Requiem
dell’Estate
Caron
Non
fosse stato per quello sarebbe stata una notte d’estate come tante altre…
Ventosa e tiepida.
Non fosse stato per quello l’aria non sarebbe stata
carica di tensione e di brividi.
Non fosse stato per quello il cielo nuvoloso sarebbe
stato messaggero solo di un giorno fresco… e sotto di esso i bimbi avrebbero
dormito tranquilli.
Invece la notte ed il suo coro di grilli era spezzata
dal clangore dell’acciaio e dal roco suono di gridi di guerra che stringevano
il buio in una morsa sempre più stretta di furia ossessiva.
Stringere, serrare, pressare sempre di più. Quando una
tigre si getta all’attacco sa che è sempre e solo la sua vita che mette in
gioco e per questo non può mai arretrare di un passo, ma deve invece sempre
chiudere e lanciarsi in avanti senza lasciare alcuno spiraglio per dubbi o
pensieri inutili. Sempre più vicina, sempre più letale, così combatte una
tigre… e Caron sapeva di combattere come una tigre… Come tutte le volte prima…
Come tutte le volte a venire… E in un turbine di lame le due spade coprivano
con il loro acciaio la schiena mentre vorticava in acrobazia. Il suo avversario
arretrava svelto e sicuro, opponendo allo sbarramento di lei i suoi katar
serrando la guardia in tecniche precise e veloci, tentando di catturare le lame
della cacciatrice tra le sue per spezzarle, ma era come cercare di spezzare il
vento… Caron interruppe il cerchio e fece scattare dei fendenti secchi e
sferzanti cercando di sorprendere l’avversario spiritato cambiando rapidamente
bersaglio e posizione da cui partivano i colpi, talvolta sferrando i colpi
anche in controtorsione per nasconderne la traiettoria con il suo corpo…
Intorno a loro il campo erboso destinato a diventare
fieno ondeggiava alto mosso dal vento d’estate e a ciuffi cadeva quando le lame
si incontravano stringendolo fra di loro o quando saettavano invisibili. La
luna piena che a tratti si faceva largo tra le nubi rendeva i loro volti ancora
più inumani, gettando una luce pallida sull’intera campagna e sul villaggio vicino
i cui abitanti sognavano al suono martellante e allo stesso tempo lontano
dell’incrocio dell’acciaio.
Pressare, chiudere, senza respiro e senza spazio per
nulla, anche mentre ci si difende, chiudendo nella guardia avversaria per
concludere la serie di assalti… Era sempre così per lei… La battaglia un
fulminante momento d’estasi, elevazione, vuoto completo riempito solo dalla
Lama… che era Vita e Morte insieme… Ma quella volta… Sul riflesso della Lama…
Più chiudeva, più serrava… Più lampeggiavano i ricordi lontani… Avvolgendo, più
che spezzando, il fluire dei corpi. Ricordi di come era cominciata la caccia…
Un anno prima… Un’Estate prima… Quando in quello stesso villaggio rurale voleva
cercare la creatura mostruosa che rubava l’anima alle sue vittime.
Mascheratasi con abiti da suora aveva celato il suo
gelido volto che in battaglia copriva con una maschera d’argento dietro a
quella più gradevole di un volto sorridente. Gli abitanti l’avevano accolta con
grande garbo, credendo alla sua storia della suora che doveva ritirarsi in un
luogo tranquillo per un seminario spirituale in cui istruire le giovani
sorelle… E bene avevano accolto anche queste ultime, ignari del fatto che
fossero sì le sue giovani allieve, ma che le arti che da lei apprendevano erano
quelle della Caccia… Insieme avevano preso abitudine a quel ruolo di giovani e
sensibili donne di chiesa… e poiché tutti i villici sembravano tanto felici in
quell’Estate tanto perfetta e generosa… A tutte loro era imposto di portare una
simile maschera di felicità, per quanto il suo cuore fosse annerito dalle
interminabili battaglie e reso freddo dall’acciaio che aveva per immemore tempo
brandito. Ora le lame riflettevano fulminanti scene di quei giorni lontani,
restituendole immagini del suo volto raggiante in quelle tanto inconsuete
espressioni… Circondata da persone semplici ma serene e felici… Diverse dagli
abomini da cui era circondata durante le sue cacce… Gli abitanti le avevano
riservato cure e premure… Ben diverse dai sibili d’odio e di terrore che emettevano
le sue prede… E alcuni erano stati più gentili di altri… Se i suoi abiti
monastici e la gentile recita che interpretava le avevano consegnato il
caloroso rispetto di tutti gli abitanti, avevano d’altro canto instillato in
loro anche un po’ di reverenza che imponeva che non si soffermassero troppo
nelle loro cortesie e nei loro saluti… Eppure… Eppure ricordava ancora quel
giovane ragazzo tanto spigliato da non lasciarsi contagiare dalla timidezza dei
suoi compaesani… Tornavano alla sua mente i suoi modi cortesi e raggianti,
sicuro di sé e sempre alla ricerca di un po’ di tempo da passare con lei e le
sue sorelle… e alla sua mente tornava anche la strana sensazione che le aveva
dato essere avvicinata non per tentare di ucciderla ma per cercare la sua attenzione…
Tanto che non sapeva dire se l’avesse lasciato fare più per non rovinare la
mascherata dietro cui si era celata piuttosto che per sincera curiosità di
assaporare quel frutto che aveva sempre pensato proibito per chi, come lei,
doveva scontare i suoi orribili peccati coprendosi sempre più di sangue… e
tanto era stata “particolare” quell’Estate, che ora i lampi cominciavano a
fondersi nella sua mente, intrecciandosi in una tela di ricordi compiuti… Senza
nemmeno più chiedersi il perché avesse lasciato che succedesse, ricordava la
sensazione di tranquillità a cui come “candida visitatrice” aveva dovuto
conformarsi e di come avesse dovuto indossare quella maschera ben più di quanto
preventivato, dovendo più spesso che no passare il tempo in compagnia di
quell’intraprendente giovane che voleva ora mostrar loro dove vi fosse l’acqua
più fresca ora invece un pertugio segreto per infilarsi nel frutteto del
contadino Otis… Non poteva negare che, a differenza di quanto aveva fatto mille
altre volte, non aveva tentato alcunché per abbreviare o limitare le sue
performance teatrali, ma aveva invece mostrato un certo zelo nell’aderire a
quella così inconsueta maschera che il giovane sembrava aver preso tanto in
simpatia… Lei… Lei trovava attraenti le premure di un giovane campagnolo
perdigiorno… Lei, che era stata alla corte di re e regine, accolta dai sovrani
degli elfi, celebrata nei canti di guerra e funerari dei nani… Ma conosceva la
differenza… I re e le regine chinavano il capo di fronte al suo gelido istinto
guerriero, alla sua spietata dedizione alla caccia e alla sua abilità
nell’uccidere… Nessuno, prima di quell’Estate l’aveva mai voluta se non per
uccidere qualcuno o cancellare l’immonda presenza del male non-morto con il suo
freddo acciaio… Per questo forse aveva lasciato che quel giovane riempisse le
sue giornate? Ma andava bene, si diceva… In fondo è Estate… In fondo è solo un
gioco… Non era la sua la vita che stava vivendo, non erano suoi gli sguardi che
stava rivolgendo o le parole che diceva… Erano quelle di un personaggio
d’invenzione… Avrebbe giocato a fare la dolce suora tanto per scoprire come
fosse una vita lontana dallo spezzare malefici versando il suo e l’altrui
sangue… Come in una favola… Come in una favola avrebbe vissuto una vita altrui
e lontana… Per sognare e scoprire qualcosa che il Destino le aveva per sempre
negato… L’importante era ricordare che era solo un gioco… Che qualcuno come lei
non avrebbe mai potuto né avrebbe mai avuto diritto a quei momenti… Ma se era
solo un gioco poteva andare bene… In fondo era Estate… Un’Estate fa… Ma
l’Estate va… e porta via con sé anche il meglio delle favole…
Frustando con la spada destra sulla guardia avversaria
Caron costrinse l’avversario a retrocedere per la violenza dell’impatto e,
senza indugiare, si gettò in avanti per rinchiudere le carni non-morte tra le
sue lame. Ciò che una volta era stato un uomo mostrò quanto il suo corpo avesse
trasceso i limiti mortali di velocità e forza scivolando nel furioso vorticare
di lame della cacciatrice con movimenti agili e fluenti come quelli di una
danza acrobatica, volteggiando tra i colpi mortali ora appoggiando una sola
mano a terra, ora spingendosi in balzi acrobatici per superare tecniche che gli
avrebbero altrimenti falciato le gambe. Non appena toccò terra il suo
avversario tornò a chiudere le distanze tra loro andando ad incrociare le sue
armi a quelle di lei con colpi fulminei che volevano ricambiarle il favore
mirando a perforare le sue carni con le punte argentee e acuminate. Come ogni
suo combattimento, Caron non fissava le armi dell’avversario, tenendo gli occhi
invece fissi sul volto di chi doveva uccidere, per riuscire a percepirne
intenzioni ed emozioni e osservando il movimento degli arti nel loro insieme,
per non lasciarsi distrarre o ingannare dai singoli dettagli… Ma questa volta
non stava funzionando come avrebbe dovuto… Anche sotto i marchi sacrileghi che
coprivano il volto e che brillavano rossi come rubini alla luce della luna,
anche sotto l’espressione sedotta dalla brama del potere della non-vita, anche
dietro gli occhi intensamente alla ricerca di un punto scoperto dove colpirla e
ucciderla, Caron poteva riconoscere gli stessi occhi, lo stesso volto che
un’Estate fa le aveva sorriso e aveva Giocato con lei… Ed ogni volta che le
loro lame si scontravano ecco che sul metallo perfettamente lucido la luna
sembrava riflettere l’immagine di quell’Estate, di quel gioco che avevano
compiuto assieme…
Fendente destro al volto, affondo sinistro alla gola,
recupero, fendente destro al costato, parata…
Clang!
…Lui che danzava in precario equilibrio sopra le balle
di fieno appena trebbiate, solo per strapparle un sorriso e qualche attenzione
quando sarebbe caduto…
…Un’Estate Fa…
Volteggio doppio delle lame, spazzata bassa, doppio
fendente al volto e al petto, parata incrociata…
Clang!
…Lui che si lasciava penzolare a testa in giù da un
albero porgendole delle mele appena colte…
…Un’Estate Fa…
E ancora ecco che i lampi si fondevano nell’intreccio
che tesseva la trama dei suoi ricordi… L’Estate che finiva… E con essa finiva
anche quella sua ricerca… Le profezie della veggente forse erano ancora
immature… La creatura che stava cercando era ancora lontana dall’essere
concepita… forse avrebbe dovuto aspettare per poter sorprendere la sua preda…
forse ora era ancora un embrione di idea… In ogni modo, l’estate stava finendo
ed era il momento di finire quell’inutile gioco… Lasciato il villaggio tra
mille sorrisi e saluti, lei e le sue “sorelle” diedero il commiato ai loro
ospiti e alle loro “finzioni”… Anche lui sorrideva e la salutava quel giorno…
aveva una strana espressione… ma l’Estate era finita e così anche il loro
gioco… Ora doveva tornare tra le braccia del suo Destino, scritto nel sangue
con una penna d’acciaio, lasciandosi dietro quella favola che aveva voluto
raccontarsi per già troppo tempo. Con la sua solita freddezza era scivolata
nuovamente nella sua vera vita, quella della Cacciatrice, fatta di accampamenti
notturni lontani dal calore e dalla comodità di una casa, fatta di veglie e di
inseguimenti, di appostamenti per sorprendere le belve demoniache assetate di
sangue che erano tornate ad essere le sue uniche compagne e le loro grida di
morte erano tornate ad essere le uniche parole che bramava… che poteva…
sentire… E così doveva aver fatto anche lui… lasciato da parte quel “gioco”,
che aveva voluto concedersi per serbarsi un ultimo ricordo piacevole della vita
che stava per abbandonare per sempre, era tornato a studiare quelle blasfeme
scritture che gli promettevano l’immortalità ed il potere di piegare tutto al
suo volere… Finita l’Estate aveva chiuso le porte a quella buffa sensazione da
cui si era lasciato prendere, la sensazione di tenere a qualcuno e, sapendo che
era stato solo un gioco, tornò ad aprirle ai suoi oscuri sogni di gloria.
Lontana da quei luoghi nel corpo, Caron non era però lontana da essi col
pensiero, tornando spesso a visitarli per meditare su come o cosa avrebbe
trovato al suo ritorno, quando avrebbe dovuto portare a termine la caccia…
Pensieri rigorosamente “Professionali”… Solo di tanto in tanto riaffiorava il
ricordo di quel buffo gioco, il ricordo dell’Estate… ma nel brullo Autunno che
stava vivendo, essa suonava piuttosto come l’ennesimo scherno del Destino. Si
sentiva davvero stupida per aver ceduto a quel canto di sirena… Credendo che
quello spiraglio potesse davvero allontanarla anche solo per un momento dalla
sua Condanna… Solo una sciocca come lei che meritava
quell’inferno avrebbe potuto credere… anche solo per un’Estate… che conoscere
ciò che le era da sempre e per sempre negato l’avrebbe aiutata a sopportare
meglio la Pena…
invece non aveva fatto altro che regalargliene una nuova dal nome di
Malinconia… Chi come lei era condannato a vivere nelle Tenebre, anche se per
cacciarle, avrebbe fatto meglio a tenersi il più lontano possibile dalla Luce…
Onde evitare che il pensiero di ciò che le era Proibito aggiungesse beffa alla
dannazione… Si meravigliava davvero: dopo tutto ciò che aveva visto e subito,
dopo tutto ciò che il Destino le aveva portato via era stata ancora abbastanza
ingenua da accettare una parte nel suo beffardo teatro come se non sapesse che
esso la considerava come il suo personale buffone… riservandole una parte di
spicco solo per ridere di lei nel togliergliela… Ma Caron, che pensava di aver
visto la vera meschinità di quell’inflessibile padrone nel gesto di donarle
quell’Estate solo per farle capire cosa le aveva per sempre precluso, stava ora
nuovamente stupendosi della sua ingenuità… aveva davvero pensato che avrebbe
pagato così poco quella sua insubordinazione ai piani grevi che il Destino
aveva scritto per lei… aveva davvero pensato che si sarebbe limitato a porre
quell’Estate, quel giovane, solo irrimediabilmente lontano da lei… ed invece li
aveva voluti sulla stessa strada… Ma in direzioni opposte… Lei una Cacciatrice…
Lui la sua Preda… Lei divorata dall’Odio per quelle creature Immonde… Aveva
sacrificato la sua vita per combattere e uccidere fino a che non fossero state
tutte cancellate dalla faccia della terra… Lui affascinato dal loro potere… Aveva
sacrificato la sua vita per poter vincere i suoi vincoli mortali e trovare il
Potere… Ma la sua vita era sempre stata così, in fondo… Tutti i suoi avversari
erano stati così… Ma né loro né lei erano mai stati così incauti da scordarsi
del loro Odio o della loro Brama, neppure per una sola Estate… fino a un’Estate
fa…
Calcio circolare anteriore, calcio circolare
posteriore, fendente, affondo…
Clang!
…La loro danza durante la festa del villaggio…
…Un’Estate Fa…
Fendente destro, fendente di ritorno, schivata,
affondo…
Clang!
…Lui che cucinava della selvaggina per loro su un
fuoco da campo…
…Un’Estate Fa…
Fendente, fendente, fendente, fendente, balzo,
stoccata…
Clang!
…La ranocchia di fiume con cui aveva pensato di
spaventarla…
…Un’Estate Fa…
Volteggio destro, fendente sinistro, fendente
verticale destro…
Clang!
…La piuma di fagiano che aveva voluto regalarle…
…Un’Estate Fa…
All’ultimo fendente il serrato scambio di colpi e di
ricordi si interruppe per un istante mentre l’avversario scattava indietro per
evitare il colpo e scagliava verso di lei un ciocco di legno raccolto da terra
nel tentativo di guadagnare tempo.
Lo scontro era finito.
Il suo avversario era morto.
L’esito era già deciso.
Caron lo sapeva. Riusciva a riconoscere quando un
avversario aveva raggiunto il suo limite: i cultisti o i mercenari che avevano
fatto scudo alle sue prede mostravano con chiarezza i segni della loro
condanna. Il loro fiato era pesante e le loro braccia stanche lungo i fianchi:
segni di chi aveva chiesto al proprio corpo di dare il massimo e lì era giunto,
senza più altro da spendere… Avevano già giocato tutte le loro carte e non
avevano funzionato… Ora il suo avversario non respirava e teneva le braccia
alte, poiché il suo cuore non batteva più da molto tempo ed essendo in sostanza
un cadavere animato dalla magia avrebbe potuto continuare a combattere ben più
a lungo di lei, ma quello che aveva esaurito era la tecnica… I decenni sui
campi di battaglia e nelle arene le avevano venduto, sebbene a caro prezzo, una
conoscenza della lama che era ovviamente al di là delle possibilità di quel
giovane, anche se potente, adepto delle tenebre… Quel pezzo di legno che volava
adesso verso di lei significava la fine del bagaglio tecnico e l’inizio
dell’improvvisazione, contro cui lei poteva mettere in campo ancora decine e
decine di tecniche. Non c’era più nessuna mossa che lei non conoscesse di lui,
al contrario, lei aveva ancora molte frecce al suo arco ed era sicura che
avrebbe centrato il bersaglio…
Mentre il tempo sembrava rallentare, Caron poteva
osservare il suo avversario oltre il legno… le braccia di lei erano distese
lungo i fianchi, ma non per stanchezza, ma perché sapeva di avere già vinto… lo
sguardo di lei freddo, ma tranquillo dietro la maschera d’argento che le
copriva il volto, si era fermato sull’avversario. Ancora in posizione
accovacciata, dalla quale aveva raccolto e scagliato il legno, la osservava
teso… Il legno volava verso di lei lento, lentissimo… Abbastanza lento per
lasciarle il tempo per l’unico pensiero articolato di quel combattimento…
Chissà… Pensò Caron… Chissà se può sospettare… Sospettare di essere anche lui
diventato un burattino del Destino… Se può sospettare che dietro la mia
maschera d’argento si cela quella stessa donna con cui… con cui ha trascorso un’Estate…
E cosa direbbe se lo sapesse… La mia vittoria è già decisa, anche lui lo sa… Se
ora mi togliessi la maschera… Cambierebbe qualcosa? Sarebbe abbastanza per
farci tornare in Estate?
Ma a Caron bastò quel breve momento che le rimaneva
prima che il legno la colpisse per capire la sua verità: il cielo poteva essere
un cielo d’Estate ed anche il vento era proprio quello, le messi potevano
essere proprio come erano un’Estate fa… ma loro no… La sua maschera, la sua
veste nera come la notte, le sue lame d’acciaio… Quella era Lei… Quella era
Caron, Il Traghettatore del Regno dei Morti… E quello era Lui… Le rune
sacrileghe sul volto e sul corpo, la pelle resa d’ebano dal rituale oscuro…
Quella era la sua preda, ciò che aveva giurato di estirpare a qualunque costo…
anche quello della sua Estate… ora non potevano più giocare… Ora erano loro
veramente…
…E finiva lì la storia di loro due…
Con una mossa fulminea il fendente di Caron spezzò in
due il tronchetto di legno senza che la lama nemmeno si vedesse e con esso sembrò
spezzarsi l’incantesimo che aveva rallentato il tempo ed incrociato i loro
sguardi, facendo tornare tutto a scorrere con l’inaudita frenesia che solo una
battaglia sa esprimere. E con quel fendente Caron recise anche gli ultimi fili
che tessevano la storia della sua Estate trasformandola da un malinconico
ricordo a un ennesimo sacrificio per compiere il suo Destino…
Senza neanche attendere che i pezzi del legno
toccassero terra, Caron scattò in avanti lanciando l’ultimo assalto. Questa
volta i colpi volavano con una forza diversa e anche se tutti gli stessi
ricordi non smettevano di pararsi di fronte a lei come a voler impedire lo
strazio di quell’Estate, le lame non li riflettevano più. Riuscivano invece
ormai a superare lo sbarramento delle tecniche avversarie e riuscivano infine a
sorprendere le sue carni non-morte, tagliandole e dilaniandole… E ogni ferita
che segnava il corpo avversario era in realtà uno squarcio attraverso la tela
che dipingeva i suoi ricordi
Fendente destro al volto, affondo sinistro alla gola,
recupero, fendente sinistro al costato…
…Lui che danzava in precario equilibrio sopra le balle
di fieno appena trebbiate, solo per strapparle un sorriso e qualche attenzione
quando sarebbe caduto…
…Un’Estate Fa…
…Molto tempo prima il Destino le aveva definitivamente
strappato il sorriso con uno dei suoi più sublimi piani, da allora aveva
posseduto solo quell’Odio che le bruciava dentro più di ogni altra cosa.
Volteggio doppio delle lame, spazzata bassa, affondo
al petto…
…Lui che si lasciava penzolare a testa in giù da un
albero porgendole delle mele appena colte…
…Un’Estate Fa…
In molti l’avevano avvertita che l’avrebbe divorata e
che era una maledizione piuttosto che una forza, ma lei aveva solo quello…
aveva costruito tutto attorno ad esso: la sua abilità, la sua determinazione,
la sua tenacia…
Calcio circolare anteriore, calcio circolare
posteriore, fendente, fendente…
…La loro danza durante la festa del villaggio…
…Un’Estate Fa…
Come avrebbe fatto qualunque viandante disperso nelle
terre più fredde, aveva soffiato su quel debole cerino che le era rimasto e
l’aveva rinfocolato fino a farlo diventare la pira che la teneva viva… O
meglio, che le impediva di morire… Visto che su quella pira aveva immolato
tutto ciò che gli altri potevano chiamare “Vita”…
Fendente destro, fendente di ritorno, schivata,
fendente…
…Lui che cucinava della selvaggina per loro su un
fuoco da campo…
…Un’Estate Fa…
Ed ecco che ora, proprio ora che aveva provato a
seguire i consigli dei “saggi”, che aveva provato a conservare qualche cosa
senza gettarla nella sua ardente pira funebre… Ecco che proprio quella era
diventata l’ennesima arma nelle mani del suo crudele carceriere chiamato
Destino…
Fendente, fendente, fendente, fendente, finta,
stoccata…
…La ranocchia di fiume con cui aveva pensato di
spaventarla…
…Un’Estate Fa…
Solo nel servire quel fuoco glaciale avrebbe potuto
espiare i suoi peccati… solo quella era la dimora che meritava… e dalla quale
non poteva sfuggire… La sua vita era un Inverno perenne… Le sue Estati altro
non dovevano essere che un bagliore che le ricordasse quale era il suo posto…
Al quale doveva arrendersi senza mai tentare di trovarvi un appiglio…
Volteggio destro, fendente sinistro, chiudendo in
avanti Caron giunse spalla contro spalla con il suo avversario passandolo da
parte a parte con un affondo.
…La piuma di fagiano che aveva voluto regalarle…
“…Un’Estate Fa…” Bisbigliarono le sue labbra dietro la
maschera poco distanti dall’orecchio di lui mentre sentiva di aver trafitto a
morte anche l’ultimo dei suoi ricordi. Di nuovo il tempo tornò a scorrere
irregolare, rallentando perché non potesse ignorare l’agonizzante sensazione
che cercava di prenderla. Mille e più volte aveva conosciuto la sensazione di
trafiggere e uccidere uomini, demoni e morti… ma quella era la prima volta che
trafiggeva un’Estate… Ma Caron era troppo forte… troppo gelida per lasciare che
la sensazione e i pensieri che le avevano poco prima schiuso le labbra in quel
sussurro continuassero a guidarla… ma anche se riuscì a non fare sentire al suo
avversario le sue parole, non potè impedire ad esse di risuonare almeno dentro
i lei…
“Un’Estate fa… Non c’eri che tu…” Avrebbe voluto dire
mentre sfilava la lama dal corpo sconfitto del suo avversario e volteggiava sul
fianco per tornare pronta in posizione per finirlo. Lui cadde sulle ginocchia,
lo sguardo solo vagamente sorpreso, invaso piuttosto dalla fredda
consapevolezza di essere davvero arrivato alla soglia della morte dalla quale
aveva fatto tanto per sfuggire… eppure senza panico sul volto…
“Ma l’Estate somiglia a un Gioco…” Pensò la sua parte
più fredda in risposta al caldo ricordo che ciò che di umano rimaneva in lei
aveva evocato “…E’ Stupenda ma dura poco…” Si disse con fredda rassegnazione
sollevando sopra al capo la spada pronta per decapitare il giovane stregone…
…Il destino le aveva lasciato accarezzare quel sogno…
il sogno di poter davvero sollevare per un attimo il sudario che ammantava la
sua vita anche solo per riprendere fiato, ma lo aveva fatto solo perché sapeva
che sarebbe rimasta inebriata da quel semplice sapore che riempiva in
abbondanza le vite di molti, ma che a lei era stato per sempre proibito… Perché
sapeva che anche se possedeva il coraggio di sfidare i signori dell’inferno e
di gettare la sua vita al vento per catturare una preda, sapeva che non avrebbe
mai avuto il coraggio di perdonare a sé stessa i suoi errori… Sapeva che non
avrebbe mai potuto smettere di soffiare sul fuoco di quell’Odio che forse solo
ora Caron cominciava a capire che non volgeva verso le oscure creature delle
tenebre, ma contro se stessa…
E già il pensiero di Caron correva a un’Estate fa e
cominciava a sentirla come un piccolo pezzo di Paradiso che lei certo non
meritava e al quale doveva ora fare ammenda con il suo ultimo fendente… e nei
brevi istanti di esitazione che i suoi pensieri le dettarono, il suo avversario
volse il capo a fissarla retta su di lui pronta a dargli il colpo di grazia…
Caron non potè mai dimenticare quegli occhi… Aveva giustiziato centinaia di
creature… abominevoli e persino umane… e vi aveva letto altrettante
espressioni: la paura, l’implorazione di un perdono di cui lei non era capace,
la rabbia, l’odio, la sorpresa per la sconfitta… Ma non aveva mai visto
l’espressione di quegli occhi…che
erano colmi di pietà… non per lui, non per chiederla… Ma per darla… per lei…
Anche dopo quell’ultimo fendente che pose fine alla
non-vita della sua preda Caron seppe che vittoria non era il termine giusto per
ciò che il Destino le consegnava quella notte d’estate perchè, anche se il suo
avversario giacque sconfitto, non v’era errore… Anche se non seppe mai se
l’avesse riconosciuta sotto la maschera… o se lui sapesse che lei lo aveva
riconosciuto… Il suo sguardo le era rivolto lucido come può essere solo quello
di chi non può sentire il dolore delle ferite perché ha un corpo immortale. E
non fissava il vuoto del cielo notturno, ma la fissava dritta negli occhi, come
se, in segreto, volesse avere il tempo di dirle
“Ho pena per te… Io adesso… Morirò… Scivolerò via in
un Limbo eterno in cui non esiste nulla… E’ questa la pena per gli errori di
cui mi sono macchiato… Cesserò di esistere e scivolerò in un quieto silenzio…
Ma chi paga il prezzo più alto… Chi rimane da sola qui… Prigioniera di un
Destino così triste e dispotico… Senz’altro che una Spada con cui trafiggere la
propria vita macchiata di sangue nell’impossibile tentativo di perdonare i
propri errori…
…Quella sei Tu…”