I Colori Del Buio

di raven rachel roth
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** ~2~ ***
Capitolo 3: *** ~3~ ***
Capitolo 4: *** ~4~ ***
Capitolo 5: *** ~5~ ***
Capitolo 6: *** ~01 Something of bad is being formed~ ***
Capitolo 7: *** ~02 The Haunting~ ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


I Colori Del Buio


PROLOGO

Se siete alla ricerca della tipica storiella sui Teen Titans e sulle coppie più assurde che si possano creare, beh potete anche togliere il disturbo. Protagoniste assolute del mio libro sono le emozioni. Ci saranno anche delle parti romantiche quanto basteranno ma non aspettatevi un libro interamente dedicato a questo. Vi anticipo anche che mi sono ispirata alla serie tv per alcuni capitoli dove potreste trovare alcune similitudini, alcune cose invece sono state stravolte, perché altrimenti dove sarebbe stata la fantasia? Grazie in anticipo e buona lettura.





Avete mai provato ad associare un colore a quell'attimo di follia che scatta talvolta nella mente umana, a quel paesaggio che vi si pone davanti e vi ammalia di particolari o a quella passione suggestiva incosciente ma liberatoria?

Bene, io sì.

Il risultato? Nulla.

Ho sempre visto il tutto attorno a me in bianco e nero, privo di ogni significato ma vivendo una vita all'insegna dell'oscurità sono quasi sicura di aver visto almeno un paio di volte quelle migliaia e migliaia di sfumature vive.

Ho passato il resto della mia vita a rinchiudermi, ad indossare una maschera, a controllarmi, ma ciò che nessuno sa e che solo il mio io interiore conosce, è che mi sono sempre chiesta se un giorno quel mondo sconosciuto e caratteristico popolato dal genere umano mi avrebbe dato la possibilità di provare e conoscere anche io le fantastiche abilità terrestri: le emozioni.

Fermi tutti e niente fraintendimenti, sono umana anch'io e anch'io ho emozioni ma...diciamo che non ho mai potuto provarle e col tempo ho anche dimenticato cosa siano.

Di una cosa però sono fermamente convinta.

Se indossi un colore, indossi un'emozione, se provi un'emozione allora proverai anche un colore.

Difficile da capire, non vi biasimo.

Ora peró sto avendo modo di riscattarmi.

Sto per fare il passo piú grande della mia vita. Da super-eroina diverrò una normale ragazza e mi lascerò tutto alle spalle.

Il passo più grande per essere ... normale ...

Ma partiamo dal principio, sarei cattiva se di punto in bianco vi servirei in tavola la portata principale senza avervi fatto assaggiare prima l'antipasto ... non credete?

Da brava ragazza dovrei dirvi quanto felice e smielata sia stata la mia vita.

Peccato però che così non ci sarebbe alcuna storia.

Nata da madre terrestre e padre demone, fin da piccola sono stata dotata di un particolare cinismo, ma ciò con cui ho dovuto sempre combattere è stato il mio demone interiore, ereditato con "amore" dal caro papà che la vita mi ha generosamente affibbiato.

Mio padre, il "grande e potente Trigon, dominatore di genti, sterminatore di pianeti e tutte quelle cazzate lì..." un demone potente ma condannato al Limbo, tornò sulla Terra dopo che fu rinchiuso nel Tartaro, per "colpa" di mia madre un'adolescente depressa che, innamorata di un gruppo di fanatici del demone, ne rimase coinvolta durante un rito.

Mio padre apparendo a lei in forma umana, la sedusse sposandola e usandola per concepire me.

Padre desideroso di un figlio direte voi, no.

Io ero nei suoi piani fin dall'inizio è vero, ma soltanto perché gli serviva un'erede come portale per arrivare qui sulla Terra.

Quando si rivelò ciò che era a mia madre era troppo tardi ed io ero già un semino.

Capisco che sia difficile da comprendere ma vi basta sapere che un demone ha sedotto mia madre per avere un'erede.

Lei scappò, ed inizialmente tentò di suicidarsi ma venne salvata dai monaci di Azarath che la aiutarono al momento del parto e cambiandole il nome da Angela Roth ad Arella Roth che in azarathiano significa appunto "angelo bianco".

Azarath...magnifica.

Non è una città, è un satellite naturale, come la luna.

Terzo satellite di Giove, dopo Illion e la deceduta Lithia, sulla destra della Via Lattea.

Mia madre venne teletrasportata fin lassù.

Nata su Azarath, e protetta dal re Azar, ne diventai la principessa mentre mia madre la sacerdotessa.

Aveva 19 anni e la sua vita nell'arco di un anno era stata stravolta.

Ho vissuto sotto la sua guida e protezione fino ai miei 10 anni.

Fui allevata da alcuni monaci del tempio, dato che mia madre non si era mai occupata veramente di me, aiutandomi a "controllare" in qualche modo una parte del mio potere e ad usarlo.

In cosa consiste? Avete presente spostare le cose con la forza del pensiero, evocare incantesimi, -non sono una strega- l'ipocinesi e la telecinesi, controllare oggetti e cose del genere?

Ecco quello.

No, non è figo o forte.

È spaventoso e soprattutto devo tenere a bada le mie emozioni.

Non posso esultare, ridere, arrabbiarmi o innamorarmi, sono apatica.

A volte credo anche di non averne ma la verità è che col tempo ho dimenticato ad usarle.

Se rido potrei perdere il controllo della mente, se esulto potrei far fuoriuscire magia nera in quantità industriale e, cosa peggiore di tutte, se mi arrabbio ecco che assumerei subito le forme di mio padre.

Solo che quando mi arrabbio cerco sempre di controllarmi e poi vado in camera mia a meditare. 

Quando mi unii ai Titans avevo quasi 17 anni. Ora ne ho 18 e sono rimasta con loro, la mia vera e unica famiglia. 

Inizialmente era una cosa temporanea, 
dovevo rimanere il tempo necessario per riprendere le forze necessarie dopo il lungo viaggio .

Ero appena scappata da Azarath, perché mia madre mi disse che mio padre era evaso dal Limbo e che progettava di usarmi per l'ennesima volta come portale per arrivare sulla Terra.

Le chiesi il perché della sua preoccupazione dato che fino ad allora aveva sempre fallito ma lei mi disse che adesso aveva un'arma molto più potente ed un nuovo alleato.

Ricevetti le ultime indicazioni, una mappa per arrivare a Jump City, un bacio in fronte e un libro di incantesimi.

Fu l'unica volta in cui quella donna si poté definire "madre".

 

Fino a quel momento avevo studiato tutto ciò che dovevo sapere.

E così partii per la mia destinazione: la Terra.

Arrivata a Ghotam inizialmente mi rivolsi ai Titans East.

Zatanna, un membro del gruppo, trovò in me un'energia negativa e mi rifiutò, ma Aqualad, leader della squadra, mi consigliò di rivolgermi ad un certo Richard Grayson...

...ma adesso, le cose stanno per cambiare.

Ho continui problemi, nausee, insonnie notturne.

Qualcosa di nuovo sta nascendo.

Bello e terribile.

Vedo buia e tempestosa la strada della mia felicità e sento che questo qualcosa la sta allontanando sempre di più da me.

Ma a questo ci arriveremo con il tempo.

Intanto partiamo dal principio, a quando arrivai su questo pianeta...

È passato un anno ma sembra una vita.



Ciao a tutti! 
Non sono un nuovo membro di questo sito ma questa è la prima volta che scrivo qui. 
Sto seguendo il consiglio di una personcina di mia conoscenza che mi ha consigliato di trascrivere la mia "piccola" storiella qui.
Trascrivere perché sono una "scrittrice" su Wattpad ma ultimamente mi si è ripresentato un problema, i lettori della storia talvolta arrivano a non recepire tutti il messaggio. Si soffermano troppo su quei particolari. Non voglio criticare i miei lettori, parte di quel piccolo successo è grazie a loro. Confido però molto in questo sito, dove il pubblico è più "serio".
Non siate troppo crudeli, o vi spedisco da mio padre.
No dai, troppo crudele. Sono ancora immatura, quindi abbiate pietà.
Ora smetto di rompere, spero la storia vi piaccia!
Baci azarathiani da Jump City!





 

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Capitolo 2
*** ~2~ ***


 

~2~




Ero appena arrivata a Gotham City. Ero appena sbarcata in una nuova realtà tuffando mici dentro a capofitto. Tecnologica, nuova, moderna, vivace, caotica. Ci sono tanti aggettivi per descrivere Gotham ma quando la vidi per la prima volta tutto sembrò un immenso insieme di rumori. Si affacciava alla costa limpida dell’Oceano Atlantico, ed era impossibile pensare che quella città così luminosa, nascondeva in realtà tanto dolore.
Non a caso lì viveva da qualche parte il famoso quanto pericoloso Joker. Ad ovest della costa si trovava Jump City, la mia ultima tappa, quasi attaccata a Manhattan.

Quasi mi dispiaceva lasciare Gotham City ma anche lì ero in pericolo, senza protezione e poi, per quanto avessi studiato gli usi terrestri, ero inesperta in quella immensa città.

Rido ancora se penso che mi stavo facendo investire da un camion. Ma è tutto diverso da Azarath.
È un'insieme di colori freddi e bui e sembra di essere in un inverno terrestre.
Azarath ... il satellite naturale di Giove. Quando Aqualad mi accolse, mi aiutò ad ambientarmi perché Zatanna si era rifiutata, non esitando un attimo ad aiutarmi.
Il bello è che ora Zatanna non fa più parte dei Titans East!
È molto dolce Aqualad, mi piacciono i suoi capelli lunghi ed i suoi occhi corvini, ed inoltre sa fare magie stupende con l’acqua. Mi portò in luoghi bellissimi, parlandomi dei Titans East, di come ereditò i super poteri e che aspettava il mio arrivo.

Io, ovviamente volevo sapere che gravi danni che aveva arrecato mio padre e lui,senza scomporsi, mi disse che solo io potevo aiutarli, che ero stata una "salvezza" per loro.

Ho sempre odiato le cose dolci come i complimenti, ma Aqualad riusciva a farmi sentire bene. 
Con lui non avevo problemi e sapeva farmi ridere.

Calma Rachel, non puoi mostrare sentimenti.

-"E quindi sei scappata."- mi disse guardandomi, fermandosi sul marciapiede accanto a me.

-"Sì, ma non è una novità, e poi non lascio nulla d’importante lì."- mi strinsi nelle spalle. –"Non c’era più niente per me ad Azarath. Certo, mi mancheranno mia madre ed Azar, ma sento che comunque venire qui sia stata la scelta giusta."-

-"Ne sono sicuro"- sorrise lui.
 
Guardai l’orizzonte di fronte a me.
 
-"E dimmi, cosa pensi di fare questa notte? Intendi già partire per Jump?"- 
Con quella domanda, Aqualad mi colse alla sprovvista. Fino a quel momento ero rimasta così distratta dalla città che non mi ero nemmeno preoccupata di dove dormire odi come arrivare alla mia ultima destinazione.
-"Veramente pensavo, sì ecco, di partire stanotte per arrivare alla'alba, e magari chiedere."- la mia voce era così falsa ma al momento le idee scarseggiavano.
-"Si vede proprio che non hai mai vissuto qui."- replicò lui, ridacchiando. –"Punto Uno, da qui a Jump ci vogliono due ore e non cinque.
Punto Due, la notte è pericoloso uscire soprattutto per una ragazza inesperta e che non ha il controllo dei suoi poteri. Punto Tre, non vorrai mica volare fino a Jump City, di notte e con una mappa poco visibile! Scusa se te lo dico ma stavi per essere investita da un camion... mentre sarai lì, alla ricerca di edificio che non hai mai visto ne sai esattamente dove si trova, cosa succederà? Finirai direttamente ricoverata in un ospedale?”-

Mi ricordava un padre severo.

Peccato che io non avevo mai avuto un vero padre.
-"Io avrei un'idea migliore, per una notte Zatanna non potrà farti nulla, perciò stanotte rimani alla TE Tower e domani ti accompagnerò io dai Titans."- mi guardava con quegli occhi penetranti e autoritari.

Era davvero la rappresentazione di un uomo maturo e non di un ragazzo adolescente.

-"Grazie."-, mi viene così difficile sorridere perciò abbassai semplicemente il viso.

Quella sera, anche se suscitando il malcontento di Zatanna, Aqualad mi diede una camera dove riposare e delle coperte per il letto.

Anche se non era come Azarath, mi ricordava la calda accoglienza delle monache del santuario.

Mi manca anche adesso Azarath, a distanza di un anno, ma come ho detto, non potrei ritornarci, non c’è più posto per me.

Lontana da mia madre, a cui non riesco a provare rancore.

E mi manca Azar, colui che mi ha veramente voluto bene fino all'ultimo.

-"Sei uguale a tua madre."- mi ripeteva, ed era vero.

Gli stessi occhi grandi e viola, i capelli lisci e scuri, la pelle chiara e le labbra carnose.

Ecco mia madre.

Rimasi a pensare a lei.

Il ricordo della sua voce mi tranquillizzava e così mi addormentai.

La mia prima notte terrestre.




-"Rachel? Rachel? Svegliati, dobbiamo partire."- 
Aprii gli occhi assonnati e riconobbi la voce di Aqualad che mi soffiò il mio nome in fronte.

Per quanto quella stanza fosse piccola, era davvero accogliente e alzarmi costava fatica, ma sapevo che non avevo altre chance.

-"Aw, che ore sono?"- sbadigliai.

-"Le 9:15 a.m., dobbiamo partire per Jump o troveremo traffico."-


Abituata con i calcoli astronomici di un satellite lontanissimo, mi ritrovai con gli orari terrestre parecchio confusi. In genere, ero abbastanza mattiniera, visto che nel collegio di Azarath, di mattina bisognava alzarsi presto per pregare.
 
Immagino fosse anche per il viaggio che mi ha totalmente stordita .
 
Mi resi comunque conto di aver dormito più del solito, i ritmi terrestri mi piacevano!
-"Arrivo, il tempo di sistemarmi."- dissi, alzandomi.

Su Azarath in genere portavo sempre il costume ed il mantello ma sulla Terra dovevo viaggiare in incognito quindi avevo bisogno di vestiti normali.

Fortuna che Aqualad mi aveva portato in vari negozi, comprandomi il necessario.

Dovrò ripagarlo prima o poi.

Credo più poi che prima.

Rovistai fra le buste che mi aveva lasciato sul letto e trovai il necessario: felpa con cappuccio, maglietta a maniche corte e dei semplici short a vita bassa.

Indossai un paio di scarpe sportive nere e mi sistemai i capelli.

L'unica presenza artistica era il teschio grigio al centro della felpa.



Scesi nel parcheggio interno della dimora, insieme ad Aqualad ed entrammo nella sua macchina.
 
Non ero mai salita prima su una di quelle e questa era un’altra cosa che si notò piuttosto bene, visto che per riuscire a capire come mettermi la cintura ci misi un’eternità e per aprire lo sportello stavo per rompere il finestrino…
 
Se non avessi forma umana, la gente mi prenderebbe per un’aliena…
Come previsto verso le 11:00 a.m. arrivammo a quella che non assomigliava per niente a Gotham.

Jump City era molto diversa, le spiagge,le strade, la città ed il centro erano più colorati, ma quello che lasciava stupiti era un'immensa torre a forma di grande T, alta almeno 120 metri, che dominava la città su un isolotto non poco lontano.

La torre era bellissima, con le cornici in alluminio e tutta l'area che fungeva da parete esterna era in vetro. Tattica astuta quella di mettere il vetro a specchio in modo tale da non poter vedere l'interno.

Il davanti dava sulla città mentre alle spalle dell'isolotto vi era il mare azzurro e lucente.

Si respirava un'aria nuova. Fresca, pulita, vitale.

Jump City sembrava magnifica e dannatamente rumorosa.

La classica città americana. Solo più piccola.
-"Bella vero?"- mi domandò Aqualad, notando il mio sguardo stupito.

Annuisco. -"Molto."- risposi con un’espressione strania.

-"In realtà l'interno potrebbe deluderti."-

-"Non credo, è davvero bella."-

-"Bene perché è qui che vivrai!"-

-"Cosa?!"- mi voltai verso di lui, incredula. -"Aqualad sei serio? È stupenda."-

-"Wow sei felice!"- sorride lui.

-"Smettila, sai che è impossibile..."- distolsi lo sguardo, maledicendomi per essermi lasciata trasportare così tanto dall’enfasi.
 
 -“E adesso ‘sta a vedere!”- disse il moro e prima che potessi replicare, toccò piano un masso. Lo mosse lievemente ma in modo che la terra tremò mutando in quella che assomigliava ad una scala sotterranea.
 
Aqualad iniziò a percorrerla e quando lo vide che non lo stavo seguendo disse –“Che aspetti? Non avrai mica paura del buio!”-
 
Così  mi feci coraggio e scesi da quella strana scala fino ad arrivare ad una piattaforma di metallo. Aqualad cliccò qualche tasto, la scala si richiuse e davanti a noi si aprì una galleria lunghissima.
Era meravigliosa, una galleria sottomarina che collegava la Torre dalla terra ferma.
 
E poi tantissimi pesci e vegetazione marina mi circondavano formando un paesaggio davvero suggestivo.
 
-“La scala che hai visto prima può diventare una superficie liscia per quando Robin usa la moto, mentre non preoccuparti dei pesci, loro non possono vederti perché anche i vetri usati per la galleria sono a specchio. Si stanno praticamente specchiando.”- disse Aqualad chiarendomi qualche dubbio, ma alle domande ne presero posto altre.
 
Robin?
 
Arrivammo in una piattaforma come la precedente, con una grande “T” al centro.  Ai lati erano parcheggiati dei strani veicoli simili a quelli di Aqualad. Dovevano essere delle moto o delle macchine. Erano comunque diverse da quelle della città, con forme più strane.
Aqualad premette il pulsante del citofono, una voce metallica parlò. -"Chi è?"-

-"Sono Garth Hyde."-

-"Nome in codice?"-

-"Aqualad dei Titans East."-

-"Accesso consentito. Entrata aperta. Chiusura ascensore tra 30...29...28..."-

-"Dai entriamo!"- mi tirò, strappandomi un verso sorpreso.
Appena le ante si richiusero, l'ascensore prese velocità e dovetti aggrapparmi ad Aqualad per non cadere. In un ascensore di 100 piani, noi eravamo già in cima in meno di tre minuti.
L'agitazione saliva man mano che la cima dell’edificio si avvicinava.
-98-

-"Pronta?"-

-99-

Presi un lungo respiro -"Pronta!"-

-100-

-"Uscire prego."-

E giuro, sul serio, che nulla da quel momento fu come prima.

Ma non ho rimpianti. Anche se tutto ciò è un grande Flashback e le immagini scorrono nella mia mente come tessere di un puzzle.

Se non avessi conosciuto i ragazzi chissà cosa avrei potuto fare, cosa sarei diventata.

È vero le divergenze ci sono state ma sono stati una nuova opportunità.

La mia seconda chance.

E a me, quella seconda chance, serviva, eccome se mi serviva.



Ed eccoci al secondo capitolo! Davvero siete qui per leggere  il mio libro?
Wow...spero verrà apprezzato da molti...
Ma intanto, grazie! 
Ci vediamo fra una settiana con il prossimo capitolo, mi raccomando recensite!

Un saluto!

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Capitolo 3
*** ~3~ ***


~3~


-100-

-"Uscire prego."-

Le porte dell'ascensore si aprirono e Aqualad mi sorrise, l'agitazione era sparita ma ero comunque un po' nervosa.

Un passo dopo l'altro, entrammo insieme nell'ampia stanza salotto-soggiorno-cucina dalle pareti in vetro.

La Mains-Ops-Room. Farebbe da invidia al mondo intero.

Il centro della Tower, il cuore di essa.

Una stanza larga, ampia e non troppo luminosa.

Ricordo che appena entrati, rimasi sconvolta dalla parete in vetro davanti a noi e dal panorama che si ergeva.

Il mare azzurro e illuminato dai raggi del sole che riflettevano sull'acqua e poco più a destra si ergeva la città.
Prima un accenno di spiaggia e poi grandi palazzi giallo ocre, grattacieli che al pari della torre sembravano scatolette di cereali.

Tutti in fila in una vista mozzafiato.

Le pareti sinistra e destra della grande stanza non erano come mi aspettavo, pensavo che si potesse vedere la città da tutti e quattro i lati, invece le due pareti erano rivestite da parti metalliche con dei strani cerchi rossi che pendevano dall'alto.

Alla mia destra, vi era un semplice angolo cucina, con un piano da lavoro distaccato dal muro, con tanto di fornelli e cassetti, e attaccato al muro un’enorme scatola che Aqualad aveva chiamato “frigorifero”.

Alla mia sinistra invece, una strana griglia situata in aria, senza appoggio, che vibrava emettendo dei strani rumori.

Quando mi avvicinai, strani cerchi concentrici si allargarono al mio tocco rivelando una strana sensazione di sollievo.

Sembrava di toccare del cotone bagnato, tanto era soffice.

Una sensazione di stupore mi pervase quando immersi la mano in quel mare virtuale, come per afferrare qualcosa, e ne estrassi un antico libro dalle rifiniture color bronzo.

-“Vedo che hai apprezzato la nostra libreria multimediale. Ѐ un’invenzione del nostro amico Cyborg, in questo modo ottimizziamo meglio lo spazio classificando tutti i libri in nostro possesso. C’è anche una barra di ricerca dove puoi inserire il titolo che cerchi e avere in un lampo il libro fra le mani.”-

Mi voltai verso il mio interlocutore svelando una ragazzo dal costume colorato, alto circa quanto me, con i capelli nerissimi ed una maschera anch’essa nera sugli occhi. Aveva i tratti di un ragazzino, il viso chiaro e le labbra sottili. Non poteva avere più di 17 anni.

-"Robin, quanto tempo!"-

Aqualad diede il cinque al ragazzo e poi lo abbracciò.

Mentre lo faceva, osservai quest’ultimo accennare un sorriso.

Il suo costume aderente e dai colori sgargianti, mi lasciò perplessa: portava una mantella gialla sulle spalle, con una t-shirt rossa a maniche
gialle e dei calzoncini verdi.

Sul petto una spilla a cerchio anch’essa gialla con l'effigie di un “R” nera.

Robin, pettirosso.

Interessante soprannome … che ci fosse un motivo per cui si faceva chiamare così?

-"Aqualad sono felice che tu sia qui.”- disse il ragazzo, per poi osservarmi e sorridermi gentile. -"E immagino che invece tu sia la nostra nuova ospite."-

-"Sì è lei …"- rispose Aqualad al posto mio, per poi sfoggiare uno strano sorriso. -"Carina, vero?"-

Lo guardai malissimo assottigliando gli occhi.

-"Lascialo perdere."- disse ancora Robin, accennando con il capo al Titan dell’Est. -"Gli piace fare lo stupido. Comunque io sono Dick Grayson nonché Robin leader dei Teen Titans. Ѐ un piacere per noi Titans collaborare con te."-

Mi porse una mano. Quel ragazzo dall'espressione coraggiosa e fiera, mi iniziava a piacere. Sembrava molto gentile e caloroso. Doveva dedicare molta serietà al suo lavoro, decisamente un tipo rispettabile.

Non mi parlò del suo ruolo con insolenza né con manie di protagonismo, era un ragazzo che prendeva molto sul serio il suo ruolo.

Pensai che doveva esserci un motivo per il quale metteva anima e corpo in ciò che faceva.

In genere sono una persona fredda e scostante, non mi piace avere troppa gente fra i piedi ed è difficile che provi simpatia per qualcuno.La gente, la società … mi mette a disagio. Relazionarmi con persone troppo “chiacchierone” o “appiccicose” mi da fastidio.Da questo punto di vista, sono un tipo molto solitario, eppure pensai che sarei andata molto d’accordo con lui.

Gli strinsi la mano. -"Piacere. Il mio nome è Raven."-

Mi guardò attentamente e con un'espressione curiosa dipinta sul volto.

-"Hai un nome terrestre ?"- chiese.

-"Sì, Rachel Roth. L'ho preso da mia madre…"-

-"Hai ereditato il cognome Roth da lei?"-
Annuii.

Parlare di mia madre mi metteva a disagio.

-"Quale pensi di usare durante le missioni? Potremmo anche chiamarti con entrambi, se preferisci."-

-"Oh ecco...Raven... sì userò quello. È il nomignolo che mi ha affibbiato quell'essere spregevole. Almeno mi ricorderà chi sono e lo ricorderà a chi mi sta intorno ..."- sorrisi amaramente, abbassando lo sguardo.

-"Oh..."- Robin fece un verso quasi mortificato. -"Mi dispiace...“-

Scossi la testa e cercai di smorzare l’atmosfera imbarazzante che si era creata -"Sta tranquillo, non c’è problema! E poi, vorrei riservare almeno quel che rimane della mia vita privata, come dire … per un discorso di privacy e... Ah! Cos'è quel mostriciattolo!"- quasi urlai saltando addosso ad Aqualad non appena notai uno schifoso e bavoso verme sgusciare fuori all’improvviso da dietro il divano.

Non avevo mai visto nulla del genere, ma era ripugnante e mi fissava con due occhi gialli molto inquietanti!

-"Ecco… lui è Silkie, l'animaletto di Kor'i".- Robin posò una mano dietro al capo, quasi imbarazzato mentre quel mostriciattolo bavoso gli strisciava lungo il braccio-"Tranquilla, è innocuo !Sai, lei è aliena e..."-

-"Hey Robin, hai visto per caso Silk... Hey!"-
Appena mi girai per capire chi avesse parlato, mi ritrovai soffocata in un abbraccio.

-"Tu devi essere la nuova arrivata! Che bello avrò una nuova amica!"- disse , stringendomi con forza.

-"Ehm ... sì c-ciao…"- riuscii a balbettare mentre annaspavo il suo profumo alle fragole.

-"Lieta di fare la tua conoscenza! Io sono Korand'r del pianeta Tamaran. In missione mi chiamano Starfire, ma tu puoi chiamarmi semplicemente Kor'i, sai fra amiche. E tu invece? Da dove vieni? Come ti chiami? Che taglia di reggiseno porti? Eh? Che bello faremo tante cose insieme!"-

Starfire, Stella Rubia.

Come poteva essere così energica? Che avesse bevuto qualche stupefacente?

-"Hey, calma! Mi chiamo Rachel... comunque non penso sia interessante parlare di reggiseni … Ad ogni modo è un piacere fare la tua conoscen…"- provai a formulare imbarazzata, ma la ragazza mi interruppe.

-"Che nome bellissimo! Hai anche un nome da supereroina, o devo trovartene uno io? Vediamo “super-…"-

-"Ehm su, Kor'i calmati..."- Robin era davvero imbarazzato.
-"Ohhh, andiamo! Lo sai che nella mia lingua ci sono un mucchio di nomi stupendi che secondo me potrebbero...”-

-"Mi chiamo Raven!”- la anticipai, prima che le cose si facessero ancora più strane ed imbarazzanti.

Quella ragazza era veramente strana, a parte il fatto dell'aliena, aveva una dolcezza smisurata e un'allegria snervante.
Capelli rossi come il fuoco, degli occhi verdissimi e delle piccole lentiggini appena sulle guance caramello.
Alta, sicuramente più di me, con un bel fisico. Insomma, una piccola modella.

-"Ma che nome grazioso! Ѐ un vero piacere fare la tua conoscenza ma … Robin, dove sono gli altri? Dobbiamo presentare la nostra nuova amica anche a loro! Su Rachel, andiamo a cercarli!"-
Quasi mi strappò il braccio, tirandomi e mettendosi a correre verso il corridoio a destra.

Mi voltai verso Aqualad cercando di sussurrare con le labbra un "aiuto" ma lui mi sorrise rispondendomi "è solo l'inizio".

Passò veloce quella mattinata. Kor'i mi fece vedere la sua camera. Quella di Robin e la sua si trovavano in quel corridoio e accanto un'altra camera, probabilmente di un altro componente.

Erano scure e in metallo e avevano un simbolo inciso su ognuna di esse .Per esempio il simbolo della stanza di Kor’i era una piccola stella, mentre in quella di Robin vi era una “R”. Nella terza porta invece, il disegno di una chiave inglese stilizzata.
Accanto ad ognuna c'era una scatoletta con dentro dei numeri.

-"Quelle che vedi sono le centraline di sicurezza. Ognuno di noi ha creato una password numerica che immette per entrare nella propria camera. In questo modo le porte scorrevoli si aprono solo se il codice è giusto e non c'è il rischio che qualcuno di indesiderato entri. Lo facciamo per privacy ma anche per sicurezza. Abbiamo i sistemi di sicurezza più elevati della città. Se ne occupa personalmente il nostro amico nonché membro dei Titans. Quella è la sua stanza."- spiegò Robin indicando la terza porta con il simbolo di una chiave inglese.

Molta fantasia...davvero... ma ancora avevo conosciuto soltanto Kor'i e Robin, e di come me lo aveva descritto Aqualad, il peggio doveva ancora arrivare.

Dopo avermi strattonata per tutta l'enorme sala centrale chiamata "Mains-Ops-Room", Kor'i decise di farmi vedere finalmente la mia stanza.

Lei e Robin mi accompagnarono verso il lato ovest della torre.

Imboccammo il corridoio a sinistra.

Altri due individui popolavano la torre, ma ancora non li avevo visti perché per pranzo, a quanto capì, sarebbero mancati.


C'erano altre due porte scure e metalliche, con altre due centraline a sinistra di ognuna.

La prima mi incuriosì molto. Era diversa, non aveva un disegno o un simbolo ma dei segni che sembravano provenire da una zampata. Tre linee storte e profonde. La prima e la terza meno lunghe della seconda.

Continuai a guardare quel segno anche dopo che sorpassammo quella porta. Che razza di strano personaggio abitava lì dentro?

-"Rachel, questa è la tua stanza."-

Aprii la porta.

Una grande stanza ampia mi apparve, con le pareti viola e il soffitto nero. C'erano un letto a baldacchino nero, dalle lenzuola blu scuro, un armadio nero, legno gotico, tre mensole grigie appiccicate al muro.

Scura e buia, perfetta per me.

-"Wow, è davvero...bella..."- sospirai entrando.

Feci scivolare le dita sul legno intagliato, percorrendo i vari ghirigori che lo contornavano.

-"Consideralo un regalo da parte nostra."- disse Dick.

-"Bello ma..."- mi bloccai -"come facevate a sapere che amo questi colori?"-

-"Merito mio, gli ho detto io che eri arrivata e che amavi questi colori. Mi è bastato vedere che vestiti hai preferito che ti comprassi. Anfibi."- sorrise facendomi l'occhiolino.

-"Non ringraziarmi, so di averti reso felice."- disse ancora, osservando il mio sguardo stupito.

-"Veramente l'idea è stata mia"- vedere Kor'i sussurrare fu straordinario.

-"Diciamo che l'abbiamo realizzata tutti insieme."- concluse Robin.

-"Ma in appena due giorni...come avete fatto?"-

In fondo solo con il tipo di magia che possedevo io si poteva realizzare una cosa simile e a quanto ne sapevo io ero l'unica in questa galassia ad utilizzare il teletrasporto materiale.

-"Ci hanno aiutati gli altri due. Come ti ho detto prima uno si è occupato di progettare tutto, degli impianti e degli infissi metallici, io di montare i mobili, Kor'i di verniciare la stanza e di scegliere colori e oggetti da arredamento in modo tale da avere tutto in ordine e soprattutto “con stile” e..."-

-"Ma i mobili li avete comprati e sistemati voi?"- lo interruppi.

-"Ci stavo arrivando, i mobili li ha intagliati a mano l'altro nostro amico. Infine li ha sistemati montati quì dentro."- finì di spiegare tutto Robin.

-"No, davvero ragazzi è stupenda, grazie"- non potei che sorridere debolmente.

-"Hey si sta facendo ora di pranzo, Aqualad vuoi rimanere? Cucinerò una specialità in onore della nostra nuova amica! Che ne dite? Su Tamaran come rito di iniziazione, si mangiano le larve di farfalla sono ottime e poi..."- disse Kor'i uscendo di corsa verso la Mains-Ops-Room.

-"Kor'i, Kor'i cara, non credo sia un buon modo per accogliere la nostra amica, e poi l'ultima volta che hai cucinato abbiamo dovuto chiamare i pompieri."- la fermò il ragazzino.

Assurdo, dei supereroi che hanno bisogno dei pompieri. Rido ancora per la cosa.

Io e Aqualad ci guardammo per un secondo trattenendo un sorriso andando anche noi.

-"Tranquilli non badate a me, qualsiasi cosa va bene."- era così imbarazzante.

-"Invece io ordinerei cibo cinese, meglio non appesantirci."- senza fermarsi Robin afferrò uno strano disco nero dai contorni gialli e dal disegno di una T al centro.

Il perché ordinasse cibo cinese in America me lo chiedo ancora.

-"Noi andiamo sul divano, ho davvero voglia di parlare con te e di conoscerti meglio."- finalmente la rossa aveva deciso di controllarsi.

Attraversammo di nuovo il corridoio destro ritrovandoci di nuovo nella "Mains-Ops-Room" noi volando seguite da Dick e a Garth che camminavano parlottando tra loro.

Scendemmo la scaletta e ci sedemmo al centro della stanza sul divano scuro.

-"Allora come mai sei arrivata quí?"- mi guardó Starfire.

Mi strinsi nelle spalle. -"Beh ecco, come già saprete sono la figlia di un demone, Trigon. Vedi sono dovuta scappare. Mio padre è evaso da poco dal Limbo e ha cercato di invadere da subito Azarath, il pianeta da cui provengo per cercarmi e usarmi.” - sospirai, ripensando a quel gran bastardo di mio padre.
-"Per fortuna sono scappata e mi avete accolta. Ma al momento non sono tranquilla, ho paura di non rivedere più Azarath. Non so cosa sia diventata adesso o se esista ancora. Prima di partire mi hanno detto di rivolgermi a voi. Quello che vi chiedo è di farmi entrare nel vostro gruppo come membro attivo e di aiutarmi a battere definitivamente mio padre."- dissi, cercando di convincerla a non aver paura di me.


Ero pur sempre un demone...

-"Capisco. 'Sta tranquilla. Sono sicura ti piacerà stare qui con noi, sai i ragazzi sono molto accoglienti. Ti avverto all'inizio sembreranno un po' rozzi specie uno di loro. A volte gli capita una brutta giornata e diventa insopportabile. Comunque non preoccuparti, anche per me all'inizio è stato difficile."- sorrise abbassando lo sguardo.

-"Cosa, davvero? Anche tu sei arrivata dopo? Pensavo aveste fondato tutti insieme i Teen Titans!"- dissi sorpresa.
-"Oh no, in realtà i fondatori sono stati Robin, un nostro amico e Donna Troy. Io e l'altro ragazzo che veniva dalla Doom Patrol, un'altra squadra da circo, ci siamo aggiunti dopo. Se penso a quando sono arrivata, rido ancora!"- rise.

-"Come mai?"-

-"Vedi anch'io sono scappata da un pianeta come te. Solo che mentre tu appartieni ai Pianeti Terrestri, io appartengo ai Pianeti Solari. Tamaran per la precisione è il quarto satellite planetario del Sole. Io sono seconda di tre figli. Siamo mia sorella maggiore Komand'r, io Korand'r e mio fratello minore Ryan.”- dapprima sorridente, la ragazza iniziò ad incupirsi e il sorriso le scomparve.

-“Un giorno il secondo satellite planetario, Citadel, dopo anni di tentativi riuscì ad invadere il mio pianeta prendendomi come riscatto per la libertà del mio popolo. Sei anni. Sei maledettissimi anni trattata da schiava. Nel peggiore dei modi. Ma ciò che ti scioccherà arriva adesso: dietro ciò c'era mia sorella.”- fece una pausa e si strinse nelle spalle inarcando le sopracciglia.

-“Su Tamaran una delle capacità naturali è il volo, simbolo di forza, difesa e libertà. Lei invece era nata con una rarissima malattia che non le permetteva di volare e rendendola una reietta all'interno della società. Non avrebbe mai potuto regnare perché il popolo non avrebbe mai permesso che una ragazza che non simboleggiasse appunto quelle tre ideologie, salisse al trono. Che messaggio avrebbe portato?”- mi guardò con i suoi occhi color smeraldo e notai un velo trasparente ingrigirsi sopra le palpebre.

-“Fu così che tradì Tamaran e lo vendette a Citadel. Ma un giorno, e lo ricorderò per sempre te lo assicuro, mentre trovai una scappatoia per fuggire via, lei cercò di fermarmi e di dirmi che era dispiaciuta, che mi voleva bene. Tutte balle. Era solo un trucco. Sapeva che di lì a poco sarebbero arrivati un gruppo di scienziati del gruppo degli invasori pronti a formare una rivoluzione. Lavoravano ad un progetto: trasformare la popolazione.”- iniziò a solcarle il volto una lacrima.

Vederla piangere, provocò una morsa al mio cuore di pietra.

Anche se odio mostrarmi così emotiva, non riesco a non celare il fatto che vedere piangere Starfire è una delle mie debolezze.

-“Caddi nella sua trappola e lei con me. Ci catturarono per i loro esperimenti. Modificarono il nostro corpo tanto da arrivare a conquistare un nuovo potere: emettere raggi solari e laser. Lei sapeva tutto. Lo aveva fatto di proposito per avere finalmente la capacità di volare. Ci chiamarono rispettivamente Starfire e Blackfire.
Ora credo sia diventata la nuova sovrana. Non sono sicura. So solo che si fa chiamare Amalia, il resto è un mistero."-

Rimasi di stucco. Dietro la sua voglia di vivere si celava tanto dolore. Come faceva a mostrarsi così felice? A nascondere il suo passato? Insomma io mi lamento sempre di mio padre e non perdo tempo ad infangarlo quando si parla di lui. Anche lei faceva così? Pensai che probabilmente preferisse mostrarsi felice.

In quel momento mi ripromisi che mai in futuro avrei fatto piangere Kor’i.

-"Mi dispiace..."- chinai il capo, sentendomi sinceramente così.

-"Oh su! L'avrò raccontata milioni di volte.”- sorrise asciugandosi gli occhi, anche se sembrava quasi che si stesse sforzando per farlo. Si capiva che lo diceva solo per tirarmi su di morale. -"La cosa che fa più ridere è che quando arrivai ero inesperta e per poco non incenerii il passante di turno."- rise. -"Che stupido non sapeva dirmi dove potevo comprare dei “Lombrichi azzurri”. Avevo tanta fame e lui mi prese per pazza. I primi tempi mi presero come modella, poi conobbi Robin che mi addestrò ed entrai a far parte del gruppo!”-

Per tutto il tempo aveva usato un tono di voce allegro e squillante, quello a cui ormai mi ero abituata, ma sapevo che anche se rideva aveva una voglia matta di piangere.

L'abbracciai, strappandole un verso sorpreso. Mi venne quasi da pensare che la sua mania di stritolare le persone in quei suoi abbracci non fosse altro che un modo per compensare la carenza di affetto che per anni aveva ricevuto.

Doveva essere stata dura, per lei.

Mi sentii improvvisamente sollevata del fatto che Kor’i ora fosse lì, al sicuro in quella torre.

Non sono mai stata un tipo da abbracci, ma in quel momento mi sembrava la cosa più ovvia da fare. E, in un certo senso, questa cosa mi fece sentire molto, molto bene.



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Ma... hey gente! Che ci fate qui?
Davvero state leggendo il mio piccoletto?
Aww grazie!
Ma torniamo normali, questa volta ho preso più tempo e temo sarà sempre così in quanto la mia simpatica storia su Wattpad era ridota proprio male!
Spero ad ogni modo che vi piaccia anche questo capitolo, in cui iniziamo a conoscere i Titans. Ma ricordate gente: siamo ancora al prologo!
Bene io vi saluto e vado da Malchior.
Dalla vostra super-eroina, baci azarathiani!

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Capitolo 4
*** ~4~ ***


~4~




-"Sai non sei l'unica ad essere sola… mio padre, ha deciso fin dall'inizio il mio destino. Mi ha sempre dato il tormento e ricordato quanto fossi distruttiva. Una volta, mentre giocavo con Azar , nel castello, ebbi una visione dove mio padre rideva e mi parlava

 "Sei solo un portale di transizione, grazie a te arriverò alla Terra. Non potrai scapparmi Raven, mai"
 
Ogni tanto ripenso a quel ricordo che non mi ha mai abbandonato, soprattutto di notte..."- dissi sorridendo amaramente al ricordo.

-"E come fai a non pensarci? Non hai paura? Non ti senti sola?"- mi guardò con ammirazione e stupore.

-"Beh faccio qualcosa che mi piace o cerco di calmarmi. Per esempio inizio a meditare e mi concentro sul mio io interiore. Ѐ diventata ormai un’abitudine per
recuperare quel po’ di buon senso, mette a tacere tutte le vocine nella mia testa."- constatai fissando il vuoto.
 
(Come se per lei meditare bastasse... e comunque tutte tranne me!)
 
-"A me piace fare shopping, andare in centro, al teatro, al cinema e in discoteca...può andar bene? Sì insomma, mi piace uscire, sfogarmi divertendomi!”-
Scoppiammo a ridere e d’un tratto gli occhi le s’illuminarono -“Idea! Questo pomeriggio ti porto con me così rinnovi un po' il guardaroba! Dai è fantastico girovagare per negozi come “Tiffany's Shoes”, “Fantastic gir”' per non parlare di “For...”- iniziò a parlare a raffica dicendo strani nomi.
 
Ed eccola lì, Starfire dei famosi  Teen Titans, Koriand'r erede al trono di Tamaran. Kor'i Anderson per ogni comune terrestre e, molto più semplicemente “Kory” per noi.

Era tornata come prima come se non avessimo mai avuto quella conversazione. Mi aveva precedentemente raccontato che quando aveva iniziato la carriera di modella, aveva usato il cognome Anderson.

"Finto o falso che si"- aveva detto-"non ha importanza." Ormai faceva parte di lei. Lo aveva sentito nominare da qualcuno per le strade di Jump City, e da allora se n’era appropriata.
 
-"Non vorrei deluderti ma non amo molto lo shopping e poi io uso sempre il mio costume."- risposi ovvia.

Come farle capire che non amavo particolarmente uscire?

-"Eh no! non accetto rifiuti! Finalmente posso uscire con una ragazza che non sia Bumble Bee. Non ho nulla contro di lei, ma ha dei gusti...orribili! E poi pensa a quando camminerai per la città! Indosseresti solo il tuo costume, è troppo facile riconoscerti."- disse sicura di se.

Kor'i sa essere davvero convincente, saranno gli occhioni, sarà per il suo faccino delicato ma riesce sempre a farsi dire di sì.
Non riuscii a rinunciare.

-"Ok verrò, ma solo perché mi sento in colpa per il discorso di poco fa..."- sospirai.

Ed ecco che sorrise a trentadue denti.

-"Secondo te che staranno combinando quei due?"- chiesi cambiando discorso.

-"Se conosco Robin, gli starà mostrando qualche tecnica di combattimento, dimenticandosi di ordinare il pranzo."- mi rispose la mia nuova amica.

-"Interessante … andiamo a vedere?"- domandai.

-“Sì!"- rispose.          
 
 

-"Così quando sta per attaccare, velocemente lo colpisci al ginocchio o al braccio. In questo modo è più facile contrattaccare subito dopo, avendo un leggero vantaggio."- disse Dick mostrando le mosse di combattimento.

-"Beh sì, anche se devi essere fortunato a centrare il punto esatto …”- disse annuendo Garth.

-"Non è questione di fortuna, ma di impegno e tanto duro lavoro. "- disse sorridendo Robin.

L’impegno che dedica ai suoi allenamenti è invidiabile …
Tuttavia non resistetti a sferrare anche io qualche colpo.
 
Corsi velocemente e mi alzai in aria facendo una capriola per superare Aqualad davanti a me. Atterrai sul piede sinistro dandomi uno slancio e sferrai un calcio roteando col destro ma Robin davanti a me, fece un passo indietreggiando e afferrandomi il piede. Sbilanciata, volai all’indietro e Robin, mollando la presa, venne lanciato via. Con i riflessi pronti atterrò.
 
-"Oddio Raven … mi hai spaventato!"- disse Aqualad evidentemente scosso dal mio arrivo.

-"Non ringraziatemi. È stato un piacere."- dissi inarcando il sopracciglio e ghignando.
 
Intanto la ragazzina mi guardava stupita.

-"Ragazza, dove hai imparato quelle mosse ?"- disse Kor'i sorridendo -"... sei anche meglio di Robin!"-

-“Diciamo che ho ricevuto un’educazione particolare …”- dissi ricordandomi i duri addestramenti dei ragazzini per prendere parte ad una sorta di esercito difensivo di Azarath, in cui mi imbucavo.

Robin rise -“Sì è brava … ma deve allenarsi, si vede che non riesce a prevedere le mosse avversarie.”-

-“Pff, sbruffone!”- e scoppiarono a ridere.
 
-"Ma voi non avete sentito il campanello suonare?"- disse Kor'i.

-"Il fattorino del ristorante cinese! "- esclamò Robin correndo in cucina.

-"Veramente io non ho sentito niente…"- dissi in totale sincerità.

-"Lo so era per smuoverlo. Dimentica sempre tutto quando si sta allenando."- disse Kor'i.

 
-"Come ti trovi qui Rachel? Ti piace la città?"- mi chiese speranzosa la rossa rigirando una strana forchetta argentata.

(In seguito avrei appreso che non era argento ma semplice acciaio come il resto delle posate. Io ero abituata con posate di legno! Erano buffe!)

Dopo avermi accolta, Robin si tolse la maschera.

Non riuscivo a smettere di guardare i suoi grandi occhi azzurri e profondi. Quasi mi incantai a guardarli, tanto erano belli. Sembrava di annegare dentro quegli occhi.

-"Bene, non pensavo che la vita sulla Terra fosse così simile ad Azarath! Sì, insomma, è quasi tutto diverso, ma è bello dopotutto qui, avete molte abitudini in comune."- spiegai.

-"Oh, che bello! Sono felice che tu ti stia trovando bene, anche se ancora hai tanto da vedere!"- disse Kor'i.

-“Bis?"- chiese Robin.

-"No grazie, comunque complimenti. Non sapevo esistessero cose del genere."- ammisi posando il bicchiere.

-"Rachel,vuoi venire in camera mia a cambiarti o preferisci rimanere così?"- chiese la rossa.

Mi guardai un attimo. Ero ancora in shorts e felpa.

-"Preferirei cambiarmi e indossare il mio costume..."- le risposi.

-"Certo, seguimi! Aqualad, Robin, potete aspettarci qui per favore? Dopo ho in mente una cosa."- disse Kor'i facendo l'occhiolino.

-"Sì, certo."- sorrise Aqualad.
 
Seguii Kor'i verso la sua femminile quanto diabetica cameretta. Come faceva a respirare con tutto quel rosa?

-"Eccoci, accomodati pure!”-

-"Ehm, hai un camerino?"- che idiota, come se nelle stanze ci fossero camerini!

-"Puoi metterti dietro quel separé, c'è anche uno sgabello."- mi guardò come fosse la cosa più ovvia del mondo.

Come non detto.

Mi misi dietro l'oltragioso separé rosa e tolsi le scarpe. Sfilai la maglietta e gli shorts. Dopo essermi tolta anche l'intimo, presi la busta con il mio costume.
Lo adoravo, né troppo aderente, né troppo largo e assomigliava molto ad uno di quei costumi da nuoto esposti nella vetrina di un negozio dove eravamo andati con Aqualad. Di un blu scuro misterioso, di cui andavo fiera. Al centro delle pietre rosso rubino incastonate nella cintura oro e terminavano le maniche del body due polsiere dal taglio a “V”, anch’esse con una pietra rossa incastonata
Infine indossai gli stivaletti scuri.

Ora non mancava che lui, la mia corazza, il mio guscio di tessuto che mi proteggeva dal resto del mondo esterno e che non lasciava spazio alle emozioni.
Alzai il cappuccio, chiusi con la spilla rossa, e feci ricadere il lungo mantello blu dalle mie spalle, giù, giù, fino al pavimento.

-"Sei pronta? Sono impaziente di vederti, dai!"- una voce molto femminile ruppe il silenzio.

-"Sì, eccomi... quindi, come ti sembra?"- chiesi, con una strana incertezza.

-"...Wow! Ti sta molto bene! È semplicemente perfetto per te... ma..."- si bloccò

Poco lunatica lei …

-"Ma?"- la incitai a finire la frase.

-"Ma...non è un po' ...scuro? Cioè è perfetto, ma un colore più acceso? Potrei cucirtelo io! Che ne dici? Rosa? E poi...p..."- ripartì in quarta.

-"Ti prego calmati!"- la bloccai.

Si fermò di colpo a guardarmi. Era dolce il suo modo di preoccuparsi anche se un po’ infantile, di certo non comunque cattivo.

-"Ehm okay... comunque cosa ne pensi del mio?"-  chiese facendo una giravolta. 

La squadrai per bene, non mi ero accorta si fosse cambiata.

La ragazza dai capelli rossi indossava un costume molto aderente e succinto, quasi piccolo per le sue forme. Aveva un top lilla e argento con una spaccatura al centro del seno, con uno strano collare argento attaccato al top, e con una pietra verde smeraldo al centro. Più giù, una gonnellina molto corta sempre dei medesimi colori e ai piedi due stivali lunghi grigio freddo.
 
Le stava davvero bene, con quel viola intenso che si abbinava perfettamente al verde degli occhi e con le bordature argentata che mettevano in risalto la carnagione abbronzata.

-"Ti sta molto bene!"- affermai.

-"Sì, ma cred-..."- ma venne bloccata.

-"Kor’i! I ragazzi sono tornati …!"-la voce di Robin tuonò in tutta la T Tower.


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Dunque, eccomi qua.
Che dire?Non ho scusanti. 
Posso solo essere onesta perciò non scriverò futili giustificazioni e scuse. Non sarebbe giusto.
E so anche che non ve ne fregherà molto ma almeno lasciatemi ammettere le mie colpe.
Non è un bel periodo, come per tutti d'altronde. La difficoltà di sedersi ed isolarsi rimurginando sulle parole adatte non è proprio bassa, specie quando si ha il blocco dello scrittore.
Sì sì, lo so che può capitare a tutti.
Purtroppo sto affrontando un periodo di tristezza interiore e di continui litigi col mondo esterno. Non ho comunque smesso di pensare al mio libro e spero di finire tutto il prologo entro luglio. 
Non sono qui per vittimismo, sono qui per essere onesta. 
A breve il quinto capitolo.
Un abbraccio dalla vostra demone
.

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Capitolo 5
*** ~5~ ***


~5~



-"KOR'I I RAGAZZI SONO TORNATI! "- la voce di Robin tuonò in tutta la T Tower.
 
-"Sentito? Sono arrivati i ragazzi, dai che te li faccio conoscere!"- disse la rossa strattonandomi.
 
A volte mi chiedo come una ragazza così esile e minuta riesca a strattonarmi e a farmi davvero male, eppure ha un'aria così innocua e all'apparenza fragile...
 
Mi tirò fino all'ingresso della Main-Ops-Room, da dove fino a qualche ora prima avevo fatto la mia comparsa. I click e i rumori dei circuiti echeggiavano nell'enorme stanza deserta.
 
-"Ma dove sono?"- chiesi guardando Robin.
 
-"Nell'ascensore, stanno salendo."- disse monitorando l'enorme data-base della torre.
 
La squadra era al completo, i componenti erano 4 ed ora c'ero anch'io.
 
E c'ero dentro fino al collo.
Simpatici o meno mi sarei dovuta adeguare e avrei dovuto accettarli. Infondo erano loro a darmi una casa, un rifugio ed io ero solo debitrice.
 
Una nuova sensazione si fece spazio tra il cuore e le costole salendo sempre più.
 
Arrivò alla testa ed io inconsapevole avvertii un forte dolore.
 
Mi sedetti sul divano ad aspettare impaziente cercando un po' di tranquillità.
 
Era così strano.
 
La stessa sensazione che avevo provato io prima, quella roba che loro chiamavano ansia.
 
La mia mente iniziò a vagare, immaginando chi di lì a qualche minuto sarebbe sbucato fuori dall'ascensore.
 
Dovevano essere per forza due ragazzi, anche perché Starfire aveva detto di essere l'unica femmina.
 
-"Non hanno problemi, deformazioni o cose del genere vero?"- chiesi.
 
-"Niente che tu non abbia già visto e nulla di scandalizzante."- disse Dick.
 
-"Tutto bene?"- disse porgendomi un bicchiere d'acqua-"Sappi che non c'è nulla di cui aver paura, è gente apposto."- disse una vocina zuccherosa alle mie spalle.
 
La faceva facile lei.
 
Bevvi un sorso.
 
-"Sì è solo che..."- dissi ma venni subito interrotta.
 
-"Eccoli!"-si girò Robin.
 
Mi alzai in piedi e mi avvicinai all'ascensore.
 
Le ante dell'ascensore si aprirono e la voce metallica squarciò il silenzio che si era creato.
 
-"Uscire prego."-
 
Due ragazzi giovani sbucarono fuori.
 
Il primo sembrava proprio un uomo, dalla pelle scura e il corpo in metallo.
 
Sì aveva il corpo in metallo, un vero robot.
 
Alto almeno due metri e con le spalle larghe. Il viso era umano in parte, aveva un occhio sinistro bionico, di un rosso rubino e la parte del capo sinistra era interamente fasciata dal metallo metallo. Sulle braccia s'intravedevano vari circuiti, bottoni e il tutto lo faceva apparire come uno di quegli animali corazzati.
 
Lo guardai per un po', rimanendo impressionata da tutti quei muscoli di ferro e acciaio, ma ciò che provocò più la mia mente e che, anche se non lo dissi, mi fece più..
 
.. ribrezzo? Scandalo? Paura? No..
 
Anzi, attirò più la mia attenzione, fu il ragazzo accanto a lui.
 
Era un normale ragazzo di 17 anni, forse un po' basso, ma comunque con qualche centimetro in più di me, con un costume più a muta aderente, nero sulle maniche corte e sugli shorts e viola acceso sul busto, per essere un ragazzo mostrava bene i muscoli.
 
L'unica cosa a separare il costume unico era una cintura grigia e con uno stemma giusto all'altezza dell'ombelico.
 
Scarpe sportive, guanti grigi, e allora cosa mi spaventò?
 
Un ragazzo dai lineamenti pressoché belli
 
Beh il ragazzo era... verde...
 
Il suo viso, le braccia, i capelli, la sua pelle era verde!
 
Ero rimasta ad osservarlo ed esitai quando lui incrociò il mio sguardo. Mi sentivo in imbarazzo e a disagio, insomma, sono il tipo di persona che non si impressiona verso il diverso eppure non riuscivo a distogliere quell'attenzione inquieta.
 
Il ragazzo comunque non si era lasciato trasportare dal mio disagio, doveva esserci abituato, e sposto lo sguardo apatico.
 
Per un istante i suoi occhi tornarono a fissarmi per controllare se avessi distolto la mia attenzione e notai che erano d'un verde intenso ma diverso da quello vivo di Star, Spento, trascurato, vissuto. Come se un tempo quegli occhi avevano vissuto le più folli avventure ma adesso, provati, si erano persi.
 
Ma si accorse che lo stavo ancora fissando e inizio a irrigidirsi e dall'angolo delle labbra sottili spuntò un canino affilato simile a quello di un lupo. Il naso dritto e all'insù inspirava ed espirava l'aria rumorosamente e le sopracciglia folte e non curato si incurvarono in un'espressione infastidita. Aveva gli zigomi perfettamente delineati e le guance scavate con qualche cicatrice qua e là. Non avrei saputo dire se quel volto era bello o brutto, quel colore così evidente mi impediva un giudizio.
 
Poi Kor'i, notando le frecciatine non molto positive, ruppe il silenzio imbarazzante.
 
-"Bene ragazzi, finalmente siete arrivati!"- disse sorridendo.
 
-"Già, al negozio di videogiochi c'era un po' di fila e abbiamo ritardato ma..."- il verde si fermò guardando Garth -"...lui?"-
 
Sembrava insoddisfatto della sua presenza.
 
-"Se hai qualche problema dillo piccolo sgorbio!"- gli si avvicinò Aqualad.
 
-"Sì ho problemi. Uno di questi? Non ti sopporto proprio perciò fila via da casa mia!"-
 
L'aria era diventata pesante, Aqualad mi aveva dimostrato un atteggiamento composto e maturo ma in quel momento, lui e il verde sembravano due bambini che lottavano per un pugno di caramelle.
 
-"Forza goblin, vediamo, se non me ne vado cosa fai?"- disse duro Aqualad.
 
-"Di sicuro avrai un culo rotto dopo che il mio piede ti sferrerà un calcio, uomo pescie!"-
 
Se fossimo stati in un fumetto, gli autori avrebbero disegnato tanti piccoli fulmini sopra le loro teste.
 
-"Idiota, si dice pesce e non "pescie"!Impara a parlare prima di aprire bocca!"-
 
-"Adesso basta tutti e due! Potete evitare di uccidervi davanti alla nostra nuova amica?- si mise in mezzo Robin.
 
-"Già Beast, smettila, anche perché penserà troppo presto quanto idiota tu sia."- disse l'uomo di latta ridendo
 
-"D'accordo ma noi due faremo i conti più tardi."- disse il ragazzo lanciandogli un'occhiata di sfida.
 
-"Non preoccuparti Rachel, questi due sono sempre un po' in competizione ma nulla di che, sai, quando la competitività è alta..."- rise Dick.
 
In quel momento fui sotto gli occhi di tutto. Odio stare al centro dell'attenzione.
 
I loro sguardi rivolti su di me, compreso Aqualad che non aveva ancora visto il mio costume, erano come miliardi di di katane fiammanti pronte a trapassarti le carni.
 
Mi squadrarono da capo a piedi e il ragazzo con le protesi di metallo mi sorrise.
 
-"Dunque, mi chiamo Rachel. Rachel Roth. Ho sedici anni e vengo dal Azarath il terzo satellite naturale di Giove. Il nome in codice che userò è semplicemente Raven. In realtà è il mio vero nome, quello scelto da mio padre, ma preferisco fare onore a mia madre e portare il suo cognome, pertanto preferirei che a casa mi chiamaste così."- sproloquiai lentamente.
 
Il ragazzo scuro mi sorrise.
 
-"Come già vi avranno accennato, sono la primogenita di Trigon e di una terrestre, e sono qui per chiedervi di aiutarmi a fermarlo. Voglio usare i miei poteri ,maledetti per natura, per aiutare la gente e tenerla al sicuro da quel mostro."- dissi decisa stringendo i pugni.
 
-"Piacere io sono Victor Stone, puoi chiamarmi tranquillamente Cyborg, anche perché il mio passato l'ho cancellato completamente. Sono felice di accoglierti qui con noi e per favore,visto che prima mi sembravi un po' a disagio, non lasciarti intimorire da quest'armatura. Il passato mi ha cambiato traumaticamente ma mi ha dato la possibilità di diventare un eroe."- mi sorrise dolcemente.
 
-"E questo sgorbietto qui..."- rise-" è la persona più simpatica di questo mondo. Lo odierai come non mai, soprattutto per la sua linguaccia. Ma credimi, nonostante tutto, è un vero amico."- gli diede una pacca sulla spalla facendomi l'occhiolino.
 
-"Grazie amico...stronzo... Comunque io sono Garfield Mark Logan , il mio nome in codice è Beast Boy e mi piace il tofu."- sorrise in modo sghembo.
 
Ero rimasta un po' spiazzata per il fatto del tofu, evidentemente voleva darsi un'aria comica...
 
-"Oh...ehm...piacere..."- gli allungai la mano.
 
Vedevo che continuava a sorridere insensatamente e mentre mi allungava la mano lo iniziai a guardare interrogativa.
 
Gli presi la mano per stringerla e il duo sorriso si trasformò in un ghigno.
 
Stavo per chiedergli il perché del suo comportamento quando qualcosa di estremamente viscido entrò in contatto con la mia pelle. Impallidii e per poco non mi misi a gridare disgustata.
 
Staccai subito la presa e con orrore mi fissai la mano schifata.
 
-"Ma che cos...che roba è?!"- gli urlai.
 
E giù a ridere.
 
Fissai i ragazzi inorridita dallo strano personaggio verde mentre Cyborg si avvicinava a tentoni prendendolo per le orecchie.
 
-"Ti avevo detto di non farlo!"- lo sgridò mentre Dick gli si avventava minaccioso.
 
-"Che idiota, sei proprio un bambino!"- disse Kor'i.
 
-"Stavolta lo disintegro quel vermiciattolo!"- sbraitò Dick-"Di' un po', ti pare il momento?!"-
 
E mentre i due litigavano Kor'i corse verso di me mentre io in preda al panico mostravo le mie più orribili smorfie di disgusto. Ero più che disgustata, quel gesto così idiota mi aveva fatto capire che era il cretino del gruppo e che non saremmo andati d'accordo. Al contrario, intuivo di avere una certa affinità con Robin. Seri, composti, professionali.
 
-"Ma che schifo è'?!"- le dissi alzando la voce.
 
Presa com'ero non ho neanche pensato a fare un incantesimo per pulirmi.
 
-"Su su, tranquilla!"- mi consolò la rossa fiammeggiante.
 
Guardai lo sgorbietto ripensando allo scherzo di cattivo gusto che mi aveva tirato e al palloncino ormai scoppio e sporco della stesa sostanza viscida.
 
Già lo odiavo.
 
L'agitazione si trasformò di colpo in nervosismo e con la stessa mano sporca di chissà quale marmaglia lo sollevai in aria dicendo -"Azarath Metrion Zinthos!"-.
 
Sotto gli occhi sorpresi di tutti, Garfield si ritrovò appiccicato alla parete in vetro ricoperto del suo stesso scherzo. Gli avevo fatto fare un volo di venticinque metri scaraventandolo addosso al muro e facendogli sbattere la schiena.
 
-"Ma che...?"- sbottò impaurito.
 
-"Coglione!"- risposi incrociando le spalle.
 
Sul suo viso comparve un'espressione di stupore e paura.
 
-"Mi-mi-mi faresti scendere...?"- disse piagnucolando.
 
Che bambino!
 
-"Eddai era solo uno scherzo!"-
 
Con un gesto improvviso lo mollai dalla presa e cadde per terra.
 
-"Non mi piacciono gli scherzi."-
 
Sbuffando se ne andò in camera ed io mi allarmai ricordando la camera accanto alla mia...
 
"No, no, no, no!" pensai.
 
Era la sua e ciò significava che dovevo averlo anche come vicino.
 
Mi guardarono tutti e imbarazzata provai a scusarmi per il gesto di prima.
 
-"Ecco io..."-
 
-"Io non ti conosco, ma sei una grande. Ti adoro Rachel, hai carattere ragazza!"- mi batté il cinque Cyborg.
 
Sorrisi alzando il cappuccio per non farmi vedere.
 
Mi guardai le mani pulite. Gli avevo trasferito la strana mucosa dal colore giallastro e dall'odore dolce e caramellato.
 
Sei proprio stupida! Soprattutto per esserti agitata inutilmente!
 
Cosa ne sapevo io su che cos'era quella roba!
 
Andiamo, faceva un buon odore ed era anche invitante perché farne una tragedia!
 
Ti ripeto che non sapevo ancora cos'era!
 
Idiota, davvero!
 
Lo spavento che presi quando Starfire mi mise lo strano barattolo davanti...
 
E tutto questo per del miele!
 
Potresti anche smetterla di prendermi in giro!
 
Ora eravamo al completo, i famigerati Teen Titans.
 
"Robin, Starfire, Cyborg e Beast Boy accolgono un nuovo membro, la potente Raven!"
 
Mi immaginai già su una testata giornalistica con in primo piano la mia foto ma giudicando da idioti quel pensiero me ne andai in camera a riposare.
 

 

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Capitolo 6
*** ~01 Something of bad is being formed~ ***


CHAPTER I


Something of bad is being formed.


 
Sono cambiate molte cose dal mio arrivo in questa squadra. Sono subentrate così tante vite che nemmeno io stessa con la previsione del futuro avrei potuto immaginare. Per prima cosa è cambiato il mio stile di vita, la mia routine quotidiana. Lavoro costantemente e duramente ogni giorno ma in modo diverso. Dedico meno tempo alla meditazione, a leggere, a parlare con Malchior. Le mie priorità sono cambiate. Attenzione, faccio comunque queste cose, solo che adesso sono più hobby per il mio scarso tempo libero.

Robin mi ha preso a cuore dal primo momento, abbiamo un legame speciale, sembra quasi il fratello che non ho mai avuto. Ha perso i genitori da piccolo, è un orfano e anche io a volte mi sono sentita a modo mio orfana. Mi capisce. Ci alleniamo ogni giorno all’alba e al tramonto. È molto atletico e agile, e spesso nelle lotte, è lui ad avere la meglio. Mi racconta che l’agilità l’ha sempre avuta ma le sue doti fisiche sono frutto del duro lavoro di anni. I suoi sono morti per colpa di mafioso italo-americano e a volte mi chiedo se si sia buttato a capofitto in questa carriera per vendetta più che per senso del dovere, ma indirettamente, lui stesso ha smentito questa cosa.

“Rachel, se uccidi il tuo avversario, anche se lui ha ucciso e lo fai per una buona causa, cosa ti rende diverso da lui? È questo il sottile confine fra eroe e cattivo.”
 
Ho inciso nella mente questa frase come base del mio autocontrollo. 

Grazie alla sua saggezza e alle sue strabilianti doti di leader sono migliorata di molto sul lavoro e sui miei rapporti. Siamo due cuori solitari, preferiamo la tranquillità. Non abbiamo bisogno di parole per dirci cosa non va. Se dovesse accadermi qualcosa all’umore durante una di quelle nostre lotte segrete al mattino, lui saprebbe già cosa non va. Non direbbe parole a sproposito. Mi farebbe un cenno per avere il mio assenso e parlerebbe schiettamente sul da farsi.

Ho imparato a sopportare l’umore e l’eccesso di felicità di Starfire, anche se i nostri caratteri sono molto diversi siamo le uniche ragazze del gruppo e abbiamo una certa complicità. Anche lei dal canto suo ha imparato molto di me. Per esempio, dato che non amo particolarmente lo shopping sfrenato e le cose eccentriche, quindi mi chiede di uscire solo una volta la settimana. Non è stupida, per niente. Anzi a volte mi stupisce per qualche frase o piccolo discorso che fa. Essendo di un altro pianeta, è piuttosto ingenua riguardo le cose terrestri ma in compenso ha un grande cuore e qualche volta le insegno io tramite i miei libri, qualcosa. Purtroppo ha la maledetta abitudine di chiamarmi “Rae”, ed io odio quel nomignolo, ma ci ho fatto l’abitudine.

Rae, avrei potuto schiacciare il mondo con un dito. Non ne avrei tratto nulla. Ho preferito incassare e alla fine ho ricevuto come in dono una famiglia.”
 
Mi sono approcciata alla scienza, alla meccanica, alla matematica tramite Cyborg, e in particolare all’astronomia. È un tipo affettuoso diversamente da come appare, ma il suo affetto non si basa sugli abbracci o le coccole, ma sulla stima che prova nei miei confronti. In realtà dovrebbe essere lui lo stimato della situazione per la grande forza che ha avuto quando, vittima di un incidente in cui ha perso gran parte del corpo umano che venne sostituito da protesi robotiche, ha ricominciato a vivere. Condivido con lui il cielo di notte e talvolta si aggiunge anche Kor’i. Ha creato un telescopio elettronico capace di ampliare la vista verso le stelle di 100.000 volte quella normale.

Hey Roth, tu hai qualcosa dentro di te di potente. Io ce l’ho all’esterno. Spetta a noi saper dosare questa potenza. Il 100% del nostro potere distrugge, il 5% no. Trattieniti dal dare il massimo perché puoi sempre migliorarti, tu sei forte ragazza.”

Infine mi sono approcciata al rock, ai film vecchi e alla fotografia. Coltivo queste piccole passioni in segreto anche perché non ho trovato qualcun altro nel gruppo con gusti malinconici e cupi quanto i miei. Allo stesso Beast Boy piacciono cose diverse tipo i fumetti o i cartoni. Ecco, con lui non ho mai avuto alcun tipo di rapporto al di fuori del lavoro. Non lo conosco e non fosse per i videogame a cui si dedica con Cy nella Main-Room o alle raccolte colorate sparse nel corridoio. Non conosco la sua storia, ho provato a chiedere qualcosa ai ragazzi ma l’unico a sapermi rispondere è stato sempre Cyborg che mi ha risposto in modo vago. Alla fine ho lasciato perdere in quanto non sono fatti miei.

Dal canto mio ho provato inutilmente a interessarmi e alla fine mi sono rassegnata. Dal canto suo, a parte gli scherzi per darmi fastidio, non ha mai provato a parlarmi o a mostrare il minimo interesse. Mi sembra più un estraneo e non conoscendolo ai miei occhi appare immaturo e un po’ maleducato.

Avremo mai un dialogo?

Tu però ti mostri sempre nervosa e irritata con lui.

Non è colpa mia se i suoi atteggiamenti sciocchi mi innervosiscono. Io ho bisogno di concentrarmi nelle missioni e lui invece mi distrae.

Lasciatelo dire, sembri avere il ciclo perenne.

Ad ogni modo, essendo passato un anno dal mio arrivo, adesso lavoro attivamente ai quotidiani problemi della città. Problemi non alla portata di normali esseri umani, dal momento che ultimamente collaboriamo molto più spesso con la polizia.

Quello di cui ci stiamo occupando adesso, è un caso strano. Da qualche settimana a questa parte, in vari punti della città si stanno manifestando strani incendi, omicidi e addirittura, qualche giorno fa, un attentato che ha coinvolto quattro persone in un parco non molto distante da qui. Le vittime e i feriti sono per lo più persone adulte e dalle ferite e dai lividi presenti, l’autopsia ha rilasciato che i carnefici non adoperano alcun tipo di armi. Le ferite sembravano più causate, per il tipo e per la potenza, da esseri simili alle belve. Graffi, morsi, addirittura segni di soffocamento. Ho visto scene di violenza contro esseri umani da far concorrenza a mio padre. Ferite così agghiaccianti che qualche volta ho perfino rimesso. Il nostro amico, si sta dando da fare.

Come un animale antropomorfo.

A quel punto la questura ci ha lasciato carta bianca.
Robin ed io ci stiamo scervellando per capire cosa stia succedendo e come faccia l’assalitore ad agire così velocemente. Perfino il mio teletrasporto non riesce a cogliere in pieno questo dannato mostro. È una lotta contro il tempo per arrestare questa carneficina. E stranamente, le ferite inflitte ai sopravvissuti sono per me incurabili.

Stamattina mi sono alzata più presto del solito. Ho iniziato da sola ad allenarmi. Voglio essere pronta per quando affronterò questo bestione.

Le vittime non sembrano ricordare nulla dell’accaduto e non ci sono testimoni. E sì, ho cercato in lungo e in largo ma in questa assurda storia mancano i testimoni.
I primi avvenimenti sono stati in luoghi appartati mentre nell’ultimo, in quello del parco, la zona era stata inizialmente evacuata perché agli occhi di tutti era sembrato un disastroso incendio nel centro della zona.
Fuoco. Ma cosa c’entra il fuoco in tutto ciò? Non è stato trovato alcun materiale capace di creare un incendio e i giardini del parco non sono stati bruciati anche se la fiamma, a detta di tutti, era immensa.

Purtroppo, una parte di me sa chi può aver creato quell’orrore, ma non vuole ammetterlo.

“Mari-Anne Smith, cinquantatré anni, impiegata all’ufficio postale di Jump City, sposata e con tre figli. Nessun precedente penale, nessun affare illegale.

Morta alle 16:38 per sgozzamento in un incrocio in periferia della città. Le sue tre ferite dal diametro di sette millimetri e dalla lunghezza la prima di sette centimetri, la seconda di tredici e terza di sei erano approssimativamente all’altezza del collo partono dalla superficie cervicale e proseguono obliquamente fino alla clavicola. Era in macchina al momento della morte in quanto era andata a trovare i genitori nella villeggiatura lì vicina.

I coniugi Warz, quarantacinque e quarantatré anni, sposati da sei, caucasici, entrambi direttori di un negozio sportivo sulla decima e la undicesima strada di Jump City, nessun precedente penale per entrambi o affare illegale. Lei incinta di 4 mesi.

Morti alle 21.45, dissanguati dalle ferite da taglio simili alla precedente, lui alle costole e alle spalle, lei al ventre, nel vicolo appena dietro il negozio mentre tornavano a casa dal lavoro.

Jaxon Peterson, Fred Bayley e Craig Bennett, di ventisei, venticinque e ventidue anni, studenti e amici dell’Università di Scienze Politiche di Jump City, il primo di origini svedesi, gli altri cittadini americani, nessun precedente penale e entrambi con voti altissimi.

Morti alle 06:15 nel parcheggio della scuola, dissanguati a seguito dell’amputazione degli arti non ritrovati. Feriti come i precedenti…”

Più leggo, più resto inorridita da tale violenza e questi non sono né i primi, né gli ultimi crimini elencati nella cartelletta azzurra inviata dalla scientifica di Ghotam.
Sì perché, questa situazione ha allarmato talmente tanto, che si stanno smuovendo forze superiori, almeno per una volta.
È proprio perché le notizie sono arrivate pure a Ghotam e nelle grandi città come New York, dove il tasso di criminalità è elevatissimo, che ci tocca affrettare le ricerche e catturare il prima possibile questo misterioso super cattivo. Se qualche criminale alla portata di Batman, molto più violento e pericoloso, dovesse avere la malpensante idea d’allearsi con costui, sarebbe un grosso problema.

I luoghi circostanti alle catastrofi sono cosparsi di sangue e sembrano sopravvissuti ad un tornado.

La sala attrezzi al momento vuota, si colora un poco delle prime luci del mattino filtrate dalle pareti in vetro e il grigio delle macchine in metallo si attenua dei candidi pastello.

Oggi la giornata sembra luminosa. Tira un venticello leggero, capace appena di spingere le onde del mare alla riva.

Richiudo e poso la cartelletta.

La grande sala offre i marchingegni più strani, simbolo dell’abilità straordinaria di Cyborg.
Vi sono anche vari tipi di armi incastrate alle pareti, accostati agli strani dinosauri meccanici. Il pavimento è rivestito di gomma per attenuare eventuali cadute e dal soffitto pendono nastri, corde con nodi e corde con manici.
Se non fosse per le varie tecnologie e per le pazzie del nostro meccanico, sembrerebbe la palestra più varia del mondo.

Dopo essermi riscaldata con alcuni esercizi decido di allenare la difesa, perciò avvio una delle macchine

Questa qui, spara delle lamette simili a coltelli da cucina ma molto affilati. In totale sono centoquattordici, sferrati in un lasso di tempo che va dal secondo al singolo centesimo di secondo e con uno spazio temporale l’uno dall’altro non definito. Il mio tempo record è stato di quindici centesimi secondo, ciò vuol dire che sono riuscita a schivare coltelli lanciati a quella velocità.

Avvio la macchina regolando la velocità e mi metto a circa sei, sette metri di distanza da essa.

Quelle persone non avevano niente in comune.

Davanti a me, la macchina inizia a sparare a casaccio i coltelli.

I giorni delle morti sono del tutto casuali e privi di connessione. Tutto sembra fatto improvvisamente e a caso.

Volo a destra e a sinistra e con il mio potere faccio lievitare i coltelli vicini buttandoli lontano da me. Aumenta la velocità.

L’unico elemento sono i luoghi. Che il nostro amico non voglia essere intralciato?

Aumento il ritmo. Le lamette colpiscono la parete alle mie spalle di gomma rinforzata appositamente a trattenerli.
Salto ondeggiando in aria, poi, incrociando delle braccia, creo piccoli scudi circolari viola in modo da proteggermi.

O forse non vuole essere visto, ciò spiegherebbe la perdita di memoria da parte dei feriti.

Le braccia e le gambe si muovono velocemente. Mancano gli ultimi ventuno colpi.
Creo una bolla per inglobarne un po’, che lascio poi fluttuare altrove mentre, senza smettere di schivare, la macchina esaurisce le lamette e si arresta.

-“Li hai evitati tutti?”-

-“Uhmn? Ah, già. Sto aumentando la velocità, voglio portarla almeno a cinque centesimi.”-

-“E a quanto stai?”-

-“Tredici circa.”-

Il moro dai capelli spettinati si avvicina.

-“Hai già fatto la sessione completa?”-

-“Qualcosa sì, il riscaldamento. Piuttosto, mentre ti aspettavo, ho letto quella cartelletta.”-

-“Assurdo eh? Sto provando a capirci qualcosa ma non trovo altre risposte se non…”-

-“No. Ci deve essere un’altra spiegazione.”- affermo stringendo i pugni. Stamattina sono più energica del solito, che sia stato il caffè?

-“Lo speriamo tutti Rachel… ma infondo è già passato un anno. Sapevi anche tu che prima o poi...”-

-“Non trovo il collegamento con le vittime.”- taglio corto.

È un’affermazione abbastanza stupida da fare. Quando hai a che fare con qualcuno di mostruoso che ha sete di sangue non c’è un collegamento con le vittime. Non c’è da pensare, c’è solo da agire.

Mi passo una mano fra i capelli corti e violacei e sospiro.

Il mio amico indica con lo sguardo l’area rettangolare al centro della sala. Faccio cenno di sì e ci avviciniamo.

-“Sicura di non essere stanca?”-

-“Taci.”- gli rispondo sorridendo leggermente.
 
Infondo, con lui posso permettermelo.

Io e Robin iniziamo il nostro combattimento “amichevole”.

 

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Capitolo 7
*** ~02 The Haunting~ ***



CAPITOLO II

 
The Haunting
<"Come on in, boy," said the skeletons
sitting by her closet door
Dirty secrets, empty memories,
and broken hearts across the floor…>
 
La mattinata scorre monotona e tranquilla. L’allarme tace.

Qualche volta, egoisticamente e con una vena di perfidia, desidero che si metta a gridare disperatamente in modo da obbligarci a precipitarci fuori. Leggere è interessante, ti permette di apprendere, conoscere e rilassarti allo stesso tempo, ma quando stai lì, a riflettere per ore sullo stesso argomento, col cervello esausto e l’animo martoriato dai movimenti rumorosi e dagli sghignazzi impertinenti dei tuoi coinquilini, ecco, quando convivi con delle persone, simpaticissime per carità, ma turbolente, vorresti solo che quel maledetto aggeggio suoni per catapultarti fuori e sfogare le tue emozioni represse.

La repressione… la madre di tutte le cattive emozioni.

Altre volte invece, quando sto approfondendo concetti insieme a Malchior, mi viene quasi la necessità di frantumarlo in mille pezzi e farlo tacere per sempre in modo da poter discutere tranquillamente e senza interruzioni perché suona sempre a sproposito.

Oggi penso sia più propensa a pregare l’allarme di suonare.

Al momento, sto fluttuando davanti alla parete in vetro della torre con un libro di poesie fra le mani.
Da quando ho scoperto questo autore, ho capito che ho una propensione verso i libri crudi che ti servono la realtà per com’è e anzi, te la sputano pure citando i peggiori lati negativi.
Come può un libro di poesie essere così pessimista e spesso scurrile?
Beh, semplicemente sono io a trovare estremamente poetica la disperazione umana.

Il paesaggio, con questo sole scarno perché coperto da nuvole e quel mare che avanza a fatica, mi sembra così finto e macchinato, come se si muovesse secondo un codice robotico prescritto.

I ragazzi che corrono scambiando la Mains-Room per un campo da rugby stanno mettendo a dura prova il mio auto-controllo. Cosa mi trattiene dal prenderli e scaraventarli fuori da questa torre?
Me lo chiedo anche io.
Tranquillo, non lo farò. Ho una cosa chiamata “buon senso”, che di certo non sei tu.
Mi rassegno a sopportare i miei amici quando, forse per compassione o forse per coincidenza, un suono emerge dai fischi e dagli schiamazzi. Un suono impertinente e ripetitivo.

-“Merda, proprio mentre stavo per batterti!”- dice Beast Boy al robot umano.

-“TITANS GO!”- all’urlo di battaglia poso frettolosamente il libro sul divano e Robin imbraccia il suo casco mentre gli altri entrano nell’ascensore lasciando perdere i loro intrattenimenti.

Corriamo nei sotterranei.

Devo nascondere questo fremito. È lavoro Rachel.
Com’è, prima fai tutta “professionalità sul lavoro di qua, professionalità di là” e poi ti dai alla pazza gioia?
Non mi sto dando alla pazza gioia, anzi, qualcuno al momento potrebbe rischiare la vita quindi c’è poco da gioire.
Reprimo queste lucciole contrastanti e mi alzo in volo.

Dietro di me ci sono Cyborg sorretto da Starfire e Beast Boy trasformato in un piccolo uccello. Preferisce mantenere forme non troppo impegnative prima di uno scontro, più grande è l’animale e più velocemente si stanca.
Sotto di me, Robin sta sfrecciando con la sua moto.
Il verde avanza velocemente verso una centralina e inserendo un codice ci apre l’ingresso del tunnel sottomarino.
-“Cyborg, detta le coordinate!”- urla Robin dal basso.
Dal braccio meccanico appare una mappa sotto-forma di ologramma che segna il punto critico della città.
Stiamo andando verso il centro.

Una serie di grattacieli ci fanno incontro.

-“Dev’essere qui.”- afferma l’uomo di latta.
Siamo ad uno degli incroci principali della città ma non c’è nessun mostro.
-“Ma siete sicuri che sia...”- un urlo interrompe il ragazzo-meraviglia.
-“MAMMAAA!”-

È un bambino in lacrime ad urlare, avrà pressappoco sette anni e sta singhiozzando e urlando come un dannato.
Star si precipita verso il bambino per consolarlo e chiedergli cosa abbia ma lui non smette di gridare e indica con la manina un punto in alto.

La gente accorre in massa e iniziano tutti a urlare.
-“SI FERMI! LA PREGO SI FERMI!”-
-“Ma cosa…?!”- le parole mi muoiono in gola quando, seguendo con lo sguardo il punto indicato, noto una donna sopra il cornicione del grattacielo difronte a noi.
Tutti le urlano di non buttarsi e c’è perfino chi ha la faccia tosta di registrare ciò col telefonino.

-“La prendo io!”- Starfire prova a spingere verso l’interno la donna ma un’onda elettrica proveniente da essa la spazza via.
Eppure la donna non si è mossa.
-“STAR!”- Robin e la sua moto vanno in soccorso dell’aliena.

Possibile che dobbiamo faticare in cinque per prenderla?!

-“Vediamo di finirla in fretta!”-volo fino al tetto e mi avvento sulla figura.
-“Azarath Metrion ZINTHOS!”- faccio lievitare la donna per riportarla giù, la tengo stretta e avvolta dalla mia aura nera.
Inaspettatamente, mentre sono in volo per scendere, sento un formicolio alle mani sempre più forte che inizia a bruciare e la magia si interrompe. Urlo in preda al dolore, provo rievocare l’incantesimo ma quell’ondata velenosa ha bloccato i miei poteri.  La figura alza lo sguardo e mi guarda dritto negli occhi.
Rimango impietrita. Ha gli occhi sbarrati e rossi, iniettati di sangue. Le lacrime le rigano il viso e la bocca semiaperta è immobile. Non respira. Non sbatte le palpebre.

Non si è buttata di sua volontà.

Il corpo si irrigidisce, inizia a scuotere la testa e a ridere. Trema, ha le convulsioni e le lacrime si tingono di rosso. Il corpo freme, provo a provo a prenderla ma appena la tocco le mani riprendono a bruciare violentemente. Il fuoco mi si avventa, un fuoco diverso, un fuoco che non posso toccare, un fuoco capace di bruciare le mie cellule e quindi non permettendomi di rigenerare le ferite! Un’altra scarica elettrica mi si avventa. Mi ha presa in pena e barcollando a mezz’aria sento la testa esplodermi.

Indietreggio.

Non la sto tenendo più in alcun modo, non c’è nessuno pronto a prenderla!
-“NO! AZARATH METRION ZINT…”- ma dalle mie mani ustionate non fuoriesce alcuna magia.

Sotto i miei occhi, la bolla invisibile in cui è imprigionata la donna esplode violentemente spazzando via la gente che scappa urlando e Cyborg e Beast Boy pronti a sferrare il loro attacco.
Come una goccia che cade in una pozza d’acqua, la lunghezza d’onda si propaga al suo intorno, scuotendo e disturbando le altre gocce creando meravigliosi cerchi concentrici, così accade alla figura sottostante.
Sento il cuore fermarsi nell’istante in cui il corpo atterra, rimbalza e si ferma. La risata si blocca. Le convulsioni si arrestano. Le lacrime proseguono il loro ultimo percorso.
Anche il respiro si asciuga.

I capelli rossi della donna si inumidiscono e il loro colore si mescola a quello del sangue nero che fuoriesce da sotto il cranio. Le gocce si fanno strada dalla narice al collo.
Il corpo bianco giace in una posizione innaturale per le ossa fracassate dall’impatto.
Mi sale un conato di vomito, le forze mi vengono a mancare impedendomi di fluttuare. Prima di cadere, Beast Boy destatosi dall’impatto e trasformatosi prontamente in pterodattilo mi prende mentre sono ancora in volo.
La gente, spostata di pochi metri, rinsavisce.

Ciò che vedo mi disgusta.
 “È tutta colpa tua.”
Sento le parole diventare macigni.

Starfire, nonostante la precedente botta, visto l’accaduto prende con sé il bambino che è rimasto impietrito e vola via di corsa.

-“Raven tu non…”-

Prima che Robin possa parlare, mi libero della presa del verde.

-“Silenzio.”- lo ammonisco.
So tutto, ho capito tutto.
Quegli occhi rossi, quel sangue,i miei poteri svaniti di colpo, credi di prendermi in giro? MI CREDI SCIOCCA?

-“SO PERFETTAMENTE CHE CI SEI DIETRO TU.”- rivolta al cielo -“VOIALTRI! STATE INDIETRO!NON TOCCATELA”-
La gente atterrita indietreggia ancora.

Non ho bisogno di parole compassionevoli. Non mi servono.
So che anche i supereroi possono sbagliare, so che non siamo perfetti, ma è difficile, difficile da accettare.
La morte di un innocente non pesa solo sulla coscienza. Non è per l’onore o per le macchie della tua carriera. È un qualcosa che va al di sopra delle morali e dei princìpi, qualcosa di così reale da pugnalarti lo stomaco ripetutamente.

Diranno che la colpa non è mia, ma io so che non è così.
Sono stata solo egoista. Sarei dovuta intervenire prima.
“Già, avresti potuto e se lo avresti fatto ti avrei fermata perché mi servi e lo sai.”
Lo sapevo.
“Ci avrei scommesso che dietro c’eri tu.”
“Dietro dove? Io sono solo nella tua testa.”
“Non scherzare con me. Io non ti seguirò mai.”
Mia cara il tempo scorre e nemmeno io posso sottrarmici.”
“Che vuoi dire?”
Ma al solito scompare.

Ritorno alla realtà con le mani ustionate che stanno provando a curarsi.
Solo una persona, o meglio, un essere può aver creato quel tipo di magia per fare in modo che io non potessi controllarla, ed io, so perfettamente il motivo per cui lo ha fatto: attirare la mia attenzione.
Stringo i denti e serro la mascella.

Arriva la polizia.

-“Quel corpo era posseduto da un demone adesso evaso. La donna era morta ancor prima di buttarsi dal cornicione. Ecco perché il sangue che vedete è nero. Quei segni rossi nelle tempie e sulle braccia sono i simboli della maledizione lasciata dal demone, toccarla significherebbe rimanere contagiati e permettere al demone di possedervi…”-spiego-“… saremmo dovuti intervenire prima. Ci ha presi in contropiede, ci ha battuti sul tempo. ”- stringo i pugni.
Robin mi tocca la spalla per rassicurarmi.

Il suono delle sirene ci accompagna fino alla torre.

-“Lo fermeremo Raven, non preoccuparti. Se la donna era già morta la colpa non è né tua, né mia. Non è di nessuno.”- dice il Ragazzo-Meraviglia.
-“Ma non capisci Robin! Se fossimo intervenuti prima! Avrei dovuto immaginare chi c’era dietro tutto questo…”-
-“Ragazza non darti colpe che non hai.”- interviene Cyborg sedendosi sul divano.
-“Io potevo prevederlo e non l’ho fatto!”-
-“Ci servirà per il futuro, adesso che sappiamo chi c’è dietro questi continui omicidi non ci faremo fregare così facilmente.”-
-“Lui vuole me! È tutto frutto della sua mente perversa… come fai a stare così tranquillo?!”-
-“Io non sono tranquillo Rachel. Semplicemente cerco di stare calmo perché io credo in te. Siamo una squadra e io mi fido di ognuno di voi. Tu puoi battere tuo padre, devi solo avere fiducia in noi...”- sorride.

Sono impassibile difronte allo scenario di Jump City. Uno scenario triste, grigio e monotono, colorato dall’acquamarina vivida e dalle luci rosse e blu delle sirene.
È tutta lì, la folla. Chi coi cellulari, chi a commentare, chi a inscenare testimonianze e drammi sull’accaduto. Eppure quelle anime così agitate, fino a poco tempo prima non hanno provato a fare nulla.
Stavano con le mani alle bocche e increduli.
Nessuno si è occupato nemmeno del bambino, quel bambino che adesso non avrà più mamma…

-“Dov’è Starfire?”-
-“Si sta occupando del bambino con Garfield nella sua stanza…”- dice Cyborg.
-“Perché non provi a parlare un po’ con lui, magari riesci a rassicurarlo.”-
-“Io?”- vengo colta alla sprovvista.u
Penso di essere la persona meno adatta a dialogare coi bambini.
-“Sì, tu. E dopo ci occuperemo del corpo, Cy lo ha trasportato al laboratorio con una specie di incubatrice.”-
Non sono molto convinta di questa cosa, però Robin sa quello che dice, e di certo, se vuole che io parli col bambino un motivo ci sarà..
-“Va bene…”-

In momenti del genere mi sento una goccia nell’oceano che prova ad elevarsi sopra gli altri ma viene smossa da possenti correnti d’aria.
Provo a far cambiare qualcosa in questo mondo ma anche coi superpoteri sono solo una contro sette miliardi.
È vero, in cinque le cose cambiano ma, ci sono casi in cui tutto dipende da te, solo tu puoi cambiare la situazione e non puoi permetterti di fallire, perché se fallisci…

Dopo una serie di riflessioni e pensieri contorti per cercare di dimenticare per un attimo l’accaduto, arrivo alla porta della stanza di Star.
Nella mia testa non riesco a smettere di pormi una domanda, ossessiva e pressante.
Mi perdonerà mai?

Ancor prima di bussare, la porta scorrevole si apre.
Noto subito un’ombra dai colori caldi e decisi abbracciare e cullare un bambino seduta su un letto e accanto il tipo verde.
Le mie gambe camminano sole e indipendenti.
Quando sono vicina all’ombra il mio corpo si blocca. Vorrei abbracciarli anche io, accarezzare questa piccola testolina color nocciola, sussurrare parole di conforto ma…ahimè… le parole si arrestano e le ossa si irrigidiscono.

Perché non riesco a dimostrare le mie emozioni? Sembro solo una persona impassibile ma giuro, sto soffrendo…

Non riesco a muovere neppure un centimetro del mio corpo verso il piccolo.
Il groppo alla gola cresce e alzo il cappuccio per nascondere il rosso della vergogna.

Il bambino alza il capo e si volta. Non dice una parola, in silenzio i suoi occhi percorrono le curve del mio corpo fino ad incontrare i miei.
Sono verde acqua, chiarissimi e brillanti. Vivi, luminosi, innocenti, macchiati appena dal pianto.

-“Ci-ciao…”-





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N.A. Consiglio di accompagnare la lettura del capitolo ascoltando "The Haunting" dei Set It Off per immedesimarsi meglio con le parole del testo.
Cari lettori, qualcosa di grosso sta arrivando...
-Raven Rachel Roth.

 

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