Lo sono e basta

di 2009_2013
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Cosa sai di non sapere? ***
Capitolo 3: *** Fiocchi d’aveva e cacao ***
Capitolo 4: *** Radian Garden ***
Capitolo 5: *** Preparativi (Fase 1) ***
Capitolo 6: *** Preparativi (fase 2) ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Se avete trovato questa confessione vi avverto che una volta terminata avrete opinioni molto diverse su di me. Kairi, Riku so che pensate di conoscermi e mi dispiace avervelo fatto credere.

 

-Ciao io sono Sora.- un bambino di sette anni tendeva la mano verso un suo coetaneo albino.

-Riku.- rispose lui piano mentre stringeva la mano.

-Spero tanto che noi due diventiamo buoni amici.- il piccolo castano sorrideva felicemente mentre insieme al suo futuro amico si dirigeva verso il parco vicino.

 

-Sora!- lo chiamó l’albino insieme a Kairi. Avevano tutti e tre circa dieci anni. 

-Dove sei stato?- gli chiese la rossa, la bambina arrivata da poco all’isola che aveva destato l’interesse di tutti gli abitanti. Sora le sorrise imbarazzato.

-I miei non mi permettono di uscire tutti i giorni.- disse. -Pensavo che Riku te li avesse detto.-

-Ci ho provato ma non mi ha dato retta.- si difese il giovane.

-Gli adulti possono essere così apprensivi?- 

-I genitori sono iperprotettivi nei confronti dei figli, soprattutto se sono gli unici.-

-A proposito... perché qui nessuno ha più di un figlio? Voi due non avete fratelli e sorelle... nessuno li ha.- a Kairi sembrava insolita quella situazione.

-È una legge.- rispose velocemente Sora. -Per problemi legati al sostentamento è stata imposta la legge del figlio unico.- spiegó.

 

Mi dispiace di avervi mentito, di aver mentito a tutti. Mi dispiace di avervi fatto credere di essere un ragazzo onesto e sincero quando invece sono un bugiardo, lurido traditore… sono un’assassino. Si, sono un assassino: ho infranto la promessa più importante di tutte quella, che non andava mai e poi mai infranta.

 

-Qualunque cosa accada non devi mai parlare di questo con chiunque altro. Questo è il nostro segreto.-

 

Avevo promesso di proteggere delle persone e invece, per puro egoismo, le ho abbandonate. Sono un traditore. Io volevo solo essere un normale ragazzo, un normale essere umano che si diverte con gli amici. Non potevo immaginare che sarebbe successo tutto questo.

 

 

-Roxas è il tuo nessuno- gli disse Riku lentamente. 

-Il mio…- Sora non sembrava molto sorpreso. -Nessuno?!- Forse la sorpresa si è manifestata in ritardo.

 

-Perché Roxas è ancora qui?!- chiese l’albino vedendo ancora il giovane biondo.

-Grazie tante.- rispose lui.

-Sei il suo nessuno! Dovresti esserti riunito a Sora. Perché sei ancora qui?- Riku non riusciva a sopportare la sua presenza.

-Riku lascia stare!- gli diceva invece il moro. Il perché di tutto quello restava un mistero.

 

Se avessi detto la verità forse le cose sarebbero andate diversamente. Se avessi continuato a recitare quel ruolo forse loro sarebbero ancora con me. È colpa mia ma non posso dire di pentirmene perché così ho conosciuto tutti voi; voi che siete stati il motivo che mi ha spinto a lottare, siete la mia forza, il mio potere. Anche se adesso so che mi disprezzerete voglio che sappiate che non ho mai mentito sui miei sentimenti, il mio affetto per voi non è mai stato fasullo e vi prego di non dimenticarlo mai. Ci sono tante cose che vorrei dire ma così poco tempo, spero di poter di nuovo parlare con voi e raccontarvi tutto ciò che volete sapere. Spero di poter tornare da voi. So che andare nella tana del lupo è pericoloso ma non posso tradirli nuovamente. L’ho fatto già una volta non lo rifarò per la seconda. Quindi non preoccupatevi, non venite a cercarmi, vi supplico solo di prendervi cura di Roxas, non lasciate che mi segua.

Prima di lasciarvi vi dico un’ultima cosa: Riku… i genitori non sono apprensivi con i loro figli, sopratutto se sono gli unici… loro lo sono e basta.

 

Vi voglio bene. Sora.

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Capitolo 2
*** Cosa sai di non sapere? ***


 

Quando la registrazione finì nessuno ebbe il coraggio di parlare. Riku e Kairi avevano trovato il nastro sul tavolo del piccolo soggiorno del loro rifugio a Radian Garden e si sarebbero aspettati di tutto tranne quello.

-Che cosa significa?- chiese Kairi rivolta all’amico, era turbata e spaventata. Riku scosse la testa.

-Non ne ho idea. Conosco Sora da quando siamo dei bambini… lui non è come si è descritto. Deve essere successo qualcosa.... devono averlo costretto... forse non era nemmeno lui. Dobbiamo trovarlo!- quelle parole furono dette con una velocità esorbitante.

-Ha detto che andava nella tana del lupo. Pensi che si riferisca all’organizzazione?-

-Hai altre idee?- Riku si mosse verso la porta.

-Aspetta!- lo bloccó Kairi. -E Roxas? Sora ci ha chiesto...-

-Se per questo ci ha chiesto di non cercarlo.- ribattè. Non voleva Roxas in mezzo al piedi, quel casino era successo sicuramente per colpa sua.

-Ma se Roxas sa qualcosa di questa storia ,e sai bene che sa qualcosa, allora la nostra unica possibilità è coinvolgerlo. Volente o nolente.- Kairi sapeva che Riku aveva dei dubbi sulla fedeltà di Roxas ma sapeva anche che il biondo non poteva avere colpe. Sin da quando lo aveva conosciuto il giovane era stato gentile e cordiale con lei. D’altro canto Riku non era molto obbiettivo quando si parlava di Sora: tutti sapevano che  aveva una cotta per il moro e che avrebbe fatto di tutto anche solo per saperlo al sicuro.

Una volta convinto l’albino i due si diressero nella stanza usata dal biondo. Era una stanza molto semplice: un letto di colore azzurro e un piccolo armadio in legno abbinato a una piccola scrivania anteposta alla porta. Roxas era seduto sul letto intento a meditare su chissà cosa. Quando si accorse della presenza dei due sorrise amorevole a Kairi mentre lanciava un’occhiata gelida all’albino.

-Sora è sparito!- disse Riku altrettanto gelido. L’espressione di Roxas cambió di colpo: era spaventato e preoccupato.

-Cosa?!- i due non disserro nulla ma di limitarono a fargli ascoltare la registrazione. Finito nuovamente il nastro il biondo rimase in silenzio. Passarono diversi minuti ma Roxas continuava a non parlare. 

-Dí qualcosa, brutto idiota!- disse Riku irritato mentre colpiva in volto il biondo con un potente pugno mentre veniva rimproverato da Kairi.

-Sai qualcosa. So che è così! Parla!- Riku ignorava i continui richiami della rossa. Voleva solo delle risposte.

-Io… non so di cosa parli. Non ho idea del perché quell’idiota sia andato via.- Roxas parlava con voce bassa. -Forse voleva semplicemente scappare da un certo deficiente con i capelli bianchi.- disse poi con voce più decisa.

-Come ti permetti?!-

-Riku smettila!- lo bloccó Kairi. -Litigare non servirà a nulla!- poi puntò lo sguardo sul biondo. -Tu sai qualcosa... ti si legge in faccia: sei preoccupato quanto noi.- 

Certamente Roxas era preoccupato ma non poteva permettere a loro di sapere. Anche se Sora aveva commesso l’errore di fidarsi, lui non era altrettanto stupido. 

-C’è qualcosa che non vuoi dirci e questo lo capisco. Ma se vogliamo aiutare Sora dobbiamo collaborare.- 

Roxas ci pensó su, non poteva andare da solo alla ricerca del debosciato, aveva bisogno di aiuto. Ma loro non avrebbero mai capito. Per questo non dovevano sapere: non avrebbero capito. Però se voleva aiutare Sora doveva per forza condividere quelle informazioni: o almeno una di quelle. A malincuore e con la voce pari a poco più di un sussurro pronunció un nome: Jonathan Cristopher. 

-Come?- Kairi e Riku non riuscirono a capire cosa dicesse.

-Jonathan Cristopher.- ripeté. -Sora ha ucciso Jonathan Cristopher.-

 

La discussione dei tre ragazzi continuò ma nel frattempo non molto lontano dal luogo in cui si trovavano era in corso un violento scontro.

-Tutta qui la tua forza Ventus?- chiese un giovane mascherato mentre puntava la sua lama contro l’avversario visibilmente stanco. Il giovane biondo ansimava mentre assumeva una posizione d’attacco.

-Vanitas non è questo il modo.... Ti stanno usando.- gli disse con voce strozzata. Vanitas rispose con una risata maniacale.

-Xehanort rivuole il suo giocattolino.- cantilenò. Ventus si guardò intorno ma quella area era del tutto deserta, vi erano solo rocce e alberi, nessuno in grado di intervenire o aiutarlo.

-Non torno da quel pazzo. Non gli lascerò giocare ancora con la mia testa. È l’ultima volta che te lo dico: scappa con me- Vanitas non gli rispose ma scattò contro di lui con una velocità incredibile, senza che Ventus se ne rendesse conto lo colpì sulla nuca , il colpo fu così forte da farlo svenire. In quel momento però anche lui cadde a terra, la maschera impediva di vedere la sue espressione ma dal modo in cui indietreggiava dal corpo sembrava spaventato.

-Per l’angelo!- quell’espressione lo fece voltare. Una ragazza era stata attirata dal rumore delle lame, era abbastanza alta, la pelle chiara, gli occhi verdi e i capelli che passavano da un colore nero pece all’attaccatura fino a un biondo dorato nelle punte. Si avvicinò piano ai due, si chinò verso Ventus per sentire il suo respiro.

-È vivo.- disse con una nota di sollievo. Poi si rivolse al giovane mascherato.

-Che è successo? Tu stai bene?- 

-Io...io... io non lo so.- disse con tono ansimante. La ragazza si avvicinò a lui e si chinò in modo tale da essere alla sua stessa altezza. Lentamente avvicinò le mani al suo volto, il giovane si ritrasse.

-Non ti farò del male. Voglio solo vedere se stai bene.- gli tolse la maschera rivelando un volto candendo incontrarsi con i capelli neri e gli occhi dorati. 

-Mi sai dire il tuo nome?- chiese la ragazza -E anche il suo.- disse indicando il giovane svenuto.

-Il suo n-nome è Ventus.-

-Va bene. Il tuo?-  rimase in silenzio. -Facciamo così... io sono Leila, ti giuro che non ti farò del male, voglio solo aiutarvi.-

-I-Io s-sono Vanitas....credo... non lo so...- la sua voce si riempì di panico.

-Va bene Vanitas. Va tutto bene. Adesso però Ventus ha bisogno di aiuto. Riesci a camminare?-

 

 

 

-Chi è John Cristopher?- chiese Riku mentre Kairi si sedeva su una sedia, Roxas restava in silenzio.

-Non ne ho idea.- rispose Roxas velocemente. 

-Ne sei sicuro?- Riku non sembrava molto convinto.

-Forse lo so io- rispose Kairi alzandosi di botto.

-Spara!-

-Ti ricordi quella ragazza che vive nelle isole periferiche? È due anni più grande di noi, quella che ogni anno vince la borsa di studio.-

-Intendi quella che puntualmente vince ma non va mai a studiare all’isola centrale? Si ce l’ho presente, che senso ha vincere quella borsa di studio e non andare all’isola centrale.- Destiny Island era divisa in cinque isole, la più importante era quella centrale, si poteva considerare l’ambiente d’élite delle isole. Studiare li era il sogno di ogni studente-isolano.

-Si, proprio lei si chiamava Leila Cristopher. Suo padre si è suicidato dopo la morte della moglie: si chiamava Jonathan Cristopher.- 

-E perché Roxas avrebbe dovuto nominare un defunto?- chiese Riku non capendo il filo logico del discorso. -E come fa a conoscere una persona vissuta a Destiny Island. Non era nemmeno nato.-

-Per l’ultima domanda non ne ho idea ma per la prima....-

-C’è una leggenda legata a quella famiglia: si dice che la moglie di Jonathan Cristopher morì in seguito a un pericolo parto, immediatamente dopo la nascita del secondogenito. L’uomo si uccise subito dopo lasciando i due figli alla vecchia ostetrica. La prima figlia della coppia odiò a tal punto il neonato che gli diede il nome del padre e lo costrinse a restare sempre rinchiuso in casa. Alcuni dicono che lo uccise dopo la morte della tutrice. Però è solo una leggenda, nessuno sa se sia vero.- concluse.

-È una storia inquietante.- si fece scappare l’albino. -La gente si inventa storie proprio strambe.-

-Tralasciando le parti di omicidi e altro sembra abbastanza verosimile.-

-In effetti perdere entrambi i genitori in questa maniera.... anche io prenderei in antipatia mio fratello.-

-Ma è pur sempre suo fratello no?- intervenne il biondo che fino ad allora era rimasto in silenzio. -Voglio dire: è sempre suo fratello, non può odiarlo.-

 

 

Era una serena sera d’estate, le stelle brillavano nel cielo insieme a una candida luna piena mentre  una a una le luci delle case di New Island si spegnevano, tutte tranne quella di una piccola abitazione periferica. 

-Papà che succede?- chiese una bambina di appena due anni al giovane padre.  Le urla strazianti della meglio sembravano non aver fine: partorire in casa era un’operazione difficile e soprattutto molto più dolorosa rispetto a quando  essa si svolgeva in un reparto ospedaliero, ma loro non potevano permettersi di correre quel rischio. 

-Andrà tutto bene.- disse l’uomo stringendo la piccola mano della figlia. All’improvviso le urla si fermarono e furono subito sostituite da un nuovo rumore: dei pianti. La signora Smith, una vecchia ostetrica e amica di famiglia, uscì dalla stanza, guardava l’uomo in silenzio.

-Sapeva a cosa andava in contro.- rispose l’uomo. La signora Smith li fece entrare nella stanza, Angelica Court era sdraiata sul letto, era come se dormisse, accanto a lei erano quattro piccole culle.

-Quattro gemelli. Sono identici tranne per qualche piccolo dettaglio.- disse la signora Smith.

-Papà sono i miei fratellini?- chiese la bambina.

-Si Leila. Perché non li vai a salutare?- le rispose il padre con le lacrime agli occhi. La bambina Si avvicinò sorridente a una delle culle. 

-Ciao io sono Leila. Sono la tua sorellona, vedrai che faremo tante cose divertenti.- il bambino sentendo la voce aprì leggermente gli occhi: erano azzurri come il mare.

-Angelica mi ha detto di riferirti i loro nomi. Li ha scelti in base all’ordine di nascita.-

-Grazie mille Sofia. Sei stata un grande aiuto.-

-Ho fatto il possibile ma come farete con la legge? La politica impone massimo un  figlio per famiglia, se sarete fortunati ne approveranno due ma cinque.....- a causa della mancanza di risorse era stata imposta questa stramba politica, stramba quanto severa e spietata. Tutti i bambini che non risultavano esserne una violazione venivano arrestati e condannati. Ma Jonathan non avrebbe permesso che ciò accadesse ai suoi figli. Stava per rispondere a Sofia quando bussarono pesantemente alla porta.

-Polizia aprite.- li avevano scoperti. Ma come? Jonathan guardò Sofia con aria molto preoccupata. -Porta Leila e i bambini al sicuro.- gli disse. Lei annuì. -C’è una porta sul retro. Vai e non voltarti. Non posso permettere che li prendano.- e così fece. Iniziò a correre portando con se i cinque piccoli, sentiva che sarebbe finita male e ne ebbe la certezza quando sentì gli spari.

 

 

Quando Ventus aprì gli occhi non riconobbe la sua cella, non c’erano le sbarre in metallo semi-arrugginito , né quell’aria angusta di morte e disperazione con cui ogni giorno si svegliava, non era sdraiato per terra al freddo ma in un caldo e comodo letto. Si guardò attorno riconoscendo quella che non era sicuramente la base di Xehanort.

-Sei sveglio.- vide una figura femminile entrare nella stanza, gli sorrise calorosa. Si mise vicino a lui e iniziò a togliergli delle bende dal braccio destro, non si era nemmeno accorto di essere ferito. Quando lei lo toccò sentì una fitta s si ritrasse.

-Voglio solo controllare lo stato della ferita. Non ti farò male Ven, lo giuro.- il biondo la guardò: come sapeva il suo nome? Quella ragazza era strana ma altrettanto strano fu il fatto che si fidò delle sue parole. Quando finì di rifasciare la ferita lo aiutò ad alzarsi.

-Nome....- disse piano.

-Cosa?-

-Non mi hai detto il tuo nome....- la ragazza lo guardò con aria triste.

-Leila.- rispose infine. -Mi chiamo Leila.-

-È un bel nome.-

-Lo diceva sempre anche il mio fratellino. Diceva che sembrava il nome di una principessa.- uscirono dalla stanza verso un piccolo soggiorno, c’era un grande tavolo in legno con delle sedie abbinate e un divano polveroso.

-Come stai?- Ventus sobbalzò a quelle parole, anzi a quella voce che pronunciò quelle parole. Venitas lo fissava da una delle sedie con quella che sembrava un)aria preoccupata. Ven si agitò iniziando a iperventilare.

-Calmati....- gli disse Leila con voce calma. -Respira e rilassati.-

-L-lui.... perché è qui?- Vanitas abbassò il capo, sapeva che era stato lui a fargli del male ma non ricordava cosa aveva fatto. 

-È stato Vanitas a aiutarmi a medicarti. - Venuta lo guardò stupito.

-Spiegatemi cosa è successo.- disse Leila ai due ragazzi, voleva delle risposte a tutti i suoi dubbi.

-Io non lo so. So solo che ho fatto del male a Ventus.- disse il corvino scandendo piano le parole.

-Mi hai fatto male?- scattò il biondo. -Hai aiutato quel pazzo a torturarmi! Lo hai lasciato agire indisturbato. E io mi fidavo di te!-

-Ventus calmati!- Leila lo fece sedere sul piccolo divano polveroso. -Evidentemente c’è un problema ma urlargli in faccia non servirà.... adesso vi farò delle domande, nessuno dei due deve bloccare la risposta dell’altro. È fondamentale che rispettiate questa regola così che io possa capire e aiutarvi.- i due non sapevano perché la ragazza fosse così interessata a quella loro faida, però in quel momento, mentre erano in quella casa, non potevano fare altro se non assecondarla. Entrambi annuirono mentre la ragazza sorride a compiaciuta.

-Bene!- esordi. Iniziò con il biondo. -Iniziamo con qualcosa di facile: dammi le informazioni anagrafiche.- Ventus sembrò ragionare sul significato di “anagrafico” poi come un guizzo la soluzione.

-Come ho già detto prima mi chiamo Ventus ...ehm....- gli venne un vuoto di memoria, sapeva che doveva dire altro ma era come se ogni informazione gli sfuggisse.

-Non hai un cognome Ven?- il biondo sembrò agitarsi a tal punto che la ragazza intervenne nuovamente -Va bene così.- cercò di calmarlo. -Non devi averne per forza uno. Va bene così. Nessuno qui ti farà del male.- Ventus annuì e Leila pensò di cambiare soggetto per evitare un’altra crisi.

-Vanitas.- disse il corvino come se si aspettasse che toccasse a lui. -È inutile che mi chiedi il cognome perché non me lo ricordo.... come la maggior parte delle cose.-

-Va bene. Per ora ci faremo andare bene questo. Adesso spiegatemi, uno per volta, perché siete ridotti così male.- calò il silenzio e Leila temette di fare fatto un casino, forse non erano pronti a parlarne.

-Xehanort.- disse piano Ventus. -Come?- Leila non aveva sentito bene le sue parole. -Xehanort!- ripetè più forte. 

-Questo “Xehanort” ti ha fatto del male? È colpa sua?- 

-Lui.... veniva nella mia cella tutti i giorni e mi ordinava di combattere..... io non volevo..... a volte mi rifiutavo e allora mandava Vanitas.... lui mi feriva... mi diceva.... cose e.... rideva.... rideva quando sanguinavo.- Ventus aveva iniziato a piangere ma ciò che colpì di più Leila furono le cose che diceva: cella, combattere, ferire, sangue. Un così giovane ragazzo non dovrebbe vivere queste cose. Vanitas. Ventus diceva che Vanitas lo picchiava ma quando lo aveva trovato sembrava dispiaciuto, guardò il corvino il quale teneva lo sguardo fisso a terra. Il suo corpo vibrava leggermente e ora che c’era silenzio sentiva dei rumori sommessi, la ragazza penso che piangesse ma si ricredette quando il rumore divenne più forte, sempre più forte. Vanitas stava ridendo, una risata all’inizio debole e quasi timida ma che diventa e sempre più fragorosa, sempre più maniacale. Quando raggiunse il suo climax il corvino sollevò lo sguardo e Leila fu pietrificata vedendo quegli stessi occhi dorati di prima ma così spenti, spietati, crudeli. Quello non era il ragazzo che stava cercando di aiutare.

-Van- cercò di chiamarlo. Lui si alzò e con un movimento veloce fu subito sopra Ventus, il buondì iniziò a tremare. 

-Oh Ventus non mi dire che non ti sei divertito.- disse ridendo. -Ammetti che ti piaceva quando ti rompevo.... pezzo per pezzo... era così bello! Però non si è ancora rotto del tutto, no, hai ancora della consapevolezza in te ma questo non va bene. Nono! Non va bene! Sarà un piacere strapparti le viscere e sentirti urlare mentre preghi quei-

-Vanitas!-Leila allontanò con forza i due: prese Vanitas per le spalle e cercò di trattenerlo il più possibile. Ventus continuava a tremare gli occhi pieni di lacrime. -Adesso basta, Vanitas.-

-E tu chi saresti stupida megera?- Leila a quella frase perse la compostezza, come faceva a dire che non la conosceva, avevano parlato per ore prima che Ventus si svegliasse. La ragazza afferrò più saldamente il corvino e lo girò verso di lei, lo guardò negli occhi cercando di ignorare quella pazzia che li possedeva.

-Ok Van, puoi farcela: guardami! Sono io! Sono Leila.- Leila sperava che questo bastasse. Che bastasse risvegliare una piccola parte, piccola e sopita. Vanitas iniziò a calmarsi. 

-Che cosa ho fatto?- la sua voce ritornò normale. -Che cosa ho fatto?- iniziò a piangere mentre la voce era scossa dai singhiozzi. -Che cosa ho fatto?!- Leila strinse il ragazzo che affondò il volto nel suo petto.

-Va tutto bene.- gli diceva accarezzando i capelli. -Va tutto bene.- ma mentre lo diceva lei sapeva che niente andava bene. Vanitas aveva parlato di “rompere” Ventus ma il vero ragazzo rotto era propio lui, distrutto nel modo peggiore possibile: nella sua mente.

 

-Quindi hai detto che si tratta di...?- 

-Personalità multipla.- rispose seria la ragazza. -Hai una seconda personalità che di tanto in tanto prende il sopravvento e non so perché ha un sadico interesse nel ferire Ventus.- disse quelle parole con rammarico. Vanitas abbassò la testa, si sentiva colpevole, responsabile. Leila aveva portato Ventus nell’altra stanza per farlo riposare quindi ora erano completamente soli.

-Comunque..- disse richiamando la sua attenzione. -Ho notato che sebbene condividiate il corpo non condividete memoria o altro. Quindi un modo per vederci chiaro credo consista nel lavorare sugli spazi vuoti nei tuoi ricordi.-

-Spazi vuoti?- Vanitas cercò di concentrarsi ma non gli venne nulla in mente.

-Facciamo così: prova a pensare a prima quando l’altra personalità ha preso il sopravvento- Leila vide il volto del corvino contrarsi. -So che è doloroso ma provaci. Prova a ricordare come ti sei sentito.-

-Confuso e... turbato. La testa martellava.-

-E poi?-

-Mi tenevi per le spalle.- ecco il vuoto di memoria. 

-Perfetto Van, allora ogni volta che riprovi quella sensazione chiamami o avverti Ventus, così potremo tenere sotto controllo tutto questo.-

Il corvino la ringraziò con un tenero sorriso. -Come sai tutte queste cose?- le chiese cercando di cambiare argomento.

-Ho studiato psicologia.... e mio fratello soffriva di personalità multipla. So come si affronta.- Leila sembrava essersi rattristata ma subito si riscosse. -A proposito non credo dovremmo continuare a chiamarlo altro te o altra personalità, che ne dici se diamo un nome a questo pazzerello?-

-Un nome?-

-Si un modo per indicare la sua presenza.-

-Vanitas.- rispose lui.

-Non puoi usare il tuo nome. Altrimenti non serve a nulla.- il corvino scosse il capo.

-Chiamalo Vanitas, è lui che ha fatto del male a Ventus. Ven associa quel nome a tante cose brutte e non voglio, non so perché ma non voglio che abbia paura di me. Voglio proteggerlo non ferirlo e lui deve saperlo. Quindi da questo momento in poi mi farò chiamare Van.

-Van?- Leila lo guardò scettica. -Hai abbreviato il nome.-

-Lo hai fatto tu. Più di una volta. Hai chiamato me Van e Ventus Ven. E ad essere sinceri mi piace.-

Leila scoppiò in una fragorosa risata. -In effetti è una cosa che farei io. Abbrevio sempre tutto. Vanitas diventa Van, Ventus Ven, e Jonathan diventa John.-

-E grazie per quello che stai facendo per me.-

-E di cosa? Non ho ancora fatto nulla, ma lo farò. Voi due resterete qui finché non sarà tutto risolto. Non sarete più soli e non vedrete più il pazzo.-

-Sul serio?- la voce di Ventus li fece voltare, il biondo li guardava dalla soglia della porta. 

-Ventus! Pensavo dormissi.- Disse Leila incurante delle sue parole. Van invece lo guardava fisso, vedeva il suo corpo fragile, debole, tremate, era stato lui, lo aveva ferito e voleva rimediare.

-Ventus!- lo chiamò con voce serena mentre fece un passo verso di lui. Stranamente il biondo non si allontanò.

-Posso avvicinarmi?- preferiva chiedere il suo permesso, non voleva turbarlo. Lui annuì. Van avanzò finché non furono faccia a faccia, poi lo abbracciò.

-Mi dispiace.- gli disse piano. 

-Lo so.- rispose lui. -Ti ho sentito.- Ventus ricambiò l’abbraccio, sentiva che era giusto, che andava bene così.

Leila invece guardava la scena mentre pensava a come sistemare i due. “Li faccio dormire in camere separate o ne preparo una doppia? Nel primo caso probabilmente non si parlano più nel secondo.... uno dei due schiatta. Vada per la seconda”

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Capitolo 3
*** Fiocchi d’aveva e cacao ***


-Sveglia dormiglioni!- urló Leila entrando nella stanza designata ai due ragazzi mentre sbatteva un cucchiaio di legno contro una grande pentola. Inutile dire quanto il rumore fosse insopportabile.

-Dovevi proprio svegliarci così?- le chiese Vanitas mentre la ragazza annuiva, aveva deciso di prendersi cura dei due ragazzi e sperava di ridare loro un po’ di serenità.

-La colazione è pronta!- sulla tavola del piccolo soggiorno erano appoggiati dei piatti pieni di cibo fumante.

-Non  avevo molto ma spero che vi piaccia.- Leila si era svegliata quasi all’alba per iniziare a preparare. Vanitas e Ventus si sedettero su due delle sedie libere guardando i piatti che avevano dinanzi. Il biondo aveva una ciotola di fiocchi d’aveva e frutti di bosco mentre il corvino budino al cioccolato e crema di latte. I due stavano per iniziare quando- Cambiatevi i piatti!- disse loro la ragazza. All’inizio pensavano che scherzasse poi vedendo la sua espressione seria con dei movimenti fluidi spostarono i propri pasti in direzione dell’altro. Lanciarono un’altra occhia a Leila e vedendo la sua approvazione iniziarono a mangiare. Erano scettici sul perché dovessero fare una cosa del genere ma si ricredettero quando dopo il primo assaggio sentirono il palato esultare di gioia.

-Buono?-

-È la cosa più buona che mangio da secoli.- rispose Vanitas. Leila nella sia testa aveva deciso di continuare a chiamarlo così, sebbene Van fosse un nomignolo carino non voleva che il ragazzo attribuisse al proprio nome un qualcosa di negativo a causa di un pazzo nevrotico. Si sarebbe occupata di quel problema insieme alle crisi di personalità multipla.... e anche della psiche di Ventus. Quel ragazzo era un concentrato di ansia, iniziava a sudare anche per le cose più semplici.

-Ma come facevi a sapere che....?-  le chiese il biondino.

-Hai la faccia di uno che ama il cacao! Van invece è uno più.... salutista!-

-Ehy!! Se una cosa è sana non vuol dire che sia brutta!- ribatté il corvino

 

 

-Riku aspetta! Non sai nemmeno da dove iniziare!- Kairi cercava di bloccare l’albino il quale aveva deciso di prendere una navetta e partire alla ricerca dell’amico.

-Non posso starmene qui con le mani in mano!-

-Ma girare l’universo senza meta non servirà a nulla! Sora aveva sicuramente una meta e non ha senso sperare di riuscire a trovarlo girando a zonzo! Riku sai che dobbiamo fare!-

-No!- rispose lui secco. -Roxas è stato abbastanza chiaro: non ci dirà nulla e quindi io lo lascerò fuori da questa storia.- 

-Io credo che Roxas centri più di quanto crediamo. Hai visto come ha reagito quando gli abbiamo detto che Sora era scomparso e quando facevamo le nostre ipotesi. Riku lui sa cosa sta succedendo ma per qualche motivo non lo vuole dire.- 

-E che se lo tenga per se! Sora non mi avrebbe mai nascosto nulla! Nulla! Gli deve essere successo qualcosa e io vado a salvargli il culo!- il loro litigio fu interrotto da un urlo. L’urlo di Roxas per l’esattezza. I due corsero subito nella sua stanza trovando il biondo ancora intento a urlare reduce da un terribile incubo.

-Roxas Calmati! Calmati! Era solo un sogno!- gli disse Kairi con voce dolce cercando di tranquillizzarlo. Riku era abbastanza vicino da vedere che Roxas era talmente scosso da non riuscire a percepire la presenza dei due. L’albino fece per andarsene ma fu bloccato: Roxas gli aveva afferrato il braccio.

-Cos?-

-Abbiamo fatto troppo. Troppo. TROPPO! Non può succedere. Dovevo essere io.-

-Roxas Calmati!- continuava a dirgli Kairi. -Di cosa parli?-

-Io devo andare! Non può stare lì! Non può!-

-Di chi parli? Parli di Sora?-

-Se gli succede qualcosa non me lo perdonerò mai! No! No! Non è vero! Io gli voglio bene! Io... io.... lui è mio-

-Roxas riprendi il controllo!- Riku gli diede un sonoro schiaffo. -È solo un’incubo! Riprenditi!-

Roxas sembrò recuperare le capacità cognitive. -Ri...ku?- 

-Ti rendi conto che non qui c’è qualcosa che non va?-

 

 

-Perfetto boccioli di rosa vado al mercato!- Leila indossava una maglia blu aderente e un paio di pantaloncini neri, si stava coprendo con una specie di mantello( sempre di colore blu).

-Perché ti copri? Fa un caldo bestiale!- le disse Ventus vendendola coperta da capo a piedi con il lungo mantello in piena estate.

-Preferisco non farmi vedere in volto.- disse lei restando evasiva. -Io vado!-

-Aspetta! Ci lasci qui?- le chiese nuovamente il biondo.

-Starete bene! Ciao!- Ventus era scosso dai dubbi: e se fosse successo qualcosa?

-Hai paura a restare con me?- gli chiese il corvino con uno sguardo triste.

-N...no.. cioè.ho paura che possa succedere qualcosa ma tu non centri nulla.- disse con una modulazione tale da non far capire assolutamente nulla.

-Ne sei sicuro?- Ventus non rispose ma si limitò a guardare in basso.

-So che non ti fidi di me e forse fai bene.... ma ho trovato una soluzione: cioè non una soluzione ma è pur sempre qualcosa.- Se ne andò per circa dieci secondi e quando tornò teneva nelle mani in qualcosa di metallico.

-Manette?-

-Si, manette. Leila mi ha aiutato a capire quando... beh sai... quando divento....-

-Un pazzo sadico?-

-Diciamo di sì. Ma non è questo il punto. Se dovesse succedere tu mi devi legare mentre sono ancora lucido.- Ventus scosse la testa in segno di disapprovazione.

-Non posso farlo!-

-Si che puoi. Basta che non mi leghi a una sedia o a qualcosa di troppo mobile. Io e Leila abbiamo già provato: lei mi ha bloccato alla ringhiera del letto.-

-Leila ti ha legato?!-

-Le ho chiesto io di farlo! Vanitas non fa distinzioni tra amici e nemici.- 

-Perché parli di te in terza persona?- il volto del corvino si oscurò.

-Io non sono quel pazzo. Io non ti farei del male volontariamente!  Quello è.... è- si bloccó fissando un punto del vuoto. La testa martellava e la stanza girava senza sosta.

-Legami!- disse piano.

-Cosa?-

-LEGAMI! Non lo tratterrò per molto.- Ventus fu preso dal panico, stringeva nelle mani le manette metalliche. Iniziò a pensare a un luogo ma nessuno sembrava adatto. Alla fine spinse il corvino nella camera da letto e ammanettò il suo polso alla ringhiera del letto.

-Fatto!- 

-Ven....!- lo chiamò con voce stanca. -Qualunque cosa accada... mi dispiace.-  poi calò il silenzio.

 

-Ti rendi conto che qui qualcosa non va?- gli richiese l’albino. Roxas non gli rispose, sapeva che Riku e Kairi erano vicino alla verità ma non poteva essere mettere a repentaglio...

-Mi ascolti?!  Stavi parlando di Sora.- Riku era agitato ma come dargli torto: non capire nulla in una situazione quasi disperata era insopportabile.

-Hai detto: “Lui non può stare lì.” Lí dove?-

-Riku calmati!-

Roxas era tormentato dai dubbi: quello che aveva sognato non era un semplice incubo. Sapeva che era questione di giorni prima che si avverasse del tutto e a quel punto avrebbe perso anche Sora. Ne valeva la pena? Valeva la pena dire tutta la verità per salvare una vita? E se Sora non volesse? Non aveva mai detto nulla nonostante fosse legato a queste persone, e se gli avessero voltato le spalle?

-Se io.... se io ve lo dico... voi non abbandonereste Sora vero?- ti ritrovo a dire con voce debole e tremolante.

-Certo che no!- Kairi si girò verso l’albino. Perché Roxas aveva questi dubbi?

-Pensi che farei tutto questo per poi abbandonarlo al suo destino?-

-È.... Sora è al mondo che non esiste.-

 

 

Leila camminava per le vie del piccolo paese, il mantello le copriva il volto.

-Credi che la gente non ti noti?- quella voce. Era la quinta volta in una sola settimana che incontrava quella persona tra le vie del mercato.

-Disse colui che al nostro quinto incontro non mi ha ancora mostrato volto o detto il suo nome.- il giovane poco distante le fece segno di entrare in un piccolo vicolo. Leila anche se titubante lo seguì.

-Non sei l’unica che non vuole farsi trovare.- quando furono lontani da occhi indiscreti il giovane si tolse il largo cappuccio della felpa che gli copriva il viso mostrando una pelle chiara, occhi verdi e capelli rossi.

-Tu sei Leila giusto?- anche la ragazza mostró il suo volto.

-Dipende chi lo vuole sapere?-

-Una persona che sa che nella tua piccola casina in periferia ci sono due ragazzi che Xehanort sta cercando.- Leila si irrigidì di colpo. Lentamente cercò di afferrare il pugnale che teneva nella tasca e si lanciò contro la figura. Ringraziò Sofia per i suoi insegnamenti quando riuscì a bloccare il giovane puntando il coltello alla gola.

-Mi avevano detto che eri un tipo duro. Ma uccidermi non servirà. Sono dalla tua parte.-

-E come faccio a saperlo? Chi sei?-

-Sora e Roxas sono vivi.- Leila sbarró gli occhi. -Roxas era entrato nell’organizzazione ma è riuscito a uscirne grazie a un suo amico. Ma non cantare vittoria: senza Ventus e Vanitas Xehanort sta cercando una nuova cavia e penso che tu sappia chi sia.- 

Leila si allontanò -Come lo sai?-

-Sono quello che ha aiutato il biondino a fuggire dal pazzoide.- rispose lui. -Ti direi il mio nome ma se scoprono che ti sto aiutando mi faranno fuori.-

-Perché mi aiuti?- 

-Perché  credo che il bene debba vincere.-

-Non sono convita di rasentare il bene. Stavo per scozzarti.- 

-Non ho mai detto che sei una santa.- Leila fece un piccolo sorriso. -Però sei carina quando ridi.- gli diede un grande sacchetto di plastica, Leila ci guardò dentro e vide che vi era tutto quello che doveva comprare.

-Un piccolo regalo. Consideralo un modo per scusarsi per essere stato uno stalker. Cercherò di procurarti una gummyship così da poter andare di persona al mondo che non esiste.- fece per andarsene.

-Aspetta! Non mi hai detto il nome!- 

-Te lo dirò la prossima volta!-

 

Un rumore metallico ruppe il silenzio. -Merda!- Vanitas guardava il proprio polso bloccato. Poi si girò verso il biondo.

-Tu!- disse con un grande odio nella voce. -Pensi di potermi trattenere Ven?-

-Non chiamarmi così!- gli rispose.

-Oh qualcuno è arrabbiato. Peccato non ci sia la tua ragazza ad aiutarti.- iniziò a ridere in modo sadico e contornato. 

-Leila non è la mia ragazza.-

-Scusami. Permettimi di riformulare: è un peccato che non ci sia quella puttanell- Ventus lo bloccó con un sonoro schiaffo.

-Non osare!- Vanitas ripete a ridere.

-Guarda guarda come la difendi. Pensi che lei tenga a te? Che le importi qualcosa?-

-Leila ha detto che ci aiuterà.-

-Leila ti venderà a Xehanort! Guarda questa casa: è una catapecchia! Lei ha bisogno di soldi e un riscatto è la cosa ideale. Sei merce di scambio!-

-Lei non lo farebbe.- si ritrovò a urlare.

-E come lo sai?- lo canzonò.

-Lo so perché....- si bloccó. Non sapeva perché si fidasse ma era così. -Lo so.... lo so e basta! E aiuterà anche te.-

-Me? E chi vuole il suo aiuto? Io ho tutto. Io sono il pupillo di Xehanort.-

-Fiocchi d’aveva e frutta.-

-Come?-

-Fiocchi d’aveva e frutta.- ripeté più forte. -Leila ha capito che ti piaceva e si è impegnata per prepararci due colazioni che potessero piacerci. Xehanort non lo avrebbe mai fatto. Per Xehanort sei uno strumento per lei sei una persona... per me lo sei-

 

-Che vuol dire che è al Mondo che non esiste!?-

-Vuol dire quello che ho detto. Lui non doveva andarci ma non posso farci nulla se ha preso questa stupida decisione.- Roxas iniziò a urlare a Riku e era più che evidente lo sgomento nei suoi occhi. Kairi non sapeva cosa dire: il litigio tra i due sembrava non avere fine. Entrambi volevano aiutare Sora ma in  modi diversi. Roxas sapeva, sapeva perché Sora era andato lì, sapeva il perché di quella registrazione, sapeva cosa centrava Jonathan Cristopher in tutta quella storia. Lui sapeva ma qualcosa lo bloccava dal parlare, un qualcosa che ne lei ne Riku potevano comprendere.

-Roxas ti prometto che vogliamo aiutare Sora proprio come te... ma ci devi dire cosa sta succedendo.- il suo sguardo divenne triste, quasi implorante. -Per favore. Non vogliamo perdere il nostro amico. Ti giuro che non gli accadrà nulla.-

-Voglio un patto di sangue.- 

-Cosa?-

-Voglio un patto di sangue: giurate che non direte a nessuno di questa storia e che non volterete mai le spalle a Sora.-

-Che cos’è un patto di sangue?- chiese Riku turbato dall’utilizzo del flusso vitale nel nome. 

-Versate una goccia di sangue su un documento che attesti le mia condizioni. Così il patto è vincolante.- spiegò il biondo pensando che se Sora lo avesse mai scoperto non lo avrebbe mai perdonato.

-E se infrangiamo il patto?- 

-Le conseguenze saranno... spiacevoli. Non dirò nulla se non farete il patto di sangue.- Riku e Kairi si guardarono per un’attimo prima di annuire. Se questo era il prezzo così sia, erano sicuri del fatto che mai avrebbero tradito il loro amico.

Riku prese un foglio di carta immacolato e iniziò a scrivere.

“I sottoscritti Riku Wods e Kairi Priscilla Seastar giurano mediane patto di sangue di mantenere segreto quanto verrà rivelato nel giorno 04 del mese di agosto dell’anno XX134. Giurano inoltre di sostenere Sora Windlands e di non fare nulla che possa nuocere alla sua persona fisica o psicologica.

Riku Wods

Kairi Priscilla Seastar

 

-Fatto!- porsero il foglio a Roxas che dopo averlo esaminato lo risorse ai due.

-Basta una sola goccia. Una sola goccia di sangue e il patto è siglato.- Intagliare il palmo della mano fu strano, non erano mai stati dei masochisti ma sapevano che una semplice cicatrice era un prezzo più che economico per riavere Sora. Il sangue caldo bagnava le loro mani mentre osservano sei piccola gocce cadere e sporcare il foglio proprio vicino alle loro firme.

-Va bene.- Roxas sospirò. -Ecco la verità: Sora è...-

 

 

-Boccioli di rosa! Sono a casa! E ho fatto la spesa!- Leila entrò in casa pensando di trovare i due nello stesso punto in cui li aveva lasciati, evidentemente si sbagliava. -Boccioli di rosa?- li richiamò mentre il panico l’assaliva. Non doveva lasciarli da soli.

-Leila siamo qua!- ringraziò il cielo quando sentì la voce di Ventus provenire dalla stanza li vicino. Posò la spesa sul tavolo e si diresse sulla sopracitata stanza. Quando entrò trovò i due ragazzi intento a giocare a carte sul tappeto polveroso.

-Ciao Leila.- la salutó Vanitas. -Vuoi vedere Ven che perde?-

-Questa volta non perderò!-

-È la terza volta che lo dici.-

-La terza è quella buona.- a Leila scappó una piccola risata.

-A che giocate?- 

-Manico pazzo!- risposero i due.

-Allora preparatevi a mangiare la polvere.- la ragazza si sedette accanto a loro. -A me le carte.-

-Sai giocare?- le chiese Vanitas passandole cinque carte coperte.

-È il mio gioco preferito e, modestamente, non ho mai perso.- le regole erano semplici ogni giocatore partiva con cinque carte, a turno si pesca dal mazzo, la carta sorteggiata poteva essere unita a quelle possedute dal giocatore oppure poteva essere scoperta e posata sul tavolo da gioco così che gli altri giocatori potessero prenderla. Se un giocatore raggiungeva una mano di otto carte doveva obbligatoriamente scartarne una. Lo scopo del gioco era creare una o più scale in ordine crescente. Un gioco semplice ma che impiegava diverso tempo per essere ultimato.

-Ecco a voi una scala da due a otto di picche, una da sette a tredici di cuori e una da cinque a undici di quadri!-

-Ma che razza di mostro sei? Stiamo giocando da dieci minuti!- le rispose Vanitas vedendo le carte sul tavolo.

-Ti ho detto che sono brava no?- rise lei.

-Ma ci sono ancora carte nel mazzo! Guarda come ti raggiungo e ti supero!-

-Dove avete preso le carte?- chiese la ragazza dopo alcuni minuti. Caló il silenzio e Leila vide gli sguardi preoccupati che si lanciavano i due.

-Nella... tua... stanza.- rispose Van scandendo molto lentamente le parole.

-Ma non abbiamo guardato nulla, cioè abbiamo cercato qualcosa con cui passare il tempo e trovate le carte siamo usciti.- Ventus iniziò a parlare a una velocità incredibile. -Eravamo tentati di guardare in giro, sopratutto la cornice girata c’era sul comodin- Vanitas lo colpì con un pugno. 

-Ma non lo abbiamo fatto.- concluse guardandolo male.

-Beh vi ringrazio per aver rispettato la mia privacy.- rispose la ragazza con un leggero sorriso.

-Non sei arrabbiata?- le chiese il biondo.

-È colpa mia! Non potevo pretendere che steste tutta la mattina a guardare il soffitto. Anzi mi stupisco che abbiate giocato a carte per tutto questo tempo.- ricaló il silenzio. Leila ripensó alle sue parole chiedendosi se avesse detto qualcosa di male.

-Senti Leila.- iniziò Ventus tenendo lo sguardo basso. -Perché vuoi aiutarci? Siamo due estranei ma ti comporti come se ti importasse qualcosa di noi.-

-Ven...- si fece scappare Vanitas cercando di fermarlo. Ventus sollevò lo sguardo verso di lui.

-Leila avrà una famiglia, avrà qualcuno di più importate di cui preoccuparsi.-

-Ven è successo questo?- gli chiese Vanitas con volto preoccupato.

-La tua domanda è più che legittima.- Leila abbassò lo sguardo, aveva un sorriso triste e gli occhi sembravano velati da piccole lacrime. -So che non vi fidate al 100% di me... e fate anche bene ma io voglio aiutarvi. E so che sospettate di me per il modo in cui mi comporto ma.... il fatto è che voi mi ricordate... mio fratello.-

-Tuo fratello?- Leila annuì lentamente.

-Jonathan non aveva molti amici ma sapeva che poteva contare su di me. I nostri genitori morirono quando eravamo piccoli e ce la siamo sempre cavata a modo nostro.-

-Perché parli al passato?- le chiese Vanitas. -È....- era strano dire quella parola pensando che fosse il fratello di Leila.

-No! No!- rispose lei di scatto. -Almeno spero. Io... ho sottovalutato alcuni suoi bisogni e mi sono lasciata trasportare dal alcune emozioni così.... non ero presente quando ha avuto bisogno di me. Adesso non so se rivedrò  il mio fratellino ma farò di tutto per riabbracciarlo.- i due videro delle piccole lacrime solcare il volto della ragazza.

-Scusate... so che questi sono i miei problemi e non dovrei caricarveli. Ne avete già abbastanza.- Leila si asciugò io viso e si alzò in piedi. Fece per andare in cucina quando fu bloccata: Vanitas e Ventus la abbracciavano da dietro.

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Capitolo 4
*** Radian Garden ***


 -Boccioli di rosa! A tavola!- Leila aveva impiegato ben due ore per preparare il pranzo ma ne valeva la pena. Il buon odore del cibo caldo riempiva la piccola casa.

-Mangiate a sazietà.- disse la ragazza mente i due si sedevano dinanzi a lei. Tra primi, secondi e così via Leila aveva preparato talmente tanto cibo da sfamare un esercito ma il volto sereno di Ventus e Vanitas sembrava allontanante ogni sofferenza.

-Dovresti aprirti un locale.- le disse Ventus con la bocca piana. -Diventeresti milionaria.-

-Non ho mai pensato di investire nel campo enogastronomici.- rispose la ragazza con un leggero sorriso. -Ho sempre puntato a diventare un politico o roba del genere. Ma non so se ho le doti.-

-Se le tue doti politiche equivalgono quelle culinarie diventerai un ottimo capo di stato.- 

-Addirittura.- dopo un minuto di silenzio Leila riparlò. -Più tardi devo riuscire. Tornerò prima di cena.- disse con voce cupa. Se veramente erano vivi allora non c’era tempo da perdere, ma aveva bisogno di più risposte e solo quello strano ragazzo poteva dargliele. Avrebbe cercato il giovane dai capelli rossi e avrebbe ottenuto le sue risposte.

-Ci lasci di nuovo?- le chiese Ventus con voce triste.

-Devo occuparmi di alcune questioni.- sollevò lo sguardo dal suo piatto -A meno che non ci sia qualcosa che vi turba e che mi stiate nascondendo.- lanciò un’occhiata ai due. Vanitas guardò il biondo aspettando che parlasse ma Ventus non sapeva cosa dire.

-Ho avuto una crisi!- disse di botto Vanitas.

-Van.- tentó di fermarlo Ventus.

-Penso che Vanitas abbia detto qualcosa di spiacevole a Ventus!-

-Definisci spiacevole.- rispose la ragazza guardando intensamente il corvino.

 

 

-Che cosa farete ora?- chiese Roxas rivolto a Riku e Kairi. 

-È una storia difficile da credere.- Kairi teneva uno sguardo pensieroso e triste. -Ma molte cose adesso hanno senso.-

-Mi rattrista che non si sia fidato da noi al punto da non dircelo.- anche Riku sembrava triste ma come dargli torto: aveva appena scoperto che sapeva poco e niente del ragazzo per cui aveva una cotta sin dall’infanzia.

-Pensava che fosse la cosa giusta da fare.- rispose Roxas. -Non prenderla sul personale... aveva solo paura.-

-NON PRENDERLA SUL PERSONALE?!- gli urló l’albino. -Ti rendi conto che ci sarebbero stati altri trecento modi diversi per risolvere tutti questi problemi?! Sora ha affrontato due viaggi estremamente pericolosi.... lui aveva un sacco di pensieri e....- gli mancava il fiato. Era indescrivibile quella sensazione. -Lui sorrideva sempre e non smetteva mai di essere ottimista.- poi in dubbio lo assalí -Non dirmi che in quei momenti... quando stavamo...-

-No!- lo stroncò. -Sora potrà aver omesso dei dettagli ma è sempre stato al 100% sincero. Lui è innamorato perso di te.-

-V-Veramente?!- balbettò l’albino arrossendo.

 

 

Sora si guardava intorno ma tutto ciò che vedeva era bianco: le quattro mura bianche della sua cella. La cella in cui lo avevano ti chiuso. Consegnarsi all’organizzazione era stata una mossa azzardata e forse troppo impulsiva ma il senso di colpa lo stava divorando e doveva agire il prima possibile.

-Oh il nostro ospite è sveglio!- la voce del vecchio Xehanort riempì il vuoto lasciato dal silenzio. 

-Spero che ti senta riposato.- gli disse con un sorriso beffardo.

-Arriva al sodo: vuoi che mi unisca a voi? Come Roxas?- Sora usava un tono acido. Odiava quell’uomo: aveva usato Roxas, Ventus e Vanitas. Sapeva che per lui non ci sarebbe stato un trattamento diverso.

-A dire il vero per te ho altri piani.- Sora lo guardò con gli occhi sbarrati. -Ne ho abbastanza di quelli come te. Quindi goduti gli ultimi momenti di pace perché da questo momento in poi la tua vita sarà un vero inferno.- 

-Perché?- chiese il moro con voce flebile e tremante. -Perché ci odi così tanto?-

-Perché? Osi chiederlo? Tua madre mandó all’aria tutti i miei piani.-

-Mia madre?- Sora si avvicinò di più alle sbarre della cella. -Cosa sai di lei?- 

Xehanort rispose con una leggera risata. Sora non avrebbe ottenuto risposte ma solo tanti dubbi e dolore.

 

Quello che era successo era veramente pessimo. Leila aveva lasciato Vanitas e Ventus da soli per circa un’ora e era successo il finimondo. Vanitas si rifiutava di restare nella stessa stanza di Ventus e il biondo si rifiutava di spiegare ulteriormente ciò che era successo un sua assenza. Leila aveva semplicemente capito che durante una crisi Vanitas aveva detto delle cose poco gradevoli al biondo e una volta scoperto ciò si era nuovamente chiuso in se stesso. Leila non sapeva come fare... ogni idea sembrava sfociare in inesorabili sconfitte. Anche tentare di parlare con i due era stato un fiasco. Il silenzio era insopportabile e opprimente. Si diresse nuovamente verso la camera da letto.

-Vani...Van apri!- disse bussando. Silenzio. Bussó più forte.

-Van!- niente

-VANITAS! APRI QUESTA PORTA!- si mise  a urlare. Fortunatamente ebbe l’effetto sperato. La porta si aprì con uno scatto. Leila fu sorpresa di vedere il volto del corvino rigato di lacrime. Provó a trovare delle parole adatte ma nulla uscì dalla sua bocca quindi strinse il ragazzo in un confortante abbraccio.

-Non è colpa tua.- gli diceva mentre finalmente notava i suoi polsi violacei: doveva essersi ferito con le manette.

-Non è colpa tua. È tutta colpa mia! Non dovevo lasciarvi soli!- 

-Quanto dolore dobbiamo sopportare prima di poter crescere.- Quelle furono le sole cose che Vanitas disse. Il cuore  della ragazza gridava a gran voce ciò che avrebbe voluto dire ma debole e spaventata rimase in silenzio.

-Sento quelle voci... quei maledetti suoni!- Pianse il corvino contro il petto della mora. -Quanto dolore dobbiamo sopportare prima di poter crescere? Ma me lo puoi dire! Per favore!- Leila lo guardò dritto negli occhi iniziando ad accarezzargli i lisci capelli. 

-È un po’ come un’illusione questa realtà: si apre una ferita mi ripeto che è finita ma anche se continui a piangere vedrai che non finirà!- gli rispose. A dire il vero nemmeno lei sapeva che cosa avesse detto. Poi le sembrò di essere strappata via da quella scena... la zona attorno a lei divenne più scura e era difficile distinguere i dettagli. In pochi secondi si accorse che Vanitas era sparito e nonostante lo chiamasse a gran voce non rispondeva.

-Perché lo hai fatto?- Leila sbarró gli occhi, quella voce.... lei la conosceva.... era la voce di suo fratello. Era così amara e sprezzante.

-Perché mi hai abbandonato? Non ero abbastanza per te? Mi odi perché mamma e papà sono morti a causa mia?- 

Leila stava per ribattere quando -Non osare dire il mio nome!- la intimó la figura, la ragazza gli dava ancora le spalle e sperava che nessuno vedesse le sue lacrime.

-Hai sempre detto che saresti stata dalla mia parte! Quando mi dicevi quelle dolci parole forse ....era perché ti chiedevi cos’ero pronto a perdere?Hai rimesso apposto i tuoi giocattoli perché in fondo ti sei stancata di me! Facevi finta che fossi speciale solo che.... gira sempre tutto intorno a te. Quando ti sarai stancata anche quei due scopriranno, sono solo altri giocattoli questa è la verità!- 

Leila si svegliò di soprassalto con le lacrime che le rigavano il volto... un sogno, amici un’incubo. Si rese conto di essersi appisolata con la testa appoggiata al tavolo della cucina e aveva i muscoli del corpo intorpiditi. Lentamente si mosse per vedere dov’erano Vanitas e Ventus tirando un sospiro di sollievo quando li intravide in soggiorno intento a giocare nuovamente a carte. Quel sogno però la intimoriva.... così prese una decisione: durante il suo il ultimo incontro con quel giovane al mercato questi aveva nascosto un piccolo pezzo di carta tra i viveri regalatele. Leila lo prese e lo fissò per qualche secondo :Se hai bisogno chiama 445-762183. Questo citava il messaggio e così lei fece! Prese il telefono e digitò il numero, dopo pochi squilli qualcuno rispose. 

-Sapevamo che avresti chiamato prima o poi!- la voce era diversa, era sempre maschile ma aveva un qualcosa di più rassicurante.

-Lei sa di me?- chiese non capendo perché tutti sapessero ogni cosa di lei ma la ragazza in questione non sapeva mai nulla.

-Lea ha parlato molto di te.- rispose la voce.

-Lea? È questo il nome del rosso?- chiese con interesse. Sentí una lieve risata.

-Oh cielo non pensavo fosse così prudente da nascondere il suo nome.-

-Lei è così gentile da dirmi il suo?- 

-Ienzo- rispose piano. -E non darmi del lei. Per quanto ne so abbiamo la stessa età.-

-Bene Ienzo, se sai chi sono sai perché ho chiamato: ho bisogno di andare via di qua. E mi servono tre biglietti di sola andata!- 

-Entro stasera verremo a prendervi: sarà anche più facile controllarvi se starete qui!- 

-Qui dove?-

-Radian Garden. Ti piacerà. È pieno di fiori e roba così!-

-Mi basta che sia un posto sicuro. Quando  pensate di arrivare?- chiese andando a controllare i due ragazzi.

-Massimo domani mattina.Non preoccuparti con noi starete al sicuro.-

-Grazie.-

 

-Che cavolo vuol dire che non possiamo andare al Mondo che non esiste?! Sora è li!- 

-Ti ho già detto che per ora è meglio così!- Riku stava animatamente discutendo con Ansem il saggio per ottenere una gummyship. Era quasi l’alba quando tutto era pronto per la partenza, mancava solo il mezzo di trasporto.

-Sora sta venendo torturato da quel pazzo!-

-E credi che andando lì risolverai le cose? Conosco Xehanort e so che due giorni sono più che sufficienti per spezzare la mente dei più forti guerrieri.- Ansem parlava con voce bassa e profonda. La rabbia di Riku era evidente così come la preoccupazione di Kairi.

-E vuoi che lo lasciamo lì?- intervenne Roxas dando manforte all’albino. Ansem guardò con intensità il biondo, se avesse saputo la verità sin dall’inizio forse non lo avrebbe perseguitato in quel modo così violento.

-Roxas voglio che tu venga nel mio laboratorio.- gli disse piano.

-Scordatelo!- fu la sua risposta.

-Ho bisogni di studiare il tuo caso. Un nessuno che coesiste col qualcuno è inaudito.- usava quella sua voce calma e pacata. Anche se la risposta squillante del biondo aveva attirato l’attenzione di tutti i presenti in piazza.

-A meno che tu voglia coinvolgere Jonathan.- disse quella frase sottovoce ma Roxas sentí. Sbarró gli occhi e cercando di nascondere il panico disse a voce bassa -Va bene.-

-Ne sei sicuro?- gli chiese Kairi. Il biondo annuì.

-Noi veniamo con te.- si intromise Riku ma Ansem lo interruppe con un secco No.

-Non credo che Roxas approverebbe la vostra...-

-Lo sanno.- disse semplicemente il biondo iniziando ad incamminarsi verso il laboratorio. Era una struttura sotterranea piena di congegni complessi e  di dubbia efficacia.

-Di cosa volevi parlare?- chiese Roxas puntando lo sguardo sull’uomo. -Sicuramente non è per la storia del nessuno. Sai perfettamente perché non ha funzionato.-

 

L’indomani Leila disse ai due ragazzi di preparare dei piccoli bagagli e insieme attesero l’arrivo di Ienzo.

-Dove andiamo?- chiese Ventus rompendo il silenzio.

-In un posto sicuro.- rispose lei schietta. Era tesa e non aveva voglia di parlare. Poi sentirono qualcuno bussare alla porta. “Eccoli” pensò.

Aprì la porta di scatto ritrovandosi dinanzi il giovane dai capelli rossi e occhi verdi.

-Lea.- lo salutò. Lui fece una faccia sorpresa.

-Come lo...-

-La prossima volta dai in modo che i tuoi colleghi collaborino con i tuoi piani.- disse lei. Sorrideva ma Lea vedeva che era tesa.

-Lo sanno?- chiese indicando i due ragazzi. Lei scosse la testa.

-Ho preferito non dire nulla. Hanno già tanti problemi.- 

-Leila dove stiamo andando?- le richieste Ventus quando erano sulla gummyship, era un modello molto vecchio e sembrava essere un grado di sostenente solo quel loro viaggio. Leila sospirò. Aveva visto il modo in cui i due ragazzi avevano guardato Lea(il quale mostrava un’inspiegabile interesso per il biondo), lo guardavano con diffidenza, non si fidavano e anche il rosso se ne rendeva conto.

-Diglielo!- disse a Leila vedendola perplessa. -Altrimenti non si fideranno più di te.-

-Non è il momento. Non posso.- rispose lei.

-Non puoi o non vuoi? Sai che a Destiny Island vi avrebbero trovato.-

-Per questo vi ho chiamato. Ho bisogno che possano uscire, correre, giocare, conoscersi e imparare a perdonarsi.- 

-Parli come se fossero bambini.- rise il rosso.

-Perlate come se non fossimo qui.-  intervenne Vanitas.

-Leila vogliamo solo capire perché hai deciso di partire così all’improvviso e per giunta ancora prima dell’alba.- Leila si morse il labbro, fino a farlo sanguinare.

-Stiamo andando a Radian Garden.- rispose per lei Lea ignorando i suoi sguardi omicidi. -Lu c’è qualcuno che può aiutarvi. Leila non voleva dirvelo per non farvi sentire in colpa. Ha preparato urto in fretta e furia e ha anche pagato a caro prezzo queste persone.-

-Leila è vero? Hai veramente fatto  tutto questo per noi?- Ventus la guardava con quegli enormi occhi azzurri, così teneri e fragili. Leila si ritrovò in uno dei suoi momenti NON SO COSA FARE PER FAVORE AIUTO ma alla fine -Si, ho chiamato Lea per avere un passaggio. Vedrete che risolveremo tutto.-

-Siamo arrivati!- disse a gran voce il rosso interrompendo la discussione e dicendo sottovoce -Prego!-

 

 

-Basta! Per favore! Basta! BASTA!- le urla di Sora riempivano le segrete del castello. Era da circa due ore che  il suo corpo veniva compito con ripetute scosse elettriche, il dolore era insopportabile.

-Uccidimi! Adesso! Basta!-

-Ti ho già detto che devi fare!- gli disse un uomo dagli occhi dorati e fai lunghi capelli blu chiaro.

-N-No! Non lo farò.-

-Peccato!- un’ennesima scossa, questa volta molto più forte delle altre. Sora sputò sangue e bile.

 

Quando atterrarono a Radian Garden Leila fu sorpresa dalla bellezza di quella piccola cittadina. 

-Da questa parte.- disse loro Lea portandoli in un grande edificio.

-Questa di può definire la base di Radian Garden: c’è di tutto, laboratori, alloggi, strutture di pronto soccorso e roba così.- 

-Sembra un bel posto.- la ragazza sorrise a Ventus e Vanitas, i quali non avevano ancora aperto bocca. I due si guardavano intorno incuriositi. 

-Riconoscete il posto?- chiese vedendo soprattutto la faccia di Ventus che sembrava osservare tutto il paesaggio come si guarda una vecchia foto sbiadita. Leila sperò di ottenere qualche successo ma invece i due scossero la testa tristemente.

L’edificio era abbastanza grande, i corridoi sembravano tutti uguali e chiunque gli passasse accanto sembrava guardarli come se fossero cavie da laboratorio. 

-Questa stanza è per i giovanotti.- Lea indicò la porta alle sue spalle. -Quella della signorina invece è qui di fronte.-

-Grazie per l’aiuto Lea. Perché voi due non vi riposate un po’? È stato un viaggio lungo.- 

-E tu?-

-Andrò a parlare con la persona che ci sta ospitando. Devo almeno ringraziarla.- i due ragazzi annuirono per nulla convinti ma entrarono comunque in quella che sarebbe stata la loro stanza. Era una camera molto ampia con le preti di colore blu chiaro, vi erano due letti a castello (per un totale di quattro materassi), un grande armadio in legno abbinato a una scrivania e infine una grande finestra che dava sulla piazza.

-Non è così male.- si fece scappare Vanitas guardandola.

-Io dormo di sopra.- Ventus si fiondò su uno dei letti stabilendo la sua legittima proprietà.

-Ehi! Non vale!-

-Troppo tardi!-

-Almeno facciamo a turno.-

-Chi primo arriva meglio alloggia.-

 

Leila sentiva le risate dei due da dietro la porta e le venne naturale sorridere.

-Noto che la nostra ospite è arrivata.- Leila vide arrivare due figure in camice bianco, un uomo dai lunghi capelli biondi cenere e un giovane dai capelli scuri. Quest’ultimo aveva gli occhi coperti da alcune ciocche di capelli e non so riusciva a distinguere i lineamenti del volto.

-Mi chiamo Leila Cristopher, ma credo che lo sappiate già!-

-Even! Ienzo! Siete in ritardo!- rideva Lea mentre l’uomo lo fulminava con lo sguardo.

-Ienzo....- quel sussurro si sentiva appena ma il diretto interessato sembrò sentirle.

-Lieto di vederti sana e salva.- gli sorrise. Leila non risposte, stava osservando il suo volto cercando di memorizzare i suoi lineamenti ormai visibili.

-Sei delusa dal mio aspetto?- chiese vedendo il mondo in cui lo guardava. Leila si riscosse arrossendo per l’imbarazzo.

-Nono. Al contrario: mi stupisco che tu voglia incontrarmi, la maggior parte delle persone non vuole avete niente a che fare con me.-

-Evidentemente Ansem il saggio si.- si intromise Even.

-Chi è..- 

-Diciamo che è come il capo.- la intromise Lea. -Gestisce la maggior parte delle cose qua in città. Anzi vieni: vuole incontrarti!- Lea le prese la mano iniziando a spingerla.

-Aspetta.- ma a nulla valsero le sue proteste. -Arrivederci!- urló ai due per farsi sentire.

 

-Voglio che incontri qualcuno!- gli disse Ansem guardando Roxas negli occhi. -È appena arrivata.-

-Prima dimmi perché sai di questa storia!- non ebbe nemmeno il tempo di finire che la porta si aprì. -Axel?- disse vedendo entrare il rosso che lo salutó con un grande sorriso.

-Lea, è con te?- gli chiese ansem il saggio-

-Ma non eri morto?- sbottó Riku non credendo a quando vedeva.

-È una lunga storia.- gli rispose. -Entra!- disse poi a qualcuno dietro di lui. Quest’ultima entrò con passo lento e imbarazzato.

-Leia....- Roxas sbarró gli occhi. La ragazza puntò lo sguardo su di lui.

-Rox?- chiese non credendo ai suoi occhi. Il biondo annuì. La ragazza si avvicinò, era a pochi centimetri dal giovane. Roxas pensò che lo avrebbe abbracciato ma invece ricevette un potente e doloroso colpo sulla nuca.

-Ahi!- urló per il dolore. -Perché...- si bloccó vedendo lo sguardo della ragazza.

-Dove sei stato!? Hai idea del colpo che mi sono presa?! Ringrazia che c’è altra gente altrimenti a quest’ora non riusciresti a reggerti in piedi!-

-Ehm... scusa...-

-Ma io ti prendo, ti scuoio e ti riporto in vita e ringrazia che ti voglia bene!-

-E menomale, se lo odiavi che facevi?- si ritrovò a dire Lea ridendo della scena.

-Tu sei Leila Cristopher?- le si avvicinò Kairi.

-Tu sei Kairi Seastar- 

-Mi conosci?- Kairi rimase sorpresa.

-Tu conosci me.- rispose lei secca.

-Sei di buon umore oggi.- scherzó il rosso ridendo leggermente.

-Io so tutto di tutti.- riprese la ragazza ignorandolo. Poi si girò verso Ansem il saggio. -Grazie per le camere. Cercherò di trovare una sistemazione il prima possibile.- Ansem le sorrise e uscì dalla stanza seguito dal rosso lasciando i ragazzi da soli

-Io sono un sacco di patate?- chiese ad alta voce Riku attirando l’attenzione.

-Leila..- la chiamò Roxas. -Loro sono Riku e Kairi... sono amici di Sora.-

-Ti ho già detto che so chi sono!- 

-Mi ero dimentico perché fossi isolata da tutti! Sei troppo antipatica per avere amici.- Riku le urló contro.

-Gli estranei sono un’impiccio.- Leila parlava con tono pacato e distante e ciò irritava l’albino.

-Sora non la pensava così!- in pochi secondi Riku si ritrovò steso a terra con il segno di un pugno sulla guancia.

-Tu non sai nulla.- 

-Leila aspetta!- la bloccó Roxas mentre Kairi aiutava Riku a rialzarsi.

-Ci possiamo fidare di loro. Possiamo aiutare Sora.-

-Da quanto?-

-Cosa?- le chiesero i tre.

-Da quando manca?- chiese la ragazza.

-Qualche giorno.-

-Vanitas è scomparso e dopo una settimana anche Ventus. Esattamente due settimane da quando avevo perso le tracce di Van li ritrovo....-

-Stanno bene?- gli chiese il biondo. Leila lo guardò non trovando le parole per descrivere.

-Vieni a vedere.- li condusse attraverso un lungo corridoio fino a fermarsi dinanzi a una porta chiusa.

-Rox entra tu. Non spaventarli.- il biondo dubbioso annuì per poi entrare.

-Ci spieghi che succede?- le chiese l’albino quando Roxas fu scomparso.

-Quanto sapete?- 

-Abbastanza.- Kairi la guardava con occhi dubbiosi. -Deve essere stata dura.-

-Dura? Peggio. È stato l’inferno.- 

-Quello che non capisco è perché spingersi a tanto. Si poteva trovare una soluzione.- Leila fissò i due per poi scoppiare a ridere.

-La mia vita è sempre stata un bordello: alzarsi, andare a scuola, lavorare, fare la spesa, rientrare, cucinare, studiare e così via tutti i giorni. Mai un qualcosa di nuovo o speciale. Mai un momento di serenità: tutto per loro.- la ragazza sorrideva amaramente mentre si allisciava i lunghi capelli.

-Non ve ne faccio una colpa. Voi vivete secondo le regole... eravamo noi quelle che le stavano infrangendo. Mio padre ottenne un permesso speciale per avere due figli: ci costó molto ma era un buon prezzo per una vita. Poi le cose si sono complicate e la situazione ci è sfuggita. Quattro gemelli.- le scappò una piccola risata. -Che cosa assurda. Dopo la morte dei nostri genitori Sofia, l’ostetrica di mia madre, ci adottó. Lei ci diede tutti i mezzi per sopravvivere. Se per lo stato andava bene che esistessero due Cristopher allora così sarebbe stato.-

-E nacque Jonathan.- concluse per lei Kairi. Sapevano già quella storia, Roxas ne aveva già parlato.

-Sora, Roxas, Vanitas e Ventus uscivano a turno ogni giorno. Camuffavano capelli e occhi per sembrare identici. E le cose funzionarono.  Ma non tenni conto che prima o poi anche loro avrebbero voluto vivere, essere liberi e fare come volevano. Quando scoprí che Sora aveva fatto amicizia con voi due, presentandosi con il suo nome, incurante dei pericoli.... mi sono così spaventata. Quella sera gli dissi che era uno sconsiderato e che non si curava dei propri fratelli. Sono stata troppo dura. E adesso rischio di non rivederli più!- Kairi le mise una mano sulla spalla e le sorrideva radiosa e incoraggiante.

-Noto che vi siete chiariti.- l’arrivo di Ansem interruppe il loro dialogo.

-Ansem il saggio. La ringrazio ancora per il suo aiuto.- 

-Non devi preoccuparti. Sto scaldando un vecchio debito.- Leila lo guardò dubbioso.

-Debito?-

-Probabilmente parla di Sora.- le spiegó Riku velocemente.

-In parte.- ribatte invece l’uomo dai capelli biondi. -Vorrei che venissi nel centro studi. Ci sono alcune persone che vorrei incontrassi.- 

-Va bene. Verrò non appena Roxas avrà finito di parlare.- disse indicando la porta. Proprio in quel momento questa si aprì e il biondo uscì a una velocità esorbitante. Il suo respiro era irregolare e si intravedevano delle piccole lacrime sulle guance.

-Non sapevo come dirtelo. Come stai?- Leila gli si avvicinò guardandolo con occhi dolci.

-Male... è stato orribile.- Roxas teneva lo sguardo basso.

-Lo so. È terribile ma si può aggiustare.- Roxas alzò di scatto il volto, gli occhi arrossati pieni di rabbia, il volto rigato di lacrime.

-Leila mio fratello, il mio gemello, mi ha guardato negli occhi e per lui ero come un entraneo.- il tono di voce era alto e accompagnato dai singhiozzi. Leila strinse il ragazzo in un forte abbraccio mentre gli accarezzava i capelli.

-Lo so. Ma almeno stanno bene.-

-Voglio ammazzare quel bastardo.-

-Non preoccuparti. Ho intenzione di fargli MOLTO male.-

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Capitolo 5
*** Preparativi (Fase 1) ***


-Leila veloce! Più veloce!- Sofia stava spronava una piccola Leila di circa dieci anni.

-Ci sto provando!- rispose la bambina con il fiatone. Si stava allenando nella scherma ma i suoi riflessi erano troppo lenti. Sofia aveva insistito che fosse il modo migliore per acquisire una forza tale da proteggere lei e i suoi fratelli.

-Mettici più impegno! Affondo, affondo, difesa.-

-Ma come fai? Sofia hai praticamente settant’anni.-

-Sessantotto!- ribattè lei seccata. -Forza! Ci puoi riuscire Leila!- 

-Non ci riesco!-

-Leila!- la bambina di giro vedendo un piccolo bambino con i capelli rossi e gli occhi verdi venirgli incontro. 

-Jonathan.- non poteva usare il suo vero nome perché erano all’aperto e qualcuno poteva sentili. Roxas aveva problemi a nascondere i capelli sotto la parrucca e a indossare le lenti a contatto ma come biasimarlo, aveva solo otto anni.

-Com’è andata a scuola?- 

-Abbiamo fatto un tema e Miss Prix dice che sono stato bravo.-

-Allora sta sera lo leggi a casa!- gli disse Sofia.

-Poi compriamo le cose per domani?-  le due sorrisero, l’indomani era il compleanno dei gemelli e questo voleva dire preparare i loro piatti preferiti, decorare la casa e un sacco di lavoro per le due uniche donne in famiglia.

-Ci andremo quando Leila finirà l’allenamento.- Leila vedeva il fratello sorridere e le si scaldò il cuore, amava quel sorriso più di qualunque altra cosa, lo avrebbe protetto ad ogni costo. E per farlo doveva essere forte, doveva essere in grado di proteggerli tutti.

 

 

-Roxas mangia qualcosa.- erano tutti riuniti intorno a un grande tavolo: lei, Ventus, Vanitas, Riku, Kairi e Roxas. Quest’ultimo non aveva ancora toccato cibo.

-Non ho fame.- rispose lui secco. Riku nel frattempo era sconcertato dalla somiglianza dei tre ragazzi: Roxas e Ventus erano come gocce d’acqua mentre Vanitas sembrava una versione di Sora corvino. Era inquietante quella scena.

-Che c’è?- gli chiese Vanitas vedendo il mondo in cui l’albino lo guardava.

-Nulla.- scosse la testa. 

-Non è quello che stai pensando.- gli rispose Ventus prendendo un morso del suo pane tostato.

-E come fai a sapere che penso?-

-Sei abbastanza prevedibile. Ti ripeto che te lo avrei detto se fosse successo.-

-Come l’ultima volta?-

-Smettetela voi due!- li rimproveró la ragazza. 

-Di che parlava?- Kairi sussurrò in modo che solo Leila la sentisse.

-Vanitas ha delle crisi di personalità multipla.- rispose lei alzando un po’ il tono di voce.

-Personalità multipla?- gli chiese Riku. -Vuoi dire che....- Leila diede un’occhiata a Ventus e Vanitas che stava tranquillamente conversando.

-Meglio che non lo incontri. È abbastanza sadico. Sembra un’altra persona.- 

-Ne soffriva anche prima?- Kairi ricordava che a Destiny Island si era diffusa la notizia che Jonathan Cristopher soffriva di personalità multipla ma credeva che fosse una semplice leggenda.

-No. Quando li ho trovati Ventus era già affetto da amnesia così come Vanitas ma lui sembra aver sviluppato anche questa seconda personalità. Ho pensato che fosse una specie di autodifesa, considerando che erano feriti quando li ho trovati. Una difesa mentale contro gli aggressori ma... questa si manifesta nei momenti più insoliti, non quando è in pericolo ma anzi quando è calmo e sereno. E non so perché sembra voler colpire Ventus.- Ibris prese un sorso del suo succo d’arancia.

-Pensi possa trattarsi dell’organizzazione?- Kairi si rivolse all’albino il quale sembrò rifletterci per un’attimo.

-È probabile. Se sono stati rapiti dall’organizzazione allora è possibile che siano stati torturati.- sentendo la parola Torturati Roxas strinse la presa sulla forchetta in metallo per poi alzarsi di botto.

-Non ho più fame.- e se ne andò. Sentiva la rabbia ribbollirgli dentro. Come aveva potuto... Xehanort aveva giurato di non torcergli un capello se si fosse unito all’organizzazione. E sebbene fosse un pazzo Roxas sapeva che era un uomo di parola. E... e se fosse arrivato troppo tardi? Se la sanità mentale dei suoi fratelli fosse già sparita quando divenne il numero XIII? Non osava pensarci ma così i conti tornavano. Si, era colpa sua! Soltanto colpa sua.

-Non vedevo quel volto da molto tempo.- Roxas si girò per vedere dinanzi a lui il suo vecchio amico dai capelli rossi.

-Axel.- ancora non riusciva a crederci, pensava fosse morto.

-Lea!- lo corresse. -Non sono più un nessuno quindi chiamami Lea. Sono felice di vedere che stai bene.- Lea si avvicinò al biondo cercando di abbracciarlo ma Roxas lo spinse via.

-Tu sapevi....-

-No!- lo stroncò con volto serio. -Ti giuro che non lo sapevo. Appena Ansem mi ha raccontato tutto ho cercato di fare il possibile per aiutare.-

-Ax.. Lea tu... mi odi?- Roxas abbassò il capo.

-Cosa?! Perché dovrei?-

-Perché ti ho mentito.-

-Mi sento più tradito dal fatto che hai agito come un vegetale per la prima settimana.- Roxas scoppiò in una piccola risata.

-Volevo evitare domande scomode.-

-E dovevi comportarti da zombie?-  gli scompigliò i capelli. Roxas era felice di essere amico di Lea, era sempre capace di ridargli il buon umore. -Anche se devo ammettere che questo zombie ha avuto la fortuna di trovare il più bello, audace, coraggioso-

-Modesto.- aggiunse il biondo ma Lea continuò facendo finta di nulla.

-Amico!-

-Sono felice di averti incontrato Lea.-

 

-Abbiamo fatto qualcosa di male?- chiese Ventus quando Roxas uscì dalla stanza.

-Nono.- rispose Kairi. -Roxas è fatto così. Non sa come comportarsi con gente nuova.- Ventus annuì lentamente.

-Va bene Boccioli di rosa se avete finito di mangiare andate a lavarvi.- Leila sorrideva come se nulla fosse e questo stupì incredibilmente Riku e Kairi. Vedevano come la ragazza sembrasse vivere una situazione del tutto normale e non si capacitavano di ciò. 

-Non puoi comandarci a bacchetta.- Vanitas assunse un’espressione imbronciata e Riku poteva confermare che era la copia sputata di Sora.

-Dai Van! Infondo Leila ha ragione.- lo spronava il biondo.

-Sei tu quello che ha mangiato kili di zucchero e non ha la forza tale per fronteggiare una ragazza.-

-Prova a ripeterlo!-

-Sei una femminuccia!-

-Sbaglio o sembra vogliano uccidersi a vicenda?- Kairi vedeva gli sguardi che i due si lanciavano.

-Già!- rispose Leila sorridente. -E sono felice di ciò.- 

Quando era sul punto di sgridarli la porta si aprì lasciando entrare Ansem il saggio accompagnato da Even. Ventus e Vanitas posero fine al loro litighino osservavano i due uomini aspettando che qualcuno parlasse.

-Vedo che vi siete rifocillati.- iniziò l’uomo più anziano.

-Grazie ancora per l’ospitalità.- 

-Come ho già detto sto ripagando un debito.- poi guardò i due ragazzi. -Loro devono essere Vanitas e Ventus. Ho sentito parlare di voi. So che avete anche alcuni problemi.- Vanitas abbassa lo sguardo sentendo la vergogna salire.

-Lui è Even! Si occuperà del vostro caso.-

-Non c’è bisogno di coinvolgere così tanta gente!- cercò di stroncarlo Leila. Non voleva diventare un impiccio per tutti color che vivevano in quella città.

-Signorina per me questo è un lavoro come tanti.- Even rispose con voce quasi inespressiva. -Se i ragazzi vogliono seguirmi inizieremo subito.- i due guardarono Leila che annuì in accordo. Dopo due minuti tutti e tre erano scomparsi.

-Adesso credo che possiamo discutere di argomenti più seri.- intervenne Ansem. -Non che la salute dei ragazzi non lo sia.-

-So a cosa si riferisce.- Leila aveva riassunto quel suo tono saccente.

-Vogliamo andare a prendere Sora!- intervenne Riku.

-Vi ho già detto che per ora non è possibile.-

-Ma perché?- anche Kairi mostrava quell’insistenza.

-Il mondo che non esiste è circondato da una barriera protettiva. Non possiamo oltrepassarla. Dobbiamo innanzitutto trovare un modo per passare. Stiamo lavorando a un prototipo, sarà pronto in un paio di giorni.-

-E non poteva dircelo prima?-

-Non volevo che Roxas se ne andasse.-

-A proposito.- si inserì la ragazza dagli occhi verdi. -Come fa a sapere la storia della mia famiglia?-

-Dritta al punto.- concordò l’uomo.

-Sa... dopo sedici anni di continui sforzi per mantenere questo segreto.- 

-Capisco il tuo scetticismo e lo apprezzo. Ma il semplice motivo per cui sono interessato alla tua storia, come ho già detto, è perché voglio ricambiare un favore.- 

-Che cosa ha fatto mio fratello di così tanto eclatante?-

-Penso salvare i mondi.- si intromise l’albino.

-Vero!- concordò Ansem. -Ma non è di lui che sto parlando.-

-E allora di chi?-

-Di tua madre: Angelica.- Leila sbarró gli occhi.

-Lei conosceva mia madre?- Ansem annuì.

-Era una dei custodi più promettenti che avessi mai visto. Forte, gentile e con un grande cuore.-

-Custode? Vuol dire che la madre di Sora riusciva a impugnare un keyblade?- Leila non sapeva cosa fosse questo keyblade ma decise di rimanere in silenzio e ascoltare.

-Si e ha trasmesso questa capacità a tutti i suoi figli. Ecco perché Xehanort è interessato a loro.-

-Ma non capisco: cosa c’entra mia madre?-

-Tua madre sconfisse Xehanort sventando un suo folle piano per la conquista dei mondi. Salvò la mia vita e quella di molta altra gente, se giri per Radian Garden tutti saranno più che ben disposti ad aiutarti.-

Leila non riusciva a credere a quanto le veniva detto: sua madre... una guerriera... quella donna che le cantava la ninna nanna e le preparava i cupcake... non poteva essere. Leila pose altre domande riuscendo anche a capire cosa fosse un custode e un keyblade.

-Quindi Xehanort vuole vendicarsi con i figli.-

-Ma è una cosa crudele! Loro non hanno colpa!- Kairi sentí una morsa allo stomaco: desiderio di vendetta ecco cosa aveva causato tutto ciò.-

-Sembra che non gli importi. Quindi Ansem- Leila attirò nuovamente l’attenzione su di se -Cosa devo fare?-

-Assolutamente nulla.- le rispose l’albino-Ci penseremo noi.- strinse i pugni provando così tanto odio per quell’uomo spregevole.

-Non penserete che me ne stia qui con le mani in mano mentre vedo i miei fratelli distruggersi.- Riku stava per ribatterle quando -Se proprio vuoi aiutare puoi cercare di ottenere più informazioni possibili sulla base di Xehanort dai tuoi fratelli. Con noi non parlerebbero mai- 

-Non si fidano così tanto di me.- quelle parole sembrano prove di emozione ma invece erano cariche di dolore e senso di colpa.

-Non sottovalutare il potere di un tale legame.-

 

Leila aveva accettato quell’incarico ma non aveva pensato minimamente a come perseguire il suo scopo senza ferire irremissibilmente i ragazzi. Adesso mentre li osservava intenti a discutere di quando era successo quella mattinata si chiedeva se mai le cose sarebbero tornate normali.

-Quindi ti trasferisci con noi?- chiese Vanitas rivolto a Roxas il quale sorrideva e annuiva. Dopo lo shock iniziale aveva capito in che modo approcciarsi ai due e sembrava più a suo agio. Essendo inoltre lui l’unico a non avere traumi evidenti era il migliore con cui iniziare, gli avrebbe parlato quello stesso pomeriggio.

-Si, spero che non vi dispiaccia.- 

-Spero che a te non dispiaccia per questi.- Ventus sollevò il braccio destro rilevando un piccolo braccialetto con uno schermo. Even aveva dato a entrambi i ragazzi lo stesso strumento, più che altro per monitorare Vanitas ma per fortuna lo scienziato conosceva un sentimento chiamato empatia e capiva perfettamente che darli a entrambi era la scelta migliore.

-Even dice che possono suonare ogni tanto.- concluse Ven.

-Non preoccuparti. Ho il sonno pensante.-

-Meno male, non sai quanto russa Ventus.-

-Van io non russo!-

-Si certo! La prossima volta ti registro.- Leila sembrò di rivederli quando ancora erano piccoli e litigavano per le cose più stupide.

-Ehi Leila stai bene?- le chiese Roxas interrompendo i due. La ragazza si riscosse pensando che davanti a loro doveva solo sorridere e dimostrarsi forte, doveva essere gentile e avere coraggio.

-Si, sto bene. Avete avuto tutti una mattinata intensa.-

-Puoi dirlo forte. Quel tipo era proprio strano.- la schiena di Vanitas fu scossa da un brivido improvviso.

-Ha detto che di pomeriggio vuole fare dei controlli-

-Altri?- 

-Ha detto così. Inoltre vuole che vieni anche tu.- le disse Ventus con voce tranquilla. Quel posto lo aiutava a stare calmo e a allontanare tutti gli stimoli negativi, paure e ansia.

-Andrò a parlarci ora.- disse alzandosi di scatto.

-Aspetta veniamo con te.- 

-No. Dovete riposarvi. Ricordate che siamo qua da sole poche ore ed è successo di tutto.-

-Ma non sai dove andare per il laboratorio.- in effetti era vero. Lei non sapeva come orientarsi in quel luogo, sperava di riuscire a memorizzare in fretta la zona ma i corridoi erano tutti uguali.

-Ti ci porto io.- si propose Roxas. -Tanto devo vedere una persona.-

-Chi sarebbe questa persona?- chiese Leila quando erano usciti dalla stanza e si stavano dirigendo verso il laboratorio.

-Non sono affari tuoi.- le rispose il ragazzo distogliendo lo sguardo.

-Non è mica un certo ragazzo dai capelli rossi.- Roxas arrossì: BINGO!

-Lo sapevo! Ti piace Le- 

-Puoi evitare di urlarlo!?- la bloccó mentre la ragazza continuava a sorridere.

-Scusa. È che ho sempre voluto vedere i miei fratellini prepararsi per un appuntamento, dargli i consigli per attirare l’attenzione delle ragazze e anche tutto il gossip che ne deriva.- 

-Non ti crea problemi che sia un ragazzo?-

-Cosa?!- iniziò a ridere. -Come ti è venuta quest’idea? Ovviamente non ci sono problemi, l’importante è che tu sia felice e che anche lui ricambi.- Roxas spostó nuovamente lo sguardo con fare disagiato.

-Non lo sa?- lui scosse la testa. Roxas non aveva mai avuto il coraggio di dirgli la verità su ciò che provava e aveva paura di essere acidamente scaricato.

-Allora devi farlo!- 

-Ma sei matta?! Così inizierà a odiarmi!- Leila gli prese le mani e il biondo ebbe paura dello sguardo che vedeva nei suoi occhi.

-Tu lascia fare a me!-Si mise a correre verso la fine del lungo e rettilineo corridoio. Roxas ebbe così paura delle azioni della sorella da iniziare a inseguirla dimenticandosi che Leila non aveva ma benché minima idea di dove andare superato quel corridoio.

-Siamo arrivati.- erano finalmente arrivati nel laboratorio di Even, era una grande sala piena di marchingegni, libri e provette colorate. Leila pensò che era il caso non toccare quest’ultime.

-Che succede ora?- la voce di Even li fece sobbalzare. -Ah siete voi.- disse poi vedendoli.

-Sei tu che volevi vedermi- chiese la ragazza sottolinenando il fatto che non era lì di sua volontà. 

-Volevo che venissi nel pomeriggio.- touché!

-Comunque... perché volevi vedermi?-

-Hai saputo dei dispositivi di tracciamento energetico?- le chiese lo scienziato con il camice candido.

-Intendi braccialetti? Si li ho visti?-

-Vorrei che ogni sera monitorassi il livello segnato sul display. Se vedi un numero che va da zero a quaranta non ti preoccupare, se invece varia da quarantuno a settantacinque vieni da me l’indomani.-

-Se supera il settantacinque?- la ragazza non gli lasciò finire ottenendo solo dei rimproveri.-Perché voi giovani non sapere aspettare il vostro turno per parlare?-

-Even stai parlando della sua famiglia. È preoccupata.- 

-Ienzo!- esultò Leila vedendoli spuntare da un angolo remoto della stanza.

-Comunque... se supera il settantacinque chiamami immediatamente.-

-Ma cosa indica questo numero?- 

-Domanda intelligente Roxas: nel caso di Ventus il livello di ormone nella paura mentre per Vanitas indica il livello di onde disturbanti a livello del cervello.- 

-In linguaggio comprensibile agli umani?- gli chiese il biondo non capendo metà della cose appena dette.

-La probabilità che Vanitas impazzisca.- gli spiegó la ragazza. -Era solo questo che dovevi dirmi?- Even sospirò rumorosamente.

-No e forse è meglio che tu sia arrivata ora.- le fece segno di avvicinarsi a un grande schermo.

-Sono successe due cose oggi: la prima riguarda i nostri controlli ed è una buona notizia, la seconda beh.... è brutta e basta. Quale vuoi?-

-Quella buona.- Roxas si mise al suo fianco. 

-Forse è il caso che ti vada Roxas.-

-Perché? Riguarda i miei fratelli.- era inutile cercare di dissuaderlo. Ienzo prese un foglio di carta ripiegato e lo passó a Leila.

-Oggi durante alcuni esami abbiamo provato a smorzare la loro memoria- 

-Avete fatto cosa?!- erano impazziti? Potevano avere un crollo emotivo o peggio... potevano letteralmente impazzire.

-Abbiamo fatto una leggera sollecitazione usando degli elettrodi e stimolando la parte del cervello che controlla i ricordi.-

-Quindi?-

-La sollecitazione era minima ma ha dato qualcosa: Ienzo ha scritto le parole su questo foglio. Per noi non hanno significato ma forse tu li sai decifrarle.- Leila aprì il foglietto e iniziò a leggere.

 

Lucky day    Luchek     ultimo rintocco  Grande torre   Sofia     Leila

-Lucky day.- lesse sottovoce Roxas sorridendo al pensiero di quel ricordo. Anche Leila sorrise per poi tornare seria

-Ne riconosco la maggior parte: Lucky day è  il modo in cui chiamavamo il giorno del loro compleanno, Luchek è il nome del nostro quartiere, Sofia la donna che ci ha cresciuto. L’ultimo, tralasciando il mio egocentrismo, credo di essere io. Ma ultimo rincorro e grande torre non so dire cosa siano.- Even annuì non chiedendo altri dettagli riguardo la loro vita prima che iniziasse questa storia. Leila rimase a guardare il foglio per un’altro paio di secondi prima di riscuotersi.

-La brutta notizia?- chiese.

-Roxas forse è meglio che vai. Veramente.-  Even sembrava veramente interessato a tenere Roxas lontano da quell’informazione.

-Se insiste così forse è meglio!- cercò di convincerlo la ragazza

-Non vado da nessuna parte.- Even sospirò rumorosamente 

-Va bene. Oggi ci è arrivato questo video.- Even premette un tasto e lo schermo si illuminò. Leila sbarró gli occhi: quello che vedeva era Sora sanguinante chiuso dentro una cella che implorava a qualcuno di fermarsi.

-Sora vuoi dire qualcosa?- chiese una voce il cui proprietario non era inquadrato. Il ragazzo sollevò lo sguardo mentre le lacrime solcavano le guance pallide.

-A..Aiu...tAAAH- non riuscì nemmeno a finire quello che stava dicendo che una scossa elettrica sembrò percorrergli tutto il corpo. Alla fine del video il silenzio caló.

-Questo...questo è- Roxas non trovava le parole adatte a descrivere quello che aveva visto, Sora era sparito da qualche giorno ma già era al limite. Leila tremava, gli occhi sgranati, quello per lei era troppo. Mise una mano dinanzi alla bocca per bloccare un conato di vomito.

-Ho bisogno di aria.- corse fuori incurante degli sguardi su di lei. 

Leila correva senza sosta, non sapeva dove stesse andando, non le importava, voleva solo andare lontano da quella realtà. Riuscì finalmente a uscire dalla struttura e stremata cadde a terra, le gambe continuavano a tremare così come le mani.

-Leila!- sentí una voce chiamarla ma non aveva voglia di voltarsi. Rimase con lo sguardo fisso a terra.

-Leila stai bene?- Ienzo le si sedette accanto aspettando una risposta che non arrivò.

-Forse non eri pronta.- sospirò rumorosamente.

-Io... io dovrei proteggerli.- la ragazza parlava con un tono di voce quasi impercettibile. Anche se Ienzo non lo vedeva sapeva che stava piangendo.

-Io sono la maggiore. Devo essere io quella che affronta i problemi.-

-Solo perché sei la più grande non vuol dire che devi addossarti tutte le colpe. Non potevi ne prevedere ne impedire che accadesse una cosa del genere.- Leila sollevò il capo mostrando i suoi occhi color smeraldo arrossati dalle lacrime.

-È colpa mia perché se non mi fossi fatta prendere dal panico Sora sarebbe rimasto a casa!- il giovane la strinse in un forte abbraccio tirandola a se mentre le sue lacrime bagnavano il camice bianco.

-Sono una pessima sorella- continuó a piangere.

 

Riku e Kairi stavano abbandonando la struttura per dirigersi verso i confini della città, avevano deciso di impiegare quel poco tempo cercando di allenare la rossa nell’uso dei Kayblade. Non che avessero molto altro da fare: andare al mondo che non esiste era praticamente impossibile al momento e pensare a Sora avrebbe solo peggiorato la situazione; era meglio sfogarsi nel combattimento.

-Ehi Roxas.- Kairi vide in lontananza il biondo e iniziò a salutarlo con grande entusiasmo. Sfortunatamente Roxas non era dell’umore giusto.

-Che succede? Sembri giù di morale?-

-N-Niente! Scusate ma sono stanco. Non ho voglia di parlare.- e li superó. Non aveva minimamente voglia di parlare, quelle immagini gli resteranno impresse a vita. Continuava a vederle nella sua mente mentre percorreva il corridoio fino alla sua  stanza. Era sul punto di entrare quanto sentí le voci dei suoi fratelli: l’ora di pranzo era ormai passata, era normale che fossero lì. Il biondo scosse la testa cercando di scacciare i brutti pensieri, dinanzi a loro doveva cercare di essere il più normale possibile. Così entrò.

-Ehi sei tornato!- lo salutò Ventus mentre questo era seduto sul morbido tappeto insieme al corvino.

-Eilà!-

-Come mai ci avete messo così tanto tempo? E dov’è Leila?- 

-Even non era al laboratorio e lo abbiamo aspettato. Leila è andata a fare una passeggiata.- gli doveva mentirgli così spudoratamente ma era una bugia a fin di bene.

-Ti va?- Roxas si riscosse dinanzi alla domanda di Vanitas, non aveva ascoltato ma dal modo in cui il corvino picchiettava la mano sul tappeto sembrava averlo invitato a unirsi a loro. Annuendo si sedette alla sua destra.

-Che stavate facendo?- 

-Niente di particolare. Solo parlare.- gli rispose Ven -Stiamo cercando di capire alcune cose.-

-In che senso?- 

-Non ricordiamo la maggior parte delle cose e questo ci mette un po’ a disagio. Oggi Even ci ha fatto un sacco di domande ma non siamo riusciti a rispondere nemmeno alla metà.- in effetti non avere ricordi era un qualcosa di orripilante, Roxas aveva finto quando era entrato all’organizzazione e solo fingere un’amnesia era snervante, figurarsi una vera. Il modo in cui l’agente ti guarda, come sussurra, come sembra provare pena per te... era odioso.

-Si, lo so! È veramente sconfortante.- rispose senza neanche accorgersene e pentendosi subito di quanto detto.

-Che intendi? Anche tu hai..- aveva attirato la loro attenzione. Beh ormai era inutile tirarsi indietro.

-Ho avuto qualche problema.-

-É per questo che sei qui?-

-Esatto.-

-E come hai fatto? Sai a riavere i ricordi?- ecco la domanda fatidica. La curiosità di Ventus  era rimasta invariata, era sempre desideroso di sapere anche se in quel frangente era una domanda più che legittima.

-Mi ha aiutato un mio amico. Mi ha preso e non mi ha abbandonato finché non sono tornato  in me.- il pensiero del suo tempo passato con Axel lo fece sorridere, erano momenti piacevoli in una tempesta di inquietudine.

-Deve essere un buon amico per aiutarti a tal punto.-

-Mica tanto: ancora oggi mi prende in giro, dice che sembravo uno zombie.- aveva detto quella frase con un tono di voce e un’espressione tale da far scoppiare a ridere i due.

-Noi per fortuna non siamo arrivati a quel livel- Vanitas bloccó la sua stessa frase. Rimase con la bocca spalancata mentre la testa iniziava a martellargli in modo allucinante.

-Oh merda!- Ventus spinse il corvino cercando di farlo alzare.

-Che succede?- Roxas era allarmato dalla scena che aveva dinanzi, forse doveva chiamare Leila e Even.

-Prendi le manette che sono nel primo cassetto a destra.- 

-Manette?- Roxas sperava vivamente di aver capito male.

-Si. Sono nel cassetto sotto l’armadio! Sbrigati.- Roxas corse a prendere l’oggetto metallico per poi consegnarlo al ragazzo. Ventus come da consuetudine legò il polso del corvino alla ringhiera del letto.

-Pensavo che non ne avrebbe avute altre oggi.- disse mentre ultimava l’operato.

-Che succede?- richiede Roxas sempre più preoccupato.

-Sta avendo una crisi. Ne ha avuta una già stamattina, normalmente non ne ha mai due lo stesso giorno.- 

-Vuoi dire che-

-MERDA!- la voce di Vanitas lo interruppe. Roxas vide uno sguardo completamente diverso da quello a cui era abituato, era uno sguardo pieno di odio e disprezzo.

-Non riuscirete a tenermi rinchiuso per sempre.- ringhiò contro i due per poi posare lo sguardo sul nuovo arrivato.

-Io ti conosco.- Roxas per un’attimo pensò che quell’essere così simile a suo fratello ma al tempo stesso diverso potesse riconoscerlo. Forse era possibile.

-Sei uno di quelli assoldati da Xehanort!- evidentemente no.

-Come?- Ventus lo guardò con gli occhi sgranati e pieni di paura, velocemente indietreggiò.

-Oh piccolo Ven. Non lo sapevi? Te l’ho detto che ti avrebbe venduto!- la voce maniacale che usciva dalla bocca del corvino dava a Roxas un senso di nausea: ecco a cosa portavano le torture di Xehanort.

-Ho lasciato l’organizzazione appena ho capito che intenzione aveva quel pazzo! Xehanort non ha etica né morale. Odia l’umanità ed è pronto a tutto pur di perseguire i suoi sporchi interessi. Io non sono come lui e per questo ora sono qui a aiutare. Fermerò Xehanort! Fosse l’ultima cosa che faccio!-  lo disse con fermezza e con incredibile disprezzo nella voce. Non poteva sopportare ciò che l’organizzazione stava facendo. Non tollerava i solo modi irruenti e violenti, i loro sporchi e disonorevoli obbiettivi.

-Ho un’altro da portare al macello!- cantilenò il corvino dondolando la testa e cercando di liberare il polso.

-Va a chiamare Even- Ventus lo guardò per un’attimo incerto, aveva paura ma non poteva gestire la cosa senza un’adeguato aiuto. Per questa volta si sarebbe fidato del ragazzo ma alla fine avrebbe preteso delle spiegazioni. Corse fuori dalla stanza, correva più veloce che poteva. Cercava di raggiungere il laboratorio di Even quando andò a sbattere contro qualcuno.

-Piano ragazzino!- gli disse Lea mentre lo aiutava a rialzarsi.

-Devo trovare Even!- disse con voce tremolante e preoccupata. Il rosso lo guardò interrogativo.

-Even è a svolgere delle commissioni.- non voleva dirgli che dopo aver visto il video di Sora torturato Leila aveva avuto un crollo nervoso ed era corsa chissà dove.

-Allora devo trovare Leila!- ribatté lui con insistenza mentre cercava di superarlo ma  il rosso gli afferró il polso impedendogli di proseguire.

-Leila è con lui. Dimmi qual è il problema-

-Vanitas ha una crisi!- il volto di Lea si incupì, gli avevano spiegato cosa voleva dire “crisi” e sapeva che non era nulla di buono.

-Roxas è con lui.- ancora peggio.

-Andiamo!- iniziò a dirigersi verso la stanza dei ragazzi. Non avrebbe lasciato Roxas solo in una situazione del genere.

 

-Van, sono io!- tentò il biondo guardando il fratello con occhi dolci. -Sono io. Va tutto bene.- tentò di sfiorargli la guancia ma Vanitas spinse via la sia mano con il braccio libero.

-Non toccarmi! Tu sei come gli altri!- gli sbraitò contro.

-Gli altri?-

-Non fare il finto tonto! Non avrete da me alcuna informazione, torturatemi se volete ma non parlerò.-

-Qua nessuno farà una cosa del genere.- Roxas disse quelle parole senza pensare ma in fondo corrispondevano al vero.

-Infatti non sono legato.- almeno Vanitas aveva ancora il suo tipico sarcasmo.

-Sei legato per impedirti di fare del male a te o agli altri.-

-Intendi Ventus? Quello è un giocattolino molto divertente.- rideva mente Roxas cercava di ricacciare il conato di vomito.

-Dovresti vederlo quando inizia a supplicare- il corvino aveva un sorriso sadico sul volto, sembra divertirsi enormemente. -“Per favore basta. Non voglio.”- parlava storpiando la voce in una più acuta e stridula. -Che patetico. Un vero idiot- le sue parole furono stroncate da un sonoro schiaffo sulla guancia destra.

-Non parlare così di- si bloccó. Era giusto dirlo? Leila gli aveva detto di non toccare in nessun caso quell’argomento. Ma non poteva far finta di nulla. Preso dai dubbi fece la sola cosa che gli sembrava opportuno fare: lo abbracciò.

-Eh? Lasciami!- Vanitas cercò di staccarsi da quel contatto. Roxas non rispose e nemmeno si mosse.

-Mi hai sentito? Lasciami!- ancora nulla.

-Staccati! Mi hai sentito? Vattene!- la sua voce sembrava subire un leggero cambiamento.

-Perché non te ne vai? Voglio che te ne vada!- sembrava sul punto di piangere.

-Non ti lascio! Puoi insultarmi, colpirmi, umiliarmi ma io non ti lascerò mai!-

-Perché? Non vincerai.- Vanitas aveva smesso di muoversi e Roxas poteva sentire le lacrime bagnargli i vestiti.

-Ho già vinto se ho convinto te che sei speciale!-

-Roxas!- la porta della stanza si aprì rivelando un preoccupato Lea insieme a Ventus. I due so aspettavano di tutto tranne la scena di Roxas seduto sul letto intendo ad abbracciare il corvino. Ma non fu il loro arrivo a catturare l’attenzione dell’ex numero XIII, fu invece quando sentì le spalle circondate da un esile braccio insieme a un debole “grazie” che il mondo riprese a scorrere intorno a lui.

 

-È meraviglioso!- Leila si guardava intorno con infinta meraviglia. Tutto era così colorato, vivace, donava un senso di armonia.

-Sapevo che ti sarebbe piaciuto.- le disse Ienzo dietro di lei. Erano sul tetto di uno dei palazzi più alti della città.

-È stupendo!- la vista della cittadina era incredibile, si vedeva anche oltre i confini del certo abitato.

-Questo lo hai già detto.- rise il ragazzo. Leila arrossì imbarazzata cosa che fece ridere di più il ragazzo dai capelli color acciaio.

-Che hai da ridere?-

-Scusa. È che sei proprio strana.- 

-In che senso?- Ienzo le si avvicinò appoggiandosi alla ringhiera che gli impediva di cadere giú.

-Fai tanto la dura e ti imbarazzi per una cosa così sciocca?-

-Oltre la mia famiglia nessuno mi ha mai parlato per più di una media di due ore. Ho sempre preferito non avere molti rapporti con le persone. Mi bastava quel che avevo.- 

-Vuoi dirmi che per diciotto anni non hai mai interagito con nessuno?- Ienzo la guardò come se fosse un’alieno: gli occhi verdastri sgranati  e la bocca spalancata. Questa volta fu il turno di Leila di ridere.

-Sembri un pesce lesso. E si, le mie interazioni consistevano unicamente in frasi di circostanza.- Ienzo sorvolò sul fatto di essere stato definito un pesce e riprese il proprio discorso.

-Non ho mai avuto amici o un ragazzo. Anche se dubito che qualcuno possa essere attratto da me.- Ienzo stava per rispondere quando la stessa ragazza pose fine alla discussione.

-Ma ora basta pensare a queste cose. Sarà meglio rientrare. Tra poco il sole tramonta.- durante tutto il tragitto rimasero in silenzio, ognuno con i propri pensieri finché fu ora di prendere strade separate.

-Ci vediamo domani.- la saluto Ienzo con un gesto della mano.

-Va bene. E, Ienzo, grazie per avermi sollevato il morale.- gli sorrise prima di andare a cercare i suoi fratelli.

-Di nulla!-

 

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Capitolo 6
*** Preparativi (fase 2) ***


-82!?- Leila urló il numero che splendeva rosso sul display del braccialetto. 82 era molto oltre la soglia che Even le aveva imposto. 

-Leila non urlare!- Vanitas si stropicciava  gli occhi con la mano libera mentre anche i due ragazzi biondi si alzavano dai rispettivi letti. Come ogni mattina Leila era andata a svegliarli dedicandosi alle attività che Even le aveva affidato e restando sorpresa di quanto il valore fosse alto.

-Non urlare? Van questo numero doveva essere massimo quaranta. E invece è più che raddoppiato! Hai avuto una crisi?- 

Forse fu il suo sguardo o forse era la vergogna ma Vanitas scosse la testa mentendo spudoratamente alla ragazza. Leila sembrò calmarsi ma in realtà entrò ancora di più nel panico. “Allora perché è così alto?” Pensò andando a controllare quello di Ventus, il quale segnava un 56 giallo, mentre percorreva  la stanza vide Roxas muovere le labbra dicendo un “poi ti spiego” labiale. 

-Va bene boccioli di rosa! In piedi e dritti a lavarsi e poi colazione!- Roxas fu sollevato di vederla nuovamente sorridente, sapeva che quanto scoperto il giorno prima l’aveva turbata non poco e temeva che Leila non se la sentisse di continuare ma evidentemente si sbagliava.

-Roxas ho dimenticato di prendere alcune cose ieri puoi accompagnarmi? Mi continuo a perdere.-

-Certo! Mi cambio e sono da te!- Roxas di infiló velocemente i suoi vestiti a motivi bianchi e neri. Leila si girò verso il muro maledicendo mentalmente il fratello.

-Voi due potete andare anche senza di noi. Vi raggiungano dopo.- disse poi ai due mentre stava uscendo.

-Che volevi dirmi?- Leila parlò solo quando di abbastanza lontana e sicura che nessuno li sentisse.

-Vanitas ha mentito.- l’unica cosa che la ragazza riuscì a dire fu un secco Oh.

-Quindi hai...-

-Si.-

-Com’è stato?-

-Tremendo al punto giusto. La stai prendendo bene.- Roxas si aspettava una reazione agitata da parte della sorella ma questa era calma e serena.

-Ho promesso che avrei cercato di essere più tollerante con voi.- il ricordo di Sora che scappava di casa dopo il loro litigio, il video sul suo fratellino torturato, le crisi, l’amnesia tutto era così difficile da mandare giù.

-Come la capoccia che mi hai dato appena mi hai visto.-

-Beh quello era per..-

-Come la strigliata di prima?-

-Mi ero spaventata!-

-Come quando hai scoperto che Sora si vedeva con Riku e Kairi?- Roxas si tappò immediatamente la bocca capendo di aver commesso un grande errore.

-Scusa, io non volevo. Cioè so che-

-Io ci sto provando, Roxas. Ti giuro che ci sto provando. Ma ogni volta che trovo una stabilità sembra che tutto mi crolli addosso e io non so come fare.- Leila aveva spostato lo sguardo, ora fissava un punto imprecisato del soffitto.

-Leila mi dispiace. Non volevo dire questo. So che ci provi con tutta te stessa ma a volte devi provare a fidarti di noi. Sora si fida di Riku e Kairi e forse inizieresti anche tu a fidarti se li conoscessi meglio.-

-Hai ragione.- sospirò -Non posso continuare a trattarvi da bambini. Siete grandi ormai e devo accettare che siete in grado di decidere da soli.- si girò dando le spalle al biondo. -Rox, posso chiederti un favore?- 

-Si, certo.- fu la sia risposta. Leila sorrise e rivolse nuovamente lo sguardo al suo interlocutore, questa volta con un grande sorriso sulle labbra.

-Prenditi cura dei tuoi fratelli mentre io cerco un modo per aiutare Sora. Diventerò più forte e sarò finalmente in grado di proteggervi. Hai ragione: non posso pensare a tutto ma posso fidarmi di te e lasciarmi aiutare.-

-Conta pure su di me!- era bello. Era bello sapere di non essere soli: essere bloccanti in un uragano è terribile, spaventoso e insopportabile, anche se si sa che qualcuno verrà a salvarci, ma essere bloccati in un uragano insieme a qualcuno di cui ci si fida era mille volte meglio. Condividere le gioie e il dolore, vittorie e sconfitte, risi e pianti.

E se chiedere aiuto era il solo modo per superare al meglio quell’incredibile ostacolo allora così sarebbe stato, infondo erano tutto nello stesso uragano. Ecco perché ora Leila era lì, dinanzi a Riku e Kairi nel loro piccolo campo d’allenamento. 

-Voglio allenarmi con voi.- disse con voce piatta. Riku la guardò torva.

-Perché dovremmo lasciarti-

-Per favore!- lo interruppe la ragazza. -Non so a chi rivolgermi.-

-Riku forse dovremmo permettere a Leila di allenarsi con noi.- tentò di convincerlo la rossa. L’albino sospirò rumorosamente.

-Come te la cavi con la scherma?- 

-Meglio di quanto credi.-  

 

Allenarsi con Riku e Kairi era molto più difficile rispetto ai suoi allenamenti con Sofia ma Leila era sorprendentemente a suo agio. 

-Te la cavi per essere una principiante.- le disse Riku mentre le lanciava una borraccia piena d’acqua.

-Mi sono allenata quando ero piccola ma avevo abbandonato la scherma. Mi stupisco del fatto che ricordi ancora come si tiene una spada.-

-Sei brava quasi tanto me e Sora.- 

-È positivo?-

-Sora ha salvato i mondi due volte... giudica tu!- 

-Sembra che il talento sia di famiglia.- le sorrise la rossa. Leila ricambió il sorriso, era la prima volta che cercava di instaurare un rapporto con qualcuno. Era… strano.

-Mi allenavo con Sofia, la mia tutrice. Lei voleva che fossi in grado di.... scusa sto divagando.-

-No va bene.- la rassicuró la rossa. -Ci sono tantissime cose che non so.... è da un po’ che ci penso… sulle isole si raccontano molte storie sul tuo conto ma conoscendo meglio la tua storia non credo siano vere.-

-Storie?- Leila non ricordava di averne sentito, le uniche che ricordava erano quelle che lei stessa aveva messo in giro. Forse però non c’era da stupirsi tanto: chi racconterebbe le strambe storie su una ragazza proprio alla ragazza in questione.

-Dicono che hai ucciso tuo fratello perché lo odiavi.- le rispose l’albino incrociando le braccia.

-Che idiozia.- sbuffò lei. -Per quanto si possa odiare un fratello... è sempre tuo fratello.-

-Lo stai dicendo a qualcuno che non ha la ben che minima idea di cosa vuol dire averne uno.- 

-Beh io non ho la ben che minima idea di che significhi essere senza cuore.- lo aveva rifatto. Si maledisse mentalmente mentre si rendeva conto che aveva appena detto qualcosa di estremamente offensivo. Non era mica colpa loro.

-Non scherzare con il concetto di “senza cuore” non sai nemmeno che cosa significhi.- la rimproverò Riku.

-Parli degli Heartless?- vedere la sua faccio scioccata era impagabile. -Ho fatto i compiti.-  sorrise mentre si rigirava tra le mani la lama usata durante l’allenamento.

-Gli Heartless cacciano i cuori no? Cacciano qualcosa che loro non hanno, qualcosa che è diverso. Non si fermano dinanzi a nulla. Non importa se distruggono una vita, se provocano dolore, se annientano le speranze e i sogni.  Lo sai cosa fa la CFL a Destiny Island?-

-CFL? Che vuol dire?-  le chiese la rossa guardandola con interesse.

-Caccia Fuori Legge! Cacciano gente come me. E lo sai che fanno se ci prendono? Esiste un posto chiamato Centro di Riabilitazione. Ma di riabilitazione ha solo il nome,non riabilita nulla. È solo una scusa, un modo per avere l’appoggio dell’opinione pubblica. Se finisci in quel posto ti uccideranno. E lo sai perché? Perché esiste quella stupida legge?- si era avvicinata al volto di Riku senza nemmeno accorgersene.

-Per questioni economiche.- le rispose. -Per riuscire a distribuire equamente gli alimenti. L’isola ha uno spazio limitato, non ci sono fonti infinite.-

-No genietto. Forse all’inizio era così ma adesso non abbiamo alcun problema con il sostentamento della popolazione. Meno nascite equivale a meno popolazione. Meno popolazione equivale a meno gente pensante. Meno persone che si impicciano negli affari di Stato.-

-Questo non cambia le cose. La legge non influisce sulle elezioni.-

-Quante persone decidono di diventare politici?  Chi ci prova viene a sapere la verità dietro tutto questo e, o si adegua e accetta questa pazzia oppure viene ucciso. E per ora si parla solo di controllo delle nascite, tra qualche decennio sarà anche l’istruzione, poi le ideologie e infine non avremo più libertà. È una dittatura.-

-C-Come sai tutte queste cose?-  a Riku mancò il fiato. Come era possibile che... com’era possibile una simile cospirazione.

-Le so e basta.- Leila si girò e fece per andarsene. Aveva incasinato tutto, lo sapeva.

-Aspetta.- Riku le bloccó il polso. -Non volevo dire... io non ne sapevo nulla. Mi dispiace.- la ragazza sospirò.

-Dispiace anche a me. Non volevo dire che sei insensibile. Forse Sora aveva ragione su di voi.-

-Su di noi. Ti ha parlato di me e Riku?- Kairi si intromise nella conversazione.

-Ha cercato di convincermi che ci potevamo fidare ma io avevo troppa paura. Dovete vedere la luce che aveva negli occhi.- sorrise a quel pensiero, il suo fratellino che cercava in tutti i modi di convincerla. -Parlava di te come se fossi un supereroe. E io ho avuto paura. Arrossisci sempre in questo modo?- Riku si coprì il viso con la mano libera mentre le due ragazze ridevano del suo imparato.

-Non mi dire che....- adesso era chiaro.

 

-Leila mi ha detto di occuparmi di loro ma...- Roxas era fuori dal lavoratorio dove Even stava continuando i suoi studi sui due ragazzi. -Non ho la ben che minima idea di come fare.-

-Beh restare qua non servirà a molto.-

-Lea?-  il rosso lo salutò con un cenno del capo.

-Come ho già detto stare qua non ti servirà a nulla... ti va di fare un giro?-

-Non credo di poterlo fare. Dovrei restare qua.- 

-A guardare un muro? Vieni dai.- lo prese per un braccio iniziando a tirarlo.

-Lea-

-E sta un po’ zitto. Ti mostro un posto.- Roxas rimase in silenzio per circa dieci minuti. O forse anche di più, giusto il tempo sia arrivare dinanzi a un piccolo locale.

-Volevi mostrarmi un’osteria?-

-No. Volevo offrirti il pranzo ma se preferisci guardare un vecchio edificio- il biondo arrossì di colpo: un appuntamento? Qua c’era lo zampino di Leila. Poco ma sicuro.

-Entriamo dai. È il mio locale preferito.- era un locale semplice, in legno scuso come quasi tutti gli edifici di Radian Garden. Era quasi del tutto vuoto e i piccoli tavoli erano addobbati con tovaglie colorate. 

-Ehy Meg!- Lea saluto la ragazza al bancone con un grande sorriso e Roxas provó per la prima volta una grande gelosia. Come osava quella biondina ipertruccata a salutare così amorevolmente il suo... no. Lea non era il suo ragazzo. Lo era solo nella sua immaginazione.

-Prendi quello che vuoi. Per oggi offro io.- si sedettero in un tavolo in un angolo, lontano da occhi indiscreti. Roxas aveva optato per una semplice fetta di torna ai mirtilli mentre Axel aveva preso una piadina ripiena.

-Allora... come ti sembra Radian Garden?- 

-È carina. Almeno non devo nascondermi o indossare un soprabito per camminare per le strade.-

-Senti...- Lea si fece subito serio. -Ti va di parlarne?-

-Ti ho già parlato di questa storia e mi pare che anche tu ne sei più che informato.- non aveva voglia di descrivere quelli che sono stati anni vuoi per lui, voleva solo godersi il momento.

-Io non voglio sapere cos’è successo. Questo già lo so. Io voglio sapere come stai tu. Sei sicuro di stare bene?- Roxas rimase in silenzio per alcuni minuti fissando la sua fetta di torta. Assomigliava molto a quella che Leila preparava al suo compleanno, chissà se il sapore era uguale. Era da tanto che non la mangiava. Quando Sora era scomparso Leila aveva preparato ogni sera i suoi piatti preferiti e per il Lucky day aveva anche preparato una torta più grande del solito, normalmente preparava una torta per tutti e quattro i gemelli: un gusto diverso per ognuno... la sua fetta era sempre ai mirtilli. Eppure quasi non ricordava il sapore di quella torta, non la mangiava da mesi, anzi da quasi un’anno. Un anno.

-Ax–Lea che giorno è oggi?- chiese. Il rosso ignorò il fatto che avesse eluso la sia domanda, il biondo aveva uno sguardo così triste da fargli capire che  quella domanda era quella meno opportuna.

-15 Luglio.- rispose.

-Due settimane.-

-Cosa?-

-Mancano due settimane al Lu- al nostro compleanno.- sorrise un po’ al pensiero dei suoi vecchi compleanno, quando era un bambino e la sua unica preoccupazione era mangiare quintali di torta.

-Ti manca la tua famiglia?- annuì.

-Che cosa facevate? Come festeggiavate?- forse poteva fare qualcosa per rallegrargli il morale.

-Nulla di particolare. Leila cucinava i nostri piatti preferiti.- 

-Ti manca un compleanno trascorso come un giorno qualsiasi?!-

-Era speciale. Non era solo il nostro compleanno ma anche il giorno in cui morirono i nostri genitori. Era festa e lutto contemporaneamente. Noi ci sedevamo a tavola, facevamo una preghiera e poi cenavamo insieme e ci congratulavamo con noi stessi per essere ancora vivi. Leila quando serviva la torta diceva sempre :<< avanti!  Forza! Un’altro anno! Possiamo farcela>>. Loro non sono solo la mia famiglia, Lea. Loro sono tutta la mia vita.- si fermò per un attimo cercando di prendere più fiato possibile. -Loro erano tutto per me ma ora vorrei ampliare i miei orizzonti. Voglio che un’altra persona si aggiunga alla mia famiglia.- Roxas sorrise sperando che Lea non cogliesse il senso delle sue parole. O forse era proprio quello che voleva. Infondo era quello che aveva sempre desiderato.

-Tra quei orizzonti... c’è spazio per il tramonto di Crepuscopoli? Magari con un bel gelato salmastro?-

-Tutte le volta che vuoi.- continuarono il loro pasto chiacchierando del più e del meno. Roxas aveva scoperto che Lea faceva parte del comitato di ricerca e che la ragazza bionda non era altri che sia cugina Meg.

-Pensavi veramente che stessi flirtando con lei?- fu la prima cosa che Lea gli disse mentre stavano rientrando. Dovevano essere le tre e mezza del pomeriggio.

-È carina.- rispose come se fosse una cosa logica.

-Non è certo la bellezza quelli che io cerco  nel mio partner.-

-E allora cosa cerchi?-

-Perché vuoi saperlo?- il biondo abbassò lo sguardo, non aveva il diritto di chiedere una cosa del genere. -Speri di rientrare negli standard?- a Roxas mancò il fiato.

-Hai parlato con Leila?- aveva paura della risposta.

-No ma se reagisci così vuol dire che ho ragione.- 

-Lea...io.-

-Dimmi la verità!- Roxas rimase in silenzio. -Ehi Roxas!-

-Rispondimi!- impaziente Lea lo afferrò e lo tirò a se in un lungo e passionale bacio. Allora il mondo di Roxas riprese a girare e tutto ebbe un senso, tutto era perfetto, tutto era chiaro. Quando si allontanarono Lea lo guardò serio.

-Dimmi la verità. Io ho giocato il tutto per tutto. Io... ti amo!-

-Lea... io non voglio mangiare il gelato con te... io voglio molto di più!-

 

-Ehy Van.- Vanitas si girò verso il biondo. Erano seduti sulle gradinate che davano sul retro dell’edificio. Avevano appena finito i loro esami con Even ottenendo solo innumerevoli rimproveri per non aver segnalato l’aumento del valore segnato sul loro bracciale.

-Credi che ci sia un motivo?- Ventus continuava a tenere lo sguardo fisso verso l’orizzonte.

-Un motivo per cosa?-

-Per tutto. Eravamo sull’orlo della morte e Leila ci ha aiutato poi siamo arrivati qui e tutti sembrano interessati a noi. Ma… perché? Perché proprio adesso a qualcuno interessa di me?-

-A me importa di te.- fu la risposta secca del corvino. Ma anche lui non era sereno dinanzi a quelli interrogativi. Prima di conoscere Leila lui e Ventus erano nemici, era pronto a ucciderlo se necessario... scosse la testa cercando di non pensarci. Poi come un lampo gli venne in mente quello che i due responsabili del laboratorio si erano detti durante l’ultimo controllo.

-Tutto si sistemerà quando la domanda più importante sarà posta.- come un sussurro le parole uscirono dalla sua bocca. -Ma cosa significa?-

-A che ti riferisci?-

-Quando eravamo nel laboratorio. Ho sentito quei due parlare... hanno detto che si sistemerà tutto quando la domanda più importante sarà posta. Cosa si sistemerà?-  Ventus sembrò persarci per un po’.

-Può essere la nostra memoria? Even diceva che qualunque cosa potrebbe innescare una reazione. Siamo come una bomba ad orologeria.-

-Tu... non hai Laura di scoprire qualcosa di brutto?- la voce di Van tremava leggermente. Lui aveva paura: paura di scoprire parti di lui che avrebbe odiato. Aveva paura di scoprire da dove veniva la sia doppia personalità, perché era lì, ma sopratutto quale delle due era quella vera. -Io sto bene così.... non voglio sapere.-

-Ma che stai dicendo? Non vuoi capire?-

-Non voglio restare solo.- fu la suea risposta.

-Ma ci siamo io e Leila. E anche Roxas.-

-Mi lascerete solo quando scoprirete che sono pericoloso.-

-Non è vero!-

-Tu hai paura di me! Lo vedo nei tuoi occhi quando mi guardi. Hai paura che possa farti del male. E io mi odio per questo!- Ventus di scatto gli afferró le spalle costringendo l’albino a guardarlo.

-Devi smetterla! Non sei tu il problema! Quell’uomo pazzo è il problema! È solo colpa sua!- 

-E tu che ne sai?!- 

-Lo so e basta! Lo sento. Come sento che possiamo fidarci di Leila.-

-Quella ragazza vi vuole molto bene.- Ienzo di avvicinò ai due ragazza. Avevano urlato talmente tanto da attirare la sua attenzione. -Non vorrebbe vedervi litigare.-  detto questo si sedette in mezzo si due incurante di come il camice bianco si sarebbe sporcato a contatto con le gradinate polverose.

-Mi spiegate perché stavate urlando di primo pomeriggio?-

I due ragazzi erano sorpresi dell’interesse mostrato da parte di Ienzo, era sempre stato cordiale con loro ma non gli aveva mai prestato troppa attenzione.

-Mi volete rispondere?-

-Noi.....- iniziò Ventus con il volto chinato. Così gli raccontarono tutto, non sapevano nemmeno perché lo stessero facendo ma era così naturale confidarsi col giovane dai capelli grigiastri. 

-Capisco.- terminato il racconto Ienzo sembrò riflettere sull’insieme del discorso. -Hai paura che il tuo passato sia terribile.-

-Non terribile.- lo smentì il corvino. -Ma… ho paura di scoprire di non essere come vorrei.-

-Ti racconterò una storia. Tanti anni fa c’era un bambino, un piccolo bambino che viveva felice con i suoi genitori. Erano molto felici, il bambino rideva sempre e sognava di diventare una persona forte e coraggiosa. Un giorno però a causa di uno sfortunato incidente i suoi genitori morirono e tutto il mondo gli crollò addosso, smise di ridere, di sognare, si chiuse in se sesso e trascorreva le sue giornate a piangere da solo.- 

Vanitas e Ventus vennero attirati dalla storia. Provavano molta pena per quel bambino. -Poi, stanco di piangere, decise di diventare forte... ma lo fece nel modo sbagliato. Divenne freddo e distante, iniziò a bullizzare coloro che erano più deboli di lui. Voleva dimostrare che era più forte, che niente poteva schiacciarlo. Ma essere un teppista non era sicuramente la risposta esatta.-

-Quindi... quel bambino crescendo è diventato un delinquente?- lo interruppe Ventus. 

-Non proprio. Non era un criminale ma sicuramente non era una persona a modo. Cercava di nascondere il dolore in un modo insolito e la gente lo scambiava per un teppista.-

-Ma lui voleva solo essere forte.-

-Chi non conosce tutta la storia non la comprende mai appieno.- gli rispose per poi riprendere il racconto. -Poi, il ragazzino conobbe un’uomo che vide oltre la sua maschera e gli disse “Non andrai da nessuna parte così! Sei Intelligente, vediamo di mettere a frutto il tuo talento”. Così lo prese con se e gli insegnò com’è essere un’adulto responsabile. Insieme fecero anche molti errori ma crescere forti vuol dire capire i propri errori e porvi rimedio. Quel bambino triste, quel ragazzino teppista divenne un’uomo con la voglia di aiutare gli altri. Se potesse lui vorrebbe cancellare il passato ma sa che non può: gli errori ci rendono come siamo e non ha senso ignorarli.-

-Quindi secondo te dovrei accettare quello che sono?- Vanitas sembrava aver colto il senso.

-Accettare quello che è stato e decidere che tipo di uomo sei e sarai.- detto così si alzò, era tardi e Even probabilmente lo stava cercando.

-Ienzo un’ultima cosa...-

-Dimmi Van.-

-Quel bambino ora è felice?-

-Si, ora è felice.-

 

-Dove sei stato?-gli chiese Even vedendo il giovane entrare nel laboratorio. -Sei in ritardo non è da te.-

-Ho avuto una chiacchierata con i gemelli.- Ienzo si avvicinò alla scrivania prendendo alcuni fascicoli.

-Non dovresti legarti troppo a quei due. Non voglio che tu finisca nel guai.-

-Hanno solo bisogno di un po’ di confronto. Non di pietà o cure ma solo qualcuno con cui parlare ogni tanto.-

-Ma non devi essere tu. Non è tuo compito occuparti dei piccoli teppisti.- il ragazzo smise di sfogliare i documenti per puntare lo sguardo sull’uomo che gli aveva salvato la vita.

-Nemmeno tu avevi l’obbligo di occuparti di quel piccolo teppista ma lo hai fatto comunque.- disse sorridendo malinconico e girandosi per guardare il cielo dalla finestra trasparente.

Even sorrise mentre abbracciava il suo ragazzo.

-Non mi pentirò mai di averlo fatto. Sei il figlio che non ho mai avuto. Ti voglio troppo bene per rischiare di perderti di nuovo.-

-Non mi perderai. Sono grande e grazie a te so come vivere. Lasciami scegliere come realizzare il mio sogno.-

 

-Quindi ti piace mio fratello.- Leila stroncò il silenzio creatosi mentre lei, Riku e Kairi stavano rientrando. Riku arrossì nuovamente mentre Kairi ridacchiava. -Lo prenderò come un si. E secondo te per qualche assurda ragione dovrei permettere a Sora di frequentarti?- l’albino sgranò gli occhi così come la rossa. 

-Che vuoi dire?- Leila lo guardò con un’espressione confusa.

-Ci stia aiutando e di questo ne sono grata. Non posso più interferire con la vostra amicizia ma non so se sei adatto a essere il suo partner.- 

-Aspetta Leila Riku può sembrare scontroso ma non darebbe mai nulla di male nei confronti di Sora.- cercò di convincerla la rossa. Riku cercava di elaborare quanto detto: Leila non gli avrebbe permesso di stare con Sora.

-Io amo Sora.- disse.

-Come?-

-Io amo Sora!- ripeté più forte. -Lo amo più di qualunque altra cosa.-

-E lo amerai anche quando saremo a Destiny Island?-

-Ovviamente!-

-Sora non ha libertà di movimento alle isole.- Leila era incredibilmente seria. Non era cattiveria quella nella sua voce, era la pura verità. -Lo ucciderebbero. Lo potresti vedere solo poche volte e non potresti mai dire nulla su di lui. Non potreste convivere serenamente e nemmeno avere una vita tranquilla.-

-Non ci avevi pensato vero?-

-Ci penserò io!- la bloccó. -Ci penserò io a proteggere Sora. Se necessario andremo via dalle isole. Non mi importa se significa lasciare tutto. Sora è il mio tutto.- Leila si avvicinò a lui, sguainò la spada e gliela punto alla gola. Kairi si avvicinò per intervenire.

-Avvicinati e lo sgozzo. - poi si rivolse all’albino -Rispondimi sinceramente, se non fai lo scoprirò, sono molto brava a riconoscere i bugiardi: se dovessi scegliere tra salvare mio fratello e la tua stessa vita.... cosa sceglieresti?-

-Ma che domande sono? Sora ovviamente.-

-La tua parola contro la mia.- smorzò di più la spada. -Non scherzare, nessuno rischierebbe la vita così.-

-Tu lo hai fatto per tutta la vita!-

-Sangue chiama sangue. È diverso. Voi non siete imparentati, non ti importa nulla.-

-Questo non è ver-

-Dimmi che ho ragione e che te ne andrai alla prima difficoltà. Prometto che ti lascerò stare.-

-Mai!- rispose lui scandendo le singole letttere. -Io amo Sora e non lo lascerò mai! Non mi importa se mi minacci o altro.-

Leila lo fissava con uno sguardo freddo e deciso. -Ok.- e si allontanò lasciando Riku e Kairi perplessi e stupiti. -Congratulazioni! Hai superato la prova.-

-Prova?-

-Ho voluto verificare se fossi adatto per mio fratello. Lo so ho usato un metodo brusco ma con Lea ha funzionato quindi pensavo....- si mise a ridere vedendo la faccia dell’albino. Ripose la spada mentre Riku era ancora in fase ERROR404.

-Ma ti sembra un modo normale?!-

-È il modo più normale e adatto alla mia situazione. Mi dispiace ma era l’unico modo.- si scusò. Kairi si avvicinò a Riku passandogli una borraccia piena d’acqua. -La nostra realtà è diversa... se per colpa mia, per colpa della mia negligenza dovesse succedere qualcosa... io non me lo perdonerei mai. Loro sono tutta la mia vita.-

-Leila...io-

-Non ti chiedo di andare d’accordo con me o di supportare le mie idee ma ti chiedo di stare al fianco di mio fratello perché....lui ne ha bisogno.-

-Sora non è così debole come pensi. - Leila sorrise e fece per parlare ma un rumore la interruppe: lo squillo del telefono.

-Ienzo!- disse mentre rispondeva. -Cosa? Ne sei sicuro? E quando? Di già? Nono, va benissimo! Si, li informo io. A dopo!- si girò verso Riku e Kairi. -Hanno finito i lavori. Possiamo partire domani.-

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