Il Ruscello delle Fate 2: Seguendo una Fiaba

di Yasha 26
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap. 1 ***
Capitolo 2: *** Cap. 2 ***
Capitolo 3: *** Cap. 3 ***
Capitolo 4: *** Cap. 4 ***
Capitolo 5: *** Cap. 5 ***
Capitolo 6: *** Extra: L'importante ruolo di uno zio! ***
Capitolo 7: *** Extra: Tale madre, tale figlia! ***



Capitolo 1
*** Cap. 1 ***





Per Kuu, quel sabato, era iniziato come ogni altro giorno in cui non lavorava.
Era steso beatamente sul divano, vicino a Julie che progettava una nuova sfilata dall’ufficio di casa sua. Mentre lei parlava al telefono, ordinando rotoli di chissà quale altra stoffa dal nome assurdo, lui era intento a leggere il copione del nuovo film che avrebbe iniziato a girare qualche mese più tardi e in cui avrebbe recitato la parte di un agente sotto copertura della CIA. Sarebbe stato un film stressante da girare, soprattutto per i continui cambi di location previsti.  
Sospirò fiaccamente, pensando che tra il nuovo lavoro della moglie e il suo da attore, erano rari i momenti in cui i due si concedevano una vacanza. Mancava poco più di un mese a Natale e avrebbero potuto approfittare di quelle feste. Ne sentiva la necessità.
Gli sarebbe piaciuto portare Julie in Giappone a conoscere Kyoko, ma temeva la reazione che avrebbe potuto avere nel rivedere Kuon, che di certo non l’avrebbe presa bene nel ritrovarseli davanti senza preavviso. Da ciò che gli aveva raccontato Lory, suo figlio stava iniziando a riprendere in mano la sua vita, allontanando i pensieri negativi che lo avevano accompagnato in quegli anni tanto difficili dopo la morte di Rick, quindi non voleva interferire in quella tanto sperata ripresa. Il suo vecchio amico non era entrato nello specifico su come fosse accaduto, ma Kuu sospettava che la piccola Kyoko fosse in qualche modo la causa di quel cambiamento. Era una ragazza piena di risorse e forse, per suo figlio, avere una kōhai energica come lei era stato d’aiuto. Anche la ragazza aveva molto da insegnare a Kuon.
Una cosa però lo impensieriva da un po’ di tempo. Quando sua nipote Vera era tornata dalla vacanza in Giappone, gli aveva raccontato di aver trovato una Kyoko diversa da come gliel’aveva descritta lui. Era sì molto graziosa e dolce, ma non sembrava la ragazza dal carattere allegro e combattivo che Kuu aveva conosciuto. Sembrava molto più taciturna e imbarazzata, per lo meno in presenza di Ren, perché quando lui si allontanava, lei appariva molto più spigliata.
“Forse Kuon la mette in soggezione. In effetti ha sempre avuto molta stima per lui e magari teme i suoi giudizi. Ricordo ancora come lo aveva difeso quella volta che ho finto di parlarne male. Mi chiedo però se quella stima potrebbe cambiare in altro, un giorno, ma da ciò che Lory mi ha raccontato su di lei, l’amore è l’ultimo dei suoi pensieri. Che tristezza!” sospirò nuovamente, pensando che fosse un vero peccato per una ragazza così bella e giovane precludersi l’amore per colpa di gente che non aveva saputo amarla come meritava.
Se avesse potuto, sarebbe corso a prenderla per portarla via con sé e crescerla davvero come la figlia che non aveva avuto, così da farle conoscere l’amore di una famiglia. Era sicuro che sarebbe anche cresciuta molto di più come attrice in California che in Giappone e non gli sarebbe certo dispiaciuto essere il suo mentore. Quella ragazza aveva grosse potenzialità. Era perfino più spaventosa di suo figlio.
- Perché quel sospiro? – domandò Julie, sedendosi stancamente accanto al marito una volta concluso l’ordine delle stoffe che le servivano. Da quando aveva deciso di fare la stilista, si occupava di molte cose che la tenevano impegnata per gran parte del tempo. Era un modo come un altro per distarsi dalla tristezza che le attanagliava il cuore da quando il suo dolce bambino era stato rapito da quell’orco di Lory Takarada. Le mancava, ma aveva deciso di rispettare i voleri del figlio e aspettare pazientemente il suo ritorno, anche se si sentiva morire sempre più all’alba di ogni nuovo giorno senza di lui.
- Pensavo a Kyoko. –
- E a cosa in particolare? –
- Mi piacerebbe portarla qui e insegnarle quello che so. Sono sicuro che diventerebbe una stella di Hollywood in breve tempo. Il Giappone è un paese troppo piccolo per esprimere al meglio il suo talento. – spiegò Kuu, seriamente interessato alla carriera della ragazza.
- Non credo che Kuon gradirebbe una proposta del genere. – sostenne Julie.
- Perché? Credi ne sarebbe geloso? –
- Più che geloso direi furioso. – ridacchiò lei, che credeva di aver ben compreso i sentimenti del figlio. Le parole di sua nipote Vera erano state inequivocabili: Kuon era visibilmente innamorato della ragazza e in base a come reagiva lei, anche Kyoko doveva esserlo.
- Perché dovrebbe arrabbiarsi? Credi possa sentirsi defraudato della sua kōhai e che possa sentirsi in competizione con me? – ipotizzò l’uomo, pensieroso. Da sempre, suo figlio si era sentito in competizione con lui. Forse, portagli via la sua kōhai, lo avrebbe fatto sentire inadeguato nel ruolo di senpai?
- No caro, non credo sarebbe quello il problema. – rispose Julie, pensando che il marito fosse un po’ lento in questioni come quelle.
- E quale? – chiese curioso.
Julie stava per rispondere, quando il suono del campanello la interruppe.
- Aspetti visite? – domandò la donna, guardando l’ora e notando fosse quasi ora di pranzo.
- No tesoro. Vado a vedere chi è. Rachel sarà impegnata in cucina. – disse Kuu, alzandosi e andando ad aprire. Quando lo fece, però, ebbe quasi l’impulso di richiudere la porta, poiché convinto di trovarsi dinanzi un miraggio. “Aspetta… non siamo in un deserto!” rifletté dubbioso.
- Ciao papà. Non ci vediamo da un po’. – lo saluto Kuon, osservando divertito il genitore quasi pietrificato. Immaginava sarebbe rimasto sorpreso di vederlo così all’improvviso, ma non pensava rimesse addirittura impietrito e a bocca spalancata.
- Ku-Kuon? Sei davvero tu? – chiese stupidamente Kuu, osservando il ragazzo biondo davanti a sé.
- Hai un altro figlio che mi somiglia? – scherzò lui, e fu a quel punto che una terza persona intervenne.
- In effetti sì. Ciao papà. – rise Kyoko, imitando un piccolo Kuon e facendosi più avanti, poiché sembrava che il suo sensei non l’avesse nemmeno vista.
- Kyoko? Ma cosa… -
- Kuu, chi è? – domandò Julie, raggiungendolo incuriosita, visto che non ritornava. Quando la donna giunse vicino all’ingresso, anche lei, come Kuu, rimase sbalordita nel trovarsi davanti il figlio ma, al contrario del marito, Julie corse subito tra le sue braccia, facendogli quasi perdere l’equilibrio. – Kuon! – iniziò a piangere, stretta nell’abbraccio del figlio che non vedeva da sette anni.
- Ciao mamma. Mi sei mancata. – le sussurrò Kuon, stringendola a sé.
I genitori gli erano mancati tantissimo, soprattutto la madre, che sapeva di aver ferito enormemente quando era fuggito in Giappone senza nemmeno una parola. Si sentiva in colpa nei loro confronti, ma se non avesse accettato il consiglio di Lory, ne era sicuro, avrebbe perso totalmente se stesso. Si sarebbe però impegnato con tutte le sue forze, sostenuto soprattutto da Kyoko, a ricucire quel rapporto troncato a causa della sua stupidità, sperando nel perdono dei genitori.
- Non sto sognando, vero? – chiese ancora incredulo Kuu, che temeva, oramai, di riabbracciare il figlio solo in sogno. In quei sogni, però, Kuon non tornava a casa insieme a Kyoko.
- No sensei. Ve l’ho riportato a casa. – rispose Kyoko sorridente, soddisfatta nel vedere madre e figlio abbracciati. Era una sensazione che lei non poteva capire, ma di sicuro sapeva che il suo Corn era felice di riabbracciare finalmente la madre.
Lei lo sarebbe stata.
- Sensei? Cos’è quest’appellativo orribile? Non mi hai forse chiamato papà prima? – la rimproverò Kuu, felice di rivedere la ragazza a cui tanto aveva pensato.
- Hai ragione. Scusa papà. – arrossì l’attrice, felice che l’uomo la considerasse ancora come un figlio. O forse sarebbe stato più corretto “figlia”, si disse Kyoko.
- Benvenuta a casa Kyoko. – la soprese l’uomo, abbracciandola forte.
Lei ricambiò emozionata quell’abbraccio, cercando di trattenere le lacrime. Dopo aver saputo del suo vero padre e di ciò che aveva fatto alla madre, sentiva sempre più stima e affetto per l’uomo che la stava abbracciando. Avrebbe tanto voluto anche lei una famiglia come quella di Kuon, per questo lo aveva convinto a tornare finalmente a casa dai genitori.
- Kuu, mollala! Voglio abbracciare anch’io mia figlia! – esclamò Julie, strappandola letteralmente dalle braccia del marito, che ne approfittò per abbracciare il figlio. – Oh tesoro, finalmente posso conoscerti di persona! Benvenuta in famiglia! – la accolse anche la donna, stringendola come aveva fatto il marito.
- Gra-grazie Julie-san. – la ringraziò Kyoko, ricambiando imbarazzata anche il suo abbraccio.
- Come Julie-san? – si staccò lei, guardandola triste. - Kuu lo chiami papà ed io sono Julie-san? Voglio essere chiamata mamma anch’io! – piagnucolò la donna, guardando prima il marito e poi Kyoko.
- I-io… - sussurrò sopraffatta dalla richiesta.
- Mamma, non metterla in imbarazzo. Ti ha appena conosciuto. Non sai quanto ha impiegato per chiamare lui papà. – intervenne Kuon, notando il disagio della sua ragazza.
- Davvero? Mi spiace cara. Non volevo forzarti. – si scusò Julie, davvero dispiaciuta.
- In realtà… io… - esordì la ragazza, arrossendo e abbassando la testa per la vergogna di ciò che stava per dire. - Ecco… sarei davvero onorata di poterti chiamare mamma. Corn mi ha parlato molto di te e sarei felice di considerarti come tale. – concluse in un lieve sussurro, ma perfettamente udibile da tutti. Julie, commossa dalle parole della ragazza, tornò ad abbracciarla e Kyoko non poté non notare la differenza col precedente abbraccio. La donna la stava stringendo con amore e dolcezza. “Che sia questo l’affetto materno?” si chiese la giovane attrice, trattenendo a fatica le lacrime per l’abbraccio della futura suocera.
- Ed io non potrei essere più orgogliosa di avere una figlia come te, piccola Kyoko. – le sorrise Julie, notando i suoi occhi lucidi. Sapeva che la ragazza era cresciuta senza madre. Lory gliene aveva parlato quando lei lo aveva chiamato per saperne di più su quella giovane attrice a cui il marito si era tanto affezionato. Quella donna l’aveva abbandonata senza remore in casa di estranei, da sola e senza famiglia. Una cosa che una madre non avrebbe mai dovuto fare. Lei avrebbe ucciso per aiutare suo figlio e in quegli anni in cui era stato lontano aveva sofferto tantissimo. Davvero non capiva come una madre potesse abbandonare il proprio figlio. Poi, improvvisamente, ricordò lo strano nome che la ragazza aveva usato per rivolgersi a Kuon. – Scusa ma… chi è Corn? –
- Questa è una lunga storia mamma. – rise il figlio.
- Non che non sia felice di questa sorpresa, ma come mai siete qui? E insieme per giunta. – si decise a chiedere Kuu, che non capiva cosa avesse spinto Kuon a ritornare dopo sette anni e in compagnia della sua kōhai a cui, per altro, aveva mostrato la sua vera identità.
- Non è evidente perché siamo venuti insieme? – disse Kuon, guardandolo incredulo.
- Se lo fosse, non te lo avrei chiesto figliolo. –
- Sono fidanzati Kuu! Non hai visto l’anello di Kyoko? – rispose Julie per il figlio, scuotendo rassegnata la testa.
- Che??? Che cosa hai detto? – domandò sconvolto l’uomo, osservando i due ragazzi davanti a sé e successivamente la mano della figlia, su cui troneggiava un solitario.
- Forse sarebbe meglio parlarne in casa invece che qui fuori. – propose Julie, che aveva capito che per il marito sarebbe stato uno shock sapere i figli insieme.

Kuu osservò i due giovani camminare fino ai divani del salotto tenendosi per mano. Stavano davvero insieme? La figlia era “guarita” quindi? Aveva accettato di nuovo l’amore nella sua vita? Ma perché proprio con suo figlio? E da quando Kuon era innamorato di Kyoko?
- Chiedi pure papà. – disse Kuon, osservando il padre.
- Eh? –
- Ti si legge in faccia che sei curioso di sapere come abbiamo fatto ad innamorarci. –
- Davvero? – chiese Kuu, immaginando il suo viso completamente ricoperto dalle domande che avrebbe voluto fare.
- In effetti, anch’io sono molto curiosa. – parlò Julie, sedendosi accanto al marito.
- Allora credo che dovremmo iniziare a raccontarvi di quando ci siamo conosciuti circa tredici anni fa. – rispose Kuon, sorridendo a Kyoko che arrossì, soprattutto di vergogna per averlo scambiato per una fata.
- Tredici anni fa? – domandarono Kuu e Julie all’unisono.
La coppia ascoltò incredula, ma anche divertita, il racconto dei due giovani su come si fossero conosciuti nei boschi di Kyoto, tredici anni prima. Man mano che il racconto giungeva a tempi più recenti, Julie non poté far a meno di sorridere intenerita. Entrambi si amavano ma avevano avuto paura di esternare i loro sentimenti per timore di un rifiuto.
Osservò gli occhi sereni e brillanti di suo figlio ogni volta che rivolgeva lo sguardo alla ragazza seduta al suo fianco e non riuscì a non commuoversi. Rivedeva il figlio dopo sette anni completamente rinato. Non era mai stato così felice come appariva in quel momento. Si sentì, improvvisamente, una pessima madre per non essere stata in grado di stare accanto al suo bambino quando ne aveva avuto più bisogno. Ringraziò con tutto il suo cuore Kyoko per averle riportato il figlio, ripromettendosi di diventare una madre migliore da lì in avanti.
Kuu, invece, non riusciva a credere di essere stato tanto idiota da non accorgersi di nulla. Avrebbe dovuto mettere insieme i pezzi e comprendere che il figlio era innamorato della sua Kyoko-chan. In effetti, si chiedeva perché Lory gli avesse detto che se l’avesse fatta piangere, Kuon sarebbe corso da lui a picchiarlo, ma era talmente preso dalla voglia di rivederlo che non aveva prestato attenzione più di tanto a quella frase. Su Kyoko aveva avuto un piccolissimo sospetto, visto il modo in cui aveva difeso il suo senpai, ma lei aveva affermato che la sua fosse ammirazione. Di certo, da quella minuscola sensazione, non poteva immaginare che i due fossero innamorati l’uno dell’altro e che si conoscessero addirittura da anni. Quel viaggio a Kyoto, pensò, era stata la cosa migliore che avesse fatto per il figlio come padre, visti gli eventi successivi.
Molte volte si era chiesto se gli avvenimenti catastrofici che avevano distrutto il suo ragazzo, avrebbero avuto lo stesso svolgimento se lui fosse stato un padre più presente. Non aveva saputo comprendere la sua solitudine, così come non si era accorto dei suoi successivi problemi di bullismo per via delle sue origini.
“Guardandolo adesso, non si direbbe nemmeno che abbia sofferto tanto da fuggire via da qui, tagliando i contatti perfino con i suoi genitori. Sembra ritornato sorridente come quando era un bambino. Il mio Kuon è tornato finalmente!” pensò Kuu, osservando suo figlio sorridere divertito alla ragazza al suo fianco e con la quale stava scherzando, senza sapere che anche la moglie stava avendo i suoi stessi pensieri.
- Uffa! Smettila di prendermi in giro! Sei stato tu ad alimentare le mie fantasie quando eravamo a Guam! O lo hai dimenticato? – sbuffò Kyoko, irritata dalle battute che Kuon le stava rivolgendo.
- Non avevo altra scelta e lo sai. Comunque mi ha sorpreso che tu non mi abbia riconosciuto subito. Quando mi hai visto nei panni di Cain hai capito subito che ero io. –
- Ero troppo presa dal fatto di rivedere Corn dopo oltre dieci anni e in buona salute. Però, poi, quando eravamo sulla terrazza del bar, ho visto le somiglianze, ma tu hai detto che avevi preso anche la forma di Tsuruga-san ai miei occhi. Mi hai ingannata tu! – ribatté la giovane.
- E tu mi hai creduto ciecamente. – rise Kuon.
- Perché mi fidavo di Corn! Non sapevo che in realtà si stava divertendo a prendersi gioco di una povera fanciulla ingenua come me! – piagnucolò Kyoko.
- Diciamo anche credulona. – la punzecchiò nuovamente il ragazzo, divertito dall’espressione da cucciolo bastonato che stava facendo.
- Scusatemi. Volevo avvisarvi che il pranzo è pronto.  – li interruppe la domestica guardando incuriosita gli ospiti, che avevano un aspetto familiare.
- Ti ringrazio Rachel, arriviamo subito, ma prima lascia che ti presenti finalmente mio figlio Kuon e la sua fidanzata, Kyoko Mogami.  – li presentò Julie, poiché la donna non conosceva suo figlio se non dalle foto delle riviste giapponesi sparse in giro per casa.
- Piacere di conoscerla signor Kuon. I suoi genitori mi hanno parlato molto di lei. È un piacere conoscere anche lei signorina Mogami. –
- Il piacere è mio. – rispose Kyoko, inchinandosi.
- Immagino già in che termini le abbiano parlato di me. – disse Kuon, conoscendoli.
- Ovviamente nei termini in cui un genitore amorevole parla del proprio splendido figlio! – rispose Kuu, con occhi luccicanti e pieni di orgoglio.
- Ecco, come immaginavo. – sospirò il ragazzo. – Come mai vi siete decisi a prendere una cuoca? Lo stomaco di papà non regge più ai tuoi piatti? – chiese sghignazzando, rivolgendosi alla madre.
- Cosa? I miei piatti sono sempre stati ottimi! Ogni tanto si bruciano un po’, ma niente di così grave! Non mi sembra te ne lamentassi quando li mangiavi! – replicò offesa la donna.
- In realtà mi costringevi a mangiarli tappandomi la bocca con quantità spropositate di cibo, quindi era difficile che potessi lamentarmi. – spiegò lui, nauseato ancora al ricordo.
“Oh! Ora capisco perché è sempre tanto restio a mangiare!” realizzò Kyoko, mentre nella sua testa si formavano immagini di un piccolo Corn legato a una sedia e sua madre a riempirgli la bocca di cibo grazie all’aiuto di un imbuto.
- Questo perché rifiutavi sempre di mangiare per via del tuo poco appetito! – controbatté Julie.
- Mamma, non prendertela, ma ciò che cucinavi non era esattamente commestibile, per questo rifiutavo di mangiarlo. –
- Che figlio ingrato! –
- Su su, tesoro, non agitarti. Andiamo a mangiare piuttosto. – disse Kuu, abbracciando la moglie mentre si dirigevano verso il soggiorno per pranzare, per poi realizzare una cosa a cui non aveva fatto caso. – Ragazzi, ma le vostre valigie dove sono? –
- All’hotel in cui alloggiamo. – rispose Kuon.
- Hotel? Stai scherzando? Il mio ragazzo ritorna a casa dopo sette anni e va in un hotel? Fatti mandare subito le valigie qui! – ordinò Kuu.
- Non vorremmo disturbarvi. – disse Kyoko imbarazzata.
- Nessun disturbo tesoro, anzi, speriamo possiate fermarvi a lungo. Vi faccio preparare subito la camera degli ospiti. – le sorrise Julie.
- Vorrai dire “LE” camere degli ospiti, mia cara. – la corresse il marito.
- Perché dovrei farne preparare due? – domandò confusa la donna.
- Come perché? Vuoi che la nostra bambina dorma con uomo nella stessa stanza, senza essere legati dal vincolo del matrimonio? – chiese Kuu, mentre Kyoko arrossiva vistosamente per l’argomento che, era certa, stavano per intraprendere.
- Veramente ho dato per scontato che già dormissero insieme. - rispose perplessa Julie. In fondo, avevano detto di stare insieme da oltre sei mesi e si conoscevano da anni. - O sbaglio? – domandò infine la donna.
- Ma ti sembrano domande da fare mamma? Comunque una sola camera andrà benissimo! – rispose imbarazzato Kuon, mentre Kyoko si nascondeva dietro di lui per la vergogna.
- Come hai detto figliolo? – chiese Kuu sorridendo, ma emanando un’aura maligna perfino più inquietante e terrificante di quella di Ren quando era arrabbiato.
“Ecco da chi ha preso!” pensò terrorizzata Kyoko.
- Che andrà bene una sola camera. – ripeté Kuon, non avvertendo la stessa aura malevola che avvertiva la sua fidanzata.
- Ehm… forse sarebbe meglio se… - provò a intervenire Kyoko, venendo però interrotta dal padre.
- Figliolo, forse non ti è chiara una cosa… - esordì l’uomo ancora sorridente, per poi cambiare espressione in una temibilmente minacciosa. – Tu non sfiorerai più la mia bambina con un solo dito finché non sarete sposati. È chiaro? –
Kuon lo guardò perplesso, non del tutto convinto di aver capito le sue parole, poi capì.
- Ahahahah sei divertente papà! Stavo quasi per crederci! – esclamò, pensando che il padre scherzasse.
- Dico sul serio Kuon. Non m’interessa cosa avete fatto prima, ma adesso che so che state insieme, tieni le mani a posto se ci tieni ad arrivare tutto intero al giorno del matrimonio, o la tua sposa potrebbe non godere della sua prima notte di nozze col marito. –
- Ma sei impazzito? Perché mai dovresti proibircelo? Non sono un uomo qualunque poi. Sono tuo figlio! O pensi che potrei mollarla dopo essermi divertito con lei? – domandò offeso. Come poteva suo padre dubitare di lui?
- Non lo penso, ma proprio perché sei mio figlio voglio che rispetti Kyoko fino al matrimonio. Devo ricordarti poi che è ancora minorenne? –
- Ancora per poco. Manca un mese al suo compleanno. E comunque il tuo ragionamento non ha senso! –
- Ha senso per me. Anche se so che non la lasceresti, non voglio che Kyoko corra il rischio di restare incinta prima di sposarsi. Sarebbe un problema per la sua carriera visto che molta della gente che vi segue è ancora legata alle tradizioni. Fate i bravi ragazzi e aspettate! –
- Non contar… -
- Papà ha ragione! – lo interruppe Kyoko, sperando di chiudere la bocca del suo fidanzato prima che parlasse troppo e scatenasse una guerra. - Faremo come ci hai consigliato. Grazie per preoccuparti tanto per me e la mia carriera papà. Te ne sono grata. – lo ringraziò sincera, quasi commossa dalla reazione dell’uomo, che stava andando perfino contro al figlio per il suo bene.
- Sapete che esistono delle cose chiamate “precauzioni”, vero? – ribatté Kuon, guardando entrambi in modo torvo.
- Che non sono sicuri al 100% come l’astinenza, quindi comportati bene. – insisté suo padre, fermo sulle sue posizioni.
- Certamente! Vero Kuon? – lo interpellò Kyoko, pregando che non replicasse oltre.
- Va bene, va bene! Come volete! Per fortuna il matrimonio è tra meno di sette mesi! – brontolò il ragazzo, raggiungendo la tavola e sedendosi imbronciato, incrociando le braccia al petto.
- Non essere arrabbiato tesoro. – gli sussurrò dolcemente Kyoko prendendogli la mano mentre si sedeva accanto a lui.
Kuon non rispose. Era arrabbiato eccome. Capiva le preoccupazioni di suo padre, ma lui non era di certo uno sprovveduto. Se non fosse stato per l’espressione implorante di Kyoko, avrebbe continuato a battibeccare con lui probabilmente.
- Se avessi saputo che saresti tornato, avrei fatto preparare a Rachel la Apple Pie che ami tanto. – disse dispiaciuta Julie, sedendosi anche lei accanto al marito.
- Può prepararla domani o in qualsiasi altro giorno. Ci siamo presi due settimane di pausa dal lavoro. O meglio, il boss ce ne ha date due. Noi gli avevamo chiesto un paio di giorni per venire a trovarvi. – spiegò Kuon, tornando a sorridere alla madre.
- Due settimane? Ti avrò a casa solamente per due settimane? – disse triste la donna.
- Tesoro, lo sai com’è il nostro lavoro. È già tanto che Lory gli abbia ritagliato due intere settimane. – parlò Kuu, che ben conosceva le difficoltà di rimandare le riprese di un film o di un dorama.
- Lo so, però… -
- Non preoccuparti mamma. Mi vedrai spesso da adesso in poi.  – la rassicurò Kuon, comprendendo il suo stato d’animo. Anche a lui era mancata la sua famiglia.
- Tornerai a vivere qui? – domandò speranzosa la donna.
- Ehm… non credo. – rispose il figlio, con aria dispiaciuta.
- Perché no?  Adesso hai superato tutte le cose che ti hanno portato via da qui! Perché non vuoi tornare a casa? –
- Credo di essere io la colpevole. Mi dispiace tantissimo. – si scusò Kyoko.
- Smettila di sentirti in colpa! Ti ho già detto più volte che non è solo per te che voglio continuare a vivere in Giappone. –
- Potreste dire anche a noi di cosa state parlando? – chiese Kuu.
- Quando le ho detto chi sono, abbiamo discusso su come avremmo dovuto fare con voi e il lavoro. Ovviamente anche a me piacerebbe tornare a casa per stare con voi, ma in Giappone ho degli impegni che devo e voglio rispettare. Sono un attore della LME e voglio continuare a esserlo, sia che mi chiami Ren Tsuruga o Kuon Hizuri. Mi trovo bene in Giappone. È diventata la mia seconda casa. Qui non c’è niente per me dal punto di vista lavorativo e se anche arrivasse, sarebbe sempre e solo perché sono vostro figlio. E come ultima cosa, non meno importante, Kyoko vive lì, quindi sono tutte valide ragioni per restarci. – spiegò il ragazzo.
- Ma io ti ho detto che ti avrei seguito qui, se avessi voluto. – gli ripeté Kyoko.
- E tu lasceresti la tua carriera e i tuoi amici per me? Sbaglio o una volta hai detto che non ti saresti più annullata per seguire un uomo? – le ricordò Kuon.
- Quella era un'altra cosa. Non puoi paragonare Sho a te. E comunque potrei provare a recitare qui, no? –
- Grazie amore, ma io non voglio che tu sacrifichi nulla per me. E poi non credere che sia facile diventare famosi qui solo perché siamo a Hollywood. Per la gente ero solamente il figlio di Kuu Hizuri, nulla di più. Restare in Giappone, per adesso almeno, è la soluzione migliore. – sostenne il ragazzo.
- Sono d’accordo con te figliolo. – approvò Kuu.
- Non dovresti esortarlo a cambiare idea invece di appoggiarlo? – protestò Julie, infastidita.
- No cara, perché il bene dei nostri figli viene prima di tutto. E per loro è bene restare in Giappone. – rispose Kuu, consapevole dei problemi che il figlio aveva avuto nel mondo dello spettacolo per il solo fatto di essere suo figlio.
Nessuno lo vedeva per le sue doti e potenzialità. Era etichettato solo come “figlio di…” e sapeva che la cosa lo faceva soffrire molto. Invece, in quella che era la sua terra natia, si era formato da solo, con le proprie forze e capacità, ed era apprezzato per quelle. Poi c’era Kyoko, che non era ancora del tutto famosa neppure in Giappone, figurarsi a Hollywood. Solamente con il suo aiuto sarebbe riuscita a far carriera, chiedendo alle persone giuste ma, con probabilità, la ragazza avrebbe rifiutato, così come aveva fatto Kuon ai suoi tempi. Anche Kyoko era una persona molto orgogliosa. Erano molto simili lei e Kuon.
- Non eri tu quello che voleva portare Kyoko a vivere qui per farle da mentore? – disse Julie, ignara dei pensieri del marito.
- Che cosa? – chiesero all’unisono Kyoko e Kuon.
- Già, ma questo era prima di sapere che la mia bambina non è sola. Con Kuon al suo fianco sono sicuro crescerà molto più che con me, e non parlo solo della recitazione. – affermò l’uomo, vedendo quanto bene stessero i due insieme. Di certo, la loro vicinanza faceva bene a entrambi, sotto ogni punto di vista.
- Ho capito. Se questa è la cosa migliore per voi, non insisto oltre. – si arrese Julie dispiaciuta.
- Dai mamma, non fare quella faccia. E poi potrete sempre venire a trovarci quando sarete liberi. Potreste venire per Natale. Sapete che il 25 dicembre è il compleanno di Kyoko? Potremmo festeggiarlo insieme. – propose il giovane.
 - Davvero? Non metteremo in pericolo l’identità di Ren Tsuruga? –
- No. Ho deciso di rivelare chi sono veramente. Manterrò il mio nome d’arte, ma non mi nasconderò più. – rispose il ragazzo, convinto della sua decisione.
Ne aveva parlato tanto con Kyoko. Voleva svelare le sue origini, ma non voleva seppellire il nome di Ren Tsuruga come suo padre aveva fatto con quello di Shuuhei Hozu. Il suo nome d‘arte gli aveva dato tanto e se fosse stato possibile, avrebbe voluto mantenerlo.
- Sei sicuro che questo non influirà sul tuo lavoro? – domandò Julie.
- Se ciò accadesse, vorrebbe dire che il pubblico non lo apprezza per l’attore che è. Che sia Ren o che sia Kuon, i suoi fan dovrebbero seguirlo per ciò che dà loro sullo schermo. In caso contrario, vedremo il da farsi. – rispose Kyoko, consapevole dei rischi che avrebbero potuto segnare la carriera del suo fidanzato. Anche per quello gli aveva proposto di trasferirsi entrambi in California, ma Kuon la pensava diversamente. Era fiducioso nei suoi fan e voleva provare ad esserlo anche lei. 
- Sono pienamente d’accordo con voi ma sono certo che le cose non cambieranno, per le tue fan soprattutto. Anzi, credo che la tua popolarità aumenterà a dismisura quando ti vedranno biondo e con gli occhi verdi! – iniziò a vaneggiare Kuu, con occhi luminosi e pieni di orgoglio come ogni volta che parlava di suo figlio. – Il mio adorato Kuon è un ragazzo bellissimo e sono sicuro avrà orde di fan sfegatate che cadranno ai suoi piedi quando… -
- Papà! Abbiamo capito! – lo interruppe bruscamente Kyoko, livida di rabbia. Era un pensiero che aveva avuto anche lei. Di certo, il numero delle sue fan sarebbe cresciuto molto e la sua gelosia con loro.
- Non importa che aumentino o no, tanto sono solamente tuo. – la rassicurò lui come se le avesse letto nel pensiero e dandole un dolce bacio a stampo.
- Non devi fare queste cose in pubblico! – si lamentò la giovane, arrossendo in imbarazzo.
- Ma era solo un bacetto e poi non siamo in pubblico. – rise Kuon, trovando la mentalità dei giapponesi davvero strana sotto certi aspetti.
- Non farlo lo stesso! –
- Va bene amore. – rispose lui, dandole però un altro veloce bacio.
- Kuon! –
- Che c’è? –
- Mi stai prendendo in giro! –
- Non mi permetterei mai Kyoko-chan! –
- Non parlare come Corn! – protestò arrabbiata.
- Ma io sono Corn. – le ricordò divertito.
- Non quando fai così! –
- Così come? – continuò il ragazzo, sotto lo sguardo irritato di Kyoko.
Kuu e Julie si guardarono complici, sicuri che da quel momento in poi il loro Kuon sarebbe stato davvero felice grazie a quella benedizione di nome Kyoko che era entrata nelle loro vite.





Ma salve ^_^ finalmente ho scritto questa seconda parte *-* 
Non so dirvi se i personaggi sono/saranno OOC ma spero di essere rimasta più fedele possibile in base anche alle nuove situazioni. Il carattere di Julie mi è praticamente sconosciuto quindi abbiate pietà, ma la immagino un po' così XD
Per molti pezzi di questa storia mi sono basata su alcuni passaggi particolari del manga e che mi hanno dato molto da pensare. Non ho esattamente scritto su una mia fantasia, come invece è stato per la prima parte scritta mesi fa. Ho cercato solo di mettere un po’ insieme alcuni di quei pensieri ^_^ spero che il risultato vi piaccia alla fine.
Ah, piccola precisazione se può servirvi, sono passati circa sette mesi da quando Kyoko e Kuon stanno insieme, praticamente da quando la cugina Vera è venuta a trovare quest’ultimo. Kyoko ha 19 anni e sta per farne 20, diventando così maggiorenne ^_^
P.S. Amo tantissimo Kuu *^* 

Al prossimo capitolo :*
Baci Faby <3 <3 <3 <3

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Capitolo 2
*** Cap. 2 ***





La famiglia passò le ore successive a chiacchierare del più e del meno e, mentre padre e figlio si scambiavano pensieri sul prossimo film di Kuu, Kyoko e Julie si dilettavano ai fornelli per preparare la cena, poiché avevano dato la serata libera alla domestica. Anche se sarebbe stato più corretto dire che Kyoko insegnava alla madre acquisita a non dare fuoco alla cucina.
- Temo di aver bruciato i funghi. – borbottò dispiaciuta la donna, mostrando alla figlia i funghi quasi carbonizzati.
- Pazienza. Ne faremo a meno. – le sorrise comprensiva Kyoko, gettandoli nella pattumiera.
- Kuon ha ragione. Sono una frana in cucina. – piagnucolò Julie.
- Non dire così. Sono certa che c’è qualcosa che ti riesce bene. – provò a confortarla la ragazza.
- Veramente no. Brucio quasi tutto perché lo dimentico sul fuoco o dentro al forno. – ammise sconfortata.
- Hai mai pensato di usare il timer? –
- Sì, ma dimentico di impostare anche quello. –
- Ah capis… NO FERMA! Quello è il sale! – la fermò in tempo Kyoko, prima che lo usasse al posto dello zucchero nella torta che stavano preparando a Kuon. Quando aveva saputo che amava la Apple Pie, unico dolce che riusciva a mangiare da piccolo, si era subito proposta di preparargliela, ma Julie voleva aiutarla anche a preparare quella, disgraziatamente.
- Accidenti! Succede ogni volta! – brontolò Julie, prendendo lo zucchero stavolta.
“Ogni volta?” pensò preoccupata Kyoko, non osando immaginare cosa aveva dovuto ingurgitare Kuon da bambino.
Dopo la cena, preparata quasi totalmente da Kyoko, Julie e Kuu le mostrarono gli album di famiglia. Per la giovane attrice fu un tuffo al cuore rivedere il suo principe delle fate in quegli scatti. Osservava ogni foto come se fosse un prezioso oggetto e sorrideva intenerita a ogni immagine che lo ritraeva appena nato.
- Purtroppo non abbiamo avuto altri bambini, ma ci sarebbe piaciuta una famiglia numerosa. Per questo speriamo ci darete tanti bei nipotini dopo il matrimonio! – disse euforica Julie, non notando il viso di Kyoko oscurarsi improvvisamente.
Il termine “figli” era ancora un tabù per lei. Aveva superato tanti ostacoli, ma non quello peggiore: pensare di essere madre. Nella sua mente era inconcepibile ricoprire quel ruolo. Certo, le cose erano un po’ cambiate da quando aveva saputo perché era stata abbandonata a casa dei Fuwa, ma nei suoi pensieri era rimasta la convinzione che sarebbe stata un pessimo genitore.
- Cara, forse è ancora presto per parlarne. I ragazzi sono molto giovani e devono pensare prima alle loro carriere. – intervenne Kuu, che ben ricordava i pensieri della figlia. Era stata categorica quando ne avevano parlato casualmente anni prima. Lei non voleva figli e, a giudicare dall’espressione turbata del suo viso, le cose non erano cambiate.
“Quanto male ti ha fatto realmente quella donna?” si chiese Kuu, che non era mai riuscito a dimenticare le lacrime di dolore della ragazza quando gli aveva parlato del suo pessimo rapporto con la donna che l’aveva messa al mondo. Si chiedeva se suo figlio fosse al corrente dei pensieri della fidanzata ma ne dubitava, poiché non si era minimamente accorto del suo repentino cambio d’espressione.
- Già, è vero anche questo. Uffa! Vorrà dire che dovremo aspettare. – sospirò Julie, non accorgendosi della tensione che aveva creato.
Kyoko si sentì sollevata per esser stata tirata fuori da quella situazione dal padre. Non aveva davvero voglia di parlare di quell’argomento, ma sapeva che presto avrebbe dovuto farlo col futuro marito.

Quando ognuno si ritirò nella propria camera, Kyoko si stese sul suo letto, afflitta e pensierosa. Aveva rimandato quella questione per mesi, ma come poteva dire all’uomo che stava per sposare che aveva una paura folle di avere dei figli? Di non essere in grado di amarli perché non sapeva come si facesse? Di avere il terrore di ferirli con i suoi gesti e con le sue parole?
Ripensava anche alle parole di Kuu sul non avere bambini prima del matrimonio, per non danneggiare la sua immagine, ma quello non era nemmeno l’ultimo dei suoi problemi. Non la preoccupavano minimamente i chiacchiericci della gente o i problemi con la sua carriera. Era spaventata piuttosto da se stessa e da ciò che avrebbe potuto fare di sbagliato, che i suoi bambini potessero un giorno odiarla.
“Come vorrei poterne parlare con qualcuno, ma chi?” si chiese sconfortata.
Moko-san aveva tanti fratelli da cui cercava di stare lontana e chiedere a lei sarebbe stato inutile. Le avrebbe sicuramente detto che i bambini erano una sciagura a prescindere, quindi non era proprio la persona più adatta.
Il presidente, invece, le avrebbe sicuramente detto di metterne al mondo una dozzina senza pensarci su un attimo, perché più era numerosa la famiglia, più amore c’era.
I proprietari del Darumaya non avevano avuto figli e le sembrava fuori luogo parlarne con loro.
Sua madre era addirittura esclusa dall’elenco, in quanto la meno indicata a dare consigli su come allevare un figlio.
L’ultima persona che le veniva in mente era Julie, anche se non aveva ancora molta confidenza con lei, ma era la madre dell’uomo cui voleva tacere il problema. E se glielo avesse raccontato? La stessa cosa valeva per Kuu. Qualcosa sapeva, ma non conosceva quanto in realtà la cosa la terrorizzasse.
Presa com’era da quei pensieri, non sentì la serratura scattare mentre la porta, cui dava le spalle, veniva chiusa dall’interno.
- Non dirmi che già dormi. – la fece trasalire la voce di Kuon, dietro di lei.
- Kuon? Che ci fai qua? – chiese sorpresa, voltandosi nella sua direzione.
- Che domanda. Vengo a dormire qui con te. – rispose il ragazzo, stendendosi al suo fianco e baciandola velocemente sulle labbra.
- Se papà ti trovasse qui, sarebbero guai! Torna nella tua stanza! – gli intimò, preoccupata che il padre si accorgesse della sua presenza lì.
- Non mi va di dormire da solo. Non ci sono più abituato. – protestò lui, abbracciandola possessivo e spostando poi una mano sotto la camicia da notte della ragazza, risalendo fino alla coscia destra.
- Ma gli abbiamo promesso di aspettare fino al matrimonio. – rispose imbarazzata, fermando la sua mano già vicina all’orlo dello slip.
- Io non ho promesso nulla. – precisò malizioso, iniziando a baciarle sensualmente il collo, come piaceva a lei. Sapeva che quando lo faceva, le sue proteste svanivano come neve al sole.
- Così non vale… - sussurrò lei, piegando la testa per dargli maggiore accesso.
- In amore e in guerra tutto è lecito. – rispose Kuon, iniziando a morderle e succhiarle delicatamente la tenera pelle tra il collo e la spalla, attento a non lasciarle segni troppo visibili. Kyoko gemette arrendevole e lui seppe di averla avuta vinta.
 
Il suono del cellulare svegliò Kuon dal suo sonno. Aprì gli occhi e spense la sveglia prima che Kyoko si svegliasse.
“Sono già le sei? Accidenti!” si lamentò, stiracchiandosi piano. Aveva impostato la sveglia a quell’ora per tornare nella sua stanza prima che il padre si svegliasse e lo trovasse lì. “Mi sento come un adolescente che fugge dalla finestra prima che i genitori della sua fidanzata lo trovino nella sua camera.” sorrise tra sé. Non credeva che suo padre reagisse in quel modo. Aveva parlato di Kyoko come se fosse davvero sua figlia e la cosa, per la verità, non gli dispiaceva poi molto come voleva far credere. Sapeva che la sua fidanzata aveva bisogno di quanto più amore possibile, poiché conosceva le insicurezze che ancora si portava dietro per colpa della donna che l’aveva abbandonata. Nonostante si fossero chiarite anni prima, madre e figlia si vedevano molto raramente. Anche per le festività si limitavano a scambiarsi gli auguri via mail, soprattutto perché era Kyoko a cercarla. Saena Mogami non voleva essere madre e forse mai lo sarebbe stata.
E la cosa lo faceva infuriare. 
Kyoko non ne parlava mai, ma sapeva che ne soffriva. Lei sperava che diventando famosa, la madre l’avrebbe apprezzata almeno un po’, ma nulla era cambiato nonostante fosse diventata una delle attrici più richieste degli ultimi tempi.
Dopo aver concluso splendidamente il dorama del regista Konishi, quello in cui recitava nel ruolo di Sayuri e che stava per perdere a causa della sua gelosia, il pubblico si era innamorato definitivamente di quella ragazza che sapeva essere tanto spietata come Natsu, tetra come Mio, forte come Momiji, ma incredibilmente dolce come Sayuri. Vederla nei panni di una ragazza timida e innamorata aveva incrementato la sua popolarità e sempre più registi ne chiedevano la presenza in vari film. Il passo successivo, ne era sicuro, sarebbe stato quello di vincere il premio come migliore attrice dell’anno.
Era talmente piena di lavoro che a volte faticava a vederla giornalmente, se non sui set dove s’incontravano casualmente, oppure in mensa, durante le loro brevi pause. Quello era stato uno dei tanti motivi per cui le aveva chiesto di sposarlo così presto. Per farlo, però, aveva dovuto prima raccontarle del suo passato e di Corn, cosa che non aveva preso del tutto bene all’inizio. Anzi, in realtà era andata peggio del previsto visto che era scappata via in lacrime, ignorando le sue chiamate fino al giorno successivo, in cui lei si era presentata furibonda a casa sua per riempirlo di insulti per via di Corn, ma mai per le cose terribili fatte da Kuon. Era delusa solo per essere stata presa in giro riguardo al suo principe delle fate.
Spiegarle che non voleva rovinare i bei ricordi di quel bambino ancora “puro”, ai suoi occhi, non era stato facile, poiché Kyoko non vedeva nulla di sbagliato in ciò che lui le aveva raccontato su Rick e sulla sua adolescenza violenta. Lo aveva catalogato come “uno sfortunato incidente”, esortando anche lui a vederlo come tale.
“Cosa impossibile per me, ma almeno sto imparando a conviverci… grazie a te.” si disse, guardando la ragazza ancora beatamente addormentata al suo fianco e di cui era diventato piacevolmente dipendente.
Da quella confessione, il loro rapporto si era evoluto in qualcosa di molto più serio. Kyoko gli aveva dimostrato tutta la sua fiducia e il suo amore, diventando la sua donna a tutti gli effetti, rendendolo l’uomo più felice del mondo. E nonostante fossero passati due mesi da allora, lei continuava ad imbarazzarsi ogni volta che lo guardava nudo o viceversa. Fare la doccia insieme era sempre una sfida per lui, ma la sua tecnica di metter su il viso da cucciolo triste funzionava perfettamente per farla capitolare senza proteste.
Si era fermata spesso a dormire da lui e trovava che la parte migliore per cominciare la giornata fosse svegliarsi con Kyoko al suo fianco. Altra ragione in più per sposarla, poiché lei aveva rifiutato la convivenza pensando anche in quelle circostanze alle tradizioni, ed era certo che il proprietario del Darumaya non gliel’avrebbe neppure permesso, visto quanto gli era difficile anche solo portarla a cena senza beccarsi un suo sguardo carico di silenziose minacce.
“Chissà se ha dubbi quando lei gli dice che si ferma a dormire da Kotonami-san, ma in quel caso temo mi sarei già trovato uno dei suoi coltelli puntati al collo. Su questo, lui e papà andrebbero molto d’accordo.” ridacchiò.
Le spostò una ciocca di capelli cadutale sul viso, notando quanto fossero cresciuti da quando non li tagliava più. Era diventata molto più femminile, forse anche troppo per i suoi gusti, dato come la guardavano ogni volta i suoi colleghi. Tuttavia potevano solo guardare, poiché Kyoko era solamente sua.
- Kuon. - mormorò lei, aprendo gli occhi e guardandolo assonnata.
- Torna a dormire amore, è ancora presto. – le disse, baciandola sulla fronte prima di allontanarsi da lei.
- Allora perché ti stai alzando? –
- Perché non voglio che papà mi trovi qui. – le spiegò divertito.
- Mmmmh… - mugugnò contrariata.
- Ci vedremo tra qualche ora. – sorrise intenerito.
- Che ore sono? –
- Le sei passate. – rispose Kuon cercando i boxer e rivestendosi.
- Mi alzo anch’io allora. Voglio preparare la colazione a papà. – disse Kyoko, alzandosi a sua volta.
- A quest’ora? Lui non si alzerà prima delle otto. –
- Ti ricordi ancora la quantità di cibo che ingurgita? Non basterà certo fargli una frittata. –
- Allora vengo in cucina con te. –
- Non serve, anche perché non potresti essermi di alcun aiuto. Torna a dormire. Ti sveglierò quando la colazione sarà pronta. –
- Ma… -
- Non credi sarebbe sospetto se ci trovassero insieme a quest’ora? –
- Va bene ho capito, ma chiamami se avessi bisogno di una mano. –
- Lo farò. – rispose Kyoko, uscendo per prima dalla camera e scendendo giù in cucina, dove vi trovò Julie intenta a bruciare dei toast.
- Uffa! Mi sono allontanata un minuto! – sospirò la donna, gettandoli nella pattumiera.
“Questa donna brucia tutto ciò che tocca.” pensò sconfortata Kyoko.
- Buongiorno… mamma. – la salutò, ancora imbarazzata nell’usare quella parola con la futura suocera.
- Oh Kyoko! Per fortuna sei qui tesoro! Potresti aiutarmi con quelle uova? – le chiese Julie, mentre metteva altre fette di pane nel tostapane.
- Certo. – rispose l’attrice, guardando poi inorridita la ciotola con le uova già sbattute ma piene di gusci. Così, senza farsi notare, prese un colino per filtrare le uova, che versò poi in padella.
- Come mai ti sei alzata così presto? – chiese Julie, mentre raschiava una parte bruciacchiata dai toast appena fatti.
- Volevo preparare la colazione e sapendo quanto mangia papà, ho immaginato ci sarebbe voluto un po’ di tempo. –
- Pensavo ti avesse svegliata Kuon prima di sgattaiolare fuori dalla tua camera. – ridacchiò Julie, mentre il viso di Kyoko sbiancava terribilmente. – Tranquilla cara. Non lo dirò a Kuu, ma la prossima volta di’ a Kuon di non mettere la sveglia del cellulare così alta se non volete essere scoperti. –
- Scusaaaa! – piagnucolò Kyoko, gettandosi subito in ginocchio ai piedi della donna. - Scusami per questa mancanza di rispetto! Sono una persona pessima! Mi spiace davvero! – iniziò a scusarsi mortificata.
- Ma no! Non devi scusarti. Non la penso come mio marito. – la rassicurò Julie, facendola alzare.
- Mi spiace comunque aver trasgredito alla richiesta di papà. Non sono degna di considerarmi vostra figlia e capirò se non mi accetterete più come tale. – disse tristemente Kyoko, ancora troppo condizionata dai ricordi legati alla sua infanzia, cosa che Julie intuì subito.
- Non dirlo nemmeno! Non si smette certo di amare un figlio per tali stupidaggini, anzi, nulla fa smettere un genitore di amare il proprio figlio. –
- Ci sono però genitori che non amano i propri figli. – rispose l’attrice, con espressione addolorata.
- Tesoro, chi non ama i propri figli non può essere considerato genitore. – le disse Julie, abbracciandola. – Una madre inizia ad amare da subito la creatura che le cresce nel grembo. Se ciò non accade, non dipende da quella creatura, ma da quella donna che non è portata a essere madre. – le spiegò, sentendola singhiozzare in silenzio contro la sua spalla. – E sai una cosa? Non serve nemmeno che quel figlio abbia lo stesso sangue dei genitori per essere amato. Si è genitori quando si ama il figlio che si stringe tra le braccia, così come io e Kuu amiamo te. – concluse la donna, stringendola maggiormente a sé.
- Grazie mamma. – la ringraziò Kyoko, felice di quelle parole e di quell’abbraccio pieno di amore che aveva sempre desiderato da bambina.
- Ora basta piangere o Kuon mi sgriderà se ti vedrà con gli occhi rossi. Prepariamo la colazione per i nostri uomini speciali. – le sorrise Julie, sciogliendo piano l’abbraccio e asciugandole le lacrime.
- Va bene. – sorrise di rimando la giovane, sentendosi felice come mai, ma quell’argomento intrapreso con la donna le fece ricordare i suoi terribili dubbi. – Posso chiederti una cosa? –
- Certamente. –
- Come si fa a diventare una brava madre? Cosa bisogna fare per farsi amare come genitore? –
Julie osservò Kyoko qualche istante prima di capire cosa la ragazza le avesse chiesto.
- Che domanda difficile mi fai. Non ci sono delle istruzioni che t’insegnano come diventare genitore. Io non sono stata certo una madre esemplare per Kuon, ma nessuno può mettere in dubbio il mio amore per lui, nonostante i miei errori. Tutti commettiamo degli sbagli, l’importante è sapervi rimediare. Non credo esistano dei genitori davvero perfetti, se è questo che mi chiedi. Come ti ho detto prima, si è genitori quando si ama i propri figli, quindi credo sia quella la base per essere una buona madre. – le spiegò Julie, osservandola pensierosa.
- Quindi basta che io ami mio figlio per essere una brava madre? – rifletté Kyoko ad alta voce.
- Aspetta… tuo figlio? Sei incinta? Sto per diventare nonna? – stridulò Julie, emozionata e preoccupata allo stesso tempo. Non le sarebbe dispiaciuto avere un piccolo Kuon o una piccola Kyoko a sgambettare per casa ma Kuu aveva ragione, i suoi figli erano ancora troppo giovani per avere un bambino.
- Cosa? ASSOLUTAMENTE NO! – urlò sconvolta Kyoko in risposta. Come poteva anche solo pensare una cosa così terribile?
- Ma hai parlato di tuo figlio, così ho pensato che… -
- No no mamma. Stavo solo pensando a quando avrò dei figli. Anche se non sono tanto sicura che ne vorrò un giorno. – ammise finalmente con la donna.
 - Perché non dovresti volerne? – chiese perplessa.
 - Perché non so se sarò in grado di amarli. Ho paura di essere come mia madre. Non sono stata un membro della Love Me senza motivo. –
- Che sciocchezza! Tu non sei tua madre e ti ricordo che non sei più un membro di quella sezione stupida da parecchi mesi! –
- Ma… -
- Niente ma! – la interruppe severa Julie, per poi addolcire il tono. - Ascolta Kyoko, avere paura e porsi delle domande è normale. Mi sono fatta le tue stesse domande quando ho saputo di aspettare Kuon ma quei dubbi sono spariti il giorno in cui me lo hanno messo tra le braccia. In quel momento ho capito che Kuon era la mia vita, il mio più grande amore e niente e nessuno avrebbe potuto cambiare ciò. Ho imparato a essere madre quando è nato e vedrai che sarà lo stesso per te quando avrete il vostro primo figlio. -
- Pensi davvero io possa essere una buona madre? – domandò Kyoko, con una piccola nuova speranza nel cuore.
- Non lo penso. Ne sono certa! – affermò la donna, sorridendole rassicurante.
- Spero di essere come te allora. – dichiarò Kyoko, che davvero vedeva in Julie la madre che avrebbe voluto.
- Oooh tesoro! – piagnucolò Julie, abbracciandola nuovamente. Era davvero commossa da quelle parole che non pensava nemmeno di meritare.
- Che succede qui? – domandò stordito Kuu, entrando in cucina e trovando le due donne abbracciate e in lacrime.
- Kuu, amore, abbiamo una figlia assolutamente meravigliosa! – gli disse Julie raggiante, dirigendosi da lui e abbracciandolo. – Grazie per averla portata nelle nostre vite! –
- Non vorrei contraddirti cara, ma il merito è di Kuon, non mio. – la corresse Kuu.
- Ma non avrei iniziato a vedervi come miei genitori se non mi avessi fatto recitare il ruolo di Kuon. – precisò Kyoko.
- Giusto anche questo. Comunque sia, perché stavate piangendo? È successo qualcosa? –
- Assolutamente no. Stavamo solo facendo due chiacchiere tra madre e figlia mentre prepariamo la tua colazione preferita. – rispose Julie, spostando l’attenzione del merito sul cibo, così da non fare altre domande su cui, era certa, Kyoko non avrebbe voluto rispondere volentieri.
- Frittata ricca di calcio? – scherzò l’uomo, conoscendo la cucina della moglie.
- Non oggi papà, mi spiace. Sarà una semplice frittata. – rise Kyoko, ritornando a preparare le uova.

Dopo l’abbondante colazione, più di Kuu che degli altri presenti, Julie portò Kyoko con sé per fare shopping. Non si sarebbe fatta sfuggire una giornata con la figlia per nulla al mondo. E quale modo migliore per farlo se non andando in giro per negozi?
Nonostante le reticenze della ragazza, Julie le aveva comprato un intero guardaroba nuovo, insistendo sul fatto che, in quanto sua madre, le spettava farle dei regali per tutti i Natali e compleanni in cui non aveva potuto farglieli. Con quella scusa, aveva finito anche per acquistarle dei set di biancheria intima che Kyoko trovava quasi scandalosi, ma che per Julie sarebbero stati molto graditi al figlio.
Trovarsi a parlare con la futura suocera di argomenti simili, era per Kyoko motivo di grande imbarazzo ma la madre faceva apparire tutto come la cosa più normale del mondo. La mentalità di un occidentale, si ritrovò a pensare la ragazza, era davvero diversa dalla sua, alla quale provò ad adeguarsi come poteva.
Tornarono a casa nel tardo pomeriggio, cariche di sacchetti e sacchettini dalle firme più disparate. Dire che era stanca non rappresentava appieno lo stato fisico – e mentale - di Kyoko.
- Sono distrutta! – piagnucolò gettandosi sul letto, mentre Kuon ridacchiava divertito. Sapeva sarebbe finita in quel modo quando sua madre aveva “preso in ostaggio” la sua fidanzata per fare shopping. Ricordava ancora i tormenti di quando era piccolo e lo trascinava con sé per negozi.
- Forse avrei dovuto avvisarti che mia madre non si stanca mai quando fa compere. Mi spiace. – si scusò, mentre massaggiava le gambe e i piedi doloranti di Kyoko.
- Temevo sinceramente che sarei morta. Trovava qualcosa da comprarmi in ogni negozio. Incredibile! –
- Dal numero delle buste, devono essere parecchi vestiti. – disse perplesso, osservando una trentina di buste ai piedi del letto.
- Non sono tutti vestiti. – lo corresse Kyoko, per poi mordersi la lingua. “Spero non chieda cosa sono le altre cose!”
- E cos’altro avete preso? – domandò incuriosito.
“Ecco, come non detto…” pensò Kyoko, per poi rispondere con un vago: - Beh… accessori vari, sai… -
- Oh. Tipo? –
- Tipo cinture, calze, intipfst, bracciali, scarpe… -
- Non ho capito la terza cosa che hai detto. – disse perplesso.
- Bracciali? –
- No, prima di quelli. –
- Calze? –
- No, dopo le calze. –
- Non ricordo… - mentì, sperando la smettesse di fare domande. Non voleva indossare i babydoll corredati di succinti perizomi che la madre le aveva acquistato, o quei completini in pizzo completamente trasparenti. Si vergognava solamente a guardarli sui manichini, figurarsi indossarli.
- Davvero? – rise malizioso Kuon, avendo già intuito cosa fosse l’oggetto di cui non voleva parlare. – Allora non ti spiace se do un’occhiatina. -
- No! Non voglio! – esclamò Kyoko, saltando giù dal letto e dimenticando la stanchezza.
- E perché no? Sono solo vestiti e accessori. –
- Perché… Voglio sia una sorpresa quando li vedrai! – mentì.
- Quindi stanotte ti troverò con una di quelle sorprese addosso? – chiese con tono seducente, che fece intuire a Kyoko che il suo fidanzato aveva già capito tutto.
- No, scordatelo! Non metterò mai quella roba! Non siamo ancora neppure sposati! – protestò mentre arrossiva violentemente.
- E allora? Sei per caso pentita di ciò che facciamo anche se non siamo sposati? –
- Certo che no, però… -
- Però cosa? Kyoko, sinceramente non capisco perché ti fai tanti problemi. Non è un contratto a renderti più o meno rispettabile nel fare l’amore con l’uomo che ami. E comunque la gente non sa certo cosa facciamo nel nostro privato. –
- Tua madre lo sa. –
- Cosa? Glielo hai detto tu? – domandò sorpreso.
- Ovviamente no! Ha sentito il suono della tua sveglia questa mattina. Perché pensi mi avrebbe comprato tutti quei completini indecenti altrimenti? –
- Completini indecenti? Mi piace come suona. –
- Kuon! –
- Che c’è? – chiese con aria innocente.
- Quanta pazienza ci vuole con te! – sospirò la giovane, che di certo non credeva che dietro l’aria sempre composta e rispettabile di Ren Tsuruga, si nascondesse un simile temperamento. Non che le dispiacesse alla fine.
Anche se i suoi modi di fare spesso la imbarazzavano, doveva ammettere che sentirsi così desiderata da un uomo bello come lui la faceva felice. Per Shotaro era insignificante, mentre per Kuon era tutto il contrario. Si era perfino convinta di essere una bella ragazza a dispetto di ciò che pensava.
- Spero tu ne abbia tanta allora. – mormorò Kuon al suo orecchio, prendendola tra le braccia.
- Tutta quella che sarà necessaria. – rispose lei poco prima che le loro labbra si unissero, e già sapeva che lo avrebbe atteso nuovamente nel cuore della notte con uno di quei completini succinti che la madre le aveva regalato.








E sarà l'influenza delle ff straniere che leggo o la mia mente deviata  XD ma Kuon, felice e senza pensieri, lo immagino più o meno come l'ho descritto XD sempre pronto a stuzzicare Kyoko in qualche modo XD 
Un punto su cui ho voluto spendere qualche parola in più (anche in altri capitoli futuri) è il "non" rapporto di Kyoko con la madre, con successivi pensieri negativi sulla sua futura maternità. Dubito che una persona sana di mente possa dare un colpo di spugna a tutto il passato solo perché le è stato detto  "Ah beh sai, sei un errore, non ti volevo e ho provato a non farti nascere perfino tentando il suicidio, ma la colpa è del tuo papà cattivo cattivo". Non credo che nessuna/o figlia/o riuscirebbe a dimenticare, come se non fosse successo nulla, soprattutto con una madre fredda come Saena che di certo non proverebbe nemmeno ad avvicinarsi alla figlia. Ditemi pure rompiballe perché mi perdo troppo nell'analizzare psicologicamente i personaggi di un manga XD ma son fatta così XD 
Al prossimo capitolo se volete. 
Baci Faby <3 <3 <3 <3 
 

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Capitolo 3
*** Cap. 3 ***







Le settimane erano volate e le vacanze erano finite. Erano tornati a Tokyo, alla loro quotidianità e ai propri lavori.
I giorni passati con Kuu e Julie erano stati per Kyoko un vero toccasana. Sentirsi amata in quel modo, vedere i loro gesti affettuosi nei suoi confronti, le faceva ben sperare di avere una famiglia tutta sua un giorno. Pian piano iniziava a convincersi che amare ed essere amata non era una cosa tanto impossibile per lei. Le avevano anche promesso che si sarebbero visti molto presto sia per festeggiare il suo compleanno e il Natale, sia perché avrebbero discusso con Lory per la preparazione delle nozze.
Con stupore di tutti, il presidente Takarada si era fatto carico di tutto ciò che riguardava il matrimonio. Avrebbe pagato tutto lui per i suoi “figli speciali” poiché ne era stato, come si definiva lui, il Cupido. Lei e Kuon avevano provato a protestare ma Lory non aveva accettato un no, nemmeno da Julie e Kuu.
Quanto doveva a quell’uomo bizzarro che le aveva cambiato la vita? Aveva fatto così tanto per lei e Kuon che non le sarebbe bastata una vita per ricambiare. Se non fosse stato per lui, non osava nemmeno immaginare cosa ne sarebbe stato del suo Corn.
Era ancora così strano pensare che il suo amico d’infanzia, colui che le aveva dato la forza per andare avanti grazie alla sua pietra, fosse l’uomo di cui si era perdutamente innamorata anni dopo, nonostante i suoi propositi. Kuon non era una fata, tuttavia, il loro incontro era stato magico e sicuramente scelto dal destino.
A ben pensare, doveva ringraziare anche quell’asino di Shotaro, perché senza il suo egoismo non avrebbe mai deciso di entrare alla LME, in cui aveva ritrovato Corn. E mentre giungeva al parcheggio sotterraneo della TBM, in cui aveva appena finito le riprese di Yappa Kimagure Rock, dove aveva mantenuto il ruolo di Bō, come se fosse stato evocato da un incantesimo - più come una maledizione, pensò Kyoko – il suddetto cantante le apparve dinanzi con aria furente.
- Dove accidenti sei stata in queste settimane? E soprattutto con chi? – ringhiò Sho, che l’aveva cercata incessantemente per giorni. Il quinto giorno, in cui il suo cellulare risultava ancora spento, era andato a cercarla al ristorante dove viveva, ma i proprietari gli avevano detto che si era presa una vacanza ed era andata negli Stati Uniti. Qualche giorno dopo, durante un servizio fotografico, aveva sentito due modelle parlare di quell’idiota di Tsuruga e del fatto che girava voce fosse andato in qualche parte dell’America per una vacanza. Mettere le due cose insieme non era stato difficile, così l’aveva aspettata alla TBM, poiché gli avevano detto che sarebbe stata lì quella sera.
- Ciao anche a te Shotaro. Educato come sempre vedo. E comunque non sono affari tuoi. – rispose Kyoko, totalmente indifferente alla vista del ragazzo. Un tempo, invece, la sua sola presenza l’avrebbe fatta andare su tutte le furie.
- Invece sono affari miei! Dove sei stata? –
 - Non vedo perché dovrebbe interessarti, comunque mi sono presa una vacanza. Soddisfatto? Ora ti saluto perché ho molte cose da fare. – affermò l’attrice, tentando di andar via, ma lui la bloccò afferrandola per un braccio.
- In vacanza con chi? Eri con Tsuruga, non è vero? –
- E allora? – domandò annoiata.
- Non lo neghi quindi! –
- Ti ho già detto che ciò che faccio e con chi lo faccio non è affar tuo! Ora lasciami. – cercò di divincolarsi lei, ma senza riuscirsi.
- Ti sei innamorata davvero di lui? Che delusione! Lo dicevo che sei anche tu come quelle stupide donnicciole che cascano ai suoi piedi solo per uno dei suoi falsi sorrisi! Ma questo torna utile, sai? Hai perso la scommessa, quindi mantieni fede alla tua promessa tornando a casa e diventando la mia serva per il resto della tua vita! – ghignò soddisfatto Sho, ormai convinto di avere la vittoria in tasca. Kyoko sarebbe ritornata ad essere sua e presto avrebbe dimenticato quell’attore da strapazzo.
- Non ho perso un bel niente invece. E poi di quale casa parli? La tua? – rise ironica. - Hai iniziato a pagarla finalmente con i tuoi soldi oppure pretendi sia nuovamente io a pagartela? – lo prese in giro, lasciandolo sorpreso per la sua estrema calma. Si aspettava urla e proteste, invece appariva fin troppo tranquilla, perfino nel rinfacciargli i suoi sbagli.
- Non ho bisogno sia tu a mantenermi stavolta. Ho commesso questo errore già una volta e non lo ripeterò. – sostenne il ragazzo.
- Oh! Questo sì che è uno scoop! “Il grande Sho Fuwa ammette di aver sbagliato nel farsi mantenere da un’ingenua ragazza che credeva di amarlo.” È già un passo avanti, sai? – ridacchiò nuovamente.
- Piantala con questo stupido cinismo! E poi che significa che ‘credevi di amarmi’? Stravedevi per me! – sbottò irritato.
- E tu ne hai approfittato. Ero solo una ragazzina che non aveva mai ricevuto amore nella sua misera esistenza e che aveva scambiato quelle poche attenzioni che mi davi per qualcosa di più. Ora conosco la differenza. –
- Oh, ma davvero? E sarebbe stato Tsuruga a fartela conoscere? – domandò furente Sho, stringendole il braccio.
- Sho lasciami! Mi stai facendo male! –
- Rispondi prima alla domanda che ti ho fatto! – insisté il giovane, prima di sentire una mano stringere con forza il suo polso.
- No. Non è stato Ren Tsuruga a fargliela conoscere, ma io. E ti consiglio di lasciarle subito il braccio se non vuoi che ti spezzi la mano. – intervenne un ragazzo alto e biondo, dall’aspetto e la voce a Sho familiari.
- E tu chi accidenti saresti? – chiese il cantante, lasciando nolente la presa sul braccio di Kyoko. La minaccia di spezzargli il polso non era infondata, poiché quel tipo glielo stava quasi stritolando.
- Te l’ho appena detto Fuwa-san. Sono l’uomo che le ha fatto conoscere il vero amore. – sorrise gentilmente lo straniero biondo, ricordandogli lo stesso terrificante falso sorriso di Tsuruga.
- Tu… sei forse… -
- Ascoltami bene Fuwa, perché te lo dirò una volta soltanto… – esordì Kuon, cambiando completamente tono ed espressione, che divennero più ostili e minacciosi che mai, mentre puntava gli occhi in quelli del cantante. – Stai lontano da Kyoko. Non voglio mai più vederti ronzarle attorno. Non chiamarla, non cercarla e soprattutto non toccarla. Non hai più alcun posto nel suo cuore. Non ti ama e non ti odia, le sei totalmente indifferente, quindi sparisci dalle nostre vite e tornatene a fare ciò per cui l’hai abbandonata, ovvero la tua musica. Sono stato chiaro? – lo avvertì, stanco di ritrovarselo sempre tra i piedi.
Erano quasi le ventidue e stava aspettando Kyoko in macchina, di fronte al parcheggio della TBM, come avevano concordato. Poiché era buio, aveva tolto la parrucca e le lenti a contatto, così come faceva da quando erano tornati dalle vacanze. A breve, avrebbe rivelato al Giappone la sua identità, quindi aveva smesso di tingere i capelli, prima di diventare calvo come gli aveva detto Jelly.
Aveva visto uscire i fratelli Ishibashi ma di Kyoko non vi era ombra. Impensierito, aveva deciso di andare a vedere cosa la stava trattenendo, passando dal parcheggio sotterraneo per evitare troppi sguardi e quando la voce della fidanzata lo raggiunse, insieme a quella dell’uomo che più odiava, corse in suo soccorso.
- Perché, altrimenti che fai gaijin*? – lo sfidò il cantante, ghignando malignamente e osservando le sue fattezze, che di asiatiche avevano ben poco e non certo per via di qualche trucco di scena. Quello che aveva di fronte a sé doveva essere il suo vero aspetto. “Ecco perché non mi è mai piaciuto! È un tipo pericoloso. Chi diamine è davvero questo tipo?” pensò Sho, che vide chiaramente le scintille di rabbia negli occhi dell’attore. Doveva allontanarlo da Kyoko il prima possibile.
- Sho! Non essere maleducato! – intervenne Kyoko che, come Sho, aveva notato l’espressione truce di Kuon al suono di quella parola.
- Kyoko, vieni via con me! Sarai in pericolo se continuerai a stare con un tipo come lui! – provò a farla ragionare il cantante.
- Un tipo come me? E dimmi Fuwa, che tipo sarei? – domandò Kuon, fronteggiandolo ancora più minaccioso. Avrebbe preferito rompere subito la faccia a quel moccioso arrogante, ma aveva deciso di provare prima con le buone, così da non creare scandali vista la sua delicata situazione, però l’idiota ossigenato se la stava proprio cercando e lui non godeva di molta calma quando toccavano il tasto delle sue origini.
“Non va affatto bene! Si sta arrabbiando troppo!” notò preoccupata Kyoko, che non avrebbe saputo come fermare una lite tra i due, quindi decise di intervenire.
- Ren, ti prego, vai in macchina e aspettami lì. Ti raggiungo subito. – gli chiese, frapponendosi tra i due prima che fosse troppo tardi e la sua vera identità fosse sbattuta in prima pagina per aver picchiato quello stupido asino.
- E lasciarti da sola con questo moccioso? Stai scherzando spero! –
- Non sto affatto scherzando. - rispose, guardandolo seriamente e sperando si calmasse, ma non ottenne risposta. – Kuon, per favore. Fammi parlare con lui e ti raggiungo subito. – lo implorò nuovamente, sussurrando piano il suo nome per non farlo sentire a Sho.
Facendo un profondo respiro, Kuon provò a calmarsi, notando soprattutto lo sguardo preoccupato di Kyoko. Non voleva che finisse come con Murasame, ma era più forte di lui; odiava Fuwa con tutte le sue forze. Lo aveva sempre odiato, anche quando erano piccoli e sentiva decantarne le lodi da Kyoko, peccato che fosse così imbecille da non saperla neppure consolare quando piangeva.
- Ti aspetto dove posso vederti. Non impiegarci troppo. – acconsentì infine, osservando però Sho, come a volergli ricordare che lo teneva d’occhio.
- Va bene. Farò presto. – lo rassicurò.
Mentre l’attore si allontanava di qualche passo, Sho prese subito la parola.
- Mi spieghi che ci fai con uno come quello? Uno straniero poi! Sei del tutto impazzita? –
- Non è giapponese, e allora? Non vedo dove sta il problema. Lo amo e lui ama me, quindi non capisco perché non dovrei stare con lui. –
- Amore? Vuole solamente approfittarsi di te, razza di scema! Hai dimenticato tutte le donne che si dice siano passate nel suo letto? Scommetto che ti ha già abbindolato per fare lo stesso con te e poi mollarti come uno straccio usato! – sputò con rabbia al solo pensiero che Kyoko fosse di altro uomo.
- Credo tu lo abbia confuso con te. Sei tu quello che mi ha usato e poi gettato via! – gli ricordò infastidita.
- Io non ti ho usato come un giocattolo sessuale! Ho avuto rispetto per te! –
- Solo perché mi trovavi… aspetta… com’è che avevi detto? Ah sì “una brutta, noiosa ragazza del paese, trasandata e per nulla attraente”, ricordi? Sono le esatte parole che dicesti a Shoko-san quel giorno. –
- All’epoca ero solo un ragazzino che non capiva nulla della vita! Ora sono cresciuto, così come te! –
- E cosa sarebbe cambiato in questi due anni? Sentiamo. – chiese incrociando innervosita le braccia.
- È cambiato che… ecco… io… - esitò imbarazzato. Non era certo così che immaginava di confessare il suo amore.
Kyoko notò Kuon osservarla, a qualche metro di distanza, con espressione funerea. Doveva sbrigarsi o sarebbero stati guai.
- Non ho tutta la serata. Se non hai nulla da aggiungere vado a casa. –
- A casa con lui? Non puoi vivere davvero con quel gaijin! –
- Smettila di chiamarlo così! E poi quando avrei detto che vivo con lui? Comunque mi spieghi perché accidenti mi stai facendo il terzo grado come un fidanzato geloso? Che diamine t’importa? – esplose irritata l’attrice, stanca delle domande dell’ex amico.
- Possibile tu sia così ottusa da non capirlo? Sono innamorato di te, cretina! – urlò frustrato, sentendo rimbombare la propria voce all’interno del parcheggio.
- Tu… Che? – domandò incredula, sgranando gli occhi.
- Ho detto che ti amo! Lo trovi così difficile da credere? –
- Assolutamente sì! – esclamò lei.
- Cosa? Perché? –
- Perché… perché sei Sho! L’unica persona che hai sempre amato è te stesso! – spiegò, ancora sconvolta dalle parole udite.
- Hai un’alta opinione di me! – protestò il giovane.
- La mia opinione è il risultato dei tuoi gesti! – affermò lei, mentre il cantante sbuffava.
- Possibile che dopo due anni, tu sia ancora arrabbiata per quella sciocchezza? Sono maturato adesso! Dammi una possibilità per dimostrartelo! – le chiese, sapendo di contare ancora qualcosa per lei, o non sarebbe rimasta a parlare con lui senza la presenza di quell’attore inutile.
- Spero davvero tu sia maturato ma non sono io la persona a cui dimostrarlo. –
- Ma è te che amo! –
Kyoko sospirò, cercando di calmarsi. Ciò che stava vivendo sembrava surreale. Shotaro innamorato di lei? Non lo avrebbe creduto possibile nemmeno tra un milione di anni.
- Mi spiace, ma io non amo te. Forse, un tempo, avrei dato tutto per questa tua dichiarazione, ma adesso è tardi. Sto per sposarmi, Sho. Non sono neanche più arrabbiata con te; semplicemente non ti amo. – gli confessò, poiché da tempo aveva dimenticato i rancori verso il ragazzo con cui era cresciuta.
- St-stai per… sposarti? – balbettò sconvolto. Non ne sapeva nulla. Non immaginava nemmeno che fossero fidanzati quando invece già parlavano di matrimonio.
- Sì. Mancano pochi mesi ormai. Come vedi, non vuole approfittarsi di me. –
- Stai per fare un grande errore! Quel pazzo farà di te la sua preda e ti mangerà in un sol boccone. Potrebbe essere un criminale, non lo capisci? Non vedi che espressione omicida ha? – tentò di convincerla.
- Hai visto troppi film. Non farebbe del male a una mosca. – “O quasi, se non viene provocato… “ si corresse mentalmente, ripensando al periodo in cui interpretarono i fratelli Heel. Capelli d’alga e Murasame-san rischiarono grosso all’epoca.
- Non lo conosci abbastanza da saperlo! -
- Lo conosco più di quanto tu creda. –
- Che vuoi dire? – domandò curioso il cantante.
- Saprai tutto su me e lui fra qualche giorno. Ci sarà una conferenza stampa al riguardo. Ora devo davvero andare. – provò a congedarsi, ma Sho la fermò nuovamente.
- Aspetta! Come può essere cambiato tutto così? Stravedevi per me! Hai passato anni a dire: “Sho di qui. Sho di lì. Dove starà Sho starò anch’io! Sho è il migliore del mondo!” Perché è cambiato tutto così in fretta? Solamente per quello che hai sentito quel giorno? – domandò il ragazzo, che aveva sempre sperato di poterla riconquistare.
- Non è stato per quelle parole. Ho solamente rincontrato il mio Corn, tutto qui. Buonanotte Shotaro. – gli sorrise dolcemente, senza rabbia o altri sentimenti negativi, mentre si allontanava per raggiungere Kuon, lasciandolo lì stordito.
“Rincontrato? Che significa? Lo conosceva già? E poi Corn… questo nome mi è familiare… “ rimuginò Sho, lasciando a sua volta il parcheggio sotterraneo.
Mentre tornava a casa, non riusciva a fare a meno di sentirsi in qualche modo tradito. Credeva di essere al primo posto per lei, di essere la ragione principale dei suoi pensieri, anche se per vendetta. In fondo, si ripeteva sempre, amore e odio erano sentimenti molto simili, quindi occupare i suoi pensieri significava avere sempre qualche ascendente su di lei, per tenerla legata a sé. Peccato che non avesse tenuto conto di quel maledetto di Tsuruga.
 “Ma non tutto è perduto!” ghignò, ricordando la scommessa.
 
Raggiunto il fidanzato, Kyoko avvertì la tensione regnare in auto. Kuon era arrabbiato. E tanto anche.
- Cosa vorresti mangiare stasera? – provò a chiedergli, per rompere il ghiaccio.
- Quello che preparerai andrà bene. – rispose distaccato.
- Pensavo di fare le cotolette di maiale, ma dovrei passare a comprarle. –
Kuon non rispose e guidò in silenzio fino a un konbini, dove si fermò senza aggiungere nulla. Kyoko sbuffò e scese per comprare ciò che le serviva per la cena, sperando che al suo ritorno lui avesse sbollito la rabbia, ma così non fu. Giunti al suo appartamento, la ragazza sbottò esasperata dal mutismo dell’attore.
- Si può sapere perché ce l’hai con me? –
- Non ce l’ho con te. – mentì, cercando di calmarsi per non litigare con lei. Non voleva certo ripetere la scenata fattale in albergo ai tempi dei fratelli Heel, ma detestava troppo Fuwa per stare calmo. Era rimasta l’unica cosa in grado di fargli perdere il senno. Bastava la sua sola presenza per mandarlo su tutte le furie, ed essere chiamato gaijin aveva aumentato il suo odio.
- Sì invece! Per quale motivo? – insistette lei.
- Non voglio parlarne. –
- Io invece sì! Perché sei così arrabbiato? -
- Perché sarei dovuto restare a rompergli i denti, invece di darti retta e lasciarti sola con lui! L’ho sentito quando ti ha detto che ti ama e che vorrebbe ritornassi da lui. Ce ne vuole di faccia tosta dopo quello che ti ha fatto! E poi di quale scommessa parlava? – si decise infine a chiedere, stanco di arrovellarsi il cervello per quella scommessa di cui era all’oscuro, ma di cui aveva capito da solo il contenuto dalle parole di Fuwa. Il solo fatto che lei potesse avere dei segreti con lui, lo irritava ancora di più.
- Se fossi rimasto a picchiarlo, avresti rovinato la tua reputazione. È così che vuoi presentare Kuon Hizuri ai tuoi fan? Sai che scandalo avresti creato? Hai lavorato duramente per scrollarti di dosso il passato e non posso permetterti di rovinare tutto, soprattutto a causa di Shotaro. È per questo che ti ho chiesto di lasciarci soli. Non m’interessa se dice che mi ama. Ho messo bene in chiaro come stanno le cose tra di noi, quindi non preoccuparti di quello stupido. –
Kuon storse il naso; lei aveva perfettamente ragione, tuttavia non si sarebbe pentito della soddisfazione di potergli togliere quello stupido ghigno che aveva perennemente stampato in faccia. Doveva smetterla di cercarla sempre e ovunque.
- E la scommessa? – tornò a chiederle, poiché non aveva risposto a quella domanda.
- La scommessa… ecco… non è nulla. Era una cosa stupida, nulla di più. – cercò di minimizzare, non sapendo come l’avrebbe presa.
- Voglio conoscerla lo stesso. – asserì contrariato.
- Uffa e va bene! Era riuscito a estorcermi la promessa che se mi fossi innamorata di Ren Tsuruga, nonostante il mio impegno di non innamorarmi più, sarei tornata a fargli da cameriera per il resto della mia vita. In teoria ha vinto lui, ma nella pratica ha perso visto che Ren non esiste davvero. – spiegò infine, sperando non si arrabbiasse.
- Come diavolo ti è saltato in mente di fare una scommessa simile? E se Ren Tsuruga non fosse stato il mio nome d’arte? Saresti ritornata da lui pur di rispettare la parola data? – chiese risentito.
- All’epoca non credevo certo che mi sarei davvero innamorata di te. O meglio, cercavo di non farlo. E comunque, a pensarci, già sapevo che era il tuo nome d’arte, quindi come scommessa non valeva fin da subito*. –
- Quindi ti sei presa gioco di lui? – chiese un po’ più tranquillo, avendo dimenticato che lei già sapeva del suo nome falso dai tempi di Dark Moon.
- Sì e no. Ero davvero convinta di non volermi innamorare di te. Ero troppo terrorizzata. Volevo in parte autoconvincermi che non lo avrei mai fatto, qualunque fosse stato il tuo nome. Poi Cain e Setsu hanno rovinato i miei piani. Quella scommessa l’ho persa solo contro me stessa alla fine. – disse quasi divertita dalla piega che avevano preso gli eventi.
- E ne sei pentita? –
- Assolutamente no. – gli sorrise, mentre lui la prendeva tra le braccia.
- Non voglio che ti avvicini mai più a Fuwa, tantomeno faccia scommesse assurde con lui. Intesi? – le chiese serio, allontanandola da sé per guardarla dritto negli occhi.
- Promesso. Non farò più alcuna scommessa. Per quanto riguarda il non vederlo, non posso garantirtelo, è lui che cerca sempre me. – rispose infastidita.
- Mi auguro per lui che abbia capito il mio avvertimento; non ce ne sarà un secondo la prossima volta. – chiarì e Kyoko sapeva che non scherzava affatto.
“Speriamo quello stupido stia alla larga allora.“ pensò preoccupata.
 
Da giorni, Shotaro rifletteva sulle parole che Kyoko gli aveva rivolto prima di andar via, ma più ci pensava, più non riusciva a comprendere dove e quando aveva conosciuto Tsuruga.
“Corn… mi ricorda solo quella stupida pietra che lei conservava come un tesoro. Ma cosa c’entra con quell’attore fallito?”
Stanco di pensarci, si convinse che alla fine poco importava. Lei aveva fatto un patto con lui ed era certo che, in un modo o nell’altro, lo avrebbe rispettato. La conosceva troppo bene e sapeva che era solita mantenere la parola data.
Fu un paio di settimane più tardi, a pochi giorni dal Natale, mentre assisteva incredulo alla conferenza stampa di cui lei gli aveva parlato, che Sho capì a cosa si riferisse quella sera al garage.
Ren Tsuruga, anzi, Kuon Hizuri, figlio di Kuu e Juliena Hizuri, raccontava al mondo intero non solo parte della sua vita passata, ma annunciava la sua vita futura al fianco di Kyoko Mogami, conosciuta a Kyoto quando lui aveva dieci anni e che aveva ritrovato alla LME, anche grazie ad una serie di fortunati eventi che avevano spinto la ragazza a far parte della stessa agenzia in cui lavorava lui.
“Bastardo! Si riferisce a me!” pensò il cantante, reprimendo l’istinto di lanciare il telecomando contro il televisore.
Stavano raccontando allegramente dei bei momenti vissuti tra le rive del ruscello vicino il suo Ryokan - cosa che lo imbestialì ancora di più - e di come lei avesse storpiato il nome Kuon in Corn, credendolo addirittura un principe delle fate per via dell’insolito colore di occhi e capelli per un giapponese.
“Davvero vomitevole! E poi dietro casa mia! Traditrice!”
Dopo l’annuncio delle nozze, che si sarebbero tenute a breve, i giornalisti non si fecero mancare l’opportunità di mettere in imbarazzo la coppia con le loro congetture, domandando se quel matrimonio così repentino, vista la loro giovane età, servisse per rimediare a una possibile gravidanza dell’attrice.
Al pensiero che Kyoko potesse essere incinta, il cuore di Sho si strinse maggiormente. Era già difficile accettare che non fosse più sua – in realtà non lo era mai stata per colpa della sua stupidità – e vederla non solo già sposata, ma anche con la sua famigliola felice, gli avrebbe dato il colpo di grazia.
Seppur imbarazzati, i due attori smentirono, asserendo che la loro scelta dipendeva solo dal voler passare più tempo possibile con l’altro, poiché troppo innamorati per restare divisi dal lavoro.
- Bleah! Che schifo! Sono davvero insopportabili! – sbottò il cantante, spegnendo nauseato la tv.
- Sho! Io la stavo guardando! – lo rimproverò Shoko, la sua manager.
- Allora riaccendila! Io me ne vado. Sono stanco di sentire tante stronzate! – brontolò, andando via sbattendo la porta dell’appartamento della donna.
Shoko alzò gli occhi al cielo, riaccese la tv e finì di guardare la conferenza. Vedeva Kyoko raggiante, con occhi luminosi e pieni di amore, e non poteva non notare quanto fosse splendida con quell’espressione, così differente da quella piena d’odio e risentimento che aveva conosciuto anni prima.
Le dispiaceva vedere soffrire Sho, sapeva che ne era innamorato, ma era arrivato tardi per capire quale tesoro si fosse fatto sfuggire a causa del suo egoismo. Qualcun altro aveva saputo apprezzare quella piccola pietra grezza, trasformandola poi in un prezioso diamante luminoso, perché era così che Kyoko appariva in quel momento mentre parlava del suo futuro marito e di come lo aveva conosciuto, era radiosa come mai.
- Sono contenta per te Kyoko-chan. – disse Shoko, rivolgendosi alla ragazza sullo schermo.
 
Sho camminava spedito e senza una meta precisa. Era furioso. Non aveva mai visto Kyoko così felice. Bastavano i suoi occhi a parlare, per dire al mondo quanto amasse l’uomo che le stava seduto accanto.
- Quello sguardo doveva essere rivolto solo a me! Dannazione! Mi hanno fregato entrambi! – imprecò, calciando con rabbia un piccolo espositore pubblicitario e facendo scappar via delle fan che stavano per chiedergli un autografo.
Credeva di poter tenere Kyoko legata a sé con quel patto. Aveva capito da tempo che quell’ingenua teneva troppo in considerazione il suo “rispettabile senpai”, per questo sperava di tenerla in pugno con quella promessa estortale con l’inganno, ma aveva perso lui, nonostante fosse stata lei a perdere. Kyoko si era innamorata del suo senpai, come temeva, ma non di Ren Tsuruga poiché, a conti fatti, Ren Tsuruga non esisteva, era Kuon Hizuri, quindi lui era automaticamente il perdente.
Quell’uomo oscuro non gli piaceva. Il suo sguardo, ogni volta che lo incrociava, appariva freddo e letale. Tuttavia doveva ammetterlo, quando guardava Kyoko, il suo sguardo cambiava. Forse la amava davvero ma era comunque dura da mandare giù. Probabilmente non avrebbe mai fatto il tifo per la durata di quel matrimonio, ma comprendeva che non c’era più spazio per lui nella vita della sua amica d’infanzia, quindi doveva farsi da parte una volta per tutte.
Suo malgrado, iniziava pian piano a comprendere cosa aveva provato Kyoko quando lui le aveva spezzato il cuore, poiché il suo si trovava nello stesso identico stato in quel momento.
Sentì vibrare il cellulare e, prendendolo con poca voglia, notò un messaggio di Mimori. Quella ragazza gli ricordava molto Kyoko quando ancora stravedeva per lui. Era sempre pronta a fare di tutto per compiacerlo. Per Sho, invece, era sempre stata solo un piacevole passatempo e nulla di più ma, dopo gli ultimi eventi, iniziava a pensare che fosse tempo di smetterla con quell’atteggiamento. Non voleva fare con Mimori lo stesso errore. Aveva detto a Kyoko di essere cambiato e lo avrebbe dimostrato allontanando la giovane bruna da sé per il suo bene.
Forse era giunto il momento di iniziare a valutare l’offerta di Shoko per un tour promozionale in giro per l’Asia. Anche la sua vita, come quella di Kyoko, aveva bisogno di una svolta, e il più lontano possibile da lei.
 
 
 


   
 
*Gaijin significa “persona esterna” e da quel che ho letto i giapponesi la usano per indicare in modo dispregiativo gli stranieri. Il termine corretto e neutrale sarebbe gaikokujin ovvero “persona di una terra esterna” quindi qualcuno che non è un nativo giapponese.
 
*Kyoko scopre da Reino, nel capitolo 99, che Ren è un nome d’arte. Sho le estorce la scommessa nel capitolo 191, quindi lei già sapeva che è un nome falso.
Sarebbe troppo sperare in una Kyoko meno tontarella di quello che appare e che ha fatto quella scommessa anche sapendo già che “Ren” non esiste? Sì lo so, è poco probabile sia tanto arguta e abbia fatto una promessa sapendo già di vincerla, lo ha detto senza pensare e quasi credendoci XD  ma lasciatemi sognare.

Spero il capitolo vi sia piaciuto ^_^ e se ci sono fan di Sho, preparatevi a rivederlo ^.^ 
Al prossimo capitolo :* grazie a chi legge e recensisce <3 
Baci Faby <3 <3 <3 
 


 

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Capitolo 4
*** Cap. 4 ***








Il giorno delle nozze era infine giunto.
Mentre l’Okami del Darumaya le sistemava il lungo velo, Kyoko si osservava incredula allo specchio. Con la bellissima acconciatura che le aveva fatto Jelly e con addosso l’abito con ricami e merletti vari che Julie aveva realizzato appositamente per lei, si sentiva davvero una delle principesse dei suoi sogni. Inizialmente, aveva pensato a un matrimonio tradizionale con il kimono, ma poiché nei templi erano ammesse poche persone e i loro invitati erano decisamente molti, alcuni dei quali stranieri, su consiglio del presidente Takarada avevano optato per un matrimonio in stile occidentale, e non poteva dire di esserne dispiaciuta alla fine, visti i risultati.
- Sei bellissima bambina mia. – asserì Julie, cercando di non piangere per l’emozione, cosa che non le riusciva molto bene.
- Grazie mamma. E grazie anche a te, Ten-san. Non sembro neppure io. – le ringraziò Kyoko, guardandole con immensa gratitudine. L’avevano resa stupenda per il giorno più bello della sua vita.
- Di nulla Kyoko-chan, ma attenta a non rovinare il mio lavoro come sta facendo Julie-san. – sbuffò Jelly, indicando gli angoli degli occhi della donna leggermente sbavati di nero e che continuava a tamponare senza sosta.
Kyoko sorrise commossa verso la madre acquisita. Julie le era stata accanto fino alla fine dei preparativi. Anche in quel momento speciale era con lei invece che con suo figlio. L’aveva aiutata nella scelta della nuova casa e dell’arredamento, l’aveva incoraggiata nei momenti di panico, le aveva dato tanti piccoli consigli, soprattutto le era stata vicino quando sua madre Saena le aveva detto che non sarebbe venuta al suo matrimonio perché in viaggio d’affari. Nemmeno in quell’occasione sua madre era presente, ma non ne era molto sorpresa e per fortuna aveva trovato qualcuno che la amava e la voleva come figlia, e questo era stato di grande aiuto per la ragazza, che non si sarebbe fatta rovinare quel giorno da niente e nessuno.
- La locanda sarà così vuota senza di te. Mi ero abituata ad averti in giro per casa. – confessò tristemente l’Okami del Darumaya. Si era affezionata molto a Kyoko e nonostante fosse felice per lei, non poteva fare a meno di provare un senso di nostalgia per la separazione.
- Non ho certo intenzione di abbandonarvi solo perché mi sposo, Okami-san. Verrò spesso a mangiare da voi con Kuon e a darvi una mano tutte le volte che potrò. – la rassicurò la giovane, abbracciandola.
- E noi che dovremmo dire? Siamo rimaste solo io e Chiori in quella dannata sezione! Senza di te dovremo fare il doppio del lavoro! – si lamentò Kanae, incrociando le braccia al petto.
- Non fare finta che t’importi solo dei lavori da ripartirci, Kanae-san. – intervenne Chiori, che ben conosceva lo stretto legame tra le due. - Mancherà anche a me riunirci tutte insieme durante le ore di pausa, ma suppongo potremo sempre organizzarci e vederci al di fuori della stanza della Love Me. –
- Certo che sì ragazze! L’essermi laureata da quella sezione non mi allontanerà dalle mie migliori amiche! – chiarì Kyoko, abbracciando anche loro.
- E staccati! A me non mancherà di certo essere assalita da questa specie di boa constrictor a tutte le ore del giorno! – affermò Kanae, fingendosi arrabbiata e uscendo di corsa dalla stanza per nascondere una piccola lacrima caduta contro la sua volontà,  ma che non sfuggì comunque a nessuno.
Kyoko non se n’era mai accorta, chiusa com’era nel suo dolore, ma era circondata da molte persone che l’amavano, che l’avevano sostenuta come una sorella e cresciuta come una figlia, nonostante non fosse loro compito; proprio per quel motivo, presenti al matrimonio vi erano anche i signori Fuwa, che parteciparono molto volentieri, e in fondo era quasi d’obbligo invitarli visto dove si stavano svolgevano le nozze. Il luogo lo aveva scelto soprattutto Kuon ma lei non poteva essere più d’accordo.

Era metà giugno e tra i boschi di Kyoto tirava un piacevole venticello fresco mentre Kyoko percorreva, incredibilmente emozionata, un sentiero coperto da petali colorati che conduceva al piccolo gazebo di rami in fiore dove Kuon l’aspettava.
Il suono del ruscello e del cinguettio degli uccelli aveva accompagnato i loro voti, per poi essere sostituito dal pianto di Julie e dagli auguri degli invitati.
Il ricevimento fu, come intuibile da tutti visto chi lo aveva realizzato, bizzarro ma al tempo stesso romantico. Lory, rispettando il tema naturale del luogo in cui si trovavano, aveva fatto disporre tavoli, sedie e panchine interamente in legno grezzo, perfino i sottopiatti erano ricavati da dischi di tronchi d’albero. Decorazioni di fiori, cuori e piccole sfere di vetro decorate scendevano delicatamente sui tavoli, sorrette da fili bianchi legati ai rami dei maestosi alberi che li circondavano. La luce, al calare del tramonto, era data da piccole luci a led attorcigliate ai tronchi e dalle numerose candele a forma di fata disposte sui tavoli. Anche i segnaposto erano a forma di fatine colorate, così come alcune piccole statue che circondavano la zona, ma Lory non si era limitato a quelle piacevoli decorazioni, in quanto aveva previsto enormi ali e ghirlande da far indossare, per la loro felicità, a tutti gli invitati, esclusi gli sposi, per i quali erano previste due corone in oro bianco al posto delle ghirlande. Aveva addirittura assunto degli attori, grandi e piccoli, vestiti da fate e che si aggiravano per i tavoli con le loro “magiche” bacchette, da cui saltavano fuori coriandoli colorati.
Kyoko era al settimo cielo. Amava ogni singola decorazione che la circondava, perfino le ali, anche se stonavano col suo abito ed erano scomode mentre stava seduta; la corona, poi, la faceva sentire davvero una principessa. Aveva abbracciato Lory profondamente grata per aver realizzato tutto con un tema che amava e che in parte rappresentava lei e il suo Corn. In verità, aveva passato numerose notti insonni conoscendo le idee improponibili di Takarada-san, temendo realizzasse, dato il luogo, qualcosa di assurdo in stile Libro Della Giungla, con tigri, lupi, scimpanzé, pantere o peggio ancora serpenti. Sarebbe stata una vera tragedia sia per lei sia per gli invitati.
- Quell’uomo è pazzo! – esclamò Kanae, avvicinandosi insieme agli altri amici al tavolo degli sposi - Ricordatemi di non accettare mai il suo aiuto per organizzare il mio matrimonio! – dichiarò inorridita dai bambini urlanti che le lanciavano continuamente addosso coriandoli. Oltretutto, la ghirlanda le stava facendo venire prurito sulla fronte, così la gettò infastidita in un angolo, insieme alle ali.
- Matrimonio? Moko-san, stai per sposarti? – esclamò emozionata Kyoko, con occhi luminosi, mentre l’amica le si sedeva accanto.
- Co-cosa? No, Mai! Dicevo per dire… - negò la ragazza, guardando per un istante in direzione di Yashiro, il manager di Kuon e a cui non sfuggì l’occhiata che si dettero i due.
“Ma guarda un po’. Mio caro Yukihito, si sono ribaltati i ruoli eh?” pensò Kuon, ghignando tra sé.
- Daiiii Moko-saaan! Sono o non sono la tua migliore amica? Dimmi la verità! Ti piace qualcuno? –
- E smettila di strillare così! Abbi un po’ di decoro almeno il giorno del tuo matrimonio! – la rimproverò Kanae, bloccandola con una mano prima che le saltasse addosso come suo solito.
- Parlare di decoro, in mezzo a tanti piccoli Campanellino che strillano e lanciano coriandoli in faccia alla gente, mi sembra poco indicato. - ridacchiò Chiori, che in realtà trovava divertente quell’ambientazione buffa.
- Tanta felicità! Tanta felicità! – esclamò l’ennesimo “fatino”, agitando la sua bacchetta verso Kanae e riempiendole i capelli di coriandoli. La suddetta, si voltò con sguardo omicida verso il bambino che pareva l’avesse presa di mira per tutta la serata, o almeno stando alle urla della ragazza mentre lo inseguiva per spezzargli la bacchetta tra gli invitati intenti a ballare.
- Qualcosa mi dice che si è arrabbiata davvero. – mormorò Chiori, mentre osservava incredula l’amica.
- Yukihito, non sarebbe meglio se andassi a prenderla? – gli chiese Kuon, ridacchiando.
- Eh? Perché dovrei farlo io? –
- Sono sicuro che tu sia il più indicato per calmarla. Sbaglio? – ghignò l’attore.
- Mmmh… ok. – rispose il manager, intuendo che Kuon era a conoscenza del suo interesse per Kanae. Non che volesse tenerglielo nascosto, ma si era fatto avanti da poco con lei ed era stato quasi un miracolo che avesse accettato di uscire con lui, visto il suo carattere difficile. Se Kyoko era restia ad innamorarsi, Kanae era ancora più restia a qualunque gesto affettuoso, quindi voleva andarci coi piedi di piombo nella relazione con lei, prima di renderla pubblica. “Speriamo che col tempo si ammorbidisca un po’.” pensò il giovane, osservando la ragazza sorridere soddisfatta davanti alla bacchetta rotta e al bambino in lacrime.
Quando finalmente il ricevimento si concluse, i neosposi poterono ritirarsi nella suntuosa suite in cui avrebbero trascorso la prima notte di nozze, in attesa del viaggio per la luna di miele.
Per loro iniziava una nuova vita come il Signor e la Signora Hizuri, una piacevole novità per Kyoko e un felice ritorno al proprio nome d’origine per Kuon.
 
I mesi trascorsero felici per i novelli sposi, almeno fino al giorno in cui Kyoko si ritrovò chiusa in bagno con un test di gravidanza in mano. Da circa tre mesi aveva interrotto l’uso della pillola senza dirlo a Kuon per fargli una sorpresa, quindi sapeva che, prima o poi, sarebbe accaduto ma sperava di poter avere un po’ più di tempo per prepararsi mentalmente a dare al marito ciò che tanto desiderava.
Kuon non pensava ad altro. Da quado si erano sposati parlava di bambini nonostante la loro giovane età e lei non se la sentiva di esporgli i suoi timori. Le avrebbe sicuramente detto che poteva aspettare che fosse pronta, ma lei non voleva essere tanto egoista. Sebbene ne avesse parlato con Julie tempo prima, perdurava in lei quel senso d’inadeguatezza a essere madre. Osservò nuovamente lo stick e fu felice della momentanea assenza di Kuon, lontano per un paio di settimane per le riprese di un film, perché così non avrebbe visto la sua espressione cupa.
Passò i due giorni successivi a rimuginare e ad auto-convincersi di ciò che Julie, Kuu e perfino Moko-san le avevano ripetuto senza sosta mesi prima: Lei non era sua madre. Tra l’altro, pensava che l’odio di Saena nei suoi confronti fosse più che giustificato, mentre lei non aveva motivo per odiare il bambino che aspettava da Kuon. Loro si amavano, erano legalmente sposati, avevano un matrimonio felice, a lei piacevano i bambini, la loro carriera non correva alcun pericolo, avevano un generoso conto in banca, quindi non vi era alcun motivo per cui preoccuparsi per la nascita di quel bambino.
Lei voleva quel bambino.
- Ok, ora devo solo convincermi davvero delle cose che ho appena pensato! Io e Kuon ci amiamo! Siamo felici e il nostro bambino sarà felice! È semplice, no?” - si disse, provando ad infondersi coraggio.
Troppo spesso, le sue insicurezze la portavano a temere che Kuon potesse stancarsi di lei, nonostante lui le ripetesse quanto unica e speciale fosse. Aveva provato a lottare contro quelle assurde paure, ma era più facile a dirsi che a farsi e quella gravidanza l’avrebbe messa a dura prova. Se c’era, però, una cosa a cui Kyoko non avrebbe mai rinunciato, era lottare. Non si era mai arresa davanti a nulla e non avrebbe iniziato in quel momento. Sarebbe stata una buona madre, magari non la migliore, ma sicuramente una madre amorevole.
Con quella nuova convinzione, che sperava di non perdere cinque minuti dopo, visto il suo umore altalenante a causa anche degli ormoni, attese il ritorno del marito per dargli la notizia. Voleva fosse una sorpresa, ma soprattutto aveva bisogno di abituarsi in solitudine a quell’idea.
 
Kuon osservava spaesato la moglie mentre cucinava il pranzo come se nulla fosse.
In quei giorni, lontano da lei, si era detto che la prima cosa che avrebbe fatto, appena tornato a casa, sarebbe stata abbracciarla e portarla nella loro camera per recuperare il tempo perduto. Era la prima volta che si separavano da quando stavano insieme come coppia e non credeva che Kyoko potesse mancargli tanto in sole due settimane. Peccato che i suoi piani fossero stati rovinati dalle proteste della ragazza, che era sgusciata subito via dalle sue braccia con la scusa di dover preparare il pranzo.
Trovò quel comportamento molto strano visto che ogni sera, da quando erano sposati, al suo ritorno a casa lei lo accoglieva abbracciandolo e baciandolo come se non lo vedesse da giorni, quado invece erano passate meno di dodici ore.
“Adesso che non mi vede da due settimane, non dice nulla? Non mi ha nemmeno dato un vero bacio.” rimuginò Kuon, rimasto deluso dal veloce bacio a stampo e uno sbrigativo “Bentornato”.
Tornato in soggiorno, dopo la doccia, sentì Kyoko bisbigliare dalla cucina, sicuramente al telefono con qualcuno, così si nascose per ascoltare, sbirciando quanto possibile oltre la porta senza farsi notare.
- No, Moko-san, non gliel’ho ancora detto. Sto cercando un modo per spiegargli perché gliel’ho tenuto nascosto. – rispose con tono preoccupato, mentre poggiava il cellulare tra l’orecchio e la spalla per liberare le mani e controllare la teglia nel forno. Voleva raccontare al marito delle sue paure; sentiva di doverlo finalmente fare, ma non sapeva da che parte iniziare per non sembrargli una vera stupida. – Lo so, ma potrebbe anche arrabbiarsi o sentirsi ferito. Senza contare che in questi giorni ho fatto tutto di nascosto mentre non c’era. – sospirò, ascoltando le parole d’incoraggiamento della sua amica.
Kuon la osservò con cipiglio. Cosa gli stava nascondendo di così grave che potesse farlo arrabbiare? Era forse il motivo del suo strano comportamento? Tornò a prestarle attenzione quando la sentì parlare nuovamente.
- Già, è vero. Comunque è stata la prima volta che un altro uomo mi ha vista in quel modo. Quando mi ha detto di togliere gonna e slip, ero imbarazzatissima! Però è stato davvero bravo e di una delicatezza unica. Avevi ragione Moko-san! – esclamò entusiasta e sollevata. Quando Kanae le aveva consigliato il ginecologo delle sue sorelle, non sapeva se fosse il caso di andare da un uomo, ma l’amica aveva insistito dicendo che era davvero bravo, così era andata da lui. La salute del bambino veniva prima del suo imbarazzo.
L’ira di Kuon, nell’udire quelle parole, fu tale da farlo uscire allo scoperto livido di rabbia.
- Cos’è che hai fatto?  – chiese furente dietro di lei, facendole scivolare il telefono dalla spalla per lo spavento.
- Ku-Kuon? Cosa ho fatto?  – domandò confusa l’attrice, notando la sua espressione.
- Ti ho sentita, quindi non fingere di non capire! Hai detto di esserti spogliata davanti ad un altro uomo e che ti è pure piaciuto quello che ti ha fatto! – spiegò Kuon, ferito anche nell’orgoglio. 
- Eh? – riuscì solo a dire Kyoko.
- Smettila di fare quella faccia sorpresa! Chi è che è stato tanto bravo? Eh? È Fuwa per caso? Ci sei ricascata? È per questo che prima non hai nemmeno voluto abbracciarmi? – continuò, tempestandola di domande.
Kyoko non sapeva cosa dire. Era rimasta pietrificata. Aveva completamente travisato le sue parole. Come poteva pensare che lo tradisse? E con Sho per giunta, che non vedeva da mesi. Avrebbe voluto schiaffeggiarlo, ma le mancarono le forze per muovere anche un solo muscolo.
- Rispondimi! –
- Ti rendi conto di cosa mi stai accusando Kuon? –
- Sì e tu non dici nulla per difenderti! Se non volevi stare con me, potevi anche dirlo! Ehi, dove stai andando? – la fermò, vedendola uscire dalla cucina.
- A prendere la tua risposta. – dichiarò con tono freddo e distaccato, senza nemmeno guardarlo. Entrò in camera e prese l’ecografia da uno dei cassetti dentro all’armadio. Doveva essere una sorpresa, invece era stata lei a riceverne una. Una davvero deludente. Quando uscì dalla camera, gli consegnò la sottile cartella, colpendolo al petto con essa. – Qui c’è il nome del mio “amante”. Spero sarai soddisfatto adesso. – affermò, vedendolo leggere con stupore prima l’intestazione sulla copertina e poi il contenuto. Soddisfatta della sua espressione confusa, si voltò e uscì dalla cucina, senza nemmeno attendere una sua parola. Prese il cappotto e si diresse spedita verso la porta di casa.
- Kyoko! Aspetta! – la chiamò, ma la giovane non si fermò e aprì la porta, che fu richiusa prontamente dalla mano di suo marito, fermo dietro di lei.
Un déjà-vu familiare a entrambi, ma stavolta lei non fingeva di essere una sorella gelosa.
- Togliti. – ordinò Kyoko con voce impassibile, senza nemmeno voltarsi a guardarlo.
- Kyoko, ascolta… mi dispiace! Io non pensavo che… –
- Hai pensato anche troppo Kuon! Togliti! Voglio uscire! – ripeté, iniziando a perdere l’autocontrollo che si era imposta per non crollare di fronte a lui.
- Dobbiamo parlare prima. Non ti farò uscire in questo stato! –
- Non ho voglia di parlarti. –
- Dannazione Kyoko! Mettiti nei miei panni un secondo! Torno a casa dopo due settimane che non ci vediamo e sembra non importarti; provo a baciarti e abbracciarti ma fuggi come se ti facessi ribrezzo; ti sento anche dire quelle cose equivoche al telefono… Immaginati al mio posto! – provò a farla ragionare lui, pur sapendo di essere nella parte del torto, per l’ennesima volta, nei suoi confronti.
- Di certo non ti avrei accusato di tradirmi con una tua amica d’infanzia senza nemmeno lasciarti spiegare! – si voltò la giovane, fronteggiandolo furiosa. - Non vedo Shotaro da più di un anno poi! O pensi ti abbia mentito al riguardo? Che accidenti ti passa in quella testa? Come puoi aver dubitato di me? –
- Perché quell’idiota era sempre vicino a te! Ovunque tu fossi, ovunque tu andassi, lui era sempre lì come un’ombra e tu gli davi sempre corda, come per quella stupida scommessa di cui nemmeno mi avresti parlato se non lo avessi scoperto da solo in quel parcheggio! E ti ricordo che un tempo eri innamorata di “quell’amico d’infanzia”! – replicò Kuon, marcando le stesse parole dette dalla moglie.
- Stiamo parlando di oltre quattro anni fa! Direi che le cose sono un po’ cambiate da allora e forse non sono mai stata davvero innamorata di lui. Smettila di esserne geloso e soprattutto non dubitare della mia fedeltà nei tuoi confronti, perché non ti ho mai dato motivo per farlo! – ribatté la ragazza, mentre alcune lacrime lasciavano senza controllo i suoi occhi. Si era trattenuta a stento, ma non ci riusciva più.
- Hai ragione… Scusami. – sospirò Kuon, asciugandole le guance e prendendola tra le braccia, tra le quali Kyoko pianse maggiormente. - Sono un idiota e tu hai ragione a essere arrabbiata. Non accadrà mai più, te lo giuro. – aggiunse, stringendola a sé mentre la sentiva singhiozzare. Aveva esagerato come al solito, finendo col ferirla esattamente come altri avevano già fatto e si stava odiando per quello. In quei pochi secondi, però, gli erano passate centinaia d’immagini di lei e Fuwa insieme, ed era stata una vera stilettata al cuore. Doveva davvero smetterla di essere geloso di quel cantante, o avrebbe finito col rovinare il rapporto con Kyoko con le proprie mani, non a causa di altri. – Perdonami tesoro. – le ripeté, stringendola più forte.
Kyoko si sentì un po’ delusa. Aveva compreso il perché della reazione del marito ma sapere che potesse avere dubbi su di lei era doloroso da mandare giù. Tuttavia provò a mettersi nei panni di Kuon e non poteva certo dire che sarebbe stata felice di ascoltare una conversazione equivoca come la sua. Prese un bel respiro e provò a calmarsi. Gli ormoni impazziti certo non l’aiutavano a trovare una stabilità emotiva; e si trovava solo agli inizi. Non osava immaginare come sarebbe stato con l’avanzare della gravidanza.
Sentendo la moglie calmarsi, Kuon riprese la parola.
- Kyoko, ora mi spieghi cos’è successo? –
- Che intendi? -
- Perché tutto quel mistero riguardo alla gravidanza? Perché non me lo hai detto subito e perché hai detto alla tua amica di aver fatto tutto di nascosto? –
- Ah… ecco… è lunga da spiegare. – rispose la giovane.
- Ho tutto il tempo che serve. – le sorrise, portandola con sé sul divano, sul quale si accomodarono.
 
- Sei una stupida! – sentenziò Kuon, sospirando sconfortato dopo il racconto della moglie.
- Sapevo avresti pensato questo di me. – rispose avvilita.
- Avresti dovuto parlarmene e avremmo affrontato tutto insieme e con calma. Non ti avrei mai chiesto di avere un bambino se non ti sentivi pronta.  –
- Sapevo lo avresti detto. Comunque non mi è facile parlare di quest’argomento. –
- Argomento che tutti conoscevano, a quanto pare, tranne me! – disse risentito, poiché anche i suoi genitori parevano esserne a conoscenza.
- Beh, era con te che avrei dovuto farlo questo bambino. Ovvio avessi timore a parlartene. –
- Perché? Pensavi potessi lasciarti perché non eri propensa ad avere un figlio? – ipotizzò, vedendo poi lo sguardo della moglie incupirsi. – Oh cielo, Kyoko… dici sul serio? Pensavi ti avrei davvero lasciata per una cosa del genere? – chiese stupido.
- Sarebbe stata una reazione comprensibile. È normale volere una famiglia dopo il matrimonio. Non te ne avrei fatto una colpa, ma mi si sarebbe spezzato il cuore. – rispose in un sussurro carico di tristezza.
Kuon osservò per la prima volta la vera fragilità della moglie. Conosceva il suo conflitto interiore con la madre, ma non avrebbe mai creduto che potesse scaturirle dentro simili paure. L’abbracciò forte, col desiderio di spazzare via quel sentimento di inadeguatezza che l’aveva accompagnata per tutti quegli anni.
- Non potrei mai lasciarti, nemmeno se fossi tu a chiedermelo. Non vedi quanto sono geloso di te? Quando capirai che ti amo più di ogni altra cosa a questo mondo? Io desidero solo stare con te, stringerti tra le mie braccia, sentirmi chiamare Corn, ascoltare i tuoi sospiri quando facciamo l’amore, svegliarmi con te al mio fianco, ascoltare i tuoi rimproveri quando salto un pasto. Sono queste le uniche cose che ho sempre voluto. Il resto non conta. – le ricordò Kuon, sentendola singhiozzare nuovamente tra le sue braccia.
- Mi dispiace. Non volevo dubitare di te, ma è di me che dubito sempre. –
- Non devi farlo. Mai. – rispose il ragazzo, allontanandola da sé per guardarla negli occhi arrossati dal pianto. – Tu non sei Saena Mogami. Non sarai mai una cattiva madre come lo è stata lei. Siete legate solo dal sangue, non dal carattere. Smetti di avere sempre questi dubbi, perché sono infondati. O devo ricordarti che se non mi fossi finto Corn, due anni fa, non mi avresti mai rivelato di amarmi solo perché eri convinta di essere rifiutata? –
- Hai ragione… sono una stupida. – ammise la ragazza, asciugandosi gli occhi.
- Non sei affatto stupida, tesoro. – l’accarezzò dolcemente il marito.
- Ma se lo hai detto tu stesso poco fa. –
- Ah beh, mettiamola così, solo io posso dirti che sei stupida quando fai cose stupide; tu non puoi dirlo a te stessa. –
- Ti rendi conto che non ha senso ciò che hai appena detto? – gli fece notare lei.
- Sì, lo so. – le sorrise Kuon, vedendo anche Kyoko sorridere più tranquilla a sua volta. – Bene, ora che la questione è risolta, abbiamo una cosa da fare. -
- Cosa? –
- Festeggiare! Dobbiamo dire a tutti che presto diventeremo genitori! – esclamò con occhi brillanti dalla gioia, iniziando a fare chiamate a mezzo mondo.
Anche se lo aveva negato, Kyoko conosceva troppo bene Kuon per non sapere che voleva davvero tanto un bambino e non sarebbe certo stata lei a negarglielo, e non per la paura di restare sola, ma per il grande amore che provava per lui. In fondo, suo marito aveva ragione, doveva imparare ad avere più fiducia in se stessa. Doveva mettersi in testa che anche lei lo desiderava tanto quanto lui e che sarebbe stata di certo una buona madre, perché lei non era e non sarebbe mai stata come Saena. Avrebbe dato al suo bambino tutto l’amore che le era stato negato quando era piccola.
L’illuminazione la colpì improvvisamente.  Forse, al contrario di ciò che aveva sempre pensato, prendere sua madre da esempio le sarebbe tornato utile, poiché bastava fare esattamente tutto il contrario di ciò che aveva fatto lei. Come aveva fatto a non pensarci prima? Ricordava ogni giorno i modi freddi e quasi violenti della donna ogni volta che le rivolgeva la parola; bastava semplicemente che la guardasse in silenzio per farla arrabbiare. Non aveva ricevuto mai una carezza, mai una parola di conforto nemmeno quando si ammalava. In quegli anni in cui aveva vissuto con lei, era stato come vivere da sola. Non che con i Fuwa le cose fossero state diverse. Non l’avevano mai trattata male, anzi, festeggiavano perfino il suo compleanno, ma non erano grandi dispensatori di affetto, e lo si notava soprattutto dalla rigida educazione che le avevano impartito. Li capiva anche, poiché il loro lavoro li teneva sempre troppo impegnati; così aveva imparato ad arrangiarsi da sola in tutto.
“Non proprio da sola.” sorrise a se stessa, ricordandosi che aveva sempre avuto la compagnia di Corn con sé e quella non l’aveva mai abbandonata in quegli anni, aiutandola in tante circostanze, perfino a ritrovarlo.
Si voltò verso il marito, che nel frattempo stava comunicando la lieta notizia ai suoi genitori, e non poté fare a meno di sentirsi davvero felice e in pace con se stessa dopo tanti anni. 
 
 


 
Buona domenica :*
Ammetto di aver avuto mille ripensamenti su questo capitolo. Non sapevo se lasciarlo così o no. Alla fine ho voluto tenere i dubbi e le incertezze di entrambi così come sono usciti alla prima stesura (perché pure Kuon non è che scherzi in quanto a insicurezze quando si parla di Kyoko e Sho, che ama quanto una martellata ai gioielli di famiglia XD) Non so dirvi perché li ho fatti battibeccare XD forse per non renderli troppo sdolcinati stile “vita, cuore, battito” XD
Riguardo al matrimonio, invece, ve lo immaginate Lory  a realizzare un matrimonio normale al 100%? Io no XD 
Per Kanae, scusate ma io non riesco a verla con un bambino XD Hiou lo vedo più con Maria che con Kanae. Parere mio ovviamente
Ditemi voi cosa ne pensate, se vi va ^_^
Grazia di cuore a chi legge e a chi ha recensito il precedente capitolo, grazie infinite <3 <3 <3
Al prossimo capitolo :*
Baci Faby <3 <3 <3 <3

(Alcuni esempi di matrimonio nei boschi *-* QUI (nel sito trovate tante altre immagini)  QUI , QUI , QUI , QUI )
 

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Capitolo 5
*** Cap. 5 ***





 


Nelle settimane successive, Kuon si rese piacevolmente conto che la moglie aveva ben accettato la sua gravidanza. Forse troppo, pensò. Kyoko aveva completamente cambiato atteggiamento, iniziando a sviluppare un amore immenso per la creatura che aspettava, tanto da cambiare alimentazione e ritmo di lavoro, per non affaticarsi troppo aveva detto, tuttavia passava ore a pulire casa e a cambiare disposizione dei mobili, così da renderla sicura per un bambino, secondo il suo punto di vista. Aveva perfino iniziato ad arredare anzitempo una stanza con tutto l’occorrente per accogliere la loro principessa, nonostante le reticenze dell’uomo per scaramanzia. Da quando avevano saputo il sesso del bebè in arrivo, poi, Kyoko si era fiondata in ogni negozio che vendesse abiti e accessori dall’aspetto fiabesco ma soprattutto bizzarro, ed era proprio uno di quegli oggetti che Kuon teneva tra le mani, osservandolo scettico.
- Tesoro, mi dici cosa dovrà farci la bambina con un costume da sirenetta? – le chiese, rigirando tra le mani la coda e il piccolo reggiseno a forma di conchiglie, fatti entrambi ad uncinetto.
- Ishiko nascerà a settembre no? Pensa quanto sarà carina quando la porteremo al ruscello con quello! – rispose Kyoko, già persa nel suo mondo fatato.
- Dubito che potremo portarla lì appena nata, soprattutto con questo costume. –
- Vorrà dire che lo metterà a casa. – replicò convinta sua moglie, togliendoglielo dalle mani e riponendolo allegra dentro a uno dei cassetti dell’armadio di colore rosa acceso e che gli ricordava, suo malgrado, quell’orrenda tuta da lavoro della sezione Love Me. Anche se inizialmente se ne lamentava, quel colore doveva piacerle molto, o Kuon non avrebbe saputo spiegarsi il perché di tutto quel rosa in ogni angolo della cameretta. Perfino la culla, a forma di carrozza, aveva le tendine rosa.
“Qualcosa mi dice che Ishiko odierà il rosa quando sarà grande.” rifletté il giovane.
- Come vuoi tesoro. – rispose rassegnato Kuon, ma felice allo stesso tempo nel vedere l’entusiasmo della moglie.
Nonostante gli inizi fossero stati un po’ traballanti, era sicuro che Kyoko sarebbe stata un’ottima madre e che la loro sarebbe stata una famiglia felice e, sperava, numerosa.
 
La cameretta era illuminata dai brillanti colori del tramonto che amplificavano il rosa delle pareti, rendendo l’atmosfera calda e rilassante.
Kyoko, seduta su una poltrona vicino alla finestra, allattava la sua bambina ammirandone la bellezza. Da quando era nata, circa due settimane prima, era diventata il suo bene più prezioso. Ripensava ancora alla paura provata poco prima del parto, non tanto per il dolore, ma sul come dover gestire la figlia una volta nata. L’amore non era certamente l’unica cosa di cui un bambino aveva bisogno. L’allattamento era una delle cose che più la terrorizzava. Per sua fortuna, Julie e Kuu si erano presi tre mesi di vacanze e sarebbero rimasti con lei e Kuon per aiutarli. Per Kyoko la presenza di Julie era fondamentale. Ogni suo consiglio era prezioso e con lei accanto si sentiva decisamente più sicura.
Persa nell’osservare gli occhi ambrati della figlia che ogni tanto la fissavano, non fece caso a quando il campanello suonò; fu Kuon a ridestarla dai suoi pensieri, annunciandole una visita.
- Chi è? - gli chiese incuriosita, staccando la figlia che aveva oramai finito di mangiare.
- Sono io. – rispose la voce di sua madre, apparendo da dietro le spalle di Kuon.
- Mamma… - sussurrò Kyoko, alzandosi e osservandola confusa.
Non la vedeva da diversi mesi, esattamente da quando le aveva detto di essere incinta. Dall’espressione contrariata che le aveva mostrato, certamente non ne era stata felice, così non l’aveva neppure chiamata al momento del parto. Tanto sapeva che, per l’ennesima volta, non le sarebbe stata accanto.
- Sei troppo giovane per questo. – sostenne la donna, avvicinandosi e osservando la piccola, che si voltò a guardarla a sua volta.
- Non ricominciare come quando ti ho detto che mi sposavo, ti prego! Ho fatto le mie scelte e non ti… -
- È davvero una bambina bellissima. – la interruppe Saena, accarezzando delicatamente la guancia di Ishiko, sotto lo sguardo stupito di Kyoko e di Kuon, rimasto in disparte vicino alla porta. – Sei stata brava. – aggiunse poi, ripetendo quel gesto con Kyoko e accarezzando, per la prima volta, il viso di sua figlia, che la guardò sconvolta.
Saena aveva saputo della nascita della nipote dai programmi di gossip. Nessuno aveva pensato di informarla e, in fondo, sapeva di meritarlo. In tv aveva visto un’immagine di Kyoko fotografata all’uscita della clinica dove aveva partorito e con in braccio la piccola completamente infagottata. In un altro scatto, sorridente come mai, c’era suo marito che l’aiutava ad entrare in auto. Ovviamente non mancavano i genitori di lui. Quella donna, Juliena Hizuri, era spesso vicino a Kyoko come se fosse sua madre, non sua suocera. Non che ne fosse gelosa, era stata una sua scelta non avere contatti con la figlia, tuttavia quelle immagini la colpirono.
Sembravano tutti davvero felici.
Per giorni non aveva pensato ad altro. Rivedeva quei visi sorridenti e non poté che accettare la dura verità, nonostante volesse negarla a se stessa.
Con quella frase, quella piccola lode che Kyoko stessa aveva chiesto anni prima*, Saena ammetteva non solo che era fiera di lei, delle sue scelte, della sua caparbietà, ma anche che per la prima volta l’aveva superata in qualcosa, riuscendo in ciò in cui lei non era mai riuscita: Avere una famiglia. Kyoko, al contrario suo, aveva saputo scegliere bene l’uomo a cui affidare il suo cuore ed era sicura che non se ne sarebbe mai pentita, come invece era accaduto a lei.
Kyoko restò immobile per un tempo che le sembrò infinito. Sua madre l’aveva davvero accarezzata facendole un complimento? Si era forse addormentata mentre allattava Ishiko? Eppure, il sorriso rassicurante di suo marito, appoggiato allo stipite della porta, diceva che era reale, non stava sognando.
- Vu-vuoi prenderla in braccio? – le chiese, risvegliandosi dal torpore e notando che la madre la stava fissando immobile.
Saena annuì e prese la nipote tra le braccia. Era una strana sensazione, diversa da quella provata con sua figlia quando nacque, per la quale provò solo disprezzo per via di ciò che le ricordava. Più ripensava a quegli anni, più era convinta di aver fatto la scelta giusta ad affidarla ai Fuwa. L’aveva privata di una madre, ma le aveva dato la possibilità di ricevere molto più amore di quanto lei avrebbe mai potuto darle. Restando con lei sarebbe cresciuta in un ambiente freddo, non si sarebbe invaghita di quell’inetto di Shotaro e non lo avrebbe seguito a Tokyo, non sarebbe mai entrata alla LME – benché lo avesse fatto sotto il suo consenso dato al presidente Takarada - e forse non avrebbe mai incontrato Ren Tsuruga. Non andava di certo fiera di quello che aveva fatto, ma neppure se ne pentiva; non poteva fare altrimenti.
L’unico gesto vagamente materno che aveva avuto nei suoi riguardi, era stato quello di allontanarla da sé e il suo odio, spingendola inconsapevolmente verso ciò che teneva in quel momento tra le braccia e che la stava fissando sorridente.
- Mogami-san, le andrebbe di fermarsi a cena con noi e i miei genitori? Non credo vi siate mai incontrati. – propose Kuon, entrando finalmente nella stanza e affiancando la moglie, che lo guardò sorpresa. Sapeva che a Kuon non piaceva proprio sua madre, quindi quel gesto la stupì.
La donna si voltò a guardare la figlia, come a chiederle se la volesse nell’intimità della famiglia che si era creata, in fondo, lei, non ne faceva parte. Kyoko intuì la sua muta domanda e le rispose.
- Mi farebbe piacere se ti fermassi con noi… mamma. – le sorrise e Saena annuì nuovamente, tornando a guardare la nipote.
Entrambe le donne sapevano che il loro rapporto madre/figlia non sarebbe certo mutato miracolosamente grazie a Ishiko. Saena restava una donna provata dalla vita e dalle sue scelte sbagliate, non sarebbe mai stata una madre o una nonna affettuosa, tuttavia si apriva una piccola speranza di poter iniziare almeno a conoscersi e stimarsi a vicenda, lasciando finalmente un po’ da parte l’amarezza del passato.
 
Sho Fuwa camminava baldanzoso per i corridoi della Fuji Tv per partecipare ad un’intervista riguardo al suo ritorno in Giappone dopo quasi quattro anni di assenza. Il suo tour in giro per l’Asia si era di molto ampliato, arrivando perfino negli Stati Uniti, in cui aveva ottenuto maggior successo grazie ai suggerimenti di Shoko di scrivere testi in inglese. Il suo conto bancario era lievitato tantissimo, così come il suo ego, poiché molte riviste lo consideravano il nuovo scapolo d’oro più ambito sul suolo nipponico.
“Alla faccia di quella capocchia di spillo di Tsuruga, o come diavolo si fa chiamare ora!” pensò soddisfatto. Alla fine, lasciare Tokyo si era rivelato molto fruttuoso per la sua carriera. Doveva ringraziare Kyoko di ciò. - Già… Kyoko… - sussurrò amareggiato, perdendo improvvisamente la spavalderia con cui era arrivato.
Non la vedeva da quella sera al parcheggio. Ne aveva avute di belle donne nel suo letto ma, ogni volta, il suo pensiero correva a quella ragazza tanto insignificante quanto speciale e che mai avrebbe potuto anche solo sfiorare. Aveva cercato di divertirsi, aveva impiegato il suo tempo facendo concerti uno dietro l’altro, aveva partecipato perfino ad un reality show americano, ma niente aveva cancellato dai suoi pensieri Kyoko. E lei? Si ricordava almeno della sua esistenza o lo aveva del tutto cancellato per quel finto damerino di Tsuruga?
“Più probabile la seconda ipotesi.” si disse.
Mentre raggiungeva il suo camerino, sentì qualcuno urlare qualcosa, ma non capì esattamente cosa. Con la mano ancora sulla maniglia, vide una piccola figura vestita di rosa sfrecciargli accanto e, dietro di lei, un ragazzo quasi in apnea per inseguirla.
- Ishiko! Fe-fermati, ti prego! – ansimò Hikaru, continuando a correrle dietro.
Improvvisamente la bambina si bloccò e si voltò, mentre il povero Hikaru si fermava per riprendere fiato e ringraziare i Kami per averlo ascoltato. Kyoko-san gliel’aveva affidata per un po’ mentre terminava le registrazioni per il suo nuovo programma di cucina, ma la piccola peste aveva iniziato a scorrazzare in giro senza mai fermarsi. L’aveva anche persa di vista, finché non l’aveva trovata casualmente vicino ad alcuni camerini.
“Non farò mai più da babysitter!” sbuffò il ragazzo, pronto a prendere la mano della bimba, che però fuggì nuovamente lontano da lui. “Oh no! Ancora?”
Sho entrò annoiato nel camerino, quando la piccola gli si fermò davanti proprio prima che chiudesse la porta.
- Ciao! – lo salutò la bambina bionda dall’aspetto a lui familiare; i suoi occhi color ambra soprattutto.
- Che vuoi mocciosa? – le chiese accigliato, mentre lei cercava di intrufolarsi nel camerino.
- Ishiko-chan, dove vai? – la chiamò nuovamente Hikaru, notando solo in quel momento la presenza del cantante. – Oh, sei Fuwa-san! Che piacere rivederti! – lo salutò il giovane.
- Tu sei uno dei Bridge Rock mi pare. – osservò Sho.
- Sì, sono Hikaru Ishibashi. –
- E tu sei zio Shotaro, non è vero? Sì, sei tu! – affermò allegra Ishiko, guardandolo emozionata e abbracciandolo per le gambe.
- Chi è che hai chiamato zio? – domandò torvo appena sentì il suo nome completo, cercando di schiodarsela di dosso.
- Mamma ha detto che eri suo amico come zia Kanae, zia Chiori, zia Maria e zio Yuki! Quindi sei anche tu zio Shotaro!–
- E chi diamine sarebbe tua madre? –
- Ishiko-chan comportati da brava bambina e lascia le gambe di Fuwa-san. Dobbiamo tornare dalla mamma ora. – s’intromise Hikaru, staccandola dal cantante. – Scusala Fuwa-san. Ti avrà scambiato per qualcun altro. Lei è la figlia di Hizuri Kyoko-san. Non so se vi conoscete. – la presentò il giovane, ignaro dei trascorsi tra i due.
- Hizuri? Intendi Kyoko Mogami? – domandò sorpreso Sho, guardandola meglio. “Ecco chi mi ricordava questa mocciosa. Somiglia a Kyoko ma con i capelli biondi di quell’idiota.”
- Sì, proprio lei. –
- Di’ un po’ mocciosa… -
- Mi chiamo Ishiko, zio! – lo corresse lei.
- Mocciosa… - ripeté derisorio lui, chinandosi alla sua altezza – Tua madre ti ha detto che mi chiamo Shotaro? –
- Già! – annuì sorridente – Ogni volta che sei in tv ti chiama Shotaro! – spiegò lei, sotto lo sguardo stupito del cantante.
- Ti ha parlato di me, dunque… - disse ancora più incredulo. – Interessante! E dov’è la tua mamma adesso? –
- Se vuoi ti porto da lei! – rispose raggiante la piccola, afferrandolo per la mano.
- Ishiko-chan, Fuwa-san, ma che… - li chiamò confuso Hikaru, quando i due si allontanarono insieme ignorandolo del tutto.
Arrivati davanti allo studio, Sho entrò con Ishiko tra le braccia proprio mentre Kyoko salutava il personale con cui aveva appena finito di lavorare. Voltandosi per andarsene si trovò di fronte Sho con sua figlia.
- Ma cosa… - chiese stordita.
- Mamma, guarda chi ho trovato? Zio Shotaro! – affermò allegra, abbracciandolo.
- Zio Shotaro, eh? Non potevi dirle solo Sho? – chiese accigliato.
- Shotaro, che ci fai qui e con mia figlia in braccio? - chiese Kyoko, ignorando bellamente la sua domanda.
- Sono stato aggredito da questa mocciosa in fuga mentre entravo nel mio camerino. – le spiegò quasi divertito, guardandola dall’alto in basso. Della ragazzina insignificante era rimasto ben poco, notò. Kyoko si era fatta donna; una bellissima donna.
- In fuga? Che significa? –
- Ehm, Kyoko-san, non prendertela ma… Ishiko era fuggita e ho dovuto correrle dietro a lungo per riprenderla. – spiegò Hikaru mortificato.
- Dubito l’avresti ripresa se non si fosse fermata perché mi ha riconosciuto. Dovresti stare più attenta a chi affidi tua figlia, sai? – le fece presente Sho, dando il colpo di grazia a Hikaru.
- Hikaru-san non preoccuparti, grazie per aver comunque badato a lei. Noi due, invece, faremo i conti a casa, signorina! – la rimproverò Kyoko, che sapeva quanto terribile potesse essere sua figlia quando voleva. Se a quasi tre anni era una vera ribelle, non osava immaginare come sarebbe stata da grande, soprattutto se il padre continuava a coccolarla dopo ogni suo rimprovero.
Istintivamente, Ishiko si nascose nell’abbraccio di Sho, ancora incredulo di trovarsi in quell’ambigua situazione.
Usciti dallo studio, i tre si recarono al bar della Fuji Tv a prendere qualcosa da bere. Ishiko sorseggiava dalla cannuccia il suo succo, mentre Kyoko girava nervosamente il cucchiaino nella sua tazza di thè ormai freddo. Non si vedevano da molto e non si erano lasciati molto amichevolmente.
- Perché mi chiama zio? – chiese curioso, spezzando l’imbarazzante silenzio che aleggiava intorno a loro.
- Tempo fa ha visto un tuo concerto in tv e sembrava piacerle. Quando le ho detto che ti chiami Shotaro e che eri mio amico, automaticamente ha iniziato a chiamarti zio visto che chiama così tutti i miei amici. – spiegò leggermente a disagio. Di certo non immaginava che sua figlia lo incontrasse e lo chiamasse in quel modo.
- Capisco. – rispose semplicemente, cercando di nascondere la sua sorpresa. Credeva lo avesse del tutto cancellato dalla sua vita, invece aveva parlato di lui alla figlia. Era già qualcosa.
- Allora… com’è andata in questi anni? Ho visto hai avuto un discreto successo. – provò a conversare Kyoko, non sapendo che dire.
- Diciamo un po’ più di discreto. Tu, invece? Fai figli invece di film? – la stuzzicò Sho.
- Faccio entrambi! – rispose irritata, per poi correggere l’affermazione ambigua - Cioè, non è che abbia altri figli… per ora. - arrossì, pensando a Kuon che le ripeteva che dovevano “mettersi al lavoro” per fare altri bambini. Lui e quella sua dannata espressione da imperatore della notte la convincevano sempre.
- Quanti anni ha? –
- Quasi tre. –
- Ci vieni alla mia festa di compleanno zio? – gli chiese sorridente la bambina, mentre entrambi sgranavano gli occhi alla sua richiesta. 
- Tesoro, non credo che zio Shotaro avrà tempo per venire alla tua festa. –
- Se mi dici il giorno, mi tengo libero. – ne approfittò invece il cantante, non volendosi perdere quell’occasione.
Kyoko restò a bocca aperta, non sapendo che dire. Come poteva invitarlo senza prima chiedere il permesso a suo marito? Ed era praticamente sicura che Kuon avrebbe risposto un categorico no.
- Suppongo tu debba prima chiedere il permesso a tuo marito. – l’anticipò Sho, come se avesse letto i suoi pensieri.
- Già… -
- Mi pare giusto. In fondo non scorre buon sangue tra me e lui. Mi farai sapere in seguito. –
- E tu, Sho? Quando metterai la testa a posto? Inizi ad avere una certa età ormai. –
- Ehi! Ho solo ventiquattro anni! Mi fai sembrare Matusalemme! – protestò il cantante, guardandola truce.
- Però dovresti iniziare a pensarci, no? Appari nei programmi di gossip più per le tue nuove fiamme che per le tue canzoni. – ridacchiò lei, vendicandosi per la battuta che le aveva fatto prima.
- Ah ah… divertente! Guarda che non tutti sono fortunati come te da… - s’interruppe, conscio di stare per dire qualcosa fuori luogo, soprattutto per lui. Stava per dirle che era fortunata ad aver trovato la persona giusta, ma si bloccò poiché, se non fosse stato un vero idiota, il fortunato sarebbe stato lui.
- Hai ragione, sono stata davvero fortunata, ma lo sarai anche tu. Troverai la persona giusta per te, ne sono certa. Devi solo saper cercare. – gli sorrise teneramente lei, convinta di ciò che aveva appena detto.
Gli anni in cui era arrabbiata con lui erano davvero lontani. Da quando stava con Kuon, non poteva far altro che ringraziare quell’affetto che aveva avuto per Sho, perché le aveva fatto incontrare il vero amore. Come le aveva detto mesi prima perfino sua madre, era anche grazie a Shotaro che lei aveva quella vita felice, perché senza di lui non avrebbe mai lasciato Kyoto. E aveva proprio ragione.
- Vedremo. Ora devo andare. Poi fammi sapere per il compleanno della mocciosa. – le disse alzandosi e lasciandole un bigliettino da visita col suo numero.
- Mi chiamo Ishiko, zio! – stridulò la piccola, gonfiando indispettita le guance. Gli ricordava tanto Kyoko da piccola.
- Ok. Ciao mocciosa e madre della mocciosa. – le salutò, sorridendo divertito mentre andava via tra i borbottii di Ishiko.
“Chissà, forse ho perso l’amore ma ho guadagnato l’affetto di un’amica e di una mocciosa divertente.” sorrise ancora, cosa che non faceva sinceramente da anni.
 
Kuon era irritato. Da quasi un’ora ascoltava la figlia raccontargli di aver conosciuto finalmente “zio Shotaro” e che lo aveva invitato alla sua festa di compleanno. Non voleva quell’idiota tra i piedi, ma non riusciva a negare niente alla figlia. Kyoko, dal canto suo, aveva lasciato la scelta a lui, senza interferire. Non dubitava della moglie, quanto invece dell’imbecille arrogante. Era fermamente convinto che provasse ancora qualcosa per Kyoko e i fatti gli avevano dato ragione alcuni giorni dopo, quando lui e Kyoko lo avevano incontrato casualmente a cena. Il modo in cui guardava sua moglie era chiaro, solo Kyoko non lo notava.
Qualche settimana dopo, al terzo compleanno della figlia, Kuon non poté non notare quanto strana fosse quella festa. In pochi metri quadrati c’erano le due persone che più avevano ferito sua moglie: Fuwa - che era venuto accompagnato da una sedicente “fidanzata” - da una parte, e l’austera Saena dall’altra. Entrambi a far regali a sua figlia, la quale gli regalava sorrisi come se fossero le persone più importanti al mondo dopo lui e Kyoko.
- Certo che regalare un’enciclopedia a una bambina di tre anni, è davvero strano. – commentò Kuu, osservando Ishiko rigirare incuriosita il grande libro tra le mani, regalo di nonna Saena.
- Almeno è piena d’illustrazioni. – ironizzò Kuon.
- Ciò che più mi stupisce è che tu abbia permesso a quel cantante di essere qui, vicino a Kyoko. –
- Lei lo vede quasi come un fratello ormai. Non è un pericolo, almeno per me. L’unico che rischia di farsi male è lui, papà. Meglio così, vorrà dire che vedrà con i propri occhi cosa si è perso. – ghignò Kuon, raggiungendo la figlia e la moglie, dando poi un veloce bacio a quest’ultima, sicuro che il soggetto in questione lo avrebbe visto.
Kyoko era sua ormai e lo sarebbe sempre stata, soprattutto grazie a Fuwa. Doveva pur ringraziarlo in qualche modo, no?
 
Il piccolo Rick gattonava allegramente sul tappeto del soggiorno, mentre Kuu e Lory lo riprendevano con i loro smartphone.
- Ri-chan, vieni da nonno Kuu! Vieni piccolo! – lo chiamò il primo, mentre il piccolo lo raggiungeva.
- Non ascoltare questo vecchio! Vieni da nonno Lory invece. Guarda cosa ti do se vieni qua! – disse il secondo, prendendo un sonaglino colorato che attirò tutta l’attenzione di Rick, facendogli cambiare direzione.
- Ehi! Non vale così! E poi vecchio a chi? Tu lo sei più di me, boss! -
- Non è l’età anagrafica che conta! Io sono giovane dentro! –
- Sì, come no! Vai a raccontarlo ad altri! –
- Vieni Ri-chan. È ora della pappa. – lo prese Kyoko, rovinando la sfida tra i due nonni che sbuffarono indispettiti.  – In realtà sembrate entrambi dei bambini, se può farvi piacere saperlo. – li informò lei, alzando gli occhi al cielo.
- Come puoi dire questo a tuo padre? – chiese Kuu con finti lacrimoni agli occhi.
- Tanto non m’intenerisci. Vai a dare una mano a Ishiko e alla mamma invece. Stanno facendo i toast… - gli disse sconfortata la giovane.
- Oh… corro! – rispose l’uomo, cercando di ricordare dove fosse riposto l’estintore in casa di suo figlio, in caso di necessità.
Kuon rise. Gli anni passavano, ma la cucina di sua madre non cambiava mai. Raggiunse la moglie nella cameretta di Rick, arredata ovviamente di azzurro e con i vari principi Disney stampati sulle pareti. Il lettino, azzurro anch’esso, aveva invece come tema Peter Pan. Anche per Kyoko gli anni passavano, ma la sua fantasia fiabesca no.
Le poggiò una mano sulla spalla mentre allattava il loro secondogenito, che portava il nome del suo caro amico. Tutti ripetevano sempre che se non fosse stato per Fuwa, sua moglie non sarebbe stata lì, ma la verità era che se non fosse stato per Rick, sarebbe stato lui a non essere lì con la sua splendida famiglia, perché non sarebbe mai fuggito in Giappone per reinventare se stesso e, di conseguenza, non avrebbe ritrovato Kyoko, anzi, probabilmente sarebbe stato ucciso in qualche vicolo continuando su quella vecchia strada. Doveva davvero la vita a Rick.
Intuendo i suoi pensieri, Kyoko gli strinse la mano, alzando la testa per guardarlo. Aveva gli occhi lucidi.
- Sono sicura che sia fiero di te. – gli disse e lui annuì, guardando poi l’orologio di Rick che Kyoko gli aveva fatto riparare.
Quell’orologio al suo polso non era più la sua condanna, fermo all’ora in cui la tragedia aveva sconvolto la sua vita, stavolta segnava l’ora corrente, ricordandogli che poteva rimediare ai suoi errori solo vivendo serenamente quella possibilità che gli era stata regalata, e non punendo se stesso. Era ciò che Kyoko gli aveva inconsapevolmente insegnato e lui avrebbe approfittato di ogni istante di quella fortuna.
Si chinò sul collo della moglie e le lasciò un tenero bacio, per poi dirigersi al suo orecchio.
- Stavo pensando… Rick sta già crescendo, potremmo prepararci per il terzo. – le sussurrò con tono lascivo, facendola arrossire.
- Kuon, ha solo nove mesi. – sospirò lei.
- Appunto. Stai già iniziando a svezzarlo e tra un po’ inizierà anche a camminare, quindi perché aspettare? –
- Certo, la fai facile tu! Tanto sono io quella che li partorisce! – si lamentò, voltandosi per guardarlo male. – E smettila con quell’espressione da imperatore della notte! Non attacca! -
- E se stavolta ti lasciassi scegliere uno dei nomi delle fiabe che ti piacciono tanto? – le propose, sperando di corromperla con quella proposta. – Qualunque nome sceglierai, non protesterò. -
La vide tentennare e aprire la bocca, forse per protestare, poi la richiuse. Forse ci stava pensando.
- Chi tace, acconsente. Non vedo l’ora che vadano via tutti. – le disse malizioso mordendole delicatamente il lobo.
- Corn! –
Rick sollevò lo sguardo per guardare i suoi genitori, ignaro, per l’ennesima volta, di quanto fosse stato fortunato a nascere per secondo, perché il terzogenito non avrebbe sicuramente goduto della fortuna che aveva avuto lui riguardo al suo nome.
 
 
Fine
 
 
 
 
 
*Nel capitolo 233, Kyoko chiede alla madre di farle una carezza sulla testa il giorno in cui sarebbe stata orgogliosa di lei. Nello stesso capitolo, Todoh, il collega di Saena, dice che forse inizierà a vedere la figlia il giorno in cui farà qualcosa che per lei sarebbe impossibile. Da lì mi son chiesta qual è l’unica cosa impossibile per Saena, e la mia personale risposta è in questo capitolo ^^
 
E questo era l’ultimo capitolo  ^_^ vi è piaciuto questo tipo di finale? Di Saena che ne pensate? Ce la vedreste un giorno ad accettare la figlia? Chissà ^.^
Sho è ritornato sotto le vesti di zio XD devo dire che mi diverte in questo ruolo, ragion per cui ho scritto due piccoli extra XD quindi vi do appuntamento alla volta prossima con i capitoli speciali  ;-)
Baci Faby <3 <3 <3 <3
 
P.S. per i curiosi, ecco la CULLA  di Ishiko e il COSTUME DA SIRENETTA ad uncinetto, troppo tenero *-*

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Capitolo 6
*** Extra: L'importante ruolo di uno zio! ***






Sembrava una giornata tranquilla quella che si apprestava a passare il famosissimo, bellissimo, talentuosissimo e modestissimo Sho Fuwa, o almeno era questo ciò che pensava il giovane prima di sentir suonare il campanello.
Da oltre dieci minuti, Shotaro guardava una Kyoko implorante davanti alla porta di casa sua. Ishiko, accanto a lei, gli sorrideva felice come mai con il suo zainetto in spalla.
- Ti prego! Solo per oggi! Non so a chi lasciarla e devo scappare al lavoro! – lo pregò con mani giunte l’attrice.
- Assolutamente no! Non vado d’accordo con i mocciosi! Portala con te o lasciala a tuo marito! – sbraitò Sho, facendo una smorfia di disgusto verso la bambina.
- Kuon non è in città e non ritornerà prima di domani, e non posso portarla con me perché le riprese saranno girate in un parco. Sono sicura che se ne andrebbe in giro e si perderebbe. Ti prego, tienila tu fino a stasera! – lo implorò Kyoko, non sapendo a chi lasciare la figlia.
- E non potevi pensarci prima, invece di presentarti all’ultimo minuto? –
- Non era previsto mi chiamassero per delle scene urgenti, o mi sarei organizzata come sempre. Dai Sho-chan! Che ti costa tenerla qui con te per qualche ora? Ishiko ti adora e farà tutto quello che le dici. Sono sicura non ti darà problemi! – cercò di convincerlo.
- Zio Shotaro, dov’è il bagno? Devo fare pipì! – gli urlò Ishiko dal soggiorno.
- Ehi! Quando diamine sei entrata? – si voltò verso di lei il cantante.
- Bene, grazie per aver accettato! Vengo a prenderla stasera alle sei! Ciao Sho-chan! – lo salutò Kyoko, approfittando della sua distrazione e andando via di corsa.
- Ehi Kyoko, aspetta! Ehiiiii!!! – la chiamò ma la giovane era già lontana. – Accidenti a lei! Nonostante quel pancione riesce a correre veloce. – si lamentò, sbattendo poi la porta di casa.
Guardò Ishiko seduta sul divano del soggiorno che lo aspettava sorridente. Alzando gli occhi al cielo, non poté far altro che pensare che Kyoko gliel’avrebbe pagata cara per averlo incastrato in quel modo.
- Zio, andiamo fuori? –
- No. Stai lì seduta e guarda la tv. – sbuffò, accendendo la tv e mettendo un canale per bambini.
- Peppa Pig? Ma è per i bimbi piccoli! – protestò lei.
- Tu sei una bimba piccola. –
- No invece! Ho sei anni ormai! –
- Sei comunque una mocciosa, quindi guardati questi stupidi cartoni animati e basta! –
Ishiko incrociò indispettita le braccia e lo guardò col broncio.
“E meno male che avrebbe fatto tutto quello che dico! Dannata Kyoko!” pensò Sho, sbuffando ancora e sedendosi sul divano, cambiando canale e mettendone uno musicale.
- Zio, come nascono i bambini? – chiese improvvisamente Ishiko, vedendo la pubblicità di una donna che aveva la pancia come quella di sua madre, quindi anche lei doveva avere un bambino lì dentro.
- C-c-che? – balbettò Sho, non immaginando quella domanda.
- Come farà il mio fratellino Rick a uscire dalla pancia della mamma? –
- Q-questo è qualcosa che dovresti chiedere a lei. – rispose in difficoltà.
- L’ho fatto ma ha detto che lo scoprirò quando sarò grande. – spiegò risentita.
- Credimi mocciosa, non ti conviene saperlo. Guarda la tv e non farti domande inutili. – tagliò corto il cantante, sentendosi stupidamente in imbarazzo di fronte ad una bambina. “Stupida Kyoko! Questa me la paghi!” ripeté per l’ennesima volta in pochi minuti.
Passò quasi un’ora in totale tranquillità mentre lui buttava giù qualche nuovo testo e Ishiko giocava col Tablet che aveva tirato fuori dal suo zaino. Forse sarebbe andata meno peggio del previsto, pensò Sho, finché…
- Ho fame zio! – si lamentò lei, rompendo le sue speranze.
- Vai in cucina e mangia qualcosa. – rispose sbrigativo, mentre la bambina correva in cucina.
- Non hai latte e biscotti al cioccolato? – domandò di ritorno a mani vuote.
- No, perché il latte è per mocciosi come te. Fatti un panino. – la prese in giro come suo solito.
- Ma io faccio merenda con il latte e i biscotti al cioccolato. – disse mettendo su un’espressione da cucciolo bastonato, alla quale Sho non seppe resistere. In fondo, molto, molto in fondo, le voleva bene.
- Va bene, ho capito. Metti le scarpe e andiamo a comprarli. – brontolò, prendendo le chiavi di casa.
Arrivati al supermercato, Ishiko iniziò invece a saltellare per i vari banchi frigo, osservando con occhi luccicanti i diversi budini esposti. Sembrava molto attratta da quelli al caramello.*
- Zio, mi compri il budino? –
- Non volevi il latte? –
- Ora voglio il budino! –
Sho la guardò dubbioso. Una delle cose che gli mancava di Kyoko erano i budini. Lui non aveva il coraggio di andare a comprarli, temendo di rovinare la sua reputazione. In quel momento era molto tentato per colpa di Ishiko ma non sapeva che fare. Cosa avrebbe pensato la gente che lo stava osservando? Lo avevano riconosciuto? Già immaginava le testate dei giornali di gossip “Il ‘piccolo’ Sho Fuwa compra il budino!” con stampata una foto di lui alla cassa che pagava i crème caramel.
- Ma che bella bambina. – parlò una donna anziana vicino a loro, mentre prendeva due confezioni di budini al cioccolato. – È sua figlia? – gli chiese la signora, che molto probabilmente non lo aveva riconosciuto.
- È mio zio! – rispose Ishiko tutta sorridente. – Mi sta comprando il budino per merenda. –
- Che bravo zio che hai. Anch’io sto comprando il budino per i miei nipotini che verranno a trovarmi stasera. Lo adorano. – spiegò l’anziana e, improvvisamente, come un’illuminazione scesa dal cielo, a Shotaro fu chiaro il suo importantissimo ruolo di zio!!!
 
- Grazie Sho-chan! Non so davvero come ringraziarti per aver tenuto Ishiko. – lo ringraziò Kyoko, andata a riprendere la figlia.
- Non è stato un problema. È stata tranquilla tutto il pomeriggio davanti alla tv. – rispose il cantante, facendo l’indifferente.
- Ti ringrazio ancora. Andiamo Ishiko. – la chiamò e la bambina corse da lei.
- Ciao zio Shotaro. Ci vediamo domani! – lo salutò la piccola.
- Perché domani? – chiese curiosa Kyoko.
- Ah ecco, volevo dirti che puoi lasciarmi tua figlia tutte le volte che vuoi. In fondo è una brava bambina e non mi è dispiaciuto badare a lei. – mentì il giovane, facendo l’occhiolino a Ishiko.
- Davvero? Ma se oggi eri contrario? –
- Solo gli stupidi non cambiano idea. – disse tronfio.
- O-ok. Se per te non è un problema, la lascio a te. Buona serata Sho. – lo salutò sorpresa lei, andando a casa.
Shotaro chiuse la porta con un ghigno felice stampato sul viso.
- Anche domani budini a volontà! –
 




 
Fine
 



 
*Nel primo capitolo, quando Kyoko dà a Sho il budino, a me sembrava un crème caramel, per questo ho messo quello.
 
 
Uh ma come vola il tempo ^^’’’’ tre anni che son sparita ^^’’’’ mi spiace :( diciamo che oltre alla voglia, ho perso un po’ anche la cognizione del tempo e se non fosse stato per la mia adorata sister Susy, forse mi sarei del tutto dimenticata di aggiungere l’extra, anzi gli extra, sono due ^^’
Se c’è ancora qualcuno che mi legge, pubblicherò a breve anche il secondo, giuro XD
Baci :*

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Capitolo 7
*** Extra: Tale madre, tale figlia! ***


  


- Paaawa. –
- Papà. –
- Pawawawawa. –
- No wawa, è pà. Papà. –
- Pawawawawawawa. –
- No Ri-chan, si dice papà. Forza, ripeti con me: Pa-pà. –
- Wawawaaaaa! – rise infine il piccolo Rick, guardando il broncio del padre.
- Perché non riesci a dire papà? Sai dire mamma, perfino nonno, ma non papà! – brontolò Kuon, deluso dal fatto che suo figlio non lo chiamasse mai.
- Non prendertela tesoro. Quando meno te lo aspetti ti chiamerà papà. – provò a consolarlo Kyoko, che cercava di non ridere mentre metteva gli orecchini e li guardava attraverso lo specchio della loro stanza da letto.
- È una settimana che provo a farglielo dire. Sto perdendo le speranze. - sospirò sconfortato, vedendo infine sbadigliare il piccolo.
- Esagerato. Ha solo dieci mesi. Vedrai che appena sarà un po’ più grande saprà dirlo. -
- Ishiko mi chiamava papà già a otto mesi però. Uffa! Va bene, aspetterò. Ma dove stai andando? - le chiese incuriosito, vedendola prepararsi per uscire. - Oggi non hai la giornata libera? -
- Porto Ishiko da Sho. Oggi lui e Mimori-chan andranno al Sumida Aquarium e vogliono portarla con loro. –
- Perché diavolo Fuwa vuole portarsi mia figlia sulla Skytree, invece di starsene per i cavoli propri con la fidanzata? – sbottò infastidito, adagiando il figlio mezzo addormentato sul letto.
- Sai che Ishiko, per qualche oscuro motivo, stravede per Shotaro da quando ha visto quel suo concerto in tv. La cosa che stranisce anche me è che a lui non dispiaccia la compagnia di nostra figlia. –
“Già, chissà per quale oscuro motivo a mia figlia piace quel cantante! Tale madre, tale figlia!” pensò irritato Kuon. – Ciò non spiega perché, proprio nel giorno libero di entrambi, lasci la mia principessa con lui. Non capita spesso di essere entrambi liberi per goderci il tempo con i nostri figli. – si lamentò il ragazzo.
- In realtà avevo pensato di approfittare dell’assenza di Ishiko per dedicare un po’ di tempo solo a noi due, mentre Rick dorme. Mi pareva avessi detto di volere un altro figlio e la sera, la maggior parte delle volte, siamo esausti dal lavoro. Però in effetti hai ragione, passiamo poco tempo tutti insieme, quindi chiamo Shotaro e gli dico che… -
- No! Non serve! – la interruppe il marito, togliendole il telefono dalle mani.
- Ma hai detto… -
- Dimenticalo! Preferisco il tuo piano per oggi. – le sorrise malizioso, afferrandola per la vita e baciandole il collo, mentre una mano risaliva fino al seno.
- Sempre il solito. - rise Kyoko, dandogli un colpetto alla mano per allontanarlo e prendendo le chiavi dell’auto.
- Ehi, stavolta sei stata tu a provocarmi. – le fece notare fintamente risentito.
- Lo so, ma non certo adesso davanti ai bambini. – aggiunse l’attrice, scuotendo la testa – Ishiko, sei pronta? – la chiamò Kyoko, uscendo dalla camera.
Kuon rise, prendendo poi suo figlio, pacificamente addormentato, e portandolo nella sua cameretta. Non vedeva l’ora di passare un po’ di tempo a coccolare la sua mogliettina.
 

- Allora, ti sei divertita principessa? – chiese Kuon a sua figlia quando tornò a casa. Stringeva tra le braccia un enorme peluche a forma di pinguino.
- Tantissimo papà! Poi zio Shotaro e zia Mimori sono divertentissimi! Facevano le smorfie ai pinguini! – rispose allegra. Si era divertita davvero molto coi suoi zii, anche se all’inizio non trovava simpatica la zia Mimori, pensava l’avrebbe allontanata da suo zio, invece era bello passare il tempo anche con lei. Le sembrava di avere una sorella maggiore.
- Fuwa che fa le smorfie in pubblico? Non aveva paura che le sue adorate fan lo riconoscessero e ridessero di lui? – chiese l’attore inarcando un sopracciglio, conoscendo le manie di quello stupido.
- Si erano travestiti per non farsi riconoscere. – spiegò la bambina.
- Ah. Non lo facevo tanto intelligente. Allora c’è un cervello in quella testa, anche se non molto grande scommetto. – lo derise Kuon.
- Papà! - strillò arrabbiata la bambina. - Perché dici sempre cose brutte di zio Shotaro? Perché lo odi così tanto? – chiese quasi sull’orlo delle lacrime, mentre il ragazzo si beccava un’occhiataccia di rimprovero da parte di Kyoko.
- Ma no tesoro, non piangere. - le si avvicinò e la prese in braccio, baciandole la fronte e maledicendo la sua boccaccia - Non odio tuo zio, era solo una battuta la mia. Hai presente quando prendiamo in giro la nonna perché brucia tutto? – le domandò, mentre la figlia annuiva poco convinta. – Ma non lo facciamo per offenderla, giusto? – continuò ed Ishiko annuì nuovamente. - Con Fuwa è la stessa cosa. Papà non lo odia. - la rassicurò sorridendole e mettendola a terra, vedendola calmarsi.
- Va bene papà. Sono felice che non odi lo zio allora, perché io gli voglio tanto bene e mi dispiacerebbe vedervi litigare. – si rasserenò la bambina, andando in camera sua stringendo il suo nuovo peluche.
- Non ti passerà mai, vero? – gli domandò Kyoko.
- Cosa? –
- L’odio verso Sho. L’ha capito perfino nostra figlia. Andiamo Kuon, sono passati quasi dieci anni ormai ed è maturato anche lui. Non sarebbe ora di mettere da parte l’ascia di guerra? –
- Non lo odio, non più almeno. Non ho detto una bugia a Ishiko ma non riesco a farmelo piacere. E nulla mi toglie dalla testa che, anche se gli anni sono passati, i suoi sentimenti per te non siano cambiati. –
- Sta per sposarsi con Mimori-chan, non credo lo farebbe se non provasse nulla per lei. E comunque è un problema suo, non nostro. Io amo mio marito e le cose non cambieranno, quindi perché non ti rilassi ogni volta che lo vedi o senti parlare di lui? – provò a farlo ragionare, poiché notava la sua tensione ogni volta che si parlava di Sho.
Kuon avrebbe voluto ribattere che non ci si sposa solo per amore e che il suo aleggiare continuamente nella loro vita come un’ombra, sfruttando l’affetto di loro figlia, era una cosa che mal digeriva, ma le parole di sua moglie lo avevano fatto desistere. Aveva il suo amore incondizionato e non voleva perderlo per la sua gelosia.
Aveva imparato la lezione! Ricordava ancora quella brutta litigata quando Kyoko era incinta di Ishiko e voleva fargli una sorpresa, che lui aveva completamente rovinato per colpa della sua gelosia per Fuwa.
E poi sapeva che era una causa persa e che quel cantante era una parte di lei che non avrebbe potuto mai cancellare del tutto.
- E va bene, ci proverò.  – acconsentì alla fine.
- Davvero? - domandò sorpresa.
- Sì, davvero, contenta? Ma lo faccio per te e Ishiko, quindi non illuderti di vedermi diventare suo amico. - ci tenne a precisare.
- Contentissima! Non importa che diventiate amici, mi basta poter invitare senza problemi lui e Mimori-chan a cena una di queste sere, invece di vederli solo nelle varie occasioni in cui festeggiamo con gli altri! – esclamò entusiasta. – Anzi, vado a dirlo a Ishiko! Sono sicura ne sarà contenta! –
Kuon osservò sconfortato la moglie correre felice dalla cucina alla camera della figlia, sospirando al pensiero che non si sarebbe mai liberato di Sho Fuwa.
- Speriamo che almeno Rick sia immune a quel dannato cantante. – sbuffò infastidito, togliendo dalle mani del bambino il piatto con la pappa con cui stava giocando.

Dal piano di sopra, nel frattempo, gli striduli allegri di Ishiko riempivano la casa e Kuon alzò nuovamente gli occhi al cielo.
- Tale madre, tale figlia! – si ripeté sconfitto.









E questo era il secondo extra, così si conclude del tutto (o forse no, chissà XD) questa storia. Grazie mille a chi ha letto :*
 

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