non chiedermi il senso di vecchie tradizioni stupide e dallo stampo maschilista, Alex, non so spiegartelo nemmeno io. Sono solo felice che da una quindicina d’anni molte famiglie abbiano smesso di chiedere la dote, o almeno in Inghilterra.”
Katherine sfoggiò una smorfia quasi disgustata, ripensando con stizza alla somma non indifferente che i suoi genitori avevano dovuto sborsare per le sue nozze e guadagnandosi un’occhiata eloquente da parte del marito, come a volerle ricordare che non era stato lui ad insistere, ma la sua famiglia.

“Questo significa che se io, o Kat, dovessimo sposare un ragazzo dell’Est e di famiglia importante molto probabilmente dovrete pagare? Così sembra che l’uomo faccia un atto di carità a sposare la donna, come se ci facesse un favore, è orribile.”
“Lo so Alex, i Babbani non usano queste sciocchezze da anni, sarebbe il momento che anche molti Maghi aprissero gli occhi, visto che ci reputiamo tanto migliori di loro.”


*


Durmstrang 


“Oggi mia madre e le mie sorelle andavano a scegliere i fiori per il matrimonio, un po’ mi dispiace non poter essere partecipe nell’organizzazione delle nozze, dev’essere divertente! Mia madre dice che è anche stressante, ma io penso che sia carino… spero che abbiano il buon senso di scegliere i fiori sui colori delle nozze!”
“Ossia?”

“Blu, bianco e argento. Il blu perché è il colore della nazionale rumena e mio cognato si sposerà nella divisa da cerimonia – blu -, l’argento perché è uno dei colori degli Smirnov e il bianco… non saprei, Gabrielle dice che sta bene con tutto, quindi…”

Katja si strinse nelle spalle mentre, insieme alle amiche, si dirigeva verso l’aula di Manipolazione. 
La mora si voltò verso Elvira quando le assestò una lieve gomitata, rivolgendo alla bionda un’occhiata perplessa che ebbe come risposta un cenno del capo in direzione di Natalia, che non aveva emesso una parola e sembrava immersa nei suoi pensieri mentre seguiva le amiche lungo il corridoio.

La rumena, cogliendo il messaggio dell’amica, sgranò gli occhi chiari prima di voltarsi di scatto verso la rossa, affrettandosi a parlare con tono sinceramente dispiaciuto e un’espressione rammaricata sul volto:

Al naibii, (dannazione) scusa Lia! Non ci ho pensato, forse non dovrei parlare di nozze in continuazione…”
“Non fa niente Kat, non importa. Tua sorella si sposa tra un paio di mesi, è normale che tu sia emozionata.”

Natalia si strinse nelle spalle e non battè ciglio mentre la mora la guardava con scarsa convinzione ed Elvira invece sorrideva con aria allegra:

“Io dovrei suggerire ai miei fratelloni di trovarsi una ragazza, non vedo l’ora di avere frotte di adorabili nipotini! Mi divertirei moltissimo ad organizzare i loro matrimoni, del resto quei tre non distinguono la seta dal satin o il rosa cipria dal rosa antico… ah, ma dovrebbero trovare delle vere sante, prima!”

Elvira scosse il capo, liquidando il discorso con un gesto della mano – come se stesse parlando di un’utopia – mentre Katja si stringeva nelle spalle, serafica:

“Se ne ha trovata una mio fratello Ivan c’è speranza per tutti, e per di più Eloise è bellissima, intelligente e anche simpatica.”
“Non è che sei di parte visto che è una tua amica?”
“Mh, forse, ma io spero solo che quei due si sposino prima o poi, così le nostre famiglie sarebbero davvero imparentate, sarebbe bellissimo per tutti noi… Grammy diventerebbe una specie di cognato per me?”

Katja aggrottò la fronte mentre metteva piede nell’aula insieme alle amiche – e perfettamente in orario, per di più – e Natalia annuì mentre scivolava sulla sedia del banco accanto al suo:

“Credo di sì.” 
“Fantastico! Ci divertiremmo tantissimo ad organizzarlo, sarebbe bellissimo, scriverò una lettera a mio fratello suggerendogli caldamente di darsi una mossa.”


*


“Niente da fare, non ero una cima in Trasfigurazione ad Hogwarts e non lo sono a Durmstrang!”

Timothy sbuffò, passandosi nervosamente una mano tra i lisci capelli castani e guardando il suo criceto con aria sconsolata. 
David, seduto accanto a lui, si strinse nelle spalle senza scomporsi, parlando con il suo solito tono calmo e rilassato:

“Non dire così Tim, non sei una frana.”
“Sì, ma solo grazie al padre di Julie, che mi viene puntualmente in soccorso!”

“Non me ne parlare, se avessi la metà del talento di mio padre in questa materia sarei la prima della classe, probabilmente. Il mio criceto sta cercando di scappare!”

Julie, seduta alla destra del Tassorosso, sgranò gli occhi azzurri e si affrettò a pietrificare il cricetino dal pelo color miele.

“Sapete, mi sono sempre chiesto dove tengano tutti questi animali, anche ad Hogwarts…”
“Non saprei Tim, ma ho sentito delle voci sul fatto che qui siano degli studenti trasfigurati…”

Dave parlò con una scrollata di spalle mentre il suo criceto prendeva la forma di una zuccheriera, senza badare alle espressioni sgomente che sfoggiarono i due compagni mentre, nel banco di fronte, Silvy cercava di eliminare le piccole orecchie pelose alla sua zuccheriera e Rose, invece, faceva appello a tutto il suo autocontrollo per non saltare alla gola del suo migliore amico, che si stava dilettando a mettere alla prova la sua mira lanciandole contro pezzetti di pergamena.


“Merlino, tra poco giuro che lo ammazzo… Silvy, tu per caso ricordi che sia stato così demente anche da piccolo? Perché io lo ricordo carino!”
“No, da bambino era un tenero coccolone, non so cosa gli sia successo nella preadolescenza… sparite, dannate orecchie!”

La mora sbuffò e puntò di nuovo la bacchetta contro la zuccheriera, ma le orecchie invece di sparire si ingrandirono, facendo disperare la Corvonero mentre la bionda, invece, si voltava per rivolgere un’occhiata assassina in direzione di Sean, che ridacchiava insieme a Graham e a John.

“La volete finire?!”
“Scusa Rosie, ma abbiamo già finito e ci annoiamo…”

“Allora provate a contare i vostri neuroni per ammazzare il tempo, gli amici dodicenni di mia sorella sono più maturi di voi tre!”


Dopo un’ultima occhiataccia la bionda tornò andar loro le spalle, concentrandosi sul suo criceto invece che sui tre: a Durmstrang oltre a rendere obbligatorio l’uso degli incantesimi non verbali a partire dal quinto anno davano anche del tempo limitato per portare a termine gli incarichi come se fossero perennemente ad un esame, con il risultato di aumentare a dismisura la sua ansia da prestazione, ma gli studenti della scuola sembravano esserci abituati e non si scomponevano più del dovuto.

Mancavano meno di dieci minuti alla scadenza del tempo stabilito, e Rose sarebbe andata in giro per la scuola in pigiama piuttosto di fallire dove Sean Cavendish era riuscito, così strinse le labbra e si concentrò sul piccolo roditore: sua madre aveva superato prove ben più ardue per diventare un Auror – una delle prime, per di più – e non aveva intenzione di essere da meno.


Dall’altra parte dell’aula, anche Elvira aveva già finito e sembrava annoiarsi, tanto da iniziare a piegare in modi strani pezzi di pergamena mentre, accanto a lei, Katja metteva Novak sotto torchio. O almeno, ci provava:

“Novak, tu sei Caposcuola, so che lo sai!”
“Ti sbagli Katja, non so di che parli.”

Novak parlò senza guardare la ragazza, gli occhi fissi sulla zuccheriera che aveva davanti e le braccia conserte mentre aspettava che il tempo finisse e l’insegnante passasse a controllare i loro risultati. Anche Katja, essendo Manipolazione una delle due materie preferite, aveva già finito, e la ragazza sbuffò mentre lo guardava con un misto di impazienza e insistenza:

“Non prendermi in giro Novak, gira voce che ci sia una novità di cui il Preside deve parlarci!”
“E perché io dovrei sapere di cosa si tratta?”

“Perché tu sai sempre tutto prima di qualunque altro studente, Novak! Per favore, sono curiosa!”

La ragazza guardò il compagno con le mani giunte e l’espressione più implorante che le riuscì, mentre Novak alzava gli occhi al cielo e, accanto a loro, Michael spostava lo sguardo dall’orologio a Natalia con leggera preoccupazione:

“Lia, mancano meno di cinque minuti, credo che dovresti…”
“Non posso, guardalo, è così carino!”

Natalia teneva le mani a coppa, tenendo il suo cricetino sui palmi e guardandolo con un’aria adorante che fece roteare gli occhi all’amico:

“Sarà una carinissima zuccheriera, allora.”
“Sai che sono contraria a queste cose, poveri animali, dev’essere terribile per loro, non capiscono nemmeno cosa stia succedendo.”

“Lia, andiamo, sai cosa succede se non ce la facciamo in tempo, e se la Petrovich vede che non ci hai nemmeno provato….”
“Non voglio trasformare Med in una zuccheriera!”
“Med?!”
“Sì, è Miele in ceco.”  Natalia sorrise, accennando al pelo color miele del cricetino mentre Michael, dopo aver lanciato un’occhiata all’orologio e essersi assicurato che la vicepreside non stesse guardando, sibilò qualcosa in sloveno che la ragazza non comprese e trasformò personalmente il piccolo animale in una zuccheriera, prendendola dalle mani dell’amica e poggiandola sul banco, davanti a lei, appena prima che il tempo finisse.

“DOM! Cos’hai fatto?!”
Natalia spalancò gli occhi castani, parlando con orrore mentre il ragazzo, invece, sorrideva e le dava un colpetto sulla spalla:
“Ti ho salvato la vita, ora sorridi, da brava. Mi ringrazierai più tardi per la perfezione della mia zuccheriera.”
Probabilmente la rossa si sarebbe voltata per fargli un discorsetto, ma dovette desistere quando la Vicepreside si schiarì la voce, annunciando con tono gelido alla classe che il tempo era finito.

Quando la donna passò per il loro tavolo non battè ciglio di fronte alla zuccheriera di Michael, affatto stupita, mentre indugiò alla vista di quella di Natalia, che aveva un’espressione piuttosto cupa sul volto: 

“Sta migliorando, Signorina Nòvak!”
“Grazie Professoressa…” Il sibilo con cui la rossa la ringraziò fece quasi ridacchiare Michael, ma il ragazzo si impose di restare serio mentre l’insegnante si fermava di fronte ad Elvira, inarcando un sopracciglio e parlando con tono gelido mentre osservava il banco della ragazza:

“Signorina Nordström, può dirmi, di grazia, che cos’è questa roba?”
“Origami Professoressa, arte asiatica… ne vuole uno? Le gru sono di buon auspicio.”

La bionda rivolse un caldo sorriso alla donna, porgendole una piccola gru realizzata con la pergamena, ma la Vicepreside si limitò ad alzare gli occhi al cielo – aveva imparato fin troppo tempo prima ad accettare e ignorare le stranezze di quella ragazza solo perché era un’ottima studentessa e appartenente alla famiglia magica più in vista di tutto il Paese – prima di parlare:

“No, la ringrazio. La sua zuccheriera?”
“Oh, eccola. Sa, ho finito prima e ho deciso di passare il tempo.”

Elvira sfoggio il suo sorriso più benevolo, privo della più minima forma di arroganza o malizia e l’insegnante decise di soprassedere prima di passare a Katja e a Novak, che mormorò qualcosa alla ragazza non appena la donna li ebbe superati per controllare Ivan e Maximilian:

“Ok, te lo dirò, ma cerca di tenerlo per te, ok?”
“Davvero? Oh, grazie Novak, prometto che starò zitta!”

Katja sorrise al ragazzo, gli occhi chiari luccicanti mentre Novak prendeva la sua piuma e ne intingeva la punta nel calamaio, mormorando di volerlo scrivere per evitare che altri lo sentissero. 

Poco dopo il danese le passò un bigliettino che la ragazza aprì e lesse solo quando la campanella stava ormai per suonare, aggrottando la fronte con sincera confusione:

“Ma Novak, questo è già risaputo, ce lo hanno detto… Novak?!”
Katja si voltò alla sua sinistra per cercare spiagazioni da parte del compagno, che però con suo gran disappunto scoprì essere completamente svanito, doveva essere uscito dall’aula di Corsa non appena la campanella era suonata.

“Novak! Maledetto di un danese, se pensa di sfuggirmi così si sbaglia di grosso, lo torchierò se necessario!”

Katja strappò il bigliettino in più pezzi mentre, mordendosi il labbro con stizza, teneva gli occhi fissi sulla soglia dell’aula, immaginando il ragazzo impegnato a ridacchiare da qualche parte mentre Ivan e Maximilian le si avvicinavano, entrambi curiosi di sapere il motivo della “fuga” dell’amico:

“Dove andava Novak così di corsa, Kat?”  Ivan guardò la ragazza con curiosità, ma la mora si limitò a sbuffare senza staccare gli occhi dalla soglia, parlando con tono seccato:
“Non saprei Ivan, penso a nascondersi da qualche parte… quel che è certo è che la vostra influenza gli ha fatto molto male.”


*


“Bene, il motivo per cui ho indetto questa riunione nell’ora buca è semplice: ormai siamo qui da un paio di settimane, direi che è arrivato il momento di iniziare a parlare di una cosa molto importante… il Quidditch.”

Sean, seduto ad uno dei tavoli circolari della Biblioteca, parlò con un tono serio che di rado gli si sentiva utilizzare mentre teneva le mani appoggiate sul tavolo, le dita intrecciate.  John, seduto accanto a lui, inarcò un sopracciglio:

“Intendi per stabilire i ruoli?”
“Esattamente. Direi che Graham sarà il nostro Portiere, mentre per i Cacciatori ci sarai tu, John… Silvy, puoi fare da Cacciatrice?”
Il Serpeverde si rivolse alla Corvonero che, seduta di fronte a lui tra Rose e Virginia, aprì la bocca e lo guardò con aria indignata:

“Ma io sono una Battitrice!”
“Lo sappiamo bene, ma lo siamo anche io e Rosie, e io e lei giochiamo insieme da anni, ormai abbiamo sviluppato una specie di telepatia in campo, penso sarebbe meglio se facessimo squadra anche qui, se non ti dispiace.”

Sean si strinse nelle spalle e la mora sbuffò, ma annuì dopo un attimo di esitazione, mormorando che lo faceva solo per il bene della “squadra” che stavano improvvisando e guadagnandosi un sorriso grato da parte di Rose.

“Grazie Silvy. Ora, Vivi, tu sei la nostra Cercatrice, immagino tu voglia ricoprire lo stesso ruolo anche qui… Ebbene, ci manca un Cacciatore.”

Sean annotò i nomi su un foglio per poi parlare con tono grave e solenne allo stesso tempo, mentre accanto a lui Graham si stringeva nelle spalle:

“Chiediamo ad uno degli altri, qualcuno disponibile lo troveremo.”
“Sì, ma chi, David non accetterà mai!”

A quelle parole Rose parve illuminarsi e si sposarselo verso Silvy, sussurrandole qualcosa all’orecchio che fece sorridere l’amica prima di tornare improvvisamente seria e rivolgersi a John, parlando con tono fermo:

“John? Chiedilo a Julie.”
“Eh? Voi siete sue amiche, chiedeteglielo voi!”
“No, lo farai tu, in veste di tuo Capitano… te lo ordino.”

“Quando non siamo in campo non vale!”

“Beh, allora io te lo ordino in veste di Caposcuola, contento?”

“E come dovrei convincerla, a lei non piace il Quidditch!”

John sbuffò e incrociò le braccia al petto, ma Silvy non ci badò e liquidò il discorso con un rapido gesto della mano, come se stesse scacciando un insetto fastidioso:

“Non lo so, usa il tuo “charme”, sorridi, prendi la chitarra e falle una serenata, quello che ti pare, ma chiediglielo.”

“A tal proposito.”  , S’intromise Sean, parlando con lo stesso tono serio di poco prima, il viso impassibile, “Dobbiamo nominare un capitano.”

“Facile, lo farò io.”
“E perché proprio tu?”
“Perché sono il Capitano di Corvonero, ecco perché!”
“E allora, io sono il Capitano della squadra di Serpeverde!”

“Ma tu hai iniziato a giocare al quarto anno, io al terzo, ergo ho più esperienza di te.”

Silvy si sporse leggermente sul tavolo, guardando l’amico con aria di sfida, ma Sean non si fece intimidire e la imitò, parlando con lo stesso tono risoluto:

“Vero, ma tu sei diventata Capitano al sesto anno, io lo sono dal quinto, ERGO ho più esperienza di te.”
Sean sorrise con un che di trionfante di fronte all’espressione dell’amica, che sbuffò e incrociò le braccia al petto mentre tornava ad appoggiarsi allo schienale della sedia, leggermente sconfitta ma decisa a non lasciargli l’ultima parola: 
“Beh, io… io sono più grande di te!”

“E questo che vuol dire?!”  Sean aggrottò la fronte e Silvy fece per replicare, ma Graham la interruppe sporgendosi sul tavolo e allargando le braccia come a volerli dividere:

“Ok bambini, finitela. Metteremo la cosa ai voti e voteremo tutti, anche chi non giocherà, ok?


“Ok…” Sia Sean che Silvy sbuffarono, scoccandosi un’occhiata torva a vicenda mentre Rose alzava gli occhi al cielo, certa che non sarebbe finita bene: due amici in competizione come quei due erano più pericolosi di due nemici in competizione, lei che era amica di entrambi lo sapeva anche troppo bene.


*


“Lo fai spesso? Quelle cose con la carta, dico.”
“Gli origami? Oh si, mi piacciono molto, conosco un sacco di figure… ne vuoi una?”

Elvira sorrise e, tiratane fuori una dalla borsa, porse una gru a Timothy, che esitò prima di sorridere e prenderla:

“Grazie. Sono molto belle.”
“In camera, a casa mia, ne ho moltissimi… E poi è vero che sono di buon auspicio, secondo una leggenda queste gru vivevano mille anni, regalarne uno è come augurare 1000 anni di felicità.”
“Beh, in tal caso grazie molte anche se credo che la Professoressa non l’abbia presa allo stesso modo…”

“La Petrovich? Oh, lei non approva affatto qualunque cosa riguardi i Babbani, e comunque mi trova strana… ma infondo le piaccio, credo. Insomma, tutti mi trovano strampalata qui.”

Elvira si strinse nelle spalle mentre camminava accanto al ragazzo, che invece aggrottò la fronte mentre la guardava con gli occhi azzurrissimi:

“Non sei… strampalata. Forse un po’ particolare, ma non è un male avere una personalità che si fa notare e ricordare.”
“Sei gentile a dirlo, ma sai, qui se non rientri in alcuni schemi precisi… non è facile. Insomma, non per me, io vivo sotto una campana di vetro, ma non tutti sono come me.”

Elvira sfoggiò un sorriso tirato e quelle parole incuriosirono non poco Timothy, che avrebbe indagato se non avesse avuto paura di risultare indiscreto. Il ragazzo, invece, si fermò davanti alla porta della Biblioteca, dove David lo aspettava, e sorrise alla ragazza:

“Beh, io sono arrivato.”
“Allora ci vediamo dopo a Volo, ciao!”

La bionda gli rivolse l’ennesimo sorriso caloroso e Timothy si ritrovò a ricambiare quasi senza volerlo, guardando la ragazza allontanarsi con il suo passo baldanzoso per un paio di istanti prima di voltarsi ed entrare in Biblioteca.

Mai avrebbe pensato di incontrare una persona del genere in quella scuola, doveva ammetterlo. Specie se Purosangue, se non aveva frainteso il senso delle sue parole.


*


Michael stava rileggendo la lettera che gli era arrivata circa una settimana prima per l’ennesima volta, sinceramente indeciso se essere soddisfatto o meno del suo contenuto: Oz poteva scoprire qualunque cosa di chiunque, specie se all’interno dell’Unione Sovietica, e non gli era voluto molto per dargli quelle informazioni. Tuttavia non era niente che il ragazzo non avesse già immaginato da sè: Sebastian Seversky era un mago di 25 anni, ceco, figlio di un uomo che lavorava a stretto contatto con il Ministro della Magia della Cecoslovacchia, una specie di ambasciatore per le questioni estere.
Ovviamente aveva studiato a Durmstrang, diplomandosi otto anni prima, e poi aveva seguito le orme di suo padre nell’ambito lavorativo. 
A Michael interessava sapere sopratutto che persona fosse – dopotutto trattandosi della famiglia di Natalia non aveva immaginato niente di troppo distante da quel profilo – ma quello, sfortunatamente, Oz non poteva fornirglielo. 
Gli aveva chiesto perché volesse saperlo, ma lui ancora non aveva risposto. Forse perché prima voleva darsi una risposta certa, visto che non ne era del tutto sicuro.


Si affrettò a ripiegare la lettera quando dalla porta entrarono Katja e Natalia chiacchierando, e mentre la prima lo superò per occupare la poltrona accanto alla sua la rossa sorrise alla vista del suo cane, Achille, che vedendola scattò sull’attenti e si avvicinò alla ragazza, che si era inginocchiata sul pavimento accanto al camino acceso.


“Ciao Dom… hai per caso visto Novak?”
“No, mi spiace.” Katja sbuffò, chiedendosi dove si fosse cacciato il ragazzo mentre il biondo sorrideva appena guardando Natalia coccolare il cane. 

“Ciao, bel ragazzo…” 
Natalia sorrise al cane, le mani immerse nel suo lungo pelo mentre Achille le dava una leccatina sul collo e Michael inarcava un sopracciglio dalla sua poltrona:

“Parli con me o con lui?”
“Con lui, naturalmente. Sei tu il mio bel ragazzo, vero Achille?” 

Natalia rise debolmente mentre Achille le dava qualche colpetto sulla gamba con una zampa, reclamando le coccole che la ragazza aveva interrotto per rispondere prima che la rossa gli prendesse la testa tra le mani, grattandogli le orecchie.


“Sarà difficile per lei accettare di sposarsi visto che è innamorata di un altro.”
Michael si voltò di scatto alle parole di Katja, guardandola con gli occhi sgranati e chiedendosi se non avesse sentito male:

“Come, scusa?”
“Mh? Oh, intendevo Achille, no?”  La ragazza sorrise e Michael annuì, sforzandosi di sorridere e rilassandosi leggermente:

“Sì, comincio a chiedermi se venga qui per noi o per lui.”
“Per lui, ovviamente!”

“Ferisci così i miei sentimenti? E io che pensavo tenessi a me…”
Michael piegò le labbra in una smorfia, sfoggiando l’espressione e il tono più feriti e melodrammatici che gli riuscirono mentre si portava una mano sul cuore e Natalia, ridacchiando, si alzava per raggiungerlo, piazzarglisi davanti e infine arruffargli i lisci capelli biondi fragola con una mano:

“Certo che tengo a te, stupido di un Mich.”
“Ehy! I capelli no!”

Michael si portò una mano ai capelli mentre entrambe le ragazze ridevano, in particolare la rossa scosse il capo senza smettere di guardarlo con aria divertita:

“Oh, scusa tesoro, ti ho rovinato la messa in piega?”
“I miei capelli sono lisci naturali e tu, mia cara, ne sei solo invidiosa.”

Michael sedette meglio sulla poltrona con aria stizzita e Natalia sorrise, allungando una mano per sfiorargliene una ciocca:

“Forse un po’, i tuoi non hanno mai una sola piega, io ci perdo ore dietro…”

Michael non rispose, forse troppo impegnato a pensare alla sua mano che si trovava tanto vicina al suo viso, e mentre Katja seguiva la scena con un sopracciglio inarcato Achille si avvicinò a Natalia e le strusciò una zampa sulla gamba, guaendo. La rossa abbassô lo sguardo e ritrasse di scatto la mano, sorridendo al cane:

“Oh, scusa piccolo, il tuo padrone mi ha distratta con le sue scene da regina del dramma.”
“‘Piccolo’, peserà ben più di te…”

Tuttavia Natalia non sembrò badare al borbottio del ragazzo, chiedendogli invece se poteva portarlo a fare una passeggiata fuori mentre appellava il suo guinzaglio.

“Sì, ma forse è meglio se vengo anche io, o il signorino ti trascinerà via e non possiamo fare a meno della nostra Natalia. Kat, ci vediamo a cena.” Michael si alzò, infilandosi la lettera in una tasca prima di appellare il mantello bordato di pelliccia della divisa mentre Natalia faceva lo stesso con un sorriso e Katja annuiva, tirando fuori un libro dalla sua borsa:
“D’accordo, buona passeggiata!”

Poi la Battitrice guardò i due uscire chiacchierando con Achille al seguito, scuotendo il capo una volta rimasta sola nella stanza.


*


Quando Novak entrò nella sala del ristoro e individuò Ivan e Maximilian fece per avvicinarsi ai due, insospettendosi non poco quando li vide smettere di parlare quando Ivan si accorse della sua presenza, sorridendogli in modo poco promettente:

“Oh, ciao Novak, dov’eri oggi a lezione di volo? Tua sorella ha detto che stavi male.”
“Sì, non mi sentivo molto bene. Cosa state confabulando, voi due?” Il danese pregò solo che non fosse nulla ai suoi danni, visto che mancavano due settimane al suo compleanno.

“Niente, niente… Com’è che alle lezioni di volo tu ti dai sempre malato?”

Novak non rispose, limitandosi a stringersi nelle spalle e ignorare l’occhiata eloquente che Maximilian gli rivolse mentre Katja, alle sue spalle, si avvicinava al tavolo a passo di marcia dopo averlo individuato:

“Novak Andersen! Dove sei stato tutto il pomeriggio?!”
“Qua e là, perché?”

Novak sollevò lo sguardo e rivolse alla ragazza la sua occhiata più innocente mentre la rumena, al contrario, sedette accanto a lui e incrociò le braccia al petto con aria risoluta:

“Lo sai benissimo perché! So già della gita, lo sanno tutti, non prenderti gioco di me.”
“Katja, credimi, se avrai un minimo di pazienza…”

Ma Novak non ebbe modo di finire la frase, perché il tintinnio di una forchetta contro un bicchiere attirô l’attenzione di tutti i presenti sul Preside, che si alzò in piedi prima di parlare quando ebbe ottenuto il silenzio:

“Buonasera. Prima della cena, avrei un annuncio da fare a voi studenti.”

Novak abbozzò un sorriso e si rivolse a Katja come a volerle dire “te l’avevo detto”, ma la ragazza non ci badò: era troppo occhiata a sorridere, scattata praticamente sull’attenti alle parole del Preside Johansen.








.................................................................................
(Piccola avvisaglia: l’Angolo di questo capitolo sarà il più lungo che io abbia mai scritto, quindi armatevi di pazienza.)

Angolo Autrice: 

Buonasera! 
Allora, grazie per le risposte alla domanda del capitolo precedente, anche se ho notato che se alcune avevano già le idee molto chiare altre brancolavano nel buio, specie le autrici degli OC maschili. 
Effettivamente in questa storia c’era disparità tra ragazzi e ragazze fin dall’inizio (9 contro 7, può sembrare poco ma con le coppie può diventare problematico visto che si rischia di avere più richieste per una stessa ragazza), ma devo informarvi che Karalee non farà più parte della storia, quindi si scende a quota 6. A questo punto prego Furia, Mary, Sesilia, Carme, amilcara e Bea di non sparire, altrimenti rimarrò quasi senza ragazze. Pertanto, mi duole sottolineare che anche nel caso in cui trovassi un fidanzatino a tutte e sei le ragazze, resterebbero comunque tre ragazzi single. Mi spiace, ma questa volta accontentare tutti si sta rivelando piuttosto difficile su questo fronte... al momento ho quattro coppie sicure in mente, ma restano fuori due ragazze e ben cinque ragazzi, quindi probabilmente scriverò alle autrici delle suddette chiedendo loro di darmi una o due preferenze tra i cinque nomi. 


.... Ma no, non ho ancora finito, ho ben due notizie da darvi.
Allora, innanzitutto nel prossimo capitolo questi bei fanciulli andranno... in gita!
Quindi, se volete far fare loro qualcosa in particolare dite pure. 

Ultima cosa, forse più importante... In gran parte delle mie storie c’è stata un’occasione in cui gli OC erano tutti in ghingheri, ma è dai tempi di The Sound of Dreams - ossia un anno fa - che non mi si ripresenta l’occasione. Perciò, visto che molto probabilmente questa è l’ultima Interattiva che scrivo ambientata in una scuola e quindi non ne avrò più l’occasione, avevo pensato di far partecipare i ragazzi ad una specie di Ballo prima di Natale in stile Ballo del Ceppo. Sicuramente non è da Durmstrang organizzare un’evento simile, ma ho pensato che potrebbe essere in occasione dei loro “ospiti” inglesi. Si terrà il 23 Dicembre e poi i ragazzi - chi vorrà - tornerà a casa per le vacanze, perciò quando volete potete cominciare a dirmi se il vostro OC tornerà a casa, mandarmi qualche PV con i loro parenti e, sopratutto, mandarmi le informazioni per il ballo: 

- Come si comporterà alla festa, se sarà felice di andarci ecc
- Ci andrebbe con qualcuno? 
- Come si vestirà. Le foto - specie per le ragazze - sono ben accette.

E dopo questo infinito sproloquio, finalmente vi lascio. Grazie per la pazienza!
Signorina Granger 

Ps. Ho recentemente iniziato una nuova storia, se vi va di dare un’occhiata... Ecco, giuro che ora ho finito per davvero.

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6 
 
Venerdì 30 Novembre 



Ivan si avvicinò in punta di piedi al letto di Novak, ancora sprofondato nel mondo dei sogni, steso supino sul materasso con il volto rilassato contro il cuscino e i capelli scuri leggermente spettinati, mentre alle loro spalle Max si stava infilando un pesante maglione sopra la camicia bianca:

“Sei sicuro?”
Ivan non fiatò, limitandosi ad annuire – e costringendosi a non ridere – mentre gettava un’ultima occhiata al volto rilassato – ancora per poco – dell’amico. Dopodiché si portò alle labbra il bocchino di una piccola tromba e un attimo dopo una specie di assordante fischio risuonò in tutta la stanza – e molto probabilmente in tutto il Dormitorio -.

Ivan scoppiò a ridere mentre Novak, invece, sobbalzò, mettendosi a sedere di scatto sul letto e guardandosi intorno a metà tra lo spaesato e lo spaventato prima di focalizzare la sua attenzione sull’amico, riducendo gli occhi blu scuro a due fessure mentre Ivan continuava a ridacchiare, dandogli persino una pacca sulla spalla:

“Buon compleanno Novak! Faresti meglio ad alzarti, oggi si va a Flåm e tra poco ci sarà la fila alle docce.”
“Ivan, sei un…”

“Lo so, lo so, mi vuoi bene, anche io te ne voglio. Ancora auguri! Oggi prenderemo anche il tuo regalo, non preoccuparti, non ti lasceremo senza.”

Novak non rispose, scuotendo il capo e decidendo di lasciar perdere mentre si alzava dal letto di malavoglia e Maximilian lo raggiungeva con un sorriso prima di fargli gli auguri a sua volta e abbracciarlo brevemente.

“Grazie Ilian…”
“Ehy, a me niente grazie?!”

“Sentite, non dovete farmi un regalo, davvero, se volete fare qualcosa vi prego, vi prego di non fare NIENTE oggi! Ecco cosa voglio, che non facciate niente.”  Novak guardò i due con un che di implorante nello sguardo mentre Ivan, invece, incrociò le braccia al petto e rivolse un’occhiata dubbiosa a Maximilian:

“Cosa intende secondo te?”
“Credo che non voglia che facciamo niente di… sconsiderato o compromettente, come direbbe lui.”

“Esattamente. Potete provarci?”  Novak spostò lo sguardo da uno all’altro e Ivan parve seriamente rifletterci, ma non rispose visto che la porta della camera si aprì e Nerissa comparve sulla soglia:

“È permesso? Cos’è stato quel rumore assordante?”
“La mia trombetta da stadio Babbana, l’ho comprata apposta prima di venire a scuola.”
“Cioè l’hai comprata appositamente per svegliarmi il giorno del mio compleanno?!”

Novak sgranò gli occhi, incredulo, ma il ragazzo annuì, sorridendo sornione:

“Certo. Vedi Novak quant’è grande il mio affetto, ti penso sempre!” 

“Beh, in ogni caso buon compleanno Novak.”  Nerissa sorrise al fratello prima di dargli un bacio su una guancia e abbracciarlo, e il ragazzo ricambiò la stretta e appoggiò il capo contro il suo con un sorriso, baciandole la tempia:

“Anche a te sorellina.”


Nerissa allontanò leggermente la testa per poterlo guardare in faccia, scrutandolo attentamente prima di rilassare l’espressione del volto in un sorriso, sollevando una mano per arruffargli ulteriormente i capelli scuri:

“Adesso però muoviti Novak, a breve ci saranno le file per le docce.”
“Sì, glie l’ho detto anche io.”

“Sono commosso dalla vostra premura per la mia igiene, davvero, grazie ragazzi.”

Novak roteò gli occhi mentre agitava la bacchetta, facendo planare sul suo braccio l’asciugamano e dei vestiti prima di superare amici e sorella:

“Vado a improfumarmi, ci vediamo di sotto… Non mi hai messo qualche sorpresa nella doccia, VERO Ivan?”
Il danese si fermò sulla soglia per voltarsi verso l’amico e rivolgergli un’occhiata sospettosa, ricevendo come risposta solo l’espressione incredula è innocente di Ivan:

“Non potrei mai!”
“Agli inglesi l’hai fatto…”
“Sì, che melodrammatici, sembrava che non avessero mai visto degli Schiopodi Sparacoda in vita loro…”
“Di certo non in una doccia! Lasciamo perdere, io non dovrei neanche saperle queste cose… ci vediamo dopo.”


Novak uscì dalla stanza roteando gli occhi e una volta rimasti soli Nerissa si voltò verso Ivan, guardandolo con un sopracciglio inarcato:

“Non l’hai fatto davvero, vero?”
“No, alla fine abbiamo deciso di risparmiarlo… tu non gli hai fatto un regalo, comunque?”

“Io il mio glie l’ho già dato ieri.”

La ragazza si strinse nelle spalle e fece per uscire dalla camera sotto gli sguardi perplessi dei due ragazzi:

“Non porta sfortuna fare queste cose in anticipo?”
“Io non credo a quelle cose… ci vediamo dopo ragazzi.”


La mora li salutò con un cenno della mano senza neanche voltarsi prima di sparire dietro la porta e Ivan si voltò verso Maximilian, un sopracciglio inarcato:

“Certo che sono strani gli Andersen…”
“Non ero io ad avere una cotta per uno dei due, sai?”
“Puoi smetterla di rivangarlo, per favore?!” 

Il danese sbuffò e diede le spalle all’amico, sistemando la tromba nel suo baule mentre Maximilian sorrideva con aria divertita:

“La smetterò quando tu la smetterai di reagire così, Ivy.”


*


“Mia madre quando le ho detto della gita mi ha ordinato di fare foto… e di “coprirmi bene”, pensa che abbia dieci anni!”
“Beh, non si può certo dire che faccia caldo Silvy, ci sono due gradi…”

Rose, che camminava accanto all’amica con le mani guantate sprofondante nelle tasche e il viso seminascosto dalla pesante sciarpa e dal berretto celeste, rivolse un’occhiata incerta alla Corvonero mentre raggiungevano la stazione di Myrdal. 
Silvy, però, liquidò il discorso con un gesto della mano, asserendo che a breve sarebbero salite sul treno e che non vedeva l’ora di prenderlo.

“Adoro i treni, hanno un che di pittoresco, non trovate?”
“Hanno un che di caldo, più che altro… oh, grazie al cielo, eccolo.”   Silvy sospirò di sollievo alla vista del mezzo – e il suo respiro si condensò in una nuvoletta di vapore a causa della bassa temperatura – e le tre si affrettarono a raggiungerlo. 

“Non so voi, ma io ho già male ai piedi dopo questa scarpinata… qui è tutto in salita e in discesa!”
“Tranquilla Rosie, mal che vada chiederemo a Graham di prenderti in braccio… Possiamo salire?”

Silvy si rivolse con un sorriso – ignorando deliberatamente l’espressione perplessa di Rose – ad un inserviente che era appena sceso attraverso uno sportello, e quando questi annuì la Corvonero si affrettò a salire, le amiche al seguito.

“Io sto vicina al finestrino!” Decretò la mora sollevando una mano e seguita a ruota da Julie mentre Rose, presa alla sprovvista, si limitò a sbuffare mentre camminavano in fila indiana lungo la corsia:

“Ok, va bene , ma al ritorno facciamo a cambio!”


*


“Oh, guardateli, come sono carini…”

Michael, seduto vicino al finestrino accanto a Natalia, abbozzò un sorrisetto mentre teneva gli occhi fissi su David, Timothy, John e Sean, che avevano occupato i quattro posti paralleli ai loro ed erano con le mani e i nasi attaccati ai finestrini per ammirare il panorama.

Elvira, seduta di fronte al ragazzo, sorrise – c’erano passati tutti, dopotutto, per lo stato a dir poco meravigliato durante il tragitto in treno – mentre Natalia, che stava frugando nel suo zaino di cuoio alla ricerca di qualcosa, borbottava qualcosa a mezza voce:

“Sì Dom, sappiamo che che trovi immensamente carini gli inglesi, ne hai già dato ampiamente prova…”
“Ti riferisci a qualcosa in particolare, Lia?”

“Non saprei.”  Iniziò la rossa mentre Elvira, senza aprire bocca, si limitava a seguire lo scambio di battute tenendo le braccia strette al petto e gli occhi chiari fissi sui due con curiosità:

“Forse alla settimana scorsa, quando dopo aver saputo del Ballo hai aspettato di vedere Rose e Graham soli, dopodiché li hai raggiunti e PRIMA hai sfoggiato il tuo sorrisetto rivolgendoti a lei e scusandoti, ma che considerata l’indignazione di Graham quando avevi fatto il baciamano a Rose e non a lui dovevi per forza chiederglielo prima. Così gli hai assicurato che aveva un ballo prenotato e poi, mentre penso che gli stesse per venire un mezzo infarto, hai detto a Rose la medesima cosa. Ah, credo che tu abbia aggiunto qualcosa su come i tuoi capelli sembrino curiosamente una specie di mix dei loro…”

“Sì, uno dei miei momenti migliori. Beh, Rose l’ha presa sul ridere. Lui forse un po’ meno… a proposito, dov’è il rosso ora? Mi diverto.”

Michael aggrottò leggermente la fronte e si sollevò per cercare il Grifondoro con lo sguardo, senza grandi risultati, e mentre Natalia alzava gli occhi al cielo Elvira sorrise prima di prendere la parola:

“Lui e Katja si sono seduti vicini, credo siano infondo al vagone a chiacchierare.”
A quelle parole Michael sorrise, inclinando le labbra in una di quelle smorfie sghembe che Natalia aveva imparato a conoscere tanto bene e che sembravano invitarla puntualmente a mettersi ai ripari.
“Uh, la bella Rose non la prenderà bene…”

“Dom, non immischiarti!”
“Non essere gelosa Lia, prometto che riserverò un ballo anche a te.”

Michael le si avvicinò brevemente, sistemandole un braccio sulle spalle per lasciarle un rapido bacio sulla tempia mentre Elvira ridacchiava e Natalia tirava fuori qualcosa dal suo zaino:

“Ne sarei onorata, Dom. Ma ora mi devo concentrare.”

Michael spalancò gli occhi – che avevano preso la sfumatura grigia del cielo nuvoloso – quando realizzò COSA la ragazza avesse intenzione di fare: credette di aver avuto un abbaglio, dopotutto i suoi occhi erano molto sensibili alla luce, e si voltò verso Elvira per cercare una spiegazione, o tracce di altrettanto sgomento sul suo viso, ma la bionda non battè ciglio. 

“Lia… Lia, che cosa stai facendo?!”
“Non lo vedi? Sferruzzo!”

Natalia lo guardò con un sopracciglio inarcato mentre impugnava l’uncinetto, lavorando della lana viola sotto lo sguardo attonito dell’amico, che si chiese se non soffrisse improvvisamente di vuoti di memoria: e da quando Natalia lavorava la maglia?

“Lascia perdere Dom, è da più di una settimana che armeggia con quella specie di spuntone per fare non so cosa…”
“Si chiama uncinetto!”

“E da quando hai questo hobby scusa?”
“Da adesso.”

Natalia si strinse nelle spalle, tornando a concentrarsi sui suoi punti mentre Michael, dopo un attimo di esitazione, scoppiava a ridere. E anche se Natalia adorava quella risata contagiosa, profonda e genuina, in quel momento avrebbe voluto tappargli la bocca con quella lana.

“Ma davvero? Ora posso chiamarti nonnina, allora? Aspetta, non dirmi che ti stai cucendo il vestito per il ballo! Avrai caldo con quella roba, Lia.”

Natalia non disse niente, serrando semplicemente la mascella prima di scattare in piedi, leggermente rossa in volto, e allontanarsi con tanto di zaino, lana è uncinetto.

“Oh, dai… Lia, stavo solo scherzando! Saresti bellissima anche con un obbrobrio di lana sformato fatto a mano! Anche se forse quel colore con i tuoi capelli… Lia!”

“Dom, lascia perdere. Ma non prenderla in giro, ci si sta impegnando molto.”
 
“Ma che cosa vuole fare con quella lana?”  Michael, dopo aver guardato la rossa allontanarsi e sedersi vicino alle ragazze inglesi, si rivolse ad Elvira con sincera curiosità, ricevendo peró solo una scrollata di spalle come risposta:
“Non ne ho idea, non l’ha detto a nessuno, nemmeno a me.”


Michael si rimise seduto dritto contro lo schienale del sedile, dubbioso, gettando un’occhiata distratta allo splendido panorama del fiordo che stavano attraversando.

“Quando hai intenzione di chiederle di venire con te al Ballo, comunque?”

Elvira parlò senza scomporsi troppo, sfoggiando un sorriso innocente mentre il ragazzo sbuffava debolmente, rivolgendole un’occhiata torva:

“Dovevo immaginarlo che quei biglietti minatori con scritto “Invita Lia al Ballo” fossero tuoi…”
“Non erano minatori, solo anonimi!”


“Non so se lo farò, Elvy. Forse non voglio andarci con nessuno in particolare.”  Michael si strinse nelle spalle, appoggiando la testa contro il vetro mentre la bionda sbuffava debolmente, scuotendo il capo:

“Fa’ come vuoi Dom, ma se lo vuoi sbrigati, prima che lo faccia qualcun altro.”


*


“Scusate, posso sedermi con voi? Il mio migliore amico mi fa venire voglia di staccargli la testa, a volte.”

Silvy smise di parlare quando una ragazza dai capelli rossi si fermò accanto ai posti che lei, Rose e Julie avevano occupato, affrettandosi ad annuire e a sorriderle con calore:

“No, figurati, ti capisco, il tuo non può essere peggiore del mio, dopotutto.”
“Grazie.” 

Natalia abbozzò un sorriso e sedette accanto a Julie mentre Rose, di fronte a lei, accennava allo stretto montuoso che stavano attraversando:

“Quanto dura il tragitto?”
“Quaranta minuti. Passiamo attraverso il Sognefjord, il fiordo più lungo e profondo d’Europa.”
“Davvero? Beh, è bellissimo.”

La bionda sorrise mentre si voltava verso il finestrino per ammirare il panorama e Julie annuì prima di rivolgersi a Natalia, che aveva ripreso a sferruzzare distrattamente:

“Staremo a Flåm tutto il giorno?”
“Per quanto possibile, qui la luce non dura molto, in questo periodo dell’anno. Ci fanno prendere il treno delle quattro per tornare a Myrdal, di solito. Ho un termos pieno di cioccolata, ne volete?”

“Volentieri, grazie. Lavori a maglia?”

Rose aggrottò la fronte, guardando la ragazza sferruzzare con sincera sorpresa mentre Natalia faceva apparire tre tazze e il suo termos sgusciava fuori dallo zaino per versare a tutte un po’ di bevanda calda a lei e alle due amiche. Per quanto ne sapeva quella ragazza era Purosangue, ed era alquanto insolito vedere una di loro dedicarsi a quel genere di attività.

“No, di solito no… Ahia!”  Lia imprecò in ceco a mezza voce quando si punse un dito per sbaglio, chiedendosi se sarebbe mai riuscita a portare a termine il suo lavoro in tempo. 


*


“Sono le 10.30, alle 16 in punto dovete farvi trovare tutti qui, alla stazione, per prendere il treno per Myrdal. Chi tarderà o chi combinerà sciocchezze ne risponderà a me, chiaro?”

“Perché guarda me Professoressa?”
“Lo sai benissimo perché, Svensson! Signor Andersen, tenga d’occhio i suoi amici. E ha poco da ridere lei, Hoax, mi ricordo che cos’avete combinato l’anno scorso, insieme alla Signorina Nordström!”

“Io mi trovavo lì per caso, lo giuro!”  Elvira, in piedi tra Katja e Ivan, spalancò gli occhi azzurri mentre l’amica cercava di non ridere e la Vicepreside, invece, alzava gli occhi al cielo:
“Oh, certo Signorina Nordström, lei è sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato… lasciamo perdere. Andate pure.”

Al cenno della donna gli studenti furono ben felici di disperdersi al di fuori della stazione, e Natalia stava cercando le amiche con lo sguardo quando le si parò davanti un ragazzo di sua conoscenza che sfoggiò la sua miglior espressione ferita mentre le porgeva un lembo di una delle sue tante lunghissime sciarpe colorate.

“Mi concedi il tuo perdono, Lia? Ti offro la mia sciarpa in segno di pace.”
“Beh, ti ho tenuto il muso per circa… trenta minuti, mi considero molto soddisfatta. E il giorno in cui non mi offrirai la tua sciarpa mi offenderò a morte, sappilo.”

La rossa abbozzò un sorriso che il ragazzo ricambiò, sistemandole sulle spalle il lembo della sua sciarpa spropositatamente lunga per poi appoggiarci sopra il suo braccio:

“Allora bellissima, che cosa vuoi fare?”
“Mh… devo prendere un regalino per mia sorella, mi accompagni?”
“Come no, il mio gusto impeccabile ti serve.”



“Dobbiamo fare in modo che Michael chieda a Lia di andare al ballo con lui!”
“E cosa vorresti fare Elvy, scagliargli contro Imperio per caso?”

“Oh, andiamo, sai che lei SPERA che lui lo faccia!”
“Elvy, non immischiamoci, è meglio. Piuttosto, parliamo di te… non c’è nessuno con cui vorresti andarci? Quest’anno non hai i tuoi fratelli iperprotettivi intorno, sei fortunata, in caso contrario ti avrebbero rinchiusa nella torre più alta.”

Katja ridacchiò mentre prendeva la bionda sottobraccio, che invece si incupì e annuì con aria tetra:

“Lascia perdere Kat, non glie l’ho ancora detto… ho paura che se lo sapessero si infiltrerebbero a Durmstrang in qualche modo per tenermi d’occhio!”
“Sì, ti capisco, anche mio padre è piuttosto protettivo nei miei confronti… ma su col morale amica mia, siamo a Flåm e oggi è il compleanno degli Andersen, ergo si festeggia! Ehy, ragazzi, venite con noi?”

Katja sorrise allegramente ad Ivan e a Maximilian, che annuirono mentre il secondo si guardava intorno con un sopracciglio inarcato:

“Dov’è Novak?”
“Ha detto che lui è Nerissa avrebbero fatto un giro da soli, per stare un po’ insieme… ci vediamo tutti insieme più tardi per il pranzo.”

Katja fece spallucce mentre Ivan, al contrario, sfoggio un largo sorriso e un’espressione piuttosto soddisfatta prima di far cenno ai tre amici di seguirlo:
“Fantastico, è l’occasione perfetta per prendergli il regalo… tutti in libreria!”


*


Dopo aver comprato per sua sorella Monika un enorme set di pennelli per dipingere nuovi Natalia aveva trascinato Michael nel suo posto preferito di tutto Flåm, ovvero la libreria.

La ragazza stava ispezionando uno scaffale quando dei rumori molesti attirarono la sua attenzione, riconoscendo le voci, sospirò prima di affrettarsi a raggiungerne le fonti, spazientita. 



Prima edizione de “I fratelli Karamazov” di Fëdor Dostoevskij, in russo. 
Lui non conosceva quello scrittore del secolo precedente, ma Novak nonostante fosse cresciuto in una famiglia Purosangue apprezzava molto gli autori Babbani e gli aveva visto leggere libri di quel russo molte volte. 

Fu quindi con un sorriso di pura soddisfazione che Ivan ci mise le mani sopra, o almeno finché non si rese conto di non essere l’unico ad averlo adocchiato, ritrovandosi a doverlo condividere con Katja, che gli rivolse un’occhiata piuttosto eloquente:

“Non pensarci neanche, Ivan. Tu non sai nemmeno chi sia, Dostoevskij!”
“Perché, tu si?”
“Certo che sì, io leggo un sacco di letteratura Babbana!”

“Beh, non mi importa, questo sarà il mio regalo per Novak, trovati un altro libro!”
“Scordatelo, questo è praticamente perfetto, è il suo scrittore preferito insieme a Tolstoj!”

“Compragli qualcosa di quello allora, l’ho visto prima io questo!”
“Ma questa è una prima edizione, e più unico che raro, mollalo!”

“Emh, ragazzi, perché non glielo regalate… insieme?”
“No!”  Sbottarono i due in coro alla timida domanda di Elvira, che si fece piccola piccola e decise di defilarsi – seguendo così l’esempio di Maximilian – mentre i due discutevano per chi dovesse comprare il libro.

“Ok Ivan, Novak adora le poesie e dice sempre che vorrebbe leggere “I fiori del male” di Baudelaire, compragli quello, qui hanno un’infinità di libri Babbani!”
“I fiori di cosa?”
“Del male!”
“Che titolo osceno…”
“L’autore è francese, che ti aspettavi?”


Natalia raggiunse i due e li guardò – discutere e quasi azzuffarsi in una libreria, per di più in gita –  con tanto d’occhi prima di rivolgersi a Michael, che fino a quel momento si era limitato a restare seduto in un angolo con le gambe accavallate, girandosi i pollici.

“Ragazzi, ma cosa fate?! … Dom, tu non intervieni?”
“Mh? No, energie sprecate.”

Il ragazzo parlò senza nemmeno alzare lo sguardo o muovere un muscolo e alla ragazza non restò che alzare gli occhi al cielo e armarsi di pazienza prima di raggiungere i due a grandi passi e cercare di dividerli: 

“Ragazzi, fatela finita siamo in un luogo pubblico, volete far infuriare la Petrovich?! È il compleanno di Novak e Nerissa, non fatevi mettere in punizione proprio oggi! Ok, Ivan prenderà questo e tu, Kat, scegline un altro e facciamola finita.”

Natalia si mise in mezzo ai due e li divise a forza mentre Ivan sorrideva con aria soddisfatta prima di sfrecciare verso la cassa per impedire sll’amica di sottrargli nuovamente il libro mentre Katja, dopo avergli rivolto un’occhiata trova, parlava con tono accusatorio in direzione di Lia:

“Lia, ma tu non dovresti essere dalla mia parte?!”
“Certo, e lo sono sempre, ma non credo sia il caso di azzuffarsi per un libro. Sono sicura che Novak apprezzerà in ogni caso, Kat.”

La rossa sorrise e la rumena, non trovando nulla da obbiettare, si limitò a sbuffare prima di girare sui tacchi e allontanarsi borbottando qualcosa in russo.

“Ottimo lavoro Lia, anche se ci siamo persi uno spettacolino divertente.”
“Hai sentito la Petrovich Dom, niente imprevisti oggi. Su, andiamo.”  

La cecoslovacca rivolse un cenno all’amico prima di prenderlo delicatamente sottobraccio, imbattendosi in Elvira quando uscirono dal negozio:

“Oh, ciao ragazzi! Kat e Ivan si sono messi d’accordo, alla fine?”
“Sì, credo che Kat abbia preso il libro di un autore francese Babbano…”

“Baudelaire.”  Precisò Michael con tono distratto mentre si sistemava la sciarpa intorno al collo, facendo annuire l’amica:

“Sì, lui. Tu lo conosci Dom?”
“Vagamente. Prossima tappa?”

“Devo fare rifornimento di calamai e pergamene, venite anche voi? Se non volete stare da soli, certo.”

Elvira inclinò leggermente le labbra in un sorrisetto e Michael, annuendo, abbassò lo sguardo su Natalia sfoggiando un’espressione accigliata, parlando con tono preoccupato:

“Sì, Lia, pensi di riuscire a sopportare di dovermi condividere con altre persone?”
“Credo che potrei farcela, sì. Coraggio, seguiamo Ivan e Kat e trasciniamoceli appresso, non voglio vedere la Petrovich arrabbiata!”

Natalia prese entrambi sottobraccio per guidarli, seguendo Ivan, Kat e Maximilian lungo la strada cosparsa di neve. 


*


“Novak, non insistere, ti ho detto di no!”
“Ma Nerissa…”

“Assolutamente no, non ho bisogno della guardia del corpo! Invita una ragazza che ti piace.”

Nerissa liquidò il discorso con un rapido gesto della mano e Novak la guardò con un sopracciglio inarcato, visibilmente scettico:

“Scusa, e tu che ne sai?”
“Io ti conosco meglio di chiunque altro, ti basti sapere questo. E poi sei un bel ragazzo, Novak, sono sicura che nessuna rifiuterebbe di andare al Ballo con te. Eccetto che per me, io non ti voglio tra i piedi quella sera!”
“Gentile.”
“Solo sincera, fratellone, solo sincera. Raggiungiamo gli altri? Ho una certa fame.”

“Strano… Ahia! Non puoi colpirmi!”
“Certo che posso, più di chiunque altro! I ragazzi mi hanno chiesto perché ti ho dato il mio regalo ieri, comunque.”

“E tu che cosa hai risposto?”
“Ho glissato e basta.”


*


“Finalmente, sto morendo di fame… abbiamo passato due ore setacciando il paese per cercare regali. Voi cosa avete fatto?”

David sedette di fronte a Graham al lungo tavolo rettangolare che i compagni avevano in parte occupato della locanda dove lui e Timothy erano appena entrati. Il Grifondoro, seduto tra Sean e Rose, si strinse nelle spalle mentre Timothy sedeva accanto all’amico, di fronte al Serpeverde:

“Lo stesso. Forse non avremmo dovuto offrirci di accompagnare voi ragazze…”
“Non rompere Graham, tu hai un fratello e due sorelle, io ho due fratelli e ben tre sorelle, non hai idea di che impresa sia comprare regalini per tutti!”

“Mi ritengo fortunato ad avere solo una sorella, allora…” Commentò John con un sorriso alle parole di Silvy, che seduta accanto a lui annuì mentre Sean parlava roteando gli occhi verdi:
“Sì, anche io, ma in compenso ho una madre che vale per cinque… Graham, c’è Katja.”

Il Serpeverde accennò in direzione della soglia e Graham, voltandosi, sorrise nel vedere l’amica entrare insieme ad Ivan e Maximilian, seguiti subito dopo da Elvira, Natalia e Michael. 

“Kat!” Il rosso sorrise sollevando una mano in segno di saluto e Katja ricambiò prima di avvicinarsi:

“Ciao ragazzi… vi dispiace se ci sediamo?”
“No, affatto. Sean, fai spazio.”  Silvy, dopo aver sorriso alla rumena, si rivolse a Sean con un cenno e un tono sbrigativo che le fecero guadagnare un’occhiata torva da parte dell’amico d’infanzia:
“Siamo seduti in otto e io sono l’unico a dover fare spazio?!”

“Non farla tanto lunga!”

Katja sedette accanto a Graham, chiedendogli con un sorriso come stesse andando la giornata mentre Elvira, prendendo posto di fronte al:amica accanto a David, rivolgeva un sorriso allegro a lui e a Tim:

“Ciao ragazzi!”
“Ciao Elvira.” 

David le sorrise di rimando e il Tassorosso lo imitò, rivolgendole un lieve cenno mentre Michael, che aveva fatto per prendere posto accanto ad Elvira, veniva trascinato per un braccio da Natalia verso l’altro capo del tavolo, lasciando il posto a Maximilian:

“Scordatelo Mich, lascia in pace Rose e Graham!”
“Ma dai, mi diverto!”


Il biondo fu così costretto dall’amica a sedersi accanto a lei vicino a Julie, di fronte a John. 

“Lo so, ti diverti anche troppo di recente…”

“Ok, io muoio dalla voglia di assaggiare qualcosa di tradizionale, cosa mi consigliate?”

Silvy sfoggiò un sorriso allegro mentre si rivolgeva ai due, intrecciando le dita sotto al mento mentre Natalia si sfilava il berretto grigio dalla testa e la sciarpa e i guanti abbinati:

“Dovresti chiedere ad Elvy, Silvy, e lei la norvegese del gruppo… io di solito prendo il gravlaks.”
“Ossia?”
“Salmone tagliato a fette sottili e marinato in aceto, sale e zucchero. È molto buono, ma se preferite la carne ci sono i raspeball.”

“Polpette di patate con carne all’interno.”  Precisò Michael con tono pacato di fronte alle espressioni confuse di John, Silvy, Sean e Julie, che aggrottò la fronte con fare pensieroso:

“Beh, sembra buono.”
“Sì, ma io evito di mangiarli perché qui la carne che vi servono è al 90% delle probabilità di renna o di balena, e io mi rifiuto di mangiare quegli animali, specie le povere balene.”
“Sei vegetariana Natalia?”

“No, è solo molto sentimentale e ama gli animali.”

Michael sorrise e rivolse un’occhiata divertita all’amica, che fece per dire qualcosa ma venne interrotta da Katja, che annuì dall’altra parte del tavolo:

“Ha ragione invece, io da quando ho letto Moby Dick non mangio balene.”
“Conosci Moby Dick?”

“Sì. Lo hai letto anche tu?”
“Sì, i miei genitori sono entrambi Nati Babbani, quindi…”

Julie si strinse nelle spalle e Katja sorrise, decretando di apprezzare particolarmente la letteratura Babbana, come sua madre, mentre Novak e Nerissa facevano il loro ingresso ricevendo un caloroso benvenuto dai compagni.

“Eccovi, finalmente! Su, smettete di fare gli asociali e sedetevi, coraggio.”

Ivan sorrise agli Andersen e fece loro cenno di sedersi e Novak, non trovando altra alternativa, acconsentì prendendo posto accanto a lui, la sorella di fronte.

“Oh, e… ancora auguri. Questo è da parte nostra.”  Ivan sorrise mentre gli porgeva un pacchetto, accennando a Maximilian, e Novak esitò prima di renderlo con un sorriso, ringraziandoli. Fece per scartarlo mentre gli altri ordinavano facendo un gran baccano ma esitò, rivolgendo ai due un’occhiata sospettosa:

“Non mi devo preoccupare, vero?”
“Novak, sei sempre troppo prevenuto nei nostri confronti!”
“Ho le mie buone ragioni! … Dostoevskij? Dove l’avete… beh, grazie.”

L’espressione del danese si distese in un sorrise e assesti una pacca sulla spalla di Ivan, che sfoggiò un’espressione piuttosto soddisfatta mentre Nerissa chiedeva al fratello perché si ostinasse tanto a leggere libri di scrittori Babbani e Katja si sporgeva sul tavolo oltre Ivan per porgergli il suo regalo:

“E questo è da parte mia! Nerissa, credimi, prima di parlare dovresti proprio provare.”
“Grazie Kat. Ma lascia perdere, mia sorella è un caso perso.”


*


“Delizioso! Ne mangerei anche un altro…”
“Ma ne hai già mangiati due!”
“Anche tu se è per questo, e sono piccoli!”

Silvy accennò ai piccoli bicchieri vuoti che popolavano la tavolata e Natalia annuì con un sorriso:

“I Tilslørte bondepiker fanno questo effetto, uno tira l’altro.” 
“Ecco, visto? E poiché non avrò occasione di mangiarli per chissà quanto tempo… vado a prendermene un altro, chi ne vuole ?”

Silvy si alzò con un sorriso e Julie la imitò, decretando che ne voleva un secondo. Quando le due Corvonero furono discretamente lontane Sean si avvicinò a John, parlando a bassa voce:

“Glielo hai chiesto?”
“Emh… ci sto lavorando.”
“Beh, sbrigati, siamo praticamente a Dicembre ormai!”
“Seannie, non stressarmi, ci pensa già Silvy!”

“Beh, visto che ci avete nominati in ex equo se lei ti stressa lo faccio anche io. Con affetto, certo.”


*


“Io e le ragazze andiamo a cercare delle cose per il Ballo, pensi di resistere senza di me per un’ora? E senza finire nei guai insieme ad Ivan e a Ilian.”

Natalia parlò sistemando distrattamente il mantello rosso sangue addosso a Michael, che annuì con un piccolo sorriso:
“Farò del mio meglio, sì.”

“Perfetto, ci vediamo più tardi allora.”  Natalia gli sorrise con calore, il volto pallido ma leggermente arrossato sulle guance per il freddo e le lunghe ciocche ramate che scendevano dal berretto e disseminate sulla sciarpa di lana. Poi la ragazza si voltò, raggiungendo Katja ed Elvira che aspettavano sul marciapiede a qualche metro di distanza. 

Michael le guardò brevemente allontanarsi chiacchierando prima di voltarsi. Fece per raggiungere Ivan e Maximilian, che probabilmente al momento avevano trascinato Novak al negozio di dolci per svaligiarlo, ma la sua attenzione venne improvvisamente catturata da qualcosa.

Il ragazzo indugiò, indeciso, mordicchiandosi nervosamente il labbro inferiore. 

Forse era una cattiva idea, non era il caso. 
O forse sì?

Doveva lavorarci per bene, certo, ma con un po’ di pazienza e di impegno…

All’improvviso Michael sorrise, decidendo di fare una piccola deviazione prima di raggiungere gli altri.


*


“Mi servono dei pennelli nuovi…”
“Da quando dipingi Lia?”
“Per il trucco, non per dipingere, quelli li ho presi stamattina per mia sorella.”

Natalia sbuffò debolemnetem rovistando tra gli scaffali mentre Katja, accanto a lei, sfoggiava un sorrisetto divertito:

“Beh, non si può mai sapere, di recente hai adottato un nuovo hobby dopotutto…”
“Non vi dirò che cosa sto facendo, arrendetevi.”

“Uhm, tu che ne pensi Elvy? … Elvy?”
Katja, non udendo risposta, si voltò e trovo la bionda con gli occhi chiari fissi sulla finestra, osservando distrattamente due ragazzi in strada.

“Cosa stai guardando? Ah, certo… vuoi andare con loro, Elvy? Non ci offendiamo mica…”
Katja sorrise e la bionda sembrò riscuoterai all’improvviso, voltandosi di scatto verso l’amica:
“Cosa? No!” 

“Sicura? Se vuoi andare a salutare Timothy…”
“Elvy, te la rendo più semplice io: muovi le gambette ed esci, non aspetta altro.”

“Non è… non è vero!”
“Sì invece. Su, sbrigati.”

La rossa rivolse un inequivocabile cenno all’amica, che dopo un attimo di esitazione biascicò un “ok” prima di uscire dal negozio. Se ne pentì nel momento esatto in cui gli occhi azzurri di Timothy la scorsero e il ragazzo le sorrise, ma ormai era tardi per cambiare idea e si sforzò di ricambiare:

“Ciao! Vi ho visti e… vi va di fare un giro? Io vengo spesso qui, anche con la mia famiglia.”

“Grazie Elvira, ma io ho delle… cose da fare.”  David parlò lentamente e con tono vago mentre Tim aggrottava la fronte, voltandosi verso di lui:

“Tipo cosa?”
“Beh, delle cose.”
“Ossia?”
“… È un segreto.”
“E da quando abbiamo segreti?”
“Da oggi. Divertitevi.”

David sorrise alla ragazza prima di allontanarsi senza dare ai due il tempo di replicare, e Elvira parlò dopo un attimo di esitazione:

“Vuoi vedere da vicino al fiordo?”
“Sì, perché no. Comunque ammetto che qui si mangia meglio di quanto pensassi…”. Timothy accennò un sorriso mentre s’incamminava sul marciapiede accanto alla ragazza, che sfoggiò di riflesso un’espressione quasi indignata:

“Certo, siete voi che mangiate in modo disgustoso!”

“Questo non è vero!”
“Sì che è vero, e lo pensa tutta Europa.”


*


“Oh, ciao Novak… dove sono Ivan e Maximilian?”

“Ciao Dom… non ne ho idea, sono spariti poco fa dopo aver comprato chili di dolcetti. Tu non li hai visti?”
Michael scosse il capo e solo allora il Caposcuola fece caso allo zaino del compagno, aggrottando la fronte con leggera perplessità:

“Lo avevi anche prima, quello zaino?”
“Sì.”
“Sicuro?”
“Assolutamente.” Lo sloveno non battè ciglio e Novak si limitò ad annuire lentamente, continuando a guardarlo con la fronte aggrottata prima di parlare:

“D’accordo… mi aiuti a cercarli, comunque? Non vorrei combinassero qualche disastro, mi sento una specie di baby-sitter.”
“Sì, d’accordo, andiamo.”

Michael annuì e seguì il danese, sperando, in cuor suo, che qualunque cosa stessero facendo non fossero troppo lontani: aveva passato del tempo seduto, per fortuna, ma sicuramente il freddo non aiutava la sua gamba.


Fu nella via principale del paese che Michael scorse Natalia, attraverso la vetrina di un negozio.
Non era sola, ma invece che con Katja stava parlando con Klaus Čapek, il Capitano della squadra delle Aquile. Ovviamente non poteva sentirli, ma in ogni caso probabilmente non avrebbe capito lo stesso visto che, essendo compatrioti, i due erano soliti parlare in ceco tra loro.

Michael non si fermò, ripensando alle parole di Elvira sul treno mentre distoglieva lo sguardo. 
Beh, forse infondo era meglio così.


*


“Ivan, io ti appoggio sempre, ma non so se…”
“Smettila di parlare e dammi una mano, avanti!”

“Questa volta finisce male…”
“Non dire così, sii positivo!”

“Non so chi ci ucciderà prima, se la Petrovich o Novak…”
“Novak ci adora, figurarsi!”

Ivan liquidò il discorso con un gesto della mano senza nemmeno voltarsi e Maximilian inarcò un sopracciglio:

“Tu adori lui…”
“Ok, falla finita una buona volta, è stato un sacco di tempo fa, ero al primo anno e ora mi vengono i capelli bianchi solo se ci ripenso, è uno dei miei migliori amici. E comunque ho solo pensato fosse carino, mi è passata subito… Ora vieni ad aiutarmi, su.”







……………………………………………………………………………
Angolo Autrice:

Cosa sta cucendo Natalia, cosa nasconde Michael nello zaino e cosa stanno combinando Ivan e Max?
Lo saprete tempo qualche capitolo, nel prossimo invece fioccheranno inviti per il Ballo. Grazie per le risposte a chi mi ha già mandato tutto e a presto!
(Sì, miracolosamente questa volta vi lascio in pace senza domande)

Signorina Granger 

Ps. Per evitare fraintendimenti… Ivan non è gay, è bisessuale.

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7 
 
Domenica 2 Dicembre 


Londra 


“L’ho detto anche a Silvy, sono oltremodo invidiosa.”
“Perché, vuoi tornare ad avere 17-18 anni, Adela? Non hai così tante rughe…”

Adela, seduta accanto a Charlotte sul divano del salotto della villetta a Londra di quest’ultima, rivolse un’occhiataccia all’amica prima di bere un altro sorso di thè. 

“Sono piuttosto soddisfatta della mia pelle, grazie CeCe. Comunque no, sono invidiosa per via del Ballo, noi non abbiamo mai preso parte a qualcosa di simile a scuola!”
“Grazie al cielo, andavamo già ad abbastanza feste per via delle nostre famiglie cara, io in primis, e le odiavo.”

“Ma a scuola sarebbe stato diverso, secondo me ci saremmo divertite andandoci insieme.”

Adela si strinse nelle spalle ma l’amica scosse il capo, sporgendosi per appoggiare tazza e piattino sul tavolino sistemato davanti al divano:

“Certo, se fosse stato all’ultimo anno tu ci saresti andata con il tuo Cavaliere dagli occhi lucenti e l’armatura scintillante, ma la sottoscritta?!”
“Merlino Charlotte, parli come se a scuola fossi stata una ragazza bruttina e poco desiderabile!”

“Lo era, ma per via del carattere!”

“Ecco, lo senti? Con chi ci sarei andata al ballo, con LUI forse? E comunque io odiavo mettermi in ghingheri, da ragazzina.”
 Charlotte inarcò un sopracciglio – sfoggiando l’espressione sarcastica che era il suo marchio di fabbrica – mentre accennava alla direzione da cui proveniva la voce del marito, ma Adela non si scompose e si limitò a stringersi nelle spalle, annuendo senza distogliere lo sguardo:

“Chissà, forse se aveste messo da parte l’orgoglio vi sareste messi insieme con ben dieci anni di anticipo e avreste risparmiato molto tempo.”
“Ma neanche per idea! Cavendish a scuola era odioso, fine della storia.”

L’Auror scosse il capo con fare risoluto e all’amica non restò che alzare gli occhi al cielo, decidendo saggiamente di lasciar perdere.

“Comunque sia, Silvy ti ha detto se ci andrà con qualcuno?”
“Sostiene che si troverà un cavaliere a tutti i costi, ma ancora non ha “deciso”… la conosci, è molto testarda, qualcosa combinerà.”

Adela roteò gli occhi con fare eloquente e allora l’amica spalancò i suoi, guardandola con un’improvvisa consapevolezza mista ad un forte timore:

“Non pensi che i nostri figli possano andarci insieme, vero?”
Per qualche istante Adela non rispose, limitandosi a ricambiare il suo sguardo finché non comprese il senso delle parole dell’amica, e a quel punto sembrò impallidire leggermente:
“… Oh Porca Priscilla… Sarebbe la fine di Durmstrang! Presto, prendi carta e penna e scrivi a Sean, io scriverò a Silvy!”


*


Durmstrang 


Sean Cavendish venne svegliato da una specie di urlo, indubbiamente femminile e indubbiamente appartenente ad una ragazza a lui molto nota. 

Il ragazzo sospirò, rotolando sul fianco per nascondere il viso contro il cuscino mentre accanto a lui John si tirava a sedere di scatto, allarmato mentre si guardava intorno come per assicurarsi che niente stesse andando a fuoco. 
David, dall’altra parte della stanza, si tirò le coperte sul viso e mormorò che gli sembrava di essere improvvisamente tornato a casa con le sue sorelle mentre Graham borbottava nel sonno a “Gale” di spegnere la sveglia.

Al secondo urlo Sean gemette, colpendo debolmente il cuscino e biascicando qualcosa con aria grave:

“Vi prego, è domenica…”

“Forse la smetteranno…”
“Io non credo più nelle favole da tempo, Tim.”


*


“OmioDioomioDio è orribile…”
“Sta andando da quella parte!”  
Julie, carponi sul suo letto, indicò un punto del pavimento mentre Silvy, in piedi accanto a lei, spalancava gli occhi chiari con orrore:

“NON VERSO IL MIO LETTO! Fermatelo!”
“Io non ci penso proprio…”

“Che schifo, che schifo… non voglio toccarlo!”
“Fallo evanascere!”
“Non riesco a prendere la mira, si muove troppo in fretta… Sta andando sotto al letto di Silvy!” Rose piegò le labbra in una smorfia e indicò il ragno, che zampettò rapidamente sotto al letto della Corvonero, che si passò una mano tra i capelli scuri mentre Julie stringeva a sè un cuscino come a volersi difendere con quello.

“Rose, se stanotte dovrò condividere il letto con un grosso ragno ti ucciderò nel sonno, fallo sparire!”   

“Ok, ok, non mettetemi ansia, SILENZIO! Adesso… adesso ci provo.”

La bionda sospirò, si passò nervosamente una mano tra i capelli e poi, molto lentamente, si inginocchiò accanto al letto dell’amica, sollevando il piumone con la stessa delicatezza e attenzione di un chirurgo nel bel mezzo di un’operazione mentre le altre, intorno a lei, quasi trattenevano il fiato.

La Serpeverde fletté la schiena per sbirciare sotto al letto e non fu difficile individuare il ragno, che si fermò di colpo. 
Rose fece per puntargli la bacchetta contro – la mano leggermente tremolante – ma si tirò indietro di scatto con un piccolo urlo quando il ragno iniziò a zampettare verso di lei. 

“No, io mi rifiuto, perché devo farlo io?!”  Rose si alzò e corse a a nascondersi dall’altra parte della stanza dietro a Silvy, che alzò gli occhi al cielo mentre Julie non staccava gli occhi chiari dal ragno, controllando i suoi movimenti con apprensione:

“Perché tu sei Caposcuola!”
“E allora, tu sei il Capitano se è per questo!”


Le due però si zittirono quando la porta si aprì di colpo e John fece irruzione nella stanza in pigiama, i capelli castani arruffati e tenendo la sua chitarra per il manico, brandendola come un’arma letale:

“CHE SUCCEDE, DOV’È IL MANIACO?!”

Il Corvonero si ritrovò così quattro paia d’occhi stupefatti puntati addosso – e non venne neanche colpito con nessuna pantofola, a differenza dell’ultima volta in cui era entrato chiedendo alle ragazze se avevano visto il gatto di David, Mist – e un attimo dopo le compagne presero a parlare praticamente all’unisono, in un insieme di parole tra cui il ragazzo comprese solo “ragno” e “uccidilo”. 

“Ragno?!” John aggrottò la fronte e abbassò la chitarra mentre Rose gli si avvicinava per spingerlo verso uno dei letti, restando dietro di lui come a volerlo usare come scudo umano mentre Julie, dal canto suo, si teneva le mani sul viso e non si era mossa dal letto, cercando di non sprofondare nella vergogna per il fatto di essere in pigiama, struccata e in disordine.

“State facendo tutto questo casino per un ragno?!”
“È un ragno bruttissimo!”

“Siete peggio della mia sorellina di quindici anni! Ok, vediamo…”
“John, pensa a farlo sparire invece di fare lo sputasentenze!”




Katja stava attraversando il corridoio delle camere delle ragazze con un sorriso sul volto, di ottimo umore – come sempre quando il suo compleanno capitava nel weekend – quando la sua attenzione venne catturata da delle urla indefinite provenienti dalla stanza delle ragazze inglesi.
Accigliata, la ragazza si avvicinò e, trovando la porta socchiusa, aprì leggermente l’anta per sbirciare all’interno della stanza, trovandosi davanti quattro ragazze più John Carrington, tutti in pigiama, e un ragno che stava cercando di raggiungere il muro. 

“John, ti giuro che se non lo prendi la tua chitarra farà una bruttissima fine!”
“Non tirare in ballo la mia chitarra adesso! Va bene… Pietrificustotalus.”

Il ragno s’immobilizzò di colpo e anche Katja si ritrovò a tirare un sospiro di sollievo, prima che il ragazzo lo facesse sparire con un altro colpo di bacchetta.

“Ecco, non ci voleva molto, la mia sorellina se la sarebbe cavata meglio di voi. Oh, ciao Katja. Le quattro qui presenti hanno svegliato anche te con i loro toni soavi?”

“No, ma vi ho sentite… tutto bene?”
“Sì, era solo un ragno… torno in camera mia.”

John sbuffò e, presa la chitarra, fece per raggiungere la soglia della stanza, fermandosi per sorridere alla rumena e farle gli auguri per poi voltarsi e soffermarsi con lo sguardo su Julie prima di sfoggiare il suo sorriso migliore:

“Juls? Posso parlarti, più tardi?”
“S-sì, certo.”

La Corvonero arrossì leggermente e annuì, mentre Silvy diede una leggera gomitata a Rose con l’aria di “chi sa”, ma John non sembrò farci caso e uscì dalla stanza senza dire altro, ben lieto di potersene tornare a letto.

“Allora è il tuo compleanno? A noi Graham non l’ha detto, tanti auguri!”

Silvy si rivolse a Katja con un sorriso allegro sul volto, avvicinandosi allargando le braccia per abbracciarla mentre la rumena sorrideva di rimando, annuendo:

“Sì, grazie. In effetti, già che ci sono… Rose, ti dispiace se parliamo per un momento?”

La bionda esitò ma poi annuì di fronte allo sguardo speranzoso di Katja, e Silvy – capendo – si affrettò a parlare:

“Perfetto, parlate pure qui, noi andremo a farci la doccia visto che ormai siamo sveglie, dico bene ragazze?”
“Ma veramente io…”
“Niente ma Vivi, su, andiamo!”

La Corvonero appellò gli accappatoi e il necessario per lavarsi per tutte e tre e poi si affrettò ad uscire dalla stanza, rivolgendo alle due un cenno inequivocabile e che Julie e Virginia non poterono ignorare, ritrovandosi così, loro malgrado, ad alzarsi dai rispettivi letti per seguirla. Mentre uscivano Virginia si voltò verso Julie con aria scettica, parlando con un sopracciglio inarcato:

“Che cos’ha in mente?”
“Lascia perdere Virginia, fidati.”


Quando la porta si fu chiusa alle spalle di Virginia Katja si schiarì leggermente la voce, improvvisamente un po’ a disagio mentre Rose, invece, si limitava a guardarla con le braccia strette al petto, in attesa.
“Ecco, Rose, ti volevo parlare perché ho la sensazione che io… non ti piaccia molto, diciamo. Naturalmente non ti conosco bene, ma ho notato che con altri sei diversa, molto più “aperta”, e mi piacerebbe molto essere tua amica, dico davvero. Ho sempre voluto conoscere gli amici di cui Graham parlava sempre, e voi in particolare vi conoscete fin da quando siete piccoli, giusto?”


“Sì, un po’ come voi due, sua madre è la migliore amica di mia madre. Comunque sia, Katja, non è che tu non mi piaccia, è solo che…”
“Lo so. Lo so che ti piace Grammy, ma ti assicuro che a me non interessa in quel senso, e sono sicura che vale anche per lui… passiamo molto tempo insieme, ma non ci vediamo molto spesso a causa della scuola negli ultimi anni ed è bello “recuperare” un po’. Ma siamo solo amici, non potrei mai vederlo sotto una prospettiva diversa, siamo cresciuti insieme… un po’ come tu e Sean, no?”

Katja abbozzò un sorriso e Rose annuì, sospirando e passandosi una mano tra i capelli chiari:

“Immagino di sì. Scusami Katja, non volevo essere sgarbata con te, mi dispiace.”
“Non preoccuparti, e poi non eri sgarbata, solo… distante. Però sei molto importante per Graham e mi piacerebbe che fossimo amiche, sono sicura che lo vorrebbe anche lui, non fa che parlarmi sempre di te.”

Questa volta anche Rose sorrise, e la sua espressione si addolcì molto quando parlò con tono quasi speranzoso:

“Davvero?”
“Davvero. E sono sicura che ti inviterà al Ballo, è strano che non l’abbia già fatto.”
“Te lo ha detto lui?”  Rose arrossì leggermente, ma i suoi occhi chiari trapelarono un’emozione che fece sorridere la rumena, che si strinse nelle spalle parlando con il tono compiaciuto di chi la sa lunga:
“Non proprio no… ma lo conosco bene.”



Quando, poco dopo, Katja lasciò il dormitorio femminile per andare a fare colazione lo fece con un sorriso sul volto, sollevata e soddisfatta di aver chiarito le cose con Rose. Il suo sorriso si allargò, inoltre, quando s’imbatté in Natalia, che la raggiunse con un sorriso sulle labbra prima di abbracciarla:

“Buon compleanno Kat!”
“Grazie Lia… Sei venuta a farmi gli auguri?”

“Anche, ma intendo trovare Michael e reclamare la crema esfoliante per il viso che mi ha rubato due settimane fa. Lo hai visto?”
“No, forse è ancora in camera sua.”

“Vado a controllare. Questo è il mio regalo, comunque, e questo di Elvy, è rimasta chiusa in bagno e mi ha chiesto di dartelo, Novak sta cercando di tirarla fuori.”
“Ma non mi dire… grazie, comunque. Credo che andrò a controllare…”

Katja alzò gli occhi al cielo e superò l’amica, che ridacchiò e le assestò una lieve pacca sulla spalla prima di dirigersi verso la porta che portava alle camere a passo di marcia, attraversando il corridoio deserto – probabilmente molti stavano ancora dormendo, o al massimo stavano facendo colazione o la doccia – e fermandosi solo una volta davanti alla porta della camera di Michael, bussando con impazienza:

“Dom? Sono io.”
Ebbe la certezza che l’amico era sveglio quando dall’interno della stanza udì un paio di piccoli tonfi, delle parole sussurrate in una lingua che non conosceva – ma che avevano tutta l’aria d’essere imprecazioni – e dopo qualche altro istante la porta si aprì, permettendo a Michael di uscire e chiudersi l’anta alle spalle, appoggiandocisi contro con la schiena e incrociando le braccia:

“Ciao Lia, come mai qui? Non puoi stare senza di me neanche per un minuto?”
“No tesoro, sono venuta a riprendermi la mia crema, quindi con permesso…”

Natalia fece per afferrare la maniglia della porta, ma Michael glielo impedì spostandosi e parlando senza battere ciglio:

“Scusa Lia, non puoi entrare. Te la porto io più tardi.”
“Come sarebbe che non posso entrare?! Ci sono già entrata, in camera tua!”

“Sì, ma… adesso non puoi.”
“E perché, di grazia? Se è perché è un macello non mi scandalizzerò, giuro.” Natalia sollevò le mani e guardò l’amico con un sopracciglio inarcato, ma Michael si strinse nelle spalle senza scomporsi:

“No, semplicemente non posso farti entrare… ci vediamo dopo Lia.”

E senza darle il tempo di ribattere il ragazzo sparì, aprendo la porta e sparendo dietro l’anta prima che Natalia potesse sbirciare all’interno della camera, lasciandola piena di curiosità.

“Ma cosa… Hoax, andiamo!”
La rossa sbuffò e busso energicamente di nuovo, ma quando non ottenne risposta decise di lasciar perdere e si voltò, allontanandosi trascinando i piedi e piuttosto scocciata.

Perché non l’aveva lasciata entrare? Si era comportato quasi come se avesse voluto liberarsi di lei in fretta e furia… Strano, non era mai successo prima d’allora.
All’improvviso Natalia ammutolì, chiedendosi se per caso non fosse stato in compagnia di una ragazza.

No, non era possibile…
O forse sì?

La ragazza arrossì copiosamente, scuotendo il capo e imponendosi di non pensarci mentre lasciva il Dormitorio a passo svelto sentendo come un peso gravarle sullo stomaco.




Quando sentì i passi di Natalia allontanarsi Michael si voltò, rivolgendo un’occhiata quasi di rimprovero al suo nuovo “compagno di stanza” mentre si inginocchiava con un po’ di fatica.

“Ne abbiamo già parlato, non puoi lasciare la stanza, ok? Per le prossime tre settimane dovrai restare qui, non possiamo rischiare che lei ti veda.” 
Il piccolo cucciolo di Husky – che somigliava più ad un peluche che ad un cane vero – per tutta risposta lo superò e si avvicinò alla porta, issandosi sulle zampette posteriori per cercare di grattare sul legno, ma Michael lo prese per la collottola e lo riportò davanti a sè:

“Niente da fare, Lia potrebbe essere ancora in giro… chissà cosa avrà pensato…”

Il cagnolino di un mese gli si avvicinò per leccargli la mano, facendolo sorridere mentre lo guardava con soddisfazione: aveva la netta sensazione che lo avrebbe adorato.


*


“Secondo te di cosa vuole parlarmi John?” Julie, in piedi davanti allo specchio con l’accappatoio addosso, si voltò verso Silvy mentre si strofinava i capelli scuri bagnati con un asciugamano.
L’amica – in piedi accanto a lei – si strinse nelle spalle mentre si sistemava i capelli con un pettine, parlando senza distogliere lo sguardo dallo specchio davanti a sè:

“Probabilmente vuole invitarti al Ballo, non credo abbia ancora invitato nessuna ragazza.”

Julie, accanto a lei, sgranò gli occhi incredula, restando a bocca aperta:

“Non dici sul serio, vero?”
“Certo che dico sul serio Juls. Non fare quella faccia, è quello che vorresti, no?”

“Ma io non posso andare al Ballo con John Carrington!”
“E perché mai?”
“Perché, perché… perché con lui dovrebbe andarci una ragazza più disinvolta, più carina, più… non lo so, non io!”
“Non dire stronzate Julie, sei bellissima, e più intelligente di molte delle oche che gli fanno il filo e a cui lui ha fatto le moine negli ultimi anni.”

“Ma…”
“Niente ma, ho ragione. E se dovesse invitarti tu sarai felicissima e dirai di sì, ok? E se dovesse fare l’idiota vieni a adirlo a me, così lo concio per le feste.”

Silvy le puntò contro il pettine come se si fosse trattato di un’arma letale e a Julie non restò che annuire, senza obbiettare. 
Tanto era sicura che Silvy si sbagliasse, probabilmente voleva chiederle una mano con qualche materia. Sì, doveva trattarsi di quello.


*


“Novak! Elvira è ancora chiusa in bagno?”
“No, l’abbiamo fatta uscire, è andata a fare colazione per cercarti.”

Novak guardò Katja sospirare, e quando la ragazza borbottò che l’avrebbe raggiunta e fece per girare sui tacchi mosse un passo avanti, affrettandosi a parlare decidendo che era arrivato il momento di smettere di temporeggiare:

“Aspetta, posso parlarti per un momento? Ti devo... chiedere una cosa.”
“Certo, dimmi.”  La ragazza si voltò di nuovo e annuì, guardandolo con gli occhi chiari pieni di curiosità mentre Novak invece si schiariva la gola, leggermente a disagio:

“Beh, innanzitutto buon compleanno, ovviamente. E poi, volevo chiederti… hai già avuto un invito per il ballo?”
“No, in effetti no. Mia madre dice che dovrei chiederlo io a qualcuno, ma non mi sembra…”

“Beh, ti risparmio la fatica.”  Quando Novak la interruppe bruscamente Katja aggrottò leggermente la fronte, guardandolo come se non fosse sicura di aver capito. Il ragazzo rispose al suo sguardo brevemente prima di parlare, chiedendosi se non avesse capito o se lo volesse rifiutare:

“Ecco, insomma, se non sai con chi andarci…”
“Hai qualche suggerimento?”  Katja spalancò leggermente gli occhi, sollevando le sopracciglia in un’espressione sinceramente colpita e interessata. Per un attimo Novak si chiese se non stesse scherzando, ma il suo tono non l’aveva suggerito, così il danese si limitò ad annuire senza smettere di guardarla con leggera perplessità:


“Beh, sì. Ci potremmo andare insieme, Katja.”
“Oh. Oh! Scusa, non… non avevo capito, ecco. Mi stai chiedendo di venire al Ballo con te?”
“A quanto pare.”

“Beh, grazie, mi farebbe piacere venirci con te Novak.”

Katja sorrise e la tensione che Novak aveva accumulato dall’inizio della conversazione si distese, portandolo a tirare un sospiro di sollievo per poi sorridere a sua volta, improvvisamente rilassato:

“D’accordo, fantastico. Oh, questo è per te.”

Il ragazzo agitò la bacchetta e un altro pacchetto planò nelle mani della festeggiata, che se lo rigirò tra le mani prima di sorridere:

“Chissà perché, ha come la forma di un libro.”
“Sembra, in realtà è un cucciolo di ippopotamo.” 

“Grazie Novak, anche se avrei preferito un Thunderbird.”

Katja gli si avvicinò senza smettere di sorridere e si alzò in punta di piedi per baciarlo brevemente su una guancia prima di girare sui tacchi e allontanarsi, decretando che sarebbe andata a cercare Elvira una volta per tutte.

Novak invece la guardò allontanarsi e non si mosse, o almeno finché non sentì la risatina piuttosto familiare di Nerissa, che gli si avvicinò e lo prese sottobraccio con un sorriso divertito:

“Sei rimasto imbambolato Signor Caposcuola?”
“Oh, sta zitta tu… andiamo, muoio di fame.”


*


“Di cosa volevi parlarmi?”
Julie, seduta ad un tavolo della Sala del ristoro con John di fronte, guardava il ragazzo con sincera curiosità, chiedendosi di cosa volesse parlarle. Secondo Silvy voleva invitarla al Ballo, ma lei era del parere che fosse troppo improbabile – e bello – per essere vero. 
Perché mai John Carrington avrebbe dovuto invitare lei al Ballo, dopotutto, quando avrebbe potuto scegliere chiunque?

Il Corvonero le sorrise, intrecciando le dita delle mani prima di parlare. E Julie cercò di fare di tutto per non fissare i suoi occhi di un’indefinita sfumatura tra l’azzurro, il grigio e il verde chiaro.

“Beh, innanzitutto mi piacerebbe sapere se sei disposta a concedermi l’onore di accompagnarmi al Ballo…”
“Come?!”
La ragazza spalancò gli occhi chiari, stentando a credere alle sue orecchie mentre John annuiva, guardandola con aria smarrita:

“Beh, se non ti va basta che tu lo dica, Juls. Certo mi spezzeresti il cuore, ma devi essere sincera.”
Il ragazzo si strinse nelle spalle e sorrise nuovamente mentre Julie roteava agli occhi, bofonchiando un lieve “certo” – perché avesse dovuto prendersi una simile cotta proprio per lui l’anno prima non riusciva a capacitarsene, probabilmente era colpa di quei maledetti occhi o delle fossette – prima di schiarirsi la voce, pregando mentalmente di non essere arrossita:

“Beh, insomma… mi farebbe piacere venire al Ballo con te, John.”
“Splendido, grazie Juls. Inoltre, avrei un’altra… richiesta.”

Julie lo guardò con aria interrogativa e John allungò le mani prima di parlare, prendendo quelle della ragazza sul tavolo e sfoggiando la sua miglior espressione implorante:

“Ecco, siamo a corto di un Cercatore nella squadra, perciò mi chiedevo se…”
Julie, capendo, sospirò e scosse il capo, parlando con aria grave:

“John, non credo che sia…”
“Julie ti prego, sei la nostra unica speranza! Tim si rifiuta e Dave dice che non riuscirebbe a vedere il Boccino nemmeno con un binocolo! Per favore…”

“Mi dispiace, ma è una grossa responsabilità e non so se…”
“Mancano mesi, la partita sarà a Maggio, c’è tutto il tempo del mondo, ok? E poi siamo tra amici, andrà tutto bene. Ti prego.”

Julie si morse il labbro, distogliendo lo sguardo dall’espressione implorante di John, che ancora stringeva le sue mani pallide. Si chiese di chi fosse stata l’idea di mandare lui a chiederglielo e maledisse immediatamente Silvy e Rose.

Come faceva a dire di no proprio a lui?

“… Ok. Ok, lo farò, ma se perderemo nessuno dovrà prendersela con me, capito?”
“Nessuno se la prenderà con te Juls, te lo assicuro, grazie.”

John sorrise e si alzò, fece il giro del tavolo e l’abbracciò, noncurante dell’imbarazzo della ragazza, che si limitò a balbettare qualcosa, pietrificata:

“F-figurati John.”

Era sicura al 100% che se ne sarebbe pentita entro un’ora, ma non disse niente, non di fronte a lui.
Dannato John Carrington, e soprattutto dannate le sue amiche.


*


Natalia passava a salutarlo quasi tutte le sere, dopo cena, e non vedendola aveva deciso di scendere nella Camerata degli Orsivolanti per informarla del suo sdegno. 
E chissà, forse le avrebbe anche parlato del Ballo… lei non aveva fatto cenno a Klaus, non aveva idea se avesse accettato o meno il suo invito, ma Elvira continuava ad ammonirlo sull’argomento.

Quando la trovò la ragazza era seduta su un divano nell’ampia stanza piuttosto buia, priva di finestre e illuminata debolmente solo da delle candele visto che il camino era spento.
Non si stupì nel vedere l’amica raggomitolata sotto ben due dei plaid che si portava da casa, con tanto di berretto in testa e sciarpa allacciata intorno al collo. Lo stesso Michael rabbrividì leggermente percependo un leggero calo della temperatura lì sotto, e sedette accanto a lei prima di parlare:

“Non sei venuta a salutare, stasera.”
“Come vedi ho da fare, e pensavo che mi avresti sbattuta fuori come stamani.”
“Non ti ho sbattuta fuori, non si può sbattere fuori qualcuno se non lo fai neanche entrare! E smettila di sferruzzare quella roba per cinque minuti, per favore.”

Michael sbuffò e accennò alla lana che l’amica stava lavorando prima di prenderle l’uncinetto dalle mani, ignorando le sue proteste: 

“Ridammelo!”
“Continuerai a sferruzzare più tardi, nonnina. Anche se penso di aver capito, ti stai cucendo una coperta per sopportare meglio il freddo?”
“Forse. E tu che cosa nascondevi in camera tua?”

“È un segreto.”
“Questo non è corretto, io ti dico sempre tutto!”  Natalia sfoggiò un’espressione indignata, ma Michael si limitò a sorridere mentre allungava una mano, arricciandosi una ciocca dei suoi capelli intorno al dito affusolato e pallido:

“Non mi hai detto che eri fidanzata per due mesi, Lia.”

Ovviamente la cecoslovacca non poté ribattere di fronte a quell’affermazione si limitò così a sbuffare, distogliendo lo sguardo e incrociando le braccia al petto.

“Comunque hai ragione, fa davvero freddo qui sotto… non che nel resto del castello faccia caldo, certo.”
“Lo so.” Con un lieve brontolio Natalia mostrò al ragazzo le sue mani, pallidissime ma arrossate in certi punti e cosparse di piccoli tagli causati dal freddo sul dorso.

“Dovresti tenere i guanti…”
Michael prese le mani della ragazza tra le sue con delicatezza, cercando di scaldarle mentre lei sbuffava: “Non riesco a cucire con i guanti, e il mio problema di circolazione sanguigna non aiuta, ho sempre le mani gelide già a casa, figurati qui. Non so cosa sperano di ottenere non facendoci accendere fuochi, forse ucciderci tutti?”

Natalia alzò gli occhi al cielo e Michael non disse niente, continuando a scaldarle le mani prima di parlare, gli occhi fissi sul pavimento di pietra fredda.

“Lia… Ti hanno già invitata al Ballo?”
“Sì, mi ha invitata Klaus.”

“E che cosa hai risposto?”  Michael parlò a bassa voce, continuando a non guardarla mentre sentiva una specie di nodo formarsi nella sua gola e la voce di Elvira borbottare un “te l’avevo detto”.
“Di no.”

La risposta della ragazza lo lasciò sinceramente spiazzato, tanto che Michael si voltò di scatto a guardarla, gli occhi sgranati:

“Come? Perché?”
“Beh, mi piace Klaus, ma… non lo so, non mi sembrava giusto. E poi di certo troverà qualcuna che sarà ben felice di accompagnarlo, non se ne farà un cruccio.”

Natalia parlò stringendosi nelle spalle, non osando dire che aveva anche sperato di andarci insieme a lui, e Michael esitò prima di parlare, sfoggiando il suo solito sorriso sfacciato:

“Magnifico, così tu non dovrai spezzare il cuore a nessun altro e io non dovrò fingermi oltraggiato dalla tua decisione di aver preferito altri al magnifico me. Buonanotte Lia.”

Prima di darle il tempo di dire altro Michael si alzò, allontanandosi senza voltarsi mentre Natalia, seguendolo con lo sguardo, si chiedeva se l’avesse appena invitata al Ballo. Probabilmente, in un modo molto contorto alla Michael, l’aveva fatto.


*


Martedì 11 Dicembre



“È arrivata una lettera da John!”
“Cosa dice?”

“Che va tutto bene ma che non vede l’ora di tornare a casa per le vacanze per rivedere Edith e mangiare apple pie, pudding, muffin e zuppa inglese. In pratica gli mancano i dolci inglesi, non i suoi genitori. E per suonare, pare che li non prendano la musica di buon grado. Non riesco a credere che abbia già 18 anni…”

Aurora s’incupì leggermente mentre sfiorava la lettera del figlio con le dita, desiderosa di abbracciarlo dopo tutte quelle settimane di separazione. 

“Lo so, non è più il bambino che andavi a svegliare il giorno del suo compleanno…”
“Già, non lo è.” Aurora sospirò, annuendo mentre piegava lentamente la lettera tenendo gli occhi fissi sul camino acceso.

“Sono felice che questo sia il suo ultimo compleanno in cui non potrò abbracciarlo…”
“Sono sicuro che vale anche per lui Aurora… a nessuno piace passare il proprio compleanno lontani dalla propria famiglia.”

“Beh, comunque ha invitato una ragazza al Ballo, finalmente.”
Inglese o nordica?”
“Inglese… E Julie Farrel è molto dolce, gli conviene comportarsi bene o se la vedrà con sua madre.”


*


Durmstrang


“Andare al ballo da sole non è ammissibile, esigo che ognuna di noi abbia un Cavaliere, e anche i ragazzi. Julie ci va con John, ora devo sistemare noi!”

“Silvy, apprezzo lo sforzo, ma non devi “sistemarci”…”
“Rose, giusto a te pensavo, dobbiamo fare in modo che Graham si muova ad invitarti!”

“Come sai che lo farà?” Rose, che stava sistemando i vestiti puliti lasciati dagli elfi, alzò gli occhi al cielo mentre Silvy, seduta sul suo letto a gambe incrociate con un quadernetto davanti, continuava a scarabocchiare liquidando le sue parole con un gesto della mano:

“Lo so e basta. Timothy dovrebbe invitare Elvira, dobbiamo convincerlo. Sono sicura che lei ne sarebbe molto felice.”
“Io gli ho parlato, e anche Dave!”
“Beh, fallo di nuovo e con maggiore impegno, Juls… ora Sean… potrebbe andarci con Vivi o con me, non saprei…”

“Tu con chi vorresti andarci, sentiamo.”
“In realtà non lo so, non voglio andarci da sola… potrei chiedere a Seannie di andarci come amici, ma se litigassimo…”
“Distruggereste la sala? Molto probabile.”

“Già, mia madre me lo ha caldamente sconsigliato… Oh, non lo so.”

La Corvonero sbuffò e si mise le mani sul viso, imbronciata, appena prima che qualcuno bussasse alla porta, che si aprì all’assenso di Rose e svelò proprio uno Sean sorridente:

“Salve ragazze, disturbo?”
“To’ guarda, parlavamo proprio di te…”

“Di quanto io sia fantastico, amica mia?” Sean sorrise e Rose gli lanciò contro una maglietta che il ragazzo prese al volo, sorridendole prima di rivolgersi a Virginia, stravaccata sul suo letto con una limetta per unghie in mano:

“In realtà sono qui per la mia Cacciatrice prediletta… Vivi, vuoi venire al ballo con me?”
“D’accordo Sean, non serve fare il ruffiano… Silvy, togli pure noi due dalla lista.”

Virginia sorrise alla Corvonero, che in effetti lo fece con un debole sbuffo mentre Sean, dopo aver lanciato di rimando la maglietta a Rose, si avvicinava all’amica con le mani nelle tasche:

“Quale lista?”
“Di quelli di noi che non hanno ancora un accompagnatore per il Ballo! Io non so con chi andarci, tenevo te come ultima spiaggia!”
“Oh, tante grazie… ma stai tranquilla Silvy, prometto che ti riserverò un ballo, visto che sei mia amica.”

Sean sorrise e si chinò leggermente, mettendole un braccio sulle spalle per darle un bacio sulla tempia prima che la ragazza lo scacciasse: 

“Bene, ora se hai finito con le moine vai pure. E dì a Tim di muoversi con Elvira Nordström!”
“Lo farò, d’accordo… ma ora dove stai andando?”

“Fuori a cercare ispirazione, forse mi verrà in mente qualcuno con cui potrei andare al Ballo!”


*


“Forse non mi invita perché non gli piaccio affatto, forse è carino e gentile con me solo perché lo è con tutti in generale…”
“È sicuramente carino e gentile con tutti Elvy, ma altrettanto sicuramente gli piaci, forse è solo timido!”

“Ma certo che è timido, si vede! Ma ogni volta in cui lo saluti pare illuminarsi Elvy, è ovvio che gli piaci.”

Elvira sospirò, indecisa se credere o meno alle amiche mentre le tre avevano abbandonato lo studio per spettegolare.

“Dite?”
“Ma certo! E non lo diciamo solo per farti sentire meglio, vero Kat?”
“Naturale! Io penso davvero che tu gli piaccia, Elvy… e secondo me dovresti prendere in considerazione l’idea di buttarti, del resto mancano meno di due settimane al Ballo.”

“Intendi dire… invitarlo io?”  Elvira si voltò verso Katja, guardandola annuire con leggera perplessità:

“Perché no? Se Maometto non va alla montagna…”
“Eh?”
“Di chi parli Kat?”

“Lasciate perdere, intendo dire che non sarebbe una cattiva idea. Su, va’ a cercarlo!”
“Adesso?!”
“Chi ha tempo non aspetti tempo mia cara, il Ballo si avvicina, perché aspettare ancora?”

“Ok…” Elvira non sembrò particolarmente convinta ma annuì e si alzò, lasciando le sue cose sul tavolo per poi allontanarsi sotto esortazione delle amiche, che la seguirono con lo sguardo mentre lasciava la Biblioteca con aria pensierosa.

“Dici che andrà bene?”
“Beh, lo spero, mi dispiacerebbe se non ci andassero insieme, sarebbe un vero peccato. E sono sicura che lui accetterà. A proposito, mi rispieghi com’è che Michael te lo ha chiesto?”
“Lascia perdere Kat, non capiresti…”


*


“Rose?”
Rose stava andando in Biblioteca per raggiungere Julie quando s’imbatté in Graham, sorridendogli mentre di fermava per aspettare che il ragazzo le si avvicinasse:

“Ciao Graham.”
“Hai un momento?”
“Certo, stavo andando in Biblioteca, ma dimmi pure.”

“Ecco, mi chiedevo se…” Graham esitò, tormentandosi l’orlo della camicia bianca mentre Rose, di fronte a lui, lo guardava in attesa e con una luce speranzosa negli occhi chiari che però il ragazzo non sembrò cogliere, forse troppo nervoso per accorgersi di qualunque cosa.

“… Se ti andrebbe di venire con me al Ballo. Se non hai già ricevuto un invito, certo.”

Graham deglutì, sollevato di essersi finalmente liberato di quel peso mentre s’infilava nervosamente le mani in tasca guardandola in attesa di una risposta. Rose – con suo gran sollievo – sorrise, annuendo senza alcuna esitazione e gli occhi chiari luccicanti:

“Ma certo che mi va.”
“Davvero? Beh, fantastico.”   Graham sorrise, improvvisamente molto più rilassato rispetto a soli pochi minuti prima, e Rose lo imitò prima di accennare ai libri che teneva tra le braccia:

“Sto andando in Biblioteca, vuoi venire?”
“È il compleanno di John, vado dai ragazzi… ci vediamo dopo.”  Graham le sorrise un’ultima volta prima di superarla, sfiorandole il braccio con una mano prima di allontanarsi, improvvisamente allegro e sorridente – tanto che dovesse trattenersi dal mettersi a fischiettare nel bel mezzo del corridoio – mentre la Serpeverde, sorridendo a sua volta senza che lui potesse vederla, riprendeva a camminare nella direzione opposta, morendo dalla voglia di dirlo a Julie.


*


“Ciao Tim.”
Timothy stava sistemando le sue cose nella borsa quando sentì la voce di Elvira, quasi sobbalzando quando se la trovò accanto non l’aveva assolutamente sentita arrivare.

“Oh, ciao Elvira.”
“Hai un attimo? Devo chiederti una cosa.”  Di solito Elvira sorrideva allegra, ma quel giorno sembrava terribilmente seria, tanto che il Tassorosso si chiese se non fosse successo qualcosa di grave mentre aggrottava leggermente la fronte, accennando alla porta dell’aula vuota:

“Beh, dovrei andare dagli altri, e il compleanno di John…”
“Ci vorrà solo un momento, sarò breve: vuoi venire al Ballo con me?”


Per un attimo il ragazzo si chiese se non stesse scherzando, ma Elvira non battè ciglio e si limitò a guardarlo di rimando con attenzione. 

“Oh, sì… certo, mi farebbe piacere venirci con te Elvira.”  Timothy deglutì, un po’ a disagio – e molto sorpreso – mentre la ragazza invece sorrise, annuendo con la sua solita vivacità:

“Davvero? Oh, grazie al cielo, mi hai tolto un peso! Allora ti lascio, ciao!” 

Dopodiché si allontanò con il suo solito incedere baldanzoso, lasciandolo solo e a bocca aperta.

Stava giusto cercando di convincersi a trovare il coraggio di invitarla dopo tutte le paternali dei suoi amici… 
Elvira Nordström doveva essere davvero piena di risorse.


*


Silvy stava attraversando l’atrio quando s’imbatté nella figura di un ragazzo a lei familiare che stava trasportando degli scatoloni borbottando qualcosa in una lingua che lei non conosceva.
Incuriosita, la ragazza gli si avvicinò, sorridendo prima di salutarlo:

“Ciao Ivan.”
Il ragazzo, sentendosi chiamare, si voltò e le sorrise appena, fermandosi nel bel mezzo della sala:

“Oh, ciao Silvy.”
“Cosa stai facendo?”

“Trasporto i libri che dalla Biblioteca devono essere messi via…” Il ragazzo lasciò lo scatolone vicino agli altri con una smorfia, massaggiandosi il braccio dolorante mentre la Corvonero lo guardava con curiosità crescente:

“E lo fanno fare a te? Senza magia?”
“È la mia punizione per l’inconveniente alla fine della gita, Maximilian è stato relegato a pulire le cucine. Poi dovrò catalogarli e portarli nel magazzino di sotto.”

Il ragazzo si strinse nelle spalle – evitando di informarla del fatto che la Petrovich aveva anche informato suo padre, che non aveva preso bene la sua ultima trovata e gli aveva mandato una Strillettera furiosa dive lo costringeva a tornare a casa per le vacanze, che avrebbe trascorso in punizione – e Silvy si limitò a guardarlo per qualche istante, pensando non tanto a cosa aveva combinato meno di due settimane prima a Flåm, ossia manomesso e fuso il motore del treno, ma a qualcosa che le era appena balenato in mente.

“Ivan? Ti lasciano venire al Ballo?”
“Non volevano, ma alla fine ci hanno dato il permesso, in compenso dovrò occuparmi dei libri finché il magazzino non sarà pieno, nessuno si occupa di sistemarli dai tempi di mio padre, a giudicare da quanti ce ne sono da catalogare e da mettere via. Perché?”

“… Ci verresti con me?”







…………………………………………………………………………
Angolo Autrice: 

Buonsalve a tutte! 
In questo capitolo i protagonisti assoluti sono stati inviti e compleanni, e ce ne sarà uno anche nel prossimo insieme alla partita tra Orsi e Vipere, ma non vi chiedo nemmeno di votare visto che non ci sono OC in quest’ultima Camerata.
Ultima cosa… mi dispiace veramente molto dovervelo dire perché adoravo il duo – come penso anche molte di voi –, ma anche Maximilian non farà più parte della storia. Nota positiva, i ragazzi single saranno due e non tre.
A presto! 
Signorina Granger 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8 

 
Domenica 16 Dicembre 


Surrey 


Stephanie Carsen aprì la porta di casa con un sorriso sulle labbra, pronta a salutare la sua migliore amica, ma Elena glielo impedì abbracciandola di slancio e trillando felicemente:

“Steph, i nostri ragazzi vanno al Ballo insieme, non è meraviglioso?”
“Sì, Rosie me l’ha detto… Sono felice anche io.” Elena sorrise alla bionda prima di superarla, sfilandosi il mantello per raggiungere Regan in salotto mentre il marito salutava la padrona di casa, abbozzando un sorriso e chinandosi per darle un bacio su una guancia:

“Ciao Steph… come vedi è leggermente esagitata dalla notizia, sta già organizzando il matrimonio.”
“Non lo dire, Regan non è partito a cercare Durmstrang armato di ascia solo perché la sua bambina va al Ballo con Graham e non con uno “sconosciuto”, ma penso che la cosa lo turberebbe lo stesso.”


“Cosa sono quei musi lunghi, voi due?”
Elena si piazzò davanti al divano mettendosi le mani sui fianchi, spostando lo sguardo da Regan al suo migliore amico, Axel, seduti uno accanto all’altro e improvvisamente poco allegri sentendo nominare il fantomatico “Ballo”.

“Elena, credo che l’accompagnatore di Julie sia amico di tuo figlio, cosa sai di John Carrington?”
Axel guardò l’amica con un sopracciglio inarcato, serio in volto come di rado le era capitato di vederlo – nonostante fossero amici da trent’anni – ed Elena si strinse nelle spalle mentre sedeva su una poltrona e Gabriel e Stephanie li raggiungevano:

“Ci è venuto a trovare le scorsi estati, è un ragazzo molto educato.”
“È il figlio di Aurora Temple, non potrà essere uno scapestrato, rilassati Axel.”

Regan si strinse nelle spalle, liquidando il discorso con un gesto della mano mentre Stephanie sorrideva gentilmente all’amico:

“Lei e CeCe sono ancora molto amiche, Axel, così come John e Sean. Posso chiedere a lei.”
“Te ne sarai molto grato Steph.”

“Beh, la vedo domani al lavoro, consideralo fatto.”  Stephanie sorrise e sollevò leggermente il bicchiere che teneva in mano mentre Elena sbuffava leggermente:

“Suvvia, non fate i padri orsi, Gabri non ha fatto tante storie quando Eloise si è fidanzata!”
“Sì Elly, ma solo perché Ivan è il figlio di Kat, un po’ come Reg con il nostro Graham.”


*


Durmstrang


Natalia aprì il pacco che sua madre le aveva mandato e tirò un sospiro di sollievo, afferrando una boccetta di vetro verde scuro per versarsi frettolosamente un po’ di liquido trasparente sulle mani, strofinandole lentamente mentre esaminava il contenuto dello scatolone. Un biglietto color avorio dal sottile bordo dorato recitava “kit di sopravvivenza di Lia” scritto in un’elegante calligrafia a lei familiare, tanto che la P intrecciata ad una N d’oro sul retro era del tutto superflua. 
Continuava a chiedersi perché sua madre si ostinasse ad usare i “suoi” biglietti anche per lei, ma la donna era solita sostenere che non aveva quei cartoncini personalizzati per niente. 

Mentre l’unguento faceva effetto e sentiva una sensazione di calore alle mani Natalia esaminò le cose che la madre le aveva mandato, trovando come ogni inverno una borsa per l’acqua calda, altri tre flaconi, un paio di guanti di pelle foderati, una sfilza di maglioni e grossi calzettoni di lana e una coperta di pelliccia. Finta, le aveva assicurato sua madre la prima volta in cui glie l’aveva data.

“Děkuji matce.”  (Grazie mamma) Mormorò la ragazza mentre abbassava lo sguardo sulle sue mani arrossate che tremavano leggermente, sollevata di sentirle di nuovo e di vedere i piccoli tagli sparire lentamente.

“Sei pronta a fare scintille, Lia?”
Elvira, seduta accanto a lei, le sorrise ma Natalia non rispose subito, limitandosi a guardarsi intorno con la fronte aggrottata:

“Dov’è Dom?”
“Deve ancora scendere, non l’ho visto in dormitorio.” Katja si strinse nelle spalle e Natalia si mordicchiò il labbro inferiore, chiedendosi perché non fosse ancora arrivato.

“Forse è stanco e vuole riposarsi… ti ha detto che forse non sarebbe venuto?”
“No. No, lui viene sempre quando gioco, non mancherebbe mai.”

Natalia scosse il capo, parlando con un tono fermo che non ammetteva repliche ma allo stesso tempo anche un po’ preoccupato.

“Beh, allora arriverà Lia, rilassati.”
Katja allungò una mano per sfiorare il braccio dell’amica, che però scosse il capo e si alzò: 

“Vado a cercarlo, ho una brutta sensazione.”
“Sei nervosa per la partita!”
“Non è questo. Potete… potete portare il pacco nella mia camera, per favore?”

La Cercatrice si alzò in piedi e sembrava così nervosa che le amiche non poterono far altro che annuire, assicurandole che l’avrebbero fatto prima di guardare la ragazza annuire e allontanarsi in fretta:

“Ma dove vai?!”
“A controllare che stia bene!”

Kat fece per aprire la bocca per farla desistere – dopotutto avrebbe dovuto presentarsi in campo entro meno di mezz’ora –, ma Elvira le diede una gomitata e scosse il capo mentre si alzava in piedi a sua volta per prendere lo scatolone:

“Lasciala fare Kat.”


*


Michael si era svegliato con uno sbuffo, chiedendosi perché organizzassero le partite nei weekend, quando avrebbe potuto dormire, e allungando istintivamente una mano sul comodino per prendere i suoi orecchini, che spesso si toglieva per dormire perché gli davano fastidio.

Quando, tuttavia, non trovò i piccoli anelli di metallo e si ritrovò a tastare semplicemente la superficie di legno il ragazzo si mise a sedere di scatto, provando una sensazione di panico appena accennata.
Dopo essersi assicurato con i suoi occhi che no, i suoi orecchini non erano sul comodino, Michael si sporse dal letto per controllare sul pavimento e sotto di esso, pregando che fossero caduti ma senza trovarne traccia. Aprì così i cassetti con il cuore in gola, e non trovandoli chiese con un flebile mormorio ai suoi compagni di stanza dove fossero i suoi orecchini.

Non era divertente, affatto.

Li guardò scuotere il capo, guardarlo con leggera confusione e assicurargli che non ne avevano idea prima di prendersi la testa tra le mani chinando leggermente il capo, chiudendo gli occhi e cercando di ricordare se per caso non li avesse lasciati da qualche parte.
Ma no, non era possibile, non se ne separava mai, non era uno stupido. Si rifiutava di credere di averli persi, come avrebbe potuto dirlo ad Oz? 
Come avrebbe potuto andarsene tranquillamente in giro per la scuola, senza?

Dopo qualche minuto – che lui trascorse perfettamente immobile, fermo in quella posizione – i suoi compagni intuirono che era meglio lasciarlo in pace e lasciarono la stanza, e una volta rimasto solo Michael si alzò, andando a frugare nei comodini. 

Non poteva averli persi, qualcuno glieli aveva presi. Doveva per forza essere così.


*


“Mich?!”
Natalia attraversò rapidamente il corridoio, passando in mezzo ad un paio di suoi coetanei che le chiesero ridacchiando se stesse cercando il suo fidanzato, ma la ragazza si limitò ad ignorarli: aveva di meglio da fare piuttosto che perdere tempo con loro.

Si fermò davanti alla porta e li indugiò, ripensando a quando Michael non l’aveva fatta entrare. Forse non era una buona idea, in fin dei conti, forse stava dando di matto per niente…

Natalia esitò e alla fine decise ugualmente di bussare, senza ricevere alcuna risposta. Sospirò, spostando nervosamente il peso da un piede all’altro e indecisa sul da farsi, ma dopo averlo chiamato di nuovo e sentendo la preoccupazione aumentare aprì lentamente la porta, sbirciando l’interno della stanza.

“Mich, posso entrare? Sono io.”

La stanza era deserta e Natalia vi entrò con un po’ di titubanza, posando lo sguardo sul letto di Michael solo in un secondo momento. Lo vide steso su un fianco, dandole le spalle, e la ragazza tirò un sospiro di sollievo prima di avvicinarglisi lentamente, pensando che stesse semplicemente dormendo.

Quando fu abbastanza vicina si accorse invece che non solo gli occhi del ragazzo erano aperti e perfettamente vigili, ma che l’amico aveva un’aria inquieta mentre se ne stava immobile e pallido sotto le coperte. Quasi spaventata.

“Mich? Va tutto bene?” Natalia allungò una mano per sfiorargli dolcemente la spalla, ma Michael sembrò non averla sentita entrare perché sobbalzò e si voltò di scatto, guardandola con gli occhi sgranati. Natalia ritirò la mano come se si fosse scottata, guardandolo scuotere il capo e chiederle di andarsene con un mormorio, ma la Cercatrice sedette sul materasso senza smettere di guardarlo:

“Mich, stai male? Dove… dove sono i tuoi orecchini?”

La ragazza aggrottò la fronte e allungò una mano per sfiorargli i capelli chiari per assicurarsi che non li indossasse, e quando non scorse alcun anello di metallo al suo orecchio si morse il labbro, alzandosi in piedi mentre Michael tornava a darle le spalle senza proferire parola, deglutendo a fatica.

Per un attimo era stato sollevato di vederla, la sua presenza aveva sempre un che di rassicurante, ma allo stesso tempo voleva che se ne andasse: non voleva che proprio lei lo vedesse in quello stato, senza avere nemmeno il coraggio di alzarsi e affrontare la giornata e tutta la scuola in quelle condizioni, senza i suoi orecchini. 
Senza di essi tornava ad essere quel fragile bambino che non sentiva che voleva disperatamente lasciarsi alle spalle.

“Che razza di scherzo… Oh, al diavolo.”

Natalia girò sui tacchi e uscì a passo di marcia sibilando parolacce in ceco e Michael non battè ciglio, senza neanche voltarsi per assicurarsi che fosse uscita. Era ovvio che l’avrebbe fatto, dopotutto.




Natalia aveva la sensazione di sapere esattamente dove andare, mentre raggiungeva il Dormitorio delle Aquile ignorando tutti i compagni che le chiesero dove stesse andando e perché non fosse già andata allo stadio.

Quando individuò Nerissa le si avvicinò, chiedendole con tono pacato dove fosse la camera di suo fratello per poi seguire le sue indicazioni a passo di marcia e senza badare a nessuno.


La porta della stanza era socchiusa e Natalia l’aprì senza bussare, trovandosi così davanti Novak e Ivan, che stavano prendendo i mantelli pesanti per uscire e andare alla partita.
I due ragazzi s’interruppero quando la videro, rivolgendole due occhiate curiose, ma Natalia si avvicinò e parlò senza dar loro il tempo di farlo:

“Dove sono gli orecchini di Michael?”
“Lia, di cosa stai…”
“Sto parlando con Ivan. Ivan, dove sono gli orecchini di Michael?”

Ivan esitò, scrutando la ragazza che lo guardava di rimando quasi con aria truce, parlando scandendo lentamente le parole e con un tono un paio di ottave più alto della norma. Non l’aveva mai sentita parlare così a qualcuno, prima d’ora.

“Non li ho…”
“So che li hai presi tu Ivan, e so che non hai cattive intenzioni, ma devi darmeli, a lui servono, non sono un dannato sfizio estetico!”

Ivan la guardò come se non capisse, ma intuendo che non fosse il caso di contraddirla a giudicare dalla sua espressione annuì e si avvicinò al suo comodino per prenderli e porgerli alla ragazza, che borbottò un “grazie” piuttosto sarcastico prima di girare sui tacchi e lasciare la stanza rapidamente come vi era entrata.

A quel punto Ivan si rivolse a Novak, più confuso che mai:

“In che senso gli servono?”
“Non ne so molto, ma ho sentito che Dom non ci sente molto bene e che quelli lo aiutano.”

Novak si strinse debolmente nelle spalle mentre si annodava la sciarpa e Ivan, per tutta risposta, spalancò gli occhi scuri:

“Davvero? Io non ne avevo idea! Lork… (Merda) Natalia, aspetta!”

Ivan si affrettò a seguire di corsa la ragazza imprecando a bassa voce in danese, ma Natalia era più veloce di quanto pensasse e aveva già lasciato il Dormitorio, costringendolo quindi a seguirla verso la Camerata dei Draghi al piano di sotto.


*


Natalia trovò Michael nella stessa posizione in cui l’aveva lasciato, raggomitolato sul letto dando le spalle alla porta come a voler invitare il modo intero a lasciarlo in pace. 
La ragazza però non esitò ad avvicinarglisi, mettendogli una mano sulla spalla come aveva fatto poco prima e sorridendogli dolcemente mentre gli porgeva gli orecchini sul palmo della mano tesa.

Michael fece per chiederle di lasciarlo solo – pregando affinché il cucciolo di Husky che dormiva in una cuccetta in bagno a causa dell’allergia di uno dei suoi compagni di stanza non facesse la sua comparsa insieme ad Achille –, ma quando vide i piccoli anelli di metallo non riuscì a trattenere la sua sorpresa, scattando a sedere sul letto per poi prenderli e indossarli sotto lo sguardo di Natalia. 

Li fece girare leggermente e tirò un sospiro di sollievo quando sentì un discreto vociare fuori dalla porta e un rumore di passi, passandosi una mano tra i capelli lisci prima di abbracciare di slancio l’amica. All’improvviso si sentì incredibilmente più leggero, mentre appoggiava la testa contro quella di Natalia, che parlò con tono dubbioso. E Michael, nel sentirla, provò un’indescrivibile ondata di sollievo.

“Ci senti bene?”
“Sì. Grazie Lia, sei il mio angelo. Dov’erano?!”
“Li aveva presi Ivan… va tutto bene?”

La ragazza si allontanò leggermente per poterlo guardare in faccia, una mano sulla sua spalla, e Michael annuì, non potendo fare a meno di provare un moto di calore di fronte allo sguardo preoccupato dell’amica. Non era particolarmente abituato alle persone che si preoccupavano per lui, e anche se a volte si chiedeva se non fosse da egoisti o stupido non poteva fare a meno di esserne felice, quando accadeva.

“Sì. È solo che non avrei sopportato di averli persi, di andare in giro e non sentire.”
“Beh, Ivan non lo farà più, ne sono certa. E ora vedi di alzarti, vestirti e portare il culo alla partita! Io vado, sono già in ritardo…”

Natalia sbuffò debolmente e si alzò, uscendo sotto lo sguardo del ragazzo – che la ringraziò nuovamente – appena prima che Ivan entrasse di corsa: 

“Dom, ciao… Ascolta, mi dispiace, non sapevo che gli orecchini ti servissero, pensavo che fossero solo… orecchini.”
“Lo so Ivan, non fa niente. Non preoccuparti.”

“Sicuro? Insomma, io… non lo sapevo, penso che Natalia stesse per saltarmi alla gola…”

“Va tutto bene, davvero.”

Michael scivolò fuori dal letto – rabbrividendo leggermente per il freddo – e rivolse un cenno all’amico, che parve rilassarsi e annuì prima di decretare che lo avrebbe aspettato fuori per andare allo stadio.
Una volta solo, quando la porta si fu chiusa alle spalle di Ivan, Michael si lasciò andare ad uno sbuffo, gettando un’occhiata allo specchio a pavimento per poi voltarsi, dandogli le spalle mentre si sfilava dalla testa la maglietta del pigiama:

“Potrei scriverci un libro, con tutto quello che non sapete su di me.”


*


Dopo essersi sorbita – e aver ignorato – la ramanzina che il suo Capitano le fece per il ritardo, Natalia si cambiò in fretta e furia, legandosi i capelli rossi in una treccia, indossando la divisa color caramello e gettando occhiate cupe alla finestra dello spogliatoio dal quale poteva scorgere il cielo nuvoloso. Aveva nevicato abbondantemente la notte precedente, e anche se aveva smesso fuori la temperatura era scesa sotto lo 0. 
Quando doveva giocare partite simili quasi si pentiva di aver deciso di entrare in squadra e si chiedeva se non sarebbe morta per ipertermia: a Praga faceva freddo in inverno, ma mai quanto in Norvegia.

Natalia finì rapidamente di fasciarsi le mani prima di mettersi i guanti di lana e poi, sopra, quelli di pelle di drago di ordinanza. Dopodiché si alzò dalla panca e, impugnato il manico della sua scopa, si accinse a lasciare lo spogliatoio: era ora di scendere in campo.


*


“Dom, ciao! Dove ti eri cacciato, Natalia è anche venuta a cercarti.” Elvira sorrise allegramente a Michael quando il ragazzo raggiunse lei e Katja sulle tribune, ma lui si limitò ad appoggiarsi alla ringhiera mentre Ivan superava le due ragazze per sedersi accanto a Novak, che gli aveva tenuto il posto.

Michael fece saettare lo sguardo tra i quattordici giocatori che avevano formato un ovale al centro del campo, indugiando sulla figura di Natalia prima di parlare con tono neutro, stringendosi nelle spalle:

“Mi ero solo preso a letto.”
“Ho cercato di dirlo a Lia, ma lei si preoccupa sempre molto… Beh, speriamo che gli Orsi vincano!”

La bionda sorrise, impaziente che la partita avesse inizio mentre Michael annuiva distrattamente, continuando ad osservare l’amica in campo.
Il corpo docenti, così come molti studenti, sapevano che aveva problemi d’udito e che gli orecchini funzionavano come un apparecchio acustico magico.
Tuttavia nessuno sapeva la verità, ovvero che senza lui era del tutto sordo... a parte Natalia, evidentemente, a cui però lui non l’aveva mai detto: doveva averlo capito da sola, in qualche modo. Anche se non aveva idea di come avesse fatto.


*


“Oh, ecco le ragazze… Dove vi eravate cacciate?”

Graham sorrise a Rose e a Silvy quando le due raggiunsero lui, John e Sean sulle tribune gremite di studenti, e mentre Silvy si limitò a borbottare qualcosa a proposito delle file chilometriche al bagno delle ragazze John parlò aggrottando la fronte e spostando lo sguardo da una all’altra:

“Juls non viene?”
“Questa volta si è rifiutata, ha detto che con questi freddo non avrebbe messo il naso fuori nemmeno sotto Imperio. È rimasta al castello con Tim e Dave.”  Rose si strinse nelle spalle mentre si aggiustava la sciarpa e John annuì in segno di aver capito senza aggiungere altro. 

“Deluso, Johnny?”
Sean sorrise sornione all’amico, che però non lo imitò e scosse il capo, tornando a concentrarsi sul campo prima di borbottare un diniego che fece sfoggiare due sorrisetti pressoché identici al Serpeverde e a Silvy.


*


“Io mi sono rifiutata di andare alla partita principalmente per il freddo, voi invece?”

“Temperature troppo basse e troppe cose da fare, i compiti non si fanno da soli, purtroppo. E poi è bello avere il Dormitorio praticamente tutto per noi, non trovate?”

Timothy sorrise, quasi sollevato di avere finalmente un po’ di pace mentre David, seduto accanto a lui, teneva il suo gatto Mist sulle ginocchia e accarezzava distrattamente il pelo grigio del Blu di Russia che stava facendo le fusa. 

“È strano, in effetti, ma piacevole. È dura avere un po’ di solitudine quando frequenti scuole come questa o la nostra… e per me lo è anche a casa, in realtà.”
“Lo dici a me Dave, IO ho cinque fratelli più piccoli, ti ricordo, e Merlino solo sa cosa staranno combinando i gemelli, non voglio neanche pensarci…”

Julie scosse il capo con aria affranta e Timothy annuì, inclinando le labbra carnose in una smorfia alle parole dell’amica:

“Sì, sono curioso anche io riguardano alle mie sorelle, visto che siamo in tema di gemelli catastrofici. Forse dovrei scrivere loro una lettera, ma essendo lontano potrebbero mentire, dopotutto.”
“Oh, io per fortuna faccio affidamento su Emily ed Elliot per sapere come se la passano… però mia sorella e le tue sono amiche, posso chiedere a lei se ti fa piacere.”

“Grazie Juls, credo che sarebbe la cosa migliore… sono al primo anno e vorrei sapere come se la passano, mi è dispiaciuto non poter condividere con loro nemmeno questo unico anno ad Hogwarts che avremmo potuto passare insieme.”

“Lo sappiamo fratello orso, lo sappiamo. E tu Dave? Notizie di Millie?”
“Oh, io preferisco non chiedere, mia madre dice sempre: chi pensa per sè, campa cent’anni.”

“E come dice sempre zio Andrew, ciò che dice zia Iphe è legge.”


*


Praga


Monika Nòvak
Image and video hosting by TinyPic

Monika Nòvak finì di leggere la lettera di sua sorella con un sorriso sul volto, piegandola prima di parlare:

“Piotr?”

Come sempre l’elfo domestico comparve davanti a lei un attimo dopo con uno schioppo, inchinandosi prima di parlare: 

“Posso fare qualcosa per lei, Signorina?”
“Dovresti prendere una cosa per mia sorella e spedirla, Piotr. Un vestito.”


Il sorriso di Monika si allargò, gli occhi castani luccicanti alla luce del camino acceso che aveva davanti mentre l’elfo annuiva, inchinandosi di nuovo: 

“Quale Signorina?”

Monika esitò a quella domanda, pensando a ciò che aveva scritto Natalia: le aveva chiesto di spedirle un vestito per il Ballo, ovvero quello “color acquamarina che aveva indossato alla festa di Natale dei loro genitori l’anno prima”, ma lei non era dello stesso parere. No, Monika aveva piani differenti per la sua sorellina, un Ballo scolastico non capitava tutti i giorni dopotutto.

“… Quello nuovo che mia madre le ha fatto fare prima che partisse. Il più bello.”


Natalia l’avrebbe voluta uccidere quando avrebbe aperto il pacco, ne era certa, ma poi l’avrebbe ringraziata, era sicura anche di questo.


*


Giovedì 20 Dicembre 


“Ehy… Buon compleanno!”

Sean sorrise con calore a Rose quando incrociò l’amica in un corridoio del Dormitorio, abbracciandola mentre la compagna di Casa sorrideva, ricambiando la stretta:

“Grazie Seannie… Vieni a fare colazione?”
“Certo, di mattina mangerei anche un bue, lo sai. Oh, eccoti qui, eri andato a farti bello prima di fare gli auguri a Rosie?”

Sean, continuando a tenere un braccio intorno alle spalle dell’amica, indirizzò un sorriso a Graham quando il rosso si avvicinò ai due, rivolgendo all’amico un’occhiataccia prima di sorridere alla bionda e avvicinarlesi per darle un bacio su una guancia:

“Auguri Rosie… da parte mia e da tutta la truppa Greengrass.”
“Grazie… Sai, mi manca la tua famiglia, spero che avremo modo di vederci tutti insieme durante le vacanze, oh, e mi manca da morire anche tua madre, Sean.”

Rose sorrise al compagno, che annuì mentre il trio s’incamminava per lasciare il Dormitorio:

“Tranquilla, ci vedremo di certo almeno un paio di volte… ammetto di essere felice di tornare a casa per un po’, voi no?”
“Tremendamente, questo freddo mi sta uccidendo, ho bisogno di prendermi una pausa dalla Norvegia! E poi il richiamo del pudding di Natale è più forte di ogni altra cosa.”

Rose rise alle parole di Graham, immaginando perfettamente sua “Zia” Elena rimpinzare il suo amatissimo figlio minore dopo aver dichiarato di trovarlo “dimagrito e tremendamente sciupato”.

“Tua madre ti stenderà il tappeto rosso all’arrivo, Graham, così come tuo padre, Rose. Mia madre mi guarderà e dirà: “spero che queste settimane a Durmstrang siano servite per raddrizzarti un po’!””
“Sì, certo, dopodiché ti abbraccerà e dichiarerà che il suo bambino le è mancato come l’aria… non fare la vittima Sean, conosco tua madre, sappiamo che ha un cuore tenero.”


*


“Secondo te cosa c’è dentro?”
Elvira gettò un’occhiata curiosa al pacco che Katja reggeva tra le braccia mentre camminavano una accanto all’altra nel corridoio deserto e i loro passi sull’antico pavimento di pietra echeggiavano.
“Lia ha detto di aver scritto a sua sorella una settimana fa, chiedendole di mandarle un vestito per il Ballo… Dev’essere questo, o almeno lo spero, ormai mancano pochi giorni!”

La rumena si strinse nelle spalle e, una volta raggiunta la loro destinazione, si fermò davanti alla porta in modo che Elvira l’aprisse, permettendole di entrare e di sfoggiare un sorriso allegro:

“Hai posta da Praga amica mia, e a giudicare dalle dimensioni credo proprio che sia il tuo vestito!”
“Era ora.”  Brontolò Natalia dal suo letto mentre si metteva seduta contro i cuscini tirando su col naso, gli occhi resi lucidi dalla febbre mentre le due amiche le si avvicinavano.

“Credevo che mia sorella volesse mandarmi al Ballo in pigiama…”
“Non l’avremmo mai permesso, non temere. Stai meglio?”

Elvira sedette accanto all’amica sul materasso e le appoggiò premurosamente una mano sulla fronte, guardandola annuire con un sospiro sommesso: 

“Sì, direi di sì, credo che per il Ballo dovrei essermi rimessa.”
“Devi rimetterti, altrimenti verremo a prenderti con la forza, sono quattro giorni che sei in Infermeria con l’influenza! Stupida partita…”

“Beh, almeno avete vinto. Su, aprilo, almeno ti distrai un po’. Ti annoi qui?”  Katja porse all’amica il pacco e la rossa si strinse nelle spalle mentre se lo sistemava sulle ginocchia, accingendosi ad aprirlo:
“Guardo il lato positivo, qui fa molto più caldo che in camera mia, oserei dire cinque gradi in più. E poi voi e Dom venite spesso a trovarmi, non è così male.”

“Sì, Dom è perso senza di te, si aggira con aria affannata come se gli mancasse qualcosa, fa anche meno battute alle ragazze e a Grammy e Rose! Anche se ieri, a lezione, lui gli ha chiesto se lo stesse guardando e Dom ha risposto che sì, stava ammirando le sue spalle e i suoi bei lineamenti, è stato divertente… Ma ora basta parlare, vogliamo vedere il vestito!”

Katja sorrise e Elvira annuì vigorosamente, invitando l’amica ad aprire il pacco. Natalia abbozzò un sorriso e obbedì, ritrovandosi tuttavia a spalancare gli occhi con orrore quando non si trovò affatto davanti quello che si aspettava.

Quello non era il suo vestito, non quello che aveva chiesto.
Natalia imprecò a mezza voce – pentendosi di non aver chiesto a sua madre e chiedendosi perché sua sorella non riusciva mai a farsi gli affari propri –  ma Katja ed Elvira non sembrarono condividere il suo disappunto, perché sgranarono gli occhi a metà tra lo stupito e l’ammirato:

“Wow… È bellissimo! Lia, non avevi detto che era così…”
“Sì, così troppo! Non doveva mandarmi questo, non voglio attirare l’attenzione come un faro in mezzo al mare. Dannazione…”

Natalia sbuffò, passandosi nervosamente una mano tra i capelli ramati mentre Elvira sfiorava il tessuto sottile del corpetto e Katja sbuffava, agitando una mano per liquidare il discorso:

“Suvvia, che sarà mai, sarai bellissima e l’importante è questo.”
“Morirò assiderata con questa roba, mia sorella si è bevuta il cervello! A me neanche piace molto, ma ormai è tardi per farmene arrivare un altro…”

Natalia sbuffò debolmente – certa che non solo con quello addosso sarebbe ritornata a casa in una barella, ma anche che sua sorella glielo avesse spedito con così pochi giorni di preavviso di proposito per non lasciarle altra scelta se non indossarlo –, pensando a quando sua madre aveva dato le precise istruzioni alla sarta e lei l’aveva pregata di non esagerare, di rendere il vestito il più semplice possibile. 
Ma sua madre e la semplicità non andavano d’accordo, da sempre, mentre lei al contrario detestava risultare appariscente.

“Nessun problema, puoi prestarlo a me. Dici che questo colore dona al mio incarnato?”

Katja fece per sollevare leggermente il vestito per appoggiarselo sulle spalle, imitando la voce di sua sorella maggiore Gabrielle quando andava a fare compere, ma Elvira non ebbe modo di risponderle: la porta dell’Infermeria si aprì e Michael fece il suo ingresso con una tazza in mano, salutando le ragazze.

“PRESTO METTILO VIA, NON DEVE VEDERLO!”
“Elvy, non dobbiamo mica sposarci…”

“Non importa! Michael non muoverti, qui abbiamo… cose da ragazze che tu non puoi vedere.”
“Che cosa, biancheria intima?”

Michael si fermò a metà strada tra la porta e il letto di Natalia, parlando con un sorrisetto sul volto mentre le tre arrossivano e si affrettavano a negare. Elvira, dopo aver salutato l’amica, borbottò che avrebbe portato il vestito in camera della sua proprietaria per poi superare il ragazzo a passo svelto, Katja alle sue spalle. 

Michael rivolse alle due un’occhiata curiosa prima di avvicinarsi a Natalia, sedendo accanto a lei e porgendole la tazza con un sopracciglio inarcato:

“Ti ho portato questa. Seriamente, cosa c’era lì dentro?”
“Un kit per compiere il perfetto omicidio. Cioccolata? Come piace a me?”

Natalia parlò con un sorriso e gli occhi castani improvvisamente luccicanti mentre prendeva la tazza dalle mani del ragazzo, che annuì roteando gli occhi: 

“Cioccolata calda al latte con una generosa spruzzata di cannella, panna e una spolverata di cacao. Sei la persona più pignola che conosca, Lia.” 
“Solo sul cibo Mich. Mh, grazie, mi sento improvvisamente molto meglio.”

Natalia chiuse gli occhi e bevve lentamente un generoso sorso di cioccolata, come a volersela gustare al meglio mentre Michael continuava a guardarla:

“Allora, chi pensi di uccidere?”
“Non so, ma pensavo di ravvivare un po’ l’atmosfera al Ballo con uno spargimento di sangue. Hai qualche suggerimento, socio?”

“Ci penserò su e ti farò sapere. Per ora riposati, socia, non voglio che sfiguri al Ballo accanto a me.” 

Il ragazzo trattenne a fatica un sorriso mentre si sporgeva verso l’amica per darle un bacio su una guancia, ridacchiando quando la ragazza ribatté con tono stizzito che non avrebbe affatto sfigurato.
Michael però non rispose, limitandosi a rivolgerle un cenno con la mano mentre si allontanava e all’ora Natalia sbuffò, appoggiandosi ai cuscini tenendo la tazza stretta tra le mani. 

Al diavolo lui e sua sorella, avrebbe indossato quel maledetto vestito. Si sarebbe presa la polmonite rovinandosi il suo periodo preferito dell’anno, ma pazienza.


*


“Non vedo l’ora che questo Ballo arrivi, le ragazze sono strane da quando è stato annunciato e più si avvicina peggio diventano, non fanno altro che bisbigliare, scambiarsi bigliettini e ridacchiare come se parlassero di cose che sanno soltanto loro!”

Novak parlò aggrottando la fronte e lanciando un’occhiata incerta ad un tavolo vicino al suo, occupato da quattro ragazze, mentre mescolava il suo calderone. David, in piedi di fronte a lui e impegnato nella medesima operazione, parlò stringendosi nelle spalle con noncuranza e con un tono pacato:

“Lascia perdere, credo che sia nel DNA di molte di loro emozionarsi per questo genere di cose… io ho tre sorelle, so di che parlo.”
“Tre?! Io ne ho una sola ed è più che sufficiente, non ti invidio per nulla.”

“Di certo non ho mai avuto un attimo di pace – o di noia –, ma sono ragazze fantastiche e le adoro. Non potrei mai immaginarmi senza di loro.”

David parlò inclinando le labbra in un sorriso malinconico, ripensando a quando Marie gli dava un po’ del suo gelato, insisteva per spingere il suo passeggino al posto della madre o lo teneva stretto per mano quando erano fuori casa. 
Certo, c’erano anche episodi negativi come quando lei ed Imogen gli avevano messi i bigodini mentre dormiva, ma dettagli.

“Io ho due sorelle gemelle di undici anni. Sono delle pesti, ma ammetto che mi mancano, sono felice di poterle rivedere tra qualche giorno.”

Anche Timothy sorrise mentre Ivan, in piedi di fronte a lui, si limitò a sbuffare mentre
chinava il capo sul suo calderone, incupendosi leggermente: lui non aveva nessun fratello da riabbracciare, e non era particolarmente contento di tornare a casa per le vacanze.

Novak sembrò notare il suo turbamento perché si rivolse all’amico, parlando a bassa voce e con un sopracciglio inarcato: 
“Qualcosa non va?”

“No. No, tutto bene.”

L’amico non sembrò molto convinto, ma Ivan tenne lo sguardo fisso con ostinazione sul suo lavoro e il Caposcuola decise di assecondarlo, imitandolo senza aggiungere altro.


*


“Tu e Lia potreste venire da me, domenica… sarebbe divertente prepararsi insieme per il Ballo.”

Katja si protese leggermente verso Elvira, parlando a bassa voce per non farsi sentire dal Professore di Veleni. 
La bionda annuì, rispondendo alle sue parole con un sorriso allegro per poi assicurare all’amica che lei si sarebbe occupata dei capelli di tutte. 

“Perfetto, allora noi ti truccheremo.”
“Grazie al cielo, sia che sono totalmente incapace! Tu e Lia avevate delle sorelle con cui imparare, io ho solo tre energumeni in casa.”

Elvira scosse il capo e Katja sorrise, evitando di rivelare all’amica il gran numero di occasioni in cui si era messa a giocare con i trucchi di Gabrielle e sua sorella – una volta colta con le mani nel sacco – l’aveva quasi minacciata di morte istantanea.


“Di che conversate, fanciulle?”  Domandò Michael con nonchalance mentre triturava della cicuta virosa con un coltello d’argento con la mano sinistra e mescolava il contenuto del calderone in ebollizione con la destra.

“Del fatto che prima del Ballo ci prepareremo insieme nel nostro Dormitorio… vuoi unirti a noi, Dom?” Katja parlò con un sorriso divertito mentre Elvira, invece, scrutava Michael lavorare con entrambe le mani contemporaneamente con la fronte aggrottata, chiedendosi per la milionesima volta come ci riuscisse. Lei a stento riusciva a camminare chiacchierando con qualcuno senza inciampare. 
Michael ricambiò il sorriso di Katja, assicurandole che non sarebbe mancato prima di strizzarle l’occhio.

“Speriamo che Natalia stia bene, piuttosto… non voglio andare al Ballo senza di lei.”

Elvira sospirò, parlando con tono mesto e incupendosi leggermente, e Katja stava per assicurarle che si sarebbe sicuramente ripresa in tempo quando l’insegnante apparve alle spalle delle due gettando su loro un’occhiata inceneritoria:

“Le signorine Smirnov e Nordström gradiscono lasciare l’aula per continuare a conversare? Un’altra parola e pulirete manualmente tutti i calderoni finita la lezione.”

Michael non aprì bocca mentre le due, in piedi di fronte a lui, borbottavano delle scuse continuando a dare le spalle all’uomo. Il ragazzo invece si limitò a spalancare gli occhi con studiato stupore e a scuotere il capo con un cenno appena percettibile quando lo sguardo dell’insegnante indugiò su di lui, come a volersi dichiarare innocente e sottolineare che erano state le due compagne a disturbare, non certo lui.


*


“Non capisco perché qui agli studenti degli ultimi due anni insegnino praticamente solo a preparare Veleni, si aspettano per caso che usciamo di qui pronti ad uccidere il primo che passa?”
“Beh, considerando che insegnano senza problemi le Maledizioni senza Perdono direi che sono coerenti.”

Rose si strinse nelle spalle mentre accanto a lei Julie si teneva il più lontana possibile dal suo calderone, cercando di non inalare l’odore raccapricciante del veleno che stava preparando. Zakoten aveva assicurato loro che inalarlo non era pericoloso, ma era così terribile che lei nutriva qualche dubbio a riguardo.

“La nota positiva di queste lezioni è che grazie al vapore delle pozioni si sta più al caldo qui dentro che in qualunque altro punto del castello. Anche se continuo a chiedermi se gli insegnanti o il Preside non accendino i camini nelle loro stanze…” 

Julie rivolse un’occhiata leggermente torva all’insegnante, continuando a non capacitarsi – anche a quasi due mesi dal loro arrivo – del fatto che non fosse permesso accendere fuochi, se non ad uso didattico o nelle cucine. Sembrava che gli elfi avessero il divieto tassativo di accendere i camini, tanto che molti risultavano inutilizzati da anni: gli unici che aveva visto accesi fino a quel momento erano stati quelli della Sala del Ristoro la sera del loro arrivo.

“Secondo me è probabile, e intanto ci lasciano morire di freddo! Sarebbe un crimine non accendere i camini già ad Hogwarts, qui è come gettarci in una gabbia di leoni… non per niente l’Infermeria è sempre affollata, dovrebbero farsele un paio di domande. Come mi manca l’Inverno inglese.”

“E pensate che mio padre e mia zia dicono sempre che mia madre si lamentava anche ad Hogwarts… In Inverno gira per casa con una coperta a mo’ di mantello, e zia CeCe una volta le ha scattato delle foto.”

Silvy sorrise, ripensando alle fotografie di cui tutta la famiglia aveva riso insieme a Charlotte un paio d’anni prima, a Natale, e che sua madre aveva intimato di buttare via. 
Inutile dire che l’amica non solo si era rifiutata, ma gliene aveva portata una incorniciata la volta seguente.

Rose fece per aggiungere qualcosa, ma cambiò improvvisamente idea di fronte allo sguardo truce dell’insegnante, chinando così il capo e cucendosi le labbra.
Possibile che in quella scuola tutto il corpo docenti fosse sullo stesso modello della McGranitt, se non peggio?









……………………………………………………………………………
Angolo Autrice: 

Buonasera! 
Questa volta non ho molto da dire, se non che se volete fare qualche aggiunta o precisazione dell’ultimo minuto per il Ballo vi consiglio di farlo in tempi celeri, perché sicuramente non ci metterò molto a pubblicare il prossimo capitolo, penso che arriverà per il 1 Settembre.

Detto ciò vi saluto, a presto! 
Signorina Granger 

Ps per chi partecipa ad HB: no, non mi sono dimenticata di quella storia e presto aggiornerò anche lì, solo che nell’ultima settimana ho avuto ispirazione solo per questa, scusate per il ritardo.





Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo 9 ***


Buonasera! 
Piccola nota prima di lasciarvi alla lettura: il capitolo è molto lungo, forse avrei dovuto dividerlo in due parti ma ho preferito evitare, quindi eccovi servito un bel capitolo-papiro a tema ballo di Natale come per Night School. 
Solo che Lia scherzava, nessun omicidio questa volta. Spero inoltre che non ci siano molti errori, ma sono le quattro passate e non ho la forza di rileggerlo, lo farò domani mattina appena sveglia.

Buona lettura!



Capitolo 9 

 
Domenica 23 Dicembre 



Michael sedeva solo in Biblioteca, impegnato a fare i compiti nonostante le vacanze di Natale fossero iniziate solo il giorno prima: gli insegnanti sembravano essersi coalizzati per far passare le vacanze agli studenti chiusi in casa a studiare, e lui non aveva trovato un motivo valido che gli impedisse di iniziare subito, in mancanza di altro da fare.

Novak e Natalia avrebbero dovuto raggiungerlo presto, mentre Katja, Elvira e Ivan avevano preferito fare una passeggiata nel grande parco della scuola totalmente innevato, e il ragazzo si stava arrovellando su uno dei tre temi di Storia che avrebbe dovuto scrivere quando un paio di voci familiari e sgradite allo stesso tempo giunsero alle sue orecchie:

“Ti hanno lasciato qui tutto solo, Hoax? Natalia si è stancata di starti sempre appresso?”

Michael s’irrigidì ma non rispose, non muovendo un muscolo e continuando a tenere gli occhi fissi sul suo rotolo di pergamena, rifiutandosi si alzare lo sguardo.

“In effetti mi sono sempre chiesto perché una coma Natalia passi tutto il suo tempo con lui. Se non fosse che è una Novak e che non ne ha bisogno direi che tuo zio glielo chiede come favore retribuito.”

La mano destra del ragazzo si chiuse a pugno all’improvviso e la penna d’oca scivolò sul tavolo mentre Michael serrava la mascella, tentato di far ruotare i suoi orecchini per azzerarne il volume e smettere semplicemente di ascoltare: a volte risultava molto più facile di sopportare in silenzio, anche se ormai ci era abituato. 

Non si voltò ma sentì uno dei due ragazzi sorridere e annuire, gli occhi fissi su di lui. E ancora una volta Michael si chiese perché ci provassero tanto gusto, per certe persone era davvero così divertente toccare i nervi scoperti altrui?
A volte gli veniva quasi da sorridere. Chissà che cosa avrebbero detto, se avessero saputo tutto e non solo che aveva un “problema d’udito”. Era per questo che era tanto riservato, tanto restio a parlare delle sue debolezze… le persone non esitavano mai ad usarle, nella sua esperienza personale.

“Magari è suo padre che le chiede di farsi vedere in giro con te, fa bene alla sua immagine… o forse la sua famiglia non c’entra e lo fa solo per pietà. Davvero viene con te al Ballo?”

C’era una nota divertita, quasi beffarda in quella voce, tanto che il ragazzo per un attimo vacillò, chiedendosi se infondo non avessero ragione. Ma no, si disse deglutendo e riprendendo a scrivere come se niente fosse, Natalia non era sua amica per pietà.
Natalia gli voleva bene, si disse.

“Non passo il tempo con nessuno per pietà, Rickard. Ma ti assicuro che se mai dovessi iniziare a stare con VOI, saresti autorizzato a pensarlo. E sì, vado al Ballo con Michael, perché me lo ha chiesto, ma se l’avessi fatto TU ti assicuro che avrei rifiutato. Detto questo, andate a rompere le míče altrove e fatela finita di sputargli addosso le tre solite stronzate.”

Michael si voltò quando sentì la voce di Natalia, che superò i due compagni di Camerata sibilando che erano due perfetti kus hovno per poi avvicinarglisi con un sorriso, facendo come se non esistessero.

“Ciao… Cosa stai facendo?”

Natalia si chinò, abbracciandolo da dietro e appoggiando il mento sulla sua spalla mentre Rickard, alle sue spalle, borbottava rosso in volto qualcosa che Michael non capì, a differenza di Natalia che disse qualcosa in ceco senza battere ciglio.

Il ragazzo guardò l’Orsovolante impallidire leggermente e poi, senza dire nulla, fare un cenno al compagno e allontanarsi, livido. Fu all’ora che Michael sospirò, parlando per la  prima volta:

“Che cosa gli hai detto Lia?”
“Niente che tu debba sapere. Dom, non mi va di studiare…”
“Neanche a me, ma prima che Kat e Elvira arrivino per sequestrarti per prepararsi abbiamo ancora un paio d’ore, meglio approfittarne.”

Michael si strinse nelle spalle mentre Natalia sedeva accanto a lui, sporgendosi per leggere ciò che il ragazzo stava scrivendo mentre lo sloveno alzava lo sguardo su di lei prima di parlare con tono mesto:

“Lia, tu non…”
“Non sto con te “per pietà”, Mich, gli unici che mi fanno pietà sono persone come loro, ok? Tu sei fatto a modo tuo, a volte ti vesti strano…”
“Babbano, non strano!”
“… fai battutine pessime a chiunque e apprezzamenti anche fin troppo sinceri e candidi, ascolti musica strana…”

“Ripeto, Babbana. La musica magica è rivoltante!”
Michael sbuffò ma Natalia non si scompose, continuando a guardarlo e a parlare come se nulla fosse:

“Insomma, non sei convenzionale. E allora? Io ti voglio bene, vedo quanto sei fantastico, se molti non lo fanno perché fermi nelle apparenze e nei loro stupidi paletti da maghi snob tanto meglio, ti ho tutto per me.”

“A volte mi domando anche io perché una come te passa tanto tempo con un ragazzo che parla troppo, dice cose scomode, magro e non una gran bellezza…”

“Silenzio, non sopporto quando dici queste cose. E poi i tuoi capelli sono i più belli che ci siano, lo dici sempre anche tu.”

Natalia abbozzò un sorriso mentre allungava una mano, sfiorando i lisci capelli color biondo fragola leggermente lunghi che il ragazzo aveva raccolto sulla nuca, facendolo sorridere debolmente a sua volta mentre annuiva: 

“Indubbio.”
“Precisamente. E poi i tuoi occhi cambiano colore, li si può solo invidiare. Ah, Novak, ciao… ascolta, perché non vai a mettere in punizione Rickard e Magnus? Parlano un po’ troppo, per i miei gusti.”

Novak, che si era appena avvicinato ai due, rivolse un’occhiata confusa a Michael che però sorrise appena e si limitò a scuotere il capo, suggerendogli silenziosamente di lasciar perdere.


*


“Il loro castello sarà anche più piccolo, ma in compenso il parco è immenso! Credo che ci starebbero dentro due Hogwarts.”

John si portò una mano sulla fronte per ripararsi la vista dalla luce del Sole, cercando di scorgere i confini della proprietà mentre Graham, accanto a lui, indicava le due montagne oltre il grande lago dove era ormeggiato un grande veliero.

“Kat mi ha detto che il confine è oltre le due montagne, comprende tutta la catena che da’ le spalle al castello.”
“Cioè hanno anche le montagne? E il bosco ad ovest?”

“Pare di sì. Kat dice che in Primavera gli studenti hanno il permesso di prendere le scope e volare nel parco. Dev’essere bello, potremmo farlo.”
“Sì, magari quando ci saranno più di 10°.” 

John non fece quasi in tempo a finire di parlare che qualcosa di freddo, morbido e umido gli colpì la nuca, facendolo trasalire e raggelare. Il ragazzo si voltò, senza provare il benché minimo stupore quando scorse Sean ridacchiare, e poi si chinò per raccogliere della neve e lanciarla verso l’amico, che però si scansò appena in tempo per evitarla.
Fu così che la palla di neve colpì in pieno Silvy, che stava parlando con Rose del tutto ignara e che si portò con orrore le mani ai lunghi e lisci capelli castani scuro ormai fradici.

“John! I MIEI CAPELLI, brutto stupido stasera c’è il Ballo e li avevo lavati ieri!”
“Scusa Silvy, volevo colpire Sean!”

John sfoggiò un sorriso colpevole che non sembrò impressionare l’amica, tanto che la Corvonero fece una palla di neve e la lanciò contro l’amico una frazione di secondo dopo. La mira da Battitrice della ragazza non fece cilecca e John venne investito dalla seconda palla di neve della giornata, questa volta in piena faccia mentre sia Graham che Sean ridevano della grossa.

“Ahia! Ti ho detto che non l’ho fatto apposta!”
“Neanche io!”
“Certo, come no… Nemmeno io sto per lanciare questa di proposito.”

“Ehy, io che c’entro?!”
“Scusa Rosie!”

John spalancò gli occhi chiari, allarmato mentre la Serpeverde si toglieva la neve dal braccio e Silvy lo guardava con aria scettica:

“John, lasciatelo dire, hai proprio una mira di merda.”


*


“Saor, non ti allontanare troppo!”

Elvira lanciò un’occhiata preoccupata al suo cane lupo, che si stava rotolando allegramente sulla neve, mentre passeggiava nel parco insieme a Katja e a Ivan: era capitato fin troppe volte che il cane si allontanasse per giocare, magari inseguendo qualche animale, e che poi la padrona impiegasse ore per ritrovarlo.


Katja invece, così come Ivan, teneva gli occhi fissi su un gruppo di persone che a diversi metri di distanza erano impegnate a gettarsi neve addosso reciprocamente.

“Ma… quelli non sono gli inglesi?”
La mora aggrottò le sopracciglia e Ivan, accanto a lei, annuì con la medesima espressione dubbiosa:

“Direi di sì.”
“… Fantastico, andiamo a giocare a palle di neve anche noi! Ehy, Grammy, prendi questa!”

L’espressione di Katja si aprì in un sorriso allegro e la ragazza sfrecciò verso i britannici agitando la bacchetta, formando così magicamente una palla di neve che dopo aver fluttuato a mezz’aria per un istante si precipitò da sola dritta verso il rosso.


Ivan esitò ma poi, sorridendo a sua volta, seguì l’amica suggerendo ad Elvira di imitarli, cosa che la bionda fece dopo un momento di esitazione in cui parve quasi titubante.

Nessuno giocava mai a palle di neve a Durmstrang, forse per il freddo o perché temevano che gli insegnanti non gradissero che rientrassero al castello bagnati fradici.
Del resto però, c’era una prima volta per tutto.


*


“Oh, ciao! Che cosa… che avete fatto?”

Novak aggrottò la fronte con evidente perplessità quando vide Ivan, Katja ed Elvira raggiungere lui, Natalia e Michael ad un tavolo, tutti e tre con capelli e vestiti umidi.

“Abbiamo fatto a palle di neve con gli inglesi, Silvy è molto agguerrita. Oh, fantastico, c’è lo stufato!”

Ivan sedette accanto all’amico con un sorriso allegro mentre Katja assicurava a Natalia che aveva fatto male a non seguirli fuori quella mattina. La rossa però si strinse nelle spalle, assicurando all’amica che sarebbe stato per la volta seguente e che comunque nemmeno lei si era annoiata.

“Ci pensate che domani si torna a casa? Non vedo l’ora! E poi è quasi Natale, non mi sembra vero… Dom, mi passi il pane?”

Michael obbedì e passò il cestino a Katja, che lo prese con un sorriso mentre Elvira, accanto a lei, gettava un’occhiata al grande orologio della Sala, illuminata grazie alla luce che entrata dalle grandi finestre in stile gotico: 

“È quasi l’una, quando dovremmo iniziare a prepararci secondo voi?”
“Mh, dobbiamo essere pronte per le otto, credo che includendo doccia e quant’altro dovremo iniziare per le quattro.”

“Quattro? Vi ci vogliono quattro ore?!”

Novak spalancò gli occhi blu e spostò lo sguardo da una ragazza all’altra con non poca sorpresa sul volto, la forchetta bloccata a mezz’aria. Michael non disse nulla, limitandosi a sorridere mentre Katja si stringeva nelle spalle, senza far troppo caso allo sbigottimento del ragazzo:

“Ci vuole tempo per fare le cose come si deve, Novak, senza contare che le docce sono limitate nei Dormitori e siamo in molte ragazze, tutte che inizieranno a prepararsi in anticipo. E poi tu hai una sorella, dovresti esserci abituato.”

Novak sfoggiò una piccola smorfia, pensando a tutte le volte in cui sua sorella aveva fatto tardi per un qualche ricevimento e la madre era andata su tutte le furie. Sì, aveva una vaga idea di come funzionasse, specie da quando Nerissa gli aveva fatto un lungo quanto articolato discorso sulla procedura corretta per avere i capelli boccolati in un modo piuttosto che in un altro.


“Vagamente, sì.”
“Non preoccuparti.” Katja gli sorrise con un che di divertito nello sguardo, parlando mentre Novak riprendeva a mangiare – cosa che il ragazzo si pentì di aver fatto quando lei finì la frase –:

“Penso che alla fine sarai soddisfatto del risultato.”

Al Caposcuola la carne di cervo andò quasi di traverso mentre Michael e Ivan, accanto a lui, ridevano di gusto.


*


“Le ragazze si sono chiuse in camera mezz’ora fa, che cosa dovranno fare in tutto questo tempo?”

Sean parlò aggrottando la fronte e sfoggiando un’espressione confusa mentre John, spaparanzato sul suo letto, strimpellava con la sua chitarra con nonchalance mentre Tim leggeva e David e Graham iniziavano a preparare il baule per il ritorno a casa.

“Non ne ho idea, e forse non voglio nemmeno saperlo.”

John si strinse nelle spalle e Sean si rivolse ai due rossi, chiedendo la loro opinione.

“Perché lo domandi a noi, ti sembriamo forse ragazze Sean?”
“No, Grammy, ma voi avete due sorelle maggiori, no? Mia sorella e quelle di Tim e John sono ancora abbastanza piccole.”

David abbozzò un sorriso mentre piegava – per modo di dire – un maglione e lo metteva nel baule, guardando il compagno con aria divertita:

“Credimi Sean, io non oso neanche avvicinarmi ad una delle camere delle mie sorelle, specie quando si preparano. Per quanto mi vogliano bene, andrei certamente incontro ad una morte dolorosa.”

“Parole sante Dave.”


*


“Cielo, farsi la doccia è stata un’impresa, credevo che due ragazze del quinto anno volessero tagliarmi la gola quando gli sono passata davanti…”

Rose parlò mentre, seduta sul letto con l’accappatoio addosso, si tamponava i capelli biondo grano con un asciugamano e Julie poggiava con cura il suo vestito rosa ciclamino sul suo materasso. 
Silvy, che si stava limando le unghie seduta su una sedia e i capelli avvolti nell’asciugamano messo a mo’ di turbante, sorrise e parlò con tono divertito:

“La concorrenza per il bagno non è una novità, quando hai tre sorelle. Rose, mi fai le unghie per favore?”
“Ma certo.” La bionda sorrise e, lasciato l’asciugamano sul letto, prese la bacchetta per farne uscire del vapore caldo dalla punta e fare in modo che i capelli si asciugassero mentre si avvicinava all’amica e Julie si toccava nervosamente i lunghi capelli scuri:

“Secondo voi come dovrei sistemarmi i capelli? Giù o su?”
“A quello penseremo dopo Juls, ma rilassati, ti prometto che non ti faremo sfigurare davanti a John.”

Silvy sorrise amabilmente e l’amica arrossì, dando le spalle alle due e borbottando che non lo chiedeva per l’opinione di John Carrington. 
Inutile dire che Rose e Silvy non le credettero, ma le due si limitarono a scambiarsi un sorriso senza fare commenti.


*


Natalia era approdata nella camera di Katja portando con sè – oltre a scarpe e il vestito custodito nella sua scatola – una specie di valigetta che, una volta aperta, aveva scatenato in Elvira una reazione simile a quella di una bambina davanti ad un cestino di dolcetti: ora, mentre Natalia sedeva davanti allo specchio con una pinzetta in mano per sistemarsi le sopracciglia e Katja si applicava una specie di crema verde sul viso, la bionda stava curiosando tra l’enorme quantità di cosmetici dell’amica:

“Cos’è questo? A cosa serve quello? Quanti pennelli, perché tutte queste misure? Oh, che bello questo colore... è per gli occhi? Cos’è questo… blush?”

“Serve per colorare le guance, Elvy… tranquilla, dopo ci penserò io al tuo bel visino.”

Natalia sorrise all’amica attraverso lo specchio mentre Michael, che aveva preso l’invito di Katja molto sul serio, si era spaparanzato sulla poltrona, appoggiando i piedi con tanto di pantofole sull’ottomana mentre sfogliava uno dei tanti libri della rumena tenendo il suo gatto del Bengala, Salem, sulle ginocchia.

Il tutto con tanto di maschera sul viso, ma mentre Katja ci era abituata Elvira era scorsa fuori dalla stanza per nascondere un attacco di ilarità quando lo aveva visto in quello stato. Natalia, invece, si era limitata a sfoggiare un sorrisetto prima di dirgli che diventava più bello ogni giorno che passava.

“E perché qualcuno dovrebbe volersi colorare le guance?”
“In modo lieve, Elvy… vedrai.”

“Elvy, vieni, metto la maschera anche a te.”
“Sei sicura che quella roba sia… adatta ad essere messa sul viso, Kat? È… verde!”
“È argilla!”

Katja inarcò un sopracciglio, indicandosi la faccia con espressione scettica, ma la bionda scosse il capo, affatto convinta:

“Ma Michael e Lia mi hanno già fatto mettere non so quante creme e oli da tutte le parti, sono più scivolosa di un panetto di burro al momento!”
“Vieni qui e non discutere, lo facciamo per il tuo bene.”

Elvira sbuffo ma obbedì, sedendo sul letto di fronte all’amica per lasciarsi applicare la maschera sul viso mentre Michael si alzava annunciando che sarebbe andato a controllare Achille nella sua stanza.

E a dare da mangiare al cucciolo, ma questo non potè dirlo ad alta voce.

“Posso venire a salutarlo?” Natalia, sentendo nominare il cane, si voltò sulla sedia appoggiandoci una mano sullo schienale e rivolgendo al ragazzo un sorriso speranzoso, ma Michael scosse vigorosamente il capo, parlando senza neanche fermarsi a guardarla:

“No.”
“Perché no?”

Un moto di delusione attraversò il volto di Natalia, che parve quasi ferita mentre Michael, sforzandosi di non guardarla, borbottava qualcosa sul fatto che di certo la ragazza non volesse andarsene in giro per il Dormitorio struccata, in accappatoio e con i capelli raccolti alla meno peggio.

Quelle parole sembrarono persuadere la ragazza, che si limitò a a sbuffare debolmente mentre si alzava per farsi la maschera mentre Michael lasciava la stanza totalmente incurante di essere in accappatoio – il suo amatissimo accappatoio rosa, per di più – e con la maschera addosso. Del resto, gran parte dei suoi compagni di Dormitorio ci si erano ormai abituati, alle sue strambe abitudini.


*


Novak entrò nella sua camera strofinandosi i capelli scuri con un asciugamano, alzando gli occhi blu al cielo quando trovò Ivan esattamente dove lo aveva trovato quando era andato a farsi la doccia: stravaccato sul suo letto e addormentato.

Il danese sospirò e si avvicinò all’amico, che era steso sulle coperte vestito di tutto punto, prima di scuoterlo leggermente cercando di svegliarlo:

“Ivan?!”
“Lasciami stare papà…”
“Non sono tuo padre, sono Novak! Non pensi di aver dormito abbastanza?” 

Ivan sbuffò debolmente e aprì pigramente gli occhi, osservando l’amico con gli occhi scuri ancora assonnati prima di parlare a bassa voce, chiedendogli che ore fossero mentre si stiracchiava:

“Le sei e un quarto.”
“Mancano quasi due ore, svegliami alle sette!”  Ivan sbuffò e si giro su un fianco per continuare a dormire, ma Novak lo prese per le spalle e lo costrinse a mettersi supino sul letto:

“Devi farti la doccia e devi vestirti, ti consiglio di andare ora prima che il bagno si intasi, quello delle ragazze e pieno da più un’ora e mezza.”
“Grazie al cielo non siamo ragazze allora!”

“Non ti farò andare al Ballo mal ridotto Ivan, alzati.”

Ivan sbuffò e borbottò che somigliava a suo padre quando parlava in quel modo, ma obbedì e si alzò mentre Novak si sistemava l’asciugamano intorno al collo con aria soddisfatta, i capelli neri umidi che gli ricadevano sulla fronte.

“Ottimo. Fa piacere vedere che stai crescendo.”
“Novak, domani dovrò tornare a casa da mio padre e credimi, non vedo l’ora, quindi non c’è bisogno che tu faccia le sue veci oggi!”

“Anche io ti voglio bene, Ivan.”


*


Elvira si guardò le unghie che Natalia le aveva dipinto di rosso, chiedendosi quando fosse stata l’ultima volta in cui si era messa lo smalto. Forse mai, a parte quando si era accidentalmente rovesciata addosso una boccetta di sua nonna da bambina. 

Natalia – che ora si stava occupando delle sue, dipingendole di un bianco perlaceo – era seduta accanto a lei mentre Katja si truccava alla toeletta, e la bionda sbuffò mentre accennava all’amica:

“Io non volevo le unghie rosse, perché tu le hai di quel colore e io no?!”
“Perché quel rosso non si sposa bene con il colore del mio vestito, Elvy, ma il tuo è bianco e molto semplice, avevi bisogno di una nota di colore, e poi è Natale! Fatto, ho finito. Katja, ora penso anche alle tue, vieni qui… Elvy, tu puoi sistemarle i capelli intanto.”

“D’accordo… come li vuoi?” Elvira sospirò mentre Katja sedeva al suo posto, appellando spazzola e forcine.

“Direi raccolti… puoi farmi uno chignon?”
“Detto fatto amica mia. Dom, vuoi che faccia i capelli anche a te per caso?” 

Elvira si voltò verso l’amico, sorridendogli mentre il ragazzo si stringeva nelle spalle parlando con aria di sufficienza: 

“Non ce n’è bisogno, i miei capelli sono sempre perfetti.”
“Odio ammetterlo ma ha ragione, non hanno mai una singola piega…”

Elvira sbuffò, parlando a denti stretti mentre spazzolava i lunghi capelli scuri di Katja e Natalia sorrideva divertita mentre stendeva lo smalto argento sulle unghie della rumena.

“Bene, vi lascio alla vostra sessione di trucco e parrucco, ci vediamo dopo fanciulle. Lia, ti aspetto qui fuori?”
“No, aspettala nell’atrio, noi tre scendiamo insieme.”
 
“Come vuoi Elvira…” Michael le rivolse un’occhiata perplessa, ma preferì non insistere e uscìndalla stanza dopo aver salutato le ragazze.


“Elvy, perché gli hai detto di aspettarmi nell’atrio?” Natalia aggrottò la fronte e rivolse un’occhiata incerta alla bionda, che però si strinse nelle spalle e asserì che voleva che l’amica avesse la sua “entrata in scena” degna di quel nome.


*


“Sei stata gentilissima a farci i capelli Elvira, grazie.”
Rose sorrise alla norvegese attraverso il riflesso dello specchio davanti a cui era seduta mentre Evira, in piedi alle sue spalle, dava gli ultimi tocchi alla sua treccia a cascata.

“Figurati, mi diverto molto, per me è un piacere, ho provato a farlo anche con i miei fratelli una volta, ma non l’hanno presa molto bene… ho finito, comunque. Julie, tocca a te. Come vuoi che te li sistemi?”  Elvira sorrise gentilmente alla Corvonero, che prese il posto di Rose mentre Silvy si aggiustava il fermaglio verde acqua abbinato al vestito con cui Elvira le aveva sistemato le ciocche davanti sulla nuca.

“Le mie sorelle mi usavano sempre come bambolotto umano quando ero piccola. Pare che una volta abbiano rischiato di affogami nella vasca, lo ricordiamo come “Il giorno in cui Hector Grayfall perse la pazienza è si arrabbiò con i suoi figli.””

“È un nome lungo…”
“Sì, beh, occorreva ricordarlo.” 


“Non saprei, decidi tu.”
“Posso farti i boccoli e fermateli su un lato con un fermaglio. Ti piace l’idea?”

“Sì, grazie Elvira, Katja e Natalia sono già pronte?”  Elvira annuì distrattamente alla domanda della mora, mentre maneggiava i suoi lunghi capelli scuri con fare esperto con le mani impreziosite dai numerosi anelli che indossava. 
“Le ho lasciate a finire di truccarsi… e Katja a convincere Lia a scendere.”

“Perché dovrebbe convincerla?”


*


Natalia, in piedi davanti allo specchio, si sfiorò nervosamente il fermaglio con cui Elvira aveva fissato sulla nuca la treccia a corona con cui le aveva acconciato i capelli rossi, lasciando un paio di ciocche ad incorniciarle il viso.

La rossa si mordicchiò il labbro inferiore, su cui aveva steso poco prima un rossetto rosa antico, mentre scrutava il suo riflesso con occhio critico e Katja, accanto a lei, finiva di truccarsi parlando con tono esasperato: 

“Lia, rilassati, stai benissimo!”
“Ma mi vergogno, è… è troppo scollato, tanto per cominciare. Non posso metterci sopra una sciarpa?”
“Sì, se riesci a calpestare il mio cadavere… ora mettiti la collana e non fare storie, tra poco dobbiamo andare.”

Katja si sistemò distrattamente la gonna in tulle color argento e Lia, dopo essersi aggiustata le maniche lunghe fino si polsi del vestito, obbedì allacciandosi la collana con un mesto borbottio. 
L’indomani sarebbe tornata a casa e avrebbe ucciso sua sorella, era deciso.


*


“Odio tutto questo! Perché mi sono vestito così…” 

David sbuffò e si tormentò il nodo della cravatta nera che aveva indossato di controvoglia, insieme alla camicia bianca, il gilet e i pantaloni neri che sua madre gli aveva mandato. John invece, nel suo completo blu, stava annodando il papillon nero di un Timothy che sembrava a disagio almeno quanto l’amico.

“Probabilmente perché saresti sembrato un pesce fuor d’acqua in caso contrario, Dave.”
“Oh, taci Graham, tu, John e Sean ci siete abituati a queste cose, io no di certo.”

“Sì, neanche io… Come mi sta?” Timothy parlò allargando leggermente le braccia, parlando con tono dubbioso mentre John sorrideva allegro:

“Bene. Sei nervoso per la festa o per Elvira, Tim?” 
“Francamente non ne ho idea.”

“Vedrai, quando la vedrai ti passerà. Sean, tu sei pronto?”

John si rivolse all’amico con un sorriso, guardandolo tenere un oggetto d’oro tra le mani: il Serpeverde, già vestito di tutto punto nel suo completo nero con cravatta e porchette azzurre, teneva gli occhi fissi su un orologio da taschino, sfiorandone la S incisa sul metallo. 
Poi, lentamente, il ragazzo annuì, schiarendosi la voce prima di rivolgersi a Graham, lanciandogli la sua macchina fotografica: 

“Pronto. Solo, Graham puoi fare una foto a me e a Sean? Mia madre ha insistito per vedere i suoi ragazzi imbellettati per il loro ballo scolastico…”
“Merlino, poi la passerà di sicuro a mia madre… non potevi rifiutarti?”

“Non si discute con Charlotte Selwyn, John, tua madre ne sa qualcosa.”


*


Graham aveva appena messo piede nel corridoio quando vide le ragazze lasciare la loro camera, sorridendo quasi senza volerlo quando vide Rose. 

“Rosie! Ciao, sei… beh, sei splendida.”  Il rosso sorrise, un po’ a disagio, mettendosi le mani nelle tasche dei pantaloni blu. Vide la ragazza come ammutolire alle sue parole e poi stendere le labbra in un sorriso che mai le aveva visto sfoggiare, anche se la conosceva da quando erano nati.

“Grazie Graham, stai molto bene anche tu.”

Graham, che potè giurare di sentire la voce di sua madre ammonirlo di “fare il cavaliere da bravo gentiluomo e Grifondoro qual era”, le porse il braccio proprio mentre anche Katja lasciava la sua stanza a pochi metri di distanza, e la ragazza sorrise allegramente all’amico prima di dirgli qualcosa in labiale che lui tradusse come “buona fortuna”.



“Juls! Sei bellissima, ma non avevo dubbi a riguardo, naturalmente.”


John sorrise mentre si avvicinava a Julie con disinvoltura, prendendole la mano destra per sollevarla e depositarci un bacio sul dorso sotto gli occhi sgranati della compagna di Casa, che divenne di una tonalità di rosa acceso molto simile a quello del suo vestito senza spalline. 

“Grazie John.” La ragazza sorrise, parlando a mezza voce mentre Silvy superava i due in un fruscio del tulle della sua gonna verde acqua, parlando senza voltarsi e con tono quasi esasperato:

“John, vedi di comportarti bene e di riportarmela sana e salva.”  
“Agli ordini Cap, ma ricorda che non sono un serial killer!”

Silvy non proferì parola ma si voltò per rivolgergli un’occhiata eloquente, come fargli capire che con “comportarsi bene “ intendeva di non mettersi a fare il galante con qualche ragazza nordica.


*


“Ivan, vuoi stare fermo? Sto cercando di farti un nodo Windsor decente!”
“Non so neanche cosa sia, un nodo Windsor! Odio vestirmi così, ma mio padre mi ha mandato questo vestito intimandomi di mettermelo e di dare ai miei capelli almeno una parvenza d’ordine, dev’essere costato anche una fortuna…”

“Allora vedi di non rovinarlo, e lasciami finire il nodo. Ecco, finito.”

Novak finì di aggiustare il nodo della cravatta grigio-argento dell’amico, sistemandogli brevemente la giacca nera del completo mentre Ivan sorrideva, ringraziandolo prima di riprendere a scendere le scale per raggiungere l’atrio gremito di studenti.


“Vedi le ragazze?”
“Non Silvy, ma c’è una visione in argento che somiglia molto alla tua accompagnatrice.”

Ivan accennò ad un punto non molto distante da loro, vicino alla porta del Dormitorio dei Draghi, e seguendo la direzione del suo sguardo Novak posò gli occhi su Katja, in piedi vicino ad Elvira e impegnata a parlare con l’amica. 

La ragazza, che indossava un vestito color argento e aveva i capelli scuri legati sulla nuca, sorrise quando lo individuò, salutandolo con un cenno mentre Ivan invitava l’amico a raggiungerla con una leggera spintarella sulla spalla.

“Divertiti! Ciao Kat!”  Ivan sorrise alla ragazza con aria divertita e Katja ricambiò mentre Novak raggiungeva lei ed Elvira. 

“Ciao ragazze… stai benissimo, Kat.”
“Grazie, anche tu.”  Katja sorrise al ragazzo, che indossava un completo blu notte perché costretto da sua sorella, che aveva ripetuto per giorni che dovesse vestirsi di quel colore perché “richiamava i suoi occhi”.

Elvira, dal canto suo, spostò lo sguardo da uno all’altro prima di sorridere e annunciare che sarebbe andata a cercare Timothy o Natalia, che ancora non le aveva raggiunte.

Dopodiché si allontanò in fretta e furia – per quanto le scarpe che indossava glielo permettessero – per lasciarli soli, scorgendo Tim poco dopo. 


Timothy stava parlando con David quando vide Elvira, che gli si stava avvicinando con addosso un vestito bianco lungo fino alle caviglie e molto semplice, con le maniche corte. Il ragazzo si chiese, per un attimo, se non avesse freddo, ma poi si disse che probabilmente essendo del posto era abituata alle temperature molto basse.

“Ciao ragazzi! Tim, non ci credo, siamo vestiti coordinati, che coincidenza! Beh, comunque stai molto bene.” Elvira rivolse un sorriso allegro al ragazzo mentre lo prendeva sottobraccio, sfiorandogli la giacca bianca mentre lui la ringraziava con lieve imbarazzo e David sorrideva con aria divertita.


“Finalmente ci fanno entrare, sto morendo di fame! Che ore sono? Non ho ancora visto Ivan.”
“Le 8.05. Dove sono gli altri?”

Sean gesto un’occhiata al suo orologio e Silvy, sorridendogli gentilmente, accennò al piccolo oggetto d’oro che il ragazzo si sistemò in un taschino del gilet.

“È l’orologio di tuo zio?”
“Sì, mia madre me lo ha dato il girono in cui sono partito per Hogwarts per la prima volta. Ci tiene molto, ma disse che era arrivato il momento di separarsene.”
“Beh, è stato un bel gesto da parte sua. Ad ogni modo, Tim ed Elvira si fanno gli occhi dolci laggiù, Graham e Rose stanno già tubando e John e Juls…”

“Silvy, siamo dietro di te, ti prego non dire niente…”


Julie sospirò stancamente e Silvy sfoggiò un sorriso colpevole in direzione dell’amica prima di parlare nuovamente, improvvisamente un po’ più allegra quando scorse finalmente Ivan:

“Oh, ecco Ivan! Coraggio, andiamo, muoio di fame sul serio!”
“Ma dove la metti tutta la roba che mangi, mi piacerebbe saperlo…”


*


Da quando avevano aperto le porte della Sala del Ristoro l’atrio si stava svuotando, ma Michael aspettava con le braccia conserte e appoggiato alla parete con le spalle. 
Aveva visto sia Katja che Elvira, ma di Natalia ancora nessuna traccia. Stava quasi iniziando a pensare che la ragazza avesse deciso di non presentarsi e dargli buca quando udì un fruscio e una voce piuttosto familiare alla sua destra:

“Stai aspettando qualcuno per caso?”

Michael si voltò, ma si costrinse a non sorridere alla ragazza e a sfoggiare, invece, un’espressione accigliata mentre annuiva:

“In effetti sì, aspetto la mia accompagnatrice. L’hai vista per caso?”
“Non saprei dirti, me la descrivi?”

“Beh, è molto, molto alta, molto bionda, occhi azzurri, accento russo… l’hai vista?”

“No. Ormai non credo che verrà, mi dispiace… ma se vuoi posso prendere il suo posto, neanche il mio accompagnatore si è fatto vivo.” Natalia si strinse nelle spalle, parlando con il tono più affranto che le riuscì mentre Michael sorrideva leggermente, allungando una mano per sfiorarle una ciocca di capelli rossi:

“Davvero? Chi è il pazzo che ti ha lasciata sola?”
“Un pazzo di nome Michael, pare abbia preferito una stangona bionda russa.”

Natalia si strinse nelle spalle e fu allora che Michael sorrise, prendendola sottobraccio:

“Beh, tanto meglio per me allora. Ah, Lia? Sei la cosa più bella che abbia mai visto.”
“Sì, certo.”

Natalia abbozzò una risata e liquidò il discorso con un gesto della mano, ricordando all’amico di avergli sentito dire cose del genere a molte delle loro compagne di scuola nel corso degli anni.

“Ma dai Lia, è tutto un gioco, non penso sempre davvero tutte quelle cose…”
“Sì, lo so. Per questo orma prendo i tuoi complimenti con le pinze, Dom. Ma non affannarti, ti voglio bene lo stesso.” 
Natalia si strinse nelle spalle e gli diede un colpetto sul braccio, e Michael avrebbe voluto insistere e dirle che i complimenti che faceva lei erano sempre del tutto sinceri, ma desistette quando entrarono nella Sala – per una volta illuminata e persino tirata a lucido e addobbata – e Katja e Novak gli fecero segno di sedersi al loro tavolo.

“Era ora, dove eravate finiti?” 
“Io aspettavo che Cenerentola si presentasse alla festa… come, non sapete chi… oh, lasciate perdere.”


*


Mentre Silvy si ingozzava di stuzzichini – e Julie e Virginia la guardavano chiedendosi se non si sarebbe sentita male più tardi – Ivan stava chiacchierando amabilmente con John e Sean. Così amabilmente che Rose, seduta poco lontano con Graham, Katja, Novak, Michael e Natalia, pregava che nessun cataclisma si abbattesse sulla serata: aveva fatto promettere a Graham di comportarsi bene, ma lo stesso non si poteva dire di Sean. 

“O Merlino, quei due stanno parlando con Ivan Svensson! Sta per accadere qualcosa di brutto.”
“Rosie, rilassati, mi hanno assicurato che si sarebbero comportati bene stasera, quindi puoi pensare a goderti la serata senza preoccuparti di loro.”

Rose non sembrò particolarmente convinta delle parole di Graham, che però le sorrise con fare rassicurante e alla fine la bionda lo imitò, annuendo debolmente. Il tutto mentre Michael, davanti a loro, assisteva allo scambio di battute lottando contro se stesso e la sua voglia di fare commenti… aiutato dai calci che Lia continuava ad assestargli sotto al tavolo ogni volta in cui stava per aprire bocca, certo.

“Non riesco a credere che abbiano acceso i camini, è un miracolo di Natale…”

Katja gettò un’occhiata stralunata ad uno dei quattro grandi camini della Sala, uno per ogni lato, miracolosamente tutti accesi. Era piuttosto sicura che non fosse mai successo, tanto che la stanza era avvolta da un tepore a dir poco inusuale per gli studenti di Durmstrang, che erano stati piacevolmente sorpresi dalla novità. 
Quanto a quelli di Hogwarts, avevano tirato un sospiro di sollievo e non erano riusciti ad astenersi dal rallegrarsene a voce alta.

“Forse hanno deciso di avere pietà di noi, visto che non siamo molto vestiti.” Osservò Novak gettando un’occhiata scettica alle braccia completamente scoperte di Katja e alla profonda scollatura a V del vestito di Natalia, la cui parte superiore era in ogni caso composta da un sottile e praticamente trasparente strato di tulle disseminato di ricami floreali.

La stessa Natalia che infatti sospirò, parlando quasi con aria sognante mentre sulla tavola comparivano i dessert:

“Forse li hanno accesi ovunque e stanotte non dormirò congelandomi gli arti…” 
“Lia, adesso non ti allargare troppo però.”


*


Elvira sedeva tenendo i gomiti appoggiati sul tavolo, tenendosi la testa tra le mani, e i suoi occhi chiari erano fissi su un paio di persone a lei familiari sedute a qualche metro di distanza e impegnate in una conversazione che lei, da quella distanza, non poteva udire.

“Grazie per avermi aiutato con la faccenda delle posate, non avevo mai avuto così tante forchette davanti prima d’ora…”
Timothy appoggiò il tovagliolo bianco sul tavolo, grato alla ragazza dell’aiuto che gli aveva dato visto che era stato attraversato da una mezza ondata di panico quando si era ritrovato davanti otto posate anziché due.

“Figurati, mia nonna ha tentato di insegnarmi il Galateo da piccola, invano, ma qualcosa è comunque riuscita ad inculcarmelo.”
“E tua madre che dice?”

“Mi hanno cresciuta i miei nonni, in realtà. Vivo con loro da quando ho sei o sette anni.”
“Oh. Mi dispiace, non volevo…”

“Lo so. Non c’è problema.”  Elvira sorrise al ragazzo prima di tornare a concentrarsi su Natalia e Michael, scuotendo debolmente il capo e parlando con un tono a metà tra il divertito e la disapprovazione:

“Oh, ma guardali.”
“Chi? I tuoi amici?”
“Sì, Lia e Dom. Dovrei fargli una foto in questo preciso istante e poi mandargliela via posta, forse capirebbero qualcosa.”  Elvira alzò gli occhi al cielo prima di prendere il suo tovagliolo e iniziare a giocherellarci, creando una specie di origami mentre Tim guardava i due, cercando di capire cosa intendesse la bionda.


“Intendi dire che…”
“Per quanto mi riguarda, dovrebbero essersi dichiarati amore eterno già da parecchio. Ma nessuno ascolta mai la povera Elvira, cosa possiamo farci… e ora lei è persino fidanzata, dannazione.”

La bionda sbuffò e scocco ai due amici un’occhiata quasi torva guardandoli seduti vicini, dandole le spalle. Entrambi erano leggermente protesi verso l’altro e si sorridevano, mentre Natalia teneva le braccia appoggiate sul tavolo e una mano di Michael era particolarmente vicina a quella della ragazza.

“Fidanzata? Non le ho mai sentito parlare del suo fidanzato.”
“Questo perché non se lo è scelto lei, ma suo padre. I matrimoni combinati dalle nostre parti vanno ancora molto di moda, anche sua sorella maggiore sta per sposarsi. I tuoi genitori, invece? Come si sono sconosciuti?”

“Al lavoro. Anche se mia madre non è… la mia vera madre, ecco. È la seconda moglie di mio padre, mia madre è morta in un incidente quando avevo sei mesi.”
“Mi dispiace, non ne avevo idea.”

“Non c’è problema Elvira, come hai detto tu, davvero. Io adoro Jade, mi ha cresciuto lei dopotutto, ed è la madre delle mie sorelline… io ero molto piccolo e non ricordo, ma mio padre dice che tra di noi è stato amore a prima vista, quando ci siamo conosciuti. Io avevo un anno e mezzo o poco più, mi sembra, e si sono sposati un paio d’anni dopo, pare che io l’abbia presa molto bene.”

“Beh, è una cosa bella, dev’essere una persona meravigliosa per averti accolto a tal punto nella tua vita.”
“Lo è. Mio padre dice sempre che io sono il suo preferito, e forse non ha tutti i torti.”


Timothy sorrise e pensò con affetto alla sua famiglia, specialmente alla madre che probabilmente in quel momento stava contando le ore che la dividevano dal poter abbracciare il figlio dopo tutti quei mesi di lontananza.


Elvira stava per dire qualcosa, ma si interruppe quando sentì la musica. I tavoli erano stati sistemati appositamente per lasciare sgombro il centro della Sala, e la ragazza sorrise e si alzò in piedi quasi di scatto, afferrando la mano del Tassorosso: 

“Finalmente si balla! Su, andiamo.”
“Ma veramente io non so…”
“Che importa, io ho preso un sacco di lezioni e sono comunque più goffa di un elefante! L’importante è solo divertirsi. Cosa che proprio non potrò fare con questi così addosso…”

La norvegese sbuffò e Timothy la guardò chinarsi e sfilarsi le scarpe con un paio di rapidi gesti, lasciandole vicino al tavolo prima di trascinarlo con sè. E lui era così occupato a realizzare che sì, si era davvero tolta le scarpe, che la lasciò fare senza opporre alcuna resistenza.


*


“Signorina, mi concede l’onore?”
John porse la mano a Julie con un sorriso, in piedi davanti alla ragazza che lo guardò aggrottando la fronte, visibilmente scettica:
“Tu odi questa musica.”

“Piuttosto vero, ma mi va di ballare.”  John parlò senza battere ciglio o muovere la sua mano di un millimetro, sorridendo quando la Corvonero la prese dopo una breve esitazione.

John la condusse con passo sicuro sulla “pista” prima di voltarsi verso di lei, sorriderle e metterle una mano sulla schiena. Poi sollevò la mano che ancora stringeva quella di Julie e iniziò a muovere i primi passi, accostando leggermente lil viso a quello della compagnia per suggerirle di rilassarsi.

Facile a dirsi, pensò Julie trattenendosi dallo sbuffare: lui non stava certo ballando a strettissimo contatto con la persona per cui aveva un debole da più di un anno.



A pochi metri da loro, Ivan sedeva tenendo gli occhi fissi sulle coppie che ballavano, ripensando a cos’era successo ad una delle ultime feste organizzate dalla sua famiglia a cui aveva preso parte. Era stata un colossale disastro, per farla breve, lui e suo padre avevano discusso davanti a metà degli invitati e si era scatenato un mezzo pandemonio quando lo avevano trovato a baciare un ragazzo. Non avrebbe mai dimenticato l’espressione quasi disgustata di suo nonno e quella, invece, livida del padre. 

“Che muso lungo, non ti piacciono le feste?”
“Siamo a scuola e ci sono i miei amici, quindi questa è piuttosto sopportabile… ma quando sono a casa mia no, non particolarmente, succede sempre qualcosa che scatena il finimondo.”

Ivan si strinse nelle spalle senza voltarsi e Silvy, seduta accanto a lui, sorrise con aria divertita:

“Sempre a causa tua?”
“Sì e no. Diciamo che mio padre… è molto incline a non gradire e a disapprovare ogni cosa che faccia. Litighiamo facilmente.”

“Beh, se può consolarti anche negli eventi della mia famiglia i disordini sono la norma, la famiglia di mio padre è incapace di riunirsi senza far sfociare qualche rissa… e noi siamo in sei fratelli, quindi il caos regna sempre sovrano in casa.”

“Sei? Dev’essere… affollato. Io sono figlio unico.”
“Forse da una parte ti invidio, ma anche mia madre è figlia unica e dice sempre che si sentiva abbastanza sola. Credo che le sarebbe piaciuto avere un fratello o due… immagino che non si possa sapere come ci si sente nella situazione opposta, io sono la quinta e sono abituata a non avere mai un attimo di privacy o di pace.”


“Immagino che anche a me non sarebbe dispiaciuto avere qualcuno con cui giocare. Anche se forse se avessi avuto un fratellino il poveretto sarebbe stato la mia principale vittima, a pensarci bene…”

“I fratelli minori sono quasi sempre le vittime designate, sai quante ne ho passate io per mano delle mie tre amabili sorelle maggiori?!”

“Non mi sembri esattamente una povera vittima, Silvy, se devo essere onesto… comunque stasera ho promesso a Novak che mi sarei comportato bene. Anche perché i professori mi torchiano da dopo l’incidente del treno.”
“Sai, sarei molto curiosa di sapere come accidenti avete fatto a fondere il motore.”


“Segreti del mestiere.”


*


“Non trovi strano che ci conosciamo da sette anni ma non abbiamo mai ballato insieme prima di stasera?”
Natalia si rivolse a Michael con un sopracciglio inarcato, guardandolo sorriderle debolmente mentre teneva una mano appoggiata sul tessuto sottile del corpetto del suo vestito rosato:

“Ballare con il sottoscritto e un’opportunità più unica che rara.”
“Oh, non lo metto in dubbio. Hai un modo insolito di ballare, in effetti… hai imparato così?”

Natalia aggrottò la fronte e Michael si limitò ad annuire mentre si muoveva tenendo la mano sinistra poggiata sulla schiena della ragazza e il braccio destro, invece, piegato e appoggiato in maniera composta e rigida sulla propria.

Tutti avevano una reazione simile quando lo vedevano ballare, ma Oz sosteneva che per quanto insolita quella “tecnica” era molto apprezzata dagli aristocratici, che ovviamente non potevano sapere che il ragazzo non ballava in quel modo per apparire più elegante o raffinato ma per mera comodità.

Michael accostò appena il mento alla testa della ragazza, facendo scivolare lo sguardo su tutte le persone che lo circondavano.
“Credo che gran parte della fauna di Durmstrang si stia chiedendo perché sei qui con me, sulla pista, e non con qualche pavimento imbellettato.”

“I pavoni imbellettati che sono interessati solo al mio cognome possono anche starsene ove sono, per quanto mi riguarda. E smettila di dire queste cose, io sono felice di essere qui con te.”


“Via, Natalia, che cosa direbbe il tuo fidanzato se ti vedesse o ti sentisse dire queste cose ad un altro?”
Michael sfoggiò un sorriso che Natalia conosceva, lo stesso che gli vedeva sul viso quando qualcuno faceva un commento poco carino sul suo conto e lui faceva finta di non sentirlo. 
Un sorriso che Natalia non ricambiò, incupendosi leggermente e stringendo quasi senza volerlo la presa sulla spalla del ragazzo prima di parlare con leggera amarezza nella voce:

“Dubito che gli importerebbe. O almeno, forse gli importerebbe che la sua fidanzata, chiunque ella sia, balli con un altro in pubblico perché sarebbe una specie di umiliazione, ma di Natalia gli importa ben poco.”
“Beh, allora è uno stupido.”  Michael sorrise e Natalia si sforzò di ricambiare, cercando di non pensare al fatto che tornare a casa implicava anche dover affrontare il discorso “fidanzamento”: lei non aveva alcuna fretta di sposarsi, anzi, mentre i suoi genitori sembravano morire dalla voglia di accasare a qualche buon partito entrambe le figlie.

“Lui com’è, comunque sia?”
“Sebastian? Ricco. Purosangue. Ti basta? Perché non so poi molto altro, su di lui… suo padre lavora per il mio da anni, ma ha otto anni in più rispetto a noi e non si è mai interessato a me, come io a lui dopotutto. O almeno fino a qualche mese fa, quando i nostri genitori hanno preso questa splendida decisione per entrambi.”

“Sì, ma… è… gentile? Ti tratta bene?”
“Spero proprio di sì, Mich.”

Natalia sospirò e appoggiò la testa sulla sua spalla mentre il ragazzo restava in silenzio, trattenendosi dal proporle di fuggire da lui in Croazia per evitare le nozze.
Non faceva che ripetersi che fosse giusto, che lei doveva andare avanti con la sua vita e che lui non doveva intromettersi. No?
“Ad ogni modo, meglio continuare a ballare, lo dico per te, devi smaltire tutto quello che hai mangiato.”
“Non rompere Dom, ho mangiato solo ortaggi per un mese per questo Ballo!”
“Ti sei impegnata tanto e ti sei fatta così bella per me? Oh, ma non dovevi cara.”


*


Rose e Graham stavano ballando e Michael li guardava con un debole sorriso stampato sul volto: aveva vinto una scommessa con Ivan, visto che entrambi si erano vestiti sui toni dell’azzurro, ed era certo che era solo questione di tempo perché se ne andassero in giro mano nella mano. 

Lo sguardo del ragazzo indugiò poi su Natalia, che stava ballando con Novak. Lui si era seduto decretando di aver bisogno di saltare un giro, e la verità era che ne aveva davvero bisogno: si portò una mano alla gamba destra, che in effetti aveva iniziato a dolergli parecchio.
Probabilmente Oz lo avrebbe rimproverato per aver fatto l’esibizionista, ma la verità era che infondo si stava divertendo, specie quando aveva invitato Ivan a ballare sotto gli sguardi esasperati degli insegnanti, o quando aveva sottratto Rose al suo cavaliere per ballare. Graham aveva sfoggiato un’espressione piuttosto contrariata e Michael, da bravo gentiluomo qual era, si era premurato di assicurargli che sarebbe stato ben lieto di riservargli un turno, più tardi. A quel punto era fortunatamente subentrata Katja, che si era affrettata a trascinare via Graham per un giro di ballo con lei.

Forse però aveva ormai ballato abbastanza, a giudicare dai lamenti delle sue gambe, ma come sempre si premurò di non darlo a vedere quando la musica cessò e Natalia gli si avvicinò con un sorriso. 
Fu proprio mentre si avvicinava che Michael, osservandola, pensò a quello che le aveva detto qualche ora prima, quando l’aveva vista nell’atrio: non l’aveva davvero mai vista tanto bella. 
Voleva che lei ci credesse, ma non aveva tutti i torti: non si risparmiava mai dal fare, per gioco, tutti quei commenti lusinghieri e apprezzamenti alle ragazze, lei compresa… Ormai Natalia aveva capito che il ragazzo lo faceva, appunto, solo per gioco – così come tutte le sue “vittime” – ma gli dispiaceva sapere che lei pensasse di essere come le altre. Tanto per cominciare, non si curava particolarmente del parere altrui da anni, aveva imparato a farlo, ma del suo gli importava. E anche molto.

“Ciao Dom… non ci delizi con qualche altra tua performance?”
“Mio dolce tesoro, non posso essere tanto egoista da monopolizzare l’attenzione su di me per tutto il tempo, non ti pare? Ma tu va’ pure, divertiti, ho idea che ci siano molti ragazzi che vorrebbero passare del tempo con te.”

“Esagerato… e se anche fosse no, resto qui con te.”   Natalia si strinse nelle spalle e sedette accanto a lui, mettendogli una mano sulla manica della giacca rossa bordeaux impreziosita da piccoli ricami color oro, ripresi sul panciotto nero:

“Tutto bene?”
“Sì, certo.”

Michael sorrise, e anche se la ragazza non gli sembrò molto convinta non aggiunse altro, tornando a guardare dritto davanti a sè proprio mentre gli strumenti che erano stati incantati per suonare da sè riprendevano a fare il loro lavoro, questa volta però producendo dei suoni sconosciuti a diversi tra i presenti.


John, che stava chiacchierando con Silvy, Julie e Ivan, si irrigidì all’improvviso quando sentì la musica, sgranando gli occhi chiari e balzando in piedi un attimo dopo, quando fu certo di non essersi sbagliato:

“Non ci credo… finalmente musica decente, vieni Juls, andiamo!”
“Cosa? Oh, no, a me questa musica non piace, non la ballo, non…”

“Non è un valzer, non bisogna saper ballare! Coraggio!”

John sorrise e costrinse la ragazza ad alzarsi e a seguirlo sotto lo sguardo spaesato di Ivan, che asserì di non conoscere affatto quella musica.

“Nemmeno io, ma John adora il rock Babbano e cose del genere. Mi chiedo solo come sia possibile che ci sia questa musica proprio qui, qualcuno deve aver incantato gli strumenti…”
“Giuro che questa volta io non c’entro, ma sembra divertente!”  Ivan – i cui capelli scuri erano tornati ad essere quelli leggermente spettinati di sempre – sorrise e si alzò, lasciando la giacca nera sulla sedia e invitando Silvy a seguirlo con un cenno che la ragazza non si fece ripetere.


“Darò una medaglia a chi ha messo questa musica.”
“È la roba Babbana che piace a te, Dom?”
“Ci puoi scommettere. Su, andiamo Lia, ora ci si diverte.”

“Sei sicuro, non stai…”
“Sto benissimo. Vieni.”  Michael sorrise e prese la ragazza per mano, costringendola a seguirlo in mezzo alla mischia. Forse non era una buona idea, ma lui era un maestro nell’avere idee pessime, dopotutto.


*


“Grazie per avermi invitata, mi sono divertita davvero moltissimo. Anche se sono dell’idea che avresti dovuto accettarlo, l’invito di Michael a ballare!”

Rose parlò con una risatina che Graham non imitò, limitandosi a sbuffare leggemrnete e ad alzare gli occhi al cielo prima di parlare:

“La prossima volta lo farò, stanne certa. Grazie a te per aver accettato, comunque.”
“Perché avrei dovuto rifiutare?!”

“Beh, non lo so, magari perché avresti preferito andarci con qualcun altro, non ne ho idea.”

Graham si strinse nelle spalle, leggermente a disagio, mentre Rose, invece, lo guardava scuotendo debolmente il capo:


“Non ne hai idea… Merlino Graham, e pensare che mi conosci così bene! Con chi altro potrei aver voluto andare al Ballo, se non con te?”

Graham non rispose a quella domanda, limitandosi a guardare la ragazza deglutendo a fatica e con gli occhi azzurri sgranati, tanto che fu lei, alla fine, a fare qualcosa, muovendo un passo avanti dopo aver mormorato che era un idiota e prima di prendergli il viso tra le mani per appoggiare le labbra sulle sue.


*


Novak sedette sul letto con un sospiro, sfilandosi le scarpe prima di passarci una mano tra i capelli scuri ormai leggermente spettinati. Ivan si era buttato sul suo letto poco prima e ora giaceva immobile, tanti che al ragazzo venne il dubbio che non stesse già dormendo.

“Beh, di sicuro è stata una serata diversa di quelle a cui siamo abituati.”
“Più divertente, vorrai dire.” Novak ebbe la conferma che l’amico era sveglio quando lo sentì borbottare, sfilandosi al contempo le scarpe nere lucide con l’ausilio dei soli piedi per poi restare immobile mentre lui si alzava per sfilarsi giacca, cravatta, panciotto e camicia.

Nella stanza caló il silenzio per qualche istante, finché la voce di Ivan – che nel frattempo si era girato su un fianco con la camicia bianca ancora addosso – non lo ruppe:

“Novak?”
“Sì?” Novak si voltò verso l’amico, che però gli dava le spalle, restando in attesa: 

“… Sei un ottimo fratello maggiore, lo sa?”


*


Michael, dopo aver lasciato giacca e panciotto sul letto e le eleganti scarpe di pelle sul pavimento –  restando così solo con la camicia bianca traslucida e i pantaloni neri addosso – sedette sul materasso mascherando a fatica un gemito di dolore. 
Si portò una mano sul ginocchio destro, sfoggiando una lieve smorfia quando sentì al tatto, sotto il tessuto pregiato dei pantaloni, qualcosa di rigido e metallico. 

Stese lentamente la gamba destra, se gamba si poteva definire, e sospirò sommessamente. 
Almeno, per una sera, era stato quasi un ragazzo come tanti altri. Quasi, certo, ma lui non credeva da molto tempo nei miracoli.


*


John era seduto vicino alla finestra, gli occhi fissi sul vetro che gli permetteva di guardare il panorama, mancavano pochi minuti, ormai, solo pochi secondi forse.
I suoi compagni di stanza dormivano, ma lui era rimasto sveglio nonostante l’indomani avessero la sveglia abbastanza presto visto che avrebbero dovuto prendere la Passaporta per Hogwarts alle nove in punto e poi, da lì, tornare a Londra con il treno.


Quando scorse delle luci John si mise a sedere dritto, sorridendo: era arrivata, finalmente.
Aveva fatto una promessa a sua madre, prima di partire: una notte sarebbe rimasto sveglio e avrebbe visto con i suoi occhi l’Aurora Boreale. È il posto sulla terra più vicino al Paradiso, così aveva detto Aurora. 

E quella notte – mattina, oramai –, di fronte a quello spettacolo di luci, John dovette ammettere che la donna non si sbagliava.

*


Quando gli studenti tornavano a casa per le vacanze venivano preparate numerose Passaporte che li avrebbero portati ad Oslo in gruppi più o meno numerosi, e lì sarebbero stati recuperati e portati a casa dai rispettivi familiari.

Natalia era, per una volta, pronta in tutto e per tutto per andare finalmente a casa, ma c’era ancora una cosa che doveva fare: trovare Michael e e dargli il suo regalo. Non ci aveva lavorato tanto assiduamente per poi non trovare il destinatario del suo impegno, dopotutto.

La ragazza stringeva una scatola rettangolare tra le mani, mordicchiandosi nervosamente il labbro inferiore mentre cercava l’amico con lo sguardo.
Accanto a lei, un Auror aspettava con una punta di impazienza, ma alla strega non sembrava importare visto che era decisa a non muoversi da lì senza averlo prima salutato.

“Signorina Novak…”
“Un momento, Andrej. Solo un momento, poi potremo andare ho salutato tutti… manca solo un mio amico. Eccolo! Dom!”

Natalia si rilassò quando finalmente scorse l’amico, che parve sollevato a sua volta di vederla e si affrettò a raggiungerla districandosi tra la folla, piazzandolesi davanti tenendo una scatola di cartone bucherellata tra le mani.

“Era ora, dove ti eri cacciata?!”
“Io? Sono due ore che ti cerco! Devo darti… Beh, Buon Natale Mich.”

Natalia sorrise e gli porse il pacchetto mentre Michael annuiva, asserendo che anche lui aveva qualcosa per lei e che doveva aprire immediatamente il suo regalo.

Quando sentì la scatola muoversi tra le sue braccia Natalia pensò che forse l’amico le avesse fatto uno scherzo di pessimo gusto e che dentro ci fosse qualcosa di disgustoso, ma si fece coraggio e l’aprì comunque, preparandosi al peggio.
Michael guardò attentamente la ragazza, deciso a non perdersi un solo frammento della sua reazione mentre Natalia spalancava occhi e bocca, quasi senza fiato quando il suo sguardo venne ricambiato da un paio di occhioni scuri appartenenti ad un cucciolo dal pelo grigio chiaro.

“Ma è un… non ci credo, è un cucciolo! Come, dove…”

Natalia sbattè le palpebre mentre raccoglieva il cagnolino con una mano, facendo cadere la scatola ai suoi piedi, ma non parve curarsene e Michael sorrise, andandole incontro visto che la ragazza sembrava incapace di formulare una frase di senso compiuto:

“L’ho preso a Flåm, è un maschio e ha circa due mesi, ma non gli ho ancora dato un nome.”
“Ma dove lo hai tenuto per tutto questo tempo?!”
“Da me, ovviamente, ecco perché non ti ho fatta entrare in camera mia per un mese intero, cosa pensavi?”

Michael inarcò un sopracciglio con aria scettica, ma Natalia non aprì bocca – pressoché incapace di parlare – mentre accarezzava quasi convulsamente il pelo morbido del cucciolo, mormorando solo che doveva aprire il regalo a sua volta.

Michael obbedì, e quando vi trovò dentro qualcosa di lana, di una familiare lana viola, spalancò gli occhi a sua volta. Tirò fuori dalla scatola una sciarpa, una lunghissima sciarpa viola.

“È questa che stavi facendo con l’uncinetto?”
“Sì, è viola, è il colore dei Draghi.”

“Wow, grazie Lia, adoro le sciarpe e ci devi aver lavorato tantissimo, nessuno aveva mai fatto qualcosa a meno per me… Lia. Stai piangendo?”

Michael spalancò gli occhi quando vide l’amica piangere silenziosamente, chiedendosi se non avesse fatto o detto qualcosa di sbagliato, forse non le piaceva il cucciolo? Dannazione, avrebbe dovuto prendere il Samoiedo, non l’Husky!

Natalia però scosse il capo, limitandosi a mormorare qualcosa a mezza voce:

“Io… io ho sempre voluto un cane.”
“Sì, lo so, per questo l’ho…”

“Grazie.” 

Natalia lo interruppe per poi avvicinarglisi e abbracciarlo, il tutto mentre, accanto a loro, l’Auror si chiedeva perché avesse scelto quel lavoro e si schiariva rumorosamente la voce:

“Signorina Nòvak, la prego, ho l’ordine di scortarla fino a casa sua.”
“Sì, scusa Andrej… ok, ora devo andare, il cane da guardia che mi ha appioppato mio padre chiama.”

Natalia sbuffò ma sciolse l’abbraccio tenendo ancora l’Husky in braccio mente Michael, invece, si voltava verso l’uomo e lo guardava sbattendo le palpebre con sincera perplessità:

“Non ci avevo nemmeno fatto caso…”
“Questo perché è alla tua destra. Ciao Mich, Buon Natale.”

Natalia sorrise gentilmente all’amico, stringendogli brevemente il braccio prima di voltarsi e seguire l’Auror. Michael invece non si mosse, restò immobile a guardarla allontanarsi con la gola improvvisamente secca, la sua sciarpa ancora stretta tra le mani ma tutta la felicità provata fino a poco prima improvvisamente sparita del tutto.


Doveva aver frainteso. Doveva averlo fatto per forza, perché Natalia non poteva saperlo. Nessuno doveva sapere, tantomeno lei.








……………………………………………………………………
Angolo Autrice: 

Per prima cosa, i vestiti! 

I ragazzi… 

-    David
Image and video hosting by TinyPic
-    Graham 
Image and video hosting by TinyPic
-    Ivan
Image and video hosting by TinyPic
-    John
Image and video hosting by TinyPic
-    Novak 
Image and video hosting by TinyPic
-    Sean
Image and video hosting by TinyPic
-    Timothy 
Image and video hosting by TinyPic
E le ragazze: 

-    Elvira
Image and video hosting by TinyPic
-    Katja 
Image and video hosting by TinyPic
-    Julie
Image and video hosting by TinyPic
-    Natalia
Image and video hosting by TinyPic
- Rose
Image and video hosting by TinyPic
-    Silvy 
Image and video hosting by TinyPic

Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto, sia perché è senza dubbio una “tappa” importante nella storia, sia perché con tutto l’hype che avevo creato avreste più che ragione a maledirmi se dovesse fare schifo… 
Ad ogni modo, complimenti a Bea, Furia e Tinkerbell per averci preso, la prima coppia canon sono proprio i Grose. Bisogna vedere come la prenderà papà Regan ora che la sua bambina e compagnia tornano a casa in Inghilterra.
Anche se devo scusarmi con voi per avervi illuso su delle coppie, la verità è che la Jolia e la Elvim non sono fattibili visto che Sean e John e Tim e Dave sono segretamente innamorati. 

A presto e buon weekend!
Signorina Granger 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo 10 - I ***


Capitolo 10 

 
Lunedì 24 Dicembre


Praga
 
Petra Nòvakova Image and video hosting by TinyPic e il piccolo Thor Image and video hosting by TinyPic


“Matce? Monika? Jsem doma!” (Sono a casa)

La pesante ed imponente porta di quercia a doppia anta si chiuse con un cigolio e uno scatto alle spalle di Natalia, che si guardò intorno nell’ingresso deserto con le sue cose lasciate sul pavimento di marmo nero venato di bianco. 
Andrej l’aveva salutata davanti all’ingresso per poi congedarsi, asserendo di dover tornare al Ministero, e Natalia aveva quasi provato pena per quella che ormai lei definiva al sua “guardia del corpo”, che doveva lavorare anche alla Vigilia di Natale. Forse avrebbe consigliato a suo padre di dargli un aumento.

Il cucciolo di Husky, ancora stretto tra le sue braccia, si guardò intorno con curiosità e Natalia gli sorrise, accarezzandogli la testa con due dita:

“Ti piace la tua nuova casa piccolino?”

“Signorina!” La voce acuta di Piotr giunse piacevolmente alle sue orecchie e Natalia sorrise quando vide l’elfo Domestico avvicinarlesi di corsa: 

“Ciao Piotr, che bello vederti! Come stai?”
“Bene Miss. Porto le sue cose di sopra, la Signora è…”

“Natalia!” L’elfo non finì di parlare che una voce altrettanto familiare giunse alle orecchie di entrambi, e la ragazza alzò lo sguardo per poi abbozzare un sorriso alla vista della madre, che stava scendendo la rampa di marmo leggermente a chiocciola con un sorriso sul volto e la costosissima vestaglia di seta blu addosso.

“Ciao mamma.” 
Piotr si inchinò prima di sparire con uno schioppo, portando i bagagli della padroncina con sè mentre Petra raggiungeva la figlia allargando le braccia per abbracciarla:

“Che bello vederti tesoro, mi sembra che sia passato un secol- CHE COS’È QUELLO?”

Natalia vide l’orrore dipingersi sul volto della madre, che si fermò a mezzo metro da lei con le braccia ancora sollevate e gli occhi verdi spalancati e puntati sul cagnolino che la figlia stringeva.

“Un cucciolo.” Natalia si strinse nelle spalle, parlando con nonchalance e con il tono più pacato che le riuscì mentre la madre, riprendendosi dallo shock, incrociava le braccia al petto e le rivolgeva un’occhiata torva:

“Questo lo vedo, Natalia. Perché hai un cucciolo?”
“Me lo ha regalato Michael per Natale.”

“Non poteva regalarti un cappellino?!”
“È il regalo migliore che potesse farmi, e ora porterò… non ho ancora pensato ad un nome, ma lo porto di sopra a fargli vedere la mia camera.”
“Non puoi portare quella cosa in camera tua Natalia, non è affatto igienico!”

“La mia camera è gigantesca, non disturberà. Monika è in casa?”

Natalia parlò mentre superava la madre a passo deciso, dirigendosi verso le scale mentre Petra si voltava, seguendola con lo sguardo:

“Sì. Natalia, ti avviso, se quella palla di pelo rovina o rompe qualcosa, o entra in camera mia, finisce in strada!”
“Non succederà, vero tesorino? E se se ne va lui me ne vado anche io.”

Natalia sorrise teneramente al cucciolo prima di dargli un bacio sul musetto, assicurandogli che era la cosa più carina che avesse mai visto mentre dei passi echeggiavano sulle scale, seguiti dalla voce allegra di sua sorella:

“Pulce, sei tornata! Allora, divertita al Ballo?”  Natalia sollevò lo sguardo e incrociò quello della maggiore, che si era fermata sulle scale sopra di lei e ora la guardava sporgendosi dalla ringhiera, le mani strette sul legno pregiato.
“Sì Monika, e grazie per avermi mandato il vestito che avevo chiesto.”  Natalia parlò con una nota sarcastica nella voce che Monika ignorò, sorridendo mentre riprendeva a scendere le scale per raggiungerla:

“Non c’è di che sorellina. Hai fatto strage di cuori? Oh, e chi è questo signorino?” Monika si fermò davanti alla sorella con un sorriso prima di abbassare lo sguardo sul piccolo Husky, allungando una mano per grattargli le orecchie.”
“Emh, si chiama… Thor.”

“Non puoi dargli un nome simile, non sembra minaccioso!”
“Come dovrei chiamarlo, Fiocco come il tuo gatto? Lo porto di sopra. Dov’è tàta?”

Natalia riprese a salire le scale e la sorella la seguì, mentre Petra intimava alle due di lavarsi le mani dopo aver toccato il cane.

“Al Ministero.”
“Oh, ma che strano…”


*


Norvegia


Magnus, Image and video hosting by TinyPicNikolai Image and video hosting by TinyPic e Ruben NordströmImage and video hosting by TinyPic
 

“SONO TORNATA!”

Elvira spalancò la porta di casa con un largo sorriso sul volto, che però si congelò quando non scorse nessuno nell’ingresso.

“… Embhè?! Una sta via quattro mesi e non riceve uno straccio di accoglienza, che modi sono! C’è nessuno in casa?! Nonna, nonno? Fratelli?!”

La bionda sbuffò e si addentrò nell’atrio buio a passo di marcia mentre la porta si chiudeva alle sue spalle, quasi sobbalzando quando qualcuno di molto familiare comparve a pochi metri di distanza da lei:

“Padroncina Elvira!”
“Rolf!”  Elvira sorrise, trillando felicemente mentre raggiungeva l’Elfo e lo abbracciava di slancio, inginocchiandosi sul pavimento.

“Bentornata Padroncina.”
“Grazie Rolf, almeno tu mi hai accolto… Guarda, ti ho preso un regalo, spero che ti stia. Devi coprirti bene, fa freddo in questa stagione.”

Elvira fece comparire un piccolo maglione rosso scuro e lo porse all’Elfo parlando con tono severo, guardandolo prenderlo e sollevarlo con sguardo meravigliato prima di iniziare a singhiozzare e a ringraziarla a ripetizione:

“Grazie Padroncina Elvira, Rolf adora i maglioni.”
“Su, Rolf, non devi piangere tutte le volte in cui ti faccio un regalo, lo sai che ti voglio bene. Ecco, mettitelo. Sarebbe una dimensione da bambini, dovrebbe starti…”

Elvira guardò l’Elfo – che lei aveva liberato anni prima ma che era comunque rimasto a servire la famiglia Nordström – infilarsi il maglione con qualche difficoltà a causa del buco per la testa, che lei allargò magicamente con un sorriso. 

L’Elfo sorrise felicemente quando ebbe indossato il maglione e la ringraziò di nuovo – i grandi occhi lucidi – appena prima che una voce profonda a lei molto familiare risuonasse nella stanza:


“BAMBI!”
“Magnus, ciao!”  Elvira alzò lo sguardo e sorrise quando scorse il fratello maggiore scendere di corsa le scale per raggiungerla e, come sempre, stritolarla in un abbraccio sollevandola da terra di diversi centimetri.

“Ciao piccola, ci sei mancata… Stai bene? Come sono andati i primi mesi?”
Magnus rimise la sorella con i piedi per terra e le rivolse uno sguardo apprensivo, quasi cercando lividi sul suo viso allegro:

“Anche voi mi siete mancati… e sto benissimo, come puoi ben vedere!”  Elvira sorrise con aria soddisfatta, piuttosto fiera di non essersi messa esageratamente nei guai malgrado i timori dei suoi fratelli, che erano stati molto restii a mandarla a scuola da sola per la prima volta, senza nessuno di loro a controllarla.

Magnus non parve molto convinto, ma non ebbe modo di insistere visto che la voce del fratello minore echeggiò dalle scale:

“Bambi, sei tornata!”
“Ciao ragazzi!” Elvira sorrise anche a Ruben e a Nikolai, che la raggiunsero spintonandosi a vicenda per decidere chi dovesse abbracciarla per primo.
Alla fine il minore ebbe la meglio e Rubén l’abbracciò con un sorriso, mentre alle sue spalle Nikolai le chiedeva se qualcuno le avesse dato fastidio a scuola.

“No Nikolai, stai tranquillo. Dove sono i nonni? E sto morendo di fame, ditemi che tra poco si mangia vi prego…”
“Rolf sta preparando i suoi piatti preferiti Padroncina, ma prima porto le sue cose di sopra.”


“No, no, lascia che ci pensino loro, tu torna pure in cucina, grazie Rolf.”

La ragazza sorrise gentilmente all’Elfo, che sparì con un inchino mentre Magnus spediva magicamente il suo baule nella camera della ragazza. 

“Allora, avete qualcosa di interessante da raccontarmi?”
“Domani arrivano i parenti, ma oggi sei tutta nostra Bambi!”
“Non vedo l’ora. Mi siete mancati, Fratelli Orsi.”

Nikolai sorrise e mise un braccio intorno alle spalle della sorellina, chinandosi per lasciarle un bacio sulla testa mentre Elvira sorrideva di rimando, felice di essere di nuovo a casa.


*


Costa croata


OzImage and video hosting by TinyPic


Dopo aver superato l’imponente cancello di ferro battuto che delimitava i limiti della grande proprietà Michael camminava con calma sulla strada ciottolosa che conduceva all’imponente scalinata della grande Villa in cui viveva da ormai sette anni. Il suo baule galleggiava a mezz’aria accanto a lui e Achille, alla vista della casa, iniziò ad abbaiare e correre per raggiungerla, forse impaziente a sua volta di vedere Oz.
Michael sorrise ma non lo imitò, continuando a procedere con calma e le mani infilate nelle tasche. Ripensò, per un momento, alla prima volta in cui aveva visto quella casa e aveva percorso quella strada, quando era solo un bambino. Oz lo aveva spinto sulla sedia a rotelle su quella stessa strada, lui che al tempo era stato solo un bambino confuso che non capiva cosa stesse succedendo.
Poi Michael si era voltato e aveva visto il mare per la prima volta in vita propria.
Forse era stato all’ora che era iniziata la magia.


Raggiunte le scale, il ragazzo le salì con calma trovando la porta d’ingresso socchiusa, mentre dall’interno sentiva Achille abbaiare e la voce divertita di Oz.
Michael aprì leggermente l’anta con la mano e fu allora che vide lo zio sorridere al cane che gli stava facendo le feste, sollevandosi anche sulle zampe posteriori per mettergli quelle anteriori sulle spalle e leccargli la faccia.

“Il tuo culo è inventato troppo pesante per venirmi a prendere, immagino.”
“Cosa sei, una ragazzina viziata? Sei abbastanza grande per Materializzarti, mi risulta. O almeno anagraficamente, in realtà hai ancora dieci anni. Su, abbracciami brutto idiota!”

Oz sorrise e allargò le braccia, facendo alzare gli occhi al cielo al ragazzo, che gli si avvicinò e lo abbracciò mormorando qualcosa a mezza voce: 

“Sei il solito coglionazzo.”
“Anche tu mi sei mancato, stronzetto. La casa è vuota senza te e Achille. A proposito, mi sembra ingrassato, la palla di pelo.”
“Colpa di Natalia, non fa che dargli salatini!”

“Ma certo, Natalia. Come sta la Signorina Nòvak? Sei andato al Ballo con lei?”

Oz piegò le labbra in un sorrisetto divertito e Michael si limitò ad annuire, sfiorandosi istintivamente la sciarpa viola che indossava. 

“Sì.”
“E…”
“E cosa?”
“Insomma, dammi qualche dettaglio di come è andata!”

“Ogni anno che passa somigli sempre di più ad una vecchia pettegola, sai?”
“Anche tu nipote, anche tu. Vieni, andiamo a berci qualcosa, così facciamo due chiacchiere.”

Oz gli sorrise, dandogli una pacca sulla spalla prima di circondarlo con un braccio e condurlo verso il salottino del pian terreno, facendo caso all’espressione vagamente tetra che il ragazzo sfoggiò.


*


Ministero della Magia cecoslovacco


Vladislav NòvakImage and video hosting by TinyPic


“Signore, il suo prossimo appuntamento l’aspetta nel suo ufficio.” 
Vladislav aggrottò la fronte mentre restituiva alla sua segretaria – che stava cercando di stare al suo passo mentre lo seguiva lungo il corridoio dopo l’ennesima riunione – il foglio che aveva appena frettolosamente firmato, ricordando quando quella mattina la donna gli aveva elencato gli impegni del giorno: 

“Non avevo un’ora libera dalle 17 in poi?”
“Sì, Signore, ma ha richiesto espressamente di vederla…”

“È la Vigilia di Natale, cosa c’è di così tanto urgente?!”

Vladislav sbuffò, accelerando il passo per raggiungere il suo ufficio: aveva passato buona parte della giornata a leggere documenti, firmare carte, parlare e a stringere mani, aveva sinceramente bisogno di una pausa e si chiedeva chi fosse riuscito a farsi fissare un appuntamento così, senza preavviso.

La risposta alle sue domande giunse quando l’uomo spalancò la porta del suo ufficio, pronto ad affrontare la sua ennesimo visita. 
Un’espressione di pura sorpresa si dipinse però sul volto del mago quando i suoi occhi indugiarono sulla giovane strega che era seduta sulla sua sedia di pelle e che si voltò a guardarlo con un sopracciglio inarcato:

“Lia, che cosa ci fai qui?!”
“A quanto sembra l’unico modo che ho per vedere mio padre è fissare una visita. Allora, ce li ha due minuti per me, Signor Ministro?”


L’uomo sospirò di fronte alle parole e al tono decisamente scettico della figlia minore, voltandosi verso la segretaria e borbottando che non ci sarebbe stato per nessuno prima di chiudere la porta e sorridere alla ragazza, avvicinandolesi per abbracciarla:

“Ciao tesoro… Come stai?”
“Bene. Felice di essere stata scortata fino a casa invece di vedere qualcuno della mia famiglia venirmi a prendere, come al solito.”
“Lo sai che verrei io, se non avessi tanto da fare… e so che non ti piace, ma è per…”

“Per la mia sicurezza, lo so, lo so. Non importa. Ho novità, comunque… Lui è Thor.”
“Dove lo hai trovato? Tua madre è d’accordo?”

“No, ma non mi importa: abbiamo una casa enorme, nemmeno si accorgerà della sua presenza. E poi me lo ha regalato Mich per Natale, quindi nessuna discussione a riguardo, lo teniamo e basta. Sono passata solo per vederti, comunque, devo andare a comprare delle cose.”

“Ovvero?”

Il Ministro guardò la figlia alzarsi dalla sua sedia con un sopracciglio inarcato, ma la rossa si limitò a stringersi nelle spalle mentre Thor la seguiva scodinzolando.

“Cose per lui, ovviamente, ho sempre sognato di poter prendere dei giochi per il mio cane! Vieni piccolo. Perciò rilassati, tolgo il disturbo in fretta, come vedi.”


Natalia prese di nuovo in braccio il piccolo Husky sotto lo sguardo del padre, che fece per dirle che non lo disturbava ma desistette quando la ragazza aprì la porta dell’ufficio:

“Andrej, possiamo andare! Beh, ciao tàta, immagino che prima o poi ti vedrò anche a casa.”

Natalia rivolse un cenno al padre prima di chiudersi rapidamente la porta alle spalle, lasciandolo improvvisamente solo. Il Ministro esitò, chiedendosi se la moglie l’avesse informata che due giorni dopo avrebbero dovuto vedere i Seversky.

Aveva la sensazione che non ne sarebbe stata molto felice, se l’avesse scoperto all’ultimo.


*



“Avanti, parla. Cosa c’è che non va? Stai bene?”
Oz parlò senza staccare gli occhi da Michael, seduto di fronte a lui, continuando a giocherellare con il suo bicchiere facendolo roteare su se stesso con un dito sul tavolo.

“Sto bene.”
“Sicuro? Ti conosco, Michael, e se c’è qualcuno con cui puoi parlare sono io, lo sai.”

“Quando hai questi momenti sentimentali rischio di commuovermi, Oz.”
“Sono serio, Dom. È successo qualcosa al Ballo?”

“No, il Ballo… è andato bene.”  Michael sospirò, abbassando lo sguardo sulla sciarpa che si era tolto poco prima e che ora stringeva tra le mani, accarezzando la lana con le dita. Oz seguì la direzione dello sguardo del ragazzo e inarcò un sopracciglio, guardandolo con curiosità crescente:

“Sciarpa nuova?”
“Me l’ha regalata Lia. L’ha fatta lei.”
“Che gesto romantico… Riguarda Natalia?”  Oz abbozzò un sorriso che il ragazzo non ricambiò, deglutendo prima di parlare a bassa voce e senza guardarlo in faccia:

“… Lei sa.”
“Sa che cosa?”
“Che sono sordo. E che non ci vedi dall’occhio destro.”

“Glielo hai detto tu?”
“Ovviamente no, lo ha capito da sola, anche se non so come di preciso. Me lo ha detto poco fa.”
Michael si strinse nelle spalle, continuando a non guardare l’uomo che invece lo scrutò con attenzione, improvvisamente molto serio:

“La gamba?”
“Nessuno lo sa.”

“Beh, se anche fosse sono sicuro che trattandosi di Natalia non sarebbe un problema. Ti vuole bene. E non fare quella faccia scettica, imbecille, nessuno fa una cazzo di sciarpa con l’uncinetto più lunga il doppio del normale se non ci tiene!”

“Oh, certo, ora che sa che sono una specie di disabile mi vorrà ancora più bene, è ovvio!”
“Non puoi sapere da quanto tempo lo sa, puoi solo chiederglielo. E tu la conosci bene, pensi che smetterebbe di tenere a te solo perché a conoscenza della tua sordità o della tua parziale cecità? Da come ne parli non è così superficiale.”

“E non lo è. Non lo è, ma lei è intelligente, è bella, simpatica, gentile e ricca, potrebbe avere il mondo ai suoi piedi se solo lo volesse, perché deve passare il tempo con uno come me? E se lo domandano un mucchio di persone, a scuola, anche se non sanno che sono un fottuto handicappato! E comunque è fidanzata, è il suo promesso sposo quello su cui ti ho chiesto informazioni, il suo dannato promesso sposo sano e ricco. E forse è meglio così, avrà la vita normale e senza problemi che si merita.”

“Che merita, forse, ma sicuro che la voglia? Michael, ascoltami.”

Oz si alzò in piedi quando anche Michael lo fece, allungando una mano per stringergli il braccio sinistro e impedirgli di allontanarsi:

“Vivere con te non è un problema, hai capito? Guardami Michael, voglio che tu ti ficchi in testa che non sei fonte di disturbo, io vivo con te da più di sette anni e non rimpiango affatto di averti portato qui, non l’ho mai rimpianto e mai lo farò. Tu non sei un problema.”


“Per te è diverso, conosci la mia famiglia e non avevi meno di vent’anni, chi vorrebbe fottersi la vita passandola accanto ad uno come me? Lei si sposerà, Oz, si sposerà e se ne andrà per la sua strada,  si dimenticherà di me e uscirà dalla mia vita, come tanti altri prima di lei. Va bene così.”

Michael serrò la mascella e si liberò dalla stretta di Oz con uno strattone prima di allontanarsi, dirigendosi verso le scale ignorando i richiami dello zio per raggiungere la sua camera. Voleva solo stare solo, in quel momento.


*


Martedì 25 Dicembre

 
Danimarca, casa Andersen



“Allora, ditemi, com’è andato il Ballo?”
“Molto bene, ci siamo divertiti. Novak ci è andato con Katja Smirnov, vero?”

Nerissa sorrise al ragazzo, seduto accanto a lei mentre la famiglia faceva colazione nella sala da pranzo addobbata per le feste. Novak però si limitò ad annuire, mentre Anneliese aggrottava leggermente la fronte, parlando con tono pensieroso mentre un Elfo Domestico iniziava a sparecchiare.

“Conosco gli Smirnov solo di nome… Ma sua madre è inglese, vero?”
“Sì zia, ma anche la sua famiglia è Purosangue. Burke o qualcosa del genere, mi pare.”

“Beh, ogni tanto è un bene “ampliare” i propri orizzonti, gira e rigira le famiglie più importanti di ogni Paese sono sempre le stesse… A tal proposito, come sta il figlio di Sven? Si caccia nei guai come al solito?”

Anneliese inarcò un sopracciglio e Novak annuì, continuando a fare colazione e parlando senza guardare la donna in faccia mentre Nerissa seguiva lo scambio di battute in silenzio e Jørgen, suo padre, si limitava a leggere il giornale senza far troppo caso a loro.

“Ivan sta bene, zia. Anche se sì, ogni tanto si mette nei guai, ma niente di grave.”
“Beh, a Capodanno verranno da noi anche loro, come ogni anno, spero che non succeda niente di grave. Merlino, ricordo quella volta in cui padre e figlio si misero a discutere davanti a metà degli invitati per non so quale suo comportamento scandaloso… In ogni caso, più tardi per pranzo arriverà la mia famiglia dall’America, Novak, ricordati che davanti a loro devi chiamarmi…”

“Stai tranquilla zia, lo so.”  Novak parlò con tono pacato e la donna annuì, sospirando prima di alzarsi e decretare che sarebbe andata a prepararsi per l’arrivo dei loro ospiti, suggerendo alla figlia di fare lo stesso. 



Meno di un’ora dopo Novak si stava effettivamente cambiando per l’arrivo della famiglia di sua zia, persone con cui lui non aveva in comune una singola goccia di sangue, ma questo loro non potevano saperlo. Nessuno, praticamente, sapeva che Anneliese e Jørgen non erano i suoi genitori.

Si stava finendo di abbottonare la camicia quando nella sua stanza entrò Nerissa, che gli sorrise mentre gli si avvicinava per poi aiutarlo ad infilare gli ultimi bottoni nelle asole:

“Ma come siamo carini… Speri che Katja spunti fuori da un quadro per far colpo su di lei, per caso? Beh, hai sentito la mamma, pensa che sarebbe un ottimo affare per noi.”
“Ti prego, sappiamo entrambi che per i tuoi genitori conti molto di più tu… ironico, no? In genere è il maschio quello su cui si riversano tutte le aspettative…”

“Non dire così, hanno a cuore anche il tuo futuro.”
“Davvero? E allora perché non mi hanno trovato nessuna fidanzata, a differenza tua? Non che io lo voglia, certo, ma è illuminante per comprendere come stanno le cose… se gli importa è solo perché a differenza tua io posso dare il nostro cognome a degli eventuali figli. Un cognome che in realtà nemmeno mi appartiene.”

Novak sbuffò con amarezza mentre s’infilava la giacca e Nerissa, sistemandogliela sulle spalle, gli scoccò un’occhiata severa:

“Certo che ti appartiene, Novak. Tua madre è una Andersen e tu, per quanto mi riguarda, sei mio fratello, lo sai. E credo che si siano prodigati tanto a farmi un contratto con qualche famiglia così presto, anche se ho solo 18 anni, perché non vogliono che io segua le orme… beh, di tua madre.”

“Beh, se ti può consolare nemmeno io voglio questo per te. Lei ha sofferto molto, non dev’essere facile essere separati dal proprio figlio.”

“Beh, comunque andranno le cose io avrò sempre te e tu me, ok? Per tutto il mondo sei e sarai mio fratello Novak e vale anche per me, indipendentemente da tutto il resto.”

Nerissa gli sorrise con fare deciso e rassicurante allo stesso tempo e Novak la imitò, annuendo prima di abbracciarla e mormorarle qualcosa all’orecchio con affetto:

“Immagino che non avrei potuto chiedere sorella adottiva migliore.”
“Hai proprio ragione, sono felice che tu lo ammetta.”

Nerissa sorrise prima di sistemargli i capelli scuri con una mano e Novak rise, prendendola sottobraccio per uscire dalla stanza insieme.


*


Sven SvenssonImage and video hosting by TinyPic


“Io vado a salutare la mamma.”

Lui e suo padre quasi non si erano rivolti la parola da quando Ivan aveva messo piede dentro casa il giorno prima, e l’uomo sollevò lo sguardo da uno dei biglietti di auguri che stava leggendo per posarlo sul figlio, che si stava infilando la sciarpa fermo sulla soglia del salotto, a pochi metri di distanza:

“Ti accompagno?”
“No, ci vado da solo.”

Il ragazzo si voltò, dandogli le spalle subito dopo aver parlato con tono freddo e piuttosto sbrigativo, come se non volesse permettergli di contestare la sua decisione. 
Cosa che il padre effettivamente non fece, limitandosi ad annuire e a guardarlo allontanarsi prima che sparisse dalla sua vista, udendo semplicemente la porta d’ingresso aprirsi e chiudersi poco dopo.

A quel punto, rimasto solo, Sven abbassò di nuovo lo sguardo. 
Un unico sospirò risuonò nella stanza vuota.


*




“Grazie Pac.”
Michael abbozzò un sorriso quando il suo Elfo Domestico, Packy, gli sistemò un vassoio carico di vivande sul comodino. 

“Prego Boss. Il Signor Oz vuole sapere se vuole fare qualcosa, oggi.”
“Mi piacerebbe andare alla Baita.” 

Michael annuì, sedendosi contro i cuscini appena prima che la voce di Oz giungesse alle sue orecchie:


“Ottima idea ragazzo, perché non passerai tutte le vacanze chiuso in camera a mangiare dolci come una ragazzina dal cuore spezzato!”
“Mangio tutti i dolci che mi pare!”

Michael sbuffò, rivolgendo un’occhiata torva allo zio che invece sorrise, avvicinandosi per rubargli un muffin:

“Sì, proprio come una ragazzina. È Natale Mich, saranno felici di vederti… alzati, quando vuoi andiamo in Slovenia.”

Michael annuì e lo guardò uscire dalla stanza prima di iniziare a fare colazione, con Packy che gli chiese premurosamente se avesse dormito bene o se avesse sentito freddo.

“Rilassati Pac, a scuola fa molto più freddo. E Buon Natale anche a te. Tieni, mangiali tu questi.”

Il ragazzo sorrise e porse all’Elfo una fetta di torta e i biscotti allo zenzero, asserendo che per lui era troppa roba e insistendo quando il suo piccolo amico rifiutò. 

Poco dopo Michael si alzò, infilandosi la vestaglia e assicurandosi che la protesi fosse fissata a dovere prima di attraversare la stanza – fermandosi ad accarezzare Achille quando il grosso cane lo raggiunse facendogli le feste – e raggiungere la grande terrazza che dava sul Mar Adriatico. 

Quando era arrivato lì per la prima volta da bambino era rimasto tanto meravigliato dal mare che Oz gli aveva promesso la stanza con la vista migliore. Inizialmente ci aveva messo un po’ a capire cosa l’uomo intendesse, arrivando persino a chiedersi se non stesse fraintendendo il suo labiale: cosa voleva dire con “dargli la camera”? Lui non aveva mai avuto una stanza tutta sua nei suoi primi anni di vita, tanto che anche dopo tutto quel tempo faceva fatica ad avere tanto spazio a sua completa disposizione.
Ad alcune cose non ci si sarebbe mai abituato del tutto, probabilmente.

*


Ivan s’inginocchiò per sistemare i fiori e una volta finito si alzò lentamente, infilandosi le mani nelle tasche mentre teneva gli occhi scuri fissi sulla lapide lucida e sul nome incisoci sopra, ormai leggermente rovinato. 

Irene Thoransdòttir riposava lì da dodici anni, e ogni volta in cui andava a trovarla Ivan restava lì, in piedi, osservando la sua lapide senza sapere cosa dire.
Si chiedeva sempre cosa avrebbe pensato di lui sua madre se l’avesse visto crescere, e sopratutto se fosse possibile sentire la mancanza di qualcuno che infondo nemmeno ci si ricordava a dovere: lui della donna non aveva che ricordi sbiaditi, e forse nemmeno molto veritieri.

Erano passati anni dall’ultima volta in cui lui e suo padre erano andati insieme in cimitero, e ogni volta Ivan si domandava se sua madre li vedesse e in quel caso cosa pensasse del fatto che ormai quasi non si rivolgessero la parola, se non per discutere.
Probabilmente non ne sarebbe stata molto felice… ma infondo Irene non era stata molto felice nemmeno in vita, a giudicare dal modo in cui se n’era andata.

Il ragazzo sbuffò debolmente e abbassò lo sguardo sui propri piedi, muovendosi nervosamente sul posto prima di mormorare qualcosa, con voce bassa e leggermente rotta:

“Buon Natale mamma. Da parte di entrambi.” 

Ogni anno, era tutto ciò che riusciva a dire.


*

Adrian Image and video hosting by TinyPic e Ilda NordströmImage and video hosting by TinyPic
 

“Allora, dicci tesoro, com’è andato il Ballo?”

Quando sua nonna Ilda, seduta accanto a lei mentre la famiglia faceva colazione, le sorrise e le pose quella domanda ad Elvira andò quasi il suo pane imburrato di traverso, rivolgendo un’occhiata allarmata alla nonna mentre i suoi tre fratelli sollevavano sincronicamente la testa di scatto, guardandola tutti con gli occhi azzurri fuori dalle orbite:

“Ballo?! Quale Ballo? Nonna, di che parli?” 
Cogliendo lo sguardo implorante della nipote Ilda si riscosse, schiarendosi la voce prima di liquidare il discorso con un gesto della mano:

“Oh, forse non dovevo… Ma niente ragazzi, vostra nonna sta invecchiando e inizia a perdere colpi, mi sono confusa…”
“Hai 62 anni cara, non sei vecchia.”

Quando Adrian si rivolse alla moglie inarcando un sopracciglio e sollevando lo sguardo dal suo giornale Magnus annuì vigorosamente, rivolgendosi alla sorellina con sguardo assassino:

“Esattamente! Elvira, c’è stato un Ballo a Durmstrang e non ci hai detto niente?!”
“Emh…”
“Con chi ci sei andata?”
“Nonna, e tu perché non ce ne hai parlato?!”

“Non parlare a tua nonna con quel tono, ragazzo!”
“Io l’avevo detto che dovevo farmi bocciare per restare a scuola un altro anno!”

“Ma non dire assurdità, Ruben!”


Mentre tutta la famiglia era impegnata a discutere Adrian roteò gli occhi chiari al cielo, piegando il suo giornale e chiedendosi perché non riuscissero ad avere un pasto normale nemmeno la mattina di Natale. Dopodiché si schiarì la voce, attirando l’attenzione di moglie e nipoti su di sè:

“Elvira non vi ha detto niente perché siete tre inguaribili idioti sentimentali che la trattano come una bambola di cristallo. Ormai è grande, lasciatela stare.”
“Ma proprio tu parli, quando ti fa gli occhi dolci o si siede sulle tue ginocchia fai tutto quello che vuole!”

Adrian si strinse nelle spalle senza scomporsi di fornite all’accusa del nipote più grande, adagiandosi sullo schienale della sedia posta a capotavola:

“Ma che centra, io sono il nonno ed è normale… in ogni caso, Elvira sa badare a se stes- Beh, insomma, per fortuna è piena di amici che si preoccupano per lei.”

“Ma nonno, io so badare a me stessa!”
“L’anno scorso sono dovuto venire a recuperarti in bagno sfondando la porta, Elvy.”
“Sono certa che queste cose succedono a tutti!”

“A noi no.”
“Come volete. Adesso, se non vi dispiace andrò a fare una passeggiata nel bosco. Da sola con Saor, perché so badare a me stessa.”

Elvira si alzò con aria stizzita e poi si allontanò con gli sguardi dei familiari puntati su di sè, ma non era ancora sparita dietro la porta quando Nikolai si rivolse al fratello maggiore in un sussurro:

“Le diamo dieci minuti di vantaggio e poi la seguiamo, altrimenti si perde come due anni fa.”
“Era implicito.”


*


Mercoledì 26 Dicembre 


Sebastian Seversky Image and video hosting by TinyPic


Natalia sedeva in silenzio al suo posto alla tavola elegantemente apparecchiata, gli occhi fissi sul suo piatto ancora quasi pieno. Suo padre, seduto a capotavola con sua madre alla sua destra e il Signor Seversky a sinistra, era impegnato a parlare con quest’ultimo, un po’ di lavoro e un po’ del fidanzamento dei loro figli. 
La ragazza allungò una mano per prendere il suo bicchiere e bere un sorso d’acqua, sollevando al contempo lo sguardo per lanciare un’occhiata a Sebastian, seduto di fronte a lei. Lo stesso Sebastian che stava parlando con sua sorella, seduta accanto a lui.

Sul fatto che quasi la ignorasse, Natalia non gliene faceva una colpa, probabilmente era felice di quel teatrino tanto quanto lei. Altrettanto probabilmente la vedeva solo come la ragazzina carina e molto ricca che suo padre aveva scelto per lui.
Chissà, magari avrebbe preferito Monika al suo posto, con cui aveva quattro anni di differenza invece di otto, ma disgraziatamente sua sorella era già fidanzata e prossima alle nozze. E perché Monika non si fosse mai minimamente opposta a quel fidanzamento, Natalia non riusciva proprio a capirlo.

Forse avevano semplicemente punti di vista differenti, lei e Monika, e aspettative diverse.


Quando sentì suo padre iniziare a parlare della dote a Natalia passò completamente l’appetito, continuando a tenere gli occhi castani fissi sul suo piatto senza quasi averlo toccato, in silenzio.

Fu solo quando sentì parlare di date che la ragazza alzò lo sguardo, puntandolo sul padre con una nota allarmata nello sguardo e sperando vivamente di aver frainteso:

“Come? Il prossimo… il prossimo Autunno? Ma Monika è fidanzata da due anni e si sposa tra quattro mesi, non si potrebbe rimandare all’anno prossimo? Siamo già… impegnati con i suoi preparativi, al momento.”
“Beh, è proprio per questi che pensavamo all’Autunno e non all’Estate, tesoro, non ci sarebbe quasi il tempo materiale di organizzare tutto.” 

Sua madre parlò con tono neutro prima di portarsi il bicchiere di vino alle labbra e Natalia, che aveva ormai la gola piuttosto secca e sentiva una fastidiosa sensazione di panico crescere a dismisura dentro di sè, parlò deglutendo a fatica:

“Avrò appena 18 anni. Che fretta c’è?”
“Beh, Sebastian ne avrà 26, cara, perché aspettare ancora?”

“Speravo di avere più tempo.”
“Più tempo per cosa, Natalia?”

Per vivere la mia vita, avrebbe voluto rispondere la ragazza, ma non lo fece e tacque, voltandosi di nuovo ma sentendo, questa volta, tutti gli sguardi puntati su di sè.

Anche Sebastian ora la guardava e pochi istanti dopo il mago abbozzò un sorriso, rivolgendosi a genitori e futuri suoceri:

“Se ne può parlare la prossima volta, no? Monika si sposa tra pochi mesi, non dovremmo rubarle la scena.”

Natalia sollevò lo sguardo sul ragazzo e per la prima volta da quando aveva preso posto abbozzò un sorriso, guardandolo quasi con una punta di gratitudine.


*


Lunedì 31 Dicembre


 “Bambi, stai attenta!”

Elvira ignorò le parole di Magnus e rise mentre lo prendeva per mano, facendoli girare su se stessi mentre pattinavano sul lago ghiacciato.

Sulla riva si era radunata tutta la sua famiglia, e Ilda stava portando tazze di cioccolata calda per tutti i Nordström infreddoliti. 

“Di che cosa hai paura Magnus, siamo pattinatori esperti!”
“Sì, ma non escludo che tu possa cadere rovinosamente…”

Il fratello maggiore scosse il capo con disapprovazione e la sorellina si fermò, stringendo le sue mani con le proprie, molto più piccole e coperte dai pesanti guanti:

“Magnus, lo sai che vi adoro, tutti e tre, ma dovete smetterla di trattarmi come se fossi un prezioso uccellino da tenere nella sua gabbia d’oro per impedire che si faccia male. Ha bisogno di uscire e volare un po’, ogni tanto.”
“Lo so. Lo so, è solo che ti vedo sempre come la mia piccolina.”

“Non sono più quella bambina, lo sai vero?”
Sul volto di Elvira fece capolino un sorriso quasi triste che fece annuire il maggiore, che sospirò mentre chinava il capo. 

“Immagino di sì. Ma non vogliamo che ti succeda niente comunque.”
“E non mi succederà niente, perciò non voglio più sentire discorsi come quelli della Primavera scorsa, quando avete dato di matto perché nessuno di voi sarebbe venuto a scuola con me! Grazie al cielo Ruben non si è fatto bocciare e Nikolai non si è fatto assumere come insegnante…”

“Io sono ancora in tempo per nascondermi nel tuo baule, però.” Magnus abbozzò un sorriso ma Elvira non battè ciglio, limitandosi a prenderlo sottobraccio per tornare da nonni, fratelli, zii e cugini:
“Impossibile, non ci staresti mai, sei troppo grosso, gigante. Invece di pensare a me, Magnus, dovresti proprio trovarti una ragazza, sei tanto carino!”

“Elvy, parli come la nonna adesso…”


*


Natalia era seduta sul suo letto, già vestita e pettinata di tutto punto, e teneva gli occhi fissi sullo specchio, studiando il proprio riflesso. Con le mani sfiorava la gonna azzurra del suo vestito e sentiva delle voci provenire dal piano di sotto, ma non aveva nessuna voglia di scendere per la festa.

Quella sera i suoi genitori avrebbero annunciato ufficialmente il fidanzamento. In pratica, quella sera sarebbe diventato reale al 100%, nonostante lei negli ultimi mesi avesse fatto di tutto per non pensarci affatto. 

Thor le si avvicinò scodinzolando e con la sua pallina in bocca, chiedendole di giocare, ma la strega si limitò a prenderla con un sospiro prima di lanciarla con scarsa energia. Il cucciolo gliela riportò poco dopo ma Natalia lo prese in braccio, sfiorandogli il morbido pelo grigio profumato visto che gli Elfi lo avevano lavato quella mattina.

“Devo andare di sotto adesso, ma preferirei restare qui con te. O essere in un posto totalmente diverso, sai?”
Thor per tutta risposta le diede una leccatina sulla mascella e la ragazza sorrise, guardandolo con affetto. 

“Sei proprio un adorabile cucciolino. Chissà come sta Mich…”

Natalia aggrottò leggermente la fronte, pensando alla lettera che gli aveva scritto senza però ottenere risposta.
Era Capodanno, chissà cosa stava facendo. Probabilmente era stato inchiodato anche lui ad un qualche evento?

La ragazza lasciò il cane sul pavimento prima di alzarsi, udendo qualcuno bussare alla porta in un chiaro invito a sbrigarsi. 
Stava per rispondere che era pronta quando si bloccò, rendendosi conto che non lo era affatto. E forse non lo sarebbe mai stata, per quello che le stavano chiedendo di fare.

Natalia indugiò, indecisa sul da farsi, ma alla fine prese il primo mantello che trovò e raggiunse il bagno privato che collegava la sua stanza a quella di Monika, voltandosi sull’uscio per rivolgersi a Thor, che la guardava con curiosità e abbaiò in direzione della padrona:

“Fai il bravo, ok? Piotr!”
Un attimo dopo l’Elfo fece la sua comparsa, ma non fece in tempo ad inchinarsi e a chiedere alla ragazza cosa volesse che lei parlò con fare sbrigativo, infilandosi il mantello blu notte:

“Piotr, occupati di Thor.”
“Miss, dove sta… MISS!”

L’elfo squittì spaventato quando la giovane strega gli diede le spalle e superò il bagno per raggiungere la stanza vuota della sorella, attraversandola rapidamente per poi aprire una delle due porte ed evitare così di uscire nel corridoio principale molto affollato.

Si sfilò rapidamente i tacchi per non far rumore e prese a scendere silenziosamente la stretta scala a chiocciola di servizio che nessuno usava mai, evitando così di passare davanti ai camerieri o agli Auror presenti.

Era appena arrivata al pian terreno per sgattaiolare attraverso la porta sul retro quando Andrej, spazientito, aprì leggermente la porta a doppia anta bianca della sua camera:

“Signorina, devo insistere, sua madre dice che gli invitati sono tutti arrivati e la cena comincerà a breve, deve scendere!”

“Miss Natalia è andata via!”
“CHE?” L’Auror spalancò la porta udendo quella voce acuta pronunciare quelle parole, ritrovandosi a guardare con orrore un Elfo Domestico che teneva un cucciolo tra le braccia, gli occhi lucidi. 

“E dov’è andata?!”
“Piotr non lo sa.” L’Elfo chinò il capo, pronto a ricevere una dolorosa punizione, ma L’Auror si limitò ad imprecare di sbattere la porta della stanza con rabbia, abbaiando furiosamente ai colleghi presenti di cercarla e di andare ad avvisare suo padre mentre scendeva le scale di corsa.


“Non ci si può Materializzare dentro i confini della casa, prima di farlo deve uscire, quindi forse è ancora qui! Dannazione, chi glielo dice al Ministro che ci siamo fatti scappare sua figlia proprio stasera…”


*


“Novak!”

Novak, che era stato incaricato di accogliere gli ospiti insieme a Nerissa, sorrise quando si sentì chiamare da Ivan, voltandosi verso l’amico appena in tempo per essere travolto da uno dei suoi abbracci. 
“Ciao Ivan, sono felice di vederti… ti sono mancato per caso?”

Novak sorrise mentre l’amico lo lasciava andare, guardandolo annuire sorridendo a sua volta prima di voltarsi vero Nerissa:

“Ma certo! Ciao Nerissa… Posso rubarti tuo fratello per un po’, ti spiace?”
“No, fa pure, meglio tu di tutte quelle oche che gli sbavano dietro senza ritegno…”

Nerissa alzò gli occhi al cielo e liquidò i due con un cenno della mano, tanto che Ivan non se lo fece ripetere e si affrettò a mettere un braccio intorno alle spalle dell’amico, trascinandolo con sè verso il rinfresco.

“Allora, come stanno andando le vacanze?”
“Stai parlando di me di mio padre, Novak, ci siamo limitati a parlare poco e per ora non abbiamo mai discusso, ci stiamo impegnando, devo dire, ma immagino aiuti il fatto che non abbiamo quasi ancora visto mio nonno… ma parliamo di te, come vanno le cose qui? Hai sentito Katja, per caso? Sua sorella si sposa tra pochi giorni, se non erro.”

“Sì, il cinque. Perché me lo chiedi?” Novak rivolse un’occhiata scettica all’amico, che però per tutta risposta si limitò a sorridere con fare innocente e a sollevare le sopracciglia:
“Perché non dovrei, che c’è di strano, è nostra amica, no?”

“Sì, certo…” Novak aggrottò leggermente la fronte, apparentemente poco convinto, ma Ivan non sembrò farci caso e gli propose allegramente di andare a saccheggiare una cheesecake dall’aria particolarmente invitante che lo stava chiamando. 

“Ma così ti rovinerai l’appetito!”
“Se avessi una madre direi che sembri lei, Novak, sai?”


*


Michael non aveva molta voglia di ballare, non quella sera, e sedeva ad ogni dei tanti tavoli che erano stati sistemati per la festa nel grande salone al pian terreno dell’enorme Villa sul mare di Oz.

Il ragazzo tamburellava la mano sinistra sul tavolo coperto dalla tovaglia bianca e osservava distrattamente le coppie danzare, in un turbinio di musica, colori e tessuti pregiati. 
Oz si lamentava di averlo visto più “musone” che mai nei giorni passati a casa, e anche se aveva avuto molti pensieri Michael era stato ben felice di farai coccolare e viziare sia da lui che da Packy, il suo fedele “valletto”.


Quando sentì un paio di piccole e fredde mani poggiarglisi sul volto, più precisamente all’altezza degli occhi, Michael si trattenne dal sbuffare sonoramente: era sempre il primo che si divertiva a “giocare” con chiunque incontrasse sulla propria strada, specie quando si parlava di intrattenere il gentil sesso, ma quella sera no, non era proprio in vena, né di sorrisi di circostanza, né di complimenti: del resto era un gioco per loro quanto lo era per lui, così come a scuola, sapeva per certo che nessuna avrebbe mai preso sul serio le sue attenzioni. 
Lui era Michael Hoax, non era mai serio in quel frangente, di certo gran parte delle persone che conosceva si sarebbero trovate d’accordo sotto quel punto di vista.

“Se mi copri gli occhi non avrò il piacere di poterti ammirare, tesoro.”
“Oh, hai ragione… Ti sono mancata, vero splendore?”

Quando sentì la divertita voce di Natalia Michael si sentì quasi mancare, chiedendosi se non avesse iniziato ad avere anche le allucinazioni mentre le sue mani si spostavano dal suo viso alle sue spalle e la ragazza si chinava per dargli un rapido bacio su una guancia prima di sedersi di fronte a lui. 

Sorrise, Natalia, ma lui non la imitò, limitandosi a guardarla con la bocca semiaperta e l’occhio buono spalancato:

“Che cosa… Che cosa ci fai qui?”
“Beh, sai come si dice, no? Le feste migliori sono quelle con qualche imbucato… no, rilassati, non sono proprio un’imbucata… per lo meno, Oz sa che sono qui. Allora, come stai?”

Natalia gli sorrise dolcemente e si avvicinò leggermente al ragazzo con la sedia, sporgendosi appena verso di lui mentre Michael deglutiva, sentendosi la gola improvvisamente secca. 
Allungò una mano per prendere il suo bicchiere mentre biascicava di stare benissimo, chiedendole di nuovo che cosa ci facesse lì, a casa sua, la sera di Capodanno.

“Beh, mi mancavi, avevo voglia di vederti, non hai risposto alla mia lettera… e a dir la verità sono scappata dalla mia festa di fidanzamento.”

Natalia si strinse nelle spalle mentre a Michael andava quasi di traverso il Whisky Incendiario, non seppe se più per la parte finale o iniziale suo discorso.

“C-cosa? Cioè, nessuno sa che sei qui? E … festa di fidanzamento?”
“Sì, insomma, stasera i miei genitori l’avrebbero… annunciato. Non lo so Dom, all’improvviso è diventato tutto molto reale e credo che mi sia preso il panico.”

Natalia sospirò e rivolse un’occhiata cupa ai ballerini, mentre Michael, continuando a guardarla con uno strano ronzio in testa, si chiedeva se per caso non avesse espresso ad alta voce quel pensiero formulato al Ballo, quando era stato tentato di proporle di andarsene di casa per stare da lui in Croazia e saltare il matrimonio.

No, non poteva averlo detto ad alta voce.

Stava quasi per chiederle ulteriori spiegazioni quando lei si voltò di nuovo verso di lui e allungò le mani per stringere la sua, guardandolo con quella nota affettuosa e quasi apprensiva che gli scaldava sempre il cuore:

“Tu come stai, comunque? Rispondi sempre alle mie lettere, ero preoccupata!”
“Lia, io… Insomma, da quanto lo sai? Mi riferisco al fatto che non ci sento affatto, e che sono cieco dell’occhio destro, nessuno lo sa, come lo hai capito?”

“Passiamo tanto tempo insieme da anni, Mich… non saprei, ci sono tante piccole cose. Forse non lo fai apposta, non credo, ma ti siedi sempre alla destra della gente, a volte non ti accorgi di cose che succedono alla tua, cose del genere… e quanto ti ci si avvicina da quella parte ti volti per parlare, come se non potessi vedere il tuo interlocutore senza farlo. Naturalmente non ne ero sicura, come potevo, per questo non ti ho mai detto niente. L’altro giorno mi è scappato, mi dispiace molto. E ti giuro che non ne farò parola con nessuno, sono affari tuoi e…”

“Lo so. Lo so, non è questo il punto. È solo che sei la prima a saperlo nella… seconda parte della mia vita, a parte Oz. Mi ha un po’ shockato, tutto qui.” 
Michael si strinse nelle spalle chinando il capo mentre Lia, invece, gli sorrise, prendendogli anche la mano destra tra le sue prima di parlare:
“Perché? Mich, non te ne devi vergognare, e comunque sono io.”

“Beh, disgraziatamente il mondo non è pieno di Natalie amorevoli. E a Durmstrang non accettano persone come me, anche se si tratta di qualcuno legato ad uno come Oz.”
“Il tuo segreto è al sicuro con me, hai la mia parola. Anche se ripeto che non te ne devi vergognare, questo non cambia assolutamente quello che penso o provo per te.”

Michael deglutì, sentendosi avvampare, e fece per chiederle cosa pensasse esattamente di lui quando si sentì improvvisamente osservato.
Voltandosi si rese conto di avere gli occhi di Oz puntati addosso, che gli stavano mandando un chiaro messaggio:

Falla ballare, idiota.

“Emh… Vuoi ballare, Lia? Poi mi spieghi per bene cosa avevi in testa quando sei venuta qui, i tuoi genitori staranno dando di matto.”
Michael si alzò continuando a stringere la mano dell’amica, che annuì prima di imitarlo e stringersi nelle spalle mentre raggiungevano insieme la pista:

“Semplicemente non voglio sposarmi perché costretta, e con qualcuno che praticamente non conosco… senza contare che ha diversi anni in più rispetto a me. Tra l’altro, pare che vogliano fissare la data per il prossimo Autunno, molto prima di quanto io immaginassi. Perché, secondo te dovrei farlo?”

Natalia gli rivolse un’occhiata scettica e Michael scosse lentamente il capo, limitandosi a sospirare mentre faceva scivolare una mano sulla schiena della ragazza, attirandola leggermente a sè prima di sistemare il volto accanto al suo, con il mento che le sfiorava i capelli rossi:

“… No Lia. Io credo che tu dovresti essere felice e basta.”


*



Sabato 5 Gennaio 



“Ragazze, siete pronte?!”

Alexei infilò la testa nella stanza, ma se ne pentì subito dal momento che ricevette come risposta solo un coro di proteste e di inviti più o meno gentili a lasciarle finire di sistemarsi in santa pace.

L’uomo alzò gli occhi al cielo ma non osò ribattere – quella giornata era iniziata solo da poche ore e lui già non vedeva l’ora che finisse – e si affrettò a dileguarsi chiudendo la porta per lasciarle finire, mentre Katherine sistemava il velo della sposa insieme ad Eleanor, la Damigella d’Onore, Alexandra aggiustava i capelli di Katja e infine Eloise ed Ivan si facevano gli occhi dolci e ridevano in un angolo, mentre lei gli teneva le braccia intorno al colo e lui alla vita.

“Fidanzatini, potete rimandare le effusioni e venire a darci una mano? El, vieni, la mamma vuole fare una foto alle “sue ragazze” prima delle nozze.”

Alexandra richiamò l’amica all’ordine con un cenno sbrigativo, e a quelle parole Eloise dovette sorridere con fare di scuse al fidanzato per poi raggiungere sorella e amiche, mentre ad Ivan non restò che sollevare le braccia e chiare che sarebbe andato a prendere posto insieme al fratello minore.

“Mamma, dopo puoi fare una foto solo a me? Voglio far vedere il vestito alle ragazze quando tornerò a scuola.”

Katja si lisciò la gonna in tulle color argento del suo vestito – uguale a quello che indossavano Eloise e Alexandra, mentre quello di Eleanor era lungo anziché corto e aveva le maniche a tre quarti e costellate di minuscoli diamanti, così come la parte superiore dell’abito – mentre si metteva in posa tra Gabrielle e Alexandra, sorridendo alla fotocamera che sua madre teneva in mano mentre faceva cenno alle cinque di stringersi:

“Sì, sì, va bene, ma ora sbrigatevi o il povero sposo penserà di essere stato abbandonato all’altare! Bene fanciulle, come siete belle… sorridete!”








…………………………………………………………………………………
Angolo Autrice:

Buonasera, o Buonanotte o Buongiorno. (cosa si dice alle due di notte passate?)
Allora, spero che alle autrici dei ragazzi inglesi non abbia dato troppo fastidio, ma ho deciso di spezzare a metà le vacanze di Natale visto che, in caso contrario, sarebbe uscito un capitolo ancor più lungo del precedente – e in realtà nemmeno questo si può definire corto –. Senza contare che già conoscete famiglie e storie di quei personaggi, mentre questi sono del tutto “nuovi”.
Ad ogni modo spero che vi sia piaciuto, ci sentiamo probabilmente l’11 con il seguito e con le vacanze dei britannici… e anche con la seconda parte del matrimonio di casa Smirnov. 

Buonanotte, 
Signorina Granger 


Ps. Questo è il vestito da damigella di Katja:
Image and video hosting by TinyPic

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo 10 - II ***


Capitolo 10 - II

 
Lunedì 24 Dicembre 


“Qualcuno di voi li vede?!”
Rose, in piedi vicino al treno, sbuffò mentre si guardava intorno alzandosi in punta di piedi, cercando di scorgere i genitori tra la folla mentre accanto a lei Andrew e Kristal erano occupati nella medesima operazione. 
“Quello non è papà?”

La minore dei fratelli Carsen indico una figura poco distante e Rose, essendo più alta della sorellina, annuì con un sorriso dopo aver seguito la direzione indicatale dalla Serpeverde:

“Decisamente sì… andiamo ragazzi. Papà!”

Regan, sentendosi chiamare dalla familiare voce della primogenita, la cercò freneticamente con lo sguardo e il suo viso si aprì in un sorriso quando scorse i figli, avvicinandosi ai tre a sua volta allargando le braccia:

“Piccola! Mi sei mancata tantissimo… come stai?”

“Ma certo, fate come se noi non esistessimo, figuriamoci…” Andrew sbuffò e alzò gli occhi al cielo, mentre Kristal al contrario sorrise e guardò la sorella abbracciare il padre quasi con un che di divertito nello sguardo.

“Lascialo fare Drew…”

“Benissimo, come vedi, ma felice di essere a casa per un paio di settimane. La mamma?”
“A casa a preparare non so quante portate per festeggiare il vostro ritorno a casa… Allora, dimmi, com’è andato il… Emh… Ballo? Ci sei andata con Graham, no?”


Regan parlò sistemando un braccio sulle spalle della figlia, che annuì e arrossì leggemrnete prima di rispondere:

“Sì, è andato… bene.”
“La mamma e Zia Elena muoio dalla voglia di sentire com’è andata, dopodomani li vediamo e ti tartasseranno, preparati.”

La bionda s’irrigidì leggermente alle parole del padre, guardandolo con leggera apprensione:

“Oh. Il 26 vediamo i Greengrass?”
“Sì, a casa loro. Non ti va?”

“No, no. Certo che mi va, è ovvio. Sono felice di essere a casa, mi sei mancato anche tu.”

Rose sorrise e appoggiò la testa sulla spalla del padre dopo avergli dato un bacio su una guancia, facendolo sorridere mentre stringeva la presa sulle due spalle.

“Siamo felici di riaverti a casa anche noi. Vi hanno trattati bene a Durmstrang, vero?”

“Scusate, ma io e Kristal chi siamo, i vicini della porta accanto? (Questa citazione viene direttamente da Harry Potter, quindi se non la cogliete disonore su di voi e sulla vostra mucca)


*


“Finalmente a casa, tutte quelle Passaporte mi hanno reso storno…”

John si accasciò sul letto con un sospiro di sollievo, immensamente felice di essere a casa: prima la Passaporta per Hogwarts, poi il treno e poi una Passaporta per l’America, quella Vigilia di Natale era iniziata in modo a dir poco movimentato.

“Non preoccuparti, non dipende dalle Passaporte… La mamma ha detto che saresti andato al Ballo con una ragazza, chi è?! Voglio sapere tutto, dovrebbero organizzare un Ballo anche ad Hogwarts, non è giusto!”

Edith entrò con noncuranza nella camera del fratello maggiore, raggiunse il letto e sedette a gambe incrociate accanto a lui parlando con aria pensierosa, ignorando lo sbuffo del fratello che venne attutito dal materasso su cui si era steso.

“Lo faranno quando i nordici verrano da voi, probabilmente.”
“Sarebbe grandioso!”

Edith sfoggiò un sorriso allegro che il ragazzo non ricambiò, sollevando la testa sorreggendosi con i gomiti per rivolgerle un’occhiata torva: a lui non sembrava tanto grandiosa, quella prospettiva. Un mare di ragazzi nordici intorno alla sua sorellina? No signore!

“Sì, beh, comunque sono andato al Ballo con Julie.”
“Julie Julie? Julie Farrel? Julie la nostra compagna di Casa?”

“Non ne conosco altre.”  John sbuffò debolmente, rotolando su se stesso per mettersi steso a pancia in su e portarsi le mani dietro la nuca mentre Edith, accanto a lui, gli si avvicinava carponi per scuotergli una spalla, guardandolo con insistenza e curiosità: 

“Beh, non tenermi sulle spine, com’è andata? Sei stato carino con lei? È sempre molto gentile con tutti.”
“Io sono sempre carino!”
“Oh, certo, lo so bene fratellone… Avete ballato?”

“No.”
John fissò lo sguardo sul soffitto della camera, parlando con noncuranza mentre Edith, accanto a lui, sgranò gli occhi chiari con orrore:
“No?!”
“No Edith, abbiamo cucinato delle pizze. Certo che abbiamo ballato, era un Ballo!”

Il ragazzo sbuffò, roteò gli occhi e la minore lo imitò, colpendolo allo stomaco con il primo cuscino che le capitò sotto tiro:

“E allora racconta, su!”

“Dai Edith, non mi va, sono stanco, ne parliamo un’altra volta.” John sbuffò e si voltò per dare le spalle alla sorellina, che fece per protestare quando la madre entrò nella stanza, sorridendo allegramente ai figli:

“Ah, eccovi qui! Stasera abbiamo i nonni Carrington a cena, quindi cercate di mettere a posto le vostre cose per tempo. E il 31 torniamo in Inghilterra dai miei genitori. Ma ora… Su John, raccontaci del Ballo!”
 
“Merlino, a saperlo sarei rimasto a Durmstrang!”


*


“Sinistra… Un po’ più a destra, no, non così tanto, di meno! Ok, fermo. Anzi… forse il chiodo era meglio metterlo più su… tu che ne dici?”

Adela, in piedi nel salotto di casa, si voltò verso la figlia maggiore, India, con un sopracciglio inarcato, chiedendole il parere sulla questione mentre Hector, a pochi metri da loro, reggeva la tela cercando di seguire le indicazioni della moglie.

“Forse hai ragione mamma, sì.” India annuì, osservando il dipinto che Silvy aveva regalato alla madre con la sua stessa espressione accigliata mentre il padrone di casa sbuffava, chiedendo cortesemente a moglie e figlia di decidersi.

“Thor, puoi mettere un altro chiodo dieci centimetri più su, per favore?”
“Certo cara…”
Hector alzò gli occhi al cielo, ma non osò ribattere mentre Silvy faceva il suo ingresso nella stanza.
“Oh, state appendendo il mio quadro! Ti piace, mamma?” 
“Sì tesoro, moltissimo, anche se mi fa rabbrividire solo guardarlo… mi da’ proprio una forte sensazione di freddo, non so come spiegarlo…”

Silvy abbozzò un sorriso alle parole della madre, avvicinandosi al padre mentre guardava la tela che lei stessa aveva dipinto nelle settimane precedenti, a Durmstrang, raffigurando il panorama a cui si aveva accesso tramite la finestra della sua stanza.


“L’idea era di mostrarvi il paesaggio di lì, ma sapevo che avresti detto così, mamma. Ma smettetela di sfruttare papà, poverino! In questi giorni sarà tutto per me.”

 Silvy abbracciò teneramente il padre con un sorriso che il mago ricambiò, stringendola con un braccio prima di lasciarle un bacio tra i capelli scuri e mormorare che era felice di riaverla a casa per qualche giorno.
India invece alzò gli occhi al cielo, ritrovandosi davanti ad una scena che aveva già visto molte altre volte:

“Naturale, Silvy è felicissima di essere a casa con l’amore della sua vita… Hai sentito la nostra mancanza, piuttosto, sorellina?”
“Di te e di quelle altre due che mi rubate le cose? Nah. Di sorelle ne ho tante, di papà c’è n’è solo uno.”

“E di mamma scusa?!” 
“Sì, anche di mamma, non essere gelosa.”


*


Martedì 25 Dicembre


Charlotte sedeva davanti alla sua toeletta, impegnata a mettersi gli orecchini pendenti prima di scendere al piano di sotto e accogliere i loro ospiti per la cena. Poteva quasi sentire le voci di Regan, di Stephanie o dei loro figli che chiacchieravano, ma invece di alzarsi dalla sedia la donna gettò un’occhiata al proprio riflesso, aggiustandosi distrattamente il doppio twist alla francese con cui si era legata i capelli prima di abbassare lo sguardo sulle foto che teneva incorniciate sul mobile. 

Will ripeteva sempre che ne avevano fin troppe in giro per casa, ma lei aveva sempre avuto un debole per le fotografie, sosteneva fossero un ottimo modo per ricordare persone e momenti speciali.

La strega sorrise appena quando accarezzò con lo sguardo la foto dei suoi figli, e quella più recente che raffigurava Sean e John in ghingheri per il Ballo. Si soffermò, tuttavia, sulla terza foto che raffigurava due bambini, entrambi vestiti di tutto punto.
 
Charlotte allungò una mano e prese la cornice, avvicinandosela al viso per lasciarci un bacio sopra.

“Buon compleanno Seannie.”

La strega sfiorò la foto con le dita e parlò con un filo di voce mentre guardava suo fratello sorridere allegro mentre l’abbracciava sulle scale della casa in cui era cresciuta e dove, a dire il vero, non metteva piede da alcuni anni. 


Charlotte si ridestò quando sentì qualcuno bussare e si voltò, ritrovandosi a guardare suo marito in piedi sulla soglia mentre le sorrideva, già vestito elegantemente a sua volta:

“Di sotto aspettano la superstar.”
“Sarei io?”
“Ovviamente. Va tutto bene?”

“Ma certo, adesso scendo… derido Regan per i suoi ritardi da anni dopotutto, non posso sfigurare facendomi attendere, adesso.”

Charlotte si alzò sorridendo appena e il marito ricambiò, avvicinandolesi di un passo per bloccarle la strada e prenderla delicatamente tra le braccia. Charlotte abbozzò un sorriso e fece scivolare le mani dalle sue braccia per poi soffermarsi sui capelli del marito, accarezzandoglieli prima di parlare a bassa voce e senza staccare gli occhi dai suoi: 

“Sei bellissimo.”
“L’ultima volta in cui mi hai fatto un complimento simile è stato… beh, non lo ricordo. Ora sì che devo chiederti se va tutto bene.”
“Beh Will, infondo è Natale, accadono cose straordinarie. 48 anni fa nasceva una persona straordinaria, oggi.”

“Lo so CeCe. Ma anche tu lo sei, non dimenticarlo.”

Will le sorrise, poi si chinò e la baciò dolcemente prima di prenderla per mano e condurla fuori dalla stanza, lasciandosi alle spalle l’eco delle risate di quei due bambini. 


*


Mercoledì 26 Dicembre 



Stephanie uscì dal bagno per tornare in salotto, ma quasi urlò dalla sorpresa quando Elena le piombò davanti all’improvviso. 

“Porca Morgana Elly, mi hai spaventata!”
“Scusa, ma dobbiamo parlare! E poi sei un Auror, non ci dovresti essere abituata?”

Elena aggrottò la fronte e Stephanie sospirò, alzando gli occhi al cielo e decidendo di ignorare l’ultima parte:
“Qui? Di cosa?! Non possiamo farlo in salotto con le nostre famiglie?”

“No, proprio perché riguarda loro! Graham e Rose nascondono qualcosa.”
“Cosa?!”
“Ti dico di sì, sono strani stasera. I nostri mariti sono uomini, fessi per antonomasia, ma il mio Mamma-Radar non sbaglia mai.”  Elena annuì, quasi a voler sottolineare la veridicità delle sue parole, e Stephanie incrociò le braccia al petto e guardò l’amica con scetticismo poco velato:

“E perché il mio non ha notato niente?”
“Sarà in manutenzione. Insomma, guardali… vedi? Fanno di tutto per non avvicinarsi troppo l’uno all’altro, e si parlano poco, non si sono nemmeno seduti vicini come al solito!”

Elena prese l’amica per un braccio e la trascinò sulla soglia del salotto dive le loro famiglia erano riunite, indicando Rose e Graham e parlando a bassa voce, ma con tono concitato. 

“Dici che è successo qualcosa al Ballo? E perché sussurriamo?!” 
“Perché li stiamo spiando, ma devo insegnarti tutto? Non sei tu l’Auror qui?!”  Elena rivolse un’occhiata stralunata all’amica, che preferì non ribattere e si limitò ad alzare gli occhi al cielo prima di parlare: 

“Va bene, ora che me lo fai notare forse sono strani, ma non dobbiamo giungere a conclusioni affrettate, sarebbe meglio indagare ulteriormente e avere prima qualche conferma…”

“Conferme, hai ragione. Vado subito ad assicurarmi una conferma.”
Elena annuì vigorosamente e si addentrò nella stanza a passo di marcia, fermandosi davanti al grande divano ad L prima di mettersi una mano sul fianco e indicare il figlio con la mano:

“Graham, tu e Rose siete strani stasera, è successo qualcosa tra di voi? Rosie, ti prego di perdonarlo se ha combinato qualche cretinata, ma ha i geni di suo padre e non ci si può fare molto…”

Elena sorrise gentilmente alla bionda, che arrossì vistosamente mentre Graham balbettava qualcosa di incomprensibile, Regan scattava sull’attenti e Stephanie, alle loro spalle, si metteva una mano sul viso con rassegnazione.


Axel non sbagliava quando diceva che non sarebbe mai cambiata. Di certo avrebbe riso e si sarebbe rammaricato di non essere stato presente quando gli avrebbe raccontato di quell’episodio.
 

*


Silvy sorrise quando la freccia andò a conficcarsi al centro del bersaglio, voltandosi verso suo fratello Richard con aria soddisfatta:

“Dick, ti sfido a fare di meglio. Sean, sicuro di non voler provare?”
“No grazie, io passo, mi sono già quasi ucciso una volta cercando di tendere quell’affare!”

Sean, seduto accanto a Karlos su una panchina alle spalle dei due, sfoggiò una lieve smorfia e scosse il capo alle parole dell’amica, che si strinse nelle spalle prima di incoccare una seconda freccia:

“Come preferisci… è dura essere battuti in uno sport dalla propria amica d’infanzia, eh Sean? Anzi, in più di uno sport.”
“Se ti riferisci al Quidditch, la mia squadra ha battuto la tua diverse volte, cara!”

Silvy sorrise alle parole dell’amico mentre prendeva la mira, lasciando andare la freccia quasi contemporaneamente al fratello maggiore. Entrambe andarono a conficcarsi nel secondo cerchio dei due bersagli mentre Karlos, alle loro spalle, borbottava qualcosa sull’insensatezza di tirare con l’arco con quelle temperature. 
 
“Tra due giorni partiamo per l’India Karl, e sono mesi che non mi alleno, ne approfitto!”
“Oh, perché, a Durmstrang non si usa tirare con l’arco? Me lo immagino come un posto pieno di trappole mortali disseminate ovunque…”

“Niente trappole mortali Karl. O almeno io non mi ci sono ancora imbattuto. Ciao Cami.”

Sean rivolse un cenno alla sorellina quando Camille raggiunse lui e Karlos, sorridendo ad entrambi con le mani sprofondate nelle tasche e il viso leggermente arrossato dal freddo:

“Zia Adela chiede se volete venire a fare merenda.”
“Io non posso mancare, anche perché si gela, qui fuori… quei due sono pazzi, vieni Cami.”

Karlos si alzò e, scuotendo il capo quasi con disapprovazione, prese la ragazzina sottobraccio per tornare in casa insieme, seguiti da Sean che si voltò verso Silvy e Richard con un sopracciglio inarcato:

“Voi non venite?”
“Magari dopo, ora resto qui a far vedere a questa ragazzina chi comanda…”
“La vedremo, Dick. E non chiamarmi ragazzina!”

 
*


Conrad FarrelImage and video hosting by TinyPic



Julie sedeva sul suo letto con un libro in mano, felice di essersi ritagliata un momento di tranquillità: crescere in una famiglia numerosa ne concedeva ben pochi, e da quando era tornata tutta la famiglia non aveva fatto altro che chiederle di Durmstrang. 
E suo padre si era dimostrato particolarmente interessato al Ballo e a John Carrington, in effetti, ma se l’era aspettato: che Axel fosse abbastanza protettivo con la sua “principessa” era cosa nota.

Quando la porta della sua camera si aprì la Corvonero alzò lo sguardo sbuffando spazientita, e stava per chiedere a chiunque fosse di lasciarla sola quando i suoi occhi incontrarono quelli altrettanto azzurri del più piccolo dei suoi fratelli, Conrad. 

“Ciao Julie… posso entrare?”
“Ma certo tesoro, vieni qui.”  Julie sorrise gentilmente al fratellino, facendo  cenno al bambino di avvicinarsi e spostandosi per ritagliarli un po’ di spazio sul letto. Conrad le si avvicinò dopo essersi chiuso la porta alle spalle e sorrise alla sorella maggiore, assicurandole che gli era mancata molto in quei mesi di separazione.

“Anche tu mi sei mancato. E pensare che dal prossimo anno comincerai ad andare ad Hogwarts mentre io mi sarò diplomata, non ci vedremo quasi mai comunque…”

Julie parlò accarezzando i capelli scuri del fratellino, mordendosi il labbro inferiore con fare sinceramente dispiaciuto mentre Conrad annuiva: 

“Lo so. Non posso andare ad Hogwarts un anno dopo?”
“Temo che non sia possibile purtroppo… ma ci vedremo la prossima estate, ok?”

“Ma alcuni vanno ad Hogwarts un anno dopo, me l’ha detto papà!”
“Sì, ma solo se compiono gli anni da Settembre in ok, e purtroppo non è il tuo caso. Ma vedrai, ti piacerà la scuola, io l’adoro.”

La ragazza sorrise incoraggiante al fratellino, che annuì mestamente prima di appoggiarle la testa sulla spalla. Per qualche istante nessuno dei due parlò, poi Conrad mormorò qualcosa:

“Julie?” 
“Sì?”
“Davvero hai il fidanzato?”
“EH? Chi te l’ha detto?!”
“Edward e George. Hanno detto che questa è sua. Non vai via di casa anche se hai il fidanzato, vero?”

Conrad porse alla sorella una busta dopo averla tirata fuori dalla tasca, guardandola con gli occhi chiari speranzosi mentre Julie, al contrario, spalancava gli occhi quasi con orrore mentre l’afferrava e leggeva il nome di John sul retro.

“Ma che diamine… Dio, li uccido quei due. No Conrad, non vado via di casa e… non ho il fidanzato, ignorali.”
“Perché sei arrossita Julie?”
“Non sono arrossita, fa caldo.”

La ragazza si strinse nelle spalle parlando con il tono più noncurante che le riuscì mentre apriva rapidamente la busta e il fratellino invece la guardava confuso:

“Ma è Dicembre!”
“Non importa, io sento caldo. Tesoro, se uno di quei due prende la mia posta dalla a me, ok?”

 
*


“Mamma, ma quante cose stai preparando? Non starai esagerando?” 

Timothy, in piedi accanto alla madre davanti ai fornelli, aggrottò la fronte e rivolse un’occhiata incerta alla donna e a tutte le pentole che sfrigolavano sul fuoco.
La bionda però nemmeno si voltò, limitandosi a replicare che non stava esagerando e che per quel che ne sapeva lei a Durmstrang potevano anche farlo morire di fame.

Il ragazzo fece per dire qualcosa – e assicurarle che il cibo a Durmstrang era l’ultimo dei problemi – ma venne interrotto da Iphigenia, che lo raggiunse dandogli un colpetto sulla spalla mentre teneva un bicchiere di vino in mano:

“Lascia perdere Tim, per il pranzo del 24, quando siete tornati, ha cominciato a cucinare due giorni prima.”
“Sì, l’ho sospettato nel momento in cui sono entrato e ho visto cibarie da tutte le parti. Mamma, stasera siamo in 11, non in 25!”

“Rilassati Tim, le tue sorelle mangiano più di te e David! A proposito, hanno preparato la tavola?”
 
“Sì Jade, lo stavano facendo con Millie, le ho detto di rendersi utile. Allora Tim, vi siete divertiti al Ballo? Ti prego dimmi che Dave si è vestito come gli avevamo detto…”
“Sì zia, non preoccuparti.” Timothy sorrise alla fisica, che tirò un sospiro di sollievo mentre Jade, invece, fulminava l’amica con lo sguardo:

“Ma sentila, quella che non voleva mai truccarsi o mettersi la gonna…”
“Dannati anni 30, grazie al cielo adesso nessuno mi giudica se indosso i pantaloni! Ma non parliamo di me… Ho cercato di estorcere a Dave il nome della tua ragazza al Ballo, ma non ha parlato per tua fortuna.”

Iphigenia sbuffò e parlò con tono amareggiato mentre Jade ridacchiava e Timothy apparve quasi sollevato mentre il rosso entrava in cucina per sgraffignare uno stuzzichino:

“Le mie labbra sono cucite mamma. E meno male che è zia Electra la pettegola!”

L’ex Tassorosso però lo ignorò, rivolgendosi all’amica mentre zittiva il figlio con un cenno della mano:

“Jade, Tim ti ha detto come si chiama?”
“Sì, ma solo quello, oltre al fatto che è norvegese, Elvira. Ma per essere interessata al mio ragazzo dev’essere adorabile per forza. Oltre che una brava ragazza.”
 
“Mamma, lei non è interessata a me!”
“E allora perché ti ha chiesto di venire al Ballo, scusa?! Ci arriverebbe persino tu zia Iphe!”

“Ehy!”
“Come fai a sapere che mi ha invitato lei?!” 

Timothy sgranò gli occhi azzurri, sinceramente colpito da quella rivelazione, e fece per voltarsi verso David e chiedergli se fosse stato lui a dirglielo quando la donna sospirò, avvicinandoglisi pulendosi le mani in uno strofinaccio prima di sorridergli dolcemente:

“Tesoro, c’è qualcuno al mondo che ti conosce meglio di me? No, e so che sei molto timido, oltre che leggermente insicuro su queste cose. Non capisco perché in realtà, dal momento che sei un bellissimo ragazzo.”
Jade fece per sollevare una mano e sfiorargli il viso, ma il ragazzo abbassò lo sguardo e si scostò, arrossendo mentre Iphigenia sorrideva allegra e si rivolgeva al figlio, dandogli una gomitata:

“Chi l’avrebbe mai detto, eh? Prima Jade si prodigava per far finire insieme me e tuo padre, ora si sono invertiti i ruoli con i nostri figli. Dave, vedi di lasciarli soli ogni tanto, da bravo.”
“Tranquilla mamma, sono un ottimo cupido.”
 
David sorrise con aria divertita alla madre ma lo stesso non si poté dire di Timothy, che rivolse un’occhiataccia all’amico mentre Jade condiva l’insalata sorridendo:

“Avrai preso da me tesoro, tua madre per certe cose sembra avere perennemente il prosciutto sigli occhi… Ora, perché voi baldi giovani non portate gli antipasti in sala da pranzo?”
 

“Sfrutti i tuoi figli come camerieri, mamma?”
“E altrimenti a cosa servite, caro? Solo a farci venire i capelli bianchi prima del tempo, secondo te? Su, da bravi, andate.”




Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11

 
Lunedì 7 Gennaio 



“Non riesco a credere che le vacanze siano già finite e che stiamo per tornare a Durmstrang… passano sempre troppo in fretta, e non sono poi così impaziente di tornarci. Farà un freddo terribile…”

John sospirò stancamente mentre trascinava il suo baule nel Salone d’Ingresso insieme a Sean, che annuì e sembrò condividere la sua frustrazione mentre Graham, invece, sorrideva allegro.

“Suvvia, non sarà così male!”
“Taci, tu, sei felice solo perché potrai stare tutto il giorno con Rosie… so benissimo cos’è successo al Ballo, sai Greengrass?”

Sean scoccò un’occhiata eloquente in direzione del Grifondoro, che impallidì e spalancò gli occhi chiari prima di boccheggiare chiedendogli come facesse a saperlo. Possibile che Stephanie l’avesse detto a Charlotte, che avesse a sua volta informato il figlio?

“Me lo ha detto Rosie. Pensavi davvero che non me lo avrebbe detto? È la mia migliore amica!”
“Ma come, non sono io il tuo migliore amico?”

John si portò una mano al cuore e sfoggiò l’espressione più ferita che gli riuscì, e l’amico alzò gli occhi verdi al cielo mentre Graham borbottava che glie l’avrebbe comunque detto una volta tornati a scuola.

“Sei perdonato, Grammy. Ma dimmi, i vostri genitori ne sono al corrente? In caso contrario, posso chiederti di invitarmi quando tu e Rosie glielo direte? Perché non vorrei proprio perdermi la faccia di Zio Reg…”

“Lo sanno, non preoccuparti.” Graham sospirò, incupendosi leggermente e destando così la curiosità degli amici, ma nessuno dei due ebbe il tempo di indagare visto che Rose li raggiunse con un largo sorriso, abbracciando di slancio il rosso.

“Eccovi, finalmente, non vi ho visti sul treno! Come stai?”

La bionda sorrise al Grifondoro, che ricambiò prima di farle notare che si erano visti solo una decina di giorni prima, a casa sua. 

“Lo so, ma è stato strano, eravamo con i nostri genitori e i nostri fratelli… e tua madre è sempre tua madre.”
“Si può sapere che cosa è successo?! Vogliamo sapere!”

Rose e Graham, ancora abbracciati, si voltarono verso Sean e John, in piedi davanti a loro nella sala quasi deserta visto che tutti gli altri studenti si erano diretti ai rispettivi Dormitori per sistemare i bagagli prima di cena.

“Beh, diciamo che mia madre ha pensato bene di chiederci davanti a tutti se fosse successo qualcosa tra di noi, sostenendo di vederci “strani”.”
“E voi che cosa avete fatto?” Sean inarcò un sopracciglio, certo che se sua madre se ne fosse uscita con una domanda simile di fronte alla sua novella ragazza avrebbe desiderato di finire inghiottito dal pavimento, e Rode si strinse nelle spalle, asserendo di aver “semplicemente detto la verità”.

“E cosa è successo dopo?”
John spalancò leggermente gli occhi, improvvisamente piuttosto interessato alla conversazione mentre Graham scuoteva il capo con aria grave:

“Le nostre madri hanno gioito come mai prima d’ora, e credo che a quest’ora abbiano già avvisato tutta la comunità magica… Ci hanno stritolato ringraziandoci per aver dato loro “la possibilità di diventare finalmente parenti a tutti gli effetti”, come se avessimo annunciato il nostro fidanzamento ufficiale!”
“Già, quanto agli altri… Eloise ed Eleanor erano piuttosto felici, e anche Kristal che ha una specie di cotta per Graham da sempre, Gale e Andrew non hanno avuto una particolare reazione e i nostri padri… beh, il tuo mi è sembrato sorpreso, ma non l’ha presa male, si è definito felice per noi.”

Rose aggrottò la fronte e sollevò lo sguardo per rivolgersi al ragazzo, quasi cercando nel suo sguardo una conferma alle sue parole. Graham annuì, la stessa espressione cupa sul volto mentre Sean, trattenendo a fatica un sorriso, chiedeva del padre della ragazza.


A quel punto anche John sorrise mentre Rose, dopo essersi schiarita la voce, parlava con tono pacato:

“Beh, all’inizio è rimasto un po’… impietrito, ecco, non se lo aspettava, credo. Ma non ha reagito male, è stato solo un po’ taciturno per tutto il resto della serata.”
“Sì, e non mi ha più guardato in faccia… cielo, con che coraggio mi presenterò a casa tua per le cene di famiglia d’ora in poi?”

Graham scosse il capo con aria grave ma Rose gli sorrise incoraggiante, sfiorandogli dolcemente il braccio:

“Gli passerà, e poi ti vuole bene, non scordarlo. In effetti penso che abbia reagito così solo perché eri tu, se si fosse trattato di qualcuno di diverso da te, tuo fratello o Sean non sarebbe stata la stessa cosa.”
“Sì Graham, pensa positivo… non dovrai affrontare le temibile cena con i suoceri, li conosci già!”

John sorrise con aria divertita ma Rose non lo imitò, riservandogli un’occhiata severa prima di parlare:
“John, invece di ridacchiare, perché non vai a salutare Julie?”

“Sì, ora che me lo dici penso che lo farò… Juls!”
Il Corvonero si stampò un bel sorriso sul volto e si diresse con passo sicuro verso la compagna di Casa, che stava parlando con Silvy mentre il gruppo aspettava la Passaporta. La stessa Silvy che vedendolo arrivare si affrettò a dileguarsi, riservandogli però una pacca sul braccio e un sorriso incoraggiante quando superò l’amico per andare a salutare Sean, Rose e Graham.

“Ciao Juls… hai passato delle belle vacanze?”
John sfoggiò quello che sua sorella definiva “sorriso da mammalucco per cui per qualche strano motivo le ragazze andavamo in visibilio” mentre s’infilava le mani nelle tasche dei pantaloni neri e la ragazza annuì, sorridendo debolmente di rimando:

“Sì, anzi, un po’ mi spiace che siano già finite. Tu invece? Com’è andata in America?”
“Non c’è male, anche se non ho mai smesso di pensare a Durmstrang visto che ho sentito discorsi sull’Unione Sovietica per tutto il tempo… ma sono felice di essere tornato, è bello vederti.”

Julie si sentì arrossire debolmente di fronte al sorriso e alle parole del ragazzo, schiarendosi la voce e sistemandosi nervosamente una ciocca di capelli scuri dietro l’orecchio prima di annuire abbassando lo sguardo:

“Mi dispiace averci messo tanto a rispondere alla tua lettera, comunque…”
“Non preoccuparti, ho immaginato che avessi altro da fare.”

John si strinse nelle spalle ma Julie si affrettò a scuotere il capo, maledicendo mentalmente la sua inclinazione ad arrossire fin troppo spesso per i suoi gusti:

“No, assolutamente, ma i miei fratelli hanno pensato bene di prenderla e l’ho letta con tre giorni di ritardo.”
“Oh. Perché l’hanno fatto?”
“Sono fatti così, dei piccoli dispettosi impiccioni. Mi ha fatto molto piacere, comunque.”

Julie abbozzò un sorriso e John ricambiò, felice di sentirglielo dire. Il tutto mentre, alle loro spalle, i loro amici seguivano la scena e il loro scambio di battute con un’indiscrezione assai poco velata.


*


Natalia aveva appena messo piede nell’atrio quando udì un urlo indistinto, e un attimo dopo Elvira le corse incontro per abbracciarla di slancio, Saor accanto come sempre mentre Thor scodinzolava accanto alla padrona.

“Lia, ciao! Mi sei mancata, come stai? Devi raccontarmi di Capodanno, mi tieni sulle spine da una settimana!”
“Sì, ecco…”
“Lia! Cos’è successo a Capodanno?!”

Katja raggiunse le due parlando con tono concitato, gli occhi chiari sgranati e Salem tra le braccia, ancora del tutto vestita come se fosse appena arrivata a sua volta.

“Ve lo racconto stasera a cena, ora credo che andrò a sistemare le mie cose… Vieni Thor.” 

La rossa rivolse un cenno al cagnolino, che stava cercando di inseguire la coda di Saor ma che seguì ubbidientemente la padrona trotterellando, mentre Salem gli soffiava contro.

La bionda e la mora la seguirono con lo sguardo con occhio critico, prima che Elvira si rivolgesse all’amica:

“Tu che cosa sai? Io solo che c’entra il suo fidanzamento e Dom.”
“Lo stesso, e sono molto curiosa di conoscere tutta la storia. Oh, salve ragazzi!”

Katja sfoggiò un largo sorrise in direzione di Ivan e Novak quando scorse i due danesi, e Ivan assestò una leggera gomitata all’amico prima di stendere le labbra in un sorriso altrettanto ampio:

“Kat, Elvy… come state? Passate bene le vacanze?”
“Sì, e non riesco a credere che siano già finite. … Ivan, mi accompagni di sopra? Devo riportare Saor in camera mia.”
“E non puoi farlo da sol…”

Ivan aggrottò la fronte, confuso, ma s’interruppe e capì quando la bionda rivolse un inequivocabile cenno in direzione dell’amica. 

“… Certo. Ma certo, ti accompagno, andiamo. A dopo ragazzi!”   Il danese sorrise allegramente a Katja e a Novak prima di allontanarsi insieme ad Elvira e al suo cane, lasciandosi prendere sottobraccio dall’amica per chiacchierare mentre Novak si rivolgeva alla rumena, sorridendo con un velo di imbarazzo:

“Allora… com’è andato il matrimonio di tua sorella?”
“Oh, è stato assurdo. Bello, ci siamo divertiti, ma non finiva mai e c’erano milioni di perone che non avevo mai visto in vita mia ma che in quanto Damigella ho dovuto salutare dopo la cerimonia… una processione infinita, ti assicuro. Ma almeno ho visto Graham e la sua famiglia… anzi, ha detto che la Passaporta era alle 6, dovrebbero essere qui tra poco.”

Katja gettò un’occhiata al grande orologio appeso sopra la porta a doppia anta della Sala del Ristoro e Novak annuì debolmente, parlando dopo qualche istante di silenzio e con tono dubbioso:

“Senti Kat, volevo chiederti… Tra te e Graham…”
Katja alzò gli occhi al cielo, scuotendo il capo e interrompendo bruscamente il ragazzo: non aveva alcuna voglia di sorbirsi quella domanda per l’ennesima volta nell’arco di pochi mesi.

“Oh, per l’amor del cielo, no, assolutamente no, non c’è niente né ci sarà mai, gli voglio bene come ad un fratello. E come fate a non accorgervi che ha una debole per Rose, si può sapere?”

“Rose? Davvero?” Novak parve sorpreso e la ragazza annuì, incrociando le braccia al petto e guardandolo con un sopracciglio inarcato:
“Sì Mr Caposcuola, secondo te perché l’ha invitata al Ballo?”

“Beh, era solo per chiedere, comunque… vado a controllare che Elvira e Ivan non facciano danni di sopra.”

Novak girò sui tacchi e si allontanò dopo averle rivolto un breve cenno, senza aggiungere altro. Katja lo seguì con lo sguardo per qualche istante, ma poi lo imitò dirigendosi a sua volta verso la propria Camerata, Salem in braccio e il suo baule al seguito.


Lia che si dileguava evitando di dare loro delle risposte, Ivan ed Elvira che se la svignavano in modo sospetto e poi quella domanda. 
Possibile che durante le vacanze tutti fossero diventati ancor più strani del solito?


*


Lia stava sistemando la cuccetta di Thor accanto al suo letto quando sentì qualcuno bussare contro lo stipite della porta aperta, inducendola a voltarsi verso la soglia della stanza:

“È permesso? Qualcuno qui vuole salutarti.”

Michael sorrise e accennò ad Achille, che abbaiò e raggiunse di corsa Natalia per ricevere la sua solita razione di coccole mentre Thor trotterellava scodinzolando verso Michael, issandosi sulle zampette posteriori per mettergli quelle anteriori sulla gamba sinistra.

“Ciao piccoletto… Thor, giusto? Sei cresciuto in sole due settimane! Ah, quella lì ti vizierà così tanto da farti ingrassare, vedrai…”

Michael si inginocchiò per accarezzare il cucciolo, che gli mordicchiò un dito mentre Natalia sbuffava debolmente e gli suggeriva di pensare all’alimentazione del proprio cane mentre lo raggiungeva. 
Il ragazzo si rialzò appena in tempo per ricevere l’abbraccio della ragazza, che gli appoggiò la testa sul petto e mormorò che LUI aveva un disperato bisogno di ingrassare mentre Thor abbaiava allegramente in direzione di Achille prima di andargli incontro, felice di vedere quello che, durante la loro convivenza, Michael aveva denominato “il suo tutore”. 

“Non preoccuparti Lia, può non sembrare ma mangio, fidati. Come stai? Ti hanno tenuta in punizione fino ad oggi?”

Michael prese delicatamente la ragazza per le spalle per allontanarla da sè e poterla così guardare in faccia, sfiorandole quasi senza volerlo il viso con una mano mentre la rossa annuiva, stringendosi nelle spalle:

 “Ho passato metà delle vacanze chiusa in camera mia, ma avevo Thor a farmi compagnia.”
“Ti ho scritto diverse lettere, ero io quello preoccupato questa volta.”

“Mi dispiace, non mi è arrivato niente, devono averle prese i miei genitori… È bello vederti, comunque, direi che sono felice di essere tornata. Può sembrare strano, ma a volte mi sento più a casa in questo posto umido, cupo e freddo, almeno ho i miei amici. E adesso anche te, piccolo Thor, vero tesorino di mamma? Non ti ringrazierò mai abbastanza Mich, è il regalo più bello che mi abbiano mai fatto.”

Natalia piegò le labbra in un largo e sincero sorriso mentre si chinava per prendere il cagnolino in braccio, e Michael provò un piccolo moto di soddisfazione mentre si stringeva nelle spalle, simulando una noncuranza che non gli apparteneva in quel momento.

“Sapevo che hai sempre voluto un cane, ho visto i cuccioli e ho pensato che saresti stata felice di averne finalmente uno. Ma puoi venire da noi a coccolare Achille quando vuoi, sia chiaro.”
“Perché, ti mancherei in caso contrario?”

“A me no, ma a lui sì, è un figlio di buona donna, ma anche un tenerone.”

Michael si strinse nelle spalle senza scomporsi troppo ma Natalia gli sorrise divertita, e lo guardò con gli occhi castani luccicanti:
“Davvero? Sai cosa si dice sui cani che somigliano ai loro padroni Mich?”

“Sempre detto, è una sciocchezza.”
“Sarà… Ora, ti dispiace uscire? Dovrei mettermi la divisa.”

Natalia si auto-indicò e Michael piegò le labbra in un sorrisetto, asserendo che per lui non era un problema restare prima di ricevere un cuscino in faccia e un invito assai colorito a sparire.


*


Silvy aveva appena aperto la porta d’ingresso della Camerata dei Draghi quando un urlo indistinto giunse alle sue orecchie quelle dei compagni, seguito dalla figura di Katja che li raggiunse di corsa superando la mora con uno scatto per travolgere Rose in un abbraccio, decretando a gran voce di essere felicissima di poterla considerare “sua cognata”.

Al che Rose spalancò gli occhi chiari, arrossendo, e balbettò chiedendole come facesse a saperlo prima di voltarsi di scatti verso Graham e fulminarlo con lo sguardo, guardando il rosso farsi piccolo piccolo e sollevare le braccia per decretare la sua innocenza:

“Tu lo hai detto a Sean, sono giustificato! E poi mia sorella lo ha detto a Ivan immediatamente, quindi Kat l’avrebbe saputo comunque molto presto. E al matrimonio di Gabrielle mio fratello sfocavi commenti di continuo, si è insospettita e non ho potuto non dirglielo.”

“E perché avrebbe dovuto nascondermelo, è bellissimo, sono davvero molto felice per voi. Grammy, dove credi di andare? Avrai un abbraccio anche tu.”

Katja agguantò l’amico proprio mentre il rosso cercava di defilarsi senza farsi notare e lo stritolò in un abbraccio come aveva fatto con Rose, mentre Sean, John e David ridacchiavano e Timothy, invece, guardava il ragazzo causi con una punta di compassione.

“Beh, noi andiamo a sistemare le nostre cose, ci vediamo a cena.”  

Silvy sfoggiò un sorriso allegro prima di allontanarsi insieme a Julie, rivolgendo un’ultima occhiata divertita a Graham e Rose prima di rivolgersi all’amica:

“Ho dea che quei due saranno al centro dell’ attenzione per un po’… a meno che non spunti un’altra coppietta, certo.”
“A chi ti riferisci, scusa?”  Julie inarcò un sopracciglio, dubbiosa, ma l’amica si strinse nelle spalle, parlando con un tono fin troppo pacato per i suoi gusti e che non la convinse affatto:

“Mh, dicevo per dire…”


*


“Di che cosa dovranno parlare, secondo voi?”

Novak, seduto tra Ivan e Michael, parlò senza staccare gli occhi da Elvira, Natalia e Katja, che erano sedute vicine a qualche metro di distanza, intendete a parlottare con fare concitato.
Ivan si strinse nelle spalle, commentando serafico tra un boccone e l’altro che probabilmente stavano parlando di loro mentre Michael annuiva, serio in volto e parlando con tono piatto:

“Sicuramente, non si può fare a meno di parlare del sottoscritto in fin dei conti…”

Ivan annuì, decretando che sicuramente le tre stavano parlando dei suoi capelli mentre Novak continuava ad osservarle, poco convinto: lui e Ivan avevano provato a sedersi vicino a loro, così come Michael subito dopo, ma le tre li avevano cacciati decretando di “dover parlare di cose da ragazze che loro non potevano sentire”.

E la differenza tra lui e i due amici era che Novak aveva una sorella, anche se non di sangue.
Ergo, l’espressione “cose da ragazze” lo preoccupava non poco.


*


“In parole povere, te la sei filata e sei andata da Michael. La mia domanda è: PERCHÈ?”

“Non saprei, mi sono ritrovata sul Ponte San Carlo in mezzo alla gente, la confusione… non sapevo dove andare, ma dovevo sparire in fretta, e non avevo pianificato proprio niente, quindi ho improvvisato. E prima di rendermene conto mi sono ritrovata in Croazia, sulla costa. Non ero mai stata a casa di Michael, temevo di aver sbagliato meta, ma per fortuna mi ha sempre parlato molto di casa sua.”

“E che cosa hai fatto, ti sei.. presentata alla porta?”
“Beh, sì. E non volevano farmi entrare, ovviamente, ma ho chiesto di vedere lo zio di Dom, gli ho detto chi ero e lui mi ha fatta entrare.”
“Hai visto lo zio di Dom? Ne ho sentito parlare tantissimo e in tutte le salse, com’è?”

“So solo che si chiama Oz, che Michael vive con lui da quando era bambino e che lavora per , e mio padre dice che è una persona molto importante. E vedendoli insieme direi che sono abbastanza simili, hanno un rapporto molto… Stretto. Quasi fraterno, più che paterno, direi.”

“E a proposito di padri, il tuo come l’ha presa?”
Elvira aggrottò la fronte guardandola con occhi carichi di curiosità mentre la rossa si stringeva nelle spalle allungando una mano per prendere un pezzo di pane dal cestino:

“Beh, a fine serata Oz ha suggerito che fosse meglio che io tornassi a casa prima che mio padre rivoltasse l’intera Cecoslovacchia, mi ha accompagnata di persona fino a Praga e sono… tornata a casa. Avevano annullato la festa, ovviamente, mio padre non c’era e mia madre era furiosa, gli ha mandato subito una lettera ed è rientrato poco dopo. A quel punto mi sono beccata la peggior lavata di capo della mia vita e ho passato i giorni seguenti chiusa in camera mia, ma ne è valsa la pena.”

“Naturale, ha potuto vedere Mich…” Katja sfoggiò un sorrisetto, sbattendo le palpebre e parlando con una voce piuttosto melensa nel pronunciare il soprannome del ragazzo che solo Natalia utilizzava.
La stessa Natalia che le rivolse un’occhiata piuttosto torva mentre Elvira, ignorando il commento dell’amica, riprendeva la parola:

“In parole povere, non avete ufficializzato proprio un bel niente.”
“Esattamente, e visto che io non tornerò a casa prima di Pasqua… beh, ci vorrà del tempo. Anche se mio padre sarebbe capacissimo di piombare qui e costringermi a firmare il contratto… anzi, più probabilmente manderebbe qualcuno, lui non ne avrebbe il tempo.”


“E Michael? Era felice di vederti?”
“Penso di sì. Almeno l’ho visto e ci siamo divertiti.”

Natalia sorrise, un po’ più allegra rispetto a poco prima, e le amiche la imitarono. Katja moriva dalla voglia di chiederle se per caso lui non l’avesse baciata a Mezzanotte, ma Elvira intuì le sue intenzioni e le riempi la bocca di pane: voleva essere lei a porre quella domanda, perbacco!


*


Oz aveva iniziato a non prestare attenzione ai discorsi degli eleganti uomini intorno a lui, tutti membri di spicco di svariati Ministeri e qualche suo illustre collega, da qualche minuto, iniziando a studiare quello che agli occhi di tutti era “suo nipote”. 
In realtà lui e Michael non avevano neanche una goccia di sangue in comune e lui ne era solo il padrino, ma questo nessuno lo sapeva, ovviamente.

L’uomo guardò il ragazzo, che aveva appena finito di ballare con la loro “ospite” dell’ultimo minuto, ora in piedi davanti a lei mentre parlavano tranquillamente, scambiandosi sorrisi. 
Michael aveva passato la prima settimana di vacanza non proprio di ottimo umore, e l’uomo era sinceramente felice di vederlo sorridere di nuovo… forse avrebbe dovuto ringraziare Natalia per essere venuta, dopotutto.

Erano molte le persone in quella grande sala illuminata a lanciare occhiata di sbieco ai due e a chiedersi chi fosse quella ragazza dai capelli rossi e il vestito azzurro a cui il nipote del padrone di casa stava prestando tutta la sua attenzione da quando era arrivata, a serata iniziata.
Oz abbozzò un sorriso, certo di non aver mai visto Michael focalizzare tutta la sua attenzione su una sola persona – di solito, sostenendo di “annoiarsi”, passava il tempo a fare le moine e il galante con le giovani invitate, ballando e parlando con più di una – e si congedò brevemente prima di estrarre furtivamente la bacchetta dalla tasca interna della giacca foderata di velluto, sfoggiando un sorrisetto prima di agitarla con discrezione.


Michael ebbe la sensazione di sentire qualcosa sopra la sua testa e, alzando lo sguardo, si ritrovò a guardare con orrore nientemeno che del vischio. Vischio. 
Da quando il vischio cresceva così, sui soffitti delle ville?!

Il ragazzo impallidì e Natalia, incuriosita, alzò gli sguardo e fece per chiedere al ragazzo cosa stesse guardando, ma Michael si riprese appena in tempo e l’afferrò per le spalle, costringendola a spostarsi:

“Niente, niente, avevo la mente altrove, scusa. Vieni, andiamo a prendere una fetta di torta.”
“A dire il vero non ho molta fame…”
“Scherzi, c’è la Sacher, la tua preferita!”

“Beh, in tal caso troverò dello spazio, sì.”


Michael si allontanò dal vischio con sollievo, provandone un po’ meno quando ne ritrovò dell’altro in molti altri punti della sala: a quel punto gli occhi del ragazzo saettarono in cerca di suo zio, fulminando con lo sguardo quando lo vide seduto su una sedia con un bicchiere di champagne tra le mani e intento a sogghignare apertamente. 

Dopo avergli rivolto un “coglione” non verbale Michael propose a Natalia di farle vedere la casa, giusto per potersi allontanare dallo zio e dai suoi incantesimi sui vegetali.




Michael rivolse un’occhiata di sbieco a Natalia, chiedendosi se l’amica non stesse raccontando alle ragazze di Capodanno, chissà cosa stava dicendo, forse commenti sul suo conto?
Suo zio lo definiva “una pettegola incallita” e moriva dalla voglia di ascoltare i loro discorsi, ma disgraziatamente Lia lo aveva bandito dal loro tavolo.
Anche se, riflettendoci, forse sarebbe riuscito a corrompere Elvira, tutto sommato…


“Possiamo sederci?”
Michael si riscosse quando sentì la voce di David, e Novak accanto a lui annuì mentre Ivan sorrideva al rosso e a Timothy, che rivolse una rapida occhiata in direzione di Elvira  - cosa che non sfuggì al Drago – prima di chiedere ai tre come mai non si fossero seduti insieme alle amiche.

“A dire la verità ci hanno banditi. Sospettiamo che stiano parlando di noi… Solo, Katja e Lia è probabile, ma se dovessi scommettere direi che Elvira parlerebbe di te, Timothy, non di uno di noi.”

Ivan aggrottò la forte, parlando con tono assorto, ma le sue parole non lasciarono indifferenti i due inglesi: David trattenne a stento una risata, mentre a Timothy andò di traverso il primo boccone.


*


“Oh, ciao Silvy! Come sono andate le vacanze in India?”

Ivan sorrise alla ragazza quando la incrociò nell’atrio, uscendo dalla Sala del Ristoro, e la mora ricambiò con fare allegro:

“Ciao Ivan… Bene, ormai non ci torniamo poi molto spesso ma è sempre molto bello per la mia famiglia, e mia madre lì ha ancora un suo amico d’infanzia che ha un figlio della mia età. Le tue?”
“Niente di speciale, l’unica parte decente sono state le volte in cui ho visto Novak.”

“Siete molto amici, vero?”
“Oh, sì. È un buon amico, e mitiga la mia personalità… inquieta. O almeno ci prova in quanto Caposcuola, ma non sempre ha successo.”

Ivan si strinse nelle spalle e alla ragazza scappò una debole risata, annuendo e pensando alle ramanzine che lei e Karim, il figlio di Aziz, dovevano sorbirsi fin da bambini da parte di sua madre, che era tentata di strapparsi i capelli dalla disperazione ogni volta in cui la famiglia metteva piede in India: entrambi avevano personalità a dir poco esuberanti, e nel corso degli anni lei e il ragazzo ne avevano combinate di cotte e di crude. 

“Ti capisco, io e questo mio amico indiano ne combinavamo parecchie insieme, un po’ come te e Maximilian o John e Sean… anche se da quando studia per diventare medimago si è abbastanza calmato, devo riconoscerlo.”
“È bello avere degli amici con cui fare scemenze, dopotutto. Voglio bene a Novak, ma con lui questo non è possibile, temo. Beh, ci vediamo domani in classe, buonanotte.”

Ivan sorrise alla ragazza prima di salutarla con un cenno e allontanarsi per dirigersi verso le scale buie, mentre Silvy lo seguiva con lo sguardo pensando alla rapidità con cui aveva glissato sulle sue vacanze, come se ci fosse abituato.
Strano, non dava affatto l’impressione di essere un ragazzo riservato…


La Corvonero scosse il capo, ricordando che doveva farsi gli affari propri mentre raggiungeva la porta dei Draghi: come diceva sempre Adela, dopotutto, “chi pensa per sè campa cent’anni”.
Anche se nella sua testa c’era anche una voce del tutto simile a quella di sua zia Charlotte che le suggeriva di investigare…








……………………………………………………………………………
Angolo Autrice:

Buonasera! 
Anche questa volta eccomi ad un orario improbabile (dovrete segnarvi la prossima volta in cui aggiornerò di pomeriggio), ci ho messo più di quanto avrei voluto ma è stata una giornata molto frenetica e ieri ho finito con l’andare a vedere Tom Cruise al cinema. Il cinema mi frega sempre.

Non mi dilungo oltre se non dicendovi che nel prossimo capitolo ci sarà un’altra partita, ma anche questa volta non occorre che votiate.
Buonanotte!
Signorina Granger 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo 12 ***


 Capitolo 12 

 
Domenica 13 Gennaio 



Quando Elvira mise piede nella Sala del Ristoro si guardò febbrilmente intorno alla ricerca di Natalia, sorridendo quando scorse l’amica seduta vicino a Katja ad un tavolo.
La bionda, che indossava già la sua divisa, si affrettò a raggiungerle per poi abbracciare di slancio la rossa, rischiando di farla scivolare dalla sedia a causa del suo entusiasmo:

“Buon compleanno Lia! Sei la prima diciottenne del gruppo, congratulazioni. Cioè, a parte Kat e Novak… insomma, la prima del gruppo nati nel 45. Mi dispiace non poter passare la giornata con te, ma c’è la partita…”

Elvira assunse un’espressione sinceramente dispiaciuta mentre prendeva posto accanto all’amica, che però le sorrise come a volerle assicurare di non doversi preoccupare:

“Non è un problema, mi piace il Quidditch dopotutto, e io e Kat verremo a fare il tifo per te e tutti gli altri.”
“Viene anche Novak?”
“Sua sorella e Ivan lo hanno messo sotto torchio qualche giorno fa senza ottenere risultati, ma poi Nerissa ha saggiamente deciso di suggerire alla nostra Kat di chiedere al Caposcuola se avrebbe voluto assistere alla partita con lei, quindi…” Lia si strinse nelle spalle con un piccolo sorriso che fece sbuffare la mora, che le riservò un’occhiata torva mentre Evira, invece, assestò alla rossa una gomitata eloquente.

“Non ho detto con ME, ho detto con NOI, il che include anche te e Dom! A proposito, dov’è Dom?”

“Dettagli, verrà perché glielo hai chiesto tu, è ovvio.”
Natalia liquidò il discorso con un rapido cenno della mano, mentre Elvira aggrottò leggermente la fronte, parlando con tono pensieroso mentre imburrava una fetta di pane:

“Secondo voi Tim verrà alla partita? Non gli piace molto il Quidditch, ma sarebbe bello se venisse…”
“Glielo hai detto?”
“Emh… no.”

“Elvira, hai tre fratelli maschi e non hai ancora capito che a quelli bisogna esplicitamente dire TUTTO affinché capiscano qualcosa?! Ti sei dimenticata che hai dovuto invitarlo al Ballo?”

“Per tutti gli , hai ragione… vado a cercarlo!”
“Digli che se vinci gli darai un bacio, sono sicura che a quel punto verrà di corsa!”

Natalia ridacchiò prima di portarsi la tazza alle labbra, imitata da Katja mentre la bionda si allontanava a passo di marcia. Un attimo dopo, tuttavia, Natalia si sentì circondare da un paio di braccia prima che qualcuno le depositasse un bacio su una guancia, dicendole qualcosa all’orecchio subito dopo:

“La scorsa volta voi avete vinto e non ho avuto nessun bacio, ti faccio notare.”
“Avresti potuto prenderlo prima della partita da una delle mie compagne di squadra, allora.”

Natalia non battè ciglio né si voltò, riportandosi la tazza di caffellatte alle labbra mentre Michael annuiva, sospirando nel modo più drammatico che gli riuscì:

“Hai ragione, la prossima volta lo farò. Nel frattempo buon compleanno, Orsetta.”

Michael sedette accanto a lei nel posto lasciato vuoto da Elvira, sorridendole mentre Katja seguiva la scena con un sopracciglio inarcato, osservandoli con occhi pieni di scetticismo.

“Sono circondata da idioti.”
“Come scusa?!”
“Hai sentito benissimo, Lia. E anche tu.”


*


“Finalmente un’altra partita, non vedevo l’ora! Voi per chi tifate?”

Silvy sorrise allegra nel rivolgersi agli amici e compagni di scuola, tutti già vestiti con abiti molto pesanti per andare alla partita. Tutti eccetto David, Julie e Timothy, che avevano decretato di non voler assistere all’incontro.

“Non saprei, se Kat non gioca mi è abbastanza indifferente.” Graham si strinse nelle spalle, e Rose
concordò con lui mentre Sean, invece, divorava la sua colazione asserendo tra un boccone e l’altro di tifare per le Aquile. Silvy annuì, decretando di essere della stessa opinione dell’amico mentre John era impegnato a parlare con Julie – o per meglio dire, ad implorarla di andare con loro alla partita –.

“John, non insistere, fa freddissimo e devo studiare!”
“Studieremo stasera, te l’assicuro! Ma per favore, vieni, Graham e Rose faranno gli innamorati per tutto il tempo, Sean e Silvy scommetteranno e discuteranno e io non avrò nessuno con cui parlare… per favore, fallo per me.”

John sfoggiò la sua espressione più implorante e da cane bastonato, quella che aveva sviluppato dopo anni di guai combinati e tentativi di sviare la rabbia di sua madre. Julie invece sbuffò, ripetendosi di non guardarlo in faccia per non cadere nella trappola dei suoi occhi chiari di un colore indefinito tra il grigio, l’azzurro chiaro e il verde. 

“Sì, Juls…” Iniziò Rose annuendo e parlando con un tono petulante per fare il verso a John:
“Fallo per lui!”
“Rosie, falla finita. … E va bene, vengo, ma se farà troppo freddo me ne andrò, chiaro?”

Julie sbuffò e incrociò le braccia al petto, riversando un’occhiata torva al ragazzo che invece annuì, improvvisamente allegro:
“Fantastico, grazie Juls, sei la migliore!”

“Non farmi le moine che riservi a tutte, John Carrington.”
“Ma io non le faccio a tutte!”

“Certo, come no… vado a prendere qualcosa da mettermi, ci vediamo dopo.”

Julie si alzò con un sospiro mesto, allontanandosi sotto lo sguardo perplesso e un po’ confuso di John mentre David scuoteva debolmente il capo, parlando con tono serio anche se con l’inflessione leggermente vaga che spesso lo caratterizzava:

“John, fare il galante di solito funziona, ma Julie ti conosce da anni e ti ha visto in azione molte volte… credo che con lei dovresti usare uno schema un po’… diverso.”
“Ma io non uso nessuno schema! Dici che non ha capito che mi piace?”

“Non saprei, Julie non è certo la persona più estroversa che conosca sotto certi punti di vista… Forse dovrai impegnarti di più per farglielo capire, mentre qualcun altro dovrebbe proprio aprire gli occhi.”

David rivolse un’occhiata piuttosto eloquente a Timothy, seduto accanto a lui, e il Tassorosso sentendosi chiamare in causa smise di prestare attenzione alla sua colazione per rivolgersi all’amico con gli occhi azzurri fuori dalle orbite:

“Che intendi dire, scusa?”
“Nulla… Oh, guarda, arriva Elvira. Ciao, pronta per la partita?”
David rivolse un sorriso rilassato alla bionda quando la ragazza raggiunse il loro tavolo, mentre John si scervellava sulle parole del rosso. Elvira, per tutta risposta, sorrise nervosamente prima di annuire, spostando lo sguardo su Timothy:

“Oh, lo spero tanto… Venite all’incontro?”
“A dire il vero pensavamo di restare qui.”  David non accennò a smettere di sorridere, parlando con tutta la calma del mondo mentre il volto della bionda veniva attraversato da un’ombra di delusione:

“Peccato, mi avrebbe fatto piacere sapervi lì… Sicuri di non voler venire?”
“Non amiamo particolarmente il Quidditch, ma se è importante per te sono certo che Tim vorrà venire, vero, Timmy?”

David si rivolse all’amico, così come una speranzosa Elvira, e il ragazzo si schiarì la voce prima di annuire:

“Ma certo Elvira, con piacere.”
“Davvero? Grazie Tim, so che non apprezzi particolarmente il Quidditch, ma mi farebbe molto piacere se venissi. Allora ci vediamo dopo, vado giù al campo.”

“Di già?”

Timothy aggrottò la fronte guardandola allontanarsi con aria allegra – felice di essere riuscita facilmente nel suo intento – e per tutta risposta Elvira parlò senza voltarsi, limitandosi a sollevare una mano per rivolgergli un cenno:

“Sì, succede sempre qualcosa che mi fa arrivare in ritardo, quindi mi prendo per tempo questa volta!”


*


“Possibile che Dom e Lia siano spariti? Eppure devono essere qui, da qualche parte…”

Katja si guardava intorno sugli spalti cercando tracce dei due amici, senza però scorgere nessuno dei due mente Novak, accanto a lei, era seduto su una poltroncina con il viso semi-nascosto da una sciarpa blu notte tenendo le braccia conserte e un’espressione molto poco allegra.

“Forse vogliono stare da soli.” Borbottò il ragazzo senza allegria, forse chiedendosi perché si fosse lasciato convivere ad andare alla partita con una semplice domanda da parte della rumena. Katja, invece, iniziò a chiedersi se quei due oltre a voler stare da soli non volessero lasciare LORO da soli. 

Riusciva perfettamente ad immaginare Michael ridacchiare mentre proponeva a Natalia di non raggiungerli alla partita per lasciarli soli per un po’. 

“Maledetti falsi doppiogiochisti…”
“Come prego?”

Novak, stando ben attento a non avvicinarsi alla ringhiera degli spalti a causa delle sue vertigini, si voltò verso la ragazza, guardandola con tanto d’occhi e un’espressione confusa sul viso:

“Uhm?! Ah, dicevo ai Battitori delle Stelle, quello era decisamente un fallo bello e buono!”


*


“Riesci a vederli?”
“Sì, è troppo divertente, credo che Kat abbia capito!” Natalia ridacchiò mentre regolava il suo binocolo che in genere utilizzava per seguire le partite ma che in quel momento, era puntato dritto su due dei loro amici, seduti dall’altra parte dello stadio.

“Ho idea che stasera, in Camerata, mi striglierà per bene… ma forse un giorno ci ringrazieranno.”

Michael accennò un sorriso e Natalia annuì, abbassando il binocolo mentre si voltava verso di lui, sorridendo mentre accennava alla sciarpa che il ragazzo indossava:

“Direi che entrambe le cose sono molto probabili. Comunque, sono felice di vedere che la porti. Ti piace davvero?”
“Scherzi, è già diventata la mia preferita! In genere dò un lembo delle mie sciarpe anche ad Achille, che le mangiucchia, ma questa è sacra… devi averci lavorato molto, e non sapevo sapessi lavorare a maglia.”

“In effetti non l’ho mai fatto, ma ho pensato che sarebbe stato bello farti una sciarpa e ho deciso di provarci… dopo svariati tentativi ho preso la strada giusta e ce l’ho fatta. È venuta discretamente bene, sono molto soddisfatta.”

Natalia sorrise e allungò una mano per sfiorare la lana viola con le dita coperte dai guanti e Michael esitò prima di parlare di nuovo:

“A proposito di regali, non sapevo cosa prenderti per il tuo compleanno…”
“Non dire assurdità, il mio compleanno viene tre settimane dopo Natale, un regalo unico va benissimo e tu mi hai già fatto un regalo meraviglioso. A proposito, spero che Thor stia bene tutto solo, stamattina continuava a piangere…”

“È normale all’inizio, poi si abituerà, vedrai. Tu cerca solo di non viziarlo troppo, anche se so che il mio è fiato sprecato. Comunque, tornando al tuo compleanno… tanti auguri, Lia.”

Michael tirò fuori una piccola scatola dall’interno del cappotto, guadagnandosi così un’occhiataccia da parte dell’amica:

“Mich, sai che non voglio che mi facciate dei regali sia a Natale che al mio compleanno…”
“Non dire assurdità, tu adori i regali, avanti, prendilo.”

“Va bene, allora io te ne farò ben due per il tuo.”

Natalia si strinse nelle spalle, ignorando Michael quando il ragazzo alzò gli occhi al cielo, e prese il suo regalo prima di aprirlo sotto lo sguardo dell’amico.

“… Mi hai regalato un buono per una giornata da passare con Michael?!”
“Beh, è la cosa più preziosa che mi è venuta in mente da poterti regalare…” Il ragazzo si strinse nelle spalle parlando con tono vago e cercando di non ridere di fronte all’espressione della ragazza, che scosse il capo con un sorriso prima di abbracciarlo, mormorando che era uno stupido ma che avrebbe riscosso il suo buono molto presto.

Michael non proferì parola ma sorrise e ricambiò la stretta, astenendosi dall’informarla che non vedeva l’ora che lo facesse.


*


“È un sollievo aver vinto questa volta, non mi sarei mai perdonato di perdere due partite su due a distanza di pochi mesi!” 

Ivan sospirò di sollievo mentre lasciava gli spogliatoi tenendo un braccio intorno alle spalle di Elvira, che sorrise all’amico e annuì:

“Hai ragione, senza contare che ho chiesto a Tim di venire anche se avrebbe preferito evitarlo, sarebbe stato tremendo perdere dopo averlo trascinato qui!”
“Oh, andiamo, sono sicuro che sarebbe felice di fare qualunque cosa tu gli chieda, ti guarda con un’aria sognante paragonabile solo a quella con cui Dom guarda Lia.”

“Trovi anche tu che sia evidente?! Io lo ripeto da mesi, ma nessuno mi da ret- Aspetta un attimo, ripeti un po’ la prima parte!”



“Sai, mi ha sorpreso molto vederti alla partita, pensavo saresti rimasto a scuola con Dave!”
“Sì, beh, l’idea era quella, ma Elvira mi ha chiesto di venire e… insomma… beh, ho deciso di esserci, alla fine.”

Timothy si strinse nelle spalle le mani sprofondate nelle tasche mentre si guardava i piedi con un velo di imbarazzo. Silvy invece sorrise, annuendo mentre i due aspettavano poco distante dallo spogliatoio delle Aquile:

“Anche Juls non voleva venire, ma John l’ha convinta. E ne sono felice perché sono stati davvero adorabili, quasi mi divertivo più a guardare loro della partita, hanno parlato per tutto il tempo e non avevo mai visto John quasi snobbare una partita di Quidditch! E quando si è offerto di darle la sua sciarpa mi sono sentita profondamente orgogliosa di lui.”
“Parli come una fiera sorella maggiore…”

“Beh, in parte lo sono. Oh, eccovi qui, complimenti per la partita!”

Silvy rivolse un sorriso allegro ad Elvira e ad Ivan quando i due li raggiunsero, ed Elvira ricambiò prima di rivolgersi a Timothy e ringraziarlo di essere venuto.

“Figurati, è un piacere. Vuoi che ti accompagni fino al castello?”
“Ma certo! Ivan, ci vediamo più tardi, ciao Silvy!”

Elvira sorride prima di prendere sottobraccio il ragazzo, raccontagli per filo e per segno di ciò che era successo in campo mentre Ivan si rivolgeva alla Corvonero con un sopracciglio inarcato:

“Tracce di Novak?”
“Non l’ho visto a dire il vero, credo che sia stato con Katja per tutto il tempo.”

“Ma davvero? Bene bene, le cose si fanno interessanti direi…”
“Ci puoi scommettere! Comunque sarebbe bello se sifone anno noi dovessimo giocare proprio contro di voi… di norma io sarei una Battitrice ma qui giocherò in veste di Cacciatrice, sarebbe molto divertente potermi confrontare con te.”

“Lo immagino, peccato che perderesti di sicuro. Ed è una fortuna per te non doversi confrontare con Elvira e la sua mazza, in campo diventa terribilmente competitiva e feroce, all’occorrenza. Novak usa come paragone un coniglietto pasquale che si trasforma in un Dobermann…”

“Oh, ti prego. Forse ancora non lo sai, ma competizione è il mio secondo nome.”
“Non era una cosa come Isabelle?”
“In senso figurato, non si usa da queste parti?”


*



Lunedì 21 Gennaio 


“Per domani abbiamo un tema infinito da scrivere per Storia, e io non so neanche da dove cominciare! Odio quella materia!”

Julie sbuffò con aria contrariata mentre infilava il libro nella borsa prima di scendere a fare colazione con Rose e Silvy, che si scambiarono un’occhiata eloquente e due sorrisetti identici. 

“Tranquilla Juls, ho la sensazione che oggi qualcuno verrà in tuo soccorso.”
“Davvero Rosie? Chi, un portatore di miracoli? Coraggio, andiamo, un’altra settimana ci aspetta…”

Julie raggiunse la porta della stanza con un sospiro e precedette le due fuori dalla camera, lasciando le amiche sole: Silvy si rivolse alla bionda con un sorriso, parlando con l’aria di chi la sa lunga.

“Pensi quello che penso io, Rosie?”
“Credo proprio di sì… insomma, la nostra Juls detesta Storia, ma noi conosciamo qualcuno che l’adora e che può aiutarla, dico bene?”

Silvy annuì, sfoggiando un amabile sorrisetto mente prendeva l’amica sottobraccio, parlando con tono solenne:

“Precisamente. Dimmi Rose, non ti sembra di sentire la voce di zia CeCe congratularsi con noi per il nostro brillante operato?”
“Hai proprio ragione Silvy.”


*


“L’ora di Cabala e Rituali non finiva mai, per fortuna dopo a Volo potremo rilassarci un po’… ora però approfitterò dell’ora buca per fare una passeggiata, vieni con me?”

“Non posso, devo studiare. Ma puoi sempre chiederlo a Tatijana, visto che stamattina sembravi così desideroso di parlare con lei.”

Il tono di Natalia aveva un che di stizzito mentre rimetteva i libri nella borsa una volta terminata la lezione, cosa che fece sorridere Michael. Il ragazzo l’abbracciò da dietro e appoggiò la testa contro quella della ragazza, parlando con tono divertito:

“Cosa c’è Lia, sei gelosa? Non devi, ricorda che il buono per la giornata intera da passare con me l’ho dato a te e nessun’altra.”
“E vorrei ben vedere, altrimenti ti avrei tolto il saluto! E ora lasciami, non fare il ruffiano.”

“Sei gelosa.”
“No, non è vero!”
“Sì che lo sei.”

“Bene, allora da domani comincerò a fare la civetta con ogni bel ragazzo come fai tu, d’accordo?”
“Sei libera di fare quello che vuoi, per quanto mi riguarda, devi rendere conto al tuo fidanzato, non a me.”

Michael lasciò scivolare le mani dalla vita di Natalia e si allontanò leggermente, voltandosi per darle le spalle e prendere la sua borsa mente la ragazza si voltava verso di lui, immobile con una mano stretta sulla cinghia:

“Davvero non ti interessa?”
“No.”  La mano destra di Michael scattò e si chiuse senza che lui lo volesse, ma il ragazzo parlò senza far trapelare alcuna emozione nonostante si fosse irrigidito non poco:

“… Bene allora. D’accordo. Ci vediamo dopo a lezione.”
Anche la voce di Natalia giunse piatta, forse fin troppo calma ma affettata, alle sue orecchie, e la ragazza uscì dalla stanza senza dargli il tempo di dire altro, potendo solo udire i suoi passi affrettati prima che sparisse. 
Rimasto solo, Michael sospirò, chiedendosi perché dovesse essere sempre così difficile mentre lasciava a sua volta l’aula, diretto nella sua camera per mettere giù i libri e recuperare il mantello di pelliccia della divisa scolastica.

Forse una passeggiata lo avrebbe aiutato a schiarirsi le idee.


*


“Non so davvero come tu faccia, insomma, ad Hogwarts passi le ore di Storia della Magia a dormire e poi prendi sempre il massimo dei voti! Io sono una causa persa, non dovresti nemmeno perdere tempo con me.”

Julie appoggiò la piuma sulla sua pergamena piena di scarabocchi e cancellature con un sospiro, scuotendo debolmente il capo mentre John, invece, le sorrise gentilmente:

“Tu sei un’ottima studentessa, Juls, è normale non andare bene in una materia o due… A me piace molto la Storia, ma con Rüf non riesco proprio a concentrarmi, quindi diciamo che in genere studio da solo.”
“Beh, non riesco proprio a capire come tu faccia, io non riesco a farmele entrare in testa, tutte queste date!”

“Probabilmente ho solo una piccola predisposizione, oppure crescere con una madre che fa la storica mi ha temprato. Ma ce la farai Juls, credimi.”

John allungò una mano per porgere la penna alla ragazza, che la prese dopo un attimo di esitazione e mormorando un debole ringraziamento per il suo aiuto.

“Figurati, quando Silvy e Rose me l’hanno chiesto non ho esitato neanche per un attimo…”

“Aspetta un attimo, te l’hanno chiesto loro?! Oh mio Dio, quelle due mi manderanno al manicomio prima o poi…”
Julie sospirò e si portò le mani sul viso, forse anche per nascondere il rossore delle sue guance, e John invece aggrottò la fronte, guardandola come se non capisse:

“Beh, sì, ma che c’è di male, sono tue amiche, forse pensavano che tu fossi troppo orgogliosa per chiedermelo…”
“No, l’orgoglio non c’entra affatto, John. Per favore, lascia perdere.”

Julie sospirò e scosse il capo, puntando gli occhi chiari con ostinazione sulla sua pergamena per evitare di guardarlo mentre il ragazzo, invece, decise di ignorarla:

“E allora perché l’avrebbero fatto?”

Julie non rispose, ma sentendosi avvampare intuì di essere appena arrossita nuovamente. 
Il desiderio di alzarsi e nascondersi nei meandri del castello era forte – così come le preghiere della ragazza di venire risucchiata dal pavimento o di diventare momentaneamente invisibile – ma la ragazza non osò muoversi, impietrita, senza sapere cosa fare o dire. 

Quando riuscì finalmente a balbettare qualcosa Julie alzò al contempo lo sguardo, ritrovandosi gli occhi chiari di John ancora puntati addosso. 
Le parole le morirono in gola, a quel punto, ma John pensò bene di parlare al posto suo mentre si sporgeva leggermente verso di lei:

“Conosco molto bene Silvy, Juls. Magari potrebbe aver voluto farti uno scherzo mettendomi nella posizione di passare del tempo con te, ma essendo piuttosto certo che tu non mi odi e considerando che tempo fa ha detto proprio a me di chiederti di giocare a Quidditch, allora forse…”

Julie non rispose, né si mosse, pregò solo mentalmente il ragazzo di non dirlo mentre progettava mentalmente l’omicidio delle sue due migliori amiche.
E in effetti John non disse proprio niente, limitandosi ad avvicinarsi a lei finché i loro visi non si trovarono ad un paio di centimetri di distanza. A quel punto il ragazzo esitò, dando alla compagna di Casa – se avesse voluto – il tempo di scostarsi. Julie però non lo fece, non riuscì a fare nulla mentre il suo cervello sembrava essere diventato momentaneamente incapace di formulare un pensiero logico e coerente. 

La Corvonero deglutì, gli occhi fissi in quelli altrettanto chiari di John, che invece vagarono per qualche istante sul suo viso prima di chiudersi, proprio quando le sue labbra incontrarono quelle della ragazza.

Anche Julie, suo malgrado, li chiuse, e quando sentì una mano di John sulla nuca, tra i suoi capelli scuri, sollevò quasi timidamente le proprie per metterle ai lati della sua testa. 
Poco dopo John si staccò da lei, allontanandosi quanto bastava per guardarla in faccia prima di baciarla di nuovo, questa volta con più enfasi. 


Dall’altro lato del castello, anche se ancora lo ignoravano, un paio di studentesse inglesi si sarebbero potute ritenere soddisfatte.


*


Non sapeva di preciso per quanto avesse camminato, ma Michael si rese conto di quanto si fosse allontanato dal castello solo quando sedette sul tronco mozzato di un albero, imprecando a bassa voce mentre si sfiorava la protesti della gamba destra da sopra i vestiti.

Dopo aver passato i primi anni di vita su una sedia a rotelle Michael non si stancava mai di muoversi, di camminare. Amava passeggiare, se non fosse stato per la gamba avrebbe potuto non fermarsi per ore intere.

Dopo anni riusciva a camminare tranquillamente, in modo del tutto disinvolto come se la sua fosse una gamba vera, ma doveva comunque fermarsi di tanto in tanto, quando iniziava a sentire dolore e ad affaticarsi. Quando succedeva Michael si limitava ad estrarre la bacchetta e a fare qualche incantesimo, poi si alzava e riprendeva a muoversi come se nulla fosse. 

Per questo motivo il ragazzo si portò quasi istintivamente una mano nella tasca interna del mantello per prendere la bacchetta, ritrovandosi a strabuzzare gli occhi con orrore quando la sua mano si agito nel vuoto.
Stentando a crederci riprovò, ma niente, rivoltò tutte le tasche, cercando anche nei pantaloni, ma della sua bacchetta non c’era traccia. 
Si chiede come potesse averla persa camminando, ma infine realizzò di averla semplicemente dimenticata nella sua borsa, dove aveva messo tutte le sue cose alla fine della lezione. Borsa che era rimasta sul suo letto.

Questa volta Michael imprecò a voce alta, iniziando a tremare e deglutendo a fatica. 
Come aveva potuto essere così stupido? 

Non sarebbe potuto andare lontano con la gamba che gli doleva e non poteva né Smaterializzarsi, né fare alcuna magia. 
Senza contare il freddo – che non avrebbe certo aiutato la sua protesi – e che non ci sarebbe voluto ancora molto perché facesse buio, essendo Gennaio.

Il ragazzo si passò le mani sul viso, sospirando e alzando lo sguardo al cielo grigio. 
Questa volta sì, era davvero nei guai. 








………………………………………………………………………………..
Angolo Autrice: 

A questo punto posso ritenermi più efficace nel creare coppie dei siti d’incontri… Forse dovrei crearne uno io.
Ad ogni modo, questa volta le nostre amate Aquile si sono aggiudicate la vittoria… e so che vorrete uccidermi per aver concluso così, ma il prossimo riprenderà esattamente da questo punto. 

A presto! 
Signorina Granger 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Capitolo 13 ***


Prima di lasciarvi alla lettura, volevo condividere con voi una specie di riflessione, siete liberissime di saltarla a piedi pari per passare al capitolo, ovviamente. 
Quando, a fine Giugno, ho letto la scheda di Michael D.O. Hoax per la prima volta ho pensato una cosa che mai mi era balenata in mente in seguito alla lettura di una scheda: ho pensato cavolo, devo prendere questo ragazzo, raccontare la sua storia e dargli un po’ di felicità. 
Scrivo questo genere di storie dal 2012, sembra una vita fa e forse lo è, ho letto tante, tantissime schede e se leggete, scrivete o partecipate a Interattive sapete che le storie strappalacrime e dolorose sono all’ordine del giorno, ce ne sono almeno un paio in ogni storia, dico sempre che le autrici sono perfide solo come R.R. Martin con i propri personaggi.  
Ho letto di ogni genere di sfortuna, abbandoni, lutti, malattie difficili, famiglie divise, stupri… eppure non l’ho mai pensato per nessun altro personaggio, o almeno non nell’immediato e con tanta decisione.
E io non credo che sia perché quella di Michael è la storia più triste che io abbia raccontato esumandola da una scheda, quanto più per come mi è stata presentata: vorrei sinceramente ringraziare Phebe, che ogni volta riesce a creare i personaggi più complicati e per questo realistici che io abbia mai letto. I tuoi personaggi hanno mille particolari, mille contraddizioni, mille aspetti che non potrò mai scrivere, non cadono mai nello stereotipo o nel banale… prendono vita da soli, quasi. Sono delle persone vere, al 100%, con le mille sfaccettature che contraddistinguono tutti noi, pregi, difetti e insicurezze inclusi. 

La storia di Michael è piena di sofferenza, e quel che è peggio molto probabilmente vicina a quella di molti ragazzi in carne ed ossa del passato e del presente.  
Io mi sono innamorata di questo ragazzo, spero che possa succedere anche a voi… Perché sì, questo capitolo è tutto per lui, scusate ma volevo dare il giusto spazio alla sua storia tutt’altro che semplice.
Buona lettura




Capitolo 13


Natalia bussò alla porta con impazienza, sperando di ottenere una risposta da parte di Michael: l’amico non si era fatti vedere a lezione di Volo, e non era da lui saltare le lezioni… Senza contare che gli piacevano molto quelle di Volo, anche se non giocava a Quidditch stare in sella ad una scopa, librandosi a mezz’aria, era una sensazione meravigliosa a sua detta.

Non udendo alcuna risposta la ragazza esitò ma alla fine entrò, dicendosi che forse il ragazzo si era tolto gli orecchini.
Natalia appurò però con sconforto che la stanza era vuota, fatta eccezione per Achille che le andò incontro scodinzolando.

“Ciao bello… Ma che fine ha fatto Mich, eh? Non lo trovo da nessuna parte, sai?” La ragazza sospirò mentre si chinava leggermente per accarezzare il grosso cane, chiedendosi sinceramente dove potesse essere: non era in Biblioteca, in camera sua, nel Dormitorio e nemmeno nella Sala del Ristoro. Aveva anche controllato in Infermeria, ma niente, e nessuno l’aveva visto dopo di lei, a quanto sembrava.
Le sue parole l’aveva o irritata non poco, certo, ma non poteva proprio fare a meno di preoccuparsi per lui.

E l’ultima cosa che le aveva detto era che sarebbe andato a fare una passeggiata. 
Gli occhi di Natalia saettarono sul baule aperto del ragazzo, cercando con lo sguardo il mantello della divisa senza però trovarne traccia. E nemmeno della sua sciarpa viola, ma in compenso la borsa del ragazzo era sul letto.

Possibile che dopo un paio d’ore fosse ancora fuori? 
La ragazza si voltò di scatto verso la finestra della stanza, impallidendo leggermente: entro meno di un’ora sarebbe già stato buio, fuori. Per non parlare delle temperature.

Decisa a non perdere altro tempo, Natalia abbassò lo sguardo sul cane prima di parlare, facendogli cenno di seguirla:

“Achille? Vieni, andiamo a cercare Mich.”

La ragazza uscì di corsa dalla stanza con il cane al seguito, correndo a prendere il suo mantello prima di andare a cercare l’amico.


*


Michael imprecò, senza nemmeno provare a trattenersi – se non altro, nessuno poteva sentirlo – e persino nella sua lingua madre anziché in tedesco. Arrancò sulla neve e, ancora una volta, crollò in ginocchio al suolo, tremando da capo a piedi.
Il suo braccio destro si muoveva senza il suo controllo, non riusciva definitivamente più a sentirlo e fu difficile rimettersi in piedi, con la protesi quasi traballante.

Si diede ancora una volta mentalmente dell’idiota, oltre a sentirsi profondamente sconfortato per il suo non riuscire a fare neanche una passeggiata, ma fu grato di non essere riuscito a ricoprire una grande distanza prima di essere costretto a fermarsi.

Alzò lo sguardo, sentendo le dita congelate sotto i guanti, e osservò la sagoma del castello. Non era molto lontano, ormai, ma c’era già molta meno luce rispetto a quando era uscito, e presto sarebbe stato totalmente circondato dal buio.

Dom sospirò, alzandosi stringendo i denti prima di muovere qualche altro passo incerto. 
Aveva già fatto abbastanza strada, dopotutto, poteva farcela. Doveva farcela, anche se il dolore sembrava acuirsi ad ogni passo che muoveva.

Era sopravvissuto ad un tremendo incidente, dopotutto, quando era solo un bambino piccolo. Non poteva permettersi di non farcela quel giorno.


*


La polizia e i vigili del fuoco non riuscirono ad estrarre dalle macerie del vagone, praticamente distrutto per intero, che un bambino di tre anni e una valigia malridotta su cui spiccava il nome ricamato “Michael D.O. Hoax”. 
C’erano state molte vittime nell’urto e i genitori del bambino non si trovarono, così fu quello il nome che scelsero di attribuirgli visto che ovviamente non aveva documenti con sè. 

A trovarlo fu una donna, che sentì dei lamenti e un pianto sommesso. La dottoressa seguì la direzione del pianto con il cuore in gola, sentendosi pervadere da una terribile sensazione d’angoscia quando vide un bambino piccolo sanguinante, tremante e incastrato sotto il peso non indifferente di una specie di lastra di metallo.

  “Oh mio Dio… venite qui, c’è un bambino, dobbiamo tirarlo fuori da qui!”

Non fu facile e nemmeno rapido, ma il piccolo Michael venne liberato e portato immediatamente in ospedale, dove i medici appurarono che l’enorme boato dell’impatto del vagone aveva causato al bimbo la perdita dell’udito. Ovviamente non sapeva né leggere né scrivere, e non poterono porgli alcuna domanda, ma stimarono la sua età intorno ai tre anni e fecero di tutto per ricucirlo al meglio e salvare la gamba destra che era rimasta bloccata sotto il peso, ma invano. Michael era rimasto incastrato con tutta la parte destra del corpo e rischio di perdere anche il braccio, ma i medici si limitarono ad appurare che anche se l’avevano salvato difficilmente avrebbe potuto funzionare come un braccio normale e completamente sano, in futuro. 

La polizia stimò che i suoi genitori fossero morti nell’incidente e il bambino, dopo aver trascorso un paio di settimane in una stanza del reparto di pediatria, coccolato da tutte le infermiere, venne trasferito nell’orfanotrofio a più vicino, nei pressi di Putj.
Fu così che Michael arrivò in quella che per i sette anni successivi sarebbe stata la sua casa: la Baita.


*


Stava camminando da circa una mezz’ora quando trovò finalmente Michael. 
Fu Achille a trovarlo, in realtà, e la ragazza lo sentì abbaiare prima che il cane corresse verso qualcosa che inizialmente Natalia riconobbe come “un ammasso di tessuto rosso”. Un ammasso di tessuto rosso che fortunatamente spiccava sulla neve come una goccia di sangue su un foglio di carta e che Lia riconobbe come un mantello della divisa, identico a quello che anche lei indossava.

“Mich.”

Dapprima Natalia lo sussurrò, gli occhi sgranati, deglutendo a fatica. Dopodiché forse lo urlò quando iniziò a correre come mai in vita sua per raggiungere l’amico steso a terra, a cui Achille dava dando qualche colpetto con il peso sulla spalla, guaendo e lasciandogli qualche leccatina sul viso.

“Ciao bello…” nonostante non si sentisse più le labbra – ormai quasi blu – Michael riuscì ad abbozzare un sorriso e a mormorare quelle parole – era possibile congelarsi la voce? Dopo quel giorno, avrebbe risposto di sì – prima che anche Natalia lo raggiungesse, quasi gettandosi sulla neve per abbracciarlo. 
Anche Natalia tremava, ma Michael ebbe la sensazione che non fosse solamente per il freddo mentre la ragazza lo stringeva tenendogli le braccia intorno al collo, il viso premuto contro la sua testa. 

“Che cosa stai facendo?! Che cosa ci fai qui fuori Mich?! Ti ho cercato ovunque stupido idiota, vuoi farmi morire di paura per caso?!”

Dopodiché pronunciò qualche parola – forse imprecazioni o insulti – in ceco e allontanò leggermente il viso dal suo, sfiorandogli la pelle pallida e secca con le dita guantate mentre lo guardava con occhi quasi lucidi.
Michael aprì la bocca per dire qualcosa, ma non riuscì a farlo e si limitò a guardarla di rimando, il cappuccio tirato sulla testa come il suo, il volto pallido ma con labbra e guance arrossate dal freddo e i capelli ramati sparsi sul bordo di pelliccia. 

Di rado era stato felice di vederla come in quel momento, ma non glielo disse mentre la ragazza lo aiutava ad alzarsi, chiedendogli se riuscisse a camminare.
Michael scosse il capo ed evitò di guardarla mentre Lia, al contrario, lo scrutava com attenzione, preoccupata: era pallidissimo, le labbra viola, era gelato al tatto, tremava e i suoi occhi, che cambiavano colore acquisendo quello di ciò che lo circondava, erano quasi bianchi.

“Non preoccuparti, torniamo a scuola in un attimo, eri tornato indietro quasi del tutto. Vieni Achille.”


Michael iniziò a muoversi, appoggiato a Lia, e pensò allo sforzo che stesse facendo l’amica. 
Non si oppose, certo, ma pensò a quanto fosse sempre un disturbo, una specie di zavorra da portarsi appresso, mentre l’amica lo conduceva verso il castello, facendo uscire al contempo del vapore caldo dalla sua bacchetta e indirizzandolo verso di lui. 

Dovette perdere coscienza, in certi momenti – e da quel che ne sapeva, era uno dei sintomi dell’ipotermia –, seppe solo che ad un certo punto Natalia spalancò la porta d’ingresso con una spallata e lui si lasciò sfuggire una specie di verso indefinito, ma sollevato, prima di scivolare sul pavimento di pietra.

Alcuni studenti presenti nell’atrio si avvicinarono ai due, mormorando incuriositi e preoccupati, ma Natalia non ci badò e si inginocchiò vicino all’amico, mormorando che l’avrebbe portato in Infermeria.
A quelle parole però il ragazzo scosse il capo, respirando affannosamente e mormorando che no, non voleva andarci. Che voleva lei e basta.

“Mich, non posso…”
“NO!”

Michael scosse il capo, e Natalia – temendo che sprecasse tutte le energie che gli erano rimaste per parlare e agitarsi – sospirò prima di alzarsi e aiutarlo a fare altrettanto, ringhiando ai presenti di levarsi di torno e di farli passare mentre si dirigeva verso la Camerata dei Draghi. E mai come in quel momento fu grata del fatto che si trovasse al piano terra.


Una volta, da bambina, era andata a sciare e dopo essersi allontana dai genitori era caduta su una discesa, ed era rimasta incastrata nella neve per più di mezz’ora. Non l’avrebbe mai dimenticato, e per fortuna ricordava anche che cosa le avevano fatto per rimetterla in sesto, visto che anche Dom mostrava molti segni dell’ipotermia, dall’intorpidimento, alla pelle secca e ghiacciata, al respiro lento e quasi affaticato.

“Ok, resisti Mich, andrà tutto bene… FUORI DALLE MITCE, VOI!” 

Nessuno ebbe molta voglia di mettersi sulla traiettoria della ragazza di fronte al suo gentile invito, e Natalia riuscì a portare facilmente Dom fino alla sua camera con uno dei suoi compagni, Hans, al seguito:

“Che cosa gli è successo?!”
“È rimasto fuori al gelo per credo un paio d’ore… aiutami a metterlo sul letto.”

Hans obbedì e aiutò la ragazza a far stendere il compagno sul letto, guardando Michael chiudere gli occhi quasi con sollievo prima di parlare con tono dubbioso:

“Gli prepariamo un bagno caldo?”
“No, non bisogna far salire la temperatura troppo in fretta, l’acqua può essere al massimo tiepida, e non dobbiamo nemmeno dargli bevande alcoliche per scaldarlo o strofinare e massaggiare le parti colpite, non subito, procurami un termometro.”
“E dove…”
“NON SO, trovalo Hans, diamine!” 

Il ragazzo sobbalzo di fronte al tono della rossa, che sfilò il mantello a Michael e lo lasciò scivolare sul pavimento prima di puntare la bacchetta verso il camino e accenderlo, mandando le regole a farsi benedire.

Achille li raggiunse e appoggiò il muso sulla gamba sinistra del padrone, l’aria triste, e Natalia stava sfilando il maglione al ragazzo con un po’ di fatica quando gli chiese di chiamare Packy. 
Il ragazzo, che aveva gli occhi aperti ma vacui, obbedì con voce flebile e un attimo dopo l’Elfo era nella stanza, guardando il padroncino con i grandi occhi gialli spaventati:

“Boss! Che cosa è successo, Miss Natalia?!”
“È in ipotermia, Packy, ma starà bene. Tu però mi devi aiutare, ok? Devi portarmi un tè caldo zuccherato, e del cioccolato. Zuccherato, mi raccomando.”

Packy annuì prima di sparire con un piccolo scoppio, proprio mentre Natalia riusciva finalmente a sfilare anche il maglione all’amico. Portò i vestiti, la sua sciarpa inclusa, davanti al camino e poi ne appellò altri di caldi dal baule dell’amico insieme ad alcune delle cose che sua madre le mandava periodicamente da casa.

La borsa dell’acqua calda e le due boccette di unguento schizzarono nella stanza insieme ad Hans, che porse il termometro alla ragazza con il fiato corto, come se avesse corso.

“Ok, eccolo… adesso che si fa?”
“Riempi questa, e portami degli asciugamani.”

Natalia gli consegnò la borsa dell’acqua calda con un gesto brusco prima di sorridere dolcemente all’amico, sfiorandogli l’attaccatura dei capelli chiari:

“Ehy… starai subito meglio, ok?”
“P-posso fare da solo…”
“Scordatelo, è una cosa seria, e dopo chiamerò l’infermiera, non illuderti. E ora tieni questo.” Natalia gli infilò senza tante cerimonie il termometro sotto il braccio prima di abbassare lo sguardo sulla fila di bottoni della camicia bianca del ragazzo. Bottoni che avrebbe dovuto sfilare dalle asole per togliergliela e mettergli vestiti caldi e asciutti.

Natalia esitò, arrossendo leggermente. 
Oh, andiamo, erano solo bottoni, no?

“Mich, ti devo… togliere la camicia.”
“No.”
Mich, se possibile, impallidì ulteriormente e scosse vigorosamente il capo, allontanando la mano che la ragazza allungò timidamente e guadagnandosi un’occhiata truce mentre Hans faceva ritorno con borsa dell’acqua calda e asciugamani.

“Fatto.”
“Grazie Hans, avvolgila in un asciugamano, poi lasciala sul comodino. Mich, non fare la ragazzina pudica, dopo tutte le battutine spinte che fai non te lo concedo! Perciò adesso ti toglierò la camicia.”

“No, non puoi! Non voglio che tu lo faccia.”
Michael si dimenò leggermente, scuotendo il capo con decisione e una nota disperata nella voce che fecero sospirare la ragazza, aggrottando la fronte e mettendosi le mani sui fianchi:
“Guarda che non mi voglio appropriare della tua virtù, sai?! E smettila di parlare! … Ecco, hai 28º corporei, sei in piena ipotermia moderata, non puoi fare storie.”

Michael a quel punto venne salvato dall’arrivo di Packy, che lasciò sul comodino un vassoio con tè e cioccolato mentre Hans, intuendo aria di tempesta, se la filava saggiamente.

“Grazie Packy. Ecco, se ce la fai bevi questo.” 
Natalia sedette sul materasso, accanto all’amico, e gli porse la tazza aiutandolo a sorseggiare lentamente il thè prima di appoggiargli la borsa dell’acqua calda coperta dall’asciugamano sul petto con delicatezza, coprendolo poi con le due coperte del ragazzo e facendone comparire un’altra. 

“Ti devo coprire la testa, mi serve un berretto… berretto, berretto… ah, eccone uno! Tieni.”
Natalia gli infilò il berretto sulla testa, decidendo che avrebbe aspettato che si addormentasse per sostituirgli la camicia. Anche a costo di dargli una botta in testa.


Dieci minuti dopo Michael era crollato, sfinito e intorpidito, e Natalia esultò mentalmente mentre gli toglieva lentamente di dosso coperte e borsa dell’acqua calda. 
Esitò, ma poi si decise e iniziò a sbottonargli la camicia, ripetendosi che doveva farlo e che lui non poteva prendersela con lei, infondo non stava facendo niente di male. 
Non era certo una specie di maniaca, dopotutto!


Quando giunse all’ultimo bottone e fece per scostargli con delicatezza la camicia dalle spalle Natalia però si fermò, gli occhi fissi su una porzione di petto del ragazzo, sulla parte destra. 
Rimase immobile per qualche istante, poi deglutì e scostò ulteriormente l’indumento, scoprendogli le spalle. E trovò delle cicatrici, alcune bianche, altre violacee, sulla spalla destra. 

Impietrita, Natalia allungò la mano per sfiorarne una particolarmente grossa e dall’aria profonda, forse un tempo era stata una ferita molto dolorosa.
Come si era procurato tutti quei segni? Era un caso che nemmeno vedesse proprio dall’occhio destro? E la sua sordità?

Aveva sempre pensato, da quando l’aveva capito, che fosse diventato sordo forse da bambino e che avesse perso parzialmente la vista magari per una strana malattia… ma forse aveva avuto un serio incidente, per avere tutte quelle cicatrici.
Cicatrici che proseguivano anche su una buona parte di braccio, quella che teneva sempre coperta, e all’improvviso Natalia desiderò di averlo ascoltato e di non avergli sbottonato la camicia. Ecco perché, allora. Sospirò, strinse il tessuto tra le mani e si mordicchiò il labbro, sentendosi profondamente in colpa.

Ma cosa doveva fare, rimettergliela e fare finta di nulla?
No, non poteva, e poi doveva cambiarlo per il suo bene.

Con un po’ di fatica ma lo fece, anche con l’aiuto della magia, gli infilò una maglietta, una camicia e poi un maglione pesante, coprendolo nuovamente subito dopo. Gli rimboccò le coperte e si appuntò mentalmente di fargli mangiare un po’ di cioccolato una volta sveglio, osservandolo e chiedendosi cosa potesse fare a quel punto.

Più tardi gli avrebbe detto di mettersi l’unguento e di farsi un bagno, ma per ora era meglio aspettare e le gliene aveva messo solo un po’ sulle mani. 

All’improvviso pensò a qualcosa che, al tempo, la madre aveva detto e fatto per lei.

Natalia arrossì, e non certo per la sua vicinanza al caminetto, mentre ricordava le parole di Petra: “è utile condividere il calore corporeo”.

Condividere il calore corporeo 
Condividere il calore corporeo 

Tradotto, stringersi nello stesso spazio.

No, no, non poteva farlo.
Che idea stupida.

Però forse sarebbe stato utile sul serio. Forse doveva?

Natalia sospirò, passandosi nervosamente una mano tra i capelli mentre quasi poteva sentire la voce di Dom apostrofarla come “pudica” con aria divertita.

Oh, al diavolo. Alla peggio si sarebbe svegliato urlando, l’avrebbe cacciata e lei avrebbe desiderato di sparire per la vergogna.

Natalia si sfilò le scarpe e, dopo un attimo di esitazione, sollevò lentamente un lembo dello spesso strato di coperte per infilarsi nel letto accanto a lui, rigida come un tronco. Fece quasi di tutto per non toccarlo troppo, all’inizio, ma lui le rese l’intento difficile mormorando sommessamente qualcosa, forse il suo nome, prima di abbracciarla. 
All’ora Natalia divenne dello stesso colore dei suoi capelli, decidendo che era stata un’idea pessima. Una delle peggiori che avesse mai avuto.
O almeno finché non si rilassò leggermente sentendo il respiro di Michael farsi più rilassato e i tremori diminuire. Sollevò una mano e azzardò a sfiorargli i capelli che sbucavano dal berretto che gli aveva messo, sorridendo appena prima di parlare con un filo di voce, osservando il volto rilassato dell’amico.

“Sai, sei quasi adorabile quando dormi e non puoi parlare.”


*


Michael visse in quell’orfanotrofio di Putj, che i bambini chiamavano “la Baita” per sette anni, e fu una parte della sua vita che non avrebbe mai dimenticato, intensa tanto quanto gli anni di scuola, anche se in modo diverso.
Per i primi tempi lo spostavano tenendolo perennemente in braccio, ma un paio d’anni dopo il suo arrivo gli costruirono una piccola sedia a rotelle su misura, imparò il linguaggio dei segni, a scrivere e, lentamente, anche a leggere il labiale. Non essendo nato sordo Michael non aveva alcun problema a parlare, come la maggioranza delle persone affette da sordità, anche se spesso si sentiva male quando qualcuno gli diceva di non urlare e che lo sentivano.

Vivere alla Baita non era semplice, certo Michael ricevette più attenzioni di altri ma erano comunque in moltissimi ragazzini di tutte le età, tutti un po’ abbandonati a loro stessi. 
Non era solo, mai, neanche per un attimo, e questo lo aiutò, anche se guardare da una finestra seduto sulla sedia a rotelle e salutare i suoi amici venire adottati e andarsene non fu affatto semplice.

Le persone che adottavano volevano bambini piccoli, ma nessuno avrebbe mai voluto un bambino come lui, fonte di fin troppi problemi. E Michael lo capiva, non se ne faceva un crucio, in breve tempo capì che nessuno l’avrebbe mai preso con sè, arrendendosi tanto quanto i ragazzini di età superiore ai 10 anni: le famiglie volevano bambini piccoli da crescere, un po’ come in un canile, dove i cuccioli erano i più ricercati. 

Michael non era un bambino normale, lo sapeva e se lo sentiva ripetere in continuazione, ma ciò gli dava un po’ di forza era il fatto che, quando voleva, Michael sapeva fare cose che neanche gli adulti che lavoravano alla Baita sapevano spiegarsi. 
Era riuscito ad arrampicarsi su un albero, a raggiungere i biscotti in cima alla credenza, ad aprire la porta della cucina e a riempire tutti i bagni di acqua salmastra perché non volevano portarli al mare. 
Nessuno gli dava mai la colpa per ciò che faceva, infondo come avrebbe potuto un bambino con una protesi alla gamba e un braccio malandato fare quelle cose, come poteva difendersi dai ragazzini più grossi che erano convinti di poter fare i gradassi con lui solo perché girava su una sedia a rotelle?
Non poteva, ecco tutto.
Questi eventi straordinari lo resero sempre più sicuro di sé, sempre più sfrontato e più furbo, affinò le sue tecniche e mise su una “banda” per riuscire in tutte le sue malefatte al meglio. 
Aveva appena compiuto nove anni quando la Baita divenne “la Baita di Doax”.
L'anno dopo un uomo si presentò alla Baita e disse di esser lì per lui, di averlo finalmente trovato e che gli dispiaceva non esser riuscito ad arrivare prima. 

Michael non aveva mai ricevuto una visita, nessuno era mai andato lì per lui, per vederlo. 
Pieno di curiosità, ma anche di scetticismo, Michael guardò dalla sua sedia a rotelle quell’uomo che non aveva mai visto in vita sua, che si presentò come suo zio e con un nome alquanto bizzarro che sul momento lo fece quasi ridacchiare.


*

“Signor Oz! Signor Oz!”

“Packy? Che cosa c’è?” 
L’Elfo Domestico corse verso il padrone, fermandosi davanti all’uomo seduto di fronte alla sua scrivania prima di parlare con tono lacrimoso e preoccupato:

“Il Signorino Michael non sta bene, Signor Oz.”
“Che cosa è successo?!”

“Miss Natalia ha detto che è in… ipotermia.”

Packy deglutì, guardando il padrone con una nota implorante nello sguardo, come a volerlo pregare di sbrigarsi e di raggiungere il figlioccio a scuola per assicurarsi che stesse bene. 
Oz non se lo fece ripetere una seconda volta e si alzò in piedi di scatto dopo aver rivolto all’Elfo un’occhiata stralunata, chiedendosi come potesse essere successo: certo in Norvegia faceva molto più freddo rispetto a laggiù, in Croazia, ma Michael non era certo uno stupido. Forse aveva avuto un qualche incidente con la gamba?

“Andiamo a Durmstrang, Packy.”

Il mago parlò con tono fermo, superando l’Elfo con poche, lunghe falcate e dirigendosi verso il piano inferiore per raggiungere l’enorme camino di marmo del salotto con cui avrebbe potuto mettersi in contatto con il Preside.


*


Lo zio Oz, che a quanto pare era il fratello di suo padre, disse di essere stato via per molto tempo e che solo di recente era tornato in Slovenia ed aveva cominciato a cercarlo non appena aveva saputo della morte del fratello. 
Lo prese con sé due giorni dopo, portandolo via dalla Baita in una grande macchina scura e tutti gli abitanti dell’orfanotrofio uscirono in giardino per salutarlo quel giorno, sbracciandosi e chiedendogli di ricordarsi di loro, di andare a trovarli in futuro. Cosa che, per altro, Michael avrebbe continuato a fare con costanza negli anni a venire.
Una volta in auto – e il ragazzino si chiese se per caso quel suo zio non fosse persino molto ricco, visto che aveva l’autista – Oz tirò fuori un sottile bastoncino e lo agitò, gli disse che ora potevano parlare tranquillamente visti che nessuno li avrebbe sentiti e quello fu l’inizio della loro strana, ma funzionale, convivenza. Oltre ad essere il giorno in cui Michael scoprì di essere un mago e che anche i suoi genitori lo erano.

Ben presto Michael avrebbe anche saputo che i suoi genitori erano vivi e vegeti, che Oz non era suo zio ma solo il suo padrino e che non lavorava esattamente per l’Unione Sovietica, come aveva riferito ai dirigenti dell’orfanotrofio, ma tutto avrebbe avuto il suo tempo.
 
Ozrel era un membro del versante magico del KGB ed aveva partecipato ad una missione durata più di cinque anni fuori dal paese. Quando era tornato e aveva chiesto notizie di Jun, il padre di Dom – suo vecchio amico nonché superiore – aveva scoperto cos'era successo durante e si era messo sulle sue tracce, credendo fermamente che si trovasse ancora nel mondo magico e non in quello babbano. Gli erano serviti quattro anni per trovarlo e poi era corso a fare i documenti necessari per l'adozione e a prenderlo.

Ben presto Michael intuì che quella non era tutta la storia e che Oz – così come i suoi genitori -, che non gli rivelò né il suo cognome né il suo nome completo, non fosse un semplice membro del KGB. Tuttavia quell’uomo misterioso lo aveva accolto e adottato, e questo per lui era più che abbastanza per essergli grato in eterno.
Vissero insieme per un anno nella villa in Croatia di Oz, dove l’uomo crebbe Michael come un mago, insegnandogli molte cose del loro mondo, ma sopratutto come fosse stato davvero suo figlio.       


*


Quando Michael si svegliò, intorpidito, venne attraversato da un moto di delusione: aveva fatto un sogno molto realistico e infinitamente piacevole, dove Lia lo abbracciava sotto le coperte per scaldarlo. Si chiese per quanto tempo avesse dormito prima di riprendere completamente coscienza e udire un paio di voci femminili, che parlavano a bassa voce sulla soglia della stanza.
Il ragazzo gettò una rapida occhiata in direzione delle due – mentre Achille di era acciambellato ai piedi del letto e la borsa dell’acqua calda gli scaldava piacevolmente il petto – e scorse Natalia e una delle infermiere della scuola, sicuramente chiamata dalla stessa ragazza. 
Michael sbuffò debolmente, ripetendosi che che non era il caso di farla tanto lunga prima di rendersi conto di un altro dettaglio affatto insignificante: indossava uno dei suoi maglioni, e sotto di esso una camicia diversa visto che un pezzo di tessuto azzurro spuntava dalla manica del maglione blu.

Il ragazzo impallidì e abbassò lo sguardo, pregando che non gli avessero toccato i pantaloni e provando una buona dose di sollievo quando appurò di indossare gli stessi di quella mattina. 
Sollievo che, comunque, ebbe vita breve visto che sparì quando Michael realizzò che a cambiarlo doveva essere stata Natalia mentre dormiva, come aveva cercato di fare prima che si assopisse. 
Il ragazzo impallidì, desiderando di stare ancora dormendo e di potersi svegliare – questa volta da un incubo –, e reprimendo a fatica l’impulso di urlare o di squarciare qualcosa: se Lia gli aveva tolto la camicia aveva visto tutte le sue cicatrici, tutti quei segni orrendi che nessuno, eccetto per Oz e tutti i medici che lo avevano visitato o operato nel corso degli anni, avevano mai visto.

Ora, un conto era starle vicino, vederla ogni giorno con la consapevolezza che fosse a conoscenza della sua sordità e della sua parziale cecità, un altro era sapere che lei aveva visto le sue cicatrici. Proprio lei, tra tutti. Dio solo sapeva cosa potesse aver pensato.

No, non era possibile. Come aveva potuto permettere che accadesse?


“Oh, sei sveglio. Come ti senti?”
Michael si riscosse quando sentì la voce di Natalia chiamarlo, che gli si avvicinò sorridendogli con dolcezza. 
Il ragazzo esitò, guardandola con aria stralunata, e si limitò ad annuire prima di parlare con un filo di voce:

“Bene.”
“Per fortuna non ha riportati danni a braccia o dita, ma l’ipotermia non va presa sottogamba, Signor Hoax, ci sono molti casi di perdita di braccia o gambe.”

Michael si trattenne dal scoppiare a ridere amaramente alle parole dell’infermiera, limitandosi ad annuire mestamente senza guardare né la donna, né Natalia.

“Adesso può farsi un bagno caldo?”
“Adesso sì, ma prima ha una visita, Signor Hoax.”  

“Visita?” Natalia aggrottò la fronte, senza capire, ma quando la donna annuì e si avvicinò alla porta per aprirla e rivolgere un cenno a qualcuno pensò a Packy, che di certo era corso ad avvertire Oz. 

Dal canto suo, Michael fu sollevatissimo di vedere l’uomo entrare nella stanza con l’Elfo al seguito, precipitandosi verso di lui per chiedergli come stesse e cosa fosse successo.

“Ti sembra il caso di startene fuori con questo tempo?! Imbecille!”
Oz sbuffò e gli assestò uno scapellotto sulla testa, ignorando la sua lamentela mentre Natalia, invece, sorrise appena:
“Ahia! Non è stato volontario, non sono stupido!”

“Chiudi il becco. Come sei tornato indietro? Ti ha aiutato Natalia? Signorina Nóvak, grazie, Packy mi ha detto che si è occupata di lui… questo ermafrodito è fortunato ad averla vicino.”

Oz sorrise alla ragazza e allungò una mano per sfiorare la sua, guardandola sorridere imbarazzata:
“Non sono un ermafrodito!”

“Non ho fatto niente di che in realtà, è una fortuna che stia bene.”
“Sciocchezze, ha fatto molto invece.”

“Smettetela di ignorarmi!”

Michael sbuffò, incrociando le braccia al petto e spostando lo sguardo da Oz a Natalia, che erano in piedi una di fronte all’altro ai due lati del letto.
Entrambi abbassarono lo sguardo su di lui e lo fulminarono con lo sguardo, prima che Oz chiedesse alle due streghe di poter parlare da solo con il nipote.

Natalia annuì e li lasciò, asserendo che visti che era ora di cena sarebbe andata a prendere qualcosa per lui in cucina insieme a Packy, mentre l’infermiera lasciò al ragazzo unguenti e creme lenitive prima di lasciarli. Una volta soli Oz sbuffò e dopo aver fatto apparire una sedia sedette accanto al ragazzo, scrutandolo con attenzione:

“Mi spieghi che cazzo è successo?!”
“È stato uno stupido incidente, sono uscito per fare una passeggiata ma ho scordato la bacchetta e non sono riuscito a mettere gamba e protesi a posto… Tutto qui. Non capiterà più.”

“Lo spero vivamente. Come hai fatto a scordarti la bacchetta, Dom?! E non dovresti andartene fuori da solo, per quanto mi riguarda…”
“Non lo so, ero un po’… scosso, credo. Prima di uscire ho detto a Natalia delle cose e credo di averla ferita, anche se non ne ha fatto cenno.”

Michael evitò di guardare Oz in faccia, concentrandosi sulla manica del suo maglione mentre il mago sospirava, alzando gli occhi al cielo:
“Per l’amor del cielo, che le hai detto? Dom, devi tenertela stretta quella ragazza, sei stato davvero molto fortunato, se non fosse perdutamente innamorata di te quasi quanto tu lo sei di lei forse non saresti qui adesso. O forse sì, ma con un braccio in meno.”

“Lei non è innamorata di me.”  Michael serrò la mascella, parlando a denti stretti mentre Oz invece non battè ciglio, stringendosi nelle spalle e appoggiando i gomiti sulle ginocchia sporgendosi leggermente verso di lui:
“Ma certo che lo è. Ma sono felice che tu non abbia negato di esserlo. Dom, qualunque cosa tu le abbia detto lei è accorsa e si è preoccupata per te… e nessuno meglio di me sa quanto tu possa essere snervante a volte, se non ti amasse ti avrebbe già mandato a quel paese.”

“Lei le ha viste.”
“Che cosa?”
“Le mie cicatrici. Voleva cambiarmi i vestiti umidi, io le ho vietato di togliermi la camicia ma mi sono addormentato. Perché è così testarda…”
“Sono cicatrici, Michael. Fanno parte di te, pensavi di nasconderle al mondo intero per tutta la vita? E sono sicuro che a lei non importa, anzi, l’unico che ci dà tutta questa importanza sei tu.”

“Sono orribili, Oz, a volte fanno schifo persino a me, e le vedo da tutta la vita! Sa che sono sordo, che non ci vedi da un’occhio, ora ha visto tutto l’orrore che mi ha segnato il corpo e secondo te dovrebbe essere innamorata di me? In caso la classificherei come folle, più che altro.”
“Non saprei, dicono che in amore siamo tutti un po’ folli… e sono sicuro che anche quando le dirai della protesi, perché prima o poi dovrai dirglielo, lei non scapperà urlando come tu immagini.”

Oz continuò a parlare con tono calmo mentre invece il ragazzo sbuffò, scuotendo il capo e chiedendosi perché l’uomo si ostinasse ad essere tanto ottimista:
“Non dico che scapperà urlando, ma di certo non vorrà avere a che fare con me in senso romantico. Anzi, vorrebbe, perché vorrei che non lo sapesse mai, non voglio che mi tratti diversamente.”

“Michael, qui sono bigotti e fissati con la reputazione e la perfezione, rischierebbero di cacciarti da Durmstrang, quindi sono d’accordo sul tenere la tua protesi nascosta, ma non devi farlo con il mondo intero. Natalia è molto importante per te, devi essere sincero con lei.”
“D’accordo, prima o poi potrei dirglielo.”
“Non prima o poi imbecille, vuoi aspettare che sia una donna sposata?! Ti avverto, nipote, che sono pronto a trascinarti fino al luogo delle nozze e costringerti ad entrare urlando “Io mi oppongo”, e a quel punto Natalia ti assesterà un ceffone per averci messo tanto!”
“Per essere un altolocato Purosangue ricordi molto i film Babbani, sai?”


*


Michael passò quasi due ore fermo davanti alla finestra a fissare il mare, la visuale perfetta che si aveva dalla sua camera pare una foto, un dipinto. Fu riscosso solo dall'arrivo dello zio e di un esserino buffo, piccolo, color rame, con dei giganteschi occhi giallo-oro e le orecchie lunghissime. Quello, gli disse Oz, era un Elfo domestico, che si occupava di fare tutto ciò che di solito facevano i camerieri e i domestici babbani, solo che loro lo facevano con la magia, e quello era il suo Elfo personale. 
Mich non aveva mai visto una creatura magica in vita sua, o per lo meno non lo ricordava, e trovò subito divertentissimo quel piccoletto che vestiva di stracci. 
Non riuscì mai a trattarlo come un vero Elfo domestico, forse perché gli mancavano le basi di conoscenza magica, ma capì invece che Packy rispondeva a tutte le sue richieste e cercava di accontentarlo immediatamente, forse perché Mich non chiedeva mai nulla e quelle rare volte che lo faceva Packy saltava su come una molla e si prodigava in mille volteggi per il suo padroncino. Quel termine fu una delle prime cose che Michael gli impose di non usare: che lo chiamasse con il suo nome, dal momento che ne aveva uno – anche se per molto tempo non era stato certo di chiamarsi davvero Michael, prima di incontrare Oz e averne la conferma: lo avevano chiamato così a causa della valigia ritrovata, ma il ragazzino si era spesso chiesto se quello non fosse semplicemente il nome di suo padre –.
Alle risposte negative dell'elfo, che piagnucolando gli diceva che non poteva, che lui era il suo padrone, Michael propose il nome “boss”, perché faceva tanto gangster come quelli dei giornaletti a puntate che uscivano sul giornale. 
Un'altra cosa che Pac imparò presto da Michael fu quella di non picchiarsi mai davanti a lui e di non farlo neanche in privato, perché se poi il ragazzino lo scopriva andava su tutte le furie e credeva che fossero stati gli altri a ridurlo così. Anche spiegargli che quello era un modo per punirsi fu una cosa difficile che non fece altro che far aumentare il malumore di Dom. 
I compromessi a cui scesero nel corso del tempo furono molti, Michael e Packy impararono ad essere amici come un elfo non era mai stato con un mago, ma la cosa andava più che bene ad entrambi.

Accadde, tuttavia, che dopo sei mesi dal suo arrivo nella vita di Oz Michael regalasse al suo nuovo piccolo amico qualcosa: una maglietta, per festeggiare, disse, il fatto che erano già sei mesi da quando erano diventati “Boss e valletto”. 
Packy non la prese bene, scoppiò in lacrime e imploro il padroncino di non mandarlo via, chiedendogli in ripetizione cosa avesse fatto di sbagliato per non essere più desiderato in quella casa.
Si scatenò il putiferio e dovette intervenire Oz, spiegando per bene al figlioccio come funzionasse la storia dei vestiti per gli Elfi domestici. Spiegazione dinanzi alla quale Michael arricciò il naso, stizzito, decretando che i maghi fossero gente proprio strana.
Prima, però, Michael si ritrovò per l'ennesima volta in uno dei posti che più mal sopportava al mondo: l'ospedale.


*


Natalia bussò prima di aprire la porta della stanza di Michael, trovando il ragazzo solo e ancora sotto le coperte. 

“Oh, ciao. Tuo zio?”
“Sta parlando con il Preside. Non vai a cena?”

Michael si sollevò leggermente, mettendosi in posizione semi-seduta contro i cuscini mentre Natalia si avvicinava scuotendo il capo e appoggiando un vassoio sul suo comodino prima di sedere sul materasso, davanti a lui:

“No, resto qui con te. Se non ti dispiace.”
“Certo che non mi dispiace. Grazie Lia, per tutto.”  Michael allungò la mano destra e sfiorò quella della ragazza, per una volta ignorando il timore che uno spasmo involontario gli facesse compiere movimenti strani.
Natalia per tutta risposta abbozzò un sorriso, mormorando che non doveva ringraziarla prima di prendere il piatto fondo e invitarlo di mangiare la zuppa che gli aveva portato.

“Grazie, in effetti ho una certa fame.”  Michael si guardò le mani con occhio critico, osservandole tremare leggermente e chiedendosi se sarebbe riuscito a mangiare senza combinare disastri. Natalia invece non sembrò porsi il problema, perché prese il cucchiaio e iniziò ad imboccarlo, ignorando le due proteste. 

“Ti tremano ancora le braccia, Mich, lasciami fare. Packy è preoccupatissimo per te, comunque, poverino.”
“Packy si preoccupa sempre, gli Elfi sono troppo sensibili…”
“Non sono gli unici, anche Achille è meno vivace del solito, avrà percepito che il suo padrone non sta bene.”

La rossa si voltô per lanciare un’occhiata in direzione del cane, che se ne stava quatto quatto in un angolo e che non le era saltato addosso come al solito vedendola entrare.

Michael per qualche istante non disse nulla, parlando a bassa voce poco dopo:

“Lia… non pensavo davvero quello che ho detto. Insomma, so che non sono affari miei, ma non sarei comunque indifferente se tu… rivolgessi le tue attenzioni a qualcun altro.”
“Oh, beh, tanto questo non è un rischio che corro.”  Natalia si strinse nelle spalle senza battere ciglio e il ragazzo aggrottò la fronte, chiedendosi cosa volesse dire prima di schiarirsi leggermente la voce e parlare nuovamente:

“Inoltre… So che le hai viste. Le mie cicatrici.”
Natalia si bloccò a quelle parole, con la mano che reggeva il cucchiaio a mezz’aria e strada tra il piatto e il suo viso prima di sospirare, annuire e riportare la posata sul piatto, abbassando lo sguardo:

“Lo so, mi dispiace. Non immaginavo che non volessi che ti togliessi la camicia per questo, ovviamente non l’avrei fatto, in quel caso.”
“Non ti devi dispiacere, non lo sapevi e basta.”
“Posso… so che non sono affari miei, Mich, ma come te le sei procurate?”


Michael esitò di fronte a quella domanda, non sapendo cosa dire. La verità? Una mezza verità? Una bugia?
Il suo flusso di pensieri s’interruppe, in ogni caso, quando Natalia poggiò una mano sulla sua, guardandolo con aria implorante:

“Per favore, Mich. Ho bisogno di sapere.”
“… Ho avuto un incidente quando ero piccolo, in treno. È per questo che non ci sento e non vedo dall’occhio destro, come già sai, tutto qui.”

Michael si strinse nelle spalle, restando impassibile mentre sentiva, dentro di se, la voce di Oz insultarlo pesantemente per non aver accennato alla sua gamba. Natalia invece annuì, e la sua espressione si addolcì prima di parlare, anche se, con somma gratitudine del ragazzo, non indagò oltre:

“Mi dispiace molto. Eri molto piccolo?”
“Tre anni. Ma poteva andare peggio, se non altro sono vivo e vegeto e la popolazione di Durmstrang può godere della mia fantastica persona.”


Michael abbozzò un sorriso tirato – ma convincente dopo anni di pratica – e Natalia annuì, sforzandosi di imitarlo:

“Grazie al cielo, direi. Non riesco ad immaginare la mia vita senza averti conosciuto.”


*


Oz lo portò nel suo ufficio e gli porse un grosso anello di metallo, dicendogli di stringerlo forte e di non lasciarlo per niente al mondo, mentre l'uomo stringeva a sua volta Michael stesso e l'oggetto. Fu la prima volta che usò una passaporta e temette seriamente di essersi scomposto e ricomposto male perché aveva una voglia di vomitare che raramente gli era venuta. 
Riconobbe immediatamente una clinica medica, ciò che non riconobbe furono le scritte sui cartelli e sui muri, strane linee che si allungavano sormontate da puntini di tanto in tanto. Era arabo, gli disse Oz, e loro si trovavano in una delle più famose, antiche e quotate cliniche magiche al mondo, in Arabia Saudita. Lì lavorava il più famoso Otorino magico, un vecchietto tutto rugoso e incartapecorito che a mala pena ci vedeva e ci sentiva lui stesso ma era in grado di risolvere problemi di udito, di voce, d'olfatto e di vista di ogni genere. 
Purtroppo per Mich la perdita di vista all'occhio destro era stata compensata dalla sua stessa magia, non era una deformazione fisica, qualcosa con cui fosse nato o che attualmente si potesse curare, ma per il suo udito non c'era alcun problema. 
Questo Michael non lo capì e continuò a non farlo anche quando il medico gli fece scegliere tra tre diversi tipi di orecchini, mentre spiegava ad Oz, in arabo, ciò che quei manufatti magici andavano a fare. Per un attimo Mich credette che quello dei buchi alle orecchie fosse un qualche passaggio di rito, tipo i tatuaggi per i marinai, anche perché Oz ne aveva ben tre di orecchini, quindi forse era una cosa importante per la sua nuova famiglia… Così si impegnò tantissimo a scegliere quelli che gli parevano più seri, meno appariscenti e più “da uomo”, scartando delle pietrine bianche, i piccoli pendenti a goccia ed indicando sicuro gli anellini d'argento. 
Il medico annuì concorde con la scelta e gli fece cenno di rimanere fermo, mentre diceva qualcos'altro ad Oz che rispondeva con cenni affermativi e quasi… emozionati? 
Non riusciva a capirlo, i due parlavano una lingua per lui sconosciuta e la cosa gli metteva una certa ansia.
Michael cercò di rimanere immobile, come faceva sempre quando dovevano fargli i prelievi o visitarlo, ormai c'era abituato, poi sentì uno strano ronzio nella testa, quasi gli stesse venendo un'emicrania e subito dopo il medico si tolse e lasciò il posto davanti a lui ad Oz che lo guardò pieno di aspettativa. Mimò con le labbra un “tutto bene?” e alla sua risposta affermativa gli sorrise come non aveva ancora mai fatto. Michael rimase a guardarlo senza capire il perché di tutta quell'improvvisa gioia, forse era davvero un rituale della sua famiglia e lui lo aveva superato a pieni voti, ma poi Oz prese un respiro e disse una sola, singola parola: Michael. 
Il bambino lo guardò ancora spaesato, era lì davanti a lui, perché lo chiamava? Poi si congelò sul posto e si ritrovò a balbettare all'uomo di ripetere ciò che aveva detto, aveva sentito bene? Aveva sentito? Poteva sentire?
Oz ripeté il suo nome ancora parecchie volte e scoppiò a ridere di cuore quando invece il bambino cominciò a singhiozzare senza lacrime. Quella, Mich ne è sicurissimo, è stata la prima volta che Oz lo ha abbracciato e che lui ha saputo con matematica certezza che fosse quella la sensazione che si provava ad essere stretti da un genitore.
Oz non lo riportò a casa, chiamò Packy mentre lui ancora si abituava a tutti quei suoni che gli gravitavano attorno e mentre un dottore più giovane gli traduceva con un incantesimo le direttive del medico che gli spiegava che per ora i suoni sarebbero stati più tenui e con il passare del tempo avrebbero raggiunto il giusto grado, per farlo abituare poco a poco. 
La seconda voce che sentì fu quindi quella del medico, ma subito dopo ne sentì una piccola e acuta e non ci fu bisogno che Oz gli dicesse a chi appartenesse perché Michael si voltò di colpo chiamando a gran voce l'elfo domestico che si mise a piangere felice che il boss lo avesse sentito, facendo ricominciare a singhiozzare per la felicità anche Mich stesso.
Stringere la presa sull'anello che l'aveva portato lì e ricomparire nel giardino di casa fu un attimo e fu ancora più veloce Oz a prendere in braccio Dom, sorprendendo sia il bambino, che l'elfo, che la servitù accorsa per il ritorno del padrone, e portarlo a grandi falcate verso la scogliera, nell'esatto punto in cui Michael aveva visto il mare per la prima volta, questa volta però non per mostrargli la meraviglia dei colori dell'acqua salmastra ed i suoi profumi quanto il rumore della risacca che infrangeva le sue onde sulle rocce chiare.

Certo, era ancora e sarebbe rimasto un rottame, ma forse quel giorno era riuscito ad aggiustarsi almeno un po’.


*


Michael si trascinò fino al letto e sedette sul materasso con un sospiro sollevato, sentendosi decisamente meglio dopo essersi fatto un bagno. Si infilò di nuovo sotto le coperte, rilassandosi e lasciandosi cullare dal tepore, e rivolse un’occhiata ad Achille, che sonnecchiava in un angolo della stanza.
Ricordava quando avevano trovato quel cucciolo spelacchiato, un cosino minuscolo, ricordava di averlo portato al canile insieme ad Oz, ma quando qualche tempo dopo erano tornati chiedendo sue notizie il padrone aveva sostenuto che presto se ne sarebbe liberato visto che lo avevano già rimandato indietro due volte e nessuno sembrava volersi prendere cura di lui, di quel cucciolo nato dall’incrocio di molte razze. 

A quel punto Michael, che all’ora era solo un bambino, si era voltato verso Oz, lo aveva guardato negli occhi e aveva parlato:

“Puoi salvare anche lui?”

Oz non aveva risposto alla sua domanda. Si era limitato a decretare che l’avrebbero adottato loro.

La prima volta in cui si erano incontrati Oz gli aveva detto di essere un bambino speciale, e Michael si era dovuto trattenere dal rispondergli con un insulto: certo, lo sapeva di non essere normale, di avere un sacco di problemi, di essere disabile.
Avrebbe compreso solo tempo dopo il vero senso di quelle parole, e nel corso degli anni Michael avrebbe più volte pensato a quanto tutto nella sua vita fosse fuori da comune proprio come lui: dal suo Elfo diverso da tutti gli altri per il suo colore bronzeo, al suo cane nato dal miscuglio di troppe razze – che chiamarono Achille a causa della sua mania di rubare la protesi di Mich, che Oz chiamava “ il suo tallone d’Achille” – alla sua bacchetta, che in un primo momento il ragazzino odiò, decretando che fosse un orrendo scherzo del destino il fatto che fosse composta da pezzi di legno diversi, proprio come lui con la sua gamba di metallo.


C’erano moltissimi elementi fuori dal comune nella sua vita, anche il lavoro dei suoi genitori, che sapeva essere vivi ma impegnati in un’importante missione per l’Unione Sovietica in America. 
Michael si sistemò più comodamente sui cuscini, chiuse gli occhi e pensò al bel sogno che aveva fatto, con Natalia che gli sfiorava i capelli con le dita e che lo stringeva delicatamente a sè. 
Natalia, che aveva il tocco più dolce del mondo.

Sorrise, Michael, e pensò a Natalia, che era così normale e meravigliosa allo stesso tempo.
Potevano la normalità e una bizzarria come la sua andare a braccetto? 
Dom non lo sapeva, ma sperava ardentemente di sì.






Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14

 
Sabato 3 Febbraio 




“Ragazze, la colazione! … Ragazze?”

Andrew, non udendo risposta, raggiunse il salotto fermandosi sulla soglia della stanza e indugiando con lo sguardo sulle figlie maggiori e sulla moglie, tutte e te sedute sul divano con dei cuscini tra le braccia mentre studiavano delle vecchie foto.

“Che cosa fate?”
“Guardiamo foto di Dave da piccolo, era così dolce!”
“Già, il mio fratellino, e ha già 18 anni!”
“Non lo vediamo da un mese, voglio abbracciarlo!”

“Oh Signore… ogni compleanno la stessa storia…” Il Giudice alzò gli occhi al cielo, ormai abituato a quello scenario mentre si avvicinava a moglie, Marie e ad Imogen, prendendo l’album dalle loro mani.

“Non vi aiuterà guardare queste venite a fare colazione.”
“Aspetta, guardalo, qui è il suo primo giorno di asilo!”

Iphigenia porse al marito una foto in bianco e nero, e Andrew la prese prima di sorridere con affetto e un po’ di malinconia:

“… Che dolce con il grembiulino!”
“Esatto… Ci manca il nostro fratellino.”

Marie abbracciò Imogen con aria sconsolata e la bionda annuì, sospirando con aria grave.
Poco dopo Andrew era seduto accanto a loro sul divano, studiando insieme i vecchi ritratti di famiglia e le foto di David da piccolo.

*


David venne svegliato dal suo Blu di Russia, che saltò sul suo letto e si avvicinò al padrone zampettandogli sul petto per svegliarlo e reclamare la sua colazione.
Il ragazzo, che gli amici avevano lasciato dormire, abbozzò un sorriso e sollevò una mano quando apri gli occhi, accarezzando affettuosamente la testa pelosa del gatto:

“Ciao Mist… Mi fai gli auguri? O forse vuoi solo mangiare qualcosa…”

Il gatto gli si avvicinò per strusciare il musetto contro la sua guancia e David si sollevò prendendo l’animale in braccio, sentendolo fare le fusa mentre lo coccolava. 
Fu all’ora che David notò i regali sistemati ai piedi del suo letto, e il rosso stava sorridendo – rilassato per la bella dormita e felice che il suo compleanno fosse caduto di sabato, permettendogli di riposarsi senza dover correre a lezione – quando la porta della stanza si aprì e sulla soglia spuntarono Silvy – che teneva una torta –, Rose, Graham, Timothy, Sean, Julie e John.

“Oh, sei sveglio! Tanti auguri Dave!” 

Silvy sorrise allegra e raggiunse il letto del ragazzo per lasciare la torta sul comodino, annunciando che quella era tutta per lui prima di abbracciarlo, imitata subito dopo dai compagni. 
David, leggermente in imbarazzo a causa di tutte quelle attenzioni, li ringraziò con calore prima che Tim, sorridendo, gli porgesse una lettera:

“È arrivata mentre facevo colazione, dai tuoi genitori. E anche i miei ti fanno gli auguri, ovviamente, credo che il loro regalo sia lì in mezzo.”

Timothy accennò alla pila di regali mentre Graham accennò ad un sorrisetto con le labbra, appoggiando un braccio sulle spalle di Rose:

“Sì, faceva colazione con una certa ragazza bionda molto attraente…”
“Chiedo scusa?!”
“Beh, ma la bionda più attraente sei tu Rosie, è naturale!
“Ah, ecco.”  Rose sorrise, soddisfatta, e lo abbracciò per la vita mentre Silvy sorrideva con l’aria di chi la sapeva lunga, asserendo che ben presto tra le mura della scuola si sarebbe formata un’altra coppietta felice.


“Anche se tra Rose e Graham, Julie e John e Tim ed Elvira che si fanno gli occhi dolci, tra poco resterò una delle poche single dell’ultimo anno!”
“Che dici Silvy, c’è anche Katja a farti compagnia!”

“Non per molto Graham, fidati di Silvy.”

Silvy, serafica, liquidò il discorso con un teatrale cenno della mano e Graham fece per chiedere all’amica perché parlasse in terza persona, ma Rose e Sean gli suggerirono di lasciar perdere con un paio di occhiate eloquenti.


*


“Lia, posso chiederti una cosa che non mi è molto chiara della tua cultura?”

Ivan parlò tra un boccone di torta a tre strati e l’altro e Lia, seduta di fronte a lui accanto a Katja, annuì con un sorriso gentile:

“Ma certo, dimmi.”
“Mi sono reso conto, anche per via delle conoscenze della mia famiglia, che in Cecoslovacchia moltissime donne hanno cognomi che finiscono con le stesse lettere, è un caso?”
“Beh, no, è un po’ come in Russia, quando ci si sposa le donne non prendono semplicemente il cognome del marito, ma lo si modifica per “adattarlo”, diciamo.”

“Come Anna Karenina.”  Katja e Novak parlarono all’unisono e Michael, di fronte alle espressioni confuse di Ivan e Lia, parlò con un borbottio mentre malediceva mentalmente il suo braccio destro e armeggiava con scarsi risultati con il coltello, cercando di tagliare una fetta di pane:

“Mi pare che lei si chiami così perché suo marito si chiamava Karenin, o una cosa simile.”
“Esattamente, bravo Dom.” Katja sorrise allegra, annuendo, e Ivan aggrottò leggermente la fronte:

“Quindi è per questo che le donne hanno tutte il cognome che termina con “a” dopo le nozze?”
“Sì, ma in Cecoslovacchia si parla di un suffisso vero e proprio, ossia “ova”. Il cognome di mio padre è Nòvak, e da dopo il matrimonio mia madre si chiama Petra Nòvakova.”

“E ha un qualche significato particolare? Insomma, perché? Di solito si prende il cognome e basta, no?”

“Da noi conferisce al nome il senso di un aggettivo… un aggettivo di possesso. 
È per sottolineare che la moglie appartiene a suo marito.”

Natalia abbassò lo sguardo sul suo piatto vuoto, parlando con un tono di voce più basso, quasi cupo, e nessuno fiatò finché la rossa sollevò di nuovo lo sguardo, questa volta guardando prima Michael e poi la mano del ragazzo poggiata sulla sua.


Dopo un istante di esitazione Katja si schiarì la voce, alzandosi in piedi e decretando di avere molte cose da fare prima di trascinare Novak con sè e gettare un’occhiata eloquente ad Ivan, che non parve affatto felice di lasciare la sua torta ma che, alla fine, sospirò e seguì i due amici con uno sbuffo sommesso.

“Uffa, stavo facendo colazione!”
“Non importa, lasciamo ai testoni un po’ di intimità! Per altro, pensavo di prendermi avanti con I compiti, qualcuno di voi vuole farmi compagnia?”

Katja sorrise, e mentre Ivan storse il naso, schifato, Novak sorrise alla ragazza e si offrì di studiare con lei prima di chiederle di aspettarla mentre andava a prendere i libri in camera sua.

Ivan, dal canto suo, guardo i due sorridersi e separarsi grattandosi la testa, confuso: che stessero succedendo un sacco di cose proprio sotto al suo naso? Di certo al mattino non era al massimo della sua perspicacia.

“Mh, interessante, direi che Novak ha un debole per Katja e vale ovviamente altrettanto per lei… considerando che Michael Hoax non fa che guardare Natalia con aria adorante e viceversa e che Elvira stravede per Timothy…”

“Cosa stai facendo?!” Ivan si voltò verso Silvy quando la ragazza comparve accanto a lui scarabocchiando con una piuma, rivolgendole un’occhiata curiosa mentre la ragazza, invece, si strinse nelle spalle, seria in volto:

“Aggiorno le questioni sentimentali del castello, direi che qui gli amori spuntano come funghi…”
“Interessante, posso dare un’occhiata?”

“Ma certo, magari possiamo pensare ad un modo per far avvicinare Novak e Kat… tu lo conosci molto bene, vero?”
“Naturalmente!”
Ivan sorrise e Silvy annuì, soddisfatta:

“Fantastico.”


*



“Va tutto bene?”
“Certo. Insomma, non è uno degli aspetti che preferisco della mia cultura, ma ci si deve convivere. Anche se fa un po’ strano effetto pensare che forse entro meno di un anno il mio cognome potrebbe cambiare.”

“Beh, tu non ci pensare, se non lo vuoi non accadrà, ok? Non devi fare niente che tu non voglia.”
“Non decido soltanto io, Mich.”
“È la tua vita. Se i tuoi genitori non dovessero voler capire prendi e vattene, non possono costringerti a fare una cosa così importante.”

“E dove me ne andrei?” Natalia inarcò un sopracciglio, parlando con tono scettico, ma Michael non battè ciglio, restando impassibile: 

“Puoi stare da noi tutto il tempo che vuoi.”
“Non dire assurdità!”
“Non le dico, non adesso, sono serio. Ad Oz piaci, e io sarò sempre più che felice di aiutarti.”

Il ragazzo si strinse nelle spalle e la ragazza abbozzò un sorriso, guardandolo con affetto prima di annuire:

“Grazie, vale anche per me, ovviamente. Ma ora, parliamo di cose serie e più allegre… caro il mio Michael, oggi è il grande giorno!”
“Grande giorno per cosa?!”
“Per questo!”

Natalia sorrise trionfante e sfoderò da una tasca un biglietto molto familiare al ragazzo, che la guardò con gli occhi sgranati:

“Oggi?! Ma Lia…”
“Niente ma, è il mio regalo e non ci sono scritte clausole su quando riscattarlo!”
“La settimana scorsa sei rimasta con me per ore quando stavo male, conta per quello.”

“Non esiste, se non vuoi passare la giornata con me dovrai trovare una scusa più convincente. Ora vai a prendere il mantello e anche Achille.”

Natalia si alzò e gli indicò le porte della Sala del Ristoro, guardandolo alzarsi con un sospiro mesto. Michael evitò di dirle che sarebbe stato ben felice di passare con lei moltissime giornate e obbedì, allontanandosi con una Natalia ben più allegra e pimpante alle spalle.

Era sicuro che sarebbe stata una gran bella giornata. Il problema era che poi ne avrebbe volute molte altre.


*


Timothy era con David in Biblioteca quando vide Elvira avvicinarsi con la sua solita aura di allegria, sorridendogli vivacemente quando li ebbe raggiunti:

“Ciao ragazzi… Oggi è il tuo compleanno, vero Dave? Tanti auguri!”
“Grazie Elvira.” 

Il rosso sorrise mentre la ragazza si chinava leggermente per dargli un bacio su una guancia, guardandolo con gli occhi chiari luccicanti e senza smettere di sorridere:

“Spero che non sia troppo difficile passarlo qui.”
“Ammetto di sentire non poco la mancanza della mia sorellina, ma ho ricevuto un mucchio di lettere e di regali dalla mia famiglia, mi hanno trasmesso comunque tutto l’affetto possibile.”
“Già, è bello sentirsi coccolati dalla propria famiglia. Vi dispiace se mi siedo con voi?”

“No, certo.” Timothy si affrettò a sorridere alla bionda che ricambiò prima di prendere posto accanto a lui. Poi parve ricordarsi di qualcosa, perché s’illuminò e prese a frugare nella sua borsa:

“Quasi dimenticavo, che sbadata… Dave, ieri a lezione ho fatto un mucchio di origami per te.”
“Oh, che carino, uno a forma di cuore per Tim lo ha-HAI!”

David sfoggiò una smorfia quando l’amico lo colpì sotto al tavolo con un piede, mentre invece la bionda scosse il capo, sconsolata:

“No, il cuore non lo so fare, non l’ho mai visto in realtà… Tim, qualcosa non va?”
“Niente Elvy, figurati. Sentì, perché non mi fai vedere come si fa la gru?”


*


“Sai, mi sorprende che tu abbia voluto venire fuori, pensavo che dopo quello che è successo mi avresti vietato di mettere piede nel parco per parecchio tempo.”
“Non farti illusioni, ho la borsa piena di cose che potrebbero servire in caso di emergenza, e questa volta non prenderai freddo. Se ti senti male me lo devi dire, ok?”

Natalia alzò lo sguardo, rivolgendogli un’occhiata premurosa che gli scaldò il cuore mentre Thor, davanti a loro, abbaiava gioiosamente mentre inseguiva Achille sulla neve fresca.

“Ok.” Michael annuì e la rossa abbozzò un sorriso prima di prenderlo per mano, mormorare di amare la neve con un sospiro e poi condurlo verso la distesa innevata, gli occhi azzurri di lui fissi con apprensione sulle loro mani:

“Lia, non voglio che mi tieni la mano.”
“Oh, scusami.”

Natalia abbassò lo sguardo e lasciò la sua mano come se si fosse scottata, ma Michael si affrettò a scuotere il capo e a correggersi:

“No, non è perché… a volte non funziona molto bene, ha spasmi involontari e non vorrei stringere troppo la tua e farti male. Tutto qui.”  
Natalia si voltò verso di lui e con sua somma sorpresa gli sorrise, prendendogli la mano destra per sollevarla e depositarci un bacio sopra prima di assicurargli che non le interessava e stringerla di nuovo, costringendolo a seguirla guardandola con gli occhi sbarrati e il cuore in tumulto.


*


“John, smettila di distrarmi, dobbiamo studiare!”
“Ma è sabato!”

“Beh, in ogni caso smettila di farmi il solletico!”

Julie scoccò un’occhiata eloquente – o almeno ci provò – al compagno di Casa che sorrise angelico e sollevò le mani in segno di resa:

“Va bene, farò il bravo, promesso.”
“Bene. … John, mi stai fissando, smettila!”

Julie sbuffò e rivolse un’occhiataccia al ragazzo, certa che con lui intorno non avrebbe studiato un bel niente, e John la guardò con gli occhi chiari sgranati, come se fosse pazza: 

“Che ci posso fare se sei così bella?”
“Non mi adulare, non funziona.”  La Corvonero abbassò lo sguardo, leggermente rossa in volto e poco convinta delle sue stesse parole, cosa che ovviamente non passò inosservata agli occhi del compagno:
“Sicura?”

John sfoggiò un sorrisetto mentre le si si avvicinava con la sedia, mettendole un braccio intorno alle spalle per darle un bacio su una guancia e poi cercare le sue labbra. 
Arresa, Julie sollevò la testa e gli permise di baciarla, dicendosi che in fin dei conti tanto valeva godersi le attenzioni di John Carrington visti che ancora stentava a crederle di esserne l’oggetto.


*


“Ah, eccovi qui… Dave, che ci fai qui?”
“Ho lasciato Tim ed Elvira da soli, anche se nemmeno qui le coppiette scarseggiano, direi.”

David distolse lo sguardo dal suo libro per accennare a Rose e a Graham – che avevano occupato un divano e il ragazzo stava stesa con la testa appoggiata sulle gambe di lei – e a Julie e John, seduti vicini poco distanti e impegnati – in teoria – a fare i compiti e – in pratica – a scambiarsi sorrisi e a chiacchierare mentre la mano del ragazzo sfiorava quella della ragazza e i loro occhi non si lasciavano per un istante.

Sean annuì con un sospiro prima di lasciarsi scivolare teatralmente su una poltrona, asserendo che ci fosse più amore nell’aria che a San Valentino appena prima che la porta della Camerata si aprisse, permettendo ad una Katja sorridente e di ottimo umore di entrare:

“Oh, ciao ragazzi! Che fate?”
“Studiamo, leggiamo, nel caso di Sean poltriamo… Tu mi sembri di ottimo umore, Kat.”
“In realtà sono stata in Biblioteca, non a festeggiare… a proposito, buon compleanno!”

Katja indirizzò un largo sorriso a David, che ricambiò e la ringraziò mentre Graham continuava ad osservare l’amica con aria sospettosa:

“Ti conosco, c’è qualcosa sotto… ha a che fare con qualcuno?”
“Ma no!”

“Magari con un Caposcuola molto affascinante…”
“E io non sono molto affascinante?!” Graham si voltò verso la fidanzata e le diede un pizzicotto sul braccio, facendola sorridere mentre gli scompigliava i capelli rossi con la mano:

“Terribilmente affascinante. Ma nemmeno Novak Andersen scherza, detto tra noi. Dico bene Juls?”
“Mh? Sì, è carino, ma a me interessa solo qualcun altro.”  

Julie sorrise a John, che la imitò con aria soddisfatta prima di sollevarle una mano e baciarne il dorso mentre Katja, sbuffando, superava il gruppo a passo di marcia e borbottando a mezza voce che non ci fosse nulla tra lei e Novak.

“Beh, non è improbabile che tu gli piaccia, ti ha anche chiesto di andare al Ballo insieme!”
“Non significa nulla!”

“Non credo proprio io l’ho chiesto a Rose e John a Juls, e guarda com’è finita!”  Graham si sollevò leggermente per seguire l’amica con lo sguardo, accennando a se stesso e alla fidanzata e parlando con un tono eloquente che costrinse Katja a fermarsi brevemente, riflettendo sulle sue parole e sul suo ragionamento che, in effetti, non faceva una piega.
Dopo qualche istante tuttavia la rumena scosse il capo e si diresse verso la sua camera, consigliando all’amico di farsi gli affari propri e di non pensare alla sua vita sentimentale.

“La solita orgogliosa, non vuole ammettere che per una volta io ho ragione e lei torto!”
“Rilassati Graham, prima o poi dovrà farlo.”

“Cielo, questa scuola è peggio delle soap che guarda mia zia Electra…”


*


Dopo cena Natalia lo aveva seguito nella Camerata dei Draghi, asserendo di non volersi congelare nella sua stanza e piantando così le tende su uno dei divani, rannicchiata sotto un paio di plaid con i piedi coperti da pesanti calzini di lana.

Michael sedette accanto a lei porgendole una tazza di cioccolata calda – con cannella, panna e cacao come richiesto dalla precisa amica – che la ragazza accettò con un sorriso mentre Thor si era acciambellato ai piedi del divano, sonnecchiando dopo aver giocato per tutto il giorno.

“Grazie.”
“Di niente. Allora, la giornata è stata di suo gradimento, Miss?”
“Moltissimo. Ci siamo divertiti, no?”

“Io non molto quando mi hai colpito con una raffica di neve a tradimento, ma comunque…”
“Smettila di farmi sentire in colpa, ti lamenti da tutto il pomeriggio!”

Natalia s’imbronciò leggermente e Michael rise appena, sollevando una mano per sfiorarle i capelli ramati prima di parlare, guardandola con aria divertita:

“D’accordo, scusa. Inoltre, oggi ho scoperto che dei totalmente incapace in cucina, interessante.”
“Da me ci pensano sempre gli elfi, nemmeno mia madre sa cucinare! Tu però te la cavi a giudicare dalle cose che hai preparato per pranzare da soli, è curioso.”

“Non amo che la gente faccia tutto per me, spesso a casa mi arrangio quando Oz non c’è, non vorrei che Pac preparasse un’infinità di cose solo per me. Non ci sono abituato.”
“Lo so che non ami essere servito e riverito, pertanto se vorrai prepararmi una di queste molto spesso non avrò nulla in contrario.”

Natalia celò un sorriso dietro la tazza di porcellana e Michael la imitò, guardandola sporgersi per appoggiarla sul pavimento con attenzione poco dopo e poi coprire anche lui con le coperte, borbottando che non voleva vederlo quasi congelato un’altra volta.

“Esagerata, non sono freddoloso come te!”
“Non ero io quella in ipotermia, Mich. Ecco, vieni qui.”

Dopodiché Lia appoggiò la testa sulla sua spalla, circondandolo con un braccio e appoggiando le gambe sulle sue. Per un attimo Michael s’irrigidì, temendo che potesse accorgersi della sua gamba, ma Natalia non sembrò farci caso e sollevò invece lo sguardo sul suo volto, allontanandogli con delicatezza i capelli dal viso prima di parlare con tono pensieroso, osservandolo:

“Hai gli occhi rossastri.”
“Prendono il colore di ciò che mi sta intorno, devono essere i capelli di una certa signorina con cui ho passato tutta la giornata.”

Michael abbozzò un sorriso ma Natalia non lo imitò, limitandosi ad osservarlo.

“Sai, vorrei riuscire a capire che cosa pensi.”
“A proposito di cosa?”
“Del mio fidanzamento. Te l’ho detto da qualche mese ormai, ma non hai mai espresso un’opinione chiara a riguardo.”

“Te l’ho detto Lia, devi fare quello che vuoi tu, non ciò che ti obbligano a fare.”
“Sì, ma TU cosa ne pensi? Se IO decidessi di farlo, come la prenderesti? Ti conosco tanto bene, Mich, ma a volte fatico a capirti. Ti importerebbe?”

“Ma certo, come puoi pensare che non mi importi?”
Michael si mise a sedere più dritto e Natalia sospirò, scuotendo il capo mentre faceva scivolare la mano dal suo viso e abbassava lo sguardo sulle sue ginocchia.

“Non lo so. Te l’ho detto, non capisco cosa pensi.”
“Anche io faccio fatica a capirti, a volte. Ne parli molto poco, come potrei?”

“Solo perché non ti voglio tediare. Dici sempre che molti dei nostri compagni, specie quelli nati in famiglie come la mia, non fanno che lamentarsi di problemi superficiali e superflui da ragazzini viziati.”
“Certo, ma non mi riferisco a te, Lia, questa è una cosa seria, lamentarsi perché mammina non ha comprato loro il vestito del colore che volevano o perché papà non lascia andare a quella festa non lo è. E comunque, tu non mi tedi mai.”

Michael allungò una mano per sfiorarle una spalla mentre accennava un sorriso con le labbra, guardandola voltarsi verso di lui subito dopo. Natalia esitò, poi inarcò le sopracciglia:

“Allora tu che cosa ne pensi? Se adesso ti dicessi che ho deciso di accontentare la mia famiglia e di sposarmi, cosa mi risponderesti?”
“Di non fare la deficiente e di darti una svegliata, perché non vorrei saperti sposata a 18 anni con uno che non conosco e che tu stessa conosci a mala pena.”

“Perché?”
“Perché ti voglio bene e sei importante per me.”

Natalia esitò, e per qualche istante vennero entrambi avvolti da un silenzio quasi totale mentre lui la guardava e lei sembrava ponderare sulle sue parole. Alla fine la ragazza abbozzò un sorriso, annuendo prima di tornare ad abbracciarlo, appoggiando la testa sulla sua spalla mentre Mich sistemava la sua sul suo capo, circondandola con le braccia:

“Anche io ti voglio bene Mich. Non immagini quanto.”

Lei non potè vederlo, ma Michael sorrise tetro: era piuttosto sicuro di poterlo immaginare perfettamente, dal momento che lui gliene voleva altrettanto, se non molto di più. 







……………………………………………………………………………
Angolo Autrice:

Buonasera (o buonanotte, rieccomi agli orari improbabili)!
Chiedo scusa per la lunghezza non proprio esagerata del capitolo, ma tanto per cambiare sono di frettissima - e a tanto così dal crollare dal sonno - e non volevo farvi aspettare ancora per l’aggiornamento, quindi eccomi qui.
A presto, spero, con il seguito!
Signorina Granger 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Capitolo 15 ***


 Capitolo 15 

 
Mercoledì 14 Febbraio


Novak, invece di prestare attenzione alle parole dell’insegnante, continuava a far saettare lo sguardo su Katja, seduta nell’altra fila di banchi. 
La ragazza, ignara, seguiva con ben più interesse di lui la lezione di Storia, mentre alle sue spalle Julie tentava di tenere sveglio John: il ragazzo ad Hogwarts era solito sfruttare le ore di Rüf per fare dei sonnellini, ed era dura estirpare quell’abitudine. 

“John, non puoi dormire!”
“Ma ho sonno…”
“Finirai nei guai!”

Julie scrollò leggermente il fidanzato, udendolo lamentarsi sommessamente mentre appoggiava la testa sulla sua spalla, borbottando che era stupido dover andare a lezione e che avrebbe preferito passare la giornata con lei e basta. 

Julie a quelle parole si addolcì, ringraziandolo di nuovo per l’enorme scatola di cioccolatini che le aveva regalato – e da cui Silvy aveva già cercato di scroccare qualcosa – mentre David e Sean, alle loro spalle, gettavano occhiate di sbieco da loro a Rose e Graham, impegnati a tubare a loro volta.

“Merlino, se ci fosse mia madre sarebbe già morta per eccesso di glicemia…”
“Già. E visto che siamo in tema… Tim, sai che giorno è oggi, vero?”
“Lo so che è San Valentino Dave!”

“Non dico questo, è anche il giorno prima del compleanno di Elvira!”

David sorrise e Tim annuì, evitando di guardarlo e limitandosi a prendere appunti: 
“Lo so.”

“Vuoi ancora chiederle di stare un po’ con te, domani?”
“Sì. Spero dica di sì…”
“Ma certo che lo farà.”    David sorrise all’amico con fare incoraggiante, guardandolo annuire – non convinto tanto quanto lui – prima di spostare lo sguardo su Elvira, seduta come al solito vicino a Natalia.

“Oh, guarda come Novak guarda Kat, che carino…”
“Sì, adorabile. Sai, mi domando perché la fauna maschile di Durmstrang sia così… stupida!”

Natalia sbuffò sommessamente, facendo a pezzi un frammento di pergamena come se volesse sfogare su di lui tutta la sua frustrazione.
Elvira invece sorrise appena, guardandola quasi con una punta di comprensione negli occhi chiari:

“Per caso oggi avresti voluto ricevere qualcosa che non è arrivato?”
“Cielo, no. Non mi aspettavo assolutamente niente. In generale, non capisco. Non LO capisco. A volte mi sembra che provi qualcosa per me, altre… niente, sembra che tutto si dissolva e che voglia prendere le distanze.”

“Ma certo che prova qualcosa per te, Lia! Tra di voi la tensione romantica si taglia il coltello, me ne sono accorta persino io!”

Elvira alzò gli occhi al cielo e l’amica sospirò, stringendosi nelle spalle con aria cupa:
“Beh, non importa. Magari non gli piaccio abbastanza…”
“No, no, no, non ti devi arrendere e mollare, Lia! Evidentemente c’è qualcosa che lo blocca, allora tu vedi di scoprire cos’è e fagli capire che non è importante, di qualunque cosa si tratti.”

“Elvy, se sei così brava a dare consigli perché non li metti in pratica nella TUA vita e con un certo ragazzo che ci sta fissando da mezz’ora perché ha una città per te dal primo giorno?”

Elvira, confusa, si voltò e intercettò così lo sguardo di Timothy, che trasalì a si affrettò a distogliere lo sguardo, imbarazzato.


*

“Novak?”
Sentendosi chiamare il ragazzo si voltò, fermandosi nel corridoio in mezzo al fiume di studenti che, come lui, si stavano spostando da un’aula all’altra. Il danese venne così raggiunto da Graham, che gli si rivolse con tono ed espressione seri:

“Ascolta, Rose e le mie amiche sostengono che ti piaccia Katja… se è così ti assicuro che lei ti ricambia.”
“Te lo ha… te lo ha detto lei?”

Novak deglutì, gli occhi blu sgranati, e il rosso scosse debolmente il capo prima di parlare, stringendosi nelle spalle:

“No, ma la conosco molto bene e non ce n’è bisogno. Lei è fantastica, Novak… fossi in te non me la farei sfuggire.” 

Con queste parole Graham si congedò, superandolo con una debole pacca sulla spalla per raggiungere Rose, che lo stava aspettando a qualche metro di distanza, e allontanarsi con lei, mano nella mano. Lasciò così solo Novak, che per qualche istante rimase perfettamente immobile al centro del corridoio, lasciando che gli altri studenti lo superassero mentre rifletteva sulle sue parole.


*


“Elvira?”
“Oh, ciao Tim.”

Elvira sorrise al Tassorosso mentre si dirigevano verso l’aula di Veleni e Misture, e il ragazzo ricambiò prima di parlare con tono speranzoso e un po’ nervoso allo stesso tempo:

“Ascolta, visto che domani è il tuo compleanno…”
“Te lo sei ricordato?”  Elvira parve sorpresa, sollevando leggermente le sopracciglia bionde, e il ragazzo annuì aggrottando la fronte, guardandola come se non comprendesse il suo stupore:

“Naturalmente. Dicevo, se non hai altri programmi, mi chiedevo se ti andrebbe di… stare un po’ insieme, domani pomeriggio.”

Lo stupore di Elvira aumentò e la ragazza sfoggiò un largo sorriso, asserendo che ne sarebbe stata felicissima prima di prenderlo sottobraccio, facendolo sorridere con sollievo.

“Perché quella faccia, temevi ti dicessi di no? Tim, nel caso non l’avessi ancora capito, a me piace molto stare con te.”
“Anche a me, Elvy.”


*


Festa degli innamorati. Che festa stupida. 

Michael non era di ottimo umore quel giorno, non gli andava neppure di lanciare frecciatine a Novak riguardanti Katja o di importunare Graham e Rose, lasciandoli a farsi gli occhi dolce in santa pace.
A pranzo il ragazzo sedeva solo, osservando il suo piatto ancora pieno con aria torva mentre si reggeva il mento con una mano, o almeno finché Elvira non marciò nella su direzione, sedendo accanto a lui e incrociando le braccia al petto:

“Allora?!”
“Allora cosa?”
“Allora pensi di fare qualcosa per Lia? Non dico che dovresti dichiararle amore eterno, Dom, ma si sta convincendo sempre di più che tu non sia interessato a lei, e sappiamo tutti che è falso! Ma la colpa è tua, la guardi con aria sognante solo quando lei non ci fa caso, come a lezione di Storia.”

“Io non la guardo con aria sognante.”  Michael sbuffò, incupendosi ulteriormente mentre giocherellava con lo stufato ed Elvira alzava gli occhi al cielo, scuotendo il capo:

“Pensala come ti pare, ma il succo non cambia. Dom, in fondo sai che lei prova qualcosa per te, si vede, non è affettuosa e dolce come lo è con te con nessun altro, ti ha messo su un piedistallo alto due metri con tanto di teca di cristallo!”
“Elvira, tu non capisci. Senza offesa, ma non puoi farlo. Nessuno di voi può.”

“Forse, ma anche io ho avuto una vita difficile, sai? Non so che cosa ti passi per la testa, ma qualunque sia il motivo per cui pensi che Lia non debba stare con te è una stupidaggine. Precludendoti di essere felice fai soffrire anche lei, oltre te stesso, ricordatelo.”

Elvira sbuffò e si alzò, allontanandosi per tornare da Katja camminando con passo spedito. 
Sedette accanto all’amica e sibilò che Lia aveva ragione, che la fauna maschile della scuola fosse composta da idioti, e Katja annuì:

“Decisamente.”
“Vorrei essere una Legilimens e capire cosa pensa Michael Hoax… anzi, forse farebbe più comodo a Lia. Perché non possiamo attuare il mio piano e chiuderli in uno sgabuzzino?”
“Quella la teniamo come ultima opzione Elvy.”


*


Natalia tornò dall’allenamento di Quidditch in vista della partita contro le Aquile, che avrebbe avuto luogo il weekend seguente, stremata e infreddolita, decidendo di non andare nemmeno a controllare se fosse rimasto qualcosa da mangiare nella Sala del Ristoro per trascinarsi invece nella sua Camerata.

Non si erano parlati o visti per tutto il giorno e Lia indugiò sulla soglia quando scorse Michael seduto sul divano, impegnato a coccolare Thor. Lo stesso Thor che vedendola abbaiò e le corse incontro, facendo voltare anche il ragazzo.

“Ciao. Com’è andato l’allenamento?”
“Stancante. Che ci fai qui?” Natalia si trascinò fino al divano per poi lasciarcisi cadere sopra a peso morto, evitando pero di accoccolarsi accanto a lui come era solita fare.

“Ti volevo salutare, non abbiamo mai parlato oggi. Lia, sei… sei arrabbiata con me?”

“No. Te l’ho detto, sono solo stanca.” La rossa sospirò e scosse il capo, passandosi le mani sul viso mentre Michael, osservandola, ripensava alle parole di Elvira.
Natalia gli stava mentendo, lo sapeva, e forse la bionda aveva ragione, forse stava tirando troppo la corda e lei stava iniziando a stancarsi di lui.

“Sei giù perché nessuno ti ha fatto un regalo oggi?”
“Chissà, magari.” Lia si tolse le mani dal viso ma evitò di guardarlo, tenendo gli occhi castani fissi sul soffitto della stanza prima di voltarsi, scrutandolo con attenzione:

“Sabato giochiamo contro le Aquile. Verrai?”
“Non lo devi nemmeno chiedere.”
“Facciamo così allora. Se vinco, potrò chiederti qualcosa.”

“D’accordo, faremo come nei tornei medievali e il vincitore avrà un bacio come premio.”

Michael rise e Natalia sorrise a sua volta, annuendo. Vedendola sorridere il ragazzo si rilassò, guardandola alzarsi e stiracchiarsi subito dopo:

“Bene, allora è deciso. Ci vediamo domani Mich, buonanotte. Vieni Thor, andiamo a dormire.”
“Buonanotte.”

Michael si alzò, le mise una mano sul viso, si chinò leggermente e le diede un bacio su una guancia, indugiando forse per qualche istante di troppo con le labbra a poca distanza dal suo viso prima di allontanarsi e schiarirsi la voce.

“A domani.”

Con queste parole il ragazzo si congedò, dandole le spalle per uscire mentre Natalia annuiva, improvvisamente un po’ più allegra mentre si dirigeva verso le camere delle ragazze: all’improvviso, aveva una gran voglia di giocare. E di vincere, sopratutto.


*


Giovedì 15 Febbraio


Quando raggiunse la Sala del Ristoro per fare colazione Elvira ricevette un caloroso benvenuto da tutti i suoi amici, che si alzarono per farle gli auguri non appena la videro.

La bionda, più sorridente che mai, si apprestò a ringraziare e ad abbracciare tutti mentre, sul tavolo occupato dai ragazzi, l’aspettavano le lettere di auguri della sua famiglia. 

“Auguri Elvy.”  Natalia sorrise e si avvicinò all’amica per abbracciarla, imitata da Kat e da Ivan, che le assestò anche una calorosa pacca sulla spalla.

“Grazie ragazzi, siete molto carini… mi avete tenuto da parte la mia torta preferita, grazie!”
“Per la nostra dolce imbranata preferita, questo ed altro!”

Elvira sorrise alle parole di Ivan, prendendo sottobraccio il ragazzo per dirigersi verso il tavolo e fare colazione insieme a tutti gli altri.


*


“Che cosa stai leggendo?”
Katja alzò lo sguardo quando sentì la voce di Novak, che sedette accanto a lei e la guardò sorridere con curiosità: per tutta risposta la ragazza parve come illuminarsi, accennando al libro che teneva in mano con gli occhi chiari luccicanti.

“È il mio libro preferito, Cime Tempestose. È di una scrittrice inglese Babbana molto famosa del secolo scorso, ma non penso sia il tuo genere.”
Katja represse a fatica un sorriso divertito che fece corrucciare il ragazzo, che la guardò senza capire il significato delle sue parole: 
“Perché no? Mi piacciono i libri Babbani, lo sai bene.”

“Certo, ma questo è un romanzo rosa.”
“Ah… beh, chissà, magari potrei leggerlo, prima o poi.”
“Credimi, dovresti. È molto bello… anche se io e mia madre litighiamo spesso sull’argomento, lei preferisce Orgoglio e Pregiudizio di Jane Austen.”  Katja scosse il capo con disapprovazione e il ragazzo sorrise, annuendo:

“Ne ho sentito parlare.”
“Vuoi che ti parli di questo? Allora, parla di una ragazza di nome Catherine Earnshaw…”

Katja iniziò a parlare a ruota libera del libro, ma Novak non la interruppe e si limitò ad ascoltarla senza smettere di osservarla, un accenno di sorriso sul volto.


*


“Allora, dopodomani giocate contro gli Orsi, sei pronta?”
“Prontissima, anche se detesto giocare contro Lia, a dire la verità… verrai alla partita?”

Elvira rivolse un’occhiata speranzosa a Timothy mentre i due passeggiavano nel parco, e il ragazzo annuì con un sorriso, gli occhi azzurri luccicanti:

“Se giochi tu, certamente.”
Elvira sorrise, rincuorata e felice di averglielo sentito dire, e lo prese a braccetto mentre il suo grosso cane lupo, Saor, annusava la neve come se stesse cercando chissà cosa.

“Sai, mi ha fatto davvero molto piacere che tu mi abbia chiesto di stare un po’ insieme oggi, non pensavo che l’avresti fatto se devo essere onesta.”
“Lo so… avrei voluto invitarti io al Ballo, davvero, ma su certe cose non sono molto…”

“Non preoccuparti, l’importante è esserci andati insieme e essersi divertiti.”
Elvira sorrise e lui la imitò, annuendo e ripensando a quando la ragazza si era tolta le scarpe tra lo sbigottimento generale.

“Eri molto bella, quella sera. Cioè, lo sei sempre, ma lo eri… più del solito, ecco.”

Timothy distolse lo sguardo, guardando dritto davanti a sè mentre la bionda, sorpresa, esitava prima di annuire e parlare a sua volta:

“Anche tu. Non per vantarmi, ma in bianco eravamo sicuramente la coppia più abbinata è meglio assortita della festa.”
“Se lo dici tu, mi fido.”
“Fai bene. Vieni, sediamoci.”

Elvira lo prese per mano e lo condusse oltre qualche albero per giungere in prossimità del lago ghiacciato, chiamando Saor con un fischio affinché li raggiungesse. 
La ragazza, incurante dello stupore del Tassorosso, lo fece sedere accanto a lei sotto al Sole, scaldandosi leggermente mentre la luce rendeva la superficie di ghiaccio del lago quasi scintillante.

“Caspita… è davvero bello, qui.”
“Sì, l’inverno Norvegese è gelido, ma molto suggestivo. Mi piacerebbe vedere anche altri posti, però… non ho mai viaggiato, i miei nonni non mi hanno mai permesso di andare da sola molto lontano.”

“Sono molto protettivi?”
“Mai quanto i miei fratelli… per loro sarò sempre un uccellino da tenere chiuso in una gabbia d’oro, ma li amo tantissimo. E lo fanno perché mi vogliono bene, lo so. Non vogliono che mi succeda niente.”

Elvira abbozzò un sorriso triste mentre spostava un po’ di neve con un piede e Tim, accanto a lei, la guarda con sincera curiosità, desideroso di saperne di più sul suo conto: non voleva risultare invadente e non si era mai allargato con domande personali, ma pensava alla sua curiosa situazione famigliare fin dal Ballo, quando lei gli aveva accennato di vivere con i suoi nonni senza nominare i genitori. 

“Sono solo iperprotettivi o lo fanno perché hanno dei… motivi?”

“Beh, quando avevo sette anni i nostri genitori sono morti. Vedi, tu non sei di queste parti ma la mia famiglia è davvero molto importante, specialmente qui in Norvegia. E come ogni famiglia potente che si rispetti, i miei genitori avevano i loro nemici… Mio nonno non ama parlarne ed ero troppo piccola per capire, ma credo che degli oppositori politici abbiano mandato qualcuno per ucciderli. Io ero in casa con loro quel giorno, e i miei nonni e i miei fratelli quando tornarono e li... trovarono…”

Elvira esitò e la sua voce si ruppe per un istante, ma riprese a parlare con tono basso quando la mano di Timothy strinse la sua.

“… Beh, quando li trovarono temerono che avessero ucciso anche me. Mio fratello Magnus piangeva quando mi trovò chiusa dentro l’armadio dove mi ero nascosta per giocare, in lacrime, mi abbracciò e ricordo che mi disse che non mi avrebbero mai più lasciata sola.”

Elvira deglutì, gli occhi chiari fissi sul lago davanti a sè, e Timothy per qualche istante non disse nulla, senza parole. 
Era molto più di quanto si fosse aspettato, mai avrebbe immaginato uno scenario simile nel passato di quella ragazza tanto sorridente e vitale, e non sapeva cosa dire per poterla consolare: come si poteva consolare qualcuno che aveva vissuto un’esperienza simile?

Così, Timothy decise di non parlare semplicemente: l’abbracciò, mormorando che gli dispiaceva molto mentre le teneva una mano tra i capelli biondi e la testa appoggiata sulla sua spalla.

Elvira, dal canto suo, rimase immobile per qualche istante, limitandosi a sbattere le palpebre un paio di volte prima sollevare leggermente il capo, trovandosi così alla stessa altezza rispetto al volto del ragazzo.

“Grazie.”
Elvira accennò un sorriso con le labbra, e Timothy ricambiò mentre allungava quasi senza volerlo una mano per mettergliela sul viso pallido. Per qualche istante si guardarono e basta, circondati dal silenzio che avvolgeva la radura, poi il ragazzo le si avvicinò, lentamente, e annullò la distanza che li separava appoggiando le labbra su quelle di Elvira, il cuore in tumulto.

Quando, pochi istanti dopo, si staccarono, Elvira aprì gli occhi e si rese conto di avergli preso il viso tra le mani. Anche gli occhi azzurrissimi di Tim ora erano aperti, e la ragazza indugiò brevemente con lo sguardo su di essi prima di baciarlo di nuovo. 

Quel compleanno aveva preso una piega davvero piacevole, in fin dei conti.


*


Sabato 17 Febbraio 


“Pronta?”  Katja sorrise a Natalia, che annuì con fare risoluto mentre infilzava un uovo:
“Prontissima.” 

“Fa piacere vederti così concentrata, ma non chiedermi per chi tiferò, non potrei mai scegliere tra te ed Elvy.”
“Tranquilla, ti capisco benissimo e non lo farò… ma detto tra noi, tu incrocia le dita per me, ok?”

Katja annuì solennemente le promise che l’avrebbe fatto mentre l’amica, annuendo soddisfatta, rivolgeva un’occhiata di sbieco ad un tavolo poco distante:

“Novak viene alla partita?”
“Sì, sua sorella gioca, quindi deve per forza…”
“E assisterete alla partita insieme?”
“Sì. E prima che tu faccia quella faccia… troppo tardi, l’hai fatta.”

“Scusami tanto, ma è la mia faccia, posso palesare tutte le emozioni che voglio.”
“Va bene, ma smettila di fare commenti su di me e Novak, altrimenti io li farò su te e Dom.”

“Come se già non li facessi, Kat.”

*


“Elvy, dobbiamo andare!”

Ivan sbuffò con impazienza mentre aspettava che l’amica finisse di salutare Timothy, anche se la bionda sembrava intenzionata a metterci del tempo mentre, in piedi davanti al ragazzo, gli diceva qualcosa sorridendo.
Ignorato completamente, il ragazzo sospirò e scosse il capo mentre Silvy, passandogli accanto tenendo Sean a braccetto, sorrideva divertita nella sua direzione, accennando ai due:

“Che hai da sbuffare, non sei contento per loro? Noi abbiamo praticamente festeggiato…”
“Certo che lo sono, ma siamo in ritardo!”

Ivan alzò gli occhi al cielo prima di chiamare di nuovo l’amica, che sbuffò e asserì di aver capito prima di dare un bacio sulla guancia di Tim e correre dal compagno, asserendo che ora potevano andare.

“Alla buon’ora, avrai tutto il tempo per fargli gli occhi dolci da domani, ma adesso pensa alla partita!”
“Ivan, non serve che tu me lo dica, rilassati. Ciao ragazzi!”

“Buona fortuna!”

Silvy sorrise ai due e sollevò la mano in un cenno di saluto, guardandoli allontanarsi battibeccando prima di rivolgersi all’amico:

“Non so tu, ma io quando siamo arrivati me li aspettavo molto più… Posati.”
“Non penso che tu possa parlare a riguardo, Silvy… viste le indoli caratteriali dei tuoi genitori, dovresti esserlo anche tu.”

“Già, lo dice sempre anche mia madre, dice anche che ho passato troppo tempo con la tua quando ero piccola, sarà per questo?”
“Non saprei, Cami ed io abbiamo la stessa madre e siamo diversi… però sì, tu sei decisamente la figlia mancata di mia madre.”


*


Natalia atterrò dopo aver planato dritta sul suolo gelato, scendendo dalla scopa con un salto e ignorando deliberatamente i suoi compagni di squadra, impegnati ad esultare intorno a lei, o quelli di Camerata. Forse qualcuno avrebbe voluto complimentarsi con lei, o addirittura sollevarla di peso come l’ultima volta in cui avevano vinto, ma Natalia non ci pensò e si limitò a scrutare la folla alla ricerca di qualcuno.

Quando l’ebbe individuato si diresse verso la sua meta a passo sicuro e deciso, gli occhi fissi su di essa. Michael le sorrise, sollevando leggermente un sopracciglio mentre le si rivolgeva:

“Complimenti, Orsetta. Adesso che avete vinto, che hai intenzione di chiedermi? Sono curioso.”
Natalia gli si parò davanti, rispondendo senza esitazioni e con tono deciso:

“Questo.” 

Dopodiché, senza dargli il tempo di realizzare cosa stesse succedendo, si alzò in punta di piedi, gli prese il viso tra le mani e lo baciò davanti a tutti.




Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Capitolo 16 ***


Capitolo 16 



Natalia Nòvak lo aveva baciato. 
Lui stava baciando Natalia Nòvak, la sua Natalia. 

Nel momento in cui le loro labbra si toccarono Michael si sentì investito da un fiume di emozioni e sentimenti, e dopo lo shock iniziale le portò una mano sul viso e una sulla sua schiena. 
Avrebbe potuto – e voluto – restare lì, in piedi e incurante del freddo e degli “spettatori” e baciarla per il resto della giornata. In quel momento sentì che avrebbe potuto anche morirci su quelle labbra, ma poi si ricordò che no, non poteva farlo: lei ancora non sapeva la cosa più terribile ed importante, della sua gamba, e non poteva baciarla come se niente fosse senza dirglielo. 
Non voleva che si sentisse presa in giro, e nemmeno che perdesse tempo con uno come lui, che non poteva offrirle proprio niente.

Stava baciando Natalia Nòvak, ma no, non era la “sua” Lia. 

Lo fece sentendo un macigno sprofondargli nelle viscere, ma la allontanò da sè di qualche centimetro, guardandola riservargli un’occhiata confusa e quasi speranzosa:

“Che cosa c’è?”
“Non… Non posso farlo, mi dispiace. Lia, non…”

Michael scosse il capo e si allontanò di un passo, evitando di guardarla in faccia mentre la ragazza, invece, lo guardava implorante. Allungò una mano per prendere la sua, ma il ragazzo si scostò e, sempre più pallido in volto, si allontanò quasi di corsa, mormorando delle scuse. 

“Mich? … Mich, aspetta!”   Natalia cercò di seguirlo, ma Michael sgusciò finntroppo rapidamente tra la folla e Natalia si ritrovò ben presto a guardare il punto in cui era sparito con gli occhi improvvisamente lucidi. 

“Lia…” La Cercatrice si sentì toccare una spalla e, voltandosi, incrociò lo sguardo di Katja.
Katja che abbracciò l’amica, sentendola darsi della stupida a bassa voce mentre tutti, intorno a loro, festeggiavano, incuranti di ciò che era appena successo.

Katja sospirò e gettò un’occhiata al punto in cui vide Michael sparire, uscendo dal campo, chiedendosi che cosa avesse per la testa.





Michael aprì la porta quasi con un calcio, raggiungendo il suo letto e lasciandocisi cadere sopra con un sospiro affannoso, respirando a fatica. 
Era piuttosto sicuro di essere quasi nel pieno di un attacco di panico, a giudicare dalla sudorazione e dal modo in cui sentiva mancargli l’aria, e il ragazzo strinse convulsamente tra le dita qualcosa di caldo e morbido che si rivelò essere la sua sciarpa viola fatta a mano. 

La sciarpa viola che Lia un paio di mesi prima aveva fatto per lui con tanto amore.
Una specie di singhiozzo lo scosse e Michael chiuse gli occhi, tremando da capo a piedi mentre Achille si era issato sul letto con le zampe anteriori, guardando il padrone come a volergli chiedere cosa stesse succedendo.

Perché l’aveva fatto? Perché Lia lo aveva baciato? 
Sapeva di amarla, certo, ma non era preparato al fiume di emozioni che quel bacio aveva scaturito. 
Ora probabilmente lei avrebbe pensato che lui non la ricambiasse, sarebbe stata malissimo e forse non gli avrebbe più rivolto la parola.

Non era sicuro di poter trascorrere gli ultimi mesi di scuola senza lei accanto, ma forse doveva abituarsi all’idea.
Per quanto la volesse, voleva saperla felice e senza pensieri con un’altra persona, qualcuno di sano, di normale, che la sua famiglia avrebbe accettato volentieri. Non un rottame come lui.


Michael nascose il viso contro il cuscino, desiderando di non uscire da quella stanza per le settimane seguenti: era felice e terrorizzato allo stesso tempo. Perché nemmeno le sue emozioni erano normali?


*


“Lia, su, non fare così…”
Elvira sospirò, accarezzandole la spalla mentre Katja le passava un fazzolettino per permetterle di soffiarsi il naso, guardandola raggomitolata sotto le coperte, nel suo letto, mentre tutti i suoi compagni di Camerata festeggiavano rumorosamente.

“Elvy, è stato orrendo, ok?! Avrei preferito mi dicesse di fargli schifo piuttosto che non sentire niente!” 

Lia sbuffò, parlando con voce intrisa di frustrazione mentre Katja annuiva, sospirando:

“Lo immagino, ma forse è stata solo un’incomprensione, potete sempre chiarire.”
“Non c’è niente da chiarire. Sono stanca Kat, non può venire tutto da me. Che figura da idiota, non voglio più vederlo! Passerò il resto del weekend chiusa qui dentro, anzi, il resto dell’anno! STUPIDO!”

“Non lo pensi davvero…”
“No, ma vorrei che fosse così! Lo sapevo, non gli piaccio e basta, non capisco perché ci ho perso così tanto tempo… basta, ho chiuso.”


*


Erano passati cinque giorni, e Michael e Lia non si erano ancora rivolti la parola. Non erano mai stati così vicini ma tanto distanti allo stesso tempo e il ragazzo, proprio come aveva immaginato, ne soffrì non poco, guardandola di sottecchi da lontano per la maggior parte del tempo. 
Si era chiesto se gli avesse rivolto occhiatacce o se sarebbe andata ad affrontarlo di persona per chiedergli spiegazioni, ma Lia non lo fece: lo ignorò e fece come se niente fosse, come se non fossero mai stati amici.

Da una parte era felice di non doverla affrontare, ma dall’altra era difficile vivere quel radicale cambiamento. 
Durante una lezione di Cabala e Rituali Michael, che stava osservando Lia dall’ultimo banco, guardandola osservare l’insegnante seduta composta, la penna in mano e seria in volto, sospirò e scosse il capo per l’ennesima volta prima di riprendere a scrivere con una faccia da funerale, tanto che Ivan gli chiese se non stesse male.


*


“Lia, sei sicura di stare bene?”
“Benissimo, perché?”  Natalia parlò con noncuranza mentre sfogliava un libro, controllando il nome dell’autore mentre stava in piedi sulla scaletta posta davanti alla libreria.
Elvira, impegnata insieme a Katja a catalogare dei libri sulle Arti Oscure – quel mese mettere a posto i libri toccava a loro – rivolse un’occhiata incerta alla mora prima di rivolgersi alla rossa, parlando con tono incerto mentre osservava l’amica:

“Beh, da dopo la prima sera non hai più dato… segni di provare niente. Sicura di non volerne parlare con noi? O con lui, magari.”
“Sì, sicura, non ho niente da dire. Non fate quelle facce, sto benissimo, forse è stato meglio così infondo. Ecco, questo va qui…”

“Meglio? Lia, sono passate due settimane e voi ancora non vi parlate…”
“Sì, meglio.” Lia annuì mentre scendeva dalla scaletta per prendere altri libri, parlando con tono neutro e senza battere ciglio, come se stesse parlando del più o del meno:

“Renderà tutto molto più facile. Non credo di vedere un motivo valido per cui dovrei litigare con la mia famiglia per non sposare Sebastian, a questo punto, immagino che vada bene così. Prendo questi.”

Lia prese qualche tomo e si allontanò sotto gli sguardi preoccupati delle amiche, che si scambiarono un’occhiata prima che Kat sussurrasse qualcosa a mezza voce:

“Non può dire sul serio.”
“A me sembra molto seria, e troppo tranquilla, fa quasi paura!”

“Beh, non possiamo lasciare a quei due idioti di rovinare tutto. Elvy, questo è il momento in cui li chiudiamo dentro una stanza.”
“ERA ORA! Con un po’ di fortuna trovandosi soli inizieranno a limonare selvaggiamente e tutto si risolverà, che bello!”


*


Sabato 24 Marzo 


“Elvy, possibile che tu sia così sbadata?!”
“Scusa, ho scordato il libro in classe…” Elvira parlò con tono colpevole e Lia alzò gli occhi al cielo, abituata alla sbadataggine dell’amica e al suo non riuscire ad avercela con lei per più di mezzo minuto, non per niente aveva accettato di riaccompagnarla in classe.

“Ok, entriamo.”  Elvira aprì la porta dell’aula una volta raggiunta la loro meta, dopodiché quasi spinse l’amica al suo interno e, senza darle tempo o modo di reagire, le chiuse allegramente la porta alle spalle e la sigillò, asserendo di divertirsi un mondo prima di saltellare via.

“ELVIRA?! ELVIRA, CHE STAI…”
“Natalia?”

Natalia si sentì gelare il sangue nelle vene e si voltò lentamente, la mano ancora pronta a prendere a pugni la porta, trovandosi così gli occhi azzurri di Michael puntati addosso. 

La ragazza imprecò mentalmente in ceco, ripetendosi che avrebbe dovuto immaginarlo e che era stata una stupida a non sospettare nulla prima di parlare con tono neutro:

“Elvira mi ha chiusa dentro.”
“Cosa?”
“Parliamo di Elvira, perché ti stupisci tanto?”

Natalia inarcò un sopracciglio prima di sospirare e scuotere il capo, dirigendosi verso il banco più vicino – e più lontano da quello del ragazzo, che stava studiando forse cercando un po’ di pace – per occupare una sedia tenendo le braccia strette al petto. 
Evitò di guardarlo, fissando il pavimento, mentre Michael sospirava, non potendo che darle ragione. 

Per qualche minuto nessuno dei due parlò, o almeno finché Michael non infranse il silenzio creatosi nella stanza:

“Lia…”
“Non dire niente. Non voglio sentirti dire niente Michael. È passato un mese, non voglio sentire.”
“Ma ti voglio…”

“So già che cosa vuoi dire, non importa.”

Michael esitò, osservandola, e Natalia sospirò prima di parlare, scuotendo convulsamente il capo:

“Non mi va di sentire.”
“Non vuoi che ti spieghi?”

“Dirai che lo fai per me, che non posso capire. Che non possiamo stare insieme perché tu non ti ritieni abbastanza, perché pensi di sapere che cosa voglio o che cosa è meglio per me. Dì che non ti interesso e basta, per favore, forse avrò meno voglia di strangolarti.”
“Non è affatto così.”

Michael serrò la mascella e Natalia sbuffò, sorridendo tetra mentre finalmente lo guardava, appoggiando il viso sulla sua mano:

“Ah sì? Non è questo che volevi dire? Ma sai, non me la sono presa per come hai reagito ma perché non sei chiaro, non sei mai stato chiaro. Non sei scappato subito quando ti ho baciato, e lo sai, hai sentito qualcosa anche tu. Poi non ti avvicini per un mese intero come se non ti importasse…”

“Non è così, ti dico!” La voce di Michael vibrò e si alzò di un’ottava, ma lei non sembrò farci caso e continuò a parlare, spostando lo sguardo su una finestra bagnata dalle gocce di pioggia che si abbattevano violentemente sul vetro.
“… Ma adesso sembra che non sia così, mi guardi come se fossi triste. Io non riesco mai a capire cosa pensi, Michael, e sono stanca di cercare di fare passi avanti quando tu procedi sempre e solo all’indietro. Sono stanca di giustificarti sempre tutto e non posso essere l’unica a fare sforzi.”

“Io non… Certo che provo qualcosa per te, Lia, non lo immagini nemmeno. Sei molto importante per me, sei troppo importante per me.” Michael scosse il capo e si alzò, avvicinandolesi per sedersi accanto a lei cercò di prenderle le mani tra le sue, ma lei le scostò e incrociò le braccia al petto di nuovo, osservandolo senza alcuna espressione particolare sul viso.

“E allora?”
“Penso che stare insieme non sia la scelta migliore.”
“Perché? Pensi che non saremmo felici? Perché lo siamo sempre, quando stiamo insieme.”

“Lo so, non dico questo. Non c’è niente che mi renderebbe più felice di te, ma non penso che sia l’ideale per TE, Lia. Credimi, è difficile e odioso, ma vorrei saperti con qualcuno di normale, che possa offrirti ben più di quello che potrei darti io, ossia solo problemi.”

“È per il tuo occhio, per il fatto che non ci senti? Mi reputi così superficiale?! Non mi importa, Michael.”  Natalia scosse il capo e Michael annuì, sospirando gravemente:
“Non sei superficiale, lo so benissimo. È questo il punto, so che saresti così pazza da voler stare con me, ma io non voglio questo per te, non voglio che tu venga vista dal mondo intero come la badante di un handicappato. E cosa direbbe la tua famiglia? Non mi accetterebbero mai.”

“Non mi importa nemmeno di loro. Perché devi pensare tutte queste cose, non puoi goderti il presente e basta. E non definirti mai più così o ti disintegro.”

Natalia gli scoccò un’occhiata torva e Michael scosse il capo, prendendole il polso quando lei allungò una mano per toccargli il viso:

“C’è una cosa molto importante che non sai.”
“Che cosa? Mich, è questo il punto, non dici mai niente, cosa pensi o come stai, racconti poco di te… devo sempre scavare fino in fondo per capire cosa pensi, perché non puoi essere totalmente sincero? Io sono qui, sono sempre qui, aspetto solo che tu mi parli.”


“Non è facile per me.”
“Lo so, ma se non inizi non lo sarà mai.”  Il tono di Natalia si addolcì mentre sfiorava il volto del ragazzo con le dita, che questa volta la lasciò fare. Natalia parlò dopo qualche istante, guardandolo intensamente:

“Che cos’è che non so? Peggio di quando io ti ho detto di avere un fidanzato segreto?”
“Non proprio, no. Riguarda me.”

Michael sospirò e si ritrasse leggermente, il cuore in tumulto. Per anni la sola idea di dirglielo lo aveva mandato nel panico, ma non poteva continuare a tenerla all’oscuro, non era giusto. Almeno lei doveva sapere, alla peggio si sarebbe effettivamente allontanata da lui, schifata, e non avrebbe corso il rischio di essere infelice. 

“Ricordi quando ti ho detto di aver avuto un incidente da bambino?” 
Natalia annuì, guardandolo quasi con preoccupazione crescente, e Michael sospirò mente si chinava, sollevando leggermente il lembo dei pantaloni sulla gamba destra.

“Oltre al mio udito, si è preso anche qualcos altro.”

Natalia seguì i movimenti del ragazzo come ipnotizzata, senza capire. Michael sollevò la gamba del pantalone fino a metà polpaccio e, senza darle il tempo di dire niente, le prese la mano affinché toccasse e sentisse il metallo. La sua protesi era molto diversa rispetto a quelle comuni Babbane, Oz glie l’aveva fatta fare su misura, gli permetteva di muoversi piuttosto liberamente, senza far rumore, e sopratutto a prima vista sembrava una gamba come le altre. 

Sentendo però che quella non era vera pelle Natalia sgranò gli occhi scuri, avvampando e ritraendola di scatto mentre Michael sorrideva appena, scuotendo il capo:

“Non ci sento, non vedo da un’occhio, ho un braccio che non funziona bene, sono pieno di cicatrici orribili e anche senza una gamba. Pensi ancora che io sia la scelta migliore per te? Capisci perché vorrei che tu scegliessi qualcuno che possa garantirti una vita normale?”

Natalia, gli occhi fissi sulla sua protesi, non disse nulla per qualche istante. Dopodiché alzò lo sguardo, posandolo dritto su di lui, e annuì con un cenno del capo appena percettibile, tanto che il ragazzo si chiese, per un istante, se non l’avesse solo immaginato. 
La sua perplessità svanì, tuttavia, poco dopo, quando la ragazza parlò in un sussurro:

“Sì.”
“Sì cosa?!”

 Natalia però non gli rispose, si sporse verso di lui, seduta sul bordo della sedia, e lo baciò una seconda volta. Michael trasalì, si chiese se per caso non avesse capito che era senza una gamba, ma finì col non riuscire a staccarsi subito da quelle labbra a cui pensava da più di un mese.

Questa volta fu lei a staccarsi, restando a poca distanza da lui e studiandolo con attenzione prima di parlare:

“Sì. Io voglio te, e non c’è niente che tu possa dirmi per farmi cambiare idea. Adesso guardami e dimmi che non mi vuoi. Se me lo dici, giuro che non ti infastidirò più e entro la fine dell’anno mi sposerò, non sarò più un tuo problema, se è questo che vuoi.”

Ma era davvero quello che voleva?
Voleva che lei fosse felice. Voleva che lei avesse il meglio. 
Eppure voleva anche stare con lei, abbracciarla, baciarla, ripeterle quanto fosse meravigliosa e sorriderle, tenerla per mano e guardarla ridere. 
A volte provava ad immaginarla, la sua Lia con un altro, dimenticatasi di lui. E di chiunque si trattasse, era sempre un’immagine davvero troppo dolorosa.

Perché non poteva essere felice con lui?

“… No.”
“No cosa?”   Insistette Natalia, le mani strette sul viso del ragazzo, che deglutì a fatica prima di parlare, incapace di staccare gli occhi dai suoi.
“Non voglio che ti sposi. Se sei così pazza da volerlo, voglio che tu stia con me.” 

Il sussurro di Michael la fece sorridere, accarezzandogli i capelli prima di baciarlo. Michael sospirò, gli occhi chiusi, e la baciò stringendola possessivamente a sè, quasi temesse di poterla perdere da un momento all’altro, costringendola a sedersi sulle sue ginocchia.

Forse era stupido. Ma per una volta, alle conseguenze e a maledirsi ci avrebbe pensato dopo.


“Mi dispiace se ti ho fatta soffrire.”  Michael parlò in un sussurro staccandosi da lei, guardandola scuotere il capo e mormorare che non importava prima di prenderlo per il colletto della camicia e baciarlo di nuovo. 

“Non m’importa… della tua gamba… anche se dopo ti picchierò per non avermelo detto in tutti questi anni.”  Natalia parlò tra un bacio e l’altro del ragazzo, che intrappolò di nuovo le sue labbra tra le proprie e pensò che quella bocca fosse già diventata una specie di droga. 

“Va bene, dopo, adesso zitta.”  Michael le rivolse un’occhiata di sbieco, ma Natalia non poté replicare perché lui la zittì, sussurrando sulle sue labbra che doveva recuperare mesi, se non anni, di arretrati.

“Fa pure, a me non dispiace.”


Era ancora un misero ingranaggio rotto rimesso insieme alla meno peggio con pezzi di ricambio. Ma se a lei andava bene così, forse non era poi così tremendo.


*


Julie stava accarezzando le piume della sua civetta, Cliodna, regalatale dal padre quando era partita per Hogwarts affinché potesse tenersi costantemente in contatto con la famiglia. 

In realtà lei avrebbe preferito un animale di altro tipo, come un gatto o un cane, ma disgraziatamente aveva avuto solo una civetta e si era dovuta accontentare. Le stava affidando proprio una lettera quando sentì dei passi alle sue spalle avvicinarsi e poi la familiare voce allegra di John:

“Oh, ma tu guarda che coincidenza…  Anche tu qui, Juls?”

La ragazza si voltò e gli rivolse un sorriso, prima che lui l’abbracciasse per poi chiamare il suo gufo reale con un fischio.

“Volevo scrivere alla mia famiglia, chiedere come sta Conrad.”
“Sì, io pensavo di chiedere notizie di mia sorella, è da un po’ che non la sento… vieni qui, Ray!”

John chiamò il gufo, che planò verso il padrone mentre la ragazza reprimeva a fatica un sorriso, guardandolo con aria divertita:

“Chi chiama il proprio gufo Ray?”
“Ancora una volta, è per via di Ray Charles, e prima che tu possa aprire bocca e un grandissimo pianista, nonché pioniere della musica soul. E Cliodna ti sembra un nome normale, invece?”

John incrociò le braccia al petto, offeso, ma Julie sorrise e scosse il capo mentre gli si avvicinava, circondandogli il collo con le braccia:

“Va bene, scusa… come sei permaloso.”
“Non sono permaloso Juls, ma dovrai darmi un bacio per farti perdonare.”


Julie sorrise, annuendo prima di alzarsi in punta di piedi e mormorare che quello era un prezzo che avrebbe pagato più che volentieri.


*


“Che ti avevo detto, avremmo dovuto farlo mesi fa! Dovevi vederli quando sono tornata, Lia era seduta sulle sue ginocchia e si guardavano amorevolmente, le teste vicine, mentre parlavano a bassa voce. Che carini!”  Elvira esultò allegra mentre Katja, accanto a lei, abbozzava un sorriso:

“Va bene, riconosco che avevi ragione tu, contenta?”
“Non sai quanto!”

“Per che cosa? Sei riuscita nella tua opera riappacificatrice?”  Timothy si avvicinò alle due e si chinò per dare un bacio sulla guancia della bionda, che gli sorrise e annuì mentre il ragazzo prendeva posto accanto a lei al loro tavolo.

“Penso proprio di sì.”
“Aspetta, quindi Dom e Lia si parlano di nuovo?! Da quando?” Ivan, gli occhi scuri sbarrati, sedette di fronte alla bionda, accanto a Katja, rivolgendo all’amica un’occhiata stralunata che la fece sorridere con l’aria di chi la sa lunga:

“Da oggi. E non è che si parlino e basta, in realtà…”
“Di chi state parlando?”

“Di quelli che anche i muri sapevano sarebbero finiti insieme fin dal primo anno, Novy.”
“Non chiamarmi così, Ivan!”

Novak rivolse un’occhiata torva all’amico, che sorrise angelico mentre anche Katja si rivolgeva al ragazzo, invitandolo a sedersi con loro. Il ragazzo prese effettivamente posto accanto a lei e Ivan si rivolse in labiale ad Elvira, asserendo che dovevano fare qualcosa anche per loro, adesso.


*


“Hai annotato nel registro delle coppiette che Natalia e Michael si sono riappacificati?”
“Stai scherzando?! Come lo sai?”

“Beh, li ho visti tenersi per mano in corridoio, e lui davanti alle scale che conducevano alla sua Camerata l’ha salutata con un bacio a stampo, quindi…” Rose si strinse nelle spalle, continuando a leggere con noncuranza mentre Silvy, seduta accanto a lei sul suo letto – che la bionda era solita usurpare prima di dormire – chiudeva il suo con un gesto secco, mettendosi a sedere di scatto e sbuffando con frustrazione:

“Possibile che io mi perda gli sviluppi migliori, avrei voluto vederli anche io, ma dov’ero?!”
“Credo a dare la caccia al tuo gatto…”
“Ah, è vero, Rex era finito al piano di sotto insieme a Mist e Salem. Beh, comunque sono felice per loro, è sempre stato lampante persino per noi che non li conoscevamo che c’era qualcosa di più.”

“Non parlarmene, al secondo giorno mi sono fatta una figuraccia chiedendo loro da quanto tempo stessero insieme…”

Rose sbuffò debolmente, alzando gli occhi al cielo, e Silvy sorrise mentre Julie usciva dal bagno spazzolandosi i lunghi capelli scuri:

“Di cosa parlate?”
“Della nuova coppietta di cui tutti parlano. Che vi dicevo, ne spunta una di continuo! Di questo passo sarò davvero l’unica zitella dell’ultimo anno…”

“C’è anche Katja!”
“Per favore, Katja ha Novak Andersen che le fa gli occhi dolci, si sa.”

“Beh, allora sarà meglio trovare qualcuno anche per te, vero Silvy?”

Julie sorrise mentre s’infilava sotto le coperte, e l’amica sbuffò debolmente mentre cercava di spingere Rose giù dal suo letto.

“Non c’è bisogno che nessuno mi trovi nessuno, grazie. A differenza di molta altra gente, io sono capacissima di arrangiarmi nelle questioni amorose, in caso di necessità.”
“Ti riferisci a noi, per caso?”

“No, certo… Anche se sarei molto grata a Rose se portasse il suo sedere sul SUO letto e la smettesse di occupare metà del mio!”


*


“Cosa leggi?”
“Un libro.” Il borbottio indistinto dell’amico fece sorridere Ivan mentre sprimacciava i cuscini, sistemando la borsa dell’acqua calda sotto le coperte prima di mettersi a letto e rivolgergli un’occhiata divertita:
“Questo lo vedo, ma cosa stai leggendo? Mi è parso di vedere delle frasi in inglese, è un libro Babbano?”

“Sì, un certo Cime Tempestose, ma non ci sto capendo molto… ci sono troppe Catherine! Non mi sta facendo impazzire, ma è il libro preferito di Kat…”
“Ah, ecco perché lo stai leggendo, allora, vuoi fare bella figura con la tua altrettanto bella Katja!”

Ivan sorrise divertito e l’amico, per tutta risposta, gli rivolse un’occhiata truce e glaciale allo stesso tempo con i profondi occhi blu, intimandogli di smetterla di fare commenti o lo avrebbe costretto a leggerlo a sua volta.





…………………………………………………………………………………………………….
Angolo Autrice: 

Buonasera/Buongiorno, vista l’ora. 
Spero vi abbia fatto piacere sapere che ho “risolto” la questione Micalia nell’arco di uno stesso capitolo, penso di avervi già fatto penare abbastanza – voi e anche i personaggi stessi, in realtà –.
A questo punto all’appello mancano ben poche coppie e Silvy ha ragione, a Durmstrang sembra esserci più amore che nel regno dei My Little Pony…
Comunque sia, ho per voi la domanda delle domande: cosa siete, Team Kat Senior con Orgoglio e Pregiudizio o Team Kat Jr con Cime Tempestose? Io sono Team Jane Austen per tutta la vita, mi spiace.

Spero non ci siano molti errori, ma lo sto pubblicando appena tornata casa e di conseguenza un po’ fusa… domani mattina lo rileggerò.

A presto! 
Signorina Granger 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Capitolo 17 ***


Capitolo 17 

 
Mercoledì 4 Aprile 


“TIM!” 
Timothy aveva appena messo piede nella sala comune della Camerata dei Draghi quando venne travolto dall’abbraccio di Elvira, che gli planò letteralmente tra le braccia. 

“Ciao Elvy.” Il ragazzo sorrise mentre sfiorava i capelli biondi della ragazza, che gli sorrise allegra prima di baciarlo, proprio mentre tutti i compagni del ragazzo li raggiungevano e applaudivano ridacchiando di fronte alla scena.

“Il nostro Tim ha ricevuto la più bella accoglienza di tutti i suoi compleanni quest’anno.”

Graham sorrise e superò il ragazzo dandogli una pacca sulla spalla, guardandolo sbuffare debolmente mentre arrossiva e borbottava agli amici di farsi gli affari propri.

“Sì Tim, buon compleanno.”  Elvira sorrise e gli diede un bacio su una guancia senza smettere di tenergli le braccia intorno al collo, mentre Rose prendeva Graham per mano asserendo che fossero carinissimi e dicendogli di non prenderlo in giro.

“Rosie, John e Sean hanno preso in giro ME per settimane, dovrò pur rifarmi ora che ne ho la possibilità!”

La bionda alzò gli occhi al cielo ma non disse nulla, limitandosi a dirigersi verso l’uscita per fare colazione mentre anche Katja si univa al gruppo, sorridendo alla vista di Elvira e Timothy prima di fare gli auguri al ragazzo. 

“Grazie Katja.” Timothy sorrise alla ragazza, che ricambiò allegra prima di accorgersi della presenza di Graham, intimargli di aspettarla e infine raggiungere lui e Rose. 

“Grammy, aspettami! Che maleducato, non mi saluti neanche!”
“Ha ragione Graham!”
“Ma perché tutti non fanno altro che riprendermi?!”

Graham alzò gli occhi al cielo mentre anche Katja lo prendeva sotto faccio, sorridendo all’amico per poi assicurargli che lo faceva per il suo bene. 


Quando anche Julie e John si allontanarono, lei con la testa appoggiata sulla spalla del ragazzo, insieme ad Elvira e Timothy, Sean si rivolse a David con la fronte aggrottata:

“Mi sento una specie di terzo incomodo perennemente, tu no?”
“Diciamo che in mezzo a tutte queste felici coppiette che sprizzano amore da tutti i pori ci si sente un po’ a disagio, a volte.”

“Ma che dite ragazzi, ci sono io a tirarvi su il morale! Su, andiamo, muoio di fame!”

Silvy sorrise allegra e, presi entrambi sottobraccio, li trascinò verso l’uscita mentre Sean mormorava “strano” a bassa voce, guadagnandosi una considerevole gomitata da parte dell’amica.

*


Quando Natalia salì le scale che conducevano alla Camerata degli Orsivolanti, trovandosi così nell’ingresso, sorrise quasi senza volerlo nel vedere Michael seduto su una delle rigide panche di legno scuro addossate alla parete adiacente. 

“Mich!”
Il ragazzo, che fino a quel momento aveva tenuto gli occhi fissi davanti a sè con aria pensierosa, sentendo la sua voce si ridestò e si voltò, sorridendo mentre si alzava in piedi:

“Ciao Lia. Ce ne hai messo ti tempo, ti aspetto da un quarto d’ora.”
“Me la prendo comoda al mattino.”  Natalia si strinse nelle spalle mentre gli si avvicinava, alzandosi in punta di piedi e mettendogli le mani sulle spalle per dargli un rapido bacio a stampo e poi sorridergli, gli occhi castani luccicanti. 

Anche Michael sorrise, spostandole i capelli dietro l’orecchio mentre la guardava, prima di prenderla per mano:

“Andiamo?”
“Certo, muoio di fame! Speriamo che non abbiano finito le uova!”

Michael non ebbe il tempo di sfoggiare un’espressione schifata perché la ragazza si avviò verso le porte aperte della Sala del Ristoro con lui al seguito, costringendolo a seguirla.


*


“Posso sedermi qui?”
“Ma certo, questo è il tavolo dei single, vuoi la tessera?”

Silvy le sorrise e Kat sedette accanto a lei mentre Ivan esaminava con tanto d’occhio una scodella di porridge, affatto convinto:

“Sembra una pappa schifosa… ha un colore strano…”
“Non è male, è fatta con dei cereali. Assaggia.” Sean gli rivolse un cenno, ma il danese si limitò a raccogliere un po’ di porridge con il cucchiaio per poi farlo ricadere nella scodella, osservando quel tipico elemento della colazione britannica con sospetto:

“… Nah, io non mi fido, non siete certo famosi per la vostra cucina, dopotutto.”
“Vero. La cucina indiana invece è deliziosa…” Silvy sospirò con aria sognante e Katja asserì che tra la cucina russa, rumena e inglese- avendole sperimentate più volte tutte e tre – quella inglese di certo non era la peggiore.

“Oh, andiamo, non sarà la fine del mondo… dammi qua.”  Novak sbuffò e prese il piatto di Ivan, avvicinandolo a sè per prendere una cucchiaiata di porridge, stanco delle esitazioni dell’amico. A quel punto il silenzio più totale calò sul tavolo rotondo, mentre Ivan, Silvy, Katja, Sean e David tenevano gli occhi fissi sul danese con il fiato sospeso.

Novak assaggiò il porridge con l’attenzione e la meticolosità di uno chef stellato, ponderando a lungo prima di stringersi nelle spalle e dare la sua sentenza, serafico:

“Mangiabile.”

“Certo che è mangiabile! Visto, uomo di poca fede? Su, assaggia!” Silvy si sporse sul tavolo e, presa la scodella, la mise di nuovo davanti ad Ivan, che non avendo scelta – aveva pur sempre un orgoglio, dopotutto – prese il cucchiaio con un borbottio cupo e assaggiò a sua volta un po’ di porridge. 

Non ebbe tuttavia la stessa reazione di Novak, sfoggiando un’espressione schifata e abbandonato immediatamente il cucchiaio come se si fosse scottato:

“Ma che accidenti ci mettono dentro, sembra roba da cavalli!”
“Beh, in effetti ci sono i cereali…” Mormorò Sean con aria pensierosa, ricordando quando insieme a Camille, Edith e John preparavano i “pastoni” per i cavalli quando andavano a trovare i Carrington.

“Beh, io non la mangio, grazie!”
“Che delicato… bah, peggio per te!” Silvy si strinse nelle spalle e, afferrata la ciotola, finì di mangiare il porridge mentre Ivan borbottava che non avrebbe mai fatto colazione in Inghilterra, neanche sotto tortura.


*


Katja stava andando a depositare dei libri in camera dopo aver studiato con gli amici, ma si fermò nel bel mezzo dell’ingresso quando vide una figura nota entrare attraverso la porta principale sbuffando come una ciminiera, zuppa e gocciolante. 

“Te ne sei andato a spasso con questo tempaccio, Novak?”
“Non pioveva quando sono uscito, anzi! Tempo del cavolo…” Novak sbuffò e si passò una mano tra i capelli scuri bagnati che gli ricadevano sulla fronte, tirandoseli indietro mentre la ragazza gli si avvicinava sorridendo divertita.

“Dovresti andare ad asciugarti, se non vuoi passare la prossima settimana con l’influenza.”
“Lo so, adesso vado... si può sapere cosa ci trovi di divertente, Katja?!”

“Scusa, sembri Heathcliff di ritorno dalla brughiera!”

Katja sorrise, trattenendo a stento una risatina mentre sollevava una mano per sistemare distrattamente i capelli del ragazzo, che alle sue parole esitò prima di annuire, stringendosi nelle spalle:

“Di certo non era mia intenzione calarmi così tanto nella parte.”
“In che senso?”
“Beh, ho letto il tuo libro, e devo dire che…”

“Aspetta. Hai letto Cime Tempestose?! TU?”
“Non essere così sorpresa, si sa che leggo molto!”
“Sì, ma non è esattamente Tolstoj! Allora, dimmi, che ne pensi?”

Katja sorrise e prese il ragazzo sottobraccio, guardandolo stringersi nelle spalle senza sfoggiare nessuna particolare espressione:

“Beh, devo ammettere di non comprendere il tuo affetto smisurato per quel libro. Insomma, la protagonista non può definirsi un modello.”
“Catherine fa i suoi errori, sì, li fanno entrambi.”
“E per colpa tutto naufraga! Si sono tirati la zappa sui piedi da soli!”  Novak spalancò leggermente gli occhi blu, scuotendo il capo e guardando la ragazza come se si chiedesse come potesse non capire, ma Katja si limitò a sorridere, stringendosi nelle spalle mentre lo accompagnava verso le scale:
“Questione di punti di vista Novak, ma mi sorprende sapere che tu l’abbia letto. Non pensavo di averti incuriosito tanto!”

Novak distolse lo sguardo, evitando di dirle che lo aveva letto solo per farle piacere e “acquistare un po’ di punti”, come aveva detto Ivan. Borbottò invece che gli andava semplicemente di leggere qualcosa di nuovo, chiedendo alla ragazza se non avesse altro da fare quando si rese conto che lo stava accompagnando alla sua Camerata:

“Stavo andando in camera mia, ma lo farò dopo, i libri possano aspettare nella mia borsa. Nel frattempo fila a cambiarti, poi ti spiegherò per bene cosa ne penso di Catherine ed Heathcliff e le dinamiche del racconto.”
“Perché, sei un’esperta?”
“Certo, l’ho letto sette volte!”

Katja sorrise allegra, e Novak fece di tutto per mascherare lo stupore (e l’orrore) alla sola idea che si potesse leggere lo stesso libro tante volte, specie se si trattava di una simile lettura.
(Signorina si nasconde perché lei deve aver letto L’Ordine della Fenice qualcosa come più di dieci Nda)


*


“Ecco, visto, allenarsi è stata una pessima idea, persino il tempo è d’accordo con me!”

Julie sbuffò debolmente mentre, seduta sul divano nella sala comune della Camerata dei Draghi, teneva una tazza di tè caldo in mano e una coperta sulle ginocchia. Rose, dietro di lei, si stava freneticamente asciugando i capelli biondi con un asciugamano sbuffando come una ciminiera, mentre John sorrise allegro sedendo accanto alla ragazza, mettendole un braccio intorno alle spalle per darle un bacio su una guancia:

“Via, è stato divertente!”
“Divertente prendere tutta quell’acqua sulla testa? Per te forse, mi stavo congelando!”

Julie sbuffò debolmente prima di bere un sorso di tè, ma finì con l’appoggiare la testa sulla spalla del ragazzo per farsi abbracciare mentre Sean, in piedi alle loro spalle, asseriva che la colpa fosse di Silvy dal momento che lui aveva predetto il mal tempo e aveva consigliato di allenarsi il giorno seguente. Un cuscino lo colpì in pieno petto un attimo dopo, seguito dalla voce della ragazza che consigliò caldamente all’amico di stare zitto mentre David, seduto in un angolo accanto a Tim, rideva sotto i baffi tenendo Mist sulle ginocchia.

“Questi sono i momenti in cui sono ancora più felice di non giocare a Quidditch.”
“Puoi dirlo forte.”  Timothy sorrise a sua volta mentre ripiegava la lettera inviatagli dalle gemelle, dove Megan e Carol esprimevano tutto il loro rammarico per non poterlo vedere a Pasqua e gli raccontavano delle ultime settimane passate ad Hogwarts, omettendo – ne era certo – i guai che avevano di certo combinavano in sua assenza.

“Lasciamo perdere, io mi sono fatta abbindolare da questi occhioni! Ma come si fa a dirgli di no?!” Julie accennò irritata al fidanzato, che sorrise soddisfatto prima di darle un bacio sulla tempia e assicurarle che anche i suoi fossero splendidi. 

Silvy, intanto, si era rannicchiata su una poltrona e venne raggiunta dal suo gatto nero, Rex, che venne abbracciato più che volentieri dalla padrona:

“Piccolo, eccoti qui! … Aspettate, non vi sembra un po’ ingrassato per caso?!”
“Per l’amor del cielo Silvy, non ricominciare con quelle assurdità sulla ginnastica per gatti!”

Sean, seduto a poca distanza, scosse il capo esasperato e si passò una mano sul viso, ignorando la smorfia che l’amica gli rivolse prima di parlare con tono stizzito:

“Non voglio che il mio Rex ingrassi, i gatti grassi non sono affatto carini, e nemmeno sani!”
“E allora non dargli tutto quel cibo! Quando quella povera creatura scapperà perché stanca di fare esercizi io ti dirò “te l’avevo detto”, sei avvisata!”


Silvy però lo ignorò, abbracciando Rex e mormorando al gatto che Sean era un cattivone stupido che non capiva assolutamente niente.


*


“Bene, ora che Katja se n’è andata, dobbiamo fare qualcosa!” 

Ivan si grattò la testa, indeciso, osservando uno scaffale con aria assorta mentre Elvira, di fronte a lui, si puntellava il mento con la sua piuma con aria concentrata. 

“Non possiamo chiuderli dentro una stanza, lo abbiamo già fatto con Lia e Dom e Kat non ci cascherebbe… però con loro ha funzionato!”

La bionda accennò ai due amici, seduti al loro stesso tavolo, e Natalia annuì con un debole sorriso mentre disegnava figure astratte con l’indice sul dorso della mano del ragazzo:

“Vero, ma non farlo mai più.”
“Beh, qualcosa bisogna fare, Novak è più testardo di sua sorella, se possibile!”

“… Ivan, stai pensando quello che penso io?”
“Di chiamare in causa Nerissa per fargli dare una svegliata? Ottima idea.”
“Siamo proprio bravi!”

Elvira sorrise allegra, e i due si diedero il cinque mentre Natalia scuoteva il capo, mormorando che augurava agli amici buona fortuna e Michael invece sorrideva divertito, curioso e in forte attesa di sviluppi sulla faccenda. 


*


“Oh, ciao. Quando ha iniziato a diluviare vi ho pensati, vi siete presi molta acqua?”

Ivan sorrise quando Silvy sedette accanto a lui a cena, guardandola sbuffare e liquidare il discorso con un gesto della mano:

‘“Stendiamo un velo pietoso. Mi consolo pensando che vi batteremo sicuramente.”
“Sì vedrà, non penso che nessuno di noi muoia dalla voglia di darvela vinta.”
“Neanche noi se è per questo! Ci sono sviluppi sul fronte Novak e Katja, comunque?”

“Qualcosa, sì, ma temo che il mio amico sia più lento di quel che pensavo… sarà che gli piace sul serio.”
“Beh, se la materia prima c’è a noi non resta che soffiare sul fuoco, no?”

Silvy sorrise divertita e Ivan ricambiò, ma entrambi si zittirono quando i due sopracitati compagni li raggiunsero, facendo finta di nulla con nonchalance e iniziando a parlare del più e del meno.


*


“Quando ne parlerai con i tuoi genitori?”
Michael, seduto sul divano nella sala comune della sua Camerata, parlò tenendo gli occhi fissi su Natalia, che rispose mentre giocherellava con la mano del ragazzo, seduta accanto a lui e con le gambe appoggiate sulle sue. 

“Sto pensando se tornare a casa per le vacanze, ma penso sarebbe l’occasione giusta per farlo. Di sicuro mia madre ne approfitterà per parlarmi di preparativi e contratti prematrimoniali da firmare, ma la stroncherò sul nascere.”
“Lia, te lo ripeto, non voglio che chiudi i ponti con la tua famiglia per colpa mia.”

“Non sarebbe per colpa tua, ma per colpa LORO, se non dovessero capire. Ok?”
Natalia portò una mano sul viso del ragazzo, che annuì prima di sporgersi per baciarla. Natalia però si ritrasse, abbozzando un sorriso e asserendo che volesse parlare con lui della sua gamba.

“Solo un bacio!”
“No. Così impari a tenermi all’oscuro per anni!”
“Lia, tu forse non hai capito che ora le tue labbra sono una mia proprietà e che non me le puoi negare.”
“Posso eccome e lo faccio, caro. Sul serio Mich, perché non mi hai mai detto niente? Dev’essere stato terribile non poterne mai parlare con nessuno, stare qui ogni giorno, circondato da tante persone con un simile segreto. Avevi paura che lo dicessi a qualcuno?”

Michael intrecciò le dita della mano sinistra con quelle della ragazza, osservando le loro mani unite prima di scuotere il capo e parlare a bassa voce:

“No. Non volevo solo… che mi vedessi come mi vedo io.”
“Ma avrei potuto starti vicino! Mi dispiace che tu abbia sofferto tanto.”  Natalia lo abbracciò e appoggiò la testa sul suo petto mentre Michael, abbozzando un sorriso, le sfiorava i capelli ramati mormorando che non importava. 

“Certo che importa! Giuro che prima o poi ti farò cambiare modo di pensare a te stesso, Mich, fosse l’ultima cosa che farò.”

Natalia gli rivolse un’occhiata torva e risoluta allo stesso tempo, di fronte alla quale il ragazzo sorrise. Poi si chinò per poterla finalmente baciare, sentendo una strana sensazione allo stomaco. Come qualcosa che svolazzava.


“Oh, come siete carini, posso farvi una foto?!”
“Kat, vattene!”










...............................................................................
Angolo Autrice: 

Buon salve (e buon Halloween u.u)!
Due righe per comunicarvi che, Epilogo incluso, alla fine della storia mancano altri nove capitoli, conto di finirla prima di Natale. 
Inoltre, nel prossimo capitolo ci saranno le vacanze Pasquali. I ragazzi inglesi resteranno obbligatoriamente a Durmstrang, ma chiedo alle autrici degli OC nordici se quest’ultimi torneranno o meno a casa. 
Inoltre, so che manca ancora parecchio - non penso che finirò la storia prima di un mese e mezzo - ma se volete potete iniziare a mandarmi le informazioni sul futuro degli OC, sia dal punto di vista lavorativo sia “sentimentale”. Come sempre, in caso si parli di una coppia potete scegliere se mettervi direttamente d’accordo tra di voi e poi farmi avere il risultato o se mandarmi le informazioni e basta, poi io cercherò di conciliare il tutto, non è un problema. 
Perdonate la brevità de capitolo, oggi va così temo.

A presto! 
Signorina Granger 





Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Capitolo 18 ***


Capitolo 18 
 
Sabato 14 Aprile


Praga


Le posate caddero con un tintinnio sul prezioso piatto dipinto a mano di uno dei servizi preferiti di sua madre, piatto che Natalia stava fissando in quel preciso istante, concentrandosi sulle sottili pennellate azzurre piuttosto che su suo padre, che ora la stava fissando dall’altro lato del tavolo incredulo e visibilmente contrariato:

“Come sarebbe a dire che “non vuoi sposarti”? Natalia, non è uno scherzo!”
“Lo so benissimo. Non sto scherzando, in fatti, non ho intenzione di sposare qualcuno che praticamente non conosco, molto più grande di me e che non ha il benché minimo interesse nei miei confronti! E non certo così presto.”
“Sì può aspettare un anno, se proprio insisti.”
“Non è solo questo, non fare finta di non capire! Forse a mia madre è andato bene e forse andrà bene anche a te, Monika, ma io non sono mia madre, papà. Non mi voglio sposare.”

“Non puoi fare i capricci quando è praticamente già tutto sistemato, Natalia!”


Suo padre serrò la mascella, sempre più irritato, ma la figlia minore per una volta non ci badò e continuò imperterrita, parlando rivolgendo all’uomo un’occhiata torva:

“Non faccio i capricci, non mi voglio sposare e basta! Pensavo fosse chiaro quando non mi sono presentata a Capodanno, ma qui tutti si rifiutano di vedere o sentire, come sempre.”
“Natalia, adesso basta.”

“Niente “basta”, Petra, voglio sentire. Natalia, capisco che possa sembrarti una tragedia, ma non lo è. Tua sorella sta per sposarsi e non ha mai fatto tutte queste storie!”
“Beh, io non sono Monika! Chiaro? E non puoi costringermi a sposarmi, sono maggiorenne.”

“Finché vivi sotto questo tetto, Natalia, farai esattamente quello che ti dico, maggiorenne o meno.”
“Allora forse sarà il caso di andare a vivere altrove, magari.”

Natalia si alzò in piedi, parlando con un sibilo prima di allontanarsi, ignorando il richiamo scandalizzato di sua madre. Vladislav fece per alzarsi e seguire la figlia minore, ma Monika lo bloccò con un gesto della mano, alzandosi a sua volta con un sospiro:

“Parlaci dopo, non adesso. Ci vado io.”

La ragazza seguì la sorella, salendo le scale per raggiungere la camera da letto di Natalia. La porta bianca a doppia anta ovviamente era chiusa, e Monika bussò prima di aprirla:

“Lia, sono io. Posso?”

Per tutta risposta la ragazza ricevette solo un grugnito indistinto, e Monika quando entrò nell’ampia stanza andò dritta verso il grande letto della sorella, trovandola rannicchiata sul materasso con uno dei suoi cuscini stretti tra le braccia. 
Fece per raggiungerla e sorrise quando venne accolta da Thor, che le mise le zampe anteriori sulla gamba per sollevarsi scodinzolando e reclamano attenzioni. La ragazza si chinò e lo prese in braccio prima di raggiungere la sorellina, sedendo accanto a lei senza smettere di coccolare il cane:

“Dimmi Lia… Tutto questo rifiuto per le nozze è qualcosa che covi da sempre o è dettato da una… novità?”
“Non mi va di parlare.”  Natalia si girò dall’altra parte, dandole le spalle, e Monika sbuffò prima di scrollarla leggermente:

“Se non lo fai con me con chi altro in questa casa? Lia, ascoltami!” 
Monika la colpi in testa con un cuscino e la minore sbuffò, mettendosi a sedere sul letto e incrociando le braccia mentre Thor sgusciava dalle braccia di Monika per accoccolarsi tra le gambe incrociate della padrona, appoggiandole la testa sulla coscia. 

“Allora?!”
“Beh, ecco…”
“Ah, lo sapevo.”
“Cos’è che sapevi?!”
“Fammi indovinare, il ragazzo che ti ha regalato Thor? Quello da cui te la sei filata a Capodanno? Lo sloveno?”
“Beh… sì.”
“Era ovvio, di certo lo pensa anche la mamma. Lui che cosa dice?”

“Che non vuole che io chiuda i ponti con voi per questa storia. Non ne hai idea Monika, sai quanto ci ho messo e quanto ho penato per convincerlo di poter stare con me? Probabilmente se gli dicessi che dovrò sposare Sebastian da una parte sarebbe persino felice per me, è convinto di non essere abbastanza per me o per la nostra famiglia.”
“Povero caro… ma a te piace tanto, vero?”

Monika sorrise alla sorellina, guardandola annuire e arrossire leggermente. 

“Loro non lo accetteranno mai.”
“Perché mai?”
“Beh… è Purosangue, ma è cresciuto praticamente come un Babbano, ha scoperto di essere un mago solo a 10 anni, quando suo zio lo ha trovato in orfanotrofio. Non so se accetteranno mai qualcuno di così legato alla cultura Babbana Niky… è una parte importante della sua vita e non può rinunciarci.”
“Non è COSÌ grave Lia, basta che magari i nostri genitori ne sappiano il meno possibile… e poi se non ricordo male suo zio è un uomo molto importante. Ma c’è qualcos altro, vero?”

“Ecco, lui ha… qualche… ha avuto un incidente quando era piccolo e ha riportato diversi danni.”
“Gravi?”

Natalia annuì e Monika sfoggiò un’espressione addolcita e addolorata allo stesso tempo, scuotendo il capo prima di parlare:

“Povero caro, praticamente non lo conosco e mi viene già voglia di abbracciarlo. Aspetta, è quel ragazzino biondo e alto con cui eri sempre appicciata?”
“Beh, sì. Michael.” 
“AH, LO SAPEVO! Ma scusa, a scuola per i tuoi primi tre anni l’ho visto molte volte, che danni fisici ha riportato?”

“Ecco…”


*


Gale Greengrass se ne stava tranquillamente seduto sul divano, sistemando la sua scopa con minuziosa cura, mentre Eleanor scriveva una lettera a Gabrielle Smirnov, seduta a poca distanza.
Sua madre, non proprio di ottimo umore a causa dell’assenza di Graham – aveva maledetto Durmstrang in tutti i modi possibili per non averle dato la possibilità di abbracciare il suo “bambino” – era impegnata a coordinare gli elfi a destra e a sinistra per i preparativi del pranzo pasquale del giorno seguente e per una volta nella grande dimora regnava una tiepida calma. 
Persino Salazar sonnecchiava placidamente accanto a lui, godendosi le carezze che il ragazzo gli riservava di tanto in tanto.

Suo padre doveva ancora tornare a casa – quella mattina Gabriel non aveva fatto altro che lamentarsi per dover andare al Ministero di sabato, e il giorno prima di Pasqua per di più. A farlo tacere ci aveva pensato sua madre, che per tutto il tempo lo aveva guardato sorridendo leggermene mere gli sistemava il bavero della divisa blu da Indicibile, baciandolo prima di augurargli buona giornata e dirgli che fosse adorabile con quel broncio. 

Gale era stato colto da un diabete fulminante, aveva chiesto si genitori di tenere le smancerie per loro e nessuno lo aveva ascoltato, Gabriel dopo aver scoccato un’occhiata di pura adorazione alla moglie le aveva baciato le mani ed era semplicemente uscito. 


Era tutto troppo surreale per essere vero, e Gale ne ebbe la conferma poco dopo, quando sua sorella maggiore entrò urlando dal camino. 
Salazar sobbalzo e alzò la testa per accertarsi che non ci fosse nessun pericolo, Eleanor – che aveva avuto la malaugurata idea di sedersi proprio lì vicino – trasalì e rovesciò il calamaio sulla lettera che stava scrivendo, imbrattando la pergamena di inchiostro e imprecando a voce alta in modo assai poco elegante. Gale invece sollevò semplicemente la testa, rivolgendo alla sorella un’occhiata di sbieco con tanto di sopracciglio inarcato:

“Ciao El. Ti si è rotta un unghia per caso?”

A giudicare dal modo in cui Eloise sventolava la mano, poteva anche darsi.

“Ragazzi, che succede?!”

“Mi ha… Ivan… IVAN MI HA CHIESTO DI SPOSARLO STASERA!”

Eloise iniziò a saltellare sul posto e dopo un settimo di silenzio – e sgomento da parte del ragazzo – le altre due donne Greengrass presero ad urlare prima di abbracciare la secondogenita, destreggiandosi in una serie di acuti che fecero tappare le orecchie a Gale e che di certo disturbarono anche l’udito sensibile del povero Salazar.

Graham, fratello, dove sei?!




“Sono a casa!” Gabriel sorrise mentre la porta si chiudeva alle sue spalle, voltandosi verso la porta del salotto quando sentì un gran vociare. 
Stava per avvicinarsi e capire cosa stesse succedendo quando dalla porta uscì il figliol sbuffando come una ciminiera e con la sua scopa sottobraccio. Il ragazzo lo superò senza fermarsi, limitandosi a borbottare che se avesse avuto delle figlie femmine le avrebbe certamente date in adozione e a consigliare al padre di “prepararsi psicologicamente”.

Gabriel aggrottò la fronte, non capendo, ma non ebbe il tempo di chiedergli spiegazioni visto che dal salotto uscirono anche moglie e figlie, pronte a sopraffarlo con le loro voci decisamente alterate.

“Non sto capendo un accidenti, parlate una alla volta, sembra di stare in un pollaio!”
“Ivan mi ha chiesto di sposarlo!”
“EH?!”


*



“Insomma, si può sapere che cosa vi è saltato in mente! Non si fa, capito? Non si fa!”

Elvira si mise le mani sui fianchi e si fermò di fronte al divano dov’erano seduti i fratelli maggiori, tutti a capo chino come dei bambini in punizione.
“Scusaci Bambi…”
“Sì, è solo che volevamo sapere se c’è qualcosa che non va…”

“Niente scuse! Non siete stati affatto carini venendomi a prelevare di persona, avrei dovuto decidere io se tornare a casa o meno!”
“La nonna ci ha detto che eri indecisa se tornare o meno e volevamo capire perché. Non ti manchiamo?”
“Certo che mi mancavate, solo ero indecisa se restare a scuola. Ciò non implica che fossi arrabbiata con voi per qualcosa, ma adesso lo sono eccome!”

“Scusaci…”
Ruben sospirò cupo, ed Elvira cercò di fare il possibile per restare arrabbiata con i tre, ma senza grandi risultati: per qualche strano motivo, non riusciva mai a tenere loro il broncio per più di un giorno.

Ovviamente non aveva ancora detto a Magnus, Nikolai e Ruben di lei e Tim, l’unica a saperlo era sua nonna, e la donna aveva giurato di non dire nulla a marito e nipoti. Elvira aveva pensato di restare a scuola per stare con il Tassorosso, ma forse tornando a casa avrebbe avuto modo di “preparare” i fratelli alla notizia.
Non era sicura di come avrebbero reagito, forse con tre attacchi di cuore simultanei… non aveva mai avuto un ragazzo prima d’allora, nessuno si era mai sognato di avvicinarlesi a causa della presenza dei tre.

“Forse vi perdonerò entro la fine delle vacanze, ma promettete di non fare mai più una cosa simile! Vi preoccupate troppo per me, sapete che vi voglio bene, non voglio certo abbandonarvi!”

“Ok, scusaci. Sicura che non ci sia niente che non vada? È la prima volta che non sei certa di tornare a casa.”

“No, non c’è niente che non va, davvero. Va tutto benissimo ragazzi, stavo solo pensando se… passare del tempo con i ragazzi che non sarebbero tornati a casa. Tutto qui.”

Elvira sorrise e sedette sul bracciolo del divano per accarezzare i capelli biondi di Magnus con le dita, lasciandosi abbracciare dal fratello, che annuì:

“Ok. Ci sembrava solo strano che non ci scrivessi da qualche tempo, e non come prima. Sai che a noi puoi dire tutto, vero Bambi?”
“… Beh, a volte siete molto apprensivi, quindi farlo mi risulta un po’ difficile. Lo so che mi volete molto bene ragazzi, anche io ve ne voglio, ma dovete avere più fiducia in me. So che volete proteggermi dal mondo intero, ma prima o poi dovrete farmi spiccare il volo, lo sapete.”

Elvira abbozzò un sorriso e i tre annuirono con un po’ di esitazione, borbottando sommessamente che lo sapevano ma che era più forte di loro.

“Proveremo a lasciarti più… libera, te lo prometto.”
“Sicuro?”
“Sarà dura, ma faremo del nostro meglio. Però resterai sempre la nostra piccola Bambi.”

Magnus l’abbracciò, appoggiando la testa sulla sua spalla e permettendole di appoggiare di riflesso il capo sulla sua, abbozzando un sorriso mentre stringeva il fratellone:

“E io sarò sempre ben felice di esserlo.”


*


“Zuccone, com’è possibile che tu non abbia nulla da raccontarmi?!”
“Te l’ho già detto che sembri sempre di più una vecchia comare, vero?”

“E tu invece di crescere sei sempre peggio. Sono stufo di doverti tirare fuori le cose con delle pinze, parla una buona volta! Da piccolo mi riempivi la testa di stronzate e ora tieni per te le cose interessanti? Voglio sapere di te e Natalia, coglione!”

Oz sbuffò e lanciò contro al figlioccio dei salatini, guardandolo sbuffare e alzare gli occhi al cielo mentre Packy, al settimo cielo per il ritorno del padroncino, riempiva la tavola di prelibatezze.

“Se senti la mancanza o il desiderio di qualche melensa storia d:amore, guardati una commedia romantica e non rompermi le palle.”
“Te le rompo comunque, non hai scampo. Andiamo Dom, tanto posso comunque scoprire da solo tutto ciò che voglio, ma preferirei che fossi tu a dirmelo.”

Oz sorrise dolcemente al ragazzo, che si chiese con un borbottio perché il suo padrino non fosse una persona normale prima di parlare a voce alta, annuendo con un debole sospiro:

“Ok. Lei si è… dichiarata.”
“Davvero? Quando?”
“Verso la metà di Febbraio.”
“E TU ME LO DICI DOPO DUE MESI? Sei proprio un minchio-“
“Non te l’ho detto perché io l’ho respinta, genio, fammi finire!”
“Ripeto: sei proprio un mi chiome. Ti ha preso a calci in culo almeno?”

“No, ma non ci siamo rivolti la parola per più di un mese. Volevo scriverti, ma non sapevo cosa dire e sapevo che tu mi avresti detto di “buttarmi”… non ero pronto, così ho taciuto. È stata molto dura.”
Michael abbassò lo sguardo, ripensando con una stretta allo stomaco al mese passato senza avere Natalia accanto. Era così abituato alla sua presenza che vederla ogni giorno da lontano senza poter parlarle o toccarla si era rivelato ancora più doloroso del previsto.

Cogliendo il turbamento del ragazzo l’espressione di Oz si addolcì, e l’uomo annuì prima di parlare con voce più pacata, abbandonando il tono canzonatorio o irritato:

“Lo immagino. Alla fine vi siete chiariti?”
“Sì, Elvira ci ha chiusi nella stessa stanza e le ho spiegato che se l’ho respinta è stato solo perché fatico ad accettare che lei voglia stare con me e tutto ciò che questo implicherà per lei.”
“Beh, Natalia non è una stupida, sono sicura che ha preso la sua decisione in modo consapevole. Le hai detto della tua gamba?”

“Sì. Non potevo non farlo a quel punto, no? Pensavo – e forse speravo – che a quel punto mi avrebbe lasciato perdere, ma così non è stato.”
“Beh, è la prova che anche lei tiene molto a tem dovresti essere felice. Quindi adesso state insieme?”

“Sì, beh, lei in teoria è fidanzata. È tornata a casa per parlare con la sua famiglia, spero vada tutto bene… non penso che mi potrebbero mai accettare. Sono disabile, sulla carta persino un Nato Babbano…”
“I tuoi genitori sono maghi e anche persone molto importanti Michael, non sei un Nato Babbano. Certo sei cresciuto come tale, ma non potranno sollevare obiezioni sulla “purezza” del tuo sangue.”


“È quello che spero.”
“Natalia non dirà nulla sulla tua gamba?”
“Ha giurato di non farlo fino a dopo il Diploma, se suo padre lo rivelasse al Preside potrebbero espellermi e lo sai bene, per questo non l’abbiamo mai detto ad anima viva. Hai finito l’interrogatorio, agente?”

“Ho solo un’ultima domanda Dom. Sei felice?”
“… Sì. Terribilmente.”


*


Lunedì 16 Aprile – Pasquetta 


“Non posso credere che siamo bloccati qui durante le vacanze, mi sarebbe piaciuto tornare a casa…”
John sbuffò debolmente mentre, seduto sul divano, teneva un braccio intorno alle spalle di Julie, che annuì con un sospiro affranto:

“Lo so. Conrad mi manca da morire…”
“Anche a me manca Edith.”

“E a me Cami, ma se qualcuno dovesse dirglielo farà una brutta fine, vi avviso.”
“Il grande Sean deve tenere in piedi la sua copertura da duro, non può certo ammettere che gli manca la sua sorellina…”

Silvy ridacchiò e si chinò per dare un pizzicotto sulla guancia dell’amico, seduto su una poltrona, prima di prendere posto sul bracciolo e abbracciarlo, ignorando i suoi borbottii cupi. 

“È normale, anche a me manca la una caotica e numerosa famiglia, gli starnazzi delle mie sorellone, il povero Richard che cerca di non dare di matto da bravo fratello maggiore e il mio adorato Karlos. Anche se penso che lui sia felice della nostra assenza, ne avrà approfittato per passare più tempo con Camille senza averci tra i piedi.”


Silvy sfoggiò un sorrisetto divertito, che John ricambiò mentre Sean, invece, s’irrigidì di colpo, voltandosi di scatto verso l’amica e allontanandosi leggermente dalla sua stretta:

“Come scusa?! Che intendi?”
“Oh. Tu non… Karlos non ti ha mai… Scusa, tu e Karlos siete amici, non ti ha mai detto di avere una cotta per Camille?”
“Ho la faccia di uno che sa di cosa parli?! Perché io non ne sapevo nulla!”


“Forse non avrei dovuto dirlo…” Silvy si morse il labbro, gettando un’occhiata infera in direzione di John e Julie, che scosse il capo con un debole sorriso:

“Ho idea di no.”
“Dai Sean, non farne una tragedia, conosci Karlos, siete amici da una vita!”
“Chiudo il becco Carrington, mi piacerebbe vedere te al mio posto!”

Sean rivolse un’occhiata truce all’amico prima di tornare a rivolgersi a Silvy per chiederle di spiegarle quella storia per filo e per segno, lasciando il Corvonero ad aggrottare la fronte con fare pensieroso: effettivamente, forse l’amico non aveva tutti i torti.


*


Ivan era tornato a casa per le feste, con somma sorpresa di tutti i suoi amici: che lui è il padre non andassero d’amore e d’accordo era cosa nota, dopotutto.
A Natale il ragazzo era stato costretto a tornare in Danimarca, ma per Pasqua il padre glielo aveva semplicemente chiesto e Ivan aveva deciso di accettare di fronte all’implicita richiesta dell’uomo di poter passare, una volta tanto, un po’ di tempo insieme.

Scene non era mai stato il più amorevole dei padri, ma il loro rapporto si era incrinato del tutor solo da qualche anno, quando avevano persino smesso di scambiarsi delle lettere a cadenza mensile. Era raro che Ivan scrivesse all’uomo, in genere solo per rispondere a delle lettere inviategli dallo stesso padre.

Per la prima volta dopo due anni, a Pasqua, padre e figlio andarono insieme in cimitero, a trovare la tomba della defunta madre di Ivan. 
Irene si era tolta la vita gettandosi da una scogliera quando il figlio aveva cinque anni e lui non la ricordava quasi per niente. Il padre non era mai particolarmente propenso a parlarne, forse perché mancava anche a lui e perché si sentiva responsabile di quella scelta così drastica, ma quel pomeriggio per la prima volta dopo molto tempo gli parlò di lei, di quello che le piaceva fare e cosa no. 

Le somigli molto, così aveva detto. E Ivan aveva sorriso, perché in effetti lui e Sven fisicamente non si somigliavano quasi per nulla.

Ivan era seduto allo scrittoio, impegnato a terminare una lettera indirizzata a Silvy, che gli aveva chiesto di “tenerla aggiornata sulla questione di suo padre”, quando sentì la voce del padre per la prima volta dopo circa mezz’ora di silenzio:

“A chi scrivi? A Novak?”
“No. Ad una mia amica inglese.”

Sven, seduto sul divano con le gambe accavallate, aggrottò leggermente la fronte quasi ricordandosi solo in quel momento dello “scambio” culturale:

“L’avevo quasi dimenticato. Come sono gli studenti di Hogwarts?”
“Niente male, devo dire. In compenso, il loro cibo è pessimo.”
“L’ho sentito dire, sì. E dimmi, sono pignoli e posati come dicono?”

Ivan cercò di non scoppiare apertamente a ridere a quella domanda, pensando alle malefatte di Sean, Graham e John ma anche alla stessa Silvy, che di posato aveva ben poco.

“Se conoscessi i miei genitori penseresti che sono stata adottata” – gli aveva detto una volta scuotendo il capo – “mio padre dice che è il gene latente dei Grayfall che ha saltato lui ma che si è ripalesato parzialmente in me.”

“Non proprio. O almeno non loro, ma non credo sia giusto fare dell’erba un fascio… Silvy è molto… vitale.”
“Beh, comunque sia è positivo fare esperienze di questo tipo e confrontarsi con altre culture, immagino. Vado a farmi fare un caffè, ne vuoi?”
“Sì, grazie.”

Ivan esito, guardando il padre alzarsi e uscire dalla stanza ripiegando il giornale prima di tornare a scrivere, trattenendosi dal sbuffare: di certo suo nonno, che disgraziatamente aveva fatto loro visita in occasione della festività, sarebbe stato felice solo se le “culture” fossero di famiglia benestante, possibilmente Purosangue, e in particolare modo di sesso femminile.

Il modo disgustato con cui lo guardava da quando lo aveva sorpreso a baciare un ragazzo restava indelebile, ma almeno Sven non sembrava esserne rimasto particolarmente toccato. 
E di questo il figlio, per una volta, gli era grato.


*


“Credo che Elvira avrebbe cercato di dire ai suoi fratelli di noi, visto che l’hanno portata a casa.”
“Mi sono perso la scena purtroppo, tu c’eri?”
“Sì, e in effetti sono davvero tre vichinghi come dicono… non mi sorprende che nessuno si sia mai avvicinato ad Elvy in loro presenza. Comunque è stata una scena a dir poco tragicomica.”

Timothy si portò la tazza di tè alle labbra – con tanto di latte, ovviamente – mentre David, davanti a lui, ridacchiava:

“Avrei voluto esserci, davvero. Se la sono portata via di peso?”
“In pratica sì. Poi hanno intercettato Katja e l’hanno pregata di dirgli se per caso ci fosse qualcosa che non andava, ma per mia fortuna ha glissato ed è rimasta sul vago.”
“Quindi devi la tua incolumità fisica a Katja Smirnov.”
“Decisamente. Oh, ciao Graham.”


Sentendo il rumore di passi affrettati Timothy si voto, scorgendo così Graham avvicinarsi a lui e a David di corsa. Il rosso si parò davanti ai due tenendo una lettera in mano, parlando con il fiato corto come se avesse corso parecchio:

“Avete… visto Kat?”
“No, ma stavamo giusto parlando di lei, come mai la cerchi?”
“Immagino che già lo sappia, ma glielo devo dire… suo fratello ha chiesto a mia sorella di sposarlo! Merlino, mia madre sarà andata fuori di testa, all’improvviso sono quasi felice di non essere potuto tornare a casa.”

Graham accennò una smorfia con le labbra e David sorrise, annuendo:

“Sono sicuro che il fratello di Kat glielo abbia chiesto adesso proprio per esentarti dalla pazzia che avrà colpito tua madre e le tue sorelle. Io ne ho ben tre, posso capirti, non oso immaginare cosa succederà quando una di loro si fidanzerà. Tim, goditele finché sono piccole, dammi retta.”


*


Dopo una furiosa litigata con il padre Natalia non era uscita dalla sua stanza per praticamente due giorni, chiedendo a Piotr di portarle lì i pasti. Non aveva mai detestato tanto delle vacanze, non vedeva l’ora di tornare a scuola e riabbracciare Michael. 

Arrivò l’ultima sera e Natalia, seduta sotto le coperte con un libro tra le mani, invitò automaticamente ad entrare chiunque avesse appena bussato, certa che si trattasse di sua sorella.

“Posso?”
Natalia sollevò lo sguardo di scatto quando sentì la voce del padre, rivolgendogli un’occhiata di traverso – stupita di vederlo a casa dopo aver trascorso la maggior parte del tempo al lavoro come al solito – prima di chiedergli che cosa volesse.

“Voglio solo parlare. Vengo in pace, lo giuro.”

Natalia esito, ma alla fine annuì e chiuse il libro mentre il padre entrava nella stanza chiudendosi la porta alle spalle per raggiungerla e sedere sul materasso, di fronte a lei:

“Lia, mi dispiace per quello che ci siamo detti l’altro giorno. Non intendevo dire quelle cose.”
Natalia non rispose, ripensando a quando il padre le aveva detto che se non voleva ascoltarlo e sposare Sebastian avrebbe dovuto anche lasciare quella casa. Lei, per tutta risposta, lo aveva informato del fatto che non sarebbe stato un problema e che avrebbe potuto togliere il disturbo già a partire dal Diploma, evitando di tornare a Praga.

“Sei mia figlia, non voglio perderti. Ammetto che accettare che le cose non vadano secondo i piani non è facile, specie per me, sai come sono fatto, ma se sei davvero sicura di non volerlo...”
“Sono più che sicura, da settimane, non è un capriccio, non sono una bambina. Ma non abbastanza grande per sposarmi, questo no. Io non me la sento, papà.”

Natalia scosse il capo, guardandosi le ginocchia con insistenza, e il Ministro annuì con un sospiro prima di parlare, scrutandola con attenzione:

“Bene. Allora, dimmi… lui come si chiama? Monika non ha detto una parola, ma tua madre è convinta che ci sia un ragazzo. È quello da cui sei andata a Capodanno?”
“… Sì, Michael. Non so se a voi andrà bene, papà, ma per me è molto importante. E penso davvero quello che ti ho detto, se non doveste accettarlo agirò di conseguenza, non permetterò più a nessuno di pianificare la mia vita, in nessun modo. Spero che accetterete il fatto che io lo ami, altrimenti per il mondo tu e mamma avrete solo una figlia.”







………………………………………………………………………………….
Angolo Autrice: 

Buonasera! 
Chiedo scusa per il ritardo, ma alcune risposte ci hanno un po’ ad arrivare… inoltre, avrei voluto aggiornare ad un orario decente ma stasera c’erano I Medici, chiedo venia ma a certe cose non riesco a dire di no.
Bene, sono due notti che dormo meno di 5 ore e sto per crollare sulla tastiera, motivo per cui il capitolo non sarà un granché, perciò a questo punto vi lascio per abbandonarmi a Morfeo.
Buonanotte e a presto, ci sentiamo nel weekend con il seguito!
Signorina Granger 

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Caoitolo 19 ***


Capitolo 19
 
Venerdì 20 Aprile


Inghilterra 


“Sono così contenta!”
“Anche io!”
“Sembriamo due vecchie comari?”
“Ma no, che dici…”
“Forse un po’… Beh, al diavolo, è una notizia bellissima dopotutto!”

Charlotte sorrise allegra e Adela, seduta di fronte a lei, annuì, imitandola:

“Assolutamente. Sean invece? Nessuna ragazza?”
“Quello è un caso perso, hai presente mio marito ai tempi della scuola? Ecco, qualcosa di simile, è un bel ragazzo e anche molto sveglio ma non riesce a trovarsi una ragazza, penso che non gli sia mai piaciuta nessuna.”
“Magari troverà la sua Charlotte, chissà.”
“Merlino no, sono la prima a dire che di Charlotte ne basta e avanza una! In ogni caso, i nostri piccolini innamorati sono così dolci, non trovi?” 
“Adorabili! Ma dimmi, tu avevi intuito qualcosa? Io no!”
“Neanche io, stiamo perdendo colpi… forse a Camille Karlos piace da poco, altrimenti l’avrei capito.”

“Pare invece che a Karlos piaccia da parecchio. Povero caro, durante le vacanze le sue sorelle non hanno fatto che strapazzarlo, meno male che non c’era Silvy! Non sanno se essere intenerite o tristi perché il loro “piccolino” è cresciuto. E se non si trattasse di tua figlia lo sarei anche io, credo.”

“Stiamo invecchiando? Merlino, Richard ha 27 anni…”
“Non ricordarmelo CeCe, ti prego. Sto comprando quintali di pozione anti-rughe…”
“Io non mi interesso a quella roba, ma Mr Cavendish cura pelle e capelli più di me e te messe insieme, quindi se hai bisogno di consigli chiedi pure a lui, Adela.”

“Lo terrò a mente.”


*

 
Essendo molto più vicina, come sempre Elvira era arrivata a scuola prima di tutti i suoi amici, e dopo aver sistemato – lasciato nel bel mezzo della stanza – le sue cose era tornata nell’ingresso mettendosi pazientemente in attesa insieme a Saor, che come suo solito si era accucciato accanto a lei, facendosi accarezzare con piacere. Aveva incrociato Rose e Julie e aveva chiesto loro di Tim, e le ragazze le avevano assicurato che sarebbero andate a dirgli che era arrivata. 
Non vedeva l’ora di vedere le sue amiche, aveva parecchie cose da raccontare, ma era anche curiosa di ascoltare Natalia e di sentire come fosse andata con la sua famiglia. Senza contare che moriva dalla voglia di abbracciare Timothy. 

“Elvy!”
Lo stesso Timothy che all’improvviso la chiamò dalle scale, sorridendo mentre le scendeva di corsa per raggiungerla. Elvira, illuminandosi al sentirsi chiamare da quella voce familiare, si alzò in piedi all’istante e percorse i pochi passi che ancora la dividevano dal ragazzo prima che egli l’abbracciasse.

“Ciao… non vedevo l’ora di vederti.”
“Anche io. Come stai? È andato tutto bene?” Timothy si allontanò leggermente dal suo viso per poterla guardare, sfiorandole una guancia mentre la bionda annuiva e si alzava in punta di piedi per dargli un bacio a stampo sulle labbra.

“Sì, a casa stanno tutti bene.”
“Glielo hai… hai parlato con i tuoi fratelli?” 

La voce del ragazzo tradì una vibrante nota di leggera apprensione che fece distendere le labbra di Elvira in un debole sorriso, annuendo mentre gli sfiorava i lisci capelli castani chiari:
 
“Sì, l’ho fatto. Ci ho messo qualche giorno, ma alla fine ho affrontato il discorso e l’ho detto a loro e al nonno.”
“E come l’hanno presa? Li troverò dietro la porta con una scure, pronti a decapitarmi?”
“No, ho assicurato loro che sei più bravo ragazzo che la scuola abbia mai visto e che mi adori. Mi vogliono bene e vogliono che io sia felice, devono solo abituarsi all’idea, immagino… Comunque, erano molto curiosi e gli ho parlato un po’ di te, saranno impazienti di conoscerti.”
“Gli hai detto che non sono Purosangue? Spero che non sia un problema…”

“Certo che l’ho fatto, ma ai miei fratelloni quelle cose non interessano più di tanto, e mio nonno vuole solo che il suo pulcino sia felice, cito testualmente. Non vedo l’ora di portarti a casa!”
“Anche io, credimi. Mia madre freme all’idea di conoscerti, e anche le mie sorelline, mi chiedono di te in continuazione.”

“Beh, la nota positiva è che da qui alla fine dell’anno scolastico avranno tutto il tempo per metabolizzare per bene la cosa e accettarla al 100%, quindi per la fine di Giugno sono sicura che i miei fratelli orsi ti vorranno conoscere con i migliori buoni propositi. Anche se non prometto nulla sull’interrogatorio… nella tua famiglia non ci sono criminali, vero?”


*
 

Michael era appena entrato nella sua Camerata trascinandosi il bagaglio appresso quando venne travolto dall’abbraccio di Natalia, trovandosi le mani della ragazza sul suo viso e le labbra premute sulle proprie quasi senza rendersene conto.

Katja, alle loro spalle e seduta sul divano, ridacchiò divertita mentre la rossa si allontanava dal ragazzo, indirizzandogli un sorriso:

“Ciao Mich… mi sei mancato.”
“L’avevo intuito. Anche tu, Orsetta.”  Michael sorrise l’altra ragazza, sinceramente Flickr d8 vederla mentre Katja parlava alzando gli occhi al cielo:
“Stavo per venirti a prendere per i capelli Dom, Lia non ha fatto altro che lagnarsi perché non tornavi da quando è arrivata, non ne potevo più!”

“Kat, vai a fare gli occhi dolci a Novak invece di lamentarti, io e Mich doppiamo parlare di una cosa importante.”
“Va bene piccioncini, mi defilo…” La rumena si alzò sollevando le braccia in segno di resa, superando i due assetando un colpetto affettuoso sulla spalla di Dom quando gli passò accanto, sorridendo quando il ragazzo le ricordò che chiunque avesse toccato i suoi capelli si sarebbe firmato una condanna di morte.
 
“Lo terrò a mente!”
“Vale anche per me?”

Natalia sfoggiò la sua espressione più adorabile mentre sfiorava i suddetti capelli color biondo fragola del ragazzo, che sorrise scuotendo debolmente il capo, sollevandole una mano per baciarne il dorso.

“Ovviamente no.”
“Bene. Allora, l’hai detto ad Oz?”
“Sì, è come avevo previsto mi ha insultata per non averlo informato prima, è molto felice per noi e ti saluta. Ti fa anche le condoglianze per aver deciso di legarti ad un “rompipalle cronico” come il sottoscritto.”
“Ringrazialo e ricambia, ma digli anche che il rompipalle cronico mi va benissimo.”

Natalia abbozzò un sorriso ma Michael non la imitò, esitando prima di parlare a mezza voce e senza guardarla in faccia, soffermandosi invece con lo sguardo sulle proprie scarpe:

“E tu? Hai parlato con i tuoi genitori?”
“Sì.”

Da una parte Michael se l’aspettava, dall’altra si chiedeva se alla fine la ragazza non avesse deciso di lasciar perdere. La sua risposta gli provocò quindi un tuffo al cuore, alzando di scatto lo sguardo sulla rossa e deglutendo a fatica, iniziando quasi a sudare freddo:
 
“E cosa…”
“Ci sediamo?”
Natalia lo condusse gentilmente verso il divano e prese posto accanto a lui, stringendogli delicatamente le mani. Esitò prima di parlare, ma alla fine si decise con un debole sospiro:

“Non volevo aspettare, così ho detto come stavano le cose fin da subito, che non avevo intenzione di sposare Sebastian. Ho discusso con mio padre e non ci siamo parlati per qualche giorno, ma ho parlato con mia sorella, le ho spiegato come stanno le cose, le ho detto di te… mia madre non ha toccato l’argomento, credo che sia molto amareggiata e delusa, ma alla fine mio padre ha messo l’orgoglio da parte ed è venuto alla mia porta. Mi ha chiesto se ci fosse un ragazzo e gli ho detto di sì.”

“Gli hai detto di me? E lui che ha…”
“Non gli ho detto granché, ovviamente… ho accennato qualcosa in più a mia sorella, ma niente di che. Ho detto a mio padre che sei il nipote di Oz, che sei orfano, nulla di più.”

“Lia, sulla carta io sono un Nato Babbano, non mi accetteranno mai.”
“Lo faranno, se non vogliono ritrovarsi con una figlia sola. Ok? Non ti devi preoccupare. Ho minacciato mio padre di andarmene di casa e di non tornare più da dopo il Diploma, e penso che l’idea dello scandalo che scaturirebbe il fatto che la figlia minore di un Ministro della Magia scappi di casa per fuggire dal fidanzato e vivere insieme senza essere sposati abbia persuaso anche mia madre. Ha promesso che avrebbe parlato con il padre di Sebastian. Francamente, non penso che per lui sarà un grosso problema…”
“Suo padre invece?” 
“Suo padre lavora per il mio, se tiene al suo posto di rilievo non farà storie. La dote non era ancora stata pagata, e non avevo ancora firmato il contratto pre-matrimoniale, quindi non è niente di irrisolvibile. Va tutto bene Mich.”

Natalia sorrise, ben più rilassata del ragazzo, e si sporse verso di lui per baciarlo nuovamente.
Michael sospirò di sollievo e la strinse a sè, felice di sentire che la loro relazione non aveva scatenato alcuna catastrofe.
Certo quella era solo una parte del problema, Michael teneva terribilmente il momento in cui Lia avrebbe rivelato ai genitori tutto ciò che l’incidente – attentato, per meglio dire – gli aveva procurato da bambino. Lei poteva anche accettarlo e non farne un dramma, ma lei lo conosceva da sette anni e provava un profondo affetto per lui: lo stesso non si poteva dire dei suoi genitori, che non lo conoscevano.

E non li poteva nemmeno compatire, suo padre era il Ministro della Magia della Cecoslovacchia… che figura ci avrebbe fatto, con un genero come lui?
Non era la prima volta che pensieri simili lo tormentavano, non faceva altro che pensarci da settimane, e Natalia parve intuirlo perché si staccò dalle sue labbra con un sospiro grave, guardandolo scuotendo debolmente il capo:

“Mich, dico davvero, rilassati. L’importante per ora è che il fidanzamento venga sciolto, al resto penseremo dopo, ok? Che cosa devo fare per convincerti a non pensarci?”
“Scusami.” 
“Non ti devi scusare, ma te l’ho detto, prima o poi smetterai di pensare certe cose. È una promessa.”


*


Katja, non sapendo se Novak e Nerissa fossero effettivamente tornati a scuola o meno, stava gironzolando nei pressi della Camerata delle Aquile quando s’imbatté in Ivan, rivolgendo un largo sorriso al ragazzo:

“Ciao! Vedo che sei tornato indenne dalle vacanze, mi fa piacere.”
“Sono sopravvissuto, e non è andata poi così male, penso siano state le vacanze migliori degli ultimi anni dal punto di vista relazionale con mio padre. Novak è tornato, comunque, puoi andarlo a salutare. Sono sicuro che gli farebbe molto piacere.”

Ivan sfoggiò un debole sorrisetto che non sfuggi certo all’occhio attento di Katja, ma la ragazza decise di ignorarlo e non battè ciglio: oramai era perfettamente abituata alle frecciatine tra lui, Natalia, Michael ed Elvira, dopotutto.

“Va bene, così vedo se trovo anche Elvira.”
“Ho sentito Nerissa lamentarsi perché ha lasciato le due cose ovunque, quindi è tornata… ancora non l’ho vista però, sarà da qualche parte mano nella mano con Timothy. Io vado a fare merenda!”
“E a salutare Silvy.” 
“Beh, anche, starà facendo merenda di sicuro dopotutto. Sostiene che il thè delle cinque sia qualcosa di imperdibile, valli a capire…”
“Ne ho una come madre Ivan, li capisco eccome. Su, vai, ci vediamo a cena.”

Katja rivolse un cenno all’amico, che le sorrise prima di defilarsi. Alla ragazza non restò quindi che entrare nella Camerata delle aquile per cercare Novak, imbattendosi nella sorella gemella poco dopo.
Sorella gemella che la saluto molto calorosamente e che quasi la spinse nella camera del fratello, ignorando le sue proteste e i suoi balbettii.


Cos’era, una congiura forse?


*


Silvy stava esaminando con scrupolosa attenzione della marmellata – che in effetti somigliava pericolosamente a della gelatina colorata – quando Ivan la raggiunse, sorridendo mentre sedeva accanto a lei.
 
“Ciao Silvy! Ho appena incrociato Katja e l’ho spedita da Novak, contenta? Devi essere fiera di me.”
“Fierissima Ivan, alla fine dell’anno ti sarà data una medaglia al valore, anzi, dovrebbero darcela sul serio, non pensi?”
“Assolutamente. Comunque, non mangiare quella roba.”

“No. Non penso che lo farò. Allora, come stai?”
Silvy spinse di lato la marmellata e sorrise al ragazzo, intrecciando le mani e poggiandole sul tavolo mentre Ivan si stringeva nelle spalle:

“Non c’è male, è andata meglio di quanto pensassi con mio padre, siamo anche andati insieme da mia madre. Mio nonno per poco non rovinava tutto mettendosi in mezzo come suo solito, ma me la sono cavata.”
“Io adoro i miei nonni, dev’essere terribile averne uno così, non potrei mai immaginarlo.”

“Ci si accontenta di quello che si ha, non ci si può scegliere la propria famiglia, no?”
“Oh, mio padre lo diceva sempre, ma infondo ama molto la sua. Solo, è sempre stato… diciamo la pecora nera, ma in senso buono.”
!come mai?”
“Famiglia di pazzi scalmanati, lui invece è molto posto. E anche mia madre, direi.”
“E tu da dive arrivi?”
“Dall’influenza di mia zia Charlotte, la madre di Sean. Così dice mia madre, almeno. In ogni caso, propongo di brindare alla nostra quasi vittoria su Katja e Novak!”
 
“Ma io non ho niente con cui brindare…” Ivan aggrottò la fronte, confuso, ma la ragazza provvide in un istante, rifilandogli una tazza tra le mani con fare sbrigativo:

“Ecco qui, bevi.”
“Con il latte, ma che schifo!”
“Finiscila di lamentarti signorino, altrimenti mangerei il pasticcio di rognone!”
“Che sarebbe…?”
“Oh, credimi, non vuoi saperlo.”


*


Quando sentì la porta aprirsi Novak sbuffò sonoramente, in piedi dandoci le spalle.
Consigliò caldamente alla sorella di lasciarlo in pace e di smetterla di assillarlo mentre si voltava, irrigidendosi quando si trovò davanti una Katja visibilmente imbarazzata.

“Oh. Ciao Katja, scusa, pensavo che fossi mia sorella.”
“In realtà è lei che mi ha… Trascinata fin qui, non volevo disturbarti. Cioè, ero venuta per salutarti, ma non… forse dovrei andare.”
 
“Non fa niente, siediti. È da un po’ che non parliamo, no?”
Novak abbozzò un sorriso e fece cenno alla ragazza di avvicinarsi, guardandola esitare sull’uscio prima di annuire e raggiungerlo, sedendo – visibilmente a disagio – accanto a lui tenendo gli occhi chiari fissi sulle proprie mani. 

Anche Novak esitò, ma al contrario della ragazza la osservò, pensando a quanto lui è Nerissa avessero parlato proprio di lei durante le vacanze.
La cugina gli aveva caldamente suggerito – per dirla gentilmente – di farsi finalmente avanti, certa che la ragazza lo ricambiasse. Al rifiuto del cugino aveva minacciato di infliggergli la Maledizione Imperius, chiedendogli perché si ostinasse a non voler fare niente.

Aveva dovuto fare non poco pressione sul ragazzo, ma alla fine era riuscita ad estorcergli la verità: Novak temeva che Katja scoprisse la verità sulla sua famiglia e che non lo accettasse, o che la sua stessa famiglia non lo facesse. Nerissa gli aveva ricordato che non era obbligato a dirle la verità, ma il ragazzo non aveva intenzione di mentirle, o di dirle la verità e chiederle di non essere sincera con la sua famiglia, di mentire loro per chissà quanto tempo.

Le soluzioni, quindi, erano due: tacere e stare a testa bassa o dire la verità e farsi avanti. 
E forse Novak aveva finalmente preso posizione nella questione.



“Katja, ci sono delle cose che vorrei dirti, su di me, sulla mia famiglia. È molto importante e non l’ho mai detto a nessuno, nemmeno ad Ivan, perciò ti prego di ascoltarmi.”
“D’accordo. È successo qualcosa di grave?” Katja solevo lo sguardo per rivolgersi al ragazzo, scrutandolo con la fronte aggrottata e una nuova nota incerta negli occhi chiari che lo portò a scuotere il capo:
“No, non è successo niente… riguarda me.” 


Non l’aveva mai detto ad alta voce prima d’ora, l’unica con cui ne aveva mai parlato era Nerissa.
Ma c’era sempre una prima volta per tutto, no?


*


“Quindi tu e Nerissa in realtà siete…”
“Sì cugini, mia madre ha scelto di affidarmi a suo fratello: l’hanno costretta ad abbandonarmi e a dimenticare mio padre, non ho idea di chi sia, credo un Mezzosangue che ha conosciuto a scuola, ma ha preteso che suo fratello mi tenere, così avrebbe potuto vedermi crescere.”
“E tu come l’hai scoperto? Te lo hanno detto?”
“No. Avevano pianificato di dirmelo al compimento maggiore età, ma io l’ho scoperto ben prima Nerissa ha trovato una vecchia lettera e ha capito tutto, è sempre stata una ragazzina fin troppo sveglia... Venne da me, mi abbracciò, e mi disse che ero comunque il miglior fratello che avrebbe mai potuto desiderare.”

“Dev’essere stata dura, restare in quella casa con questa consapevolezza… mi dispiace, Novak.”
“Non dispiacerti, poteva andarmi molto peggio, ho avuto tutti gli agi e le comodità possibili, dopotutto. E una famiglia, anche se i miei zii non mi amano poi così tanto.”

Novak si strinse nelle spalle e Katja, dopo un attimo di esitazione, parlò con tono incerto ma con tanto più tatto possibile:
 
“Novak, mi fa piacere che tu me l’abbia detto, davvero, specie se non l’hai mai fatto. Ma perché? Perché io e perché adesso, perché non Ivan?”
“Ivan lo saprà, ma oggi volevo parlarne con te.”
“Perché?”

“Perché sentivo di doverlo fare, prima di fare questo.”

Prima di darle il tempo di muoversi o di chiedergli spiegazioni Novak si mosse, avvicinandosi a lei per baciarla. Appoggiò le labbra sulle sue e con suo sommo sollievo la ragazza non si tirò indietro, staccandosi brevemente poco dopo prima di baciarla di nuovo, prendendole delicatamente la testa tra le mani mentre Katja faceva altrettanto, sistemandogli una mano sulla nuca e una sulla spalla.

Non si era ritratta, nemmeno dopo aver scoperto la verità.
Forse ancora una volta doveva dar ragione a Nerissa… ma per una volta, ne era felice.








…………………………………………………………………………….
Angolo Autrice: 

Buonasera! 
Ebbene sì, non sono stata rapita dai Servizi Segreti, e neanche migrata in Burkina Faso… semplicemente sono settimane molto piene e stancanti, motivo per cui il capitolo è molto corto, scusate ma sto sbadigliando da mezz’ora e muoio dalla voglia di dormire. Sì, in questi giorni ho l’età psicofisica di una nonnina, ma dopo più di una settimana anche io ho un limite di sopportazione sulle poche ore di sonno.
Domandina per voi: nel prossimo capitolo ci sarà l’ultima partita tra due squadre di Durmstrang, Orsi contro Draghi, chi vince si sfiderà con gli inglesi, chi volete che vinca?

Buonanotte! 
Signorina Granger 


Ps. Ah, quasi scordavo... L’ho trovata in rete e non potevo non inserirla, sono proprio Ivan ed Elvy XD 

Image and video hosting by TinyPic


Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Capitolo 20 ***


Capitolo 20 

 
Domenica 29 Aprile 



“C’è la possibilità che io riesca a convincerti a perdere di proposito?”
“Assolutamente no. E comunque non sarebbe una vera vittoria, non pensi?”

Natalia inarcò un sopracciglio mentre teneva gli occhi fissi su Michael, seduta sulle ginocchia del ragazzo nella Sala del Ristoro mentre facevano colazione. Michael che sorrise, scostandole i capelli dietro le spalle prima di parlare:

“Nemmeno una possibilità remota?”
“Direi di no. Ho fatto molta fatica per arrivare a questo punto e nemmeno tu mi farai desistere, mio caro.”
“Beh, alla partita di Marzo i Draghi hanno steso le Stelle, faremo lo stesso anche se tu ti impegnerai.”
“Stai dicendo che non sono una brava Cercatrice? Attento a come parli, signorino.”

Natalia gli assestò un lieve colpetto sulla spalla e sfoggiò un’espressione contrariata che lo fece sorridere, tornando ad accarezzarle i capelli mentre la guardava con aria divertita:

“Mai pensato. Ma sei sicura che non possa corromperti in nessun caso?”
“Sicura.”
“Sciocchezze, sono sicuro che se mi mettessi una divisa da cheerleader sarei così irresistibile che durante la partita non riusciresti a concentrarti.”
“Che cos’è una divisa da… cheer… quella roba lì?”
“Una cosa simile, guarda.”

Michael fece comparire carta e penna e iniziò a disegnare sotto gli occhi curiosi di Natalia, che quando capì di che cosa si trattasse quasi cadde dalle ginocchia del fidanzato per le troppe risate.

“Ora l’immagine di te con pompon, gonnellino e top abbinato mi perseguiterà per tutto il giorno, adesso è sicuro che non riuscirò a concentrarmi!”
“Sei solo invidiosa perché a me il viola sta bene e a te meno!”
“E chi lo ha detto?!”
“Io!”

Natalia scoppiò di nuovo a ridere e Michael, serio in volto, per vendicarsi dell’affronto dovuto all’attacco di ilarità della ragazza, borbottò che ora avrebbe avuto un motivo reale per cui ridere tanto prima di iniziare a farle il solletico sui fianchi, facendola sussultare:

“Michael, no, così cado! Smettila!”
Natalia, ridendo, lo strinse con un braccio cingendogli il collo e appoggiando la testa sulla sua spalla, all’altezza di quella del ragazzo che sorrise a sua volta.

“Seriamente, l’altra volta in cui hai giocato avevamo messo in palio un bacio, stavolta scelgo io. Vediamo… se perdi, dovrai mettere una di queste e andare in giro così.”
“Ma morirò di freddo! Sei matto?!”
“Chi bella vuole apparire un po’ deve soffrire.”
“Va bene, se vinco?”
“Te la metterai lo stesso.”
“Molto equo.”
“Già. Ora muoviti mia cara, arrivare tardi non è un buon inizio, ti pare?”

Natalia sbuffò di fronte al suo sorriso, scivolando dalle sue gambe mormorando che era lui a farle fare tardi prima di dargli un bacio.

“Ma dove la troverò una… cosa simile?”
“Ci penso io tesoro, che domande.”
“Va bene, ma se vinco io dovrai metterla anche tu.”
“Affare fatto.”


*


“Sono felice che tu venga, so che ne faresti volentieri a meno.”

Katja sorrise a Novak, gli occhi chiari luccicanti, e il ragazzo ricambiò gentilmente mentre le sistemava il bavero della divisa viola. 

“Beh, è una partita importante, è il minimo.”
“Grazie comunque.” Katja lo abbracciò e Novak sorrise, accarezzandole la schiena prima di darle un rapido bacio a stampo:

“Di niente. Ora penso che dovresti andare, buona fortuna.”
Katja gli sorrise allegra, annuendo e baciandolo a sua volta prima di girare sui tacchi e correre verso i compagni di squadra. 
Novak la stava ancora guardando quando si sentì prendere sottobraccio da qualcuno, udendo la voce divertita di Nerissa un attimo dopo:

“Il mio fratellone innamorato, che bello spettacolo!”
“Prima o poi ti piacerà davvero qualcuno Nerissa, e all’ora dovrai tenere a freno la lingua.”

“Forse mio caro, ma per all’ora mi divertirò a prenderti in giro con tanto amore.”

Nerissa sorrise e lo condusse verso l’uscita del salone d’ingresso, insolitamente illuminato un po’ più rispetto alla norma grazie alla luce naturale che, per una volta, aveva deciso di fare visita a Durmstrang di prima mattina. Novak alzò gli occhi al cielo ma non osò dire niente, certo che, conoscendola, a nulla sarebbero valse le sue parole.


*


“John, sono piena di cose da fare…”
“Oh, andiamo, anche Tim viene perché glielo ha chiesto Elvira, tu non vuoi farmi questo favore?”

John sfoggiò la sua espressione da cucciolo bastonato più convincente mentre stringeva le mani di Julie tra le due, guardando la ragazza scuotere il capo mentre evitava di guardarlo in faccia, gli occhi azzurri fissi sul pavimento:

“No, è solo che…”
“Così passiamo un po’ di tempo insieme. Non ti va?”

John sollevò una mano per sistemarle una ciocca di capelli scuri dietro l’orecchio, guardandola sospirare prima di annuire, arresa:

“Certo che mi va… va bene John, ma solo per te. Sei troppo bravo a convincermi, sai?”
“Grazie Juls, consideralo un cambio di favore dopo tutto l’aiuto che ti do in Storia.”

John sorrise e le mise un braccio intorno alle spalle prima di darle un bacio sulla testa, incamminandosi insieme a lei verso l’uscita mentre la Corvonero gli rivolgeva un’occhiata di traverso:

“Io ti ho già fatto un enorme favore John, ossia giocare l’ultima partita anche se la cosa mi mette terribilmente a disagio… e quando ti chiedo si studiare storia tu passi una mezz’ora buona a farmi le moine, quindi non vale!”
“Sono solo bisognoso di affetto!”
John le fece gli occhi dolci e le diede un secondo bacio, facendola sospirare:

“Disgraziato…”
“Hai detto qualcosa Juls?”
“No, nulla.”


*


Praga


“Oggi dobbiamo andare dai Seversky per parlare dell’annullamento del contratto.”
“Continuò a pensare che non sia una buona idea, per niente. Vladimir, davvero vuoi piegarti ai capricci di una ragazzina? Ha una cotta per un ragazzo, è normale, le passerà!”

“Monika dice che le è sembrata molto convinta… non voglio perdere nostra figlia, Petra, non fa piacere nemmeno a me. Ma è giovane, se ne potrà parlare più avanti, se le cose con questo ragazzo non dovessero andare bene.”

Petra sbuffò, poco convinta, e sollevò le mani in segno di resa prima di alzarsi:

“Bene, come vuoi, sappiamo che alla fine si fa sempre come dici tu… Ma non dovresti mandare tutti i nostri progetti in frantumi solo perché hai paura che tua figlia possa metterti il muso. Ti senti in colpa perché non sei mai stato molto presente e sei troppo malleabile con loro.”
“Forse. Ma il fatto che le permetterò di non sposare Sebastian non implica che le permetterò di sposare chiunque, Petra.”

“Quindi cosa farai?”
“Pare che questo ragazzo si chiami Michael. E vive in Croatia, ricordi Capodanno? Mi farò dare l’elenco degli studenti dell’ultimo anno di Durmstrang, scoprirò come si chiama e farò fare le dovute ricerche. Ora, se vuoi scusarmi cara, devo andare a mandare avanti il Paese.”

Vladislav si alzò e si avvicinò alla moglie per darle un rapido bacio sulla guancia che la donna non ricambiò, restando perfettamente immobile con le braccia strette al petto ed evitando di guardarlo.



*


“Ciao Kat.”
Natalia sorrise all’amica quando l’ebbe raggiunta durante il tragitto verso lo stadio, mettendole un braccio intorno alle spalle:

“Ciao Lia… nervosa?”
“Come sempre, è normale, ma sono anche molto fiduciosa. Tu?”
“Anche io. Non vedo l’ora di scendere in campo.”  Katja sorrise all’amica, assestandole un leggero colpetto sul braccio mentre una voce molto nota ad entrambe le chiamava:

“Ragazze! Sono venuta a dirvi ufficialmente che io oggi sarò neutrale, sarò felice per chiunque di voi vincerà.” Elvira cinse le spalle di entrambe con le braccia, guardando le amiche voltarsi sincronicamente verso di lei:

“Oh, eccoti! Sei riuscita a convincere Tim a venire alla partita?”
“Sì, stavo giusto andando a prendere i posti noi, Ivan, Novak e gli altri… non vi fa strano pensare che per una di voi questa sarà l’ultima partita giocata a scuola?”

“Fin troppo strano… Mi mancheranno la squadra e gli allenamenti.”
“Già, a me manca già. Buona fortuna ragazze, vi voglio bene!” Elvira sorrise e arruffò affettuosamente i capelli di entrambe prima di superarle di corsa – Ivan l’avrebbe uccisa se non avesse preso dei buoni posti dopo averlo promesso a colazione –, lasciando che le amiche la salutassero all’unisono:

“Anche noi!”
“Che faremmo senza di lei?”
“Non saprei, probabilmente ci sarebbe un enorme vuoto nel gruppo. Nessun rancore, comunque, qualunque sia l’esito della partita?”
“Naturalmente, come sempre.”


*


“Sono obbligato a tifare per i Draghi per via di Kat, ma spero davvero che siano loro a vincere: mi piacerebbe poter giocare contro di lei, almeno una volta.”
“Ma sarebbe terribilmente umiliante se perdessimo, dico bene?”

“Questo sì, ma non essere così negativa.”
Rose sorrise di fronte all’espressione di rimprovero di Graham, appoggiando la testa sulla sua spalla mentre lo teneva a braccetto sugli spalti.

“Hai ragione, scusa, ma sono solo obbiettiva. Anche io tifo per Kat, comunque.”
“Anche io! Tu invece?”

Silvy, appoggiata alla ringhiera degli spalti, si rivolse ad Ivan, in piedi accanto a lei mentre Novak si era, come sempre, rifiutato di muoversi dal suo posto e stava ostinatamente seduto alle loro spalle.
“Io imito Elvira e mi schiero tra i neutrali, ho amici in entrambe le squadre. Tu invece Dom? Tifi per Lia?”

Ivan si rivolse all’amico con un debole sorriso, guardando il ragazzo stringersi nelle spalle già immaginando la sua risposta, che non tardò ad arrivare:

“Naturalmente no, ho una Camerata a cui rimanere fedele! Lia se ne farà una ragione.”
“Povera Lia… Potevi restare neutrale come noi!”

Elvira gli diede un colpetto sulla spalla, sfoggiando un’espressione quasi dispiaciuta mentre Ivan, invece, continuava a sorridere:

“Dimmi, avete scommesso qualcosa anche questa volta?”
“Mh-Mh.”
“Cioè?”
“Lo vedrai stasera, forse…”


*


“Perché Natalia Novak indossa una divisa da Cheerleader?!”
“Non so cosa sia, ma mi piace. Juls, non è che te metteresti una anche tu? Come regalo di compleanno per me! AHIA! Perché mi hai colpito adesso?”
John si massaggiò la testa e sfoggiò un’espressione grave mentre Juls se ne andava a passo di marcia, rossa in volto e borbottando che fosse un idiota mentre Silvy ridacchiava:

“Non penso che sia il genere di Julie, John.”
“Uno non può neanche più scherzare… poco male, non riesce mai s tenermi il muso a lungo, come tutti. Vado a suonare un po’, quando le sarà passata andrò a farle gli occhi dolci per farmi perdonare.”


“Povera Julie…”
“E dire che l’abbiamo spinta noi tra le due braccia, dici che abbiamo fatto male?”
Silvy si voltò verso Rose, che sedeva sul divano stretta nell’abbraccio di Graham, e la bionda sorrise divertita prima di scuotere il capo:

“No, si adorano. Anzi, penso proprio che a John una come Juls serva, qualcuno sta finalmente mettendo in riga uno dei nostri Don Giovanni… Sean, il prossimo sei tu.”

“Tenetemi fuori dalle vostre questioni, grazie.  Silvy, invece di programmare la vita sentimentale altrui, pensa un po’ alla tua!”


*


Katja sedeva su un divano a poca distanza dagli inglesi, il muso lungo, e Graham l’aveva consolata fino a poco prima, quando era arrivato Novak. Il ragazzo si era seduto accanto a lei e ora l’abbracciava sfiorandole i capelli con una mano, lasciando che borbottasse insulti contro il mondo intero.

“Sei stata brava comunque, lo siete stati tutti.”
“Lo so, ma è una forte delusione lo stesso, mi consolo pensando che almeno ho perso contro Lia. Ah, ho scritto a mia madre di noi, spero che non sia un problema.”
La ragazza si mosse leggermente per potersi voltare verso il ragazzo, che abbozzò un sorriso e scosse il capo, sfiorandole una guancia con un dito:

“No, certo che no. Spero solo di non doverti mettere nella posizione di dover mentire alla tua famiglia.”
“Novak, non voglio nascondergli una cosa simile per chissà quanto tempo, ma è la tua vita e la tua storia, quindi se glielo dirò lo farò solo quando ti lo vorrai, intesi? E ai miei genitori non importerà, ne sono sicura. Non importa se non sei realmente Purosangue, io sono la più piccola e i miei fratelli avranno matrimoni vantaggiosi, il mio non è così rilevante. E porti comunque il nome degli Andersen.”

Katja gli sorrise e il ragazzo annuì, anche se non del tutto convinto.
Non ne aveva ancora parlato agli zii, dal canto suo, ma era sicuro che avrebbero accolto la notizia con gioia: figlio o no, lui a differenza di Nerissa poteva portare avanti il cognome, e una possibile unione con gli Smirnov li avrebbe di certo rallegrati. 

“Vedrai, gli piacerai molto, mia madre ti adorerà, non è una che si sofferma sulle formalità, Graham, può confermartelo… ed è contro i matrimoni combinati, lei stessa si è rifiutata all’epoca. I miei genitori hanno scelto di sposarsi, nessuno li ha costretti.”
“Vorrei fosse stato così anche nella mia famiglia… I miei zii si rispettano e provano sicuramente un po’ di affetto l’uno per l’altra, ma di certo non si amano. Immagino che non sia un gran buon esempio con cui crescere, tu sei stata fortunata.”

“Sicuramente, ma non devi avere la loro stessa sorte, e nemmeno tua sorella. Ok?”
Katja gli sorrise gentilmente e Novak non poté che annuire, abbozzando un sorriso di rimando prima di sporgersi e darle un bacio:

“Ok.”


*


Katherine Smirnov, nata Burke, aprì la lettera della figlia minore seduta al tavolo della sala da pranzo più piccola che la famiglia utilizzava quando non avevano ospiti, per i pasti di tutti i giorni.
A giudicare dall’insieme di profumi invitanti che venivano dalla cucina gli Elfi stavano preparando la cena, e la strega voleva prendersi qualche minuto di tranquillità per leggere la posta prima che figli e marito la raggiungessero. 

Lesse le prime righe tranquillamente, felice di sentire che la figlia stesse bene, ma giunta a metà della lettera di Katja la strega strabuzzò gli occhi, sentendo il pavimento mancarle sotto i piedi per un istante. Per fortuna era seduta, altrimenti molto probabilmente sarebbe anche scivolata sul pavimento.

“Porco Godric… RAGAZZI! Ho novità! Katja sta con Novak Andersen!”

Katherine scattò in piedi, felice, e quando Alexandra, Ivan ed Isabello comparvero sulla soglia della stanza, incuriositi, corse ad abbracciarli:

‘“Gabrielle sposata, Ivan fidanzato ufficialmente e la mia piccolina innamorata… è proprio un grand’anno per gli Smirnov!”
“Aspetta che papà lo sappia, ho qualche dubbio che sarà del tuo stesso avviso…”


*


“Oh, per l’amor del cielo, eccoti finalmente! Sono due ore che ti cerco con questa roba addosso, sto morendo di freddo! Ecco, contento?”

Natalia si piazzò davanti a Michael – dopo averlo finalmente trovato in Biblioteca – e allargò leggermente le braccia alzando gli occhi al cielo, desiderosa di rimettersi la divisa. E pensare che avrebbe dovuto festeggiare la vittoria con i suoi compagni, non gironzolare vestita in quel modo! 

Michael, da quando si era voltato verso di lei, era rimasto perfettamente immobile con un libro a mezz’aria verso lo scaffale.

La fissò, scrutandola da capo a piedi, senza dire niente. Natalia lo indicò con fare minaccioso, intimandogli di non ridere con un sibilo.
Michael però non lo non fece, si limitò a sfoggiare un sorrisetto mentre lasciava il libro al suo posto e le si avvicinava, asserendo che avrebbe tenuto fede alla sua promessa e che avrebbe indossato qualcosa di simile anche lui, ma che prima aveva altro da fare.

“Ovvero cosa?!”

Michael non le rispose, limitandosi a bloccarla contro lo scaffale e a baciarla, mormorando che aveva cambiato idea e che non voleva che andasse in giro per la scuola conciata in quel modo.

“E me lo dici adesso?! Mi hanno già vista tutti mentre ti cercavo, sai? E perché hai cambiato idea, di grazia?”
Natalia appoggiò la testa contro lo scaffale e lo guardò inarcando un sopracciglio, le mani sulle spalle del ragazzo che mormorò che voleva essere l’unico a godersi quello spettacolo prima di riprendere a baciarla in modo poco casto.


O almeno finché la Bibliotecaria non li vide e li cacciò in malo modo tra le risate a mala pena trattenute dei due, asserendo scandalizzata che quello non era di certo l’atteggiamento da tenere in Biblioteca, o in ambiente scolastico in generale. 


“Ok, stai tremando e hai il mio permesso di cambiarti, ma ti prego, rimettitela per il mio compleanno.”
“Per il tuo compleanno?!”
“Sì, come regalo voglio solo te con questa addosso.”
“Te lo sogni, bello. E ora fila a metterti la tua, così posso farti una foto e mandarla a tuo zio!”


*


“Quindi la scommessa aveva a che fare con quegli strani vestiti Babbani?”
“Sì, immagino sia stata un’idea di Dom. Sono molto carini insieme.”

“Sì, è vero. E adesso che anche Novak e Katja sono sistemati direi che possiamo riporre arco e frecce per un po’.”

Silvy si porto le braccia dietro la testa e Ivan, seduto accanto a lei, annuì distrattamente prima di guardarla:

“Tu non tiri con l’arco?”
“Già, sarei una cupida fantastica anche con arco e frecce vere e proprie… dici che potrei provare?”
“Magari al prossimo San Valentino. E magari con frecce finte.”








………………………………………………………………………………………
Angolo Autrice:

Salve a tutte! 
Nonostante i tentativi di corruzione (mi spiace Phebe, ci hai provato) hanno vinto gli Orsi, ora manca solo la partita contro gli inglesi. 
Piccola comunicazione: temo di aver fatto male i conti quando vi ho detto il numero di capitoli che mancavano alla fine della storia, ora ammontano a 5 e non a 6. 
Ci sentiamo domenica con il seguito!
Signorina Granger 





Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Capitolo 21 ***


*ATTENZIONE: si avvisano i gentili lettori che l’autrice è rimasta irrimediabilmente traumatizzata/schifata dalla visione del secondo film di Animali Fantastici, avvenuta ieri sera, la sua sanità mentale è andata a farsi friggere e il capitolo sarà bello quanto il film. Se l’avete visto, sapete cosa vi aspetta*


Capitolo 21

 
Venerdì 4 Maggio 


“Sei felice che la gita sia caduta proprio oggi?”
“Certo che sì, è una vera fortuna! E poi adesso non fa più tanto freddo, potremo goderci la giornata ancor più dell’altra volta.”

Julie sorrise vivacemente mentre, tenendo John sottobraccio, procedeva accanto al ragazzo verso la stazione, seguendo il fiume di studenti che si stava dirigendo alla stazione di Myrdal in un brusio di chiacchiere.
Il Corvonero annuì e, abbassato di nuovo lo sguardo su di lei, aggrottò leggermente la fronte prima di parlare con un tono che trasudava una vena di preoccupazione:

“Ti va bene passare parte della giornata con me, vero? La mia era solo un’idea, ma se preferisci stare con gli altri non è un problema. È il tuo compleanno, devi decidere tu.”
“Non dire assurdità, sono ben felice di stare con te! Con gli altri e le ragazze passo tempo in abbondanza, e stasera quando torneremo a scuola staremo tutti insieme. Non preoccuparti John.”

Julie sorrise calorosamente al ragazzo, accostando il viso al suo per dargli un bacio su una guancia mentre John annuiva, rincuorato dalle sue parole, e sorrideva: 

“D’accordo, allora che cosa vuoi fare? Faremo tutto quello che vuoi, Juls.”
“Davvero?”
“Davvero. Oggi è il tuo giorno, no?”

John le sorrise e Julie ricambiò, annuendo mentre arrossiva leggermente e gli occhi chiari le si facevano luccicanti per la gioia. Lo ringraziò con un mormorio, intensificando la presa sul suo braccio prima di appoggiare la testa sulla sua spalla, stringendosi al ragazzo. 

Di rado come in quel momento si era sentita tanto fortunata. 
E che cosa avesse fatto per meritarsi tanta fortuna, proprio non lo sapeva… ma già che c’era, voleva godersela e basta.


*


“A cosa stai pensando? Come sei artistico mentre guardi fuori dal finestrino di un treno in corsa…”
“Pensavo all’ultima volta in cui abbiamo fatto questa strada, in effetti. Con l’inverno alle porte e una ragazza che sferruzzava come se ne andasse della sua stessa vita… ti ho anche presa in giro, se non ricordo male.”
 
“Certo che l’hai fatto.”
“Probabilmente ero solo molto curioso, non ti avevo mai visto sferruzzare e volevo sapere, infondo, per chi ti stessi adoperando con tanto impegno.”
“Ah, davvero? Quindi se avessi fatto una sciarpa per qualcun altro te la saresti presa?”

Natalia abbozzò un sorrisetto mentre Michael, seduto accanto a lei, annuiva e le si avvicinava, chinando il capo per appoggiare la testa sulla spalla della ragazza e lasciare che lei gli accarezzasse i capelli. 

“Immagino di sì. Ero e sono molto geloso del primato che detengo nel tuo cuore.”
Michael mosse leggermente il capo per depositarle un bacio sul collo, le dita della mano sinistra che accarezzavano il braccio di una Natalia sorridente mentre sedeva appoggiata allo schienale del suo sedile:

“Hai sempre avuto uno strano modo di dimostrarmelo, allora.”
“Non è che non volessi farti capire che tenevo molto a te, solo che non è così facile fidarmi del tutto e aprirmi davvero con qualcuno. A volte se dai troppo non ricevi niente in cambio, o peggio solo sofferenze.”
“Lo so. Lo so che hai visto molte persone uscire dalla tua vita Mich, ma io non ti farei mai soffrire.”
“Lo so. Sei il mio angelo.”

Michael abbozzò un sorriso e, sollevata la testa, la guardò brevemente negli occhi prima di baciarla dolcemente, sfiorandole il viso con le dita.

“Esagerato.” 
“A volte lo sono, ma non ora. Credo che l’unica persona che mi ha accettato per tutto e per tutto prima di te sia stato Oz, ma lui conosce i miei genitori, è il mio padrino, è diverso. Tu avresti potuto benissimo stancarti, mandarmi definitivamente a quel paese e poi, scoperto il mio segreto, rifiutarti di avere con me una relazione romantica. Non so ancora perché tu non l’abbia fatto.”

“Perché sei importante per me. A prescindere dal tuo corpo, c’è ben altro in te di cui mi importa.”
Natalia gli sorrise, e come sempre quel gesto gli scaldò il cuore mentre la ragazza sfiorava con delicatezza la sua spalla destra, dove aveva visto con i suoi occhi alcune delle numerose cicatrici di Michael, dovute sì all’incidente, all’attrito, allo schianto e alle maledizioni di coloro che avevano cercato di uccidere i suoi genitori, ma anche a tutte le operazioni e gli interventi a cui si era sottoposto nel corso del tempo. 

“Ed è per questo che ti… adoro.”

Michael sorrise e Natalia ricambiò prima di appoggiare a sua volta le labbra su quelle del ragazzo, accoccolandosi subito dopo sulla sua spalla per guardare fuori dal finestrino.
Dom non disse nulla, ma si chiese se si fosse resa conto della sua esitazione. Considerando che era stata l’unica a capire che era sordo e che non vedeva da un occhio, era altamente probabile, ma le fu grato di non aver detto niente.





“Allora Ivan, l’altra volta hai pensato bene di manomettere il motore e hai tardato di due ore La partenze del treno… questa volta potresti, per favore, cercare di non combinare guai? Fallo per me, sei sotto la mia responsabilità oggi, e i professori erano tentati di non farti nemmeno venire.”

Novak rivolse un’occhiata quasi implorante all’amico mentre scendevamo dal treno, guardando Ivan sorridere allegro prima di sollevare le braccia:

“Va bene, hai la mia parola, non voglio farti passare dei guai dopotutto.”
“Grazie. Anche se in realtà non mi fido particolarmente della tua parola – senza offesa –… Silvy, lo controllerai tu per me?”

“Farò il possibile. Faremo i bravi, vero? Voi due divertitevi.”

Silvy prese Ivan sottobraccio e sorrise a Novak e a Katja, che ricambiò l’augurio con un sorriso altrettanto allegro prima di allontanarsi portando con sè un Novak non troppo convinto, ma che non oppose resistenza.

“Pensi che se la caveranno?”
“Beh, se dovessimo sentire una qualche esplosione sapremmo chi incolpare, immagino, ma abbi fede.”
 



“Mi ricordi com’è possibile che praticamente siamo rimasti solo noi?”
“Beh, Julie passa la gita con John, Rose con Graham, Katja con Novak, Elvira con Timothy e Natalia con Michael… sì, in pratica siamo rimasti noi, Sean e Dave. Ma non possiamo lamentarci, abbiamo fatto pressioni per primi affinché tutte le sopracitate coppie si formassero. Ah, ecco Sean. Ragazzi!”

Silvy sorrise scorgendo Sean e David scendere dal treno, sollevando un braccio e agitandolo nella loro direzione per attirare l’attenzione dei due. Sean la vide per primo e, dopo averle sorriso, fece cenno a David di seguirlo, raggiungendo l’amica e il danese tenendo le mani sprofondate nelle tasche.

“Ciao ragazzi. Siamo rimasti solo noi?!”
“Tim sta con Elvira, Julie con John, Graham con Rose, Katja con Novak, Michael con Natalia. Quindi sì, eccoci qui.”

“Dave, mi hai tolto le parole di bocca. Andiamo? Muoio dalla voglia di mangiare di nuovo quei dolcetti al cucchiaio deliziosi dell’altra volta!”
“Ah, sì, quelli con il nome impronunciabile… bene, andiamo. Ivan, facci strada.”

 

“Oh no, a Silvy ed Ivan si è aggiunto Sean Cavendish! È la fine.”
“Non essere così negativo, Novak!”
“Non essere così negativo?! Conosco Ivan Svensson come le mie tasche, Kat, e penso che tu ti sia fatta un’idea di Silvy e Sean, anche da quello che ti ha raccontato Graham.”
“Beh, non hai tutti i torti… Ma c’è David con loro, magari filerà tutto liscio!”

“Lo spero…”


*



“A cosa stai pensando?”
Timothy sorrise gentilmente ad Elvira, sfiorandole la mano con la sua mentre sedevano uno di fronte all’altro ad un tavolino rotondo del ristorante dove la bionda lo aveva trascinato per “fargli assaggiare i suoi piatti tipici norvegesi preferiti”.

“A niente.” Elvira sorrise appena, ma Tim inclinò leggermente la testa e la guardò inarcando un sopracciglio, certo che ci fosse qualcosa che non andava: il tono quasi mesto di Elvira era a dir poco insolito.
 
“Sicura? Non hai parlato molto, e non è particolarmente da te.”
“Scusami, sto solo pensando che siamo già a Maggio e che tra meno di un mese ve ne andrete, non mi sembra vero. Però non dovrei fare la musona, ma godermi questa giornata con te, scusami.”

“Non ti devi scusare. E mi mancherai anche tu, Elvy. Sono felice di tornare a casa, non lo nego, ma mi dispiace dovermi separare da te per un po’…”
“Ma ci vedremo non appena finiti gli esami, vero?”  La bionda deglutì e lo guardò quasi con preoccupazione, stringendo leggermente le mani del ragazzo tra le sue.

“Ma certo. Anche volendo non potrei impedirlo, mia madre smania per conoscerti e sono sicuro che la prima cosa che mi chiederà, tornato a casa, sarà “quando mi fai conoscere Elvira?” . So che sarà un po’ difficile, ma siamo maghi, con le Passaporte potremo vederci molto spesso senza problemi.”

“Peccato non poter usare la Metropolvere…”
“Lo so, ma purtroppo la rete dei camini è solo Nazionale, non possiamo spostarci oltre i confini… Ma non è grave, ce la faremo lo stesso. Ok?”

“Ok.” Elvira annuì e abbozzò un sorriso, leggermente rincuorata dalle parole del ragazzo, che sorrise a sua volta, rilassandosi:
 
“Bene. E adesso rilassati e sorridi Elvy, non mi piace vederti triste.”


*



“Che cosa hai trovato sul ragazzo?”
“Orfano. Cresciuto in Slovenia, in un orfanotrofio Babbano… pare che sia un Nato Babbano. È stato adottato quando aveva dieci anni, da allora vive in Croazia.”

“Nato Babbano, stai scherzando?!”
“Sulla carta è così. Ma c’è qualche… discrepanza. Non lo so Petra, ho la sensazione che ci sia qualcosa di strano.”
“Pensi che Natalia sappia?”
“Probabile, ma se anche fosse non verrebbe certo a parlarne con noi, è molto leale.”

“E se fosse davvero un Nato Babbano? Che cosa dovremmo fare, stare a guardare? Se e quando la loro relazione sarà di dominio pubblico sai che cosa succederà, Vlad. Indagheranno su quel ragazzo, avrà i riflettori di tutto il Paese puntati addosso, saranno nelle prime pagine di tutti i giornali della comunità magica. La figlia del Ministro, erede di due delle famiglie più importanti della Cecoslovacchia, insieme ad un orfano Nato Babbano, ci sguazzeranno.”
 
“Non sai chi lo ha adottato, cara.”
“Un mago?”
“Già. Ozrel Moravitz Glasniksjena. Ma per lo più lo si conosce con il semplice nome “Oz”, o Mr O.”
“… Stai scherzando.”
“Mai stato così serio. Quante probabilità c’erano che proprio quest’uomo adottasse proprio quel bambino… in Slovenia, per di più, quando una delle poche cose certe che sappiamo di lui è che è croato. Inoltre, non ho trovato da nessuna parte il nome completo di quel ragazzo, ovunque è registrato come Michael D. O. Hoax.”
“Cognome inusuale per un bambino sloveno.”
“L’ho pensato anche io… Natalia mi ha detto che si fa chiamare Dom per le sue iniziali e mi è sembrato di capire che non conosca il suo secondo e terzo nome.”
“Comprensibile, se è cresciuto in un orfanotrofio e non conosce i suoi genitori.”

“Sì… Hoax significa “inganno”, Petra. Ho la sensazione che ci sia molto di più da sapere.”


*


“Davvero tu non sai niente di tuo zio?”
“In effetti no. Pensa che non so nemmeno come si chiami.”
 
Michael abbozzò un sorriso, prevedendo la reazione sbigottita che in effetti Natalia ebbe: la ragazza sgranò gli occhi e lo guardò con la bocca semiaperta mentre camminavano fianco a fianco sul marciapiede.

“Come sarebbe a dire?!”
“Beh, non sono l’unico: in ambiente lavorativo si fa chiamare solo Oz, sono poche le persone che conoscono il suo nome. Del resto io non conosco nemmeno il mio, di nome, quindi non mi pesa non sapere granché di lui. Anche se sospetto che la “O” stia per Oz, o qualunque sia il nome completo di mio zio.”
“Lui ti parla mai de tuoi genitori?”
“A volte. Quando ero piccolo l’ho tartassato di domande, a volte mi racconta qualche aneddoto su quando erano ragazzi… lui e mio padre si sono conosciuti a scuola, sono coetanei, erano compagni di Camerata. Li chiama Jun e Rare, ma non so se sono i loro veri nomi, forse solo diminutivi.”

“Mich, te lo devo dire, se conosco mio padre almeno un po’ si sarà messo ad indagare su di te.”
“Beh, che si metta in fila, io stesso non so quasi niente di me… E ci sono delle altre cose che dovrei dirti, credo. E non che non mi fidi di te Lia, ma mi devi promettere che terrai tutto per te. Ok?”

Michael si fermò, mettendo le mani sulle spalle della ragazza per guardarla negli occhi. Natalia annuì, guardandolo quasi con leggera preoccupazione:
 
“Certo. Mi devo preoccupare?”
“Non proprio. Forse non dovrei dirti nulla, ma non voglio avere altri segreti con te.”
“E io non voglio che tu ne abbia. A me puoi dire tutto, Mich.” Natalia sorrise e gli prese la mano, facendolo sorridere leggermente di riflesso. Michael annuì, suggerendole di andare a sedersi di qualche parte per parlare in tutta calma.

Natalia, dal canto suo, dopo aver sentito della sua gamba l’ultima volta in cui si era confidato con lei, pregò che il ragazzo non soffrisse di una qualche malattia terminale o degenerativa, ma si disse che forse era troppo tragica.
O almeno lo sperava.


*


“Ti ho detto del mio incidente, no?”
“Certo.”
“Beh, non è stato propriamente un incidente. Ero su un treno con i miei genitori, che lavoravano, come Oz, per il KGB, il suo versante magico… era tutto organizzato, sapevano che sarebbero saliti su quel vagone. E probabilmente anche i miei genitori se l’aspettavano: quando mi ha preso con sè Oz mi ha detto che i miei genitori non erano morti, proprio come me, su quel treno.”
 
“Ma se sono sopravvissuti perché ti hanno…”
“Abbandonato? È quello che domandai anche io, ero furioso. Ero un bel tipetto da bambino.”
“Me lo immagino.” Natalia sorrise, divertita, e gli strinse leggermente le mani per invitarlo a continuare, cosa che il ragazzo fece dopo un attimo di esitazione:

“Sì, beh, mi lasciarono per far credere al mondo intero che fossi morto. Anche loro, sulla carta, sono morti, così mi ha detto Oz, ci sono persino delle tombe vuote da qualche parte, nella cripta di famiglia. Qualunque sia il mio cognome, che Oz non mi ha mai detto, ce ne è una anche per un piccolo Michael morto a soli 3 anni. Gli unici a sapere che sono sopravvissuti sono i piani alti del Governo dell’Unione Sovietica… hanno una qualche missione da portare a termine, ma non so niente su questo, Oz non parla mai del lavoro. Ma dev’essere qualcosa di grosso.”
“E torneranno mai?”

“Quando l’avranno portata a termine, immagino. E sono curioso, lo ammetto, ma per me mio padre sarà sempre Oz. Ma tu non dirglielo, il suo ego si gonfierebbe. Comunque, Oz ci ha messo del tempo per trovarmi perché mio padre modificò la valigia con cui mi trovarono, dove c’era scritto, appunto, Michael D. O. Hoax. I medici ipotizzarono si trattasse del nome di mio padre, ma me lo diedero. Io stesso non sapevo se fosse davvero Michael il mio nome… Oz cercò in lungo e in largo un bambino con il mio cognome, ma seppe che ero morto… poi, in qualche modo, il cognome che mio padre si inventò lo condusse da me in Slovenia.”
“Hoax non significa “inganno”?”
“Sì, e credo che abbia qualcosa a che fare con il mio vero cognome, per questo mi ha trovato.”
 

“Beh… wow. La tua vita sembra un romanzo, Mich. Ma spero che prima o poi tu possa rivederli e sapere i loro e il tuo nome. Non riesco ad immaginare come sia non conoscere le proprie origini e dev’essere difficile, ma conta di più quello che dei adesso, quello che sei davvero. Qualunque sia il tuo cognome, per me sei comunque il mio Michael.”

Natalia gli sorrise e Michael ricambiò, guardandola adorante:

“Che ho fatto per meritarti?”
“Non pensi di averne passate anche troppe? È giusto che tu sia felice, Mich.”


*


“Non era necessario che mi facessi un regalo!”
“Vuoi scherzare? Sarebbe stato deplorevole da parte mia, senza contare che se mai mia sorella o mia madre l’avessero saputo mi avrebbero disconosciuto o appeso per un orecchio ad un lampadario, apostrofandomi come “cafone”.”
 
“Esagerato.”
“Affatto, tu non conosci mia madre.”
“Non vedo l’ora che ciò accada, in effetti.”
“Anche lei, continua a chiedermi di te. Sono sicuro che stia facendo il terzo grado ad Edith, cercando di carpirle tutte le informazioni che lei ha su di te.”

John aggrottò leggermente la fronte, pensando a quando sua sorella era tornata a casa per le vacanze pasquali: non gli risultava affatto difficile immaginare le due impegnate a confabulare sotto lo sguardo accigliato del padre.

“Probabilmente lo fa anche mio padre con i miei fratelli. Anche loro sono impazienti di conoscerti, anche se dovrai armarti di molta pazienza, sono tremendi. A parte il mio piccolo Conrad ed Elliott, naturalmente.” 

Julie sorrise con affetto nel pensare ai fratellini, felice che entro meno di due mesi avrebbe potuto finalmente rivederli.

“Sei felice di tornare ad Hogwarts?”
“Molto. Anche se prima devo affrontare quella dannata partita, sono già nervosissima… perché mi sono lasciata convincere?!”
“Andrà tutto bene, non agitarti. E comunque, hai accettato perché sono irresistibile, naturalmente.”
 
“Sai John, a volte non so se adorarti o prenderti a schiaffi.”
“Me lo dice anche Silvy, non capisco perché! A proposito, lei ed Ivan non me la raccontano giusta, tu che ne pensi?”

“Non saprei… forse lei gli piace, ma sai com’è Silvy: se Ivan le piacesse non ci penserebbe due volte  a dirglielo chiaro e tondo, e non l’ha fatto. Magari ci sta arrivando. Io non avrei mai il coraggio di farlo, comunque.”
“Lo so bene, se non avessi fatto io il primo passo dubito che ora saremmo qui… ma ti adoro anche per questo, Juls.” John sorrise, le mise un braccio sulle spalle e l’attirò a sè per darle un bacio sulla tempia, facendole di nuovo gli auguri di buon compleanno. 
Julie sorrise mentre camminavano sul marciapiede per riunirsi con i loro amici e passare l’ultima ora della gita insieme prima di tornare al castello. Anche lei lo adorava, ma non glielo disse ad alta voce. 










 
……………………………………………………………………………..
Angolo Autrice: 

Buonasera! 
Anche questa volta il capitolo non è lunghissimo, avevo altre cose da dirvi ma l’iPad sta per andare all’altro mondo, e non ho la possibilità di metterlo in carica al momento, quindi al massimo potrei aggiungerci qualcosa nei prossimi giorni, ma non volevo aspettare fino a domani per pubblicarlo.
Detto ciò, nel prossimo ci sarà la fantomatica partita è ancora non ho deciso con che criterio decidere chi far vincere, ma mi farò venire in mente qualcosa. 

Piccola nota fuori campo: ieri sera sono finalmente andata a vedere Animali Fantastici, e se lo avete visto vorrei sapere se per caso sono l’unica che è uscita dalla sala sdegnata, irritata, furiosa e altre cose che non dico per evitare il ban.
Non voglio fare spoiler sul finale se non lo avete visto, ma quando ho sentito “Professoressa McGranitt” quando il film è ambientato 8 anni prima della sua nascita stavo per avere un ictus lì, sulla poltroncina. Da lì ho passato la giornata a farmi seghe mentali per risolvere il film invece di studiare e scrivere un capitolo decente, brava Irene. 

Buona serata – e se volete discutere sul film dite pure, muoio dalla voglia di sfogare la mia frustrazione e le mie assurde teorie con qualcuno che conosca la saga sul serio, non come le mie amiche profane che hanno solo visto i film –.
Signorina Granger 




Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Capitolo 22 ***


Capitolo 22
 
Sabato 12 Maggio


“Non credo di sentirmi molto bene. Potrei rischiare di dare di stomaco sul campo…”
Julie deglutì a fatica mentre, immobile, teneva gli occhi azzurri fissi su un punto indefinito del tavolo mentre faceva colazione – senza in realtà toccare cibo – con i compagni. 
Timothy bloccò la forchetta con cui aveva infilzato delle uova a mezz’aria e rivolse un’occhiata preoccupata all’amica mentre John, invece, sorrise e abbracciò affettuosamente la ragazza, assicurandole che sarebbe andato tutto bene prima di darle un bacio su una guancia.

“Perderemo di sicuro per colpa mia. Non dovevate chiedermelo e io non dovevo accettare, che stupida…”
“Juls, non dire così, nessuno ti incolperà di niente in ogni caso.”

Silvy scosse il capo e Tim scoccò un’occhiata di sbieco alla Corvonero, parlando a mezza voce mentre sia Rose che John tranquillizzavano una Julie tesa come una corda di violino.

“Forse non avreste dovuto farle pressioni…”
“Non gliene abbiamo fatte, abbiamo solo mandato John a chiederglielo e lei non ha saputo rifiutare!”

“E se cado dalla scopa? E se mi colpisce un Bolide?!”
“Ci pensano Rose e Sean, Juls, e se qualcuno osa colpirti lo trovo e gli ficco il Bolide su per…”

“Sì, si, abbiamo capito, stiamo mangiando grazie!”


*


“Ecco la mia dolce Orsetta. Sei pronta, campionessa?” Michael rivolse un sorriso allegro quando scorse Lia raggiungere lui, Ivan, Elvira, Novak e Katja al loro tavolo, guardandola annuire debolmente mentre sedeva nel posto che lui le aveva tenuto.

“Abbastanza, spero vada tutto bene.”
“C’è qualcosa che non va? Sembri un po’ giù di tono.”

“Sto solo pensando che questa sarà la mia ultima partita, tutto qui. Allora, questa volta tifate tutti per me, spero! Specialmente qualcuno…”
La ragazza rivolse un’occhiata torva a Michael, che sorrise angelico mentre gli altri si affrettavano ad assicurare che avrebbero fatto il tifo per gli Orsi.

“Anche se andrò comunque da Graham a fargli gli auguri, mi sembra corretto.”
“Sì, e io da Silvy. Andiamo ora, prima che si alzino?” Ivan si rivolse a Katja, che annuì prima di alzarsi e allontanarsi brevemente insieme all’amico per raggiungere il tavolo degli inglesi.

“Allora Lia, niente vestito da… quella cosa Babbana questa volta?”  Novak parlò trattenendo a fatica un sorriso, ricordando d8 averla vista cercare Michael dopo la partita con addosso una specie di divisa viola succinta. 
“Per carità, mai più. Mi sentivo una perfetta cretina e morivo di freddo!”
“Una perfetta cretina tanto sexy… Ahia!”
“Sta’ zitto tu, è colpa tua e delle tue stupide scommesse sè mezza scuola mi ha vista con quella roba. Se mia madre sapesse morirebbe sul colpo.”


*

“Kat, sei venuta a farmi gli auguri?”
“Certamente! Non posso non tifare per gli Orsi perché gioca Lia e rappresentano Durmstrang, ma buona fortuna comunque. Sei pur sempre il mio più caro e vecchio amico.”
“Grazie. Vedrò di parare tutte le Pluffe, anche se Julie è parecchio nervosa… è la sua prima partita, e per giunta molto importante.”

“Beh, Lia è molto brava, ma non gioca sporco, non cercherà di buttarla giù dalla scopa per prendere il Boccino.”
“Perché, alcuni lo fanno?!”
“Beh…”


“Ciao ragazzi! Sono venuto a farvi gli auguri, anche se ancora non ho capito chi sia il Capitano, qui…”

Ivan spostò lo sguardo, sorridendo, da Sean a Silvy, che parlarono all’unisono un istante dopo e con tono fermo:

“Sono io.”
I due si guardarono e Ivan represse a fatica una risata quando entrambi accusarono l’altro di dire falsità. Dopodiché Silvy disse all’amico che poteva esserci solo un capitano e che il posto spettava a lei in quanto più vecchia, ma Sean replicò che lui aveva più esperienza e che lei era una vecchia befana.

“Ok, scusate, non volevo sollevare discussioni, meglio se vado.. ma in ogni caso in bocca al lupo.”
“Grazie Ivan, anche se temo che la partita verrà annullata per la morte di un giocatore. Vecchia befana lo dici a tua sorella, hai capito?!”
“Oh, bene, riferirò a Camille il messaggio da parte tua!”
“NON INTENDEVO IN SENSO LETTERALE, è un modo di dire! Dillo a… a tua nonna!”
“Una non so chi sia e l’altra… beh, mia madre dice che nonna Cassandra è davvero una Befana in effetti… ma questo non conta, stiamo divagando.”
“Già. Io sono il Capitano!”
“No. Io. Se vinciamo, solleverò io la coppa!”
“Nei tuoi sogni magari! Basta, è il momento di decidere, tiriamo a sorte. Testa o croce?”
“Testa! No… croce. Ok, testa.”

“Deciditi Cavendish, porca Rowena!”


I due avevano attirato l’attenzione di tutti i presenti, tanto che Rose guardò i suoi migliori amici con esasperazione mentre Ivan le si rivolgeva con la fronte aggrottata prima di tornare dai compagni:

“Ma fanno sempre così?”
“Sì, e la madre di Sean dice che è una cosa che va avanti da quando portavano il pannolino e litigavano per i sonaglietti e i ciucci.”


*


“Finalmente non fa più tanto freddo, è un sollievo…” Dave sorrise mentre prendeva posto accanto a Timothy e ad Elvira, che chiacchierava entusiasta con Katja, Ivan e Michael mentre Novak aveva tutta l’aria di chiedersi come l’avessero trascinato un’altra volta a vedere una partita.

“Non siete tristi che questa sia l’ultima partita a cui assisteremo a scuola? È la fine di un’era…” 
Katja sfoggiò un’espressione dispiaciuta e Ivan ed Elvira annuirono convenendo mentre Novak, invece, non battè ciglio e rimase seduto con le mani nelle tasche e lo sguardo fisso davanti a sè, parlando con tono piatto subito dopo:
“Il mio dolore è così forte e opprimente che stanotte annegherò nel mio fiume di lacrime…”

“Non mi riferivo a te! Comunque devi essere soddisfatto Novak, quest’anno hai affrontato considerevolmente la tua paura dell’altezza! Siamo molto fieri di te.”
“Ti prego Kat, non ricordarmi che siamo seduti a 30 m di altezza potrei sentirmi male…”


“Tim, a te mancherà il Quidditch?”
“… A te?”
“No.”
“Bene, neanche a me. E penso neanche a Julie, poverina… se andrà male stasera dovremo consolarla, ho idea. Ma se le succede qualcosa poi chi lo siete Axel, accidenti…” 

Tim pensò al padre della ragazza e accennò una smorfia con le labbra, certo che fosse non poco preoccupato per la sua figlia maggiore – nonché prediletta –, la dolce Julie.
Anche se, doveva ammetterlo, non vedeva l’ora che l’uomo conoscesse John.


*


“Juls?” 
Julie alzò lo sguardo su John mentre teneva il manico della sua scopa stretto in mano, guardandolo sorriderle e metterle le mani sulle spalle prima di parlare dolcemente:

“Devi avere un po’ più di fiducia in te, Juls. È un gioco, quindi la cosa più importante è divertirsi… e te l’ho già detto, nessuno si farà male, Rose ti terrà d’occhio.”
“Prometti che se dovessimo perdere – cosa che accadrà di certo – non te la prenderai con me?”
“Lo prometto. Anzi, grazie per aver accettato di provarci e di farlo, sei stata molto coraggiosa.”

“Solo perché me l’hai chiesto tu. Anche se l’idea di deluderti non mi piace molto…”
“Te lo ripeto, non mi deluderai se non prenderai quello stupido Boccino, sono felice a prescindere che tu lo stia facendo solo per me.”

“Va bene, ma forse ora dovrei smetterla di dirlo, non vorrei gonfiare a dismisura il tuo ego…”
Julie abbozzò un sorriso e John la imito, spostandosi di lato per farla passare e sollevando un braccio verso l’uscita dello spogliatoio:
“Va bene Signorina Farrel, allora prego, andiamo, dopo di lei.”


*


Natalia stringeva il manico della scopa con una mano mentre si guardava intorno con attenzione, sorvolando il vasto campo da Quidditch.
Di uno scintillio dorato neanche l’ombra, nemmeno a circa mezz’ora dall’inizio della partita.

La strega sbuffò debolmente e si spostò verso gli anelli avversari, davanti ai quali Graham Greengrass galleggiava a mezz’aria in sella alla sua scopa.

Il punteggio ammontava a solo 20 a 20, entrambe le squadre sembravano decise a non lasciarsi fare nemmeno un goal e la difesa era a dir poco serrata.

La strega si stava chiedendo per quanto altro tempo ancora avrebbe dovuto giocare a nascondino con quella piccola e luccicante quanto insidiosa pallina quando finalmente scorse un luccichio dietro gli anelli. 
A quel punto Natalia sorrise, soddisfatta, e scattò in avanti per passare alle spalle di Graham e dei tre anelli per seguire il luccichio: ora sì che poteva iniziare a divertirsi.


*


“Per l’amor del cielo, ma quanto ci vuole… Andranno avanti ancora per molto?!”
Novak sbuffò sonoramente, chiedendosi quanto ci avrebbe messo il Boccino a degnarsi di farsi vedere mentre Katja, sbuffando, gli dava una gomitata e lo ammoniva di non fare il guastafeste.

“Scusa Kat, spero solo che Lia lo veda in fretta, così possiamo tornarcene tutti al castello a festeggiare o a chiuderci in un silenzio tombale. Ovviamente parlo per voi, a me non cambia nulla se vinciamo o perdiamo…”

“Beh, prima credo che l’avesse visto, ma pare che sia sparito di nuovo, del resto non è facile stargli dietro.”
“Lia ha giocato non so quante partite, ormai ci è abituata… anzi, dice che più è difficile da individuare e più si diverte, valla a capire la mia Orsetta…”
“Ma lei non detesta essere chiamata così, Dom?”
“Sì, ma quando è arrabbiata il suo faccino è ancora più carino.”


*


“Aspettate, aspettate… credo che ce l’abbia!”
Elvira, gli occhi spalancati, afferrò la ringhiera e si sporse per cercare di vedere meglio mentre Katja e Ivan, accanto a lei, la imitavano. Novak rimase stoicamente seduto, David e Timothy si limitarono a sollevare lo sguardo nella medesima direzione e Michael aggrottò la fronte, cercando di capire a cosa si stesse riferendo la bionda:

“Io non vedo niente…”
“Più su, Dom.” Elvira afferrò il mento del ragazzo e lo costrinse a sollevare lo sguardo appena in tempo per permettergli di scorgere una figura sfrecciare rapidamente verso il basso, proprio verso il suolo.

“Ce l’ha davvero! BRAVA LIA!”
Elvira sfoggiò un larghissimo sorriso allegro, quasi battendo le mani per la gioia mentre guardava la sua migliore amica saltare giù dalla scopa. Poi si rivolse a Michael e gli diede una gomitata, intimandogli di muoversi:

“Che aspetti Dom, vai da lei insomma!”
“Sì, sì, vado, quanta fretta!”

“Bravo. Mi dispiace Tim, ma sembra che i nostri abbiamo battuto i vostri.”
“Poco male, il Quidditch non è il mio più grande oggetto d’interesse, però un po’ mi dispiace comunque da studente di Hogwarts.”
“Penso che la scuola se ne vanterà per anni, non vorrei essere nei panni dei prossimi di voi che verranno qui!”

Timothy sorrise mentre si alzava, scuotendo il capo mentre prendeva le mani della ragazza:

“Beh, se dovessero trovare altre ragazze come te saranno solo fortunati.”

Elvira sorrise e arrossì, ringraziandolo a bassa voce prima che David, sbuffando debolmente, annunciasse che sarebbe andato a consolare gli amici ma che loro potevano restare lì a tubare, se volevano.


*


“Oh, ciao… non festeggi?”
Silvy rivolse un’occhiata di sbieco ad Ivan quando vide il ragazzo avvicinarsi a lei. E ai compagni, ma il ragazzo rispose con un sorriso e una scrollata di spalle mentre teneva le mani sprofondate nelle tasche.
“Beh, mi sono complimentato con i ragazzi, ma è mio dovere venire a consolarti. Giuro che non ti prenderò in giro o te lo rinfaccerò nelle prossime due settimane.”

Ivan, un attimo dopo aver parlato, sembrò ammutolire a causa delle sue stesse parole: due settimane. Solo in quel momento realizzava che mancava così poco tempo prima che gli studenti di Hogwarts tornassero nel Regno Unito. Dopo aver passato insieme quasi tutto l’anno la prospettiva di trascorrere l’ultimo mese di scuola senza di loro in giro era strana.

“Ti conviene, perché basteranno i miei fratelli a ricordarmelo quando sarò tornata a casa.”
“Su con la vita Silvy, è strano vederti immusonita…. Pensa a tutte le coppiette che sei riuscita a creare nel corso dell’anno, hai comunque ottenuto una considerevole vittoria.”
“Sì, forse hai ragione. E chissà, del resto come hai detto tu mancano ancora due settimane.”


*


“Julie, ma non sei triste per aver perso?”
“Beh, mi sento forse un po’ in colpa, ma da una parte sono terribilmente sollevata, era un grosso macigno che mi portavo appresso da parecchio.”

La ragazza sorrise mentre, seduta sul divano nella Camerata dei Draghi, era circondata dagli amici, tutti con espressioni cupe e tese sul volto. Rose era raggomitolata accanto a Graham, godendosi l’abbraccio del fidanzato, mentre Sean e Silvy erano seduti uno accanto all’altra sul divano, le gambe distese sul tavolino e la testa della ragazza sulla spalla del Serpeverde: per una volta sembrava che persino loro non avessero nulla da dire è la Corvonero si limitava a coccolare il suo gatto, Rex. 

David, dal canto suo, quasi si sentiva in colpa per non condividere il rammarico degli amici, ma non poteva proprio farci nulla… E lo stesso valeva per Timothy, seduto accanto a lui e con il gatto dell’amico sulle ginocchia.


“Dite che al nostro ritorno ci prenderanno a sassate?”
“Spero di no…”
“Merlino, immagino le prese in giro di Karlos…”
“E io di Edith…”
“E io di Camille…”


“Oh, andiamo, era solo una partita, se qualcuno dovesse dirvi qualcosa rispondete che avrebbero potuto venirci loro a giocare contro quelli di Durmstrang. E poi gli Orsi hanno vinto non so quante partite, sono oggettivamente molto bravi.”
“Juls, la nostra voce della ragione, che faremmo senza di te?”

“Beh, è un sollievo, stavo prendendo in considerazione l’idea di chiudermi nel mio baule per paura di dover sfuggire alla vostra ira…”

“Julie, ti svelo un segreto: nessuno riesce ad avercela con te.”


*


“Sei stata bravissima Orsetta, sono molto fiero di te!”
“La finisci di chiamarmi così?!”

Natalia sbuffò, seppur divertita, e colpì il ragazzo con un cuscino, facendolo sorridere mentre la guardava con aria adorante:

“Perché, ti si addice, è un soprannome carino e adorabile come te.”
“Io non sono… adorabile!”
“Ma certo che lo sei, specie quando fai l’offesa.”

Michael ridacchiò e si sporse verso di lei per abbracciarla, dandole un bacio sulla tempo per poi appoggiare la testa contro la sua.

“Mich?”
“Mh?”
“Sbaglio o tra circa un mese qualcuno compie gli anni?”
“Non è importante…”
“Sì che lo è, tonto. E ti ho detto che ti avrei fatto due regali visto che tu mi hai fatto un regalo sia per Natale che per il mio compleanno malgrado il mio divieto, quindi devo pensare a qualcosa…”

“Lia, non devi…”
“Inutile, ho già deciso.”
Natalia si strinse nelle spalle mentre sfiorava la mano del ragazzo, e Michael alzò gli occhi al cielo – certo che non avrebbe cambiato idea per nulla al mondo – prima di sfoggiare un sorrisetto:
“Va bene. C’è la possibilità che io ti convinca a mettere la divisa da cheerleader come primo regalo, quel giorno?”

“Assolutamente no Doax, ma bel tentativo.”












………………………………………………………………………………
Angolo Autrice:

Salve a tutte!
Allora, questa volta farvi votare non avrebbe avuto molto senso, così ho deciso di decidere chi avrebbe vinto la partita tirando a sorte, e la moneta ha scelto Durmstrang.
Inoltre, oggi è il compleanno di Bea, quindi… Tanti auguri Bea <3 u.u E auguri in ritardo anche a Fiamma, scusa ma non sono proprio riuscita ad aggiornare lo scorso weekend.
Il prossimo sarà il terzultimo capitolo, perciò chiedo a chi deve ancora mandarmi le informazioni post-Diploma di farlo al più presto. 

Detto ciò, ci sentiamo il prossimo weekend con il seguito, ora devo correre a prepararmi per andare a festeggiare anche dal vivo un’amica.
Signorina Granger 

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Capitolo 23 ***


Capitolo 23
 
Giovedì 31 Maggio



“Ok, devo essere assolutamente sicura di non dimenticare nulla… hai già controllato sotto al letto?”
“Rose, rilassati, stai facendo la valigia da due giorni e hai controllato la stanza da cima a fondo già tre volte oggi!”

Silvy, seduta su quello che era stato il suo letto per otto lunghi mesi, alzò gli occhi al cielo mentre l’amica controllava sotto i cuscini e tra le coperte del suo.

“Non si è mai troppo sicuri Silvy, dimentico qualcosa quasi sempre quando vado in vacanza… e visto che non rimetteremo mai più piede qui, sarà meglio essere certi di non dimenticare niente. Tu hai finito? Abbiamo la Passaporta alle 16.”
“Sì, mi mancano un paio di cose, le aggiungerò dopo pranzo. Sai, sono felice di tornare ad Hogwarts, mi manca molto, ma un po’ mi dispiace andarmene dopo tutti questi mesi. Sembra ieri quando siamo arrivati…”

“Lo so. Sono successe un sacco di cose, vero?”
Rose abbozzò un sorriso e pensò a Graham, al fatto che quando era arrivata non avrebbe mai immaginato che le cose tra loro avrebbero preso quella piega.

“Già… Ma mentre tu e Graham e John e Julie potrete tornarvene a Casa felici e contenti e saltellando mano nella mano i poveri Tim ed Elvira oggi devono salutarsi.”
“Lo sol mi dispiace molto per loro, ma sicuramente si vedranno non appena finiti gli esami. Grazie al cielo siamo maghi, per i Babbani sarebbe stato un problema ben più grave.”

Rose chiuse il suo baule mentre Silvy, fissando il soffitto, annuiva distrattamente, pensierosa.

“Già…”
“Tu non hai nessuno da andare a salutare?”

“Con calma Rose, partiamo tra quattro ore, non quattro minuti!”
“Sì, ma ti conosco… e a proposito di Tim ed Elvira, penso proprio che anche Ivan sia giù per la nostra partenza. Chissà come mai…”

“Rose, non fare la sibillina, quello è il mio metodo. E comunque sì, credo che dispiaccia anche a me.”
“E glielo hai detto?”
“Non esplicitamente.”

“Beh, magari dovresti.”


*


“Sono un po’ preoccupata.”
“Per Ivan dici?”
“Certo! Guardarlo, non lo vedevo così da una vita!”

Katja annuì con fare concitato e accennò ad Ivan mentre sedeva accanto a Novak, parlando a bassa voce affinché il ragazzo non li sentisse.

“In effetti oggi non sembra di ottimo umore… avrà a che fare con la partenza degli inglesi?”
“Certo, sarebbe una coincidenza troppo strana. Più precisamente, penso che abbia a che fare con Silvy.”

“Silvy dici?”
“Merlino Novak, sei più ottuso di un pezzo di legno… certo che ha a che fare con lei, sospetto che le piaccia già da un po’. Forse non si è fatto avanti perché pensa che non potrebbe funzionare vista la distanza…”
“Beh, infondo anche noi viviamo in Stati diversi, e anche Lia e Dom. Sicura che gli piaccia?”

“Naturalmente, se fossero solo amici non sarebbe così giù di tono. Io e Graham siamo grandi amici, ma non sto reagendo così!”
“Sì, ma voi vi vedrete comunque spesso, le vostre famiglie si conoscono da sempre…”

“… Ok, questo è vero, ma…”

“Potreste cortesemente finirla, voi due?!”

Ivan, sbuffando sonoramente, si alzò e si allontanò a passo di marcia, uscendo dalla stanza sotto gli occhi imbarazzati e mortificati dei due amici:

“Ops… forse dobbiamo affinare la tecnica del sussurro.”
“Tu dici Kat?”


*


“Non posso credere che l’ultima mattinata di lezione sia finita, non ti sembra strano?”

Lia sospirò mentre sedeva accanto a Michael ad un tavolo nella Sala del Ristoro, guardando il ragazzo annuire mentre prendeva un pezzo di pane:

“Un po’, da domani comincia il ripasso per gli esami purtroppo… e oggi partono gli inglesi.”
“Già, povera Elvy.”
Lia annuì, sconsolata e triste per la sua amica mentre Michael, al contrario, spalancò gli occhi e le rivolse un’occhiata sbalordita:
“Povero Dom, non potrò più divertirmi con Graham e Rose!”

“Stupido…” Lia sbuffò appena e gli assestò una gomitata, facendolo ridacchiare prima di stringersi nelle spalle:

“Non preoccuparti Orsetta, si adorano, e con le Passaporta si potranno vedere molto spesso, proprio come faremo noi dopo il Diploma. Credimi, sono una benedizione, i Babbani hanno problemi ben più gravi da affrontare.”
“Sì, usano quelle cose metalliche che volano… aeroblani?”
“Sì tesoro, aeroplani, ci sei quasi.”

“Non sono molto informata su quel mondo Dom, lo sai, anche se mio padre ci ha a che fare non poco per via del suo lavoro… ah, tanto per chiedere, continuerai a chiamarmi Orsetta anche dopo il diploma?”
“Naturalmente.”  Michael sorrise, si sporse e le diede un leggero bacio a fior di labbra. Natalia avrebbe voluto rivolgergli un’occhiata torva, ma dopo quel gesto non ci riuscì e dovette sorridergli per forza.

“Sei un furbetto ruffiano, lo sai?”
“Sono cresciuto in un orfanotrofio Lia, se volevi qualcosa dovevi fare gli occhi dolci a qualcuno ogni tanto.”


*



“Hai finito di sistemare il baule?”
“Sì, ho iniziato ieri, non mi piace prendermi all’ultimo… Sei felice di tornare?”
Julie sorrise a John mentre pranzavano insieme a Graham e Rose, guardando il ragazzo annuire e ricambiare il sorriso, gli occhi grigio-azzurri luccicanti:
“Molto, mi manca Edith, non la vedo da Natale…”

“Già, anche a me mancano le pesti, Emily ed Elliott… e anche il piccolo Conrad, ma dovrò aspettare la fine di Giugno per vederlo, pazienza.”

“Io sono curiosa di sentire che cos’hanno combinato Andrew e Krystal in mia assenza, mi vengono già i capelli bianchi solo a pensarci…” Rose alzò gli occhi al cielo mentre Graham, guardandosi intorno con la fronte aggrottata, chiedeva dove fossero Tim, Sean, Silvy e David.

“Tim pranza con Elvira, visto che è l’ultimo giorno volevano stare insieme… e io sono qui, scusate il ritardo ma non trovavo Mist.”  David sfoggiò un piccolo sorriso mentre prendeva posto accanto a Graham che gli rivolse un’occhiata eloquente:
“Non trovavi il gatto? Dave, sembri Katja. A proposito di gatti, Silvy sta facendo fare esercizi al Povero Rex per caso?”

“No, credo voglia stare un po’ da sola, ho provato a chiederle di venire ma mi ha cacciato… ho colto l’antifona e non ho obbiettato, tengo molto alla mia incolumità fisica.”

Sean si unì al gruppetto occupando l’ultima sedia libera, parlando con un tono e un’espressione seri che non lasciarono dubbi sulla veridicità delle sue parole, mentre Rose sfoggiava un sorrisetto in direzione di Julie:

“Chissà su cosa deve riflettere, eh Juls?”
“Di che parlate?”
“Oddio, ma bisogna sempre spiegarvi tutto?! Vi siete accorti che non si vede in circolazione anche qualcun altro?”

“Emh…”

Graham e Sean si scambiarono un’occhiata perplessa che fece venire voglia a Rose di sbattere la testa sul tavolo per colpa di fidanzato e amico: lì conosceva entrambi da quando indossavano il pannolino, ma sperava che con il tempo avessero acquisito qualche neurone in più.

“Ok, ascoltatemi… Dave, tu hai capito?”
“In effetti no…”
“Siete senza speranze, mi fate perdere totalmente fiducia nel vostro genere a volte.”

“Ammetto di essermi perso…”
“John, lascia stare, ascolta e basta.”


*


“Ricapitolando, la scuola finisce per entrambi il 21 Giugno… cercheremo di vederci entro Luglio, nell’arco di quei dieci giorni, ok? Puoi venire a trovarmi, la mia famiglia muore dalla voglia di conoscerti.”

Timothy sorrise ad Elvira con fare incoraggiante e consolatorio al tempo stesso, guardandola annuire animandosi un po’, gli occhi luccicanti:

“Mi piacerebbe molto, e poi non sono mai stata in Inghilterra. Non sarà facile convincere i fratelli orsi, ma chiamerò mia nonna in causa.”
“Ottimo. Mi mancherai Elvy, la tua allegria e vitalità sono un vero toccasana.”

“Anche tu. Ah, ti ho fatto questi ieri sera.”
Elvira porse al ragazzo una scatola di cartone e lo guardò prenderla strabuzzando gli occhi azzurri:

“Che cosa sono?”
“Origami, sai che mi piace farli… ho fatto tutte le figure che conosco, ho imparato anche i cuori.”
Elvira sorrise orgogliosa e il ragazzo ricambiò, guardandola con un che di adorante nello sguardo:

“Sei adorabile. Come si fa a non volerti bene, me lo spieghi?”
“Sì, non hai tutti i torti, me lo dicono tutti… ma anche tu sei dolcissimo Tim. Ti scriverò papiri di lettere pieni di chiacchiere inutili.”

“Non vedo l’ora di leggerli.”


*


“Ok… direi che siamo pronti, abbiamo preso tutto e mancano dieci minuti. Hai salutato tutti?”
Julie si voltò verso Silvy, che scosse il capo mentre, in piedi nell’atrio vicino al suo baule e alla gabbia di Rex, si guardava intorno con attenzione.

“No.”
“No?! Che aspetti?!”
“Beh, ovviamente che si decida a farsi vivo, o pensa di farmi andare via senza salutare?!”

Silvy inarcò un sopracciglio e sbuffò appena, tamburellando il piede sul pavimento con impazienza: proprio ora che si era decisa Ivan decideva di non farsi vedere?


Intanto, a qualche metro di distanza, Katja stava salutando Graham e Elvira Timothy. La Corvonero vide Katja rivolgerle un sorriso dopo aver abbracciato Ivan, avvicinandolesi con l’aria di chi la sa lunga:


“Ciao Silvy… cerchi qualcuno?”
“Ciao Kat. In effetti vorrei salutare Ivan, sai dov’è?”
“Penso proprio che stai arrivando, immagino voglia salutare i ragazzi… e anche te, naturalmente.  È stato bello conoscerti, buon ritorno a casa.”

Katja sorrise alla Corvonero prima di abbracciarla e Silvy, annuendo, ricambiò il sorriso:
“Grazie… anche per me, Graham non esagerava dicendo che sei fantastica.” 

“Ti ringrazio. Oh, guarda… c’è Ivan.”

Non appena vide l’amico Katja, sorridendo soddisfatta, si dileguò senza dare a Silvy il tempo di dire o fare nulla, allontanandosi per tornare da Novak mentre Ivan, raggiunto l’ingresso, si fermava a salutare i ragazzi.

Silvy, consapevole che ormai mancassero pochi minuti, lo guardò rivolgerlesi e avvicinarsi ripensando a tutto quello che si era detta nell’arco della giornata.
Non era mai stata tipo da esitare o da tirarsi indietro, e una volta presa una decisone era raro che cambiasse idea. Quel giorno non avrebbe fatto eccezione.

“Ciao Silvy.”
“Ciao Ivan… cominciavo a chiedermi se saresti venuto a salutare, sai?”
“Scusa, avevo… bisogno di pensare, ma non sarei mai mancato.”

Ivan abbozzò un sorriso e Silvy, annuendo, ricambiò mentre la Vicepreside consigliava al ragazzi di avvicinarsi alla vecchia bottiglia vuota che avrebbero usato come Passaporta.

“Sì anche io oggi ho pensato parecchio… E alla fine ho capito una cosa.”
“Cioè?”
“Ci ho messo un po’, forse, ma… alla fine ho capito che volevo fare questo.”

Silvy si avvicinò al ragazzo con un paio di falcate e, preso il suo viso tra le mani, gli diede un bacio sotto gli occhi di tutti i compagni, che dopo un attimo di smarrimento misto a sorpresa diedero vita ad un forte applauso misto a risate.

Ivan, dal canto suo, ebbe appena il tempo di realizzare cosa stesse succedendo e prendere a sua volta il viso di Silvy tra le mani con delicatezza quando la ragazza si staccò, sorridendo:

“Temo proprio di dover andare… stammi bene Ivan, ci vediamo.”
“Ma non potevi farlo prima?!”
“Almeno l’ho fatto! Ci vediamo in Estate!”

Silvy rise mentre prendeva la gabbia di Rex e si avvicinava al resto dei compagni, strizzandogli l’occhio appena prima di voltarsi e toccare a sua volta la bottiglia.

Ivan sorrise, e mentre gli ultimi saluti riempivano l’ampia stanza guardò la Passaporta attivarsi e portare con sè, a molte miglia di distanza, gli studenti inglesi che avevano soggiornato lì per praticamente tutto l’anno scolastico.

Pochi istanti dopo il silenzio calò nella stanza, e dei loro “ospiti” non c’era più traccia.
Ivan si sentì mettere una mano sulla spalla e, voltandosi, vide Novak sorridergli:

“Consolati, la vedrai tra qualche settimana. Sorprendente la ragazza, eh?”
“Già. Ha avuto molto più spirito d’iniziativa di te con Katja, Novy.”

“Sta’ zitto piccoletto, o ti metto in punizione.” Novak sbuffò e, essendo più alto dell’amico, gli prese la testa con un braccio e gli arruffò i capelli scuri mentre lo trascinava verso le scale per tornare nella loro Camerata insieme ad una Elvira abbracciata a Lia, ignorando le richieste di lasciarlo del più giovane e le minacce, miste a risate, di chiuderlo nella torre più alta del castello.









…………………………………………………………………………………..
Angolo Autrice: 

Buonasera! 
In extremis come sempre ma ci sono, e perdonate la brevità del capitolo, ma si tratta di un capitolo per lo più di transizione ed è tutto il giorno che scrivo quando in realtà dovrei studiare… sono una terribile studentessa, già. 
Il prossimo capitolo sarà l’ultimo prima dell’Epilogo – lacrimuccia – con il compleanno di Dom e il Diploma dei ragazzi. 
Voglio pubblicare l’Epilogo domenica 23, quindi aspettatevi il capitolo in settimana, probabilmente mercoledì o giovedì. 
A presto e buona serata!
Signorina Granger 



Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Capitolo 24 ***


Capitolo 24 
 
Mercoledì 20 Giugno 


Natalia aprì la porta senza far rumore, avvicinandosi in punta di piedi al letto di Michael per non svegliare i suoi compagni o Achille, che di certo si sarebbe messo ad abbaiare o a farle le feste. 
La strega sedette sul bordo del materasso e osservò il fidanzato per qualche istante prima di chinarsi e baciarlo dolcemente, svegliandolo. 

Michael aprì gli occhi e s’irrigidì, ma quando vide Natalia sorridergli gentilmente si rilassò e ricambiò, sollevando una mano per sfiorarle i capelli. 

“Buon compleanno Mich.”   Il sussurro della strega giunse chiaramente alle orecchie del ragazzo, che si sollevò leggermente per darle un bacio prima di parlare a sua volta a bassa voce:
“Credo che sia il miglior risveglio che abbia mai avuto.”

“Già, beh… dovresti alzarti, c’è qualcuno che sta venendo a prenderti.”

Michael annuì e abbozzò un sorriso, sollevandosi leggermente e mormorando che un po’ gli dispiaceva non passare la giornata con lei prima che nella stanza comparisse Packy, con tanto di colazione:

“Boss, buon compleanno! Buongiorno Miss Natalia!”
“Grazie Packy, non dovevi…”

Michael sorrise con affetto all’Elfo mentre appoggiava il vassoio con la colazione sul comodino, e Natalia prese un biscotto prima di dargli un bacio su una guancia e infine alzarsi, asserendo di dover andare ad iniziare a preparare il suo baule per il giorno seguente.

“Quando mai tu non ti prendi all’ultimo, Lia?”
“Zitto e fa’ colazione in fretta Doax, tuo zio starà arrivando.”

Natalia prese un secondo biscotto e poi se ne andò, ignorando le proteste del ragazzo e le accuse di rubargli la colazione.

Non aveva tutti i torti, però: come sempre, negli ultimi anni, Oz sarebbe andato a Durmstrang per passare insieme il suo vero compleanno – che il mago era riuscito a scoprire solo quando Michael andava già a scuola – e portarlo da qualche parte, di solito vicino al mare. 
Una settimana prima aveva chiesto a Natalia se le andava bene o se volesse unirsi a loro, ma la ragazza aveva declinato l’offerta con un sorriso: quella era la loro tradizione e non voleva mettersi in mezzo, senza contare che lei godeva della sua compagnia ogni giorni, a differenza di Oz. 

Un po’ gli dispiaceva, certo, ma era grato a Lia per la comprensione e comunque molto felice: non l’avrebbe mai ammesso, tantomeno davanti a lui, ma suo zio gli mancava.


*


“Elvy, ieri eri euforica per la fine degli esami, perché oggi sei triste?!”
“Perché domani partiamo, e anche se sono felice di rivedere la mia famiglia, e poi anche Tim, voi mi mancherete tantissimo.”

Vedendo l’amica incupirsi Katja, stupita e colpita da quella risposta inaspettata, sorrise dolcemente all’amica e le mise una mano sulla spalla dopo un sttim9 di esitazione:

“Elvy, non ci vedremo più tutti i giorni ma resteremo amiche, te lo prometto. Certo le cose cambieranno, ma è normale. Io, te e Lia non ci perderemo di vista, e nemmeno con i ragazzi.”

“Lo spero tanto.”  
“Ma certo Elvy, non ti libererai di noi tanto facilmente, cosa pensi?”  Katja sorrise e si avvicinò all’amica per abbracciarla, facendo sorridere la bionda a sua volta.

“Tanto meglio allora, non ho nessuna voglia di perdere le mie sorelline acquisite. Dopo essere cresciuta con tre fratelli siete state una benedizione…”
“Conoscendo Magnus, Nikolai e Ruben posso solo immaginarlo.”


*


“Si può sapere dove stiamo andando questa volta?”
“Abbi pazienza, ragazzino.”
“Pazienza, camminiamo da dieci minuti e ancora non so dove siamo!”

“Dopo avermi fatto aspettare perché ti stavi facendo la messa in piega non hai proprio niente da recriminarmi, Dom.”

Michael sbuffò leggermente mentre seguiva Oz, Achille vicino come sempre, su un pendio erboso. Sibilò che i suoi capelli non avevano nessun ritocco e che erano così naturalmente per l’ennesima volta quando, finalmente, sentì un suono deliziosamente familiare: quello delle onde. Istintivamente il ragazzo sorrise, lieto di ritrovarsi vicino ad una delle cose che più lo rilassava al mondo, ossia un’immensa distesa d’acqua.

“Questa volta ho scelto la Costa Azzurra, Francia. Ti piace?”
“Certo. Grazie Oz, so che sei sempre molto impegnato ed è bello da parte tua trovare un po’ di tempo…”

“Trovo sempre un po’ di tempo per il mio ragazzo.” Oz gli diede una leggera pacca sulla spalla che fece sorridere il ragazzo, che gli rivolse un’occhiata carica d’affetto mentre il padrino, grattando distrattamente il collo di Achille, osservava il mare dalla scogliera.

“Sai, mi chiedevo se non avresti preferito stare con Natalia oggi. Spero non le dispiaccia saperti qui con me.”
“Lia è molto comprensiva, anzi, credo fosse felice per me. Ha detto che infondo noi stiamo insieme tutti i giorni, mentre tu non mi vedi molto spesso.”

“Fino ad ora. Che cosa ti ha regalato, alla fine?”
“Un giradischi che non oso chiedere o immaginare quanto le sia costato e dei vinili. Non ho idea di dove abbia trovato musica Babbana, in effetti, ma Lia è piena di risorse.”
“Povera, santa ragazza. E pensare che domani ti diplomi e tornerai a casa stabilmente, non sono pronto…” Oz sospirò con un fare teatrale e volutamente drammatico che gli fece guadagnare una pacca sul braccio dal figlioccio, che borbottò di non dire stroncate visto che, lo sapeva, “senza di lui e Achille era perso e si annoiava a morte”.

“E infatti sono felice di riavere Achille a casa, non fraintendermi!”
“Idiota.”


*


“Dov’è Dom?”
“È il suo compleanno, suo zio chiede smuore un permesso speciale al Preside per poterlo portare fuori.”
“Ah, è vero, l’ho scordato… beh, è carino da parte sua. Fortunato, dubito che mio padre farebbe mai una cosa simile per me…”

Ivan sfoggiò un debole sorriso mentre se ne stava comodamente stravaccato su uno dei divani nella sua Camerata, parlando con un tono che tradì una nota di amarezza. 
Natalia, che era andata per stare con un po’ con lui ed Elvira, gli sorrise gentilmente e scosse il capo:

“Ivan, anche mio padre è sempre stato un po’ distante, e il tuo è solo, non dev’essere facile. Non lo voglio giustificare, ma sicuramente ti vuole bene, magari fa solo fatica ad approcciarsi a te, non sa come fare dopo il divario che si è creato tra di voi in questi anni. Non siamo tutti uguali.”
“Lo so, lo so… lo so che mi vuole bene, credo. Magari ora potremo passare un po’ più di tempo insieme e riusciremo ad avvicinarci di più.”

“Lo spero per voi, è un peccato che dobbiate vivere così… lui ha solo un figlio e tu solo lui, non dimenticarlo. Pensa ad Elvira: lei ucciderebbe per riavere suo padre.”

Ivan annuì alle parole della ragazza, dicendosi che, in effetti, non aveva tutti i torti. Non ebbe però il tempo di dire nulla visto che la voce della stessa Elvira giunse alle sue orecchie un attimo dopo, quando la familiare figura della bionda comparve sulla soglia del dormitorio delle ragazze, un’espressione a dir poco disperata stampata sul viso:

“Lia, mi puoi dare una mano?! Non trovò la metà delle mie cose!”
“Certo, sono qui per questo… pensa a quello che ti ho detto, Ivan. E se vedi Katja dille di raggiungerci, penso che avremo bisogno di molto aiuto.”

Natalia sospirò mentre si alzava, roteando gli occhi mentre raggiungeva l’amica, che parve molto sollevata mentre Ivan, invece, continuò ad osservare distrattamente un punto del tappeto ai suoi piedi, riflettendo sulle parole della cecoslovacca.


*


Giovedì 21 Giugno


 Il discorso di chiusura dell’anno scolastico era appena finito e Julie, dopo aver portato le sue cose nell’ingresso affinché venissero portate fino alla stazione di Hogsmeade dagli Elfi, stava cercando di trovare amici e fidanzato in mezzo alla calca e alla confusione che caratterizzavano ogni ultimo giorno. 

Pensare che quello fosse il suo vero ultimo giorno era strano, piacevole e triste allo stesso tempo, e mentre cercava John con lo sguardo – il suo Diploma nuovo di zecca stretto in mano – Julie cercava al contempo di memorizzare più dettagli possibili del Salone d’Ingresso: pensare che non ci avrebbe mai più messo piede le provocava una stretta allo stomaco dolorosa, tanto che sentiva quasi di invidiare i suoi fratelli minori.

E pensare che durante le settimane degli esami appena concluse aveva pregato affinché quel giorno arrivasse… 

“Eccoti qui! Ti ho persa di vista uscito dalla Sala Grande… sei pronta?” 

John le comparve davanti con il suo solito sorriso stampato sul volto, prendendole delicatamente le mani mentre la ragazza annuiva debolmente, sospirando piano:

“Credo di sì. Per te non è strano?”
“Andarcene? Certo Juls, ma infondo la cosa migliore che questo posto mi ha dato sono i miei amici e te, e non vi perderò affatto. Ci sarà un pezzetto di questo posto in ognuno di voi, nei ricordi che vi riguardano, credo che in un certo senso torneremo sempre qui.”


Il sorriso di John non vacillò e Julie, dopo un attimo di esitazione, lo guardò aggrottando leggermente la fronte:

“… Ti eri preparato il discorso, per caso?”
“Forse…”

“Su, andiamo a cercare gli altri.”  Julie roteò gli occhi chiari ma sorrise e, preso il ragazzo sottobraccio, si diresse insieme a lui a cercare gli amici tenendo la testa appoggiata sulla sua spalla.


*


“NON TROVO SALEM!”
“Com’è possibile che quel gatto sia perennemente ovunque tranne che nella sua gabbietta, si può sapere?!”
“Novak, non farmi la predica!”
“Certo che te la faccio, se ci fai perdere la Passaporta per il tuo gatto!”

“Senti, mio zio dice che mia madre perdeva sempre il suo gatto, Darcy, quando andava a scuola, avrò preso da lei, forse è un fattore genetico… ma ora dammi una mano, ti prego!”

Katja sfoggiò un’espressione implorante tale da non lasciare alcuna scelta al fidanzato, che dovette alzare gli occhi al cielo ma a rendersi e annuire, asserendo con un sospiro che l’avrebbe aiutata: disgraziatamente, non riusciva mai a dirle di no.
Katja, per tutta risposta, lo abbracciò stringendolo per la vita ringraziandolo e trillando felice, facendogli alzare gli occhi al cielo una seconda volta: tra lei ed Ivan a cui star dietro persino essere uno studente era diventato un lavoro a tempo pieno.


*


Silvy, seduta vicino al finestrino, teneva il capo appoggiato al vetro ed osservava distrattamente il Lago Nero sparire in lontananza. Erano partiti da poco e nello scompartimento aleggiava un silenzio quasi inusuale mentre tutti erano impegnati, probabilmente, a chiedersi cosa avrebbero fatto a quel punto è se avrebbero sentito o meno la mancanza di Hogwarts.

“Sapete, forse in parte mi dispiace aver passato il nostro ultimo anno altrove… sento quasi di non essermela goduta appieno.”
“Beh, ma se non fossi venuta con noi non avresti conosciuto Ivan, dico bene?”

Sean, seduto accanto all’amica, abbozzò un sorriso e la ragazza annuì, esitando prima di sorridere a sua volta:

“Sì… spero di vederlo presto. Tim, tu quando vedrai Elvira?”
“La prossima settimana viene a trovarmi, non vedo l’ora.” Il Tassorosso sorrise, gli occhi azzurri luccicanti mentre David, seduto tra lui e Julie, sorrideva sollevato: dopo tre settimane passate a sentire l’amico lamentarsi di sentire la mancanza della sorridente e vivace norvegese era un sollievo sapere che l’avrebbe riabbracciata presto.

“Sì, anche io…”
“Hai detto qualcosa Dave?”
“No, nulla.”


“Mi mancherà Hogwarts, e sarà quel che sarà, ma sono felice di tornare a casa, mi manca la mia famiglia… e dovete ammettere che lasciare quel freddo atroce è stato un sollievo!”  Rose, seduta sulle ginocchia di Graham e impegnata a giocherellare con i capelli rossi del ragazzo, accennò una smorfia con le labbra mentre Julie, di fronte a lei, annuiva:
“Poco ma sicuro, e anche alcuni aspetti della loro strana cucina…”
“Bah, e pensare che a sentir loro eravamo noi quelli con pessime tradizioni culinarie, roba da non credere!”

“Già, da matti…” Silvy sorrise mentre tornava a guardare fuori dal finestrino, appoggiò la fronte sul vetro e salutò un’ultima volta il paesaggio che tante volte aveva studiato da una finestra del castello che per sette anni era stata una seconda casa, per lei.
Ripensò alle reazioni schifate di Ivan di fronte alla maggior parte dei piatti britannici che la cucina di Durmstrang aveva proposto nel corso delle settimane e si disse che, infondo, per quanto la cara vecchia Hogwarts le fosse mancata era stata comunque una gran bella esperienza. E aveva dato buoni frutti, sopratutto.

Non sapeva di preciso che cosa l’aspettasse a quel punto, ma di una cosa era sicura: qualunque cosa avesse in serbo per lei il futuro, di certo non sarebbe stata sola ad affrontarlo. Aveva una grande, assurda e caotica famiglia su cui fare affidamento, famiglia che comprendeva ormai anche i Cavendish, e molti amici magnifici accanto.

Che cosa poteva andare storto?











……………………………………………………………………….
Angolo Autrice:

Scusate il ritardo, ho avuto problemi con la rete negli ultimi giorni…
Ci sentiamo domenica con la conclusione, buonanotte e buon sabato!
Signorina Granger 



Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** Epilogo ***


Epilogo 
 
1 Settembre 1963
King’s Cross



Image and video hosting by TinyPic



Sean levò la mano in segno di saluto, sorridendo a Camille un’ultima volta. La sorellina ricambiò il sorriso e il saluto, mandando un bacio al fratello maggiore prima di salire sul treno insieme a Karlos. 

Il ragazzo, che si era diplomato solo qualche settimana prima, guardò l’Espresso per Hogwarts e la calca di studenti e genitori con un po’ di nostalgia: era la prima volta che, trovandosi davanti al Binario 9¾, non si accingeva a partire per la Scozia. Finalmente riusciva a capire la malinconia di cui sua madre e suo padre parlavano sempre. 

Il ragazzo si voltò verso i suoi genitori e nel guardarli un sorriso gli increspò immediatamente le labbra: Charlotte e William si trovavano a qualche metro di distanza da lui e suo padre stringeva la donna con un braccio, la testa vicina a quella della moglie mentre, sfiorandole il braccio con le dita, le diceva qualcosa a bassa voce. Sean guardò sua madre sorridere e poi voltarsi verso il marito per dargli un bacio a fior di labbra e ripensò a tutto quello che genitori e zii vari gli avevano raccontato di loro ai tempi della scuola, quando sembrava si odiassero reciprocamente a morte.

Eppure era stata proprio Hogwarts a farli ritrovare ed innamorare, dieci anni dopo. Sua zia Stephanie era solita asserire, con un sorriso, che si trattasse della magia della scuola che aveva fatto innamorare anche lei e suo marito. 

Sean tornò a guardare il treno e il suo sguardo indugiò su una caotica e numerosa famiglia che stava salutando un ragazzino alto, dai capelli scuri spettinati e il sorriso malandrino. Doveva essere il suo primo anno, a giudicare dal modo in cui sua madre lo stava abbracciando mentre la sua sorellina, una bambina piccola stretta alla gamba del padre, lo guardava con lo stesso sguardo lacrimoso che anni prima Camille gli aveva rivolto. 

“Gracie, James torna presto, adesso però dagli un bacio, su.”

Il padre sorrise dolcemente alla bambina, che tirò su col naso prima di abbracciare il fratello circondandolo a fatica con le braccine per la vita.
La donna, invece, si guardò intorno con la fronte aggrottata e sospirò stancamente quando vide tre bambini, di cui due gemelline e un bambino, sfrecciare a bordo di un carrello.

“RAGAZZI, COSA FATE? Fermi, potresti investire qualcuno o andare a sbattere da qualche parte! E Dante che voleva il sesto, diventerò matta già con cinque!”

Sean trattenne a fatica un sorriso mentre le tre canaglie correvano a nascondersi dietro una coppia che stava salutando un ragazzino biondo del primo anno.

“Zia Ingrid, nascondimi!”

Il bambino abbracciò le gambe della donna e si nascose dietro di lei mentre il marito, scoppiando a ridere, prendeva in braccio una delle pestifere gemelle.

“Phoebe, cosa stai combinando? Farete venire i capelli bianchi prima del tempo alla vostra povera mamma.”
“Niente zio Olly!”




“Mamma, pensi ancora che io fossi una peste ingestibile? … Mamma?”


Sean si voltò verso sua madre e si accorse che Charlotte stava guardando proprio i genitori di quei ragazzini, abbozzando un sorriso e salutandoli quando ricambiarono il suo sguardo.

“Conosci quelle persone?”
“Quando io e tuo padre siamo stati ad Hogwarts per un semestre sono stati nostri allievi. Passa il tempo, eh Will?”
“Sfortunatamente…”

William accennò ad una smorfia con le labbra e la moglie, ridacchiando, gli assicurò che non avesse ancora perso il suo celebre fascino. 
Sean fece per alzare gli occhi al cielo e chiedere ai genitori di farsi le moine altrove quando si sentì prendere sottobraccio da qualcuno e, voltandosi, vide Rose sorridergli allegra:

“Ciao Seannie… Come stai?”
“Ciao Rosie… Ho appena salutato Cami, immagino che anche tu abbia accompagnato Kris e Andrew.”
“Già. È strano restare qui a guardarli partire, non trovi?”

“Molto. Pensa ai nostri genitori, che da anni tornano qui ogni primo settembre per accompagnare i loro figli… chissà, magari tra qualche anno sarà il nostro turno.”

Sean si strinse nelle spalle e sollevò il braccio per salutare Camille quando la vide sporgersi da un finestrino mentre il treno iniziava a muoversi sulle rotaie. 

“Quando ti deciderai a trovarti una ragazza, magari…”
“Rose, non cominciare, ci pensano già mia madre, la tua, zia Adela e zia Aurora. Ci sono già troppe donne nella mia vita…”



“Ciao ragazzi!”  
Vedendo Stephanie e Regan avvicinarsi Charlotte sorrise, salutando i due storici amici con un sorriso:

“Ci stavamo giusto chiedendo dove foste finiti… Sollevati di aver lasciato andare i piccoletti?”
“Da una parte sì, ora in casa saremo molto più tranquilli… Sai quanto li amo, ma gestirli tutti insieme rimane comunque un lavoraccio.”  Stephanie scosse leggermente il capo e sospirò mentre Regan, cingendole le spalle con un braccio, sorrideva:

“Però siamo felici di avere a casa Rose.”
“Per me sarà strano abituarmi a riavere Sean a casa, sicuramente passeremo metà del tempo a litigare…”

“Non fare la finta dura CeCe, ami quel ragazzo da impazzire.”  William sfoggiò un sorrisetto divertito e accennò al primogenito, che a qualche metro di distanza stava parlando con Rose. Charlotte, per tutta risposta, si strinse nelle spalle, parlando con tono piatto.

“Sì, ma meglio che non se ne renda conto tanto in fretta, altrimenti potrebbe capire come raggirarmi.”







…………………………………………………………………………………
Angolo Autrice:

Buongiorno!
Come promesso eccomi, questa volta puntuale, con l’Epilogo.
Ho scelto volutamente di inserire solo Sean e Rose in questo ultimo capitolo e spero che non ve la prendiate, ma l’ho fatto perché i due sono i figli dei protagonisti di Magisterium, Charlotte, Regan e William, e visto che questa come ho già detto è al 99,9% l’ultima storia della serie, nonché l’ultima ambientata in una scuola, ho voluto inserire soltanto loro.
In realtà hanno fatto una breve comparsata alcune altre vecchie conoscenze che suppongo la maggior parte di voi abbia riconosciuto, facendo due calcoli mi sono resa conto che il ’63 è stato il primo anno di James Julius, Jonathan Miller e tutti gli altri protagonisti di Act II e non ho resistito, anche perché i loro genitori sono stati pur sempre OC di Magisterium.

Che dire, come sempre grazie a tutte per aver partecipato e a voi che siete arrivate fino alla fine: Sesilia, Fede, Phebe, Em, Bea, Chauve, Tinkerbell, Mary, Carme, Amilcara, Furia (so che hai cambiato nickname ma per me rimani Furia, scusa XD) e Fiamma. 
Nello specifico vorrei ringraziare le persone che più di due anni fa parteciparono a Magisterium e che sono rimaste con me in queste avventure fino ad oggi, perciò un enorme grazie e un abbraccio a Sesilia, Fede, Bea, Phoebe e Amilcara;
Grazie a Bea e a Mary per il loro shipping compulsivo e in particolare alla prima in quanto mia creatrice di nomi per ship ufficiale; 
Grazie a Phoebe che mi fa sempre ridere e a Furia e Tinkerbell, che con questa storia si sono unite alla “famiglia” di Magisterium. 

Naturalmente ci sentiamo presto con le OS, anche se ho un’ultima domanda per voi: visto che non so proprio da chi cominciare, avete qualche preferenza? Vi prego ditemi di sì perché io davvero non so dove sbattere la testa.

Se non dovessi pubblicare una OS prima, Buon Natale a tutte!
Baci, 
Irene




Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3770479