Dodoria: Il Bello e la Bestia

di Giovievan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Scherno e Compromessi ***
Capitolo 2: *** Foga e Ingegno ***



Capitolo 1
*** Scherno e Compromessi ***


Prima di iniziare
Salve, caro lettore! Grazie per essere qui. 
Prima di iniziare devo precisare che questa storia è uno spin-off della long
Freezer:Origins e si ambienta tra i capitoli 24 e 25.
Quindi, anche se potrebbe esser letta come originale, contiene informazioni (ad esempio sui luoghi d'origine di Zarbon e Dodoria) o riferimenti a fatti passati che ho introdotto nella long e che non risulterebbero comprensibili a una prima lettura, oltre a dare spoiler sui primi capitoli della long.

Se è la mia prima storia che leggete e vi viene la curiosità di "incastrarla" nella storia principale per darvi un contesto e leggerne il continuo, per non spoilerarvi nulla vi consiglio di leggere l'intera serie secondo l'ordine in cui è pensata, partendo dalla long su Freezer che ho già citato.
Buona lettura! 


- G


 
*  *  *

 
Quando quel maledetto di Freezer mi ha detto che sarei dovuto partire assieme a Zarbon per imparare a fare squadra ho pensato stesse scherzando. Insomma, non poteva essere serio. A che sarebbe servito? Alla fine tutto ciò che dobbiamo fare è seguire i suoi ordini, cosa conta se questo signorino mi piace o meno?
A quanto pare no, non scherzava affatto. Ormai è ben chiaro dato che siamo appena sbarcati su Tzareg e Zarbon è di fianco a me, uscito dalla sua Attack Ball che fino all’ultimo ho sperato potesse schiantarsi contro un meteorite.
Inizia ad armeggiare col suo rilevatore senza dire niente e io lo guardo, tutto tirato a lucido, con la sua treccia e quei gioielli che lo fanno sembrare soltanto lo spocchioso principe che forse vorrebbe essere.
So che osservandolo così gli do fastidio e so ancor meglio che sta evitando apposta di guardarmi: devo essere davvero orribile ai suoi occhi, no? Mi viene da ridere. Non sono forse il brutto mostro con cui deve per forza andare d’accordo se vuole continuare a piacere a Freezer? Quest’essere sarebbe capace di vendersi anche l’anima per il potere che Freezer può dargli eppure stavolta mi sembra che, per lui, accontentarlo sia più difficile del previsto. Per me, invece, tutto ciò non è che una noiosa scocciatura.
«Che silenzio. Forse se mi impomatassi un po' sarei di tuo gradimento, principessa?»
Lo vedo arricciare il naso, schifato, e questo non fa altro che farmi divertire. Bene, è sensibile alle provocazioni, d'improvviso si scopre che questa missione non sarà del tutto male.
Non mi parla ancora ma non mi serve che lo faccia.  
«Freezer ci vuole uniti come due amichetti. Forza, vieni a darmi un abbraccio.»
«Smettila» mi dice. Dal suo tono capisco che non deve per niente essere divertito dalla mia simpatia. Mi dà le spalle mentre ancora cerca di settare il suo rilevatore; tanto intelligente e non riesce a far partire nemmeno un apparecchio idiota come quello.
«Pensa a seguire la missione e setta lo scouter, non avrai tempo per farlo in seguito» aggiunge.
Mi stringo nelle spalle ignorando le sue parole.
«Come facciamo a fare amicizia se non mi parli?»
«Non ho alcuna intenzione di stringere un legame con un essere inferiore come te.»
Questo non doveva dirlo, il signorino. Sento i pugni fremere dalla voglia di afferrarlo per quella bella treccia e stracciargliela dalla testa con un solo strappo netto.
«Essere inferiore io! Almeno quando attacco non ho paura di scheggiarmi le unghie.»
Sta sorridendo e io so il perché, e proprio per questo non ho intenzione di lasciargliela passare liscia. Con quell’atteggiamento vuole ricordarmi cose che faccio di tutto per dimenticare e ci riesce bene. La rabbia al pensiero di ciò che accadde nelle prigioni mi divora.
«Non permetterti di prendermi in giro» gli intimo, tentando di mantenere la calma. Sono certo che Freezer non sarebbe contento se lo ammazzassi, voglio cercare di evitarlo almeno adesso, anche se credo non sarà facile se continua a riportare a galla quella storia.
«Hai detto di non essere inferiore, no? Non mi è parso. Tutto qui.»
«Stai cercando di farmi arrabbiare? Non ci riuscirai. Quella volta ti ho lasciato scappare apposta.»
«Come no» stavolta ride sul serio. «Ti avrei stretto la gola contro le sbarre fino a romperti il collo se non mi avessi consegnato le chiavi. Fossi stato io a fare la guardia sarei morto piuttosto che farlo… ma questo Freezer non lo sa, vero? È così preso dalle sue faccende che nemmeno si è preoccupato di chiedere come sia successo. Pensa che sia fuggito con la forza, forse spaccando tutto. Sei salvo solo per questo.»
Stringo i pugni dalla furia. Credo che quello in cui è riuscito ad afferrarmi alle spalle sia stato l’unico momento in cui ho abbassato la guardia e, ovviamente, lui non ci ha pensato due volte prima di sfruttarlo. Non credo che Freezer si arrabbierebbe con me anche se ormai lo scoprisse, ma in ogni caso non voglio che questo bastardo creda di poter avere tra le mani qualcosa con cui ricattarmi.
«Non voglio mai più sentirne parlare» ringhio. «Se non lo fai potrei dimenticare le tue lacrime quando il tuo bel Nemanan saltava in aria. Perché erano lacrime, giusto? Quando ti sei gettato contro il vetro in preda alla disperazione, intendo.»
«Non erano lacrime.»
«Forse ho visto male. Però credo di aver sentito abbastanza bene ciò che dicevi. A chi apparteneva quel nome che sussurravi?»
«Non sussurravo nessun nome.»
«Forse avrò anche sentito male, chissà. In ogni caso sto dimenticando tutto. Vedi di fare lo stesso.»
Il suo rilevatore inizia a bippare prima che lui possa rispondermi. Io mi limito ad accendere il mio: il rapido passaggio dal Primo Ingegnere che ho fatto prima di partire mi ha risparmiato un bel po’ di noia nel settarlo. Forse non è così scontato chi tra noi sia il più intelligente.
Pochi attimi dopo anche sul mio schermo appaiono dei numeri. È stato facile imparare a usare questo aggeggio, il vero problema è il fastidio che mi dà quando lo tengo addosso, ma non posso fare altrimenti. Freezer è stato molto chiaro.
«Andiamo» ordina, e senza attendere altro si alza in volo verso la direzione in cui il rilevatore ci segnala delle presenze in vita. Lo seguo ma prometto a me stesso di ricordargli che non deve mai più osare darmi ordini. Mai!
 
*  *  *
 
Dall’alto riesco finalmente a vedere bene ciò che Freezer ci ha incaricato di prendere. Tzareg è un pianeta arido, dal suolo terroso e spaccato di rilievi taglienti tra le cui pareti si insinuano degli scuri corsi d’acqua. L’aria è limpida ma buia, come credevo: l’unica stella che ho visto quando ero in avvicinamento nell’Attack Ball era ben lontana e sapevo già che non avrebbe potuto illuminare a dovere.
In ogni caso questo è un pianeta che non mi dispiace; forse mi ricorda un po’ Madoria, in effetti.
Madoria. Il solo ricordarne il nome mi riporta indietro nel tempo.
Mi sembra che siano passati secoli dalla mia vecchia vita. Sono passato dall’essere un reietto, uno scarto della società, all’essere l’uomo fidato di un Lord che presto anche grazie a me diventerà il padrone dell’Universo intero. Vorrei che tutta quella feccia che nel tempo ha dubitato di me, mi ha scacciato e mi ha augurato la morte potesse essere qui davanti e vedere dove sono arrivato con la sola forza dell’odio che loro stessi mi hanno creato dentro.
Incredibile, no, brutti bastardi? In fondo vi dovrei un ringraziamento, chi l’avrebbe mai detto.
Osservo le montagne e quasi mi sembra di sentire la puzza di carne bruciata e terrore che impregnava ogni singolo centimetro di Madoria dopo l’arrivo di Freezer. Se chiudo gli occhi posso rivedere chiaramente i corpi dei fuggitivi che crollavano sotto i miei colpi mentre lui, alle mie spalle, mi metteva alla prova.
Credeva che non ci sarei riuscito, forse. Credeva che mi sarei messo a piangere come quell’essere inutile di Zarbon. Invece no: massacrarli a uno a uno mi dava potere, e più ne trucidavo più il mio potere saliva e si accresceva. Questo contava molto di più delle loro insulse vite.
Il solo pensiero mi carica per la missione: non vedo l’ora di conquistare questo inutile posto, tornare da Freezer vittorioso e dimostrargli che sono davvero imbattibile. L’unica seccatura è il dover condividere con questo idiota la mia vittoria.
Atterriamo dove i rilevatori ci segnalano decine di presenze di basso livello. Ci ritroviamo in uno strano villaggio: forse senza indicazioni non lo avrei nemmeno considerato tale.
Siamo in uno spiazzo vuoto al cui centro c’è un mucchietto informe di case ammassate che, se non fossero a punta, potrebbero sembrare eruttate fuori direttamente dal suolo. Non pare che abbiano delle porte ma in compenso hanno decine di finestre scure tutte intorno.
Prima che possa accorgermene vedo Zarbon innalzarsi in volo verso la struttura.  
«Che vorresti fare?» gli domando seguendolo. Non gli permetterò di prendere l’iniziativa: questa missione non fallirà di certo a causa sua.
«Parlare.»
«E a che serve? Radiamo al suolo questo villaggio inutile e passiamo al prossimo.»
Si blocca a mezz’aria guardandomi con noia.
«Se radi al suolo tutto ciò che incontri cosa pensi rimarrà da governare a Lord Freezer?»
«Cosa vuoi che m’importi? Mi ha chiesto di conquistare il pianeta, non ha mai detto di volerci fare un villaggio vacanze.»
Sospira intensamente e ho l'impressione che mi trovi stupido. Il tono con cui parla è quello di chi sta dicendo qualcosa di ovvio che l'altro non riesce a comprendere, ma è lui che non riesce a capire di star perdendo tempo col suo buonismo. Poi, però, ho un'illuminazione: tutto all’improvviso mi è più chiaro.
«Aspetta, aspetta» lo interrompo «Tu hai pietà di questa gente?»
«Pietà? E perché mai?»
«Che ne so? Forse ti ricordano il tuo popolo su quel bel pianeta rosso.»
Ho di nuovo toccato il tasto dolente e questo è ovvio, perché si volta dall'altra parte.
«Non mi ricorda nulla. Ora andiamo a parlare con quella gente prima che io perda la pazienza.»
«Ho indovinato!» lo punzecchio. Se ho trovato una ferita aperta non mi farò di certo sfuggire l'occasione di infilarci dentro l'intero pugno. «Sai, mi sa che uno che prova pietà non è adatto per il lavoro che Freezer vuole darti. Se ogni volta che atterri su un pianeta con il terreno rosso ti ritorna in mente il tuo...»
Alza la testa. È spazientito e si vede, ma non sta più negando ed è già qualcosa.
«Lo hai fatto pure su Vegeta» insisto.
«Mi pare ovvio» ammette, finalmente, ma subito si blocca. «Non so nemmeno perché ti sto ancora parlando. Andiamo.»
Nonostante lui si volti e prosegua io non smetto di insistere.
«Non pensi che possa capire, vero?» mi lascio sfuggire una risata. «Che signorina altezzosa. Ti darei uno schiaffo ma non si toccano le femmine.»
Ringhia dalla rabbia ma non può farci niente. Non può attaccarmi, anche se lo vorrebbe, non può rispondermi perché sa che non ha più modo di farmi arrabbiare. Non fa altro che proseguire, in silenzio ma a pugni stretti, verso l’ammasso di case.
Quando arriviamo più vicino ci accorgiamo che non è vero che quella struttura non ha porte: semplicemente si trovano in alto, come tanti portelli superiori collegati ognuno a una casa diversa. È tutto molto diverso dai villaggi di Madoria dove ogni casa era ben lontana dall'altra. Il solo pensiero di vivere in un posto del genere con i miei simili mi dà la nausea, ma poi ricordo che sono morti tutti e provo un po' di sollievo.
Zarbon si è avvicinato a uno di quei passaggi e sta cercando di attirare l'attenzione di chiunque abiti in quel bozzolo infernale. Picchietta sul portello, che scopriamo essere di vetro e trasparente. Dopo pochi attimi questo si schiude e l'abitante di quella casa ne esce levitando, osservandoci curioso.
«Chi siete?» ci domanda. Osservo il suo cranio grasso incastrato in un corpo tozzo che a stento mi arriva alle ginocchia. Ha quattro occhi, infatti non capisco dove guardare per parlargli, e la sua pelle alla poca luce, potrebbe sembrare verde. Il rilevatore compone il suo verdetto.
Ketfir. Tzare. Livello combattivo: 850.
Patetico.
«Siamo dei soldati» mi precede Zarbon. «Vorremmo parlare con chiunque comandi questo villaggio o meglio, questo pianeta. Abbiamo delle richieste da fare.»
«Soldati?»
L’essere sembra estremamente spaventato da quella parola. Non è escluso che possa conoscere tutte le storie che girano su Freezer, le sue imprese militari o quella leggenda che tramandano su di lui, ma c’è un solo modo per scoprirlo. Ammetto che mi sento molto Freezer in questo momento, anche se non riuscirei mai a essere calmo e diplomatico come lui.
«Siamo gli uomini più potenti di Lord Freezer» gli dico. «Zarbon e Dodoria, forse avrai sentito parlare di noi. E sì, Freezer ci ha incaricati di conquistare questo dannato pianeta. Vorresti, per favore, renderci le cose più semplici?»
«Zarbon e Dodoria…»
Non sembra avere il coraggio di aggiungere nulla. I suoi quattro occhi guizzano a destra e a sinistra, forse sta sperando che nessun altro si faccia vivo e che noi possiamo andarcene se non vediamo nulla di interessante, cosa che tra l’altro accadrebbe se Freezer non mi avesse incaricato di conquistare. Alla fine mi accorgo che centinaia di occhi ci stanno osservando dal basso, attraverso le porte trasparenti. Non so perché ma tutti quegli sguardi addosso mi danno la nausea.
«Voi… voi volete conquistare?»
«Sei sordo o solo stupido?» dico, avanzando verso di lui. Sto per aggiungere altro ma qualcosa mi disturba: una stretta al braccio. Quando abbasso gli occhi vedo proprio ciò che mi aspettavo: la viscida mano azzurra di Zarbon stretta attorno al mio bicipite.
Non ho il tempo di insultarlo come vorrei che apre la bocca.
«Il mio compagno è molto scortese e irruento, come vedete, ma non intendiamo minacciarvi se ci renderete le cose più semplici. Sì, vogliamo conquistare, ma non è una cosa negativa. Hai mai sentito parlare del Potente Freezer?»
Scuote leggermente il capo in segno affermativo, terrorizzato, ma sembra più collaborativo. Per qualche motivo mi pare che l’idea di Zarbon stia funzionando, lo lascio fare.
«Il tiranno» dice l’alieno.
«Preferisce Imperatore» precisa Zarbon. Solo adesso lascia la presa dal mio braccio e non mi sfugge che si pulisca il palmo con cui mi ha toccato sulla battle suit. Schifoso arrogante.
«Se entrerete a far parte del suo dominio sarete protetti da ogni minaccia e l’unico vostro obbligo sarebbe di fornire dei guerrieri per il suo esercito, in segno della vostra fiducia. Per il resto, Lord Freezer si allontanerà considerandovi un suo dominio e voi potrete continuare la vostra vita di sempre, cosa che sicuramente non accadrà se vi rifiutate di collaborare. In quel caso saremo costretti a sottomettervi con la forza. Quindi, mio caro amico, chi è il vostro capo?»
L’alieno non sa che dire.
«Noi non abbiamo un capo» quasi sussurra. «Non ci comanda nessuno.»
«Bene, allora parleremo direttamente con voi del villaggio. Quando vole…»
Si blocca.
In un primo momento penso che sia apparso qualcosa di degno di nota da guardare che gli ha tolto il fiato ma quando mi giro è semplicemente immobile, con lo sguardo che vaga in ogni punto dinnanzi a sé. Solo a un secondo sguardo mi accorgo di un sottile strato di energia dorata che avvolge tutto il suo corpo. Mi pare come se fosse… immobilizzato.
Balzo verso l’alto allontanandomi da lui. Alle nostre spalle c’è un altro alieno molto simile al primo se non per i suoi occhi centrali, piccolissimi e infossati nel cranio. Ciò che mi ha spinto a spostarmi, però, è la certezza che Zarbon sia finito in una sua tecnica: non può essere altrimenti dato che l’essere è fermo in una posa assurda, con la mano stretta in avanti puntata verso di lui.
Il rilevatore bippa rapidamente.
Soialat. Tzare. Livello combattivo 3500.
«Sei davvero un cretino, Ketfir» dice quest’alieno avanzando. È fuoriuscito da un portello alle sue spalle, uno dei tanti, che solo dall’alto riesco a vedere aperto.
«Cosa ci eravamo detti?» continua. «Eri attento durante le riunioni o dormivi, come tuo solito?»
«Cosa ne so?» risponde il primo. «Poteva essere gente perbene. Mica possiamo imprigionare chiunque metta piede sul nostro pianeta.»
«È esattamente ciò che avevamo concordato!» sbraita. «Imprigionare chiunque metta piede sul nostro pianeta! O preferisci che ci sterminino come hanno fatto con tutti gli altri?»
Non riesco davvero a fare null’altro se non ascoltare. Sono allibito; Zarbon tra l’altro continua a non muoversi. Se avevo dei dubbi adesso è ovvio che sia sotto l’effetto di una telecinesi.
«E d’accordo» annuisce il primo. «Poi se Lord Freezer si innervosisce perché abbiamo preso i suoi uomini come la mettiamo?»
L’alieno che ha imprigionato Zarbon ride avvicinandosi a lui e osservandolo da capo a piedi. Poi si volta verso di me: non posso fare a meno di mettermi in guardia all’istante.
«Di certo non ci farà saltare in aria finché abbiamo loro. Possiamo negoziare.»
Adesso sono io a ridere. In barba allo stare all’erta scoppio in una risata clamorosa che rimbomba nell’ambiente tutt’intorno infilandosi tra i monti e rimbalzando contro le pareti rocciose fino a ritornare alle mie orecchie. Il solo pensiero che Freezer possa negoziare con questi esseri, anzi negoziare in generale, è così esilarante che non riesco a trattenermi.
L’essere mi guarda con fare accigliato.
«Che cos’hai da ridere, ciccione?»
Stringo i pugni ma farò finta di non aver sentito l’insulto.
«Se pensate che a Lord Freezer possa fregare qualcosa di noi vi sbagliate di grosso. Il tempo di scoprire che avete fatto resistenza e salteremo in aria tutti assieme! Non è fantastico?»
Mi sembra confuso. Forse non si aspettava una rivelazione del genere, ma ormai non può più tirarsi indietro.
«Sei ancora in tempo per liberarlo e discuterne» lo incalzo indicando il mio sfortunato amico. «Freezer non sa ancora nulla di questo piccolo imprevisto. Potrei esser buono e dire che avete fatto i bravi.»
Gli occhi di Zarbon mi cercano disperatamente e io quasi godo a vederlo annientato in quello stato. Sarebbe quasi la cosa più bella della giornata se non sapessi di rischiare la stessa sorte da un momento all’altro. Ora però sono attento a qualsiasi movimento attorno a me: non mi lascerò sorprendere da una stupida telecinesi.
«Piuttosto ti faccio saltare in aria» nega il nanerottolo. Punta la mano chiusa verso di me, ma io evito l’attacco scansandomi di lato: un sottile raggio d’energia, quasi invisibile, mi sfreccia accanto proprio dov’ero un attimo fa.
Lenti. Questi alieni sono lenti, oltre che inutili e incredibilmente brutti.
«Facciamo un gioco: tu non lasci andare il nemaniano laggiù e io faccio saltare in aria tutte queste orribili case. Che ne dici?»
Per rimarcare il concetto accumulo un po’ di energia. La sento emergere dal petto alla gola che quasi mi brucia per quanto l’aura è intensa; so che devono vederne il bagliore da fuori e mi godo le loro espressioni preoccupate a quella vista, assieme a quelle delle centinaia di occhi che mi osservano dal basso.
L’alieno pare non avere idea di cosa fare. Resta fermo, immobile, poi lentamente il suo petto si gonfia e si sgonfia diverse volte: sembra star respirando profondamente.
«Cosa diamine…»
Accade qualcosa di incredibile. Sbatto le palpebre, senza pensarci, come faccio continuamente in ogni attimo della giornata; di solito non mi sono mai soffermato a rifletterci perché quando le riapro trovo tutto dinnanzi a me così com’era un attimo prima. Stavolta però non è così. Stavolta, quando apro gli occhi, mi ritrovo in una posizione assurda: steso contro il terreno, il viso immerso per metà nella terra rossa, le mani bloccate dietro la schiena.
…stai facendo, vorrei dire, ma non riesco a muovere la bocca. Anzi, non riesco a muovere assolutamente nulla.
Maledizione!

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Capitolo 2
*** Foga e Ingegno ***


Zarbon è accanto a me poco distante nella mia stessa posizione, il viso voltato dal lato opposto; riesco a vedere soltanto la sua treccia che si aggroviglia sul terreno e le mani strette dietro la schiena. Siamo ben lontani dall’ammasso di case che avevamo visitato poco tempo fa, in uno spiazzo aperto tra i monti;. Come diamine ci siamo finiti resta un mistero.
Qualcuno espira rumorosamente come se avesse trattenuto il fiato fin troppo a lungo e dal tono intuisco subito chi sia.
Un’altra tecnica, maledetto!
«Oh, santo cielo» dice, in preda all’affanno, recuperando il fiato che ha evidentemente utilizzato per il suo stupido giochetto. «Era da un po’ che non usavo tutta quest’energia assieme. Parlate, vi sciolgo la testa.»
Fa come ha detto. D’improvviso il torpore che mi avvolgeva il collo svanisce e la mia testa ricade pesante contro il pavimento, battendo gli spuntoni sul terreno e lasciando dei profondi solchi. La alzo per guardarlo: il nanerottolo si è fatto avanti fino a posizionarsi proprio al centro tra me e Zarbon.
«Ti giuro che appena mi libero ti strappo gli occhi dalla faccia e li divoro a due a due» ringhio, ma prima che possa concludere il nemaniano mi interrompe.
«Soialat. È così che ti chiami, no?»
Il nostro amico alieno sembra colto alla sprovvista.
«S… sì?»
«Tu sei il più forte in questo villaggio» continua Zarbon. «Nettamente più forte, in realtà. Nessun altro va oltre il mille, come livello combattivo, mentre tu superi persino il tremila.»
«Cosa stai dicendo?» dice lui, circospetto. Le mani sono ancora piegate e rivolte verso di noi mentre ci tiene immobilizzati nella sua telecinesi.
Zarbon intanto sorride.
«Come vedi non siamo degli sprovveduti. Sei l’unico sul pianeta con una tale potenza o ci sono altri esseri speciali come te?»
Mi chiedo cosa diamine stia dicendo e, soprattutto, perché stia sprecando così tanto fiato invece di liberarsi. Tento di scuotermi dalla barriera che mi circonda: qualcosa scricchiola, sento che non è del tutto salda. Forse se provassi a raccogliere tutta la mia energia…
«Non lo so» ammette lui intanto.
«Come credevo.»
«Cosa dici? Se stai cercando di ingannarmi…»
«Ingannarti? Assolutamente no. Sai perché siamo stati mandati qui?»
«Per conquistare il nostro meraviglioso pianeta» ringhia lui pieno di rancore e io sorrido, dato che meraviglioso è una parola davvero grossa per questa roccia sperduta e arida. Zarbon però scuote il capo.
«No, Soialat. Siamo stati mandati qui perché ci hanno parlato di te: lo Tzare dall’immenso potere che abita queste terre. Speravamo di incontrarti ed eravamo certi che saresti venuto fuori se avessimo minacciato di conquistare il pianeta intero.»
«Di… di me? Chi vi ha parlato di me?»
Già, Zarbon, chi dannazione ci ha mai parlato di lui?
La barriera telecinetica inizia a indebolirsi. Soialat sta tenendo le redini quanto più possibile ma non potrà resistere ancora a lungo: la sua tecnica gli ha tolto parecchia energia, oltre al fiato.
«Le voci corrono, l’Universo è piccolo» dice Zarbon. «Lord Freezer ci ha chiesto di venirti a proporre di entrare tra i suoi uomini. Sta componendo una squadra speciale con i guerrieri più potenti e tu lo sei, con la tua tecnica… cos’è che hai fatto, di preciso? Hai fermato il tempo?»
«Sì» ammette lui. Ora capisco come ha fatto a immobilizzarci in questo stato in così poco tempo: una tecnica del genere era l’unica possibilità che aveva per fregarmi. «Ma non mi imbroglierai con questi stupidi trucchetti. Stai solo tentando di farti liberare!»
«Ovvio. Ma non senza offrirti qualcosa in cambio.»
Nega, si allontana d’un passo. Se Zarbon sta provando a conquistare la sua fiducia non mi pare proprio un ottimo tentativo.
«Se ti libero mi ammazzi in un istante. E se non lo fai tu, lo fa questo qui.»
Mi indica con un cenno del capo. Puoi giurarci, vorrei sputargli contro, ma Zarbon sembra sempre prevedere gli insulti che stanno per uscirmi di bocca perché anche stavolta mi anticipa.
«Lui è soltanto irruento ma in realtà è un fedele servitore di Lord Freezer… non è vero, Dodoria? Uccideresti mai l’oggetto della nostra missione?»
Sento che c’è una sola risposta giusta a questa domanda.
«Certo che no» dico, ma nella mia voce c’è chiaramente una presa in giro che Zarbon tenta di mascherare.
«Ecco. Quindi cosa farai? Ci libererai oppure… oppure cosa, in effetti? Ci terrai bloccati qui in eterno?»
Esita. Il suo tono è incerto, come se in fondo questa situazione vada contro la sua volontà, come se lo avessero coinvolto in qualcosa da cui si sarebbe volentieri tenuto lontano. Sono sicuro che in questo momento preferirebbe trovarsi tra le fiamme degli inferi piuttosto che qui ad avere a che fare con noi.
«Stanno arrivando gli altri capitribù» rivela con un tono che vorrebbe essere minaccioso. «Tra poco sarete ingabbiati e messi in una cella finché non decideremo cosa farne, di voi.»
«Sei ancora in tempo, dunque» lo incalza Zarbon. «Forza, liberaci. Ti prometto che non torceremo un capello né a te né a nessuno dei tuoi simili.»
Non ci posso credere: questo mostriciattolo ci sta riflettendo sul serio. Non ho idea di cosa possa accadere adesso, l’unica cosa certa è che sta abbassando la guardia e questo, assieme al potere che percepisco consumarsi si minuto in minuto, rende la barriera attorno a me sempre più debole.
L’energia che sto richiamando sta per essere abbastanza potente da frantumarla. Mentre la accumulo mi accorgo che il rilevatore sta trasmettendo sul suo schermo due informazioni: innanzitutto delle scarse energie che si avvicinano da ovest in enormi gruppi da centinaia di membri; poi l’aura di Zarbon, che cresce a vista d’occhio. Ciò vuol dire che anche lui sta richiamando energia… il suo piano mi è chiaro d’improvviso. Come ho fatto a non capirlo prima?
Intanto l’alieno continua a riflettere.
«Come faccio a sapere che stai dicendo la verità?»
«Purtroppo dovrai fidarti di me. Ma non è abbastanza, come prova, che già conoscessi il tuo nome e il tuo aspetto? Come avrei fatto a riconoscerti se non mi fossi stato indicato come bersaglio della missione?»
Il signorino sa essere davvero convincente, devo ammetterlo. L’espressione che ha in viso è esattamente la stessa che aveva su Nemanan quando giurava fedeltà ai suoi concittadini prima di tradirli e consegnarli tra le braccia della morte: ora capisco perché Freezer lo ha voluto con sé. È uno spregiudicato, sporco bugiardo.
«Sì…» sussurra lui.
È arrivato il momento e non ho intenzione di attendere un attimo di più. Finalmente tutta la mia energia sovrasta quella che mi teneva imprigionato: la chiamo a raccolta, poi la espando tutt’attorno a me e la barriera telecinetica va in mille pezzi emettendo un profondo boato. L’alieno fa un passo indietro colpito dal rinculo del suo stesso colpo e quasi perde l’equilibrio.
Mi metto in piedi pulendomi il viso dalla terra con un braccio: potermi muovere non mi è mai parso più bello di così. Lo stesso fa Zarbon accanto a me e come credevo mi sembra molto preoccupato per i suoi vestiti e soprattutto per i suoi capelli; vi passa una mano, sciogliendo la treccia e scuotendoli per liberarli dal terriccio rosso.
«Hai impiegato anche troppo» mi rimprovera.
«Io? Non mi pare che tu abbia fatto prima di me.»
«Io ero impegnato a parlare, idiota.» Se prima avevo provato qualche vago sentimento positivo nei suoi confronti adesso ritorna in me prepotente la voglia di malmenarlo. «Tu non dovevi fare altro che liberarti.»
«È ciò che ho fatto, mi pare.»
Ci voltiamo entrambi verso l’alieno che a stento riesce a rimettersi in piedi. Questa tecnica, assieme alla precedente, pare aver prosciugato ogni goccia della sua già scarsa energia. Sembra preoccupato e fa bene a esserlo, anzi, non lo è ancora abbastanza.
Zarbon sorride, crudele. Questa è la sua vera natura e nessun gioiello o sorriso principesco potrà mai nasconderla.
«Peccato che tu non ci abbia liberati sul serio. Oltre ad avere avuto un vantaggio contro i tuoi sporchi simili forse avremmo davvero deciso di risparmiarti la vita, chissà. Dodoria, per cortesia, pensaci tu.»
Non aggiunge altro. Si impegna a dividere i suoi capelli in tre ciocche che intreccia con incredibile cura preoccupandosi che nemmeno un capello risulti fuori posto. Per una volta, tuttavia, un suo ordine non mi fa che piacere.
«Agli ordini, principessa.»
L’alieno trema come una foglia mentre mi avvicino a lui e non ha la forza per opporsi quando lo afferro per il cranio sollevandolo dal suolo. Il suo corpo è inerme, abbandonato, le braccia si alzano a stento e le mani non arrivano a sfiorare le mie.
«Per la cronaca, abbiamo letto il tuo nome sul rilevatore. Se ti sei illuso di avere qualche importanza mi dispiace per te ma no, non sei meno inutile di qualche ora fa. Però adesso non ha più importanza, no?»
Così, a mezz’aria col collo stretto tra le mie dita, non può parlare ed è proprio un peccato, perché la risposta a quella domanda è molto interessante. Per non lasciare nulla di incompreso lo faccio io e non riesco a trattenere le risa.
«No, non ne ha più!»
Finalmente posso sfogare la mia rabbia contro quest’essere. Gli premo le mani contro la testa sentendo il cranio molle scricchiolare e qualcosa all’interno spostarsi. Premo senza pietà, senza fermarmi, finché qualcosa non fa crack e la sua testa si apre in due spaccando la pelle e inondandomi le mani di viscido sangue viola. La sensazione è stata davvero soddisfacente; lo getto a terra, ormai senza vita, pulendomi le mani contro la battle suit e impregnandomela di quello schifoso viscidume.
Zarbon sbuffa.
«Non sai davvero essere più discreto?»
«Taci se non vuoi essere il prossimo» lo rimbecco. Nello stesso istante in cui si lascia ricadere sulla spalla la sua treccia perfetta il rilevatore ci avvisa che le presenze si sono fatte molto vicine. Alzo gli occhi: uno sciame di puntini neri ronza all’orizzonte contro la poca luce che illumina il cielo. Mi sgranchisco le dita e Zarbon fa lo stesso.
«Mezz’ora» scommetto. Lui sorride.
«Un quarto d’ora. Abbondante.»
«Se vinco diremo a Freezer che mi sono liberato all’istante dalla telecinesi di quel parassita.»
«Se perdi invece loderai dinnanzi a lui la mia ottima idea. Vorrei che mi chiamassi l’Ingegnoso Zarbon.»
«Neanche se mi preghi in ginocchio.»
«Non fare il difficile, abbiamo poco tempo. Affare fatto?»
Il solo pensiero di doverlo elogiare dinnanzi a Freezer mi irrita in modo indicibile; farò il possibile affinché ciò non avvenga.
«Affare fatto» accetto. Lo sciame si è interrotto; dinnanzi a noi l’intero orizzonte è oscurato da centinaia di insulsi alieni che hanno intenzione, forse, di attaccarci tutti assieme. Mezz’ora e saranno tutti fuori dai giochi.
 
 *  *  *
 
Dodici minuti. È stato questo il tempo che abbiamo impiegato a disfarci di quasi un migliaio di quegli alieni finché i pochi restanti non hanno deciso di arrendersi e piagnucolare per aver salva la vita.
È assurdo che quasi avessimo ragione quando prendevamo in giro quell’essere chiamato Soialat: il rilevatore continuava a cambiare bersaglio ogni volta che il mio sguardo coglieva un nuovo avversario e la maggior parte di loro non superava il livello mille; qualcuno andava oltre il duemila, solo un paio – che hanno richiesto particolare attenzione – si avvicinavano al cinquemila. Paradossalmente Soialat era sul serio tra i più forti del pianeta. La cosa è ridicola.
Il problema adesso è un altro. Mentre ci dirigiamo in volo verso le nostre astronavi Zarbon se la ride sfregandosi le mani pulite: non ha colpito nessuno neanche con un pugno, si è limitato a usare l’aura da lontano per non sporcarsi le mani. Il suo breve incontro col terreno deve aver irritato abbastanza la sua pelle delicata. Quasi mi viene voglia di spalmargli in faccia le mie mani grondanti sangue violaceo.
«Non vedo l’ora di sentire cosa avrai da dire a Lord Freezer» sorride da infame che è. Lo detesto ma ogni promessa è debito: non credo di avere scelta.
«La prossima volta ti farò ingoiare le tue maledette risate» lo minaccio, ma lui non sembra intimorito dalle mie parole.
«Pensa a elaborare il discorso e non dimenticare l’Ingegnoso Zarbon. Me lo devi, bastardo. È negli accordi.»
Ringhio. Lui sorride.
«Ammettilo, è stata una bella pensata» dice, e sento che nel suo tono stavolta non c’è traccia di scherno. «L’abbiamo tenuto buono. Se avesse deciso di attaccarci mentre eravamo inermi ci avrebbe sicuramente fatto del male e ho l’impressione che se ti avessi lasciato dire anche solo una parola sarebbe finita esattamente così.»
Non posso negarlo. Probabilmente se avessi parlato avrei rovinato tutto.
«Non avrei mai potuto inventare una tale bugia. Insomma… come hai avuto il coraggio di dirgli che abbiamo organizzato questa missione apposta per un essere insulso come lui?»
«Ho trattenuto a stento le risate, infatti.»
Le Attack Balls sorgono in lontananza proprio nella buca sperduta in cui le avevamo lasciate. Pochi attimi dopo siamo pronti a entrare. Ho voglia di staccarmi da faccia il rilevatore ma non oso farlo: Freezer aveva ragione, mi è stato più utile del previsto.
Zarbon si ripulisce la battle suit dalla polvere e apre il portello della sua navetta, ma prima di infilarsi all’interno si volta verso di me e mi sorride.
«Non fraintendermi per la confidenza che ti ho dimostrato: continui a essere un mostro disgustoso. Lascerò credere a Freezer di stimarti, in qualche modo. Tuttavia almeno adesso so che ci si diverte a vedere con quanta malagrazia dilani i corpi degli avversari.
»
«Lieto di averti fatto divertire» lo schernisco mentre entro nella mia navicella. «E tranquillo: il disprezzo è ricambiato.»
«Bene»
Si chiude alle spalle lo sportello e io faccio lo stesso.
Mi ripeto che dovrò avere a che fare con quest’essere in ogni momento della mia esistenza se continuo a lavorare per Freezer, quindi sarà meglio che me lo faccia piacere in qualche modo. In fondo, però, sono costretto ad ammettere che non è tanto male: per quanto possa essere insopportabilmente vanitoso e oltremodo arrogante almeno non è egocentrico in battaglia e sa come uccidere senza fare troppo rumore lasciando a me la scena. Potrebbe essere un buon compagno a patto che tenga la bocca chiusa.
L’Attack Ball si solleva dal suolo senza un rumore, poi sfreccia a gran velocità verso il pianeta Vegeta. Questa missione si è conclusa, la prima di tante che dimostreranno a Freezer quanto io, Dodoria, sia il suo degno braccio destro. E guai a chiunque osi dubitarne.


 
*  *  *
 
Per leggere il continuo della storia dal POV di Freezer vi indirizzo al capitolo 25 di Freezer:Origins (online il 6/06)
Grazie per la lettura! ^_^

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