Il Bacio D' Argento

di sakura haruno vampire 97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** trama ***
Capitolo 2: *** introduzione ***
Capitolo 3: *** premessa ***
Capitolo 4: *** ♥♥+Sara+♥♥ ***
Capitolo 5: *** ♥♥+ Yu+♥♥ ***
Capitolo 6: *** ♥♥+Sara+♥♥ ***



Capitolo 1
*** trama ***


♥♥♥♥♥♥♥♥♥ La tristezza di Sara non è il solito mal di vivere dell' adolescenza: da quando sua madre si è ammalata e suo padre si è dedicato esclusivamente ad assisterla,la vita sembra improvvisamente averle tolto tutto quello che serve per essere felici. In più Sharon,la sua migliore amica, sta per trasferirsi lontano. La solitudine, l'incomprensione,e il dolore avvolgono Sara. Come una nebbia,da cui lei teme di non poter più uscire; finché Un incontro casuale con un giovane,strano e conturbante ragazzo, dal passato difficile e doloroso non le instilla un'inquietudine vaga, uno struggimento insolito,come una promessa di piacere e amore vero. E così Sara prova il turbamento del primo amore, un amore che anche Yu,il misterioso ragazzo,sembra ricambiare ma anche temere.Perché lui porta con se il destino di coloro,che nascono e che si nutrono del sangue degli umani: di chi è un vampiro,ed essi vivono per la caccia,ed il loro desiderio è legato alla morte della loro vittima.Ma yu vuole davvero solo il sangue di Sara?; E lei potrà mai accettare di amare una persona che incarna quello che lei teme di più?, un "gelido" o quasi vampiro, di cui teme una vita come una malattia, una notte senza fine, e senza mai la speranza di avere un amore duraturo e di un riposo?.Poetico e inquietante, struggente e crudele, questo è il bacio d'argento.È la metafora del adolescenza; cupa e solare,divisa tra la voglia di amare e la paura del rifiuto e la paura dell'altro.La malinconia,la confusione del sentimenti e l'incapacità di esprimersi e la comprensione.Una storia tenera e intensa,dalle atmosfere gotiche e moderne a un tempo, ricca di personaggi indimenticabili,sensibili e dolci. ♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥

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Capitolo 2
*** introduzione ***


 

♥♥+introduzione+♥♥
♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥
La gola di lei pulsava accanto alla sua bocca e il suo tenero collo, il Caldo profumo gli diede una leggera vertigine. una momentanea resistenza, ma fu inutile: era troppo vicina, troppo invitante. I canini spuntarono dalle gengive del vampiro. -puoi credere a questo ? -. Le sussurrò, e la baciò dolcemente sul collo. -e a questo sara?-.Poi il bacio pungente, lucente, alla luce della luna piena. Il bacio d'argento, rapido ,netto,e affilato come una lama. ma romantico al tempo stesso.
♥♥♥♥♥♥♥♥♥♥

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Capitolo 3
*** premessa ***


E' una storia per una mia amica, che scrive su whattpad. con qualche piccola modifica dal' opera originale, spero vi piaccia. ;) <3

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Capitolo 4
*** ♥♥+Sara+♥♥ ***


La casa era vuota. Sara lo capì appena entrata. Soltanto il ticchettio dell'orologio in cucina rompeva il silenzio della casa. La paura presa forma dentro di lei. "La Bea" pensò,impaurita come una bimba. "Di nuovo all'''ospedale... o peggio?" lasciò cadere lo zaino sul pavimento dell'ingresso,e senza chiudere la porta; si diresse lentamente in cucina, temendo il messaggio che l'attendeva. Sul frigorifero c'era un biglietto attaccato a una calamita, e il biglietto citava queste parole. -Siamo in ospedale. Non preoccuparti. Ti ho lasciato la cena nel microonde. Torno appena posso. Un bacio papà. P. S. Non aspettarmi sveglia forse ritardo. Ti voglio bene. ♡- Sara appallottolò il foglio e lo gettò verso il bidone della carta, ma sbagliò la mira. Sbuffò contrariata. Negli ultimi tempi sembrava che le conversazioni tra lei e suo padre si svolgessero tramite quella calamita sul frigo a forma di orso. "L'orso parla" pensò. "Difende il frigo, m'impedisce di aprirlo"; Di mangiare, infatti non ne voleva sapere di farlo. Scricciolo la chiamavano a scuola. Era sempre stata minuta, ma ora le sue ossa sembravano diventate vuote, e i polsi e le articolazioni erano coperte da ombre lucide. Ormai era magra quasi quanto sua madre, consumata poco a poco dalla malattia, la in ospedale. "Una morte per empatia,forse " si diceva Sara un po’ per calia e un po’ sul serio. Avevano sempre detto che somigliava alla madre: di lei aveva gli stessi occhi castani, i lunghi capelli neri leggermente mossi sulle punte e una pelle subdolamente pallida, che si abbronzava al minimo incoraggiamento. sarebbe stata una vera ironia morire, dissolvendosi all' improvviso quando fosse venuto a mancare il suo doppio... uscì dalla cucina, incerta sul da farsi. come poteva mettersi a lavare i piatti o a pulire il tavolo, quando era capitato chissà che cosa a sua nipote ? si lasciò scivolare di dosso la giacca e l' abbandonò sopra una sedia. Papà continuava a dire che sarebbe andato tutto bene, ma se fosse successo qualcosa e lei non fosse stata presente, solo perché lui non riusciva a dirle che la Bea poteva morire?; si tirò il maglione sotto i fianchi e si attorcigliò una ciocca di capelli intorno al dito. le sue mani non volevano star ferme. '' Ormai dovrei esserci abituata'' pensò. Era più di un anno che si andava avanti così: I lunghi ricoveri in ospedale, i brevi soggiorni a casa, settimane di speranze e ricadute improvvise, con quelle cure più penose della malattia stessa. Ma sarebbe stato colpevole fai l'abitudine a una cosa del genere. Innaturale. Abituarsi voleva praticamente dire arrendersi. si soffermò in sala da pranzo. La stanza era arredata semplicemente: solo un lungo tavolo antico a cavalletto così com'erano anche le sedie quasi tutte in quello stile. Le pareti, però erano una specie di inno alla vita di sua madre, perché ospitavano dei grandi quadri di colori diversi di arte astratta fatte da sua madre. Erano tele cariche di tonalità forti ma allo stesso tempo dolci e amorevoli. '' come la mamma'' pensò Sara. '' come la Bea prima...'' in questo erano differenti perché Sara scriveva poesie dai toni sommessi, piene di interrogativi. '' neanche carine'' pensava '' io non ho molto talento come lo ha lei, il talento e suo! perché non sono malata io?, lei ha così tanto da offrire e ha ancora tanta vita in se...''. '' Sei color dell' ombra'' le diceva dolcemente la nipote. '' sei un mistero mia piccola Sara.” '' Vorrei essere come voi'' penso Sara, quasi implorante, accarezzando i quadri come a cercare di assorbirne almeno il calore. Il salotto era fresco, in penombra. i bagliori del sole sul tetto che Sara riusciva a vedere attraverso la finestra sembravano i giochi di luce di uno specchio d' acqua, e i toni verde-azzurri quasi blu richiamavano mondi subacquei. Forse qui avrebbe trovato un po’ di pace. Si sprofondò sul divano. '' goditi semplicemente questa stanza'' si disse. '' la stanza che c'è sempre stata e ci sarà sempre''; la stanza che non è cambiata. '' Ha tre anni...'' fantasticò, " la Bea è in cucina e si sta’ preparando per la cena un po’ prima del solito, perché stasera i suoi escono, vanno a una festa, giada verrà a fargli da babysitter; fra poco potrà giocare con la casa delle bambole." Ma la finzione non reggeva. Aprì gli occhi e si stirò . Le sue dita toccarono la carta del giornale, liscia e ordinaria: sul divano c'era ancora il quotidiano dell' mattino. Gli gettò un occhiata distratta, ma un titolo gli saltò agli occhi: (TROVATA MORTA BIMBA DÌ TRE ANNI.) sentì una fitta al cuore. "Trovare morte tutte le bimbe?" Pensò amaramente. "Perché no? " ma non poteva fare a meno di leggere le righe che seguivano.( la gola squarciata.) diceva l'articolo, (senza più una sola goccia di sangue.) "Ma è assurdo!" Esclamò ad alta voce. Serrò le dita in preda al disgusto, spiegazzando la pagina. "Che razza di giornale, è un figlio di una rivista scandalistica per caso?". Lo scagliò lontano, poi si alzò e andò verso la sua camera, al piano di sopra. Ma ancora prima di poter salire sentì il telefono squillare. Trasalì, ma si precipitò verso il cordless, attraversando il salotto. Una voce familiare, ma non quella di suo padre. S : Sara ho una cosa da dirti-. Era Sharon, la sua migliore amica, che teneva via cavo col suo solito tono melodrammatico. Eppure avrebbe potuto sforzarsi per essere di conforto all' amica ma non era questo il caso. "Cosa ce ?" Rispose Sara con un filo di voce, e il cuore in tumulto. Forse l'ospedale aveva chiamato il numero di Sharon, non trovando lei in casa? S:ci trasferiamo-. "Cosa?" Un momento di confusione. S: la mamma ha avuto quel posto in Italia. "In Italia? Dio mio Sharon ma è sulla Luna!" S: quasi, mi dispiace Sary♡-. Sara si sedette sulla poltroncina dallo schienale rigido, vicino il telefono. Non era suo padre, non era la morte che chiamava, però... "quando? " S: tra due settimane-. "Così presto?" Sara continuava ad arrotolare srotolare il filo del fiocco, che aveva legato al collo, sopra una catenina arrotolandolo intorno alla mano. "Non può essere vero" pensava. s: lo vogliono immediatamente. Parte stasera in aereo. S:ti rendi conto? appena arrivato, cercherà casa. Quando sono arrivata, Luca era già lì che telefonava alla ditta dei traslochi. '' mi avevi detto che non era una cosa seria'' S: questo ti dimostra quanto lei comunica con me. Luca invece lo sapeva. Sara cercò disperatamente qualcosa da dire. possibile che non ci fosse un modo per evitarlo? '' e lei non è furiosa di tutta questa fretta?'' S:oh lui è entusiasta. la pioggia radioattiva non arriva fin là ... e potrà coltivare quintali di zucchini e carote. '' e tuo zio?'' S: anche se lei si trasferisse in Italia, a lui non farebbe ne caldo ne freddo. però se l'è presa perché ci porta anche me. '' e tu non potresti rimanere con lui? per favore, per favore.'' implorava mentalmente. S: sarebbe una battaglia persa in partenza. gli scombussolerei la vita. ''Sharon !non è così carogna.'' S:è stato lui ad andarsene no?. è inutile riattaccare la solita discussione pensò Sara. ''l' Italia''mormorò invece Sara. Sharon gemette. S: già una vera palla, il freddo, la pioggia continua e l sole che va e viene. disse. S: non sono pronta a questo cambiamento,magari potrei venire a stare da voi. aggiunse speranzosa. '' proverò a chiederlo'' disse Sara, anche se sapevano bene entrambe che nella situazione attuale era impossibile. S: ma si figuriamoci! ''che farò adesso?'' pensò Sara. S: potrai sempre venire a trovarmi per le vacanze da scuola o per tutte le feste e vice versa. propose. '' e un magro conforto...'' S: già... . perché non fai un passo da me?disse Sharon. '' no scusa. in questo momento è meglio che io stia qui''. S:ho ho qualcosa non va ?. '' è tornata in ospedale.'' S: shhh.. mi dispiace scusa. '' nulla non potevi saperlo'' rispose Sara. Ed è qui che Sharon tagliò corto pensò Sara. '' ma perché non sa parlarmene? perché ogni volta evita l' argomento?. é la mia migliore amica, porca paletta , non è come quelle smorfiose a scuola, così imbarazzante da non guardarmi in faccia?. cercò le parole giuste per farglielo capire. qualcosa per trattenerla in linea. Sharon sospirò poi silenzio. S: ascolta. disse Sharon. mi sa che adesso non hai molta voglia di parlare perché stai aspettando una telefonata molto più importante di questa, chiamami dopo quando sai qualcosa ok? per ogni cosa io verrò subito da te e non pensare che evito il discorso perché mi imbarazza, lo faccio solo perché so come ci si sente ci sono passata anche io. e ora tu hai bisogno solo di tempo e dei tuoi spazi, anche se mi trasferisco in Italia non vuol dire che ti abbandonerò anzi mi preoccuperò sempre per te che tu lo voglia o meno. tu sei come una sorella ti voglio bene Sara, ci sentiamo dopo un bacio e un abbraccione forte. '' ok ci sentiamo dopo grazie Sha davvero.'' ma Sara non si decideva a riattaccare. s: Sa.. ti voglio bene e chiamami. '' anche io tanto lo farò di certo.'' sorrise amaramente Sara, sapeva bene che non ne avrebbero riparlato. '' dai ciao.'' S: ciao, Sara resisti. sussurrò Sharon prima di riagganciare. '' Eppure le importa anche se non sembra'' si disse Sara per rassicurarsi. '' solo che non sa come comportarsi. e in fondo come dargli torto chi saprebbe affrontare una situazione simile?'' pero era ugualmente delusa, prima erano sempre riuscite a parlare. E di solito era proprio Sharon a iniziare il discorso, ma comunque riuscivano a parlare quasi sempre. E ora Sharon partiva!la fine del mondo... Erano amiche da sempre che ''bisogno c'era di cambiare tutto ?'' disse. Ebbe voglia di gridare contro un dio della quale esistenza non era più così certa. E' una punizione? ma cosa ho fatto di male dannazione?!''. lei si sentiva stanchissima. ''Forse ho solo bisogno di un po’ di sonno'' decise, e si avviò su per le scale. Il sonno negli ultimi tempi, aveva preso il posto del nutrimento. si sdraiò sul copriletto rosso, e per un po’ sfuggì alla realtà. Si svegliò di colpo, lottando con le ultime immagini confuse del sogno che spariva, e riconobbe un rumore che poteva essere la porta d' ingresso che sbatteva, oppure lo scatto di quella di camera sua. si alzò irrigidita per qualche brivido di freddo, più esausta che mai. scese le scale, sentì trafficare in cucina; entrò e ci trovò suo padre che si preparava una tazza di latte e caffè con dei cereali. l' uomo era pallido in viso probabilmente stanco per le ultime cose che gli stavano succedendo. P: Sara per dio hai lasciato la porta aperta. sospirò. '' scusami devo essermene dimenticata, ho visto che a casa non c'era nessuno e mi sono preoccupata; sono entrata per cercare un messaggio''. disse tormentando i cordini dei pantaloni della felpa, come aveva fatto a dimenticare la porta aperta?.'' P: non si possono lasciare le porte aperte come se niente fosse Sara, se non fossi stato io cosa sarebbe successo?, non hai letto il giornale?. '' giornali?.'' si riferiva forse al articolo?, perché tirare fuori l' argomento in un momento così delicato per entrambi?, perché prendersela con lei?. ''Ero in casa...'' P: lo so. Ho visto la tua tracolla, e sono salito a cercarti e a vedere come stavi in camera tua. il suo tono di voce si era addolcito; P: Dormivi Sara?, non riesci a dormire bene la notte, sei preoccupata per la mamma vero?. le si avvicinò e la strinse a se per abbracciarla e coccolarla almeno per ora. Sara non rispose, se ogni tanto si fosse degnato di occuparsi davvero di lei avrebbe potuto saperlo e poteva sapere come stava?!. Sara si accoccolò e sospirò sotto voce. la vista dell' latte e cereali, le avevano messo fame cosi si avvicino al frigo e tirò fuori il latte, e poi si avvicinò al piano cottura per poi prendere dal mobile la sua tazza blu con i cuori, la sua preferita e poi prese il barattolo del caffè insieme alla caffettiera e mise sul fuoco sia il latte che il caffè. Una volta che sia il latte che il caffè fosse stato pronto, unì il latte e caffè nella tazza e poi prese lo zucchero e biscotti, andandosi a sedere al tavolo di fronte al padre e iniziare a 'cenare'. '' Ah quando sono arrivata, ha chiamato Martina voleva sapere come stava la Bea, ma le ho detto che non lo sapevo e aspettavo te. Poi ha riattaccato.'' Martina, era una persona affettuosa, gentile e altruista, ma anche se il giorno prima, era venuta a casa e le aveva preparato il pranzo e la cena; ma purtroppo non era un ottima cuoca, ma Sara si accontentava di poco, visto che in questo periodo non mangiava molto. pensava mentre riusciva almeno a mangiare il latte e biscotti. Il padre la stava fissando sorridendo lievemente, e improvvisamente Sara si sentiva dispiaciuta, di essersi comportata male pensando al suo sfogo mentale. Era demoralizzato e stanco, in fondo non era colpa sua se doveva stare così tanto tempo in ospedale, e fare tanti straordinari per poter pagare una camera singola nell' ospedale per la nipote. se solo i parenti non fossero stati così lontani, alcuni in Italia e altri in Germania;lui se la sarebbe cavata decisamente meglio. ''Dovrebbe lasciare che lo aiutassi di più''pensò Sara, ma gli sembrava già di sentire già la risposta; '' puoi essermi utile, evitando di farmi preoccupare.''. '' Come sta’ la Bea?'' chiese con voce dolce. P; Non troppo bene piccola mia, fa del suo meglio ma è sempre più magra e debole... . l' uomo abbassò lo sguardo rassegnato. '' la tratterranno?.''per favore di di no. supplicò silenziosamente. P: si, per un paio di settimane, forse più. Sara vide l'espressione triste del padre, lo sguardo e le lacrime in agguato, e minacciose di voler uscire. ''forse per sempre?; pensò. si stavolta sarà per sempre, ma lui non ha la forza di dirmelo.'' Mangiarono in silenzio quasi come un gesto automatico, senza gusto; era solo un modo di arrendersi a un bisogno fisico, papa era tornato a essere Derek Singh, l' uomo che aveva la moglie in fin di vita, ed era anche l' uomo che a volte si scordava di avere una figlia. più di una volta Sara prese fiato per parlare , ma le parole gli morirono in gola., '' papa?'' disse infine. P: mh?... mormorò lui con sguardo assente. '' papa volevo dirti che Sharon..'' P; che c'è avete litigato?. rispose lui soprappensiero. '' non siamo più bambine dell' asilo!'' avrebbe voluto gridare, ma si limitò a dire piano,cautamente: '' no..., va via...''. E all' improvviso sentiva che stava per scoppiare a piangere, gli sarebbe bastato anche solo un piccolo abbraccio, ne aveva davvero bisogno... ma come sempre lui non riusciva mai a capirla non era come la Bea. pensò, poi la risposta arrivo anche se distratta da parte sua. P: ho? davvero?... questa si che è una notizia. disse il padre bevendo il latte con il suo solito fare distratto. '' ah capisco ... e solo questo che sai dire...'' sibilò a denti stretti, poi Sara si sentì un nodo doloroso stretto in gola, aveva voglia di urlare per potersi sfogare. dov'era il padre di un tempo? quello che per aiutarla e farla sentire meglio avrebbe detto : <> e poi avrebbe riso della battuta appena fatta, ma poi tornando serio, l' avrebbe capita, ascoltata, consolata e abbracciata?; non sempre riusciva a capirla come la Bea, però ci provava a modo suo. '' forse ce l'ha dentro?, da qualche parte.'' pensò, ma non provò a spiegarsi. il mondo di lui era troppo sconvolto, perché lei potesse metterci anche i rottami del suo. '' La Bea saprebbe sicuramente cosa dire, anche adesso... se solo non mi diminuissero in quel modo le visite in ospedale...'' . infatti in ospedale non le davano nemmeno il tempo di ricordarsi cosa volesse dirgli che subito la mettevano alla porta, e nessuno la ascoltava più. ''esco a fare un giro” disse e prese la giacca, doveva assolutamente andarsene per non rischiare di mettersi a urlare. prese le chiavi di casa dalla casetta porta chiavi e andò verso la porta che aprì per poi uscire. '' ciao.'' disse poi uscì. P: torna presto!, le gridò il padre prima che lei uscisse. ''si...'' disse appena, '' ma non si rende conto di che ore sono?'' si chiese Sara. Appena le nove e si è dimenticato di preoccuparsi per quello che dicono i giornali''. pensò. La notte era fresca e dolce, e una luna piena brillava alta nel cielo stellato. si diresse verso il parco dietro le scuole elementari: poco più di qualche cumulo di terra, all' angolo di una strada; con qualche albero qua e là, e una fitta serie di cespugli al centro del parco e hai lati delle staccionate. C'erano delle altalene, uno scivolo scarabocchiato dai bambini e tre vecchi e sgangherati seggiolini a forma di animali a molla, che dondolando su e giù come sbronzi finché, a forza di andarci la schiena non faceva troppo male per continuare a cavalcarli. Sara amava andarci di sera sul tardi, a passeggiare tutta sola e in tranquillità senza dei bambini che strillassero li intorno; nel pomeriggio anche i bambini più vivaci,erano stati trascinati a casa. Temeva l'arrivo dei potenti fari, che il comune avrebbe voluto installare per motivi di sicurezza. Le piaceva com'era adesso, coi rari lampioni, che tracciavano cerchi bianchi e dorati nell' oscurità misteriosa. Si sedette sulla terza panchina, quella con i graffiti disegnati sopra, vicino il gazebo al centro del parco., l' elegante costruzione a cupola l'aveva sempre affascinata, con la scalinata che correva intorno come una giostra, con le pareti traforate. veniva spesso riverniciato di un bianco estivo, che le ricordava un palazzo uscito da una favola esotica. aveva sentito dire, che li si esibiva qualche volta la banda sia della scuola che della chiesa la domenica pomeriggio, ma ormai serviva solo ai bambini come riparo per la pioggia. ''Portami dentro la tua favola... .'' pensò. Il chiaro di luna illuminava il gazebo bianco con fasci di luce argentea,ma all' improvviso una figura scura ci entrò dentro, diversa dalle ombre naturali. Sara si irrigidì, aveva le mani chiuse e strette sulla panchina, si sporse un po’ in avanti per vedere meglio nell' oscurità la figura che era entrata all' interno del gazebo, era sicurissima c'era qualcuno li dentro. Poi dall' ombra usci una figura, Sara si sentì la gola secca e ripensò all’ articolo letto a casa. ''Trovata morta bimba di tre anni...'' quel pensiero la fece tremare, la figura avanzò nel chiarore lunare in un punto molto vicino alla panchina, e per un attimo Sara pensò di scappare; poi distinse il suo viso. Era un giovane, più un ragazzo poco più grande di lei, che un uomo; esile e pallido. Simile a una creatura soprannaturale alla luce della luna. Lui la vide e si drizzò come un cervo davanti al fucile del cacciatore. Rimasero entrambi catturati, l'uno nello sguardo dell' altra. gli occhi di lui erano argentei, pieni di stelle ma il viso era pallido, e aveva i capelli scuri. Con una strana fitta al cuore Sara si accorse di quanto il ragazzo fosse carino. Le lacrime che gli pungevano gli occhi per tutto l' accaduto della giornata, finalmente scesero e lo sconosciuto fuggì, mentre lei rimaneva seduta sulla panchina, e piangeva tutte le cose perdute e che stava per perdere.

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Capitolo 5
*** ♥♥+ Yu+♥♥ ***


Yu si asciugò il sangue del piccione dagli angoli della bocca. Non lo soddisfaceva come il sangue umano, ma era sempre meglio di niente. Non aveva trovato nutrimento al parco, a parte la ragazza naturalmente. L'aveva colto di sorpresa, e a lui non piacevano le sorprese. Adesso però gli tornava in mente quello sguardo che lo aveva tenuto a quello di lei, e il vago percepimento di paura nell'aria notturna, si pentì di essere corso via così velocemente. Erano ormai venti minuti,  che se ne stava seduto in quel vicolo vuoi sul retro di alcuni negozi. a cacciare e bere il sangue delle sfortunate prede. ormai i pochi animali notturni rimasti nel vicolo erano spariti; ''se la sono filata tutti?'' pensò. gli animali sapevano che c'era un pericolo nell' aria, ''un grosso gatto'' pensò con un sorriso minaccioso e lucente. Era ora di muoversi, si alzò in piedi e si stirò allungando le braccia magre ma forti verso il cielo, nonostante la fresca notte invernale, lui indossava una camicia nera come i jeans e le sue scarpe, con dei bordi blu scuro ma i lacci erano rossi. Amava vestirsi di nero : il colore delle ombre, della notte,  vestiva sempre con quel colore. ''Sangue...'' aveva sussurrato notando i lacci delle scarpe prima di comprarle insieme hai vestiti  in un negozio di abiti. I vestiti, e  le scarpe le aveva già in mano, e una volta preso tutto si diresse alla cassa pagando velocemente per poi uscire ancora più velocemente,e andare hai bagni pubblici a metterli subito. Dove poteva andare ora?, al parco?, forse la ragazza ormai se ne era già andata o forse no. ''E' il caso di andarci comunque'', pensò con lo stesso sorriso di quando aveva notato il gatto. Era bella, scura come la notte, e magra. ''e' Quasi   che uno dei miei  simili l' abbia catturata?'', a questo pensiero il suo viso si intristì ma presto tornò come prima. ''No! non può essere così, altrimenti lo sentirei.'' pensò; ma la ragazza aveva comunque qualcosa di voluttuoso che gli ricordava la morte. '' E ha anche un seno fiorente...'' pensò arrossendo, e ridacchiando sommessamente tra se e se per i suoi gusti  stranamente umani. Ma lei lo aveva preso in contropiede, erano un paio di settimane, che aveva scoperto quel parco sempre deserto a quel' ora di notte, così aveva abbassato la guardia. una distrazione e anche pericolosa, no non sarebbe andato al parco ci sarebbero state altre occasioni; l' aveva vista vista seduta lì su quella panchina con una tranquillità che rivelava consuetudine.  L' avrebbe rivista,o sarebbe andato lui piuttosto in quella casa, a pochi passi da lì... voleva vedere che cosa faceva la sua potenziale vittima .  uscì dal vicolo con attenzione, non era il caso di farsi vedere spesso nello stesso posto, specie se era un ottimo terreno di caccia come quello; e lui non voleva perderlo. S' incamminò per il marciapiede con le spalle dritte e le mani infilate in tasca dei jeans, quasi a proteggersi dal freddo. Non si poteva mai sapere, poteva esserci qualcuno ad osservarlo nell' ombra.  Doveva prendersi una giacca, la strada che stava facendo incrociò il viale sul retro delle case che dava su via campo d' appio. Giro a destra e oltrepassò le prime cinque sei villette, e si fermò davanti a una cancellata nera a fiori blu scuro decorata a mano; sul retro della casa non c'erano luci accese. Il chiaro di luna chiazzava il prato del cortile. Yu sgattaiolò di ombra in ombra, tra alberi e siepi; e anche lui stesso poteva sembrare un ombra poteva sembrare una nuvola di passaggio, che oscurasse per un momento la luna. Raggiunto il muro di mattoni della casa, strisciò fino alla quercia che era all' angolo della casa , e ci si arrampicò con l' agilità di un gatto e si appostò su un ramo robusto, facendo appena muovere le fragili foglie d'autunno ancora aggrappate alla vita. Da lì si vedeva una camera da letto, una stanza anonima dalle pareti vuote niente che suggerisse la personalità di chi l' abitava; Eppure un occupante c'era un mucchietto immobile sul letto. un bimbetto di sei sette anni che leggeva un libro tutto rannicchiato alla luce della luna, con un orsetto ti pezza stretto al suo fianco, '' piccolo ti rovini la vista così'', pensò Yu soghignando.  Il libro era più grosso rispetto a quelli per bambini della sua età, e yu era curioso di leggere il titolo del suo libro, di tanto in tanto al bambino sfuggiva una piccola risata sommessa, scrollando i fini capelli argentei al chiaro di luna, poi la porta si aprì. l' argento diventò oro quando la luce dell' ingresso illuminò la stanza, una giovane donna si fermò sulla soglia e sorrise, cogliendo l' ultimo fugace biancore dei fogli del libro nascosto in fretta sotto le coperte. <> ammonì con dolcezza, << e un po tardi per leggere. è quasi mezzanotte. Mettiti giù e cerca di riposare tesoro, e dormi bene.>>   <> rispose il piccolo, mettendo la testa sul cuscino, la donna gli mando un bacio soffiato sulla punta delle dita e uscì richiudendosi la porta alle spalle. Ma il bambino come poté vedere yu, continuava a stare sul letto,con gli occhi spalancati nel buio e sorrideva ancora sfidando il sonno. yu trattenne a stento un ringhio che gli saliva dal fondo della gola, rischiando di soffocarlo. Scese dall' albero prima che gli sfuggisse dalla bocca, non era quello il momento ne il luogo adatto; dalla cucina al piano terra si sentivano dei rumori, qualcuno stava sistemando i piatti nella lavastoviglie e due voci conversavano. Yu si avvicinò alla finestra per origliare. << Ormai dovrebbe essersi ambientato.>>. diceva una voce maschile  << ma è difficile per un bambino ancora piccolo>> rispondeva la donna, << abbituarsi a una casa nuova.>>. << è già un mese>>. << Si, ma dopo un anno passato in quell' orfanotrofio e chissà cos' altro prima...>> << Si forse hai ragione>>.  << é un caro bambino...>>. << Un pò taciturno...>> << Vedrai diventerà qualcuno di importante>>. L' uomo si mise a ridere, << Hai già pianificato tutto vero?>>. << Certo, il premio nobel e altro...>>. Sorrise la donna. L' uomo rise di nuovo: << Vieni andiamo a letto...>>. La luce si spense. >> andrà tutto a posto,vedrai >> disse la donna . << Non ci si può aspettare miracoli, quando si adotta un bambino già grande...>>. << Già. Peccato che abbia la pelle così delicata.  Così tremendamente sensibile, E se provassimo a ... >> la voce svanì verso l' interno della casa. Yu rimase a lungo seduto tra i cespugli, respirando l'aria fresca della notte, facendo e disfacendo numerosi progetti. Dentro la casa il silenzio era totale, e i sogni tralucevano dalle finestre; tutte tranne una, dietro la quale si appostava la nera fame. Molto dopo, si udì il primo grido di uccello davanti all'alba. Yu si alzò velocemente in piedi. Il corpo non si ribellò all'interruzione della veglia: era come se avesse vigilato in quella scomoda posizione per pochi secondi soltanto. Silenziosamente, lasciò il cortile dal lato di dov'era venuto, e accompagnato dal cinguettio degli uccelli appena desti, fece ritorno alla sua casa di quella settimana: un palazzo abbandonato verso la fine della città. Spinse da parte un asse di legno e, entrò dalla finestra rotta. la stanza era sporca di  polvere e ragnatele, era stata l incubo dei precedenti proprietari. quello  che rimaneva nella stanza era solo un vecchio letto a baldacchino con ormai le tende di lino rovinate dal tempo, e un tavolo di legno scuro che faceva da scrivania con delle sedie dello stesso tipo antiquato come il resto della stanza. questa visione durò ben poco  perché yu usando i propri poteri cambio la stanza, e il resto dell' appartamento da un luogo abbandonato, sporco e buio a un appartamento abbastanza lussuoso ma non troppo ed elegante; il pavimento tutto distrutto era diventato uno splendido parchè, e vicino la porta aveva lasciato la sua valigia in un angolo e tirato le tende scure per impedire al sole di entrare, accese la luce e andò a sistemarsi vicino il camino che ora era acceso. Yu prese la valigia e tirò fuori dei vestiti per poi andare in bagno e lavarsi, per poi andare a letto che ormai era tornato come nuovo.  Una volta vestito Yu andò verso il letto sedendovici sopra, e affondando le dita tra le coperte e il cuscino una volta sdraiato.  Era questo il suo sonno, il letto simile a quello della sua patria, dove avrebbe riposato per l' eternità, se mai fosse veramente morto, aveva ancora il potere di donargli un pò di pace.  Quella stanza aveva il sapore di quella  morte, in un certo senso.  Il potere di ristorarlo. senza di essa si sarebbe dissolto nel nulla,sarebbe diventato come una rosa appassita, incapace di muoversi, incapace di nutrirsi, ma ancora incapace di morire. Un inferno senza morte. si portò il ciondolo alle labbra, e lo baciò teneramente l'unico ricordo della ragazza che aveva amato e che quella notte al parco credeva di aver rivisto, poi lo rimise apposto e sospirò. Richiuse la valigia sul letto e poi la buttò in un angolo, e col pensiero fece scattare la serratura della porta. Aveva bisogno di riposo, che non fosse il sapore comatoso in cui a volte cadeva, adesso invece aveva bisogno di un periodo di letargo, come per ricaricarsi. Si voltò su un lato e si sistemò sotto il piumone e le coperte di seta scure, affondando il viso nel cuscino. rimase lì sdraiato chiudendo gli occhi argentei, e prima di immergersi nel mondo dei sogni ripensò a quella ragazza e sussurrò.  << Pallida come il latte della morte, e sottile e lancinante come il dolore...>>. E dopo questa frase si lasciò andare alla deriva tra le stelle. 

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Capitolo 6
*** ♥♥+Sara+♥♥ ***


Sara uscì presto dalla biblioteca. Non aveva senso star li senza far niente: era rimasta tutto il tempo a fissare la parete, la finestra, l'orologio: tutto fuorché scrivere. La pagina bianca del blocco di appunti era diventata un groviglio di false partenze e di cancellature. Di quel passo non avrebbe avuto niente da mostrare alla BlackRose l'indomani durante l'ora di italiano. "Vorrei scrivere qualcosa di bello sulla Bea" pensò. Ma le erano venuti soltanto pensieri tristi, e se ne rendeva conto. Avrebbe voluto scrivere qualcosa d'importante, forse un'invettiva contro la morte, ma il problema era che non voleva far sapere alla BlackRose di sua nipote. Non voleva sentirsi dire "poverina" o altre banalità del genere come aveva già fatto la stupida della vicina di casa. Il risultato degli sforzi di Sara era stato qualcosa d'insincero, e la poesia insincera non funziona. "Ma non posso scrivere nient'altro che di lei!" pensò. "E' lei la cosa più importante ora. E' un disastro, mi stò rovinando l'anno scolastico; e dire che era iniziato così bene quel corso, ma di questo passo si rivelerà un completo fallimento." "Ma non posso andare male anche a scuola, la bea ha già abbastanza problemi e preoccupazioni." "Dannazione!." Borbottò mentre armeggiava con la serratura dell' armadietto nello spogliatoio della scuola, che come al solito si era bloccato. Aveva una gran voglia di prenderlo a pugni lo sportello, invece rimase a fissarlo furiosa senza far niente. S: Vuoi provare a fonderlo? non ci riuscirai neanche se lo guardi così fino a domani. "Sharon! non ti ho sentito arrivare che colpo che ho preso!". Sobbalzò Sara S; Bisogna essere sempre vigili, cauti e circospetti quando si salano le lezioni come faccio io. "Ancora?". .. S: A che serve ? tanto devo andarmene, no? proprio a metà semestre. E ricomincerò a metà del loro semestre, tanto varrebbe stare a casa fino a natale; comunque vale la pena venire solo per vederti usare il tuo sguardo laser sugli armadietti sfondati della scuola. ridacchiò Sharon. Sara sorrise, ma era triste mentre osservava l' amica smanettare con lo sportello bloccato. Chi l'avrebbe fatta ridere quando Sharon se ne sarebbe andata?, chi avrebbe ignorato palesemente le sue richieste di essere lasciata in pace e tranquillità, trascinandola quasi di peso a una festa?. S: Accompagnami in bagno... disse Sharon dopo che Sara ebbe riposto i libri e tirato fuori una focaccia. S: siamo tra due turni, forse riusciremo addirittura a poterci respirare. Si diressero lungo il corridoio, che passava davanti alla mensa. S: scusami per ieri sera... . disse Sharon infilandosi tra i battenti oscillanti. " Non c'è niente da scusare...". Disse Sara alle sue spalle. C'era forse qualche speranza che Sharon se la sentisse di parlare? davanti allo specchio Sharon tirò fuori una spazzola e cercò di sistemare i capelli mossi arruffati e appena annodati castano cioccolato chiaro dai riflessi chiari. S: Quando si decideranno a cambiare questi maledetti specchi?!. Sbuffò irritata. S: Sono tutti incrinati e mezzi rotti. Poi abbandonando la pretesa di pettinarsi, si girò verso Sara con un espressione cambiata sul viso. "ecco" si disse mentalmente Sara. S: Sara non voglio partire e lasciarti da sola in questo momento!. sbottò Sharon e scoppiò in un pianto a dirotto S: non avrò dei veri amici come te, e con la scuola dovrò ri iniziare tutto da capo poi sentirei troppo la tua mancanza sei come una sorella per me!. Le speranze di Sara naufragarono: aveva creduto si sarebbe parlato dei suoi problemi, anche lei sul'orlo delle lacrime; strinse forte Sharon accarezzandole la schiena e sussurrando ogni tanto " su su..". Dentro di se si sentiva sgomenta. " Come faccio ad aiutarti se nemmeno riesco ad aiutare me stessa?." pensò. Era assurdo,Sharon era sempre stata la "più forte" tra le due, non si era mai comportata così. Ancora una volta il mondo si era capovolto. S: Scusami. Singhiozzò Sharon. S: Non dovrei fare così, stò solo andando ad abitare da un'altra parte mentre tu.. "Non riesce a dirlo, sappiamo tutte e due quello che vorrebbe dirmi ma non ci riesce." pensò Sara. Non è la tua pietà che voglio pensò, e quasi respinse l'amica, ma si fermò in tempo. A Sharon importava davvero di lei, non era colpa sua se nessuno sapesse parlare della morte: ne papa, ne i vicini, ne le amiche della Bea. Il compagno della morte era il silenzio. La tenerezza per l’amica sopraffece la sua rabbia. “ Dai sciocca sai che puoi dirmi quello che provi, di solito nessuno può farti stare zitta.” S: Mi sento così egoista.!. “ e lo sei , ma non lo fai apposta” pensò Sara era il suo modo di essere e questo gli dava un po’ di conforto per quanto le sembrasse famigliare. “ Piuttosto come farò io senza di te?” disse scrollandola appena, questo portò a nuove lacrime: S: Mi mancherai tanto Sara. Rimasero l’una tra le braccia dell’ altra, era strano che Sharon si mostrasse così fragile; da quando sua nonna se ne era andata viveva col timore di mostrarsi così fragile, o almeno così pensava Sara. “ Avremmo un’ altra cosa in comune, adesso, ma tu almeno potrai sempre tornare da tua nonna..” Pensò con una punta d’ amarezza, ma poi le accarezzo la testa cercando di compensare quel pensiero. In quel momento sarebbe stato facile superare tutte le difficoltà che le separava, “anche io ho paura” si preparò a dire. “ho paura che la Bea muoia e che papa non si riprenda più; e ho paura di ritrovarmi sola, sola per sempre, adesso che anche tu te ne vai.” Ma nel corridoio arrivò la scampanellata che segnava in secondo turno per il pranzo. “Oh va bhe al diavolo!” pensò Sara. La porta si aprì ed entrò una marea di ragazze strillanti.

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