Che cosa faresti?

di Enchalott
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Incontro ***
Capitolo 3: *** Stasi ***
Capitolo 4: *** Forzata convivenza ***
Capitolo 5: *** Possibilità ***
Capitolo 6: *** Litigare con te ***
Capitolo 7: *** Confronto ***
Capitolo 8: *** Desidero te ***
Capitolo 9: *** Il luogo in cui eravamo rimasti ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

Il cielo di Namek vibrava di riflessi verde chiaro e la sua luminosità era filtrata dalle nuvole dorate che galleggiavano nell’aria. L’orizzonte sfumava in quella lucentezza aurea, perdendosi tra le montagne di roccia color terra Siena e le isole rossastre, disseminate sull’acqua smeraldina e placida del suo mare.
Un pianeta bellissimo e pacifico. Un incanto.
Se non fosse stato per la battaglia all’ultimo sangue che infuriava poco distante da lei.
Non era risultata una delle sue migliori pensate quella di salpare per quel mondo lontano con Krilin e Gohan, che l’avevano poi lasciata sola a morire d’angoscia ogni volta che la terra tremava, sussultando penosamente sotto i colpi furibondi di uno di quei pazzi!
Forse erano quegli orrendi figuri della… come l’avevano chiamata? La Ginyū Tokusentai, piovuta dal cielo a dare man forte ai mostri dell’armata di Frieza!
Non era riuscita a vedere il capo supremo degli alieni e, anche se era terribilmente curiosa, aveva fatto prevalere l’istinto di autoconservazione e si era nascosta, seguendo volentieri il consiglio dei suoi amici. Le erano state più che sufficienti le esplosioni di energia spirituale, che avevano illuminato il cielo come fuochi d’artificio ben poco matsuri, a farla desistere!
Aveva deciso di cambiare ricovero, poiché l’anfratto tra le rocce in cui si era sistemata all’inizio non era più sicuro. Dal basso continuava a veder volare gli irriducibili guerrieri, a caccia dei nemici del momento… e quei maledetti avevano dei rilevatori in grado di intercettare la presenza umana! Meglio cambiare aria. Ma di luoghi totalmente protetti non ce n’erano.
Chissà dove si erano cacciati i suoi compagni di viaggio. Era preoccupata per il piccolo Gohan, anche se il bambino aveva già una forza sorprendente e si sapeva difendere certo meglio di lei. Almeno sarebbe potuto restare a tenerle compagnia, ma evidentemente aveva ereditato la medesima cocciutaggine del padre!
Era incavolata nera con Krilin, perché l’aveva piantata in asso, dicendole di non preoccuparsi! Tante grazie per il suggerimento! Non era più tornato e la sua assenza aveva iniziato a pesarle parecchio, soprattutto quando aveva avvistato i cattivi a pochi passi dal suo precario rifugio!
Goku, che cosa stai combinando? Dove sei finito!?
Durante la sua fuga, era transitata per un villaggio e aveva trovato solo cadaveri. Erano tutti morti, persino i bambini!
Le lacrime le salirono agli occhi e offuscarono il paesaggio tranquillo. Chi aveva potuto compiere un atto così crudele? Che male avevano potuto mai fare delle creature indifese come quelle, per meritare una tale sorte?
Tutto per le sette Sfere del Drago!
Non aveva più con sé il radar per localizzarle e quindi le aveva perse di vista. Forse i suoi amici erano riusciti a recuperarne qualcuna, anche se la maggior parte era probabilmente nelle mani degli avversari… e poi a cercarle c’era anche quel Saiyan, quello che era sceso sulla Terra e aveva combattuto all’ultimo respiro con Goku, quello che si chiamava Vegeta…
Per le stelle, non c’era mai pace!
Quando l’aveva visto, in aggiunta ai personaggi raccapriccianti che avevano invaso il pianeta dopo il loro infausto atterraggio, le si erano raddrizzati i capelli sulla testa. Ci mancava solo più lui lassù! Quel fuori di testa era interessato alle Sfere e anche pronto ad ammazzare tutti! Aveva un conto in sospeso con i terrestri e, avrebbe potuto giurarci, l’avrebbe saldato con molto piacere alla prima occasione.
Se l’era persino sognato, disumano e agghiacciante come non mai!
Al solo ricordo, avvertì una punta nella schiena.
Eppure, quando li aveva raggiunti, il Saiyan aveva intimato con un ordine secco di consegnare la Sfera in loro possesso, ma poi non li aveva uccisi. Forse perché necessitava del loro aiuto per battersi con quel numero spropositato di soldati e perché quel Frieza era troppo forte anche per lui. Aveva uno sguardo terrificante e, quando si era girato verso di lei e l’aveva osservata per un centesimo di secondo, Bulma aveva sentito un brivido correrle lungo la schiena.
L’aveva salutato, appoggiandosi alle spalle di Krilin, con grande faccia tosta e lui aveva sogghignato sprezzante.
La linea dell’orizzonte si distorse e da poco distante si levò il boato assordante dell’ennesima esplosione. La superficie del pianeta ebbe un ulteriore scossone e la ragazza si trovò seduta a terra, con le gambe che tremavano e il cuore che martellava.
“Ma perché non la smettono!” strillò terrorizzata, tappandosi le orecchie e strizzando le palpebre, per difendersi dall’onda abbagliante che le era passata sopra la testa.
Fece appena in tempo a scorgere un movimento tra le nuvole, dalle quali sbucarono alcuni strani e repellenti esseri, abbigliati con le armature bianche e ocra dell’esercito di Frieza. Probabilmente, stavano dando la caccia a qualcuno.
Di bene in meglio!
Bulma sgusciò tra le rocce, appiattendosi contro la superfice argillosa, maledicendosi per aver scelto una tuta spaziale gialla e nera, anziché mimetica.
Trattenne il fiato, sperando che non la trovassero.
 
Vegeta atterrò velocemente sull’erba verde-azzurra di Namek, occultando l’energia spirituale: aggrottò la fronte, alzando gli occhi verso le chiome tondeggianti degli alberi snelli e sottili tipici di quel luogo, che gettavano ombre aggraziate ai suoi piedi. Il cielo era sgombro… certo ancora per poco.
Percepiva il ki dei componenti della pattuglia che lo stava braccando, dopo che aveva fatto saltare per aria i sistemi della nave ammiraglia e nascosto le Sfere.
Frieza non aveva sicuramente più dubbi su quali fossero le sue reali intenzioni. Certamente, lo aveva ormai inquadrato tra le fila dei voltagabbana e aveva emesso l’ordine di catturarlo vivo, per fargliela pagare personalmente. Una prospettiva poco piacevole. Quel bastardo aveva uno strano concetto di tradimento, come se ridurre in polvere il pianeta dei Saiyan fosse stato un gesto umanitario.
Sogghignò, nonostante la rabbia che quel ricordo gli provocava.
Quell’idiota di Dodoria aveva cercato di barattare la sua inutile vita con un’informazione che considerava top secret… ma lui conosceva già la verità. Nessun meteorite aveva impattato contro il suo pianeta natale, era stata unicamente la paura di Frieza a provocarne la fine. Il maledetto se la faceva addosso ogni volta che sentiva nominare il leggendario super Saiyan e aveva eliminato il problema alla radice. O meglio, aveva creduto di essere al sicuro, ma aveva commesso l’errore di risparmiare lui, Vegeta, che era il principe e faceva parte dell’élite della stirpe guerriera. Chi, se non lui, aveva tutte le caratteristiche necessarie per trasformarsi nel combattente leggendario?
Frieza aveva commesso l’errore più grossolano della sua patetica esistenza.
Se Vegeta non aveva mai fatto allusioni all’evento e si era finto fedele, addirittura devoto all’imperatore del male, era perché aveva atteso per anni il momento giusto per la vendetta. Frieza avrebbe scontato fino all’ultima le umiliazioni che lui era stato costretto a subire in silenzio. Gliele avrebbe rammentate, una per una, mentre lo privava del respiro e liberava il creato della sua odiosa presenza.
Dopo l’ultima batosta da cui si era ripreso, si sentiva abbastanza forte per sfidarlo, ma non poteva rischiare di perdere la sua occasione. Dopotutto, aveva impartito una sonora lezione anche a quel presuntuoso di Zarbon, fatto prima inimmaginabile!
 
Niente fretta, Vejita…
 
Avrebbe dovuto studiare attentamente la situazione, senza farsi prendere dalla smania di rivalse affrettate. Per quello voleva a tutti i costi le Sfere!
Strinse i denti e serrò i pugni.
 
Kakarott
 
Sarebbe giunto presto sul luogo dello scontro. Lo percepiva chiaramente e la sua energia spirituale era ancora più forte dell’ultima volta in cui si erano affrontati. Quel guerriero di terza classe era stato in grado di batterlo e gli aveva intralciato la strada, in un modo che aveva incrinato la sua sicurezza. Non poteva trattarsi di lui, di uno stupido dal cuore tenero, che era un Saiyan solo perché i suoi genitori gli avevano trasmesso il patrimonio genetico e nient’altro, non poteva essere certo lui il prescelto per diventare il super Saiyan!
L’orgoglio ferito di Vegeta bruciava ancora dannatamente: sconfitto e risparmiato.
Un’onta che avrebbe lavato con la morte. Con la sua o più probabilmente con quella di Kakarott! Si sentiva più potente di lui, sarebbe stato il secondo a incorrere nella sua vendetta. Ma per il momento l’avrebbe risparmiato, perché gli sarebbe stato utile contro gli sgherri di Frieza o quant’altro.
La priorità era, attualmente, quella di radunare le Sfere del Drago e di domandare l’immortalità, a scanso di equivoci. Dopo, avrebbe portato a compimento tutto ciò che ribolliva con furia nel suo cuore.
Era un principe. Era un guerriero. Era nato per dominare. Per essere il numero uno.
Le energie spirituali dei soldati riverberarono nella sua: erano terribilmente vicini.
Se avesse spiccato il volo, lo avrebbero immediatamente individuato con gli scouter. Avrebbe dovuto trattenere il ki e nascondersi, non poteva rischiare di attirare Frieza quando non aveva ancora pianificato gli eventi a dovere e senza sapere con precisione dove si trovasse Kakarott.
Certo, avrebbe potuto uscire allo scoperto e massacrarli tutti, come aveva fatto con quelli rimasti a guardia dell’astronave, per poi far perdere di nuovo le sue tracce. No. Non sarebbe stata una pensata furba, dato che il suo nemico non era affatto stupido ed era anche parecchio veloce, doveva dargliene atto.
 
Pazienza, Vejita, stai calmo…
 
Si acquattò tra le rocce, sbirciando attraverso il nascondiglio e le sagome di dieci combattenti si profilarono contro le nuvole chiare, rallentando il volo.
 
Dieci? Ma che diamine, io ne sento undici…
 
Il principe si concentrò e contò nuovamente un ki in più rispetto al numero di uomini che vedeva sopra di sé.
Non poteva essere un guerriero. Quell’energia spirituale era troppo debole, forse si trattava di un grosso animale. Dannazione! Avrebbe dovuto scovarlo e soffocare all’istante la sua aura, altrimenti gli scagnozzi di Frieza l’avrebbero trovato per colpa sua e…
Un lampo attraversò la sua mente svelta.
Girò intorno alle rupi, tenendosi basso e strisciando in silenzio contro la parete rocciosa, guidato dalla sottile e inconsapevole emissione energetica. Si bloccò, incredulo.
Per tutte le galassie! La terrestre!

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Capitolo 2
*** Incontro ***


Incontro

Bulma si impose nuovamente l’autocontrollo, quando vide gli alieni arrestarsi esattamente sopra di lei. Si rannicchiò più che poté nella piccola rientranza che attraversava il ciglio erboso sovrastante, ma rimase ugualmente visibile.
 
Ti prego… ti prego vattene da qui…
 
Il caposquadra abbaiò alcuni ordini e la pattuglia si aprì a ventaglio, iniziando a perlustrare la zona con più attenzione. Gli uomini attivarono i rilevatori, che iniziarono a ticchettare dati e luci, proiettandoli sulla lente trasparente abbassata sull’occhio sinistro.
Bulma prese a riflettere freneticamente, in cerca di una scappatoia.
Presto l’avrebbero individuata o sentita.
 
Pensa, Bulma, pensa! L’unica difesa che hai è il cervello…
 
Magari quegli avanzi di galera sarebbero stati sensibili al suo fascino e l’avrebbero risparmiata! Oppure avrebbero visto che lei non aveva alcun potere combattivo e l’avrebbero lasciata in pace…
Magari, invece, l’avrebbero usata come merce di scambio o come schiava personale su qualche sperduto pianeta o l’avrebbero mangiata per cena! Oh, cielo!
Magari addirittura…
Qualcosa le piombò addosso con la rapidità del pensiero, inchiodandola alla roccia con una forza disumana, tappandole la bocca e impedendole qualsiasi reazione. Non ebbe neppure il tempo di trasalire.
“Non un fiato…” ringhiò Vegeta, trattenendola saldamente e continuando a premerle sulle labbra con la mano, il viso a un centimetro dal suo.
Bulma si irrigidì, pensando di essere giunta alla fine dei suoi giorni. Serrò gli occhi, terrorizzata e rassegnata a subire quella sorte terribile.
Non successe nulla.
Sentiva il suo respiro leggero su di lei e il suo profumo speziato, mentre continuava a schiacciarla contro i massi con la possanza del suo corpo, l’avambraccio contro il suo diaframma, in una mossa di blocco perfetta.
Riaprì le palpebre con riluttanza.
Il Saiyan scrutava il cielo, seguendo attentamente le mosse dei soldati con un’espressione palesemente nervosa. Ma senza allentare il controllo su di lei.
Allora, era lui l’oggetto della caccia! E lei ci sarebbe andata di mezzo, perché aveva deciso di venire a nascondersi proprio nel suo stesso buco! Quel seccatore era sempre fra i piedi!
Bulma mosse la testa, brontolando sommessamente.
Vegeta riportò l’attenzione su di lei, piantandole addosso uno sguardo glaciale e minaccioso, ma spostò leggermente la mano, consentendole di respirare.
“Se urli, ti ammazzo” garantì con spaventosa calma.
“Non sono così stupida!” ribatté lei a bassa voce, tirando il fiato “Non ci tengo proprio a essere catturata da quei mostri…”
Il principe la squadrò con lo sguardo torvo, ricevendone in cambio uno altrettanto irato. Sogghignò, notando che la terrestre non si faceva intimidire più di tanto, nonostante la situazione decisamente svantaggiosa.
“Quelli là…” continuò lei “Non sono tuoi amici? Raggiungili e lasciami in pace, io non ho nulla di quello che cerchi!”
“Amici? Non proprio…” affermò lui divertito “Anzi, se mi dovessero scovare, per ingannarli direi che ti ho catturata su ordine di Frieza, perché tu sai dove si trovano le Sfere. Mi crederebbero, dato che sono una massa di deficienti. Perciò mi servi esattamente qui e viva, per ora.”.
“Ah, è così! Io dichiarerei che sei un gran bugiardo e penso che darebbero retta a me, invece! Mi sembrano già parecchio incavolati con te…”
Chi!”
Vegeta la percepiva a tratti tremare contro di sé e da quello deduceva che la ragazza era piuttosto spaventata, anche se si stava sforzando di apparire valorosa. Eppure, pareva che non avesse timore di rifilargli una risposta tagliente, come quella che gli era appena arrivata, dalla quale si evinceva che non doveva essere per niente una sciocca. Aveva immediatamente compreso la situazione, anzi, l’avrebbe certo piegata a suo vantaggio. Avrebbe dovuto stare attento con lei: le persone intelligenti potevano essere molto pericolose, se sottovalutate.
Si avvicinò ancora di più, fino a sfiorarle la fronte con la sua, serrando ulteriormente la stretta d’acciaio.
“Tu non farai un bel niente, se ci tieni alla pelle. E riferirai esattamente quello che ti dico io, per filo e per segno!” ordinò gelido “Lo so che hai paura, lo sento…”
Bulma si rattrappì contro la roccia, ma non recalcitrò davanti all’intimidazione.
Il Saiyan le stava incollato addosso e la fissava con lo sguardo spaventoso che le era ben noto. I suoi occhi leggermente a mandorla erano scurissimi: così neri che non riusciva a distinguere le iridi dalle pupille, neppure da quella distanza ravvicinata. I suoi occhi erano un pozzo di furia trattenuta a stento, di terrificante malvagità, di rivalsa e… i suoi occhi erano un covo di dolore e di tristezza immane, i suoi occhi erano… bellissimi.
 
Ma che cosa vai a pensare, Bulma!
 
“Non ho paura!” esclamò “Sono solo a disagio, se permetti, dato che mi stai mettendo le mani addosso!”
Nan…?” sbottò Vegeta, allentando per un attimo la presa “C-cosa?”.
La guardò stupefatto, come se la vedesse solo in quel momento e avvertì chiaramente le sue forme contro la sottile corazza che indossava.
Gli occhi turchesi della terrestre lo puntavano con disapprovazione, come se volutamente lui la stesse toccando in modo irrispettoso e non la stesse semplicemente tenendo prigioniera. Il sangue gli salì al cervello.
“Sei davvero una rozza popolana!” esplose “Io non sto affatto…”
“Shhhh!” fece lei, interrompendolo “Ti sentiranno anche senza il rilevatore, se alzi la voce e io ci andrò di mezzo!”.
Vegeta imprecò in modo strozzato e sbirciò in aria, dove i guerrieri che lo cercavano continuavano a sondare ostinatamente la zona. Dannazione! Che cosa stavano facendo ancora lì, un pic-nic?
“Non ci posso credere…” borbottò lei.
Lui la fissò, sollevando un sopracciglio, pensando che si riferisse ai soldati sopra di loro o al fatto che avesse allentato la morsa. Le rivolse uno sguardo interrogativo e molto adirato.
“Uno come te che arrossisce…”
Chi!”
Il principe fece per ribattere, ma uno degli scouter emise il segnale che corrispondeva all’individuazione di un’energia spirituale sufficientemente cospicua.
Immediatamente, il capo trafficò con il bottone del dispositivo, fece radunare gli uomini con un cenno e iniziò a indicare lo spazio tra i massi dove si erano nascosti.
Dannazione! Com’era possibile, se non emanava… Ma certo, la ragazza.
“Trattieni il tuo ki, donna, anziché proferire stupidaggini! Per quanto sottile, i tizi che ti sono più simpatici di me lo hanno appena individuato!”
“Ma…” balbettò Bulma terrorizzata “M-ma io non sono capace…  non so come si fa…”
“Che cosa!?”
“Ehi!! Non sono un combattente! Sono una fanciulla indifesa in mezzo a voi mostri!” strillò.
“Stai zitta, maledizione!!”
Vegeta si contrasse, spingendola ancora di più nell’angusta spaccatura dietro di loro, sperando inutilmente che dall’alto non riuscissero a scorgerli. Una precauzione inutile. Una volta rilevata quella presenza consistente, i soldati sarebbero scesi a terra per controllare e li avrebbero scoperti immediatamente.
Si concentrò e socchiuse le palpebre: erano dieci, ma erano ridicolmente deboli rispetto a lui. Avrebbe avuto gioco facile con quegli inetti, ma l’uso del ki avrebbe certamente portato la conseguenza di segnalare la sua posizione a Frieza o alla Ginyū Tokusentai. Non ci voleva! La sfortuna continuava ad accanirsi contro di lui, per tutti gli universi! Avrebbe dovuto elaborare un’altra strategia prima che fosse troppo tardi…
Le voci concitate dei guerrieri gli fecero chiaramente intendere che erano sul punto di posarsi a terra per completare l’esplorazione. Sentì uno scalpiccio sulle rocce sovrastanti. Si preparò a colpire.
“Se provi solo a scappare mentre li faccio fuori, giuro che ti spezzo il collo” ringhiò, afferrandola per il mento.
Bulma annuì, le pupille dilatate dall’angoscia, che fissavano l’inesorabile avvicinamento dei nemici, le numerose ombre che si proiettavano a pochi passi.
La parete dietro di loro si incrinò per la pressione dei loro corpi, franando per un breve tratto e un grosso rettile con le squame violacee e le pupille rossastre schizzò fuori sibilando, annaspando con le zampe tozze tra i sassi, indispettito dall’insolito trambusto, che aveva disturbato il suo sonnellino. Fece saettare la lingua bifida a poche spanne da loro e salì sulla cima erbosa, usandoli incivilmente come scala.
Vegeta resistette al ribrezzo, grugnendo, e fece appena in tempo a sigillare la bocca alla terrestre, soffocando la sua esclamazione di raccapriccio, che li avrebbe definitivamente rivelati agli uomini di Frieza. La tenne ferma, ma con meno brutalità, indicandole l’animale con un sogghigno: che colpo di fortuna!
Lei fece atto di aver compreso e trattenne il respiro, aggrappandosi a lui come se la stesse difendendo, come se fosse il suo salvatore e non quello che l’aveva catturata e minacciata di morte fino a un secondo prima. Da non credersi.
La ragazza era sveglia… e anche caparbia. La ragazza aveva paura, ma evidentemente non si lasciava prendere dal panico. La ragazza aveva due occhi del colore del mare, che per un momento lo avevano distolto dalla battaglia, quando l’aveva fissata per dirle che l’avrebbe uccisa e quella frase gli era suonata così stonata, mentre si era specchiato in quel turchese…
 
Ma che ti prende, Vejita!
 
I soldati si allontanarono, indicando la bestia con fastidio e sparando un paio di colpi a vuoto per allontanarla.
“Ci sono cascati…” bisbigliò il principe, rilassandosi “Hanno pensato che il ki fosse quello della lucertola di prima…”
Bulma rifiatò e sentì le lacrime salire per l’allentarsi della tensione. Le gambe le mancarono e piombò a terra con un gemito, prendendo una notevole botta al fondoschiena.
“Ouch! Sono ancora viva…” balbettò “Oh, stelle… sono viva e sono salva, sono…”
Smise di gioire, quando realizzò che, invece, il Saiyan era ancora lì e la stava osservando con l’ironia dipinta in viso. Sbagliato. Non era per niente al sicuro, anzi...
“Dov’è finita la tua baldanza?” le domandò lui con un sogghigno “Cominciava a piacermi…”
“C’è poco da ridere!” rimandò lei piccata “I tuoi amici sono ancora nei paraggi!”
Vegeta sbuffò, incrociando le braccia. Era bloccato lì e non poteva usare i suoi poteri. Finché quegli idioti non fossero tornati alla base, avrebbe dovuto rinviare la ricerca delle Sfere e di conseguenza la sua rivalsa su Frieza. Anzi, c’era il serio rischio che quel maledetto esprimesse il suo odioso desiderio al Drago prima di lui. L’unica scappatoia era sperare che Kakarott, ovunque si trovasse, lo intrattenesse fino al suo arrivo.
“Io non ho amici!” rispose con durezza.
Bulma lo esaminò, stupita.
“Che hai da guardare!?” ringhiò lui, notando la sua espressione dispiaciuta “Alzati, non è il momento di abbassare la guardia! Sbrigati!”
“Sei proprio maleducato!”
Hah! Crudele, spietato e disumano! Quello che vuoi…” sghignazzò il Saiyan “E’ sufficiente che tu comprenda che comando io, qui. E che se ti dirò di ballare, tu ballerai!”
Pure la terrestre avrebbe dovuto gestire! Un ostaggio gli avrebbe fatto comodo, ma quella non pareva affatto propensa a interpretare passivamente il ruolo della prigioniera, per tutte le galassie!
“Tango o valzer?” saettò Bulma con sarcasmo, rimettendosi in piedi.
Vegeta la fissò incredulo. Gli aveva nuovamente rifilato una risposta terribilmente impudente e nessuno, prima di lei, si era mai permesso di comportarsi in modo così sfacciato.
La afferrò per un braccio e la immobilizzò ancora contro la roccia smottata, puntandole un dito al collo, lo sguardo acceso e feroce.
“Danza della morte…” rispose con esiziale freddezza.
“N-non puoi usare il ki… ci troveranno!”
“Non mi occorre, per spedirti all’altro mondo!”
Si studiarono senza parlare.

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Capitolo 3
*** Stasi ***


Stasi

La terrestre si era seduta a terra e si fissava le punte dei piedi con aria sconsolata.
Erano lì da ore, ormai. Gli scagnozzi di Frieza avevano fatto base poco distante ed erano in costante comunicazione con il resto dell’esercito tramite gli scouter.
 
Gira sempre male, dannazione!
 
Vegeta aveva capito che le Sfere non erano ancora state trovate e che doveva essere successo qualcosa che aveva tenuto impegnata la Ginyū Tokusentai. Almeno in quello era stato fortunato, non ce l’avrebbe sicuramente fatta ad affrontare contemporaneamente tutti e cinque i membri della squadra.
Forse il figlio di Kakarott e il suo amico pelato stavano combattendo. Aveva percepito un’energia spirituale vastissima, ma non era riuscito a identificarla.
Strinse i pugni, innervosito dall’immobilità e si alzò dal masso su cui si era sistemato.
Tutto intorno a lui iniziò a girare e si distorse, sfumando nel buio. Si resse alla roccia, portandosi una mano alla fronte. Non aveva dormito a sufficienza, neppure in quei pochi minuti di sonno rubati all’ombra dell’astronave ammiraglia e neanche nella capsula di rigenerazione, successivamente allo scontro con Zarbon. Non ricordava l’ultima volta in cui aveva mangiato. In quelle condizioni, sarebbe stato impensabile anche combattere con uno di quei babbei là fuori. Altro che sfidare Frieza!
“Vegeta…”
“Che vuoi?!”
Riaprì gli occhi, cercando di non mostrarsi sfinito come in realtà si sentiva.
La ragazza lo scrutò con interesse. Se stava anche solo pensando di sfruttare la sua spossatezza per dileguarsi…
“Sono ancora laggiù quei tizi?”
“Certo che ci sono… o non me ne starei qui a girarmi i pollici in compagnia di una mocciosa petulante!”
“Ehi! Non sono certo io ad aver scelto la tua vicinanza! Sei tu che mi stai trattenendo! Credi che mi diverta a condividere la giornata con uno squilibrato presuntuoso come te!?”
“Che cosa hai detto!?”
“E poi non sono affatto una mocciosa! Ho ventisette anni, sono una scienziata geniale e fuori dal comune!” continuò lei, ignorando la sua espressione furente e passandosi la mano tra i capelli azzurri.
“E in tutto questo tempo nessuno ti ha insegnato a tacere!?”
“Mi stai dando della vecchia, forse?” ribatté lei offesissima “Guarda che solitamente i ragazzi fanno a gara per uscire con una bellezza come me!”
Vegeta iniziò a inalberarsi. Lei continuava a rigirare a proprio piacimento le sue intimidazioni, frastornandolo e dando aria a sciocchezze di portata colossale, a fronte del frangente pessimo nel quale, invece, si trovavano immersi.
“Patetici terrestri…” sputò tra i denti.
“Almeno noi non misuriamo la vita in termini di forza e distruzione!”
“Per questo siete destinati alla fine. Non risparmierò neppure uno di voi stupidi vermiciattoli!”
“Vallo a dire a Goku! Prova solo ad avvicinarti al nostro pianeta e ti farà fare la fine della volta scorsa!”
 
Goku? Ma chi diavolo… Kakarott!
 
Vegeta si raddrizzò e si mosse verso di lei senza fretta. Posò un ginocchio a terra e la afferrò per la casacca, trascinandola sgarbatamente verso di sé, le iridi d’onice che mandavano lampi d’ira terrificanti, l’offesa che bruciava insopportabile.
“Dimmi una cosa, donna… sei forse la sposa di Kakarott?”
La sua voce era algida e sottile come l’inverno, mentre le poneva quella domanda. Il suo sguardo, invece, aveva la profondità della notte… arrogante, infuriato e malvagio. Ma brillava anche di una luce fiera e indomita.
Bulma, suo malgrado, scoppiò a ridere.
Il principe sgranò gli occhi, spiazzato.
“Sei forse uscita di senno per la paura o sei pazza già di tuo?” le domandò, stringendo la stoffa gialla della sua blusa tra le dita.
“Per niente…” ridacchiò lei “Io la moglie di Goku? Beh, lui è davvero molto, molto carino e non nego di averci fatto un pensierino… ma è uno zuccone terrificante, bisogna spiegargli le cose almeno tre volte! Usa il cervello solo quando combatte! No, grazie, non fa per me, anche se è la persona più generosa che io conosca!”
“C-carino?” ripeté Vegeta stupefatto, pensando di aver trasposto male la parola.
Kyei… no no, aveva tradotto benissimo. Lei aveva fatto riferimento al suo aspetto fisico, non alla sua potenza… e al suo carattere altruista, non al suo rango.
“Perché mi guardi così?” gli domandò incuriosita.
“Perché dici delle idiozie! Considerare un guerriero in base alla sua faccia e al suo buon cuore… mai sentito nulla di più assurdo!”
“Prima di essere un guerriero, è un uomo…”
Chi!”
“Non capisco perché te la prendi tanto!”
Lui la lasciò andare e la fissò intensamente, ma senza rabbia.
Bulma si ritrasse leggermente, sistemandosi l’indumento sgualcito.
“Anch’io sono un uomo. Un guerriero. Io sono il principe dei Saiyan! Per me, contano la forza, l’orgoglio, la determinazione, il dominio. Io sono il numero uno, non certo perché sono più gentile degli altri o più attraente secondo i criteri di valutazione di una femmina! Mi darai tardiva ragione, quando sconfiggerò Kakarott e lo ammazzerò come un cane!”
La scienziata rimase a bocca aperta.
Principe… ecco perché la sua armatura era bianca e oro, differente dalle altre. Aveva notato che era abituato a comandare già quanto era giunto sulla Terra insieme con quell’altro energumeno calvo. Doveva aver ricoperto un ruolo d’élite anche nell’armata di quel mentecatto di Frieza. Era fuori dal comune, lo si evinceva dalla sua espressione, sebbene fosse in parte celata dalla polvere e dal sangue che gli imbrattavano il volto. Era intelligente, deciso e persistente… peccato che lo fosse nel male. Peccato che li detestasse così tanto e che volesse sterminare tutti i terrestri come aveva già fatto con…
“Quindi tua moglie ti ha scelto perché sei arrogante, aggressivo e con il sangue blu?” ribatté con sufficienza.
Vegeta sussultò, a metà tra l’imbarazzo e il nervosismo che quella donna riusciva a provocargli ogni volta che apriva la bocca.
“Cosa!?” gridò, sbattendo la mano contro la rupe “Ma come osi rivolgerti a me in questo modo!?”
La fenditura da cui era uscito il rettile violaceo si allargò e alcune pietre rotolarono rumorosamente ai loro piedi.
Bulma trasalì, maledicendo la propria eccessiva sfrontatezza, pregando che quel baccano non venisse udito dagli inseguitori. Ma era colpa del Saiyan! Era lui che gliele tirava fuori!
“Ehm…” balbettò “Non volevo offenderti… ho solo seguito il tuo discorso e…”
Chi!” sbottò lui, inarcando un sopracciglio “Io non ho moglie, se ci tieni a saperlo! Non ho tempo per le insulsaggini! E se anche se avessi, nessuna sarebbe degna di me!” aggiunse seccato, incrociando le braccia.
Poi spalancò gli occhi, guardingo, e si voltò in direzione dei soldati.
“Che cosa stanno facendo?” domandò lei con un tremito “Non avranno mica sentito lo smottamento?”
“Come faccio a saperlo!?” saettò lui “Percepisco le loro aure, non sono chiaroveggente!”
Guardò il dirupo franoso sopra di loro, aggrottando la fronte, meditabondo.
“Perché non provi ad arrampicarti lassù?”
“Non ci penso proprio!”
“Dovresti farcela, se sei così forte come dici!”
“Lo sono, maledizione!” esplose lui, furibondo “Parli sempre a sproposito! Se tocco quella parete, crolla tutto, non vedi com’è friabile? Ci sentirebbero di sicuro e non sono certo di trovare un altro schifoso rettile da usare come esca!”
“Oh, beh…” sospirò Bulma, appoggiando il mento sulle mani, imbronciata.
Il Saiyan aveva ragione. Anzi, era già tanto che non avessero captato il suo sfogo rabbioso di prima. Avrebbe dovuto stare attenta a non farlo adirare troppo o li avrebbero scoperti! Si stupì di se stessa.
 
Tu non pensi che lui ti farà davvero del male, Bulma, hai più paura di quelli là fuori…
 
“Senti, Vegeta, ho un’idea…”
Lui la fissò con un’espressione inquisitoria e cupa.
“Sarebbe importante riuscire a vedere che cosa combinano quegli individui… Magari stanno dormendo come ghiri e noi stiamo perdendo l’occasione di fuggire…”
“Quindi?”
“Ecco, tu non puoi volare e in effetti quelle rocce sono in bilico… ehm…”
“Ti decidi a parlare o no!?” tuonò lui spazientito.
“Prendimi in braccio!” gettò lei tutto d’un fiato.
“C-come?”
“Se riesci a sollevarmi oltre il ciglio erboso, posso controllare la situazione senza rischi”.
Il principe rimase imbambolato, puntandola come se fosse un’arma non convenzionale.
“Non pretenderai che faccia il contrario, vero?” brontolò lei indispettita.
Vegeta sospirò, scrollando la testa. La terrestre aveva ragione. Non era il momento di fare lo schizzinoso perché si sarebbe dovuto abbassare alla richiesta.
Scaltra e sfacciata. Sogghignò.
“Non farti beccare” raccomandò, facendo un passo verso di lei.
“E tu stai attento a dove metti le mani!” ribatté la terrestre, maliziosa.
Chi!”
La sollevò per la vita come se fosse una piuma, alzandola sopra le spalle e tenendola issata per aria.
La stretta del Saiyan era forte e delicata. Le sue mani guantate erano ferme e decise sui suoi fianchi. L’aveva alzata come se non avesse peso e la stava reggendo senza sforzo. Tutto di lui emanava un potere straordinario e terrificante. Era una creatura misteriosa e carica d’odio. Eppure, a lei sarebbe davvero piaciuto conoscerlo meglio. Avrebbe voluto che non fosse suo nemico. Avrebbe voluto ancora parlare con lui e sapere…
 
Cavoli, Bulma, sei incorreggibile… Sempre a giocare con il fuoco!
 
La terrestre era leggera ed esile. Vegeta era debilitato e stanco, ma non trovava difficoltà a innalzarla sopra di lui. L’idea che lei aveva partorito non era male. Se ne stava appoggiata al bordo roccioso, dandogli le spalle in piena fiducia. Come se lui fosse un alleato in quella situazione disgraziata. La ragazza aveva destato stranamente il suo interesse, il che era una novità per lui, che considerava tutti con lo stesso disprezzo. Si era sorpreso che Kakarott, tanto potente e valoroso, non avesse scelto una donna come lei… testarda, impudente e priva di timore. Forse non l’aveva sposata perché parlava troppo e aveva il dono di far saltare i nervi anche a lui. Sarebbe stato curioso di sapere perché mai fosse andata a cacciarsi in quella battaglia e perché se ne stava tutta sola e…
 
Insomma, Vejita, che cosa te ne importa di…!
 
“Oh, Kami! Oh, Kami!!” proruppe lei agitatissima.
“Che c’è!?” fece il principe, ritornando alla realtà.
“Vengono da questa parte! Adesso!!”
“Dannazione!!”
Vegeta tirò immediatamente indietro le braccia per riportarla al suolo e lei perse l’equilibrio. Scivolò giù, reggendosi alle sue spalle e restò aggrappata a lui, stringendolo forte, le dita artigliate alla sua schiena.
“Vegeta…”
La sentì tremare per l’agitazione contro di lui, mentre l’adrenalina gli si riversava in corpo, segnalandogli di agire all’istante, per salvarsi la pelle. Ma le sue mani, per un interminabile attimo, non riuscirono a staccarsi dalla sua vita.
 
Ma cosa stai facendo, Vejita?!
 
“Cielo!”
L’esclamazione della terrestre lo scosse. La allontanò bruscamente. Lei si stava contemplando con terrore i palmi, che erano sporchi di sangue fresco.
“Questo non è il mio… Tu sei ferito!”
“Dimmi qualcosa che non so!” ribatté lui iroso, guardandosi intorno in cerca di un’improbabile via di fuga nei dintorni.
“Vegeta!”
“Taci! Sto pensando!”
Il Saiyan assestò un paio di potentissimi calci alla parete rocciosa, in corrispondenza della fenditura già schiusa, creando un ulteriore varco. Il terriccio smottò, ma il buco rimase spalancato, tanto da consentire l’ingresso a una persona in quella che doveva essere una zona cava.
Le voci degli uomini di Frieza erano incalzanti.
Lui la prese per un braccio e la trascinò verso la spaccatura con decisione.
“Cosa fai!?” strillò lei “Io lì non ci entro! Magari è la tana di altri brutti rettili feroci!”
“Tu obbedirai a me, se non vuoi crepare subito!” ruggì lui, spingendola di forza nell’antro buio e seguendola velocemente, appena in tempo per celarsi agli sguardi dei soldati.
Le pietre in bilico rotolarono sopra l’apertura, sigillandola dietro di loro.

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Capitolo 4
*** Forzata convivenza ***


Forzata convivenza

“Qui non c’è nessuno!”
“Abbiamo rilevato il ki di qualche altro animale, è l’unica spiegazione!”
“Frieza sarà molto seccato per questo!”
“Già, se non gli portiamo quel bastardo traditore, se la prenderà con noi!”
“Quello sporco Saiyan non deve essere lontano, ho perso la sua traccia in questa zona!”
“Sì, ma è furbo, starà trattenendo l’aura!”
“L’imperatore non si accontenterà di questa scusa…”
“Dannazione, non ci voleva!”
“Ragazzi, accampiamoci qua fuori e vediamo se riusciamo a individuarlo. Ci conviene aspettare, piuttosto che rientrare alla base a mani vuote!”
“Potremmo anche catturare uno dei terrestri o un mistico namekiano…”
“Bah, a quest’ora saranno tutti morti… la Ginyū Tokusentai non ha mai fallito una missione”.
“Io non credo, secondo me daranno del filo da torcere…”
“Basta così! Montiamo il campo e vediamo che succede!”
“Agli ordini, capo!”
 
Gli occhi scuri di Vegeta scintillarono nella penombra della caverna, rabbiosi e terribili. Aveva ascoltato lo scambio di battute, dal quale si evinceva chiaramente che i suoi inseguitori non se ne sarebbero andati tanto presto. Era bloccato laggiù, senza poter utilizzare l’energia spirituale, con il rischio di perdere la sua occasione, di non riuscire a radunare le Sfere. Invece, non avrebbe dovuto attendere troppo o tutti i suoi piani sarebbero andati all’aria. Avrebbe dovuto presto ricorrere ai suoi poteri, se solo non fosse stato così debole, così…
“Ah…”
Scivolò lentamente a terra, strisciando contro la roccia e lasciando dipinta dietro di sé una visibile scia di sangue, facendo precipitare al suolo anche la ragazza.
Non c’era spazio in quella frattura angusta ed erano appiccicati l’uno all’altra in una stretta che lui non si decideva ad allentare per evitare inconvenienti. Il petto della terrestre si alzava e si abbassava più velocemente del normale contro il suo, regalandogli una sensazione incomprensibile. La sentì stringere le dita sulle sue spalle e trattenere il fiato, in attesa di un segnale di riconoscimento dall’esterno. Come se cercasse la sua protezione e non fosse solo una prigioniera. Ancora quella che sembrava fiducia. Assurdo.
Un grosso sasso piombò a terra di botto e lei trasalì, abbracciandolo letteralmente e affondandogli il viso nel collo.
Il principe smise di ascoltare i rumori dei soldati: tentò di recuperare la concentrazione, ma non gli riuscì, distratto dal respiro di lei all’orecchio e dal pulsare furibondo del cuore… No, non era quello della terrestre. Irrazionale. Illogico, paradossale e insensato… ma era il suo a battere così furiosamente.
 
Per tutte le galassie, Vejita!
 
La ferita alla schiena gli inviò una fitta spasmodica e lui gemette impercettibilmente.
“Vegeta, stai…”
“Non una parola!”
Bulma osservò il cunicolo semibuio, che si inoltrava nel ventre della montagna, perdendosi in tetri meandri, privi della debole luce che filtrava dall’esterno. Gli alieni non li avevano trovati e quello era già positivo, ma erano chiusi dentro quel buco e lei certamente non sarebbe stata in grado di far saltare la frana che aveva ostruito l’uscita. Forse aveva qualcosa di utile alla fuga nella scatoletta delle capsule hoi-poi che teneva in tasca, ma quei mostri l’avrebbero udita produrre anche il minimo rumore.
Il Saiyan non sembrava in forma. Si era seduto pesantemente e respirava con fatica, anche se la stava ancora trattenendo.
Realizzò di essere incollata a lui e che, in realtà, era lei che non lo lasciava andare in quel momento. Si sentì stranamente in imbarazzo e si scostò quanto poté.
“Smettila di strapazzarmi!” gli gridò irritata “Non vedi che non possiamo andare da nessuna parte?”
Lui abbandonò la presa a sua volta e si asciugò il sudore dalla fronte, con un’espressione sofferente e adirata. Borbottò qualcosa nella sua lingua e iniziò a studiare l’ambiente con lo sguardo di un predatore in trappola. Ostinato e insopportabilmente presuntuoso!
“Fammi il favore di chiudere la bocca” sibilò risoluto “Non so quanto ossigeno abbiamo qui sotto e certamente non mi va di fare la fine del topo per le tue inutili lamentele!”
“E’ solo colpa tua se siamo qui!” replicò lei piccata “Se tu non avessi… oh… beh… che cos’hai combinato per farli arrabbiare così?”
Vegeta si voltò e le piantò addosso uno sguardo bieco. Sogghignò crudele.
“Ho fatto saltare in aria l’ammiraglia di Frieza e tutte le capsule di rigenerazione… così ora non sono più in grado di curare i feriti e non possono ripartire. Moriranno tutti qui…”
Bulma sgranò gli occhi e lo fissò: quel ragazzo non aveva esitato a voltare faccia e a ritorcersi contro quelli che erano i suoi… No, un momento. Lui aveva detto che gli invasori non erano affatto suoi amici, quindi doveva avere una ragione personale per essersi comportato così nei loro riguardi. Facendo bene i conti, aveva anche preferito stringere una sorta di sodalizio con Krilin e Gohan, piuttosto che stare alle direttive di Frieza. Il Saiyan non era uno sprovveduto e anche in quel momento stava certo elaborando una strategia. Era sicuramente abbastanza forte da aprire un varco nella roccia, ma aveva già chiarito che non aveva intenzione di farsi individuare, quindi avrebbe atteso il momento propizio per uscire allo scoperto. Sarebbe stata costretta a rimanere lì con lui, finché non avesse deciso cosa fare di lei. Accidenti, che situazione!
“Ma così, anche tu non potrai curarti…”
Vegeta la osservò con attenzione, cogliendo una nota di preoccupazione nelle sue parole. Alzò le spalle e ridacchiò freddamente, pensando di essersi sbagliato.
“Se temi di restare chiusa qua dentro, fatti passare la tremarella. Non morirò di certo per un graffio e quando quelli là fuori si leveranno dai piedi, farò saltare come niente i sassi e uscirò in un baleno” rispose duramente “Se proprio vuoi farti venire l’ansia per qualcosa, pensa a te stessa e alla tua debole esistenza: non so quanto riusciremo a respirare ancora e se proprio sarò costretto a scegliere, indovina chi di noi due sarà il primo a rimetterci…”
Bulma si innervosì più che spaventarsi.
“Parli sempre di uccisioni e massacri! Non sai dire altro!”
“E’ per ricordarti come stanno le cose!”
“Non ho necessità dei tuoi promemoria! Penso solo che potremmo venirci incontro e darci reciprocamente una mano…”
“Hahaha!!” proruppe lui “Io non ho bisogno di nessuno! E se anche fosse, che cosa potresti fare tu, una debole terrestre?”
“Sei davvero indisponente!”
“Ti ho già detto di moderare i termini, altrimenti…”
“Oh, ma se non riesci neppure a stare in piedi!” constatò lei con un sorrisetto ironico.
Il principe scattò in avanti e la afferrò senza che lei potesse distinguere il movimento, il viso a pochi centimetri dal suo, lo sguardo furente, il respiro affaticato.
“Rispetto a te” mormorò terribile “Sarei in vantaggio anche da moribondo…”
La scienziata trattenne il fiato, ma più per la vicinanza che per lo spavento.
 
Lui era aggressivo e spietato: ricordava perfettamente la disumana indifferenza con la quale aveva spezzato la vita ai suoi amici, sulla Terra. Era un uomo ambizioso, che percorreva un sentiero fatto di distruzione e di violenza e camminava da solo, senza curarsi di chi stava calpestando. Il Saiyan non provava pena per nessuno, neppure per se stesso e per lui la vita e la morte, forse, non avevano significato a fronte del fine che si era posto.
Eppure, i suoi occhi erano così tristi, così pieni di tormento… quella solitudine auto imposta gli stava divorando l’anima, se ancora ne possedeva una. Era così giovane, così misterioso dietro all’aspetto di belva priva di sentimenti. Lo osservò bene: aveva la chioma corvina e il naso all’insù e una ruga espressiva tra le sopracciglia ed era affascinante e terrificante allo stesso tempo…
 
Per tutte le stelle, Bulma, non intenderai sedurlo…
 
“Lasciami, se vuoi sapere quanto ossigeno ci resta!”
Vegeta digrignò i denti e la spinse via, aggrottando la fronte per via dell’ultima osservazione.
“Sei un’indovina?” saettò caustico.
“No. Una scienziata, te l’ho detto. Vedo che sei tu a necessitare di promemoria!”
Chi!”
 
La terrestre era quanto di più inspiegabile gli fosse mai capitato. Anziché disperarsi per la sua sorte, non cercava neppure di tenerlo a distanza e addirittura gli aveva proposto di collaborare. Lo guardava dritto in faccia e non rinunciava a rispondergli per le rime, nonostante le minacce. Avrebbe dovuto farle realmente male, per le galassie!
Così si sarebbe convinta del fatto che quello non era uno scherzo! Invece, non aveva intenzione di nuocerle per qualche recondito motivo. Non perché era una donna. Forse perché avrebbe potuto essergli utile. C’era qualcosa in lei, qualcosa che lo aveva colpito, qualcosa che emanava interiormente, che lui avvertiva inconsciamente e che lo richiamava. La ragazza aveva degli assurdi capelli blu e la carnagione candida; se non fosse stato per i suoi strani colori e per l’assenza di coda, sarebbe potuta essere benissimo una Saiyan con quel caratterino… dopotutto le due razze non erano così differenti e incompatibili: la prova era che Kakarott aveva dato un figlio a una terrestre… Lei era incredibilmente sfrontata e attraente…
 
Si vede che non stai bene, Vejita… farti passare certi pensieri nella mente…
 
Bulma si infilò una mano in tasca e ne trasse fuori una custodia di plastica bianca di forma rettangolare. L’aprì e scorse le capsule numerate che alloggiavano all’interno.
Il principe seguì attentamente le sue mosse, rimanendo sul chi vive.
“Non sono armi, non ti preoccupare…” lo punzecchiò lei, scegliendo uno dei contenitori.
“Se possiedi anche un solo granello di intelletto…” commentò lui di rimando.
“Così mi offendi. Io sono geniale! Anzi, la più geniale di tutti!” precisò la ragazza, pigiando il bottone della capsula e lanciandola poco distante.
L’oggetto cadde a terra in un rumoroso sbuffo di fumo.
Vegeta trasalì e saettò alle sue spalle in un baleno, impedendole qualsiasi ulteriore movimento, minaccioso e innervosito dall’azione inconsulta.
“Ma che cosa… per tutti i pianeti!” esclamò poi, sbarrando gli occhi.
Il diradarsi del vapore aveva lasciato il posto a quello che aveva l’aspetto di un piccolo computer portatile, materializzatosi chissà come.
“Insomma!!” sbottò lei seccata “Certo che a non fidarsi mai di nessuno, si vive davvero male! Sei teso come una corda di violino! Smettila! Te l’ho detto che non era un’arma!”.
“Come hai fatto?”  domandò Vegeta, ancora incredulo.
“E’ una mia invenzione” affermò lei orgogliosa “Mia e di mio padre. Si chiama hoi-poi e può contenere qualsiasi cosa. Utile, vero?”
“Non pensavo che voi terrestri possedeste una tecnologia così avanzata…”
“Umpf!” si imbronciò lei “Non è certo un’esclusiva di voi alieni! Anche noi ce la caviamo!”
 
Lui le stava premuto contro la schiena, con il braccio sinistro contratto sul suo diaframma e il destro a bloccarle la spalla, in una perfetta posa da combattente.
Bulma si sentì stretta in una morsa formidabile: il Saiyan non aveva bisogno di ricorrere al ki, era di una forza spaventosa anche così. Stava guardando con curiosità il computer e il suo viso era quasi appoggiato sul suo omero. Percepiva addirittura i battiti del suo cuore in quel contatto. Avvertì un vuoto allo stomaco.
 
Che uomo sei, principe dei Saiyan…
 
Alla vista dell’innocuo aggeggio, Vegeta si rilassò sensibilmente, studiando con interesse la scatola che lei teneva ancora tra le mani. Il profumo della pelle della terrestre, a quella distanza ravvicinata, invase il suo olfatto sensibile e convogliò altrove i suoi pensieri, mentre ancora la tratteneva saldamente… e inutilmente, perché lei non gli aveva mentito. La sentiva respirare in quella prigionia fatta di carne, priva di opposizione. Non sembrava atterrita e… aveva un buon odore.
 
Non domanderai il suo nome, Vejita, perché smetterebbe di essere un tuo ostaggio e avrebbe il tuo rispetto…
 
Mollò la presa e la lasciò andare, turbato da quella percezione estranea.
Bulma accese il portatile, agganciandolo al generatore, e avviò un particolare programma.
“Ecco” disse sorridendo “Con questo eseguirò una scansione dell’ambiente con una sorta di ultrasuono, in questo modo mi sarà possibile calcolarne il volume e di conseguenza sapere quanta aria ci rimane”.
“Augurati che non venga captato dagli scouter di quelli là fuori…”
“Impossibile a questa frequenza. Non sono così stupida!”
Lui aggrottò la fronte a quel suo continuo auto elogiarsi, che tuttavia non lo infastidiva.
Lo schermo luminoso tracciò una mappatura tridimensionale della caverna, riversando velocemente i dati in forma numerica.
“Oh!” esclamò la ragazza “Guarda, se attraversiamo quell’anfratto, c’è una zona molto vasta! Sicuramente, se ci spostiamo correremo meno rischi e staremo anche più comodi. Per l’ossigeno non c’è problema, a quanto leggo”.
“Bene” commentò Vegeta secco.
“Così non sarai costretto a tenermi praticamente in braccio come prima!” ridacchiò lei maliziosa.
“Che… Sei davvero spudorata!” ringhiò lui, arrossendo nuovamente “Muoviti!”
“Aspetta, dammi il tempo di prendere la torcia! Non ho voglia di rompermi la testa contro qualche stalattite perché tu hai fretta!”
Il Saiyan sbuffò irato, rialzandosi con sforzo e seguì con lo sguardo il nuovo lancio di una capsula, da cui uscì una potente luce portatile, che illuminò il percorso.
Il passaggio era angusto, ma riuscirono ugualmente a superarlo, sbucando nella caverna precedentemente scansionata dal computer. In effetti, lì si respirava meglio e non era totalmente buio, poiché la luminosità del giorno riusciva a filtrare attraverso gli sporadici anfratti del soffitto.
Uno sciacquio leggero segnalò alle loro orecchie la presenza dell’acqua e il raggio della torcia si specchiò su un piccolo stagno trasparente al fondo della grotta.
“A quanto pare, oggi non morirai di sete, terrestre”.
“No di certo” replicò lei “E neanche tu” aggiunse, estraendo una terza hoi-poi dall’astuccio.
Le scorte d’acqua che apparvero con un “pop!” sarebbero state sufficienti almeno per un mese. Vegeta incrociò le braccia e osservò le bottiglie allineate difronte a lui.
“Prendine quanta ne vuoi” gli offrì lei gentilmente.
“Puah, io non ho bisogno di elemosina, posso benissimo farne a meno…”
“Oh, e perché mai dovresti sforzarti di resistere se c’è tutta l’acqua che vuoi? Piantala di essere così insopportabilmente orgoglioso! Non mi devi ringraziare, se ti pesa!”
Il principe la ignorò e si diresse verso la pozza d’acqua, accompagnato dagli aggettivi “altezzoso”, “testardo” e “indisponente” gridati rischiosamente al suo indirizzo. Sogghignò e non si adirò neppure, perché far incavolare la donna irrispettosa che si portava dietro stava diventando abbastanza soddisfacente.
Si abbassò sul bordo dello stagno e si lavò il viso, pulendosi dalla polvere e dagli schizzi di sangue che lo rigavano. Poi si sciacquò i capelli, che erano sporchi di terra a causa delle cadute che aveva subito durante gli scontri con i suoi nemici.
Chissà a che punto era la sfida per la conquista delle Sfere…
Percepiva alcune energie spirituali elevatissime: forse Kakarott era finalmente giunto a destinazione. Maledizione! Lui, per contro, era al punto di partenza e ribolliva per la voglia di andare a dare una lezione a quel Saiyan di bassa lega e all’insopportabile Frieza, invece… Invece era ferito e debilitato, quindi non avrebbe concluso nulla, se non si fosse prima ripreso a dovere.
Si sollevò in piedi, strizzandosi la chioma, e piantò gli occhi sulla ragazza, che lo squadrava seccata, con le mani sui fianchi, in attesa che la degnasse di una risposta. Vegeta si avvicinò a lei, prendendo una bottiglia e bevve tutta l’acqua in un fiato.
“Non so se la pozza laggiù è potabile” grugnì a fronte dell’ironia che le lesse in volto.
“Ma certo…” replicò lei divertita “E che cosa vuoi per cena, una di quelle lucertole viola che dimora qua sotto?”
“Piantala di prendermi in giro!” sbraitò lui “Sei maleducata e presuntuosa, non credere che io non sia capace di farti tacere!”
“Senti chi parla! Hai la testa più dura del granito e ti comporti da arrogante, anche se io sono stata gentile! Sono tutti superbi come te i principi saiyan?!”
Vegeta piantò un pugno contro una roccia, che andò in mille pezzi.
“Sta’ zitta!!!” tuonò esasperato, ansimando per la collera, gli occhi neri che luccicavano di furia incontenibile.
Bulma arretrò, temendo di aver fatto traboccare il già fragile vaso della sua pazienza, ma lui rimase fermo, trattenendo a stento l’energia e tremando violentemente nel tentativo di controllarsi.
“Io…” disse tra i denti, la voce che vibrava per la rabbia “Io sono l’unico. Mio padre era il re, io sono sovrano di diritto del mio pianeta! Lo sarei, se esistesse ancora! Ma questo non cambia nulla! Io sono il principe della stirpe guerriera! Io sono Vegeta!”
La ragazza spalancò la bocca, incredula. Il pianeta dei Saiyan, quindi, non c’era più… forse era quello il motivo per cui lui era così pieno di rancore e schiumante di odio. Chissà che cosa gli era successo, in quella circostanza. Che cosa era stato costretto a vedere, a subire. Quella tristezza immensa… quello sguardo così intenso, forse era perché… Almeno un aspetto le divenne chiaro. La sua non era semplice arroganza: era fierezza guerriera, portata con estremo orgoglio e sostenuta da un senso dell’onore profondamente radicato nel sangue. Un sangue che aborriva la resa e l’umiliazione più della morte. Lei aveva girato il coltello in una piaga aperta e dolorosa.
“Mi… mi dispiace…” mormorò contrita.
Lui socchiuse le palpebre, ma non fornì neppure un indizio sul suo reale stato d’animo. Si limitò a darle le spalle e a sistemarsi poco distante, chiuso nelle sue elucubrazioni, con il mento appoggiato sulla mano.

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Capitolo 5
*** Possibilità ***


Ciao a tutti! ^^ Innanzitutto, grazie a coloro che mi hanno lasciato un commento. Questa è una storia "fresca" e, in qualche passaggio, ho temuto di non essere stata profonda come avrei voluto. Invece, le vostre recensioni mi hanno regalato la sicurezza che cercavo. Siete stati davvero deliziosi. :)

Possibilità

Il Saiyan aveva una ferita lungo la schiena. Era quella che prima le aveva bagnato le dita di sangue. Lui non se ne curava affatto, però.
Era incredibilmente affascinante. Il suo viso, imbronciato e malinconico, era attraente, ora che si era tolto di dosso la sporcizia.  Bulma non aveva mai incontrato un uomo del genere, tanto pericoloso e misterioso. Una calamita letale e priva di umanità.
 
Ricordati che lui ha massacrato i tuoi amici, Bulma… non è da ammirare…
 
Vegeta riguadagnò la calma e si sfilò i guanti. Faceva caldo là sotto e si sentiva sempre più fiacco. Avrebbe dovuto approfittare dell’immobilità forzata per riposare un po’. Certamente, perdere il controllo come prima non era stato d’aiuto. Dannazione. La terrestre era dotata di una lingua inclemente e riusciva a fargli salire il sangue alla testa. Le sue frecciatine gli erano scivolate addosso da quando aveva deciso che non sarebbero state quelle a condannarla a morte… anzi, forse avevano contribuito a tenerlo sveglio.
La sua compassione no. Quella lo aveva mandato fuori dai gangheri insieme con l’allusione alla sua razza ormai quasi estinta. Lei non poteva saperlo, ma aveva toccato un nervo scoperto e lui non poteva affatto permettersi di mostrare il fianco. Mai. Non lui, che era un guerriero privo di altruismo, insensibile e refrattario. Era stata quella ragazza, con la sua cortesia, con la sua sconsiderata fiducia nei suoi riguardi, con quello sguardo pregno di pietà a farlo sentire sporco, solo e terribilmente, odiosamente umano.
 
Maledizione, Vejita! Perché ti infastidisce tanto che quella donna mostri empatia per te?
 
La sentì trafficare con quelle capsule esplosive e si voltò nella sua direzione. Per il caldo, si era sfilata la casacca gialla ed era rimasta inguainata nella tuta spaziale nera, che aderiva voluttuosamente alle sue forme, togliendo ogni dubbio sul fatto che, come gli aveva garantito prima, non era affatto una mocciosa. Vegeta non riuscì a staccarle gli occhi di dosso. Era aggressiva, sfacciata e… davvero bella.
“Hai fame?” gli domandò, rimboccandosi le maniche.
Il principe si riscosse e rimirò la quantità assurda di cibo sbucata da una di quelle portentose hoi-poi. Avrebbe voluto rifiutare sdegnosamente, ma i morsi implacabili che sentiva allo stomaco fecero prevalere un brusco cenno d’assenso. Inoltre, sarebbe stato opportuno rimettersi in forze in vista dello scontro ormai prossimo: aveva perso il conto dei giorni da cui era completamente a digiuno.
Si avvicinò e prese con altezzosa riluttanza il piatto che lei gli stava porgendo.
“Spero che la mia cucina ti vada a genio. Sono certa che sia meglio dell’eventuale arrosto di rettile namekiano, comunque” rise.
Hah...” rispose lui distrattamente, riempiendosi la bocca di deliziosi chicchi bianchi cotti e di quella che, forse, era verdura terrestre.
Divorò tutto d’un fiato, senza declinare la seconda offerta e neppure la terza. Era tutto incredibilmente squisito e la ragazza non sembrava sorpresa dal suo appetito formidabile. Forse perché era amica del maledetto Kakarott, che sicuramente era un Saiyan almeno nello stomaco, e preparava quelle ottime pietanze anche per lui.
 
Sapessi quanto ti detesto, Kakarott!
 
Un sorriso, fugace come un battito di ciglia, gli era balenato sulle labbra alla sua battuta culinaria. Gli aveva illuminato il volto e quegli occhi neri e spietati si erano inondati di uno splendore completamente diverso, di un calore che aveva avvolto e intaccato quello strato algido e terribile che era sua caratteristica. Un centesimo di secondo, forse meno. Poi la luce era sparita, restituendo il dominio alla tenebra che lo ammantava.
Probabilmente, non si era neppure reso conto di aver ceduto a quel riflesso incondizionato. Ma Bulma era rimasta folgorata. In primis, dalla sua espressione, che le si era marchiata a laser nel cuore. Poi, la sua agile mente di scienziata aveva pensato, nel più basso istinto di autoconservazione, che quella poteva essere la chiave per non farsi ammazzare.
 
Andiamo, Bulma… tu vuoi che lui sorrida ancora, perché hai visto un’altra persona e ti illudi di poterla tirare fuori da lì dentro, non per salvarti la pelle…
 
Lo osservò ripulire tutto con voracità, mentre gli spiegava che cosa fosse ciò che stava ingoiando tanto rapidamente, ma il Saiyan non era certo schizzinoso e faceva onore alla tavola. Anche Goku ingurgitava cibo come un’idrovora, ma lei pensò che non fosse una buona idea fare il paragone tra i due, visti i rapporti eufemisticamente poco cordiali.
“Scusami, ma da quanto tempo non mangiavi?”
Vegeta la guardò, terminando anche l’ultima portata, indeciso se alterarsi per quella che suonava come una domanda compassionevole. Ma non era così. Gli occhi della donna non mostravano pietà per lui, solo quell’eccessiva curiosità di cui aveva già dato prova in precedenza.
“Ho perso il conto…” mormorò a disagio.
La terrestre incrociò le gambe e consumò la propria parte, aggrottando le sopracciglia.
“Certo che quel Frieza è davvero un ignobile tiranno! Ma vedrai che Goku lo farà pentire di essere nato!”
Il principe sollevò uno sguardo di fuoco, evidentemente incollerito e contrariato.
“No, beh… ecco, volevo dire… Potresti essere anche tu a dargli una bella lezione invece, sei così forte, sì sì… ma intanto che sei chiuso qui, lui potrebbe… ehm…”
“Dacci un taglio” borbottò lui “Lo so che Kakarott possiede un’energia spropositata, per essere solo un combattente di infimo livello. Però sarò io ad ammazzare Frieza, alla fine. Avrò la mia vendetta. Faccio parte dell’élite e non esiste nessuno che mi sia superiore!”.
 
Sono io il predestinato… sono io il super Saiyan della leggenda!
 
“Infimo livello?” chiese lei interessata.
Vegeta posò il piatto e accettò la bevanda tiepida e profumata che lei gli stava tendendo. Decise di risponderle, per chiarire definitivamente il suo pensiero su quell’idiota.
“Al momento della nascita, ad ogni Saiyan viene misurata l’energia e in base ad essa il bambino finisce in una determinata categoria. Kakarott, che era ridicolmente debole, in quella più bassa”.
“Ma… ma com’è possibile!?” esclamò lei incredula “Sei sicuro che quell’aggeggio non fosse rotto, quando avete esaminato Goku?”
Chi!”
Vegeta la fissò stranito, come se quella soluzione buttata lì fosse effettivamente la spiegazione ad un’anomalia evidente come quella della straordinaria potenza del suo rivale.
“E’ escluso. Non è stato l’unico ad essere vagliato quel giorno, credo…” replicò piccato.
“E gli altri dove sono finiti, scusa?”
Vegeta quasi si strozzò con l’acqua calda.
“Come faccio a saperlo!!” sbottò “Non ero certo lì a guardare tutti i mocciosi della giornata! Io sono il principe, non un misero addetto alla nursery!”
“Che tristezza, però…” sospirò lei, portandosi il bicchiere alle labbra “Etichettare così una persona al suo primo respiro… Non è affatto giusto! E’ come negarle il ventaglio delle possibilità che si presentano nella vita”.
Una ruga profonda si disegnò sulla fronte del Saiyan e i suoi occhi luccicarono d’ira e di dolore. Fissò il liquido ambrato per un lungo istante, perdendosi nuovamente nelle riflessioni, in quel modo che lo rendeva distante e isolato dal resto del creato.
 “Che cosa vuoi saperne tu…” ribatté sprezzante.
“Beh!” riprese lei “Non sono aggiornata sugli usi e costumi dei Saiyan, ma con Goku avete certo preso una bella cantonata! Oppure è la dimostrazione vivente del fatto che chiunque, anche il più piccolo o il più debole o il più sfortunato può decidere cosa fare di se stesso. Cambiare il proprio percorso e dimostrare che non esiste nulla di prescritto. Migliorarsi, con la sola forza di volontà, con l’affetto e la fiducia di chi lo ama. Goku ce la mette sempre tutta, darebbe l’anima per le persone a cui vuole bene. Questa è la vera forza. Quella che conta!”
Vegeta spalancò gli occhi e avvertì chiaramente un’incrinatura nel petto. Il suo cuore prese a battere più forte, come se quelle parole avessero risvegliato in lui un’emozione.
Possibilità.
Il termine gli era saettato nel cervello come una luce improvvisa, una luce che non aveva mai avuto occasione di sperimentare nella sua esistenza. Prendere un’altra strada… ma perché mai avrebbe dovuto? Lui era venuto al mondo per combattere, per dominare! Per avere quella vendetta che gli si gonfiava dentro sin dal giorno in cui era stato costretto ad accettare di lavorare per Frieza. Riscattare il proprio onore o morire in quel tentativo, quella era la sua via, la sua possibilità. E poi sfidare Kakarott e farlo annegare nel suo stesso sangue, quello che aveva rinnegato con la sua stupida bontà e la sua patetica generosità di matrice terrestre.
La vera forza è data dall’affetto e dalla fiducia di chi ci ama? Ridicolo!
“Stai dicendo delle assurdità!” saettò iroso.
“Non pretendo che tu sia d’accordo, visto il tuo modo di agire. Ma se ci pensi bene, non puoi darmi torto!”
Il principe iniziò a ridere sommessamente, scuotendo la testa e ficcandole in faccia due occhi terribilmente scuri.
“Rispondi a questa semplice domanda, allora. Quello di cui parli con tanta convinzione è servito a salvare la pelle ai tuoi amici, quando si sono scontrati con me sulla Terra?”
Bulma deglutì, rivangando le terrificanti immagini della morte di Yamcha, di Ten-Shin Han e di Jao-zi. Rivivendo lo scontro violento e disperato con i Saiyan invasori, sperimentando ancora la sensazione di devastante impotenza davanti a quei poveri corpi senza vita, sentendo le lacrime pungere atrocemente.
Lui sogghignò spietato, osservando la reazione emotiva e viscerale che aveva provocato in lei.
Hah, la tua espressione la dice lunga! Puoi anche non rispondermi”.
La ragazza sollevò il viso, adirata e decisa.
“No.” ribatté senza tremore nella voce.
“Parli a vanvera, al solito! Io vi compatisco!” aggiunse lui tra i denti.
“E’ servito a te!”
Vegeta spalancò gli occhi e sussultò, stringendo istintivamente la mano per non far cadere il recipiente. Uno schiaffo di una potenza incredibile. Quelle parole, pronunciate con sicurezza, lo colpirono al petto. Nell’orgoglio. Nella sua intera essenza.
“Cosa…?!”
L’esclamazione gli uscì strozzata dall’incredulità e dalla collera, che iniziò a montare come un’onda incontrollabile.
“Hai sentito benissimo. Se Goku non fosse stato retto e altruista, non avrebbe impedito a Krilin di ucciderti. Ti ha percepito come un avversario dignitoso e ammirevole, non come un verme da schiacciare. Come un fratello e per questo ti ha dato una possibilità. Se il piccolo Gohan non avesse voluto bene a suo padre, non sarebbe intervenuto a difenderlo, lanciandosi addirittura contro di te, incurante della propria incolumità! E se io non amassi i miei amici, non starei qui a cercare le Sfere di Namek per riportarli in vita! Per riaverli con me a tutti i costi!”
 
Per te, non lo farebbe nessuno, Vejita. Nessuno piangerebbe per te…
 
Non riuscì più a controllare la forza e il bicchiere esplose in schegge.
“Tu… tu credi che io sia felice di essere stato risparmiato!?” tuonò al colmo della furia “Voi ve ne pentirete! Tutti, fino all’ultima, amara lacrima! Io non vi lascerò in vita e non sarà certo il Drago di questo insulso pianeta ad aiutarvi a tornare dall’altro mondo, quando avrà esaudito i miei desideri! Kakarott morirà… e come lui il suo inutile figlio mezzosangue!”
“E dopo?” ribatté Bulma, asciugandosi una lacrima indisciplinata, prima che potesse scorrerle lungo il viso ed essere notata da lui “Che cosa faresti?”
Vegeta la fissò sconcertato. La domanda non aveva senso. Aveva già risposto in precedenza a quell’insolente terrestre: avrebbe regnato in un cosmo a lui sottoposto, sarebbe stato il primo, l’essere più potente del creato, si sarebbe trasformato in super Saiyan e a quel punto nessuno avrebbe mai osato sfidarlo e…
“Non sono affari tuoi!” ringhiò astioso.
“Lo sono, invece! Ci abito anch’io in questo universo! E se devo morire, voglio sapere almeno il perché, dato che non ti ho fatto nulla!”
Il Saiyan imprecò mentalmente. Quel battibecco lo innervosiva, lei era eccessivamente petulante e non riusciva a tenere chiusa quella boccaccia… Maledizione!
 
No, Vejita… la donna sta centrando esattamente il punto… e ascoltarla ti sta facendo uno strano effetto…
 
Sghignazzò sguaiatamente in risposta.
“Effettivamente, potrei anche lasciarti respirare… sei comica in fondo!”
“Lo so! Sarebbe un peccato uccidermi, non solo perché sono terribilmente carina…” replicò lei senza scomporsi.
Il principe osservò con fastidio la sua espressione trionfante, che aveva sostituito il dolore momentaneo che l’aveva attraversata, e non ebbe neppure il tempo di interrogarsi in merito, perché lei riprese a parlare.
“Sono riuscita anche a farti sorridere! Credo che sia un record… o no?”
Lui spalancò gli occhi per lo stupore. Si era accorto di come aveva reagito: di cuore e non di rabbia e la sua pesante oscurità si era dissipata per un millesimo e…
“Questo non cambia le cose! Al contrario, io ti ho fatta piangere!”
Lei non replicò. Versò ancora della bevanda, lo sguardo celato dalle lunghe ciglia.
“Tieni. Si chiama cha… è fatto con particolari foglie essiccate al sole e fa molto bene…”
Vegeta bevve, domandandosi come mai lei fosse ancora in grado di conservare il buon umore e la cortesia nei suoi riguardi, dopo che lui aveva ribadito senza ritegno le sue efferate intenzioni. Dopo che l’aveva trattata con disprezzo. Dopo che le aveva già dimostrato di saper uccidere a sangue freddo. Dopo che era riuscito a farle interiormente male.
“Fa bene a cosa?” chiese guardingo.
Lei gli sorrise e quegli occhi turchesi, alla luce artificiale che rischiarava la caverna, luccicarono meravigliosi, straripanti di dolcezza e privi di umiliante compassione. Lesse una profonda tenacia, una sfacciataggine conturbante, una capacità di amare sconvolgente. Persino difronte a un assassino come lui erano limpidi e privi di paura.
“All’orgoglio ferito” sussurrò delicatamente.
Vegeta dovette ingollare due sorsi di tè e strapparsi un secondo di pausa. E poi buttare giù un altro goccio bollente. Per spingere in fondo all’anima e nascondere disperatamente il nodo che gli serrava implacabilmente la gola. Lo ricacciò giù mentre il cuore rallentava e la furia incontenibile che lo manteneva in piedi si disperdeva, rarefacendosi come ossigeno in alta quota. Sospirò, nello sforzo autoimposto di rimanere impassibile davanti a una realtà che gli scavava l’io interiore e che lo colpiva nel punto più vulnerabile.
 
Maledizione, donna…
 
“Anche se per te sono una creatura inferiore, non pensare che io non possa capirti, se tu decidessi di spiegarti in modo civile, Vegeta. Magari non ti approverei, ma…”
“Io non ho bisogno dell’approvazione di nessuno!” esclamò lui irato.
“Già…” mormorò lei.
Lui era pallido e si asciugava in continuazione il sudore dalla fronte. Faticava a tenere gli occhi aperti e stava seduto a terra davanti a lei, con la mano che tremava impercettibilmente. Era teso e stanco, ma forzava se stesso a non cedere, trincerato in quella caparbietà estrema che tanto lo rendeva simile a Goku. Però quello era meglio non farglielo notare.
Bulma aprì un’altra capsula e ne trasse l’attrezzatura per il pronto soccorso.
Il Saiyan gettò un’occhiata sul contenuto, inarcando un sopracciglio. Esaminò la terrestre con più attenzione e non gli sembrò ferita. Ma che diavolo… non poteva essere!
“Permettimi di medicarti” gli disse lei, sciogliendo tutti i suoi dubbi.
“Che…?!”
“Lo so che non ti va di accettare il mio aiuto, ma non arriveresti da solo a quella lesione neppure se fossi un contorsionista”.
“Bah!” grugnì lui, girandosi dall’altra parte, oppositivo.
“Hai detto che vuoi combattere, no? Da quanto ho dedotto, ti conviene essere al top della forma contro quel pazzo di Frieza…”
Il principe le lanciò uno sguardo in tralice, perseguendo nell’atteggiamento di rifiuto.
“A meno che tu non voglia lasciare la battaglia a Goku, perché stai troppo male…”
Colpito e affondato.
“Ma come osi!!”
Vegeta si voltò, furente, ma dovette ammettere che la ragazza non aveva tutti i torti. Se anche lei, che non era in grado di percepire il suo ki, era giunta alla conclusione che non si reggeva in piedi, doveva proprio essere visibilmente al limite della resistenza. Sarebbe stato illogico scartare quell’offerta per orgoglio.
“Non dirmi che ti vergogni perché sono una donna…”
Per tutta risposta, il principe le si avvicinò e le piantò in faccia uno sguardo infuocato.
“Io detesto essere toccato” ringhiò “Soprattutto se chi lo fa è un penoso, debole…”
“…terrestre!” concluse lei con un sospiro “Ho capito che non sono di tuo gradimento, ma qui hai solo me! E poi sei tu che mi sei piombato addosso per primo! Ci siamo già toccati abbastanza per mettere in campo tutte queste storie, non credi? Avresti dovuto pensarci anzitempo!”
“Sei davvero rozza!” gridò lui, avvampando.
“E tu sei un testone!”
“Che cosa!? Mi sto seriamente chiedendo che cosa mi trattiene dal farti fuori!!”
“Il fatto che ti debba curare la ferita?” propose lei con un sorrisetto.
“Oooh…” fece lui rassegnato, portandosi una mano alla fronte “Faccio fatica a capire…” si lasciò sfuggire in un brontolio.
“Se parli del motivo per cui ti sto aiutando, non sforzarti…” affermò lei.
Vegeta sgranò gli occhi e la fissò, mentre dalle sue iridi nere emanava un buio intenso, ma privo di ostilità. Solo terribilmente ostinato, come l’unica, l’ultima difesa contro la sofferenza.
“Non mi sottovalutare” affermò, stranamente pacato “Non sono un idiota. Me l’hai detto prima il tuo perché. Hai parlato di possibilità. Ma sbagli a pensarlo. Io non ti aiuterei, se tu fossi ferita. Semplicemente, non me ne importerebbe nulla. E non provare neppure a credere che io te ne possa essere in qualche modo grato!”.
Bulma socchiuse le palpebre e gli restituì uno sguardo privo di ombre. Gli sorrise lieve.
“Non ho mai messo in dubbio la tua intelligenza. Solo le tue ferree ed eccessive certezze. Che cosa faresti? Non puoi saperlo, finché non ti troverai dentro alla situazione che descrivi”.
Lui emise una breve, sarcastica risata.
“Lo so benissimo, invece. Come so che non risparmierò Kakarott solo perché lui ha deciso di lasciarmi stupidamente andare via vivo”.
La ragazza prese il fiato e abbassò per un istante le palpebre, come se stesse riflettendo. Poi sollevò il viso e lo guardò dritto in faccia.
“Sbagli” affermò categorica “Quando tu sei venuto sulla Terra e i tuoi Saibaimen hanno ucciso il mio ragazzo… e tu hai massacrato senza pietà gli altri guerrieri intervenuti in difesa del loro pianeta… io non avrei mai pensato che avrei condiviso il cibo con te in questo modo e neppure che avrei voluto curarti. E che ti avrei trattato con gentilezza e che avrei dialogato con te, come se quei fatti terribili non fossero mai accaduti. Invece… lo sto facendo…”.
Vegeta spalancò la bocca, ma la voce non gli uscì.
L’incrinatura dentro di lui si approfondì, come una lacerazione intensamente dolorosa. Il suo cuore perse un battito. Nessuna vendetta. Quelle poche frasi erano state pronunciate da lei con tristezza, ma senza alcun accento di rivalsa. Chi, meglio di lui, avrebbe potuto riconoscere il desiderio di rivincita in un altro cuore ferito? Ne constatò solo l’assenza. E per quale ragione la terrestre gli raccontava questo senza l’ira che si sarebbe aspettato? Non era possibile che lei fosse tanto… Com’era possibile che lei lo trattasse così… anche se lui… anche se… Perché!?
 
Ah, Vejita… questa è la possibilità…
 
“Non provo alcun rimorso, se è quello che vuoi sapere!” ribatté aspro, ma i suoi occhi si abbassarono a terra per un attimo, prima che tornasse a osservarla.
“Girati” rispose lei, indifferente alla dichiarazione ostile.
Chi! A chi credi di poter dare ordini?”
“A quello che non vuole farsi passare davanti da Goku per la seconda volta”.
“Ti pentirai di avermi aiutato!”.
“Sarà un problema mio”.
“Sei avvisata!”

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Capitolo 6
*** Litigare con te ***


Litigare con te

Il principe si spogliò della corazza bianca e la appoggiò a terra accanto ai guanti, brontolando qualcosa di incomprensibile. La sua uniforme blu scuro era stracciata in più punti e gli aderiva al corpo, mettendo in risalto la muscolatura sviluppata e armoniosa. Non era molto alto ed era più minuto di Goku, ma era altrettanto ben fatto. E decisamente molto più attraente.
Riuscì a sfilarsi la parte superiore della dogi, lasciando il torso scoperto e mostrandole la schiena. Si sedette e appoggiò i gomiti sulle ginocchia, in attesa.
“Certo che anche tu sei messo bene…” commentò Bulma.
“In che senso?”
“Beh…” balbettò lei, maledicendo la sua assenza di freno “Hai un bel fisico…”
Vegeta avvampò notevolmente al complimento, che era il primo della sua vita.
“Sono un guerriero!” brontolò per vincere l’imbarazzo “Noi Saiyan siamo nati per combattere, è ovvio che siamo forti!”
“Beati voi…Io devo sempre stare attenta a quello che mangio…” fece lei ammirata.
Lui sogghignò. Poi, sentì le dita della ragazza sulla sua pelle e il sangue gli affluì ulteriormente al volto. Abbassò la testa per non farsi vedere, rimuginando sulla situazione terribilmente scomoda in cui era andato a cacciarsi. Farsi curare da una donna e arrossire come un moccioso. Che vergogna!
“Posso chiederti quanti anni hai?” continuò lei imperterrita, sfiorandogli la ferita con un batuffolo umido e fresco, che gli provocò un brivido.
“Eh?! Ma cosa te ne importa!?”
“Stai fermo!” rimbrottò la terrestre “Non riesco a pulirti la ferita, sembra che tu sia andato a razzolare nella polvere! Hai detto che ti dà fastidio essere toccato… se parli un po’ con me magari non ci pensi troppo!”
“Razzolare?!” ripeté il principe interdetto “Ho lottato più volte e sono finito a terra, non mi sono certo messo a prendere il sole! Dici solo delle idiozie!”
“Oh! Ti arrabbi sempre!” sbuffò lei, continuando a disinfettare la lacerazione “Tu certo non hai bisogno di prendere il sole, hai un colorito bellissimo…”
E due.
Vegeta spalancò gli occhi al secondo apprezzamento sul suo aspetto e iniziò a sentire ancora più caldo. Sfacciata e incontenibile! E lui reagiva come uno scolaretto. Maledizione!
“Trenta” ringhiò cauto, per cambiare rapidamente argomento, quasi sorpreso dall’essersi lasciato convincere a quel dialogo alquanto inopportuno per i suoi gusti.
“Per un Saiyan sono tanti o pochi?”
“Sono pochi”.
“Oh!” ridacchiò lei “Non mi dire che il ragazzino, tra noi due, alla fine sei tu…”
“Che cosa!? Io combatto da quando ho fatto il primo passo! Il mio aspetto non c’entra niente! Appartengo alla razza guerriera! Noi restiamo esteriormente giovani a lungo per mantenere la nostra potenza intatta!”
“Era una battuta, rilassati. Lo vedo bene che sei un vero uomo…”
E tre.
Il principe cambiò nuovamente colore e fece per girarsi, ma lei gli posò le mani sulle spalle.
“Aspetta, ho quasi finito. La ferita non è grave, ma avresti dovuto ascoltarmi e farti medicare subito. Ha fatto infezione, dovrò darti un antibiotico. Non so se su di voi Saiyan ha lo stesso effetto, in realtà…”
“Io non voglio niente! Guarirò da solo, come sempre!”
Bulma esaminò le cicatrici che gli attraversavano la schiena, domandandosi quante battaglie avesse affrontato nella sua giovane vita e quanta sofferenza avesse provocato nel prossimo o patito, invece, in prima persona. Le aveva detto di aver iniziato a combattere che era ancora un bambino e che il suo pianeta era andato perduto. Parti di lui si composero come un mosaico nella sua mente: ciò che vedeva formarsi la attirava e la catturava inesorabilmente, come non le era mai accaduto con nessuno.
 
Bulma, hai sempre avuto un debole per i cattivi ragazzi, ma lui… sei fuori di testa…
 
Ignorando il suo rifiuto, riempì la siringa di medicinale e si preparò a iniettarglielo.
“Non mi hai sentito?” esclamò Vegeta sgarbatamente, osservando l’operazione con fastidio “Non sarà certo quel sistema antiquato a rimettermi in sesto!”
“Non dirmi che hai paura anche tu delle punture come Goku!”
Affermazione del tutto fuori luogo.
La reazione non si fece attendere.
Il Saiyan si voltò, lanciandole uno sguardo che ribolliva come magma. Si avvicinò fino a sfiorarla e sogghignò glaciale, attanagliandole il polso e bloccandola contro la parete rocciosa. Le strappò la siringa dalle dita e se la piantò privo di esitazioni nell’avambraccio, premendo lo stantuffo senza fare una piega. Poi la lanciò lontano, continuando a fissarla con aria di sfida, implacabile e feroce.
La ragazza rabbrividì, incerta difronte a quello sguardo fosco come un temporale, ma strinse il pugno e tentò di liberarsi, inutilmente. Era come tentare di strappare l’arto da una morsa. E il principe non si stava minimamente sforzando, divertito dai suoi strenui quanto vani tentativi.
Se aveva intenzione di giocare con lei come il gatto con il topo, certo non se ne sarebbe stata inerte a rispettare le sue regole…
Un momento. Tutte le volte in cui l’aveva punto sull’orgoglio, lui aveva fatto esattamente il contrario per dimostrarle di avere ragione… e quando l’aveva sfidato, Vegeta aveva accettato la competizione solo per far vedere di essere l’unico vincitore. Forse era quella la tattica opportuna per affrontare e sconfiggere un Saiyan: buttarla sulla provocazione o far leva sulla sua smisurata fierezza guerriera. O agire per opposti.
Smise di divincolarsi e di tirare.
“Vorresti dirmi chi ha paura, ora?” chiese lui con sottile retorica.
Per tutta risposta, Bulma annullò la distanza tra loro e gli sfiorò il viso con una carezza.
“Scusami. Non avrei dovuto dirlo. Lo so che nominare Goku ti infastidisce” ammise.
Vegeta si irrigidì e aprì di scatto la mano, lasciandola andare, come se avesse toccato un ferro rovente. Si congelò e si ritrasse impercettibilmente. La ragazza continuò a guardarlo serena, con gli occhi luccicanti.
Quell’atto andava oltre ogni sua immaginazione. Faticò a realizzarlo, nel millesimo di secondo in cui avvenne e poi qualcosa di sconosciuto gli piovve addosso, immobilizzandolo in un turbine di emozioni violente e discordanti.
Avrebbe voluto spingerla via, ma il suo corpo non rispose. Avrebbe voluto insultarla per aver ardito tanto, ma la lingua non si mosse. Avrebbe desiderato che il suo cuore non pulsasse così furiosamente, ma l’autocontrollo sparì dalle sue facoltà. Avrebbe voluto che il respiro non gli si arrestasse, ma i polmoni rifiutarono di mandargli il fiato necessario.
Impallidì e sgranò gli occhi, mentre il tempo si fermava.
La mano di lei sul volto.
La crepa nel suo petto che si spalancava inesorabilmente.
Qualcosa nel suo stomaco si mosse e lo solleticò.
I secondi ripresero a scivolare nella corsa eterna… uno… due…
“Sei impazzita!!?” gridò, allontanandola bruscamente da sé “Come ti permetti di…”
Non riuscì a terminare la frase, perché non sapeva neppure lui come definire il tutto.
Si guardarono a distanza. Il Saiyan sconvolto da tanta sconsideratezza, la terrestre sorpresa da una reazione così emozionale.
Vegeta si portò la mano alla guancia, senza realizzare il gesto e continuò a fissarla, le iridi nere che bruciavano impietose.
 
Stupida, Bulma…
 
Aveva scelto di compiere quella mossa perché aveva compreso che il principe l’avrebbe trattenuta a forza finché si fosse sentito sfidato. Invece, nello stesso istante in cui lo aveva toccato, era stata attraversata da una corrente elettrica.
Quel contatto volontario e cercato quasi per dispetto aveva fatto irruzione nella sua anima, insieme con il calore che lui emanava, con la solidità del suo corpo, con il suo respiro di essere umano e si era ritorto contro di lei, infondendole la certezza che quel guerriero brutale e portatore di morte, in fondo, non le faceva paura.
Lui era devastante e crudele, con un ego spropositato e progetti agghiaccianti di rovina, ma per lei era solo un uomo fatto di carne e sangue, con un’intelligenza fuori dal comune e uno sguardo che nascondeva tutto ciò che albergava nella sua anima, eccetto la volontà di rivincita. Una creatura con un temperamento che consentiva solo alla rabbia e all’odio di sgorgare come distruttive onde di tsunami e sopprimeva tutto il resto.
Gli sorrise.
“Era solo un gesto d’affetto…”
Vegeta passò al contrattacco, prima che qualsiasi sentimento trapelasse dal suo essere acceso e sconvolto.
“Come hai osato pensare anche solo di poterlo tentare!?” ringhiò “Tu sei mia prigioniera, nient’altro, mettitelo bene in mente! Con me non funziona! Non mi interessa se sei una donna! Io sono il principe dei guerrieri saiyan, quello che ha ammazzato con piacere l’uomo che ami!”
“Me l’hai già detto!” ribatté lei con lo stesso impeto “Non sono stupida!”
“Non si direbbe!” continuò lui senza cedere “Mi tratti come se fossi un tuo amico, quando non lo sono affatto! Mi aiuti, accampando assurde motivazioni, sapendo che potrei ucciderti con un dito e pare che tu non abbia affatto timore della situazione in cui ti trovi! Tantomeno del sottoscritto! Perché!? Spiegamelo!”
“Smettila!” gridò lei fuori di sé “Se non riesci ad accettare che io non abbia secondi fini, è un problema della tua zucca dura! Non ti sto facendo le moine come credi! E se non ti capaciti del fatto che io possa essere cortese anche con un assassino tuo pari, significa che ti ho sopravvalutato! Non devo chiarire nulla in più!”
“Allora l’unica congettura è che tu sia priva di senno! Oltre a comportarti in modo sgradevolmente grossolano!” rincarò lui, sbattendo la mano contro una roccia e polverizzandola in schegge.
“E tu ti atteggi come sua maestà, sei pieno di te e non riesci neppure a ringraziare a dovere, perché la tua arroganza ti offusca il cervello!” sbottò lei, ignorando la pericolosa esplosione d’ira e d’orgoglio che le stava davanti.
“Che cosa!?! Ma come ti permetti di usare questo tono con me! Sei tu che dovresti prostrarti al suolo, perché finora ho risparmiato la tua patetica vita!”
“Non ci penso proprio! Non capisci nulla e dai la colpa a me!” strillò la ragazza, mentre lacrime di rabbia le velavano la visuale “E c’è un’altra cosa! Io non lo amo!!”
Vegeta abbassò i pugni, sconcertato. Fissò la donna, che gli aveva tenuto testa fino a un secondo prima con inconcepibile imprudenza e pari aggressività, sedersi a terra e nascondere la testa tra le ginocchia per non farsi vedere piangere.
Nan itteno…?” balbettò confuso.
Bulma continuò a singhiozzare silenziosamente, raccolta tra sé e sé in quella dolorosa presa di coscienza, un lapsus scagliato piroclasticamente fuori dal suo profondo. La verità era uscita da lei senza che potesse arginarla. Nel momento peggiore. Davanti alla persona sbagliata, che mai e poi mai avrebbe dovuto vederla in quello stato pietoso.
“Che hai detto?” ripeté lui nella lingua comune.
Non c’era più collera in quella domanda, solo sincero stupore.
La scienziata sollevò il capo, asciugandosi gli occhi con i polsi e cercando di recuperare il contegno perduto.
“Niente. Non sono affari tuoi!”.
Vegeta inarcò un sopracciglio e si avvicinò, non intenzionato a lasciar cadere l’argomento. La terrestre stava diventando sempre più indecifrabile e la cosa lo irritava… o meglio, stranamente lo incuriosiva e lo interessava.
“Fatti un favore” le disse sarcastico “Convincimi del fatto che non sei pazza come sembri in questo momento e che non ti sei divertita a prendermi per i fondelli con i tuoi candidi discorsetti sull’amicizia e sulla vera forza interiore...”
“Lasciami in pace!”
“Adesso, donna! Prima che io perda la pazienza sul serio!!”
Il Saiyan non stava scherzando. Un ruga attraversava la sua fronte spaziosa e il suo sguardo era penetrante e duro.
Bulma immaginava quali pensieri lo stessero attraversando. Anche lei si sarebbe sentita presa in giro in simili circostanze: a lui non erano noti i retroscena della sua relazione con Yamcha. Lei aveva prima affermato di volerlo resuscitare con le Sfere di Namek e poi aveva dichiarato di non essere innamorata di lui. Certo che gli doveva essere sembrata una squilibrata! O, peggio, una mocciosa capricciosa e indisponente.
“Non ti ho mentito” mormorò, ancora scossa “Desidero davvero che il mio ragazzo torni in vita. Sono qui per questo. Anche se, prima della sua morte, non facevamo altro che litigare e la nostra storia si trascinava più per abitudine che per passione… beh, questo non significa che io non gli voglia bene in un altro modo o che lui si meriti di marcire nell’aldilà. Io desidero rivederlo. Devo capire se tra noi può ancora funzionare, non posso sopportare questo sospeso… anche se la mia sopportazione con lui è giunta al limite…Perciò domanderò al dio Drago di riportarlo da me… e tu non riuscirai a impedirmelo”.
Vegeta incrociò le braccia al petto, cupo.
Il ragionamento non faceva una grinza: non era in contraddizione con quanto lei aveva esposto in precedenza… neppure con ciò che lo aveva colpito così a fondo. Perché era quello il punto che aveva fondamentalmente destato il suo coinvolgimento e la sua reazione.
 
Ti senti soddisfatto ora, Vejita?
 
Sogghignò.
“Quindi lo vuoi resuscitare per potergli dire in faccia che, a conti fatti, non vuoi più che sia il tuo uomo? Hah! Farà salti di gioia! Poi il cattivo sarei io…”
“Ehi!” brontolò lei “Non farla così semplice! Non è solo per questo! Io posso comunque essere sua amica, ci conosciamo da tantissimo tempo e i rapporti affettivi non si troncano così sui due piedi! E poi è colpa sua se le cose vanno male, non mia… oh!! Insomma, la cosa non ti riguarda!”
Bulma arrossì e si imbronciò, girando il viso dalla parte opposta.
“Parola mia, sei uno spasso, ragazzina…” ridacchiò lui, scuotendo la testa.
“Spiritoso! Non pretendo che tu sia d’accordo! Te l’ho già detto, nelle situazioni bisogna trovarcisi, prima di imbandire giudizi! Tu che cosa faresti al posto mio?”
Il principe la squadrò, allacciandosi le maniche penzolanti della dogi alla vita e muovendo il braccio per saggiare la solidità della medicazione alla schiena.
“La stessa cosa, suppongo. Non ci girerei intorno.” rispose serio “Se tenessi in qualche modo a un’altra persona. Evento impossibile”.
Si sfilò gli stivali, mentre lei lo osservava meravigliata.
“Che cosa stai facendo?” gli chiese.
“Cerco un posto per dormire. Litigare con te mi ha messo sonno”.
La ragazza avrebbe voluto lanciargli addosso la cassetta del pronto soccorso, ma lui l’avrebbe sicuramente schivata e sarebbe potuta essere utile in futuro. Inoltre, constatò che l’aver altercato con lui come un’ossessa aveva contribuito a sciogliere la tensione residua. Si sentiva stranamente bene. Forse anche il Saiyan provava la stessa sensazione, oltre ad essere palesemente sfinito ormai da ore.
Oh, stelle! Gli aveva fatto una confidenza che non avrebbe rivelato neppure a sua madre! E lui aveva colto al volo la situazione e l’aveva in un certo qual senso approvata!
 
Pensa se fosse lui l’uomo per te, Bulma…
 
Figuriamoci!
“Non guardare troppo lontano, allora” gli disse ridendo.
Vegeta si voltò e le scaricò addosso un’occhiata intensa. La osservò riporre i medicinali e compiere la manovra opposta di incapsulamento, per poi prendere un’altra hoi-poi.
Avevano bisticciato come due marmocchi indiavolati… e la cosa non gli era sembrata così bizzarra, per tutti i pianeti! Si sentiva quasi rilassato!
Non gli era mai successo: anzi, alla prima osservazione sgradita, non aveva esitato a far saltare la testa all’impudente di turno. Come aveva ucciso Nappa, che pure lo aveva servito per anni, senza una remora, solo perché si era permesso di perdere contro quel miserabile di Kakarott.
Invece, la terrestre era ancora viva, nonostante la sua dannata boccaccia, e lo aveva addirittura…
Percepì nuovamente le dita di lei sul suo viso e il cuore accelerò la corsa. Come l’aveva definito? Un gesto d’affetto. Chi! Lo sapeva benissimo persino lui, che non ne aveva mai compiuti nemmeno per sbaglio, che cos’era un gesto d’affetto! Il problema era il perché! Le sue spiegazioni erano state chiare, ma non certo sufficienti. Forse perché non ne esistevano in merito. Forse perché ai sentimenti non era possibile attribuire una ragione.
 
Non pensarlo, Vejita! Smetti di pensare che possa essere lei la donna per te!
 
La nuova capsula esplose, lasciando ben visibile un comodo letto, provvisto di lenzuola e cuscino.
“Puoi usarlo” affermò la ragazza, notando il suo sguardo sorpreso.
Hah!” fece lui freddo “Resta valido il discorso precedente! Non ti ringrazierò”.
“Finiremo di litigare al tuo risveglio” rispose lei con un sorriso “Buona notte!”.

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Capitolo 7
*** Confronto ***


Ciao a tutti! ^^ Queste poche righe per ringraziare con il cuore chi mi sta seguendo così assiduamente. Vi sono realmente grata. <3

Confronto

Appena aveva toccato il materasso, il Saiyan era crollato pesantemente. Se ne stava steso a pancia in giù, con il braccio che penzolava dal letto e la mano abbandonata, che sfiorava il suolo roccioso. In quella posizione sembrava indifeso e vulnerabile, la pelle abbronzata che risaltava sul lenzuolo bianco e le palpebre allungate chiuse nel riposo. E non c’erano più dubbi, ora che si era concessa di osservarlo attentamente: era davvero attraente.
Bulma, però, era conscia del fatto che non si trattava del suo aspetto. Di bei ragazzi ne aveva visti e l’effetto non era stato quello presente. Non era il punto. Erano stati i suoi occhi, quelli le avevano assestato una stoccata micidiale, tale da far passare in secondo piano il fatto che lui fosse essenzialmente uno spietato omicida.
Era curiosa di indagare oltre alle apparenze ed era consapevole del fatto che, a causa di ciò, si sarebbe scottata; ma non avrebbe rinunciato a sapere di più su di lui, a costo di farsi del male e di passare il resto della vita a leccarsi le bruciature.
 
Cerca di non farti ammazzare, principe guerriero…
 
Vegeta disse qualcosa nel sonno, ma lei non comprese il suo idioma. Lui si girò sulla schiena e il suo respiro si fece più affannoso. Si mosse ancora e riprese a parlare, in modo più concitato, come se fosse posseduto da un incubo. Gridò.
 
“Vegeta!”
 
Il sogno era terribilmente reale, nella sua confusione frammentaria.
Le navicelle da guerra tondeggianti dei Saiyan partivano dal suo pianeta, dirette in qualche remoto angolo dell’universo. Una sola andava in direzione opposta. Al suo interno c’era Kakarott, che sonnecchiava tranquillo. Manteneva quella quiete imperturbabile anche quando Vegeta-Sei andava in mille pezzi sotto il colpo letale di Frieza. L’onda d’urto faceva oscillare il veicolo e Kakarott si svegliava… ma i suoi occhi spalancati sulla dissoluzione del loro mondo erano stranamente verdi e la sua chioma scompigliata emanava bagliori dorati. Un super Saiyan, che balzava fuori nello spazio, pronto a ingaggiare battaglia al culmine del potere.
Lui, il principe, era prigioniero e cercava di spezzare le catene che gli stringevano i polsi… ma l’unico movimento che gli era concesso era quello di inginocchiarsi davanti all’imperatore del male, che lo umiliava e lo derideva.
Tutto diventava buio e lui cercava di inseguire la detestata immagine di Frieza, che sghignazzava beffarda al suo indirizzo, oltraggiando la sua razza e il suo onore, rivolgendosi a lui come a uno schiavo e inchiodandolo a terra con la lunga coda rosata.
Lui si sforzava di rialzarsi, ma quando aveva successo non riusciva a raggiungere né il tiranno né Kakarott, che era troppo veloce, troppo forte, troppo… tutto: questi non rideva di lui, ma gli porgeva la mano, facendolo esplodere di rabbia e di sconforto.
Correva. Correva e tutto si allontanava, anche le parole aspre di suo padre, il re, che si perdevano nel buio insieme con il suo sguardo severo.
Correva e il nulla si espandeva intorno a lui, per poi contrarsi ed impedirgli nuovamente di muoversi, di parlare di respirare… Gridava. La sua anima gridava vendetta, il suo dolore gridava con essa, il male che lo possedeva gridava crudele il suo nome…
 
“Vegeta!”
 
Soffocava. Si aggrappava alla vita in un rantolo, lacrime di rabbia e orgoglio che sfuggivano al suo controllo e si riversavano sui suoi zigomi e sul suo volto contratto.
Il nero era ovunque e lo avvolgeva, indicandogli la sua solitudine e la sua condanna, mentre l’unica luce proveniva dall’energia abbagliante e irraggiungibile di Kakarott, che lo fissava con compassione. Anche quella! Anche quella no!
 
“Vegeta!”
 
Stringeva le palpebre, per non morire con quell’immagine avvilente stampata sulla retina e si lasciava andare… qualcosa lo afferrava, ma non poteva vederlo, si rifiutava di guardarlo, detestava che accadesse e gridava ancora, perché gli faceva male, così male da…
 
“Vegeta, svegliati ti prego!”
 
Il principe saltò come una molla, spalancando gli occhi e portandosi una mano al petto nudo. Gocce di sudore gli si riversarono lungo la schiena, mentre inalava l’aria rapidamente e avidamente, realizzando di essere uscito dal mondo onirico. L’altra mano era andata automaticamente in difesa e si era artigliata a qualcosa. Sollevò il viso e mise a fuoco la situazione.
La terrestre era seduta sul letto, a pochi centimetri da lui, e gli stava scrollando un braccio, con un’espressione sconvolta e preoccupata nelle iridi turchesi. Così angosciata, che non si era accorta che lui l’aveva afferrata malamente per i vestiti, affondando le dita nel…
Per tutti i sistemi stellari!!
Vegeta scostò la mano e balzò all’indietro, liberandosi parimenti dal suo tocco premuroso.
“Stammi lontana!”
Bulma corrugò le sopracciglia e non si spostò.
“Stavi urlando nel sonno! Ho creduto che stessi male, mi hai fatto prendere un colpo!”
“Maledizione…” ringhiò lui in risposta, passandosi il polso sulla fronte.
Lei continuò a guardarlo a metà tra l’inquietudine e l’irritazione, mentre il principe posava i piedi a terra e fissava la roccia con ostinazione.
Il suo respiro si regolarizzò. Strinse i pugni, avvertendo la forza rifluire nel suo corpo. Nonostante l’incubo, non si sentiva più debole e spossato.
“Ti capita spesso?” domandò la ragazza, ancora impensierita.
“Non farlo mai più, se non vuoi crepare anzitempo” sibilò lui, lanciandole un’occhiata feroce e ignorando volutamente la questione.
“Insomma!” sbottò lei inviperita “Si può sapere che ti è successo e perché devi sempre essere così sgradevole?!”
“E’ successo che ti è andata bene. Avrei potuto spezzarti il collo senza volerlo. Un’occasione persa, peccato…” sogghignò.
Senza volerlo.
Le due parole riverberarono nella mente di Bulma e il suo cuore diede un tuffo. Non gli lasciò la soddisfazione.
“Seriamente, Vegeta… mi hai spaventata. Non sembrava un semplice sogno…”
“Spaventata?” fece eco lui “Finalmente! Temevo di aver perso il mio tocco magico!”
“Oh, piantala di comportarti da sbruffone!”
“E tu smettila di seccarmi!”
“Frieza e Kakarott!” saettò lei, affrontandolo.
“C-che…?”
“Sono le uniche parole che ho capito nel tuo delirio. I loro nomi”.
Lui digrignò i denti. Aveva borbottato nella sua lingua. Per fortuna. Ricordava con chiarezza tutto quanto ed era certo di aver detto anche kyudai… terrestre. Perché la luce che aveva visto gli aveva ricordato qualcosa di lei.
La ragazza si era cambiata gli abiti per via del caldo e indossava un’aderente canottiera grigio chiaro e dei pantaloncini cortissimi dello stesso colore. I capelli azzurri lambivano le spalle candide ed era a piedi scalzi, seduta scompostamente sul suo letto, come in una serata tra amiche. Puah! La solita donna grezza e priva di buone maniere! Che però si era alzata dal computer posato in fondo alla grotta ed era corsa lì apposta per lui, in preda all’apprensione. E si era interessata al suo stato di salute. Avrebbe dovuto calibrare bene la risposta, perché lei era perspicace e lui non aveva la benché minima intenzione di sottostare al suo interrogatorio o di parlarle dei suoi conti irrisolti con quei due.
“Può darsi” replicò freddo.
“Sei talmente ossessionato da loro, da lasciarli entrare nel tuo sonno!” rimbrottò severa “Così non sarai mai sereno! Forse è questo il motivo per cui non riesci a vincere!”
“Cosa vuoi saperne tu!! Non sei neppure in grado di controllare il tuo ki!”
“Chi se ne importa del ki! Quando sono agitata, io non riesco a concludere nulla! Anzi, faccio peggio del solito! Che ti piaccia o meno, anche tu sei un essere umano!”
“Umano?!” tuonò lui “Il mio corpo sarà anche mortale, cosa a cui porrò rimedio a breve… ma io sono il male! Non sono altro! Ricordatelo!”
“Ah, e ti glori di questo? Che cosa faresti, se fosse vero?”
Sempre quella domanda: che cosa faresti… ipotesi, possibilità e riflessioni, che riuscivano a metterlo costantemente in crisi.
“Mi sentirei realizzato” sghignazzò.
“Sei un pessimo attore” garantì lei categorica.
“Che cosa!?”
“Il male io l’ho visto… e credimi, non assomigliava affatto a te…”
Vegeta sbarrò gli occhi. Non poté ribattere. Come ci riusciva? Come faceva a toccarlo così nell’anima ogni volta che intavolavano un faccia a faccia? A farsi ascoltare, senza essere preponderante? Ad avvincerlo, senza usare la forza?
Sicuramente, non perché era intuitiva e raziocinante. Poiché anche lui era così. Non certo perché era una donna impertinente e aggressiva. Seppure quelle sue caratteristiche lo intrigassero parecchio. E nemmeno perché era di una bellezza sconvolgente. Non era certo quello il motivo.
 
Non mentire a te stesso, Vejita…
 
Perché era lei. Era quel tutto concentrato, esplosivo, carico d’amore per il prossimo, inspiegabile, che lo aveva riconosciuto come creatura pensante e considerato non nel suo svolgersi presente, ma come futuro in potenza.
Nei suoi occhi si era visto diverso… e per un solo, dannato istante aveva desiderato con tutto se stesso di corrispondere a quell’immagine.
“Possiamo scommettere!” le disse, incrociando le braccia.
Bulma alzò gli occhi al cielo, rassegnata.
“Ok, se non ti va di parlarne, non insisto…” sospirò “Sono contenta che tu stia meglio, più tardi controllerò la medicazione. Ti fa male?”
“No”.
“Bene, così non sarai costretto a ficcarti drasticamente un altro ago nel braccio”
Chi!”
Si alzò dal letto, dirigendosi nuovamente verso il computer acceso. Poi si fermò.
“I cacciatori sono ancora qui fuori, suppongo”.
“Giusta deduzione…” ironizzò lui.
“Così hai l’opportunità di gustarti ancora un po’ la mia compagnia” rise lei “Anzi, avresti dovuto sognare me, anziché quei due energumeni muscolosi…”
“Falla finita!”
Bulma continuò a ridacchiare e si girò.
“Ehi, Vegeta…”
“Che altro c’è?”
“Bella presa…” commentò, portandosi la mano al seno.
Il Saiyan diventò paonazzo.
 
La terrestre si era sistemata nuovamente a terra, continuando a trafficare con il computer portatile, borbottando contro l’aggeggio che non obbediva ai suoi comandi e, per contro, sorseggiando tranquillamente il suo cha.
La luce dello schermo si rifletteva sul suo viso, donando alle iridi del colore del mare una sfumatura ancora più accesa. Il suo sguardo era fermo e deciso, era quello di una che non si arrende e che non è disposta a rinunciare al proprio obiettivo.
Vegeta lo riconobbe subito: l’orgoglio nei suoi occhi, il riflesso di un carattere che non ammette sconfitte, il desiderio di superare se stessa. Per lui era la stessa cosa. Ma in un’altra direzione. In un modo differente. Che, fino a quando non l’aveva incontrata, gli era sembrato l’unico o, quantomeno, il più consono.
Il dubbio che si era conficcato nella sua mente guerriera lo infastidiva. Il pensiero di non realizzare i propri scopi a lungo programmati lo destabilizzava. L’idea di rinunciare a quanto aveva espresso era assurda, categoricamente da escludere.
Ma il suo “che cosa faresti?” lo tormentava con pari ostinazione, così come il concetto di possedere realmente la prerogativa di cambiare percorso, di non essere ciò che era. Tuttavia, sarebbe stato come ammettere di essere in torto ed era su quel punto che la sua fierezza indomita gli faceva bruciare il sangue, provocandogli la sensazione di trovarsi in bilico tra due possibilità. Nella vita, non era mai stato un indeciso e quelle domande che, suo malgrado, sgorgavano dalla sua anima lo mettevano in difficoltà.
 
“Eureka!” esclamò Bulma soddisfatta.
Sul computer apparve l’immagine sfocata e lontana anni luce del dottor Brief.
“Tesoro, come sta andando?”
Il principe balzò giù dal letto, aggrottando la fronte, e si avvicinò, facendo chiaramente intendere di non gradire il collegamento improvvisato con la Terra.
“Ciao papà, abbiamo avuto degli inconvenienti… al momento sono nascosta, perché qui c’è una manica di pazzi che sta rincorrendo le Sfere del Drago e non è il caso di farmi vedere!”
La voce dall’altra parte era disturbata e non sempre percettibile, ma indagava sulla situazione in corso.
“Non ho notizie di Goku, è già giunto a destinazione?”
“Non lo so, non ho la possibilità di verificare, al momento…”
“Ehi, donna! Chiudi quell’affare, ti sentiranno in tutto l’Universo!” sbottò il Saiyan seccato.
Lei gli lanciò un’occhiataccia e ignorò l’ordine.
“Chi c’è lì con te?” domandò lo scienziato, che non poteva scorgere l’interlocutore.
“Un amico, papà, non preoccuparti. Ti darò altre notizie al più presto, ora devo chiudere…”
Vegeta spalancò gli occhi e mancò l’occasione di ribattere.
“Stai attenta, mi raccomando…”.
Bulma spense il portatile e si girò verso il Saiyan, che continuava a fissarla interdetto.
“Che cosa c’è, ora? Ho fatto come hai “gentilmente” chiesto…”
“Ti ho già detto che non sono tuo amico!”
“Allora posso ricontattare mio padre e dirgli che sono bloccata in un buco senza uscita con quello che ha provato a disintegrarci qualche mese fa e che non posso fuggire, perché si è tirato dietro tutto l’esercito di Frieza, che è ancora più dispotico di lui!”
Chi!”
“Ogni tanto dovresti provarci, inoltre…” aggiunse rabbuiata “A concedere la tua amicizia a qualcuno, intendo! Penso che non saresti male!”
“Come?” rispose lui incrociando le braccia, palesemente a disagio.
“Se io volessi essere tua amica, con quali motivazioni mi respingeresti?”
“Quella che non riesci a tenere la bocca chiusa potrebbe essere la prima!”.
“Almeno io dico solo cose intelligenti!”
“E quella che mi piacerebbe farti fuori all’istante la seconda!”
“Ci risiamo con le minacce! Così non avresti la possibilità di conoscermi meglio…”
“Che cosa ti fa pensare che mi interessi, eh!?”
La ragazza si alzò e avanzò nella sua direzione, fermandosi difronte a lui, piegandosi leggermente in avanti e scrutandolo in volto, senza timore. Vegeta indurì l’espressione e strinse i pugni. Il suo cuore iniziò a battere più velocemente, come se fosse in attesa di qualcosa di importante.
“Il tuo sguardo” rispose lei.
 
Maledizione, Vejita…
 
Il principe faticò a mantenersi esteriormente distaccato. Contenne la reazione emotiva e si limitò a scrollare la testa, come se ciò che aveva appena sentito fosse un’altra sciocchezza di poco conto.
“A me sembra” sogghignò freddo “Che sia tu quella azzardatamente curiosa di conoscermi davvero. Non so quanto ti convenga…”
“Lo sono” ammise Bulma candidamente.
“Perché?” saettò lui tagliente.
“Voglio capire il motivo per cui uno del tuo valore è così accanito nel perseguire fini tanto odiosi. Perché a tutti i costi ti condanni coscientemente alla solitudine”.
Vegeta fu tentato di sbatterla contro la parete e chiarirle una volta per tutte che le sue parole non avevano il potere di scalfirlo, ma mentire non era mai stato il suo forte. E poi qualcosa era già sfuggito al suo controllo, se lei era riuscita a leggergli negli occhi. Sarebbe dovuto uscire da lì e massacrare tutti gli imbecilli accampati all’esterno, per farsi passare la strana sensazione che lo aveva invaso da quando quella terrestre petulante gli stava accanto. Quella sì che sarebbe stata una reale soddisfazione e un atto che l’avrebbe messa di certo a tacere nell’immediato.
“Io sono un Saiyan” rispose alzando le spalle “Sono il principe della razza guerriera. Un motivo c’è, se ci chiamano così. Siamo nati per combattere e per superare i nostri limiti. Siamo individualisti e ciascuno di noi desidera ardentemente essere il primo. Ma solo io lo sarò davvero. Tutto il resto non mi interessa”.
“E siete orgogliosi e testardi, lo so… non vi arrendete e la sconfitta non è contemplata nel vostro DNA. Ne sono ben conscia, ne conosco un altro che corrisponde perfettamente all’identikit. Ma le vostre caratteristiche peculiari non sono sufficienti a giustificarti, Vegeta. Si può essere i primi in tanti modi differenti…”
“Può essere. Ma questo è quello che io ho scelto”.
“E per questo motivo io desidero sapere il perché. Di fatto non mi hai risposto”.
“Non occorre” sentenziò il principe, le iridi d’ossidiana fiammeggianti.
Colmò la distanza tra loro e le si parò davanti, silenzioso e terribile. Bulma trattenne il fiato, ma non indietreggiò e, se anche avesse avuto la possibilità di spostarsi, non lo avrebbe fatto, non si sarebbe sottratta a quella che aveva tutta l’aria di essere la loro resa dei conti.
La mano di Vegeta scattò verso di lei e le sollevò leggermente il viso, in modo che lo potesse vedere bene, e la ragazza gli afferrò il polso di riflesso, aggrottando le sopracciglia, indomita.
“Guardami attentamente” le disse “E risponditi da sola”.
Nero e buio assoluto. Due lame affilate e minacciose come spade. Intensità profonda, vorticante di rabbia, di rivalsa, di alterigia. Caparbietà incrollabile nella tenebra vibrante di passione. Passione e dolore. Tristezza. Erano i suoi occhi. Erano lui.
 
Oh, Bulma…
 
“Se mi fissi così, potrei innamorarmi di te!”
Il Saiyan sussultò e abbassò il braccio, ma non lo sguardo. Il suo silenzio fu la risposta, il segno tangibile che il suo baricentro si era spostato. Se ne rese conto e cercò le parole.
“Neppure tu saresti così stolta” sogghignò.
La terrestre gli puntò il dito al petto e alzò il mento, in segno di sfida.
“Allora guardami tu con attenzione e dimmi che cosa vedi!”
Luce e trasparenza. Quiete profonda e avvolgente come il calore di un abbraccio. Possibilità bruciante di resa non vana, di vita, di altro. Percorso diritto e cuore pulsante, passione. Passione infinita, tesa come una mano decisa verso chi ha paura.
Amore. Era lei. Era in lui.
Vegeta vacillò interiormente ed espanse disperatamente il ki, sperando che i suoi inseguitori se ne fossero andati, per poter uscire da lì, per allontanarsi da lei, per rientrare nel sé che stava perdendo la presa, per respirare la certezza di essere sempre il principe distruttore che terrorizzava l’universo.
“Non mi interessa niente di te” replicò tra i denti, dandole le spalle.
“Stai solo rinunciando, invece!”
“Che cosa!?”
“Ti metti in gioco solo quando si parla di morte, di guerra, di vendetta. Tutto il resto ti imbarazza. Significa che sai di essere in torto”.
Lui si girò, ribollendo di collera.
“Non mettermi alla prova”.
“Altrimenti, che cosa faresti?”
 
Un atto che non hai mai compiuto, Vejita…
 
“Sei mia prigioniera, no?” sogghignò sottile “Farei tutto ciò che desidero”.
“E cosa desideri, principe dei Saiyan?”
 
Che tu mi dica che cosa credi di scorgere in me…
“Che tu taccia nell’immediato!”
 
Di portarti con me lassù, quando tutto questo finirà, perché voglio sapere chi sei…
“Di usarti come merce di scambio per le Sfere!”
 
Di vivere, per vedere se è vero quello che sostieni con tanta forza…
“O di crepare, se dovessi essere sconfitto, per non dover più udire tante stupidaggini!”
 
Di non lasciarti andare, ovunque io sarò…
“Di non doverti sopportare più!”
 
Un rumore pesante di massi che franavano interruppe il suo sfogo.

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Capitolo 8
*** Desidero te ***


Vorrei ringraziare tutti i lettori che hanno seguito la storia fino a questo punto, ora che siamo alle battute finali e che la conclusione si approssima. Il capitolo contiene un ricordo di Vegeta, un ricordo che lo fa riflettere e che gli fa comprendere alcuni aspetti di sè, rendendoli meno ostici a fronte dell'orgoglio smisurato che lo contraddistingue. Il ricordo è dedicato a Misatona, sperando che le sia gradito. ^^ Il mio sincero grazie è, invece, per tutti!

Desidero te

Si voltarono entrambi di scatto verso il fondo della caverna, pensando di essere stati individuati.
“Oh per tutte le stelle!” gridò Bulma, facendo un passo indietro.
Vegeta si mise in guardia, fissando con uno sguardo glaciale la penombra da cui era sbucata l’enorme creatura che li stava puntando con atteggiamento feroce.
“Bene” ringhiò disgustato “Abbiamo il fratello maggiore del rettile di poco fa…”
La lucertola violacea era mastodontica. La sua testa piatta, maculata di scaglie verdastre, sfiorava il soffitto di pietra, rischiando di farlo crollare da un momento all’altro. Gli occhi gialli scintillavano di una rabbia ribollente, rivolta a chi aveva invaso impudentemente il suo prezioso territorio.
Le fauci irte di denti aguzzi si spalancarono, schiumando, quando emise il suo verso sibilante e acuto, preparandosi ad attaccare. Una delle zampe anteriori, grattò il terreno arido con le unghie smisurate, incidendo lunghi solchi nella pietra. Una goccia di saliva vischiosa cadde a terra e il suolo si mise a fumare, sfrigolando, come corroso da un acido potentissimo.
“Vegeta…” balbettò Bulma, impietrita davanti all’apparizione.
“Vattene!” saettò lui senza girarsi “Mi sei d’intralcio!”
La ragazza non se lo fece ripetere, non obiettò e indietreggiò finché le fu possibile, cercando di ripararsi dietro alcuni macigni. La sua mente iniziò a lavorare alacremente, per tentare di trovare una soluzione a quella situazione drammatica.
Vide che il Saiyan si stava accingendo a combattere e che non aveva altra scelta. Ma se avesse fatto ricorso all’energia spirituale, sarebbe stato come accendere un faro nella notte e avrebbe attirato su di loro l’intera armata nemica. Un impasse senza uscita.
La belva era pericolosa e infuriata, sfidarla a mani nude, mentre grondava di sostanza urticante, sarebbe stato un suicidio. Inoltre, lui era ancora senza corazza, quindi ancora più esposto a quella bava letale. Eppure, non esitava. Stringeva i pugni con un’espressione feroce e decisa, ritto davanti all’enorme avversario.
L’animale caricò a testa bassa, serpeggiando tra le rocce e facendo schioccare minacciosamente la lunga coda squamata. Il suo gorgoglio echeggiò nell’antro.
Il principe scartò e si girò con l’agilità di un felino, colpendo l’avversario sul cranio con una mossa fulminea e atterrò poco distante, in attesa. Non aveva volato e neppure usato il ki.
Il rettile si scrollò e gracidò di dolore, ma non sembrò provato dall’attacco. I suoi occhi fessurati ritrovarono immediatamente la preda.
Arrancò con le zampe curve da quella parte e fece scattare in avanti l’appendice posteriore, che sollevò un’ondata di detriti.
Vegeta si spostò, sfuggendo alla pericolosa pioggia di pietrisco e si pose nuovamente alle spalle della lucertola. Attaccò a sua volta, centrando la schiena crestata con una botta devastante, che produsse uno scricchiolio sinistro di ossa rotte.
La bestia urlò e la collera uscì dalla sua bocca sotto forma di acido, spiaccicandosi a pochi centimetri dallo sfidante.
Bulma trasalì. Mancato per un soffio.
“Sei un tipo ostinato, eh?” ghignò il Saiyan, per nulla intimorito “Non hai ancora capito che hai avuto lo sfratto?!”
Riusciva anche a fare lo spiritoso. Inaudito.
Saltò in avanti, in un attacco diretto, fatto di calci e pugni micidiali, che fecero indietreggiare il mostro. Nessuna luce, nessuna emissione di energia spirituale. La lotta stava diventando sempre di più simile a un corpo a corpo.
Vegeta saltò su una sporgenza e calò sull’avversario con la velocità di una folgore, dietro il suo collo corto, afferrandosi alla pelle ruvida e violacea.
Il bestione si scrollò sibilando e aprendo un ventaglio di scaglie taglienti, tentando di disarcionare il nemico ostinato che la cavalcava.
Il principe, colto alla sprovvista, perse la presa e finì a terra: la pesante coda calò su di lui, scaraventandolo contro la parete della caverna e lasciandolo intontito per un infinito attimo.
“Vegeta!” gridò Bulma atterrita.
Il guerriero cercò di rialzarsi, ma la lucertola era in vantaggio; spalancò la bocca e si preparò a riversargli addosso la sua saliva distruttiva. Se lo avesse colpito, sarebbe stata la fine.
“Maledizione…” ringhiò lui, accorgendosi di essere in trappola.
L’animale sputò e il Saiyan riuscì a evitare lo schizzo letale per pochi centimetri. Avrebbe dovuto ricorrere al ki per salvarsi, mandando all’aria tutti i suoi piani.
Si preparò a scagliare il Big Bang Attack, la mano tesa difronte a lui, la schiena contro la parete e la belva spaventosamente vicina, le unghie ricurve snudate per ghermirlo.
“Ehi, mostro!”
Vegeta si voltò nella direzione da cui era provenuto il richiamo. Sgranò gli occhi.
La terrestre era in piedi su un masso e rivolgeva uno sguardo deciso alla creatura, cercando di attirarla verso di sé con la voce e con una gragnuola di sassi al suo indirizzo. Il che, viste le dimensioni della belva, era perfettamente inutile. Stava rischiosamente cercando di distoglierla da lui, per dargli modo di riguadagnare la posizione di vantaggio. Una follia… che, tuttavia, stava funzionando.
L’animale stridé e puntò la ragazza, insinuandosi veloce tra le pietre di quella che per lui era casa sua.
Bulma strillò e iniziò a correre, ma la lucertola era più veloce.
“Quella donna…” disse Vegeta tra i denti, ammirato da tanta temerarietà.
Ma non perse l’occasione. Si lanciò in avanti e saltellò tra le rocce, dandosi lo slancio necessario, proprio mentre la creatura infuriata costringeva la ragazza in un angolo.
Con una capriola riuscì a porsi nello stesso punto di prima, evitando gli aculei, e iniziò a stringere il collo della lucertola con le braccia muscolose.
Questa, furibonda, cominciò a scrollarsi pesantemente, ma il Saiyan non mollava la presa: serrava sempre di più la stretta, impedendole di respirare e facendole consumare tutte le energie nel disperato tentativo di liberarsi. La sentì cedere, mentre dalla sua gola usciva un gorgoglio fatto d’ira e di saliva urticante, mentre negli occhi della scienziata, poco distante, scorgeva una profonda apprensione per lui.
Serrò ulteriormente le braccia e la lucertola crollò a terra con la bocca aperta, rantolando e spasimando, sbattendo vanamente la coda per la collera frustrante.
Il principe si tenne saldo e diede la stretta finale, percependo chiaramente le ossa e le cartilagini che si spezzavano sotto le sue mani. La creatura roteò le pupille gialle e diede un ultimo strido, prima di abbandonarsi definitivamente alla sconfitta.
Vegeta scese con un balzo e inferse il colpo finale, tuttavia il risultato non fu consono alle aspettative: il nemico esalò l’ultimo fiato, ma dalle sue fauci spalancate uscì un getto di bava acida, che schizzò in tutte le direzioni, raggiungendo inesorabilmente sia lui sia la ragazza.
“Che tu sia dannato!” imprecò il Saiyan, sentendo le piccole gocce irritanti bruciare maledettamente sulla pelle.
Bulma urlò e tentò di ripulirsi le braccia, che iniziavano a scottare come l’inferno.
“Stai ferma! Ferma!” ordinò lui, catapultandosi nella sua direzione e afferrandola al volo “Così è peggio!!”
Lei gridava di dolore, seppure fosse stata solo sfiorata, e lui la capiva benissimo, anche se non gli uscì neppure un gemito. Si tuffò nella pozza d’acqua con lei tra le braccia e si strappò i vestiti di dosso, affondandoli nel liquido per liberarli dall’eventuale sostanza corrosiva. Prese dal fondo un manciata di fango e la passò sul braccio della ragazza, ripetendo poi l’operazione sulla propria spalla, che era il punto più ustionato.
“Devi arginare la bruciatura” le disse “Questa melma è l’unica cosa che abbiamo per levarci di dosso il più grosso. Avanti!”
Lei annuì e continuò a massaggiarsi freneticamente quella poltiglia, atterrita.
“Strilli tanto, ma non hai nulla” grugnì Vegeta, esaminandola attentamente e passandole le dita sulla pelle “Ti sono arrivate solo poche gocce. Sei fortunata, terrestre. Fortunata e matta da legare…”
Bulma sollevò lo sguardo su di lui, con il cuore che batteva a mille.
Era stato colpito, ma solo di striscio. La fanghiglia scura gli colava lenta dalla spalla sul petto e lungo il bicipite. Si era beccato addosso molta più saliva di lei, ma non aveva emesso neppure un sospiro e se ne stava lì a guardarla con ironia, immerso nell’acqua fino ai fianchi, con la mano stretta intorno al suo avambraccio.
Era viva grazie a lui.
Certo, il Saiyan aveva combattuto per salvare la propria di pelle, ma l’aveva presa con sé e l’aveva aiutata. Avrebbe potuto disinteressarsi, invece stava controllando a suo modo che stesse bene.
“Vegeta…” balbettò, la voce ancora incrinata dallo spavento.
Hah. Se ti metti a piangere, giuro che…”
Non riuscì a terminare la frase, perché la terrestre gli si gettò al collo. Lo strinse forte e ripeté il suo nome. Lui non reagì. Non si spostò. La canottiera fradicia della ragazza gli si incollò all’addome. La guancia tiepida e morbida di lei era contro la sua. Gli sarebbe bastato un lieve movimento del viso e avrebbe intercettato le sue labbra.
Restare immobile non era mai stato così difficile. E rimanere freddo e… le sue mani si spostarono lungo la schiena di lei. La sentì tremare. Gli sarebbe bastato voltarsi. Solo pochi centimetri e quello sarebbe stato il suo primo bacio. Sarebbe stato come ammettere di avere dei sentimenti, delle emozioni diverse da quelle di guerriero spietato, ma altrettanto potenti. Di essere umano. Di avere un cuore.
Per un istante sperò che lo facesse lei, che si girasse e sfiorasse la sua bocca. Che lo desiderasse come lui stava bramando lei nei suoi pensieri in lotta con l’orgoglio.
 
Ah, Vejita, non avresti mai creduto di dover dare ragione a…
 
La sua mente volò a qualche anno prima, mentre il suo corpo restava tra le braccia di lei.
 
Radish e Nappa stavano schiamazzando come al solito, lanciandosi frecciatine e provocandosi pesantemente, per scacciare la noia del lungo viaggio.
Suo malgrado e parimenti tediato, Vegeta aveva prestato orecchio alle loro sciocchezze con le mani che prudevano. Se avessero continuato, li avrebbe fatti tacere a suo modo.
“Sei ridicolo, Radish!” aveva sghignazzato il colosso calvo “Vanti di essere un combattente prodigioso e poi ti sciogli davanti alle grazie di una femmina!”
“Attento a quello che dici, Nappa! Non è una donna qualsiasi. E’ quella che diventerà mia moglie! Esigo rispetto!”
“Ma senti questa! Se fino all’altro ieri ragionavi come uno scapolo impenitente! Ti si è fuso il cervello durante l’ultimo attacco, è l’unica spiegazione!”
“Meglio di te che non l’hai mai avuto, brutto ammasso di lardo! Sei un troglodita e basta!”
Nappa era scoppiato a ridere sguaiatamente e aveva rincarato la dose, punzecchiando ulteriormente il compagno.
“Non è colpa mia se sono nato con l’istinto del predatore! E me ne vanto! Tu invece ti incensi di essere un seduttore e adesso pretendi che io creda al fatto che hai trovato la donna della tua vita! Hahahahahahahahaha!”
“Imbecille! Per te l’unico modo di averne una nel letto è di trascinarcela con la forza! Io almeno non faccio la figura del bestione infoiato!”
“Certo, come se tu fossi famoso per chiedere per favore alle prigioniere. Come se non ti conoscessi! Ma fammi il piacere!”
“Le schiave che catturo sono un mio diritto, Nappa! Se non altro, dopo che le ho prese restano vive! Ma ora è diverso. Non mi abbasserò più a trascorrere la nottata con la femmina di turno! Provo qualcosa per lei!”
“Come no! Dopo un paio di mesi ti stancherai, altro che sposarla! E lei ti spezzerà il collo nel sonno, come ogni moglie tradita farebbe!”
“Tu non capisci nulla, bestione! E sei invidioso, perché nessuna ragazza vorrebbe per marito un idiota tuo pari! Sarai sempre costretto ad accontentarti di una che grida disperata sotto di te o che ti apprezza solo perché l’hai pagata!”
“Che cosa hai detto!?!”
I due guerrieri avevano preso a menarsi come ragazzini, facendo ballare pericolosamente l’astronave.
“Piantatela!” aveva ordinato Vegeta, alzandosi minacciosamente in piedi e fissandoli con uno sguardo di fuoco.
Nappa e Radish si erano bloccati all’istante, interrompendo il loro accapigliarsi e sperando che lui non fosse ancora abbastanza seccato da punirli severamente.
“Chiedo perdono, mio principe” aveva borbottato l’omaccione pelato, asciugandosi il sangue dalla bocca “Ma questo stupido vuol farmi credere…”
“Non mi hai sentito?” aveva saettato lui, incrociando le braccia e facendo un passo in direzione del Saiyan inginocchiato.
Questi era sbiancato visibilmente e aveva chinato umilmente la testa.
“Vai a controllare il carico, Nappa. Ora. E non fartelo ripetere!”
“Sì, altezza”.
Radish era rimasto seduto a terra, godendosi la scena e sistemandosi la lunga chioma arruffata dallo scontro. Lui gli aveva lanciato un’occhiata sprezzante e gelida.
“Tu pensi che abbia ragione io, vero Vegeta?”
“Io penso che tu debba proferire meno assurdità. Sei ridicolo!”.
“Mah…” aveva borbottato il guerriero, sconsolato “Noi Saiyan siamo irruenti e passionali in tutto, non solo in battaglia. Mi chiedo come tu riesca sempre ad essere così indifferente…”
Il principe aveva corrugato la fronte, irritato: anche se Radish con lui poteva permettersi un po’ più di confidenza rispetto al compagno, l’osservazione lo aveva fatto innervosire.
“Capisco che tu, in quanto principe, mantenga un contegno rigoroso e non ti interessino le prigioniere, ma sarà capitato anche a te di sentire il cuore scoppiare nel petto alla vista di una ragazza in particolare…”
“Sto per prenderti a calci, Radish…” aveva garantito lui.
“Tu non capisci, Vegeta! Quando sono con lei mi sento leggero e il mio stomaco mi dà una sensazione di vuoto. Le tempie mi pulsano e mi sembra di bruciare…”
“Stai descrivendo l’influenza…” aveva sogghignato lui.
“Eh? Ma no, cosa dici? Tutto ciò che desidero è stare con lei per sempre e…”
La pedata di Vegeta si era abbattuta sul posteriore del suo sottoposto, spostandolo di un metro e troncandogli il discorso.
“Falla finita! Stai figurando ancora più stupido del solito! Tra te che sei penosamente sentimentale e Nappa che salta addosso a tutto quello che si muove non saprei chi scegliere! Siete patetici! Non avete onore! Noi siamo Saiyan! Non dimenticartelo!”
Radish aveva incassato senza fiatare e si era alzato, riavvolgendo la coda intorno alla vita, un po’ immusonito, mettendosi a sedere al posto riservato al copilota.
“Non me lo dimentico affatto. Resto un guerriero impavido e desideroso di menare le mani anche se mi sono innamorato. Le due cose non sono inconciliabili. Non si tratta solo di trovare una donna con cui perpetrare la stirpe. Un giorno capiterà anche a te di provare una sensazione del genere e allora comprenderai che cosa intendo…”
Il principe lo aveva guardato, furente, e Radish aveva pensato bene di tapparsi la bocca.
 
Sicuramente non aveva descritto l’influenza, doveva dargliene atto. In quell’abbraccio con la terrestre, Vegeta stentava a dominare l’incendio che aveva dentro e il suo stomaco lo stava mandando come in caduta libera.
Poteva controllare a fatica i suoi pensieri e le sue azioni, restando ostinatamente fermo a fissare il nulla, ma la chimica del suo corpo no. Quella superava la sua ferrea volontà e il suo orgoglio smisurato. Avvertì la reazione fisica imminente e si staccò da lei, dandole le spalle, arrossendo violentemente.
“Non hai ritegno…” le disse, ostentando un’indifferenza che non sentiva.
Bulma fece per ribattere, ma poi realizzò che lui era completamente senza vestiti e che l’acqua non era abbastanza torbida per nasconderlo. Le aveva girato la schiena, ma prima…
 
Oh, per tutte le stelle!
 
“S-scusami, ero così preoccupata che non ho fatto caso che tu…”
Lui si ripulì dal fango, senza girarsi e recuperò la dogi che galleggiava poco distante.
“Non sembri tanto imbarazzata”.
“Beh…”
Esitò. Gli occhi blu vagarono sulle sue spalle muscolose e sulla sua schiena perfetta, sui suoi capelli nerissimi e ribelli, sulla sua pelle olivastra, sulla cicatrice scura nel punto in cui aveva perso la coda.
“… se non dà fastidio a te…” concluse.
Vegeta uscì dall’acqua che gli lambiva la vita sottile e girò il viso, soffermandosi su di lei.
Non era nuda, ma l’acqua aveva impregnato il top chiaro e i pantaloncini, lasciando ben poco spazio all’immaginazione.
La sensazione che lo attraversava si fece ancora più forte e gli fece comprendere che quello era desiderare una persona, ma al di là del contatto fisico. Che quella persona era lei. Che se fosse sceso nuovamente nello stagno si sarebbe lasciato andare e avrebbe mandato al diavolo tutto quanto. Che quello non avrebbe potuto permetterselo. Che era ora di andare. Lontano da lei, verso il suo destino, verso il cammino che si era scelto.
“Veramente sei tu quella più scandalosa in questo momento…” ribatté sogghignando.
Bulma si guardò e iniziò a ridacchiare.
“Uno a uno, allora…”
Il Saiyan iniziò a infilarsi l’aderente abito da battaglia e lei uscì dalla pozza, trascinandosi poco distante e sedendosi a terra, esausta.
Sì, l’aveva abbracciato. E lui in qualche modo aveva ricambiato, anche se era rimasto teso e distante. Lei aveva sentito il cuore affrettare le pulsazioni e mai, prima di allora, erano state tanto prepotenti. Quel contatto di pelle, il viso contro il suo, le loro labbra così vicine… aveva desiderato ardentemente che lui la baciasse e aveva percepito il suo respiro accelerato, per un dannato istante aveva pensato che lui si girasse veramente. Ma il Saiyan si era allontanato bruscamente e lei si era sentita come se le avessero strappato qualcosa di fondamentale. Forse era davvero così.
Avrebbe dovuto prendere l’iniziativa per prima: baciarlo e morire… oppure, vivere e scendere realmente in fondo alla persona che lui era. Al principe che aveva giurato vendetta. Al guerriero carico d’odio. All’uomo che rifiutava di mostrare quelle che riteneva debolezze. Al Saiyan che le aveva rubato l’anima.
Vegeta, vestito di tutto punto, si girò e la fissò in silenzio. Illeggibile ed enigmatico come sempre. Ma qualcosa nel suo sguardo tormentato le sembrò diverso.
Espanse il ki, illuminandosi di un bagliore argenteo e si asciugò all’istante.
Bulma si rialzò, impensierita dall’atto.
“Se ne sono andati” affermò lui, esaurendo la domanda non formulata.
“Oh…”
I suoi occhi neri e profondi si abbassarono al suolo e poi tornarono a lei, luccicando come gemme notturne. Tristi e feroci.
“La battaglia sta infuriando a molta distanza da qui” le disse.
“Questo… questo significa che…”
“Che è ora di andare” troncò lui.
La ragazza annuì, in preda allo sconforto, dirigendosi verso la sua strumentazione, sparsa alla rinfusa qua e là per la caverna. Fece implodere le capsule e recuperò la tuta spaziale, infilandosela direttamente sopra la biancheria fradicia.
Vegeta la seguì con lo sguardo severo, a braccia conserte.
“Sei sempre così disordinata?”
“Anche peggio…”
Lui sogghignò, scuotendo la testa.
Ripercorse il corridoio roccioso da cui erano transitati molte ore prima e raggiunse la frana che aveva ostruito l’uscita. Bulma gli si accodò, più sconsolata che mai. Non provava paura per sé. Ne aveva per lui. Si sarebbe tuffato a capofitto in quello scontro mortale per le Sfere e forse non ne sarebbe uscito vivo. Goku l’avrebbe risparmiato, ma Frieza no… Nel primo caso, lui sarebbe diventato ancora più vendicativo e rabbioso, nel secondo lei lo avrebbe perso per sempre. Non voleva. Non poteva accettare una simile eventualità.
Il principe fece saltare per aria lo smottamento con un solo colpo e la luce esterna li abbagliò.
Uscirono e l’aria pura li avvolse.
Il pianeta Namek mostrava segni di cedimento, luci sinistre vibravano all’orizzonte.
Vegeta puntò l’attenzione su quei colori rossastri e spaventevoli, aggrottando la fronte.
“E’ giunto il tempo…” disse tra i denti.
“Sono pronta…” fece eco la terrestre.
Lui la squadrò e avanzò di qualche passo.
“Ti conviene stare lontana da laggiù” rimarcò.
“Come? Mi stai lasciando libera? Hai detto che sono un ostaggio e che…”
“Lo so cosa ho detto!”
Gli occhi di lei erano infinitamente dolci. Un mare blu in cui tuffarsi per sempre e perdersi. Non avrebbe dovuto farlo. Avrebbe seguito il suo piano.
“Se resterò vivo, verrò a cercarti. Sei ancora mia prigioniera, ma adesso mi saresti d’impiccio e i tuoi amici tenterebbero di salvarti, facendomi perdere il vantaggio. E’ solo per questo che non ti trascino con me…”
“Ti aspetterò” sorrise lei, per nulla impressionata.
Chi!”
“Promettimi di non morire”.
Lui sogghignò, lanciandole un’occhiata intensa e fiera.
“Ti importerebbe?”
“Sì”
Vegeta si levò in aria, lentamente, come un gabbiano che saggia il vento. La guardò ancora. La donna che era riuscita a fargli intravedere una nuova possibilità. A fargli presente che il cuore non era solo un muscolo. Se non fosse stato ciò che era, avrebbe dovuto prenderla e portarla via da lì, via con sé…
“Attenta a quello che chiedi, potresti ottenerlo”.
“Anche tu. Addirittura senza le Sfere”.
Il Saiyan spalancò gli occhi.
 
Riesce sempre ad avere l’ultima parola, Vejita…
 
Lei stava sorridendo e lo fissava, da sotto in su, con le mani sui fianchi. Lui scosse la testa e sollevò due dita in aria. Poi, partì come una scheggia verso la sua sorte.
Bulma lo guardò sparire nel cielo verde, tra le velature che parevano più fumo che nuvole. Quando non fu più in vista, avvertì le lacrime scendere copiose lungo il viso.
 
Non gli hai neppure detto il tuo nome, Bulma…

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Capitolo 9
*** Il luogo in cui eravamo rimasti ***


Siamo all'ultimo capitolo. Come sempre, quando una storia che scrivo termina, mi sento in tanti modi differenti. ^^ Difficile categorizzare. Ringrazio tutte le persone che hanno letto e lasciato un loro pensiero. A presto, dunque. :*

Il luogo in cui eravamo rimasti

La Terra era come la ricordava, quando mesi prima era approdato con la sua astronave sferica per conquistarla. Viverci, invece, equivaleva ad una sensazione che probabilmente non aveva mai sperimentato. Neppure sul suo pianeta d’origine, dove non si faceva altro che partire e forse sporadicamente tornare, tra una guerra e l’altra, per stilare nuovi progetti di conquista dell’universo.
Quel tempo era lontano. Concluso. Lui stesso era differente. Quando si guardava allo specchio si riconosceva, ma non del tutto: era sempre l’orgoglioso principe dei Saiyan, eppure il suo sguardo era cambiato. Se ne sarebbe accorto anche se lei non glielo avesse fatto così sfacciatamente notare.
Contrasse le sopracciglia a quel flash.
Si era fatto ammazzare da Frieza e l’umiliazione bruciava ancora parecchio. Soprattutto perché era stato Kakarott a sconfiggere l’odiato tiranno, trasformandosi nel leggendario super Saiyan, in barba al suo basso rango. Gli venne in mente l’ipotesi del dispositivo di misurazione del ki malfunzionante e sospirò. Era un’idea strampalata… proprio da lei!
Lui, l’élite, era stato capace solo di piangere per la rabbia e l’onta subita, per poi risvegliare il sopito orgoglio saiyan di quell’idiota, che tutti lì chiamavano Goku, affidandogli la vendetta del suo popolo estinto. E il fatto lo mandava in bestia ogni volta che ci pensava.
Si massacrava di allenamenti e nuovi esercizi ogni giorno, per raggiungere lo stesso esito di Kakarott e per poter finalmente riguadagnare l’onore perduto. Era migliorato, ma era ancora lontano dal livello del suo rivale, così non si era fermato, neppure quando aveva rischiato seriamente di restarci secco per la seconda volta in pochi mesi.
In quell’occasione, l’aveva vista piangere sul serio e si era sentito come quando lei lo aveva abbracciato, nella caverna di Namek. Aveva avuto le medesime reazioni e le aveva riconosciute come parte di sé, sebbene faticasse ad accettarle.
Tutto quel movimento gli faceva bene: si sentiva più forte, più energico, addirittura più tranquillo interiormente. Soprattutto, nella gravity room, riusciva a staccare i pensieri da lei. Da Bulma.
Alla fine, la terrestre lo aveva aspettato sul serio. Roba da non credersi. Anzi, quando il drago Polunga lo aveva trasferito su quel pianeta azzurro, lei lo aveva invitato a casa e l’aveva sempre trattato come un gradito ospite. I loro sguardi si erano incrociati, in mezzo a quella radura erbosa, e lui si era arreso all’evidenza. Altro che prigioniera, gli aveva anche fatto costruire apposta quella stanza per gli allenamenti!
Bulma. Gli aveva fatto presente in maniera indispettita di chiamarla per nome, perché era stanca di sentirsi appellare nei più svariati modi; per contro, lei talvolta usava nei suoi riguardi dei vezzeggiativi che lo facevano saltare come una molla. Insomma, l’insolenza era sempre la stessa. Forse peggiore, ora che vivevano fianco a fianco. Eppure, a lui non creava così tanto fastidio, le sue reazioni aggressive erano più una posa per non darle soddisfazione.
Si guardavano da lontano anche quando erano vicini. Vegeta era certo di sapere il perché. Sarebbe bastata una scintilla e avrebbero ceduto ai sentimenti che provavano. Ma nessuno dei due voleva ammetterli, perché erano entrambi incredibilmente testardi.
Forse la loro unica occasione era andata perduta per sempre in quei pochi centimetri che avevano separato il loro mancato bacio. Ci pensava un po’ troppo spesso, invero, e si dava dell’idiota… e dell’idiota al quadrato perché continuava a rimuginare a lungo l’episodio.
La parola possibilità era rimasta incisa a fondo nell’animo del principe, che se l’era concessa, decidendo di fermarsi sulla Terra. La sua vita era ripartita ed era come mai se l’era figurata. La sua era vita.
Aveva dovuto darle ragione: era stato necessario che si trovasse in una data situazione per conoscere veramente quale sarebbe stata la sua reazione. Ciò che aveva compreso di sé era stato insospettabile fino a quel momento. Tutti i progetti a lungo meditati erano andati a monte e, forse, era stato meglio così. Pensarlo, lo faceva meravigliare non poco.
Le Sfere le aveva prese la ragazza, così come gli aveva garantito; aveva resuscitato tutti i patetici individui che gli aveva nominato su Namek, compreso il suo ragazzo, quello di cui non era più innamorata. Quell’insetto continuava a ronzarle intorno e lei non si decideva a dargli il ben servito definitivo. Non erano affari suoi, in fondo, ma gli era impossibile contenere il nervoso che lo afferrava ogni volta che li vedeva insieme.
Essere geloso di una donna lo disturbava. Non era da lui. Non lo era mai stato. Non riusciva ad essere invidioso neppure di Kakarott, alla fine dei conti. Solo era molto irato per essere finito al secondo posto, senza riuscire, per il momento, a riguadagnare il primo. Dietro ad uno nato con una potenza pari a due, che non apparteneva all’élite. E poi c’era la questione del duello definitivo in sospeso con lui, che lo tormentava parecchio.
Ma con lei… beh era possessivo! Detestava ammetterlo. Quindi le stava lontano e le rispondeva con sufficienza, chiudendosi nella stanza speciale ogni volta che ne aveva l’occasione. Non era battere in ritirata, era togliersi dalla testa certe idee, che non facevano altro che deconcentrarlo dal suo obiettivo principale. Non aveva mai fatto tanta fatica a raggiungerne uno, soprattutto con la mente.
 
Per quel giorno ne aveva abbastanza. Riportò la gravità a zero e uscì.
Percorse il lungo corridoio circolare della Capsule Corporation, tergendosi il sudore con un telo di spugna e sorseggiando una bibita fresca.
Quella serenità non smetteva di sorprenderlo, come se non ne avesse diritto.
Era quasi ora di cena. Bulma cucinava davvero bene, non gli aveva raccontato una fandonia. Tutte le sere mangiavano insieme; qualche volta i genitori di lei erano assenti, così anche durante il pasto si svolgeva il loro tête-à-tête fatto di allusioni e frecciatine. Lui riusciva ancora ad arrossire come un moccioso e lei metteva il broncio, sperando che lui ci cascasse. La verità era che lo spietato principe guerriero faceva talvolta fatica a non sghignazzare di cuore davanti alle sue trovate. E che la donna mostrava un sincero interesse per lui: le sue iridi turchesi non mentivano.
Ma il loro percorso si era come interrotto, quando lui era volato lontano, lasciandola libera. Non era più tornato sull’argomento e anche lei lo aveva evitato. Tuttavia, quell’abbraccio, quella calda vicinanza gli si era marchiata a fuoco nell’anima ed era sicuro che anche lei la ricordasse con la sua stessa emozione.
Vegeta percepì un ki familiare e sollevò lo sguardo solo per mostrare tutto il suo disprezzo. Dalla parte opposta del passaggio stava sopraggiungendo Yamcha, con le mani in tasca e l’espressione abbacchiata. Quando il terrestre lo vide, impallidì ed indugiò, ma non smise di camminare meccanicamente nella sua direzione.
Il Saiyan, dopo avergli lanciato un’occhiata sdegnosa, passò oltre, ignorandolo e continuando per la sua strada.
Yamcha si arrestò poco oltre.
“Ehi, Vegeta…”
Il principe si fermò a sua volta, dandogli le spalle, senza rispondere. Dentro di lui, il ki s’innalzò minaccioso. Come osava rivolgergli la parola?
“Mi ha lasciato” continuò avvilito “Volevo che tu lo sapessi…”
Vegeta accartocciò la lattina vuota con una mano, ma non si voltò e non replicò.
“Me la sono cercata, ho tirato troppo la corda… ma non credo che sia proprio tutta colpa mia, se non mi ha concesso l’ultima chance…” la voce si indurì.
Il Saiyan aggrottò le sopracciglia, immobile, le iridi nerissime che balenavano di luce.
“Ma se io non la merito, tu non sei da meno. Uno come te non dovrebbe neppure condividere la sua aria. Non sei degno di lei, la renderesti infelice e basta…”
Il principe non reagì, ma la collera iniziò pericolosamente a montare. Strinse i pugni, implacabile e silenzioso.
“Odio ammetterlo, ma il punto è…” proseguì il giocatore di baseball “…che lei non mi ha mai guardato come guarda te… non pensare che non me ne sia accorto! E anche tu lo sai bene, non ho alcun dubbio. Sei un essere arrogante e pieno di te, ma con lei fai la stessa cosa...hai il suo stesso sguardo. Non me lo spiego, va al di là di ogni immaginazione. Forse, lo fai apposta a non nasconderlo o forse non sei abbastanza umano per farci caso. So solo che ti detesto immensamente!”
Vegeta sogghignò sottile, fissando il corridoio vuoto davanti a lui.
“Io l’ho persa e non finirò mai di darmi dell’imbecille. Ciononostante, desidero con tutto me stesso che lei sia felice. Perciò, se tu oserai farle del male, se la farai soffrire…” si interruppe e prese fiato “…chiederò a Shen-Long di disintegrarti e disperdere le tue misere ceneri per il cosmo!”
Il Saiyan gettò la lattina nel cestino e riprese a camminare senza voltarsi.
 
Bulma si appoggiò alla ringhiera della terrazza, sollevata. Finalmente, era riuscita a rompere definitivamente quella che non era più neanche una relazione. Aveva impiegato fin troppo a compiere quel passo, ma Yamcha era ritornato in vita da poco e lei non se l’era sentita di troncare con lui tanto brutalmente. Non lo amava più da tempo e non era solita trascinare le situazioni: lo spiraglio che aveva lasciato aperto era per fare in modo che lui non pensasse che lo aveva piantato per colpa di Vegeta.
Il guerriero terrestre aveva i suoi difetti e non era l’uomo per lei, ma sicuramente non era così stupido da non essersi avveduto di come lei si era presa cura del Saiyan.
Quando aveva saputo che aveva offerto ospitalità al principe, si era molto seccato, anche quando Krilin aveva ripetuto il suo discorsetto sul far fronte al pericolo comune. In seguito, si era rassegnato a farsi piacere quella convivenza, ma di conseguenza aveva anche realizzato che tra loro due era finita sul serio.
Vegeta se ne stava per conto suo e certo non era accusabile; si era anche assentato per alcune settimane, facendola preoccupare non poco. Poi, incredibilmente, era tornato e aveva iniziato ad allenarsi con costanza, da alieno cocciuto qual era.
Non si era mai intromesso tra loro e, anche in privato, non le aveva mai rinfacciato nulla, nonostante fosse a conoscenza dei suoi sentimenti per Yamcha. Forse, la spiegazione che gli aveva fornito quell’unica volta nella caverna gli era stata sufficiente. Eppure, i suoi occhi parlavano in sua vece, facendosi rabbiosi e carichi di astio, tutte le volte in cui lei nominava il suo ormai ex. Vibravano di collera trattenuta a stento, severi e terribilmente intensi, come un rimprovero non espresso. O un impasse che lo irritava nel profondo. Avrebbe voluto che si esprimesse, che gridasse, addirittura che la canzonasse per la sua indecisione, invece era rimasto terribilmente lontano.
Ogni volta che erano soli, Bulma ripensava con profonda emozione alle poche ore trascorse insieme con lui su Namek. Inevitabilmente, si sentiva felice e triste allo stesso tempo. Sapeva che il guerriero non avrebbe mai mostrato nulla di sé, ma quando i loro occhi si incrociavano le parole non erano necessarie. Era tentata di gettargli le braccia al collo, come aveva fatto quel giorno lontano, ma il timore di essere respinta, solo per eccesso d’orgoglio, la frenava. Non voleva perderlo. Forse era davvero ancora sua prigioniera.
Una volta gli aveva chiesto, scherzando, se potesse ormai ritenersi libera e lui aveva sollevato il viso, rispondendole di no in un misto di ironia e serietà. Aveva ragione lui. Il vincolo che si era creato tra loro non si poteva spezzare.
Quello stupido si era fatto ammazzare per davvero, nonostante tutto ciò che lei aveva tentato di fargli comprendere! Quando Polunga lo aveva resuscitato, però, le era sembrato diverso: più riflessivo, meno rancoroso e infinitamente più triste. Solo l’idea che Goku fosse ancora più potente di lui lo faceva adirare sul serio, a tutto il resto si mostrava incurante.
Lei sapeva benissimo che non lo era. Cercava di farlo ridere, per la ripicca di farlo sentire umano, e lui rispondeva con delle battute al vetriolo: potevano andare avanti tutta la sera a discutere, a confrontarsi e questo accadeva quasi ogni giorno. Arrabbiarsi con lui, rimproverarlo e ricevere la sua reazione vanamente intimidatoria era come respirare. Non ne poteva più fare a meno. Era quasi come fare l’amore.
Non le era mai accaduto di innamorarsi tanto profondamente di un uomo. Vegeta probabilmente lo aveva compreso, ma aveva il diritto di sentirselo dire. Di replicare. E la sua possibile risposta la spaventava terribilmente: provava la stessa paura di quando era rimasta immobile, nel loro abbraccio, senza riuscire a scovare il coraggio per baciarlo.
Guardò verso il basso e vide Yamcha che si allontanava mogio: gli ci sarebbe voluto un po’ per accettare la sua decisione, anche se di certo non era il tipo da disperarsi, con tutti i flirt che aveva intrattenuto nel contempo.
 
I suoi passi leggeri e inconfondibili la distolsero dalle riflessioni.
Il Saiyan la raggiunse e si sporse a sua volta dalla balconata, accanto a lei, con ancora indosso gli abiti sportivi da allenamento e l’asciugamano di spugna al collo. I suoi occhi d’ossidiana seguirono implacabili, attraverso il giardino, il terrestre che se ne andava.
“L’ho lasciato…”.
“Lo so”.
“Come…?”
“Me l’ha detto lui”.
La ragazza rimase sorpresa: i due non si erano mai rivolti la parola, se non per ribadire la reciproca, radicata antipatia, quindi perché mai Yamcha avrebbe dovuto…
“Mi dispiace. Spero che non abbia dato la colpa al fatto che tu sei qui…”
Vegeta sogghignò.
“Avrebbe dovuto?”
Bulma si voltò dalla sua parte, raddrizzandosi. La domanda era volutamente ambigua.
“No.” rispose ferma.
Il principe la fissò, scostando le mani dalla ringhiera. Fece un passo verso di lei.
“L’avrei ucciso” mormorò.
“Cosa…?”
Bulma lo guardò in quegli occhi decisi, disorientata: nero intenso, rovente, sincero.
“Se tu non mi avessi detto, su Namek, che non provavi più nulla per lui da tempo, io gli avrei spezzato il respiro senza esitazioni”.
“Perché avresti commesso una simile…”
Il principe la prese alla vita e la attirò a sé.
“Mi hai fatto quasi perdere la pazienza, ragazzina. Te la sei presa molto comoda”.
La scienziata gli fece scivolare le mani sulle spalle, con il cuore che rischiava seriamente di balzarle fuori dal petto e il suo calore che le passava attraverso l’abito leggero.
“Vegeta, tu mi stavi…”
Chi! Basta con le domande! Eravamo rimasti…qui?”
Fermi a pochi centimetri, i visi che si sfioravano e i corpi intrecciati l’uno all’altro, come allora.
Si mossero senza più attendere, si raggiunsero come avevano sognato e rimpianto, si unirono in un bacio carico di passione incontenibile, le labbra che si cercavano e si schiudevano in un crescendo di desiderio prorompente.
“Non pensavo che tu ne avessi così tanta…” sussurrò lei, mentre il principe continuava a cingerla con forza e a posare la bocca sulla sua, senza tregua.
“E’ una provocazione?” alitò lui al suo orecchio, inoltrando le dita tra i suoi capelli sciolti e lungo la sua schiena, facendola rabbrividire.
“Sì…” sussurrò, allacciandosi a lui, assimilando il loro contatto, accarezzandogli il volto, sperando che non si accontentasse di quell’abbraccio spasmodico che non celava più nulla, perché a lei non sarebbe bastato.
Lo sentì ridere lievemente e quella vibrazione sottile la attraversò come corrente elettrica. Trasalì, quando si accorse che il suolo era molti metri sotto di loro: il principe aveva spiccato il volo con lentezza, continuando a tenerla tra le braccia, e saliva verso l’alto.
“Sappi che sta funzionando” le disse piano, mentre l’azzurro del cielo li avvolgeva.
“Dove mi stai portando, Saiyan?”
“Esattamente dove siamo”.
I loro piedi toccarono terra in una stanza vuota all’ultimo piano della Capsule Corporation. Bulma lo fissò senza afferrare appieno le sue intenzioni, anche se il suo sguardo su di lei non lasciava dubbi.
“Vegeta, che cosa ci facciamo qui?”
“Il tempo per le domande è scaduto” affermò lui “Togliti quei vestiti…”
Per tutta risposta, la scienziata inarcò un sopracciglio, fingendosi offesa, e gli sfilò l’asciugamano dalle spalle, incollandoglisi addosso, lasciandosi sfiorare l’incavo del collo dalle sue labbra, dal suo respiro tiepido e colmo di desiderio.
“Sarebbe troppo romantico in camera tua?” bisbigliò ridendo.
Lui la ascoltò, divertito e spietato, rivolgergli l’ennesimo interrogativo mentre fremevano di passione in quella camera spoglia e silenziosa.
“Banale, piuttosto” rispose.
Le dita di lei gli percorsero il petto muscoloso, fasciato dall’aderente canottiera blu. Lui se la sfilò velocemente, chiudendola contro la parete e inchiodando gli occhi nei suoi.
Prigioniera per sempre. Prigioniero per sempre. Paradossalmente liberi.
“Quindi, saresti originale nel tuo non essere sdolcinato a favore della rudezza estrema…”
Hah. Sto per strapparteli io…” minacciò lui sogghignando.
La terrestre sorrise maliziosa, sapendo bene che lo avrebbe fatto per davvero.
Vegeta trasse di tasca un oggetto e se lo gettò alle spalle. Poi compì quanto aveva promesso.
La capsula hoi-poi esplose contemporaneamente all’abito di Bulma che scendeva a terra, lacerato. Il vapore si diradò. Lei sgranò gli occhi. Lui la sollevò da terra.
I loro cuori battevano strenuamente uno contro l’altro, mentre si accarezzavano con delicatezza e ardore.
“Dove hai scovato questo letto a due piazze?” gli sussurrò sulle labbra, mentre il principe si liberava dell’ultimo pezzo, dimostrando nuovamente che la moda saiyan non annoverava tra le regole l’indossare biancheria.
“E’ importante?” rispose il guerriero alieno, tenendo tra le braccia la donna che amava, affondando nella sua stretta appassionata e infuocata, ricambiando il suo bacio intenso “Non è mio… né tuo… è nostro”.
Bulma comprese al volo il senso di quell’affermazione e sentì la commozione crescere, mentre si abbandonava all’uomo che sarebbe stato suo in eterno.
 
Avevano fatto l’amore per la prima volta. Perché di quello si trattava e nessun’altra definizione sarebbe stata calzante. Era stato inutile tentare di autoconvincersi per anni che non ne sarebbe mai stato capace, che non avrebbe accettato di farsi toccare per scelta da una donna, che non avrebbe mai desiderato fino a quel punto un’altra creatura. Raccontare a se stesso di non essere umano. Perché lo era: composto di carne, sangue e anima. Perché quell’atto condiviso e intenso gli era stato naturale e aveva voluto che lei lo stringesse e aveva percepito quanto erano profondi i sentimenti per lei.
 
Che cosa faresti, Vejita?
 
Fissò il soffitto nella penombra, le braccia intrecciate dietro la nuca, e si rispose.
L’amore per la seconda volta.
Dopo che lei l’aveva destato dal sogno costituito di chiaroscuri inquietanti e confusi, come quando si era addormentato, sfinito, su Namek. Non aveva esitato. Si era semplicemente girato e l’aveva presa di nuovo tra le braccia, in silenzio. Gli incubi erano divenuti sempre più evanescenti, scomparendo al ritmo dei battiti del cuore di lei, che gli pulsava all’orecchio, mentre prendeva nuovamente sonno e la mente si era affrancata da quel male senza diventare altro. Sempre lui, non più lui. Con lei.
 
Bulma lo osservò con dolcezza e si sollevò su un gomito, avvolta nel lenzuolo stropicciato.
Gli passò le dita tra i capelli corvini e il principe le puntò addosso il suo sguardo penetrante.
“Non mi sbaglio, se sono convinta che tu non possa più sostenere l’impossibilità di tenere a un’altra persona, vero?” dichiarò con un sorriso.
“Pensa quello che vuoi” ribatté lui orgoglioso.
“Va bene, lo farò”.
Chi!”
La ragazza si stiracchiò, appoggiandosi al suo petto nudo. Lo sentì ribollire.
“Che cosa faresti, se ti rivelassi che non accetto che sia stata soltanto questa notte? Che voglio fare ancora l’amore con te…”
Vegeta abbassò le braccia e la bloccò a sé. La guardò negli occhi.
“Ti risponderei che io non sono una sola notte. Sono per sempre. Ma non dirai nulla di tutto ciò, perché stai parlando al principe dei Saiyan”.
“Già…” mormorò la ragazza, sfiorandogli le labbra e ricevendo in cambio il suo bacio incandescente “Per sempre sia…”.

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