Lost in Neverland

di Xiwan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Gli ammutinati della Jolly Roger ***
Capitolo 2: *** Le zampe del gatto ***
Capitolo 3: *** Le onde che non conosco ***
Capitolo 4: *** Gli ammutinati della Jolly Roger II ***
Capitolo 5: *** Le zampe del gatto II ***
Capitolo 6: *** Le onde che non conosco II ***
Capitolo 7: *** Le zampe del gatto III ***
Capitolo 8: *** Gli ammutinati della Jolly Roger III ***
Capitolo 9: *** Le onde che non conosco III ***



Capitolo 1
*** Gli ammutinati della Jolly Roger ***


Le prime luci dell'alba gettavano pennellate di colore sulle ampie vele che si intuivano appena nella nebbia sospesa sul mare. Presto la nave avrebbe lasciato la baia e con essa il suo equipaggio. L'uomo abbassò il capo osservando la punta logora dei propri stivali sporchi di sabbia bagnata. 

Con un movimento stizzito della caviglia calciò via un alga verdastra rimasta aggrappata alla suola di cuoio, quindi tornò a guardare il mare. Il brigantino e la sua ciurma di ammutinati era ormai lontani, nascosti dalla nebbia e diretti verso quella terra ferma che i suoi uomini erano certi di raggiungere. Borbottò qualche maledizione fra sé, più per darsi un tono che per reale rabbia. No, non era arrabbiato. Sarebbero tornati, tornavano sempre. 

Con un gesto automatico infilò la pistola nei pantaloni, la polvere da sparo era bagnata quando lui, costretto a nuotare fino a riva, e ciò la rendeva poco più che un ornamento. Raccolse da terra il proprio cappello, pulendolo dalla sabbia contro la coscia, e se lo calcò in testa. Aveva pur sempre un'immagine da mantenere, una reputazione. Si voltò portando il peso del proprio corpo sui tacchi consumati e si addentrò nella boscaglia.

La laguna delle sirene non era troppo distante, abbastanza da lasciargli il tempo di rimuginare e al contempo così vicina da impedirgli di piangersi addosso. 

<< Ti hanno lasciato qui? >>

La sirena lo guardava con due enormi occhi azzurri, facendo appena capolino dall'acqua torbida del mattino. Uncino fischiò, ed un uccello nascosto fra i rami rispose. La sirena abbassò lo sguardo concentrandosi per qualche attimo a produrre bollicine sulla superficie della laguna con la bocca. << Si sono ammatuliati? >>

<< Ammutinati, signorina. Ammutinati >> 

<< E io cosa ho detto? >> 

L'uomo scosse la testa maledicendosi l'istante dopo averlo fatto. Gli girava tremendamente la testa e dovette sedersi a terra per impedirsi di vomitare. Il colpo ricevuto con il calcio del fucile contro lo zigomo faceva un gran male, pulsava sotto la pelle erosa dalla salsedine. Era come se minuscole zampe di millepiedi si insinuassero nell'osso camminandogli fino alla tempie, alla mandibola e persino al naso. Si concesse qualche altro instante con lo sguardo fisso davanti a sé tornando poi a guardare la sirena intenta a fare bollicine.

<< Dove sono le altre? >>

<< Dormono ancora >>

<< E tu non riuscivi a dormire? >> 

<< Io mi sveglio presto per guardare i granchi >>.

Un dito magro e vagamente unto di melma fece capolino dall'acqua indicando i piccoli granchi grigi che si affaccendavano fra gli scogli con le chele rivolte al cielo. 

<< Vuoi che ti canti qualcosa, capitano? >> 

<< Sono apposto così >>.

La sirena fece spallucce allontanandosi di poco per appoggiare il mento su di una roccia ed incrociare gli occhi innaturalmente azzurri nel seguire la lotta fra due crostacei dall'aria vissuta. 

Uncino sbadigliò appena, più per noia che per sonno, e si stese fra l'erba melmosa della laguna. Chiuse gli occhi respirando dalle labbra semi aperte, il naso gli faceva ancora troppo male.

Sarebbero tornati, tornavano sempre.

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Capitolo 2
*** Le zampe del gatto ***


<< Peter! Peter! >> 

Il ragazzo alzò molto lentamente gli occhi dal flauto che stava minuziosamente intagliando per osservare annoiato i tre bimbi sperduti che trafelati erano usciti dal bosco. Se ne stavano lí, in piedi, rossi in viso per lo sforzo con le mani lungo i fianchi ed i capelli pieni di rametti. Peter allungò una mano pallida per togliere una foglia dai ricci neri di uno dei tre.

<< Cosa c'è? Perché tutto questo affanno? >> 

<< La Jolly Roger non c'è più! >> 

<< Staranno facendo il giro dell'isola >> 

<< No non capisci! Uncino è rimasto a terra! >>

Aggiunge il più basso e rotondetto, riuscendo ad articolare qualcosa di diverso da grugniti e mugugni. Peter aggrottò la fronte storcendo la bocca in un sorriso rovesciato. Non gli piaceva quando i pirati lasciavano la baia per addentrarsi fra gli alberi, ma gli piaceva ancora meno che Uncino lo facesse per conto proprio. 

<< Cosa starà tramando? >> 

<< Le sirene dicono che la ciurma si è ammataliata! >> 

<< Ammataliata? E cosa dovrebbe significare? >> 

I tre bambini alzarono le spalle scuotendo le piccole teste sporche. Peter si grattò la fronte sotto il cappello sformato dimenticandosi completamente del flauto. Si alzò ed iniziò a misurare lo spazio dell'accampamento a grandi passi. 

<< Voglio che stiate tutti attenti. Se vedete Capitan Uncino, se solo sentire il suo passo fra la boscaglia. Se per caso sentire l'odore della sua pipa o anche solo intravedete la piuma del suo cappello, dovete tornare qui di corsa. >>.

L'intero accampamento fece di sì con la testa, quasi non osasse replicare ad un ordine diretto. Peter ne fu soddisfatto puntando i pugni contro i fianchi stretti con un sorriso che gli scoprì i denti vagamente storti. Arricciò appena il naso e prese il volo librandosi sopra la cima degli alberi carichi di foglie. 

Le sue tracce erano difficili da seguire, si muoveva come un gatto nel sottobosco, sapeva come depistarlo e questo lo innervosiva. Cosa stava tramando? 

La baia dove la Jolly Roger era rimasta ancorata per più tempo di quanto fosse in grado di ricordare era vuota. Gli ricordava un dipinto incompiuto, come se al centro qualcuno avesse strofinato un panno bagnato di acquaragia ed ora le figure non fossero che una nebbiolina indistinta. Peter tirò su con il naso girando intorno alle due profonde impronte di stivali nella sabbia. Doveva essere rimasto lì per davvero molto, lasciando che la risacca facesse il resto.

Si alzò in volo, facendo ancora una volta il giro della baia. I resti delle tende della ciurma avevano l'aria di sempre, ai piedi della cascata erano ancora stesi ad asciugare una manciata di camicie e calzoni. Il fuoco non era spento da più di qualche ora. Tornò con i piedi a terra, frugando fra le tende gonfiate dal vento. Niente, un bel niente. Aveva come l'impressione che anche il coccodrillo steso al sole, con le fauci ticchettanti spalancate, avesse qualcosa da nascondere. Lo scavalcò senza preoccuparsene, quello era il demone personale del Capitano, non dava fastidio a nessuno.

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Capitolo 3
*** Le onde che non conosco ***


Il pirata si riparò gli occhi dal sole con una mano. Faceva caldo, un caldo incredibile, come se navigassero verso le viscere stesse dell'inferno. Guardò il timoniere con la coda dell'occhio, adagiato come uno straccio vecchio sulla ruota del timone, gli occhi socchiusi e le gambe molli. 

Faceva caldo. Come se navigassero verso la bocca di Lucifero in persona. 

<< Nostromo! >> 

Un uomo nerboruto, dalla carnagione bronzea e nudo fino alla cintola, che portava il titolo di primo ufficiale, salì a fatica le scale erose dalla salsedine per raggiungerlo. << Sei sicuro che sia la rotta giusta? >> 

<< Così dicono le carte >> 

<< Ma l'isola non è segnata in nessuna mappa, o mi sbaglio? >> 

<< Su una mappa sì, la mia. Ed io, Sparky, sono un ottimo nostromo. Forse il migliore >> 

<< Piano con l'ottimismo, Spugna. Non vorrei cadessi dagli allori e prendessi una craniata più forte di quella che ti ha fatto prendere tua madre alla nascita >>.

Spugna rise sommessamente asciugandosi la fronte imperlata di sudore con un fazzoletto monogrammato. Rimase alcuni secondo a fissare le piccole lettere ricamate con maestria "J.H.".

<< Credi che se la caverà, laggiù, da solo, con il coccodrillo ed il bambino? >>

<< Gli abbiamo lasciato una pistola per questo >> 

<< Con un solo colpo, però >> 

<< Può sempre provare a centrare il rettile fra gli occhi >>.

Un'alito di vento, il primo da quando si erano lasciati l'isola alle spalle, gonfiò le grandi vele quadrate. Gli uomini esplosero in una esclamazione colorita, risvegliandosi dal torpore. Sparky lo colpí sulla schiena con la mano aperta prima di scendere le scale quasi volando ed iniziando a sbraitare ordini come solo lui sapeva fare. Spugna socchiuse gli occhi osservando la mappa attraverso le ciglia scolorite dall'età. Sempre dritto, fino a scontrarsi con il porto da cui erano partiti in principio, di cui però faticava a ricordare il nome.

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Capitolo 4
*** Gli ammutinati della Jolly Roger II ***


Quanto era rimasto lì, steso nell'erba fresca, ad osservare il cielo terso come terso era ogni giorno il cielo? Troppo, senza dubbio, abbastanza perché le sirene si svegliassero, abbastanza perché il lento movimento delle sue dita fra i fili d'erba diventasse automatico, abbastanza perché delle formiche annoiate quanto lui si inerpicassero sulla lama del suo uncino. 
Si mise seduto, a fatica, come se il tempo si fosse improvvisamente ricordato di lui e gravasse sulle sue spalle con il peso della sua malevola presenza. Rimase così per un po', a guardare le sirene affaccendarsi sugli scogli con i loro pettini di osso e le loro gote rosse, al fresco delle chiome degli alberi mossi da una leggera brezza che saliva dal mare.
Inspirò profondamente causandosi un'acuto dolore al volto ma poco gli importò, l'odore del sale, lo sciabordio delle onde contro la chiglia nera di pece, gli mancavano come l'aria. Gli mancava veleggiare sul mare, gli mancava un sè stesso più giovane che scrutava l'orizzonte alla ricerca di un brigantino od un galeone, anche solo una piccola nave da trasporto di zucchero. A volte, ma solo a volte, quando al di fuori della porta della sua cabina, od i confini della sua tenda, i canti si facevano chiassosi e la musica confondeva le parole, si sentiva come sott'acqua, al centro di una tempesta di fuoco e cannoni, pronto ad affogare. Era in quei momenti che avrebbe voluto poter dormire, dormire solo per provare la sensazione di essere sospeso fra la coscienza ed il sogno. 
Si tastò cautamente lo zigomo provocandosi una scossa di dolore che gli paralizzò le tempie per un secondo. Una volta era stato un nostromo, e ancora prima un mozzo. Appeso fra le corde di un galeone molto più grande della sua modesta imbarcazione, cullato dal mare come da una balia maldestra. Dormire con il sole sul viso e lo stridio dei gabbiani nelle orecchie. 
Alzò lo sguardo verso il cielo, lo stesso identico cielo. Solo in quel momento, dopo tanti anni, si rese conto che nell'Isola che non c'è non vi erano gabbiani.

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Capitolo 5
*** Le zampe del gatto II ***


Si distese a terra, premette la guancia contro il terreno fangoso ed espirò tutta l'aria che aveva in corpo. Restò immobile fino a che non fu costretto a respirare ancora. L'impronta era indubbiamente dello stivale destro di Uncino. Sapeva che era il destro perché tendeva ad appoggiare più peso su quella gamba, come una sorta di riflesso involontario verso la mano mozzata. Si tirò su, pulendosi la guancia con il dorso della mano, e fissò gli occhi sull'impronta sfiorando i fili d'erba con la fronte. 
Era passato di lì da molto. Peter arricciò il naso tastando l'impronta con la punta delle dita. Era certamente opera del pirata, riconosceva la punta quadrata e i segni di usura. Saltò in piedi guardandosi intorno per cercare un'indizio sulla direzione in cui si era avventurato il Capitano. 
Nessuna piuma, nessuna fibra di tessuto porpora, nessuna traccia dell'odore del suo sigaro. 
Guardò di nuovo l'impronta soppesando l'idea di tornare indietro e scomodare il coccodrillo a cercarlo. Se c'era qualcuno in grado di trovare Uncino ovunque quello era il rettile. No, era in grado di cavarsela da solo. Ad est c'era la laguna a nord la via per l'accampamento degli indiani. Uncino non era solito andare né da una né dall'altra direzione ma se avesse dovuto scegliere avrebbe preferito le sirene. Sicuramente, sperava.
Peter appoggiò il piede nella fanghiglia, riempiendo l'impronta molto più grande con la propria scarpa logora e si incamminò a grandi falcate, cercando di imitare il passo del pirata.

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Capitolo 6
*** Le onde che non conosco II ***


<< Acqua. Acqua a destra, acqua a sinistra, acqua pure al centro se non stiamo attenti! >>
<< È così che funziona, o te ne sei forse dimenticato? >>
<< Dovremmo essere già arrivati! >>
<< Non penso? >> 
<< Tu pensi? >> 
<< Quanto ci abbiamo messo la prima volta? >>.
Il pirata con la bandana rossa rimase con la mano a mezz'aria fissando un punto indistinto dell'albero maestro. Anche il secondo pirata, quello con il naso butterato ed i denti sporgenti rimase imbambolato a quella domanda. Il cuoco si grattò il pizzetto appena accennato con le dita larghe e tozze, simili a salsicce. 
<< Sai che non me lo ricordo? >> 
Ammise il primo pirata appoggiando un braccio ad una corda spessa che penzolava da uno degli alberi. Le vele erano immobili, di quando in quando un soffio di vento li spingeva verso la loro meta. La loro casa, il motivo per cui avevano lasciato il povero buon Capitano sulla spiaggia. 
<< Ah! Che ci voglia tutto il tempo che ci vuole! >> 
Grugnì il cuoco battendo la mano porcina sul ginocchio. << Vedrete! Appena attraccheremo la mia dolce Odette mi farà il suo famoso pasticcio di merluzzo! >> 
<< Non suona invitante, io invece voglio bere fino a non ricordarmi più di quell'isola infernale! E non voglio più sentir parlare di bambini! >> 
Replicò il butterato condendo il tutto con un sonoro rutto. Gli altri due pirati scoppiarono a ridere fermandosi solo per vantarsi di ciò che avrebbero fatto una volta raggiunto il porto.
Poco distante, appeso sull'albero maestro come un gatto sornione, la vedetta scrutava il mare. Piatto, calmo e immobile, una tavola, un miraggio di un deserto dimenticato. 
Poi all'improvviso qualcosa, un punto nero davanti a lui, lo fece saltare in piedi e quasi precipitare giù dal pennone.
<< Terra! TERRA! >> 
Urlò con quanto fiato aveva in corpo, subito seguito da un'ululato collettivo.

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Capitolo 7
*** Le zampe del gatto III ***


Camminava lentamente, cercando di imitare il suo passo, la sua falcata, il modo in cui ondeggiava le braccia. Si leccò lentamente le labbra guardandosi attorno, eccolo. Un ciuffo di fili porpora, di velluto. Si piegò sulle ginocchia incrociando gli occhi per guardare quei piccoli fili impigliati fra i rovi. Era Uncino, lo sapeva, nessuno sano di mente sarebbe andato in giro vestito di velluto. 
Schioccò la lingua e si diede una spinta con le ginocchia volando sopra le fronde fitte degli alberi. 
Il cielo era azzurro, terso, il mare calmo sciabordava nella baia sospinto dalla corrente, gli uccelli cantavano fra i rami, le rane gracidavano nei laghetti. La cascata cadeva verso il vuoto con il suo assordante frastuono. Tornò a terra procedendo verso la laguna. 
Cosa stava architettando il Capitano? C'entravano le sirene? Già una volta ne aveva rapita una, ma lui e gli altri l'avevano liberata senza troppi problemi, come sempre. Era matematico, come che il cielo fosse azzurro, i fiori sbocciati e l'odore della salsedine violento nei polmoni.
Con una mano spostò una felce. A meno di dieci passi più in là, con il suo cappello pomposo ed i suoi vestiti ridicoli c'era Capitan Uncino. Nascosto nell'ombra delle fronde osservava le sirene come uno spettatore aspetta che la farsa abbia inizio. Peter si accucciò in un cespuglio stringendo il berretto fra le dita. Lo guardò giocare con gli anelli che portava nella sua unica mano, quella che ancora gli restava.
Si alzò di scatto, non preoccupandosi del rumore, ma il pirata non si mosse lo stesso.

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Capitolo 8
*** Gli ammutinati della Jolly Roger III ***


<< Non temere, torneranno. Tornano sempre >> 
Il ragazzo si sedette al suo fianco, sull'erba, incrociando le gambe in modo scomposto. << Siediti dritto >>.
Peter gonfiò le guance piegandosi ed ingobbendosi ma durò poco, quando si accorse che lui non reagiva raddrizzò le spalle. Se stava dritto guadagnava due centimetri buoni, constatò Uncino. 
<< Cosa stai tramando? >>
<< Assolutamente niente >>
<< Allora perché te ne vai in giro per l'Isola da solo? >> 
<< Sto aspettando. Te l'ho detto, torneranno >> 
<< Perché tornano sempre? >>. 
Il pirata annuì tirando fuori da una tasca una pipa che aveva visto giorni migliori. Con un gesto disinteressato pulì il bocchino sulla giubba. << Non farlo, odio quell'odore >>
<< Non deve piacere a te >>. 
Brontolò l'uomo ma, nonostante questo, mise via la pipa senza accenderla. Peter dondolò piano mordicchiandosi le labbra screpolate osservando in silenzio le sirene che facevano il bagno. 
<< Cos'è ammataliato? >>
<< Ammutinato! Per Dio, ragazzo! Am-mu-ti-na-to! Non è difficile! >> 
<< Va bene! Scusa! >> 
<< No! Devi parlare bene altrimenti- >>.
Il pirata si morse la lingua socchiudendo gli occhi, ormai il sole si avviava a tramontare, avrebbe dovuto tornare verso la baia, ad aspettarli. 
<< Altrimenti cosa? >>
Domandò Peter piegandosi per poterlo guardare il faccia. Uncino scosse la testa toccandosi il viso, l'ematoma era sparito come per magia e allo stesso modo il dolore. 
<< Lascia stare, sono solo le farneticazioni di un povero vecchio >> 
<< Non sei vecchio. I vecchi hanno la barba bianca e le rughe. Tu no >>.
Uncino scosse mestamente la testa strappando dei fili d'erba di un verde lucente con le dita. 
<< Puoi smetterla di fare questa cosa per un minuto? >> 
Brontolò agitando l'uncino nell'afa. Peter tornò dritto, a guardare le sirene che si iniziavano a ritirare alle prime luci del tramonto. 
<< Torneranno? >> 
<< Tornano sempre >> 
<< E si amme- ammo- ammutineranno ancora? >>
<< E torneranno, e si ammutineranno e torneranno. Ancora, ancora e ancora. i bambini non lo fanno mai? >>
Peter scosse la testa giocherellando con uno degli anelli di topazio del Capitano che non si era minimamente accorto gli avesse sfilato. << Ah! Lo credo bene. Siamo noi adulti a non accontentarci mai. A volere sempre di più, a raggiungere l'orizzonte solo per vederne uno poco più in là >>
<< Allora tu dovresti essere un bambino, se la metti così. Ma non lo sei >>
Peter distese le gambe sull'erba piegando le braccia dietro di sé, guardando il pirata dal basso, indugiando sulle occhiaie profonde e le labbra livide. Sembrava un morto, il fantasma di sé stesso. Lui sbuffò, come se fosse affaticato, gettando il cappello a terra per scompigliarsi i capelli neri e lucidi con la mano. Piegò le ginocchia al petto senza dire niente. << Tu non cerchi nessun orizzonte, ti sei accontentato come i bambini >>
<< Mi sono solo arreso >>
Peter si tirò su, appoggiando la guancia calda contro la spalla del pirata. Il velluto consunto del suo vestito gli pizzicava il viso. Uncino lo guardò con la coda dell'occhio, sentiva i suoi grandi occhi furbi contro di sé e si sentì vecchio, ancora una volta, vecchio e stanco. 
<< Tu non ti sei arreso James, ti sei accontentato. Di questo orizzonte di carta, di questo cielo sempre azzurro, di me. Ti basta. Però ti do ragione su di una cosa, tu almeno ne sei consapevole >>.
Peter schioccò la lingua contro il palato assottigliando gli occhi, Uncino rimase immobile trattenendo a stento un ghigno teso.
<< Oh guarda un po' chi si rivede. Ben arrivato signor Pan, quando tempo! Posso offrirvi un té? >> 
Il ragazzino rise sommessamente spostandosi per fargli una linguaccia arricciando il naso vagamente schiacciato. Il pirata lo spinse, facendolo cadere di schiena sul prato. Raccolse il cappello e si alzò pulendosi i calzoni alla bell è meglio.
<< Stanno tornando, devo andarli ad accogliere >>
Peter alzò una mano verso il cielo, indossando l'anello troppo grande per le sue dita. << tienilo >>.
Bofonchiò il Capitano, dirigendosi verso la baia, convincendosi che per una volta il piccolo ladro volesse restituirgli la refurtiva. 

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Capitolo 9
*** Le onde che non conosco III ***


La vedetta urlava e si agitava, muoveva le braccia e ballava. Spugna sorrise guardando la propria mappa macchiata di carboncino. Aveva ragione, aveva sempre avuto ragione. Lì, verso l'orizzonte, ed oltre il mare, c'era il porto da dove erano partiti. Come si chiamava? 
<< Nostromo >> 
Sparky lo guardava con due occhi infossati e lividi, le labbra tirate in un'espressione preoccupata. Sembrava aver perso tutta la sua abbronzatura in un solo momento. Con una mano vagamente tremante alzò il cannocchiale del Capitano porgendoglielo.
Lo spaventava, lo spaventava terribilmente il suo sguardo. Prese il cannocchiale e seguì il dito puntato del primo ufficiale. 
La terra era lá bellissima: con la sua vegetazione rigogliosa, l'acqua cristallina che si infrangeva sulla costa alta ed il profilo di un'isolotto poco distante. 
Le sue mani iniziarono a tremare, lasciò cadere il cannocchiale e si buttò in ginocchio lisciando la mappa con le mani aperte. La roccia del teschio doveva essere alle loro spalle. Avevano navigato tutto il giorno, dritti con la baia alle spalle. Non potevano aver girato in tondo, era impossibile! Era inammissibile. 
<< GIRATE LA NAVE! >> 
Urlò Spugna, con una voce più stridula di quanto avesse voluto. La ciurma protestò ma non si fece ripetere l'ordine due volte dopo che Sparky ripetè l'ordine.
Ora l'isola era alle loro spalle e la nave si dirigeva verso l'orizzonte, l'orizzonte che iniziava a tingersi dei colori del tramonto, l'orizzonte che diventava via via più vicino e con esso la baia dei pirati.
La nave entrò lentamente nell'insenatura, l'ancora fu calata, le vele richiuse. Spugna si affacciò osservando la spiaggia.
<< Spugna! >> 
Il Capitano era lì, ritto come un fuso, lucidando l'uncino contro il panciotto allacciato male. 
<< Cosa fate lì a terra, Capitano? >> 
<< Ho un piano, Spugna! Cattureremo il marmocchio questa volta! >> 
Il nostromo sospirò amaramente buttando uno sguardo sulla ciurma che stanca si calava sulla spiaggia e preparava le tende per la notte. 
<< Ne siete certo, Capitano? >> 
<< Assolutamente! >> 
<< E va bene, fatemi prendere una bottiglia di rum >>.

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