Plane Bae

di Tessa Scott
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno: incontri. ***
Capitolo 2: *** Quando fai una cosa o la fai bene oppure non la farla ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno: incontri. ***


Capitolo I : Incontri

"Si prega i passeggeri di sedersi ai loro posti e di allacciare le cinture, l’aereo sta per decollare” erano 5 minuti che quell’orribile voce continuava a dire quelle parole. L’aereo stava già partendo con più di due ore di ritardo e l’idea di passare le prossime 8 ore seduta al mio posto non mi entusiasmava più di tanto. Amavo volare, l’aereo era davvero l’unico luogo in cui non solo riuscivo a riposare ma in cui mi sentivo viva. Viaggiavo per lo più da sola, un po per visitare posti nuovi, un po per lavoro, ero una giornalista per il New York post e mi capitava più volte al mese di ritrovarmi su un aereo. 
Ma ultimamente, avevo preso cosi tanti voli che il viaggio stesso iniziava ad avere un effetto opposto su di me. Passare ore in aereo porto, superare i controlli di sicurezza, vedere sempre le solite scene, ragazzi che si baciano, abbracci chilometrici. Erano tutte cose carine, ma che dopo un po scocciavano. Si diventava una specie di autonomi, in gamba a schivare valigie e insensibili alle scene più passionali. 

Una voce, mi risveglio dai miei pensieri “Mi scusi, quello è il mio posto, dovrei sedermi ma..” disse una ragazza, era bassina con una taglio a caschetto, aveva davvero uno sguardo speranzoso e vispo, al che io la esortai con lo sguardo a continuare “ecco, questo è il mio ragazzo” disse guardando un ragazzo in uniforme “Jasper, le dispiacerebbe fare cambio con lui? Il suo posto è li infondo sulla destra vicino a mio fratello Edward”. 

“certo, nessun problema, subito dopo il decollo ci scambiamo di posto. Va bene?” le risposi, non mi costava nulla e per di più, la ragazza aveva la faccia di una di quelle persone, che attaccano bottone sempre ed essendo un volo da 8 ore ero più che felice di cambiare posto. Non pensate male, adoro parlare in aereo, ma 8 ore erano pur sempre 8 ore. 

“Si certo! Comunque piacere Alice” mi rispose sorridendo.

“Isabella” le dissi.

 

Non appena il segnale delle cinture, si spense, mi alzai velocemente, salutai Alice e mi diressi verso il mio posto. Alice era davvero particolare, in meno di 10 minuti mi aveva praticamente raccontato la storia della sua vita. Stava ritornando a New York, dopo aver passato un anno a Milano per studiare moda, il suo ragazzo Jasper era di base a Vicenza e stava tornando a casa in licenza per un paio di mesi. 

Jasper era già in piedi e pronto a spostarsi quando arrivai al suo posto, mi sorrise riconoscente e mi accomodai, stranamente il posto di fianco era libero “Edward è andato in bagno” disse come spiegazione alzando le spalle.  Impiegai 5 secondi per fare mente locale, Edward era… il fratello di Alice. 

Stavo già iniziando a curiosare tra i film disponibili a bordo quando un ragazzo  mi si accomodo di fianco. Devo ammettere che era bello, davvero bello e la divisa aiutava non poco, aveva i capelli sul rossiccio, occhi verdi e da ciò che si poteva intravedere era anche abbastanza muscoloso. Devo confessarlo gli uomini in divisa hanno sempre avuto un certo fascino su di me. Lo guardai forse per un secondo di troppo, perché si giro e con uno sguardo confuso affermo “Bhe tu certo non sei Jasper”. 

Non potei fare almeno di ridere e ancora sorridendo dissi “Sono Isabella, tua sorella Alice mi ha chiesto di cambiare posto cosi da poter stare vicino al suo ragazzo”

Edward passo da uno sguardo confuso a uno divertito e non potè far a meno di dire “Tipico di Alice”  “Comunque sono Edward, piacere”

“piacere mio” risposi, notaio che mi stava facendo una vera e propria radiografia e per la prima volta la cosa non mi diede fastidio anzi mi senti anche abbastanza lusingata. Ero modestamente bella, avevo le curve al posto giusto, i capelli sul castano e gli occhi color cioccolato, le lusinghe e gli sguardi non mi dispiacevano anche se a volte gli  sguardi di molti uomini erano troppo invadenti. Tossi e Edward alzo lo sguardo imbarazzato, si passo una mano tra i capelli e mi sorrise. Dopo quella piccola interazione, ognuno di noi torno nel proprio mondo isolandosi, notai piu volte gli sguardi di Edward addosso ed io stessa devo ammettere di aver fatto lo stesso, più volte ci eravamo sorrisi a vicenda senza pero smettere di “ignorarci”. 

Dopo piu di tre ore di volo, una hostess interruppe il nostro gioco di sguardi “volete qualcosa da bere?”  “ per me una coca cola” disse Edward “Per me lo stesso grazie” segui a ruota. 

Edward da li prese la palla al balzo ed inizio a parlare, iniziammo a parlare per ore, era una vita che non parlava così tanto, Isabella scopri che era un ragazzo oltre che carino altruista e gentile.

Edward era stato per un periodo a Vicenza, stava tornando a casa a New York dalla sua famiglia, era un new yorkese doc, nato e cresciuto in città. Uno di quelli che ignora i turisti e alle luci di times Square non ci fa neanche più caso. Suo padre era un chirurgo mentre sua madre un architetto. A 18 anni aveva deciso di arruolarsi, inizialmente per ripicca nei confronti del padre, per poi rendersi conto che la vita nell’esercito era davvero ciò che faceva per lui. Sarebbe stato per un paio di mesi in licenza per poi partire e andare li dove lo Zio Sam lo voleva. A quella battuta Isabella non poté far almeno di ridere, lei stessa dal suo canto, si apri in una maniera incredibile e gli racconto che stava tornando a New York, dopo più di due settimane di vacanza a casa, in Italia. Suo padre Charlie, racconto, era il tipico italo-americano cresciuto a Seattle, era molto fiero delle sue origini, cosi all’eta di 50 anni, dopo una splendida carriera come poliziotto si era trasferito in Italia e con lui mia madre. Avevano deciso di riprendere in mano la storica attività di famiglia: un azienda agricola nelle colline toscane.  Racconto di aver passato fin da quanto ha avuto memoria tutte le sue estati in Italia, immersa nei boschi italiani, considera l’Italia casa e da quando poi Charlie e Renèe avevano deciso di trasferirsi definitivamente era più che felice di tornarci.


Non sa bene, come o quando si erano addormentati ma quando senti la voce del capitano annunciare “Siete pregati di allacciare le cinture, l’aereo sta per atterrare” , apri gli occhi e noto che il peso che sentiva sulla spalla non era alto che Edward.

“Edward, so che sono comoda pero dovresti svegliarti e metterti la cintura” le sussurro all’orecchio. Quando si sveglio, dopo un attimo di disorientamento, Edward disse “scusami, mi sarò appoggiato quando dormivo” 

“Nessun problema davvero” rispose Isabella sorridendogli. Edward condivise con lei un cornetto  che aveva appena comprato e poco prima di scendere dall’aereo le chiese, qualcosa che Isabella davvero non si aspettava “Senti, visto che sono in città, che ne dici se ci vediamo?”

 


Note autrice:
Era tantissimo tempo che non scrivevo, quest'oggi pero ho avuto un ispirazione quindi eccomi qui! Spero che vi sia piaciuto, ringrazio tutti coloro che hanno letto fin qui, sarei felicissima di leggere i vostri commenti, cosi da poter migliorare! Inoltre sono molto curiosa di sapere cosa ne pensate.
Cosa posso dire ancora, grazie mille ancora per aver letto ed un grazie ancora più grande a chi desidera di lasciare una recensione! Un abbraccio, Tessa


Ps: qui ( https://efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3781147&i=1 ) potete trovare l'altra storia che ho pubblicato oggi, se vi fatemi sapere cosa ne pensate. 

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Capitolo 2
*** Quando fai una cosa o la fai bene oppure non la farla ***



Capitolo II: Quando fai una cosa o la fai bene oppure non la farla

Non sapevo davvero cosa mettermi, inizialmente avevo optato per un vestito per poi decidere di mettermi un jeans. Charlie diceva sempre “quando fai una cosa o la fai bene oppure non farla proprio” , certo non penso che Charlie sarebbe stato molto felice del perché stessi applicando questo suo consiglio ma comunque come si dice sempre “occhio non vede, cuore non duole”.

 Proprio per questo avevo optato per uno di quei jeans fascianti a vita alta, avevo deciso poi di abbinarci una camicia estiva a righe bianche e azzurre, i miei immancabili occhiali neri e un paio di scarpe col tacco basso, comode e carine. L’idea era quella di essere me stessa, indossando un outfit che mi rappresentasse appieno. Isabella era proprio cosi solare e divertente, era una tipa che non si arrendeva facilmente, le piaceva essere sensuale anche se allo stesso tempo amava stare comoda.

La vibrazione del telefono mi risveglio dai miei pensieri, mi era appena arrivato un messaggio e non potetti fare al meno di sorridere “Dimmi che non sei come Alice e che sei già pronta :) EJ”

Isabella, digito veloce mente una risposta “ ahaha Lo scoprirai solo vivendo. A tra poco :) ”

Avevano deciso di incontrarsi per pranzo, in un ristoranti nei pressi di Central Park, lo aveva scelto Edward, era sicuro che le sarebbe piaciuto, aveva affermato solenne “ti innamorerai di quel posto, fidati di me”. E cosi Isabella si era fidata ed aveva acconsentito.

Quando poche settimane prima Edward le aveva chiesto il numero, Isabella era rimasta molto sorpresa e si era diventata molto a farlo penare un po.

 

“Senti, visto che sono in città, che ne dici se ci vediamo?”

“Mi stai chiedendo un appuntamento per caso?” Rispose lei sorridendo

“ti sto chiedendo il numero in realtà ahaha” aveva risposto Edward sorridendo

“ Ci devo pensare” gli aveva risposto. La faccia di Edward era fantastica a meta tra il divertito e l’offeso, appena sentito la mia risposta, aveva portato la mano sul petto quasi come per coprire una ferita immaginaria.

Edward pero, devo dire, non si arrese. Rimase con me fino al recupero bagagli, dove compi il suo primo grande errore. Mi sottovaluto.

“Quale è la tua? Cosi te la prendo e ti do una mano, ho la vaga idea che sia abbastanza pesante o almeno quella di mia sorella lo è ”  affermò, indicando con la testa, la scena che si stava svolgendo dal lato opposto: un Jasper visibilmente in difficolta stava tentando di afferrare due delle valigie di Alice, naturalmente fallendo miseramente.

“Il peso della moda” affermo Edward, cercando di coprire miseramente la sua risata con un colpo di tosse.

Vi era questa idea generale nella mente maschile, che le valige delle donne erano sempre stracolme ma che sopratutto le donne avessero sempre bisogno dell’uomo alpha per portare qualcosa di minimamente pesante, ma in realtà ero ben in grado di recuperare la valigia da me, anche perché ero solita viaggiare solo con il minimo indispensabile e soprattuto le ore in palestra avevano pur dato i loro frutti!

“Non c’è né bisogno” affermai “questa è la mia”dissi prendendola tra le mani, non era leggerissima ma neanche pesantissima.

“Sai Edward molte volte gli stereotipi sono falsi” gli dissi sorridendo.

“É vero. Suppongo mi sia giocato la possibilità del numero” disse

“In realtà l’hai appena vinto” gli risposi guardandolo negli occhi.

 

Mi ero rifiutata di farmi venire a prendere eppure ora  ero quasi sicura di rimpiange quella scelta. Lo devo ammettere non sono mai stata brava con l’orientamento, nonostante vivessi da cinque anni a  New York continuavo a fingermi una turista nel mo in cui mi chiedevano informazioni, non per cattiveria ma perché avevo il terrore di spedirli nel posto sbagliato. “Ti perderai ne sono sicuro” aveva risposto Edward quando gli avevo comunicato la mia scelta, non aveva obbiettato ma mi aveva semplicemente detto la pura e semplice verità. Ed infatti mi ero persa.

Mancavano circa 10 minuti all’appuntamento, odiava arrivare in ritardo e di quel passo sicuramente sarebbe avvenuto per questo motivo l’avevo chiamato. Al terzo squillo rispose “Te lo avevo detto che ti saresti persa” affermò Edward, Isabella non sentiva la sua voce da un paio di  settimane, dall’aeroporto, avevano continuato a sentirsi ma non si erano mai incontrati, era sicura che stesse sorridendo, lo poteva intuire dall’inclinazione della voce.

“Hai ragione, mi sono persa. Sono all’ingresso ovest di Central Park, dimmi che il ristorante non è lontano” le aveva risposto Isabella con quella che più che un’affermazione sembrava una supplica.

“Prendi la prima traversa che trovi sulla tua destra e prosegui infondo, ti aspetto qui” le rispose Edward, ci avrebbe giocato la carriera, ma era sicura che Edward stesse sorridendo.

Non sa davvero come ma Isabella riuscì ad arrivare in orario. Edward la stava aspettando davanti al ristorante appoggiato al muretto , era davvero bellissimo, aveva indossato una maglietta nera con dei jeans, un look semplice che pero evidenziava tutte le sue doti.

“ Posso dire che sei bella?” Aveva sussurrato Edward mentre si salutavano, era cosi strano salutarsi all’italiana a New York, con i due bacetti sulla guancia, neppure con i suoi colleghi lo faceva ma con Edward sembrava qualcosa di naturare.

“Solo se posso dire lo stesso” gli rispose Bella. Edward si passo le mani tra i capelli e mezzo imbarazzato rispose “ grazie” Apri la porta del locale e tenendola aperta le disse “dai entriamo”.

 

POV Edward

Edward era rimasto sorpreso quando Bella gli aveva propriamente vietato di passarla a prendere, se ne era uscita con una frase tipo “ Sono in grado di arrivarci e inutile che vieni fin qui solo per passarmi a prendere” . Il fin qui erano 15 minuti di macchina, traffico permettendo, che Edward si sarebbe fatto volentieri per lei. Quella ragazza le era davvero entrata nel cervello, era diversa dalle altre, era diverte, solare ed imprevedibile. Erano settimane che si sentivano, non si erano mai rivisti, Isabella era impegnata al giornale, Edward invece a rimettere in piedi il suo vecchio appartamento. Codesto era rimasto esattamente come era, aveva impiegato giorni per decidere il da farsi, sistemarlo o lasciarlo cosi, considerando che in un futuro sarebbe dovuto partire.

L’idea di partire era qualcosa che non faceva propriamente palpitare il suo cuore, non ora che c’era Isabella.

Edward si diede quasi uno schiaffo mentale, si conoscevano da meno di un mese e già pensava al futuro, che cosa gli stava succedendo?

La suoneria del cellulare, lo scosto dai suoi pensieri, era Isabella, la stava aspettando  davanti al ristorante anche se era un po in anticipo, era sicuro che si sarebbe persa e proprio per questo era arrivato prima per poter nel caso passarla a prenderla. Il ristorante che aveva scelto era uno dei suoi preferiti, ci veniva da anni, ogni volta che tornava in città passava di li, era semi sconosciuto alla maggior parte dei turisti, era nascosto in un vicolo di Central Park, introvabile praticamente. Le spiego velocemente la strada, era quasi arrivata sorprendente, il suo amico Emmet aveva impiegato più di un mese per imparare ad arrivarci da se. Quando la vide era fantastica, era vestita in modo molto semplice, eppure era veramente sexy con quei jeans. Dovette per un attimo pensare alla madre del suo caporale, una vecchietta che pesava più 200 kg per evitare di mettersi in una situazione imbarazzante.

 

 


Note autrice:
Cosa ne dite? Vi è piaciuto il capitolo? Grazie alle sette persone che hanno inserito la storia tra le seguite e tutte le lettrici silenziose. Spero che a breve riuscirò ad ottenere un vostro commento, anche per capire se la storia vi sta piacendo!

Una abbraccio e al prossimo capitolo, Tessa.

 

PS: non so se riuscirò a pubblicare nel weekend, quindi nel caso a lunedì!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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