6° Movimento - Requiem dell'Estate

di Dexter Bell
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Caron ***
Capitolo 2: *** Kalidom ***



Capitolo 1
*** Caron ***


Requiem dell’Estate

Caron

 

Non fosse stato per quello sarebbe stata una notte d’estate come tante altre… Ventosa e tiepida.

Non fosse stato per quello l’aria non sarebbe stata carica di tensione e di brividi.

Non fosse stato per quello il cielo nuvoloso sarebbe stato messaggero solo di un giorno fresco… e sotto di esso i bimbi avrebbero dormito tranquilli.

Invece la notte ed il suo coro di grilli era spezzata dal clangore dell’acciaio e dal roco suono di gridi di guerra che stringevano il buio in una morsa sempre più stretta di furia ossessiva.

 

Stringere, serrare, pressare sempre di più. Quando una tigre si getta all’attacco sa che è sempre e solo la sua vita che mette in gioco e per questo non può mai arretrare di un passo, ma deve invece sempre chiudere e lanciarsi in avanti senza lasciare alcuno spiraglio per dubbi o pensieri inutili. Sempre più vicina, sempre più letale, così combatte una tigre… e Caron sapeva di combattere come una tigre… Come tutte le volte prima… Come tutte le volte a venire… E in un turbine di lame le due spade coprivano con il loro acciaio la schiena mentre vorticava in acrobazia. Il suo avversario arretrava svelto e sicuro, opponendo allo sbarramento di lei i suoi katar serrando la guardia in tecniche precise e veloci, tentando di catturare le lame della cacciatrice tra le sue per spezzarle, ma era come cercare di spezzare il vento… Caron interruppe il cerchio e fece scattare dei fendenti secchi e sferzanti cercando di sorprendere l’avversario spiritato cambiando rapidamente bersaglio e posizione da cui partivano i colpi, talvolta sferrando i colpi anche in controtorsione per nasconderne la traiettoria con il suo corpo…

Intorno a loro il campo erboso destinato a diventare fieno ondeggiava alto mosso dal vento d’estate e a ciuffi cadeva quando le lame si incontravano stringendolo fra di loro o quando saettavano invisibili. La luna piena che a tratti si faceva largo tra le nubi rendeva i loro volti ancora più inumani, gettando una luce pallida sull’intera campagna e sul villaggio vicino i cui abitanti sognavano al suono martellante e allo stesso tempo lontano dell’incrocio dell’acciaio.

Pressare, chiudere, senza respiro e senza spazio per nulla, anche mentre ci si difende, chiudendo nella guardia avversaria per concludere la serie di assalti… Era sempre così per lei… La battaglia un fulminante momento d’estasi, elevazione, vuoto completo riempito solo dalla Lama… che era Vita e Morte insieme… Ma quella volta… Sul riflesso della Lama… Più chiudeva, più serrava… Più lampeggiavano i ricordi lontani… Avvolgendo, più che spezzando, il fluire dei corpi. Ricordi di come era cominciata la caccia… Un anno prima… Un’Estate prima… Quando in quello stesso villaggio rurale voleva cercare la creatura mostruosa che rubava l’anima alle sue vittime.

Mascheratasi con abiti da suora aveva celato il suo gelido volto che in battaglia copriva con una maschera d’argento dietro a quella più gradevole di un volto sorridente. Gli abitanti l’avevano accolta con grande garbo, credendo alla sua storia della suora che doveva ritirarsi in un luogo tranquillo per un seminario spirituale in cui istruire le giovani sorelle… E bene avevano accolto anche queste ultime, ignari del fatto che fossero sì le sue giovani allieve, ma che le arti che da lei apprendevano erano quelle della Caccia… Insieme avevano preso abitudine a quel ruolo di giovani e sensibili donne di chiesa… e poiché tutti i villici sembravano tanto felici in quell’Estate tanto perfetta e generosa… A tutte loro era imposto di portare una simile maschera di felicità, per quanto il suo cuore fosse annerito dalle interminabili battaglie e reso freddo dall’acciaio che aveva per immemore tempo brandito. Ora le lame riflettevano fulminanti scene di quei giorni lontani, restituendole immagini del suo volto raggiante in quelle tanto inconsuete espressioni… Circondata da persone semplici ma serene e felici… Diverse dagli abomini da cui era circondata durante le sue cacce… Gli abitanti le avevano riservato cure e premure… Ben diverse dai sibili d’odio e di terrore che emettevano le sue prede… E alcuni erano stati più gentili di altri… Se i suoi abiti monastici e la gentile recita che interpretava le avevano consegnato il caloroso rispetto di tutti gli abitanti, avevano d’altro canto instillato in loro anche un po’ di reverenza che imponeva che non si soffermassero troppo nelle loro cortesie e nei loro saluti… Eppure… Eppure ricordava ancora quel giovane ragazzo tanto spigliato da non lasciarsi contagiare dalla timidezza dei suoi compaesani… Tornavano alla sua mente i suoi modi cortesi e raggianti, sicuro di sé e sempre alla ricerca di un po’ di tempo da passare con lei e le sue sorelle… e alla sua mente tornava anche la strana sensazione che le aveva dato essere avvicinata non per tentare di ucciderla ma per cercare la sua attenzione… Tanto che non sapeva dire se l’avesse lasciato fare più per non rovinare la mascherata dietro cui si era celata piuttosto che per sincera curiosità di assaporare quel frutto che aveva sempre pensato proibito per chi, come lei, doveva scontare i suoi orribili peccati coprendosi sempre più di sangue… e tanto era stata “particolare” quell’Estate, che ora i lampi cominciavano a fondersi nella sua mente, intrecciandosi in una tela di ricordi compiuti… Senza nemmeno più chiedersi il perché avesse lasciato che succedesse, ricordava la sensazione di tranquillità a cui come “candida visitatrice” aveva dovuto conformarsi e di come avesse dovuto indossare quella maschera ben più di quanto preventivato, dovendo più spesso che no passare il tempo in compagnia di quell’intraprendente giovane che voleva ora mostrar loro dove vi fosse l’acqua più fresca ora invece un pertugio segreto per infilarsi nel frutteto del contadino Otis… Non poteva negare che, a differenza di quanto aveva fatto mille altre volte, non aveva tentato alcunché per abbreviare o limitare le sue performance teatrali, ma aveva invece mostrato un certo zelo nell’aderire a quella così inconsueta maschera che il giovane sembrava aver preso tanto in simpatia… Lei… Lei trovava attraenti le premure di un giovane campagnolo perdigiorno… Lei, che era stata alla corte di re e regine, accolta dai sovrani degli elfi, celebrata nei canti di guerra e funerari dei nani… Ma conosceva la differenza… I re e le regine chinavano il capo di fronte al suo gelido istinto guerriero, alla sua spietata dedizione alla caccia e alla sua abilità nell’uccidere… Nessuno, prima di quell’Estate l’aveva mai voluta se non per uccidere qualcuno o cancellare l’immonda presenza del male non-morto con il suo freddo acciaio… Per questo forse aveva lasciato che quel giovane riempisse le sue giornate? Ma andava bene, si diceva… In fondo è Estate… In fondo è solo un gioco… Non era la sua la vita che stava vivendo, non erano suoi gli sguardi che stava rivolgendo o le parole che diceva… Erano quelle di un personaggio d’invenzione… Avrebbe giocato a fare la dolce suora tanto per scoprire come fosse una vita lontana dallo spezzare malefici versando il suo e l’altrui sangue… Come in una favola… Come in una favola avrebbe vissuto una vita altrui e lontana… Per sognare e scoprire qualcosa che il Destino le aveva per sempre negato… L’importante era ricordare che era solo un gioco… Che qualcuno come lei non avrebbe mai potuto né avrebbe mai avuto diritto a quei momenti… Ma se era solo un gioco poteva andare bene… In fondo era Estate… Un’Estate fa… Ma l’Estate va… e porta via con sé anche il meglio delle favole…

 

Frustando con la spada destra sulla guardia avversaria Caron costrinse l’avversario a retrocedere per la violenza dell’impatto e, senza indugiare, si gettò in avanti per rinchiudere le carni non-morte tra le sue lame. Ciò che una volta era stato un uomo mostrò quanto il suo corpo avesse trasceso i limiti mortali di velocità e forza scivolando nel furioso vorticare di lame della cacciatrice con movimenti agili e fluenti come quelli di una danza acrobatica, volteggiando tra i colpi mortali ora appoggiando una sola mano a terra, ora spingendosi in balzi acrobatici per superare tecniche che gli avrebbero altrimenti falciato le gambe. Non appena toccò terra il suo avversario tornò a chiudere le distanze tra loro andando ad incrociare le sue armi a quelle di lei con colpi fulminei che volevano ricambiarle il favore mirando a perforare le sue carni con le punte argentee e acuminate. Come ogni suo combattimento, Caron non fissava le armi dell’avversario, tenendo gli occhi invece fissi sul volto di chi doveva uccidere, per riuscire a percepirne intenzioni ed emozioni e osservando il movimento degli arti nel loro insieme, per non lasciarsi distrarre o ingannare dai singoli dettagli… Ma questa volta non stava funzionando come avrebbe dovuto… Anche sotto i marchi sacrileghi che coprivano il volto e che brillavano rossi come rubini alla luce della luna, anche sotto l’espressione sedotta dalla brama del potere della non-vita, anche dietro gli occhi intensamente alla ricerca di un punto scoperto dove colpirla e ucciderla, Caron poteva riconoscere gli stessi occhi, lo stesso volto che un’Estate fa le aveva sorriso e aveva Giocato con lei… Ed ogni volta che le loro lame si scontravano ecco che sul metallo perfettamente lucido la luna sembrava riflettere l’immagine di quell’Estate, di quel gioco che avevano compiuto assieme…

 

Fendente destro al volto, affondo sinistro alla gola, recupero, fendente destro al costato, parata…

Clang!

…Lui che danzava in precario equilibrio sopra le balle di fieno appena trebbiate, solo per strapparle un sorriso e qualche attenzione quando sarebbe caduto…

…Un’Estate Fa…

Volteggio doppio delle lame, spazzata bassa, doppio fendente al volto e al petto, parata incrociata…

Clang!

…Lui che si lasciava penzolare a testa in giù da un albero porgendole delle mele appena colte…

…Un’Estate Fa…

 

E ancora ecco che i lampi si fondevano nell’intreccio che tesseva la trama dei suoi ricordi… L’Estate che finiva… E con essa finiva anche quella sua ricerca… Le profezie della veggente forse erano ancora immature… La creatura che stava cercando era ancora lontana dall’essere concepita… forse avrebbe dovuto aspettare per poter sorprendere la sua preda… forse ora era ancora un embrione di idea… In ogni modo, l’estate stava finendo ed era il momento di finire quell’inutile gioco… Lasciato il villaggio tra mille sorrisi e saluti, lei e le sue “sorelle” diedero il commiato ai loro ospiti e alle loro “finzioni”… Anche lui sorrideva e la salutava quel giorno… aveva una strana espressione… ma l’Estate era finita e così anche il loro gioco… Ora doveva tornare tra le braccia del suo Destino, scritto nel sangue con una penna d’acciaio, lasciandosi dietro quella favola che aveva voluto raccontarsi per già troppo tempo. Con la sua solita freddezza era scivolata nuovamente nella sua vera vita, quella della Cacciatrice, fatta di accampamenti notturni lontani dal calore e dalla comodità di una casa, fatta di veglie e di inseguimenti, di appostamenti per sorprendere le belve demoniache assetate di sangue che erano tornate ad essere le sue uniche compagne e le loro grida di morte erano tornate ad essere le uniche parole che bramava… che poteva… sentire… E così doveva aver fatto anche lui… lasciato da parte quel “gioco”, che aveva voluto concedersi per serbarsi un ultimo ricordo piacevole della vita che stava per abbandonare per sempre, era tornato a studiare quelle blasfeme scritture che gli promettevano l’immortalità ed il potere di piegare tutto al suo volere… Finita l’Estate aveva chiuso le porte a quella buffa sensazione da cui si era lasciato prendere, la sensazione di tenere a qualcuno e, sapendo che era stato solo un gioco, tornò ad aprirle ai suoi oscuri sogni di gloria. Lontana da quei luoghi nel corpo, Caron non era però lontana da essi col pensiero, tornando spesso a visitarli per meditare su come o cosa avrebbe trovato al suo ritorno, quando avrebbe dovuto portare a termine la caccia… Pensieri rigorosamente “Professionali”… Solo di tanto in tanto riaffiorava il ricordo di quel buffo gioco, il ricordo dell’Estate… ma nel brullo Autunno che stava vivendo, essa suonava piuttosto come l’ennesimo scherno del Destino. Si sentiva davvero stupida per aver ceduto a quel canto di sirena… Credendo che quello spiraglio potesse davvero allontanarla anche solo per un momento dalla sua Condanna… Solo una sciocca come lei che meritava quell’inferno avrebbe potuto credere… anche solo per un’Estate… che conoscere ciò che le era da sempre e per sempre negato l’avrebbe aiutata a sopportare meglio la Pena… invece non aveva fatto altro che regalargliene una nuova dal nome di Malinconia… Chi come lei era condannato a vivere nelle Tenebre, anche se per cacciarle, avrebbe fatto meglio a tenersi il più lontano possibile dalla Luce… Onde evitare che il pensiero di ciò che le era Proibito aggiungesse beffa alla dannazione… Si meravigliava davvero: dopo tutto ciò che aveva visto e subito, dopo tutto ciò che il Destino le aveva portato via era stata ancora abbastanza ingenua da accettare una parte nel suo beffardo teatro come se non sapesse che esso la considerava come il suo personale buffone… riservandole una parte di spicco solo per ridere di lei nel togliergliela… Ma Caron, che pensava di aver visto la vera meschinità di quell’inflessibile padrone nel gesto di donarle quell’Estate solo per farle capire cosa le aveva per sempre precluso, stava ora nuovamente stupendosi della sua ingenuità… aveva davvero pensato che avrebbe pagato così poco quella sua insubordinazione ai piani grevi che il Destino aveva scritto per lei… aveva davvero pensato che si sarebbe limitato a porre quell’Estate, quel giovane, solo irrimediabilmente lontano da lei… ed invece li aveva voluti sulla stessa strada… Ma in direzioni opposte… Lei una Cacciatrice… Lui la sua Preda… Lei divorata dall’Odio per quelle creature Immonde… Aveva sacrificato la sua vita per combattere e uccidere fino a che non fossero state tutte cancellate dalla faccia della terra… Lui affascinato dal loro potere… Aveva sacrificato la sua vita per poter vincere i suoi vincoli mortali e trovare il Potere… Ma la sua vita era sempre stata così, in fondo… Tutti i suoi avversari erano stati così… Ma né loro né lei erano mai stati così incauti da scordarsi del loro Odio o della loro Brama, neppure per una sola Estate… fino a un’Estate fa…

 

Calcio circolare anteriore, calcio circolare posteriore, fendente, affondo…

Clang!

…La loro danza durante la festa del villaggio…

…Un’Estate Fa…

Fendente destro, fendente di ritorno, schivata, affondo…

Clang!

…Lui che cucinava della selvaggina per loro su un fuoco da campo…

…Un’Estate Fa…

Fendente, fendente, fendente, fendente, balzo, stoccata…

Clang!

…La ranocchia di fiume con cui aveva pensato di spaventarla…

…Un’Estate Fa…

Volteggio destro, fendente sinistro, fendente verticale destro…

Clang!

…La piuma di fagiano che aveva voluto regalarle…

…Un’Estate Fa…

 

All’ultimo fendente il serrato scambio di colpi e di ricordi si interruppe per un istante mentre l’avversario scattava indietro per evitare il colpo e scagliava verso di lei un ciocco di legno raccolto da terra nel tentativo di guadagnare tempo.

Lo scontro era finito.

Il suo avversario era morto.

L’esito era già deciso.

Caron lo sapeva. Riusciva a riconoscere quando un avversario aveva raggiunto il suo limite: i cultisti o i mercenari che avevano fatto scudo alle sue prede mostravano con chiarezza i segni della loro condanna. Il loro fiato era pesante e le loro braccia stanche lungo i fianchi: segni di chi aveva chiesto al proprio corpo di dare il massimo e lì era giunto, senza più altro da spendere… Avevano già giocato tutte le loro carte e non avevano funzionato… Ora il suo avversario non respirava e teneva le braccia alte, poiché il suo cuore non batteva più da molto tempo ed essendo in sostanza un cadavere animato dalla magia avrebbe potuto continuare a combattere ben più a lungo di lei, ma quello che aveva esaurito era la tecnica… I decenni sui campi di battaglia e nelle arene le avevano venduto, sebbene a caro prezzo, una conoscenza della lama che era ovviamente al di là delle possibilità di quel giovane, anche se potente, adepto delle tenebre… Quel pezzo di legno che volava adesso verso di lei significava la fine del bagaglio tecnico e l’inizio dell’improvvisazione, contro cui lei poteva mettere in campo ancora decine e decine di tecniche. Non c’era più nessuna mossa che lei non conoscesse di lui, al contrario, lei aveva ancora molte frecce al suo arco ed era sicura che avrebbe centrato il bersaglio…

Mentre il tempo sembrava rallentare, Caron poteva osservare il suo avversario oltre il legno… le braccia di lei erano distese lungo i fianchi, ma non per stanchezza, ma perché sapeva di avere già vinto… lo sguardo di lei freddo, ma tranquillo dietro la maschera d’argento che le copriva il volto, si era fermato sull’avversario. Ancora in posizione accovacciata, dalla quale aveva raccolto e scagliato il legno, la osservava teso… Il legno volava verso di lei lento, lentissimo… Abbastanza lento per lasciarle il tempo per l’unico pensiero articolato di quel combattimento… Chissà… Pensò Caron… Chissà se può sospettare… Sospettare di essere anche lui diventato un burattino del Destino… Se può sospettare che dietro la mia maschera d’argento si cela quella stessa donna con cui… con cui ha trascorso un’Estate… E cosa direbbe se lo sapesse… La mia vittoria è già decisa, anche lui lo sa… Se ora mi togliessi la maschera… Cambierebbe qualcosa? Sarebbe abbastanza per farci tornare in Estate?

Ma a Caron bastò quel breve momento che le rimaneva prima che il legno la colpisse per capire la sua verità: il cielo poteva essere un cielo d’Estate ed anche il vento era proprio quello, le messi potevano essere proprio come erano un’Estate fa… ma loro no… La sua maschera, la sua veste nera come la notte, le sue lame d’acciaio… Quella era Lei… Quella era Caron, Il Traghettatore del Regno dei Morti… E quello era Lui… Le rune sacrileghe sul volto e sul corpo, la pelle resa d’ebano dal rituale oscuro… Quella era la sua preda, ciò che aveva giurato di estirpare a qualunque costo… anche quello della sua Estate… ora non potevano più giocare… Ora erano loro veramente…

…E finiva lì la storia di loro due…

 

Con una mossa fulminea il fendente di Caron spezzò in due il tronchetto di legno senza che la lama nemmeno si vedesse e con esso sembrò spezzarsi l’incantesimo che aveva rallentato il tempo ed incrociato i loro sguardi, facendo tornare tutto a scorrere con l’inaudita frenesia che solo una battaglia sa esprimere. E con quel fendente Caron recise anche gli ultimi fili che tessevano la storia della sua Estate trasformandola da un malinconico ricordo a un ennesimo sacrificio per compiere il suo Destino…

Senza neanche attendere che i pezzi del legno toccassero terra, Caron scattò in avanti lanciando l’ultimo assalto. Questa volta i colpi volavano con una forza diversa e anche se tutti gli stessi ricordi non smettevano di pararsi di fronte a lei come a voler impedire lo strazio di quell’Estate, le lame non li riflettevano più. Riuscivano invece ormai a superare lo sbarramento delle tecniche avversarie e riuscivano infine a sorprendere le sue carni non-morte, tagliandole e dilaniandole… E ogni ferita che segnava il corpo avversario era in realtà uno squarcio attraverso la tela che dipingeva i suoi ricordi

 

Fendente destro al volto, affondo sinistro alla gola, recupero, fendente sinistro al costato…

…Lui che danzava in precario equilibrio sopra le balle di fieno appena trebbiate, solo per strapparle un sorriso e qualche attenzione quando sarebbe caduto…

…Un’Estate Fa…

…Molto tempo prima il Destino le aveva definitivamente strappato il sorriso con uno dei suoi più sublimi piani, da allora aveva posseduto solo quell’Odio che le bruciava dentro più di ogni altra cosa.

Volteggio doppio delle lame, spazzata bassa, affondo al petto…

…Lui che si lasciava penzolare a testa in giù da un albero porgendole delle mele appena colte…

…Un’Estate Fa…

In molti l’avevano avvertita che l’avrebbe divorata e che era una maledizione piuttosto che una forza, ma lei aveva solo quello… aveva costruito tutto attorno ad esso: la sua abilità, la sua determinazione, la sua tenacia…

Calcio circolare anteriore, calcio circolare posteriore, fendente, fendente…

…La loro danza durante la festa del villaggio…

…Un’Estate Fa…

Come avrebbe fatto qualunque viandante disperso nelle terre più fredde, aveva soffiato su quel debole cerino che le era rimasto e l’aveva rinfocolato fino a farlo diventare la pira che la teneva viva… O meglio, che le impediva di morire… Visto che su quella pira aveva immolato tutto ciò che gli altri potevano chiamare “Vita”…

Fendente destro, fendente di ritorno, schivata, fendente…

…Lui che cucinava della selvaggina per loro su un fuoco da campo…

…Un’Estate Fa…

Ed ecco che ora, proprio ora che aveva provato a seguire i consigli dei “saggi”, che aveva provato a conservare qualche cosa senza gettarla nella sua ardente pira funebre… Ecco che proprio quella era diventata l’ennesima arma nelle mani del suo crudele carceriere chiamato Destino…

Fendente, fendente, fendente, fendente, finta, stoccata…

…La ranocchia di fiume con cui aveva pensato di spaventarla…

…Un’Estate Fa…

Solo nel servire quel fuoco glaciale avrebbe potuto espiare i suoi peccati… solo quella era la dimora che meritava… e dalla quale non poteva sfuggire… La sua vita era un Inverno perenne… Le sue Estati altro non dovevano essere che un bagliore che le ricordasse quale era il suo posto… Al quale doveva arrendersi senza mai tentare di trovarvi un appiglio…

Volteggio destro, fendente sinistro, chiudendo in avanti Caron giunse spalla contro spalla con il suo avversario passandolo da parte a parte con un affondo.

…La piuma di fagiano che aveva voluto regalarle…

“…Un’Estate Fa…” Bisbigliarono le sue labbra dietro la maschera poco distanti dall’orecchio di lui mentre sentiva di aver trafitto a morte anche l’ultimo dei suoi ricordi. Di nuovo il tempo tornò a scorrere irregolare, rallentando perché non potesse ignorare l’agonizzante sensazione che cercava di prenderla. Mille e più volte aveva conosciuto la sensazione di trafiggere e uccidere uomini, demoni e morti… ma quella era la prima volta che trafiggeva un’Estate… Ma Caron era troppo forte… troppo gelida per lasciare che la sensazione e i pensieri che le avevano poco prima schiuso le labbra in quel sussurro continuassero a guidarla… ma anche se riuscì a non fare sentire al suo avversario le sue parole, non potè impedire ad esse di risuonare almeno dentro i lei…

“Un’Estate fa… Non c’eri che tu…” Avrebbe voluto dire mentre sfilava la lama dal corpo sconfitto del suo avversario e volteggiava sul fianco per tornare pronta in posizione per finirlo. Lui cadde sulle ginocchia, lo sguardo solo vagamente sorpreso, invaso piuttosto dalla fredda consapevolezza di essere davvero arrivato alla soglia della morte dalla quale aveva fatto tanto per sfuggire… eppure senza panico sul volto…

“Ma l’Estate somiglia a un Gioco…” Pensò la sua parte più fredda in risposta al caldo ricordo che ciò che di umano rimaneva in lei aveva evocato “…E’ Stupenda ma dura poco…” Si disse con fredda rassegnazione sollevando sopra al capo la spada pronta per decapitare il giovane stregone…

…Il destino le aveva lasciato accarezzare quel sogno… il sogno di poter davvero sollevare per un attimo il sudario che ammantava la sua vita anche solo per riprendere fiato, ma lo aveva fatto solo perché sapeva che sarebbe rimasta inebriata da quel semplice sapore che riempiva in abbondanza le vite di molti, ma che a lei era stato per sempre proibito… Perché sapeva che anche se possedeva il coraggio di sfidare i signori dell’inferno e di gettare la sua vita al vento per catturare una preda, sapeva che non avrebbe mai avuto il coraggio di perdonare a sé stessa i suoi errori… Sapeva che non avrebbe mai potuto smettere di soffiare sul fuoco di quell’Odio che forse solo ora Caron cominciava a capire che non volgeva verso le oscure creature delle tenebre, ma contro se stessa…

E già il pensiero di Caron correva a un’Estate fa e cominciava a sentirla come un piccolo pezzo di Paradiso che lei certo non meritava e al quale doveva ora fare ammenda con il suo ultimo fendente… e nei brevi istanti di esitazione che i suoi pensieri le dettarono, il suo avversario volse il capo a fissarla retta su di lui pronta a dargli il colpo di grazia… Caron non potè mai dimenticare quegli occhi… Aveva giustiziato centinaia di creature… abominevoli e persino umane… e vi aveva letto altrettante espressioni: la paura, l’implorazione di un perdono di cui lei non era capace, la rabbia, l’odio, la sorpresa per la sconfitta… Ma non aveva mai visto l’espressione di quegli occhi…che erano colmi di pietà… non per lui, non per chiederla… Ma per darla… per lei…

Anche dopo quell’ultimo fendente che pose fine alla non-vita della sua preda Caron seppe che vittoria non era il termine giusto per ciò che il Destino le consegnava quella notte d’estate perchè, anche se il suo avversario giacque sconfitto, non v’era errore… Anche se non seppe mai se l’avesse riconosciuta sotto la maschera… o se lui sapesse che lei lo aveva riconosciuto… Il suo sguardo le era rivolto lucido come può essere solo quello di chi non può sentire il dolore delle ferite perché ha un corpo immortale. E non fissava il vuoto del cielo notturno, ma la fissava dritta negli occhi, come se, in segreto, volesse avere il tempo di dirle

“Ho pena per te… Io adesso… Morirò… Scivolerò via in un Limbo eterno in cui non esiste nulla… E’ questa la pena per gli errori di cui mi sono macchiato… Cesserò di esistere e scivolerò in un quieto silenzio… Ma chi paga il prezzo più alto… Chi rimane da sola qui… Prigioniera di un Destino così triste e dispotico… Senz’altro che una Spada con cui trafiggere la propria vita macchiata di sangue nell’impossibile tentativo di perdonare i propri errori…

 

Quella sei Tu…”

 

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Capitolo 2
*** Kalidom ***


Requiem dell’Estate

Kalidom

 

Non fosse stato per quello sarebbe stata una notte d’estate come tante altre… Ventosa e tiepida.

Non fosse stato per quello l’aria non sarebbe stata carica di tensione e di brividi.

Non fosse stato per quello il cielo nuvoloso sarebbe stato messaggero solo di un giorno fresco… e sotto di esso i bimbi avrebbero dormito tranquilli.

Invece la notte ed il suo coro di grilli era spezzata dal clangore dell’acciaio e dal roco suono di gridi di guerra che stringevano il buio in una morsa sempre più stretta di furia ossessiva.

 

Il Potere, il Potere del Sangue, il Potere delle Ossa, Il Potere della Carne, Il Potere della Morte, Il Potere delle Anime… Chiamarli uno a uno, risvegliarli anche nell’involucro che una volta aveva chiamato “corpo”. Anche se ora non era più che un semplice guscio che a malapena poteva contenere la sua immensa potenza spirituale, esso era il perfetto ricettacolo per i Poteri che il Grimorio gli aveva insegnato a dominare. Veloce oltre ogni limite umano poteva muoversi agile come una pantera e i muscoli in cui scorrevano ormai solo flussi di energie blasfeme anziché sangue potevano colpire con la forza di un toro. Aveva lasciato dietro di sé la sensazione di paura che accompagna gli uomini quando si confrontano con l’Acciaio… Non esisteva mano mortale che potesse più avvicinarsi a lui… O così almeno aveva creduto prima di quella notte… Kalidom non pensava di poter vedere riaffiorare quella parte di lui che aveva tanto fatto per cancellare… ma non l’avrebbe lasciata arrivare oltre la soglia del suo cuore scuro. Con tecniche precise, reagendo con rabbia a quella sua debolezza, frapponeva le lame maledette dei suoi katar ai colpi della Cacciatrice, usando la sua sovraumana velocità per sfuggire un solo istante prima che l’acciaio lo toccasse, scattava poi nuovamente all’attacco cercando un varco nel vortice di lame nel quale la donna mascherata tentava di trascinarlo.

Intorno a loro il campo erboso destinato a diventare fieno ondeggiava alto mosso dal vento d’estate e a ciuffi cadeva quando le lame si incontravano stringendolo fra di loro o quando saettavano invisibili. La luna piena che a tratti si faceva largo tra le nubi rendeva i loro volti ancora più inumani, gettando una luce pallida sull’intera campagna e sul villaggio vicino i cui abitanti sognavano al suono martellante e allo stesso tempo lontano dell’incrocio dell’acciaio.

Il Potere… Il Potere che brandiva era troppo grande per essere contenuto in un corpo vivente, in un corpo mortale… Ma mentre in acrobazia schivava quei letali affondi e tentava di catturare tra le sue lame i fendenti, non poteva fare a meno di stupirsi di quanto Potere stesse richiamando per contrastare quella misera figura di carne che era venuta a dargli la caccia… Certo, l’odore della magia era forte su di lei e certo l’odore dei figli della notte le aleggiava attorno, ma… Era umana! Come poteva un semplice brano di carne opporsi così al suo Potere? Da dove traeva, da dove aveva tratto, la forza per forgiare fino a quel punto quel suo involucro? Al punto di poter reggere il confronto con la sua disumana forza… Col suo disumano Potere? Mentre cercava di trovare traiettorie più insidiose per i suoi pugnali disarticolando i suoi arti per sorprendere con tecniche certo fuori dal concetto mortale di combattimento, il pensiero di Kalidom era però rivolto a un altro tipo di mancanza nel suo Potere… per quanto non avesse mai avuto dubbi sulla sua totale onnipotenza, adesso sentiva quel pensiero sfiorarlo pericolosamente… E non erano le lame della Cacciatrice, seppur anche troppo vicine al suo involucro, il nemico di quella sua certezza… ma lui stesso. Tutto il suo Potere non sembrava essere in grado di fermare il suo pensiero da indugiare sui sinuosi e aggraziati movimenti che la donna compiva in quella sua stupenda danza di Morte… dal pensarli… ricordarli in qualcosa di simile… una memoria di quando ancora la sua carne era viva… Una memoria di un anno prima… Un’Estate prima… Quando in quello stesso villaggio stava preparando la sua ascesa al Potere…

Di un’intelligenza brillante e certo fuori dal comune, l’uomo, lui, era il giovane che scelse poi di chiamarsi Kalidom, cioè il Signore dei Morti. Lui, con quel suo desiderio di scoprire e il coraggio di osare, si era sempre sentito costretto in un luogo troppo piccolo per il suo talento, per le sue ambizioni. Il villaggio e le estati sapevano pur essere generosi con coloro che avevano la pazienza di dedicarvisi, ma era davvero arido per chi sapeva pensare in grande… Così fu che la sua più grande dote divenne la sua più grande maledizione… Deriso da tutti aveva trascorso un’adolescenza incapace di scrollarsi di dosso quella brama di conoscere e spiare i segreti di ogni cosa, nonostante non ci fosse spazio per simili pensieri in una comunità tanto stretta al perpetuo circolo della vita rurale… Sapeva dentro di sé che aveva ragione… Che aveva un dono e non una tara… come la chiamava Otis… Sapeva che in altri luoghi avrebbe potuto essere grande con quella sua fame di conoscenza… ma lì c’erano solo i campi, il grano, gli alberi, i bovi… Ma poi… Poi scoprì che c’era anche qualcos’altro… C’era quel vecchio mausoleo… Là, oltre la collina del cimitero… Dove una volta stava la magione del marchese… Nessuno osava andarci… Era infestata... Dicevano… Il marchese era un uomo strano.. Dicevano… Aveva perso la testa quando gli era morta la figlia… Dicevano… E dicevano che aveva a lungo cercato un modo per ingannare la Morte… Ma in fondo erano solo dei bifolchi… Lui invece voleva vedere, voleva sapere… E seppe… Seppe che, per una volta, i bifolchi dicevano il vero… Il mausoleo… lì, nelle sue viscere, lì dove lui aveva voluto perdersi per gioco per un paio di giorni, scatenando il panico della madre… Lì era interrato il Grimorio… Il Grimorio del Sentiero Cremisi… La risposta alle preghiere del marchese… Una risposta che però strappò le ultime vestigia di sanità a un uomo piegato dalla sofferenza… Scorrendone le pagine, la sua mente brillante fece sorprendentemente poca fatica a comprendere i complessi meccanismi della Ritualistica… della Negromanzia… Sapeva che la sua curiosità avrebbe dato i suoi frutti… sapeva che sarebbe andato dove quei bifolchi non avrebbero mai potuto… E ora… Ora poteva andare dove Nessuno era mai giunto… Oltre la Morte… Eppure Vivo… E quali Poteri prometteva il Grimorio… E quale prezzo…

Seppe sin dal principio perché il Libro giaceva lì senza essere stato usato… perché nessuno l’aveva preceduto sul Sentiero Cremisi… La Morte… Le Anime di molti dovevano colmare l’inesperienza di uno… per poter ottenere il Potere… E il marchese doveva essere pazzo, ma non senza scrupoli…E preferì dare fuoco a sé e alla sua villa piuttosto che scegliere tra sua figlia e quelli che ancora considerava i suoi sudditi… E anche lui certo non aveva meno scrupoli… All’inizio… Ma mentre il Grimorio giaceva sepolto in un luogo sicuro e lontano da tutti, l’abitudine che aveva fatto allo scherno e all’emarginazione venne meno… Sapere che aveva un modo per andarsene, per punirli, gli aveva scrollato di dosso quella rassegnazione ad essere “il fannullone del villaggio”… O forse era la voce oscura del Grimorio da cui il marchese aveva cercato riparo nel fuoco… In ogni caso… Lasciò che le genti continuassero a parlargli e gli dicessero chi era, mentre, giorno dopo giorno, il suo sorriso si faceva più largo e beffardo… Perché lui sapeva… Sapeva che quelle che loro consideravano le loro amenità… Erano in realtà la condanna che avevano firmato da soli… Poi arrivò l’Estate… un’Estate fa… E con lei giunsero quelle inaspettate novità… Quelle bellissime giovani avvolte in abiti talari… Come erano diverse… Come erano belle… Soprattutto la loro “Madre”… Aveva qualcosa in quegli occhi… Qualcosa che gli parlava di un segreto gelosamente custodito… Un segreto che scatenava in lui la sua curiosità… E anche un altro sentimento che non sapeva definire… Forse fu per quella bellissima Estate… Quella serena e perfetta Estate… Forse fu per quello che si lasciò convincere a lasciare da parte l’immenso segreto del Grimorio per dare la caccia a quella buffa sensazione di conforto che provava quando stava accanto a quella giovane suora… In fondo, una volta raggiunto quello stadio di esistenza che gli prometteva il Grimorio, non avrebbe più avuto tempo per cose come questa… Sarebbe stato il suo ultimo gioco prima di imboccare il Sentiero Cremisi… Così tornò ad ignorare i suoi spassosi villici per poter giocare un poco con quella bellissima giovane… Anzi, giunse persino a dare ai suoi compaesani un po’ di corda pur di poter essere lasciato un poco in pace con lei… Pur di poterle mostrare dove si trovava l’acqua più fresca o di farle conoscere il pertugio segreto che usava per “prendere a prestito” le mele del buon vecchio Otis…Lui… Lui che si lasciava affascinare da una semplice suora campagnola… Lui che oramai era a un passo dal conquistare l’immortalità ed un Potere tanto immenso… Ma lui sapeva perché… Il Potere gli avrebbe consegnato il timoroso rispetto… No, l’adorazione… Di tutti coloro che egli desiderava… ma non avrebbe mai potuto dargli quello sguardo, quelle parole… Mai avrebbe potuto dargli quel Sorriso… Il Potere fa paura… non può far sorridere… E lei gli sorrideva…E il suo Sorriso era perfetto… Come quell’Estate… E adesso?... Adesso era l’Estate che gli faceva questo? Era l’Estate che lo faceva sentire così strano? C’era qualcosa che aveva dimenticato? Come poteva esserci qualcosa oltre a tutto ciò che già aveva conquistato con il Potere? A parte forse l’Estate… Ma era solo un’Estate… Un’Estate Fa…

 

Lo sferzante colpo della Cacciatrice si schiantò sulla guardia con una forza che perfino lui dovette riconoscere essere ragguardevole. Colpendo il terreno con il piede sinistro, si spinse lontano dalla portata del furioso attacco della donna che però non desistette seguendolo nell’arretramento per sorprenderlo fuori guardia. Le sue capacità di reazione erano tuttavia troppo accelerate dal suo Oscuro Potere per poter essere preso con così poco e, osservando la traiettoria che le lame seguivano intorno a lui, lasciò che la Potenza che animava il suo involucro trasformasse il pensiero in azione così rapidamente da farlo scivolare con precisione anche nei più angusti e irraggiungibili spiragli di quell’assalto. Con l’ultimo scatto spiccò un breve balzo indietro sottraendo le gambe al fendente della Cacciatrice. Non appena toccò terra tornò a scattare in avanti, deciso a sfruttare quella sua velocità che sapeva tenerlo distante dalla brama che le lame avevano di falciarlo per trovare un punto scoperto nella guardia avversaria per trafiggerla con i suoi pugnali… Ma per quanto gli paresse impossibile… La Cacciatrice non aveva spiragli nella sua difesa… o meglio, tutti quelli che riusciva a trovare si rivelavano in realtà punti lasciati in vista apposta… delle trappole in cui la donna tentava di indurlo perché si scoprisse a sua volta… e nel contempo tali trappole lo distraevano dalle aperture forse più minuscole che si aprivano altrove… Perché uno spiraglio doveva pur esserci! Nessun umano poteva essere tanto veloce da non aver punti in cui lui potesse colpirlo… Doveva solo avere pazienza e il momento sarebbe arrivato… Prima o poi lei si sarebbe stancata… In ogni modo lui era troppo veloce perché lo colpisse… Leggeva i suoi movimenti… Sapeva come si muoveva… Ma mentre pensava questo… Kalidom pensava anche che conosceva fin troppo bene quei movimenti e che forse non era la sua sovraumana velocità a predirgli i passi dell’avversaria, ma una memoria umana che gli parlava di una danza fatta un’Estate fa… I passi di una danza del villaggio che avevano compiuto assieme… E i movimenti della Cacciatrice sembravano sovrapporsi così bene ai ricordi di quella danza, di quell’Estate, che il suo manto nero alla vista di Kalidom si trasformava in quello della suora che danzava di fronte a lui… Portandogli ricordi che pensava sepolti insieme alle sue spoglie mortali… e ogni volta che il manto nascondeva per un attimo il corpo di lei, ecco che da esso ne compariva una spada…e sebbene con il suo istinto riuscisse a intercettarla all’ultimo istante, il lampo che scaturiva dall’incrocio delle lame lo accecava con l’immagine di quell’Estate, di quel gioco che avevano compiuto assieme…

 

Passo a destra, passo avanti, indietro, giravolta, passo a sinistra, mezzo giro…

Clang!

…Lui che danzava in precario equilibrio sopra le balle di fieno appena trebbiate, solo per strapparle un sorriso e qualche attenzione quando sarebbe caduto…

…Era Stata l’Estate?…

Doppio passo avanti, uno indietro, un giro a destra, un giro a sinistra…

Clang!

…Lui che si lasciava penzolare a testa in giù da un albero porgendole delle mele appena colte…

…Era Stata l’Estate?…

 

Quei passi di danza sapevano fare breccia nel suo potere ben più di quanto qualunque arma avesse saputo fare… Senza che il suo Potere potesse fare nulla per impedirlo, il ricordo di lei, il ricordo di quella giovane donna aveva messo radici tanto profonde in così poco tempo che nemmeno da morto il suo Potere era stato in grado di cancellarlo, nonostante fosse stato ben in grado di impedire al suo cuore di battere… E adesso… proprio adesso, quel seme sembrava germogliare con tanto vigore da riuscire quasi a distrarlo, intrecciando i rami della memoria al punto che quasi riusciva a vedere con chiarezza le immagini di quell’Estate… Un’Estate fa… le Parole… quante parole… lui che fino a quel momento aveva pensato che le parole fossero solo un utile mezzo con cui gli altri lo potevano schernire… Quell’Estate invece… erano diventate così piacevoli… non aveva mai saputo che fosse così bello parlare… e loro parlarono così tanto… scoprì che gli piaceva persino ascoltare…. E lei aveva una voce così dolce… e le sue parole… gli piaceva sentire le cose che diceva… anche se non erano nulla di importante… anche se era solo per sentire quale dei gatti di Nora lei trovasse più carino… era bello sentire di poter condividere qualcosa con qualcuno… parlarono così tanto… forse non ci fu nemmeno una sola parola che non condivisero… lei riusciva a trovare interesse in ogni cosa che li circondasse… proprio come lui… c’era un senso da trovare in ogni cosa intorno a loro… e potevano parlare per ore anche del più piccolo dettaglio… senza stancarsi… senza sentirsi soli… Forse era per questo…

Aveva sentito qualcosa… Era come se volesse dirgli qualcosa, quell’Estate… Ma sentiva l’avvicinarsi della fine… della fine di quel gioco… della fine di quell’Estate… e mentre le ombre si facevano sempre più lunghe, quella buffa sensazione che lo aveva colto durante quel fugace sogno si dileguava lentamente, lasciando che la sua razionalità gli rammentasse quanto sciocco fosse affidarsi a quell’effimera sensazione nata solo da un suo capriccio e quanto invece potesse trovare in quel trattato di Arti Oscure che aveva lasciato sepolto in segreto per potersi godere quest’irriverente Estate… Ed infine anche le suore dovettero lasciare il villaggio, sparendo chissà dove… lasciandolo infine nuovamente libero di tornare alla sua conquista della morte… di tornare solo… Nel suo gioco aveva lasciato in sospeso il conto che i villici si erano meritati con il loro sarcasmo, ma non lo aveva dimenticato… E non aveva dimenticato nemmeno il prezzo che il Sentiero Cremisi gli chiedeva per condurlo al Potere… Tornò così ai suoi preparativi, nella solitudine del mausoleo, ora parlava solo con i morti e condivideva solo la loro brama di liberarsi dalle catene del ciclo della vita e della morte… Solo di tanto in tanto il suo pensiero tornava all’Estate… a lei… a chiedersi dove fosse, cosa stesse facendo e cosa avrebbe detto se l’avesse saputo tanto Potente… E ora… Ora mentre seguiva i volteggi delle lame e i passi degli stivali, ora che li vedeva danzare come in quel ballo alla festa del villaggio, sapeva senza ombra di dubbio con chi stesse danzando… aveva ora la risposta alla domanda che si era posto quando si era chiesto dove una suora avesse imparato a ballare quegli strani passi di danza tanto agili e per nulla pacati… Eppure, sebbene nemmeno il suo Potere potesse frenare la sua mene dal porsi mille domande… nemmeno per un istante si pose quella più ovvia… Se quello di lei non fosse stato un gioco… ma se lo avesse saputo… se lo stesse spiando… per dargli la caccia… Per lui, la risposta a quella domanda… era ancora più ovvia della domanda stessa… No… No… Forse il Destino li aveva legati con un unico ironico filo destinato a strangolare uno dei due, ma in quei giorni… in quell’Estate… ricordava bene gli occhi di lei… Era Estate per lei… Era Estate per lui… quello strano gioco aveva cancellato la Caccia dagli occhi di lei… come aveva cancellato il Grimorio da quelli di lui… e per una sola Estate avevano voluto conoscere ciò che per un capriccio inappellabile il Destino aveva forse negato a lei e a cui lui si preparava a rinunciare per ottenere il Potere…. Il Potere… Rinunciare… era strano… quando l’Estate era finita aveva provato una strana sensazione… come di sollievo… era come se la scomparsa di quella sensazione che provava quando era insieme a lei lo avesse liberato… liberato dalla minaccia che quel gioco estivo sembrava star diventando… perché più e più l’Estate si faceva calda e accogliente, più il suo pensiero si distoglieva dal Sentiero Cremisi… e la sua parte più razionale cominciava a temere che sarebbe davvero stato tanto stupido da lasciarsi tentare da quel banale dolcetto che la vita gli offriva per non essere ripudiata… ma quando lei se ne era andata, per fortuna la ragione gli era tornata e aveva capito quanto meschino fosse quello stratagemma… Dopo un’intera esistenza in cui la vita non gli aveva riservato altro che scherno e spiacevolezze, ora che lui aveva trovato il coraggio… sì, il Coraggio… di dirle di “No”… ecco che anziché inchinarsi come sarebbe uso di un degno avversario di fronte a un simile gesto… ecco che invece aveva tentato di dissuaderlo con quel banale trucco… con quella banale Estate… Come se, ora che stava per afferrare tutto quel Potere, significasse qualcosa quel brandello di Estate che gli veniva offerto… Eppure… Era l’Estate? Era l’Estate che lo faceva sentire così? Aveva letto con gioia le profezie del Grimorio che gli “paventavano” il perdere un corpo mortale… Che gli dicevano che non avrebbe più respirato o sentito il cuore affannato o le membra stanche o gli occhi pesanti… Aveva trovato tutto ciò un Potere straordinario… Liberarsi da quei fastidi mortali sarebbe stato certo un bene, non aveva mai avuto dubbi, né prima né dopo la sua metamorfosi… Ma era allora l’Estate? Era una qualche strana magia di quel tempo che improvvisamente gli faceva desiderare… desiderare di chiudere di più le distanze tra lui e quella Cacciatrice mascherata che tentava di ucciderlo… e non per trafiggerla… ma perché gli mancava il tocco della sua pelle, il calore del suo respiro… Come poteva proprio ora… dopo aver sperimentato la grandezza dei doni del Sentiero Cremisi… dopo aver ottenuto il Potere di fare ciò che nessun mortale può fare… come poteva Desiderare ancora?… Desiderare ancora una semplice Estate… Un’Estate fa…

 

Un balzo a destra, passo a sinistra, giravolta, giravolta…

Clang!

…La loro danza durante la festa del villaggio…

…Era Stata l’Estate?…

Porgi il braccio destro, passo indietro, mezzo giro a destra, mezzo a sinistra…

Clang!

…Lui che cucinava della selvaggina per loro su un fuoco da campo…

…Era Stata l’Estate?…

Giravolta, passo avanti, a sinistra, avanti il piede destro, indietro, porgi il braccio…

Clang!

…La ranocchia di fiume con cui aveva pensato di spaventarla…

…Era Stata l’Estate?…

Passo, passo, giravolta, inchino…

Clang!

…La piuma di fagiano che aveva voluto regalarle…

…Era Stata l’Estate?…

 

All’ultimo fendente il serrato scambio di colpi e di ricordi si interruppe per un istante mentre scattava indietro per evitare il colpo e scagliava verso di lei un ciocco di legno raccolto da terra nel tentativo di guadagnare tempo.

Lo scontro era finito.

L’esito era già deciso.

Kalidom lo sapeva. Lui contava che la sua inesauribile energia gli avrebbe permesso di continuare quella danza fino a quando la sua avversaria, che ancora era costretta a respirare, non avesse avuto le membra stanche per sostenere quel serrato livello tecnico che impediva alla sua disumana velocità di affondare le sue lame nella sua carne… ma si era reso conto che la situazione era in realtà all’opposto… era lei che aveva atteso che fosse lui a adoperare fino all’ultima delle sue risorse tecniche per scoprirne ogni segreto… mentre lei ancora conservava il suo arsenale bel lontano dall’esaurirsi. Non era il suo fiato ad essere corto… era la sua fantasia nelle tecniche che era venuta meno ben prima di quella dell’avversario. Quel pezzo di legno che volava adesso verso di lei significava la fine del bagaglio tecnico e l’inizio dell’improvvisazione, contro cui lei poteva mettere in campo ancora decine e decine di tecniche. Non c’era più nessuna mossa che lei non conoscesse di lui, al contrario, lei aveva ancora molte frecce al suo arco e prima o poi avrebbe centrato il bersaglio…

Mentre il tempo sembrava rallentare, Kalidom poteva osservare la sua avversaria oltre il legno… le braccia di lei erano distese lungo i fianchi, ma non per stanchezza, ma perché sapeva di avere già vinto… lo sguardo di lei freddo, ma tranquillo dietro la maschera d’argento che le copriva il volto, si era fermato su di lui. Ancora in posizione accovacciata, dalla quale aveva raccolto e scagliato il legno, la osservava teso… Il legno volava verso di lei lento, lentissimo… Abbastanza lento per lasciargli il tempo per poter afferrare quella verità che lo aveva pressato ben più delle lame di lei durante la battaglia… Se c’era… e c’era… qualcosa che gli mancava di quella vita che si era lasciato dietro un’Estate fa… Quello che gli mancava di più era lì nel tocco di lei… Quello che gli mancava di più era il suo caldo respiro… Quello che gli mancava di più lo aveva trovato e perduto… Quello che gli mancava di più erano le parole che avevano condiviso…

 “…Quello che mi manca di più è tutto quello che sei Tu …” E mentre questo pensiero silenzioso echeggiava nella brulla distesa che il Potere aveva lasciato nella sua anima, Kalidom si rese conto che svaniva dentro di lui quel fulgente attimo di paura che aveva provato di fronte alla considerazione di star per scomparire… In quel solo istante, si accorse che il passo che aveva compiuto su quel Sentiero Cremisi… Quel passo che aveva desiderato lo privasse delle insulse preoccupazioni umane… Quel passo per cui tanto aveva fatto… Quel passo da cui non si poteva più tornare indietro… Quel passo che era tutto ciò che aveva… Adesso quel passo non contava più nulla…

 

Con una mossa fulminea il fendente della Cacciatrice spezzò in due il tronchetto di legno senza che la lama nemmeno si vedesse e con esso sembrò spezzarsi l’incantesimo che aveva rallentato il tempo ed incrociato i loro sguardi, facendo tornare tutto a scorrere con l’inaudita frenesia che solo una battaglia sa esprimere. E con quel fendente si spezzava anche l’illusione che il Potere gli aveva portato per allontanarlo dall’Estate…

Senza neanche attendere che i pezzi del legno toccassero terra, la Cacciatrice scattò in avanti lanciando l’ultimo assalto. Questa volta i colpi volavano con una forza diversa e anche se tutti gli stessi ricordi non smettevano di pararsi di fronte a lui come un ultimo melanconico requiem, nulla potevano fare per riparare al suo errore. Aveva ormai perso la capacità di bloccare quelle lame, molto più abili di quanto il Potere lo rendesse svelto… adesso poi… Adesso poi voleva solo danzare un’ultima volta con lei… Come… Come un’Estate Fa… Ma questa volta… Quando la lama si mostrava comparendo dal manto dei ricordi, non era un lampo dell’acciaio che accoglieva l’immagine della loro Estate… Ma lo schizzo del sangue cremisi di cui il Grimorio aveva riempito le fibre del suo corpo non-morto e che ora cedeva il passo all’acciaio della Cacciatrice macchiando quei preziosi ricordi con gocce che potevano ben parere lacrime di sangue…

 

Passo a destra, passo avanti, indietro, giravolta, passo a sinistra, mezzo giro…

…Lui che danzava in precario equilibrio sopra le balle di fieno appena trebbiate, solo per strapparle un sorriso e qualche attenzione quando sarebbe caduto…

…Era Stata l’Estate?…

Una volta non aveva nulla… Tranne una cosa…

Doppio passo avanti, uno indietro, un giro a destra, un giro a sinistra…

…Lui che si lasciava penzolare a testa in giù da un albero porgendole delle mele appena colte…

…Era Stata l’Estate?…

…Ora aveva tutto… Tranne quella cosa…

Un balzo a destra, passo a sinistra, giravolta, giravolta…

…La loro danza durante la festa del villaggio…

…Era Stata l’Estate?…

Vi era dell’ironia… quella che è propria solo del più beffardo Destino… Vi era dell’ironia nel fatto che avesse dovuto giungere qui… per rendersi conto che quell’unica cosa a cui aveva rinunciato… Era l’unica cosa che gli importasse davvero…

Porgi il braccio destro, passo indietro, mezzo giro a destra, mezzo a sinistra…

…Lui che cucinava della selvaggina per loro su un fuoco da campo…

…Era Stata l’Estate?…

…Ironico che quella razionalità che pensava l’avesse guidato verso la scelta del “beneficio maggiore”… Verso i più numerosi vantaggi, verso l’avere “tutto, tranne una cosa”… Fosse in realtà la vera cecità che gli aveva impedito di capire cosa volesse davvero…

Giravolta, passo avanti, a sinistra, avanti il piede destro, indietro, porgi il braccio…

…La ranocchia di fiume con cui aveva pensato di spaventarla…

…Era Stata l’Estate?…

Ironico che avesse trovato fosse “logico” riempire più facilmente quel vuoto dell’anima che sentiva usando “tutte le cose tranne una” … piuttosto che l’unica che aveva già con sé… Ironico anche il fatto che l’unica persona che potesse mostrargli la profondità di quell’errore si fosse rivelata anche l’unica in grado di sollevarlo dal terribile pensiero di dover portare il peso di quell’errore per l’eternità…

Passo, passo, giravolta, chiudendo in avanti la Cacciatrice giunse spalla contro spalla con lui, passandolo da parte a parte con un affondo.

…La piuma di fagiano che aveva voluto regalarle…

“…Un’Estate Fa…” Bisbigliarono le sue labbra dietro la maschera poco distanti dall’orecchio di lui mentre le sue lacrime cremisi cadevano anche sull’ultimo dei suoi ricordi. Di nuovo il tempo tornò a scorrere irregolare, rallentando perché quelle parole non potessero essere perse nel fragore della battaglia… Perché non potesse ignorare quel turbinante vuoto che lo riempiva, che lo aveva sempre riempito, che si agitava per un’ultima volta, come se cercasse qualcosa che solo chi si trova sulla soglia della morte per la seconda volta può trovare… E lui sapeva… che i suoi ultimi pensieri sulla soglia del limbo non andavano, come un normale mortale, al dolore della ferita che lui non poteva più provare… ma a quella domanda che la sua curiosità insaziabile tentava nell’estremo di risolvere…

Voleva sapere…

Doveva sapere…

“E’ stata l’Estate… Che ci ha separati?” Avrebbe voluto chiederle mentre sfilava la lama dal suo corpo e volteggiava sul fianco per tornare pronta in posizione per finirlo.…

No… non se li avesse strappati l’uno all’altra… ma da loro stessi… Se fosse stata l’Estate a strapparli dalla loro vera natura… se fosse stata una magia estiva a condurli lontano su un sentiero che nessuno dei due voleva percorrere… Se per una breve Estate fossero stati strappati a loro stessi per trasformarsi in quelle cose aliene alle loro Ambizioni… ai loro Destini… O se invece questo fosse ciò che anche nell’ultimo volevano credere per non soffrire ulteriormente… per non accettare che forse fosse lì… fosse lì in quell’Estate che non stessero mentendo… Che forse quell’Estate non fosse un gioco… Forse non era impossibile… Forse erano davvero loro… Forse era possibile scrollarsi di dosso il Destino… Se solo avessero avuto il coraggio di crederci… di credere nell’Estate… Se avessero avuto la forza di essere… Deboli…

E mentre cadeva sulle ginocchia, il Potere ormai in fuga da quel suo involucro, la domanda non scompariva nemmeno di fronte alla morte impedente…

Lui voleva sapere…

Lui doveva sapere…

Se fosse stata l’Estate…

Se fosse stata l’Estate…

Che li aveva separati…

…O se avrebbero davvero potuto smettere di essere i burattini di un Destino tanto triste e tristo…

…Se avevano una possibilità…

…Se avrebbero potuto davvero…

… E sul finire di questo insopportabile dubbio… gli parve che il suo cuore battesse per un’ultima volta e il suo pensiero si colorasse ancora per un attimo… forse indicandogli la risposta… E per ultimo, quando gli sembrò che il suo cuore avesse trovato la risposta… chi una volta era stato Kalidom, il Signore dei Morti, volse lo sguardo di nuovo umano verso la sua Cacciatrice con la tristezza nell’animo appena ritrovato… non per lui… non per la sua morte… ma per lei… per la sua vita… e in quell’ultimo istante prima che la lama calasse, avrebbe voluto che lei sapesse… che le potesse dire…

“Ho pena per te… Io adesso… Morirò… Scivolerò via in un Limbo eterno in cui non esiste nulla… E’ questa la pena che devo pagare per non aver creduto in quell’Estate che ci aveva abbracciato… E’ questo il prezzo per non aver avuto il coraggio di non credere al Destino… Ma per chi ho davvero pena… Chi paga davvero il prezzo più terribile per questo nostro errore… Non sono io che posso scivolare in un quieto silenzio dove il dolore per questa Estate perduta non può raggiungermi… Chi compie il sacrificio più grande… Chi sconta la pena più orribile per il nostro errore… Chi deve rimanere di qui da sola… Serbando il ricordo di quell’Estate senza poterla mai raggiungere…

                                                                

Quella sei Tu…”

 

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